Lo fanno, tanti pianti, sempre più saporito, il tuo cuore

di BogartBacall
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Incipit ***
Capitolo 2: *** ... per me si va nell'eterno dolore ***
Capitolo 3: *** Quinto: non uccidere ***
Capitolo 4: *** Solo una madre ***
Capitolo 5: *** Explicit ***



Capitolo 1
*** Incipit ***


Incipit

“Il Wizengamot, nella persona del Ministro della Magia Rufus Scrimgeour, dichiara l’imputato Lucius Malfoy… colpevole!”
Il suono del martelletto riecheggiò nell’aula e coincise con il fendente che colpì Narcissa Malfoy, nata Black, al petto, crepando il suo cuore già sofferente. Lucius, suo marito, l’amore della sua vita, l’uomo che aveva commesso un unico, tragico errore, quello di divenire seguace dell’Oscuro Signore, sarebbe finito ad Azkaban.

Avrebbe voluto urlare, gridare al mondo il suo dolore, la sua frustrazione, ma non poteva. Sapeva che quella era stata una scelta infelice. Non aveva mai approvato la decisione di suo marito di farsi marchiare, aveva appena diciannove anni quando, per ambizione, era finito fra le schiere di Voldemort, attirato da quegli ideali di purezza, vendendo parte della sua anima a quell’essere malvagio e senza scrupoli. Quando l’aveva saputo se n’era andata, lasciandolo solo, in balia di quel marchio indelebile che aveva il potere di insinuarsi nel suo io più profondo, combattendo e annientando quanto di buono c’era in lui.
Perché lei, solo lei sapeva che era un uomo buono, un uomo capace di amare con ogni fibra del suo essere, ma che la vita aveva costretto ad indossare una maschera da cinico e freddo opportunista, per sopravvivere alla vergogna e al senso di colpa. Nessuno capiva, nessuno sapeva. Solo lei aveva visto suo marito cambiare, invecchiare per il peso delle sue scelte, comprarsi un posto in una società che lo guardava con sospetto. Solo lei l’aveva cullato ogni notte, dopo la caduta del suo padrone, spaventato, confuso riguardo il suo destino, finché era giunto a quella conclusione, l’unica plausibile. Si sarebbe dichiarato vittima di un sortilegio, avrebbe finto di non essere nel pieno possesso delle sue facoltà mentali mentre serviva il Signore Oscuro.
Pochi gli avrebbero creduto e anch’essi sarebbero vissuti col dubbio della sua lealtà. Meglio, comunque, una vita nella menzogna e nell’infamia, comprando il silenzio, piuttosto che perire per una causa a cui non aveva mai veramente creduto, da cui si era lasciato accecare per convenienza ed interesse.
Era vero. Lucius credeva fermamente nella necessità di una società magica composta da soli purosangue, ma mai sarebbe arrivato ad uccidere per questo. Era un opportunista, un calcolatore freddo e spietato, ma non era un assassino, Narcissa questo lo sapeva per certo. Era troppo debole, troppo spaventato per uccidere.
L’aveva appoggiato, giurando davanti all’intero Wizengamot che quello non era suo marito, che da quando era stato marchiato come una bestia non era più stato lui, arrivando persino a confidare che l’aveva lasciato, per quel motivo.
Le avevano creduto. Avevano creduto a lei e alle migliaia di galeoni che Lucius aveva donato per le cause più disparate, per lavare via la colpa e pagare la propria redenzione.

Ma ora, Lui era tornato. La sera in cui il marchio aveva ripreso a pulsare, dopo tredici anni, Lucius non aveva avuto scelta, era dovuto accorrere. Da mesi, ormai, qualcosa era nell’aria. Il simbolo della sua sottomissione era lentamente riaffiorato sul suo avambraccio, la cicatrice rimasta dopo la scomparsa del suo creatore aveva lentamente ripreso colore fino a tornare come un tempo. Lucius aveva cercato di nasconderla, di celarla, soprattutto a lei, ma il repentino cambiamento di atteggiamento, l’aggressività che aumentava in lui, la paura nei suoi occhi, avevano fatto capire a Narcissa che presto avrebbe dovuto ricominciare a dividere il suo uomo con Lord Voldemort.
Il vero presagio di sventura, però, era stata l’evasione da Azkaban della sua folle sorella. Bellatrix aveva perso il lume della ragione anni prima, nel momento stesso in cui si era votata anima e corpo alla causa del sangue puro. Ma dopo la sua prigionia era divenuta ancora più squilibrata e aggressiva. Provocava Lucius, reo di aver tradito il loro Signore, sbeffeggiandolo e insultandolo.
Quando Voldemort aveva affidato a Lucius il compito di recuperare la profezia, Narcissa capì immediatamente che c’era Bellatrix, dietro quella scelta. Sapeva che era un compito arduo, quasi impossibile. Significava introdursi al Ministero, dove Lucius era conosciuto e influente, con un altissimo rischio di essere catturati dagli auror e scoperti. Il Signore Oscuro non avrebbe mai rischiato di sua spontanea volontà di perdere quell’inesauribile fonte di informazioni riservate che Lucius rappresentava.
Come prevedibile, Lucius aveva fallito e la conseguenza era stata quella spietata, scontata condanna. Reclusione ad Azkaban a tempo illimitato, in attesa di fare chiarezza anche sulla sua posizione nella precedente guerra. Narcissa sapeva che era la pena che spettava ai Mangiamorte che non collaboravano con il Ministero e che quello non era di certo il momento migliore per mettersi a fare nomi, a meno che non si desiderasse ricevere un Anatema che Uccide in piena fronte. Tuttavia sapeva che l’animo tormentato di suo marito non avrebbe retto l’incontro con i Dissennatori, finendo per perdere quel briciolo di umanità che lei aveva strenuamente difeso e preservato in tutti quegli anni.

Voleva urlare, Narcissa, ma non poteva. Perché questa volta non era sola. Si voltò verso il ragazzo seduto alla sua destra, quel ragazzo spaventato che cercava di mantenere la testa alta, lo sguardo fiero, torturandosi la mano al cui dito medio portava l’anello con il vessillo di famiglia donatogli dal padre anni prima. Voleva essere un uomo, il suo piccolo Draco, ma era solo un ragazzo, poco più di un bambino. Gli prese la mano e la strinse forte, ricevendo in cambio uno sguardo teso. Gli sorrise, colma di quell’amore che solo una madre possiede. Sarebbe andato tutto bene. L’avrebbe preso per mano e l’avrebbe difeso, anche a costo della vita. Doveva salvare la sua innocenza, finché era in tempo. Sarebbe stata la sua ancora di salvezza, come lo era stata per suo padre.


Carissimi! Rieccomi a voi con una nuova, breve storia, ancora una volta a tema Malfoy. Fa parte della stessa serie di "Come il sole all'improvviso", di cui è una virtuale prosecuzione. Spero vi piaccia e che siate calorosi come con la precedente. A presto!
BB

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Capitolo 2
*** ... per me si va nell'eterno dolore ***


… per me si va nell’eterno dolore*

Narcissa passeggiava nervosamente lungo il corridoio del piano superiore di Villa Malfoy. Era quasi l’alba, ma lei non era mai andata a dormire. Continuava a guardare ossessivamente fuori dalle finestre che davano sul giardino, in attesa. Draco non era rientrato a casa, quella notte, e il fatto che fosse uscito di casa in compagnia di sua zia Bellatrix, la mattina precedente, non lasciava presagire niente di buono.

L’aveva osservato a lungo, in quei giorni. Cercava di comportarsi da uomo, di sembrare forte e fiero, ignorando che lo sentiva piangere, ogni notte. Piangeva spaventato, preoccupato per quel senso di responsabilità che gravava sul suo capo, nonostante nessuno l’avesse mai investito di alcun onere. Le stava vicino, cercando di aiutarla, di comportarsi come avrebbe fatto suo padre. Ignorava che, in tutti quegli anni, era sempre stata lei l’elemento forte della coppia, era lei a sostenere Lucius, ad alleviare le sofferenze del suo animo roso dalla colpa, minato dalla presenza di quel vessillo malvagio. Tutti l’avevano sempre creduta una donna fragile, ma si sbagliavano. Quando si trattava della sua famiglia, dei suoi due meravigliosi uomini, Narcissa era in grado di tirare fuori tutto il coraggio e la forza necessari a proteggerli. Ma Draco non lo sapeva, non poteva sapere. Aveva sempre vissuto con quel padre autoritario e distaccato, così restio a mostrargli i suoi reali sentimenti da stridere al confronto con la sua figura materna, così dolce, affettuosa, perfetta. La credeva debole e indifesa, perciò si preoccupava per lei.

L’aveva visto gironzolare attorno allo studio di suo padre, ogni giorno, indugiando sull’uscio, guardando con paura e rammarico le pergamene che giacevano alla rinfusa sul tavolo. Sapeva che aveva lasciato parecchie questioni in sospeso, non aveva avuto tempo di spiegargli cosa avrebbe dovuto fare, in caso di un suo arresto o di una fine prematura. Lo osservava da lontano, per non dargli l’impressione di essere preoccupata per lui. Non meritava anche quel fardello, il suo piccolo Draco. Ma una mattina, quando l’aveva visto entrare nella stanza e sedersi quasi timoroso alla scrivania del padre, teso, come se la poltrona su cui si era adagiato potesse prendere fuoco da un momento all’altro, si rese conto di quanto quello che lei vedeva ancora come il suo bambino fosse in realtà cresciuto. Rivide Lucius, nella stessa situazione, anni prima, quando suo padre era scomparso dopo una malattia devastante, lasciandolo troppo presto solo al mondo. Anche in quell’occasione era stata lei a prenderlo per mano e ad accompagnarlo a risalire la china, quando l’intero mondo magico che conta gli aveva voltato le spalle, divertito, nella speranza di vederlo affondare, di vederlo fallire.
“Draco…” osò dire, timidamente, facendolo trasalire.
Scattò in piedi, colto in flagrante “Io… io…” cercò di spiegare, senza trovare le parole.
“Stai tranquillo, Draco, tutto andrà bene!” lo rassicurò, sorridendogli.
“Come?” domandò lui, nervoso “Come può andare bene, se nemmeno so da che parte cominciare?”
“Cominciare a fare cosa, tesoro?” gli chiese, avvicinandosi.
“Ad occuparmi di questa roba… Di te…” rispose, guardandosi attorno.
“Non è compito tuo, Draco”
“E di chi, allora?” sbraitò, spazientito “Sono io l’uomo di casa, ora! Papà ha detto che sarò io a dovermi occupare della famiglia quando…”
“Quando sarai pronto e soprattutto grande a sufficienza” concluse la frase la madre “Tu non sei lui, Draco. Tu sei tu e nessuno ti sta chiedendo di sostituire tuo padre e di occuparti di cose più grandi di te. Sei un ragazzo premuroso e responsabile, ma sei solo un ragazzo. Ce la caveremo, vedrai. L’unica cosa che dobbiamo fare è restare uniti. Finché resteremo uniti, tutto andrà bene!” gli accarezzò il volto, sentendo i primi accenni di barba del ragazzo punzecchiarle il palmo della mano “Stai crescendo…” constatò, malinconica “Sarai un uomo meraviglioso, un giorno. Ma per ora sei solo un ragazzo e come tale ti devi comportare. Non avere fretta di crescere, tesoro mio. La vita è già abbastanza dura affrontata un passo per volta, senza dover necessariamente bruciare le tappe.”
La guardò a lungo negli occhi, poi si buttò fra le sue braccia, stringendola forte.

Quegli occhi… Riusciva a pensare solo ai suoi occhi. Come il giorno precedente, quando Bellatrix era piombata in casa loro, intimandogli di seguirla. A nulla erano valse le sue proteste, non le aveva rivelato nulla, anche se intuiva dove volesse condurre suo figlio. Aveva insistito per andare con loro, ma sua sorella era stata categorica. Solo Draco era ammesso.
L’aveva scortato fino all’ingresso e gli aveva dato un bacio sulla guancia, stringendogli forte la mano, come cenno d’intesa, per fargli coraggio. E lui l’aveva guardata negli occhi, cercando di rassicurarla, fiero e spaventato al tempo stesso, ignorando che erano stati proprio quegli occhi a gettarla nel panico. Quegli occhi color del ghiaccio, identici agli occhi che, anni prima, l’avevano guardata giurando che non sarebbero mai appartenuti ad un Mangiamorte, perché mai avrebbero fatto nulla che potesse ferirla.
Erano passati ventiquattro anni, ma Narcissa ricordava quel giorno come se fosse ieri. Era il giorno in cui la sua vita era cambiata per sempre. Era il giorno in cui aveva capito di essersi innamorata e che non ci sarebbe mai stato antidoto a quel veleno sublime e letale che aveva il nome di Lucius Malfoy.

Paura. Narcissa conosceva quella sensazione fin troppo bene. Era stata sua fedele compagna in tutti quegli anni, avevano fatto conoscenza nel momento stesso in cui aveva scoperto che Lucius, il suo Lucius, il suo fidanzato, colui che amava più di ogni altra cosa al mondo, l’aveva tradita, venendo meno ad un giuramento e diventando Mangiamorte. Da allora ci aveva convissuto pacificamente, abituandosi alla sua presenza. Tuttavia, quel giorno, sentiva che la sua vecchia compagna aveva ritrovato un vigore e una forza contro cui lei non aveva più la forza di combattere.  No, non poteva essere successo qualcosa a Draco, non a lui, non a suo figlio. Non avrebbe retto anche quel colpo, la vita le aveva inferto troppi colpi bassi per riuscire a reagire anche a quello, per di più senza Lucius.
Una fitta al cuore la soprese al pensiero del marito rinchiuso ad Azkaban, vittima dei Dissennatori: sarebbe sopravvissuto? Sarebbe bastata la forza dei ricordi dei momenti vissuti insieme a salvaguardare la sua anima?
Il suo stato di panico crebbe vorticosamente, facendola vacillare. Il cuore aveva accelerato all’impazzata, sudori freddi correvano lungo la sua schiena, facendola rabbrividire, le mani formicolavano.
D’improvviso, sentì la porta d’ingresso aprirsi. Corse lungo il corridoio, poi giù per le scale, rapida.
“Draco!” esclamò sollevata, quando vide suo figlio sull’uscio. Il ragazzo alzò lo sguardo vuoto, il volto diafano reso ancora più pallido dalle profonde occhiaie che solcavano il suo viso da bambino cresciuto troppo alla svelta, i capelli scarmigliati.
“Oh mio Dio, Draco!” esclamò, stringendolo forte a sé “Stai bene?” chiese, discostandosi e guardandolo in volto.
Il ragazzo non rispose, incollò gli occhi grigi in quelli celesti della madre e scoppiò in lacrime, accoccolandosi contro la sua spalla.
“Stai tranquillo, tesoro mio…” cercò di rassicurarlo, spaventata “Non è nulla, sono qui con te” disse, carezzandogli il capo, come quando era piccolo, accogliendo quello sfogo, quei singhiozzi che provenivano dal corpo di uomo adulto in cui era imprigionato l’animo di un ragazzino spaventato.

Lo accompagnò lentamente al piano superiore, facendolo distendere nel letto suo e di Lucius, come quando era bambino. Lo vegliò dolcemente, rassicurandolo, bagnandogli il capo madido di sudore con dei panni freschi, nel tentativo di placare il suo corpo scosso dai brividi e dai singhiozzi, cercando di ignorare le macchie di sangue che si dilatavano sulla manica sinistra della sua camicia.
Narcissa sapeva bene cosa significava tutto quello. Ci era già passata, l’aveva già visto, più di vent’anni prima, quando al padre di suo figlio era toccata la stessa sorte. Se n’era andata, allora, aveva lasciato Lucius solo con i suoi demoni e il suo tormento, troppo arrabbiata, troppo spaventata all’idea di perderlo. Questa volta, però, sarebbe rimasta lì, accanto a suo figlio. Era ancora arrabbiata, era ancora terrorizzata, ma sapeva che l’unico rimedio a quel marchio era il suo amore.

Attese che Draco si fosse addormentato, dopo avergli somministrato una mistura di Distillato della Pace e Pozione Soporifera, e lo affidò alle cure degli elfi domestici. Si materializzò nella vecchia casa dei suoi genitori ed entrò, senza nemmeno bussare, brandendo la bacchetta. Gli elfi fuggirono impauriti, lasciandola di fronte alla persona che cercava.
“Bene bene…” iniziò Bellatrix, sogghignando “Chi abbiamo qui? La dolce, piccola Narcissa!”
Avanzò rapida verso sua sorella, puntandole la bacchetta in mezzo agli occhi, ricevendo in cambio una risata sgraziata.
“Cosa avete fatto a mio figlio?” chiese, minacciosa.
“Rilassati, Cissy!” le intimò l’altra “Non gli è stato fatto nulla che lui non volesse!” aggiunse, incurante dell’arma che ancora la minacciava.
“Come hai potuto… È solo un ragazzo!” continuò Narcissa, sull’orlo delle lacrime.
“Un ragazzo che ha avuto l’onore di divenire seguace del più grande mago di tutti i tempi!” specificò, pomposa “Dovresti essere onorata!”
“Ma…” cercò di obiettare.
“Non c’è nessun ma, Cissy!” la zittì Bellatrix “È stato portato al suo cospetto e gli è stato chiesto se volesse o meno essere marchiato! Ha risposto di sì, quindi è stata una sua consapevole scelta!”
“Certo, come se avesse avuto scelta!” obiettò, spazientita.
“Osi insinuare che il Signore Oscuro non gli abbia lasciato alternativa?” l’ammonì la sorella maggiore.
“Ovviamente no, Bella. Draco ha potuto scegliere: o il marchio o la morte!” ribaté, ironica.
Bellatrix sorrise, compiaciuta “Come vedi, ha fatto la scelta migliore!”
“Come hai potuto… farmi questo?” biascicò, sconsolata.
La Mangiamorte sorrise, compiaciuta “Ti avevo avvisata, ricordi?” disse, tronfia “Ti avevo detto che, prima o poi, il Signore Oscuro l’avrebbe chiamato al suo cospetto e allora tu avresti dovuto lasciarlo andare!”
Narcissa sbiancò, ricordando il momento in cui sua sorella aveva pronunciato per la prima volta quelle parole.
Era piombata a casa sua che era incinta di pochi mesi, dopo anni di silenzio, umiliazioni e follia, esponendole quella teoria assurda: nel caso in cui il bambino che portava in grembo fosse stato maschio, avrebbe dovuto immolarlo al Signore Oscuro, facendolo crescere secondo il credo dei Mangiamorte e divenendo l’erede spirituale di Lord Voldemort. Ovviamente si era opposta con forza a quell’idea folle, cacciando Bellatrix e rompendo definitivamente i rapporti con lei, ma, prima di uscire dalla sua casa e dalla sua vita, sua sorella le aveva lanciato quell’inquietante monito: prima o dopo suo figlio sarebbe comunque finito nelle grinfie di Voldemort e lei non avrebbe potuto fare nulla per salvarlo.
“È il suo destino, Cissy” aggiunse Bellatrix “Faresti meglio a tenermi da conto, visto che, al momento, sono l’unica che può vegliare sul tuo dolce, indifeso, candido figlioletto!”
Narcissa ritornò in sé, dopo un attimo di smarrimento, avvicinandosi pericolosamente a sua sorella “Fa in modo che non gli accada nulla di male, Bella. O subirai l’umiliazione di essere uccisa dalla tua patetica, inutile, fragile, dolce sorellina!” sciorinò, prima di voltarle le spalle e tornare da suo figlio.


*Dante, Divina Commedia, Inferno


Eccovi il secondo capitolo... Come già detto, alcuni dei fatti riportati si basano su un'altra mia storia, "Come il sole, all'improvviso", e non su fatti descritti nei libri di JKR. Laddove ho fatto delle citazioni, ho cercato di riassumere brevemente gli eventi, in modo da rendere possibile la lettura anche a chi non avesse letto la prima storia.
Non l'ho ancora fatto, lo dico qui. La storia è una mini-long di cinque capitoli e parla degli avvenimenti fra la fine del quinto libro e l'inizio del sesto, ponendo una particolare attenzione al parallelismo fra le vite di lucius e Draco, secondo il punto di vista di Narcissa.
Per questo motivo, ho scelto come titolo del capitolo una citazione dell'Inferno di Dante, come avevo fatto in Come il sole all'Improvviso per il capitolo in cui Lucius viene marchiato.
Spero di essere stata chiara e di avervi invogliato a leggere.
Ringrazio chi ha recensito e/o inserito la storia fra i preferiti/seguiti/ricordati e chi lo farà in futuro.
A presto
BB

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Capitolo 3
*** Quinto: non uccidere ***


Quinto: non uccidere

Narcissa non riuscì a chiudere occhio, quella notte. Per tutto il tempo guardò il suo Draco che dormiva, così simile a suo padre.
Li amava entrambi così intensamente, eppure in modo così diverso.
Lucius era l’uomo che le aveva rubato il cuore, il compagno di una vita, l’unico, vero, grande amore.
Draco era il frutto del loro amore, l’aveva portato in sé, nutrito al suo seno, amato dall’istante in cui, appena nato, le aveva appoggiato la manina sul cuore.
Non riusciva a tollerare l’idea che entrambi stessero soffrendo, per colpa dello stesso, miserabile individuo. E quel che era peggio, temeva per le sorti di Draco.

Perché lo aveva voluto fra i suoi adepti? Cosa poteva volere da lui? Un brivido le percorse la schiena. Sicuramente si trattava di una vendetta nei confronti di Lucius. Era di certo così. Voleva vendicarsi di lui, immolando il suo unico figlio, ben consapevole del fatto che era solo un ragazzo, incapace di compiere qualsivoglia empietà. Il suo cuore mancò un colpo, guardando l’avambraccio lacero e marchiato di Draco.
Avrebbe voluto distruggerlo, strapparlo via dal suo corpo, allontanare da lui la sofferenza a cui era destinato, ma sapeva che non era possibile. Il Marchio era per sempre e l’unica cosa che lei potesse fare era stargli vicino, vegliare su di lui e contrastare con il suo amore gli effetti devastanti che quel maledetto vessillo avrebbe avuto sulla sua già fragile persona.
Perché Draco, esattamente come Lucius, era una persona estremamente fragile, nonostante ostentasse sicurezza e malvagità.

Un vociare concitato giunse dal piano inferiore. Narcissa si alzò, ben attenta a non interrompere il sonno così faticosamente raggiunto dal ragazzo. Si allacciò la veste da camera mentre imboccava le scale e fu allora che riconobbe la voce garrula di sua sorella. Quasi istintivamente portò la mano alla bacchetta. Voleva schiantarla, se non addirittura cruciarla. Lei, quella viscida, disgustosa, lurida serpe. Sapeva che serbava rancore a Lucius, non le era mai andato a genio. Troppo interessato agli affari e troppo poco devoto al Signore Oscuro, diceva lei. Ma Draco era anche suo figlio e lei era sua sorella per l’amor del cielo! Proprio non contava nulla?
“Cissy!” chiosò l’altra, scorgendola “Eccoti, finalmente!” esclamò, stizzita “I tuoi stupidi elfi non vogliono lasciarmi entrare!”
“Lo so…” dichiarò l’altra, gelida “Stanno eseguendo un mio preciso ordine.”
Bellatrix la fulminò con uno sguardo che Narcissa sostenne, fiera.
“Non è il momento per gli isterismi, Cissy!” l’ammonì la maggiore “Dov’è Draco?”
“Non è affar tuo!” ribatté, decisa.
“Lo è, da quando lui è proprietà del Signore Oscuro!”
Narcissa si mosse verso l’altra, minacciosa, arrivando ad un passo dal suo volto.
“Draco non è proprietà di nessuno, se non di se stesso!” le sibilò contro.
Bellatrix sorrise, malvagia “Povera, ingenua, ridicola Cissy. Sei ancora convinta di essere più importante della Sua causa?” domandò, spietata “Draco ha scelto, nonostante sapesse che tu non avresti approvato. Ha scelto lui e non te” rise, perfida “Evidentemente è più intelligente di quell’inutile inetto di suo padre…”
La bacchetta di Narcissa prese vita e un lampo di luce scaturì dal suo nucleo. Bellatrix fu ugualmente rapida erigendo un Incantesimo Scudo, ridendo sguaiata.
“Vattene!” intimò la più giovane.
“Non senza Draco!” replicò l’altra.
“Non permetterò che lui si allontani mai più da me!” gridò, risoluta.
“Madre!”
La voce di Draco zittì le due donne, che si voltarono contemporaneamente verso di lui.
“Tesoro, torna in camera tua, subito!” ordinò, perentoria.
“No!” rispose lui, determinato.
Qualcosa in Narcissa si spezzò, causandole infinito dolore. Cercò lo sguardo di suo figlio, delusa, cercando di ignorare la risatina di scherno di sua sorella.
Draco scese la scalinata, evitando accuratamente di guardare in faccia la madre, contrito. Si avvicinò alla zia e, con un cenno del capo, la invitò a fargli strada.
Si avviarono verso la porta d’ingresso, Bellatrix in testa, soddisfatta e sprezzante, passando dinnanzi ad una Narcissa costernata.
“Draco…” sussurrò, implorante, quando lui le transitò di fronte.
Il giovane si fermò, guardandola negli occhi, cercando di sembrare tranquillo.
“Lui mi aspetta, madre. Devo andare. È il mio destino. Non ti deluderò” sciorinò, malcelando il terrore nella sua voce.
“Lo hai appena fatto” asserì sua madre, delusa e spaventata.

Aveva cercato di dissimulare, di fingere che non le importasse, ma non ci riusciva. Si era chiusa nella stanza da letto sua e di Lucius, in attesa che Draco tornasse. Sperando che Draco tornasse. Finalmente, ormai a notte fonda, il rumore di una materializzazione fece vertiginosamente aumentare i battiti del suo cuore. Si alzò rapida dalla poltrona su cui si era accomodata tentando inutilmente di distrarsi leggendo e corse verso la scala che conduceva all’ingresso. Affacciatasi al parapetto vide qualcosa che le spezzò definitivamente il cuore. Draco, appoggiato allo stipite della porta, curvo su se stesso, sembrava l’ombra dell’uomo che era diventato.
Scese rapida le scale, maledicendosi per non averlo protetto, per non essere andata con lui, per averlo lasciato in balia di Bellatrix, Voldemort e quella tribù di pazzi sanguinari. Chissà a cosa aveva dovuto assistere, cosa aveva dovuto vedere…
Gli si fece incontro, veloce, finché, arrivata a pochi passi da lui, il ragazzo si voltò di scatto, il viso trasfigurato dal terrore, spaventato dalla sua stessa ombra.
“Draco…” si limitò a dire, allargando le braccia.
In una frazione di secondo le fu addosso. Nonostante fosse più alto di lei, lo sentì farsi piccolo per sentirsi il più possibile contenuto in quell’abbraccio, scoppiando, infine, in singhiozzi.
“Tranquillo…” cercò di calmarlo “Ora sei qui, al sicuro…”
“Deve morire, mamma!” singhiozzò lui, spaventato.
Narcissa si sentì come colpita da uno schiantesimo “Chi?”
“Deve morire, mamma, deve morire!” ripeté lui, ossessivo.
“Chi deve morire, Draco?” chiese, di nuovo.
“Silente…” rispose lui, in un sussurro, come se stesse rivelando un segreto assoluto “Silente deve morire!”
Narcissa lo strinse forte, sconvolta da quella rivelazione. Era una notizia già di per sé sconvolgente, ma il fatto che l’avessero dichiarato davanti a Draco, ancora studente ad Hogwarts, rendeva la cosa ancora più sconcertante.
“Chi l’ha detto?” chiese lei, realizzando subito la stupidità di quella domanda.
“Lui…” rispose il ragazzo, con tono piatto “E ha detto che devo essere io, ad ucciderlo.”




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Capitolo 4
*** Solo una madre ***


Solo una madre

Aveva pensato che la famiglia Malfoy avesse toccato il fondo quando Lucius si era dovuto fingere sotto Imperius per evitare di finire ad Azkaban, quindici anni prima. Si era dovuta ricredere quando suo marito aveva fallito la missione all’Ufficio Misteri, finendo contemporaneamente ad Azkaban e sulla lista nera di Voldemort. Quasi era sollevata all’idea che lui fosse rinchiuso nella prigione magica di massima sicurezza, lì, almeno, sarebbe stato più difficile ucciderlo. Ma quello che era successo nelle ultime ore la convinse definitivamente che al peggio non c’è mai fine e che la discesa nel baratro sarebbe stata ancora lunga.

Il Signore Oscuro aveva affidato a Draco il compito di uccidere Albus Silente, il mago più potente di tutti i tempi, pena la morte sua e di tutta la sua famiglia. Una condanna a morte già firmata e, praticamente, eseguita. Come avrebbe potuto Draco, ancora studente, riuscire dove altri, ben più potenti di lui avevano fallito? Diede fondo al bicchiere di whiskey incendiario che aveva fra le mani, arricciando il naso per la sensazione fastidiosa creata dalla bevanda nella sua gola, appoggiandolo poi sulla scrivania di suo marito. Lucius… come avrebbe voluto che lui fosse lì, in quel momento. Era arrivata persino ad odiarlo, in quelle ore di insonnia e angoscia, maledicendolo per la scelta compiuta anni prima di divenire seguace di Voldemort, accecato dalla prospettiva di fama e gloria. Tuttavia era l’unica persona in cui aveva sempre creduto ciecamente e non averlo al suo fianco in quel momento drammatico rendeva quel fardello ancora più insopportabile. Se lui fosse stato lì, avrebbe saputo cosa fare. Se lui fosse stato lì, avrebbe difeso Draco, il loro unico figlio, da quel destino crudele e ingiusto. Perché Draco non aveva colpe. L’unico crimine che aveva commesso era quello di essere figlio suo e di Lucius. Scoppiò in lacrime, dandosi dell’ingenua per aver pensato, durante gli anni in cui Voldemort era stato solo un brutto ricordo, che anche a loro era concesso essere felici. Perché, in cuor suo, aveva sempre saputo che a quelli come loro non era possibile vivere una vita normale. La loro storia, costellata di eventi tragici e luttuosi, ne era l’esempio lampante. In un mondo in tumulto, con la guerra ormai alle porte, essere felici era un lusso che pochi potevano permettersi. Di sicuro, non era un privilegio per una famiglia di Mangiamorte.

Bellatrix era arrivata nel primo pomeriggio e Narcissa era stata ben attenta ad ignorarla, convinta che fosse di nuovo venuta per prelevare Draco. Quella volta, tuttavia, era lei che cercava.
“Il Signore Oscuro vuole parlarci” aveva sentenziato, asciutta, l’altra.
“Parlarci?” ripeté Narcissa, confusa.
“Sì, ad entrambe. Si da il caso che tuo figlio sia ancora minorenne. Lui ritiene opportuno che anche tu sia a conoscenza della missione che gli ha affidato” replicò, stizzita “Gli ho detto che anche io sono di famiglia, ma non ha voluto sentire ragioni. Vuole parlare anche con te” aggiunse, quasi parlando fra sé “Ridicolo! Non sei nemmeno una Mangiamorte!”
“Ma sono moglie e madre di due di loro” ribatté Narcissa, solenne.
Prese il mantello e raggiunse la sorella sull’uscio “Fammi strada!”

Il potente mago oscuro le confermò quello che già aveva saputo da suo figlio: l’obiettivo era uccidere Silente. Come, spettava a Draco deciderlo. Nessuno doveva aiutarlo o sostituirsi a lui, di sicuro non lei, su questo era stato categorico e Narcissa non aveva osato controbattere. Nel caso, avrebbe deciso lui a chi affidare quell’arduo compito. Solo nel caso in cui Draco avesse fallito, o fosse perito nel farlo, ovvio.
Mentre Voldemort parlava e Bellatrix si scioglieva in inutili e patetiche moine, Narcissa continuava a pensare: doveva proteggere Draco, ad ogni costo. Non le importava un accidenti se il Signore Oscuro l’aveva “Onorato di un tale, magnifico compito!” come aveva vaneggiato sua sorella. Suo figlio non era un assassino e non lo sarebbe mai stato. Non era riuscita ad impedire di farlo diventare un Mangiamorte, ma si sarebbe opposta con tutte le sue forze alla sua definitiva metamorfosi in un essere malvagio e senza cuore. Pensava, rimuginava alacremente, sentendo un fastidioso cerchio alla testa iniziare a formarsi, cercando di distogliere la sua attenzione dal suo obiettivo.
D’improvviso, un’idea balenò nella sua mente, riflettendosi come lampo di luce nel suo sguardo accigliato. Il mutamento di espressione non sfuggì a Bellatrix, che cercò di fulminarla con un’occhiata e si congedò rapidamente da Voldemort, desiderosa di allontanare quella scriteriata della sorella dall’oggetto della sua venerazione.
Lasciarono la dimora dei Rookwood, temporaneo rifugio dei Mangiamorte, in silenzio, Bellatrix che continuava a lanciare sguardi truci a Narcissa, nel tentativo di carpire dalla sua espressione, qualche dettaglio delle sue elucubrazioni.
“Per di qua” le fece segno, indicando la passaporta che doveva riaccompagnarle a Villa Malfoy.
Narcissa continuò imperterrita a camminare, uscendo dal cancello che delimitava la proprietà.
“Cissy!” la richiamò, feroce “Dove diavolo stai andando?”
“Non è affare che ti riguardi, Bella” la liquidò, estraendo la bacchetta.
“Lo è, visto che sei appena stata informata di un piano della massima segretezza. Hai sentito, no? L’Oscuro Signore mi ha pregato di vegliare su di te affinché non faccia parola con nessuno di quanto ha avuto il buon cuore di rivelarti!” sciorinò, rincorrendola.
“No, Bella, non ho sentito un accidenti di quello che tu e il Signore Oscuro vi siete detti” confessò, fermandosi e sfidando la sorella con lo sguardo “Ero preoccupata a pensare ad un modo per salvare mio figlio!”
“Tuo figlio non dev’essere salvato!” gridò l’altra, pentendosi immediatamente “Quello che gli è stato offerto è un grande onore! E lui è fiero di ciò!” continuò, abbassando la voce.
“Un onore che lo porterà al patibolo!” esclamò Narcissa “Proprio non capisci, vero? Lo sta facendo per vendicarsi di Lucius!”
“E anche se fosse? Se l’è meritato!”
“Ma Draco non c’entra! È solo un ragazzo!”
“Oh, andiamo! È un uomo, ormai. È la sua occasione per dimostrare di non essere solo un inutile bamboccio!” chiosò Bellatrix “Dovresti esserne fiera!”
“Fiera di vedere il mio unico figlio che va morire?” domandò, retorica “No, Bella. Non resterò a guardare. Chiederò aiuto all’unica persona di cui io e Draco possiamo fidarci!” aggiunse, scostando la sorella e riprendendo la sua marcia.
“Sono proprio curiosa di sapere chi è questo eroe…” la canzonò l’altra.
“Una persona di cui il tuo caro Signore Oscuro si fida ciecamente. E anche io.”
Bellatrix la guardò, interrogativa.
“Severus Piton.”
Il volto della maggiore delle sorelle Black si trasfigurò in una smorfia di puro odio “Vorrai scherzare! Quel viscido, inutile, falso…”
“Sono certa che lui ci vorrà aiutare” continuò imperterrita la più piccola, riflettendo fra sé.
“Tu sei pazza, Cissy. Quel codardo non farebbe mai una cosa del genere, mai!”
“Lo vedremo!”
Il crac della smaterializzazione fece trasalire Bellatrix, che indietreggiò, perdendo quasi l’equilibrio, prima di smaterializzarsi a sua volta in direzione di Spinner’s End.

“Lo voglio…”
L’ultimo filamento dell’incantesimo avvolse le loro mani intrecciate, legando le loro vite indissolubilmente.
Era fatta. Severus Piton aveva acconsentito a proteggere Draco e a portare a termine il compito affidatogli dal Signore Oscuro, nel caso avesse fallito, e lo aveva fatto pronunciando il Voto Infrangibile.
Narcissa ritrasse la mano, guardando l’uomo di fronte a lei con gratitudine, gli occhi ancora velati dalle lacrime di disperazione che non era riuscita a trattenere.
Sapeva di aver osato troppo, andando da Severus, non era del tutto convinta del fatto che fosse informato del piano, ma aveva voluto rischiare e aveva avuto ragione. Non sapeva da dove gli fosse venuto, quel coraggio, ma quando ami veramente qualcuno riesci ad essere capace di imprese incredibilmente ardue e nobili. Ma in quel momento, sapendo di aver messo al sicuro la vita di suo figlio, Narcissa non si sentiva un’eroina: aveva fatto quello che ogni madre, al posto suo, avrebbe fatto e, per la prima volta in vita sua, sentì di aver trovato il suo posto nel mondo. Non era una Mangiamorte, né un Auror, né una combattente per la pace. Era solo una madre, e tanto bastava.



Note:
Ho volutamente saltato l'incontro fra Piton e Narcissa perché lo trovo perfetto come JKR ce l'ha descritto e mi sarebbe sembrato inutile riportarlo.

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Capitolo 5
*** Explicit ***


Explicit

“Sii prudente…” gli sussurrò all’orecchio, prima di sciogliersi dall’abbraccio.
Draco le restituì uno sguardo triste, salendo, infine, sul vagone del treno che l’avrebbe condotto verso Hogwarts e il suo destino.
Narcissa rimase sul binario, guardando il treno muoversi lentamente, seguendo finché le fu possibile l’immagine di suo figlio all’interno dello scompartimento.
Chissà quando l’avrebbe rivisto. Chissà se l’avrebbe rivisto. Scacciò dalla mente quel pensiero, cercando di aver fiducia nel patto che aveva stretto con Severus.
Non aveva avuto il cuore di dire a Draco del Voto Infrangibile. Avrebbe dovuto, lo sapeva, ma sarebbe equivalso a dichiarargli la sua totale mancanza di fiducia in lui. Era già abbastanza scoraggiato, glielo poteva leggere negli occhi.

Da che il Signore Oscuro gli aveva affidato quel compito ignobile, era diventato stranamente taciturno. Narcissa non era abituata a non sentire la sua voce, Draco aveva sempre riempito le mura di quella casa così grande e fredda con le sue risate, le sue parole. Ricordava ancora la sensazione di vuoto i primi mesi in cui il suo bambino aveva frequentato Hogwarts: non averlo più attorno, non sentirlo giocare emulando il padre, l’aveva gettata nello sconforto più totale.
Vederlo così serio e affranto le spezzava il cuore, soprattutto perché, complice la trasformazione che il suo corpo stava subendo, diventando sempre più simile a quello di un uomo, gli ricordava tremendamente suo padre, Lucius.
Suo padre, che si chiudeva nel mutismo quando sapeva che rischiava di morire. Suo padre, che diventava freddo e anaffettivo per paura che lei sentisse la sua mancanza, in caso di disfatta. Suo padre, che giaceva in una cella ad Azkaban, lontano da lei e ignaro di quale pericolo stesse correndo il loro unico figlio.
Osservò un’ultima volta il treno uscire dalla stazione, infine si voltò, dirigendosi verso l’uscita, verso casa, dove, per la prima volta, si sarebbe ritrovata sola, in compagnia dei soliti, vecchi fantasmi del passato.


Note:
Il titolo della storia, è una citazione di Giuseppe Ungaretti "E' ora famelica"


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