Lo fanno, tanti pianti, sempre più saporito, il tuo cuore di BogartBacall (/viewuser.php?uid=115725)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Incipit ***
Capitolo 2: *** ... per me si va nell'eterno dolore ***
Capitolo 3: *** Quinto: non uccidere ***
Capitolo 4: *** Solo una madre ***
Capitolo 5: *** Explicit ***
Capitolo 1 *** Incipit ***
Incipit
“Il
Wizengamot,
nella persona del Ministro della Magia Rufus Scrimgeour, dichiara
l’imputato Lucius Malfoy… colpevole!”
Il
suono del
martelletto riecheggiò nell’aula e coincise con il fendente che colpì
Narcissa Malfoy, nata Black, al petto, crepando il suo cuore già
sofferente. Lucius, suo marito, l’amore della sua vita, l’uomo che
aveva commesso un unico, tragico errore, quello di divenire seguace
dell’Oscuro Signore, sarebbe finito ad Azkaban.
Avrebbe
voluto
urlare, gridare al mondo il suo dolore, la sua frustrazione, ma non
poteva. Sapeva che quella era stata una scelta infelice. Non aveva mai
approvato la decisione di suo marito di farsi marchiare, aveva appena
diciannove anni quando, per ambizione, era finito fra le schiere di
Voldemort, attirato da quegli ideali di purezza, vendendo parte della
sua anima a quell’essere malvagio e senza scrupoli. Quando l’aveva
saputo se n’era andata, lasciandolo solo, in balia di quel marchio
indelebile che aveva il potere di insinuarsi nel suo io più profondo,
combattendo e annientando quanto di buono c’era in lui.
Perché
lei, solo
lei sapeva che era un uomo buono, un uomo capace di amare con ogni
fibra del suo essere, ma che la vita aveva costretto ad indossare una
maschera da cinico e freddo opportunista, per sopravvivere alla
vergogna e al senso di colpa. Nessuno capiva, nessuno sapeva. Solo lei
aveva visto suo marito cambiare, invecchiare per il peso delle sue
scelte, comprarsi un posto in una società che lo guardava con sospetto.
Solo lei l’aveva cullato ogni notte, dopo la caduta del suo padrone,
spaventato, confuso riguardo il suo destino, finché era giunto a quella
conclusione, l’unica plausibile. Si sarebbe dichiarato vittima di un
sortilegio, avrebbe finto di non essere nel pieno possesso delle sue
facoltà mentali mentre serviva il Signore Oscuro.
Pochi
gli
avrebbero creduto e anch’essi sarebbero vissuti col dubbio della sua
lealtà. Meglio, comunque, una vita nella menzogna e nell’infamia,
comprando il silenzio, piuttosto che perire per una causa a cui non
aveva mai veramente creduto, da cui si era lasciato accecare per
convenienza ed interesse.
Era
vero. Lucius
credeva fermamente nella necessità di una società magica composta da
soli purosangue, ma mai sarebbe arrivato ad uccidere per questo. Era un
opportunista, un calcolatore freddo e spietato, ma non era un
assassino, Narcissa questo lo sapeva per certo. Era troppo debole,
troppo spaventato per uccidere.
L’aveva
appoggiato, giurando davanti all’intero Wizengamot che quello non era
suo marito, che da quando era stato marchiato come una bestia non era
più stato lui, arrivando persino a confidare che l’aveva lasciato, per
quel motivo.
Le
avevano
creduto. Avevano creduto a lei e alle migliaia di galeoni che Lucius
aveva donato per le cause più disparate, per lavare via la colpa e
pagare la propria redenzione.
Ma
ora, Lui era
tornato. La sera in cui il marchio aveva ripreso a pulsare, dopo
tredici anni, Lucius non aveva avuto scelta, era dovuto accorrere. Da
mesi, ormai, qualcosa era nell’aria. Il simbolo della sua sottomissione
era lentamente riaffiorato sul suo avambraccio, la cicatrice rimasta
dopo la scomparsa del suo creatore aveva lentamente ripreso colore fino
a tornare come un tempo. Lucius aveva cercato di nasconderla, di
celarla, soprattutto a lei, ma il repentino cambiamento di
atteggiamento, l’aggressività che aumentava in lui, la paura nei suoi
occhi, avevano fatto capire a Narcissa che presto avrebbe dovuto
ricominciare a dividere il suo uomo con Lord Voldemort.
Il
vero presagio
di sventura, però, era stata l’evasione da Azkaban della sua folle
sorella. Bellatrix aveva perso il lume della ragione anni prima, nel
momento stesso in cui si era votata anima e corpo alla causa del sangue
puro. Ma dopo la sua prigionia era divenuta ancora più squilibrata e
aggressiva. Provocava Lucius, reo di aver tradito il loro Signore,
sbeffeggiandolo e insultandolo.
Quando
Voldemort
aveva affidato a Lucius il compito di recuperare la profezia, Narcissa
capì immediatamente che c’era Bellatrix, dietro quella scelta. Sapeva
che era un compito arduo, quasi impossibile. Significava introdursi al
Ministero, dove Lucius era conosciuto e influente, con un altissimo
rischio di essere catturati dagli auror e scoperti. Il Signore Oscuro
non avrebbe mai rischiato di sua spontanea volontà di perdere
quell’inesauribile fonte di informazioni riservate che Lucius
rappresentava.
Come
prevedibile, Lucius aveva fallito e la conseguenza era stata quella
spietata, scontata condanna. Reclusione ad Azkaban a tempo illimitato,
in attesa di fare chiarezza anche sulla sua posizione nella precedente
guerra. Narcissa sapeva che era la pena che spettava ai Mangiamorte che
non collaboravano con il Ministero e che quello non era di certo il
momento migliore per mettersi a fare nomi, a meno che non si
desiderasse ricevere un Anatema che Uccide in piena fronte. Tuttavia
sapeva che l’animo tormentato di suo marito non avrebbe retto
l’incontro con i Dissennatori, finendo per perdere quel briciolo di
umanità che lei aveva strenuamente difeso e preservato in tutti quegli
anni.
Voleva
urlare,
Narcissa, ma non poteva. Perché questa volta non era sola. Si voltò
verso il ragazzo seduto alla sua destra, quel ragazzo spaventato che
cercava di mantenere la testa alta, lo sguardo fiero, torturandosi la
mano al cui dito medio portava l’anello con il vessillo di famiglia
donatogli dal padre anni prima. Voleva essere un uomo, il suo piccolo
Draco, ma era solo un ragazzo, poco più di un bambino. Gli prese la
mano e la strinse forte, ricevendo in cambio uno sguardo teso. Gli
sorrise, colma di quell’amore che solo una madre possiede. Sarebbe
andato tutto bene. L’avrebbe preso per mano e l’avrebbe difeso, anche a
costo della vita. Doveva salvare la sua innocenza, finché era in tempo.
Sarebbe stata la sua ancora di salvezza, come lo era stata per suo
padre.
Carissimi!
Rieccomi a
voi con una nuova, breve storia, ancora una volta a tema Malfoy. Fa
parte della stessa serie di "Come il
sole all'improvviso", di cui è una virtuale prosecuzione. Spero vi
piaccia e che siate calorosi come con la precedente. A presto!
BB
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Capitolo 2 *** ... per me si va nell'eterno dolore ***
… per me si va nell’eterno dolore*
Narcissa passeggiava
nervosamente lungo il corridoio del piano superiore di Villa Malfoy.
Era quasi l’alba, ma lei non era mai andata a dormire. Continuava a
guardare ossessivamente fuori dalle finestre che davano sul giardino,
in attesa. Draco non era rientrato a casa, quella notte, e il fatto che
fosse uscito di casa in compagnia di sua zia Bellatrix, la mattina
precedente, non lasciava presagire niente di buono.
L’aveva osservato a lungo,
in quei giorni. Cercava di comportarsi da uomo, di sembrare forte e
fiero, ignorando che lo sentiva piangere, ogni notte. Piangeva
spaventato, preoccupato per quel senso di responsabilità che gravava
sul suo capo, nonostante nessuno l’avesse mai investito di alcun onere.
Le stava vicino, cercando di aiutarla, di comportarsi come avrebbe
fatto suo padre. Ignorava che, in tutti quegli anni, era sempre stata
lei l’elemento forte della coppia, era lei a sostenere Lucius, ad
alleviare le sofferenze del suo animo roso dalla colpa, minato dalla
presenza di quel vessillo malvagio. Tutti l’avevano sempre creduta una
donna fragile, ma si sbagliavano. Quando si trattava della sua
famiglia, dei suoi due meravigliosi uomini, Narcissa era in grado di
tirare fuori tutto il coraggio e la forza necessari a proteggerli. Ma
Draco non lo sapeva, non poteva sapere. Aveva sempre vissuto con quel
padre autoritario e distaccato, così restio a mostrargli i suoi reali
sentimenti da stridere al confronto con la sua figura materna, così
dolce, affettuosa, perfetta. La credeva debole e indifesa, perciò si
preoccupava per lei.
L’aveva visto gironzolare
attorno allo studio di suo padre, ogni giorno, indugiando sull’uscio,
guardando con paura e rammarico le pergamene che giacevano alla rinfusa
sul tavolo. Sapeva che aveva lasciato parecchie questioni in sospeso,
non aveva avuto tempo di spiegargli cosa avrebbe dovuto fare, in caso
di un suo arresto o di una fine prematura. Lo osservava da lontano, per
non dargli l’impressione di essere preoccupata per lui. Non meritava
anche quel fardello, il suo piccolo Draco. Ma una mattina, quando
l’aveva visto entrare nella stanza e sedersi quasi timoroso alla
scrivania del padre, teso, come se la poltrona su cui si era adagiato
potesse prendere fuoco da un momento all’altro, si rese conto di quanto
quello che lei vedeva ancora come il suo bambino fosse in realtà
cresciuto. Rivide Lucius, nella stessa situazione, anni prima, quando
suo padre era scomparso dopo una malattia devastante, lasciandolo
troppo presto solo al mondo. Anche in quell’occasione era stata lei a
prenderlo per mano e ad accompagnarlo a risalire la china, quando
l’intero mondo magico che conta gli aveva voltato le spalle, divertito,
nella speranza di vederlo affondare, di vederlo fallire.
“Draco…” osò dire,
timidamente, facendolo trasalire.
Scattò in piedi, colto in
flagrante “Io… io…” cercò di spiegare, senza trovare le parole.
“Stai tranquillo, Draco,
tutto andrà bene!” lo rassicurò, sorridendogli.
“Come?” domandò lui,
nervoso “Come può andare bene, se nemmeno so da che parte cominciare?”
“Cominciare a fare cosa,
tesoro?” gli chiese, avvicinandosi.
“Ad occuparmi di questa
roba… Di te…” rispose, guardandosi attorno.
“Non è compito tuo, Draco”
“E di chi, allora?”
sbraitò, spazientito “Sono io l’uomo di casa, ora! Papà ha detto che
sarò io a dovermi occupare della famiglia quando…”
“Quando sarai pronto e
soprattutto grande a sufficienza” concluse la frase la madre “Tu non
sei lui, Draco. Tu sei tu e nessuno ti sta chiedendo di sostituire tuo
padre e di occuparti di cose più grandi di te. Sei un ragazzo premuroso
e responsabile, ma sei solo un ragazzo. Ce la caveremo, vedrai. L’unica
cosa che dobbiamo fare è restare uniti. Finché resteremo uniti, tutto
andrà bene!” gli accarezzò il volto, sentendo i primi accenni di barba
del ragazzo punzecchiarle il palmo della mano “Stai crescendo…”
constatò, malinconica “Sarai un uomo meraviglioso, un giorno. Ma per
ora sei solo un ragazzo e come tale ti devi comportare. Non avere
fretta di crescere, tesoro mio. La vita è già abbastanza dura
affrontata un passo per volta, senza dover necessariamente bruciare le
tappe.”
La guardò a lungo negli
occhi, poi si buttò fra le sue braccia, stringendola forte.
Quegli occhi… Riusciva a
pensare solo ai suoi occhi. Come il giorno precedente, quando Bellatrix
era piombata in casa loro, intimandogli di seguirla. A nulla erano
valse le sue proteste, non le aveva rivelato nulla, anche se intuiva
dove volesse condurre suo figlio. Aveva insistito per andare con loro,
ma sua sorella era stata categorica. Solo Draco era ammesso.
L’aveva scortato fino
all’ingresso e gli aveva dato un bacio sulla guancia, stringendogli
forte la mano, come cenno d’intesa, per fargli coraggio. E lui l’aveva
guardata negli occhi, cercando di rassicurarla, fiero e spaventato al
tempo stesso, ignorando che erano stati proprio quegli occhi a gettarla
nel panico. Quegli occhi color del ghiaccio, identici agli occhi che,
anni prima, l’avevano guardata giurando che non sarebbero mai
appartenuti ad un Mangiamorte, perché mai avrebbero fatto nulla che
potesse ferirla.
Erano passati ventiquattro
anni, ma Narcissa ricordava quel giorno come se fosse ieri. Era il
giorno in cui la sua vita era cambiata per sempre. Era il giorno in cui
aveva capito di essersi innamorata e che non ci sarebbe mai stato
antidoto a quel veleno sublime e letale che aveva il nome di Lucius
Malfoy.
Paura. Narcissa conosceva
quella sensazione fin troppo bene. Era stata sua fedele compagna in
tutti quegli anni, avevano fatto conoscenza nel momento stesso in cui
aveva scoperto che Lucius, il suo Lucius, il suo fidanzato, colui che
amava più di ogni altra cosa al mondo, l’aveva tradita, venendo meno ad
un giuramento e diventando Mangiamorte. Da allora ci aveva convissuto
pacificamente, abituandosi alla sua presenza. Tuttavia, quel giorno,
sentiva che la sua vecchia compagna aveva ritrovato un vigore e una
forza contro cui lei non aveva più la forza di combattere. No,
non poteva essere successo qualcosa a Draco, non a lui, non a suo
figlio. Non avrebbe retto anche quel colpo, la vita le aveva inferto
troppi colpi bassi per riuscire a reagire anche a quello, per di più
senza Lucius.
Una fitta al cuore la
soprese al pensiero del marito rinchiuso ad Azkaban, vittima dei
Dissennatori: sarebbe sopravvissuto? Sarebbe bastata la forza dei
ricordi dei momenti vissuti insieme a salvaguardare la sua anima?
Il suo stato di panico
crebbe vorticosamente, facendola vacillare. Il cuore aveva accelerato
all’impazzata, sudori freddi correvano lungo la sua schiena, facendola
rabbrividire, le mani formicolavano.
D’improvviso, sentì la
porta d’ingresso aprirsi. Corse lungo il corridoio, poi giù per le
scale, rapida.
“Draco!” esclamò sollevata,
quando vide suo figlio sull’uscio. Il ragazzo alzò lo sguardo vuoto, il
volto diafano reso ancora più pallido dalle profonde occhiaie che
solcavano il suo viso da bambino cresciuto troppo alla svelta, i
capelli scarmigliati.
“Oh mio Dio, Draco!”
esclamò, stringendolo forte a sé “Stai bene?” chiese, discostandosi e
guardandolo in volto.
Il ragazzo non rispose,
incollò gli occhi grigi in quelli celesti della madre e scoppiò in
lacrime, accoccolandosi contro la sua spalla.
“Stai tranquillo, tesoro
mio…” cercò di rassicurarlo, spaventata “Non è nulla, sono qui con te”
disse, carezzandogli il capo, come quando era piccolo, accogliendo
quello sfogo, quei singhiozzi che provenivano dal corpo di uomo adulto
in cui era imprigionato l’animo di un ragazzino spaventato.
Lo accompagnò lentamente al
piano superiore, facendolo distendere nel letto suo e di Lucius, come
quando era bambino. Lo vegliò dolcemente, rassicurandolo, bagnandogli
il capo madido di sudore con dei panni freschi, nel tentativo di
placare il suo corpo scosso dai brividi e dai singhiozzi, cercando di
ignorare le macchie di sangue che si dilatavano sulla manica sinistra
della sua camicia.
Narcissa sapeva bene cosa
significava tutto quello. Ci era già passata, l’aveva già visto, più di
vent’anni prima, quando al padre di suo figlio era toccata la stessa
sorte. Se n’era andata, allora, aveva lasciato Lucius solo con i suoi
demoni e il suo tormento, troppo arrabbiata, troppo spaventata all’idea
di perderlo. Questa volta, però, sarebbe rimasta lì, accanto a suo
figlio. Era ancora arrabbiata, era ancora terrorizzata, ma sapeva che
l’unico rimedio a quel marchio era il suo amore.
Attese che Draco si fosse
addormentato, dopo avergli somministrato una mistura di Distillato
della Pace e Pozione Soporifera, e lo affidò alle cure degli elfi
domestici. Si materializzò nella vecchia casa dei suoi genitori ed
entrò, senza nemmeno bussare, brandendo la bacchetta. Gli elfi
fuggirono impauriti, lasciandola di fronte alla persona che cercava.
“Bene bene…” iniziò
Bellatrix, sogghignando “Chi abbiamo qui? La dolce, piccola Narcissa!”
Avanzò rapida verso sua
sorella, puntandole la bacchetta in mezzo agli occhi, ricevendo in
cambio una risata sgraziata.
“Cosa avete fatto a mio
figlio?” chiese, minacciosa.
“Rilassati, Cissy!” le
intimò l’altra “Non gli è stato fatto nulla che lui non volesse!”
aggiunse, incurante dell’arma che ancora la minacciava.
“Come hai potuto… È solo un
ragazzo!” continuò Narcissa, sull’orlo delle lacrime.
“Un ragazzo che ha avuto
l’onore di divenire seguace del più grande mago di tutti i tempi!”
specificò, pomposa “Dovresti essere onorata!”
“Ma…” cercò di obiettare.
“Non c’è nessun ma, Cissy!”
la zittì Bellatrix “È stato portato al suo cospetto e gli è stato
chiesto se volesse o meno essere marchiato! Ha risposto di sì, quindi è
stata una sua consapevole scelta!”
“Certo, come se avesse
avuto scelta!” obiettò, spazientita.
“Osi insinuare che il
Signore Oscuro non gli abbia lasciato alternativa?” l’ammonì la sorella
maggiore.
“Ovviamente no, Bella.
Draco ha potuto scegliere: o il marchio o la morte!” ribaté, ironica.
Bellatrix sorrise,
compiaciuta “Come vedi, ha fatto la scelta migliore!”
“Come hai potuto… farmi
questo?” biascicò, sconsolata.
La Mangiamorte sorrise,
compiaciuta “Ti avevo avvisata, ricordi?” disse, tronfia “Ti avevo
detto che, prima o poi, il Signore Oscuro l’avrebbe chiamato al suo
cospetto e allora tu avresti dovuto lasciarlo andare!”
Narcissa sbiancò,
ricordando il momento in cui sua sorella aveva pronunciato per la prima
volta quelle parole.
Era piombata a casa sua che
era incinta di pochi mesi, dopo anni di silenzio, umiliazioni e follia,
esponendole quella teoria assurda: nel caso in cui il bambino che
portava in grembo fosse stato maschio, avrebbe dovuto immolarlo al
Signore Oscuro, facendolo crescere secondo il credo dei Mangiamorte e
divenendo l’erede spirituale di Lord Voldemort. Ovviamente si era
opposta con forza a quell’idea folle, cacciando Bellatrix e rompendo
definitivamente i rapporti con lei, ma, prima di uscire dalla sua casa
e dalla sua vita, sua sorella le aveva lanciato quell’inquietante
monito: prima o dopo suo figlio sarebbe comunque finito nelle grinfie
di Voldemort e lei non avrebbe potuto fare nulla per salvarlo.
“È il suo destino, Cissy”
aggiunse Bellatrix “Faresti meglio a tenermi da conto, visto che, al
momento, sono l’unica che può vegliare sul tuo dolce, indifeso, candido
figlioletto!”
Narcissa ritornò in sé,
dopo un attimo di smarrimento, avvicinandosi pericolosamente a sua
sorella “Fa in modo che non gli accada nulla di male, Bella. O subirai
l’umiliazione di essere uccisa dalla tua patetica, inutile, fragile,
dolce sorellina!” sciorinò, prima di voltarle le spalle e tornare da
suo figlio.
*Dante, Divina Commedia, Inferno
Eccovi il secondo
capitolo... Come già detto, alcuni dei fatti riportati si basano su
un'altra mia storia, "Come il
sole, all'improvviso", e non su fatti descritti nei libri di JKR.
Laddove ho fatto delle citazioni, ho cercato di riassumere brevemente
gli eventi, in modo da rendere possibile la lettura anche a chi non
avesse letto la prima storia.
Non l'ho ancora fatto, lo dico qui. La storia è una mini-long di cinque
capitoli e parla degli avvenimenti fra la fine del quinto libro e
l'inizio del sesto, ponendo una particolare attenzione al parallelismo
fra le vite di lucius e Draco, secondo il punto di vista di Narcissa.
Per questo motivo, ho scelto come titolo del capitolo una citazione
dell'Inferno di Dante, come avevo fatto in Come il sole all'Improvviso
per il capitolo in cui Lucius viene marchiato.
Spero di essere stata chiara e di avervi invogliato a leggere.
Ringrazio chi ha recensito e/o inserito la storia fra i
preferiti/seguiti/ricordati e chi lo farà in futuro.
A presto
BB
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Capitolo 3 *** Quinto: non uccidere ***
Quinto: non uccidere
Narcissa non riuscì a chiudere occhio, quella notte. Per tutto il tempo
guardò il suo Draco che dormiva, così simile a suo padre.
Li amava entrambi così intensamente, eppure in modo così diverso.
Lucius era l’uomo che le aveva rubato il cuore, il compagno di una
vita, l’unico, vero, grande amore.
Draco era il frutto del loro amore, l’aveva portato in sé, nutrito al
suo seno, amato dall’istante in cui, appena nato, le aveva appoggiato
la manina sul cuore.
Non riusciva a tollerare l’idea che entrambi stessero soffrendo, per
colpa dello stesso, miserabile individuo. E quel che era peggio, temeva
per le sorti di Draco.
Perché lo aveva voluto fra i suoi adepti? Cosa poteva volere da lui? Un
brivido le percorse la schiena. Sicuramente si trattava di una vendetta
nei confronti di Lucius. Era di certo così. Voleva vendicarsi di lui,
immolando il suo unico figlio, ben consapevole del fatto che era solo
un ragazzo, incapace di compiere qualsivoglia empietà. Il suo cuore
mancò un colpo, guardando l’avambraccio lacero e marchiato di Draco.
Avrebbe voluto distruggerlo, strapparlo via dal suo corpo, allontanare
da lui la sofferenza a cui era destinato, ma sapeva che non era
possibile. Il Marchio era per sempre e l’unica cosa che lei potesse
fare era stargli vicino, vegliare su di lui e contrastare con il suo
amore gli effetti devastanti che quel maledetto vessillo avrebbe avuto
sulla sua già fragile persona.
Perché Draco, esattamente come Lucius, era una persona estremamente
fragile, nonostante ostentasse sicurezza e malvagità.
Un vociare concitato giunse dal piano inferiore. Narcissa si alzò, ben
attenta a non interrompere il sonno così faticosamente raggiunto dal
ragazzo. Si allacciò la veste da camera mentre imboccava le scale e fu
allora che riconobbe la voce garrula di sua sorella. Quasi
istintivamente portò la mano alla bacchetta. Voleva schiantarla, se non
addirittura cruciarla. Lei, quella viscida, disgustosa, lurida serpe.
Sapeva che serbava rancore a Lucius, non le era mai andato a genio.
Troppo interessato agli affari e troppo poco devoto al Signore Oscuro,
diceva lei. Ma Draco era anche suo
figlio e lei era sua sorella
per l’amor del cielo! Proprio non contava nulla?
“Cissy!” chiosò l’altra, scorgendola “Eccoti, finalmente!” esclamò,
stizzita “I tuoi stupidi elfi non vogliono lasciarmi entrare!”
“Lo so…” dichiarò l’altra, gelida “Stanno eseguendo un mio preciso
ordine.”
Bellatrix la fulminò con uno sguardo che Narcissa sostenne, fiera.
“Non è il momento per gli isterismi, Cissy!” l’ammonì la maggiore
“Dov’è Draco?”
“Non è affar tuo!” ribatté, decisa.
“Lo è, da quando lui è proprietà del Signore Oscuro!”
Narcissa si mosse verso l’altra, minacciosa, arrivando ad un passo dal
suo volto.
“Draco non è proprietà di
nessuno, se non di se stesso!” le sibilò contro.
Bellatrix sorrise, malvagia “Povera, ingenua, ridicola Cissy. Sei
ancora convinta di essere più importante della Sua causa?” domandò,
spietata “Draco ha scelto, nonostante sapesse che tu non avresti
approvato. Ha scelto lui e non te” rise, perfida “Evidentemente è più
intelligente di quell’inutile inetto di suo padre…”
La bacchetta di Narcissa prese vita e un lampo di luce scaturì dal suo
nucleo. Bellatrix fu ugualmente rapida erigendo un Incantesimo Scudo,
ridendo sguaiata.
“Vattene!” intimò la più giovane.
“Non senza Draco!” replicò l’altra.
“Non permetterò che lui si allontani mai più da me!” gridò, risoluta.
“Madre!”
La voce di Draco zittì le due donne, che si voltarono
contemporaneamente verso di lui.
“Tesoro, torna in camera tua, subito!” ordinò, perentoria.
“No!” rispose lui, determinato.
Qualcosa in Narcissa si spezzò, causandole infinito dolore. Cercò lo
sguardo di suo figlio, delusa, cercando di ignorare la risatina di
scherno di sua sorella.
Draco scese la scalinata, evitando accuratamente di guardare in faccia
la madre, contrito. Si avvicinò alla zia e, con un cenno del capo, la
invitò a fargli strada.
Si avviarono verso la porta d’ingresso, Bellatrix in testa, soddisfatta
e sprezzante, passando dinnanzi ad una Narcissa costernata.
“Draco…” sussurrò, implorante, quando lui le transitò di fronte.
Il giovane si fermò, guardandola negli occhi, cercando di sembrare
tranquillo.
“Lui mi aspetta, madre. Devo andare. È il mio destino. Non ti deluderò”
sciorinò, malcelando il terrore nella sua voce.
“Lo hai appena fatto” asserì sua madre, delusa e spaventata.
Aveva cercato di dissimulare, di fingere che non le importasse, ma non
ci riusciva. Si era chiusa nella stanza da letto sua e di Lucius, in
attesa che Draco tornasse. Sperando
che Draco tornasse. Finalmente, ormai a notte fonda, il rumore di una
materializzazione fece vertiginosamente aumentare i battiti del suo
cuore. Si alzò rapida dalla poltrona su cui si era accomodata tentando
inutilmente di distrarsi leggendo e corse verso la scala che conduceva
all’ingresso. Affacciatasi al parapetto vide qualcosa che le spezzò
definitivamente il cuore. Draco, appoggiato allo stipite della porta,
curvo su se stesso, sembrava l’ombra dell’uomo che era diventato.
Scese rapida le scale, maledicendosi per non averlo protetto, per non
essere andata con lui, per averlo lasciato in balia di Bellatrix,
Voldemort e quella tribù di pazzi sanguinari. Chissà a cosa aveva
dovuto assistere, cosa aveva dovuto vedere…
Gli si fece incontro, veloce, finché, arrivata a pochi passi da lui, il
ragazzo si voltò di scatto, il viso trasfigurato dal terrore,
spaventato dalla sua stessa ombra.
“Draco…” si limitò a dire, allargando le braccia.
In una frazione di secondo le fu addosso. Nonostante fosse più alto di
lei, lo sentì farsi piccolo per sentirsi il più possibile contenuto in
quell’abbraccio, scoppiando, infine, in singhiozzi.
“Tranquillo…” cercò di calmarlo “Ora sei qui, al sicuro…”
“Deve morire, mamma!” singhiozzò lui, spaventato.
Narcissa si sentì come colpita da uno schiantesimo “Chi?”
“Deve morire, mamma, deve morire!” ripeté lui, ossessivo.
“Chi deve morire, Draco?” chiese, di nuovo.
“Silente…” rispose lui, in un sussurro, come se stesse rivelando un
segreto assoluto “Silente deve morire!”
Narcissa lo strinse forte, sconvolta da quella rivelazione. Era una
notizia già di per sé sconvolgente, ma il fatto che l’avessero
dichiarato davanti a Draco, ancora studente ad Hogwarts, rendeva la
cosa ancora più sconcertante.
“Chi l’ha detto?” chiese lei, realizzando subito la stupidità di quella
domanda.
“Lui…” rispose il ragazzo, con tono piatto “E ha detto che devo essere
io, ad ucciderlo.”
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Capitolo 4 *** Solo una madre ***
Solo una madre
Aveva pensato che la famiglia Malfoy avesse toccato il fondo quando
Lucius si era dovuto fingere sotto Imperius per evitare di finire ad
Azkaban, quindici anni prima. Si era dovuta ricredere quando suo marito
aveva fallito la missione all’Ufficio Misteri, finendo
contemporaneamente ad Azkaban e sulla lista nera di Voldemort. Quasi
era sollevata all’idea che lui fosse rinchiuso nella prigione magica di
massima sicurezza, lì, almeno, sarebbe stato più difficile ucciderlo.
Ma quello che era successo nelle ultime ore la convinse definitivamente
che al peggio non c’è mai fine e che la discesa nel baratro sarebbe
stata ancora lunga.
Il Signore Oscuro aveva affidato a Draco il compito di uccidere Albus
Silente, il mago più potente di tutti i tempi, pena la morte sua e di
tutta la sua famiglia. Una condanna a morte già firmata e,
praticamente, eseguita. Come avrebbe potuto Draco, ancora studente,
riuscire dove altri, ben più potenti di lui avevano fallito? Diede
fondo al bicchiere di whiskey incendiario che aveva fra le mani,
arricciando il naso per la sensazione fastidiosa creata dalla bevanda
nella sua gola, appoggiandolo poi sulla scrivania di suo marito.
Lucius… come avrebbe voluto che lui fosse lì, in quel momento. Era
arrivata persino ad odiarlo, in quelle ore di insonnia e angoscia,
maledicendolo per la scelta compiuta anni prima di divenire seguace di
Voldemort, accecato dalla prospettiva di fama e gloria. Tuttavia era
l’unica persona in cui aveva sempre creduto ciecamente e non averlo al
suo fianco in quel momento drammatico rendeva quel fardello ancora più
insopportabile. Se lui fosse stato lì, avrebbe saputo cosa fare. Se lui
fosse stato lì, avrebbe difeso Draco, il loro unico figlio, da quel
destino crudele e ingiusto. Perché Draco non aveva colpe. L’unico
crimine che aveva commesso era quello di essere figlio suo e di Lucius.
Scoppiò in lacrime, dandosi dell’ingenua per aver pensato, durante gli
anni in cui Voldemort era stato solo un brutto ricordo, che anche a
loro era concesso essere felici. Perché, in cuor suo, aveva sempre
saputo che a quelli come loro non era possibile vivere una vita
normale. La loro storia, costellata di eventi tragici e luttuosi, ne
era l’esempio lampante. In un mondo in tumulto, con la guerra ormai
alle porte, essere felici era un lusso che pochi potevano permettersi.
Di sicuro, non era un privilegio per una famiglia di Mangiamorte.
Bellatrix era arrivata nel primo pomeriggio e Narcissa era stata ben
attenta ad ignorarla, convinta che fosse di nuovo venuta per prelevare
Draco. Quella volta, tuttavia, era lei che cercava.
“Il Signore Oscuro vuole parlarci” aveva sentenziato, asciutta, l’altra.
“Parlarci?” ripeté Narcissa, confusa.
“Sì, ad entrambe. Si da il caso che tuo figlio sia ancora minorenne.
Lui ritiene opportuno che anche tu sia a conoscenza della missione che
gli ha affidato” replicò, stizzita “Gli ho detto che anche io sono di
famiglia, ma non ha voluto sentire ragioni. Vuole parlare anche con te”
aggiunse, quasi parlando fra sé “Ridicolo! Non sei nemmeno una
Mangiamorte!”
“Ma sono moglie e madre di due di loro” ribatté Narcissa, solenne.
Prese il mantello e raggiunse la sorella sull’uscio “Fammi strada!”
Il potente mago oscuro le confermò quello che già aveva saputo da suo
figlio: l’obiettivo era uccidere Silente. Come, spettava a Draco
deciderlo. Nessuno doveva aiutarlo o sostituirsi a lui, di sicuro non
lei, su questo era stato categorico e Narcissa non aveva osato
controbattere. Nel caso, avrebbe deciso lui a chi affidare quell’arduo
compito. Solo nel caso in cui Draco avesse fallito, o fosse perito nel
farlo, ovvio.
Mentre Voldemort parlava e Bellatrix si scioglieva in inutili e
patetiche moine, Narcissa continuava a pensare: doveva proteggere
Draco, ad ogni costo. Non le importava un accidenti se il Signore
Oscuro l’aveva “Onorato di un tale, magnifico compito!” come aveva
vaneggiato sua sorella. Suo figlio non era un assassino e non lo
sarebbe mai stato. Non era riuscita ad impedire di farlo diventare un
Mangiamorte, ma si sarebbe opposta con tutte le sue forze alla sua
definitiva metamorfosi in un essere malvagio e senza cuore. Pensava,
rimuginava alacremente, sentendo un fastidioso cerchio alla testa
iniziare a formarsi, cercando di distogliere la sua attenzione dal suo
obiettivo.
D’improvviso, un’idea balenò nella sua mente, riflettendosi come lampo
di luce nel suo sguardo accigliato. Il mutamento di espressione non
sfuggì a Bellatrix, che cercò di fulminarla con un’occhiata e si
congedò rapidamente da Voldemort, desiderosa di allontanare quella
scriteriata della sorella dall’oggetto della sua venerazione.
Lasciarono la dimora dei Rookwood, temporaneo rifugio dei Mangiamorte,
in silenzio, Bellatrix che continuava a lanciare sguardi truci a
Narcissa, nel tentativo di carpire dalla sua espressione, qualche
dettaglio delle sue elucubrazioni.
“Per di qua” le fece segno, indicando la passaporta che doveva
riaccompagnarle a Villa Malfoy.
Narcissa continuò imperterrita a camminare, uscendo dal cancello che
delimitava la proprietà.
“Cissy!” la richiamò, feroce “Dove diavolo stai andando?”
“Non è affare che ti riguardi, Bella” la liquidò, estraendo la
bacchetta.
“Lo è, visto che sei appena stata informata di un piano della massima
segretezza. Hai sentito, no? L’Oscuro Signore mi ha pregato di vegliare
su di te affinché non faccia parola con nessuno di quanto ha avuto il
buon cuore di rivelarti!” sciorinò, rincorrendola.
“No, Bella, non ho sentito un accidenti di quello che tu e il Signore
Oscuro vi siete detti” confessò, fermandosi e sfidando la sorella con
lo sguardo “Ero preoccupata a pensare ad un modo per salvare mio
figlio!”
“Tuo figlio non dev’essere salvato!” gridò l’altra, pentendosi
immediatamente “Quello che gli è stato offerto è un grande onore! E lui
è fiero di ciò!” continuò, abbassando la voce.
“Un onore che lo porterà al patibolo!” esclamò Narcissa “Proprio non
capisci, vero? Lo sta facendo per vendicarsi di Lucius!”
“E anche se fosse? Se l’è meritato!”
“Ma Draco non c’entra! È solo un ragazzo!”
“Oh, andiamo! È un uomo, ormai. È la sua occasione per dimostrare di
non essere solo un inutile bamboccio!” chiosò Bellatrix “Dovresti
esserne fiera!”
“Fiera di vedere il mio unico figlio che va morire?” domandò, retorica
“No, Bella. Non resterò a guardare. Chiederò aiuto all’unica persona di
cui io e Draco possiamo fidarci!” aggiunse, scostando la sorella e
riprendendo la sua marcia.
“Sono proprio curiosa di sapere chi è questo eroe…” la canzonò l’altra.
“Una persona di cui il tuo caro Signore Oscuro si fida ciecamente. E
anche io.”
Bellatrix la guardò, interrogativa.
“Severus Piton.”
Il volto della maggiore delle sorelle Black si trasfigurò in una
smorfia di puro odio “Vorrai scherzare! Quel viscido, inutile, falso…”
“Sono certa che lui ci vorrà aiutare” continuò imperterrita la più
piccola, riflettendo fra sé.
“Tu sei pazza, Cissy. Quel codardo non farebbe mai una cosa del genere,
mai!”
“Lo vedremo!”
Il crac della smaterializzazione fece trasalire Bellatrix, che
indietreggiò, perdendo quasi l’equilibrio, prima di smaterializzarsi a
sua volta in direzione di Spinner’s End.
“Lo voglio…”
L’ultimo filamento dell’incantesimo avvolse le loro mani intrecciate,
legando le loro vite indissolubilmente.
Era fatta. Severus Piton aveva acconsentito a proteggere Draco e a
portare a termine il compito affidatogli dal Signore Oscuro, nel caso
avesse fallito, e lo aveva fatto pronunciando il Voto Infrangibile.
Narcissa ritrasse la mano, guardando l’uomo di fronte a lei con
gratitudine, gli occhi ancora velati dalle lacrime di disperazione che
non era riuscita a trattenere.
Sapeva di aver osato troppo, andando da Severus, non era del tutto
convinta del fatto che fosse informato del piano, ma aveva voluto
rischiare e aveva avuto ragione. Non sapeva da dove gli fosse venuto,
quel coraggio, ma quando ami veramente qualcuno riesci ad essere capace
di imprese incredibilmente ardue e nobili. Ma in quel momento, sapendo
di aver messo al sicuro la vita di suo figlio, Narcissa non si sentiva
un’eroina: aveva fatto quello che ogni madre, al posto suo, avrebbe
fatto e, per la prima volta in vita sua, sentì di aver trovato il suo
posto nel mondo. Non era una Mangiamorte, né un Auror, né una
combattente per la pace. Era solo una madre, e tanto bastava.
Note:
Ho volutamente saltato l'incontro fra Piton e Narcissa perché lo trovo
perfetto come JKR ce l'ha descritto e mi sarebbe sembrato inutile
riportarlo.
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Capitolo 5 *** Explicit ***
Explicit
“Sii
prudente…” gli sussurrò all’orecchio, prima di sciogliersi
dall’abbraccio.
Draco
le restituì uno sguardo triste, salendo, infine, sul vagone del treno
che l’avrebbe condotto verso Hogwarts e il suo destino.
Narcissa
rimase sul binario, guardando il treno muoversi lentamente, seguendo
finché le fu possibile l’immagine di suo figlio all’interno dello
scompartimento.
Chissà
quando l’avrebbe rivisto. Chissà se
l’avrebbe rivisto. Scacciò dalla mente quel pensiero, cercando di aver
fiducia nel patto che aveva stretto con Severus.
Non
aveva avuto il cuore di dire a Draco del Voto Infrangibile. Avrebbe
dovuto, lo sapeva, ma sarebbe equivalso a dichiarargli la sua totale
mancanza di fiducia in lui. Era già abbastanza scoraggiato, glielo
poteva leggere negli occhi.
Da che
il Signore Oscuro gli aveva affidato quel compito ignobile, era
diventato stranamente taciturno. Narcissa non era abituata a non
sentire la sua voce, Draco aveva sempre riempito le mura di quella casa
così grande e fredda con le sue risate, le sue parole. Ricordava ancora
la sensazione di vuoto i primi mesi in cui il suo bambino aveva
frequentato Hogwarts: non averlo più attorno, non sentirlo giocare
emulando il padre, l’aveva gettata nello sconforto più totale.
Vederlo
così serio e affranto le spezzava il cuore, soprattutto perché,
complice la trasformazione che il suo corpo stava subendo, diventando
sempre più simile a quello di un uomo, gli ricordava tremendamente suo
padre, Lucius.
Suo
padre, che si chiudeva nel mutismo quando sapeva che rischiava di
morire. Suo padre, che diventava freddo e anaffettivo per paura che lei
sentisse la sua mancanza, in caso di disfatta. Suo padre, che giaceva
in una cella ad Azkaban, lontano da lei e ignaro di quale pericolo
stesse correndo il loro unico figlio.
Osservò
un’ultima volta il treno uscire dalla stazione, infine si voltò,
dirigendosi verso l’uscita, verso casa, dove, per la prima volta, si
sarebbe ritrovata sola, in compagnia dei soliti, vecchi fantasmi del
passato.
Note:
Il titolo della storia, è una
citazione di Giuseppe Ungaretti "E' ora famelica"
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