Il Principe della Laguna di Sithra25 (/viewuser.php?uid=65453)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Melograni ***
Capitolo 3: *** Angolo ***
Capitolo 1 *** Prologo ***
Prologo
Nella penombra della camera, le due figure distese sul letto si muovono in una lenta danza. I loro corpi nudi sono illuminati dai raggi di luna argentea che si fanno largo tra le tende dell'unica finestra, aperta appena per far scivolare dentro la stanza una vaga brezza salmastra. Non ci sono altre luci, e le uniche cose che spezzano il silenzio della notte lagunare sono gli ansimi dei due amanti. Amanti solo per l'occasione, per una notte di passione che, quando salirà il sole, si spegnerà in pochi ricordi. Almeno per uno di loro sarà così.
"Giacomo..." La donna si ferma, allontanando dolcemente le labbra di lui dal suo collo punteggiato da efelidi.
Egli la osserva, si domanda silenziosamente che cosa succeda. Nello stesso istante, sorride appena: succede raramente che le fanciulle, siano amiche o solo conoscenti, lo chiamino per nome.
"Posso farvi una domanda?" Sussurra lei.
"Me ne avete già fatta una, mia cara". Si scosta, puntellandosi con il braccio destro sul morbido cuscino di piume. "Ditemi pure".
Attende che ella parli di nuovo, anche se tutta questa "conversazione" durante un rapporto lo confonde; non è affatto abituato a perdere tempo. Non rifiuta però di parlare, altrimenti offenderebbe la ragazza e rovinerebbe il bel momento.
Riesce a malapena a pensare tutto ciò prima che lei, in un solo istante, distrugga in mille pezzi l'atmosfera. Senza farlo di proposito, sia ben chiaro; ma quel breve quesito è per lui più doloroso di qualsiasi altro gli sarebbe potuto essere posto.
"Giacomo... voi credete nella magia?"
Cade il silenzio tra i due, la brezza sembra impovvisamente trasformarsi in un spiffero gelido.
Potrebbe sorprendersi, chiederle ridendo perchè mai debba porre una domanda simile proprio ora, scherzare su tale stranezza.
Chiunque farebbe così.
Ma lui no. D'impulso, alza il braccio sinistro, fissandosi il polso. Ad esso è legato un piccolo nastro color porpora, come fosse un braccialetto. E' quella la risposta alla domanda della ragazza, anche se lei non lo immagina nemmeno. E Casanova non glielo dirà, ma si alzerà dal caldo giaciglio, raccogliendo le sue cose.
Improvvisamente freddo e tagliente come una lama, osserverà la figura ancora distesa sul letto, un'ultima volta prima di andarsene.
"E' tardi, devo andare. Tra poco arriverà l'alba... e vostro marito con lei".
Sinceramente non credevo sarei mai riuscita a pubblicare questo racconto, o perlomeno, ad iniziare a pubblicarlo.
Ho sempre avuto un certo rapporto conflittuale con le storie a più capitoli, dato che dopo averne scritti tre o quattro mi interrompevo sempre.
E' una patologia. Speriamo non capiti anche questa volta, yep!
Detto questo... perchè proprio Casanova?
E' una figura leggendaria, di cui si è raccontato molto. Mi piacciono i suoi lati oscuri che la storia di solito non tratta, per esempio la passione per l'alchimia e l'aggregazione alla Massoneria. E poi è vissuto molti anni a Venezia, la quale è, se possibile, ancora più affascinante di lui.
Ci tengo comunque a sottolineare che questa storia non è aderente alla cronologia e alla sua vita reale.
Vi troverete solo pochi avvenimenti che sono effettivamente accaduti e qualche nominativo realmente esistito.
Mi sono affidata alla mia fantasia, in tutto e per tutto.
Spero che vi piaccia, alè!
Sith
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Capitolo 2 *** Melograni ***
Melograni
La
città di Venezia si era svegliata. Il sole aveva destato i
suoi abitanti avvolgendo con la luce dell'alba i palazzi variopinti.
Gondole e altre piccole imbarcazioni già solcavano le acque
placide dei canali e le calli vedevano passare una moltitudine di
persone.
Era
giorno di mercato. In realtà tutti i giorni lo erano, ma
quello che veniva dopo la domenica era il più
“ufficiale”
di tutti. Le piazzette venivano completamente riempite di banchi di
frutta, verdure, spezie, ma anche stoffe e piccoli utensili. La
folla, formata solo per metà dalla gente veneziana, era
così
opprimente che bisognava stare attenti a non pestare qualche nobile
piede, oltre che a qualche nobile gonna. Il vociare era talmente
rumoroso che si sentiva perfino attraverso i muri e le finestre
chiuse degli edifici circostanti.
Giacomo
Casanova amava tali circostanze. Quali occasioni più
proficue
per adocchiare la prossima possibile amante, se non in luoghi
così
frequentati? Gli uomini non lo notavano, con quel normale cappello da
gentiluomo e gli abiti anch'essi solitamente indossati dalle persone
altolocate. Ma le donne... a loro non sfuggiva mai il suo sguardo
penetrante. Ciò di cui i loro mariti e padri non si
accorgevano, intenti a mercanteggiare, per esse era subito
attrazione. Chi tra le tutte donzelle, infatti, non aveva mai sentito
parlare degli occhi magnetici e “curiosi” di
Casanova? Certo,
questa non era esattamente la prima cosa che veniva in mente parlando
di lui, però non passava inosservata. Anche coloro che non
lo
avevano mai visto in volto (ed erano ben poche), avrebbero saputo
riconoscere subito quale, tra i tanti sguardi che incrociavano, era
quello di Casanova.
Stava
proprio pensando a ciò il tale amatore mentre percorreva una
calle poco distante da Rialto, anch'essa inondata dai colori e dalle
voci.
"Giovanni",
chiamò voltandosi indietro verso il suo fedele servitore e
amico. Egli teneva in mano un libriccino con la copertina di cuoio
scuro. "Dimmi, quali baronesse mancano all'appello?"
Giacomo tentava di non parlare a voce troppo alta, sebbene dentro a
quel chiasso pochi avrebbero potuto sentire con chiarezza.
"La
signora Galvani, la quale si è da poco sposata, non ha
ancora
avuto l'onore della tua compagnia", rispose Giovanni
prontamente, mentre sfogliava il piccolo libro. "Ci sarebbero
altre nobildonne da avvicinare, alcune di loro sono perfino venute a
cercarti alla tua dimora".
"Accidenti,
sono davvero tutte così scontente dei loro mariti?"
"Beh,
evidentemente... se vuoi, potresti cominciare da chi ha addirittura
lasciato un recapito. Ce ne sono un paio..."
Casanova
gli fece un cenno per interromperlo e negò con il capo. "No,
no. Possiamo anche lasciarle da parte per il momento. Beatrice
Galvani andrà benissimo".
Giovanni
chiuse il libro e lo tese al suo signore, perchè lo
riponesse
al sicuro in una tasca del suntuoso abito scarlatto. "Certo,
è
una donna dalla bellezza rara a Venezia. Dicono che nessuna in tutta
la laguna possa eguagliare la sua pelle lattea e la chioma color del
tramonto".
"Sì,
ho sentito anch'io voci del genere. Per questo mi piacerebbe davvero
controllare da me che tutti questi elogi siano veri."
Camminavano lenti in mezzo alle persone, e mentre Giovanni era
intento ad ammirare i colori delle spezie sui banchi, Casanova si
guardava attorno con attenzione. "Sai se il signor Galvani è
un uomo particolarmente sveglio o geloso?"
"Non
conosco particolari di questo tipo, in realtà. So solo che
le
acciughe sotto sale della sua azienda sono le migliori della
città".
Casanova
sorrise. "Giovanni, sei il miglior informatore che potrei
chiedere. Le acciughe avranno sicuramente un ruolo molto importante
se non vorrò essere colto in flagrante con Beatrice".
L'amico
fece spallucce, senza ribattere. Rimase in silenzio per qualche
secondo, per poi rialzare il viso pensieroso verso Casanova. "Mi
domando perchè si sia accasata con lui. Deve avere
più
di cinquant'anni, ormai, mentre lei è un fiore appena
sbocciato. Le acciughe sono forse il suo cibo preferito?"
"Sai,
potrebbe essere un'ipotesi tutt'altro che errata", rispose
Casanova con un'espressione divertita. "Anche se tenderei
fortemente a scartarla. D'altronde è il denaro che fa girare
il mondo e il patrimonio accumulato da Galvani potrebbe aver fatto
girare la testa alla sua neo-signora. O ai suoi genitori, se vuoi
metterla così. Comunque sia, è chiaro che i pesci
sotto
sale non aiutano a conquistare sentimentalmente le
donne..."
"Ma
un bell'aspetto e un carattere cortese invece sì",
finì
per lui Giovanni.
"Hai
proprio ragione, vecchio mio. Per questo..." Casanova non
terminò la frase. Ad un tratto, mentre stava parlando, aveva
scorto qualcosa che aveva attirato la sua attenzione.
Una
creatura. Una bellissima ragazza. La fissò per alcuni
secondi,
mentre lei contrattava con un venditore per acquistare dei melograni.
Si era fermato all'improvviso e il povero Giovanni quasi gli era
finito addosso. Lo vide assorto, perciò cercò di
seguire il suo sguardo. Era leggermente più basso di lui,
faceva maggior fatica a vedere bene tra tutta quella gente.
"Che
cosa succede?" chiese, allungando il collo.
"Guarda
laggiù". Casanova abbassò ancora la voce e
puntò
con la mano sinistra verso la giovane, la quale non si era
minimamente accorta di loro. "Quella donna... ha le fattezze di
un angelo!" L'espressione del suo volto tradiva le emozioni che
provava: era sinceramente colpito.
Giovanni
invece squadrò la ragazza da cima a fondo, per poi storcere
il
naso. "Sì, non è male... ma pensavo che d'ora in
avanti ti saresti impegnato solo con donne di alto rango. Il gusto
del brivido, ricordi?"
"Ah,
mio caro Giovanni, le tue parole esprimono chiaramente quanto tu sia
ancora acerbo in questo campo. Se avessi la mia esperienza capiresti
all'istante che ella veste con abiti da popolana, ma di popolana in
realtà ha solo quello". Sorrise malizioso e non disse
altro.
L'amico
aggrottò le sopracciglia; per lui, gli unici pregi della
donna
erano il viso grazioso e la figura piuttosto longilinea, peraltro non
valorizzata dalla semplice veste indossata. La bruna chioma sciolta
era altresì segno delle sue modeste condizioni: le gran dame
non si sarebbero mai presentate in pubblico senza ampie parrucche o
particolari acconciature. Non vedeva sinceramente nulla che gli
potesse suggerire qualcosa di speciale, qualcosa nei movimenti o
nella sua espressione di particolare interesse per Casanova. Alla
fine rinunciò e scrollò la testa. Fece per
incamminarsi
nel verso opposto, cercando di richiamare l'attenzione dell'amico.
"E' meglio andare. La giornata di oggi non sarà meno
intensa di quelle passate. E poi, prima si cominciano le cose, prima
si finiscono".
Casanova
lo udì, ma non gli rispose subito. Stava ancora guardando la
giovane, e piuttosto rapito bisogna ammettere. Per un breve istante
pensò di avvicinarvisi, quando alcune persone con un
carretto
colmo di paglia gli passarono davanti, togliendogli quella vista. Nei
pochi secondi che ci vollero perchè si scostassero, ella era
già scomparsa. Il commerciante che poco prima le stava
vendendo i melograni pareva leggermente seccato.
Casanova
sospirò e fece finalmente per seguire Giovanni.
"Sì,
andiamo. La signora Galvani mi attende".
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Capitolo 3 *** Angolo ***
Angolo
"Signora,
così mi fate arrossire".
Nel
dire questo, Casanova inclinò il capo e arricciò
gli
angoli della bocca, in modo malizioso e maledettamente sensuale.
Per
quanto comprendesse l'enormità della bugia, Beatrice Galvani
scoppiò in una risatina acuta, terribilmente infantile.
Pensava
che quel giovanotto sapeva davvero come trattare le donne. Un bel
visino, un consono abbigliamento, qualche lusinga ricercata e lo
sguardo che indugiava spesso, come stesse già decidendo
quale
nastro sciogliere per iniziare a spogliarla.
Aveva
fatto bene ad invitarlo in camera sua, nel palazzo affacciato sul
Canal Grande. Le si era avvicinato qualche giorno prima, per strada,
presentandosi con un inchino. Lei aveva immediatamente colto
l'occasione, riferendogli per pura casualità che il signor
Galvani era fuori città, a Genova, per sbrigare alcune
commissioni.
Ed
ora eccola lì, assieme al desiderio proibito dell'intera
Venezia femminile, sicura che la serata sarebbe stata di suo completo
gradimento.
Casanova,
dal canto suo, era parzialmente soddisfatto. Certo Beatrice possedeva
una bellezza particolare, addirittura sfolgorante, nulla da ridire in
questo. E poi era una baronessa sposata, cosa che rendeva le
"pratiche" ancor più pericolose per lui, una vera
scarica di adrenalina. Il suo "gusto del brivido", come lo
chiamava con Giovanni. Eppure non riusciva a togliersi dalla testa il
fatto che fosse stato tutto fin troppo facile: due semplici parole
disinibite e la ragazza era letteralmente caduta ai suoi piedi; gli
aveva concesso un incontro quasi supplicandolo di presentarsi il
prima possibile. Se fosse stato al suo posto, avrebbe fatto un minimo
accenno di resistenza, perlomeno per verificare se egli era
sinceramente interessato. Avrebbe aspettato qualche giorno in
più,
per far accrescere l'ansia e la bramosia. Quindi avrebbe fatto
recapitare un messaggio carico di significato, nell'attesa di vederlo
finalmente giungere con le prime ombre della notte.
Sì,
decisamente così sarebbe stato
divertente.
Ma
non si può sempre voler tutto, e Casanova aveva
già
abbastanza. Perciò nascondeva le sue perplessità
e si
accingeva a trascorrere un'altra delle sue notti di follia.
Lei
era seduta su una poltroncina dorata, stava finendo di sciogliersi i
capelli. Riccioli ambrati cadevano sulle spalle, mentre le forcine
venivano tolte, ad una ad una. Quando fu l'ultima, Beatrice
sentì
scostare la chioma per scoprire il collo. Un dito lo sfiorò,
causandole brividi che scesero lungo tutto il corpo. Quanto aveva
atteso questo momento. Un uomo che potesse far affiorare in lei un
piacere travolgente, che animasse nel più intimo il suo
corpo
di fanciulla.
Piccoli
baci sostituirono le carezze ed ella inclinò il capo,
chiudendo gli occhi per lasciarsi andare.
"Sono
vostra, Casanova", sussurrò sospirando.
"Per
questa sera sì, mia cara", mormorò lui, mentre
iniziava a slacciare i cordoncini della sua veste.
Ciò
che avrebbe scoperto Casanova, uscendo dalla dimora quasi al
rischiarare del nuovo giorno, è che un paio di occhi bene
attenti li avevano spiati.
Il
signor Galvani non era dopotutto così ignorante come la sua
età avrebbe potuto far pensare: sapeva benissimo che la
moglie, prima o poi, avrebbe tentato una tresca di qualche genere.
Era troppo bella e troppo giovane per non lasciarsi andare alle
passioni della carne.
Per
questo, a sua completa insaputa, aveva sistemato la stanza in modo
che uno stretto corridoio vi giungesse da uno dei bagni. Non vi era
nessuna porta nascosta, solo una piccola grata assolutamente
irriconoscibile dall'interno della camera, ma che riusciva ad
assicurare una discreta visibilità ad un eventuale
osservatore
inopportuno.
Sfortunatamente
per i due, proprio il più fedele servitore di Galvani aveva
udito delle voci passando per i corridoio principale, e quindi
pensato bene di dare un'occhiata. Era stato molto semplice, poi,
imprimersi bene nella mente il volto del visitatore e venire a
conoscenza (con un ghigno terribilmente soddisfatto) che si trattava
proprio del famoso Casanova.
Lo
scotto che egli dovette pagare fu repentino. Lo aspettavano subito
dopo svoltato l'angolo, nascosti. Casanova aveva fatto di tutto per
essere discreto e non destare alcun sospetto uscendo dal palazzo, ma
era già troppo tardi. I suoi passi lo conducevano
inesorabilmente verso di loro. Erano in quattro, più lo
spione. Quando quest'ultimo vide il reo proprio davanti a
sé,
puntò l'indice nella sua direzione.
"E'
lui."
Casanova
non ebbe nemmeno il tempo di accorgersi di ciò che stava
accadendo, figuriamoci reagire. Gli furono immediatamente addosso,
tenendogli gli arti, il torace e la bocca. Gli fecero perdere
l'equilibrio, cadde sul selciato sudicio e umido della calle. Con il
viso poggiava per terra e poteva vedere il limitare della
stradicciola, di fianco il quale scorreva l'acqua di un canale. Il
suo odore acre era insopportabile da quella posizione.
"Potrei
sapere che cosa..." azzardò biascicando.
"Silenzio!
Non siete nella condizione di protestare".
Nel
momento in cui Casanova acquisì più
lucidità,
capì che non lo avrebbero picchiato e decise immediatamente
di
evitare di ribellarsi: gli uomini erano delle guardie ufficiali, non
semplici delinquenti. Indossavano le tipiche divise rosso e blu, e
gli intimavano di non muoversi mentre lo legavano ben stretto. Dato
che le cose stavano così, qualsiasi mala reazione non
avrebbe
fatto altro che peggiorare la situazione.
Con
una smorfia, mentre lo facevano rialzare, immaginò a cosa
sarebbe andato incontro.
I
suoi timori vennero fondati quando capì che lo stavano
accompagnando al Palazzo Ducale.
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