I wanna save you, wanna save your heart tonight

di marrymezayn
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 -- ciao piccola Lee ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 -- se non ora, quando? ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 -- Questa è la mia vita, se entri chiedimi permesso ***
Capitolo 4: *** capitolo 4 -- La speranza è un sogno ad occhi aperti ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 -- Un sorriso nasconde tanti segreti ***
Capitolo 6: *** capitolo 6 -- no, non me ne andrò. ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 -- Niente è com'era. ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 -- non ti importa quanto fa male ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 -- non ho bisogno di altro ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 -- Non temere. ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11 -- Non trovo una soluzione al dilemma. La cerco, ma non la trovo. ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12 -- Non ho mai smesso di aspettarti. ***
Capitolo 13: *** capitolo 13 -- amami come se il mondo stesse per finire ***
Capitolo 14: *** Capitolo 14 (ultimo capitolo) -- Eravamo fatti l'uno per l'altra, io lo so! ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 -- ciao piccola Lee ***


È un'officina di sensi di colpa che lavora a pieno ritmo.
(Fabio volo)


La punta dello spillo rubato a sua madre bucò la pelle candida del dito della bambina. Non un gemito, non un lamento di dolore. Alzò lo sguardo in quello speciale della ragazzina che sedeva di fronte a lui, che porgeva fiduciosa la sua manina. Lo sguardo di Lee l’aveva sempre ammaliato. Due piccoli occhi. Uno azzurro, l’altro verde. Uno sguardo che raramente trovi in giro, ma lei era unica ed era sua. La sua sorellina, la sua amica, la sua dolce metà. Si, era sicuro già da così piccolo che quella bambina sarebbe stata la sua sposa, un giorno. Lee lo guardò in modo divertito ma al tempo stesso dolce, prese lo spillo tra le sue mani, la sua mano e gli bucò il dito facendo uscire una goccia di sangue. «muoviti, sennò si asciuga!» esclamò la bambina, porgendo il suo dito appena punto. Harry mise il suo sopra, stringendo il ditino di Lee con il pollice, bloccando così il loro patto. «patto congelato! Siamo fratelli di sangue, Lee!» esclamò il piccolo Harry, con un sorriso dolce disegnato sulle labbra perfette. «non mi fai paura, bamboccio!» Bamboccio, era l’unica che poteva chiamarlo così. Con gli altri si arrabbiava, ma lei lo diceva con un tono di voce così dolce che si capiva lontano un miglio che non era detto in modo offensivo. Si tolsero dalla presa delle due dita, poi Harry le tirò una treccia. «la smetti? Mi innervosisci, stupido!» sbottò la bionda, guardandolo male. «continuo perché ora sei mia sorella. E io a mia sorella tiro i capelli, e non si è mai lamentata!» sussurrò, alzando il nasino con fare saccente. Lee lo guardò male, per poi saltargli addosso, per picchiarlo. La risata dolce di Harry invase il parco innevato, mentre si rotolava nella neve con la sua nuova sorella. Quando finirono di rotolarsi giù dalla discesa, rimasero abbracciati in quell’abbraccio fraterno. Harry prese a giocare con i capelli biondi della sua amica, che si accoccolò tra le sue braccia.
«non mi lascerai mai, vero Lee?»
«mai.»
 
Si svegliò grondando di sudore, sentiva la gabbia toracica troppo stretta tanto da non farlo respirare, e gli occhi pieni di lacrime che raramente versava. Ansimando si asciugò la fronte con la mano, guardandosi intorno e cercando di calmare il suo respiro, per tornare a respirare in modo normale. Louis, seduto sul letto al suo fianco lo guardava tra il preoccupato e l’incredulo. Si rispecchiò nello sguardo azzurro del suo migliore amico, e capì perché di quella reazione. Stava piangendo in modo silenzioso. «Harry?» Annuì, asciugandosi gli occhi azzurri con le mani, poi si ributtò tra i cuscini. Louis si girò a guardarlo. «che giorno è oggi, Louis?» domandò, poco dopo. «il 13 settembre, perché?» chiese di rimando, cercando di capire il perché di quella domanda così poco ovvia, in un momento come quello. Perché? Perché ogni volta che era il 13 settembre lui sognava sempre quella scena? Perché? Perché non riusciva a dimenticare? Il 13 settembre di dieci anni prima. Erano già passati dieci anni, incredibile. E lui ancora piangeva quando quel sogno, ogni notte del tra il 12 e il 13 di settembre, tornava a popolare i suoi incubi. «niente. Va tutto bene Lou, torna a dormire!» cercò di sorridere, ma con ben poco successo. «Harry.. Sai che se hai bisogno io ci sono, vero?» annuì, guardando il suo migliore amico con una dolcezza impressionante. «si, lo so! E ti ringrazio..» lo vide guardarlo, per poi annuire, spegnere la luce sul comodino e tornare a stendersi. Harry si abituò presto al buio che poco prima aveva invaso la stanza, e riuscì addirittura a guardare il soffitto della sua stanza. Sua.. Ancora per poco, almeno. Il giorno dopo si sarebbero trasferiti a Londra. La metropoli! Harry aveva bisogno di staccare la spina dalla sua adorata cittadina dove viveva da troppo tempo, dove c’erano sempre le stesse facce conosciute, i stessi volti, gli stessi incontri ogni santo giorno. E più stava in quella cittadina, e più lui non riusciva a lasciar andare la mano dalla briglia dei ricordi. Non ci riusciva, era più forte di lui. E così aveva proposto a Louis di trasferirsi a Londra, per provare una convivenza tra amici. Doveva staccare la spina della sua vecchia vita, per tornare a vivere. Non riusciva a dimenticare se ogni sacrosanto giorno passava di fronte casa sua, vedeva la donna che l’aveva messa al mondo seduta dietro alla finestra, persa in un modo tutto suo. Non si sapeva con quale forza era riuscito ad andare avanti, ma a volte non tutti riescono a lasciarsi tutto alle spalle, come in un modo o nell’altro Harry era riuscito a fare. Il 13 settembre di dieci anni prima, la sua vita era cambiata.
Per i due anni consecutivi dalla scomparsa di Lee, Harry si era messo ad aiutare,rimboccandosi le mani più del dovuto. Gli erano venuti i duroni sulle mani per quante volte aveva usato la spillatrice. Attaccando fogli con la foto di Lee sopra, e ogni volta che leggeva la parola “scomparsa” su quei fogli, e vedeva lo sguardo della sua Lee in quel foglio, gli veniva un blocco alla gola che gli impediva di respirare. Ma quando passano due, tre, quattro anni senza nessun squillo di telefono che ti dicono “l’abbiamo ritrovata” cominci a perdere le speranze, e torni a vivere in quella vita, che forse ti sta stretta e dove ti senti fuori dal mondo, ma torni a vivere in un modo o nell’altro. Lui ci era riuscito, per modo di dire, mentre sua madre, la mamma di Lee – la dolce Patty – non ci era riuscita. Si alzava solamente per andare a dormire. Ma per tutto il restante giorno rimaneva seduta di fronte a quella finestra, sperando di vedere una piccola bambina con uno sguardo unico saltellare verso casa, aprire la porta e chiedere scusa per il ritardo. Ma mai nessuna bambina passò su quella strada saltellando. «dove sei piccola Lee?» Non era morta, lo sapeva. Erano fratelli di sangue, se lei si era ferita Harry avrebbe percepito il dolore di Lee sulla sua pelle. Se era morta avrebbe sentito una parte della sua anima volare via con lei. Non sapeva bene perché ma da quando era piccolo pensava che dopo il patto avrebbe sentito ogni cosa di Lee sulla sua pelle. Se si sbucciava una gamba, lui avrebbe sentito del dolore, se lei stava male, lui sarebbe stato fermo a letto come lei. Se lei piangeva, lui piangeva dietro di lei. Non era mai successo, perché era sparita due giorni dopo il loro patto di sangue, ma gli piaceva pensare che era così. Era viva, da qualche parte, ma era viva. Poco gli interessava se era lontano, l’importante era che stava bene. E in fondo al suo cuore sapeva che quella – ormai ragazza – era sana come un pesce.
 
 
«puoi aspettare un secondo?» Louis si bloccò, bloccando così anche la sua valigia. «si, ma muoviti. Tra un ora e mezza ci parte l’autobus.» annuì, e corse alla casa a fianco, trovando come sempre la donna in finestra. Quando lo vide, gli regalò un sorriso e Harry ricambiò, salendo i tre scalini della casa con un lungo passo, per poi suonare al campanello. Non sapeva che la donna non stava sorridendo a lui, ma ad un piccolo Harry affiancato da una bambina dai boccoli biondi, con due occhioni tanto strani ma veri. «salve Paul, come sta?» salutò l’uomo sulla cinquantina che aprì la porta di casa. In quei dieci anni era invecchiato parecchio. Harry lo ricordava un uomo sereno, sempre sorridente e del tutto felice della sua vita. Ora invece di fronte a lui c’era un uomo stanco, con la voglia di vivere pari a zero, e dietro uno sguardo fintamente sereno si nascondeva una preghiera di morte. Da piccolo ti immagini un padre modello, con tanti figli a carico che magari ami più di te stesso. Ma quando il destino ti porta via l’unica figlia che tua moglie è riuscita a darti dopo tanti tentativi, e poi ti ritrovi non più con una bambina di dieci anni ma con una moglie che è diventata un automa in spalla, chiedi solamente di morire. Aveva perso la speranza anche lui, come Harry. «bene figliolo.. sei pronto alla grande partenza?» annuì, e sorrise all’uomo che per lui era sempre stato un secondo padre, per poi camminare appena lo vide fargli segno di entrare in casa. Si guardò intorno, e subito un’ondata di ricordi lo invasero, vedendo quella casa che tanto gli ricordava la sua Lee. Entrò nel salone, dove trovò la donna che come sempre guardava fuori dalla finestra. «come sta?» domandò al signore che si appoggiò al suo fianco. «come al solito!» lo sentì sospirare, e lo guardò con dispiacere. Da quando aveva deciso di provare a tornare a vivere, dopo aver perso la speranza, le sue visite in quella casa erano diminuite sempre di più. Dopo dieci anni entrava raramente in quella casa, e in quel momento si sentì in colpa perché aveva lasciato tutto sulle spalle di Paul. «mi dispiace tanto Paul, di andarmene. Ma devo!» l’uomo si girò a guardarlo, incredulo per poi lasciarsi andare in un sorriso sornione, tanto uguale a quello di sua figlia, posandogli una mano sulla spalla. «non devi scusarti di nulla, Harry! Hai fatto tanto per questa famiglia.. Solo..» lo vide perdersi nel suo mondo, tanto che i suoi occhi divennero offuscati dai ricordi per alcuni secondi, e poi vederlo tornare sul mondo dei vivi. «..non dimenticarla!» sentì di nuovo le lacrime pungere agli angoli degli occhi, e si impedì con tutta la forza di non piangere. «Mai! E’ sempre nei miei pensieri come dieci anni fa!» i due si abbracciarono, un abbraccio tra un figlio non legittimo e un padre adottivo. «Harry!» la donna seduta in finestra sembrò crollare dal suo mondo fantastico, e dopo essersi girata la vide sorridere bonaria. «Signora Patty! Come sta?» domandò avvicinandosi e sedendosi sul bracciolo del divano, poco distante dalla sedia dove si trovava Patty. «molto bene. Vuoi un biscotto? Li ho preparati poco fa!» sorrise alla signora, per poi guardare il marito che scosse la testa. No, non li aveva preparati poco prima, ma ben dieci anni prima. «no grazie Signora Patty! Sono di fretta!» ammise, con un sorriso dolce mentre guardava quegli occhioni azzurri. «ah.. speravo che restavi qui ad aspettare con me Lee. Dovrebbe tornare a momenti!» mandò giù il masso che lo istigava a piangere, e sorrise in modo stanco. «mi farebbe molto piacere restare qui ad aspettarla con lei.. ma devo andare!» la donna lo guardò con dolcezza, poi annuì come a volergli dare la sua benedizione. «le dirò che sei passato, ok? Magari ti viene a cercare stasera dopo cena! E ovviamente dopo aver fatto i compiti!» annuì, cercando di nascondersi bene in quel sorriso falso come una banconota da una sterlina. «va bene!» si sorrisero, e quando alzò lo sguardo si accorse che Louis guardava la scena da fuori. Chissà che pensava. Louis non sapeva nulla di Lee. Era arrivato dopo la sua scomparsa, ma non aveva mai avuto la forza di raccontare quello che era successo al suo migliore amico. Abbracciò di fretta la donna, poi diede una pacca sulla spalla di Paul, lasciandogli un bigliettino. «per qualsiasi cosa, chiamami! Anche alle tre di notte, va bene?» in fondo sapeva che neanche Paul aveva perso tutte le speranze, proprio come lui. Si abbracciarono di nuovo e poi il suo padre non biologico lo accompagnò fino alla porta. Un ultimo sorriso, poi scese i tre scalini tutti insieme, riavvicinandosi a Louis che lo guardava in modo curioso. Prima o poi gli avrebbe raccontato tutto, ma non era ancora pronto. «mi raccomando! Attento a quello che fai!» si girò a guardare Paul, e alzò una mano per salutarlo.
Quando sentì il pullman partire, fu come se un elastico circondava il corpo marmoreo di Harry, trattenendolo lì, in quella cittadina. Era tentato di fermare l’autobus e scendere di nuovo per rimanere per sempre in quella cittadina. Per non lasciar scivolare i ricordi, per impedire al suo corpo e al suo cervello di dimenticare. Forse non era poi così pronto come credeva di essere. Si mosse innervosito sul posto e poco dopo sentì una mano posarsi sulla sua, che era posata sulla gamba. Si girò, e vide che Louis stava ad occhi chiusi, appoggiato al sedile, e aveva messo una mano sulla sua, come a volergli far capire che lui era lì e che doveva stare tranquillo. Non sapeva bene come ci riusciva, ma Louis percepiva lo stato d’animo di Harry come solo un fratello ci riesce. In effetti vedeva Lou non solo come migliore amico, ma anche come un fratello. Appena si era presentato in quella cittadina, la vita di Harry era tornata a sorridere. Louis era il suo giullare di corte, era stato mandato sulla terra per farlo ridere, per sentirsi amato e capito. Non servivano molte parole con Louis, ma loro sapevano il bene che si volevano.
Con una forza inaudita, che neanche lui credeva di avere, appena lesse il cartellone con il nome della cittadina, e un “arrivederci” scritto a lettere cubitali, Harry si obbligò a tagliare quell’elastico che lo teneva incollato a quella cittadina. E appena lasciò andare l’elastico, anche metà della sua anima venne portata via. Si sentiva a metà e non aveva mai sentito sensazione più brutta in vita sua. Era come se stava lasciando tutto quello che ricordava in quella città. Si girò a guardare indietro, e per un nano secondo gli parve di vedere una bambina con i boccoli biondi salutarlo con la mano. Aprì la mano e sfiorò il finestrino lercio del pullman. «ciao piccola Lee!»



Spazio della fantasmagorica (?) (ma quando mai?) autrice: Eccomi con una nuova storia. (: Si, lo so che ho ancora quell'altra in corso, ma cercherò di aggiornare tutte e due nello stesso modo. (: E' una storia che parla di Harry, se non si era capito. Ma ovviamente ci saranno tutti e cinque i nostri One Direction. Spero che questo primo capitolo vi sia piaciuto. In caso me lo fate sapere con qualche recensione? (: ♥ Boh.. non so che dire.. spero vi piaccia! Fatemi sapere se è il caso di continuare o no! ♥ In caso, grazie anche se non commentate e leggete solamente. Però fatemi sapere se è il caso di continuare, perché se non è il caso, smetto! ahahahaha ♥ Byeeeee!

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 -- se non ora, quando? ***


«non mi sembrano male, non trovi?» si girò a guardare Louis, per poi lasciare andare lo scatolone per terra. «no, sono ok! Certo, il moro potrebbe anche farsela una risata.» Lo vide annuire, mentre si guardava intorno. «infatti! Magari domani si ritrova sotto ad un cipresso!» se la risero, per poi affiancarsi e guardare quella che era appena diventata la loro stanza. Era spoglia, serviva urgentemente il tocco Tommo – Styles in quella stanza, ma di lì a poco sarebbe diventata la stanza. Una stanza con i contro coglioni. Due scrivanie, due letti. Due armadi. Sembrava la stanza di un college, che cosa triste. «stai pensando a quello che sto pensando io?» si girò a guardare lo sguardo birichino di Louis, e fece un sorriso. «mi sa di si!» ammise, togliendosi il giacchetto. «mettiamoci a lavoro, va!» dopo due ore da quella frase detta da Louis, la stanza era completamente cambiata. Ovviamente si erano portati i loro poster, Harry le sue foto ricordo da attaccare alla parete, la mitica – che non era altro che una normalissima xbox 360 ma che poverina aveva avuto il soprannome di “la mitica” – e pian piano riempirono con le loro cose gli scaffali e l’armadio. Quando Louis aprì l’armadio, vide uno stereo. «aspetta. Mi stai dicendo che questo è il nostro stereo?» domandò, schifato. Harry si avvicinò, sistemandosi i capelli. «ohmmioddio! Ma che scempio è questo?» chiese, girandosi a guardare Louis per poi tornare a guardare quella sottospecie di caccola di stereo. «ma almeno ce l’ha il cd o va ancora a cassette?» domandò, Louis facendo ridere Harry ancora scandalizzato. «no, va ancora a vinili.» rise ancora più forte, sentendo Louis parlare da solo di quell’affronto micidiale. Ok, potevano essere contenti di avere un tetto sulla testa, ma loro pretendevano uno stereo con i contro coglioni. «andiamoci a comprare un vero stereo e buttiamo questa cosa antica che va a carbone!» scosse la testa, sorridendo per le parole del suo amico, e dopo essersi messi i giacchetti tornarono in salone, dove trovarono gli altri tre. Li avevano conosciuti due settimane prima, quando erano andati a Londra per vedere le case e cose varie. Liam, Niall – irlandese trasferitosi a Londra a parere dei suoi amici per staccare il cordone ombelicale – e Zayn. Tre tipi completamente differenti, che non si sa neanche come si erano conosciuti, ma erano amici da tempo. «noi stiamo uscendo a comprare uno stereo. Vi serve qualcosa?» domandò Harry, gentilmente. I due biondi scossero la testa, il moro li guardò di sbieco, facendo un verso con la lingua. «quanta simpatia in questo ragazzo! Ma sa sorridere oppure ha la faccia mummificata tutto il giorno?» chiese Louis, aprendo bocca e dando fiato ai suoi pensieri. Niall e Liam scoppiarono a ridere, Zayn invece lo guardò in cagnesco. Lo spinse fuori casa a calci, prima di innescare una bomba. «ma ti pare normale che lo istighi così?» domandò il riccio, guardando Lou che sorrideva bonario. «è un agnellino che vuole passare per leone. So come domarlo, tranquillo!» Scosse la testa, esasperato. Se voleva le botte, stava andando nella strada giusta.
Quando tornarono a casa, con il loro fidato doby sound round tra le mani, ritrovarono tutti e tre nella stessa posizione. «wow.. che bello vedere quante cose cambiano in due ore!» esclamò sempre Louis, divertito. «le stai cercando, Justin Bieber dei poveri?» chiese Zayn, serio. Harry decise di non mettersi in mezzo e dopo aver portato lo scatolone in camera, si diresse al bagno, aprendolo senza neanche bussare. Ma si arretrò quando si ritrovò una sventola con un asciugamano legato sopra il seno. La vide girarsi mentre nella sua testa passava tutto tranne che un “chiedi scusa e chiudi la porta”. «ehi, vuoi un autografo?» posò lo sguardo in quello castano della ragazza, che lo guardava annoiata. «hai finito di farmi la radiografia, oppure boh.. ti serve un ulteriore esame?» chiese ancora con tono di scherno, fissandolo. Mamma mia che gran bel pezza di figliola che era. Ma chi l’aveva creata? Gesù cristo in persona? «chi è la sventola in bagno?» domandò, e subito Louis si avviò verso il bagno, per vedere di chi parlava. Quando la vide, gli uscì un fischio ben poco adatto alla situazione. «mamma che fica!» la videro alzare un sopracciglio quando sentì Louis sussurrare quella cosa. «brutta storia andare di mano! Malik!» il moro si affiancò ai due poco dopo, e quando vide che la sua ragazza Keyra Smith stava in asciugamano di fronte ai due, ringhiò e chiuse la porta. «prima regola della casa. Non sbavare sulla mia ragazza! Seconda regola della casa. Tu sbavi, io stacco le gambe. Terza regola della casa. Segui le altre due regole della casa e tutto andrà alla grande nella nostra convivenza! Mi sono spiegato?» i due annuirono, ancora troppo rimbambiti da quello spettacolo anche solo per rispondere con qualche frase. Si diressero in camera, entrambi, e appena la porta si chiuse, il riccio si andò a sedere sul suo letto ancora sfatto. Louis invece si appoggiò alla porta. «mamma che fica megagalattica. Ma come può una del genere stare con quello? Merda, merda! Le ingiustizie della vita.» sbottò Louis, mordendosi il labbro. «da farci una squadra di calcetto, porca miseria!» ammise il riccio, facendo annuire il suo migliore amico. Quando sentirono la porta di casa chiudersi, Louis si affacciò dalla stanza e fece il suono per richiamare gli animali a te. «psss..» Liam si affacciò dal salone, guardando verso il corridoio per andare in camera. «chi è uscito?» domandò, curioso. «Keyra e Zayn!» annuì e rientrò in camera, prendendo Harry per mano e andando in salone. «sentite, ma quello schianto di ragazza?» chiese Louis, buttandosi sul divano. Niall rise, scuotendo la testa mentre stava giocando al cellulare. «è intoccabile!» Il riccio ci rimase male. «perché?» domandò Louis. «si conosce con Zayn praticamente da quando è piccola. Stanno insieme da poco, ma sono inseparabili. Non sembra, ma è così!» spiegò Liam, con dolcezza. Louis si diede uno schiaffo sulla fronte. «un vero spreco!» sussurrò, depresso. «guarda che Zayn sembra tanto cattivo, ma sa essere anche dolce, sai?» Entrambi guardarono l’irlandese con un sopracciglio alzato. «tu ne sei così sicuro?» annuì. «fa il duro ma in fondo ha il cuore tenero. Basta vedere come si comporta con Keyra.» Louis si fece uscire uno sguardo malizioso. «ci credo che è tenero con lei.. E’ uno schianto!» risero tutti e quattro. «fidati. Imparerai a conoscerlo!» Se lo diceva lui, ci poteva credere. Ma era sicuro che prima o poi quei due si sarebbero ammazzati di botte. Zayn sembrava uno dal facile “perdo la testa” e Lou sapeva come far rodere il culo. Chissà com’era la storia di Keyra e Zayn. Chissà se assomigliava un po’ alla sua con Lee. No, sicuramente non si assomigliavano per niente le loro storie. Ma il fatto che Keyra e Zayn si conoscevano da anni, non si sa per quale oscuro motivo appena aveva sentito “si conoscono da tempo” gli era venuta in mente la sua piccola Lee. Doveva dimenticare. Da quel giorno cominciava la sua nuova vita, e doveva imparare a non pensare più alla sua vecchia vita. «che si fa stasera?» domandò, Louis mentre lui guardava fuori dalla finestra, perdendosi a guardare una foglia che cadeva lentamente verso il pavimento. Ecco, doveva essere come quella foglia. Harry doveva imparare a staccarsi dal suo albero, anche sapendo che dura prova lo aspettava. Doveva farsi trasportare dal vento, come una foglia. Se non si staccava, sarebbe invecchiato ancorato alle sue incertezze, ai suoi ricordi. «che ne dite di una pizza e poi andiamo a ballare?» chiese Harry, tornando sul mondo reale. Tutti annuirono. «si! Conosciamo una buona discoteca qui vicino!» Ok, era ora di tagliare il cordone ombelicale dalla sua vecchia vita e dar il benvenuto alla nuova. Doveva riuscirci, per tornare a vivere.
 
 
Da quel giorno erano passate ben due settimane. La sua vita andava alla grande, dopo che ti sei abituato a stare in mezzo ai ragazzi della tua età. Londra era grande abbastanza per fargli dimenticare tutti i suoi pensieri. Ogni sera si divertivano, molto spesso solo lui e Louis, ma a volte si aggregavano anche gli altri tre. La convivenza andava alla grande, dopo che praticamente Louis aveva detto qualcosa di troppo e Zayn l’aveva massacrato di botte. Solo grazie a Keyra che si era messa in mezzo tutto era finito. Aveva bloccato Zayn, che per paura di prenderla si era fermato. Aveva sputato addosso a Louis, schifato. Keyra li aveva rimessi in riga. Aveva fatto sedere Zayn, e subito dopo Louis e gli aveva detto “finché non chiarite, voi da qui non vi alzate, chiaro?” e alla fine i due, guardandosi in cagnesco si erano chiariti. Louis ammise che si divertiva così, a dare fastidio alla gente e che doveva abituarsi, e Zayn ammise che forse aveva esagerato un pochino. Dopo una stretta di mano, tutto era andato alla grande. Anzi, Louis e Zayn andavano d’amore e d’accordo come mai li aveva visti. Ed aveva ragione l’irlandese. Sotto quella corazza da duro si nascondeva un ragazzo dolcissimo. Sapeva anche sorridere, strano ma vero.
«Non ho voglia di cercare lavoro..» stava sbuffando Louis, lamentandosi come un bambino. «si, ma dobbiamo! Io ho i miei risparmi, almeno altri due affitti ce li pago. Ma dobbiamo muoverci a cercare lavoro.» sbottò, autoritario vedendo il suo amico svaccato sul divano, al fianco di Niall che a quanto pare era un fondo senza fine. Mangiava a qualsiasi ora del giorno e della notte. «va bene papà.. se vi propongo un night club stasera, mi uccidete?» domandò, cambiando completamente discorso. Tutti posarono lo sguardo su di lui, straniti. «tu devi chiedere il permesso a Keyra oppure ti lascia sciolto?» vide Zayn alzare le mani. «quello è un cane da guardia. Ma mi lascia tranquillo.» ammise, con un sorriso dolce. «che gran donna!» si guardarono in cagnesco, poi scoppiarono a ridere. «allora, vi va?» tutti annuirono, poi si girarono a guardare Harry. «e tu come fai?» visto che era ancora minorenne, non l’avrebbero fatto passare. «no tranquilli, lui ha il documento falso!» i tre nuovi amici lo guardarono, e sorrise angelico. «e come ci sei riuscito?» domandò Liam, incredulo. «i segreti del mestiere.» risero tutti insieme, poi cominciarono a prepararsi. Dopo quasi due ore, erano di fronte ad un night club del centro. «tu sei proprio sicuro che non ti scoprono?» annuì, girandosi a guardare Niall, leggermente preoccupato. «si, tutto è in regola. Nome, cognome foto.. Solo la data è di un anno più grande, in modo da farmi entrare ovunque.» sorrise angelico. «sei il mio mito!» alzò il pugno, come se aveva appena vinto qualche cosa. Si avvicinarono al buttafuori, e ognuno fece guardare la propria carta d’identità. Meno di cinque minuti dopo erano dentro. Le luci erano soffuse, quindi i suoi occhi ci misero un po’ ad abituarsi. Si avvicinarono al palco, illuminato da luci rosa e rosse. Dopo aver trovato un tavolo, si misero seduti e attesero mentre la musica non troppo forte gli permetteva di parlare tranquillamente. «dal cartellone che ho visto fuori oggi c’è Selene.» disse Liam, angelico. «un vero nome da zoccola!» esclamò Louis, ridacchiando. «Una mia amica si chiama Selene! Che hai contro questo nome?» se ne uscì Zayn, un po’ infastidito. «la tua amica ha un nome da zoccola!» risero tutti quando videro Louis dare un cazzotto giocoso a Zayn, che rise insieme ai suoi amici. «glielo dirò. E fidati che verrà fino a Londra per darti uno schiaffo. Odia chi le da della zoccola!» giocò, e Louis si mise una mano di fronte alla bocca. «uhh che paura. Falla venire che poi ci penso io a lottarci insieme.. ma è almeno carina?» scoppiarono tutti a ridere. «i tuoi ormoni stanno ballando la conga, per caso?» Louis scosse la testa, mentre Harry si metteva in mezzo al discorso dopo essersi guardato intorno, in modo curioso. «poverino, dovete capirlo! Non vede la fica dal 1518!» altre risate generali mentre Louis lo guardava male. «ma a me la fica poco piace. A me piace il pisello!» lo prese in giro, e si guardarono in modo malizioso, per poi saltarsi addosso, e far finta di baciarsi. Gli altri tre presero a ridere. «come sei greve!» esclamò Liam, ridendo. “signori e..signori.. diamo il benvenuto a Selene, la nostra miglior ballerina!” alzarono tutti gli sguardi sul palco ancora vuoto, per poi vedere le luci spegnersi e il sipario aprirsi. Un riflettore si accese, puntando la schiena di una ragazza con la parrucca viola, con un vestitino molto sensuale che lasciava poco all’immaginazione. I cinque erano rimasti a bocca aperta, a guardare quel corpo sinuoso che si muoveva lentamente, appoggiato ad una sedia. Mamma che fisico! Quando la ragazza si girò, sotto il trucco si vedeva lontano un miglio che c’era una ragazza della loro età, su per giù. Dietro le lunghe ciglia finte, si poteva notare uno sguardo scuro. Due labbra carnose che grazie agli affari che usavano le donne rendevano le labbra ancora più carnose e sensuali. Le guance paffutelle nascondevano una ragazza timida. Come poteva essere timida una che ballava e si faceva vedere praticamente nuda da non si sa quanta gente? I fischi intorno a loro erano assordanti. A quanto pare la ragazza era molto ricercata. Sembrava di stare in un film. Tutte quelle persone grandi – loro erano gli unici ragazzi quella sera – con in mano bigliettoni da cinquanta sterline, che richiamavano la ragazza a loro, pur di toccare anche un lembo della sua pelle candida. A quanto pare il copione era che prima si doveva comportare da ragazza timida, cercando di nascondersi come meglio poteva, per poi diventare molto sensuale e sinuosa. Era cominciato con lei di spalle, che si muoveva sinuosa come se non si rendesse conto di essere di fronte a mille persone che la bramavano. Poi, quando si era girata aveva cominciato a fare la timida, per poi lasciar andare il pudore e tornare a muoversi in modo sinuoso e sensuale. Riusciva a farti eccitare anche semplicemente con il suo sguardo. Era qualcosa di divino, era un angelo sceso in terra, creato appositamente per far impazzire il sesso maschile. E lui era tra quelle persone, doveva ammetterlo.
Per un nano secondo vide lo sguardo della ragazza posarsi su di lui, e poi sui suoi amici che sicuramente avevano la stessa faccia sconvolta. Poi, tornò a posare gli occhi castani su di lui, vedendola fare un sorriso timido, e un occhiolino in modo tremendamente sensuale. 


Spazio della stupidissima Autrice: Ecco il secondo capitolo. 7 commenti nel primo capitolo. Poi boh.. io vi amo! ♥ Non sono mica pochi, sapete? I nostri ragazzi se ne vanno per Night Club, eggià! Brutta storia il fatto di andare di mano, vero? ahahahah. Vi va di farmi sapere cosa ne pensate del capitolo? 
Velocemente faccio un riassunto di tutte le risposte che ho dato. Harry e Lee non si vedranno subito, anche perché se mi conoscete sapete benissimo che non mi piacciono le cose semplici. Non vi dico se Lee è ancora viva o se si incontreranno tra qualche capitolo. XD Sono una stronza, I know. ♥
Fatemi sapere cosa ne pensate del capitolo, se vi va! Un baciooooooo! 

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 -- Questa è la mia vita, se entri chiedimi permesso ***


Due giorni, e ancora non si era dimenticato di quella ragazza. Non si sa con quale forza fisica era riuscito a non rimanere fuori da quel locale e aspettarla. Si era dovuto schiaffeggiare da solo per impedirsi di fare lo stalker per bene, come solo lui ci riusciva. Due giorni, tre giorni, una settimana. L’immagine di quella ragazza non era ancora sparita dalla sua mente. Dannazione, l’aveva imbambolato per bene. «io esco!» esclamò, guardando i quattro in salone. «dove vai?» chiese Zayn, interessato. «a farmi una passeggiata! Ho bisogno di pensare!» Louis lo guardò, lo scrutò fin dentro l’anima cercando di capire perché diavolo stava così, ma non ci riuscì fortunatamente. «fai poco il rubacuori, almeno stasera!» scosse la testa, con un sorriso per poi uscire di casa. Si strinse la sciarpa al collo, guardando di fronte a sé, perso completamente nei suoi pensieri. Non era ancora riuscito a dimenticare Lee, anche se tanti chilometri lo dividevano da casa. Lee costantemente ritornava nei suoi pensieri, appena vedeva una ragazza con i boccoli biondi. A Londra ce n’erano tante di ragazze con i boccoli, e ogni volta gli si mozzava il fiato a vederle di spalle. Ma quando si giravano, non avevano lo stesso sguardo speciale della sua piccola Lee. Era sempre bello sperare di vederla, ma praticamente era impossibile che stesse lì a Londra. Magari era dall’altra parte del mondo. Non si sa quanti tuffi al cuore aveva avuto in quel mese, da quando si era trasferito. Nella sua città non aveva mai avuto tanti colpi al cuore, perché sapeva a chi appartenevano quei capelli biondi che magari vedeva, e non si preoccupava di pensare che era Lee. No, ma a Londra tutto cambiava. Non vedevi mai la stessa persona per due volte consecutive. Senza rendersene conto, era finito di nuovo di fronte al Night Club. Era come se una corda lo tirava verso di esso. Come ci era riuscito ad arrivare lì, mentre pensava a tutt’altra cosa? Boh, era l’enigma in persona quella cosa. Si avvicinò, dopo aver rimuginato abbastanza se entrare o meno, ma alla fine decise che si, poteva permettersi di nuovo di vedere quelle forme. Fece vedere la carta d’identità al nuovo buttafuori, per poi entrare. Stessa scena di una settimana prima. Però quella volta non si sedé al tavolo, non prima di essersi preso un drink. Lo show era già iniziato, ma poco gli interessava. Se l’era rivisto mentalmente così tante volte da sapere ogni mossa di quella ragazza. «un angelo blu!» esclamò al barista, senza staccare gli occhi da quel corpo sinuoso. «ma sei almeno maggiorenne?» si girò in modo freddo a guardare il ragazzo. Lo guardò per qualche secondo, poi sbuffò. «se mi hanno fatto entrare ci sarà un motivo, non trovi?» quello alzò le mani, con un sorrisetto furbo. «scusa, giocavo!» dietro al bancone c’era un altro uomo. Tamburellò le mani sul bancone, andando a ritmo della musica e tornando a guardare quella ragazza di nome Selene. «ehi Fred. Chiamami il capo!» con la coda dell’occhio vide un uomo fissare il ragazzo, poi spostare lo sguardo su Selene. Appena il capo si avvicinò, tornò anche lui a posare lo sguardo su Selene, per non destare sospetti. «ehi Henry! Come andiamo?» domandò l’uomo tozzo dietro il bancone. «bene bene. La solita per un’ora!» spostò di nuovo lo sguardo di poco per capire di che cazzo parlasse. Vide quello che a quanto pareva si chiamava Henry, dare una busta sotto banco al proprietario. «te la mando appena finisce!» Oh mio dio! La stava vendendo! Stava vendendo Selene a quell’uomo. Mio dio che cosa schifosa. Appena il bicchiere del cocktail che aveva richiesto venne posato di fronte a lui, ringraziò e si avvicinò al palco, mettendosi seduto ad un tavolino più vicino dell’altra volta. La vide posare lo sguardo su di lui, lasciandosi andare per un nano secondo ad un’espressione incredula. Si guardarono per qualche secondo, o per ore intere non lo sapeva dire. Da quel momento non sapeva perché ma sembrava che Selene ballasse solamente per lui. La doveva sfiorare, per almeno una volta. Prese il suo portafogli, estrasse l’unica banconota da venti sterline. Erano gli unici soldi in carta che aveva, ma non gli interessava per niente. Posò il gomito sul tavolo, e come un radar Selene vide i soldi. Muovendosi sinuosamente scese dal palco, e cominciò a raccogliere i soldi. Chi glieli metteva nel costume, chi viscidamente li usava per sfiorare il corpo per poi infilarglieli nel reggiseno. Quando arrivò a lui, Selene si sporse per farsi mettere i soldi ovunque, ma non si mosse. La ragazza lo guardò, incredula, non sapendo come reagire. Non aveva intenzione di sfiorarla così volgarmente. Selene prese i suoi soldi con la mano, dopo aver capito che non l’avrebbe toccata. Si lasciò andare in un sorriso malizioso, per poi piegarsi a sfiorare la guancia del ragazzo con un bacio. Harry rimase immobile, incredulo di quel gesto. Conosceva poco i night club ma sapeva che la ballerina non toccava mai il cliente, al massimo era il contrario. La guardò danzare di nuovo verso il palco, e in un lampo di pazzia decise che doveva parlare con quella ragazza. Sembrava impossessato. Si alzò dal suo tavolino, lasciando il suo “angelo azzurro” intatto e avvicinandosi al bancone. «per lei, con chi devo trattare?» il barista lo guardò incredulo, poi chiamò il capo che si avvicinò. «che vuoi ragazzino?» indicò la ragazza sul palco. Quando tornò a guardare Harry, aveva un lato delle labbra alzato. «è troppo costosa per te, ragazzino! Vai a bere il latte da tua madre!» si incazzò un pochino, stringendo la mascella per la rabbia. «carino vedere come parla quello che ancora vive con sua madre.» l’uomo lo guardò male, ma si vedeva lontano un miglio che si chiedeva come faceva a sapere che viveva ancora con sua madre. «la camicia, è stirata troppo perfetta. Neanche nelle lavanderie la stirano così perfettamente.» esclamò, a mo di spiegazione. «allora, quanto?» chiese Harry, impaziente. «davvero tanto, piccolo!» disse, lasciando perdere lo sguardo da cattivo, per guardarlo come un padre. «ripeto, non è un problema!» ammise, scrutandolo. L’uomo lo guardò. «ma con questi riccioli e quegli occhioni hai davvero bisogno di pagare una ragazza per avere del sesso?» ah, si stava scendendo ai discorsi tra amici. «la chiacchierata affiancata da tè, ce la possiamo risparmiare? Dimmi, quanto e come vuoi essere pagato!» l’uomo lo guardò ancora, incredulo di tanta tenacia. «un ora 500 sterline» e quello era tanto? Ci sguazzava dentro i soldi. Harry era ricco di famiglia, non sapeva neanche il valore dei soldi. I suoi genitori gli avevano dato una carta di credito senza blocchi da quando aveva 15 anni. Non l’aveva usata, e lì sopra i suoi mettevano la paghetta mensile. Non li aveva mai usati, quindi pensava che non c’erano problemi con i soldi. Aveva sempre lavorato, per guadagnare quei soldi che si permetteva di spendere senza chiedere ai genitori. Lui almeno un po’ di cervello ce l’aveva. «e tutta la notte, invece?» chiese, serio. Il capo lo guardò stranito. «tu vuoi Selene per tutta la notte?» annuì. «ragazzino, stiamo correndo troppo. Non ti sembra di esagerare?» scosse la testa. «che ne dici di provare per un’ora e magari poi si parla di tutta la notte?» scosse la testa. «ti darà solo sesso, si venderà. Non è amore, lo capisci?» lo guardò male. Ma che diavolo voleva quello da lui? «tutta la notte. Come vuoi essere pagato?» obbiettò serio. «in contanti. Facciamo che te la concedo fino alle quattro per 2.000 sterline!» annuì e si diresse fuori dal locale per andare ai primi bancomat lì vicini per prendere quei maledettissimi soldi. Quando li ebbe tutti, ritornò e si diresse spedito di fronte al bar. Appena l’uomo lo vide, si avvicinò e prese il mazzetto di soldi che gli porgeva. «devi aspettare un po’ piccolo.» spiegò, e lui annuì. «non ho fretta!» esordì con un sorriso malizioso a cui l’uomo rispose con uno sguardo preoccupato. Si andò a sedere in un tavolo, battendo le dita su di esso, guardando ora il palco popolato da un’altra ballerina. La vide uscire da una stanza poco dopo, dirigendosi verso il bancone del bar. «fammi una crema di Bayles, Fred.» Si alzò, e si avvicinò al bar, appoggiandosi su di esso. Appena Selene si accorse della persona di fianco a lei, si lasciò andare in uno sguardo curioso. «tesoro.. hai un altro cliente!» la tipa arrossì sicuramente vergognandosi in quanto lui aveva sentito, e lei pensava che magari lui la prendesse per una zoccola. «chi è?» Aveva una voce dolcissima, sensuale ma dolce al tempo stesso. Sembrava il canto di una sirena. Johnny, il capo, indicò lui. appoggiato al suo fianco. Lei si girò a guardarlo, incredula per poi cambiare sguardo e farlo diventare schifato. «andiamo..» esclamò in tono freddo, totalmente cambiato da quello che aveva usato poco prima. Prese il suo bicchiere di crema di Bayles e gli fece strada. Harry la seguì in silenzio, e quando lo fece entrare dentro la stanza da dove poco prima era uscita, si guardò intorno. Sentì la porta chiudersi, e una tenda tirarsi. Era tutta rossa, un pugno all’occhio che ti colpiva anche fin dentro al cervello. Mamma che gusti schifosi. «allora, cosa vuoi?» si girò a guardare la ragazza, che dava il peso tutto sulla gamba sinistra, con le mani sui fianchi. «non dovresti trattarmi così. Anche perché è grazie a me se fra un mese puoi pagare l’affitto di casa!» rispose Harry, con tono divertito. La vide scrutarlo con i suoi occhioni castani, per poi sorridere maliziosamente. «hai ragione, scusami!» si avvicinò a lui con sensualità. Quando se la ritrovò davanti, il suo naso percepì il profumo delicato che portava. Venne inebriato, sentendo il cervello scollegarsi in un nano secondo. Era lui in mezzo ad una nuvola di profumo. Mentre si riempiva i polmoni di quel profumo, sentì le labbra della ragazza sfiorargli il collo, procurandogli un brivido su tutta la schiena. «così va meglio?» non rispose, rimanendo fermo come un chiodo. Quando si rese conto che non stava rispondendo ai gesti, ne si stava muovendo, si staccò da lui e lo guardò dritto dentro gli occhi. «è la tua prima volta?» anche lui ricambiò lo sguardo, per poi alzare un lato delle labbra. «che vado con una ragazza? No.» rispose, non volendo dire neanche “e che vado con una puttana, si!” perché in fondo, era quello che era. Purtroppo doveva accettarlo. Si vendeva ad un uomo, solamente lo faceva con un tetto sulla testa, e su un letto, invece che in una macchina. «e che vai con una puttana?» fu come se gli aveva letto nel cervello. «no, e non ho neanche intenzione di cominciare!» lo guardò stranita. «come?» Harry si lasciò andare in un sorriso dolce. «non voglio sesso da te!» la vide disorientata. «e allora perché sei qui?» domandò, guardandolo come se era un pazzo. Indietreggiò impaurita. «volevo solo conoscerti! E se per farlo dovevo pagare.. beh, l’ho fatto!» disse, del tutto tranquillo. «tu stai fuori di cervello!» lo disse praticamente sputandoglielo in faccia. «cosa c’è di male?» chiese di rimando, sedendosi sul letto. «mi hai tolto del tempo per conoscermi!» esclamò, un po’ incazzata. Harry si appoggiò sulle ginocchia, stringendo le mani una con l’altra. «ti avrò tolto tempo, ma io ho pagato. Non ti ho levato soldi. Al massimo ti ho dato una nottata di calma!» la vide pensarci, incredula. «una nottata?» la sentì ansimare, appoggiandosi al muro, incredula. «si, ho pagato per tutta la notte. Puoi metterti comoda!» esordì, guardandola. Lei rimase lì per alcuni minuti, poi camminando si mise seduta al suo fianco, sul letto. Non aveva fretta, avevano tutta la notte per conoscersi. Ad un tratto gli si buttò addosso, e cercò di baciarlo sul collo, cercando di farlo cedere. Harry rimase immobile, non si sa con quale forza si ripeté anche perché era davvero brava, ma non si mosse. «hai finito?» domandò quando la vide staccarsi dal suo collo, per vedere se stava cedendo. «tu mi stai dicendo che hai pagato solamente per conoscermi? E non vuoi sesso?» sorrise, con dolcezza. «ti sembra tanto strano?» la vide annuire con uno sguardo da bambina. Harry si tolse le scarpe e incrociò le gambe sul letto. Prese il cellulare, mandando un messaggio a Lou e dicendogli che non sarebbe tornato quella notte, per poi spegnerlo. Si girò verso la ragazza, che praticamente lo stava fissando cercando di capire se era un pazzo folgorato. «guarda che non sono pazzo. Puoi stare tranquilla! Come ti chiami?» domandò, in modo curioso, fissando quelle labbra divine. «Selene!» gli uscì un sorriso. «ok, questo è il nome che conoscono tutti. Ma tu come ti chiami nella realtà?» chiese, curioso. «non so se posso dirtelo, lo sai?» ammise, con un sorriso divertito. «guarda che non sono un pervertito. Dovresti capirlo, visto che praticamente non ti sono saltato addosso. E invece di fare sesso ti ho chiesto di conoscerci.» ripeté con un sorriso dolcissimo. «ti ho chiesto il nome, mica la via in cui abiti e il numero civico. Stai tranquilla!» la tipa lo guardò dritto dentro gli occhi, poi sospirando pronunciò un «summer!» a labbra strette. «ahhh perché sei calda come un’estate?» la sfotté e lei lo guardò prima in cagnesco, poi sorridendo. «non immagini neanche quanto!» ridacchiarono. «quindi davvero non vuoi del sesso?» scosse la testa. «oggi limitiamoci a conoscerci. Domani vedremo!» lo guardò in modo divertito. «perché vuoi dirmi che tu torneresti domani?» annuì, sfidandola con lo sguardo. «e papino non dice nulla se gli porti via tutti questi soldi?» ridacchiò. «papino non mi parla da quando ho due anni! Il mio patrigno non sa neanche che ho un conto aperto per i miei risparmi, e mia madre di certo non va a controllare! Ti conviene aver paura.» ridacchiarono, e lui si godé di quella risata dolcissima. «ok, posso rilassare i muscoli?» annuì guardandola. «non devo aspettarmi che mi salti addosso, giusto?» scosse la testa. «sai rispondere solo con la testa?» scoppiò a ridere, scuotendo la testa. «no, ma la mia voce affianco alla tua, rovina tutto.» ammise, dolcemente. La vide arrossire, e istintivamente alzò la mano per sfiorare la sua guancia. «sei arrossita per così poco?» chiese mentre lei si irrigidiva completamente, pronta. «stai tranquilla! Davvero, ti assicuro che non voglio del sesso da te! E spero che quando ce ne andremo lo avrai capito.» lei lo guardò in modo dolcissimo. Poi capì.. Capì che mai nessuno l’aveva trattata così delicatamente, che se avevano pagato sicuramente si aspettavano dei servizietti da lei. Solo immaginandosela a letto con quel vecchio di prima, gli passò un brivido per tutta la schiena. Si stese sul letto, per poi appoggiare la schiena alla testiera. Sbatté una mano sul materasso, e lei gattonando sul letto si mise al suo fianco. «mettiti comoda, abbiamo sei lunghissime ore per chiacchierare, mangiare, dormire.. fare tutto quello che vogliamo fare!» lei lo scrutò, ancora incredula, poi si tolse le scarpe. Per le tre ore dopo, parlarono di tutto. All'inizio parlò solo lui, ma pian piano anche lei si lasciò andare. Parlarono dei film che preferivano, a come dormivano la notte, da dove venivano, il loro animale preferito, il loro pupazzo che era rimasto dalla loro infanzia. Verso le tre, circondati da ogni ben di dio di cibo, stavano seduti sul letto a ridere. «ti vedrò mai senza parrucca?» domandò, curioso. «senza parrucca? Ok!» si tolse la parrucca e una cascata di ricci scivolò sulle sue spalle fini, di un caldo color cioccolato. «una mora. Mhm.. Preferisco le bionde!» giocò, ma facendo un sorriso per farle capire che stava scherzando. «se vuoi mi tingo i capelli solo per te!» rispose, maliziosa. «lo faresti davvero?» lei annuì, timidamente. «io sono fatta per soddisfare la gente. Tu mi vuoi bionda, io divento bionda! La gente mi vuole infermiera, io divento un’infermiera sexy.» la guardò, inorridito. «beh, con me puoi stare tranquilla. Anche mora non mi dispiaci!» lei lo guardò con quegli occhioni da cerbiatta che lo fecero sciogliere. Continuarono a chiacchierare per tutta la notte, cercando di conoscersi meglio. Summer fu stupita quando, vedendo che erano ormai le cinque di mattina, Harry si alzò prese il suo giacchetto e dopo averla salutata, se ne andò com’era venuto. Come promesso se n’era andato senza neanche sfiorarla. Strano forte quel ragazzo. L’unica domanda che si continuava a fare era perché pagare per non fare sesso, ma solo per conoscere? Per quale oscuro motivo si era abbassato così tanto?
 
 
Cercò di fare il più piano possibile mentre entrava nella sua stanza condivisa con Lou. Naturalmente nulla scappava all’orecchio iperattivo di Louis, e si svegliò di volata quando nel buio, andò a sbattere contro la sedia. «cazzo..» sussurrò, massaggiandosi la parte lesa, e Louis accese la luce. Quando si girò, aspettandosi un Louis incazzato perché erano le sei del mattino, trovò tutt’altro. Un Louis che sorrideva maliziosamente, mentre si grattava gli occhi azzurri. «il nome?» domandò, d’un tratto. «cosa?» rispose, facendo lo gnorri. «il nome della ragazza. Ho fatto un taccuino pieno di nomi delle ragazze che ti porti a letto, al tuo posto. Stiamo a quota dieci, e solo da quando siamo a Londra, lo sai si?» domandò, e Harry lo guardò stranito. «no, non ho capito. Tu stai tenendo un diario su tutte quelle che mi passo?» lo vide annuire. «fatti visitare, amico mio!» lo sentì ridere. «allora, questa conquista che addirittura ti ha tenuto impegnato fino alle sei?» sorrise. «una..» Louis lo guardò mentre si spogliava, completamente. «fino a lì ci ero arrivato. Se era un “uno”, mi cominciavo a preoccupare.. dove l’hai incontrata?» chiese, curioso come la morte. «sono andato in un pub. Stavo al tavolo a bere una birra quando si è avvicinata questa Samantha, che mi ha chiesto come mai fossi solo. Insomma, una cosa tira l’altra e mi ha invitato a casa sua.» perché stava mentendo? Perché non gli stava dicendo la verità? Perché dentro se stesso si vergognava di dire che aveva pagato pur di sentire la voce di una ragazza che per una settimana si era sognato? Forse perché in fondo si pagano le puttane. E lui non era il tipo che andava a puttane, soprattutto perché non gli serviva proprio. «e un voto?» domandò Louis, mentre Harry era ancora perso nel suoi pensieri. «diciamo un otto.» Louis fece una faccia sconvolta. «mai nessuna è arrivata al tuo otto, Harry! Deve essere stata proprio brava!» si girò a guardarlo mentre si metteva nel letto. «e tu, sfigato, che hai fatto tutta la sera?» chiese, per cambiare discorso. Louis spense la luce. «ho conosciuto meglio Keyra. Zayn sta poco bene e ci siamo visti un film! Niall e Liam sono andati dalle rispettive ragazze.» Harry se ne uscì con una risatina. «sei arrivato a fare il terzo in comodo! Da quando?» ridacchiò anche Louis. «no.. ti assicuro che quella non è una coppia normale. Ci credi che non si sono scambiati un bacio per tutta la sera? Ho seriamente pensato che non stavano veramente insieme, fino a quando non siamo andati tutti a dormire e..» un'altra risatina. «..ci hanno dato giù pesante!» ulularono di risate,tanto che c’era il rischio che svegliassero tutto il condominio. «e bravo Zayn!» se ne uscì Harry, ridendo come un cretino. Se conosceva bene Louis, lo avrebbe sfottuto fino alla morte, di quella cosa. «tutti avete cominciato con il calore, sono l’unico che ancora non scopa!» fece notare Louis, depresso. «se ti fermi in casa a fare da terzo in comodo, ci credo che non la vedi neanche con il binocolo! Sai qual è il mio detto?» lo vide scuotere la testa. «stando seduto sul divano, non la vedrai neanche con il binocolo!» calò il silenzio nella stanza. «ma che cazzo di detto è?» domandò Louis stranito, girandosi a guardarlo. «il mio, per l’appunto!» disse con tono serio. «forse hai bevuto una birra di troppo, o forse hai visto una fica di troppo!» scoppiarono a ridere, di nuovo. «Buonanotte Lou.» lo salutò appena si accorse che si stavano per rimettere a dormire, dopo dieci minuti dall’ultima frase. Louis ricambiò, in un sussurro assonnato. Rimase sveglio almeno per un’altra ora, a pensare a quella sera e nottata. Non riusciva a capire perché non avesse detto la verità a Louis. Forse aveva paura di essere giudicato, oppure.. Ma Louis era Louis, non giudicava mai. Anzi, sicuramente l’avrebbe sfottuto per bene sapendo la verità. Oppure, perché voleva tenersi quella cosa per lui, un piccolo segreto. Il problema era che Louis non sapeva fin troppe cose di Harry. Non sapeva di Lee, non sapeva di Summer, non sapeva quanto in realtà stesse male. Si ripromise che avrebbe parlato di Lee al suo migliore amico il giorno dopo. Glielo doveva, gli stava nascondendo fin troppe cose, per lui. E Louis non si meritava un amico che gli nascondeva la verità.


Spazio dell'autrice: Ecco il capitolo! Comincio sempre così.. che cosa triste. Allora, grazie a tutte per i 9 e ripeto 9 commenti al capitolo prima. Cioè, vi amo, non smetterò mai di dirvelo. Molte di voi mi hanno detto che questa ragazza è Lee. Non lo è, avete visto? E si, se vi state chiedendo se Harry ne è mezzo innamorato, già. Mi sa proprio che questa ragazza prenderà il posto di Lee! *sorriso bastardo* No, seriamente. Lee è una parte fondamentale della storia. Spero di non avervi deluso, con questo capitolo! Me lo fate sapere se vi ho deluso? :DD ♥ Io vi amo, ricordatevelo sempre. ♥ ♥ ♥

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Capitolo 4
*** capitolo 4 -- La speranza è un sogno ad occhi aperti ***


«sveglia pigroni!» si svegliarono all’unisono, mentre Niall porgeva una tazza di caffè a Harry mentre Liam la porgeva a Louis. Il primo ad appoggiarsi sul gomito fu Louis, e prese la sua tazza di caffè nero, con un cucchiaino di zucchero. Per Niall fu molto più difficile cercare di svegliare quel cazzone di Harry. Era impossibile farlo alzare da quel fottuto letto. «se non ti alzi, io ti lavo con l’acqua gelata!» sbottò il biondo, con un ringhio. «lasciami stare!» sussurrò, sbadigliando il riccio. «Niall, dagli due ceffoni vedi come si sveglia!» esclamò Louis, ridacchiando. Dopo quasi un ora, riuscì a farlo svegliare. Liam e Niall uscirono per andare a lavorare, e si accorsero che Zayn era già uscito da ore. «io non gli avrei dato neanche 10 centesimi a quello. Sembra impossibile farlo alzare da quel letto!» ammise Louis, preparandosi. «vero? Però da quello che ho capito c’è Keyra che gli rompe i coglioni al telefonino! Quella donna dovrebbe essere fatta santa, per me.» ridacchiarono mentre si vestivano. «cosa vogliamo fare oggi?» domandò ad un tratto Lou, pensieroso. Erano alla ricerca di un lavoro. In realtà entrambi erano stati chiamati in vari posti, ma prima di decidere volevano vedere se c’era qualcosa di migliore. Ma non quella mattina. Si erano dati una pausa nel cercare. «ti va una seconda colazione al bar e una chiacchierata?» propose Harry, scuotendo i capelli e sistemandoli con un gesto veloce della mano. Louis lo guardò, e vedendo la sua faccia seria, annuì. «mi devi dire che sei gay?» si guardarono. «ma io sono gay da quando ti conosco, Lou! Credevo che ti eri accorto del mio amore per te!» lo vide fare un sorriso. «sei proprio frocio!» giocò, e Harry gli saltò addosso, sbaciucchiandoselo tutto. «per te sempre e comunque! Se cambi sponda dimmelo, eh!» erano dei cazzoni assurdi. Da quando si conoscevano c’era un non so che di gay in loro, che li distingueva dalla massa. Quando si ritrovarono allo starbucks vicino casa, presero una cioccolata calda e si misero al tavolo. Harry prese a giocare nervosamente con il pezzo di cartone che circondava il bicchiere di polistirolo, per impedire alla gente di scottarsi. «Harry..» sussurrò vedendolo così in ansia. Lo vide alzare lo sguardo dal suo bicchiere, e sorridere timidamente. «volevo parlarti di una cosa..» Lou annuì. «sono tutte orecchie.» ci mise quasi dieci minuti prima di trovare le parole giuste, e Louis non lo spinse neanche una volta a parlare. Attese, sapendo che stava cercando il miglior modo per dire quella cosa. «Tu non conosci Lee.» Louis scosse la testa. Harry invece già stava tirando fuori una foto dal portafogli. La portava sempre con lui, in un modo o nell’altro. Guardò con un sorriso dolce la foto, poi gliela porse. Louis scrutò la foto. C’era un piccolo Harry, dolcissimo e con i capelli lisci – incredibile, aveva avuto i capelli lisci da bambino – e una bambina al suo fianco. Il bambino nella foto tirava una treccia ad una ragazzina bionda, con due occhi davvero particolari. Erano seduti nel giardino di casa di Harry, circondati da giocattoli. Mentre Harry tirava la treccia alla bambina, che a quanto pare si chiamava Lee, la bambina staccava la testa a Ken. «quando siamo partiti sono passato in quella casa, ricordi?» annuì, continuando però a scrutare la foto. Non aveva mai visto quel sorriso ad Harry. «quelli sono i genitori di Lee. Lee era la mia migliore amica. Siamo praticamente cresciuti insieme fino ai nostri 10 anni. Per me era la sorella più piccola che non ho mai avuto, per me era la mia compagna di giochi, per me era il mio centro dell’universo. Era tutto per me, ne ero assuefatto, era come una droga. Avevo bisogno di lei più di quando volevo ammettere.» Lou alzò gli occhi dalla foto, per fissarlo serio. «I nostri genitori sono amici da anni, e ci hanno fatto crescere insieme. Ero così abituato alla sua presenza in casa mia, nel mio letto, addirittura in bagno. Era una sorella non acquisita. L’adoravo, e lei adorava me..» strinse il pugno, ma anche la mascella. «tu hai visto il tragitto da casa mia a casa sua quanto è corto. Ecco. In quel tragitto qualcuno l’ha rapita. Sua madre si fidava a lasciarla andare da sola, perché in fondo doveva solo passare due o tre case. Non c’era da attraversare nessuna strada. Così spesso la lasciava venire a casa mia senza nessun accompagnatore. Era una bambina allegra, sempre con il sorriso sulle labbra. Era il mio cucciolo! Ma qualcuno me l’ha portata via. Quando ho telefonato a casa di lee incazzato perché ancora non era arrivata, sua madre mi disse che era uscita già da due ore. Quel pomeriggio io, sua madre, suo padre e la mia famiglia cercammo Lee ovunque. Sono scappato quella notte, perché volevo trovarla.» Louis rimase agghiacciato, da quel racconto. «per i restanti due anni ho cercato Lee anche sotto il tappeto. Non volevo credere che qualcuno mi avesse portato via la mia piccola Lee. Pochi giorni prima della scomparsa, avevamo fatto un patto di sangue. Ci eravamo punti le dita e avevamo mischiato il nostro sangue, dicendo che eravamo “fratelli di sangue”. Dopo quel patto lei mi aveva promesso che non mi avrebbe mai lasciato. Ma non era così, non fu così. Mi aveva lasciato e io ero tanto arrabbiato con lei, perché non mi aveva portato con lei.» lo vide arricciare le labbra, forse per trattenersi nel piangere. «l’ho cercata ovunque, ma non è mai tornata. Mi sono sentito una merda per non so quanto tempo, Louis. Che fratello schifoso ero se non riuscivo neanche a ritrovare mia sorella?» domandò, ma in realtà non c’era risposta per una domanda del genere. «La polizia l’ha cercata ovunque, abbiamo attaccato annunci ovunque per la sua scomparsa. Mi stupisco che non ci sia una foto di Lee anche al polo nord. Davvero! Abbiamo preso un investigatore privato, ma niente. Sembrava sparita nel nulla. E quella sera, quando mi sono svegliato così, di colpo.. Era la notte tra il 12 e il 13. Il 13 settembre di dieci anni fa, Lee Parker è scomparsa nel nulla. Ogni anno, in quella notte, io sogno Lee. Ogni santissimo anno quel sogno viene a bussare alla porta del mio subconscio. Non sono io a volerlo, è come se il mio corpo e il mio cervello sa che in quel giorno tutto è successo. E mi ricorda come stavo una merda, e come adesso invece vivo tranquillo. Ovviamente non è così, perché penso a Lee più di prima, ma.. Dovevo tornare a vivere. Ho smesso di cercarla, ma in fondo a me stesso continuo a sentire che non è morta, che la mia Lee è da qualche parte nel mondo e che ha ancora quei bellissimi occhi di due colori differenti. In fondo siamo fratelli di sangue. Se le è successo qualcosa io dovrei sentirlo, no?» alzò lo sguardo in quello di Lou, che aveva gli occhi lucidi. «certo.» rispose solamente, con un sorriso dolce. Riabbassò lo sguardo. «ho ripreso a vivere, ho smesso di andare a casa sua. La donna che hai visto in finestra è sua madre. Lei ormai vive in un mondo tutto suo, è rimasta così tanto shockata che quando mi vede si immagina me piccolo e al suo fianco la piccola Lee. Quel giorno mi ha chiesto se volevo aspettare con lei Lee, che sarebbe tornata da un momento all’altro da casa mia. Lei è rimasta a quel giorno. Quel giorno aveva fatto dei buonissimi biscotti. Ancora dice che “ha sfornato dei biscotti”. E’ come se per lei il tempo non è mai passato. Non potevo andare avanti così. Spero, ma non ci credo più. Sono passati troppi anni, e non ho avuto nessuna notizia da Lee. Non so dove sia, non si trova. Sembra sparita nel nulla. A volte mi ritrovo a pensare che Lee è frutto della mia immaginazione, che in realtà non è mai esistita.» gli uscì una lacrima, e l’asciugò velocemente. «E visto che non riuscivo più a vivere in quel paese, dove tutto mi ricordava lei, ti ho proposto di trasferirci. E tu non sai quanto ti sono grato per aver accettato!» Louis strinse la sua mano, posata sul tavolo. «sapevo che c’era qualcosa sotto. Non credevo possibile che tu volessi trasferirti. Ami la tua cittadina, ma vedevo che ci stavi stretto. Non potevo far altro che seguirti.» ammise, mentre il riccio si lasciava andare in un sorriso. «da quando sei entrato nella mia vita, ho ripreso a vivere. Prima era tutto molto trasportato. Avevo la forza di andare avanti solamente perché dovevo. Per me la vita se n’era andata appena ho scoperto che Lee era uscita di casa e non era venuta da me. E’ come se se la fosse portata via con se. Ma da quando ti sei trasferito, pian piano sei riuscito a farmi tornare a vivere. Provo emozioni, provo fastidio, mi diverto. Cose che ti assicuro, prima non provavo! Ero come una carcassa umana, ma vuota all’interno. Tu piano piano sei riuscito a rimettere tutto al mio interno.» Louis sorrise con dolcezza. «se mi stai ringraziando..dovere!» lo vide sorridere. «non ti sto ringraziando, coglione! Ti sto solo dicendo che per il mio corpo e per il mio cervello sei diventato la mia nuova droga. Prima era Lee, ora sei tu!» Lou scosse la testa, dolcemente. «Ne sarei grato, ma non è così. Tu vuoi credere che sia così, ma il tuo corpo e il tuo cervello pretendono Lee. Io sono solo una droga più leggera, che ti da cose simili alla droga vera e propria. Io non prenderò mai il posto di Lee, lo sai vero? Non lo voglio prendere!» si guardarono attentamente. «perché no?» domandò, d’un tratto Harry. «perché cosa le vado a raccontare quando la ritroverete? Che io sono il tuo nuovo amichetto e che lei non è più importante per te? Cioè.. Mi ammazza, te ne rendi conto?» Harry lo guardò con dolcezza, poi riabbassò lo sguardo. «non la ritroveremo mai, Louis. Lee è scomparsa nel nulla e io me ne devo fare una ragione!» con la coda dell’occhio lo vide scuotere la testa. «no. Non smettere di sognare. Mai dire mai, nella vita!» come riusciva ad essere così sicuro che Lee fosse ancora viva, da qualche parte del mondo? No, non riusciva più a sperare. Dopo dieci anni, perdi ogni speranza nella tua vita. Impari a non sperare come ci riuscivi quando eri bambino.

 
 
Aveva bisogno di staccare il cervello, e quale modo migliore se non andare a trovare Summer? Entrò nel Night Club e si avviò al bancone. «ehi Harry. E’ un po’ che non ti vedevo!» sorrise al barista con cui aveva stretto amicizia. «impegni mondani da teenager!» giocò, e Fred rise di gusto. «il solito?» scosse la testa. «una birra, stasera!» lo guardò stranito, ma senza dire altro gli fece una birra. La prese e come al suo solito come da un mese a quella parte si mise al tavolino sotto il palco. Non andava lì da due settimane, e non vedeva l’ora di chiacchierare un po’ con Summer. Neanche più serviva chiedere a Fred di bloccare Summer, anche perché sapevano che se andava lì era per lei. «ti dispiace se faccio passare una persona davanti a te?» chiese una voce, alla sua destra. Alzò lo sguardo ritrovandosi il capo. «no, basta che non me la stranisce! Poi io come faccio?» si fecero una risata, e l’uomo annuì, dando l’ok ad un’altra persona. La guardò muoversi in quel modo sinuoso. Appena lo aveva visto lì seduto, era spuntato un sorriso su quelle labbra tutte da baciare. Summer non l’attirava solamente perché era una “prostituta” o una ballerina di Night Club, gli piaceva davvero. Pian piano nel conoscersi si era infatuato di lei, e si era ritrovato troppo spesso ad immaginare lei su una ragazza che si stava portando a letto. Ma con Summer non era mai successo nulla, per sua volontà. Preferiva andare a rimorchiare un’altra ragazza e immaginare Summer. Come al suo solito diede venti sterline alla ragazza, e lei le diede un bacio sulla guancia che come al solito riservava solamente a lui. Era il preferito, e lo sapeva. Quando il balletto terminò, vide l’uomo entrare nella stanza e provò un profondo senso di fastidio alla bocca dello stomaco. L’idea di quel grassone dentro Summer, lo fece schifare. L’immagine nella sua mente lo stava portando al disgusto. Summer gli aveva raccontato un po’ di lei.
Flashback.
«sono nata in America. Mia madre è morta in un incidente stradale. Quando ho compiuto diciassette anni sono scappata da mio padre che era diventato mezzo pazzo, e sono venuta qui a Londra. Non sapevo far altro che ballare. Ballo da quando ho 5 anni. E sono entrata per caso in questo posto. Mi hanno fatto un provino e mi hanno preso.» spiegò, debolmente mentre giocava con i suoi riccioli. Aveva scoperto dopo due giorni che le piacevano i suoi ricci, e che si divertiva a giocarci. «e perché ti vendi così alle persone?» chiese senza preoccuparsi di essere scortese. Avevano acquisito un rapporto davvero strano, quei due. «perché devo pagarmi l’affitto. Mi piace la vita facile. Così ce l’ho!» ammise la mora, con un sorriso dolce. «Non hai mai pensato di proporti per qualche cast di ballo? Qui pagano molto bene in quel campo, sai?» la vide scuotere la testa. «io non sono portata per stare in mezzo alla gente. Io devo stare al centro della situazione. Così ho il palco tutto per me, ho tutti gli sguardi su di me. Mi piace, mi fa sentire appagata. Il sesso è solo una cosa di arrotondamento. Non mi interessa il sesso, ma il ballo!» spiegò ancora, guardandolo dentro gli occhi. «ma non hai un ragazzo?» di nuovo la vide scuotere la testa. «una volta ci ho provato a mettermi con un ragazzo. Quando ha saputo chi ero, e che cosa facevo, mi ha lasciato dandomi della puttana. In fondo lo sono, no?» quel sorriso triste lo fece sentire una merda. Anche lui la riteneva una puttana, ma da quella sera aveva smesso di darle della puttana, nel suo cervello. Per rispetto, perché aveva capito che non era una puttana, ma semplicemente lo faceva perché aveva bisogno di soldi.
Fine Flashback.
Si alzò quando vide la porta aprirsi e si diresse verso la stanza che ormai era diventata come una seconda casa per lui. Guardò l’uomo uscire, mentre si sistemava la camicia, e gli uscì una smorfia di disgusto. Che cosa schifosa! Appena mise piede dentro la stanza, si sentì assalito. Summer gli era saltata addosso, felice di vederlo. «salve.. vorrei un servizietto vestita da infermierina sexy!» giocò e lei rise, con quella risata fantastica. Chiusa la porta, e ricambiò l’abbraccio. «mi stavo cominciando a preoccupare. Sono due settimane che non ti vedo!» la guardò con dolcezza. Quella paura di abbandono era qualcosa di unico, su di lei. «e io invece sono qui! Vivo e vegeto!» Summer lo guardò con dolcezza. «ne sono felice, tanto!» ammise, affondando la faccia nella sua felpa. «per quanto mi hai?» chiese ad un tratto. Che brutto modo di dire! «per tutta la notte, ovviamente!» rispose, sempre sorridendo. «grazie! Ne avevo proprio bisogno!» ammise la mora, sdraiandosi sul letto. Mio dio quanto la voleva. Stava per scoppiare, la desiderava da troppo. Ma non voleva rovinare nulla. «ti sto eccitando?» chiese, vedendo l’espressione da morto di fica che sicuramente aveva disegnata sul volto. «Non sperarci, Summer!! Se vuoi del sesso c’è della gente lì fuori che lo pretende!» rispose, spiccio. Si sedette vicino a lei. Entrambi sapevano che provavano qualcosa per l’altro. Ma quando Summer aveva provato a saltargli addosso, lui l’aveva bloccata con delle semplici parole. «non voglio essere il prossimo nome su un taccuino di lavoro. Io voglio essere il primo della lista!» sempre molto modesto, in quel campo. Doveva essere quello desiderato, doveva essere quello bramato dalle donne. Lei era in fondo una donna, che lo desiderava. Ma non voleva essere trattato da una notte e via. Non da lei. «tu sai che non so amare!» la guardò male. «tutti sappiamo amare. Forse non sei abituata, ma sai sicuramente amare. Io non voglio sesso. Ma amore!» che poeta! Da quanto voleva amore? Forse da sempre, ma cercava sempre del sesso perché non voleva impegnarsi. Non era pronto ad essere il palo di appoggio per una donna. Ma pretendeva dell’amore da quella ragazza e non essere trattato come gli altri. «non so amare, Harry.» ripeté e si guardarono, attentamente. «allora fattelo insegnare!» La vide sbarrare gli occhioni castani, sentendo quelle parole. «da te? Il donnaiolo di turno?» chiese, sapendo benissimo che era così. «io sono donnaiolo solo quando ho voglia di esserlo. Ma io so amare. So donarmi ad una donna con tutto me stesso!» spiegò, sempre serio, scrutandola mentre se ne rimaneva stesa in quel modo sensuale. Lei si accoccolò al suo fianco poco dopo, nascondendosi bene nell’incavo del suo collo. «e se ti deludo?» Harry scosse la testa. «non puoi deludermi. So per certo che non lo farai!» disse con dolcezza e lei si alzò per guardarlo negli occhi. «insegnami ad amare!» sussurrò, con quel rossore sulle guance che lo faceva sentire perso. Senza volerlo si stava innamorando di quelle piccole cose. Affondò la mano nei suoi riccioli castani, e posò le labbra sulle sue. La sentì irrigidirsi completamente. «non..» provò a dire, ma lui la bloccò. «tu adesso non stai lavorando. Le tue stupide regole sul non baciarsi, con me non vengono usate!» lei lo fissò nei suoi occhioni verdi. «devi essere Summer con me, e non Selene. Devi lasciarti andare e non pensare.» lei si morse il labbro, nervosa, e annuì. Dopo averla guardata per un altro secondo nei suoi occhioni castani, e la fece sdraiare sul letto. La sentiva rigida come uno stoccafisso, e sorrise debolmente. «sono una frana!» la sentì sussurrare, mentre la sua mano esplorava quel corpo favoloso. «mhm.. tu dici eh!» sussurrò in modo malizioso e lei lo guardò divertita. «non so come comportarmi!» ammise, e Harry ridacchiò. «ma tu non devi fare nulla. Ci penso io!» e finalmente sentì i suoi muscoli rilassarsi. Posò di nuovo le labbra sulle sue, la sentì impacciata. Era come se fosse la prima volta che facesse l’amore, che baciava. Morse il labbro inferiore, e lo torturò per qualche secondo. Passò la lingua su di esso, su quello superiore con una delicatezza infinita. Come se Summer in quel momento fosse una reliquia e doveva essere trattata con delicatezza per non romperla. Si trovò un varco tra quelle labbra tutte da baciare, da mordere. Sfiorò la sua lingua con delicatezza e portò il bacio in una danza che lei mai aveva esplorato. La spinse di più sulle sue labbra, mentre nel suo corpo sentiva che bastò quel semplice fottutissimo bacio ad eccitarlo in modo pazzesco. Quel bacio divenne una lotta greco-romana, dove non vi erano vincitori. Scese a baciarle il collo, facendola tremare come una foglia, lambì i suoi lobi, debolmente, baciando ogni parte del viso con estrema dolcezza. Doveva riuscirci, doveva trattenersi. Solo quando furono ai preliminari, si risvegliò da quel mondo dove c’erano solo loro due, dove Summer si stava facendo amare, e soprattutto le stava piacendo. La suoneria del suo cellulare stava squillando come impazzita, ma non voleva rispondere. Non voleva togliersi da sopra di lei, non voleva abbandonare quel posto caldo. Sentì la suoneria cessare, e continuò a baciarla, a baciarle il collo mentre si muoveva con le dita lentamente dentro di lei, procurandole brividi e gemiti che raramente quella stanza aveva sentito arrivare da lei stessa. Lo percepiva che erano gemiti veri, e non finti. La suoneria ricominciò a suonare, e gli uscì uno sbuffo. A pochi secondi di distanza, segno che era qualcosa di importante. Alzò la testa dal collo di Summer, e guardò il punto dove c’erano i suoi Jeans. «non..smettere!» lo pregò Summer, in un gemito deliziato. Spostò di nuovo lo sguardo su Summer, guardandola dall’alto. Era bella da mozzare il fiato, dannata lei. E come poteva smettere quando un angelo gli chiedeva di continuare? Di nuovo lasciò stare il cellulare, sicuramente era Louis che voleva rompere i coglioni. Beh, ci stava riuscendo. Continuò ad amarla, a muovere le dita dentro di lei, aumentando la velocità del gesto. La suoneria smise di nuovo, e gli uscì un sospiro. Poteva godere ancora dei gemiti di Summer, che viaggiavano in quella stanza delicati come un bacio sul collo. La mano di Summer si insinuò nei suoi boxer, come per volerlo staccare di nuovo dal mondo reale e far compagnia a lei in un mondo che si stavano creando da soli. Gli uscì un gemito deliziato quando sentì la mano calda di Summer sulla sua erezione, che si muoveva esperta ma al tempo stesso con timidezza come se in realtà non sapesse come muoversi. Lo stava facendo impazzire, lei, il suo corpo e quelle labbra tutte da mordere. Le fu sopra di nuovo, mentre toglieva la sua mano da summer, e le uscì un gemito di protesta. La vide aprire gli occhi, chiedendosi perché si fosse fermato. Sorrise, debolmente e tolse anche la sua di mano! Lo sguardo che gli lanciò fu divertentissimo. Credeva che sarebbero arrivati subito al sodo, ma no.. La voleva far impazzire e a quanto pare ci stava anche riuscendo. Si mise su di lei, che lo guardava incuriosita. Tenendo le mani al lato del suo volto, appoggiandosi al materasso prese a strusciare il suo bacino contro quello di Summer, riproducendo un atto sessuale anche se avevano ancora entrambi l’intimo addosso. Fu distruttivo anche per lui, che si eccitò ancora di più se possibile. Ma vederla inarcarsi sotto di lui, buttando indietro la testa fu davvero eccitante ancora di più del finto atto sessuale che stava ricreando. Entrambi erano eccitati al massimo, lo poteva sentire benissimo! Summer si buttò su di lui come una drogata di fronte alla sua dose, e gli morse la spalla, e subito dopo gli fece un succhiotto che lo eccitò ancora di più. La sentì stringere le gambe al suo bacino, andandogli incontro in quel gesto tanto bramato. «mi stai facendo impazzire!» la sentì sussurrare, facendosi uscire un altro gemito di piacere. Rispose con uno sbuffo, in quanto non aveva l’aria necessaria nei polmoni per poter dire “anche io sto impazzendo”. «ti prego Harry!» oh no. Oh no, stava arrivando a pregarlo. Dio mio, se continuava così la delicatezza sarebbe andata a farsi fottere e l’avrebbe sbattuta al muro come un animale. Il modo in cui pronunciava il suo nome, lo faceva impazzire. «ora lo spengo!» sbottò quando sentì di nuovo la sua stupidissima suoneria. Summer lo bloccò, troppo deliziata da lui ma Harry si alzò incazzato come una biscia. La sentì sbuffare, per averla fatta ricadere sul mondo dei vivi. Si girò a guardarla, con un sorriso malizioso. «visto che ci stai rispondi no? Così la smettono!» gli disse, e lui annuì dopo che aveva visto che era un numero privato. «che c’è? Chiunque tu sia, sappi che hai sbagliato proprio momento!» sbottò, incazzoso, ributtandosi sul letto al fianco di Summer. Crollò il silenzio, e Harry sbarrò gli occhi. «cosa succede?» rispose, deglutendo a fatica. «si aspetto!» si girò a guardare Summer, stesa al suo fianco con quei boccoli castani che ricadevano a ventaglio sul materasso. Si abbassò a darle un bacio, e lei sorrise. «Paul. Cos’è successo?» domandò, in ansia totale. Ascoltò, guardando il muro di fronte a se. «a Miami?» domandò, incredulo. Ascoltò ancora la voce del padre di Lee e gli uscì un gemito. «non è possibile! NO!» cominciò a scuotere la testa, mentre si metteva seduto sul letto. «perché non mi hai cercato prima? Perché non posso venire con voi? Perché?» domandò, e l’uomo rispose con tono dolce. «no.. non può essere lei.. Hanno fatto tutti gli esami possibili ed immaginabili per capire che è davvero lei? Ne siete sicuri al 101% Paul?» l’uomo rispose positivamente. «non può essere morta.» sussurrò, e Summer abbassò le sopracciglia, preoccupata. «lo avrei sentito se Lee fosse morta! Paul, dimmi che si sono sbagliati e che quella carcassa di bambina non è la mia Lee. Dimmelo Paul!» borbottò, cominciando a sentire gli occhi bruciare. «ma come fanno a sapere che è lei? Com’è possibile che era a Miami? Come ci è arrivata a Miami, Paul?» domandò, dimenticandosi totalmente di Summer al suo fianco. «porca miseria però! Avevamo portato i fogli anche agli aeroporti, la polizia aveva diffuso la sua foto, cazzo! Come cazzo ci è riuscito a portare la mia Lee a Miami? Non dietro l’angolo, a Miami!» strillò incazzato, mentre Summer saltava su dalla paura. Si asciugò gli occhioni verdi pieni di lacrime amare. «no, Paul. Non sto calmo! Dimmi che hanno trovato quello stronzo. Dimmi che c’è anche una piccola traccia al suo fianco o su di lei che mi fa sapere chi cazzo è quel mostro, e io lo ammazzo!» sembrava impossessato. «funerale?» rispose poco dopo, perdendo l’incazzatura e lasciandosi andare all’incredulità. «quella non è Lee, Paul!» urlò di nuovo mentre Summer posava una mano sul suo braccio, e lui si girò di scatto a guardarla. Non si ricordava dov’era. Aveva solamente l’immagine di Lee in testa, e l’idea che la sua piccola Lee era morta. Non poteva essere successo. Scrutò Summer, e per un attimo fu disgustato di essere lì, mentre la sua piccola Lee era morta. Da anni ormai e non se n’era mai reso conto! «va bene!» sussurrò, con tono ora dispiaciuto. «ci sarò. Ci vediamo fra due giorni!» chiuse la chiamata sentendosi del tutto vuoto. “adesso voglio solo avere un posto dove piangere la mia Lee” quanto cazzo l’avevano toccato quelle parole? Anche Paul aveva perso tutte le speranze. E le stava perdendo anche lui, dannazione! Era morta, la sua Lee era morta. A quanto pareva la persona che l’aveva rubata, l’aveva portata a Miami dove.. deglutì e scosse la testa, non volendoci credere. Non poteva essere. Non poteva essere davvero morta. Perché? Perché proprio lei?! Si strinse le gambe al petto, e cominciò a dondolare su se stesso come in una cantilena, mentre versava quelle lacrime amare che non aveva mai pianto da dieci anni. «Harry..» si girò a guardare Summer, e la vide dispiaciuta nel vederlo piangere in quel modo così disperato. Summer lo abbracciò, cominciando a cullarlo come un bambino. In quel momento era un bambino di sette anni, era tornato il piccolo Harry. Si aggrappò a lei come se fosse in quel momento la sua unica ancora di salvezza, ma non servì a nulla. Pianse tutta la notte, verso tutte le lacrime che non aveva versato in quei dieci anni.
 
 
 
«per chi lo desidera, può accompagnare la piccola Lee fino al cimitero!» rilassò le mani strette a pugno, tanto che le unghie affondavano prepotenti nella pelle candida, squarciando essa e facendo uscire del debole sangue. Guardò le sue mani, e si domandò perché non sentisse dolore. Perché non aveva percepito dolore, perché non aveva sentito nulla? «Harry, andiamo?» alzò la testa dalle sue mani, e vide sua madre. Aveva gli occhi gonfi di lacrime, la faccia tremendamente bianca. Sua madre era sempre stata una donna forte, ma in certi casi – come quello – non riusciva ad esserlo, lasciandosi andare alla tristezza. «vai.. io adesso arrivo!» sussurrò, con tono distrutto e che sembrava arrivare direttamente dall’oltre tomba. Sua madre si piegò a dargli un bacio sulla fronte, comprensiva. Era sicuro che sapesse quanto stesse male, ma sapeva anche che Harry non aveva bisogno dell’appoggio di nessuno. Rimase seduto su quella panca per altri dieci minuti, permettendo così alla gente di seguire quella piccola bara bianca, che continuava a dire che non fosse della sua piccola Lee. Non riusciva a farsene un’idea. Era troppo per lui accettare che la sua Lee era morta, tanti anni prima mentre lui continuava a sperare di rivederla prima o poi. Era troppo chiedere al suo cuore di darsi del fallito, e andare avanti. Non poteva averlo lasciato lì, gli aveva promesso di stargli sempre vicino. E l’avevano uccisa. Come si può uccidere una bambina? Come si può affondare un cortello nella sua piccola gola senza sentirsi uno schifo. Come si faceva ad andare avanti quando sapevi che avevi ucciso una bambina? Si alzò e prese la margherita colta poche ore prima, da un prato. Ricordava quanto le piacevano le margherite. Si metteva lì a strappare i piccoli petali, uno ad uno, con lentezza. Senza fare il giochino “m’ama o non m’ama!” a lei le piaceva solo strappare i petali. O le mille volte che chiacchierando con lui si era messa a fare una corona di margherite, per poi mettersela tra quei capelli biondi boccolosi. «Harry!» si girò a guardare il prete, scrutandolo serio. «è tanto che non ti vedo, figliolo. Hai smesso di venire in chiesa, perché?» si girò a guardare il grande crocifisso alle sue spalle. «tutte cazzate.. Se dio esistesse, non mi avrebbe portato via la mia Lee.» disse con tono amaro, guardando quell’uomo crocifisso sulla croce. «capisco il tuo dolore, figliolo. Ma Lee ora..» si girò a guardare malissimo il prete che fino a pochi anni prima era un consigliere per lui, un uomo su cui fidarsi. «non.. spari le sue cavolate a me! Non mi dica che Lee è in un posto migliore. LEE STAVA BENE QUI, INSIEME A NOI! INSIEME A ME!» urlò, e il suo urlo echeggiò per tutta la chiesa vuota. L’uomo lo guardò dispiaciuto. «riuscirai a perdonare!» riuscire a perdonare? Se lui si ritrovava lo stronzo che l’aveva uccisa, altro che perdonare. Lo massacrava di botte e gli restituiva il favore, al bastardo. Uscì dalla chiesa a passo di carica, già incazzato di suo e ci si metteva anche il prete con le sue cazzate. «perdono.. tsk! Vedi come lo perdono!» quando arrivò al cimitero, cominciò a piovere. Sembrava un film. Ci avete mai fatto caso che ogni volta che fanno una scena di un funerale, piove? E se non era sempre, molto spesso la pioggia accompagnava un funerale. Ma quello non era un film, era la vita reale. Sua madre cercò di coprirlo, ma lui si tirò indietro. Non voleva essere coperto, voleva sentire la pioggia su di lui. «Harry.. vuoi dire due parole?» scosse la testa. «no!» gli uscì quel sussurro mezzo masticato, mentre guardava la piccola bara bianca, candida. «vuoi donare quel fiore a Lee?» erano pochi presenti. La sua famiglia, e la famiglia di Lee. Una cosa intima. «No! Non posso!» sussurrò ancora, senza staccare gli occhi da quella piccola bara bianca, come se da un momento all’altro si aspettasse di vederla aprirsi e vedere Lee che rideva, come per dirgli “ti ho preso in giro e tu ci hai creduto!” strinse ancora le mani a pugno, sentendo di nuovo le unghie affondare nella pelle, ma non percepì dolore. Spostò lo sguardo sulla donna che con tanto amore aveva messo al mondo Lee, e vederla lì piangente, gli fece capire che addirittura lei aveva smesso di sperare. Non sarebbe più stata lì in finestra ad aspettare la sua bambina. Perché Dio aveva portato tutta quella infelicità? Guardò come la piccola bara fu messa dentro alla cappella di famiglia, per poi essere chiusa. C’era una grande foto di Lee, di fronte alla parte dove avevano messo la bara. Lei, con quegli occhioni tutti suoi, lo guardava con un sorriso allegro. Pian piano la gente se ne andò e rimase lì da solo. Le gambe cedettero, e finì a terra. «perché mi hai fatto questo, Lee?» chiese, in un sussurro senza fiato, mentre gli occhioni verdi si riempivano per l’ennesima volta di lacrime. «perché te ne sei andata? Perché non hai lottato?» si girò a guardarsi indietro quando sentì una risata di una bambina allontanarsi. “vieni a guardare Harry.. E’ spuntato il sole, e c’è anche l’arcobaleno!” si asciugò gli occhioni pieni di lacrime. Quel vestitino lo indossava il giorno della scomparsa. «non ho voglia di vederlo, Lee.» sussurrò, e la bambina smise di girare come una trottola, divertita dal movimento della sua gonna. “perché no?! Sai quanti colori ci sono in un arcobaleno Harry?!” scosse la testa. “e mai lo saprai. Non te lo dico, perché sei e rimarrai ignorante!” la guardò con un sorriso, sentendo di nuovo quella risata che tanto gli mancava. “vieni a giocare con me, Harry!” «non posso!» la bambina si era di nuovo avvicinata a lui, porgendogli la mano. “tu puoi.. se lo sogni puoi farlo!” scosse la testa. “mi manchi harry!” «anche a me, Lee.» la vide andare verso la porta. “ti aspetterò Harry!” 
E poco dopo l’immagine della bambina che vedeva correre nel prato di fronte alla cappella, venne offuscata da un corpo. Mise a fuoco la figura e la guardò camminare fin quando non fu al suo fianco. Appena sentì il suo calore corporeo, si lasciò andare di nuovo in un pianto frustato. «piangi piccolo Harry! Piangi..» si aggrappò alla sua maglietta a righe con forza, tanto che poteva lacerargliela per la cattiveria con cui la stava tirando.


ok. lo so di averci messo tanto, ma vi assicuro che riuscire a scrivere con tua sorella che ti chiacchiera al fianco è veramente impossibile. Mi ammazzerete per questo capitolo? Boh, forse si o forse no! Lo sapremo solo vivendo (?) Io vi ringrazio tantissimo per le recensioni, per tutte quelle persone che hanno messo la storia tra i preferiti e cose varie. ♥ vi amo!! 
 

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 -- Un sorriso nasconde tanti segreti ***


Why should I live? I don’t want to live.. I want to die! 
(
Perché dovrei vivere? Non voglio vivere .. Voglio morire!)

Si sentì scosso e aprì gli occhioni, socchiudendoli poco dopo visto che entrava la luce dalla finestra e lui stava guardando proprio dalla parte della finestra. «Harry..» si girò a guardare la donna che l’aveva chiamato, e sbatté le ciglia, vedendo quel sorriso che tanto lo rassicurava. «mamma.. era tutto un sogno, vero?» la donna rimase in silenzio per diversi minuti, poi perse il sorriso e scosse la testa in modo dispiaciuto. «ah..» tornò a guardare verso la finestra, e sospirò. «non vieni giù a fare colazione? Louis ti sta aspettando!» guardò fuori dalla finestra, vedendo un cielo troppo sereno per come stava lui. «no.. sono stanco, voglio dormire!» e richiuse gli occhi, con un altro sospiro. La donna trattenne le lacrime a stento. «va bene, dormi tesoro!» prima che la donna uscisse del tutto dalla stanza, non prima di essersi piegata a dargli un bacio sulla fronte, Harry la richiamò. «mamma..» Anne si girò a guardarlo, preoccupata. «perché me l’hanno portata via? Perché proprio lei?» la donna si riavvicinò al letto, sedendosi su di esso dalla parte dove Harry era girato. Stava piangendo. «non lo so, piccolo!» Non poteva dirgli che il loro signore aveva deciso così, perché l’avrebbe ferito ancora di più. Accarezzò i suoi ricci, delicatamente, infondendo in Harry quella calma che solo sua madre riusciva a donargli. «ma anche se Lee non è qui con noi, ricordati sempre che.. che è lì su, e lei ti sorveglia. Ti è vicina!» si asciugò gli occhioni azzurri, e guardò ancora fuori dalla finestra, perdendosi in quel cielo senza nuvole. «ma io la voglio qui! Insieme a me, insieme alla sua mamma e al suo papà. Perché ha deciso di portarmela via? Mi aveva promesso che restava con me, per sempre!» sembrava un bambino di due anni, ma in fondo ci si sentiva. Era come se fosse tornato indietro nel tempo, come se tutti quegli anni non erano passati. «a volte non possiamo portare a termine le nostre promesse. Per questo ti ho sempre detto di non promettere mai!» posò gli occhi sulla donna che l’aveva concepito, e si mise seduto, posando la faccia nell’incavo del suo collo, respirando il suo profumo. «perché fa così male? Non mi sono sentito che Lee era morta. Come ho fatto ad non accorgermene e ho continuato stupidamente a sperare?» chiese, mentre la donna gli accarezzava i capelli, sofferente. «perché sperare è l’animo buono del dolore. Non vuoi stare male e speri!» spiegò la donna, con un tono da mamma. Quando scese di nuovo in cucina dove Louis faceva colazione, e dopo aver fatto addormentare Harry, si mise seduta al tavolo. «è distrutto.» sussurrò, passandosi una mano sul viso. «lo posso immaginare. Ci vuole tempo per chiudere questa ferita, Anne. Vedrai che si riprenderà! Harry è forte!» disse, con dolcezza. «non ne sono così sicura. Non l’ho mai visto così male!» guardò il migliore amico di suo figlio, preoccupata. «Anne.. Harry è tuo figlio. Ha ripreso la tua forza, e so che si rialzerà. Ha solo bisogno di tempo e di riprendersi, vedrai!»
 
Vi è mai capitato di guardare fuori dalla finestra e vedere una persona passare, poi un’altra e un’altra ancora? E rendevi conto che, anche se tu dentro sei morto, all’infuori di quella finestra tutto continua a girare? Tu sei l’unico fermo su quello stesso punto dove ti sei lasciato andare, senza la ben che minima idea di muoverti e ricominciare a vivere. Come se il tempo andasse avanti per tutti, tranne che per te, che hai deciso di voler rimanere fermo a quel giorno. Ma un bel giorno ti rendi conto che il tempo è passato anche per te, è solo che tu eri troppo impegnato a fare altro per rendertene conto.
Per una settimana era rimasto a casa sua, insieme alla sua famiglia e quella di Lee. Ogni giorno passava al cimitero, a depositare una margherita, a chiacchierare un po’ con lei anche se sapeva non ci sarebbe stata risposta. Per una settimana aveva sperato di svegliarsi e capire che era tutto un fottutissimo incubo a cui non era riuscito a strapparsi, ma non era così. Ogni volta che si dava un pizzico, si rendeva conto che quella era la realtà e lui doveva accettarla. C'è chi reagisce con le lacrime, chi chiudendo in se stesso. Non si sapeva come stava reagendo Harry. Louis una volta era andato a svegliarlo alle sette di sera ma non l'aveva trovato nella sua stanza. Era uscito a cercarlo, trovandolo al cimitero, sotto la pioggia. Si era girato a guardarlo, con quel sorriso tutto di Harry, ma con lo sguardo era lontano di dieci anni. 
Quando era tornato a Londra, invece, non aveva più vissuto. Mangiava, beveva, dormiva. Nessuno aveva avuto il coraggio di smuoverlo, neanche Louis che ci stava male a vedere così il suo migliore amico. Ma dopo un mese che vivi nel tuo letto, ascoltando musica deprimente nella penombra della stanza che ha le finestra abbassate, per Louis era troppo. Doveva tornare a vivere, in un modo o nell’altro. Quella mattina di un giorno soleggiato, già tanto strano vedere un tempo così a Londra, Louis entrò in camera alle nove di mattina. Aprì le ante della finestra e scoprì il corpo nudo di Harry. «Hazza!» quel soprannome che gli dava Liam era dolcissimo e aveva cominciato ad usarlo anche lui. «che c’è?» sussurrò, riprendendosi la coperta ma mentre se la riprendeva, Louis gli tolse il cuscino. «alzati!» sbottò, inviperito. «lasciami stare. Voglio dormire!» disse con un tono che arrivava dall’oltretomba. «hai dormito fin troppo in questo mese. Adesso alzi quel culo peloso e vieni fuori con me. Muoviti!» disse ancora Lou, tirandogli via di nuovo le coperte. «ma che vuoi?» urlò Harry, straziato. «lasciami stare Louis! Non voglio uscire!» urlò ancora, tanto che lo poté sentire anche tutta la palazzina. Louis lo fissò di sbieco. «non hai capito, se tu adesso non ti alzi da questo letto entro tre secondi, io ti tiro fuori casa a calci in culo!» sussurrò, e Harry mugugnò una bestemmia, coprendosi di nuovo con le coperte. «hai rotto il cazzo, ok? Devi trovarti un lavoro, un hobby. Accetto anche che ti vai a vendere sulla tangenziale, ma che stai qui dentro a respirare aria viziata proprio no! Muoviti.» lo tirò e dopo poco riuscì a farlo alzare. Quando entrarono in salone, tutti sorrisero vedendolo in piedi. «giorno! C’è del caffè?» domandò, grattandosi gli occhi come un bambino piccolo. «certo!» uscì Keyra dalla cucina, porgendogli la tazza di caffè. Si buttò sul divano, guardando fuori mentre gli altri chiacchieravano tra loro. «cosa fate oggi?» domandò Zayn, mezzo addormentato. «io e Niall lavoriamo tutto il giorno. Oggi c’è la giornata lunga. Ma passiamo per pranzo» disse Liam, guardando delle carte che stava controllando. «voi?» chiese Liam, con il cervello da tutt’altra parte. «ho la giornata libera!» disse Zayn, sbadigliando. «e tu?» chiese a Louis, che continuava a guardare Harry. «dovrei lavorare oggi pomeriggio, ma credo che mi darò malato. Almeno faccio uscire un po’ lui..» si girarono a guardare tutti Harry, che non stava ovviamente in quella stanza, con il cervello. «non ti preoccupare.. possiamo pensarci noi oggi pomeriggio ad Harry. Tu vai a lavorare tranquillo!» esclamò Zayn, fissando Harry. «sicuri?» Harry si girò a guardarli. «carino vedere come parlate di me come se fossi un neonato! Tranquilli, posso andare in giro da solo senza cercare il suicidio!» si alzò, facendo rimanere tutti in silenzio, mentre entrava in camera e si cambiava, per uscire.
Quando dieci minuti dopo uscì all’aria aperta, fece un profondo respiro e cominciò a camminare, chissà verso dove. Non aveva molta voglia di camminare, ma doveva uscire così Louis avrebbe smesso di rompere i coglioni. Entrò in uno starbucks, e si prese un frappuccino al cioccolato. Uscì poco dopo, dirigendosi al centro di Londra per passeggiare un po’. Mise i suoi rayban sugli occhioni verdi, le cuffiette nelle orecchie, mentre guardava le vetrine, senza vedere niente in particolare. Ad un tratto si sentì toccato su una spalla e si girò a guardare chi fosse. «Summer!» si tolse le cuffiette e la vide sorridere. «ciao Harry!» e gli donò un sorriso dolcissimo, che lo fece sciogliere per qualche secondo. «che..che ci fai qui?» domandò, cercando di far ricollegare il cervello. «solo perché mi vedi di notte non vuol dire che di giorno sto chiusa dentro casa! Ti va un caffè?» annuì e lei sorrise di nuovo, In silenzio presero a camminare, chissà dove. «come stai?» chiese ad un tratto la ragazza, girandosi a guardarlo. «bene.. tu?» lo scrutò, attentamente. «bene bene.. non ti ho più visto..» sorrise timidamente. «ho avuto un po’ di casini da sistemare! Sono tornato solo da due settimane a Londra.» spiegò, mentre Summer entrava dentro uno Starbucks. Si presero un caffè e poi si misero seduti ad un tavolo. «ammetto che non sapevo se fermarti o no!» disse ad un tratto Summer, alzando gli occhi castani in quelli di lui. «e perché no?» domandò, giocando con il cartoncino intorno al bicchiere. «sembravi molto perso nei tuoi pensieri, non volevo disturbarti!» sorrise con dolcezza. «mi fa piacere, invece che mi hai fermato! Almeno ho capito che hai una vita all’infuori di quel Night Club!» la mora ridacchiò. «credevi che ero una creatura della notte?» annuì, guardandola. Era bella anche alla luce del sole, maledetta lei.  Riabbassò lo sguardo, sul cartoncino del bicchiere. «senti..» sussurrò ad un tratto Harry, rialzando lo sguardo. «hai qualcosa da fare oggi?» chiese, e Summer ci pensò. «no, tranne che stasera lavoro. Ma attacco alle 9. Perché?» chiese, incuriosita. «ti va di passare la giornata con me?» Summer perse il sorriso per un secondo, poi lo ampliò ancora di più se possibile. «sicuro che non vuoi stare solo? Ti ho visto giù di morale!» ammise, la mora. «se resto da solo mi vado a suicidare!» Lo disse in modo serio, così serio che per un secondo Summer ci rimase di stucco. Non fece domande, non avrebbe mai saputo se quel giorno Harry aveva intenzione veramente di andarsi ad ammazzare. «Va bene. Che vuoi farmi fare?» chiese con tono di sfida. «che cosa stavi facendo prima di incontrare me?» chiese con monotonia, scrutandola. «shopping, come ogni sacrosanta donna su questo mondo!» gli uscì un sorriso. «chissà come mai mi ti immaginavo come una creatura della notte, e non ti so vedere a fare shopping!» la vide sorridere. «babe, resta con me una giornata e ti renderai conto che sono molto diversa da quello che faccio vedere la notte.» il tono era malizioso, oppure se lo stava immaginando? Sorrise, scuotendo la testa. «e poi dopo lo shopping cosa facciamo?» chiese Summer. «se ti va, possiamo andare a mangiare a casa mia. Ci sono i miei amici, ma è gente abbastanza normale!» Summer rimase in silenzio alcuni minuti. «quei ragazzi che erano con te la prima volta che sei venuto?» alzò gli occhi dal bicchiere. «si, loro..» la vide sorridere. «ok, nessun problema!» disse, con un sorriso. Si era accorta di loro già la prima volta che erano andati lì? «Vogliamo andare?» si ritrovò ad annuire, mentre si alzavano dal tavolo, e uscivano da Starbucks. La seguì per le strade principali di Londra. Aveva sempre pensato che accompagnare le donne a fare shopping era una palla infinita, invece si divertì parecchio con Summer. In un negozio improvvisò anche una sfilata di moda anni 80 che lo fece ridere come un pazzo. Doveva ammettere che non rideva così da prima della brutta notizia. Si provarono occhiali stupidi, Summer si rivelò una simpaticissima ragazza con cui passare una giornata nella calma più totale. Certo, ovviamente ci fu il momento in cui cominciò ad attirare sguardi della gente su di loro perché aveva detto una cazzata, e lei si era guardata intorno chiedendo un foglio e una penna perché doveva segnarsi la cazzata, il giorno e l’ora in cui l’aveva detto. Insomma, fu molto tranquilla come mattina.    
Mentre camminavano per arrivare a casa, dopo aver mandato un messaggio a Malik per dirgli che sarebbe tornato a pranzo con una ragazza, si stavano facendo una chiacchierata affiancata da una cioccolata. Lei aveva chiesto come mai era stato così quella sera, e si era ritrovato di nuovo a raccontare quella storia. «se non fosse stato per Louis oggi, avrei passato un’altra giornata dentro al letto a dormire. Ma ha ragione, devo ricominciare a vivere! Devo trovarmi un lavoro, soprattutto!» continuò, mentre lei lo guardava in modo dispiaciuto. «mi dispiace di averti fatto quella domanda.. Non credevo..» si girò a sorriderle. «tranquilla. Tanto sarebbe uscito come discorso. In fondo eri con me quando mi hanno dato la notizia!» spiegò. «comunque se vuoi, ho visto un paio di negozi che cercano un commesso.» si girò di nuovo a guardarla. «ti va di accompagnarmi oggi a dare i curriculum?» la vide sorridere e annuire.
Ad un tratto mentre camminavano sul marciapiede, vide sbucare dal nulla una bambina infagottata fino alle orecchie, ma dal capello verde si vedevano dei boccoli biondi, e subito dopo di lei un bambino moro che le urlava di fermarsi. Harry si bloccò, si sentì la gola ardere, non seppe neanche lui per cosa, ma vedendoli correre di fronte a lui, si fermò a guardarli. «Harry..» si girò a guardare Summer. «cosa c’è?» chiese, preoccupata. «li vedi anche tu, vero?» domandò, non essendo neanche più sicuro che fosse la realtà o la sua mente. «certo..» poi capì e rimase in silenzio, mentre lui tornava a guardare la scena. Li vide spingersi, lei furibonda perché il suo amico la stava rincorrendo. E il bambino la spinse troppo forte, facendola cadere. Harry si avvicinò senza pensarci un secondo di più. La bambina stava piangendo silenziosamente, mentre l’amichetto rideva, indicandola. «ehi!» sorrise alla bambina che alzò la testolina, e fissò gli occhi nei suoi. Si mise appoggiato sulle punte dei piedi, così da stare alla sua altezza, su per giù. «tutto bene?» domandò, perdendosi in quegli occhioni che non erano come quelli della sua Lee. «e tu chi sei?» chiese il maschio, e si girò a guardarlo, per poi tornare a guardare la bambina. «quello che la salva dal bambino brutto e cattivo, no?» esclamò, facendo un sorriso dolcissimo alla bambina, che ricambiò. «il bambino brutto e cattivo sarei io?» annuì, continuando a guardare la bimba. «sei tu quello che ride, la spinge e soprattutto non l’aiuta. E’ la tua amica, dovresti curarti di lei, non prenderla in giro!» la bambina guardò il suo amichetto come per dire “vedi? Ascoltalo” che lo fece ridere. «come ti chiami?» chiese alla bambina. «Rose!» gli sorrise e lei arrossì. «hai un nome bellissimo!» ammise, mentre Summer guardava la scena con un sorriso e si appoggiava all’inferiata di una casa. «e tu? Sei il principe azzurro?» scoppiò a ridere di cuore e gli porse la mano per aiutarla ad alzarsi. «non esiste il principe azzurro, Rose!» sbottò il bambino. «ma è sempre così acido?» chiese, e lei ridacchiò. «sempre. E io che continuo a sopportarlo!» rise ancora di cuore, come non rideva da giorni. Rimasero a chiacchierare per cinque minuti, poi li salutò e riprese a camminare, affiancandosi a Summer. «tutto bene?» annuì. «si, tutto bene!»
       

Quando entrarono in casa, trovarono tutti tranne Louis, che ovviamente era andato a lavorare. «sono tornato!» esclamò, aprendo la porta e facendo passare Summer. Appena entrarono in salone, Zayn rimase a bocca aperta, vedendo la ragazza al suo fianco. «Ciao Zayn!» esclamò, e quello non accennò ad una parola. Keyra uscì dalla cucina, sorridendo ai due per poi guardare Zayn e rientrare in cucina. Quando sicuramente si accorse della faccia da down che aveva Zayn uscì e lo guardò. «oh!» sbottò, andandogli vicino e dandogli una pizza per farlo riprendere. Lui posò lo sguardo su Keyra, ancora mezzo imbambolato. «gliel’hai fatta per bene la radiografia?» domandò infastidita, mentre il moro sbatteva le ciglia ricadendo sul mondo dei vivi. Sia Harry che Summer scoppiarono a ridere, mentre si mettevano seduti sul divano al fianco di Zayn. «posso spiegare!» sussurrò, guardando la sua ragazza dispiaciuto. «tu usi troppo queste parole, e io giuro che prima o poi metto in atto le mie..» lo videro sbiancare, poi Keyra si presentò a Summer, con un sorriso dolce. «Harry.. ma non è la spogliarellista di quel Night Club?» domandò Zayn ad un tratto, nel suo orecchio. «è lei! Vedo che te la sei guardata per bene, per riconoscerla senza parrucca!» disse, con un tono leggermente geloso. «beh, quelle curve..» non terminò perché Keyra lo guardò male, molto male. Lo vide sorridere angelicamente, capendo che il super udito di Keyra aveva intercettato quelle parole. «io ti presto Summer se tu mi presti Keyra!» le due li guardarono schifate. Entrarono anche Liam e Niall che si erano fatti una doccia di volata. «ciao Harry e ciao sconosciuta!» esclamò Niall, porgendole la mano. «Piacere Niall!» si presentò, e lei sorrise. «Summer!» poi si presentò a Liam che sorrise dolcemente, mentre si stringevano la mano. Keyra e Zayn ovviamente litigavano in cucina. Litigavano per modo di dire. «esci dalla mia cucina prima che al posto della carne uso te! Sparisci, Malik!» lui uscì poco dopo, con un sorriso tutto felice. «sei riuscito a far incazzare di nuovo Keyra?» lui annuì, ributtandosi sul divano. «povera donna!» esclamò Niall, divertito. «Non hai mai detto cosa più vera Niall! Povera me, che pazienza che ho!» scoppiarono a ridere tutti insieme. «e lui è Malik, il più pervertito del gruppo!» disse per presentare anche lui, che non si era presentato. «piacere!» Zayn si perse nel suo sorriso, e Harry ridacchiò. «ma dico, con una sventola come Keyra sbavi appresso alle altre? Ma guarda che se vuoi sbavare sulle altre io e Louis siamo ben felici di prenderci Keyra eh!» giocò Harry, mentre il moro scuoteva la testa. «è mia!» esclamò geloso marcio. Si continuò a cazzeggiare su quella strada per un’altra mezz’ora, quando sentirono la porta aprirsi. «tu!» sbottò Harry vedendo Louis entrare. «no, l’Arcangelo Gabriele. Chi vuoi che sia?» sbottò, guardandolo. «che ci fai qui? Non dovresti stare a sudare come i muli?» chiese, guardandolo di sbieco. «mi hanno dato la giornata libera quando hanno visto che stavo male.» spiegò, togliendosi il giacchetto. «ma tu non stai male!» Louis scoppiò a ridere. «ben detto fratello! Chi è la sventola al tuo fianco?» chiese, in modo curioso. «proprietà privata del sottoscritto!» Louis lo fissò, mentre Summer si girava a guardarlo dolcemente. «momento momento momento. Da quando hai una proprietà privata? Sei stato a letto per un mese e mi vuoi dire che sei uscito da questa casa e sei riuscito a trovarti una proprietà privata?» sbottò, incazzoso. «e se anche fosse?» chiese, stranito. «e se anche fosse, vaffanculo! Attiri donne come una calamita!» si guardarono in cagnesco. «se continui ad essere un perfetto imbecille ci credo che non trovi una donna! Comunque Malik vuole la via libera per sbavare sulle ragazze. Keyra sta per diventare single. Lei mi sembra un buon partito!» Louis si girò a guardare Keyra, che guardava male al tempo stesso sia Malik che Harry. «lasciate perdere quella povera ragazza! Qualcuno l’aiuta?» sbottò Niall, di fronte alla televisione. «l’hai detto tu, no? Ecco aiutala!» disse Louis, buttandosi sul divano e porgendo la mano verso Summer. «piacere.. Louis!» si sciolse anche lui sul sorriso di Summer. «Summer!» rispose. «ha qualcosa di familiare!» decretò Louis, scrutandola. «ci credo! E’ la spogliarellista del Night Club!» esclamò Zayn, guardando sul suo cellulare e in tre secondi tre paia di occhi si posarono su Summer, che arrossì. «tre morti di fica, guardateli!» sbottò Keyra, entrando in salone in quel momento. «vi ci manca la bava e fate l’immagine perfetta di una lumaca! Anche il cervello è quello di una lumaca!» tutti scoppiarono a ridere, Summer la ringraziò con lo sguardo per averla salvata da quei sguardi così imbarazzanti. «qualcuno mi aiuta? Vi ricordo che questa è casa vostra, e io sono solo un ospite!» fece notare, e Niall si alzò per aiutarla. «hai ragione. Zayn, perché non prendiamo Keyra come nostra schiava?» la vide girarsi verso Niall, incazzosa. «sei simpatico come la morte, Niall!» altre risate si espansero per casa.
Dopo dieci minuti si misero a tavola. Niall si buttò come sempre sul cibo preparato da Keyra, e lei che lo massacrava di botte perché doveva aspettare. «prima gli ospiti, che cazzo Niall! Sei un pozzo senza fine!» esclamò antipatica, e lui mise il labbruccio. «ma ho fame!» sentenziò, con tono da bambino. «pure io, ma non uccido per questo!» Summer ridacchiò, guardando uno ad uno quei ragazzi. Harry e Louis stavano avendo un momento di smancerie, e praticamente Louis era saltato addosso ad Harry, dandogli un bacio sulla guancia. Zayn continuava a guardare sul suo cellulare, Niall e Keyra litigavano e Liam guardava come lei quei pazzi. «a volte sembriamo anche normali!» si girò a guardarlo, per poi sorridere. «solo a volte, però!» rispose Harry, intromettendosi nella discussione. «come vi siete conosciuti?» domandò curiosa Summer, mentre ringraziava Keyra per il piatto che le porgeva. «io, Niall e Zayn ci conosciamo dai tempi della scuola. Abitavamo in un paesino sperduto dell’Inghilterra e abbiamo poi deciso di trasferirci insieme a Londra. Keyra è la migliore amica/nemica di Zayn da quando sono piccoli. Le madri sono amiche e praticamente sono cresciuti insieme. Hanno sempre sperato che finissero insieme, tanto che il primo bacio di entrambi l’hanno dato all’altro. Li hanno praticamente obbligati!» tutti scoppiarono a ridere, da quel racconto. «se sapevo che fine facevamo, avrei ucciso Zayn dall’inizio!» Louis non perse tempo a sfottere i due. «che carini si sono dati il primo bacino!» Zayn lo ammazzò di botte, facendo ridere tutti. «ti dobbiamo trovare una ragazza, eh!!» esclamò, divertito. «e voi invece?» chiese guardando Harry e Louis. «io ho conosciuto Louis quando avevo su per giù 12 anni. Tutti credono che ho trovato il mio migliore amico quel giorno ma.. è solo la mia rovina!» esclamò, guardando Louis che sorrideva dolcemente. «mi attiravano i tuoi ricci!» ammise, e Harry lo guardò male. «non avevo ancora i ricci, imbecille!» gli fece notare, con un sussurro. «ma io già sapevo che avresti avuto dei ricci così belli!» e come a sottolineare le sue parole, cominciò a giocare con i ricci di Harry che alzò gli occhi al cielo. «e tu, invece? Cosa ci dici di te?» domandò, curioso Niall, occupato però a divorare il suo pranzo. «vivo a Londra da un anno, un anno e mezzo. Arrivo dall’America e lavoro per pagarmi l’affitto. La mia vita non è poi così divertente, credetemi!» disse, con un sorriso. «meglio così che conoscere tipi del genere!» giocò Keyra, con un sorriso. «bell’amica! Così penserà che siamo stupidi!» esclamò Liam, con tono offeso. «perché non lo siete?» domandò dolcemente, e lui scoppiò a ridere. «Louis è stupido! Io e Niall no! Harry così e così.. per Malik non metto voce!» il moro lo guardò male. Sentirono il citofono suonare e Louis si alzò per andare a vedere chi fosse. «Malik? C’è una certa Eleanor che ti cerca!» il moro alzò gli occhi dal suo piatto. «ah si.. falla salire!» sbuffò, e Louis aprì il portone e la porta alla ragazza. «mi devo aspettare schizzi di sangue e un corpo da nascondere?» domandò in direzione di Keyra, che lo guardò male. «non sono un’assassina! E’ solo una collega!» sussurrò mentre si alzava per portare i piatti sporchi in cucina. Sentirono bussare sulla porta. «è permesso?» Zayn si alzò. «vieni Eleanor. Entra pure!» disse, per poi sorridere alla ragazza che entrò in salone. «scusatemi per il disturbo!» sussurrò timida, mentre Louis si imbambolava a guardarla. «tranquilla.. sei la mia salvezza, sai?» esclamò il moro, andandole incontro. «se non ci fossi io, ti dimenticheresti anche il cervello a lavoro, Zayn!» Malik scoppiò a ridere prendendo il portafogli che Eleanor gli stava porgendo. «è vero! Santa Eleanor!» Harry passò una mano di fronte gli occhi di Louis che si era messo di nuovo a sedere, ma aveva lo sguardo imbambolato e la bocca aperta. «è partito per la tangente!» Summer si fece una risata, capendo la situazione, e tutti la seguirono, tranne Eleanor che poverina non stava capendo. Quando posò lo sguardo su Louis gli fece un sorriso mozzafiato, a cui lui rispose con timidezza. «vuoi fermarti? Ci stiamo per prendere il caffè! Keyra è conosciuta per fare un caffè buonissimo!» Eleanor si guardò intorno. «non voglio disturbare!» Zayn la spinse verso il tavolo. «Non disturbi, tranquilla! Lei è Eleanor, una mia collega!» la mora si strinse la mano con tutti, presentandosi uno ad uno. Quando arrivò a Louis si sorrisero. Non parlò molto Louis da quando Eleanor entrò dentro quella stanza. Di fronte ad una tazza di caffè si cazzeggiava allegramente. Harry aveva poggiato il gomito sulla sedia di Summer che gli sedeva al fianco, e aveva cominciato a giocare con i suoi capelli. «cosa, scusa?» domandò ad un tratto Keyra, sentendo le parole di Eleanor. «e fu così che Keyra divenne un’assassina!» tutti scoppiarono a ridere, tranne lei ovviamente. «tu ci scherzi! Non pensavo che facesse tutto questo successo dentro a quel negozio! Malik, licenziati!» altre risate nella stanza. «sei gelosa Keyra?» domandò Harry, divertito. «tu non lo saresti?» chiese, algida. «lei fa la spogliarellista, non mi crea molti problemi!» tutti si girarono a guardarli. «ma perché state insieme?» chiese Liam, curioso. Crollò il silenzio, mentre i due si guardarono. «no.. ma che c’entra? Io vedo nel futuro! E prevedo che Summer sarà la mia ragazza!» Keyra ringhiò. «allora aspetta che qualche pervertito tocchi la tua donna, poi ne riparliamo! Ok guardare, ma toccare proprio no! Io stacco le mani!» scoppiarono a ridere mentre Summer con la coda dell’occhio guardava Harry, piegato in due dal ridere. «hai ragione è cane da guardia!» esclamò Louis, parlando una delle poche volte da quando Eleanor era arrivata. «bene gente, per noi è arrivato il momento di tornare a lavorare!» esclamò Liam, e Niall si rubò un’altra fetta di ciambellone, facendosi guardare male da Keyra. «noi usciamo?» chiese Harry, girandosi verso Summer che annuì. «dove andate?» chiese Louis, geloso. «dovresti imparare a fare meno domande e a trombare di più!» esclamò mentre si mettevano il giacchetto. «stasera alle 10?» domandò Louis, giocoso. «mi dispiace, sarò occupato a quell’ora! Con una donna! Tu sei il mio passatempo quando non ho una donna!» tutti nella stanza risero, vedendo la faccia da bambino di Louis. «prima o poi riuscirò a farti cambiare sponda!» si sistemò la sciarpa, guardando Louis con dolcezza. «cambia sesso e ne riparliamo ok?!» gli mandò un bacio poi si piegò su Keyra per ringraziarla del pranzo. «come al solito sei divina a cucinare! Malik, invece di guardare le altre ragazze, pensa alla tua che non sai che ragazza d’oro hai tra le mani!» in tutti i sensi anche perché Zayn poco prima se l’era messa in braccio, e se la stava coccolando. «tu non ti preoccupare che io lo so! Sparisci prima che ricordo che le tue labbra/puttane hanno toccato la mia donna! Ciao Styles!» scoppiò a ridere e spinse Summer fuori, dopo i vari saluti. Presero a camminare, in totale silenzio. «scherzavo comunque prima, eh!» Summer si girò a guardarlo, in modo curioso. «quando ho detto che finiamo insieme..» la vide sorridere. «oh.. e io che ci speravo!» giocò e gli sorrise, facendolo sciogliere. «non credo che mi sopporteresti. Soprattutto non sopporterei davvero che tu lavori in un posto del genere.» ammise, e lei sorrise. «magari se mi metto con te cambio lavoro!» si girò a guardarla, con un sorriso. «prenderò la proposta e la valuterò!» in fondo non gli dispiaceva come ragazza. «se ho capito bene Zayn lavora a Ambercrombie.» annuì, girandosi a guardarla in modo curioso, cercando di capire come mai quella frase. «sai che ti ci vedo a lavorare lì? Ci vogliamo provare a portare il curriculum?» alzò un sopracciglio. «tu dici?» lei annuì con convinzione. «il ricordo è sfocato, ma di fisico stai messo bene!! E di faccia sei molto bello, quindi perché non dovrebbero prenderti?» si girò a guardarla con un sorriso. Gli aveva appena detto che di fisico non era male e neanche di faccia. Ma il “il ricordo è sfocato” gli fece capire che ancora ricordava cosa stava per succedere un mese prima. «proviamoci! Portiamolo dove lavora Malik! Così gli do fastidio anche lì!» scoppiarono a ridere di cuore, immaginandosi la faccia di Zayn quando – se lo avessero preso – gli avrebbe detto che lo doveva sopportare anche a lavoro.

WIN per me! Finalmente ce l'ho fatta ad aggiornare. Ma è stato un periodo di cacca, anche perché mi hanno levato i denti del giudizio, la guancia destra mi si è gonfiata tipo "il padrino", ho avuto la febbre, sto rincoglionita dai medicinali e ieri notte ho patito le pene dell'inferno con un'acidità di stomaco dovuta alle medicine. Ma ce l'ho fatta. Non so se il capitolo vi piacere, ma io intanto vi ringrazio per le 14 e ripeto 14 recensioni al capitolo scorso. Vi amo, stop! Cioè.. ♥ E ringrazio anche le 29 persone + 5 + 32 che hanno messo la storia tra i preferiti, le seguite e le ricordate. Grazie grazie grazie.. siete dei tesori ♥

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Capitolo 6
*** capitolo 6 -- no, non me ne andrò. ***


Hai mai avuto un segreto che non puoi dire a nessuno? 

Era più di una settimana che non vedeva Summer. Seduto al suo tavolo, ormai ci avevano scritto sopra il suo nome - perché tanto si sedeva sempre lì -, attendeva il suo “turno”. Oramai vedeva tutto tranne che una puttana in Summer. La conosceva così bene che non poteva dare a lei della puttana. Soprattutto perché, stranamente, si conoscevano da più di tre mesi e ancora non era successo nulla tra di loro. Per loro scelta, almeno. Certo, quella volta che.. che l’avevano avvisato che avevano trovato la piccola Lee, erano sul punto di farlo, ma non avevano più toccato quel discorso da quel giorno. Al massimo qualche bacio o carezza. Ma niente di più. La volta prima Summer gli aveva detto la sua incredulità di quella cosa. Ma lui le aveva spiegato con molta calma che non aveva fretta. Poteva anche aspettare, ma la voleva lì con il pensiero e non doveva essere portata a farlo solamente perché lui stava scoppiando di bisogno. Sembravano una coppia, ma non lo erano per niente.
Ad un tratto, mentre giocava con il bicchiere solo pieno di ghiaccio, vide due omoni andare verso la stanza, e si accorse solo in quel momento che c’era una luce rossa sopra, accesa. Non l’aveva mai vista quella luce, che strano. Li vide aprire la porta e poco dopo uscire trasportando quello che era entrato prima di lui. Sbatté le ciglia e si avvicinò alla stanza, e quando si ritrovò sulla porta aperta, venne bloccato. Si girò a guardare Summer, rannicchiata in se stessa con la testa tra le gambe e poi tornò a guardare il capo. «mi dispiace, ma Selene per stasera ha finito. Vieni che ti ridò i tuoi soldi.» fece per seguirlo, ma Summer li bloccò. «no, lui può..» l’uomo annuì e lasciò libera la strada, facendo così passare Harry. Entrato nella stanza, chiuse la porta e guardò Summer, ancora rannicchiata dentro se stessa. «cos’è successo?» chiese, sedendosi al suo fianco. La ragazza si nascose nel suo petto e cominciò a piangere, come non l’aveva mai vista fare. Non l’aveva mai vista piangere, ma vedere una donna piangere era sempre brutto. La strinse dolcemente addosso a se, e la cullò come si culla un bambino piccolo, finché non sentì che aveva terminato di piangere. «scusami!» la sentì sussurrare, con tono singhiozzante. «ma di cosa?! Scherzi? Questa maglietta aveva proprio bisogno di una lavatina!» disse con l’intento di farla ridere, e ci riuscì anche. La risata argentea di Summer viaggiò per la stanza soffusa. «grazie..» le sorrise, quel sorriso che faceva quando non sapeva cosa dire. Strinseva le labbra, e si formavano due fossette al lato delle labbra. «vestiti..» Summer lo guardò con le sopracciglia inarcate. «per andare?» Harry sorrise ancora. «usciamo! Ti ho per tutta la notte quindi altri clienti non li hai. Diciamo al tuo capo che voglio provare l’ebbrezza di farlo fuori.» La ragazza lo scrutò stranita, poi si vestì e uscirono affiancati. Appena fuori dal locale, Harry si girò a guardarla, visto che sentiva il suo sguardo addosso. «fidati di me!» prese la bandana che teneva legata al polso e gliela mise sugli occhi. La condusse per pochissima strada, e quando arrivarono al traguardo Harry tolse la bandana dagli occhi di Summer. «wow..» sussurrò la ragazza, guardandosi intorno. «mio dio.. è uno spettacolo che ti toglie il fiato.» sussurrò incredula, girandosi e facendo un giro su se stessa. Si trovavano su una collina, abbastanza alta da far vedere tutta Londra. «non era questo lo spettacolo che volevo farti vedere!» disse, dopo aver steso la coperta che aveva preso dal locale. La fece stendere, non prima di averle fatto di nuovo chiudere gli occhi e appena stesa glieli fece riaprire. «ohmmioddio!» sussurrò, davvero incredula. «ti piace?» domandò poco dopo, steso al suo fianco a guardare quella distesa di stelle nel cielo. La giornata perfetta, senza nuvole in cielo lasciando vedere ai due ragazzi da quante stelle erano circondati. Summer non rispose, mentre si appoggiava al suo petto continuando a guardare la distesa di stelle. «dimmi dieci cose che nessuno sa di te!» se ne uscì un tratto Summer, nel silenzio di quella visione. «mhm.. dieci mi sembrano tante! Vediamo..» ci pensò, perdendo così dieci minuti. «figuracce che a nessuno ai detto, momenti imbarazzanti, situazioni qualsiasi cosa..» Harry prese a giocare con un suo ricciolo castano. «ma perché?» domandò curioso, guardandola, abbassando il mento verso il collo. «perché devo trovare dieci motivi per capire che in realtà non mi piaci così tanto..» la guardò con entrambe le sopracciglia alzate, poi sorrise. «la mia prima esperienza sessuale è stata un vero fiasco. Ero così ansioso da non essere eccitato.» Summer ridacchiò. «poi?» chiese, per fargli capire che non bastava. «una volta mia madre mi ha regalato per la befana un’intera calza di preservativi, spingendomi al sesso sicuro.» Summer si fece una risata di cuore. «e perché non l’hai detto mai a nessuno?» chiese, curiosa. «perché quale madre sana di mente spinge il figlio a fare tanto sesso con delle ragazze?» la lasciò ridere, mentre pensava alla terza cosa. «ho un tatuaggio sotto la pianta del piede..» Summer si girò a guardarlo. «sotto la pianta del piede?» annuì, divertito. «e cos’è? I love mum?» la guardò male. «ero ubriaco, non ricordo assolutamente di essermelo fatto! E non ti dico cosa c’è scritto.» La mora lo guardò male. «dai, spara. Non ti giudico, giuro!» la guardò, scrutando quel viso così dolce poi sospirò. «riderai!» la vide scuotere la testa, sicura. «Made in china!» Summer strinse le labbra per impedirsi di ridere. «tu.. ti sei fatto tatuare “made in china” sotto la pianta del piede?» annuì, guardandola in cagnesco. «posso sapere il motivo?» non rispose subito. «quando sono tornato dal tatuatore a chiedere perché mi avesse fatto quel tatuaggio, anche se ero così ubriaco che non mi sarei ricordato di quella cosa, lui mi ha spiegato che la mia motivazione era divertente. “perché in realtà sono tarocco”» La ragazza si lasciò andare alle peggio risate, mentre lui rimaneva a guardarla in malo modo. «quarto punto?» chiese quando si fu ripresa dalle risate, asciugandosi i lacrimoni. «il mio affare ha un soprannome.» Summer lo guardò in modo divertito. «pitone!» rispose alla sua domanda ovvia, stampata in faccia. Altre risate, e anche a Harry uscì un sorriso. «e con questo, il quinto punto. Ho fatto una pagina FB al mio pitone!» Summer cominciò ad ululare dal ridere, mentre Harry la guardava ridere. Quei due punti non erano veri. Non aveva mai dato un soprannome al suo affare, ne tanto meno aveva fatto una pagina Facebook per esso. Semplicemente voleva farla continuare a ridere. Era bellissima quando rideva di gusto. «se fossi gay, il mio prototipo di ragazzo sarebbe Louis. Diventerei gay per Louis, ma continuano a piacermi le ragazze..» Summer lo guardò con dolcezza. «non ho 18 anni, ma 17.» vide lo sguardo di Summer stupito. «e come fai ad entrare nel night?» sorrise e guardò le stelle. «un mio amico è bravo a fare questi lavori, e mi ha cambiato la data sulla carta d’identità di un anno!» spiegò, facendola sorridere. «nona cosa..» ci pensò un secondo, arricciando le labbra perfette. «sono stato innamorato una sola volta in vita mia, quando ero piccolo. Ma la bambina che doveva essere mia moglie è morta..» Summer lo guardò dolcemente. «da lì ho deciso di non innamorarmi più. Per questo mi comporto da stronzo, ma in realtà non lo sono per niente.» continuò. «e la decima cosa ho pianto ogni volta che mi sono lasciato con una ragazza! Sono un sentimentale.» disse, sentendo la strana di leggerezza, come se si sentisse più leggero dopo aver detto quelle cose. «senti freddo?» chiese dolcemente quando la vide stringersi di più in se stessa. «un pochino!» Si tolse la giacca e gliela mise sopra come coperta. «ti starai morendo di freddo!» sorrise, con dolcezza. «non sono una femminuccia, Summer!» la sfotté dolcemente e lei lo guardò male. Rimasero lì stesi a guardare le stelle, mentre chiacchieravano del più e del meno. Si sentiva pacato al fianco di quella ragazza che aveva conosciuto in una situazione strana, doveva ammetterlo. Ma il destino aveva deciso di fargliela conoscere, e piano piano – senza sapere come – si stava affezionando a lei.
 
 
«merda sono stanchissimo!» sussurrò mentre saliva le scale che portavano al loro appartamento, affiancato da uno Zayn altrettanto stanco. Quando arrivarono sul pianerottolo si trovarono una sorpresina. «Summer?» sussurrò Harry, vedendo la ragazza rannicchiata in se stessa, per poi vederla alzare la testa quando sentì la sua voce. Si alzò e gli volò addosso, affondando la faccia nella sua camicia. «babe, cos’è successo?» chiese accarezzandole i capelli, un po’ in ansia. La prese di peso ed entrò in casa con Zayn che teneva la porta aperta per farli passare. Salutò gli altri, mentre Zayn prendeva la borsa della ragazza che aveva lasciato fuori, per poi chiudere la porta. Entrò in camera sua, facendo segno a Louis di andarsene, e posò delicatamente Summer sul suo letto, facendola stendere e la coprì. Quando si assicurò che era ben coperta, si stese al suo fianco, sopra le coperte. La sentì cercare un posticino tra le sue braccia, e glielo concesse, restando in silenzio a giocare con i suoi capelli e facendole i grattini sulla schiena mentre lei piangeva. «cos’è successo?» chiese quando sentì il suo pianto diminuire. Attese, perché non gli piaceva essere pesante e poco dopo la sentì parlare. «sono scappata.» la sentì dire, e alzò un sopracciglio. «da dove sei scappata?» chiese, cercando di capire cosa stava succedendo, ma non ci riusciva poi così bene. «dalla mia vita. Non ti ho raccontato tutta la verità su di me.» come? Summer gli aveva nascosto la verità? «sono tutt’orecchie.» disse pacato, ma dentro se stesso si sentiva l’ansia. L’idea che era stato preso in giro non gli faceva bene. «io non sono scappata dall’America. Io non sono una ballerina. Io non sono una ragazza. Io sono una schiava.» sbatté le ciglia, cercando di decifrare quelle parole. «mio padre mi ha venduto quando è arrivato al lastrico. Mi ha venduto ad un uomo che ha fatto di me quella che sono adesso. Una puttana. John si è messo d’accordo con l’uomo che mi ha comprato e..» la sentì riprendere a piangere mentre lui rimaneva inerme. Non voleva crederci. «..lavoro per lui. Sono una puttana, quell’uomo è il mio capo o meglio conosciuto come pappone. Vivo in uno scantinato con altre 10 ragazze.. Di tutti i soldi che facciamo, non vediamo neanche una sterlina..» sbatté le ciglia, riprendendo a muovere la mano in modo lento sui suoi capelli. «continua!» sussurrò con tono monotono, cercando di rimanere calmo. «sono scappata, perché non ce la faccio più.. Da quando sei entrato nella mia vita, mi sono resa conto dello schifo che ero. Tu hai una vita normale, amici fantastici, mentre io mi ritrovo come una schiava. Anche io voglio avere la mia vita normale, come la tua.» l’ascoltò piangere, capendo che dietro a quella ragazza si nascondeva un inferno. «non conosco nessuno a parte te. Senza rendermene conto sono finita qui e solo mentre cercavo di capire il perché ero venuta qui mi sono resa conto che tu sei l'unico che conosco, che insieme a te mi sento al sicuro. E non ci ho pensato due volte a rimanere fino al tuo ritorno.. scusami, se non..» le tappò la bocca, delicatamente. «non scusarti. Hai fatto bene a venire qui. Sono felice che sei venuta da me che magari andare in un altro posto. Quindi non hai nulla di cui scusarti.» disse, con dolcezza. «ora puoi stare tranquilla. Vivrai qui con noi, dormirai qui con noi! Ok?» la vide mordersi il labbro, nervosa. «vatti a fare una doccia, e preparati per la cena. Keyra ha cucinato le patate al forno con il pollo! E’ delizioso, ti assicuro!» disse, con un sorriso e la vide sorridere. «sicuro che non do fastidio ai tuoi amici?» scosse la testa, anche se non sapeva se gli avrebbe dato fastidio. «ora ci vado a parlare, tranquilla. Tu fatti una doccia, ok?» lei annuì e si alzarono dal letto. La condusse verso il salone dove tutti erano riuniti. Guardarono Summer, poi Harry. «Keyra, posso chiederti un favore?» lei annuì. «le potresti dare degli asciugamani e far vedere tutto quello che serve per la doccia?» di nuovo annuì, guardandola capì subito che aveva inteso che voleva rimanere solo con i suoi coinquilini. Appena rimasti soli, si buttò sul divano in mezzo a Louis e Liam. Raccontò tutta la storia di Summer, e fortunatamente non fecero problemi quando gli chiese se dava fastidio la presenza di Summer dentro quella casa. «scherzi? E’ la benvenuta!» disse con tono dolce Niall, premuroso. «grazie ragazzi!» tutti sorrisero e si strinsero la mano con Harry, come solo gli amici fanno. «Harry..» si girò verso Summer, con i capelli bagnati. «ehm.. potresti prestarmi una maglietta? Non mi sono portata nulla!» sorrise in modo da far uscire le due fossette al lato delle labbra, e annuendo si alzò, conducendola in camera. «prendi questa e.. questi.. non mi sembra il caso di farti andare in giro mezza nuda!» la sentì ridacchiare. «grazie!» sorrise. «è vecchia e mi sta stretta!» disse, a mo di spiegazione. «no, grazie di tutto!» si piegò a sfiorarle le labbra, in un gesto dolce. «per la mia baby questo ed altro!» la vide sorridere tutta contenta di quelle parole e di quel bacio, poi la guardò andare verso il bagno per vestirsi. Dopo la cena, si misero a guardare un film, dopo aver litigato ovviamente su cosa vedersi, e verso la mezzanotte ognuno cominciò ad andare a dormire. Keyra se n’era andata un’ora prima, accompagnata da Zayn che la riportava sempre a casa a piedi. Lei viveva con le sue amiche, lui con i suoi amici. Quando Zayn tornò, Harry stava aprendo la brandina che avevano di scorta se qualche amico o parente veniva a trovarli, al fianco del suo letto. «tutto bene?» chiese Zayn, passando al fianco della loro stanza. «si.. abbiamo una coperta più pesante? E’ leggero il suo pigiama!» disse e il moro annuì, non prima di aver sorriso dolcemente a Summer che stava seduta sul letto di Harry, a guardarlo. Si era proposta di aiutarlo, ma non aveva voluto sentire cavoli e Harry non si era fatto aiutare. Il moro portò la coperta nello stesso momento che Harry terminava di mettere a posto il letto. Quando terminò sorrise alla ragazza e si andò a cambiare in bagno. Venne bloccato fuori dalla porta, da Louis. «non farete bambini stasera, vero?» lo guardò male. «non abbiamo mai fatto niente, Louis! E non credo che stanotte succederà qualcosa.» Louis lo guardò a bocca aperta. «tu, non ti sei portato a letto Summer? E cos’è successo?» domandò, divertito mentre Harry gli dava un pugno giocoso. «sta zitto imbecille. Ma cosa ne puoi sapere tu!» esclamò, entrando in bagno e Louis in camera. Si mise a chiacchierare con Summer, già mezza addormentata sul letto per via del pianto. Quando rientrò, Summer dormiva bellamente nel suo letto. «si è addormentata di punto in bianco. Ho controllato io stesso che respirasse, tranquillo!» lo guardò male, per poi mettersi nel letto, al fianco di Summer che aveva attaccato il suo letto a quello di Harry. Salito sul suo letto e si fu messo sotto le coperte, Summer sgusciò al suo fianco, accoccolandosi sul suo petto. «è pazza di te! Guarda come ti cerca nel sonno!» disse Louis, vedendo la scena. «ma tu una sana scopata non te la fai mai? Eleanor non te l’ha ancora data?» sbottò, coprendo bene Summer. «non ti facevo così dolce, con le ragazze!» altro sguardo bruto. «non ti metti a dormire? Domani ti devi alzare presto!» spense la luce dall’interruttore al fianco del suo letto e sospirando cercò una posizione comoda per addormentarsi. «ti stai innamorando di lei, non è così?» quelle parole lo cullarono finché non prese sonno. Si stava innamorando di lei? Non aveva risposto, chissà come aveva interpretato quel silenzio Louis. Ma poco gli interessava, soprattutto perché non lo sapeva neanche lui se si stava innamorando di Summer. Era ancora troppo presto per riuscire a decifrare quello che provava. Ma era sicuro che Summer stava sgusciando pian piano nel suo cuore, senza che lui lo volesse. E’ proprio vero.. Non decidi tu di chi innamorarti.



Ok. chiedo umilmente perdono per non aver continuato questa storia, ma ho avuto un blocco. Non sapevo come mandare avanti la storia, anche se so cosa deve succedere. Ma non sapevo come collegare delle cose. Non mi andava di scrivere, insomma! (: Ma alla fine mi sono obbligata (e infatti è venuto giù un capitolo di merda, questo dovete ammetterlo) a scrivere il capitolo merdoso. Che altro dire? Io vi amo perché avete continuato ad amare questa storia e vedo molta gente continuare ad aggiungerla tra i preferiti. ♥ Ricordo che su twitter sono _marrymezayn  e su Facebook mi potete trovare sotto nome di "Keyra marrymezayn Smith", se volete fare domande o semplicemente per insultarmi. Accetto tutto! ♥ Vi amo, ok? Ok! Ah, inoltre AUGURI HAZZAAAAAAAAAAAAAAAAA!! PER I TUOI 18 ANNI. E' ora che cominci a fare il testamento eh!! Diventi vecchio adesso ahahahahah. 


 

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 -- Niente è com'era. ***


Too many tears, too long, too many times I cried for you.
(troppe lacrime, troppo tempo. troppo tempo ho pianto per te.)


«sei serio?» annuì mentre si metteva il giacchetto. «tu vuoi che io butto giù una lista di cose che non ho mai fatto e che voglio fare?» Harry annuì di nuovo. «si, e se possibile entro stasera. Non uscirai da questa casa finché non metterai a punto quella lista. Mi sono spiegato?» domandò con tono incazzoso, e guardandola ma si lasciò andare in un sorriso dolce. «sissignor capitano!» disse Summer, mettendosi la mano sulla fronte come un militare. «bene, io vado a lavorare. Tu vedi di non far esasperare Niall!» il sorriso che gli donò, gli fece capire subito che non sarebbe stato diversamente. Avrebbe dato fastidio a Niall, poverino. Una notte le aveva chiesto come mai si era attaccata così tanto a Niall, e lei semplicemente gli aveva detto che ronzava intorno al biondo perché sprizzava allegria da tutti i pori, e quando gli stava dietro si sentiva stranamente euforica. Lo faceva senza neanche rendersene conto. «certo paparino!» lo sfotté, seduta sul suo letto. La salutò con un bacione sulla guancia poi andò in camera di Malik a prenderlo, visto che stava di fronte allo specchio da almeno mezz’ora a sistemarsi quel colletto. Arrivati al lavoro, rimasero stupiti che c’era già la fila anche se non era ancora aperto il negozio. Stupide ragazze con gli ormoni a mille. «Buongiorno..» esclamò Harry entrando nel negozio, affiancato da Zayn. «giorno ragazzi. Belle facce.» disse Eleanor, ridacchiando mentre metteva a posto dei vestiti. «oggi vi toccano a voi le foto con le ragazze.» si girarono a guardarla. «ma.. fanno meno due gradi di fuori..» Eleanor rise. «infatti state dentro, fa troppo freddo fuori per farvi stare a petto nudo!» ad entrambi uscì un sospiro di sollievo, sentendo quelle parole. «allora noi ci andiamo a cambiare.» la ragazza annuì per poi ricominciare a lavorare. «allora?» domandò Zayn, affiancandosi al riccio. «sessanta minuti!» si guardarono male. «la presenza di Keyra in casa porta troppo umorismo in voi.. devo farla venire di meno a casa.» disse, dopo quella battutina decisamente troppo da Keyra. «come va con Summer?» si girò di nuovo a guardarlo, con un sorriso. «bene. Perché?» domandò, alzando un sopracciglio. «a quando il matrimonio?» chiese divertito il moro, entrando dentro lo spogliatoio. «ma quale matrimonio!» sbuffò, togliendosi la maglietta. «beh.. è tanto che state insieme, no?» lo guardò ancora male. «guarda che io e Summer non stiamo insieme. Non abbiamo neanche fatto sesso!» Sentì la boccetta di latta del profumo cadere a terra, e non si girò neanche a guardare il suo amico. «cosa?» indossò la canottiera del negozio, poi fece per togliersi i Jeans. «Harry.. cosa?» sbuffò. «si, non abbiamo fatto sesso. Che c’è di male?» chiese, stranito. «niente, ma porca troia hai da una settimana uno schianto nel letto e tu non ci hai fatto sesso? Chi cazzo sei per riuscirci?» domandò stranito, cambiandosi mentre parlavano. Non rispose neanche. «ti stimo, comunque.» continuò Zayn, seguendolo mentre uscivano dal camerino.
 
 
«ok, sono pronto all..» entrato in camera si bloccò. «ma che fai, dormi?» chiese alla ragazza stesa nel letto di Harry. «Summer, svegliati!» sbottò, andandole vicino e muovendola. Quando la vide aprire i suoi occhioni castani, sorrise. «io mi aspettavo di trovarti già con il giacchetto. Susu..» batté le mani, incitandola ad alzarsi. «abbiamo cose da fare!» prese la lista di cose da fare scritta da Summer, posata sulla scrivania. Quando lei gli saltò addosso strappandogli dalle mani la lista, cominciò una lotta greco romana per quella lista. «fammela leggere!» Disse Harry e lei se la nascose nel perizoma. La guardò in modo malizioso. «pensi di fermarmi così?» chiese divertito, mentre lei ridacchiando scuoteva la testa. «ma di bloccarti per qualche secondo si.. mi prometti che non leggerai il primo punto? Si comincia dal basso!» più basso di così, non si poteva cominciare. Guarda dove aveva nascosto la lista, mannaggia Summer. Ok che voleva aspettare, ma se lo stuzzicava così altro che delicatezza. Guardandola negli occhi, sussurrò un «promesso» mentre tirava il pantalone di lei e con esso la mutandina, prese la lista sempre guardandola dritto dentro gli occhi. Lei piegò il primo punto in modo da non farglielo leggere, poi ci mise sopra lo scotch. «vediamo..» gliela strappò di nuovo dalle mani mentre lei si metteva il giacchetto. «comprarsi una macchinetta fotografica e fare foto stupide.» alzò un sopracciglio, poi continuò a leggere. «sedersi su una panchina e commentare i passanti.» e alzò anche l’altro sopracciglio. «mangiare un megagelato.» sbatté le ciglia incredulo. «comprare i pop corn e cercare di centrare la bocca lanciandoli.» si girò a guardare la ragazza, che sorrideva. «ma..ma.. io mi aspettavo “partire ed andare alle Hawaii! Lanciarsi da un ponte! Provare a guidare la macchina mentre si fa sesso selvaggio.. non..”» rilesse la lista, stranito. «io queste cose non le ho mai fatte. E’ o no la mia lista? Domani facciamo la tua e ti faccio contento!» la guardò male. «ok. Cominciamo con le foto! LOUIS!» urlò e il ragazzo si affacciò dal bagno dove si stava preparando. Quel giorno sarebbe uscito con Eleanor. «mi serve la tua macchinetta!» lo vide annuire ed indicare la camera. «nel cassetto, in basso!» lo ringraziò per poi cercarla. Quando la trovò prese per mano Summer, ed uscirono di casa.
La portò in un parco, dove cominciarono a fare foto davvero stupide, tipo mentre saltavano, chiedendo alla gente di fotografarli e cose varie. Poi la portò in centro, si misero seduti su una panchina e decisero un linguaggio in codice per parlare tranquilli. Quando lo trovarono, sfotterono per un’ora i passanti su quella strada. Andarono al luna park, fecero tutte le giostre come richiedeva lei nella lista. Anzi, le montagne russe le fecero due – portando quasi Harry a vomitare – perché lei si era divertita. Poi ci fu la giostra con le tazze, che gira. Ecco, lì Summer si diede proprio alla pazza gioia, chiedendo ben 4 giri. Alla quarta volta, Summer scese dalla giostra, verde olivastra, quasi sul punto di vomitare. «mi gira la testa!» ammise, sedendosi su una panchina. «fermate il mondo, per favore!» chiese Harry a due passanti che prima li guardarono straniti, poi risero. «gira tutto.. woohh.. ero abituata ad un Harry, ma due sono decisamente troppi!» scoppiò a ridere. Presero il mega gelato, congelandosi anche i suoi affari, ma ok. Ad un tratto cominciò a nevicare. «nooo!» biascicò Harry. «non sei contento?» lo era, finché la neve non si attaccò e lì fu la fine della fine. Summer lo portò in un parco e cominciarono a fare a palle di neve, congelandosi anche le mani. Povero lui. La neve aveva attecchito e pure tanto. «non hai mai fatto l’angelo nella neve?» la vide scuotere la testa per la seconda volta. «buttati per terra!» disse, e lei scosse di nuovo la testa. Sospirando la prese per le spalle, e con un gesto veloce della gamba le fece lo sgambetto, tenendola però per le spalle. La posò per terra. «muovi braccia e gambe» si buttò poco distante da lei e cominciò a muovere braccia e gambe, formando un perfetto angelo. Quando si rialzarono, Harry si piegò su quello di Summer facendo una mezza specie di faccina, con tanto di smorfia. «io non ho quella smorfia!» disse, mezza offesa. «oh si che ce l’hai!» disse, inclinando la testa e guardando il suo operato. Summer gli saltò sulle spalle, e come se pesasse cento chili fece finta di essere spinto dal peso verso il prato. «la..forza di gravitàà.. mi sta.. spingendo.. verso il basso.. aiuto..» diceva mentre lentamente si abbassava verso il prato. Lei gli strinse le braccia al collo, e quando si ritrovarono di nuovo nella neve, presero a rotolarsi nella neve, come due bambini. Alla fine si bloccò sopra di lei, che se la rideva allegramente da quel gioco stupido. «mi si sta congelando anche la punta dell’ultimo dito del piede destro. Vogliamo fare i bambini ancora oppure ti posso offrire una tazza di cioccolato?» domandò Harry, mentre lei smetteva di ridere. «no, continuiamo a fare i bambini piccoli! Gne..» scoppiò a ridere, per quel verso da neonato che aveva fatto. «mi fai stare bene..» posò di nuovo lo sguardo su di lei, tornando serio e arrossì leggermente, tanto che gli venne quel sorriso timido che lo caratterizzava quando stava in imbarazzo. Si sciolse in un sorriso dolce. «ne sono felice..» ammise, e lei alzò quel poco la testa per posare le labbra sulle sue, non prima di averlo guardato con intensità tanto che per un secondo sentì il cervello scollegarsi del tutto. Che strana sensazione. Ricambiò il bacio, posando la mano congelata sul suo collo e facendola rabbrividire, mentre la spingeva di più sulle sue labbra. «almeno le nostre lingue si sono riscaldate!» rise di cuore, scuotendo la testa riccia. Si alzò e le porse la mano per aiutarla ad alzarsi. Si tolsero la neve dai giacchetti, ma appena terminò di togliersi la neve Summer decise di tirargli un’altra palla. «ti odio!» disse guardandola male, mentre lei se la rideva divertita.
Presero la loro cioccolata, andarono al cinema a vedere un film davvero stupido come scritto nella sua lista e poi mangiarono al mc donalds, come aveva richiesto lei. Un pomeriggio davvero strano. Non era proprio da Harry stare così bene con una ragazza, farsi tutte quelle risate perché magari lo guardava con quello sguardo stranito, perché gli stava spiegando qualcosa che lei non sapeva. Come quando gli aveva spiegato come si faceva l’angelo nella neve.
 
 
«che diavolo stai facendo?» domandò Summer mentre lui si arrampicava su un’inferiata. «volevi fare il bagno? Non è di mezzanotte, ma almeno ce lo facciamo!» disse seduto sull’inferiata. «se ci scoprono finiamo in galera, lo sai vero?» annuì e saltò, atterrando dalla parte opposta. «almeno provi anche quella di esperienza!» disse divertito mentre Summer seguiva il suo esempio, arrampicandosi. «maledetto il giorno in cui ti ho incontrato Harry Styles!» disse furibonda, scendendo dalla parte opposta dell’inferiata. Dove stavano? In una piscina pubblica, e Harry la stava portando a fare il bagno di mezzanotte. Per modo di dire, visto che erano solo le dieci di sera e non c’era possibilità di arrivare al mare, decisamente. E soprattutto perché faceva un freddo della madonna. La prese per mano ed entrò nella piscina. Fortunatamente non c’erano allarmi. «che silenzio!» sussurrò Summer, sentendo la sua voce rimbombare nella piscina vuota. «vero? Dovrei farlo più volte!» sussurrò a se stesso. «quante volte fai queste cose, che ti manderebbero in galera?» si girò a guardarla, continuando a tenerla per mano mentre rimanevano a sentire le loro voci rimbombare. «poche volte, ma calcolando che ho una carta d’identità falsa.. sono -300 punti dal mio Karma. Sono entrato in una piscina chiusa -50 punti dal karma.» Summer si fece una risata mentre la sua risata rimbombava nella piscina. «allora, ce lo facciamo questo bagno si o no?» chiese, cominciando a spogliarsi. Quando fu spogliato – rimanendo comunque in mutande - si girò a guardare Summer, e vedendola lì solo in intimo, mezza illuminata dalla luce che arrivava da fuori, si morse il labbro per poi passare la lingua sullo stesso labbro. Si guardarono per un secondo, poi Summer prendendo la rincorsa lo buttò in acqua e si buttò dietro di lui. Riemerse e si portò i capelli indietro. «e se scivolavo?» chiese, avvicinandosi a lei che ridacchiava, mentre si passava le mani sul viso. «ti facevi la bua e poi ti davo un bacino per fartela passare. Che brava no?» scosse la testa mentre camminava verso di lei. «mi pare che abbiamo fatto tutto della tua lista, manca solo il primo punto!» le fece notare e notò un rossore sulle sue guance. «ok!» la scrutò attentamente. «devo uscire a prenderla o me lo dici tu?» chiese, schizzandola. Lei lo guardò male e rispose. «sei così stronzo che non te lo dico!» fece per uscire ma lo ributtò in acqua. «Perché mi hai bloccato?» chiese, riemergendo. «te lo dico io, deficiente!» annuì, attendendo, ma la vide giocare con l’acqua. La schizzò ancora, incuriosito. «allora? Uno ci ha preso la pensione così, eh!» la sfotté e lei lo guardò male. «sei simpatico, Harry. Ci pensi la notte a queste battutine?» sorrise in modo malizioso. «la notte la trascorro a fare altro!» lei rispose al sorriso malizioso. «ad andare di mano, non è così?» la schizzò ancora. «e se anche fosse, tu sei il centro dei miei pensieri!» la sfotté e la vide fare una smorfia. «bastava chiedere!» si guardarono in cagnesco. «allora? Bello vedere come cambi discorso.. Il primo punto, forza!» la vide sorridere e gonfiare il petto. Poi, chissà per quale pensiero, la vide perdere il sorriso e lasciarsi andare al peso della verità. «che palle..» questa volta lo lasciò andare a prendere quella benedetta lista, e morendo di freddo sgambettò verso i vestiti di Summer. Prese la lista e senza bagnarla troppo cercò di aprire quella linguetta chiusa con lo scotch. «dannazione di te e delle tue manie.» sbuffò, lottando con quell’affare.
Ad un tratto si sentì preso per le spalle e si girò a guardare Summer, anche perché erano gli unici lì dentro. La sentì posare le labbra sulle sue e senza troppe cerimonie con un piccolo saltello incrociò le gambe al suo bacino, coinvolgendolo in un bacio che di casto aveva ben poco. Rispose con ardore, sentendo tutta la calma che lo caratterizzava andarsene a fanculo, semplicemente con lei che si strusciava su di lui, impazzita e con quel bacio. Capì presto qual’era il primo punto. Non gli sembrava il posto adatto per fare l’amore, ma stava scoppiando se non l’aveva da lì a qualche secondo. E a quanto pare anche lei era impaziente almeno quanto lui. «non mi sembra il caso di farlo sul pavimento di una piscina!!» ammise, mentre le baciava il collo. «non me ne frega niente! Ti voglio Harry!» bastò quello a convincerlo. Quel ti voglio bastò a farlo impazzire al tal punto di fregarsene di tutto e di tutti. La fece stendere sulla panca abbastanza grande poco distante da loro, dove sicuramente i genitori si sedevano a guardare i figli fare nuoto. Più che una panca era uno scalone tipo quelli da stadio, abbastanza grande. Meglio ancora. Si stese su di lei, tornando a baciarle il collo e facendole un succhiotto abbastanza forte, tanto da farla gemere. Con un gesto veloce sganciò il gancetto del reggiseno liberando i seni della ragazza che già si muovevano velocemente seguendo il respiro affannato di Summer. Si piegò a sfiorare con le labbra tutta la pelle che trovava, finché non cominciò a giocare con il capezzolo di Summer che si indurì sotto le sue attenzioni. Almeno nei preliminari poté essere un po’ più veloce, perché già era capitato. Sfiorando delicatamente la sua intimità da sopra il perizoma bagnato, la sentì irrigidirsi eccitata. Si eccitò anche lui mentre la sentiva muoversi sotto i suoi gesti, chiedendo sempre più piacere. Spostò il perizoma e delicatamente affondò in lei le sue dita, facendola inarcare tanto che i loro petti si sfiorarono. Sentirla andare incontro alle sue dita, desiderosa di lui, lo fece eccitare ancora di più del normale anche perché stava al limite della decenza. Se ve lo state domandando, si.. Non aveva fatto sesso con nessuna ragazza da quando la conosceva, e si toglieva quei preliminari che c’erano stati tra di loro. Erano due mesi che non sfiorava una donna e per un po’ aveva seriamente pensato che si era pure dimenticato di tutti i trucchetti che conosceva sulle donne. Invece a quanto pare era sempre lo stesso, per fortuna! Summer ad occhi chiusi continuò ad inarcarsi sotto di lui, gemendo in modo delicato e mordendosi delicatamente il labbro inferiore. Si stava trattenendo, notò mentre la guardava deliziato. Poggiò la mano sulla sua intimità, e con il movimento delle dita aggiunse quello della mano, stuzzicandola anche sul clitoride. La vide aprire di scatto gli occhi, inarcandosi sempre di più. «lasciati andare, Summer!» sussurrò con tono roco, in quanto era eccitato abbastanza da non ricollegare nulla. La vide spostare lo sguardo su di lui, insicura e al tempo stesso stranita. Si piegò a baciarle il collo, stuzzicando di nuovo i suoi capezzoli già turgidi. Poco dopo, Summer toccò le vette più alte del piacere, mordendogli una spalla con una cattiveria tale da fargli sicuramente un livido, ma in quel momento poco gli interessava. La guardò – si, se non si era capito Harry si eccitava guardando la propria ragazza torcersi sotto di lui dal piacere, gemendo e invocando per piacere – riappoggiarsi allo scalone e socchiudere gli occhi, per riprendere il controllo della sua respirazione. Uscì da lei, delicatamente sempre, e la sentì gemere di disapprovazione. Sorrise, mentre lei riapriva i suoi occhi castani e lo guardava. «ti sto odiando!» ridacchiò divertito, mentre si abbassava a baciarle le labbra. «l’odio è un sentimento forte.. mi piace!» lei lo bloccò sulle sue labbra, senza smettere di guardarlo. «non mi basta, Harry!» e neanche a lui, poteva giurarci. Sorrise in modo malizioso, mentre lei stessa gli abbassava i boxer, lasciando libera la sua erezione fin troppo arzilla per il piacere che stava provando. Fece tutto lei, come se fosse impossessata, finché non scivolò lentamente in lei.
Si ritrovò ad inarcare verso il basso le sopracciglia, sentendo quella strana sensazione di goduria e di calore che stava provando. Mai successo in tutte le volte che aveva fatto sesso con qualcuno. Neanche quando aveva fatto l’amore con una donna aveva sentito quella strana sensazione. Rimasero fermi per qualche secondo, lui stranito da quella strana sensazione dove si sentiva completo, mentre lei si abituava ad avere dentro di lei un ragazzo che voleva fare l’amore con lei, e non usare il suo corpo. Quando entrambi si ripresero, nello stesso istante presero a muoversi uno verso l’altro, facendo incontrare i loro bacini prima delicatamente poi sempre con più ritmo. I loro gemiti erano amplificati dal fatto che in quella piscina non c’era nessuno. Molte volte Summer cercò di prendere la situazione in mano, ma più Harry cercava di riprendersi la situazione più lei combatteva. Alla fine la lasciò fare, quando capì – con quella poca attività cerebrale rimasta – che lo faceva per fargli capire che lo desiderava veramente e non era semplicemente un cliente. Stava lottando con i denti per farsi dare la situazione in mano, come ovviamente non sarebbe successo se sotto di lei ci fosse stato un cliente. Capì tante cose in quell’ora, finché non raggiunsero l’apice del piacere quasi contemporaneamente. Quando si accasciò su di lui, prese ad accarezzarle la schiena, con grattini delicati. «cazzo dominarti è impossibile!» ridacchiò. «non mi piace essere dominato.» ammise, ancora con il fiato corto, mentre lei stava appoggiata al suo petto, ma ancora unito a lui. «l’ho notato porca miseria! Ci mancava che dovevo darti due schiaffoni per permettermi di domarti!» risero, mentre lui scuoteva la testa divertito. Rimasero accoccolati uno con l’altro per un quarto d’ora, poi lei si staccò da lui, facendo gemere entrambi di disapprovazione. «forse avevi ragione!» si girò a guardarla, dopo che si era accoccolata al suo fianco. «non è il posto migliore per fare l’amore. Soprattutto a novembre inoltrato!» rise di gusto, e poco dopo si alzarono per rivestirsi. Ad essersi asciugati si erano asciugati, decisamente. Ma sicuramente due giorni dopo sarebbero stati ammalati e con la febbre da cavallo per quell’esperienza. Cosa doveva interessare a tutti e due?
Quando tornarono a casa, trovarono tutti in salone, che guardavano un film. «Hola!» li salutò e Zayn lo azzittì. «shhh. Zitto è la scena che fanno sesso! Mica come qualcuno di mia conoscenza!» se lo guardò male, poi prese il cuscino dove era appoggiato Louis e glielo tirò senza pensarci troppo. «sta zitto che invece di portarti a letto la tua ragazza stai come un pervertito di fronte ad una scena di sesso!» sussurrò con tono disgustato, mentre Summer ridacchiava. «tu vai di mano, con youporn!» continuò Zayn, divertito. «sbagliato caro! Sei tu lo sfigato, fidati!» disse spingendo Summer in camera, ridendo sguaiatamente dalla faccia di Zayn. Si cambiarono, mettendosi qualcosa di più caldo visto che i loro vestiti erano fracidi dalla neve, dalla pioggia e poi dalla piscina. Non sembrava il caso di andare in giro mezzi bagnati. Lui si fece una doccia e quando tornò in camera trovò Summer profondamente addormentata nel suo letto. La guardò con dolcezza poi decise di andare in salone con gli altri, per chiacchierare in quanto non aveva per niente sonno. E soprattutto perché la ragazza si era addormentata sul suo letto, frattandolo senza ritegno. Ma ci metteva poco ad addormentarsi con lei al fianco, anche se era un letto singolo con in aggiunta il letto di Summer. Solo quando si fu seduto in mezzo ai suoi amici, si rese conto che Lee stava sparendo troppo in fretta dalla sua testa, e stranamente Summer prendeva forma nei suoi pensieri. Quel pensiero lo mandò in crisi. Si stava dimenticando di Lee, in così poco tempo? Non andava per niente bene, decisamente no! Che stronzo che era, a dimenticarsi di Lee poco dopo la sua sepultura. Si stava facendo schifo da solo, che diamine.

Salveee (: Eccoci qui con il capitolo nuovo. Io vi assicuro che quello prima mi faceva schifo, come in realtà anche questo. Non so perché, ma vedo che tutte siete contente di quello che scrivo, quindi perché smettere? Siete tanto dolciotte, quindi continuo xD
Io vi ringrazio una per una, perché siete bellissime, dolcissime e amatissime (?) perché continuate a seguirmi, perché mi commentate le storie, perché mi cercate su FB ( ricordo che mi potete trovare nell'account: Keyra marrymezayn Smith ) e su twitter (_marrymezayn) con tante belle parole che mi fate sempre commuovere. Anyway.. ♥ un cuoricino per voi.. Un bacio ai pupi e alla prossima.. Sciauuuuzzzz! (mi è presa bimbaminchia stasera ahahahah) 

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Capitolo 8
*** Capitolo 8 -- non ti importa quanto fa male ***


You're a victim of your own mind.
(sei vittima della tua mente.)

 

Era tutta la mattina e tutto il pomeriggio che Harry Edward Styles e Summer si godevano il giorno libero passando dalla sala da pranzo dove c’era il televisore alla camera da letto, beh sicuramente non per chiacchierare. Insomma, avevano preso il loro giorno libero per stare insieme. Aveva programmato che il prossimo fine settimana sarebbe andato a trovare sua madre, per poi andare a trovare Lee al cimitero. Dentro se stesso ogni notte si sentiva una merda perché si ritrovava a pensare a Lee solamente quando calava la notte, e Summer al suo fianco dormiva profondamente. Come se Summer si sovrapponeva all’immagine di Lee, che era stata presente nel suo cervello per ben 17 anni, ma da quando conosceva Summer si ritrovava a pensare alla sua piccola Lee solamente durante la notte, mentre in quella casa tutti dormivano. E per lui era un affronto bello e buono. Così aveva messo in programma una scampagnata a Holmes Chapel per andare a trovare Lee, i suoi genitori e quelli della sua piccola. Ok allentare le briglie sulla sua vecchia vita, ma lasciarle così di botto non era proprio da lui.
I ragazzi erano tornati tutti, ognuno distrutto dalla giornata lavorativa e si erano pure un po’ incazzati a sapere che loro non avevano fatto un cazzo da quando si erano alzati, tanto che stavano ancora in tenuta da casa. Summer in quel momento era nel bagno a farsi la doccia, canticchiando allegramente. «allora, marpione.. Che ci racconti?» chiese Zayn, appena sentì il getto d’acqua essere aperto. Il riccio spostò gli occhi su tutti i suoi amici, con un sopracciglio alzato. «una barzelletta?» chiese con tono pacato, facendosi guardare male. «con Summer, come va?» chiese Louis, incuriosito e spazientito allo stesso momento. «bene, come deve andare?» chiese, un po’ stranito da quella domanda. «state insieme?» alzò un sopracciglio. «non ne abbiamo parlato..» spiegò guardando ogni componente in quella stanza. «e cosa aspetti? La rinascita di cristo per la seconda volta?» domandò Zayn, scocciato. «ma perché non vi fate un pacchetto di cavolacci vostri?» chiese di rimando, tornando a guardare la tv di fronte a loro. Ma percepiva benissimo lo sguardo dei suoi amici addosso. «non te l’hanno detto che non si risponde ad una domanda con un’altra domanda?» si girò a guardare male Zayn. «ma tu vuoi starci insieme?» si intromise Liam. «non lo so.» ammise, dopo pochi secondi. Si girò a guardare Louis, che lo scrutava attentamente. «offusca l’immagine di Lee, e la cosa mi impaurisce. E’ come se..» deglutì, perdendosi con lo sguardo tra le righe della felpa di Lou. «..Summer è una macchia d’olio, e questa macchia d’olio cancella il mio passato.» ammise, un po’ depresso. «E’ un buon segno, significa che con Summer stai bene!» rialzò lo sguardo in quello di Liam. «no, non è un buon segno Liam. Mi fa dimenticare le mie origini, di chi sono in realtà. Io appartengo a quella bambina!» Vide con la coda dell’occhio Lou scuotere la testa. «Harry..» alzò una mano prima che continuasse. «non provarmi a dire che Lee è morta e che devo andare avanti. Lo so da me, ma è passato così poco tempo.. Mi sento in colpa..» Louis si mise seduto meglio. «Harry sono passati 10 anni dalla morte di Lee. Lo devi capire!» si passò una mano nei capelli, un gesto che faceva quando era nervoso. «Si, ma.. dal funerale è passato così poco. Per me Lee è morta quando ho visto quella piccola bara. Prima speravo, e la speranza non mi ha fatto rendere conto che sono passati 10 anni. Mi capisci?» domandò, guardando il suo migliore amico. «si, ma tu devi darti una possibilità. Lee non vorrebbe vederti così impaurito di iniziare una storia solamente perché sono passati tre mesi dalla sua sepoltura..» Si morse la parte interna della bocca. «dai a Summer una possibilità. Dai una possibilità ad entrambi, Harry! Tu stai decidendo per entrambi, lo capisci? Togliendo così la parola a Summer che magari vuole stare con te. In fondo te l’ha detto che prova qualcosa per te, no?» posò di nuovo lo sguardo in quello azzurro di Lou. «voi che dite?» domandò scrutando gli altri. Tutti diedero ragione a Louis. «vai e conquistala!» disse quando si alzò un po’ titubante. «porco Malik che freddo!» guardò stranito Keyra, che stava entrando in quel momento in casa loro. «ehi! Darmi del porco proprio no!» neanche rispose alle parole di Zayn, mentre si guardava con Harry. «bella “bestemmia”! Userò più spesso questa “bestemmia”!» disse, con un sorriso dandole un bacio sulla guancia. «cazzo, sei freddissima!» annuì, mentre si toglieva il giacchetto. «se ero calda non credi che entravo in casa dicendo “wooohhh fa così caldo fuori!” Sparisci demente!» si sorrisero, mentre lui bussava al bagno e prendeva un profondo respiro. «chi è?» alzò gli occhi al cielo. «mago merlino!» qualche secondo di silenzio. «perché porco cazzo non mi hai mandato la mia lettera di Hogwarts?» alzò un sopracciglio. «posso entrare?» rispose, lasciando perdere le cazzate che diceva quella ragazza. «no, finché non mi dai la mia fottuta lettera da Hogwarts!» sorrise a labbra strette. «se mi fai entrare, ti do qualcos’altro!» sentì la serratura scattare, e aprì la porta, sgusciando dentro. «merda.. ci saranno quaranta gradi qui dentro. E noi paghiamo!» disse divertito, mentre lei troneggiava in tutta la sua bellezza, solamente fasciata da un piccolo asciugamano che aveva legato sopra il seno.. «che mi dai?» domandò, e lo fece scendere bruscamente dal suo mondo perverso dove si immaginava di strapparle da dosso quell’asciugamano e farla sua lì dentro a quel bagno. «eh?» chiese visto che aveva il cervello scollegato. «cosa mi dai ora che ti ho fatto entrare?» si morse il labbro inferiore mentre pensava a tutto tranne a quello da darle in cambio. «dei vestiti? Sennò ti salto addosso seduta stante!» Summer si fece una risata di cuore, guardandolo attraverso lo specchio. «perché sei voluto entrare?» a quella domanda, tornò seriamente sul mondo dei vivi e posò lo sguardo su di lei, ora in ansia. «dovrei parlarti!» sussurrò e lei annuì, del tutto tranquilla. Si mise seduto sul water chiuso, e la scrutò attentamente mentre si metteva la crema corpo. «cosa.. cosa siamo io e te, Summer?» era più o meno un sussurro, ma lei lo sentì comunque. La vide bloccare il movimento delle mani che massaggiavano le gambe, e girarsi a guardarlo. La vide boccheggiare, forse perché non si aspettava quella domanda. Si guardarono intensamente. «non lo so.» ammise la ragazza, poco dopo. «tu cosa vuoi essere con me? Un’amica che va a letto con un amico, oppure..» sentiva le sue guance leggermente rosse, segno che si stava vergognando. «io non sono mai stata con nessuno, Harry. Non sono fatta per stare con un uomo! Posso essere un’amica di letto..» abbassò la testa per guardarsi le scarpe, mentre lei si sciacquava il viso leggermente arrossato. Si alzò e la raggiunse mettendosi dietro di lei. «io non mi accontento di una semplice amicizia di letto, Summer.» disse con tono sicuro. La sentì gemere e posò lo sguardo sulla sua testa ancora piegata. «cosa c’è?» domandò, stranito. «niente, lascia stare!» la vide alzare la testa per guardarlo tramite lo specchio. «non possiamo stare insieme Harry..» perché? Si chiese mentre guardava i suoi piedi, cercando di capire il perché quella ragazza non voleva stare con lui. Appena posò lo sguardo sullo specchio, guardando l’immagine riflessa di Summer, sentì il fiato mozzarsi nei suoi polmoni.
L’immagine che si parò di fronte a lui, lo lasciò senza fiato. Ansimò in cerca di aria, ma percepì subito che i suoi polmoni non volevano l’aria. O meglio erano chiusi quindi non riusciva a respirare. Sbatté le ciglia nello stesso momento che cercava di mandare giù la saliva, ma sentì dolore anche in quel caso. Era come se il suo corpo si fosse immobilizzato. Si ritrovò di nuovo bambino, con di fronte una bambina con gli occhi più belli che aveva mai visto. Uno azzurro e uno verde. Entrambi molto lucenti, si vedeva benissimo che erano di due colori differenti. Deglutì ancora, ma non ci riuscì. La mano si alzò da sola, e prese il gomito di Summer e con poca dolcezza la fece girare, per poterla guardare dentro quegli occhioni. Lei gemette di quel contatto così brusco, tanto che si sporse un po’ indietro per la paura. Harry la fece girare e la sbatté poco dolcemente addosso al lavandino. Summer era bloccata tra lui e il lavandino. Il suo sguardo si posò sul lavandino, dove vide due piccole sfere marroni. Rialzò lo sguardo in quello di fronte a lui, e spostò il volto di Summer che si opponeva a quel contatto così brusco, verso la luce dello specchio e fissò da vicino quegli occhi. «Lee..» gli uscì solamente, mentre lei cercava di prendere un po’ di aria, visto che le mancava il respiro. Non aveva mai sentito Harry così brusco. «c..cosa?» domandò la ragazza, spostando lo sguardo da un occhio all’altro di Harry, preoccupata.
Nello stesso momento che i due si stavano guardando negli occhi, sentirono un botto arrivare dalla sala da pranzo. Se ne fotté altamente, stringendo la mano intorno al gomito di Summer, che gemette ancora cercando di capire che cavolo stava succedendo ad Harry. «chi cazzo sei?» sentirono Zayn urlare dal salone e pochi secondi dopo, la porta del bagno venne buttata giù con violenza. Si girò a guardare chi aveva osato disturbarli, ma si ritrovò un armadio a quattro ante di fronte. «tu, puttanella!» Istintivamente schiacciò il corpo addosso a quello di Summer per proteggerla e lo sentì del tutto irrigidito.. Tornò alla realtà in un nano secondo e capì che quello era lì per riprendersi Summer. «vieni con me! La tua gita è arrivata al capolinea!» senza problemi l’uomo spostò Harry che cercò di resistere, ma tutto quello che ricevette fu un pugno sulla mascella che lo stese in un nano secondo. L’uomo prese Summer di peso e quella si mise ad urlare. Successe tutto in un nano secondo. Si alzò per impedire all’uomo di portarla via, ma quello lo ributtò per terra senza troppo sforzo. Prese una bella botta in testa, cercò di rialzarsi fregandosene del dolore ma quello era già andato via.  Rimase seduto lì per terra, e poco dopo entrò Louis preoccupato. «Harry.. Harry! Stai bene?» domandò Louis buttandosi di fronte a lui controllandolo. «quello stronzo è venuto a prendere Summer. Credo che sia un seguace del pappone di Summer.. Harry, Harry mi ascolti?» alzò lo sguardo in quello di Louis, ma senza vederlo realmente.. Mentre nel suo cervello cercava di capire che cosa cazzo era successo in quel frangente di tempo. Si alzò di volata e guardò dentro al lavandino, dove poco prima aveva visto una macchiolina. E lì, le vide. Due lenti a contatto, castane. «Harry.. Cosa succede?» chiese Liam, entrato poco dopo Louis. Lo sguardo azzurro di Harry passava per la stanza, con un’espressione seria disegnata sul volto, le labbra contratte mentre il suo cervello lavorava attentamente su quella situazione. «Hazza, mi stai facendo preoccupare!» sbatté le ciglia, mentre gli usciva un sospiro frustrato. «non è possibile..» sussurrò a se stesso, «cosa Harry?» domandò Liam, in ansia. Prese la spazzola di Summer, e guardò i capelli incastrati dentro. Si girò verso il gruppo di persone dentro a quel bagno, ma sentendosi tremendamente solo in quel momento. Vi è mai capitato di essere circondati da mille persone, e sentirti comunque solo? Ecco, in quel momento era da solo in quel bagno, solamente affiancato dal suo cervello che cercava di rendere tutto un ragionamento che filava. «Lou..» sussurrò, e il suo amico si fece avanti. «prendimi il cellulare, di corsa!» lo vide correre a prendere il suo cellulare, mentre continuava a fissare la spazzola con dentro qualche capello. «ci spieghi cosa succede?» non rispose perché tornò Louis con il cellulare. Cercò velocemente nella rubrica fermandosi al nome Jason. Cliccò sul tasto verde e portò il cellulare all’orecchio. «Jason. Devi venire qui a Londra! Parti ora, adesso in questo momento anche se stai dalla parte opposta del mondo. Mi servi a Londra, e porta quel capello!» l’uomo dalla parte opposta dell’affare acconsentì e attaccarono. «Harry..» alzò finalmente lo sguardo in quello di Louis, preoccupato per lui. «non sono sicuro ma.. Summer potrebbe essere Lee.»
 guardò le facce dei suoi amici, e vide Lou scuotere la testa in modo sconsolato.
 

Continua...

 


Spazio dell'autrice: So precisamente che il capitolo è corto, ma.. credo di avervi dato una bella batosta anche con un capitolo così piccolo, no? Perché ho diviso il capitolo in due? eheh. Perché sono una bastarda assurda, I know. Per sapere se davvero Summer è Lee dovrete aspettare il prossimo capitolo, anche se credo che avete intuito no? (: Ma per tutte le rispose alle vostre domande dovrete aspettare il prossimo capitolo, perché sono sadica! Volevo suspance e ce la metto. xD Ditemi nei vostri commenti tutti gli insulti che volete, oppure se volete ditemi cosa pensate che è successo, perché Summer non ha detto ad Harry che è Lee. Vediamo chi ci azzecca. E se vi ho deluso, mi dispiace tanto. Ma in realtà questa cosa era decisa da quando ho deciso di postare il primo capitolo. E se anche ho visto che avevate azzeccato che Summer era Lee, non ho voluto cambiare perché la trama è finita. Nel mio cervello è tutto calcolato! Se vi ho deluso mi dispiace tanto, ma.. Amen! XD ♥ Fatemi sapere con un commento cosa ne pensate. Si accettano anche insulti pesanti (no, non è vero ahahaha scherzo) XD
E grazie a tutte quelle persone che hanno recensito o messo la storia tra i preferiti/seguite/ricordate ♥ 

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Capitolo 9
*** Capitolo 9 -- non ho bisogno di altro ***


 

Quanto dolore c'è nella vita, è vero, ma quanta vita c'è nel dolore? Anche quando si soffre per amore, in quella morte, in quel dolore, io c'ho trovato un sacco di vita. Non sai dove sbattere la testa, non ci sono medicine per farti sentire meglio c'è solo il tempo, quello biologico, solo lui può curarti. Ma sembra non passare mai
(Cit. Fabio volo ) 

«Harry..»
«non sono sicuro ma Summer potrebbe essere Lee..»

«Lee è morta Harry! Perché non lo capisci?» domandò Louis, continuando a scuotere la testa castana, desolato. «io non ci sto capendo niente, devo ammetterlo!» ammise Niall, grattandosi la fronte. «credo che Harry ci voglia dire che Summer in realtà è Lee, ma non capisco come.» spiegò Liam, stranito almeno quanto gli altri. Il riccio continuava a guardare il suo migliore amico. Lui e Louis, in quella stanza. «Le vedi queste?» domandò indicando dentro il lavandino, dove c’erano delle piccole sfere marroni. «sai cosa sono no?» Louis si fece avanti e guardò le lenti a contatto. «non so perché ma dietro a queste lenti ci sono gli occhi di Lee. Louis, non sto impazzendo te lo assicuro. Ma quei occhi sono gli occhi della mia Lee! Uno verde e l’altro azzurro. I suoi occhi, li riconoscerei tra mille..» Vide Louis scuotere la testa e lasciarsi andare in un sospiro. «Non è l’unica ad avere l’ eterocromia Harry. Potrebbe benissimo essere un’altra ragazza. Hanno fatto tutti gli esami e quella bambina che adesso sta riposando nel cimitero è la vera Lee. Summer non è Lee, lo capisci?» domandò guardando intensamente il suo migliore amico che scuoteva la testa. «Lo so, per questo ho chiamato Jason. E’ un agente che si è preso a cuore la storia di Lee e lo pago per cercare il bastardo che l’ha ammazzata. Un solo esame, l’esame di questo capello a confronto con quello di Lee. Se non è di Lee, se i dna non coincidono, lascerò andare del tutto la speranza. Ma almeno un esame me lo devi far fare Louis! Uno, e se non è come dico io, lascio perdere tutto. Mando a casa anche Jason, lo prometto.» disse, ancora con la spazzola in mano. Louis lo guardò e con un altro sospiro si ritrovò ad annuire. «uno, Harry. Poi lascerai tutto, ok?» Harry annuì convinto, per poi chiedere a Liam di prendergli una busta. «come pensi di fare per Summer?» domandò Niall, preoccupato. «lascio passare qualche giorno, facendogli credere che non la vado a cercare di nuovo. Quando è scappata ed è venuta qui, due giorni dopo sono tornato lì per far credere a tutti che non era da me. Gli ho fatto intuire che io non sapevo nulla della scomparsa di Selene.. Ci eravamo messi d’accordo così con Summer. In caso sarebbero venuti a prenderla, ed era sicura che prima o poi l’avrebbero trovata, dovevo aspettare qualche giorno prima di andare lì a cercarla. Ma lei non sa che con me mi porterò la polizia questa volta. Quel bastardo andrà in galera insieme al pappone di Summer.»
Zayn fischiò, incredulo di tutta quella cosa. «mi sembra di stare dentro Beautiful! Facciamo una pippa a Beautiful! Io vengo con te che devo dare un calcio a quello stronzo!» Keyra al suo fianco gli diede una pizza. «tu non vai da nessuna parte, chiaro?!» Intanto Louis e Harry si guardavano negli occhi. Louis non voleva dare altre speranze vane ad Harry, che continuava a sorridere. Mai l’aveva visto con quel sorriso. Non conosceva quel sorriso su di Harry, era come se fosse del tutto estraneo. «fidati di me, Summer è Lee, me lo sento nel profondo! La mia piccola Lee.» Niall si schiarì la voce. «Harry.. Ma se Summer è Lee, perché non ti ha detto nulla?» A quello non ci aveva proprio pensato, si ritrovò a pensare mentre si girava a guardare Niall. «non lo so. Forse aveva paura di ammettere che era ancora viva. Non lo so Niall, ma un motivo ci sarà!»
 
 
Sgusciò via dalla folla di poliziotti che entrarono lì dentro, e si diresse verso la stanza dove era sicuro c’era la sua Summer con qualche uomo. Aprì la porta e senza preoccupazioni entrò, togliendo l’uomo da sopra Summer - facendo anche una smorfia di disgusto vedendo che era un grossaccio schifoso pieno di peli – e gli diede un pugno. «Harry!» sussurrò Summer, incredula mentre cercava di coprirsi ma aveva un sorriso felice disegnato sulle labbra carnose. Prese la coperta che circondava Summer, gliela mise addosso e senza molte cerimonie se la caricò in spalla. Lei non protestò mentre usciva dalla stanza e due poliziotti entravano. «Styles.. Dobbiamo..» scosse la testa. «voi adesso non dovete proprio fare niente.. Io devo parlare con lei! Ve la porto domani mattina in questura, ma adesso è mia!» l’uomo annuì, e li lasciò andare. Andò verso la sua macchina senza parlare, mentre Summer rimaneva inerme come un sacco di patate sulle sue spalle. «puoi lasciarmi adesso Harry!» sussurrò la ragazza, ma non le diede ascolto. Aprì la portiera e la mise seduta al posto vicino al guidatore, per poi andare al posto del guidatore e accendendo la macchina, slittò verso casa. «per fortuna sei arrivato!» si girò a guardarla, scrutando i suoi occhi per poi tornare a guardare la strada. Dieci minuti dopo erano sotto casa sua, e la riprese in spalla visto che stava praticamente nuda. Entrato dentro casa, con ancora Summer in spalla guardò i ragazzi. «tutti fuori!» i ragazzi si girarono a guardarlo, poi vedendo che c’era Summer presero i propri giacchetti mentre Keyra sussurrava un: «Festino in casa Smith! Tutti invitati!» li guardò andare via, e si rese conto che non si era comportato così bene ma a quello c’avrebbe pensato dopo. Entrò in camera sua, e buttò Summer sul letto. «primo: levati le lenti a contatto. Secondo: voglio sapere tutta la verità!» Summer lo guardò impaurita «puoi darmi qualcosa con cui vestirmi? Sentirei un po’ freddo.» Ammise la ragazza, stringendosi nel lenzuolo. Le diede una sua felpa e prese l’intimo dal suo cassetto, insieme ad una tuta. Gliele lanciò e lei lo guardò stranita, forse chiedendosi perché era così incazzato. «mentre ti vesti, racconta!» si mise seduto sul letto di Louis, e la guardò insistentemente. «cosa ti devo raccontare..? Non capisco perché sei così incazzato!» ammise la ragazza infilandosi la felpa e poi il pezzo sotto. «le lenti a contatto!» inclinò la testa. «mio padre mi ha sempre detto che i miei occhi sono presagio di sfortuna. Mi ha fatto sempre mettere le lenti a contatto, e se non le portavo mi maltrattava. E così ho imparato a tenerle tutta la giornata. Sono fastidiose ma poi ti abitui!» spiegò, del tutto pacata. «tu hai creduto alla storia della sfortuna? Sei così ingenua?» Summer fece una smorfia, colpita da quelle parole. «tu mi hai nascosto la verità!» La mora lo guardò sbattendo le ciglia. Non riusciva proprio a capire perché, perché Harry era così incazzato. «sei incazzato perché portavo delle lenti a contatto colorate?» domandò, sbattendo le ciglia in modo stranito. «cazzo me ne frega delle lenti. Il tuo colore dei capelli è vero?» scosse la testa. «ma..» la guardò male mentre lei rimaneva a bocca aperta.. «non mi piaccio bionda. Preferisco castana! Le bionde sono oche e io non voglio sembrare un’oca!» Harry in un momento di frustrazione diede un pugno alla luce sul comodino di Louis, facendola crollare a terra e farla rompere in mille pezzi. Summer si schiacciò al muro, impaurita. «tu sei Lee!» sussurrò quelle parole con il fiato mozzato. «PERCHE’ NON ME L’HAI DETTO?»
Silenzio. Quel silenzio che ti fa sanguinare le orecchie, quel silenzio che senti solamente di notte quando tutto è addormentato; dagli uccelli e anche le persone, le macchine non passano fuori dalla finestra e tu senti quel fastidioso rumore nelle orecchie che se non fossi abituato strilleresti per l’ansia. «cosa?» di nuovo, usò quella parola per rispondere. «non continuare a mentire, Summer! Tu sei Lee.» la vide deglutire e scuotere poi la testa. «no, Harry! Io sono Summer! Lee non è morta?» la guardò senza nessuna espressione sul viso, finché con due passi non la raggiunse sul letto. «Ti ho detto di levarti quelle cazzo di lenti a contatto, Summer!» sbottò, sentendo una rabbia mai provato invaderla. Summer fece come richiesto e finalmente si poté perdere di nuovo nei suoi occhi. «perché mi hai mentito?» Domandò con tono stanco. Sentiva le spalle tremendamente stanche sotto il peso di quella scoperta. Era una settimana che stava pensando al perché non gli avesse detto la verità, perché era stato preso così in giro. La mora passò lo sguardo prima in un occhio e poi nell’altro, con ritmo. «scusami, non volevo! Ma io non sono Lee, Harry. Sono Summer!» spiegò, dispiaciuta. Il riccio scosse la testa. «i tuoi occhi.. sono i suoi occhi!» la ragazza lo guardò intensamente, mentre vedeva che le si mozzava il respiro in gola. Il cellulare nella sua tasca cominciò a squillare, interrompendo quel silenzio che si era venuto a creare. «Jason..» rispose, senza staccare gli occhi da quelli di Summer. Si stava rifacendo di tutti i sguardi che non si era potuto godere in quei 10 anni. Di fronte a sé, non vedeva Summer ma una piccola Lee. «si?» domandò con tono speranzoso e incredulo, e finalmente sentì il cuore tornare a battere forte. «coincidono? Sei sicuro?» domandò, continuando a guardare Summer. «e quella bambina?» annuì mentre si passava una mano sulla guancia cancellando le lacrime. «ok. Grazie, no! Ci penserò io!» disse, per poi attaccare il cellulare e lanciarlo sul suo comodino. «il tuo dna combacia con quello di Lee. Sei ancora intenzionata a far finta di non essere Lee?» chiese, mentre la ragazza si stringeva di più dentro se stessa. «Harry io non sono Lee. Sono Summer, lo vuoi capire?» la guardò intensamente. «cazzate! Combaciano i DNA! Porca puttana Summer, perché continui a dire che non sei Lee?» perché lui continuava a dire “Summer” anche se di fronte a se c’era Lee? Perché forse ancora non ci credeva che li di fronte a lui c’era la sua Lee, e non una sconosciuta. Le strinse il polso, con violenza. «Harry..» delle gocce di rugiada cominciarono a solcare le sue guance. «io non sono Lee, ti prego Harry..» la sentì singhiozzare, impaurita. Lasciò il polso di Summer e guardò la sua mano come se fosse incriminata di aver fatto del male a Summer. Si alzò di nuovo mentre la ragazza scivolava accoccolata nel suo letto, continuando a piangere. Aprì l’armadio, prese la sua valigia e da dentro ad essa tirò fuori una foto. La portò di fronte alla ragazza, e gliela fece vedere. «Summer..» la ragazza aprì gli occhi e posò lo sguardo sul suo viso, poi sulla foto. «co..» gli strappò di mano la foto e la mise sotto la lampadina del comodino, scrutando la foto appena strappata dalle mani di Harry. «co..che stregoneria è questa? Hai modificato la foto??» scosse la testa, sentendo le spalle ora rilassate, nel sapere che lei era viva. Il peso di quei 10 anni stava pian piano sparendo dalle sue spalle. Girò la foto e le fece leggere la dedica dietro, scritta dalla madre di Lee. Aveva rubato quella foto dall’album di famiglia, prima di andarsene. La foto ritraeva lei che sorrideva verso la fotocamera, e lui che le tirava la coda. Era stata scattata due giorni prima della sua scomparsa. La vide far cadere la foto ed entrare in uno stato di shock. E ci mise poco a capire che Summer non sapeva davvero di essere Lee, e che non stava solamente recitando. Summer, non sapeva di essere Lee. E tutto il peso che fino a quel momento era andato via, tornò tutto sulle spalle. «Summer.. ti prego ho bisogno di sentirti dire che sei Lee!!» sussurrò stanco. Quando, dopo due minuti, Summer non si era ancora mossa dalla stessa posizione, e la scosse con violenza finalmente riuscì a farsi guardare. «io..» scoppiò a piangere e si nascose nel suo petto. L’accolse, perché Harry accoglieva sempre persone che avevano bisogno di lui, ma anche lui sentiva il peso di tutto quello farsi largo in lui. Appoggiò la fronte alla spalla tremolante di Summer, cominciando a piangere silenziosamente anche lui. Non era possibile, non era possibile. L’aveva ritrovata, e lei non si ricordava nulla. Perché? Perché la vita era stata così fottutamente stronza con lui e con lei? La strinse forte a sé, mentre lei piangeva perché non riusciva a capire cosa cazzo stava succedendo, e lui piangeva per la frustrazione. Era contento di averla ritrovata, di averla tra le braccia e sapere che Summer in fondo era Lee, ma al tempo stesso si sentiva uno schifo perché lei non si ricordava di lui. Cercò di rimanere calmo, e cercare di capire che diavolo succedeva. L’ascoltò piangere, e quando smise la vide riemergere dal suo petto, asciugandosi le lacrime salate. «io.. io..» Harry sorrise con dolcezza. «stai tranquilla. Raccontami il tuo passato. Ricordi qualcosa?» la vide scuotere la testa. «i miei primi ricordi risalgono a quando avevo 11 anni.» la sentì prendere un respiro profondo. «non ho mai chiesto a mio padre il perché non avesse foto di me da piccola. Però una volta a scuola ci hanno chiesto di fare un albero genealogico con le foto della nostra famiglia. Mio padre mi spiegò che..» deglutì, aggrottando le sopracciglia. «che.. che c’era stato un incendio ed erano andate perse tutte le foto, tutti i ricordi..» Harry sorrise. «forse.. se è come dici tu..» la vide deglutire. «..ecco perché non ho foto da me da piccola. Quello non è realmente mio padre!» scosse la testa, con dolcezza. «ma non ricordo nulla, Harry. Sono sempre stata molto ingenua, credevo a tutto quello che mi diceva mio padre.» gli sfiorò i capelli. «non fa niente. Domani ti porto da un dottore, vediamo cosa dice! Però ora riposati!» Si mise steso, e la fece accoccolare al suo fianco. Prese a giocare con i suoi capelli, pensieroso.
«tu sei sicuro che sono Lee?» domandò ad un tratto, rompendo il silenzio creatosi dentro la stanza. «si. I vostri DNA combaciano. Il DNA non mentisce mai!» rispose, pacato ma perso nei suoi pensieri. «e quella bambina che hanno trovato?» sospirò. «a quanto pare c’è stato un errore. Il capello che hanno trovato al suo fianco era il tuo, ma forse.. non so Summer. A me interessa solamente che la mia Lee sia viva.» ammise. Ancora non riusciva ad associarla a Lee, ci voleva del tempo. «ma come hai fatto a far confrontare i dna?» si girò a guardarla. Era curiosa, forse perché finalmente riusciva a sapere qualcosa del suo passato. «ho preso la tua spazzola in bagno. Ho detto a Jason di fare l’esame su ogni capello su quella spazzola. Ogni esame è combaciato con quello del capello di lee che avevano preso anni fa per prelevare il Dna.» spiegò, con tono stanco ma anche sollevato. «come faceva ad esserci un mio capello su quella bambina?» domandò ancora, interrompendo il silenzio creatosi. «forse ce l’aveva l’assassino addosso.. non lo so Summer.» rispose, continuando a giocare con i suoi capelli. Al suo fianco Summer pensava. Lui continuava a ripetersi nel cervello “l’ho ritrovata. E’ qui, vicino a me” ma allora perché non riusciva a crederci? Perché non si sentiva felice di avere di nuovo Lee al suo fianco? Forse per la paura che se si lasciava andare alla felicità, si svegliava e capiva che era un sogno, oppure tutto spariva. «Harry..» si girò di nuovo a guardare la ragazza, perdendosi nei suoi occhi. Belli, come solo quelli di Lee sapevano essere. Erano diventati ancora più lucenti, forse dovuti alla crescita. Il disegno dei suoi occhi era diverso, ma a lui interessavano le pupille. Da annegarci dentro. «non sai quanto ho sperato rivedere i tuoi occhi. Non sai quanto mi erano mancati.» la vide guardarlo, per poi sorridere. «ho sempre pensato che i miei occhi mettono soggezione alla gente..» ammise, timida. «a me sono sempre piaciuti, e sempre mi piaceranno!» sussurrò, con tono roco. Tornò a guardare il soffitto, cercando di rendersi conto che era vivo, sveglio e che non stava sognando. «come ti senti?» domandò ad un tratto. «strano. Fino ad una settimana fa cercavo di rendermi conto che eri morta, continuavo a sperare che non fosse così. Non volevo lasciar andare il mio cervello alla consapevolezza che tu eri morta. In fondo a me, sapevo che non eri morta.. Abbiamo sempre avuto un legame forte, quando tu stavi male, io stavo male. Quando tu ridevi, io ridevo insieme a te. Se eri davvero morta, avrei percepito il tuo dolore, la tua perdita. Non l’ho mai sentita questa perdita, e fino ad una settimana fa continuavo a sperare, ma tutti mi spingevano a credere che eri morta, e dovevo far capire alla gente che non stavo così male. Mi sono sentito anche in colpa quando mi sono reso conto che la tua immagine offuscava quella di te da piccola. Ogni volta mi rendevo conto che più stavo con te, e più dimenticavo la piccola Lee. Mi sentivo una merda. Ma ora che finalmente so la verità..» scosse la testa, pensieroso. «.. non riesco a crederci perché ho paura che se ci credo, tutto mi scivoli di nuovo dalle mani. E ad esserne contento, forse perché tu non ricordi nulla!» quando si girò di nuovo a guardarla, vide dei lacrimoni nei suoi occhi. Sorrise, con dolcezza. «mi dispiace..» sussurrò con tono dispiaciuto. «non fa nulla. L’unica cosa che mi interessa è che tu sia viva, e che stai bene!» la vide sorridere.
La vide mordersi il labbro, pensierosa. «ora forse capisco tutto..» la guardò incuriosito. «la prima volta che sei venuto al Night Club, e ho posato lo sguardo su di te, vedendo che mi stavi guardando.. Appena ho incrociato i tuoi occhi che mi guardavano, mi sono sentita a casa. Ogni volta che ti guardo, mi sento al sicuro. Poi ti ho conosciuto, e mi sono stupita che tu non volessi fare sesso con me, ma semplicemente conoscermi. Con il passare dei giorni, mi stupivo sempre di più di questo strano calore che mi prendeva, rendendomi conto che tu non mi trattavi come gli altri, che avevi riguardo verso di me. Mi sei piaciuto subito, forse perché con te mi sento al sicuro.. E in questa settimana che non ci siamo visti, ho capito che mi piaceva stare con te, che.. stare con te non significava solamente avere un ragazzo al fianco, ma.. anche un fratello, un migliore amico!» sentì sulle sue labbra un sorriso dolce. «per questo abbiamo fatto un patto di sangue!» lo sguardo che gli fece, lo fece ridacchiare. Gli raccontò quell’evento, e dopo la vide guardarsi il dito dove ovviamente non vi era nessuna cicatrice. «ma quanto eravamo stupidi?» si stava fidando di lui. Credeva anche lei che fosse Lee. Senza nessuna prova, senza parlare con un dottore. Si stava fidando, si ritrovò a costatare Harry. «ti va di raccontarmi qualcosa di quando eravamo piccoli?» con un sorriso annuì, e continuando a giocare con i suoi capelli, prese a raccontare tutto quello che ricordava. Mentre raccontava vedeva le immagini che stava narrando nel suo cervello, ben dettagliate. Ricordava tutto così perfettamente. Lei rideva a seconda dei racconti o scuoteva la testa quando lo sentiva dire che era un bambino iperattivo quando lei era al suo fianco, e che le faceva perdere la testa. Era lì, la sua Lee era al suo fianco, ancora non ci voleva credere. Ma prima o poi ci avrebbe creduto, anche nel suo cuore. E dovevano ancora superare tante altre cose. Il giorno dopo l’avrebbe portata in ospedale, per vedere perché aveva dimenticato tutto. Poi, sarebbero dovuti tornare per avvisare i suoi veri genitori, che la figlia non era morta. Ma con calma, perché anche se Summer credeva a Harry, e ai suoi racconti, capì che per lei era difficile. Con calma dovevano risistemare la vita di entrambi, e della gente che aveva voluto bene alla bambina. Poco gli interessava di sapere che c’era ancora tanto da fare, l’importante era che Lee fosse viva, con lui e ogni cosa l’avrebbero superata insieme, come facevano quando erano piccoli. Mano nella mano, a sfidare il mondo all’infuori di loro.


Spazio dell'autrice: Ho aggiornato, perché praticamente mi decapitavate se non aggiornavo oggi. (: Perché quando mi avete detto tutti che Summer era Lee io ho smentito? Perché dovevo portarvi sulla cattiva strada, sennò quale bastarda nata ero? XD Mhm.. ringrazio tutti per i commenti (che poi ieri rileggendo i capitoli mi sono resa conto che in qualche capitolo non vi ho risposto ai commenti, SCUSATEMI! ma sono una rincoglionita perenne!! XD) e per altro.. Boh, fatemi sapere cosa ne pensate!!! Che sono curiosa.
Ricordo che sono su twitter sotto nome di (_marrymezayn) cliccami tutto per arrivare al mio twitter e su Fb mi trovate sotto nome di "Keyra Marrymezayn Smith". cliccami tutto per arrivare al mio profilo FB xxx♥

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Capitolo 10
*** Capitolo 10 -- Non temere. ***


 It's never too late to be who you might have been.
(Non è mai troppo tardi per essere quello che avresti potuto essere) 

Tamburellò ansioso le dita sulle ginocchia, mentre gente di qualsiasi nazionalità o poliziotti passavano di fronte a lui, seduto in una di quelle sedie di plastica che di solito trovi nei distretti di Polizia. La porta dove era entrata Lee si aprì, e lui quasi scattò in piedi ma vedendo che non era Lee, tornò a sedersi tanto che il poliziotto che era uscito gli sorrise dispiaciuto. Erano ormai due ore che stava lì dentro e cominciava a preoccuparsi. Come promesso aveva portato Lee – si, ancora gli faceva strano pensare che Summer in realtà era Lee, quindi faceva ancora fatica a chiamarla Lee e non Summer – al distretto di Polizia, per l’interrogatorio, poi sarebbero andati a Holmes Chapel. Aveva deciso di parlare con il dottore di fiducia, uno dei più bravi. Si fidava solamente di lui. E poi.. Era indeciso se andare a dire ai genitori di Lee che era ancora viva. Però da una parte aveva paura. Sempre la solita paura che tutto fosse un sogno e che Summer non era Lee. Però aveva visto quei fogli, con su scritto che i DNA combaciavano e aveva anche parlato con quello che aveva fatto gli esami. Lui stesso gli aveva detto che aveva fatto l’esame ben 20 volte e che aveva sempre combaciato. Sospirando si sistemò i capelli, nello stesso momento che la porta si apriva di nuovo, facendogli vedere la figura di Lee. «ehi..» si alzò e le andò incontro, vedendola sorridere. Lei non rispose e si buttò su di lui, per chiedergli un abbraccio. La strinse delicatamente tra le braccia, dandole un bacio nei capelli. «tutto ok?» la sentì annuire debolmente. «è tutto finito. Ora sei libera!» la ragazza tirò un sospiro di sollievo e poi riemerse dal suo petto, facendogli un sorriso stupendo. La guardò negli occhi, e ci si perse dentro. Verde-azzurro, azzurro-verde, verde-azzurro. Avrebbe continuato a guardare quegli occhioni senza mai stufarsi, dopo tutti quei anni che non aveva potuto guardarli. «quando mi guardi negli occhi, assumi una faccia da pesce lesso, sai?» tornò sul mondo dei vivi, e fece una smorfia. «sei così dolce, piccola!» la sfotté facendola ridere di gusto. «allora, andiamo o no da questo benedetto medico?» domandò poco dopo, mentre lui continuava a studiare il suo viso, i suoi occhi e cercava di farsi una ragione che Summer era Lee. Sorrise, nel vederla così pronta a quel passo. Sembrava che Summer non vedesse l’ora di scoprire perché non ricordava più nulla, e stava prendendo bene il fatto che finalmente aveva un’identità. «Sum..» si azzittì, pensieroso. «mi puoi chiamare come vuoi. Summer o Lee. Non mi dispiace Lee come nome, sai?» sorrise debolmente, abbassando gli occhi sulla collanina che portava al collo. «Ho paura che da un momento all’altro entri in un secondo stato di shock.» la ragazza lo prese per mano e lo portò dove poco prima stava seduto tutto solo, in ansia. Si accomodarono e lei si girò verso di lui, con un sorriso. «Harry. Io per 18 anni della mia vita non ho saputo praticamente niente della mia famiglia. Ho sempre pensato che qualcosa non andava, che quello non poteva essere mio padre. Non mi assomigliava per niente, non avevo ricordi infantili con lui e da una parte sapevo che nascondeva qualcosa. Ma quando vivi costantemente con una persona, alla fine ti abitui all’idea che quello è tuo padre e vai avanti. Ma quando arriva un riccio, che ti fa sentire a casa, capisci che devi dargli fiducia. E se lui ti dice che il tuo DNA combacia con quello della sua Lee, tu gli credi. E non perché sei tu, ma perché è il mio cervello a decidere di crederti. Quella foto, Harry.. In quella foto c’è una piccola me.. E se tu mi dici che io sono Lee, io sono Lee. Punto e basta! E voglio scoprire perché ho dimenticato tutto. Ok?» l’ascoltò e ad ogni parola sorrideva sempre di più, felice che Summer gli credesse. «ok. Ma se noi andiamo a Holmes Chapel..» la sentì sospirare. «si, lo so. Incontrerò i miei veri genitori.. Come possiamo fare?» ci pensarono entrambi a quella cosa. «io avevo pensato di andare prima dal medico, poi beh.. ti porterò a casa mia, dove spiegherò a mia madre la situazione. E lei saprà cosa dirmi, saprà indirizzarci!» la ragazza fissò le sue labbra, poi annuì. «allora cominciamo quest’avventura, o no?» sorrise e si sporse a sfiorarle le labbra. Lee lo prese per mano e cominciò ad andare verso la macchina. Saliti in macchina, non chiacchierarono molto. Lui concentrato sulla guida, lei sul panorama fuori dal finestrino. Nell’abitacolo viaggiavano le note di un cantante che in quel momento passavano in radio. Ad un tratto, non sentì più nessuna musica e spostò lo sguardo dalla strada alla radio, vedendo che si era spenta.
Spostò lo sguardo su Lee, e la trovò a guardarlo in modo imbronciato. «cos’è quello sguardo?» chiese, tornando a guardare la strada. «mi domandavo..» la sentì bloccarsi, e annuì come a dirle di continuare. «non abbiamo finito quel discorso..» alzò un sopracciglio quando la sentì fermarsi di nuovo e si girò a guardarla nel momento del rettilineo. «quale discorso?» chiese, cercando di capire tornando poi a guardare la strada. «beh quello..» attese e la sentì sospirare diverse volte. «quello di stare insieme..» non rispose subito, prima il suo cervello aveva bisogno di realizzare a quella frase. Si girò a guardarla e annuì. «mi pare che sei stata chiara, no?» domandò un po’ brusco. La vide sorridere mentre tornava a guardare la strada. «mi pare che tu non eri molto d’accordo che ero stata così chiara.» gli fece notare lei, e strinse le mani sul voltante. «io sono rimasto della mia idea.» sussurrò, continuando a guidare verso casa. Crollò di nuovo il silenzio. «io non so amare, Harry!» per la frustrazione diede un pugno sul volante. «cazzate. Tu sai amare sennò quel giorno in piscina non ci sarebbe stato, Summer! Tu hai solo paura d’amare.» disse, con la mascella irrigidita. E con quella frase, lasciò senza parole Summer, che tornò a guardare fuori dal finestrino. «e se anche fosse? Chi mi assicura che tu mi rimani al fianco?» si girò a guardarla, mentre stavano fermi in fila per pagare il casello. «ma sei scema?» se ne uscì, facendola girare verso di lui. «partendo dal fatto che se ho pagato non si sa quanti soldi pur di conoscerti, parlare con te e senza fare sesso, un motivo ci sarà. Ho aspettato perché eri tu quella che non sapeva “amare” e abbiamo fatto l’amore. E poi mi vieni a dire che non ti resterò al fianco?» Summer lo guardò stranita. «in più, ti ricordo che ancora prima di sapere che eri la mia Lee, io da bambino pensavo che ci saremmo sposati. Non credo all’amore più vero come nelle favole, ora che sono cresciuto. Ma facci caso..» pagò l’uomo senza neanche salutarlo, poi ripartì. «eravamo amici da piccoli. Mi piacevi e credevo che da grandi ci saremmo sposati. Ti ho perso, per dieci anni ti ho pensato, ti ho ritrovato senza sapere che eri tu, ho imparato a volerti bene senza sapere che eri Lee, e ora che so la verità, non mi pare di provare cose diverse. Ti voglio comunque un gran bene.. Perché dovrei andarmene?» Summer lo ascoltava quasi rapita. Non rispose e tornò a guardare fuori dal finestrino. Solo a venti minuti dalla loro cittadina, sentì la mano di Summer posarsi sulla sua posata sul cambio. Intrecciò le dita con le sue, mentre un sorriso si disegnava sulle sue labbra. «grazie..» lasciò viaggiare quell’unica parola per tutto l’abitacolo, finché non arrivarono a destinazione. Usciti dalla macchina entrò dentro lo studio medico dove c’era il suo dottore di fiducia e sorrise alla donna seduta dietro la scrivania. «Harry!» la vide uscire da dietro la scrivania per saltargli addosso. «Ciao Marie Anne, come stai?» la donna dopo avergli stampato un bacio sulla fronte, lo guardò da capo a piedi, preoccupata. «io bene, ma tu mangi abbastanza? Sei dimagrito tantissimo, sai?» la guardò con dolcezza. «mangio Marie, tranquilla! Ho telefonato stamattina per un appuntamento.» spiegò mentre la donna si girava a guardare la ragazza e sorrideva con dolcezza. «si, certo! Il dottore è libero, vai pure!» prese per mano la ragazza e si diresse verso la porta dove c’era il suo medico di fiducia. Bussò e quando quello diede il permesso di entrare, aprì la porta. «Harry, figliolo! Come stai?» si strinsero la mano. «bene, bene. Lei?» chiese, gentilmente, mentre si accomodavano nelle due poltrone dalla parte opposta del dottore. «bene, grazie! Allora qual è il problema di cui mi parlavi questa mattina?» chiese, assumendo il tono da dottore. Si girò verso Summer, che stava a testa bassa e la sentì stringere la sua mano. Tornò a guardare l’uomo e sospirò. Non era giusto che quel dottore sapesse ancora prima dei suoi genitori che Lee era viva.. «è una cosa che rimane tra noi, vero dottore?» l’uomo annuì. «ho il segreto professionale. Dimmi tutto, tranquillo!» sospirò. «Si ricorda Lee, vero?» lo vide annuire ancora. «mi dispiace moltissimo..» scosse la testa e indicò la ragazza al suo fianco. «è lei Lee. Ma non ricorda nulla.» l’uomo spostò lo sguardo sulla ragazza, a bocca aperta. «come è Lee?» chiese, incredulo. «è una lunga storia, dottore. So solo che il DNA di questa ragazza coincide per ben 20 volte con quello del capello di Lee. E’ lei, ma non ricorda nulla..» dopo un momento di incredulità sulle parole dette da Harry, il dottore tornò quello di prima, professionale. «ehm..» lo vide mordersi il labbro inferiore, nervoso. «Lee.. Qual è il tuo primo ricordo?» domandò appoggiandosi sullo schienale della sedia, e buttandosi indietro con il peso, intrecciando le dita. Si girò a guardare Summer, e la vide mordersi l’interno della bocca scuotendo il capo. «non so.. undici, dodici anni!» ammise, pensierosa. «hai provato ad andare indietro con la mente, cercare di rivivere il tuo passato? E’ molto strano che ricordi dai undici anni. Di solito i ricordi ricadono ai 4 o cinque anni.. 6 nelle eccezioni più strane.» ammise l’uomo mentre Summer scuoteva la testa. «Non prima dottore. Non ho ricordi di me prima dei 11 anni. Non ricordo assolutamente niente prima dei 11 o 12 anni.» spiegò, stranita. L’uomo la fissò, attentamente. Poi tornò a guardare Harry. «Tu sei..» tirò fuori i fogli ancora prima di farlo finire di parlare e glieli fece vedere. Li scrutò attentamente, muovendo lo sguardo da un foglio all’altro e sospirando li ridiede a Harry. «ok. Facciamo un giro di telefonate! Aspettatemi qui!» l’uomo si alzò e Harry si rilassò sulla sua poltrona.
Attesero per quasi un ora, fuori dallo studio quando il dottore tornò dicendo che era arrivato un suo amico dottore che si occupava di quel campo. Summer venne controllata e alla fine ad Harry fu permesso rientrare in stanza. Scrutò attentamente Summer, che gli sorrise come a volergli dire che andava tutto bene. Si era accorta del suo sguardo indagatore. Si rimise seduto e guardò l’uomo appoggiato alla scrivania del suo dottore. «allora.. La cosa è semplice!» Harry annuì, in ansia. «la tua ragazza..» a quelle parole divennero rossi tutti e due, anche perché non stavano insieme, ma ok! «..ha un vuoto di memoria. Ha avuto un colpo così forte, da dimenticare tutto quello che c’era prima dei suoi primi ricordi.» Harry aggrottò le sopracciglia. «e..e..» deglutì a fatica. «non ricorderà mai niente?» l’uomo scosse la testa. «no, non ha preso botte o avuto danni cerebrali. Semplicemente il colpo che ha subito, è stato così intenso che la ragazza si è dimenticata di tutto il suo passato. Ora non so cosa è successo e non voglio saperlo, ma non ci sono stati traumi o botte sulla testa. Quindi bisognerà lavorare per farle ricordare il passato.» Harry ci pensò un pochino, mentre quelle parole prendevano forma nel suo cervello, per poi sorridere a trentadue denti. «quindi mi sta dicendo che se mi metto di impegno, si ricorderà tutto?» l’uomo sorrise. «non tutto tutto, ma la maggior parte delle cose si..» Harry si girò a guardare Summer, che sorrise felice almeno quanto lui. «la ringrazio!» disse, tornando a guardare l’uomo, che sorrise. «è il mio mestiere! Per qualsiasi cosa, questo è il mio numero!» gli consegnò un biglietto, poi strinse la mano ad entrambi e uscì con Summer. Quando arrivò in macchina, chiuse le porte si lasciò andare alla felicità più estrema. Summer lo guardava in modo incredulo, ma con un sorriso dolce disegnato sulle labbra. «sei contento?» domandò, divertita. «tu non sai quanto, Summer! In fondo al tuo cervello c’è ancora qualche ricordo di me. E farò di tutto per fartene ricordare!» la vide sorridere in un modo ancora più pronunciato. Accese la macchina e si diresse verso la sua casetta nella periferia.
Fermi di fronte alla casa, Harry guardava la porta di casa sua con distacco. «non ce la fai?» si girò a guardare Summer, e si lasciò andare ad un sorriso. «certo che ce la faccio. Sto solamente cercando di creare un discorso nel mio cervello!» spiegò, tornando a guardare la porta rossa di casa sua. Prese un profondo respiro, poi uscì dalla macchina, andando verso la portiera di Summer. Gliel’aprì e attese che scendesse. Suonò al campanello di casa, e poco dopo venne aperta da sua madre. «Harry?» sorrise. «HARRY!» la donna gli saltò addosso, tutta contenta di rivederlo, dandogli baci e abbracci stritolatori. «ciao mamma!» Anne gli sorrise di nuovo tutta contenta, per poi guardare la ragazza al suo fianco. Appena Summer alzò gli occhi in quelli di sua madre, vide il fiato di sua mamma, mozzarsi. Scombussolata da quello sguardo, spostò lo sguardo in quello di Harry. Le leggeva negli occhi l’incredulità, ma al tempo stesso sapeva che nel cervello sua madre si stava dicendo “non è possibile”. «forza, entrate!» si spostò e permise ai due di entrare. Appena si chiuse la porta alle spalle, guardò sua madre. «non me la presenti?» sorrise. «te la presenterò, ma tu devi metterti seduta!» la donna sbiancò. «è rimasta incinta?» chiese preoccupata, facendo ridacchiare entrambi. «no, mamma.. Siediti per favore!» la donna entrò in cucina e spostò Milito, il loro gatto che se ne stava adagiato dolcemente sulla sedia a farsi il suo pisolino. Quando si fu messa seduta, guardò preoccupata Harry che indicava a Summer la sedia e la guardava sedersi. Si mise in mezzo alle due. Si passò una mano nei capelli ricci, nervoso, poi se li sistemò con un gesto veloce della testa. «Harry.. per favore sto per avere un attacco di cuore!» sussurrò Anne, in ansia. Le sorrise e lei ricambiò. «ok..» prese un profondo respiro. «sono due giorni che penso a come dirtelo, e non c’è nessun modo per dirlo meglio.» la donna lo scrutò attentamente. «ho visto il tuo sguardo appena hai visto i suoi occhi.» Anne fece una smorfia, ma non disse nulla. «di fronte a te, c’è la vera Lee.» il silenzio crollò in una qualsiasi cucina di un qualsiasi paese dell’Inghilterra.
Attese, sapendo che sua madre aveva bisogno di tempo per ricollegare. «Harry..» la sentì ansimare, ma alzò una mano. «non ho finito. E’ la vera Lee. Appena c’è stato il funerale, ho chiamato un poliziotto che si era preso a cuore la storia di Lee. E con i miei soldi l’ho pagato per trovare il bastardo che l’aveva uccisa. Non ho mai smesso di sperare, mamma. Lee per me non era morta, me lo sentivo nel profondo. Questo poliziotto è andato alla ricerca dello stronzo che aveva ammazzato la mia Lee, mentre io conoscevo lei. Ci siamo conosciuti mesi fa, beh.. non potevo sapere che era la mia Lee perché aveva delle lenti a contatto. In più non era bionda, e pian piano ci siamo conosciuti e.. piaciuti! E’ successo un casino e Summer – indicò la ragazza – è venuta da me, e ha vissuto con noi. Mentre ero in bagno con lei ha chiacchierare, si è tolta le lenti a contatto. Mamma.. Quello è lo sguardo di lee, e tu sai che lo è! Te l’ho letto in faccia la frase “non è possibile”. Ho fatto confrontare un capello di Summer – indicò di nuovo la ragazza – con quello di Lee. Da piccolo Lee si era tagliata una piccola parte di capelli, e me l’aveva donata. Può far schifo come cosa, ma Lee mi donava tutte queste cose strane. Ho preso quei capelli, e li ho dati al poliziotto. Ha fatto i dovuti esami per ben 20 volte, ed è sempre combaciato il loro DNA!» Anne passava lo sguardo da Harry alla ragazza seduta di fronte a lei, incredula. «tu, mi stai dicendo che Summer è Lee?» annuì, debolmente. «e tu mi stai dicendo che Lee è ancora viva?» annuì ancora. La sentì mugugnare e si riappoggiò incredula allo schienale della sedia, scrutando Summer. La ragazza ricambiava lo sguardo, sapendo che anche lei si stava perdendo nei suoi occhi. «possibile che lei non ti abbia riconosciuto, Harry?» domandò, pensierosa. «il fatto di essere stata rapita, le ha inferto un brutto colpo. Ha perso la memoria, e non ricorda nulla prima dei suoi 11 anni.» le due donne continuavano a scrutarsi. «hai pensato che magari..» scosse la testa. «no, non è possibile che mi prenda in giro.» la donna si girò a guardarlo. «non sapeva che Lee aveva gli occhi di colore diverso. E poi perché dovrebbe prendermi in giro?» La donna non rispose, pensierosa. «se lei è davvero Lee.. come diavolo facciamo a dirlo a Paul e Patty?» chiese e lui sospirò. «non lo so.. Per questo prima sono venuto da te, perché non so come comportarmi con loro.» la donna sorrise con dolcezza, sfiorando la mano di suo figlio. «a tempo debito. Ci penseremo. Ora posso abbracciarla?» la ragazza sorrise, e annuì tutta felice che credesse alla storia. Anne si alzò ed abbracciò Summer, per poi guardarla negli occhi. «è lei..» sussurrò a suo figlio, incredula. «Già.. Strano vedere quegli occhioni, vero?» Anne annuì, incredula per poi sorridere alla ragazza e staccarsi da lei. «volete del caffè?»
Per fortuna sua madre capì, e davanti ad una tazza fumante di caffè nero con un cucchiaino di zucchero, si fece raccontare da Summer quello che era successo in tutti quegli anni. La storia che raccontò la fece piangere, ma non si stupì di quella reazione. Anne voleva molto bene a Lee, e sapere che era stata maltrattata da quello che lei credeva suo padre, per poi essere venduta come un oggetto, la distrusse. Quando, dopo aver mangiato e visto un film, Summer si addormentò nel lettone di Harry, il riccio scese in cucina trovando sua madre in finestra, che guardava pensierosa la finestra di casa di Lee. «siamo sicuri che è lei?» annuì, e non si stupì che si era resa conto della sua presenza al suo fianco, anche se non gli stava proprio accanto. «Si, ne sono più che certo!» sussurrò, posando una mano sulla spalla di sua madre. «allora troveremo un modo per dirglielo! Ma dobbiamo avere tatto.» annuì di nuovo, anche se sua madre non poteva vederlo. «certo. Anche Summer/Lee è molto in ansia per quell’incontro, anche se non lo da a vedere.» spiegò delicatamente. La donna si girò a guardarlo, scrutandolo attentamente. «ne sei innamorato, vero?» di nuovo, non rispose a quella domanda. Non sapeva se era innamorato di lei, ma provava un forte affetto. O forse lo era, ma non voleva ammetterlo a se stesso. In quel momento non gli interessava di saperlo, voleva solamente di nuovo la sua Lee con i suoi ricordi. Prima di tutto quello, poi avrebbe pensato anche a loro due, in un modo o nell’altro.

Spazio dell'autrice: And nowww.. ecco il nuovo capitolo! Vediamo cosa volevo dire? Non mi ricordo assolutamente. Ah si.. Non mancano tanti capitoli alla fine della storia, devo ammetterlo! Però mai dire mai, perché magari mi esce fuori qualche altra idea geniale e cambio tutto ahahahah ♥ Io continuo a ringraziarvi per i messaggi che mi mandate, per le recensioni e i commenti su twitter. Vi amo a prescindere gente! Siete adorabili. *__* Se potessi vi sposerei tutte! Anyway.. Credo basti per oggi. Fatemi sapere cosa pensate del capitolo, se vi va! Love u ♥ 

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Capitolo 11
*** Capitolo 11 -- Non trovo una soluzione al dilemma. La cerco, ma non la trovo. ***


Tutti riposavano nella casa, tranne lui. Un momento di pace per poter pensare in santa pace, senza rumore o voci intorno che lo distraevano dai suoi pensieri. Appoggiato alla finestra a guardare sul giardino ma senza vederlo realmente, pensava a quante cose erano cambiate in quelle due settimane. Erano ancora nella casa di Holmes Chapel. Non erano ancora riusciti a far incontrare Lee con sua madre e suo padre. Ma non per niente, ma perché la ragazza ad un tratto aveva cominciato ad avere paura. Addirittura fece di nuovo un esame del dna per rendersi conto che davvero era lei la piccola Lee. Si immaginava che prima o poi avrebbe avuto un attacco di panico, ma fortunatamente era riuscito a farla calmare. Quindi ancora non aveva incontrato i suoi genitori. In quelle due settimane aveva cercato di far ricordare a Lee qualcosa, ma con ben pochi risultati. E doveva ammettere che era stressante, pesante dover far ricordare ad una persona che in fondo non vuole ricordare perché sta bene nella sua beata ignoranza. Non ce l’aveva con lei, assolutamente. La capiva bene, sapeva che era strano e difficile, ma pure lui non stava messo bene.
Dopo quasi un’ora che stava fermo nella stessa posa, vide una persona passare di fronte alla finestra dove era appoggiato lui. Alzò un sopracciglio e andò ad aprire la porta sempre più sconvolto. «t’ho fatto una sorpresa!» gli disse appena si ritrovarono uno di fronte l’altro. «e cosa sei, mio marito che fa le sorprese tornando a casa prima?» chiese, sempre del tutto incredulo al ragazzo di fronte a lui. «mai dire mai, Harry. Mai dire mai!» si abbracciarono poi fece entrare Louis, conducendolo verso la cucina. «che facevi di fronte alla finestra?» chiese il moro, appoggiando la borsa vicino alla sedia. «parlavo con un uccellino.» sussurrò, versando del caffè al ragazzo. «e che ti diceva?» si girò a guardarlo, nel silenzio più totale. «che ti devi fare i cazzi tuoi!» scoppiarono a ridere fragorosamente, e Louis appena terminò di ridere se lo guardò dolcemente. «manchi a casa, sai?» ricambiò la dolcezza nello sguardo. «mancate tanto anche a me, ma è qui che dobbiamo stare. Lee ha bisogno di ricordare e questo è il posto dove deve farlo. A Londra non ricorderebbe nulla!» Louis già stava annuendo ancora prima che terminasse la frase. «come sta?» Posò la tazza di fronte a Louis, poi si mise seduto al suo fianco. «ha avuto un attacco isterico, quando si è resa conto che cosa stava succedendo. Me l’aspettavo da un momento all’altro. Aveva preso tutto così alla leggera che ero sicuro che prima o poi avrebbe avuto un attacco di panico o qualcosa di simile.» Louis l’ascoltava in modo rapito, come se Harry fosse un menestrello e lui un bambino avido di sapere qualche nuova storia che non conosceva. «e tu come stai?» alzò lo sguardo dalla sua tazza di caffè e scrutò Louis. «bene, sono al settimo cielo. Attendo solo che..» forse aveva usato un tono fin troppo felice, tanto che Louis scosse la testa già a metà frase. «non mentire con me, Harry!» le spalle gli crollarono, come se a tenerle su ci fosse un peso. «sono stanco. Non vedo miglioramenti, non vedo la speranza che lei torni a ricordare. Ogni giorno mi ricordo che è già tanto che è viva, ma.. mi piacerebbe tanto riaverla indietro. Sono così avido di riavere la mia vecchia Lee che..» si bloccò e per un tempo indeterminato si guardarono dritto negli occhi. «non dirmelo..» sussurrò Louis, incredulo. Si ritrovò ad annuire. «non ci riesco..» sussurrò così abbattuto che abbassò anche lo sguardo dalla vergogna. «no aspetta. Tu di chi sei innamorato? Di Lee o di Summer?» si guardò intorno come se cercasse la risposta lì, attaccata al muro su un cartellone. Oppure sui tanti ricordini attaccati sul frigorifero. Niente, nessuna risposta. «non.. non lo so! Con Summer ho avuto il sesso più bello mai avuto ma con Lee… c’è sempre stata un’amicizia fraterna.» il ragazzo dagli occhi azzurri lo scrutava attentamente. «però è anche vero che Summer e Lee sono la stessa persona!» lo vide scuotere la testa, come se non ci credesse ancora. Louis posò una mano sulla sua, dolcemente. «anche tu hai bisogno del tuo tempo per capire, Harry. Hai creduto che Lee era morta, poi hai scoperto che Lee in realtà era viva e ce l’avevi davanti agli occhi. Non succede nulla se non riesci ad andarci a letto. Lei capirà!» Harry scosse la testa. «mi cerca ma.. anche lei si sente nello stesso modo. E’ confusa, lo siamo entrambi.» Louis sorrise con dolcezza, come un padre sorride al proprio bambino. «Harry..» il riccio alzò la testa verso di lui, dispiaciuto. «sei innamorato di Lee o no?» di fronte a quella domanda, non trovò risposta. Non lo sapeva, non sapeva neanche più cosa pensare. «non lo so..»
Mentre pensava a quella domanda sentì la porta di casa sbattere e alzò gli occhi verso la porta della cucina. «chi è?» Nessuna risposta. Si alzò e andò a controllare chi fosse, ma non vide nessuno. Si girò per tornare in cucina, con un’espressione strana in faccia e quando vide le scale, gli balenò in mente una cosa. Le salì a due a due ed entrò nella sua camera, trovando il letto vuoto. «cazzo!» prese il giacchetto e corse di nuovo giù nello stesso momento che Louis si affacciava dalla cucina. «Harry?» sussurrò cercando di capire. «ha sentito tutto, merda!» mentre finiva di parlare già stava fuori di casa. Louis rimase dentro casa, chiudendo la porta visto che Harry l’aveva lasciata aperta.
Che coglione, che coglione che era stato. Ma gli parevano discorsi da fare con Lee in casa? Che demente, cazzo! Ma come si era permesso di farle quella cosa? Era anche vero che non poteva sapere che Lee era in ascolto, la credeva addormentata nel suo letto, del tutto ignara che in cucina si stava parlando di lei.
La cercò così tanto e per tutta la città che quando si ritrovò di fronte casa si rese conto che stava venendo buio. Sospirò, guardandosi intorno. «dove sei, Lee?» Si morse il labbro inferiore, per poi rigirarsi e tornare dentro casa. Sarebbe tornata. Ma gli cadde lo sguardo su un parco poco distante da casa loro, che non aveva controllato. Corse lì, cercandola sulle altalene e varie panchine, ma non trovandola. Che stupido. Non poteva essere lì. Non poteva sapere che quello era lo stesso parco dove si nascondeva quando aveva bisogno di tranquillità quando era piccola. Ma.. Si piegò dentro all’elefantino, che aveva un’apertura sotto allo scivolo e la trovò rannicchiata lì sotto. Si appoggiò sui talloni, tenendosi al bordo dell’entrata. Stava piangendo. Entrò anche lui, e se la strinse addosso, con dolcezza accarezzandole i capelli. «sono solo un peso per te!» la sentì sussurrare tra le lacrime. «shht! Non dirlo neanche per scherzo, Lee!» le baciò la testa, delicatamente. «si, lo sono!» appoggiò la testa al legno e guardò la parte alta – che non era altro la parte sotto dello scivolo – pieno di gomme appiccicate. Loro due, in primis avevano attaccato gomme americane sugli angoli di quell’elefantino. Vandali già da piccoli. «no, non lo sei. E’ solo che..» tirò un sospiro frustrato, poi tornò a posare le labbra sui suoi capelli. «anche io ho bisogno di sistemare i miei pensieri, Lee. Non ho.. tempo per rendermi conto che tutto è vero, che non sto sognando e che non mi sveglierò grondando di sudore per il sogno appena avuto. E’ la realtà e io non me ne rendo conto.» spiegò, con tono dispiaciuto come se fosse colpa sua che non riusciva a pensare a nulla. «non provi più niente per me.» ecco. Quella era la frase che temeva di più. «sbagliato anche questo, Lee.» rimase in silenzio per alcuni minuti. «devo solo sistemare i miei pensieri, Lee. Non riesco a collegare tutto. Non ho le palle di mettere a posto i miei pensieri, perché ho paura che tutto questo è un sogno. Il non lo so che hai sentito tu, non era un no. Semplicemente non riesco ancora a..» deglutì. «rendere tutto reale. Sono stordito e non ho più la facoltà di pensare liberamente. Il cervello dice una cosa, il cuore un’altra. Ma questo non significa che non mi piaci e che non ti voglio più. Semplicemente dammi tempo anche a me di capire cosa provo.» affondò lo sguardo in quello di lei e sorrise. Si abbassò leggermente a sfiorarle le labbra. «come puoi pensare che sei un peso? Come puoi pensare che non provo niente per te?» chiese a lei, che affondò la faccia nell’incavo del suo collo. Rimasero lì per quasi un ora. «sai che venivi qui da bambina quando avevi bisogno di pace?» la ragazza alzò la testa e lo guardò negli occhi. «davvero?» annuì leggermente, perdendosi in quegli occhioni così strani ma belli. «qui ci siamo dati anche il primo bacio. O meglio. Io ho baciato te e tu mi hai dato una capocciata perché non volevi baciarmi!» scoppiarono a ridere entrambi. «Ritorniamo?» la ragazza annuì e con un sorriso uscì, poi prese per mano Lee, dirigendosi verso casa. «voglio conoscerli.» si girò a guardare Lee con un sorriso. «va bene. Ti ci porterò stasera!» sussurrò.
Stavano per attraversare la strada quando sentì un dolore al fianco destro, per poi sentirlo anche sulla schiena. Gli uscì un gemito e abbassò lo sguardo, sentendo Lee urlare impaurita. I suoi occhi verdi, videro la camicia che indossava quel giorno, piena di sangue. Che diavolo stava succedendo? Sentì le gambe cedere ma Lee cercò con tutta se stessa di tenerlo in piedi, mentre chiedeva aiuto urlando. Non.. che era successo? Il dolore era allucinante, impossibile da spiegare. Un conto è sentire uno sparo e poi il dolore. Un conto è che cammini per strada e qualcuno ti infila per diverse volte un coltello dentro la schiena e sul fianco. Lee cadde a terra sotto il peso di Harry, mentre questo rimaneva inerme tra le sue braccia. «Harry? Harry?» Spostò lo sguardo su Lee e sorrise debolmente. Non stava morendo o almeno ancora no. Anne attraversò la strada e si inginocchiò verso i due ragazzi, chiamando subito un’ambulanza. Poco dopo, sentì anche la voce di Louis mentre perdeva la concezione del tempo e dello spazio. Sentiva tante voci intorno a lui, ma non riusciva a muoversi per il dolore che stava provando. Quando arrivò l’ambulanza, perse i sensi.
 
 
«perché non si sveglia?» chiese la voce delicata di Lee a qualcuno che in quel momento, rimaneva in silenzio. Mamma che dolore che stava provando. Sentiva tutta la parte destra della schiena e del corpo intorpidita. Era più fastidio che dolore. «vedrai che si sveglia! Ha perso molto sangue, Lee. Si risveglierà.» sussurrò quella che gli sembrava, fosse la voce di Niall. Niall? Che ci faceva lì? Una mano strinse la sua, poi sentì qualcosa di bagnato sopra di esso. Provò ad aprire gli occhi ma era troppo faticoso. Non aveva forze. «Lee?» provò a parlare, ma era comunque uno sforzo assurdo. Gli uscì un sussurro, che fortunatamente la ragazza sentì. «Harry! Harry.. grazie a Dio!» le mani fredde di Lee sfiorarono il suo viso e rimase inerme a quella dimostrazione d’affetto. Non che non le piacessero, però era richiedere troppo sforzo a quel corpo che quel giorno, sembrava non essere dalla sua parte. Provò di nuovo ad aprire gli occhi e dopo quasi dieci minuti ci riuscì. Sbatté le ciglia, posò lo sguardo su Lee che lo fissava e riuscì a farle un sorriso. «come ti senti?» aprì la bocca, mentre richiudeva gli occhi. Ok, lei stava bene quindi poteva tornare a dormire. «stanco.» sussurrò ancora, con sforzo. «Dormi Harry. Dormi tranquillo, ci siamo noi qui!» ricadde in un sonno senza sogni per altre dieci ore.

**

 
Aprì gli occhi e si guardò intorno. Lee dormiva nel letto accanto, Zayn sul divano appoggiato alla spalla di Keyra che dormiva rannicchiata all’angolo. Louis seduto vicino a lui, appoggiato sul suo letto. Niall su una poltrona e Liam dalla parte opposta di Louis. Tutti lì, come dei profughi. Mosse la mano e diede fastidio a Louis, che si svegliò così di colpo che saltò su guardandosi intorno. Quando lo vide sveglio, sorrise. «ehi.. come ti butta?» mosse la mano. «ho sete!» ammise, sempre con voce stanca e roca. Louis prese un bicchiere e gli versò un po’ di acqua, aiutandolo a bere. «che è successo?» chiese, cercando di capire cos’era successo in quei giorni. «ti hanno accoltellato. Per fortuna c’era Lee sennò ti facevano a fettine.» sbatté le ciglia e provò a mettersi seduto, ma il suo corpo urlò di protesta e dovette rimanere così, steso come un morto. «chi?» Louis alzò le spalle. «non si sa. La polizia sta indagando. Ma il tuo amico poliziotto crede sia qualcosa che ha a che fare con quello successo a Lee. Come un regolamento di conti.» alzò un sopracciglio. «Lei sta bene?» il moro gli fece un sorriso malizioso. «bene, a parte il colpo che si è presa. Ma ti preoccupi per lei?» annuì, guardandolo male. «non dovrei? E’ pur sempre Lee.» Si sorrisero. «Le vuoi bene!» «certo che le voglio bene, Louis. Ti pare che non le voglio bene?» sussurrò richiudendo gli occhi. «sei stanco?» Annuì, debolmente. «allora dormi..» e crollò di nuovo a dormire, senza nemmeno volerlo. Il sangue che aveva perso portava il suo corpo ad essere perennemente stanco. E si sa, le trasfusioni di sangue erano miracolose, ma il corpo era stato messo a dura prova e con questo era stanco.
 

**

 
«La finite di essere così cretini tutti quanti?» chiese la voce di Harry, mentre li guardava menarsi e giocare. Lee era seduta al suo fianco – finalmente era riuscito a mettersi a sedere e non stare come un morto sul letto di morte – e giocava con i suoi capelli ricci. «è lui che è cretino!» sbottò Zayn, dando uno schiaffo a Louis, che rispose con una mossa di Kung fu, non riuscita benissimo. Lee rideva allegramente, scuotendo il capo. Tutto sembrava essere tornato come prima. Tutti erano molto più tranquilli, vedendo che Harry si stava rimettendo. Lui, beh.. Lui continuava a sorridere. Perché aveva un gruppo di amici eccezionali e.. - una ragazza? La poteva definire così? - altrettanto eccezionale. Ricordava ben poco di quello che era successo, non ricordava il volto dell'uomo che l'aveva accoltellato, ma questo tanto non gli interessava. Non voleva scoprire neanche chi era, perché avrebbe portato altri problemi se avessero capito chi gli aveva fatto quello. L'importante era che era vivo, vegeto e con quei deficienti come amici. Zayn, Liam, Niall e Keyra erano partiti appena Louis li aveva avvisati di quello che era successo. E si erano praticamente accampati nella sua stanza, come dei profughi. Nessuno se ne andava, al massimo passavano a casa di Harry per farsi una doccia, cambiarsi ma subito tornavano all'ospedale per far compagnia al ragazzo. Non rimaneva mai solo. Ed era dannatamente bello sapere che puoi contare su delle persone. Fortunatamente dormiva in una stanza da solo, quindi gli altri potevano benissimo rimanere lì con lui anche la notte. Tutti pronti a fare da guardia, super protettivi. «bastaaa! Mi state facendo venire il mal di testa.» «chiamo l’infermiera sexy?» guardò male Louis, per poi scuotere la testa divertito e facendosi uscire un sospiro depresso. Si stava riprendendo, molto lentamente, ma si stava riprendendo. I punti – i maledetti punti – tiravano come solo dio sapeva. E facevano male. Non poteva muoversi, perché sennò si riaprivano oppure gli si infettavano. Aveva così tanta voglia di tornare a camminare che quasi sembrava come un bambino irrequieto perché non può aprire i suoi regali a natale, in quel letto. Appoggiò la testa sul cuscino e si girò a guardare Lee. Sentendosi osservata si girò a guardarlo e gli sorrise. «tutto ok?» annuì e fece il gesto tipico con la mano come per dire “avvicinati”. La ragazza lo fece e la baciò, subito fischiati da tutti. «ehie ehi ehi.. se dovete fare un figlio, per favore non di fronte a me. Ci rimango stupido!» esclamò Louis, divertito. «tu sei già stupido, Louis! Non puoi esserlo di più.» Dopo una smorfia da bambino piccolo con tanto di labbruccio all’infuori, Louis si buttò su Liam che ribeccò Harry per quella cattiveria. Quante altre sorprese avrebbe avuto nella sua vita?
Da quando aveva ritrovato Lee tutto era una sorpresa. Non vedeva più il suo futuro e non riusciva neanche ad immaginarlo. Capì che doveva mettere le cose a posto, solo dopo quell’esperienza. Sia quelle di Lee che le sue. Aveva bisogno per pensare e appena avrebbe potuto uscire da quell’ospedale, un solo posto l’avrebbe aiutato a stare in pace con i sensi, per poter capire cosa provava veramente. Di sicuro non provava indifferenza verso Lee. Praticamente da quando aveva ricominciato a vivere, perché in quei giorni aveva fatto tutto tranne che vivere, aveva notato come avesse bisogno della vicinanza di Lee. Aveva dormito per due giorni interi ma da quando si era risvegliato, tutto era stato un po’ più chiaro.
Che cosa? Lo scoprirete nella prossima puntata.  

Ok, perché c'ho messo tanto? Ehhhh.. perché? boh! U.U in realtà era tutto pronto nel cervello, ma.. mi sono decisa a finirlo di scriverlo solo oggi perché una mia amica mi ha praticamente minacciato di rompermi i coglioni su twitter se non pubblicavo entro stasera. Come al solito, non mi convince neanche questo capitolo, ma va bene. ò__ò Ditemi, chi vedete quando pensate a Lee? Quale Attrice, fotomodella o cantante? ò__ò 
Per il resto.. scusate tanto per l'attesa ma.. ò__ò ma niente.. non c'avevo la forza di scriverlo. Anche perché l'idea che è quasi finita mi porta a scrivere capitoli ogni tre mesi ahahahah.
♥ Grazie comunque a tutti quelli che la seguono. Love ya! 

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Capitolo 12
*** Capitolo 12 -- Non ho mai smesso di aspettarti. ***


Non ho mai smesso di aspettarti. Non sto più con il naso appiccicato alla finestra per vederti spuntare all’improvviso, non vivo più con il telefono continuamente in mano, non parlo più di te con chiunque incontri, non passo più le notti in bianco pregando che tu non ti innamori di un’altra. La vita va avanti, ma io ti aspetto ancora. Ti aspetto con dignità, con la calma di chi sa che, anche se non tornerai, ti aspetterà fino alla fine.

«mi raccomando, se senti dolore, fermatevi!» annuì, alzando gli occhi al cielo per poi tornare a guardare la donna ferma sulla porta di casa già aperta. Al suo fianco, Lee che attendeva Anne per andare a fare qualche compera. «si mamma!» sussurrò con quel tono che si usa solitamente per accontentare qualcuno. «e non rispondermi così!» «va bene mamma!» rispose senza nemmeno pensarci troppo e, dopo uno sguardo bruto della donna, si ritrovarono finalmente da soli. Lui e Louis. «sbaglio o noto un pochino di ansia nella voce di tua madre?» si girò a guardare il suo migliore amico, sbarrando leggermente gli occhi e indicando la porta ormai chiusa. «è vero? Allora non l’ho notato solo io..» Louis scosse la testa, divertito. «nono, è ansiosa!» Harry massaggiandosi i punti, delicatamente, si buttò sul divano. Stavano per uscire anche loro, per farsi una passeggiata, ma prima voleva rimanere un altro po’ in casa, al fresco e non sotto gli occhi di tutti. Louis lo seguì poco dopo, buttandosi sul divano al suo fianco. Rimasero in silenzio per qualche secondo, poi Louis parlò dopo un suo sospiro. «come va?» si girò a guardarlo, alzando contemporaneamente un sopracciglio. «come due minuti fa!» rispose, in modo sarcastico. Lo sentì ridacchiare e affondare la mano nei suoi ricci. Era risaputo che Louis amava i suoi ricci. «i punti tirano?» chiese, gentilmente. «un pochino. Ma è sopportabile! Usciamo?» il castano annuì e, dopo aver preso i giacchetti, si chiusero la porta alle spalle, incamminandosi verso il centro di Holmer. «Io ho deciso di tornare a Londra dopodomani!» si girò a guardare il suo migliore amico. «va bene!» silenzio. «voi avete intenzione di tornare? Manchi agli altri, sai? E manca anche Lee.» strinse leggermente i denti, mentre sentiva quelle parole. Non per gelosia, ma perché anche se era ormai passato un mese, Lee continuava a non ricordare. Sembrava come se.. lo facesse apposta. «non riesco a farle ricordare nulla.. Continua a scuotere la testa, in ogni luogo in cui la porto. O non vuole ricordare o.. non lo so, Louis. Sono sempre più confuso!» Louis strinse la sua mano, come a volerlo consolare. «tu dici che non vuole ricordare?» annuì delicatamente, sentendosi anche uno stronzo a pensare certe cose. «vuoi che provo io a parlarci?» lo guardò negli occhi azzurri, quei occhi che gli infondevano una calma tremenda. «tu credi che cambierà qualcosa?» chiese con tono stanco. «non lo so, ma provare non costa niente.» Forse aveva ragione. Annuì delicatamente e vide nascere un sorriso sulle labbra di Louis. Sembrava quasi felice che gli permettesse di provare a parlare con Lee, di quella cosa. Passarono un pomeriggio insieme, come prima, come quando non c’era Lee di nuovo nella sua vita. Non che sentisse Lee come un peso, assolutamente. Ma.. era tanto che non passavamo un pomeriggio loro due da soli. Se ne andarono al centro commerciale, dove si rimorchiarono qualche ragazza – senza fare niente di male, visto che entrambi erano impegnati – ma così solo per divertimento. Quando sarebbero tornati a casa, seduti al tavolo della cucina, avrebbero contato venti biglietti con su scritto numeri di telefono. Poi andarono a mangiarsi una cosa al Mc, per poi andare in sala giochi. Arrivarono a casa verso le otto e mezza, ridendo come due deficienti. Aperta casa sua, entrarono in cucina, trovandosi Anne che si stava facendo un caffè. «mamma?» la donna si girò, con un sorriso. «ciao Harry. Ciao Louis. Vi siete divertiti?» annuirono con veemenza tutti e due. «dov’è Lee?» chiese Harry, guardando verso le scale. «in camera tua.. Le è venuto un po’ di mal di testa e dopo averle dato qualcosa l’ho mandata a riposarsi.» Louis posò una mano sul suo braccio e si girò a guardarlo. Alla domanda ovvia di Louis, disegnata nei suoi occhi, annuì. Lo vide salire le scale e lui tornò poi a guardare sua madre. «io devo andare a lavorare. Mi hanno chiamato per un’urgenza.» annuì delicatamente, avvicinandosi alla credenza per prendere qualche biscotto. «visto che ci sono, faccio nottata. Posso lasciarvi da soli?» alzò un sopracciglio e si girò a guardarla. «si, certo!» la donna guardò preoccupata Harry. «mamma, non avrai nipotini per ben..» arrossì leggermente, pensando che tra lui e Lee le cose scarseggiavano già da tempo. «.. molto tempo! Stai tranquilla!» si buttò sul divano e, dopo un saluto veloce verso sua madre quando disse che stava uscendo, si mise a giocare all’xbox.
 
Bussò delicatamente alla porta e sentì un mugugno arrivare dall’altra parte della porta. Aprì delicatamente la porta e guardò la figura di Lee nella mezza oscurità che c’era nella stanza di Harry. Stava con la faccia affondata nel cuscino. «posso?» sentendo che era la voce di Louis e non quella di Harry, alzò la testa e si girò a guardarlo. Annuì delicatamente, mettendosi seduta meglio, come se non volesse farsi vedere da lui malata. Si mise seduto al suo fianco, con un sorriso. «come va il mal di testa?» chiese, dolcemente. «bene, grazie!» sorrise in imbarazzo. Rimasero in silenzio per qualche secondo. «divertita oggi pomeriggio?» non sapeva da dove cominciare. Non era Harry, quindi non sapeva da dove prendere il discorso. «si, mi sono comprata qualche vestito per quest’estate. Anne mi ha detto che hanno una casa al mare.» Louis annuì, guardandola attentamente. Accorgendosi del suo sguardo, ricambiò, in ansia. «che succede?» domandò preoccupata. «niente. Ma devo parlarti!» annuì ancora, come a fargli capire che era in ascolto. «cos’è per te, Harry?» la domanda la spiazzò parecchio, tanto che rimase in silenzio a torturarsi le mani per qualche minuto. «non lo so!» ammise lei, diventando rossa sulle guance. «Lee, una cosa posso dirti su Harry. Può sembrare un donnaiolo, può sembrare menefreghista, ma quando impara ad amare non guarda nessun’altra donna se non quella che ama. Ma se viene a scoprire di essere solo usato o magari non ricambiato, Harry non da una seconda possibilità. A nessuno.» crollò il silenzio. Quel silenzio che fa male alle orecchie. «mi.. mi stai dicendo che lui crede che io lo sto usando?» Louis si passò una mano nei capelli, nervoso. «no, io parlo di quello che vedo io. Harry è confuso. Non so cosa gli passa per il cervello, perché neanche lui stesso sa cosa ci passa. Ma.. non me lo far soffrire. Non lo ami? Ok, va bene.. Ma se non lo ami, lascialo andare. Perché così sta solo soffrendo.» Lee lo guardò con i suoi grandi occhioni bicolori, poi sospirò. «io.. io lo amo! Però..» non terminò. Rimase in ascolto, pensando che avrebbe continuato, ma non continuò. Era insicura, aveva paura. «Lee.. Ascoltami, perché non dirò mai più queste cose. Quindi apri bene le orecchie e ascoltami attentamente.» le sorrise, dolcemente vedendola annuire. «Capisco che hai sofferto nella vita, lo capisco che è difficile per te fidarsi di qualcuno.. Ma noi, quelli che ti stanno intorno, ti vogliamo bene. Io, Harry, Liam, Niall, Zayn, Anne, Keyra.. tutti, ti vogliamo bene. Alcuni te lo fanno capire, come noti con Niall. Altri invece se ne rimangono dietro al tendone, a guardare. Ti puoi fidare di noi! Se hai bisogno di parlare, se qualsiasi cosa che succede tu hai bisogno di conforto, noi ci siamo. Harry per primo. Ma.. lui non si sente apprezzato. Si sente solo spazzato via. Non gli stai dando possibilità! Ti tieni tutto per te, senza dar modo a Harry di entrare nella tua vita. Se continui così, Harry prima o poi si stuferà. Devi dargli qualcosa per aggrapparsi e rimanere sulla barca. La tua barca.» La vide annuire, mordendosi un labbro. «dagli modo di restare al tuo fianco, apriti a lui come non ti apri con nessuno. Fidati di lui, perché solo lui sa come risolvere i tuoi problemi. Oltre ad amarti, per lui tu sei una sorella. Ti vuole così bene che si ammazzerebbe per te!» attese qualche minuto, per far immagazzinare quelle informazioni a Lee. Ad un tratto scoppiò a piangere e si nascose nel suo petto. «Lou..» rimase fermo per qualche secondo, incredulo del cambio repentino della situazione. Prese a giocare con i suoi capelli. «cosa succede Lee?» domandò, delicatamente e con quel tono paterno. «io.. io ricordo tutto.» ghiacciò. Aveva sentito bene? Aveva davvero detto che ricordava tutto?
«Mi.. stai dicendo che tu ricordi il tuo passato?» la sentì annuire nel suo petto. «E che cosa aspettavi a dirglielo?» si inalberò un pochino, perché quella era una vera e propria bastardata. «lo so che.. sei arrabbiato. Ma.. io avevo paura che Harry si fosse distaccato da me, se scopriva che io avevo ricordato tutto.» l’ascoltò piangere, mentre cercava di calmare la rabbia. «comportandoti così, lo farai distaccare. Harry è un amore di ragazzo. Non ti avrebbe mai lasciata sola.. Sono quasi undici anni che aspetta un tuo ritorno e ora che tu sei tornata, ti è rimasto comunque vicino. Anche se non ricordavi nulla. Lui aspetta solamente te, che ricordi qualcosa, per ritornare ad essere il vecchio Harry. Quel Harry che io neanche ho mai conosciuto. Che solo tu, conosci. Lee. Scendi di sotto e parla con Harry. Digli che hai ricordato.» la sentì singhiozzare. «e se si arrabbia?» “fa bene” pensò, ma strinse le labbra per non rispondere in quel modo. «gli passerà. In fondo.. sei la sua Lee. Puoi anche accoltellarlo, ma ti perdonerebbe comunque. Ti ama troppo per perderti di nuovo, ora che ti ha ritrovato.» Dopo che Lee si fu calmata, scesero insieme mentre Louis indossava il giacchetto.
«stai andando via?» chiese Harry, mettendo in pausa il gioco e girandosi a guardarli. Notò subito che Lee era ad occhi bassi. «si, domani mattina devo controllare le gemelle e quindi mi dovrò alzare presto. Ci sentiamo!» si piegò a dare un bacio sulla guancia di Lee. «parlaci e apriti completamente a lui. Non puoi fargli regalo migliore.» dopo un abbraccio e un sorriso, uscì di casa Styles.
 
 
«HO DETTO VAI A DORMIRE!» urlò, chiudendosi la porta di casa alle spalle. Si mise a camminare avanti e indietro per il portico, per poi dare un pugno al muro. Che coglione, che coglione. Si era fatto imbambolare da due occhioni e delle curve. Cazzo! Ma perché tutte a lui? Oltre che gli era stata portata via la sua metà di quando era piccolo, ora doveva combattere con una ragazzina viziata e piena di dubbi. Ma cristo dio! Che aveva fatto di male per meritarsi quello? Insomma, diavolo. Perché gli aveva nascosto che ricordava tutto? Tutto quello che lui aveva fatto nelle ultime due settimane, era stato vano perché lei già ricordava tutto. La casa in campagna dei suoi, la casa al lago di suo padre. Tutti posti dove erano stati da bambini, dove avevano giocato insieme e dove l’aveva riportata. E lei ora gli andava a dire che si ricordava tutto, ancor prima di iniziare tutti i suoi sforzi. «dannazione!» alzò la testa, visto che si era messo seduto sugli scalini di casa e si ritrovò Patty, la madre di Lee che girovagava a qualche metro da lui. Alzò un sopracciglio. «signora Patty?» la chiamò e, sentendo la rabbia scemare si alzò e la raggiunse. «Signora Patty! Ma.. che ci fa qui fuori?» chiese, in ansia. Da quando era ritornato aveva fatto di tutto per non incontrare i genitori di Lee. Anche se era difficile visto che abitavano praticamente attaccati. «mi..mi.. sono persa!» eh?  La guardò in ansia e, prendendole la mano, la condusse verso casa sua. Bussò alla porta che da bambino era sempre aperta per lui, per poi vedere la figura di Paul affacciarsi alla finestrella al fianco della porta verde. Quando la porta si aprì, guardò l’uomo incredulo. «Patty, tesoro! Mi stavo cominciando a preoccupare. Oh, ma sei tutta congelata. Forza, entrate!» lasciò la donna in mano a Paul, per poi entrare e chiudere la porta alle sue spalle. Li vide camminare verso il camino e alzò un sopracciglio. Quando Paul si fu accertato che la signora Patty era coperta e al caldo, fece segno ad Harry di seguirlo. Lo fece e lo condusse in cucina. «ch..che sta succedendo Paul?» domandò, in ansia. Lo vide girarsi, sempre con quel viso stanco. Non aveva ancora smesso di dare problemi, a quanto pareva. «non ti devi preoccupare, piccolo Harry. Tu piuttosto. Hai combattuto con qualcuno stasera?» non capì cosa intendesse e inclinò la testa. Lo vide indicare la mano. «ah no.. ehm.. il muro! Meglio il muro che la faccia di qualcuno!» lo vide incredulo di quella risposta. In fondo Harry non era un ragazzo manesco. «siediti, ti vado a prendere il disinfettante.» Fece come richiesto e attese il ritorno dell’uomo, guardandosi intorno. Mentre lo curava, lo vide buttare di tanto in tanto gli occhi su sua moglie. «non migliora eh?» chiese, rompendo quel silenzio bastardo. «sembrava.. quando ci hanno dato la notizia.. sembrava che tutto fosse tornato come prima ma.. un giorno ci siamo svegliati e lei mi ha urlato contro pensando che io fossi un estraneo. Ha piccoli vuoti di memoria. Lei magari sa che Lee è morta, ma una parte del suo cervello si rifiuta.» a quelle parole, il suo cuore si strinse in una morsa di dolore. Era tutta colpa sua. «Paul..» si bloccò, vedendo l’uomo alzare la testa e sorridere. «ce la caviamo! Alla fine della giornata ci arriviamo, non preoccuparti per noi Harry!» strinse ancora la mascella, vedendo quel sorriso fintamente felice. Era distrutto e lui non faceva altro che aumentare quel dolore. In fondo aveva cercato sempre un modo più delicato per dirgli la verità, ma.. non c'era altro modo per fargli capire cosa succedeva. «Lee è viva!»


Io so che ora voi mi odiate. Si, ci ho messo tanto ad aggiornare e mi scuso, ma tra una cosa e un'altra, mi sono ritrovata solo oggi a poter aggiornare. Chiedo venia. Ma tra il pc che si è rotto, poco tempo materiale e poca ispirazione, non riuscivo ad aggiornare. Ci siamo, manca davvero poco. Direi due capitoli. ♥ Oggi sono in vena di scrivere quindi mi sa che mi porto avanti con il prossimo capitolo, così spero di aggiornare prima. Promesso, non passeranno altri due mesi. Scusatemi ancora! Ma quando non c'è l'ispirazione, tutto sembra uno schifo. 
Ok.. Vi lascio che vado a rispondere alle recensioni. Ancora grazie mille per tutte le persone che leggono questa storia, che la recensiscono oppure no. Che la mettono tra le storie preferite e cose varie. Vi amo!

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Capitolo 13
*** capitolo 13 -- amami come se il mondo stesse per finire ***


Lo sguardo di Paul rimase inerme sulla figura di Harry. Erano ben cinque minuti che se ne stavano in silenzio, ma sapeva benissimo che Paul doveva assorbire la notizia. E sapeva anche che da un momento all'altro gli avrebbe detto di non essere stupido, perché Lee era morta. Sapeva che quello era un brutto momento per dirglielo e sapeva anche che quella notizia l'avrebbe ucciso. Ma doveva dirglielo. Se aspettava Lee, allora non avrebbero mai detto la verità a quei due poveracci che ancora credevano che la loro bambina era morta.
«Harry.. Lee è morta! Perché ci fai questo?» sussurrò l'uomo, rinsavendo dal suo torpore.
«Non è morta. E' a casa mia. Quella ragazza è Lee e ci sono delle analisi che te lo possono confermare. So che per te questo è impossibile, ma c'è stato un errore. Quella bambina non è Lee, Lee è a casa mia a piangere perché abbiamo litigato.» sussurrò, stringendo la mano di Paul che continuava a disinfettare la sua, senza voler credere alla verità che gli era appena stata detta.
«Vieni con me a casa, Paul. E ti mostrerò la verità!» continuò il ragazzo, guardando negli occhi il padre di Lee. L'uomo cominciò a scuotere la testa, come se fosse impaurito di scoprire che c'era una verità, che sua figlia non fosse davvero morta.
«Vieni con me, Paul!» sussurrò ancora, come a volerlo incitare di andare con lui. Sapeva che non l'avrebbe mai cacciato via malamente, perché per lui era come un secondo figlio. Sapeva che, in fondo, voleva urlargli contro di andarsene e di non farsi più vedere. Ma per qualche oscuro motivo l'uomo, dopo aver scosso la testa, tirò un sospiro e annuì, fidandosi di lui.
«Come facciamo con Patty?» Chiese all'uomo, che si passava nervosamente le mani sulla giacca, come se fossero sudate.
«Rimarrà qui. Prima voglio accertarmi di persona che sia tutto vero, poi penserò a come fare con lei!» Annuì a quelle parole, poi lo condusse verso casa sua, camminando di fronte a lui. Era nervoso, sentiva il cuore battere prepotentemente nel suo petto, come se da un momento all'altro decidesse di spaccare la gabbia toracica. Tirò fuori le chiavi e, inserendo la chiave nella toppa, aprì la porta lentamente. Si girò a guardare l'uomo e lo vide annuire alla sua domanda taciturna. "sei pronto?".
«Lee?» La richiamò, entrando e, dopo aver fatto passare Paul chiuse la porta dietro di sè. Si sentì seguito da Paul, mentre cercava Lee per casa. La trovò in salone, rannicchiata dentro se stessa e piangente. «Lee!» la richiamò e la ragazza alzò il volto nascosto tra le braccia per poi saltargli addosso.
«Scusami Harry. Avevo paura di perderti se venivi a scoprire che ricordavo tutto. Avevo paura che tu non mi amassi più perché ora che mi hai ritrovato, ti sarebbe passato tutto e mi avresti lasciato solo. Scusami, scusami scusami scusami!» Socchiuse gli occhi e, con un sospiro, ricambiò l'abbraccio della ragazza. Abbassò quel tanto la testa per dargli un bacio tra i capelli, poi delicatamente le fece alzare il viso dal suo petto.
«Stammi bene a sentire Lee, perché non ripeterò più queste parole. Non puoi seriamente pensare che io mi stufi di te solo perché ti ho ritrovato. Ho ben 10 anni da recuperare insieme a te, quindi non ho intenzione di lasciarti. Non smetterò di amarti e cavolate varie. Ti amo, capito? Ti ho amato da bambino e ti amerò per il resto della mia vita. In fondo pensavo che saresti stata la mia sposa, ricordi?» Si ritrovò a sorridere mentre lei ridacchiava di quel ricordo. Si abbassò lentamente e le sfiorò le labbra, in un bacio sincero.
«Smettila di farti queste seghe mentali.. E se hai altri problemi, non tenerteli per te, ma dimmeli, chiaro?» La bionda annuì e lo guardò con amore infinito. Harry si ricordò di non essere solo e irrigidì completamente il corpo, per poi girarsi a guardare Paul. Fissava la ragazza tra le sue braccia come se fosse un dio sceso in terra, un alieno o quant'altro.
«Paul..» sussurrò, facendo finalmente rinsavire l'uomo che lo guardò. Sorrise e gli fece segno di avvicinarsi. Paul lo fece con lentezza proprio mentre Lee si girava a guardarlo, sbiancando leggermente. Paul si avvicinò quel tanto per guardare la ragazza negli occhi, ma non fece in tempo a dire nulla che Lee scoppiò a piangere di nuovo e lo abbracciò.
«Papà!»
«Ohmmioddio!»
sussurrò l'uomo, stringendo la figlia tra le braccia e crollando per terra. Harry rimase in disparte mentre Paul si rendeva conto che, quella tra le sue braccia era seriamente sua figlia e che non stava sognando. Si commosse un pochino a guardare la scena, ma sentì che la cosa non era finita. La famiglia così non era al completo. Lasciando i due da soli, uscì di nuovo e tornò a casa di Lee, prendendo anche la signora Patty. Sapeva che, come minimo le sarebbe preso un colpo, ma anche lei doveva sapere. Doveva sapere che sua figlia era ancora viva e finalmente doveva tornare a vivere normalmente, senza aspettare quella bambina di fronte la finestra. Non sapeva bene come l'avrebbe presa, ma doveva farlo. Se aspettava anche il signor Paul, come minimo quella donna avrebbe atteso altri tre anni per sapere la verità. Quando condusse la donna verso casa sua e la fece entrare, trovò Paul e Lee seduti sul divano. Lee era già andata a prendere i fogli con la conferma che quel capello era identico a quello della ragazza lì di fronte a lui. Insomma, si era mossa da sola. E l'uomo continuava a piangere, asciugandosi gli occhi con un fazzoletto di pezza.
«Paul..» L'uomo si girò quando lo richiamò, notando che c'era anche sua moglie. «E' ora anche per lei di sapere la verità. E' di là in cucina. Decidi tu se dirglielo o no! Ma ricorda che Patty ha aspettato dieci anni, proprio come me, di rivederla. E non è giusto che le venga tolta la possibilità di sapere la verità!» L'uomo annuì e, dopo essersi girato di nuovo a guardare la ragazza, camminò verso la cucina, dicendo che ritornava fra poco. Harry si avvicinò a Lee, sedendosi al suo fianco e passandole un braccio sulle spalle, stringendosela addosso.
«Vedrai che tutto andrà bene.»

«Signora Patty?! Ci sente?» sussurrò Harry, tenendo in alto le gambe della donna che era svenuta poco prima. La donna si svegliò pian piano, mentre Paul le tamponava la fronte con una pezza bagnata. La videro aprire gli occhi, mentre Lee se ne rimaneva seduta in un angoletto. Dopo che, come aveva detto Paul, erano tornati, era bastato che Lee alzasse gli occhi sulla donna per farla svenire. E naturalmente Lee si era impaurita di quello, chiudendosi a riccio.
«Paul caro.. ho fatto un sogno stranissimo!»
«Che Lee era viva?»
La videro annuire, mentre deglutiva e sospirava.
«Tu come fai a saperlo?»
«Perché sei svenuta proprio per questo, tesoro!»
La donna si irrigidì e Harry le abbassò le gambe, porgendole poi la mano.
«Signora Patty. Lee è viva ed è proprio lì! Ma non deve svenire di nuovo, per favore.» La donna si girò lentamente verso il punto che indicava Harry, per poi scrutare ancora la ragazza, rannicchiata dentro se stessa.
«Non può essere viva, Paul! L'abbiamo sepolta!» L'uomo le accarezzò i capelli, per poi darle un bacio sulla fronte.
«Un errore. Harry ha fatto tutti gli esami possibili, ed è lei. Sembra impossibile, ma è davvero la nostra Lee, Patty! E' viva ed è bellissima!» disse l'uomo tra le lacrime, guardando ancora la ragazza seduta sul divano. Le fece segno di avvicinarsi e un po' titubante Lee lo fece. Si avvicinò e, inginocchiandosi al fianco di Patty, quest'ultima si fece guardare per solcare gli occhi della ragazza. Erano davvero gli occhi di Lee e notando questo, la donna scoppiò a piangere. Un pianto che si teneva dentro da ben 10 anni. Quella notte era una delle notti più belle. La notte che tutti e tre attendevano con ansia, quella notte che resti di fronte alla finestra ad aspettare una bambina bionda dai riccioli morbidi. Una notte che durava da dieci anni. Sentì un movimento nel letto e, scattando per la paura si svegliò, trovandosi Lee rannicchiata, come se avesse paura di qualcosa.

«E' successo qualcosa? non ti senti bene?» Chiese il riccio, stropicciandosi gli occhi. Buttò un occhio alla sveglia e notò che erano le tre di notte. Si erano messi a dormire solo due ore prima. Lee se ne stava seduta sul letto, rannicchiata dentro se stessa. Non era ancora abituato alla sensazione di svegliarsi durante la notte, per assistere una persona.
«ora come farò? Che succederà? E se quelli torneranno? E se..» capì subito che piega avrebbe preso quel discorso e lo bloccò ancora prima di farla terminare. Le tappò la bocca con una mano, accendendo poi la luce sul comodino.
«Non devi preoccuparti. Ora tutto tornerà come prima. Il prima del prima. Come una vita normale. Devi solo stare calma e vedrai che la vita ti saprà ripagare. I tuoi genitori finalmente sanno la verità. Tu anche.. quindi di cosa devi aver paura?» chiese il ragazzo, pensieroso.
«E tu? E io? Che dovrei fare ora? Perché anche se i miei genitori sanno la verità, ora mi sento tremendamente inutile?» Le accarezzò i capelli, pensieroso.
«Io tornerò a Londra, penso. Tu, se vorrai, verrai con me. Se non vuoi, allora resterò io! A te la scelta. Vuoi tornare a scuola? Vuoi trovarti un lavoro? Sono tutte domande a cui te devi dare una risposta.»
«Non lo so Harry, per te cosa devo fare?» Era deliziosamente deliziosa mentre era nel panico.
«Chiudi gli occhi!» Lee lo guardò come se fosse pazzo. «Fidati!» e lo fece. Si fidò di lui, socchiudendo gli occhi. «Ora immagina il futuro. Come lo vedi?» chiese, attendendo una risposta ma sapendo che ci avrebbe messo tempo. Del delizioso color rosso dipinse le guance della ragazza.
«m-mi vedo..»
«Oltre che sposata con me e con una nanerottola che gira per casa.. che lavoro faresti?» Lei riaprì gli occhi, incredula che avesse indovinato cosa aveva pensato. Sorrise. A quanto pare la telepatia c'era ancora, ma come i ricordi di Lee aveva bisogno di ritornare a galla.
«avvocato!»
«E avvocato sia!»
«Ma non so se..»
Rimase inerme senza terminare la frase. Capì che Lee sarebbe sempre stata impaurita dalla vita e ora toccava a lui essere d'aiuto alla ragazza per farle capire che la vita, se presa in un certo modo, poteva essere bellissima.
«Ascoltami, Lee. Devi solo riabituarti all'idea di essere in una famiglia, con un ragazzo che ti vuole bene al fianco. Con gli amici, con gente che ti ha sempre aspettato. Non devi preoccuparti di come sarà, come sarai e altre cose. Devi solo viverti quella vita che uno stronzo ti ha levato dieci anni fa. Puoi riuscirci. Confido in te!» Si ristese sul letto e, portandosela con lui, se la strinse così tanto addosso da far fondere i loro corpi. Le accarezzò i capelli, la base del collo cercando di farla calmare. Aveva il corpo completamente irrigidito dalla paura.
«oggi.. oggi hai detto che mi ami!»
«ah-a!»
rispose, sorridendo lievemente.
«davvero?»
«ah-a!»
«Possibile che tu mi abbia aspettato per tutto questo tempo?»
«Sembra strano, ma è così!»
sussurrò, dandole un bacio sulla fronte.
«Potresti ripeterlo?» chiese Lee con tono incredulo, facendo ridere il riccio che si girò a guardarla.
«Non ti pare di chiedere troppo, tesoro? Mettiti a dormire, forza!» Si trattenne nel ridere quando vide la smorfia sul suo volto.
«Eri stronzo da bambino, ed è bello vedere che le cose non sono cambiate!!»
«ti amo anche io, Lee!»


Scrutai il ragazzo che rideva insieme a sua madre. Stava raccontando un evento di pochi giorni prima, così animatamente da far ridere sia Anne che i suoi genitori. Una colazione tutti insieme, nella gioia totale. C'era felicità in quel tavolo. Tutti sembravano essere felicissimi. Ecco, ce l'avete presente la famiglia del mulino bianco che si sveglia super contenta? In quella cucina c'era la famiglia del mulino bianco. Lei se ne stava in silenzio a guardare, mentre Harry continuava a gesticolare nel raccontare l'episodio. Sua madre rideva, suo padre scuoteva la testa e Anne versava il caffé nella tazza del figlio. Sembrava come se niente avesse portato tristezza in quella famiglia per tanti anni. E ora stava a lei riabituarsi a quella strana sensazione di sicurezza che quel giorno sentiva addosso. Si sentiva al sicuro, con i suoi genitori, Harry e Anne. Dopo una fragorosa risata da parte di tutti, Harry si alzò per prendere dei biscotti nel mobile. Ritornando le diede un bacio sulla fronte. Patty si guardò con Anne, sorridendo dolcemente.
«Quanti anni abbiamo sperato che questi due si mettessero insieme?»
«Troppi!»
Rispose Anne, guardando entrambi con dolcezza. 
«E ora è davvero così! Avremo dei nipotini molto presto!»
«Ehi! Tra fratelli non si fanno i bambini!»
Sbottò Lee, accigliata. Tutti si girarono a guardarla, seri. Harry invece sorrise.
«Ha ragione. Da bambini ci siamo punti un dito con lo spillo. Abbiamo mischiato il nostro sangue. Quindi.. mi dispiace per voi ma niente nipotini!» E di nuovo la risata di tutti e cinque si espanse per la cucina. Si, poteva essere felice. Bisognava solo pazientare per tornare a vivere normalmente.


Spazio dell'autrice: lo so, volete uccidermi. Fatelo, ma purtroppo non avevo ispirazione per questa storia. (in realtà non ce l'avevo neanche mentre scrivevo questo capitolo, ma vabbeh) quindi l'ho tenuta bloccata per non si sa quanto tempo. I'm so sorry. Penultimo capitolo. So che è la solita solfa, ma così l'avevo immaginato e così sarà. Nel senso che, lo so che sembra un film. Troppe cose impossibili etc. Ma in fondo amen! Mi piace così la storia.
Per il resto. Ho già in mente l'ultimo capitolo, da tanti mesi. Lo scriverò, spero, presto! Mi dispiace ancora per il ritardo con cui ho postato, ma seriamente non avevo ispirazione. (ripeto che non ce l'avevo neanche ieri, quando ho scritto il capitolo. Quindi mi dispiace se vi farà schifo!)
vi amo.
marrymezayn ♥

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Capitolo 14
*** Capitolo 14 (ultimo capitolo) -- Eravamo fatti l'uno per l'altra, io lo so! ***


Due anni dopo - New York

Rumore di fogli, rumori di una penna che scivolava sulla carta ruvida di un foglio. Quel rumore che, quando sei sotto accusa, ti rimarrà per il resto dei tuoi giorni nella mente. Anche chi non era accusato avrebbe ricordato quel rumore, ma come una salvezza. L’aula era strapiena di gente, di giornalisti in cerca di informazioni. Quella storia aveva fatto il giro del mondo in un modo o nell’altro.
«Come si ritiene l’imputato?»
«Non colpevole.»
La risposta tanto ovvia quanto dolorosa. Harry guardò con occhi assassini l’uomo che si era alzato per rispondere a quella domanda, sentendo Lee irrigidirsi sotto il suo braccio con cui l’abbracciava.
Un mormorio partì per tutta l’aula facendo esasperare il giudice che guardava l’uomo con occhi serissimo. Sbatté il martelletto sulla piastra, richiamando il silenzio e la calma della gente che assisteva ad uno dei processi più lunghi del secolo.  
«Non colpevole? Ce ne vuole di coraggio per dire di non essere colpevole.»
«Non ho fatto nulla, Signor Giudice. Ho trovato quella bambina e l’ho portata con me.»
Il giudice neanche rispose a quella frase, tornando a guardare i fogli sotto di lui. Per fortuna avevano trovato un giudice con tanta cattiveria da far passare a quello stronzo il resto dei suoi anni in carcere. Ed era proprio ciò che voleva Harry per tornare a dormire sogni tranquilli.
Con un sospiro il giudice si girò verso la corte, scrutando quelle ventotto persone che avrebbero scelto, insieme a lui, la sorte di quel bastardo che a parer suo doveva bruciare all’inferno. Prima di dare la parola al capo della corte si girò a guardare la prima fila del pubblico. Lì, seduti uno al fianco dell’altra c’era la famiglia della ragazza, la ragazza stessa che se ne stava in silenzio e ad occhi bassi e il suo ragazzo. C’erano persone che avevano paura di dire la verità, ma quel ragazzo aveva lottato con denti e artigli per la giustizia.
Un sorriso debole e tornò a guardare la corte. «Il verdetto?»
Un uomo sulla cinquantina si alzò e dopo aver guardato i suoi colleghi che annuirono, aprì un foglio. «La corte ritiene Richard Manson colpevole di rapimento di minore, stupro e schiavismo.»
«Quanti anni di aria vogliamo dargli?»
«Trent’anni.»

L’uomo annuì, girandosi di nuovo a guardare l’aula di tribunale piena zeppa. «La sentenza è stata decisa. Richard Manson è dichiarato colpevole e per questo passerà trenta anni in carcere, con impossibilità di chiedere un rinvio. La seduta è sciolta.»
Il chiacchiericcio si formò subito appena il martelletto del giudice batté sulla base, concludendo lì la sentenza. L’uomo venne portato via, mentre sbraitava che non aveva fatto niente di tutto quello. Harry passò lo sguardo dall’uomo al giudice, ancora seduto al suo posto a guardarlo. Un senso di leggerezza lo invase, mentre si girava verso Lee che veniva abbracciata dai suoi reali genitori. Piangeva la sua ragazza, piangeva felice che tutto fosse finito. Che quel bastardo fosse finalmente chiuso in carcere per il resto della sua vita.
Appena Lee si liberò dell’abbraccio di suo padre che piangeva insieme a Patty, si buttò su di lui. «Grazie.. Grazie amore mio!» le sorrise e posando i pollici sulle sue guance cancellò le sue lacrime. «Non devi ringraziarmi. E’ tutto finito amore mio!» Lee gli si buttò sopra baciandolo con tutto l’amore che possedeva.
Giustizia era stata fatta, ma non era ancora terminata lì la storia. Avevano un’altra battaglia da vincere ed era sicuro che l’avrebbero vinta.
 
Tre mesi dopo la prima udienza – Londra.
 
«Prego Signorina. Può incominciare a raccontare!» gli occhi bicolore della ragazza si alzarono dalle sue mani che si torturavano a vicenda, cercando un altro paio di occhi. Occhi color smeraldo che era sicura la stessero guardando. E lo trovò a guardarla, con un sorriso dolce e di incitamento disegnato sulle labbra da urlo. Lo vide annuire per incitarla.
Prese un profondo respiro e iniziò: «Quando il mio finto padre arrivò al suolo senza neanche più un centesimo, per settimane non si fece vedere a casa. Non me ne preoccupai più di tanto. Era solito fare viaggi ma mi domandai come potesse viaggiare se non avesse più un soldo. Ritornò a casa una settimana dopo, con un uomo. Lo conobbi come amico di mio padre, ma si rivelò il mio pappone in un futuro. Mi fidai, come una stupida, del mio finto padre e di quell’uomo. Richard mi disse che potevo fidarmi, che mi mandava a Londra con lui per non farmi rimanere lì dove non avevamo un soldo, non avevo possibilità di studiare. Così feci le valige e partì per Londra. Ero contenta, perché credevo veramente che la mia vita stesse per cambiare.
Ma quando arrivai nella capitale inglese, l’uomo cambiò totalmente. Nei giorni successivi fu..»
le parole le morirono in gola. Non voleva più parlare, raccontare e ricordare quel periodo. Ora che aveva la felicità perché doveva per forza ritornare a quel periodo? Il silenzio crollò nell’aula, mentre tutti aspettavano una qualsiasi parola da parte della ragazza.
Alzò di nuovo lo sguardo, guardò l’imputato e vedendo il suo sguardo serio le passò un brivido per tutta la schiena. Cazzo. Quell’uomo se non avesse perso, come minimo l’ammazzava. Lo stava mettendo nei casini ed era certa che in un modo o nell’altro l’avrebbe fatta ammazzare. In quel silenzio percepì il suo nome e, guardò gli occhi di chi l’aveva richiamata. Lo vide scuotere la testa, sorridere e farle un occhiolino.
«Non mollare» lo vide mimare con le labbra, come ad incitarla. Lo guardò ancora, ansiosa. Stavano facendo la cosa giusta? E se avesse pagato qualcuno per uccidere lei o Harry? Come avrebbero fatto? Si girò a guardare il giudice che, vedendola così bianca, le sorrise.
In quella udienza il giudice sembrava molto più tranquillo dell’altro. Lì si stava parlando di prostituzione, ed era illegale. Non era la prima a salire lì e raccontare la sua storia da schiava del sesso. Ma tutto era partito da lei, quindi come minimo l’avrebbero ammazzata.
«Si sente bene? Vuole tornare al banco?»
Tornò a guardare Harry, poi scosse la testa e deglutì. «No. Vorrei terminare.» E sorrise. Sorrise orgoglioso di lei, come sapeva fare solo il suo Harry.
«Prego..» Le fece segno che poteva continuare, ma prima di riprendere a parlare vide una guardia riempire il bicchiere pieno di acqua. Il giudice glielo indicò e lei prese un goccio di acqua ghiacciata, posando poi il bicchiere sul bancone. Chiuse gli occhi, si abbandonò sulla poltrona e lasciò andare i ricordi.
«Nei giorni successivi fu l’inferno. Non che la mia vita prima fosse perfetta, ma non mi sarei mai immaginata di arrivare tanto in basso. Venni messa a lavorare in un street club. Lavoravo per tutta la notte. Prima come ballerina, poi come prostituta. Tutto ciò che mi chiedevano io dovevo farlo. Se il cliente era insoddisfatto, oltre a prenderci le botte, venivo rinchiusa in una stanza per un giorno senza cibo ne acqua. L’unica cosa che mi impediva di ammazzarmi era l’idea che più in basso di così non si poteva arrivare. Poi ho incontrato Harry Styles, che come scritto nella mia dichiarazione alla polizia, mi aiutò. Mi aiutò, dandomi una mano e facendomi vedere che in fondo la vita poteva essere bella. Poi venni a scoprire che non ero chi credevo di essere. Anche quello scritto nel mio fascicolo. Mi nascosi da Harry, per paura, perché volevo cambiare vita. Volevo essere come le tante ragazze che vedevo in giro per Londra. Mi trovarono poco dopo. Una schiava non si nasconde, si trova in un modo o nell’altro. Dopo avermi trovato e dopo una punizione con i fiocchi venni rinchiusa per due settimane in quella stanza. Mai ci ero stata così tanto in tutti i miei due anni di schiavismo. Mi passavano a volte un po’ di acqua e un po’ di pane.»
Il chiacchiericcio si formò nell’aula, questa volta occupata solo dal pubblico. Non c’erano giornalisti in quell’aula. Attendevano fuori in attesa del verdetto.
«Silenzio in aula, per favore! Continui, Signorina!»
«Con me, in quello scantinato vi erano altre dieci ragazze. Di tutte le nazionalità. E come me, venivano vendute ogni sera a dei sconosciuti..»
«L’uomo.. ecco.. il suo.. mhm.. padrone, è in questa aula?»
Tornò a guardare il giudice e lo vide preoccupato. Forse si sentiva uno schifo nel chiamarlo padrone. Annuì.
«Può per favore indicarlo?» Si scambiarono uno sguardo complice, poi con un sospiro, senza nemmeno guardare dove stesse indicando, puntò il dito verso Samuel.
«L’imputato è il suo.. padrone?»
«Si!»

Lo vide sorridere, dolcemente. «La ringrazio signorina!» fece un sorriso a labbra strette e spostando la sedia scese dal piedistallo. Passò al fianco del tavolo dove sedeva Samuel e lo guardò. Lui la guardò con odio, poi tornò a guardare il giudice che batteva il martello sul ripiano, chiamando un’altra testimonianza. Una della altre dieci ragazze che dormivano con lei in quello scantinato. Passò nella parte del pubblico dove Harry si era alzato e l’aspettava alla fine della panca, proprio in mezzo alla navata. Le porse la mano e con un sorriso la prese, stringendola forte. Harry le passò un braccio sulle spalle e dandole un bacio tra i capelli cominciò a camminare.
«Brava amore mio! Torniamo a casa.» Casa. Che bella parola.
 
 
«’Dio, ma cosa ci hai messo in questo scatolone?»
«Libri. Sai cosa sono?»
«Quanto sei simpatica! Potresti fare la comica, sai?»
Disse guardandola di traverso, mentre camminava al suo fianco tenendo ben saldo l’ultimo scatolone che avevano scaricato dalla macchina, dirigendosi verso casa. Due mesi prima si erano promessi una cosa. Se avessero vinto quelle due cause, sarebbero andati a vivere insieme. Lui e lei, da soli. Senza nessun’altro tra i piedi. Avevano da recuperare ben undici anni e non volevano perdere tempo prezioso. Lee aprì la porta della piccola casetta in zona tre a Londra. Sorpassandola entrò nel salone e posò lo scatolone senza troppe cerimonie sul divano, facendola gemere.
«Ehi, quei libri costano più di te. Vedi di trattarli decentemente, riccio!»
«’Frega cazzi! Pesavano e mi stavano facendo indolenzire le braccia.»
«Quanto sei macho, riccio!»
lo sfotté posando le chiavi sul tavolo da pranzo e rimanendo in silenzio. Entrambi si guardarono negli occhi, sorridendo.
«Lo senti anche tu?» Chiese il riccio, guardando la sua ragazza. E lei non fece altro che annuire, in silenzio.
Silenzio.
Dentro quella casa c’era il silenzio totale. Non un rumore, non Niall che urlava che aveva fame. Non Zayn che blaterava ai quattro venti, non Louis che piagnucolava che non trovava le sue magliette a righe, non Liam che sbraitava che quella casa era un porcile. Zero, nein, nothing. Soli, con quel silenzio.
Harry si avvicinò alla bionda – ormai tornata bionda dopo tante litigate – e la guardò, abbracciandola.
«Come si dice?»
«Casa dolce casa!»
«No!»
Rispose prontamente il riccio facendosi guardare dalla ragazza con stranezza.
«E come?»
«Donna vai in cucina e preparami un panino!!»
Lee lo guardò incredula, per poi riempirlo di schiaffi sul petto, scatenando le risa del ricciolino che le passò le braccia ai fianchi e se la strinse addosso.
Si piegò a darle un bacio a fior di labbra, guardandola con i suoi occhioni color smeraldo.
Le fece lo sgambetto e tenendola la fece adagiare per terra, stendendosi su di lei.
«Cosa vuoi, mhm?»
«Niente. Non posso stare steso con la mia ragazza sul pavimento della nostra casa?»
chiese tirandole una ciocca di capelli e facendosi guardare ancora male dalla bionda.
«Non tirarmi i capelli, Harry! Lo sai che lo odio!»
«Si, lo so! Ma sei così adorabile con quel cipiglio incazzoso!»
«Vuoi vedere come sono adorabile appena ti massacro di botte?»
«Non oseresti tanto. Tu mi ami!»
«No. Io ti odio!»
«L’odio è un sentimento potente, forte! Mi piace!»
E sorrisero entrambi. La bionda affondò le mani nei suoi ricci e lo avvicinò al suo viso.
«Sta zitto e baciami!» Non se lo fece ripetere tre volte, il bel ragazzo. Appoggiò quelle labbra che sapevano di miele su quelle della sua ragazza, chiedendole l’accesso e ricevendolo subito dopo. Accarezzò la sua lingua, il suo palato e accarezzò avidamente il suo corpo. Era sua, e nessuno gliel’avrebbe più portata via. Nessuno si poteva permettere, senza che lui lo volesse, di portargli via ciò che voleva da sempre. Ci erano riusciti una volta, ma non sarebbe più capitato.
Il peggio era passato e come si dice, quando si sta in fondo non si può far altro che salire. E loro stavano salendo, pian piano. Ma la cosa bella era che salivano si, ma insieme. Mano per la mano, uno affianco all’altra, come doveva essere dall’inizio.
Avevano preso in affitto casa, avevano trovato lavoro insieme anche se in due posti separati, pagavano le bollette insieme, avevano trovato due università a Londra (lei Giurisprudenza e Harry un'università di spettacolo) e, la cosa più importante, avrebbero camminato insieme per il loro futuro. Quello stesso futuro che Harry Styles aveva già ideato quando era piccolo e non avrebbe permesso a nessun’altro di non darsi quel futuro. La voleva, proprio come quando era bambino. E l’idea era sempre la stessa. La voleva sposare. Certo, non adesso, non lì su quel pavimento. Ma l’avrebbe fatto.
Fanculo l’essere giovane, fanculo chi gliel’aveva portata via, fanculo a quei due stronzi, fanculo al mondo di merda, fanculo a quei undici anni senza di lei, fanculo al pensiero che era morta, fanculo alla certezza che era morta, fanculo al fatto che si era innamorato di una puttana, fanculo al fatto che quella puttana era la sua, innegabilmente, Lee. Era sua. E l’avrebbe sposata.
Tra cinque, dieci o venti anni, l’avrebbe portata all’altare. E già la vedeva vestita di color perla, con il velo calato su quel viso truccato ma non troppo. In mano un bouquet di rose bianche e rosse.
Quando si staccò dalle sue labbra, lei riaprì gli occhi che brillavano di una luce viva, felice.
«Benvenuta a casa!»
«Benvenuto a casa anche a te!»
si sorrisero dolcemente, Si alzò e porgendole la mano la fece rialzare, per poi dirigersi verso la loro camera da letto. E fanculo anche gli scatoloni ancora intatti.



Spazio dell'autrice:  Si, è passato un fottio di tempo da quando ho aggiornato. Lo so, mea culpa. Ma anche se questa storia era già studiata nella mia mente, scriverla è stato davvero un parto. Non è uscita come volevo e questo mi dispiace ma.. Ormai i dadi sono stati tirati, il gioco è fatto. E anche finito. Eh già bellezze, questo è l'ultimo capitolo
Ringrazio chi ha seguito la storia, chi pazientemente ha atteso i miei aggiornamenti lunghi anni e anni, chi si è commosso, chi ha pianto, chi ha riso, chi.. tutti! Tutte quelle persone che hanno seguito la storia. Non posso far altro che dirvi un grosso, grande, grandissimo G R A Z I E!
Spero che anche questo capitolo vi piaccia. E se non vi piace, amen! Mi dispiace, ma è ciò che sono riuscita a fare. Forse ora capirete quanto io sia impedita con i finali felici. Non sono proprio brava a scriverli, notate? ahahaha. 
Davvero, grazie a tutte quelle persone che hanno seguito questa storia e aspettato pazientemente un mio aggiornamento. Vi amo, non posso far altro che amarvi per tutta la pazienza che avete avuto. 
See you later, ragazze. E grazie, ancora.

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