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di idolstruelove
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** ME. ***
Capitolo 3: *** FRIEND. ***



Capitolo 1
*** ME. ***


"era tutto per me, il mio ossigeno, la mia aria, la mia anima il mio cuore..." queste sono solo poche delle parole dell'inizio della mia fine, ma se devo raccontarvi tutto per bene allora devo iniziare dal principio.
Mi presento, mi chiamo Isabell, vengo dallo Yorkshire e ho 20 anni. Mio padre è morto quando avevo 14 anni e mia madre da quel momento non ha fatto altro che dirmi che sono inutile e ha iniziato a disperarsi. A scuola faccio schifo, per questo ho deciso di lasciare l'università e il mio più grande sogno sarebbe quello di diventare una cantate, ovviamente cantare è il mio hobbie. Comunque la mia vita è uno schifo e faccio ancora fatica a mantenere la mia esistenza su questo mondo che sembra odiarmi.
In tutto ciò però una cosa positiva sono riuscita a trovarla, si chiama Louis Tomlinson, ha un anno in più di me e lo conosco da quando ero bambina. Ha stravolto la mia vita ed è l'unica ragione per cui al momento esisto ancora.
Tutto iniziò una mattina di marzo, quando mamma venne licenziata, era stanca del suo lavoro, lo stipendio era minimo e in un certo senso è stata una fortuna che sia stata licenziata. Papà invece aveva un lavoro insignificante, inutile e lasciarlo non avrebbe fatto una piega. Dopo varie discussioni i miei genitori decisero di trasferirci lontano da quì. MIa mamma iniziò a cercare lavoro, come avvocato, consulente di viaggi e cose così ma le ricerche non davano mai frutto fino a quando un bel giorno uno strano signore suonò al nostro campanello. Andai ad aprire io e mi disse che aveva un colloquio importante con mamma e io lo feci accomodare. Fortunatamente era venuto per darci buone notizie e offrì un posto di lavoro a mamma come consulente di viaggi e lei accettò. Io avevo capito tutto ciò di cui stessero parlando ma mia madre mi parlò di questa questione ugualmente. Io non volevo andarmene via da Harrogate (la città in cui vivevo), avevo la mia scuola, le mie amiche e amici, le mie conoscenze e anche se avevo solo sei anni ero molto affezionata a quella città. Nonostante le mie preghiere di non trasferirci ciò successe. Ci trasferimmo in una città chiamata Doncaster, a quell'età facevo fatica a pronunciare il suo nome. La casa era abbastanza grande, con un giardino immenso ed era molto semplice ed accogliente. All'inizio trascorsi le vacanze estive a fare dei piccoli calcoli, letture e temi per portarmi avanti con la nuova scuola così appena l'avrei iniziata ero allo stesso livello dei miei compagni di classe. Avevo otto anni ma nonostante la voglia che avevo di giocare, fare nuove amicizie e divertitrmi stesi praticamente tutta l'estate chiusa in casa a correre nel giardino e inventare giochi da sola. Magari ogni tanto uscivo con mia mamma a fare un giro, a comprare nuovi vestiti o ad aiutarla a fare la spesa ma non avevo conosciuto nessuno. Mentre giocavo nel giardino con la mia palla da pallavolo feci andare la palla nel giardino della casa accanto. Non so nemmeno come feci a mandarla di la talmente fosse alto il muro che separava la mia casa da quella ma andò di la. mi affrettai subito alla porta del vicino ansiosa di riprendere la mia palla e tornare a giocare nella mia casuccia, suonai il campanello, mi aprì una signora molto gentile e dolce di nome Johannah e mi disse di entrare e andare a prendere la palla, mi chiese pure se volevo trattenermi per bere o mangiare qualcosa per meranda ma rifiutai. Camminavo dritta verso la porta finestra che dava sul giardino e appena la aprii non feci che notare un ragazzino bellissimo per avere solo nove anni. Lo ricordo come se fosse ieri, capelli castano chiaro e occhi blu come il mare, ci si perdeva nei suoi occhi, e a dir la verità mi ci perdo ancora adesso era di uno splendore e solarità unica, non avevo mai visto nessuno carino come lui. Si chiamava Louis, Louis Tomlinson. Ero rimasta incantata, lo so, avevo solo otto anni ma ero molto timida con i ragazzi. Quello splendido bambino si dirisse subito verso di me, mentre ridacchiava disse : "Hey è tua quella palla ? Mi ha quasi colpito in testa!" io ansimante risposi di si e lui con uno scatto me la andò a prendere e me la diede in mano. Lo ringraziai, avevo l'intenzione di andarmene via anche perchè ero rossa dalla vergogna, ma lui mi trattenne dicendomi: "come ti chiami, ti sei trasferita da poco vero ?" io risposi: "s-s-si da quasi 1 mese e mezzo" e poi iniziammo a scambiarci qualche parola mi chiese: "verrai quà a scuola ?"- "sisi"- "bello, allora ci vedremmo, se qualche pomeriggio ti va di passare da me a giocare o a fare merenda non aver paura, sarei molto felice" io risposi ringraziandolo, lo salutai e non ebbe nemmeno tempo di contraccambiare il saluto perchè ero già sulla porta diritta ad uscire da quella situazione imbarazzante. Quando tornai a casa feci cadere la palla in salotto, salii in camera, mi buttai sul letto e pensai a quello splendido pomeriggio. "E' stato il pomeriggio più bello della mia vita" non facevo che ripeterlo tra me e me pensando a quel bambino che mi aveva stravolto la giornata. Si, ammetto che mi ero presa una cotta per lui ma credevo che fosse impossibile, come avevo una cotta per Zac Efron, credevo fosse la stessa cosa, ma non era così. Passavano i giorni e pensavo di ripresentarmi a casa sua ma non lo feci, non lo feci mai, non avevo il coraggio. I giorni passavano noiosi e monotoni ripensando pentita di quel giorno bellissimo, lo desideravo quel giorno, e desideravo che lui mi cercasse. Un giorno decisi di andare a casa sua, citofonai e mi aprì sua mamma, la dolce signora Tomlinson. Mi chiese chi stavo cercando, risposi; "emmh.. c'è Louis in casa?" mi rispose di no ma mi disse che potevo aspettare e nel frattempo mi preparava qualcosa di merenda. Insomma non avevo niente da perdere allora rimasi e lo aspettai, si fece tardi e non tornò. Johannah mentre stava preparando la tavola mi chiese se volevo restare da loro a mangiare per cena ma rifiutai e tornai a casa delusa. Ritornai il giorno ma mi dissero che era andato ad una festa di amici. Non ritentai più, era stata una delusione grandissima per me. Non so come mai ma ero ansimante di rivedere quel bambino anche se non conoscevo praticamente niente di lui. Forse mi agitava l'idea di aver conosciuto qualcuno nella nuova città o di avere un nuovo "quasi amico", ma per un motivo e sconosciuto pensavo sempre a lui. Lo raccontai pure a mamma che la prese sul ridere e mi scherzò, io mi arrabbiai e lei si giustificò con le parole "ma amore, hai solo otto anni". Davo ragione alle sue parole, per questo per tutto il resto dell'estate non mi soffermai più davanti a casa sua e feci quello che facevo tutti i giorni passati prima di conoscerlo: stare sola. 
Oramai l'estate era finita, gli ultimi giorni mi misi a ripassare tutto quello che avevo fatto durante questi lunghi tre mesi, anche se per me c'erano compagni e insegnanti nuovi io non ero per niente agitata, forse un pochino ma non molto. La mattina mia madre entrò nel mio letto, come faceva sempre e mio padre mi svegliò con un bacio sulla guancia e mi sussurrarò: "svegliati amore, è il tuo primo giorno di scuola". Mi svegliai di colpo e lo abbracciai, diedi un bacio a mia madre e scesi dal letto e mi preparai. Per l'occasione avevo messo un vestitino bianco con gli orli di pizzo blu, mia madre aveva insistito molto e devo ammettere che ero una bambina molto carina soprattutto con quel vestitino. Finita colazione salii in macchina e mio padre mi accompagnò fino all'entrata e mi lasciò, là, sola. Mentre percorrevo il corridoio con la maestra vidi una forma che mi era famigliare e dopo pochi secondi mi resi conto che era lui, Louis. Stava giocando con altri bambini della sua età, quando la maestrà lo richiamò per entrare in classe lui si accorse della mia presenza e mi fece un cenno per salutarmi. Era stato bello rivederlo ma non mi faceva più effetto come durante l'estate. 
Giunta in classe la maestra mi presentò, non feci amicizia con nessuno e rimasi in un angolino a fare quello a cui ero abituata a fare: stare sola.
Oramai di Louis non mi importava più un granchè, ci scambiavamo qualche parola solo quando ci incontravamo nei corridoio e quando ci vedevamo fuori casa. Erano passati tre anni, ma non era cambiato niente. Era come se la mia vita si ripetesse in continuazione, non succedeva mai niente di eccezionale. Sapevo che Louis aveva qualche flirt con una ragazzina ma onestamente non mi importava più, quella magia che avevo provato tre anni fa la prima volta che lo avevo incontrato, era svanita. Era come tutti gli altri per me, ma mi sbagliavo, mi sbagliavo eccome. 
Un giorno vennero a trovarci i miei nonni paterni, ero felice perchè non venivano mai a trovarci e questo mi turbava anche un poco perchè era strano che da un momento all'altro decisero di venire da noi, ma ero felice, mi mancavano. Mio nonno era l'uomo più straordinario che ebbi mai conosciuto, era sempre disponibile per me e mi aiutava a prendere la scelta giusta, appoggiava le mie idee e opinioni, credeva in me ma soprattutto credeva nei miei sogni. Tenevo a lui come tenevo a pochi ed ero estasiata dall'idea che venisse quà a trovarmi. 
Appena nonno e nonna entrarono in casa li rincorsi, li abbracciai e li tenni forte forte stretti a me. Mio nonno mi disse: "Felice di rivederti tesoro mio" mi diede tre baci e mi strappazzò come tutti i nonni fanno. Mi piaceva ricevere tutte quelle attenzioni, dato che dai miei genitori ne avevo molte. 
Quella giornata stava andando sempre meglio, fino a quando mio padre e i miei nonni mi dissero di andare un attimo in camera e che dopo mi avrebbero raggiona." Questione di un minuto" dissero, ma passò più di mezz'ora. Andai sulle scale a origliare e cercare di capire che succedeva e vidi mio padre e mia nonna in lacrime. Decisi di scendere e chiedere che succedeva ma mi dissero che andava tutto bene, bhe, a me non sembrava. Poco dopo nonno e nonna andarono a casa. 
Ci sentivamo sempre al telefono da quell'episodio, era molto strano quello che stava succedendo, ma facevo finta di niente. Passato un mese venni a sapere che mio nonno stava male, male veramente. Mi dissero che aveva una malattia strana e che non potevo capire, ricordo solo che quando andavo a trovarlo non riconosceva il mio volto, non sapeva chi fosse mia nonna e mi trattava come un estranea. All'inizio credevo che fosse uno scherzo ma non era così, papà mi faceva passare solo pochi minuti con lui mentre lui stava notte e giorno in ospedale. Cosa feci? lascia passare, credevo fosse temporaneo. 
La mattina del 27 febbraio, Dio lo accolse con se in paradiso. Quando seppi la notizia scoppiai in lacrime, non poteva essere lui, mio nonno, chi mi avrebbe sostenuto ? chi avrebbe sostenuto i miei sogni? no, non potevo accettare la realtà. Perchè questo dolore ? non doveva andarsene, avevo maledettamente bisogno di lui, avevo bisogno dei suo abbracci, dei suoi baci, dei suoi consigli." E' MIO NONNO non può andarsene, deve stare al mio fianco" dissi così a mia madre, lei mi rispose: " è al tuo fianco, solo che non puoi vederlo. vedi quella stella ? ecco è lui, non scomparirà mai dalla tua vita, l'importante è che tu non lo dimentichi e che tu lo tenga sempre nel tuo cuore" scoppiammo in lacrime e ci abbracciammo. Mi sentivo in una famiglia, quella era l'unica cosa positiva. Il funerale si celebrò il giorno dopo, ero a pezzi. Louis era venuto, mi diede il suo fazzoletto e mi disse: "scusami, da quà in poi ci sarò sempre per te. daccordo amica ?"-
"daccordo"-
"ora abbracciami forte e non lasciarmi andare. migliori amici per la pelle, promesso ?"-
"promesso"
stringemmo i nostri mignoli, avevamo fatto un patto. Sapevo che avrei sempre potuto contare su di lui, e che lui avrebbe sempre potuto contare su i me. 
lui...lui... era la cosa migliore di quel giorno, e non solo.
< E' il primo capitolo della prima ff che scrivo, siato buoni c: Non ho riletto quindi scusate se c'è qualche errore grammaticale. Recensite vi prego. Grazie per averla letto c: -idolstreulove

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Capitolo 3
*** FRIEND. ***


Avevo un migliore amico, sembrava una cosa unica, eccezionale, mi sentivo speciale per qualcuno ed era una sensazione magnifica. Era stupendo avere la certezza che non sarei mai rimasta sola, ma avere un migliore amico era anche un impegno. Credevo di occupare tutto il mio tempo libero in Lou ma i problemi crescevano e crescevano a dismisura. Non avevo una famiglia, non concretamente, ma eravamo separati l'uno dall'altro. Non ci parlavamo e nessuno si interessava di nessuno e per questo ero molto legata a Lou perchè non avendo nessuno su cui poter contare lui era la mia roccia. I primi periodi da amici erano bellissimi: io andavo a casa sua, giocavamo, e stavo là l'intera giornata persino a mangiare. Per Johannah e Troy ero come una seconda figlia, mi aiutavano persino a fare i compiti. I miei genitori, nonostante fossi ancora una bambina e avevo bisogno di loro, erano totalmente assenti. Mi sembrava che per loro non fossi nessuno, forse non era una mia impressione, forse loro lo pensavano realmente. Tutto questo però succedeva perchè dopo la perdita di mio nonno mio padre iniziò a frequentare bar (questo sotto consiglio di mamma) per trovare più amici e qualcuno che sapeva tirargli su il morale, cosa che ne io ne mamma sapevamo fare. Questo consiglio fu lo sbaglio più grosso fatto da mia madre. Trovata la sua compagnia iniziò a passarci le ore in quel bar e persino le giornate, ed è così che fu licenziato dal suo nuovo lavoro. Non erano solo chiacchere e discussioni che avvenivano in quel bar però. "sono cose da grandi amore" diceva mia madre in lacrime quando trovava mio padre sotto casa ubriaco fradicio. Non avevo nemmeno il coraggio di guardarlo in faccia, ricordo solo il pessimo odore che c'era, e quell'odore diventò come un profumo per ambiente che usavamo in casa, talmente era frequente. La notte non dormivo, piangevo tutto il tempo fino a trovarmi il cuscino bagnato. Le mie lacrime però non servivano a ricevere più attenzioni o rassicurazioni, tanto meno le urla e il rumore degli schiaffi che provenivano da sotto. A nessuno importava di me, eccetto a Lou. Lui ovviamente non sapeva niente, avevo paura a dirglielo, forse per il suo giudizio o forse per la paura che lui dopo averglielo detto non avrebbe più voluto vedermi o vivere vicino ad una famiglia "pazza" come la nostra. Soprattutto però, avevo paura che se mio padre avesse scoperto che dicevo le nostre questioni a qualcuno, mi avrebbe picchiata, come faceva con mia madre. In sostanza lui e nessun altro oltre alla mia "famiglia" sapeva qualcosa. Mi chiedevo come lui non mi domandasse mai il perchè delle urla e degli strani rumori, insomma, era impossibile non sentirli. Era bello il fatto che come uscita da casa, mentre stavo con lui, ero in mondo totalmente diverso. Quel mondo era la mia via di fuga da quell'incubo terribile, lui riusciva a trasformarmi completamente. Mi sentivo libera e certe volte piangevo, lui mi domandava il perchè ma non rispondevo mai. I mesi passavano però, le cose peggioravano, mio padre continuava a bere mia madre a piangere. Ricordo che certi giorni vedevo mamma la mattina con dei cerotti o bende dappertutto, non osavo mai chiedere il perchè ne osavo sfidare lo sguardo di mio padre che la trattava come una serva. Non sapevo chi era quell'uomo seduto accanto a me, ero sicura che non era mio padre, non lo era, non poteva esserlo. Quell'uomo dolce, premuroso e affettuoso soprattutto nei miei confronti era svanito e si era trasformato in un mostro. Avevo solo 10 anni, era una necessità avere una madre ed un padre che mi stessero vicino, ma non ero più la loro priorità, non si curavano di me. Mi sentivo uno sbaglio assoluto. Immaginate una bambina di 10 anni che non ha nemmeno il coraggio di rivolgere la parola alla madre o di guardare il padre per paura di essere picchiata o peggiorare le cose. Immaginatelo, era un incubo. Non stavo più in casa, la mia casa era quella accanto, quella di Lou, molte notti dormivo da lui e ci raccontavamo molte cose. Una sera Lou mi raccontò c'era una ragazzina che gli piaceva molto, mi chiese dei consigli per conquistarla, io gli dissi: "bhe fai qualcosa di diverso, dato che da te alle medie regalano tutti un fiore, tu scrivile una letterina". Ascoltò il mio consiglio che andò a buon fine, e con il mio aiuto le scrivemmo una lettera (bella per essere fatta da una bambina di quinta el. e un bambino di prima media). La ragazzina a cui Lou faceva il filo rispose con un'altra lettera sulla quale c'era scritto che anche a lei piaceva lui e qualche giorno dopo si "fidanzarono". Era una cosa strana, non avrei mai pesato che si fossero fidanzati, ma la cosa a me non cambiava molto, pensavo che sarebbe rimasto tutto come prima ma... NO. Lou iniziò a stare solo con questa bambina della quale non conoscevo nemmeno il nome, non ci credevo. Si era "fidanzato" con una ragazzina che non conoscevo nemmeno e senza nemmeno chiedermi un opinione. A questo non diedi molta importanza, mi arrabbiai ma lasciai passare. Lou non si faceva ne vedere ne sentire, ogni volta che andavo a casa sua mi dicevano che era andato a casa di 'quella bambina'. Mi sentivo offesa, sola, abbandonata, aveva rovinato il mio mondo e così iniziai ad odiarla fino alla nausea. Non volevo stare a casa ad assistere quello spettacolo penoso che si svolgeva tutte le sere. Volevo Lou, avevo bisogno di Lou. Non avevo altre amiche, avevo solo conoscenti con le quali scambiavo qualche parola a scuola ma nessuna a cui importavo, o per lo meno nessuna che si ricordasse il mio nome. Credevo che Lou mi avesse dimenticata, come facevano tutti, avevo paura, molta. Iniziai a cercare di fare nuove amicizie a scuola con qualcuna di quelle bambine snob, con lo smalto alle unghie. Loro accettavano solo bambine carine, io lo ero ma non mi curavo. Avevo dieci anni, cosa mi importava dello smalto alle unghie o dell'ombretto o lucidalabbra con i brillantini? un emerito niente. Mi ricordai subito però che avevo a casa una di quelle borsette con elastici rosa, lucidalabbra, brillantini e cose così che mi aveva regalato la zia, per raggirare quelle bambine un giorno li portai a scuola. Appena arrivata tutte si misero in cerchio attorno a me e volevano provare ogni cosa. Io cercavo scrupolosamente tra di loro chi potevo portare a casa come nuova amica, così che Lou fosse stato geloso come me. Trovai una bambina molto carina e gentile, ma snob come tutte le altre, poteva andare. Si avvicinò a me e mi chiese: "ne hai altre a casa percaso?" -"certo, ti va di venire a casa mia a vederli?" -"va bene, oggi pomeriggio vengo a casa tua" La aspettai mentre guardavo in camera mia dalla finestra con tutti i trucchi (ammetto di averne rubati un bel po da mamma) sul letto. Arrivò accompagnata da suo padre su una bellissima bmw nera, era una bambina molto ricca. Appena arrivata scesi le scale frettolosamente e aprii la porta, lei diretta mi chiese "dove sono i trucchi?", io le indicai le scale per farle cenno di salire e la accompagnai in camera. Non c'era in casa nessuno, così iniziammo a truccarci con lo stereo ad altissimo volume, sperando che Lou avrebbe sentito e sarebbe venuto a lamentarsi ma zero. Avevo un piano B (lol) e scesi nel giardino con la mia "amica" e inizia a giocare a palla, il mio piano era quello di mandare di là la palla per vedere se era in casa con la sua fidanzatina. Così, come da piano, feci andare di là la palla, andai a citofonare presi la palla ma non vidi Lou. Così chiesi a Johannah dov'era e mi disse che era uscito con Denise, feci uno sguardo stupito e dissi "e chi sarebbe?" mi rispose che era la bambina con la quale era fidanzato. Mi arrabbiai e Alice (la mia presunta amica) se ne accorse molto dato che appena tornata a casa le dissi che ora lei doveva andarsene. La invitai altri giorni e come io usavo lei, lei usava me perchè il giorno dopo si presentava a scuola con uno smalto nuovo che le regalavo io, mamma tanto non se ne accorgeva, era presa da altre cose. Ovviamente facevo sempre andare la palla a casa di Lou o inventavo qualche altro metodo, Alice faceva finta di niente ma aveva capito tutto. Dopo i continui tentativi Johannah disse a Lou di venirmi a trovare, senza che io lo seppi. Allora, un giorno, qualcuno suonò il campanello di casa mentre io ero sola, camminai lentamente dirigendomi verso la porta aprii e trovai, appunto, Lou. Lo guardai disprezzata e rivolgendomi con il mio tono da arrogante gli dissi: "wow, ti sei ricordata di me" -"scusami, mi dispiace" Facendosi spazio però, riuscì a vedere un'altra sagoma, era Denise che mi salutò. Guardai Lou e iniziai ad urlare: "come ti sei permesso, non eravamo amici? e tu, TU, hai rovinato tutto, andatevene" Nessuno dei due ribattè e se ne andarono entrambi. Pochi giorni dopo venni a sapere che Lou e Denise si erano lasciati e un sorrisetto si accese sul mio viso, come un cenno di vendetta. Ora era lui che mi cercava, non più io. Io ero di nuovo nella realtà, quella realtà di urla, schiaffi, solitudine e non vedevo l'ora di scappare da quello schifo ma allo stesso tempo non volevo darla vinta a Lou così rimanetti settimane e settimane nella mia realtà. I giorni erano uguali: mi svegliavo, andavo a scuola, giocavo a palla, facevo i compiti, i miei litigavano, piangevo. Era un ciclo continuo ma per fortuna in quel giorno ci fu qualcosa nel mezzo a deviare quel ciclo. Era un sabato, stavo andando in giardino a giocare a palla dato che avevo appena finito di fare i compiti, i miei non erano mai a casa, mio padre era al bar e mia madre a lavoro; a volte mia madre tardava da lavoro per il motivo che non voleva tornare a casa. Ero consapevole di ciò e nella mente mentre prendevo la palla per andare in giardino, mi ripetevo tutti gli avvenimenti che sarebbero accaduti in quel giorno 'grigio'. Alzai lo sguardo per aprire la vetrata che dava sul giardino e vidi lui, Lou. Andai diritta verso di lui e ammetto che presi un bello spavento, ma, senza neanche farmi parlare mi spiegò che ora aveva lasciato la sua 'fidanzatina' e che non mi avrebbe più esclusa, si scusò e mi invitò a casa sua a dormire. Ero solare, emanavo felicità non solo perchè con Lou era tutto come prima ma perchè non ero costretta a passare ancora una notte in quello schifo di casa ed ero riuscita ad evadere alla realtà. Il mio mondo era ricomparso, quel mondo in cui ero me stessa senza preoccupazioni, quel mondo dove schiaffi, minacce, pianti, dolori e solitudine non esistevano. Lou riusciva a farmi sorridere, ed io, amavo sorridere.

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