Our Secret di Kiki87 (/viewuser.php?uid=289)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 9: *** Epilogo ***
Capitolo 1 *** Prologo ***
Prologo
Salve a tutti,
come avevo annunciato,
in occasione della Kurtbastian Week di Dicembre e la traccia
“Mistletoe”, non
soddisfatta (del tutto) del finale ancora aperto, ho cominciato ad
immaginare
una storia a più capitoli. Ed è ciò
che mi conduce qui, in questo momento.
Per chi avesse già
letto la one-shot della week, vi invito alla lettura del prologo
aggiunto in secondo momento e prometto di non ritardare
alla pubblicazione del secondo capitolo ( solo da revisionare!). Per
gli altri
auguro una buona lettura, con la speranza di accattivarvi per il
proseguire nella lettura.
Nota per la fanfiction: è ambientata a partire dalla seconda stagione per
cui alcuni
eventi saranno fedeli alla versione originale ed altri, invece, si
discosteranno tra cui, appunto, la presenza di Sebastian.
Detto questo, vi auguro buona lettura!
(copertina realizzata da @therentgirl,
nonché la mia Sebastian, che ringrazio
ancora infinitamente per la meravigliosa sorpresa!)
Prologo.
Alcuni
incontri sembrano essere destinati a cambiare un’esistenza
eppure si palesano
nel modo più semplice e casuale. Visto e rivisto in diversi
adattamenti
cinematografici, dalle penne di diversi scrittori. Eppure tutti
contraddistinti
dallo stessa consapevolezza che tutto sta, inevitabilmente, per
cambiare.
Forse
è una sincronia di sguardi, un sorriso o
un’intonazione particolare della voce
ma ognuno è diverso e speciale.
“Scusami” si
era affrettato a scendere le
scale e il moretto aveva sollevato gli occhi. “Posso farti
una domanda? Sono
nuovo qui”.
“Il
mio nome è Blaine”.
La
stretta della sua mano, il suo sguardo così limpido e
luminoso.
“Kurt”
aveva sussurrato, un sorriso più timido ed incerto a cui
rispose quello del
moretto, molto più caloroso e rassicurante, prima di
prenderlo per mano e
condurlo, per la prima volta, attraverso quei corridoi.
Ripercorrendoli
anche a distanza di tempo, sembrava ancora di sentire le parole di
quella
canzone, quasi quei corridoi le avessero serbate.
You make me feel
like I'm living a
Teenage dream
The way you turn me on
I can't sleep
Let's run away and
Don't ever look back
My heart stops when you look at me
Just one touch
Now baby I believe
This is real so take a chance and
Don't
ever look back
Sì,
poteva affermarlo anche a distanza di tempo: alcuni incontri erano
decisi dal
destino. Altri no.
O
forse lo erano anch’essi, ma soltanto per dimostrare quanto
la vita potesse
essere beffarda e quanto, dopo essersi mostrata nelle sue sfumature
più dolci,
potesse poi ribaltare completamente la prospettiva. Quanto, anche dopo
averne
saggiato l’influsso più dolce, si celasse un
retrogusto amaro.
“Kurt”
lo stesso sorriso dolce ad attenderlo alla fine delle scale mentre le
scendeva,
per la prima volta, in veste di studente della Dalton. Stava
letteralmente
volteggiando da che la sua sola voce era capace di farne scalpitare il
cuore e
scuoterlo fin nel profondo.
“Benvenuto
alla Dalton”.
“Grazie,
Blaine” si erano stretti brevemente la mano e Kurt aveva
sentito quello stesso
brivido di vita scorrere lungo la spina dorsale, la consapevolezza che
anche
quel momento fosse soltanto un nuovo inizio.
Uno
schiarirsi di voce poco distante e aveva sollevato lo sguardo oltre la
spalla di Blaine: lo
vide allora per la prima volta. A pochi passi dal moretto, la figura
alta ed
allampanata di un giovane le cui mani erano affondate casualmente nelle
tasche
dei pantaloni. Il suo sguardo smeraldino sembrò scrutarlo da
capo a piedi con
espressione di malcelato disprezzo che lo fece sentire nudo.
Quasi
egli riuscisse a carpire tutta la sua insicurezza e quel nodo in gola,
quel
battito scalpitante del suo cuore quando vicino a Blaine che, da loro
primo
incontro, aveva occupato la sua mente.
Ho
combattuto per parecchio tempo,
mentre
affogavo in un fiume di
diniego.
Ho
lavato, sistemato e messo via,
tutti
i frammenti spezzati di me.
Non
seppe esattamente cosa fu: forse l’espressione beffarda di
chi sembrava aver
capito tutto ancora prima che lui potesse articolare parola. Forse la
sicurezza
con cui, persino in quella posa indolente, sembrava essere
perfettamente
padrone della scena, malgrado ne fosse, a tutti gli effetti, un
estraneo.
O
forse la semplice rivalità che non avrebbe mai concesso
alcuna sintonia tra
loro se non la reciproca consapevolezza che ciò non poteva essere contemplato.
Non
in
una lotta ad un comune obiettivo.
“Oh”
Blaine si era voltato ad osservare l’altro ragazzo e aveva
sorriso quasi a mo’
di scuse.
“Kurt,
ti presento Sebastian”.
Aveva
allungato la mano in sua direzione e Sebastian parve quasi dispiaciuto
di dover abbandonare quella postura così da stringerla a
propria volta. I loro
sguardi si fusero e sembrò esservi una scintilla di pura
curiosità e di
reciproca repulsione scorrere attraverso le loro spine dorsali.
Sorrise,
Sebastian, un sorriso tutt’altro che caloroso.
“Benvenuto”
pronunciò in tono spiccio seppur, per qualche motivo, fosse
sembrata una sorta
di pacata minaccia.
Scenario
poliziesco, linee di gesso,
cicchetti
di tequila,
nella
scura scena del crimine.
Vita
suburbana con la sensazione
sottopelle
di
star rinunciando a tutto,
a
tutto per te.
(per
te).
Blaine
si era allontanato per prendere un caffè per tutti e allora,
l’uno vicino all’altra
seppur in posture rigide, si erano reciprocamente scrutati. Una smorfia
era
apparsa sul viso di Sebastian e Kurt si sentì osservato
mentre il giovane gli
sorrideva quasi con affettata malizia. Non ricambiò il
gesto, continuò ad
osservare la schiena di Blaine, quasi un baluardo di sicurezza tra
tante divise
simili e quella sgradevole presenza al suo fianco che lo faceva sentire
giudicato: ironico come al McKinley il suo essere gay fosse fonte di
disprezzo
e, di fronte a quello sguardo smeraldino, sembrasse fonte di
un’ostilità che si
era palesata fin dal primo incontro di sguardi.
“A
guardarti sei un povero vergine innocuo” esordì
Sebastian in tono annoiato e
Kurt trasalì per il modo in cui la parola
“vergine” fosse stata pronunciata:
quasi si fosse trattata di una vera e propria colpa. Quasi un motivo di
scherno
che era evidente in quelle iridi verdi.
“…
ma
te lo dico lo stesso: non mi importa se il tuo è stato un
colpo di fulmine o ti
si è solo stretto il cavallo dei pantaloni”.
Kurt
era arrossito visibilmente, un verso strozzato di vergogna e di
scalpore mentre
Sebastian indicava Blaine con un cenno
del mento per poi passarsi la lingua sulle labbra nello squadrarlo,
soffermandosi volutamente sul suo fondoschiena con espressione lasciva.
“Non
è
roba per te” aveva soggiunto in un sussurro e Kurt aveva
stretto i pugni lungo
i fianchi: lo sguardo azzurro baluginò di una reale rabbia
che ne fece fremere
i lineamenti di porcellana mentre l’altro tornava a
guardarlo. Un sorriso
suadente e le sopracciglia inarcate.
“Cambia
idea, prima di farti male o, meglio ancora, tornatene nella tua scuola
pubblica”.
Oh,
oh, oh.
Come
avrei potuto sapere,
che tu
saresti divenuto parte di me?
Pensavo
che avrei dovuto andarmene
(Andarmene!)
Ma non
lo feci.
Perché
sarei stato dannato se lo
avessi fatto,
dannato
se non lo avessi fatto.
“Puoi
scordartelo” fu la
risposta di Kurt
che colse, con la coda dell’occhio, il volto di Blaine
mentre, un vassoio di
caffè in mano, si avvicinava nuovamente ad entrambi.
“E,
per la cronaca, userei un esfoliante per quelle sgradevoli macchie sul
viso o
forse butterato lo sei di nascita,
così come avvezzo ad un linguaggio da prostituta che non
tollera nuova
concorrenza”.
Un
rapido inarcare delle sopracciglia di Sebastian, un verso rauco di
divertimento
prima che Blaine si fermasse di fronte a loro.
“Ci
sediamo?” propose loro con lo stesso sorriso allegro e
caloroso.
Acconsentirono
a seguirlo.
“Di
cosa stavate parlando?”.
“Stavo
giusto spiegando a Kurt qualche regola, non è
vero?” gli sorrise Sebastian con
falsa cortesia e Kurt si trattenne dal sollevare gli occhi al cielo ma
rivolse
un sorriso più dolce a Blaine.
“Molto
illuminante, sì”.
Ti
prendevi gioco di me,
quando
mi ronzavi attorno.
Ma da
quando te ne sei andato,
sono
un fiammifero bruciato.
Avrei
potuto, avrei dovuto,
fare
quello che mi ero prefissato.
Una
scintilla di reciproca ostilità.
E
così
fu l’inizio della fine.
Scena tratta dall’episodio
2x06 “Il primo bacio”.
“Teenage Dream” di Katy
Perry, cantata da Blaine nel proseguo dello stesso episodio. Traduzione
QUI
Questa è una traduzione
che ho abbozzato da sola del brano “Damned
if I do ya” degli All
Time Low
che ho scelto come colonna sonora dell’incontro tra Kurt e
Sebastian. Per chi
mastica bene l’inglese, consiglio il brano originale QUI
che credo renda
meglio. E vi consiglio anche il motivetto molto accattivante QUI.
Nota per la traduzione: il
testo originale prevede che i tempi verbali, in questi versi, siano
volti al futuro; io li ho adattati
al passato,
trattandosi di un prologo mi è funzionale, infatti, a quanto
vedremo nei
prossimi capitoli.
Sta alludendo ai nei di
Grant che, in realtà, trovo adorabili ma qui, ehi, siamo in
un clima di
competizione, quindi permettetemi la scoccata :D
|
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Capitolo 2 *** Capitolo 1 ***
1
A
tree that smells of pine
A house that’s filled with joy and laughter
The mistletoe says “stand in line”
Loneliness is what I’ve captured
Oh, but this evening can be a holy night
Lets cozy on up the fireplace
And dim those Christmas lights
So
please just fall in love with me
this
Christmas
There’s nothing else that you will need
this
Christmas
(Cold December Night – Michael Bublé)
Capitolo 1
Poco
importava che il calendario segnasse sfacciatamente
l’antivigilia di Natale:
quella che Kurt Hummel stava affrontando – creme per
prevenire le rughe già
disseminate con spasmodico ordine sullo scaffale della sua toeletta
– era una
vera e propria crisi amorosa più idonea alla
festività di metà Febbraio. Scosse
il capo e prese un bel respiro: c’era ancora tempo, si disse,
non era il caso
di lasciarsi prendere dall’angoscia e rischiare ulteriore
stress per la sua
pelle.
Controllò
l’orologio ed emise uno stridulo verso: era molto
più tardi di quanto avesse
sperato e ancora non era completamente
sicuro di cosa avrebbe indossato quella sera, alla festa che
si sarebbe
tenuta a casa di Rachel. Terminò di detergersi il viso e,
dopo essersi spalmato
una discreta quantità di fondotinta a coprire qualche
piccola imperfezione
(brufoli di cui nessuno sarebbe mai dovuto entrare a conoscenza!), si
volse
all’armadio con espressione decisa.
Se
aveva già optato per un paio di pantaloni scuri che ne
fasciavano perfettamente
le gambe ed era tentato da una camicia rossa (probabilmente era
più adatta per
tema, rispetto a quella viola che, tuttavia, sarebbe stata dell’esatto punto di colore che
sarebbe tornata di voga, secondo le
anticipazioni di Vogue almeno), non aveva ancora deciso quale soprabito
abbinare. Allacciò la cintura in vita ma lo sguardo azzurro
era ancora fisso
sui due diversi modelli per tessuto, lunghezza e accessori che aveva
appeso per
la gruccia sull’anta dell’armadio.
Fu
in quella silenziosa contemplazione che lo scorse Burt: si era
premunito di
lasciare la lattina di birra in cucina onde evitare un’altra
lavata di capo
circa la sua salute e un menù da
“coniglio” che gli avrebbe personalmente prescritto.
Si
appoggiò allo stipite della porta, un vago sorriso nel
contemplarne
l’espressione tanto concentrata. Una luce più
dolce nello sguardo al pensiero
di quanto gli fosse mancato sentirlo girovagare per casa parlando di
attrici,
modelle, cantanti (o tutte queste categorie insieme) o di una qualche
canzone
che avrebbe voluto proporre a Mr Shuester alla successiva lezione del
Glee
Club. Ma sapeva che anteporre il suo benessere e la sua sicurezza al
proprio
volere, fosse il suo dovere di genitore e doveva ringraziare di aver
sposato
una donna splendida come Carole che era stata lei stessa promotrice
dell’idea
di usare i soldi della luna di miele per farlo trasferire alla Dalton.
Si
schiarì la gola e solo allora Kurt si volse ad osservarlo.
“Vuoi
che ti lasci solo coi tuoi vestiti?” domandò, un
vago sorriso sornione sulle
labbra. “Ero solo venuto ad avvisarti che
c’è quel
ragazzo, di sotto, che ti sta aspettando”.
“Blaine
è arrivato?” aveva domandato, la voce che era
suonata in un falsetto strozzato
mentre le guance si pitturavano di un delizioso rosa acceso che ne mise
in
risalto il colore delle iridi e Burt sospirò, scuotendo
leggermente il capo.
“Blaine?
Credevo si chiamasse ‘Brillantina’” aveva
borbottato, suscitando uno sguardo di
muto rimprovero da parte del figlio che si addolcì,
tuttavia, con un vago
sorriso prima di avvicinarsi all’armadio.
“Blaine
è la persona più gentile e premurosa che io abbia
incontrato alla Dalton, il
che è tutto dire: sono tutti davvero deliziosi. Beh, quasi
tutti” aveva soggiunto
tra sé e sé prima di volgersi nuovamente
all’armadio, indicandolo al genitore.
“Un
doppiopetto Marc Jacobs o un classico Armani?” aveva
domandato, prendendo
entrambe le grucce e trattenendo entrambi i capi a mezz’aria
mentre Burt faceva
schioccare la lingua sul palato.
“Perché
diavolo dovrei sapere qual è la differenza,
figliolo?” aveva domandato in tono
vagamente interdetto ma questi già non lo stava ascoltando e
aveva scostato il
cellofan per indossare il lungo cappotto a doppiopetto. Si
legò la cintura in
vita e aprì l’anta dell’armadio per
un’ultima sistemata alla capigliatura prima
di studiare il suo riflesso con espressione attenta e meticolosa,
continuando a
commentare frasi sconnesse come “Armani è troppo
austero” “Marc Jacobs non è
mai scontato” e cose simili.
Burt
scosse il capo.
“Significa
che sei innamorato di lui?”.
“Pà!”
lo aveva apostrofato Kurt, terrorizzato alla prospettiva che il ragazzo
interessato potesse sentirlo e Burt sollevò le mani come a
scusarsi prima di
entrare nella camera e chiudersi la porta alle spalle.
“Tranquillo,
l’ho lasciato in soggiorno con Finn e Carole”.
Ma
ciò non parve rassicurarlo, al contrario sembrò
persino più agitato.
“Ragione
per cui devo sbrigarmi prima che lo faccia scappare con la sua
dipendenza da videogiochi”.
“Kurt”
Burt lo aveva richiamato e gli aveva posto le mani sulle spalle.
“Non
hai risposto alla mia domanda: che cosa c’è tra te
e il brillantinato?”.
“Prima
di tutto, Blaine fa uso di gel e, d’accordo, a volte forse
esagera ma soltanto
perché ha qualche problema ad accettare i suoi riccioli che
trovo deliziosi e
sbarazzini-“.
Burt
aveva sospirato e si era portato una mano sulla tempia. Quelle
precisazioni di
make-up gli avrebbero procurato un mal di testa da guinness, almeno
come quando
aveva cercato di spiegargli la sua teoria sulle premesse per poter
acquistare
un anello di fidanzamento. Come in quei suoi consigli fosse riuscito a
parlare
di arte, di storia e di moda, ancora non era certo di aver compreso ma
era
stato molto più semplice – e meno doloroso!
– assecondarlo.
“Vai
avanti” lo esortò e Kurt si morsicò il
labbro prima di stringersi le spalle.
“Forse
ho una cotta per lui” aveva ammesso e lo sguardo di Burt era
sceso sull’agenda
del ragazzo dove spiccava il disegno di un cuore con i loro nomi
iscritti e
ricalcati con la penna rossa.
“Forse?”
aveva domandato e Kurt si permise di arrossire, seppur dondolandosi con
le
spalle quasi a volerselo ingraziare. “Anche lui è
gay, sto facendo progressi”
aveva commentato e Burt aveva socchiuso gli occhi prima di prendere un
bel
respiro.
“E
questo” aveva gesticolato quasi a cercare di ricordarne il
nome.
“Blaine”
Kurt era parso vagamente offeso, le braccia incrociate al petto e le
sopracciglia inarcate.
“E’
al corrente dei tuoi sentimenti?” aveva chiesto, infine e si
era preparato a
trattenere il fiato: forse era ancora in tempo per evitare qualche
spiacevole
conseguenza. Al cenno di diniego del figlio dovette ricorrere a tutta
la
propria compostezza per non esultare come avrebbe fatto durante una
partita di
football al punto della sua squadra.
Si
era schiarito la gola e ne aveva stretto la spalla.
“Non
perderti d’animo: hai tempo per trovare il ragazzo
giusto” aveva commentato più
dolcemente e Kurt aveva sollevato gli occhi al cielo.
“Da
quando parli per aforismi?”.
“Kurt,
quello che sto cercando di dirti è che non devi essere
impaziente: lo conosci
da poco e… non voglio che tu soffra” aveva
concluso in tono meno burbero e più
somigliante ad una sospirata richiesta che lo aveva fatto sorridere
più dolcemente.
“Niente
di affrettato, promesso”.
“Bene.
E comunque, aspetterò il tuo ritorno: sobrio e
solo” aveva specificato al che
il giovane aveva sollevato gli occhi al cielo.
“Stiamo
andando ad un party di Rachel: l’unico motivo per cui
qualcuno si ubriacherebbe
è evitare le sue manie ossessive compulsive da povera solita
incompresa”.
“Kurt”.
“D’accordo,
pà”.
“E’
bello riaverti a casa, figliolo. Molto più caotico e
rumoroso ma bello” avevano
sorriso entrambi prima che Burt lo stringesse a sé per un
breve istante.
Appoggiò il mento contro i suoi capelli profumati e morbidi
e per un istante fu
come riavere quel bambino che lo svegliava al primo incubo spaventoso,
come
stringere un fantasma del passato.
“Mi
sei mancato anche tu, papà”. Aveva sussurrato e
quel nodo in gola sembrò molto
più serrato mentre si scostava e gli batteva sulla spalla,
un sorriso più
allegro.
“Vai
ora e divertiti. Ma stai lontano dal vischio”. Lo
ammonì con finta espressione
severa.
“Questo
non posso prometterlo”. Ribatté Kurt con un
accenno di sorriso più compiaciuto.
“E
io non posso promettere che il tuo amico uscirà di
casa”.
~
Come
aveva detto a suo padre, l’unico motivo per cui si potesse
bere ad un party
indetto da Rachel Berry, era la noia. O la disperazione. O magari
entrambe. Ma
era una fortuna che Kurt Hummel fosse astemio perché quella
sera tutto
sembrava, invece, indurlo a volersi sgolare qualsiasi bevanda alcolica
tanto
per evitare di fare qualcosa di terribilmente pericoloso: pensare.
Se
aveva sperato che l’atmosfera natalizia potesse giovarlo a
farsi avanti con
Blaine, non aveva fatto i conti con la stessa Rachel.
Era
già abbastanza frustrante passare intere ore con lui tra i
corridoi della
Dalton o alle riunioni tra i Warblers e avere la netta sensazione di
essere
completamente invisibile ai suoi occhi. Ma che una disperatamente
single Rachel Berry cercasse di manipolarne sempre
l’attenzione, coinvolgendolo in duetto, tanto da lodare con
uno squittio
irritante che “solo un grande talento può
confrontarsi col mio ed uscirne indenne.
“era più di quanto potesse
tollerare.
Decise
di censurare nella sua mente il ricordo di come lo avesse ignorato per
far
strada a Blaine che – educato, dolce e splendido (va bene,
questo lo aveva
aggiunto come bonus!) – non aveva potuto che ringraziarla per
aver cortesemente
esteso l’invito anche a lui. Certo, che poi lei lo prendesse
sotto braccio per
trascinarselo dietro come un pupazzo (forse avrebbe dovuto trovarle un
ragazzo:
sarebbe stato uno splendido fioretto natalizio), era ulteriormente
frustrante.
Si
era, tuttavia, lasciato avvincere dalla gioia e dalla commozione nel
riabbracciare i vecchi compagni del Glee Club ed era passato da
“Il mio
unicorno!” di Brittany al “Allora, quanti Usignoli
ti sei portato in gabbia?
Dillo al tuo Puckmentore” prima di sedersi accanto a Mercedes
e abbandonare il
capo contro la sua spalla.
“Sai
com’è Rachel” lo aveva consolato
quest’ultima, come sempre in linea di sintonia
con il suo pensiero, senza bisogno di particolari spiegazioni circa il
suo
stato d’animo. “E per fortuna che Blaine
è gay” aveva soggiunto in una risatina
mentre Kurt sospirava, sollevando appena gli occhi al soffitto.
“Non
credo che le importi più di tanto” no, a giudicare
da come ne stringeva
saldamente il braccio: lui stesso aveva sperimentato quanto quelle
manine,
apparentemente delicate, potessero attanagliarsi con artigli appuntiti
nell’avvinghiare qualcuno.
“Ma
importa a lui” aveva sottolineato Mercedes, prendendone il
mento ed
osservandolo, l’espressione improvvisamente addolcita.
“Hai intenzione di
parlargli?”.
Un
lieve rossore sfiorò le gote di Kurt ma annuì
fermamente, un vago sorrisetto
ironico.
“Vuoi
dire prima che Rachel si infili sotto il suo papillon?” aveva
sollevato il
mento con espressione più decisa nel continuare a scrutare i
due che si
trovavano in fondo alla sala e sembravano scegliere, tra gli spartiti,
l’ennesimo numero da provare insieme.
“Oh,
sì, assolutamente”.
Non
era mai stato un tipo religioso ma aveva amato quel periodo
dell’anno:
soprattutto quando sentiva ancora la voce della madre mentre cantava,
il
profumo dei suoi biscotti dalla forma dei fiocchi di neve e tutte le
decorazioni che affiggeva per casa e che suo padre, dalla sua
scomparsa,
cercava goffamente di imitare. Quasi sperando che un ambiente simile a
quello
in cui avevano vissuto per anni, potesse riportarla indietro.
Non
credeva nell’esistenza di una creatura soprannaturale, ma se
qualcosa di sacro
vi era, lo respirava nel ritorno a casa tra i suoi affetti o in quella
stanza
tra le persone che aveva amato e il ragazzo che occupava il suo cuore.
Si
era appena liberato da Rachel e lo aveva cercato con lo sguardo: gli
aveva
sorriso e Kurt aveva sentito il cuore fermarsi nel petto. Quasi
spontaneamente
– non credeva di aver più controllo della
contrazione dei muscoli facciali –
ricambiò il sorriso.
Scambiò
uno sguardo con Mercedes che gli fece un cenno di assenso silenzioso e
si
rimise in piedi. Lisciò la camicia da pieghe inesistenti e
si passò una mano
tra i capelli prima di prendere un bel respiro per avvicinarsi.
Quello
era il suo momento e niente e nessuno glielo avrebbe rovinato, aveva
pensato
con così tanta intensità che temette quasi lui
potesse scorgerlo chiaramente
nel riflesso delle iridi.
Pensò
anche a quanto sarebbe stato bello ballare insieme, con quella dolce
musica di
sottofondo, le luci soffuse e poterne inspirare il profumo, abbastanza
vicino
da sentire i loro battiti confondersi e risuonare
all’unisono. Magari, poi,
riuscire ad allontanarlo dalla sala così da poter restare
soli e magari consegnargli
il regalo di Natale prima che partisse per la vacanza coi genitori e si
potessero incontrare soltanto ai primi dell’anno.
Fu
con quel proposito che si diede nuova forza per farsi avanti: lo stava
attendendo e non aveva smesso di sorridergli con quella luce calda
nello
sguardo, accentuandone una sfumatura ambrata, dolce almeno quanto il
miele e
che era capace di procurargli quel singhiozzo all’altezza
della gola.
Si
era sentito letteralmente camminare sulle nuvole o quella era stata
l’impressione… fino a quando Rachel non lo aveva
nuovamente stretto il braccio.
Blaine
aveva distolto lo sguardo: aveva nuovamente sorriso alla giovane
– solo la
pazienza dimostrava che era davvero un ragazzo perfetto – e
aveva cercato di
dire qualcosa, probabilmente un modo educato per congedarsi.
Era
stato allora che Brittany era apparsa tra loro e aveva tenuto sollevato
sopra
le loro teste quello che somigliava straordinariamente ad un ramoscello
da cui
pendeva…
Ricordò
il monito del padre come una sorta di ironica presa in giro.
Non
stava realmente accadendo, si disse ma a poco valse che
Santana rubasse il
vischio per avvicinarsi con sguardo eloquente a Sam, o che Blaine
apparisse
interdetto mentre Rachel sorrideva nervosamente. Seppur non riuscisse a
sentirla – in realtà era come contemplare una
scena di un vecchio film
drammatico in bianco e nero nel quale tutti i personaggi,
improvvisamente,
indossavano abiti di alta sartoria del dopoguerra –
immaginò che avesse
commentato qualcosa in tono stucchevole e dietro lo sguardo di
cerbiatta, Kurt
scorse quella belva famelica di
successo e di attenzioni. Il suo lato oscuro.
“Oh,
ti prego, Fringuello: dalle quello che vuole, prima che le si secchino
le
ovaie” aveva berciato Santana in tono evidentemente ironico
che aveva fatto arrossire
Rachel ad una maniera mortificata.
Kurt
paradossalmente lo seppe prima di tutti: di Puck che aveva fischiato,
di Lauren
che stava lamentandosi della mancanza di un vero uomo degno di lei, di
Finn che
restò attonito con le labbra schiuse e il panino addentato,
di Brittany e che
si tappava gli occhi e di Santana che, tra le braccia di Sam, stava
dando loro
una sorta di anteprima.
Lo
seppe ma non poté sopportarlo malgrado fosse stato solo un
casto sfiorarsi di
labbra.
Qualcosa
dentro di sé sembrò rompersi e, incurante del
richiamo preoccupato di Mercedes,
e dei fischi o delle frasi di divertimento dei presenti,
uscì dalla casa e si
rimise in fretta il cappotto.
Era
stato Blaine ad accompagnarlo ma avrebbe comunque preferito ignorare il
proprio
SUV e camminare a piedi: una passeggiata sarebbe stata
l’ideale per schiarirsi
la mente o, semplicemente, non pensare.
Si
allontanò, le mani infilate nelle tasche dei pantaloni e lo
sguardo perso in un
punto indefinito.
Neve
ovunque ma cielo sgombro di nuvole.
Una
perfetta rappresentazione di sé: animo scalpitante e
solitudine forzata.
~
Sapeva
che si trattava soltanto di un bacio da vischio. Sì, lo
sapeva. Avrebbe dovuto
saperlo, continuava ad ammonirsi per la propria reazione. Eccessiva,
come era
tipico di lui d’altronde: non sembravano mai esistere mezze
misure, soprattutto
in amore.
O
un silenzio doloroso e straziate come quello che lo aveva portato a
negare
persino la sua omosessualità e i sentimenti per Finn, o
l’irruenza come quando
aveva reagito alle angherie di Karofsky. Pessimi risultati in entrambi
i casi,
evidentemente era lui ad avere qualcosa di sbagliato.
Scosse
il capo ed ignorò l’ennesima chiamata di Rachel e
i suoi sms ma non ebbe il
coraggio di aprirne uno da parte di Blaine.
Continuò,
invece, la sua solitaria camminata, si confuse tra gli altri passanti:
osservò
le coppie strette per proteggersi dal freddo, i bambini impazienti del
giorno
di Natale che passeggiavano coi genitori o le amiche che si davano
appuntamento
per un’ennesima pattinata prima di chiudersi in un bar per
un’ultima cioccolata
calda prima di coricarsi. Avrebbe preferito essere qualsiasi altro di
quei
personaggi, non quel puntino anonimo e solitario tra la folla.
Vi
era stato davvero quel periodo in cui il Natale era fonte di calore e
di
spensieratezza, del sentimento di vicinanza; mai si era sentito
così solo e
lontano da tutto ciò.
Mai
aveva desiderato così tanto non sentirsi intrappolato
in quel corpo mentre la consapevolezza di aver sbagliato si faceva
largo ma
l’orgoglio non avrebbe sopportato di tornare indietro.
Con
le sopracciglia inarcate, osservò l’insegna della
sua caffetteria preferita
prima di entrare e sorridere alla barista, la solita ordinazione e
prese posto.
“Buon
Natale, Kurt” sussurrò tra sé e
sé, osservando il paesaggio dal finestrino e
portandosi il caffè alle labbra con un sospiro.
Gli
sarebbero davvero venute le rughe precoci.
“Non
è un po’ patetico farsi gli auguri da
solo?” giunse la voce beffarda, limpida e
suadente e poteva persino immaginare il sorrisetto diabolico che aveva
accompagnato quella frase.
Poco
ci mancò che non sputasse il contenuto del proprio bicchiere
o si scottasse la
lingua: pregò perché quella fosse solo
un’allucinazione dovuta allo stress
(esistevano allucinazioni uditive?!), ma sembrò tutto vano
quando il giovane
circumnavigò il tavolo.
Sollevò
il proprio bicchiere, a mo’ di saluto, quel sorrisetto
beffardo sulle labbra e,
a parte il lungo soprabito, era il solito Sebastian Smythe che
incontrava – o
meglio detto con il quale si scontrava – tra i corridoi della
Dalton. O per
dirla in modo più schietto e diretto, spesso attaccato al
fondoschiena di
Blaine, seppur non nel modo volgare nel quale sicuramente sperasse,
ogni volta
che desse il meglio (peggio) del suo repertorio da indomito
conquistatore
dongiovanni gay.
“Ma
ripensandoci” approfittò del fatto che Kurt stesse
ancora elucubrando circa la
sua presenza effettiva per continuare il suo soliloquio.
“faccia da checca e
patetico sono sinonimi, quindi.” scrollò le spalle
con gesto non curante e si
sedette.
Ciò
era soltanto un piccolo riassunto del tipo di particolare relazione che
si era
instaurata tra i due da che Kurt era giunto alla Dalton: era stata una
sorpresa
scorgervi quel ragazzo – non lo aveva visto durante quella
prima escursione,
tra l’altro fallimentare, a scopo di spionaggio gratuito
– e una
spiacevolissima coincidenza avvedersi che anch’egli fosse gay
e anch’egli
avesse puntato lo sguardo su Blaine. Era stato un momento carico di
tensione
quello nel quale si erano scrutati con cipiglio evidente di reciproca
ostilità
mentre il bel moretto appariva chiaramente troppo euforico
all’idea di
frequentarli entrambi dallo scorgere quella che – Nick
così la chiamava
bonariamente – sembrava la “cortina di
ferro” della guerra fredda. Se erano
abbastanza affettati e capaci di improvvisare finti sorrisi di cortesia
e di
complicità, non mancavano momenti nei quali dovessero
ricordarsi reciprocamente
quanto si detestassero: il che avveniva ogni volta che Blaine si
allontanasse
per prendere uno spartito, per un assolo o per l’ordinazione
ad entrambi alla
caffetteria della Dalton.
Kurt
sospirò stoicamente: evidentemente il karma doveva averlo
punito. Aveva
esultato non poco, persino benedetto l’iniziativa di Rachel
alla quale
ovviamente Sebastian sarebbe stato escluso – nota per
sé: mai permettere che
Rachel e Sebastian si conoscessero a meno che non dovessero
distruggersi a
vicenda – ma evidentemente doveva pagare lo scotto di aver
partorito pensieri
poco puri e da atmosfera natalizia.
“Non
dovevi tornare a Parigi?” gli chiese in tono evidentemente
stizzito, sbuffando
al vederlo prendere posto senza la benché minima intenzione
di allontanarsi.
“Cambio
di programma” spiegò svogliatamente, stringendosi
nelle spalle mentre
sorseggiava il proprio caffè – immaginò
corretto come lo beveva anche alla
Dalton con grande stupore di Blaine – senza togliergli gli
occhi di dosso.
“e
poi è così… difficile staccarsi da
certi luoghi, persone, camere da letto…” si
era lambito le labbra dopo aver posato il suo bicchiere ma con fare
così
languido e lascivo che Kurt dovette distogliere lo sguardo, il pugno
stretto
sul ginocchio.
“Non
vedo Blaine” aveva commentato ad un certo punto e Kurt era
certo che fosse
l’unico motivo per il quale si stesse intrattenendo con lui,
non che volesse
dargli alcuna soddisfazione aggiuntiva oltre al trovarlo solo a due
giorni dal
Natale. “… lo hai lasciato coi tuoi amichetti
della scuola pubblica?” pronunciò
la frase con evidente alterigia di chi si riteneva troppo speciale ed
importante
per frequentare un liceo statale, un altro motivo che glielo rendeva
così
particolarmente inviso.
Non
si era tuttavia aspettato che sapesse. Certo, non era
un’informazione nuova che
Blaine e Sebastian si parlassero tramite telefono o social network e
ovviamente
Blaine era libero di frequentare chiunque gli fosse gradito,
ma… e in che
termini gliene aveva parlato? Doveva cercare di carpire qualcosa di
più, senza
tuttavia compromettersi.
Assunse
un’espressione di pacato fastidio – non che dovesse
fingerlo! – e sospirò.
“E
tu come fai a saperlo?” chiese, lasciando intendere quanto
gli fosse fonte di
insofferenza il suo conoscere gli impegni e le frequentazioni del
moretto.
Evidentemente doveva aver centrato il bersaglio perché
Sebastian sorrise, il
viso inclinato di un lato e le sopracciglia inarcate.
“Sembrava
davvero… impaziente” disse e Kurt cercò
di non mostrarsi troppo compiaciuto
alla rivelazione: sperò che i suoi battiti convulsi non
dovessero tradirne lo
stato d’animo.
“Povero
innocente Blaine che non scorge la tua disperazione” concluse
con un sorrisetto
allusivo e Kurt non dovette sicuramente improvvisare il rossore che gli
colorò
le guance. Strinse gli occhi in due fessure, le sopracciglia aggrottate
e il
mento sollevato.
“Disse
il disperato stalker che ne conosceva ogni singolo impegno
personale” lo
canzonò con voce flautata che fece soltanto sogghignare
Sebastian. Posò il suo
bicchiere, evidentemente non avendo più particolare
attenzione per ciò che
stava bevendo e si sporse in sua direzione così da parlare
ad una maniera più
“privata”.
“Ti
ho già detto che con lui non hai alcuna speranza,
vero?”.
“Ti
ho già detto che la tua opinione non mi interessa,
vero?” replicò a tono. “Come
se poi tu sapessi qualcosa dell’amore” aveva
soggiunto tra sé e sé, lo sguardo
nuovamente volto ad osservare il paesaggio fuori dalla finestra.
Nuovamente
una fitta allo stomaco all’idea di aver lasciato il ragazzo
nel covo del suo ex
Glee Club anziché poter condividere con lui quei momenti
prima della sua
vacanza.
Sebastian
non parve affatto aversela a male. Al contrario sogghignò,
continuando a
studiarlo, le labbra smosse in una vaga smorfia.
“Come
se tu sapessi qualcosa del sesso o dell’essere vagamente
sexy” aveva replicato
in tono velenoso, riscuotendo l’attenzione di quel paio di
iridi cerulee che
sembrò inchiodare nelle proprie più smeraldine
perché il messaggio gli
giungesse più limpido. “… avrai notato
come scodinzola
in mia presenza oppure i tuoi singhiozzi trattenuti coprono tutto il
resto?”.
Kurt
si rimise bruscamente in piedi: non voleva scorgesse quanto quelle
parole
potessero innescargli quell’irrigidimento. Soprattutto
intorno ad un tema tanto
delicato che gli aveva già creato non poche paranoie
personali, soprattutto la
sua scarsa esperienza in ambito sentimentale. Il ricordo di
quell’unico bacio,
tra l’altro strappatogli da Karofsky, ne fece bollire le
guance mentre si
rimetteva frettolosamente il cappotto, neppure curandosi di terminare
la sua
bibita.
“Se
vuoi scusarmi, la mia soglia della sopportazione è arrivata
al limite” aveva
commentato, in tono altezzoso.
“Fammi
indovinare” la voce di Sebastian era giunta troppo vicina
perché gli stesse
parlando dal tavolo e fu con orrore che si avvide che lo stava seguendo
fuori
dal locale.
“Neppure
stasera sei riuscito ad aprirgli il tuo cuore?”.
Kurt
non aveva risposto e aveva soltanto accelerato il passo ma con rapide
falcate
delle gambe più lunghe, Sebastian riuscì
facilmente ad adattarsi a quel ritmo e
non mancò di sorridergli ancora mentre lo affiancava.
Ostentò quell’aria di
altezzosa indignazione nel volerlo ignorare: le mani conficcate
nuovamente
nelle tasche del soprabito – noncurante di star apparendo
poco elegante in
simile frangente – e lo sguardo dritto innanzi a
sé.
“Magari
se gli cantassi un pezzo di Katy Perry nudo”
continuò a canzonarlo l’altro, lo
sguardo fisso sul suo profilo, il perenne sorrisetto divertito. “se non altro
potremmo sempre farci qualche
risata” aggiunse con un lieve scrollare di spalle che fece
incupire Kurt nel
fermarsi.
Così
fece Sebastian.
Sollevò
gli occhi al cielo e si volse in sua direzione.
“Mi
stai seguendo o-?” si interruppe al suono del cellulare e la
suoneria di Lady
Gaga, estrasse l’apparecchio soltanto per rifiutare
l’ennesima telefonata di
Rachel, facendo fischiare Sebastian in tono di evidente scherno.
“La
faccia da checca offesa: deve essere andata peggio del
previsto” convenne,
scrutandolo mentre, con un movimento stizzito, rimetteva il cellulare
nella
tasca. Scosse il capo e riprese a camminare, Kurt, persino
più rapidamente.
Digrignò
i denti perché nuovamente Sebastian gli si
affiancò.
“Lo
Scandals è chiuso per ferie o è stato sequestrato
dal reparto sanità pubblica?”
aveva domandato, suscitandone soltanto una risatina divertita.
“Sono
davvero commosso per come ti preoccupi della mia vita sociale tra le
lenzuola
ma-“.
“E’
già abbastanza stressante sapere che dovrò
rivederti ogni giorno alla Dalton
fino alla fine dell’anno-“.
“Puoi
sempre ritornare nella tua scuola di disadattati senza
talento” sorrise
affettato, le braccia incrociate al petto. “Sono sicuro che
anche lì sei
invisibile. E non preoccuparti per Blaine, ci sarò io a
fargli compagnia”.
Aggiunse con tono serafico che lo fece ulteriormente incupire.
Cercò
di ignorare quel suo riferimento al suo sentirsi spesso messo in
secondo piano:
qualcosa che gli aveva già suscitato più di un
malessere quando, settimana dopo
settimana, era Rachel ad avere il podio delle Nuove Direzioni e quando
alla
Dalton era lo stesso Blaine ad avere quasi tutti gli assoli. Ma
quell’ultima
scoccata sul ragazzo stesso, gli procurò
un’ulteriore fitta di gelosia che lo
fece incupire e ne rese lo sguardo più fosco.
“Sei
un illuso se credi che Blaine uscirebbe con uno come te!” era
la prima volta,
forse, che rivolgeva tanto disgusto nei confronti di qualcuno e per
qualcosa
che non riguardasse un comportamento omofobo o una competizione canora.
Si
trattava della più basilare delle rivalità e non
avrebbe mai pensato di
pronunciare simili parole o di ritenere che qualcuno non fosse degno di
essere
amato.
Probabilmente
guardandosi dall’esterno si sarebbe sorpreso di come
riuscisse, quasi, a farne
sbloccare persino quella sfaccettatura più forte della sua
personalità.
Ma,
soprattutto, era ulteriormente sconcertante come Sebastian sembrasse
insensibile
a simili commenti.
“Chi
ha parlato di uscirci?” aveva chiesto, infatti, le
sopracciglia inarcate. “Non
sono io la femminuccia che sogna ad occhi aperti leggendo i romanzi di
Nicholas
Sparks”.
Un’altra
scoccata che Kurt subì con un irrigidimento della mascella.
Ecco un altro
motivo per il quale la sua avversione per Sebastian era tanto
ustionante: se
fosse stato in competizione con un ragazzo altrettanto innamorato di
Blaine,
avrebbe anche potuto trarvi un motivo di sollievo. Qualunque cosa fosse
accaduta
e chiunque Blaine avrebbe scelto, avrebbe avuto al suo fianco qualcuno
che lo
apprezzasse e non soltanto per il suo aspetto.
“Sei
disgustoso” commentò, infatti, in tono impietoso
ma, da come Sebastian sorrise,
sembrò soltanto trarvi un ulteriore complimento mentre si
stringeva nelle
spalle.
“Punti
di vista, sono solo sincero”.
Si
erano fermati e stavolta Kurt non avrebbe saputo quale altro espediente
utilizzare: stava fissando, infatti, la sagoma della sua stessa casa.
Non
voleva neppure correre il rischio di continuare a vagare e magari
incontrare
qualcuno che sarebbe rientrato dal party di Rachel.
Stava
ancora cercando una soluzione al suo silenzioso dilemma quando
Sebastian
sogghignò nello scrutare l’insegna.
“E
così è qui che vive il figlio di un
meccanico”.
“Se
pensi che ti inviti ad entrare-“.
“Un
giorno, quando capirai di essere davvero gay e non una ragazzina piena
di
estrogeni, allora mi supplicherai e ti renderai conto
dell’occasione persa”.
Commentò Sebastian in tono così sicuro di
sé ed arrogante che Kurt emise uno
sbuffo ironico, un vago sorriso velenoso.
“Un
giorno, quando e se mai perderò il senno, sarò
lieto di litigare con te per
tutto il percorso di ritorno. Ma quel giorno non è oggi
e-“.
Si
erano entrambi interrotti: un cumulo di neve era caduto tra loro e Kurt
levò lo
sguardo curiosamente, imitato dall’altro.
Fu
allora che, illuminato dalle luci di Natale affisse intorno ad un
pioppo e alle
decorazioni esterne, scorse un ramoscello di vischio, abbarbicato
intorno allo
stesso come un parassita, mentre un silenzio incredulo scendeva tra
loro.
Vischio, pensò Kurt tra
sé, gli occhi sgranati e le labbra
schiuse.
Sebastian
stesso sembrò restare immobile: si scrutarono per un lungo
istante nel quale
nessuno dei due parlò ma vi fu una nuova tensione,
completamente diversa da
quella che precedeva uno dei soliti litigi. Piuttosto la realizzazione
che
qualcosa fosse richiesto.
Qualcosa
che entrambi, ovviamente, non desideravano.
Ma per quanto fosse scontato, sembrava una debolezza doverlo ammettere
a voce
alta.
“Io
credo…” fu Kurt il primo a spezzare il silenzio
divenuto intollerabile,
accennando all’ingresso: se fosse stato abbastanza fortunato,
suo padre sarebbe
uscito e avrebbe intimato a Sebastian di rispettare una distanza di
almeno tre
metri tra loro.
Evidentemente
non era la sua serata fortunata perché Sebastian colse quel
mormorio e
sogghignò di fronte alla sua esitazione prima di chinarsi
pericolosamente verso
il suo volto.
Si
avvicinò al suo orecchio, schiuse le labbra e
rilasciò un respiro che fece
intirizzire la pelle di Kurt.
“Se
aspetti un bacio sotto il vischio per una stupida tradizione, temo,
cara Miss
Hummel, che dovrai gettarne un intero cespuglio addosso a
Blaine”.
Si
scostò bruscamente, le guance arrossate per la vergogna e
l’indignazione:
ancora una volta sentendosi non poco oltraggiato dal modo in cui si
scherniva
di lui, soprattutto in quell’ambito personale,
d’altro canto biasimando se
stesso per aver reagito, al solito, a quella maniera insicura.
“Non
voglio essere baciato da-“.
Si
interruppe, un gemito di sorpresa ne sgorgò dalle labbra
quando Sebastian lo
attrasse a sé, lontano dall’albero, e si
chinò verso il suo viso.
Fu
un movimento così fluido e rapido che Kurt riuscì
a stento a realizzarlo: aveva
sentito l’alone del suo respiro sul viso, il suo profumo
avvolgerlo stuzzicante
ed intenso e, l’attimo dopo, ne aveva carpito le labbra.
Un
lungo respiro trattenuto nel quale perse la cognizione di
sé.
Tremò
e sbatté le palpebre prima di socchiudere gli occhi,
completamente avvinto
dalla sua vicinanza, da quei battiti divenuti persino più
intensi e da quel
calore che lo aveva fatto istintivamente (era istinto, ovviamente, la
sua mente
era offuscata da “normali reazioni
fisiologiche”, si sarebbe detto da lì ai
giorni seguenti) socchiudere gli
occhi nella sua morsa.
Se
fino a quel momento, il suo cuore era sembrato strozzato dal pensiero
di quel
bacio tra Blaine e Rachel sotto il vischio, non vi fu che Sebastian
nella sua
mente, in quel preciso istante.
Mai
si era sentito così consapevole del suo corpo: di quel
brivido che scorreva
sotto pelle, di quel calore che sembrava direttamente provenire dalle
labbra di
Sebastian e diffondersi in tutto il suo corpo, malgrado si trattasse di
un
tocco sfiorato. Ma forse era proprio la sicurezza con la quale lo aveva
avvinto
a sé, una risoluzione che Kurt aveva sempre sognato, seppur
rivolti da un bel
altro giovane. Ma era tutto reale, così sentito che non
poté che sentirsi
avvolgere da quell’emozione, domandandosi se avvicinandosi
ulteriormente o
trattenendone il viso, ne avrebbe volto un’altra sfumatura.
Fu
solo un momento di indecisione ma Sebastian si scostò e Kurt
dovette
trattenersi dal tastarsi le labbra tremanti.
Seguì
un lungo istante di silenzio nel quale boccheggiò, lo
sguardo fisso su Sebastian
mentre questi conficcava svogliatamente le mani nelle tasche del
soprabito,
ancora intento ad osservarlo.
“P-Perché
l’hai…?” era stata una domanda sincera,
spontanea seppur si fosse sentito un
bambino che cerchi di comprendere una realtà che appaia
troppo difficile da
assimilare.
Timoroso
della risposta ma, soprattutto, di comprendere cosa si aspettasse e
cosa fosse
significato per lui quel contatto, se lo shock per il bacio
strappatogli da
Karofsky era stato paralizzante, in quel caso vi era stato quel solo
istante
nel quale si era persino abbandonato alla pressione. O aveva persino
immaginato
di prolungarlo.
Sebastian
non parve minimamente turbato, un vago sorriso ancora a sfiorarne le
labbra
malgrado le iridi apparissero più offuscate ma lo
rimandò ad un effetto della
luce notturna.
“Non
avevo ancora baciato un vergine questa sera” fu la pacata
risposta e il cuore
di Kurt sembrò fermarsi e la sua mente congelarsi.
L’urto
dello schiaffo rimbalzò nel silenzio.
Sebastian
non si scompose: continuò a scrutarlo curiosamente, le
sopracciglia inarcate e
la mano che si massaggiava la guancia lesa, il viso inclinato di un
lato.
“Più
passione in uno schiaffo che in un bacio…
interessante” commentò in tono del
tutto casuale.
“Stai-lontano-da-me!”.
Si
era scostato più bruscamente, improvvisamente aveva davvero
il bisogno di
sfiorarsi le labbra quasi a volerle pulire da quel contatto, quasi a
voler
sentirsi meno contaminato dalla sua presenza o quello che sembrava aver
innestato in quel folle istante.
“Ci
vediamo a Gennaio, Miss Hummel” gli gridò dietro
quando, dopo essersi
bruscamente voltato ed aver superato il cancello, si fermò
davanti alla porta
di casa.
Rientrò
e sbatté la porta di ingresso, facendo sussultare il padre
che si era assopito
sulla poltroncina del salotto.
“Com’è
andata alla festa?” aveva chiesto, togliendosi il cappello e
sfregandosi le
dita sugli occhi, osservandolo attentamente.
L’immagine
del padre che seguiva Sebastian con una mazza da baseball era piuttosto
seducente ma forse gli avrebbe procurato un infarto.
“Noiosa
e banale” replicò in tono neutrale, stringendosi
nelle spalle.
“Ti
hanno chiamato sia Rachel sia Brillantina, sei sicuro che sia andato
tutto
bene?” aveva assunto quell’aria più
guardinga e preoccupata, malgrado fosse
ancora decisamente assonnato.
“Sicuro”
gli sorrise con naturalezza. “Sono uscito per fare quattro
passi ma avevo il
cellulare scarico, vado subito a chiamarli, grazie.
Buonanotte” aggiunse con un
sorriso prima di salire le scale verso il piano superiore.
Sospirò,
detestava mentire a suo padre.
Entrò
in camera e si lasciò cadere sul letto, aprì la
cartella dei messaggi e, dopo
aver sospirato ed ignorato quelli di Rachel, aprì il
messaggio che Blaine aveva
mandato poco dopo la sua rapida fuga dalla festa.
[Da
Blaine] [11.23 pm]
Mercedes
mi ha detto che stavi poco
bene.
(Kurt benedisse la presenza
di una persona abbastanza premurosa e sveglia: sicuramente era stata
credibilissima).
Avresti
dovuto dirmelo, ti avrei
riaccompagnato a casa! Rachel è stata molto gentile ma avrei
preferito passare
più tempo con te. Rimettiti, mi raccomando, e fammi sapere
cosa farai in questi
giorni.
Un
caffè alla caffetteria della
Dalton al mio ritorno?
Buonanotte
Kurt, mi sei mancato.
Un
sorriso ne sfiorò le labbra e si abbandonò sul
materasso: un sospiro più
trasognato mentre leggeva e rileggeva quelle righe, soprattutto quei
passi di
particolare dolcezza. Quasi volendo immaginare il suo volto mentre le
scriveva,
il suo sorriso mentre gli dedicava la buonanotte e gli diceva quanto
gli era mancato
e quanto avrebbe voluto trascorrere quel tempo in sua
compagnia.
Fece
per premere il tasto di risposta ma si riscosse all’arrivo di
un nuovo sms:
sperava in un’ulteriore buonanotte di Blaine ma
inarcò le sopracciglia nel
constatare che fosse un numero sconosciuto, quello del mittente.
Aggrottò
le sopracciglia e lesse.
[Numero
Sconosciuto] [00.38 am]
Le
tue labbra sono più morbide di
quanto immaginassi: forse quel burro cacao, che spalmi ogni cinque
minuti, non
è così male.
Mi
domando cosa ne penserebbe Blaine.
Sognami
stanotte,
XXX
(Aveva
emesso uno strillo indignato a notare un
commiato con ben tre baci e scritti in lettera maiuscola).
S.
Quasi
schifato, lasciò cadere il cellulare sul materasso, un verso
stridulo di
indignazione e di sgomento prima di aggrottare le sopracciglia nel
fissare il
soffitto.
Tipico
di Sebastian, rovinare sempre tutto.
L’umore
non migliorò neppure quando, sotto le coperte, prossimo al
sonno, quel viso
sembrò nuovamente far capolino nei suoi pensieri. E
così la sensazione di quel
profumo avvolgerlo, il calore di quel contatto e la morbidezza delle
sue
labbra.
Sbatté
le palpebre e strinse i denti.
Stupido
vischio e stupido Sebastian.
Eccoci qui alla
conclusione del primo capitolo che è soltanto
l’inizio di una nuova avventura
che vedrà questa continua rivalità tra Kurt e
Sebastian per le attenzioni di Blaine
ma non soltanto, ovviamente.
[Nel prossimo capitolo:
“Non
sai che sollievo potertene parlare!”
“Cosa
credevi di fare?” “Divertirmi a tue spese,
ovviamente”.
“Ora
arriva la parte in cui ammetti
che ti ha fatto saltare i nervi
perché…?”.
“Mi
ha baciato”.
]
Appuntamento alla
prossima settimana per il capitolo 2
e un ringraziamento, fin da ora, a chi leggerà,
seguirà o vorrà condividere al
sua opinione!
Colgo
l’occasione per ringraziare,
ancora, la mia Blaine e la mia Sebastian per avermi seguito con
entusiasmo nelle Week e per tutto l’entusiasmo vissuto ancora
prima di
cominciare a pubblicare questa long. Non sarei la Kurtina
che sono senza di
voi ♥
Bacioni a tutti e
buona giornata,
Kiki87
|
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Capitolo 3 *** Capitolo 2 ***
Salve
a tutti e buon Venerdì!
Come promesso, eccoci qua per la
pubblicazione del secondo
capitolo: ringrazio di cuore tutti coloro che hanno inserito la
fanfiction tra
le seguite/ricordate/preferite. In modo particolare la mia Blaine e la mia Sebastian
per
il loro fondamentale sostegno ♥
Spero questo
capitolo vi diverta almeno un poco di
quanto abbia divertito la sottoscritta scrivendolo ed immaginandolo (:
Ma siamo solo
all’inizio!
Buona
lettura!
Capitolo 2
Scendere
i gradini della Dalton era qualcosa di suggestivo: si fermava al di
sotto della
vetrata che raccoglieva la luce del giorno e che contemplava anche la
notte,
quando sembrava che i raggi di luna e le stelle fossero le sue
solitarie
compagne e custodi del suo segreto più intimo.
Si
soffermò sul pianerottolo, esattamente lo stesso punto nel
quale, poche
settimane prima, aveva scorto Blaine, per la prima volta, e da allora
la sua
vita era inevitabilmente cambiata.
L’incontro
così casuale eppure suggestivo sembrava essere una metafora
a dirgli che, dopo
tanta solitudine e il sogno dell’amore, era giunto il suo
momento e doveva
soltanto lasciarsi andare e scivolare gradino dopo gradino verso colui
che
aveva fatto scalpitare tali note.
Sorrise
ancora una volta al pensiero: inevitabile per un estro romantico come
il suo
ritenere che quella stessa scalinata lo avesse spinto verso il
bellissimo
moretto dagli occhi ambrati e cangianti, dal sorriso sognante, dai modi
dolci e
gentili, premurosi e sinceri.
Quello
che, ai suoi occhi, sarebbe sempre stato perfetto, il suo ragazzo
ideale,
uscito – come diceva la canzone che egli cantò
quello stesso giorno – da un
sogno adolescenziale. Ma molto più reale.
Arrossì
di delizia prima di sospirare trasognato allo scalpitio più
suadente del suo
cuore: carezzò con affetto la balaustra
e scese i gradini uno alla volta, contemplando
l’idea che, un giorno, il
ragazzo lo avrebbe atteso alla fine della stessa per porgergli la
propria mano,
dopo un ingresso trionfale degno di una favola.
“Kurt?”
la voce divertita di Blaine lo riscosse e il ragazzo
arrossì, quasi l’altro
potesse leggerne perfettamente il pensiero. Gli sorrise, tuttavia,
l’attimo
dopo: lieto di poterlo finalmente rivedere dopo quelle due settimane di
vacanze
e la sua partenza. Scese gli ultimi scalini quasi volteggiando.
“E’
bello rivederti” aveva sussurrato Blaine con calore e, Kurt
sentì il cuore
stringersi per l’emozione, lo vide allungare la mano in sua
direzione.
Sbatté
le palpebre quasi ad assicurarsi che non si trattasse di un sogno
troppo vivido
e reale ma, un dolcissimo scalpitare del cuore e una scarica di brividi
lungo
la spina dorsale, adagiò la sua mano a quella del moretto
che, con ostentata e
buffa aria di importanza, l’aveva sollevata fino a quando non
era giunto al suo
fianco.
“Anche
per me” aveva sussurrato con voce più tremula
seppur, quando i loro sguardi si
fusero, non poté che chiedersi, ancora una volta, se
riuscisse a percepire il
battito alterato del suo cuore ma questi si limitò a
sorridergli e cedergli il
passo.
Sì, si disse ancora una volta, era
davvero un ragazzo perfetto.
Blaine
gli lasciò la mano, mormorando delle scuse, per poi
schiarirsi la gola e
proporgli un caffè. Kurt sospirò ma, seppur
deluso da quell’improvvisa mancanza
del calore delle sue dita, non poté che pensarlo ancora una
volta con un
sorriso.
Era
perfetto ma ancora non lo sapeva.
Forse
un giorno sarebbe stato in grado di dirglielo ma sperò
soltanto che non fosse
troppo tardi.
Il
pensiero di un paio di occhi smeraldini con striature
d’azzurro lo colpì nel
mezzo del corridoio – con la stessa potenza di un proiettile
tra le scapole (in
effetti il paragone non era del tutto inappropriato) – e non
poté che
attribuirvi un inconscio ma allarmante e sinistro presagio.
Scosse
il capo e entrò a sua volta nella caffetteria:
osservò la coda ma Blaine gli
sorrise e gli fece cenno di accomodarsi.
“Offro
io”.
“Ma-“.
“So
già cosa prendi” aggiunse a mo’ di
convincimento con quel sorriso irresistibilmente
gentile e più dolce che ne fece perdere un battito mentre si
concedeva – una
volta che Blaine si era girato – un dondolio di spalle non
poco compiaciuto.
Forse
non era (ancora) perfetto ma ci
andava molto vicino.
Come
sempre, il tempo sembrava trascorrere in un lampo quando erano insieme
o quando
riuscivano a parlare con simile confidenza. Kurt, soprattutto, si
crogiolava di
quella sensazione di sentirsi completamente affine a qualcuno: il
riuscire ad
essere se stesso e senza che ciò compromettesse qualcosa. Al
contrario, era
qualcosa che sembrava appartenere a quelle pareti, persino la prima
volta che
le avesse scorte nelle vesti di “spia”, quando era
stato accettato. E stimato
esattamente per ciò che era.
Era
a casa.
Avevano
ormai esaurito la conversazione sulle reciproche vacanze natalizie e
aneddoti
di famiglia ma, prima che Kurt potesse alludere alla ripresa delle
lezioni (e,
soprattutto, alle prove del Glee Club di cui facevano parte entrambi),
Blaine
appoggiò nuovamente il suo bicchiere sul tavolo.
Kurt
si sentì irrigidire istintivamente: nei telefilm quello era il momento di una rivelazione
o di una risoluzione
silenziosa sul fare o non fare qualcosa. Dire o non dire.
“Sono
stato davvero bene alla festa dei tuoi amici: ora capisco
perché ne senti tanto
la mancanza” aveva commentato con quel suo sorriso dolce e
Kurt cercò di non
mostrare la delusione che lo aveva attanagliato.
Sorrise
a sua volta.
“Mi
spiace soltanto che Rachel abbia cercato di monopolizzarti: credo che
abbia una
cotta per te” soggiunse, con tono appena più
complice e malizioso dopo essersi
sporto in sua direzione. Si aspettava, da parte del giovane, una risata
altrettanto divertita o soffocata contro il suo bicchiere.
Niente
di tutto questo.
Sembrò,
invece, stare più scomodo sulla sedia tanto che Kurt gli
chiese se stesse bene.
“In
realtà mi è simpatica, sai?” rispose in
tono più conciliante al che Kurt gli
sorrise con la stessa adorazione con cui Brittany pensava agli unicorni
–
ennesima dimostrazione, quella, di quanto Blaine fosse perfetto!
– prima di
scuotere lievemente il capo, continuando a schernire l’amica.
“Se
tu fossi al McKinley ti prenoterebbe per ogni duetto o forse ti
saboterebbe… o
magari entrambe le cose: è una delle ragazze più
competitive che io conosca”.
Blaine
sorrise ma, come notò, non lo stava guardando apertamente e
non era quel
sorriso con le fossette che gli trasfigurava il volto quando ridevano
insieme.
Sembrava teso e nervoso, quasi insicuro ad una maniera che era curiosa
quanto
sconcertante per un ragazzo così abituato a stare al centro
del palcoscenico e
dominare la scena con il suo talento.
“Pensa
che” si era schiarito la voce ma finalmente era tornato ad
osservarlo “mi ha
chiesto di uscire con lei” annunciò un
po’ esitante e Kurt sembrò paralizzarsi sul
posto.
Cercò,
ancora una volta, di cacciare furiosamente dalla mente le immagini di
quel loro
unico (per fortuna!) bacio mentre lentamente assimilava le parole di
Blaine.
Aveva ignorato ostinatamente ogni tentativo di contatto da parte di
Rachel per
diversi giorni e non riusciva davvero a credere ch’ella
potesse dimostrare
ancora una volta una simile tenacia. E follia. Ed egoismo che sfociava
in un
disgustoso egocentrismo: era consapevole dei suoi
sentimenti per Blaine e, soprattutto, sapeva
che con Blaine non avrebbe mai
potuto esserci il presupposto per una frequentazione amorosa.
Povero
Blaine, chissà che imbarazzo.
“Non
ti preoccupare: le parlerò io, mi dispiace davvero
che-“.
“Pensavo
di dirle di sì” e le parole caddero in un pesante
silenzio per qualche istante
di sospensione.
Kurt
rise. Una risata senza allegria.
“Blaine”
lo richiamò e sospirò, cercando di assumere un
tono pacato ma ragionevole.
“Rachel è una ragazza un po’…
particolare” era evidente che si stesse
trattenendo dal definirla in modo molto meno pacato ed educato.
“… ed è
disperatamente single” calcò con tono
più stizzito sulle ultime due parole.
“Non
voglio illuderla” si affrettò Blaine a dire con
voce più contrita ed
imbarazzata: le mani sollevate quasi a scacciare eventuali
preoccupazioni di
Kurt sulle sorti dell’amica (?).
“Ha
i biglietti per un musical e mi sembrava un’idea carina
accompagnarla e
conoscerci un po’ meglio…”
spiegò, continuando ad osservare l’amico.
Di
fronte al lungo silenzio di Kurt – evidentemente non era un
terribile sogno,
constatò quest’ultimo, e neppure uno scherzo degno
di Candid Camera – il
moretto si irrigidì.
“Mi
stai giudicando male?” chiese, in tono evidentemente ansioso
ma Kurt si
affrettò a riscuotersi e scuotere il capo, mentre prendeva
un profondo respiro.
La
sua mente era una confusione di pensieri e di immagini, sentiva una
sensazione
di nausea alla bocca dello stomaco e la gelosia si mescolava al
risentimento
nei confronti di Rachel e all’incredulità sul
fatto che Blaine potesse
realmente immaginare di voler approfondire quella loro conoscenza,
quando
doveva aver intuito lo stato d’animo di Rachel.
“No,
certo che no” sospirò ma, neppure di fronte a lui,
poteva negare i suoi reali
pensieri: “è solo che penso che tu e Rachel non
stiate prendendo la cosa sul
serio e-“.
“Sono
serio, Kurt” si affrettò a replicare Blaine e
quella fu l’ennesima coltellata
per Kurt, probabilmente la più insidiosa perché
scorse nel suo sguardo la
sincerità delle sue parole, ancora prima che potesse
giustificarsi.
“Forse…
non mi conosco ancora del tutto” aveva sussurrato con tale
timore ed
insicurezza che Kurt avrebbe, in normali circostanze, provato un moto d
comprensione e di affetto per il quale si sarebbe prodigato a far
tornare il
sorriso o una parvenza di serenità e tranquillità
su quel viso amato.
“Non
sai che sollievo potertene parlare!” aveva aggiunto con
enfasi e Kurt aveva
intuito che si stava realmente… tormentando. Mettendo
persino in dubbio una
certezza che gli era sembrata palese fin dalla loro prima
conversazione, in
quella stessa stanza.
“E’
da tutto il periodo natalizio che ci penso e-“.
“Blaine!
Sapevo di trovarti qui”.
No, urlò Kurt nella
sua mente.
Non
adesso.
Non
Sebastian.
Il
fatto che ricordasse perfettamente, poi, le circostanze del loro ultimo
incontro, non era certo favorevole ad evitargli quella sensazione di
profondo
disagio: si sentiva quasi contaminato nello stare di fronte a Blaine.
Poco
importava che il ragazzo stesso avesse quasi stroncato di netto la sua
serenità
con quel semplice commento su Rachel: non era con Blaine (in
realtà mai) che
voleva incontrarlo o tantomeno interagire con lui.
Non
quando, e la fitta di fastidio era persino più reale, tra le
altre cose,
esibiva quel sorrisetto sicuro di sé nel contemplare Blaine
senza neppure
curarsi della propria presenza.
Non
che gli dispiacesse essere ignorato ma era alquanto poco opportuno dopo
quel
bacio, o meglio dopo quel messaggio cui non aveva mai risposto,
ovviamente.
Il
fatto che non avesse più ricevuto sue notizie, poi, sembrava
essere una rassicurazione:
quasi non fosse mai accaduto nulla tra loro. Ma vederlo di fronte a
Blaine,
sembrava uno spaventoso stupro delle sue emozioni e dei suoi ricordi e
avrebbe
soltanto voluto fargli sparire quel sorrisetto supponente e sicuro di
sé.
Il
fatto che poi quest’ultimo gli sorridesse con il solito
entusiasmo nel vederlo
(non sta “scodinzolando”!,
si ripeté
dovendo smentire un commento di Sebastian) non fece che ulteriormente
acuire
quello stato d’animo fin troppo suscettibile.
“Sebastian”
lo salutò, infatti, con un sorriso cordiale ma Kurt era
certo che il suo amico
non avrebbe più proferito parola su Rachel. Ciò
era non poco fonte di
rassicurazione su chi dei due avesse stretto con lui un reale rapporto
di
amicizia e reciproco rispetto che si fondava sulla comunicazione. E non
certo
sulla silenziosa capacità di Sebastian di spogliarlo con lo
sguardo.
Questi
gli sorrise con quell’atteggiamento sicuro di sé,
appoggiò la sua tazza di
caffè sul tavolo e gli si sedette accanto, senza staccargli
gli occhi di dosso.
Pochi
secondi e, da interlocutore attivo, Kurt era sembrato divenire
importante quanto
le tendine decorative affisse alle vetrate; si morse la lingua per non
far
notare rumorosamente la propria presenza o magari allungare la gamba
sotto il
tavolo per colpire lo stinco del nuovo arrivato.
“Come
sono andate le vacanze?” gli chiese Blaine e Sebastian
scrollò le spalle con
fare indifferente.
“Restare
in Ohio anziché tornare in Europa?” sì
schermì ironicamente. “Per la prima
volta sono quasi felice di esser tornato a scuola” non
completò la frase ma dal
modo in cui squadrò il moretto, Kurt non aveva dubbi a cosa
alludesse.
Storse
le labbra disgustato, tambureggiando nervosamente con le dita sul
tavolo ed
attendendo il momento propizio per un intervento di classe. Dignitoso.
Non
qualcosa che lo facesse somigliare ad un patetico tentativo di non
essere
ignorato, anche se era ciò che stava avvenendo.
Ciò che lo stava facendo
ribollire persino più dei soliti insulti poco cortesi della
sua nemesi.
Blaine
ridacchiò divertito – era
davvero una
battuta così divertente?! – e il suono
prodotto dalle sue dita sul tavolo
sembrò rimbombare come lo zampillio del sangue nella tempia
ma nessuno dei due
lo stava minimamente degnando di considerazione.
“Nessuna
novità, quindi?” lo incalzò Blaine
improvvisamente più ciarliero, forse volendo
coprire il silenzio sceso dopo le dichiarazioni di poco prima. Ma fu
Sebastian
a sorprenderlo perché parve perdere quella parlata
più indifferente e sciolta,
indolente e quasi annoiata.
Sembrò
persino illuminarsi alla domanda.
“In
realtà…” silenziò a voler
creare un effetto scenico che fece alzare gli occhi
al cielo a Kurt. “Qualcosa di curioso è
accaduto… oh, ciao Kurt”. Lo salutò
infine.
Un
baluginio suadente dello sguardo che Kurt ignorò. Ma aveva
la vaga sensazione
che quella frase in sospeso non presagisse nulla di buono. Non per lui,
anche
se era ben lungi dal capire quale fosse lo scopo di Sebastian e se, in
maniera
molto perversa e contorta, ne avesse davvero uno. Oltre ad infastidirlo
che poi
sembrava essere il fine più “nobile”
della sua esistenza e del suo
intromettersi tra lui e Blaine.
Forse
stava soltanto divertendosi a logorarlo, facendo leva sulla sua
discrezione o
semplicemente il suo senso della decenza e del pudore: tutte cose di
cui era
sfortunatamente sprovvisto ma che sicuramente erano persino dannose
alla sua
esistenza sfrenata e dissoluta.
“Curioso?”
insistette Blaine che, al solito, appariva del tutto cieco della reale
atmosfera che aleggiava tra loro, della
vera comunicazione che, aldilà delle parole, era
soprattutto degli sguardi
(o non-sguardi nel caso di Sebastian) e dei tentativi silenziosi di
eliminare
l’esistenza dell’altro con il pensiero.
“L’antivigilia
di Natale” esordì Sebastian e Kurt
sentì il cuore fermarsi e il respiro
divenire più rado mentre si irrigidiva sulla propria sedia.
“… ho baciato un
ragazzo ed è come… non so, se sentissi ancora
l’impronta delle sue labbra”.
Doveva
dar atto a Sebastian di essere un fantastico attore (fantastico
bastard-attore) tanto da riuscire persino a pronunciare
quelle parole, dando loro una cadenza morbida, quasi soffusa, quasi lui
stesso
le stesse vezzeggiando con timbro più sussurrato di quello
che gli era consono.
Finse
di apparire impacciato di fronte a quella confessione, lo sguardo
ancora volto
a Blaine quasi questi fosse la fonte della conoscenza suprema in simili
questioni.
“Ha
senso?”.
Aveva
domandato e, sotto lo sguardo sconvolto e sgomento di Kurt, si era
lambito le
labbra, quasi stesse rievocando quel gesto.
Blaine
gli sorrise con rinnovata dolcezza, evidentemente colpito ed emozionato
per
quel racconto. Un sorriso che di solito avrebbe suscitato non poca
invidia e
rabbia in Kurt. Ma non in quel momento.
“Sebastian”
ne aveva pronunciato il nome, in tono evidentemente sorpreso.
“Non
ti facevo un tipo così romantico” lo aveva
blandito con un luccichio amichevole
ed intenerito nello sguardo, evidentemente compiaciuto e felice per
lui.
“E
lo hai rivisto?” aveva chiesto l’attimo dopo.
Con
sommo orrore di Kurt, Sebastian si volse a guardarlo: lo stesso sorriso
suadente ma si impose di ricambiarne lo sguardo. Aggrottò le
sopracciglia in
una sorta di guerra silenziosa quasi che il distoglierlo fosse segnale
palese
di sconfitta.
Si
volse nuovamente a Blaine ma non gli era sfuggito quel lampo di malizia
negli
occhi.
“Romantico,
io?” si era indicato e aveva guardato Blaine quasi questi gli
avesse recato una
grave offesa prima di stringersi nelle spalle e tornare ad osservare la
propria
tazza di caffè.
Ne
bevve un sorso, assaporando nuovamente quei brevi istanti di silenzio
prima di
scuotere il capo.
“L’ho
rivisto ma temo non sia cambiato nulla tra noi” rispose in
tono volutamente e
stoicamente più sospirato che fece incupire Kurt per
l’evidente presa in giro.
Blaine,
tuttavia, sembrava realmente dispiaciuto e persino preoccupato tanto
che si
sporse persino in sua direzione, quasi gli fosse vitale giungere al
nocciolo di
quella confidenza.
“Ma
gli hai parlato esplicitamente? Magari lui prova lo stesso ma ha timore
di
confessarsi… cosa ne dici, Kurt?”.
Si
riscosse visibilmente una volta che Blaine gli aveva volto nuovamente
lo
sguardo e dovette sforzarsi di smetterla di guardare Sebastian ed
immaginare
che il lampadario di cristallo – collocato esattamente sopra
la sua testa ad
una decina di metri – gli piombasse addosso, tramortendolo.
Ripetutamente.
“C-Come?”
scacciò dalla mente l’immagine di un Sebastian
privo di sensi e cercò di
congelare il sorrisetto che quella fantasia gli aveva istintivamente
procurato
mentre Blaine lo blandiva con una lieve pacca sul braccio.
“Avanti,
Kurt, sei il più romantico di tutti quelli che
conosco”.
Stava
parlando sul serio?
Gli
stava attribuendo quella dote e correlandola alla pantomima di
Sebastian?
“Oh,
sì, Kurt… ti prego” intervenne
Sebastian con tono stucchevole seppur lo sguardo
che gli stava rivolgendo sembrasse quasi… famelico.
“Credi che ci sia speranza
per me?”.
Mantenne
il contatto oculare anche quando Sebastian si leccò
nuovamente le labbra, dopo
aver nuovamente sorseggiato il suo caffè e solo allora
dovette distogliere lo
sguardo, disgustato.
La
rispostaccia che gli prudeva la lingua si placò soltanto
all’incrociare – grave
errore! – lo sguardo di Blaine.
Sospirò
e scosse il capo.
“…
credo che non potrà mai amare qualcuno quanto ama se
stesso” si sentì dire ma
fu come se avesse parlato ad una suppellettile perché
evitò accuratamente lo
sguardo di entrambi mentre fissava le venature del tavolo di legno,
tracciandole con le dita.
Il
silenziò che seguì le sue parole
sembrò assordarlo e sollevò lo sguardo:
paradossalmente sembrava Blaine quello più incupito, quasi
fosse stato lui l’oggetto
del suo giudizio ai suoi
occhi severo (ma niente meno che veritiero! Anzi, fin troppo clemente!).
“Credo
che andrò a disfare le valigie” rispose
sollevandosi dalla sedia, guardando
dall’uno all’altro. “non avete bisogno di
me per litigare” soggiunge con un
lieve scuotimento del capo mentre osservava Kurt e
quest’ultimo sentì il suo
cuore vacillare dolorosamente all’idea di averlo deluso.
“Blaine,
aspetta” si era sporto ma il moretto si era già
voltato dopo aver rivolto ad
entrambi un cenno del capo.
Il
suo sconforto e la sua stizza non migliorarono di certo quando
Sebastian si
sporse dal proprio schienale per scrutare avidamente e sfacciatamente
il fondoschiena
di Blaine, fino a quando non fu uscito dalla caffetteria. A quel punto,
si
rilassò e sembrò finalmente depositare la
maschera indossata fino a quel
momento: incrociò le braccia al petto e lo
osservò con un sorrisetto allusivo e
le sopracciglia inarcate.
“Bel
lavoro, Kurt, lo hai indispettito: non è stato dolce a
prendersela per il mio
sfortunato amore non ricambiato?”. Calcò
dolcemente sulle ultime parole,
rivolgendogli uno sguardo quasi afflitto, la mano sul petto a
simboleggiare un
immenso dolore.
Kurt
lo ignorò ma percepì una stretta al petto nel
constare che, malgrado tutto,
avesse ragione.
“Cosa
credevi di fare?” domandò, tuttavia, in tono
arcigno seppur la voce fosse
divenuta più stridula a testimoniare quanto fosse turbato
dall’evolversi della loro
discussione.
Sebastian
si prese un lungo istante prima di rispondere: il sorriso
più accattivante e
un’aria soddisfatta che ne fece baluginare lo sguardo
smeraldino.
“Divertirmi
a tue spese, ovviamente” rispose con uno scrollo di spalle,
quasi curioso della
domanda dalla risposta scontata ed ovvia.
“Non
ti aiuterà a conquistare Blaine” sibilò
Kurt con una fitta di gelosia e di
possessività che fece soltanto ridere maggiormente Sebastian
che scosse
nuovamente il capo. Lo scrutò per un lungo istante, il viso
inclinato di un
lato e un lieve corrugamento delle sopracciglia.
“Credimi,
Kurt, se quello fosse il mio scopo non avrei bisogno di screditarti ai
suoi
occhi. E neppure di sforzarmi a dirla tutta” e non
c’era bisogno di chiedergli
cosa intendesse perché neppure a Kurt sarebbe mai sfuggito
il sorriso che era
solito rivolgergli Blaine o il modo in cui si fosse reso partecipe del
suo
aneddoto. Innocentemente convinto delle buone intenzioni di Sebastian o
di una
reale amicizia da parte sua.
Si
morse il labbro per non pensarci, stringendo un pugno sotto il tavolo
prima di
rivolgergli uno sguardo palesemente stanco.
Ma
se non aveva intenzione di conquistare Blaine, qual era il punto?
“Allora
qual è il tuo scopo?” chiese infatti.
Si
prese un lungo istante per far scorrere lo sguardo tutto attorno: quasi
a
testare che non ci fosse nessuno ad interromperli o abbastanza vicino
da
ascoltarli. Un sorrisetto malizioso che ancora aleggiava sulle sue
labbra ma,
solo quando lo ritenne necessario, intrecciò lo sguardo a
quello di Kurt. Si
sporse in sua direzione.
“Abbiamo
un segreto che ci lega” aveva sussurrato e Kurt si era
sentito letteralmente
investire dall’ondata del suo profumo e, un gemito di
sorpresa, una fragranza
che riconosceva. La stessa che lo aveva avvolto in quel momento in cui
le sue
labbra gli avevano tolto il respiro e non era più riuscito a
sentire altro se
non il ragazzo che aveva di fronte.
Lo
stesso che si era messo in piedi e che circumnavigò il
tavolo, facendolo
irrigidire, sentendone lo sguardo persino sulla propria nuca. Come
fosse
possibile, Kurt non avrebbe saputo dirlo se non attribuendo il merito
alle doti
stupratrici di un solo sguardo di quelle iridi.
“Non
significava nulla” si sentì dire con voce
abbastanza ferma, trattenendo persino
il respiro, il lieve pulsare del pomo d’Adamo e strinse con
le dita il bordo
del tavolo.
“Allora
perché stai tremando?” lo sussurrò al
suo orecchio e Kurt avvertì una scarica
di brividi scivolare lungo la spina dorsale, l’alone caldo
del suo respiro che
ne fece intirizzire la pelle del collo, quasi una silenziosa carezza
sulla
pelle nuda.
Boccheggiò,
lo sguardo perso nel vuoto.
“E’
incredibilmente eccitante” continuò con un
sussurro languido nel suo orecchio e
Kurt perse qualche battito, il cuore in gola e il respiro affannato. “… non
dimenticare il burro cacao, tesoro”.
Si
ritrasse altrettanto rapidamente e la sua risata di scherno
sembrò rimbombare
nei timpani di Kurt mentre, le mani conficcate nelle tasche dei
pantaloni, gli
rivolgeva un saluto con un cenno delle dita sulla fronte, prima di
intraprendere la stessa direzione di Blaine ed uscire a sua volta.
Lasciandolo
solo e più confuso che mai.
Il
nostro segreto.
Scosse
il capo e si sfregò le dita contro le labbra: un gesto
istintivo e inconscio
prima di guardare quelle stesse dita. Sembravano anch’esse
ancora intinte del
sapore del suo bacio.
Anch’esse
complici e torturatrici.
~
Riordinare
il proprio armadio era sempre qualcosa di rilassante
e piacevole: disporre i
capi per colore,
tessuto e dimensioni. Un modo per svuotare la mente nonché
ristabilire
l’ordine. Decisamente sarebbe stato necessario mettere da
parte i risparmi per
una nuova collezione di primavera. Sempre meglio essere aggiornati
sulle ultime
tendenze.
Non
che volesse evitare di pensare. Non c’era niente
a cui dovesse pensare: perché nulla
era accaduto.
“Niente
di niente” ringhiò tra sé dopo aver
chiuso l’anta dell’armadio con un gesto
secco.
“Se
vuoi che ti lasci solo coi tuoi vestiti…” era
giunta una voce maschile alle sue
spalle e Kurt si era voltato. Ancora trascinando la propria valigia,
con il suo
lungo cappotto, vi era il suo compagno di stanza che lo stava scrutando
con un
sorriso divertito e bonario.
Si
specchiò nel suo sguardo verde e in quell’alone di
complicità che riusciva ad inspirare
nonché quella serenità del cuore che neppure
Blaine – a causa di tutto il
contorcimento di viscere legato alla sua magnifica presenza –
riusciva a
procurargli.
“Nick”
si avvicinò fino a comprenderlo in un abbraccio, subito
ricambiato dall’altro.
Era
una delle persone con le quali aveva stretto il legame più
forte da quando era
giunto alla Dalton: una persona pacata e composta ma che, dietro anche
un
silenzio, sapeva nascondere riflessioni di non poca importanza. Un
ottimo
ascoltatore e sicuramente la persona più discreta cui
potesse rivolgersi dopo
aver sperimentato l’amicizia con Mercedes con la quale,
tuttavia, non mancava
di aggiornarsi in qualche videoconferenza su skype; nonché
uno straordinario
cantante seppure pochissime volte ne avesse sentito la voce e quasi
sempre
limitato a fare il coretto agli straordinari assoli di Blaine.
Aveva
uno stretto legame con Jeff, il biondissimo Warbler intorno a cui lo si
vedeva
quasi tutto il tempo, tanto da sorprendersi che non fossero compagni di
camera,
soprattutto in virtù delle sempre più frequenti
ed indirette osservazioni della
loro interazione: era qualcosa di suggestivo denotare una simile
complicità per
quanto nessuno dei due sembrasse contemplarne la reale
entità. Ma non poteva
biasimare Nick, lui stesso era sempre più convinto ed
amaramente consapevole di
come fosse complicato riuscire a far sfumare un rapporto in una diversa
accezione, soprattutto quando non si riusciva ad avere certezze sui
sentimenti
dell’altra parte in causa.
Il
timore, soprattutto, di rovinare quanto costruito fino a quel momento.
“Allora”
aveva esordito Nick, sedendosi sul suo letto dopo aver appoggiato il
bagaglio
ed essersi privato del cappotto. “a cosa stavi pensando? Non
è andata bene la
festa da Rachel?”.
Kurt
aveva sospirato, le gambe accavallate mentre prendeva posto sul letto
di fronte
al suo e aveva sollevato gli occhi al cielo.
“Il
solo ricordo mi procura le rughe precoci” aveva borbottato in
tono così stoico
che fece ridere l’altro.
Scosse
il capo, Nick, il viso inclinato di un lato.
“Non
può esser stato così orribile”
cercò di spronarlo seppur consapevole che non
fosse educato o sensibile, da parte sua, sminuire in alcun modo quel
crogiolarsi nel suo spirito melodrammatico.
“Blaine,
Rachel, vischio e un probabile appuntamento” rispose
prontamente Kurt quasi
tutto di un fiato e Nick sembrò congelarsi.
“Oh”
si portò una mano tra i capelli mentre si schiariva la gola
ed annuiva dopo
averlo guardato con occhi sgranati. “… wow,
davvero molto peggio di quanto
potessi immaginare”.
Kurt
si era lasciato cadere sul proprio letto, la mano sulla fronte e lo
sguardo
volto al soffitto, quasi il solo parlare di quegli argomenti fosse
sufficiente
a procurargli un turbamento e uno scompenso della sua psiche
già abbastanza
provata dal dover rivivere quei momenti anche solo riflettendoci sopra.
“Adesso
arriva la parte in cui c’entra Sebastian, vero?” ne
interruppe il
melodrammatico corso di pensieri che vedeva Blaine e Rachel in versione
William
e Kate Middleton mentre salutavano una folla urlante al di sotto, le
bandiere
che svettavamo tra la folla adorante e la mano di Rachel che sfiorava
un ventre
lievemente ricurvo.
“Scusa?”
si riscosse bruscamente e si sollevò col busto ad osservare
l’altro ragazzo che
si era stretto nelle spalle mentre apriva la propria valigia per
cominciare a
riporre i propri effetti personali.
“Blaine
ti rende triste o euforico o entrambe le cose: molto emotivo e
vulnerabile”
spiegò l’altro come se gli stesse sciorinando una
teoria sugli studi
antropologici del comportamento umano. “Sebastian
è quello che tira fuori la
tua rabbia, la frustrazione, lo sdegno e il disprezzo per il genere
umano”
continuò, fermandosi di fronte al suo letto con le braccia
incrociate al petto
e le sopracciglia inarcate, quasi a sfidarlo a dire il contrario.
“Quand’è
esattamente che hai preso la laurea in psicologia?”.
Si
schermì con uno scrollo di spalle.
“Sono
bravo, lo so”.
“Comunque
non è successo niente”
masticò
letteralmente l’ultima parola e l’altro
annuì, una mano adagiata al mento
mentre disegnava con un dito nell’aria quasi stesse
illustrando la
conversazione su una lavagna invisibile.
“Ora
arriva la parte in cui ammetti che ti ha fatto saltare i nervi
perché…?”.
“Mi
ha baciato” replicò in tono secco e il dito
dell’altro cadde automaticamente e
così la mano scivolò lungo il fianco: gli occhi
sgranati e boccheggiò per un
lungo istante incredulo.
“Ok...”
sembrò riprendersi abbastanza in fretta tutto sommato e
ciò faceva di lui una
persona davvero eccelsa nell’ascoltare i patemi
d’animo altrui: probabilmente
Rachel avrebbe cominciato a starnazzare in un crescendo di note acute e
Mercedes avrebbe riso a lungo prima di tornare in sé.
“Questo non lo avrei mai
previsto, lo ammetto: COSA? Soprattutto… quando e
perché?!”.
Kurt
avrebbe dovuto ricordarsi di segnare quella data sulla propria agenda
ma esse
riuscito a scomporre Nick-Yoda-Duval
doveva essere qualcosa di davvero eccezionale. Il che confermava quanto
Sebastian fosse stato, effettivamente, nocivo per la situazione.
Aveva
cercato di essere il più sintetico possibile ma obiettivo:
non aveva voluto
soffermarsi su come tutto fosse confuso anche solo nel farlo sovvenire
con un
ricordo. O come tuttora – complice la voce di Sebastian che
sentiva ancora
nelle orecchie nonché il suo respiro caldo sulla base del
collo – percepisse un
vuoto d’aria e un guizzo all’altezza dello stomaco
che non poteva identificare
con la nausea dovuta ad un’indigestione. Soprattutto,
sembrava che quei brividi
lungo la spina dorsale continuassero a scorrere sottopelle tanto da
fargli
temere di avere addosso qualche postumo simile ad
un’influenza.
Che
Sebastian gli avesse trasmesso la mononucleosi? Avrebbe dovuto farsi
fare un
check-up all’ospedale più vicino, dannazione. Non
era un’ipotesi da escludere a
priori quando si trattava di quel “Pretty (?)
Woman” in versione criminale e
studente.
Nick
non aveva azzardato commenti (e non avrebbe potuto esprimergli
abbastanza la
propria gratitudine!) ma era rimasto silenzioso dopo il racconto,
continuando a
scrutarlo quasi riuscisse a scorgere qualcosa che a Kurt era sfuggito,
una
sensazione sempre più frequente quando si confidava con lui.
“Com’è
stato?” si limitò a chiedere ma non vi era alcuna
implicazione maliziosa nella
domanda: non lo aveva mai visto più serio mentre restava
seduto, completamente
non curante delle valigie ancora da finire di disfare.
Ciò
non gli impedì di sussultare ed arrossire.
“Ha
importanza?” cercò di controllare il tremito
convulso delle dita e
quell’istinto di sollevarle a sfiorarsi nuovamente le labbra.
Nick
sorrise appena, con fare bonario e complice.
“Beh,
è curioso che tu lo stia omettendo e, soprattutto, che tu
non voglia
assolutamente parlarne più del dovuto”
spiegò e Kurt si sentì punto nel viso
mentre scuoteva il capo e sollevava il mento, le braccia incrociate al
petto,
quasi a volersi proteggere da eventuali implicazioni maliziose.
”Non
c’è bisogno di parlare di un insignificante
bacio sotto il vischio!” replicò quasi piccato, la
voce che diveniva sempre più
stridula e Nick sospirò come se avesse compreso
più di quanto Kurt fosse
disposto ad immaginare. O accettare.
“E’
curioso che tu senta il bisogno di ribadirlo: insignificante?”
ripeté a mo’ di provocazione e Kurt
arrossì
violentemente.
“Nick!”
lo rimproverò un poco offeso e l’altro sorrise
appena, il viso inclinato di un
lato ed indicò il suo volto.
“…
ed è curioso che tu sia arrossito”
continuò con lo stesso tono pacato che
strappò all’altro un ulteriore gemito
scandalizzato.
“Io
non sono arrossito!”.
“Stai
parlando in falsetto” gli fece presente, le sopracciglia
inarcate e lo stesso
sorriso che, solo per pura discrezione e rispetto, cercava di
trattenere la
risata.
“Sono
un controtenore” rispose impettito.
“Ma
non stai cantando quindi stai mentendo” concluse con la
stessa semplicità che
strappò all’altro uno sguardo stizzito, le braccia
nuovamente incrociate al
petto.
“Sai?
Stai diventando irritante”.
Questi
si scusò con una lieve risata e un ammiccare complice prima
di sollevarsi a
porgergli una pacca bonaria sul braccio.
Si
sedette al suo fianco.
“E,
dimmi, come si è comportato dopo quel bacio?”
aveva chiesto e Kurt notò come
era tornato in “modalità Yoda” e ne fu
enormemente sollevato seppur ciò non
rendesse le risposte alle sue acute domande meno difficili. Soprattutto
per il
suo orgoglio e la sua dignità.
“Al
solito” rispose sconsolato, scombinandosi i capelli (ecco un
altro evidente
segno di quanto Sebastian Smythe fosse fisicamente e psicologicamente
nocivo!),
“ha minacciato di dirlo a Blaine e ha fatto disgustosi
riferimenti al mio burro
cacao. Ora lo chiama il nostro
segreto” scimmiottò
il tono dell’altro con espressione boriosa.
“Lo
fa solo per esasperarmi ed intimorirmi così che ne
approfitti per conquistare
Blaine”.
“Oppure”
Nick lo aveva ascoltato attentamente, un vago sorriso nello scrollare
le
spalle. “gli
piace il sapore del tuo
burro cacao: miele, vero?”.
“…”.
Quello
era uno di quei momenti nei quali era più dignitoso non
rispondere.
“Sei
arrossito” replicò dolcemente l’altro,
facendo cozzare giocosamente la spalla
contro la sua, quasi a volerlo smuovere e far rilassare.
“… e comunque, Blaine
è straordinario, d’accordo, ma devi smetterla di
sottovalutarti o pensare che
tu non abbia le qualità per essere degno di stargli
accanto” lo aveva ammonito
e, ancora una volta, Kurt si sorprese di quanto fosse capace di leggere
oltre
le righe. Interpretare i propri silenzi e i pensieri in sospeso e di
come la
sua preoccupazione e le sue paranoie fossero ancora rivolte a Blaine
per quanto
avessero parlato di quel disgustoso ricattatore.
“Riesci
a capire questo e non che tu e Jeff siete anime gemelle?”
gli aveva chiesto
sottovoce quando questi si era volto nuovamente alla sua valigia.
“Hai
detto qualcosa?” si volse ad osservarlo confuso, la divisa da
Warbler,
accuratamente piegata, tra le mani.
“Ti
sei tagliato i capelli?”.
Una
cosa era certa, la natura umana era realmente curiosa per riprendere le
elucubrazioni di Nick e, cercò di scacciare nuovamente
l’immagine di quegli
occhi e quel sussurro languido, talvolta lo era fin troppo.
Si
portò una mano a sfiorarsi le labbra ed osservò
la traccia appiccicosa del
burro cacao che aveva spalmato poc’anzi quasi a monito a non
ripetere il gesto.
Scosse
il capo rassegnato e si lasciò cadere sul letto prima di
coprirsi con il
cuscino.
“Continui
ad essere curioso”.
Rise,
Nick, anche quando gli lanciò contro il suo cuscino e scosse
bonariamente il
capo: i tempi non erano ancora maturi.
Ed eccoci alla conclusione del
secondo capitolo ma sembra che Nick
cominci già ad avere le idee chiare. A proposito di Nick, mi
scuso con tutte le
fan della Niff se mi sono presa la licenza di cambiargli il compagno di
stanza
più ovvio ma ammetto che non potevo resistere
all’idea di averlo confidente di
Kurt, soprattutto in questo frangente. E spero comunque di farmi
perdonare (:
Nel
prossimo capitolo
“E’
solo questione di tempo, sarai
mio”
“Non
baciarmi!”
“Ricordi
quel ragazzo di cui ti ho
parlato?” “Sebastian, ti sembra il
momento?”
Ringrazio fin da ora chi continua a seguirmi e
sarò lieta di leggere
vostre osservazioni o critiche, come sempre.
Baci a tutti e buon weekend!
Kiki87
|
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Capitolo 4 *** Capitolo 3 ***
Ed eccoci qua :)
Lieta di non avervi fatto aspettare
troppo, vi lascio un
pensierino del tutto personale per questo weekend.
Come sempre, ringrazio tutti coloro
che hanno inserito la
fanfiction tra seguite/ricordate/preferite; in modo particolare la mia Blaine e la mia Sebastian
di cui è sempre una gioia leggere commenti ed entusiasmo,
lo sprono migliore per continuare in questa avventura ♥
Non vi trattengo oltre, buona
lettura!
Capitolo 3
La
scena era interamente in bianco e nero, tanto che avrebbe potuto
legittimante
sospettare di trovarsi in un film. Sospetto ancora più
comprensibile a
giudicare dal suo stesso abbigliamento elegante (non che questo fosse
qualcosa
di inusuale!) ma indubbiamente antiquato.
Già
ad un’occhiata distratta, infatti, si poteva notare la
mancanza di qualche
accessorio di Ralph Lauren che si sarebbe perfettamente abbinato
a… ma stava
davvero indossando delle bretelle? Davvero erano ancora in commercio,
assieme a
quel cappello da gangster?
Vagò
attorno a quello scenario: vide una locomotiva a vapore che stava
sbuffando e
delle persone ferme sulla banchina del treno. Ancora più
accigliato, affondò le
mani nelle tasche del lungo pastrano a doppio petto che indossava:
anch’esso un
gesto dovuto a quel tipo di contesto ed ambientazione. Niente poco di
meno che
un sacrilegio se avesse indossato un tight o un capo particolarmente
elegante.
Vagò
nella stazione, guardandosi curiosamente attorno: i visi erano sfocati
ed era
quindi impossibile riconoscerli ma si bloccò di colpo alla
vista di una giovane
donna.
I
capelli erano tirati all’indietro e ricadevano in morbidi
boccoli, le labbra
ritoccate dal rossetto (sicuramente scarlatto seppur fosse difficile
dirlo non
essendoci colori), un lungo abito cosparso di paillettes ma
quell’espressione
di stoico e melodrammatico dolore che gliel’avrebbe resa
riconoscibile sempre e
comunque.
“Rachel” si irrigidì,
infatti, il viso inclinato di un lato
e il cappello che gli cadde sulle ventitré mentre la
scrutava con fare
diffidente e stizzito.
“Non ho alcuna
intenzione di parlarti
per cui-” ma la ragazza non lo
stava neppure guardando: lacrime silenziose scivolavano lungo il suo
viso,
facendo colare il rimmel che non sapeva comunque applicare neppure in
normali
circostanze, se non apparendo come una talpa miope.
Stava
correndo, invocando un altro nome.
“Blaine!”.
La
voce quasi stridula che gli ferì l’udito ma si
volse per poi sgranare gli occhi
alla vista del suo caro amico. Aveva un’aria tormentata, i
capelli cosparsi di
brillantina e tirati all’indietro e… erano baffi
alla Clark Gable quelli che
esibiva?
Allo
stupore e al consueto batticuore, si accompagnò un presagio
terribile: la
consapevolezza – da dove nascesse non avrebbe saputo dirlo!
– di ciò che
sarebbe accaduto da lì a poco.
“Rachel” l’aveva richiamata
Blaine, lo stesso tono
melodrammatico e angosciato e aveva stretto le mani ch’ella
aveva appoggiato al
suo petto, dopo averlo raggiunto con una rapida corsa che aveva fatto
ondeggiare
il suo soprabito.
Blaine
le baciò come fossero qualcosa di prezioso ma non osava
guardarla: quasi la
sola vista fosse sublime ma struggente insieme.
“Non sarei dovuto
venire” aveva scosso il capo, voltato
repentinamente di
lato per obbligarsi a non guardarla ma ella ne aveva cinto le gote.
“Oh,
Blaine!” aveva ripetuto il suo
angosciante richiamo.
Kurt
aveva emesso un gemito, coprendosi il viso con entrambe le mani prima
di
mulinarle come un cagnolino che cerchi di nuotare e non lasciarsi
trascinare
dalla corrente.
“Non siete affatto
spiritosi: vi
divertite a prendermi in giro? Vi divertirete a farmi venire un attacco
di
cuore? Lo sapete che è ereditario! O peggio ancora, le
rughe” aveva cominciato a tastarsi il
viso quasi a volersi
assicurare che già la pelle non si stesse raggrinzendo.
Nessuno
dei due si era volto in sua direzione.
Una
melodia struggente d’archi e pianoforte cominciò a
risuonare mentre i due
amanti si contemplavano al chiaro di luna (quando era scesa la notte a
proposito?!) e Kurt si guardò attorno quasi a cercarne la
fonte.
“Oh, certo: il
bianco e nero, i due
amanti sventurati, la melodia strappalacrime. Complimenti”. Sibilò Kurt con
evidente scherno.
“Non puoi andartene,
Blaine. Tanto
vale che tu mi trafigga adesso con un pugnale perché se
andrai” aveva appoggiato il capo al
suo petto, guardando
un punto indefinito, gli occhi lucidi ed ignorando la locomotiva che
sbuffava
alle loro spalle. “io
morirò per te poco
alla volta”.
“La solita
egocentrica ed
insopportabile lagna: la smetti di toccarlo?!”.
Si era
avvicinato ma, con suo crescente sgomento, non era riuscito a
sfiorarla. La sua
mano poteva soltanto fendere l’aria e neppure Blaine sembrava
essersi accorto
della sua presenza.
Vi
erano tormento e amore nel suo sguardo.
E
non vedeva che Rachel.
“Non dovresti
parlare così: lo sai,
sarai
tu così a far struggere il mio cuore”
ne aveva sfiorato il volto ed
ella ne aveva stretto la mano, quasi quel gesto fosse la certezza che
non
avrebbe mai dovuto allontanarsi. Blaine le sorrise con devozione ed
angoscia,
il sorriso che non riusciva ad estendersi agli occhi quasi lucidi come
quelli
di lei.
“Non possiamo: tu
appartieni a Finn
e-”.
“… sto
per vomitare”.
“Allora uccidimi
adesso, Blaine
Devon!” esclamò Rachel con
enfasi,
portandosi la mano di Blaine alla gola quasi ad esortarlo a stringerla
attorno
ad essa. “Se non sarai tu colui a
cui
potrò donarmi, nessuno mi dovrà avere”.
Kurt
ridacchiò insolente.
“Ottima idea: ma
guarda, ci sono i
binari, un treno. Certo, fa molto Anna Karenina
ma-“.
“Vivi, Rachel, vivi
anche per me”.
“Ma non è
vita degna di tale nome, se
tu non sei al mio fianco”.
Aveva
continuato a stringerne la mano e qualcosa nello sguardo di Blaine
sembrò
vacillare: la sua mascella stava tremando ma, altrettanto bruscamente,
si
scostò da lei e si voltò. La mano salì
a sfiorarsi i capelli modellati in un
ciuffo piuttosto alto che ricordava vagamente quello di Elvis Presley.
“La decisione
è presa, dimenticami e
sii felice come solo lui può renderti”
l’aveva spiata con la coda dell’occhio ma la
giovane si era stretta a lui,
appoggiando il volto tra le sue scapole.
“Non salire su quel
treno, se non
vuoi portare via anche la mia anima”. Tanto
più Blaine ne evitava caparbiamente lo sguardo e tanto
più ella si stringeva a
lui, come ultimo appiglio.
“Abbiamo capito:
possiamo cambiare
scena?”.
“Cercami in una
canzone”. Sussurrò, infine,
Blaine, lo sguardo lucido nel
voltarsi nuovamente ma Rachel continuò a stringersi al suo
petto, cingendone il
bavero della camicia.
“Non ci
sarà musica senza di te”.
“Rachel-“.
“Baciami, Blaine, o
uccidimi adesso”.
“Posso offrirmi
volontario?”.
La
vide, tuttavia. Quella stessa risoluzione nello sguardo e Kurt
boccheggiò.
Scosse
il capo quando le mani di Blaine si posarono sul viso di Rachel, ne
sfiorarono
i lineamenti come non vi fosse altro sollievo per la sua anima e lo
seppe.
Distolse
lo sguardo, il cuore in gola e deglutì a fatica ma la scena
scomparve in una
nuvola di fumo.
Si
guardò attorno, ancora una volta, dopo che lo scenario parve
ruotare intorno a
se stesso, dandogli una vaga sensazione di nausea.
Sbarrò
gli occhi nello scorgere un ambiente completamente diverso: sembrava
uno studio,
a giudicare dalla scrivania in mogano con penna stilografica e un plico
di
fogli adagiati su di essa. Una bella libreria faceva sfoggio di
sé da un lato
della stanza, decorata con arazzi e un bel camino di marmo riscaldava
ed
illuminava la penombra.
Fu
uno schiarirsi di voce a richiamarne l’attenzione: il giovane
sedeva su una
poltrona in pelle, i capelli pettinati all’indietro, un drink
– whisky seppe
per istinto – in mano e il sigaro nell’altra che
allontanò dalle labbra.
Disegnò
dei cerchi perfetti e lo sguardo di smeraldo sembrò
trafiggerlo, inducendolo a trattenere
il respiro, boccheggiando e stringendo i pugni.
Seppe
che lui solo, per qualche arcano motivo, era in grado di vederlo.
“Lo hai capito
finalmente” esordì con voce
fluida e vellutata.
Depositò
il sigaro e si alzò: Kurt ne rimirò il completo
gessato ma indietreggiò per
istinto.
“Sigari e
whisky?” domandò beffardo. “Chi saresti? La versione gay-prostituta
del Padrino?”. Cercò di
infondere sicurezza nella propria voce seppur stesse ancora
allontanandosi da
lui, volendo ad ogni costo evitare qualsivoglia contatto o quella
vicinanza che
sembrava sempre gettarlo nella più profonda confusione.
Un
vago inarcare le sopracciglia da parte di Sebastian ma stava ancora
sorridendo
con quel solito fare sornione e sicuro di sé:
depositò lentamente il bicchiere
sulla scrivania e cominciò ad avvicinarsi. Camminava in modo
lento e flemmatico
ma era la risoluzione del suo sguardo a bloccarlo.
“Puoi provare a
negarlo quanto vuoi
ma la fine, Kurt, è già stata scritta”
aveva sussurrato con intonazione morbida e quasi delicata ma
l’altro aveva
scosso il capo con un vago verso di disgusto.
“E questa
è la battuta più banale
sentita finora e ti assicuro che-“.
Non
finì la frase: Sebastian lo stava scrutando decisamente da
troppo vicino:
sembrava che una parte di sé si stesse tendendo ma non per
sottrarsi e
sfuggirgli.
Vi
era un sentore di elettricità, una consapevolezza celata che
aleggiava tra
loro, in sospeso tra i loro sguardi e parole non dette e Kurt
deglutì a fatica.
Sebastian
sembrò comprenderlo perché il suo sorriso si
ampliò fino a farne baluginare lo
sguardo.
“E’ solo
questione di tempo, sarai
mio” aveva sussurrato nel girargli
attorno, respirando quelle parole nel suo orecchio e sorridendo del
brivido che
corse lungo la sua spina dorsale.
“Lo senti,
vero?” continuò a parlare
con la solita cadenza morbida,
ammaliante, quasi setosa mentre Kurt si ostinava a fissare di fronte a
sé,
quasi temendo che incrociarne lo sguardo potesse rendere quelle
dichiarazioni
persino più reali. Quasi temendo che potessero immortalarne
il ricordo e la
realtà.
“Una parte di te
già lo sa: una parte
di te è già
mia” lasciò scivolare la mano tra le sue
scapole, percorse la
colonna vertebrale fermandosi poco sopra la cinta mentre continuava a
sussurrare quelle parole nel suo orecchio.
Boccheggiò,
Kurt, un singulto strozzato e lo scalpitio furioso del suo cuore: si
era
voltato ma aveva aggrottato le sopracciglia. Un lampo di risoluzione e
lo
allontanò bruscamente.
“Non mi avrai
mai!”.
Non
si scompose Sebastian e, ignorando i segnali del suo corpo, si
chinò verso il
suo viso.
“E’ il nostro segreto”
vezzeggiò
dolcemente quella parola.
“Ci cerchiamo e ci
allontaniamo ma
sempre insieme. Sempre in lotta contro noi stessi eppure mai sconfitti
e mai
vincitori.
Siamo attrazione e lotta, una
continua… estenuante… lotta fino alla fine, per
poi ricominciare all’infinito
perché è per questo che siamo perfetti”. Indugiò contro il
suo orecchio nel respirare più intensamente e Kurt
dovette scostarsi, le sue labbra tremarono e la sua determinazione
sembrò
venire a meno di fronte alla fiera consapevolezza dell’altro.
Una
parte di sé che non solo aveva recepito le parole di
Sebastian ma che sembrava
già conoscerle e condividerle.
“Tutto questo non ha
senso: è
distruttivo, contorto, masochista e malsano”.
Sorrise
Sebastian, quasi ne avesse compreso il tormento. Si concesse di annuire
ma non
distolse mai lo sguardo, come se lo stesse già sfiorando a
quella maniera
silenziosa e senza contatto.
“E’ la
negazione di ciò che siamo per
divenirlo”.
Scosse
il capo, Kurt, quasi esasperato di quella sua sicurezza mentre lo
fissava
stizzito, il pugno stretto lungo i fianchi.
Non
era poi neppure certo che quell’ultima frase contorta avesse
un senso compiuto,
malgrado fosse stata proferita con fare saccente e definitivo.
“Io-non-ti-amerò-MAI”.
Aveva gridato con
voce strozzata l’ultima parola ma l’altro non si
scompose neppure in quel
momento.
“Ti sbagli
Kurt” pronunciò in tono
composto e pacato. “Tu
già mi cerchi e io sono già qui”
sussurrò suadente, sfiorando la sua tempia sinistra. “… e credimi, non ci
vorrà molto perché io giunga qua” ne
aveva
sfiorato il torace. “per poi
giungere
anche-“.
Comprendendo
dove stesse andando a parare, ne aveva schiaffeggiato la mano per poi
fissarlo
con sguardo livido, il mento sollevato con aria di sfida.
“Io amo
Blaine” aveva sussurrato in risposta.
Sospirò,
Sebastian, scosse il capo e fece schioccare la lingua sul palato.
Scosse
il capo.
“Tu ami l’idea di
Blaine” aveva ribattuto senza batter ciglio.
“E la sola idea di
te, invece, mi disgusta” era stata
la rancorosa risposta che lo
fece persino sorridere con maggiore soddisfazione.
“Con tanta
passione” sottolineò,
lambendosi le labbra e strappando a
Kurt un gemito scandalizzato.
“Smettila!”.
“Non sono io a
negare l’ovvio”.
Aveva
scosso il capo Kurt e si era guardato attorno quasi sgomento,
respirando a
fatica.
“E’ solo
uno stupido sogno: devo solo
svegliarmi”.
“Tutto quello che ti
ho detto
succederà ma potrebbe essere troppo tardi” si era avvicinato
a cingerne il mento.
“Ma prima” aveva sorriso nel
respirare sul suo volto. “pongo la
firma”.
“No” aveva esalato Kurt con voce
tremante.
“Shhh” aveva ribattuto Sebastian, il
braccio ne aveva
cinto la vita per trattenerlo e Kurt si era specchiato nel suo sguardo
smeraldino.
Sapeva
che stava per accadere, sapeva persino che una parte di sé
non si sarebbe
opposta e…
“Non
baciarmi!”.
“Ok”
ridacchiò Nick che, già vestito di tutto punto e
di fronte allo specchio per
allacciare la cravatta, si era voltato ad osservarlo.
“Come
vuoi, amico” soggiunse sorridendo amichevole.
Si
era drizzato bruscamente dal proprio letto: gocce di sudore freddo che
scivolavano lungo le tempie e il respiro ancora affannato
così come i battiti
convulsi del proprio cuore.
Nick
lo aveva scrutato curiosamente, le sopracciglia inarcate e il viso
inclinato di
un lato.
“Tutto
bene?”.
Si
era passato una mano sulla fronte a scostarsi il ciuffo di capelli che
era
ricaduto sulla stessa prima di sollevare lo sguardo verso
l’amico.
Un
sollievo constatare che fosse stato tutto frutto di uno stupido sogno
ma quella
stretta al petto non sembrava ancora dargli sollievo.
“Ho
avuto riposi migliori” commentò soltanto,
scostando le coperte per mettersi
seduto.
Nick
lo osservò dal riflesso dello specchio, un vago sorrisetto
divertito.
“Chi
è che non dovrebbe
baciarti?” chiese
in tono casuale ma lo vide impallidire e poi arrossire: si era drizzato
quasi
bruscamente e si era schiarito la gola.
“E’
meglio che mi faccia la doccia” aveva mormorato e Nick aveva
annuito.
Attese
che si avvicinasse alla porta del bagno e ne fissò le
scapole.
“Hai
sognato Sebastian, vero?”.
Aveva
squittito quanto fosse tardi per la sua pulizia del viso e si era
chiuso
bruscamente la porta alle spalle mentre Nick finiva di sistemare il
nodo della
sua cravatta per poi rimirarlo.
Annuì
in direzione del suo riflesso, le sopracciglia inarcate.
“Lo
prenderò come un sì”.
~
La
doccia e l’accurata pulizia del viso sembrarono aiutarlo a
rilassarsi: almeno
la quantità di tempo necessaria a scacciare le immagini del
sogno fin troppo
vivide e reali per poterle ignorare.
Stava
ancora acconciando i capelli davanti allo specchio quando
sentì i lievi tonfi
alla porta e si affrettò ad uscire dal bagno.
Un
verso d’emozione e un sussulto del cuore quando scorse il
giovane.
“Blaine”
cercò di scrollarsi dalla mente l’immagine della
versione in bianco e nero,
stretta in un abbraccio struggente e disperato al corpo di Rachel, per
sorridergli. Ma fu il ricordo del giorno precedente e del modo in cui
si era
congedato quasi bruscamente a farlo un poco tentennare.
“Ciao
Kurt” una stretta al cuore quando gli sorrise con la consueta
dolcezza che ne
faceva scintillare lo sguardo e ne creava le piccole fossette agli
angoli delle
labbra che tanto adorava.
“Io
volevo scusarmi per ieri” esordì Kurt.
“Non
hai nulla di cui scusarti” aveva sollevato la mano e lo aveva
guardato con un
sospiro. “Mi dispiace poi di essermene andato senza finire il
nostro discorso
e-“.
“No,
io ho esagerato” sussurrò. Aveva ricordato lui
stesso quel periodo in cui, non
ancora del tutto pronto ad accettare se stesso, si era persino illuso
di essere
esattamente come gli altri ragazzi della sua scuola. Senza contare che
gli
abiti informi del padre gli avevano quasi procurato
un’irritazione per la
flanella delle camicie (oltreché il gusto dozzinale!). Ma
aveva capito, suo
malgrado!, che se anche Blaine avesse valutato di voler frequentare
un’altra
persona – anche se si trattava pur sempre di Rachel
– non avrebbe dovuto in
alcun modo criticarlo o giudicarlo ma essergli di sostegno.
“Ma
sappi che qualunque cosa io dica è solo perché
tengo molto a te, Blaine” aveva
sussurrato con voce più flebile, cercando di ignorare quella
stretta al petto.
“Lo
so” aveva sussurrato Blaine altrettanto intensamente e gli
aveva stretto la
spalla.
“Vale
anche per me ma sappi che non ferirò la tua amica.
E’ solo un’uscita tra amici
che potrebbero conoscersi meglio, mi credi, vero?”.
“Mi
fido di te” concluse pacato ma guardandolo dritto negli occhi
e ricambiandone
il sorriso: finalmente il respiro tornò regolare e si
sentì nuovamente in grado
di affrontare la nuova giornata.
Insieme.
“E
ora andiamo: i Warblers si riuniscono in seduta straordinaria, ecco
perché sono
venuto”.
“Davvero?”
domandò l’altro confuso: era la prima volta che
assisteva a qualcosa di simile,
infatti. “Cosa c’è di così
urgente?”.
“Un’audizione.
Thad mi ha chiesto di sbrigarci: dobbiamo essere tutti
riuniti”.
Si
affrettò a seguirlo nei corridoi della prestigiosa
Accademia, dopo essersi
chiuso la porta alle spalle.
Per
qualche istante camminarono l’uno di fianco
all’altro e, con grande sollievo di
Kurt, fu come se nulla fosse cambiato. Come se non vi fosse stata
alcuna
tensione ma era così che accadeva quando le fondamenta di
una vera amicizia –
il rispetto, la fiducia e la sincerità - erano solide come
nel loro caso.
“Allora,
cosa ti ha detto Sebastian quando me ne sono andato? Qualche idea su
chi sia il
suo spasimante segreto?”
gli chiese
curiosamente e se già in normali circostanze,
l’idea che il ragazzo dei suoi
sogni volesse parlare di un altro (e di qualcuno che gli faceva il
filo!) era
già poco seducente, in quel frangente si sentì
mancare il respiro.
Se
soltanto avesse saputo di quel bacio che gli aveva strappato e di come
lo aveva
definito un loro segreto.
“Ti
senti bene?” lo incalzò Blaine avendone notato il
silenzio e l’improvviso
pallore ma Kurt si strinse nelle spalle, accelerando il passo.
“Sì,
sì, benissimo” rispose distrattamente prima di
schiarirsi la gola per assumere
un tono il più composto e pacato possibile. “E no,
non ne ho alcuna idea ma dubito
parlasse sul serio: era solo scena” concluse e
cercò di non usare un tono
sprezzante che potesse suscitarne una reazione contrariata, come quella
del
giorno prima.
“Sei
un po’ troppo severo con lui” sospirò
Blaine con un sorriso bonario e Kurt non
seppe se dovesse lodarne la tolleranza o essere esasperato per quanto
apparisse
cieco di fronte ai tentativi – persino poco impliciti
– di Sebastian di
spogliarlo con lo sguardo.
“E
tu sei troppo buono” lo rimbeccò seppur con
intonazione scherzosa che strappò
comunque a Blaine un vago sorrisetto.
“Dov’è
finito il tuo romanticismo? Lo hai pianto via con una maratona di
“The
Notebook?” scherzò bonariamente ma Kurt si strinse
nelle spalle.
“Sebastian
Smythe e romanticismo si annullano a vicenda”
replicò ma Blaine scosse il capo.
“Io
ci credo che questo ragazzo esiste e ti dirò di
più: gli auguro davvero di
conquistarlo!”.
“Oddio,
no” gemette Kurt scandalizzato tanto che Blaine si
fermò ad osservarlo, al
quanto stranito da una simile reazione.
“Cosa
hai detto?”.
Kurt
si morse il labbro, cercando di improvvisare qualcosa di credibile
seppur
detestasse dover mentire, soprattutto al giovane.
“La
mia cravatta è storta” mormorò la prima
scusa che gli era sovvenuta alla mente
e Blaine aveva sorriso divertito, il viso inclinato di un lato.
“Io
ti trovo perfetto, come sempre” commentò con
calore, la voce più simile ad un
sussurro e Kurt sentì il sangue fluire al viso seppur
sorrise con fare
evidentemente compiaciuto. Si trattenne dal saltellare sul posto o
dondolare le
spalle.
“Grazie”
sussurrò in risposta e quando Blaine riprese il cammino gli
si affiancò con un
sorriso ancora ben evidente.
“E
comunque, credimi, Kurt: arriverà il giorno in cui Sebastian
ti sorprenderà”.
Si
stavano avvicinando alla sala di riunione dei Warblers: si udiva una
melodia in
sottofondo e il coro stava intonando un motivetto.
Quando
varcarono la soglia della porta, un gruppo dei Warblers era disposto in
file,
capeggiate da Sebastian che stava al centro e sembrava dettare la
coreografia.
“Forse
prima del previsto” sussurrò ancora Blaine.
Movimenti
laterali con cui accompagnavano i vocalizzi iniziali: lo sguardo di
Sebastian
era concentrato ma sembrò letteralmente inchiodare quello di
Blaine mentre lui
e Kurt sostavano di fronte all’ingresso. Una scena parallela
eppure diversa da
quella di cui Kurt era stato partecipe quando aveva sentito Blaine e i
Warblers
cantare per la prima volta.
Quel
sorrisetto sardonico che ormai Kurt conosceva bene, era impresso sul
viso di
Sebastian e sentì il suo stomaco annodarsi: qualsiasi cosa
avesse in mente, non
sembrava nulla di buono.
Si
staccò dal coro, Sebastian, e si mosse in loro direzione,
intonando i primi
versi:
When
I had you to myself
I
didn't want you around
Those
pretty faces always
made
you stand out in a crowd.
Guardava
apertamente Blaine a lasciar intendere che la canzone gli fosse
dedicata:
questi appariva sorpreso, attonito mentre gli girava attorno. Kurt, da
parte
sua, sembrò letteralmente congelato sul posto: aveva
incrociato le braccia al
petto e lo fissava disgustato.
Blaine,
dopo quel primo e sfacciato approccio, si mosse per attraversare la
stanza e
Kurt lo seguì d’istinto ma sentì il
fiato di Sebastian sul collo e sulla nuca e
avrebbe voluto non essere così sensibile alla sola
sensazione che lo stesse
guardando.
But
someone picked you from the bunch
One
glance was all it took
Now
it's much too late for me
to
take a second look.
Lui
e Blaine si erano fermati all’altra estremità
della stanza: Blaine restò in
piedi ma Kurt si sedette sul bracciolo del divano di pelle. Lui e
Blaine si scambiarono
uno sguardo e scorgerne la sorpresa ma persino il divertimento, ne fece
solo
accrescere il risentimento che sembrava ribollirgli nello stomaco.
I
Warblers si voltarono in loro direzione e Sebastian intonò
il ritornello.
Oh
baby give me one more chance
(Show
you that I love you)
Won't
you please let me
(Back
in your heart)
Oh
darling I was blind to let you go
(Let
you go baby)
But
now since I see you in his arms
(I
want you back)
Yes
I do now
(I
want you back)
Ooh
ooh baby
(I
want you back)
Yeah
yeah yeah yeah
(I
want you back)
Si
era avvicinato nuovamente a Blaine, in modo evidentemente provocatorio
nel
muovere il bacino in un movimento ondulatorio, incatenandone nuovamente
lo
sguardo e più che mai Kurt
seppe di detestarlo con tutto se stesso.
Non
era solo il modo sfacciato, allusivo (e
da porno-ballerino) con cui flirtava con Blaine, quasi
volendolo
abbindolare solo con lo sguardo lascivo o quei passi di danza, il
sorrisetto
furbo; ma il pensiero che, fino a poche ore prima, la sua
priorità fisse quella
di tormentare lui con quel bacio.
Sapeva
ovviamente ed era stato lui stesso a
ribadirlo (e per primo!) che non
aveva significato assolutamente nulla ma che fosse Sebastian a
rimarcarlo e
coinvolgendo Blaine, era qualcosa di insopportabile. Sembrava dirgli
che lui,
Kurt, non contava nulla. Non solo quell’episodio di per
sé ma che non si
sarebbe arreso fino a quando non avesse ricevuto le attenzioni che
desiderava
dallo stesso Blaine.
Oh baby all I need is one more
chance
(Show you that I love you)
Won't you please let me
(Back to your heart)
Oh darling I was blind to let
you go
(Let you go baby)
But now since I see you in his
arms
Fu
in quel momento forse: Sebastian sembrò solo allora
accorgersi di lui o
meglio, prestargli una semplice occhiata, quella sufficiente a fargli
comprendere ciò che già sapeva. Ciò
che in quel momento era fonte di una vera e
propria umiliazione che ne faceva stringere la mascella e serrare i
pugni
mentre, ancora una volta, avanzava in direzione di Blaine.
Quest’ultimo
rimase immobile, gli occhi sgranati e le labbra schiuse a seguire la
coreografia degli amici.
L’ultimo
ritornello e tutti si fermarono, in piedi, le mani dietro la schiena e
il
sorriso soddisfatto di chi è consapevole di aver fatto tutto
perfettamente.
Ci
fu solo un attimo di silenzio, quello necessario per assimilare la fine
del
brano, e Blaine ed altri Warblers iniziarono ad applaudire.
Kurt
sostò immobile, anche quando tutto fu finito, cercando di
raccogliere i cocci
del suo orgoglio e di frenare la sua insana rabbia nei confronti di se
stesso.
A
partire da quello stupido sogno fino alle emozioni che lo avevano
scosso
durante la performance e quel genuino disagio che non aveva alcun senso
provare. Non per Sebastian.
Non
per il modo in cui aveva lanciato quell’evidente messaggio:
la loro rivalità
era tutt’altro che cessata.
E
quel bacio era solo un pretesto da cui trarre vantaggio psicologico:
un’abile
strategia.
E
lui aveva davvero potuto immaginare, per un folle istante, qualcosa di
diverso?
Rimirò
il giovane che esibiva un sorrisetto compiaciuto e fintamente modesto
mentre
gli applausi si diramavano.
“Questa
era la prova di Sebastian Smythe per l’ingresso tra i
Warblers, signori” annunciò
Wes, seduto al tavolo del Consiglio del gruppo mentre tutti prendevano
posto
tra i divani e le sedie a disposizione ma Sebastian rimase in piedi,
poco
distante da Kurt e Blaine.
“Quanti
di voi sono favorevoli ad ammetterlo, anche se fuori dal periodo delle
audizioni?”.
Kurt
si guardò attorno: cercò di ignorare il nodo allo
stomaco quando la mano di
Blaine fu tra le prime a scagliarsi verso l’alto o quando
Nick gli rivolse
un’espressione quasi di timorose scuse prima di imitarne il
gesto.
Sapeva
che Sebastian sarebbe stato un ottimo elemento per il corso: aveva una
voce
particolare, sapeva muoversi (anche troppo…
provocatoriamente) ma non gli
avrebbe dato tale soddisfazione.
Avrebbe
comunque ottenuto tutti i voti richiesti ma non avrebbe sopportato la
sua
espressione compiaciuta: continuò a tenere le mani serrate
mentre Thad contava.
“Siamo
in parità: tutti gli altri sono contrari?”. Lo
chiese a mo’ di conferma.
Fu
in quel momento che Kurt si rilassò: ignorò lo
sguardo interdetto di Blaine ma
fu Sebastian a scivolare alle sue spalle.
“Alza
quella mano” sibilò chinandosi sulla sua nuca ma
continuando a sorridere con
fare fintamente divertito, la stessa abilità di un
ventriloquo.
“Non
ci penso neanche” sorrise serafico Kurt, sentendosi
finalmente di nuovo in grado
di avere la situazione in suo controllo.
“Alza
quella mano” sibilò di nuovo Sebastian, il tono
più minaccioso mentre Thad e
Wes cercavano nel regolamento quale fosse la procedura prevista, in
caso di
simile stallo.
Chiesero
loro di prendersi un minuto di riflessione prima di confermare
singolarmente il
loro giudizio ma motivandolo.
“Ho
detto di no” commentò di nuovo secco Kurt e
cercò di nascondere il ghigno
soddisfatto.
“Peggio
per te” replicò l’altro, persino
più divertito. “… dirò a
Blaine del nostro
bacio”.
Un
fiotto di calore sfiorò le gote di Kurt che, cercando di
mantenere una facciata
altrettanto composta mentre iniziavano i primi sondaggi, lo
fissò con la coda
dell’occhio.
“Non
oseresti”.
L’altro
sorrise: quel sorriso che gli aveva
rivolto prima di baciarlo ma si volse verso Blaine.
“Ricordi
quel ragazzo di cui ti ho parlato?” gli chiese, le mani
affondate nelle tasche
del blazer, il viso inclinato di un lato e il sorriso compiaciuto
mentre Blaine
lo fissava con gli occhi sgranati.
“Sebastian,
ti sembra il momento?!”.
“Oh,
sì, è perfetto: non ti ho detto che-”.
“IO
VOTO A FAVORE!”.
Di
nuovo il silenzio, stavolta attonito, scese sulla sala prove e tutti si
voltarono a fissare Kurt mentre Sebastian sorrideva compiaciuto,
guardandosi
attorno come se avesse appena vinto le elezioni come Presidente degli
Stati
Uniti.
Sembrava
persino più alto mentre stava impettito come un tacchino del
giorno del
Ringraziamento.
“Quanta
foga, Kurt, mi fai arrossire” aggiunse in tono ironico, la
voce limpida e ben
udibile che strappò qualche risatina tra i compagni di coro
mentre Kurt
stringeva i pugni lungo i fianchi.
“Sta
zitto” sibilò mentre i tre giovani del Consiglio
lo guardavano ancora confusi.
“Hai
cambiato idea, Kurt?” gli chiese Wes.
“Sì”
rispose dopo essersi morso l’interno della guancia prima di
incespicare nelle
parole.
“sono
stato… deviato dalla mia… antipatia
estrema nei suoi confronti” lo scandì
bene fissando il profilo dell’altro
con evidente disgusto. “ma non è giusto che sia il
gruppo a rimetterci”.
“Sentito?”
incalzò Sebastian. “Quindi è ufficiale,
no?”.
Wes
gli fece cenno di tacere per concentrarsi nuovamente su Kurt.
“Sei
davvero convinto che Sebastian possa essere un vantaggio per il nostro
Glee
Club?”.
Sebastian
parve offeso per l’ulteriore domanda ma fissò Kurt
con fare eloquente seppur
questi non lo degnasse più di sguardo.
Sospirò,
Kurt, maledisse mentalmente Sebastian, ma annuì.
Strabuzzò
gli occhi all’applauso che gli dedicarono i tre giovani del
Consiglio, dopo
essersi scambiati un sorriso.
“Questo,
signori, è ciò che rende i Warblers un gruppo
prima di tutto: dovremmo prendere
tutti esempio da Kurt che ha messo da parte le sue opinioni personali
per il
bene di tutti. Bravo Kurt!”. Lo lodò Wes fino a
farlo arrossire mentre Thad
annuiva e gli rivolgeva un cenno amichevole.
“E
congratulazioni Sebastian” aggiunse e questi
sembrò masticarsi la lingua nel
borbottare un ringraziamento ma fu lesto a ringalluzzirsi, in tempo per
ricevere le congratulazioni da parte dei compagni.
Kurt
osservò Blaine avvicinarglisi a sua volta e scosse il capo,
si morse il labbro
ed uscì rapidamente dalla stanza prima che uno dei due gli
si avvicinasse
nuovamente.
~
Si
lasciò cadere sul proprio letto e poco dopo fu raggiunto da
Nick che rientrò
altrettanto trafelato, la preoccupazione impressa sul suo volto.
Si
tolse le scarpe della divisa, Kurt, si abbracciò le gambe,
un sorriso amaro
sulle labbra, neppure in grado o tanto meno desideroso di lasciar
intendere
quale fosse il suo turbamento.
Nick
gli si sedette accanto ma non parlò per un lungo istante, un
vago sospiro nel
passarsi una mano tra i capelli e sembrava vi fosse un pensiero a
tormentarlo.
“Mi
dispiace” sussurrò e Kurt lo guardò
interdetto. “Non sapevo che avrebbe cantato
per Blaine quando ha chiesto a me e Jeff se volevamo partecipare al suo
numero.
Credevo non te lo avrebbe mai proposto e visto che tu non vuoi mai
parlare
di-“.
“Quello
stupratore di baci e criminale ricattatore?” concluse per lui
Kurt con forte
intonazione sarcastica ma era evidente non vi fosse alcun biasimo nei
confronti
del compagno di stanza che sgranò gli occhi al suo commento.
“Aspetta…
ricatto?”.
Kurt
aveva sospirato prima di chiudere gli occhi e scuotere il capo ancora
amareggiato e umiliato nel profondo.
“Ho
dovuto votare a favore o avrebbe detto a Blaine di… lo
sai”.
“Ma
Kurt!” protestò Nick indignato e con voce
strozzata. “Devi dirlo a Wes e-”.
“Ero
sincero, in parte: è un buon elemento per i
Warblers” seppur contrariato
nell’ammetterlo, non poteva fare il contrario.
“Ma
non avrebbe dovuto per questo ricattarti” continuò
Nick scuotendo il capo.
“Se
non fosse stato lui, avrei votato a favore fin da subito”
ammise Kurt con un
sospiro.
Nick
scosse il capo: evidentemente era conscio che non fosse il ricatto il
vero
problema, quando le conseguenze che esso implicava. Lo
studiò per un lungo
momento ma, una volta tanto, sembrò confuso e bisognoso lui
stesso di
chiarimenti.
“Non
capisco, Kurt: perché sarebbe un problema così
grave se Sebastian glielo dicesse? Non hai doveri nei
confronti di Blaine
e-“.
“Lui…
sa del bacio che Karofsky mi ha preso con la forza”
articolò Kurt e dal modo in
cui lo sguardo si era rabbuiato, era evidente quanto il ricordo lo
tormentasse
ancora, tanto da farne tremare la voce, gli occhi più
lucidi. “… non voglio che
Blaine pensi che sia… colpa mia, o una mia
caratteristica”.
Si
era voltato verso la parete per scostare una lacrima, Nick
sembrò persino più
incredulo seppur si rendesse conto del suo turbamento.
“Non
lo penserebbe mai!” protestò, tuttavia, con
vigore. “Blaine è tuo amico e non è
quel tipo di persona!”.
“Non
voglio e basta” rispose lapidario ma con voce più
rauca e l’amico indugiò ad
osservarlo per un lungo istante, pur consapevole non fosse il momento
opportuno
per insistere ulteriormente.
Gli
appoggiò la mano sulla spalla, quasi a dargli un silenzioso
conforto prima di
aggrottare le sopracciglia.
Scese
un breve silenzio nel quale Nick continuò a scrutarlo
ansiosamente ma sembrò,
infine, prendere una risoluzione.
“Non
è che in realtà ti senti un
po’… in colpa?”.
Pronunciò
quella domanda in un sussurro pacato, il tono cauto, quasi temesse
un’ulteriore
risposta più piccata ma l’altro sgranò
gli occhi.
“Che
vuoi dire?” chiese confuso e sospettoso.
Nick
sorrise quasi a volerlo rassicurare.
“Mi
hai detto tu stesso che il primo passo per affrontare se stessi
è accettarsi e
lo hai fatto quando hai dichiarato di essere gay” lo aveva
guardato con
evidente stima ed ammirazione per il suo esempio di coraggio, malgrado
tutto
quello che avesse passato. Nonostante il McKinley fosse diventato il
luogo da
cui fuggire.
“Forse
ora dovresti accettare la remota possibilità che tu possa inconsciamente provare qualcosa anche per
Sebastian” continuò in
tono ancora ragionevole ma parlando quasi stesse maneggiando un
pericoloso
ordigno e Kurt boccheggiò prima di voltarsi a guardarlo
indignato.
“No”
fu la risposta immediata seppur la voce fosse divenuta più
stridula.
“Assolutamente…
nel modo più assoluto!” continuò con la
stessa intonazione e lo stesso
risentimento alla sola menzione.
“D’accordo”
Nick sollevò le mani quasi in segno di resa. “ma
è su questo che Sebastian sta
facendo presa su di te: solo tu puoi fermarlo”.
Kurt
scosse il capo, lo sguardo quasi divertito, il viso inclinato di un
lato nel
rimirare il suo interlocutore.
“Questo
dovrebbe farmi sentire meglio?” chiese ironicamente e quel
nodo in gola
sembrava tutt’altro che propenso a sciogliersi. Senza contare
che aveva
lasciato Blaine in balia di Sebastian, seppur fosse ancora in procinto
di
uscire con Rachel.
Neppure
Gossip Girl poteva raggiungere simili livelli di malsano gusto per
allietare i
suoi fan.
“Dipende”
rispose Nick in tono vago e, di fronte allo sguardo interrogativo di
Kurt,
proseguì.
“Fin
quando permetterai a Sebastian di avere questo vantaggio o fin quando
non
capirai la vera ragione per cui ti stai nascondendo”.
“Io
non mi sto nascondendo!”. Replicò risentito e Nick
sospirò stringendosi nelle
spalle, consapevole di non poter calpestare ulteriormente il suo
orgoglio, non
fino a quando Kurt stesso non si fosse concesso di porsi il
benché minimo
dubbio al riguardo.
“E’
il vostro segreto: lo ha detto Sebastian e tu ti comporti come se lo
fosse” non
c’era cattiveria nella sua voce, soltanto una pacata
constatazione che rendeva
quella verità sottintesa persino più ardua da
sopportare e digerire.
“Odio
quando sei così ragionevole” borbottò
Kurt in risposta.
“Lo
so, ma qualcuno deve pur restarlo” ribatté
l’altro, sorridendogli più
dolcemente mentre Kurt si lasciava stendere sul proprio letto.
“Dipende
tutto da me” ripeté tra sé e
sé e Nick annuì.
“Tu
sei il tuo vero nemico”.
“Io,
l’acne che sta per esplodermi e ottanta chili di stupratore
incallito”.
“Ottimo
riassunto” ridacchiò Nick, alzandosi prima di
fargli cenno di uscire. “Non hai
lezione?”.
Kurt
sospirò levandosi a sua volta e recuperando la propria borsa
coi libri.
“Dovrebbero
insegnare come evitare stalking incalliti”. Aveva sospirato
ma Nick aveva
scosso il capo.
“Non
voglio ritrovarmi disoccupato perché Sebastian non ti
dà più il tormento” fu la
sua replica scherzosa e persino Kurt rise.
“Grazie”
sussurrò tutto di un tratto e l’altro scosse
appena il capo ma Kurt lo guardò
con un moto di reale affetto. “A buon rendere”
aggiunse con velo appena più
malizioso mentre Jeff li raggiungeva e lasciò che camminasse
al loro fianco,
notando ancora una volta quale bel quadretto costituissero.
Chissà
che non avesse potuto fare qualcosa: dopotutto se la sua vita amorosa
era un
disastro, perché non avrebbe potuto aiutare proprio il suo
caro amico?
Dopotutto,
checché ne dicesse Blaine, il suo romanticismo non se
n’era affatto andato.
“Ti
è caduto questo, Lady Hummel” trasalì
nell’incrociare Sebastian, intento a camminare
in direzione opposta e l’attimo dopo il suo burro cacao era
depositato sul
palmo della propria mano da che l’altro l’aveva
lanciato e lo aveva preso per
puro istinto.
Burro
cacao che era certo non gli fosse caduto a meno che Sebastian non
glielo avesse
sgraffignato direttamente dalla tasca dei pantaloni.
Boccheggiò
e si volse a guardarlo, questi gli rivolse un baldanzoso sorrisetto e
un
ammiccamento.
“Non
dimenticare di applicarlo: il tempo è impietoso e le tue
labbra sono così…
sensibili” commentò a voce alta, scomparendo
dietro l’angolo e Kurt strinse i
pugni lungo i fianchi.
Ignorò
gli sguardi interdetti dei Warblers, Jeff che saltellava sul posto,
guardando Nick
in attesa di spiegazione e quest’ultimo che aveva le labbra
contratte quasi si
stesse impedendo di ridere o di commentare.
Una
sola certezza: non avrebbe permesso a Sebastian di tormentarlo ancora a
lungo.
Mi
ero sempre ripromessa di togliermi lo sfizio di
descrivere dal punto di vista di Kurt, il momento del famigerato
“I want you
back” e questa long è sembrata cadere davvero a
fagiolo ma ancora devono
accaderne molte.
Nel
prossimo capitolo:
“E’ vero,
sono uscita con Blaine
ieri: non ti dirò quanto sia stato piacevole ma
lui… mi ha parlato di un
ragazzo e-“.
“Avevi ragione,
Nick, è ora di
concludere questa stupidaggine”.
“Decisamente,
Sebastian sa quello che
sta facendo: nel suo modo contorto ma lo sa”.
“Io ti
piaccio” “Certo, lo hai
capito, allora: Blaine era solo un pretesto”.
“Tu sei molto
più coraggioso di me”
“Non è vero, Blaine: se lo fossi, parlerei di meno
e agirei di più”.
Non
mi resta che augurarvi un buon weekend e darvi
appuntamento al prossimo capitolo.
Ma,
per chi è fan dei Warblers o di Hunter,
nello specifico; ci vedremo nei
prossimi giorni per una one-shot a lui dedicata e che
l’ispirazione mi ha
dettato questa settimana.
Giusto
il tempo della revisione :) (e no,
non chiedetevelo: non ho tradito la Kurtbastian
perché
credo nell’eterosessualità di Hunter *sventola
bandiera solitaria*
Più che altro non
capisco perché si dia per scontato sia
gay, solo perché è diventato il nuovo Capitano
dei Warblers, ma
questo è un altro discorso :D).
Bacioni
a tutti,
Kiki87
|
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Capitolo 5 *** Capitolo 4 ***
Credo ormai sia mia tradizione
aggiornare in prossimità del weekend, sperando di rallegrare
una giornata che
sembra ispirare soltanto un po’ di sano ozio visto il tempo.
Con una dedica speciale a tutte
le splendide fanciulle che leggono e seguono questa fanfiction (ma la
nostra
festa è tutto l’anno e Kurt sarebbe sicuramente
concorde con me ;)), in
particolar modo la mia Blaine e la mia Sebastian ♥
Buona lettura!
Capitolo 4.
Quando
il cellulare vibrò per l'arrivo di una chiamata, le note di
Lady Gaga
riempirono la stanza ma Kurt non si sorprese nello scorgere il nome di
Rachel.
In
vero, infatti, la stava evitando da tempo immemore: dalla notte della
festa
disastrosa e da tutto ciò che ne era conseguito –
cacciava l'immagine mentale
così di frequente da esser quasi
riuscito a convincersi che si fosse
trattato soltanto di un brutto sogno ma, per prevenzione della sua
psiche!, non
aveva più guardato film in bianco e nero – e quel
giorno non sembrava esservi
nulla di diverso in quel tentativo di contattarlo.
Non
era il modo più piacevole di iniziare quel Sabato mattina e
sospirò nello
scorgere l'insistenza della chiamante e stava meditando di inserire (forse
momentaneamente) il numero della ragazza tra quelli
indesiderati, quando il
cellulare lo avvisò di un nuovo messaggio vocale lasciato in
segreteria.
Con
un sospiro stoico, digitò il numero e attese che la voce
registrata gli
sciorinasse il numero della persona interessata. Non occorreva la
memoria
archivistica di un pc o la fantasia con cui, nella sua mente, poteva
immaginare
l'evolversi della sua vita dramma-sentimentale per indovinarne la
provenienza
e, difatti, pochi secondi dopo la voce di Rachel gli trapanò
i timpani.
Gemette
e si scostò l'apparecchio dal padiglione auricolare mentre
la ragazza sembrava
in procinto di prendere un bel respiro prima di lasciar letteralmente
esplodere
il suo messaggio.
“LO
SO CHE MI STAI IGNORANDO DI PROPOSITO, SO CHE SEI ARRABBIATO PER BLAINE
E HAI
RAGIONE..”.
Perspicace
la ragazza.
Dopo
quell'esordio con voce più stridula –
evidentemente aveva pensato di
focalizzare il dramma nei primi quindici secondi così da
garantirsi la sua
attenzione – il tono del messaggio divenne più
lacrimevole e affranto.
“Ma
mi conosci: non sono solo IO ad amare i riflettori, loro
mi reclamano!”.
Kurt
sollevò gli occhi al cielo.
“E'
vero, sono uscita con Blaine ieri: non ti dirò quanto sia
stato piacevole ma
lui... mi ha parlato di un ragazzo e-”.
Il
tempo a disposizione era terminato e il messaggio era rimasto
incompleto.
Kurt
gemette per la frustrazione: valutò per diversi istanti le
opzioni a proprio
favore: sarebbe riuscito ad attendere che Blaine stesso si facesse
avanti per
confidarsi come era sua intenzione prima di quell'appuntamento?
Scosse
il capo e abbandonò le sue solitarie elucubrazioni e si
premette il telefono
all'orecchio: era in quei momenti che sembrava raccogliere la propria
risoluzione e forgiarsi di un’apparente calma e decisione.
“Finalmente!”
esordì Rachel che neppure si curò di non apparire
compiaciuta e soddisfatta di
sé e Kurt dovette lottare contro il proprio istinto di
riattaccare.
Respirò
a fondo ma, con il mento sollevato con aria di sfida, le rispose
piccato:
“Sono
ancora arrabbiato con te!” e ascoltò con piacere
il gemito della sua
interlocutrice: decisamente meritava di soffrire ancora qualche istante
prima
di concederle un armistizio.
“Tu
più di tutti dovresti capirmi” replicò
lei l'attimo dopo con tono petulante e
Kurt aveva quasi dimenticato che il suo ego da diva incallita fosse
secondo
soltanto a quell'atteggiamento vittimistico che era persino
più irritante.
“Blaine è-”.
No, non voleva sapere come
fosse
Blaine,
perché replicò senza darle
tempo di concludere la frase:
“E
tu non dovresti mancarmi di rispetto visto che si supponeva noi
fossimo... in
rapporti cordiali e civili” aveva respinto più
volte la supposizione di Rachel
sul loro essere amici e quello non era il momento ideale per rivalutare
l'ipotesi.
“Sapevi perfettamente cosa provavo e cosa provo per
lui” aggiunse con maggior
vigore.
Era
per convincere Rachel e farle capire la gravità dei suoi
atti che lo ribadiva,
si disse ma una parte di sé – che somigliava
fastidiosamente alla voce di
Nick-Yoda-Duval - sembrava contestare quest'ovvia constatazione.
Ne
sentì il silenzio colpevole e si crogiolò di
esser riuscito a metterla a tacere
seppur fosse certo che la vittoria sarebbe stata breve.
“Ma
lui sembrava così carino e disponibile” soggiunse,
quasi quella fosse una
giustificazione e ciò non fece che accrescere la stizza di
Kurt che, la voce
lievemente più stridula, replicò:
“Gli
saresti saltata addosso!”.
“Solo
perché sono stata amichevole, non significa che-”.
“Lasciamo
perdere: non voglio farmi venire le rughe precoci a causa
tua” concesse, il
tono ancora offeso e risentito perché ella non abbassasse la
guardia o credesse
di esser già stata perdonata e si risentì
quand'ella reagì con uno strillo
eccitato.
“Allora
mi hai perdonata?” lo incalzò e dovette
interpretare in modo positivo quella
sorta di mugugno che si lasciò sfuggire perché
ella continuò: “... so che non
vorrai sapere i dettagli ma ieri sera è stato meraviglioso:
è un vero
cavaliere, sono stata io a provare a baciarlo e-”.
“COSA?!”.
“Mi
ha respinta” continuò Rachel, come non fosse stata
interrotta: evidentemente
godendosi quel momento di totale attenzione. “Ma il punto non
è questo” si
affrettò ad aggiungere quasi a mo' di correzione.
“Anche se sono sicura che
anche lui provasse-”.
“Rachel!”.
“Scusa,
scusa, stavo dicendo...”.
“Ha
parlato di un ragazzo?” le chiese Kurt senza neppure curarsi
di cercare di
lenire la sua curiosità al riguardo: che finalmente
arrivasse la parte
importante della conversazione. Avrebbe anche potuto sopportare l'idea
che i
due fossero usciti insieme – si sarebbe dovuto soffermare, e
sperò che il suo
inconscio le stesse annotando, sulle parole "Blaine",
"respinge", "bacio di Rachel" – pur di arrivare alla fine
del dramma. Una fine che fosse a lui favorevole.
“Ecco,
sì: ha detto che lo ha conosciuto da qualche mese e sono
solo amici ma, di
recente, lo ha visto sotto un'altra luce”.
Kurt
trattenne il fiato ma la sua mente stava freneticamente lavorando per
cercare
un riscontro alle parole di Rachel: quale evento poteva esser stato ad
averlo
letteralmente illuminato?
E
poi il cuore di Kurt cominciò a scalpitare furiosamente e un
sorriso gli si
dipinse sul volto: Blaine riteneva che fosse troppo severo nei
confronti di
Sebastian e lo stesso Wes si era complimentato per come aveva messo da
parte i
suoi giudizi negativi per consentire a Sebastian l'ingresso nei
Warblers.
Certo, lui poi si era allontanato e non aveva avuto modo di rivedere
Blaine da
allora ma, in fondo, era stato anche a lui, Kurt, che avevano dedicato
un applauso.
Blaine
doveva esser rimasto particolarmente colpito dalla sua
obiettività e maturità e
il fatto che in questo Sebastian avesse un coinvolgimento –
seppur indiretto –
rendeva tutto persino più appagante.
Forse,
dopotutto, il karma stava cominciando a cambiare e l'universo lo stava
ricompensando.
“E,
quindi, lui crede di provare qualcosa per questo ragazzo,
giusto?” continuò,
cercando di restare calmo, malgrado lo sguardo sembrasse fulgido e
lucido di
emozione.
“Esatto”
rispose pacatamente Rachel. “E crede che San Valentino sia il
momento ideale
per dichiararsi”.
Un
sospiro gli sfuggì dalle labbra, una mano sul petto a
contemplare quanto Blaine
fosse non soltanto uno splendido giovane dallo sguardo sognante e i
modi
gentili; era persino romantico e, come lui, apprezzava il
corteggiamento
piuttosto che un approccio degno di un maniaco stupratore seriale.
Ma
perché continuava a pensare a Sebastian?
Scosse
il capo a rimuovere quello spiacevole viso dai suoi pensieri: doveva
mantenersi
lucido e sfruttare quelle informazioni a proprio piacimento.
“E...
non ti ha detto il nome e neppure ti ha dato un'indicazione
più precisa su chi
potrebbe essere?”. Aveva chiesto cautamente ma temeva che
l'aspirante Barbra
fosse troppo concentrata sul suo dramma personale da
“è davvero gay” per aver
carpito qualche riferimento più sottile ma indubbiamente di
suo giovamento.
“No,
sembrava imbarazzato e un po' a disagio a parlarne: forse non voleva
ferire i
miei sentimenti dopo avermi illusa o forse...
potresti essere tu quel falco”.
“Usignolo!”
la corresse con un gemito indignato.
“Falco,
usignolo, volatile, quello che ti pare” ribatté
l'altra evidentemente ritenendo
che quello fosse solo un mero dettaglio. “Ma sì,
una cosa è certa: chiunque
sia, è cotto di questo ragazzo”.
“E'
cotto?” ripeté Mercedes mezzora dopo dalla sua
camera: i bigodini tra i capelli
e la vestaglia e Kurt si era (quasi) sentito in colpa per averla
disturbata di
Sabato mattina.
“Esatto,
e ha aggiunto che lo conosce da qualche mese, che sono amici: insomma,
manca
una settimana a San Valentino e io non ho ancora pensato a
nulla!”. Gemette
frustrato.
Non
soltanto avrebbe dovuto essere pronto a ricevere una sua proposta di
frequentazione, avrebbe dovuto persino fingersi sorpreso ma lusingato,
emozionato ma consapevole che quello fosse il loro destino
(ciò che aveva
pensato fin dal primo momento, dopotutto) e avrebbe anche dovuto
pensare ad un
modo di esprimergli il suo stato d'animo.
“Frena,
Kurt” Mercedes aveva sollevato la mano con un sospiro mentre
giocherellava con
un boccolo sfuggito al suo bigodino. Lo guardò attentamente
attraverso lo
schermo del suo pc.
“Sei
proprio sicuro?” gli chiese con un'occhiata guardinga.
“Non
poteva fare nomi, ovviamente, ma il fatto che fosse a disagio
parlandone con
lei”.
“Il
fatto che lei avesse appena cercato di infilarsi sotto il suo papillon
non
potrebbe essere motivo di disagio?” aveva chiesto e
l'inflessione ironica era
soltanto lieve poiché poteva soltanto immaginare quanto
dovesse essere...
suggestivo vivere un momento del genere.
Scosse
il capo e gemette ma il riconoscere che Mercedes aveva posto una
legittima
obiezione non giovava al suo umore.
La
porta si schiuse in quel momento, rivelando Nick e Jeff in procinto di
entrare
nella stessa ma Nick dovette comprendere cosa stesse accadendo
perché guardò il
letto e il suo portatile.
“Scusa,
vuoi che usciamo?” si affrettò a chiedere ma Kurt
sorrise e scosse il capo.
“Accomodatevi
pure” li incoraggiò. “Mercedes, loro
sono Nick e Jeff”.
“Ciao!”
la salutò con entusiasmo il biondino che, raggiunto il letto
di Kurt, aveva
mosso vivacemente la mano in direzione della web cam incorporata mentre
Nick le
sorrideva cordialmente.
“Io
sono Jeff” continuò il biondino quasi saltellando
sul posto. “mi vedi?”. La
ragazza ridacchiò divertita ma agitò a sua volta
la mano.
“Ciao
Jeff, ciao Nick” aggiunse in direzione dell'altro ragazzo al
quale Jeff strinse
la spalla.
“Ho
fame, Nick, mi avevi promesso i biscotti” lo
incalzò con lo stesso fare giocoso
di un golden retriever e Nick gli indicò l'altra stanza con
scaffali e un
frigorifero, nei quali riporre generi alimentari di primo ordine per un
pasto
in camera.
Mercedes,
interrotta quell'atmosfera di confidenze, li scrutava curiosamente.
“Hai
ragione, Kurt, sono una bellissima coppia”
sussurrò quando Jeff si fu
allontanato, facendo arrossire Nick che guardò il compagno
di stanza quasi
senza fiato.
“Kurt!”.
“Scusa”
si affrettò a rispondere l'altro seppur non potesse celare
il sorriso più furbo
e suadente. “Ma io e Mercedes abbiamo i sensori di
coppia” l'altra annuì con
vigore, guardando i due compagni di stanza.
“Peccato
che i miei non funzionassero quando mi hai fatto credere di avere una
cotta per
Rachel per non uscire con me”.
Nick
rise e Kurt scosse il capo, le guance appena imporporate al ricordo:
sembrava
passata un'eternità da quando viveva ancora in
quell'incertezza e timore che
gli impedivano di ammettere persino a se stesso la sua reale natura.
“Parli
del diavolo” gemette Mercedes guardando il proprio telefono.
“Devo andare:
magari vincerete per forfait perché la ucciderò
prima delle Regionali” sbuffò
con evidente disapprovazione e, dopo gli ultimi saluti, spense la web
cam.
Jeff
si avvicinò di nuovo al letto: una mano immersa nella
scatola di biscotti e
l'espressione allegra e compiaciuta ma il viso si adombrò di
evidente delusione
quando si accorse della mancanza della ragazza dall'altra parte dello
schermo.
Si
riscosse nel guardare Kurt.
“Oh,
devo darti una cosa!” Nick e Kurt lo scrutarono mentre,
abbandonata
momentaneamente la scatola di biscotti, prendeva a cercare nella tasca
dei
pantaloni e poi in quella interna della giacca: la lingua faceva
capolino da un
angolo delle labbra per la concentrazione, lo sguardo velato nel
tastare
all’interno degli scompartimenti, fino ad illuminarsi.
Porse
a Kurt un foglio di carta ripiegato.
“Me
lo ha dato Sebastian in sala mensa” spiegò e Kurt,
che si era sporto per
prenderlo, si ritrasse per istinto, quasi il foglio fosse infetto ma
Jeff
insistette.
“Ha
detto che è importante”.
“Se
dice che è importante” Nick cercò di
celare il divertimento e Kurt sospirò –
evidentemente il karma doveva punteggiare una mattinata benefica con
una nuova
spina – prima di prenderlo da un Jeff non poco sorridente.
“Grazie”
lo dispiegò, ignorando i due che neppure fingevano di non
essere curiosi: lo
aprì e altre due teste si sporsero a guardarne il contenuto.
Inarcò
le sopracciglia nello scrutare poche parole, vergate con calligrafia
sottile e
frettolosa.
In
biblioteca, ora.
La
cosa che più lo sorprese – Sebastian di certo non
aveva una verve da scrittore
e tanto meno conosceva formule di cortesia o una minima nozione di
galateo –
era il riuscire a sentire la voce di Sebastian nel pronunciare quelle
parole.
Quasi lo scritto fosse impregnato di lui, dell'intonazione suadente ed
arrogante della sua voce, del baluginio suadente dello sguardo e del
sorrisetto.
Era
come se avesse memorizzato tutti quegli aspetti e fossero
imprescindibili
nell'avere tra le mani qualcosa di suo ma l'ipotesi era fin troppo
spaventosa
per poterla accettare.
“Sembra
sia davvero importante” convenne Nick ma Kurt si trattenne
dal sollevare gli
occhi al cielo.
Scosse
il capo, appallottolò il foglio (in casi normali lo avrebbe
riciclato visto che
era scritto solo sul fronte ma era già stato
“contaminato” da Sebastian) e lo
gettò dall'altra parte della stanza.
Nick
schiuse le labbra, pronto a dire qualcosa, ma fu Jeff a precederli:
saltellò ed
emise un verso di eccitazione mista ad entusiasmo.
“Lo
aveva detto che lo avresti fatto!” esclamò e,
sotto gli occhi confusi degli
altri due, porse un secondo foglietto con lo stesso sorriso entusiasta
e
giocoso.
Kurt
scambiò un'occhiata con Nick che alzò le mani,
quasi ad astenersi dal
commentare.
Sospirò
ma lo schiuse bruscamente e lesse:
ORA.
O andrò da Blaine.
Tremò,
la vista si annebbiò e strinse la mascella prima di alzare
lo sguardo sui due e
levarsi dal letto. Ecco come Sebastian Smythe riusciva nuovamente in
ciò in cui
sembrava dotato: rovinare una giornata piacevole e riuscire ad
indisporlo.
“Avevi
ragione, Nick” gli si rivolse dopo essersi stirato le pieghe
della camicia. “è
ora di concludere questa stupidaggine” li salutò
con un cenno del capo e, il
foglietto stritolato tra le dita, si diresse versi l'uscita, dopo aver
rifatto
il nodo al foulard quasi fosse un gesto espiatore e un modo di
mantenersi calmo
e composto.
Nick
attese che fosse uscito per volgersi al biondino che stava rimirando la
collezione di foulard di Kurt che teneva nel cassetto del comodino
vicino al
suo letto.
“Toglimi
una curiosità: c'erano altri foglietti per Kurt?”.
Jeff
smosse le labbra in una posa di puerile insoddisfazione e scosse il
capo.
“Mi
piaceva questo gioco” soggiunse ma Nick non lo stava
ascoltando: sorrideva
soddisfatto, invece.
“E'
una bella cosa?” chiese Jeff confuso, notandone l'espressione
ma non riuscendo
a comprendere perché facesse sorridere in quel modo il suo
migliore amico.
Nick
tornò ad osservarlo e lo sguardo si addolcì
nell'annuire.
“Decisamente,
Sebastian sa quello che sta facendo: nel suo modo contorto ma lo
sa”.
“Oh”
Jeff appariva ancora più confuso ma sembrava fidarsi
ciecamente di lui perché
sorrise di nuovo. “Deve essere bello conoscere
così bene una persona da poterla
spingere a sé”.
Era
una delle doti di Jeff e Nick lo sapeva bene: se sembrava spesso e
volentieri
con la testa tra le nuvole, sempre spensierato e con un sorriso da
regalare a
tutti indistintamente; di tanto in tanto qualche sua frase era capace
di
spezzare la sua concentrazione e farlo soffermare su di essa.
Sembrò
pensieroso, infatti, nel continuare ad osservarlo: le sopracciglia
inarcate e
un vago sospiro. Inclinò il viso di un lato e, di fronte a
quel sorriso
spensierato e sincero, non poté che sorridere nuovamente. Di
cuore.
“Hai
ragione, Jeff, deve esserlo davvero” sussurrò
soltanto in risposta.
Ma
sembrò voler dire molto altro.
~
Sentiva
una strana calma pervaderlo nel momento in cui attraversò i
corridoi silenziosi
della Dalton: la classica quiete del weekend, quando tutti facevano
ritorno
nelle rispettive case o si davano all’esplorazione della
città.
Sarebbe
dovuto (e avrebbe desiderato soprattutto) sostare, piuttosto, in
compagnia di
Blaine e magari riuscire a carpire qualcosa delle sue confidenze a
Rachel ma
sentiva, altrettanto intensamente, che era giunto il momento di agire e
fare
qualcosa: non poteva lasciare che Sebastian continuasse a controllarne
e
condizionarne le giornate.
Le
parole di Nick continuavano a ronzare nella sua mente: Sebastian
avrebbe
continuato a far presa su di lui soltanto finché lui glielo avesse lasciato fare.
Divenendone, a tutti gli effetti,
un complice.
Aveva
già permesso a Karofsky di allontanarlo dal liceo e dal suo
Glee Club, non
sarebbe stato Sebastian a costituire una minaccia per la Dalton, la
vita con
Nick, Blaine e tutti coloro che lo avevano accolto come fosse sempre
stato
parte di loro.
Fu
con quel proposito che entrò nella biblioteca e
notò, ad una distratta occhiata
tutto attorno, che era insolitamente vuota: non era raro che coloro che
non
potevano rientrare nelle rispettive case profittassero della quiete del
Sabato
per avvantaggiarsi nello studio.
Si
morse il labbro ma continuò a far saettare lo sguardo tra le
pareti fino a
quando non udì uno schiarirsi di gola.
Sebastian
era adagiato contro uno degli scaffali: le braccia incrociate al petto
e il
sorriso sardonico in evidente attesa. Si scostò alla vista
di Kurt e avanzò in
sua direzione: movimenti sinuosi e sicuri di sé, il passo
agile come quello di
un predatore. Ma c’era una differenza, checché
Sebastian potesse realizzarlo o
meno: quel giorno Kurt si sarebbe rifiutato di essere una vittima, la sua vittima.
“Ciao
Kurt” lo salutò con voce flautata e questi non
rispose, strinse i pugni ma fu
lui stesso ad avvicinarsi.
“Questa
storia finirà oggi, Sebastian” dichiarò
con voce stentorea, nella mente quel
silenzioso incoraggiamento di Blaine, quel messaggio con una sola
parola:
“coraggio”.
Riusciva
quasi a sentirne la voce mentre, in quella stessa stanza, gli aveva
confidato
dei suoi problemi al liceo e ne aveva ricevuto quel consiglio diretto e
sincero.
Rifiutarsi
di essere una vittima.
Sebastian
inarcò le sopracciglia e parve vagamente confuso ma gli
concesse un sorriso.
“In
realtà, ho appena cominciato: in fondo, grazie a te, sono un
Usignolo anche io”
calcò dolcemente ma con lo stesso baluginio malizioso dello
sguardo che indusse
Kurt a irrigidirsi.
“Solo
perché mi hai ricattato” rispose di slancio, il
mento sollevato in un
atteggiamento di sfida.
“Sarebbe
stata la scelta giusta e lo sai”.
Lo
odiava. Odiava il modo in cui già sembrava sapere tutto.
Odiava il modo in cui
sembrava capirlo e conoscerne le intenzioni. Odiava il modo in cui, a
sua
differenza, non sembrava mai scomporsi o perdere la calma.
“Ma
non avresti dovuto ricattarmi” ritrattò, comunque
intenzionato a non
concedergli alcuna amnistia al riguardo.
Sorrise
Sebastian, avanzò ulteriormente e Kurt si disse che non
sarebbe indietreggiato,
non quella volta. Continuava a scrutarlo Sebastian: quasi conoscesse il
suo
dilemma interiore, quasi notasse la battaglia in corso nelle sfumature
del suo
sguardo ceruleo.
Si
fermò di fronte a lui e, senza smettere di osservarlo, si
protese leggermente
verso il suo volto.
“Sai,
il modo in cui vuoi tenerlo nascosto, mi…
stuzzica” lo soffiò direttamente nel
suo orecchio e Kurt dovette ricordarsi il suo proposito di non
cedergli, seppur
stesse lottando per non allontanarsi, come sempre infastidito per
quella
ristretta vicinanza cui lo stava costringendo.
“Credevo
ti preoccupasse l’opinione di Blaine e che fosse un effetto
della tua
insicurezza cronica, ma adesso…”.
Lasciò la frase in sospeso quasi per effetto
scenico ma aveva continuato a soffiare nel suo orecchio e Kurt avrebbe
desiderato che la sua risoluzione fosse sufficiente ad evitare il
tremore del
suo corpo o il battito aritmico.
“Tu
non mi conosci” odiò il modo in cui la sua voce
suonava patetica, debole ed
insicura, soprattutto a contrasto con la pacatezza e la sicurezza di
cui,
invece, era pregna quella di Sebastian.
“Adesso”
continuò quest’ultimo, quasi non lo avesse udito.
“credo tu voglia tenergli
nascosto quanto ti sia piaciuto”.
La
provocazione era evidente: un modo di riuscire a fare breccia nella sua
razionalità, mettendolo sotto pressione ed inducendolo,
così, a lasciarsi
andare, non potendo più prevedere quale fosse la giusta
risposta o la giusta
reazione ad un simile atteggiamento.
Ne
era consapevole ma, ciononostante, Kurt trasalì come se lo
avesse
schiaffeggiato.
Un
solo istante, prima di respingerlo – quasi fosse necessaria
una minima distanza
fisica per sentirsi nuovamente padrone di sé – e
fissarlo schifato.
“Io
ti piaccio”. Concluse Sebastian con la stessa
tranquillità, ignorando quella
reazione.
Aggrottò
le sopracciglia, il mento sollevato e le sopracciglia inarcate prima di
sorridere sarcastico.
“Certo”
replicò, infatti, fissandolo e sollevando gli occhi al cielo
prima di simulare
un’espressione di stoica impazienza. “lo hai capito
allora: Blaine era solo un
pretesto”.
Sebastian
non si lasciò impressionare e neppure diede segno di stizza
di fronte a quella
canzonatura, si avvicinò un’altra volta e, di
nuovo, Kurt non si ritrasse ma
continuò ad osservarlo con le sopracciglia aggrottate.
Lo
spasmodico tentativo di comprendere cosa sarebbe accaduto per poterlo
anticipare perché non vi era nulla di peggio che sostare tra
le grinfie di Sebastian,
senza sapere cosa sarebbe accaduto. Senza avere il controllo
della situazione.
“C’è
un modo molto semplice per appurarlo” sussurrò
Sebastian imperturbabile e Kurt
lo fissò sospettoso ma questi, ancora una volta, ridusse la
distanza fino a
respirare sul suo viso con un allarmante dejà-vu e la
conseguente
sovrapposizione di immagini fece riscuotere Kurt.
Soprattutto
la terribile consapevolezza di cosa sarebbe potuto accadere se
Sebastian non
fosse stato fermato. Se non avesse fatto qualcosa anziché
sostare alla sua
mercé, anziché respingerlo e allontanarlo con
forza e decisione.
Come avrebbe dovuto fare subito. Come avrebbe dovuto fare
prima che, come in quel
momento, gli si avvicinasse tanto da sentire il suo respiro sulle
labbra e da
percepirne nuovamente quel profumo che sembrava presagire il tocco
della sua
bocca.
Se
la sua mente era un tumulto di pensieri e di terrore, non poteva
parimenti non
percepire l’alterazione dei suoi battiti, il respiro convulso.
Sebastian
adagiò il braccio sullo scaffale alle sue spalle, chinandosi
verso il suo viso.
“Baciami”.
Lo
pronunciò come un ordine ma mai la sua arroganza era parsa
tanto… allettante.
Tanto vicina ad un compimento, tanto vicina a ciò che la sua
mente sembrava
elaborare da che gli si era avvicinato. Da che i loro sguardi
sembravano, come
sempre, vivere una comunicazione ben diversa da quella che era in atto
a
parole.
Emise
un gemito Kurt, sentì le guance ardere ma ne
cercò lo sguardo, una smorfia di
disgusto.
“Non
asseconderò le tue perversioni”
pronunciò con stizza e fu con un gesto deciso
che lo allontanò, facendo pressione con le mani sul suo
torace.
Un
guizzo vittorioso, un baluginio smeraldino, ne strinse la mano solo per
attrarlo a sé, chinandosi nuovamente e pericolosamente.
“Un
solo bacio non può sconvolgerti a meno che… tu
non lo disperi quanto lo
rifiuti” continuò a parlare con voce di poco
superiore ad un sussurro ma era
come se quelle parole fossero letteralmente urlate per il loro impatto,
per
come sembrarono ustionarne la pelle, facendola fremere e facendo
scorrere
brividi caldi e freddi lungo la spina dorsale fino a lasciarlo senza
fiato.
Era
vicino, troppo per scostare lo sguardo, troppo per fingere e pretendere
che non
scaturisse alcun effetto e che potesse negarlo a se stesso.
Sentì
il braccio di Sebastian cingerne la vita e seppe, per istinto, che non
serviva
più ad intimidirlo o schernirlo.
Lo stava trattenendo.
In
quell’attimo, in quel momento soltanto loro.
Fremette
ma quando gli sollevò il mento perché i loro
sguardi si fondessero, seppe che
era in sua balia. E di esserlo stato fin da primo momento e che lui lo
sapeva
con altrettanta certezza. Probabilmente lo aveva persino previsto fin
dalla
consegna di quegli stupidi fogliettini.
Fu
un silenzioso richiamo di sguardi e sembrarono muoversi in sincrono: il
suo
profumo, la pressione più ferma delle sue braccia e tutto
sembrava trovare il
suo ordine, quasi fosse solo necessario lasciarsi andare per scoprire
di averlo
da sempre saputo.
Un
lieve scalpiccio di passi che risuonò e rimbombò
nel silenzio tra le pareti.
“Kurt?”
il richiamo di Blaine.
Sguardi
che si fusero un altro istante prima che Sebastian si scostasse e il
moretto li
raggiungesse.
“Ciao
Sebastian” si rivolse a quest’ultimo per poi
registrare il rossore sul viso di
Kurt, lo strano luccichio nel suo sguardo e quel silenzio colpevole.
“Ho…
interrotto?” chiese confuso e imbarazzato.
“No”.
Si affrettò a rispondere Kurt.
“Sì”.
Disse Sebastian, al contempo.
Uno
sguardo interdetto corse dall’uno all’altro e Kurt
sollevò gli occhi al cielo,
dopo essersi schiarito la gola stranamente secca, augurandosi che la
sua voce
non tradisse particolari emozioni.
“Stavamo…
litigando” optò per la mezza verità
più credibile e fissò Sebastian di sbieco,
soprattutto per come questi, le mani conficcate adesso nelle tasche dei
jeans,
si riprese immediatamente, scrutando il nuovo arrivato con la solita
malizia.
“Parlando
di te” aggiunse, strizzando l’occhio e infastidendo
Kurt per come tornasse ai
soliti schemi e quei modi provocanti nonché
l’atteggiamento flirtante.
Con
suo grande scorno, girò attorno a Blaine fin quando questi
non si scostò con un
sospiro e un’espressione paziente.
“Non
è vero, Kurt?” gli chiese conferma Sebastian,
sorridendogli alle spalle di
Blaine e Kurt sentì un vuoto d’aria prima di
distogliere lo sguardo.
Non
voleva chiedersi cosa procurasse quel nodo in gola: se la vicinanza a
Blaine o
il fatto flirtasse ancora con lui dopo… scosse il capo.
Era una mera questione di
principio,
si disse.
“Sebastian
voleva ringraziarmi di aver votato per lui e io ho precisato che non
era nulla
di personale” spiegò con una scrollata di spalle.
“Già”
confermò Sebastian, non spostandosi e continuando a
guardarlo. “Nega così tanto
da far sospettare il contrario”.
Blaine
scrutò dall’uno all’altro e dalla piega
delle sue labbra sembrava quasi stesse
trattenendosi dal sorridere ma si limitò a sollevare le mani.
“Se
avete bisogno di qualche altro minuto, posso aspettare e-“.
“No!”
rispose d’impulso Kurt prima di schiarirsi la voce.
“Sebastian se ne stava andando”.
“Sì”
replicò Sebastian con gran sollievo di Kurt. “Ho
detto quello che dovevo ma
attenderò: ho tutto il tempo per farlo”.
Kurt
distolse lo sguardo, ingoiando le parole che avrebbe voluto proferire,
cercando
di placare quell’agitazione interiore.
Soltanto
quando la porta si chiuse dietro Sebastian, Blaine gli si
avvicinò e gli
appoggiò la mano sulla spalla.
“Stai
bene? Lo so, a volte Sebastian esagera e risulta un
po’…”.
“Maniaco?”
concluse Kurt per lui e Blaine rise.
“Espansivo”
aveva terminato Blaine per poi bloccarsi e boccheggiare.
“Aspetta, tu e lui…?”.
Sembrava
senza parole: gli occhi sgranati e mai come allora Kurt avrebbe voluto
poterne
interpretare i pensieri o carpirne lo stato d’animo.
“Io
e lui non andremo mai d’accordo” si strinse nelle
spalle. “Continueremo a
lottare” si sorprese per come quelle parole apparissero
fatidiche, seppellite
in una consapevolezza pur tacita e apparsa in forma traslata.
Siamo attrazione e lotta, aveva detto Sebastian in
sogno.
Sempre in lotta contro noi
stessi, eppure
mai sconfitti e mai vincitori.
Blaine
gli sorrise ancora con la stessa dolcezza e un alone di comprensione.
“Continuo
a pensare che un giorno ti sorprenderà ma apprezzo che tu ti
sforzi e spero ne
trarrai soddisfazione” quindi non aveva avuto torto nel
pensare che Blaine lo
avesse rivalutato proprio alla luce di Sebastian.
Scosse
il capo, tuttavia, volendo accantonare il termine scomodo di
quell’equazione.
“Mi
cercavi?” gli sorrise.
“Sì,
ero venuto in camera tua ma Nick mi è sembrato confuso
quando ti ho cercato”
raccontò perplesso “ma per fortuna Jeff si
è ricordato dove eri diretto”.
Registrò
quel dettaglio su Nick, promettendosi che gli avrebbe chiesto, quanto
prima,
una spiegazione senza contare che, se Blaine non fosse giunto, era
meglio non pensare a cosa
sarebbe potuto accadere.
“Hai
tempo per una passeggiata?” fu la domanda di Blaine a
riscuoterlo dalle
elucubrazioni fin troppo pericolose.
Niente
di meglio che cambiare aria.
“Ti
prego!” approvò con entusiasmo.
Rise
Blaine e gli fece cenno di passare: gettò
un’ultima occhiata alla stanza prima
di uscirne.
Era
come se trattenesse una parte di sé e Sebastian.
Un
altro segreto. O quasi segreto.
Si
riscosse quando Blaine aprì la porta e lo lasciò
passare per primo.
Gli
sorrise. Per la prima volta, in quella giornata, aveva la sensazione
che le
cose stessero andando per il verso giusto, finalmente.
~
Il
freddo era ancora ben lungi dallo sciogliere la sua morsa e Kurt
applicò
nuovamente il burro cacao sulle labbra onde evitarne la screpolatura.
Un gesto
che, di solito, era compiuto in modo meccanico ma che lo sorprese,
anche in
quel momento, a valutare l'esatta consistenza e morbidezza delle sue
stesse
labbra.
Sospirò
ma si concentrò su Blaine e quel suo insopportabile cappello
che ne schiacciava
i capelli: ne notò lo sguardo perso e rivolto ad un punto
indefinito di fronte
a sé.
Intercettò,
finalmente, lo sguardo di Kurt, quasi si ricordasse soltanto in quel
momento
della sua presenza.
Quest'ultimo
si rese conto che avrebbe anche potuto affrontare con cuore
più leggero
interminabili discussioni con Sebastian pur di vivere un istante come
quello.
“Kurt,
io vorrei parlarti di Rachel” esordì finalmente e
Kurt cercò di trattenere
l'impazienza: doveva davvero partire proprio da lì. Proprio
da lei?
“No,
Blaine, non devi, io...”.
“Insisto”
replicò l'altro, le mani insinuate nella giacca sportiva
mentre continuavano a
camminare nel sentiero che era stato spalato per consentire agilmente
la
passeggiata.
“E'
una tua amica e me l'hai presentata tu stesso”
continuò a giustificare le sue
remore e premure al riguardo.
“Mi
fido di te” Intervenne Kurt con voce più dolce e
Blaine gli sorrise sinceramente
lieto di simile approvazione nonché
quell’attestato di stima.
“Questo
è molto importante per me...” sembrò
esitare nel cercare le parole per
esprimersi e il suo respiro si tradusse in una nuvola di fumo.
“... ho avuto un
periodo pieno di domande e di riflessioni”
continuò e Kurt si predispose ad
ascoltarlo con attenzione e cercare di carpirne, soprattutto, il non
detto
studiandone la postura e il portamento quasi cercando dei segnali che
ne
tradissero i reali pensieri.
Aveva
annuito a fargli comprendere che lo stesse ascoltando.
“E
sei giunto a delle conclusioni?”.
Fece
un cenno di assenso, Blaine, prima di riprendere.
“Credevo
di provare una particolare simpatia per Rachel: credo sia stata la sua
vitalità
alla sua festa” spiegò e Kurt soffocò
una risatina ironica.
“O
forse il tasso di alcool nel suo sangue” suggerì
con voce tagliante ma Blaine
non sembrò udirlo.
“Ma
non avevo capito che era tutto chiaro e di fronte a me: è
come... come se tutto
fosse stato sempre a mia portata, ma non avevo ancora la giusta
prospettiva.
E
poi basta un semplice istante che blocca la realtà attorno e
riesci a capire
quello che avevi negato fino a quel momento o dato per
scontato” esordì Blaine
e Kurt scoprì che non soltanto riusciva a comprendere
esattamente cosa
intendesse ma che probabilmente per lui era stato lo stesso anche se,
romanticamente parlando, continuava a pensare che il loro incontro
fosse stato
fatidico. E il suo inconscio dovesse aver compreso che quel momento ne
avrebbe
segnato la vita.
“E
tutto non è più lo stesso: la tua vita
è cambiata” continuò Kurt in quella che
sembrava una comune discussione quotidiana.
“Una
parte di te ne era già consapevole ma non lo avevi compreso
o forse non era il
giusto momento... ha senso?” gli aveva chiesto Blaine con un
sorriso più
impacciato ma, e il cuore di Kurt si strinse, lo sguardo più
luminoso.
Aveva
annuito.
“Molte
verità restano nascoste ma non significa che non agiscano
già in noi”. Replicò,
infatti.
“Ma
è quando le accetti è come se tornassi a vivere,
dopo un lungo sonno”. Terminò
Blaine, nuovamente lo sguardo attraversato da un guizzo più
sognante nello
scrutare il parco ammantato dalla coltre di neve.
Aveva
sorriso, Kurt, per poi stringersi le mani in grembo e guardarlo quasi
supplicante, il viso inclinato di un lato.
“Ti
prego: non tenermi sulle spine: sembri euforico!”.
“Lo
sono” convenne Blaine per poi ridere ad una maniera quasi
liberatoria,
reclinando il capo e lasciando che i fiocchi di neve si depositassero
sul suo
volto.
Un'immagine
così pura ed armoniosa che Kurt sentì un dolce
calore in petto.
“Innamorato
e euforico” specificò con voce più
delicata.
“E...
pensi di dirglielo? In un modo speciale?” lo
incalzò Kurt cercando di
trattenersi dal dimostrare il suo entusiasmo o saltellare sul posto,
gli occhi
lucidi di emozione mentre si guardava attorno quasi immaginando che, da
dietro
un albero, potesse scorgere una scenografia degna di un musical con
tanto di
coro già pronto ad intonare una canzone d'amore che parlasse
di loro.
“Io...
no lo so: è un amico a cui tengo molto e ho paura di
rovinare tutto”.
Kurt
sembrò congelarsi sul posto ma dovette socchiudere le
labbra: non poteva biasimarlo.
In fondo, aveva avuto la stessa reazione e sarebbe stato quanto meno
ipocrita,
anzi: ciò dimostrava che erano anime gemelle persino nella
discrezione di
celare il loro stato d'animo pur di preservare la loro amicizia.
“Certo,
è un rischio” si schiarì la gola,
cercando di indossare i capi dell'amico
premuroso. “Ma è possibile che lui già
possa immaginarlo dalle tue premure, la
tua gentilezza, i tuoi sorrisi...” lo incoraggiò
con un sorriso più compiaciuto
e civettuolo.
Annuì
Blaine ma sospirò quasi affranto.
“Credo
sia lo stesso motivo per cui Nick non si farebbe avanti con Jeff:
è una realtà
che cambia tutto e in modo irreversibile”.
Un
esempio calzante, convenne Kurt, anche se era frustrante continuare a
parlarsi
per enigmi, quasi lasciando in sospeso quelle parole che premevano per
essere
pronunciato.
E
che scenario romantico, sarebbe stato quel parco, per un bacio d'amore?
Il
loro primo bacio, anche il proprio, visto che quelli di Karofsky e
Sebastian
non potevano certo definirsi appendice del sentimentalismo.
Perché
diavolo doveva pensarci in quel momento?!
“Le
cose sono già cambiate quando tu e Nick avete cominciato a
provare qualcosa di
diverso e forse l'altra persona lo ha già appreso
inconsciamente”.
“Hai
ragione” sospirò Blaine. “Le cose sono
già cambiate”.
“Allora
non è meglio che si evolvano a proprio piacimento, prendendo
l'iniziativa,
piuttosto che lasciandosi trascinare?”.
Blaine
gli aveva sorriso quasi imbarazzato.
“Tu
sei molto più coraggioso di me”.
“Non
è vero, Blaine: se lo fossi, parlerei di meno e agirei di
più”.
Blaine
lo aveva scrutato a lungo, le sopracciglia inarcate prima che, molto
lentamente, un sorriso tornasse a farne curvare le labbra e lo sguardo
dardeggiò così intensamente che parve nascergli
da dentro.
“Tu
lo stai capendo, vero?”.
Kurt
aveva sentito il cuore saltargli in gola ma seppe di essere pronto: era
quello,
finalmente, il loro momento.
“Io...”
malgrado tutto non riusciva, in quel momento, a guardarlo negli occhi:
se aveva
sempre avuto la sensazione che il loro amore sarebbe stato qualcosa di
fiabesco, avrebbe lasciato fosse Blaine a gestirlo. Non si sarebbe
lasciato
andare all'euforia o all'impulsività: era giusto che Blaine
lo vivesse nel modo
in cui lo aveva sognato.
“Kurt,
è fantastico!” replicò con slancio
Blaine. “Tu e Sebastian insieme sareste
perfetti!”.
Un
solo istante, come aveva detto poc'anzi, e tutto poteva cambiare.
Beffarda
ed ironica realizzazione che si stava realizzando.
Ma
non come si sarebbe aspettato.
Ed eccoci alla conclusione del
capitolo. Se posso farvi una confidenza, io stessa mi sono sorpresa per
come si
è evoluto il dialogo tra Blaine e Kurt ma spesso le idee
spontanee sono le
migliori :D
Nel prossimo capitolo:
“Lo vedi?
E’ la prima fase: la
negazione, Kurt. Ci sono passato anche io: ho persino accettato
l’appuntamento
con Rachel, non che sia stato spiacevole ma…”.
“Anche
io comprerei qualcosa al mio
nemico: è un’ottima tattica. Distrailo e
stordiscilo mentre cerchi di rubargli
il ragazzo dei suoi sogni. E’ geniale”.
“Sono
innamorato”. Sebastian lo
scrutò con le sopracciglia inarcate e il sorriso suadente.
“Ti prego, Blaine,
vuoi farmi arrossire?”.
“Ti
piace che qualunque essere
vivente possa provare attrazione per te!” “Vero ma
solo chi mi respinge, sta
dandomi un valido motivo”.
Ancora auguri per una buona festa
delle donne e un buon weekend.
Un ringraziamento a tutti coloro
che leggono, recensiscono e inseriscono tra
seguite/ricordate/preferite: come
sempre disponibile a condividere le vostre impressioni.
A presto,
Kiki87
|
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Capitolo 6 *** Capitolo 5 ***
Reduce della
formattazione del pc
e di un piccolo disguido nel riconoscimento della USB che mi ha
ostacolato non
poco (fortunatamente ho copie del racconto distribuite tra indirizzi
e-mail e
la memoria del blackberry) e fatto quasi temere di mancare
all’appuntamento del
Venerdì; ma eccoci qua.
Cominciamo ad entrare nel vivo
del racconto – seppur non sarà particolarmente
lungo – per cui vi auguro una
buona lettura.
Un abbraccio e un esercito di
unicorni per la mia Blaine e la mia
Sebastian, un ringraziamento
particolare per seguire l’evolversi della trama e il sostegno
in ogni attività
letteraria.
Vi dedico il capitolo e i Blaine
e Sebastian narrati ♥
Capitolo 5
La
neve si depositava leggera, un impatto delicato, quasi neppure
percepibile:
fiocchi leggeri e liberi, ognuno diverso dall'altro. Ma era ognuno di
quei
minuscoli cristalli di cielo a formare quel manto candido che ricopriva
tutto.
Sembrava
celare contorni già noti, dava loro nuova forma e nuova
consistenza: li rendeva
diversi eppure preziosi. Sarebbe rimasto per ore ad ammirare quello
spettacolo:
il parco era già abbondantemente coperto dalla stessa pura e
candida realtà e
se il bianco era simbolo di purezza; il freddo sembrava destare quel
bisogno di
calore e reciproca vicinanza.
In
fondo, qualcosa di simile avveniva anche nell'animo umano,
considerò sfogliando
la pagina del romanzo cui si dedicava in quel periodo, gettando di
tanto in tanto
un'occhiata al di fuori della vetrata.
Sì,
il pensiero – seppur ispirato da un fattore meteorologico
– era ancora più
naturale se lo sguardo cadeva sull'alta figura che, imbacuccata con
tanto di
sciarpa e cappello, stava sfidando le temperature da qualche ora. Non
si era
limitato a creare delle riproduzioni dei compagni della Dalton sotto
forma di
pupazzi di neve – a quello di Blaine, ad esempio, aveva
aggiunto un papillon; a
quello di Kurt un foulard e al proprio un cappellino secondo un vezzo
artistico
– ma aveva improvvisato una battaglia contro gli altri
incauti che ne avevano
seguito l'esempio.
Fu
il suo picchiettare al vetro della finestra a riscuoterlo e Nick
levò lo
sguardo con un lieve sobbalzo, prima di scorgerne la sagoma. Stava
parlando ma
dovette sollevare di poco il vetro per sentirne le parole: i ciuffi
biondissimi
di capelli sfuggivano dal cappello e ne sfioravano la fronte, aveva un
sorriso
solare e lo sguardo illuminato come quello di un bambino, malgrado le
gote
arrossate e il respiro tradotto in una nuvola di fumo.
“Dai,
Nick, vieni fuori” saltellò sul posto ma
strillò quando Thad lo colpì alle
spalle: si volse per sgridarlo, ma fu centrato in pieno volto da un
altro
lancio di neve e Nick si era abbassato appena in tempo quando qualche
granello
di ghiaccio si era infranto anche contro la finestra.
Quando
si era sollevato, Thad e Trent stavano ridendo sguaiatamente e Jeff si
stava
goffamente ripulendo il viso. Un'immagine delicata quanto struggente
che ne
strappò facilmente un sorriso.
“Stai
bene?” gli chiese repentino e Jeff, dopo aver riservato agli
altri due uno
sguardo offeso, gli sorrise.
“Sono
indistruttibile!” si era colpito il petto con un pugno
guantato e Nick aveva
ridacchiato in risposta.
“Che
fai tutto solo a leggere?” lo aveva ulteriormente incalzato,
il viso
imbronciato come quello di un bambino cui si fosse tolto il giocattolo
preferito; neppure rendendosi conto che si fosse risposto da solo.
Sorrise,
tuttavia, Nick, “Me ne sto al caldo e tranquillo e dovresti
farlo anche tu: sei
fradicio” aveva osservato con un velo di preoccupazione che
non dissuase il suo
amico.
“Dai,
vieni fuori! Ho bisogno di un alleato” iniziò a
supplicarlo.
“Io
non-”.
“Vuoi
lasciarmi solo e abbandonato?” un cipiglio quasi lacrimevole
e Nick si morse il
labbro: stava per dire qualcosa in risposta, quando Kurt
rientrò e gli parve
più pallido che mai.
“Ciao
Kurt! Da dove sei passato? Volevamo fare un agguato a te e a
Blaine!” brontolò
il biondino ma Nick ne stava scrutando il viso e dovette intuire subito
che
qualcosa non andava.
“Ciao
Jeff” lo salutò distrattamente l'altro,
togliendosi il lungo soprabito e
cominciando a rimuovere fiocchi di neve dal tessuto e dai capelli.
“Dai,
vieni insieme a Nick!” insistette ancora ma fu Nick a
rispondere, dopo avergli sorriso
con la stessa dolcezza ma un moto di comprensione nello sguardo verde.
“Jeff,
ti dispiace se ti raggiungo tra cinque minuti?” intervenne,
infatti, con tatto
ma l'altro non fu lesto a nascondere un'espressione delusa.
“Ti
offrirò una cioccolata” aggiunse quasi a lenirne
lo stato d'animo.
“Certo”
rispose, sforzandosi di apparire conciliante e si voltò dopo
aver loro rivolto
un cenno di saluto con la mano.
“Raggiungilo
subito, Nick” sospirò Kurt mentre l'altro
richiudeva la finestra. “Ti aspetta
da tutto il pomeriggio, io sto bene” gli fece presente e
ciò non fece che
acuire il senso di colpa di Nick che, tuttavia, non poteva ignorare
l'espressione del suo compagno di stanza.
Scosse
il capo.
“No,
non stai bene e mi domando se c'entri Blaine, Sebastian o tutti e
due”.
Scese
un breve silenzio prima che, con fare quasi rassegnato, Kurt si sedesse
sul
proprio letto e Nick lo imitò, appoggiandosi al proprio
materasso così da
poterlo guardare in volto durante la conversazione.
“Credevo
non ci fosse nulla di peggio di Sebastian che crede che io sia pazzo di
lui”
esordì e Nick sollevò entrambe le sopracciglia.
“Mhm,
sembra promettente: dovrei leggere qualche romanzo che parla di
voi” convenne,
gettando appena un'occhiata al libro che aveva già chiuso e
appoggiato al
comodino accanto al proprio letto.
“Che
cosa può esserci di peggio?” continuò,
l'espressione pensierosa. “Blaine che ti
fa una scenata di gelosia? O che annuncia il suo amore imperituro per
Rachel?”
aveva cercato di simulare il divertimento della propria voce
nell'immaginare la
seconda opzione, ma Kurt era comunque rabbrividito per il disgusto.
“Al
contrario” rivelò, il tono stanco.
“Blaine è gay al 100% e...”
esitò e si morse
il labbro, tanto che indusse Nick a sporgersi maggiormente quasi
sperando che
l'attesa non fosse troppo incresciosa. “E' felice per me e
Sebastian” borbottò
infine.
Nick
sbatté le palpebre a più riprese: evidentemente
necessitò di qualche istante
per realizzare di aver compreso bene e che tutto stesse realmente
accadendo.
Le
sue labbra tremarono ma era sicuramente l'affetto e il rispetto per
Kurt ad
impedirgli di scoppiare in una fragorosa risata. O forse lo shock.
“Mi
sono decisamente perso qualcosa” si schiarì la
voce, il viso inclinato di un
lato in evidente attesa che Kurt proseguisse la sua narrazione.
“Io
e Sebastian?” lo aveva ripetuto come se il solo suono di
quelle parole fosse
sufficiente a fargli comprendere in quale assurdo gioco di
equivoci fossero appena caduti.
“Kurt,
io mi sbagliavo” aveva ribattuto ansiosamente Blaine,
guardandolo con un
sorriso dolce e comprensivo. “sono sicuro che Sebastian parla
di quel ragazzo –
magari neppure esiste! - soltanto
per
darti fastidio e farti ingelosire” ironico che Blaine non
avesse la più pallida
idea che il fantomatico ragazzo di cui parlava Sebastian fosse proprio
di
fronte a lui.
Sembrava
seriamente
convinto di ciò che
stava dicendo e ciò rendeva il tutto persino più
esasperante.
“Che
lui mi dia fastidio è poco ma sicuro ma-”.
“E'
tutta una tattica!” lo interruppe con l'aria di chi era
particolarmente
determinato a soccorrere il proprio amico, fornendogli un punto di
vista più
obiettivo e disinteressato. “Non devi cascarci e non devi
demoralizzarti:
nessuno sarebbe più fortunato di Sebastian ad averti al suo
fianco” aveva ribattuto
con calore tanto che Kurt aveva sentito la propria mascella slogarsi.
In
uno sceneggiato televisivo, a quel punto la ragazza di turno gli
avrebbe urlato
contro che era proprio lui il ragazzo fortunato e magari lo avrebbe
baciato
d'impulso, dopo averlo apostrofato con termini che andavano da un soft
“stupidino” ad un più conciso ma
efficace “coglione”.
Sempre
che Kurt fosse, tuttavia, disposto a gesti così poco di
classe e un linguaggio
scurrile.
Forse
però sarebbe stato meno incriminante del restare a guardarlo
con aria stolida
nel tentativo di capire chi dei due avesse appena subito una lobotomia.
“Oddio!”
aveva esclamato Nick, una mano sulle labbra e Kurt era –
modestie a parte per
le sue doti di narratore – certo che se avesse avuto accanto
una ciotola di poc
corn, avrebbe cominciato ad ingurgitarli con la stessa foga di un fan
di un
film horror durante la scena più macabra. “E tu
cosa gli hai detto?!”.
“Ho
avuto una reazione molto dignitosa” affermò Kurt,
con sussiego, accavallando le
gambe.
“Kurt?”
Blaine lo stava scrutando interdetto e quasi preoccupato.
“Perché stai
ridendo?”.
Ma
quella che era sgorgata dalle sue labbra era tutt'altro che una risata
di puro
gaudio o spensieratezza; bensì la sua frustrazione,
l'incredulità e il bisogno,
semplicemente, di scuoterlo e di urlare, sembravano aver preso il
sopravvento e
trovato sfogo a quella maniera poco ortodossa.
“Non
ci posso credere, Blaine” riuscì infine ad
articolare. “Come puoi seriamente pensare
che io e Sebastian proviamo
qualcosa l'uno per l'altro?” gli aveva chiesto incredulo.
L'altro
non aveva battuto ciglio, continuava a sorridergli con una dolcezza e
comprensione che stavano quasi divenendo... irritanti.
“Avresti
dovuto vedere la scena come mi si è presentata davanti: se
avessi immaginato cosa
stava accadendo, non sarei mai entrato”.
“A
proposito” lo sguardo di Kurt era divenuto pungente nel
fissare l'altro che
cercava di simulare perfetta pacatezza e tranquillità.
“Perché non hai detto
subito a Blaine dove eravamo?”.
Nick
emise qualcosa di simile ad un “mh?” che
sembrò essere un pretesto per
temporeggiare mentre lo sguardo di Kurt si faceva persino
più sospettoso.
“Blaine
ha detto che è stato Jeff a dirgli dove poteva
rintracciarmi” spiegò con finta
pazienza e Nick si concesse appena un sorriso di scuse per poi
stringersi nelle
spalle con la solita tranquillità.
“Volevo
solo darvi il tempo di chiarirvi”.
“Un
bel lavoro, Maestro Yoda, peccato che quel maniaco
stesse-” Kurt maledì
ancora una volta la sua impulsività e si morse il labbro ma
Nick sorrise
trionfante.
“Stesse?”
lo incalzò per poi assumere un'espressione più
che consapevole.
“Blaine
vi ha interrotto quindi! E' per questo che ha avuto questa illuminazione” dovette
ricorrere a tutto il proprio aplomb per non
ridere e, elemento ancora più irritante, era perfettamente
certo delle proprie
deduzioni.
“Io
ringrazio che tu lo abbia fatto” fu la replica quasi stizzita
di Kurt ma Blaine
scosse nuovamente il capo e di nuovo lo guardò con un
sorriso comprensivo.
“Lo
vedi? E’ la prima fase: la negazione, Kurt. Ci sono passato
anche io: ho
persino accettato l’appuntamento con Rachel, non che sia
stato spiacevole ma…”.
Non
aveva tempo e pazienza per sentire altri inutili dettagli sul suo
appuntamento
di prova con Rachel Berry, non quando stavano finalmente giungendo
al punto più importante,
Sebastian permettendo.
“Hai
negato i tuoi sentimenti?” lo incalzò con enfasi e
il bisogno disperato di
poter comprendere qualcosa di più del ragazzo di fronte a
sé.
“Sì,
Kurt, ed è un errore che non sono più disposto a
commettere” replicò, lo
sguardo fu attraversato da un baluginio di sicurezza e di
determinazione e Kurt
si scoprì completamente assoggettato.
“Quindi
hai intenzione di-”.
“Dirgli
quello che provo” confermò Blaine con tono pacato
ma dolce e Kurt dovette
trattenersi dallo strillare un ringraziamento al cielo o rivolgergli un
sorriso
ebete mentre l'altro si stringeva nelle spalle. “Ma prima
è bene che lui faccia
chiarezza con se stesso su un'altra questione in sospeso”
spiegò.
“Lo
vedi?! Devo fargli capire che ha preso un abbaglio su me e
Sebastian” Kurt si
era improvvisamente rianimato dopo aver rivissuto quei momenti con una
partecipazione volubile: dalla disperazione fino all'isteria latente
per poi
soffermarsi su quelle parti della conversazione che dovevano avere un
significato recondito.
Nick
aveva sospirato nell'osservarlo: fin troppo semplice indovinare quali
fossero
le parole che Kurt avrebbe voluto sentirsi dire. Un modo di legittimare
un'idea
che si stava formando fin troppo concretamente nella sua mente. Un
peccato che,
spesso e volentieri, una verità personale non aveva
(interamente) riscontro con
quella condivisa dal mondo esterno.
“Vedi,
Kurt, ogni volta che ti concentri sul far capire a Sebastian, a Blaine o al mondo intero
che non provi
nulla per Sebastian” cercò le giuste parole per
completare il suo giudizio.
“... è come se vi avvicinaste
ulteriormente”.
Ne
notò lo sguardo avvilito e già pronto ad una
replica, ma proseguì.
“Kurt,
io non voglio che tu soffra e ti faccia illusioni. Ma il fatto che
neghi con
tale forza che tu e Sebastian siate... qualcosa,
non fa che confermare
il contrario”.
Kurt
parve più affranto che mai: gli occhi azzurri erano velati
delle emozioni che
lo stavano attanagliando e tra quelle vi era sicuramente una paura
senza
precedenti di dover affrontare una verità che pareva persino
più difficile
della realizzazione della sua identità. E la sua
condivisione, soprattutto, specie
perché avrebbe coinvolto altre due persone. E una di queste
era proprio
Sebastian Smythe.
“Ti
sbagli” malgrado dovesse apparire deciso, la voce era
più rauca. “Lo dimostrerò
a te, a Sebastian e a Blaine”.
“Perché
non cominci a mostrarlo a te stesso?” gli chiese l'altro con
tono addolcito ma
non per questo meno limpido o sincero.
Una
scoccata che sembrò ulteriormente disarmalo visto come
boccheggiò prima che i
lineamenti si irrigidissero e lo sguardo sembrasse divenire
più glaciale, un
modo di nascondersi ulteriormente.
“So
perfettamente chi vorrei nella mia vita e non
lascerò che Sebastian rovini
tutto” aveva affermato con tono più determinato.
Nick
annuì appena ma se quel versante sembrava essere quasi del
tutto chiaro ai suoi
occhi – chiaro che quello che Kurt voleva non era lineare a
ciò che stava
vivendo almeno – c'era un altro termine dell'equazione. Forse
il più confuso,
malgrado fosse Sebastian quello che caratterialmente era il meno adito
a
confidenze.
“Blaine
non ha detto altro sull'altro ragazzo e la sua
questione in sospeso?”.
Cercò di porre la domanda in tono più cauto e
discreto possibile ma Kurt sembrò
stranamente recuperare un po' di sicurezza perché, seppur
avesse scosso il capo
in segno di diniego, apparve sollevato.
“Blaine
è un gentiluomo e certe allusioni esplicite non sarebbero
nel suo stile” spiegò
in quella che appariva un'asserzione quasi logica e lineare.
Quasi.
“Spero
che questa persona, allora, non ti faccia attendere troppo a
lungo” gli aveva
sorriso quasi a mo' di comprensione ma con uno sfolgorio particolare
nello
sguardo, un sorriso più delicato, sperando che Blaine ne
cogliesse la
rassicurazione sottintesa.
“Aspetterei
quanto necessario e anche di più, credimi” era
stata la replica e Kurt si era
quasi sentito mancare.
Il
suo cuore aveva bruscamente accelerato il battito e
desiderò, come non mai,
essere meno cauto per lasciarsi
semplicemente andare.
Come
gli era accaduto. Ma in circostanze sbagliate.
Con
la persona sbagliata.
Nick
sospirò per l'ennesima volta prima di tornare a guardarlo.
“Non
ti sembra contorto?” gli aveva chiesto il più
gentilmente possibile. “Se Blaine
volesse lottare per te, perché direbbe di essere felice per
te e Sebastian se
non per un'ipocrisia che è davvero ben poco da
lui?”.
“Ovviamente
lui crede che io provi qualcosa per Sebastian, quindi potrebbe essere davvero felice per me se fosse convinto
che questo è il mio bene. Ha deciso di restare nell'ombra:
devo essere io a
farmi avanti”. Spiegò in quella che era una logica
quasi malata per quanto
riuscisse a far combaciare tutti i fatti e le parole con una propria
convinzione.
Una
spasmodica necessità di plasmare la realtà a suo
piacimento: una logica folle;
un ossimoro che ben spiegava quello cui stava assistendo.
Era
impallidito, Nick, a quel proposito finale.
“Kurt,
ti prego, pensaci bene” conosceva la
testardaggine dell'altro – in
questo caso si sarebbe potuto parlare di ottusità cieca
– ma non per questo era
meno sgomento delle terribili conseguenze cui avrebbe potuto andare
incontro.
“Nick”
Kurt gli aveva sorriso quasi comprendesse le sue remore.
“Blaine è il ragazzo
giusto per me, deve esserlo”.
“Lo
vedi?” Nick si era sollevato dal proprio materasso con foga
insolita. “Lo fai
di nuovo. Ma ti senti? Deve esserlo, è
così che funziona? L'amore non è
a comando, Kurt.
Con
Blaine sono tutte macchinazioni ed intrighi di cui lui è
tutt'altro che consapevole
ma suo malgrado coinvolto; ma è Sebastian quello che ti ha
baciato.
E'
Sebastian quello che affronti di impulso o che eviti, è
Sebastian quello con
cui Blaine ti ha visto in una situazione compromettente, è
Sebastian quello che
cerca di mostrarti che vi state rincorrendo”
rimarcò e lo stesso Kurt si rimise
in piedi per fronteggiare lui e l'evolversi di quella discussione.
“Sebastian
non ha rispetto: lui agisce solo per suo divertimento e vuole farmi
impazzire
mentre torna alla carica contro Blaine!” esclamò
con voce strozzata ma Nick
scosse nuovamente il capo, il sorriso quasi ironico.
“Eppure
stava dietro di te dopo la sua audizione: a te ha rubato il burro
cacao”.
Kurt
si era morso il labbro e per un attimo parve non trovare risposta.
Si
schiarì la gola, stringendo le labbra.
“Non
l'ha rubato. Quello che mi ha dato era nuovo”.
“Oh”
Nick aveva sollevato le mani con un sorriso quasi divertito. “Anche io comprerei qualcosa al
mio
nemico: è un’ottima tattica. Distrailo e
stordiscilo, mentre cerchi di rubargli
il ragazzo dei suoi sogni. E’ geniale”.
Il
fatto che riuscisse a suscitare dell'ironia in Nick doveva essere un
evidente
segno che la propria vita sentimentale era tutt'altro che banale. E
scontata.
“E'
contorto, e allora? E' Sebastian” lo ripeté
imitando il tono precedente usato
dall'altro, come se ciò spiegasse il tutto.
Nick
scosse la testa: persino lui comprendeva che, in quel momento, sarebbe
stato
impossibile farlo ragionare lucidamente.
“Dovresti
fare lo sceneggiatore di un thriller con sfumature da romanzo
rosa” commentò in
tono stanco ed affranto, strappando persino a Kurt un sorriso.
La
discussione era giunta alla fine ma quella vicenda era tutt'altro che
conclusa:
soltanto si trovava in una situazione di stallo almeno fino a quando
Kurt non
avesse cominciato a mettere in discussione le sue convinzioni. E se
ciò
avvenisse per istanza di Blaine o di Sebastian, Nick poteva solo
augurarsi che
fosse pronto ad accettarne le conseguenze ed essere disponibile a
sostenerlo.
“Ci
penserò” gli concesse. “Ma ora vai da
Jeff” gli aveva indicato il biondino che,
tra una palla di neve e l'altra, aveva gettato sguardi in loro
direzione.
Annuì
Nick.
“Ma,
ti prego, non fare nulla fin quando non ci avrai riflettuto, promettimelo!” era sembrata
davvero una
supplica e, malgrado le loro diverse opinioni, Kurt non poteva non
apprezzarne
la sincerità e la purezza di intenzioni.
“Promesso,
ma ora va’”. Indicò con il mento il
paesaggio fuori dalla finestra.
“Sarò
io a finire in analisi alla fine della storia”
borbottò Nick, indossando il suo
soprabito. “Ma pretendo che il tuo primogenito porti il mio
nome”.
“Mi
sembra giusto” rise l'altro.
Lo
osservò chiudersi la porta alle spalle ed
attraversò la stanza per schiudere la
finestra: l'aria gelida non avrebbe giovato l'emicrania ma era un
piccolo gesto
che era più che dovuto all'amicizia di Nick.
“Jeff?”
questi si era avvicinato, lo sguardo che sondava la camera alla ricerca
dell'altro Warbler e Kurt gli sorrise.
“Nick
non vede l'ora di giocare con te”.
Il
sorriso dell'altro sembrò fargli tornare il buon umore.
L'amore avrebbe dovuto
essere sempre così – scacciò dai propri
pensieri la voce di Nick riguardo
all'amore che non era a comando – la semplicità di
un sorriso, un ricercarsi e
ritrovarsi.
Senza
intoppi, equivoci o persone che si mettessero nel mezzo.
Scrutò
la figura di Nick avvicinarsi e Jeff, lo guardò cercare di
contenere il suo
entusiasmo e lo immaginò illustrargli i rischi di
raffreddamento mentre l'altro
lo trascinava a rimirare le sue opere d'arte.
Niente
prediche, Duval.
Goditi
il tuo momento e, se proprio hai paura che si ammali, portalo a
prendere una
cioccolata calda.
Dal
tuo sceneggiatore preferito.
Aveva
gli occhi sgranati Nick quando levò lo sguardo dal cellulare
per scrutare Kurt
che gli sorrideva. Gli rivolse un cenno della mano, si
avvicinò a Jeff, chino
sui pupazzi.
L'attimo
dopo si indirizzarono entrambi verso l'uscita dal cancello principale.
Kurt
sorrise.
Quello
era un amore puro e fiabesco come la neve.
~
Le
Regionali erano sempre più vicine e ciò
comportava una maggiore frequenza delle
riunioni strategiche dei Warblers e, quindi, dei tentativi di stare
lontano da
Sebastian il più possibile per la salvaguardia della propria
salute mentale. Ma
sembrava che lo stesso Sebastian fosse poco propenso a continuare i
suoi
subdoli e sordidi giochetti mentali, almeno in presenza dei compagni di
corso.
No, era come se pubblicamente dovesse mantenere la facciata di maniaco
incallito stupra-guardante Blaine (e con Blaine intendeva una certa
porzione
del suo corpo dalla vita in giù) e il pensiero di come,
dietro le quinte,
continuasse a tormentarlo, rendeva il tutto ancora più
snervante.
Non
riusciva davvero a tollerare quell’atteggiamento al limite
del narcisismo più
malato: se il suo scopo era sempre stato – dal primo giorno
– di intimorirlo e
costringerlo a rinunciare alla Dalton, nonché
all’amore di Blaine; l’arroganza
con la quale aveva asserito di conoscerne i reali sentimenti, da lui
negati con
fervore ed arroganza, era persino più detestabile.
Ma
non sarebbe stato Sebastian Smythe se non fosse stato in grado di
sorprenderlo
e nell’accezione peggiore del termine.
Anche
quel giorno non faceva eccezione: lui stava seduto tra Nick e il
bracciolo del
divano proprio per evitare che lo importunasse ma,così
facendo, gli aveva dato
la possibilità di stare accanto a Blaine. Quanto
più cercava di evitare quella
visione, tanto più sembrava impossibile distogliere lo
sguardo: sospirò e cercò
di concentrarsi sulla discussione in corso, nonché la
definizione della scaletta
per l’esibizione di canto cronografato.
Ironico
come al McKinley vi fosse una competizione interna per strappare
l’ugola a
Rachel Berry e come, invece, alla Dalton sembrassero tutti
più che ben disposti
affinché fosse Blaine ad avere l’assolo. Non
sarebbe certo stato lui, l’ultimo
arrivato, a pretendere di dettar legge e conosceva la natura
più mite di
componenti più “anziani” ma lo
sorprendeva che Sebastian potesse far lenire il
suo ego ma immaginava sarebbe stato… romantico, se non si
fosse trattato di
Sebastian, insomma.
La
cosa peggiore era, tuttavia, formulare un simile pensiero e poi essere scovato nell’atto di
squadrarlo: c’era
un guizzo malizioso nello sguardo smeraldino mentre gli strizzava
l’occhio e
Kurt si trattenne a stento dal digrignare i denti.
Nick
gli si avvicinò con espressione interdetta prima di
sussurrare un “ti stai
slogando la mascella?” al quale Kurt sospirò per
poi convenire che non fosse il
caso di perdere il controllo.
Fu
in quel momento che Blaine si levò con l’intento
di prendere parola: sorrise un
po’ nervosamente in quell’adorabile posa di
confusione ed imbarazzo.
“Scusate
se mi discosto dal primo punto della scaletta ma ho bisogno
dell’aiuto di tutti
voi” di fronte alle occhiate curiose degli altri Warblers, si
concesse una
risatina nervosa.
“Sono
innamorato” spiegò e la stanza si
riempì di ovazioni e delle acclamazioni di
gioia degli altri compagni di canto e Kurt scambiò uno
sguardo con Nick –
sembrava che lui stesse slogandosi
la
mascella dal nervosismo – prima di rivolgere al ragazzo il
suo sorriso più
sognante.
Sebastian
lo scrutò con le sopracciglia inarcate e il sorriso
suadente. “Ti prego, Blaine,
vuoi farmi arrossire?” chiese con finta pacatezza ma era Kurt
che stava
scrutando con un lampo di sfida e di ironia nello sguardo di smeraldo.
Nick
gli strinse nuovamente la spalla e Kurt sentì i denti
sfregarsi gli uni sugli
altri in un sinistro rumore mentre Blaine sospirava quasi esasperato
dall’atteggiamento di Sebastian, lo rimproverò
ripetendone il nome in modo
blando a mo’ di ammonimento, prima di rivolgere uno sguardo
di scuse a Kurt.
“Chi
è il fortunato?” chiese Wes e Blaine si concesse
un altro sorriso, più furbo.
“Tutto
a suo tempo” sollevò le mani come a voler frenare
la loro curiosità su quel
dettaglio prima di tornare nuovamente serio. “Ho bisogno del
vostro aiuto: devo
trovare un brano adatto da dedicargli” Sebastian aveva levato
gli occhi al
cielo, avendo completamente esaurito il suo interesse sulla discussione
ma Kurt
aveva sospirato.
Quale
gesto romantico ma non sarebbe stato meglio parlarne quando lui non
fosse stato
presente? Evidentemente la sua impazienza era tale da non lasciargli
tempo di
indugiare, forse avrebbe dovuto persino tapparsi le orecchie ma
dubitava che la
tattica già impiegata per la famosa chiacchierata sul sesso
con il padre, fosse
attualizzabile in quel contesto.
“Hai
già qualche idea?” chiese Nick che continuava ad
osservarlo circospetto e non
era l’unico: c’era un lampo di sospetto nello
sguardo che gli stava
indirizzando Sebastian, lo stesso di quando all’arrivo aveva
evidentemente
palesato il suo interesse per Blaine.
“Dovremmo
esibirci nell’auditorium di un liceo”
iniziò Blaine e Kurt sgranò gli occhi:
voleva davvero rischiare così tanto in presenza di Karofsky,
dopo ciò che gli
aveva raccontato al riguardo? Certo, un gesto romantico e audace ma
comunque
folle.
“Un
liceo?” chiese Nick per lui e Kurt gliene fu grato.
“Uno che conosciamo?”.
“Il
liceo di Seth, si trova-“.
Ma
Kurt non udì il resto della spiegazione: il suo cervello si
era letteralmente
fermato e sembrò che qualcosa di simile avvenisse in tutti
gli altri perché
l’aria sembrò congelarsi mentre Blaine spiegava
l’esatta ubicazione del luogo
per poi descriverne l’auditorium.
Chi diavolo era Seth?!
Sembrava
una domanda comune ma nessuno sembrava osare.
“Non
ve l’ho detto” ridacchiò nervosamente
Blaine, ben interpretando la confusione
generale. “E’ così che si chiama:
l’ho conosciuto prima di Natale”.
Ma
neppure udì il resto della sua breve digressione su chi
fosse il fortunato: la
sua testa prese a pulsare di pensieri e sentiva il bruciore trattenuto
a stento
nelle palpebre.
~
Come
aveva potuto essere così ingenuo ed egocentrico o
così sicuro di sé, non
avrebbe saputo dirlo: improvvisamente tutta la cautela che Nick gli
aveva consigliato,
tutte le sue legittime obiezioni sembravano così ovvie che
si sentiva umiliato
nel profondo.
Continuò
ad osservare il parco innevato, il tentativo di ritrovare un
po’ di ordine e
sicurezza, quello febbrile di negarsi la delusione perché
sarebbe stata
un’ulteriore ammissione di ingenuità senza
precedenti.
La
realizzazione che non fosse solo un romantico visionario ma persino un
malsano
manipolatore della realtà e che, dopotutto, non conosceva
Blaine quanto credeva
e non erano neppure in una confidenza tale per cui lui gli avrebbe
parlato fin
dall’inizio di questo Seth.
Blaine
non stava affatto sacrificandosi per lui: non lo aveva mai visto sotto
quella
luce ed era stato tutto frutto delle proprie suggestioni.
Ancora
una volta, essere se stesso si era rivelato il danno peggiore.
“Lo
confesso: sono sorpreso quanto te. Insomma, mi domando se mi abbia mai
davvero
visto” la voce di Sebastian sembrò letteralmente
strapparlo ai suoi pensieri e,
senza attendere invito, si era avvicinato alla panchina nella quale era
seduto.
Indugiò alle sue spalle e si chinò tanto che Kurt
ne sentì il respiro sulla
nuca: trasalì e volse il viso di un lato, cercando di
nascondere gli occhi
arrossati.
“Non
adesso, Sebastian” masticò lentamente quelle
parole seppur avesse tentato di
rendere la voce ferma e determinata ma sembrò soltanto una
supplica disperata.
Sospirò
Sebastian e Kurt lo immaginò levare gli occhi al cielo.
“Vedi,
Kurt, non sono mai stato un tipo particolarmente…
paziente” lo sussurrò al suo
orecchio, le mani ancorate alle sue spalle quasi a volgerlo trattenere
e Kurt
sgranò gli occhi prima che Sebastian circumnavigasse la
panchina per poi
prendere posto al suo fianco.
Si
irrigidì, Kurt, ma distolse lo sguardo, meditando di
andarsene ma trasse un
profondo respiro che si condensò in una nuvola mentre
Sebastian indugiava a
studiarne il profilo.
“Eri
davvero convinto che stesse
parlando
di te, vero?” il tono parve meno ironico di quanto si sarebbe
aspettato ma si
capiva che non necessitava di una risposta e Kurt si rifiutò
comunque di
guardarlo.
“O
forse lo speravi: avrebbe risolto tutto o sbaglio?” lo
incalzò ulteriormente.
Quella che hai scelto
è una strada
solitaria,
arriverà il mattino
e tu non vorrai
più conoscermi
Con
un moto di stizza, Kurt si levò: lo scrutò
dall’alto, gli occhi arrossati ma
pregni di rabbia e le braccia rigide lungo i fianchi.
“Cosa
vuoi saperne tu di una delusione d’amore?” chiese
con voce più stridula e
l’intento netto di affermare che una persona come lui non
fosse neppure degna
e/o capace di simile emozione.
Sebastian
non si scompose: lo scrutò a lungo prima di alzarsi a sua
volta, le mani
conficcate nelle tasche del soprabito.
“E’
semplice: io non mi aspetto nulla. Prendo quello che mi
spetta” spiegò con
glaciale flemma e raziocinio che sembrarono persino più
irritanti e dolorosi
per l’orgoglio di Kurt.
Lo
fissò disgustato.
“Sei
così arrogante e pieno di te”.
Sorrise,
l’altro, il viso inclinato di un lato.
“E
tu talmente insicuro e paranoico” replicò con una
stretta di spalle e un sorriso
giocoso.
“Dobbiamo
continuare a lungo?” chiese Kurt stizzito, stringendo i
pugni. “Ho di meglio da
fare che farmi insultare da uno stupratore incallito”.
Solo
per un attimo lo stupore baluginò nello sguardo di Sebastian
che inarcò le
sopracciglia: l’attimo dopo l’eco della sua risata
ricoprì la radura e Kurt lo
fissò con occhi sgranati.
“Il
modo in cui incastri tutti i pezzi a tuo piacimento è
davvero… esilarante”
convenne, inarcando le sopracciglia e Kurt trattenne il fiato,
impreparato a
simile stoccata.
Come
poteva ridere di lui? Non aveva un benché minimo sentore di
umanità?
“Ed
è disperato ed incredibilmente distorto”.
“Distorto?”
la sua voce era persino più stridula mentre
l’indignazione, la rabbia,
l’amarezza e la sofferenza trovavano sfogo
nell’esternarle in modo così
plateale. Solo per non pensare, almeno qualche istante. Lasciare andare
tutto.
“Prova
a dire di avermi baciato perché lo volevi” lo
incalzò, avvicinandosi e
puntandogli il dito al petto: i battiti furiosi del suo cuore e il nodo
in gola
che sembrava farsi persino più doloroso.
Ed è da tanto tempo
che il tuo cuore
è ghiacciato
Arriverà il mattino
E tu non vorrai più
conoscermi
Sebastian
ne ignorò il gesto ma si chinò verso il suo viso,
quasi a soffiargli addosso quelle
parole.
“Mi
stavo divertendo la prima volta: sempre così in angoscia per
Blaine, sempre
così… vittima” e malgrado quelle parole
fossero sprezzanti, Kurt sorrise
ironico.
“Finalmente
dici qualcosa di vero” cercò di ignorare il
vacillare delle lacrime a
quell’ulteriore sferzata alla sua sensibilità ma
Sebastian non si fermò.
“Ma
tu non hai rifiutato il bacio” sussurrò,
strappandogli un gemito di sorpresa e
di scalpore mentre indietreggiava nuovamente.
“NO!”
esclamò a volerne fermare l’ulteriore invettiva.
Sebastian
sorrise ironico, indicandolo.
“Continui
ad aggrapparti a Blaine e ad un grande amore platonico che esiste solo
nella
tua testa ma non è per lui che tremi o
scappi”sottolineò con un’inarcatura
suadente delle sopracciglia, l’aria furba e consapevole di
chi riesce a toccare
il segno, tanto da farne tremare un nervo sulla mascella.
“D’accordo,
ho sbagliato con Blaine ma questo non cambia il resto”
proclamò con il bisogno
spasmodico di metterlo in chiaro ma Sebastian ancora non parve
arrendersi.
“Infatti”
concesse, avvicinandosi ulteriormente. “non cambia quello che
sta per accadere.
Non
cambia il modo in cui rifiuti la sola idea di me eppure…
anziché ripugnarmi, è
tutto persino più avvincente” rivelò e,
sotto lo sguardo incredulo e sgomento
dell’altro, si lambì le labbra.
“Ti
piace che qualunque essere vivente possa provare attrazione per
te!” esclamò
indignato.
“Vero”
concesse con un’altra scrollata di
spalle “ma solo chi mi respinge sta dandomi un valido
motivo”. Proclamò con
voce così sicura di sé, così composta
mentre continuava a sondare nel suo
sguardo con la sicurezza di chi si limitava a cercare la conferma dei
suoi
pensieri.
“Il
che ti rende un prototipo di maniaco perfetto”. Fu la
sferzante risposta.
“Costretto
ad avvicinarmi ancora e ancora fin quando non accade qualcosa e
sappiamo
entrambi che deve accadere e accadrà comunque”. Ne
aveva ignorato la replica ma
continuava ad osservarlo: sembrava più che mai determinato a
non permettere che
sfuggisse a quelle parole, a quella realtà da cui continuava
a nascondersi.
“Non
deve” gemette Kurt, distogliendo lo sguardo. “non
se non è reciproca volontà!”.
“Guardami
negli occhi e dimmi che non è così”. Lo
incalzò nuovamente, il pomo d’Adamo
pulsante e la ricerca di un solo istante, quello necessario a cambiare
un’esistenza.
Per un attimo i tuoi occhi si
apriranno e tu saprai
tutte le cose che io ho sempre
voluto
che tu sapessi.
Non ti conosco e non voglio
farlo,
fino all’attimo in
cui i tuoi occhi
si apriranno e tu saprai.
“Non
è così” e, malgrado dovesse suonare
come una convinzione, le parole di Kurt
sembrarono più deboli e affrante che mai. Pregne di
sofferenza e di terrore, lo
stesso con cui lo allontanò con una mano sul petto.
“Perfetto”.
Aveva stretto la mascella Sebastian.
Lo
attrasse a sé con un movimento fluido, ignorandone il gemito
di sorpresa e di
sgomento: ne sfiorò la guancia con la mano, lentamente,
quasi volesse placare
il tumulto nel cuore di Kurt.
Quasi
potesse toccare con i polpastrelli quelle emozioni trattenute, nascoste
e
persino abiurate, quasi quello fosse il diretto collegamento ad
un’anima
rinchiusa in sé stessa.
I
loro sguardi si fusero per un lungo istante di reciproca
contemplazione.
La
pressione delle braccia attorno alle vita era risoluta, lo sguardo
sondava il
suo senza esitazione e Kurt trattenne il fiato, consapevole di non
potergli
sfuggire.
Consapevole
che fosse arrivato il momento di lasciare che tutto accadesse, anche se
significava perdere ulteriormente la sua sicurezza, anche se
significava
gettarsi nell’autodistruzione.
Si
era chinato al suo viso, Sebastian, aveva respirato sulle sue labbra e
Kurt non
glielo aveva impedito ma neppure lo aveva avvinto a sé.
Ascoltava
i suoi battiti quasi radi, il respiro convulso, tremava tra le sue
braccia ed
era più solo e disperato che mai: più che mai
bisognoso di quel calore e più
che mai restio ad accoglierlo.
Si
era scostato, Sebastian, prima
di
carpirne il respiro con le labbra e si avvicinato al suo orecchio.
“Sono
stanco di questo gioco” spiegò con voce sussurrata
ma quasi glaciale. “è ora
che tu decida o lo farò io e potrebbe non
piacerti”.
Non
aggiunse altro.
Si
scostò da lui con lo stesso movimento fluido, la mascella
serrata e lo sguardo
rabbuiato.
Continuò
a scrutarlo, Kurt, mentre si allontanava e, per la seconda volta, quel
giorno
ebbe l’impressione che tutto si stesse sgretolando tra le sue
dita.
Impotente
e fragile eppure anche il non agire stava condannandolo.
Ancora
una volta ebbe la sensazione di aver perso una parte di sé e
che tutto stesse
capitando e lui non fosse in grado di affrontarlo.
Continuò
a nevicare, cristalli di neve che si confusero alle sue lacrime e alla
lotta
contro se stesso.
Che sarà un luogo
solitario quello in
cui scapperai,
arriverà il mattino
e tu non vorrai più
conoscermi.
Ed è una fine
solitaria quella a cui
arriverai,
arriverà il mattino
e tu non vorrai più
conoscermi.
(Your
Eyes Open – Keane).
Finale un po’ amaro anche se con
una canzone che adoro per quanto struggente e per la voce
così delicata del
cantante che sembra perfetta per sottolineare certi momenti di
tensione. Devo
ancora riprendermi dal loro “She has no time”
durante la visione di One Tree
Hill quando la mia coppia preferita stava sgretolandosi e che adesso
l’iPod mi
sta proponendo per beffarsi di me.
Ma, in fondo, ancora le cose
devono evolversi.
Nel prossimo capitolo:
“Sai
qual è la cosa peggiore? Una
parte di me già lo sapeva”.
“Credo di non
conoscerlo neppure io.
Credevo di conoscerlo o di conoscere me stesso”.
“Te lo dissi il
primo giorno: torna
dai tuoi amichetti. Questo non è posto per te, mai
stato”.
Non mi resta che augurarvi un
buon weekend e di trascorrere bene le vacanze Pasquali: ingozzatevi di
cioccolata e riempitevi di dolcezza anche per il prossimo aggiornamento
:)
Come sempre, ringrazio tutti
coloro che dedicano del tempo per la lettura e chi recensisce, ma anche
chi ha
inserito tra seguite/preferite/ricordate. Sempre a disposizione per
qualche
chiarimento o scambio di opinioni.
A presto!
Kiki87
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Capitolo 7 *** Capitolo 6 ***
Ben ritrovati! Dopo le feste e la
solita confusione che comportano, temevo di dover posticipare quello
che è
diventato una specie d’appuntamento del Venerdì
pomeriggio, ma eccomi qua,
malgrado Office mi abbia dichiarato guerra dopo una mattinata piuttosto
tranquilla.
Come sempre, ringrazio tutti
coloro che leggono, recensiscono e che annoverano questa storia tra
preferite/ricordate/seguite. Spero di non deludervi anche nelle ultime
battute.
Un ringraziamento speciale alla
mia Blaine (o Brooke,
che dir si voglia * One Tree Hill mania in corso * ) e alla
mia Sebastian per il loro supporto
irrinunciabile nella stesura della fanfiction e anche nel mio ultimo
traguardo
personale.
Spero che compensi un po’ quello
che non si riesce sempre a dire a parole ♥
Buona lettura!
E’ stata come una
bomba ad orologeria,
sapevamo che eravamo
destinati ad esplodere.
Eravamo come una bomba
ad orologeria,
abbiamo dovuto
lasciarla, disinnescarla.
Eravamo come una bomba
ad orologeria,
ma ne avevo bisogno.
Non avrebbe potuto
esserci un altro modo?
Non c’era
una via di uscita.
Ogni tempesta che
arriva, poi finisce.
La resistenza era
inutile.
Avevo il tuo cuore
nelle mie mani, come una bomba
ad orologeria che
ticchettava.
Si è
spenta, avremmo potuto ricominciare da capo,
quando si fosse rotta,
avremmo potuto aggiustarla.
Avevi il mio cuore
nelle tue mani, come una bomba
ad orologeria che
ticchettava.
Avremmo potuto
conoscerla meglio,
ma non avremmo dovuto
arrenderci.
Time
Bomb – All Time Low
Capitolo
6
Nella
storia dei San Valentino, quello era sicuramente il peggiore e la sola
menzione
alla ricorrenza era capace di strapparne un verso di dolore o un gemito
strozzato, seguito da un’invettiva quasi isterica sul
materialismo gravante
intorno a quella “stupida festa insignificante”.
Quando
uscì dal bagno, l’espressione addolorata e gli
occhi arrossati, trovò Nick ad
attenderlo: era seduto sul proprio letto e aveva lo sguardo perso in un
punto
indefinito. Le sopracciglia aggrottate, si riscosse al sentire la porta
schiudersi e si volse al giovane.
Si
alzò e gli si avvicinò.
Kurt
gli sorrise ma sembrò incapace di trovare parola, Nick
scosse il capo, si passò
una mano tra i capelli che aveva lasciato ricrescere, in quei due mesi,
e che
scivolavano adesso sulla fronte.
“Promettimi
che li taglierai in tempo per le Regionali” gli aveva chiesto
Kurt, quasi fosse
necessario concentrarsi su qualcosa di così frivolo per
impedirsi di avere un
altro cedimento.
“E’
così, Kurt, sei sicuro?” era evidente che Nick,
rifiutatosi di assecondarlo in
quel tentativo di non pensare a ciò che gli stava accadendo,
sperasse in una
risposta negativa.
Non
aveva risposto, Kurt, lo sguardo aveva abbracciato la stanza, quasi a
temporeggiare prima di guardare l’altro.
“No”
rispose, la voce più rauca. “Meno che
mai”.
“Ma
allora-“ lo sguardo di Nick si era acceso, quasi una pallida
speranza n’aveva
fatto illuminare gli occhi verdi, ma Kurt scosse il capo.
“Ho
deciso”.
Non
riusciva ad addormentarsi quella
notte, Kurt, e aveva passato quasi tutto il tempo seduto sul proprio
letto,
cercando di restare calmo, trattenere quel nodo in gola e quella
spiacevole
sensazione che tutto stesse crollandogli addosso. Che tutto fosse
spezzato e
compromesso, ancora prima di avere una reale consapevolezza che stesse
accadendo, ancora prima di riuscire anche solo ad accettare o valutare
il
beneficio di un dubbio che Nick aveva posto più volte.
Persino
Blaine, così genuinamente
inconsapevole del reale motivo che, dal primo istante, aveva siglato la
sua
ostilità contro Sebastian.
Nick
si era sollevato, scorgendone il
tremore del corpo e gli si era avvicinato: gli aveva stretto la spalla
ma Kurt
non aveva sussultato, si era voltato, quando Nick aveva acceso
l’abat-jour e
non si era neppure curato di scostare le lacrime dal viso.
“Non
si possono amare due persone al
contempo” era stato il sussurro flebile che aveva spezzato il
silenzio e,
seppur sollevato che Kurt si fosse lasciato andare, Nick
rafforzò la pressione
sulla sua spalla. Neppure il barlume di una soddisfazione egoistica,
solo una
reale preoccupazione.
“No,
non è possibile” confermò quasi
a volergli fornire almeno una certezza in quella confusione.
“non nello stesso
modo, perché due persone non saranno mai
identiche”.
“So
cosa stai pensando e forse hai ragione: non sono coraggioso quanto
vorrei”
quasi avesse voluto affrontare quanto prima i termini più
vergognosi della
situazione, quasi volesse mettere di fronte le proprie debolezze per
poi
guardare oltre.
Aveva
scosso nuovamente il capo, Nick, appariva quasi imperturbabile.
“Accettare
se stessi è la cosa più difficile ma è
anche l’unica soluzione per vivere
consapevoli” parole pregne di significato e di una
riflessione che ne
rendevano, ancora una volta, la presenza quasi rassicurante. Quasi egli
fosse
il raccoglitore di quelle saggezze e verità interiori,
spesso le più difficili
da assimilare.
“Bene”
aveva cercato di ridere. “Credevo mi avresti detto che sono
fuggito dal
McKinley per un motivo e che non sono cambiato” aveva
confessato, la voce già
più rauca e lo sguardo più lucido. “Se
non fossi scappato prima, tutto questo
non sarebbe mai accaduto” era rimasto soltanto quello: un
punto morto nella
propria riflessione che rendeva quel perverso riepilogo una sorta di
attribuzioni di cause nonché una ricerca spasmodica del
punto di svolta che
aveva innescato il tutto.
Annuì,
Nick.
“Egoisticamente
sono felice che sia così, ma non sei lo stesso ragazzo che
frequentava il
McKinley” aveva sussurrato, la parvenza di un sorriso
nell’osservarlo, quasi il
tentativo di lenire il suo tormento, quello, soprattutto, che si stava
auto-infliggendo.
“Questo
mi spaventa persino di più” ammise, lo stesso tono
già intriso delle lacrime
che presto avrebbero avuto modo di scivolare lungo il suo volto e
bagnarlo
fisicamente, quasi a dimostrazione fosse ancora padrone del suo corpo.
“Ma
questo non significa che tu debba fare un passo indietro per
scoprirlo”. Era
stata la guardinga risposta, quasi gli stesse suggerendo qualcosa tra
le righe,
pur non osando interferire più dell’opportuno.
“Hai
ragione” concluse Kurt semplicemente. “Sto
scappando di nuovo”.
“Blaine
è l’amore che hai sempre
sognato, Sebastian è quello che ti scuote dentro, che ti fa
sentire la
passione, che brucia e, per quanto rifiutato, si espande”
erano state le parole
con le quali aveva marchiato il silenzio e la sua consapevolezza.
Parole che,
lo sentiva, sarebbero rimaste immortalate nella sua memoria ogni volta
che
avesse ripercorso quei momenti o pensato ad uno dei due. Inevitabile il
richiamo all’altro.
Non
aveva commentato nulla, Kurt, lo
sguardo ancora lontano e velato di dolore ma aveva sospirato.
“Sai
qual è la cosa peggiore?” aveva
chiesto e non aveva atteso che l’altro gli rispondesse per
continuare la sua
riflessione, quasi stesse cercando, attraverso Nick, di arrivare a
toccare
quella parte di sé da sempre negata. Quasi cercasse di
riconciliarsi con se
stesso. “Una parte di me già lo sapeva”.
Il
sogno, i sogni e il continuo
sfiorarsi le labbra, la delusione per Blaine aveva solo acceso
quell’emozione
che lo aveva poi condotto ad una reale e dolorosa presa di coscienza.
Curioso
come le parole di Blaine
fossero state profetiche per quanto ancora genuinamente inconsapevole
del suo
stato d’animo: un momento nel quale la realtà
cambia e nulla è destinato ad
essere come prima. E per quanto rifiutata, quella realtà
sarebbe sostata in
attesa che la si affrontasse ma già traducendosi in nuove
difese o decisioni.
“Che
cosa vuoi fare?” aveva chiesto,
Nick, dopo un lungo istante di silenzio nel quale era più
che convinto che non
avesse bisogno di rimbrotti o di sue osservazioni.
“Me
ne andrò”.
E
sembrò che nuovamente tutto si
fermasse: le lancette di una bomba ad orologeria che era stata
innescata molto
prima. Il sibilo minaccioso della dinamite e, infine,
l’assordante silenzio che
siglava il momento immediatamente precedente alla fine.
“Se
non ti è così naturale, significa che una parte
di te si sta debellando” aveva
prontamente protestato Nick, quasi cercando un altro punto nel quale
sferrare
un’invettiva che potesse giungere a colpire le sue certezze
così
pericolosamente in bilico.
“Una
parte di me che mi farà solo altro male: non voglio
soffrire, è il momento che
stia solo” il tono era dolorosamente stanco, quasi il solo
lasciare andare
quelle parole, significasse lasciarsi intingere di quel silenzioso
morbo dentro
di sé.
“E
Sebastian, Blaine, non hanno diritto di sapere la
verità?” aveva alluso alla
lettera che aveva scritto frettolosamente e che giaceva sul comodino,
quella
che avrebbe dovuto presentare alla prossima riunione dei Warblers,
quando tutti
si fossero accorti della sua dipartita improvvisa.
“Blaine
resterà un caro amico e gli auguro ogni felicità
con Seth” era stato sincero in
quelle parole, Nick non ne aveva dubbio ma non poteva ignorare come
stesse
omettendo, di proposito, l’altra incognita
dell’equazione. Come sempre aveva
fatto del resto ma con scarsi risultati.
“E
Sebastian?” lo incalzò quindi.
“Mi
ha fatto capire che non c’è
possibilità” rispose dopo un lungo attimo di
silenzio: lo sguardo estraniato a ripercorrere quell’ultimo
dialogo e quello
che era parso, a tutti gli effetti, un addio invalicabile.
“Non
fin quando tu non lo avessi
voluto”
precisò, Nick, fissandolo ancora con intensità,
ancora una volta cercando di
toccare il punto focale, quello che era appositamente scartato.
Aveva
scosso il capo, Kurt, e aveva preso a trascinare la valigia verso la
porta:
l’aveva accostata e si era voltato ad osservare
l’altro.
“Non
lo voglio” aveva bisbigliato, ma era sembrato lui stesso
affranto nel
pronunciare quelle parole.
Sorrise
Nick, un sorriso amaro.
“Non
ti credo e tanto meno lo crederebbe lui” replicò
con voce pacata per quanto
sferzante nella semplicità con cui esponeva il suo punto di
vista, anche nel
doverlo contraddire o mettere nuovamente in discussione con se stesso e
le sue
decisioni.
“Non
puoi soltanto abbracciarmi, per favore?” era stata quasi una
supplica accorata
che aveva sciolto qualcosa in Nick, dietro quel suo apparire sempre
così calmo
e padrone della situazione; controllato persino durante una snervante
discussione
contro le sue paranoie o le sue ottuse prese di posizione.
Si
era avvicinato e lo aveva stretto quasi bruscamente.
“Sei
la persona più testarda, paranoica, delirante ed insicura
che io abbia mai
conosciuto, Kurt Kummel” aveva commentato, cercando di
simulare un’allegria che
non riusciva tuttavia a scalfirne lo sguardo più che mai
velato di mestizia e
di preoccupazione.
“Conoscerti
sarà il ricordo più prezioso che
porterò con me: non serbarmi rancore, ti
prego” la voce era divenuta persino più rauca,
quasi vicino alle lacrime, tanto
da indurre l’altro a stringerlo più forte e
trattenerlo.
“Non
posso, ma Kurt: io sarò qui per te, sempre” aveva
sussurrato quelle parole più
intense, perché non avevano bisogno che di essere carpite
dal suo cuore al
quale si sentiva più vicino che mai. Non dovevano fare
più rumore di un
ticchettio.
“E
io lo sarò per te” rispose, l’ombra di
un sorriso, prima di scostarsi e
sfiorarsi la guancia con un dito a rimuovere qualche goccia di
salsedine
sfuggitagli dopo aver tentato invano di trattenerla.
“Kurt”
sussurrò ancora, Nick, osservandolo sulla soglia della
porta: aveva
indietreggiato per mantenere il contatto visivo, ma sembrava
impossibile
compiere quel passo in più e richiudersela alle spalle.
Mettere fine a quel
capitolo della sua vita.
“Niente
di ciò che dirai, mi farà cambiare
idea” sussurrò, la parvenza di un sorriso
ironico che non si estese allo sguardo.
Annuì,
Nick, ben convinto al riguardo.
“Ma
nessuna fuga cancellerà i tuoi sentimenti:
sappilo”.
Che
fosse una promessa o un ammonimento, difficile dirlo. Futile dettaglio
fin
quando, nuovamente, la realtà non fosse stata marchiata di
un altro istante di
folle consapevolezza.
Forse
allora l’orologio avrebbe ticchettato di nuovo.
~
Malgrado
tutto, l’abbraccio collettivo cui fu sottoposto tornando nel
cortile del
McKinley quando si era presentato quel Lunedì mattina, fu in
grado di farlo
sorridere e farne nuovamente lacrimare gli occhi.
Nessuno
avrebbe potuto sapere quale fosse l’esatto rimpianto o il
dolore che si
mescolava alla nostalgia: quali fossero i volti che si mescolavano con
inaudita
rapidità: solo Mercedes lo aveva trattenuto a lungo nel suo
abbraccio al quale
Kurt si abbandonò con maggiore enfasi.
“C’è
qualcosa di cui non mi hai parlato, vero?” aveva sussurrato
al suo orecchio:
Kurt ne aveva scrutato gli occhi ma si era limitato ad annuire e solo
dopo un
lungo attimo di silenzio, parlò nuovamente.
“Qualcuno”
aveva sussurrato.
Quella
sensazione di sospensione sostò a lungo tra le sue sinapsi
quel giorno e,
seppur la minaccia di Karofsky sembrasse sventata, non riusciva a non
guardarsi
attorno e sentirsi completamente estraneo a quel mondo.
Se
il McKinley aveva smesso di essere la sua casa da tempo e non poteva
più
riconoscerla nella Dalton, quale era il suo posto in quel momento?
Sono
seduto alla stazione ferroviaria
Preso
un biglietto per la mia
destinazione.
Ci
mise qualche istante a realizzare che le note e la voce solista non
provenivano
da una radio ad alto volume: levò lo sguardo sulla scalinata
del cortile e un
verso d’emozione che attirò l’attenzione
di tutta la tavolata del McKinley,
disposti in ordine come nelle prove, vi erano i Warblers. Blaine in
prima fila,
Nick, Jeff, Thad, Trent, David, Richard e tutti gli altri ma
– il suo cuore
mancò un battito – Sebastian si notava solo per la
sua assenza.
Scacciò
il pensiero doloroso - non che si sarebbe fatto illusioni se si fosse
aspettato
quell’omaggio – e, il sorriso lacrimoso, si
predispose all’ascolto: si strinse
le ginocchia al petto, rimirando quelli che erano stati i suoi compagni
di
corso.
Dopo
i primi versi enfatizzati dalla voce rauca di Blaine si spensero, la
voce di
Nick si levò, accompagnato da Jeff in sottofondo:
Quest’onda,
quest’onda ci travolge
insieme.
Sappi
solo che non sei solo,
perché
renderò questo luogo la tua
casa.
Sentì
i membri del McKinley unirsi alla performance: accompagnandola come
fossero
tutti un’unica, grande e variegata famiglia ma non fu tra
questi. Continuò,
semplicemente, ad ascoltare quella performance, a viverla attraverso le
loro
voci, le emozioni che vedeva impresse nei loro volti o
l’intonazione soffusa
della loro voce.
Ogni
città mi sembra la stessa,
i
film e le fabbriche,
e
ogni volto straniero che vedo
mi
fa capire da quanto sono lontano.
I
guai potrebbero anche abbatterti.
Ma
se ti sei perso, puoi sempre
essere trovato.
Sappi
solo che non sei solo,
perché
farò di questo posto la tua
casa.
Ancora
una volta sembrarono rispondere a dolorosi quesiti senza timore e con
così
tanta sincerità ed affetto che le lacrime divennero
più copiose ma, in qualche
modo, dolci e delicate, come una carezza amica. Anche la nostalgia
sarebbe
stata mitigata dalla dolce promessa che non avrebbe dimenticato nessuno
di loro
e di ciò che erano stati per lui.
“Non
avrai creduto che ti avrei lasciato andar via
così” convenne Nick, il primo che
si era avvicinato quando si era messo in piedi ad applaudirlo con i
membri del
Glee Club del McKinley.
Aveva
sorriso, affondando contro la sua
spalla, consapevole quell’abbraccio sarebbe stato quello che
più gli avrebbe
fatto mancare il calore e la sicurezza che aveva respirato tra quelle
pareti.
“Non
condivido la tua scelta, lo sai” gli aveva bisbigliato
“ma non dimenticarti di
noi” era sembrata un’accorata preghiera e Kurt lo
aveva stretto con maggiore vigore,
trattenendolo ancora fermamente a sé.
“Non
potrei, grazie Nick… di tutto”.
Blaine
aveva atteso alle loro spalle, visibilmente commosso ma solo quando
Nick si era
scostato dopo un ultimo scambio di sguardi e di promesse, si era
avvicinato a
sua volta a stringerlo in un abbraccio.
Quante
volte avrebbe desiderato un contatto simile, era stato il suo amaro
pensiero,
ma quello che ne scaturiva in quel momento non era il calore che lo
aveva
invaso ad ogni suo sorriso, o ad ogni speranza di essergli nel cuore;
soltanto
puro dolore, misto a senso di colpa.
“Kurt”
aveva sospirato, stringendogli le spalle per poi scostarsi e guardarlo
negli
occhi. “Sei sicuro che sia la giusta decisione: sei uno di
noi” Kurt aveva
osservato, sopra la sua spalla, i cenni d’assenso di tutti
gli altri, prima di
tornare ad incrociare lo sguardo di Blaine.
“Non
vi dimenticherò mai ma… devo tornare e forse non
sarei mai dovuto partire”
aveva affermato, la voce più rauca ma lo aveva guardato
dritto negli occhi.
Forse quella era davvero la prima volta che gli parlava senza alcun
timore ma
consapevole di star dicendo la cosa più giusta.
Blaine
sospirò ma parlò in un sussurro più
complice.
“Lo
so che scappi per lui, ma non risolverai le cose tra voi”.
“No”
gli concesse Kurt. “Le cose non possono
aggiustarsi” sussurrò, ma solo allora
distolse lo sguardo: voleva evitare di cercare i lineamenti di
Sebastian
attraverso quelli di Blaine, qualcosa che era avvenuto fin troppo
spesso,
quando avrebbe voluto sovrapporre il viso di Blaine ai gesti o alle
parole
dell’altro ragazzo. “Lo sappiamo
entrambi” aveva concluso, ma Blaine aveva
scosso il capo.
“Lui…”
sembrò faticare a trovare le parole ma era sincero
più che mai, mentre lo
scrutava con gli occhi ambrati. “Dagli il tempo di
riprendersi: la tua lettera
ci ha turbato tutti, anche se Nick non si è lasciato
sfuggire nulla” aveva
precisato quasi con un sorriso ironico, evidentemente erano tutti
consapevoli
che vi fosse qualcosa di non proclamato e soltanto il suo compagno di
stanza
poteva conoscerne i reali motivi.
“Mi
dispiace, Blaine, avrei dovuto parlarti” aveva sussurrato
Kurt, pieno di sensi
di colpa anche per quell’attrazione e quell’amore
idealizzato che avevano visto
proprio in quel volto, una versione romanzata di un Principe delle
favole. Forse
un giorno, quando avrebbe smesso di essere tutto così
doloroso, avrebbe
confessato tutto a quello che sarebbe sempre rimasto un caro amico.
“Ma non
sopportavo l’idea di deluderti” ammise, senza
guardarlo.
“Tu
non mi hai deluso, Kurt” rispose Blaine, evidentemente
sorpreso dalle sue
parole prima di sorridergli con maggiore dolcezza.
“E’ stato un onore
conoscerti e stare con te per questi mesi”.
“Anche
per me” aveva sospirato e sembrò tutto
più semplice: adesso che anche lui,
finalmente, conosceva esattamente i contorni rassicuranti della loro
amicizia,
si sentiva svuotato.
Ma
la delusione che lo aveva colto all’annuncio di Seth aveva
lasciato spazio alla
presa di coscienza che non avrebbe perso la sua amicizia e che quella
fosse la
cosa più importante.
“Anche
per me” sussurrò con voce flebile ma il sorriso
più dolce.
“Abbi
cura di te, Kurt e non rinunciare ai tuoi sogni”
sembrò essere quel temporaneo
addio.
“Li
ricucirò” sospirò.
“Con
il ragazzo giusto” fu il suggerimento di Blaine, un cenno
d’intesa e lasciò che
tutti gli altri potessero avvicinarsi a stringerlo e congedarsi: un
ultimo
sguardo tra loro prima che tornassero sui loro passi e Kurt li
seguì con lo
sguardo.
Sorrideva
ma non ci credeva realmente.
~
Nulla
siglava il ritorno di Kurt Hummel nella sua casa, se non il disfare le
valigie
e riordinare il proprio armadio: un’operazione lenta che
richiedeva la sua
concentrazione e calma metodica nella classificazione e distinzione per
colore,
tessuto e occasione d’utilizzo.
Una
dopo l’altra inseriva le grucce nell’armadio,
riscuotendosi quando suo padre
colpì delicatamente con le nocche la superficie
dell’uscio lasciato aperto.
Si
volse ad osservarlo: persino il solito completo da taglialegna gli era
mancato
(non che fosse disposto ad ammetterlo in ogni caso!), quegli orribili
cappellini da baseball e il panino che stava masticando cosparso di
mostarda o
qualche altra salsa altamente poco consigliabile per il suo colesterolo
(e che
Kurt evitava come la peste). Gli volse un cenno con la mano ed egli
entrò.
“Non
sbriciolare sulla mia moquette!” lo ammonì con
voce stridula. “E che fine ha
fatto il programma per la corretta alimentazione che ti avevo lasciato
appeso
al frigorifero?” gli chiese e lo sguardo ceruleo
sembrò trapassarlo da parte a
parte.
Burt
sospirò con fare stoico: mise il panino nella tasca del
gilet e, toccandosi
nervosamente la visiera del cappello, mosse qualche passo in sua
direzione.
“L’ho
gettato non appena sei uscito di casa” rispose con una
scrollata di spalle e
Kurt sollevò gli occhi al cielo. Burt sembrò
tergiversare sul posto, gettando
appena un’occhiata alla divisa da Warbler distesa sul letto
del figlio,
sfiorandone il blazer.
“Va
tutto bene?” si decise a chiedere e Kurt, le cui mani
stringevano la gruccia
del soprabito di Marc Jacobs, levò lo sguardo su di lui, un
lieve corrugamento
tra le sopracciglia.
“Certo”
rispose seppur distrattamente.
“D’accordo,
riformulo la domanda” lo interruppe Burt, sollevando entrambe
le mani come ad
intimargli di fermarsi subito. “Che cosa
c’è che non va?”.
Kurt
aveva cercato di simulare un sorriso rilassato, mentre abbandonava i
suoi capi
per un breve istante. “Sono solo stanco”.
Burt
lo scrutò con le sopracciglia inarcate e si sedette sul suo
letto: toccò il
posto accanto al proprio per fargli cenno di imitarlo e così
Kurt fece.
“Sono
in ritardo sulla mia tabella di marcia” aveva finto di
risentirsi mentre si
sedeva rigidamente, accavallando le gambe e abbracciandole, un sospiro
a
sfuggirgli dalle labbra.
“Hai
tutto il tempo: non te ne andrai da qui fino al college”
sembrava una richiesta
implicita di conferma che scaldò il cuore di Kurt,
consapevole di quanto fosse
difficile per lui esternare le proprie emozioni.
Lo
confermò ma sentiva il cuore pesante e appoggiò
il capo contro la sua spalla,
come era sempre stata sua abitudine da quando era bambino e potevano
soltanto
ed esclusivamente fare affidamento l’uno sull’altro.
Socchiuse
gli occhi, avrebbe soltanto desiderato dormire per poi scoprire, al suo
risveglio, che tutto fosse stato risolto.
“Kurt,
so che la chiacchierata non è stata il mio forte”
e Kurt arrossì al ricordo di
come, ad un certo punto, avesse cercato di tapparsi le orecchie per non
ascoltarlo.
“Ma
io sono tuo padre e puoi parlarmi di qualsiasi cosa, anche di
ragazzi” sembrò
restio ma lo aggiunse e Kurt sorrise ancora abbandonato contro il
calore
confortante del suo corpo: quell’ancora a cui aggrapparsi in
ogni difficoltà
quotidiana.
“Mi
sei mancato, papà” sussurrò soltanto,
il sorriso a fior di labbra.
“Anche
tu” ne sfiorò la nuca e Kurt si
specchiò nel suo sguardo: ne lesse la dedizione
e la gioia prima che gli stropicciasse il ciuffo, strappandogli un
gemito
stizzito e scandalizzato.
“Avanti,
Kurt. Ho già avuto un infarto e nulla mi spaventa”
lo spronò, tornato ai suoi
modi più spiccioli. “Si tratta di
Brillantina?”.
“Blaine”
lo corresse per la centesima volta ma era indubbio che non lo avrebbe mai imparato. “E no, non si
tratta di
lui”ammise in tono stanco.
“Ok,
ora comincio a sentire le pareti restringersi” aveva
letteralmente cambiato tono,
divenendo quasi funereo prima di scuotere il capo. “Quindi mi
stai dicendo che non lo conosco”
lo stava guardando
dritto negli occhi, in quel modo in cui il figlio aveva sempre la netta
sensazione riuscisse ad entrare nei suoi pensieri o direttamente nella
sua
anima.
“Credo
di non conoscerlo neppure io” ribatté con velata
ironia, amoreggiato prima di
scuotere il capo, lo sguardo fisso su un punto indefinito.
“Credevo di
conoscerlo o di conoscere me stesso”.
Burt
lo scrutò a lungo: lo sguardo velato di preoccupazione e le
sopracciglia
contratte. Sembrava aver perso quello sguardo fulgido di speranza,
aspettativa
e sognante che aveva avuto quando lo aveva visto prepararsi per la
festa a casa
di Rachel. Sostituito da un giovane uomo più temprato nello
spirito ma più
smarrito che mai.
“E’
per questo che sei tornato allora”.
Ennesima
ipotesi, ennesimo assenso difficile da concedere ma si
limitò a guardarlo negli
occhi.
“Ho
sempre creduto che l’amore fosse come nei musical o nei film;
ho sempre creduto
che avrei potuto amare solo un certo tipo di persona”.
“Brillantina”
ribatté il padre quasi a smorzare la tensione, strappandogli
persino un sorriso
mentre si toglieva il cappello. “Era tua madre quella
romantica” iniziò come se
quella fosse una sorta di premessa alle parole che avrebbe pronunciato
da lì a
poco. “Credimi se ancora oggi mi domando che cosa ci trovasse
in me”.
“Pa’!”
Aveva protestato, Kurt, con un misto di sorpresa e di tenerezza,
stringendone
il braccio ma Burt scosse il capo e proseguì.
“Quello
che voglio dire, Kurt, che tu sei la favola che vuoi costruire: tu
più di tutti
credi che ci sia del buono in ognuno di noi e tu di sicuro sai trarre
il meglio
dalle persone che ami. Come tua madre fece con me. Come tu e Carole
continuate
a fare” gli aveva stretto la spalla e Kurt e lo aveva
guardato negli occhi, nel
tentativo di assimilare quelle parole e farle proprie, di trovarvi un
conforto,
un sollievo come quando da bambino continuava a cercare il profumo
della madre.
“L’amore
non è qualcosa di confezionato e di pronto
all’uso: è un percorso da fare
insieme, spesso neppure semplice; è un mettersi in
discussione ed essere se
stessi fino in fondo. Mettersi in gioco perché si crede in
se stessi e nell’altra
persona e non si ha paura di provarci”.
“Sono
fuggito, papà” aveva ammesso, la voce
più rauca ma Burt non aveva distolto lo
sguardo.
Annuì,
invece. “Ma io ti conosco, Kurt: farai la cosa
giusta” aveva sussurrato e se in
altre circostanze, avrebbe accettato e benedetto quelle parole, una
parte di sé
sembrava ancora volerle respingere.
“Perché
credete tutti così tanto in me?” chiese,
morsicandosi il labbro, lo sguardo
ancora più affranto che fece inarcare le sopracciglia
dell’altro.
“Perché
diavolo tu non dovresti farlo?” aveva ribattuto con la solita
schiettezza.
Un
vago verso di ilarità ed entrambi si guardarono a lungo
prima che Burt lo
stringesse nuovamente a sé, quasi ritrovando quel bambino
che sarebbe sempre
corso alla sua camera alla prima minaccia di un mostro.
“Bentornato,
figliolo” sussurrò con voce più
incrinata.
“Grazie,
papà. Grazie di tutto”.
~
“Così,
Nick, sei sicuro?”.
Kurt
ridacchiò, la mano di fronte alle labbra mentre il primo
piano della bocca –
piena di patatine – di Jeff era inquadrato.
“Vieni
più indietro” lo istruì Nick e, poco
dopo, li scorse entrambi seduti sul letto
di Nick e il suo sorriso si fece molto più esteso.
“CIAO
KURT!” gridò Jeff, agitando anche la mano e Kurt
sentì un dolce calore in
petto, mentre Nick gli rivolgeva quel sorriso più pacato
che, fino ad una
settimana prima, poteva scorgere di persona.
“Ciao
ragazzi” salutò con una stretta al petto e non
poté fare a meno di pensare che
qualcosa di positivo doveva esservi stato, se adesso i due passavano
più tempo insieme.
“Ci
manchi!” aveva esclamato il biondino, le mani tuffate nel
sacchetto di
patatine, prima di leccarsi le dita, sotto lo sguardo bonario di Nick
che
annuì.
“E
abbiamo cambiato la scaletta alle Regionali perché
Sebastian-” ma Nick lo aveva
interrotto bruscamente, sovrastandolo con la propria voce.
“Come
è stato il rientro al McKinley? Quel ragazzo ti importuna
ancora?”.
“Perché
Sebastian teme che riveli la vostra scaletta?” aveva
terminato Kurt,
prevedendone la reazione e scuotendo il capo ma sorrise rassicurante a
Nick.
“Ci
siamo tutti opposti ovviamente”si affrettò ad
aggiungere quest’ultimo, quasi
sperando che fosse di consolazione, ma Kurt serrò le labbra.
“Non
parliamo di questo. Piuttosto: come state?”.
Era
stato come ritrovarsi dopo una giornata di lezioni: raccontandosi le
reciproche
impressioni ed eventi della settimana, fin quando Jeff non si
allontanò
alludendo a delle ripetizioni di algebra.
Fu
allora che lo sguardo verde di Nick sembrò volerlo scrutare
a fondo, anche
attraverso uno schermo, e Kurt attese la reale conversazione:
“Come
stai?” chiese e seppe che voleva e necessitava una reale
risposta.
Sospirò
e scosse il capo.
“Starò
bene” rispose nel modo più sincero possibile e
Nick annuì per poi farsi più
pensieroso e tormentato.
“Forse
non dovrei dirtelo ma credo che sia giusto tu lo sappia: Sebastian non
è lo
stesso da quando sei partito o almeno non si cura di nascondere le sue
scorribande. Alle prove sembra una fonte inesauribile
d’energia: quasi fosse
vitale battervi ma esce spesso durante la settimana e neanche rientra
per la
notte”.
“Lo
Scandals” sospirò Kurt, il cuore contratto in una
stretta e la sensazione che
tutto stesse nuovamente sfuggendogli di mano e lui ne fosse la causa.
Ricordava
il locale per uno dei proverbiali aneddoti di Sebastian che, dal primo
giorno,
glielo avevano reso così inviso. Ma una parte di
sé non era solo pulsante di
indignazione.
Era
realmente… preoccupato e l’idea di aver lui stesso
contribuito era
inaccettabile seppur il ragazzo non avesse mai fatto mistero della sua
natura
promiscua.
“Non
possiamo allontanarlo dai Warblers, specie da quando te ne sei andato,
ma fa di
testa sua: persino Blaine sembra aver perso ogni influenza se poi
l’ha mai
avuta davvero” scosse il capo quasi rassegnato. “Se
scoprono che viola il
coprifuoco…”.
Sospirò
Kurt e non c’era bisogno finisse la frase.
“Hai
ragione: non è stata una buona idea mettermi al
corrente”.
Nick
lasciò che quel pesante silenzio scendesse tra loro: non
sembrava in procinto
di volerlo giudicare, soltanto non sembrò capace di
nascondere la sorpresa e
forse… la delusione.
“Davvero
non vuoi saperne nulla?”. Chiese cautamente.
“No,
ma non posso fingere che non mi importi: avvisami se uscirà
anche stasera”.
~
Tra
tutte le cose che avrebbe potuto immaginare prima e dopo la fuga alla
Dalton,
quella era davvero l’ultima che avrebbe voluto compiere.
Scese
dal SUV e, con un sospiro, scrutò da lontano
l’insegna del locale e, da quanto
poteva constatare, Sebastian doveva aver fatto ricorso ad un documento
falso
per infiltrarsi.
Non
restava che attendere: davvero un autolesionismo e uno stupro mentale
da che,
da quando si era messo in viaggio, non aveva fatto che arrovellarsi
circa il
reale motivo per cui lo stesse facendo. Ma forse gli scrupoli del
giorno dopo
gli sarebbero stati risparmiati se suo padre avesse trovato il suo
letto vuoto
e, a quel punto, lo avrebbe semplicemente ucciso.
Si
riscosse allo scorgere una fisionomia familiare ma
dall’andatura barcollante:
gemette quando scorse in compagnia di un ragazzo alto e dalla
corporatura
massiccia.
“Sebastian!”
fu istintivo gridarne il nome e il giovane che stava per salire
sull’auto dello
sconosciuto, si riscosse e sui volse in sua direzione.
Dovette
avvicinarsi e lo vide cercare di mettere a fuoco il suo viso: un lampo
di
comprensione e sgranò gli occhi prima di sorridergli in quel
modo impertinente.
Per
un attimo soltanto, ebbe l’impressione che nulla fosse
cambiato.
“E’
il tuo ragazzo?” gli aveva chiesto l’altro,
scrutando Kurt che dovette
dolorosamente ammettere che fosse un giovane molto attraente coi
capelli biondi
e un profilo che ricordava vagamente Jensen Ackles.
Lo stava scrutando
con fare altezzoso che lo fece sentire vulnerabile e nudo agli occhi di
entrambi, specialmente quando Sebastian scosse il capo con una risatina
di
scherno.
“Effeminato
per i miei gusti” proseguì l’altro.
“Ma può sempre restare a guardare per 50
dollari” continuò sogghignando e Kurt emise un
gemito scandalizzato.
Con
un fluido gesto, il giovane attrasse Sebastian a sé e Kurt
sentì quel lato di
sé più incauto, impulsivo ed istintivo agire per
lui.
“Lui
viene con me” commentò in tono tagliente:
artigliò il braccio di Sebastian che
quasi perse l’equilibrio, tanto da doverlo trattenere seppur
Kurt stesso quasi
rischiò di cadere, quando l’altro si sporse e gli
si aggrappò al collo quasi
come un peso morto.
“E
questo chi l’ha deciso?” chiese l’altro e
Kurt lo scrutò da sopra la spalla di
Sebastian che aveva affondato il viso nell’incavo del suo
collo.
Pregò
che non avesse un conato di vomito per quei versi di lamento che stava
emettendo mentre gli si aggrappava maggiormente, rendendogli
difficoltoso il
trattenerlo e avere quel diverbio con un tipo grosso quasi il doppio di
lui.
La
prossima (?) volta avrebbe dovuto portarsi dietro Finn o magari Puck. O
magari
entrambi.
“Chi
può denunciarti per molestie” rispose con tono
sprezzante, gelandolo con lo
sguardo. “E’ minorenne”.
L’altro
sembrò vagamente sorpreso: la remora di un istante
perché tornò a scrutare
Sebastian e lambirsi le labbra. “Consenziente”
replicò.
“E’
ubriaco” sottolineò Kurt con voce ancora
più stridula che fece ridere Sebastian
che aveva schiuso appena un occhio ad osservarlo.
“E
tu puzzi di vergine ma-”.
“So
dove va a scuola e dove abita: a chi pensi che crederà la
polizia?”.
Un
verso di sprezzo dell’altro mentre Sebastian sollevava il
capo dalla spalla di
Kurt: lo stava osservando come se stesse cercando di capire qualcosa.
“Miele”
sussurrò, lo sguardo perso in un punto indefinito prima di
premere un dito
sulle labbra di Kurt, strappandogli un gemito incredulo.
Era
parso un gesto innocente, quasi puro per lo stupore di Sebastian, quasi
sincero, tanto da procurarne un brivido lungo la spina dorsale e una
fiammata
di calore alle guance nell’osservarlo da così
vicino. Poteva quasi contare i
nei cosparsi sulla mascella o le ciglia degli occhi, il suo respiro,
alterato
dall’alcool, ne scaldava il viso.
“Miele”
ripeté, in tono enfatico prima di guardare il proprio dito e
ridere, affondando
contro la sua spalla, quasi facendolo cadere nuovamente per come si
sbilanciò.
“Metti
a letto il bambino” aveva commentato, infine, lo sconosciuto
dopo averli
scrutati con le sopracciglia aggrottate. Scosse il capo,
rientrò nell’auto e
sbatté la portiera prima di partire con una sgommata.
Kurt
sospirò di sollievo prima di passarsi il braccio di
Sebastian dietro il collo,
cercando di sostenerlo ma di farlo camminare.
“Andiamo”.
Con
non poche difficoltà, lo fece accomodare sul lato del
passeggero.
“Se
vomiti sui tappetini nuovi, ti uccido” brontolò,
allacciandogli la cintura di
sicurezza ma Sebastian rise, scrutandolo ancora a lungo.
Un
nuovo guizzo di consapevolezza nello sguardo quando Kurt dovette
avvicinarsi –
cercando di evitare che gli alitasse in faccia, data la puzza di alcool
– e gli
artigliò la gota, facendolo trasalire.
Lo
stava contemplando con occhi sgranati: sembrò tornare in
sé per un solo istante
nel quale Kurt si chiese persino se non avesse intenzione di…
“Kurt”
lo richiamò, strappandolo dai suoi pensieri e, malgrado
tutto, il giovane sentì
la gola farsi più arida ma ne sostenne lo sguardo, il
braccio ancora a cingerlo
nell’atto di far scattare la presa della cintura di sicurezza.
“Ti
porto a scuola” sussurrò soltanto e Sebastian
continuò ad osservarlo: si rese
conto, paradossalmente, che non sembrava averlo mai guardato
così…
intensamente.
Il
che sarebbe stato persino offensivo, a ben rifletterci.
“Sei
tornato” era stata una sorta di domanda ma Kurt lo aveva
guardato con il cuore
in gola, le dita di Sebastian avevano tracciato il suo viso e qualcosa
dentro
di lui sembrò rompersi.
Per
quanto quel momento fosse insperato, quella situazione quasi squallida;
quel
singolo momento occhi negli occhi e vicini, nell’abitacolo
della sua auto, era
quanto di più simile ad un ritrovarsi. Qualcosa di
così intenso da spezzarne il
fiato.
Aveva
distolto lo sguardo, prima che ne scorgesse gli occhi lucidi.
“Ti
riporto a scuola” ripeté.
Si
costrinse a scostarsi, chiuse la portiera ma prese un profondo respiro,
prima
di avvicinarsi al lato di guida, cercando di placare i suoi battiti e
sbattere
le ciglia per dissolvere la visione tremolante.
Sebastian
si addormentò poco dopo la partenza.
Guidò
con il cuore in tumulto fino a Westerville e fu con una stretta al
petto che si
fermò di fronte alla sagoma dell’Accademia. Il
fatto che non stesse
considerando che, tra andata e ritorno e la distanza tra le due
città, avrebbe
potuto non dormire affatto quella notte e quale sarebbero stati gli
effetti per
il suo viso e la sua mente; erano indice della gravità del
momento.
Sospirò
e si volse ad osservare il giovane: il viso premuto contro il sellino,
le
labbra lievemente schiuse ma i lineamenti rilassati.
Scese
dall’auto e fece il giro, prima di schiudere la portiera e
scrutarne il viso:
sembrava un’altra persona rispetto a quella che lo aveva a
lungo tormentato e
con cui aveva avuto quella competizione per Blaine.
C’era
quasi la speranza che fosse lo stesso che, dietro quei gesti sicuri di
sé e
accattivanti, si celasse: il ragazzo che lo aveva baciato e che aveva
insinuato
che ne fosse infatuato, lo stesso da cui era fuggito ma la cui
consapevolezza
sembrava sempre avvincerlo a lui.
Come
se quella verità, una volta divenuta reale, non potesse
più essere elusa.
Sospirò,
lo sguardo che ne percorreva i capelli che scivolavano sulla fronte in
ciocche
spettinate, le palpebre abbassate, la linea sottile delle labbra che
spesso
umettava con fare provocante, il respiro leggero. Era quello il suo
volto,
dietro l’arroganza e la malizia, ma si domandò se
quello potesse cambiare
qualcosa: se vi fosse anche solo una speranza di non dover rinunciare a
quel
sogno ma dargli una parvenza più reale, più a
loro immagine.
Non
sembrò pensarci: osservò i ciuffi di capelli
sulla fronte e allungò la mano per
scostarli, le dita che tremavano alla sola intenzione di sfiorarne il
volto.
Fu
in quel momento, tuttavia, che Sebastian schiuse gli occhi e Kurt si
ritrasse
mentre questi sgranava gli occhi: si rizzò sul sellino,
togliendosi la cintura
e scrutando poi la sagoma dell’Accademia. Sembrò
rapidamente realizzare cosa
fosse accaduto, probabilmente aiutato da qualche flash della notte.
Si
portò una mano tra i capelli a ravviarli mentre Kurt si
scostava e Sebastian
scendeva dall’auto, sbattendo la portiera senza molti
riguardi.
“Fantastico:
ho perso l’appuntamento” commentò,
lasciando Kurt basito ed incredulo: ne
scrutò le scapole e cercò di ignorare quel nodo
in gola e quella fitta di…
delusione.
Dopotutto,
non poteva pretendere nulla da Sebastian. Nulla. Ma ciò non
rendeva il tutto
più piacevole.
“E’
stato un piacere!” commentò in tono sarcastico, le
braccia incrociate al petto
e Sebastian si voltò molto lentamente: lo scrutò
con le sopracciglia inarcate
prima di squadrarlo e Kurt si rese conto che era la prima volta che si
parlavano
dopo quell’ultimatum nel parco.
“Non
ti ho chiesto di intrometterti quindi non aspettarti che io mi senta in
debito
con te” sibilò impietosamente e Kurt
respirò a fondo ma scosse il capo.
Annuì,
il nervo tremante sulla mascella.
“Sai?
Non è stato premeditato” si sentì dire
quasi quello cambiasse la realtà dei
fatti e Sebastian lo scrutò ancora ma non replicò
subito.
Scosse
il capo.
“Abbiamo
finito?” non attese risposta e si voltò per
rientrare nell’edificio ma fu in
quel momento che Kurt si scostò dall’auto e lo
seguì.
Ancora
una volta sentì quella parte di sé più
irruente avere la meglio: forse avrebbe
dovuto semplicemente smettere di seguire ragazzi infuriati con lui.
“Non
mi chiedi perché me ne sono andato?”.
Quella
domanda sembrò paralizzare persino il sibilo del vento o il
freddo della notte:
parve insopportabile all’udito di Kurt che avrebbe quasi
preferito l’altro gli
urlasse contro. O facesse qualcosa. Qualsiasi cosa.
Si
volse nuovamente, Sebastian, un sorriso ironico.
“Lo
farei se mi importasse: ti ho detto che ero stanco di attendere e tu
hai
deciso, è evidente” non seppe cosa fosse
più doloroso. Quelle parole in sé o il
fatto le stesse pronunciando così lucidamente, come
suonassero reali e vere:
come fossero perfette a descriverli. “Quindi, no, Kurt, non
c’è più nulla da
dire”.
Non
avrebbe dovuto biasimarlo o provare quella sensazione di abbandono: era
stato
lui stesso ad agire e non poteva aspettarsi che ciò non
avesse un preciso
impatto.
Se
c’era stata anche solo una possibilità che
Sebastian potesse ipotizzare
qualcosa tra loro, l’aveva di fatto scoraggiato e stroncato
sul nascere.
Distolse
lo sguardo, gli occhi gonfi e già arrossati.
“Promettimi
che almeno competerai: sobrio e al massimo delle tue
capacità” gli aveva
chiesto, rendendosi conto lui stesso di quanto suonasse patetico.
Una
risata di scherno da Sebastian.
“Te
lo dissi il primo giorno: torna dai tuoi amichetti. Questo non
è posto per te,
mai stato”.
Specificò
e Kurt restò immobile ad osservarlo fin quando la porta non
fu sbattuta alle
sue spalle.
Rientrò
in auto, lo sguardo velato nello scrutare la sagoma di quella che, fino
a pochi
istanti prima, era stata la culla dei suoi sentimenti. Di una parvenza,
di una
speranza mai proclamata e molto prima la culla stessa di illusioni e di
menzogne. A se stesso più che a chiunque altro.
La
gelida consapevolezza di aver perso ciò che non aveva mai
accettato di poter
avere.
Se ti lasciassi vincere? Se
facessi la cosa giusta?
Se mi arrendessi? Se
ci volessi provare?
Se tu cogliessi una
possibilità? Se imparassi ad amare?
E se, se iniziassimo
di nuovo?
Il vuoto dentro di me,
mi chiedo se lo vedi.
È il mio
errore e mi sta ferendo.
So dove siamo stati,
come siamo potuti arrivare così lontano?
E se, se iniziassimo
di nuovo?
Tutto questo tempo
posso renderlo non vano.
Con un altro
tentativo, possiamo iniziare di nuovo?
Nei miei occhi puoi
vederlo ora.
Possiamo iniziare di
nuovo? Possiamo iniziare di nuovo?
Sono perso dentro il
dolore che sento senza di te.
Non riesco a smettere
di tenermi aggrappato, ho bisogno che tu sia con
me.
Sono intrappolato
dentro il dolore
Potremmo mai iniziare
di nuovo?
Sono perso senza di te.
Can
We Start Again? – Red
Finale davvero amaro, credo si intoni
a questa pioggia tornata ad abbattersi dopo due giorni di pausa, ma
spero non
me ne vogliate troppo e di essere riuscita a trasmettervi qualche
emozione,
aiutata da questi splendidi brani.
E magari di farvi sorridere con
qualche piccolo spoiler:
[Nel prossimo capitolo]
“A meno che il tuo
orto di patate non
abbia qualche cetriolo, non gli interessi, nasona”.
“Sta
zitto e suona” “Il solito
vanesio” “Ma non si chiamava Sebastian?!”.
“Certo,
Brillantina è tutta un’altra
storia”.
Non
mi resta che augurarvi un buon weekend!
Un
saluto a tutti,
Kiki87
|
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Capitolo 8 *** Capitolo 7 ***
Buon Venerdì a tutti, niente mette più
di buon umore di una
settimana (o quasi) di buon tempo: ed è sempre un piacere
tornare su queste
pagine per l’aggiornamento.
Come sempre, voglio ringraziare tutti coloro che leggono,
che hanno inserito la fan fiction tra seguite/ricordate e preferite. In
modo
particolare chi mi dedica un po’ di tempo anche per
condividere con me le sue
impressioni: niente rende più soddisfacente.
Grazie mille a Giulia
e una dedica per le mie Blaine
e Sebastian
per il sostegno quotidiano ♥
Non vi rubo altro tempo e vi auguro buona lettura :)
L’orologio rotto
è un conforto,
mi aiuta a dormire la
notte.
Forse può
fermare il domani
dal rubarmi tutto il
tempo.
E sto ancora
aspettando qui,
seppure ho ancora
molti dubbi.
Sei entrato nella mia
testa,
ho cercato di restare
in guardia.
Ma sono un libro
aperto invece
e vedo ancora il tuo
riflesso
nei miei occhi.
Sto cadendo a pezzi,
respiro a fatica,
con un cuore infranto
che
sta ancora battendo.
Dal dolore
c’è
guarigione.
Nel tuo nome
c’è
un significato.
Allora sto resistendo,
trattengo il respiro
per te.
Broken
- Lifehouse
Ciò
che ci teniamo nascosto dentro diventa veleno e ci fa del male:
più siamo segreti, più diventiamo malati.
(Andrea Gasparino)
Capitolo 7.
Si
poteva avere l’erronea concezione che, dopo il primo esordio
in pubblico, non
vi fosse più alcun timore di esibirsi di fronte ad una
platea. Non era
sicuramente lo stato d’animo di Kurt che, al contrario degli
altri, necessitava
di qualche istante di solitudine e di concentrazione prima di poter
salire sul
palco. Porre da parte l’emozione, il timore e tutto il resto
e provare a
lasciare che la musica compiesse la sua metamorfosi. In quel momento,
tuttavia,
sostava immobile: osservava distrattamente Rachel alle prese con il suo
discorso di auto-incoraggiamento di fronte allo specchio, seguito da
gorgheggi
degni di una cantante lirica.
Era
stato comunque liberatorio poter ingannare il tempo aiutando gli altri
del Glee
Club e così aveva già riassettato i loro abiti o
aiutato le ragazze a ripassare
il make-up o trovare la giusta sfumatura di fondotinta che fosse
compatibile
all’incarnato di ogni fanciulla e anche di qualche ragazzo
per nascondere le
impurità del viso.
Ma
era di se stesso che si stava occupando in quel momento mentre cercava
di
acconciare il ciuffo sollevato dei capelli: lo stava ancora fissando
con
ingente quantità di lacca, dopo averlo già
sottoposto a una piega con phon e mousse
per capelli.
Vi
era un motivo ben preciso per il quale fosse particolarmente restio
prima di un’esibizione:
era la sensazione del mettere a nudo la propria anima, persino quando
il suo
ruolo sarebbe stato marginale e avrebbe dovuto sorbirsi
l’ennesimo assolo di
Rachel, coronato da qualche acuto occasionalmente prestato da Mercedes
o da
Santana.
Doveva
riconoscerle, tuttavia, che l’idea di scrivere brani
originali fosse stata
brillante ma una parte di sé, malgrado quel momento cruciale
fosse così vicino,
non riusciva a sentirsi completamente partecipe dello stato
d’animo delle Nuove
Direzioni.
Il
suo pensiero era ancora ed inevitabilmente ancorato a Sebastian e a
quell’ultimo istante prima che si allontanasse, in quello che
appariva come un
vero e proprio addio.
Cercò
di ricacciare il pensiero, soprattutto le parole pronunciate da
Sebastian molto
prima che fosse in grado di accettare quella realtà: quel
sogno che era
divenuto fastidiosamente ricorrente, quasi a sottolineare la sua colpa.
“Ci cerchiamo e ci
allontaniamo ma
sempre insieme. Sempre in lotta contro noi stessi eppure mai sconfitti
e mai
vincitori.
Siamo attrazione e lotta, una
continua… estenuante… lotta fino alla fine, per
poi ricominciare all’infinito
perché è per questo che siamo perfetti”.
Non
vi era più alcuno struggente preambolo con l’addio
tra Blaine e Rachel ma ogni
volta che si avvicinava il momento in cui Sebastian avrebbe dovuto
avvincerlo a
sé, sembrava dissolversi come una nuvola di fumo,
lasciandolo solo in una
stanza in bianco e nero e con l’eco di quelle parole che
rimbalzavano tra le
pareti della sua mente, prima di svegliarsi bruscamente.
Pronunciando
lui stesso quelle ultime parole:
“Tutto quello che ti
ho detto
succederà ma potrebbe essere troppo tardi”.
Ironico
come quell’avvertimento fosse stato profetico ma, in fondo,
doveva ancora
ammettere, era stato lui a determinarlo con la sua fuga, e non avrebbe
potuto
biasimare Sebastian nell’aver percepito tale gesto come un
rifiuto.
Scosse
il capo, ancora una volta, un nodo in gola al pensiero che quello
stesso
giovane si trovasse da qualche parte in quello stesso edificio e in
quello
stesso momento. Non aveva idea di come avrebbe reagito se, casualmente,
lo
avesse incontrato: sarebbe stato già difficile osservare la
performance dei
suoi amici e non focalizzarsi
esclusivamente su di lui, per quanto ciò potesse essere
controproducente ai
suoi nervi.
“SPIE!
SPIE!”.
Fu
lo strillo di Rachel a riscuoterlo e tutti i membri delle Nuove
Direzioni si
volsero all’ingresso del camerino e Kurt sgranò
gli occhi alla vista di Nick e
Jeff. Il primo aveva sollevato le mani quasi a mo’ di resa e
rassicurazione,
sorridendo pacatamente ma Jeff aveva sbuffato, fissando la moretta.
“Non
siamo spie!” aveva ribattuto indignato. “Siamo
venuti a salutare Kurt!”.
L’aria
imbronciata si affievolì appena scorse Mercedes e la
riconobbe: sollevò la mano
e l’agitò allegramente per salutarla.
Ignorando
gli sguardi sospettosi di Rachel – evidentemente stava
risparmiando la voce per
il momento cruciale – si era alzato rapidamente per
abbracciarli entrambi con
foga.
“Disturbiamo?”
sulla soglia, apparve Blaine che sembrò irradiarli tutti con
un sorriso e lo
sguardo ambrato che si posava su alcuni di loro che, riconoscendolo
dall’ultimo
incontro, lo accolsero con maggiore complicità.
“Certo
che no” aveva risposto, Rachel, improvvisamente arrossita,
lasciando cadere la
spazzola per poi rivolgergli il suo sorriso più accattivante.
“A
meno che il tuo orto di patate non abbia qualche cetriolo, non gli
interessi, nasona”
commentò Santana distrattamente
mentre sistemava le pieghe del vestito e studiava il proprio riflesso
da più
angolazioni.
“E’
vegetariano?” chiese Brittany, alle sue spalle, sbattendo le
palpebre: il
mascara tra le dita che Kurt avrebbe dovuto sottrarle prima che
combinasse
qualche pasticcio.
“Davvero,
Blaine?” fu la replica di Jeff. “Non lo
sapevo”.
Kurt
rise, la prima vera risata da quel giorno mentre Blaine scuoteva
bonariamente
il capo ma si volse all’amico per abbracciarlo a sua volta.
“Ho
in mente qualche battuta sui gay” evidentemente Santana
doveva essersi
specchiata abbastanza da comprendere fosse favolosa, perché
estrasse la sua
proverbiale agenda ma fu Sam a riscuoterla facendo cenno di evitare e
trattenendola a sé.
Kurt
fece cenno ai tre di seguirlo ed uscì insieme a loro: non fu
sorpreso del fatto
che non indossassero alcun costume. Conosceva bene, infatti, le
tradizioni
della Dalton. Quel giorno, se fosse stato ancora tra loro, avrebbe
potuto
risparmiarsi i patemi d’animo o le irritazioni cutanee
procurate dagli abiti
cuciti alla meno peggio dai membri delle Nuove Direzioni.
“E’
bello rivedervi” aveva sussurrato, infine, Kurt, una volta
che furono soli.
“Non
potevamo certo sederci in platea senza farti gli auguri” fu
la replica di
Blaine e gli altri due annuirono prontamente, lo stesso sorriso
caloroso prima
che Jeff si rivolgesse al suo inseparabile amico.
“Ma
tanto vinceremo noi, vero Nick, vero?”
lo stava strattonando per il braccio come un bambino che voleva
convincere il
genitore a portarlo al luna park ma quest’ultimo gli sorrise
con la consueta
dolcezza.
“Noi
faremo comunque il tifo per te” rispose, osservando
l’ex compagno di camera.
Kurt
sospirò.
“Siete
davvero molto dolci” era qualcosa di struggente e
meraviglioso come riuscissero
a commuoverlo con così pochi gesti che riuscivano ad
entrargli nel cuore come
una tenera promessa che quei tempi non sarebbero stati messi da parte.
“E
tu, come stai?” aveva chiesto Blaine in tono più
sussurrato e poteva essere
certo che non fosse una domanda di proforma, visto come lo stava
scrutando
attentamente, quasi volendo cogliere anche qualcosa di non
detto, consapevole che quella non proclamata era la vera
risposta.
“Sto
bene” sussurrò ma né Nick né
Blaine sembrarono convinti: il primo poteva anche
basarsi sul racconto di quell’incontro con Sebastian.
C’era di buono che, da allora,
il giovane non aveva smesso di uscire ma riusciva a tornare
autonomamente (e
sobrio!) e il suo impegno nel canto non era mai mancato.
“Dagli
tempo” lo esortò Blaine, senza bisogno di altre
specificazioni. “Il solo
alludere a te lo fa imbronciare” spiegò ma Kurt
non ne incrociò lo sguardo: un
nervo vibrò sulla sua mascella ma strinse le braccia al
petto.
“Sebastian
può avere tutto il tempo che vuole: la mia fuga ha deciso
per entrambi e lui lo
sa benissimo” cercò di dire con voce ferma e
sicura, quasi persino altezzosa
nel nascondere il suo reale stato d’animo.
Vide
Blaine e Nick scambiarsi uno sguardo – non è che
parlavano di lui e di
Sebastian nel tempo libero? – ma prima che Kurt potesse
interrogarli al
riguardo, fu annunciato il turno delle Nuove Direzioni.
“Buona
fortuna, Kurt!” esclamarono di nuovo i tre cingendolo uno
alla volta prima di
sorridere anche agli altri membri delle Nuove Direzioni ai quali Kurt
si unì.
~
La
loro esibizione sarebbe stata completamente atipica nel panorama
musicale di
quella competizione: soprattutto l’avvalersi della decisione
di esibirsi con
canzoni che erano state scritte dai membri stessi. Seppur probabilmente
si
sarebbe pentito di non aver potuto ascoltare la performance in classe
di
“Trouty Mouth”;
mentre osservava
Rachel, sola, al centro del palco, non avrebbe mai immaginato che dalle
sue
emozioni e dai suoi deliri potesse comporre un brano di simile
delicatezza ed
intensità. Soprattutto, lo aveva considerato con occhi
lucidi, non credeva
avrebbe potuto scorgere in ella qualcosa di vagamente simile al suo
stato
d’animo: la sensazione di star toccando il fondo e che,
qualunque cosa avesse
fatto, avrebbe soltanto potuto sbagliare e cadere nel baratro, perdendo
ogni
cosa.
Prima
di tutto se stessi.
Cosa
puoi fare quando il tuo meglio
non è abbastanza?
E
qualunque cosa tocchi si rompe?
Perché
le mie migliori intenzioni
fanno solo guai,
voglio
solo aggiustare le cose in
qualche modo.
Ma
quanti tentativi occorreranno?
Quanti
tentativi occorreranno prima
di fare la cosa giusta?
Soprattutto,
si domandava, avrebbero avuto l’occasione di rimediare ai
loro errori? Oppure
essi li avrebbero annientati giorno dopo giorno, con la consapevolezza
di
essere gli unici responsabili del crollo del loro castello di carta. Ci
sarebbe
stata l’occasione di una riparazione? Di riconciliarsi con se
stessi, anche
dopo aver preso atto che tutto stesse cambiando e che persino le paure
e
l’indecisione erano risposte concrete a qualcosa di molto
più vasto. Qualcosa
da cui continuare a fuggire.
Ma,
dopotutto, soltanto quando si cadeva e si perdeva tutto quanto, si
aveva la
possibilità di rimettersi in piedi: ricucire i propri sogni
con o senza chi li
aveva concretizzati. Con o senza il proprio orgoglio ma soltanto
mettendosi di
fronte al proprio bisogno.
Allora
solleverò i pugni, colpirò
l’aria.
E
accetterò la verità: la vita non è
sempre giusta.
Sì,
esprimerò un desiderio, farò una
preghiera
e
alla fine qualcuno capirà quanto mi
importa.
Aveva
dovuto asciugare gli occhi ma si era unito agli applausi scroscianti
della
platea, prima che calasse il silenzio. Notò solo
distrattamente Mr Shue
invitarli a prendere posto sul palco mentre la musica che li
accompagnava era
di tutt’altro genere, pronti a coinvolgere gli spettatori: se
prima erano le
emozioni che venivano scosse, quel brano avrebbe dovuto puntare
sull’energia e
sulla coesione di gruppo. Sulla fierezza di essere se stessi ed essere
accettati in virtù di questo.
Soltanto
allora aveva scorto la distesa dei Warblers che seguivano
l’esibizione, alcuni
persino muniti di gadget sportivi per un vero e proprio tifo da stadio. Ben presto si levarono
tutti, coinvolti dalla
musica a ballare insieme alle Nuove Direzioni e gran parte del
pubblico. Quasi
tutti: Sebastian, al centro della fila, accanto a Blaine,
levò uno sguardo
infastidito ai compagni ma non si mosse e neppure incrociò
mai il suo sguardo.
L’unico
che sembrava completamente estraneo ed indifferente alla situazione;
l’unico
del quale avrebbe disperato un qualsiasi gesto.
Probabilmente
non gli avrebbe concesso la possibilità di scusarsi
realmente o di ammettere di
fronte a lui il proprio rincrescimento e probabilmente sarebbe stato
l’equo
prezzo da pagare, una sorta di compensazione di ciò che
aveva innescato lui
stesso.
Probabilmente
sarebbe stata l’ultima volta in cui si sarebbero incrociati e
forse non aveva
più neppure diritto di replica. Ma forse ciò era
soltanto uno stimolo a non
arrendersi perché prima o poi avrebbe potuto fare la cosa
giusta.
~
Le
Nuove Direzioni presero posto in platea, laddove poco prima sedevano i
Warblers: la soddisfazione ancora aleggiava su tutti i membri, soltanto
Kurt si
sentiva come estraneo a tutta quella situazione, quasi la stesse ancora
osservando dall’esterno. Mai si era sentito così
poco parte dello spirito di
gruppo, così indifferente a qualunque fosse stato
l’esito della competizione.
Applaudirono
tutti educatamente quando Blaine, di fronte al coro, prese parola con
il
microfono per presentare il loro numero: in qualità di
Capitano fu suo il primo
assolo in una straordinaria cover dei Queen “Don’t
Stop Me Now” nella quale
diede sfoggio delle sue straordinarie qualità di cantante e
di pianista, mentre
il gruppo si esibiva in una coreografia ben abbinata al ritmo
coinvolgente. All’ammirazione
degli avversari si mescolava la soggezione, confermando il sospetto:
erano
proprio i giovani della Dalton ad essere il nemico con cui competere
per
l’assegnazione del titolo.
Seppur
si fosse alzato a sua volta, Kurt non riuscì a lasciarsi
completamente
avvincere dall’energia del brano: aveva osservato gli sguardi
di Nick e Jeff e
la serenità con cui sembravano far riferimento
l’uno all’altro, persino in quel
momento; fu piacevolmente avvinto dalla scioltezza dei movimenti di
Sebastian
che guidava la coreografia come un leader naturale ed affermato che si
era
presto avvalso della stima di tutti gli altri ed era evidente tale
sintonia a
rendere il tutto ancora più perfetto.
Quando
il silenzio scese nuovamente, dopo una fragorosa standing ovation, i
Warblers
si disposero nuovamente ordinati e in riga ma Blaine rimase seduto al
pianoforte e si sporse al microfono.
“Il
secondo brano è stato scelto dal mio co-capitano, Sebastian
Smythe: in realtà
non era previsto nella scaletta originale ma dal momento che non
è
assolutamente un tipo romantico-“. ammiccò verso
il pubblico e Sebastian, di
fronte ai compagni, gli volse uno sguardo schifato.
“Sta
zitto e suona” lo rimproverò aspramente di fronte
al microfono e il pubblico
sembrò dividersi tra il divertimento di un simile alterco
poco professionale e
lo stupore.
Rachel
levò gli occhi al cielo, affondando nella poltroncina e
incrociando le braccia
al petto.
“Il
solito vanesio” commentò saccente ma Kurt non la
stava ascoltando: in realtà
sembrava completamente alienato dalla situazione. Neppure si avvide di
Brittany
che si era sporta al suo orecchio, visibilmente confusa.
“Ma
non si chiamava Sebastian?” aveva chiesto ingenuamente.
Seppur
lui lo stesse volontariamente ignorando, lo sguardo corse allo stesso
Sebastian, il cuore in tumulto e il respiro convulso: aveva la
sensazione che
quella stessa canzone, scelta da lui (e non avrebbe mai ringraziato
abbastanza
Blaine che, lo sapeva!, doveva aver
pronunciato quelle parole a suo
beneficio), contenesse molte risposte, alcune persino di domande che
non
avrebbe avuto il coraggio di proferire ad alta voce.
Attese,
il respiro trattenuto al diffondersi della melodia mentre,
ordinatamente, i
compagni di corso abbandonavano la platea.
In un giorno come oggi
ti
ho guardato e
e
ho visto qualcosa accadere:
tu
fissavi il cielo.
La
voce di Sebastian era vellutata, quasi una carezza sussurrata alla
brezza
estiva: non avrebbe mai immaginato che nel canto potesse esprimere una
tale
dolcezza in versi, qualcosa che sembrava andare ben oltre la sua
apparenza
tracotante ed arrogante. Ma era probabilmente l’incanto della
musica nel
lasciar emergere anche sfumature altrimenti oscurate e Sebastian non
faceva
eccezione. Avrebbe voluto socchiudere gli occhi e lasciare che la
melodia e il
brano parlassero per lui ma la verità che non avrebbe mai
voluto perdersi
qualcosa di quel momento o del giovane.
Se
era vero che il canto era, da sempre, un modo di esprimere il proprio
stato
d’animo, la sola scelta della canzone sembrava dire
ciò che non gli avrebbe mai
sentito pronunciare a voce.
Si
sporse quasi dalla poltroncina, persino Rachel sembrò non
trovare una critica:
almeno per i primi cinquanta secondi della sua performance.
Ho
visto che eri stufo
dei miei malumori.
Se solo sapessi come mi sento,
mi piacerebbe davvero dirtelo.
Non
sapeva cosa fosse: l’intensità del brano o la voce
di Sebastian in quei pochi
versi che sembravano esprimere un reale dolore e una mancanza.
Sentì gli occhi
farsi più lucidi e disperò che Sebastian aprisse
i propri e potesse davvero
contemplarlo in quel momento, schiudergli il cuore ancora
più di quanto non
stesse rischiando di fare in quel momento.
Disperando
non solo di trovare le parole di Sebastian ma persino una parte di
sé, perché
- e questo era
stato assurdamente chiaro
in quel momento – nessuno aveva mai capito qualcosa di loro o
di se stesso, più
di quanto Sebastian era stato in grado per tutta la sua permanenza alla
Dalton.
Non
erano mai state le sue parole pronunciate ma gesti e sguardi, quel non
detto e
quel segreto: non un bacio sotto il vischio ma molto, molto di
più.
Ma
sembra che non sia mai riuscito a
dire
le cose che avevo bisogno di
dire.
In un giorno come oggi,
altre parole non
funzionerebbero.
Non
stava cantando per la competizione e forse neppure cercando un perdono
o un
pretesto ma era forse la parte più difficile:
l’accettazione di se stessi,
qualcosa con cui lui stesso continuava a scontarsi giorno dopo giorno.
Aveva
gli occhi lucidi e neppure cercava di nascondere le lacrime che
scivolavano
lungo il volto, neppure osservò il sorriso di
incoraggiamento di Blaine, lasciò
che quel dolore sordo trovasse espressione, sentendolo più
vicino che mai
malgrado fossero separati. Sentendo che quel momento fosse soltanto
loro e quel
brano fosse un’espressione di loro stessi, qualcosa che li
avrebbe uniti da
quel momento in poi, persino se le loro strade non si fossero
più incrociate.
Ignorò
la stretta della mano di Mercedes e gli sguardi preoccupati o confusi
degli
altri membri delle Nuove Direzioni: sentì il respiro venir
meno quando, agli
ultimi versi, sottolineati dalle note di Blaine, Sebastian finalmente
schiuse
gli occhi e lasciò andare le ultime parole in un sussurro
velato. In uno
sguardo che si perse in un punto indefinito, senza tuttavia incrociare
il
proprio.
Non
riesco a trovare le parole da
dire.
E
non so perché.
Una
resa forse, un ultimo addio e Kurt non attese che gli applausi
riempissero la
sala e tutti si levassero ad esprimere il loro favore. Si mise in
piedi,
profittò della confusione per uscire dalla propria fila,
ignorando il richiamo
di Mercedes ed uscì rapidamente dall’auditorium,
per poi trovare rifugio nei
camerini.
Si
lasciò cadere lungo la parete, le ginocchia raccolte al
petto: come quando da
bambino ancora cercava un anelito della presenza della madre,
nascondendosi
anche per ore intere in un armadio i cui vestiti sembravano trattenerne
un’essenza. Qualcosa cui era stato difficile rinunciare
quando la famiglia
Hummel-Hudson si era trasferita in una casa più grande.
Si
sentiva smarrito e solo, proprio come quel bambino ancora troppo
piccolo e
fragile per comprendere ad accettare i misteri della vita.
Non
frenò più le lacrime e lasciò che
anche i singhiozzi sgorgassero senza più
trattenere nulla di ciò che ne metteva il cuore in simile
agitazione.
~
Non
seppe quanto tempo fosse passato: se fu questione di pochi istanti nei
quali
nessuno avrebbe potuto avvedersi o qualcosa di prolungato. In quel
momento, non
sentiva di aver forza per far altro che lasciar sfogare quella
sofferenza e
lasciare che lo annientasse nel profondo: c’era qualcosa di
quasi consolante
nel sentire il cuore frantumarsi. Sembrava un ottimo pretesto per
restare
immobile a raccogliere i cocci della propria autostima e del proprio
autocontrollo e lasciare che semplicemente tutto gli gravasse addosso,
senza
opporre resistenza.
Neppure
si era avveduto del padre che, l’espressione preoccupata e le
braccia
incrociate al petto, si era appoggiato allo stipite della porta: aveva
notato
soltanto distrattamente che quel giorno aveva rinunciato alle sue
camicie da
taglialegna e i terribili berretti ma indossava quello che sembrava uno
smoking
completamente nuovo, sicuramente era stata premura di Carole che quel
giorno
fosse elegante per sostenere i figli.
“Quindi
è lui” non sembrava una domanda ma quando Kurt,
gli occhi arrossati, levò lo
sguardo ed annuì, sospirò quasi con fare affranto
ma consapevole.
Si
era passato una mano sul capo, in un gesto che Kurt gli vedeva fare
molto
spesso quasi lo aiutasse a trovare le giuste parole da esprimere.
Era
entrato nella stanza, e si era fermato di fronte a lui, le mani
affondate nelle
tasche dei pantaloni e cercò di abbozzare un sorriso appena
più ironico.
“Certo,
Brillantina è tutta un’altra storia”
esordì quasi volesse smorzare la tensione
o riuscire, in qualche modo, a lenire quel dolore o persino permettere
che il
figlio potesse tornare in sé e reagire. Aveva sospirato,
appoggiandosi con la
schiena alla stessa parete lungo la quale Kurt si era lasciato
scivolare al
pavimento e rilasciò l’ennesimo sospiro prima di
guardarlo attentamente.
“Ma
se quella canzone era per te, credo tu abbia tutte le risposte che non
ti ha
dato di persona” la sua voce era limpida e stava asserendo
quelle parole come
altre verità nascoste che Kurt non aveva ancora passato al
vaglio, non nel modo
giusto.
“Ora
sta a te a decidere”.
Seguì
un lungo silenzio ma quelle parole, per qualche motivo, probabilmente
non
furono neppure impregnate di conforto. Al contrario, ancora una volta
Kurt
sentiva che tutte le responsabilità gravavano sulle sue
spalle ed era meno che
mai propenso a prendere la situazione tra le mani ed agire. Sarebbe
stato tutto
molto più semplice se, ancora una volta, fosse stato
Sebastian a prendere
l’iniziativa.
Lo
avrebbe lasciato fare quella volta?
Aveva
scosso il capo nell’incrociare lo sguardo del padre,
scostando le lacrime dalla
guancia ma parlò nuovamente con voce gutturale e tremula.
“Ho
rovinato tutto” asserì come se ciò
fosse un dato di fatto che avrebbe
condizionato qualsivoglia tentativo di cambiare le cose, se non
decidere,
infine, di arrendersi a ciò che stava accadendo e accettarlo
completamente.
“Allora
non hai nulla da perdere” fu la pronta replica di Burt che,
ancora una volta,
non si lasciava condizionare dal suo atteggiamento di resa o di timore
ma volgeva
i suoi consigli ad una soluzione concreta, perché si
avviasse ad essere l’uomo
che riusciva ad intravedere persino nelle sue fragilità.
Soprattutto quel
timore di essere realmente amato e di imparare ad amare qualcuno che
non fosse
il suo convenzionale sogno.
“Non
mi sembra ti abbia dedicato una canzone d’odio come quella
biondina country che
ha vinto tutti quei non-ricordo-cosa dopo esser stata
scaricata”.
Kurt
aveva sbattuto le palpebre.
“Stai
parlando di Taylor Swift, per caso?”
un vago sorriso
ironico nel potersi concentrare su quel mero dettaglio quasi a
tergiversare
anziché agire e Burt si limitò a scrollare le
spalle, evidentemente
disinteressato alla questione di per sé.
“Fa
davvero differenza, figliolo?” sembrava che gli stesse
chiedendo ben altro a
giudicare dallo sguardo d’intesa che corse tra i due: come
sempre non erano
importanti soltanto le parole che venivano effettivamente pronunciate
perché si
comprendessero. Vi era ben altro.
Kurt
si strinse nelle spalle, sollevandosi lentamente.
“Cercavo
di prendere tempo” ammise, una mano che corse a sfiorarsi i
capelli e ravviarli
nervosamente ma Burt gli appoggiò la mano sulla spalla e lo
guardò dritto negli
occhi.
“Ne
hai avuto, Kurt, e io credo che tu sappia perfettamente cosa devi
fare” non avrebbe
potuto mai mentirgli mentre lo guardava negli occhi e con tale
serietà e
preoccupazione, ancora una volta resosi conto di quanto quel pilastro
nella sua
vita fosse fondamentale alla sua serenità. Di quanto non
avrebbe mai potuto
rinunciare a quella presenza, per quanto potesse lottare con il mondo
per
realizzare i suoi sogni più ambiziosi o trovare
l’amore della sua vita.
Aveva
annuito ma ciò non sembrava, tuttavia, essere ancora
sufficiente perché si
morsicò il labbro inferiore.
“Ho
paura” sussurrò e per un istante parve lo stesso
bambino che correva tra i
corridoi bui della propria camera, cercando il padre e facendolo
accorrere alla
prima minaccia di un presunto mostro che gli impedisse di dormire. E
poco
importasse che si improvvisasse ghostbuster o un cacciatore di alieni o
creature fantasy, quasi sempre il suo abbraccio era l’unica
consolazione o il
saperlo vicino fin quando non si sarebbe addormentato.
“Non
sparirà” convenne in tutta sincerità,
stringendogli maggiormente la spalla. “Ma
la tua vita continuerà a scorrerti accanto, se tu non la
dirigerai, Kurt.
Realizza
la tua favola o creane una a vostra misura. Ma basta nascondersi
e-“.
“Basta
segreti”
Terminò
Kurt per lui: per quanto sembrasse concentrarsi sulle sue parole, su
quell’ultimo
e prezioso consiglio; in quel momento sembrò giungere lui
stesso ad una
conclusione, dopo aver rivalutato tutto ciò che era
accaduto, quando tutto era
iniziato.
Quando
il segreto non era stata l’arma di Sebastian per ricattarlo e
piegarlo al suo
volere, ma un’estenuante tortura con la quale aveva quasi
rinunciato alla sua
libertà d’amare.
Burt
lo scrutò a lungo ma sospirò, il viso inclinato
di un lato.
“Non
sono tanto sicuro di voler conoscere i retroscena senza la mia poltrona
o una
tequila” affermò e, malgrado tutto, Kurt emise una
risata ma si sporse a
stringerlo e affondò per un lungo istante contro la sua
spalla sulla quale
aveva trovato conforto più volte.
Indugiò
in quel momento, quasi quello necessario a raccogliere coraggio e
determinazione, sorridendo quando le braccia del padre lo trattennero
con
fermezza.
“Grazie
papà”.
Gli
aveva sorriso, Burt, ma lo scostò delicatamente da
sé e ne sfiorò la guancia.
“Vai,
è ora che il sipario si apra davvero”.
~
L’entusiasmo
e la realizzazione della loro splendida performance era palpabile ma
sembrava
completamente estraneo a tutto quel sentimento di cameratismo e
l’ottimismo che
serpeggiava a dire che, finalmente, la Dalton Academy avrebbe avuto il
riconoscimento che meritava. Certo, l’iniziativa del McKinley
non era stata
indifferente e aveva ammesso lui stesso che la mossa era parsa
strategica ma
avrebbe potuto giurare di esser riuscito a catturare
l’attenzione generale e
che quel pezzo più malinconico fosse riuscito a incantare la
platea,
soprattutto dopo un’esibizione molto più frizzante
come quella di Blaine.
Si
era imposto di riflettere in quei termini: presto avrebbero proclamato
la
scuola vincitrice, a quel punto avrebbe lasciato
quell’auditorium e tutto
sarebbe finito; strinse le mani nei pugni nascosti dentro le tasche del
blazer.
Non
avrebbero avuto reale bisogno di camerini non avendo costumi di scena
ma aveva
comunque desiderato ritirarsi per quegli istanti prima di essere
chiamati per
conoscere il verdetto dei giudici.
Soltanto
il tempo necessario per tornare ad essere completamente se stesso,
quasi avendo
parvenza di aver lasciato andare molto, troppo di sé, con
quel brano.
Varcò
la soglia della stanza ma lì rimase con occhi sgranati nello
scorgere quella
familiare fisionomia: Kurt Hummel era seduto sulla panchina e
sollevò gli occhi
cerulei quando sentì lo scalpiccio di passi. Appariva
nervoso: gli occhi erano
arrossati e gonfi a testimoniare un recente pianto e sembrò
immobilizzarlo con
lo sguardo, quasi disperando, forse, di poter scorgere qualcosa che lo
incoraggiasse ad alzarsi.
Si
limitò ad attraversare la stanza e volgergli le spalle per
raccogliere la
propria borsa: lo sentì mettersi in piedi ma quel silenzio
che seguì lo fece
soltanto ulteriormente incupire. Poteva immaginarlo fermo alle proprie
spalle, nell’atto
di morsicarsi il labbro e scrutarne le scapole, probabilmente
necessitando di
qualche parola gentile o un incoraggiamento.
Sorrise
ironico tra sé, tergiversando con la propria borsa prima di
gettargli appena
un’occhiata con la coda dell’occhio.
Scrollò le spalle con finta indifferenza.
“Se
credi che te l’abbia dedicata, potrei offendermi”
esordì e non si sarebbe
sorpreso di sentirlo trasalire o di percepirne il verso di sorpresa o
persino
imbarazzo. Quando così non fu, aggrottò le
sopracciglia ma continuò a parlare
con tono volutamente indifferente.
“Non
sono io a cantare jingle pubblicitari nei cortili delle scuole
pubbliche” una
frecciatina volta ai metodi di dichiarazione poco convenzionali di
Blaine
Anderson, qualcosa che probabilmente gli avrebbe fatto sciogliere il
cuore.
Qualcosa che testimoniasse come fosse proprio
lui, il suo tipo ideale. Quello da cui avrebbe voluto essere
ricambiato, quello da cui avrebbe atteso una reale dichiarazione degna
di una
scena da musical strappalacrime.
Non
sembrava ascoltarlo, Kurt, tanto che, di fronte a quel silenzio
prolungato, si
volse ad osservarlo: lasciò cadere lo zaino con pacata
indifferenza e affondò
le mani nelle tasche del blazer, le sopracciglia inarcate.
Fu
allora che sembrò notare che il giovane che aveva di fronte
era lo stesso che
aveva abbandonato fuori dalla Dalton dopo quelle parole ingloriose, lo
stesso
che era schizzato fuori dall’auditorium in quella che
appariva una femminea
crisi di pianto; ma, al contempo, diverso
nell’intensità di quello sguardo con
cui sembrò letteralmente fermarlo sul posto.
Quasi
impedendogli di compiere un’ulteriore mossa o di schernirlo,
adesso che lo
stava guardando dritto negli occhi.
Quasi
comprendesse, persino in quel silenzio, che tutto stesse cambiando e si
rendesse conto che non aveva davvero preventivato quel momento.
“I
segreti sono fatti per essere svelati”.
Aveva
sussurrato, infine, e lentamente il viso sembrò illuminarsi
per il sorriso che
ne fece distendere i lineamenti di porcellana, nello sfolgorio che ne
attraversò le iridi mentre compiva un passo in avanti.
Trattenne
il respiro, Sebastian, apparentemente indifferente ma lasciò
che Kurt si
avvicinasse e non sembrò trovare una risposta. Non una
immediata almeno.
Forse
un altro segreto era l’insperata attesa che pronunciasse
quelle parole.
Lo so, questo capitolo è
forse il
più breve (ma la revisione è stata infernale
°-°) e la conclusione è stata
sadica da parte mia, ma mi farò perdonare con il prossimo,
è una promessa ;)
Intanto, giusto per stare in
tema, qualche piccola anticipazione:
[Nel
prossimo capitolo]
“In
realtà… è una lunga storia”
“…condita
di sfumature thriller”.
“Hai
ben appreso, mio Padawan”
“Che
l’amore sia con voi, ora e
sempre”.
“Non
sono mai stato così felice e ho
paura di rovinare tutto”.
Non
mi resta che augurarvi un buon weekend, appuntamento a Venerdì
3 Maggio.
Un
abbraccio a tutti,
Kiki87
Per ascoltare il brano: qui
Per chi non lo ricordasse, si tratta della canzone che Santana aveva
scritto in
“onore” di Sam: “Bocca di
Trota” in quanto in questo periodo si frequentavano (My
Samtana Feelings ;____;).
Traduzione di alcuni versi della canzone originale: “Get It
Right”.
Promemoria: il secondo brano originale era “Loser Like
Me”.
So di aver espresso più volte il mio favore per questo
gruppo ma vi consiglio
caldamente l’ascolto di questo brano, tra i più
delicati e suggestivi della
discografia dei Keane.
“On a
Day like today”.
Per ascoltarlo e vedere il testo originale: qui
Non me ne vogliano i fan della cantante ma sapete quanto Burt sia poco
conoscitore del mondo dello spettacolo e cerchi sempre di sollevare
Kurt anche
in modo più scherzoso :P
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Capitolo 9 *** Epilogo ***
Perché c'era
qualcosa, tra quei due, qualcosa che in verità doveva
essere un segreto, o qualcosa di
simile. Così era difficile capire ciò che si
dicevano e come vivevano, e
com'erano. Ci si sarebbe potuti sfarinare il cervello a cercar di dare
un senso
a certi loro gesti. E ci si poteva chiedere perché per anni
e anni. L'unica
cosa che spesso risultava evidente, anzi quasi sempre, e forse per
sempre,
l'unica cosa era che in quel che facevano e in quello che dicevano e in
quello
che erano c'era qualcosa - per così dire - di bello.
Non ci si capiva quasi
niente, ma almeno quello lo si capiva.
Dal libro "Castelli di
Rabbia" di Alessandro Baricco.
Epilogo.
“I
segreti sono fatti per essere
svelati”.
Quelle
parole sembrarono congelare la stanza: un orologio che aveva
improvvisamente
smesso di ticchettare. La realtà stessa sembrava essersi
cristallizzata, quasi
la tacita consapevolezza che quello era il momento
decisivo.
Uno
di quei momenti nei quali le parole pronunciate o ascoltate cambiano
inevitabilmente chi le pronuncia e chi le ascolta; momenti di cui si
compone
l’esistenza umana.
Stavano
esattamente vivendone uno così ma, al contempo, era tutto
diverso perché, da
quell’istante in poi, avrebbero rinunciato a loro stessi e
avrebbero vissuto
insieme ciò che ne sarebbe scaturito.
La
realtà era mutata.
Non
più un segreto ma una verità trattenuta troppo a
lungo.
Non
più evitata, non più nascosta, non più
tormentata.
“E
poi? Cosa è successo dopo?”.
La
sua voce appariva ansiosa, febbrile mentre teneva le manine strette
attorno
alla sua bambola: la bambina aveva brillanti occhi azzurri, striati di
grigio,
ed erano fissi su di lui, i suoi capelli erano stati stretti in due
trecce che
le cadevano ai lati del viso. Aveva un visino dai lineamenti delicati,
la
carnagione chiara e le labbra di rosa, come le guance che erano spesso
pitturate di un delizioso color pesca, quando rideva di cuore o
un’emozione ne
rendeva gli occhi sognanti.
Quell'aneddoto
non faceva certamente eccezione: appariva emozionata, come ogni volta
che le
leggeva una delle sue favole preferite e desiderava superare il momento
dell’avversità
delle sue eroine. Fino a quando non giungeva il Principe, dalle vesti
eleganti
e col suo nobile destriero, e il vero amore giungeva al suo giusto
compimento.
Neppure
il sonno l’aveva intaccata nonostante l’ora della
buonanotte fosse passata,
neppure una puerile preoccupazione per quello che definivano tra loro
il “sonno
di bellezza”.
Aveva
ridacchiato, Kurt, non meno divertito nel dondolare le spalle,
compiaciuto per
l’attenzione che era riuscito ad accattivarsi e con
così tanta semplicità.
“Vuoi
davvero saperlo?” l’aveva provocata in tono appena
più malizioso che aveva
fatto sgranare gli occhi della bambina.
“Papà!”[1]
gemette, infatti, scostando le coperte e imbronciandosi: sporse il
labbro
inferiore, ad una maniera che riusciva a far desistere persino
Sebastian, per
quanto proclamasse che fosse soltanto la
“fregatura” dell’essere padre.
“D’accordo”
le aveva concesso, infine, Kurt con un sorriso addolcito.
“Continuiamo
pure ma poi dovrai dormire: domani sarà una giornata
importante” le ricordò e
la bambina annuì con un sorriso trepidante nel battere le
manine.
Strinse
più forte la bambola, si stese ma si pose nuovamente
all’ascolto.
Sembrava
tutto surreale in quel momento:
era lì, di fronte a lui, esposto e vulnerabile ma,
finalmente, consapevole di
se stesso e dei suoi sentimenti.
Le
parole della canzone sembravano
ancora impregnare quel silenzio ma mai si era sentito così
vicino alla
realizzazione di un desiderio, mai così lontano da
ciò che aveva immaginato per
se stesso. Mai così protagonista della sua stessa vita.
Lo
aveva scrutato a lungo, Sebastian,
non uno sguardo ironico, neppure un alone malizioso: era come se, per la prima volta, si contemplassero realmente e senza timore di
farlo e renderlo
esplicito all’altro. Come se già si conoscessero
ma si dovessero nuovamente
scoprire, dopo essersi visti in nuove vesti. Nuove e diverse ma
più reali di
quanto volessero ammettere.
“E’
questo che vuoi?” aveva, infine,
chiesto
e il cuore di Kurt ebbe un guizzo ma, il sorriso appena più
tremulo sulle
labbra, avanzò in sua direzione.
Lo
vide chinarsi: si chiese se
Sebastian potesse sentire il battito alterato. Se fosse vagamente
consapevole
di ciò che riusciva a scalfire in se stesso.
Eppure
le risposte erano di fronte ai
suoi occhi: incastonate in quegli smeraldi lucenti che ne toglievano il
respiro,
in quel sorriso appena più suadente ma soffuso che era un
riflesso del suo
animo.
Colui
che lo conosceva meglio di
chiunque altro: colui che, per primo, aveva scorto la sua reale
solitudine;
l’idillio mai avverato con Blaine ma la passione celata
dietro tanto
sentimentalismo decantato.
Quanto
fosse stato in grado di
scuoterlo e condurlo a nuova vita, quella mai sognata, forse, ma quella
da
realizzare giorno per giorno. Insieme.
“E’
questo” era stata la flebile
risposta, un
sospiro appena soffuso e accennato e Sebastian aveva sorriso a pochi
centimetri
dal suo volto.
“Sei
fortunato” un sussurro
più rauco prima
che si chinasse.
Quante
volte aveva vissuto un momento
simile nella trasposizione cinematografica o attraverso le parole di
uno
scrittore, quante volte era stato cantato o declamato in una poesia ma
erano
soltanto immagini in movimento o parole in rima o romanzate. Nulla
poteva
paragonarsi al brivido che scivolò lungo la sua spina
dorsale, allo scalpitio
del suo cuore, al guizzo del suo sguardo e il tremore delle labbra
mentre
Sebastian si intingeva del suo respiro.
Fu
come se soltanto in quell’istante,
Kurt fosse finalmente consapevole di se stesso: come se avesse appena
scorto
quella parte di sé rimasta celata tanto e troppo a lungo.
Come se tutto fosse
finalmente giunto alla sua giusta definizione.
Non
vi era più paura e neppure pentimento
e rancore: soltanto il suo profumo, l’alone caldo del suo
respiro e la
pressione ferma e risoluta delle sue braccia.
Un
sorriso a fior di labbra e Kurt ne
cinse il collo e lo trattenne: le sue dita si incastonarono tra i suoi
capelli,
quasi avesse bisogno di un appiglio saldo e sicuro in
quell’emozione tumultuosa
che ne faceva tremare le gambe.
Più
che mai in quel momento, ebbe la
certezza fossero un’unica realtà: lo percepiva in
quell’abbraccio, nello
slancio con cui lo avvinse maggiormente contro il proprio corpo a
stabilire
quel contatto. La tacita promessa non lo avrebbe più
lasciato andare.
Il
suo primo vero bacio, realizzò con
occhi
già lucidi e celati sotto le palpebre.
L’idillio
aveva lasciato spazio ad
una realtà più delicata e fragile, più
sussurrata e concreta che poteva vivere
soltanto con lui.
Sebastian
si scostò ma ne percepì il
respiro caldo sulle proprie labbra, mescolato al suo profumo;
lasciò che
adagiasse la fronte alla propria. Adesso che era tutto reale, aveva
quasi il
timore di schiudere gli occhi e osservare quella verità che
lo stava
attendendo.
Adesso
che era tra le sue braccia,
avrebbe quasi voluto che il tempo si fermasse e nulla dovesse
più allontanarli.
Indugiò in quel momento di solitaria sospensione,
consapevole vi fossero ancora
le sue braccia a vincolarlo a sé.
“Miele”
aveva sussurrato e solo allora Kurt aveva
schiuso gli occhi: le guance lievemente colorate ma il sorriso sognante.
“Non
ti facevo così sentimentale” malgrado
il
tono volutamente ironico, il sorriso sostò sulle sue labbra
e Sebastian emise
un verso stizzito. Lo strattonò, con un guizzo di quella che
pareva la sua
migliore espressione arrogante.
“Pagherai
per questa insolenza”
sussurrò soltanto
ma se Kurt aveva già socchiuso gli occhi, attendendo di
sentirne nuovamente le
labbra, li schiuse confuso quando si avvide che l’altro stava
volontariamente
indugiando.
“Prenderai
ancora in giro le mie abitudini quotidiane di bellezza?” aveva chiesto, la voce roca ma non si era mosso,
fingendo che le
labbra che indugiavano contro la sua mandibola, scendendo a
mordicchiarla, non
gli stessero letteralmente facendo intirizzire la pelle.
“Puoi
scommetterci il burro cacao, tesoro”
fu la pronta replica, calcando ironicamente
su quel vezzeggiativo che fece sollevare a Kurt gli occhi al cielo.
Cercò
di trattenere il verso soffuso
di approvazione quando ne sentì il respiro scivolare lungo
il collo.
“Persino quando un
po’ di romanticismo sarebbe apprezzabile, riesci ad
essere irritante” cercò
di simulare che
il fastidio fosse solo dovuto a quella forma di comunicazione e non al
fatto
che la sua pelle stesse letteralmente sciogliendosi. Così il
suo controllo, in
attesa che Sebastian smettesse di temporeggiare con fare
così maledettamente
provocante.
Lo
sentì ridacchiare contro il
proprio timpano: un verso rauco che si tradusse in un’ondata
di aspettativa che
lo rese persino più sensibile a quella vicinanza.
“Ma
è per questo che sei pazzo di me, lo so”
soggiunse languidamente.
“Fermati
a pazzo.” cercò di
ignorare come la sua
voce fosse incredibilmente alterata dal suo stato d’animo ma
Sebastian rise
persino più forte prima di sfiorarne il fianco, inducendolo
a guardarlo
nuovamente negli occhi.
“Non
ho intenzione di fermarmi” era stata
la
provocante risposta e mai aveva desiderato così tanto che
fosse persino una
promessa.
La
sua solita arroganza e superbia,
come avrebbe presto appurato, eppure mai era apparsa più
piacevole. Mai una
promessa di una favola a loro immagine e somiglianza.
Forse
non universalmente romantica ma
indubbiamente perfetta.
“WOW!” all’esclamazione di Jeff, si era unita
l’ovazione dei Warblers e Kurt si era voltato: il suo viso si
era rapidamente
infiammato alla vista degli ex compagni del Glee Club, Nick in primis,
che gli
riservò un sorriso raggiante.
“Quindi
è questo che avevo
interrotto in
biblioteca?” chiese Blaine, un
sorriso
scherzoso e le braccia incrociate al petto mentre Kurt osservava il
divertimento ma anche la gioia impressa nei loro volti.
“Voi
eravate… qui?” si era
schiarito la gola
ma la sua voce era stridula. “…
esattamente da quanto?” aveva
pigolato, quasi, suscitando altre
risate di scherno e sguardi complici tra i giovani in divisa.
“Volevi
fosse pubblico o sbaglio?” era
giunta la
voce di Sebastian alle sue spalle, lo sentì avvincerlo da
dietro. Il suo
respiro contro l’orecchio e la nuca che ne acuirono
notevolmente l’imbarazzo di
esser stato scorto in atteggiamenti più intimi e personali.
“Mi
riferivo al segreto” borbottò
Kurt in sua
direzione.
“Un
altro?” chiese Blaine
apparentemente
confuso. “Quale, esattamente? Il fatto che avete
passato questi mesi
giocando alle calamite che si attraggono e si respingono o forse che il
‘misterioso ragazzo’ –
la sua voce aveva
assunto un’intonazione fortemente ironica –
che Sebastian ha baciato a
Natale, non è mai esistito?”.
Sentì
Sebastian sogghignare ma appoggiò
il mento contro la sua spalla, soffiandogli nell’orecchio.
“Lascerò
a te l’onore”
commentò serafico e Kurt
arrossì furiosamente.
“In
realtà… è una lunga storia” e sembrava
davvero incredibile che tutto fosse iniziato da una disastrosa festa a
casa di
Rachel, un bacio sotto il vischio che lo aveva sconvolto e un fortuito
ed
insperato incontro con lo stesso giovane.
“Condita
di sfumature thriller” aggiunse
Nick con
un sorrisetto divertito ma indicibilmente soddisfatto nel rimirare
Sebastian
che tratteneva strettamente Kurt a sé, per quanto non si
lasciasse andare a
particolari smancerie.
Blaine
si era rivolto a Nick a quelle
parole.
“Tu
conosci la storia dall’inizio: è per questo che
sei sempre stato così vago,
parlando di lui?” lo aveva
nuovamente
interrogato.
“Per
questo ho atteso che il segreto fosse svelato e diventasse la loro
verità” precisò
Nick ma era Kurt quello che stava
osservando. Quest’ultimo non poté che mimargli un
silenzioso “grazie” che
era certo avrebbe colto in tutta la sua
intensità.
“Per
questo è sempre divertente ascoltare questa
storia”.
Kurt
era trasalito prima di scrutare Sebastian sulla soglia della camera
della
bambina: non sapeva da quanto tempo fosse lì ma non
poté che sorridere in
risposta.
Si
sporse a rimboccare le coperte della figlia che si era appisolata con
espressione beata.
Ne
baciò delicatamente la fronte prima di lasciare la stanza e
chiudere la porta
alle sue spalle.
“Divertente?”
lo incalzò, allora, guardandolo e Sebastian
annuì, le mani affondate nelle
tasche prima di stringersi nelle spalle.
“Il
tuo continuo fuggire” specificò in tono
d’ovvietà che fece ulteriormente
incupire Kurt che scosse il capo.
“E’
stato… estenuante e snervante ma per nulla
divertente” precisò ma Sebastian
sorrise ulteriormente, attraendolo a sé e chinandosi al suo
volto.
“Lo
sarebbe stato, se già avessi saputo come sarebbe
finita” fu la semplice replica
e, seppur Kurt dubitasse che fosse stato così percettivo da
quell'istante, gli
concesse un sorriso.
“Touché”.
~
La
cerimonia fu raccolta ma solenne: pochi ospiti, soprattutto amici e
parenti
stretti, coloro che avevano visto quel rapporto sbocciare tra le mura
dell’edificio il cui ingresso, la prima volta, ne aveva
cambiato la vita.
Ma
non nel modo in cui aveva sognato. Al
contrario, a ben pensarci, anche a distanza di tempo.
Non
era la prima volta che assisteva ad una cerimonia simile ma
l’emozione era
sempre qualcosa di unico: speciale e diversa ogni coppia cui fosse
dedicata e
ne fosse protagonista.
Pur
osservando i volti e i sorrisi impressi, la sua mente vagava ad altri
ricordi e
un altro momento altrettanto importante e sentito.
Tornare
alla Dalton, pur in veste di
visitatore (e non di spia o di studente) era stato qualcosa di
emozionante:
persino trovare un ghigno famigliare alla fine della rampa delle scale.
Sorrise,
Kurt, un’espressione
volutamente ed ironicamente sognante mentre si appoggiava al corrimano,
quasi
non riuscisse a scendere quegli scalini senza sentire
un’emozione travolgente
farne scalpitare il cuore e sospirare con fare languido e sognante.
“Mi
ricorda qualcosa” affermò
quando fu agli
ultimi scalini ma Sebastian non fece alcun cenno di volergli porgere
cavallerescamente la mano. Al contrario (e come sua abitudine) le
teneva
entrambe affondate nelle tasche dei pantaloni.
Lo stava osservando (altro
suo elemento
tipico) con il mento sollevato e l’espressione furba ed
insolente.
“Quanto
io fossi aitante e sexy quel giorno? Ancora non riesco a credere che
era Blaine
quello che stavi guardando” lo
canzonò e
Kurt avrebbe voluto ribattere che lui stesso non aveva perso tempo a marcare
il territorio, in quella stessa occasione
e nei riguardi dello stesso giovane.
Aveva
fatto per replicare,
altrettanto pungente e sarcastico, ma trasalì quando
Sebastian lo avvinse a sé,
dopo che ebbe sceso gli ultimi scalini.
Ne
baciò le labbra con intensità tale
che ne fece letteralmente tremare le gambe.
“Miele” sussurrò e un altro sorriso, devoto e
sognante, apparve sulle labbra di Kurt. Si sporse nuovamente al suo
volto ma fu
uno schiarirsi di voce che li interruppe.
Solo
allora Kurt si avvide di Nick e
di quel sorriso amichevole che divenne un’espressione
fintamente esasperata.
Si
rivolse a Sebastian.
“Ti
dispiace se te lo rubo?”.
“A
dire il vero” aveva nuovamente
insinuato
le mani nelle tasche del blazer per poi stringersi nelle spalle. “Andate,
ma mi aspetto un premio per quando vinceremo le Nazionali” sussurrò malizioso in direzione di
Kurt, quasi un modo di reclamarne
il possesso ma anche di ricordargli – come ce ne fosse stato
bisogno! – la
vittoria dei Warblers alle Regionali.[2]
Aveva
scosso bonariamente il capo,
Kurt, ma aveva annuito prima di seguire Nick verso la loro ex camera e
sorrise
nel rimirare quell’ambiente familiare: il modo, soprattutto,
in cui la metà
appartenente a Nick non sembrava affatto cambiata da quando
l’aveva lasciata.
Era
come tornare ad abbracciare una
parte di sé.
Nick
si era chiuso la porta alle
spalle e lo aveva guardato: le sue labbra tremavano come percosse da un
guizzo
ma prese un profondo respiro, prima di rilasciare il fiato.
E
Kurt seppe, per istinto, che si
trattava di uno di quei momenti
nei quali avrebbe fatto una
dichiarazione che avrebbe cambiato tutto.
“Ho
baciato Jeff”. Lo
proclamò in un sussurro
ma fu come se lo avesse urlato e Kurt rimase senza parole per un lungo
istante
nel quale continuava ad osservare il viso di Nick, quasi cercando
un’ulteriore
spiegazione su come fosse potuto accadere.
Rise
l’attimo dopo: una risata
liberatoria e serena alla quale Nick stesso si unì. Lo
strinse con calore prima
di scostarsi, le mani sulle sue spalle.
“Come?!
Quando?!” lo incalzò, lo
sguardo azzurro
adesso illuminato di curiosità e di evidente entusiasmo del
quale lo stesso
Nick era ancora partecipe e protagonista.
“E’
successo dopo le Regionali. Stavamo parlando di te e Sebastian e
lui… era
convinto da tempo che il motivo per cui ero tanto pensieroso, era
perché avevo
una cotta segreta. Per te”.
Iniziò,
lo stesso tono pacato e
discreto con cui gli era sempre stato solito parlare quando si
ritiravano nella
loro stanza, escludendo il resto del mondo.
“Stai
scherzando?! Per me?!” lo specificò, quasi ad indicare che
l’equivoco fosse poco comprensibile dato il tipo di rapporto,
cristallizzato
chiaramente in una profonda amicizia, nata da reciproca stima e
rispetto.
Nick
sorrise ma non fece commenti al
riguardo, proseguendo nel suo racconto.
“Gli
ho detto che era vero che provavo dei sentimenti nascosti…
ma non erano nei
tuoi confronti”.
Kurt
avrebbe letteralmente saltellato
sul posto mentre cercava di immaginare la scena, così come
gli veniva
raccontata, congiungendo le mani e sentendo già gli occhi
lucidi.
“E
lui?”.
“Mi
ha chiesto se erano per Sebastian, per Blaine
– aveva esordito in tono divertito – ma
non gli ho lasciato finire
l’appello dell’intera Dalton e…
l’ho baciato” concluse e
Kurt fu lieto di notare come il suo tono solitamente
composto e perfettamente naturale, si era ammorbidito.
Il
solo ripetere quelle parole o
rifletterci, ne avevano reso la voce più rauca e impregnato
lo sguardo di un
nuovo luccichio emozionato.
“Nicholas
Yoda Duval che agisce di impulso: non so dire se sono più
sorpreso o felice. E
lui…?” adesso era
più che curioso e
stuzzicato all’idea di conoscere ulteriori dettagli.
Aveva
sorriso nuovamente, Nick, un
barlume che ne fece ulteriormente scintillare lo sguardo mentre
sospirava ad
una maniera più poetica ma Kurt dovette attendere.
“Mi
ha chiesto di dimostrargli che non fosse un sogno” continuò e Kurt sospirò
sognante, le mani ancora congiunte, la stessa
posa con cui aveva assistito al bacio tra Noah e Allie[3],
durante quel
temporale e il loro ritrovarsi, dopo un’incomprensione e una
separazione durata
troppo a lungo.
Batté
le mani, lo sguardo lucido.
“Sono
davvero felice: era il vostro momento ma quella è stata solo
la risoluzione
finale” entrambi avevano imparato,
fin
troppo bene, che il sentimento poteva nascere e svilupparsi,
alimentarsi in
modo graduale ma spesso intercorreva del tempo affinché
fosse assimilato o
affinché si prendesse una simile iniziativa. Era stato lieto
di constatare che
a Nick non erano mancati coraggio e sicurezza, quelli che lo avevano
fatto così
tanto desistere dall’avvicinarsi a Sebastian o anche solo
porsi un legittimo
dubbio.
“Non
volevo aspettare oltre”
confermò Nick ed
era certo che i loro pensieri fossero analoghi.
“Non
avrebbe che ritardato il tutto: forse avete atteso fin troppo” eppure era consapevole, malgrado tutto, che
ogni storia dovesse maturare secondo suo ritmo, se non fosse stata
ostacolata
dagli stessi protagonisti.
Si
riscosse alla pressione della mano sul suo volto ed abbassò
lo sguardo: un paio
di occhioni di smeraldo lucente lo stavano contemplando. Un sorriso ne
increspava le labbra e un dolce vagito nell’accostare le dita
cucciole al suo
viso per richiamarne completamente l’attenzione.
Sorrise,
stringendo la manina nella propria e portandosela al viso per baciarne
il
palmo, inspirandone il profumo di freschezza e di innocenza.
In
quel momento l’ufficiante chiese le fedi e Nick si volse
verso Kurt che, con un
sorriso, porse la mano del bambino che era stretta intorno
all’anello.
“Grazie
Nicolas” aveva sussurrato Nick, baciandone la fronte e solo
allora, dopo un
ultimo sorriso, Kurt era tornato a sedere accanto a Sebastian, Sissy al
suo
fianco.
Solo
uno sbuffo ironico di Sebastian quando la promessa fu siglata e
l’ufficiante li
dichiarò marito e marito ma si chinò al suo
orecchio.
“Ricordi
come ti ho fatto smettere di piagnucolare quando ci siamo
sposati?” lo canzonò,
la sua fede che cozzava contro quella di Kurt, producendo un dolce
tintinnio.
Kurt
lo ricordava perfettamente e ancora arrossiva al ricordo.
L’ufficiante
aveva concesso a Sebastian la possibilità di baciarlo e
quest’ultimo lo aveva
preso in parola: senza particolari remore o disagio, aveva approfondito
il
contatto e lo aveva trattenuto a sé, più di
quanto fosse socialmente
riconosciuto come legittimo. Così aveva indugiato, fino a
quando erano stati
molti gli invitati ad emettere risate o versi di sorpresa.
Kurt
non aveva osato guardare suo padre per molto tempo, in
realtà neppure si era
arrischiato ad incrociare lo sguardo di nessuno dei presenti: da
un’esasperata
Rachel alla maliziosa Santana che aveva alluso persino ad un sentirsi stranamente eccitata.
Una
sfumatura rosata pitturò le gote di Kurt mentre Nicolas gli
cingeva
strettamente il collo, toccandogli il viso e tappandogli le labbra con
la
manina. Aveva già sgualcito lo smoking e il farfallino ma
gli sorrideva
inducendolo a baciarne nuovamente la manina mentre Sebastian sollevava
gli
occhi al cielo, evidentemente poco tollerando di essere ignorato.
“Mi
dispiace, mocciosetto, ma sei in ritardo” aveva mimato al
neonato, mostrandogli
la fede con fare quasi infantile, ma simultaneo era stato lo
“Shht!” di Kurt e
Sissy quando gli sposi si erano volti all’assemblea riunita
per ringraziare gli
invitati.
Aveva
stretto entrambi, Kurt ma aveva indugiato a cingere Nick al quale aveva
anche
riassettato la cravatta e la rosa bianca posta sull’occhiello
della giacca.
“Congratulazioni,
Maestro Yoda” sussurrò con fare più
complice.
“Hai
ben appreso, mio Padawan”
rispose
questi, lo stesso sorriso scherzoso.
“Che l’amore sia con voi, ora e
sempre”[4]
fu l’ulteriore augurio di Kurt che fece sorridere Nick, nel
rimirare il suo
sposo prima di intrecciare nuovamente il suo sguardo.
“Come
lo è con voi, non chiedo di meglio”.
~
I
festeggiamenti promettevano di durare l’intera giornata e,
seduto al tavolo,
rimirava i due sposi impegnati nel loro primo ballo ufficiale. Bastava
osservare quei volti sorridenti per avvedersi di come il tempo li
avesse
cambiati ma erano rimasti apparentemente gli stessi, solo
più adulti. Ognuno
aveva fatto delle scelte diverse, in diversi momenti della loro vita,
ma dalle
quali erano stati tutti condotti ad essere lì quel giorno.
Immaginava
fosse quello il significato di famiglia, estendendolo alle persone che
si
sceglievano nel proprio percorso e con le quali si viveva giorno dopo
giorno
ogni accadimento.
Sorrise,
cullando Nicolas addormentato, rimirando la piccola Sissy nel suo abito
pregiato, proveniente dall'atelier Hummel. Era aggrappata al collo di
Sebastian
che la teneva in braccio
e con la quale
ondeggiava al tempo di musica, dicendole qualcosa
all’orecchio e facendola
sorridere prima che si sporgesse a baciarne la guancia.
Sebastian
intrecciò il suo sguardo e ammiccò con fare
malizioso ma l’attenzione di Kurt
fu subito calamitata dal bambino che era fermato di fronte a lui.
Sorrise
d’istinto, specchiandosi in un paio di occhi ambrati sotto i
ciuffi di riccioli
che ne incorniciavano il visino.
Il
“baby brillantina”,
così lo appellava
il padre per far arrossire Sissy.
“Ciao
Kyle[5]”
lo salutò con un sorriso gioviale e il bambino gli si
avvicinò timidamente, pur
attento a non disturbare il neonato addormentato tra le sue braccia.
Kurt
incrociò lo sguardo di Blaine e di Seth e sorrise ad
entrambi, prima di
ascoltarne la richiesta.
Un
sorriso intenerito gli sfiorò le labbra ma annuì
e gli porse una rosa, prima di
indicargli Sebastian e Sissy. Contemplò la scena con sguardo
quasi lucido:
Sebastian stava scrutando Kyle vagamente sospettoso ma Sissy fu lesta a
prendere
il fiore e sorridere al bambino che, l’attimo dopo, le porse
il braccio e la
condusse verso la pista da ballo, con grande divertimento e tenerezza
degli altri
invitati.
Sebastian
si accomodò di malagrazia sulla sedia accanto alla sua.
“Perché
gli hai detto che poteva ballare con Sissy?” gli chiese con
tono evidentemente
risentito e Kurt trattenne a stento la risatina ma gli fece cenno di
parlare
piano per non svegliare l’altro bambino.
“Gli
ho detto che poteva chiederlo a Sissy: stava a lei decidere”
spiegò in tono
pacato e razionale, seppur trovasse non poco divertente (ma anche
tenero seppur
non potesse dirlo senza suscitarne una reazione scandalizzata) vederne
quel
lato più geloso e possessivo.
“Appunto”
sbottò l’altro, per nulla colpito dalla sua
ragionevole replica. “Sei il padre:
potevi dirgli di no”.
Kurt
levò gli occhi al cielo.
“Non
la sta chiedendo in moglie” precisò con un
sospiro. Forse non era neppure il
caso di fargli notare che, ad ogni modo, seppur ancora bambini,
rappresentassero
una coppia davvero deliziosa. Ovviamente non aveva già
preventivato un
eventuale matrimonio da lì ai vent’anni successivi
(non che avesse già
immaginato che splendida donna sarebbe divenuta la sua bambina, anche
perché
ciò significava riflettere sul fatto che, per allora,
avrebbe già superato la
mezza età: sì, doveva
prendere delle
creme per prevenire le prime rughe) per cui si trattava solo
di qualche
superficiale pettegolezzo.
“Non
mi piace comunque” borbottò Sebastian,
strappandolo dalle sue riflessioni ma,
ben presto, un sorrisetto più allusivo e malizioso gli
affiorò alle labbra e si
sporse al suo orecchio.
“Adesso
per, punizione, dovrai ballare con me”.
“Il
tuo romanticismo, tesoro, è sempre
meraviglioso” replicò in tono
volutamente ironico: depositò delicatamente Nicolas nel suo
passeggino. Thad e
sua moglie si erano offerti di guardarlo per loro e lo
seguì, collocandosi tra
Kyle e Sissy, Blaine e Seth.
Fu
sulla coppia che rivolse il suo sguardo, seppur seguendo la musica e i
movimenti di Sebastian.
Si
era seduto al solito posto, di
fronte alla vetrata del locale: due bicchieri di caffè ma,
come aveva
preannunciato, il suo commensale non tardò a raggiungerlo.
Gli
sorrise di quel sorriso dolce e
spensierato che sembrava letteralmente brillare sul bel viso, sotto la
cornice
dei riccioli, da quando lui e Seth erano divenuti una coppia, ben
cinque anni
prima.
Gli
dispiaceva l’idea che, proprio
quando era tornato al McKinley, avesse scelto di esibirsi nel cortile
del suo
liceo, in una vera e propria serenata.
Ricordava
ancora quel romantico bacio
di festeggiamento: Seth lo aveva raggiunto sul palco nel quale i
Warblers,
applauditi anche dalle Nuove Direzioni, erano stati designati vincitori
delle
Regionali.
Non
occorreva un particolare
romanticismo per scorgere, nello sguardo azzurro e devoto di Seth,
l’intensità
del loro legame. Non avrebbe potuto desiderare di meglio per il suo
caro amico.
Si
erano salutati e Blaine aveva
preso posto di fronte a lui, sorseggiando il caffè che Kurt
gli aveva ordinato:
aveva già notato che la sua espressione era parecchio
pensierosa e ricordava
fin troppo bene quando, in una circostanza simile alla Dalton, aveva
travisato
del tutto il corso dei suoi pensieri.
Non
voleva quindi indugiare ed
attendere che Blaine trovasse la giusta risoluzione a confidarsi, se
quello era
il vero motivo per cui gli avesse chiesto quell’appuntamento.
“Ti
prego, Blaine, dimmi che sta succedendo”
vi era un modo particolare nel quale stava contraendo le labbra, quasi
trattenesse a stento un sorriso, seppur apparisse nervoso: gli
ricordava – per
essere più precisi – la stessa espressione che
aveva esibito durante la loro
passeggiata nel parco, quando – di lì a poco
– gli confessò di essere
innamorato.
Censurò
mentalmente il ricordo delle
sue aspettative e delle conseguenze di quella chiacchierata.
Persino
Sebastian ben sapeva quanto
fossero uniti, a giudicare dal modo in cui aveva reagito a vederlo
sgusciare
dal letto, alludendo ad un messaggio in segreteria del ragazzo stesso.
Blaine
annuì, gli sorrise a mo’ di
scuse e prese un bel respiro:
“Seth
sta cercando un appartamento a New York”
esordì in tono solare. “E mi ha chiesto
di andare a vivere con lui” concluse
rapidamente la frase, quasi timoroso
di non trovare poi il coraggio di raccontare tutto.
Ricordava
il momento in cui gli aveva
presentato Seth, poco dopo quel loro festeggiamento sul palco, ed era
rimasto –
fin dal primo momento – avvinto
dall’intensità del suo sguardo azzurro che
avrebbe definito sognante. Sembrava la distesa azzurrina di un lago,
baciato
dai raggi del sole; ma non di meno era stato colpito dal sorriso che ne
solcava
le labbra ogni volta che incontrasse lo sguardo di Blaine. Il bel viso
era
incorniciato da morbidi capelli scuri ed ondulati (se non altro, lo
aveva
sperato fin da subito, avrebbe avuto una buona influenza sull'abuso di
gel da
parte di Blaine); una figura slanciata che, anche a livello estetico,
sarebbe
stata perfettamente abbinata a quella dell'amico.
Vi
era una complicità e un’armonia
che le loro stesse voci riflettevano quando si esibivano insieme in
qualche
duetto o si dedicavano una canzone, in qualche occasione più
romantica che
Sebastian avrebbe definito “diabetica”.
Gli
sorrise, stringendogli la mano
con evidente e sincero entusiasmo.
“E
tu, hai accettato?” gli chiese in
quella
che doveva essere un tono di ovvietà,
nell’aspettarsi una risposta positiva.
“Io-“. Blaine aveva distolto lo sguardo in un
sintomo di insicurezza che a Kurt non parve per nulla positiva, tanto
da
guardarlo con occhi sgranati.
“Blaine!” lo aveva richiamato quasi scandalizzato. “Non
posso crederci: di cosa hai paura, esattamente?” gli chiese e ne scrutò attentamente lo
sguardo ambrato a cercare una risposta a quel comportamento esitante
che poco
aveva a che fare con l’evidente amore che li legava.
“Non
sono mai stato così felice”
ammise
Blaine, un sussurro appena tremulo ma tutta la verità di
quel commento era
racchiuso nel luccichio quasi commosso dello sguardo.
“… e ho paura di
rovinare tutto” terminò
amareggiato, non
osando incrociare lo sguardo di Kurt.
Scosse
appena il capo e gli strinse
la mano con fare rassicurante: era una sensazione che aveva provato lui
stesso,
dopotutto, ma non avrebbe lasciato che la paura lo bloccasse.
“A
volte è la paura di essere felici che ci rende davvero
infelici e degli
ostacoli alla nostra vita”
asserì con
semplicità prima di richiamarne l’attenzione per
porgli una domanda più
diretta. “Tu ami, Seth, vero?”.
Blaine
aveva replicato in un battito
di ciglia, senza la minima esitazione.
“Da
morire” il tono, per quanto tremulo
ed
accorato, era intriso di una sicurezza che non aveva bisogno di
ulteriori
remore o indugi.
“Allora
non aver paura di vivere la vostra vita insieme: è il vostro
destino”.
“Stai
pensando a cosa si è perso?” lo aveva chiesto a
mo’ di provocazione, Sebastian,
che aveva evidentemente seguito il suo sguardo indirizzato a Blaine e
Seth.
L’attimo dopo, lo avvinse maggiormente a sé e Kurt
sorrise di quel gesto
possessivo nonché della solerzia con la quale ne ricercava
l’attenzione per
avvincerla completamente a sé.
“No”
commentò Kurt ancora una volta scuotendo il capo a quella
sua megalomania
latente.
“A
quanto entrambi abbiamo avuto paura di seguire il nostro
cuore” rispose
l’attimo dopo, un vago sorriso sulle labbra mentre si
specchiava in quelle
iridi di smeraldo lucente.
Aveva
ridacchiato Sebastian, un suono gutturale vicino al suo orecchio che ne
fece
intirizzire la pelle del collo.
“Dopo
una simile sviolinata, ho bisogno di un drink” aveva fatto
per scostarsi ma
Kurt lo aveva trattenuto e, con impeto più malizioso, lo
aveva avvinto a sé per
baciarlo.
Ne
sentì il sorriso a fior di labbra, prima che lo stringesse
con maggiore
intensità e Blaine li rimproverasse ad alta voce di togliere
l’attenzione ai
due sposi.
Nello
stesso momento, un Thad imbarazzato dovette avvisarli che Nicolas si
era
destato e sembrava richiedere prepotentemente la presenza del padre.
“Viziato”
borbottò Sebastian, quando Kurt si affrettò a
tornare dal bambino, per poi
volgersi a Kyle. “Ti tengo d’occhio,
Anderson” pronunciò, facendolo sussultare
vistosamente mentre Sissy arrossiva di riflesso, gemendo un
“papy!”.
Sollevò
gli occhi al cielo, Kurt, ma sorrise nel riprendere in braccio il
bambino.
“Bell'arringa,
Avvocato Smythe”.
Non
era un segreto che la vita col marito fosse fatta anche di questo.
~
Il
sole era tramontato e le prime stelle già punteggiavano il
cielo indaco:
l’atmosfera era rilassante e benefica, sembrava che tutto si
fosse fermato in
quello stesso istante.
Come
sempre in agitazione nei momenti di tensione e maggiore pressione, si
era
alzato in piedi per dare il via ai brindisi, in qualità di
testimone di uno dei
due sposi. Fece cozzare delicatamente la forchetta contro la coppa del
bicchiere per richiamare l’attenzione degli ospiti cercando
– con non poca
difficoltà – di impedire che il piccolo Nicolas
immergesse le dita nel vino.
Si
era schiarito la gola quando tutti si erano zittiti, aveva cercato di
ignorare
la spia della telecamera e aveva esordito con voce delicata e ancora
impregnata
d’emozione.
“Conosco
Nick Duval da più di dieci anni, ormai, e non posso pensare
ad una persona più
leale e nobile: mi è stato molto vicino nei mesi che ho
trascorso alla Dalton
ma non ha mai mancato di farmi sentire a casa in qualunque luogo mi
trovassi”
fece una pausa, in parte per lasciare agli invitati il tempo di
assimilare le
prime parole, in parte perché il figlio stava
mordicchiandogli la guancia e
tormentandogli i capelli.
“Nick
mi ha insegnato molte cose ma, soprattutto, cosa sia il vero
amore” aveva
lasciato che qualche invitato si dilungasse in qualche verso di ironica
sorpresa e clamore.
Aveva
notato persino qualche sguardo commosso e qualcuno appariva soltanto
divertito
o educatamente in attesa di ciò che avrebbe detto di
lì a poco.
“Per
alcuni è qualcosa di istantaneo che fa realizzare ad
entrambi, o ad una sola
delle parti, di aver trovato la propria metà. Ma si
è disposti ad attendere
quanto necessario per realizzare questo sogno” aveva
allungato il bicchiere ad
indicare i due sposi, lo sguardo che aveva intrecciato quello di Nick.
“Poi
esiste l’amore che sboccia da un’amicizia,
mascherato dalla reciproca stima e
fiducia nell’altra persona, soggetto al timore di un
fraintendimento o di
rovinare un rapporto pressoché perfetto. Anche e soprattutto
se si desidera
qualcosa di più, almeno fino a quando non si prende la
risoluzione di tentare”
aveva indicato, con lo stesso
calice, Blaine e Seth che si erano sorrisi.
Seppe
dallo sguardo grato di Blaine che il loro ricordo comune era ancora
nitido.
Si
era voltato verso Sebastian che, le sopracciglia inarcate, stava
sostenendosi
il viso con la mano, il gomito puntellato sulla tavola, ignorando ogni
suo
suggerimento sulle buone maniere a tavola e sul cerimoniale e il
galateo più
idonei ad un matrimonio. Aveva un’espressione circospetta,
evidentemente
attendendo il momento in cui avrebbe parlato di sé.
Sorrise
tra sé Kurt, schiarendosi ulteriormente la gola.
“E
poi c’è quello che è rifiutato
spasmodicamente, con tutte le proprie forze;
quello che si vuole sopprimere fin da quando
comincia a manifestarsi ed
ignorarne i segnali. Quello tanto odiato quanto intenso”
aveva pronunciato
quelle parole con tono stoicamente sofferto e sospirato che aveva fatto
ridere
qualche invitato ma indotto Sebastian a fissarlo con evidente stizza.
“Sì,
amore” sottolineò il nomignolo
con evidente ironia. “Sono sicuro che
abbiamo tutti colto l’allusione velata”
replicò serafico, facendo accrescere
ulteriormente il divertimento agli astanti prima che Kurt, un sorriso
più
complice, riprendesse il discorso.
“Il
punto è che qualunque sia la storia di ogni amore, esso
inizia sempre come un
segreto ma diviene la verità più solida della
nostra vita” aveva sorriso a Sebastian,
in uno sguardo che sembrava dire tutto quello che normalmente non era
espresso
tra loro.
Soprattutto
non con un pubblico ad osservarli ma, da come questi sorrideva in
risposta ed
annuiva, seppe che aveva compreso.
Più
di chiunque altro, così era sempre stato.
“Grazie
di avermelo insegnato” aveva sussurrato in direzione di Nick.
“Non
vi dedicherò altre frasi di precetto: vi appartenete ancora
prima di essere
nati. Continuate solo ad essere voi stessi. Viva gli sposi!”
alla sua
esclamazione era seguita l’ovazione generale e Kurt si era
nuovamente
accomodato accanto a Sebastian.
Non
disse nulla quest’ultimo, avvicinò la mano alla
sua, abbastanza perché le loro
fedi si sfiorassero.
Non
udì neppure gli altri brindisi, la sua mente stava
nuovamente viaggiando
altrove.
La
neve era caduta copiosamente anche
quell’anno: avvolgeva ogni cosa nel suo candido manto che
rendeva tutto più
magico. Un arricchimento scenografico che lo aveva sempre emozionato,
soprattutto quando associava quel periodo dell’anno al
ricordo di come tutto
era iniziato; una sviolinata romantica che, tuttavia, spesso lasciava
tra i
propri silenziosi pensieri.
Tornare
a Lima per il weekend, dalla
pausa natalizia dal suo lavoro ormai a tempo indeterminato a Vogue.com
(in
attesa di avere abbastanza fondi e sicurezza per intraprendere una
propria
attività) era stata la giusta scelta: se anche la sua vita
ormai era quasi
interamente vissuta a New York con Sebastian, non aveva perso la
cognizione di
famiglia e di unità, soprattutto in quei momenti particolari
dell’anno.
Camminavano
in silenzio, la sua
presenza era testimoniata dal loro passo quasi coordinato e dalla
pressione
delle sue dita contro le proprie.
Era
parso pensieroso ma, ad ogni
domanda ed allusione, era stato evasivo e Kurt non doveva che attendere
che
fosse proprio lui a voler spontaneamente parlare.
“Sicuro di non voler dormire da
me?”
gli aveva chiesto Sebastian, rompendo il silenzio, appena giunti fuori
dalla
proprietà degli Hummel-Hudson.
Ne
aveva cinto la vita a trattenerlo
e Kurt aveva sorriso più dolcemente. Sapeva che Sebastian
non avrebbe avuto
alcuna difficoltà ad eludere la presenza del padre e
riuscire a penetrare in
casa da una finestra lasciata schiusa. Ma il rapporto tra lui e suo
padre era
sempre stato vincolato alla fiducia e non aveva intenzione di
cominciare a
comprometterlo, specie considerando passasse quasi tutto
l’anno
nell’appartamento che condividevano a New York.
“L’ho
promesso a mio padre, è la Vigilia di Natale in fondo” sussurrò in risposta e
Sebastian parve appena imbronciarsi.
“Immagino
di poter essere abbastanza magnanimo”
aveva sussurrato con un dardeggio più malizioso dello
sguardo. “Ma ti
ricordo che sotto questo albero,
devi
pagare dazio”.
Kurt
sorrise con simile complicità:
era lusingato e compiaciuto che lui stesso facesse riferimento a
quell’episodio
in particolar dal quale, ad una maniera inimmaginabile allora, tutto
era
iniziato.
“Sguazziamo
nei ricordi?” lo provocò
divertito.
Scrollò
le spalle, Sebastian, un
verso di divertimento a sgorgare dalle labbra.
“Non
mi è mai occorso il vischio per baciarti”
sottolineò con incrinatura maliziosa della voce, ricordando
anche di averlo
sbeffeggiato circa la possibilità che dovesse usare
quell’espediente con Blaine
per riceverne un gesto romantico.
“Meglio
controllare comunque”.
Aveva
sollevato gli occhi, Kurt, per
poi sgranarli: appeso ad un ramo e legato da un nastro azzurro
– avrebbe
giurato fosse lo stesso dal quale pendeva il vischio cinque anni prima
– vi era
un cofanetto. Scrutò Sebastian che, lo stesso sorriso
compiaciuto, sfilò il
nodo per prendere la scatolina ma la trattenne tra le dita, facendone
accrescere il ritmo delle palpitazioni, il respiro già
convulso.
“Sebastian” ne pronunciò il nome, quasi una
richiesta o
un bisogno, difficile a dirsi.
“Shhh” lo zittì con un dito sulle labbra prima
di
sospirare.
Evidentemente
era giunta la parte
meno facile ma quella più importante.
“Sai
che non sono un romantico e sai che la prima volta che ti ho baciato
sotto
questo ramo, era solo una provocazione”
aveva
esordito, il tono perfettamente composto, quasi sferzante nel ribadire
quella
verità anche nelle implicazioni meno romantiche o
lusinghiere.
“Ma
non sai che quel messaggio, che ti inviai quella stessa sera, avrebbe
dovuto
umiliarti e, invece, ferì soltanto il mio orgoglio
perché, da quel momento, ho
solo pensato a quel miele di cui odiavo il sapore perché
troppo dolce. Perché
troppo te”.
Aveva
sentito il cuore fermarsi, gli
occhi erano divenuti più lucidi ma Sebastian aveva
continuato: evidentemente dopo
aver superato quella remora iniziale – il suo stesso orgoglio
– non si sarebbe
fermato fino al momento più cruciale.
“Odiavo
vederti sognare di Blaine ma odiavo il più il fatto non
fosse più lui quello
che volevo portarmi a letto; odiavo tu fossi così
insofferente perché rivelava
quanto io non riuscissi
più ad
esserlo. Ho odiato ogni bacio mancato e il nostro segreto.
Ho
odiato trovare una canzone che parlasse di noi, ho odiato trovarti nel
nostro
camerino quando non osavo sperarlo.
Ho
odiato amare ogni giorno con te o comprendere sarebbe sempre stato
così.
Ti
odierò se adesso oserai piangere e non mi dirai subito di
sì ma, Kurt, vuoi
sposarmi?”.
Sbatté
le palpebre, non si sforzò
neppure di controllare il proprio battito o la respirazione:
continuò ad
osservarlo, il sorriso che tremava sulle stesse labbra
all’essenza di miele.
Un
solo attimo che avrebbe cambiato
ogni cosa.
Un
attimo che avrebbe determinato la
loro esistenza, da quel momento in poi, eppure anch’esso
portatore di una
verità che mai era stata così palpabile.
“Sì”
pronunciò con voce flebile ma lo sguardo determinato.
“Sì,
voglio sposarti”lo aveva pronunciato
guardandolo dritto negli occhi e Sebastian aveva sorriso, di quel
sorriso più
sincero che ne fece illuminare lo sguardo.
Sostarono
così, occhi negli occhi: fu
come conoscersi ed innamorarsi per la prima volta eppure soltanto
l’ultima
grande conferma.
“Ma
ora mettimi l’anello, poi potrò baciarti”
sembrò quasi implorarlo, porgendo la mano evidentemente
fremente per come si
stava letteralmente agitando, probabilmente era solo
l’emozione che gli
impediva di saltellare sul posto.
“Come
siamo irruenti” lo
canzonò Sebastian,
seppur la sua stessa voce suonasse più rauca del suo
naturale timbro.
Le
sue dita erano percosse da un
lieve tremolio mentre schiudeva la scatola e Kurt tratteneva il fiato
nel
rimirare l’anello.
“E
poi sarò io a baciarti, dopo questa
manfrina diabetica credo sia il
minimo”.
“Sta
zitto e mettimelo” lo
incalzò Kurt,
strappandone una risatina prima che gli sollevasse delicatamente la
mano per
poi insinuare l’anello all’anulare: una singola
banda in oro bianco con una
pietra di zaffiro ed una di smeraldo che Kurt rimirò con
occhi lucidi prima di
sollevare di nuovo lo sguardo su di lui.
“Lo
voglio”.
“Sei
in anticipo” lo canzonò
l’altro ma non
gli diede ulteriore tempo di replica perché lo premette per
un istante contro
l’albero e si chinò a baciarlo con
intensità.
Ne
cinse la vita a schiacciarlo
maggiormente contro di sé.
Soltanto
dopo essersi separati, Kurt
gli adagiò le mani sul torace e lo osservò con un
sorriso.
“Odierei
tenerlo segreto ma, sì, voglio sposarti e voglio che tutti
lo sappiano”.
“E’
il tuo giorno fortunato”
replicò l’altro
e, senza attenderne replica, lo prese per mano e lo condusse fino
all’uscio di
casa che schiuse con un sorriso.
Uno
striscione con la scritta
“CONGRATULAZIONI KURT E SEBASTIAN” era appeso in
salotto e i suoi ex compagni
del Glee Club del McKinley e della Dalton e i suoi familiari erano
tutti in
attesa di festeggiare il lieto annuncio.
Neppure
quello un segreto, dopotutto.
~
Depositò
dolcemente Nicolas nel suo lettino e, controllato che anche Sissy
stesse
dormendo, chiuse la porta della cameretta. Sebastian era nel corridoio
ad
attenderlo: indossava ancora lo smoking seppur ne avesse già
tolto la giacca,
arrotolato le maniche della camicia e allentato la cravatta ma era la
sua
solita espressione sorniona e sbarazzina a renderlo sempre
così riconoscibile.
“Se
pensi di sprecare tempo con la pulizia del viso, stasera, ti avviso che
non
sono dell’umore”. Aveva commentato, seguendolo
mentre entrava nella loro camera
da letto.
Si
tolse la giacca di raso, l’appese con cura nella gruccia e
quindi nell’armadio
cabina prima di voltarsi ad osservarlo.
“E
se io non fossi dell’umore senza?”
lo
provocò a propria volta, volgendosi appena ad osservarlo
mentre Sebastian
avanzava, inducendolo a cozzare contro l’anta
dell’armadio.
Sorrideva
di quel sorrisetto presuntuoso e sicuro di sé, lo stesso che
aveva sempre
esibito in circostanze nelle quali era sempre difficile non
cedergli, se non per puro orgoglio o testardaggine.
Scintillavano
gli occhi di Sebastian e Kurt seppe che conosceva ogni suo pensiero.
Si
strinse nelle spalle, Sebastian, e avrebbe potuto giurare che avesse
già
immaginato la sua replica ma ciò non lo avrebbe comunque mai
dissuaso, così
come non sarebbero mai stati completamente ebbri e stanchi di quel
continuo
ricercarsi.
Si
sporse al suo orecchio, soffiandovi sopra e strappandogli un brivido
lungo la
spina dorsale, ricercandone lo sguardo e deglutendo a fatica.
“Allora
dovrò stuprarti”. Fu la replica semplice quanto
concisa che ne strappò un verso
a metà tra il divertimento e la stizza.
Lo
scostò da sé, fissandolo con finta
indignazione.
“Idiota”.
Lo rimproverò, la voce tuttavia più languida,
già un cenno di intensa e di
cedimento.
“Mi
ami per questo”. Sussurrò in risposta e,
ignorandone il tentativo di replica,
ne cinse il viso con un movimento fluido della mano per poi chinarsi a
saggiarne le labbra con le proprie.
Si
rilassò istintivamente, Kurt, lasciò che lo
premesse contro di sé: c’era la
solita musicalità con la quale sbottonava le asole,
percepiva la morbida
dolcezza delle sue labbra percorrerne il collo laddove vi erano quei
minuscoli
nei che neppure il fondotinta poteva celargli.
Il
ricadere insieme, aggrappandosi all'altro, senza mai lasciarsi, il
calore dei
loro respiri tesi a divenire un’unica essenza come i loro
profumi di cui erano
intrise le lenzuola o i cuscini al risveglio da una notte
d’amore.
Sorrise,
osservandone i lineamenti carezzati dai raggi di luna, sfiorandoli
devoto con
le dita, sporgendosi a capirne nuovamente le labbra, prima di scostarsi.
“Il
tuo sentimentalismo continua a sorprendermi”
sussurrò con voce più rauca e
insonnolita. Sebastian sorrise in risposta, sfiorandone appena le
labbra con il
pollice, ancora indugiando in quello scambio di sguardi, senza tempo.
Senza
fretta.
Anche
dopo l’amore, restava il momento della contemplazione e del
ritrovarsi e
sembrava avere un irresistibile fascino, una sicurezza che
così sarebbe sempre
stato.
“Il
tuo burro cacao no, ma questo non è mai stato un
segreto” soffiò delicatamente
contro le sue labbra. Sorrise di quel bacio, l’ennesimo
ricordo di quel primo
bacio e la consapevolezza che il segreto di quell’amore,
fosse la totale mancanza
di segreti l’uno per l’altro.
“A
proposito, vorrei riaverlo: so che me lo hai sgraffignato di nuovo
dalla
mensola del bagno”.
“Assolutamente
no” replicò l’altro in tono divertito ma
fermo nella sua risoluzione.
“Sai
di non potermelo nascondere a lungo” proclamò con
un sorriso, le dita a
tracciare la curva dei nei sulla guancia e Sebastian annuì.
“Non
ho più segreti per te” era stata la sussurrata
risposta.
L’ennesima
promessa, l’ennesima verità.
The End
E'
il 30 Aprile (tanti auguri Dianna!) e sono passate da poco le 18.00 ed
è la
seconda volta che rileggo questo capitolo finale che verrà
pubblicato da qui a
pochi giorni. La prima revisione è stata ieri: una spruzzata
di errori
dislessici (oh, quelli ormai sono una mia firma quindi non
scandalizzatevi se
ne troverete alcuni prima che la mia Blaine me li possa far notare) e
qualche
rispolverata ai tempi verbali o correzione di parole o inserimenti di
azioni
tra i dialoghi (l'ultima scena prima del “The End”
per essere precisi). Ho
riletto il tutto ieri e, arrivata alla fine, non ero del tutto
soddisfatta.
Seconda
revisione, iniziata un'oretta fa, (altri piccoli ritocchi di grammatica
o
calcoli tempistici per sapere più o meno a che
età Kurt e Sebastian si sono
sposati e poi sono divenuti padri) e conclusa cinque minuti fa. Ho
concluso la
lettura con un reale sorriso.
Certo,
da qui a Venerdì probabilmente, saranno altre le piccole
revisioni (a livello
grammaticale, si intende!) e probabilmente fino al momento
immediatamente
precedente al “pubblica il nuovo capitolo” ci
sarà qualcosa che poco mi
convince o qualche remora.
Ma
ho una certezza, a questo punto: ho concluso il cerchio ed è
il momento che io
lasci andare Kurt e Sebastian, Nick e Jeff, Blaine e Seth per quanto
abbia la
sensazione di averli appena stretti a me.
Non
mi sembra passato molto tempo da quando ho ideato una fanfiction a
capitoli da
un semplice racconto per la Kurtbastian Week di
Dicembre ma sono passati
diversi mesi nei quali mi hanno accompagnata. Mi hanno reso
più piacevole un
tragitto in treno, l'attesa del ricevimento con la relatrice. Stavo
affrontando
i dilemmi sentimentali di Kurt per ignorare la tensione pre-laurea,
giusto la
settimana prima della discussione di tesi.
Ed
è giunto il momento più dolce ed amaro.
Questa
fanfiction non è stata semplicemente il primo esperimento di
una storia a
capitoli tra i due protagonisti; non soltanto un percorso che ha
accompagnato
un momento importante nella vita accademica. E' stato uno scoprirmi io
stessa
tra i pensieri tormentati di Kurt, tra il suo commettere errori, anche
consapevole di starlo facendo, il suo cadere rovinosamente per poi
risollevarsi, dare una direzione alla sua vita.
La
paura ancora esiste ma, come è stato suggerito da Burt,
è necessario andare
oltre per non lasciar scorrere la propria vita ed esserne il soggetto e
non
l'attore.
Ho
vissuto nella pazienza di Nick, nella sua saggezza e nella sua fiducia
incondizionata e i suoi principi saldi e irrinunciabili; ho vissuto
nell'ironia
di Sebastian a nascondere molte più fragilità e
timori di quanto si voglia
lasciar intravedere.
Ed
è ora il momento di chiudere questo progetto ma mantenere la
mente febbrile per
nuove possibilità e nuovi stimoli.
Ringrazio
tutti voi che avete seguito questo racconto dall'inizio e vi siete
appassionati
a poco a poco, voi in particolare che l'aveva selezionata tra le
ricordate, le
seguite o addirittura le preferite.
Un
ringraziamento particolare a Giulia che
non ha mancato di farmi conoscere le sue opinioni e la sua stessa
attesa e
trepidazione per i capitoli da pubblicare.
Un
abbraccio ad Annalisa e i suoi
commenti in privato e le aspettative ad ogni nuovo capitolo.
Un
ultimo (in questa sede ovviamente!) abbraccio alle mie Blaine
e Sebastian nella
vita reale: non saprei quanto di reale ci sia dei nostri rapporti
traslati in
questo scritto; ma di certo c'è tutto il mio affetto e
ringraziamento per ogni
giorno vissuto insieme. Anche per la composizione di questa fanfiction.
L'ultimissimo
ringraziamento è tutto a loro: a Kurt e Sebastian.
A
Nick e a Jeff,
A
Blaine e Seth.
Vostra,
Kiki87.
[1]
Sto immaginando le vostre espressioni interdette e stordite e,
sì, la cosa mi
diverte alquanto. Ad ogni modo, come si sarà compreso,
l’epilogo è ambientato
diversi anni dopo la conclusione del capitolo precedente. Considerate
questa
fan fiction, se volete, un breve racconto nel quale Kurt ha ripercorso
la sua
storia d’amore con Sebastian: la voce narrante del prologo e
del primo
paragrafo dell’epilogo sono le stesse
parole di Kurt per poi passare, come vedrete, alle singole
scene del
capitolo, come stato finora.
I bambini che appariranno sono Sissy e Nicolas Hummel
Smythe che ho già “presentato” in una
one-shot dalla stessa Kurtbastian Week da
cui mi sono ispirata per Our Secret. Naturalmente si è
trattata di una
gravidanza con madre surrogata: Sissy è biologicamente
figlia di Kurt e Nicolas
(nome francese che si pronuncia: Nicolà)
è biologicamente figlio di
Sebastian. Vi ricordo, inoltre, che Kurt aveva promesso a Nick, seppur
scherzosamente, che avrebbe dato il suo nome al loro primo primo figlio
maschio, quindi i conti tornano :)
[2]Ho
cambiato molte cose rispetto alla narrazione originale della seconda
stagione e
lasciatemi dire che far vincere i Warblers è stato, fin
dall’inizio, uno sfizio
che
volevo togliermi :D
[3]
Riferimento alla scena cinematografica, tratta dall’omonimo
romanzo di Nicholas
Sparks: “Le pagine della nostra vita”.
[4]Sono
tutti riferimenti alla saga di Star Wars: come già detto,
Yoda era il Sommo
Maestro Jedi; noto per la sua saggezza e per le sue eccellenti
qualità di
guerriero. Con il termine “Padawan” i Maestri Jedi
appellavano i loro allievi
durante l’addestramento, prima che diventassero essi stessi
“Maestri”.
L’augurio di Kurt è un riadattato “Che
la
forza sia con te” la formula di saluto e di augurio
che era in usanza tra i
Jedi.
[5]Kyle
Anderson Glassman, è il figlio di Blaine e di Seth,
anch’egli nato da madre
surrogata e biologicamente figlio di Blaine.
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