A strange tale

di Knitting
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Un cupcake è meglio dell'amore ***
Capitolo 2: *** L'hobby del signor Batman ***
Capitolo 3: *** Ibrido ***
Capitolo 4: *** Il risveglio dell'eroe ***
Capitolo 5: *** Le dinamiche del primo appuntamento ***
Capitolo 6: *** Appunatmento per 4 ***
Capitolo 7: *** Eventi inaspettati ***
Capitolo 8: *** Sembri finta ***
Capitolo 9: *** Il disegno di Lorence ***
Capitolo 10: *** Breake up ***
Capitolo 11: *** Marry me ***
Capitolo 12: *** Good Bye ***
Capitolo 13: *** Almost Happy Ending ***



Capitolo 1
*** Un cupcake è meglio dell'amore ***


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Un cupcake è meglio dell'amore

Lidia aveva due motivi per essere al mondo: l'amore eterno e i dolci.
Il secondo, fin troppo presente, era il tappo che soffocava le delusioni, fin troppo ricorrenti, che provocava il primo. Non poteva fare a meno di accoccolarsi in quel dolce abbraccio, si sentiva sicura, un cupcake non l'avrebbe mai tradita e l'avrebbe accettata per quello che era, era obbligato a farlo.
La conclusione quindi era solo una, i cupcake erano meglio dell'amore, per essere più precisi, meglio dei ragazzi stronzi.
Se da quel punto di vista appunto gli si apriva un mondo da quello sentimentale gli si chiudeva una porta in faccia, una serie innumerevole di porte in realtà, la cui chiave scompariva magicamente, non potevano più essere aperte, non da lei almeno.
Tutti quei fallimenti erano accatastati all'interno di una cartellina giallastra, senza nome o etichetta destinata a rimanere anonima.
Ormai una donna non aveva più bisogno di una mano da afferrare nel buio, perfino le principesse erano diventate capaci di salvarsi da sole. Se l'uomo c'era bene, altrimenti evadevano dalla torre a modo loro.
Il suo ultimo ragazzo l'aveva lasciata, come quelli precedenti, una schiera di ex che avevano raggiunto una cifra fin troppo alta, era giunto il momento di sciogliere i capelli e andare.
Fissò la cartellina con sguardo di sfida. << A noi due! >>
Lidia puntellò le mani sul tavolo, fece leva e si alzò piano con decisione, come stesse fronteggiando l'antagonista della storia.
Era la battaglia finale.
Afferrò il contenitore impotente ignorando le immaginarie implorazioni di pietà.
<< È la tua fine! >>
Nessuna pietà.
I lamenti inesistenti cessarono, sopraffatti dal tonfo dei fogli sul fondo del cestino, svuotato per l'occasione.
Era libera.
Nella sua mente la manovella della radio ruotò e la canzone dei Queen cominciò a riempirgli la testa. “We are the champions!”
Chiunque l'avesse vista dalla finestra avrebbe dubitato della sua sanità mentale ma libertà aveva un sapore troppo bello a cui non potevano essere messi limiti.
Il ritmo nella sua testa la fece ballare per tutta la stanza, per la prima volta piccola misurata dalle sue falcate da gamba corta.
Quasi inciampò ma non interruppe la sua corsa lanciandosi verso il divano. Afferrò un mal capitato cuscino, lo sorte non era con lui quel giorno ma mister piume d'oca fu solo la prima vittima.
Saltò sul divano, sul piedistallo della vittoria.
Ma dopo l'apice vi è sempre un rovinoso declino.
Così cadde, inesorabilmente, scivolando sul bordo traditore e si ritrovò supina sul tappeto che odorava di gocce di caffè fuggite dalla tazzina.
Il cuscino assunse una piega particolare, simile un sorriso di derisione, i suoi occhietti rappresentati dai vuoti dell'imbottitura gli ricordarono che non si deve mai abbassare la guardia.
<< Va bene! Ho capito, non potevi lasciarmi sognare? >> Rimproverò risentita l'oggetto e lo posò calma sul divano, vuota di euforia distruttiva.
Superato il mobile però la musica torna a rimbombarle nella testa, si volta complice verso il cuscino lontano e riprende la sua corsa per poi inciampare nel nulla, rotolare nel corridoi e sfondare lo specchio.
Mm, la gloria faceva male.

Se ne stava seduto dietro la scrivania con una portamento da padre eterno e osservava la sua ospite, le mani incrociate sulla superficie.
Una ventina di minuti erano trascorsi in quel modo.
Lidia stava sprecando tempo, preziosi momenti della sua nuova vita, che probabilmente avrebbe impiegato a dormire, ma ciò era irrilevante.
<< La mia presenza qui non ha senso! >>
Lei doveva essere fuori da lì. A vivere! Ad andare al cinema, diventare scienziata, astronauta...
La statua finalmente si mosse. << Molti sono nelle sue condizioni. La depressione è qualcosa di difficile da superare da soli, certe volte scava così a fondo da togliere qualsiasi ancora di salvezza, se non una. La morte. >>
Per tutto il tempo Lidia era rimasta a bocca aperta, a tenere il fiato prima del grande salto.
<< Ma io non ho tentato il suicidio! >>
<< È comprensibile che lei tenti di negare... >>
<< Mi creda, se avessi voluto suicidarmi avrei trovato un altro modo! Di certo non avrei sfondato uno specchio! >>
<< Certamente... >>
<< Non mi tratti come una pazza! È così! Ammetto che tutti i miei ragazzi mi lasciano, uno dopo l'altro, nessuno riesce ad amarmi e così affondo i miei dispiaceri nel cibo e stupidi film. Ho visto persino Via col vento! Dico Via col vento! Quante ore sono? Quattro e mezzo? La mia vita è un disastro... >>
L'altro si limitava a guardarla con un sopracciglio alzato, lo sguardo di chi ha a che fare con una scena penosa che affronta senza la minima compassione.
Intanto la ragazza aveva sbattuto la testa sulla scrivania chiudendo il discorso e continuando un monologo con se stessa.
<< Sta bene? >> Non che gli interessasse granché ma doveva almeno assicurarsi della sua permanenza mentale secondo la convenzione, quanto odiava il galateo.
La ragazza fece scivolare la fronte poggiando così il mento.
<< Shh! Stia zitto! Sto cercando di trovare il lato positivo di tutta la faccenda... >>
<< Signorina, ha già le visite pagate. Ne approfitti se non per il suicidio per i suoi indubbi problemi emotivi. >>
Quella donna non aveva idea di come si fosse sforzato per fare uscire quello che aveva detto nella sua prosa originale.
Le ciglia femminili sbatterono veloci,gli occhi dolci ben aperti. << Lei assomiglia al mio primo ragazzo, sa? Era davvero uno stronzo...Mi lasciò per mettersi con la ragazza che aveva reso la vita un inferno, quanto mi odiava e la cosa era reciproca. Fu la prima volta che associai un trincia pollo a un omicidio. >>
<< Idea originale. >> L'uomo alzò appena le spalle, tanto per dimostrare di non essere un miraggio.
<< Vero? L'inventiva dei sedici anni. >>
<< Rimpiange quell'età? >>
<< No, io volevo crescere. A me piaceva stare sola, non aveva il bisogno perenne di qualcuno...quando sono diventata così? >>
Lidia aveva abbandonato la scrivania ed era tornata a sedere dritta.
<< Avere bisogno di qualcuno non è un male, basta farlo nei limiti consentiti. Le do il benvenuto nella vera età del dubbio. >>
Allora lei allungò placidamente la mano.
<< Che fa? >> Ora un pochino lo psicologo era perplesso.
<< Aspetto che mi dia la tessera di membro onorario... >>

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Capitolo 2
*** L'hobby del signor Batman ***


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L'hobby del signor Batman
ovvero
come incontrare l'affascinanate principeazzurro

Lidia sbattè le ciglia, sfregò le ginocchia così vicine che quasi toccarono il petto e si aprì in un grande sorriso, in un inquietante sorriso.
<< Allora, com'è andata la sua cena di Natale? >>
L'uomo ricambiò con una smorfia. << Sono io quello che fa le domande... >>
Già da un pò di tempo, alcuni pomeriggi, senza un ordine preciso, li passava così. Stava seduta in poltrona mentre il suo "interlucotore" seguiva i suoi complessi discorsi.
Ogni tanto si muoveva, giusto per assicurarle di essere ancora vivo. Se era fortunata riuscivano ad avere un dialogo, ma, poi lei aveva problemi, solo se era vestita di rosso e lei odiava il rosso.
<< Lei è uno psicologo, non una guardia giurata. Avanti, esprima le sue emozioni... >>
Allora lui alzò il viso un pò schermato dagli occhiali.<< Mi sta prendendo in giro? >>
<< Licenza professionale. >> Lei si riaprì in un sorriso che lui non sembrò apprezzare, la guardò assente come del resto osservava il mondo intero.
Lei continuò imperterrita, non era un problema, di solito reagivano così i suoi ex ragazzi.
<< Mi dica la verità. In realtà lei è Batman e mantenere il segreto della sua identità la rende un uomo freddo e apocalittico... >>
<< Solo il medico ferito può curare. >>
Lidia assottigliò gli occhi.
Dalla bocca di quell'uomo potevano uscire solo due cose, insulti o frasi di quel genere. Chissà se era in grado di parlare come una persona comune?
<< È single? Se lo è si domandi il perchè... >> Lidia continuò ancora.
Riusciva a dragli massimo un trentina d'anni. Era più vecchio di lei, sicuro, ma doveva ammettere che di aspetto fosse ancora passabile, in verità più che passabile. Così sembrava pensarla poi l'intero genere femminile in quel palazzo.
Effettivamente gli sarebbe convenuto rimanere in silenzio.
<< Dubito che lei possa avere voce in questo capitolo. >>
<< Stia attento, la scrivania non è un valido ostacolo, la sua vita non è in salvo. >>
La ragazza tentò di afferrare la penna a biro che giaceva sul tavolo, era suo desiderio brandirla come arma.
Lo psicologo sembrò, incredibilmente, svegliarsi dal suo torpore e sbattè secco la mano sull'oggetto su cui aveva un discreto vantaggio.
<< No.... >> La voce di Lidia uscì flebile, il diaframma schiacciato sul mobile l'alterva, la mano ancora tesa.
<< Lei guarda troppi film, si trovi un hobby... >>
<< Un che? Mi parli in italiano, la prego. >>
<< Un passatempo. >> Rimarcò le parole in maniera irritante che riocrdò a Lidia il perché fosse in quella situazione.
<< Sarà fatto. >>
<< Bene...Dal momento che l'oggetto che voleva raggingere non è più accessibile potrebbe scandere dalla mia scrivania, cortesemente? >>

Qundo era piccola, cioè nell'arco di tempo in cui poteva essere considerata carina in un tutù rosa, ma soprattutto quando ancora non aveva ancora le piene facoltà di scelta, aveva preso lezioni di danza.
Era stato un disastro.
Sua madre avrebbe dovuto accettare il fallimento della propria prole ma chissà per quale motivo non ci riuscì.
E fu così che Lidia venne costretta a vestirsi da meringa glassata fino all'età della ragione.
Gli piacevano i balletti, sul serio, ma da osservare comodamente seduta sulle poltroncine rosse, la sua idea non comprendeva il parteciparvi come corpo di ballo.
Hobby.
Odiava già quella nuova parola.
Tutti gli sport che aveva seguito negli anni a venire non erano hobby, erano trappole mortali a cui si era sottoposta per il suo indiscusso masochismo.
In qualsiasi caso, con qualsiasi esercizio fisico, sarebbe sempre stata simile a una Pokeball.
Non era grassa, nemmeno tonda ma aveva una caratteristica che aveva odiato dal primo giorno in cui era improvvisamente comparsa: i fianchi alti.
Tutti i ragazzi che aveva avuto, nella loro immensa schiera, nella loro lista della lamentele, chi al primo o ultimo posto, avevano inserito la clausola " Hai dei brutti fianchi. "
No, non era una battuta, era seria.
Avrebbero potuto dire tutto su tutto il resto ma non su quella sua porzione di corpo anche se era qualcosa di palesemente imperfetto.
E così alla fine si era affezionata a quella parte di se nella sventura.
Ma lei amava sempre di più le cose monche e sfigate. L'unico problema era convincere il resto del mondo a fare altrettanto, ma ci stava lavorando.
L'opzione danza era già stata eliminata dalla lista insiame a premio nobel e tutto quello che avrebbe richiesto un grande sforzo mentale da parte sua.
Proprio mentre tendando di immaginarsi con un oblò d'astronauta in testa gli era passata davanti.
" Caffè Colette "
I pasticcini ingombravano la visuale, così numerosi e pronti a strabordare che l'avrebbero investita se non vi fosse stato il vetro a frapporsi fra loro.
Fu allora che gli venne l'idea, piuttosto logica in realtà, come un lampo la luce della verità discese su di lei.
Avrebbe fatto la pasticcera!
Aveva corso per tutta la strada fino a casa, falciando qualche passante che aveva ostacolato la sua ascesa, qualche piccione era stato tramortito ma ne era valsa la pena.
Varcata la soglia di casa aveva afferrato le pagine gialle, che chissà perché erano di tutt'altro colore, e con le mani ancora guantate per la fretta aveva cercato con fatica il suo mittente.
E finalmente lo aveva trovato.
E garzie a quello che alcuni potevano definire destino e che lei invece chiamava ormai signor Batman ora si torvava con un uovo in mano che la fissava implorante.
Due lacrimucce, create per lei dalla sua mente contorta, scesero dalla forma ovale prima di cadere con un rumore cristallino, prontamente immaginario, sul bancone.
Il vociare riprese, tanto alto da inghiottire lei e i suoi sensi di colpa.
<< Suvvia signorina, sono sicuro che andrà benissimo. >>
Una voce maschile richiamò Lidia che aveva eliminato i presenti, concentrandosi sul possibile pulcino che avrebbe potuto stringere.
<< Come? >>
La ragazza gli arrivava con fatica alla spalla, doveva guardarlo dal basso per specchiarsi in quegli occhi scuri, affondati nei riccioli castani.
<< Intendo...non deve essere nervosa. >> L'uomo sorrise accomodante e il volto gli brillò di luce propria o forse era un'allucinazione di lei.
Lidia non potè fare a meno di ricambiare.
<< Oh, non sono in ansia! Pensavo a quest'uovo. >> E alzò l'alimento come se avesse aiutato l'altro a capire.
<< All'uovo? >>Probabilmente era perplesso ma non lo diede a vedere, mantenne un cipiglio concentrato come se quello che aveva sentito avesse senso.
<< Si, immaginavo che pulcino sarebbe stato... >>
Per quanto tentò, cortesemente, di trattenersi l'uomo si fece sfuggire una risata, una di quella belle che sono musicali alle orecchie. << Sono sicura che non gli verrà reputata nessuna colpa signorina, sarà un altrettanto magnifico dolce. >>
<< Apprezzo il tentativo ma qualunque cosa creerò sarà tutt'altro che magnifica, non voglio illuderla. >> Lidia sorrise, era raro che qualcuno capisse il suo senso dell'umorismo.
L'uomo inclinò appena un angolo della bocca che era in linea retta con gli occhi vispi.
<< S'il vous plaît silence, vous commencez! >>
Una donna allampanata entrò in cucina, col viso austero e il mattarello in una mano, alla ragazza ricordò sua zia Amelia, zitella, sola e insopportabile.
<< Ma tu la capisci? >> La voce maschile tornò a solleticarle un orecchio.
<< No. >> La ragazza rise sommessa, senza motivo, accompaganta dall'altro.
<< S'il vous plaît! >> La donna si voltò palesemente verso di loro, lo sguardo omicida stava affinando il radar per colpire. << Nessuno parla durante le mie lezioni! >>
Un mestolo arrivò a colpire sul bancone esattamente di fornte a Lidia che non potè fare altro se non incassare la testa nelle spalle.
Si, la gemella separata alla nascita da sua zia Amelia.
Dopo averla osservata La Chef si allontanò brandendo l'oggetto da cucina come fosse stato un' arma letale.
<< Che donna incantevole... >> La ragazza parlò a denti stretti, il viso più impassibile possibile.
L'uomo rise senza farsi problemi. << Da sposare! >>
Alcuni attimi di silenzio poi lui riprese.
<< A proprosito, il mio nome è Mark. >>
<< Io sono Lidia. >> Detto ciò la ragazza allungò la mano per afferrare quella che gli era stato tesa.

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Capitolo 3
*** Ibrido ***


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Lidia "l'ibrido"
ovvero
il lato impensabile del signor Batman

<< Penso che quella donna mi ucciderà... >> La ragazza si voltò indietro, terrorizzata dalla paranoica idea che quella che sembrava la sosia di sua zia Amelia gli apparisse alle spalle.
Mark le stava accanto, sorridendo ironico. << L'amore fra le donne è qualcosa di impressionante! >>
<< Ecco l'inferno! >> Lidia non gli indorò la pillola credendo di aprirgli un nuovo sipario per il mondo femminile.
<< Anche tu sei così? >>
<< In parte sono così ma... >> Ci stava pensando, non era portata per la sana ironia.
Lui però la incalzava mosso da chissà quale curiosità. << Ma? >>
<< Ma io non sono una donna, sono un ibrido... >> Pessima, davvero era in grado di coniare frasi del genere? Pensandoci non avrebbe dovuto sorprendersi, c'era pur un motivo per cui andava dal signor Batman.
<< Ibrido? Non ne avevo mai conosciuto uno prima. Non posso farmi sfuggire quest'occasione. Ibrido, vuole prendere un caffe con me? >>

<< Sa Batman? Ho conosciuto un uomo. >> Lidia assunse un'espressione trasognata, tipica da bambino il giorno di Natale.
Dall'altra parte della scrivania tutto rimase imperturbabile.
<< Buon per lei... >>
<< È tutto così...bello! >> La ragazza fece un gesto plateale con le braccia, gli occhi chiari come due lumini nel viso arrossato per l'emozione. << Non mi sentivo così dal liceo! >>
<< Non si illuda la prego. >> Lo psicologo alzò appena le palpebre, la inquadrò in uno sguardo svogliato.
<< Eh no! De retro Satana! Non mi trasmetta il suo cinismo amoroso. Se mi faccio corrompere dalla sua mente dispotica e arida la mia vita, stia sicuro, avrà un nuovo crack! >>
<< Un nuovo che? >>
Che uomo ottuso.
Lidia si fece avanti sulla scrivania, lui odiava quando lo faceva. << Una rottura. Non può dire queste cose, è stato lei il mio Cupido. >>
<< Primo, io non sono ne il Cupido ne il Batman di nessuno, secondo, visti i precedenti e la sua scarsa fortuna generale perché ci ricade sempre? >> Una nota ironica infine.
<< Stia attento, è già a conoscenza della precarietà della sua incolumità. E poi andiamo, il suo cuore è davvero di pietra? >>
<< Si. >>
Probabilmente era vero.
La ragazza fece più pressione con le mani sulla superficie del tavolo. << Lei è single per scelta o... >>
<< Non sono affari suoi. >> L'uomo affondò ancor più nalla poltroncina, padrone indiscusso del suo territorio, del disagio nemmeno l'ombra.
<< No certo. Lei conosce di me solamente vita, morte e miracoli! >> Voleva fare il grande intelletuale? Il signor ne mi piego ne mi spezzo? Bene, ma lo avrebbe fatto anche lei. Guerra sia.
Lidia affondò a sua volta nella sua poltroncina e incrociò le braccia al petto, guardandolo con occhi di sfida. << Se sua moglie l'ha lasciata è solo per è solo un coglione. Se le cose sono andate diversamente le mie umili scuse. >>
<< Il suo tatto è eccomiabile. >>
<< Non svii il discorso! >> Irremovibile.
Un altro sospiro. << Evidentemente sono un coglione... >>
La ragazza si agitò sulla poltrona. << Ho colto nel segno! >> Puntò il dito contro l'altro che guardava altrove insepressivo. Non poté trattenersi dal continuare. << Perché l'ha lasciata? >>
<< Stia zitta. >> L'uomo si fece più vicino, lasciando lo schienale.
Lidia lo gurdò un attimo e parlò ironica. << Vuole che mi volti oppure che esca per lasciarla piangere in pace? >> Si stava vendicando.
<< Taccia. >> Ora era piegato in avanti, quasi prontò a scattare in piedi.
La ragazza si zitti, schiacciando le mani congiunte fra le ginocchia, strinse un pò le spalle e attese qualsiasi segno di vita che impiegò ad arrivare.
Non era brava a vendicarsi, no per nulla. Tanti anni di film della Marvel gettati al vento.
<< È impressionante come riesca a farmi dire tutto ciò che vuole. Dovrei autostudiarmi. >>
Mm, non la stava insultando, era già qualcosa anche se non concordava con ciò che aveva detto.
<< Ma se passa il tempo a farsi beffe della mia vita. Crede che voglia sentirmelo dire? >> Era un discorso abbastanza logico.
<< Ha mai pensato che queste "beffe" potessero essere consigli? >> Ma questo non faceva una piega.
<< No, mai... >>
<< Potrebbe incominciare... >>
<< Sarebbe ora vero? >>
Lui tornò al suo posto. << Se se la sente si. >>
Anche Lidia si rialssò in parte, tenendo sempre la guardia alzata. << Non so se ne sono in grado. >>
<< Ci riuscirà, io sono qui per questo. >>
Lo psicologo la stava guardando in maniera strana. Gli portava rispetto o aveva riconosciuto la sua pericolosità?
Aveva paura del suo pessimo tatto?
Lui che sembrava tanto compatto non sembrava amare confusione nella sua vita, un'intrusione insensibile e quanto meno un occhio curioso.
E lei era tutto questo.
Lui non era più il suo psicologo, era una nemesi con cui confrontarsi. Un'antagonista un pò fuori dal comune ma sempre qualcuno da far ricredere.
Avrebbe vinto questa battaglia, di qualunque natura sarebbe stata.

Lidia osservava i pasticcini, tanti colori e creme diverse che faticavano ad essere scelti.
<< Portami nel tuo mondo... >> Mark era al suo fianco come sempre, lo conosceveva da poco ma già amava il suo modo affettuoso di prenderla in giro.
Era il primo uomo che sembrava affascinato dalla sua mente contorta, realmente desiderava sapere.
La ragazza rise in maniera assurda, presa dall'imbarazzo si rivoltò di scatto ignorando la vicinanza col bancone sbattendoci così contro con una discreta forza. << Oi... >>
<< Attenta! >> Mark posò la mano sulla sua fronte martoriata, un sorriso mite e comprensivo dipinto addosso. << Allora, la ferita di guerra ti ha aiutato a designiare il degno pasticcino? >>
<< Non è così semplice! >> Lidia pose le mani sui fianchi.
<< Illuminami. >> L'uomo sorrise ancora.
<< Bè... >>

Quasi investì la segretaria senza particolare dispiacere, non la sopportava e la cosa era reciproca.
Aprì la porta in legno dello studio di Batman con una notevole forza per un esserino così piccolo, senza nemmeno prendere in considerazione l'idea di bussare.
<< Tad dan! >> Mimò la propria colonna sonora con un semi balletto incorporato ma si interruppe presto notando che nessun pubblico l'avrebbe acclamata.
Signor Cupo non era lì, o meglio nonsembrava lì. Ci era quasi riuscito a farle credere di non esserci ma un solo respiro pesante fece crollare la copertura dell'uomo.
Lidia affirò la scrivania fremente d'emozione di trovarsi per una volta da quella prospettiva, tutto si spense quando intravide la mano affusolata.
Era ranicchiato li sotto, come un bambino si nasconde da un rimprovero impellente, si era appallottolato e tentava di spingersi ancora più all'interno del mobilio per quanto fosse fisicamente impossibile.
Notando la bottiglia d'alccol Lidia cominciò a capire che non era stato un attacco di panico a spingerlo in quella situazione. O forse si, ma mischiata a sintomi da sbornia.
La faccia da straccio di lui concretizzò solo le sue certezze.
Aveva un aspetto quasi malaticcio, era più pallido del solito, i cerchi agli occhi e umido sul volto, evidentemente non era abituato a bere.
<< Oh Lorence... >> Gli posò una mano sulla guancia, lui non si ritrasse, forse troppo fuori dal mondo, e si appoggiò succhiiudendo gli occhi.
<< Bè! Qui sotto non puoi rimanere. >>
Con immense difficoltà riuscì a stanarlo e chissà come lo mise in piedi.
Gli infilò il cappello in testa, fraccandoglielo sugl'occhi sperando che la segretaria si facesse gli affari suoi per una volta.
Ne aveva gestite tante di ubriacature altrui, non sarebbe stato diverso. Avrebbe potuto tenere un corso.
Solo in corridoi il genio si riscosse. << L'ultima volta che mi sono ubriacato fu al mio addio al nubilato, mi dovettero portare in spalla. >>
<< Mi spiace ma sta volta userai le tue gambe. >>
Non ci pensò nemmeno di chiedergli dov'era casa sua, era ancora nella fase in cui non aveva idea di essere al mondo.
Lo infilò in macchina. << La regola la sai: non vomitare addosso a me. >>
Lui ghignò in un modo tipico di quella situazione. Si intorcolò con la cintura, lo sguardo concentrato come se allacciarla avesse significato salvare il mondo.
Stava seduto dietro, calmo e inebetito, indicando le luci che si riflettevano dal finestrino, ogni tanto partiva a ridere da solo.
Lidia accostò in maniera un oò brusca, non era portata per il parcheggio.
Slacciare la cintura fu meno problematico per lui ma non ricordò che la portiera fosse chiusa e ci sbattè, il vetro tremò per lo slancio.
Ci volevano pochi passi per casa sua.
Camminavano giù per la discesa, Lorence andava a zig-zag, la ragazza seguiva la sua ombra che ondulava, poi improvvisamente scomparve.
Stava suonando i campanelli.
<< No! >> Lo stava per portarlo via quando intravide un nome. << In fondo li hai suonati quasi tutti. >>
Pigiò il bottone e scappò via trascinando l'altro per un braccio nella notte.
Se la macchina era stata una sfida ci si può solo immaginare cosa furono le scale in salita. La ragazza lo tenne dalla parte del muro arginando qualsiasi idea strampalata.
All'ultimo gradino lui si accasciò con un sorriso da schiaffi.
<< Eh no! >> Esclamò la ragazza.
<< No! >> Gli faceva il verso!
Si arrese e gli avvolse il torace con le braccia e tentò di trascinarlo su. Doveva aver fatto parecchio rumore perché mentre lo stava occultando come un cadavere fu illuminata.
La sua vicina aveva aperto la porta.
Lidia infilò svelta la chiave e lo portò dentro per il colletto trascinandolo. << Non sta tanto bene! >>
Una volta dentro lo mollò e si poggiò alla porta.
Batman trovò da solo la strada per il divano e dopo averlo raggiunto gattonando vi si arrampicò.
Lidia gli lanciò il pile addosso. << La mia vicina penserà che sono una sodomiata.
<< Buona notte. >> Un lamento biascicato venne dall'uomo.
<< Notte. >>

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Capitolo 4
*** Il risveglio dell'eroe ***


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Il risveglio dell'eroe
ovvero
il post sbronza di Batman

<< Batman si svegli! >>
<< Che ore sono? >>
<< L'ora di salvare Gotham... >>
Eh? Gotham? Che cosa stava vaneggiando quella voce? Perché c'era una voce? Oh cazzo!
Lorence soffocò un urlo, mai abbandonare il contegno, ma non poté fare a meno di scattare sulle ginocchia ad occhi spalancati dimenticandosi del suo pessimo equilibrio.
Infatti dopo un attimo euforico rotolò giù dal divano senza ritegno. Non era un mobile fortunato.
<< Buon giorno anche a te. >> Lidia fece finta di niente cantando vittoria dentro di se. L'umiliazione altrui era piuttosto gratificante, doveva ammetterlo.
Pose la tazza di caffè all'uomo che riversava a terra esanime.
Nemmeno quell'odore caldo riuscì a risollevarlo ma dovette arrendersi ai picchiettii insistenti della ragazza. Si appoggiò ai gomiti sconsolato.
Il caffè gli venne piazzato sotto il naso mentre Lidia si sedeva accanto a lui a gambe incrociate.
<< La testa... >> L'uomo si passò una mano fra i capelli, quasi per nascondersi dallo sguardo di lei puntato addosso. Le ciglia femminili sbatterono con insistenza, questo lo confuse ancora di più.
<< A parte le sue lamentele esistenziali da donnicciola non ha niente da dire? >>
<< Cose desidera sentirsi dire? >>
Lei sorrise maligna dietro il brodo della tazza e assunse l'espressione da grande piano malefico.
Notando l'imperturbabile silenzio il suo viso riprese un aspetto umano. Puntò gli occhi al cielo prima di parlare. << Sa, l'ho solamente scarrozzata fino a casa mia. Dopo che ha suonato tutti i campanelli ho impedito che la linciassero. L'ho trascinata su per le scale e ospitata in casa mia. Oh! E la mia vicina ora pensa che io sia una sodomita a causa sua. >>
Lui rise appena, si lasciò sfuggire un cenno d'assenso. << La ringrazio. >>
L'unico suono che li accompagnò per molto tempo fu il sorseggiare del caffè, poi Lidia prese coraggio e pose la domanda che l'aveva tormentata tutta la notte.
<< Perché... >>
Non giunse nemmeno al termine della frase che fu interrotta. << Non me lo chieda, la prego. >>
<< Oh andiamo! Me lo deve! Deve essere una cosa dalle proporzioni epiche se l'ha ridotta così ma sono abbastanza sicura che non sia morto nessuno... >>
L'uomo inarcò le sopracciglia corrucciato dubitando più del solito dell'insanità mentale della sua paziente.
<< Da cosa lo deduce? >>
Il lord tornò a sedere composto, la tazza posata sul tavolino, nemmeno il caffè lo avrebbe aiutato, che per di più sapeva d'acciaio.
<< Non si offenda... >> Di fatto l'uomo sembrava piuttosto risentito.
<< Ascolti, la ringrazio, va bene? Per avermi ospitato e tutto il resto ma le chiedo, per favore, di non immischiarsi nella mia vita privata. Domandi qualcosa d'altro come ricompensa, tutto fuorché qualcosa che riguardi la mia situazione sentimentale. >>
Lidia rimase seduta imperturbabile, non lo comprendeva certe volte. In realtà mai.
Lui era uno psicologo, tutto il giorno sentiva i fatti di tutti, eppure quando veniva il momento di parlare di se Lorence non sapeva più che fare, lo vedeva come si agitava dietro a quegli occhi freddi.
Wow, aveva un futuro come psicologa.
<< Andiamo! Non può farmi morire di curiosità! Magari potrei aiutarla... >>
<< Ne dubito... >>
<< Provi. >>
L'uomo sospirò, poggiò i gomiti sulle cosce inclinandosi in avanti, la testa un po' a penzoloni, gli occhi socchiusi.
<< La mia ex moglie si risposa... >>
Lo ammise in un soffio, con un tono che non lasciava intendere la fatica che gli era costata esprimersi.
Lidia formò un “o” con la bocca, il volto pensoso e assorto.
<< Ti turba così tanto Batman? >>
Lorence si era alzato, girava calmo per la stanza. << Come non dovrebbe? >>
<< Lei è la tua ex, gli ex si devono scordare! Questa è la legge naturale delle cose, della sopravvivenza. >>
Lui rise, non seppe dire se in modo amaro. << Ma io l'ho dimenticata. Mi sono solo guardato indietro. Da quando le mi ha lasciato niente è cambiato, mi sento ancora un moccioso che non sa nulla, mi sembra di essermi appena laureato. Lei invece, invece svolta radicalmente. Io sono qui al punto di partenza. >>
Lidia rimase a fissarlo, sembrava davvero affranto. Il profilo affilato nella penombra prese una vena malinconica, come quella di un bambino che si è perso e non sa che via prendere.
<< Ho un'idea Batman! >>
<< Oh poveri noi... >>
la ragazza lo ignorò palesemente. << Le organizzo un appuntamento al buio! >>
<< Oh no.... >>
<< Collabori! Con quella faccia farebbe scappare chiunque. >>
L'uomo alzò gli occhi al cielo. << Magari era il mio intento... >>
<< Non sia stupido! >> La ragazza scomparve in un nugolo di fogli, era inciampata.
<< Tutto bene? >>
<< Si! Ho trovato anche il numero della mia amica! >>
Lidia borbottò ancora distesa a terra, i fogli cadevano svolazzanti, il suo braccio svettava mentre brandiva un post-tit, il numero a chiare lettere.
<< Non è una buona idea lo sa? >>
Lorence aveva le braccia incrociate, lo sguardo serio e davvero poco convinto.
Lidia non si diede pena nemmeno di guardarlo, continuò quasi come se non esistesse, qualunque cosa stesse facendo.
L'uomo si era riseduto impotente sul divano martoriato, il caffè di fronte a se non più fumante, pensieri altrove.
Venne riportato alla realtà dalla voce della ragazza, si era voltata leggermente, prima di spalle, poi era ruotata del tutto. << Batman? >>
<< Mm? >> Non c'era del tutto con la testa.
<< Da quant'è che non va a letto con qualcuno? >>
Lorence impiegò alcuni minuti per rendersi conto del significato della domanda, insomma non se lo aspettava, dopo essersi reso conto strabuzzò gli occhi, quasi balbettò. << Come?!? >>
<< Non faccia il timido e me lo dica! Come può pensare altrimenti di fare delle avance a una donna? >>
<< Con il mio carisma? >> Lui alzò un sopracciglio.
<< Ma per favore! Sfrutti il fatto di essere un bel uomo... >>
Lidia sentì il suo sguardo puntato addosso, si era sorpresa lei stessa di ciò che aveva detto.
<< Mi trova un bell'uomo? >>
Lorence aveva stampato in faccia un sorriso, ma non il solito arrogante, era bello. Un po' timido in realtà, gli occhi nemmeno sfiorati dalle guance. Aveva il fascino da misterioso e dannato ma quando sorrideva chiunque si sarebbe sciolto nel guardarlo.
<< Bè, non gli e l'hanno mai detto? É un vero peccato che poi apra bocca. La smetta di guardarmi così! >>
Lidia gli schiaffò in mano il biglietto giallo prima di continuare. << La chiami, è una ragazza speciale. Tira fuori il meglio da chiunque! >>
<< Sono un po' troppo vecchio per queste cose... >>
<< Ha si e no trent'anni, esca dal guscio! >>
<< Io sono già uscito abbastanza dal guscio, non ho nessun desiderio di ritentare la fortuna amorosa, quanto meno 
di traviare una giovane donna. >>
<< Potrebbe tramortirla con il suo logorroico flusso di parole. >>
Lui in realtà parlava in quantità normali ma quando lo faceva sembrava una dizionario stampato, la lingua comune era troppo bassa per lui.
Lidia gli girò attorno come un avvoltoio. << Faccia una prova. Se poi non se la sente o le cose non vanno come previsto potrà sempre tornare indietro, è la magia del primo appuntamento. >>
La ragazza gli si era appoggiata alla spalla, il biglietto stretto fra le dita in prossimità del viso di lui. Quest'ultimo lo prese titubante, tenendolo come fosse qualcosa di alieno, non di questa terra.
<< La sua amica non le somiglia vero? >>
Lidia gli rifilò un'occhiata risentita. << La sbornia non è ottimale su di lei....e comunque no. É graziosa ed elegante. >> Simulò un'espressione più a modo possibile per sbeffeggiarlo.
<< Signorina... >>
<< Si? >>
<< Grazie. >>
<< E di che? >>
Lei gli sorrise e lui gli ricambiò con uno ampio e luminoso, per la prima volta.

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Capitolo 5
*** Le dinamiche del primo appuntamento ***


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Le dinamiche del primo appuntamento

ovvero

la magia delle tazze blu a pois

<< Lei è un completo idiota?!? >> Lidia aveva sbattuto le mani sulla scrivania dopo essere piombata come una furia nello studio di Batman, l'innata grazia di un elefante in una sala di specchi.
<< Buon giorno anche a lei... >>
Impassibile, come sempre.
<< E io che pensavo che avesse capito! Evidentemente le dinamiche del primo appuntamento non le sono ancora del tutto chiare dopo decenni d'esperienza, certo! Quando la sua signora si sporge per baciarla lei la deve ricambiare, non deve ritrarsi come se fosse affetta da peste, pensavo le fosse chiaro! >> La ragazza gesticolò animatamente per poi rispostare il peso delle mani sulla superficie.
L'uomo dall'altra parte si tolse gli occhiali e si lasciò sfuggire un sospiro prima di parlare. << Era giovane, baciarla al primo appuntamento sarebbe stata una viltà da parte mia. >>
Lidia lo guardò come allo stesso modo avrebbe osservato un alieno, lo faceva ogni volta che partiva con quel genere di discorsi. Sul suo animo nobile, sulle virtù di un uomo e poi continuava con una serie di parole che la ragazza non si dava la pena di ascoltare.
<< Ma quale viltà?!? Si chiama ordine naturale delle cose. Per colpa sua ho passato una notte insonne! >>
Lidia gli puntò addosso il dito con fare melodrammatico e con lo sguardo che fiammeggiava . Nella sua goffaggine faceva una discreta paura.
<< Per colpa mia? >> Batman inarcò un sopracciglio confuso. Perché doveva essere sempre colpa sua?
La ragazza sospirò, come se fosse logico o pretendesse che l'uomo leggesse nella sua mente. << Si, per colpa sua. In questo modo lei ha rifiutato una dolce e sensibile a cui lei piace. Chi doveva consolarla se non la fautrice del suo dolore? >> Terminò auto indicando se stessa.
L'uomo non si espresse immediatamente si limitò a incrociare le mani sulla scrivania e a lasciarsi andare sullo schienale della poltrona.
<< Non era mia intenzione demoralizzarla, mi creda, ma era così...piccola. >>
<< Ha 24 anni! >>
<< E io 30! >> La voce appena alterata come se 6 anni fossero un abisso di tempo.
Lidia lo fissò confusa. << E con ciò? Per essere una ragazza giovane è matura... >>
<< Non ho dubbi, ma io...mi sembrava di farle un torto, ecco. Lo dica ad Anna. >>
La faceva facile lui.
La ragazza roteò gli occhi. << Non può fare così Batman! Ha invaghito e sedotto una giovane fanciulla, ne approfitti e ricominci da capo. >>
<< Concordo. >> La voce della donna parlò calma, i due si erano quasi scordati di lei.
Quando Lidia era entrata di fatto Lorence non era solo ma non si era trattenuta, riversandogli addosso le sue parole ignorando il nuovo pubblico.
Entrambi si girarono a fissarla perplessi, cadendo nel silenzio più totale.
A riprendere la parola fu l'uomo. << Continuiamo più tardi. >>
<< Ma... >>
<< Dopo. >>
<< Va bene Batman, ma tornerò. >> Detto ciò la ragazza scomparve con un sordo suono della porta dietro di se.
La signora Pool sorrise sorniona a Lorence. << Quindi te la cavi ancora in campo sentimentale. E io che pensavo che fossi gay... >>
<< Sai, voi due parlate allo stesso modo... >>
In tutta risposta lei rise.

Mark era seduto imperturbabile su una delle numerose tazze azzurre della giostra con la stessa espressione di un genitore che accompagnava il proprio figlio.
In questo caso lui stava accompagnando Lidia, elettrizzata come se non avesse mai messo piede su un ordigno simile.
Per quanto finisse per rimettere ogni volta quando riportati i piedi a terra da bambina si era sempre ostinata a salirci,, tra le proteste e i bronci di sua madre.
Quella donna organizzava il suo matrimonio da quando era venuta al mondo trovando irrilevante la sfortuna amorosa di sua figlia. Chissà cos'avrebbe detto nel vedere Mark.
Lidia fu costretta ad abbandonare il suo flusso di pensieri, la giostra cominciava a muoversi e lei doveva stare ben attenta a conservare la sua dignità, che si possedeva.
Le bollicine vennero sparate in aria, alla ragazza cominciò a girare la testa e Mark diveniva sempre una macchia più indistinta.
Quando finalmente tutto quel delirio cessò Lidia ignorò completamente l'uomo che gli domandava se voleva fare un altro giro e si fiondò fuori.
Non diede spettacolo in alcun modo, la ragazza si sentì orgogliosa di se stessa.
Dopo essersi accasciata su una panchina sentì lontane le parole di Mark, il suo principe.
Ebbe una strana visione mentre lo attendeva e aveva ancora gli occhi chiusi.
Lei era in cima alla torre, come era di norma e aspettava il suo salvatore che intravedeva all'orizzonte.
Tutto era perfetto e la Lidia del sogno non faceva minimamente caso al fatto che il suo principe non stesse venendo a prenderla, non con un cavallo bianco o una moto, bensì con una tazza a pois da giostra, magicamente semi volante.
La ragazza rise rumorosamente facendo uno sgradevole rumore col naso.

Fa che non sia qui.”
Ma Mark sembrava avere un tesserino apposito dove venivano timbrate le sue figure peggiori, al completamento avrebbe ricevuto una sua cazzata catastrofica gratis.
<< Tutto ok? >>
Oh, aveva ancora il coraggio di parlarle, che dolce, un vero galantuomo.
<< Ahah! Si, non preoccuparti. >> La voce di Lidia in quel momento sembrava qualcosa di inascoltabile ma Mark era Mark, sembrò non farci caso.
La ragazza si alzò di scatto e con decisione contando inutilmente sulle proprie gambe. Ricrollò su se stessa senza nessun contegno.
Due mani forti l'afferrarono prima che combinasse altri disastri. << Forse è meglio portarti a casa. >>
Lidia era appena voltata verso di lui, il naso quasi gli sfiorava la mascella, se lui avesse abbassato di poco il volto si sarebbero baciati. Avrebbe avuto il suo bacio e si sarebbe trasformata in una bellissima principessa e poi...
Tad dan, tad dan!
Il cellulare vibrò nella tasca dell'uomo a mandò in fumo tutte le sue speranze come uno specchio che va in frantumi. Lidia sentì quel fastidioso rumore nella propria testa.
Lo sentì premere il tasto verde e rispondere, stava troppo male per prestare attenzione, viveva in un'altra dimensione in quel momento.
<< Si, si...ho capito. Adesso? Sicuro?Si... >>
Tasto rosso, fine chiamata e fine appuntamento, lo avrebbe rivisto?
Mark si voltò verso di lei ma invece dell'espressione “ Sei simpatica ma no” stampata in faccia ne aveva una più simile a “ Sono un povero cucciolo bisognoso di aiuto”. Sembrava davvero mortificato.
<< Perdonami, ho un emergenza. Vieni... >>
<< Nono, è tutto ok. Vai pure senza di me. >> Sembrava che stesse per morire.
<< Ma non puoi! >> “ Davvero mio principe? Tira fuori la tazza blu e andiamo! "
<< Ti giuro! Mi prendo ancora un po' d'aria... >>
<< Sicura? >>
<< Si. >> Niente tazza...
<< Va bene, allora... ci vediamo al corso. >> L'uomo allungò la mano timidamente.
Lei l'afferrò mai i petali che aveva immaginato non scesero e tutto finì in pochi secondi.
Lo vide allontanarsi, illuminato dalla luce dei lampioni come in una scena di Midnight in Paris in cui il protagonista si avvia per le strade incantate di una magica città.
<< Che sta facendo? >>
Era rimasta un attimo immobile, troppo assorbita da quella figura non si era accorta dell'ombra scura che si era posizionata al suo fianco.
<< Vedo svanire il mio sogno. Ma lei è un incubo! Spunta ovunque! Comunque, come l'è andata? >>
Lorence gli sedette vicino prima di rispondere. << Ho adempiuto ai miei doveri. Sembrava...contenta. >>
<< Lo sarà sicuramente, altrimenti non gli sarebbe parso. Bè, però dobbiamo contare il suo egocentrismo. >>
<< Ancora con questa storia? >>
<< La rivedrà? >>
<< Non lo so. >> Ammise incolore l'uomo.
Lidia si voltò incredula ma rimase bloccata. Era strano vederlo vestito in maniera “normale”, non in giacca e cravatta. Nessuna scrivania a nasconderlo.
<< E perché? >>
Batman sorrise un attimo. << Mi sento confuso e provo..bè...sentimenti contrastanti e... >>
Ma non si seppe mai cosa il lord volesse dire siccome Lidia rimise in quell'esatto momento.

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Capitolo 6
*** Appunatmento per 4 ***


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Appuntamento per 4
ovvero
anche Batman è un essere umano

<< Pensavo... >> Nel dirlo Lidia incrociò le mani sulle ginocchia accavallate lasciando una pausa.
<< Davvero? >>
La faccia fintamente stupita, gli occhiali appena alzati per guardarla meglio e immerso in quell'aria da intellettuale snob. Batman aveva una vena ironica davvero strana, le ipotesi erano due: o l'aveva influenzato o anche gli uomini avevano le mestruazioni perchè ultimamente l'umore dell'uomo era davvero altalenante.
<< Se lei fosse un uomo, e non un iceberg scostante e represso come è in realtà, un uomo simile a Mark, uscrebbe con me? >>
<< Io non... >>
<< Non lei! Un tipo come Mark! >>
<< Si ho capito, mi lasci parlare. >> L'uomo assunse il solito tono stizzito che tirava fuori quando Lidia si spingeva troppo oltre. Di solito seguiva sempre una domanda che sviava il discorso. << Comunque...perché me lo chiede? >>
<< Mi risponda e basta... >>
<< A volte dimentica chi è lo psicologo in questa stanza... >>
<< Non siamo sotto una dittatura, esca dalla modalità Risiko e torni sulla terra! Lei è il mio strizza cervelli non la luce divina! O la Provvidenza, che so io... >>
Batman si radrizzò in tutta la sua altezza che era perecchio notevole. << Non usi quel termine. >>
<< Quale? Ha problemi con la parola Provvidenza? O forse con la luce divina? >> Lidia assunse un espressione ebete che per anni aveva riservato solo a sua sorella. Continuò a punzecchiare il suo interlucutore incurante delle conseguenze.
Lorence afferò i braccioli della poltrona con irritazione. Quel giorno era proprio di cattivo umore.
La ragazza rimase a fissarlo a braccia incrociate mantendendo un sguardo di sufficenza tipicamente infantile per poi spalancare gli occhi più del normale ed esplodere. << Batman! Ma noi stiamo litigando! >>
L'uomo sospirò con rassegnazione. << Ma va? Con le tue urla tutto il palazzo se ne è reso conto. >>
<< Ma non possiamo! >>
<< E perché di grazia? >>
<< Se litigo con te con chi vado a parlare? Con mia madre? >>
Batman raccolse i pezzi del suo contegno e inarcò le sopracciglia . << Mi sembra abbastanza logico. >>
<< Dice così perché non hai mai conosciuto la mia famiglia. Lei è il mio unico amico, vero vero intendo. >>
Lidia si trattenne dal tirare fuori il labbro, non voleva rovinare quel momento perché quello che aveva detto era vero.
Lorence rimase vagamente perplesso, l'uomo di ghiaccio non era abituato a manifestazione d'affetto?
La ragazza pensò di aver esagerato, troppo calore avrebbe potuto scioglierlo.
L'uomo trovò giusto togliersi definitivamente gli occhiali, Lidia lo vide sporgersi sulla scrivania.
<< Su su, non dica così. Mi dispiace di averle urlato contro, davvero. >> Ba, se per lui quello era urlare un vero litigio doveva equivalere all'Apocalisse.
<< Interessante...e così sa provare dei sensi di colpa. >>
L'uomo alzò gli occhi al cielo, gli capitava spesso da quando la conosceva. << Non si torturi, se questo Mark ha avuto il coraggio di chiederle di uscire una volta lo farà ancora. Deve essere una persona che ama il rischio se l'ha avvicinata. >>
<< Lo pensa davvero? >> E fu così che Lidia si trasformò in una bambina bisognosa di attenzioni..
<< Cosa? Che è un persona dalla sanità mentale compromessa o che il ragazzo sia un tipo tenace? >> La sua faccia in quel momento ricordò quella di un bambino monello e ciò impedì a Lidia di arrabbiarsi, la ragazza si limitò a lanciargli un occhiata eloquente a cui lui rispose. << Si, lo penso davvero.>>
L'uomo ruppe la sua maschera in un sorriso. Era inevitabile non ricambiare.
Che ruolo quella persona avesse nella sua favola non lo aveva ancora capito, ma di sicuro era importante.
E mentre quell'idea si faceva sempre più insistente dentro la sua testa si rese finalmente conto di tenerlo per mano sul legno scuro della scrivania.
Dopo aver pensato che la mano di lui era morbida e affusolata la sua testa arrestò le sue fantasie ridestandola dal coma.
La sua stretta calda scomparve imporovvisamente.
Si ritrovarono a guardarsi negli occhi ma ancor prima che lei potesse ribattere così come il calore Batman si era dileguato in un sussurrato arrivederci.
Anche Batman dunque aveva un calore corporeo non dovuto all'alcool.
Quindi, fino a prova contraria, era umano.

In quel momento Lidia si setnì la regina del mondo, Mark le si stava avvicinando con un espressione allegra in volto.
Che non lo avesse spaventato mortalmente? Che avesse visto quealcosa, non aveva idea di cose, in lei?
La ragazza intrecciò inconsciamente le mani dietro la schiena, un piede nascosto dietro all'altro che gli fece perdere l'equilibrio.
Non era esattemente l'inizio migliore, se non altro sarebbe stata afferrata da lui.
Ma per la prima volta in 24 anni i suoi riflessi decisero di funzionare e si tornò nel suo baricentro afferrando il bancone.
Dopo un attimo di smarrimento e la ritrovata stabilità tentò di recuperare in estremis assumendo una posizione più da calendari che pitesse.
<< Buon giorno madam! >> Gli occhi scuri dell'uomo si illuminarono di una loce nuova.
Lidia si perse nell'immaginare di essere lei il motivo di quel barlume in quei pozzi scuri.
La ragazza sorrise nervosamente producendo un bassa risata.
Mark sembrò non notare il suo imbarazzo e continuò. << Volevo scusarmi per l'altra sera. Da parte mia è stato stupido, me ne vergogno, non avrei mai dovuto abbandonare una ragazza, anche se era un'emergenza. Mi dispiace... >>
E si ripresentò quell'espressione da " Ho bisogno d'amore" Ma anche senza quella Lidia si sarebbe sciolta.
D'altra parte il principe azzurro era lui e senza principe non c'era nemmeno la storia.
<< Okai! >> La ragazza non riconobbe la sua voce, un tono simile ad un acuto.
<< E per farmi perdonare ti porto in un posto speciale! Un mio amico ha un locale, molto di moda e bè, lo so che è solo il terzo appuntamento ma è un gran bel posto. L'inaugurazione sarebbe venerdì porssimo. Ci verresti con me? >>
<< Eccome, non entro in un locale da secoli. Wow, ho condotto davvero un vita da vecchietta, tutta colpa di Batman... >>
" Nota per me stessa: smetterla di pensare ad alta voce. "
Ma Mark non sembrava spaventato dalle stranezze della ragazza e rise. << Porta anche questo famoso Batman, magari con la sua accompagnatrice. E poi noi ci potremmo vedere anche prima di venerdi... >>
Aveva detta la parola con l'A, appuntamento, l'aveva invitata in un posto speciale, voleva consoscere la sua vita e l'ascoltava. Poteva andare meglio?
L'unico problema era sdradicare Batman dalla sua bat-caverna.

<< Un uscita a quattro? >> Lorence riposizionò il taglia carte sulla scrivania esprimendosi nel tono più scettico di sempre.
<< Oh andiamo! Questa è una grande occasione per far colpo su Anna. >>
<< Io ho già ammaliato la mia signora. >>
La ragazza saltò come una molla. << Ecco! Questo è la morte del romanticismo, dare per scontato è la tomba dell'amore. Ora che ha le attenzioni di lei se le deve tenere. >>
<< Disse l'esperta... >>
<< La ignorerò ma solo perché sono molto felice. Felicità che potrebbe incrinarsi con una sua rsiposta negativa.
<< Io non sono adatto alle feste... >> Perché era così titubante?
Lidia appoggiò la testolina al tavolo sporgendo il labbro inferiore.
<< La smetta! >> Lorence non sembrò apprezzarlo e si tirò inditro infastidito.
<< Per favore... >>
<< Non mi darai tregua? >>
<< No. >>
<< E va bene. >>
E fu così che Lidia pote esibirsi nella sua posa alla Freddy Mercury.

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Capitolo 7
*** Eventi inaspettati ***


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Eventi inaspettati

ovvero

vegetali con le ruote

Lidia si era scervellata tutta la settimana su cosa indossare e, come era ovvio, quella sera aveva avuto un attacco di panico davanti all'armadio improvvisamente vuoto.
I suoi vestiti la fissavano smorti sulle grucce quasi a ricordargli che lei era la morte della sensualità.
Alla fine aveva messo quello che spiccava di più fra tutti, quello rosso.
Probabilmente non doveva averci azzeccato perché lo sguardo che Batman gli rivolse era tutto fuorché normale.
<< Sembro un sacco da box, vero?Uno di quelli che si vedono nei film...oppure un semaforo rosso, a tua scelta. >> Lidia mosse nervosa la gonna ampia.
Lorence, che non aveva mai brillato nell'arte della consolazione, rimase un po' spiazzato dal paragone. << No, no...sei... >>

Eh, che cosa sei?” Pensò scettico.
<< Non sembri nemmeno tu! >>
Nel dirlo l'uomo stesso inarcò le sopracciglia ma la ragazza non sembrò fare caso alle sue pessima doti, anzi sembrò sollevata.
La ragazza intrecciò le mani sulla gonna e si chiuse nel suo silenzio, un film romantico sulla sua vita era in corso nella sua testa.
Poi si ricordò di non essere sola e cominciò a dondolarsi sui piedi. << Allora, Anna quando arriva? >>
<< La puntualità non è il suo forte... >>
<< Già... >>

Wow, l'eloquenza aleggia proprio nell'aria.”
<< Batman ? >> Lidia alzò appena gli occhi nel chiamarlo.
<< Dimmi? >>
Improvvisamente avevano iniziato a darsi del tu, così, di punto in bianco.
<< Dobbiamo parlare di una cosa... >> La ragazza assunse un'espressione contrita e si fece avanti di qualche passo.
<< Di noi? >>
<< Cosa? Noi? In che senso? >>
Lorence spalancò gli occhi e tentò ti tornare sui propri passi. << Intendo io e Anna. >>
<< Si, esatto! Hai visto Batman! A furia di stare insieme pensiamo allo stesso modo. >>
<< Tu lo sai che è il peggior complimento che avessi mai potuto farmi? >>
La ragazza alzò le spalle non curante << Certo che lo so. >>
<< Okai...Comunque, cosa volevi dirmi? >>
Lidia abbassò la voce come se il mondo dipendesse da quello che stava per dire. << Come va con quella cosa? >>
<< Quella cosa, cosa? >>
<< Quella! Insomma...il sesso. >> Lo disse come fosse stata la cosa più naturale del mondo ma lui non sembrava dello stesso avviso.
<< Come va?!? >> Era mai possibile che quella ragazza non serbasse mai nemmeno il minimo tatto?
Probabilmente non si rese conto di star urlando.
<< Ti serve la storiella dell'ape e del fiore? >>
<< Lidia! >>
La ragazza allungò una mano e lo tirò per una manica. << Andiamo! Sei così pudico... >>
<< Io non parlerò di questioni del genere con te! >>
La ragazza sghignazzò. << Di la verità, non ti ricordi come si fa... >>
E fu allora che Lorence esplose. <>
<< Okai... >> Non fu la voce di Lidia a rispondergli.
Anna era sulla soglia, calma e contenuta, e dietro una folla di curiosi che si erano trattenuti per scambiarsi due chiacchiere.
Era il sogno di ogni paziente scoprire i segreti più reconditi del proprio psicanalista, era un po' come vedere un professore in un negozio o in vacanza. Ti dimostrava che anche quest'ultimo era un essere umano fatto di carne, ossa e forse persino dei sentimenti.
<< No, io intendevo... >>
<< Va bene, andiamo? >> Anna sorrise comprensiva e Lorence non sembrò esitare ad avvicinarsi.
Ma prima di andare una sua paziente gli si avvicinò. << Sa, se ha bisogno di aiuto mio figlio è un bravo dottore. Più l'età avanza e certe cose non vanno come desideriamo. >>
Dopo essere diventato paonazzo l'uomo si dileguò con le due donne.
Lidia era troppo concentrata a non ridere per rendersi conto dello suo sguardo per tutto il tragitto.

Il locale era fantastico e anche Mark lo era, nonostante fosse pirlata a terra senza nessun tipo di ritegno si era scoperta meno imbranata del previsto nel ballare, incredibilmente anche Batman non se la cavava male.
Ma Lidia aveva sentito il bisogno di allontanarsi da tutta quella confusione. Uscì in terrazza per prendere un po' d'aria anche se della brezza serale non c'era nemmeno l'ombra.
Si appoggiò alla balaustra cercando di inalare più aria possibile.
Faticò ad accorgersi di lui, se lo ritrovò accanto senza rendersene conto.
Sussultò. << Ma la vuoi smettere! >>
In tutta risposta Lorence alzò le mani in segno di resa. << Troppa confusione? >>
Lidia, troppo traumatizzata dal vederlo in jeans, ripose solo quando lui le rivolse di nuovo quello strano sguardo.
<< Bé, che hai? È tutto il tempo che hai quella faccia. >>
<< Sei molto bella sta sera... >>
<< Dici così perché sei sbronzo! Alla mezza notte la magia svanirà e dovrò tornare a casa con la zucca. Ma non è un problema, ho sempre sognato di salire su un vegetale con le ruote. >>
<< Non sono sbronzo, lo penso spesso. >>
Lidia sorrise maligna. << Di essere sbronzo? >>
<< Che tu sia bella... >>
Batman non la stava guardando, fissava dritto di fronte a se. Non si volse verso di lei nemmeno quando riprese. << Peccato che poi tu apra bocca... >>
<< Mi fai il verso?! >> Lidia sorrise fintamente scioccata.
<< Licenza poetica. >> Lui sorrise composto, come suo solito.
La stava prendendo in giro, quello era sicuro ma Lidia non era mai capace di prendersela sul serio, non con lui.
<< Nessun uomo mi ha mai detto che sono bella... >>
Lorence alzò un sopracciglio, lo sguardo di sbieco. << Nessuno? Nemmeno Mark? >>
<< No, nemmeno lui. Non so nemmeno se mi trovi carina. >>
L'uomo finalmente si volse verso di lei. << Lo penserà sicuramente. >>
La ragazza sentì quelle dita sfiorargli un avambraccio, calde e avvolgenti, senza però avere il coraggio di afferrarla.
Il respiro leggero dell'uomo le accarezzava il volto.
In quanto bassa non gli importava quanto gli altri fossero alti, tanto avrebbe sempre dovuto reclinare il collo per guardarli. Forse per questo non si era mai resa conto di quanto Lorence la sovrastasse.
Si ritrovò a stringergli i lembi inferiori della giacca.
<< Forse hai ragione tu, forse sono un po' brillo... >> Gli parlò sulle labbra, la ragazza ne stava già immaginando la consistenza e...poi la lucidità ripiombò su entrambi.
<< Lidia! Eccoti qui! >> Mark, che aveva un dono per la tempistica, apparve dal nulla.
Lidia si lasciò prendere per mano.
Voleva che il suo ragazzo rimarcasse ciò che era suo, quasi desiderò che li avesse visti così le avrebbe ricordato con chi stava assieme.
Perché lei aveva bisogno di un principe azzurro e Lorence non era nulla di tutto ciò.



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Capitolo 8
*** Sembri finta ***


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Sembri finta
ovvero
Lidia il punchingball

Sembri finta...”
Le lo aveva detto il suo primo ragazzo.
Era una persona dolce, Lidia lo aveva sempre visto come qualcosa di inafferrabile, ma anche molto complesso.
Aveva sempre avuto uno strano rapporto con l'altro sesso, a quei tempi non aveva nessuna relazione con un ragazzo, ne di amicizia ne amorosa. Gli facevano quasi paura.
Ma lui era diverso, era speciale, e da brava adolescente masochista si innamorò di lui nonostante fosse di un anno più grande e la considerasse una bambina.
Quello che le aveva detto era solo la prova che lui non l'avrebbe mai vista come una ragazza.
D'allora Lidia cambiò.
Iniziò a dire tutto quello che le passava per la mente, si stirò i capelli e si vestì in modo diverso, ma non era abbastanza, lui le ripeteva sempre la stessa cosa.

Sei troppo buona.”
Non era un pregio, perché i ragazzi non volevano le ragazze dolci e gentili, volevano quelle che sapevano farli ridere, con cui potevano flirtare e non erano inesperte come era lei.
Ma vi fu il miracolo, e lui le chiese di uscire e Lidia si mise in testa l'idea di piacergli per quello che era.
Grosso errore.
Forse era stato così all'inizio, ma un ragazzo non aveva bisogno di una bambina e l'aveva lasciata, con un sorriso triste e con delle parole di scuse, ma lo aveva fatto.
Poi, qualche tempo dopo, si era messo con una sua amica, la sua amica che aveva continuato a flirtare con lui nonostante fosse fidanzato con Lidia.
La bella mora, simpatica e provocante, che lei non sarebbe mai stata.
Che teatrale, eh? Ma era così, anno dopo anno veniva lasciata per lo stesso motivo, non c'era nessuno pronto ad amare una tappa, una nana di stirpe gnomica, che ancora vedeva i cartoni della Disney.
Mark sembrava avercela fatta, o per lo meno ci stava provando, e non si sarebbe lasciata scappare quest'occasione.

<< Batman, ho deciso! >>
<< Cosa? >> Lo sguardo impassibile dell'uomo si posò su di lei.
Lidia imitò il rullo di tamburi con le mani sull'amata scrivania dello psicologo. << Andiamo a fare box! >>
Lorence rise sommesso, quasi soffocandosi.
<< Wow, sei messo così male? Comunque, è giusto per un fiore come me sapersi difendere di questi tempi, e tu devi sfogare la tua tensione sessuale. Visto, due piccioni con un fava. >>
<< La vuoi piantare con questo discorso?! >> L'uomo si abbandonò stancamente sulla poltrona sapendo già di aver perso la guerra.
La ragazza al contrario, sapendo di avere in mano il potere, si raddrizzò indignata. << Anzi tre piccioni, sfogherò i miei istinti omicidi nei tuoi confronti. >>
<< Quest'idea non ha senso. Non ti colpirei, in qualche modo sei una donna, non domandarmi come e perderei tutto il fiato ad insultarti. >>
<< Oh! Muoio, una battuta! Hai fatto una battuta! >>
Lui sorrise appena. << Se questo ti ucciderà prendere lezioni da un circo... >>
<< Oh! Due battute in un giorno! Bene posso crepare felice...Guarda la box come una terapia di coppia. >>
<< Io sono un psicologo, le faccio agli altri le terapie. >>
Lidia alzò le spalle noncurante. << A mio parere nei hai sempre avuto bisogno... >>
L'uomo gli lanciò un'occhiata di sbieco mentre riponeva alcune carte.
<< E poi in terapia di coppia non si fa a pugni. >> Lorence incrociò le mani sulla scrivania, come ogniqualvolta che doveva puntualizzare. Cioè spesso.
<< Lo dica ai miei, mi ci portarono una vola. Il mio compito era impedire che si picchiassero e dal momento che non potevano farlo fra di loro rivolsero tutta la loro frustrazione su di me. Sembravo un punchingball... >>
Lidia mimò un movimento ondulatorio, di qua e di là, sotto lo sguardo perplesso di Lorence, prima di continuare. << E poi non li vuole un po' di muscoli? >>
<< No, il mio aspetto mi va bene così com'è. >>
<< Modestia... >>
Lorence risistemò per la centesima volta le carte, nel richiudere il cassetto impresse più forza del dovuto. << Non è questione di superbia ma di maturità, cosa che lei non sembra possedere... >>
<< Lei? >> Finalmente la ragazza aveva notato che le stava parlando usando la terza persona. << Non più del tu? >>
<< No, non più... >>
<< E come mai mister Iceberg ?>> Lidia incrociò le braccia al petto non semplicemente infastidita.
<< Dopo quello che è accad- >> Lorence non fu in grado di terminare la frase che fu interrotto dalle lamentele della ragazza.
Lidia si premette le mani sulle orecchie. << Lalala! Lalala! Se non ti sento non è vero! Lalala! Lalala! Se non ti sento non è vero! >>
L'uomo si alzò innervosito e le tolse le mani dalle testa con meno grazia del solito, cioè come una persona normale. << Smettila! Non è accaduto niente va bene! >>
La ragazza si zittì immediatamente, lo lasciò continuare. << È solo una stupida infatuazione che svanirà fra qualche tempo, una sciocchezza. Noi siamo impegnati, supereremo la cosa da adulti, mantenendo un profilo professionale. Io sarò il tuo psicologo, per un periodo smetteremo del darci del tu, smetterai di chiamarmi Batman, non ci sfioreremo e poi torneremo ad essere amici, come all'inizio...Non è accaduto nulla, è stato solo un sentore che abbiamo preso in tempo. >>
Dopo un primo momento di sollievo la ragazza cominciò a fissarlo ferita. << Preso in tempo? Sarebbe stato così terribile innamorasi di me? >>
Lui roteò gli occhi! << No! Lo sai cosa intendo Lidia! >>
<< Si lo so... >>
Lorence era inginocchiato davanti a lei, le mani strette alle sue sul suo grembo mentre gli parlava in modo dolce e sicuro. Sembrava un vero lord in quelle situazioni, forse era quello a farla arrossire.
<< Okai, allora va bene così? >>
<< Però io vorrei ancora chiamarti Batman... >> La ragazza tirò fuori il labbro inferiore.
<< Va bene, ma niente labbro in fuori. >> Lorence fu categorico prima di lasciargli le mani.








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Capitolo 9
*** Il disegno di Lorence ***


p

Il disegno di Lorence
ovvero
la mucca viola

Lorence non aveva mai avuto particolari problemi di apprendimento, era stato un bambino normale, un adolescente normale e infine un adulto normale.
Normale ovviamente non era sinonimo di perfetto, aveva sempre pensato, quanto meno di meglio e ultimamente aveva dei seri dubbi sul significato del termine.
Aveva imparato a scrivere, ad andare in bicicletta, aveva salito ogni gradino che la convenzione o i suoi genitori gli chiedevano. Non aveva problemi a manifestare il suo affetto per qualcuno, ad esprimere i suoi sentimenti a parole eppure era stato sempre discretamente sfortunato, perché ciò che gli accadeva non sapeva definirlo diversamente.
<< Che cosa stai disegnando Lo? >> Gli occhi pieni di suo fratello si divertivano a seguire il pastello colorato che si muoveva in maniera fluida guidato dal piccolo Lorence.
Ebbene Lorence rispondeva sempre allo stesso modo. << Il mio futuro. >>
Su quei fogli vi era sempre colore, talvolta mischiato insieme senza nessun senso cromatico o ordine, in un esplosione tanto caotica da sembrare quasi armonica. Gli alberi divenivano viola, il cielo verde, gli occhi di un personaggio un arcobaleno empio di sfumature, di ricordi e immagini in cui poter sognare, in cui poter andare lontano.
Il suo piccolo universo felice.
Con il tempo si era scoperto molto empatico con coloro che gli stavano attorno. Se qualcuno era triste anche lui di conseguenza lo era, se sua madre era nervosa lui ne risentiva, così per suo fratello e via discorrendo.
Più cresceva e più i disegni divenivano monotoni e questo a Lorence non andava, doveva trovare un modo per far si che tornassero vivi, in fiore.
Che bisogno c'era di essere tristi? Avrebbe trovato un modo per far si che tutti fossero stati allegri.
Lui avrebbe curato la gente, ma da dentro, avrebbe fatto il medico del cuore. Non delle arterie e dei vasi sanguini, ma del battito del cuore, dei sentimenti di quell'affarino rosso, lo avrebbe protetto da ogni male così nessuno sarebbe mai stato triste.
Ma le grandi intenzioni finiscono per morire sempre per prime quando ci si affaccia alla realtà lasciando solo un ombra, un impronta che ci trascina avanti se di noi stessi non è rimasto più nulla.
E fu così anche per Lorence che si era tanto adoperato per tenere al sicuro il cuore degli altri dimenticandosi di proteggere il proprio.
Ecco, era questa che definiva sfortuna.
Tutti vengono delusi, la vita è anche questo ma quello che Lorence non aveva mai capito era che nessuno era in grado di farcela da solo. << Che vengano pure i problemi, io non ho paura! Pensi questo vero? Tu sei forte tesoro, lo so, assomigli a me. Ma tutte le persone forti hanno un brutto vizio: pensano di poter continuare da sole. Credono che nonostante la vita continui a buttarle giù continueranno a rialzarsi come niente fossi. Ma non è così, un giorno rimarrai a terra e non ti rialzerai più, sarai troppo ammaccato per rimanere in piedi. Fermati adesso oppure ti distruggerai. >>
Il problema era che non aveva mai trovato qualcuno che lo sostenesse.
Perché lui cercava molto più di questo.
Il Lorence di adesso afferra dubbioso la penna nera, incide qualche segno a casaccio sul foglio poi improvvisamente si ritrova a congiungere i punti dando forma a un disegno troppo astratto per essere qualcosa. Nemmeno un critico di arte moderna potrebbe capirci qualcosa.
Continua così per un po', procedendo senza un vero senso e dopo anni si ritrova a desiderare di possedere un pastello, verde se possibile, verde come il prato della montagna che pare tanto allegro illuminato dalla luce del sole il quale avrebbe colorato di giallo e con gli occhiali da sole.
E piano piano il suo disegno si colora, nella sua mente si delinea anche un ruscelletto, degli uccellini stilizzati prima di scomparire nel nulla giusto per ricordargli che è tutta un'illusione.
<< Che cosa disegni? >> Lidia si sporge in avanti, apparsa al suo fianco da chi sa dove, i riccioli castani seguono la figura inclinandosi. Anche loro sono illuminati dai raggi, gli occhi mandorlati osservano la strana opera inerme sotto le strane idee di Lorence.
<< A dire il vero non lo so...spero non il mio futuro. >> Ironizza l'uomo, ridendo da solo. Lei non lo segue non può capire ma sorride comunque, forse perché le piace vederlo fare altrettanto, non lo sa, è solo una stupida teoria.
<< Dai, tira fuori i colori! >> La ragazza saltella sul posto, agitata come una bambina che in fine dei conti è. Bambina che si ostina a fargli un dispetto dandogli del tu.
<< Davvero secondo lei, signorina, ho dei colori? >>
Lei mette le mani sui fianchi contrariata. << Uf! Basta chiedere agli uffici affianco! >>
Lorence sorride, quel giorno sembra averne voglia, forse solo per dimenticarsi dei suoi fallimenti, disegno compreso. << Questa sarebbe un seduta, non un corso di disegno. >> Il tono con cui lo dice però non è duro e non blocca minimamente la ragazza che è già vicino alla porta.
<< Tanto sono io a pagarti! >>
<< Allora va a prenderli. >> L'uomo si arrende e gli da del tuo lasciandola sparire dietro l'uscio. Lei riappare dopo poco, ha tutti i capelli scarmigliati per la corsa che deve aver fatto.
Gli si siede in braccio, Lorence pensa che lo faccia apposta per cercare di tirargli fuori qualche reazione, ma lui non se la sente di privare quel raggio di sole al mondo.*
Lidia comincia a colorare e a parlare. ad ogni pastello che prende gli chiede se va bene.
<< Questo lo facciamo verde? Ti piace come colore? O preferisci quello più chiaro? >>
Improvvisamente a Lorence non importa più di che colore sarà il prato o il sole o i fiori, gli importa solo che sia lei a colorarlo, come ha sempre tinteggiato la sua vita da quando la conosce. Gli posa delicatamente le mani intorno alla vita impedendole di scivolare via ma lasciandole la possibilità di andarsene quando lo desidera.
<< Sai, però come colore un po' triste... >> Si volge verso di lui brandendo il colore come un arma.
<< Allora fallo viola... >> Non sa nemmeno di cosa stanno parlando.
<< Viola? Vuoi fare una mucca viola? Non sapevo ti piacesse la milka...comunque va bene... >>
Una mucca? Da dove era uscita un mucca? Lui di certo non l'aveva disegnata, gli facevano paura ma non importa. Lascia che Lidia aggiunga cose che la sua mente non può nemmeno immaginare allargando quegli orizzonti che aveva sbarrato tanto tempo prima.


*Si, ho copiato spudoratamente da Tutti insieme appassionatamente e grazie moonguardian, mi hai fatto venire un idea!

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Capitolo 10
*** Breake up ***


k

Breake up
ovvero
i sogni nel cassetto

Un po' di tempo dopo

<< Lorence? >>
L'uomo si riscosse come da un sogno profondo. Al suo risveglio si ritrovò a specchiarsi con due occhi chiari e preoccupati, gli occhi di Anna.
<< Dove sei? >> La ragazza continuò con un strana espressione in viso, difficile da decifrare.
Lui non trovò subito una risposta, era un domanda piuttosto strana, non la comprendeva.<< Qui... >>
<< No...non sei qui. >> Suonò piuttosto duramente, era in tutto per tutto un'affermazione quella della ragazza.
<< Perdonami, ero sovrappensiero... >>
<< C'è qualcosa che ti turba? >>
Qualcosa gli pressò sullo stomaco, Lorence riusciva a sentirlo indistintamente, e per un attimo ebbe quasi l'istinto di riversargli addosso tutto quello che pensava, le sue preoccupazioni, i suoi timori e i suoi sbagli. Ma poi si ricordò di avere di fronte una persona innocente e che non poteva farle questo, che non era giusto da parte sua.
E così, per l'ennesima volta da quando ricordava, represse tutto sul fondo del suo cassetto. Ma come diceva James Matthew Barrie, quel cassetto diveniva sempre più difficile da richiudere.
<< No, no, va tutto bene. Il lavoro ultimamente mi stanca parecchio... >>
<< Ma davvero? >> Non gli fu difficile registrare la nota ironica che Anna impresse nella frase, anche per lui che era l'essere più tonto in questo campo.
Alzò gli occhi aspettandosi di trovarsi in chissà quale espressione, invece era seria, calma come un deserto, solo le labbra gli tremavano appena. << Davvero è solo lavoro Lorence? >>
L'uomo si limitò a fissarla nel più completo silenzio, lasciandola continuare. << Sai, quando mi hai chiesto si uscire non hai idea di come mi sono sentita. Pensavo di aver trovato qualcuno di serio, di gentile e che sapesse qualcosa della vita... >>
<< Sei rimasta delusa? >>
<< No, tu sei così. Sei un uomo, non un ragazzo ingenuo e idealista. Hai dei principi morali, la gente ti ascolta qualsiasi cosa tu dica, credo che tu sappia molto più di me. Ma non avevo preso in considerazione cosa questo avrebbe significato. >>
Lorence la guardò a lungo, non se la sentiva di interromperla, sembrava così sincera.
<< Non avevo preso in considerazione cosa avrebbe significato tutta questa tua maturità, la tua conoscenza del mondo. Tu non sei autonomo Lorence, sei molto più di questo, tu vivi in solitario nella tua testa. La vita ti ha battuto giù abbastanza volte per impedirti di amarmi. >>
Lui rimase piuttosto confuso da quell'ultima affermazione.
Certo non era mai stata una persona dalle grandi effusioni, soprattutto in pubblico, ma si era sempre sforzato di essere affettuoso e ricordarsi delle cose importanti.
Aggrottò le sopracciglia prima di parlare. << Come? >>
<< Tu non potrai mai amarmi, l'ho capito negli ultimi tempi sai? Osservandoti, non sei un tipo di persona che ama due donne contemporaneamente, non precludo che ne esistono ma tu non lo faresti mai. Doneresti un sentimento del genere a una sola persona, e lo hai già fatto e la ragazza non sono io. >>
Lorence si sporse in avanti, le mani poste in avanti come a bloccare qualsiasi altra parola, il petto contratto. << An- >>
<< Avresti potuto amarmi prima, quando eri ancora un ragazzino e non avevi bisogno di qualcuno che ti aiutasse a uscire dal tuo isolamento, quando non avevi bisogno di qualcuno che ti costringesse a fidarsi degli altri. Io non ne sono stata capace, esistono poche persone così, le definiscono quelle giuste. >>
<< Amore, quelle giuste, aiuto, ma di cosa stai parlando? >>
<< Di cosa sto parlando Lorence? >>
<< Non ne ho idea, sembri mia moglie in questo momento! >>
Lei sorrise, non in quel modo stanco che aveva adottato fino a quel momento, ma in maniera gentile, degno di una persona come lei. << Anche lei aveva capito Lorence... >>
<< Cosa? Cosa aveva capito?! >>
<< Che non avevi bisogno di lei. >>
L'uomo strabuzzò gli occhi. << Io avevo bisogno di lei! L'ho sposata, ero suo marito, mi sembrava abbastanza logico! >>
<< A volte la logica non è tutto. L'ha fatto per il tuo bene, aveva compreso che forse si, ora l'amavi e che non l'avresti mai lasciata ma che saresti andato affondo, il vostro matrimonio sarebbe andato affondo, perché lei non era quella giusta. Dimmi, quante volte ti sei appoggiato a lei in tutti quegli anni? L'hai fatta partecipe? Ti sei fidato di lei? >>
<< Non mi sembra un buon motivo per lasciarmi... >>
<< A me sembra più che buono. Lei non aveva nessuno con cui competere, perciò l'ha compreso tardi. Per tua fortuna invece io sono stata costretta a capirlo prima. >>
<< E quindi? >>
<< E quindi sarai tu a scegliere...io rimarrò sempre un po' innamorata di te ma so farmi da parte, non ho l'arroganza di trattenerti. >>
Lorence incrociò le mani sul tavolino del bar dove stavano discutendo, o meglio dove lei gli parlava e lui cercava di comprendere.

<< Questa sera esco con Mark. >> Lidia parlò con calma occhieggiandolo da sotto le cigli ma l'unica risposta che ricevette fu un grugnito, che fosse di assenso o di diniego non ne aveva idea.
<< Ormai è quasi un anno che stiamo insieme e penso voglia dirmi un cosa importante...sarebbe anche ora non trovi, Batman? >> Lei continuava in maniera piuttosto timida.
<< Trovo. >>
<< Stiamo alludendo alla stessa cosa? >>
<< Alle tue possibili nozze, si credo di si. >> Lorence lo disse con noncuranza mentre aggiustava quelle sue odiatissime carte che da vari mesi a quella parte non sembravano mai nella posizione giusta.
<< No! Ma che sciocchezza! >>
<< Perché? Io domandai a mia moglie di sposarmi un anno dopo che ci fidanzammo... >>
<< Bè, guarda un po' come è finita e per di più Mark non è te! >>
L'uomo sospirò. << Si, lo avrai rimarcato una decina di volte. Ma se non era questo, allora cosa deve dirti? >>
La ragazza puntò gli occhi al cielo spalancando le braccia come per invocare aiuto. << Forse che mi ama? >>
<< Di solito viene con la proposta... >>
<< Perché ci tieni tanto che mi sposi?! >>
Lorence rise. << Sarebbe anche ora no? >>
Lidia rimase in silenzio, per la prima volta dopo mesi, non aveva nulla da dire.
<< Che c'è? Ho detto qualcosa di sbagliato? >>
<< No no. E tu e Anna? >>
<< Che cosa ti ha detto? >>
<< Che l'hai lasciata... >>
<< Oltre a ciò non c'è altro da dire. >>
La ragazza sorrise timida, con apprensione. << E tu stai bene? >>
<< Sono stanco che me lo chiediate tutti! Lo sai, quando ho divorziato mio fratello infilava la testa nella mia stanza ripetendo sempre la stessa cosa. “Davvero è tutto ok?”. >>
<< Te lo chiedevano perché sei un coglione e un bugiardo e hai la fisima di soffrire in silenzio! Di sacrificare la tua felicità per gli altri! >>
L'uomo scombinò tutte le carte, sbatte le mani sulla scrivania.<< Io sono masochista, mi piace soffrire! >>
<< Bene, non mi preoccuperò mai più per te! >>
<< Brava, pensa alla tua situazione sentimentale che miracolosamente è arrivata a questo punto! >>
<< Non sono io che sono divorziata! >>
<< No certo, perché non hai mai avuto il coraggio di sposarti, altrimenti sai che ro- >>
Lidia era in piedi. << Che ti prende oggi?! Taci adesso! Ora uscirò da quella porta, avrò la mia bella serata e chiuderò la tua maledetta voce dietro un porticina, zitto! Non esisti, non esisti... >>
La ragazza se ne uscì a lunghe falcate ignorando completamente l'altro.






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Capitolo 11
*** Marry me ***


h Come ho già accennato potresi star sproloquiando solo per me stessa ma nonostante tutto ho deciso di scrivere una nota. Insomma, giusto per schiarire le idee...Siamo in dirittura d'arrivo, dunque! Non è l'ultimo capitolo ma ci siamo quasi, perciò non perdete le speranze, la salvezza è vicina! Grazie a tutti i lettori e per il mio ostinato recensore, Moonguardian!*faccia da consegna degli Oscar* Okai, basta! Buna lettura!

Marry me
ovvero
i sogni sono solo illusioni

La lumachina la stava fissando con insistenza, Lidia poteva percepire il suo sguardo mentre avvicinava la forchettina che somigliava più a una bacchetta da fata turchina.
<< Anche lei ti parla mia cara? >> Mark sorrise sornione mentre la fissava prendendola in giro in quel modo bonario che era suo solito.
Più la ragazza passava del tempo con lui e più si rendeva conto che era l'uomo perfetto per lei, un principe azzurro dalle buone maniere che sua madre avrebbe di certo accettato. Avrebbe fatto volare lo stuolo di colombe che aveva cresciuto per l'occasione e da una magica borsetta avrebbe fatto uscire tutto l'occorrente per il matrimonio che organizzava da anni.
Magari ci sarebbe stata anche una scritta in cielo dal momento che il miracolo era avvenuto.
<< Se vedo pulcini inesistenti come non potrei vedere vita in una lumaca presente in tutto e per tutto. >> Lei gli sorrise di rimando, forse ancora più impacciata del solito.
Non era abituata, lui non l'aveva mai portata in un posto di così alta classe, nonché l'avesse desiderato. Ma di certo non se lo aspettava.
Doveva esserci qualcosa sotto, se lo sentiva.
<< Allora, come andata oggi da Lorence? >> L'uomo rimarcò maggiormente il nome esprimendoci insieme tutta la sua diffidenza e frustrazione. Non era un segreto che lo psicologo non gli piacesse.
Per la cronaca a fare box ci erano andati ma Lidia aveva avuto la brillante idea di portarli entrambi, provocando il caos in palestra di cui solo lei non si era resa conto.
Ci mancava poco e si lasciavano segni che nemmeno il tempo avrebbe rimosso, si erano picchiati con una certa irruenza inusuale per Lorence.
Quest'ultimo per discolparsi aveva sostenuto che “Non c'è peggior cattivo di un buono che diventa cattivo” e che evidentemente l'altro ce l'aveva messa tutta per farlo andare fuori dai gangheri.
Al di la di ogni previsione aveva vinto lui, dopo essersi beccato un bel pugno nei denti, ma aveva avuto la meglio.

Stagli lontano.” Aveva detto a Mark prima di lasciarlo a terra.
<< Abbiamo litigato... >>
<< Ah si? >> A Lidia parve di sentire quasi una nota allegra nella frase ma la ignorò, non aveva voglia di polemizzare. Questa volta Batman gli era sembrato davvero arrabbiato.
Tuttavia dopo tanto tempo passato anche con Lorence gli era venuto il callo di puntualizzare. << Non fare quella faccia, lo so che non lo sopporti ma almeno potresti provare a fartelo piacere... >>
<< Trova almeno due persone a cui piaccia! >> Rispose Mark incassando la testa nelle spalle per difendersi.
Ecco, adesso si chiude a riccio.

<< Per tua sfortuna sono ben più di due, avrà uno charme che non riesce a cogliere... >>
<< Ma quale charme! Non ha nessun lato positivo quell'uomo... >>
Lidia guardò il piatto, la forchetta vagava senza meta. << A volte sorride in modo gentile... >>
<< Oh bé, allora siamo proprio messi bene... >>
<< Smettila per favore. >> Lidia tentò il suo sguardo più supplichevole possibile
<< Dicevo solo... >>
<< Per favore. >>
Mark prese il bicchiere prima di assentire contro voglia. << Come tu desideri. >>
La ragazza si concesse un sorriso di vittoria. << E poi è grazie a lui se ti conosco. La mia favola si è avverata e ti ho incontrato! >>
<< Ti amo. >>
Ti amo
, quanto a lungo aveva aspettato quelle parole? Gli sembrava un eternità, aveva avuto tutto il tempo per trovare una risposta eppure in quel momento rimase nel più completo silenzio.
Non riusciva a parlare, in nessun modo.
Che fosse perché non aveva nulla da dire? Era possibile?
Gli occhi penetranti di Mark però non le lasciarono scampo.
<< Anch'io. >> La risposta uscì in un sussurro timido e insicuro, nemmeno lei si rendeva conto di averlo detto. Si ritrovò a non provare niente.
<< Usciamo da qui, devo dirti una cosa importante... >>
E se davvero gli avesse chiesto di sposarla? La ragazza entrò nel più completo panico.
<< Fuori? Ma fuori fa freddo! Non voglio uscire! >>
<< Avanti, è una cosa importante... >>
E senza nemmeno rendersi conto si trovò fuori sul marciapiede deserto poco lontana dalla piazza. Lui ce la trascinò tenendola per una mano.
<< Cosa c'è che non va Mark? >>
<< Io ti amo, non immagini quanto. >>
Alla ragazza venne spontaneo rispondere “okai”, ma fortunatamente prima di farlo riuscì ad imporsi il silenzio. Optò per una maschera di cera, come suo padre gli aveva sempre detto.
<< Vorrei stare con te per sempre... >>
Oh no...
<< Mark, ascolta... >>
<< No, aspetta. Tuttavia non posso...perché...perché... >>

Cosa?
<< Perché io sono sposato... >>
Eh?
Aveva sentito bene o se l'era sognato? La stava prendendo in giro, giusto?
<< Ahah, è un scherzo divertente. >>
<< Non sto scherzando... >>
Il silenzio che si formò fu il rumore più assordante che aveva mai sentito.
L'uomo con cui era uscita da mesi e mesi a questa parte era sposato.
Uomo.
Sposato.
Lui era sposato.
Uomo+Sposato+Lei= Adulterio
<< Che cosa?!? Mi stai dicendo che hai una moglie che ti aspetta a casa ogni volta che finisce un nostro appuntamento? >>
Nonostante la drammaticità del momento Lidia si sentì carica di un energia che non aveva mai posseduto, quasi fosse pronta per passare allo stadio di Super Sayan.
<< Non prenderla in questo modo! Mi sembra logico che non l'amo più... >>
<< Come dovrei prenderla?! Sono uscita con un uomo sposato, forse con figli! E mi hai pure mentito, mi hai ingannato! >>
<< Ti prego calmati! >>
<< Calmarmi? Appenderò per tutta la città volantini con la tua faccia scrivendo che sei uno stronzo e che nessuna ragazza dovrà mai avvicinarsi a te! >>
<< Non mi pare che mister Sotuttoio sia tanto meglio! >>
Lidia sgranò gli occhi. << Lui è divorziato! >>
Mark allungò una mano per trattenerla ma con scarsi risultati.
<< Toccami e ti fracasso... >> Si trattenne dall'urlare cose sconce nel bel mezzo della strada ma nonostante il contegno che la vincolava gli tirò un calcio nello stinchi prima di scappare via.
Corse con i tacchi, pendolante da una parte all'altra, la sua ombra ondulava sui muri. Andò avanti senza nessun senso dell'orientamento, praticamente a caso.
Un uomo sposato!
Non riusciva a pensare altro.
Alla fine alla sua corsa si frappose una fontana in cui quasi non cadde. Vi si sedette e pianse.
Cominciò a piangere come una pazza, sia per la rabbia che per l'umiliazione eppure, per quanto fosse troppo sconvolta per rendersene conto, un peso dal cuore se ne era andato.
Inconsciamente prese il telefono, quasi mossa da un'altra forza, e pigiò i numeri.
<< Lorence? Vienimi a prendere ti prego! No, non lo so dove sono...su una fontana! Va bene, cerco la via se è segnata...si, ti aspetto qui...Lorence? Vieni presto! >>

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Capitolo 12
*** Good Bye ***


p

P.S. Penso si sia capito che non è una storia molto "seria" o dalle grandi scene di disperazione. Le avversità vengono vissute in maniera normale, talvolta forse un pò indifferente ma tutti i personaggi racchiudono nei propri modi profondi turbamenti che vanno da un amore mai trovato, un aiuto mai cercato o un sogno mai avverato.
Vi è sempre una velata ironia che in un certo senso evidenzia il fatto che per quanto tu desideri una cosa sarà solo il caso a donartela.Tra queste cose anche l'amore.

Perciò questi personaggi non hanno nessuna pretesa di essere drammatici ma solemante quella di essere loro stessi :) Questo è il penultimo capitolo, quindi la vostra angoscia sarà di breve durata. Grazie a Moonguardian e gli altri lettori, la vostra opinione è sempre gradita ;) Non temete, il caos riordina sempre tutto.

Good Bye
ovvero
il sole all'albeggiare

<< Avevi ragione tu Lorence, la vita fa schifo... >> Lidia si stava rotolando nella sua auto commiserazione mentre il diretto interessato stava armeggiando in cucina, preparando un laborioso te.
Era arrivato in bicicletta, no, non era una battuta. La città era intasata, quella sera ci sarebbe stato un importante concerto e tutto lo stato sembrava essersi rovesciato fra le vie di quella cittadina, senza alcuna pietà.
Fortunatamente Lorence era una persona che pensava in fretta, dal veloce intuito e dalle idee piuttosto strampalate. Non si era lasciato perdere d'animo e aveva afferrato la sua vecchia bicicletta, arrugginita, di una vernice blu opaca e con i freni rotti. In realtà quello sinistro funzionava ma era meglio non usarlo a sua definizione, ti saresti si fermato ma anche capottato dolorosamente.
Se solo non fosse stata in lacrime e nel bel mezzo di una crisi di depressione forse avrebbe compreso la romanticità del momento, ma era troppo occupata ad autocommiserarsi.
Era stato uno strano salvataggio, ma era pur sempre stato un salvataggio.
<< Non ho mai detto nulla di tutto ciò. Sei tu che ti sei posta strani pensieri in quella tua testolina, non per niente sei venuta da me. >>
L'uomo non ottenne risposta, continuò facendo forza su di se. << Adesso dovresti dire:”Non hai fatto un bel lavoro!” >>
Lidia non sorrise, rimase a guardarlo vacua, come non aveva mai fatto. Si voltò dall'altra parte per poi rigirarsi ancora una volta verso di lui. << Sai, adesso ti capisco, più o meno. Ti capivo anche prima, ma adesso forse mi è più facile comprendere come ci si sente quell'altra, ma io non volevo essere quell'altra. Tutto ciò che volevo era un ragazzo gentile a cui piacessi nonostante tutto. Sarebbe potuto essere brutto o dal pessimo carattere ma se mi avesse amata non ci avrei dato peso. >> Lei tirò appena su col naso. << Non fraintendermi, non sono così superficiale, ma non hai mai desiderato di avere così ardentemente qualcuno al tuo fianco tanto da accontentarti? >>
Lorence gli scostò una ciocca serio. << Si, ma io non mi innamoro di qualcuno perché mi sento solo, ne mi ci metto. Se sbaglio a fare la mia scelta non è certo perché mi accontento. E nemmeno tu sei così. >>
<< Come fai a saperlo? E invece sono così, lo sono stata tutta la mia vita e ho come il dubbio che lo rimarrò. Ogni volta che cerco di cambiare va sempre peggio, guarda com'è finita questa volta. Voglio morire! >> Lidia affondò la faccia nel cuscino da cui salì un rantolio molesto ma l'uomo non sembro scandalizzarsi.
<< Ti preparo dell'altro tè. >> O Lorence credeva che il tè avesse degli strani poteri curativi o la stava imbottendo a tal punto per farla rinchiudere in bagno per il resto della giornata, non dovendo più sorbire le sue lamentele.
<< No, niente tè. >>
<< Va bene, niente tè. >>
<< Tu lo sapevi, no? >>
<< Cos'è che sapevo? >>
<< Lo sapevi che nascondeva qualcosa, per questo lo hai picchiato. >>
<< Supponevo che qualcosa non andasse ma non lo sapevo... >>
<< Perché non me lo hai detto? >>
A quella domanda Lorence impiegò del tempo a rispondere. Provò di nuovo quella sensazione di dirle tutto, come con Anna, e prese in considerazione l'idea di non richiudere ancora una volta quel cassetto.
<< Non te l'ho detto perché eri molto felice, sembravi finalmente a tuo agio con il mondo e con te stessa. E io farei qualunque cosa per un tuo sorriso, anche avere le crisi coscienza... >>
Lidia rimase a fissarlo, incitandolo a parlare.
<< Insomma...mi sono reso conto che non era quello che volevo ma che allo stesso tempo lo era. >> L'uomo aggrottò le sopracciglia mentre parlava.
<< Eh? >>

Già, che cosa doveva significare?
<< Io volevo, lo so che sembra una frase fatta, che tu fossi felice. Da quando sei arrivata da me ti ho sempre vista sorridere ma solo alcune e rare volte ti ho vista davvero felice e io credevo che lui ti rendesse felice. Così ho pensato, che cosa importava se era pieno di difetti, se ti faceva sentire bene, cosa importava? Lo so, è stato un ragionamento assurdo, ma cerca di comprendermi... >>
<< Ci provo... >>
Lorence tirò un sospiro di sollievo. << Ne sono lieto. >>
<< Avresti potuto rendermi tu felice... >> Lidia lo disse con leggerezza, infilando la supposizione nel discorso con riguardo e circospezione.
Stranamente l'uomo, per quanto sembro cogliere la provocazione, non sembro particolarmente turbato. << Lo pensi perché sei giovane, non solo gli anni tuttavia fanno la differenza. Io non sono mai stato la felicità per nessuno, averti lasciato andare è stata la cosa migliore che ho fatto nella mia vita. Tu sei esattamente il mio contrario. Hai troppo bisogno di qualcuno, io troppo poco. >>
<< Smettila di parlarmi da psicologo... >>
<< Io ti sto parlando come uomo, uomo innamorato e con esperienza... >>

Innamorato.
Non sapeva perché ma faticava ad immaginare qualcosa che riguardasse l'amore uscire dalle sue labbra, eppure il suo cuore non sembrava aver atteso altro e anche se la stava prontamente allontanando si sentì felice, in qualche modo.
<< E io non potrei essere innamorata? >>
<< Forse lo sei ma non è quello di cui hai bisogno, non adesso. >>
<< E tu sai di cosa ho bisogno, immagino? >> La voce della ragazza risuonò sarcastica.
<< Tento. >>
<< Così, è un good bye? >>
<< Si, mia cara, è un good bye. >>
<< E dovessi tornare? >>
<< Sarò sempre qui per le tue turbe mentali... >>
Lidia gli si sedette sulle ginocchia. << Sai, fin da bambina mi sono immaginata un momento del genere, è completamente diverso. Tuttavia è stato comunque un bel sogno, mi dispiace che sia finito. >>
Lorence sorrise in quel suo modo strano, a metà tra il birichino infantile e il maturo disamorato. << Non è finito Lidia, ti sta aspettando dall'altra parte, se corri un po' ne prendi l'inizio. >>
<< Lo vuoi il bacio del lieto fine anche se non vuoi far parte del mio epilogo? >>
<< Si... >>
E la principessa baciò Batman, l'apocalittico amore della sua vita che tuttavia non si trasformò in una persona normale. Rimase uno scontroso psicologo che l'avrebbe sempre aspettata al di là del sole all'albeggiare.








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Capitolo 13
*** Almost Happy Ending ***


fine

Almost Happy Ending
ovvero
se ce la fanno loro ce la faremo tutti

Eh già, siamo giunti alla fine! O come dice il titolo al quasi lieto fine, perché nella vita non esiste una fine, un momento in cui sei veramente al riparo ma forse per questo esiste la felicità. I filosofi ci hanno stressato troppo per non metterci in testa che ad ogni pro c'è un contro, ma anche senza contro non ci sarebbe un pro. Si, ma insomma lo sapete tutti anche senza di me u.u Grazie a tutti i lettori che sono giunti a questo punto, sarebbe da darvi un premio! Ma, ahimè per voi, questa non è la vera fine. Sto progettando un seguito ;) Magari dopo l'estate, ovviamente non troppo lungo, se no vi tramortisco.
Così, a presto! n.n

Quando era bambino spesso sua madre lo portava in quel luogo. Si sedeva su una roccia o sotto un solitario arbusto e l'osservava mentre si orientava in quel luogo meraviglioso, mentre lo esplorava e veniva attirato dalle stelle alpine.
La montagna era vicina ma non abbastanza, permettendo al prato di crescere ancora.
Era un lontano ricordo come fosse stato una vita fa, uno di quelli che conservi dell'estate tinto da quei raggi che rendono tutto più bello, di quel colore caldo che non vedi in nessun'altra stagione e ti fa sentire giovane. Quel tipo di sole che ti porta alla mente eventi passati provocandoti fitte al cuore, lacrime represse e una triste sensazione che ti ricorda che non puoi tornare indietro e che puoi solo andare avanti.
Non aveva nessuna cognizione di tempo allora quindi non riusciva veramente a cogliere quale effetto quel luogo gli facesse. Nella sua testa pensava semplicemente che era bello, che aveva un buon profumo, che il vento era piacevole e che poi sua madre gli avrebbe comprato un brezel.
Poi un bel giorno, non si ricorda nemmeno come, tutto era cambiato. Era arrivato, dopo un'immensa scarpinata, e si era sentito come in un altro mondo, come se la realtà circostante non esistesse benché ce l'avesse esattamente di fronte.
E negli anni a seguire quella sensazione si intensificò sempre di più portando con se altri sentimenti come una pungente nostalgia.
E così aveva smesso di andarci.
Perché andare in salita per quel sentiero disconnesso era diventata troppa fatica, perché non valeva la pena puntare in alto, perché alla bellezza si sarebbe affiancato il dolore.
La meta era troppo lontana e lui era troppo stanco.
Una volta arrivato in cima si sarebbe sentito confuso, una volta arrivato in cima non avrebbe più avuto una realtà a cui aggrapparsi e solo un passato da rimpiangere.
E rimpiangere era essere deboli, essere deboli era la fine di tutto. E lui non voleva essere debole ma non aveva compreso che le cose sarebbero potute finire male anche in un altro modo, quello che aveva intrapreso.
Se avesse puntato in alto si sarebbe dovuto confrontare con se stesso, con quello che non era più e avrebbe dovuto convenire che un tempo era meglio. Doveva ammettere di essere solo un ombra di quello che avrebbe dovuto essere.
E così aveva anche smesso di guardare la cima, di pensarci nonostante continuasse ad agitarlo nei sogni, persistesse in fondo al suo cuore dove finiscono le cose che vorremmo dimenticare. Ma quello che nessuno ha mai capito è che noi non possiamo dimenticare.
Tutto si depositerà sul fondo ma rimarrà lì, certamente sepolto, ma starà lì e non avremo nessun potere per rimuoverlo.
E Lorence non poteva esimersi, era un uomo impotente nei confronti di se stesso, come tutti gli altri, forse ancor più di tutti gli altri perché si rifiutava di auto confrontarsi e di accettarsi, almeno un poco.
Forse era quello che dicevano.
Siccome non era in grado di farlo da solo aveva bisogno che qualcuno lo facesse per lui, il problema era che nessuno ci era mai riuscito.
Ma Lorence pensava che non vi erano dilemmi irrisolvibili mentre aggiustava l'inquadratura della macchina fotografica in quel luogo che per tanto tempo aveva dimenticato.
Aggiusta lo zoom, nel suo obbiettivo il viso di Lidia è armonioso nella natura, inconsapevole di essere ripreso. Poi lei sbadiglia e tutti i tentativi di farle una foto vanno in fumo.
Alza gli occhi al cielo.
Lei corruga la fronte. << Cosa stai cercando di fare? >>
<< Sai com'è, non ho nessuna foto della mia fidanzata. >>
<< Noo, non voglio che finisca nel tuo portafoglio, mi sa tanto da film strappa lacrime. A tutti i protagonisti che ce l'avevano finisce male, se non lo hai notato! >>
<< Oh, andiamo! Non vorrai dirmi che quando sarai vecchia non vorrai che io ti ricordi come sei diventata! >>
<< Non voglio che tu abbia nostalgia di come eravamo un tempo! >> Lei incrociò le braccia come una bambina viziata.
<< Non accadrà, in un presente con te il passato sarà solo un splendido ricordo a cui guarderò per avere la forza per andare avanti, non più il desiderio di tornare indietro. >>
<< Wow...davvero profondo, hai trovato un modo per tramortirmi, dovresti fare un corso ai miei genitori. >>
E Lorence sorrise, anche con gli occhi, se possibile persino con le orecchie, con ogni parte del suo corpo e della sua anima.
Aveva trovato qualcuno che aveva bisogno di lui, che aveva amato il suo riflesso e avrebbe amato il vero lui, quello codardo che si era nascosto per anni, quello con ambizioni e sogni. Quello che disegnava la propria vita piena di sfumature.
Le favole avevano un lieto fine, la vita ne aveva uno?
Di fatto le fiabe erano legate alla vita, erano i desideri dell'uomo che si proiettavano su carta e non era vero che lì tutto era semplice. Gli eventi erano ardui com'erano sempre quando si parla di raggiungere i propri sogni.
Perché le principesse prima di essere salvate erano rimaste chiuse in una torre per tutta la loro vita, al buio, da sole. I principi magari non erano sempre stati principi, magari erano stati tristi ranocchi o chissà cos'altro. E magari non per tutti arrivava l'happy ending.
Ma c'è chi diceva che non sia aveva diritto alla felicità ma la si poteva desiderare, altri sostenevano che il mondo era caos ma alla fine tutto aveva un senso e che tutto arrivava a suo compimento, per altri ancora era solo confusionario. Poi c'era qualcuno che sosteneva che la felicità era solo un illusione.
Una bella illusione.
Ma Lorence era felice, perciò se lo provava, quel sentimento non doveva essere poi così irreale. Per quanto riguarda la fine, bè su quello le favole si sbagliavano, perché non era assolutamente la fine.
Perciò il suo era più un almost happy ending. Il suo quasi lieto fine.


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