The memory of the heart [SOSPESA PER LA MANCANZA D'ISPIRAZIONE; ANDATA ALLA RICERCA DI ESSA]

di Honey Tiger
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Tu eri la vita in persona. ***
Capitolo 2: *** Buio totale. ***
Capitolo 3: *** Solo gli incubi diranno la verità. ***
Capitolo 4: *** La testa non ricorda ma il cuore si.. ***
Capitolo 5: *** Ragazzina per qualche istante ***
Capitolo 6: *** Nuovi frammenti della memoria. ***
Capitolo 7: *** Ricordi di una vita passata ***
Capitolo 8: *** Su di giri.. ***
Capitolo 9: *** Dylan James Harbert ***
Capitolo 10: *** I soldi creano i mostri ***
Capitolo 11: *** Un Sogno da Realizzare ***
Capitolo 12: *** Verità solo per qualche secondo.. ***
Capitolo 13: *** La verità celata nei sogni (parte 1) ***
Capitolo 14: *** La verità celata nei sogni (parte 2) ***
Capitolo 15: *** ..il gioco è più interessante così.. ***
Capitolo 16: *** I piani svelati ***



Capitolo 1
*** Tu eri la vita in persona. ***


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Quest'opera "Tmoth - The memory of the heart" scritta da "Krystal Darlend"
                  
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2 - Tu eri la vita in persona

14 Luglio
Londra
Guy's Hospital

[Capitolo betato da:  MissNoWayItAllGo ]


                  Sono passati esattamente quattordici giorni da quando mi sono svegliata dal coma e ho ricominciato a vivere. Questa volta, però, non ho alcun ricordo felice o doloroso del mio passato.
Sono vuota, completamente e stramaledettamente sola.
Nessun volto ha qualcosa di familiare, nessuna voce riesce a riportarmi indietro nel tempo, nel mio passato ormai cancellato. Non rammento assolutamente nulla, neanche il volto di mia madre, la donna che mi ha donato la vita.
Grazie ai giornali sono venuta a conoscenza del mio incidente. È avvenuto il quindici maggio e, visto che ho dormito per oltre un mese, non sapevo che non mi ero procurata nessuna ferita, neanche una goccia di sangue è uscita dal mio corpo. Senza contare poi, un virus che entra nel sistema? Mah, io sento puzza di bruciato, secondo me quello stupido autista non ha visto il rosso e mi è venuto addosso.
Ma come ho fatto a sopravvivere? Chi è stato a salvarmi?
L’unica cosa che continua a frullarmi nella testa è un colore: il verde. Ogni qualvolta che chiudo gli occhi e che sforzo la mente, visualizzo ovunque il verde smeraldo, come se fosse importante.
Perché ho dimenticato tutto?

Scarabocchio queste frasi sui fogli bianchi che il dottore si è preoccupato di fornirmi per appuntare le cose importanti che mi sarebbero potute venire in mente. Peccato che non sia successo niente di tutto quello che aveva predetto: «Piano piano, con i giorni, ritornerà. Vedrai che ricorderai tutto.»
I raggi solari, anche se deboli a causa delle nubi, illuminano la stanza semivuota. La vista dal nono piano dell’ospedale è meravigliosa, posso esaminare anche il più piccolo dettaglio del London Eye, la ruota panoramica di Londra, stando seduta sul davanzale della finestra.
I dottori sono tutti stupidi, mai che se ne trovasse uno capace di lavorare degnamente.
Nessuno è riuscito a spiegarmi in che modo mi sia procurata un trauma cranico, anche se avessi sbattuto la testa non avrei dovuto avere tutti questi problemi, eppure l'unica risposta che ho ottenuto fino adesso è: non ricorda niente perché il cervello si rifiuta di lavorare, deve esserle successo qualcosa di brutto, qualche evento che l'ha sconvolta talmente tanto che ora la mente nega quel dolore, e con esso anche i ricordi.
Ora come ora l’unica cosa che mi resta da fare è ripartire da zero.
Cosa sarà successo di cosi grave? Quel è il dolore che non intendo più provare?

«Avanti» rispondo non appena qualcuno bussa alla porta. In fretta accartoccio i fogli e li nascondo dietro la schiena per evitare che qualcuno li veda. Non mi piace l’idea di mostrare i miei pensieri agli estranei, ormai non conosco nessuno, neppure me stessa.
«Krystal, tesoro mio, come mai non sei a letto?» Mi domanda mia madre con un tono gentile, quasi preoccupato. Non mi ha mai abbandonato, è rimasta accanto a me per tutto il tempo necessario. Andava a casa soltanto quando ero nel mondo degli sogni, poi tornava prima che cominciassi a chiedere di lei.
Amber è l’unica donna di cui riesco a fidarmi, con la sola voce mi infonde serenità e tranquillità, per non parlare dell’amore materno che mi dona, ma dai suoi occhi percepisco che mi sta nascondendo qualcosa.
«Osservo la città mezza addormentata.» rispondo con un sorriso prima di riportare lo sguardo sulla ruota panoramica.
«Tesoro, so che aspetti questo momento da tanto tempo e che non vedi l’ora di uscire da questo posto. I dottori ti rilasceranno questo pomeriggio, ma a causa di un impegno importante non posso restare, a quanto sembra è stato fatto un casino con un cliente e non si può risolvere nulla senza il mio aiuto. Se non vuoi restare sola ti vengo a prendere stasera, altrimenti posso chiamare qualcuno che vanga al posto mio e poi…»
«Va benissimo, la macchina è più che sufficiente. Tranquilla, ho quasi ventidue anni, senza ricordi, vero, ma sono pur sempre un’adulta e saprò arrivare a casa tutta intera.» le dico tranquillamente, quasi scherzando. «Allora ti manderò una macchina. Mi dispiace tesoro, ma devo proprio scappare.» Mi saluta dandomi un bacio sulla guancia.
Di nuovo sola in questa terribile stanza d’ospedale.
Perché continuo a percepire che Amber mi nasconde qualcosa? Perché non sono in grado di chiamarla mamma ad alta voce? Sembra strano, ma mi sento a disagio a usare quel nomignolo.
Durante la settimana, stufa di stare senza far nulla, mi sono introdotta nell’aula dei computer, quelli che solitamente vengono usati dai dottori per compilare le cartelle. Ho avuto modo di fare una ricerca riguardo la mia famiglia poiché non riuscivo a comprendere il motivo per il quale ero comparsa su diversi giornali.
La famiglia Light è da oltre cent'anni responsabile della Light company. Chissà chi ha avuto tutta questa fantasia per il nome.
Sembra che Steven sia l'ultimo dirigente, quindi dovrebbe essere mio padre, ma a causa dell'arrivo di un'infermiera impicciona non ho avuto tempo di guardare le foto. Che rottura.
Sembra che anch'io sia abbastanza conosciuta, almeno lo sono diventata dopo l'incidente.
Che cosa significa questo? Perché prima di allora ero una sconosciuta?
Diverse ragazze dell’università sono venute a trovarmi sostenendo di essere mie amiche. A quanto pare frequento l'università più prestigiosa d'Inghilterra e seguo i corsi di giurisprudenza, e come se non bastasse, sono anche una studentessa modello alla quale mancano tre esami alla laurea. In due anni sono riuscita a completare gli studi che solitamente richiedono cinque anni, di conseguenza penso di essere davvero un genio, ma la domanda che ora continuo a pormi è: come farò a laurearmi se non conosco neanche il volto dei miei genitori? Senza contare che uno di questi non si è mai fatto sentire né vedere.

«E’ arrivata l’ora di fare i bagagli!» Sussurro mentre ripongo i fogli dentro la valigia e mi preparo ad assaporare la libertà.


«Mi raccomando, non si dimentichi che una volta a settimana deve ritornare per fare i controlli.» Mi ricorda il dottore baffuto non appena mi avvio verso l'uscita.
«Si, va bene.» rispondo con un finto sorriso sulle labbra e lo saluto con la mano.
Londra è conosciuta come una città piovosa, ma, avuto tutto quel tempo a disposizione e nessun divertimento, ho letto tantissime riviste nelle quali spiegavano che la mia città riceve meno precipitazioni in un anno di Roma, la capitale d'Italia. Non appena esco fuori, il caldo afoso mi investe in pieno. "Non poteva piovere anche oggi?"
Respiro a pieni polmoni l'aria fresca anche se, con l'umidità e la polvere delle macchine, non si può definire tale. L'area circostante è circondata da case e macchine che circolano ad alta velocità, poi c'è la vista fenomenale della ruota panoramica, ma vista dal basso non ha lo stesso fascino.
«E adesso chi devo aspettare?» mi domando ad alta voce quando poso lo sguardo su un ragazzo che mi saluta cordialmente con la mano e mi fa cenno di avvicinarmi. "Che vuole adesso?", nonostante non so chi sia mi avvicino a lui, anche perchè solo adesso ho notato che si trova vicino ad una piccola limousine sul cui lato destro, a caratteri cubitali, c'è scritto: Light.
«Bentornata signorina Krystal. E' un piacere rivederla.» mi saluta tutto sorridente. Deve essere più grande di me, forse abbiamo tre o quattro anni di differenza. Occhi marroni, ma che ispirano gentilezza, capelli castani tagliati corti e pelle chiara. Il ragazzo è davvero carino, lo devo ammettere.
«Tu devi essere, mmm ... , scusa non so chi tu sia.» Sorrido alquanto imbarazzata mentre lui mi apre la portiera.
«Il mio nome è Jonathan.» Risponde alla mia domanda muta mente salgo dentro la limousine.
Piano la macchina parte, cosi nel frattempo il panorama comincia a cambiare. «Senti, ti posso fare qualche domanda?» chiedo a Jonathan. Non mi risponde, ma riesco a vedere che mi osserva dallo specchietto retrovisore e annuisce.
«Prima di questo incidente parlavo spesso con te?» domando sperando in una risposta positiva che arriva: «Sì, signorina Krystal.» Sembra che tutta questa situazione lo diverta, chissà perché?
«Odio essere chiamata signorina, mi dà sui nervi!» Sbotto all'improvviso e sento una risata partire dalle sue labbra; ha gli occhi fissi sulla strada, ma non mi sento per nulla imbarazzata.
«Lo so bene Krys, e so anche che vorresti un gelato in questo momento. » Non ci posso credere, mi ha letto nel pensiero, come diavolo ha fatto?
«Caz..» non finisco neanche la frase che quello mi riprende: «Niente parolacce quando sei con me!» dice, poi continua a parlare, «Prima di quell'incidente trascorrevamo tantissimo tempo insieme, anche se, senza offesa, eri una vera rompipalle. Certe volte, in piena notte, mi obbligavi a portarti sulla collina.» Rimango a fissarlo per diversi secondi, forse minuti, non riesco a quantificare il tempo che passa, accanto a lui mi sento bene, libera, me stessa. Ed è proprio per questo motivo che voglio scoprire più cose del mio passato, di me stessa, anche se in parte ho paura di scoprire il motivo per il quale ho perso la memoria. Continuo a credere che la mia testa abbia deciso di proteggermi, di evitarmi inutili sofferenze, sarà davvero cosi?
«Mi fermo qui da Nardulli che fanno il tuo gelato preferito. Faccio in fretta. » mi avvisa prima di sparire dalla mia visuale.
"Cosa succederà adesso? Come farò ad andare avanti?" Mi domando mentre osservo la via in cui ci troviamo. Non è una di quelle parti della città di alta classe come credevo, anzi è una via semplice, in fondo la strada si vede anche il contenitore della spazzatura.
Abbasso il finestrino per rinfrescarmi quando un dolce profumo che circola nell'aria fa brontolare il mio stomaco. «Che buon odore..» Sorrido e penso: "da quand'è che ho cominciato a parlare con me stessa?"
«I'm through will wish the things with you and me could be so good. Time to wake up or no make ups got make me fool. Too much history now it comes down to what things. So alone, baby I'm gone, you can leave a message for me after the tone» suona la canzone mentre prendo il cellulare dalla borsetta e senza guardare il numero o il nome: tanto è inutile visto che non saprei comunque chi sia.
Rispondo tranquilla. «Pronto?»
«Krystal, amore mio, mi ha chiamato tuo padre e mi ha detto dell'incidente. Stai bene?» Mi domanda un ragazzo dall'altro lato della comunicazione.
"Che cosa vuole questo?" Il tempo sembra fermarsi, le domande si accumulano mentre la testa sta cominciando a chiedere pietà per il dolore che si sta risvegliando. "Perché mi ha chiamata amore, sono per caso fidanzata?" Domando al mio riflesso, come se potesse darmi una risposta.
«Tu chi sei?» Chiedo, mentre apro la portiera a Jonathan visto che le sue mani sono occupate da tre buste piene di qualcosa. Facendo ciò, senza rendermene conto, chiudo la chiamata.
«Grazie, adesso possiamo avviarci.»
«Una domanda, sono per caso fidanzata?»
Esamino attentamente la sua espressione. Non appena ho pronunciato la parola 'fidanzato' lui si è accigliato e, quindi, senza farmi troppi problemi, gli domando: «C'è qualcosa che non vuoi dirmi?»
«Il fatto è che non posso spiegarti questa situazione, non sono sicuro che tu riesca a capire, è troppo presto per svelarti tutto.» Annuncia, cercando di chiudere l'argomento così com'era nato.
«Che cosa mi nascondi?»
Il resto del tragitto in direzione del luogo misterioso lo passiamo in silenzio. Io ho la testa altrove, cerco di capire come ho fatto a dimenticare la persona che amavo.
«Siamo arrivati!» mi avvisa e, comportandosi da gentiluomo, mi apre lo sportello della macchina. Appena sono fuori rimango senza fiato.
Jonathan aveva ragione, questo posto è stupendo e, conoscendomi anche solo un po', sono sicura di avergli davvero chiesto di accompagnarmi qui a notte tarda.
La collina è piena di fiori d'estate e la vista è senza dubbio la più bella che io abbia mai visto, chissà come sarà di notte. «Vieni, forza!» Mi indica la coperta che ha sistemato a terra e i pacchetti pieni di dolci di qualsiasi genere.
«In vent'anni non sei mai riuscita a tenerti lontano da tutto questo.» Indica il cibo più buono che esista in questo mondo.
«Hai proprio ragione, non saprei dire di no. » Mi accomodo e inizio a mangiare le dolci gelatine. «Sono deliziose, come facevi a sapere che mi sarebbero piaciute?»
«Te l'avevo detto, abbiamo passato tanto tempo insieme. Conosco molte cose di te e quello che ti riguarda» mi confida con un dolce sorriso prima di iniziare a mangiare e guardare in silenzio il panorama.
«Quando ho saputo dell'incidente non riuscivo a credere che fossi entrata in coma, non riuscivo a realizzarlo, mi rifiutavo. Sai che ho passato il mese più brutto della mia vita?» parla con lo sguardo fisso altrove, non riesco a capire dove vuole arrivare, che cosa intende dire. «Poi ti sei risvegliata e ho saputo che avevi perso la memoria e che non ricordavi assolutamente nulla. Da una parte mi sono sentito sollevato, dall'altra non potevo credere che ti fossi dimenticato di lui e di me, insomma di noi.» Continua con gli occhi lucidi. Sembra disperato, quasi ferito. «Non riesco a capire, dove vuoi arrivare?»
«Prima dell'incidente, prima del marmocchio, eravamo te, Lucas ed io. Eravamo inseparabili, unici, come a noi piaceva definirci. Poi è arrivato Josh e ti ha portata via. Ti ha proibito di vederci e tu l'hai ascoltato. Ti sei fatta prigioniera con le tue stesse mani, proprio tu che odiavi essere sottomessa, che amavi la libertà e la pazzia, che amavi la vita notturna.» Le ultime parole non furono detto con la voce tranquilla, ma quasi accusatoria. «Dove vuoi arrivare? Che stai dicendo?» Mi sto innervosendo, non riesco a capire che cosa voglia dire, che cosa sta cercando di ottenere con queste parole?
«Sto dicendo che Josh, il tuo ragazzo che hai dimenticato, in tre anni che è stato con te non ha fatto nulla per meritarti! Ti ha rinchiusa dentro casa e ti ha sfruttata» mentre parla le mie palpebre si appesantiscono.
Chi è lui per dirmi questo? Devo credergli? E Josh è veramente il mostro che lui mi sta disegnando?



                                                      

 

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Capitolo 2
*** Buio totale. ***


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15 maggio
Londra

      In certe situazioni della vita o in qualche particolare momento, c'è chi resta in silenzio o perché cerca le parole adeguate da proferire o, più semplicemente, non ha voglia di esporle. Ed è proprio in quei momenti delicati che le magiche lettere si rifiutano di uscire dalle labbra e mostrarsi al mondo intero. Come se narrarle, significasse rendersi vulnerabili, mostrarsi fragili. 
E nessuno lo desidera...

Le parole non dette diventano piccoli segreti di cui nessuno dovrebbe conoscere l'esistenza, eppure, non tutto rimane nell'ignoto. Non sempre tutto va come si vorrebbe o che si programma da un lungo ed interminabile tempo.
«Addio..» Sussurra piano la ragazza con le lacrime agli occhi.
Si gira appena, giusto il necessario per osservarlo un'ultima volta. Per scrutare i suoi occhi: azzurri. Quel colore che inizialmente l'avevano fatta innamorare. L'avevano catturata e l'avevano resa la sua prigioniera.
Il ragazzo sta lì, fermo ed immobile, nel punto esatto in cui ebbe il coraggio di dirle la verità.
Confessare di averla tradita.
Tradire la persona con cui si crede di condividere tutto.
Tradire la persona dopo quasi tre anni di fidanzamento.
Com'è possibile? Perchè?
Nonostante la verità sia evidente, lui continua a sostenere di amarla, ma non è un sentimento d'amore se finisce a letto con la prima squaldrinella che gli capita a tiro. Proprio lui che ha sempre affermato di odiare quel genere di ragazze.
I sentimenti di lui non possono essere considerati sinceri e la ragazza dagli occhi di ghiaccio non vuole continuare a portare avanti una storia dove, l'unica che continuerebbe a soffrire e portare un macigno nel cuore, sarebbe lei.
Soltanto lei.
"Non posso accettare al mio fianco un uomo che se ne frega altamente di me, nonostante io abbia rinunciato a tutto per lui. Non lo accetto! Non posso accettarlo nonostante so che soffrirò. Starò male, piangerò ma prima o poi passerà. Ne sono sicura, è questo che voglio!" Pensa lei, mentre una lacrima silenziosa scende lungo la sua guancia.
Si soffia il naso e chiude per qualche istante gli occhi, per riflettere, per chiedersi ancora una volta, perchè il destino ha deciso di essere cosi credule con lei.
Le violenze subite, il rapporto malsano con i genitori, la separazione, le delusioni, le scappatoie, gli addii, ha provato di tutto e non c'era più niente, ormai, che la potesse toccare, che le potesse scalfire il cuore. Ha sempre pensato questo per andare avanti, ma adesso deve aggiungere una nuova voce alla lista: il tradimento, anche se, già da tempo conosceva quel sentimento, ma ha sempre cercato di guardare avanti, di non cedere e sperare in un futuro migliore.
«Si ricomincia da capo...» Sussurra tra sé e sé, asciugando la lacrima solitaria. "Tornerò libera e indipendente. Ricomincerò da capo e riprenderò le mie vecchie abitudini. Mostrerò finalmente chi sono veramente e qual è il mio vero carattere, quello che ho dovuto nascondere..."
Un altro sorriso.
La ragazza dai lunghi capelli ha sempre amato la libertà e odiato chiunque privasse la donna del suo pensiero, Questo è sempre stato il suo pensiero poi, ha conosciuto lui e come nelle favole, si è innamorata a prima vista, rinunciando a se stessa, dimenticandosi della sua identità. 
Lui, un ragazzo per bene, che non delude mai nessuno e si comporta sempre da angioletto. Almeno con gli altri, certo non con lei.
Riprende a camminare lentamente, ma la testa è altrove, all'improvviso, un uomo sulla trentina le urta la spalla, spingendola. Lo sconosciuto appena alza lo sguardo, sorrise maligno: «Oh, mi scusi... Signorina le ho fatto male? Vuole che la porti in ospedale?» Le chiede non nascondendo il divertimento che prova per quella scenetta che ha imbastito.
"Cos'è, crede che sono nata ieri?" Pensa la ragazza, squadrando l'individuo da cima a fondo.
L'uomo porta i capelli castani leggermente lunghi, il viso è rotondo, il naso all'insù e le labbra sono sottili. Indossa due paia di occhiali scuri che gli nascondono gli occhi.

"Brutto quanto un colpo.." Aggiunse il pensiero al precedente, dopo averlo scrutato per bene.
«Tua madre non ti ha insegnato il rispetto per le donne? Vai al diavolo tu e il tuo inutile tentativo di portarmi da qualche parte...» Gli rispose invece, allontanandosi.
"J.." Pensa a quel diminutivo e un altro sorriso affiora sulle sue labbra.
Il suo angelo custode, il suo migliore amico.
Le manca il suo modo di fare, l'istinto di proteggerla e nasconderla dal mondo crudele in cui vive.
I pensieri tornano al suo ex fidanzato. Ha rinunciato a tutto, per quello che credeva fosse l'amore della sua vita. 
Alla sua vita sociale, ai suoi due migliori amici e alle mille occasioni che poteva realizzare i suoi sogni, per non parlare della vendetta. Adesso non la rimanderà più per nulla al mondo.
«Nuovo capitolo..» Sussurra un'ultima volta tra sé e sé.
"Se qualcuno mi sente mi prenderà per pazza, sono minuti che sto parlando da sola.." Pensa divertita e gli occhi che le brillano di una nuova luce.
Fa un leggero respiro e guarda il semaforo.
E' verde.
Riprende a camminare tranquilla e sta per attraversare la strada, quando, inaspettatamente, qualcuno l'afferra per un polso e la trascinata con forza verso di sé. Alza lo sguardo e lo posa sulle labbra del ragazzo. Le sta urlando qualcosa, ma non riesce a sentire la sua voce. Poi nota i suoi occhi verdi, lo stesso colore dei gioielli di smeraldo e sono belli, ma hanno perso una parte della loro lucentezza per una nota di tristezza che li vela. 
In pochi frazioni di secondi, la mente della ragazza è accecata da una luce intensa che per poi si trasforma in tenebra. "Perché è cosi buio? Ho paura.." Sono i suoi ultimi pensieri, prima di chiudere gli occhi e di addormentarsi come la bella addormentata.

 

***
 

30 giugno
Londra
Ospedale


Solitudine.
Paura.
Delusione.
Tradimento. 
Debolezza.
Buio.
Buio.
Buio...
E ancora buio.
Il giorno in cui la ragazza dagli occhi di ghiaccio ha deciso di riprendere la vita in mano, è stato lo stesso in cui è entrata in come e non si è ancora risvegliata.
Quel giorno, il fatidico quindici maggio, il semaforo è stato danneggiato da un virus di rete e per qualche secondo, il colore verde è scattato per tutte le direzioni.
Oggi è il trenta di giugno e sono ancora in tanti a sperare in un risveglio della ragazza anche se i dottori non garantiscono nulla. Continuano a consolare le persone che passano a trovarla ogni giorno. "E' una ragazza sana, si riprenderà! Questo, dipende da lei, deve trovare la forza dentro di sé per rialzarsi.." dicono a chiunque chieda loro informazioni. 
Ma nessuno conosce la verità.
Krystal Light, la figlia di un miliardario, non vuole riaprire gli occhi, perché sa, che se nel caso succedesse, dovrà fare i conti con il presente e dovrà prendere delle decisioni che non è ancora in grado di gestire. 
«Krys..» Una voce maschile la chiama, sembra quasi sicuro che lei lo ascolti e che stia per aprire gli occhi per svelare il segreto che ha tenuto dentro di sé per quarantacinque giorni consecutivi.
«Svegliati.. Non dovresti dormire cosi tanto, che fine farà la tua bellezza se continui ad trascurarla restando qui?» Le chiede sorridendo, cosa che nessuno lo ha mai fatto. Lui invece sì, le regala un sorriso e poi la bacia sul naso, prima di scomparire dalla stanza, quasi fosse un fantasma.
La sua voce..
Il suo sorriso..
Gli occhi verdi..
«Chi sei?» Chiede Krystal con gran fatica, dopodiché apre gli occhi, ma l'unica cosa che le esce dalle labbra è un sussurro confuso. Sente la gola che va a fuoco e non è certo confortante.
Le fa male.
La testa le scoppia dal dolore e comincia ad agitarsi nel letto. "Dove sono? Che cosa ci faccio qui?" Continua a domandarsi ripetutamente, finché ad un certo punto, una donna entra nella stanza.
Ha l'aria stanca, gli occhi gonfi dal pianto e le guance bagnate.
Quando la donna si accorge che si è svegliata e che la sta osservando le si precipita accanto riempiendola di baci. Sulle mani, sul viso, sulla frante.
"Sul naso... Chi mi ha baciato sul naso?" Si chiede confusa. Vuole conoscere il ragazzo che ha quella voce e quelle mani calde che, fino a qualche secondo prima, la stavano accarezzando, proprio quando ne aveva più bisogno ed era sola e aveva paura di quel buio. Lui c'era.
«Chi è lei?» Krystal cerca di scacciare quei pensieri dalla mente e concentrarsi sulla donna che le è di fronte.
"Chi sono io?" Chiede poi, guardando confusa ciò che la circonda.
Senza ricordi. Senza un passato che la rincorre.
«Krystal, non mi riconosci? Sono... tua madre.. Dottore...» La donna urla, mentre corre fuori dalla stanza in cerca di qualcuno che la possa aiutare.
Dopo nemmeno due minuti, nella stanza arrivano tre dottori. Due uomini anziani e brutti e una giovane donna, questo riesce a pensare Krystal, prima di richiudere gli occhi e sprofondare in un nuovo sogno.
Questa volta, però, è diverso dal solito.
Completamente fuori schema rispetto ai precedenti.

 

Apportato le modifiche il 29 maggio.

Angolo della piccola Autrice 
Ringrazio chiunque leggerà questa storia.. 
Avviso soltanto che ho deciso di correggere tutta
la storia e apportare qualche piccola modifica..
Spero che continuerete ad esserci.. e spero che questa storia vi abbia incuriosito..
Se avete la pazienza, potete aspettare che pubblichi i capitoli corretti prima di
continuare, perché avviso, i capitoli seguenti non sono scritti bene come questo..
(ci sono un sacco di errori grammaticali.. xP )

Per il resto ringrazio tutti.. Se la storia vi interessa sono davvero
entusiasta.. e se vi va.. mi farebbe piacere sapere che cosa ne pensate..


Un bacione
Krystal

 

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Capitolo 3
*** Solo gli incubi diranno la verità. ***


 

Il sole sta calando mentre il cielo si tinge di rosso. Una leggera brezza mi accarezza la pelle e asciuga la piccola lacrima che mi attraversa la guancia.
“Il brutto del mio incidente è che non ricordo assolutamente niente. Sai cosa significa niente? Non conoscevo nemmeno il mio nome quando mi sono svegliata. Ho un buio totale nella mia testa quindi anche se vorrei risponderti, dirti che è solo una stupida menzogna che ti stai inventato, non posso! Perché non ho la più pallida idea di chi sia questo Josh e tanto meno chi sia tu per rimproverarmi!” Feci un grosso respiro e mi alzai di colpo. “Quindi, se non ti dispiace, potresti accompagnarmi a casa?”
Jonathan non mi rivolse la parola finché non arrivammo davanti a una villa e mi venne ad aprire la portiera. Rimasi per la seconda volta senza parole. La casa era bellissima, per non parlare del giardino nel quale c’era una grande piscina. Più in là, un gazebo circondato da una folta catena di piante.
Piano mi avvicinai al portone ma prima di bussare mi girai verso Jonathan e gli sorrisi. “Grazie J” gli dissi senza pensare, non so perché, ma mi venne in automatico. Lo vidi sorridere e salutarmi con la mano. “A quanto vedo non hai dimenticato il tuo stupido modo di chiamarmi!” Dicendo ciò se ne andò via con la macchina, lasciandomi sola davanti a quel portone. “Forza e coraggio Kristal!” Bussai. Ad aprirmi venne una donna, la quale sgranò gli occhi vedendomi. Aveva i capelli grigi, gli occhi coperti da degli occhiali fini e un fisico asciutto. “Signorina Krystal. Che piacere rivederla.” Mi abbracciò piano e mi diede un bacio sulla guancia.
Appena varcata la soglia, il mio corpo si irrigidì, come se mi stesse avvertendo di qualcosa. Ma che stava succedendo? Perché avevo tutti quei pensieri negativi per la testa?
“Mia madre è a casa?” Chiesi alla donna, la quale mi stava accompagnando nella stanza senza che io le chiedessi niente.
“No, è alla sua pomeridiana seduta di bellezza.” A udire tali parole rimasi a bocca aperta. Ma non aveva detto che aveva una emergenza con un cliente? Che storia era?
“Siamo arrivati signorina. Le voglio far sapere che da quel giorno, non abbiamo spostato nulla. Tutto è come prima.”
“Grazie.” Le dissi incerta.
Non capivo, ma ero quasi sicura che quella donna e Jonathan stessero parlando in codice, come se mi volessero dire qualcosa di importante che non potevano dire apertamente.
Prima di andarsene, la donna mi mostrò un debole sorriso e scompari dalla mia vista.
Da quel giorno? Si doveva riferire al mio incidente e con questo pensiero varcai la soglia della mia stanza.
Di nuovo buio. Non c’era niente che illuminasse la camera cosi cominciai a cercare con la mano l’interruttore. Dopo alcuni minuti finalmente lo trovai e accesi quella benedetta luce.
“Wow” Dissi a voce alta guardandomi attorno.
L’unica cosa che c’era lì dentro era un letto a baldacchino e il resto della stanza era coperto dagli specchi sopra i quali c’erano delle foto. Mi avvicinai piano e cominciai a osservarle ma prima mi diedi una veloce occhiata allo specchio. I miei capelli neri sono raccolti in una coda alta e fissati con un fiocco giallo, mi stupisco nel vederli arrivare fino al fondoschiena. Gli occhi sono azzurri, proprio come quelli di mia madre, labbra leggermente carnose e due piccole fossette sulle guance. Il vestito che indosso mi sta a pennello, forse un po’ appariscente in quanto rivela la taglia del mio seno. Ho una terza abbondante e vado fiera del mio corpo. Credo di aver frequentato qualche palestra. Ho le cosce sode e mi viene da ridere. Sembro stupida ad ammirare il mio stesso corpo.
In ospedale non avevo questa possibilità di osservarmi completamente allo specchio quindi ora che né ho mi sembra giusto approfittare.
Le foto che sono sparse qua e là, ritraggono tutte alla sottoscritta. In alcune di esse sono sola, faccio delle facce buffe e mi viene da ridere mentre le osservo. In altre invece sono sempre in mezzo a due ragazzi. Ora che le osservo meglio, mi sembra di riconoscere Jonathan in quel ragazzo con i capelli lunghi. Prendo una foto in mano e mi siedo sul letto.
Jonathan nella foto sembra che stia ridendo di gusto nel tenermi in braccio, mentre poco più in la, vicino i bordi della foto un altro ragazzo mi sta tenendo delicatamente per le gambe. Un senso malinconico mi pervade tutto il corpo e una lacrima scivola lungo la guancia.
I dottori mi avevano detto di non sforzarmi di ricordare, che i ricordi si sarebbero manifestati da soli, piano con il tempo avrei recuperato tutto. Ma quanto tempo dovevo aspettare?
Con diversi pensieri per la testa mi addormentai sul letto.


“Nooooooooooo” Mi sveglio urlando, in preda alla disperazione. Continuo a tremare e non riesco a smettere di emettere singhiozzi. Sembra che da un momento all'altro possa avere un infarto e tale pensiero mi terrorizza ma almeno in questo modo non penso all'incubo.
Finalmente riesco a calmarmi e riprendo il respiro regolare. Guardo davanti a me e vedo il mio riflesso.
Sono stanca, ho gli occhi arrossati e le guance umide. Piano mi alzò e cerco l'armadio. Dove saranno tutti i miei vestiti? Continuo a cercare finché non vedo una maniglia su uno specchio. Sorrido involontariamente e la apro.
Guardo l'enorme spazio che ci sta, ma di vestiti nemmeno l'ombra. "Ma che.." Non finisco la frase che qualcuno bussa alla porta.
"Chi è?" Chiedo e vado ad aprire.
A vedere la figura dell'uomo davanti a me mi paralizzo e indietreggio spaventata. Non riesco a trattenere un urlo e vado subito a nascondermi dietro al letto.
"Krystal, che ti prende? Sono tuo padre." Annuncia l'uomo con voce dura mentre io continuo a tremare.
"Esci Krystal! Che diavolo ti prende? Non ho tempo per giocare" Urla lui e io mi blocco.
Le mie gambe cedono e io casco a terra. Non riesco a muovermi, vedo solo la mia figura nello specchio che sta tremando come una foglia ma poi sento una voce.
"Signore, mi scusi il disturbo ma la signorina Krystal mi aveva chiesto di portarle alcune cose." Annuncia Jonathan con voce autoritaria, calma e vedo quell'uomo allontanarsi da me.
Se ne è andato.
"Krys. Piccola, sono io, Jonathan. Tranquilla, se ne è andato. Posso avvicinarmi?" Mi chiede lui e io annuisco.
Continuo a tremare. Non capisco il motivo ma quando J mi abbraccia mi sento meglio, i miei muscoli si rilassano e mi tranquillizzo. "Ho sentito un urlo e sono venuto e vedere se stavi bene." Mi spiega lui abbracciandomi più stretto.
Resto in braccio a lui per diversi minuti finché non prendo il coraggio e gli comincio a raccontare del mio incubo.
"Stavo qui, a giocare con le bambole. Poi è venuto lui, era arrabbiato. Aveva delle carte in mano e mi stava accusando di qualcosa. Poi mi prende per i capelli e comincia a picchiarmi." Sto singhiozzando e non riesco a respirare. Mi sento prigioniera in questa casa.
"Sembra che i ricordi stiano tornando." Dice lui e io rimango senza parole. Credevo che fosse solo un brutto sogno, quando invece.. "Come fai a saperlo?" Gli chiedo con un filo di voce.
"Ero il tuo migliore amico. So tutto di te!" Mi sorride e mi da un bacio sulla guancia. "Vieni, non posso vederti in questo stato."
Quasi furtivamente usciamo fuori e ci avviamo verso una piccola macchina in fondo al giardino. "Dove mi stai portando?" Gli chiedo salendo e allacciandomi la cintura di sicurezza.
Lo vedo accendere la macchina e sgommare. Poi con un sorriso a trentadue denti mi risponde: "Ti riporto a casa. Questa volta quella vera!"

Ps: Nuovo capitolo...
Ringrazio tutte le persone che hanno letto la mia storia e le altre che mi hanno lasciato delle recensioni..
Spero che anche questo capitolo vi sia piaciuto e che mi lasciate qualche traccia di voi..
A presto
Un bacione
Krystal

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Capitolo 4
*** La testa non ricorda ma il cuore si.. ***


 

"Krys, siamo arrivati. Svegliati dai.." Mi accarezza dolcemente i capelli e deposita un bacio su di essi.
"Per quale motivo fai tutto questo per me?" Gli chiesi aprendo gli occhi. "L'ho sempre detto che con la luce della luna i tuoi occhi sono meravigliosi." Rifletto per qualche secondo e poi sbasso lo specchietto e li osservo. Sono azzurri, ma quell’azzurro che anche di notte è impossibile non notarlo.
"Quando uscivi con me e Lucas, incantavi tutti quelli che ti circondavano con un solo sguardo senza dover ricorrere al trucco esagerato o al tuo abbigliamento sempre scoperto. Riuscivi ad ammaliarli con una sola occhiata.." Sorrise ricordando i vecchi momenti, quelli che io avevo rimosso dalla mia testa. "Poi è arrivato Josh, il ragazzo che 'comando io e tu stai zitta!' ti ha conquistata e poi ti ha separato da noi." Lo vidi sospirare e portarsi una mano sui capelli. "Diverse volte abbiamo cercato di farti aprire gli occhi, ma tu sei sempre stata testarda finché.." Si bloccò e rimase immobile, muto come un pesce.
"Finché?"
"Lo scoprirai presto." Mi sorrise e aprì la portiera. "Faccio tutto questo perchè un tempo eri tu quella che si prendeva cura di me."
"Che posto è questo?" Gli domando osservando la piccola casetta. I mattoni scuri e le finestre bianche, oltre a questo non riesco a vedere nulla. Certo, non era niente di particolare se paragonato alla casa dei miei genitori, però qui mi sento davvero a casa per non parlare del panorama che mi si presenta, da togliere fiato, certo ci avevamo impiegato due ora per arrivare ma a quanto vedo ne è valsa la pena. "E' la tua casa, l'hai comparata con i tuoi soldi, diciamo i risparmi di una vita."
"Grazie per tutto l'aiuto che mi dai. Ti sono riconoscente." Gli sorrido e mi avvicino insieme a lui alla porta, quando improvvisamente essa si spalanca ed esce un ragazzo a torso nudo. Certo, non mi lamentai per il piccolo spettacolino, in quanto il suo fisico glie lo permetteva ma quando vidi Jonathan allerta in quel modo, mi fece pensare che non fosse un buon motivo per sbavare dietro ad un perfetto sconosciuto.
"Che diavolo ci fai insieme a lei?" Urlò lo sconosciuto avvicinandosi sempre di più a me.
La sua voce, l'ho già sentita da qualche parte. Ne sono sicura ma non ricordo quando, forse era un dejà vu? Possibile che lo conoscessi cosi bene da lasciarlo solo nella mia casa?
"Dovrei essere io a farti questa domanda! Lei non ti vuole più vedere!" Si difese Jonathan parandosi davanti a me. Non permise allo sconosciuto neanche di sfiorarmi e questo lo apprezzai davvero tanto.
"La sua voce, io la conosco!" Dissi ad un tratto facendo girare entrambi i ragazzi nella mia direzione.
""Tu sei quello che m'ha chiamato!"
Vidi gli occhi di Jonathan che venivano coperti da un velo di tristezza mentre sul volto di quel del ragazzo, a me ancora sconosciuto, si tingeva un sorriso. Perchè? Che aveva da sorride?
"Tesoro, sono Josh! Il tuo ragazzo."
"Davvero? E da quando è che io avrei un ragazzo?" La domanda mi venne immediata e parve quasi che lo stessi prendendo in giro. Jonathan non riuscì a trattenere una risata e ciò portò anche me a sorridere.
"Krystal. Stiamo insieme da tre anni!" Mi risponde a voce bassa, cercando di oltrepassare la barriera di Jonathan, che mi si è parato davanti. "Ah, non lo sapevo."
Lo vedo smettere di lottare, non cerca più di oltrepassare e questo mi tranquillizza.
"Krys, stai bene?" Mi domanda Jonathan accarezzando le mie mani che sono strette intorno alle sue braccia. Quasi fossi una bambina spaventata dall'uomo nero. "Ora sto bene. Grazie." Sciolgo le mani imbarazzata. Ma quando è che l'ho abbracciato?
"Krystal, davvero non ricordi niente di me?" Chiese lui guardandomi dritta negli occhi. Io faccio cenno di no con la testa e lo sento sospirare.
"Sono Josh, Josh Hillart. Ci siamo conosciuti nel quinto superiore e da lì abbiamo cominciato a vederci. Sei mesi fa mi hai chiesto di andare a vivere con te e ora sono qui." Cercò di spiegarmi usando i dettagli più importanti. "Quando hai avuto l'incidente io ero a studiare all'estero. Sono tornato stamattina e subito ti ho chiamata."
"J, senti." Lo prendo per la mano e lo porto accanto alla macchina, in modo che Josh non potesse sentirmi in nessun modo. "Se lui è il mio ragazzo non credo che mi farà del male. Voglio parlare un po’ con lui e poi deciderò cosa fare."
"Ma lui.."
Non gli diedi tempo di finire la frase che gli dissi: "Tranquillo, se succede qualcosa sarai il primo ad essere chiamato." Lo vedo dubbioso, incerto ma alla fine accetta e si allontana con la sua macchina.
Entro nella piccola casetta seguita da Josh. Un ampio salotto si illumina appena varco la soglia della casa e mi stupisco di quanto sia pulito. Un tavolino di vetro, basso, è posizionato accanto al camino dove due poltrone sono posizionate una di fronte all'altra. Diversi vasi di fiori sono sparsi in giro e un sacco di foto sono posizionati sui muri. Tutte ritraggono dei paesaggi. Il salotto nonostante sia spoglio di qualsiasi oggetto, è accogliente. La successiva stanza dove entro è una cucina. Un tavolino è posizionato al centro e una cucina color miele occupa l’intero muro. Diversi piatti sono sopra il lavello, mi avvicino e noto che tutto è perfettamente pulito.
"Hai pulito tu?" Chiedo a Josh voltandomi nella sua direzione. Lo vedo sorride e fare di no con la testa. "Eri tu quella che si occupava di queste cose."
Continuo con il mio giro turistico e arrivo finalmente nella stanza da letto dove trovo un bellissimo letto a baldacchino coperto da veli semitrasparenti. Due comodini ai lati e un armadio a specchio che mostrava il mio sorriso non appena mi andai a buttare sopra di esso.
"Morbido" Dico entusiasta. Erano giorni che dormivo sopra i materassi duri come dei sassi e ora che avevo una casa a mia disposizione con un bellissimo materasso, per di più morbido come una piuma non vedevo l'ora di infilarmi dentro e farmi una bella dormita.
"Forse un po’ troppo." Sento dire da Josh sotto voce. Che cosa vuole dire con quella frase?
"Ti ricordi qualcosa di questa casa?" Mi chiede lui avvicinandosi di più a me. Al mio corpo innocuo e fragile. Prima di rispondere cerco di spostarmi ma ormai è troppo tardi. "No e mi dispiace anche di essermi dimenticata di te."
Lo vedo sorridere di nuovo, furbo, come se si stesse preparando a saltarmi addosso da un momento all'altro. "Non importa, li sostituiremo con dei nuovi."
Ed ecco che la tigre sbrana l'agnellino, povero e indifeso.
Senza un preavviso, quasi con foga posiziona le sue mani sui miei fianchi e cerca le mie labbra. Mi stampa un bacio sul collo, poi sulla guancia e infine le posiziona sulle mie labbra. Un bacio casto ma neanche tanto innocuo. Un brivido di piacere mi attraversa la schiena e cerco un altro bacio, e ancora un altro. Sento la sua lingua che gioca con la mia ma all'improvviso sento che qualcosa non va. Un'ondata di tristezza mi pervade il corpo e le lacrime incominciarono a scendere per i fatti loro.
Continuo a sentire le sue mani sopra di me, che mi stanno accarezzando, che cercano di toccarmi il seno.
Ho paura. Non riesco a tollerare quelle mani sopra il mio corpo, le stesse mani che fino a pochi istanti prima avevo ammirato e ora, mi facevano schifo, ribrezzo.
Gli mollai uno schiaffo in pieno volto non appena mi strinse il seno fra le sue sudice mani.
"Che ti prende?" Mi chiede toccandosi addolorato la guancia. Non sembra per niente turbato, anzi è fin troppo rilassato.
"Non ci riesco. Non voglio!"
Allunga di nuovo la sua mano per accarezzarmi e quasi spontaneo le parole mi escono dalla bocca: "Non ti azzardare a toccarmi di nuovo!" Questa volta la mia voce è dura, severa e arrabbiata. Lo vedo confuso, mi guarda con occhi smarriti e cerca una risposta ma l'unica cosa che gli posso dire è: "Mi dispiace ma vorrei che mi lasciassi sola. Hai un posto dove andare?"
Gli chiesi allontanandomi sempre di più. Non volevo che mi sfiorasse di nuovo, non sarei riuscita a tollerarlo.
"Amore, mi spezzi il cuore in questo modo" Sembra quasi teatrale quando parla in questo modo.
"Hai iniziato tu!"
La frase mi uscì senza che io me ne rendessi conto e se non fosse per la voce, che ero certa che fosse mia, avrei pensato che ci fosse una terza persona nella stanza.
"Posso tornare da miei genitori, però, posso.. avere almeno una possibilità per ricominciare?"
Ricominciare? Forse è l'unica cosa che dovrei incominciare a fare. Dovrò iniziare a studiare dall'inizio, fare conoscenza con i miei amici, sempre se ne ho, chiarire alcune cose con i miei genitori, scoprire più cose di me stessa. Quanto sarà difficile?
"Un appuntamento, ti chiedo di avere un solo appuntamento. Forse in questo modo riuscirai a ricordare qualcosa di me, del nostro amore."
Cercò di nuovo di avvicinarsi però quando vide che io continuavo a indietreggiare si fermò e mi osservò. I suoi occhi, scuri nel buio non riuscivano a incutermi niente. Nessun sentimento, nessuna farfalla nello stomaco. Avrò forse dimenticato come si fa ad innamorarsi?
"Ti va bene se domani alle sei ti passo a prendere?"
"E se non mi ricorderò niente?" Chiedo senza paura perchè infondo al mio cuore, so, che domani non cambierà niente. "Potrò sempre ricominciare a corteggiarti." Mi sorrise e allungo leggermente la mano per prendermi una ciocca di cappelli e depositare un bacio. Si avvicinò all'armadio, prese alcune cose da lì e poi se ne andò. Triste.
"A domani." Mi salutò con un occhiolino.


Sono sola ma mi sento una meraviglia. E' l'una di notte e con una strana idea in testa comincio a osservarmi intorno. Apro l'armadio e guardo tutti i vestiti che posseggo. Per la metà sono di Josh mentre l'altra deve essere la mia. Un sacco di pantaloni grigi e neri sono appesi e delle maglie in ordine posate nei cassetti. Mi vestivo come una vecchietta e tale pensiero mi infastidisce.
"Valigie.." Mi guardo intorno alla ricerca di esse. Devono essere in questa stanza, ne sono sicura. Infatti, quando mi chino e sbircio sotto il letto, le trovo lì. Piano le tiro fuori e le apro. Mi sorprendo quando le vedo piene di vestiti.
"Wow" Dico a voce alta osservando il primo vestitino. Il colore è nero con delle perle bianche sulle spalle ed intorno la scollatura, la quale lascia la schiena completamente scoperta ed è corto, forse mi arriverà a malapena sotto il sedere ma nonostante questo continuo a pensare che sia stupendo.
Tiro fuori anche il resto dei vestiti e li butto sopra il letto. "E’ arrivata l'ora di mettere le cose al proprio posto!"
Per almeno due ore non faccio altro che tirare fuori i vestiti di Josh e posarli dentro le valigie mentre riordino l'armadio e provo a ricordare tutto il mio guardaroba.
Avevo un’infinita scelta di vestiti, di ogni genere di colore. Pantaloni a vita bassa e magliette scollate erano state tutte piegate e messe in fondo, ma perchè? Non era mica un crimine andare in giro in quel modo? Non avevo cinquant'anni ma solo venti. Il fatto sta che alle tre di notte avevo finito di riordinare l'armadio, avevo buttato alcuni indumenti ritenendo che fossero troppo brutti e che mai li avrei messi. La biancheria l'avevo posizionata nel secondo cassetto e i calzetti nella prima. Era da ricordare.
"Cazzo!" Esclamo non appena fissai l'orologio. Erano le quattro di notte e il sonno non voleva arrivare. Mi sembrava di essere nel pieno delle forze. Mi trascino in cucina e apro il frigorifero, ma è vuoto. Non c'è niente dentro quindi lo richiudo e rivado nella stanza. Mi metto sul letto e cerco di concentrarmi.
Mi sento davvero a casa e senza rendermi conto sprofondo nel mondo dei sogni.
Ho dormito benissimo e posso dire con certezza che questo letto è il migliore in assoluto. Nessun incubo, nessun disagio, nessuna sensazione strana. Con un sorriso vado al bagno per farmi una doccia veloce ma poi ci ripenso e riempio la vasca di acqua calda. Se la possiedo perchè non approfittare?
La sensazione che provo è stupenda, l'acqua è caldissima e mi avvolge tutta. Senza nessuna fretta, mi metto a meditare su quello che dovrei fare. Non è che ho tanto tempo visto che fra tre ore ho l'appuntamento con Josh ma questo non mi vieta di andare a prendere qualcosa da mangiare nonostante fuori il cielo è coperto dalle nuvole.
Mi infilo dei jeans verdi a vita bassa, accompagnati da un paio di stivaletti con il tacco. Una canotta bianca e un gilè nero che completa l'opera. Mi metto un filo di matita sotto gli occhi, giusto per non mostrare le occhiale e esco di casa.
Schiaccio un pulsante senza rendermi conto e una macchina parcheggiata vicino la casa si apre. E' una SMART, piccola. Quasi sussulto e poi mi guardo attorno. Davvero è la mia macchina? Rischiaccio di nuovo il telecomando e la macchina si chiude. Senza pensarci mi infilo dentro e controllo i vari documenti nel portaoggetti. Effettivamente la macchina è mia, è attestata al mio nome: Krystal Light e come se non bastasse la patente è nascosta in mezzo a quei fogli. Sorrido, almeno non dovrò sforzarmi di cercarla ,ma ora il problema è un altro. Saprò guidare?
La spengo tipo tre o quattro volte, ma poi riesco a partire. Faccio due prove per fermarmi e poi riparto, stando attentissima alla strada, non si sa mai che spunti qualcuno all'improvviso. Il primo posto che trovo è una piccola cittadina. I vecchietti intenti a passeggiare per le vie mentre i bambini giocavano nel parco.
Mi fermo non appena avvisto un piccolo ristorantino. Prima di scendere mi accerto di avere i soldi con me, non vorrei fare qualche figuraccia.
"Krystal! Quanto tempo." Mi saluta un vecchietto non appena mi siedo. Lo osservo e cerco di non ridere. Ha una lunga barba grigia e dei capelli marroni, gli occhi del medesimo colore ma ha un qualcosa di particolare. "Ecco.." Mi imbarazzo, come posso dire di non ricordarmi di lui?
"Mi scuso ma purtroppo non so chi sia lei." Vedo che l'uomo sgrana gli occhi e mi fissa incredulo. "Stai scherzando spero!" Faccio di no con la testa e comincio a raccontare: "Due mesi fa ho avuto un incidente. Un mese del quale sono stata in coma e quando mi sono svegliata non ricordavo nulla. Ho perso la memoria"
"Non ti ricordi davvero di me? Sono Nick, il padre di Lucas." Il nome non mi è nuovo, deve essere quello di cui Jonathan mi aveva parlato, quello con cui condividevo le serate, senza soffermarmi sul nome gli chiedo: "Purtroppo non ricordo assolutamente niente, ma potrei vedere Lucas?" L'uomo rimane in silenzio per qualche istante ma poi sospira e risponde: "Mi dispiace piccola, ma Lucas momentaneamente non c'è. E' andato a fare una piccola vacanza."
Una fitta di dolore mi stringe il cuore, non so perchè ma mi viene da piangere. "Dai, oggi offre la casa. Se vuoi ti porto il tuo piatto preferito!" Per qualche istante mi soffermo sui suoi occhi, vedo tanta tristezza e solitudine ma poi annuisco e lui se ne va in cucina.
Un rumore fastidioso irrompe il silenzio, proviene dalla mia borsetta. Credo che sia il mio telefono e senza soffermarmi al nome rispondo: "Chi è?"
"Sono tua madre Krystal! Posso sapere dove diavolo sei andata a cacciarti?" La sento urlare dall'altro lato del telefono cosi rispondo con un cenno di cattiverai nella voce. "Sono a casa mamma. Quella vera questa volta."
"Hai recuperato la memoria?" Mi chiede recuperando la calma. La sento che sta dicendo qualcosa a qualcuno ma non riesco a capire cosa.
"E chi lo sa. A presto!" Gli rispondo e attacco il telefono prima che Nick mi posa a tavola il mio piatto, ha un invitante profumino.
"Il ragazzo filibustiere?" Mi chiede lui, sedendosi accanto a me.
"No, mia madre."
"Furba la donna." Mi dice lui guardandomi dritto negli occhi e continuando il discorso: "Ascolta piccola, ti conosco da quando avevi due anni e ti conosco meglio dei tuoi genitori in quanto ti ho cresciuta io, so che adesso ti stai chiedendo se è vero ma è cosi, poi controllare benissimo, Lucas e Jonathan mi dicevano spesso che il tuo pc è incasinato solo per le foto che ci sono, trova il pc e troverai le risposte a un sacco di domande." Mi prende la mano e mi guarda negli occhi. "La fotografia è sempre stata la tua passione. Dicevi che le foto raccontavano il passato quindi spero che ora faranno loro lavoro."
Poi una voce di una donna si intromise nella conversazione "Nick! Ho bisogno di te, vieni ad aiutarmi."
"Eccomi, arrivo tesoro." Rispose lui sorridendo.
"Stai attenta. Ora che non ricordi nulla sei vulnerabile. Non sei una ragazza qualsiasi e presto ne scoprirai il motivo." Mi salutò e se ne andò lasciandomi piena di domande e dubbi.
"Devo trovare il computer allora." Comincio a mangiare, assaporando pieno il sapere di un piatto a base di pesce di mare impanato, patatine fritte, sale e aceto. Un pranzo con i fiocchetti.
Mangiai senza pensieri, non m’importava nulla. Volevo affrontare il resto della giornata spensierata. Non avrei dato peso al fatto che non ricordavo nulla, quando sarei tornata a casa, avrei controllato.
Esco dal ristorante e senza accorgermi andai a sbattere contro qualcuno.
"Stai attenta ragazzina!" Mi disse una voce maschile prendendomi in tempo per le spalle, evitando che sbattessi contro la porta.
"Ragazzina lo dirai a qualcun'altra!" Lo sfidai guardandolo dritto negli occhi. Sorrideva e gli occhi gli brillavano di una luce particolare. Verdi come degli smeraldi più costosi del mondo. Senza volerlo arrossisco e abbasso gli occhi.
"La prossima volta stai attenta ragazzina.." Mi sussurrò all'orecchio ed entrò dentro il ristorante avviandosi verso la cucina. Chi era lui? Possibile che fosse Lucas?

P.s: Nuovo capitolo in arrivo..
Forse è un pò lunghetto ma spero che lo apprezziate.. Finalmente, nel prossimo capitolo, Krys riuscirà a scorpire nuove cose del suo passato e dovrà fare i conti con qualcuno a lei superiore. Riuscirà o si arrenderà immediatamente? Seguitemi e lo scoprirete ^^
Inoltre.. Ringrazio tutti coloro che leggono la mia storia e ancora di più quelli che mi lasciano delle recensioni..
Spero che continuerete a seguirmi e lasciarmi qualche traccia di voi.. Per il momento vi lascio qui..
Un bacione.. Krystal

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Capitolo 5
*** Ragazzina per qualche istante ***


 

Ero di nuovo nella mia vasca da bagno, immersa nell'acqua fino all'orlo. I miei lunghi capelli neri stavano incominciando a stancarmi. Cioè, siamo in pieno diluvio e io continuo a morire di caldo. Non lo trovo giusto, il nero attira troppo il calore.
«Stai attenta ragazzina!» La voce di quel ragazzo continuava a rimbombare nella mia testa, come se un eco venisse più volte propagato, senza avere mai una fine.
Nonostante lo avessi visto solo di sfuggita ricordavo ogni minimo dettaglio di lui. Del suo fisico perfetto al colore dei occhi. I capelli erano nascosti da un berretto, ma credo che fossero neri come la pece. Ciò mi fece sorridere, avevano lo stesso colore dei capelli. Che stupida che sono! Perchè continuo a pensare a lui? Va bene che era un dio greco sceso in terra, con quel viso ovale poco squadrato e quegli occhi, oddio, quegli occhi verdi che mi avevano squadrato da cima a fondo. Grazie a dio non era in grado di sentire i miei pensieri altrimenti dovrei incominciare a scavarmi una buca sotto terra.
Certo che di questo passo dovrò tornare all'ospedale per un nuovo controllo alla testa, impazzirò se continuerò a pensarlo.
Il suono del cellulare mi permise di riacquistare la piena lucidità e senza perdere tempo risposi: «Chi è?»
«Krys, Sono Jonathan, dove sei?» Mi chiede in tono serio, quasi fosse preoccupato.
«Nella mia vasca da bagno!» Gli rispondo insaponandomi i capelli. Che bella sensazione.
«Mi ha chiamato tua madre dicendomi che non eri a casa tua. Sei uscita prima?» Se fosse stato qualcun'altro a farmi tale domanda mi sarei innervosita e avrei risposto sicuramente male ma con Jonathan mi sentivo calma, rilassata e non mi annoiavo a rispondere alle sue domande, nonostante fossero stupide e insignificanti.
Per circa mezz'ora stemmo al cellulare, gli raccontai che avevo chiesto a Josh del tempo e del appuntamento che avevo alle sei, del fatto che avevo guidato la macchina e andata nel ristorante di Nick ma non gli dissi niente di Lucas, non so perchè, ma pensavo che quel argomento dovesse essere affrontato a occhi pari e poi se quel ragazzo fosse davvero Lucas?
«Se c'è qualcosa che non va, voglio che mi chiami immediatamente! Mi hai capito?»
«Promesso paparino» Gli risposi sorridendo, osservandomi allo specchio. Ho il viso ovale, il mento piccolo appuntito e la mandibola armoniosa. La pelle è lattea ed è leggermente rosata sugli zigomi. I miei occhi, ora che ci faccio caso sono grandi e hanno un colore particolare, non è quel azzurro normale, ma sembra un cielo in piena estate, infinito e stupendo nella sua natura. Un piccolo sorriso mi compare sulle labbra carnose.
«Grazie J. » Gli dico prima di chiudere la comunicazione.


Sono le sei in punto quando Josh mi fa un clacson con la macchina.
«Eccomi, arrivo!» Chiudo a chiave la casa e mi avvio verso lui, che mi aspetta accanto la portiera.
«A quanto vedo non hai perso tempo a rimettere a posto i vestitini. »
Lo guardo stupita, più che altro offesa. Mi ha appena visto e già mi sta giudicando? Non ho mica trent'anni che non posso permettermi tale abbigliamento e solo sentirlo parlare in quel modo, mi venne voglia di tornarmene a casa e dargli buca.
Ho indossato il vestito che la sera prima avevo ammirato per circa dieci minuti e il fatto che fosse un appuntamento galante credevo che lo avrei stupito, che lo avrei forse reso felice ma vedo che mi sono sbagliata. Come si fa a non rimanere incantati da tale abito? La schiena scoperta, le gambe in mostra risaltati dai tacchi alti. Anche se provo un leggero imbarazzo, in quanto è corto, credo che tale vista ammalierebbe qualsiasi ragazzo.
«Prego» Mi apre la portiera e io mi accomodo, forse un po’ delusa dal fatto che il mio presupposto ragazzo non mi fa nessun complimento, neanche fossi una racchia. Mah.
Per il tragitto verso il luogo misterioso Josh cercò invano di farmi ricordare qualcosa, voleva instaurare un nuovo rapporto con me.
«Le cose del passato rimangono nel passato. Ora è presente e io voglio viverlo giorno per giorno. Quindi per favore, potresti smettere di parlarmi di quello che volevo fare un tempo con te? E' inutile, non ricordo e non credo che ricorderò!» Alzo la voce senza rendermi conto, mi succedeva solo con lui tutto ciò. Perché?
Il resto del tragitto lo passammo in silenzio solo quando arrivammo mi disse dolcemente: «Scusa per prima. Il fatto è che non riesco a capire come hai fatto a dimenticare tutto questo. Il nostro amore, le tue promesse. »
«E chi lo sa, forse per proteggermi da qualcosa!» Gli risposi esattamente come avevano fatto i dottori con me. Lo vidi sgranare gli occhi e fissare qualcosa fuori dal finestrino.
«Tutto bene?» Gli chiesi sorridendo, quasi fossi sicura che lui sapesse qualcosa di tutta questa storia.
«Si» Mi rispose scendendo dalla macchina, venendomi ad aprire la portiera.
«Il tavolo Hillart è da questa parte. » Indicò la strada un uomo con un sorriso ebete sulla faccia. «Signorina Light la trovo in ottimo stato.» Sussurra il vecchio alle mie spalle. Mi giro appena e gli rispondo educatamente anche se i miei occhi mi tradiscono. «Mai stata meglio!»
La serata prosegui senza altri problemi finche non arrivammo al dolce, quando un ragazzo della mia età mi fece un occhiolino seguito da un fischietto. Nonostante non lo conoscessi, gli sorrisi anche perchè lui era il primo ragazzo ad apprezzare il mio abbigliamento. Non lo avessi mai fatto!
«Chi è quello?» Mi aggredì Josh prendendomi con forza il polso. Feci una smorfia di dolore ma questo non gli bastò per lasciarmi andare.
«Sono andato via da un giorno e già ti diverti alle mie spalle? » Urlò infuriato. Mezzo ristorante si girò verso di noi, io che sprofondavo di vergogna e lui che mi guardava infuriato.
«Scusatemi se mi intrometto, ma potrei chiedere gentilmente di abbassare la voce?» Ci avvisa lo stesso l'uomo che prima ci sveva accompagnato al tavolo. «Ci perdoni, non accadrà più.» Si scusa Josh regalandomi un occhiata glaciale.
«Allora? Ti ho fatto una domanda! Rispondimi! »
Appena senti pronunciare tali parole non ci vidi più. Come si permetteva di parlarmi cosi? Non ero mica la sua schiava che poteva prendersi tale libertà nel miei confronti. «Lasciami immediatamente la mano se non vuoi che mi metta ad urlare! » Gli dissi mostrando un sorriso sulle labbra.
«Scusa, io.. » Comincio lui cercando di ottenere il mio perdono.
Davvero ero stata nelle grinfie di tale uomo? Come avevo fatto ad innamorarmi di lui?
«Non disturbarti troppo, prendo un taxi per il ritorno. » Mi alzo e prendo la borsetta.
«Cosa? E mi lasci qui da solo? » Mi chiede lui cercando una speranza nei miei occhi. «Credo che la risposta la conosci già. » e prima che abbandoni completamente la sala, con un sorriso a trentadue denti, gli dico: «Vieni quando vuoi a riprendere le tue cose, le valigie sono già pronte. »
Fuori dal ristorante chiamai un taxi che non tardò ad arrivare ma quando stavo salendo fui trattenuta per il braccio da Josh.
«Che cosa vuoi adesso? » Gli chiesi cercando di liberarmi dalla sua stretta.
«Non puoi andartene cosi e lasciarmi in questo modo, non dopo tre anni di fidanzamento! » Mi urlò in faccia.
«Lasciami! Cosa non capisci che non ho nessun ricordi di te e quindi è come se non ti conoscessi! Lasciami andare Josh o te ne pentirai! »
«Le serve un aiuto? » Mi chiese il taxista preoccupato. Io gli faccio cenno di no con la testa e riprendo il contatto visivo con Josh. «Lasciami. Immediatamente» pronuncio le parole, scandendole una per una. Perchè è cosi ostinato? Perchè non vuole lasciarmi andare?
«Passerò domani a prendere le mie cose. » Mi disse lasciandomi andare e scomparendo dalla mia vista. Rimasi immobile per qualche secondo, quasi paralizzata dalla paura.
«Sta bene signorina? »
«Si. Mi potrebbe portare al centro? » Gli domando con tono preoccupato. Ho di nuovo paura e la prima cosa che faccio è quella di prendere il cellulare e chiamare Jonathan. Mi risponde subito, preoccupato. «Krys, che succede? Stai bene? »
«J, aiutami. Ho paura! » Gli dico mentre cerco di tranquillizzarmi. Quei occhi azzurri, pieni di odio e di disprezzo nei miei confronti. Che cosa mi aveva fatto? Perchè tremavo?
«Dove sei? Vengo subito a prenderti! »
«Tra qualche minuto sarò al centro di Londra. Ti prego, sbrigati. »
Dopo una quindicina di minuti arrivai al centro, pagando, scesi con le lacrime agli occhi.
Perchè continuavo a pensare a Josh e al suo modo di comportarsi. Come se mi volesse controllare e avermi tutta per se.
«Ei signorina. Che ne dice di venire a prendere qualcosa da bere con me? » Mi chiede un uomo mezzo ubriaco, che si reggeva a malapena con i suoi stessi piedi. Faccio un sospiro e mi allontano in fretta. Entro nel primo bar che trovo aperto e mi nascondo nell'ultima fila. Meglio non essere vista.
«Salve. Vuole ordinare qualcosa? » Mi domanda una ragazza. Capelli biondi, occhi color nocciola e un sorriso a trentadue denti. «Caffè. Grazie. » Prende il mio ordine e se ne va.
Passa un ora, ma di Jonathan ancora nessuna traccia.
Osservo la finestra, dalla quale posso vedere tutte le macchine che sfrecciano alla velocità esagerata. La paura mi è passata ma ho ancora tante domande che mi sfrecciano nella testa.
«La mamma non t'ha mai detto che le ragazzine come te, non dovrebbero vestirsi in questo modo?» Sento sussurrare alle mie spalle. "Ragazzina", solo lui mi aveva chiamato in quel modo.
Quando mi giro trovo i suoi occhi puntati nei miei. Sono cosi verdi che credo di guardare uno smeraldo raro. Quasi istintivamente arrossisco.
«Non credo. Ma anche se fosse non lo ricorderei.» Gli rispondo sorridendo, quasi che le mie paure stessero scomparendo. Mi sta facendo uno strano effetto.
«Presuntuosa la ragazzina.» Si siede accanto a me, non di fronte ma proprio vicino a me. Sento il sangue che mi ribolle nelle vene e le guance che si colorano sempre di più. «Non sono una ragazzina! Ho un nome sai?» Gli mostro la linguaccia e cerco di allontanarmi da lui.
«E quale sarebbe?» Mi chiede guardandomi dritto negli occhi. Riesco a resistere per qualche secondo poi distolgo lo sguardo, imbarazzata di nuovo. «Krystal, Krystal Light.»
«Uh, la figlioletta del famoso Steven Light. Cosa fai da queste parti sola soletta?» Mi tocca il naso con la punta del dito. Senza volerlo, sussulto per il tocco. Non ci credo, mi ha toccata! "Ma che mi prende?" Mi chiedo osservandolo.
Porta degli occhiali da vista e gli da un aria cosi seria. I capelli sono corti ma non abbastanza da poterli afferrare con le mani. "Di nuovo? Che mi succede? Che cosa mi prende?" Indossa una t-shirt bianca che risalta i suoi muscoli, pantaloni neri a vita bassa e delle convers. Semplice abbigliamento ma che lo rendevano tremendamente sexy.
«Non sono la sua figlioletta! Non lo conosco quel uomo!» Gli dico con disprezzo, ricordandomi del mio sogno. Del fatto che mi picchiava e mi odiava dal profondo del cuore. «Bel caratterino ragazzina, e non solo..» Mi fece un occhiolino dopodiché si allontano.
Jonathan arrivo giusto dopo due minuti. Preoccupato e arrabbiato. Non voleva credere quando gli raccontai di Josh, di come mi aveva afferrato per il polso e di come continuava a insistere che mi ricordassi di lui.
«Sicura di voler restare da sola? Posso chiamare Sarah e digli che rimango con te.»
«Chi è Sarah?» Chiesi non conoscendo tale nome.
«Ah, si giusto. Sarah è mia moglie mentre Lucas è mio figlio.» Mi rispose prendendo una foto dal portafoglio. «Questi sono loro.» La foto raffigurava una donna, poco più che una ragazza. Capelli neri, occhi color circolata, tratti delicati. Anche il bambino che teneva in braccio gli assomigliava terribilmente.
«Compie due anni fra tre giorni. Ti verrò a prendere io, va bene?»
Quando Jonathan avviò il motore della macchina, guardai istintivamente fuori.
Stava lì, con la braccia incrociare sul petto e gli occhi fissi nella mia direzione. Mi guardava, mi osservava e mi sorrideva. Poi mi fece un occhiolino e di nuovo, senza rendermi conto, arrossi.
«J, conosci quel ragazzo?» Chiesi, ma quando ritornai a guardarlo, lui era scomparso. Non c'era più.
«Chi?»
«No, nessuno. Riportami a casa per favore!»

P.s: Scusate il ritardo..
Ringrazio mille tutti coloro che mi seguono e che mi abbiano lasciato le loro opinioni.. Un grazie enorme a tutti quelli che leggono e continueranno a farlo..^^
Spero che vi piaccia questo capitolo.. a presto..
Se vi va.. Lasciatemi le vostre opinioni..
Un bacione... Krystal

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Capitolo 6
*** Nuovi frammenti della memoria. ***


 

Sto sognando. Ne sono sicura, altrimenti come posso spiegare quello che sto osservando? Sono seduta sopra un tavolo con le gambe incrociate a guardare me stessa. Continuo a sorridere, non capita tutti i giorni di guardarsi giocare con delle bambole graziose. Avrò all'incirca sette anni, forse di meno.
Una bambola di vetro cade a terra e si rompe, solo i vestitini restano intatti. Vedo me stessa che la raccoglie con tenerezza, con gli occhi lucidi. «Mamma, mammina, mi sono fatta male.» Urla la piccola correndo verso una donna che si trova in fondo la stanza, non l'avevo notata prima. Sta seduta su una poltrona con dei fogli tra le mani e degli occhiali da vista sulla punta del naso. I capelli neri le ricadono leggeri sulle spalle, gli occhi nocciola che continuano a osservare il foglio senza mai degnare di uno sguardo la bambina. «Scusa tesoro, ma ora non ho tempo.»
Risponde lei, alzandosi bruscamente dalla poltrona e lasciando la bambina sola nella stanza.
«Mammina, fa tanto male.» Piange lei, accucciandosi contro la parete. «Ti prego mammina, non arrabbiarti.» Sussurra lei quando nella stanza entra un uomo con diversi fogli tra le mani.
«Sta succedendo tutto questo a causa tua! Tua e solo tua!» L'uomo ha la voce roca, dura e arrabbiata. Gli occhi ricolmi di rabbia, odio e disprezzo. Butta i fogli addosso la bambina e poi la prende per la mano, stringendola come se fosse un oggetto. «Papà, papà mi fai male. Mi fai male.» Si dimena lei, con il volto rigato dalle lacrime. «Perderò tutto questo a causa tua!» Alza la mano per picchiare la bambina, una povera e indifesa creatura, quando tutto diventa bianco.
Il silenzio è l'unica cosa che regna intorno a me, nessun colore, nessun profumo, niente di niente. «Che so..» Non finisco la frase che la musica m’investe i timpani, la gente che balla intorno a me, libera dai pensieri, e io, seduta sopra un divano osservo tre ragazzi. Per esattezza me, Jonathan e un'altro ragazzo.
«Forza Krys, mi sono stufato di vederti in queste condizioni! Vuoi alzare il culo e portarlo sulla pista o devo pensarci io?» Disse il ragazzo all'orecchio di lei, non so come ho fatto a sentire, vista la musica e la distanza che ci separava, ma ho sentito benissimo quelle parole che pronunciò al suo orecchio.
Ragazzo alla destra di le era Jonathan, lo riconobbi per i tratti del viso ma non riuscì a identificare il ragazzo che pronunciò quelle parole. «Tesoro, tu prova a toccarmi e ti troverai senza le mani.» Le rispose lei avvicinandosi al suo viso. Decisamente troppo vicino secondo me. «Allora muovi quel bel culetto che ti ritrovi.» Disse lui, mostrando un sorriso baciandole la fronte.
Poi di nuovo tutto cessa e il silenzio pervade con il bianco. Nell’esatto modo in cui sono cessati, i rumori tornano ma questa volta è diverso.
Sta piovendo e io sono in un cimitero, davanti una lapide, ma sono troppo presa a osservarmi per notare a chi appartiene quel luogo sacro. L'altra me, quella del sogno, è seduta a terra e sta piangendo. Sembra una bambina disperata ma che ormai non sente più nessun dolore. Avverto sulla mia pelle che non sento il freddo, non sento la pioggia che continua a bagnarmi i vestiti, non sento più nulla. Alzo gli occhi e leggo il nome stampato sulla lapide: Lucas Miller.
Una fitta di dolore si concentra nel mio petto, non riesco a respirare, la voce non mi esce ma un urlo disperato mi fa svegliare del sogno.
 
Rimasi a letto per tutta la mattinata, non avevo nessuna forza di alzarmi.
L'ultimo attimo dell'incubo continuava a rotearmi per il cervello, già vuoto dai suoi ricordi. E se anche quello fosse un frammento della mia memoria? Se fosse cosi, questo significherebbe che..
Grazie alla mia spacciata fortuna, quel pensiero mi finisce in fondo la testa mentre uno nuovo prende forma. Chi è che ha suonato al campanello?
Prima di aprire la porta controllo che non sia Josh, non vorrei trovarmelo addosso, non dopo che l'ho rifiutato e l'ho lasciato dentro quel ristorante. "Posso dire di averlo lasciato anche se non ho mai creduto di stare insieme a lui?" L'ultimo pensiero, accompagnato da un sorriso, prima di aprire la porta.
«Krys, ancora con il pigiama? Quando deciderai di perdere il vizio di dormire fino a tardi?» Mi chiede Jonathan spostandomi dalla porta ed entrando tranquillamente, quasi fosse casa sua. «Fai con comodo, mi raccomando!»
La ragazza che stava dietro a lui, mi sorride e tiene tesa la mano. «Sono Sarah, piacere Krystal.» Mi sorride di nuovo e stringe la mia mano. Mi sorprendo del fatto che la ragazza sulla soglia della mia porta, non mi domanda se la riconosco, se ho qualche ricordo di lei, strano, ma mi fa sorridere.
Giro la testa e guardo Jonathan che sta davanti al frigo a esaminarlo. Un strano ghigno mi esce dalle labbra, credo proprio che non troverà assolutamente niente lì dentro. «Sarah mi devi dieci euro e una cena a luce di candele. Ho vinto io!» Esulta lui avvicinandosi di nuovo alla ragazza e lasciandole un delicato bacio sulle labbra.
Io, all'ignaro di tutto, chiedo che stia succedendo ottenendo una semplice e diretta risposta: «Ho fatto una piccola scommessa che nel tuo frigo non ci fosse niente di commestibile e a quanto pare lei ha perso.» Mi informa Jonathan con un sorriso.
«Hai dieci minuti per cambiarti e uscire. Andiamo a mangiare fuori.»
Impiegai più o meno una decina di minuti per cambiarmi e uscire di casa. «Ti va di andare da Nick?» Mi chiede Sarah voltandosi nella mia direzione.
I suoi biondi capelli risaltavano gli occhi color nocciola. I tratti del suo viso erano delicati, quasi come quelli di suo marito. Strano, ma non riuscivo ancora a credere che Jonathan e lei si fossero sposati cosi in fretta. Che fretta avevano?
«Nessun problema per me.» Risposi e sorrisi accomodandomi all'interno della macchina, proprio accanto al seggiolino per i bambini. «E Lucas?» Chiesi a loro osservando la fotografia attaccata al finestrino di un bambino che sorrideva. «Oggi sta con i genitori di Jonathan.» Rispose Sarah regalandomi un altro dei suoi stupendi sorrisi. Non si stancava mai di sorridere? Era bellissima e quel colore degli occhi le illuminava il volto.
Bastarono pochissimi minuti per arrivare al ristorante, io ne avevo impiegato molti di più.
«Allora ragazze, se avrete bisogno di me, mi potrete chiamare. Sarah, tu fai la brava e tu..» Indicò me con il dito, strizzando gli occhi e sorridendomi «Tu vedi di svagarti un po’. Penso proprio che ti farà bene.»
«Cosa? Non vale! A me dici di fare la brava e a lei la cattiva? Che modi sono?» Si sfogò la ragazza urlando contro Jonathan che, divertito risponde: «Lei è finalmente libera da Josh, tu invece..» la prese per il mento e se lo portò vicino alle labbra. «sei mia moglie e madre di mio figlio.»
«Lo so amore» Rispose Sarah con un sorriso. Era strano, ma non mi imbarazzavo per niente, come se fosse una cosa del tutto normale. Mah.
Quante altre domande dovranno formarsi nel mio cervello prima che abbia almeno una risposta a una di loro?
«J non viene con noi?» Chiedo a Sarah una volta che scendemmo dalla macchina. Lei mi fa cenno di no con la testa e mi apre la porta del ristorante.
Prima di varcare la porta, mi giro intorno qualche volta, quasi volessi verificare che non ci fosse nessuno. Peccato, speravo che ci fosse il ragazzo dagli occhi verdi. Desideravo rivederlo di nuovo. Quegli occhi magnetici, le labbra carnose, le.. «Cerchi qualcuno?» Mi chiese Sarah spingendomi all'interno del ristorante.
«No, nessuno.» Le rispondo mettendomi l'anima in pace. Di lui nessuna traccia, non c'è, che peccato.
«Krys, Sarah. Ma che bello vedervi di nuovo insieme!» Esulta Nick uscendo dalla cucina e avvicinandosi a noi con un sorriso a trentadue denti. «Hai ragione Nick, non capita tutti i giorni di poter avere la mia compagnia.» Scherza Sarah dandosi delle arie. «Sempre a vantarti stai, quel periodo è passato e tu ora appartieni a noi.» Le risponde l'uomo baciandole la fronte. «Visto che tu non ricordi, devi sapere che questa bambina capricciosa è riuscita a entrare nel mondo della moda.» Mi informa Nick togliendo il menu dal tavolo.
«Si, ma solo per due mesi.»
«Come mai?» Chiedo incuriosita alla ragazza.
«Voi continuate a parlare, io intanto vi porto da mangiare. Sempre il solito, giusto?» Ci fa un occhiolino a entrambe, e poi si allontana. «Forza Krys, so che hai molte domande, quindi spara. Sono qui a tua completa disposizione.»
«Qualsiasi domanda?» Chiedo prima di incominciare un nuovo interrogatorio. Sarah mi fa cenno di si con la testa e io, con un sorriso parto dall'inizio.
«Dove e come ci siamo conosciute?»
«Frequentavamo entrambe il terzo anno di superiori ma sezioni diverse. Poi un giorno ti è venuta una strana voglia di restare a scuola più del dovuto, cosi entrasti a far parte del corso di musica visto che era unico che si svolgeva di pomeriggio. Fu li che ebbi la possibilità di conoscerti anche se all'inizio non ti sopportavo proprio.» Me lo disse in faccia senza peli sulla lingua. Mi piaceva, apprezzavo le persone che dicevano le cose come stavano senza giri di parole.
«Poi, per un favore o l'altro mi chiedesti di uscire con te. All'inizio pensai che fossi lesbica e cosi rifiutai senza pensarci due volte, ma il giorno dopo mi dovetti ricredere in quanto ti vidi sbaciucchiare un ragazzo in mezzo ai corridoi della scuola.»
«Davvero davo quella impressione?» Chiesi io interrompendo il suo discorso. Era divertente sentirla parlare. «No, ma io ti vedevo raramente, stavi quasi sempre per i fatti tuoi quindi non potevo saperlo.» Si giustificò lei guardandosi intorno.
«Dopo quello, siamo diventate amiche, anche se all'inizio pensavo che mi frequentassi per qualche tuo scopo diabolico o qualche vendetta. Cioè, a quel tempo eri la ragazza più conosciuta dell’intera scuola e non permettevi a nessuno di avvicinarti se non per qualche scopo. La maggior parte era per degli stupidi scherzi. Standoti sempre appiccicata addosso non passavo inosservata e questo mi procurò qualche guaio che poi tu sapevi sempre risolvere.» La fermai un attimo, mi ero perso sulle parole "la ragazza più conosciuta dell’intera scuola", questo significava forse che ero una di quelle ragazze che si divertivano?
«Non dirmi che ero una di quelle ragazze che la davane a tutti» Dissi quasi schifata. Lei si mise a ridere e fece di no con la testa. Fiuh, grazie al cielo, non avrei tollerato di sapere di essere stata una di quelle ragazzette da una botta e via.
«Eri una santa ma solo a scuola. Poi, diciamo che diventavi un angioletto con le corna.» Sgranai gli occhi per quella frase, cioè, che cosa voleva dire? «Andavi a ballare tutti i sabati dove ti divertivi a provocare i ragazzi più grandi, facevi rompere dei fidanzamenti e qualche volta ti svagavi a ballare accanto a qualche ragazzo poco raccomandabile.»
«Questa non sono io..» Dissi alzando le sopraciglia meravigliata da quella confessione.
«Mi dispiace, ma questa è solo la pura verità. Puoi chiedere a chiunque, anche a Nick. Credo che lui ti conosca ancora meglio.» 
«Buongiorno ragazze, ecco a voi le vostre ordinazioni.» Ci saluta un ragazzo. Aspetta, questa voce la conosco. Mi giro e mi trovo i suoi occhi addosso a me. Quasi istintivamente mi imbarazzo e sbasso gli occhi.
«Sarah è da tanto che non tornavi da queste parti.»
«Lucas ultimamente si ammala spesso quindi non posso assentarmi troppo.» Si giustifica lei sorridendogli poi guarda me e mi sorride. Avrà forse capito qualcosa? 
«Non sapevo la ragazzina fosse l'amica tua.» Mi regala un suo sorriso e mi spettina i capelli. «Non sono una ragazzina.» Gli rispondo risistemandomi i capelli.
«Krys lui è Blake, un aiutante di Nick» Mi informò lei mentre il ragazzo continuava si divertirsi a infastidirmi. «Blake, lei è Krystal. E smettila di darle fastidio, sei un bambino avvolte!» Lo rimprovera Sarah e lo vedo avvicinarsi a lei. La prende per le guance e glie le tira. Scoppio in una risata, non ci posso credere che questo ragazzo non abbia un ben che minimo gesto di ritegno. «Ragazzina guarda che qui non puoi ridere.» Ribadì lui severo. Sarah prese e gli pestò il piede, poi gli mostrò la linguaccia. «Torna a lavorare se non vuoi che richiami Nick.» Lo ammutolisce lei prima che dicesse la sua.
«Si signora!» Le sorrise e di nuovo, mi toccò i capelli.
«E' un bravo ragazzo. Aiuta Nick tutti i pomeriggi mentre la mattina si occupa di aggiustare qualche macchina. Credo che non sia nemmeno fidanzato.» Mi informa lei guardandomi arrossire dalla punta dei piedi fino alla punta dei capelli. «Non mi interessa.» Gli risposi sbassando gli occhi.
«Si, certo. Quasi, quasi lo invito al compleanno di Lucas.» La vedo alzarsi e dirigersi verso la cassa, dove il ragazzo è occupato a fare il conto a una coppietta di vecchietti. Mentre io sto seduta qui e sto morendo dalla vergogna.
Una foto attaccata alla finestra cattura parecchio la mia attenzione. La stacco e la osservo attentamente, è la stessa foto che avevo visto attaccata allo specchio nella casa dei miei genitori.
«Fatto e indovina un po’? Ha detto che non vede l'ora che sia domani!» Poi mi guarda, preoccupata osserva quella foto e chiude gli occhi. Vedo una piccola lacrima che gli attraversa la guancia e si ferma sulla soglia della bocca.
«Dov'è lui?» Chiedo senza specificare il nome. Ho perso tutte le mie forze, vedo le mie mani che tremano sempre di più. La mia voce viene rotta dal pianto. Sto ansimando, non ho l'aria e sto ancora aspettando la sua risposta. L'unica cosa che mi può salvare in quel momento ma niente. Nessuna risposta da parte sua.
L'ultima cosa che sento prima di chiudere gli occhi è la sua voce. La sua dolce voce che cerca di raggiungermi.
Poi di nuovo buio

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Capitolo 7
*** Ricordi di una vita passata ***


 
 
Sono in grado di rievocare a mente tutti i ricordi che riguardano il mio Lucas. Il mio primo amore che poi è divenuto il mio migliore amico. Ricordo di averlo conosciuto all’età di dieci anni, in uno dei parchi nazionali della città. Ero sola, come sempre del resto e fu in quel momento che un ragazzo dagli occhi viola, un colore bellissimo ma anche il più raro, si avvicinò a me e mi regalò il suo sorriso. «Le belle signorine come lei non dovrebbero essere sole.» Disse lui accarezzandomi la guancia. Fu amore a prima vista, ma solo per me purtroppo. Avevamo due anni di differenza e quando io cominciai le medie lui era già in terza. Anche da piccola avevo un certo fascino e la metà della scuola mi correva dietro, ma non lui, che si limitava ad essermi amico, il ragazzo che mi aiutava con i compiti, che sapeva come consolarmi e tirarmi su il morale. Era un vero amico e piano, con il tempo mi dimenticai della cotta e cominciai a vederlo come migliore amico con il quale potevo divertirmi tranquillamente, fare le sarate il sabato sera e non pensare più a nulla. Divenne come un fratello per me.
«Signorina Krystal, sicura di poter tornare a casa?» Mi domandò l’uomo con il camice bianco, io sussultai per paura. Non li sopportavo, e con la perdita della memoria, la paura di loro aumentò ancora di più e dopo la notte trascorsa in questo schifoso letto non ci tengo proprio a rimanere in minuto in più. I dottori mi avevano trattenuta per tutta la notte, si dovevano accertare che non succedesse di nuovo. Forse non lo volevano?
Dopo che Sarah era tornata al tavolo e dopo che una lacrima le rigò il volto, tutto mi tornò in mente. Tutto quello che riguardava Lucas ero in grado di ricordarlo. Momenti felici e momenti tristi, riuscivo a ricordare tutto anche se avrei preferito dimenticare l’ultimo istante della sua vita.
«Stare qui un giorno mi è bastato, sono più che sicura di potermi arrangiare. Grazie e arrivederci.» Li liquidai senza farmi troppi problemi. Un giorno sotto effetto di una flebo mi era più che bastato. Inoltre a questo, ogni lunedì mattina mi tocca tornare qui a fare delle visite. Che rottura..
Uscita dall'ospedale mi avviai immediatamente verso la fermata dei taxi, non volevo rischiare che i vecchi zoticoni avessero ripensato, rinchiudendomi di nuovo in quelle stanze bianche piene di aghi e altre schifezze. Certo, non avevo niente da ridire quando quelle schifezze mi aiutavano a guarire, ma in altre occasioni cercavo di evitarle.
Stavo per attraversare la strada quando venni fermata per il braccio da una ragazza. «Krystal, dove vai cosi di fretta?» Mi chiese lei con un sorriso sulle labbra. 
Osservandola, mi venne in mente il suo volto rigato dalle lacrime e senza rendermi conto cominciai a tremare. Il ricordo di Lucas tra le mie braccia venne di nuovo a farmi visita ma, non troppo a lungo. «Tesoro, sicura di star bene?» Mi chiese Sarah avvicinandosi piano, cercando di abbracciarmi. Mi lasciai andare e cominciai a piangere come una bambina. «Mi ricordo, mi sono ricordata di Lucas e tutto quello che ha fatto.» 
Le persone che ci passano affianco ci osservano come se fossimo due aliene. Che hanno da guardare? Non hanno mai visto una ragazza che piange?
«Sta tranquilla tesoro, andrà tutto bene.» Mi sussurra all'orecchio accarezzandomi i capelli.
Dopo alcuni momenti, mi sento meglio e cerco di rilassarmi ma non appena mi giro, trovo un paio di occhi azzurri, che mi osservano. Severi e duri. 
«Signor Light, che piacere vederla.» Lo saluta Sarah con un tono freddo. Mi sorprendo del suo cambiamento e la stessa cosa faccio anche io, cerco di assumere un tono freddo, distaccato. Provo a non pensare al fatto che quest'uomo continua a perseguitarmi durante i miei sogni, mentre mi picchia quando sono ancora piccola. Ma perchè? 
«Ho saputo che ieri sei svenuta, tutto bene?» Mi chiese senza degnare un saluto a Sarah, che poveretta aveva cercato di sembrare gentile. Perchè doveva avere un carattere cosi duro quest'uomo? Perchè non potevo avere un padre dolce e gentile?
«Sto bene. Grazie per l'interesse!» Gli risposi cercando di mettere più distanza tra me e lui ma ottenni tutt'altro risultato. «Smettila di comportarti da bambina. Sei adulta e quindi vedi da comportarti da tale!» Mi urlò addosso, portandosi la mano sui capelli.
«Non alzare la voce con me!» Gli urlai di rimando. Avevo davvero alzato la voce? Mi meravigliai di me stessa, come ci ero riuscita se avevo le gambe che continuavano a tremarmi? A rimanere sorpresa non fui l'unica, sia Sarah che Steven, perchè papà non lo avrei chiamato nemmeno fra dieci anni, mi guardarono stupiti. «Dovresti imparare a portare il rispetto signorina!» Si avvicinò ed alzò di nuovo la mano contro di me ma prima che mi provasse a sfiorare gli disse: «Vuoi picchiarmi cosi in pubblico? La tua bella immagine verrà sicuramente macchiata da questo fatto» Sputai quelle parole come se fosse un veleno pericoloso. Come si permetteva lui di farmi questo? Che cosa gli avevo portato via per farmi odiare cosi tanto? Che cosa possedevo che lui lo desiderava da arrivare fino al punto di odiare e picchiare la propria figlia? Che cosa? Volevo avere una risposta e non avrei atteso più di tanto. Ne ero più che sicura.
«Tutto bene ragazze?» Ci chiese un ragazzo con gli occhiali sulla punta del naso. Blake. Sorrisi involontariamente e mi persi nei suoi occhi. Di nuovo quello sguardo, capace di rapirmi e portarmi in un'altro mondo, completamente nuovo, completamente mio. "Perchè devi essere cosi bello?" Mi chiesi mentre continuo a osservarlo finché la voce dura di Steven non si intromise e rovinò tutto.
«Non sono affari che ti debbono riguardare ragazzino.» Parlò lui con la testa alta e con un ghigno maligno sulle labbra. Mi girai verso Blake, volevo osservarlo, vedere la sue reazione. Pensavo che si sarebbe sorpreso per il tono delle voce dell'uomo invece rimase composto, anche lui con un sorriso arrogante e prepotente. «E lei chi è per dirmi che cosa posso o non posso fare?»
«Blake, non intrometterti nelle questioni che non ti riguardano piuttosto, puoi darci un passaggio?» Fece Sarah con voce autoritaria. Quella ragazza continuava sempre di più a stupirmi.
«Certo, salite in macchina.» Fece lui aprendo la portiera del passeggero. Stavo per entrare quando la voce di Steven mi raggiunse quasi in un sussurro. 
«Krystal, ti posso parlare un attimo? In privato?» Mi chiese con voce calma. Rimasi per qualche istante a contemplare se fosse una buona idea quella di rimanere sola con lui, ma infondo cosa poteva farmi? Era pur sempre mio padre, oltre al fatto che fosse un uomo in carriera e di certo non avrebbe mai alzato le mani in pubblico. Questo era quello che pensavo. 
«Un minuto, non uno di più..» Dissi, allontanandomi insieme a lui, giusto il necessario che Blake e Sarah non sentissero nulla di quella conversazione. 
«Che cosa devi dirmi di cosi importante da non poter essere udito?» Gli chiesi mettendo un po’ più spazio tra noi due. Non mi fidavo di lui e finché non avrei recuperato la memoria, avrei continuato a dubitare di tutto quello che lui affermava. Dovevo anche accertarmi dei miei sogni, chi poteva assicurarmi che non fossero solo un brutto scherzo della mia mente?
«Lunedì mattina, potresti farti trovare a casa nostra? Avrei alcuni documenti da farti firmare.. Dovevi firmarli prima dell'incidente ma poi..»Parlò lui e per la prima volta non mi sentì in soggezione, non avevo quella paura che fino a pochi istanti prevaleva sul mio corpo. 
«Lunedì ho le visite dal dottore, non posso.» Gli risposi cercando di mostrarmi gentile, infondo anche lui l'aveva fatto.
«E martedì? Sei libera martedì?» Chiese quasi speranzoso. Che cosa c'era sotto? Stava cercando di mostrarsi gentile per creare un nuovo rapporto tra il padre e la figlia o stava architettando qualcosa di losco? 
Gli feci si con la testa e un sorriso strano gli illuminò il volto. «Perfetto, alle nove ti mando Jonathan a prenderti.» Mi salutò con la mano e spari nella folla. 
Ritornata alla macchina, Sarah mi tempesto di domande alle quali non avevo risposte, non leggevo il futuro e di conseguenza non sapevo che cosa volesse Steven da me. Certo l'ultimo sorriso che gli era comparso in volto mi sembrò strano, quasi come se avesse conquistato qualcosa. Mah, un altro mistero da risolvere come se non li avessi già abbastanza, per non parlare del fatto che la donna del sogno e la donna dell'ospedale non erano la stessa persona. Allora chi è mia madre tra loro due? Che cosa sta succedendo? Giuro che domani mi metterò al lavoro e scoprirò tutto quello che c'è da sapere, a costo di dover affrontare Steven. No, forse è meglio se a lui non disturbo, non si sa mai che mi prende di nuovo a sculacciate. "Perchè sto facendo tutti questi stupidi pensieri? Non si scherza su queste cose!" Mi ammonisco da sola. Stavo diventando pure pazza.
«Perfetto, allora l'accompagni tu! Ci vediamo alla festa!» Disse Sarah salutandoci.
No, aspetta.. Che cosa ha detto? Sgrano gli occhi e rimango senza parole. Sarò sola. Con lui. Che bello. 
Sorrido come una stupida e purtroppo il ragazzo dagli occhi più belli della terra, se ne accorge. «Perchè stai sorridendo ragazzina?» Mi chiede toccandomi i capelli. Istintivamente mi porto più indietro sul sedile. Perchè ho il cuore che va a mille? Se continuerà di questo passo sono sicura che uscirà dal petto e se ne andrà per i fatti suoi. 
«Niente. Mi chiedevo solo che cosa potevo regalare a Lucas. Dopo l'incidente, non sono in grado di ricordare e quindi non so nemmeno che aspetto abbia il piccolo Lucas.» 
Lucas, a pronunciare il suo nome, il ricordo di lui si fa vivo dentro di me. Eravamo alla stazione dei taxi, io, Sarah e lui. Stavamo aspettando una macchina e avevamo una certa fretta, Josh non doveva venir a sapere che io era uscita senza digli niente e quindi mi spinsi più al centro della strada per richiamare per l'ennesima volta un taxi finché una macchina bianca non perse..
«Abiti qui vero? Ti aspetto in macchina.» Questa volta è lui a interrompere i miei pensieri e di nuovo vengo salvata. Non voglio ricordare quel particolare, non voglio rivivere di nuovo quell'attimo. Ho paura e senza rendermi conto, con gli occhi umidi gli chiedo: «Ti andrebbe di salire?» 
Appena pronunciato tali parole mi rendo conto di cosa ho fatto. Come potevo essere stata cosi stupida? Penserà chissà che cosa e poi sicuramente rifiuterà. Perchè gli ho chiesto una cosa del genere?
«Ragazzina stai per caso dicendo che ci metterai delle ore a prepararti? Perchè se è cosi allora vado un attimo a casa anch'io e mi do una sistemata. Non posso di certo presentarmi cosi!» 
Sapevo che avrebbe rifiutato ma perchè mi sento cosi strana? Perchè tutto l'entusiasmo che avevo fino a qualche minuto prima è sparito? «Aspetto a te per andare a prendere un regalo o vado da solo?» Mi chiese prima che scendessi dalla macchina. Ah, è vero, devo prendere anche io un regalo per il piccoletto. «Se non ti dispiace, vorrei venire con te!»
«Perfetto. Quando ho fatto ti passo a prendere. A dopo ragazzina.» E con un piccolo occhiolino mi saluta, lasciandomi sola.
 
Mi ero fatta una doccia velocissima, pettinata i capelli e legati con un elegante fiocco bianco. Truccata leggermente, giusto il necessario per evidenziare il colore dei miei occhi. Ma adesso sorgeva il problema più grave. Cosa dovevo indossare? Era una festa per bambini e di certo non mi potevo presentare con un vestito corto, i pantaloni mi avrebbero fatto morire di caldo e le gonne? Non erano troppo corte?
Scelsi una maglietta bianca, con inserti oro a mezza manica e dei pantaloncini color panna. Mi vestì di fretta e mi guardai per l'ultima volta allo specchio. «Può andare.» Mi sorrise e mi avviai in cucina, quando bussarono alla porta. 
Aprì senza pensare, non l'avessi mai fatto! Josh, con un ghigno malefico sulle labbra mi squadrò da capo a piedi e poi disse: «Già ti vai a divertire? Non è un po’ troppo presto?» Fece lui prendendomi il mento fra le sue mani.
«Che cosa ci fai qui?» Gli chiesi liberandomi. Non le tolleravo su di me. «Sono tornato per riprendere le mie cose.» 
«Le valigie sono in sala, prendile e vattene via per favore.» Gli dissi cercando di mostrarmi gentile ma non appena entrò dentro la mia casa, mi prese per le mani e mi intrappolo al muro. Non riuscivo a muovermi in nessun modo. 
«Lasciami! Che cosa vuoi fare?» Cercai di liberarmi senza ottenere alcun risultato. Perchè tutte le sfortune dovevano capitare a me? «e perchè dovrei? Sai, ti è sempre piaciuto essere sottomessa.» Fece lui avvicinandosi al mio collo e baciandolo. I brividi mi percorsero tutta la schiena e la paura si fece sentire fin dentro le mie ossa. Perchè stava facendo tutto ciò? Come avevo potuto stare con un ragazzo del genere? «Lasciami! Non toccarmi..» Urlai ma lui mi prese per i capelli e mi tappo la bocca con la sua. Che schifo, sapeva di alcol e qualcos’altro, sembrava fumo. 
«Ai! Brutta puttana!» Mi urlò contro in quanto gli avevo morso il labbro. «Ti farò passare tutte le tue strane voglie!» Alzò di nuovo la voce, ma fortunatamente non dovetti rispondere o resistere di nuovo ai suoi ripudiati baci o carezze, perchè il mio principe azzurro era arrivato. 
Era entrato dentro casa come una furia e preso Josh per la maglia, trascinandolo fuori, lontano dal mio corpo, lontano da me. Lo vidi rientrare dopo alcuni minuti e buttare fuori dalla casa anche le sue valigie.
«Tutto bene piccola?» Sentì le sue parole, lontane, ma quando alzai la testa lo vidi accanto a me. Stava accovacciato e cercava di consolarmi, di proteggermi? Cercai di alzarmi ma non ce la fece, fu lui a salvarmi, di nuovo. Mi prese tra le braccia e mi portò nella stanza. Un vero disastro, il letto disfatto, vestiti sparsi per la stanza, asciugamano a terra e le scarpe ovunque si posassero gli occhi. «Certo che sei una tipa disordinata!» Fece lui posandomi a letto e distendendosi accanto a me. Perchè si comportava cosi nei miei confronti? Lo sentì che mi accarezzava la guancia e cercava di cullarmi contro il suo petto. «Sicura di star bene? Vuoi che ti accompagni in ospedale?»
«Assolutamente no!» Dissi decisamente con troppa foga alzandomi di scatto.
«La ragazzina disordinata odia l'ospedale, buono a sapersi..» fece lui ridendo, portandosi le mani alla pancia. Stava ridendo di me e anche di gusto. Riuscì a strappare un sorriso anche a me, era decisamente contagiosa.
«Non sono una ragazzina» Cercai di ribattere. 
Quando smise di ridere si avvicinò piano a me e mi accarezzo la guancia. «La prossima volta chiamami se c'è qualcosa che non va. Non voglio vederti mai più in questo stato, soprattutto con quello.» Fece lui regalandomi un sorriso mentre le mie guance si coloravano di un rosso intenso. Come riusciva a farmi tale effetto? Perchè con lui, il mio cuore andava in ebollizione? «Te la senti di andare al compleanno o vuoi rimanere a casa?» 
«Sto bene, non ti preoccupare.»
«Sicura?» I suoi occhi si erano incollati ai miei e non sembravano volersi separare. Avevo una voglia matta di sentire il suo profumo e ancora di più assaporare il sapore delle sue labbra. Chissà di che cosa sapevano? 
Sembrò che il tempo si fosse fermato quando sentì le sue mani posarsi sui miei fianchi, lo vidi avvicinarsi sempre di più, sempre più vicino alle mie labbra. Mi aveva letto nel pensiero? Perchè se fosse cosi impazzirei di vergogna. Un centimetro, ancora un centimetro e saprò di che cosa sanno le sue labbra peccato che questo bellissimo momento fu rovinato da un rumore insopportabile.
«Ei piccola, come mai mi hai chiamato? Tutto bene?» Rispose lui allontanandosi, uscendo dalla stanza. Chi era? Perchè improvvisamente sentì il mondo che mi crollava addosso? Chi era la "piccola" che l'aveva chiamato?
Chiusi la casa a chiave e mi avviai verso la mia macchina. Non volevo guardarlo in viso e sapevo che se sarei andata con lui in macchina sarei morta dalla vergogna e dall'imbarazzo. Non potevo, cosi pensai subito a una scusa, una che doveva funzionare assolutamente. 
«Scusa Blake, ma mi ha chiamato un'amica e m'ha chiesto di passare un'attimo da lei, ha bisogno di me. Ti dispiace se ci vediamo direttamente alla festa?» Gli dissi quando lo vidi avvicinarsi a me. Non volevo cadere nella sua trappola, non dovevo illudermi. «E il regalo?» Mi chiese lui confuso. 
«Ho già pensato anche a quello. Ci vediamo dopo.» Gli mostrai un sorriso tirato, cercando di non pensare che forse Sarah si era sbagliata. Lui era fidanzato. Punto e basta e io dovevo scordarmelo.

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Capitolo 8
*** Su di giri.. ***


 
Sono le nove di sera, mentre io continuo a girovagare per le vie di Londra. Cosa diavolo mi è saltato in testa rifiutando il suo passaggio? Strano, ma questa volta avevo la risposta giusta. Si, ero decisamente troppo testarda e orgogliosa per ammettere che mi ero sentita presa in giro nel momento in cui rispose al telefono, con quel tono decisamente troppo dolce.
“Stupida Krys, ti sei solo illusa!” Dissi al mio riflesso nello specchietto retrovisore.
Dopo che lo avevo salutato in maniera frettolosa, mi ero avviata alla collina, dove Jonathan mi aveva portano non appena fui dimessa dall’ospedale. Il quel luogo, fuori dal comune l’aria era fresca e pulita, niente a che vedere con il centro. Ero rimasta a contemplare il cielo azzurro per circa un ora, finché non mi resi conto che era tardi. Di corsa, mi ero diretta nel primo supermercato aperto e cercai un regalo adatto al piccoletto. Non mi potevo presentare a mani vuote, questo era certo.
Poi, quando finalmente avevo finito, la sfiga decise di dare il suo contributo, come se non bastasse una bambina mi venne addosso, rovesciandomi delle patatine unte sulla maglia. Cosi dovetti ritornare pure a casa a cambiarmi, in quanto avevo finito tutti i soldi che possedevo, a proposito, avrei dovuto chiedere a Sarah come facevo andare avanti a fine mese. Le bollette, la casa, da mangiare, chi pagava tutto questo?
«Finalmente!» Esultai quando vidi dei palloncini colorati, fuori nel cortile. Parcheggiai poco più avanti e prima di avviarmi mi diedi una veloce occhiata al riflesso del vetro. Tenevo i capelli sciolti, lasciati liberi sulle spalle scoperte. Un vestitino a fascia, blu, mi copriva il corpo e poi una collana a forma di chiave appesa al collo.
«Speriamo bene..» Feci io, avviandomi verso l’entrata quando una voce mi fece sobbalzare dalla paura. «Adesso, parli anche da sola?» Mi chiese Blake con una sigaretta fra le labbra e un sorriso malizioso. “Non guardarlo negli occhi e andrà tutto bene” continuavo a ripetermi la stessa frase nella testa. Non dovevo cedere, non potevo.
Va bene che era un bel ragazzo, sicuramente desiderato da tante donne, ma io avevo da proteggere il mio orgoglio e dopo l’umiliazione subita nella mia stanza da letto, non avrei più ceduto cosi facilmente. Chi si credeva di essere? 
«Sempre meglio che parlare con te.» Risposi fredda soffermandomi al suo abbigliamento, non lo avevo notato quando era venuto a prendermi. Indossava dei jeans neri, attillati al punto giusto, che permettevano una visione divina del suo bellissimo di dietro. Un camicia bianca, con i primi tre bottoni sbottonati. “Se rimango per altri due minuti qui fuori sono sicura che svengo” Sorrisi al pensiero.
«Come mai hai impiegato cosi tanto tempo? Ti sei persa per strada?» Chiese divertito, scrutando il mio abbigliamento che a quanto sembrava, gli piaceva.
«Mi potresti aiutare?» Chiesi fredda, indicando il pacco da regalo, un po’ pesantino per me. Avevo scelto una macchinina su quale, il piccoletto si sarebbe divertito a camminare per la casa, sempre se i suoi genitori glie lo avrebbero permesso. Un altro sorriso mi spuntò sulle labbra.
«E comunque, si, mi ero persa. Da quando mi sono svegliata dal coma, non sono mai stata da questa parti.» Risposi alla sua domanda, entrando dentro casa, dove Sarah mi accolse fra le sue calde braccia.
«Dopo pretendo delle spiegazioni su Blake..» Mi sussurrò all’orecchio facendomi un occhiolino. «Vieni ti presento il festeggiato.» Aggiunse in seguito, trascinandomi da qualche parte nella casa.
Le pareti della sala sono di un colore particolare, quasi sfumati che vanno dal giallo per finire sul grigio. Diversi mobili sono posti in fondo la stanza, un tavolo al centro e diverse foto attaccate al muro. Alcuni invitati si erano accomodati sul divano, altri stavano in piedi a giocare con i propri figli, sembrava un asilo per i bambini.
Come casa non era grande, però mi sento al sicuro qui dentro. Poi, all’improvviso mi venne addosso un bambino e con un sorriso mi sciogli il cuore. E’ bellissimo, in fondo tutti i bambini lo sono. Ha gli occhi verdi con le sfumature grigie e delle guance un po’ cicciottelle. Che carino e istintivamente lo presi in braccio, incurante dello sguardo di Sarah e Jonathan. Che poi perché mi guardavano?
«Kystal, il legalo» Disse piano, mostrandomi gli occhietti dolci. Mi misi a ridere, la sua faccetta buffa mi aveva sciolto il cuore e con esso anche il corpo. Dimenticai tutti i problemi che avevo nella testa, dimenticai di non ricordare nulla del mio passato, dimenticai di avere gli occhi di Blake addosso, tutto intorno a me era scomparso. Come è riuscito questo piccoletto a farmi tale effetto?
«Sei un piccolo marmocchio Lucas!» Dissi senza riflettere e solo poi, quando Sarah mi chiese come facevo a sapere che era lui mi accorsi di quello che avevo detto. «Non lo so, ma in qualche modo sentivo che fosse cosi.» Gli mostrai un sorriso e diedi un bacetto sulla guancia del piccolo, che mi strinse in un abbraccio tenero.
«Il regalo eccolo qua!» Annunciò Blake mostrando il pacco. Il piccoletto andò subito a scartarlo, con gli occhi felici. «Kystal. Glazie mille.»
Il resto della serata proseguì tranquillamente, Sarah era sempre in cucina a preparare diversi piatti per gli ospiti, Jonathan era intento a giocare con i bambini, mentre io, mi ero isolata. Era uscita fuori a prendere un po’ di aria fresca e Blake mi aveva seguito. Perché?
«Ti stai annoiando?» Mi chiese mettendosi seduto sul gradino e accendendosi una sigaretta fra le labbra.
«No.» Risposi secca e distaccata.
 «Sei arrabbiata con me?»
«No, perché dovrei esserlo!»
«Ok, ho capito, sei arrabbiata con me. Perché?» Continuò lui.
«Non sono arrabbiata quindi mi potresti lasciare sola? Per favore..» Gli mostrai un sorriso forzato. Non avevo ancora mandato giù la storia del bacio rubato che poi non ero neanche tanto sicura che quello si potesse chiamare in tal modo. Non so perché, ma avevo una strana voglia di toccagli i capelli, sentire il suo profumo, assaporare quelle labbra rosee e toccare i suoi addominali. “Smettila Krys!” Mi rimproverai mentalmente.
 «Venite dentro voi due, Lucas sta per spegnere le candeline.» Ci informò Jonathan entusiasta con una macchinetta fotografica fra le mani. «Già che ci siete..» e senza neanche un preavviso ci fece una foto.
La torta fu servita da lì a poco, con tanta crema e biscotti. Davvero buona.
«Porto Lucas a dormire. Vieni con me Krys.» Mi chiamò Sarah nella stanza da letto, dove in un angolo c’era una culla azzurra e in mezzo un letto matrimoniale. Poi una parete occupata da un armadio bianco con tante manate colorate di Lucas.
«Buona notte tesoro mio.» Fece lei accarezzando la guancia del piccoletto e solo quando fu sicura che si era addormentato aprì l’armadio e tirò fuori una valigetta bianca.  «Prima dell'incidente, ci siamo viste il sabato, che tu avevi bisogno di un favore. Mi chiedesti di custodirla finché non fossi stata tu a chiedermela indietro. Ma visto la situazione..» Sussurrò piano, in modo da non disturbare suo figlio.
«Che cosa c'è dentro?» Chiesi quasi spaventata.
«Ci sta il tuo computer e vari fascicoli, non so nient'altro. Mi dicevi che erano importanti e che non dovevano finire in mani sbagliate.» Si  mise seduta sul letto con gli occhi tristi.
«Blake mi ha detto che ha visto Josh mentre ti stava per picchiare.» Disse tutto d'un fiato. Io mossi solo la testa, come per confermare quella verità.
«Non tornerà più, l’occhio nero e qualche costola inclinata che gli ha procurato Blake lo terrà lontano da te per un po’ di tempo.»
«Cosa?» Chiesi confusa.
«Non hai sentito niente?» Aggrottò la fronte e continuò: «Appena fuori, Josh ha cominciato a dare di matto, affermando che tu eri sua e cose del genere e quando Blake gli ha detto che tu lo avevi dimenticato e che non t’importava nulla di lui, ha cominciato a offenderti e se la prese con il primo che gli capitò a tiro. In quel caso c’era solo lui. Blake si giustificò affermando che fosse Josh quello che ha iniziato a combattere e che non poteva non rispondere ai colpi.» Spiegò Sarah in poche parole.
Blake mi aveva difeso.
«Sarah, Krys, venite che gli ospiti se ne stanno andando via.»
La casa si svuotò in fretta e anch’io decisi di levare le tende, peccato che qualcuno non me lo permise. «Tesoro, la nostra serata deve ancora cominciare, dove credi di andare?» Sbucò Sarah dal nulla, completamente cambiata. Indossava un corto vestito nero che le aderiva bene ai fianchi. Tacchi vertiginosi e un filo di trucco. Niente di esagerato ma comunque bella.
«Dopo le serate del genere andavamo sempre a ballare, e tu, cara mia, questa volta sei dei nostri.» Mi fece Sarah aprendo la porta dell’entrata.
«Tesoro, sei stupenda.» Le disse una donna su una cinquantina d’anni. «Grazie mamma. Guarda chi ci è venuto a trovare!»
«Krystal, bellissima. Come stai? Ho saputo dell’incidente, stai bene?»
«Frena mamma, non vedi che sta bene?.. Krystal lei è mia madre, Luxy.» Rispose la ragazza anticipando anche i miei pensieri. In effetti la donna le assomigliava un po’, ma solo nel colore dei capelli e la forma del viso il resto credo che avesse preso dal padre.
«Salve.» Feci un sorriso e guardai Sarah confusa. «Abita qui vicino e quando andiamo a ballare, è lei che si prende cura di Lucas. La mia mamma è la migliore del mondo!» L’abbraccio tenera.
«Ruffiana..» Interruppe Jonathan il loro momento. «Antipatico» Gli rispose la mogliettina.
«Andiamo?» Chiese Blake entrando nel mio campo visivo, veniva anche lui?
«Si ecco.. Allora mamma, chiamami se ci sta qualche problema e non farmi i scherzi!»
Usciti di casa ci avviammo alle macchine, peccato che io non sapevo che fare, con chi dovevo andare? 
«Tu vai con Blake, dopo ti accompagna anche a casa e la macchina te la riporto domani.» Mi informò Jonathan con un strano sorriso sulle labbra. Non era da Blake, non disse niente, non si oppose nemmeno quando, Jonathan, gentilmente mi aveva informato che mi avesse riportato a casa.
«Scusate la domanda, ma voi due non siete troppo vecchi per andare a ballare?» Gli chiesi sorridendo, la mia domanda aveva con un secondo fine e speravo solo che ci cascasse.
« Non è che, perchè siamo sposati non sappiamo più cosa significa divertirsi.» Fece Jonathan prendendo Sarah per i fianchi e posandole un delicato bacio sulle labbra. Che carini. «e poi vecchia sarai tu befana!» Mi rispose Sarah mostrandomi la linguaccia.
«Noi due abbiamo solo cinque anni di differenza.» Mi disse Jonathan gentile «mentre con lei, due» indicò Sarah che continuava a toccargli il sedere. Ma che modi sono?
«Aspetta ma non avevi detto che ci siamo conosciute in superiori noi due?» Chiesi ulteriormente confusa. «Si, ci siamo conosciute quando frequentavo i corsi di musica di pomeriggio mentre la mattina aiutavo i professori con i compiti.»
«Svelato il mistero.»
«Sai, non ho mai saputo quanti anni avessi, Blake. Forza, spara.» Fece Sarah facendomi un occhiolino. Aveva capito che cosa volevo ottenere con quella domanda, furba la ragazza.
«Ventitre il prossimo mese. Ma adesso basta parlare, andiamo che se no facciamo pure tardi.»
«Aspetta, posso posare questa nel tuo bagaglio?» Gli chiesi prima di salire in macchina. «Si, faccio io dai.» Prese la valigetta e la nascose dietro.
«Ci vediamo nel locale di Movida. Non fateci aspettare tanto.» Scherzò lui e partimmo a tutta velocità
«Da quand’è che vi conoscete?» Gli chiesi un po’ imbarazzata.
«Da circa due mesi, quando ho cominciato a lavorare da Nick.» Rispose con facilità.
«Noi due invece, ci conoscevamo prima del mio incidente?»
«No.» Mi rispose dopo qualche istante di esitazione. Perché?
«Ti avevo vista al massimo due volte da Nick da quando cominciai a lavorare.» Aggiunse poi accendendo la musica, si vedeva che non aveva la voglia di parlare.
Per il resto del tragitto, entrambi rimanemmo in silenzio, lui assorto da chissà quale pensiero mentre io contemplavo sul contenuto della valigetta e sulle sue mani che si muovevano sicure sul volante. Chissà se era cosi sicuro e bravo anche a toccare una donna.. “Oddio Krys, sembri una ragazzina in piena tempesta ormonale”. Ma cosa potevo farci? Si, ero stata stupida ad essermi fissata con lui. Non dovevo e questa sera l'avrei tolto dalla testa.
 
Musica, alcool e ancora musica. Ecco, l’unica cosa che ho nella testa è la musica, nient'altro.
Mi sentivo finalmente libera, spensierata e anche accaldata. Si, dopotutto anche io sono una ragazza con gli ormoni in subbuglio e con la testa vuota che mi ritrovo, fantastico su ogni ragazzo che mi passava accanto o si ferma a ballare con me.
Di Blake non c'era nemmeno l'ombra, meglio cosi. Sarah e Jonathan si sono infrattati da qualche parte e non ho la più pallida idea di dove siano.
Ho bevuto qualche bicchierino di troppo, lo confesso. Ho la testa che mi gira e il corpo che parla per sé. Affianco a me c'è un ragazzo, forse ha una ventina d'anni, che mi si sta letteralmente mangiando con gli occhi mentre con le mani continua a tastarmi il culo e ogni tanto da qualche palpatina al seno.
Poi, quando la musica cambia, sento che mi chiede di uscire fuori dal locale, di prendere un po’ d’aria fresca. Che male c’è? Infondo che conseguenze ci possono essere per una single, senza memoria, senza una meta e completamente ubriaca.  
«Ragazzina credo che sia l'ora di tornare a casa! Mi sono stufato di aspettare e guardarti mentre ti diverti» Mi ferma Blake per il braccio prima che posso varcare l'uscita. Sembra incazzato, infuriato per qualcosa. «Senti mio caro! Non rompermi! Va a fare la predica alla ragazza tua!» Sputai le parole fuori senza neanche rendermi conto. Ecco perchè amo l'alcool, mi permette di parlare con lui senza vergognarmi, senza pentirmi di qualcosa.
«Ascoltami bene ragazzina! Non sei più un’adolescente quindi vedi di comportarti da adulta, cosa credi di combinare comportandoti in questo modo?»
Non gli diedi nessuna risposta ma non gli permisi neanche di rimproverarmi di nuovo che scappai fuori riprendendo il contato visivo con il ragazzo sconosciuto. Era appoggiato al muro, e si stava mordendo le labbra. Adoro quando un ragazzo si morde le labbra, segno che gli interesso.   
«Finalmente bambolina.» Mi disse lui avvicinandosi a me, toccandomi i fianchi, non fece in tempo ad avvicinarsi alle mie labbra che si ritrovò scaraventato a terra.
«Lu..» Appena vedo lo sconosciuto a terra, la testa mi riporta al ricordo di Lucas. Perchè? Almeno questa sera non volevo soffrire.
Le mie guance si bagnano mentre un singhiozzo si impadronisce del mio corpo. Continuò a ripercorre con la mente gli ultimi istanti della sua vita. «Mi dispiace..» Continuo a sussurrare al vento, mentre mi accuccio contro il muro.
Ovunque guardi, ho nella testa la macchina bianca che sta perdendo il controllo e mi viene addosso e lui che mi scansa. Poi, le mie mani che si tingono di rosso, del suo sangue.
 
«Shh, va tutto bene piccola.» Sento che mi accarezza la testa e che mi bacia i capelli e ciò mi basta a riportarmi alla realtà, mi basta per sotterrare il ricordo che continua a distruggermi.
In macchina rimango in silenzio, a osservare la luna che ha deciso di uscire dalle nuvole. Perché è cosi bella la luna? Sto decisamente fuori, ho la testa pesante e ho una terribile voglia di baciarlo.
Quando arriviamo sotto casa mia, mi viene ad aprire la portiera e mi prende in braccio. Un vero principe azzurro. Sorrido e annuso il suo profumo. Buono.
«Dove hai messo le chiavi?» Mi chiede lui notando che non ho nessuna borsetta con me. Alzo la mano e mi stacco la collana dal collo e glie la passo. Chi è stato questo genio che ha personalizzato la mia chiave di casa?
«Perchè ti comporti in questo modo?» Sento la sua voce accanto al mio orecchio e le sue braccia che mi circondano la vita.
Ho paura di rispondere, non voglio che si allontani da me, non voglio rimanere di nuovo sola.
«Perchè sono sola. Mi sento sola.» Sussurro al suo orecchio procurandogli dei brividi o forse è qualcos’altro?
«Allora, mi vuoi dire perché sei arrabbiata con me?» Mi chiede furbo avvicinandosi al mio viso. «Perché mi hai mentito.» Rispondo cercando di spostarmi ma, lui non me lo permette.
«Quando?» Chiede confuso e con un sorriso si avvicina ulteriormente alle mie labbra. Sento il suo alito fresco che mi accarezza la pelle.
«Devi andare via, sono ubriaca a ti potrei fare qualcosa di cui dopo ti pentiresti.» Tirai fuori tutto il coraggio e gli dissi quello che pensavo. E’ vero, sono ubriaca e a malapena mi reggo in piedi, ho una voglia tremenda di accarezzarlo e magari anche baciarlo ma il pensiero che lui abbia una ragazza mi frena. Ma non so per quanto resisterò ancora.
 «E se io non volessi andarmene?» Mi chiede lui mentre io continuai a dimenarmi, cercando di sfuggire alla sua trappola.
«se io ti volessi?» Chiese lui intrappolandomi al muro con me in mezzo alle sue braccia. Qualche ora fa ero nella stessa situazione con Josh, ma c’era una bella differenza che con lui avevo paura, mentre ora, mi sento protetta ma, sento anche un forte dolore alla testa.
Mi sorpresi quando sentì chela sua mano si appoggiava delicatamente sulla mia schiena scoperta dal vestito, facendo si che mi aderisse meglio al corpo.
«Questa volta non mi scappi..»Soffiò quasi impercettibile sul mio collo e con un sorriso beffardo aggiunse: «e so bene che anche tu lo vuoi..»
Con l’altra mano si avvicinò pericolosamente verso il mio fondoschiena, peccato che prima che me ne potessi accorgere, avevo già la sua bocca incollata alla mia. Le sue dolci labbra che assaggiavano la mia pelle.
Ero ubriaca, senza memoria del passato, testarda, orgogliosa e anche un po’ menefreghista allora perché m’importava cosi tanto delle conseguenze che questa notte avrebbe portato?
Il tempo sembrò fermarsi nella mia testa, peccato che nella realtà erano già passati secondi, avvertivo la sua lingua nella mia bocca che giocava con la mia. Mi veniva cosi naturale baciarlo.
Misi le mani nei suoi capelli e li accarezzai dolcemente, dopo che lui mi alzò di peso e mi poso sul letto disfatto.

P.S: Eccomi di nuovo qua.. le cose si stanno facendo sempre più interessanti.. Che ne dite di questo nuovo capitolo?? Un bacione a tutti.. Krystal

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Capitolo 9
*** Dylan James Harbert ***


 



«In che lingua vuoi che ti spieghi il concetto che stamattina non c’era nessuno nel mio letto?» Chiesi a voce alta.
Mi ero svegliata tardi, con la testa dolorante e senza nessun ricordo della notte precedente. Ma quanto diavolo avevo bevuto?
«E dai, a me puoi dirlo. Lo sai che non dirò niente a nessuno..» Mi chiese di nuovo Sarah, continuava con questa storia da almeno un’ora. Insisteva di avermi visto con un ragazzo fuori dal locale ma che purtroppo, io non ho la minima idea di chi si tratta.
«Sei una vera guastafeste, peggio di Lucas!»
Ecco, di nuovo il suo nome, di nuovo una fitta di dolore che si concentra nel mio petto. Ora che ricordo il motivo della sua morte, ogni qualvolta che sento pronunciare il suo nome mi sento male, mi manca l’aria nei polmoni e la testa mi gira. Proprio come adesso. Ho bisogno di distrarmi, ho bisogno di dimenticare. Di nuovo.
«Krys, ci sei?» Urla Sarah dall’altra capo del telefono. Sono nella mia vasca a godermi un lungo bagno con tanto di sapone e bollicine.
«Si, sto bene. Alle tre pensavo di andare all’università. Prima o poi dovrò pur terminare gli esami che mi mancano.» Cerco di cambiare discorso, di staccarmi da quella crudele realtà.
«All'università? In piena estate?» 
«A quanto pare ci sta un professore che dà la sua disponibilità durante le vacanze per colmare alcune lacune dei suoi alunni, figo no?» Risposi sciacquandomi i capelli.
«Capito, in bocca al lupo allora. Ha detto Lucas di dirti che ti vuole tanto bene e che gli piace il tuo regalo.» Mi riferisce lei il messaggio del piccolo marmocchio. Sento le sue risate che si diffondono per la stanza.
«Ti pareva che non stava fermo! Devo andare, ci sentiamo dopo. Ciao Krys.» Mi saluta di fretta, riattaccando la chiamata.
«Ciao anche a te..» Non finisco la frase che sento il “tu..tu..tu” del cellulare. Sorrido e poi osservo le mie mani. "Sono due ore che sto nella vasca, forse è arrivata l'ora di uscire".
A mezzogiorno, quando mi svegliai nel lettone, ero sola e di Blake nessuna traccia, non c'era lui che vegliava su di me, che poi non so neanche per quale motivo quel pensiero mi tormentò a lungo. Forse perchè avevo addosso un strano profumo che non mi apparteneva ma mi era famigliare.
In sala invece, sopra il divano trovai la valigetta bianca, dove all'interno c'erano diversi fogli. Tutti scritti a mano. Chiunque fosse l'autore aveva una calligrafia orribile, non riuscivo a capire neanche una parola di quello che c'era scritto.
In un'altra tasca trovai un computer portatile ma poi lo posai via, non conoscevo la password e forse era meglio che non ci mettevo le mani.
Indossavo una semplice canottiera gialla, dei pantaloncini fino al ginocchio e delle scarpe da ginnastica e nonostante fossi abbastanza scoperta, continuavo a morire di caldo. La macchina stava ancora da Sarah e di conseguenza, ho dovuto prendere un tram per arrivare all'università.
Mi aspettavo che quando sarei entrata nell'aula qualcuno mi venisse ad abbracciare, a chiedere come stavo, invece:  «Ma quale onore, Krystal Light ha deciso di scendere fra noi semplici comuni mortali.» Disse qualcuno, una ragazza nascosta fra i suoi compagni. Una sonora risata si diffuse nell’aula.  «Silenzio!» Urlò qualcuno dietro alle mie spalle, una voce possente, dura ma anche cristallina alle mie orecchie.
«Krystal, ho saputo del tuo incidente. Mi dispiace.» Continuò lui avvicinandosi sempre di più a me.
Oddio, ma devo conoscere sempre la gente fuori dal comune? Gli occhi grigi come il cielo in tempesta, continuavano a scrutarmi. I suoi candidi e morbidi capelli di un biondo cenere incorniciavano un viso dai tratti marcati e terribilmente maschili. Il suo corpo sembrava uscito da un pezzo di marmo e di certo l’età non era un suo nemico visto che lo rendeva tremendamente sexy. Quanti anni avrà? Trenta?
«Grazie, ma non è morto nessuno.» Gli rispondo cercando di non mostrare il mio interesse per il suo corpo. Ma che diavolo ho in testa?
Un mezzo sorriso spuntò sugli angoli della bocca del professore. Ma perché mi devo soffermare cosi tanto sull’aspetto fisico? “Basta Krys, ti pare che lui non sia fidanzato?” Ecco, di nuovo il ricordo di Blake che risponde al cellulare e saluta la sua fidanzatina si fa largo tra i miei pensieri, perché sono rimasta cosi male? Dovevo aspettarmelo no? È pur sempre un bel ragazzo e di certo uno come lui non è single.
Gli stupidi pensieri vengono interrotti dalla domanda del professore che mi chiede:  «Sto per iniziare il corso, che ne dice di unirti a noi?»
Le tre ore successive passarono in fretta, forse anche troppo. Ogni tanto il professor Harbert si fermava e faceva delle domande in giro, alle quali, stranamente avevo delle risposte. Era una sensazione insolita, avevo le soluzioni senza conoscerle realmente, come se mio cervello rievocasse alcune pagine dei libri per i fatti suoi.
«Alla prossima settimana professore.» Lo salutò una ragazza bionda con le tette in bella mostra. Oddio, da quando è che all’università accettano delle oche?
«Allora Krys, non è da te partecipare alle mie lezioni estive. Come mai cambiato il pensiero?» Mi chiese il professore, una volta che tutta la classe spari dietro la porta. Eravamo rimasti solo noi due, soli.
«Non so cosa sia da me visto che non ricordo niente.» Risposi sicura di me stessa, non potevo mostrarmi debole in un momento del genere e poi avevo bisogno d’aiuto per capire alcune cose, e lui faceva al mio caso.
«Hai bisogno d’aiuto?» Mi chiese lui posandosi alla cattedra con le mani incrociate al petto. M’aveva letto nel pensiero?
«In effetti hai ragione. Ho bisogno di qualcuno che mi spieghi alcune cose riguardanti questi fascicoli.» Alzo la mano e gli mostro la cartellina bianca.
«Ci sto solo se mi accompagni a mangiare, sono ben dieci ore che non tocco il cibo e il mio stomaco non ne può più.» Propose lui con un altro sorriso, posando l’ultime cose nella sua borsa e avviandosi verso l’uscita.
Mangiare fuori? E adesso? Dopo il compleanno del piccolo Lucas, sono rimasta al verde e di certo non posso chiedergli di pagare per me. Spero solo che Sarah si sbrighi a chiamarmi, mi ha promesso che avrebbe risolto lei questo problema, chissà di che cosa si tratta.
«In onore dei vecchi tempo ti posso portare a cena fuori?» Chiese lui notando che ero immobile. Si sarà accorto che sono un po’ imbarazzata e anche senza soldi?
«Certo, grazie.» Rispondo avviandomi insieme a lui alla sua macchina. Un BMW nera, almeno credo che la marca sia questa.
In macchina gli racconto che cosa è successo dopo l’incidente, del fatto che ho perso la memoria e che non lo conosco. Si mise pure a ridere quando gli chiesi il nome, che vergogna.
Io non conoscevo lui ma a quanto sembrava lui conosceva me e piuttosto bene anche.
«Non so perché ma credo che tu ti stia facendo dei film mentali su come ci siamo conosciuti.» Disse poi svoltando in una stradina secondaria, ma dove mi sta portando?
«Più o meno.»
«Ti faccio un piccolo riassunto della nostra conoscenza allora.» Cavoli, allora esistevano le persone che mi capivano e non mi chiedeva se li ricordavo.
«Conoscevo Lucas..» Fece una piccola pausa, prese un bel respiro e poi continuò: «Ci ha fatto conoscere lui. Tu avevi bisogno di una casa per distaccarti dalla tua quotidianità e io di qualcuno che mi aiutasse a pagare l’affitto della casa visti i costi alti dei miei studi all’università di economia e commercio. Cosi, senza nessun preavviso ti sei trasferita nella mia casetta, che poi, visto che io stavo sempre fuori, eri diventata tu la padrona. Mi ricordo che per colpa tua dovevo tenere i miei vestiti sulla poltrona che tu occupavi sempre tutto l’armadio.» Sorrise in ricordo dei vecchi tempi. «Poi mi sono diplomato e ho ottenuto la cattedra in una cittadina fuori da Londra. Tu acquistasti la mia casa e non ci vedemmo fino a quando non compiesti diciotto anni. Ma oramai ero arrivato in ritardo.»
«In ritardo per cosa?» Chiesi io confusa. Ma era mai possibile che dovevo chiedere pure spiegazioni sul mio passato? Tutti lo conoscevano a parte me, questa cosa non mi sta assolutamente bene!
«In ritardo per chiederti scusa e riconquistarti.» Sorrise mentre io rimasi senza parole.
«Mi dispiace dirti queste cose adesso che hai perso la memoria, quindi puoi anche non credermi. Ma credo che la verità sia sempre la via giusta per risolvere tutti i problemi.» Fece lui parcheggiando la macchina.
«Siamo arrivati. Questo posto era il tuo preferito dopo il ristorante di Nick.»
“Devi dire qualcosa, non puoi restare in silenzio” mi sussurra la mia coscienza che ultimamente mi parla un po’ troppo. «Hai ragione, non ricordo niente ma apprezzo il fatto che tu sia gentile con me.»
«Signor Harbert, ma quale piacere rivederla qui dopo tanto tempo e vedo che anche la signorina Light ha finalmente deciso di rifarsi viva in questo vecchio posto.» Ci accolse a braccia aperte una vecchia signora con il grembiule sui fianchi. «Il piacere è mio. È rimasto sempre il mio posto preferito» Rispose lui abbracciandola.
«Krys, lei è Susan. Venivamo a mangiare spesso qui, quando stavamo insieme.» Mi informò lui. Quando stavamo insieme? Che cosa?
«Ho saputo dall’incidente dalla tv. Ci hai fatto preoccupare un bel po’ signorina.» Fece la signora facendoci accomodare in una sala. Eravamo completamente soli, di nuovo, in una sala solo per noi due.
«Che vuoi dire con “quando stavamo insieme?”» Gli chiesi una volta che la signora Susan se ne andò. «A sedici anni compiuti ti eri già stabilita da me, e dopo neanche due mesi abbiamo cominciato a frequentarci.»
«Io e te? Cioè noi due insieme?» Chiesi con gli occhi fuori dalle orbite.
«Dalla tua espressione devo presumere che questa cosa ti turba particolarmente. Lascia stare, forse è meglio che hai dimenticato questa storia anche perché non saresti qui se non fosse cosi.» Disse lui mangiando un pezzo di pane, è davvero affamato questo ragazzo. «No, voglio saperlo.» Dissi io intenta a scoprire un altro pezzo del puzzle della mia vita.
«Sicura? Non vuoi farmi vedere i fascicoli per i quali ti serve il mio aiuto?» Chiese lui.
Ero cosi intenta a pensare al mio passato che mi dimenticai completamente di tutto. «Posso aspettare per quello, il mio passato invece mi è sfuggito già troppe volte dalle mani.»
«Da dove posso cominciare?»
«Dall’inizio.» Dissi io senza aspettare che dicesse qualcos’altro. «Certo allora, all’inizio non era semplice, io ero sempre occupato con gli studi mentre tu cercavi di finire le superiori. Mi ricordo che diverse volte rischiavi pure la bocciatura per troppe assenze e la tua fissazione di rispondere male ai professori che non ti andavano a genio.»
«Sono cambiata a quanto pare!»
«Poi, il mio sogno si è avverato, mi hanno assunto a lavorare in una università fuori. Non sapevo come dirtelo, da una parte volevo partire e incominciare la nuova vita, quella che ho sempre sognato e lavorato duramente per farla avverare, ma da un’altra parte c’eri tu. Ti amavo ma a quel tempo ero troppo stupido per capirlo, cosi ti lasciai con una lettera. Avevo paura, credevo che se ti avrei visto avrei rinunciato a tutto.»
«Cosi te ne sei andato e mi hai lasciato sola. Bravo, ti faccio  i miei complimenti!» Risposi acida. Che cosa mi sta prendendo? Perché m’importa adesso?
«Quando sono tornato da te, tu ti eri già impegnata con un certo Josh, credo si chiamasse cosi, per questo io mi sono fatto da parte e ti ho lasciato andare» Disse tenendo gli occhi bassi. Sembrava che se ne fosse pentito.
«Chissà che sforzo enorme avrai fatto!»
«Lascia stare, forse era meglio che non te ne parlavo di questo. Non sei mai riuscita a perdonarmi, perché credi che mi si sia stupito cosi tanto vedendoti alla mia lezione? Mi odi o forse odiavi talmente tanto che hai preferito farti bocciare tre volte per l’assenza all’esame, piuttosto che presentarti e guardarmi in faccia!» Alzò leggermente il tono della voce, si vedeva da un miglio che si stava agitando. «Quindi i due esami che mi mancano sono i tuoi?» Chiesi stupita, ero davvero cosi ostinata nei suoi confronti da essermi fatta bocciare? Certo che avevo un caratterino difficile.
«Ecco a voi, i vostri piatti preferiti!» Fece Susan mettendo a tavola diverse pietanze. Tutte con un buon odore. «Sei la mia salvatrice Susan! Stavo aspettando proprio te!»
Senza aspettare ulteriormente, Dylan, ecco il misterioso nome del mio professore, si fiondò sul cibo e cominciò a mangiare una strana zuppa. Ma che era?
«Forza signorina, prima di giudicare provare.» Fece Susan notando la mia espressione. «Se lo dice lei.»
La cena prosegui in silenzio finché non arrivò il dolce. «Ti adoro Susan!» Scoppiò lui di felicità, sembrava un bambino.  
«Che hai da ridere tu?» Fece lui scontroso, mentre io morivo dalle risate. Doveva vedersi allo specchio, aveva gli occhi che gli luccicavano e un sorriso che gli partiva da un orecchio all’altro.  
«Devi sapere che per corromperlo basta un dolce e il gioco è fatto.» Disse la signora facendomi un occhiolino. «Lo terrò a mente.»
 
«Come sei riuscita ad ottenere questi documenti? Sono fascicoli riservati e non dovrebbero essere nelle tue mani.»Chiese lui continuando a sfogliarli.
«Non lo so, li avevo e basta. Sono cosi importanti?» Feci io cercando di capire qualcosa di quello che c’era scritto su quei dodici fogli, scritti a mano.
«Èla copia originale dei testamenti di ereditarietà. Sono tutti a tuo nome.»
«Che cosa?»
«Tutto, a partire dalla ditta della famiglia fino ad arrivare alla più piccola cosa che i tuoi hanno acquistato.» Si fermò di nuovo a leggere e poi riprese a parlare: «Questi fogli sono la prova lampante che tu sei l’unica ereditaria dell’azienda della tua famiglia e di tutto quello che è attestato al tuo cognome.»
«Perché io? Chi l’ha attestato a me?» Chiesi incominciando a comprendere la situazione che si creava.
«C’è scritto, Angel Light, mi sembra che fosse tua nonna, da parte del padre se non sbaglio.»
«Che altro sai di me? Ti avevo raccontato qualcos’altro del rapporto che avevo con i miei genitori?» “Dimmi di si, dimmi che almeno tu sai qualcosa” Si fece sentire la voce dentro la mia testa.
«Non so tanto, non ti piaceva parlare del passato con me. Però so che avevi dei problemi con tuo padre perché non riusciva ad accettare che una volta che avresti compiuto diciotto anni saresti stata tu a prendere le decisioni riguardanti la ditta.»
«Che altro?» Chiesi impaurita, non potevo credere alle mie orecchie quello che mi stava raccontando.
«Mmh, so che tua nonna è morta quando tu avevi solo cinque anni e da quel periodo in su, tuo padre ha cominciato a picchiarti. Nient'altro, mi dispiace.» 
«Non ti preoccupare, grazie lo stesso.»
Che cosa farò adesso? Ora che conosco il motivo di tutto il suo odio, riuscirò a tornare nella villa? Che cosa mi prende? Ho le mani tremolanti e la testa che mi gira. Ho di nuovo paura.
«Tutto bene? Sei pallida.»  
«Si, sto bene, ho solo bisogno di tempo per riflettere su questa nuova situazione che si è venuta a creare.»
«Tranquilla, non mi devi nessuna spiegazione. Forza, ti riaccompagno a casa. Per oggi hai scoperto abbastanza.» Ci alzammo insieme, quasi fossimo in perfetta sincronia, peccato, che proprio ad un passo dalla porta, le mie gambe decidono di cedere sotto il peso del corpo, ritrovandomi cosi, senza nessun preavviso tra le forti braccia di Dylan.
«Ei, tutto bene?» Mi chiese lui ad un centimetro dalla faccia. Sentivo il suo alito sulla pelle mentre uno strano brivido mi attraversava la schiena. «Ho la testa che mi gira.» Risposi cercando di riprendere il controllo del mio corpo, certo che quando si trattava dei bei ragazzi mi succedeva spesso..
«Sicura di non voler fare un salto in ospedale?» Continuò con tali domande finché non giungemmo a destinazione: la mia casa.
«Si, sto bene e non ti preoccupare però adesso finiscitela con questo ospedale! Lo dovresti sapere che lo odio!»
Lo vidi allargare le labbra e scoppiare in una sonora risata e senza accorgermi la sua voce mi contagiò. «Hai perso la memoria ma non i vizi e le paure a quanto vedo.»
«Grazie mille per l'aiuto che m'hai dato. Te ne sono riconoscente e se posso sdebitarmi non hai che da chiedere.» Non l'avessi mai detto.
«Perfetto, allora vorrei che venissi ai miei corsi estivi, ti piaceranno vedrai!»
«Se lo dici tu.. Quand'è la prossima lezione?» Gli chiesi con un sorriso. In fondo glielo dovevo no? «Martedì mattina. Dalle nove a mezzogiorno.»
«Martedì?» Che cosa dovevo fare quel giorno? Ricordo che Lunedì ho la visita dal dottore e il giorno dopo dovrei avere .. «Non posso, mio padre ha chiesto di vedermi per firmare alcuni fogli.»
«Alcuni fogli? Di che genere?» Chiese lui allibito. «Non lo so, ha detto solo che è importante ma adesso che m'hai raccontato alcune cosette riguardanti il mio passato, credo di potermelo immaginare.»
«A che ora?»
«La mattina credo, ha detto che mi manderà una macchina a prendermi, perchè me lo stai domandando?»
«Perchè sono sicurissimo che l'unica persona che sta in contatto con tuo padre e che conosce questo posto è Jonathan e quindi, fatti avvisare almeno mezz'ora prima. Il tuo vecchio starà sicuramente confabulando qualcosa di brutto.»
«E tu cosa vuoi fare?» Chiesi respirando l'aria fresca.
«Non è scontato?» Mi mostrò il suo bellissimo sorriso dopodiché prese una ciocca dei miei capelli e se li portò all'altezza della bocca. «Ti voglio aiutare visto che ne ho la possibilità.» Li baciò delicatamente.
"Oddio svengo.." di nuovo la coscienza che prende il sopravento su di me. Perchè la mia testa deve fantasticare cosi tanto solo per un semplice bacio? Facile, perchè in questo momento vorrei essere io ad assaggiare il sapore delle sue labbra e non i miei capelli.
"e poi le sue labbra sapranno di ciliegia?" Tale pensiero mi fa venire in mente un paio di occhi verdi e un sorriso malizioso. I suoi occhi, le sue labbra, il suo sapore, perchè tali pensieri mi vengono in mente proprio adesso che Dylan mi sta lasciando un dolce bacio sulla guancia?
«Ci vediamo martedì mattina allora» Fece lui distogliendomi dai miei pensieri.
«E la tua lezione?» Mi ricordai non so grazie a quale santo che lui quel giorno aveva una lezione da svolgere.
«Nessuno mi paga durante l'estate e le lezioni che do sono solo per chi vuole partecipare. Tranquilla non succederà niente se si sposta di un giorno.»
Dopo che lo salutai, rientrai dentro la mia bellissima casetta e mi accomodai sul divano.
Mille pensieri mi volarono in mente. Davvero mio padre era cosi accecato dalla ricchezza da picchiare la propria figlia? E poi, avevo avuto davvero una storia con Dylan? Il mio professore?
«Krys, sei a casa?»
Oddio, questa voce. Perchè mi deve succedere tutto questo?
«Blake? Come diavolo sei entrato qui dentro?» Chiesi stupita e anche un po’ impaurita. Perchè un sconosciuto aveva le mie chiavi di casa? «Forse perchè ieri, una certa Krystal Light, ha deciso di darsi alla pazza gioia con l'alcool, lasciando il sottoscritto a fare da babysitter! Per colpa tua non ho potuto toccare un bicchiere.» Sbuffò lui, sprofondando nella mia poltrona.
«Sei stato tu a riaccompagnarmi a casa?» Chiesi dopo qualche minuto di silenzio. Lo vidi annuire per poi alzarsi e porgermi delle chiavi. «Ti ho riportato la macchina ma adesso mi devi offrire qualcosa da bere e poi darmi uno strappo a casa. A piedi non ci torno, scordatelo!»
«E perchè dovrei offrirti qualcosa da bere?» Chiesi, osservandolo di nascosto.
«Perchè sono io che lo chiedo!» Mi sorrise e allungo la mano per aiutarmi ad alzarmi.
«Se proprio ci tieni. Un bicchiere d'acqua va bene? Non ho nient'altro e poi ho finito i soldi, strano a dirlo, ma non sto assolutamente scherzando!»
Non so perchè ma cominciò a ridere come un pazzo, che cosa ho detto di cosi divertente?
«La miliardaria figlia di Light è senza soldi! Cos'è il paparino ha dimenticato di staccarti l'assegno di dieci zero o li hai già speso nei vestitini e capricci vari? » Chiese lui fra una risata e l'altra mentre io, rimasi paralizzata a udire parole del genere.
«I soldi che ho, me li sono guadagnata con il lavoro, stupido!» Risposi acida buttandogli addosso le chiavi. «Vattene, mi potrai riportare domani la macchina» E dicendo ciò mi andai a nascondere nel bagno.
"Secondo lui sono solo una ragazzina viziata.." pensai sofferente mentre una lacrima silenziosa mi rigava il volto. Perché fa cosi male essere giudicata da lui?

                                                                                                                                                                                           Krystal

Scusate.. scusate.. sono in ritardo pazzesco ma è tutta colpa della scuola e dei esami che si avvicinano.. (ho una paura pazzesca..xD)
Per tanto.. volevo sapere.. che cosa ne pensate? Vi piace questo nuovo capitolo? E il professore?? XD 
Ultima cosetta.. Avrei una piccola domanda da fare.. Nel prossimo capitolo pensavo di inserire un pov di Blake.. ma non ne sono sicura.. quindi chiedo a voi un parere.. lo metto o no?? *.*
va bè.. alla prossima.. cercherò di essere puntuale.. xD

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Capitolo 10
*** I soldi creano i mostri ***


 

                                                                                                                                                                                     I soldi creano dei mostri


                  

 

“Perché cazzo non me ne sono stato zitto?” Mi rimproverai mentalmente.
Cazzo.
Avevo programmato tutto nei minimi dettagli, partendo dalla macchina che non si sarebbe avviata per poi finire nel suo letto.
"Devo ottenere la sua fiducia.. e già che ci siamo anche il suo bel culetto." Sorrisi.
Avevo una tremenda voglia di prenderla e farla mia. Volevo sentire la sua voce che ripeteva mille e mille volte il mio nome e m'implorava di smettere.
La volevo, la desideravo e non mi sarei fermato.
"Mannaggia a me e al mio senso di colpa!" Avevo avuto l'opportunità perfetta di farmela ma ho preferito fare il bravo ragazzo, cullandola fra le braccia.
Un altro sorriso mi spuntò sulle labbra.
Durante il sonno parlò parecchio, ma non mi stancai nemmeno un secondo di udire il dolce suono delle sue parole. Poi, non so perchè, ma nel sonno si mise a piangere come una bambina. La cullai di nuovo e le feci riprendere il sonno tranquillo. Per un attimo, giusto la frazione di un secondo aveva aperto gli occhi e mi aveva sorriso.
Mi aveva regalato il suo sorriso più bello.
I suoi occhi, azzurri come il ghiaccio in pieno inverno, mi avevano attirato immediatamente, ancora prima di scoprire chi fosse. I capelli neri incorniciavano quel dolce faccino che si ritrovava, e oddio, le sue labbra..
Aveva il strano potere di incantare chiunque. Non importava l'età, non importava il sesso, non importava niente di niente perchè lei in qualsiasi caso riusciva ad attirare l'attenzione di tutti.
"Perchè devi essere cosi dannatamente sexy e provocante, eh ragazzina?" Ed ecco che la mia mente vola di nuovo a lei. Di nuovo la sua voce che si insinua nel mio cervello. Menomale che sono arrivato a destinazione, la discoteca più acclamata di Londra. Il posto perfetto per trovare delle ragazze facili.
"Perchè lei non lo è? Perchè continua ad resistermi?" Ah, ancora con questa storia?
«Blake, quanto tempo.» Mi venne incontro una ragazza dai lunghi capelli neri. "Il suo stesso colore.. mi farò solo male."
«Ti va di divertirti un po’?» Le propongo con un sorriso malizioso.
«Certo tesorino mio. Ma prima voglio bere.»
«Aspetta, mi stanno chiamando. Due minuti e sono da te!» Le faccio un occhiolino e vado in un luogo più tranquillo. Non voglio che lei senta questo casino e che poi si preoccupa. Non può.
«Ei, piccoletta, tutto bene?» Rispondo con il mio solito tono. Lo so benissimo che lei odia essere chiamata in quel modo, ma non riesco a non farla arrabbiare. Quanto vorrei esserle affianco.
«E adesso? Cosa t’hanno detto?.. Solo tre mesi?» Urlai contro il telefono ma immediatamente me ne pentì. «Scusa, non volevo.»
Cazzo. Tre mesi non sono abbastanza.
«Non piangere piccola, lo sai che non ti lascerò andare.» Tiro un pugno al muro, provocandomi un dolore immaginabile. Cazzo!
«Ei, stai tranquilla. Ho tutto sotto controllo. Tre mesi sono più che sufficienti e a quel punto tornerò da te!» Cerco di sembrare più convincente che mai, ma neanche io riesco a credere alle mie stesse parole.
«Cos’è? Adesso non ti fidi più del tuo fratellone?» Le chiesi sorridendo.
«Ti voglio bene sorellina. Ti chiamo appena posso.»
 
Pov Krystal
 
«Bellissima. Continua a guardare l'obbiettivo e cerca di sembrare disinvolta, naturale.» Mi chiede il fotografo con un sorriso a trentadue denti.
Stamani, ho fatto la visita dai dottori e a quanto sembra non è cambiato nulla, il mio cervello continua a rifiutare le medicine che assumo la mattina e la notte. Poi, in bel mezzo di una visita, ricevetti una chiamata di Sarah che mi avvisava che aveva trovato un lavoro per me, ma che dovevo iniziare immediatamente.
Curiosa di sapere di che si trattasse, mi avviai al luogo indicato. Non lo avessi mai fatto.
Un uomo sulla cinquantina d'anni, vestito esclusivamente di marca mi si presentò davanti l'entrata dell'edificio.
Un imponente complesso con la scritta illumina in alto mi fece pensare che mi stavo infilando in un guaio più grande di me e anche questa volta, il mio sesto senso non mi tradì.
Quella piccola furbacchiona mi aveva organizzato di nascosto un colloqui di lavoro con la più famosa agenzia di moda e ora mi trovavo in una stanza bianca, con delle poltrone nere e dei fotografi che mi scattavano mille foto.
«Guarda da questa parte tesoro.» Mi chiese qualcuno dietro le fotocamere. Non m'importava chi fosse, mi bastava che alla fine giornata mi pagassero e da quello che avevo capito, avrei guadagnato un mucchietto di soldi senza sforzarmi. Facile e veloce.
"Cos'è il paparino ha dimenticato di staccarti l'assegno di dieci zero o li hai già speso nei vestitini e capricci vari?" Le crudeli parole di Blake tornarono a torturarmi.
Non avevo fatto nient'altro che pensare alle sue parole, sentendomi sempre più umiliata. Come si permetteva di giudicarmi in quel modo? Perchè? Che cosa gli avevo fatto?
«Girati leggermente a destra, dobbiamo fotografare anche la firma di Gucci.» Ascolto le parole del fotografo e mi giro lentamente, cercando di togliermi dalla testa la sua voce. La sua dannata voce che continua a ronzarmi in testa.
«Sdraiati sul divano ora e rilassati.»
Grazie al cielo non indosso niente di vistoso, dei semplici jeans neri, attillati al punto giusto ed una felpa bianca con il cappuccio. I capelli me li hanno lasciati sciolti, leggermente gonfiati. Il viso coperto da un semplice strato di fondotinta, gli occhi rigorosamente truccati da mascara e una semplice matita nera per mettere in risalto il colore dei miei occhi.
«Per oggi può bastare!» Annuncia Maxwell, il dirigente della struttura, applaudendo. «Bravissima. Lo sapevo che eri perfetta per questo lavoro» Continuò lui a complimentarsi con me.
La notte si avvicinò senza alcun preavviso e con essa anche la stanchezza si fece sentire. Dopo il "piccolo" servizio fotografico, che in realtà era durato oltre quattr'ore, mi chiesero di rimanere per un aperitivo a cui non feci in tempo a dire di no che già era iniziato.
«Grazie e arrivederci signorina.» Mi disse l'autista fermandosi davanti al cinema, la destinazione che desideravo.
Scesi dal taxi e mi guardai intorno, alla ricerca della mia amica pazza.
«Tesoro sei in ritardo!» Mi fece Sarah alle spalle. Sobbalzai leggermente e mi girai con un sorriso sulle labbra. «Mi vuoi far morire giovane?» Le chiesi sbattendo più volte le ciglia.
«Troppo presto per morire tesoro! M'ha chiamato Maxwell per complimentarsi con la scelta che ho fatto. Ha detto che sarai il nuovo successone della moda!» Mi urlò in faccia e cominciò a saltellare dalla gioia. Ma era lei o io quella che aveva appena concluso il servizio fotografico?
Dopo vari brindisi con Maxwell, saluti vari e sorrisi finti, riuscì ad uscire da quel edificio e prendere il primo taxi che vidi. Chiamai Sarah, avevo un disperato bisogno d'aiuto e non sapevo a chi altro rivolgermi. Sapevo che Jonathan doveva svegliarsi presto per andare a lavorare, che poi lo avrei visto in mattinata. Poi c'era Dylan, ma non volevo disturbarlo, forse aveva qualcosa di meglio da fare e alla fine c'è Blake. Ma avrei mai avuto il coraggio di chiamarlo dopo quello che m'aveva detto? Credo proprio di no! Non lo avrei mai fatto.
«Ho solo una domanda! Come diavolo ti è venuto in mente farmi fare quel servizio fotografico?» Cercai di assumere un tono riprovatorio, di sembrare arrabbiata, ma non appena posai lo sguardo nei suoi occhi scoppiai a ridere. Anche durante il servizio fotografico, feci tante di quelle figuracce che credevo fosse impossibile essere cosi stupidi, non che mi reputassi tale ma certe cose potevo anche evitare. Ad esempio, avevo urtato un vaso e fatto cadere a terra, strappato il jeans, bagnato le scarpe, rovinato il trucco e robe varie, alla fine però, tra una foto e l'altra ridemmo tutti, chi meno chi più.
«Maxwell si è dimenticato di chiederti il numero, tranquilla ce l'ha già grazie a me. Poi ha detto che se va tutto come prevede, molto probabile, domani uscirà il primo album con le tue foto.» Annunciò lei trascinandomi per un braccio all'interno di un bar, ma che aveva in quella testolina?
«Che t'hanno fatto indossare?» Chiese lei in seguito. Ma questa ragazza non aveva mai la gola secca? Perchè se continua a parlare a questo ritmo credo che dovrò comprarmi dei tappi per le orecchie. Eh si, credo che dovrò comprarli.
Con un sorriso sulle labbra, risposi: «Jeans, maglie, felpe e qualche vestito striminzito. Niente di che!»
«Vieni, da questa parte.» Mi condusse verso i tavolini vuoti, in fondo la sala, dove i clienti erano pochi, poi alzò la mano e chiamò un cameriere che non tardò ad arrivare. «Due birre, grazie» Fece lei, ancora prima che il ragazzo potesse dire qualcosa.
«Certo Sarah, arrivano subito» Rispose lui e si allontanò immediatamente.
«Ma è possibile che tu conosci sempre tutti?» In risposta mi mostrò un suo sorriso e mi fece un'altra domanda, normale no? «Jonathan, stamattina è passato dalle tue parti, ma non ha visto la macchina. Dove sei stata?» 
«In ospedale a fare dei controlli, ma ci sono andata con il tram. Blake non m'ha ancora restituito la macchina.» Risposi sincera, ma pronunciando quel nome, il suo dannato nome, un leggero brivido mi percorse la spina dorsale.
«Cosa? Ma sono passati già quattro giorni! Dopo lo chiamo e mi sente quel ragazzino!»
Rimasi con lei fino a tardi, a parlare del più e del meno. Le raccontai di aver incontrato Dylan, di aver scoperto a cosa servissero quei fascicoli, di come si era offerto di accompagnarmi da mio padre e solo poi, quasi alla fine le parlai di Blake e di come mi aveva trattato.
Con lei, riuscivo a parlare senza vergognarmi, non avevo nessun impulso di nascondere qualcosa. Mi sentivo bene accanto a lei e sentivo che potevo anche fidarmi.
«Allora dirò a Jonathan che ti chiami almeno un'ora prima, in questo modo avrai tutto il tempo necessario per prepararti.» Disse lei con un sorriso e mi abbracciò.
«Grazie mille.» 
«No, grazie a te tesoro. Se non fosse stato cosi avrei dovuto chiamare Jonathan. Ancora non mi spiego come ho fatto a dimenticarmi il portafoglio.» Fece lei imbarazzata. Quando era arrivata l'ora di pagare, non riusciva a trovare il portafoglio quindi mi offrì io visto che, dopo il servizio, Maxwell mi aveva pagata e potevo in qualche modo ringraziarla.
«Chiamami non appena finisci con tuo padre.»
Mi lasciò a casa e poi, se ne andò anche lei.
 
Alle nove in punto mi trovavo davanti un imponente edificio dove alcune persone uscivano ed entravano. L'edificio doveva avere più di trenta piani, tutti con i vetri puliti, chissà quanto tempo ci impiegavano per pulire.
Le mani continuano a sudarmi e non riesco in nessun modo a calmarmi. Un passo alla volta, entro, dove un uomo sulla cinquantina d'anni mi viene incontro. «Signorina Light, suo padre la sta attendendo. Prego, da questa parte.» Mi fa strada fino ad un ascensore dove preme il bottone quarantatre.
Dopo alcuni secondi sono davanti una porta marrone, sola.
«Buongiorno.» Dico varcando la soglia della porta per poi accomodarmi tranquillamente sul divano in pelle che trovai in mezzo la stanza.
L'uomo seduto su una poltrona bianca, si alzò sorpreso e mi guardò incredulo. «Krystal, che piacere rivederti qui. Come stai? Come procede il recupero?» Disse Steven avvicinandosi sempre di più. "Meglio aspettare prima di svelare le carte" Pensai con un ghigno divertito sulle labbra. "Da dove arriva tutta questa spavalderia?"
«Mi dispiace Steven, ma non ho molto tempo. Ti dispiacerebbe mostrarmi le carte che volevi che firmassi?»
Steven. Si, non esisteva nessun altro modo per chiamarlo se non per il nome. Non potevo definire "papà" colui che mi aveva picchiata e poi lasciata sola. Assolutamente no!
«Come vuoi.» Tornò alla scrivania e tirò fuori alcuni documenti. Un grosso cumolo di fogli con tanta di penna e inchiostro nero. Tutto scritto accuratamente con le mani.
«Prima che perdessi la memoria, ti avevo affidato un progetto, ora vorrei che firmassi questi documenti in modo che lo posso assegnare a qualcun'altro.» Mi porse una penna e mi indicò la riga in cui avrei dovuto lasciare la mia firma. Troppo premuroso secondo miei gusti.
«Mi scusi signor Light, qui fuori ci sta uomo che afferma di essere l'avvocato della signorina Krystal e vorrebbe entrare. Che cosa devo fare?» Chiese qualcuno alle mie spalle.
«Fallo entrare.» Gli dissi senza girarmi e con un ghigno divertito guardai mio padre. Mi sembrò di notare nei suoi occhi la paura. "Si, fai bene ad averla"
«Ti dispiace se si unisce a noi?» Chiesi guardandolo negli occhi e riavviandomi i capelli.
«Buongiorno e scusate il ritardo, ma non riuscivo a trovare un posto libero nei parcheggi sotterranei.» Fece Dylan comparendo dietro le mie spalle, mi voltai appena e sorrisi. Indossava una cravatta nera e un elegante smoking. "Caspita, è davvero sexy questo professore.." Pensai mordendomi la lingua. Che mi veniva in mente?
«Vediamo di cosa si tratta. Posso?» Chiese Dylan e senza aspettare una risposta prese le carte fra le mani e cominciò a leggerle attentamente.
«Come mai ti sei portata un avvocato dietro?» La voce spaventata di Steven mi sorprese, perchè era la conferma alle supposizioni di Dylan.
«I documenti annunciano la completa rinuncia al patrimonio Light.» Annuncia Dylan buttando i fogli sulla scrivania di vetro.
«Se stai cercando di capire se ho recuperato la memoria la riposta è no, però ho trovato i fascicoli dove la nonna mi attesta tutto.» Annuncio alzandomi dal divano e incomincio a camminare per la stanza. «Quando i ricordi di te che mi picchiavi m'entrarono nella testa cercavo di rifiutare di crederci. Infondo, quale padre picchierebbe la propria figlia?» Chiesi fermandomi davanti a lui. «Quale padre picchierebbe la propria figlia solo perchè non a ottenuto i soldi?»
Lo guardai dritto negli occhi e feci un sorriso amaro. «Ancora adesso mi picchieresti per averli, non è vero?» Chiesi avvicinandomi alla poltrona e accomodandomi tranquillamente. «I testamenti di nonna dicono che dopo il ventesimo compleanno potrei prendere in qualsiasi momento il tuo posto. Lo sai?» Sorrisi aprendo i vari cassetti.
«E sai anche che tutto quello che possiedi è al mio nome? Potrei sbatterti fuori e lasciarti mezzo la strada, come tu avevi fatto con me!» Urlai. Stavo perdendo le staffe, era nervosa ma anche delusa e arrabbiata.
«Cos'è il gatto t'ha mangiato la lingua?»
«Adesso basta! Sei solo una ragazzina, non potresti mai prendere il mio posto.»
«Ne sei sicuro? Sono pur sempre io la proprietaria di tutto questo!» Faccio io prendendo nelle mani i fascicoli che cercava di farmi firmare. «La prossima volta sarai tu a venir firmare alcuni fogli.»
Buttai nel cestino tutto quello che c'era sopra la sua scrivania e me ne andai con un ghigno malefico dipinto sulle labbra.
«Tranquilla. Sei stata brava.» Continuò Dylan ad accarezzarmi la testa mentre io continuavo a piangere come una bambina. Non riuscivo più a sopportare quel peso sul petto, troppo doloroso e senza rendermi conto scoppiai in lacrime. «Non ti sei fatta mettere i piedi in testa. Sei stata coraggiosa.» Continuò lui a sussurrarmi delle dolci parole all'orecchio. Stavamo nella sua macchina, nei parcheggi sotterranei. «Vorrei andare a casa. Potresti darmi un passaggio?» Chiesi tra un singhiozzo e l'altro.
Dovevo calmarmi e pensare a mente lucida. Mio padre era un mostro, diventato cosi a causa di quei dannati soldi. Poteva benissimo tenerseli! 

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Capitolo 11
*** Un Sogno da Realizzare ***


 

                                                                  Un Sogno da Realizzare

Una settimana.
Sono passati esattamente sette giorni dall'incontro che ho avuto con Steven. Da lì in poi non mi sono fatta più vedere ne sentire. A dirla tutta ho paura. Si, ho paura che lui possa di nuovo farmi del male, che possa farmi soffrire ulteriormente.
Mia madre continua a chiamarmi giorno e notte, non la sopporto più e quel dannato cellulare non smette mai di suonare.
Dopo le lezioni, credo di fare un salto da Sarah. Sono giorni che non la vedo, mentre Jonathan, ogni tanto, quando finisce di lavorare come l'autista di mio padre viene a trovarmi. Scorsa volta m'ha portato anche dei deliziosi cioccolatini. Nonostante sia un uomo, con un figlio a carico e una mogliettina apprensiva, viene a consolarmi nei momenti più bui e cerca in tutti i modi di rallegrarmi le serate. Non avrei mai detto che con lui mi potessi divertire di più che con Sarah.
Venerdì, quando m'ha riportato la macchina, spiegando che Blake non aveva tempo, mi aveva invitato a prendere qualcosa da bere. Una serata da non dimenticare!
Un pub pieno di gente e musica a palla. Siamo stati ore e ore a parlare di Dylan, di come si era preso cura di me all'età di sedici anni. Strano, m'ha anche raccontato alcune delle mie serate pazze. Dove perdevo la testa e mi ubriacavo talmente tanto da dimenticarmi perfino il mio nome.
«Brrr...» Ecco di nuovo il cellulare che suona, grazie al cielo ho ricordato di togliere la suoneria. "Ma fammi indovinare chi è..!"
Senza pensare ulteriormente spengo del tutto l'apparecchio e mi perdo di nuovo nei miei pensieri.
Sono giorni che non faccio altro che pensare. Pensare al mio passato. Pensare a mia nonna.
Domenica mattina quando mi sono svegliata, non so come ma sono andata nel salone e ho aperto la cassaforte che si trovava dietro una mia foto. Non riesco ancora a spiegarmi come ricordavo la password, sapevo che i numeri coincidevano con la morte della mia adorata nonna. Si, ho ricordato i miei primi sette anni che ho trascorso con lei.
Era una donna meravigliosa, nonna apprensiva e giusta. Si, perchè fu lei a mettermi in testa di aiutare il prossimo, di aiutare chi ne ha più bisogno. "Non tutti sono fortunati come noi! Diceva spesso e mi regalava il suo sorriso. Dolce.
Dio, quanto mi manca quella donna.
Una lacrima silenziosa mi accarezza il viso e si ferma sull'angolo delle labbra.
«Krys, tutto bene?» La voce di Dylan mi spaventa talmente tanto da farmi cadere all'indietro dalla sedia. "Ma come si fa ad essere cosi imbranati?" Mi chiedo mentre precipito. Chiudo gli occhi e mi preparo al dolore, ma unica cosa che sento sono delle mani forti che mi tengono ferma per le spalle. Come ho fatto a non accorgermi che la lezione è terminata e nell'aula siamo rimasti solo noi?
«E' successo qualcosa?» Mi chiede di nuovo, spaventato, mentre mi accarezza dolcemente la guancia.
Mi lascio cullare dal suo tocco, le sue mani sono morbide e un piccolo sorriso mi spunta sulle labbra. Dylan è il mio professore, mio amico e un tempo era anche il mio ragazzo. Come si fa ad essere talmente fortunati? Ho accanto delle persone stupende e non mi riferisco solo per il fisico.
Senza pensare ulteriormente, porto la mia mano sopra la sua e la accarezzo. La sua pelle è morbida, delicata e liscia, senza accorgermi poso gli occhi sulle sue labbra. Vedo che anche a lui spunta un sorriso e si sta mordendo il labbro inferiore. "Voglio farlo io.." E con questo pensiero fuori luogo mi avvicino ulteriormente a lui, ma ho paura di fare qualcosa di sbagliato quindi aspetto. Voglio che sia lui a fare la prima mossa, il primo passo.
Dylan se ne accorge e con un mezzo sorriso, azzera del tutto le distanza fra noi due, regalandomi un bacio a fior di labbra.
«Sicura di volerlo?» Mi chiede poi, guardandomi dritto negli occhi.
Non capisco il senso della sua domanda ma in questo momento l'unica cosa che voglio, sono solo le sue labbra sulle mie. Possibile?
«Sono il tuo professore qui all'università. Se qualcuno ci vede verrei cacciato e tu espulsa.» Si allontana lentamente e raccoglie le sue cosa dalla cattedra.
"Ecco, era meglio se stavi al tuo posto" penso abbassando il capo e avviandomi verso l'uscita.
«Ti posso accompagnare a casa?» Mi domanda lasciandomi passare.
«Non torno a casa, devo andare al lavoro.» Rispondo sorridendo. Grazie a Sarah ho ottenuto quel lavoro, certo non è quello che desidero ma mi permette di guadagnare bene e in più, ho la possibilità di acquistare qualsiasi cosa io voglia. Non mi posso lamentare, visto che grazie alle foto diventerò famosa e grazie a questo, potrò realizzare il grande progetto che mia nonna sognava tanto.
«Se vuoi ti posso dare un passaggio, non mi costa niente.» Mi informa lui sorridendomi.
A piedi dovrei impiegare una quindicina di minuti, forse, dopo una settimana di ritardi riuscirò finalmente ad arrivare in tempo. Scommetto che a Maxwell prenderà un colpo se mi vede puntuale. «Se non ti dispiace, accetto volentieri.»
Con la macchina ci impiegammo soltanto cinque minuti, causa traffico. Quando arrivammo a destinazione, Dylan rimase letteralmente senza parole. «Non dirmi che lavori qui dentro!» Fece lui sbalordito, continuando ad osservarsi intorno. Poi, con gli occhi si soffermò su una fermata dell’autobus. «Quella sei tu?» Mi chiese sorridendo.
C'era la pubblicità dei vestiti, e vedevano come protagonista la sottoscritta. Già, le foto che avevo fatto lunedì erano in giro per l'intera Londra.
«Sei bellissima..»
Sorrisi imbarazzata.
«Grazie. Dovrei andare che poi faccio di nuovo tardi.»
«Sei impegnata stasera?» Mi domandò lui prima che potessi chiudere la portiera. «ecco, mi chiedevo se nell'agenda di una nuova modella ci fosse un piccolo spazio per un appuntamento» Aggiunse poi, portandosi la mano fra i capelli.
«Si, si può fare.» Risposi sorridendo.
«Alle otto ti passo a prendere!» Mi fece un occhiolino prima di ingranare la marcia e riprendere il viaggio verso la sua dimora, come a lui piaceva chiamarla.
 
«Tesoro, non ci crederai ma la società di Limited Brands ha espressamente richiesto di te. Vuole che le fai da modella per i suoi nuovi capi.» Annunciò Maxwell non appena misi i piedi nella sala.
«Tu fai una strage tesoro mio, è bastata solo una settimana e sei già richiesta dalla Victoria's Secret e dalla Guess.» Mi venne vicino toccandomi i capelli. Lui li adorava.
«mm.. Wow?» Feci io all'ignaro di chi fosse questa società di Limited Brands e che marca fosse Victoria's Secret. Però sono quasi sicura di avere qualcosa di intimo di quest'ultima marca. «Forza, oggi dobbiamo scattare mille foto. La Victoria's Secret è una marca che richiede la perfezione!» Gridò di nuovo Maxwell, ma che aveva tanto da urlare oggi?
«Maxwell! Ma come diavolo ti è venuto in mente di farmi indossare queste cose?» Chiedo imbarazzata, con le guance che vanno a fuoco. Dopo avermi fatto indossare dei vestitini, ha pensato bene che fosse perfetto iniziare a fare qualche scatto con la nuova collezione che era arrivato proprio in quel momento.
Non una collezione di vestiti o di felpe, una collezione di intimo! «Ti sottovaluti troppo! Quante volte te lo devo dire? Sei bellissima anche cosi!» Fece Maxwell indicandomi il divano.
Si certo, perchè non era lui che doveva posare quasi nudo. Ero io che dovevo stare seduta sopra un divano nero con tanto di rose, bhè questa era la parte più bella, con indosso solo un reggiseno di pizzo bianco, con un fiocco al centro e delle culottes con le reggicalze. Tutto rigorosamente ricoperto dai brillantini. "Mi sembra di lavorare per le foto porno!" continuo a pensare, cercando anche di ascoltare le parole che escono dalla bocca di Maxwell. Certe volte lo vorrei semplicemente uccidere.
 
Sono agitatissima e allo stesso tempo emozionatissima.
Ancora non riesco a crederci, Dylan m'ha chiesto un appuntamento.
"Basta specchiarmi!" Mi rimprovero mentalmente, dando però un ultimo sguardo al mio riflesso. Ho indossato il vestito nero, che Maxwell m'ha regalato dopo il primo servizio fotografico per la Guess. L'abito mi arriva leggermente sopra le ginocchia e mi lascia la schiena completamente nuda. Un paio di tacchi, sempre neri e una borsetta sulla spalla sinistra. Per quanto riguarda il trucco e l'acconciatura, Kate, la truccatrice del set, ha pensato bene di darmi qualche aggiustatina, i capelli per la maggior parte sono lisci, qualche ciocca invece è fatta a boccolo.
Prima di andare ad aprire la porta, visto che hanno suonato, prendo la collana a forma di chiave e ma la appendo al collo. Devo ancora scoprire chi me l'ha regalata, perchè è stato un vero genio.
"Incrociamo le dita.." Con un sorriso a trentadue denti mi dirigo all'uscita, e senza pensare, spalanco la porta.
Sempre la mia solita fortuna..
«Cazzo! Dove stai andando vestita in questo modo ragazzina?» Mi domanda lui, con voce al quanto maliziosa, squadrandomi da capo a piedi.
"Perchè sei ritornato?" Mi domando trasalendo alla vista dei suoi occhi. Sono cosi verdi, cosi imponici, cosi meravigliosamente stupendi. Erano giorni e giorni che non si faceva vivo, e ora torna nel momento meno indicato. Sai che c'è? Questa volta non mi frega. Questa volta non lo voglio ascoltare!
«Che cosa vuoi?» Gli domando, cercando di assumere il tono più distaccato possibile. Però ho come intuizione che con lui non funziona. Perchè deve essere cosi complicato con lui?
 
Pov Blake
«Sono venuto a chiederti scusa..» Le rispondo, cercando di mascherare la mia improvvisa voglia di saltarle addosso. Ma dove diavolo crede di andare vestita in questo modo?
«L'ultima volta mi sono comportato da un vero idiota! Mi dispiace.. davvero..» Continuò, addolcendo il mio tono della voce. Non voglio spaventarla, devo solo trovare un modo di tornare al punto precedente, devo avere la sua fiducia. In tutti i modi, devo fare per lei.
«Non ho tempo Blake.» Mi risponde lei tornando dentro e chiudendo la porta alle spalle. Faccio giusto in tempo a mettere un piede ed impedirle di chiudermi fuori.
Piano allungo la mano e la poso sul suo viso, lei, sorpresa sgrana gli occhi. Non si aspettava che facessi un gesto del genere?
"Com'è bella.."
Il trucco leggero e il rossetto rosso le risaltano gli occhi, oddio, come sono belli..
Come se si fosse scottata si ritrae e torna dentro, lasciandomi lì, con la porta aperta. «Dove vai vestita in questo modo?» Le chiedo curioso come un bambino. "Perchè non riesco a farmi i cazzi miei? E se non si gira da qualche altra parte credo che andrò in paradiso prima del previsto!" Un ghigno divertito mi spunta sulle labbra.
Mi era mancata.. I suoi occhi, le sue labbra, ma soprattutto il suo culetto.
Dopo la telefonata di Roxanne, ho preso il primo volo e sono andato da lei, dovevo vederla, non riuscivo più a sopportare la sua mancanza. La mia sorellina. La mia unica famiglia.
«Non ho tempo per giocare Blake, vattene da qui!» La sento sospirare e girarsi da un'altra parte. "No, non da quella parte.." Penso perdendomi di nuovo ad ammirarla.
Quasi spinto da qualche sortilegio malvagio, mi avvicino piano al suo corpo e poso le mani sui suoi fianchi. «Blake.. Per favore, vattene..» Continua lei, ma ormai le parole che pronuncia non li sento più. Unica cosa che ho in testa adesso, è il suo profumo, il suo sapore sulle mie labbra. La voglio. Ora più che mai!
«Non toccarmi..»
E come se le sue parole mi stessero pregando di fare l'esatto contrario. La voglio. Con una lentezza che credevo impossibile, deposito un leggero bacio sulla sua pelle nuda. 
«Non farlo.. Smettila» Un altro bacio e una scossa mi percorre l'intero corpo. "Se vai di questo passo i tuoi pantaloni non reggeranno a lungo!" Ecco, mancava solo che la mia coscienza si mettesse a parlare in un momento delicato come questo. Perchè trovo in lei tutto cosi dannatamente eccitante? Soprattutto quando si morde il labbro inferiore, quando si passa la lingua sulle labbra e perfino quando cerca di assumere il tono da dura per non farmi vincere..
«Non ci riesco..» Le sussurro sulla pelle e piano mi sposto. Voglio vederla in viso. Voglio vedere le sue labbra, le sue piccole fossette quando cerca di nascondere un sorriso, i suoi occhi..
Piano riesco a raggiungere il suo viso, dove deposito un leggere bacio. "Certo che quando vuoi portarti una ragazza a letto sei un fenomeno!" Ecco, di nuovo la coscienza che non sta al suo posto!
Un centimetro, ancora poco e potrò di nuovo assaggiare il sapore delle sue labbra. Quanto mi è mancato..
«Da quando è che perdi il tempo dietro alle ragazzine viziate?» La sua voce mi raggiunge in un sussurro e quasi non riesco a credere alle mie parole. «Non sono una ragazza da una botta e via, quindi stai solo sprecando il tuo tempo!» Continua lei mentre esce dalla casa e mi fa cenno di uscire. "Cazzo! Allora esiste qualcuno che ha un po’ di cervello.."
«Ci vediamo Blake.» Mi saluta cosi, prima di uscire dal piccolo cancelletto ed entrare in una macchina a me conosciuta.
«Astuta la ragazzina..» Con un sorriso, tiro fuori dalla tasca un pacchetto e lo deposito nella buca della posta.
“Chissà se lo noterà!”
 
Pov Krystal
"Non pensare.." Continuavo a ripetere nella mia testa, la stessa frase da almeno mezz'ora. Dovevo distrarmi, ecco, dovevo solo pensare a qualcos'altro o qualcun'altro. Dylan era a sinistra e guidava tranquillamente, ogni tanto si girava nella mia direzione e mi sorrideva.
Non ero solo io ad essermi vestita elegantemente, anche lui indossava una camicia bianca, un gilè e del jeans neri. I capelli erano sparati in aria, i ciuffi ribelli dovunque si posassero i miei occhi.
«Siamo arrivati mademoiselle.» Mi avvisa lui con un sorriso, poi scende dalla macchina e mi viene ad aprire la portiera. "Ma come siamo galanti.."
Il parcheggio era sotterraneo quindi non avevo la possibilità di osservare in quale luogo mi avesse portato, ma sembrava di alta classe.
Luoghi a me tanto famigliari, già, da quando ho ricordato il mio passato con la mia adorata nonna, ho ricordato che la maggior parte delle cene che ho avuto in sua compagnia si sostenevano in luoghi come questi. Con ascensori grandissimi pieni di specchi, fiori ovunque si posassero gli occhi e camerieri a non finire.
Dylan è al mio fianco che sorride. «Tutto bene Krys?» Mi chiede poi.
«Si.» Rispondo semplicemente. La risposta è che non riesco a smettere di pensare alle parole di Blake, alla sua voce implorante, alle sue mani sui miei fianchi, alle sue labbra sulla mia pelle..
Dylan è stato anche troppo dolce, mi ha portata in un ristorante davvero bello e visto com'è credo anche che sia costosissimo. «Il vostro tavolo signori.» Ci mostra il cameriere, spostando poi la sedia, dove io mi accomodo tranquillamente.
«E io che speravo che per la prima volta dopo tanto ti potessi sentire un po’ in imbarazzo e impacciata.» Iniziò lui osservandomi. "Che cosa intendeva?" «Ricordo che solo a casa eri te stessa, con i tuoi bizzarri modi di fare. Quando invece ti portavo fuori a mangiare o anche solo fare una passeggiata, cambiavi, diventavi un'altra persona. Tutta seria che non sbaglia un passo, che sa con quale forchetta prendere la verdura e con la quale la carne.. Certe volte mi vergognavo di me stesso per non poter essere alla tua altezza.. Come sono cambiate le cose..»
«Sono giorni che ci penso e sono arrivata alla conclusione che tu sia la persona più adatta.» Comincio io, mettendo da parte il mio dessert. «Vorrei che tu diventassi mio avvocato.» Gli chiedo guardandolo dritto negli occhi. Non sto scherzando e sono giorni che ci penso. Voglio davvero esaudire il sogno di mia nonna e per iniziare ho bisogno di qualcuno che mi può dare una mano con i vari fascicoli. Sono ancora inesperta in quel campo.
«Non posso, io mi sono laureato per insegnare e non ho le carte per farti da avvocato.» Mi risponde lui senza nascondere nulla. «Però, posso aiutarti. In fondo tu stai studiando per diventare un avvocato quindi hai bisogno di esperienza in campo. Non hai bisogno di nessuno, al massimo ti aiuto io se ci sarà qualcosa che non andrà.» Aggiunge poi con un sorriso.
«Perfetto. Allora mi devi aiutare a prendere il posto di Steven.» Appena sente il suo nome sgrana gli occhi e fa cadere il bicchiere a terra. Rompendolo in mille cristalli.
«Che cosa hai in mente?»
«Niente, solo realizzare il sogno di una donna che vedeva il mondo con occhi diversi..»

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Capitolo 12
*** Verità solo per qualche secondo.. ***


                                                                                                                                                                         

«.. ed ecco che la bellissima Krystal Light entra nel mondo della moda e dell'economia. A quanto sembra, la ragazza ha preso in eredità l'azienda del padre, che da anni ha cercato di non mandarla in fallimento, ma ora che non è più il proprietario, la nuova direttrice sarà in grado di gestirla?» Il resto dell'articolo citava di come sono entrata nel mondo della moda e robe varie, niente di importante.
«Dovevi aspettarmi, e se tuo padre ti avesse fatto qualcosa?» Mi chiese Dylan un po’ preoccupato. Lo si poteva leggere dai suoi occhi grigi, come se fossero in piena tempesta. "Come sono belli.."
Erano passati solo tre giorni da quando avevo richiesto il suo aiuto. Peccato che non avendo il titolo di avvocato, non poteva difendermi davanti la legge, ma mi bastava anche solo il suo aiuto.
«Ti preparo qualcosa?» Gli chiesi avvicinandomi alla cucina.
Nell'ultima settimana avevo scoperto che odiavo cucinare e quindi ero un totale disastro. Speravo con tutte le mie forze che mi rispondesse che non volesse niente, peccato che non fu proprio cosi. «Mmm, che ne dici di un roast-beef con delle patatine fritte?» Propose lui sorridendo. Oddio, ma esisteva davvero una cosa del genere? "Ma perchè non te ne sei stata zitta?" Mi rimprovero io, guardandolo negli occhi. «Ecco io..» cerco di spiegare che non conosco niente del genere, quando lo vedo arrotolarsi le maniche della camicia ed aprire il frigo. «Credo che tu sia l'unica ragazza al mondo incapace di cucinare!» Dice lui sorridendo. «Anche quando non avevi i soldi preferivi stare a pancia vuota piuttosto che cucinare.» Sorrise al lontano ricordo. Una cosa che io non avevo. Il passato.
«Piuttosto, raccontami com'è andata con tuo padre!»
«mmm, da dove posso iniziare? Allora..»
 
Il giorno precedente(09.00)
 
«No, no e no! Tu sei completamente fuori di testa! Io non te lo permetterò!» Continuò lui ad urlare, sbattendo poi le mani sopra la scrivania. «Tu e la tua testardaggine, la manderete solo in frantumi! Distruggerai il buon cognome che porti sulle spalle! Te ne rendi conto? Sono generazioni e generazioni che essa continua ad esistere, credi di essere capace di mandarla avanti?» Fece Steven infuriato.
«Sarò più brava di te, questo è sicuro..» Annuncio sicura di me stessa, anche se non posso negare di avere paura. «.. e poi, non hai altra scelta, questa è la tua ultima possibilità. Firma questo foglio o la prossima volta mi vedrai con un avvocato e credimi paparino, posso toglierti tutto!» Aggiungo in seguito con ghigno sulle labbra. "Perchè mi sento cosi bene?"
«Vedo che finalmente hai deciso di mostrare il tuo vero carattere..» Sussurra lui avvicinandosi sempre di più a me.
Cerco di nasconderlo, di mostrarmi forte, ma ogni passo che lui compie, in me cresce a dismisura la paura. Il terrore che lui mi possa di nuovo picchiare. Non voglio mai più sentire le sue mani sulla mia pelle, mai più.
«Infondo, tutti i Light sono sempre stati attratti dai soldi..» Piano allunga la mano e prende una ciocca dei miei capelli, portandoseli sotto il naso. “Ma perché tutti mi toccano i capelli? Non hanno i propri?”
«Guardati le spalle adesso, la prossima volta non potresti essere cosi fortunata..» non riesce a terminare la frase che viene interrotto dal suono del telefono.
«Scusa..» fece in seguito allontanandosi da me per rispondere. "Chiunque tu sia ti ringrazio infinitamente.."
«Krystal, credo che questa chiamata sia per te.» Mi porge il telefono con un ghigno malefico sulle labbra. Sembra perfido.
«Pronto?» Rispondo un po’ agitata, non me l'aspettavo di certo che avrei dovuto rispondere al telefono, ma stiamo parlando di mio padre, quindi non si può mai sapere, si deve essere pronti per tutto..
«Si, certo. Che ne dice di vederci Lunedì mattina per esaminare gli articoli che lei desidera?.. Perfetto, la ringrazio e arrivederci.»
«Superato la prova?» Gli chiedo allontanandomi dalla scrivania per poi sprofondare sul divano. E’ comodo, mi piace.
«Si, avanti»
Qualcuno ha bussato? Non me ne ero accorta, tanto ero felice. Avevo risposto alla chiamata dove un cliente chiedeva di voler acquistare dei nuovi mobili. Voleva avere dei preventivi e qualche idea per realizzare la cucina. Il mio primo incarico.. Perchè si, l'azienda di mio padre, anzi, la mia azienda è al primo posto di produzione dei mobili in legno. Non ci sta nessun altro settore che sia più sviluppato del nostro. 
«Krystal? Che cosa ci fai qui?» Mi domanda Jonathan, sorpreso di vedermi lì, nel posto da me più odiato.
«J, è cosi che si accoglie un'amica? Sai, anche io sono contenta di vederti.» Lui scuote la testa e si avvicina a Steven, porgendogli dei vari fogli. «Questi sono progetti richiesti dalla Markye.» 

«Ma come non lo sa? Ora la direttrice è lei..» Mi indica Steven un po’ incazzato. Lo posso notare dal tono della voce che usa, è dura, quasi terrificante.
«Che cosa significa?» Chiede il mio amico un po’ confuso. Sono giorni che non ci vediamo quindi, diciamo che lui non è aggiornato sulle mie ultime decisioni da me prese. Non sa che ho fatto firmare un documento a Steven dove lui mi lasciava tutto in ereditarietà. Ho dovuto creare questo foglio solo per coprire alcune cose, ad esempio lo scandalo che avrebbe portato questa notizia. "Steven Light non è mai stato il dirigente dell'azienda Forwod" Già me lo immagino, foto gigante stampata sulla prima pagina mentre la notizia fa il giro del mondo.
«Succede che ho preso in mano la situazione..»
 
Il giorno dopo..(09.00)
 
«Quindi tuo padre ha firmato le carte senza protestare? Senza chiamare gli avvocati? Senza.. senza.. ok, non mi viene nient'altro in mente..» Sorride lui, mentre mette al forno le patate e io apparecchio per due persone.
«Si. Ha detto solo che se l'azienda fallirà sarà solo colpa mia.»
«E io ho paura che lui abbia ragione. comunqui ti ci è voluto coraggio ad entrare lì dentro.» Continua poi avvicinandosi a me.
Le sue mani, le sue confortevoli mani si posano sui miei fianchi e mi stringono a lui. «Mi dispiace di non essere stato al tuo fianco. Perdonami..» Mi sussurra all'orecchio, provocandomi dei brividi lungo la spina dorsale.
Continuo a fissare il pavimento, ho paura di alzare lo sguardo, penso che se lo facessi potrei perdere il controllo e impossessarmi delle sue labbra. Come sono belli..
«Guardami..» Mi sussurra sulla pelle, un centimetro dal mio viso. Sento il suo alito fresco che mi entra nelle narici. «Alza il viso, ti prego..» Sussurra di nuovo, ma questa volta sento le sue labbra che si posano delicatamente sulla mia guancia.
«Voglio vedere i tuoi bellissimi occhi..» E dopo questa sua frase alzo la testa sorpresa e mi ritrovo delle morbide labbra posate sulle mie.
Non ci posso credere.
Piano, mi lascia un bacio casto sulle labbra, quasi si volesse accertare che non lo avrei allontanato. «Mi fai impazzire Krys..» Aggiunge poi, con voce maliziosa. I suoi occhi grigi, non hanno lo stesso colore di questa mattina, ora sono più accessi, più belli.
Mi spinge al muro e piano mi accarezza la guancia, quasi al rallentatore, poi affonda il viso sul mio collo dove deposita un leggero bacio. «Sono giorni che aspetto questo momento..» Sussurra al mio orecchio mordendomi leggermente il lobo. Ecco, un'altra scossa che percorre l’intero corpo.
«Posso?» Mi chiede per la seconda volta.
Si.. No..
Che cosa devo fare?
Mi porgo la domanda prima di chiudere gli occhi e perdermi nel buio. Di nuovo
"Quand'è che riuscirò ad avere un suo bacio?"
 
Due giorni prima..(13.00)
 
"Stupida macchina!" Diedi un calcio alla ruota, provocandomi un inutile dolore. Ebbene si, la mia bellissima Smart aveva deciso di abbandonarmi in mezzo la strada. Erano già due ora che stavo ferma e nessuna macchina si era degnata di fermare ad aiutarmi. «Sto morendo di caldo..» Dissi a voce alta quando qualcuno alle mie spalle mi fece un clacson.
«Se è un altro imbecille lo ammazzo! Giuro..»Feci io girandomi, incavolata già di mio.
«Ragazzina, da quando è che stai qui?» Mi chiese lui con un ghigno divertito sulle labbra.
«Blake? Che cosa vuoi da me?» Risposi invece, girandomi da un'altra parte della strada.
Non volevo, non dovevo cedere al suo tranello. Non potevo cedere all'assurda tentazione di prolungare la mia mano e posarla sopra il suo petto, non potevo fare una cosa del genere. Lui era fidanzato, odioso nei miei confronti, lunatico, testardo, bastardo, eppure, non riuscivo a smettere di pensare a lui.
Sia di giorno che di notte, i suoi occhi mi perseguitavano.
Diverse volte mi ero immaginata come sarebbe andata, se quel giorno non mi fossi allontanata, se avessi preferito rimanere accanto a lui invece di scappare, almeno in quel modo sarei riuscita ad assaggiare le sue labbra. Che sapore avranno? Non so perchè ma continuo ad associarlo a delle ciliegie. Strano ma vero.
Oggi, il signor so tutto io, ha deciso di venirmi a "salvare" senza indossare una maglietta, quindi, ora ho davanti a me un ragazzo con il petto nudo, i capelli sparati in aria, una cosa che lo rende tremendamente sexy e un paio di short lunghi fino al ginocchio.
Maledetto tu..
«Va bene, se non vuoi il mio aiuto mi tolgo dalle scatole..» Disse lui ridendo ed allontanandosi sempre di più.
Udì i suoi passi che si facevano lontani e non potevo farmi scappare questa opportunità di andarmene. Non m'importava se mi sarei pentita di aver accettato il suo aiuto, in questo momento volevo solo andare a casa e prendere qualcosa di fresco. Stavo morendo di sete.
Quindi, senza far scorrere altro tempo mi girai e come una stupida cascai nel suo inganno. Mi stava a un centimetro di distanza e non appena avevo compreso che cosa stava succedendo era già troppo tardi, perchè ero finita addosso a lui. Quasi spalmata. "Che stupida che sei.."
«Scusa..» Alzo i miei occhi e mi perdo nei suoi. Sono cosi verdi, sembrano dei piccoli smeraldi che con la luce del sole diventano ancora più belli. Sono cosi ipnotici che per un attimo dimentico dove mi trovo, che cosa dovrei fare, perchè sono in questo posto, tutto, dimentico tutto, anche il dolore che provo in questi giorni.
«Krystal..» Il mio nome viene pronunciato dalle sue labbra, cosi carnose e cosi invitanti.. Sbatto diverse volte le ciglia e mi allontano immediatamente, quasi scottata. "Perchè questo succede solo con lui?" Mi domando mentre le mie guance si tingono di rosso.
«Ti dispiacerebbe darmi un passaggio fino a casa? La mia macchina è morta e il cellulare non prende. Se è per il carburante, tranquillo che te lo pago io e anche per il disturbo che ti creerò..» Gli spiego in due parole quello che mi è successo, di come ad un tratto la macchina si sia fermata e non ha voluto più sapere di ripartire.
«Aspetta, fammi controllare una cosa prima..» Mi risponde lui, sporgendosi nella macchina per premere un bottone per aprire il cofano. "Ma cosa pensa di fare?" Mi chiedo io, osservandolo.
Ha un fondoschiena da dio, una visione assolutamente vietata ai minori.
Mentre Blake era indaffarato con la macchina io mi posai sul cofano della sua e mi persi nei miei pensieri.
Stamani ero andata da lui. Erano settimane che pensavo di andarci ma in quei giorni non avevo ancora il coraggio di affrontare un dolore cosi grande. La sua perdita era causa delle mia distrazione. Lui era morto a causa mia. Per colpa mia. Solo mia. Sono io che gli ho tolto la vita. Sono io che non gli ho permesso di vivere. E' tutto a causa mia.
Cerco di trattenere le lacrime, di smettere a pensare a Lucas, ma non ci riesco. Lui è una di quelle persone che sono sempre nella mia testa, nel mio cuore.
Andare da lui è stata la decisione più saggia che avessi fatto da quando mi ero risvegliata.
Avevo pianto, avevo riso, e poi pianto di nuovo. Solo davanti a lui. Solo con lui.
«Trovato il problema..» Fece Blake distogliendomi dai pensieri. «Si sono bruciate queste candeline, senza di esse non puoi andare lontano. Se vuoi posso andarle a prendere mentre tu aspetti che..» Non gli diedi il tempo di finire la frase che mi avvicinai alla sua macchina. «Non ci pensare nemmeno. Io non ci resto qui neanche un minuto in più!»
Lui sgrana gli occhi, sorpreso. Non si aspettava che dicessi una cosa del genere, anche io sono un po’ intimorita, ma non voglio restare sola. Prima del suo arrivo diverse macchine si erano accostate a guardarmi, quasi fossi un baraccone da circo. «Come vuoi..» Rispose lui salendo in macchina ed accendendo il motore.

«Due minuti e sarò di nuovo qui!» Mi fece lui allontanandosi. Ci eravamo fermati in una piccola cittadina, dove lui mi garantiva che in quel negozio avrebbe trovato quello che cercava. Convinto lui..
«Krystal?»
Sento in al lontananza il mio nome, ma quando mi giro e mi guardo intorno, non vedo nessuno. Eppure, io quella voce la conosco..
«Krys sei tu?» Mi domanda qualcuno alle spalle. Mi giro di scatto, quasi spaventata che questa dolce voce sparisca di nuovo.
Invece no, non succede niente di ciò in quanto davanti a me, ora c'è mia madre in carne ed ossa. "Com'è bella.."  I suoi occhi sono posati sui miei e sono cosi chiari da permettermi di specchiarmi dentro.
 «Mam..ma..» Sussurro leggermente, quando all'improvviso mi torna in mente il ricordo della donna che mi lasciò sola quando mi feci male al braccio. Un sogno fatto qualche giorno precedente.. Però, una sensazione, un presentimento mi suggerisce che essa non è la stessa persona, eppure è cosi simile.
"Gli occhi.." Ecco in che cosa sono differenti. Le due donne si assomigliano terribilmente, sono due gocce d'acqua ma gli occhi sono diversi, ecco che cosa lì tradisce. La donna del mio sogno li aveva scuri, color ciocolato mentre la donna davanti a me li ha azzurri, proprio come i miei.
"Che cosa sta succedendo?"
«Bambina mia..» Lasciò cadere le buste a terra e mi venne ad abbracciare.
Ricambiai, anche se un po’ spaventata. Se i miei sogni sono una parte del mio passato, perchè chiamavo la donna dai occhi marroni, mamma?
Voglio indietro i miei ricordi, mi sono stufata di dovermi porre tutte queste domande. Voglio avere indietro il mio passato, la mia vita, sempre se la si poteva chiamare in quel modo.
«Quanto mi sei mancata..» Continuò lei accarezzandomi i capelli. Che sensazione stupenda.
«Ragaz.. Krystal tutto bene?» Chiese Blake comparendo dietro le spalle di Amber, mia madre, almeno credo.
«Blake, si tutto apposto.» Gli mostro un sorriso, mentre mia madre continua a scrutarlo, come se lo conoscesse.
«Blake Wellthon?» Chiese lei con un strano sorriso sulle labbra. «Oddio, come sei cresciuto, credo che siano passati ormai quindici anni..» Fece lei avvicinandosi a lui e posando la mano sul suo viso. «Sono Amber, ero la migliore amica di tua madre..» Continuò lei abbracciandolo, mentre l'espressione di Blake cambiava, era sconvolto, triste, come se quelle parole lo avessero ferito.
«Amber.. zia.. come mi sei mancata..» La prese tra le braccia e le fece fare una giravolta. «Ti ho cercato per cosi tanto tempo..» Aggiunse posandola a terra.
«Non sapevo che voi due foste insieme..»
«Assolutamente no!» Risposi senza darle tempo di continuare la frase. «Mi sta solo aiutando con la macchina!»
«Abito a due passi da qui, vi andrebbe di venire a prendere qualcosa da bere? Qui fuori fa troppo caldo.» Sorrise lei.
Ma perchè mi sento cosi fuori luogo? Sembra che a nessuno importa niente di me. Quasi fossi invisibile, infatti Blake accetta senza esitare e poi perchè continuava a chiamare mia madre, zia? Che cosa c'era sotto? Che io fossi imparentata con lui?
Oddio, no! Non può essere vero, non posso aver avuto dei pensieri sconci su qualcuno della mia famiglia..
 
«Accomodatevi, prego..»
Ci fece accomodare in una piccola cucina. Dove c'era giusto il necessario. Le pareti erano dipinte di un giallo intenso, un colore bellissimo per i miei occhi, il pavimento era ricoperto da parchè scuro e anche esso bellissimo a modo suo. Al centro della stanza c'era un tavolo di legno, con quattro sedie intorno, tre delle quali erano occupate da noi. Poi, sulla parete dietro le mie spalle, c'era la cucina, anche essa in legno, ma stavolta chiaro.
Per le pareti c'erano sparse diverse foto, la maggior parte di essi raffigurava i paesaggi. Bellissimi anche essi.
«Allora Blake, come stai? Dove abiti adesso?»
«Tiro avanti con i lavori, ho trovato la sistemazione da un amico, niente di che.» Rispose lui sorridendo poi però si spense e con esso anche il sorriso dalle labbra di Amber scompari. Come se stessero soffrendo in silenzio.. "Perchè? Per che cosa?" Mi chiesi io.
«Scusatemi, mi sta suonando il cellulare» Fece lui allontanandosi dalla cucina, poi il rumore della porta che si chiudeva.
«Non vedevo Blake da quando è successo quel terribile incidente..» Si alzò di scatto e cominciò a preparare del tè. «Stavano in banca, a prelevare i soldi per l'operazione di Roxanne quando sono entrati dei rapinatori e.. e.. » Un singhiozzo le scappò dalle labbra. Stava piangendo, come una bambina. «e.. hanno preso tutto quello che avevano, privandoli anche della vita..»
Mi avvicinai a lei, piano la abbraccia e le accarezzai i capelli, proprio come aveva fatto lei con me. Piano si calmò e mi sorrise.
«Voi due vi siete conosciuti subito dopo quel accaduto, quando tu avevi undici anni mentre lui sedici. Ricordo bene quel giorno.. lo ricordo come se fosse ieri quando non mi permisero più di vederti..»
Ecco, un altro mistero da risolvere. Perchè di queste parole?
«Sono stufa di questi segreti! Per favore.. almeno tu, perchè non abiti insieme a Steven nella villa? Che cosa c'è che mi sfugge? Che cosa è successo che la mia mente non ricorda?» Chiesi supplicando.
La prima volta da quando mi sono svegliata dal coma. Ma ora c'era qualcosa che io sapevo che dovevo scoprire. Sapevo che l'unica persona che mi avrebbe aiutato era lei. Amber.
«Tesoro, forse è troppo presto..»
«No, voglio sapere! Ora!» Alzai leggermente la voce, ero stufa. Stufa che tutti mi trattassero come una bambina, la quale non ero già da anni.
«E' incominciato tutto ancora prima che tu nascessi.» Mi fece accomodare affianco a se, passandomi il tè con una fetta di torta. «Tua madre e io siamo sorelle gemelle.» Fece con una punta di acidità nella voce. «Io sono tua zia..»
«Aspetta.. ma all'ospedale avevi detto che..»
«Tua madre era ossessionata, come primogenito voleva un maschio. Non pensava ad altro.. E quando venne a sapere che eri tu, diciamo che rimase male. Non si comportò male, anzi, prima della tua nascita non ti mancò niente. Avevi tutto. Una stanza tutta rosa, una culla bellissima, dei giocatoli che solo la famiglia Light si poteva permettere. Ricordo i giorni quando tua padre comprò un coniglio grande due metri solo perchè a tua madre piacevano gli occhi.» Sorrise. 
«Poi, arrivò quel giorno. Arrivò il 29 febbraio e tu nascesti. Una data al quanto particolare.»
«Io.. » Avevo spento il cervello, non pensavo, non riflettevo sulle parole. Ascoltavo e basta. Per il momento mi bastava ascoltare.
«Durante il parto però, andò qualcosa storto e tua madre fu operata d'urgenza. Non conosco il motivo, ma sembra che dopo quello non ha avuto più la possibilità di rimanere in cinta, come aveva programmato qualche mese prima.»
Il rumore della porta che si chiudeva mi distrasse, ma non abbastanza da avvisare Amber. «Cosi, Katherine, tua madre, iniziò a ignorarti, quasi non esistevi per lei. C'era il lavoro, bellezza poi di nuovo il lavoro, riposo. Tu non eri più nei suoi programmi.» Fece un sospiro e i suoi occhi divennero lucidi. Stava per piangere di nuovo. «A quel tempo era tuo padre che si prendeva cura di te, ti coccolava e ti aiutava quando ne avevi bisogno. Fino a sette anni sei stata con tua nonna, che ti aiutava a crescere per bene. "Io sarò una signorina per bene. Aiuterò il prossimo e farò in modo che nessuno soffra a causa mia" Rispondevi sempre cosi quando qualcuno ti chiedeva perchè facevi tutti quei sforzi di studiare.» Fece un respiro profondo e posò gli occhi altrove. «Quando tua nonna è morta, tuo padre è venuto a sapere del patrimonio. Lui era un uomo che amava lavorare ma ancora di più amava i soldi. Infuriato da quella decisione smise anche lui di starti dietro. Per un po’ di tempo sei venuta da me. Hai conosciuto Blake nel esatto giorno in cui mi hanno portato dei foglio dove c'era scritto che mi era vietato avvicinarmi a te. Almeno finché non saresti diventata maggiorenne..» 

Un terribile rumore incominciò a fischiarmi all'interno delle orecchie, come se qualcuno mi stesse fischiando propio nei timpani. «Krys.. che cosa ti succede?» Si avvicinò Blake preoccupato.
«La mia testa.. Il dolore.. Blake.. Aiutami..» Cominciai a lamentarmi, contorcendomi dal dolore. 
Poi tutto nero. Di nuovo niente

«Come ti senti ragazzina?» La voce di Blake mi raggiunse in fretta. «Dove sono?» Chiesi guardandomi intorno, riconoscendo le pareti dell'ospedale.
«Krystal Light, che dispiace e piacere rivederti qui!» Fece l'omone con il pancione. Era stesso uomo che conobbi il primo giorno che riapri gli occhi. Era divertente parlare con lui, mi faceva sempre ridere. «Allora, questa volta a che cosa devo la tua visita?» Mi chiese lui controllandomi gli occhi e poi la bocca.
«Non lo so. Mi dica lei..» Feci io con un ghigno divertito sulle labbra. Vero, perchè mi trovo in ospedale?
«Sembra che tu abbia avuto un calo di pressione. Che cosa stavi facendo prima di sentirti male?» Mi chiese il dottore controllando la cartella nelle sue mani. «Stavo.. Stavo aspettando che qualcuno mi aiutasse in quanto quella stupida macchina mi aveva lasciato a piedi!»

                          
                                                                                                                                  

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Capitolo 13
*** La verità celata nei sogni (parte 1) ***




                                                                   


La sera del 5 marzo 1992..
 
Una dolce melodia di note si propagava in una stanza vuota, dove i muri erano fatti di vetro che permettevano una bellissima visuale di un tramonto all'orizzonte, mentre il pavimento era ricoperto da mattonelle bianche come il latte.
«Su questa nota, aumenta leggermente il ritmo, tesoro.» Disse la donna al mio fianco con un sorriso sulle labbra. Avere una cinquantina d'anni, ma rimaneva comunque una donna bellissima per i miei occhi. Gli occhi di una bambina di malapena sette anni.
Ripresi a suonare il pianoforte, con gli occhi chiusi ascoltavo la dolce melodia composta da un artista italiano, cercando poi di apportare le piccole modifiche che mia nonna mi suggeriva stando accanto a me.
Era lei la vera artista per me! Lei che mi continuava ad amare nonostante tutti i miei difetti e capricci..
«Tesoro, credo che si sia fatto un po’ tardi, che ne dici di smettere? Andiamo a giocare nel salone, ti va tesoro?» Chiese lei accarezzandomi i capelli. Le sue mani grande, anche se ruvidi e segnati dal tempo, continuavano a incutermi tranquillità, serenità e tutta la pace che questo mondo era in grado di offrirmi.
«Nonna, tu vai a riposare, io vorrei finire d'imparare a suonare questa melodia.. Forse quando la mia mamma sentirà questo brano, lei riuscirà a sorridere e non sarà più arrabbiata con me..» Le risposi sorridendo.
La donna mi sorrise, triste, poi mi accarezzò la guancia e mi baciò la testa. «Forse hai ragione, ti aspetto..»
Così ripresi a suonare, con la mente altrove e con i pensieri che andavano dritto da mia madre, a colei che mi aveva donato la vita ma poi ha deciso di privarmi della sua parola.
Perchè?
Perchè era cosi arrabbiata con me?
«Bravissima!» Applaudì qualcuno alle mie spalle una volta che la melodia finì.
«Papà..» Urlai io entusiasta, correndo poi ad abbracciarlo. «Com'è andata al lavoro?» Chiesi, continuando ad abbracciarlo. A causa di un impegno, mio padre è dovuto andare fuori per una settimana intera.
«Benissimo, ho concluso un affare importantissimo! Con questo cliente sono sicuro che guadagneremo tantissimi soldi...» Rispose lui, contento, forse un po troppo...
«Steven, che ne dici di fermarti a cena?» Chiese mia nonna con un dolce sorriso sulle labbra. «No, mi dispiace mamma, oggi Roxanne ha chiesto di cenare insieme, e lo sai che succede raramente...» Rispose mio padre andando ad abbracciarla. «e poi sono stanco, questo viaggio mi ha distrutto! Se adesso è cosi non so come sarà una volta che diventerò direttore..» Sorrise e mi prese in braccio.
«Andiamo Krys, è ora di tornare a casa!»



Il pomeriggio del 25 agosto 2002…
 
Bussai almeno una decina di volte prima di mettermi seduta sopra il scalino e incominciare a piangere.
Le lacrime scendevano da sole, si liberavano e davano l'inizio alla danza lungo la mia guancia. «Zia! Dove sei finita?» Continuai io singhiozzando.
Odiavo agosto, odiavo tutto quel caldo che non ti permetteva di fare niente. Il stupido sole se ne stava alto nel cielo, impedendomi di respirare regolarmente, avevo caldo, sete e paura.
Paura che lui mi inseguisse e mi picchiasse di nuovo. Ancora e ancora… I capelli neri, lunghi fino alle spalle, mi facevano impazzire, avevo una tremenda voglia di tagliarmeli, ma poi mia nonna si sarebbe sicuramente arrabbiata, lei li amava..
"Una volta forse.." Mi dissi prima di alzarmi e asciugarmi gli occhi. Odiavo che qualcuno mi vedesse in quel stato, l'unica che conosceva quel lato di me era lei: la mia adorata zia, ma questa volta non c'era, che cosa avrei dovuto fare?
«Tesoro, che cosa ti è successo?» Chiese lei comparendo all'improvviso al mio fianco, sobbalzai appena, spaventata assunsi un sorriso finto, non volevo farla preoccupare, non volevo che si accorgesse del mio dolore. Con mia sorpresa notai al suo fianco un ragazzo.
I suoi occhi verdi come due smeraldi, mi ipnotizzarono, quasi mi trovassi davanti ad un incantatore. I lineamenti del viso delicati nonostante fosse nel periodo di crescita. Doveva avere almeno quindici anni. I suoi scuri capelli erano tagliati al punto giusto, ne troppo lunghi, ne troppo corti, erano normali, almeno io la pensavo cosi...
«Niente, sto bene, sono venuta solo a farti una visita, ma vedo che sei occupata, posso ripassare...» Dissi con voce calma, come mia nonna m'aveva insegnato. "Mantieni il controllo e tutto andrà per il meglio nei momenti più difficili."
«Sei qui e non te ne vai da nessuna parte! Tesoro, sono giorni che non ci vediamo..» Mi abbracciò e senza rendersi conto mi passò la mano sul fianco, il quale mi procurò un dolore immaginabile, resistetti a stento, anche se le lacrime sugli occhi stavano lottando per uscire.
«Krys, ti presento il figlio della mia migliore amica, Blake.» Fece lei, avvicinando il ragazzo.
«Blake, lei è Krystal» Sorrise ad entrambe, estraendo le chiavi dalla borsa ed aprendola.
«Blake, perchè non porti Krys di fuori? Io intanto vi preparo qualcosa di fresco..» Propose la donna una volta entrata nella cucina. Il suo difetto più grande era quello di odiare chiunque le gironzolava intorno le gambe mentre preparava qualcosa.
«Amber, non mi ricordo dove si trova il bagno, mi potresti indicarlo?» Chiese il ragazzo. Aveva la voce cristallina, pura e assolutamente dolce da ascoltare. «Krys, accompagnalo tu!» Io, con imbarazzo alle stelle, mi avviai verso il bagno solo che, una volta davanti la porta, Blake mi trascinò con se dentro quella piccola stanza dove in due non ci si doveva entrare, almeno non da piccoli.
«Lasciami.. Che cosa vuoi fare?» Cominciai io a dimenarmi, non capivo che cosa voleva e questo mi spaventava ancora di più. «Stai zitta e alza la maglietta!» Disse con voce dura, altro che dolce, come mi era venuto in mente di pensare che lui fosse carino?
«Ti prego non farmi del male..» cominciai io con gli occhi pieni di lacrime, mi ero paralizzata e non riuscivo a muovermi in nessun modo, quasi fossi stata incollata al pavimento. «Dai, muoviti o tua zia capirà che qualcosa non và...»
«Non farmi del male..» Chiusi gli occhi, preparandomi ad un ulteriore dolore, proprio come quello che avevo provato qualche ora precedente. «Tranquilla ragazzina, non urlare..» Fece lui alzandomi leggermente la maglietta e scoprendo il fianco ferito, poi, con un asciugamano bagnato, pulì il sangue che si era seccato e con un disinfettante ripulì la ferita.
Fece tutto con tatto, delicato, quasi sapesse che cosa stesse facendo. Le sue mani erano abili, mi aveva posato una pezza bagnata e poi l'aveva fasciata. «Fatto, non si vede nemmeno!» Sorrise, asciugandomi gli occhi pieni di lacrime e io che pensavo che mi avesse fatto del male...
«Perchè l'hai fatto?» Chiesi io, quasi spaventata.
«Perchè mi sembravi in difficoltà, e poi, non ho intenzione di guardare una ragazza ferita che cerca di mascherare tutto con un falso sorriso.» Rispose lui baciandomi la guancia e scomparendo dalla mia visuale.
«Cosa? No! Non potete farlo! Non me la potete portare via..» Le voci di mia zia in preda all'ira mi spaventò, ma nonostante tutto, presi coraggio e uscì fuori, non l'avessi mai fatto..
Un agente di polizia mi prese in braccio, anche se io cercavo in tutti i modi di liberarmi e di scappare, fu una cosa inutile.
Poi le parole che segnarono il mio futuro: «Fino alla maggior età della signorina Krystal Light le è vietato avvicinarsi, parlarle, chiamarle...»


La sera del 10 aprile 2007…
 
Mi trovavo in una stanza sommersa dai libri e dai vestiti, ovunque si guardasse, c'erano d'dappertutto i suoi indumenti. Come si faceva a vivere in un porcile del genere?
Non era cambiato di una virgola, anche i suoi modi di fare e comportarsi. «No, no, no e ancora no! Che cosa non capisci del fatto che questo risultato deve essere positivo? Non puoi cambiare i segni a tuo piacimento.. Lucas, se continui a fare di testa tua, all'esame sarai bocciato!» Urlai io contro il mio amico, che stava comodamente disteso sopra il suo letto.
Lui, in tutta tranquillità, alzò leggermente la testa e fece quel espressione sul viso che appena la vedi ti viene in testa solo una cosa: Ucciderlo. I suoi occhi viola, un colore al quanto raro, mi scrutavano e mi osservavano divertiti, poi, finalmente si decise a parlare. «Ma quanto sei rompipalle Krys! Rilassati! Sarà un gioco da ragazzi quel esame..» Rispose lui, prendendo in mano il mio pupazzo preferito, l'orsacchiotto bianco. «Krys, hai quasi sedici anni e ancora ti porti Mark dietro te?»
«Lascialo stare! Non lo toccare!» Cercai di riprenderlo, ma l'altezza di Lucas era una cosa da non sottovalutare, per me era impossibile arrivare al suo braccio alzato. «Nana, il vero Mark ti saluta invece, ha detto che ti sei fatto bella..» Mi sorrise lui mentre i miei occhi si illuminavano. Mark era un compagno di classe del mio adorato amico Lucas, e diciamo che dal giorno in cui l'ho conosciuto, non sono riuscita a togliermelo dalla testa, come se fosse stato un colpo di fulmine, almeno credo che sia cosi, perchè amore vero, quello che ti toglie il fiato e ti fa sorridere non appena pensi a quella persona, io lo devo ancora incontrare.
L'orsacchiotto l'ha vinto lui ad un gioco, e sottoconsiglio di Lucas, me l'ha regalato a me. Un giorno importante anche perchè, in quel stesso momento ricevetti il mio primo bacio a stampo. Una cosa da non dimenticare..
«Stavo pensando, che ne dici se propongo un'uscita a quattro?» Chiese lui tirando fuori il cellulare dalla tasca, come se io avessi già approvato. «Lo chiamo e gli chiedo se ha da fare il sabato sera...»
Non ebbi il tempo di controbattere che già stava parlando con lui. «Mark, amico mio! Ti andrebbe di uscire con noi il sabato sera?.. Chi siamo? Io, Krystal e un'amica mia.. Va bene? Allora alle otto passo a prenderti poi decideremo la destinazione! Si, ciao Mark!» Non appena attaccò la chiamata si mise a ridere e a scompigliarmi i capelli, lo sapeva benissimo che io odiavo quando faceva cosi...
«Fallo di nuovo e non potrai più divertirti con le tue amichette!» Lo minacciai io con un ghigno malefico sulle labbra. «E tu che ne sai di quello che faccio con le amichette mie?» Mi chiese avvicinandosi al mio orecchio. «Lo sai che queste cose sono vietate ai minorenni?» Aggiunse poi ridendo di gusto.
Io lo spinsi sul letto e cominciai a fargli il solletico, sapevo benissimo che quello fosse il suo punto debole, non riusciva a resistere più di due minuti, poi avrebbe cominciato a chiedere il perdono.. «Scus..ami, bas..ta Krys, mi f..ai mo..rir..e..» Mi sbagliavo, questa volta non è riuscito a resistere nemmeno trenta secondi.
«Ti perdono solo per questa volta! Poi saranno guai!» Dissi ridendo, poi mi accoccolai al suo petto, come una bambina con una mamma, mentre lui, con un dolce sorriso mi incominciò ad accarezzare i capelli.
«Sempre la stessa storia?» Mi chiese all'improvviso, sapevo benissimo a cosa si stesse riferendo, al comportamento dei miei genitori nei miei riguardi. Annui, non dissi nient'altro.
Lui mi capiva, non c'era bisogno di altre parole.
«Ho saputo che una volta finito la scuola, vuoi intraprendere la strada per diventare un avvocato..»
«Eh si, ho in mente di studiare tanto e poi andarmene da questo posto..» Presi un respiro e mi alzai controvoglia. Con lui stavo bene, ma non potevo nascondermi in eterno, prima o poi sarei dovuta tornare a casa.
«Non hai mai pensato di scappare?» Mi chiese poi, accarezzandomi la guancia.
«Troppe volte..»

La notte del 29febbraio 2008.. (sedici anni)
 
«Auguri bellissima!» Mi disse Lucas all'orecchio non appena scoccò la mezzanotte del 29 febbraio. Un giorno bisestile, in cui sono nata io. «Grazie Lù!» Sorrisi e lo baciai sulla guancia, continuando a muovermi a ritmo della musica. Ci trovavamo entrambi in una discoteca notturna dove la gente pagava un occhio della testa per entrare.
All'improvviso mi sentì mancare la terra sotto i piedi, mi stavo preparando all'impatto con la terra, quando due braccia forti mi presero in tempo. Rimasi quasi stupita a vedere davanti a me un ragazzo poco più grande di me, con un strano ghigno sulle labbra. «Principessa, non le hanno detto che dovrebbe guardare dove mette i piedi?» Chiese lui avvicinandosi al mio orecchio. Con la musica a palla, era quasi impossibile udire quelle parole, ma mi sforzai leggermente di essere gentile e non rispondere a modi. Non potevo mandarlo a fanculo, proprio lui che mi aveva salvato da una caduta certa. «Grazie per l'aiuto.» Sorrisi, più finta di una banconota da tre dollari. Poi, mi allontanai, andando al centro della pista per svagarmi. Era il mio compleanno e io volevo divertirmi.
Avevo di nuovo litigato con mio padre, anche se questa volta, forse per compassione o per regalo del compleanno, si è risparmiato dall'alzarmi le mani addosso. Voleva che io cominciassi a studiare per entrare all'università di architettura, voleva che intraprendessi la sua stessa strada. Per me una cosa del tutto impossibile. Io avevo altri piani, sia per me che per lui.. Mancava poco e poi mi sarei vendicata di tutto il dolore che mi ha procurato e che tutt'ora continua a farmi.
Indossavo un paio di pantaloni attillati con dei tacchi vertiginosi, un gilè bianco che copriva il seno e mi scopriva l'intera schiena e tutta la pancia. «Sei uno schianto..» Mi disse qualcuno alle spalle, mentre con le mani si soffermava sui miei fianchi e mi accarezzava i capelli. «Non toccarmi..» Feci io guardandolo male. Odiavo che qualcuno che non conoscessi mi toccasse, chissà che cosa aveva fatto poi con quelle mani, in una discoteca che dovevi avere paura di entrare nel bagno, che c'era il pericolo che trovavi la gente che aveva dei rapporti sessuali.
«Ma come siamo permalose qui..» Continuò lui avvicinandosi ulteriormente, mi prese per le mani e me le bloccò dietro la schiena, in modo che non potessi fare niente. Ero in trappola.. 
«Amico.. Credo che sia meglio per te togliere le mani dalla signorina..» Disse il ragazzo dietro a lui. «Sparisci!» Fece di rimando quello che mi teneva le mani strette dietro la schiena, provocandomi inoltre un dolore allucinante. «Risposta sbagliata!» Sorrise e lo colpì in pieno viso, poi, una cosa che non mi sarei mai immaginata, mi prese per mano e mi suggerì di correre.
In qualche modo, a me ancora sconosciuto, riuscimmo a scappare e uscire da quel putiferio che si era creato dentro. In diversi punti del locale c'erano delle risse, ragazzi che si picchiavano, altri che ridevano e altri ancora che venivano pestati. Un inferno scatenato in terra, anzi, in discoteca.
«Certo che sei una stronza tu!» Fece il ragazzo che mi aveva salvato dalla caduta certa. Adesso che c'era anche la luce potei osservarlo meglio. I suoi occhi nocciola trasmettevano felicità e divertimento. Capelli leggermente lunghi che gli arrivavano fino le spalle. Il suo abbigliamento poi, non era certo passato inosservato. Un paio di pantaloni bianchi e una camicia nera, del tutto sbottonata, attraverso la quale potei osservare il suo fisico. Direi anche quello perfetto...
«Io? Che cosa avrei fatto scusa?» Domandai allibita, osservandomi intorno.
«Si principessa, proprio tu! Prima istighi e poi ti tiri indietro? Poi non ti lamentare se qualcuno perde le staffe e fa qualcosa di brutto..» Non gli diedi il tempo di finire che assunsi una faccia da cucciola bastonata, poi con un dolce sorriso dissi: «Non è colpa mia, è il mio compleanno e io mi volevo solo divertire. Sono loro che mi girano intorno..»
«Prima cosa: Ti girano intorno perchè sei mezza nuda! Ma ti sei vista allo specchio? Non lasci tanta fantasia e poi, Auguri! Sei la prima ragazza che conosco che compie gli anni in un anno bisestile!»
«Krystal..» Feci io porgendogli la mano che lui prontamente afferrò e sorrise. «Jonathan»
«Troppo lungo! Torniamo dentro J?» Sorrisi e rientrammo dentro quel inferno.
«Lucas?» Chiese stupito una volta che lo portai da lui, il mio "accompagnatore". «Che cosa ci fai da queste parti?» Chiese invece il mio amico al sconosciuto, che fino a pochi istanti fa non conoscevo neanche il suo nome. «Mi sono trasferito da poco, non avrei mai immaginato di poterti incontrare da queste parti..»


Notte fonda del 29 marzo 2008.. (sedici anni)
 
«e questo, è l'ultimo!» Feci io appoggiando la scatola sul letto.
Avevo appena preso la decisione più dura della mia vita. Era fatta, non potevo più tornare indietro.
«Nessuno deve sapere che mi sono trasferita qui e non fatevi scappare dalla bocca questa informazione a mio padre!» Sgridai i due ragazzi che mi guardavano stupiti.
Jonathan, dalla sera del mio compleanno, divenne un componente della mia famiglia. Mia e di Lucas.
«Tranquilla Krys! Andrà tutto bene, nessuno scoprirà dove ti nascondi!» Disse Jonathan sicuro di se stesso. Ecco un motivo per cui lo amavo, era sempre sicuro di quello che affermava, era in grado di tranquillizzarmi con delle semplici parole e farmi smettere di piangere in due secondi. Lo amavo come un fratello, come Lucas e come amavo tutti quelli che meritavano di entrare nel mio cuore.
«Ragazzi, non è per dire ma è notte fonda! Possiamo rimandare i saluti a domani?» Chiese Lucas sbadigliando. Era notte fonda, erano quasi le quattro di notte e se avremmo continuato a discutere in quel modo, sicuramente avremmo fatto alba. «Domani passeremo per vedere se ti manca qualcosa. Dylan, mi raccomando, sono buono e gentile ma vedi di tenere le mani apposto con lei!» Fece Jonathan serio. Diverse volte mi aveva protetta, e mi aveva subito dimostrato quanto ci tenesse a me. Non aveva mai osato ad avvicinarsi a me in un altro contesto, si limitava ad essermi amico. Il mio migliore amico.
«Per la prima volta mi trovo d'accordo con te amico!» Fece Lucas posando il braccio sulla spalla di Jonathan.
Loro due erano amici di vecchia data, ma per quanto riguardava decisioni o qualcosa del genere, non c'era mai niente che andasse bene per entrambi. «Complimenti Dylan, sei riuscito a farti due nuovi nemici!» Fece Dylan parlando a se stesso. Io sorrisi e lo abbracciai.
Erano settimane che progettavo questa fuga, erano settimane che sopportavo il dolore che mi procurava mio padre ed erano gli anni che non mi sentivo cosi liberà e felice. «Non avrò mai abbastanza parole per ringraziarti di tutto questo..» Dissi io con un sorriso dipinto sulle labbra.
«Tranquilla! E' un piacere aiutarti.» Mi sorrise e poi, con un cenno della testa salutò Jonathan e Lucas, poi scompari all'interno della casa.
«Dylan è un bravo ragazzo, ha solo bisogno di qualcuno che gli aiuti con il pagamento delle rette, in caso tuo gli pagheresti affitto, in questo modo entrambi guadagnate qualcosa.» Spiegò Lucas la situazione di Dylan. Jonathan annuì e mi baciò la guancia. «Ci vediamo domani principessa, io devo andare a nanna!» Sorrise e scompari insieme alla sua moto. «Chiamami se qualcosa andasse storto..» Sussurrò Lucas al mio orecchio per poi dileguarsi nella notte.
Una  volta rientrata nella casa, impiegai qualche secondo per rendermi conto della decisione che avevo preso. Allontanarmi per sempre dalla mia famiglia, che poi quel aggettivo di certo non lo meritava.
«Bene Krys, io ti lascio la stanza da letto con il mio comodissimo materasso e mi prendo il divano, tanto comodo..» Disse ridendo. Quando posai gli occhi sul divano, capì che tanto comodo non era. Ma non lo conoscevo abbastanza da poterli permettere di avvicinarsi troppo a me. Con il tempo, forse la cosa sarebbe cambiata.


La sera del 1 agosto 2009.. (diciassette anni)
 
Era la prima volta che andavo a casa di un'amica. Non mi era mai accaduto e sono davvero emozionata, assomiglio più ad una bambina che ad una ragazza di diciassette anni.
«Attenta alle scale, per colpa di mia sorella c'è il rischio di scivolare..» Mi avvisò Sarah con un sorriso per poi indicarmi la sua stanza.
Appena varcai la soglia, rimasi senza parole, le pareti, il soffitto, tutto era abilito dai disegni fatti a mano.
«Sono tuoi tutti questi?» Chiesi stupita, erano bellissimi. Ogni disegno aveva qualcosa da raccontare, una storia.
«E' solo un passatempo, con il corso di architettura sono avanti e certe volte mi perdo a disegnare dei oggetti a caso..» Mi spiegò lei mordendosi nervosamente le unghie. Era tanto timida quella ragazza, eppure, con qualche aggiustatina sarebbe stata bellissima. Continuai a guardare in giro, quando l'occhio mi cadde su un disegno un po’ particolare. Un ritratto di un ragazzo. «Ma questo è.. J!» Dissi fissandola allibita e allo stesso tempo sorpresa. Non mi l'aspettavo una cosa del genere.
«Ecco io.. » Cominciò lei con le gote arrossate e le orecchie rosse come il fuoco. Non riuscì a trattenermi e cominciai a ridere, dopo qualche istante anche Sarah si unì a me.
«Come fai a conoscere Jonathan?» Mi chiese lei ad un tratto. "Come non lo sapeva?" Mi chiesi sorpresa, era raro che qualcuno non sapesse con chi uscivo. «E' uno dei miei migliori amici..» Risposi poi, osservando la sue espressione confusa.
«Dai, stasera vieni a ballare con me e te lo presento!» Appena udì quelle parole cominciò a sorridere e a fantasticare su tutto quello che le passava di testa. Si mise a parlare dell'abbigliamento, di che cosa avrebbe parlato una volta che lo avrebbe conosciuto, di come si sarebbe comportata... 
«Respira e inspira.. Stai per conoscere il ragazzo per il quale hai perso la testa!» Feci io dandole una pacca sulla spalla e mostrandole la strada che ci avrebbe condotto al tavolo dei ragazzi.


                                                                                                                                                                             

Ps..scusateeeeeeeeeeeee.. A causa delle prove, delle verifiche e fresche varie.. non ho avuto modo di aggiornare in tempo.. Chiuedo scusa.. Allora.. Che ve ne pare di questo capitolo?? é solo la prima parte, un pò del passato di Krystal, poi, nella seconda si spiegherà del perchè di questi ricordi.. XP Colgo il momento per ringraziare tutti.. quelli che m'hanno aggiunta fra le preferite/seguite/ricordate.. e un grazie enorme a tutti coloro che m'hanno lasciata una recensione.. Grazie di cuore.. Un bacione enorme a tutti..

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Capitolo 14
*** La verità celata nei sogni (parte 2) ***


                                                                                                                                                                                         


Il pomeriggio del 30 settembre... (diciassette anni)

«Dovresti tagliarti un po’ le punte dei capelli. Sono.. brutte..» Fece Lucas con un ghigno divertito sulle labbra. I suoi occhi viola risplendono contro la luce del sole mentre il sorriso che dipinge il suo volto è da togliere il fiato. I suoi capelli, disordinati come sempre, le solleticavano la guancia.
Entrambi erano distesi sul letto e come sempre, nella stanza del suo amico regnava un caos tremendo. I vestiti sparsi ovunque, libri buttati a caso, fogli stropicciati... Inferno era sceso nella stanza di Lucas e lui non cercava di rimediare in nessun modo, come sempre del resto.
«Non cambiare il discorso, chi altro si è iscritto nell'università di economia? Mi serve qualcuno che abbia la testa sulle spalle.» Chiesi, prendendo in mano un foglio con la penna, intenta a scrivere i nomi dei miei futuri dipendenti.
Il primo pensiero che mi venne in mente fu: "Ti rovinerò..." Pensai con un ghigno malefico sulle labbra.
Dopo dieci anni di tortura, non potevo far altro che ripagarlo con la stessa moneta. Lo avrei fatto soffrire nello stesso modo in cui lo aveva fatto con me.  Non lo avrei mai perdonato.
Mi aveva picchiata più volte, umiliata, per non parlare quante volte mi aveva ferito usando soltanto delle parole credule.
«Il primo della lista è un certo Daniel Sawitus, sembra che abbia la testa attaccata al collo ed è messo bene anche nelle parti basse..» Fece Lucas mettendosi a ridere. Krystal spalancò gli occhi e lo guardò semplicemente schifata e poi disse: «Non sapevo che fossi diventato gay!»
«Ti sembra possibile che un corpo del genere,» si indicò con un sorriso e continuò: «rifiuta la verginità e la passione di qualche donzella indifesa?» Poi si mise a ridere mentre Krystal, con le guance gonfie d'aria, infilava la mano nei capelli del ragazzo e poi gli tirava. «La smetto, promesso!» Disse lui, una volta finita la tortura delle sua migliore amica.
«Nel campo economico puoi aggiungere anche il suo amico, Brian Cambell.» 
«E per quanto riguarda architettura? Qualcuno che delle competenze, Sarah è la prima della lista, quella ragazza ha gusto.»
«In quel campo, conosco solo delle ragazze, esperte anche nel letto..» Si mise a ridere, incominciando ad elencare le tre ragazze: «Mary Stocks, Jenna Powell e Kate Parker, le altre è meglio che non le conosci affatto..»
«Che cosa vuoi dire?» Chiesi io, allibita dalla sua risposta. "Che cosa nasconde questo ragazzo?"
«Ecco, come posso dire, tutte le ragazze che ho scaricato, diciamo che, ho usato te come scusa...» Disse ridendo, per poi proteggersi la testa dalla cuscinata che gli era arrivata in pieno viso.
«Non voglio nessuna spiegazione! Forza continuiamo, mi servono i nomi per la mia vendetta perfetta!»
 
La mattina del 24 dicembre 2009.. (diciassette anni)
 
 «Vai al diavolo tu e i tuoi consigli! Non voglio ascoltarti e lasciami in pace!» Urlai contro il cellulare, dopodiché chiusi la chiamata e lo buttai nel fiume Tamigi.
«Voglio rimanere sola..» Sussurrai contro il vento freddo di dicembre. La neve scendeva lenta dal cielo, bagnandomi leggermente i capelli. Gli occhi mi pizzicavano, facevano male e non erano solo loro a farmi soffrire.
M’ha abbandonata anche lui e sono di nuovo sola.
Una lacrima silenziosa si fa spazio fra il gelo e scende lungo la guancia.
Sola.
Solo io..
Mi ha lasciata con una lettera. Una stupida lettera con poche parole.
"Come ha potuto farlo?" E come se non bastasse, devo passare questo stupido natale in compagnia di... Nessuno
Di nuovo sola.
Lucas è in compagnia con le sue "amichette" mentre Sarah e Jonathan hanno deciso di passare il loro primo Natale a casa dei suoi genitori.
E io?
Fino a qualche giorno fa, avevo in programma di passarlo con lui, il mio primo e vero amore. Il primo ragazzo che mi ha guardato con gli occhi diversi, con gli occhi sinceri e mi ha sorriso.
Dylan James Harbert.
Stesso ragazzo che mi aveva aiutato a scappare da casa, a scappare dall'inferno e poi, dopo un anno, ha pensato bene di uscire di scena anche lui.
E ora?
Cosa succederà adesso?
Il suono di un clacson mi distrae, mi giro e osservo l'uomo che è uscito dalla macchina con le mani alzate.
«Signorina, perché non scende da lì? E' pericoloso..» Fece lo sconosciuto.
Pericoloso? Che cosa?
Mi giro appena e mi osservo intorno. Sono salita sopra la rampa e non me ne sono resa neanche conto. Che cosa volevo fare? Buttarmi nel fiume gelido? E quale santo ha deciso di farmi rimanere in bilico? Come ho fatto a non cadere?
«Ho paura..» Sussurro piano.
«Non voglio essere sola..» E le lacrime cominciano a scendere.
 
La notte del 10 gennaio.. (diciassette anni)
 
La musica rimbombava dappertutto, non c'era un angolo in cui si poteva stare tranquilli. Infondo, stiamo parlando della discoteca più in dell'Londra.
Krystal, coperta soltanto da un striminzito vestitino bianco che a malapena le copriva l'intimo, si stava divertendo, ubriaca fradicia. Come sempre del resto, faceva solo quello nelle ultime due settimane. Discoteche e alcool, nient'altro c'era nella sua testa.
«Bellissima..» Qualcuno mi sussurra all'orecchio, posando le mani sui miei fianchi.
Che rottura...
Mi giro lentamente, anche perché non saprei fare di meglio visto che ho lo stomaco pieno di alcool, che poi non ricordo neanche come faccio ad essermi ubriacata cosi tanto.
«Togli le mani dalla signorina, amico..» Il ragazzo che mi teneva per i fianchi si allontana e mi lascia libero per uno dei miei migliori amici. «Dov'è la ua bellisima ra..zza?» Chiedo con il singhiozzo e un sorriso a trentadue denti.
L'alcool mi rende euforica. Troppo.
Devo smetterla, non devo toccare più quella droga.
«Krys, smettila di distruggerti. Non vale la pena. Non per lui.» Mi sussurra J all'orecchio e comincia a muoversi con me.
Balliamo finché entrambi non restiamo stremati. Jonathan ha sempre amato la discoteca ma con Sarah ha dovuto rispettare certi limiti. E cosi, adesso, può andare a ballare solo se ci vado io. E brava Sarah.
«J, aiutami..» E lui prontamente mi prese fra le braccia e mi portò fuori dal locale. Mi aiutò a restare in piedi e non farmi cadere. Un vero amico.
«Signorina, le serve aiuto?»
«Ecco, un'altro rompiscatole» Dico ad alta voce, poi alzo lo sguardo e rimango meravigliata. Due occhi azzurri mi fissano.
«Cazzo.. Che occhi! Porti le lenti a contatto?» Fu la prima cosa che gli dissi, quasi d'istinto, senza pensarci. Che poi con tutto quell'alcool che avevo in circolo, non potevo pensare lucidamente.
«No..» Fece lui mettendosi a ridere.
«Scusala, ma credo che in questo momento sia meglio che tu entri, la ragazza qui presente deve portare le chiappe a casa.»
«Cosa? Noooo! Voglio andare con lui. Lui è più bello, lui è molto più simpatico..» E dicendo ciò, il ragazzo sconosciuto riprese a ridere. «Chiamami Josh.» Fece poi, porgendomi la mano con un sorriso da togliere il fiato, mentre io, giusto in tempo, mi giravo e rimettevo. Credevo che sarei morto quella sera.
 
La sera del 11 maggio.. (vent’anni)
 
«Come hai potuto farlo? Tradirmi con quella sciacquetta poi!» Gli chiedo con le lacrime agli occhi.
«La colpa è solo tua!» Mi risponde invece lui, come sempre ha la risposta giusta.
«Non ti voglio più vedere! Mai più!» Faccio qualche passo, mi allontano lentamente.
Mi giro appena, giusto il necessario per osservarlo l'ultima volta. Per guardarlo meglio negli occhi. Quell'azzurro chiaro che all'inizio mi aveva fatto perdere la testa. Mi aveva catturato e mi aveva resa sua prigioniera.
Lui sta lì, fermo e immobile nel punto esatto in cui ebbe il coraggio di dirmi la verità. Di confessarmi di avermi tradito. Come si fa a tradire una persona dopo tre anni con cui si crede di condividere tutto?
Come fa a sostenere che mi ama ancora se ha avuto il coraggio di andare con la prima che gli è capitata a tiro? Proprio lui che affermava di odiare quel tipo di ragazze.
Questo non è amore e io non voglio stare con una persona per la quale ho dato tutto e lui se ne è fregato altamente. Non lo accetto! Non voglio accettarlo nonostante so che soffrirò. Starò male, piangerò ma poi mi passerà. Almeno è questo che penso, è questo che voglio!
Desidero ritornare a essere libera, di essere indipendente ed esprimere i miei pensieri come ho sempre fatto, almeno finché non mi innamorai di lui. Il solito ragazzo per bene, che non delude mai nessuno, si comporta da angioletto e studia tutto il giorno. Ho rinunciato tutto per lui, alla mia vita sociale, ai miei due migliori amici e alle mille occasioni che avevo per andarmene da questo posto.
Adesso, credo sia arrivata l'ora di realizzare questo sogno. Di andarmene da qui e incominciare una nuova vita. Dove lui non esisterà, dove Josh non potrà più perseguitarmi.
Faccio un leggero respiro, come se mi sentissi di nuovo libera.
 
???
 
Verde.
Verde..
Verde...
Ovunque guardi vedo il verde.
E' un colore cosi bello, sembra quasi palpabile nell'aria.
Mi sento leggere ma ho una terribile emicrania.
«La mia testa.» Cerco di dirlo, ma l'unica cosa che mi esce dalle labbra sono delle sillabe sconnesse e senza senso. Non riesco a parlare.
Di nuovo il colore verde mi pervade la mente e io mi calmo. Mi sento tranquilla. Serena.
«Occhi verdi..»
Continuo a girarmi intorno, alla ricerca di qualcuno. Ma chi?
Cosa rappresenta il colore verde?
E perchè continuo a pensare a qualcuno? Ma chi? Cosa sono queste domande? Perché?
 
Al giorno d’oggi..
 
«Guardi su.. Adesso in giù.» Mi chiede il dottore, osservandomi le pupille.
«Che cosa mi sta succedendo? Ho un mal di testa tremendo» Continuo io ad lamentarmi. Non posso fare altrimenti.
Sorrido.
«Le ferite dell'incidente che ha apportato non sono del tutto guarite. Può succedere che durante la giornata possa avere qualche calo di pressione. Quindi, mi raccomando, stia attenta!» Fece il dottore uscendo dalla stanza.
Ricordo quasi tutto.
«Ah, dottore! Ultima cosa, non voglio che nessuno sappia del mio risveglio!» Sorrido e poso lo sguardo fuori dalla finestra.
Ho un passato. Brutto, ma ne ho uno tutto mio.


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Capitolo 15
*** ..il gioco è più interessante così.. ***


Licenza Creative Commons
"The Memory of the heart" by Krystal Darlend is licensed under alicenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 3.0 Italia

 



 

      Guardo fuori dalla finestra del mio ufficio: Piove.
Innumerevoli gocce imperlano il vetro, si uniscono alle loro sorelle e crescono, fino a che, troppo grandi e pesanti, scendono giù in piccoli rivoli per poi perdersi oltre la cornice bianca della finestra.
La pioggia è sempre più fitta, sempre più veloce e frastornante.
Il cielo nero continua a incutermi tristezza e malinconia, facendomi sentire sola, senza una spalla su cui piangere o aggrapparmi nei momenti di bisogno. A causa dell'incidente avuto due mesi fa, ho dimenticato tutto il mio passato, ma ora, dopo cinque lunghi giorni di sonno passati all'ospedale "Guy's Hospital", ricordo, finalmente, la maggior parte delle cose. I dottori affermano che pian, piano, sto accettando la mia vita, sto affrontando i problemi e queste nuove sensazioni, queste nuove scoperte portano il mio cervello a rievocare alcune parti dimenticate del mio passato.
Un fulmine silenzioso si scaglia contro il cielo, illuminandolo. Poi, ad un tratto, sento un brontolio cupo. Sembra una voce arrabbiata, quando urla. Odio i temporali e odio questa sensazione che continuo a provare. Sento che sta per succedere qualcosa, come se avessi un presagio, un sesto senso.
Ma che cosa?
Un leggero bussare mi distrae dai miei pensieri, mi volto e trovo il sorriso di Milena ad accogliermi. È una donna gentile con un sorriso sempre sulle labbra. Indossa un tailleur nero. I suoi occhi sono leggermente truccati con un colore scuro che mette in risalto l’azzurro delle iridi e le labbra sono dipinte di un rosso acceso. Quel modo di truccarsi mi sa po’ da vecchia, ma sul viso di Milena sta divinamente. È più alta di me di qualche centimetro, ma forse è solo l’illusione dei tacchi vertiginosi che indossa, è magra, ma ha le curve nei punti giusti, come dovrebbe avere una bella donna di trent’anni. E' stata proprio lei ad accogliermi, quando mi sono presentata come la nuova dirigente della Light, tre giorni fa. Nessuno credeva che una "ragazzina" stesse per prendere il controllo di una delle più importanti società di Londra. Come posso dar torto a chi ha, effettivamente, ragione? Perfino io ho paura in ciò in cui mi sono imbattuta. Si, ho paura. Paura di non essere accettata, di deludere la fiducia della mia cara nonna e di fallire miseramente, perché non sono all’altezza di questo ruolo, ma non sarà questa paura a fermarmi.
Ho un obbiettivo: vincere.
«Milena. Dimmi tutto» le chiedo e poi mi dirigo verso il divano bianco. «Signorina Krystal, le ho portato i documenti che mi ha richiesto» si avvicina sicura di sé, con quel sorriso sbarazzino che le illumina gli occhi e la fa sembrare ancora più giovane e mi porge il fascicolo. Le sorrido.
Grazie alla poca memoria recuperata, adesso ricordo la password del mio computer che ho ritrovato insieme ai documenti che mi ha lasciato la nonna in eredità. All'interno del portatile, una volta passata la parte dell'autenticazione, ho scoperto un vero e proprio archivio dati. Ci sono, infatti, tutte le decisioni prese da mio padre inerenti la società fino a due mesi prima dell'incedente, le cause che ha affrontato, alcune sono anche per danneggiamento dell'immagine di qualche costruzione e molti documenti importanti che riguardano i nostri clienti più fidati. Inoltre, ci sono tutte le schede dei dipendenti e, infine, c'è una cartella, che mi sembra un po’ particolare, nominata "Da assumere assolutamente" che contiene diversi nomi, tra i quali spicca quello di Sarah Moore.
La cosa che mi sorprende di più di questa cartella è che contiene tantissime notizie sulla vita privata di queste persone e non solo quelle strettamente professionali. «Contatta tutti questi nomi e fissa un appuntamento con ognuno di loro, il prima possibile.» Milena annuisce e poi si avvia verso la porta.
«Un’ultima cosa, puoi chiamare Josh Hillart?» le chiedo gentilmente prima che esca. «Che cosa gli devo riferire?» Mi chiede lei non nascondendo un certo stupore. «Chiamalo e poi passamelo, non preoccuparti, mi arrangio» Rispondo semplicemente per poi dedicarmi allo studio dei file del computer.

Prima di incontrare Dylan, volevo frequentare Oxford e studiare economia per poter prendere il posto di mio padre e subentrargli nella direzione della società. Non tutto andò secondo i miei progetti.
Ricordo a malapena quel giorno.
Era una fredda sera d'inverno, io e Dylan stavamo cenando in un ristorante fuori città, per festeggiare i mesi che ci frequentavamo. Ci stavamo divertendo ed eravamo spensierati, quando un uomo cominciò a picchiare una ragazza davanti a tutti i clienti del ristorante.
Una scena orribile.
Dylan fu l'unico ad avere il coraggio di alzarsi e difenderla. Li separò e aiutò la ragazza ad andarsene dal locale. In seguito, dopo aver convinto la stessa a denunciare l’uomo, riuscì a farlo condannare. L’uomo finì in prigione per diverso tempo. 
Quell’episodio mi colpì l’animo profondamente, tanto che decisi di frequentare la University College London o meglio dire l’UCL.


«Sulla tre, c’è Mr. Josh» mi avvisa Milena, bussando leggermente e facendo capolino sulla porta.
«Josh… Quanto tempo!» un sorriso malefico mi si forma sulle labbra. E' ora di giocare un po’…
Silenzio.
Comincio a sospettare che non sappia cosa dire e, probabilmente, ci sta pensando, perché è stato preso in contropiede. Mi rendo sempre più conto di quanto sia un abile manipolatore e di quanto male abbia fatto a lasciargli tutta quella libertà con me. Il primo anno che siamo usciti insieme, ero davvero innamorata di lui, mi piacevano le sue attenzioni, le sue carezze e tutto quello che mi donava. Poi, però, venni a conoscenza che lui era il figlio di un cliente di mio padre, la sua società stava fallendo e, fatalità, con il nostro fidanzamento, la sua ditta riuscì a uscire inaspettatamente dalla crisi. Aiutato da qualcuno di mia conoscenza. Josh Hillart tiene lontano Krystal Light dai giornali e dalla società Light e la ditta di Hillart riprende vita miracolosamente. Coincidenza? No! Questo è l'accordo che ha stipulato mio padre con il padre di Josh, peccato che anche quest’ultimo faceva parte del complotto.
«Krystal, a cosa devo questa chiamata? Senti la mia mancanza?» mi chiede un po’ spaventato. «Così… ho trovato il tuo numero tra le scartoffie e mi chiedevo se ti andava di vederci...»
«Mmm… allora alla fine ti sei pentita di avermi lasciato? Lo sapevo che prima o poi saresti tornata a piangere da me. Non sarebbe certo la prima volta...» Lo sapevo. Ero sicura che il discorso sarebbe finito così! 
Durante il periodo nero, ovvero i giorni che seguirono il funerale di Lucas, non volevo vedere e parlare con nessuno. Mi rifiutavo perfino di mangiare. Ero distrutta e l'unica cosa a cui pensavo era come avrei fatto senza il mio migliore amico, senza la mia aria, senza di lui che era la parte più importante della mia vita. Josh non riusciva a comprendere il mio stato d’animo e continuava ad assillarmi con domande e frasi stupide, ero talmente arrabbiata con lui e con il mondo intero che un giorno ero sbottata e gli avevo detto «Perché non sei morto tu invece di Lucas?» Ricordo bene di essermi sfogata in un modo brutale. Distrussi gran parte della casa, mi accanii soprattutto con la finestra della stanza da letto, la preferita di Lucas, quella da cui amava osservare il panorama della città e poi, infine, come se non fosse bastato mandai a quel paese Josh dicendogli chiaramente di non farsi vedere mai più. Quando il dolore si assopì e mi sentii meglio, chiesi scusa a tutti, lui compreso e tornammo insieme.
La stessa crisi isterica, con conseguenze simili, avvenne quando mia madre, durante una cerimonia affermò, davanti a migliaia di persone e giornalisti, di non avere nessuna figlia, quando le fu chiesto dove fosse sua figlia. Mi ero sentita morire. Essere rifiutata dalla propria madre è una delle cose più brutte che possa capitare a chiunque.
In quell’occasione diedi dimostrazione dell’aspetto più cattivo di me. Mi rivelai davanti agli occhi di tutti come una piccola delinquente. Con aiuto di J distrussi tutto il giardino della villa, graffiai la maggior parte delle macchine e bruciai le rose preferite di mia madre. Infine accecata dalla rabbia, scrissi con la vernice sulla parete principale che portava al piano superiore, la seguente frase: vorrei chiedere scusa a mia madre... No, un attimo. Io non ho nessuna madre!!  
«Falla finita con questa storia, non sono dell’umore adatto per ascoltarti Josh!» alzo leggermente il tono della voce, giusto per mostragli che non sto cercando il suo perdono. Anzi, in teoria è lui che si dovrebbe scusare! «So benissimo che eri in combutta con mio padre e sono anche a conoscenza della troietta che ti sbattevi alle mie spalle, da oltre un anno» sputo quelle parole, quasi fosse veleno.
All’epoca, uno dei motivi per cui continuavo a fingere di non vedere e sapere nulla era che Josh mi teneva fuori dal radar di mio padre. Con lui intorno avevo carta bianca e potevo agire come meglio credevo, non avevo nessun limite. Se invece l'avessi lasciato, Steven mi avrebbe, sicuramente, fatta pedinare da qualcuno che mi avrebbe controllato ventiquattro ore su ventiquattro.
«Tranquillo non mi sono dimenticata, la sistemerò più avanti! Ti ho chiamato solo perché ho bisogno di parlare con tuo padre e ti volevo chiedere se mi fissavi un appuntamento con lui». Non mi risponde. L'ha scioccato così tanto sapere che fossi a conoscenza di tutto? «Ti sei mangiato la lingua?» chiedo, nel frattempo mi alzo e mi avvicino alla finestra.
Il temporale è cessato, ma il cielo è ancora nero, come se da un momento all'altro stia per ricominciare a piovere.
«Capisco. Ti va bene questa sera? Mio padre domani parte e sarà fuori città per un po’» chiede, dandomi finalmente i primi segni di vita. «Alle otto, al ristorante Cipriani. Cerca di essere puntuale!» rispondo, dopodiché chiudo la telefonata senza nemmeno salutarlo e sorrido.

Quando mi svegliai dal sonno, forse era meglio chiamarlo coma, mi sentivo fuori luogo, come se non appartenessi a quel mondo. Sentivo la testa altrove, non riuscivo a concentrarmi su niente, le gambe e le braccia non rispondevano ai comandi e avevo una tremenda paura, senza saperne il motivo e come se non bastasse, l'unica cosa che riusciva a calmarmi era la voce di Blake. Lui fu il primo a sapere del mio risveglio, si era intrufolato nella mia stanza, senza il permesso di nessuno e si era sistemato accanto il mio lettino. Lo trovai addormentato con la faccia appoggiata alla mia pancia e non riuscendo a resistere alla tentazione, gli toccai i capelli e assaporai con il tatto la loro morbidezza. Nel momento in cui mi stavo per rilassare, con quei fili delicati tra le mani, lui si svegliò.
Sembrò un po’ sorpreso, ma anche felice e, d’impeto, mi prese tra le braccia e mi abbracciò stretta a lui. Avvertii quasi il mio cuore uscire dal petto, tanto l’emozione fu forte. Gli parlai delle mie paure, nonostante inizialmente, fossi restia ad accettare il suo aiuto. Non volevo che lui sapesse della mia vita.
Dylan, invece, si presentò il giorno dopo con un mazzo di rose rosse in mano. La nuova me, quella che non ricordava il passato, sarebbe stata contenta di vederlo, di poterlo abbracciare, ma adesso, purtroppo per lui, ricordavo tutto ed ero ritornata ad essere la stessa ragazza di prima dell’incidente. Provai odio per lui e non riuscii a mantenere la calma. Gli confessai che ricordavo tutto. Gli dissi che mi rendevo conto che lui, come pochi altri, era sempre stato onesto con me, purtroppo però, non riuscivo ad accettare ancora il suo tradimento.
Non avrei mai creduto fosse possibile detestare qualcuno in quella maniera, non dopo tutti i momenti bellissimi che avevano trascorso insieme.
La lettera d'addio, le chiavi di casa e un vuoto terribile. Ecco che cosa mi aveva lasciato Dylan James Harbert. Una delle persone che avevo amato veramente. Gli chiesi soltanto un po’ di tempo per riflettere, dovevo mettere in ordine i pensieri. Dylan non protestò, disse soltanto che se l'aspettava. Sapeva che una volta che avessi riacquistato la memoria, lo avrei cacciato. Sapeva che avrei continuato a soffrire se lui avesse provato a riavvicinarsi a me.


«Finalmente! La signorina si fa viva!» Maxwell mi viene incontro e mi abbraccia non appena faccio la mia apparizione sul set fotografico. Non vedevo l’ora di ritornare a fare la fotomodella. Mi piace quando mi scattano le foto, ma soprattutto, mi piace la sensazione che provo, poi, ogni volta che le riguardo. Mi soddisfa scrutare le espressioni, spesso buffe, che sono state immortalate con quegli scatti.
«Stavo pensando di annunciare alla Victoria's Secret che la mia modella è stata rapita dagli alieni! Davvero, che fine avevi fatto?» Mi chiede Maxwell con un’espressione preoccupata dipinta sul volto.
«Ricordi che ti ho parlato dell'incedente in cui ho perso la memoria? Ecco, pian, piano la sto recuperando, ma purtroppo l’effetto collaterale di quando ricordo è che perdo i sensi e l'ultima volta, sono stata in coma per cinque giorni...» gli spiego brevemente quello che mi è successo e quello che mi frulla nella testa e mi sfogo con lui su tutto.
Lo faccio davvero. Mi rendo conto che mentre sto parlando con lui, Maxwell sta facendo degli scatti, tranquillamente, come se fosse una cosa normale e la cosa mi fa infuriare. «Smettila di fotografarmi! » sbraito non riuscendo più a sopportare il fardello che mi porto dentro. Non riesco più a gestire le mie emozioni, me ne rendo perfettamente conto «Così… mi… mi…» balbetto.
«Si, si! Così ti ecciti…» mi interrompe finendo lui la frase al mio posto. Le mie guance si tingono di rosso, le sento bruciare e lui ne approfitta per rubarmi qualche altro scatto.
«Smettila con queste foto! » sbotto «E poi si può sapere, perché m'hai fatto vestire in questo modo?» chiedo cercando di calmarmi e osservando per la prima volta il mio abbigliamento allo specchio.
Stivaletti con tacco vertiginoso, un paio di pantaloni militari, lunghi fino alle ginocchia e, infine, un top bianco. I capelli sono legati in una coda alta e il trucco è leggero, solo un filo di matita sotto gli occhi. «Vestita così sei molto più sexy del solito. E sono sicuro che in questo modo le vendite della nuova collezione andranno a gonfie vele, così riuscirò anche a rimediare i danni economici che mi ha causato la tua assenza dal set!» mi risponde allegro, prima che possa continuare a lamentarmi. Lo guardo imbambolata, non tanto per quello che mi ha detto, ma per ciò che ho fatto io. Non ci credo, mi sono sfogata con uno sconosciuto, parlando dei mie segreti, dei miei problemi e delle mie cose più intime, senza preoccuparmi delle conseguenze o di risultare banale o, più semplicemente, una ragazzina viziata.
Maxwell però non sembra far caso alle mie preoccupazioni e mi trova anche una brillante soluzione, brillante secondo lui e stupida secondo me. Se ne esce con il suo consiglio come se niente fosse «Secondo me, dovresti sfogare tutta la tua frustrazione, la tua rabbia e le tue emozioni con qualcuno… Magari con Blake…». Lo guardo sconcertata e faccio finta di niente, anche se la sua ultima frase mi ha lasciato un qualcosa dentro.
A parte le sue frasi senza senso di Maxwell e il duro lavoro, la giornata si è conclusa nel migliore dei modi. Ho infatti ottenuto l'aiuto di Maxwell per pubblicizzare la mia azienda e il tutto a costo zero. Maxwell ha un cuore d’oro e ha messo a disposizione il suo tempo libero per me, gratuitamente.


La musica a volume alto, il vapore dell'acqua calda sparso per tutto il bagno e io che giro mezzo nuda per tutta la casa. Completamente rilassata, ballo in mezzo la cucina, cercando di prepararmi qualcosa di commestibile. E' strano, ma ho voglia di svagarmi, di divertirmi e credo che questa sera, dopo la noiosa cena, andrò in qualche pub ad ubriacarmi un po’.
Il suono del cellulare mi distrae e senza guardare, rispondo tutta euforica: «Si? Con chi parlo?»
«Con Sarah stupida mocciosa! Farti sentire di tanto in tanto non costerebbe molto, sai?» prendo una mela e la mordo «Ti stavo per chiamare! Volevo chiederti se ti va di andare a prendere qualcosa da bere dopocena.» le dico con la bocca piena.
Il suono del campanello prende a suonare insistentemente. «Aspetta un attimo, un coglione si diverte a sfondarmi il mio campanello di casa!» urlo. 
«Grazie per il comp - com..p....li...ii..mento..» mi riprende Blake guardandomi in primo momento con gli occhi fuori dalle orbite «Mi stavi forse aspettando?» aggiunge poi scrutandomi con un sorriso malizioso. Solo allora mi rendo conto che sono praticamente nuda e indosso solo un asciugamano striminzito che a malapena mi copre i glutei. L'espressione dipinta sul volto di Blake non m'aiuta a restare concentrarmi. «Aspetta un minuto..» dico con le guance che mi vanno a fuoco, poi corro in camera da letto e mi chiudo a chiave.
Impiego una decina di minuti per vestirmi.
Sono distratta, non riesco a non pensare al sorriso di Blake e hai suoi occhi, quando ho aperto la porta.
Verdi.
Quel colore mi fa riflettere e mi fermo un secondo in più per pensare dove li ho già visto. Sono sicura di conoscere quelle due pozze, come sono sicura di essere già rimasta ammaliata dalla loro bellezza. Ma dove e quando?
«Ti preferivo prima…» mi sussurra Blake non appena entro in cucina.
«Si? Io, invece, non ricordo di averti detto di accomodarti e fare come se fosse casa tua!» rispondo acida.
«Svegliata male?» mi chiede cogliendo la provocazione. Non rispondo.
Sta cercando, per caso, di fare conversazione? Proprio lui che il giorno prima mi ha detto di non parlargli perché sono solo una ragazzina viziata che non conosce il mondo? «So anche a che cosa stai pensando. Scusa per ieri, so di aver sbagliato. Ho detto delle cose imperdonabili e me la sono presa con te, ho riversato su di te i miei problemi personali. Ci sono alcune cose in famiglia non stanno andando bene.»
«Che tipo di problemi?» chiedo senza riflettere.
«Problemi di salute...» Rimango senza parole a quella sua spontanea confessione. Qualcuno nella sua famiglia è malato e Blake si sta confidando con me. Mi fa un po’ pensare. Sta parlando con me, ovvero la stessa persona che qualche giorno prima ha definito una ragazzina.
La stessa che odia per i modi di fare o pensare.
La stesa che ora che non riesce a smettere di non fissare i suoi occhi.
Dove li ho già visti?
«Vuoi qualcosa da bere?» domando spezzando il silenzio imbarazzante che si è creato. Annuisce sorridendo «Un bicchiere d’acqua, grazie».

«Perché sei cosi imbranata? » sbuffa tamponandomi il labbro superiore con un fazzolettino di carta e avvicinandosi pericolosamente sempre di più. «E poi, perché avevi un bicchiere mezzo rotto? Dì la verità… Volevi ferirti appositamente…». Già, perchè avevo un bicchiere rotto? Perché sono cosi distratta e imbranata da non rendermi conto di niente?
Avverto il rossore prorompente colorare le mie guance e cerco di aumentare le distanza da Blake, ma lui mi trattiene e mi impedisce di allontanarmi.
Di nuovo.
«Perchè scappi? Hai paura di me?» sussurra.
Ho la gola secca e le gambe che mi tremano fastidiosamente. Mi sento sciogliere sotto la presa delle sue dita. «No.. » Rispondo. Blake piega la testa e sorride maliziosamente. Quel suo sorriso tipico di quando ha in mente qualcosa. Con una lentezza disarmante si avvicina a me tanto da sfiorare il mio naso con il suo. «Hai un profumo delizioso...» mormora vicinissimo alle mie labbra.
«Gr… Grazie» Balbetto, sento la mia pelle andare letteralmente a fuoco. Cosa mi sta succedendo?
«Posso?» domanda con un po’ di esitazione. 
«No..» sussurro pianissimo. 
Ogni parola che pronuncio, mi costa un’enorme fatica, la mia gola è sempre più secca. Ho bisogno di bere, urgentemente. Blake mi sorride e si protende sempre più in avanti ed arriva ad un millimetro dalle mie labbra. «Meglio, il gioco è più interessante così...»
Porta la mano libera sulla mia guancia, sfiorandola leggermente.
Un bacio. Dolce, delicato e stramaledettamente morbido. Le sue labbra sono perfette e sembrano nate per stare entrare a contatto con le mie. 
Odo un leggerissimo schiocco e capisco che si è ritratto. Troppo presto. È stato un bacio timido e innocente. Sento il suo sapore e ripenso a quel piccolo contatto. Mi ha fatto sciogliere completamente e avrei voluto non finisse più. Mi sono sentita persa, non appena è terminato. Ho ancora bisogno di quel contatto, di sentire il suo sapore, di avere le sue mani che mi toccano.
Ne voglio ancora.
«E questo per cos'era?» chiedo timorosa della risposta che mi può dare. «Cosi..» Sto per ribattere quando lui mi attira a sé, posando la mano sul collo e spingendomi il viso vicino al suo.
Secondo bacio.
Decisamente diverso. Un vero bacio. Sento le sue labbra premere con foga sulle mie e la sua lingua spingere per poi intrecciarsi perfettamente alla mia. La sua mano percorre, con movimenti lenti, il mio corpo. Mi accarezza la nuca, le spalle, i capelli. Mi intrappola, quasi con la forza, in un abbraccio possessivo che mi avvicina ancora di più al suo corpo e poi approfondisce, ancora di più, quel bacio. Cerco avidamente le sue labbra non appena le sento allontanarsi, non voglio separarmi da lui per nulla al mondo.
Voglio di più!
Con una sensualità disarmante continua a succhiarmi il labbro inferiore e io ricambio, assaporo le sue labbra, mi godo il loro buon sapore. Profumano di ciliegia e menta. Mi rendo conto che, secondo dopo secondo, sono succube del loro gusto e non ne sono mai sazia. Mi sbatte contro la parete fredda, facendomi aderire completamente sul muro. D'istinto, porto le braccia dietro il suo collo e info le dita tra i suoi capelli, stringendoli forte.
Mi manca l'aria nei polmoni per l’emozione, tuttavia respiro sulle lue labbra. Quel gesto lo manda fuori di testa. Fa scorrere le mani lungo la mia schiena e quando raggiunge i glutei ,con un gesto secco, mi solleva senza alcuna difficoltà. I suoi denti mi torturano, dandomi piccoli morsi, poi sopra i segni che mi lascia, ci passa la punta della lingua. Avverto le mie labbra pulsare, ma non ho nessuna intenzione di fermarmi.Ho il cervello letteralmente in tilt, mentre mi bacia avido, mi morde le labbra e mi succhia la palle. Urlo e lo prego di non smettere per nessuna ragione al mondo. 
Non so con quale forza, ma finalmente trovo il coraggio di separarmi dalle sue labbra. Blake mi afferra repentino, trascinandomi sul tavolo dove mi depone seduta e mette il suo corpo in mezzo alle mie gambe che allaccio dietro la sua schiena. Mi accarezza piano, con le dita, le cosce, i suoi movimenti sono lenti, ma terribilmente sexy. Lo sento sospirare e stringere le mani intorno il mio fianco, poi la lascia la presa sulla vita e sale, lasciandomi scie di fuoco sulla pelle e mi accarezza gentilmente le guance.
È tutto perfetto e migliore di quanto avrei mai potuto immaginare.
Un suono.
Quel dannato campanello di casa ci riporta alla realtà. 
«Dovrei.. aprire...» Dico con il fiato corto e le guance bollenti. «Non farlo…» Sussurra sulle mie labbra, regalandomi un altro bacio, più dolce. 
Il campanello riprende a farsi sentire insistentemente. La mascella di Blake si indurisce per la rabbia. «Chiunque tu sia incomincia a pregare!» mormoro sotto voce avvicinandomi alla porta di casa.
«Chi è?» chiedo, ma sto già aprendo, ma subito dopo, mi sgrido mentalmente da sola “La prossima volta chiedi prima di aprire. Appuntatelo!” Incrocio gli occhi di Dylan che corrono veloci da me a Blake, intuendo la situazione.
«Kry..s.. Ho interrotto qualcosa?» mi chiede duramente Dylan, riportandomi alla realtà.

 Spazio per la piccola autrice:
Scusate il ritardo..*.*
tutta colpa degli esami di maturità.. eh si..
toccano anche a me.
che dire?? Ringrazio infinitamente per l'aiuto di
MandyCry che m'ha aiutato a correggere alcuni errori.. *.*
In grammatica sono proprio un casino..U.u
Infine.. ringrazio tutti quelli che hanno letto e mi hanno lasciato
un loro pensiero.. ringrazio coloro che mi hanno inserita fra le
storie seguite/preferite/ricordate..
e infini rigrazio anche i lettori silenziosi..
Spero che questi esami finiscono in fretta,
cosi avrò tutto il tempo per la storia..
Un bacione a tutti
Spero di avere qualche vostra recensione in modo da
migliorare ma anche per sapere che cosa ne pensate.. *.*
Krystal

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Capitolo 16
*** I piani svelati ***


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"The Memory of the heart" by Krystal Darlend is licensed under alicenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 3.0 Italia

 


                                                                                                                                                  16 -  I piani svelati

Pov Krystal Darlend:

«Kry..s.. Ho interrotto qualcosa?» mi chiede duramente Dylan, riportandomi alla realtà.
«Dylan? Che.. Che cosa sei venuto a fare qui?» Chiedo impacciata, aggiustandomi la maglietta che mi era scivolata leggermente sulle spalle. Dylan, con gli occhi fuori dalle orbite mi osserva e poi butta lo sguardo su Blake, che sta alle mie spalle. «Sono venuto a vedere come stavi, ma vedo che non hai perso tempo a riprenderti.» Risponde con voce fredda, lanciando uno sguardo accusatorio al ragazzo da lui tanto odiato. «Non ti devo nessuna spiegazione! Sei tu che hai iniziato questo gioco! Sei tu quello che m'hai lasciato per primo e quello che al posto di darmi una spiegazione mi hai fatto trovare soltanto una lettera.» Gli grido io in faccia, rievocando i ricordi più spiacevole della nostra relazione.
«Se l'ho fatto, era per proteggerti!» Si difende lui, con quel sguardo da cucciolo bastonato, quello stesso sguardo che una volta mi avrebbe colpito e mi avrebbe fatto dimenticare qualsiasi cosa, compreso il mio nome. «Non ti ho mai mentito, ti amavo e ti amo tutt'ora.» Sussurra lui avvicinandosi ulteriormente a me, poi, con la mano cerca di accarezzarmi la guancia che io, prontamente, mi scanso e sposto lo sguardo oltre la soglia della porta.
«Vai via.» Gli chiedo gentilmente, senza alzare lo sguardo e osservare quei occhi che tanto amavo. «Vattene! Ora sono io che ti chiedo di sparire!» Ripeto, mentre i ricordi dolorosi si fanno strada nella mia mente. "Che cosa ho fatto per meritarmi tutto questo dolore?" Mi chiedo mentre mi volto verso Blake.
Per un tempo a me sconosciuto, tutto tace, nessun rumore interrompe i miei pensieri fino a ché, lo sbattere della porta mi riporta alla realtà. Lui se ne è andato, di nuovo, ma questa volta a causa mia, questa volta sarò io a decidere quello che voglio, ma allora perchè queste lacrime continuano a scendere dal mio viso? Perché mi sento cosi in colpa? Sbasso leggermente la testa mentre i capelli mi ricadono davanti, coprendomi il viso bagnato. «Krys, che cosa sta succedendo? Non capisco.» Mi chiede Blake, bramoso di nuove informazioni della mia vita. Informazioni che non avrà, non oggi almeno.
«Succede che ti voglio fuori dalla mia casa!» Gli rispondo asciugandomi frettolosamente le lacrime. «Perchè? Stava andando tutto a meraviglia, chi è lui e che cosa significa per te?» Insiste lui con quella dannata voce che mi manda sempre fuori di testa. «La stessa cosa che significhi tu per me: un bel niente!»
Lui, sconcertato per un attimo dalle mie parole, si riprende in fretta e assume l'espressione da menefreghista e con una mano mi attira a sé, poi, con un ghigno divertito mi sussurra: «si, anche a me è piaciuto sbatterti contro il muro, ci sentiamo bella!» per poi scomparire dalla mia vista.
Esausta, cado a terra e le lacrime riprendono a scendere. "Sono un disastro! Non faccio altro che rovinare tutto."

Pov Blake Wellthon:

«Non ci posso credere!» Continuo a ripetermi mentre stringo con forza il volante della mia macchina. «Dannata ragazzina e i suoi vizi!»
Mi porto la mano sulle labbra, sento ancora il suo dolce sapore. "Le sue labbra, e quel corpo." Ripenso mentre la stringevo a me e potevo permettermi di toccarla, di poterla assaggiare. «Quel dannato di un vecchio! Che cosa avrà che io non ho?»
"Sembro una ragazzina innamorata..." Penso mentre appoggio la testa contro il finestrino. "Lei era solo la mia preda, la mia possibilità di guarire lei, la mia piccola e indifesa sorellina e proprio adesso che ero cosi vicino al mio obbiettivo mi succede tutto questo." Chiudo gli occhi e ripenso alla scena appena vissuta: alle sue lacrime, alla sua voce spezzata e il corpo tremante. "Quanto avrei voluto rimanerle accanto, almeno per alleviarle quel dolore insopportabile che nasconde dentro di sé. Avrei dato qualsiasi cosa in cambio per poter rivedere ancora una volta il suo sorriso sincero. Sono uno stupido, perché le ho detto quella frase? Perché me ne sono andato, lasciandola sola con le sue paure?" Un sorriso triste mi compare sulle labbra.
"La verità è che sono troppo orgoglioso per ammettere la realtà dei fatti, troppo concentrato sul mio obiettivo da perdere di vista quello che mi stava accadendo intorno, ma ormai è troppo tardi. Il guaio è stato fatto e non si torna indietro." Accendo la macchina e inserisco la marcia, ma i miei piedi non si muovono, non vogliono premere i pedali e darmi la possibilità di andarmene. "Questa volta credo che tornerò indietro." Spengo tutto e apro la portiera.
"Ma cosa le dirò?" Mi chiedo, mentre mi nascondo dentro le mie stesse paure. "E' stata lei a cacciarmi, ha detto chiaro e tondo che non sono nulla per lei, quindi perchè continuo a pensarla? Ai suoi occhi tristi e al viso sfregiato dalle lacrime?" Indeciso, faccio per risalire in macchina ma qualcosa, un rumore preoccupante dall'interno della casa, mi fa completamente dimenticare tutte le mie paure e solo una domanda mi comincia a girare nella testa: "Krystal sta bene?"

Pov Krystal Darlend:

"Che cosa sto facendo?" Mi chiedo mentre sono davanti allo specchio e osservo il mio viso distrutto dal dolore. "Come ho potuto rispondere in quel modo? Proprio a lui che negli ultimi giorni mi è stato vicino e ha cercato di aiutarmi."
"Sto diventando un mostro." Porto le mani a coprirmi il volto, mentre mi accuccio contro il muro per il giramento di testa. Cerco di avviarmi verso il bagno ma non riesco a vedere nulla, ho la vista annebbiata e il senso di orientamento è pari a zero, infatti vado a sbattere contro il tavolo dove il vaso di cristallo vacilla per un secondo e poi si frantuma in mille pezzi. «Al diavolo!» Alzo leggermente la voce, mentre il respiro si regolarizza e mi torna la vista, ma il rumore del campanello mi fa sobbalzare dalla paura.
Questa volta senza chiedere niente, apro la porta e rimango sorpresa alla vista di Blake con il volto preoccupato. «Che cosa vuoi?» Gli chiedo, mascherando dietro al tono freddo, la mia felicità di rivederlo. «Ho sentito un rumore, stai bene?» Mi chiede osservandomi attentamente, senza tralasciare un minimo particolare.
«Si, era solo un vaso.» Mi sposto leggermente e gli permetto di rientrare nella sala. "Avrò abbastanza coraggio da chiedere scusa?"
«Ti posso aiutare?» Mi chiede tranquillo con un dolce sorriso sulle labbra, non sembra arrabbiato, ma soltanto, preoccupato. "Possibile?"
Faccio di si con la testa, mentre lui va a raccogliere i pezzi più grandi del vaso frantumato, io cerco una paletta e le parole adatta per chiedere il perdono per parole dette, ma non veritiere.
«Senti, io, ti chiedo scusa per quello che ho detto. Ho esagerato, mi dispiace.» La voce di Blake, leggermente distante, mi arriva dritta al cuore. Le parole, anche se poco romantiche, riescono a sciogliermi e farmi sorridere come una stupida ragazzina innamorata. "Ma io non lo sono, è solo attrazione fisica" mi rispondo immediatamente. «Sono io che devo chiedere scusa, non volevo dire che non sei niente per me.» Ribatto, avvicinandomi a lui per raccogliere il resto dei cristalli. «E allora che cosa sono?» La domanda che mi pone, mi lascia senza parole.
"Che cos'è lui per me?" Mi chiedo, osservando i suoi occhi, verdi come lo smeraldo più prezioso del mondo. «Rispondimi» Sussurrò lui, avvicinandosi al mio viso. «Niente, amico, amante, ragazzo o tutto? Quale di questi?» Fece lui, scandendo a perfezione ogni parola pronunciata, mentre mi accarezzava la guancia con un gesto delicato.
«E a te cosa spinge ad avvicinarti a me?» Chiesi io a quel punto, guardandolo dritto negli occhi e accarezzandogli la guancia con movimenti delicati. "La sua pelle è cosi morbida" penso, mentre continuo ad accarezzare il suo viso e con lenti movimenti, scendo sulle braccia e seguo le linee delle vene come se fossi in trance.
«Non farlo...» Sussurra lui, piegato sulle ginocchia e con gli occhi chiusi. Il respiro è accelerato, riesco a sentire il suo cuore che batte forte mentre gli passo la mano sul petto. «Mi stai facendo impazzire, smettila se non vuoi continuare, sei ancora in tempo.» Mi avvisa lui con voce roca, eccitata, ma trattiene il respiro, per poi, con un gesto delicato si avvicina al mio orecchio e mi sussurra: «Krys, ho voglia di te.» Sospira, per poi portare le mani sui miei fianchi e stringermi forte. «Ripetilo» sussurro contro le labbra di Blake.
«Ti desidero, ti voglio.» Sospira lui sulle mie labbra, mentre venivo investita dal calore del suo fiato. Percepì il suo naso che sfiorava il mio, finché mille brividi mi attraversarono il corpo e istintivamente schiusi le labbra, rilasciando un sospiro di piacere. Fu a quel punto che Blake fece incontrare le sue labbra con le mie, che s'incastrarono a perfezione, come se fossimo stati creati uno per l’altro. Percepì la sua mano che si insinuava fra i miei capelli e mi attirava ulteriormente a lui. Percepì la sua mano che si insinuava fra i miei capelli e mi attirava ulteriormente a lui. Piano, schiusi le labbra, permettendogli di entrarmi dentro, e invasa completamente dal suo sapore, persi il controllo delle mie azioni, ritrovandomi stesa a terra con lui che mi baciava con foga.
Sentivo le sue lievi carezze sopra la mia schiena, percepivo le dita che piano mi accarezzavano la spina dorsale, causandomi mille brividi di piacere. «Blake» infilai la mano dentro i suoi capelli e li tirai leggermente. "Sto diventando dipendente da questi baci."
Si stacca dalle mie labbra e comincia a baciarmi il collo, scendendo sempre di più, soffermandosi sul mio seno semiscoperto. Un altro gemito mi esce dalle labbra. Sono totalmente e incondizionatamente dipendente da lui. Alzo leggermente le mani e gli permetto di sfilarmi la maglietta. «Sono dragato dal tuo corpo.» Sussurra lui, mentre riprende a torturarmi, succhiando e mordendo il mio labbro inferiore.
Un'altro gemito, ma questa volta dalle labbra di lui. Lentamente, gli sfilo la maglietta e mi perdo per qualche secondo ad ammirare la meraviglia che ho a disposizione. Blake sorride, per poi afferrarmi per la vita e trascinarmi a cavalcioni sopra di lui. «Aspettavo da una vita questo momento» porta le mani dietro la schiena e mi apre il gancetto del reggiseno che poi butta da qualche parte della stanza. «Piano, è di Victoria's Secret!» Mi lamento divertita, ma anche terribilmente eccitata dalla situazione, dal momento e dal modo in cui la bocca di Blake bacia i miei seni. Sento la sua lingua che gioca, che stuzzica, mentre il piacere continua a crescere a dismisura nel mio ventre.
«Sei bellissima» sussurra lui ritornando a baciarmi il collo, mordicchiando il lobo e poi succhiare le labbra come se avesse sempre più bisogno.
Le mie mani circondano bramose di nuove scoperte sul suo corpo perfetto: le spalle leggermente larghe, addominali da far girare la testa e un sedere da stupro. Sorrido per l’ultimo pensiero e maliziosamente passo la mano dove qualcosa preme contro il mio linguine. Noto che sussulta, mentre dalle labbra escono grandi respiri. «Qui qualcuno sta stretto» lo prende in giro, intanto che lui continua a mordicchiarmi il seno. «Sei tu l'unica che può far qualcosa» risponde lui, divertito dalla mia osservazione, scendendo poi con i baci sempre più giù, fino a raggiungere l'ombelico dove si sofferma particolarmente a baciare quella parte cosi sensibile.
«Non fermarmi.»
«Mai pensato.» Rispondo immediatamente, osservando i suoi occhi, eccitati e impazienti, mentre mi sfila i pantaloni che vanno a finire chissà dove.
"Sta per succede..." Penso, mentre mille farfalle nello stomaco mi stanno facendo mancare il respiro ed è proprio in un momento del genere che vorrei che tutto si fermasse, che nessuno mi disturbasse in nessun modo.
«Non ci credo!» Esclamiamo contemporaneamente, mentre guardiamo la porta. «Questa volta resti qui.» Sussurra lui mentre riprende a baciarmi l'incavo del collo. «Non credo sia possibile, deve essere Josh.» Non appena pronuncio il suo nome vedo Blake che si stacca immediatamente e mi guarda con espressione accigliata, arrabbiato. «Che cosa ci fa qui?» Chiede con voce fredda mentre si rialza e mi butta addosso la maglietta. «Ho una cena di lavoro con il suo padre, devo discutere di alcuni progetti. Aspetta lì.» Mi copro al meglio che posso e vado ad aprire.

Pov Blake Wellthon:

"Mandalo via." Continuo a pensare mentre ascolto attentamente la loro conversazione: «Krystal, mi dispiace se mi sono presentato qui, ma volevo avvisarti che stasera mio padre ha avuto un contrattempo e mi ha chiesto se per te andasse bene discute con me, in quanto sto per prendere le redini dell'azienda.» Vedo Krystal che riflette, sta giocando con una ciocca di capelli mentre sensualmente continua a mordersi il labbro inferiore. "Dio, quanto è sexy!"
«Si, nessun problema, tu o lui non fa alcuna differenza visto quello che ho da proporre, sono sicura che il risultato sarà uguale.» Risponde portandosi la mano al mento.
«Ti stavi vestendo? Ti aspetto sul divano allora» Si autoinvita dentro casa ma non finisco di pensare che Krystal gli blocca la strada e con un ghigno divertito risponde: «Scordatelo, puoi anche avviarti al ristorante, ci vediamo direttamente lì!»
«Ti posso aspettare, perché devi guidare di notte quando sono già qui?.» Ribatte lui, prendendola per il polso. "Ma quanto è rompicoglioni?" Apro del tutto la porta e libero Krystal dalla sua presa, afferrandola stretta per la vita. «Credo che la signorina abbia detto chiaro e tondo di non volerti fra i piedi!»
«Non devo guidare di notte a quanto vedi, quindi, puoi anche andartene!» L'espressione le pesce lesso che assume mi fa sorridere come un bambino. "Lei è mia." Il mio unico pensiero fisso.
«Ci vediamo a cena, ma vedremmo come andrà a finire!»
«Bamboccio insopportabile.» Sputò lei con voce fredda una volta che chiusa la porta.
La tengo stretta a me, poi con movimenti delicati la giro e riprendo a baciarla, dolcemente. Assaggio le sue labbra, le accarezzo i capelli cosi morbidi e soffici, sento il suo respiro accelerato contro le mie labbra. "Com'è sensuale" continuo con la mia lenta tortura, finché lei non posa un dito sopra le mie labbra. «Come tu ben sai, ho una cena di lavoro.» Sculettando, con addosso soltanto una maglietta e un perizzomino bellissimo - una vera visione per i miei occhi-, raggiunge la sua stanza, lasciandomi completamente solo e terribilmente eccitato.
«Krystal! Che cosa mi combini?»
Ed ecco che dopo una decina di minuti esce, indossando un vestito bianco, corto e terribilmente sexy. “Possibile che a lei stia tutto bene?” Lentamente si avvicina al mobile in fondo la stanza e cerca di prendere qualcosa in alto, scoprendo in questo modo, le reggicalze bianche. "Oddio, questa mi farà andare in paradiso."
«E questo è per te, il resto l’ho lasciato al bagno, dove devi farti un bagno visto che non puoi venire a cena vestito in questo modo.» Mi passa una camicia bianca di Versace, ancora impacchetta. Senza dubbio costosa, ma non avrei mai accettato un regalo del genere. «Non cominciare a cercare delle scuse per non venire. Se ti fai una doccia, puoi andare bene anche vestito in quel modo, basta che la situazione nei tuoi pantaloni si calmi.» Sorride, divertita dalla situazione.

Pov Krystal Darlend:

«Spiegami ancora una volta che cosa sto facendo?» Mi chiede Blake quando a braccetto, entriamo nel ristorante più vistoso di Londra: Cipriani. «Mi stai accompagnando a una cena di lavoro, semplice» Rispondo, mentre un cameriere ci mostra la strada per il nostro tavolo.
«Ora te lo porti anche dietro?» La voce fredda di Josh mi fece saltare completamente i nervi. Stava esagerando e dovevo fare qualcosa per fargli capire che doveva tacere. «A quanto vedo la sciacquetta che ti sbattevi di nascosto è la tua segretaria! Ti facevo più un tipo da ragazzine.» Tiro una frecciatina, sorridendo compiaciuta della reazione della donna. Dovrebbe aveva intorno trent'anni, occhi scuri nascosti dietro a un paio di occhiali, acconciatura semplice, ma nel complesso bella.
«Sono Penelope, signorina Darlend e sono la segretaria dell'industria Spii & Co.» Parlò lei, ma non gli diedi minimamente ascolto, mi sedetti solo quando Blake mi spostò leggermente la sedia e con un dolce sorriso si accomodò al mio fianco.
«Non ho tempo e non mi va di mangiare, spero che per voi non sia un problema passare direttamente alla parte che vi interessa.»
«Certo che no. Cominci pure, che cosa vuole proporre?» Chiede la donna mentre con la penna si stava preparando a prendere appunti. «I titoli della mia azienda sono a un buon punto, sia quelli obbligazionari che quelli azionari, non hanno alcun calo, anzi, nell'ultima settimana le cose sono migliorate ulteriormente, inoltre sono state acquistate alcune azioni di varie aziende nell'Europa e come ben sapete, il 62% della Spii & Co è stata acquistata dalla Light company. Conosco il patto fatto tra tuo padre e il mio, ovvero, l'azienda non deve essere spostata, ma in cambio può offrire tutto l'aiuto che serve, nel caso in cui venga richiesto.» Prendo un bicchiere d'acqua e ne bevo un sorso. "Ho la gola secca. Mi preparavo per questo discorso da giorni"
«Voglio usare il denaro ricavato dalle azioni per costruire delle nuove strutture.» Rivelo la parte importante del mio piano. «Cosa? Ma in questo modo non farà andare la sua azienda in bancarotta?» Chiede la segretaria, stupita dalla proposta. «Infatti ho detto che avrei usato il guadagno delle azioni comprate e non i soldi del ricavo dell'azienda.» La zittisco immediatamente.
«Che genere di strutture? Vuoi espandere la Light company?» Mi chiede a quel punto Josh, assorto nei suoi pensieri. «Per il momento pensavo a una scuola e un ospedale privato. Più avanti, se andrà come dovrebbe andare si potrà riparlare di altre costruzioni.»
«Ne riparlerò con mio padre, ma devo dire come idea è geniale. Certo, le strutture per la costruzione verranno usate della Spii & Co, ma non dovrebbero esserci problemi, mentre il legno sarà messo a disposizione dalla tua azienda. In questo modo le strutture saranno fatte in pochissimi tempo.»
La sedia al mio fianco si sposta di getto e quando incontro gli occhi di Blake riesco a leggerci solo la delusione.
«Vado a prendere una boccata d'aria.»
«Il guadagno che fine farà poi?» Chiede lui, senza curarsi minimamente del mio sguardo che segue Blake. Un sorriso felice mi si dipinge sulle labbra. «Mi dispiace, ma non ci sarà nessun guadagno.»

«Che cosa ti è preso?»
«Nulla, chiamati un taxi se vuoi tornare a casa!» Risponde lui arrabbiato, con le mani serrate a pugno. Lo osservo, i suoi occhi sono iniettati di dolore, delusione e odio. "Sono per me?" Mi chiedo prima di avvicinarmi e prenderlo per la mano. «Dimmi che cosa ti è preso? Andava tutto bene finché non ho tirato fuori il discorso della scuola e l'ospedale.»
«Ecco, appunto! Scuole private? Non ti bastano quelle che ci sono già? Non ti basta vedere le persone che vengono buttate fuori dai ospedali perchè non hanno soldi per le cure?» Mi urla lui in faccia, ma io non riesco a trattenermi e scoppio a ridere. «Che diavolo hai da ridere!» Mi riprende lui, mentre con gli occhi fuori dalle orbite mi osserva.
«Il fatto è che non sei rimasto fino alla fine, dovevi ascoltare prima di saltare alle conclusioni.»
«Che stai dicendo?»
«Le scuole e ospedali private, io intendevo che saranno a disposizione prima di tutto a coloro che non hanno i soldi. Sarà tutto gratis, ma prima devo ottenere alcuni agganci, parlare con persone giuste. Non è niente di sicuro ma sto cercando di fare qualcosa di buono. Però, vedo che tu hai un’altra idea di me. Mi dispiace.» Sussurro mentre chiamo un taxi e lo lasco lì, fermo e stupito delle mie parole.

 Spazio per la piccola autrice:
Per prima cosa voglio aggiungere che sto scrivendo una nuova storia.. è intitolata PASSIONE & AMORE
http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1979327&i=1
mi piacerebbe sapere che ne pensate.. 
Riprendendo.. 
Sono un disastro!!..*.*
anche se gli esami sono finiti, io, ancora una volta ho fatto tardi a pubblicare il nuovo capitolo.. scusateeee.. ma il fatto è che ho avuto, diciamo un blocco da scrittrice.. U.U 
Avevo tutte le idee chiare su cosa scrive, anche il modo in cui dovevano andare i fatti, ma quando mi mettevo, non riuscivo a concludere niente.. O.O Vi è mai successo una cosa del genere??
Come sempre, chiedo scusa se ci sono errori in grammatica, avrò detto mille e mille volte, ma sono proprio un casino..U.u
Ringrazio di nuovo tutti quelli che hanno letto e mi hanno lasciato
un loro pensiero.. ringrazio coloro che mi hanno inserita fra le
storie seguite/preferite/ricordate..
e infini rigrazio anche i lettori silenziosi..
Un bacione a tutti

Krystal

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