Return Time at Acme Loo

di Sagitta90
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** "Piacere Monty, sono il tuo cuore!" ***
Capitolo 2: *** Jessica sancisce l’alleanza ***
Capitolo 3: *** Piccoli dubbi crescono ***
Capitolo 4: *** "Colui che brancola nel buio" ***
Capitolo 5: *** Montanue VS Duffulets ***
Capitolo 6: *** Quel maledetto cestino di fragole ***
Capitolo 7: *** Il Ballo - Parte Prima ***
Capitolo 8: *** Il Ballo - Parte Seconda ***
Capitolo 9: *** Ricominciare da capo ***



Capitolo 1
*** "Piacere Monty, sono il tuo cuore!" ***


Disclaimer: I Tiny Toons non mi appartengono ma appartengono alla Warner Bros, li sfrutto non a scopo di lucro quindi sono in regola. Zan zan!
 


RETURN TIME AT ACME LOO


Capitolo 1: “Piacere Monty, sono il tuo cuore!”

 
Ad Acme Acres le luci erano spente già da un pezzo; nelle loro case i Tiny Toons riposavano, facendo placidi sogni.
Babs sognava le luci della ribalta in un mondo popolato da orecchie azzurre, Plucky sognava la gloria del primo attore (che tardava insopportabilmente e si concentrava invece sul proprietario delle suddette orecchie azzurre).
La Acme Loo era scura, la sua forma indistinta nel buio della notte, quasi fosse fusa nel paesaggio circostante. Ed era calma, con le alte statue di Bugs Bunny e Daffy Duck che torreggiavano ai lati dell'imponente scalinata.
Weenie Burger, il club Attitude, il cinema, la foresta…tutto era immobile e silenzioso, tutto era esattamente come era sempre stato.
O per essere precisi…quasi tutto.
Perché quella notte c’era almeno una persona che non si sentiva la stessa del giorno prima. No, proprio per niente!
E quella persona si girava e rigirava da almeno due ore nel suo letto a baldacchino, con il materasso imbottito di piume d’oca e banconote da mille dollari.
Max si tirò a sedere. Occhi rossi, occhiaie nere, e una stizza inferocita che poteva solo aumentare.
<<-ROB!!!!>> - L’autista dei Montana entrò trafelato nella stanza del rampollo. Solitamente lui si occupava soltanto della limousine del Signore e della Signora, ma quel giorno la sua normale routine era stata stravolta: Mrs Montana gli aveva ordinato di essere a disposizione del giovane Max, e lui aveva obbedito, accompagnando il padroncino e la sua amica dove gli era stato indicato.
Non prestava mai particolare attenzione a quello che succedeva sul sedile posteriore ma la sua curiosità si era destata verso le 22.30; quando Max era rientrato in macchina con un’espressione stralunata e labbra imbrattate da qualcosa che somigliava molto a rossetto.
<<-Signorino ma che cos’ha sulla faccia?>> - Da quel momento non aveva avuto un attimo di pace perché il ragazzo si era ripreso, annunciando che -dal momento che lui era stato complice di sua madre nel fargli passare un giornata d’inferno- avrebbe fatto la notte in bianco al posto del suo maggiordomo.
<<-Sì signorino?>>
<<-PORTAMI DEL LATTE!!!>> - Mentre il pover’uomo correva giù per le scale -la nappina del cappello da notte che sventolava dietro di lui- Max gli gridò dietro:
<<-E CHE SIA CALDO!!!!!>> - Guardò imbestialito la porta dalla quale l’autista era scomparso e incrociò le braccia sul petto, aspettando. E cercando di non pensare al pomeriggio.
Era stata une delle esperienze più mortificanti della sua vita: essere costretto a mostrarsi in pubblico con…che orrore solo a pensarci…Elmyra Duff!
Farsi deridere a causa del suo stupidissimo Happy Baby Puppy Face Meal, ascoltare quella canzoncina idiota a cui lo stupido galletto aveva dato il via…ma peggio di qualsiasi cosa…
Max arrossì. Non poté evitarlo e la cosa gli rimescolò qualcosa nello stomaco.
Lo aveva baciato. Godzilla con la frangetta aveva avuto il coraggio di baciarlo!!! Su una strada, all’aperto, dove chiunque avrebbe potuto assistere alla sua umiliazione!
Quelle labbra attaccaticce di lucidalabbra si erano incollate alle sue e gli avevano staccato un bacio che per poco non lo aveva fatto ansimare per la mancanza di aria. Poi lei lo aveva mollato li, congelato come un lago d'inverno, e se ne era andata ancheggiando in quel suo stupido vestito verde acido che le stava malissimo.
Aveva i brividi solo a ripensarci. Li sentiva scendere giù nella spina dorsale, impedendogli di addormentarsi!
Si sentiva le labbra formicolare ed il sapore della fragola…c’era ancora! Aveva usato un intero tubetto di dentifricio per mandarlo via, ma quel maledetto sapore di fragola -dolce e aspro al tempo stesso- c’era ancora!!!
Senza volerlo si portò una mano alle labbra, poi si guardò le dita, quasi aspettandosi di trovarle di nuovo macchiate di quel rosso scuro che faceva pendant con la sua faccia congestionata dalla vergogna.
E dall’emozione.
Perché, volente o nolente, era costretto ad ammetterlo: c’era stato un istante, subito dopo che lei era rientrata in casa, in cui aveva sentito la bocca sfrigolare e il cuore battere come un tamburo. E quel suo cuore -un cuore di bambino non troppo avvezzo a romanticherie- aveva riconosciuto in quel gesto un sentimento reale, sincero. Quel gesto era stato diverso dal solito modo in cui Elmyra Duff interagiva con lui: abbracci stritolatori e soprannomi ridicoli. E per un secondo -un secondo solo- aveva pensato che non fosse stato male.
Era rientrato in macchina come uno zombie.
“Credo di essere innamorato.” Ma nel momento in cui quella frase gli era rimbombata nel cervello lui aveva sgranato gli occhi per lo choc e per buona misura aveva tirato una testata al mobile bar.
Ne era uscito con un bernoccolo viola, ma molto più lucido!
Robb rientrò in quel momento e lui gli strappò via il bicchiere dalle mani, buttando giù il latte in un unico lungo sorso.
Il liquido bollente gli scottò la lingua ed il palato ma lui non se ne curò e tornò a coprirsi con le lenzuola di seta, congedando il suo servitore notturno con uno “Smamma!”.
La mattina successiva sarebbe arrivata tra meno di sei ore. Che cosa aveva intenzione di fare quella pazza color carota? Forse dire a tutti che adesso stavano insieme? Forse…baciarlo di nuovo?!
Max strinse gli occhi per scacciare quei pensieri e alla fine -vuoi per la stanchezza, vuoi per il latte- si addormentò. 
 

***

 
La sua sveglia a forma di coniglio segnava le 7.30. Elmyra ebbe la possibilità di darle un ultimo sguardo prima che sua madre la facesse finire nello scatolone con il resto delle sue cose. La bambina tirò su con il naso mentre sentiva altre lacrime scendere lungo le guance che si erano asciugate da poco. Alle 8.00 cominciava la scuola, ma quella mattina lei non ci sarebbe stata; non avrebbe seguito le lezioni del professor Fudd, non avrebbe cercato di portare a casa i coniglietti, e non avrebbe visto Monty.
Già…Monty…
Guardò la marionetta tra le sue mani: era quella che aveva trovato nel suo Happy Meal il giorno precedente, quando Monty era ancora il suo principe. Irritabile, scontroso, ma sostanzialmente buono. O almeno…questo era quello che aveva creduto fino a poco prima.
La situazione che aveva trovato al suo risveglio non era stata minimamente prevista. Era stato come risvegliarsi da un brutto sogno e scoprire che ogni particolare dell’incubo era ancora lì, vivo e pronto a creare quel particolare misto di dolore e paura.
Si era disperata quella mattina, aveva chiesto scusa nel pianto ai suoi genitori, nel momento in cui si era resa conto di essere andata troppo oltre.
Di avere osato troppo con la sola persona di Acme Acres con la quale non si poteva osare affatto.
E adesso si sentiva come se avesse perso tutto. Strinse la bambola tra le braccia, incapace di gettarla, di lasciarla andare, e di lasciare andare con lei anche i suoi sentimenti: quelli che la facevano essere stupidina e sempre tra le nuvole, ma piena di allegria e affetto.
Sua madre si sedette accanto a lei sul tappeto.
<<-Elmyra…tesoro smetti di piangere.>> – Lei guardò la donna che sedeva al suo fianco sul pavimento.
<<-Mi dispiace tanto.>>
<<-Cara non è colpa tua. So che qui tu hai tanti amici…ma potrai fartene degli altri! Andrà tutto bene, te lo prometto.>> - Lei annuì, appena rassicurata.
<<-Posso salutare…i coniglietti?>> - Sua madre le rivolse un sorriso triste: sapeva che non era a Babs e Buster Bunny che sua figlia aveva pensato, ma al giovane Montana; ma, sebbene Elmyra fosse una bambina un po’ ingenua e molto insistente, si era resa conto della situazione; e rivolgere un ultimo cenno di affetto alla persona che li stava spingendo via da Acme Acres era qualcosa che nemmeno lei riusciva a concepire.
In tutta quella orribile situazione Emily Duff pensò che almeno sua figlia non sarebbe stata costretta a crescere accanto a quel ragazzo.
<<-Dobbiamo partire il prima possibile cara.>> - Elmyra abbassò lo sguardo sulla sua gonna a pieghe.
<<-Va bene.>> - La voce del padre di Elmyra le raggiunse nella stanza; dicendo di essere pronto. Emily si alzò e portò via la scatola, lasciando la bambina un ultima volta da sola nella sua stanza.
Elmyra si alzò a sua volta. La sua cameretta era spoglia ormai, priva di tutto. I suoi pupazzi, i suoi giochi, era stato tutto imballato e portato sul camion. Sua madre si affacciò sulla soglia.
<<-Andiamo?>> - Lei la seguì fuori; lasciando la marionetta su una mensola. Magari un'altra bambina ci avrebbe potuto giocare; lei non poteva più. Aveva imparato dal suo errore.
 

***

 
Non si era alzato presto. Non prima del solito. E se lo aveva fatto era stato unicamente per contare i soldi delle sue recenti entrate!
E non si era fatto accompagnare a scuola senza fare colazione, e non si era seduto prima degli altri, e non stava assolutamente aspettando qualcuno!
Erano quasi al completo: erano arrivati i conigli, i paperi, il maiale, la puzzola, e tutti quegli altri elementi non troppo degni di nota che ogni tanto comparivano nei dintorni della sua magione. La prima ora di lezione della mattinata si sarebbe svolta con il coniglio grigio, il capo della gang del loro corpo docenti. Max non sopportava quel coniglio tanto quanto non sopportava la sua copia in miniatura: avevano entrambi quella personalità che li portava a cavarsela in ogni possibile situazione senza perdere mai la calma. Lui preferiva di gran lunga chi utilizzava tutte le armi a sua disposizione, che fossero legali o meno, che fossero sicure o pericolose, come faceva il professor Yosemite.
Ma quella mattina ci fu una curiosa sorpresa: quando la lezione cominciò i professori entrarono in classe tutti insieme. Tutti quanti, al gran completo: Bugs Bunny, Daffy Duck, Elmer Fudd, Yosemite Sam, Sylvester, Wile E. CoyotE, Runner...
Tutti avevano un'espressione sconsolata ed afflitta, ed era qualcosa che non preannunciava niente di positivo.
<<-Buongiorno ragazzi. Prima di cominciare questa lezione dovremmo fare un annuncio.>> - Il tono di Bugs era pesante, e nemmeno Daffy, che era notoriamente una persona che buttava sempre tutto sullo scherzo, ebbe da controbattere.
<<-Come avrete notato la signorina Duff questa mattina non è presente.>> - Lui lo aveva notato benissimo! Quella svampitella gli avrebbe pagato anche questa! Umiliato, quasi soffocato e anche ignorato!!!
<<-Il fatto è che la famiglia Duff si è dovuta trasferire. E’ stata una cosa improvvisa ma necessaria…>> - La voce di Babs interruppe il professore.
<<-Perché non ci ha detto niente? Potevamo aiutarla con il trasloco!>> - La voce di Plucky si fece udire dalla seconda fila.
<<-E scappare a trasloco concluso!>> - Shirley gli diede uno scappellotto che risuonò con un sonoro “tonk” nella classe. Alcuni ridacchiarono.
Bugs sembrò non sapere cosa dire. Duffy gli mise una mano sulla spalla, come per consolarlo e poi si rivolse ai ragazzi.
<<-Vedi Babs…il trasloco dei Duff è stato immediato; dovevano partire il prima possibile. Probabilmente anche Elmyra lo ha saputo questa mattina, proprio come voi.>> - Un lieve mormorio di comprensione cominciò a diffondersi nell’aria.
<<-Partire? - Era stata Fifi a parlare – ma je ne comprends pas…Elmyra…lei non è più ici, in Acme Acres?>> - Buster si alzò in piedi, i palmi delle mani sul banco.
<<-Se non è più qui dove si è trasferita?>> - Tutti i loro professori guardarono Elmer Fudd. Lui era l’insegnante preferito di Elmyra, ed Elmyra la sua studentessa prediletta: se c’era qualcuno che sapesse dove fosse la loro caotica compagna di classe non poteva che essere lui.
Ma Elmer esalò, con un fiato tremolante di dispiacere.
<<-Non lo sappiamo. I Duff non hanno detto dove sarebbero andati, e non hanno lasciato nuovi recapiti.>> - Pochi istanti di silenzio. Poi si scatenò la baraonda.
<<-Non ci credo che Elmyra non ci abbia nemmeno salutati!!!>>
<<-Babsy calmati, la troveremo!>>
<<-Ma oui, bien seur che la troveremo!>>
<<-Posso raggiungere la dimensione spirituale e cercare di rintracciare la sua aura!>>
<<-Perchè non la raggiungiamo insieme la dimensione spirituale?>> - Il rumore che seguì somigliava molto a quello di un ceffone, e venne rapidamente seguito dalla voce di Plucky, che affermava:
<<-Volevo dire che dobbiamo fare qualcosa tutti quanti!>> - In tutto quel caos nessuno si accorse del ragazzo che si alzò ed uscì dalla stanza.
Max ficcò le mani nelle tasche e si diresse lentamente verso l’uscita: tanto era sicuro che quella mattina nessuno avrebbe pensato a fare lezione.
E cosi la strega se ne era andata. Bene, benissimo! A chi importava? A lui no di certo! Lui non era uno di quei sempliciotti che per anni avevano sperato che Elmyra la piantasse di tediarli e adesso sbraitavano disperati di volerla riportare indietro! Lui era felicissimo di essersene liberato!
Non ci sarebbero stati più agguati, più soprannomi stupidi, più tentativi di trascinarlo a questo o a quel ballo. I suoi genitori non lo avrebbero più costretto a portarla fuori, ma soprattutto: non avrebbe più dovuto ascoltare quella vocetta querula che gli sviolinava parole d’amore ogni due minuti!
Era praticamente la realizzazione di un sogno!
Da quel momento non avrebbe avuto riserve; sarebbe stato libero di fare tutto quello che voleva. Ora che non c’era più nessuno che credesse in lui…che lo ritenesse migliore di quanto fosse veramente…che lo rendesse appena meno vuoto…appena meno solo
Senza nemmeno rendersene conto arrivò alla villa dei Montana a piedi. Salì nella stanza dalla quale era uscito solo un paio di ore prima, destabilizzando la servitù che non lo senti urlare, inveire o mugugnare come al solito, e si lasciò cadere sul letto. Si sentiva stranamente stanco.
Ma era sicuro che sarebbe passato. Sarebbe passato tutto, anche il dolore al petto che sembrava soffocarlo.








Note dell'autrice:
Salve a tutti! Dopo un periodo di lunga indecisione ho deciso di postare la mia vecchia storia sui Tiny Toons! Sebbene non sia mai stata una grande amante di Elmyra -in quanto grandissima amante degli animali- ho sempre pensato che lei e Max fossero una bella coppia.
La storia si colloca subito dopo l' episodio "My Dinner With Elmyra". Se vi interessa tornare bambini per un pò e cercarlo, senza dubbio sarà ancora in circolo sul web!
Lasciatemi un commentino se vi va, per farmi sapere se avete apprezzato oppure no! Commenti e consigli sono sempre ben accetti!

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Capitolo 2
*** Jessica sancisce l’alleanza ***


Capitolo 2: Jessica sancisce l’alleanza.
 

5 anni dopo.
 
Era sempre la stessa. I suoi occhi scuri scrutarono la sua vecchia scuola con intensità, e notarono piccoli particolari che non aveva mai colto quando aveva dodici anni: il colore dell’ingresso non era semplicemente rosso, ma bordeaux; le imposte delle finestre erano vecchie ma perfettamente funzionanti, le due grandi statue di pietra erano un pò erose dal tempo, ma niente affatto rovinate.
Cercò di non farsi prendere dall’agitazione mentre entrava nella Acme Looniversity.
Imboccò il corridoio di destra, lasciandosi andare ai ricordi. Gli armadietti erano più piccoli di come li ricordava; su uno era affisso un bigliettino che diceva “Mi sono dato allo yoga per te!” e accanto c’era una scritta molto frettolosa che recitava “Fai chicchirichì da un'altra parte e lascia stare la mia donna!!!”. Elmyra non poté soffocare una risatina: sembrava che le cose non fossero cambiate poi molto. Allungò il passo in vista del suo obbiettivo: la presidenza. Davanti alla porta restò piacevolmente sorpresa: lettere stampate in nero annunciavano “ELMER FUDD – PRESIDE”.
Gettò una rapida occhiata ai suoi vestiti: le ballerine nere erano a posto -niente polvere, fiocchi perfetti- i pantaloni bianchi erano in ordine e cosi la felpa smanicata bianca e turchese. Niente gonna, niente camicetta: era cresciuta. Tutto quello che rimaneva del fiocco era un fermaglio che teneva in ordine i suoi capelli, sempre corti, sempre arancioni, sempre frangiati.
Bussò delicatamente e una voce dalla forte erre moscia la fece entrare.
Il suo vecchio professore stava armeggiando con le tapparelle, tentando senza successo di schermare la stanza dal sole. Quando uno dei due fili che stava tirando gli rimase in mano lui se lo gettò ai piedi e con aria rabbiosa si diresse verso la fuciliera addossata alla parete.
A metà strada si accorse di lei.
<<-Cosa posso fare per te cara?>> - Lei avanzò di un paio di passi.
<<-Professor Fudd sono io, Elmyra Duff.>> - Elmer rimase basito per un istante, poi esplose come un fuoco d’ artificio.
<<-Emyra! Carissima, da quanto tempo! Come stai? Quando sei tornata?>>
<<-Siamo in città da questa mattina professore. Ci siamo di nuovo trasferiti qui.>> - Non era certo stata una loro scelta, ma questo non lo disse al preside.
<<-Oh ma è magnifico! Allora seguirai di nuovo i corsi alla Acme Loo? Che splendida notizia! Siediti, compilo subito la tua scheda di ammissione!>> - Pochi minuti dopo Elmyra Duff era di nuovo una studentessa della Acme Looniversity. Mentre si chiudeva la porta della presidenza alla spalle si rese conto di non sapere se esserne felice o disperata: la motivazione per la quale se n’era andata viveva sempre lì, possedeva tre quarti della città e camminava in quegli stessi corridoi.
<<-ELMYRA?>> - La voce che chiamò il suo nome aveva un tono talmente alto che credette che da un momento all’altro tutte le classi si sarebbero riversate nel corridoio prese dalla curiosità. Solo dopo si ricordò che la scuola non era ancora iniziata.
Si voltò verso la voce e vide una ragazza.
Portava stretti fuseaux color lillà e un top giallo, aderente in vita e largo sulle spalle. Un elastico viola teneva insieme due inconfondibili orecchie rosa. Lei sorrise alla sua espressione sbalordita.
<<-Barbara Ann Bunny?>> - La coniglietta la strinse in un abbraccio.
<<-Oh Elmyra! Come stai? Quando sei tornata?>> - “Curioso -si disse lei- che si preoccupi di questo” : aveva constatato in Fudd un sincero piacere nel rivederla ma era convinta che i Bunny sarebbero impazziti al pensiero di averla nuovamente li, pronta a torturarli. Sospirò pensando che ne avrebbero avuto tutto il diritto: da bambina era un disastro pestifero nei confronti di quei due poveri conigli.
<<-Poco fa.>>
<<-Ti sei re-iscritta? Dobbiamo dirlo a tutti! Dobbiamo dirlo a Buster, a Plucky…dobbiamo dirlo a Monty!>> - Al solo sentire quel nome Elmyra si irrigidì tra le braccia dell’ amica e le tappò la bocca, prima che le venisse in mente di urlare il suo ritorno ai quattro venti.
<<-Ti prego non lo fare! Buster e Plucky mi vedranno domani e…anche lui mi vedrà domani…e forse è perfettamente inutile ma…>> - Babs era sempre stata un’intuitiva: essere intelligente faceva parte della sua personalità, perciò non fu sorpresa quando le chiese.
<<-Non vuoi vedere Monty?>> - Elmyra scosse la testa.
<<-Perché te ne sei andata?>> - C’era arrivata. Le erano bastati una manciata di secondi e c’era arrivata.
<<-C’è un posto in cui possiamo parlare da sole?>>
 
L’espressione di Babs era passata in fretta dal curioso all’incredulo e infine al disgustato.
<<-Monty ha licenziato i tuoi genitori?!>> - Lei annuì. Le faceva ancora male ricordarlo. Si accomodò meglio sulla poltroncina e si diede una rapida occhiata intorno: non era mai stata negli archivi dei video, era un posto interessante! Andava ripulito dalle ragnatele, ma era comunque confortevole.
Poi tornò a guardare la ragazza, e cominciò a spiegare:
<<-Lavoravano in una delle imprese dei Montana. E’ stato in questo modo che io e lui ci siamo conosciuti, e che i miei ed i signori Montana sono diventati amici. Ricordi quel giorno che ci vedesti insieme da Weenie Burgher? – Ad un cenno affermativo dell’altra, lei continuò – I suoi genitori lo avevano costretto a portarmi fuori. Quando quella sera mi riportò a casa io…>> - Babs si sporse verso di lei, un sorriso ammiccante in viso.
<<-Siiii?>>
<<-Io…>>
<<-Tuuuuu?>>
<<-Gli detti…un bacio.>> - Il sorriso di Babs andava da orecchio ad orecchio.
<<-Elmyra! Non ho mai sospettato che tu avessi un tale coraggio da pirata!>> - Pochi secondi di vortice rosa e giallo e Babs si trasformò in un perfetto corsaro. Stivali da uomo, fusciacca, bandana e cappello.
<<-Ciurma! Ammirate la donna che ha sbaciucchiato il miliardario!>> - Con un altro giro di vortice apparve invece uno dei personaggi più utilizzati dalla coniglietta: Jessica Rabbit. Adesso che Babs era più alta e più formosa anche il personaggio era notevolmente più credibile! Il suo tono quando parlò era roco ed ammiccante.
<<-Te lo dico io che me ne intendo: sei una vera fèmme fatale.>> - Lei sorrise alle prestazioni della ragazza, ma rispose:  
<<-Non direi. La mattina dopo mi svegliai presto, a causa dei rumori strani che c’erano in casa: era mio zio con la sua ditta di trasporti. I miei genitori mi dissero che nella notte era arrivato un fattorino dei Montana a recapitare una lettera di licenziamento per entrambi.>> - Sorrise amaramente. Babs era tornata se stessa, e la ascoltava senza interrompere, seria.
<<-Max doveva averlo spedito lì subito dopo essere tornato a casa.>> - Quante lacrime aveva pianto rendendosi conto che mentre lei sognava quel bacio lui si adoperava per vendicarsi sulla sua famiglia!
<<-Dissi ai miei quello che avevo fatto, gli dissi che era stata colpa mia, ma loro non me ne dettero mai la colpa. Mi dissero che ci dovevamo trasferire: mezza Acme Acres apparteneva ai Montana e non li avrebbero mai assunti di nuovo. Trovammo casa a Tarvish Zone e lì i miei vennero assunti in una compagnia. Sei mesi fa la compagnia si è allargata e ha aperto uno studio qui. Hanno chiesto ai miei di gestirlo, e ovviamente ci siamo dovuti trasferire nuovamente.>> - Dopo qualche istante di silenzio Babs proruppe:
<<-Monty è un verme!!! Ora si che capisco perché non vuoi vederlo! Non preoccuparti Elmyra… - Le strinse la mano in segno di solidarietà e conforto -…appena i ragazzi sapranno quello che è successo ci organizzeremo in modo degno dei Servizi Segreti! I tuoi corsi sono diversi dai suoi, quindi le uniche occasioni in cui potresti imbatterti in lui sarebbero al cambio delle ore e a pranzo! Puoi dormire tra due guanciali: non dovrai nemmeno scambiarti il buongiorno con Montana Max!>> - Lei sorrise alla determinazione dell’amica.
<<-Grazie Bunny-Wunny.>>
 

***

 
Qualcosa non quadrava; non ci volevo un genio per capirlo!
Era da almeno due settimane che la banda capitanata dai conigli si comportava in modo strano nei suoi confronti.
Non che in quegli anni avessero instaurato non so che legame, ma quel tacito accordo basato sul reciproco ignorarsi, che durava da tempo, sembrava sul punto di disgregarsi. Semplicemente perché i “Tiny Goodies”, Max aveva preso a chiamarli così, adesso prestavano fin troppa attenzione alla sua persona.
La prima avvisaglia del loro strano comportamento si era palesata quando Buster Bunny gli era caracollato addosso spedendolo lungo disteso sul pavimento proprio mentre lui si dirigeva a mensa. Il coniglio era sfrecciato nella sala, e quando Max gli era corso dietro -deciso a farsi ripagare la camicia o a scaricare una colata di cemento nella sua tana- lo aveva trovato seduto al suo solito tavolo, che fischiettava la loro celeberrima sigla davanti ad un purè di carote.
Con lui c’era il resto della combriccola. Fischiettavano tutti. Alcuni lo facevano guardando le crepe nel soffitto, ma tutti, nessuno escluso, evitavano il suo sguardo.
Aveva lasciato correre perché non voleva che la loro demenza lo contagiasse.
Tempo dopo però si era verificato un ulteriore episodio: stava attraversando il corridoio, diretto verso il suo armadietto, e proprio mentre stava per svoltare l’angolo un grido era risuonato tra le pareti, rimbombando nella sua testa con la violenza di uno schiaffo.
Babs Bunny si contorceva, aggrappata ai poster che annunciavano il Ballo di Natale, ed emetteva versi sconclusionati, come se qualcuno l’avesse pugnalata.
<<-Oh che dolore!!! Che dolore terribile e doloroso!!! Ohhhhhh, che doloooooreeeee!!!>> - Duck era emerso dal nulla (un ‘nulla’ che lui poi aveva identificato -oh che casualità- proprio con l’angolo che stava per svoltare) e con un tono che non sembrava particolarmente adatto alla drammaticità della situazione, le aveva detto:
<<-Sai Babs, credo che sia il caso di andare in infermeria.>> - Lì Max aveva quasi strabuzzato gli occhi: il coniglio rosa si era tirata su, spolverata i pantaloni, e con un “ok” aveva seguito il papero.
Nei giorni seguenti aveva notato che ogni membro dei Tiny Goodies in cui incappava -e che trovava in pose plastiche ai limiti dell’improbabile- era sempre più sospetto.
La cosa lo stava mandando fuori dai gangheri perché sembrava coinvolgerlo e quindi non gli permetteva di fregarsene!
Era venerdì mattina, erano le 9.45 ed era da venti minuti che cercava di scrivere quella maledetta relazione richiesta da Coyote.
Per l’ennesima volta alzò la penna sul foglio e per l’ennesima volta la rimise giù; i gemelli d’oro appuntati al polsino produssero un sonoro “clack” quando incontrarono il legno del banco di lavoro.
The Loon e La Fume lo stavano fissando. E aveva la sensazione che non fossero interessate né alla sua camicia di seta grigia, né al blazer bianco, né alla cravatta rossa.
“Sono stato fin troppo tollerante. Ora si fa alla vecchia maniera.” – Si alzò dal suo posto e annunciò che usciva. Non lo chiese, lo affermò.
Poi, una volta fuori dalla stanza, si mise ad aspettare, schiena contro il muro, braccia incrociate.
Non dovette attendere molto perché un paio di minuti dopo Shirley e Fifi si catapultarono fuori dall’aula.
<<-Mon Dieu! Come facciamo adesso?>>
<<-Tra dieci minuti c’è l’intervallo! Dobbiamo trovarlo prima che escano tutti!>> - Quando lo videro si congelarono. Con tanto di stalattiti.
Pian piano la consapevolezza di essere abboccate ad un tranello prese posto nelle loro teste, e le fece arrossire di vergogna.
<<-Allora?! A che gioco state giocando?!>> - Le due non sapevano cosa rispondere. Lui le incalzò, incurante di urlare loro addosso: nessuno poteva ridicolizzare Montana Max!
<<-Mi sembravano strani tutti questi teatrini drammatici! Vi avverto: o mi dite cosa sta succedendo o troverò il modo di farvene pentire!!!>> - Proprio in quel momento un suono a metà tra un trillo ed un lamento sancì l’inizio dell’ intervallo. Le porte delle aule si aprirono e gli studenti sciamarono nei corridoi, pronti a cambiare aula.
<<-Che scherzo è questo Gogo?! - Max per poco non si mise ad urlare dalla frustrazione: The Loon lo aveva ignorato completamente e si era arrampicata sull’orologio a cucù fissato alla parete, proprio sopra la campanella. Adesso bussava incessantemente sull’oggetto, gridando, negli occhi lampi di rabbia. – Sei in anticipo!!! Fai rientrare tutti in classe!!!>> - Fifi invece spostava il peso da un piede all’altro, mormorando una spiegazione che suonava più o meno come “ecco…noi stavamo…noi…volevamo…cercavamo…”, infilandoci ogni tanto una parola in francese.
Stava veramente per perdere il controllo quando vide La Fume sbiancare. Per quanto improbabile fosse, il suo viso diventò più bianco del bianco della sua pelliccia; lo sguardo fisso su un punto alle sue spalle.
Prima che qualcuno mettesse su un’altra scenetta per depistarlo, Max si voltò, cercando di individuare ciò che aveva sconvolto la puzzola al punto da farle perdere la flemma aristocratica che la caratterizzava.
Per qualche secondo non riuscì ad individuare niente di insolito, solo la stessa massa brulicante di persone che vedeva da anni.
Poi qualcosa entrò nella sua visuale; qualcosa di arancione. Era un colore vivo, brillante, che non passava certo inosservato, e nella testa di Monty si affacciò il pensiero di avere già visto un colore del genere.
Pochi istanti dopo la folla che gli copriva la visuale si diradò; e lui riuscì a dare un corpo alla sensazione di nostalgia che lo aveva invaso.
Erano capelli: corti capelli arancioni fermati lateralmente da un fermaglio verde acqua, a forma di teschio. E verde acqua era il maglioncino che indossava. Ma non c’ erano calzini bianchi, né gonne al ginocchio, né lucide scarpe da bambola.
Il completo che lui ricordava tanto bene era stato sostituito da lunghi pantaloni bianchi, e morbide ballerine nere.
Però il viso era lo stesso.
Naso a patata.
Mento troppo pronunciato.
Occhi troppo grandi.
E quando si rese pienamente conto del fatto che quella persona -che leggeva degli appunti come se non se ne fosse mai andata- si stava dirigendo proprio verso di lui, si accorse che il suo cuore stava battendo maledettamente troppo forte.
Monty cercò di ragionare: non sapeva perché se ne era andata (e non gli importava) e non sapeva perché era tornata (e questo gli importava ancora meno) ma doveva reagire, non poteva restare lì, fermo come una statua, con gli occhi spalancati, incredulo per quello che stava succedendo!
“Perché no? Ti ritroverebbe esattamente come ti ha lasciato!”
Dette una martellata alla sua voce interiore e si ricompose: sguardo indolente, pugni in tasca, schiena dritta. L’immagine di chi ha tutto sotto controllo; peccato che le sue mani stessero sudando.
Elmyra continuò a camminare, assorta nella lettura, finché per poco non gli sbatté addosso.
A quel punto alzò gli occhi (eh già, ora era lui il più alto!) su chi aveva davanti.
Monty sentì qualcosa nel petto fare un tuffo carpiato e decise che se lei lo avesse abbracciato non si sarebbe staccato…non subito almeno! Magari…poteva andar bene anche essere chiamato “Monty-Wonty”…per una manciata di secondi, non di più!
La reazione della ragazza però non fu quella che si era aspettato: Elmyra indietreggiò, aggrappandosi ai fogli che aveva in mano come fossero scogli nel mare. Abbassò gli occhi sul pavimento e sussurrò uno “scusa” così flebile che quasi non lo sentì. Poi corse via.
Max rimase nel corridoio, basito, deluso, e anche un po’ ferito. E decisamente irritato: non che gli importasse di essere abbracciato, assolutamente! Lo aveva pensato perché ricordava le sue abitudini, non perché lo volesse; ma non si vedevano da cinque anni, poteva almeno dirgli “ciao”! Era semplice educazione!
Si diresse al suo armadietto, sbuffando come una locomotiva per un motivo che non capiva nemmeno lui, e la vide di nuovo.
Cercava di aprire un armadietto, senza risultato: le tremavano le mani e la combinazione non ne voleva sapere di inserirsi. Alla fine ci riuscì, prese il libro di Sylvester, sbatté l’armadietto e filò in classe.
Solo in quel momento Monty si rese conto di un particolare: l’armadietto di Elmyra era praticamente accanto al suo. Il corso di Sylvester era iniziato assieme a quello di Wile; questo voleva dire che lei si trovava nella Acme Loo praticamente dall’inizio delle lezioni.
Come aveva fatto a non notarla prima?
Poi capì. Sentì la rabbia ribollire dentro di lui come la lava di un vulcano: Bonnie e Clyde dovevano dargli molte spiegazioni.

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Capitolo 3
*** Piccoli dubbi crescono ***


Capitolo 3: Piccoli dubbi crescono.
 

Inutile dire che Elmyra non riuscì a seguire neanche una parola della lezione del professor Sylvester.
Si sentiva la faccia in fiamme, la cassa toracica che le faceva male, un nodo in gola…
I ragazzi avevano fatto di tutto per evitarle quell’incontro, ma c’era stato poco da fare. Nel profondo Elmyra aveva saputo che non esisteva la certezza che le misure di precauzione ideate da Buster funzionassero all’infinito: era praticamente certo che prima o poi qualcosa sarebbe andato storto e tutta la provvidenzialità del mondo non sarebbe riuscita a tenerla lontana da Monty.
Montana Max non era più il ragazzino che aveva lasciato ad Acme Acres 5 anni prima: era molto più alto e l’ortodonzia aveva fatto miracoli per quei due incisivi laterali, che adesso non sporgevano più dal labbro superiore.
E soprattutto era bello.
Non bello in modo canonico: i suoi lineamenti non si erano addolciti, né era cambiato il suo carattere da quello che aveva sentito (Buster aveva preso le sue minacce sul ridere; un tempo lo avrebbe fatto anche lei, ma non più). Eppure la vista di Monty -sotto il dolore ed il rammarico- le scatenava ancora le farfalle nello stomaco. Si impose di scacciare quei pensieri dalla mente ma ancor prima che potesse applicarsi su quella decisione la campanella suonò nuovamente e la lezione terminò.
Uscire da quella stanza non le era mai sembrato tanto rischioso; e quando una mano le si posò sulla spalla e lei sobbalzò, con il cuore in gola, si rese conto che sarebbe stato ogni giorno più difficile.
Si voltò e rilasciò il fiato: era Hamton.
<<-Sono la tua guardia del corpo per la prossima ora!>> - Elmyra sorrise per la sua gentilezza, ed insieme si incamminarono verso il secondo piano.
<<-Mi dispiace che sia andato tutto a monte. Fifi si sente un sacco colpevole, ma ha detto che da un po’ di tempo Monty era diventato più sospettoso.>> - Le piaceva il modo in cui Hamton parlava di Fifi, come se fosse pronto a proteggerla da qualsiasi tipo di accusa, anche addossandosi la colpa. Era bello che i due riuscissero a superare differenze e difficoltà e ad essere felici.
<<-Non è colpa di nessuno Ham, e di sicuro non di Fifi e Shirley! Probabilmente abbiamo esagerato. Vedrai che non succederà niente lo stesso, anche adesso che sa che sono tornata. Non è che la mia presenza lo abbia mai interessato particolarmente…>> - Suo malgrado si rattristò per quelle parole; e Ham se ne rese conto.
<<-Sai che cosa potremmo fare per tirarti su di morale?>> - Lei lo guardò.
<<-Che cosa?>>
<<-Una festa! Una cosa semplice, per pochi intimi!>> - Apprezzò molto il suo pensiero, e per un secondo pensò anche di accettare, ma poi si rese conto che sarebbe stato ancora più deprimente fare da incomodo alle tre coppie più felici di Acme Acres.
<<-E’ un'idea davvero carina, e mi piacerebbe ma…ecco…sai Hamton…sareste tu e Fifi, Plucky e Shirley…Buster e Babs…>> - Il ragazzo sembrò riflettere sul suo commento, poi capì ed arrossì imbarazzato.
<<-Oh Elmyra...mi dispiace. Era un’idea stupida…>> - Lei rise, sentendosi di colpo più leggera. Non si era resa conto di quanto fosse stata sola fin quando non era tornata; e quei ragazzi che lei credeva l’avrebbero evitata per tutto quello che aveva fatto passare loro, l’avevano invece accolta con entusiasmo e le avevano confessato di aver sentito la sua mancanza.
Lei ci aveva creduto, perché c’era qualcosa in loro -qualcosa in tutta la città- che non contemplava la malizia, le menzogne ed i sotterfugi.
“Eccezion fatta per Monty. C’è sempre bisogno di un cattivo.” Utilizzò un istante per soppesare il suo stesso pensiero.
All’inizio non aveva realmente creduto che lui fosse il cattivo: credeva che fosse soltanto dispotico, immusonito per vocazione, e troppo abituato ad avere tutto per riconoscere le cose davvero importanti. Ma d’altronde era una bambina e ragionava con il cuore.
Guardò l’amico, mentre cominciavano a salire le scale.
<<-Parteciperò al ballo di Natale però! Sono quasi emozionata: a Tarvish Zone non sono mai andata ad una festa!>> - Hamton si tenne al corrimano, ansimando lievemente per i chiletti di troppo.
<<-Come mai? La palestra era piccola? Troppo malandata? Sporca?>>
<<-Oh no, c’era molto spazio, ed era pulitissima! – Forse non troppo, ma rammentando la mania dell’altro per la pulizia si senti in dovere di enfatizzare – Ma sai, io ero nuova, ed ero…triste…non avevo voglia di conoscere altre persone, quindi non avrei saputo cosa farci ad un ballo!>>
<<-Mi dispiace molto. Credevo che Monty fosse più gentiluomo.>> - Lei gli rivolse un occhiata sorpresa.
<<-Certo, sempre gentiluomo come Monty. In quanto Monty. Cioè, pur essendo Monty. Capisci quello che voglio dire?>> - Lei rise di nuovo.
<<-Si, capisco. Grazie di averlo detto.>> - Ham le sorrise sinceramente, il viso arrossato per la fatica.
<<-Professor Duck?>> - Lei annuì.
<<-Professor Duck.>> - Hamton le fece elegantemente strada, ed entrambi entrarono in classe.
 
Fu una lezione entusiasmante; caotica e spettacolare, marcata Daffy Duck. Passò velocemente e senza inconvenienti, ed Elmyra pensò davvero che forse non ci sarebbero stati problemi con Monty.
Quando però lei e Hamton uscirono dall’aula trovarono Plucky ad aspettarli.
Il suo nervosismo traspariva dal modo in cui si guardava attorno, e quando li scorse di diresse verso di loro con un sorriso entusiasta, ridicolmente finto.
<<-Ragazzi! Finita la lezione? Bella lezione? Beh se era bella è un peccato che sia finita! Ham ti volevo parlare della stagione della caccia.>>
<<-La stagione della caccia? Non c’è la stagione della caccia ad Acme Acres.>> - Lei poteva confermare: si era conclusa quando il professor Fudd aveva deciso di essere stanco di battere le foreste. Allora il professor Bunny aveva fondato la scuola, i due si erano dati la mano e amici più di prima.
Plucky inarcò un sopracciglio, visibilmente scocciato.
<<-Va bene, ma la stagione della caccia esisterà pure da qualche altra parte! Magari al coniglio.>> - Hamton annuì.
<<-Hai ragione, è davvero tremendo! Caccia all’anatra, alla volpe, alla lepre…>>
<<-Hamton a noi interessa solo la maledetta caccia al coniglio!!!>> - Lei non ci mise molto ad elaborare il messaggio.
<<-Plucky che cosa sta succedendo? Non mi dire che non sai di cosa sto parlando.>> - Aggiunse vedendo il papero pronto a ribattere. Plucky non era cambiato molto: era più alto, più muscoloso, forse un po’ meno egocentrico, ma recitava sempre come un comodino.
Lo vide chiudere gli occhi, alzare un dito con fare da maestrino e tentare di ricordare una frase probabilmente imparata a memoria.
<<-Plucky!!!>>
<<-Va bene, va bene! Mi ha mandato Shirley: abbiamo un problema.>> - Ham entrò nella conversazione.
<<-Che tipo di problema?>>
<<-Delucidazioni. Vuole sapere perché non se n’è accorto prima.>> - Elmyra capì subito di chi stavano parlando; e credette anche di capire di che cosa stavano parlando, sebbene la cosa fosse talmente assurda da essere quasi inconcepibile.
<<-Gli interessa?>> - Il suo tono avrebbe dovuto essere incredulo e magari anche amaro; eppure quello che le uscì di bocca fu un pigolio estatico e speranzoso. Se i due se ne accorsero non lo dettero a vedere.
<<-Ha intercettato Babs e Buster mentre cambiavano aula e ora li vuole spremere. Credo che sia meglio supportarli.>> - Lei stava per assicurare il suo aiuto ma Plucky le disse.
<<-Tu torna a casa e stai in campana.>>
<<-Ma…>>
<<-Dammi retta! Nessuno pensa che tu gli debba delle spiegazioni. Le prenderà da noi e se le farà bastare! Andiamo Ham!>> - I due la lasciarono li, e si diressero, veloci come fulmini, al piano di sotto.
Per una volta Elmyra Duff non fece di testa sua, non si impuntò, ma dette ascolto ai suoi amici: lasciò la scuola in fretta e furia, dirigendosi verso casa a passo spedito, sperando che i ragazzi non finissero nei guai a causa sua.     
 

***

 
Poche volte nella sua vita era stato tanto furioso. Certo, tutti quelli che lo conoscevano avrebbero obbiettato ad una simile dichiarazione per il semplice fatto che lui era sempre furioso.
Questa volta però era diverso: questa volta non era stato lui a ordire un piano machiavellico alle spalle dei conigli; semmai era accaduto il contrario!
Non sarebbe stato troppo sconvolgente se del piano non avesse fatto parte anche Elmyra Duff.
Perché Monty ne era praticamente certo: tutti quegli episodi che si verificavano da settimane non erano coincidenze; ed il fatto che non avesse notato il ritorno della ragazza fino a quella mattina non era di sicuro un caso!
Era per questo che aveva inchiodato i conigli; ma il suo brillante piano (che consisteva sostanzialmente nel minacciarli, provocarli e metterli sotto pressione, ottenendo così una confessione in piena regola) non stava funzionando.
Buster era poggiato ad un banco, le mani in tasca, l’espressione appena annoiata.
Babs ci era seduta sopra e si limava le unghie in modo molto aristocratico, scoccandogli ogni tanto un occhiata disgustata, accompagnata da un sonoro “puah”.
<<-Ve lo chiedo di nuovo: quale razza di stupida pagliacciata avete macchinato ai miei danni e perché?!>> – Buster rispose come prima: scrollò le spalle e guardò l’orologio al suo polso. Babs si soffiò un unghia, poi lo guardò e rispose.
<<-Ai tuoi danni? Quale danno ti abbiamo arrecato brutto arrogante viziato?>> – Per un secondo Monty quasi si meravigliò di udire un simile tono di voce dalla ragazza.
<<-Duff è tornata!>> – Lei ridusse le palpebre ad una linea sottile.
<<-E allora?>> – Poteva giocare quanto voleva, ma lui non era stupido!
<<-E allora l’avete nascosta per più di due settimane e mi avete fatto tallonare, voglio sapere il perché.>> – L’espressione decisa di Babs vacillò un istante; e fu Buster a prendere le redini.
<<-Monty noi non abbiamo nascosto nessuno e davvero, non abbiamo idea di quello di cui stai parlando.>> – Non sopportava quel tono conciliante! Specialmente quando era perfettamente consapevole di avere ragione!
<<-Quindi mi state dicendo che sono un visionario! Che non vi siete dati i turni per tenermi sott’occhio! Bene, ci posso anche credere; spiegatemi la reazione di The Loon e Le Fume allora!>> – Fu soddisfatto dal vedere che Buster aveva almeno la decenza di arrossire. Babs però, recuperato il sangue freddo, gli piantò un dito sul petto e decretò.
<<-Il modo in cui ci comportiamo con Elmyra è affare nostro. Puoi anche non crederci ma a noi è mancata! Non sapevamo dove fosse, non sapevamo cosa l’avesse fatta andare via e perderla è stato triste! Triste!!! Non andavamo molto d’accordo ma era una di noi, era una Toon! Perché ti interessa tanto il motivo per cui è tornata? Hai paura di dover ricominciare a scappare dalle sue avances? Beh puoi stare tranquillo perché Elmyra non ha nessun interesse a correre dietro a uno come te! Non vuole avere niente a che fare con te dopo tutto quello che le hai fatt…>> - Fu in quel momento che Buster tappò la bocca alla sua ragazza con più veemenza di quanta usava di solito.
Ma non fu abbastanza veloce: Monty capì il senso di quello che Babs stava dicendo senza problemi. Elmyra Duff lo stava evitando volontariamente.
Beh, quella era veramente l’ultima goccia.
Cominciò a gridare talmente forte che i vetri delle finestre presero a tintinnare.
<<-Che cosa le ho fatto io? Io sono sempre stato onesto! Le sue attenzioni mi irritavano e glielo dicevo chiaramente! Perché non vi fate voi un bell’esame di coscienza? Quante volte siete scappati a gambe levate quando l’avete vista arrivare? Quante volte l’avete trattata come una stupida? Non venite a fare la predica a me visto che vi siete sempre comportati nello stesso modo! Se eravate tanto sconvolti perché non siete andati di persona a prelevarla da Tarvish Zone?! Ipocriti, non avete fatto niente perché la vita senza di lei vi andava benissimo; allora adesso non mettete in scena una delle vostre ridicole pantomime facendo di me il responsabile della sua partenza!>> - Non lasciò loro il tempo di rispondere: afferrò la giacca e uscì dall’aula.
Dovette scansare gli altri quattro, che erano rimasti sulla soglia per tutto il tempo, impietriti, ma quando finalmente la strada fu sgombra marciò fuori, nero come una nuvola temporalesca.
Buster e Babs assimilarono le parole del ragazzo e con somma mortificazione si resero conto che non erano poi del tutto false: Elmyra da piccola era una specie di bomba ad orologeria, ed essere nelle sue vicinanze significava pericolo; ciononostante non potevano dire di essersi sempre comportati bene nei suoi confronti.
<<-Ha ragione sai…>>
<<-Babs avevamo dodici anni, anche noi eravamo immaturi e sciocchi. Siamo tutti cresciuti adesso!>> - Lei gli sorrise. Poi guardò la porta dalla quale Monty era uscito.
<<-Lo sai…è assurdo ma…sembra quasi…>>
<<-Che non sappia perché Elmyra lo evita? Anche io ho avuto questa impressione.>> – Buster soppesò la reazione di poco prima.
<<-E in verità Babsy non sembra che stia mentendo. Voglio dire dovrebbe essere un bravo attore per fingere di brancolare nel buio così bene! E Monty è sempre stato un pessimo attore…peggiore di Plucky!>> – Il suddetto papero in risposta tirò un cancellino in testa a Buster. Buster gli tirò dietro il cestino, e in pochi minuti i due si stavano cimentando in una scazzottata degna di un incontro di boxe.
Shirley e Fifi scrollarono le spalle, mentre Ham cercava senza successo di fermarli; ma nell’istante in cui una buccia di banana piena di polvere di gesso finì sulla sua felpa blu anche lui si unì alla zuffa.
Solo più tardi, mentre disinfettava le ferite sul viso di Buster, Babs si rese conto di un particolare a cui non aveva prestato importanza.
<<-Buster…>> - Il ragazzo le prestò attenzione da sotto un occhio gonfio.
<<-Come faceva Monty a sapere che Elmyra si trovava a Tarvish Zone?>>

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Capitolo 4
*** "Colui che brancola nel buio" ***


 Capitolo 4: "Colui che brancola nel buio"
 

Come potevano le cose essere cambiate diametralmente nell’arco di una sola notte?
Fu questo che si chiese Elmyra la mattina successiva, mentre Babs le spiegava quello che era successo tra lei, Buster e Monty.
L’amica le porse anche delle scuse a proposito del suo comportamento nei suoi confronti quando aveva dodici anni ma lei quasi non le sentì, impegnata come era a mangiarsi le mani.
E adesso che sarebbe successo? Monty avrebbe preteso che lei gli spiegasse perché era tornata? Avrebbe fatto andare via la sua famiglia di nuovo? Logicamente sapeva che i Montana non avevano alcun diritto di dire ai suoi genitori cosa fare e cosa non fare, ma la verità era che quella famiglia era importante, ricca e senza scrupoli.
La sola cosa che poteva salvarla era la sempre dignitosa strategia della fuga!
“-Ma certo!” – Si disse la ragazza, come colta da una illuminazione. Tutto quello che doveva fare era tenersi alla larga da Monty finchè i suoi non avessero concluso i loro affari e non fossero stati pronti a traslocare di nuovo!
A quel pensiero la malinconia scese su di lei come una pesante cappa di lana: perdere di nuovo tutti i Tiny Toons non era qualcosa che al momento era preparata a fare.
E comunque il suo non era un piano a breve termine: potevano volerci anni prima che l’azienda diventasse perfettamente operativa; e poteva comunque esistere la possibilità che il direttore dei suoi chiedesse loro di restare lì in pianta stabile.
A quel punto sarebbe stata costretta a mimetizzarsi come i camaleonti per evitare altre seccature ai suoi amici: nemmeno un mese che era tornata ad Acme Acres e Monty era già sul piede di guerra per colpa sua.
Cercò di scacciare i brutti pensieri e di concentrarsi sulla mattinata imminente.
I suoi propositi però furoni messi a dura prova già quando arrivò al suo armadietto. Le sue mani non tremavano e la combinazione si era inserita perfettamente ma per qualche strano scherzo del destino il lucchetto continuava a restare ermeticamente chiuso.
Era sul punto di provare a forzarlo con un piede di porco, un trapano o un martello, quando qualcuno colpì l’armadietto incriminato esattamente sotto la serratura, e quello si aprì, senza emettere nemmeno un cigolio.
<<-Oh grazie, stamani era davvero…>> - Le parole le si bloccarono quando vide a chi apparteneva il pugno che cosi provvidenzialmente l’aveva aiutata.
Cercò di ingoiare il groppo in gola che si era automaticamente formato, e calcolò quale era la via più breve per scappare a gambe levate, perché l’espressione che Monty aveva sul viso sembrava dire che era pronto a dare almeno un’altra dozzina di pugni.
Ripensandoci non aveva davvero bisogno dei libri: poteva allenare la sua memoria e tentare di prendere appunti sia sulla lezione sia sulle pagine da seguire!
Presa la sua decisione (indubbiamente vigliacca ma utile per la sua autoconservazione) Elmyra fece per allontanarsi ma –quasi avesse intuito la sua mossa- l'altro braccio di Monty si inchiodò all’armadietto con un sonoro “BAM!”.
Quando realizzò di trovarsi intrappolata percepì due emozioni ben distinte tra loro farsi spazio dentro di lei: una era il terrore di che cosa le sarebbe successo e comprendeva possibili ematomi ed insulti assicurati. L’altra era l’esaltazione di trovarsi in una situazione che aveva sempre sognato si verificasse: Monty che le impediva di andarsene perché separarsi da lei era troppo doloroso.
C’era però anche la sua parte logica, che univa le due emozioni nell’unica spiegazione plausibile al comportamento decisamente fuori dagli schemi del ragazzo: Monty le impediva di andarsene per poterla riempire di ematomi ed insulti.
<<-Mi stai evitando.>> – Lei fu costretta a guardarlo negli occhi a causa della natura della loro conversazione.
Ohhh…quanto era affascinante…era così alto…ed i capelli erano più scuri di quanto ricordava…ed era talmente…imbestialito. Si prese a schiaffi mentalmente e abbassò gli occhi sulle sue scarpe. Fu un bene perché vedere le sue ballerine nere a quadri –molto carine e poco costose- accanto alle eleganti scarpe italiane del ragazzo le fece ricordare quanta differenza ci fosse tra loro. 
<<-Sì.>> – Non aveva senso cercare di nasconderlo.
<<-E chi te lo ha chiesto?!>> – Il suo tono era a dir poco altisonante. La scuola cominciava a riempirsi e più di una persona si era già voltata a guardarli. Lei sussurrò, continuando a tenere lo sguardo fisso sul pavimento.
<<-Credevo che avresti preferito così.>> – Ci fu silenzio sopra di lei, poi la stessa voce replicò.
<<-Balle! Hai sempre fatto tutto il contrario di quello che volevo io!>> - I ricordi la sommersero, suo malgrado, e lei non potè che dargli ragione. Rivide ogni scena, ogni avvenimento, con dolorosa chiarezza.
C’era stata la recita di Natale, in cui lei aveva approfittato della gamba rotta di Monty per cercare di spingerlo sotto il vischio; poi il ballo di fine anno, al quale era stata cosi manesca e soffocante da spingere il ragazzo a fuggire a Rio de Janeiro, per non parlare del terrificante appuntamento che aveva causato tutto quel trambusto.
Messa davanti ai suoi errori Elmyra si rese conto di quanto ogni suo gesto, ogni sua parola, avesse irrimediabilmente compromesso il rapporto che avrebbe mai potuto legarla a Montana Max.
<<-Mi dispiace…>> - Sebbene sentisse già sulla lingua il sapore salato delle lacrime si impose di trattenerle finchè non fosse stata sola. Almeno quello aveva imparato vivendo tanto a lungo lontano da Acme Acres: ad avere risolutezza.
Lo guardò nuovamente negli occhi, con l’espressione più decisa che poteva avere sapendo di rinunciare definitivamente ad una parte del suo cuore. Una parte che era sopravvissuta nel tempo nonostante lei avesse cercato più volte di sopprimerla.
<<-Non succederà mai più. Lo prometto.>> - Ecco, non era stato tanto male. Poteva scommettere che dopo aver pianto fino a cavarsi gli occhi si sarebbe ricordata di quel momento con una risata!
<<-Non è possibile fare un cambio di armadietto, mi sono già informata, ma non ti darò fastidio. Non ti accorgerai nemmeno che esisto.>> - Vide gli occhi del ragazzo sgranarsi, senza cercare di nascondere la sorpresa.
Doveva provare un gran sollievo al pensiero di essersi liberato di lei. Di nuovo. Al dolore si aggiunse una leggera stizza.
<<-Per favore potresti lasciarmi andare? Ho il professor Runner tra dieci minuti.>> - Le braccia di Max persero la loro rigidità e si abbassarono lungo i fianchi. Per lei fu abbastanza per voltarsi, afferrare il libro dall’ armadietto e scivolare via quanto più velocemente e silenziosamente possibile.
 

***

 
C’ era qualcosa di profondamente sbagliato in quello che era appena successo.
Quando quella mattina si era recato a scuola, intenzionato a farsi dire il motivo per cui Duff lo evitava, era stato convinto che avrebbe ottenuto un’ informazione ridicola e banale. Qualcosa come “ti evito perché deve essere l’ uomo a fare la prima mossa” oppure “volevo vedere quanto tenevi alla nostra relazione” e temeva (temeva, badate bene, perché sarebbe stato da idioti sperare in una cosa del genere!) che il tutto sarebbe stato condito da una serie di “tesorino-amoruccio-pucci-pucci-pu” in cui lei si era sempre destreggiata benissimo.
Ma la ragazza che gli aveva parlato non aveva niente dell’ Elmyra Duff che lui ricordava: non sorrideva, non lo guardava e nelle sue parole non c’ era nemmeno una briciola di quell’ amore viscerale che manifestava per lui quando aveva dodici anni.
La ragazza che Max ricordava sembrava svanita, rimpiazzata da qualcuno che era sottomesso, condiscendente e che sembrava avere una sacrosanta paura di lui.
Nell’ istante in cui formulò quel pensiero si rese anche conto di non essere capace di conviverci: Duff era stata assillante e appiccicosa ma non aveva mai avuto paura di lui.
Forse gli altri sì; del suo potere, dei suoi soldi, del suo temperamento…ma non lei.
Mai lei.
E lui non poteva avere nella sua vita una Emlyra Duff che aveva paura di lui! Non era logico, non era normale, non era giusto!
Cosa diavolo era successo che le aveva fatto cambiare atteggiamento in quel modo?!
Il passato gli piombò addosso, creando un intreccio di ricordi che cominciarono a mulinargli nel cervello. Ricordò la recita di Natale, in cui l’ aveva scacciata malamente dopo che lei aveva cercato da aiutarlo con la sedia a rotelle. Ricordò il ballo di fine anno, a cui aveva promesso di portarla e al quale l’ aveva fatta piangere quando i conigli ce lo avevano trascinato... (ricordare quelle lacrime diede vita ad un pungolo doloroso nel suo petto.)
E ricordò quell’ assurdo appuntamento...
Lui le aveva costantemente fatto notare quanto non gradisse la sua compagnia e lei gli aveva risposto baciandolo. E ricordando la sensazione di piccole labbra premute contro le sue, Monty ricordò anche che cos’ era di lei che lo faceva irritare tanto: l’ingenuità.
Elmyra non era semplicemente convinta che lui fosse buono, dolce e tutte quelle cose che –chiaramente- non era; sembrava proprio incapace di ipotizzare che dentro di lui ci fosse qualcosa di cattivo. Sembrava convinta al cento per cento che malgrado le urla, gli insulti ed i rifiuti, lui non le avrebbe mai seriamente fatto del male.
Quella convinzione adesso sembrava evaporata come neve al sole e la cosa non solo rianimò la sua rabbia ma fece affiorare in lui anche un senso di disagio, di perdita.
Avvertì una sorta di buco allo stomaco, una sensazione di vuoto che lo lasciò innervosito e confuso.
Vide gli studenti che sciamavano verso le aule e si sentì stranamente passivo a tutto quel movimento.
Che cosa gli stava succedendo maledizione?!
Prima che quelle emozioni ridicole avessero la meglio sul suo cervello perfettamente funzionante, Monty decise che quella giornata l’ avrebbe trascorsa quanto più possibile lontano dalla Acme Loo.
E giacchè quella mattina non aveva fatto colazione sarebbe andato da Weenie Burger a mangiare qualcosa!
Appena uscito dalla scuola chiamò il suo autista e quello -in poco più di un battito di ciglia- parcheggiò la limousine davanti alla scalinata.
 
Dieci minuti più tardi Max entrò nel locale, deciso a prendersi un espresso talmente forte che avrebbe scacciato quella fastidiosa malinconia a suon di martellate.
Weenie Burger era decisamente cambiato da cinque anni a quella parte: era stato riarredato e –finalmente- avevano assunto dei camerieri!
Max si sedette al suo solito posto, afferrando il menù colazione che si trovava già sul banco. Dopo aver fissato la riga del “French toast, 3 dollari” per cinque minuti di fila sbattè l’opuscolo sulla formica bianca del tavolo.
Che significava “non ti accorgerai nemmeno che esisto” ? Certo che se ne sarebbe accorto! Non era cieco e lei era fin troppo riconoscibile con quei capelli color carota! E se non l’ avesse vista avrebbe riconosciuto la sua voce stucchevole! E se anche non gli avesse rivolto la parola si sarebbe accorto della sua presenza per quel profumo al gelsomino che aveva cominciato a mettersi!
Un millisecondo dopo i suoi pensieri si arrestarono su un binario pericoloso: quando si era accorto che Elmyra Duff portava il profumo? E come faceva –in nome di tutti i quadriliardi del mondo- a sapere che era al gelsomino?!
<<-Va tutto benissimo… glielo avrà dato il coniglio rosa, sicuro…e se ne saranno accorti tutti…non ha nessun significato! CAMERIERE!!! Vorrei ordinare entro domani!!!>> - Dal retro cucina emerse un ragazzo che afferrò un taccuino e si diresse al suo tavolo in tutta fretta.
<<-Scusi il ritardo! Cosa posso…>> - Quando lo guardò in faccia il sorriso del ragazzo svanì e Max provò una strana sensazione di déjà-vu. Ma se sul volto di Elmyra era affiorata una espressione di panico, il volto del giovane cameriere si contrasse per il disgusto, in modo talmente intenso che gli fece quasi storcere la bocca.
<<-Cosa posso portarle?>> - Max quasi annaspò nel disprezzo che emergeva dal tono del ragazzino. Se quel moccioso mai visto prima cercava rogne lo trovava proprio nel giusto stato d’animo!
<<-Uova in camicia e bacon ben cotto, e magari una mano di acquaragia su quella smorfia che hai in faccia!>> - Contro le sue aspettative l’altro non fece dietro-front ma appuntò l’ordine sul blocchetto.
<<-E da bere? Spremuta? Caffè? Acqua e cianuro?>> - Max schizzò in piedi, livido di rabbia.
<<-Hai del fegato marmocchio, ma spero che tu sappia che ti potrei far licenziare con uno schiocco di dita!>> - A quelle parole negli occhi del ragazzo si accese una scintilla di furia mal celata, ma quando parlò il suo tono era calmo, sebbene freddo come il ghiaccio.
<<-Perché no, anzi facciamo così: mia sorella Amanda lavora come assistente per la rete televisiva della città, perché non fa licenziare anche lei? Mio fratello Robby ha solo cinque anni, con lui purtroppo ha le mani legate. Magari però potrebbe usare i suoi miliardi per cercare di privatizzare la Acme Loo e a quel punto sarebbe in grado di buttare fuori Myra. Sarebbe il suo capolavoro: il potentissimo primo cittadino che è riuscito a far licenziare una famiglia al completo!>> - Monty assorbì quelle parole senza rendersi veramente conto del loro significato, tuttavia cominciò ad avere un sospetto circa l’identità del ragazzo.
Quando poi Bill, il cuoco e proprietario del Burger, si affacciò apostrofando il cameriere con un sorriso, il suo sospetto fu decisamente confermato.
<<-Hey Duff arriva o no questo ordine? Spicciati ragazzo, come farai nell’ora di punta se sei così lento quando non c’è nessuno?>> - Duncan Duff lo guardò negli occhi un’ultima volta, poi staccò il foglio della sua ordinazione con un colpo secco. 
<<-Le porto subito il suo ordine signor Montana.>> - E mentre lui se ne andava Monty restò lì, in piedi, a cercare di digerire quella proposta sarcastica che per lui non aveva alcun senso.
Un’altra volta ancora si sentì l’unico scemo che non era al corrente di quello che stava succedendo.
Tanta era la sua confusione mentale che avrebbero potuto nominarlo “Montana Max, colui che brancola nel buio”.
La cosa fece esaurire la sua pazienza già abbondantemente sfibrata.
Mentre mangiava le sue uova -e cercava di ignorare il fratello di Elmyra che asciugava i bicchieri- telefonò al suo investigatore privato.

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Capitolo 5
*** Montanue VS Duffulets ***


Capitolo 5: Montanue VS Duffulets
 

Passarono ben due settimane dall’ episodio dell’ armadietto; e se Elmyra aveva inizialmente pensato che convivere con Monty sarebbe stato difficile, presto si era dovuta ricredere.
E questo perché il ragazzo era praticamente scomparso.
Non che la stesse evitando, non che cercasse di tenersi distante…semplicemente non se ne rilevava la presenza da nessuna parte. Il ragazzo aveva smesso di fare il suo trionfale ingresso con la limousine, non aveva partecipato alle lezioni (come si deduceva dalla furia malcelata del professore Yosemite) e non aveva consumato pasti in mensa.
Si era come barricato nel suo “austero maniero”, forse deciso a venirne fuori quando sarebbe ritornata la bella stagione: il tepore che aveva ammantato Acme Acres fino a quel momento stava infatti lasciando il posto ad un autunno uggioso. Le foglie si erano imbrunite e l’ aria si era fatta molto più frizzante del previsto, testimonianza di un inverno che sarebbe stato fin troppo rigido.
<<-Sarò costretta a comprore un abito con le maniche lunghe! Che disdetta…>> - Fifi sospirò sconsolata, mentre lei ed Elmyra si dirigevano a braccetto verso il parco. Era stata un idea dell’ amica quella di uscire quel venerdì pomeriggio, per “recuperare il tempo perso”.
Elmyra aveva accettato con piacere, meravigliata -ancora una volta- che persone che lei aveva ossessionato per tanto tempo, potessero averla considerata più di una seccatura.
<<-Tu che cosa indosserai? Mi piasceva l’ abito che avevi al ballo di fine anno.>> - Elmyra sorrise.
<<-Purtroppo non mi entra più…non ho ancora deciso in verità…forse qualcosa di grigio potrebbe andare bene.>> - Fifi inarcò un sopracciglio.
<<-Grigio? Mà chere io penso che nionte debba essere grigio: non il tempo, non l’ umore, e di scerto non il tuo abito!>> - Lei ridacchiò della sua indignazione.
<<-Allora che cosa proponi?>> - Fifi sorrise con malizia.
<<-Una giornata tra ragazze a fare shopping, évident!>> - Elmyra non potè fare a meno di scuotere la testa, divertita dalla piega della conversazione.
<<-Non è necessario Fifi, non mi devo fare bella per qualcuno come te.>> - E appena lo disse sentì la tristezza impossessarsi di lei.
Era stancante. Decisamente stancante sentire il suo entusiasmo che si affievoliva a causa un ragazzo che non le aveva mai voluto bene.
Fifi guidò entrambe verso una panchina, e quando si sedettero le prese le mani tra le sue. Elmyra avvertì la pelliccia serica della ragazza sui palmi, prima che cominciasse a parlare.
<<-Non devi farlo per lui, sai?>> - Elmyra prestò attenzione alla francesina.
<<-Che cosa non devo fare per lui?>> - Fifi le strinse le mani.
<<-Impegnarti. Sforzarti cosi tanto. Non farlo per lui…fallo pour vous!>> - Benchè avesse sempre fatto una certa fatica nel tentare di decifrare il linguaggio anglo-francese di Fifi quella volta il messaggio le fu perfettamente chiaro.
<<-E’…difficile.>> - L’ altra la abbracciò con affetto.
<<-Ouic’ est l’ amour: non è mai facile!>> - Lei si ritrovò a sorridere di quella battuta ed ebbe la sensazione che per arrivare a quel grado di felicità Fifi e Hamton dovessero aver passato la loro dose di guai e difficoltà.
 
Quando quella sera Elmyra rincasò venne accolta da una cacofonia di suoni e da un indefinito mix di odori. Si diresse verso la cucina, fonte del baccano, e li trovò tutti: sua madre distesa per metà sotto il tavolo, che cercava di tirare via Robby, abbarbicato alla gamba di una sedia come un koala; suo padre con la testa infilata in un orrido e quantomeno inusuale casco viola scuro, dalle cui tempie scivolavano lunghi cavetti terminanti in pinzette. Le pinzette in questione erano ancorate ad ognuna delle lunghe falangi di Amanda, che –stravaccata sulla stessa sedia che Robby non intendeva mollare, con la testa mollemente abbandonata all’ indietro- stava emettendo un suono basso e vibrante che somigliava pericolosamente ad un ringhio. Per completare il quadretto Queegee, la loro irreprensibile domestica, stava armeggiando vicino al lavello con un composto che ricordava quello di un dolce; purtroppo quella sera la sua forza sovrumana si palesava in tutta la sua devastazione, con il risultato di far finire uova e farina più sul muro che nella ciotola che aveva in mano.
Elmyra non potè fare a meno di sorridere: la sua famiglia era caotica e pasticciona ma non l’ avrebbe scambiata con un’ altra per niente al mondo. C’ erano dei momenti in cui si sentiva estranea alle loro stranezze -causa il suo essere maturata tanto e tanto in fretta- e quasi rimpiangeva i giorni in cui era sfasata e perennemente sulle nuvole.
Senti un “click” accanto a lei e voltandosi si ritrovò a fissare negli occhi il suo fratellino, di due anni più piccolo e di dieci centimetri buoni più alto.
Duncan le strizzò l’ occhio, mettendosi la macchina fotografica in tasca, e le dette un bacio sulla guancia mentre entrava in cucina, a suo rischio e pericolo.
Vedendo sua madre che guardava sconsolata suo fratello minore anche lei si senti in dovere di rischiare.
<<-Elmyra….ben tornata tesoro…Robert vieni qui subito…hai fame cara? Ho fatto gli spaghetti!>> - Elmyra si affacciò sotto il tavolo con un sorriso che andava da dente a dente.
<<-Altrochè, sono affamatissima! Ciao Robby.>> - Allungò una mano e scompigliò i capelli del piccolo, e lui in tutta risposta cercò di morderle la mano. Lei socchiuse gli occhi in uno sguardo minaccioso.
<<-Ah si? E’ cosi che la metti piccola peste? Beh sai che ti dico? Io sono tua sorella maggiore e ti posso scompigliare i capelli come e quanto mi pare!>> - Detto ciò si tuffò sotto il tavolo e cominciò a fare il solletico al fratellino. Il più piccolo dei Duff scoppiò istantaneamente a ridere e persa tutta la sua irritazione lei riuscì a staccarlo dalla sedia.
Con i capelli rossicci perfettamente in ordine, cinque minuti dopo, Robby Duff si mise a sedere a tavola e cominciò a mangiare tranquillamente.
<<-Papà quel…coso non funziona, te lo posso assicurare!>>
<<-Non direi cara, non direi! Riuscivo perfettamente ad avvertire delle vibrazioni negative! Direi che è stato un eccellente risultato!>> - Mac ingoiò una forchettata di spaghetti, chiaramente compiaciuto di se stesso.
Per contro Amanda si passò una mano tra i capelli castani (passato il periodo grunge aveva smesso di tingerli, e finalmente il color melanzana era stato eliminato) e ribattè.
<<-Le vibrazioni negative arrivano dal mio portafoglio! Quaranta dollari di manicure e guarda qua!>> - Mostrò le mani, e in effetti sullo smalto vinaccia delle sue unghie perfettamente curate adesso c’ erano delle piccole ma evidentissime dentellature, risultato delle pinzette.
Elmyra e Duncan si scambiarono una occhiata, cercando di non scoppiare a ridere. Ovviamente non riuscirono nel loro tentativo, e l’ irritazione di Amanda raggiunse le stelle.
I tre passarono il resto della cena facendosi le boccacce, come se avessero avuto ancora quattro anni, sotto gli sguardi divertiti e rassegnati degli adulti.
A fine pasto Queegee si scusò con la famiglia perché il dolce che intendeva preparare “non aveva collaborato”.
<<-Oh non preoccuparti Queegee, possiamo comprare del gelato!>> - Mac fece eco alle parole della moglie.
<<-Giusto, gelato! Approfittiamone prima che arrivi il freddo! Amanda perché non vai tu?>> - La ragazza lo fissò con occhi di fuoco.
<<-Prima mi rovini le unghie e poi mi fai fare da facchino?!>> - Elmyra colse la palla al balzo.
<<-Vado io, ma se mi fratturo il polso abbassando la maniglia sarà solo colpa vostra!>> - Usci dalla cucina ridendo, seguita da un cucchiaio volante (che fortunatamente atterrò sul tappeto).  
Afferrò di nuovo la borsa e aprì la porta, diretta al “Cheapest Cool Cream”, la gelateria in fondo alla strada.
Tuttavia, nonostante la sua risolutezza ad affrettarsi, non arrivò mai a destinazione.
Per essere precisi non riuscì nemmeno ad uscire di casa.
Rimase sulla soglia, la porta spalancata, le nocche della mano bianche dallo sforzo disperato con il quale stringeva la maniglia.
Se Elmyra avesse anche solo lontanamente ipotizzato la sorpresa che la stava aspettando fuori dalla porta avrebbe insistito perché a comprare il gelato ci andasse Amanda.
Amanda che quando si arrabbiava metteva il mondo a ferro e fuoco, Amanda che si arrabbiava praticamente per tutto, e che quella sera era già cotta a puntino per esplodere alla minima, ulteriore pressione.
Lei avrebbe decisamente saputo affrontare la situazione. Elmyra invece non aveva idea di cosa fare, se non restare esattamente dove era: attaccata alla porta come Robby lo era stato alla sedia; in viso la stessa espressione di un condannato davanti ad un plotone di esecuzione.
Davanti agli scalini, sullo zerbino con scritto “Welcome”, che certamente sarebbe stato dato alle fiamme per il suo messaggio nefasto, stavano i Montana.
La famiglia al gran completo.
Octavia, le forme generose strette in un tailleur bianco, i fluenti capelli color nocciola raccolti in un alto chignon.
Walter, in completo scuro, camicia immacolata e cravatta rosso sangue (o forse era salmone, e di rosso c’ era solo il suo terrore che galoppava).
E poi c’ era Max, in giacca e cravatta color antracite.
Tutti e tre ammantati da un’ aura di serioso potere e accumunati da identiche espressioni contrite.
Elmyra fissò Max per un istante e fu a dir poco sorpresa nel vedere che lui abbassava lo sguardo; solo qualche secondo dopo si rese conto che Octavia le aveva rivolto la parola.
<<-Scusi…io…non ho capito…>> - Nel sorriso imbarazzato che la donna le rivolse balenò un lampo di sincero dispiacere.
<<-Ho detto che stai molto bene tesoro, sei cresciuta.>> - Walter raggiunse la moglie e ancora una volta Elmyra si sentì enormemente intimidita dal ricco uomo d’ affari.
<<-Elmyra…>> - Ricco uomo di affari che a quanto pare sapeva il suo nome; forse scappare al piano di sopra gridando non era una brutta opzione!
<<-Elmyra? Non sei ancora uscita?>> - Amanda la raggiunse sulla porta e si immobilizzò dietro di lei. Qualche istante dopo sentì le mani di sua sorella sulle spalle, e solo quel gesto affettuoso le dette la forza di lasciare la maniglia.
<<-Mamma! Papà! Ci sono visite!>> - La voce di Amanda era ferma, quella di Emily quando vide i loro visitatori molto meno.
 
Dieci minuti dopo –non sapeva come, non sapeva perché- i Montana sedevano nel suo salotto; le loro figure così inequivocabilmente ricche stonavano sulle poltrone di poliestere e lei si chiese ancora una volta come fosse possibile che gente come quella avesse frequentato volutamente la sua famiglia, superiore in tutto tranne che nel conto in banca.
 

***

 
Non riusciva quasi a sostenere la pressione. La sorella più grande sedeva proprio di fronte a lui, le gambe accavallate, le dita che tamburellavano sul bracciolo della poltrona, gli occhi ridotti a due linee sottilissime (e probabilmente stava soppesando se valeva la pena ascoltare quello che i Montana avevano da dire, o se era semplicemente il caso di farli volare fuori con una mazza da baseball. O una racchetta da tennis. O una mazza da Lacrosse. A quanto aveva capito era lei l’ atleta di famiglia.).
Duncan sembrava a dir poco furibondo e incombeva su di lui alle spalle di sua sorella.
Elmyra ovviamente non lo guardava: aveva lo sguardo fisso sulle mani posate in grembo. Ogni tanto azzardava un occhiata ma riabbassava subito gli occhi: sembrava semplicemente terrorizzata da quello che stava succedendo.
Max si morse l’ interno della guancia per il nervosismo.
Poteva capire il perché del suo atteggiamento.
Adesso capiva le parole del fratello.
E anche se non c’ era nessuna…assolutamente nessuna ragione…un po’ si vergognava.
Perché la verità che gli era piombata addosso sbandierava a chiare lettere che se solo fosse stato appena più gentile, quello che era successo…forse non sarebbe successo.
Aveva convocato il suo investigatore privato nel suo ufficio un martedì di due settimane prima e gli aveva detto di indagare sulle cause della partenza dei Duff.
Gli aveva estorto una scadenza di cinque giorni (che a suo parere erano anche troppi!) e poi lo aveva fatto scortare fuori dalla sua guardia armata a forza di manganellate, perché quello aveva avuto il coraggio di dirgli: “Certo signor Montana che questa signorina Duff le deve stare proprio a cuore! E’ la seconda volta che indago su di lei!”
Una persona abbastanza matura si sarebbe messa a riflettere sulla veridicità di quelle parole ma Max aveva scelto di non cedere al rossore e di ignorare che, in effetti, a quindici anni aveva incaricato l’ uomo di scovare la pazza color carota ovunque si fosse cacciata.
Scoperta la sua posizione l’ aveva raggiunta e seguita tutto il giorno in una orrenda macchinaccia da plebei; perché in quella stupida località campagnola –che lui aveva deciso senza possibilità di appello: ricopiava malamente Acme Acres- di Tarvish Zone chiunque avrebbe sgranato gli occhi alla vista della sua splendente limousine nera.
Non sapeva perché lo aveva fatto ed era tornato a casa melanconico e sempre più irritato, dicendo a Robb che se avesse rivelato qualcosa a qualcuno gli avrebbe fatto ingoiare l’ uniforme, bottoni compresi.
Il responso che era giunto la domenica sera gli aveva fatto andare di traverso il cocktail che stava bevendo nella piscina riscaldata.
<<-Sembra che la signorina Duff e famiglia si siano trasferiti perché lei ha licenziato il signor e la signora Duff.>> - Max aveva guardato l’ uomo come se gli avesse detto che i suoi miliardi si erano trasformati in lecca-lecca.
<<-Cosa avrei fatto?!>> - Era sceso dalla poltrona gonfiabile, aveva annaspato fino al bordo della piscina e dopo essersi issato fuori aveva afferrato i fogli che il detective aveva in mano.
Inoppugnabile nero su bianco, quelli recitavano che i Duff erano stati licenziati dalla Montana Corporation, area di sviluppo tecnologico, alle 22.00 del 17 aprile di cinque anni prima.
Diceva che la lettera di licenziamento era stata consegnata verso mezzanotte dello stesso giorno e che i Duff avevano lasciato la loro abitazione alle 7.45 della mattina successiva.
<<-Non sono stato io!>> - Max aveva sfogliato il piccolo dossier con foga, cercando una clausola, un refuso, un punto debole qualunque nella ricerca che portasse a dire che lui era innocente.
Alla fine un sospetto lo aveva fatto uscire di casa con i capelli ancora bagnati. Si era fatto scortare al cinema locale, dove aveva pagato una cospicua somma di denaro per esaminare il registro delle proiezioni. Era praticamente andato a colpo sicuro: il film che cercava era stato proiettato solo per tre giorni ed era stato un flop totale.
Beh “Fido e Mew Mew”, quelle due adorabili bestiole che Elmyra aveva amato dal primo istante, lo avevano tormentato per tre lunghissimi minuti della sua vita il giovedì del loro appuntamento. Il film era iniziato alle 23.00, l’ ultima proiezione della serata.
Questo poteva significare soltanto che se la sua serata con Godzilla con la frangetta non era terminata alle 23.00 di sicuro non poteva essere stato in ufficio alle 22.00!
A quel punto era tornato a casa e aveva chiamato i suoi genitori a Ginevra, dicendogli di rincasare immediatamente, e aspettandosi delle spiegazioni più che esaurienti.   
L’ attesa era stata snervante e la fortuna non lo aveva aiutato perché Montana Senior e Signora ci avevano impiegato tre giorni a rientrare.
Appena avevano messo piede in casa lui li aveva fatti sedere e gli aveva sbattuto sul naso il dossier, esponendogli la situazione con voce baritonale e più impeto del dovuto.
E dopo ulteriori accertamenti e telefonate al loro corriere, finalmente l’ arcano era stato svelato.
Purtroppo a quel punto la sola cosa da fare era recarsi nella tana del lupo e umiliarsi chiedendo perdono.
Venne riportato al presente dalla voce di sua madre.
<<-Emily…siamo venuti per chiarire una faccenda molto importante…>> - Tutti i membri della famiglia Duff trattennero il respiro.
<<-Riguarda il vostro licenziamento dalla Montana Corporation.>> - Sembrava quasi che Mac Duff stesse per dire qualcosa ma sua padre fu svelto a precederlo.
<<-Non era un licenziamento effettivo.>> - Per qualche istante ci fu silenzio, poi un orologio a pendolo cominciò a rintoccare e in qualche modo rianimò i presenti.
<<-Come sarebbe a dire Walter? Ci è arrivata una lettera, in cui dicevate che eravamo dimessi dall’ azienda! Che ci sarebbe stata una compensazione per il disturbo e che erano già state date disposizioni!>> - Elmyra guardò i suoi genitori, la confusione sul suo volto era palese. Emily si rivolse alla madre di Monty.
<<-Octavia? Cosa sta succedendo?>>
La donna lisciò il tessuto della sua gonna per dissimulare la tensione, poi cominciò a spiegare.
<<-Cinque anni fa la filiale della Montana Corporation in Canada incontrò delle difficoltà di gestione, quindi fummo costretti a chiuderla. La maggior parte dei nostri dipendenti era comunque di qui, di Acme Acres, o di paesi vicini, e dovevamo garantire loro un posto di lavoro.>> - Walter prese la parola al posto della moglie.
<<-Decidemmo di chiudere l’ azienda e di riaprirne una più grande. Pensammo che la cosa migliore da fare fosse licenziare tutti i nostri dipendenti e di riassumerli direttamente nella nuova ditta. Il compenso copriva i mesi che sarebbero serviti per ingrandire l’ edificio.>> - L’ espressione di Mac Duff era illeggibile.
<<-Abbiamo fatto recapitare le lettere di licenziamento e quelle di assunzione a distanza di alcune ore. Il nostro corriere ci ha detto che ve ne eravate andati quando ha consegnato la vostra lettera di assunzione.>> - Emily era sconvolta.
<<-Ma…Octavia…questo non è possibile! Noi…perché non ci avete informati?>>
<<-Oh Emily…e voi perché non ci avete chiesto spiegazioni? Santo cielo tesoro se Maximillian non ci avesse avvertiti non avremmo nemmeno saputo che eravate tornati!>> – Ecco, quello sua madre se lo poteva davvero risparmiare!
Duncan sembrava pronto a sfidarlo ad un incontro di lotta libera. Amanda invece gli stava rivolgendo un diverso tipo di sguardo: non più ostile ma indagatore, e sinceramente Monty non avrebbe saputo dire quale fosse il peggiore.
Quasi per caso si rese conto che Elmyra lo stava guardando. Non era uno sguardo impaurito o sconsolato, era pieno di genuina sorpresa: aveva gli occhi spalancati, le labbra appena socchiuse e probabilmente non lo stava nemmeno mettendo a fuoco, troppo impegnata a fare i suoi calcoli e a trarre le sue deduzioni. Monty non mosse un muscolo perché –se ne rese conto in quel preciso istante e con una certa trepidazione- se lei avesse capito che lui non aveva avuto nessun ruolo nella sua partenza forse sarebbe ricominciato tutto come prima.
Mentre i suoi genitori continuavano a discutere con i Duff, Elmyra abbassò di nuovo lo sguardo, persa nelle sue riflessioni. Restò a guardarla per quasi dieci minuti, mentre rifletteva e ogni tanto mormorava tra sé.
Poi la ragazza alzò la testa di scatto e lo fissò intensamente. Lui cercò di sostenere quello sguardo meglio che poteva.
E qualche istante dopo si ritrovò ad arrossire in maniera vergognosa, senza possibilità di negarlo o di evitare la cosa, quando Elmyra Duff, un accenno di sorriso sulle labbra, scandì senza emettere un suono: “Maximillian?”
Una volta tanto aveva fatto la cosa giusta ma non era affatto sicuro di avere considerato tutte le possibili conseguenze!

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Capitolo 6
*** Quel maledetto cestino di fragole ***


Capitolo 6: Quel maledetto cestino di fragole.
 

<<-Sciò, via, fate passare!>> - Monty scese dalla scalinata della Acme Loo a spron battuto e si catapultò nella sua limousine senza cercare di mascherare il panico. Al suo autista gridò:
<<-Datti una mossa, parti, parti!!!>> - E solo quando la macchina fu ad una notevole distanza dalla scuola tirò un sospiro di sollievo.
Dopo il suo scellerato tentativo di dimostrare la sua estraneità nella partenza dei Duff la situazione si era fatta insostenibile: i Tiny Goodies avevano preso a dargli di gomito quando passava nei corridoi, ghignando come degli idioti, in faccia quell’ espressione da “so una cosa che tu non sai” che gli faceva venire i nervi a fior di pelle.
Ma non era da loro che aveva preso a scappare: era da Elmyra.
Voleva che le cose ricominciassero nello stesso modo? Era stato accontentato.
A diciotto anni –un’ età in cui si era sempre immaginato avviato sulla strada del menefreghismo più totale- evitava Elmyra Jessica Duff con intensità, producendosi in corse che lasciavano la sua immagine disegnata nella polvere che sollevava. Peccato che i motivi che lo spingevano a farlo fossero opposti rispetto a quelli di cinque anni prima!
La mattina dopo la rimpatriata dei suoi genitori con i Duff (ed era veramente assurdo che il tutto fosse finito in abbracci ed inviti a cena) si era presentato a scuola senza sapere di preciso cosa aspettarsi. Aveva aperto il suo armadietto bofonchiando la sua irritazione per la lezione imminente, ma si era zittito quando aveva sentito un cigolio poco lontano.
Non era nemmeno riuscito ad impedirsi di guardarla, come uno studioso che scruti un vetrino nella speranza di scorgere un cambiamento nella sua coltura batterica.
Lei aveva guardato in basso, le dita che tormentavano la copertina di un libro preso dall’ armadietto, e solo dopo lo aveva guardato negli occhi, incerta.
<<-Buongiorno Max.>> - Lui le avrebbe risposto volentieri, se solo avesse saputo cosa dire. Aveva pensato che quando le cose si sarebbero chiarite lei avrebbe recuperato il suo vecchio atteggiamento, esoso e svampito, e lui la facoltà di risponderle a grugniti. Evidentemente non era così.
Cosa doveva dire? Risponderle “ciao” forse era la cosa migliore…ma così lei avrebbe potuto pensare che era interessato ad intavolare una conversazione, cosa che chiaramente non era!
Poteva fare spallucce! Farle capire che aveva sentito ma che non si curava di rispondere. Sì, avrebbe fatto proprio così! Era un cattivo e non si sarebbe tramutato in una donnicciola con il cuore nobile solo perché –per una volta- aveva deciso di curarsi di un altro essere umano!
<<-Buongiorno Duff.>> - Che cosa gli era appena uscito di bocca???
Elmyra sorrise appena, un ombra di serenità le rilassò i lineamenti, dopo di che si voltò, diretta al piano superiore.
Per contro lui rimase lì, come uno stoccafisso, e decise che era ancora stordito dagli eventi della sera prima. La volta successiva avrebbe risposto a tono.
 
L’ occasione si presentò la mattina seguente, ma non potè approfittarne perché Elmyra gli franò addosso. Lei gli chiese scusa freneticamente, dicendo qualcosa sui lacci delle scarpe, ma non lui capì un accidente di niente, troppo impegnato a stringere le spalle della ragazza tra le mani e a cercare di convincersi che il profumo che lei indossava NON era buono.
Piccoli episodi del genere si verificarono con una frequenza allarmante per tutta la settimana, senza che Monty riuscisse a ritrovare il suo solito distacco emotivo; finchè un martedì -iniziato come tutti gli altri- non accadde qualcosa che gli dette il colpo di grazia.
Era uscito dalla lezione di Coyote piuttosto malconcio, con sbaffi di fuliggine su tutta la faccia e la giacca praticamente da buttare, sforacchiata dai piccoli lapilli rimasti nell’ aria.
Doveva decidersi a cambiare corso! Purtroppo sapeva che per tutte quelle lezioni in cui la sfiga nera di Wile faceva esplodere ogni cosa, ce ne erano poche che si svolgevano in tutta tranquillità, e facevano capire perché sul biglietto da visita del professore ci fosse scritto “professione: genio”.     
Era uscito per prendere una boccata d’ aria e malgrado il tempo non fosse dei migliori, con il cielo coperto da nuvole grigio scuro, aveva deciso di fare quattro passi nei giardini.
Non aveva intenzioni particolari ed il suo istinto aggressivo era placato, quindi fu preso alla sprovvista quando vide Elmyra seduta su una panchina del percorso che aveva imboccato.
Teneva un libro sulle gambe e ogni tanto ne girava una pagina, portando qualcosa alla bocca da un contenitore che aveva a fianco.
Lo vide prima ancora che lui potesse mettere a punto il piano di fuga, ma quando i suoi occhi scuri saettarono verso l’ ingresso secondario Max si rese conto che anche lei stava considerando la ritirata.
Per quanto la cosa fosse assurda quella constatazione lo innervosì e gli fece fare una delle cose più stupide e rischiose che avesse mai fatto in vita sua: alzare la mano in un saluto.
Vide gli occhi della ragazza che diventavano due fondi di bottiglia e non potè fare a meno di ridacchiare: coglierla alla sprovvista non gli dispiaceva affatto visto che per anni era sempre stata lei ad avere comando e potere decisionale.
Forte di questo vantaggio si infilò le mani in tasca, e con un sorrisetto indolente si diresse verso la ragazza.
<<-Hey.>> - Lei gli rispose con uno striminzito “ciao”. Monty si sentì investire da un’ ondata di potere estremamente gratificante quando lei si mosse, a disagio, sulla panchina.
<<-Ehm…sto leggendo il testo del professor Sylvester.>>
<<-“Tutti i segreti del canarino al forno” ?>> - Lei cercò di nascondere una risata ma Max vide i lievi sussulti che le facevano ondeggiare la frangia. Poi Elmyra afferrò il contenitore che aveva accanto e glielo presentò.
<<-Vuoi?>> - Erano fragole, rosse e polpose ed emanavano un profumo cosi tipicamente primaverile che Max si chiese come avesse fatto a reperirle in inverno.  
Quasi avesse intuito il suo pensiero, la ragazza aggiunse:
<<-Queegee le coltiva in casa. Ha messo una piccolissima serra in giardino.>> - Max sbirciò nel contenitore, le mani ancora in tasca e l’ animo combattuto: i frutti erano veramente invitanti ma lui non aveva mai accettato niente da nessuno…e nessuno gli aveva mai offerto niente per il puro piacere di farlo, quindi non aveva idea di come reagire.
Il sorriso sul volto di Elmyra si incrinò.
<<-Scusa, io…probabilmente tu non mangi cose così. Mi dispiace, non ci ho pensato.>> - E nelle sue parole c’ era una nota talmente greve e desolata che Max afferrò una fragola prima ancora di rendersene conto, e la inghiottì altrettanto velocemente, senza curarsi di quanto dovesse apparire stupido.
Lei lo guardò attonita, e visto che il cestino era ancora lì Max ignorò la strana sensazione che lo aveva avvolto e ne prese un' altra.
<<-Io non mangio cose così…esattamente “così” a cosa equivale?>> - Non voleva mettere troppo astio nelle sue parole ma la domanda suonò decisamente amara.
<<-Da plebei.>> - Lui si immobilizzò, duramente colpito. Elmyra non lo aveva detto con cattiveria ma gli sembrò di aver ricevuto uno schiaffo. Ciò che lo sorprese ancora di più fu la vergogna che gli asserragliò lo stomaco nel rendersi conto di quanto pietosamente vere fossero le parole della ragazza.
Non riuscì a controbattere, mentre si rigirava la fragola tra le dita. Lei aveva preso a guardare il giardino, lo sguardo fisso sulle querce. Dopo alcuni secondi di silenzio Monty domandò:
<<-Come fanno a essere tanto grandi?>> - Elmyra gli rivolse di nuovo la sua attenzione.
<<-Non lo so, in inverno sono sempre cresciute meno ma Queegee dice che qui la terra è migliore. - Gli sorrise. Un sorriso vero, che le scoprì i denti e le fece brillare un po’ gli occhi. – Qui è tutto migliore.>>
Ripensando a quel momento negli anni successivi Max fu sempre sicuro di aver sentito un tuono. Non il cupo brontolio che precede un acquazzone, ma un colpo secco, roboante, di quelli che ti fanno sussultare per lo spavento.
In seguito al tuono sentì le ultime parole di Elmyra Duff che gli penetravano nel cervello e sbloccavano qualcosa. Una sequela infinita di frasi che non si era mai permesso nemmeno di pensare, figuriamoci di dire!
“E’ migliore tutto eccetto me, vero? Beh ti sbagli, anche io sono migliore! Non ho fatto niente e te l’ho anche dimostrato! Mi dovresti essere grata! Dovresti chiamarmi di nuovo con quei soprannomi idioti! Perché mi tratti in questo modo? Perché abbassi la testa e non mi guardi? Lo volevo cinque anni fa e non lo hai mai fatto! Non ti avrei mai fatto davvero male, ma tu sei sempre stata troppo stupida per pensarci! Sei andata via come se io non contassi niente! Chi diavolo ti ha dato il diritto di decidere da sola? Maledizione sei sempre stata una piaga divina, perché non fai mai quello che voglio? Perché mi offri le tue dannate fragole ma non cerchi di ottenere qualcosa? Un appuntamento, un regalo, un bacio, qualsiasi cosa! Perché non mi vuoi più?!”
E fu quello il momento in cui Montana Junior realizzò. E con il battito cardiaco lanciato ad un ritmo forsennato, ed una fragola spappolata tra le dita, decollò nella sua prima corsa; incapace di fare altro per evitare la distruzione totale della sua dignità.
 
Era da quel giorno che scappava come una lepre appena intravedeva la ragazza. Non sapeva quanto avrebbe potuto continuare così ma impegnarsi nella fuga era decisamente meno destabilizzante che starle vicino, sapendo oramai quello che sapeva.
 

***

 
<<-Come mi sta? Non vorrei che le maniche fossero troppo larghe e mi facessero sembrare grassa o roba così.>> - Shirley fece una piroetta davanti allo specchio, il vestito color magenta frusciò magnificamente.
<<-Stai bene, non preoccuparti, e poi le possibilità che Plucky si metta a guardare le maniche con quella scollatura sono estremamente ridotte!>> - Babs scostò appena la tenda del camerino in cui le altre si stavano provando gli abiti scelti.
<<-Tutto bene li dentro?>> - Fifi uscì, avvolta in un sensuale tubino blu notte. Babs fischiò.
<<-Però…come sta Ham a pressione sanguigna?>> - Fifi sogghignò.
<<-Non gli sanguìna il noso da qualche mese, è descisamonte il momento di finirla! Elmyra, cherì, fasci vedere anche tu!>> - Elmyra scostò la tenda e si guardò allo specchio a sua volta. Indossava un abito pervinca dalla linea morbida, le cui punte ondeggiavano dolcemente appena sopra le caviglie.
<<-Tres jolie!>> - La ragazza corrucciò la fronte.
<<-Non lo so…è carino ma costa più di quanto volevo spendere!>> - Babs, impeccabile in un vestito stile impero color ghiaccio, le ravvivò i capelli.
<<-Andiamo Myra, è il ballo di Natale, non te ne godi uno da cinque anni! Con i capelli tirati su starai benissimo.>> - Elmyra sospirò. Non era davvero dell’ umore adatto per fare compere: continuava a rivivere la scena della settimana scorsa, quando Monty l’ aveva trovata nel giardino.
Il cuore le era quasi uscito dal petto quando lui non solo non se ne era andato, ma l’ aveva addirittura salutata, avvicinandosi. La sua agitazione era cresciuta man mano che il ragazzo si era fatto più vicino, nello stesso modo in cui era aumentata tutti i giorni precedenti, nei quali era inciampata su di lui, gli aveva fatto cadere i libri addosso, lo aveva fatto inciampare a sua volta, e tutta una serie di vicissitudini ridicolmente imbarazzanti.
Si era sentita a dir poco euforica quando Max era rimasto con lei, apparentemente ignaro del fatto che la sua presenza le facesse venire la pelle d’ oca dall’ emozione. Nell’ istante in cui gli aveva offerto le fragole però tutto era cambiato, e dopo ore passate a scervellarsi la ragazza non era sicura di avere capito il motivo.
Magari si era reso conto che la sua infatuazione per lui non era svanita come avrebbe dovuto.
“-E come? - Pensò lei - Come si ferma la cotta per un ragazzo che ha fatto quello che ha fatto lui?” – Perché non era più un segreto per nessuno che Mister Miliardi avesse smentito il suo coinvolgimento nella vicenda sulle circostanze della sua partenza. Non era stato obbligato: lasciare che tutti pensassero che era stato per un bacio azzardato che la sua famiglia aveva cambiato città non avrebbe influito in alcun modo sul suo nome o sul suo status; gli avrebbe anzi consentito di avere quella distanza da lei che aveva sempre bramato tanto!
Eppure lo aveva fatto.
Ed in quel rossore repentino che gli aveva colorato gli zigomi –quel giorno che sedeva impettito sulla poltrona di casa sua- lei era forse riuscita a capire il perché: semplicemente perché era giusto.
Era cambiato Montana Max, era maturato; e purtroppo quella non era una notizia che il suo povero cuore di diciottenne disillusa aveva preso bene: senza alcuna colpa da attribuirgli non poteva che continuare ad essere pazza di lui.
<<-Passiamo anche a prendere della crema per le rughe?>> - Sentì le dita di Babs che le massaggiavano le tempie e quel gesto la fece riscuotere dai suoi pensieri. L’ amica le sorrideva, le labbra scoperte in un’ espressione di piena consapevolezza e comprensione. Shirley e Fifi facevano lo stesso.
<<-Scusate.>> - Fifi le buttò un bacio mentre Shirley le alzò le braccia per misurare la larghezza del corpetto, rispondendole.
<<-Non ti angustiare…anche Plucky è stupido.>>
<<-Plucky aveva una cotta per te da tutta la vita.>> L’ altra ridacchiò.
Alla fine decise di comprare l’ abito pervinca, più per non fare la figura della musona con le ragazze che per esserne davvero interessata.
Tuttavia mentre lei tendeva la scatola del vestito alla commessa alla cassa, quella le domandò:
<<-Lei è Elmyra Duff?>> – Non avendo mai incontrato la giovane Elmyra rimase lievemente interdetta.
<<-Ci conosciamo?>> - La bocca dell’ altra si storse in un sorriso per niente gioviale.
<<-No. Il suo vestito è già stato pagato. Devo farle solo lo scontrino.>> - Ma prima che lei potesse metabolizzare la novità, Fifi le strappò il pacco dalle mani, allontanandolo dalla cassiera che stava per prenderlo.
<<-Pardon?>> - Il tono della sua voce vibrava di curiosità.
Shirley guardò la donna negli occhi. Molto negli occhi. Era praticamente arrampicata sulla cassa da quanto la stava guardando negli occhi.
<<-Ci sta dicendo che la signorina Duff qui presente ha un vestito già pagato?>> - La ragazza, intimidita, balbettò un misero “Si”.
<<-E vorrebbe dirci chi è che si è occupato di saldare il conto senza sapere se la signorina avrebbe preso un vestito da cento, duecento o cinquecento dollari?>>
<<-Queste sono informazioni riservate.>> - Shirley si sporse ancora di più, gli occhi grandi come due fanali.
<<-La sua aura è decisamente povera, potrebbe provare un decotto di sangue di ramarro per potenziarla. Me ne occuperò io per la sua gentilezza, sono un’ abilissima pozionista!>> - La ragazza si mise a sfogliare freneticamente un’ agendina poggiata sul bancone: senza dubbio la prospettiva del decotto non la entusiasmava.
<<-Montana.>> - L’ aria tra di loro si cristallizzò. Elmyra si sentì d’ improvviso come se avesse mangiato un cono bi-gusto con wafer e doppia panna e poi avesse deciso di farsi un giro sull’ ottovolante. Dolcezza mista a panico, non era davvero una bella sensazione.
Babs, Shirley e Fifi si guardarono l’ un l’ altra. Alla fine Babs guardò la commessa e le disse:
<<-Beh la signorina Duff non ha finito, anzi direi che è ancora incredibilmente indecisa!>> - Detto ciò afferrò la mano di Elmyra e la trascinò di nuovo nella sala dalla quale erano appena uscite, vestito pervinca annesso.
La fece sedere su un puf e guardò le amiche; i suoi occhi scintillavano di esaltazione.
<<-Bene truppa! Voglio colori decisi: bordeaux, smeraldo, argento! Avorio solo se il taglio non è troppo pretenzioso, e per l’ amor del cielo se vedete del rosa lasciatelo lì!>> - In un secondo Fifi e Shirley scomparirono tra i vestiti, e Babs tornò a guardare lei, le braccia incrociate e un sorriso che sapeva un po’ di follia sul suo bel visino a cuore.
<<-Oh le cose stanno per cambiare! Le cose stanno decisamente per cambiare!>>
 
Elmyra tornò a casa due ore dopo. Con un vestito a cui non avrebbe nemmeno osato dare uno sguardo in una circostanza normale. Forse perché troppo provocante (“No davvero! Sarai sexy, chic e roba così”), forse perché troppo di classe (“Non osare dirlo encore!”), forse perché costava decisamente troppo per i suoi standard (“Non lo paghi tu! Oh cielo, ammirate la donna che ha fatto spendere il milionario!!!”).
Volteggiava in una sorta di nuvola, appannata di confusione e speranza. Monty le aveva comprato un vestito.
Montana Max, miliardario intoccabile, irascibile e lunatico le aveva regalato un vestito per il ballo di Natale della scuola.
La sua mente cercava di appigliarsi ad una qualsiasi possibile variabile ma il suo cuore la indirizzava verso la motivazione più logica di quel gesto: Monty voleva invitarla al ballo!
Quando aprì la porta di casa venne accolta da uno scroscio di risate e vide sua madre e Octavia Montana prendere il thè in salotto.
<<-Ciao cara! Octavia ci ha portato del Karkadè, ne vuoi?>> - Lei annuì, ancora intontita dalla rivelazione del pomeriggio, e si sedette a sua volta. Sua madre andò a riscaldare il bollitore in cucina proprio mentre la madre di Monty le chiedeva.
<<-Hai preso un bel vestito?>> - E fu il modo in cui lo disse che la spinse ad alzare gli occhi nei suoi. La sua nuvoletta di beata speranza scoppiò in un botto, innaffiandola di desolazione ma lei cercò di non darlo a vedere.
<<-Me lo hanno fatto cambiare…questo costa di più di quello che avevo scelto all’ inizio…mi dispiace.>> - Octavia sorseggiò il suo thè e rispose.
<<-A me no, speravo proprio in una manovra di questo tipo.>>
<<-Perché lo ha fatto?>> - La donna le sorrise.
<<-Perché mi sei sempre piaciuta, perché credo di doverti molto di più di un vestito, e onestamente perché su questo ballo ho un progettino tutto mio.>>

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Capitolo 7
*** Il Ballo - Parte Prima ***


Capitolo 7: Il Ballo – Parte Prima
 

Buster Bunny venne da lui il giorno del ballo.
Erano le 17.50 quando entrò nel suo ufficio, in jeans e felpa rossa, senza preoccuparsi di poter essere buttato fuori come era successo per anni, e se la cosa non fosse stata inconcepibile Max avrebbe potuto pensare che fosse anche entrato nel Montana Manor dalla porta principale.
Si avvicinò alla sua enorme scrivania, con le banconote da cento dollari come sottobicchieri ed il lingotto d’ oro come fermacarte, e si sedette. Fece fare alla sedia girevole un paio di rotazioni, giusto per esasperare la sua pazienza, e poi parlò.
<<-Elmyra ti piace.>> - E nel suo tono non c’ era esitazione, né un punto di domanda. Max schizzò in piedi, rovesciando la sedia su cui era seduto.
<<-Fatti i fatti tuoi!!!>> - Buster sorrise -un po’ un ghigno, un po’ un’ espressione solidale- e continuò a fare giri sulla sedia.
<<-Non hai detto no.>> - Max si sarebbe preso a schiaffi per non essersene reso conto.
<<-“No”. E fatti i fattacci tuoi!!!>> - Come se non lo avesse nemmeno sentito, Buster continuò.
<<-Elmyra ti piace come ti piaceva cinque anni fa, solo che all’ epoca era…come dire…pericolosa, e tu potevi fare finta di nulla.>> - Max strinse i pugni e digrignò i denti. Buster lo ignorò bellamente.
<<-Ora non è più pericolosa ma sembri non piacerle come prima, e non sai che pesci prendere.>>
<<-Coniglio t’ avverto…>>
<<-Ma il vero problema non è questo, vero?>> - Max inarcò un sopracciglio.
<<-Come scusa?>> - Buster distese le braccia sulla poltroncina, la schiena dritta ed il mento sollevato, in un’ espressione di altezzosa superiorità, come avesse capito qualcosa di particolarmente misterioso o interessante, che sfuggiva ai più. Tranne che a Babs. Ma Babs stavolta non era lì, quindi tutta la gloria della sua prossima osservazione sarebbe ricaduta su di lui, facendolo scintillare della sua peculiare luce di “star”.
<<-Il problema vero non è che Elmyra ti piace. All’ inizio credevo semplicemente che non sapessi come si fa: voglio dire, ti sei comportato da carogna tutta la vita, era scontato che non saresti riuscito ad essere gentile…>> - Buster fu costretto a interrompersi, perché Monty gli tirò il lingotto-fermacarte dritto in faccia. Scampata la minaccia, riprese, con ancor più teatralità.
<<-Ma poi mi sono ricordato di quanto lezioso e caramelloso fossi con tutti quelli da cui volevi ottenere qualcosa… - Questa volta scansò il tagliacarte di platino, che si piantò nel parquet di mogano e rimase lì ad oscillare. - …quindi ho pensato che non poteva essere Elmyra il problema. Il problema… - La pausa sortì un effetto drammatico di cui la sua fidanzata sarebbe stata fiera. - …sei tu!>>
Seguirono circa dieci minuti in cui Monty tentò di liberarsi del suo ostinato visitatore con ogni mezzo a sua disposizione: botole nel pavimento, trappole mimetizzate nei disegni del tappeto, gabbie che cadono dall’ alto, frecce narcotizzanti che emergono dalle armature ai lati della stanza, il lampadario che casualmente si stacca e frana...tutte misure che ai tempi avevano sortito il loro effetto, ma quel giorno Buster Bunny era il coniglio più allenato e preparato del mondo.
Quando Max cercò di afferrare il comando per chiamare la sua guardia personale, Buster lo fece finire nella vasca dei pesci rossi.
Con il viso rosso, ed il respiro affannato Mister Miliardi non riuscì a fare niente di meglio che accasciarsi di nuovo sul suo scranno regale.
Buster sorrideva come si sorride ad un amico, e la cosa lo fece irritare ancora di più.
<<-Tu hai paura. Sei sempre stato solo ed incurante di esserlo e pensi che se le permettessi di starti accanto non potresti più tornare indietro. E se non funzionasse saresti solo, ma a quel punto incapace di esserlo.>> - Monty si massaggiò la fronte, le labbra strette in una linea sottile e le tempie che pulsavano.
<<-Credi di essere così maledettamente intelligente solo perché sei la piccola mente perversa del vostro squallido gruppetto.>> - Il sorriso di Buster non vacillò.
<<-E tu credi di essere il cattivo quando in realtà non lo sei mai stato.>> - All’ occhiata sgomenta che ricevette, Buster rispose facendo spallucce.
<<-Capisco il tuo ragionamento, sai: il cattivo non conquista la ragazza; è una legge per quelli come noi, ma tu non sei il cattivo Monty. – E prima che il ragazzo lo interrompesse, aggiunse – Non il cattivo canonico quantomeno!>>
<<-Ah si ?>> - La testa gli stava scoppiando ed il fatto che le parole di Buster stessero facendo breccia nella sua logica ferrea non lo aiutava.
<<-Un vero cattivo non ha sensi di colpa, non si pente, non si impegna a mettere le cose a posto e non si preoccupa di nessuno se non di se stesso. Tu non sei davvero un cattivo, sei la parte burbera e scontrosa.>> - E quella era in assoluto una delle affermazioni più senza senso che Buster Bunny avesse mai proferito.
<<-Sono solo scempiaggini coniglio! La parte scontrosa di cosa poi?>>
<<-La parte scontrosa della vostra coppia. Elmyra è la parte ingenua. No, non ti dare la pena di negarlo. Oh, ma che ora è? – Guardando l’ orologio al polso destro Buster fece quasi un salto sul posto. – Sono in ritardo mostruoso, e ora chi lo sente Plucky?! Beh Monty ci vediamo stasera, eh? >> - Mentre attraversava la stanza Max gli urlò dietro “Non ho intenzione di venire a quello stupido ballo”, una frase che venne minuziosamente corredata da insulti ed improperi. Buster si affacciò un’ ultima volta dalla grande porta di mogano che separava l’ ufficio dal corridoio.
<<-Sai, non puoi fare niente per cambiare la situazione: siete due come lo siamo io e Babs, Plucky e Shirley, Fifi ed Ham, il professor Bunny ed il professor Duck…siete stati creati in coppia, per compensarvi, è così e basta. Accettalo e ti sentirai meglio! Ah, e poi sciogliti un po’ : stai diventando troppo serio per un Toon!>> – E con queste parole Bunny uscì dalla stanza.
Max fu preso dall’ insostenibile istinto di inseguirlo e negare. Negare, negare e negare.
Non sopportava che Orecchie Azzurre si impicciasse dei fatti suoi, tanto quanto non sopportava che avesse ragione.
E in quel caso aveva maledettamente ragione: Max si sentiva terrorizzato; una sensazione viscida e sgradevole, che serpeggiava dentro il suo corpo e si piantava in quel poco di cuore con il quale era stato disegnato.
Non aveva mai dovuto combattere per ottenere niente in vita sua e non era affatto in grado di capire se era pronto a farlo adesso!
Si diresse verso la vasca dei pesci rossi, rimboccandosi le mani per ripescare il telecomando, ma prima di tuffare le braccia nell’ acqua qualcuno bussò alla porta.
<<-NON MI INTERESSA!>> - Una vocetta flebile rispose dal corridoio.
<<-Signorino sua madre vorrebbe vederla. La aspetta nella sua camera.>> - Max sospirò profondamente, guardando il telecomando che ondeggiava, poi riabbassò le maniche e abbottonò nuovamente i polsini. E tanto per gradire aprì la porta con un tale impeto che la poveretta che vi stava dietro cominciò ad oscillare come avesse fatto il girotondo per venti minuti.
Nella sua stanza la sua augusta genitrice aveva spalancato il suo armadio e cominciato a gettare alcuni dei suoi completi migliori sul letto come se fossero straccetti. Cravatte e scarpe li seguivano poco dopo.
<<-Mamma?!>> - Octavia si voltò, altre due grucce in mano.
<<-Ciao tesoro, stavo scegliendo la tua mise per questa sera.>>
<<-Non ci vado.>> - La donna non si dette nemmeno la pena di ascoltarlo.
<<-Basta con il grigio e con il nero, non ne posso più di vederti con questi colori, sembra sempre che tu stia andando a un funerale!>>
<<-Io…>>
<<-Hai uno splendido completo color castagna, non ricordo di avertelo mai visto addosso!>>
<<-Mamma esigo…>>
<<-Ad ogni modo: ho scelto questo. Che ne pensi, non è favoloso?>> - E con un sorrisetto compiaciuto Octavia gli mostrò il completo in questione: giacca, pantalone e papillon bianchi, camicia e scarpe nere.
<<-Non ci vado! Ho di meglio da fare che stare con una massa di decerebrati che si dimenano su una pista da ballo a ritmo di musica pop!>> - Octavia mise il broncio in una maniera molto drammatica e molto infantile.
<<-Ho detto no.>> - E detto questo cercò di salvare almeno le giacche che sua madre aveva lasciato a terra. Non era compito suo ovviamente, ma teneva all’ eleganza tanto quanto ai soldi, e la sua governante aveva il giorno libero. Sua madre sospirò, lisciando la stoffa della giacca che teneva in mano.
<<-E’ proprio un peccato tesoro…speravo che potessi divertirti una volta tanto. Magari conoscere meglio qualche bella ragazza…quella Mary Melody sembra carina…potresti trovare l’anima gemella, come ha fatto Elmyra!>> – Improvvisamente le giacche sgualcite non sembravano più tanto importanti. Guardò sua madre, gli occhi spalancati e pieni di un’ emozione a metà tra l’ incredulità ed il nervosismo.
<<-Ripeti un po’ !>> - Octavia si coprì la bocca con la mano.
<<-Oh, quanto sono pettegola…mi raccomando tienitelo per te, non vorrei che Emily si offendesse proprio adesso che abbiamo ripreso confidenza! La famiglia Duff ha incontrato il ragazzo da poco ma lo adorano già! E io che l’ ho conosciuto a mia volta posso dirti che è delizioso! Si chiama Hector, vedrai che quando lo conoscerai piacerà anche a te!>> – Era poco elegante pensare di saltare le presentazioni e passare direttamente alle mani…
<<-Ad ogni modo se sei così sicuro pazienza! Ti mando Dorothy per mettere un po’ in ordine. Sai che anche io e tuo padre ci siamo fidanzati al ballo del liceo?>> - Sua madre si allontanò, continuando a dialogare tra sé e sé: “…ballare al chiaro di luna…stringersi tra le braccia…ah, che romantico…”.
Era poco elegante anche pensare che la sola cosa che avrebbe voluto stringere era il collo di Hector.
Chi diavolo era questo Hector?! (Oltre al proprietario del nome più idiota del mondo, si intende!) E come diavolo aveva fatto ad insinuarsi così nella vita di Elmyra senza che lui se ne rendesse conto?!
Per un secondo si sentì talmente soverchiato dalla furia da non riuscire a pensare a nient’ altro; e quando questa si dissipò un minimo, lo lasciò con una chiarezza mentale mai avuta prima.
 
Un’ ora più tardi, vestito con quel completo bianco scelto da sua madre, uscì di casa e salì sulla limousine.
Hector aveva fatto male i conti. Povero illuso, non aveva la minima idea del guaio in cui si era andato a ficcare! Convinto di fare una piacevole passeggiata era invece entrato in un campo minato, e adesso avrebbe avuto a che fare con la bomba!
Con quale diritto si permetteva di corteggiare Elmyra Duff?! Hector non si era fratturato le costole per essere stato abbracciato da lei, non aveva costruito un rifugio anti-atomico per tenersela lontana, non aveva sentito disperatamente la sua mancanza quando se ne era andata!
Hector non l’ aveva conosciuta davvero, non l’ aveva vissuta davvero.
Lui sì.
Era ora che le cose tornassero normali, come erano sempre state. Perchè Godzilla con la frangetta era svampita, con la testa tra le nuvole e magari un tantino pericolosa, ma era sua! E non importava che adesso lei la pensasse diversamente: era una cosa che non sarebbe mai cambiata!
 
 
***

 
<<-Perché mi avete fatto comprare un vestito così? Mi guardano tutti…>> - Babs rise, le guance rosse dal ballo precedente.
<<-Ti guardano perché sei bella! Fifi sarebbe orgogliosa se solo fosse in grado di staccarsi da Ham…non si sono nemmeno accorti che l’ ultimo ballo non era un lento.>> - Plucky e Shirley tornarono al tavolo in quel momento.
<<-Ci andiamo a rifare il trucco?>> - Elmyra ridacchiò dell’ espressione sconvolta del papero alle parole della fidanzata: si erano “rifatte il trucco” già due volte.
La prima era stata subito dopo essere arrivate a scuola. La palestra era splendidamente arredata, con festoni e lustrini di un tono simile al bronzo; lunghi tavoli con un buffet sfarzoso erano stati messi in bella mostra ai lati della stanza, per lasciare libera la pista da ballo centrale, e piccole postazioni più intime erano disseminate un po’ ovunque.
Si erano dirette in bagno tutte e quattro assieme, perché le ragazze non volevano essere in disordine quando i loro accompagnatori avrebbero fatto il loro ingresso. Elmyra sapeva che la decisione di recarsi al ballo in due gruppi separati era stata presa unicamente per lei: perché le amiche non avevano intenzione di farla sentire sola, essendo l’unica che non aveva un cavaliere.
La seconda volta era stata quando -dopo due balli- Fifi aveva colto il suo riflesso nel vetro di una finestra e, piena di orrore, aveva gridato di avere il naso sudato.
Per quanto la cosa fosse stata esilarante si era risolta in un'altra seduta davanti allo specchio.
Questa terza volta nessuno era sudato, inoltre rossetti e mascara stavano ancora su. Myra si rassegnò quindi ad accettare la vera natura dell’invito: era una “pausa da strigliata”.
<<-Perché no.>> - Si alzò e prese il braccio le Babs le porgeva. Mentre attraversavano la sala si sentì scrutata e suo malgrado non potè che dare la colpa al pezzo di stoffa che aveva addosso: era verde brillante e frusciava delicatamente quando camminava; stretto in vita e con un decollète decisamente esagerato per i suoi gusti.
Fifi lo aveva adorato da subito, e per renderle le cose ancora più difficili ci aveva abbinato anche un paio di sandali color argento con il tacco alto.
Shirley le aveva acconciato i capelli in un nodo elegante e Babs l’ aveva truccata con una tale attenzione che sembrava dovesse dipingere un Van Gogh.
Il risultato era stato indubbiamente piacevole, doveva riconoscerlo, nemmeno le lentiggini sulle guance rovinavano la composizione!
Eppure le attenzioni che aveva attirato non le avevano dato sicurezza, al contrario l’ avevano lasciata basita: non sapeva come le amiche riuscissero a convivere serenamente con la cosa, era inquietante vedere i compagni di tutti i giorni, spesso taciturni e poco socievoli, trasformarsi in appassionati corteggiatori con tanti di occhi a forma di cuore!
Appena ebbero superato la porta dei bagni le amiche le rivolsero sguardi un po’ preoccupati, un po’ dubbiosi.
<<-Non hai ballato con nessuno!>>
<<-Vuoi che facciamo due passi?>>
<<-Non hai mangiato niente!>>
<<-Vuoi che ti prendiamo un punch?>>
<<-O preferisci una tartina?>> - Scoppiare a ridere non era tra le scelte più appropriate ma lei non riuscì proprio ad impedirselo: l’ enfasi con la quale le ragazze le parlavano, l’ attenzione che rivolgevano ai suoi bisogni e ai suoi stati d’ animo, la loro grande considerazione la facevano sentire bene come non si era sentita nei cinque anni che avevano preceduto quel momento. Cercò di recuperare una briciola di serietà davanti alle loro espressioni sbigottite.
<<-Sto benissimo! Non sono più abituata ai balli e non vorrei rendermi ridicola ma mi sto divertendo, davvero!>> - Shirley inarcò un sopracciglio.
<<-Non è che lo stai aspettando?>> - Babs le dette una gomitata nelle costole, e malgrado il velo di tristezza che le era calato addosso lei trovò anche quel gesto esilarante.
<<-Oh no, ho imparato la lezione: un ballo è stato più che sufficiente!>> - Fifi le arricciò le piccole onde di capelli che incorniciavano il viso ad arte e annuì.
<<-Bièn, ma mangerai quelque chose o non avrai più équilibre su quei tacchi!>> - Elmyra sorrise sardonica.
<<-E nel caso chi dovrei ringraziare?>> - L’ amica la zittì con uno “shhh” repentino, e poi le ragazze la guidarono di nuovo nella sala.
Erano quasi arrivate al tavolo quando Elmyra si sentì afferrare per un polso e strattonare all’ indietro. La forza del gesto fu tale che lei perse aderenza al terreno e fu proiettata direttamente addosso alla persona che le aveva rivolto la sua attenzione in modo così enfatico.
Quando -pochi secondi dopo- si accorse di chi aveva davanti arrossì fino alle punte dei capelli. Sperava soltanto che la penombra del salone mascherasse il disastro che doveva essere il suo viso.
Agitazione, eccitazione, e tutta una serie di sensazioni analoghe le serrarono lo stomaco come una cintura troppo stretta, mentre lui la fissava e non le lasciava il polso.
Era senza dubbio molto stupido pensare che fosse bellissimo in bianco. Nonostante lei avesse i tacchi Monty la superava di cinque centimetri buoni. Come al solito i suoi occhi neri rilucevano di inoppugnabile determinazione ma quella sera sembravano sguarniti della solita aria truce; avevano decisamente qualcosa di più aristocratico e sottile.
“Wow” fu tutto ciò che riuscì a pensare prima che lui la trascinasse fuori dalla scuola sotto gli occhi di tutti. 

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Capitolo 8
*** Il Ballo - Parte Seconda ***


Capitolo 8: Il Ballo – Parte Seconda
 

Quando Elmyra si ritrovò in giardino –vestito scollato, tacchi alti e stola dimenticata al tavolo- cercò di concentrarsi sul fatto che Max non sembrava nutrire intenti bellicosi, malgrado la stretta decisa sul suo braccio, ma quando lui interruppe la loro marcia davanti alla quercia e si voltò per fissarla, lei restò inchiodata sul posto dalla forza del suo sguardo.
Le lasciò il polso solo per incrociare le braccia sul petto.
<<-Voglio che Hector si tolga dai piedi.>> - Lei fu talmente colpita da quell’ affermazione che non si rese nemmeno conto di aver spalancato la bocca dalla sorpresa.
<<-Cosa?!>> - Max ripetè, con lo stesso identico tono di voce.
<<-Voglio che Hector se ne vada. Che smammi da qui il più velocemente possibile. Ti do anche la possibilità di scegliere: o glielo dici tu o glielo dico io. Se glielo dico io non sarà piacevole.>> - Elmyra restò a guardarlo a occhi sgranati, incredula e costernata. Lui al contrario sembrava calmissimo.
<<-Perchè?! Che ti ha fatto il mio Hector?>> - Si rese subito conto di aver scelto le parole sbagliate perché vide un muscolo guizzare minacciosamente sotto l’ occhio del ragazzo. Max cominciò ad avvicinarsi, il tono tranquillo che cominciava ad essere rimpiazzato da quello sarcastico.
<<-Il tuo Hector esiste e a me tanto basta. Per curiosità: da quand’ è che è arrivato questo fenomeno?>> - Lei indietreggiò senza sapere dove stesse andando o se dietro di lei ci fossero ghiaia, erba o radici di albero in cui inciampare. Fece per rispondere ma lui la interruppe.
<<-Lascia stare, non mi interessa, se fosse comparso ieri questa storia sarebbe comunque durata troppo.>> - Non gridava, non gesticolava spazientito come faceva sempre: parlava con tono fermo, sferzante ma controllato, e sembrava il cobra e al tempo stesso l’ incantatore di serpenti.
<<-Il punto è questo: Hector se ne va. Non ho licenziato nessuno ma non pensare che non sia disposto a farlo per una valida motivazione.>> - A quel punto lei si fermò, cercando di rielaborare le idee.
<<-Tu vorresti…licenziare Hector?>> - Max inarcò un sopracciglio.
<<-Problemi carotina?>> - Elmyra avvampò nell’ istante in cui il suo cervello registrò il nuovo appellativo, tingendosi di un rosso talmente acceso da non poter essere registrato nella scala cromatica.
<<-Ca…caro…>> - Lui sogghignò e si sporse su di lei.
<<-Cosa? Io mi sono sorbito per anni “Monty Wonty”!>> - Per recuperare un minimo di decenza, la ragazza non trovò niente di meglio da fare che balbettare.
<<-No…non puoi…licenziare He…Hector…>> - Il volto di Monty si fece scuro.
<<-Mi piacerebbe sapere cosa me lo potrebbe impedire.>> - Lei deglutì, guardando ovunque tranne che negli occhi dell’ altro.
<<-Hector non…non lavora…e poi…>> - Max la interruppe, l’ espressione contrita dal disgusto.
<<-Non studia alla Acme Loo e non lavora nemmeno questo pidocchioso?>> - Lei aprì di nuovo la bocca per chiedere spiegazioni ma lui continuò a parlare, come se sapesse già delle domande che gli avrebbe rivolto.
<<-Ho fatto fare un controllo appena mia madre me lo ha detto e non c’ è nessun Hector a scuola.>> - Imbambolata, Elmyra non seppe come rispondere ad una simile notizia e restò a guardare il ragazzo, che in compenso aveva parole per entrambi.
<<-Davvero una pessima scelta. Ad ogni modo la vostra storia finisce qui, digli quello che vuoi e fallo uscire dalla tua vita. Io mi assicurerò di scortarlo fuori dal paese. Non lo minaccerò neppure se preferisci che ne esca senza traumi, ma puoi stare certa che se questa cosa continua gli renderò la vita un tale inferno che scapperà tanto in fretta da non avere nemmeno il tempo di dire “ciao”. Sarò particolarmente generoso: ti permetterò di dirglielo stasera, così non soffrirà quando da domani comincerai a sbattergli il telefono in faccia.>> - Elmyra assorbì le sue parole, riflettendo sul fatto che Max era sempre stato difficile da capire: quei rari momenti di gentilezza che avevano condiviso in passato erano stati mascherati dall’ ironia e dallo sdegno di cui il ragazzo faceva uso costante, e riuscire a tradurre le sue parole ed i suoi gesti era rapidamente diventato più arduo del decifrare il linguaggio di Fifi, o quello di Dizzi.
Quella sera però la consapevolezza germogliò dentro di lei con facilità disarmante, scavalcando l’ ingenuità, la speranza ed il timore che avevano sempre condizionato i suoi pensieri.
“-E’ geloso. Oh cielo è geloso.” – E guardando la sua eterna cotta -che aveva preso a parlare di deportazione- ricordò lo sguardo affettuoso e complice che Octavia le aveva lanciato nel suo soggiorno.  
“Su questo ballo ho un progettino tutto mio.”
Non era possibile che la matrona di casa Montana avesse instillato il dubbio nella mente del figlio al solo scopo di finire quello che aveva iniziato anni prima! Dopotutto era stata proprio Octavia ad organizzare quel fatidico appuntamento…
<<-Max?>> - Lui si zittì, probabilmente sorpreso dal suo tono calmo e lievemente incuriosito.
<<-Hector è il cucciolo che abbiamo preso per mio fratello Robbie.>> - La reazione di Mister Miliardi fu impagabile; e se solo gli altri Toons fossero stati lì per vederla si sarebbero sganasciati dalle risate: sgranò gli occhi e mormorò qualcosa come se fosse in stato di trans; poi diventò viola.
Non rosso di vergogna, né pallido di sgomento, né verde dalla nausea. Assunse un color prugna decisamente allarmante e cominciò a fumare come una locomotiva, dopo di che afferrò il cellulare dalla tasca interna della giacca, compose un numero e portò l’apparecchio all’orecchio. Dopo pochi istanti qualcuno rispose e Max cominciò a gridare.
<<-UN CANE?!>> - Elmyra non potè fare a meno di tapparsi le orecchie.
<<-MI HAI DETTO CHE ERA UN RAGAZZO E POI SCOPRO CHE E’ UN CANE?! …CERTO CHE LO HAI DETTO! …COME SAREBBE A DIRE CHE NON TE LO RICORDI?! …NON FARE LA GNORRI SAI ESATTAMENTE DI COSA STO PARLANDO!!!>> - Ed Elmyra, con le orecchie tappate, cominciò a ridere. Era tutto talmente assurdo…eppure l’intera situazione le faceva sentire il cuore leggero! I tacchi che le facevano male, Max che gridava al telefono contro sua madre, i Tiny Toons sicuramente appostati dietro qualche panchina…era tutto esattamente come doveva essere.
Era “casa”. E sentiva piccoli pezzetti della vecchia Elmyra Duff che tornavano in superficie: voleva gettarsi tra le braccia di Monty ed essere insultata per averlo fatto, voleva stringere Babs e Buster dicendo loro che li adorava e voleva fare le pulizie di primavera cantando a squarciagola.
Appena Max si voltò verso di lei e la vide sorridere smise di inveire contro la sua augusta genitrice. La fissò qualche secondo, l’espressione a metà tra l’imbarazzato ed l’innervosito, poi sibilò ad Octavia “Ne riparliamo stasera” e attaccò.
Si ficcò le mani in tasca e le parlò come se dovesse giustificarsi.
<<-Mia madre mi aveva detto una cosa diversa.>> - Lei tolse le mani dalle orecchie e la frangia ricadde come sempre sulla fronte.
<<-Lo avevo capito. – E visto che lui sembrava in vena di dare spiegazioni gli chiese la cosa che le stava più a cuore, sperando che la sua calma controllata non svanisse proprio in quel momento – Ma non capisco perché ti ha dato fastidio.>> - Lui la fissò negli occhi, serio in volto come non lo aveva mai visto, e lei fece la sola cosa che poteva fare: sperò.

 
 ***


A quanto pare il momento della verità era arrivato, con tutta la sua dose di imbarazzo. Certo se l’ era immaginato ma aveva quantomeno sperato di non avere un pubblico! Riusciva tranquillamente a distinguere due paia di smoking e almeno un vestito da sera dietro il tronco dell’ acero, quattro o cinque metri più avanti.
Strinse i pugni nelle tasche e sentenziò, sentendosi molto stupido e molto alle strette.
<<-Potresti essermi mancata.>> - Il silenzio con il quale Elmyra accolse quella affermazione lo gettò nel panico e suo malgrado si ritrovò a fissarla, pronto a cogliere qualsiasi reazione anomala, come un mancamento, una crisi isterica o un attacco di pianto.
<<-Ti sono mancata?>> - Lui arrossì fino alle punte dei capelli.
<<-Non è quello che ho detto!!! Ho detto che “potresti” essermi mancata!!! “Potresti” è condizionale!!!>> - Lei non si scompose e ripetè.
<<-Potrei esserti mancata.>> - Sembrava basita, del tutto incapace di comprendere quello che lui le stava dicendo.
<<-E che cosa c’ entra Hector?>> - Dannazione le cose non stavano andando per niente come se le era figurate! Certo, nella sua immaginazione tutto si era concluso un po’ troppo rapidamente, e con una quantità di cuoricini davvero esagerata, ma il fatto che nella realtà Elmyra non avesse nessuna reazione positiva a quella confessione rendeva la sua determinazione un po’ traballante.
<<-Potrei…essere stato un po’…precipitoso cinque anni fa…>> - Elmyra continuò ad ascoltarlo, occhi negli occhi, ma non disse niente.
“-Insomma non hai intenzione di rendermi le cose facili, eh? Va bene, me lo sono meritato, farò da solo.”
<<-Potrei…essere stato abbastanza male quando te ne sei andata.>> - Un ombra di sorriso le affiorò alle labbra.
<<-“Potresti” è sempre condizionale, giusto?>> - Lui cercò di non ricambiare il sorriso, per non perdere il filo del discorso.
<<-Giusto. E potrei…essere stato felice quando sei tornata. E ferito…quando mi hai ignorato. E potrei…sempre potrei bada…aver preso…male che tu avessi trovato qualcuno…qualcun altro.>> - A quel punto non restava altro da fare che starsene zitto e aspettare. E magari pregare che lei non reagisse spedendolo dritto sulla luna con un pugno. Non era mai stata manesca ma ricordava quanta forza avesse nelle braccia!
<<-Non dovresti…essere felice che qualcuno abbia preso il tuo posto come punching ball?>>
<<-No, per niente.>> - Lo disse con impeto, e -diversamente da quello che si aspettava- dopo averlo detto, gli occhi di Emyra cominciarono a brillare. Poi gli sorrise. Uno di quei sorrisi che creano fossette nelle guance e fanno fermare un po’ il cuore.
<<-Rivoglio il mio posto.>> - Il sorriso della ragazza si ampliò ed il suo cuore ricominciò a battere, più forte di un’ orchestra di percussioni. Forse il coniglio aveva ragione: forse bastava amare una singola persona per non essere il cattivo. Amarla intensamente, senza riserve e senza una fine, come solo un toon può fare.
<<-“Rivoglio” non è condizionale…> - Il sorriso che si dipinse sul suo stesso volto gli era estraneo, ma lui lo accolse con tranquillità: sentì i lineamenti stirarsi in una espressione che non aveva mai percepito sulla sua faccia con estrema facilità e forse una punta di sollievo.
<<-Non è una condizione.>> - Elmyra si massaggiò le braccia, con le guance rosse, gli occhi brillanti e quei capelli dal colore assurdo, che davano l’ idea di essere troppo morbidi per restare su come stavano facendo. Max allungò una mano verso la crocchia e lentamente sfilò lo spillone per capelli; quelli le ricaddero sopra le spalle in una nuvola arancio profumata di vaniglia. Lei arrossì un po’ di più, ma rispose:
<<-Ok.>> - Monty inarcò un sopracciglio.
<<-Ok?>> - Elmyra gli prese lo spillone dalle dita sorridendo e lui sentì formicolare i polpastrelli.
<<-Sì, ok.>> - Poteva essere così semplice? La spiegazione dei suoi genitori, grida di gelosia, poche frasi smozzicate e nemmeno una dichiarazione che fosse degna di quel nome? Beh, non avrebbe obiettato!
<<-Sai…non ricomincerò a darti la caccia…ma potrebbero venir fuori altre cose terribili.>> - Max le accomodò una ciocca ribelle dietro l’ orecchio.
<<-Per esempio?>> - Lei si guardò la punta delle scarpe, in un atteggiamento molto femminile, che lui non aveva mai notato prima.
<<-Potrei ricominciare a collezionare pelouches.>> - Le dita del ragazzo si soffermarono sul lobo, dal quale pendeva un elaborato orecchino.
<<-Ho una ditta che li produce, ti ci chiuderei dentro.>> - Elmyra rise, ma non rialzò lo sguardo.
<<-Potrei chiamarti di nuovo "Monty-Wonty".>>
<<-Io continuerei con “carotina”.>>
<<-Potrei voler prendere lezioni di heavy metal e venire a suonare da te quando lavori.>>
<<-Aha. Chi ha scelto questi cosi? Sembrano pesanti.>> - Quando finalmente Elmyra lo fissò negli occhi, Max si rese conto di quello che la ragazza temeva realmente: che presto si sarebbe scocciato di nuovo. Quindi, a costo di rendersi ridicolo ancora una volta, precisò.
<<-Va bene così. Davvero. Va…va bene tutto.>> - Aveva la voce roca ed il suo tono non era dei più decisi; dopotutto non era abituato a delicatezze, ed essendo del tutto privo di tatto sapeva di stare muovendosi su un terreno poco stabile! Tuttavia a lei sembrò bastare, perché annuì.
<<-Vuoi…che ti riporti a casa?>> - Solo in quel momento, infatti, Max si rese conto delle coppie che cominciavano ad uscire dalle porte della palestra. Elmyra si voltò a sua volta e, presa dalla consapevolezza, gli rispose:
<<-Devo prendere la stola e la borsa…e avvertire gli altri…ma se non ti dispiace…si, mi farebbe piacere.>>
<<-Aspetto qui.>> - La vide alzare il bordo della gonna con la mano destra e percorrere il giardino in una corsa controllata, prima di rientrare nella Acme Loo.
<<-DOVE DIAVOLO E’ IL BACIO, IMBRANATO?!>> - Per poco non inciampò nei suoi stessi piedi dallo spavento. Babs Bunny aveva l’aspetto di chi aveva trascorso l’ultima ora della sua vita nascosta dietro un albero -a dirla proprio tutta indossava una giacca mimetica sopra l’ elegante vestito da sera- e lo stava guardando come se volesse legarlo penzoloni ad un palo e giocare alla pentolaccia.
Fortunatamente non ebbe nemmeno bisogno di risponderle, perché il suo ragazzo se la caricò sulle spalle, furiosa e scalciante, e la portò via, blaterando qualcosa che suonava molto come “da adesso ci devono pensare loro”.
Quando Elmyra tornò era avvolta in una splendida stola color avorio, e Max si rese conto di non averla mai vista tanto bella.
<<-Stai…ehm…non male.>> - Lei gli raddrizzò timidamente il papillon.
<<-Grazie. Anche tu stai non male…> - Lui non le porse il braccio e lei non fece niente per prenderlo, ma si incamminarono insieme verso il parcheggio, dove Robb aprì loro la portiera della limousine per farli sedere sul sedile posteriore e dove Max avvertì un crampo allo stomaco per la devastante sensazione di deja-vu.

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Capitolo 9
*** Ricominciare da capo ***


Capitolo 9: Ricominciare da capo.
 

Il viaggio dalla Acme Loo a casa Duff fu silenzioso. Molto silenzioso. Troppo silenzioso.
Elmyra sembrava sulle nuvole e Max era troppo impegnato a ripercorrere mentalmente la loro conversazione, per tirare le somme del loro rapporto.
“-Ha detto “ok”. Ok, quindi…sarebbe come…dovrebbe essere che adesso…stiamo insieme. Stiamo insieme, no? Funziona così. Era a questo che miravo, stiamo insieme. Ma lei lo avrà capito che miravo a questo? Non è che adesso mi dirà che vuole che siamo soltanto amici?! Insomma dovrebbe essere chiaro che miravo a questo! Qualunque idiota capirebbe che miravo a questo!”
<<-Siamo arrivati.>> - Lui tornò al presente e si rese conto che Elmyra lo stava fissando e che la macchina era ferma. Dal finestrino si vedeva casa Duff, le imposte appena riverniciate di bianco, il vialetto lastricato in porfido e la luce accesa della veranda. Stava per dirle qualcosa, qualsiasi cosa, quando Robb le aprì la portiera e le porse la mano per scendere.
Lei gli rispose con un sentito “grazie mille” ma Max sibilò una imprecazione contro il domestico, precipitandosi ad aprire la portiera dal suo lato, uscendo fuori e affiancandola per evitare che lei entrasse subito in casa.
Quando Elmyra lo guardò di nuovo lui non riuscì più a stare zitto. Voleva formulare la frase in modo forbito e disinteressato, ma quello che gli uscì di getto fu:
<<-Hai capito che voglio che stiamo insieme?>> - Le guance della ragazza diventarono più rosse di quanto fossero mai state e qualche istante dopo lei balbettò.
<<-Ci ero…arrivata…credo.>> - Lui annuì, avvampando a sua volta per il modo in cui glielo aveva chiesto, quasi saperlo fosse stato un bisogno insopprimibile.
<<-Ah, si, bene.>> - Elmyra si voltò per guardare la veranda e sebbene nessuno la stesse esortando a rincasare, disse:
<<-E’…il caso che entri. Non vorrei che i miei…sai…si preoccupassero…>> - Monty annuì.
<<-Buonanotte Max. Grazie per il passaggio.>> - Lui fece per rispondere quando un pensiero lo folgorò. Poteva dare la colpa al nervosismo per non essersene reso conto prima, ma adesso era drasticamente chiaro: era tutto esattamente come cinque anni prima. Non esisteva un singolo particolare che non fosse identico: la macchina davanti al vialetto, lui, ragazzo in giacca e cravatta, lei con il vestito verde…
Beh -si disse mentre Elmyra si dirigeva verso casa- in effetti una cosa mancava… A quel pensiero si accompagnò un secondo dopo il grido indignato del coniglio rosa: “DOVE DIAVOLO E’ IL BACIO, IMBRANATO?!”.
Max fece di corsa i metri che lo separavano dai gradini di casa Duff e prese la mano con cui la ragazza aveva già afferrato la maniglia. Elmyra si voltò e lui la baciò.
Fu un bacio lento ed impacciato, guidato unicamente dall’istinto, perchè l’esperienza del ragazzo in quel campo era limitata al singolo episodio di cinque anni prima, nel quale più che “dare” aveva ricevuto.
Quando si staccò da lei si rese conto di due cose: numero uno, l’espressione sul volto della ragazza era sconvolta dalla sorpresa (se quella era la stessa mimica facciale che tempo addietro aveva avuto lui, allora si era reso davvero ridicolo!) e numero due, si sentiva come se i suoi incassi fossero di colpo triplicati.
<<-Buonanotte.>> - Sorrise quando lei non rispose, troppo provata dall’emozione per aprire la bocca ed il sorriso non fece che ingrandirsi quando Elmyra entrò in casa, inciampando nei suoi tacchi prima di chiudere la porta.
Tornò alla limousine a passo di danza e quando affondò nei sedili sentì che dentro di sé era tornato qualcosa che mancava da molto tempo.
<<-Robb?>> - L’uomo sbirciò dallo specchietto retrovisore.
<<-Sì Signorino?>> - Monty si rilassò contro lo schienale, la testa mollemente adagiata sull’imbottitura.
<<-Credo di essere innamorato.>> - E rise, rise fino a farsi venire le lacrime agli occhi quando, a quella affermazione, il suo autista inchiodò con uno stridore infernale che rilasciò un pungente odore di gomma bruciata.
Quando rincasò fece di tutto per evitare sua madre, ma quella si materializzò dal niente proprio mentre lui aveva imboccato la grande scalinata di marmo bianco che portava alle sue stanze.
<<-Come è andata?>> - Max grugnì:
<<-Non ci parlo con te.>>
<<-La possiamo invitare domani per il tè?>>
<<-Vado a letto.>>
<<-Come sei scorbutico, ma da chi hai preso?!>> - Lui arrivò al piano di sopra con un accenno di sorriso sulle labbra ed entrò in camera slacciandosi il papillon, ignorando sua madre che continuava ad esortarlo.
<<-Guarda che tanto ne riparliamo a colazione!!!>> - Il grido gli arrivò dalla tromba delle scale. Lui urlò di rimando.
<<-Non ti sento!>> - Gettò la giacca sul letto e si stese sulle lenzuola fresche di bucato, pantaloni e camicia ancora addosso. Respirò profondamente ed oltre all’aria gelida di Dicembre, che portava con sé la promessa di una impetuosa nevicata, inspirò anche un effluvio particolare: un misto tra il tono deciso della sua colonia ed il profumo dolce dello shampoo di Elmyra, un odore che associò subito alla soddisfazione.
Incrociò le braccia dietro la testa e riflettè: cinque anni prima si era svegliato e aveva scoperto che la bambina per cui aveva una cotta –almeno tra sé e sé poteva ammetterlo- se n’era andata. Quella volta si sarebbe assicurato che la mattina seguente fosse diametralmente diversa.
 
***

 
<<-Stai annaffiando quella begonia con il caffè.>> - Elmyra sobbalzò quando si rese conto che la sorella aveva ragione e spostò la caraffa con tanto impeto che la bevanda scura al suo interno volò per metà sul pavimento. Amanda non aggiunse altro ma continuò a masticare la sua fetta biscottata –molta marmellata, poco burro- e a scrutare la più piccola con un sopracciglio inarcato. Anche Queegee le rivolse un’occhiata perplessa.
Elmyra cercò di non arrossire di vergogna e di non cedere allo sguardo inquisitore della sorella maggiore; dopo aver asciugato per terra si sedette e cercò di rilassarsi imburrando a sua volta una fetta di pane.
<<-Sei nervosa Myra?>> - Lei si stampò un sorriso ingenuo sulle labbra.
<<-Io? Perché mai?>> - Amanda si strinse nelle spalle, masticando di gusto.
<<-Oh non saprei davvero…forse per il ballo di ieri sera. Potrebbe essere successo qualcosa che non ci hai detto.>> - Elmyra cominciò a sudare freddo, sperando che le parole della sorella non richiamassero gli altri, ma la sua fu ovviamente una speranza vana. I recettori uditivi dei Duff quella mattina si mostrarono ben più allenati del solito ed in mezzo secondo tutta la famiglia si riversò in cucina; suo padre ancora in pigiama, sua madre con lo spazzolino da denti in bocca, suo fratello Duncan con il maglione infilato al contrario e suo fratello Robert sulle spalle.
<<-Che cosa è successo ieri sera?!>>
<<-Qualcuno ti ha importunata tesoro?>>
<<-Sapevo che quel vestito avrebbe attirato una schiera di maniaci!!!>> - Amanda li interruppe tutti con una mano alzata ed un richiamo alla calma.
<<-Non credo che sia stata importunata mamma e non credo nemmeno che c’entri il vestito.>> - La diretta interessata sbuffò e si rivolse ai genitori e al fratello.
<<-Non è successo niente ieri sera! Sto benissimo e non sono per niente nervosa!>> - Bevve qualche sorso di spremuta d’arancia, inclinando il bicchiere in un modo che doveva essere molto normale e molto rilassato. Peccato che la sua scena venisse interrotta qualche istante più tardi dalla sorella, che con lo stesso tono sarcastico di poco prima, le comunicò.
<<-Hai imburrato il tovagliolo.>> - Elmyra si ritrovò a tossire, schizzando succo d’arancia qua e là, mortalmente imbarazzata: si poteva essere più ovvi di così?!
Ma la verità era che non poteva fare a meno di avere la testa tra le nuvole dopo la notte che aveva passato: aveva sognato Max in smoking bianco, gentile come non era mai stato, che le diceva che voleva che stessero insieme e la baciava davanti casa.
Quando si era svegliata era stata ad un passo dallo scoppiare a piangere perché il sogno era svanito, poi aveva visto il vestito da sera in gruccia appeso all’armadio ed era stata di nuovo ad un passo dallo scoppiare a piangere, stavolta per il panico.
E se Max fosse stato vittima dell’emozione del momento? E se le avesse detto che era stato tutto un intricato, bizzarro equivoco?
I pensieri più disparati le avevano affollato la mente mentre si era preparata per l’ultimo giorno di scuola (ed il ricordo di quel bacio le aveva fatto sentire le farfalle nello stomaco e la testa leggera).
Tuttavia quando era scesa al piano di sotto e aveva trovato Amanda che faceva colazione si era resa conto che non aveva idea di come i suoi parenti avrebbero preso la notizia di una svolta nel suo rapporto con Montana Junior e aveva deciso di tenere la cosa per sé il più a lungo possibile.
Grazie alla sua goffaggine e all’intuito di sua sorella quella parte del piano doveva però essere rivista!
<<-C’entra qualcosa Maximillian Montana?>> - Quella parte del piano doveva assolutamente essere rivista! Myra guardò con orrore la sorella che –incurante della sua disperazione- continuava a masticare come se niente potesse toccarla. Suo padre al solo udire quel nome saltò su come morso da una tarantola.
<<-Questa volta non gliela faremo passare liscia!!! Azioneremo il M.A.M.I! Il Meccanismo Anti Montana Istantaneo! Duncan và a prendere i chiodi!!!>> – Suo fratello corse verso il ripostiglio a gambe levate e ridendo come un indemoniato, Robby che ciondolava attaccato al collo del suo maglione. Lei impallidì e si mise le mani nei capelli.
<<-Papà, Duncan fermatevi!!! Non c’è bisogno di nessun Meccanismo Anti Montana!!!>> - Amanda ingoiò il boccone.
<<-Quindi Montana non c’entra?>> - Elmyra si morse il labbro inferiore, tormentandosi le mani.
<<-No, ecco…Max in effetti…qualcosa c’entrerebbe ma….>> - La voce di suo padre esplose nella stanza.
<<-DUNCAN I CHIODI!>> - La voglia di sbattere la testa contro il muro più vicino cominciò a farsi pressante. In tutto quel caos nessuno si accorse del campanello che suonava, né di Queegee che andava ad aprire; in compenso si congelarono tutti sul posto quando la domestica annunciò:
<<-Il signor Montana è alla porta, chiede della signorina Elmyra.>> - Fu Mac il primo a riprendersi e precipitarsi alla porta. Il “Sì?” che rivolse al ragazzo pesava come un intero capo d’accusa.
Elmyra tremava come una foglia ma quando sentì le parole del ragazzo quasi si sciolse dall’emozione.
<<-Buongiorno Signor Duff. Sono venuto a prendere Elmyra.>> - “Elmyra”…il suo nome sembrava talmente carino quando era lui a pronunciarlo…
<<-A prendere Myra?>>
<<-La porto a scuola in macchina. Così non prende freddo.>> - Amanda guardò la sorella con un ghigno.
<<-Ohhhhhhhh…così non prende freddo!>> - Elmyra afferrò lo zaino, infilò rapidamente il cappotto e si presentò alla porta, scansando Duncan che cercava di spiare dalla finestra vicina. Max indossava uno spesso cappotto nero e attorno al collo portava una sciarpa di seta rossa; quando la vide anche i suoi zigomi si fecero rossi. Lei baciò sulla guancia Mac, dicendo.
<<-Ci vediamo papà.>>
<<-Uh? Ah, certo. Buona giornata.>> - Camminò con Max fino alla limousine e quando quella fu messa in moto e superò la sua abitazione, rilasciò finalmente un sospiro di sollievo.
<<-Tuo fratello aveva delle viti in mano?>> - Lei abbottonò il cappotto fino al collo, rispondendo.
<<-No, erano chiodi.>> - Poi si accomodò meglio nel sedile e gli disse, sorridente ma un po’ titubante.
<<-E’ stato un gesto molto carino.>> - Il borbottio che ricevette la portò ad alzare gli occhi sul ragazzo: aveva le mani affondate nelle tasche, naso e bocca tappati dalla sciarpa e gli occhi fissi su un punto particolarmente interessante fuori dal finestrino. Myra pensò che non sarebbe mai stato il classico fidanzato da copertina: era ombroso e burbero, spesso di cattivo umore e perennemente irascibile; non le avrebbe cantato canzoni d’amore alla finestra né portato fiori in classe.
<<-Magari a primavera potremmo andare a piedi.>> - Lo disse senza smettere di guardare altrove ma il suo tono di voce era teso e speranzoso.
No, non avrebbe fatto quelle cose ma magari l’avrebbe portata al concerto di Natale, sbuffando e lamentandosi ma tenendole la mano. Avrebbe lasciato fiori nell’armadietto e fatto terribili minacce a chiunque lo avesse visto. Lei avrebbe preparato dei biscotti e lui avrebbe gridato al mondo che odiava i dolci, per poi mangiarli mentre contava i suoi milioni.
“-Oh sì… – Pensò Elmyra mentre poggiava la testa sulla spalla di Max - …sarà perfetto.” – E quando guardò il ragazzo, con la coda dell’occhio, vide che sorrideva.






Note dell’autrice:
Bene, il lessico di questa storia è stato un incubo: ho cercato di rendere i sentimenti dei protagonisti profondi, senza scordare però che sono "Toons". E’ una cosa che nello show è sempre stata evidenziata molto, il gusto di essere cartoni animati e quindi di non prendersi mai sul serio, nonostante spesso le battute si caricassero di significati totalmente oscuri ai bambini (quella ironia classica che si può apprezzare solo da grandi). Ho fatto del mio meglio, spero che chi ha seguito questa fanfiction l’ abbia apprezzata! Come sempre, commentate e non vi fate problemi a dirmi se devo concentrarmi su un hobby diverso, come il parapendio!

Agli eroi che leggono anche il commento a fine storia un regalino! Questa è l’ immagine che mi ha ispirato "Return Time at Acme Loo", è stata creata dall’ eccezionale Rockleetist e ha fatto innamorare la sottoscritta all’ istante! Immaginate che sia la passeggiata di primavera a cui Max accenna alla fine!

http://fc02.deviantart.net/fs70/f/2011/193/d/7/sketches_001__max_elmyra_by_rockleetist-d3njlx0.jpg

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