La coda del pavone di Shiori Sato (/viewuser.php?uid=36622)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** A volto scoperto-Cap.1 ***
Capitolo 3: *** Di colpi di stato ed altre sciocchezze-cap.2 ***
Capitolo 4: *** La persona sbagliata-cap.3 ***
Capitolo 5: *** Gocce di sangue-Cap.4 ***
Capitolo 6: *** Sotto accusa-Cap.5 ***
Capitolo 7: *** Le ali del corvo-Cap.6 ***
Capitolo 8: *** La strada nell'acqua-Cap.7 ***
Capitolo 1 *** Prologo ***
Tutti i personaggi del mondo di Naruto, a parte quelli da me
inventati, appartengono a Masashi Kishimoto. Questa storia non è scritta a
scopo di lucro né intende violare alcun copyright.
Solitamente inserisco le “Note d’autrice” a fine capitolo, ma
una piccola presentazione della fan fiction mi sembrava doverosa. Ho voluto
rivisitare gli inizi di Naruto narrandoli
a modo mio ed inserendo due nuovi personaggi: Sumiko Uchiha, sorella maggiore
di Shisui, e Namijo Miura, giovane kunoichi cresciuta ma non nata a Konoha. Le
vicende che animeranno questa ff saranno in parte inventate dalla mia mente
malata, ma seguiranno grosso modo la trama originale.
Ed ora…BUONA LETTURA!
e commentatecommentatecommentatecommentatecommentatecommentate
Prologo
Sumiko Uchiha non pensava che la sua vita
fosse perfetta, ma che ci andasse quantomeno molto vicino. Era una kunoichi
rispettata da tutti, amata dai suoi genitori e da suo fratello Shisui, benvoluta
da amici e compagni. Aveva davanti a sé un domani brillante, Sumiko, colmo di
successi che le avrebbero garantito il futuro roseo che ogni ninja incallito
vorrebbe.
Ma quel futuro che aveva sognato si
sgretolerà sotto il peso dell'inspiegabile suicidio del fratello e lo sterminio
del suo stesso clan. Il piccolo Itachi che aveva visto crescere; il giovane
Itachi luce degli occhi del padre; l’adolescente Itachi che, a detta di tutti,
avrebbe portato ancora più in alto il nome del clan Uchiha. Itachi, che aveva
ammazzato chiunque avesse solo una goccia del suo stesso sangue ora era la sua
unica ragione di vita. Perché quando credi di aver perso tutto, di non avere
più nessun potere, nessuna speranza; quando non c’è più il sorriso che tanto
amavi a scaldarti il cuore né alcun amico in grado di consolarti; quando la tua
esistenza è solo un baratro vuoto e nero è solo l’Odio, quello vero e puro, a
tenerti in vita.
O forse no?
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Capitolo 2 *** A volto scoperto-Cap.1 ***
Capitolo 1
A volto scoperto
Brip Brip
-Mmmhh,
arrivo…-
Briiip Briiip
-Ho capito ho capito…-
BRIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIP
Con un tonfo sordo si concluse la discussione
tra Sumiko Uchiha e la sveglia. Erano le sei del mattino ed il cielo era ancora
una pozza nera cosparsa di stelle, accarezzate da un lieve venticello che si
sarebbe placato prima del risveglio di Konoha.
Perché
gli altri stanno ancora dormendo, pensò
scocciata Sumiko mentre si infilava la divisa degli ANBU.
-Ben svegliata one-chan*.-
Shisui, appoggiato allo stipite della porta,
era particolarmente spettinato e con un’espressione evidentemente assonnata.
Sumiko fissò per un attimo il fratello, poi riportò i suoi grandi occhi neri
sullo specchio :-Perché sei in piedi?-
-Beh,- sbadigliò Shisui -è difficile dormire
con te che scaraventi oggetti contro il muro della mia camera.-
Sumiko bofonchiò qualcosa di molto simile ad
un “scusa”, poi, legati i lunghi capelli neri in una coda alta, guardò la
propria figura riflessa con un piccolo sospiro.
-Sei sicura di volerlo fare?- chiese con
garbo il fratello. Ora i suoi occhi erano acuti e vigili, indagatori.
Sumiko annuì :-Sì. Sono rimasta fin troppo a
lungo nella squadra.-
-Se è per ciò che ho detto l’altro giorno…-
Shisui poggiò una mano sulla spalla della sorella. Era già sensibilmente più
alto di lei.
-Avevi ragione Shisui. Non voglio svegliarmi
tra trent’anni e accorgermi di non avere più niente se non il ricordo delle
missioni passate. Cielo, sono talmente abituata a guardare il mondo da dietro
una maschera che non ricordo più com’è la luce del sole sul viso!-
Un lieve sorriso si dipinse sul volto di
entrambi. Erano pochi coloro che rimanevano nella squadra speciale ANBU dopo il
periodo obbligatorio, e lei era uno di quelli. Una folle che si buttava a
capofitto nelle missioni più pericolose e perfino suicida, e, chissà come,
riusciva sempre ad uscirne viva e più o meno sana.
-E poi,- aggiunse -ormai sei più in gamba di
me. Non serve più che ti guardi le spalle.-
-Ma che sciocchezze…!-
-Non fraintendermi fratellino,- si affrettò a
dire la ragazza -io sono fiera di
te.- Sumiko si avvicinò al proprio comodino sentendo su di sé il peso dello
sguardo di Shisui. Aprì il cassetto ed estrasse una maschera dalle sembianze di
muso di gatto sulla cui fronte v’era inciso il simbolo del Villaggio della
Foglia.
-Io ho avuto i miei momenti di gloria e
continuo ad averli. Sei un grande shinobi, Shisui, e meriti tutta la stima del
clan e di nostro padre. Al più,-rise la ragazza -avrei potuto avere qualche
complesso se fossi stata io la sorella minore!-
Shisui non era affatto convinto, ma non
insistette oltre :-Ti voglio bene, one-chan.-
-Anche io, marmocchio.- ed infilandosi la maschera sparì il sorriso beffardo
di Sumiko, lasciando il posto al ghigno minaccioso della maschera bianca e
rossa.
Con un saltò uscì dalla finestra senza
guardarsi indietro, con la katana che premeva sulla schiena e la lettera di
dimissioni dalla squadra in tasca. Attraversò senza fretta l’area preposta alle
abitazioni degli Uchiha con uno strano groppo alla gola.
Sarò
diventata una sentimentale, si
chiese con ironia la kunoichi. Le strade erano deserte, quindi Sumiko si
limitava a camminare vicino ai muri guardandosi intorno e chiedendosi se
avrebbe mai più rivisto il mondo da dietro quella maschera.
La maschera di ogni ANBU è fatta apposta per
il suo portatore, unica e inimitabile. E’ come una seconda pelle morbida e
resistente, e, era opinione comune, rispecchiava l’animo di chi la indossava.
Sumiko era intenta a ricordare il momento in cui le fu consegnata la sua che la
identificava col nome di Akane**, quando un’ombra all’angolo si mosse. Sumiko
portò d’istinto la mano all’elsa della katana, accovacciandosi. L’ombra si
immobilizzò per un attimo, poi svoltò l’angolo. La luna piena forniva una
pallida luce, abbastanza perché gli occhi di Sumiko percepissero i movimenti
circostanti. I muscoli, un attimo prima tesi e pronti a scattare, si
rilassarono nel vedere un giovane anch’esso mascherato. Un ragazzino.
Itachi
Uchiha.
Anche se l’identità degli ANBU dovrebbe
essere rigorosamente segreta, alcuni erano inconfondibilmente riconoscibili.
Itachi Uchiha era diventato capitano della squadra all’età di tredici anni,
poco più di un bambino, ed ora, a quattordici compiuti, camminava con la
schiena dritta e la testa alta di chi ha già visto tutto nella sua brevissima
ma intensa vita.
Come
se avesse su di sé il peso dei mali del mondo, pensava Sumiko. Si rivolsero un breve cenno
di saluto per poi proseguire ognuno per la sua strada; quasi sicuramente anche
lui sapeva chi si nascondeva dietro Akane.
Sumiko aspettò poco più di un’ora prima di
presentarsi al cospetto dell’Hokage. Vagò per Konoha senza una meta precisa,
cercando di fissare ogni istante di quegli ultimi momenti di vita di Akane.
Sarò
in grado di vivere solo come Sumiko?, perché
seppellire l’ANBU Akane era come eliminare una parte di sé. C’era Sumiko
Uchiha, stimata dai compagni e fedele al suo clan, poi c’era Akane, l’abile e
spietata kunoichi agli ordini dell’Hokage, poi c’era di nuovo Sumiko, solo lei,
sorella affettuosa e figlia devota. In quegli ultimi anni Akane l’aveva
accompagnata più di quanto avesse fatto Sumiko, spingendola oltre i suoi
limiti, oltre il buonsenso, oltre la paura, oltre la follia, oltre…
Ed ora era li, davanti all’Hokage aspettando
che le sue dimissioni fossero accettate.
-Sono stupito Akane.- esordì Hiruzan Sarutobi
dopo aver letto la lettera -Quando l’hai deciso?-
-Pochi giorni fa, Hokage. Dopo una lunga
riflessione.-
In
realtà di riflessione non ce n’è stata poi molta, pensò tra sé e sé Sumiko.
Per qualche attimo calò il silenzio mentre nuvolette di fumo uscivano
dalla pipa del vecchio Hokage. Per un attimo, Sumiko sperò che il suo congedo
fosse rifiutato.
Ora
è troppo tardi per tornare indietro…, lo
stomaco si contrasse.
-Oltre la formalità non ci sono spiegazioni.-
-Non credevo ve ne fosse bisogno.-
-No, infatti,- Hiruzan Sarutobi fece un’altra
pausa riportando gli occhi sulla lettera -ma non capisco. Sei uno dei nostri
migliori elementi ed una delle poche che è rimasta volontariamente nella squadra dopo il periodo obbligatorio. Cos’è
cambiato?-
Dannazione,così
mi rende le cose più difficili!
-E levati quella maschera.-
Sumiko ebbe un tuffo al cuore. Un ninja, di
qualsiasi grado esso sia, deve sempre saper nascondere le proprie emozioni. Ma
dietro quella maschera Sumiko si sentiva al sicuro perché nessuno poteva vedere
la curva che prendeva la sua bocca o se corrucciava la fronte o storceva il
naso. La tolse.
-Vorrei servire Konoha come Jonin. Lasciare
la squadra speciale ANBU è una decisione dolorosa, ma temo che un giorno,
quando non potrò più appartenervi, sarà troppo tardi per tornare ad una
vita…”normale”.-
“Vita normale” significa uscire alla luce del
sole senza il volto coperto, essere chiamati col proprio nome, rispolverare le
vecchie amicizie e magari farne di nuove, entrare in una squadra che conosce il
tuo volto, avere degli allievi e farsi una famiglia.
Ma
è questa la mia strada?, chiese
un’infida vocina nella testa di Sumiko.
-Comprendo. Accetto le tue dimissioni, sarai
al più presto introdotta in un gruppo. Comunque,- concluse l’Hokage -se dovessi
ripensarci sarei felice di reinserirti nella squadra.-
Sumiko annuì, quindi indossò la sua maschera
per l’ultima volta prima di congedarsi. Akane fece il suo ultimo viaggio verso
casa quando il Villaggio della Foglia era ormai sveglio. Gli studenti si
avviavano dall’Accademia, i più piccoli accompagnati dai genitori o dai
fratelli maggiori, i più grandi in compagnia degli amici. I negozi alzavano le
saracinesche ed i ninja si sparpagliavano per il Villaggio, molti dei quali
diretti ai campi di allenamento. Dall’alto del tetto di una casa, Sumiko vide
il piccolo Sasuke Uchiha dirigersi a grandi passi verso l’Accademia. Con la
tracolla beige e le mani in tasca, il piccolo Sasuke era un esserino davvero
adorabile. I suoi occhietti acuti e vivaci mostravano determinazione ed un poco
di presunzione.
Diventerà
un ninja di raro talento, pensava
sempre Sumiko quando lo vedeva.
Non sapeva quanto aveva ragione.
Continua…
Note d’Autrice
*one-chan :sorella maggiore
**Akane : profondo rosso
Ed eccoci col primo capitolo. Ringrazio
Casapi74 e Robinia per le recensioni, chi segue la storia e chi semplicemente
leggere (EHI! Voi che LEGGETE!
Qualche secondo per una recensione please!!!!!!!!)
Anche questo capitolo non è particolarmente lungo, ma vi chiedo un poco
di pazienza J Alla prossima (spero)
Shiori Sato
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Capitolo 3 *** Di colpi di stato ed altre sciocchezze-cap.2 ***
Capitolo 2
Di colpi di stato ed altre
sciocchezze
Camminando sotto il sole di mezzogiorno,
Sumiko si accorse con una certa sorpresa che quella sensazione di “normalità” le
piaceva ed irritava al contempo. Fino al giorno prima, quando sotto il mantello
nero i passanti scorgevano la maschera di Akane, era sempre seguita da una scia
di occhiate e mormorii; adesso solo pochi la guardavano di sfuggita e senza
reale interesse.
-Sumiko Uchiha, nientemeno.-
Una voce profonda e pacata la fece aprire in
un sorriso. In fondo alla strada, vicino all’entrata del Ramen Ichiraku, un uomo dai capelli color gesso osservava curioso
la giovane mora.
-Kakashi Hatake! Coperto come sempre!- ribatté allegra Sumiko andandogli incontro.
In risposta ebbe un “Mpf” vagamente scocciato.
Ma nessuno dei due fece in tempo ad aggiungere altro che un’effervescente Gai
Maito la investì con un poderoso abbraccio. Iruka Umino, invece, ebbe la pietà
di aspettare che la ragazza si liberasse dalla stretta strangolatrice di Gai
prima di avvicinarsi.
-Ma guarda! Sumiko! Da quanto sei tornata in
circolazione? Ti trovo bene, sai?-
Sumiko annaspò sotto il metro e
ottantaquattro della Bestia Verde della Foglia*:-Cielo…Gai…per pietà…!-
-Via, lasciacene un po’.- esordì Iruka con un
gran sorriso -Era da parecchio che non ti si vedeva in giro, Sumiko.-
Gai, sfoderando il migliore dei suoi sorrisi,
aveva negli occhi una luce che l’Uchiha non aveva mai dimenticato in tutto quel
tempo, un luccichio che annunciava solo una cosa: sfida in vista.
-Ho avuto parecchio da fare…- rispose vaga
guardando i suoi...amici?
Ma
loro mi considerano ancora tale?, pensò
a disagio ricordando da quanto tempo non li vedeva. Erano pressoché uguali a
come li ricordava dall’ultimo giorno in cui li aveva visti, tre anni prima,
eppure avevano un qualcosa di diverso che Sumiko non riusciva a identificare.
-Parecchio da fare, eh? Sarei curioso di verificarlo
questo “parecchio da fare”. Che dici se…-
-Gai.-
-Si?-
-NO!-
Il primo pomeriggio passò tra chiacchiere e
ricordi comuni. La parlantina di Gai si alternava a qualche precisazione di
Iruka, con sporadici interventi di Kakashi che si limitava perlopiù a camminare
con aria distaccata. Sumiko ascoltava e rideva (com’era strano sentire la
propria risata!) e si lasciava trasportare dal mare dei ricordi quasi come se
quegli ultimi tre anni non fossero mai trascorsi. I suoi amici non erano
davvero cambiati, ma semplicemente
diversi dall’immagine che i suoi ricordi avevano fissato.
-…e poi ho vinto l’ultima sfida contro il
nostro Kakashi!-
-Ma no!- esclamò con enfasi la kunoichi
-Ma si!- ribatté trionfante Gai. La sua tuta
era di un verde particolarmente sgargiante o era un effetto della luce del
sole?
-E tu, Iruka?-
Quello scrollò le spalle con un lieve sospiro
:-Io sono diventato un’insegnante dell’Accademia. Più rischioso di qualsiasi missione,
credimi.- concluse convinto.
L’immagine del piccolo Sasuke che s’avviava a
grandi passi verso l’Accademia attraversò come un lampo la mente della mora
:-Quindi sei anche insegnante di…-
-NARUTOOOOOOOOOOOO!!!!!-
Un boato seguito da un’inconfondibile rumore
di vetri rotti attirò l’attenzione di tutta la strada.
-Non è possibile…- sussurrò Iruka guardando
il negozio dalla cui porta usciva un fumo sospetto.
Un ragazzetto di non più di nove anni uscì di
corsa dal negozio con un gran sorriso sul viso paffuto ed un inviperito commerciante
alle calcagna.
Gai rise divertito :-Credo che dovresti
intervenire, Iruka!-
-Certo,- ribatté secco quello -e tu mi darai una mano.-
Si allontanarono di corsa, Gai col suo
sorriso abbagliante snocciolava un lunghissimo (nonché noiosissimo) discorso
sulle intemperanze della gioventù, ed Iruka con gli occhi sempre più
pericolosamente ridotti a due fessure.
-Di un po’ Kakashi, era mica Naruto Uzumaki
quello?-
-Sì.-
-Ma guarda quanto è…-
-Sei sparita.-
“Cresciuto” le morì in gola. Sumiko, che fino
ad un attimo prima guardava l’angolo nel quale Naruto aveva svoltato in tutta
fretta, si voltò verso il ninja al suo fianco. Nell’occhio di Kakashi c’era un
risentimento pari all’accusa nella sua voce.
Sumiko avrebbe voluto buttare lì un discorso
abbastanza esauriente sulla sua non-colpa, ma siccome era conscia che le idee
migliori le venivano solo a discussione conclusa, si limitò ad un pratico :-Mi
dispiace.-
Mi
dispiace davvero, pensò
malinconica. Ma qualcosa nella cupa risata dello shinobi le fece intuire che le
scuse non bastavano.
-Non ho potuto fare altrimenti- aggiunse lei
a sua difesa.
-Non
hai potuto fare altrimenti? Oh, ti prego Sumiko! L’ultima volta che ci
siamo visti mi hai detto (e cito testualmente) “Domani non posso venire,
Kakashi. Ho un impiccio tra capo e collo che mi terrà fuori per qualche giorno.”
Qualche giorno!- sbottò lo shinobi infervorato -O il tuo senso del tempo è da
rivedere o…-
-Okay, senti,- lo interruppe la mora
prendendogli un braccio e facendolo voltare completamente -sai anche tu che non
sempre tutto va secondo i programmi. Le cose mi sono sfuggite di mano. Quando sono tornata a Konoha mi ricordavo a
stento la strada di casa!-
-Ma io non
sono una strada, Sumiko!-
Passarono qualche minuto in silenzio, distogliendo
lo sguardo l’uno dall’altra. La collera di Kakashi era tanta che si poteva
tagliare col coltello.
-Ho pensato fossi morta,- aggiunse con
rammarico -o ti avessero presa. Nessuno sapeva o voleva dirmi niente.-
-Kakashi?-
Sumiko lo guardò di sottecchi con un piccolo
sorriso.
-Si?-
-Ti voglio bene.-
Quello la guardò, non più incollerito ma con
quella scintilla divertita che a Sumiko era tanto mancata. La tensione si
allentò disperdendosi nell’aria e lasciando spazio a quel silenzio senza
imbarazzi di chi non ha bisogno delle parole per capirsi.
$$$
-Sumiko-dono*!- cinguettò Sasuke correndo incontro alla
ragazza che stava per varcare il cancello d’entrata del piccolo “villaggio”
Uchiha.
-Toh, il piccolo Sasuke. Anche se…- proseguì
facendosi pensierosa la ragazza -mi sa che non sei più così piccolo. Guarda
come sei cresciuto!-
Sasuke gonfiò il petto aprendosi in un largo
sorriso :-E sono diventato ancora più bravo a lanciare, sai?-
-Allora devi assolutamente farmi vedere!-
Non che a Sumiko dispiacessero i bambini,
anzi, Sasuke le aveva sempre fatto simpatia. E’ solo che aveva imparato a
diffidare di quegli esserini apparentemente indifesi da quando il suo
fratellino, all’età di cinque anni, le aveva chiesto da dove venissero i
bambini.
-E all’Accademia ho tutti i voti migliori!-
-Ah si?-
-Sì! Sono sicuro che presto riuscirò anche ad
attivare lo Sharingan! Così diventerò anche più bravo di Itachi.-
Sumiko rise :-Dovrai impegnarti parecchio.-
-Per cosa dovrà impegnarsi?-
La voce pacata di Itachi attirò l’attenzione
di entrambi. Il giovane Uchiha gli venne incontro con un lieve sorriso ad
incurvare gli angoli della bocca ed un’espressione calma e serena.
Alle
volte non so cosa darei per sapere cosa passa per la testa di quel ragazzo, pensò Sumiko osservandolo. Era cresciuto,
anche se era ancora un ragazzino. Il suo fisico slanciato prometteva di
diventare alto e robusto, mentre il suo viso esprimeva un’età troppo matura per
un quattordicenne.
-Bentornata Sumiko-san**. Purtroppo devo
chiederti di seguirmi.-
Sumiko rimase leggermente perplessa, ma
nessuna espressione era paragonabile al faccino imbronciato di Sasuke.
-Ma oniisan***, avevi promesso che stasera…-
Itachi gli poggiò due dita sulla fronte con
fare affettuoso :-Sarà per la prossima volta, d’accordo?-
Sasuke scrollò le spalle con lo sguardo basso.
Forse sentiva un po’ troppo spesso quella risposta.
-Vieni con me, per cortesia.-
E Sumiko non poté rifiutare. Itachi le dava
sempre un vago senso di inquietudine. Tutti gli Uchiha avevano sempre un
atteggiamento composto, ma l’espressione di Itachi era assolutamente
indecifrabile. Camminavano fianco a fianco, ma sembravano lontani come due
pianeti.
-Cosa succede?- chiese infine la kunoichi.
-I maggiori membri del clan sono riuniti.
Aspettano solo noi. Stavo appunto venendo a cercarti.- rispose lapidario
Itachi; mai che sprecasse una parola in più.
Sumiko si limitò ad annuire. Ricordava bene
dove si tenevano le riunioni più importanti del clan, e se quella sala era
stata riaperta c’era da temere il peggio.
Quando varcarono la soglia Sumiko riconobbe i
volti di tutti i suoi parenti più o meno stretti. Dei rapidi cenni di saluto e
Sumiko prese posto vicino a Shisui.
-Bene, ora che ci siamo tutti possiamo
cominciare.- esordì Fugaku Uchiha. Sumiko lo detestava profondamente, così come
detestava quella sala. Angusta, buia e soffocante.
-La situazione si è fatta intollerabile. Ci
siamo accorti tutti dell’atteggiamento assunto da Konoha nei nostri confronti.-
una piccola pausa per osservare i volti dei presenti e riprese -Dapprima ci hanno
radunati tutti in un unico luogo allo scopo di controllarci meglio, ed ora ci
stanno tagliando fuori da ogni affare del Villaggio. Non possiamo aspettare che
prendano nuovamente l’iniziativa per la prossima mossa.-
Qualche mormorio di assenso si levò dai
presenti.
-Cosa suggerite, Fugaku-sama****?-
intervenne Inabi Uchiha.
L’aria era carica di attesa, quasi elettrica.
-Dobbiamo rovesciare l’Hokage e prendere il
controllo di Konoha.- disse tutto d’un fiato.
Seguirono attimi di assoluto, pesantissimo
silenzio. Interminabili secondi in cui ogni uomo o donna seduti gli uni davanti
agli altri assimilavano l’idea di dover uccidere l’Hokage e, probabilmente,
anche gli amici e compagni con cui avevano riso e scherzato fino al giorno
prima. Colpo di stato vuol dire mogli, mariti e figli che piangono la perdita
dei propri cari, significa uccidere finché ci sono nemici da abbattere.
-Sarebbe la guerra civile.- osservò Tekka.
Sumiko aveva sempre ammirato l’assoluta
inutilità dei suoi interventi. Ho
rinunciato ad Akane nella speranza di una vita con un briciolo di tranquillità,
ed ora il capitano della Polizia della Foglia che progetta colpi di stato…, pensò
scoraggiata. Per un attimo vide il volto coperto di Kakashi e la posa classica
di Gai, il sorriso conciliante di Iruka ed il volto di amici e conoscenti che
salutava più o meno amabilmente. Si alzò in piedi, con la schiena dritta e la
voce decisa :-Fugaku-sama, ci troveremmo contro ogni ninja della Foglia che non
ha sangue Uchiha.-
Fugaku la squadrò come se non avesse capito
dove voleva andare a parare :-E quindi?-
-E quindi,- aggiunse paziente la ragazza
-solo il clan Hyuuga conta abbastanza membri da potersi suddividere in casata
principale e cadetta.-
Fugaku Uchiha alzò le sopracciglia :-Dunque?
Il nostro clan non teme rivali.-
Il silenzio più assoluto era tornato a
regnare sulla sala, lasciando campo a quel botta e risposta tra i due Uchiha.
Sumiko sentiva su di sé gli sguardi dei presenti e, più degli altri, quello del
fratello.
-No, Fugaku-sama, il nostro clan non teme
rivali. Ma è suicida lanciarsi in un’impresa del genere e non prendere neanche in ipotesi una
sconfitta solo perché portiamo questo cognome.-
La tensione crebbe. Fugaku, dapprima
evidentemente contrariato, sorrise. Un sorriso estremamente sgradevole.
-Concordo con te, Sumiko. Ecco perché agiremo
con cautela. Proprio tu hai tirato in ballo il clan Hyuuga…mi risulta che la
casata cadetta non sia entusiasta di dover servire
la principale.-
-Non possono fare altrimenti.-
-Ma vorrebbero.-
-Sì. Tuttavia sono molto fedeli al proprio
clan.-
-Proprio come noi al nostro, giusto?-
Sumiko sentì lo stomaco fare una piccola
capriola. Fugaku Uchiha aveva appena vinto il loro scontro verbale.
-Giusto.-
Note d’autrice:
*dono (殿?): versione "superiore"
al -san (ma non corrisponde al -sama), molto formale e utilizzato quando si ha
un rispetto davvero elevato verso una persona.
** san (さん?): utilizzato per indicare il rispetto nei
confronti di qualcuno, come un collega di lavoro, un proprio superiore oppure
uno sconosciuto a cui ci si rivolge in maniera educata, ma può essere
utilizzato anche con persone con le quali non si ha un rapporto amichevole per
pura formalità (andando ad assumere una sfumatura di distacco fra le due
persone). Nella stragrande maggioranza dei casi è analogo al nostro
"signore/a", ma vi sono anche contesti in cui una tale traduzione non
corrisponderebbe affatto o sarebbe inappropriata (per esempio, a scuola non è
raro che gli alunni si riferiscano ad un compagno dotato con -san, mentre da
noi non avviene nulla di simile). In particolare, è usato dagli uomini per
rivolgersi a donne, anche fra adolescenti, preceduto dal cognome, a meno che
non ci sia una particolare confidenza (es. amici di lunga data, fidanzati o
coniugi: in questo caso si usa il nome seguito dal -chan).
***oniisan :fratello
maggiore
**** sama (様?): utilizzato per
indicare il rispetto nei confronti di qualcuno che riveste un titolo importante
o ha uno status particolarmente elevato, per esempio un primo ministro o un
sacerdote, o il superiore sul lavoro. Il suffisso "-sama" viene usato
anche per rivolgersi alle divinità: in giapponese, Dio è definito come
Kami-sama. Nelle traduzioni italiane è spesso tradotto con aggettivi come
"onorevole" (come è anche avvenuto in passato in film e romanzi),
oppure "venerabile" o "rispettabile", ma a seconda dei casi
potrebbe essere reso con svariati appellativi, da un "maestà" per un
re ad ancora "signore" per un politico, a seconda del contesto.
Ed eccoci arrivati
al secondo capitolo! Ringrazio Dream94 per la recensione e Casapi74 per il
commento. Ringrazio chi ha aggiunto la storia tra le seguite e ricordate e chi
semplicemente legge…tuttavia…speravo in una partecipazione un pochino maggiore! Suvvia, fatemi
contenta e lasciatemi qualche recensione in più!
Al prossimo capitolo
Shiori Sato
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Capitolo 4 *** La persona sbagliata-cap.3 ***
Capitolo 3
La persona sbagliata
L’”allegra” riunione di famiglia si era
conclusa nel peggiore dei modi. Non solo Fugaku Uchiha aveva convinto gli altri
membri ad appoggiare la sua idea, ma aveva gentilmente
chiesto a Sumiko (ovvero ordinato
tassativamente) di riallacciare i rapporti con Ko Hyuuga.
Ko
Hyuuga!, pensava incollerita Sumiko
mentre si preparava ad uscire, è tanto se
si ricorda della mia esistenza, figuriamoci!
Aveva passato tutta la notte a rigirarsi nel
letto pensando alla sera prima, cercando una scappatoia prima che si arrivasse al punto di non ritorno. Ora che aveva
assaggiato il sapore di una vita normale,
mal tollerava l’idea di doverla abbandonare. In quel modo, poi!
-Senza offesa one-chan, ma quella maglietta
ti sta veramente male.-
Sumiko scoccò un’occhiataccia al fratello
:-Potresti smettere di entrare in camera mia a tuo piacimento? E poi…- sbuffò rivolgendosi
più a se stessa che all’altro -non c’è niente che mi stia bene.-
-Beh,- disse Shisui avvicinandosi alla
montagna di vestiti buttati sul letto -questi sarebbero perfetti.-
Prese dal mucchio un vestito a maglia blu con
ricamato il simbolo degli Uchiha in corrispondenza del cuore, ed un paio di
pantaloni neri lunghi e aderenti. Perfetto per chi, come Sumiko, era piuttosto
alta ma con poco seno.
-Mh, potrebbe andare.-
-Devi incontrare quello Hyuuga?-
Sumiko biascicò un “sì” evidentemente
seccato. Mentre si cambiava, Shisui se ne stava di spalle con le braccia
incrociate sul petto.
-Speravo potessimo passare del tempo assieme.
Vorrei conoscessi meglio Itachi.-
Guardandosi allo specchio, Sumiko osservava
con disappunto la sua pelle troppo bianca e, ora che ci faceva caso, le labbra
troppo sottili.
Possibile
che in ventitré anni non me ne sia mai accorta?
-A proposito del tuo amico, ieri sembrava
l’unico a non essere sorpreso dalle parole del padre.-
Shisui fece spallucce voltandosi a guardare
la sorella :-Possibile che gli avesse già anticipato le sue intenzioni. Fugaku
ha grandi ambizioni per lui.-
-Forse anche troppe.-
Shisui corrucciò la fronte, incerto :-Che
vuoi dire?-
Sumiko sorrise avviandosi alla porta e
trascinandosi dietro il fratello :-Domani sarei felice di scambiarci due
chiacchiere. E’ cresciuto parecchio dall’ultima volta che l’ho visto.-
-Sarebbe stato strano il contrario.-
-Già.-
Non aggiunsero altro ed uscirono in strada. Shisui
fece finta di non aver notato la non-risposta alla sua domanda.
Con un cenno della mano salutò la sorella con
quell’allegria contagiosa che sempre lo distingueva e che a lei era
dolorosamente mancata in quegli ultimi tre anni. All’angolo, Itachi Uchiha
sembrava un’ombra riflessa da un corpo che non c’era. Sumiko lo osservò da
lontano, quel ragazzino così precoce per la sua età. I capelli ordinatamente
legati in una coda bassa, la schiena dritta ed il volto serio. Quando Shisui
gli andò incontro accennò un sorriso, poi il suo sguardo si indurì. Nel tempo
di un attimo si fissò su Sumiko freddo, glaciale, quasi feroce. Un brivido percorse
la schiena della kunoichi.
Sì,
non vedo l’ora di scambiarci due parole con questo Itachi, pensò Sumiko vedendo i due ragazzi
allontanarsi insieme.
In primavera Konoha era un brulicare di
attività, un’esplosione di vita. I colori si accendevano infiammati dai tiepidi
raggi del sole, le persone erano un po’ più cortesi ed i sorrisi più cordiali.
Forse
è per questo che sembrano così felici di vedermi?
Ko non
si era affatto dimenticato di lei.
-Ma guarda! Chi non muore si rivede.- esordì
andandole incontro.
Ovviamente Namijo era con lui, più bella che
mai. I capelli ramati le ricadevano liberi sulle spalle e gli occhi di un intenso
verde liquido si illuminarono di sorpresa nel vedere la sua vecchia amica.
-Sei tornata.- le disse con quella sua voce
pacata ed abbracciandola con delicatezza.
-Vi trovo bene.- rispose la mora.
Ko annuì, mentre Namijo si limitò a sorridere
abbassando lo sguardo.
Non
è cambiata, pensò con un velo
di tristezza Sumiko. Namijo era sempre stata così insicura, così debole. Era l’unico ninja che non aveva mai
neanche voluto tentare l’esame di chunin.
-Non pensavo di trovarvi qui. Vi hanno rispedito all’Accademia?-
Ko sorrise, memore della velata ironia della
kunoichi che non riusciva a nascondere la rivalità che sentiva tra gli Uchiha e
gli Hyuuga :-Stavamo per andare via. Ho accompagnato la figlia di Hiashi-sama.-
-Hinata?-
Ko annuì, spiegando il suo nuovo incarico di
guardia del corpo.
Guardia
del corpo della primogenita della casata principale, pensò guardando il copri fronte dello Hyuuga
sotto il quale sapeva esserci il marchio maledetto, dev’essere piuttosto frustrante.
-E’ una bambina dolcissima.- intervenne
Namijo -Non riesco a capire perché il padre…-
-Namijo!- la redarguì Ko.
Sumiko fece un passo in avanti :-Perché il
padre…?-
La rossa fece un piccolo sospiro, poi,
sfiorando la mano di Ko, sussurrò :-Via, non è certo un segreto. Hinata non è
molto benvista.
-Come?-
-Forse
la strada non è il posto migliore per parlarne. Anche se non dovreste parlarne
affatto.- rispose secco Ko. Ma d’altro canto Namijo aveva ragione: tutti
sapevano che il padre stava allontanando sempre più Hinata bollandola come
incapace.
Si sedettero in un caffè del centro, lo
stesso in cui Sumiko e Namijo erano sempre andate. C’era ancora la vecchia
signora con la crocchia di capelli grigi ed il sorriso da tartaruga, così come
il cagnolino che se ne stava placidamente accucciato dietro il bancone su di un
morbido cuscino rosso.
-Hinata non promette di essere una buona
kunoichi. E Hiashi Hyuuga non cerca neanche più di nascondere la sua delusione
ed il suo disprezzo per la primogenita. Ora la sua speranza è Hanabi.-
-E la casata cadetta non manca mai di
esprimere il suo giudizio a riguardo.- aggiunse Ko con rammarico -Hinata è una
bambina molto buona e sensibile…-
-E gli Hyuuga non si distinguono per queste
doti.- concluse Sumiko -Mi dispiace.-
Ko scrollò le spalle :-A me dispiace per la
piccola Hinata.-
Sumiko scrutò ogni reazione dello shinobi con
attenzione maniacale. Aveva già intuito la fedeltà che nutriva verso il suo
clan, nonostante fosse nato nella casata cadetta, ma ora ne aveva la certezza.
Decisamente
Ko non è l’aggancio giusto, pensò
la mora sorseggiando la sua bevanda. Non aveva potuto fare a meno di notare le
occhiate furtive che Namijo lanciava al suo compagno di team, e sorrise
pensando che, in fondo, non erano cambiate poi molte cose da quando se n’era
andata.
Note d’Autrice:
Capitolo di collegamento! Non me ne
vogliate per la brevità, ma avevo necessità di questo capitolo. Nel prossimo
succederanno alcune cosine piuttosto interessanti che vedranno la gentile
partecipazione del nostro Kakashi.
Ringrazio chi recensisce, segue, ricorda, legge.
Siate buoni e
lasciatemi tanti bei commenti, graaaaaaaazie.
Al prossimo capitolo
Shiori Sato
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Capitolo 5 *** Gocce di sangue-Cap.4 ***
Cap.4
Gocce di sangue
E’ buio, ma non importa. La vista non mi è
indispensabile per muovermi. Solo qualche timido raggio di luna mi fa intuire
la sagoma di ciò che mi circonda: alberi. Enormi alberi secolari, imponenti,
minacciosi. Cielo! Ma come ci sono finita? E cos’è questo dolore sordo che mi
invade la testa?
Ed eccola di nuovo, quell’ombra. Si muove
rapida, si prende gioco di me. Era da tanto che non sentivo una tale angoscia
crescermi dentro. Disperazione, ecco cosa provo. Debole, troppo debole per
affrontare il mio avversario, sono certa che mi distruggerà. Annienterà. Ed
ecco, ora i colori si accendono e mi abbagliano ed io devo chiudere gli occhi.
Sento uno stormo di corvi levarsi verso il cielo con i loro gridi acuti e
insistenti, angoscianti. Odio questo posto!
Io non posso perdere, non voglio. Io vinco
sempre sempre sempre… Eppure oggi io sono la preda, non il cacciatore.
Perché? Perché?
Sumiko
non avrebbe saputo dire per quanto tempo era rimasta priva di conoscenza.
Minuti, forse ore, oppure addirittura giorni? Il volto sporco di terra e
sangue, i capelli ridotti ad un groviglio indefinito. Rimase immobile, cercando di mettere a fuoco la vista che le
trasmetteva solo immagini sfocate e distorte.
Cos’è successo?, si
domandò intorpidita. Ricordava solo vagamente l’incubo che aveva agitato il suo
sonno. Ma con una rapidità quasi dolorosa gli avvenimenti le tornarono alla
mente investendola con la forza di un uragano.
Stava
tornando a casa e poi…e poi…poi aveva incontrato Shisui. Con Itachi. Ci teneva,
il suo fratellino, a farle conoscere meglio il suo amico più caro. Così diverso
da lui! E che la odiava per qualche ragione che le sfuggiva.
Avevano
chiacchierato insieme, lei aveva cercato di mostrarsi amabile, ma Itachi le
rimandava sempre e solo sguardi gelidi nascosti dietro un mezzo sorriso di
cortesia. Solo quando si rivolgeva a Shisui le sue labbra si distendevano
davvero e gli occhi, quelle pozze nere in cui si poteva annegare, lasciavano
trasparire un barlume d’affetto.
Sumiko
provò a muovere le dita, poi il braccio. Un dolore terribile le attraversò il
corpo con forza spietata. Avrebbe urlato se solo ne avesse avuto le forze.
Tornò immobile, cercando di richiamare alla mente ogni particolare dei suoi
ultimi ricordi. Cos’era successo, poi?
Avevano
parlato a lungo, nonostante lei non vedesse l’ora di andarsene. L’ostilità di
Itachi la spiazzava ed incuriosiva al tempo stesso, così come il legame che lo
teneva unito a Shisui. Intuiva l’amicizia che li legava, sorprendendola.
Shisui, così allegro, chiacchierone e gioviale, così pieno di prospettive per
il futuro, in un certo qual modo completava quell’Itachi eccessivamente chiuso,
riservato e riflessivo.
Infine
era giunta la notte e si erano separati, ma…
-Nnngh…-
un gemito soffocato riempì l’aria circostante quando Sumiko cercò inutilmente
di sollevarsi. I suoi pensieri erano annebbiati dal dolore e solo allora si
rese conto di non sentire alcun rumore: era come isolata in un mondo di ovatta.
Devo, devo, devo alzarmi!, urlò
nella propria mente. Ma il suo corpo non voleva ubbidirle e…oh!
Una
mano si posò proprio davanti ai suoi occhi, mentre qualcosa o qualcuno la spingeva a stare giù. Scorse
sul guanto lo stemma della Foglia, poi, con la coda dell’occhio, vide il volto
di Kakashi avvicinarsi al suo. Avrebbe giurato di aver scorto apprensione sul
suo volto e, nonostante tutto, le venne da sorridere.
Ti preoccupi ancora per me, eh, Kakashi?, e
sprofondò di nuovo in un sonno agitato, di cui non le sarebbe rimasta memoria.
Quando
Kakashi arrivò all’ospedale di Konoha non seppe rispondere a molte dalle
domande dei medici.
-Cos’è
successo?- , -Ha visto…?-
No,
Kakashi non aveva visto niente. L’aveva trovata a terra e per qualche momento
aveva ripreso conoscenza. Sì, era stato un caso che passasse da quelle parti. Non
aveva visto nessuno allontanarsi. Ed ora era li da quasi due ore, davanti alla
porta che medici e infermieri si erano chiusi dietro portando con sé Sumiko. La
sua Sumiko.
-Signore…-
Un
giovanotto di non più di sedici anni si avvicinò a Kakashi lottando contro
l’irrefrenabile impulso di girare sui tacchi e allontanarsi alla velocità della
luce. Quello, in tutta risposta, lo guardò scocciato. Aveva sempre odiato le
sale d’attesa, così anonime e soffocanti, così dense di speranze sospese
nell’aria. Quanta gente era stata li prima di lui ad aspettare notizie di un
amico o un parente?
-Mi
dispiace disturbarla ma…ecco…l’Hokage vuole vederla…-
Kakashi
annuì liquidando il ragazzo con un vago gesto della mano, ma quello non si
mosse. Puntò gli occhi in terra e aggiunse con un fil di voce :-…vederla ora…-
Lo
sbuffo del jonin lo fece sussultare.
-Bene.-
tagliò corto il ninja dai capelli color gesso. Col suo unico occhio libero,
guardò un’ultima volta la porta grigia inesorabilmente chiusa, quindi si avviò
verso l’uscita con passo svelto, superando il ragazzetto senza una parola di
più. Quando uscì nel cortile, un leggero venticello gli scompigliò i capelli.
Inspirò a fondo, con le mani affondate nelle tasche e lo stomaco in una morsa
di ferro.
Se non l’avessi visto con i miei occhi…
-Kakashi-sama!-
Namijo gli si parò davanti col fiatone -Kakashi-sama! Ho…ho saputo che…-
Kakashi
si ricordava di Namijo solo perché, a suo tempo, Sumiko le era stata molto
vicina. Non le era mai stata molto simpatica e non aveva mai capito come
quell’Uchiha dal caratterino così pepato potesse essersi legata ad una ragazza
così insignificante.
-Salve
Namijo. S’è già diffusa la notizia?-
I
grandi occhi verdi della rossa erano sbarrati e increduli :-U-un mio amico
infermiere mi ha avvertita…ma allora è vero?-
Non metterti a piangere ora, ti prego, pensò
Kakashi notando una lacrima che minacciava di solcare la guancia della ragazza.
-Sì.
Non si sa ancora niente. Ti sarei grato se rimanessi ad aspettare, io cercherò
di tornare quanto prima.-
-Aspetti!
E’…è successa una cosa terribile…io…-
Namijo
sembrava non riuscire a trovare le parole. Si torturava le mani quasi sperasse
che arrivasse dal cielo il modo più giusto per dire quello che doveva.
Kakashi,
dal canto suo, cominciava a spazientirsi e la tempia gli pulsava sempre più
dolorosamente.
-Allora?-
-Oh
cielo…l’ho saputo meno di mezz’ora fa…subito prima di sapere di Sumiko…-
-Cos’è
successo, Namijo?-
-Shisui
Uchiha è…è…- singhiozzò -…è morto.-
Un
silenzio pesante invase l’aria. Le parole di Namijo rimasero sospese in attesa
di essere assorbite, più penetranti di qualsiasi lama.
-Cosa?-
Namijo
fece un passo indietro. L’ira nella voce del jonin la colpì come uno schiaffo,
facendole spalancare ancora di più i suoi bei occhi verdi. Aprì a scatti la
bocca, ma non riusciva a formulare verbo. Né Kakashi aspettò che la rossa
riprendesse l’uso della parola. Corse a gran velocità verso l’ufficio
dell’Hokage, l’unico che poteva dargli almeno una parvenza di spiegazione per
quella follia.
-Mh?
Ah, sì, Kakashi, sei arrivato.-
Il
volto del terzo Hokage era una ragnatela di rughe, eppure il vecchio conservava
tutto il carisma che sempre ci si aspetta da un leader.
-Le
ultime ore sono state piuttosto…- l’Hokage cercò una parola adatta, riuscendo a
trovare solo un generico -…particolari. Un Uchiha è morto ed una è gravemente
ferita.-
Kakashi
annuì, perso nei suoi pensieri e le mani strette a pugno. Una rabbia fredda e
feroce gli strisciava sottopelle crescendo di minuto in minuto; se avesse
trovato l’autore di un tale scempio non gli avrebbe fatto vedere l’alba del
giorno dopo.
-Mi
dispiace Hokage, quando sono arrivato Sumiko Uchiha era a terra, sola.-
Hiruzen
Sarutobi attese qualche istante, incrociando le mani davanti al viso. Il filo
di fumo che si levava dalla pipa saliva verso il soffitto come un serpentello
grigio, mentre una pila di scartoffie minacciava di cadere rovinosamente a
terra.
-Kakashi,
sarò breve. Gli Uchiha hanno il diritto ed il dovere di indagare sugli ultimi
fatti e, senza dubbio, tra non molto uno di loro busserà alla mia porta per
comunicarmi formalmente come hanno intenzione di procedere. Tuttavia…- aspirò
una boccata di fumo -Vorrei che tornassi li dove hai trovato la giovane Uchiha.
E nel caso trovassi qualche indizio, lo riportassi direttamente a me.-
Kakashi
annuì pensieroso.
-C’è
un’ultima cosa… Il corpo di Shisui è stato ritrovato poco distante da dove hai
ritrovato Sumiko. Sai cosa vuol dire?-
No, non lo so, come faccio a saperlo?, si
chiese il jonin.
Lo
sguardo dell’Hokage divenne più profondo e penetrante, quasi tagliente. Il viso
di Kakashi si contrasse in una smorfia, non poteva, non doveva essere!
-Che
Sumiko Uchiha potrebbe aver aggredito il fratello…-
Note d’autrice:
Alla fine eccoci di nuovo
qui…dopo solo qualche secolo! Incredibile eh XD ?
Spero che qualcuno si
ricordi ancora di noi e lasci un commento ad una storia che non pensavo avrei
continuato J
Grazie di cuore a chi
legge e recensisce.
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Capitolo 6 *** Sotto accusa-Cap.5 ***
Cap.
5
Sotto
accusa
Quando
Sumiko si svegliò non aprì subito gli occhi. Li socchiuse appena, per poi
sperare di svenire nuovamente finché non si fosse almeno placato
quell’incessante dolore alla testa. Sentiva il corpo stanco e provato, troppo
malconcio perché rispondesse ubbidiente ai suoi comandi.
Dove sono?, si
chiese tastando le lenzuola morbide del suo letto.
-Ti
sei svegliata finalmente.-
La
voce allegra di una donna la costrinse a guardarsi intorno. Nessuna luce
accecante le ferì gli occhi, ma piuttosto una morbida penombra avvolgeva la
camera d’ospedale.
-Come
ti senti?-
Sumiko
provò a parlare, invano. L’infermiera che stava sopra di lei la guardava
sorridente, come se stesse parlando con una bambina che era caduta e s’era
sbucciata un ginocchio.
-Stai
tranquilla, vado a chiamare il medico.-
Rimase
sola, di nuovo. Si guardò intorno, provò a muovere le braccia, la testa, le
gambe. I muscoli intorpiditi non la presero molto bene.
Cos’è successo?, si
chiese confusa. Col passare dei minuti tornava sempre più lucida.
Come ci sono arrivata qui?
-Ah!
Ben svegliata Signorina Uchiha. Ci ha fatto preoccupare, sa?-
Un
camice bianco si accostò al suo letto. Il medico era un uomo piuttosto
attempato, con corti capelli grigi e diverse rughe intorno agli occhi. La
bocca, curvata in un cordiale sorriso, aveva labbra sottili e morbide. Puntò
una luce negli occhi di Sumiko, prima in uno e poi nell’altro, sollevandole
ogni volta la palpebra.
-Riesce
a parlare?-
-Sì…-
formulò malamente. Com’era gracchiante e stridula la sua voce!
-Ricorda
il suo nome?-
Annuì
-Bene,
ora mi ascolti. Io sono il dottor Yamashita e lei è rimasta priva di conoscenza
per una settimana. Un suo collega l’ha trovata poco fuori Konoha, vicino al
quartiere degli Uchiha. Ricorda cosa è successo?-
-No.-
Sumiko
socchiuse gli occhi, già stanca di quella conversazione. No, non ricordava
cos’era successo e qualcosa nella sua mente, un vago presentimento, le diceva
che non voleva affatto rammentarlo.
L’infermiera
e il dottore si scambiarono una rapida occhiata, quindi si allontanarono.
-Cosa
ne pensa, dottore?-
Yamashita
fece un profondo sospiro. Guardò la cartella 47/B che teneva sottobraccio, la
cartella di Sumiko Uchiha, e sospirò di nuovo :-Penso che la memoria sia un
campo minato, incerto come la posizione in cui si trova la Signorina Uchiha.-
-Dovremmo
dirle…?-
-Nulla,
per carità! Lasciamole almeno il tempo di realizzare d’essere ancora viva…ci
penserà la Polizia Militare della Foglia a fare il resto.-
Ogni
ninja che si rispetti deve essere in grado di controllare le proprie emozioni.
Eppure, quella sera, Sumiko Uchiha non era riuscita a trattenere un’infida
lacrima che le aveva vergognosamente solcato la guancia. Ne aveva istantaneamente
cancellato il passaggio sfregando talmente forte col palmo della mano da
lasciarsi un segno rosso che sarebbe passato solo più tardi.
Era
davanti alla tomba di Shisui.
Guardava
la lapide, ma in realtà il suo sguardo era appannato e la mente, solitamente
così acuta, vagava senza meta, senza seguire alcun pensiero preciso. I punti
della ferita dietro la spalla, la più profonda, tiravano fastidiosamente quasi
a volerle ricordare che, molto probabilmente, mentre suo fratello veniva
ucciso, lei si era fatta mettere al tappeto come una pivella.
-Lei è
fortunata - le aveva detto il dottor Yamashita due settimane prima -Ha solo un
paio di costole rotte. Per come è arrivata qui…- lo sapeva, era fortunata ad
essere viva. Senza una goccia di chakra, piena di ustioni e tagli e contusioni.
Fortunata ad essere viva…, si
ripeteva guardando la tomba del fratello che vivo non era più. Ed era colpa
sua, solo sua e della sua incapacità.
-…Sumiko?-
La
kunoichi tornò bruscamente con i piedi per terra. La gola bruciava per tutte le
lacrime trattenute che chiedevano disperatamente di uscire.
-Nessuno
ti biasimerebbe se piangessi, Sumiko. Sarebbe umano.- le disse con delicatezza
Kakashi.
La
ragazza raddrizzò la schiena e infuse tutta la propria fermezza alla sua voce:-Prima
di esseri umani siamo ninja. Che vuoi?-
Non
guardava l’uomo al suo fianco, ma i fiori che aveva sistemato davanti alla
tomba. Non aveva voglia di parlare con Kakashi, non aveva voglia di parlare con
nessuno. Nemmeno di ascoltare se stessa.
Non guardarmi Kakashi, non farlo. Perché non
posso nascondere tutto il dolore che porto dentro.
-Ascolta…-
riprese lui mettendole una mano sulla spalla. La sua voce era appena un sussurro,
colma di una tristezza sincera.
-Ascoltarti?-
Sumiko rise di una risata orribile, cinica e senza allegria -So cosa sta
succedendo. I giorni in cui mi hanno tenuta in ospedale Yamashita ha litigato
furiosamente con gli agenti della Polizia della Foglia. Con loro c’era Akizo
Uchiha… Akizo! Capisci? Akizo!- urlò spingendo via la mano di Kakashi - Credete
che io abbia ucciso...abbia ucciso…- il nome le morì sulle labbra.
-No,
io non lo credo. Ufficialmente Shisui si è tolto la vita.-
-Ufficiosamente
nessuno ci crede. Nemmeno tu. Siamo
seri Kakashi, quant’è difficile per un Uchiha riprodurre la grafia di qualcuno?
Nessuno ha mai creduto al biglietto che
porta la firma di Shisui e spiega che si è suicidato, nemmeno io. Ma se mi
hanno messo Akizo alle calcagna vuol dire che gli Uchiha vogliono un colpevole
a tutti i costi, fosse anche del loro stesso clan, fosse anche un innocente.-
Kakashi
cercò qualcosa da ribattere, ma sapeva bene che la kunoichi aveva ragione.
Akizo Uchiha era il mastino della Polizia Militare della Foglia, il loro jolly.
I suoi interrogatori erano rinomati in tutto il Villaggio, così come i suoi metodi.
Akizo
Uchiha era una certezza. Con lui chiunque
confessava, che fossero effettivamente colpevoli o innocenti era una
questione secondaria.
-Sei
stata dimessa da due settimane, però, e non si è mai fatto vedere.- disse
infine lo shinobi.
Sumiko
fece una sorta di smorfia :-Lo so, fino ad ora mi hanno avvicinato solo Inabi e
Tekka. Quel bastardo sta aspettando il momento migliore per…- si zittì di
colpo.
Kakashi
si piegò leggermente in avanti fingendo di osservare meglio la lapide ma in
realtà avvicinandosi all’orecchio della kunoichi :-Si stanno avvicinando.-
Sumiko
annuì; li aveva sentiti. Fino ad allora loro
si erano limitati ad osservarli da lontano, troppo perché potessero
ascoltare.
Che siano venuti a prendermi dunque?, pensò
con una morsa che le serrava lo stomaco,
Se finisco nelle mani di Akizo dovrò ucciderlo o lui ucciderà me.
Il suo
sguardo incontrò di traverso quello di Kakashi che le fece un breve cenno con
la testa.
Il
tempo di un sospiro e si capirono al volo. Gli occhi di Sumiko si iniettarono
del rosso dello Sharingan mentre le sue mani, in parte coperte dalla larga
giacca a vento che portava, creavano dei rapidi sigilli in successione.
Arte illusoria: falsa realtà
Era
una tecnica utile solo come diversivo, ma efficace. Sarebbe durata abbastanza
perché lei e Kakashi potessero allontanarsi indisturbati mentre gli “spioni”
avrebbero continuato a vedere un’immagine fissa e immutabile come una
fotografia.
Sumiko
e Kakashi si allontanarono in fretta, correndo fianco a fianco. Presto
arrivarono al centro di Konoha, mischiandosi agli altri ninja e alla gente
normale. Sumiko tirò su il cappuccio dell’enorme impermeabile grigio che arrivava
fin quasi al ginocchio, coprendo la canottiera fucsia e parte degli shorts neri.
-Il
mio appartamento è…-
-Me lo
ricordo dov’è, Kakashi.-
Dopo
qualche minuto entrarono silenti in un palazzo assicurandosi di non essere
osservati, quindi arrivarono finalmente al minuscolo appartamento di Kakashi.
Non è cambiato niente, pensò
Sumiko mentre lo shinobi chiuse la porta alle sue spalle con un lieve TLACK.
-Cosa
pensi di fare?-
Sumiko
si buttò sul divano a due posti sospirando :-Non lo so.-
Lo
shinobi dai capelli color gesso si tolse il giubbotto ed i guanti della divisa
e le si sedette vicino. Le sfiorò la fronte, le scostò i capelli dal viso.
Gesti intimi che gli erano mancati per troppo tempo, che in quei tre lunghi
anni gli erano tornati alla mente nelle serate vuote passate in compagnia del
proprio riflesso.
Le
prese il viso tra le mani e solo allora lei alzò lo sguardo, dapprima perso nel
vuoto.
-Kakashi…?-
Sumiko
poggiò una mano su quella di lui.
Non…non…, i pensieri di Sumiko si fecero confusi,
offuscati. Non doveva accadere, non ora.
Il ricordo dell’ultimo mese prima della sua partenza da Konoha la assalì con
una forza tale da toglierle il fiato.
Gli
abbassò la maschera con quei movimenti che lei credeva perduti ma che le sue
mani ricordavano perfettamente.
“Sarebbe la guerra civile.”
La voce di Tekka le rimbombò nella testa con
la forza di un tuono. La guerra civile, quella progettata dal suo clan, quella per la quale, se non si
fosse fatta venire una buona idea in tempo, avrebbe dovuto uccidere amici e
compagni. Anche Kakashi.
-No!-
Sumiko si alzò di scatto, seguita da Kakashi.
-Kakashi, io non…-
Il ninja scosse la testa, poggiandole le mani
sulle spalle e poggiando la fronte sui suoi capelli :-Non devi giustificarti.-
le sussurrò. Con un bacio sulla guancia si allontanò spezzando definitivamente
l’incantesimo che per tre lunghissimi anni aveva disperatamente desiderato.
-Puoi restare qui quanto vuoi, Sumiko, ma
dobbiamo trovare un modo perché il mirino di Akizo Uchiha non sia più puntato
su di te.-
-Non ho bisogno di nascondermi, nemmeno da
Akizo. Perché sei così certo che sia più forte di me?-
Kakashi aspettò qualche attimo per
rispondere, poi disse :-Non lo penso affatto, anzi. Probabilmente sei più forte
di lui e di quasi tutti i membri del tuo clan. Una prova a tuo carico, secondo
loro.-
La distanza tra lei e Kakashi era pesante, ma
necessaria. Non poteva farsi trascinare da quelle
emozioni in un momento del genere, non quando poteva essere a rischio il
suo futuro.
-Cosa vuoi dire?-
-Sumiko, sei una kunoichi fenomenale e lo
sai. Ma lo sanno anche gli altri e… Sii sincera, quanti sono in grado di
competere con te?-
-Oltre te?-
Kakashi sorrise, gli mancavano perfino le sue
risposte taglienti.
-Shisui era in grado di affrontarti?-
-Kakashi! Come…come puoi pensare che… Sì, e
anche di vincere uno scontro. Contento adesso? Cosa c’è, mi accuserai anche
tu?-
-No, mi sono fatto un’idea di come siano
andate le cose.- disse tutto d’un fiato -Penso che ti abbia aggredita
l’assassino di Shisui. Probabilmente sei arrivata nel momento sbagliato e…-
Sumiko strinse i pugni con forza, facendo
sbiancare le nocche. La mascella si serrò trattenendo la rabbia che si faceva
spazio nel suo corpo :-E ho lasciato far ammazzare mio fratello per scappare?-
-Non l’avresti fatto, Sumiko. Se avessi avuto
la possibilità di salvare Shisui l’avresti fatto. Sei un’ANBU incallita e la
morte non ti spaventa; no, non hai lasciato tuo fratello in balìa del suo
assassino. Io penso che tu l’abbia trovato già morto ed abbia sorpreso il suo
assassino…-
Note d’autrice:
Ed eccoci al quinto capitolo cari lettori! Sì, lo so, neanche io
speravo di riuscire a postare a così breve (per me è davvero breve!) distanza
dall’altro capitolo, ma…ogni tanto un po’ di ispirazione facilita le cose.
Ringrazio chi segue la mia storia:
1-Aryadaughter [Contatta]
2- casapi74 [Contatta]
3- Deby92 [Contatta]
4- dream94 [Contatta]
5- frisifra [Contatta]
6- grace18 [Contatta]
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Chi la ricorda:
1-Chloe Tomlinson [Contatta]
2- Kaname94 [Contatta]
3 - mtla_smile [Contatta]
Chi l’ha aggiunta ai preferiti:
1
- ciaociao1234 [Contatta]
E chi ha recensito fino ad ora:
1-casapi74
2-Robinia
3-dream94
4-AlexisSlyterin
5-karter
6-grace18
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Capitolo 7 *** Le ali del corvo-Cap.6 ***
Cap.6
Le ali del corvo
-Sumiko Uchiha, lei è accusata di alto
tradimento.-
Alto
tradimento Alto tradimento Alto tradimento, le parole riecheggiavano nella
mente di Sumiko con la forza di un tuono.
Inginocchiata al centro di un cono di luce,
con le mani legate dietro la schiena, riusciva solo ad intravedere le figure
scure che rimanevano immobili vicino alle pareti della camera circolare.
-Cos’ha da dire a sua discolpa?-
Davanti a lei, al limite del cono di luce, Danzo
Shimura la osservava col suo unico occhio scoperto. Il fumo della pipa di
Hiruzen Sarutobi era un serpente grigio che si perdeva nel nero della sala,
eppure Sumiko sentiva su di sé il peso del suo sguardo. Sentiva sulle sue
spalle un peso immane che la schiacciava e le dilaniava lo spirito, persa in un
tunnel che per lei non avrebbe avuto via d’uscita.
-Non ho
sterminato il mio clan, Signore.-
Sterminato, che parola orribile. Rigettante,
ripugnante in ogni circostanza, ma addirittura inaccettabile quando si
riferisce ad un intero clan. Alla propria
famiglia.
Non c’era Akizo Uchiha ad interrogarla, lui
era morto, morto come tutti gli Uchiha, tutti quanti, tranne Sasuke. Per un
attimo l’immagine dei corpi senza vita dei genitori, degli zii e dei cugini le
attraversarono la mente sporcando di sangue i suoi occhi.
-Itachi Uchiha è il mostro che cercate.-
aggiunse con un filo di voce.
Danzo Shimura non rispose subito. Scosse
leggermente la testa, lanciando una rapida occhiata al suo vecchio compagno di
team che guardava la scena impassibile, quasi fosse la pellicola di un film
interessante ma falso come un set cinematografico.
-Sasuke Uchiha l’ha vista…disintegrare Itachi Uchiha, Sumiko.-
-Sasuke Uchiha è un bambino traumatizzato che
crede di aver visto ciò che vuol credere.-
Ricordava bene, Sumiko, quando aveva trovato
il piccolo Sasuke in terra con gli occhi sbarrati. Guardava verso l’alto con la
bocca aperta ed il corpicino tremante, sporco e terrorizzato, fissava il
fratello appollaiato su di un palo come un falco sulla preda. Ci volle la frazione
di un secondo perché lei realizzasse chi era l’artefice di quella carneficina.
Era tornata nel quartiere decisa ad
affrontare il suo destino, decisa ad affrontare la Polizia della Foglia, e
aveva trovato solo una distesa di morte. E poi Itachi che si ergeva vincitore
nel punto più alto del quartiere, esecutore di un’impresa orribile e
straordinaria. Sasuke doveva essere svenuto quando Sumiko gli si era lanciata davanti.
Ricordava nitidamente che il bambino si era girato a guardarla poco prima che
lei lo superasse, mentre con le mani componeva velocissimi simboli. Un balzo a
mezz’aria ed il chakra era esploso dando vita alla Palla di Fuoco Suprema,
grande, enorme e distruttiva. Possibile che Sasuke non avesse visto il momento
in cui il suo amato fratello si era dissolto scomponendosi in uno stormo di
corvi neri?
Sumiko deglutì. Perché non le credevano?
Perché era stata condannata sin dall’inizio, prima dai suoi consanguinei ed ora
dal suo Villaggio?
-…portatela via.-
Bastarono due parole di Danzo Shimura per
farle sentire un tuffo al cuore. Alzò di scatto la testa e cercò di mettersi in
piedi, ma due paia di braccia spuntate dal nulla la tennero giù con forza. Un
kunai minacciava di cavarle gli occhi se avesse accennato ad attivare lo
sharingan, mentre un mantello scuro le impediva di guardarsi intorno.
Non
posso sconfiggerli tutti insieme, rifletté
cercando di recuperare la calma.
Respirò a fondo rilassando i muscoli che
guizzavano pronti a scattare da un momento all’altro, piegandosi alle mani che
la afferravano con stretta ferrea. Non era quello il momento di scappare, doveva essere paziente. Se teneva ancora alla
sua vita, o almeno a quello che ne rimaneva, non poteva permettersi passi
falsi. Sapeva meglio di chiunque altro che gli ANBU preferivano più uccidere
che ferire, tanto più se il soggetto in questione non gli tornava affatto
utile. Se poi credevano davvero che
lei da sola avesse sterminato tutto il proprio clan…
Due dei tre ANBU che la circondavano la
tirarono su sollevandola per le braccia, mentre il terzo continuava a tenerle
il kunai ben premuto sulla guancia poco sotto l’occhio destro.
Se
voglio arrivare viva in carcere non devo dargli pretesti per ficcarmelo nel
cuore, quel kunai, continuava a
pensare.
Cercava disperatamente di convincere il
proprio corpo a non far sciocchezze, mosso dall’esasperata tensione accumulata
nei giorni di sospetto e nelle ore di accusa. Il Villaggio per il quale così
tante volte aveva rischiato la vita le si era rivoltato contro con feroce
durezza, stringendola in una morsa che ora come ora non le dava scampo.
Vide di sfuggita il volto scuro del terzo
Hokage; la sua maschera di rughe era l’esatta copia del volto scolpito sul
fianco spianato della montagna dei Kage.
Il corridoio dei sotterranei era piuttosto
stretto ed illuminato a giorno, un lungo tubo bianco solo di tanto in tanto
interrotto da una porta bianca anch’essa. Un effetto volutamente claustrofobico
che, Sumiko sapeva, odiavano tanto i prigionieri quanto le guardie. Ancora
pochi minuti e sarebbe arrivata alla prigione sotterranea di Konoha; la gabbia
nascosta alla vista e alla memoria che ospitava la feccia più pericolosa in
attesa di giudizio.
Probabilmente
io non dovrò aspettare molto
La lunga galleria si diramò in diverse
direzioni, ma loro proseguirono dritti, inoltrandosi ancora di più nelle
viscere della terra, sempre più lontani dalla luce del sole.
Il carcere sotterraneo della Foglia era
ancora più orribile di quanto Sumiko ricordasse. Vi era scesa solo una volta
scortando un ricercato di livello S ed il tanfo orribile che vi regnava l’aveva
fatta vomitare per tutto il giorno.
I cancelli erano ben saldi, ma, come il
pavimento ricoperto da piastrelle rotte e dal colore indefinito, sporchi di
sudiciume viscido e verdastro. Dalle pareti di roccia arrivava un’umidità
micidiale, perenne come il puzzo di cadavere che avvelenava l’aria. Nonostante
la poca illuminazione, la giovane kunoichi scorgeva dei movimenti all’interno
delle celle, regolarmente accompagnati dallo strusciare delle catene.
Un rapido giro di chiave e dietro Sumiko si
chiusero le sbarre che le avrebbero negato per sempre la libertà.
Diede uno strattone alla catena che le
stringeva la caviglia, ma era troppo stanca per tentare qualsivoglia rivolta.
-Non essere triste Principessa, sotto sotto
questo è un vero castello.-
-Mh?-
Un
vicino di cella, perfetto, pensò
irritata.
-Che hai fatto per finire nella fogna della
Terra del Fuoco? Rubato le caramelle al fratellino?-
Rispondere o ignorarlo finché non si fosse
stancato?
-Beh? Le “mascherine” ti hanno tagliato la
lingua aspettando di tagliarti la testa?-
-Ho sterminato il mio clan. Se ti avvicini
abbastanza ti faccio vedere come.-
Una risata soffocata arrivò da qualche cella
più in la, mentre il suo interlocutore si limitò ad un lungo fischio di
ammirazione.
-Cos’è, tuo marito ti ha piantata per una
bionda e tu hai ammazzato lui e pure tua suocera?-
Dannato
bastardo, aspetta che mi liberi e ammazzerò te
Una settimana nella prigione sotterranea di
Konoha è una punizione abbastanza dura per qualsiasi colpa. Chi non muore
diventa la pallida ombra dell’uomo che fu, oppure un essere così feroce da non
poter essere definito umano.
Sumiko Uchiha non era mai stata debole, ma se non fosse andata via da
quel luogo maledetto avrebbe perso se stessa in un senso o nell’altro. La sua
volontà era piegata dalla fame e dalla durezza della tavola di legno che le
faceva da letto, dalla sporcizia che cercava di lavare via con la poca acqua di
cui disponeva e dalla perenne penombra a cui i suoi occhi si erano infine
abituati.
Ma questo era ancora il meno per Sumiko,
abituata dalla cruda vita delle squadre speciali a resistere nelle situazioni
più estreme, ed a piegarla ogni giorno di più era quella catena che silenziosamente
le succhiava lentamente il chakra, lasciandola debole e un po’ intontita.
-Ecco come riescono a tenere buoni i
prigionieri.- mormorò tra sé e sé dando un calcio ad un sassolino vicino.
La risata folle del Numero 3 (così veniva
chiamato l’uomo che occupava la terza cella dall’entrata e non faceva altro che
ridere) risuonò nuovamente rimbalzando sulle pareti.
-Hai ritrovato la lingua, Principessa?-
-Ma sta zitto.- rispose piccata
L’uomo non si scoraggiò e dopo qualche attimo
di silenzio riprese :-Sai, non è molto bello chiacchierare con quell’altro, qualsiasi cosa gli dica,
ride.- ridacchiò, e per un attimo Sumiko scorse i denti ancora innaturalmente bianchissimi
-Allora, me lo dici chi hai fatto secco?-
Sapeva che non era una buona idea, ma Sumiko
concentrò il proprio chakra facendolo poi confluire verso gli occhi che subito
si tinsero di un rosso intenso e brillante macchiato da tre timoe.
In pochi istanti la catena che le avvolgeva
la caviglia risucchiò con più intensità il poco chakra che le rimaneva, ma
forse il sacrificio era valso il silenzio del suo fastidioso interlocutore.
Speranza vana.
-Hai davvero
sterminato il clan Uchiha?-
Ora non c’era la solita nota divertita nella
sua voce, ma se Sumiko doveva stare in mezzo a gente del genere era meglio che
la considerassero veramente pericolosa. In quel nido di odio, rancore e follia
doveva far credere di essere la traditrice sanguinaria del suo Villaggio per
pararsi le spalle in caso di spiacevoli incontri ravvicinati. Le guardie, li,
non portavano maschera, ma non si preoccupavano di nascondere il proprio animo
oscuro. Riversavano sui prigionieri le proprie frustrazioni, talvolta
buttandogli in terra il misero pasto li dove non avrebbero potuto raggiungerlo,
altre volte deridendoli e, i più deboli e indifesi, picchiandoli a sangue.
-Sì.-
Fu l’affermazione più dolorosa della sua
vita. La sua testa urlava che no, non era stata lei, che era innocente, che non
era il mostro che tutti credevano. Eppure il suo piano iniziale di evadere ed
andare a caccia di Itachi sembrava ogni giorno più lontano, un sogno che
svaniva ogni volta che apriva gli occhi dopo un sonno agitato.
-Mmmhh… Non sprecare il tuo chakra,
Principessa, potresti averne bisogno prima di quanto pensi.-
Note d’autrice:
Ed è così che dopo un paio di secoli son tornata ad aggiornare!
Spero che qualcuno si ricordi ancora di questa fan fiction e continui a
seguirla. Non so con quale frequenza aggiornerò, ma non ho intenzione di
abbandonarla e (spero) neanche voi.
Non avevo intenzione di discostarmi così tanto dalla trama
originale, ma alla fine è la storia stessa a decidere quale direzione prendere.
Ero arrivata ad un punto in cui non sapevo che direzione
prendere e, dopo diversi tentativi, questa via mi è sembrata decisamente la
migliore.
Ovviamente aspetto con ansia i vostri pareri!
Ringrazio chi segue la storia:
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Aryadaughter [Contatta]
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3- CheccaWeasley [Contatta]
4- Deby92 [Contatta]
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Capitolo 8 *** La strada nell'acqua-Cap.7 ***
Cap.7
La strada nell’acqua
-Hokage…-
-Non insistere, Kakashi. Il discorso è chiuso.-
Il
discorso non è chiuso affatto, pensò
tra sé il jonin.
Ma si limitò ad annuire, cosciente del fatto
che discutere con Hiruzen Sarutobi era solo una perdita di tempo.
Uscì dall’ufficio dell’Hokage con flemma, ma
chi gli passava vicino poteva quasi sentire gli ingranaggi del suo cervello
lavorare a pieno ritmo. L’Hokage non aveva voluto sentir ragioni: la
testimonianza di quel moccioso condannava irrimediabilmente Sumiko. E Danzo
Shimura era apparso quasi felice di poterla inchiodare, ansioso di scrivere
definitivamente la parola “Fine” in quella storia di orrori che aveva scosso
l’intero Villaggio.
Kakashi svoltò a destra, quindi prese una
strada secondaria. Il chiacchiericcio della gente infastidiva i suoi pensieri
che, in quel momento, doveva sentire con più chiarezza che mai. Lasciare Sumiko
nella prigione sotterranea era fuori discussione. A breve il Consiglio del
Villaggio si sarebbe riunito per decidere le sorti dell’Uchiha, ma c’erano
buone probabilità che la jonin ci lasciasse le penne già da prima.
Qualcuno l’aveva incastrata usando Sasuke, ma
perché? La Foglia avrebbe avuto comunque il proprio colpevole con Itachi
Uchiha. Impossibile che quest’ultimo avesse fatto affidamento sull’arrivo della
kunoichi per far ricadere la colpa su di lei, dato che Sumiko al momento della
strage non era neanche nel quartiere.
Kakashi scosse la testa, conscio di non poter
dare risposta a tutti quegli interrogativi. Sumiko aveva servito la Foglia
senza mai discutere gli ordini e riportando costanti successi, una kunoichi di
valore a cui nessun Villaggio avrebbe rinunciato senza un motivo più che
valido. Ma allora perché non le era stato concesso neanche il beneficio del
dubbio?
-Devo parlare con Sasuke.- mormorò il ninja
dai capelli color gesso.
L’ospedale spiccava in mezzo ai palazzi come
un pugno in un occhio. Un enorme edificio ad L bianco circondato da una
recinzione di pietra grigia che non si sposava affatto con i colori caldi con
cui era stata costruita Konoha. La grande croce rossa all’interno di un cerchio
altrettanto rosso sovrastava la scritta “Ospedale”, giusto per cancellare
qualsiasi dubbio sulla destinazione dell’edificio, ammesso che qualcuno ne
avesse potuti avere. Nell’ingresso un giovane shinobi teneva tra le braccia una
donna, probabilmente la madre, che piangeva coprendosi il volto con le mani. In
fondo, seduti su un anonimo divano, una coppia discuteva sottovoce. La ragazza
lanciava di tanto in tanto occhiate di fuoco ai danni dell’infermiera alla
reception che indifferente leggeva una rivista di moda, ignara dello scandalo
che stava dando la sua scollatura davvero esagerata.
Sotto la maschera Kakashi sorrise. Una volta,
tre anni prima, Sumiko aveva lanciato gli stessi sguardi irati a Yui, una
kunoichi con un seno troppo grande per le magliette aderenti che si ostinava a
mettere.
Una chioma rossa lo distrasse dai suoi
pensieri.
-Namijo,- chiamò -cosa fai qui?-
La ragazza si voltò di scatto, ed appena
incrociò il viso di Kakashi abbassò velocemente lo sguardo.
-I-io…io sto cercando di diventare
infermiera…- bofonchiò la rossa.
Cominciò a torturarsi il grembiule bianco
mentre le guance diventavano dello stesso colore dei capelli.
-Come?-
-Sto studiando per diventare infermiera.-
ripeté la rossa.
L’occhio di Kakashi si illuminò :-E sapresti
dirmi qual è la camera di Sasuke Uchiha?-
Namijo sembrava essere vicina ad un attacco
di cuore.
-I-i…N-non…Io…- prese un profondo respiro e
si schiarì la voce -E’ in una camera isolata all’ultimo piano ma…-
-Ma?-
-E’ inaccessibile. Possono entrare solo un
medico e un infermiere. Sasuke è praticamente guardato a vista e…-
Kakashi fece un vago gesto con la mano :-Ed
io entrerò comunque.-
-Ma sei sicura?-
-Ma vuoi chiudere il becco?-
Kisame Hoshigaki rise di gusto. Irritare
Sumiko lo divertiva almeno quanto spezzare il collo ai ninja che incontrava sul
suo cammino.
Al suggerimento di Sumiko di muoversi con
cautela, Kisame aveva risposto sfondando una parete con la forza di un
bulldozer, tanto per movimentare un po’ le cose. I malcapitati che erano
accorsi per verificare la situazione non avrebbe visto l’alba del giorno dopo.
-Di qua.- disse Sumiko indicando una botola.
Il magazzino della prigione sotterranea della
Foglia era una vera chicca per qualsiasi ninja. Protetto da una decina di
sigilli, custodiva le armi sequestrate agli ospiti della prigione come una
cassaforte custodisce i gioielli della padrona di casa.
Kisame provò ad aprire la botola tirando il
grosso anello di ferro, ma una scarica elettrica lo respinse.
-Se pensi di poter entrare qui così come
siamo usciti dalle celle…beh, se ci riesci tanto di cappello.-
-Non essere così sarcastica, Principessa, o
ti verranno le rughe. Hai forse un’idea migliore?-
Sumiko sorrise di una soddisfazione
infantile, quindi si avvicinò alla botola. Non era passato poi molto tempo da
quando girava liberamente in quella base sotterranea, non da prigioniera ma da
servitrice del Villaggio.
Una rapida sequenza di simboli eseguiti con
precisione e la botola si socchiuse.
Scesero velocemente la scala a chiocciola,
mentre le torce appese alla parete si accendevano al loro passaggio.
-Decisamente voi di Konoha non avete senso
estetico.- commentò Kisame scrutando la grande stanza quadrata costellata di
scaffali evidentemente presi d’assalto dalle tarme. Una visione squallida che
andava a braccetto con l’asfissiante odore di chiuso che permeava nell’aria.
-Guarda quante cose interessanti… Prendiamo qualcosa?-
-Piantala di perdere tempo. Prendi la
Samehada e filiamo.-
Sumiko guardava nervosa l’entrata mentre
Kisame, in tutta tranquillità, leggeva le etichette delle varie armi riposte su
di un cuscino di velluto nero o rosso.
-Ehi Uchiha, ma tutti ‘sti giocattoli li
lasciate marcire qui?-
Sumiko quasi ringhiò :-Muoviti!-
Gli ANBU non ci avrebbero messo molto ad arrivare.
Era ironico che proprio lei ne avesse paura, lei che aveva rinunciato così
malvolentieri alla maschera in nome di una vita normale. Erano bastati una
manciata di giorni perché da cacciatrice si trasformasse in preda, sola e
impotente davanti alla più grande ingiustizia che si stava consumando sotto i
suoi occhi.
-Bene, possiamo andare!-
La voce di Kisame risuonò forte e allegra,
senza la minima traccia di nervosismo. Non vedendolo però arrivare, Sumiko lo raggiunse
in fondo alla stanza.
-Se ci bloccano l’uscita dal magazzino faremo
la fine del topo col gatto; che diamine stai aspettando?-
-Che arrivassi, Principessa.-
Kisame stringeva in una mano Samehada e con l’altra
afferrò Sumiko stringendola a sé. La kunoichi distinse chiaramente il rumore
dei passi sugli scricchiolanti gradini della scala a chiocciola: stavano
arrivando.
Se
proprio devo morire come traditrice, tanto vale che lo faccia affianco ad un
ricercato di livello S, pensò
abbandonando le braccia lungo i fianchi.
Pochi istanti e sentì una fastidiosa pelle d’oca
lungo tutto il corpo. Il chakra di Kisame si era improvvisamente gonfiato in
modo spropositato ed allarmante.
Ma
dove l’ha presa tutta questa energia?
Sumiko, che disponeva di una quantità di
chakra sopra la media, era prosciugata in pochi giorni dalla catena della sua
cella. Con fatica aveva messo da parte abbastanza energia per incantare con lo
sharingan una delle guardie e farsi liberare; come poteva, quindi, quell’uomo
avere tanto chakra a disposizione?
Un boato terrificante assordò la kunoichi che
alzò le braccia per difendersi dalla miriade di frammenti di pietra che le
volarono addosso.
-Ma cosa fai?!- strillò terrorizzata
-Guarda e impara, Principessa.- rispose un
istante prima di un’altra esplosione.
Dei rivoli d’acqua fuoriuscirono dalla
parete. Ormai gli ANBU erano alle loro spalle. In pochi istanti gli sarebbero
stati addosso.
Che
il cielo mi assista…, pensò Sumiko
prima dell’ultima, assordante esplosione.
-Trattieni il fiato Principessa.- le urlò
Kisame con uno strano ghigno dipinto sul volto.
Sumiko sbarrò gli occhi fissando l’onda d’acqua
che la investì con la forza di un uragano. E si aggrappò all’enorme complice
che si tuffò nel fiume sotterraneo con l’agilità e la potenza di uno squalo.
Note d’autrice:
Finalmente siamo arrivati al settimo capitolo. E stavolta
neanche dopo troppo tempo. Il prossimo capitolo conto di postarlo in un paio di
settimane o un po’ di più, ma non disperate! Non farò passare di nuovo i mesi.
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