Come due fiocchi di neve di Mimiwitch (/viewuser.php?uid=243019)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Il Torneo Tremaghi ***
Capitolo 2: *** Orgoglio Grifondoro ***
Capitolo 3: *** Katie=Guai ***
Capitolo 4: *** Un pozzo di segreti ***
Capitolo 5: *** Un segreto svelato ***
Capitolo 6: *** Danze, corse e baci a Natale ***
Capitolo 7: *** Professor Weasley (x2) ***
Capitolo 8: *** Estate, transizione ***
Capitolo 9: *** Pino, Sangue e Amore ***
Capitolo 10: *** Inseguimento a Hogsmeade ***
Capitolo 11: *** Un amore confuso ***
Capitolo 12: *** Materializzazione nel cuore ***
Capitolo 13: *** Fuochi d'artificio al limone ***
Capitolo 14: *** Viaggio nell'Io ***
Capitolo 15: *** Svegliami prima di andare via ***
Capitolo 16: *** La forma dell'amore ***
Capitolo 17: *** Salvataggio in extremis ***
Capitolo 18: *** Katie la spia ***
Capitolo 19: *** Un finto bacio ***
Capitolo 20: *** Agguato a Kensington Garden ***
Capitolo 21: *** Battaglia di Hogwarts I ***
Capitolo 22: *** Sipario di dolore ***
Capitolo 23: *** Battaglia di Hogwarts II ***
Capitolo 24: *** La bussola per il tuo cuore ***
Capitolo 25: *** Un passo alla volta ***
Capitolo 26: *** Raccomandazioni dal passato ***
Capitolo 27: *** L'errore più dolce del mondo ***
Capitolo 28: *** Donna di ghiaccio, Uomo del mistero ***
Capitolo 29: *** Il pensiero più felice ***
Capitolo 1 *** Il Torneo Tremaghi ***
Gli
studenti nella Sala Grande avevano occhi solo per il nuovo, grottesco
professore di Difesa contro le Arti Oscure. Seduto al tavolo degli
insegnanti, lo guardarono scolare qualcosa da una fiaschetta,
ignorando ogni persona presente in sala.
Bisbigli scivolavano sui
banconi:
“Che ha la sua
faccia?”
“E la
gamba di legno?”
“Avete
visto il suo occhio blu elettrico?”
Silente
riprese il comando.
“Come
stavo dicendo” disse, sorridendo alla marea di studenti
davanti a
lui, tutti con gli occhi ancora puntati su Malocchio Moody,
“nei
prossimi mesi avremo l'onore di ospitare un evento assai emozionante,
un evento che non ha luogo da più di un secolo. E' con
grandissimo
piacere che vi informo che il Torneo Tremaghi quest'anno si
terrà a
Hogwarts.”
“Sta
SCHERZANDO!” disse Fred Weasley ad alta voce.
Katie
Bell scoppiò a ridere, seguita dal resto degli studenti in
sala; Fred era riuscito con due sole parole a sciogliere la tensione
che
l'arrivo di Malocchio aveva creato. Non riuscì a sentire la
replica
di Silente perché stava cercando di non ridere troppo forte
e di non
farsi notare. Buttò un'occhiata al ragazzo e lo vide
ascoltare
Silente concentrato, mentre il sorriso ancora gli aleggiava sulle
labbra. Sentì il familiare calore al centro del petto, quel
formicolio dolce e fastidioso al tempo stesso.
Leanne
si voltò verso di lei.
“E' davvero un idiota!” bisbigliò
mentre sorrideva, divertita.
Katie
non replicò, si limitò a sorriderle di rimando;
sospettava che
Leanne sapesse, ma non avrebbe mai, mai confermato i suoi sospetti.
Si
conoscevano dal loro primo giorno a Hogwarts.
Si era scontrata
con lei sul treno mentre cercava un posto libero a sedere, perdendo
ogni cosa contenuta nel suo baule: Leanne l'aveva aiutata a
raccogliere; nella traversata sulle barche per raggiungere il
castello aveva fatto rollare un po' la barca ed era stata l'altra
a fermarla; quando l'aveva raggiunta al tavolo di Grifondoro, dopo
essere stata smistata, Leanne le aveva detto che da quel momento in
avanti l'avrebbe tenuta d'occhio. Katie le aveva sorriso, grata,
capendo di aver trovato una vera amica. Leanne le leggeva dentro e
sapeva che doveva essere difficile, nemmeno lei si capiva mai
del tutto.
Persa
nelle sue riflessioni la giovane si era persa gran parte del
discorso: si era accorta solo che le facce di Fred e George erano
passate da entusiaste e raggianti, a furibonde e perplesse.
Leanne,
al suo fianco, si alzò.
“E'
ora di andare? Che mi sono persa?”
L'amica la studiò un
momento, poi sospirò. "Eri di nuovo
persa in
fantasticherie?"
“Io
non mi perdo in fantasticherie!” sbottò punta nel
vivo. “Stavo
cercando di ricordare una cosa e mi son persa il discorso di
Silente.”
“Riassunto:
Torneo Tremaghi, scuole di Beauxbatons e Durmstrang, un campione per
ogni scuola, prove estremamente pericolose, forse mortali. Premio di
mille galeoni. Limite di età minimo 17 anni”
snocciolò Leanne con
fare pratico, mentre uscivano dalla sala Grande e si avvicinavano
alle scale con passo rapido.
Stavano
cercando di non inciampare negli studenti del primo anno, che
avrebbero rallentato loro la strada.
Katie
sorrise; Leanne aveva il dono della sintesi: se un discorso impegnava
dieci pagine, poteva riassumerlo in dieci righe.
“Ah,
e i gemelli stanno escogitando qualcosa per entrare nel Torneo,
nonostante non abbiano l'età giusta. Ho sentito Fred parlare
di
pozioni invecchianti” mormorò l'altra guardandola
di
sottecchi, tenendosi
alla balaustra.
Katie
inciampò nel gradino e sbatté il ginocchio.
Cercò di far finta di
nulla e si tirò su.
“Me
l'aspettavo da loro. Pericolo, fama e galeoni, come potrebbero
tenersi alla larga” disse con un sorriso un po' forzato, il
ginocchio che pulsava mandandole lampi negli occhi.
Fred e
George avrebbero fatto qualunque cosa per stare al centro
dell'attenzione e portare scompiglio allo stesso tempo. Katie si
domandò che sarebbe successo se uno di loro due fosse stato
scelto
come campione: che avrebbe fatto l'altro gemello? Loro non erano una
sola entità? Di sicuro si sarebbero scambiati di continuo,
facendo
impazzire i giudici.
Leanne
si scansò per far passare un gruppo di ragazzi del settimo
anno, due
dei quali sorrisero verso loro.
“A te
non piacerebbe partecipare? Se avessi l'età giusta dico. Sei
in gamba!”
Katie
la guardò negli occhi per cercare una traccia di ironia, che
non
trovò.
“Stai
scherzando? Anche se avessi 17 anni non sarei mai all'altezza, devi
essere coraggioso, avere prontezza di riflessi, amare i riflettori.
No, non fa per me” dichiarò con forza.
Erano
arrivate al ritratto. La signora Grassa le salutò con un
dolce
sorriso.
“Guazzabuglio”
disse Leanne sicura, mentre Katie la guardava perplessa.
“Beh,
che c'è? Non è colpa mia se ho un ottimo udito.
Non origlio le
conversazioni altrui, le sento e basta!” spiegò
l'amica
facendo la finta
indignata.
Seguì
Leanne dietro il buco del ritratto, nella sala comune satura di
persone; buttò uno sguardo distratto verso il gruppetto
di
Harry, Ron, Hermione, Fred e George che si separava per andare nei
dormitori. Di nuovo quella capriola nello stomaco.
Si incamminarono su per la scala che
portava ai dormitori femminili.
Se
davvero i gemelli avessero trovato un modo di partecipare, lei avrebbe
avuto il coraggio di andare dietro a loro? Di infrangere le regole?
Di stare al centro dell'attenzione cercando di superare prove
mortali?
-Ritorna
coi piedi per terra, Katie, non sei una ragazza così in
gamba! E
diciamocelo, non hai nemmeno abbastanza coraggio per fare incantesimi
semplici davanti agli amici, figuriamoci davanti alla scuola al
completo. Scordatelo, mollacciona!-
Il suo
stesso subconscio le remava contro.
Si era
fermata di colpo nel bel mezzo della scala, persa nei suoi
ragionamenti: alle sue spalle qualcuno
la urtò con forza, sbilanciandola in avanti, facendole
sbattere
nuovamente il ginocchio.
Cercò
di non urlare dal dolore e si girò in tempo per vedere
Leanne
afferrare al volo Hermione per un braccio, prima che cadesse dalle
scale.
“Perdonami!” urlò
contrita Katie, “ero
sovrappensiero!”
Hermione
scosse la testa, sorridendo.
“Ero
distratta anche io. Indignata da questo lavoro da
schiavi!”
sbottò ritornandodi colpo seria.
Augurò
loro la buona notte e sparì nel dormitorio del quarto
anno.
Si guardarono perplesse.
Il loro
dormitorio le accolse con la sua solita aria rassicurante e morbida,
calda, avvolgente. Le loro compagne di dormitorio, Aileen, Madeline e
Cindra, erano già arrivate e si stavano preparando per
dormire.
Katie
si infilò subito il pigiama, morbido ed enorme, sciolse i
capelli
castani e si infilò nel letto.
Era sazia, felice di essere a
Hogwarts, di essere con Leanne, di rivedere Fred...
-No!
Fred no! Basta cervello, scordatelo! Non fa per te! Pensa ad altro!-
“Sono
sicura che questo sarà un anno interessante!”
esclamò Leanne,
infilandosi nel suo letto a baldacchino.
“Studenti
di altre scuole in visita, prove emozionanti, il ballo. Non potremo
annoiarci, no?” continuò l'amica convinta,
sprimacciando un
cuscino.
Katie
annuì.
“Sì,
ma ricordati che è il nostro quinto anno, Leanne! I
G.U.F.O.!
Pensiamo a dormire” disse, cercando di soffocare uno
sbadiglio.
Il
torneo Tremaghi! In effetti sarebbe stata una bella occasione per la
scuola, ci sarebbe stato da divertirsi!
Certo,
il Quidditch era stato sospeso...niente allenamenti...poche
possibilità di vedere Fred...
Si era
presa una cotta per lui alla fine dell'anno prima quando, presi
dall'euforia per la vincita della coppa di Quidditch, Fred l'aveva
stretta forte e le aveva dato persino un bacio sulla guancia. Era
rimasta in trance, a sorridere come un'ebete e a cercare di definire
quelle strane sensazioni che provava. Aveva sempre pensato che Fred e
George fossero simpatici e divertenti, ma non aveva mai pensato a loro
come ragazzi.
Da quel momento invece, ogni volta che
il pensiero di
Fred si era affacciato alla sua mente, aveva sentito quel buffo
sfarfallio nello stomaco e il suo viso diventare incandescente.
Il
pensiero di non avere la scusa del Quidditch per vederlo la
intristì
di colpo.
-Cervello!
Sei monotematico! Buona notte!-
Con una
smorfia decisa si strinse nelle coperte e cercò di dormire,
scacciando tutti i sorrisi beffardi che le saltavano alla mente.
Note:
Salve
a tutti!
Sono
Mimì.
Di
Leanne non viene mai detta né la casa né l'anno.
Ma nel sesto
libro, quando Katie torna dal San Mungo, dice a Harry che Leanne
“le
stava raccontando di McLaggen e dell'ultima partita”, e lei
in quel
momento si trovava in sala comune circondata dai suoi amici del
settimo anno. Perciò per me Leanne ha la stessa
età di Katie ed è
una Grifondoro.
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Capitolo 2 *** Orgoglio Grifondoro ***
Il
ritorno a Hogwarts per Katie era stato amaro e dolce allo stesso
tempo: ritrovare gli amici, scherzare con loro, vivere in certo
senso tutti assieme, le procurò molta gioia; d'altra parte
però, le
lezioni massacranti del quinto anno e la mancanza di Quidditch
lasciarono l'amaro in bocca.
Durante
le prime settimane ogni professore aveva posto l'accento sugli
imminenti esami dei G.U.F.O., esortandoli a studiare con costanza e
assiduità, poiché molto del loro futuro dipendeva
dall'esito degli
esami. Questa frase passava sulla bocca di ogni insegnante: chi la
ripeteva con toni severi, chi con toni arcigni, mettendo nel cuore di
ogni studente del quinto anno paura e agitazione.
Katie
iniziò a studiare da subito, cercando di non lasciare
compiti in
arretrato, ma dovette ammettere che gli argomenti trattati erano
parecchio complessi.
“Sei
fortunata a non avere gli allenamenti di Quidditch proprio durante il
tuo quinto anno! O non saresti riuscita a star dietro a
tutto!”
mormorò Leanne convinta una sera, mentre studiavano assorte
in sala
comune.
Alzò lo sguardo dai suoi
appunti di Trasfigurazione e la
fissò con
aria arcigna.
“Oh
sì, sono proprio fortunata!” ribatté
sarcastica.
Katie amava il Quidditch. Non ai
livelli da psicopatico di Baston, ma amava
davvero sfrecciare sulla scopa e giocare con tutte le sue energie,
tesa verso la vittoria; e per quell'anno non avrebbe potuto, grazie
al Torneo Tremaghi. Se Baston fosse stato lì,
probabilmente avrebbe
assalito Silente e tutti gli studenti che avessero osato partecipare
al Torneo, brandendo una mazza da battitore, pur di riottenere il
Quidditch. E lei dovette ammettere che probabilmente l'avrebbe
appoggiato.
Senza il suo sport preferito da
praticare, impegnava il suo tempo nello studio, suo malgrado.
Il
nuovo professore di Difesa contro le arti oscure, Malocchio Moody,
era un uomo bizzarro e allo stesso tempo severo; sembrava un'ottima
idea non mettergli mai i bastoni tra le ruote.
Già dalla
loro prima
lezione, il Giovedì mattina, rimasero ammirati e spaventati:
il
professore aveva trasfigurato la sua sedia in una grossa Chimera e li
aveva incitati a catturarla o stordirla o a difendersi con qualche
incantesimo.
La metà
della classe si era ritratta sulle sedie, strillando e tremando di
paura, davanti alla bestia e a tutte le sue bocche.
Aileen era
svenuta, sorretta dall'amica Cindra, che aveva prodotto un eccellente
incantesimo scudo, ma che tremava tanto che la bacchetta
oscillava freneticamente su e giù. La Chimera ruggiva e
correva in
ogni dove, mostrando i denti agli studenti terrorizzati; Katie e
Leanne erano fianco a fianco, immobili, ma spaventate a morte,
cercando di attirare l'attenzione su di loro il meno possibile mentre
pensavano a cosa fare. Quando la bestia si lanciò con un
balzo su di
loro, si strinsero forte temendo il peggio ma, quando la bocca
dentata si chiuse sul braccio di Leanne, si accorsero con stupore che
la Chimera non era altro che un'illusione.
Passato
il panico, il professor Moody spiegò loro che cosa avesse
davvero
fatto: un incantesimo di ipnosi; aveva fatto credere a tutti loro che
la sedia si fosse trasformata in una bestia feroce, con tutte le
conseguenze che aveva portato: isteria, perdita della
lucidità e dei
riflessi.
“Se
io non avessi fermato l'incantesimo nel momento in cui Leanne
Meadowes è stata morsa, lei avrebbe sentito il dolore come
se fosse
vero e se la bestia l'avesse 'uccisa', lei sarebbe morta sul serio,
come conseguenza dell'ipnosi. Perciò dovete fare attenzione!
Avere
una mente allenata e preparata!” abbaiò loro,
squadrandoli tutti con l'occhio normale, mentre l'altro vorticava su
e giù.
A Katie
sembrava un camaleonte pazzo.
Dopo li
mise a studiare gli effetti dell'incantesimo, i modi per contrastarlo
ed eseguì l'incantesimo su ognuno di loro, per spiegare con
quali
metodi accorgersi di un'illusione.
Alla
fine della lezione Leanne era ancora un po' scossa, anche se si
sforzava stoicamente di non darlo a vedere.
“Quel
professore è matto! Sarà un Auror, un genio o
quel che ti pare, ma
è matto!” bisbigliò mentre uscivano
dalla classe più in fretta
che potevano. I loro compagni mormoravano eccitati alle loro spalle,
parlando della lezione.
Katie
annuì. Il suo cuore si era fermato dalla paura quando la
fila di
denti aguzzi si era chiusa sul braccio di Leanne: avrebbe potuto di
giurare di aver persino sentito il puzzo della bestia, così
vicina a
lei.
Leanne
stava guardandosi il braccio con fare sospetto, alla ricerca di segni
di morsi.
“Fa
davvero paura, in effetti. Ma è amico del professor Silente,
non
avrebbe dato il posto ad un matto, no?” rispose, cercando di
suonare
convincente.
Si
guardarono negli occhi e sbuffarono. Silente non aveva scelto proprio
dei gran professori negli anni. Lupin a parte, ovviamente.
Si
impegnarono il quadruplo del normale nelle lezioni del matto
professore, per non essere più impreparate e rischiare un
infarto ad
ogni lezione.
A
Ottobre, Difesa contro le Arti Oscure era la materia più
seguita,
amata e temuta dell'intera scuola, anche se il professore aveva i
suoi detrattori.
“Non
mi importa se lo reputano un eroe, a me non piace. Lo rispetto,
questo è certo, ma non mi piace” ribadì
Leanne scuotendo i
lunghi capelli neri con stizza, mentre erano in biblioteca a studiare.
Katie
non diede segno di averla sentita.
“Katie?”
chiamò l'amica, schioccando le dita per attirare
l'attenzione.
“Ero
sovrappensiero!” si scusò lei, scuotendo la testa.
Leanne si voltò
per guardare cosa stesse osservando e sorrise quando vide Fred e
George chini su un tavolo della biblioteca poco più in
là, le teste
che quasi si toccavano.
“A
cosa stavi pensando?” chiese maliziosa, puntando un
dito
verso i gemelli.
Katie
mantenne un'aria impassibile o almeno credette di esserci riuscita.
“Non
sono strani?” ribatté, buttando un'occhiata
fugace su di
loro.
“Abbastanza,
se vuoi saperlo. Ma sono divertenti” rispose l'amica, con una
risatina.
“Non
in generale!” la rimproverò con un gesto
impaziente, “ultimamente
dico. In genere stanno al centro dell'attenzione, ovunque si trovino;
ma quest'anno si son tenuti in disparte, a confabulare in segreto. Non
è da loro, no?”
Leanne
fece spallucce, con un'aria perplessa in viso.
“Forse
son maturati. Hanno deciso che era ora di finirla con gli scherzi e
di mettere la testa a posto” tentò poco
convinta,
scoppiando a ridere per l'assurdità della frase. Madama
Pince passò
vicino a loro con uno sguardo torvo, intimando il silenzio.
“O forse
stanno studiando dei piani per il Torneo Tremaghi”
bisbigliò
Leanne quando la bibliotecaria si fu allontanata, “credo che
parteciperebbero davvero se riuscissero ad ingannare i giudici sulla
loro età!”
“Pensi
che stiano progettando davvero di fare la pozione
invecchiante?”
domandò scettica Katie. “E' una pozione
complicatissima, di
livello M.A.G.O.!”
Sapeva
che Fred e George erano molto intelligenti, ma era altresì
conscia
del fatto che nessuno dei due si impegnasse molto nel seguire le
lezioni.
“Non
saprei. Ma in tutti i casi son certa che Silente non
permetterà che
nessuno sotto l'età stabilita partecipi” rispose
Leanne convinta.
Katie
buttò lo sguardo sui gemelli, che confabulavano, ammirando
il viso
di Fred, corrucciato e teso. Se fosse diventato il campione di
Hogwarts del Torneo, la sua popolarità sarebbe cresciuta a
dismisura
e avrebbe avuto ragazzine svenevoli infatuate di lui.
Scacciò via la
sensazione di fastidio che sentì al solo pensiero di avere
così
tante rivali, anche se lei non si considerava certo una pretendente.
Una pretendente avrebbe cercato di farsi notare, di rivolgergli
quotidianamente la parola, di entrare nella cerchia più
stretta
degli amici per poterlo conquistare. Katie invece non faceva niente,
anzi, cercava di risultare il più invisibile possibile; non
sapeva
niente di conquiste e seduzione e non aveva abbastanza fiducia in
sé
per potersi buttare.
Fred si
voltò e incrociò il suo sguardo. Le
sorrise prima di rituffarsi nella discussione col fratello.
Katie
arrossì violentemente, ma si coprì dietro un
grosso tomo
per
nasconderlo. Sperò con tutto il cuore che Fred non l'avesse
notato.
La sera
del 30 Ottobre, gli studenti e i professori aspettarono le delegazioni
ospiti sui gradini della scuola, tutti in fila a seconda dell'anno di
appartenenza.
La McGranitt passava tra i Grifondoro per controllare gli studenti.
Katie
era nella quinta fila, dietro Harry nella quarta e davanti a George
che era nella sesta. Leanne, alla sua destra, era davanti a Fred, con
grande invidia da parte sua.
Dopo
molta attesa, la delegazione di Beauxbatons arrivò su una
grossa
carrozza volante. La gigantesca preside della scuola francese scese e
andò incontro al professor Silente, che la salutò
con un elegante
baciamano.
“Belle
ragazze in arrivo!” esclamò Fred puntando il
gruppetto di studenti
che era sceso dalla carrozza. Katie scacciò la gelosia
mentre
osservava le ragazze di Beauxbatons che confabulavano tra loro,
guardandosi attorno; quelle non imbacuccate nei mantelli erano in
effetti molto belle e anche i ragazzi avevano fascino.
“Guarda
com'è carino il ragazzo biondo vicino alla
carrozza” bisbigliò
infatti Cindra al suo fianco, rivolta verso l'amica. Bisbigli del
genere correvano in ogni fila.
Silente
invitò gli ospiti ad entrare nel castello a scaldarsi,
mentre loro
aspettavano l'altra scuola ospite.
Gli studenti si separarono in due
ali per far passare i nuovi ospiti, poi si ricomposero e si misero in
attesa.
Tremavano
tutti nell'aria gelida. Katie non sentiva più i piedi a
causa del
gran freddo.
Poi,
tra esclamazioni agitate, una grossa nave affiorò dal lago
nero e il
preside e gli studenti di Durmstrang scesero da una passerella,
raggiungendoli vicino al portone. I nuovi arrivati, tra i quali non
c'era nemmeno una ragazza, erano imbacuccati in pesanti
pellicce.
Un
mormorio eccitato serpeggiò intorno, non appena uno degli
studenti venne
illuminato dalla luce che usciva dalla Sala d'Ingresso. “E'
Krum,
Victor Krum!” strillarono varie voci emozionate mentre
finalmente
tutti entravano nel castello, diretti alla Sala Grande.
Katie
sapeva chi fosse Krum, da appassionata di Quidditch qual era, ma non
si sperticò come molte ragazze per avere un suo autografo; e
la
maggior parte di quelle che lo fecero non capiva nemmeno la
differenza fra Pluffa e Puffola.
Alla
fine della sontuosa cena, il professor Silente prese la parola e
spiegò le regole del Torneo.
Chi
avesse desiderato partecipare avrebbe dovuto mettere il suo nome, e
quello della scuola di appartenenza, su un foglietto di carta che
avrebbe gettato all'interno del calice di Fuoco, spiegò
mostrando il
calice in legno ricolmo di fiamme blu e bianche. Il
giorno dopo, alla stessa ora, il manufatto magico avrebbe scelto i tre
campioni delle scuole, restituendo i foglietti coi nomi. Per far
sì
che nessuno sotto i diciassette anni tentasse di entrare nel Torneo,
il professor Silente avrebbe messo una linea dell'età
tutt'intorno
al calice. Katie buttò lo sguardo sui volti emozionati e
furbi di
Fred e George.
Andarono
a dormire, tutti piuttosto tesi, chiedendosi chi sarebbe stato il
campione di Hogwarts.
La
mattina dopo, per colazione, la Sala d'Ingresso era colma di studenti.
Cincischiavano lì intorno, mangiucchiando toast o sandwich,
guardando il calice posto al centro esatto della sala, su uno
sgabello, circondato da una sottile circonferenza dorata: la linea
dell'età.
Katie
stava scendendo con Leanne quando vide Fred, George e Lee
confabulare con Harry, Ron ed Hermione vicino al calice. Guardarono
attentamente Fred gettarsi dentro la linea con un foglietto tra le
mani e George seguirlo subito, trionfante.
I due
si stavano guardando entusiasti, certi di avercela fatta quando, con
un forte ronzio, vennero catapultati fuori dal cerchio e scagliati
tre metri più in là. Una volta atterrati, con un
grosso scoppio,
entrambi si ricoprirono di una folta barba bianca: tutta la sala
scoppiò a ridere, nemmeno Katie poté trattenersi.
Quella
sera scesero presto in sala Grande, per il banchetto di Halloween. Il
calice era posato davanti a Silente.
Katie constatò contenta
che
Fred, e ovviamente anche George, non aveva più la barba
bianca.
Alla
fine della cena, Silente si alzò e con un colpo di bacchetta
spense
le candele, lasciando accese solo quelle dentro le zucche. Il calice
sputò fuori tre cartoncini, a distanza di qualche minuto uno
dall'altro, tra meravigliose fiamme rosse.
Viktor
Krum per Durmstrang, Fleur Delacour per Beauxbatons e Cedric Diggory
di Tassorosso per Hogwarts, furono sorteggiati come campioni dal
calice. I tre campioni erano spariti dietro una porta in fondo alla
sala, accompagnati da un grosso applauso, quando il loro nome era
stato chiamato.
Silente
stava parlando quando accadde: il calice si illuminò di
rosso
ancora un volta e sputò fuori un altro biglietto. Un
silenzio
pesante regnava nella Sala Grande.
Katie,
intimidita, osservò Silente afferrarlo e chiamare in tono
grave Harry
Potter.
Tutti
gli studenti di Grifondoro aspettarono Harry in sala comune e quando
lui risalì dalla stanzetta in fondo alla sala dove aveva
raggiunto
gli altri campioni, festeggiarono tutta la notte. Si congratularono
con lui, gli domandarono come avesse fatto. Per mezz'ora in sala
comune non si sentì che baccano e un gran vociare.
Katie
osservò Harry intrappolato tra la morsa di Fred mentre Lee
gli
legava uno stendardo di Grifondoro al collo; c'era un campione della
loro casa tra i partecipanti al Torneo.
Si
sentiva orgogliosa, pensò con un sorriso.
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Capitolo 3 *** Katie=Guai ***
Da
quando gli studenti di Durmstrang e Beauxbatons avevano colonizzato
Hogwarts, due settimane prima, Katie vedeva tutto sotto una luce nuova.
Forse erano i loro colori sgargianti che le balenavano agli occhi
mentre girava la testa di qua e di là, intenta a imburrare
il suo
toast.
La
Sala Grande non le era mai sembrata così piena; sentiva
accenti
diversi mescolarsi al solito chiacchiericcio, come una musica
conosciuta a cui qualcuno aveva aggiunto dei nuovi suoni: non stonava,
ma non era più la stessa. Guardò
con aria trasognata un ragazzo di Beauxbatons servire
cavallerescamente il tè ad una Corvonero: la ragazza
era
arrossita compiaciuta. Le amiche intorno mandavano gridolini
eccitati.
“Katie!
Ti stai imburrando la divisa!”
Saltò
su spaventata dalla voce di Leanne e si accorse che, in effetti, il
bordo della sua manica era ricoperto di burro.
“A
cosa stavi pensando?” le domandò mentre afferrava
la manica
e la puliva con un colpo di bacchetta. Katie le rivolse un sorriso di
ringraziamento.
“A
nulla. Forse sono solo triste per la mancanza di Quidditch. Mi manca
volare. Schivare bolidi. Segnare.”
“Se
parli così mi sembri Baston. E mi spaventi” mormorò
l'altra con un finto sguardo disgustato. In quel momento i gufi
irruppero in Sala Grande carichi di lettere e pacchi per i loro
padroni. Il bellissimo assiolo di Leanne consegnò una
lettera e
volò via dopo che Katie gli ebbe dato un pezzo del suo
toast, mentre
l'amica leggeva.
“Le
solite raccomandazioni dai miei” sbuffò mentre
ripiegava la
lettera.
Le
ragazze tornarono a concentrarsi sulla colazione.
“E
così ti manca il Quidditch...eh, già.
Volare...segnare...i bolidi...
un battitore...” continuò Leanne versandosi le
uova strapazzate
nel piatto.
Katie
riuscì a non dover rispondere né a doverla
guardare, dato che aveva
il viso coperto dalla coppa di succo di zucca. Ma rischiò
seriamente
di soffocare col succo.
Leanne
finse di non accorgersi che la stesse ignorando di proposito.
“Piuttosto
mi dici che ti è preso ieri? Durante la lezione di Vitious?
Ieri
sera hai detto che non stavi bene e ti sei coricata senza dire una
parola.”
Katie
la guardò di sottecchi, poi finse di interessarsi al piatto.
“Nulla,
avevo solo lo stomaco un po' sottosopra e sono andata da madama Chips
per farmi dare una pozione” mentì imbarazzata
mentre
infilzava un pomodoro secco con la forchetta.
Il
giorno prima...si sentiva male al solo pensiero.
Il
giorno prima, nel pomeriggio, era in ritardo per le lezioni, non
perché fosse uscita tardi dalla Sala Grande, ma
perché, mentre
correva in classe, la stringa della sua scarpa si era rotta e quella
era volata via tre metri più in là.
Ovviamente
avrebbe potuto cadere lì in silenzio, senza molti problemi e
nessuno
se ne sarebbe accorto; invece, oltre ad essere seguita nel suo volo da
due o tre persone nel corridoio, andò a schiantarsi sulla
schiena di
un inconfondibile ragazzo dai capelli rossi.
Il giovane
era trasalito mentre il suo gemello, che aveva visto tutto, lo
guardava con aria divertita.
George
si girò stupefatto e guardò prima la ragazza che
si reggeva su un piede solo a fatica e poi la scarpa che giaceva ai
suoi piedi. Si voltò verso Fred ed entrambi scoppiarono a
ridere. Katie
cercò di non arrossire e si avvicinò saltellando
ai due per farsi
ridare la scarpa.
Il
ragazzo si chinò tra le risate per prenderla.
“La
sua scarpetta, principessa” scherzò George
porgendola
con un finto
inchino. Katie gliela strappò da mano, forse con un po'
troppa
forza.
“Grazie,
scusa, è stato un'incidente” si scusò
cercando di non guardare
Fred negli occhi. Non
era certa di non riuscire a non arrossire.
Si
infilò la scarpa e riparò la stringa con un colpo
veloce di
bacchetta.
“Ma
voi due perché non siete a lezione? Sono iniziate
da...cinque
minuti”
domandò perplessa dopo un momento di silenzio.
Fred
e George fecero un po' i vaghi.
“Abbiamo
deciso di saltare la lezione” sussurrò Fred
facendosi vicino, “ma
tu non farai la spia vero?”
Katie
sentì il suo cuore diventare improvvisamente rumoroso e
pesante.
-Silenzio
cuore! Non fare rumore, ti scoprirà! Ti uccido!-
“No,
sarà un segreto! Promesso!” proferì con
la voce un po' strozzata.
Li
osservò attentamente e si accorse di aver interrotto qualche
discorso serio con la sua gaffe della scarpa.
“Che cosa vi
prende ultimamente? Non
mi sembrate tanto in forma. Siete un po' mogi, senza la solita verve.
E' successo qualcosa?”
domandò, cercando di
togliersi il dubbio sull'atteggiamento strano dei gemelli.
George
non rispose, si tirò indietro e non disse nulla. Fred invece
scoppiò
in una risata forzata.
“Scherzi?
Andiamo alla grande! Certo non siamo riusciti ad entrare nel Torneo,
ma ormai l'abbiamo superato. Anche se ancora, devo ammettere, qualche
pelo bianco spunta in posti impensabili.”
Katie
scoppiò a ridere, seguita dai gemelli sollevati per averla
sviata
dalle sue domande.
Tornò di colpo seria.
“Siete
sicuri? Non avete problemi con delle invenzioni? Qualcosa tipo delle
caramelle che allungano la lingua? O simili?” chiese
perspicace.
Poteva
essere sbadata, distratta, un po' tra le righe, ma gli amici li
capiva al volo.
Fred
smise di sorridere. Le
fece cenno di tacere e la trascinò in una stanza vuota
lì vicino,
seguito da George.
“Tu...come
sai? Voglio dire, cosa sai?” chiede perplesso una volta al
sicuro
da orecchie indiscrete.
“Tutti
sanno che avete allungato la lingua del cugino babbano di Harry.
Credo che sia stato Harry stesso a dirlo, o forse Ron. Comunque non
volete confidarvi con un' amica?” insisté Katie.
Dopo
qualche momento di silenzio, Fred parlò: "Non
c'è molto da dire. Abbiamo delle invenzioni che vorremmo
poter
mettere in commercio, ma a parte gli effetti su di noi non sappiamo
che facciano. Siamo un po'...”
“...sfiduciati”
finì George.
Katie
li guardò un momento e poi chiese candida:
“Perché
non le fate provare anche ad altre persone?”
I
gemelli rimasero un attimo basiti.
“Certo
che vogliamo che altre persone le provino!” sbottò
Fred cercando
di non far suonare la sua voce troppo critica, “ma chi credi
che
vorrebbe? Non sappiamo che reazione potrebbe dare! Nessuno le
proverà gratis!”
“Io
posso provarle per voi!” propose decisa.
"No, Katie, non sono convinto."
“Potrebbe
essere pericoloso” aggiunse George.
Katie
adorava quando Fred pronunciava il suo nome, sentiva un brivido
piacevole per la schiena.
“Sciocchezze!
A voi non succede nulla no? Datemi una delle vostre
caramelle”
protestò allungando una mano.
Fred
e George erano ammutoliti. Si guardavano, provavano a protestare, ma
Katie irremovibile continuava a tenere la mano tesa verso di loro.
Alla
fine George tirò fuori una piccola caramella gialla e
arancione da
una tasca e gliela porse, titubante.
Stava
per poggiarla sul palmo, ma all'ultimo ritrasse la mano.
“No,
senti, non penso sia saggio. Meglio che tu non faccia da
cavia”
osservò il ragazzo.
Katie
si spazientì, strappò la caramella dalla sua mano
e la
inghiottì in un attimo davanti alle loro facce inorridite.
Passarono
alcuni momenti mentre i due continuarono a fissarla.
“Allora?”
domandò infine Fred. “Come ti
senti? Ti senti
strana? Hai qualche reazione?”
Katie
valutò le sue impressioni: il cuore le batteva forte, ma
quello era
per colpa di Fred, quindi in realtà non sentiva nulla di
strano.
“No,
sto bene. Non sento nulla di diverso” confessò
alla fine.
I
due si guardarono delusi e demoralizzati.
“Ma...ma
stasera ne proverò delle altre! Promesso! Magari questa era
difettosa!” cercò di incoraggiarli.
Lo
sguardo dei due le rivelò che non le credevano affatto.
“Adesso
scappo a lezione, ma vi prometto che vi aiuterò!”
disse mentre correva via dalla stanza.
Fred
e George la salutarono, con aria più mogia di quella che
avevano quando li aveva incontrati.
Entrò
con foga nella classe degli incantesimi, con ben quindici minuti di
ritardo.
“Professore, perdoni il
ritardo!” biascicò veloce mentre prendeva
posto.
“Signorina
Bell non abbiamo ancora iniziato, è davvero
fortunata” squittì il minuscolo insegnante. Era
davvero impossibile vedere il professor Vitious arrabbiato o
spazientito.
“Ma
dove eri finita? Sono uscita dalla sala grande cinque minuti prima di
te!” la interrogò Leanne dal banco al fianco al
suo.
Katie
cercava ancora di prendere fiato.
“Sono...sono
inciampata sulla scala e ho dovuto raccogliere le mie cose sparse per
venti metri” mentì mentre cercava la piuma
nella
cartella.
La
lezione incominciò e così poté
sfuggire ai rimproveri di Leanne sulle sue
'fantasticherie'.
Le
lezioni di Vitious erano sempre divertenti, perché il
piccolo professore riusciva a trascinare e a coinvolgere gli studenti
nelle spiegazioni. Ma quella giornata qualcosa, per Katie, non andava.
La
classe era insolitamente calda, tanto per cominciare: sentiva il sudore
scenderle giù per la schiena. Nessuno dei suoi compagni,
però, sembrava dare segni di fastidio o sembrava avere
caldo; si tolse il mantello dalle spalle e lo poggiò sulla
sedia, pensando che forse la sua folle corsa l'avesse surriscaldata.
Poi, dopo una decina di minuti, si accorse che non tutte le
parole che il professore pronunciava avevano un senso.
“Se
muoviamo la bacchetta con fare deciso, noteremo che non sfasideimo
parlare” spiegò Vitious dall'alto della sua torre
di libri.
-Eh?
Sfasideimo?-
Cominciando
a provare perplessità per quello che succedeva, Katie
cercò di concentrarsi sulla lezione, con molta
difficoltà.
Dopo
altri dieci minuti iniziò a pruderle con forza la zona tra
le scapole, un prurito indescrivibile; torcendo un braccio
all'indietro cercò di grattarsi senza dare nell'occhio, ma
non ci sarebbe riuscita senza sembrare in preda all'epilessia.
Si
muoveva a scatti sulla sedia, sempre più nervosa. Poi
il prurito si manifestò sul braccio.
Si grattò
piano, ma il prurito si fece più intenso; allora
grattò con forza crescente, finché non
sollevò la manica nella foga e vide qualcosa di violetto.
Si
bloccò di scatto, terrorizzata; guardò intorno a
sé per accertarsi se qualcuno avesse notato qualcosa o meno,
ma erano
tutti presi dal professor Vitious alle prese con l'incantesimo della
danza dell'attaccapanni. Il tango dell'attaccapanni.
Tirò
su l'altro braccio e farfugliò:
“Professore,
non mi sento bene, posso andare in infermeria?”
Leanne
la studiò, sospettosa.
“Certo,
signorina Bell. Se si sente meglio prima della fine della lezione torni
pure.”
Scappò prima che l'amica riuscisse ad acchiapparla e farle
domande.
Uscì
dall'aula e iniziò a correre, col fiato corto, le gambe
pesanti. Su per scale, i suoi passi rimbombavano lungo corridoi
deserti,
finché non arrivò alla stanza che cercava e
spalancò la porta con forza.
Fred
e George, chini su dei fogli, saltarono dalle sedie spaventati.
Katie
era piegata in due e riprendeva fiato.
“Spe...speravo
di trovarvi ancora qua” ansimò stremata,
“non avrei saputo dove cercarvi.”
I
gemelli la osservavano in silenzio, con sguardo perplesso.
“C'è
qualcosa che non va, Katie?” domandò infine Fred.
“Questo!” rispose
sollevando la manica della divisa e mostrando il braccio destro
ricoperto di pelosi ricci viola.
I due saltarono in piedi e si avvicinarono a lei, trascinandola
nella stanza e chiudendo la porta.
“Cosa
è successo?” George cercava di restare serio, ma
la
peluria viola di Katie lo faceva sorridere.
Katie
elencò loro con ordine tutto quello che le era successo
mentre i ragazzi si guardavano un po' preoccupati.
Fred
si avvicinò alla sua schiena.
“Perdonami”
disse scostando il colletto e sbirciando dentro la sua divisa. La
ragazza strillò, arrossendo di vergogna.
“Oh
sì, guarda qui, George” sospirò con
voce calma.
Il
fratello
si avvicinò un po' titubante e sbirciò la schiena
di Katie.
“Oh,
le ali pelose viola e nere. Pensavo avessimo superato quella
fase” commentò preoccupato e divertito al
tempo stesso.
“Avevamo
trovato il giusto rapporto tra piume di Fooper e appendici di Murtlap,
ne sono certo. Forse erano troppo vecchi ed erano ormai
scaduti” suggerì Fred.
“Forse
nelle ragazze l'effetto permane. Su di noi dopo un po' aveva smesso di
comparire” provò George.
“Sì, ma guarda questa
sfumatura
e la forma! A noi non erano venute fuori così”
sbottò Fred, continuando a buttare
l'occhio sulle ali di Katie.
“Continuo
a dirti che probabilmente sulle donne fa un effetto diverso. Sono
donne, sono diverse!” insisté George, con voce
crescente.
“Lo
so anche io che sono diverse, genio!” replicò
Fred, stizzito.
“Se
non vi dispiace, dato che sapete le differenze, volete smettere di
guardarmi nella divisa?” strillò Katie al limite
della sopportazione.
Era
rossa, completamente. Fred
lasciò andare il colletto della divisa e insieme al gemello
assunse un'aria contrita, anche se non era affatto turbato.
“Scusaci”
mormorò George in imbarazzo, “comunque una
reazione
simile era comparsa anche su me e Fred all'inizio. Possiamo fartele
scomparire.”
Katie
si ricompose e annuì con la testa.
“Ti
fidi ancora di noi?” domandò perplesso Fred.
“Certo
che sì. Datemi questo antidoto o comunque si
chiami.”
“Andiamo
a prendertelo! Aspettaci qui!” urlarono fiondandosi fuori
dall'aula, il rumore dei loro passi pesanti che si affievoliva.
Katie
rimase sola ad aspettare, nell'aula vuota. Continuava a tirare su la
manica e a guardare i peli viola. Cercava di non pensare alla faccia di
Leanne se li avesse visti, però l'idea del suo viso
inorridito la fece scoppiare a ridere. Si tappò la bocca con
le mani per non farsi sentire.
Era
lì, ricoperta di pelo viola, a ridere da sola? Forse era un
effetto
collaterale anche quello. Fred
e George ci stavano mettendo parecchio... e lei era
curiosa di vedere le sue ali pelose; l'idea la fece scoppiare a
ridere di nuovo. Sì,
era un effetto collaterale.
Dopo
averci pensato un po',
saltò
giù dal banco dove si era seduta e prese la bacchetta dalla
tasca.
Fece
apparire un grande specchio e, sempre tenendo le orecchie tese, si
sfilò veloce la divisa: aveva due buffe, piccole alucce a
cuore ricoperte di pelo viola, con minuscole striscioline nere. La zona
della schiena intorno si stava ricoprendo di folto pelo violetto.
Non
resistette, le mosse su e giù o meglio, desiderò
che si muovessero in quella maniera e lo fecero. Con una risatina
emozionata continuò a sbattere su e giù le ali.
Si
sentiva una grande, bizzarra ape. Viola.
Scoppiò
a ridere più forte di prima, talmente forte che ormai le
gambe non la sorressero e cascò giù, rotolando
tra
le risate.
Rise
e rise finché non le scesero le lacrime. Sentì
passi concitati avvicinarsi e si infilò in fretta la divisa
prima che Fred e George entrassero, ma non riuscì a smettere
di ridere.
Era ormai completamente fuori controllo.
I
gemelli le corsero incontro con le facce scure.
“Lo
stadio isterico? Non è presto per lo stadio
isterico?” urlò George sopra le sue risate,
guardando la ragazza torcersi per terra.
“Credi
che io sappia qualcosa più di te? Sembra che con Katie tutto
funzioni in maniera assurda! Spero che l'antidoto funzioni!”
La ragazza non sembrava dell'idea di prendere nulla: alle loro parole
era
saltata in piedi e si era messa a correre per la stanza, sempre ridendo
come una matta; Fred e George si guardarono rassegnati poi le andarono
dietro. Ma
mentre Katie era agile e sottile, i due gemelli erano alti e ben
piazzati e lei riusciva sempre a divincolarsi. Continuava a correre e a
farli cozzare dappertutto.
Dopo
venti minuti di inseguimenti, Fred si
spazientì.
“Katie!
Fermati o ti affatturo!” urlò alla giovane.
Lei rise più forte e scappò con più
veemenza. Fred, al limite della sopportazione, sollevò la
bacchetta,prendendo la mira; George lo bloccò.
“Ma
sei impazzito? La vuoi schiantare?” domandò
incredulo, tenendo il braccio del gemello.
“Con
te è stato l'unico modo per fermarti” rispose
l'altro
candidamente.
“Sì,
ma io sono grosso quanto te ed eri da solo. Noi siamo in due e lei
è piccola, riusciremo a prenderla!”
“Ehi,
adesso dov'è sparita?” sbottò
meravigliato, girandosi ad affrontare la ragazza.
Katie,
che poco prima si trovava di fronte a loro, si era dileguata mentre
parlavano.
Apparve
all'improvviso alle spalle di Fred, saltò su e lo
afferrò per il collo; lui, preso alla sprovvista,
cercò di divincolarsi, ma Katie si tenne stretta e si mise a
ridere mentre veniva sballottata di qua e di là; George si
gettò verso il fratello certo di averla ormai messa in
trappola, ma all'ultimo lei si scostò, mandando i due a
gambe
all'aria.
“Sempre
dell'idea di non schiantarla?” chiese scettico Fred,
schiacciato dal fratello.
“Ancora
per poco” ammise tra i denti George, scansandosi.
La
risata di Katie arrivò dall'alto:
rideva di loro mentre ciondolava sul lampadario.
I due gemelli, piccati,
si tirarono su; Katie schivò il tentativo di Fred di
afferrarla per i piedi e si gettò al di sopra atterrando due
metri più
in
là.
George
non si lasciò sfuggire l'occasione, si lanciò
verso di lei deciso e riuscì ad atterrarla.
“Presa!”
sbraitò trionfante, cercando di tenerla contro il pavimento,
“dammi la fiala, Fred!”
Riuscì
con forza a farle bere il disgustoso intruglio verde contenuto nella
fiala; Katie continuava a divincolarsi, sempre scossa dalle risa, ma
pian piano le sue spalle si rilassarono, smise di agitarsi e il riso si
smorzò sulle sue labbra.
Quando
l'ultima risata si era ormai spenta, guardò prima
George che ancora la teneva braccata a terra, poi Fred che torreggiava
su loro due. Erano sfiniti dalla caccia a Katie.
Si
ricordò di cosa aveva fatto e si sentì morire.
“Scusatemi
ragazzi...io non so che mi sia preso” mormorò
contrita e impacciata, “sapevo
che facevo ma non riuscivo a fermarmi.”
“Non
scusarti Katie, è colpa della nostra caramella”
ansimò Fred riprendendo fiato.
Katie
diede un'occhiata a George, che la osservò di rimando senza
capire.
“Mi lasci andare adesso? Sei pesante”
spiegò, visto che non
si era mosso.
Lui
si tirò su e la aiutò ad alzarsi.
“E'
tutto a posto?” chiese il ragazzo.
“Sembra
di sì. Non ho più prurito”
tirò su la
manica della divisa, “e sono scomparsi i peli
viola!”
Fred
si avvicinò di nuovo, deciso.
“Perdonami
ancora” disse scostando il colletto di Katie,
“le ali sono scomparse!”
“Sono
contenta” sussurrò lei, scansandosi.
“Le
nostre invenzioni sono ancora in alto mare e pensare che questa
pensavamo di averla già terminata”
sospirò Fred, sedendosi su una
sedia.
Katie
si sentì triste; non era stata colpa sua, ma invece che
aiutarli li
aveva demoralizzati.
“Io
sono certa che vi riuscirà e poi non è stato
meglio scoprire ora il problema, invece che nel futuro? Adesso potrete
cercare la
soluzione in modo da renderla perfetta” esclamò
fiduciosa.
“Dopo
quello che hai passato nell'ultima mezz'ora, che per inciso era
un concentrato di quello che a noi si è manifestato in tre
mesi di
prove, dovresti dissuaderci. O almeno essere contraria alla
cosa”
sbottò George scettico.
“No
ragazzi, io credo che qualsiasi cosa vi mettiate in testa, voi
possiate farla. Siete straordinari. Un piccolo intoppo vi ha mai
fermato?”
I
gemelli si guardarono in viso, più fiduciosi.
“Visto?
E' questione di tempo e pazienza. Io proverò la vostra
caramella
finché non sarà perfetta!”
In
quel momento le loro espressioni erano terrorizzate. Katie
scoppiò a
ridere,
seguita a ruota dai gemelli.
Avevano
continuato per tutto il resto della serata a ridere e fare
congetture, dimenticandosi di tutto il resto.
Katie
tornò alla realtà, la mano di Leanne che la
scuoteva.
“Allora?
Che cosa è successo ieri?” le chiese impaziente.
Guardò
di sottecchi verso Fred e George e sorrise.
“Niente,
assolutamente niente."
Note:
Il
Fooper e il Murtlap sono due animali magici descritti nel libro:
“Gli
animali Fantastici: dove trovarli; il primo se ascoltato troppo a
lungo provoca follia, il secondo produce delle appendici che se
consumate in maniera eccessiva provocano peluria viola.
Ve li immaginate Fred e George con delle pelose alucce nella
schiena? :D Fantastici!
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Capitolo 4 *** Un pozzo di segreti ***
“Guarda,
è Krum” squittì la voce della ragazzina
dietro di lei, rivolta
all'amica visibilmente annoiata. Krum stava passando nel corridoio,
col suo solito sguardo arcigno, seguito dal solito stuolo di ragazze
adoranti.
Katie
stava camminando diretta alla classe di erbologia. Aveva sonno. Dato
che quell'anno avrebbe affrontato i G.U.F.O., continuava a studiare
fino a tardi. Sognava formule e ingredienti e
incantesimi tutte le notti. Si stropicciò gli occhi e
guardò verso
l'esterno.
Il cielo grigio e la neve fioccante che intravvide
fuori dalla finestra la fecero tremare dal freddo; si strinse
più
forte nel mantello: ci sarebbe stato da battere i denti alla serra.
Era
ormai Dicembre inoltrato e ancora nella scuola aleggiava il ricordo
della prima prova del Torneo, che aveva avuto luogo ben tre settimane
prima. Krum aveva guadagnato ancora più ammiratrici.
Vedere dei
draghi così da vicino aveva scosso tutti e guardare Harry,
nonostante la giovane età, superare la prova con classe,
aveva fatto
sì che tutti iniziassero a vederlo sotto una luce nuova.
Katie era
contenta, sapere che erano in molti ora a sostenerlo la faceva
sentire felice.
Leanne
la raggiunse trafelata.
“Eccomi.
Sono riuscita a chiedere al professor Vitious se questa sera posso
partecipare anche io alla classe extra di incantesimi”
ansimò,
aggiustando il suo passo per stare al fianco di Katie.
Leanne era
brava in incantesimi, ma la settimana prima era stata a letto con
l'influenza, perdendosi due lezioni con Vitious e dato che detestava
rimanere indietro e vedere i suoi voti abbassarsi, aveva deciso di
optare per le lezioni extra.
“Chi
credi che inviterà al Ballo? Una ragazza di
Hogwarts?” sentirono
chiedere alla ragazzina.
Ormai
l'unico argomento di conversazione dentro e fuori Hogwarts era
l'imminente Ballo del Ceppo. Ogni ragazza si chiedeva isterica se il
ragazzo dei propri sogni l'avrebbe invitata o meno, i ragazzi
si trovavano impacciati a chiederlo alla ragazza designata, davanti a
tutti. Alcune ragazze temerarie osavano andare a invitare di persona
i ragazzi.
Katie non la viveva in nessun modo particolare, non
c'erano speranze che Fred decidesse di invitarla. Era perfettamente
conscia del fatto che fosse popolare: bello, divertente, sicuro
di sé, fantastico nel Quidditch, aveva un sacco di ragazze
che
morivano segretamente per lui. Lei inclusa. E di certo non avrebbe
mai avuto il coraggio di andare ad invitarlo: e se le avesse riso in
faccia?
“Più
il Ballo si avvicina, più le ragazze diventano
patetiche” sbottò
Leanne scoccando un'occhiataccia alle ragazzine.
“Devi
cercare di capirle! Non capita tutti i giorni un ballo elegante a
scuola e tutte sognano di andare col ragazzo per cui hanno una
cotta”
le difese Katie.
“E
tu con chi vorresti andarci?” domandò l'amica con
un sorrisino
ironico.
Katie
irrigidì lievemente la mascella.
“Non
ho nessuno in mente di particolare. Potrei benissimo andare da
sola!”
commentò, un po' rigida.
In
realtà una microscopica parte di lei sperava ancora che Fred
si
facesse avanti: mancavano meno di due settimane al Ballo e lui non
aveva ancora invitato nessuna.
Poteva
sperare che per un mistico e strano destino Fred la invitasse?
Nelle
ultime settimane Katie e i gemelli si erano avvicinati moltissimo.
Lei
provava le loro caramelle e i due cercavano i rimedi alle sue
reazioni. Si erano incontrati due o tre volte la settimana, nella
stanza non utilizzata, e dopo che lei aveva provato le loro
invenzioni, avevano atteso per scoprire eventuali imperfezioni. Si
ricordò di quando i suoi capelli si erano trasformati in
serpenti e
Fred era stato morso o di quando la sua pelle aveva cambiato colore
diventando verde acido; fortuna che i gemelli riuscivano sempre a
tenere le situazioni sotto controllo.
Molte
delle loro caramelle ormai erano completate. E Katie era contenta,
era stato anche un po' merito suo.
La prima volta che si era
trasformata in canarino, senza avere nessun'altra reazione allergica,
i due l'avevano abbracciata di gioia, poi l'avevano alzata in
trionfo, prima di rimetterla giù in fretta dato che aveva
sbattuto
la testa contro il lampadario. I gemelli le avevano dato pacche sulla
testa, mortificati.
Ma da quello a essere invitata al Ballo c'era un
sacco di differenza. Fred si era sempre mostrato affettuoso, ma solo
come amico, non c'era stato nemmeno il minimo accenno da parte sua di
un vago, lontano o remoto interesse per lei.
-Come dargli torto?
Lui è uno dei ragazzi più famosi della scuola! Tu
non sei nulla!-
Il
vento gelido le assalì con violenza una volta uscite dal
portone, i
grossi fiocchi che schiaffeggiavano i loro visi.
Katie
smise di fantasticare per concentrarsi sul tragitto; la neve si
attaccava alle scarpe rendendole più pesanti e bagnava
l'orlo del
suo mantello facendole venire freddo.
Una
volta dentro alla serra non ebbe il tempo di pensare a Fred o al
Ballo: la professoressa Sprite li mise
in guardia dai morsi del geranio zannuto, perciò vi
dedicò tutte le
sue attenzioni.
Era
arrivata l'ultima settimana del trimestre prima delle vacanze
invernali.
Katie
e Leanne stavano terminando un compito per pozioni, sommerse sotto
una montagna di libri in sala comune; il cielo serale fuori dalla
finestra era scuro, ma limpido. Katie si era appena bloccata con la
piuma a mezz'aria a guardare l'amica.
“Ci
vai con Sam? Sul serio? Quando ti ha invitata?”
domandò a una
Leanne per nulla imbarazzata.
L'amica
le fece cenno di abbassare la voce guardandosi attorno, la sala
era piena di gente e Sam, Samuel, il ragazzo coi capelli neri
del settimo anno, era a portata d'orecchio.
Katie
guardò alla sua destra Ron Weasley costruire un castello di
carte
molto attentamente, temendo che scoppiasse da un momento all'altro.
“Mi
ha fermata dopo difesa contro le arti oscure e mi ha
invitata”
sussurrò Leanne.
“Non
è come credi tu” aggiunse, notando lo sguardo
emozionato di Katie,
“gli ho detto che andremo solo da amici e lui si è
detto
d'accordo.”
Leanne
poteva sembrare cinica e distante, ma Katie sapeva che la sua era
solo una posa: era una ragazza dolcissima sotto la scorza dura; il
suo atteggiamento distaccato tuttavia, non le dava soddisfazione
quando la punzecchiava.
Fred
e George le superarono confabulando; li seguì con lo sguardo
finché
non raggiunsero il tavolo dove c'era Ron, che aveva appena perso le
sopracciglia allo scoppio del castello di carte. Li osservò
ridacchiare del fratello. Chissà se Fred aveva
già invitato
qualcuna.
“Oh,
aspetta” si girò di scatto verso Leanne,
“se vai al Ballo con un
ragazzo voglio darti una cosa!”
Scattò
su e corse verso le scale diretta al suo dormitorio.
Frugò
nel baule con foga, cercando una scatolina piatta e verde. Intravide
il fiocchetto sotto l'orlo del suo abito da sera; tolse fuori
quest'ultimo con garbo, lo guardò un attimo con aria
trasognata, poi
l'appoggio sul suo letto. Ormai non sperava più di andare
con Fred, ma non le importava. Si era detta che probabilmente non
faceva differenza, che sarebbe stata bene anche da sola; aveva
rifiutato gli inviti che aveva ricevuto non perché sperasse
che Fred
la invitasse, ma per non illudere nessuno. E credeva fermamente che
ad andare senza accompagnatore non ci fosse niente di sbagliato.
Prese
la scatolina e fece un sorriso.
Quando
scese giù, l'aria era decisamente diversa, le
ragazze si
scambiavano risolini eccitati e chiacchieravano concitate.
“Voglio
che tu indossi questa” disse porgendole il pacchetto, cercando
di non
pensarci.
Alla sua destra Angelina e Alicia mormoravano tra loro,
sorridendo emozionate.
Mentre
Leanne apriva la scatola con aria un po' imbarazzata, Katie
domandò:
“mi sono persa qualcosa?”
La ragazza si bloccò col coperchio
aperto a metà e sollevò lentamente lo sguardo su
di lei.
Respirò
profondamente valutando le parole da dire.
“Fred
ha... appena...invitato Angelina al Ballo” sospirò
infine l'amica.
Katie
sentì qualcosa di indefinito tra lo stomaco e la gola
incrinarsi.
Riuscì incredibilmente a tenere su il sorriso, ma
d'un tratto la sala comune non le sembrò più
accogliente e calda,
era stretta e soffocante e voleva uscire da lì.
Sentì la voce di
Leanne da lontano che cercava di distrarla, dicendole quanto fosse
bella la collana che le aveva prestato, che era onorata e
chiacchiere, chiacchiere, chiacchiere.
Il
suo cervello vagava: vedeva il sorriso allegro di Angelina,
palesemente contenta di andare al ballo con Fred.
-Che
sciocca Katie, come puoi anche solo aver pensato di poter arrivare al
livello di Angie?-
Continuò
a farfugliare risposte vaghe a Leanne, poi saltò su di botto.
"Non
ho preso il compito di erbologia dalla biblioteca! L'ho lasciato tra
le pagine del libro! Devo consegnarlo domani, se vado ora sono ancora
in tempo!” snocciolò tutto di un fiato, uscendo
come un tornado
dal buco del ritratto.
Leanne
rimase interdetta e la guardò uscire, con uno sguardo
preoccupato.
Katie
corse via, non era nemmeno preoccupata di scegliere una
destinazione.
Sperava
di essere stata abbastanza naturale con Leanne, ma sapeva quanto
fosse perspicace.
Dopo qualche minuto smise di correre e si limitò
a camminare per corridoi deserti, cercando di evitare fantasmi e
sperando di non incontrare Pix o Gazza.
Fred
e Angie...aveva senso. Erano perfetti. Belli, atletici, bravi,
sicuri.
Perfino lei parteggiava per loro; eppure quel dolore al
petto le faceva male. Doveva togliersi quella pesantezza dal cuore,
voleva parlare con qualcuno, sfogarsi.
Ma non aveva mai detto a
nessuno di avere una cotta per Fred, nemmeno a Leanne; le voleva
bene, ma si sentiva bloccata.
Non riusciva semplicemente a
dirglielo. Forse perché dirlo ad
alta voce avrebbe
reso la cotta più seria.
Per
quanto avrebbe vagato prima di sentirsi meglio? Senza accorgersene si
trovò davanti al portone d'ingresso e notò che
non era chiuso; lo
spalancò con tutte le sue forze, uscendo fuori dal castello,
all'aperto.
L'aria fredda le sferzò il viso dandole sollievo; le
era sembrato di non aver respirato nell'ultima mezz'ora.
Inspirò a pieni polmoni, lasciando che l'ossigeno le
riempisse la
testa e il cuore, cercando di raffreddare il dolore.
Guardò
il cielo limpido trapunto di stelle, lontane, scintillanti,
incuranti. Voleva volare, quanto le mancava volare. Lassù
tra le
stelle e le nuvole tutto sarebbe sembrato piccolo, insignificante.
Fu tentata di andare al campo di Quidditch e prendere una delle scope
della scuola. Avrebbe dovuto superare la carrozza di Beauxbatons e la
nave di Durmstrang per arrivare al campo; non le sembrò una
buona
idea.
Voleva
un modo per sfogarsi, per buttare via il suo dolore.
Poi un'idea
le balenò alla mente: il pozzo dei segreti.
C'era,
a Hogwarts, un pozzo magico, in un punto imprecisato della foresta,
più a sud della capanna di Hagrid; ormai era stato
completamente
dimenticato dalla memoria degli studenti. Katie ricordò di
averlo
sentito da sua nonna, ma ricordava di aver sempre pensato fosse
un'invenzione della strana vecchina.
Se avessi confessato al pozzo
i tuoi segreti, le tue paure o il tuo dolore, per magia ogni cosa
sarebbe scomparsa; questo le aveva raccontato sua nonna.
Era
solo una leggenda, Katie lo sapeva, ma non vedeva nulla da perdere a
provare a cercarlo. Con rapidi passi si diresse verso il limitare
della foresta, facendo attenzione a cancellare le sue impronte dietro
di sé.
Oltrepassò la capanna di Hagrid in silenzio, a piccoli
passi, e si inoltrò nella foresta: appena ebbe superato i
primi
alberi i suoi occhi furono attorniati dall'oscurità; strinse
decisa
la bacchetta nella mano poiché sapeva, o perlomeno
sospettava, che
genere di creature abitassero lì dentro.
Non trovò comunque
sicuro accenderla vicino alla capanna e così
camminò piano al buio,
seguendo una leggera luminescenza bluastra in lontananza, emozionata.
“La
sua luce blu ha il potere di calmarti” le diceva sua nonna
quando
le raccontava del pozzo.
Quello
si delineò pian piano davanti a lei: era circondato da un
muro in
pietra che si apriva con un elaborato cancello in ferro.
Il
pozzo era piccolo, sormontato da un arco argenteo illuminato dal
bagliore bluastro che esso stesso emanava.
Katie
si avvicino cauta, un po' timorosa; aprì il cancello
lentamente e lo
richiuse una volta entrata.
Dentro al muro che circondava il pozzo
il freddo era scomparso, l'aria era tiepida e profumata. Si sentiva
bene, leggera.
Si fece avanti, era quasi arrivata a toccare il
pozzo, quando una voce la fermò.
“...voglio
che spariscano. Queste sensazioni, questo senso di inadeguatezza,
devono sparire!” urlò una voce distorta al di
là del pozzo.
Katie
si accorse che qualcuno stava già usando i poteri del posto
e si
sentì a disagio. Voleva andare via, ma si sentiva bloccata,
imbarazzata.
“Mi
detesto, detesto questo mettermi sempre a confronto, il senso di
inferiorità che provo verso di lui. Perché devo
sentirmi così
inutile? Perché mettermi in competizione con mio
fratello?”
Non
voleva origliare, voleva andare via, lasciare che quell'ignoto
studente si sfogasse nella solitudine senza essere spiato. Katie non
avrebbe voluto che qualcuno l'ascoltasse. Ma per quanto provasse non
riusciva ad andare via, che fosse magia o il dolore che sentiva in
quella voce a bloccarla, era incollata in quel luogo.
La ragazza
pensò: un ragazzo afflitto dal confronto col fratello...Ron?
Era
lui il ragazzo al di la del pozzo?
Ma poi ci ragionò su: Ron si
sentiva inadeguato nel confronto con tutti i suoi fratelli, non solo
con uno.
“Mi
sento sporco, odio quando la gente ci chiama con un unico nome: Fred
e George, fredegeorge, sembra che non possiamo esistere scissi.
Sembra che agli occhi della gente non abbiamo due caratteri distinti.
Siamo un unica entità, sono solo l'appendice di
Fred.”
Katie
portò le mani alla bocca per soffocare un'esclamazione
sorpresa.
Era
George!
Non poteva crederci: lo studente inadeguato e arrabbiato
con sé stesso, dall'altra parte del pozzo, era George
Weasley! Il
ragazzo simpatico, divertente e allegro che con suo fratello faceva
divertire tutti.
Non aveva mai nemmeno sospettato che George
potesse pensare quelle cose, che si sentisse inadeguato, che non
avesse fiducia in sé stesso. Come riusciva ad apparire
sempre sereno
e allegro se pensava quelle cose? George indossava una maschera da
Fred?
“Allora,
pozzo? Vuoi portarti via questo dolore? Puoi darmi un po' di pace,
puoi farmi stare meglio?” disse infine il ragazzo.
Adesso
la sua voce non suonava arrabbiata, solo triste, angosciata.
Katie
era commossa, sentiva il cuore gonfio di dolore a pensare a George,
rannicchiato sul bordo di quel pozzo a rovesciare giù la sua
tristezza.
Si
tirò indietro piano per scappare via, ma calpestò
un ramo,
spezzandolo. Lo schiocco della rottura risuonò nel silenzio
come un
colpo di fucile. Katie imprecò sottovoce per il tempismo e
la
fortuna.
Vide
con terrore la figura indistinta di George trasalire al suono e
tirarsi su circospetta.
“Chi
c'è? So che c'è qualcuno!”
urlò forte nella sua direzione.
Katie
si fece avanti e si sporse oltre il bordo del pozzo.
“Io...io
ti chiedo scusa. Sono venuta al pozzo e non pensavo di trovarci
qualcuno. Non volevo origliare” esclamò sincera.
George
rimase in silenzio per interminabili istanti.
“Tu,
quanto hai sentito?” domandò infine cauto.
Katie
vide che si sporgeva sospettoso verso di lei.
“Sono
appena arrivata” mentì decisa. Non voleva mentire,
ma sarebbe
morta piuttosto che mettere a disagio George.
Il ragazzo stette in silenzio e sembrò valutarla, vide la
sua figura
muoversi di qua e di la, soppesando le sue parole.
Se
non le avesse creduto? Se si fosse avvicinato e avesse capito che era
lei? Avrebbe perso la sua amicizia?
“D'accordo,
sceglierò di crederti” mormorò lui con
voce debole.
La giovane sembrò aver ripreso a respirare.
“Io
vado via. Scusami ancora” suggerì Katie voltandosi.
“No
aspetta!” l'esclamazione di George la bloccò,
“rimani. Andrò
via io.”
“Ma
no, non è giusto. Tu eri qui da prima e il mio problema
è una
sciocchezza” protestò con veemenza lei.
“Come
può essere una sciocchezza se ti ha spinto a uscire nel
cuore della
notte e ad inoltrarti nella foresta proibita?”
domandò l'altro,
perspicace.
“Sul
serio, non è nulla di interessante, una fesseria, non dovevo
nemmeno
venire qua”
continuò lei cercando di sfuggire da quella situazione
assurda.
“Su,
di al pozzo il tuo problema. Puoi anche dirlo a me se vuoi, non so
chi tu sia quindi non posso fare la spia” mormorò George.
-Dire
a George che era innamorata non corrisposta di suo fratello? Ma
nemmeno per sogno!-
Però si sentiva in colpa per aver origliato
la sua confessione. Dopo una silenziosa lotta
interiore, si
sedette sul sedile in pietra vicino al pozzo e appoggiò le
braccia
sul bordo. Inspirò un paio di
volte, per darsi
coraggio.
“Il
ragazzo che mi piace ha invitato un'altra ragazza al Ballo del Ceppo.
Vivo un amore non corrisposto. Tutto qua” confessò
tutto d'un
fiato Katie.
“Oh
beh, non mi sembra una fesseria. Immagino che un amore non
corrisposto faccia male.”
“Immagini?
Tu vivi un amore ricambiato?” chiese curiosa.
George
aveva una ragazza? Non ci aveva fatto caso; e la sua ragazza sapeva
della sua tristezza?
“No.
E' che non mi piace nessuno, non sono innamorato” ammise
George
sinceramente.
“Mai
stato innamorato?” chiese scettica. Ripensandoci non aveva
mai
visto Fred o George con delle ragazze; sembravano sempre troppo
impegnati a creare scherzi per avere tempo di dedicarsi all'altro
sesso.
“Mi
piaceva una ragazza, a dire il vero. Prima di capire che in
realtà
stavo solo cercando di mettermi in competizione con una persona per
averla” confessò il ragazzo.
“Oh”
esclamò Katie senza sapere come controbattere.
“Quindi
che farai ora?” le domandò lui, forse per sviare
dall'argomento
amore.
“In
che senso? Per il mio amore non corrisposto? Nulla” rispose
sorpresa.
“Rimarrai
ad ammirarlo da lontano? Senza dirgli nulla? Senza nemmeno
provarci?”
la interrogò incredulo.
“Sì,
sì e sì. E' mio amico e la ragazza che ha
invitato è una mia cara
amica, una ragazza fantastica. Sono felice per loro. Anche se
remotamente avessi delle speranze non mi metterei mai tra
loro!”
I
due rimasero in silenzio dopo l'affermazione di Katie.
Lei si
sentiva in imbarazzo.
Dire cose del genere ad alta voce, di notte,
a George.
Era
protetta dalla magia del pozzo, era solo per quello. Non si sentiva
spiata o giudicata, poteva dire tutto ciò che voleva e
sapeva che
nessuno avrebbe mai saputo fosse stata lei a dirlo.
D'un tratto si sentì leggera, come se buttando fuori quelle
parole
il suo dolore venisse attenuato. La magia del pozzo stava
funzionando, si disse guardandosi intorno.
La
luce che si spandeva dall'interno del pozzo illuminava debolmente
tutto ciò che la circondava, le rivelava la sagoma sfocata
di George
seduto di fronte a lei, il muretto in pietra, i piccoli ciuffi d'erba
e i minuscoli pulviscoli che turbinavano intorno a loro.
“Allora
con chi andrai?” la voce di lui la destò
dai suoi
pensieri.
“Da
sola, non bisogna necessariamente andare in coppia”
asserì
decisa.
“Ehi,
vuoi venire al Ballo con me?” gridò George di
rimando.
Katie
scoppiò a ridere.
“Mi
ridi in faccia? Sei crudele!” esclamò offeso
George, “vacci da
sola, donna di ghiaccio!”
“Scusa, ehm...grazie
dell'offerta, ma devo rifiutare” replicò lei seria.
“Donna
crudele, sei una donna crudele! Hai spezzato il mio cuore, non mi
resta che buttarmi giù dal pozzo”
esclamò lui melodrammatico,
facendo sospiri esagerati e finti singhiozzi.
Katie
faticava a smettere di ridere.
“Oh
andiamo! Potrei essere davvero brutta, sai? Un mostro!”
commentò
sorridendo.
“E
allora? L'aspetto non è tutto. Se una ragazza è
bella è una cosa
in più, non la cosa basilare. In questo io e mio fratello
siamo
completamente opposti”
si lasciò sfuggire lui.
“Tuo
fratello pensa che la bellezza sia tutto?” domandò
incredula.
Non
sapeva che Fred fosse un tipo superficiale.
“No,
aspetta, detto in questo modo sembra una persona
superficiale”
protestò lui esprimendo il suo pensiero ad alta voce,
“di una
ragazza guarda il carattere, la simpatia, l'intelligenza.
Però deve
essere anche bellissima per attirare la sua attenzione.”
Quindi
Fred puntava sempre al meglio: o la donna perfetta o nulla.
E
l'aveva ottenuta: Angelina.
Ritornò
seria, decisa a non pensare più a loro due insieme.
“D'accordo,
tu che mi dici? Vuoi parlarmi del tuo problema?” chiese
dolcemente.
“No”
rispose deciso George.
Katie
si sentì di colpo sciocca. La risposta di George l'aveva
messa a
disagio.
Il silenzio li attorniò pesante.
“Se
vuoi sapere il problema che mi affligge, devi dirmi che verrai con me
al ballo” proferì drammatico George rompendo il
silenzio.
Katie
si sentì più sciocca di prima per essere caduta
nel suo tranello.
“Non
verrei al ballo con te nemmeno se il problema che ti affligge fosse
l'essere troppo bello!”
George
rise al suo tono arrabbiato. Poi l'eco delle sue risate si spense.
“Io...sono
un ragazzo represso, vivo all'ombra del mio fantasmagorico fratello e
mi sento inutile senza di lui. Cerco di stargli dietro, di
comportarmi come penso lui vorrebbe che facessi, ma a volte mi sento
scoppiare. Mi sento una copia, sbiadita, non definita dell'originale.
Da solo non sono nulla”
confessò a disagio George.
“Non
sono d'accordo” ribatté seria e secca Katie, di
getto.
“Come
puoi dirlo?”
chiese il ragazzo colpito dalla velocità e dalla
determinazione
della sua risposta.
“Qui
siamo solo io e te, giusto? Non hai tuo fratello nascosto da qualche
parte che ti suggerisce cosa dire o cosa fare”
continuò lei sicura, “eppure
non mi sembra che tu sia noioso, o non abbia un carattere tuo. Mi
sembri spigliato e divertente.”
George
sembrò colpito dalla sua frase.
“Anzi
ti dirò di più: da quando mi sono seduta a
parlare con te ho
completamente dimenticato il mio problema, mi hai fatto stare meglio.
Sei davvero una bella persona” aggiunse con convinzione.
Katie
vide la figura sfocata tirare su le spalle, come se fosse sollevato.
“Grazie!”
esclamò George felice. “Parlami di te: per chi fai
il tifo nel
torneo Tremaghi?”
Si
trovò spiazzata dalla domanda che non aveva nulla a che fare
con il
loro discorso.
“Io...Harry
Potter. Tifo per Harry” ammise infine.
“Uhm,
dall'inizio o solo dopo la prima prova?” insinuò
George maligno.
“Dall'inizio.
Dalla sera della scelta dei campioni!” sbottò
Katie per nulla
impressionata.
“Anche
io, fin da quella sera! E scommetto che Harry può
vincere” disse
certo.
Katie
lo sapeva bene, c'era anche lei in sala comune mentre lui, suo
fratello e Lee facevano le feste a Harry e schiamazzavano emozionati.
Ed era d'accordo su Harry!
Il tono gioioso che sentì nella voce
di George la rincuorò molto; si era davvero allarmata nel
sentire
quel tono depresso e arrabbiato nella sua voce, mentre si faceva del
male gettandosi addosso solo cattiverie.
“Prossima
domanda: hai una squadra di Quidditch del cuore?”
incalzò ancora
il ragazzo.
Sembrava
trovare divertente quel doppio interrogatorio con partner ignoto.
“Appleby
Arrows” rispose fiera Katie, “quest'anno siamo
saliti alla grande
in classifica! L'anno prossimo vinceremo!”
“Oh,
una vera appassionata di Quidditch!” esclamò
sorpreso lui.
“In
famiglia si tifa da secoli per i Cannoni di Chudley”
mormorò
sconsolato George. “Ma io tifo in gran segreto per i Falmouth
Falcons. Non dirlo a nessuno mi raccomando!”
sussurrò con fare
circospetto. Katie rise ancora e ancora.
“Uhm,
allora vediamo, andiamo sul personale: che anno frequenti?”
Si
era aspettata una domanda simile. Poteva mentire per sviare i
sospetti da lei, ma prima che potesse pensare ad una scusa si
sentì
rispondere sincera: “quinto anno.”
George fece un buffo suono
che poteva essere un espressione di disgusto o una risata soffocata.
“L'anno
dei G.U.F.O.? Ragazza mia è stato un piacere conoscerti, non
credo
che ci vedremo ancora!” dichiarò deciso a Katie.
Lei
non riusciva a capire, la prendeva in giro?
“Il
quinto anno è terribile” spiegò George
intuendo che lei non
capiva, “l'anno scorso alcune persone del quinto anno insieme
a me
hanno avuto un esaurimento nervoso. Gente che sveniva, altri che non
dormivano la notte. Una ragazza è stata ricoverata
delirante. Se sei
interessato ai voti, il quinto anno è un incubo!”
Katie
non resisté, sapeva la risposta, ma volle chiederlo lo stesso.
“Tu
quanti G.U.F.O. hai preso?” domandò innocente.
George
trattenne un attimo il fiato.
“Tre”
ammise candidamente poco dopo, “ma devo ammettere che non mi
importa molto dei voti.”
“E
cosa conti di fare una volta uscito da Hogwarts?”
“Ancora
è un progetto, ma vorrei aprire un attività in
proprio” rispose
vago.
“In
bocca al lupo” replicò lei, sapendo bene che tipo
di attività
avesse in mente George.
“Ok
allora adesso ti chiedo..”
“Ti
concedo un'ultima domanda!” lo interruppe Katie.
“L'ultima?
Aah, e va bene.”
“Vuoi
venire al Ballo con me?” chiese dopo un attimo di silenzio.
Katie
rise alla sua domanda.
“No,
mi spiace. Uomo misterioso, potresti essere tu quello brutto”
rimbeccò
divertita.
“Ehi!
Io sono un bel ragazzo. Nella top five della scuola! Ti pentirai di
avermi detto di no, un giorno!”
“Sai
una cosa,” disse George quando lei smise di ridere
“questa non è
la prima volta che vengo qui al pozzo. Ma è la prima volta
che
funziona. Forse è questa la vera magia del pozzo. Due
persone si
incontrano, non si vedono, non sentono le vere voci e si possono
confidare senza timore. E andare via sollevate.”
Katie
non parlò, ma era d'accordo. Guardò
distrattamente l'orologio al
suo polso. Mancava un quarto a mezzanotte!
“E'
tardissimo! Devo andare via. Se mi trovano fuori dal dormitorio
passerò guai colossali.”
Si
alzò di scatto e fece per andarsene.
“Io...grazie,
uomo del mistero. Mi sono divertita molto stasera, incontrarti
è
stato un vero piacere. Mi sento meglio” sussurrò
sincera, la mano
sul cancello. Poi aggiunse:
“Mi
darai un vantaggio di dieci minuti?”
“Anche
quindici, tranquilla. Il piacere è stato tutto mio. Buona
notte,
donna di ghiaccio. Stai attenta nella strada del ritorno”
disse
dolcemente George.
Katie
scappò via dal rassicurante cerchio di pietra con
riluttanza; appena
fuori il freddo si fece pungente, si strinse nel mantello e corse
verso il castello.
Riuscì a scivolare dentro senza essere vista;
corse fino al settimo piano, spalancò il ritratto e
salì
velocemente su per la scala per il dormitorio delle ragazze.
Davanti
alla porta del dormitorio del quinto anno si bloccò
indecisa, poi
con uno sbuffo risoluto scese un paio di gradini e si sporse, in
attesa.
Dieci
minuti dopo il ritratto si scostò e George entrò
nella sala comune;
Katie lo vide scrollare la neve dalle scarpe mentre fischiettava.
Poi
lo guardò avvicinarsi alla bacheca e affiggere qualcosa con
un gran
sorriso; prima che lui si girasse per andare al dormitorio Katie
salì
i due gradini, aprì la porta piano ed entrò nella
stanza.
Si
infilò nel letto in silenzio per non svegliare le amiche e
andò a
dormire senza pensare nemmeno una volta a Fred e Angie.
La
mattina dopo, la Sala Grande brulicava di pettegolezzi.
“Hai
sentito? il messaggio era anche nella sala dei Grifondoro!”
sentì dire ad una piccola Corvonero che passava accanto a
loro.
Mentre
scendeva a fare colazione con Leanne, Katie era stata chiamata alla
bacheca della sala comune da Alicia.
“Katie,
guarda! Ne parlano tutti giù in Sala Grande!”
aveva detto con un
sorriso emozionato.
Nella
bacheca troneggiava un pezzo di pergamena gialla, molto visibile, con
un messaggio, in viola:
"Alla
donna di ghiaccio:
mi incontrerai ancora?
Al solito
posto, alla solita ora. Ti aspetterò.
uomo del mistero
p.s.:
terrò alla larga gli intrusi!"
Katie
aveva riletto il foglio tre o quattro volte, benché avesse
capito il
messaggio già alla prima lettura.
-Idiota
di un George!-
A
quanto pare lo stesso identico foglio era apparso nella sala di
Corvonero e di Tassorosso. Nella sala di Serpeverde non ce n'era
traccia.
Tutte
le ragazze sparlavano e facevano congetture: chi erano i due amanti
misteriosi? Dove si sarebbero incontrati? A che ora?
Erano di due case rivali? Il loro amore doveva restare segreto?
Katie
infilzò i suoi funghi con insolita violenza.
-Stupido
George! Oh, ma non ci sarebbe andata!-
-Cosa si era messo in
testa? E...se si fosse innamorato della donna di ghiaccio?- si chiese
allarmata. -No! Lei innamorata di Fred e riamata da George?
Terribile!-
Il
soggetto dei suoi pensieri si sedette con Fred di fronte a lei e
Leanne.
Due ragazze del terzo anno stavano parlando dei misteriosi
amanti accanto a George. Katie pensò di fulminarle con lo
sguardo.
O di affatturarle con la bacchetta sotto il tavolo.
George
sembrò non accorgersene o fece finta di nulla, nonostante
fosse
stato lui a mettere il foglio in bacheca non ne era minimamente
imbarazzato. Lei non voleva guardarlo in
viso, non era
sicura della faccia che avrebbe fatto.
-Stupido
George! Che bisogno c'era! Stasera aspetterai invano!-
Angelina
si sedette vicino a Fred, rivolgendogli un dolcissimo sorriso.
Katie
ignorò quel morso doloroso al petto.
“Hai
sentito dei misteriosi amanti? Non è romantico?”
chiese a
bruciapelo sporgendosi verso di lei.
La
ragazza si sentì per un attimo aggredita. Che Angie sapesse?
Fece
per rispondere, ma George la interruppe.
“Perché
danno tutti per scontato che siano amanti? Non potrebbero essere solo
amici?” sbottò deciso, guardando Angie.
Katie
si sentì sollevata. George voleva solo parlare ancora con la
misteriosa ragazza che l'aveva consolato la sera prima, niente di
romantico.
Angie si strinse nelle spalle.
“Potrebbe
ma perché tutto questo mistero?”
chiese perplessa.
Katie
non rispose, George non rispose. Incrociò lo sguardo di lei
e le
sorrise.
Forse quella sera non l'avrebbe fatto aspettare da solo.
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Capitolo 5 *** Un segreto svelato ***
Il
mantello le frusciava pesante intorno alle caviglie, la neve cadeva
fiocamente dal cielo scuro.
Scivolò
furtiva dietro gli alberi, silenziosa. Il bagliore del pozzo si
faceva sempre più intenso.
-Sei
proprio matta, Katie Bell! Vedrai che ti scopriranno,
quanto pensi di essere fortunata?-
Era
la quinta sera di seguito che andava al pozzo. Stava sfidando la
buona sorte da troppo tempo e la sua fortuna sarebbe esaurita presto.
La
sera prima, al rientro dal pozzo, aveva incontrato Pix al quarto piano.
L'aveva
rincorsa per due piani gridando e sbattendo giù le armature
prima
che Katie riuscisse a seminarlo.
Presto
sarebbe stata scoperta, lo sapeva.
-No,
sul serio! Dovresti essere china sui libri! A studiare Difesa
contro le Arti Oscure. Non dovresti scappare via di nascosto per
incontri segreti, non è da te! Sei una ragazzaccia!-
Le
sue sparizioni notturne non erano nemmeno passate inosservate:
l'acuta Leanne aveva chiesto spiegazioni proprio la mattina prima.
Era
rimasta con le braccia conserte a fissarla, torva, finché
Katie non le
aveva detto tutto.
“Sono
in punizione con Madama Pince” mentì
spudoratamente dopo alcuni
secondi, “ho rotto le copertine di alcuni libri e devo fare
l'inventario per alcune sere con lei.”
Leanne
credette alla sua storia, o fece finta di crederle e non le fece
più
domande. Si
era sentita sporca a mentire così alla sua migliore amica,
ma
non
avrebbe potuto dire la verità o Leanne le avrebbe impedito
di uscire
ancora. E in quel caso avrebbe lasciato George ad aspettare la donna
di ghiaccio, senza sapere come mai fosse
scomparsa. Non
se la sentiva.
O forse voleva solo andare a quel pozzo, infrangendo
le regole.
Eppure
si era sempre definita una ragazza assennata; a volte anche troppo.
Non era mai stata avventata o una testa calda, non aveva mai avuto il
coraggio di andare contro le regole o di rischiare, se non era sicura
di riuscire. Leanne una volta le aveva detto di essere fiera di lei
per aver fatto le selezioni per il ruolo di cacciatrice, per non aver
ceduto alla paura. Ma Katie di paura non ne aveva avuta; sapeva che
avrebbe potuto farcela, perché non c'era cosa che le
piacesse di più
che volare. Solo sulla scopa riusciva ad essere una persona sicura;
coi piedi per terra era impacciata e goffa.
Si
era chiesta più e più volte cosa la spingesse ad
andare a quegli
appuntamenti, ma non sapeva rispondersi; sapeva solo che passava la
giornata a pregare che il tempo passasse velocemente per far
sì che
la sera arrivasse presto. Voleva andare al pozzo, voleva incontrare
George e parlare con lui, ascoltare quello che le avrebbe raccontato;
voleva ridere e sentirlo ridere.
Il
ragazzo era già li ad aspettarla, come la sera prima, come
ogni
sera. La sua figura curva le apparve illuminata dal bagliore del
pozzo.
“Buona
sera donna di ghiaccio. Tutto a posto?” domandò
George, senza
nemmeno alzare la testa.
Sentiva
sempre il momento in cui si avvicinava, non riusciva a coglierlo di
sorpresa. Katie si sfilò i guanti e si sedette sul sedile in
pietra.
“Ieri
sera Pix mi ha quasi presa. Ho corso come una folle per tutto il
castello. E sono stata quasi schiacciata dalle armature che mi
lanciava addosso.”
George
scoppiò a ridere rischiando di cadere dentro il pozzo.
“Io
non l'ho trovato divertente! Ero terrorizzata”
sibilò risentita.
Dovette ammettere che tolta la
paura di essere scoperta la scena era
piuttosto comica.
“Mi...mi
dispiace” annaspò George, cercando di riprendere
fiato.
"A
me non è successo nulla, sul serio. Forse Pix era stremato
dal
vostro inseguimento”
continuò cercando senza
successo di frenare le risa.
Iniziarono
a chiacchierare, del più del meno, di cose frivole, di cose
serie,
come avevano fatto ad ogni appuntamento.
Katie
aveva scoperto un George completamente nuovo. Durante
quegli incontri aveva ammesso a sé stessa che in effetti
anche lei
lo aveva sempre considerato la spalla di Fred.
Fred
spiccava tra i due, era il trascinatore, la testa calda, l'elemento
dominante. Sicuro, sbruffone e carismatico.
George,
aveva scoperto, era più riflessivo. Era
sensibile e insicuro, costantemente schiacciato dalla presenza del
gemello.
Ma
era anche divertente, premuroso e dolce.
Un
piccolo fiocco di neve cadde dal cappuccio, finendo sulla sua mano.
Lo guardò sciogliersi al contatto del calore della sua pelle.
Così
era George, un delicato fiocco di neve. Anzi no, non solo lui. Anche
Fred lo era. Fred e George erano come due fiocchi di neve.
Erano
identici all'apparenza, ma visti da vicino si scoprivano le
differenze, le sfaccettature. E tutti sapevano che non esistevano
fiocchi di neve uguali in tutto e per tutto.
Katie
si riscosse da quei pensieri, dandosi della sciocca. Poi si
ricordò
una cosa.
“Potresti
per favore non mettere più messaggi in bacheca? Mi sento a
disagio
ogni volta che li vedo! E se qualcuno scoprisse tutto?”
esclamò terrorizzata alla sola idea.
George
aveva continuato ad affiggere messaggi per lei, non più per
chiederle un appuntamento, dato che si mettevano d'accordo
lì al
pozzo, ma per lasciarle messaggi che richiamavano una battuta o che
le auguravano buona giornata o che le consigliavano il tipo di
pettinatura. Katie li leggeva ogni giorno sempre più
imbarazzata, ma
sapeva che George stava solo continuando a prendere in giro l'intera
scuola con la storia dei due amanti.
“Non
facciamo nulla di male. A parte uscire dal castello di notte da
soli...ma quello non è male” scherzò
lui con tono leggero.
“Ma
come fai a metterli in tutte le bacheche?” domandò
Katie curiosa.
Nella loro sala comune poteva provvedere da solo ma sapeva che anche
nelle altre appariva il messaggio: come poteva George entrare nella
sala di Tassorosso e Corvonero?
“Ho
chiesto agli elfi domestici di affiggerli di notte!”
Katie
rimase ammutolita nel pensare a quanto si fosse ingegnato per
tutta quella storia.
“A
proposito del messaggio di stamattina, cosa mi rispondi?”
incalzò il
ragazzo.
Quella
mattina, oltre ad una lista delle cose che amava sentirsi dire, tra
cui “magnifico”, “eccelso” e
“prestante”, c'era un
p.p.s.:
"Allora,
vieni al Ballo con me?"
Gliel'aveva
chiesto ogni sera, alcune sere anche due o tre volte. Katie
continuava a rifiutare. Sentiva
che George lo faceva perché provava pena per lei e non
voleva.
“No,
mi spiace, e credo che sia ora che tu inviti una ragazza. O andrai al
Ballo da solo”
“D'accordo,
andrò solo. Poi mi basterà cercare una ragazza
sola e saprò che
sei tu. Ah, vedrai come ti smaschererò!”
Katie
rise di gusto immaginando la faccia di George.
“Non
riesco a credere che nessuno ti abbia invitata al ballo. Voglio dire,
sei una ragazza così simpatica, divertente.”
Katie
si imbarazzò per i complimenti e si sentì
arrossire.
“In
realtà...ho ricevuto tre inviti, ma non me la sono sentita
di
accettare” balbettò imbarazzata.
Un ragazzo
del suo anno, uno del quinto di Tassorosso e uno del settimo di
Grifondoro, sicuramente a causa della sua fama come cacciatrice.
“Tre?
Senza contare il mio?” domandò sgomento George.
Katie
annuì.
“Ma
allora devi essere bellissima! E popolare! Sono tentato di scavalcare
il pozzo e venire a vederti” disse lui, alzandosi in piedi.
Lei gridò allarmata:
“se ti avvicini ti schianto!
Giuro!”
George
si risedette, ridendo.
“Scherzavo,
scherzavo!” disse alzando le braccia “ma sul serio,
cos'ha di
speciale questo ragazzo da renderti così innamorata da farti
stare
sola?”
Katie
guardò imbarazzata la punta delle sue scarpe. Lui non poteva
vederla, ma lei si vergognava comunque a tenere il viso su mentre
parlava.
“Lui
rende tutto più luminoso. Riesce a trasformare ogni giornata
triste
in una splendida giornata. Non puoi evitare di notare la sua
presenza, è carismatico, è sicuro, un vero
uragano.
Tutto
il contrario di me” ammise
sottovoce.
“Mi
ricorda mio fratello. Sei innamorata di mio fratello?”
domandò
George.
Katie
si gelò lì dov'era...le generazioni future
avrebbero trovato la sua
statua con scritto: un'idiota scoperta per la sua bocca troppo
grande. Si
ricompose in fretta.
“Non
so che dire, potresti essere chiunque, tuo fratello potrebbe essere
chiunque.”
-Katie
Bell morditi la lingua la prossima volta!-
“Sai
che ti dico? Se non ti ha notata è un'idiota. Dimenticalo e
passa a
qualcuno che ricambi. Io sono libero. Vuoi venire al Ballo con
me?”
Katie
sorrise, George aveva appena dato dell'idiota a suo fratello!
“Per
la centesima volta, no!”
“Ma
sei proprio cinica. Crudele. Acida. Insensibile. Senza cuore”
elencò
George con voce stentorea. “Ti
vedo bene come strega cattiva delle favole! Cattiva, perfida, senza
cuooooooooore” cantilenò
verso di lei.
“Le
tue offese non mi toccano minimamente!” reagì
tranquilla Katie.
“E'
perché hai il cuore di ghiaccio, donna di
ghiaccio!”
“Vuoi
restare lì a offendermi per tutta la sera o vogliamo parlare
d'altro?” tagliò corto la ragazza.
“E
va bene” sospirò George in maniera teatrale,
“dimmi: nel tempo
libero che fai? Si insomma, quando non studi o fuggi dal castello per
incontrarti con me.”
Katie
sorrise pensando che, in effetti, erano ormai le sole cose che
facesse.
“Qua
a Hogwarts non ho molto tempo libero. A casa passo molto tempo a
volare, adoro volare. Sono capace di stare su ore e ore sulla mia
Comet” mormorò sognante.
D'un
tratto si ricordò: George sapeva che aveva una Comet! Non
era più
semplice dirgli direttamente: ciao, sono Katie Bell!?
Lui
sembrò non averlo notato.
“Volare
piace anche a me. Soprattutto quando spingi la scopa al massimo e
senti le orecchie fischiare!” commentò entusiasta.
Katie
conosceva quella sensazione, d'un tratto smettevi di essere una
strega sulla scopa e diventavi vento.
“Conosco
poche ragazze a cui piace volare” mormorò lui
colpito.
“Dimmi
una cosa” esordì lei curiosa, “non
c'è davvero nessuna ragazza
che vorresti invitare? Non per forza una di cui sei innamorato, anche
solo che trovi simpatica.”
“Immagino
di dovermi limitare a quelle che non hanno ancora un accompagnatore,
giusto?” replicò lui pensieroso, “sono
poche.”
Lei
ancora non aveva un accompagnatore, ma a George evidentemente non era
nemmeno balzata alla mente.
-Tale
e quale a tuo fratello!-
“Allora
dimmi se ce n'è una che avresti voluto invitare anche se
ormai è
già stata invitata!” accordò lei.
Avrebbe
descritto Alicia o magari Angelina? Che sarebbe successo se avesse
scoperto
che George era innamorato di Angie, ma si era tirato da parte per
Fred? Scenari degni di romanzi rosa si affollavano nella sua mente.
Li scacciò via scrollando la testa, inorridita.
“C'è
una ragazza che vorrei invitare a dire il vero”
dichiarò George,
dopo qualche attimo di riflessione. “Siamo buoni amici e lei
è
davvero carina. Solo che” abbassò il tono di voce
quasi avesse
paura di essere ascoltato, “gira voce che odi gli uomini.
Pare che
abbia ricevuto parecchi inviti, ma che abbia rifiutato tutti senza
battere ciglio. Non ha ancora un accompagnatore. Molti vorrebbero
invitarla, ma hanno paura di essere scartati. Non so se me la
sento.”
Di
chi stava parlando? Non conosceva nessuna ragazza che corrispondesse
alla descrizione, ma forse non era una Grifondoro.
“Fa parte della tua casa?”
domandò, cercando di
suonare casuale,
incuriosita dalla descrizione.
“Sì,
un anno dietro a me. E' simpatica e divertente e ha un bel sorriso. E
vedessi come vola bene sul campo da Quidditch!”
aveva
raccontato lui, entusiasta.
Katie
arrossì nell'oscurità. Stava parlando di lei! Si
vergognò
moltissimo, soprattutto della descrizione da donna di ghiaccio che
girava tra i ragazzi.
“Forse
dovresti lasciarla perdere” disse con voce strozzata,
“sono
sicura che ce ne sarà qualcuna più
simpatica.”
L'ultima
cosa che voleva era convincere George ad invitarla al ballo.
“Non
so. Io dico che ne vale la pena. Domani credo che la
inviterò, visto
che tu mi rifiuti sempre. E se accetta le chiedo anche di uscire
insieme!” sbottò lui deciso.
Trasalì inorridita. Non stava dicendo sul serio!
Avrebbe
evitato George Weasley come Piton evitava lo shampoo, da quel momento
in poi.
“Non
è meglio invitare una ragazza di un'altra casa?”
domandò per
cercare di convincerlo a desistere.
“Tu
di che casa fai parte? Non vuoi dirmelo?” tentò
furbo George.
-Certo
che no! Scordatelo proprio, George Weasley!-
“Riusciresti
a scoprire chi sono se lo facessi e tutto il senso di questi incontri
ignoti andrebbe in fumo” rispose gentile Katie.
“E'
per questo che non vuoi venire con me al Ballo?” chiese per
l'ennesima volta.
“Credo
di sì. Non pensi che se ci incontrassimo tutto sarebbe
diverso? Pensa
se per esempio noi già ci conoscessimo, l'imbarazzo sarebbe
così grande che non riusciremmo più a
parlarci.”
“O
forse avremmo solo scoperto una grande amicizia. Una vera amicizia,
ci siamo detti i nostri segreti più profondi, cosa potrebbe
cambiare
se ci vedessimo?”
-Che
tu, sapendo che sono Katie, faresti due più due e capiresti
che
parlo sempre di tuo fratello!-
“Lasciamo
tutto così, amico del mistero” sussurrò
dolce.
*
Era
la sera prima del ballo.
Tutti
erano andati a letto presto, con volti tesi, volti eccitati, in
attesa di ciò che sarebbe avvenuto l'indomani.
Katie
era arrivata al cancello del pozzo. Non aveva mancato una sera, ogni
giorno alla stessa ora si era presentata all'appuntamento e aveva
chiacchierato a lungo con George, si era confidata, sfogata, aveva
riso, si era arrabbiata.
Mentre
stava per chiudere il cancello alle sue spalle un bagliore argenteo
sul bordo del pozzo colpì la sua attenzione. Katie si
precipitò a
vedere cosa fosse.
Una
piccola rosa bianca era appoggiata sul bordo: la prese tra le mani e
la annusò dubbiosa. Non
scoppiò, non spruzzò liquidi strani e non
cercò di morderla.
George
sembrava aver intuito la sua perplessità.
“E'
una rosa! Non ti può far del male.”
“E
a cosa devo il regalo?” chiese colpita, dato che aveva
appurato non
fosse uno scherzo.
“Sono
diventato malinconico all'idea che oggi sarà l'ultima volta
che
posso chiederti se vuoi venire al Ballo con me”
mugolò George, la
voce triste.
Katie
sorrise dietro la rosa.
“E
sarà l'ultima sera che potrò
rifiutare!” dichiarò con voce
teatrale. George
rise della risposta sullo stesso tono di lei.
“Oggi
mi stavo chiedendo: tuo fratello non ti ha detto nulla anche se
andrai al ballo da solo?”
Era
curiosa, non credeva che Fred non avrebbe tediato George all'infinito
per trovare una ragazza per il ballo.
“Mio
fratello non lo sa” ammise candido.
“Cosa
significa?” domando, fortemente perplessa. Come poteva il suo
gemello, dal quale non si separava mai, non sapere che non aveva
invitato nessuna?
“Che
gli ho mentito. Continuava a dirmi di trovarmi una ragazza da
invitare, una carina, così gli ho detto che avevo
già una compagna
e che era uno schianto! Ma che non volevo rovinargli la
sorpresa.”
“Ma
domani scoprirà che non è vero! Come te la
caverai?” strillò
scettica lei.
“Posso
dire che all'improvviso si è sentita male. Oppure puoi
salvarmi e
venire con me al Ballo!” insisté ancora il ragazzo.
-Si
certo George, voglio sapere come farai a giustificare il tuo
“da
schianto” quando ti presenterai con me!-
“Per
l'ultim...”
Una
voce cavernosa li interruppe.
“Chi
c'è? Studenti nella foresta?” urlò la
voce, facendoli sussultare.
Hagrid!
“Hai
chiuso il cancello quando sei entrata?” chiese George in
fretta.
No!
Distratta dalla rosa l'aveva scordato!
Il
potere del pozzo impediva che le voci e la presenza delle persone
all'interno potessero essere percepite se i due cancelli, uno a nord
e uno a sud, erano entrambi chiusi.
George
non attese la risposta di Katie, i passi di Hagrid si facevano sempre
più vicini; separò la distanza tra loro con due
falcate, l'afferrò
per la mano e la trascinò via attraverso l'altro cancello,
verso la
foresta proibita.
Katie
era stordita e impaurita, non si era mai addentrata così a
fondo
nella foresta e non riusciva a vedere nulla. George, invece, sembrava
che sapesse dove stesse andando, perché riusciva a evitare
gli
alberi anche senza accendere la bacchetta; la guidava sicura
attraverso un percorso che lei non conosceva. La mano grande e calma
dell'amico era l'unico punto fermo in quel momento.
Il
ragazzo faceva da apripista deviando i rami del sottobosco col suo
corpo massiccio ed evitando che sbattessero in faccia a Katie. Lei
non si accorse nemmeno della sua premura, ma inciampò
un paio
di volte in qualche radice o su dei sassi e la sua caduta venne
sempre fermata dal braccio di lui.
Corsero
per almeno dieci minuti, mentre sentivano le urla di Hagrid alle
loro spalle e il tonfo sordo dei suoi passi pesanti che si
mescolavano ai loro respiri affannati.
Katie
era terrorizzata all'idea di quello che sarebbero state le voci
l'indomani se Hagrid li avesse presi.
La
faccia di Leanne, le risatine degli studenti, l'espressione beffarda
di Fred.
George
si bloccò di colpo facendola sbattere contro la sua schiena,
la
punta della sua bacchetta si accese per un attimo illuminandogli
debolmente il viso concentrato. Poi la luce si staccò dalla
bacchetta, si scisse in due e Katie guardò curiosa le
minuscole luci
scivolare via in due direzioni opposte, illuminando lievemente il
percorso che facevano.
Sembravano
due incantesimi Lumos, come se due persone si fossero separate
prendendo strade diverse.
George
la trascinò via, lontana dalle luci. Arrivati ad un grosso
albero la
fece appoggiare alla corteccia, poi si nascose anche lui
avvicinandosi a lei. Katie cercò di riprendere fiato senza
far
troppo rumore.
“Cos...”
esordì, ma la mano di George le coprì la bocca,
un
braccio
appoggiato all'albero poco sopra la sua spalla.
“Sssshh!”
sibilò piano lui.
Hagrid
passò vicino a loro due facendo tremare il terreno, Katie
vide la
luce della lampada del guardacaccia illuminare il sottobosco.
Guardando in su vide gli occhi azzurri di George, concentrati su
Hagrid, scintillare appena.
“Scommetto
che siete i gemelli! Se vi piglio vedete che punizione!” lo
sentirono sbraitare. Si
diresse verso una delle due luci. Il bagliore tremulo della lampada
che si allontanò.
Katie
era a disagio. George era troppo vicino, sentiva la presenza del suo
corpo, il tocco delle sue mani e aveva il suo viso vicino al suo. Ed
era tutto identico a Fred. Solo il suo profumo era diverso,
ricordandole che si trovava con lui e non con Fred. Il suo respiro
caldo le solleticava la fronte. Il suo cuore iniziò a
battere forte,
-traditore!-, e Katie sperò che George non lo sentisse o
che,
perlomeno, pensasse che fosse per la corsa.
-Non
devi battere così per George! Traditore! Stupido cuore!-
Quando
fu sicuro che Hagrid fosse lontano, forse dopo un secondo o forse
dopo parecchi minuti, il ragazzo si allontanò da lei. Prese
la
sua mano
nel buio e si incamminò di nuovo verso il pozzo. Katie
lo seguì docile. Cosa sarebbe accaduto adesso?
George
la guidò al sicuro dentro il cerchio del pozzo e richiuse il
cancello dietro di sé. Lei si sedette sul sedile in pietra,
mentre lo guardava andare a chiudere
l'altro cancello, quello che lei scioccamente aveva lasciato
socchiuso. Quando
tornò indietro andò a sedersi al fianco di Katie.
Lei si irrigidì.
Lo
guardò di sottecchi. Aveva sempre tenuto il cappuccio
sul viso e
non poteva averla riconosciuta.
Vide
il viso debolmente illuminato di George girarsi a guardarla.
“Te
lo chiederò un'ultima volta. So che non sono Fred, ma
vorresti
venire al Ballo con me, Katie?” chiese dolcemente, con la
voce
profonda che lei conosceva. Scioccata,
tirò su la bacchetta e la accese. Il sorriso di George la
colpì in
pieno.
Ci
mise un attimo a capire.
“Tu...da
quando sapevi che ero io?” lo aggredì lei.
“Dal
primissimo giorno” ammise l'amico continuando a
sorridere.
Il
primo
giorno! Tutte quelle domande! Katie non aveva pensato che lui stesse
cercando di capire chi fosse! Allora, quando aveva messo quel
biglietto per rivedersi,quando aveva difeso i 'due
amanti' al
tavolo con Angie, tutte le volte che lo aveva incontrato e aveva
parlato con lui
cercando di non far trapelare nulla, quando l'aveva descritta dicendo
che voleva chiederle di uscire, lui sapeva che era lei?
George
continuò a guardarla, visibilmente allegro nell'averla
scioccata. Katie
sentì la gola secca, indecisa se schiantarlo o picchiarlo a
mani
nude.
D'un
tratto si sgonfiò, la rabbia svanita. Anche lei sapeva che
era lui
l'uomo del mistero e aveva fatto finta di nulla, perciò non
si erano
comportati entrambi allo stesso modo?
Rannicchiò
le gambe contro il petto, pensierosa.
“Come...come
mai sei così insicuro? Tutti pensano che tu e Fred abbiate
lo stesso
carattere sicuro e spavaldo, come mai invece tu soffri in questo
modo?” chiese, poggiando il mento sulle ginocchia.
Voleva
fare quella domanda dal primo giorno, ma avrebbe capito che lei
sapeva chi fosse; adesso che si erano svelati, poteva finalmente avere
una risposta.
Sentì
George respirare profondamente mentre ripescava tra i suoi ricordi.
“E'
iniziato tutto a tre anni credo. Prima di allora io e Fred eravamo
davvero identici, terribilmente identici, anche se lui era sempre un
po' più scavezzacollo. Poi successe una cosa che non ho mai
più
dimenticato” iniziò a raccontare George con voce
calma.
Katie
si girò a guardarlo, per fargli capire che aveva la sua
totale
attenzione.
“Eravamo
andati a casa di uno zio a giocare e avevo trovato nel giardino un
sasso a forma di cuore. Molto rozzo, ma comunque bello. Tornai a casa
felicissimo, intenzionato a darlo alla mamma; perché lo sai
per un
bambino non c'è amore più grande al mondo che
quello per sua madre.
E' tutto il tuo mondo a quell'età, è una sorta di
divinità che ti
ama e ti protegge a prescindere da tutto e io volevo dimostrarle il
mio amore con quell'oggetto. Arrivai in casa per primo e mi fiondai
verso di lei, con la pietra in mano. Lei la guardò commossa
e disse:
'Sei sempre così carino, Fred. La mamma ti vuole molto
bene!'
Io le
dissi che ero George e lei rise, dicendo che non ci era cascata, che
sapeva fossi Fred. Mi sentii defraudato della mia identità,
senza
nemmeno sapere cosa fosse” raccontò ancora il
ragazzo, una lieve
incrinatura della voce a far capire il dolore che quell'episodio
avesse inferto nella sua psiche di bambino.
“Ma
tua madre non l'ha fatto apposta. Non vuol certo dire che voglia
più
bene a Fred che a te!” esclamò Katie, inorridita
che lui potesse
anche solo averlo pensato.
“Lo
so. Ma da quel momento ho iniziato a chiedermi, chi era Fred e chi
George? E se la mamma, confusa, avesse continuato a chiamarci Fred e
George alternativamente, finché non abbiamo imparato quello
che più
ci piaceva senza sapere quale fosse il nostro? Se fossi
Fred?”
chiese buttando fuori anni di pensieri sulla sua
identità.
“A
prescindere dal tuo nome, tu sei tu. Non vedi che hai già un
carattere tuo? Che è diverso da quello del tuo gemello?
Pensi che
lui si sarebbe fatto queste domande? Se anche il tuo nome fosse Fred,
che importanza avrebbe? In quel caso non saresti comunque insicuro
verso George?” replicò Katie cercando di farlo
riflettere.
Lui
rimase silenzioso per un po', meditando sulle parole dell'amica.
“Sei
straordinario così come sei. Non c'è bisogno che
tu sia Fred. Sei
un George perfetto!
Le
sorrise, davvero rincuorato dalle sue parole.
“Allora
com'è che ti sei innamorata di Fred e non di me?”
fece il ragazzo
con un sorrisetto furbo.
-In
effetti, perché?- si chiese Katie. Erano identici dal punto
di vista
fisico e apparentemente anche dal punto caratteriale, anche se
adesso lei sapeva che non era vero. Allora perché si era
presa una
cotta per Fred, ma non aveva mai preso in considerazione George?
“So
che è sciocco. Ma credo sia per via dell'abbraccio post
partita
dell'anno scorso, prima non vi avevo mai visto come ragazzi, ma come
amici” mormorò cercando di arrampicarsi sugli
specchi. Il vero
perché? Perché Fred era più spigliato
e le faceva battere il cuore, ma non
poteva dirlo a George, già così insicuro.
“Se
ti avessi abbracciato io saresti innamorata di me?”
incalzò ancora
George, divertito dalla sua espressione di panico.
“Io...io...non
lo so! Come posso risponderti? Non lo so!” sbottò
prima allarmata,
poi arrabbiata quando lo sentì ridere.
“Scherzavo,
stavo scherzando!” esclamò preoccupato
quando vide il volto
di lei arcigno e furioso.
“Tu
ti sei confidato con me anche se sapevi che ero io e che avevo una
cotta per Fred. Perché?” domandò Katie
fissando un punto davanti
a sé.
“Perché
no? Mi fido di te. Sei un'ottima amica” rispose sinceramente
George.
Rimasero
un istante in silenzio.
“Allora?
Saremo due amici che vanno al Ballo assieme?”
incalzò il ragazzo.
“Amici?
Andremo da amici?”
“Certo!
Da ottimi amici” ribatté lui contento.
“D'accordo, sarò la tua compagna
domani”
mormorò Katie. George
sorrise soddisfatto.
“Andiamo,
ti accompagno alla sala comune” disse porgendole la mano. “Su,
donna di ghiaccio, non farti pregare” aggiunse vedendo che
titubava.
Katie
afferrò la mano di George e lo seguì nella strada
di ritorno al
castello.
Nessuno
dei due parlò.
Davanti
al ritratto lasciarono andare le mani e, una volta nella sala comune,
andarono a dormire senza bisogno di dire nulla.
Note:
Scusatemi,
mi sono accorta di averlo postato senza un pezzo a causa di un
discorso dentro le freccette e non le virgole! Adesso è
completo!
Grazie a chi ha messo la storia tra le preferite e le seguite! ^__^
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Capitolo 6 *** Danze, corse e baci a Natale ***
Katie
si sporse sulla balaustra, guardando in giù, verso la sala
comune
gremita; tutti gli studenti che andavano al ballo erano stipati
lì
in abito da cerimonia, impegnati a chiacchierare, o a scambiarsi
consigli.
Vide
Fred e George confabulare tra loro. I loro abiti erano identici a
parte il colore: quello di Fred era blu notte, quello di George,
nero; aspettavano le loro compagne vicino al camino, ridendosela tra
loro per qualcosa che di sicuro nessun altro aveva sentito grazie al
brusio della sala.
Si
ritrasse indietro e rientrò nel suo dormitorio. Leanne si
stava
aggiustando il corpetto del suo abito verde scuro e non
notò la sua
faccia tesa.
Katie
respirò un paio di volte e si sedette sul suo letto.
Non
poteva! Scendere giù e andare sottobraccio a George al
Ballo? Era di
sicuro impazzita, già solo per aver accettato di andare con
lui. In
più aveva passato più di un'ora a prepararsi con
agitazione
crescente, quasi volesse impressionarlo. Si sentiva male. Sentiva un
nodo doloroso alla bocca dello stomaco; per tutto il giorno non aveva
visto né lui né Fred, dato che erano fuori a
giocare a palle di neve
con Harry, Ron e Hermione, e adesso non sapeva come comportarsi.
Leanne
aveva reagito in maniera insolita al suo annuncio che sarebbe andata
al Ballo con George: non aveva domandato come l'avesse invitata,
aveva solo proferito un 'così si fa!',
sorridendo. Sapeva essere
strana quando voleva.
Katie
lisciò una piega invisibile del suo abito. Era rosso
intenso,
aderente, ma non troppo, con una gonna scampanata che finiva sopra il
ginocchio, morbidamente. Quando sua madre l'aveva portato a casa,
si era detta contraria a indossarlo: era troppo sgargiante,
troppo visibile! Ma poi sua madre le fece notare come quel colore
facesse risaltare il colore della sua pelle e dei capelli castani,
come la rendesse raggiante e attraente. Ed era riuscita a
convincerla, ancora non sapeva come.
Leanne
si girò verso di lei.
“E'
ora di andare” disse, guardandola ammirata.
L'amica
le aveva acconciato i capelli in vaporosi boccoli semi raccolti
sulla nuca e aveva insistito per truccarla. Non era riuscita a
sfuggire alle sue grinfie; adesso la stava guardando con uno sguardo
dolce e
soddisfatto.
“Sei
bellissima!” le disse sinceramente.
Katie
non si sentiva affatto così, in confronto a Leanne le pareva
di
essere uno spaventapasseri coi boccoli. Nel suo lungo abito che
faceva risaltare i suoi occhi, la sua migliore amica sembrava una
principessa celtica. Katie sentiva di non arrivare a un decimo di
quella bellezza.
Mentre scendevano le
scale,
parecchie persone si girarono a guardarle; Leanne aveva attirato
l'attenzione.
Vide
George e Fred voltarsi a guardarle con un'espressione compiaciuta.
L'amico le sorrise, la squadrò
da sotto a su (indugiando un po'
troppo a
lungo sulle sue gambe scoperte, si disse Katie) e poi fece
l'occhiolino verso di lei.
-Stupido
George, non mi farò mettere in imbarazzo da te!-
Angelina,
fasciata in un meraviglioso abito color champagne, le corse incontro
radiosa, alla fine della scala.
-Ma
non è un reato essere così bella? Guarda
com'è magnifica! Il suo
aspetto, il portamento; ti ha battuta 10 a 0 Katie Bell!-
“Sei
bellissima, Angie” sospirò sincera. La ragazza le
sorrise, splendente: “Grazie, stai bene anche
tu.”
Katie vide il suo cavaliere dare di gomito al
fratello.
“Allora?”
chiese lui con un sorriso sornione.
“Ok,
lo ammetto. E' uno schianto!” ammise Fred, guardandola.
Katie
si sentì morire. Il
suo cuore si gonfiò del doppio della sua misura e
sembrò voler
scoppiare fuori dal petto. Si morse l'interno della guancia per non
ridere come un'idiota.
Si
avvicinò a George e lo prese sottobraccio. Lui si sporse
verso di
lei. “Ha ragione, sei uno schianto!”
mormorò, strappandole un
sorriso.
Lei, il suo accompagnatore, Fred e Angelina scesero
assieme fino alla Sala d'Ingresso,
stipata di tutti gli studenti di Hogwarts partecipanti al Ballo.
Le
ragazze erano splendide nei loro abiti eleganti, di ogni genere e
colore. I ragazzi le avvicinavano impacciati e facevano complimenti
sottovoce per via dell'imbarazzo.
Attesero
con gli altri studenti che il portone della Sala Grande si aprisse.
Lee si avvicinò in quel momento, tenendo sottobraccio Alicia.
-Oh
bene, mancano Harry e Oliver e qui c'è la squadra di
Quidditch di
Grifondoro al completo! Più il cronista.-
Alicia
era affascinate, aveva un abito nero che faceva risaltare i suoi
capelli biondi raccolti in un elegante chignon. Al suo bel viso
però
mancava un po' di radiosità. Katie sapeva bene con chi
sarebbe
voluta andare Alicia ad un ballo simile, ma anche se fosse stato
lì,
dubitava che lui avrebbe afferrato l'occasione.
Seguì
attenta l'entrata della delegazione di Durmstrang: Krum aveva lo
sguardo meno arcigno del solito e la ragazza al suo fianco era
davvero carina. Si sporse verso George.
“Tu
hai mai visto quella ragazza? Ha un non so che di familiare”
mormorò al suo orecchio.
Il
ragazzo si girò verso di lei, sorridendo.
“Non
dirmi che non l'hai riconosciuta!?” le chiese punzecchiandola.
Katie
la guardò attentamente e...“Hermione?
E' bellissima!” sbottò ammirata. La
guardò seguire
sottobraccio a Krum le altre coppie di campioni, verso un lato della
Sala d'Ingresso, per permettere a loro di entrare nella Sala Grande
per primi.
George
le offrì il braccio e la guidò all'interno.
La Sala Grande, oltre ai dodici alberi riccamente decorati e
splendenti,
era ricoperta di brina scintillante e dal soffitto pendevano
ghirlande di vischio e edera. Meravigliose
statue di
ghiaccio scintillavano agli angoli, assorbendo al luce e
rifrangendola in splendidi colori.
Al
posto dei quattro tavoli delle case c'erano centinaia di tavoli
più
piccoli, con tovaglie d'argento e lanterne soffuse. George le
scostò
la sedia per farla sedere poi
si sedette alla sua destra.
Al
fianco di George sedeva Angelina, poi veniva Fred, Alicia, al suo
fianco Lee, poi Padma, Ron, Ginny, Neville, una ragazza mora che
Katie non conosceva e il suo cavaliere, un ragazzo dello stesso anno
dei gemelli.
I
campioni entraono nella sala e tutti fecero un grosso
applauso, a cui si unì anche lei guardandoli scivolare verso
il
tavolo in fondo alla sala dove sedevano Silente, Karkaroff, Ludo
Bagman, Madame Maxime e...
“George,
non è Percy?” sussurrò stupefatta
richiamando l'attenzione del
suo cavaliere.
Il ragazzo fece una smorfia, guardando il suo pomposo fratello
accogliere Harry,
comportandosi come se fosse il Ministro della magia in persona, e si
voltò verso il gemello.
Fred
gli restituì lo stesso identico sguardo poi
sibilò:
“Che
ci fa qui Weatherby?”
La
cena si svolse senza troppi problemi, le pietanze ordinate
direttamente dalla carta erano favolose e Neville riuscì a
rovesciare il suo calice solo due volte.
Katie
cercava in tutti i modi di evitare di girarsi alla sua destra e di
vedere così Fred e Angelina che parlavano e ridevano tra
loro;
peccato che con la coda dell'occhio riuscisse sempre a vedere il
ragazzo sorridere. Il suo cuore era un
altalena di
emozioni e dolore: cercava davvero di godersi la serata e di non
pensare troppo, ma come poteva se si trovava allo stesso tavolo con
loro?
Aveva
seguito con interesse tutti i discorsi fatti, ma era
rimasta silenziosa per tutta la cena; George sembrò farci
caso visto
che cercava di farla intromettere facendole domande. Lei aveva dovuto
sgridarlo un paio di volte perché le rubava le pietanze dal
piatto,
facendola girare con delle scuse. Lui continuò comunque a
spiluccare il suo cibo, con un sorrisetto di sfida. Katie aveva buttato
un
paio di volte lo sguardo in direzione del tavolo in cui sedeva Leanne
e l'aveva vista intenta a scherzare con Sam su qualcosa che non
poteva sapere. Era contenta che si stesse divertendo.
Quando
la cena terminò, Silente allontanò i tavoli ai
lati della sala e
fece apparire l'orchestra; Katie osservò le quattro copie di
campioni prendere il posto al centro della sala illuminati dalle
lanterne. Harry sembrava a disagio perché, notò,
era rigido e
Calì lo dirigeva di qua e di là con energia.
Neville,
davanti a lei, porse la mano a Ginny e la portò al centro
della
pista a ballare. Ron, che durante tutta la sera aveva tenuto lo sguardo
fisso sul tavolo
dei campioni, ignorando Padma, adesso si era seduto con lo sguardo
arcigno degno di Krum, fissando proprio il campione Bulgaro ed
Hermione che ballavano.
Lee
e Alicia erano già in pista seguiti a ruota da Fred e
Angelina.
Katie stava al bordo e non
riusciva a staccare gli occhi dalla fantastica
coppia.
Fred
e Angelina sembravano nati per stare assieme, i loro passi erano
coordinati come se non avessero fatto altro nella vita che ballare.
La
canzone cambiò, un ritmo scatenato riempì la
sala. I due magnifici
ballerini si scatenarono in un ballo forsennato.
George
si avvicinò.
“Vuoi
ballare?” le sussurrò nell'orecchio, dato che la
musica era troppo
forte.
“Ma
io non so ballare!” urlò lei cercando di farsi
sentire.
George
non aveva capito. La guardava stranito e si indicava la testa. Lei
avvicinò la bocca al suo orecchio.
“Io
non so ballare.”
George
rise, divertito.
“Nemmeno
io ho mai detto di saperlo fare!”
La
portò al centro della pista e la trascinò in un
ballo assurdo. Se
Fred era sciolto e coordinato nei movimenti, George sembrava
più uno
schiopodo sui pattini. E a quanto pare si
divertiva ad
esserlo.
Katie
non la smetteva più di ridere; l'amico aveva calpestato i
piedi a
tutti nel raggio di dieci metri e lei stessa aveva ricevuto quattro
calpestamenti. Fred
si era avvicinato ballando e gli aveva urlato:
“Così si fa
fratello! Schiacciali tutti!”
Durante
il quarto assurdo ballo, Fred li raggiunse, evitando di farsi
schiacciare i piedi, e chiese a Katie:
“Posso
rubarti un momento il cavaliere?”
-In
genere si ruba la dama, ma va bene, non ci ho mica sperato, Fred
Weasley!-
Katie
annuì col capo e i due si allontanarono confabulando diretti
verso
Ludo Bagman.
Lei
si avvicinò con i piedi doloranti al tavolo dove sedeva
Angelina, si
sedette nella sedia accanto e accettò di buon grado la
Burrobirra
che l'altra le offrì. Bevve
un lungo sorso dissetante. Si
sventolò un po' con la
mano, cercando di rinfrescarsi. Lee e Alicia passarono davanti a lei
ballando in maniera entusiasta.
“Ti
stai divertendo?” le chiese Angelina sopra il frastuono.
Katie
le sorrise.
“Moltissimo!
Non c'è nemmeno bisogno che ti chieda se tu ti stai
divertendo!”
Angelina
era infatti accaldata dal ballo e sorrideva raggiante.
“Allora”
iniziò la ragazza guardandola di sottecchi, “tu e
George. Da quanto
va avanti?”
Katie
si strozzò con la Burrobirra.
“Io
e George non stiamo insieme!” sbottò decisa dopo
aver smesso di
tossire. Angelina
la guardò dubbiosa. Venne
distratta un attimo da Ginny
e Neville che passarono pericolosamente vicino a lei.
“Mi
era sembrato, sai, l'affiatamento, le vostre risate dopo esservi
guardati negli occhi, i bisbigli alle orecchie”
insinuò, per nulla convinta dal suo diniego. Katie
non poteva crederci: era questo che sembravano agli occhi degli
altri? Una coppia?
“Forse
perché George è un grande amico, il mio migliore
amico” proferì
fiera.
Che
pensassero quello che volevano, che persino Fred lo pensasse, non le
importava. Non avrebbe perso l'amicizia con George per nulla al
mondo.
“Non
ci sarebbe nulla di male se vi metteste assieme; George è un
bel
ragazzo, simpatico e intelligente. E state benissimo insieme”
osservò Angelina sincera.
Katie
rimase così scioccata che non trovò nulla per
ribattere. Si guardò
intorno cercando un pretesto per far cadere l'argomento.
Notò
Leanne seduta all'altro lato della sala.
Facendosi
largo tra la folla danzante riuscì a raggiungerla e a
sedersi al suo
fianco.
“Come
sta andando la serata?” chiese l'amica curiosa.
“Splendidamente!
E la tua?” ribatté Katie.
“Bene,
Sam è un bravo ballerino. A differenza di qualcuno che mi ha
pestato
i piedi! E non era nemmeno il mio cavaliere!”
sbottò Leanne
facendola ridere.
George
sarebbe stato ricordato per anni. Neville per lo meno si era limitato
a schiacciare i piedi solo a Ginny.
“Come
va con George?” domandò Leanne. Katie
sapeva che non stava insinuando nulla con quella frase, voleva solo
sinceramente sapere se si stesse divertendo con lui alla festa.
“Bene!”
ammise, “come ballerino è un disastro, ma ci
facciamo grandi
risate. E' davvero un amico fenomenale!”
Leanne
le sorrise compiaciuta.
“Sono
contenta! Ma per carità non farlo più ballare
questa sera! Non
potrei sopportarlo!” rincarò con una buffa smorfia.
Le
due amiche risero assieme, poi tornarono a guardare le coppie che
ballavano in pista, commentando le doti da ballerini degli amici.
Sam
si avvicinò a loro e chiese a Leanne di ballare, l'amica lo
seguì
sulla pista facendole un lieve cenno che voleva dire: “ci
vediamo
dopo!”
Katie
rimase seduta a guardarla ballare splendidamente con Sam. Quei
due, chissà, pensò.
Tutti
gli invitati sembravano divertirsi moltissimo, vedeva visi eccitati e
stanchi dappertutto, ma anche felici, sorridenti, entusiasti.
Le
canzoni si susseguivano una dietro l'altra, senza interruzioni; le
sorelle stravagarie stavano dando il massimo, tra effetti di luminosi
e pirotecnici.
D'un
tratto, Katie si accorse di Fred e Angelina di nuovo sulla pista a
ballare con passione e distolse lo sguardo cercando di non pensare a
quanto le facesse male il cuore. Era un amore
impossibile, lo sapeva dall'inizio, però il sorriso di Fred
aveva il
potere di farle battere il cuore. Non aveva mai avuto nessuna
speranza di essere notata da lui; non era bella, sicura,
affascinante e matura come Angelina, era solo una ragazzina.
E
quella era solo una cotta, si disse cercando di convincersi. Avrebbe
concentrato tutte le sue energie in qualcos'altro e l'avrebbe
dimenticato. Si augurò che il futuro ragazzo che avrebbe
amato,
fosse qualcuno che si rendesse conto della sua presenza. Che non
facesse altro che cercarla tra la folla, per stare con lei.
Persa
nelle sue riflessioni aveva seguito gli eleganti volteggi di Silente
e della McGranitt finché una mano non le aveva battuto sulla
spalla.
George
torreggiava su di lei.
“Ti
ho cercata dappertutto” mormorò chinandosi per
raggiungere il suo
orecchio. Vide
di sfuggita Angelina girarsi verso di loro e sorridere.
-Pensa
quello che vuoi!-
“Sono
venuta a salutare Leanne, poi è andata a ballare col suo
cavaliere”
si scusò Katie.
“Vuoi
ballare?” domandò lui, vedendo che seguiva i balli
sulla pista.
“Sei
matto?” saltò su lei, “mi hai pestato i
piedi per i prossimi
dieci anni!”
George
rise con lei.
“Allora
mi segui in un altro posto?” chiese allusivo. Lei
mise su una faccia dubbiosa.
“Su!
Non mordo mica!” insisté.
Katie
prese la mano che le porgeva e lo seguì nella Sala
d'Ingresso e
poi oltre il portone del castello. Se
Angelina e Fred
avessero guardato in quel momento, avrebbero frainteso di sicuro,
pensò lei.
Il
giardino era stato trasformato in una grotta piena di luci fatate,
sciami di fatine adornavano i cespugli di rose che creavano un
delizioso labirinto.
Katie
si domandò se la stesse portando lì. Un giardino
nascosto e
romantico?
-Che
cosa hai in mente, George Weasley? Hai frainteso anche tu?-
Ma
il ragazzo appena uscito dal castello girò a sinistra,
costeggiò la
grotta romantica creata magicamente (Katie sentì rumori di
sbaciucchiamenti qua e la), e la guidò verso la foresta
proibita. Katie
capi immediatamente dove stessero andando. La
familiare luce bluastra del pozzo li accolse amichevole quando
entrarono nel cancello, insieme al tepore.
Lei
lasciò la mano di George, si tolse le scarpe coi tacchi che
la
stavano uccidendo e si sedette sul sedile in pietra, rannicchiando le
gambe al corpo.
George
si appoggiò al bordo del pozzo.
“Non
è stata una bella serata?” chiese stiracchiandosi.
Katie
annuì, soddisfatta.
“Sì,
non mi aspettavo così tanto dal ballo! E' stato spassoso,
dovrebbe
esserci tutti gli anni!” esclamò contenta.
“Meglio
di no. Poi sai le crisi di Ron per trovare una ragazza ogni
anno?”
Risero
entrambi.
“Pensa
per te, George! Hai invitato una sconosciuta donna di ghiaccio, pur di
non andare da solo!” lo punzecchiò lei.
“Ero
disperato” annunciò lui melodrammatico,
“e lei sembrava una
ragazza a posto! Non un mostro senz'anima!”
Katie
scoppiò a ridere e George la guardò, contento.
“Se
non avessi capito che ero io quella sera mi avresti invitato lo
stesso?” chiese curiosa Katie.
“Credo
di sì. La donna di ghiaccio è un'amica
eccezionale. Mi ha
ascoltato
con interesse, mi ha consolato, mi ha dato fiducia e comprensione. Si
è mostrata una bella persona” ammise lui senza
imbarazzo.
Lei
sembrò colpita da quelle parole.
“L'uomo
del mistero mi ha fatto sempre ridere, ha cercato di farmi
dimenticare il dolore che provavo. E' stato gentile e
premuroso”
ribatté sincera.
“Tu
avevi capito che ero io, vero?” intuì lui,
chinando la testa per
guardarla.
“Per
dirti la verità ti avevo sentito parlare quella notte, prima
che tu
capissi che ero lì, ma non volevo metterti in imbarazzo e ho
fatto
finta di nulla. Scusami” mormorò lei sottovoce.
George
non rispose.
“E'
stato davvero difficile rimanere tranquilla quando ci incontravamo e
parlavamo, nei corridoi, in sala comune o in Sala Grande. Mi sentivo
sempre esposta, credevo che avresti capito che ero io e mi avresti
urlato contro!”
“Sì,
in effetti me n'ero accorto. Eri rigida e poco naturale. E' stato
abbastanza divertente, devo ammettere che facevo apposta a comparirti
davanti all'improvviso” ridacchiò lui.
Katie
mise su una faccia indignata.
“Non
posso crederci! Sei un essere spregevole! Se penso a quanto mi
sentissi in colpa perché io sapevo chi fossi e tu
no!” esplose
lei.
Lui
rideva contento.
“Su,
donna di ghiaccio. Se ti scaldi ti sciogli!”
cinguettò George
sempre sorridendo.
“
Avrebbe
potuto sentirmi chiunque quella sera, sono contento che sia stata
tu”
sussurrò serio poco dopo.
Rimase colpita dalla sua voce calma.
“Io
sono contenta di aver potuto guardare dentro il tuo cuore e di aver
scoperto quanto diversi siate tu e Fred! Devo scusarmi per non
essermene mai accorta, per averti sempre omologato con lui.
Scusa”
iniziò lei, “ma penso che non avrei potuto
desiderare un
cavaliere migliore per questo ballo!”
“Sul
serio, ti sei divertita? Non sei stata male?” chiese un
po'
preoccupato.
Katie
capì che lui voleva chiederle se era stata male a vedere
Fred e
Angelina assieme.
“E'
tutto a posto. Grazie a te non ci ho quasi pensato. E mi pare giunto
il momento di abbandonare questo amore unilaterale” ammise un
po'
triste.
“Io
ti devo dire grazie. Mi hai fatto capire che io sono George, solo
George, e devo comportarmi come voglio. Non è una cosa che
posso
fare dall'oggi al domani, ma mi hai dato un po' di fiducia in me
stesso” proferì lui serio.
“Immagino
che questa sia l'ultima sera che la donna di ghiaccio e l'uomo del
mistero si incontrano al pozzo, vero?” domandò
malinconica Katie.
George
non rispose, ma Katie sapeva che era d'accordo con lei.
“Potremo
continuare a parlare come facevamo qui? Essendo sempre sinceri?
Dicendoci tutto, ma faccia a faccia?” chiese dubbiosa.
“Certo.
Se avrai bisogno di parlare, di qualsiasi cosa, devi solo
cercarmi.”
Entrambi
tacquero, seguendo con gli occhi i pulviscoli che turbinavano nella
luce bluastra.
“La
donna di ghiaccio vuole ballare un lento con l'uomo del
mistero?”
chiese lui poco dopo, spezzando il silenzio.
“Mi
schiaccerai i piedi?” gemette indicandosi le
estremità scalze.
“No,
promesso! Parola di Weasley” sorrise lui.
Katie
passò le braccia attorno al collo di George e i due
ballarono
stretti su una melodia che non esisteva.
George
si schiarì la gola.
“Katie?”
“Mh?”
“Posso
chiederti una cosa?”
“Dimmi.”
“Vuoi
venire al Ballo con me?” chiese lui, facendola ridere.
“Scusa,
non ho resistito, dovevo chiedertelo l'ultima volta!”
Risero
abbracciati dondolando ancora al ritmo del lento fantasma; quando
alla fine si separarono Katie ammise di essere un po' riluttante.
“Sarà
meglio andare, la festa starà terminando” disse
George.
Katie
si girò a osservare ancora una volta quel luogo magico, con
affetto.
“Prima
di andare, c'è qualcosa che voglio fare” disse
voltandosi a
guardarlo, seria. “Credo
che ti bacerò George” ammise, avvicinandosi al suo
viso.
Lui
la guardò esterrefatto; ormai erano vicinissimi, sentiva il
respiro
di lei sulla labbra e chiuse gli occhi, seguendo un
impulso sconosciuto.
Dopo
qualche istante di silenzio li riaprì e vide Katie
sgattaiolare
fuori dal cancello, con passo furtivo.
George
capì che lo aveva preso in giro.
“Ehi!
Mi devi un bacio, Katie Bell!” sbottò lui, mezzo
arrabbiato mezzo
ironico. La
ragazza saltò su spaventata, presa in flagrante.
“Solo
se mi prendi, George Weasley!” strillò scappando
via a piedi nudi.
Lui si buttò all'inseguimento, divertito.
La
Sala d'Ingresso era colma di studenti che si avviavano ai loro
dormitori, i volti stanchi, le sofisticate acconciature sfatte e i
vestiti spiegazzati. La
festa era finita e le coppie chiacchieravano ancora un po' prima di
separarsi, soprattutto se le loro sale comuni erano diverse.
D'un
tratto un bagliore rosso entrò dal portone facendo voltare i
presenti.
Katie
sfrecciava come un razzo: il vestito le ondulava intorno al corpo, i
capelli erano scesi e rideva mentre correva su per le scale, a piedi
nudi, facendo la gimcana tra gli studenti. Poi videro George, il
volto teso per lo sforzo, sfrecciare come un fulmine nero e rosso
dietro di lei, le scarpe di Katie in mano. Non si erano nemmeno
accorti di aver superato Fred e Angelina esterrefatti.
“Fermati,
Katie, imbrogliona!” urlò lui qualche metro dietro
a lei.
Lei
rispose con una risata.
Travolsero
due Corvonero e tre Grifondoro nella loro folle corsa;
George
riuscì ad acchiapparla solo davanti al ritratto della
Signora Grassa, mentre lei diceva la parola d'ordine, annaspando per
respirare.
“Adesso,
devi mantenere la promessa” ansimò distrutto.
Katie
era piegata in due mentre riprendeva fiato.
Il quadro
si era scostato rivelando l'ingresso alla Sala Comune.
“Ma
era uno scherzo per vendicarmi. Perché mi hai presa in giro
sapendo
chi fossi per tutto il tempo!” annaspò lei
cercando di capire se
fosse serio.
Sentirono
la Signora Grassa dire:
“Cosa
aspetti cara? Lo bacio io per te! Ho sempre sognato di baciare un
Weasley!”
I
risolini suoi e dell'amica Vi riempirono il
corridoio.
“Sentito?
Una promessa va rispettata!” disse George implacabile.
“Ok!
Chiudi gli occhi!”
tagliò corto Katie.
“Non
ci casco!” ribatté, tenendola d'occhio.
Katie
si avvicinò piano, gli passò le braccia attorno
al collo, avvicinò
il viso; di nuovo il respiro caldo sulle labbra, quel calore ignoto
al centro del petto; lei chiuse gli occhi, si alzò sulla
punta dei
piedi...e gli baciò la punta del naso.
Prima
che lui potesse reagire era sgattaiolata nella sala comune.
George
si riscosse e la seguì, ma lei era già a
metà scala per i
dormitori delle ragazze. Avvicinò
le mani a coppa vicino alla bocca.
“Sei
un'imbrogliona, Katie Bell! Hai sentito? Un'imbrogliona!”
urlò.
La
risata divertita della ragazza lo raggiunse di sotto.
Rise anche lui.
Lo
sguardo di George venne attirato da Lee, seduto sulla poltrona vicino
al fuoco, con un sorriso ironico in faccia.
Aveva
assistito a tutta la scena, probabilmente da quando avevano aperto il
ritratto.
“Oooh,
tu e Katie. La ragazza è indomabile?”
domandò Lee divertito.
“Affari
miei, Lee. Fred?”
“Ancora
in giro con Angelina” rispose l'amico allusivo.
“Non
lo aspetterò alzato. Notte”
disse asciutto,
salendo le scale.
“Prima
di coricarti, togliti il rossetto dal naso!”
ribatté Lee con una
risata.
Katie
si buttò sul letto, il suo dormitorio era ancora vuoto.
Ripensò
alla serata, al viso di George un minuto prima e si mise a ridere
abbracciando il cuscino.
Passò
dal riso al sonno senza nemmeno accorgersene e si svegliò
solo
l'indomani, con ancora il vestito addosso, coperta dal copriletto di
Leanne.
Note:
Un
capitolo di Natale proprio il giorno di Natale, nemmeno l'avessi
fatto apposta. Buone feste! ^_____^
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Capitolo 7 *** Professor Weasley (x2) ***
Dicembre
era scomparso in un soffio, inghiottito dalle vacanze e dalle risate;
anche l'eccitazione del Ballo era andata scemando, a partire dal
giorno dopo Natale. George aveva mantenuto un finto broncio con Katie
per tutte le vacanze, girando lo sguardo offeso se lei provava a
rivolgergli la parola; solo all'inizio del nuovo semestre aveva
smesso di farlo, troppo impegnato a scrivere qualcosa di segreto
insieme a Fred.
Gennaio,
sovraccarico di compiti ed esercitazioni, aveva velocemente ceduto il
posto ad un febbraio uggioso e freddo. E la seconda prova del torneo
Tremaghi aveva avuto finalmente luogo.
Gli
spettatori erano rimasti ammutoliti nel vedere i quattro campioni
sparire uno dopo l'altro negli abissi del lago; i Serpeverde avevano
schiamazzato un po' vedendo Harry indeciso, immerso a metà,
ma quando
anche lui si era tuffato, stringendosi le mani al collo, il silenzio
era calato sugli spalti.
“Pensi
che stesse bene?” aveva chiesto Katie a Leanne, preoccupata.
L'amica
si era limitata ad alzare le spalle, anche lei con la faccia scura.
Non potevano saperlo, era impossibile seguire i percorsi dei quattro
sotto il lago. Gli studenti bisbigliavano, cercando di immaginare che
cosa stesse accadendo, che tipo di creature stessero affrontando e
scommettendo su quale dei campioni sarebbe affiorato per primo.
Katie
non parlò per tutto il tempo, stringeva la fine della
sciarpa con
forza, troppo preoccupata persino per accorgersi di Fred a poca
distanza da lei.
La
tensione di non sapere era snervante e quando infine le teste di
Cedric e di Cho affiorarono dal lago, molti tirarono un sospiro di
sollievo. Esclamazioni di gioia e incitamento esplosero lungo gli
spalti.
La
giovane Grifondoro iniziò a respirare di nuovo vedendo
riaffiorare
anche Krum e Hermione, ma poi iniziò a preoccuparsi per il
ritardo
degli altri concorrenti. D'improvviso Fleur emerse dall'acqua,
graffiata e con la veste strappata, da sola.
Era
allarmata e isterica e cercò di rituffarsi, ma venne
bloccata da
Madame Maxime. La guardarono lottare con la gigantesca preside,
furiosa e fiera.
Harry
non tornava! Tutti i Grifondoro trattenevano il fiato, scrutando
l'acqua liscia in cerca di un qualsiasi segno dell'amico.
Quando
l'ora era ormai stata superata da un pezzo, finalmente le teste di
Harry, Ron e di una bambina dalla chioma splendente infransero la
superficie del lago. Tutti esultarono, Fred e George saltarono su e
giù dalla contentezza; Katie abbracciò Leanne
senza nemmeno
accorgersene.
I
Grifondoro entusiasti festeggiarono per giorni, aleggiava nella sala
comune un'aria di
allegria, di vittoria: Harry era al primo posto con Cedric e tutti
loro lo sostenevano come meglio potevano.
Katie
però sentiva una morsa alla bocca dello stomaco: gli esami
si
stavano avvicinando e lei era sempre più nervosa.
Quando
il ventoso Marzo scomparve sostituito da un Aprile nuvoloso, non
poté
più far finta di nulla: erano iniziati i colloqui di
orientamento
professionale.
Il
suo colloquio avrebbe avuto luogo il lunedì mattina, alla
seconda
ora.
Passò
la domenica a letto, troppo preoccupata per l'indomani. Non che i
suoi voti non fossero buoni, ma per il genere di carriera che voleva
intraprendere fuori da Hogwarts avrebbe dovuto avere il massimo del
massimo. Si girò inquieta nel letto, fissando il
baldacchino.
-Forse
punti davvero troppo in alto, Katie.-
L'insicurezza
era sempre stato il più grande dei suoi difetti, sentiva di
non
essere all'altezza delle situazioni. Niente di ciò che
faceva le
sembrava mai abbastanza, ecco perché si era svenata per
studiare
ogni notte fino a tardi, per raggiungere il sogno che si era
prefissata, anche se era troppo difficile.
L'indomani,
a colazione, si sentiva nervosa, aveva paura di quello che le avrebbe
detto la McGranitt.
“Su,
Katie. Vedrai che andrà bene” la
rincuorò Leanne, versandole
delle salsicce nel piatto.
Lei
annuì poco convinta, ma riuscì a mandare
giù solo del succo di
zucca. Arrivò
all'ufficio della McGranitt con cinque minuti di anticipo e attese
con ansia.
La
voce imperiosa della professoressa la invitò ad entrare.
Camminava
per il corridoio, pensierosa; aveva lasciato lo studio della
professoressa da dieci minuti, ma non riusciva a tornare alla sala
comune.
Si
soffermò ad una finestra guardando il cielo denso di nubi,
assorta.
Qualche lampo in lontananza catturò il suo sguardo,
mettendola in
allerta.
-Non
è andata
troppo male, ma nemmeno come speravo.-
Il
cielo scomparve dietro due grandi mani.
“Se
indovini chi sono, potrai dirmi i tuoi problemi”
cantilenò una
voce alle sue spalle.
Il
cuore mancò un battito.
-Ehi,
cuore, hai saltato perché pensi sia Fred o George? O
perché la loro
voce è identica? Ti tengo d'occhio, sai?-
Katie
non ci cascò, potevano anche sembrare identici, perfino
nella voce,
ma aveva imparato a distinguere quella lieve sfumatura tra i due.
“Sei
George-piedi-di-piombo!” esclamò sicura,
afferrando le sue
mani. Si
girò, scoprendo Fred sghignazzare al fianco del fratello.
“Ehi!
Avevi giurato che non mi avresti chiamato così di fronte a
Fred!”
sibilò risentito George.
Katie
arrossì, non aveva pensato che Fred fosse lì con
loro. La guardava
con un gran sorriso in volto.
-Non
arrossire, non arrossire!-
“Cosa
fai, tutta sola e triste a guardare fuori da una finestra
grigia?”
le chiese, passandole un braccio attorno alle spalle.
Il
suo corpo subì all'istante una mutazione. Le gambe persero
la
sensibilità e sarebbero rimaste pietrificate per sempre. Le
sue
braccia formicolavano, sentiva la pelle sotto il braccio di Fred
bruciare. Le guance stavano avvampando, poteva sentire il vapore
sollevarsi dalla sua pelle; l'orecchio dove il fiato di Fred le
arrivava, stava fremendo in preda ai brividi.
Il
cuore sembrava deciso a pompare tutto il sangue del suo corpo ad un
ritmo vertiginoso. Lo avrebbe percepito. -Fermati cuore!-
Katie
era combattuta. Le sarebbe piaciuto parlare con George, ma davanti a
Fred? Si sarebbe sentita impacciata.
I
due la fissarono come per dire: “Non abbiamo tutto il giorno!
Butta
fuori ragazza!”
“Sono
appena stata al colloquio di orientamento” mormorò
Katie
guardandosi i piedi, che evidentemente c'erano ancora, anche se lei
ormai non li sentiva.
“Oooh,
ricordi il nostro colloquio, George?” intervenne il ragazzo.
“Avevamo
chiesto alla McGranitt se potesse farci un colloquio unico invece che
separati. Io avevo detto di essere George e lui di essere Fred e
abbiamo passato un'ora a dirle che non ci sopportavamo. Io le ho
detto che volevo diventare Ministro della Magia per poter buttare
Fred ad Azkaban” le raccontò divertito.
Katie
scoppiò in una gran risata.
“Quando
se n'è accorta ci ha dato una settimana di
punizione!” ricordò
George sorridendo.
“Allora,
cosa è andato storto al tuo?” domandò
Fred.
“Nulla.
La McGranitt è stata molto gentile e disponibile. Sono i
miei voti
il problema” ammise lei sempre guardando in basso.
“Qual
è il lavoro che vuoi fare, Katie?” chiese George
con un tono
accusatorio.
Sembrava
arrabbiato con lei per non averglielo mai detto, ma non ce n'era
stata l'occasione. Non poteva andare da lui e dirgli senza motivo:
“Sai George, il mio sogno è diventare
una...”
“Guaritrice”
mormorò piano, forse alla sua divisa.
Fred,
che la circondava ancora col braccio, riuscì a sentirla. Le
lanciò uno sguardo tra l'ammirazione e il disgusto.
“Ma
ci vogliono dei voti altissimi per fare la Guaritrice!”
sbottò
incredulo.
“Oltre
ogni previsione in: Pozioni, Erbologia, Trasfigurazione, Incantesimi
e Difesa contro le Arti Oscure” elencò lei mogia.
“E
i tuoi voti fanno schifo?” azzardò George.
“No,
non esattamente. Supero la 'O' in tutto tranne che in trasfigurazione
e in Pozioni. La McGranitt dice che con un po' di impegno posso
trasformare la mia 'A' in 'O' nella sua materia, ma in Pozioni il
mio voto migliore è stato 'A'. L'anno scorso! E non credo
che Piton
dia ripetizioni” sospirò lei, affranta.
I
due gemelli emisero un fischio che avrebbe potuto essere di
ammirazione per i bei voti o di preoccupazione per il recupero del
voto.
Katie
si sentiva peggio di prima.
I
due si scambiarono un'occhiata.
“Katie,
forse tu sai già che io e il mio gemello qui”
indicò George con
uno svolazzo della mano, “abbiamo preso tre G.U.F.O. a testa
l'anno
scorso!”
“Ma
quello che nessuno sa è che in Pozioni non siamo riusciti a
prenderlo solo perché Piton esige la 'E' e noi, che non ci
siamo
impegnati molto, lo ammetto, abbiamo preso solo una 'O' ”
rivelò
Fred con aria solenne.
Katie
passò dubbiosa lo sguardo da un gemello all'altro. Fred e
George? Un
“Oltre previsione”? In Pozioni?
I
due annuirono soddisfatti.
“E
possiamo, anzi vogliamo” intervenne George, “darti
lezioni
private! Prendilo come un ringraziamento per il tuo aiuto con le
nostre invenzioni!”
Lezioni
private con Fred? Il suo cuore palpitò.
“Ma
io...ma voi” balbettò incerta.
George
la bloccò.
“Su
Katie, fatti ringraziare. A noi non costa nulla!”
ribadì l'amico.
Non
trovò modo di ribattere davanti alle loro facce aperte in
due
sorrisi quasi identici.
Katie
era grata agli amici, ma passare così tanto tempo con
Fred...non si
sarebbe tradita?
“Tu
con Fred e George CHE COSA?” aveva urlato Leanne nel bel
mezzo del
cortile.
Katie
le fece segno di abbassare la voce e si guardò intorno per
vedere se
gli altri studenti in pausa avessero sentito.
Poche
teste si erano girate a guardarle, con facce sorprese. Katie
pregò
che nessuno avesse sentito la frase ambigua.
“Scusa.
Fred e George ti daranno lezioni di Pozioni?”
ripeté in un
bisbiglio appena udibile, incredula.
Katie
annuì.
Aveva
raccontato a Leanne del colloquio con la McGranitt, dell'incontro con
i gemelli e della proposta dei due di farle da insegnanti.
“Non
lo so” mormorò l'amica, dubbiosa, guardando su il
cielo nuvoloso,
“credo che tu ti stia cacciando in un bel guaio.”
Katie
non riuscì a capire cosa Leanne intendesse, Fred e George
erano a
posto. Chissà
che avrebbe detto se avesse saputo che si era vista da sola con
George, nella foresta, di notte. Molte
volte. La frase suonò ambigua
anche nella sua testa.
“Leanne,
devo rischiare il tutto per tutto! Voglio diventare Guaritrice e se
dovessi studiare anche con dieci Piton per riuscirci, io voglio
provare!”
L'amica
non disse più nulla, ma le chiese di non far danni.
La
prima lezione, il giorno dopo, si trovò da sola con Fred.
Katie
si era presentata all'appuntamento, davanti alla statua della strega
orba al terzo piano, convinta di trovare entrambi i gemelli; invece,
con batticuore e terrore, si era trovata davanti solo un sorridente
Fred. Lui
le fece cenno di seguirlo in silenzio e la guidò su fino al
quinto
piano.
Si
fermò davanti ad una fila ordinata di vecchie armature
scricchiolanti e, messosi davanti alla terza contando da destra,
bussò tre volte sull'elmo.
Dall'interno
dell'armatura risposero due colpi, lui diede altri tre colpi, poi la
celata dell'elmo si alzò; Fred la richiuse e la parete
dietro
l'armatura si spostò, rivelando un antro grande abbastanza
per
ospitare quattro persone. Il ragazzo la fece entrare e il muro si
richiuse dietro di loro.
Katie
era troppo meravigliata per accorgersi che lei e Fred si trovavano
soli in uno spazio angusto. L'antro
era illuminato da torce che lui accese con un colpo di bacchetta. Un
vecchio calderone si trovava al centro della stanza; addossati alle
pareti tre sedie e un tavolo ingombro di fogli e appunti. Un piccolo
armadietto completava l'arredamento.
Girando
per dare un'occhiata a tutto finì per sbattere contro Fred,
che la
guardò in attesa.
Si
rese conto della vicinanza del corpo di lui e fece un passo indietro,
sbattendo contro il calderone. Fred non se ne accorse. Katie
iniziò
a pensare con orrore che avrebbero fatto Angelina o le ragazze
invaghite di Fred se avessero saputo che lei si trovava in una stanza
segreta, da sola con lui.
“Questo
è il luogo dove io e George lavoriamo alle nostre invenzioni
qui a
Hogwarts” annunciò guardandosi soddisfatto
intorno, “e
nessuno sa che esiste. A parte noi due. E Lee. E adesso tu. Ah, e
Harry.” Si zittì preoccupato, forse pensando che
un po' troppa
gente conoscesse quel luogo.
Katie
era tesa e emozionata. Il ragazzo le spiegò come preparare
la
Bevanda
della Pace. Rispetto
a quando l'aveva appreso a Pozioni con Piton, Katie trovò la
lezione
di Fred molto più coinvolgente e semplice. Le spiegava i
passaggi
facendola ridere, lavorava con lei al calderone e la correggeva in un
attimo se faceva uno sbaglio.
L'unico
problema era che lei era troppo emozionata e si impacciava nei
movimenti, combinando un disastro dietro l'altro. Il
suo cuore non smise mai di correre a briglia sciolta mentre, stretta
vicino a Fred, gomito contro gomito, lavoravano allegri e concentrati
sullo stesso calderone.
Katie
ignorò quella capriola che sentiva nel cuore, nelle due ore
seguenti.
Ritornò
in sala comune con un gran sorriso, da orecchio a orecchio.
“Credo
che sia andata bene” cinguettò Leanne, guardando
la
sua
espressione soddisfatta. Katie arrossì lievemente.
“Oh
sì, son riuscita a fare una decente pozione della
pace!”
sospirò
lei, che alla pozione non stava pensando minimamente. Cercò
lo sguardo di Fred nella sala comune stracolma, lui le rivolse un
enorme sorriso e le fece l'occhiolino. E il suo cuore
scoppiò
d'emozione.
La
seconda lezione, la settimana successiva, si era presentò
davanti
alle armature sapendo che avrebbe fatto lezione con George. Il
ragazzo le aveva spiegato che fare lezione uno per volta le
consentiva di non avere troppe distrazioni. Inoltre con loro due
insieme, alti e grossi, lo spazio a disposizione sarebbe stato
ridotto; le raccontò che lui e Fred si erano sbattuti la
testa un
centinaio di volte.
Aprì
la parete dell'antro e si trovò di fronte George,
travestito da Piton; avvolto in un lungo mantello nero l'accolse con
uno sguardo arcigno.
“Signorina
Bell, hai un bel coraggio a prendere lezioni extra con me! Io non
insegno alle teste vuote! Farai bene a seguire le mie lezioni
propriamente, se non vuoi che io ti metta una “T”
nel prossimo
compito” proferì serio, facendo svolazzare il
mantello
qua e
là, imitando perfettamente Piton.
Katie
non riuscì a smettere di ridere per tutta la sera.
George,
al suo fianco, le insegnò a preparare il Distillato di
Confusione sempre tenendo su la parrucca nera e il finto naso adunco.
Si era sentita in pace, rilassata e allegra. Era stato diverso dalla
lezione con Fred. George riusciva a togliere ogni traccia di
nervosismo dal suo corpo; sentiva, quando stava con lui, un senso di
leggerezza al petto.
Katie
lo guardò di sottecchi, intento a togliersi i capelli finti
dalla faccia, e pensò che, in effetti, non c'era nessuno che
la facesse sentire come George.
Le
settimane si susseguirono veloci, come le lezioni con i due Weasley.
Lezioni
con Fred: tensione, nervosismo; aria emozionata.
Lezioni
con George: risate, scherzi; aria rilassata.
Katie
viveva gli attimi in attesa con gioia mista ad
agitazione.
“Novità?
Progressi?” aveva chiesto Leanne una sera, in sala comune.
“Sto
migliorando velocemente. La Bevanda della Pace ormai non ha
più
segreti, i Distillati Svianti mi stanno uscendo bene! Non ho mai
fatto tanti progressi in così poco tempo”
esclamò entusiasta
Katie. Il
suo sogno di diventare Guaritrice si faceva via via più
vicino.
“E
dimmi” continuò Leanne curiosa, “come va
coi gemelli?”
Katie
sorrise timidamente e guardò nella direzione di Fred e
George,
intenti a confabulare con Lee ad una scrivania; loro se ne accorsero
e le sorrisero.
“Sono
due persone straordinarie.”
Pochi
giorni dopo, Leanne trovò Katie in sala comune intenta a
sfogliare un
libro in maniera febbrile, la scrivania davanti a lei ingombra di
libri mezzo aperti buttati a casaccio. Leggeva
in maniera talmente veloce che le sue pupille non sembravano nemmeno
a fuoco. Mormorava tra sé e ogni tanto saltava su e prendeva
un
altro libro, gettando quello precedente nella pila.
“Katie,
va tutto bene?” mormorò piano all'amica, un po'
nervosa.
La
ragazza sollevò lo sguardo dal libro piantandolo come una
folle su
Leanne.
“Non
ce la farò! Verrò bocciata, non
prenderò nemmeno un G.U.F.O.! E
tutto finito! Finito!” urlò alla giovane, agitata.
Parecchi
studenti si girarono a guardarla, in piedi col volto paonazzo, in
preda ad una crisi di nervi.
Leanne
si avvicinò, appoggiandole una mano sulla spalla in un
tentativo di
calmarla.
“Cosa
stai dicendo? Sei bravissima! Hai dei buoni voti!” le disse
convinta.
“Buoni
voti? Buoni voti?” sbraitò indignata Katie come se
l'avesse appena
insultata. “Oggi ho preso 'A' in Pozioni! 'A'! Non sono
migliorata
per niente! Non passerò! Tutto il mio futuro è
rovinato! Ho buttato
via cinque anni di istruzione.”
George
e Fred si avvicinarono cauti alle ragazze; avevano seguito la
discussione, così come tutti nella stanza, molto
attentamente.
“Cosa
succede?” mormorò allegro George. “Cosa
sono questi visi
gioiosi?”
Katie
lo fulminò con lo sguardo, pronta a scagliarsi anche su di
lui. Prima
che potesse aprire la bocca per insultarlo, lui le strinse forte il
naso tra le dita.
“Dasciami
addare, Gioj Widlei!” strillò arrabbiata, col naso
stretto nella
sua morsa. Leanne
e Fred scoppiarono a ridere alla vista di lei che si dibatteva e
cercava di staccare le dita di lui mentre la sua voce suonava nasale.
George
rimase serio, anche se gli occhi gli brillarono furbi.
“Qual
è il tuo problema?” le chiese tenendo la voce
tranquilla.
“Guesto!”
ribatté lei incapace di liberarsi. Gli sventolò
il compito di
pozioni sotto il naso, una A rossa in calce. George afferrò
il
foglio con la mano libera e lo esaminò.
“Dod
supererò i gufo! Bi bocceraddo!” gemette triste
Katie. I due
continuavano a ridere.
“No
che non ti bocceranno! E' solo un compito! Puoi recuperarlo in
fretta” rispose lui pratico.
“Dod
succederà bai! Bi bocceraddo! E' tutto fidito!”
gridò la giovane,
arrabbiata e infastidita dalle risatine degli amici.
“Ti
ho detto di piantarla. Chi è il tuo maestro di
Pozioni?”
“Pitod!”
rispose Katie, seccata dalla domanda sciocca.
“Ripeto
la domanda: chi è il tuo maestro di Pozioni?”
chiese il ragazzo, mandando
lampi dagli occhi.
“Tu”
rispose capendo d'un tratto. “E Fred.”
“Perfetto.
Allora adesso mi segui e andiamo di corsa a fare una nuova lezione e
ti assicuro che non lascerai l'aula finché non riuscirai a
fare un
Distillato di Confusione talmente perfetto, che dovrò
dimenticare
perché siamo lì!”
Anticipando
qualsiasi protesta della ragazza, la tirò forte per il naso
e la
trascinò lungo tutta la sala comune, fino a sparire entrambi
oltre
il buco del ritratto. Sentirono
le grida di Katie e le risate di George provenire ovattate da fuori.
Fred
continuava a ridacchiare.
“Le
trovano tutte pur di stare da soli” mormorò a
Leanne, con un
sorriso furbo.
“Già.
Stanno bene insieme, vero?” rispose lei guardando ancora
verso il
ritratto dove i due erano scomparsi.
“Sì”
ammise Fred poco dopo.
Il
treno rosso macinava chilometri su chilometri da ore ormai. Katie
guardava fuori dal finestrino i paesaggi rincorrersi, sfumando uno
nell'altro.
I
G.U.F.O. sembravano distanti anni luce, eppure era passata poco
più
una settimana dal suo ultimo esame. L'esito della terza prova aveva
spazzato via qualsiasi altro pensiero dalle vite di tutti, ogni altra
cosa ora sembrava insignificante.
Harry
aveva vinto, ma era ritornato da un mortale incontro aggrappato al
corpo senza vita di Cedric. L'immagine del giovane, riverso senza
vita, con gli occhi spalancati su un cielo che non poteva vedere,
continuava a tormentare le notti di tutti.
Voldemort
era tornato e aveva strappato già la sua prima vita.
Katie
chiuse gli occhi appoggiando la fronte al finestrino, sarebbe stato
tutto difficile da quel momento in avanti. Stavano andando di sicuro
incontro a un periodo di guerra e morte. Leanne
sedeva di fronte e, anche lei assorta, guardava fuori dal finestrino.
“Non
ti abbattere, Katie. Qualsiasi cosa succederà d'ora in poi,
l'importante è rimanere uniti, come dice Silente. Se i
nostri cuori
batteranno all'unisono supereremo ogni problema”
mormorò
fiduciosa, guardandola mentre staccava la testa dal vetro.
Si
scambiarono un sorriso. Leanne sapeva sempre come farla sentire
meglio.
Samuel
apparve nello scompartimento, un po' imbarazzato; i capelli neri
scarmigliati, forse perché continuava a passarci la mano,
nervoso.
“Arrivo
subito, dammi un minuto” sentì dire all'amica. Il
ragazzo
scomparve con un cenno della mano.
“Tu
e Samuel?” intervenne Katie, meravigliata.
Leanne
guardò il soffitto, un po' tesa. “E'
successo due settimane
fa, mi ha detto che mi vede come qualcosa più di un'amica e
mi ha
chiesto se volessi uscire con lui” sibilò in un
sussurro.
Katie
sentì un gran calore al centro del petto. Sorrise all'amica
e la
abbracciò.
“Corri
da lui” le disse con convinzione. Rimase a guardare Leanne
sfrecciare via, per raggiungere il suo ragazzo.
'L'amore
riesce a cancellare qualsiasi dolore', pensò ritornando a
guardare
fuori dal finestrino. Chissà perché, le sembrava
qualcosa che
sarebbe potuta uscire dalla bocca di Silente.
Il
binario 9 e ¾ era ingombro di famiglie che abbracciavano i
loro
figli e li tempestavano di domande, di ragazzi che si salutavano
prima di separarsi per l'estate, di gufi ululanti.
Katie
era scesa col suo baule e il suo gufo e aveva già salutato
Leanne,
che andava via coi genitori. Due
figure alte e rosse le si pararono ai lati. George alla sua destra
teneva un sacchetto tra le mani.
“Devo
ancora ringraziarvi per bene, se passerò il mio G.U.F.O. in
pozioni
lo dovrò solo a voi” mormorò lei grata.
“In
quel caso ci aspettiamo un regalo” esclamò Fred.
“Già!
Un bel regalo!” ribatté George.
“Qualunque
cosa!” replicò la ragazza seria.
I
gemelli si chinarono e le stamparono ognuno un bacio su una guancia.
Katie
sentì il cuore scoppiare, la faccia in fiamme.
“Passa
una buona estate, donna di ghiaccio” sussurrò
George al suo
orecchio, prima di risollevarsi.
“Ci
vediamo l'anno prossimo” aveva urlato Fred mentre si
allontanavano.
Katie
rimase imbambolata a guardarli andare via, le guance brucianti e il
cuore in tumulto, con un gran sorriso imbarazzato in viso.
Note:
Vi ricordo il sistema di valutazione di Hogwarts:
“E”
Eccezionale
“O”
Oltre ogni previsione
“A”
Accettabile
In
questo modo non dovrete andare a controllare i libri nel caso in cui
non lo ricordiate.
Voglio
ringraziare le persone che hanno messo la storia tra le seguite e
addirittura tra le preferite. Vi invito a lasciarmi dei commenti, per
farmi sapere che cosa ne pensate finora. Vi sta piacendo? Avete dei
dubbi? Fatemelo sapere! Anche le critiche costruttive sono ben
accette.
Non penso di postare altri capitoli prima di Capodanno,
perciò: Buon 2013!
Ci
vedremo nel nuovo anno!
(E'
quasi più lunga la nota del capitolo! ^___^)
Mimì
*
Mi sono accorta che una frase era stata mangiata dalle freccette in
fase html, adesso è a posto. Se vi accorgete che manca una
frase, o
che un discorso sembra interrotto, per favore ditemelo. A me spesso
sfuggono. Grazie
|
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Capitolo 8 *** Estate, transizione ***
La
teiera fischiava nervosa sul fornello. La ragazza, troppo concentrata
sul giornale davanti a sé, non se ne accorse. Sfogliava le
pagine
della Gazzetta del Profeta sempre più furiosamente, con
indignazione
crescente. Arrivata alla fine della rivista la accartocciò e
la
scagliò lontano, con rabbia.
Erano
settimane ormai che la Gazzetta scriveva stupidaggini su Harry e
Silente, ma ogni giorno si sentiva furiosa per le cattiverie che era
costretta a leggere, e a cui tutti sembravano credere. Katie
era assolutamente sicura che Harry avesse detto la verità,
lo
conosceva personalmente e non era un bugiardo. Se assicurava di aver
visto il ritorno di Colui-che-non-deve-essere-nominato, non aveva
motivo di dubitare di lui; ma a sorpresa, la Gazzetta e il Ministero
cercavano di far sembrare lui un pazzo esibizionista e Silente un
vecchio rimbecillito.
Percorse
la stanza a grandi passi per sbollire un po' di indignazione,
finché
il fischio arrabbiato della teiera la riscosse. Versando
il liquido bollente nelle tazze, cominciò a pensare a Harry.
Come
si sentiva? Solo nel mondo dei babbani a sopportare le ingiurie che
il mondo magico gli riversava addosso? Non doveva essere una buona
estate per lui; avrebbe voluto fare qualcosa, qualsiasi cosa pur di
fargli sapere che c'era chi gli credeva.
Sperò
fortemente che Ron e Hermione fossero con lui. E anche Fred e George.
Un
sorriso le balenò sulle labbra.
Avvicinandosi
al lavello per riporre la teiera, sbirciò distrattamente
dalla
finestra della cucina. Il sole caldo di luglio ardeva l'erba del
giardino facendole prendere un opaco colore giallognolo, l'afa era
incontenibile. Katie girava per casa in canottiera e pantaloncini, a
piedi scalzi. Si sarebbe gettata in una fontana se ne avesse avuto
una.
Si
accorse d'un tratto di due allochi che scendevano in picchiata verso
la sua casa, incuranti del sole battente; saltò su agitata.
“Leanne!
La colazione è pronta! E ci sono i gufi della
scuola!” strillò
emozionata.
L'amica
apparve in cucina talmente in fretta che sembrò quasi
essersi
materializzata. I capelli arruffati, la maglietta al contrario, anche
lei scalza, il viso trafelato e impaziente. Poteva
essere matura e posata, ma in quel momento l'eccitazione per sapere
l'esito degli esami aveva avuto il sopravvento.
Leanne
si trovava a casa di Katie da una settimana ormai, invitata
dall'amica che sentiva nostalgia di lei e si annoiava un po', dato
che era figlia unica. Ogni giorno avevano atteso i gufi col naso
incollato alla finestra, ma fino a quel momento non erano state
fortunate; incredibilmente, l'unica mattina in cui si erano alzate
tardi era la mattina giusta.
I
due allocchi si adagiarono con grazia sul davanzale, in attesa; gli
occhi ambrati posati su di loro. Le
due ragazze si scambiarono un occhiata tesa, poi in silenzio si
avvicinarono a staccare le lettere legate alle loro zampe.
Katie
aprì la sua, tremante, poi scorse le materie e i voti.
-Incantesimi...passato!
Difesa contro le arti oscure...passato! Erbologia...passato!-
Arrivò
a pozioni...e una meravigliosa 'E' balenò davanti ai suoi
occhi. Incredula
e colma di felicità
abbracciò Leanne, stropicciando
la lettera nelle sue mani. Avrebbe
potuto continuare a coltivare il suo sogno! Tutti gli sforzi fatti le
sembrarono leggeri e facili in quel momento, ogni notte insonne e ogni
preoccupazione, una stupidaggine.
Non
vedeva l'ora di dirlo a George e Fred.
Leanne
le fece capire con un mugolio che la stava strozzando.
“Passati?”
chiese al colmo della curiosità all'amica, dopo averla
lasciata
andare. Leanne
le sorrise, annuendo.
“Evviva!
Possiamo andare avanti! Evviva” saltellò su e
giù emozionata.
La
signora Bell entrò in cucina, un carico di biancheria da
stendere
che galleggiava pigramente un metro dietro a lei, seguendola.
Guardò
le lettere nelle loro mani e i loro enormi sorrisi.
“E'
andata bene o sbaglio?”
“Oh
sì, mamma! Ho superato i 'terrificanti
5'!” strillò entusiasta
la giovane.
Elisabeth
Bell guardò le due giovani con sguardo dolce.
“Allora
che ne dite di festeggiare? Stasera faremo una cena fantastica e
inviteremo anche la tua famiglia, Leanne!”
Le
ragazze, al colmo della contentezza, trangugiarono la colazione in un
soffio
e sparirono fuori casa con le scope sulle spalle.
Volarono
per ore sulla campagna intorno casa Bell. Continuavano a parlare e
rincorrersi nel cielo splendido di luglio Leanne tratteneva il fiato
quando Katie si gettava in picchiata o faceva capriole e avvitamenti
in aria; lei rideva dei suoi rimproveri.
Virando
per sorprendere l'amica, Katie si trovò il sole in faccia e
così non
si accorse del gufo che stava volando, sbandando di qua e di
là.
Lo
travolse; il gufo le sbatté in faccia con un pigro frullio
d'ali e
un debole stridio. La
sua scopa perse quota per qualche metro finché, con un
movimento brusco,
riuscì a raddrizzarla in volo. Con una mano
staccò il vecchio gufo
dalla sua faccia e lo guardò perplessa.
Tornata
a terra. col malcapitato sottobraccio, lo vide accasciarsi,
come se stesse guardando un pallone sgonfiarsi di colpo.
La
grafia sulla busta era tondeggiante e sghemba: 'Donna
di ghiaccio'. Un
sorriso le curvò le labbra, improvviso.
“Chi
ti scrive?” domandò Leanne con aria divertita,
appena atterrata a
pochi passi.
“Hm...George.
Vorrà sapere come sono andati i G.U.F.O.” rispose
lei guardando i
ciuffi d'erba ai suoi piedi. Chissà perché poi,
si chiese.
Afferrò
il gufo con delicatezza e si alzò in piedi.
“Io
vado a dargli dell'acqua e qualcosa da mangiare!”
sbottò correndo
via, verso casa. Leanne rimase a guardarla allontanarsi, con uno
sguardo enigmatico.
Si
assicurò che il vecchio volatile stesse bevendo, ancora
mezzo
accasciato, poi scartò la lettera con urgenza.
“Salve
Katie-donna di ghiaccio,
come
stai? Spero vada tutto bene. Scusa se rispondo solo ora, ma ci siamo
trasferiti per l'estate e non abbiamo avuto molto tempo
libero.”
Katie
aveva spedito una lettera a George col suo gufo due settimane prima; ma
quello era ritornato indietro con un bigliettino scritto di
fretta: “Non posso risponderti per ora. Ti
scriverò tra qualche
settimana”. Katie ammise a sé stessa che c'era
rimasta un
po'
male. Continuò a leggere la lettera.
“Il
luogo dove ci troviamo ora sembra sia stato disabitato da secoli e
troviamo ogni giorno cose raccapriccianti e assurde, quindi non ci
annoiamo per nulla.
Io
e Fred stiamo andando avanti con le nostre invenzioni, tra l'altro
adesso che possiamo usare la magia anche fuori Hogwarts ci divertiamo
a fare ammattire la mamma. Solo che, per punizione, ci ha sequestrato
la nostra ultima invenzione, le orecchie oblunghe; sono riuscito a
salvarne un paio nascondendole tra i capelli di Hermione. No scherzo,
erano nei calzini di Ron.”
Allora
anche Hermione si trovava con loro! Provando allegria e invidia nel
saperli tutti insieme sotto lo stesso tetto corse a rileggere quella
parola assurda, -orecchie oblunghe?- Pregò
fortemente che
Fred e
George non avessero inventato un qualche tipo di pozione che facesse
crescere le orecchie a dismisura. Ricordava ancora bene i loro
esperimenti insieme.
“Sono
certo che i tuoi gufo siano andati bene, anche in pozioni, d'altronde
sono stato io il tuo insegnante; comunque, quando saprai con certezza
i voti, non aspettare e scrivimi. Dopo questa lettera io non ti
potrò
più rispondere. Sai bene come è la situazione
adesso lì fuori e noi
siamo più o meno nascosti, perciò passa una buona
estate. Ci
vediamo a Settembre.
Ti
allego una foto mia e di Fred, casomai sentissi la sua mancanza; non
la stropicciare e non stampargli troppi baci. Il mio doppio cartaceo
potrebbe sentirsi male.
Adesso
ti saluto
a
presto
George
(uomo del mistero)
p.s.:
Sul serio! Non stampare troppi baci su Fred! E non confonderlo con
me! Non sei autorizzata a baciarmi nemmeno per sbaglio. Ah, e spero
che Errol ce la faccia a consegnarti la lettera.”
Katie
la lesse in un soffio, perciò la iniziò un'altra
volta da capo,
sorridendo negli stessi identici punti in cui aveva riso prima.
Frugò
nella busta e trovò la foto dei gemelli. Fred e George la
guardavano
sorridenti. Si spintonavo, la salutavano, saltavano su e giù.
Il
George della foto le fece l'occhiolino.
Rimase
qualche minuto a osservarli, assorta. Non aveva alcuna intenzione di
dare baci alla foto di Fred. Aveva scoperto, immediatamente dopo
essere tornata a casa, che non provava più niente per lui;
persino
vederlo in foto non gli aveva suscitato nessuna emozione.
Fred
era affascinante e carismatico e aveva avuto una cotta per lui. E
adesso, senza nessun motivo apparente, aveva smesso di piacerle. Non
era nemmeno sicura di come fosse accaduto, aveva iniziato a pensarlo
sempre di meno finché, d'improvviso, si era resa conto di
non
pensarlo
più affatto, ma soprattutto di non provare quel misto di
gioia,
dolore, esaltazione e angoscia ogni volta che lo pensava o vedeva.
Chissà
che nel nuovo anno non potesse trovare un ragazzo meraviglioso, che
l'amasse follemente. Buttò un'altra occhiata distratta alla
foto, i
due piccoli gemelli cercavano di attirare l'attenzione.
“Non
provo più niente per te!” disse al piccolo Fred,
che si portò una
mano al cuore e fece finta di star male, barcollando di qua e di
là.
Il piccolo George lo prese in giro, divertito. Katie si mise a
ridere.
Scrisse
una lettera di risposta, raccontandogli dell'estate con
Leanne, del risultato dei G.U.F.O., persino dello schianto con Errol,
avvenuto poco prima. Infilò una sua foto nella busta, con un
post
scriptum: “non sei autorizzato a baciarmi nemmeno
tu!”
La
consegnò a Vega, il suo gufo bruno, che guardava con pigro
interesse il suo ospite, adagiato al suo fianco.
“Dai
una mano a Errol nel viaggio di ritorno, per favore” gli
disse,
dandogli un bacio sulla testolina. Il piccolo gufo fece finta di
arrabbiarsi per le piume arruffate, ma i suoi occhi luccicavano.
Errol si tirò su con un stridio speranzoso; Katie rise
sottovoce,
poi diede un bacetto anche a lui.
“Sei
stato davvero bravo, Errol, grazie.” Il vecchio gufo si
gonfiò un
po' d'orgoglio.
Li
guardò andare via insieme, finché non
riuscì a percepirli più nel
sole accecante.
“Hai
finito di mandare lettere d'amore al tuo fidanzato,
Katiewow?”
chiese la voce di Leanne dalla porta.
“George
e io non stiamo insieme” rispose calma, voltandosi verso
l'amica.
Leanne aveva l'abitudine di darle nomignoli strani quando voleva
punzecchiarla.
“Oh,
io e Fred ne eravamo certi” fece spallucce.
“E
da quando tu e Fred siete così amici? Devo parlarne con Sam,
Loveanne?”
Leanne
arrossì lievemente; lei e Samuel si erano mandati lettere
ogni
giorno, il ragazzo oramai aveva preso i suoi M.A.G.O. e stava per
iniziare una specializzazione in Magisprudenza.
“Da
quando tu e George passate molto tempo assieme. Con qualcuno
dovrò
pur chiacchierare!” ribatté Leanne dopo qualche
attimo.
“Io
e George siamo solo amici!” ripeté per la
centesima volta Katie.
“Adesso torniamo in giardino, abbiamo un volo in
sospeso.”
Continuarono
a volare per tutta la sera, poi si prepararono per cenare. La
famiglia Meadowes al completo venne a cena: i genitori di
Leanne, una distinta coppia sulla cinquantina; sua sorella maggiore
Careen, che lavorava al Ministero all'ufficio per la cooperazione
internazionale magica, e suo fratello maggiore Marcus, portiere nella
squadra di Quidditch le 'Vespe di Winbourne'.
La
serata fu piacevole, tutti si congratularono con le ragazze per i
loro voti e il loro duro lavoro. Sua madre aveva preparato portate
fantastiche per stupirle, c'erano tutti i loro piatti preferiti, e la
torta di mele, che Katie adorava. Katie
passò il tempo a battibeccare con Marcus sul Quidditch:
c'era un
accesa rivalità tra le 'Appleby Arrows' e le 'Vespe di
Winbourne'. Si
arrese solo quando Marcus le propose di andare fuori a fare due tiri
al chiaro di luna. Indignata per le risatine dei presenti, gli disse
che avrebbero gareggiato un altro giorno, rossa in viso. Leanne
continuò a punzecchiarla fino a che non si
addormentò, quella
notte.
Vega
ritornò verso le due del mattino, senza nessuna lettera
né
bigliettino, constatò un po' triste.
L'estate
scorse via molto più velocemente da quel momento in poi:
senza la
preoccupazione dei G.U.F.O., le ragazze si divertivano dalla mattina a
sera come matte. Leanne andò via alla fine di Luglio e Katie
passò
due giorni un po' triste, prima che l'amica la invitasse per due
settimane da lei.
Dovette
resistere alle richieste insistenti di Marcus per una rivincita, dopo
che lei gli fece gol tra i suoi 'anelli' di rami, un pomeriggio in
cui si erano fronteggiati nella campagna dei Meadowes. Certo, Marcus
si era trovato svantaggiato in quel momento, dato che si trovava col
sole in faccia, ma Katie non lo ammise. Quando veniva a cenare la
seguiva dappertutto; dovette persino sbatterlo fuori dal bagno.
Leanne rideva fino alle lacrime e le diceva che Marcus aveva una
cotta per lei.
Lei
fece sapere all'uomo che Leanne aveva un fidanzato, cosa che
mandò
il fratello fuori dai gangheri: non lasciò andare
la
sorella finché non gli disse nome, cognome e perfino numero
di scarpe del
povero Samuel.
L'ultima
settimana di Agosto le due famiglie si recarono a Diagon Alley, per
comprare i nuovi libri del sesto anno, nuove divise e gli ingredienti
per pozioni. Incontrarono Alicia, al ghirigoro a prendere i libri per
il suo ultimo anno, Dean Thomas alla farmacia e Cho Chang con i suoi
genitori, molto mogia, mentre si comprava una divisa nuova. Katie le
sorrise comprensiva. Perdere
il fidanzato, la persona che si ama, non riusciva nemmeno immaginare
quanto potesse far male. Pregò solo che niente del genere le
capitasse nella vita, mai.
Durante
il loro errare tra negozi si guardò intorno, cercando dei
capelli
rossi, ma non fu fortunata. Non ebbe modo di incontrare i Weasley.
La
sera prima della partenza, infagottata nel suo letto, con il baule
già pronto e Vega nella sua gabbia, Katie si mise a pensare
con
eccitazione al giorno seguente.
Il
suo sesto anno! Avrebbe imparato la materializzazione! E sicuramente
avrebbero ripreso le normali partite di Quidditch; si chiese chi
sarebbe stato il capitano per quell'anno. Col volto sorridente e pieno
d'attesa si addormentò.
Note:
Avevo
detto che non avrei postato, e invece...eccomi qua.
Questo
è un capitolo di “transizione”,
cioè è corto e vi accadono
poche cose, ma serve per introdurre i prossimi capitoli, più
“ricchi”, diciamo.
Auguri
a tutti! Di un buon, felice, magico 2013!
^______^
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Capitolo 9 *** Pino, Sangue e Amore ***
Con un
fischio sonoro il treno si era allontanato dalla banchina,
sferragliando.
Katie
aveva guardato i suoi genitori diventare due minuscoli puntini, poi
si era allontanata dal finestrino, per andare in cerca di Leanne e di
un posto libero.
Aveva
fatto appena in tempo a salire; nonostante avesse preparato i bagagli
dal giorno prima, era riuscita a fare tardi. Prima si era infilata i
vestiti al rovescio, poi a colazione si era buttata addosso la tazza
di tè, quindi era dovuta andare di corsa a cambiarsi. Quando
si
trovavano già a metà strada, si era ricordata di
aver lasciato la
scopa sul letto, perciò dovettero tornare indietro a
prenderla.
Era
salita sull'espresso rosso che ormai mancava un minuto alla partenza,
con tutti gli studenti già affacciati che la guardavano
correre
trafelata.
Ringraziando
il rinnovato permesso ad utilizzare la magia, incantò il
proprio
baule per seguirla lungo i corridoi del treno. Guardava
distrattamente dentro gli scomparti, scansando gli studenti che
correvano da un vagone all'altro o che si fermavano a salutare gli
amici. Arrivata a metà treno ancora non aveva visto traccia
di
Leanne, ma incappò nello scompartimento di alcuni
Serpeverde.
I
ragazzi iniziarono a sfotterla, ma Katie li ignorò, tirando
avanti. Uno di
loro la rincorse nel corridoio, dandole fastidio.
Dato
che Katie non gli prestava nessuna attenzione, sfoderò la
bacchetta
e la fece inciampare: la bacchetta le sfuggì di mano
rotolando due
metri più avanti e il suo stesso baule le crollò
addosso,
schiacciandola. Il
ragazzo dei Serpeverde corse via sghignazzando a chiamare i suoi
amici.
Katie
voleva chiedere aiuto, ma il corridoio sembrava essersi svuotato
all'improvviso; provò a dibattersi un po', cercando di
sollevare il
baule senza successo. Provò ad artigliare il pavimento per
tirarsi
via da lì sotto, ma non si mosse di un millimetro.
“Ehilà,
bella tartaruga, serve una mano?” chiese una voce profonda,
divertita.
Quella
stessa voce qualche mese prima avrebbe fatto battere il suo cuore
fino a scoppiare, adesso le diede solo sollievo. Il suo baule si
sollevò, permettendole di voltare la testa e vedere Fred
Weasley che
guardava giù verso di lei, sorridente. Katie
si rese conto della situazione assurda.
Fred le
tese una mano e l'aiutò ad alzarsi.
“Che
è successo?” domandò, restituendole
la bacchetta.
“Warrington,
quell'idiota! Mi ha attaccato alle spalle, il vigliacco!”
sbottò,
riprendendo a far levitar il baule con la magia.
“E
dov'è andato adesso il grosso idiota?” chiese Fred
con un lampo
furbo negli occhi.
“Credo
che sia andato a chiamare i suoi amici, le sue risate non si sono
spente finché non è uscito dal vagone”
sibilò lei, scuotendosi
gli abiti con la mano. Fred
l'aiutò, togliendole della polvere dalla spalla.
George
e Lee apparvero dietro Fred.
“Ehi,
voi due, che state facendo?” chiese George malizioso,
guardando il
gemello e Katie vicini a chiacchierare, lei ancora paonazza in viso,
lui ancora con la mano sulla spalla di lei.
“Warrington
ha attaccato Katie alle spalle. L'ho trovata qui da sola a
rantolare”
spiegò Fred. Lei si sentì un po' in imbarazzo per
la descrizione
che aveva dato, anche se la trovò calzante. I gemelli si
scambiarono un'occhiata furba.
“Vai
pure, Katie. Se dovessimo incappare in Warrington,
ci
premuniremo di fargliela pagare da parte tua”
mormorò tranquillo
George, accompagnandola fuori dal vagone, verso il fondo. Lei
notò
il modo in cui aveva enfatizzato il dovessimo.
Provò a protestare, a dirgli che non ce n'era bisogno e di
non
mettersi nei guai, ma il ragazzo non la fece parlare; la spinse
gentilmente oltre la porta che separava i vagoni e le sorrise
attraverso il vetro. Guardò i gemelli e Lee confabulare,
mentre
risalivano il treno andando verso le prime carrozze. Era certa che
stessero andando a cercare Warrington.
Sperando
che non si mettessero nei guai continuò la ricerca di
Leanne. Scoprì
che l'amica si trovava in una delle carrozze in fondo e che anche lei
la stava cercando, preoccupata. Katie
le raccontò del suo ritardo e dell'incidente con Warrington;
Leanne
furiosa si alzò per andare anche lei dietro a Fred, George e
Lee, ma
la trattenne per la divisa cercando di calmarla. Passarono
le ore a chiacchierare, giocare a sparaschiocco e a scambiare
novità
con i compagni ritrovati dopo le vacanze. Angelina, apparsa dietro
alla signora col carrello dei dolciumi, le annunciò contenta
di
essere diventata capitano e Katie si congratulò sinceramente
con
lei.
Mentre
scendevano dall'espresso alla stazione di Hogsmeade, Katie e Leanne
passarono davanti allo scompartimento dei Serpeverde: Warrington e
due suoi compari, tra i quali lei riconobbe Montague, stavano
accasciati a terra ricoperti di bolle e peli viola. Gli altri amici
li scuotevano e cercavano di farli stare in piedi. Superarono lo
scompartimento, ridendo a crepapelle; Katie vide Fred, George e Lee
su una carrozza già in movimento per Hogwarts: George si
voltò un
attimo prima di superare una curva, si accorse di lei e le sorrise
con una strizzatina d'occhi.
Katie
rispose al suo saluto, ma il ragazzo era già scomparso dalla
vista.
La
lezione di Pozioni del martedì mattina fu stancante e
strana.
Dato
che il professor Piton ammetteva solo studenti che avessero ottenuto
una 'E', erano davvero in pochi nelle tetre segrete. A parte lei e
Leanne, c'erano due Corvonero, un Tassorosso e un Serpeverde. E
nessuno di loro osava fiatare. Piton
li fulminò con lo sguardo, tranne il ragazzo Serpeverde,
come se
provasse disprezzo verso ognuno di loro dubitando, evidentemente, che
fossero abbastanza qualificati per stare lì dentro.
Per
comprovare la loro abilità decise di sottoporli ad una
prova: la
preparazione dell'Amortentia. Una pozione difficilissima e avanzata.
Chi non fosse riuscito a prepararla in maniera corretta avrebbe
lasciato il corso, li minacciò Piton con un ghigno,
pregustando la
loro sconfitta.
Katie
sudò freddo, mentre scorreva gli occhi sulle difficili
istruzioni
della pozione; Leanne al tavolo alla sua sinistra le sorrise un po'
rigida, lasciandole l'impressione che anche lei fosse preoccupata.
Respirando
a fondo e lasciando che gli insegnamenti di Fred e George le
infondessero fiducia, iniziò a tagliare gli ingredienti. Il
crepitio
del fuoco sotto i calderoni e il suono delle lame che affettavano
febbrilmente riempivano l'aria, altrimenti silenziosa.
Due
lunghissime ore dopo, Piton ordinò loro di allontanarsi di
un passo
dal proprio calderone; li squadrava torvo da dietro la scrivania,
forse timoroso di inalare il fumo delle loro pozioni d'amore.
Katie,
asciugandosi una goccia di sudore, si guardò intorno: gli
altri
studenti erano altrettanto tesi e sudati, la preparazione della
pozione aveva prosciugato ogni loro energia e concentrazione e adesso
attendevano con ansia l'esito. Leanne le sorrise debolmente, ma molto
più rilassata di prima.
“Se
la vostra pozione al momento non sta producendo del vapore che sale
verso l'alto in spirali, iniziate a sgombrare la postazione”
ringhiò l'arcigno professore.
Guardò verso il suo calderone, preoccupata. La pozione
ribolliva di
una luminescenza perlacea e del denso fumo saliva in grandi spirali;
respirò di nuovo in maniera normale.
“Imbottigliatene
un po' e scriveteci sopra il vostro nome. Sapremo la prossima lezione
chi verrà buttato fuori e chi resterà. Per
giovedì voglio
cinquanta centimetri di pergamena sugli effetti dell'Amortentia,
controindicazioni e sulla maniera per riconoscerla all'istante:
colore, odore e sensazioni” ordinò Piton,
congedandoli.
Dopo
aver lasciato i sotterranei le due amiche si diressero verso la sala
Grande, affamate.
“Che
tipo di profumi hai sentito con l'Amortentia?”
domandò curiosa a
Leanne. L'amica,
col pensiero del pranzo in testa, sembrò recepire in
differita la
domanda. La vide concentrarsi un po' sul ricordo di poco prima.
“Son
certa di aver sentito odore di libri nuovi, lavanda
e...cocco”
mormorò Leanne un po' in imbarazzo.
“Cocco?”
chiese perplessa.
“E'
l'odore del bagnoschiuma di Sam” rivelò con un
sussurro.
“OOoooooOOH”
cantilenò allusiva Katie.
L'amica
divenne completamente rossa.
“Loveanne
maliziosa!” continuò a punzecchiarla divertita,
con un
sorrisetto.
“Tu
sei maliziosa!” sbottò Leanne, imbarazzata da
morire. “Sentiamo,
tu che cosa hai sentito?” Varcarono
la porta della Sala Grande e i deliziosi profumi delle vivande la
distrassero un attimo. Sentiva odore di patate al bacon nell'aria.
“Allora?
Dimmi, sono curiosa” incalzò la giovane, sedendosi
con lei al
tavolo dei Grifondoro.
“Se
la mia pozione era corretta, io ho sentito odore di lucido per manico
di scopa” iniziò ad elencare, mentre Leanne
scuoteva la testa
incredula, “torta di mele e....”
Concentrò
la sua mente, cercando di ricordare il terzo odore che aveva
percepito; era speziato o pungente, ma non era rimasto impresso a
lungo nella sua mente. Si
accorse dello sguardo d'attesa di Leanne.
“Non
riesco a decifrare il terzo!” si scusò, versandosi
patate e pollo
nel piatto. Mentre
iniziava ad attaccare il suo pranzo, un soffio di quel profumo la
investì. Chiuse gli occhi un attimo, respirandolo appieno,
sentendo
la mente leggera e felice.
“Pino”
esclamò piantando gli occhi in quelli di Leanne. L'amica
rischiò di
strozzarsi con le verdure che aveva appena ingoiato, per la sorpresa.
“Il
terzo odore: Pino!” annunciò trionfante alla
giovane che beveva,
cercando di liberare la trachea. Battendole appena sulla schiena,
Katie ragionò su: chi era passato, dietro lei, che aveva
quel
profumo? Si guardò attorno, ma i tavoli erano pieni e
nessuno si
stava per sedere. Chiunque fosse, sedeva al tavolo di Grifondoro o
Corvonero...ma poi che importava? Lei non era interessata a nessuno,
quel profumo non era certo riconducibile a qualcuno, proprio
così.
Venerdì
pomeriggio, Katie passò le due ore più lunghe
della sua vita china
su quello stupido libro, in silenzio. Buttava di tanto in tanto una
frettolosa occhiata di pena a Leanne, che le rispondeva con uno
sguardo afflitto. La vecchia megera in cardigan rosa, la Umbridge,
nuova insegnante di Difesa contro le Arti Oscure, sorrideva leziosa
dalla scrivania, intenta a squadrarli con attenzione. Non potevano
nemmeno provare ad alzare la testa dal libro o la professoressa si
sarebbe precipitata al fianco del malcapitato a chiedere spiegazioni.
Alla
fine delle ore si allontanò veloce, cercando di mettere
più metri
possibili tra lei e la classe. La lezione non era finita nemmeno da
un minuto e lei si era precipitata fuori, cercando di materializzarsi
lontano da lì.
“Io
non riesco a crederci! Cosa...come dovrebbe essere classificata
questa 'lezione'? Come osano anche solo chiamarla lezione?”
sibilò
furiosa a Leanne. L'amica
non apriva bocca, ma annuiva convinta.
“Cosa
impareremo quest'anno? Come supereremo gli esami?” chiese
ancora,
afflitta. Leanne
non sapeva che dire, era troppo arrabbiata.
Percorsero
la strada fino alla sala comune in silenzio, afflitte e tristi.
Due ore
più tardi, Katie si recò al campo di Quidditch,
per il provino per
il nuovo portiere.
Entrò
in campo con la scopa in spalla, eccitata all'idea di poter
nuovamente giocare, anche se una pioggerellina sottile cadeva
giù.
Trovò Angelina, Alicia, Fred e George già in
tenuta da allenamento,
allineati di fronte ai sette aspiranti portieri; Katie si accorse del
ciuffo rosso di uno di loro.
“Non
è Ron?” chiese insinuandosi tra i due gemelli,
indicando il
giovane allampanato che in quel momento stringeva la scopa
convulsamente e aveva un colorito verdognolo.
“No,
ti sbagli!” sbottò Fred negando con forza.
“Quello
non è Ron e di sicuro non è nostro
fratello” continuò George.
Katie
tirò loro due buffetti di rimprovero sulle spalle.
Inforcò la scopa
e si lanciò in aria per riscaldarsi un po'.
Le
gocce fresche sul viso sciolsero la tensione della prima settimana di
scuola; salì ancora più in alto, poi
puntò la scopa in basso in
una picchiata vertiginosa. Si sentiva viva, leggera, libera. Si
accorse che anche Fred e George erano decollati quando provarono a
superarla; i tre si lanciarono in una gara di velocità e
volteggi
finché un fischio non li richiamò all'ordine.
Fece appena in tempo
a sterzare prima di sbattere contro Fred, che si era fermato a
mezz'aria.
“Voi
tre, lassù! Avete finito di giocare?”
sbraitò Angelina dal basso.
La
squadra ricevette istruzioni precise: Alicia, Katie e Angelina
dovevano passarsi la Pluffa in volo avvicinandosi alla porta e
dovevano cercare di segnare. George e Fred avrebbero liberato un Bolide
e volato intorno alle Cacciatrici e gli anelli come elemento
di disturbo.
I primi
due ragazzi che esaminarono erano entrambi del secondo anno e non
riuscirono nemmeno a stare decentemente sulla scopa; il primo si
sbilanciò e sbatté il naso contro il manico,
sanguinando; il
secondo riuscì a parare un tiro con la faccia, dato che si
era
ribaltato a testa in giù, per sbaglio. Katie gli
infilò due Pluffe
di seguito senza nemmeno sforzarsi.
La
terza, Vicky Frobisher, volò benissimo nel giro di prova e
parò con
destrezza molti dei loro tiri. Angelina era molto contenta, poi
però
parlarono un po' tra loro e il capitano non sembrò
più molto
soddisfatta.
Il
quarto, sapeva solo che il cognome fosse Bragge, volò
abbastanza
bene, ma non riuscì a parare nemmeno una volta,
nemmeno
coi tiri più facili.
Il
quinto era Ron, che aveva guardato i provini fino a quel momento col
volto cinereo: montò sulla scopa teso e si
slanciò un po' troppo
forte, andando qualche metro più su degli anelli. Katie
sentì Fred
e George mugugnare forte. Alicia le passò la palla, lei
scansò un Bolide poi la rilanciò ad Alicia che
tirò. Ron,
un po' rigido sulla
scopa, si allungò un poco, ma la Pluffa entrò. Lo
vide arrossire e
diventare ancora più teso. George,
che sfrecciava qualche metro sopra di lei, imprecò. Al
secondo tiro,
Ron schivò in maniera perfetta il Bolide che uno dei suoi
fratelli
gli tirò contro, ma si distrasse e la Pluffa
entrò di nuovo.
“Forza!
Concentrazione!” urlò Angelina.
Quando
riuscì a parare il terzo, Katie lo vide sollevato e
più carico.
Riuscì a parare altri due tiri, ma sbagliò
l'ultimo che la ragazza
gli tirò. Lo vide
scendere giù negli spalti insieme agli altri, demoralizzato
e
nervoso.
Geoffrey
Hooper, del quarto anno, volò davvero bene. Poi
però cominciò a
lamentarsi dei tiri di Alicia e di Katie, dicendo che erano troppo
forti e improvvisi. Si lagnò del volo dei gemelli che lo
distraeva
ed ebbe da ridire perfino sulle gocce di pioggia, che gli davano
fastidio.
Katie
vide Angelina passarsi le mani tra le treccine, furiosa.
L'ultimo
ragazzo, Michael Dearborn, non fu niente di eccezionale.
Volò
discretamente e parò un paio di tiri.
Scesero
tutti giù, incontro ai sette che aspettavano tesi.
“Vi
ringrazio tutti in anticipo per aver sostenuto i provini, e a quelli
che non ce l'hanno fatta voglio dire comunque che hanno fatto un buon
lavoro” cominciò Angelina seria. Katie vide Ron
guardare verso i
suoi piedi scoraggiato, quasi sentisse di essere uno degli esclusi.
“Il
nostro nuovo portiere è Ron Weasley!”
annunciò il capitano tutto
d'un fiato, quasi volesse togliersi il pensiero in fretta. Il ragazzo,
al
sentire il suo nome, tirò su la faccia incredula, con le
orecchie in
fiamme. Continuava a spostare lo sguardo su ognuno di loro come se
stesse cercando di capire se fosse uno scherzo, poi sorrise da
orecchio a orecchio. Gli altri andarono via un po' delusi.
“Domani
alle due, allenamento con tutta la squadra!”
ordinò Angelina
mentre rompevano la fila.
“Adesso
avete vostro fratello in squadra. Impressioni?” chiese Katie
ai
gemelli mentre si incamminavano verso il castello.
“E'
un caso di omonimia!Quello non è nostro fratello!”
insisté Fred,
tetro.
“Già!
Non dirlo in giro, Katie! Potrebbero crederti!”
mugugnò George,
serio.
“Su!
Andiamo a festeggiare in sala comune, musoni!”
strillò lei
colpendoli sul fondo schiena con la scopa. George la inseguì
arrabbiato fino al portone, sotto la pioggia battente.
Il
giorno dopo, durante l'allenamento, Katie prese la pallonata
più
forte che avesse mai ricevuto in vita sua, dritta sul naso.
Sentì un
cupo scricchiolio in mezzo alla faccia, centinaia di punti gialli
corsero verso lei e poi il sangue caldo colò giù.
Vide Ron volare
verso di lei per scusarsi, interrotto da Angelina, arrabbiata. Gli
schiamazzi dei Serpeverde, giù dagli spalti, le giunsero
ovattati,
stordita com'era dal colpo. Fred e
George erano accorsi verso di lei. Fred si frugò in tasca,
poi le
diede una caramella piccola e viola.
“Ecco,
prendi questo, sistemerà tutto in un attimo” le
disse facendole un
occhiolino.
Katie
si ricordò di colpo delle caramelle che aveva provato per
loro
l'anno prima; sorrise ingoiando la caramella, dolce e gommosa.
Iniziarono
l'allenamento vero e proprio, Katie scartava il Bolide, i compagni di
squadra, passava e tirava, come sempre. Di tanto in tanto
però si
sentiva intontita e scuoteva la testa come se stesse cercando di far
uscire l'acqua dalle orecchie. Si accorse di un liquido caldo sulla
bocca e si passò la manica, che si riempì
all'istante di sangue.
Perché
invece di fermarsi sembrava sanguinare più forte?
Continuò a volare
ancora per un po', stordita, finché il fischio di Angelina
li
interruppe. La sentì sgridare Ron, poi si voltò a
gridarle qualcosa
per il suo naso.
“Sta
peggiorando!” esclamò lei confusa, cercando di
tamponare i fiotti
di sangue.
Ripresero
a volare e iniziò a sentirsi davvero male. Si accorse d'un
tratto che
i suoni andavano e venivano, come se stesse ascoltando da una radio
rotta e che la vista le si stava annebbiando. Continuò a
scuotere la
testa cercando di schiarirsi le idee.
Cominciò
a respirare velocemente, in preda all'ansia mentre sentiva i sensi
deboli,
il sangue che sgorgava ininterrotto dal suo naso, le mani strette al
manico che perdevano la presa. Non si accorse nemmeno del fischio di
Angelina. Sentiva solo che la scopa stava perdendo lentamente quota,
la testa leggera e ovattata.
Sentì
due braccia robuste afferrarla e passare sotto le sue. Le voci
di Angelina e di Fred le arrivarono fioche.
“Deve
andare in infermeria” sentì dire all'amica.
“Ce
la portiamo noi. Deve...ehm...aver mangiato per sbaglio una vescicola
sanguinolenta...” sentì balbettare Fred.
-L'ho
mangiata per sbaglio? Bugiardo di un Weasley!-
I due
gemelli la sorressero in mezzo a loro, mentre volavano fino al
limitare del campo. Abbandonate le scope la tennero sollevata, mentre
correvano verso il castello, cercando di non sballottarla troppo.
Katie sentiva il sangue continuare ad uscire, di tanto in tanto la
bruma gialla che le offuscava la vista si diradava e vedeva stralci
di paesaggio. Vide alcune facce di studenti nei prati che la
guardavano inorriditi.
Fred
continuava a parlarle.
“Come
ti senti, Katie? Cerca di parlare, dimmi che sei cosciente!”
ansimò
alla sua sinistra.
“Penso
che tu sia un idiota” mormorò lei piano.
Fred
rise sollevato.
“Siamo
quasi arrivati! Resisti!” disse il giovane cercando di darle
fiducia.
La sua
testa era vuota e piena allo stesso tempo, sentiva di non pensare
più
a nulla, ma era satura di un fastidioso ronzio. George
non parlò affatto lungo il tragitto. Arrivati alle scale i
due
ragazzi si fermarono. Sarebbe stato complesso portarla sospesa in
mezzo a loro, su per le scale. Avrebbero sbandato di qua e di
là come
un granchio bizzarro e impazzito, dando fastidio a Katie.
“Possiamo
farle l'incantesimo di librazione” suggerì Fred,
prendendo la
bacchetta.
“Sì,
quello con cui abbiamo rovesciato il calderone e con cui abbiamo
buttato giù Ginny dalle scale?” replicò
George.
“Prendila
in braccio Fred e portala su” sentì ordinare al
fratello. Katie si
staccò con forza dai due, cercando di fare in gradini. Le
ginocchia
le traballavano.
“Smettila,
Katie! Lo sappiamo che sei forte! Fatti portare su!”
gridò George
con voce furiosa.
Non voleva. Aveva capito il gioco
dell'amico: avrebbe fatto in modo
che Fred la portasse come una principessa e poi rimanesse al suo
capezzale, pieno di rimorso e commosso.
-Beh,
non reciterò in questa favola, George Weasley!-
Scansò
barcollante un secondo tentativo di Fred di prenderla, poi le sue
ginocchia cedettero e sbatterono contro le scale. Non sentì
nemmeno
il dolore, tutto divenne bianco accecante, mentre il suo corpo si
accasciava senza volontà.
Sentì
un ringhio in lontananza e due braccia afferrala, decise.
Sbatté la
testa contro un torace e percepì intensamente l'odore di
pino; poi,
cullata dal dondolio e dal battito di un cuore impazzito, Katie non
seppe dire se fosse svenuta o se si fosse addormentata.
Non
avevano mai visto Madama Chips così allarmata, eppure
avevano
visitato l'infermeria parecchie volte. La severa donna li
sbatté
fuori dopo che ebbero adagiato Katie nel letto, mentre correva
preoccupata a cercare delle pozioni.
Fred e
George rimasero in silenzio a guardare la porta dell'infermeria, in
attesa.
Venti
minuti dopo Madama Chips li fece entrare, dicendo che Katie era fuori
pericolo, ma ancora incosciente. Gli disse che se fossero arrivati un
minuto dopo sarebbe stata spacciata, perciò
domandò loro cosa fosse
successo.
“Un
bolide in pieno viso” rispose Fred in fretta. George lo
guardò in
tralice e Madama Chips mise su una faccia poco convinta.
“Deve
rimanere qui un paio di giorni e prendere la pozione rimpolpasangue
ogni due ore. Non trattenetevi troppo!” borbottò
allontanandosi
verso il suo ufficio.
I due
rimasero a osservare Katie. Era ancora pallida e delle occhiaie
verdognole contornavano i suoi occhi, ma il viso era più
rilassato;
Madama Chips le aveva aggiustato il naso e tolto il sangue, mentre la
sua divisa insanguinata giaceva appoggiata sul bracciolo di una
sedia.
Fred si
sedette vicino al suo letto e le afferrò una mano gelata,
preoccupato.
Katie
aprì piano gli occhi, su un viso rosso e lentigginoso. Con
un dolce
sorriso. George? Il suo cuore accelerò, contento. Ma che ci
faceva
George nel suo dormitorio?
“Ben
svegliata, principessa!” mormorò Fred allegro.
Alzò appena la testa e si
guardò intorno,
lentamente. Si trovava in
infermeria. Pian piano il ricordo dell'incidente riaffiorò
alla
memoria, il colpo, la caramella, il sangue,lo svenimento.
Guardò
Fred cercando di capire se fosse stato lui a portarla su. Quel cuore
impazzito che aveva sentito mentre sveniva, era quello di Fred?
Preoccupato per l'incidente che aveva creato? Si
accorse anche di Angelina e Alicia, senza più la divisa, ai
piedi
del suo letto.
“Come
stai?” chiesero tutte e due in coro, preoccupate.
“Bene!
Un po' debole, ma sto bene” disse lei convinta.
“Mi
dispiace di non essermi accorta che stessi così
male” si scusò
Angelina contrita. “E' che questo compito di fare il capitano
è
molto difficile e devo...”
“Angie”
la interruppe Katie, con un sorriso, “è tutto a
posto! Non ti devi
scusare di nulla!”
Le due
amiche, sollevate, rimasero a chiacchierare un po', soprattutto
dell'idiozia di Ron e Fred, poi tornarono in sala comune
promettendole di passare l'indomani. Katie si accorse dell'occhiata
complice tra Fred e Angelina, mentre l'amica usciva.
“Io...mi
dispiace davvero, Katie. Non volevo farti del male”
sussurrò piano
Fred quando rimasero da soli. Katie si girò a guardarlo,
scoprendo
che era davvero dispiaciuto.
“Ma
di cosa stai parlando? Lo so anche io che è stato
un'incidente. Non
proveresti ad ammazzarmi di proposito, a meno che io non ti minacci
di rivelare gli ingredienti di alcune tue invenzioni”
scherzò lei.
Fred sorrise sollevato.
Rimase
per un po' a farle compagnia finché Madama Chips
balzò fuori
dal suo
ufficio e lo cacciò fuori.
“Che
fine ha fatto George? Non era con noi?” chiese lei
velocemente,
mentre Fred veniva sbattuto di peso fuori, dato che aveva opposto
resistenza.
“Sì,
ma si è arrabbiato con me per averti quasi uccisa. Prima mi
ha
strattonato di qua e di là in preda alla furia, poi se
n'è andato
via depresso quando mi son seduto al tuo capezzale e ti ho preso la
mano” gridò, cercando di contrastare l'incantesimo
di
allontanamento di Madama Chips. La porta si richiuse dietro di lui.
“Non
è un tenerone?” chiese con un sorriso furbo,
mettendo dentro la
testa un secondo e sparendo prima che l'infermiera scagliasse un
altro incantesimo. Katie sorrise imbarazzata.
Venne
forzata a bere la densa e vischiosa pozione rimpolpasangue, che
sapeva di ferro liquido, poi si adagiò sui cuscini mentre
Madama
Chips ritornava al suo ufficio.
George
si era arrabbiato per il suo incidente. Ma allora, forse, era
innamorato di lei? Perché il pensiero che potesse amarla le
faceva
battere il cuore così forte? Non aveva smesso da qualche
mese di
interessarsi a Fred? Si era forse innamorata di George?
-Sciocchezze!
No, che non sono innamorata! Lui è il mio migliore amico.-
Ma poi
pensò, lo sguardo che vagava dal lampadario alle tende
bianche, non
aveva atteso una sua risposta con ansia quell'estate? Non aveva
tenuto la foto vicino al letto per guardare il minuscolo George
sorriderle, di tanto in tanto? Non aveva ripensato spesso ai loro
incontri al pozzo e ai loro discorsi, prima di dormire?
Si era
innamorata davvero di lui! Portando le mani al viso tirò un
gran
sospiro.
Forse
perché lui e Fred erano identici?
-No!
Perché sono diversi!-
Il
cuore di George l'aveva stregata. Aveva finito per innamorarsi
dell'uomo del mistero al di la del pozzo, con le sue insicurezze, i
suoi dubbi, la sua dolcezza.
Come
era successo? Quando era successo? E come doveva comportarsi?
Innamorarsi
del fratello gemello del ragazzo che le piaceva prima, che sapeva
della sua ex cotta, e in più era il suo migliore amico.
-Oh, santo Godric, Katie! Perché la vita tranquilla non ti
piace?
Perché devi
sempre complicarti le cose?-
Rimase
sveglia per ore, a guardare il soffitto illuminato dai raggi di luna
che entravano dalle finestre, pensierosa.
La
porta cigolò piano, distraendola dai suoi pensieri; lo
spicchio di
luce che entrava da fuori illuminò il giovane Weasley, che
si
intrufolò furtivo. George
si avvicinò piano al suo letto. Con un leggero batticuore
chiuse gli occhi, facendo finta di dormire.
“Lo
so che sei sveglia, donna di ghiaccio! Nessuno riuscirebbe a dormire
così. Ho visto delle scope meno rigide!”
sbottò lui piano vicino
al suo orecchio. Katie
aprì gli occhi, presa in castagna. George era ancora in
divisa,
osservò nervosa mentre lui si sedeva al suo fianco.
“Che
cosa ci fai qui?” sibilò emozionata, ma cercando
di suonare
indignata.
“Sono
andato a fare un volo e ho perso la cognizione del tempo. Ma volevo
lo stesso vederti” sussurrò lui calmo. A quelle
parole Katie sentì
il cuore accelerare vertiginosamente.
-Sta
calmo, cuore! Non c'è molto sangue da pompare, vuoi che
svenga di
nuovo?-
“Non
dovevi disturbarti” mormorò, la voce soffocata.
“Nessun
disturbo. Fred si è scusato con te?” chiese lui,
trattenendo la
voce calma.
“Sì,
ma non ce n'era alcun bisogno. E' stato un incidente” rispose
lei
sincera. George
rispose con un basso ringhio che assomigliava a: “tanto
sapevo che
l'avresti perdonato, l'idiota!”
Katie
si sentì tesa. George, ovviamente, non sapeva che lei non
era più
innamorata di Fred e sembrava l'occasione giusta per dirglielo. Ma
non trovava le parole giuste.
George
la osservò, mentre lei lo fissava, assorta su come
confessare i suoi
sentimenti.
“La
tua scopa ce l'ho io, non preoccuparti. L'ho recuperata poco prima di
andare a volare” rispose lui, a una domanda che a lei non era
nemmeno saltata in mente.
Katie
si sgonfiò, delusa.
D'un
tratto si accorse di una macchia scura sulla maglia di lui e
trattenne il respiro. Quella macchia sembrava proprio...
“Sei
stato tu a portarmi in braccio?” domandò vaga, il
cuore che
rimbalzava in attesa nella sua gola; ma George si era accorto dello
sguardo. Guardò
in giù e passò una mano sulla macchia di sangue,
che si era
rappresa all'altezza del suo cuore quando la testa di Katie si era
appoggiata.
“Sì,
scusa, ma ho dovuto! Non dovresti ingaggiare una lotta quando sei a
un passo dalla morte! E poi ti avrebbe portato Fred! Perché
ti sei
ribellata?” la ammonì incredulo.
Katie
non aveva sentito nulla dopo il sì. La sua immaginazione la
trascinò
lontano, facendole vedere George che la prendeva in braccio, la testa
appoggiata sul suo petto; il battito del cuore di lui impazzito, il
viso teso mentre correva per strapparla alla morte. E poi
fronteggiava Fred per averla quasi uccisa, arrabbiato e preoccupato. Si
premette le mani sul viso mentre tratteneva il respiro, il cuore in
tumulto.
George
si accorse della strana reazione di lei.
“Stai
bene?” chiese avvicinandosi e prendendole la mano, spaventato.
“Sto
bene!” trillò emozionata, tirandosi su di
scatto per
dimostrare la veridicità delle sue parole e per non stare
troppo
vicina a George. Sentì l'ormai familiare ronzio alle
orecchie e si
senti mancare e cadere in avanti. La mano di George fermò la
sua
caduta e la risospinse sui cuscini; la schiaffeggiò piano
finché
non tornò in sé.
“Non
strafare! Il tuo sangue deve rigenerarsi! Sei debole”
strillò
chino su di lei, per non farsi sentire da Madama Chips.
Sentì le
guance diventare calde sotto le mani di lui.
Era
vicino, tanto vicino. Il suo profumo le riempì le narici.
Era suo
l'odore di pino che sentiva con l'Amortentia.
Per
quanto rimasero a guardarsi negli occhi? Katie non ne era certa, ma
le sembrò troppo e poco allo stesso tempo. George si
riscosse e le
pizzicò il naso.
“Vado
via, adesso. Cerca di non stancarti” consigliò
teso, alzandosi.
Lo vide
aprire piano la porta, si girò solo un attimo per lanciarle
un
ultimo sguardo, poi lo vide sorridere e scomparire oltre.
Il
battito del suo cuore non la fece dormire molto quella notte e
nemmeno la testa, a dire il vero: le faceva vedere solo George, con
ogni espressione, con ogni sorriso in cui si era persa.
Note:
Eccoci nel quinto libro, il sesto anno
di Katie.
Volevo dividere il capitolo in due,
perché mi pare davvero lunghissimo. Rischio di imbottirvi di
troppe informazioni tutte assieme. Ma proprio non ci son riuscita.
Credo che tutte queste cose debbano
rimanere concatenate.
A tutti quelli che stanno seguendo la
storia: grazie.
Ogni commento è ben
accetto, vorrei proprio sapere cosa ne pensate finora.
A presto!
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Capitolo 10 *** Inseguimento a Hogsmeade ***
“Hai
un aspetto terribile! Com'è possibile che tu stia peggio di
ieri?”
sbottò incredulo George, appena arrivato. Le occhiaie di
Katie erano
violacee con venature verdognole, la sua faccia persino più
pallida
del giorno prima.
La
notte insonne non aveva giovato alla sua salute. Fred lo
guardò di sottecchi.
“Ed
esattamente quand'è che l'avresti vista tu, ieri? Io son
stato
l'ultimo a lasciare l' infermeria” lo pungolò
scambiando
un'occhiatina con Leanne. La ragazza si aprì in un sorriso
poi sembrò ripensarci e
saltò su arrabbiata.
“Tu!”
urlò seria puntando la bacchetta contro Fred, che si
ritrasse,
incredulo. “Me l'hai quasi ammazzata! E' meglio che ti
controlli le
spalle, perché ti tengo d'occhio!” Scintille blu
scuro sprizzarono
dalla punta della bacchetta.
Continuò a sgridarlo per mezz'ora, dopo di che
arrivò Madama Chips
che li buttò fuori senza molte cerimonie.
L'amica
si era precipitata in infermeria quella mattina, dopo colazione. Col
volto teso, e pallido come il suo, le aveva raccontato di aver saputo
dell'incidente solo la sera prima all'ora di cena quando, accortasi
che non c'era, aveva sentito Angelina raccontare alle sue amiche
dell'incidente. Ma dato che l'orario di visite era passato, era
rimasta a rigirarsi nel letto aspettando l'ora per andare a trovarla.
L'aveva
riempita di abbracci, le aveva proibito di alzarsi e aveva inveito
contro l'idiozia di Fred, finché lui e il fratello non erano
apparsi
in infermeria per trovarla, poco prima di pranzo.
Rimasta
sola a bere la sua disgustosa pozione, Katie riuscì a
respirare
normalmente. L'arrivo di George l'aveva gettata nuovamente in
confusione, come se la notte insonne non l'avesse già
fiaccata
abbastanza.
Era
contenta che George non sapesse leggere la mente perché non
aveva
fatto altro che pensare a lui, fissandolo come un'ebete, bevendosi
ogni parola e ogni risata che usciva dalla sua bocca come se fosse un
nettare della felicità.
Santa
Pluffa! Era rincretinita! Completamente! Si afferrò la testa
e la
scosse con forza cercando di tornare in sé. La stanza
vorticò
davanti ai suoi occhi.
-Questa
non sei tu, Katie Bell! Questa stucchevole dolcezza da dove viene
fuori? Non sei mai stata una ragazza rose, fiori e cuori!-
Perché
adesso si comportava come una ragazzina idiota in preda all'amore e
agli ormoni?
-Perché
sei una ragazzina idiota in preda all'amore e agli
ormoni,
Katie!-
D'un
tratto si accorse di Madama Chips che la fissava incredula dalla
porta del suo ufficio.
“Se
hai finito di sbatacchiarti la testa, Bell, ti consiglio di riposare.
So che non hai dormito stanotte!” la rimproverò
severa con sguardo
inflessibile.
Katie
si tirò le coperte sul viso paonazzo e provò a
dormire.
Madama
Chips la fece uscire dall'infermeria solo il lunedì mattina,
ma le
diede altri due giorni di pozione rimpolpasangue e le
raccomandò di
non allenarsi per lo stesso periodo di tempo. E di smettere di
sbatacchiarsi la testa.
Il
tempo passò veloce, come se fosse volato via su una Firebolt.
Un
mese, otto allenamenti e sedici ore di lezione con la Umbridge dopo,
Katie era distrutta.
Stare
dietro alla mole di compiti era stato abbastanza duro, soprattutto a
causa degli incantesimi non verbali, ma grazie all'aiuto di Leanne
unito ad un po' di organizzazione, era riuscita a non rimanere
indietro.
Le ore
con la Umbridge, invece, non avevano soluzione: erano inutili, tediose
e silenziose. Katie dovette resistere più di una volta
all'impulso
di affatturare quel sorriso molle che li squadrava dall'alto della
cattedra. Non ricordava di aver mai odiato nessuno in vita sua, ma
sentiva di poter odiare la bassa megera in rosa.
E non
era l'unica a pensarla in quel modo: in sala comune, uno dei luoghi
più sicuri dove inveirle contro, i più lanciavano
improperi e
parolacce contro le sue lezioni e consigliavano posti alternativi su
dove potesse infilare la sua 'sicurezza'.
Ma
nulla l'aveva fiaccata e allarmata più degli allenamenti di
Quidditch. Volare con George intorno si era rivelato difficile e
pericoloso.
Cercava
di resistere, ma non riusciva a non guardarlo. I suoi occhi saettavano
senza controllo su di lui, sul suo sorriso furbo, i suoi occhi
giocosi o su quella lieve increspatura del sopracciglio che faceva
quando era teso.
Le sue
continue distrazioni avevano influito sul suo volo e avevano
rischiato di farla finire ripetutamente in infermeria, in seguito a
collisioni o scontri con i bolidi. Ringraziava mentalmente Ron alla
fine di ogni allenamento: dato che era lui di solito a creare
più
danni e a prendere più rimproveri, gli altri non si
accorgevano del
basso rendimento di Katie.
Si era
soffermata a pensare che non era mai successo quando aveva avuto una
cotta per Fred. Quello che provava per George era più
intenso e allo
stesso tempo nuovo.
Più ci
pensava, meno sapeva come comportarsi; il fatto che fossero amici
complicava di molto le cose. Che sarebbe successo se lei si fosse
dichiarata e lui l'avesse rifiutata? La loro amicizia sarebbe rimasta
la stessa o si sarebbero allontanati? Katie
non voleva perdere il suo meraviglioso rapporto con George. Alcune
sere si incontravano in sala comune, quando gli altri erano ormai
andati a dormire e parlavano tra loro, come avevano fatto al pozzo
l'anno prima, vicini e complici. Adorava quelle sere, le sembrava
che al mondo non ci fossero che loro due. I suoi dubbi e le sue
speranze andavano e venivano a seconda dell'umore e degli incontri.
E
ancora una cosa era successa quel mese: una sera Hermione aveva
chiamato lei, Angelina e Alicia e aveva chiesto loro che cosa ne
pensassero delle lezioni della Umbridge. Quando le tre ebbero
espresso il loro disgusto per la vecchia rospa, Hermione aveva dato
un appuntamento per il primo fine settimana a Hogsmeade, promettendo
loro delle piacevoli novità.
L'appuntamento
a cui Katie partecipò, a metà Ottobre, era
più una riunione che un
incontro intimo come si era aspettata. Oltre a lei altre 24 persone
si erano presentate quella mattina al pub Testa di Porco, davanti
allo sguardo incredulo di Harry, affiancato da Hermione e Ron.
Era scesa al villaggio con Leanne, ma poi l'amica le aveva evitato di
trovare una scusa, dicendole che aveva un appuntamento con Samuel ai
Tre Manici di Scopa. Lei si era quindi accodata a Angelina e Alicia
ed erano state poi raggiunte da Fred, Lee e -Katie era euforica-
George, pieni di mercanzia di Zonko.
Durante
l'incontro Hermione aveva proposto un gruppo segreto di Difesa Contro
le Arti Oscure con Harry come insegnante. Dopo che la pergamena
firmata da tutti scomparve all'interno della borsa di Hermione, il
gruppo si sciolse e ognuno prese una direzione diversa.
Katie
era rimasta da sola.
Non
sapeva perché, ma aveva visto confabulare Angelina e Alicia
emozionate, come se stessero parlando di un qualche segreto e non se
l'era sentita di unirsi a loro. Vagò
per Hogsmeade illuminata dal pigro sole che non scaldava, guardando
le vetrine con aria distratta. Entrò da Mielandia e
comprò un
sacchetto di api frizzole, caramelle tutti i gusti+1 e una tavoletta
di cioccolato all'arancia. Mangiando le caramelle continuò
il suo
errare per le stradine.
Davanti
alla porta dei Tre Manici di Scopa si fermò, indecisa se
entrare o
meno. Non le andava di sedersi da sola a sorseggiare Burrobirra e di
certo non voleva che Leanne si sentisse obbligata a invitarla a stare
al tavolo con lei e Samuel. Decisa, voltò le spalle al
locale e
sbatté contro George che la prese sottobraccio. Sembrava
contento di
vederla; lei si massaggiò il naso ammaccato dalla botta
contro il
torace di lui.
“Katie!
Cosa fai tutta sola? Vieni a bere una Burrobirra con noi!”
esclamò
trascinandola dentro.
Lui e
Fred avevano ancora più buste che durante l'incontro alla
Testa di
porco. Ignorando le proteste di Katie, rossa quasi quanto i capelli
di lui, George la fece sedere al tavolo con loro e ordinò
tre
Burrobirre. Leanne,
che aveva assistito perplessa al suo ingresso forzato, la
salutò con
la mano insieme a Sam. I gemelli si accorsero dello scambio di
saluti.
“Allora
è questo il motivo per cui vai in giro da sola!”
commentò Fred
bevendo un sorso, guardando Leanne e Sam parlottare
complici tra loro.
“Ehm...
sì, stanno insieme da questa estate e non si vedono molto,
perciò
approfittano delle uscite a Hogsmeade” rivelò lei.
“Chi
l'avrebbe detto. Non credevo che Leanne fosse una ragazza interessata
all'amore. E' sempre stata un po' cinica, come me”
continuò Fred.
“La
sua è una maschera. E' una ragazza dolcissima, con un grande
cuore”.
“E
tu? Hai qualcuno che ti piace dietro quella maschera da
dura?”
chiese allusivo Fred.
La
guardava con l'aria di saperla lunga.
Katie
tossì, sputando un po' di Burrobirra. Guardò i
gemelli di fronte a
lei, con la stessa identica espressione di attesa. George la
incoraggiava a farsi avanti con Fred e Fred a farsi avanti con
George.
-Quand'è'
che mi sono messa in questa situazione? E come?- Tirò
un gran sospiro, passando lo sguardo da uno all'altro.
“Sì,
c'è un ragazzo che mi interessa! E non ho nessuna maschera
da dura!”
ribatté lei tranquilla.
George
le sorrise incoraggiante.
-Sto
parlando di te, idiota!-
“Ma
sì che ce l'hai! Quell'atteggiamento un po' sostenuto, del
tipo: io
non mostro i miei sentimenti in pubblico e mi comporto goffamente e
da maschiaccio.”
Era
vero che non faceva la civetta e che le piaceva volare e parlare di
Quidditch ma non credeva di avere l'aria da dura o scostante! Lo
pensava anche George?
“Sì,
beh, non sono un oca o una ragazza interessata a parlare solo di
ragazzi. Mi piace il Quidditch e sono un po' sportiva. Ed è
vero che
sono goffa. Ma un cuore ce l'ho anche io.”
“E
noi conosciamo chi ti ha rapito il cuore?” incalzò
ancora Fred,
che evidentemente si stava divertendo a metterla in
difficoltà.
George trattenne il respiro.
-Sei
subdolo e cattivo, Fred!-
“Sì,
lo conoscete. Ma non dirò nulla di
più!” lo interruppe, visto che
lui aveva già aperto bocca per farle altre domande. Fred
sembrava
intenzionato a continuare, ma uno sguardo omicida di Katie gli fece
cambiare idea.
“A
proposito di relazioni, io vi lascio, ragazzi. Ho un appuntamento. Lee
è scomparso con una ragazza, perciò tienigli
compagnia tu, Katie”
fece George, prendendo parola per la prima volta da quando erano
entrati al bar. Ebbe
persino la faccia tosta di far loro un occhiolino.
Katie
pensò tremante di aver capito male. Le sembrava che George
avesse
detto di avere un appuntamento. UN APPUNTAMENTO. Con una ragazza? Con
chi si vedeva? E perché era così contento?
Lo
guardò incredula e ferita lasciare il pub con un gran
sorriso. George
era innamorato di un'altra ragazza! E non le aveva detto nulla!
Sentì
una certa ansia salirle bruciante dallo stomaco.
Fred
continuava a sorseggiare la Burrobirra, osservandola assorto.
“Ti
interessa sapere con chi esce George?” la
punzecchiò dopo un po'.
“Con
chi esce?” saltò su lei incapace di trattenersi.
Fred
sorrise sornione.
“Lo
sapevo. A te piace George! Troppo semplice da capire”
gongolò lui. Katie
voleva alzarsi e innaffiare con la sua Burrobirra quel sorriso
soddisfatto.
“Con
chi esce?” continuò, ignorando i suoi
commenti.
“Non
lo so. Non me l'ha detto. E io son troppo gentiluomo per
chiederlo”
replicò Fred. Katie gli buttò addosso uno sguardo
incredulo.
“Ma
possiamo scoprirlo” aggiunse con un ghigno divertito.
A Katie
non piaceva quello che stavano facendo. Dopo aver pagato, Fred
l'aveva trascinata fuori dal pub e convinta a dare un'occhiata
'innocente' all'appuntamento di George. Ossia spiarlo.
Letteralmente
portata di peso, avevano vagato per Hogsmeade cercando traccia del
gemello. Fred si
divertiva, Katie molto meno. Temeva sempre di veder apparire George
sottobraccio ad una ragazza, mentre le rivolgeva parole dolci o
sorrisi o peggio, mentre si baciavano. Il suo cuore
sprofondò sotto
i suoi piedi, oltre il suo corpo fisico, più giù
del centro della
terra, al solo pensiero.
Lui la
strattonò attirando l'attenzione. “Eccolo! E'
con...”
“Alicia?”
continuò lei incredula. Svoltato
l'angolo videro subito il giovane svettare tra gli altri studenti in
giro grazie alla capigliatura rosso fuoco e al fisico prestante. Al
suo fianco la dolce Alicia gli sorrideva divertita.
“Ma lei non
è innamorata di...”
“Aspetta
guarda! C'è anche Angelina!” la interruppe Fred
con voce
allarmata. All'altro
lato di George c'era infatti il nuovissimo capitano, anche lei
sorridente e impegnata nella discussione.
“Ma
allora non è un appuntamento! A meno che non sia un
appuntamento a
tre e in questo caso vado a prendere a pugni mio fratello!”
sbottò
Fred a voce alta.
Parecchi
studenti, già insospettiti dal loro atteggiamento ambiguo,
si
voltarono a fissarli.
“Abbassa
la voce!” lo rimproverò lei tirandolo dietro il
muro.
Continuarono
a seguirli lungo le strade. Quando i tre si fermavano a guardare le
vetrine, si tenevano vicini abbastanza per poterli seguire senza
però
essere visti. Se
qualcuno un anno prima le avesse detto che un giorno avrebbe giocato
all'investigatrice insieme a Fred per le strade di Hogsmeade, lei di
certo l'avrebbe fatto internare al San Mungo.
E
invece eccola lì, sottobraccio al ragazzo per cui aveva
avuto una
cotta, a scambiarsi bisbigli mentre seguivano George, Alicia e
Angelina. Si
piegavano dietro muri, si infilavano in pertugi e cercavano di
mimetizzarsi con l'ambiente.
Dopo
essere usciti dalla filiale di Accessori da Quidditch di
qualità,
Alicia si staccò dal resto del gruppo e si avviò
verso il castello,
lasciando George e Angelina da soli.
L'atmosfera
tra Katie e Fred divenne tesa.
George
e Angelina passeggiarono un po', vicini, complici, con un aria molto
intima tra loro. Poi si sedettero su una panchina. La ragazza
sembrava un po' imbarazzata.
Katie
sentì l'amico ringhiare qualcosa.
“Ehm...Fred.
Tu e Angie, non state insieme?” chiese cauta, vista la
situazione. Lui
continuava a tenere lo sguardo sui due, concentrato.
“Non
esattamente. Io non sono...pronto ad avere una ragazza. Non posso
dedicare tutto il mio tempo a lei, vivendo ogni secondo in
modalità
due cuori una capanna! Ho delle ambizioni, lo sai”
rivelò lui
teso. “Noi
due ci piacciamo e ci frequentiamo, ci vediamo, sai...insomma non
devo spiegarti tutto. E' come una relazione ma non è
costrittiva.”
E
allora perché Angelina era lì a guardare il suo
George?
“Lei
non può averlo scambiato per te, vero?” chiese
speranzosa Katie.
-Sì, è
tutto un equivoco! L'ha scambiato per Fred!-
“No!
Voglio dire, spero proprio di no. Penso che debba almeno distinguermi
da mio fratello. E se pensasse di stare con me a quest'ora sarebbero
molto più intimi, credimi.”
Quella
era una cosa che sperava non accadesse. Che
Angelina si fosse stufata di aspettare che Fred maturasse e le
dedicasse più attenzioni e avesse deciso di interessarsi a
George?
Che avesse deciso di preferire il sensibile allo sbruffone? O forse
gli stava solo chiedendo consigli sul fratello.
-Questo
è quello che speri tu, Katie.-
Rimasero
lì, pieni di dubbi e domande, a guardare le persone amate
confabulare
contente tra loro. Katie vide George d'un tratto diventare teso e
prendere a gesticolare forte, poi Angelina sorridere dolce mentre gli
posava una mano sul braccio.
Non
seppe dire se fosse stata lei a trattenere Fred o lui a trattenere
lei, ma entrambi ebbero l'impulso violento di interrompere
l'appuntamento affatturando George e Angelina. Quando il sole era
quasi tramontato del tutto i due sospetti piccioncini si diressero al
castello, seguiti a distanza dai due spioni di malumore. Katie
era depressa. L'anno prima aveva rinunciato a Fred senza lottare per
Angelina, avrebbe dovuto rinunciare anche a George in favore
dell'amica?
“Che
cosa faresti se fosse vero? Se davvero loro due si
frequentassero?”
chiese Fred con la voce roca dando vita al suo pensiero. Stavano
varcando il portone del castello.
“Non
rinuncio a George. Non senza lottare” rispose fiera,
più a se
stessa che a Fred. Quello che provava per George non poteva nemmeno
dirsi cotta, era proprio...amore. Non avrebbe lasciato che qualcosa
si mettesse tra lei e il ragazzo che amava.
Fred le
sorrise compiaciuto.
“Così
mi piaci!”
Ritornati
in sala comune avevano trovato George ad attenderli.
“Siete
rimasti tutto il giorno assieme? Com'è andata la vostra
giornata?”
chiese con un sorriso un po' teso. Fred le
passò il braccio intorno alle spalle.
“Benissimo!
Ci siamo divertiti tantissimo, vero Katie?” sorrise Fred,
guardandola.
“Oh
sì! Proprio una giornata emozionante” rispose lei,
mettendosi
su
una faccia entusiasta.
Avrebbero
fatto credere di non averli visti, ma li avrebbero tenuti d'occhio.
Quando si separarono per andare nei rispettivi dormitori si
scambiarono una strizzatina d'occhi, complici.
La
domenica non successe nulla, lei e Fred tennero d'occhio George e
Angelina, ma i due sembravano essere tornati amici come sempre. Fred
voleva andare a chiedere direttamente spiegazioni a George per quello
che avevano visto, ma Katie non si era detta d'accordo.
“Così
capirà che l'abbiamo seguito!” protestò
lei il lunedì pomeriggio
a bassa voce. Si erano incontrati in biblioteca e Madama Pince li
teneva d'occhio. Soprattutto a causa di Fred, che era solito creare
scompiglio lì dentro.
“Chissenefrega!”
sbottò lui tutto d'un fiato. “E' mio fratello ed
era ad un
appuntamento con la mia ragazza. Quasi ragazza.”
Madama
Pince li fulminò con lo sguardo.
“E se
ti dicesse di punto in bianco che si amano? Cosa faresti?”
“Lo
prendo a pugni finché non mi assomiglierà
più!”
Katie
scosse la testa, rassegnata. Capiva come si sentisse Fred. Aveva
dormito sì e no due ore nelle ultime tre notti, rimuginando
su
quell'incontro, sul palpabile imbarazzo che in due occasioni si era
creato tra George e Angelina. Di cosa avevano parlato?
Era lei
stessa molto tesa e nervosa e dato che sapeva
dell'impulsività di
Fred, cercò di riportarlo alla calma.
“Non
traiamo conclusioni affrettate. Controlliamoli ancora un giorno! Se
non veniamo a capo di niente allora li affronteremo!” disse
lei
decisa. Notò lo sguardo omicida di Fred.
“Io
George e tu Angelina. Così non c'è il rischio che
lo ammazzi”
aggiunse per precauzione.
Il
giorno dopo, a causa di una forte pioggia, gli studenti avevano trovato
riparo in un'aula vuota. Katie, seduta accanto a Leanne, teneva
d'occhio George, che parlottava allegro con Lee e Fred. Quest'ultimo
la cercò con lo sguardo e tirò su con le spalle.
Angelina era
sparita dieci minuti prima, dopo aver dato l'annuncio a Harry che la
squadra di Quidditch era riformata e alle sette c'era l'allenamento.
Niente, non avevano scoperto nulla. Katie gli fece dei segni con le
mani.
“Stasera.
Dopo l'allenamento. Confronto finale”
Fred
fece ok col pollice.
Katie
distratta dal suo messaggiare in codice, non si era accorta
di Pix lì vicino. Si rese conto solo quando una bolla di
inchiostro,
soffiata dal poltergeist, le scoppiò nell'orecchio,
tappandolo e
sporcandole la guancia. Tutta
la rabbia repressa in quei giorni esplose. Si tirò su
furiosa e
cominciò a lanciare ogni oggetto che aveva davanti: calamai,
libri,
pergamene, traendone gusto. Leanne al suo fianco faceva pigramente
apparire oggetti che poi passava a Katie. Coppe, mazzi di carte, un
set di scacchi, stivali e vasi di fiori. Due
minuti dopo Pix le vuotò il calamaio in testa. Katie,
incredula, si
voltò verso l'amica, la furia raffreddata, i rivoli di
inchiostro
che le scendevano sulla faccia.
“Stai
bene coi capelli neri, sai?” mormorò divertita
Leanne. “Ci farei
un pensiero fossi in te.”
Quella
sera la pioggia incessante non li risparmiò, l'allenamento
fu uno
dei più zuppi e inutili che avessero mai fatto. Ritornati
negli
spogliatoi, grondanti di pioggia, Katie diede il segnale a Fred
mentre si asciugava i capelli, tornati del loro colore naturale.
Uscirono
dallo spogliatoio imbacuccati nei mantelli. Lei si affiancò
a
George, mentre Fred scivolò avanti verso Angelina.
“George,
perché stai camminando...così?” chiese
perplessa. Non era la
domanda che voleva fare, ma le era sorta spontanea. Il ragazzo incedeva
a gambe aperte, trattenendo di tanto in tanto delle
smorfie.
“Lascia
perdere. Non è una cosa che voglio dire ad una
ragazza.”
“Nemmeno
se la ragazza sono io?” sbottò lei incredula. Era
la sua migliore
amica!
“Soprattutto”
rispose lui. Un
silenzio imbarazzato cadde dopo la risposta.
“Ehm,
sai, sabato ti ho visto insieme ad Angelina. Era con lei che
avevi l'appuntamento?” domandò, cercando di
suonare
vaga.
George
sembrò irrigidirsi per un momento.
“Come
hai fatto a...quando ci hai visti?” chiese teso.
“Oh,
io...ero scappata un secondo da Mielandia a prendere il...portamonete
che avevo dimenticato e vi ho visti chiacchierare su una panchina.
Con aria un po' imbarazzata.”
George
era proprio nervoso. I suoi occhi saettarono di qua e di là,
tesi.
“Ok,
te lo dico. Angelina...lei...è venuta a chiedermi un
consiglio”
mormorò con aria colpevole. “Su Fred”
aggiunse velocemente.
-Oh!
George era ancora convinto che lei amasse Fred! E non voleva
ferirla.-
“Loro
hanno una specie di relazione ma Fred è abbastanza....Fred.
Perciò
Angelina ogni tanto va nel pallone, e viene a chiedermi
consigli”
rivelò lui piano. Allora
era questo! Cercò di tenere la sua faccia normale e di non
saltare
dalla gioia.
George
la guardava preoccupato.
“E'
tutto ok! Non sono più interessata a Fred, l'ho
dimenticato”
confessò lei col batticuore.
Lui la
guardò scettico. “Sul
serio?” sibilò poco convinto.
“E
definitivamente” aggiunse lei, felice. Lui sembrò
reputare la
notizia troppo assurda per essere vera, perciò si
limitò a
sorriderle perplesso.
Il
mercoledì mattina lei e il suo complice si incontrarono in
gran
segreto in biblioteca.
“Quindi
è a causa mia? Angelina va a confidarsi con
George?” domandò
incredulo Fred, nascosto dietro un grosso libro.
“A
quanto pare. Non che non la capisca. Insomma”
cominciò lei cauta
guardando gli occhi di lui lampeggiare dal bordo del libro,
“una
ragazza vuole chiarezza. E vuole sentirsi importante. Devi trattarla
come merita!”
Fred
mise il broncio e rimase in silenzio. Katie
era felice ed euforica. Il malinteso era stato chiarito. George e
Angelina non stavano assieme né avevano intenzione di starci.
“C'è
dell'altro” iniziò Fred piano, evitando di
guardarla in viso.
“Angelina
mi ha detto che...” si bloccò cercando le parole
giuste. Sembrava
stesse lottando con se stesso.
“Che?”
incalzò lei, un nodo in gola. Da quando Fred era diventato
così
considerato?
“Che...George
è innamorato di una sua amica e voleva dei consigli da
lei.”
Le
parole di Fred entrarono nelle sue orecchie trasformandosi in orrore,
un orrore che consumò lentamente ogni cosa al suo interno.
Si
accorse vagamente di Fred che la cingeva consolatore, troppo
insensibile a qualsiasi cosa che non fosse il suo petto che bruciava
di dolore.
Note:
Ciao
a tutti!
Sono
tornata con un nuovo capitolo. Personalmente questo è uno di
quelli
che adoro, perché mi fa ridere pensare a Fred e Katie
investigatori.
Due
appunti: Ricordate vero che dopo l'incontro alla testa di porco la
Umbridge aveva proibito le associazioni, squadre etc. e quindi
Angelina dovette chiederle di riformare la squadra? C'è
un accenno
senza entrare nei dettagli.
E
George cammina a gambe larghe a causa dell'effetto collaterale dei
fondenti febbricitanti, che facevano uscire pustole, lì dove
non
batte il sole. :)
Così
chi non lo ricordava, non si perde leggendo.
Spero
vi sia piaciuto! :)
Grazie
ancora per avermi seguita fin qui, rimanete ancora se vi sta
piacendo.
A
presto Mimì
|
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Capitolo 11 *** Un amore confuso ***
La
foto ben salda tra le sue mani, lo sguardo assorto. Katie
si trovava nel suo dormitorio, da sola.
Era
salita prima dal pranzo, senza aver toccato nulla. Guardava
il minuscolo George nella foto sorriderle, arrabbiata. Si sentiva
tradita.
George
aveva qualcuno nel cuore. Si era innamorato e non gliel'aveva detto.
Ma poi che cosa sarebbe cambiato? Se lui fosse andato ad annunciarle
di essersi innamorato, le avesse parlato della ragazza e le avesse
chiesto consigli, lei di sicuro sarebbe morta di dolore.
Era
stata una sciocca, non aveva pensato che lui potesse innamorarsi,
l'anno prima aveva parlato dell'amore come se non fosse interessato.
-Sì,
però il ragazzo ha 17 anni! Vuoi che siano anche gli ormoni,
è
normale che si interessi ad una ragazza!-
Sospirò,
scoraggiata. Cosa doveva fare? Come si conquistava un ragazzo?
Avrebbe dovuto chiedergli di chi si fosse innamorato e studiare la
rivale? Aveva
già tenuto d'occhio le amiche di Angelina, a pranzo,
ipotizzando chi
potesse essere. Angelina aveva molte amiche, anche nelle altre case,
ma non era certa che George le conoscesse tutte. Si era concentrata
perciò sulla cerchia di amiche più strette, che
comprendeva due
ragazze del loro stesso anno: la mora Vivian e la studiosa Felicia.
Katie
era rimasta ad osservare George, per capire se guardasse in direzione
di una di loro, ma il ragazzo si era limitato a parlare un po' di
malumore col fratello.
Non
aveva escluso nemmeno Alicia: era bella, talentuosa, dolce e
divertente; e il fatto che fosse già innamorata non
significava
molto. Anzi! George, consapevole che lei vivesse un amore impossibile,
poteva aver chiesto aiuto a Angelina per far sì che si
dimenticasse
del suo vecchio amore e si innamorasse di lui.
“Sei
stato ingiusto. Avresti dovuto innamorarti di me”
sussurrò triste
alla foto. George arrossì imbarazzato, poi lei gli
stampò un bacio.
Il ragazzo barcollò emozionato, si girò incredulo
verso il
minuscolo Fred che sorrideva e sgomitava per averne uno pure lui.
George lo spintonò via, poi a metà tra
l'arrabbiato e l'incredulo
lasciò la foto. Fred guardò Katie perplesso, poi
seguì il
fratello. Adesso aveva una cornice vuota.
Il
mini George cartaceo si era arrabbiato e indignato del suo amore.
L'avrebbe fatto anche il vero George?
Qualcuno
bussò alla porta del dormitorio distraendola dalle sue
riflessioni.
Fece sparire la foto nel cassetto del suo comodino. Angelina
entrò dopo che lei ebbe risposto. Katie si
irrigidì un po' sul
letto.
“Ti
stavo cercando giù in Sala Grande!”
esordì l'amica. “Ho
annullato l'allenamento di Quidditch! Non avrebbe avuto molto senso
visto il tempo.”
Katie
si girò verso la finestra, notando per la prima volta il
temporale
che spazzava il cielo. Nuvole nere, pioggia fitta e spessa e lampi
abbaglianti seguiti da roboanti tuoni. Come aveva potuto non
accorgersene? Almeno il tempo era in sintonia col suo umore,
pensò
crogiolandosi nel suo dolore.
Angelina
era ancora lì a fissarla.
“Grazie,
Angie. Ne approfitterò per studiare”
replicò nervosa guardando
l'amica. Aveva
l'impulso di alzarsi, afferrala per le spalle e costringerla a dirle
di chi fosse innamorato George.
“Non
credo ne avrai il tempo. Harry mi ha incaricata di dirti che il
gruppo di difesa si incontrerà stasera alle otto, al settimo
piano,
davanti all'arazzo di Barnaba il babbeo bastonato dai troll”
aggiunse Angelina.
Dopo
che lei l'ebbe ringraziata per il disturbo, l'amica si girò
per
uscire.
“Angelina!”
chiamò Katie a gran voce prima di aver persino formulato un
pensiero. La
giovane si fermò sulla porta, sorpresa dal tono urgente di
Katie.
Lei
rimase lì, sollevata a metà sul letto, tentando
di pronunciare
quella domanda. Inspirò, col cuore pesante, cercando di
trasformare
quelle scariche di agitazione che le correvano nelle vene, in
coraggio.
-Non
è difficile, Katie. Apri la bocca e ripeti dopo di me:
“Di chi è
innamorato George?” Su, ripeti-
Sentendosi
un'idiota, squadrata dalla perplessa Angelina, le chiese:
“Ehm,
tu e Alicia andrete assieme? Posso venire con voi?”
-Stupida
Katie! Vigliacca, vigliacca!- L'amica
le sorrise dolce.
“Certo.
Ci troviamo in sala comune alle otto meno dieci!”
mormorò uscendo.
Ricadde
sul letto, delusa e sfinita. Angelina sapeva di chi fosse innamorato
George, ma non era giusto fare delle pressioni su di lei. Doveva
affrontarlo, voleva sentirlo dire dalle sue labbra, anche se in
questo modo le avrebbe fatto più male.
Quella
sera, dopo aver detto a Leanne che si recava ad una riunione extra di
Quidditch, si era diretta con Angelina e Alicia all'appuntamento.
Non
era certa del perché avesse mentito all'amica. Non aveva
paura che
l'amica non approvasse, ma sentiva che a coinvolgerla l'avrebbe
danneggiata. Suo padre e sua sorella lavoravano entrambi al ministero
e Katie non voleva in alcun modo arrecare danni alla famiglia
Meadowes.
Aperta la lucida porta apparsa per magia davanti all'arazzo di Barnaba,
entrarono in un luogo spettacolare: enorme, illuminato da torce
fiammeggianti, tappezzato di librerie stracolme di libri e di oggetti
magici per la difesa. Soffici cuscini di seta giacevano sul
pavimento. Erano ammutolite per lo stupore.
Dopo
aver eletto il capo, Harry, e aver deciso il nome, ES, esercitazioni
segrete/esercito di Silente, si divisero in coppie per esercitarsi
con l'incantesimo di Disarmo. Katie si mise in coppia con Dean
Thomas, dato che entrambi erano lì da soli, senza i loro
migliori
amici.
Al
via di Harry, lei e Dean, che non si erano messi d'accordo, provarono
a disarmarsi contemporaneamente. Furono sbalzati entrambi
all'indietro mentre le loro bacchette volarono ognuna in una
direzione diversa. Dean
si tirò su svelto e recuperò le loro bacchette,
poi le tese la sua
sorridendo.
“La
prossima volta facciamo a turno!” scherzò lui.
Katie gli sorrise
impacciata.
Impegnata
nelle esercitazioni ebbe modo di non pensare troppo a George, anche
se ogni tanto buttava lo sguardo nella direzione in cui lui e il
fratello si allenavano. I due si divertivano a fare scherzi a
Zacharias Smith alle sue spalle. Sicuramente accortosi dello sguardo
di lei, George si girò una volta a guardarla, ma
rigirò subito lo
sguardo offeso.
-E'
offeso? LUI è offeso con me? Perché? Dovrei
essere io l'offesa!-
Rimuginò
a lungo mentre ritornava in sala comune alla fine dell'incontro.
Perché mai George aveva girato lo sguardo mandandole
un'occhiata
offesa? Che cosa aveva fatto per meritarsi la sua indifferenza?
-Io
dovrei essere arrabbiata tanto da non guardarlo, dato che si
è
innamorato ma non mi ha detto nulla. Forse la nostra amicizia non
è
importante per lui quanto lo è per me.-
Nel
mese che seguì, le riunioni dell'ES si tennero regolarmente,
anche
se mai negli stessi giorni o orari, dati gli impegni di Quidditch dei
membri. Katie si sentiva bene, la concentrazione e gli sforzi
tenevano il suo cervello impegnato abbastanza da non star troppo
male. Durante gli allenamenti invece, era più complesso non
essere
angosciata, perché erano solo sette in squadra e non c'era
modo che
lei e George si potessero evitare.
Aveva
ricominciato a parlare tranquillamente con lei, anche se Katie si
accorse di una certa freddezza; non si erano più incontrati
in sala
comune da soli, di notte.
Cercava
di trovarlo da solo per chiedergli quale fosse il problema, ma non le
si presentò mai l'occasione; quasi se ne fosse accorto, il
ragazzo
girava sempre con il fratello o Lee, più del solito per lo
meno.
Fred, impietosito, qualche volta passava del tempo con lei cercando
di tirarle su il morale, ma nemmeno lui sapeva che avesse il
fratello.
Quel
pomeriggio era seduta in cortile a guardare Fred e George che
trasfiguravano la testa di Bletchey in ananas, per punirlo di aver
lanciato un incantesimo parruccone su Alicia. Ormai
era certa che George fosse interessato all'amica, la sua vendetta su
Bletchey era stata fulminea non appena aveva saputo dell'affronto.
“Stai
guardando il gemello sbagliato. Quello è George, non
Fred” la
punzecchiò Leanne, sedendosi accanto a lei.
“No,
è quello giusto invece” mormorò
girandosi verso l'amica
sbalordita, che si aspettava una replica in tono.
Le
raccontò tutto, della sua cotta per Fred, l'incontro al
pozzo con
George, i loro appuntamenti segreti, la loro amicizia nata per caso,
il suo amore non previsto per George e l'innamoramento di costui per
Alicia. Una volta iniziato a parlare non si fermò e
tirò fuori ogni
più piccolo segreto. Leanne ascoltò attenta
l'amica.
“Sapevo
quasi tutto, tranne la storia del pozzo” rivelò ad
una sbigottita
Katie. “Sapevo che vi incontraste, ma non sapevo dove. Non
era
difficile, tu andavi da Madama Pince in castigo e George spariva
lasciando Fred e Lee da soli? Era chiaro che vi vedeste da qualche
parte. Ma avevo pensato fosse la Torre di Astronomia!”
“Ma...ma
perché non mi hai mai fatto capire nulla?” chiese
perplessa.
“Perché
tu non
mi hai mai detto
nulla. Ho sempre saputo che hai un carattere insicuro e schivo, e non
volevo farti chiudere a riccio. Sapevo che un giorno saresti stata tu
ad aprirmi il tuo cuore, senza bisogno di forzarlo”
dichiarò dolce
Leanne guardandola negli occhi.
Katie
si lasciò andare e l'abbraccio forte, commossa. Leanne era
la
migliore delle amiche e lei era stata una sciocca.
“Ora,
cerchiamo di far capire a quello zuccone che meravigliosa persona tu
sia, Katie. Torna ad essere te stessa e non questa musona e triste
copia di te. Non potrà resisterti!” le
sussurrò Leanne
all'orecchio, convinta. Katie non disse nulla, ma la strinse
più
forte.
La
prima partita di Quidditch della stagione, Grifondoro contro
Serpeverde, arrivò in fretta. Katie aveva seguito il
consiglio di
Leanne e smessa l'autocommiserazione, era tornata allegra come un
tempo. Le bastava distogliere lo sguardo ogni volta che George e
Alicia parlavano e far finta che non le importasse niente, come
quella mattina nello spogliatoio del campo da Quidditch, quando i due
si erano lanciati un sorriso pre-partita.
Anche
se il cuore le si contraeva ferito.
Successe
tutto molto in fretta, Katie stava abbracciando Harry insieme ad
Alicia alla fine della partita, per congratularsi della cattura del
Boccino. Poi Malfoy aveva iniziato ad insultare i Weasley, e Angelina
aveva trattenuto Fred per un braccio. Harry
trattenne George, mentre lei e Alicia diedero una mano per
tenere a freno Fred.
Un
attimo dopo, mentre con le sue compagne contrastava il giovane
furioso, Katie vide Harry e George gettarsi su Malfoy e iniziare a
colpirlo con furia, i volti due maschere di rabbia. Sentì
Alicia e Angelina urlare il nome di Harry. Lei si accorse solo di
aver gridato “GEORGE! NO!” con tutta la sua forza.
Ma
George non aveva sentito o non aveva ascoltato. Continuò a
colpire
Malfoy, il volto contratto dalla rabbia, come lei non lo aveva mai
visto, imprecando a ogni pugno che colpiva il ragazzo. Era come
guardare un innocuo micino trasformarsi in tigre davanti ai propri
occhi; era aggressivo e pericoloso, il pugno chiuso che guizzava
senza sosta, mentre Malfoy piagnucolava steso al suolo.
Fermati
da Madama Bumb con un incantesimo di Ostacolo, Harry e George si
ritrassero ansanti e paonazzi; George aveva un labbro gonfio. Katie
li guardò andare verso il castello, verso l'ufficio della
McGranitt,
mentre ancora tratteneva Fred che si dibatteva, insieme alle amiche.
Ritornarono
in sala comune tesi, in silenzio. Fred
era ancora arrabbiato e sfogò la sua frustrazione sul
mobilio della
sala comune. Quando
George e Harry tornarono, ancora in tenuta da Quidditch, tutti loro
scoprirono la verità: niente più cercatore,
né battitori.
Squalificati a tempo indeterminato e le loro scope confiscate.
Seduta
in gruppo vicino al fuoco, la squadra incredula discuteva sul torto
subito. Se
ne andarono nei dormitori in breve tempo, infelici.
Katie
rimase immobile sul letto a fissare il suo baldacchino, triste.
Avevano vinto, ma non avrebbe più giocato con Fred, George e
Harry.
Si sentiva depressa. Amava la sua squadra. Come Baston l'aveva
definita tempo prima, era 'la migliore squadra di Quidditch
che
Grifondoro avesse avuto in molti anni'. E adesso era sciolta,
smembrata.
Incapace
di rimanere lì a crogiolarsi nell'angoscia un minuto di
più,
decise
di scendere giù in sala comune; avrebbe passeggiato o
avrebbe
sbattuto la testa al muro, era indecisa.
Scendendo
le scale strinse forte la cintura della vestaglia. La
sala comune era deserta come si era aspettata. Si diresse verso una
poltrona posizionata di fronte al fuoco e, arrivata al bracciolo, si
lasciò scivolare sopra senza nemmeno guardare. Avrebbe
fissato il
fuoco fino a che gli occhi non le sarebbero caduti, brucianti.
Si
ritrovò seduta in grembo a George. Il ragazzo aveva lanciato
una
esclamazione sorpresa quando gli era piombata addosso. Si
guardarono in silenzio e imbarazzati per alcuni minuti, entrambi
troppo nervosi per sapere cosa dirsi.
Katie
infine si riscosse dalla trance e si tirò su mormorando una
scusa,
diretta alle scale. La mano di George le afferrò il polso,
trattenendola.
“Rimani!”
Fu l'unica parola che pronunciò, ma Katie non seppe
resistere. Spostò
una poltrona vicina a quella di George e si sedette, in silenzio.
Nessuno
dei due sembrava voler dire molto, ma rimasero comunque uno a fianco
all'altro, con lo sguardo attento sul fuoco. Katie osservò
di
sottecchi George.
Il
volto era serio e teso, gli occhi fissi illuminati dalle fiamme
guizzanti. Il labbro si era un po' sgonfiato, ma aveva un ematoma
rosso proprio sul bordo. Distolse lo sguardo col batticuore. Aveva
avuto l'impeto di annullare la distanza e baciare quelle labbra fino
a che non avessero avuto tutte lo stesso colore.
Era
completamente impazzita. Avere quel tipo di pensieri in una
situazione del genere? Chiuse
gli occhi respirando profondamente.
-Smettila,
smettila!-
Forse
era perché non si trovava da sola con George da moltissimo
tempo,
non era più abituata. Lui l'aveva evitata per
così tanto tempo che
lei non sapeva più come comportarsi. Quell'attimo
lì da soli era proprio l'occasione che aveva cercato da
tanto tempo;
l'occasione per sapere, per confessare. Ma il volto triste di George
le disse che non era il momento giusto.
E,
si disse, non era poi così importante. Non davvero. Riuscire
a
tirare su George e potergli stare accanto erano le sue
priorità.
“Vuoi
parlarne?” chiese cauta nel silenzio.
“No”
rispose calmo. La legna nel fuoco crepitò, facendo sentire
anche la
sua opinione.
“Se
ti può far star meglio giocare senza di te non
sarà lo stesso”
sussurrò sincera. Lui
abbozzò un timido sorriso.
“Senza
me, Fred e Harry vuoi dire.”
-No,
solo senza di te.-
“Possiamo
sempre far fuori la Umbridge” esclamò cercando di
tirargli su il
morale.
Un
ombra di cattiveria gli attraversò lo sguardo.
“Non
istigarmi. L'ho già torturata mille volte nella mia
mente” rispose
cupo.
Non
trovarono nient'altro da dirsi, ma non ne sentirono il bisogno.
Rimasero uno accanto all'altro forse per un'ora. Poi, sempre in
silenzio, si alzarono incamminandosi verso i dormitori; lui la
trattenne un momento, sembrò valutare qualcosa col volto
serio poi,
con un sospiro, la strinse inaspettatamente in un abbraccio prima di
sparire su per le scale.
Katie
rimase turbata e emozionata. Forse era per il loro essere inglesi, e
quindi schivi, ma gli abbracci rientravano poco nello schema degli
affetti. Era inusuale abbracciare, soprattutto in pubblico. Eppure
George l'aveva appena abbracciata, stretta a lui con forza e allo
stesso tempo gentilezza. Lei aveva respirato il suo profumo in
trance, poi pochi secondi dopo veniva strappata da quelle braccia che
aveva agognato. Non era riuscita nemmeno a guardarlo dall'emozione.
-Non
è giusto. Così mi innamorerò ancora e
ancora.-
Sentì
dei passi fuori dal ritratto, qualche studente in 'libera uscita' non
autorizzata ritornava alla base. Corse sulle scale e sparì
dentro al
suo dormitorio mentre sentiva uno scalpiccio fievole nella sala
comune.
Per
qualche ora rimase sveglia a pensare. Perché era tutto
così
complesso e confuso? Perché
non potevano essere chiari? Cosa bloccava tutto? Cosa provava George
per lei? Affetto? Amore? Attrazione? Non capiva più niente.
Era
confuso, tutto confuso.
La
squadra si allenò senza Harry e i gemelli per tutto
Dicembre, finché
Angelina non riuscì a trovare dei sostituti. Ma l'aria era
nervosa e
tesa, non funzionavano come avrebbero dovuto. Il morale era sotto le
scarpe; Angelina resisteva stoicamente, ma si percepiva la sua ansia.
All'ultima
riunione dell'ES prima delle vacanze natalizie, Katie portò
anche
Leanne.
Le
aveva raccontato ogni cosa e l'amica, dapprima incredula, l'aveva
sgridata per non averglielo detto prima. L'aveva raggiunta nella
Stanza delle Necessità rimanendo senza parole. Katie,
che era già arrivata, le sorrise contenta. Sapeva che Leanne
sarebbe
ammutolita davanti all'organizzazione e allo splendore della stanza.
Quella
sera il gruppo fece un ripasso collettivo degli incantesimi imparati,
che permise a Leanne di apprendere tutto ciò che era stato
fatto.
Dean aveva acconsentito cavallerescamente ad allenarsi in tre, poi
andò ad allenarsi un po' con Neville che era rimasto
spaiato. Andarono
via dopo un'ora con la promessa che nel nuovo trimestre avrebbero
lavorato anche sui patronus.
Leanne
era davvero contenta di essere andata alla lezione, non finiva
più
di parlare di ciò che aveva fatto e le fece promettere di
allenarsi
un po' con lei durante le vacanze.
Katie
ascoltò a metà, George era passato al suo
fianco
lanciandole un sorriso. Lo guardò innamorata camminare nel
corridoio
fino a raggiungere Alicia e Angelina, insieme a Fred. Il suo cuore
ripiombò dov'era prima, un po' triste.
Andò
a dormire confusa, triste e emozionata. Ormai aveva smesso di cercare
di capirsi.
Si
svegliò il giorno dopo per scoprire con dolore che George
era
sparito. Insieme a Fred, Harry, Ron e Ginny, era scomparso nella
notte. Partì
per casa due giorni dopo, insieme a Leanne.
Durante
le vacanze scoprì il motivo dell'improvvisa sparizione dei
Weasley:
il loro padre, Arthur, aveva avuto un incidente sul lavoro e si
erano precipitati all'ospedale. Il signor Meadowes, la loro fonte
di informazione, assicurò che era fuori pericolo e in via di
guarigione. Trassero un gran sospiro di sollievo.
Il
natale passò lento. Desiderando che volasse via per tornare
a
Hogwarts, non riuscì a non pensare all'anno prima, al Ballo,
al
quasi bacio.
Se
avesse potuto tornare indietro nel tempo, quel bacio sarebbe stato
vero.
Se
avesse potuto tornare indietro nel tempo, avrebbe cercato di far
innamorare George di sé, con tutte le sue forze.
Note:
Ben
ritrovati!
Innanzitutto
vorrei dire un sentitissimo grazie a Sidan, che mi ha lasciato delle
chilometriche recensioni che mi hanno fatto davvero piacere. Sapere
ciò che ne pensi mi rende felice, grazie.
Ovviamente
vorrei sentire anche voi altre che leggete!
Katie
è ormai presa nella spirale “sono innamorata del
mio migliore
amico e non so che fare”....riuscirà a sbloccare
la situazione? O
meglio, mi deciderò a dare un po' di pace a questa ragazza?
La
risposta è no!
Continuate
a seguire! Le recensioni son sempre gradite
A
presto!
Mimì
|
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Capitolo 12 *** Materializzazione nel cuore ***
Il
primo giorno del nuovo trimestre li aveva accolti in maniera
emozionante: l'annuncio delle lezioni di Materializzazione, per chi
avesse compiuto diciassette anni entro il 31 Agosto, era affisso in
bacheca.
Katie e Leanne avevano aspettato quel momento con ansia
da una vita. Imparare a materializzarsi era davvero essenziale per
una strega o un mago. Katie avrebbe compiuto diciassette anni a
Febbraio, Leanne ad Agosto. Firmarono senza pensarci due volte.
L'eccitazione
svanì il giorno dopo, quando Leanne passò a Katie
la sua copia
della Gazzetta del Profeta: dieci pericolosi Mangiamorte erano evasi
da Azkaban, la notte prima. Le ragazze si fissarono inorridite, ma
erano tra le poche a leggere il giornale e a preoccuparsi quindi
della cosa.
Pochi giorni dopo la notizia si era ormai diffusa in
tutta la scuola e gli studenti non facevano altro che tirare fuori
congetture e buttare fuoco sulle paure. Leanne, la cui zia Dorcas
Meadowes era stata uccisa nella prima guerra da
Colui-che-non-deve-essere-nominato, veniva tampinata e bersagliata di
domande fastidiose e poco gentili.
Katie dovette trattenerla
dall'affatturare alcuni ragazzi del quarto anno, più volte.
Nelle
nuove lezioni dell'ES la concentrazione e la serietà erano
palpabili, non c'era tempo per gli scherzi: tutti si impegnavano con
forza, quasi che con la fuga dei Mangiamorte avessero fatto un tacito
accordo per mettercela tutta.
Arrivato
Febbraio, lei e Leanne dovettero affrontare l'ennesimo impegno: oltre
le difficili lezioni, gli allenamenti di Quidditch, le riunioni
dell'ES, era arrivato il sospirato momento delle lezioni di
Materializzazione.
La prima lezione si tenne il primo fine
settimana, nel cortile della scuola. Il sabato mattina, dopo aver
fatto colazione in fretta e nervosamente, raggiunsero gli altri
studenti nel freddo cortile. Almeno non pioveva, pensò
Katie.
L'istruttore
mandato dal ministero, il signor Twycross, ondeggiava lievemente ad
ogni filo di vento. Gli studenti lo fissavano perplessi, chiedendosi
se un tipo così inconsistente potesse davvero insegnar loro
qualcosa. O perlomeno esistere sul serio.
Passarono
un'ora a cercare di materializzarsi nel cerchio davanti a loro,
cercando di focalizzarsi sulle tre 'D' descritte dall'istruttore.
Katie, che si era sempre pensata entusiasta all'idea di sparire e
riapparire, dovette convenire che forse non era abbastanza
'Determinata'.
Respirava a fondo cercando di focalizzarsi in quel
dannatissimo cerchio, la sua 'Destinazione'. Ma dopo aver turbinato
su sé stessa, si ritrovava sempre nello stesso punto, solo
un po'
stordita. Forse nei suoi movimenti non c'era abbastanza 'Decisione',
pensò frustrata.
Non fu l'unica a provare frustrazione, comunque;
nessuno era riuscito a smaterializzarsi. L'istruttore li
incoraggiò dando loro appuntamento al sabato successivo.
Febbraio
passò perciò molto in fretta, con poco tempo
libero a disposizione.
Angelina insisté perfino a farli allenare il 14 di Febbraio
che,
oltre ad essere San Valentino, era il primo giorno di uscita a
Hogsmeade del nuovo anno. Katie si era aspettata che la ragazza
tenesse il giorno libero per passarlo insieme a Fred, soli da qualche
parte. Invece, con una vena maniacale negli occhi che le fece
rimpiangere Baston, annunciò alla squadra che niente avrebbe
fermato
gli allenamenti.
Il
quattordici, mentre tutti si incamminavano verso Hogsmeade,
emozionati e a coppie, Katie seguì Ginny diretta al campo.
Aveva
salutato Leanne sul portone cinque minuti prima, anche lei tesa nel
rivedere Sam.
L'allenamento cominciò nel solito modo: con urla.
Angelina sbraitava a destra e sinistra, nervosa per lo scarso
rendimento; iniziò a piovere quasi subito e tutto fu
doppiamente
difficile e insoddisfacente.
Katie
cercava di dare il meglio di sé, per tirare su il capitano,
ma
volare si rivelò davvero difficile. Dopo una virata
azzardata e
spettacolare, che però Angelina non aveva visto, Katie
riguardò
perplessa verso il basso. Mentre si trovava a testa in giù
le era
parso di aver visto due figure strette nei mantelli, che guardavano
verso di loro. All'inizio aveva pensato a spie di altre squadre, ma
poi riconobbe la statura e la corporatura dei gemelli; li vide
fissare su e confabulare tra loro. Guardandosi attorno si rese conto
di essere l'unica ad averli visti. Rimasero immobili sotto la pioggia
per tutto l'allenamento.
Che
fossero venuti per Angelina e Alicia? Arrabbiati o delusi per non
poter stare con loro, le avevano guardate allenarsi?
Scosse la
testa scacciando ogni pensiero che riguardasse George e Alicia,
concentrandosi sulla pluffa. Quando la squadra si incamminò
infangata e fradicia verso gli spogliatoi i due gemelli incappucciati
erano scomparsi. Katie si disse che non era affar suo e non disse
nulla quando li rivide la sera, in sala comune.
Passò
il giorno del suo diciassettesimo compleanno a lezione, dato che era
un giorno scolastico normale, poi la sera, Leanne le fece una
sorpresa in sala comune, con una bella torta e dei festoni. Commossa
dal gesto dell'amica, era stata riempita di auguri da tutti gli
studenti Grifondoro presenti in sala. George non c'era e la cosa le
dispiacque molto. Desiderava i suoi auguri più di chiunque
altro.
La
partita Grifondoro-Tassorosso la prima settimana di Marzo, fu
disastrosa. Durò poco, ma fu molto sofferta.
Katie
meditò di obliviarsi il ricordo dalla mente, mentre notava
che
l'acqua calda della doccia non sortiva nessun effetto benefico in
lei. Avevano perso di soli dieci punti, ma era stata l'umiliazione di
aver giocato così male la vera sconfitta. Non
riuscì a tornare su
in sala comune che a notte fonda, trovando ovunque un'aria di
depressione. Si chiese se per qualche assurdo miracolo potessero
ancora vincere la coppa; ma non trovò una risposta
soddisfacente.
Andò a dormire col morale sotto i piedi, stanca e
avvilita.
La
domenica mattina si alzò col pensiero di volare, volare e
volare.
Era l'unica cosa che desiderasse fare per tutta la giornata.
Già
dopo la prima mezz'ora di volo si sentì decisamente meglio.
Il campo
era deserto, la maggior parte degli studenti stava chiusa nella
propria sala comune, al calduccio davanti ai camini, a mettersi in
pari coi compiti o a giocare.
A
Katie non importava. Non importavano i compiti al momento,
né il
freddo pungente che le mordeva la pelle esposta. Quando stava su,
nulla aveva davvero importanza. Solo volteggiare, vorticare, scendere
in picchiata e risalire erano le cose importanti. Le sue mani avevano
ormai perso sensibilità quando decise di scendere. I guanti
rendevano la presa sul manico particolarmente difficile,
perciò né
in allenamento né in partita li aveva mai usati.
Mentre abbassava
la scopa per scendere, lo notò: George la osservava da bordo
campo,
stretto nel mantello. Era lui, non c'era dubbio.
Perché
continuavano a incontrarsi? Perché non potevano
semplicemente stare
lontani? Così da non essere attratta ogni volta da quegli
occhi
dolci e ridenti? Perplessa, atterrò a pochi metri da lui.
Tenendo la
scopa sotto braccio strofinò le mani tra loro, soffiandoci
un po'
sopra.
George le si fece incontro, afferrandole le mani, cercando
di riscaldarle con le sue inguantate.
“Che
cosa fai qua?” chiese con voce emozionata. Sapeva di avere un
aspetto terribile: i capelli scarmigliati, il viso rosso dal freddo,
le labbra screpolate. Lui osservò tutti quei dettagli un po'
troppo
a lungo.
“Ti osservavo volare. Ti ho mai detto che sei
spettacolare?” esclamò colpito.
Ringraziò di essere già rossa
dal gelo, così non si sarebbe accorto che era arrossita.
Sentì
molto calore salirle dal centro del petto, riscaldandola. George la
guardava con ammirazione mista a nostalgia.
“Vuoi volare?” gli
chiese d'impulso, offrendogli la sua scopa. Lui la osservò
incredulo, poi si aprì in un sorriso.
Lo
osservò volare, le mani infilate nei guanti grandi di lui,
ancora
pieni del suo tepore. Atterrò vicino a lei dopo mezz'ora, ma
non
scese dalla scopa.
“Sali!” le disse senza molti preamboli.
Katie indietreggiò incredula, ma lui la afferrò
costringendola a
salire dietro di lui. Prese le sue mani facendole appoggiare sul suo
petto, facendola aderire contro la sua schiena, poi spiccò
il
salto.
Katie si ripeteva che era tutto un sogno. Fu un sogno
volare stretta a lui sentendo il suo cuore battere emozionato sotto
la mano. Fu un sogno sentire il vento gelido scompigliarle i capelli
mentre poggiava la testa sulla sua schiena. Fu un sogno ridere e
scherzare, loro due soli, nel vento. E sperò di non
svegliarsi mai.
“Anche
se in ritardo, buon compleanno!” mormorò George ad
un certo punto,
buttandosi in una picchiata spettacolare. Katie strillò e
rise
insieme, mentre lui riportava la scopa in posizione, con un gran
sorriso. Atterrarono poco prima di pranzo, felici e
silenziosi.
“Grazie” fu l'unica parola che mormorò
George
mentre si dirigevano al castello.
“Non c'è di che. Puoi volare
con me ogni volta che vuoi. Voglio dire...con la mia scopa.”
George
sorrise grato.
-Ma c'è limite all'amore?-
Le
lezioni di Materializzazione procedevano bene e sia Katie che Leanne
erano riuscite a sparire e riapparire all'interno del loro
cerchio.
Katie non aveva gradito molto il senso di oppressione che
aveva provato, di costrizione fisica. Ma cercò di abituarsi,
prendendo soprattutto un bel respiro prima di sparire. Almeno a lei
non era successo di spaccarsi come avevano fatto un paio di studenti:
aveva provato tanto dolore al solo guardarli.
Si
incamminò decisa verso Hogsmeade, quella mattina, verso la
nuova
lezione all'aperto. Tutti gli studenti che avessero compiuto
diciassette anni entro il 21 di Aprile erano autorizzati a seguire
delle lezioni extra nel villaggio.
Leanne,
che non li avrebbe compiuti fino ad Agosto, aveva approfittato della
giornata per incontrarsi con Sam. I due la salutarono fiduciosi,
mentre si dirigevano verso Mielandia, mano nella mano.
Ricambiò il
saluto, notando tre secondi dopo, con orrore, George che usciva dal
suddetto negozio con Alicia. I visi sorridenti, persi l'uno nello
sguardo dell'altra, mangiavano caramelle da un unico sacchetto. Una
stilettata al cuore la costrinse a voltarsi prima di essere vista.
La
voce flebile dell'istruttore Twycross la riportò dove doveva
restare: focalizzata sulla Materializzazione.
Guardò
gli altri studenti smaterializzarsi dal punto in cui si trovavano per
riapparire cinque metri più avanti, vicino ai tre manici di
scopa.
Alcuni furono davvero bravi, e riapparvero nel punto esatto tutti
interi. Un paio di studenti sbagliarono di qualche metro, ma tutto
sommato erano andati bene.
-Chissà
se George e Alicia sono ancora insieme al momento.-
L'ultimo
studente era riapparso senza un orecchio.
-Magari
da Madama Pièdiburro, mano nella mano.-
Una sua compagna
era riapparsa con grazia nel punto esatto.
-Ecco
perché lui era così di buon umore ultimamente.-
Si accorse d'un
tratto che l'istruttore la guardava in attesa. Toccava a lei.
Si
avvicinò nervosa.
“Ricorda, Destinazione, Determinazione e
Decisione. Fai un bel respiro e quando ti senti pronta
smaterializzati” le disse incoraggiante con la sua voce
flebile.
Katie
cercò di svuotare la testa da qualsiasi altro pensiero che
non fosse
la Materializzazione. Respirò a fondo, un paio di volte, per
sicurezza; poi, con la bacchetta stretta nella mano, girò su
sé
stessa, decisa.
Alla
fine dell'opprimente viaggio si accorse subito che qualcosa non era
andato per il verso giusto: non c'era terra sotto i suoi piedi.
Strillò sorpresa. Aprendo gli occhi vide il cielo azzurro,
vicino,
mentre precipitava.
Sentì delle urla sotto di sé, la testa nel
panico che non riusciva a pensare razionalmente e in fretta ad una
soluzione.
Chiuse
gli occhi, aspettando l'impatto con terrore. Ma furono due braccia ad
attutire la sua caduta. Col cuore ancora in tumulto, aprì
gli occhi
sul viso mezzo allarmato, mezzo sorridente di Fred.
“Piovono
ragazze, alleluia! Non sai proprio starmi lontana!”
scherzò per
sciogliere la tensione, notando il viso pallido di lei.
Katie
aveva ancora la gola secca dallo spavento, le risultava difficile
persino respirare normalmente. Fred l'adagiò a terra
sorreggendola,
le gambe ancora tremanti. George li guardava immobile. Allora non era
con Alicia, era con suo fratello.
“Materializzazione sbagliata?”
azzardò Fred.
Katie si limitò ad annuire, temendo di vomitare se
avesse aperto bocca.
“Sei stata fortunata. Ci siamo solo io e
George in questa stradina. Avresti potuto spiaccicarti se non fossimo
stati qui.”
Non
era stato un caso, senza rendersene conto aveva pensato a George
prima di smaterializzarsi, finendo per apparire nelle sue vicinanze.
Che sciocca, aveva rischiato di morire perché non riusciva a
non
pensare a lui insieme ad Alicia. George, accertatosi che stesse bene
e non si fosse spaccata, si offrì di andare ad avvisare
l'istruttore, dicendole di sedersi per far passare il tremore alle
gambe.
Lei
e Fred, seduti su una panchina, lo guardarono allontanarsi
spedito.
“Non
riesco ancora a capire perché non sia rimasto lui e ci abbia
lasciati da soli. Non si è accorto di come lo
guardi?” mormorò
Fred.
Katie sospirò, rassegnata.
“Perché
avevo una cotta per te, l'anno scorso. E George lo sapeva. E crede
che tu mi piaccia ancora” rivelò lei per nulla
imbarazzata.
Fred
rimase un attimo spiazzato.
“E
ti piace lui adesso? Che caduta di stile, ragazza.” Katie lo
colpì
al braccio. Lui la guardò doppiamente offeso.
“Quello
che io non capisco è perché si ostini a farlo
sapendo che tu stai
con Angelina” osservò perplessa.
“Io
e Angelina ci siamo lasciati. Quattro mesi fa”
rivelò Fred con
voce insolitamente triste. Katie non seppe che cosa dire.
“Non
siamo pronti. Io non lo sono. Forse tra un paio d'anni, ma non posso
legarla a me senza avere le idee chiare” continuò,
cercando di
spiegargli la situazione.
Lei si limitò a sorridergli dolcemente
mentre gli poggiava una mano sul braccio, consolatrice. Le sembrava
la stessa scena che avevano visto entrambi, quando spiavano George e
Angelina.
“Tornando
al tuo problema” disse Fred schiarendosi la voce,
“come può non
aver capito che sei innamorata di lui? E' abbastanza palese.”
“E'
solo insicuro. Non crede di poter piacere ad una ragazza per
ciò che
è e non perché assomiglia a te”
confessò Katie, lo sguardo perso
nel punto dov'era scomparso.
“Lo
so” sentì dire a Fred, sottovoce. Lei si
voltò a guardarlo
incredula.
“Cos'è
quello sguardo? Sono suo fratello gemello! Non c'è nessuno
al mondo
che conosca George meglio di me!” sbottò
scocciato. Sembrò
raccogliere i suoi pensieri un attimo, prima di parlare.
“Fin
da quando eravamo piccoli sono sempre stato io a metterci nei guai.
George continuava a dirmi che non dovevamo, che la mamma ci avrebbe
sgridati, che la punizione sarebbe stata terribile. Ma io non
ascoltavo mai. Guardavo quel volto identico al mio e gli dicevo: 'su,
George, sarà divertente!' E lui cedeva sempre, mi seguiva in
qualsiasi impresa. Non poteva farci niente. Sono sempre stato
così,
impulsivo; mi piace buttarmi nelle cose con entusiasmo, come se non
avessi un domani, mentre George ha sempre avuto più
giudizio. Ma mi
vuole troppo bene e molte volte è rimasto al mio fianco solo
per
amore fraterno.”
Katie
ascoltava stupita.
Pensava a quante probabilità ci fossero che
una persona potesse guardare nel cuore di quei due gemelli,
così
simili e così diversi. Minime probabilmente, eppure a lei
quel
prodigio stava succedendo. Aveva visto l'anima di George due anni
prima, stava guardando quella di Fred in quel momento. Si sentiva
insolitamente baciata dalla fortuna, come se le fosse stato concesso
un miracolo. Hogsmeade sembrava sparire, mentre seguiva rapita le
confessioni della voce così simile a quella del fratello.
“Ma
non sono stupido, mi sono accorto che lui cerca di rivaleggiare con
me o che si sente inferiore a volte. Si mette in
competizione”
continuò Fred catturando ancora la sua attenzione.
“Ho
cercato di fargli capire che non ce n'è bisogno, invano. E
poi mi
accorsi che mi emulava o cercava di compiacermi comportandosi come
me. Capiamoci, lui è come me. Il suo carattere e il mio sono
molto
simili: socievoli, buffoni, allegri e divertenti. Ma io sono
sbruffone, insolente, più cinico. George è
più cauto,
introspettivo e sensibile. Quando lo guardo, e lo vedo identico a me
eppure diverso, posso sperare anche io di essere come lui, un giorno.
E' sempre stato la mia coscienza, la parte migliore di me.”
Non
avrebbe mai creduto che Fred sapesse o pensasse tutte quelle cose di
George. Sorrise felice, alla fine Fred e George erano davvero una
cosa sola; entrambi sapevano i pregi e i difetti dell'altro e si
volevano bene per ciò che l'altro era, che ad ognuno di loro
mancava. Erano complementari, più di chiunque altro,
pensò con una
punta di gelosia.
“Ti
sei re-innamorata di me?” cantilenò beffardo.
Doveva sentirsi in
imbarazzo per ciò che aveva detto.
“Hmmm...no”
ribatté dopo aver fatto finta di pensarci su.
“Dai,
lo so che preferisci me. Fai solo fatica ad ammetterlo” la
pungolò
con un dito nella guancia.
“Oh
si! Mi hai scoperta! Vi amo entrambi!” proferì lei
drammatica.
Fred smise di punzecchiarla.
“Che
sia ben chiaro! Non permetterò che nessuna ragazza di dubbie
qualità
gli metta le zampe addosso; per George o il meglio o nulla!”
sbottò
squadrandola, improvvisamente cinico. Adesso si comportava come una
mamma gelosa che esaminava la futura nuora.
“Tu
vai bene!” acconsentì dopo un po'.
“Sembri innamorata davvero, e
non perché ha un bel faccino!”
Katie
sorrise imbarazzata. Tra l'altro Fred si era appena detto da solo di
essere un bel ragazzo.
“Ma
ti prego, smettila di mangiarlo con gli occhi! Sei indecente! E mi
fai vergognare di avere la stessa faccia!”
Avvampò di vergogna.
Era così palese? Se n'erano accorti tutti tranne George?
Fred si
godette l'effetto delle sue parole. Gli piaceva metterla in
imbarazzo, se avesse avuto del pubblico sarebbe stato anche meglio.
“
A
proposito di stessa faccia: c'è una cosa che volevo
chiederti. Come
fai a riconoscerci? Come fai a guardarlo sempre a colpo sicuro? Una
volta ho fatto in modo di essere identico al millimetro! Ogni singolo
capello sulla testa era pettinato nella stessa identica maniera. Ma
tu non gli hai staccato gli occhi di dosso. Non hai esitato un
momento e non mi hai scambiato mai per lui! Come diamine
fai?” La
sua voce era davvero curiosa.
Così Fred passava le giornate a
cercare di assomigliare a George il più possibile per trarla
in
inganno?
-Bel passatempo.-
Questa
volta fu Katie a sorridere, sicura.
“Voi
non siete identici come pensate. Cioè sì, lo
siete” aggiunse
guardando l'espressione incredula di lui, “ma già
da quando avevo
una cotta per te mi accorsi di lievi differenze e quando mi sono
innamorata di George, mi son resa conto che non lo eravate al 100%.
Il vostro sorriso ad esempio. Tu hai un sorriso più aperto,
più
sicuro, George tende a sollevare più il lato sinistro della
bocca
del destro. Tu hai un solco tra le sopracciglia quando sei in vena di
scherzare, lui una lieve increspatura sul sopracciglio quando
è
teso. Tu gesticoli di più, George tende a inclinare la testa
di lato
mentre pensa. Quando siete perplessi, tu alzi il sopracciglio destro,
lui il sinistro. La sua voce è leggermente più
bassa della tua, che
è più roca. E in generale il vostro modo di
camminare non è lo
stesso” sciorinò tutto d'un fiato.
Fred
aveva ascoltato con stupore e indignazione crescente.
“Tu
mi fai paura! Sul serio, sono terrorizzato! E scandalizzato! Cosa
fai? Ci spii mentre dormiamo? Credo che ti terrò d'occhio
d'ora in
poi! Pazza stalker di bei ragazzi!”
Katie non poté trattenersi
dal ridere. Fred fece finta di allontanarsi sulla panchina,
spaventato. Lei aspettò che la finisse con la sua commedia.
“Se
ami una persona che ha un gemello, devi essere certa di non
confonderlo! Altrimenti che amore è?”
“Ooooh!
Mi amavi così tanto? Sono commosso.”
“Sto
parlando di George!”
“Sul
serio non capisco come tu abbia potuto preferire lui a me. Io sono
più bello!” aggiunse poco dopo, facendola
sorridere. Poi lo
pizzicò sul braccio.
Videro George arrivare proprio in quel
momento, mentre erano intenti a ridere.
“Comunque
vuoi una mano?” chiese Fred velocemente, prima che si
avvicinasse.
“No,
grazie. Ho già abbastanza problemi così. Insomma,
pensa se lui mi
aiuta con te e tu mi aiuti con lui. Un gran casino”
bisbigliò lei
in fretta.
“Digli
che non ti interesso più! E' così
semplice!”
“Ci
ho provato, ma forse non mi ha creduto . E' scemo e pure
testardo!”
“Sì,
già. In quello non ci assomigliamo.”
“Lasciaci da soli per
qualche minuto, appena puoi” riuscì a dire prima
che si fermasse
davanti a loro.
“E' tutto a posto. Ho raccontato del tuo volo
non previsto. L'istruttore voleva sapere se ti fossi spaccata. Gli ho
assicurato che stavi bene, anche se eri ovviamente scossa. Dice che
per oggi la lezione è finita, vi vedrete sabato
prossimo” spiegò
George guardandosi i piedi. Fred le fece di gomito.
“Amici,
devo abbandonarvi. Un impegno improvviso con una ragazza”
esclamò
sfacciatamente tirandosi su. Katie sapeva benissimo che non c'era
nessuna ragazza.
Prima che George potesse dire qualcosa aggiunse:
“Accompagna Katie al castello, fratellino. E' ancora molto
scossa.
Ci vediamo più tardi!”
E scomparve con uno svolazzo del
mantello davanti alle loro facce allibite. Le uscite di scena
teatrali erano perfette per Fred.
Rimasero alcuni istanti in
silenzio.
“Ti
accompagno. Ce la fai ad alzarti?” mormorò poco
dopo George. Alla
risposta affermativa si avviarono al castello, attraversando un pezzo
di villaggio.
“Vi siete divertiti tu e Fred?” chiese allusivo,
le mani affossate nelle tasche del mantello. Il suo tono le parve
quasi maligno.
Non rispose. La domanda non meritava nemmeno di
essere considerata.
“George?” sussurrò, invece.
“Che
c'è?” sbottò brusco.
“Smettila di lasciarmi da sola con
Fred. Non mi interessa più, te l'ho detto” rispose
calma ignorando
l'evidente acidità del giovane.
“Questo è quello che dici tu”
sbuffò lui sottovoce. Ma Katie lo sentì.
“Certo
che lo dico io! Chi vuoi che lo sappia meglio di me?”
urlò
iniziando ad alterarsi. L'atteggiamento di George la stava facendo
arrabbiare.
“Sì, ma dici una cosa e poi ne fai un'altra! Credi
che non mi sia accorto che sei ancora innamorata? Trovo sempre il tuo
sguardo puntato su di noi! Non sono cieco!” gridò
lui, lasciando
sfogare la rabbia.
-Ma stupido sì! Guardo te, idiota!-
Erano
arrivati al cancello e alcuni studenti che li avevano superati si
erano girati al sentire le loro voci crescenti.
“Ti
ripeto che non sono innamorata di lui!”
“Di chi allora?
Sentiamo!” incalzò ancora George. Katie
arrossì alla domanda.
Avrebbe dovuto aprire la bocca e dire semplicemente 'di te'. Ma non
ci riuscì. Erano uno di fronte all'altro, arrabbiati,
circondati da
alcuni studenti curiosi.
“Perché
ti interessa così tanto?” chiese invece, sapendo
già che si
sarebbe pentita della domanda.
“Perché sono stufo di vederti
sempre triste mentre ti trascini di qua e di là. Sempre
musona e di
malumore. E di doverti consolare” ribatte cattivo lui.
Katie
si sentì ferita. Era diventata un peso per George? Le stava
dicendo
di smetterla di assillarlo?
“Non
devi preoccuparti di questo! Non è più affar tuo
cosa faccio o chi
mi piace. Stammi alla larga!” strillò rossa in
viso.
Sentì
George urlarle un: “con molto piacere”, mentre
risaliva il prato,
ignorando i sussurri degli studenti presenti. Non doveva piangere,
non in quel momento; si infilò le unghie nei palmi delle
mani fino a
farli sanguinare pur di riuscire a trattenere le lacrime.
Passò
il resto della giornata chiusa in camera, le tende del baldacchino
tirate, singhiozzando piano nel cuscino; rimase nascosta
finché
Leanne non la venne a cercare a sera inoltrata, trovandola
addormentata col viso bagnato di lacrime.
Marzo
sfumò lentamente in Aprile e Katie non aveva più
rivolto la parola
a George dopo quella mattina. Non che le risultasse difficile. Lui la
ignorava completamente. Leanne, a cui aveva raccontato tutto il
giorno dopo, cercava di affatturarlo alle spalle ogni volta che
poteva.
Fred, che si era accorto della tensione tra i due, si era
avvicinato un pomeriggio a parlare con lei, suscitando in George un
moto d'ira che lo costrinse a uscire dalla sala comune imprecando.
“Secondo
me è geloso” disse Leanne una sera mentre
studiavano davanti al
fuoco. Katie smise di leggere per piantare gli occhi increduli e
arrabbiati in quelli dell'amica.
“Sul serio!” continuò, per
nulla intimidita dallo sguardo di lei, che doveva essere
minaccioso.
“Anche Fred è d'accordo con me. Dice che George
è
innamorato di te, ma è un testone timido e reagisce
così per
insicurezza.”
La
giovane continuò a fissare l'amica, per nulla convinta.
George era
innamorato di lei e geloso di Fred...ma in che universo? A George
interessava Alicia e lei era solo una ragazzina fastidiosa che non
sopportava più.
“Leanne, non costringermi a scrivere a Samuel
per dirgli che accampi teorie assurde insieme ad un bel
ragazzo”
replicò pigramente, rimettendosi a leggere.
Non ascoltò tutti i
rimproveri che Leanne le rivolse, troppo impegnata a fantasticare
dolorosamente su un mondo parallelo, in cui George l'amasse sul
serio.
Note:
Salve
a tutti.
Un
punto da chiarire: Katie vede Fred e George che spiano l'allenamento
il giorno di S. Valentino. Nel libro i due si avvicinano a Harry
dicendogli che hanno visto l'allenamento e che sono penosi senza di
loro. Ho fatto solo in modo che Katie li vedesse e si facesse le sue
paturnie mentali.
Fred
che si confida, lo adoro. Credo che lui più di tutti conosca
le
differenze che ha con George.
A
presto con un nuovo capitolo!
(Non
so perché, ma un pezzo ha la scritta più grande!
Mistero del hmtl!)
Mimì
|
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Capitolo 13 *** Fuochi d'artificio al limone ***
Alle
lezioni dell'ES avevano iniziato a lavorare sui Patronus e Katie si
ritrovò ad essere una delle poche a non riuscire ancora a
produrlo.
George
c'era riuscito due lezioni prima, ma lei non si era girata a
guardarlo. Aveva letto che i Patronus potevano prendere la forma di
quello della persona amata, se il sentimento era forte, e voleva
evitare che assomigliasse al suo facendola scoprire. Aveva sentito i
miagolii emozionati delle ragazze quando lo avevano visto, ma aveva
resistito con tutte le sue forze per non guardarlo. Quando
Leanne aprì la bocca per dirglielo la zittì con
un incantesimo
Tacitante.
L'amica
aveva prodotto un meraviglioso Gufo argentato, quello di Fred era un
bellissimo Corsac, un tipo di volpe.
Quella
sera, l'ultima lezione prima delle vacanze di primavera, finalmente
l'informe nuvoletta perlacea che usciva dalla bacchetta di Katie si
condensò in un piccolo volatile, sotto i suoi occhi
meravigliati.
Ammirò
estasiata il minuscolo colibrì d'argento che sbatteva le ali
freneticamente, con grazia. Andava avanti e indietro, su e
giù con
leggerezza e rapidità. Ricordava di aver letto che i
colibrì erano
gli unici volatili non magici a poter volare all'indietro e a poter
rimanere sospesi in aria sbattendo le ali formando un 8 rovesciato,
il simbolo dell'infinito. Le piaceva.
Harry,
contento, si era fermato a guardarlo, attirando l'attenzione su
Katie.
“Complimenti!
E' il più piccolo patronus che io abbia mai visto. Sembra
quasi un
boccino” commentò guardandolo sfrecciare per la
sala. Era quasi
difficile seguirlo con gli occhi. Katie lo osservò passare
vicino a
George che seguiva il suo volo, affascinato.
“C'è
qualche problema se è così piccolo?”
chiese, distogliendo
l'attenzione dal giovane. Le si stringeva il cuore a immaginare il
suo minuscolo patronus costretto a fronteggiare degli enormi
Dissennatori. Molti altri studenti seguivano il discorso.
“No,
non credo. E' l'incantesimo che conta non la dimensione”
assicurò
Harry, arrossendo poco dopo accortosi del doppio senso.
Alcuni
ridacchiarono. Tossì
cercando di riportare l'attenzione sui patronus.
“Comunque
evocarne uno qui, in sicurezza e alla luce del giorno, è ben
diverso
che evocarlo di fronte ad un Dissennatore” li
ammonì severo.
Katie
ritornò a guardare il suo piccolo colibrì, con
affetto.
Dieci
minuti dopo stava correndo con tutte le sue forze, insieme a Leanne e
ai suoi compagni, il fiato corto e le gambe doloranti. La Umbridge
aveva scoperto dell'ES e stava venendo a prenderli. Con
la testa nel pallone sentì la mano dell'amica afferrare la
sua, decisa,
e guidarla fino al bagno delle ragazze, alla loro destra.
Spalancarono la porta, certe di essere in salvo, scoprendo con orrore
che Clarisse Dixon, Serpeverde del 6° anno, stava aspettando
chiunque si
fosse infilato lì per sfuggire alla cattura. Come loro due.
La
schiantarono velocemente e in sincronia perfetta, nemmeno l'avessero
premeditato. Rimasero nascoste per mezz'ora poi, caute, si diressero
verso la sala comune, le bacchette pronte.
Trovarono
gli altri compagni, stretti in cerchio vicino al fuoco. Mancava solo
Harry all'appello. Vide il sollievo negli occhi di George.
-Forse
davvero lui mi...-
Nemmeno
nel suo pensiero riuscì a finire la frase.
Harry
arrivò mezz'ora dopo, con una terribile notizia: Silente
aveva
lasciato la scuola.
Un
altro fuoco d'artificio passò sibilando davanti alla
finestra, il
rumore attutito dal vetro comunque ben udibile; scoppiò con
un gran
fragore illuminando la stanza.
Katie
tirò la tenda per non svegliare le compagne addormentate.
Voleva
continuare a guardare i fuochi, ma avrebbe dato fastidio; dopo un
attimo sgattaiolò fuori dalla porta, diretta alla sala
comune: li
avrebbe ammirati dalla grande finestra.
Non
riusciva a credere che li avessero inventati Fred e George! A scuola
era scoppiato un putiferio all'apparizione dei meravigliosi e
pericolosi fuochi, ma la Umbridge si meritava tutto quel casino.
Anche di più.
Si
era insediata a Hogwarts come preside, poche ore dopo la fuga di
Silente. I gemelli non avevano aspettato nemmeno un minuto e avevano
deciso di rendere la vita complicata alla vecchia rospa. Per tutto il
giorno l'avevano osservata correre trafelata e stanca per il
castello, per cercare di sedare senza fortuna i Forsennati Fuochi
d'artificio Weasley.
Voleva
guardarli, anche tutta la notte; forse avrebbe sentito George
più
vicino.
Spalancò
la grande finestra e l'aria frizzante la investì con forza
assieme
al boato dei fuochi. Rimase a guardare un dragone che volava pigro
nel cielo, scoppiettando di tanto in tanto. Seguì le
evoluzioni di
girandole, fontane, draghi, scoppiettanti e vorticanti; esplodevano
in mille colori mischiandosi gli uni agli altri, con fischi e botti.
Le mani erano già gelide, ma non ci fece caso.
Non
sapeva quanto a lungo li avesse guardati, quando arrivò.
Sembrava che
ci fosse un magnete che li attirava nello stesso luogo. Quando George
apparve, con uno sguardo stupito, alla fine della scala per i
dormitori maschili, lei non poté dirsi davvero sorpresa. Si
attiravano e si repellevano con la stessa intensità.
George
si avvicinò cauto e si appoggiò alla finestra,
affianco a lei. Non
si erano più parlati dal loro litigio di ritorno da
Hogsmeade. Erano
entrambi in pigiama e vestaglia, tesi e impacciati. Katie
tenne lo sguardo davanti a sé, fissando il cielo.
Lui
la osservò di soppiatto, soffermandosi a guardare come i
colori dei
fuochi d'artificio le illuminassero il viso.
D'un
tratto un fuoco d'artificio esplose poco sopra di loro, scrivendo nel
cielo la parola 'cacca'. Non
riuscirono a trattenersi, entrambi scoppiarono a ridere e accortisi
che l'avevano fatto in contemporanea risero ancora più
forte. Quando
smisero, si guardarono negli occhi.
“Mi
dispiace...” iniziarono all'unisono.
“Prima
io!” risposero insieme.
Risero
ancora, non erano importanti le parole. Rimasero
vicini, a guardare fuori.
“Ti
piacciono?” chiese George indicando il cielo, fiero.
“Da
morire! Se posso sbilanciarmi, credo che sia la vostra invenzione
più
strepitosa. Bella e fastidiosa al tempo stesso!”
dichiarò lei
ridendo. George osservò i suoi fuochi come se li vedesse per
la
prima volta; li trovò bellissimi, mentre scoppiavano
riflessi negli
occhi di Katie.
Lei
si girò a guardarlo, mentre la fissava imbambolato.
Occhi
negli occhi, sembravano attrarsi sempre più. Non poterono
fare a
meno di ridurre la distanza tra loro, piano, temendo che un movimento
troppo brusco potesse spezzare la magia che teneva i loro sguardi
incollati. Il respiro che si faceva via via più veloce, il
cuore che
batteva all'impazzata, nessuno dei due sapeva che anche l'altro
provasse le stesse sensazioni.
“Credo
che ti bacerò, George” ammise lei avvicinandosi,
la
voce tremante e
seria. Lui non ci cascò, si ricordava bene della stessa
identica scena
due
natali prima, quando lei gli aveva baciato il naso.
Katie
gli passò le mani attorno al collo, avvicinò il
viso al suo con gli
occhi chiusi; sentì il fiato sul collo, coi brividi, poi lei
si alzò
in punta di piedi e lo percepì caldo sulle labbra. Non si
mosse, era
certo che si sarebbe ritratta da un momento all'altro.
Invece
lei premette con passione le labbra contro le sue. Percepì
la lingua
calda di lei insinuarsi con leggerezza tra le sue labbra.
Fu
un secondo e chiudendo gli occhi rispose al bacio.
Passò
le mani sulla sua schiena, facendo aderire il corpo al suo. Una
mano era risalita tra i capelli di Katie e premeva sul suo collo. Il
cuore in tumulto avrebbe potuto essere il suo o forse era quello di
lei che gli rimbombava dentro.
Le
mani di Katie scivolarono dalle spalle alla schiena, passionali,
bramose. Una si aggrappò con forza ai suoi capelli, appena
sopra la
nuca.
Una
scarica di piacere le correva dalla testa spargendosi per tutto il
corpo; era ubriaca di felicità. Le
loro lingue si esploravano, si ritiravano, si cercavano e
rincorrevano.
Labbra
che morsicavano labbra, baci delicati, baci bramosi. Ansimavano, ma
non smettevano, Katie sentì George fremere d'eccitazione e
si lasciò
sfuggire un mugolio di piacere. A quel suono lui perse la testa e
iniziò a baciarle il collo, a cercare le sue curve con le
mani. Un
fuoco d'artificio esplose con forza alle loro spalle, riportandoli
alla realtà. Si guardarono, ansanti; le labbra tumide e
lucide, le
guance rosse, i corpi frementi, gli occhi azzurri e castani carichi
di desiderio.
George
si staccò da lei, brusco, e andò a sedersi su una
poltrona vicino
al fuoco, la testa tra le mani. Cercava
di regolare il suo respiro, di rallentare il suo cuore, di frenare
l'eccitazione.
Katie
lo guardò tesa, incorniciata dalla finestra. Passarono
istanti di puro silenzio, gli unici rumori i loro respiri via via
più
regolari e la legna che scricchiolava, consumata dal fuoco.
George
alzò la testa e posò gli occhi in quelli di lei.
Vi lesse dolore.
“E'
tutto sbagliato, Katie. Questo bacio è stato uno
sbaglio” disse
con la voce ancora roca dall'eccitazione. A lei sembrò di
aver ricevuto uno schiaffo. Lo
guardò ferita, ma
sostenne il suo sguardo.
“Non
è stato uno sbaglio, l'abbiamo voluto entrambi,
George!” ribatté
fiera lei.
Lui
saltò su arrabbiato al sentire il suo nome.
“Sì
che è sbagliato. Io non sono Fred! Non puoi baciarmi
pensando a
lui!” sbottò col viso rosso quanto i suoi capelli.
George
pensava che lei l'avesse baciato pensando al suo gemello?
“Possiamo
anche essere uguali esteriormente, ma io non sono lui. Non lo posso
sostituire! Non lo voglio sostituire!” urlò al
colmo della
collera.
Katie
capì che i suoi problemi di insicurezza verso il fratello
stavano
trovando sfogo in quel bacio. Lo guardò, arrabbiato,
insicuro,
sbraitare contro di lei nella sala comune, in pigiama e scalzo.
Sentiva di amarlo sempre di più.
“Io
non ti ho baciato pensando a Fred!” rispose piano, cercando
di
riportarlo alla calma, “ti ho baciato perché sei
George. E io ti
amo, George!”
L'aveva
detto, finalmente. Lui rimase in silenzio al sentire quelle parole. Lei
attese, nervosa; George la guardò negli occhi, incredulo.
“Tu
mi ami? Adesso, tu mi ami?” gridò con voce
dura.
Come
mai non era ancora sceso nessuno attirato dalle loro urla? Che il
rumore dei fuochi coprisse le loro voci considerevolmente alte?
“Tu
credi di amarmi! Solo perché sono uguale a Fred! Hai
spostato i tuoi
sentimenti da lui a me? Hai scelto il fratello meno
difficile?”
esplose con voce velenosa.
Non
riusciva a credere che quelle parole venissero fuori dalla bocca di
George, che il meraviglioso ragazzo che amava potesse pensare quelle
cose di lei. Tremante
di rabbia e di dolore si avvicinò a lui. Il ragazzo si
ritrasse
sdegnato, quasi temesse che l'avrebbe baciato di nuovo.
Katie
alzò una mano e la calò con forza sulla guancia
di lui. Il
rumore dello schiaffo, più del dolore, sembrò
calmarlo. O forse la
freddezza di lei.
Il
dolore pulsante alla mano le diede soddisfazione, sapendo che con
quel gesto aveva trasmesso un forte segnale a George. Perché
l'aveva
colpito con le proprie mani e non con la magia. Il segno rosso delle
cinque dita apparve sul volto di lui.
Lo
guardò con occhi duri, anche se umidi.
“Io
so benissimo chi sei tu, George. Forse non c'è nessuno che
ti
conosca come ti conosco io, che ha letto il tuo cuore come ho fatto
io. Tra noi due quello che non riesce a distinguere George da Fred,
sei tu” replicò fiera.
Sostenne
lo sguardo ferito di lui, senza battere le palpebre, perché
sapeva
che in quel caso sarebbero apparse le lacrime che stava trattenendo a
fatica.
“Io
so bene per chi batte il mio cuore e sei tu, anche se non lo
vuoi”
sussurrò sincera.
Si
voltò e salì le scale, calma, senza far
trasparire il dolore che
George con le sue parole, più che col suo rifiuto, le aveva
inflitto. Non guardò nemmeno se lui fosse ancora
lì o se fosse
andato via. Si
abbandonò sul letto e strinse forte il cuscino sulla testa,
non
voleva sentire più il rumore dei fuochi d'artificio. Dieci
minuti
prima si era trovata stretta tra le braccia di George, felice come
mai era stata prima, cinque minuti dopo sentiva il cuore esplodere,
sola, rifiutata. Forse pianse nel sonno, quando finalmente
riuscì ad
addormentarsi; non lo ricordava, ma di sicuro il cuscino raccolse
tutte le sue lacrime.
La
sala Grande illuminata da un tiepido sole le procurava mal di testa.
Katie
teneva lo sguardo chino nel piatto, abbagliata e confusa.
Non
ricordava quanto avesse dormito, né se in effetti avesse
dormito;
era tutto piuttosto nebbioso nella sua mente.
La
testa le scoppiava da morire, sentiva le vene pulsarle dolorosamente
dietro gli occhi.
Leanne
si girò preoccupata a guardare le sue occhiaie viola e
profonde, la carnagione pallida. D'un tratto la vide ondeggiare e
l'afferrò. Katie
si voltò a guadarla come se facesse fatica a metterla a
fuoco.
“Ma
tu scotti!” urlò l'amica toccandole la fronte. La
alzò di peso e
la portò su in infermeria.
“Non
è nulla di grave” mormorò tranquilla
Madama Chips visitando
Katie, “solo un po' di stanchezza. Lo stress debilita il
corpo come
una malattia!”
Le
diede una pozione gialla e le disse di riposare per tutta la
giornata.
Depressa
si avviò alla torre, diretta al suo dormitorio.
Evitò di guardare i
pochi studenti presenti e si fiondò su in camera, godendo
del
contatto col letto morbido. Bevve
tutto d'un fiato la pozione, poi si lasciò andare sui
cuscini.
-Un
bell'Oblivion, ecco cosa mi servirebbe. Oppure devo inventare una
pozione che cancella il dolore. O l'amore.-
In
pochi secondi si addormentò, senza pensare più a
nulla.
Le
vacanze di Pasqua le diedero modo di riposare ancora, ma allo stesso
tempo mettevano a dura prova i suoi nervi. Dato che le lezioni erano
sospese si trovava George tra i piedi molto più spesso del
solito. Il
gioco “evita George con ogni mezzo possibile” stava
davvero
diventando difficile. E patetico. Si rifugiava spesso in biblioteca,
sapendo che il ragazzo ci andava poco.
Accolse
la fine delle vacanze con gioia. Più ci rifletteva su,
più le
risultava difficile sperare che avrebbero potuto anche solo ritornare
a parlarsi. Le cose erano andate troppo avanti, i sentimenti erano
stati fraintesi, parole pesanti erano state dette e ascoltate.
Ricucire una parvenza di rapporto era ormai pura utopia.
Soffriva
da morire, le sembrava che niente potesse più farle passare
quella
morsa continua che sentiva al cuore. O quel bruciore allo stomaco.
L'ultimo
giorno di vacanza venne avvicinata da Fred, cauto.
“Devo
parlarti” annunciò serio in sala comune, mentre
lei sedeva con
Leanne intenta a ripassare. Alzò lo sguardo da
trasfigurazione
volume sesto e lo guardò perplessa, senza muoversi.
“Su
forza! Non ho mica tutto il giorno!” sbottò,
alzandola di peso e
trascinandola per la sala comune sotto gli occhi di tutti, aprendo il
buco del ritratto.
“Fate
con calma!” urlò Leanne divertita mentre
continuava a girare le
pagine del suo libro.
Fred
la portò fino in biblioteca, nell'angolo più
remoto e meno
frequentato, il reparto libri maledetti, e la fece sedere al tavolino
contro la parete.
“Allora,
sputa fuori. Cosa è successo?” chiese senza molti
giri di parole. Katie
lo fissò infastidita.
“Non
capisco di cosa stai parlando! Che cosa ti prende?”
“Mi
prende che George è di umore pessimo! Ha sfondato il baule a
calci,
ha spaccato lo specchio in camera e ha cercato di affatturare Lee per
una battuta che non ha gradito! E chissà perché,
credo che tu sappia
cosa gli accade” replicò stizzito.
Lo
guardò incredula.
“Perché
dovrei saperlo?” domandò facendo la vaga.
Sperò
che Fred non si accorgesse del suo nervosismo.
“Perché
centri sempre quando George è arrabbiato. E quelle cinque
dita che
aveva stampate in faccia sembravano proprio le tue. Sputa fuori,
Katie!” ripeté deciso e minaccioso. Sembrava che
fosse davvero
preoccupato.
“Perché
non vai a chiederlo al tuo adorato fratellino?”
saltò lei sulla
difensiva, avvicinandosi intimidatoria. Con
che diritto Fred l'aggrediva in quel modo? Era lei la parte lesa, e
doveva sorbirsi un interrogatorio perché George aveva deciso
di dare
di matto.
“Ci
ho provato. Ho ricevuto un'occhiataccia, un ringhio e ho evitato un
pugno. Con te sono più tranquillo!”
-Non
ne sarei così sicuro!-
Continuò
a fissarla, in attesa, le braccia incrociate sul petto, le
sopracciglia torve.
“Ho
baciato George! In sala comune! La notte dei fuochi
d'artificio!”
esplose di botto gettando ogni remora, guardando la mascella di lui
abbassarsi incredula. Evidentemente
non si era aspettato niente del genere, perché per qualche
secondo
non riuscì a trovare niente da dire.
“Oh!”
riuscì ad esclamare poco dopo.
Continuava
a fissarla meravigliato.
“Io...non
so che dire. Complimenti per l'iniziativa!”
commentò colpito
stringendole la mano. Lei
assunse un'aria accigliata.
“Ma
capisco ancora meno la situazione. L'hai baciato e poi
schiaffeggiato?” aggiunse tornando perplesso.
Con
un gran sospiro Katie si risedette, fissando lo sguardo sulle fughe
delle mattonelle.
“All'inizio
George ha risposto al bacio con...passione? Entusiasmo? Sorpresa?
Poco dopo si è arrabbiato, mi ha urlato contro che era
sbagliato,
che non potevo baciarlo pensando a te o perché assomigliasse
a te.
Gli ho detto che l'ho baciato perché l'amavo. E
lì
è esploso”
confessò strusciando un piede avanti e indietro, a disagio.
Prese
il respiro un paio di volte, cercando di scacciare il dolore che
prepotente le serrava lo stomaco.
“Ha
gridato che non era possibile che l'amassi. Che credevo di amarlo
perché ti assomiglia e che avevo spostato i miei sentimenti
per te
verso di lui, insinuando che avessi scelto di provarci col fratello
'meno difficile'. L'ho schiaffeggiato e me ne sono andata. Da quel
giorno non ci siamo più parlati.”
Non
guardava Fred quindi non poteva sapere che faccia avesse ma lo
sentì
respirare brusco in un paio di passaggi. Soprattutto alla notizia
delle parole di George.
“Va
bene. Vado a parlare con George, allora. Chiariamo questa
situazione”
annunciò Fred facendola trasalire. Era già quasi
arrivato alla fine
dell'angolino riparato in cui si erano rifugiati, quando lei lo
afferrò per il braccio, costringendolo a fermarsi.
“No!
No, Fred! Non metterti in mezzo!” strillò torva
puntandogli un
dito contro.
Lui
fece per parlare, ma lei lo zittì.
“Stanne
fuori. L'ultima cosa che voglio è che possiate litigare a
causa mia.
Sono seria, Fred. Lascia perdere” tagliò corto.
La
premura di Fred le aveva fatto piacere, ma non avrebbe permesso che
venisse invischiato in quella situazione rischiando di compromettere
il bellissimo rapporto con suo fratello. Il
giovane sembrò combattere un attimo con sé stesso
perché lo sentì
agitarsi.
“Ti
prego. Va bene così” mormorò con
voce rotta, ormai sull'orlo
delle lacrime, aggrappandosi ancora al suo braccio.
Lui
sospirò sconfitto.
“
Farò
finta di nulla, promesso. Vieni qua” sussurrò,
abbracciandola
comprensivo.
Quelle
braccia erano così simili a quelle di George da farle male,
ma
mancava quel calore che la faceva impazzire di gioia; una mano le
accarezzava consolatrice la schiena. Singhiozzò debolmente
sulla
divisa di Fred, grata, un po' di dolore che scivolava via piano con
le lacrime.
D'un
tratto lo sentì irrigidirsi, la mano si bloccò
agitata sulla
schiena. Si scostò un poco e lo guardò in volto,
scoprendolo fisso
in un punto alle sue spalle, teso. Voltò
la testa lentamente per scoprire George, ritto vicino ad una
scaffalatura, che la guardava con una brutta espressione in viso. Un
misto tra trionfo e rabbia.
Non
guardava Fred, era con lei che ce l'aveva. Vederla lì, tra
le
braccia del fratello, sembrò aver dato conferma a tutto
ciò che
aveva detto e pensato. La fulminò con lo sguardo, poi con
disprezzo
voltò le spalle e andò via.
Fred
la lasciò per seguirlo, ma lei lo fermò ancora.
“Lascia
stare. Va bene così” dichiarò
asciugandosi decisa le lacrime.
Non
aveva più rilevanza; il cuore, ferito e intorpidito, le
disse che
niente aveva più importanza.
Guardò
la scena in prima fila, incredula.
Aveva
spintonato via parecchi studenti per superare la calca e
raggiungerli. Fred
e George, accerchiati e presi in flagrante.
La
Umbridge li sovrastava con faccia trionfante, pregustandosi la
punizione; venne raggiunta da Gazza, eccitato e felice.
Avvenne
tutto così in fretta: vide i gemelli, per nulla intimiditi,
scambiarsi
due sorrisi quasi identici, poi, dopo aver alzato le bacchette,
montarono sulle loro scope arrivate di corsa. Dalla scopalinda di
George pendeva una grossa catena che terminava con un piolo in ferro.
Ebbe
la malsana idea di afferrarlo e impedire quello che già
sapeva
sarebbe successo.
Schizzarono
su in volo, la catena oscillò minacciosa sulla folla
sottostante,
incredula ed emozionata. Le sembrava di vedere tutto al fotogramma,
col cuore che scandiva i cambi di scena coi suoi battiti.
Fred
li guardò tutti sorridente, sentì il suo sguardo
su di sé. George,
invece, non si accorse nemmeno di lei, impegnato a istigare la folla
contro la
Umbridge.
Senza
poter fare nulla, nemmeno gridare, lo guardò volare fuori
dal
portone, insieme a suo fratello, per non rivederlo mai più.
Mentre
la folla urlava, strepitava, rideva e saltava su e giù
seguendo il
volo dei due giovani, ignorando le grida isteriche della Umbridge che
aveva perso delle prede, Katie si sentì vuota. Girandosi
intorno attonita, tra tutti quei visi felici, euforici e
meravigliati, trovò due occhi che condividevano il suo
stesso
stupore. Fendendo la folla raggiunse Angelina e la
abbracciò, senza
dire niente.
L'amica
ricambiò, grata, senza fare domande; entrambe trovarono
conforto nel
muto abbraccio.
Il
resto dell'anno passò in fretta, brumoso, poco definito; o
perlomeno
nei suoi ricordi futuri non ricordò mai nulla di
così eccitante da
essere menzionato. Le cose avevano perso importanza, colore, sapore,
emozione.
Passò
l'esame di materializzazione al primo colpo, senza sbagliare;
probabilmente non avere più un cuore l'aiutava a sparire e
riapparire con facilità.
A
Maggio, durante l'ultima partita di stagione, aveva segnato con
precisione e velocità, la mente occupata solo dal Quidditch,
con uno
spirito competitivo da fare invidia a Baston. Ma la vittoria non le
aveva dato la gioia sperata. Fu solo contenta che Ron avesse
guadagnato fiducia in sé stesso e avesse portato in trionfo
la
coppa,
euforico.
Una
mattina aveva notato Errol, con stupore; il vecchio gufo aveva planato
goffamente davanti ad Angelina; dopo che l'amica ebbe preso la
lettera, con molta calma e sforzo si era tirato su stridente e aveva
raggiunto Katie per ricevere una coccola. Dopo aver ricevuto carezze
e un pezzo di toast, si alzò in aria per svolazzare via,
sghembo.
Aveva visto l'amica leggere sempre più emozionata la
lettera, poi
cercare il suo sguardo, raggiante. Si era sforzata di sorriderle. Fred
aveva scritto ad Angelina, ne era certa.
Per
non pensare a nulla si era buttata sui libri e concentrata sullo
studio con così tanto zelo, che arrivò agli esami
lucida e
preparata, aspettandosi di averli superati tutti con una
“E”.
A
Giugno, Harry aveva fatto un incursione al Ministero, rivelando
finalmente al mondo le prove del ritorno di Voldemort. Il primo
ministro in persona aveva ammesso di averlo visto e nella
comunità
magica era scattato un nuovo stato di allerta: erano in guerra.
Arrivò
la fine della scuola e sull'Espresso che la riportava
verso
casa sonnecchiò un po', sfinita. Non aveva dormito molto
dopo la
fuga di George, rimaneva sempre sveglia per qualche ora prima che il
sonno riuscisse a domarla.
Leanne
cercava di distrarla, di tirarle su il morale, di motivarla. Katie
le era grata; la sua amicizia vera e costante le aveva dato
così
tanto conforto che se non era caduta in uno stato depressivo era solo
merito suo.
Scendendo
dal treno, lo vide.
George,
vicino a Fred , attorniato dalla famiglia e alcuni amici, -il
professor Moody e il professor Lupin?-, sereno, in attesa di Ron,
Ginny e Harry.
Una
scarica elettrica partì dal suo cuore paralizzandole gli
arti,
rendendo il respiro difficoltoso. Le sembrò di provare
nuovamente
delle sensazioni dopo molto tempo, come se si svegliasse da un lungo
sonno.
Non
si era aspettata di rivederlo, men che meno così,
all'improvviso.
Salutò Leanne, un po' rigida, confusa. I suoi genitori la
strinsero
in un grande abbraccio, felici di rivederla, poi la guidarono verso
l'uscita.
Passò
vicino ai Weasley, mentre Fred mostrava a Ron i nuovi giubbotti verde
livido che lui e suo fratello indossavano. Guardò dritta,
non osò
nemmeno battere le palpebre mentre li sorpassava; qualcuno la
seguì
con lo sguardo, ma non era sicura che fosse George.
Prima
di seguire sua madre oltre il muro della stazione si girò
un'ultima
volta a guardarlo. Gli parve che si fosse appena girato ma, si disse
mentre spariva tra i mattoni, era stata di sicuro la sua
immaginazione.
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Capitolo 14 *** Viaggio nell'Io ***
Leanne
strinse forte il mantello, rabbrividendo.
Per
essere metà Ottobre, il tempo era decisamente terribile. Il
vento
turbinava con forza e la pioggia batteva incessantemente; ma
Hogsmeade era ormai a pochi passi.
Gettò
un'occhiata a Katie, al suo fianco: l'amica continuava a guardare
dritta davanti a sé, senza nemmeno prestare attenzione al
tempo, in
un mondo tutto suo. Leanne sospirò afflitta; se dalla fine
della
scuola era diventato raro vederla sorridere, dopo il viaggio a Diagon
Alley fu praticamente impossibile.
L'ultimo
giorno delle vacanze estive, i coniugi Meadowes, i coniugi Bell,
Leanne e Katie si erano recati tutti insieme a far compere per il
settimo anno delle ragazze. Diagon Alley era diventato cupo e
squallido; le vetrine spoglie e ricoperte di cartelloni del
ministero, i negozi sprangati e gli ambigui banchetti per la strada
lasciarono davvero una brutta impressione su tutti loro. Ma
Katie si poteva dire ancora serena.
L'ultimo
sorriso che Leanne le vide fare, fu davanti ai cartelloni del negozio
di Fred e George 'Tiri Vispi Weasley'; un fugace stiramento di labbra
davanti al messaggio di 'occlusione che stringe la nazione' poi
più
nulla. Katie
aveva fissato imbambolata la vetrina oltre la quale George, felice, in
un completo magenta, serviva orde di clienti; poi l'aveva guardato
sparire nel retro dietro una deliziosa ragazza bionda, anche lei in
completo da lavoro. Rifiutatasi
di entrare era rimasta ad aspettarli da Madama McClan, dove aveva
comprato delle nuove divise.
Il
tepore dei tre manici di scopa le investì benevolo al solo
aprire la
porta. Chiusero il furioso vento fuori e si diressero ad un tavolo,
ordinando delle burrobirre.
“Sei
sicura che non devi vedere Samuel?” domandò Katie
dopo aver bevuto
un sorso riscaldante.
Leanne
cercò di rispondere mentre ancora beveva, rischiando di
soffocare.
“Sicurissima. Per Sam è un momento molto
importante, i suoi esami
di magisprudenza si stanno facendo sempre più complessi e
deve
dedicare tutto il suo tempo allo studio” rispose ancora un
po'
tossicchiante.
Non era
vero nulla. Cioè sì, gli esami di Sam erano
effettivamente
diventati
più difficili, ma era stata lei a dire al ragazzo di non
vedersi
quel fine settimana; aveva deciso di rimanere con Katie, per non
lasciarla da sola in dormitorio a crogiolarsi nella depressione. Era
stata sempre lei a convincere l'amica a uscire, nonostante il tempo
fosse tutt'altro che buono. Katie
si limitò a fare una buffa alzata di spalle.
“Mandagli
il mio in bocca al lupo” disse sincera. “Appena
prenderemo i
M.A.G.O. potrai vederlo spesso. Potreste persino andare a vivere
assieme” aggiunse dopo un po'.
Leanne
arrossì violentemente. Katie accennò un fugace
sorriso alla
reazione dell'amica.
“Ma
cosa stai dicendo?” sbottò piccata la giovane.
“Vuoi rimangiarti
la promessa di andare a vivere assieme, io e te, dopo aver preso
finito gli studi?”
“Certo
che no. Dico solo che non ci sarebbe nulla di male se Sam diventasse
nostro co-inquilino. Può dividere la tua camera”
insinuò, in vena
di punzecchiarla. Le urla
indignate di Leanne la seguirono durante tutto il tragitto fino al
bagno, divertendola un po'.
Aprì
la porta del bagno e la sua mente si ritrovò improvvisamente
a
galleggiare. Ogni
pensiero negativo o doloroso che l'aveva oppressa nel profondo fino a
poco prima era svanito, sostituito da una vaga tranquillità.
Una
voce femminile le ordinò di prendere il pacchetto
marrone
appoggiato sul lavandino di fronte a sé; Katie
allungò le mani e lo
afferrò, decisa.
La voce
continuò, ordinandole di portarlo a Silente, su al castello.
-Aspetta
un po', perché dovrei?- Disse una vocina risvegliatasi dal
profondo.
“Ti
piace questa sensazione di pace?” Aveva
chiesto la voce femminile.
-Si,
mi piace.-
“Vuoi
non provare più ansia o dolore?” Continuò
subdola.
-Mi
piacerebbe molto. Dimenticare.-
“Porta
il pacco a Silente. E potrai rimanere in pace per sempre. Dallo solo
a lui, nessun altro deve toccarlo. O sapere dove lo hai
preso.”
Annuendo,
aprì la porta del bagno e ritornò da Leanne, il
pacchetto stretto
in mano.
“Hai
fatto presto. Cos'hai lì?” domandò
l'amica perplessa, sicura che
Katie non avesse nulla in mano quando era andata via.
“Una
sorpresa speciale per qualcuno” sussurrò l'altra
stranita mentre si
infilava i guanti e schizzava via in fretta. Leanne,
attonita, ci mise qualche secondo per scrollarsi lo stupore di dosso e
gettarsi all'inseguimento.
“Ripeti
un po': cos'è quel pacchetto?” urlò
fuori dal pub per sovrastare
il ruggito del vento, una volta raggiunta l'amica.
“E'
una consegna speciale. Una sorpresa che devo consegnare a qualcuno a
Hogwarts!” sorrise stupidamente nella sua direzione. Il vento
le
frustava i lunghi capelli sul viso, ma lei sembrava non accorgersene.
“Non
puoi portare a scuola qualcosa di cui non conosciamo la provenienza.
Da chi l'hai avuto?”
“Che
cosa importa?” rispose Katie con voce leggera.
“Non
fare la stupida. Chi ti ha dato quel pacchetto?”
insisté ancora,
accalorata.
“Non
sono affari tuoi, Leanne” sbottò l'amica,
scocciata.
“Sì
che lo sono. Non mi sembra saggio accettare oggetti sconosciuti o da
persone ignote!” strillò ancora più
arrabbiata.
“Faccio
quello che voglio. E accetto quello che voglio da chi voglio.”
Leanne
si gettò verso di lei per strapparle il pacchetto da mano,
ma Katie
se ne accorse e riusci con uno strattone ad evitare che la sua mano
guantata si chiudesse del tutto su di esso, stringendolo a
sé. Un
flebile suono di carta strappata le raggiunse oltre il frastuono del
vento.
Il
pacchetto cadde con un tonfo sordo. Katie sentì la testa e
il corpo
leggero e chiuse gli occhi, pesanti.
Un
dolore lancinante la trafisse in ogni centimetro, come mille aghi
infilati sotto pelle. Sentì le viscere bruciare e liquefarsi
con
dolore e poi li vide: suo padre, sua madre, Leanne, Angelina,
George, tutti i suoi cari e amici la afferravano maligni strappandole
brani di carne dal corpo. I loro corpi imputridivano sotto il suo
sguardo mentre vermi e animali li consumavano lentamente. Cercava di
scappare in preda al terrore e al dolore, piangendo e urlando, ma
loro la stringevano più forte, torturandola con
più cattiveria.
Dopo un
tempo incalcolabile, quando infine si era arresa senza più
combattere, tutti loro sparirono uno a uno e si ritrovò d'un
tratto
a galleggiare nel niente, singhiozzante e dolorante, da sola.
Il
dolore, all'inizio incontenibile, scemava pian piano. Le sembrava di
avere il corpo immerso nel ghiaccio e di star perdendo via via
sensibilità.
Il
tempo non aveva senso, il pensiero non aveva senso. Non era certa
nemmeno più di esistere, semplicemente galleggiava. Di
tanto in tanto fiochi suoni rompevano il silenzio che premeva
intorno, stralci di conversazioni concitate, parole che non
comprendeva, voci che non riconosceva. Andavano e venivano
all'improvviso, giusto il tempo di spezzare il tempo, di agitarla un
po'.
“Ciao,
Katiewow” mormorò piano qualcuno, con affetto,
all'improvviso. Le
parole vennero ripetute in un'eco infinita, la voce sempre
più
amplificata. Chi era
Katiewow? La conosceva? Che nome buffo aveva...e chi la chiamava con
così tanto amore?
Qualcosa
si formò nel nulla da cui era cullata. Un viso a cuore,
occhi verde
chiaro e capelli neri; l'immagine galleggiò sfocata davanti
a ciò
che doveva essere il suo viso, aperta in un sorriso.
-Leanne?-
Pensò incerta, formulando il primo vero pensiero. Lei era
Katie, Katiewow!
Riuscì
improvvisamente a sentire tutto ciò che l'amica le diceva.
“...
ho strepitato, mi sono imputata e ho tenuto duro finché non
me
l'hanno concesso. Mi conosci. Ma appena son riuscita a parlare con
Silente non c'è stato bisogno di discutere. Ha detto subito
di sì.
Ho un permesso firmato di suo pugno, posso venire un fine settimana
al mese” disse Leanne fiera.
Katie
voleva risponderle, voleva gridare, chiedere, sapere, ma non aveva
bocca.
“Sono
già passati due mesi, sai? Mi è quasi parso di
impazzire. Non so
nemmeno come sia passato tutto questo tempo, né se sia
davvero
passato; le cose sono strane senza di te.”
-Due
mesi da che cosa? Cosa stava succedendo? Perché non riusciva
a
vedere o a parlare con Leanne? Perché non riusciva a muovere
il suo
corpo, se aveva un corpo?-
“Non
so quanto tu senta. Ma io continuerò a venire e parlarti.
Non
smetterò finché non aprirai gli occhi e mi dirai
di stare zitta”
scherzò l'amica, con voce triste.
“I
Guaritori dicono che sei stata fortunata. Ma che ancora non sei fuori
pericolo. Ti sto perdendo, Katiewow. Stupida incosciente”
singhiozzò
forte ormai fuori controllo.
La voce
di Leanne si allontanò, ributtandola nel nulla.
Stava
morendo? Come? Quando era successo? E dove si trovava? Cercò
di muoversi, ma non aveva corpo; di parlare, ma non aveva bocca; di
vedere, ma non aveva occhi.
Con
crescente dolore cercò di urlare, ma non poté.
-Leanne,
Leanne, Leanne!- pensava intensamente. L'unico nome che ricordasse,
l'unica persona che volesse vedere. La
ragazza apparve dal nulla, illuminando intensamente il buio, con un
meraviglioso sorriso.
Sembrava
fosse apparso il sole in piena notte, luminoso e rassicurante. Riusciva
a sentire il calore che emanava riscaldarla lentamente, risvegliando
il suo corpo.
“Mi
hai chiamato?” domandò allegra, avvolta in una
tunica bianca, di
foggia greca.
Rischiarata
dalla luce che l'amica spandeva attorno riuscì a vedersi,
per la
prima volta da tempo. Poggiava su una lucida superficie nera, che
rimandava i riflessi dell'amica e del suo corpo.
Stese
le braccia davanti a sé, rendendosi conto per la prima volta
di come
fossero belle. Non le sue in particolare, ma le braccia in
sé; aprì
e chiuse le mani davanti alla faccia, felice. Si
tastò il viso, controllò il resto del corpo,
mosse le gambe. Le
piccole dita dei piedi sfarfallavano felici. Era scalza e indossava
anche lei una tunica come quella di Leanne, ma nera.
Si alzò sulle gambe malferme, si avvicino all'amica e
d'istinto la
abbracciò, ma le sue braccia si chiusero sul vuoto. Leanne
era lì,
ma lei le passava attraverso.
“Non
sono davvero qui, Katie. Devi trovarmi” proferì la
giovane
continuando a sorridere.
“Trovarti?”
ripeté incredula. Sentì la sua stessa voce
riempire il vuoto,
con la solita eco. Leanne
era lì davanti a lei, come poteva trovarla? Dove? Che cosa
significava?
“Sì,
Katie. Cercami” incalzò l'amica svanendo pian
piano, portando via
con sé la luce. Il suo viso, l'ultima parte a sparire
fluttuò
sorridente e rassicurante nel nulla, poi sparì rilanciandola
nel
buio.
La
giovane barcollò di qua e di là spaventata,
chiamando l'amica
ripetutamente, ma inutilmente. Per quanto camminasse e tendesse le
braccia non percepiva nulla attorno a sé. Un
ostacolo all'altezza della vita le intralciò il cammino
facendola
inciampare. Tastò
foglie, rami e spine. Ritrasse le mani ferite. Era una...siepe.
Poggiando cauta la mano destra sulla superficie modellata in maniera
piatta, iniziò a seguire quella sorta di muretto in foglie
per
trovare un'uscita.
La mano,
dopo aver percepito foglie, foglie e rametti e foglie per parecchi
chilometri, all'improvviso cadde nel vuoto; si voltò verso
l'apertura
nella siepe e con un gran sospiro, senza sapere cosa avrebbe trovato,
varcò l'ignoto.
“Katie
Bell!” chiamò una voce severa, nel buio. Il suo
desiderio di vedere fece brillare il suo corpo come aveva fatto
Leanne prima, illuminando la scena.
Vide sé
stessa, undici anni e agitata, barcollare timorosa verso uno sgabello,
alla fine di una grande sala illuminata da candele fluttuanti e colma
di persone. La donna al suo fianco, non ricordava il suo nome, ma
ricordava una certa severità, le poggiò un lacero
cappello sulla
testa; vide il suo sguardo terrorizzato cercare qualcuno nella folla
di fronte a sé prima di sparire sotto il cappello. Si
girò verso il
resto della sala e vide lo sguardo che la piccola Katie aveva
cercato: la piccola Leanne guardava tesa e fiera il momento del suo
smistamento.
Guardò
sé stessa emozionata andare dubbiosa verso il tavolo dei
Grifondoro
a cui era appena stata smistata; gli altri studenti applaudivano per
il suo sorteggio ma lei, imbarazzata, era sprofondata sulla panca
vicino ad un ragazzino coi capelli rossi che le diede una forte pacca
sulla schiena, per farla stare dritta nel suo momento di gloria. Il
suo gemello spuntò dietro le spalle dandole anche lui una
pacca. Si
sedette vicino alla piccola Katie e guardò il resto dello
smistamento. Si ricordava quei momenti: l'ansia di non sapere dove
sarebbe finita; la gioia e lo stupore nel sapere di essere finita a
Grifondoro, come sua madre; il timore di non essere abbastanza brava
da stare lì; il forte desiderio che Leanne, la prima persona
con cui
avesse stretto amicizia in quel nuovo mondo, fosse nella sua stessa
casa.
Osservò
la giovane amica dirigersi decisa verso lo sgabello, sforzandosi di
sembrare calma. La piccola Katie vicino a sé si strizzava le
mani
nervosa, senza staccare gli occhi dallo Smistamento. Quando il
cappello parlante urlò “Grifondoro”, si
alzò in piedi sulla
panca strillando più forte di chiunque altro, scioccando i
suoi
nuovi compagni che l'avevano etichettata erroneamente come una
bambina tranquilla.
Si alzò
per guardare le due piccole nuove amiche confabulare tra loro
contente. La luce emanata dal suo corpo si affievolì
un'istante e
quando ritornò della stessa intensità la scena
era cambiata: si
trovava alla stessa sera del suo smistamento, ma alla fine della
cena.
Il
prefetto richiamò lei e i suoi compagni del primo anno per
illustrare la strada per raggiungere la propria casa. Si
accodò ai
piccoli, e ascoltò il loro chiacchiericcio emozionato.
Leanne
e Madeline stavano confabulando tra loro. Si avvicinò per
sentire.
“...sul
serio! Come fai a sopportarla? E' una tale imbranata!” disse
cattiva Madeline, scostando i lunghi capelli biondi dalla spalla.
“Faccio
finta! Santo cielo, se non la controllassi credo che finirebbe male.
Ma può tornarmi utile la sua amicizia!”
ribatté Leanne maligna,
scoccando uno sguardo verso la piccola Katie, poco distante da loro.
Katie,
inorridita, ascoltò le due piccole vipere parlare male di
lei. Della
sua goffaggine, della sua stupidità, della sua troppa
fiducia negli
altri. La testa iniziò a scoppiarle, mentre vedeva le figure
distorcersi, vorticare su sé stesse e sciogliersi in un
tripudio di
colori. Ripiombò
nel buio, confusa e ferita.
Com'era
possibile che Leanne avesse detto quelle cose di lei? E se la loro
amicizia non fosse stata altro che una bugia? E, pensando pure che al
tempo potesse averle dette, adesso le pensava ancora?
Continuò a
farsi domande su domande, abbandonata lì
nell'oscurità.
Pensò a
tutte le parole di fiducia che Leanne le aveva rivolto negli anni,
tutti i suoi sorrisi sinceri, le sue espressioni preoccupate e gli
abbracci consolatori che riservava solo a lei.
Non
aveva motivo di dubitare di Leanne.
Sì,
forse si fidava troppo degli altri, ma non avrebbe permesso a nulla
di distruggere la sua fiducia nell'amica; e se, alla fine, quelle
parole si fossero rivelate vere, il sentimento che lei provava per
Leanne era sempre stato sincero, quindi non avrebbe avuto nulla da
rimproverarsi. Si
tirò su, decisa a continuare a cercare un'uscita, uno
sbocco o
perlomeno un senso a tutto quello.
“Ciao,
Katiewow! Sono tornata! Che bel colorito hai!”
chiocciò felice la
voce di Leanne, facendo vibrare le pareti del suo essere. Si
sedette ad ascoltare l'amica, venuta a trovarla.
Era passato un altro
mese.
“I
Guaritori dicono che sono a buon punto. Sono stati molto fiduciosi.
Dicono che in breve tempo troveranno una cura! E tu ti risveglierai e
io ti abbraccerò fino a soffocarti!”
strillò entusiasta la
giovane, scaldandole il cuore.
Leanne
in tunica bianca apparve al suo fianco, seduta come lei ad ascoltare,
luminosa.
“Siamo
già a Gennaio e la scuola è un supplizio. Tutti
continuano a
studiare, fare fesserie, ma si sente la tua mancanza. Oh, non ti ho
ancora raccontato l'ultima!” continuò l'amica.
Restò li ad
ascoltarla, per ore, ridendo ai suoi aneddoti, mentre l'altra Leanne,
in silenzio accanto a lei, spandeva i suoi raggi pulsanti. Quando
l'amica si congedò, anche la sua Leanne scomparve.
Capendo
che la sua ricerca non era ancora finita, si incamminò
ancora più
fiduciosa e agguerrita nei meandri della sua mente. Vagò
ancora
nell'ignoto, il pensiero dell'amica che le faceva da scudo contro la
negatività.
Continuò
a camminare, contando i passi per spezzare la noia. Al
duecentocinquantesimo passo si accorse che sotto al suo piede si
stava delineando una luminosa mattonella gialla, seguita da molte
altre mattonelle dello stesso colore, che scorrevano davanti a
sé.
Le
seguì dubbiosa per molto tempo, finché quelle non
si interruppero
nel bel mezzo del nulla, e quando guardò indietro per
ritornare sui
suoi passi, si accorse che anche le altre erano scomparse.
“Hai
sentito? Hanno preso Katie Bell come cacciatrice! Non è
nemmeno così
brava, è solo una mocciosa!” sentì dire
a qualcuno nell'oscurità. La
scena che le si parò davanti era la sala comune di sera, con
gli
studenti assiepati intorno ai tavoli intenti a fare i compiti.
Il
ragazzino che aveva parlato al suo gruppetto di amici
continuò.
“Io
sono stato più bravo, ma quello sciocco di Baston ha scelto
lei,
forse perché così non avrebbe frignato”
esclamò con un ghigno ai
suoi amici, che risero.
Katie
riconobbe nel gruppetto Simon, Leonard e Daniel, il ragazzo che aveva
parlato male, tutti due anni avanti a lei ad Hogwarts. E che lei
aveva sempre pensato fossero suoi amici.
“Avete
visto come vola? Patetica!”
“Ed è
anche brutta!”
“Io
ho sentito dire che sua madre paga perché le vengano
concessi dei
privilegi. Voglio dire, è così stupida che da
sola non potrebbe
nemmeno passare l'anno!” insinuò Simon.
“Io
invece ho sentito dire che molta gente deve dei favori a suo padre ed
è così che è riuscita ad entrare in
squadra.”
“E'
davvero una ragazzina inutile e patetica. Quanto la detesto!”
sentì
dire in coro al gruppetto. Molte teste nella sala comune si girarono
annuendo, prima che la scena si gonfiasse e implodesse su sé
stessa,
schizzando frammenti di colori e facendo ripiombare tutto
nell'oscurità.
Tremante,
si portò le mani alla testa.
Quanto
avrebbe dovuto credere di ciò che aveva sentito? Forse i
suoi compagni di casa pensavano davvero quelle cose di lei, non era
mai stata molto intelligente o divertente o espansiva. Si era
sempre sentita sfiduciata e insicura e sentire quelle
malignità su
di lei non fece che accrescere le sue paure.
Provò
a scappare via, ma non riuscì a staccare i piedi dal
terreno; si
trovò ancorata lì. Le voci cattive continuavano a
rimbombarle nella
mente: era una stupida, una fallita, una buona a nulla, l'aveva
sempre saputo.
Però...però...si
era sempre sentita brava a Quidditch. Era l'unica cosa in cui sapeva,
sentiva, di essere brava davvero. Baston l'aveva persino abbracciata
alla fine della sua prova, dicendole che era davvero formidabile.
Sì, ne
era certa, era brava! Tirò con forza, cercando di staccare i
piedi e
quelli, d'un tratto, si sollevarono senza sforzo facendola inciampare
e ruzzolare. Si
sollevò, benedicendo il fatto di non provare dolore fisico.
“Come
mi sei mancata, Katiewow!” strillò Leanne
all'improvviso. Era
passato un altro mese.
Ascoltò
attenta tutto ciò che le raccontava mentre la sua omonima
apparve
come sempre al suo fianco; sentì un gran dolore al pensiero
di come
tutto quello le mancasse, ma non sapeva come fare a tornare alla sua
vita.
“Sai
che la squadra sta passando un brutto momento senza di te? Ti hanno
rimpiazzata con Dean ed è bravino, sul serio, ma Harry
sembra
davvero preoccupato. La tua
bravura manca!” rivelò l'amica seria.
Sorrise
a quell'affermazione, era proprio in gamba. Quando
Leanne andò via sentì un gran vuoto. Voleva
svegliarsi, aprire gli
occhi e parlare con lei, abbracciarla. E
invece ancora una volta si trovava in quella sorta di limbo, dannata
a vagare senza spiegazioni né consigli.
“Mamma,
la neve! La neve!” chiocciò d'un tratto una vocina
felice, nel
buio, distraendola dal suo dolore. Il suo
corpo emanò luce, rivelando la scena.
Una
donna coi capelli castani come i suoi correva dietro una vispa
bambina non più grande di cinque anni, con la cuffietta
talmente
calata sulla testa che le orecchie sembravano a sventola. Rideva
e scappava, inciampando nella neve e rotolandocisi dentro contenta.
Si
trovavano nel giardino innevato di una bella casa di campagna.
Katie
si sedette, senza percepire affatto il freddo che attorniava le due
figure giocose.
Un uomo
dagli occhi nocciola come i suoi si avvicinò alla bambina
per
sollevarla ma si ritrovò con una grossa palla di neve
spiaccicata in
faccia. La piccola saltò su strillando e corse via dalle
grinfie
dell'uomo, ridendo. I due adulti la rincorsero, contenti. Poi
scomparvero, tutto d'un tratto, lasciando la bambina sola, a piangere
in mezzo alla neve.
Ma suo
padre e sua madre non l'avrebbero mai fatto. D'un
tratto il pavimento sotto di sé crollò e si senti
cadere.
Cadde e
cadde, dapprima spaventata, poi incredula, infine rassegnata.
Atterrò
su qualcosa di confortevole, con un suono morbido.
Tastando
intorno riconobbe la consistenza e la dimensione di un letto.
Desiderò
poter vedere e d'improvviso il suo corpo emanò una flebile
luce, che
illuminò fiocamente il suo corpo sdraiato sul letto mentre
lei,
appollaiata ai piedi, lo guardava incredula.
La
camera si riempì di luce e la scena fu chiara: sua madre e
suo padre
stavano chini sul suo corpo, assorti.
“Non
riesco a crederci” sibilò la donna, guardando il
corpo di Katie
che giaceva fragile e pallido nel letto. Katie
voleva muoversi verso di lei, parlarle, dirle che si trovava
lì, ma
non riuscì a fare nulla di tutto ciò. Poteva
solo rimanere lì, a guardare i suoi genitori struggersi di
dolore
per lei.
“Lo
so, Beth” sussurrò John Bell comprensivo,
abbracciando la donna.
Katie
sentì le lacrime pungerle gli occhi.
“Non
posso credere quanto stupida possa essere” proferì
la donna con
voce maligna.
-EH?-
“Sempre
detto che sarebbe stato meglio avere un figlio maschio!”
sbottò
l'uomo lasciando la moglie e guardandola come se la ritenesse
colpevole di tutto.
La
giovane rimase inorridita a guardarli, senza credere alle sue
orecchie. Erano i
suoi genitori? Erano davvero la sua meravigliosa madre e il suo
benevolo padre quelli che parlavano?
“Oh
andiamo! Sempre a dare le colpe a me! Non ti dicevo abbandoniamola e
facciamone un altro?” urlò la donna arrabbiata.
“Oh
sì, certo! Facciamo, abbandoniamo, poi però le
cose sporche
dovevo
farle solo io! E ci ho provato tanto per la cronaca! Ma lei
è
tornata indietro!” si lamentò lui, piccato.
I due
continuarono a urlare, rinfacciare, parlare male di lei. Le
rinfacciarono di essere troppo stupida per la carriera scelta, di
essere inutile, di non volerle bene affatto. Ascoltò tutto
sempre
più incredula, il viso inondato di lacrime. Avrebbe voluto
tapparsi
le orecchie, ma le braccia giacevano inanimate ai suoi fianchi.
Sua
madre si voltò verso di lei, il volto una maschera maligna;
non
verso il suo corpo che giaceva inerme, ma verso il suo spirito che la
guardava con orrore. Anche suo padre la fissò, cattivo e
irriconoscibile.
“Hai
capito benissimo. Non ti vogliamo! Chi ti vorrebbe?”
rivelò
velenosa sua madre.
“Facci
un favore. Non ti svegliare mai più!”
sbraitò pieno d'odio suo
padre. L'attorniarono
ripetendole cattiverie, facendosi sempre più vicini, i visi
che le
alitavano addosso.
Impotente
continuò a piangere, cercando la forza di reagire, con
rabbia
crescente.
“Non
sono inutile! Sono in gamba! Voi mi amate!”
singhiozzò d'un tratto
al colmo dell'ira. I suoi
genitori ammutolirono e una forte luce investì la stanza
abbagliandola; quando gli occhi riuscirono a mettere a fuoco, si
trovò
di fronte a Leanne, bella e splendente. La scena che la circondava
era ferma, come se il tempo si fosse ghiacciato.
Tese un
braccio per toccare l'amica, ma questo le passò ancora
attraverso.
“Ciao,
Katiewow!” cantilenò serena.
“Leanne.
Cosa succede, ti prego, dimmelo. Credo di impazzire. Tutti mi
criticano, parlano male di me! Perfino i miei genitori mi hanno
buttato addosso malignità e odio. Non capisco cosa
succede!”
scoppiò la giovane confusa indicando i due, immobili.
“Tu
che cosa credi?” continuò la ragazza col suo tono
musicale.
“Non
lo so. Io...io credo di essere pazza. O in un sogno. O all'inferno.
Non posso credere che mia madre e mio padre pensino quelle cose di
me!” proferì insicura e tormentata.
“Cosa
pensi, tu, di te?” domandò enigmatica l'amica. Che
razza di domanda era? E che importanza aveva al momento?
Leanne
si limitò a guardarla incoraggiante. Sembrava volere che lei
arrivasse alla verità da sola. Cosa
pensava di sé stessa? Si era sempre sentita inadeguata,
insicura,
incerta sulle sue qualità. Puntava in alto, ma le sembrava
sempre
tutto fuori dalle sue potenzialità. Tranne il volo,
naturalmente. Lì
sapeva di essere brava. Ma a
parte quella piccola virtù, aveva sempre avuto paura di
deludere
tutti, di deludere i suoi.
E così
capì. Guardò Leanne emozionata.
“Loro...loro...non
sono reali” balbettò agitata, continuando a
indicare suo padre e
sua madre, “sono proiezioni delle mie paure. Delle mie
insicurezze!”
Leanne
annui contenta mentre la scena sfocava lentamente, finché
non
scomparve del tutto.
“Brava.
Tu non ti sei mai sentita sicura. Non hai mai avuto fiducia nelle tue
capacità, temendo il giudizio della gente. Cosa hai imparato
adesso?” chiese la giovane, il viso serio.
“Che...che
solo io posso giudicarmi. Ma che devo credere in me stessa”
proferì
decisa guardando l'amica. Si
accorse con meraviglia di emanare un po' più di luce, un po'
più di
tepore.
“Molto
bene, sono davvero fiera di te. Hai fatto un gran passo in...”
Una
profonda voce maschile interruppe Leanne, che si fermò ad
ascoltare
emozionata. La sua luce brillò più intensa,
pulsante, ferendo gli
occhi.
“Ciao,
donna di ghiaccio. Sono venuto a trovarti”
sussurrò la voce
scivolando attorno, perdendosi nelle profondità della sua
mente.
Note:
Ci
troviamo catapultati all'improvviso al settimo anno di Katie, al
momento in cui viene maledetta. Probabilmente JK la detesta a morte.
Io
l'adoro invece, e spero di averla resa simpatica anche a voi.
In
questo capitolo ci son riferimenti al Mago di Oz e ad Alice nel paese
delle meraviglie! ;)
Il coma
di Katie avrà conseguenze? Si? No?
Rimanete
per scoprirlo! :)
Mimì
|
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Capitolo 15 *** Svegliami prima di andare via ***
“Ciao,
donna di ghiaccio. Sono venuto a trovarti”
sussurrò la voce
maschile scivolando attorno, perdendosi nelle profondità
della sua
mente. Leanne
le dedicava tutte le attenzioni, trepidante. Katie non capiva
che ci fosse di così interessante. Forse era Leanne la donna
di
ghiaccio.
“Io...non
so perché son venuto. O lo so, ma non volevo ammetterlo. Per
questo
mi è servito tanto tempo per trovare il coraggio di venire
da te”
mormorò l'uomo. Leanne
arrossì violentemente, sorridente e gioiosa. Si
voltò verso di lei
e rimase basita al notare l'indifferenza sul suo viso.
“So
che Leanne viene a trovarti ogni mese” aggiunse ancora,
“è
davvero una buona amica.”
Quei
complimenti sembrarono non suscitare nessuna reazione nella ragazza al
suo fianco, attenta a percepire ogni parola della voce,
ogni pausa, ogni sfumatura.
“Ci
crederesti? Fred credeva che io già sapessi del tuo
incidente quando
me l'ha detto, a Gennaio. Da quel momento non ho fatto altro che
pensare e pensare. Sono stato sul punto di venire centinaia di volte,
ma alla fine mi è sempre mancato il coraggio. Per come
è finita tra
noi, per quello che ci siamo detti. Che io ti ho detto”
continuò
ancora la voce, molto triste.
“Tu...tu
non sai di chi sia questa voce?” domandò incredula
Leanne,
emozionata. Katie
scosse la testa, perplessa. Non suscitava nessuna emozione, non
destava nessun ricordo. Il nome
Fred invece le solleticò la mente e l'immagine di un viso
allegro
ricoperto di lentiggini apparve dal nulla. Con ridenti occhi azzurri
e capelli rosso fiamma; decisamente un bel giovane.
La
visione di quel viso le diede fastidio; all'inizio l'aveva trovato
bello e divertente, ma guardandolo più a fondo le suscitava
un
fastidioso dolore al centro del petto.
Scacciò
via quell'immagine, seccata.
“Ho
continuato a chiedere informazioni sul tuo stato di salute ad un
amico qui al S. Mungo, pregando ogni giorno che nella lettera ci
fosse scritto che ti eri risvegliata. Ma ancora non è
successo. Io
non riesco a crederci, sei di nuovo scampata alla morte, per un
soffio. Mi viene rabbia. Perché tu, Katie? Perché
stai lì immobile?
Perché non ti svegli e mi dici che sono un cretino?
Svegliati,
per favore. Svegliati!” urlò l'uomo concitato.
Leanne
piangeva. L'uomo ignoto stava parlando con lei, Katie, come se si
conoscessero. Allora perché lei non ricordava nessun nome,
nessun
viso, nessuna emozione?
“Non
mi importa se urlerai, se mi caccerai o se mi dirai di non volermi
più vedere, voglio solo che tu apra questi dannatissimi
occhi. Non
arrenderti.”
A Katie
sembrò che l'uomo fosse davvero addolorato, che ci fosse
dell'affetto nella sua voce. Affetto per lei. Affondando
le mani nella testa sforzò la sua mente di ricordare, di
afferrare
anche un frammento di memoria che riguardasse l'uomo; ma per quanto
dolorosamente provasse, non ci fu nessun ricordo.
Eppure
doveva riuscirci. Quella
voce sembrava sinceramente preoccupata per lei, come poteva non
significare nulla?
Leanne
si accorse delle sue tribolazioni, si avvicinò e
l'abbracciò;
per un breve attimo riuscì a sentire le braccia di lei
circondarla,
calde, amorevoli, prima di tornare evanescenti e incorporee.
Un gran
calore bruciò dolorosamente al centro del suo petto;
l'immagine
dell'uomo dai capelli rossi di prima riapparve nel nulla, alto e
sorridente. Fissandola con crescente dolore e calore, si accorse di un
dettaglio che prima aveva attribuito al fastidio: il sorriso che
all'inizio era aperto e gioviale era tirato più da un lato.
Affascinata dal cambiamento si avvicinò a scrutare meglio il
viso:
una lieve increspatura nel sopracciglio la fece sorridere.
Esaminò
i ridenti occhi azzurri, che stranamente non erano più
beffardi: la
guardavano dolci e insicuri. L'immagine inclinò la testa di
lato
pensierosa, suscitandole un buffo sobbalzo al cuore. E
tremante, emozionata e incredula si avvicinò ancora fino a
sfiorarla
con la mano, facendola svanire. Ogni ricordò
affiorò alla mente,
ogni sentimento che aveva provato per lui le invase il cuore.
“George?
GEORGE!” il nome rimbombò squillante in ogni dove,
portando suono
dove non c'era che silenzio. Come
aveva potuto scordarlo? La voce che sentiva, era di George! Era
venuto a parlarle.
Le sue
mani tremavano emozionate mentre artigliavano il petto, in attesa di
sentirlo ancora parlare. Ma fu Leanne a rivolgersi a lei.
“Dovrai
aspettare ancora un po'. C'è ancora una cosa da
fare” annunciò
sollevando un braccio. La
terra sotto di lei tremò e si squarciò,
inghiottendola.
“No,
Leanne! Dannazione! Non puoi farmi questo! Voglio ascoltare
George!” urlò mentre cadeva
giù.
Atterrò
elegantemente su un tappetto rosso, che si srotolò davanti
ai suoi
piedi. Arrabbiata con Leanne e triste per non poter sentire ancora
l'uomo che amava parlare al suo capezzale, seguì la sua
nuova strada
improvvisata.
I
palazzi di Hogsmeade si delinearono attorno, in una calda giornata
primaverile. Sbirciò di qua e di là,
finché non intravvide George
che spuntava tra le teste degli studenti. Gli corse incontro,
euforica, ma i suoi passi si interruppero quando lo vide stringere
tra le braccia Alicia. I due visi felici si avvicinarono fino a
baciarsi.
Con la
bocca spalancata in un urlo muto, Katie sentì un dolore
pesante
attanagliarla. Sapeva che lui non l'amava, sapeva che aveva sempre
provato qualcosa per Alicia o forse persino per Angelina, ma non per
lei.
I due
continuarono a pomiciare passionali davanti a lei, senza che potesse
fermarli o distogliere lo sguardo. Poi, con suo sommo orrore,
arrivò
Angelina e si insinuò tra i due, baciando anche lei il
ragazzo.
Era
disgustata e paralizzata dal raccapriccio che provava.
George
non si sarebbe mai comportato così. Era un ragazzo serio e
dolce,
non avrebbe mai giocato così con le ragazze; era solo la sua
paura
di non poterlo avere a farle vedere quelle cose.
Ripeté
la frase dentro di sé come un mantra:
“è solo la tua paura di non
essere ricambiata, è solo la tua paura di non essere
ricambiata”,
finché l'immagine non sparì davanti
ai suoi occhi. Tirando
un gran sospiro di sollievo, cercò di calmare i battiti del
suo
cuore, scuotendo la testa per scacciare quelle orribili immagini
dalla memoria, poi continuò a seguire il tappeto rosso,
timorosa, ma
determinata.
Una
nuova scena si formò tutt'attorno.
Questa
volta si trovò in un giardino illuminato e addobbato a
festa, con
grandi gazebo color ametista e sedie argentate lungo una navata
drappeggiata col tappetto rosso, che lei stessa calpestava.
Deglutì
nervosa, sapendo già cosa aspettarsi, l'ansia che la
divorava
lentamente.
In
fondo alla navata, George e Alicia si scambiavano le promesse di
matrimonio, uno di fronte all'altra, splendidi negli abiti da
cerimonia; percorse la distanza che la separava da loro, fermandosi a
osservarli, abbattuta. Cercò di non ascoltare, ma le fu
impossibile.
Era un incubo, una visione del futuro.
“Prometto
di amarti, come ho sempre fatto, e di rispettarti e di renderti
felice per sempre. Come tu rendi felice me. Ti amo”
mormorò George,
guardando Alicia con amore.
Non
riusciva a respirare dal magone che le serrava la gola. Non voleva
vedere quell'amore tra i due, non voleva sentire quelle parole uscire
dalla sua bocca se non erano rivolte a lei. Eppure fu costretta a
guardare, mentre si baciavano, mentre si infilavano gli anelli,
mentre venivano festeggiati da tutti, mentre ballavano stretti uno
all'altra. E nonostante il dolore le spezzasse il fiato e il cuore,
riuscì ad ammettere che vedere George così felice
rendeva un po'
felice anche lei.
“Perché
ti amo, George, e voglio solo il meglio per te”
mormorò alla figura
in abito da cerimonia, che ballava sulla pista scintillante insieme
ad Alicia. Lui la sentì e le rivolse un sorriso poi,
lasciando
andare sua moglie, si avvicinò a lei. Tutto il resto della
scena
scomparve come se fosse sabbia spazzata via dal vento, lasciando solo
loro due, illuminati dallo spirito di lei.
“Dove
sono io, George? In questo futuro?” domandò
perdendosi in quegli
occhi che le mancavano così tanto. L'uomo
le tese una mano e quando lei l'afferrò, attorno a loro si
formò un
nuovo scenario. Tanti alberi, verde e silenzio. Si trovavano davanti
ad una tomba bianca con una fine scritta nera, circondata di dalie
multicolori.
La sua
tomba. Una
scritta sotto la data di nascita e morte. “Sono
vento”.
Guardò molta gente farle
visita: i suoi genitori che piangevano e
si accasciavano sulla lapide, Leanne che la sgridava per essere morta
e averla lasciata sola; Angelina e Fred, George e Alicia con dei
marmocchi, insieme ad altri amici che l'avevano conosciuta, tutti
sposati, tutti adulti. E d'un
tratto una terribile verità la colpì.
“Io...io
sono morta. Vero?” chiese conferma a George. Lui non rispose,
ma si
limitò ad abbassare lo sguardo.
“Sono
morta e tutto quello che ho visto e sentito fin ora non è
stato
altro che un viaggio della mia anima, attraverso le mie paure. Non mi
sono mai risvegliata. Niente era vero, nemmeno le visite di Leanne o
la tua. Forse sono addirittura già passati anni da quando
sono
morta. E' così?” continuò a insistere,
la voce che era salita di
un'ottava per l'agitazione.
“Rispondimi!
Sono morta?” urlò quando lui non rispose. George
continuò a tenere gli occhi bassi, quasi si trovasse in
presenza di
un defunto.
“Se
sono davvero morta io voglio andare oltre, nell'aldilà o
paradiso o
comunque si chiami e dimenticare ciò che ho lasciato
indietro. Ma se
sono ancora viva, se c'è anche solo una
possibilità di vita, se
sono in bilico, allora voglio tornare. Ci sono delle cose che devo
fare ancora, delle parole che devo dire” esclamò
decisa, facendo
infine voltare il suo interlocutore, che si decise a guardarla negli
occhi, il viso sereno. George svanì lentamente
ricomponendosi nella
figura di Leanne.
“Se
tornassi in vita, cosa faresti con George?” chiese l'amica,
con la
sua voce musicale.
“Io
sarei felice per lui se trovasse il vero amore. Anche se non fossi
io. Soffrirei, ma sarei lo stesso felice, perché merita
tutto
l'amore possibile” sussurrò convinta,
benché le costasse fatica
ammetterlo.
Leanne
l'abbracciò e lei riuscì davvero a sentire le sue
braccia
circondarla, cariche d'affetto. Singhiozzò sulla sua spalla
senza
riuscire a trattenere un sorriso. Quando
si staccò da lei, meravigliata, si trovò a
guardare sé stessa,
nella tunica bianca, con un sorriso sicuro che mai aveva visto sul
proprio viso.
E capì
che Leanne era stata la figura che la sua mente aveva dato alla sua
parte più preziosa e soffocata: la fiducia in sé
stessa. Aveva
penato per trovarla, nascosta tra le sue paure e debolezze, ma ogni
volta era riuscita a crederci.
“Hai
toccato una collana che ha fatto entrare nel tuo corpo un'antica
maledizione che avrebbe dovuto ucciderti all'istante, relegando la
tua anima a dannarsi eternamente tra le paure. Ma tu sei stata
fortunata, perché il contatto è stato minimo e
capaci persone sono
accorse prontamente in tuo aiuto, con pozioni e incantesimi. Quindi
la dannazione si è trasformata in un percorso di
'redenzione':
mentre i Guaritori si davano da fare per curare il tuo corpo, la
parte più forte e dimenticata di te ti ha impartito delle
prove, per
curare la tua anima e renderla migliore” le
raccontò la Katie in
bianco, indicando sé stessa senza un minimo di imbarazzo o
di
modestia.
“Quindi
adesso posso risvegliarmi?” domandò speranzosa, il
sangue che
correva veloce.
“Manca
davvero poco. Giusto un paio di cose ancora”
confidò l'altra sé. Katie
si sentiva emozionata e confusa; non sapeva come comportarsi una
volta sveglia, era passato così tanto tempo. Qualcuno
avrebbe
creduto al suo racconto sul suo sogno-viaggio nella mente?
L'altra
Katie le sorrise benevola.
“Adesso
però c'è qualcosa che devi assolutamente fare,
giusto? Vai!”
“E tu
dove andrai? Ti nasconderai ancora?” le chiese con la faccia
preoccupata, temendo di dover affrontare altre prove, paure e
insicurezze.
“Io
sono te e tu sei me. Sarò dentro di te, dove è
giusto che stia.
Prima di andare mi permetti di chiederti una cosa?”
“Certo!”
rispose, un po' perplessa dalla domanda. Ma sembrava che l'altra
Katie avesse fatto apposta quella pausa, per creare suspance, per
mettere uno spazio che preannunciava una domanda essenziale.
“Che
faresti, se lui amasse te?” chiese la Katie in bianco, un
attimo
prima di sparire, fondendosi con lei.
Tutto
intorno lo scenario cambiò e si trovò al pozzo
dei segreti,
gentilmente illuminato.
“Sono
un vigliacco, lo so, perché sono scappato da te”
sentì dire a
George, fuori dal suo corpo. Era
ancora lì, che le parlava! Dovevano
essere passati solo pochi minuti, mentre a lei erano parse ore intere
e aveva temuto che lui ormai fosse andato via.
“Ma
sono ancora più vigliacco perché non sono
riuscito a dirti che ti
amo, Katie” mormorò con un grosso sospiro sofferto.
Incredula,
si portò le mani alla bocca mentre tutto sembrava
più colorato, più
vivo. George aveva detto che l'amava, non era un'altra allucinazione?
Non era solo il desiderio di volerlo sentire a farle credere che lui
l'avesse detto? Si
sentì risucchiare lontana e si ritrovò a
galleggiare sul suo corpo,
disteso nel letto al S. Mungo, pallido e sciupato, i capelli molto
più lunghi adagiati elegantemente sul cuscino. Il comodino
accanto
al suo letto era ingombro di fiori e regali, ognuno con un cartoncino
di auguri di guarigione; dei palloncini fluttuavano vicino alla
finestra, ancorati alla maniglia di uno dei cassetti.
George,
col volto teso e angosciato sedeva vicino al suo letto, tenendo la
sua piccola mano tra le sue. Lo guardò ipnotizzata
parlare
ancora al suo corpo, il cuore impazzito.
“E
sono triplamente vigliacco perché te lo sto dicendo in
questo
momento, in cui tu forse non puoi sentirmi, sperando che questo ti
faccia risvegliare. Svegliati, Katie, per favore”
supplicò,
premendo la sua mano contro le labbra.
Non
riuscì a trattenere le lacrime, affranta. Le stava
confessando il suo amore e non poteva far nulla se non galleggiare
pateticamente come un fantasma di infimo livello, dato che lui non
riusciva nemmeno a vederla.
“Svegliati,
svegliati, svegliati!” urlò al suo corpo, furiosa.
Provò
a toccarlo, a sdraiarsi nella stessa posizione per ricongiungersi con
esso, ma non funzionò. Con frustrazione si accorse di non
potersi
risvegliare. George si asciugò una lacrima solitaria col
dorso della
mano mentre le sue evanescevano appena cadevano oltre il suo mento.
“Non
mi sarà più permesso di venire a trovarti. Se ci
son riuscito
questa volta è solo grazie al mio amico, ma sei
costantemente
monitorata e le tue visite vengono controllate”
rivelò il ragazzo con
gli occhi chiusi, riordinando i pensieri. Doveva essergli costato
molto coraggio presentarsi lì da lei e aprire il suo cuore in quel
modo.
“Perciò,
fa che questo non sia un addio. Dammi la possibilità di
dirti queste
cose ancora una volta, mentre tu puoi sentirmi e rispondermi.
Risvegliati, Katie” mormorò alzandosi, ma
continuando a tenerle la
mano stretta nella sua. Percepì un intenso calore alla mano,
segno
che c'era una connessione col suo corpo.
Il
giovane sembrò un attimo titubare mentre fissava
assorto il suo
viso, poi si chinò su di lei e le sfiorò le
labbra, in un casto
bacio, che lei riuscì davvero a sentire. “Mi
manchi,
Katie” sussurrò
sulle sue labbra. Lei, felice e disperata, lo guardò andare
via dopo
senza aver guardato ancora una volta il suo corpo inerme.
Si
sentì risucchiare all'interno della sua mente, nella scena
del pozzo
dei segreti. Cercò
di forzare il cancello per uscire, per ricongiungersi col suo corpo,
per svegliarsi e raggiungere George. Ma per quanto tirasse o
spingesse non le fu possibile aprirlo; quello traballava sui cardini
con cupi cigolii, ma non cedeva di un millimetro.
“Leanne!
No, me stessa! Ho bisogno di aiuto, ho bisogno di una mano!”
gridò
verso l'alto, senza un motivo apparente, quasi si stesse rivolgendo
ad una sorta di divinità.
“Cosa
desideri?” chiese la sua stessa voce da una direzione
imprecisata,
echeggiando lieve.
“Voglio
risvegliarmi! E' tempo che io torni in vita!”
esclamò risoluta
verso il cielo. Non avrebbe nemmeno dovuto chiederlo.
“No!”
rispose secca la voce.
“Come
no? Questo è il mio corpo, io sono la mia anima o
coscienza o
consapevolezza e voglio, esigo vivere!”
“C'è
ancora da fare, prima di uscire” cantilenò la voce
beffarda. La
sua stessa anima o mente la sbeffeggiava?
“Puoi
rinunciare e rimanere qua, pare anche che tu abbia visite”
chiocciò
la voce disincarnata.
“Ciao,
dolce Katie! Come stai? Meglio vedo!” trillò
felice la voce di
Leanne.
Era già
la fine di Marzo.
“I Guaritori dicono che ormai sei in
via di completa guarigione, pare
che negli ultimi giorni tu abbia fatto dei grandi progressi,
inspiegabilmente!” le narrò l'amica.
-Da
quando George è stato qui e ha detto di amarmi,
probabilmente.-
“Vuoi
rimanere qui ad ascoltare Leanne o vuoi seguire quel tunnel?”
le
chiese la voce mentre il ferro del cancello si fondeva assieme,
creando l'imboccatura di una galleria oscura.
“Scelgo
il tunnel!” replicò tutto d'un fiato.
“Allora
avrai bisogno di questa!” proferì la voce mentre
la sua bacchetta
appariva luminosa sul bordo del pozzo. La afferrò, contenta
di poter
stringere ancora nella mano la sua arma, il suo talismano, il veicolo
della sua magia.
“Se
sei pronta a ciò che troverai, vai.”
“Sono
pronta!” ribatté imboccando il tunnel, inghiottita
ancora
dall'oscurità, stringendo saldamente la bacchetta.
“Buona
fortuna. Ti giochi il tutto per tutto” rivelò la
voce, enigmatica.
Vagò
con la mano sinistra sulla parete, mentre con l'altra teneva la
bacchetta dritta davanti a sé. Sentiva
molto freddo e anche molto dolore. Mani che non vedeva cercavano di
artigliarle le caviglie per trattenerla. Inciampò molte
volte mentre
ancora provavano a bloccare il suo cammino.
Un
incantesimo le saltò alla mente prima che potesse fermarlo e
il
minuscolo colibrì d'argento sbocciò dalla sua
bacchetta, illuminando
un po' dell'ambiente, scacciando via gli oscuri assalitori e
tenendole compagnia.
Il
patronus saettò felice davanti al viso mentre le sue
impercettibili
alucce sfarfallavano, poi volò a spirale intorno al suo
corpo per
manifestare la gioia di vederla. Dentro si sé, dove la sua
magia
dimorava, il patronus era come un essere vivo, dotato di
volontà.
Molto più sicura e rilassata continuò a camminare
col suo nuovo
compagno lungo la galleria, imperterrita.
Cercò
di ignorare le immagini delle sue paure che le apparivano
all'improvviso, nitide e dolorose: i suoi genitori che la
disprezzavano, George che moriva tra le sue braccia, Leanne che
veniva torturata; le loro grida e i loro visi le offuscavano la
vista, ma il piccolo volatile scacciava prodigiosamente ogni paura,
ogni dubbio, liberandole la strada.
Una
flebile luce apparve in lontananza, mettendole una gran eccitazione
in corpo. Iniziò a correre mentre il colibrì
scomparve; fugaci
visioni scorrevano verso di lei: George la stringeva con amore;
sé
stessa più grande che prendeva la laurea in Guarigione; in
una scena
George la cingeva, vestito in abito da cerimonia, e lei, in un
meraviglioso abito da sposa color avorio, lo abbracciava felice, con
amore; in un'altra erano attorniati da tanti bambini attorno al
camino.
Quelle
immagini la attraevano così tanto che rallentò un
po' la corsa,
desiderosa di perdercisi dentro; il bambino che George teneva in
braccio, coi suoi stessi capelli castani e gli occhi azzurri di lui,
la fece fermare completamente. Rimase
immobile a fissare quel miraggio che si espanse occupando tutto il
suo campo visivo, domandandosi vagamente se una cosa del genere
sarebbe mai potuta anche lontanamente succedere: George giocava con il
loro figlio, le dava un bacio amorevole mentre lei faceva
addormentare una neonata dai capelli rossi e poi tutti e quattro
stavano davanti alle guizzanti fiamme di un camino, a chiacchierare,
a ridere.
Si
perse a guardare ogni dettaglio, dal golfino fatto a mano del bambino
al viso adulto di George, ai ninnoli sparsi intorno a loro, al
modo
in cui la sé stessa adulta e George si guardavano.
Si era
pietrificata ad osservare quelle paradisiache immagini, col cuore
gonfio di pace, di felicità. Sarebbe rimasta lì a
guardarli in
eterno, non avrebbe mai più staccato gli occhi da quel sogno.
Passarono
minuti o forse delle ore, senza che muovesse nemmeno un muscolo.
Probabilmente
sarebbe rimasta intrappolata nella sua mente per sempre, se il 'ti
amo' del George nella visione, indirizzato all'adulta Katie non
l'avesse riscossa. Se voleva fare in modo che quel futuro potesse
accadere, doveva smettere di sognarlo e uscire a vivere ancora.
Contemplando
ancora una volta il volto di George, Katie si avvicinò e
allungò
una mano verso la visione, che passò attraverso il torace di
lui.
L'immagine svanì e un arco di un'intensa luce apparve al suo
posto; con due rapidi passi attraversò il velo luminoso,
scomparendo.
Aprì
gli occhi, doloranti per l'improvvisa luce, su uno sconosciuto con la
barba e gli occhiali, che le sorrise soddisfatto, il camice verde
acido del S. Mungo ben visibile. Allarmata si tirò
lentamente su e vide
sua
madre e suo padre vicino al suo letto, con le lacrime che scorrevano
sui visi, mentre si abbracciavano.
“Cosa
succede?” chiese perplessa, con la voce un po' rauca.
Stava
mangiando un budino alla vaniglia, semi sdraiata sui cuscini, cercando
di raccogliere i pensieri. Era
sveglia da un giorno appena e aveva ricevuto visite su visite, che
l'avevano sfinita non poco.
Il suo
Guaritore aveva insistito per farle tutte i controlli di routine per
accertarsi delle sue condizioni di salute; le aveva anche chiesto se
ricordasse qualcosa del coma, se avesse sognato o fatto esperienze
extra sensoriali, ma Katie aveva dovuto deluderlo: non ricordava
nulla, si sentiva come se si fosse risvegliata da un sonno normale,
senza avere idea se avesse sognato o meno.
Sua
madre e suo padre non avevano voluto lasciarla sola un attimo,
raccontandole della maledizione e del suo coma, durato sei mesi. Per
quanto sforzasse la mente, lei non riusciva a ricordare nulla dopo
che ebbe aperto la porta del bagno dei tre manici di scopa, quella
lontana mattina di Ottobre.
L'aveva
raccontato anche al professor Silente il giorno prima, quando era
apparso all'improvviso con un mazzo di crochi canterini. Il
fatto che il preside fosse venuto a trovarla l'aveva stupita e
imbarazzata non poco, ma era lecito, visto che era stata maledetta a
scuola o perlomeno mentre era sotto la giurisdizione scolastica.
Dopo
averle domandato gentilmente come stesse, le aveva rivolto delle
domande su ciò che ricordava e poi le aveva chiesto se
avesse potuto
prelevare i suoi ricordi con la bacchetta. Era andato via facendole i
suoi auguri e dicendole che era attesa ad Hogwarts al più
presto. A
suon di Blues, grazie ai fiori.
Un
lieve bussare la distolse dalle sue riflessioni. Daniel
O'Connor entrò timidamente, nascondendo a fatica un mazzo di
fiori
dietro la schiena, lasciando la porta socchiusa.
Fortemente
perplessa, Katie appoggiò il suo budino non finito sul
comodino e lo
invitò a sedersi; non vedeva Daniel da almeno due anni, da
quando si
era diplomato. Che ci faceva li?
“Ciao,
Katie. Come stai?” chiese titubante il biondo una volta che
le ebbe
dato il mazzo di tulipani e si fu seduto. Katie
fece apparire un vaso pieno d'acqua e ci sistemò dentro i
fiori,
poggiandoli poi accanto a quelli di Silente, che canticchiavano un
delizioso motivetto romantico.
Cominciarono
a chiacchierare un po', tra molti silenzi imbarazzati. Non riusciva a
sentirsi a suo agio, non aveva mai parlato molto con Daniel e il
fatto di aver rifiutato il suo invito al Ballo del Ceppo le tornava
in mente mettendola ancora più in imbarazzo.
“Io...io
son venuto perché...ero preoccupato per te!”
mormorò d'un tratto
l'uomo, prendendo coraggio. “Quando ho saputo quello che ti
era
successo mi son reso conto che la cotta che provavo per te a scuola
non era passata, ma si era intensificata. Tu mi piaci,
Katie!”
sciorinò tutto d'un fiato guardandola negli occhi.
Non
seppe che dire, la confessione di Daniel l'aveva scioccata.
Continuò
a guardarlo senza riuscire ad articolare nemmeno un suono.
“Non
devi...rispondermi subito. Vorrei solo che tu accettassi di uscire
con me” continuò, visto che lei non rispondeva.
Katie
non voleva illudere Daniel, dato che era innamorata di George, ma che
speranze aveva con quest'ultimo? Perché
anche dopo il coma aveva scoperto di pensare ancora a lui. Nonostante
non l'avesse più visto dopo quella fugace visita a Diagon
Alley, il
suo pensiero non l'aveva abbandonata un secondo da quando si era
risvegliata.
Si
sentiva strana, come se dovesse dirgli qualcosa, come se ci fosse
qualcosa in sospeso tra loro. Ma non sarebbe stato meglio
dimenticarlo? Andare oltre e cercare di innamorarsi di nuovo? Non era
possibile costruire una relazione con George, doveva rinunciare. E
Daniel era un bravo ragazzo, lo sapeva.
“Uscirò
con te” acconsentì guardandolo negli occhi, di un
bel castano
chiaro.
L'uomo
esultò, tirandosi su. Avvicinò
il viso e le scoccò un dolce, lieve bacio sulla guancia.
Niente di
troppo intimo.
Quando
si scostò da lei, vide inorridita George sulla porta che li
guardava
attonito, una mano bloccata a mezz'aria nel gesto di bussare. I fiori
canterini scelsero quel momento per esibirsi in una musica cupa e
vibrante, quasi d'attesa.
Lo
sguardo di George vagò da lei protesa, a lui chino e
viceversa, come
se stesse seguendo una partita di tennis; si scrutarono in silenzio
per alcuni instanti; poi lanciò un mazzo di rose bianche sul
suo
letto mentre si voltava per andare via.
“Auguri,
per tutto!” lo sentì dire.
I
crochi di Silente iniziarono a cantare “wake me up before you
go
go”, evidentemente non consci della situazione nervosa.
“Tu e
Weasley...” insinuò Daniel teso, quando l'eco dei
passi di lui era
scomparso.
“No!
Non c'è niente tra noi! Non c'è mai stato
niente” ammise un po'
risentita.
Perché
George era andato a trovarla? Dopo un anno esatto in cui non si erano
visti, o parlati; dopo quelle parole che le aveva detto durante il
loro ultimo incontro.
Si
sentì triste per non aver parlato con lui, per non avergli
chiesto
quelle cose di persona ma, si disse mentre Simon riprendeva a
chiacchierare e lei prendeva mentalmente nota di far sparire i crochi
che continuavano a canticchiare il motivetto, era meglio
così. Non
c'era alcun futuro per loro e non aveva bisogno della pietà
di
George o non l'avrebbe mai dimenticato.
Uscì
dal S. Mungo pochi giorni dopo, tra le braccia dei suoi genitori,
decisa a tornare a Hogwarts quello stesso mese, anche se i suoi non
sembravano d'accordo. Dovette
combattere un po' nella settimana seguente, perché suo padre
non
voleva farla tornare a scuola, dove era stata aggredita da un
assalitore ancora ignoto.
Ogni
giorno gli esponeva le sue argomentazioni fino all'esaurimento, ma
l'uomo era irremovibile; una sera si decise a scrivere una lettera al
professor Silente, chiedendogli una mano. Ma la risposta
arrivò
dritta a suo padre che la lesse, serio, sprofondato nella
sua poltrona.
Non le
disse che cosa ci fosse scritto; alzò solo la testa dalla
lettera e
piantò gli occhi nei suoi.
“Fila
a preparare il tuo baule, prima che cambi idea. Chiamare in causa il
preside...sei senza ritegno!” la canzonò mentre
lei correva su
felice.
Gli
ultimi mesi furono belli e strani, ma anche dolorosi. Non aveva detto
nulla a Leanne e l'aveva sorpresa apparendole davanti in sala comune:
l'amica l'aveva strizzata in un abbraccio spezza ossa, euforica, in
lacrime. Studiò
come una matta, giorno e notte per recuperare le lezioni perse e,
insolitamente, la professoressa McGranitt fu davvero buona con lei,
aiutandola molto.
Ritornò
nella squadra tra l'euforia generale e riuscirono a vincere la coppa,
stracciando i Corvonero nell'ultima partita in cui aveva assunto il
ruolo di sostituto capitano, dato che Harry era stato sospeso.
Assistette
al bacio inaspettato tra Harry e Ginny in sala comune, appena dopo la
partita, e lei e Leanne applaudirono forte scambiandosi degli
occhiolini compiaciuti.
E poi
una notte, tra grida, duelli e odore di morte, Katie uscì
dal
dormitorio allarmata e con la bacchetta tesa, seguita da Leanne e
praticamente tutta la sua casa. Seguirono altri studenti di tutte le
case fino nel parco fuori dal castello, mentre sussurri e paure
serpeggiavano malevoli. E lì, tutti loro ammutolirono
inorriditi,
davanti al corpo senza vita di Silente, che riluceva sinistro alla
luce delle loro bacchette.
Trattenne
le lacrime a fatica mentre Leanne singhiozzava sulla sua spalla.
Tutta la scuola rese onore a Silente, infagottato tra le braccia di
Hagrid che non riusciva a trattenere i grossi lacrimoni. Non riusciva
a credere che potesse essere morto, che la sua splendida persona non
esistesse più, che tutto ciò che rimaneva era
quel fragile corpo
poggiato sulla lastra bianca.
Ascoltarono
il piccolo mago che declamava grandi parole, ma non sapeva
trasmettere quella raggianza che il vecchio professore emanava.
Quando
fu tutto finito, quando lei e Leanne ancora per mano guardavano fuori
dal treno in corsa verso Londra, Katie ancora pensava a ciò
che la
circondava con occhi nuovi. Gliel'aveva detto anche l'amica, pochi
giorni prima: era cambiata; in qualche modo si era risvegliata dal
coma più sicura, più matura. Non sapeva per quale
motivo fosse
cambiata, ma c'era un guerra lì fuori.
E lei
era pronta, come non lo era mai stata.
Note:
Sì, lo
so, mi odio anche io. Lui dice che la ama e lei non lo ricorda.
E
accetta la corte di un altro per dimenticarlo.
I
forconi per maltrattarmi sono alla vostra destra, fate pure.
Non
potevo proprio rendere le cose facili, mi spiace.
I
crochi sono dei piccoli fiori che personalmente apprezzo molto.
La
canzone “wake me up before you go go” degli Wham,
è allegra e
ritmata e in quel momento ovviamente stona, il titolo del capitolo
è
la traduzione del titolo della canzone.
Grazie
di cuore a tutti voi che seguite, preferite e recensite.
Sono
cose che mi rendono felice! ^__________________________^
Mimì
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Capitolo 16 *** La forma dell'amore ***
Katie e
Leanne ricevettero le lettere con gli esiti dei M.A.G.O. il giorno
dopo il loro ritorno a casa; appurato con contentezza che avevano
superato tutto a pieni voti, Katie poté sostenere l'esame di
ammissione per Guarigione e Leanne iscriversi a Magisprudenza.
Le
lezioni al San Mungo si rivelarono pesanti e difficili, ma teneva
duro; in una situazione di pericolo come quella in cui si trovavano,
era ancora più importante imparare a guarire, a curare, a
salvare
vite.
Luglio
scivolò via tra grossi tomi da studiare, ronde tra i
pazienti alla
coda di Guaritori professionisti ed esami a sorpresa. Leanne
non era più fortunata: le lezioni sulle leggi magiche erano
massacranti e complesse.
La sera
le due amiche crollavano nel divano del loro appartamento o con la
testa poggiata sul tavolo, la bava che si spandeva sulle pergamene.
Leanne aveva trovato un delizioso appartamento grazie ad alcune
conoscenze di Sam; vicino al San Mungo, arredato con gusto, spazioso
per entrambe e alla portata delle loro tasche, l'avevano preso
praticamente al volo.
Il
trasloco era stato lungo e sfinente, ma l'eccitazione di vivere
finalmente insieme a Leanne, loro due sole senza genitori, la
ripagò
della fatica. Sua
madre aveva pianto un pochino al vederla andare via, anche a causa
della guerra e delle morti improvvise che accadevano troppo
frequentemente, ma assicurandole che avrebbe scritto spesso e che
sarebbe tornata nei fine settimana, era riuscita a sgusciare via dal
suo abbraccio soffocante.
Tuttavia,
quando il Ministero avviò il censimento dei Nati Babbani,
una
mattina di inizio Agosto, suo padre la chiamò a casa.
In
piedi nel salotto, percorrendo a grandi passi la stanza mentre
le due donne lo guardavano tese dal divano, annunciò che
sarebbe
scappato. Sua moglie si tirò su e gli afferrò il
braccio,
preoccupata.
“E'
per il vostro bene, Beth. Questa storia non è pulita;
è chiaro che
si tratta di una mossa del ministero per incarcerare o uccidere i
nati babbani!” scoppiò John Bell, guardando sua
moglie con sguardo
incandescente.
Katie
si torceva le mani abbandonate sulle ginocchia, con un gran peso nel
cuore. Guardava suo padre e sua madre fissarsi tesi, senza sapere se
intervenire o meno.
“Dove
andrai? Cosa farai?” chiese sua madre mentre tratteneva a
stento le
lacrime.
“Non
posso dirvelo. Verranno sicuramente a cercarmi quando non mi
presenterò al Ministero e vi interrogheranno; devo
modificarvi la
memoria” rivelò l'uomo, passandosi una mano tra i
capelli, nervoso.
“No,
John!” esclamò la donna, tenendo la testa alta.
“Sì,
Beth! Se sospetteranno qualcosa vi tortureranno, vi faranno del male.
Ti instillerò un falso ricordo, crederai che ci siamo
separati un
mese fa e che io me ne sia andato allora da casa!”
dichiarò deciso, col viso stanco.
Elisabeth
Bell scoppiò a piangere, ma suo marito evitò di
abbracciarla,
stringendo i pugni contro i fianchi. Katie si alzò e
circondò la
madre in un abbraccio consolatore.
“E
per me, papà?” chiese, mantenendo tranquilla la
voce. Suo
padre la guardò, lievemente colpito dalla calma che stava
dimostrando.
“Non
ci sarà bisogno di modificare la tua. Tu dirai di non aver
saputo
nulla della separazione, perché vivevi fuori casa.
Dovrò solo
cancellarti il ricordo di questa conversazione. Ti lascerò
una
lettera, che ti arriverà al momento giusto, in cui ti spiego
tutto,
nel caso in cui mi succedesse qualcosa” mormorò
suo padre.
Elisabeth singhiozzò più forte sulla spalla della
figlia.
“D'accordo.
Ti voglio bene, papà, non scordarlo tu che puoi ricordare
questa
conversazione” disse fiera, fissandolo negli occhi identici
ai
suoi.
John
Bell commosso abbracciò le sue due donne.
“Vi
amo tanto anche io. Stai attenta alla mamma”
sussurrò sulle loro
teste. Suo
padre sparì quella notte stessa, dopo aver praticato gli
incantesimi
per le loro memorie, ma Katie ovviamente non lo sapeva. Da quel
giorno, ogni volta che le arrivava una lettera di sua madre, sentiva
sempre un cerchio alla testa, senza capire perché. Una
mattina un
incaricato del ministero piombò a casa sua e la
interrogò sulla
sparizione del padre; dopo alcune ore di interrogatorio, l'uomo
tarchiato capì che lei non sapeva nulla e sparì
senza nemmeno
salutare. Katie si struggeva dalla preoccupazione per suo padre ma in
fondo al cuore sentiva che stava bene, che suo padre aveva
programmato tutto.
L'ultimo
giorno di Agosto, stanca e assonnata, si recò al tirocinio,
come al
solito a piedi, passeggiando nella Londra babbana che la faceva
sempre sorridere. Persa
nell'osservare un ragazzino che girava in skateboard, non
notò l'uomo
che la affiancò deciso finché non la prese
sottobraccio.
Allarmata,
strinse più forte la mano sulla bacchetta che teneva in
tasca, da
brava ex membro dell'ES; si voltò a fronteggiare l'uomo
trovandosi
di fronte un sorridente, lentigginoso Fred, vestito da babbano come
lei.
L'uomo
la guardava, contento.
“Buon
giorno, Katie. Un po' prestino per uscire di casa, ti pare?”
chiese affabile, come se stesse parlando del tempo.
“Sto
andando al tirocinio, Fred. Tu che ci fai qui?”
sbottò incredula.
Voleva aggiungere 'in mezzo ai babbani', ma non era una parola da
usare in pubblico. Soprattutto quando la maggior parte delle donne
lì
intorno scoccava sguardi interessati a Fred che, ovviamente conscio,
si pavoneggiava lusingato. Pensando che affatturandolo lì in
pubblico non avrebbe ottenuto granché, a parte un richiamo
ufficiale
del Wizengamot e forse la confisca della bacchetta, continuò
a
camminare veloce strappandolo dalle sue ammiratrici.
“Non
sono Fred!” esclamò lui offeso.
“Sì
che lo sei. Sai che non mi inganni. E so che George ha perso un
orecchio, il tuo scherzetto non funziona più!”
ribatté lei
convinta, riuscendo a far suonare la sua voce atona nel pronunciare
il nome del fratello e del suo incidente.
“Ah,
e io che speravo ti emozionassi al pensiero di George che ti veniva a
trovare. Stupido lobo solitario!”
“Che
cosa vuoi, Fred?” tagliò corto mentre ancora
camminava veloce,
senza una ragione.
“Sono
venuto per vederti. Hai da fare stasera?” propose lui deciso.
Katie
frenò la sua camminata galoppante in maniera brusca,
mandando Fred a
sbattere contro un vecchio signore, che cadde. Il
giovane si scusò e lo aiutò a raccogliere la sua
busta, che era
ruzzolata nello scontro; quando si girò per parlare a Katie,
si
accorse che era andata avanti senza aspettarlo.
-No,
non è possibile. E' l'immaginazione, la stanchezza. Fred non
è
venuto a chiederti un appuntamento, non lo farebbe mai.-
Il giovane l'affiancò di
nuovo, insinuandosi tra due uomini che
andavano nella
stessa direzione, sorridente.
“Allora
sei libera?” chiese tranquillo, come se lei non fosse appena
scappata.
E poi
ci arrivò.
“Tu
non sei Fred! Sei un Mangiamorte che ha preso le sue
sembianze!”
sibilò facendosi vicina, in modo che solo lui la sentisse.
La Londra Babbana le parve minacciosa e fredda, d'un tratto.
“Ho
la bacchetta puntata su di te! Niente mosse false. Posso sempre
schiantarti e dire ai Babbani che sei svenuto, attento!”
continuò,
minacciosa e decisa.
Fred, o
il mangiamorte trasformato in lui, rimase un attimo spiazzato poi
scoppiò a ridere. Imitava
davvero bene l'amico, chiunque fosse.
“Sono
io, Katie, te lo giuro” ribadì tra le risa.
“Non
ci credo. Il vero Fred non verrebbe qui a chiedermi un appuntamento.
Il vero Fred sa che....”
“Che
sei innamorata di quell'idiota di mio fratello? Che prima avevi una
cotta per me? Che vi siete baciati in sala comune la notte dei
fuochi? Che non vi siete più parlati da allora?”
rivelò lui nel
suo orecchio, facendola arrossire.
“Tu...tu...non
sono più innamorata di George!”
“Ah,
strano, io non ho fatto il suo nome!” cinguettò
lui, stuzzicandola
ancora.
Non
c'era alcun dubbio, era davvero lui, solo Fred riusciva a
imbarazzarla e a farle perdere le staffe in quel modo.
“Cosa
vuoi?” strillò offesa e agitata. Il
giovane ritornò un attimo serio.
“Contrariamente
a quanto credi, non sono venuto a chiederti un appuntamento. Ho bisogno
che tu venga
con me,
in un posto. C'è qualcuno che vuole parlarti.”
Milioni
di domande le affollarono la testa, chi voleva parlarle?
Perché?
Cosa stava succedendo e perché Fred era così
misterioso? Rimase
a fissarlo negli occhi per alcuni istanti, in quegli occhi che erano
così dolorosamente identici a quelli di George,
dimenticandosi dei Babbani che li superavano e ai quali intralciavano
la strada.
“Stacco
alle sette. Aspettami davanti alla vetrina del San Mungo”
annunciò
alla fine, sospirando. Qualsiasi cosa la misteriosa persona volesse
da lei, l'avrebbe scoperta solo andando a quell'assurdo incontro.
Fred le
sorrise entusiasta poi, con la promessa di esserci, sparì in
fretta
nella folla.
Fu
difficile per Katie concentrarsi sul lavoro, con il pensiero
dell'incontro nella testa; ogni cosa sembrò non riuscire a
mantenere
la sua concentrazione abbastanza a lungo, persa com'era in ipotesi.
Il suo insegnante dovette colpirla con la cartelletta sulla testa per
impedire che trasfigurasse il paziente, il signor Turper, in una
moffetta per distrazione.
Alle
sette, messo il suo camice nell'armadietto e salutati i colleghi,
Katie si diresse all'ingresso, attraversando il freddo vetro. Fuori
il sole era ancora alto, come c'era da aspettarsi dall'afosa giornata
estiva; Fred l'attendeva come promesso, sorridente.
-C'è
un momento in cui non l'ho visto sorridere? Non mi pare.-
Salutandola
entusiasta, la afferrò per la mano, trascinandola in fondo
al
vicolo,
lontano dalla strada principale.
“Aspetta,
Fred! Dove stiamo andando? Non sarebbe meglio dirmelo?”
protestò
lei, completamente trascinata dalla forza dell'amico.
“E'
inutile” dichiarò il ragazzo, “non
conosci il
posto. Smaterializzerò
entrambi. Fidati di me, sono un asso. Prendi un bel respiro!”
La
fastidiosa compressione le spezzò il respiro, improvvisa e
odiosa. Quando
infine il senso di costrizione si attenuò e riusci a
respirare, si
trovò di fronte ad una assurda costruzione sbilenca, l'aria
piena
del profumo di erba e pini che le ricordavano George.
“Benvenuta
alla tana, Katie” annunciò Fred alla sua destra,
fiero.
Si
trovò nel salotto di casa Weasley senza nemmeno
accorgersene: le
venne presentato il capofamiglia, simpatico e mezzo calvo; la moglie,
amorevole e dolce; Bill,
il figlio maggiore; Kingsley Shakelbolt, Auror; Tonks Lupin, giovane Auror
dai capelli rosa.
Fleur,
il professor Lupin, Fred e George, quest'ultimo evitò di
guardarlo
in viso, li conosceva già.
Aveva
già sobbalzato, sorpresa al vederlo nella stanza, dopo
più di anno
senza avere sue notizie, se si evitava di pensare alla sua fugace
apparizione al S. Mungo poco dopo il suo risveglio. E lei
evitava sempre di pensarci.
Aveva
cercato di non guardare l'orecchio mancante; quando l'aveva saputo
era stata così male, che non era riuscita a dormire per
giorni dalla
preoccupazione. Il giovane aveva una faccia tranquilla.
-Dannazione
a te, George!-
Venne
invitata a sedersi e la signora Weasley le offrì una tazza
di tè,
che non poté rifiutare. Respirando
a fondo, tesa sul motivo dell'incontro, sorseggiò la bevanda
ostentando una sicurezza che era ben lungi dall'avere.
Fu il
professor Lupin a parlare.
“Buona
sera, Bell, innanzitutto grazie per essere venuta qui stasera.
Immagino tu ti stia chiedendo il motivo della tua
convocazione.” Lei
annuì piano, dedicando tutte le attenzioni su di lui. Il
professore,
sebbene fosse più vecchio e provato, emanava sempre una
certa aura
di tranquillità.
“Noi
siamo l'Ordine della Fenice, un gruppo di maghi fondato da
Silente”
mormorò serio,
sottovoce. Nessuno nella stanza pareva intenzionato a fare il
benché
minimo rumore.
“Cerchiamo
di contrastare i Mangiamorte, mettiamo la gente allerta, aiutiamo chi
ha
bisogno di protezione e cerchiamo altri che vogliano
combattere” spiegò ancora, calmo.
A Katie
parve tutto subito molto chiaro. Sorrise incoraggiandolo a
continuare.
“Abbiamo
saputo da Fred e George” -lei evitò di guardare
nella loro
direzione,- “che stai seguendo la carriera di Guaritrice. E'
vero?”
“Sì,
ho appena iniziato il tirocinio al San Mungo. Ma ci vogliono altri
tre anni prima che io sia Guaritrice” replicò
mettendo le cose in
chiaro.
“Non
è importante. Quello che importa è che tu stia
imparando a guarire
la gente e non sai quanto questo potrebbe esserci utile. Non abbiamo
Guaritori tra noi e non abbiamo nessuno al San Mungo che tenga le
orecchie aperte, che ci aiuti. Fred ci ha detto che sei in gamba,
voti eccezionali e prontezza di spirito, e questi sono altri punti a
tuo favore” commentò Lupin, guardandola serio.
Lei si
voltò verso Fred che le strizzò l'occhio,
incitandola.
“Quindi
voi volete che io entri a far parte dell'Ordine? Che raccolga
informazioni in ospedale, che guarisca eventuali membri malati o
feriti e che cerchi altre persone che si uniscano alla lotta contro
Colui-che-non-deve-essere-nominato, giusto?” riassunse Katie
guardandoli uno a uno, perfino George.
Kingsley parlò con la sua
voce profonda.
“Buone
capacità di riassunto, anche. Sì, signorina Bell.
E' rischioso lo
sappiamo, ma cosa non lo è di questi tempi?”
“Sappiamo
che sei giovane e c'è chi si oppone all'arruolamento dei
giovani”
insisté Lupin, scoccando uno sguardo verso la signora
Weasley, “ma
ora più che mai abbiamo bisogno di forze. Dobbiamo
prepararci.”
Katie
prese un grosso respiro, prima di rispondere.
“Sono
dei vostri” sbottò risoluta. Furono
tutti molto sollevati, e contenti.
“Per
prima cosa vorrei chiederti...” iniziò Lupin, ma
venne interrotto.
“No,
aspetta, Remus. Prima c'è una cosa che voglio chiederle
io,” si
intromise Molly Weasley, girandosi a guardarla seria e preoccupata,
“potresti per favore dare un'occhiata all'orecchio di George?
Ho
fatto il possibile e so che non c'è rimedio. Ma io non ho
studiato
magie da Guaritrice. Puoi vedere se puoi fare qualcosa?”
Se
l'era aspettato, nel fondo del suo cuore si era aspettata che quella
richiesta sarebbe saltata fuori prima o poi. E quello iniziò
a
pulsare dolorosamente contro la sua cassa toracica, di nuovo.
George
saltò su dalla poltrona in cui era seduto, il volto teso.
“Mamma!
Ti ho già detto che non c'è ne bisogno. Mi sta
bene così com'è!”
scoppiò, in direzione della donna.
“Ma
George, caro, che male può fare un controllo? Se si
può fare
qualcosa bene, se non si può, abbiamo almeno
provato” mormorò
supplicante Molly.
Katie
rimase a guardarli battibeccare, ma era chiaro chi avrebbe vinto,
George non poteva vincere contro la caparbietà e l'amore
materno. Il
giovane si risedette sconfitto, e lei si alzò per
controllarlo,
ancora più sconfitta.
Si
avvicinò a George, rigida, gli arti di piombo, cercando di
rimanere
calma, gli occhi di tutti puntati addosso.
Lui
fissava dritto davanti a sé, scuro in volto. Si
chinò su di lui,
mise una mano sotto il mento per fargli inclinare la testa e lo vide
chiudere gli occhi al contatto; sotto le dita sentì la
ruvidezza
della barba che spuntava. Il profumo le invase la testa,
speziato, come lo ricordava.
Vista
da vicino, la ferita era ancora peggio; scostò con
delicatezza i
capelli dal foro che prima era stato il suo orecchio, cercando
di non far tremare la mano. La carne intorno era più scura,
in
alcuni punti annerita, tirata e lucida. Passò il dito
intorno al
condotto auricolare, sentendo George trattenere il respiro per la
sorpresa
del tocco; non aprì gli occhi nemmeno un secondo. Sentiva il
cuore
di lui pulsare nella sua mano, impazzito, all'altezza del pomo
d'Adamo e lasciò andare il mento, nervosa.
Persino
il suo cuore batteva così, dall'emozione di vederlo e
toccarlo, e al
ricordo dell'ultima volta in cui l'aveva fatto, da quel bacio nella
torre. Prese la bacchetta dalla tasca e la puntò contro il
foro,
pensò alcune formule imparate al tirocinio, una delle quali
utile a
capire la gravità che un incantesimo o una maledizione aveva
sul
corpo. Un lieve fumo viola circondò il foro auricolare di
George,
poi diventando nero si dissolse. Si tirò su nel silenzio
della
stanza.
“Non
c'è nulla da fare, mi spiace. A questo genere di maledizioni
non c'è
ancora rimedio. Forse preso all'istante si poteva far cicatrizzare
meglio la ferita, ma ormai rimarrà così per
sempre. Ha comunque fatto un buon lavoro”
sentenziò
guardando verso la signora Weasley.
Lei
annuì un po' delusa, George invece non si mosse minimamente,
intuendo che lei non si era rivolta a lui.
“D'accordo,
signorina Bell, grazie. Continuiamo con le spiegazioni. Noi
dell'Ordine usiamo i Patronus per comunicare tra di noi. Grazie ad un
incantesimo riusciamo a farli parlare. Sono utili per scambiarci
messaggi senza poter essere intercettati” intervenne il
signor
Weasley, tranquillo.
Far
parlare i Patronus? Era pura fantasia!
“Tu
sai produrne uno, giusto?” chiese Lupin
intromettendosi.
Katie,
con terrore crescente, annuì.
“Il
patronus di Katie è un colibrì! Così
piccolo credo che non ne
abbiate mai visto!” esclamò Fred entusiasta.
E le
venne chiesto di farlo apparire, lì, davanti a tutti, per
insegnargli a comunicare i suoi messaggi. Deglutendo
nervosamente, Katie si sentì in trappola e cercava una
scappatoia.
Si guardava intorno cercando un'illuminazione, un'idea, qualsiasi
cosa che l'aiutasse, ma che non avvenne. Lupin si accorse del suo
nervosismo.
“Prenditi
il tuo tempo. Sappiamo che è un incantesimo
difficile” mormorò
comprensivo nella sua direzione. Gli
occhi di lei saettavano di qua e di là, frenetici,
finché non
incontrarono quelli di Fred. Il giovane la fissò per alcuni
istanti,
pensieroso, poi senza preavviso saltò su dalla poltrona,
attirando
l'attenzione su di sé.
“Sembra
una cosa un po' lunga. Se non vi dispiace vado a mangiare qualcosa in
cucina. Vieni, George?” disse con voce annoiata. George
sembrò
pensarci un attimo su, poi di malavoglia seguì il fratello
ed
entrambi sparirono chiacchierando nell'altra stanza. Katie si
sentì
un po' meno nervosa.
Quando
la porta si chiuse, Lupin la incoraggiò con una mano a
eseguire
l'incantesimo. Pensando al suo ricordo più felice, che
ironicamente
era anche il più doloroso, fece apparire la densa nuvoletta
argentata che si condensò ai suoi piedi: un delizioso Fennec
sedeva
aggraziato, con le orecchie lunghe e il musino furbo.
Lupin
squadrò il cucciolo a quattro zampe, perplesso.
“Per
essere un colibrì è bello pesante. E non ha le
ali” scherzò il
professore.
“Ha
cambiato forma da poco. Il mese scorso” precisò
lei, fissando una
lampada oltre la spalla di lui.
“Curioso.
E' un Fennec, come quello di George!” rivelò
Arthur prima
di capire. Due secondi dopo arrossì. Insieme a Katie e a
tutti gli
altri, nervosi. La signora Weasley, Tonks e Fleur la guardavano con
un misto di compassione e dolcezza.
Un
silenzio palpabile riempì la stanza.
Lo
sapeva. Non aveva mai visto il Patronus di George, ma quando aveva
visto il piccolo Fennec spuntare dalla bacchetta al posto del suo
consueto colibrì, non aveva avuto dubbi; il suo Patronus
aveva preso
la forma di quello di lui. Come? Non lo sapeva, ma coincidenza volle
che se ne accorse il giorno dopo aver saputo del suo ferimento,
mentre eseguiva un Patronus per scacciare quel freddo innaturale, da
Dissenatori.
Il
Fennec era spuntato dalla punta della bacchetta, aveva ruzzolato
giù
goffamente, e saltellando agile e curioso le era corso incontro. E
lei seppe senza nessun dubbio di essere ancora fortemente innamorata
di lui. Per quel motivo aveva deciso di rompere con Daniel.
I volti
dei presenti la squadravano con aria compassionevole, non a caso
erano persone intelligenti. Tonks sembrava comunicarle con lo sguardo
la sua simpatia. Sentendosi in imbarazzo, si schiarì la
gola. Decise
di guardare i suoi piedi.
“Sì,
una vera coincidenza. Ora per favore, l'incantesimo di
comunicazione?” incalzò con voce tremante, al
limite.
Un
quarto d'ora dopo Katie padroneggiava l'incantesimo appieno, anche se
sentire il Fennec parlare con la sua voce la lasciò
parecchio
sorpresa. Lupin le raccomandò di usarlo solo per cose
urgenti e
importanti, le fece vedere i loro Patronus e le concesse di mandare
il suo solo alle persone presenti nella stanza, per non creare
equivoci. Katie sorrise, grata.
Tonks
la fermò poco prima che uscissero dalla stanza.
“Non
mollare. Anche io ho dovuto penare, sai? Ma alla fine l'ho
sposato!” bisbigliò all'orecchio di Katie,
indicando Lupin. Lei
farfugliò qualcosa come: 'avete
travisato', che non convinse
Tonks.
In
cucina, trovarono i gemelli intenti in una discussione che
interruppero, a giudicare dalle espressioni imbarazzate dei due
fratelli. Il tavolo era ingombro di tazze di succo di zucca e
sandwich al pollo. Fred si alzò per andar loro incontro,
George
tuffò il viso nella tazza davanti a sé.
“Allora?
Come vi è sembrato il Patronus? Interessante?”
chiese Fred,
curioso.
“Interessante
è la definizione giusta” disse Bill, evitando di
guardare George.
Il signor Weasley aveva ancora le orecchie rosse. Sua moglie fece un
buffo risolino imbarazzato.
Molly
insisté perché si fermasse a cena con tutti loro,
dicendole che
Ginny, di ritorno da casa Lovegood, sarebbe stata felice. Katie
rifiutò con ogni diniego inventato alle continue richieste
della
donna.
“La
ringrazio ancora, ma Leanne mi aspetta, tocca a lei oggi
cucinare”
borbottò alla fine non sapendo più che inventare.
La
signora Weasley cedette, mogia.
“Leanne!”
ripeté Katie, all'improvviso. Il
gruppo la guardò, perplesso.
“E'
una mia amica, sta studiando Magisprudenza. E' in gamba e leale! Lei
potrebbe esservi più utile di me, suo padre e sua sorella
lavorano
al Ministero!” rivelò lei a Lupin.
“Sì,
molto utile. E ci si può fidare? Qual è il suo
cognome?” domandò
scettico l'uomo.
“Le affiderei la mia
vita. Leanne Meadowes, suo padre, Dolphin Meadowes,
lavora al dipartimento delle catastrofi e degli incidenti
magici.”
“Quel
Dolphin Meadowes? Fratello di Dorcas Meadowes, assassinata durante la
prima guerra magica? Membro del primo ordine?”
esclamò concitato Lupin, tra l'incredulità
generale. Al
cenno di assenso di Katie, l'uomo sorrise felice.
“Perfetto!
Reclutiamo anche lei allora! Domani stessa ora, porta Leanne qui da
noi!” propose l'uomo.
Al
vedere lo sguardo smarrito di Katie, Tonks si intromise.
“Meglio
di no. Domani andrò io a casa delle ragazze, daremo meno
nell'occhio. Sembrerà un incontro tra amiche. Alle sette
davanti al
San Mungo, ok?” suggerì la giovane donna,
prendendola per le
spalle. Sorridendole sollevata e grata, Katie salutò tutti,
evitò
per la millesima volta di guardare George, e uscì dalla
casa,
stremata.
Evitò
una gallina invadente che voleva beccarle il piede e seguì
per pochi
istanti con lo sguardo uno gnomo da giardino che si tuffava dentro un
cespuglio. Il giardino di casa Weasley era davvero interessante. Quando
ormai aveva raggiunto il limite oltre il quale avrebbe potuto
smaterializzarsi venne raggiunta da Fred.
“E'
stato bello rivederti” ammise lui, sincero.
“Angelina mi ha detto
di darti i suoi saluti.” Katie
lo guardò incredula, un sorriso sornione che faticava a
trattenere.
Fred se ne accorse.
“Sono
ansioso di ricevere un messaggio dal tuo Fennec”
cinguettò
pungente con un sorriso soddisfatto.
Un
cieco terrore la invase. Afferrò Fred per il bavero della
maglietta
avvicinandosi a lui.
“Avete
origliato? George l'ha visto? Ha sentito? Gliel'hai detto?”
farfugliò spaventata. Fred le
staccò le mani dalla maglietta e le tenne bloccate con una
sola delle sue.
“Rilassati,
respira. Le risposte sono no, no, no e no. Non sono stupido, Katie.
Ho letto il tuo panico e ho portato fuori George con una scusa!
Perché poi avrei dovuto dirglielo? Il tuo Patronus ha preso
la forma
del suo. E allora? Che c'è di male?”
sussurrò calmo.
“C'è
di male che nemmeno lui è stupido. Se lo venisse a sapere
capirebbe.
E non voglio che sappia che sono ancora innamorata di lui. Sono stata
rifiutata già una volta!” esclamò
arrabbiata, più con sé stessa
che con Fred. Perché era ancora innamorata di George e non
avrebbe
dovuto. Liberò le mani dalla presa di lui e si
incamminò a grandi
passi verso la fine del cortile.
“Se
voi due parlaste vi rendereste conto di essere due idioti. Santo
cielo, mi state facendo impazzire” sbottò il
giovane trottandole
dietro.
Katie
si fermò oltre il cancello e lo guardò, ferita.
“Io
gli ho già detto tutto quello che avevo da dire. Gli ho
detto che
l'amavo e lui mi ha rovesciato addosso solo cattiveria, poi
è
scappato, senza dire altro. Se George ha qualcosa da dirmi sa dove
trovarmi, ma non so se l'ascolterò”
dichiarò risentita Katie,
preparandosi a smaterializzarsi.
Le
parve di sentire Fred mormorare: “se solo vi ascoltaste a
vicenda”
prima di sparire da lì.
Note:
Eccoci
alla vita fuori da Hogwarts di Katie.
Dato
che il golden trio ha campeggiato per tutto il libro, io mi son
potuta sbizzarrire, libera dalle costrizioni della trama.
Ed
eccola arruolata nell'Ordine. Ho sempre creduto che dopo essersi
diplomati gli amici più stretti di Fred e George si siano
arruolati.
Il Patronus di George è un
Fennec, vi è piaciuto? Ho
sempre pensato
che lui e Fred avessero due Patronus della stessa famiglia, le volpi,
ma diversi. Un Corsac e un Fennec. Adooooro i Fennec.
Lo so,
sono una persona orribile: il gioco di parole Dorcas-Dolphin
è
agghiacciante, ma quando ho dovuto scegliere il nome del padre di
Leanne, qui fratello di Dorcas, non mi è venuto in mente
nient'altro. D-orcas. Sono una persona orribile!
Nello
scorso capitolo ho battuto il mio record di recensioni! E ne sono
felice.
Grazie,
davvero, a tutte.
Un
abbraccione, buona domenica!
Mimì
|
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Capitolo 17 *** Salvataggio in extremis ***
Da
quando degli intrusi si erano infiltrati al Ministero, il secondo
giorno di settembre, e avevano liberato tutti i Nati Babbani presenti
al censimento aggredendo nel contempo parecchi funzionari, la
sorveglianza si era intensificata ovunque.
E
il San Mungo non faceva eccezione.
Alcuni
membri del Ministero erano piombati in ospedale il giorno dopo,
arrestando tutti i Nati Babbani e impedendo ai Guaritori e al
personale di prestare assistenza alla feccia, come li chiamarono.
Katie
assisté impotente, come tutti i suoi colleghi tirocinanti e
i
Guaritori laureati; si ficcò le unghie nei palmi per
impedirsi di
schiantare quei luridi bastardi che portavano via ammalati e feriti
con malagrazia. L'avrebbe
fatto se l'Ordine non avesse avuto bisogno di lei, se non fosse stata
l'unica a poter tenere gli occhi aperti lì al San Mungo. Un
amico di George e Fred, che aveva iniziato il tirocinio due anni prima
di lei, aveva dovuto darsi alla fuga a causa del suo stato di sangue,
insieme a molti altri conoscenti; perciò nessuno a parte lei
poteva
aiutarli.
Se
lo ripeteva dentro come un mantra ogni volta che vedeva soprusi da
parte dei funzionari o che questi le alitavano sul collo facendole
domande.
Tutto
il personale era stato interrogato, più e più
volte, per cercare di
capire se fra di loro ci fossero membri dell'Ordine o Nati Babbani
che mentivano sullo stato di sangue.
Katie
era stata istruita da Lupin su come dovesse comportarsi:
atteggiamento accondiscendente, tranquillo e servizievole. Nonostante
avesse risposto con sincerità e guardandoli fisso negli
occhi, come
Kingsley le aveva raccomandato, continuavano a richiamarla quasi ogni
giorno, nel loro studio improvvisato in una stanza sequestrata
all'ospedale, al primo piano.
Quella
mattina, come ogni mattina nelle ultime due settimane, stava
guardando Rowle, il grosso Mangiamorte biondo e Jugson, il suo degno
compare con la fronte sporgente da cavernicolo, seduti di fronte a
lei con sguardo, a loro dire, minaccioso. Katie era sempre tentata di
offrire loro delle banane.
“Come
mai sono stata convocata ancora?” chiese gentilmente,
guardandoli a
turno negli occhi e mantenendo un tono di voce neutro.
Rowle
si alzò e la squadrò torvo dall'alto.
“Ragazzina,
abbiamo saputo molte nuove informazioni sul tuo conto!”
sbottò
l'uomo con un lampo di trionfo negli acquosi occhi azzurri. Katie
mantenne il volto impassibile anche se sentirsi chiamare sempre
'ragazzina' dai Mangiamorte le dava molto sui nervi. Non aveva nome e
cognome per loro, era solo la ragazzina mezzosangue.
Jugson
fece apparire un grosso fascicolo sul tavolo con un pigro colpo di
bacchetta, proprio di fronte a lei, col suo nome in copertina.
Aprì
il fascicolo e trovò le sue informazioni personali
spiattellate lì,
una dopo l'altra. Sotto seguivano il suo stato di sangue, con una
grossa linea che segnava la parola 'Mezzosangue' e la frase 'padre Nato
Babbano in fuga' cerchiata di rosso. Non
potevano chiedergli nulla su quello, aveva risposto fino alla nausea
alle domande su suo padre e sulla sua sparizione.
Girò
la pagina e trovò con sorpresa foto sue e di Harry a cavallo
di
scope mentre giocavano a Quidditch. In una erano sul campo da gioco e
si abbracciavano a fine partita.
Jugson
sbatté una mano sul tavolo.
“Spiegaci
il significato di quelle foto, ragazzina! Che rapporti hai con Harry
Potter?” domandò rude.
“Nessuno
in particolare. Giocavamo a Quidditch nella squadra della nostra
casa, ma non ho mai parlato con lui fuori dalle partite”
rispose
tranquilla, continuando a fissarli. Non
era vero, naturalmente; se pensava soltanto alle riunioni dell'ES,
aveva parlato e passato molto tempo con Harry fuori dagli allenamenti
e le partite; ma non aveva problemi a mentire.
Lupin
l'aveva tenuta un'ora in più all'ultima riunione
dell'Ordine,
per
insegnarle a visualizzare delle immagini innocue nella sua mente
quando veniva interrogata. E quelle immagini adesso scorrevano nella
sua mente; anche se i due Mangiamorte avessero usato l'Incantesimo
Legilimens avrebbero visto immagini di lei e Harry che si allenavano
o giocavano una partita, ma nessun altro tipo di rapporto
più di un
banale ciao al di fuori di quello.
Rowle
strizzò gli occhi riducendoli a fessure, continuando a
studiarla. I
due si scambiarono un'occhiata complice, poi Jugson fece apparire una
brocca di succo di zucca e un calice, invitandola a bere.
Seguì con
lo sguardo il tragitto del calice dal tavolo fino alla sua bocca e
sorrise quando lei deglutì la bevanda.
“Quindi
Potter non è un tuo amico? Non sai dove sia al
momento?” incalzò
l'uomo sporgendosi trionfante, sicuro di averla in pugno. Katie
sbatté le palpebre con fare innocente.
“Certo
che no! Non ho più avuto sue notizie dopo aver finito gli
studi! E
perché poi dovrei saperlo? Ci conosciamo appena!”
ribatté
tranquillamente.
Il
sorriso che il Mangiamorte aveva sul viso si sciolse insieme alle sue
prospettive di vittoria. La fissò interdetto, poi si
ricompose in una
posa austera. Con un gesto della mano la invitò a continuare
a
guardare il fascicolo.
Quando
la pagina si fu posata, si trovò di fronte decine di foto di
lei
insieme a Fred e George. Più con George in effetti. Ce n'era
una del
Ballo del Ceppo in cima al mucchio: ridevano occhi negli
occhi mentre ballavano. Non poté evitare un tuffo al cuore.
I due
Mangiamorte studiavano le sue reazioni, perciò non permise
al
suo
viso di tradire la benché minima emozione.
-Sciogliti
pure, cuore! Ma non farmi scoprire o ti caverò con le mie
stesse
mani!-
Jugson
la invitò a bere ancora il suo succo di zucca.
“Quali
sono i tuoi rapporti con la famiglia Weasley? E non dire che non vi
conoscete perché non ci crediamo!”
esclamò Rowle picchiettando il
dito sulla foto di lei e George, abbracciati e felici. Come potevano
quelle foto essere in mano a loro? Da chi le avevano avute?
“Ho
frequentato sei anni scolastici insieme ai gemelli Weasley, certo che
li conosco. E sì, eravamo amici!”
ribatté senza
titubare alle
illazioni dell'uomo.
“Amici?
Questa dice ben altro!” scattò Rowle, prendendo
una
foto da sotto
il mucchio e sbattendogliela sotto al naso: lei e George, mano nella
mano, lasciavano il Ballo e sparivano inghiottiti dal romantico
giardino fuori dal portone.
Ancora
una volta si chiese chi avesse passato la sera a fotografarli
assieme e con quale scopo. C'erano almeno cinquanta foto di loro due
al Ballo e lei non si era nemmeno accorta di essere stata
fotografata.
“Quella
foto non dice nulla di più di un 'piacevole' dopo Ballo. Era
una
festa scolastica! Che vi aspettavate? Con qualcuno dovevo pur
andare.”
Jugson
si tirò su e prese a camminare per la stanzetta
avanti e
indietro per metterle agitazione.
“Ci
risulta che tu abbia rifiutato ben tre inviti, ma che poi ti sia
presentata alla festa con uno dei gemelli Weasley. Perché
quel
qualcuno era lui? Neghi che foste più che amici?”
contestò il
Mangiamorte. Ancora informazioni che potevano provenire solo da
qualcuno che aveva frequentato Hogwarts con lei, ma chi?
“Senza
nessun motivo. Lui è stato l'ultimo a chiedermelo prima del
Ballo e
dato che ormai non avevo altre prospettive, ho accettato!”
“Sentite”
continuò pochi secondi dopo, interrompendo la successiva
domanda che
le stavano per fare, “ho frequentato i gemelli Weasley,
è vero. Ed
eravamo molto amici, ma non ho più parlato con loro dopo che
hanno
lasciato Hogwarts due anni fa. E se volete saperlo, non ci siamo
lasciati nemmeno in buoni rapporti!”
“Come
mai?” chiese allora Rowle, scettico.
“Divergenza
di opinioni! Di quelle che spezzano qualunque tipo di
rapporto!”
rispose Katie sincera.
-Io
l'amavo e lui no, più divergenza di così.-
I
due Mangiamorte si scambiavano messaggi con gli occhi, apparentemente
tesi e delusi dalle sue risposte.
Un
colpo secco li fece trasalire, si voltarono tutti verso la porta
mentre Rowle andava ad aprire. Dopo aver guardato a destra e a
sinistra ritirò la testa dentro e richiuse perplesso.
Alzò le
spalle allo sguardo interrogativo di Jugson ed entrambi tornarono ad
occuparsi di Katie.
La
giovane si alzò su decisa, afferrando la propria borsa dalla
sedia
al suo fianco.
“Se
non vi dispiace io devo andare, il mio tirocinio è iniziato
da dieci
minuti” asserì dirigendosi verso la porta. Rowle
sembrò
intenzionato a fermarla, ma Jugson lo bloccò con un braccio.
“Vai
pure, ragazzina. Ma rimani nei paraggi, potrebbe venirci voglia di
farti un altro paio di domande” rispose Jugson piantandole i
suoi
occhi viscidi addosso. Chiuse la porta dietro di sé mentre
Rowle diceva: “Ma se nemmeno col siero della
verità ha
detto nulla di
importante! Perché interrogarla ancora?”
Ringraziò
mentalmente Lupin che l'aveva convinta a bere ogni mattina una dose
di anti-Veritaserum, per precauzione.
Katie
si allontanò di qualche metro poi si appoggiò
distrutta al muro,
chiudendo gli occhi. Come, come avevano saputo tutte quelle cose?
Qualcuno a Hogwarts l'aveva pedinata, fotografata. Un forte senso di
nausea l'assalì all'idea di aver avuto uno Stalker dietro
per...per
quanto tempo? Rabbrividì lievemente. Poi una viscida voce la
fece
trasalire e tutte le sue domande trovarono risposte.
“Come
va, Bell? Giornata dura?” chiese la voce, schernendola.
Si
girò lentamente e piantò gli occhi gelidi in
quelli di Montague,
Edward Montague. Lui
le sorrise in un modo che sicuramente reputava affascinante, ma che lo
faceva sembrare in preda ad un attacco di mal di pancia.
“Montague,
scommetto che ci sei tu dietro quelle informazioni
'improvvise'.”
Lui
continuò a sorridere beffardo.
“Qual è
il tuo tornaconto? Cosa ci hai guadagnato?” chiese rizzandosi
in
tutta la sua altezza, minacciosa.
“L'entrata
nelle schiere del Signore Oscuro! C'è altro che si
può desiderare?”
“Hai
ben poche ambizioni, come sempre!”
“Io
so bene da che parte conviene stare e quali amici frequentare, Bell!
E' ora che lo impari anche tu!” rispose lui facendosi
più vicino.
“Sì,
belle convinzioni da uno che ha passato la sera del Ballo a fare foto
agli altri!” rimbeccò Katie senza arretrare, per
nulla intimidita.
“Anche
al Ballo avresti dovuto scegliere meglio la tua compagnia”
sussurrò
Montague piantandole un dito sotto il mento, allusivo. Il disgusto le
fece venire la pelle d'oca. Lo sfidò ancora con lo sguardo,
poi si
allontanò a grandi passi.
“Non
hai idea di quanto tu abbia ragione” rispose in tono ben
udibile.
Mentre
stava per girare l'angolo si scontrò col Direttore del San
Mungo, il
Primago Guaritore Galenus Fawley. L'uomo teneva stretta al petto una
grossa valigetta e sembrò trasalire al vederla
lì. I suoi occhi blu
scuro le parvero vitrei mentre si ricomponeva in silenzio. Senza
nemmeno scusarsi passò oltre, e sparì dentro la
stanza da cui lei
era uscita prima, seguito da Montague.
Katie
si sfilò le scarpe, sollevata, posò la borsa sul
divano e si fiondò
direttamente sotto la doccia. Anche se l'acqua calda riusciva a
lavare via la stanchezza del tirocinio, non poteva portarsi via lo
stress mentale che Montague esercitava su di lei, giorno dopo giorno.
Da
quell'incontro di due settimane prima, non era più riuscita
a
toglierselo dai piedi: appariva all'improvviso alle sue spalle,
mentre seguiva alcuni pazienti o mentre scendeva alla mensa dei
dipendenti, oppure mentre entrava nello spogliatoio dei tirocinanti.
La subissava di domande, faceva velate allusioni che la nauseavano e
le ricordava che la teneva costantemente d'occhio.
Come
se non se ne fosse accorta.
Uscì
dalla doccia spossata, stanca dalla giornata, ma facendosi forza si
vestì con un delizioso vestito rosso e si mise perfino un
po' di
profumo, decisa ad essere al meglio. Sua madre veniva a farle visita
una volta a settimana e lei cercava di dimostrarle ogni volta che
stava bene, che tutto andava per il meglio. Una volta in cucina
aprì
il libro di ricette che le aveva regalato Leanne e con pochi colpi di
bacchetta, si trovò ad ammirare un profumato arrosto che
cuoceva
lentamente nel forno, insieme ad un contorno di patate e peperoni;
una zuppa di cipolle che sobbolliva dolcemente nella sua pentola e
una torta alle mele che raffreddava sul ripiano della cucina.
Elisabeth arrivò alle otto, puntuale come sempre, bella e
dolce come
sempre.
L'abbracciò
forte, respirando il delicato profumo di lavanda che emanavano i suoi
capelli. Sua madre la guardò estasiata.
“Ma
come sei elegante! L'hai fatto per me?” chiese, dando
un'occhiata
all'abitino che indossava, che ne esaltava la bellezza. Katie
arrossì
sorridendo. La invitò a sedersi sul divano.
“Ho
sempre pensato che il rosso ti donasse. Ti valorizza! Indossalo tutti
i giorni e vedrai quanti corteggiatori avrai!”
esclamò sua madre
allusiva.
“Ti
posso offrire una Burrobirra, mamma? La cena sarà pronta tra
dieci
minuti, più o meno” chiese, cercando di
cambiare argomento di
conversazione.
“Una Burrobirra andrà bene, prima di
cena!”
Si
diresse in cucina e acchiappò due bibite fresche che
versò in due
calici.
“Come
va il tirocinio?”
“Benissimo!
E' stancante, ma da molte soddisfazioni” rispose mentre
le offriva il
calice e si sedeva al suo fianco, sul divano. Non
le raccontò delle continue vessazioni da parte dei
Mangiamorte o dei
pedinamenti di Montague, per lo stesso motivo per cui non le aveva
detto nulla del suo inserimento nell'Ordine: meno cose sua madre
sapeva, più a lungo sarebbe stata al sicuro.
Sorseggiando
la Burrobirra osservò il suo volto assorto: anche se sempre
bello,
Katie vi lesse ansia, stanchezza. Anche sua madre stava sopportando
molto dolore, da sola.
“Allora,
dimmi: ti vedi con qualcuno?” domandò sua madre
voltandosi
all'improvviso verso di lei.
Katie
rovesciò qualche goccia di bevanda dalla sorpresa.
“Leanne
è in ritardo! Si perderà la cena”
strillò nervosa, guardando
l'orologio sulla parete. Elisabeth
continuò a fissarla, imperterrita.
“Non
c'è nulla di male se hai un ragazzo!”
insisté la donna
guardandola con tenerezza.
“Non
c'è nessun ragazzo, mamma! Te lo posso assicurare”
ribatté
convinta, pensando a quanto quella conversazione la stesse
innervosendo. Perché non era mai riuscita a nascondere nulla
a sua
madre, quando decideva di farle domande; era troppo esperta e riusciva
sempre a farsi dire la verità.
Elisabeth
guardò la figlia negli occhi, anche se le ricordavano suo
marito.
“Kathrine,
non prendermi in giro. So che sei innamorata. Ti si legge in faccia!
E non può essere Daniel, visto che l'hai
scaricato.”
Katie
si disperò con sé stessa.
Mentre
apriva la bocca per negare con ogni fibra del suo essere, successe.
Un
Patronus d'argento entrò dalla finestra del soggiorno e
corse verso
di loro. Sua madre urlò e si ritrasse sul divano quando si
fermò ai
loro piedi. Katie lo guardò attenta assumere la forma di un
lupo.
“Feriti
gravi. Servono pozioni e incantesimi, alla Tana. Non farti
seguire”
mormorò l'animale, con la voce di Lupin. Si dissolse
nell'aria sotto
lo sguardo atterrito di sua madre.
Saltò
su senza pensarci due volte, afferrò la borsa e si diresse a
grandi
passi verso il bagno. Sua madre la raggiunse mentre trasferiva decine
di pozioni dall'armadietto del bagno all'interno della borsa.
“Che
cosa sta succedendo, Katie? Cos'era quello?” gridò
la donna
indicando il punto del tappetto in cui l'animale si era posato ed era
sparito.
“Un Patronus!” rispose lei senza prestarle
molta
attenzione.
Pazienti gravi voleva dire che stavano lottando con la morte ed era
praticamente solo colpa sua se fossero morti. Non aveva nemmeno il
tempo di cambiarsi. Corse verso camera sua e infilò anche
una
cartella rossa insieme alle pozioni. Chiuse la borsa con un movimento
secco.
“Lo
so questo! Ma ha parlato! Cosa mi nascondi?”
strillò alterata sua
madre mentre la seguiva in salotto. Katie afferrò la
bacchetta e si
girò a fronteggiarla.
“Non
ho tempo adesso, mamma! Qualcuno sta morendo e io sono l'unica che ha
qualche speranza di salvarlo, mi capisci?” ribatté
guardandola
dritta negli occhi.
Leanne
entrò in quel momento, sorpresa nel trovare madre e figlia
fissarsi
in silenzio, tese.
Katie
le si fece incontro, sollevata.
“Leanne,
devo andare. L'Ordine” aggiunse vedendo che l'amica non
capiva. “Tieni
compagnia a mia madre, farò presto!”
Gettò
un ultimo sguardo verso sua madre confusa, poi con una giravolta
scomparve.
Il
profumo di pini fu la prima cosa che percepì, come sempre.
Molly
le corse incontro, preoccupata.
“Katie!
Come sono contenta di vederti!”
“Buona sera, signora Weasley.
Cos'è successo?” chiese mentre correva dietro a
lei verso la casa,
le boccettine nella sua borsa che tintinnavano ad ogni passo.
“Arthur,
Lupin, Bill, Fred e George hanno soccorso la famiglia di una Nata
Babbana da una squadra di Ghermidori. Sono riusciti a portarli in
salvo, ma ci sono dei feriti” raccontò la donna
affannata. La
portò in salotto dove trovò, oltre ai membri
dell'Ordine citati
dalla signora Weasley, anche i feriti: una bambina di neanche otto
anni stava sdraiata sulla schiena e respirava affannosamente mentre
si contorceva di dolore, il volto pallido; sua sorella, che doveva
essere la Nata Babbana, stava urlando dal dolore mentre il suo
braccio destro giaceva immobile a qualche centimetro da lei, di certo
in seguito ad una Materializzazione prematura; il loro padre era
adagiato incosciente al suo fianco, ricoperto di sangue, la loro
madre, atterrita e sconvolta, non sapeva che fare, piangeva e si teneva
rannicchiata in un angolo, ma era illesa a parte qualche contusione e
graffio.
I
mobili erano stati addossati alle pareti, per lasciare spazio ai
feriti. Gettando
la borsa tra le braccia di Molly, Katie corse per prima verso la
bambina più piccola. Esaminò gli occhi che
vorticavano, con
crescente panico.
“Una
bacchetta, presto!” ordinò, cercando di sovrastare
le grida e i
pianti. Gli altri la guardavano come se fosse impazzita.
“Hai
la tua al tuo fianco, Katie!” esclamò Lupin
facendosi avanti.
“Le
nostre bacchette vengono controllate giornalmente per scoprire se
curiamo Babbani o Nati Babbani fuori dal lavoro! Dammi una
bacchetta!” esclamò urgente, guardando Lupin negli
occhi.
L'uomo
le tese la sua e indietreggiò di un passo. Tutti volevano
aiutare,
ma non sapevano che fare.
Katie
puntò la bacchetta verso la bambina, facendole fare dei giri
e degli
svolazzi mentre recitava degli incantesimi non verbali e fiotti di
luce colorati si susseguivano l'un l'altro. Nessuno osava fiatare. La
Nata Babbana guardava sua sorella inorridita e spaventata, le grida
più forti.
“Sta
morendo per un'emorragia interna” spiegò dopo
dieci minuti agli
altri mentre continuava a far roteare la bacchetta, “esistono
alcuni incantesimi che possono recidere una vena, un vaso sanguigno o
un'aorta senza danneggiare la pelle. Puoi morire lentamente e
dolorosamente senza che nessuno ne sospetti la causa.” La
bambina
smise di rantolare e lamentarsi e riprese lentamente a respirare con
regolarità.
Fece
cenno a Molly di avvicinarsi con la borsa. Prese una paio di boccette
e le diede alla donna.
“Le
faccia bere la pozione viola e la rimpolpa sangue, torno tra due
minuti” disse mentre si alzava.
Si
avvicinò alla Nata Babbana
terrorizzata e si inginocchiò al suo fianco.
Afferrò il suo braccio
e con pochi tocchi di bacchetta lo riattaccò al resto del
corpo. La
ragazzina, di nemmeno dodici anni, fece muovere il braccio incerta,
gli occhi pieni di lacrime e di terrore.
“Salverai
la mia famiglia? E' colpa mia, tutta colpa mia. Non farli
morire”
singhiozzò disperata. Katie le strinse forte la mano.
Controllò
nuovamente la sorella e con sollievo si accorse di aver fermato in
tempo la perdita di sangue e di aver riparato con successo le vene
tagliate; la rimpolpasangue stava facendo effetto e adesso dormiva,
fuori pericolo. Katie non prestava attenzione alle altre persone in
sala, sapeva che George era lì e la guardava, ma non aveva
importanza.
La
sua priorità al momento era far in modo che quella bambina,
che non
aveva alcuna colpa se non quella di non essere Purosangue durante
quell'assurda guerra, potesse riabbracciare tutta la sua famiglia.
Molly
diede un distillato calmante preso dalla borsa di Katie alla madre
Babbana, che la trangugiò con mani tremanti; all'istante
smise di
singhiozzare e si accasciò dolcemente contro il muro, con un
vacuo
sorriso.
Katie
intanto si era accucciata accanto all'uomo ricoperto di sangue e
scostava la camicia per esaminare il taglio. Appellò
l'essenza di
dittamo dalla borsa e ne versò una generosa dose sul torace,
attraversato da uno squarcio profondo: il Sectusempra.
Un
denso fumo si levò dalla ferita. Iniziò a
mormorare delle formule,
come una nenia, mentre la bacchetta svolazzava di qua e di
là.
La
ragazzina tirò su col naso, ipnotizzata.
Dopo quindici minuti si tirò su, sfinita, ma sorridente.
“Finito.
Sono...sono tutti salvi!” esclamò incredula e
trionfante. Si era
trovata a fare magie ben oltre le sue possibilità, in una
situazione
di agitazione e panico. E ce l'aveva fatta.
La
ragazzina si alzò dal fianco della sorella e le corse
incontro,
abbracciandola. Katie la strinse mentre quella urlava ringraziamenti
e le piangeva addosso. Prima di trasferirli in una camera della Tana,
Katie aveva assicurato alla ragazzina, che si era presentata come
Eleanor, che avrebbero cancellato il ricordo di quell'orrenda sera
dalle loro memorie.
Eleanor
l'aveva guardata seria, dopo aver gettato uno sguardo verso la sua
famiglia.
“No,
io voglio ricordare quello che è successo”
proferì decisa.
“Perché?”
fu tutto quello che riuscì a chiedere. Per quale motivo
avrebbe
dovuto desiderare ricordare, rischiando di addossarsi la colpa per
quello che la sua famiglia aveva dovuto passare a causa sua?
“Se
dimenticassi questa sera, come potrei ricordarmi che voglio diventare
Guaritrice? Grazie a ciò che hai fatto?” rispose
semplicemente la
ragazzina. Il
suo cuore si strinse di commozione. Eleanor la strinse ancora in un
abbraccio, poi seguì Molly e Arthur che trasportavano la sua
famiglia al piano di sopra.
Si
gettò sul divano, esausta. Il suo corpo era libero di
tremare adesso
che il pericolo era passato. Lupin
si sedette al suo fianco, dandole una pacca gioiosa sulla spalla.
“Sei
stata in gamba! Un lavoro eccellente!” commentò
convinto.
“Ero
terrorizzata! Magie di quel livello sono difficili già per
un
Guaritore laureato. Noi tirocinanti le sappiamo solo a livello teorico.
Ho avuto paura di fallire”
confessò Katie
respirando a fondo.
“Sei
stata fenomenale!” continuò l'uomo guardandosi
intorno per cercare
approvazione.
“La
sua bacchetta” mormorò contrita,
tendendola verso Lupin,
“grazie. E mi scusi se ho urlato! E se le ho dato del
tu!”
Lupin
scoppiò a ridere, incredulo.
“Ne
avevi tutto il motivo e va bene darmi del tu. Chiamami Remus, Fred e
George lo fanno già” rispose l'uomo con
genuinità. Poi di colpo
tornò serio.
“Quindi
le vostre bacchette vengono controllate. Terribile, non ne sapevamo
nulla” continuò grave pensando alle implicazioni
della mossa.
“Ogni
giorno. Se qualcuno ha eseguito un incantesimo di guarigione fuori
dal San Mungo, viene portato via e interrogato. Non parlo ovviamente
di incantesimi banali come un Epismendo, ma di incantesimi complessi
come quelli che ho fatto stasera. Se sei sospettato di aver aiutato i
Nati Babbani vieni tagliato fuori e spedito ad Azkaban”
raccontò
Katie mentre Molly e Arthur, di ritorno, prendevano posto sulle
poltrone. Molly fece apparire una tazza di tè nelle mani di
tutti,
calda, fumante e rilassante.
“Ma
da quando c'è questa politica?” chiese il signor
Weasley
preoccupato.
“Una
settimana fa il Direttore in persona l'ha comunicato a tutto il
personale.” I
coniugi Weasley si mossero sorpresi sulle poltrone.
“Il
Guaritore Fawley? Impossibile! E' sempre stato dalla parte dei
Babbani” sbottò Arthur scettico.
“Al
momento essere apertamente pro-Babbani non è esattamente
consigliato,
Arthur”
rispose Lupin, realista. “Credi che possa essere sotto la
maledizione Imperius?” chiese a Katie, voltandosi a fissarla.
Lei
ripensò a quel bagliore vitreo che aveva notato nel suo
sguardo.
“Potrebbe.
Di certo so che ha avuto un incontro con dei Mangiamorte poche
settimane fa. Non so di cosa abbiano parlato, ma Fawley aveva una
grossa borsa quando è andato da loro”
raccontò mentre Lupin e
Arthur si scambiavano un'occhiata tesa.
“Devi
tenerlo d'occhio per noi, Katie” mormorò Lupin
poggiandosi stanco
contro lo schienale del divano.
Lei
scosse piano la testa, mentre poggiava la tazzina sul tavolino di
fianco a sé. Frugò nella borsa e porse a Lupin la
cartellina
rossa
che aveva preso dalla sua camera.
“Sono
controllata. Mi hanno somministrato il Veritaserum e domandato del
mio rapporto con Harry e con la famiglia Weasley” disse
mentre il
fascicolo che aveva copiato passava tra gli altri membri. Non
era stato difficile far sembrare che qualcuno avesse bussato, con la
bacchetta sotto il tavolo, e copiare il fascicolo con l'incantesimo
Geminio mentre erano distratti. Guardò la faccia stupita di
Fred e
George mentre esaminavano le foto in cui era insieme a loro.
“Queste
sono foto di te e George al Ballo! Chi ve le ha scattate? Da chi le
hanno avute?” domandò Fred arrabbiato. Il fratello
continuava a
fissarle una ad una incredulo.
“Montague”
rispose Katie con disprezzo. I due gemelli ringhiarono all'unisono.
“Edward
Montague, Serpeverde, era del mio stesso anno. Ha passato
informazioni circa la mia amicizia con Harry, Fred e George per
entrare nella schiera di voi sapete chi, credo come lacchè.
Continua a tenermi d'occhio
e in maniera piuttosto invadente” raccontò agli
altri con un
brivido disgustato.
“Oh,
non dirmelo! Montague ci sta provando con te?”
strillò Fred con
raccapriccio.
“Sì”
ammise Katie a denti stretti, portandosi le mani al viso. Aveva la
nausea al solo pensarci. Sentì ancora il basso ringhio, ma
non seppe
dire se fosse stato Fred o George.
Sentì
invece l'assurda frase di Lupin.
“Sfrutteremo
questa sua debolezza!” esclamò l'uomo entusiasta.
“No!
Mi..mi stai chiedendo di...” un conato di vomito le
bloccò la
frase, ma riuscì a trattenerlo.
“Di
accettare la corte di Montague” continuò Lupin per
lei.
Note:
Ma
ciao! ^_________^
Felicissima
di avervi qui.
Voglio
innanzitutto ringraziarvi, Marianne, Sidan, Quella che ama i Beatles,
Ali-smile, Fawkes, Blazingliquirice: le vostre recensioni mi hanno
resa felicissima! ^______________^
Sentire
le vostre voci, quello che pensate della mia storia, in bene o in
male, mi piace!
Mi
piace interagire con voi, parlare con voi, perciò: grazie!
Grazie
a tutte voi che seguite, che preferite, che ricordate!
In
questo capitolo: Katie si sta dando da fare, spero di non avervela
resa troppo mary sue! DDDDD: odio le mary sue! Ditemi che non lo
è!
In
realtà, è maturata, ha perso molte delle sue
paure e adesso
combatte e dà il suo supporto alla guerra.
Il
Primago (Primario-mago) è una mia invenzione...mi piace
inventare
parole nuove in stile JKR, anche nella vita reale.
Vi
piace l'entrata in scena di Montague? No? Beh, credo che dovrete per
lo meno sopportarlo, perché rimarrà con noi molto
a lungo.
A
presto
Vi
mando un abbraccio affettuosissimo (sì, sono di buon'umore!)
Mimì
|
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Capitolo 18 *** Katie la spia ***
“Ripetimelo
con calma, magari la seconda volta avrà più
senso!” esclamò
Leanne perplessa, versando le uova e il bacon sfrigolanti nei piatti
da colazione. Katie bevve un grosso sorso di tè caldo,
sciogliendo
il nodo alla gola che la stanchezza e l'agitazione le avevano
creato.
Raccontò ancora ciò che era successo la notte
prima; i
feriti, il sangue, gli incantesimi gettati uno dietro l'altro mentre
cercava di non cedere all'ansia, il discorso con Lupin.
“E
sul serio ti ha chiesto di flirtare con Montague? Con che
coraggio?”
strillò l'amica indignata, battendo una mano sul tavolo e
facendo
tintinnare le posate contro i piatti. Katie si era chinata per
frugare febbrilmente nella borsa, gettata per terra la sera
prima.
“In realtà vorrebbe che io mi avvicinassi
abbastanza per
fargli bere questa!” disse, poggiando un flacone di vetro
rosso sul
tavolo.
Leanne lo fissò ammutolita, con stupore e timore, quasi
temendo che il tappo scoppiasse via all'improvviso.
“A...Amortentia?”
chiese titubante.
Katie
finì di masticare il bacon e bevve ancora un po' prima di
rispondere.
“No, molto peggio” iniziò a raccontare,
“l'Amortentia fa perdere la testa per una persona per un
periodo
limitato, ventiquattro ore al massimo.” Fece un gran sospiro
rassegnato.
“Questa pozione è una versione potenziata,
Amortentia Capulet. Chi la beve si innamora perdutamente dell'altra
persona per un anno almeno, senza possibilità di eliminarne
gli
effetti” concluse, disgustata alla sola idea di avere
Montague
dietro per tutto quel tempo.
“Ma...perché? Che cosa spera di
ottenere Lupin?” domandò l'amica confusa.
“Vuole che io
manovri Montague. A suo dire, anche se è solo un tirapiedi,
potrebbe
avere accesso a informazioni che possono esserci utili”
rispose
chiedendosi se davvero sarebbe stata all'altezza della sua missione.
Leanne
stette per un momento in silenzio, forse preoccupandosi anche lei per
il suo ruolo in quella storia. Katie si alzò per riporre i
piatti e
le tazze nel lavello.
“Qual è stata la reazione di George
quando ha sentito del piano di Lupin?” chiese la voce di
Leanne
alle sue spalle, facendole battere il cuore.
Quando Remus aveva
proposto che accettasse la corte di Montague era successo un
pandemonio: Fred aveva urlato un 'ma stai scherzando, Remus?'; Molly
si era portata la mano al cuore e aveva lanciato uno strillo
sconvolto; Arthur era arrossito fin sulla fronte. Anche la pelata era
diventata rossa.
Remus aveva spiegato a tutti il suo piano e aveva
chiesto a lei se se la sentisse. Non era costretta a farlo, ma
avrebbe aiutato l'ordine col suo sacrificio.
Lei aveva respirato a
fondo, valutando le sue alternative, ma sapeva già quel che
doveva
fare; guardò Lupin e annuì convinta, senza far
caso alle proteste
dei suoi amici.
Andò via dalla tana un po' tesa, dopo aver
rifornito Molly di pozioni e distillati, pensando che probabilmente
Fred, che stava guardando Remus col viso arrabbiato, avrebbe
continuato a dar battaglia una volta che lei fosse
scomparsa.
”Nessuna. Che reazione avrebbe dovuto avere?”
rispose tranquilla tornando a guardare Leanne. L'amica tirò
su le
spalle, pensierosa, lasciando perdere l'argomento.
Entrambe
corsero a prepararsi per uscire di casa.
Alcune
ore dopo scivolava per un corridoio dell'Ospedale, diretta verso la
mensa, quando apparve l'orrenda figura che aveva terrorizzato il suo
sonno la notte prima. Montague bloccò il suo cammino con
fare
arrogante.
“Buon giorno, Bell. Come va?” chiese appoggiandosi
al muro con la spalla.
Katie ripassò mentalmente le istruzioni di
Lupin: attirarlo senza essere troppo accondiscendente. Era uno
scimmione idiota, ma poteva mangiare la foglia. Cosa che Katie
sospettava già facesse, data appunto la somiglianza con uno
scimmione.
“Bene, grazie” rispose secca, come faceva sempre.
“Sto
andando a pranzo ora, se non ti spiace” continuò
superandolo, ma
scoccandogli una mezza occhiata allusiva. Si fece schifo da sola, non
aveva mai sedotto un ragazzo e l'idea di cominciare con Montague la
scuoteva nel profondo dell'anima. L'uomo alzò un
sopracciglio
interessato e la seguì nel corridoio.
“Mi unisco a te, Bell, ti
spiace?” chiese vedendo lo sguardo teso della giovane. Katie
esultò
interiormente senza lasciar trasparire nulla.
Dovette sorbirsi la
disgustosa vista di Montague che mangiava di malagrazia infilandosi
il cibo in bocca e masticando a bocca aperta. La mensa era piena di
Guaritori e tirocinanti e molti guardavano verso di loro perplessi,
impedendole di attuare il suo piano.
Strinse
lievemente la presa sulla bacchetta nella sua tasca e un forte botto
riempì l'aria: la porta della mensa era saltata via con un
gran
fragore, sollevando un nuvolone denso di polvere. Mentre alcuni si
alzavano per controllare e rimediare, Katie agì; per fortuna
era
riuscita a piazzare un paio di Detonatori esplosivi vicino alla porta
quando era entrata e con un incantesimo li aveva azionati a
distanza.
Ritornata la calma in mensa, grazie a pochi semplici
incantesimi del personale di servizio, Montague si rigirò a
mangiare
come un maiale. Dopo dieci minuti di masticamento e grugniti, l'uomo
prese il calice di Burrobirra e lo portò alle labbra; Katie,
col
batticuore, lo guardò tracannare a grandi sorsi la bevanda,
gettandosene la maggior parte addosso, in attesa. Già nel
momento in
cui posò il calice qualcosa era cambiato.
Montague
scostò il piatto davanti a sé con un sospiro
sofferto, piantando
gli occhi innamorati nei suoi, il viso illuminato.
Era fatta, non
poteva più tornare indietro.
“Dimmi, Katie, posso chiamarti
Katie?” cominciò Montague con la voce soffocata
dall'emozione,
“vuoi venire a cena con me questa sera?”
Iniziò a contare
mentalmente fino a dieci, per non dire quello che davvero avrebbe
voluto.
“Con molto piacere” rispose invece a malincuore.
Per
un mese era uscita ogni sera con Montague: erano andati al cinema, ai
concerti, ai ristoranti di lusso e aveva dovuto cercare con ogni
mezzo di evitare le sue avances, ma nel contempo non rifiutarlo
troppo per tenerlo buono.
Lui le faceva centinaia di regali e le
mandava ogni giorno due dozzine di rose. Ogni sera si faceva una
doccia di almeno due ore per lavare via la sensazione di disgusto che
quegli appuntamenti le lasciavano.
Durante le ronde al San Mungo
la trattava con gentilezza, ma continuava a seguirla ovunque
declamandole il suo amore imperituro.
Katie
gli aveva consigliato di non dire a nessuno che stavano uscendo
assieme, perché la sua condizione di mezzosangue avrebbe
potuto
frenare la carriera di lui nelle schiere del Signore Oscuro. Montague
si era alterato, dicendole che nessuno avrebbe trovato da ridire sul
suo amore, ma alla vista dello sguardo afflitto di lei si era sciolto
in un sorriso e l'aveva abbracciata dicendole che avrebbe mantenuto
il segreto. Katie riuscì a sopportare quel contatto solo
pensando
intensamente a George.
Accolse
Remus nel suo appartamento con un sorriso stanco, quella sera. L'uomo
aveva acconsentito a vederla anche senza molto preavviso ed era stato
gentile, dato che erano le undici di sera.
Gli fece cenno di
accomodarsi sul divano, poi gli porse una Burrobirra.
“Come
stai, Katie?” chiese Lupin, guardando le occhiaie sotto al
suo
viso. Katie ricambiò l'occhiata guardando il volto stanco e
sfatto
del suo ex-professore.
“Meglio di te, a quanto pare” scherzò
per sciogliere un po' di tensione. Si sistemò nella poltrona
rossa a
destra del divano, rannicchiando le gambe.
Lupin
sorrise debolmente, ben sapendo che il suo aspetto non fosse migliore
di quello di lei.
“So che ti ho chiesto molto...” iniziò a
scusarsi, ma la mano di Katie lo interruppe.
“No, Remus, non
scusarti. Ho scelto io di accettare e ne sono fiera, se serve anche
solo in parte a salvare qualcuno. E' difficile, ma...non mi
lamento”
spiegò la giovane spostando lo sguardo sul fuoco che ardeva
nel
camino. L'uomo la guardò perdersi in pensieri propri mentre
gli
occhi vagavano tra le fiamme.
“Ti
ho chiamato perché Montague si è fatto sfuggire
qualcosa a
proposito dell'incontro tra il Guaritore Fawley e i Mangiamorte Rowle
e Jugson, di quella mattina di un mese e mezzo fa”
continuò
girandosi a guardarlo.
Lupin si sporse verso di lei,
interessato.
“Fawley ha firmato un contratto con loro, li
rifornisce di pozioni e ha dato loro delle dritte su dove avrebbero
potuto trovare alcuni nati babbani che lavoravano al San
Mungo.”
La
faccia inorridita di Remus doveva essere identica a quella che aveva
fatto lei quando Montague le aveva rivelato la cosa; Fawley le era
sempre piaciuto, era bonario e dolce, oltre che competente, o almeno
era quello che aveva sempre pensato. Fissò l'uomo assorto,
che
rifletteva ad occhi chiusi, forse digerendo la notizia.
Lupin si
riscosse all'improvviso e la guardò con una strana luce
negli
occhi.
“Ora, avresti tutto il diritto di schiantarmi Katie, ma
devo proprio metterti al corrente del mio piano. E tu sei la
protagonista principale” proferì l'uomo con fare
misterioso.
Pensando
che dovesse essere impazzita o peggio che Lupin la stesse
probabilmente manipolando con un Imperius o che forse era ammaliata
dal fascino da uomo maturo e vissuto che emanava, visto che non
riusciva a negargli nulla, Katie si diresse circospetta verso la sua
meta. Stava serpeggiando silenziosa nei corridoi del primo piano,
nella corsia opposta a quella dove pernottavano i pazienti: gli
uffici del Direttore.
Stando bene attenta a rimanere sotto il
mantello dell'invisibilità che Lupin le aveva consegnato due
sere
prima, cercava di trattenere il fiato e di non far stridere le scarpe
ortopediche da ospedale, non sapendo quanto gli altri potessero
percepire di lei lì sotto.
Molti
Guaritori uscivano dalle stanze nel corridoio venendole incontro,
perciò cercava di tenersi raso muro per non rischiare di
sbattersi.
Con sollievo arrivò alla grossa porta di quercia lucida
sulla quale
la targhetta dorata citava:
'Primago
Guaritore Galenus Fawley
Direttore responsabile dell'Ospedale San
Mungo'
Guardandosi
intorno con agitazione, per accettarsi che non ci fosse nessuno,
abbassò la maniglia ed entrò nell'ufficio.
Lo studio era
grande e ingombro di libri e pergamene in ogni dove; con un rantolo,
preoccupandosi su dove avrebbe potuto trovare qualcosa in quella
confusione, Katie richiuse la porta dietro di sé.
Alcune voci
improvvise la fecero trasalire.
“Chi è là?” chiese una donna
da qualche parte di fronte a lei.
“Chi è entrato?” domandò
un uomo.
“Effrazione!” squillò un'altra voce
alterata.
Katie
alzò lo sguardo sulla parete di fronte, sui ritratti dei
direttori
che avevano guidato il San Mungo nel passato. Erano tutti vigili e in
allerta, sicuramente risvegliati dal cigolio della porta e
preoccupati per non aver visto nessuno entrare. Bisbigliavano forte
tra loro, impedendole quasi di pensare. Non si era aspettata di
trovare un intoppo del genere, perciò non sapeva in che modo
avrebbe
potuto frugare nell'ufficio del direttore in cerca di informazioni,
senza che le persone nei ritratti corressero di qua e di là
in cerca
di una guardia.
E lei che si era perfino presa la briga di
chiedere a Montague di trattenere il direttore con una scusa,
dicendogli che doveva assentarsi per mezz'ora perché stava
poco bene
e non voleva che l'uomo se ne accorgesse.
Sentì dei passi farsi
rapidi e vicini nel corridoio e dimenticandosi di essere nascosta
sotto il mantello, si tuffò oltre la scrivania
nascondendocisi
sotto.
La
porta si aprì, facendole sentire due uomini confabulare.
“..li
avrà assolutamente entro domani” sentì
dire a Fawley. Stupido
Montague, non era nemmeno riuscito a fare una cosa così
semplice e
perfino un troll ci sarebbe riuscito.
Deglutendo
nervosamente ascoltò l'uomo che gli rispose.
“Faresti bene a
non dimenticartene. L'ultima volta le tue informazioni non erano
esatte. Ci sono scappati per un soffio!” esclamò
arrabbiato Jugson
battendo una mano sulla scrivania. Il suono sordo le
echeggiò nelle
orecchie.
Dei
piedi apparvero al suo fianco, scostando la sedia, costringendola a
rannicchiarsi sul fondo del suo nascondiglio, tremante. Stava morendo
di paura e contemporaneamente malediceva Remus per averla infilata in
quella situazione assurda. Se l'avessero scoperta l'avrebbero
interrogata fino a ridurla in fin di vita, ma quel che era peggio,
avrebbero scoperto ogni cosa che sapeva dell'Ordine.
Trattenendo
un brivido alla sola idea, cercò una soluzione, alla svelta.
Fawley
si sedette alla scrivania, le gambe a pochi centimetri da lei.
-Oh
ti prego, non allungare le gambe, non allungare le gambe!-
Ascoltò
i due uomini confabulare ancora di uno scambio di informazioni, una
grossa scorta di Veritaserum che avrebbe consegnato entro la fine
della settimana e una visita a domicilio ad una vecchia signora
Purosangue imparentata con Jugson. Nel mentre seguiva ipnotizzata il
piede di Fawley che tamburellava con agitazione. Dopo dieci minuti
Fawley si alzò in piedi e i due uomini si avviarono verso la
porta.
Quando sentì i passi ovattati che si allontanavano
tirò un grosso
sospiro di sollievo.
Mentre
stava per scivolare fuori dal nascondiglio i direttori nei ritratti
iniziarono a parlare tutti assieme.
“C'è un intruso
Fawley!”
“La porta si è aperta poco prima che tu entrassi,
ma
non abbiamo visto nessuno!”
“Continuo a dire: Effrazione!”
Il
Guaritore Fawley non se n'era andato! Aveva solo accompagnato alla
porta Jugson, pensò Katie con orrore.
“Grazie
Conan, Rudyard e Jean” disse Fawley tranquillo.
“Signorina Bell,
vuole venire fuori?” continuò con la solita voce
calma. Era stata
scoperta. Come? In quale momento? E come se la sarebbe cavata?
Con
un groppo alla gola e gli occhi sbarrati, Katie apparve dal suo
nascondiglio, tirandosi via il mantello dalla testa. Il volto
sorridente e stanco di Fawley la fissava accanto alla porta.
Tenendo
la bacchetta puntata su di lui, attese.
I
direttori iniziarono ad aggredirla, intimandole di abbassare la
bacchetta, dicendole che si comportava in maniera vergognosa e
minacciando di andare a chiamare soccorsi. Fawley li zittì
con un
gesto della mano, come se avesse la situazione sotto controllo.
“Come
ci è capitata nel mio ufficio? Sotto la mia
scrivania?” domandò
l'uomo avvicinandosi piano e senza movimenti bruschi vicino alla
poltrona più vicina, dove si sedette.
Sembrava sorpreso per
averla trovata lì, ma anche divertito. Katie seguiva ogni
movimento
con gli occhi e con la bacchetta, inquieta.
“Immagino
che dirle che sono arrivata qui per caso mentre vagavo per i corridoi
non la convincerebbe. Come mi ha scoperta?”
ribatté cercando di
mostrarsi fredda.
“Profumo di Frangipani. Jugson potrà anche
aver pensato che fosse il profumo per ambienti per il mio ufficio, ma
io so che lei è l'unica qui al San Mungo ad usare questa
fragranza”
spiegò l'uomo con sufficienza, come se fosse una cosa ovvia.
Tradita
dal suo profumo, come una stupida. Decisamente non era tagliata per
fare la spia.
“Cosa
ha intenzione di fare?” chiese mentre scivolava con cautela
da
dietro la scrivania, creandosi una possibilità di fuga.
Fawley
sorrise.
“Niente!”
“E pretende che le creda? Lei è in
combutta con i Mangiamorte!” lo aggredì Katie
arrabbiata.
Uno
dei direttori strillò: “come ti
permetti?”, ma lei lo ignorò.
Fawley
si accasciò un poco sulla poltrona, stanco.
“Io devo essere
dalla parte dei Mangiamorte o questo ospedale cadrebbe completamente
nelle mani di Colui-che-non-deve-essere-nominato”
sospirò l'uomo,
stanco. Katie non capiva che cosa volesse dire. Se collaborava coi
mangiamorte non era già alle dipendenze del Signore Oscuro?
Il
Guaritore lesse sul suo viso la sua perplessità.
“Signorina
Bell. Katie” iniziò a spiegare l'uomo dandole del
tu, “sei una
ragazza intelligente e credo tu sappia meglio di me cosa sta
succedendo là fuori. Tu-sai-chi si è preso il
Ministero, mettendo
un fantoccio assoggettato alla sua volontà al comando. E
così ha
fatto a Hogwarts con Piton. Pensi che non ci abbia provato anche qui?
Il San Mungo è un'altra pedina molto importante nella
conquista del
mondo magico!”
Katie
ascoltava rapita, la mente che lavorava febbrile, creando
collegamenti.
“Ho pensato che fosse meglio assecondare le loro
richieste e fargli credere di essere dalla loro parte, per proteggere
il mio ospedale e i miei pazienti” continuò l'uomo
cercando di
spiegarle.
“Allora perché gli ha consegnato i Nati Babbani?
Come pretende che le possa credere?” controbatté
Katie, per nulla
convinta.
“Io non gli ho consegnato nessuno. Tutte le
informazioni che passo loro sono false. Nessun Nato Babbano
è stato
preso a causa mia. Puoi controllare” rivelò Fawley
facendo
apparire un fascicolo blu sulla scrivania, con un leggero tocco di
bacchetta. Katie si avvicinò cauta e, sempre con la
bacchetta tesa
verso l'uomo, iniziò a sfogliare. Tutti i direttori nei
ritratti
seguivano tesi la scena, senza fare nemmeno un rumore.
Più
girava le pagine più si accorgeva che era tutto vero. Le
informazioni collimavano alla perfezione con ciò che sapeva
grazie
all'Ordine.
Fawley organizzava con dei Guaritori Nati Babbani
delle finte retate: fingeva di venderli ai Mangiamorte, poi loro
sparivano dal luogo in cui dovevano essere pochi minuti prima che le
squadre di Ghermidori arrivassero, per non far scoprire il direttore
e permettergli di continuare ad occuparsi del San Mungo e dei
pazienti. Katie crollò incredula sulla sedia, abbassando la
bacchetta.
“Allora lei è dalla nostra parte!”
esclamò
infine, sollevata.
Fawley
la bloccò con un cenno della mano.
“Non voglio sapere nulla,
Katie! Meno so, meno danni potrò fare”
asserì l'uomo alzandosi e
raggiungendo la libreria che occupava il lato destro della stanza.
Tirò fuori la bacchetta e picchiettò due volte
sul dorso del libro
'Il Mago di Oz' aprendo una nicchia nel muro; prese alcune pergamene,
richiuse la nicchia e si avvicinò con urgenza.
“Questi saranno
molto più utili a te. Fanne buon uso”
sussurrò il Guaritore con
un viso fiducioso. Katie infilò i documenti nella borsa,
incredula.
Fawley si sedette sulla poltrona dietro alla sua
scrivania, che lei aveva lasciata libera.
“Adesso vai. Ma prima
Schiantami e cancella la memoria di questa discussione” disse
semplicemente, guardandola serio in volto.
Katie non seppe che
dire se non un “grazie” mentre lasciava l'uomo
schiantato sulla
scrivania e spariva oltre la porta, nascosta dal mantello
dell'invisibilità.
Consegnò
a Lupin i documenti quella stessa sera, alla Tana. Scoprirono che
contenevano informazioni su molti Nati Babbani dispersi e sulle loro
famiglie; se fossero cadute in mano ai Mangiamorte, decine di persone
innocenti sarebbero state catturate o uccise.
Raccontò al suo
ex-professore, a Kingsley, Arthur, Molly e Tonks quello che aveva
scoperto su Fawley, rincuorandoli tutti. Arthur si sperticò
in lodi
per il coraggio e il sangue freddo del Guaritore, che metteva in
gioco la sua vita per non abbandonare l'ospedale.
“Adesso
posso smettere di dover stare con Montague?”
domandò speranzosa a
Lupin, che era ormai diventato una sorta di mentore. Tonks si era
innervosita e passava le mani sul ventre, ritmicamente. Anche se
incinta, Lupin non riusciva a farla desistere dal partecipare alle
riunioni. La donna aveva rifilato una bella ramanzina al marito,
quando aveva saputo cosa avesse chiesto a Katie di fare.
Lupin
scosse il capo, dispiaciuto.
“Ci serve ancora. Scusami”
mormorò con tono grave.
“D'accordo, allora. E' la mia missione”
minimizzò Katie con tono leggero.
Si
congedò dalla casa mezz'ora dopo, ma Tonks la
bloccò sulla
porta.
“C'è qualcosa che dovremmo sapere?” le
chiese
sottovoce nel cortile della tana. Katie si strinse forte nel
mantello, rabbrividendo alla gelida aria di inizio Novembre.
“No,
Tonks, va tutto bene” rispose decisa, ignara delle profonde
occhiaie che rivelavano il contrario. Tonks la fissò per
nulla
convinta, con un cipiglio serio.
“Katie, da donna a donna: va
davvero tutto bene?” insisté, afferrandole
gentilmente un braccio.
Katie
avrebbe voluto dirle che niente andava bene, che aveva dovuto
cancellare la memoria di sua madre per non farle ricordare che
militava nell'Ordine, che aveva paura, che non si sentiva
all'altezza, che tenere a freno Montague si stava rivelando ogni
giorno più difficile, ma non lo fece.
Sorrise a Tonks, incinta e
radiosa coi suoi capelli viola e annuì con convinzione.
“Mi
sembri un po' tesa ultimamente” incalzò ancora la
donna. Ma lei
continuò a negare e sorridere.
“Se è per la tua missione con
Montague e George che...”
“Niente del genere. Tutto a posto,
George non è affar mio, te l'ho già
detto” tagliò corto, forse
un po' troppo bruscamente.
Salutò velocemente e correndo oltre il
cortile si smaterializzò.
Andò
a dormire un'ora più tardi con un profondo senso di
spossatezza,
pensierosa. Che piega stava prendendo la sua vita?
Per quanto
avrebbe potuto giocare a fare Mata Hari senza essere scoperta e
uccisa? Fino a che punto avrebbe dovuti spingersi per la sua
missione? Per quanto avrebbe potuto tenere a freno Montague? Che
sarebbe accaduto se lui gli si fosse gettato addosso e lei non fosse
riuscita a difendersi, dato che era alto e grosso almeno il doppio di
lei?
Non riusciva a trovare una risposta, nemmeno una piccola, a
tutte quelle domande.
Rabbrividì pensando alla prospettiva di
dover passare tutta la vita con Montague. Con un doloroso bruciore
allo stomaco, riuscì a dormire solo quando il sole si alzava
ormai
ad est, incurante dei suoi problemi.
Note:
Salve
a tutti quanti! *___________________* E bello ritrovarvi!
Un
paio di spiegazioni: l'amortentia capulet non esiste, ma mi serviva
una versione potenziata per questa storia e le ho dato il nome
Capulet perché...Montague/Capulet, ovvero Montecchi e
Capuleti in
inglese. L'ho trovato romantico. Anche se Montague è uno
scimmione e
quanto di più lontano da Romeo.
I
nomi di Conan, Rudyard e Jean vengono da tre scrittori che adoro:
Arthur Conan Doyle, Rudyard Kipling e Jean Webster.
Katie
la spia...come la vedete?
Grazie
davvero, di cuore, per seguire la storia.
Sono
contenta che vi appassioni, che vi piaccia e di sentire quello che ne
pensate!
Adoro
leggere le vostre recensioni.
Grazie!
^_________^
Vorrei
abbracciarvi una ad una, ma, non potendo, vi mando un abbraccione
stritolante!
Mimì
|
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Capitolo 19 *** Un finto bacio ***
Novembre
corse via portandosi dietro solo cattive notizie, altre morti, altre
sparizioni.
Kingsley
era sfuggito per un soffio all'aggressione di un gruppo di
Mangiamorte, apparsi dal nulla; aveva iniziato a vivere in
clandestinità, come i Nati Babbani. L'Ordine
era così riuscito a scoprire come facessero i loro nemici a
trovarli
all'improvviso, come era successo a molti membri: il nome dell'Oscuro
Signore era stato reso tabù grazie ad un incantesimo e
chiunque
l'avesse pronunciato sarebbe stato accerchiato all'istante da
Ghermidori e Mangiamorte.
Grazie
a Lee Jordan riuscirono a diffondere la notizia a tutti gli alleati:
il giovane aveva fondato una propria radio privata, che avrebbe
trasmesso vere notizie su cosa stesse davvero succedendo e non quello
che Voldemort voleva far sapere: la neonata Radio Potter.
Purtroppo
una delle prime notizie diffuse fu l'arresto del Guaritore Fawley,
accusato di aver aiutato i Nati Babbani e di aver osato fare il
doppio gioco con l'Oscuro Signore; venne sbattuto ad Azkaban tra
indicibili sofferenze. Katie
aveva incassato la notizia stoicamente, cercando di non far
trasparire la preoccupazione che provava per la sorte dell'uomo. Il
San Mungo venne affidato al Guaritore Pollux Burke, Purosangue dedito
alla causa di Voldemort, non si seppe se spontaneamente o sotto la
maledizione Imperius.
A causa
dei controlli sempre più serrati e della fuga di Kingsley,
tutte le
riunioni dell'Ordine vennero sospese e i membri rimasero in contatto
tramite Patronus e solo per emergenze. Di
conseguenza, Katie e Leanne si trovarono improvvisamente tagliate
fuori, senza sapere come stessero gli altri e senza
possibilità di
chiedere in nessun modo informazioni; l'unico spiraglio di conoscenza
e speranza arrivava dagli appuntamenti settimanali con Radio Potter,
ormai diventati un'abitudine.
Le
ragazze e Samuel sedevano nel salotto, la radiolina poggiata sul
tavolo, e ascoltavano con avidità tutto ciò che
Lee raccontava: il
ritrovamento di vittime dei Mangiamorte, il salvataggio di alcuni
fuggiaschi, le ultime notizie sulle manovre del Ministero.
Lupin
faceva una breve apparizione nella trasmissione dando a tutti gli
ascoltatori consigli e dritte per evitare la cattura e per aiutare il
più possibile l'Ordine. Katie ascoltava ogni volta con ansia
mista a
speranza, indecisa se volesse sentire o meno il nome di suo padre; il
fatto che non venisse menzionato poteva anche voler dire che stesse
bene, che era riuscito a scappare all'estero o a nascondersi in
maniera eccelsa, ma desiderava così tanto avere sue notizie
che la
preoccupazione le arrecava dolore fisico.
Col
pensiero che ormai avrebbe dovuto convivere con la gastrite per
sempre, aveva continuato a vedere Montague, dato che non aveva
ricevuto nessun ordine che dicesse il contrario. Il giovane aveva
continuato a farle una corte spietata, cercando di convincerla a
portare la loro relazione ad un livello successivo, e Katie ormai non
sapeva più dove sbattere la testa. Desiderava
ardentemente poterlo schiantare per un anno o due, magari anche
cinque, giusto per stare tranquilla. Presto avrebbe dovuto farsi
crescere due paia di braccia in più per poter tenere a freno
quelle
dell'uomo.
A
rendere tutto ancora più complesso aveva trascorso il natale
a
litigare furiosamente con sua madre. Elisabeth,
preoccupata per come le cose stessero andando al San Mungo e
distrutta dentro dalla fine della relazione con suo padre e dalla
sparizione di lui, durante la loro intima cena natalizia aveva
proposto a Katie di partire per l'America, dove una zia di sua madre
si era trasferita agli inizi degli anni cinquanta.
Aveva
spiegato entusiasta che avrebbero potuto iniziare tutto da capo,
lontani da tutta quella violenza, dalla guerra. Katie
avrebbe voluto assecondare sua madre, anche solo per poter togliere
quella finta maschera tranquilla che la donna indossava, per lei. Ma
il suo posto era con l'Ordine, per Harry, per la loro giusta causa.
Sua
madre aveva gridato, urlato e ordinato, ma quando niente era riuscito
a smuoverla si era accasciata piangente, per la prima volta da mesi.
Katie si era accucciata al suo fianco e l'aveva stretta con amore
mentre la donna singhiozzava senza controllo, per ore.
Infine
l'aveva schiantata.
Così,
alla fine dell'anno, diede un bacio a sua madre, che giaceva
incosciente tra le braccia di suo zio, diretta in America, lontano da
tutto, lontano da lei. La giovane si costrinse a non piangere mentre
i due sparivano con una Passaporta, ma quando Leanne
al suo fianco le strinse la mano commossa, i singhiozzi ruppero il
suo cuore, invadendole la gola e anche lei pianse, per la prima volta
da mesi, per tutto il dolore accumulato.
I suoi
genitori erano entrambi lontani da lei, ormai.
Katie
uscì dal ristorante maledicendosi per il vestito troppo
leggero che
aveva indossato quella sera. Che a dirla tutta non trovava nemmeno
indicato per una serata con quello zotico di Montague. Ma l'uomo le
aveva chiesto di essere elegantissima per quell'occasione,
perché
l'avrebbe portata in un posto speciale, e così era stato.
Avevano
cenato al 'Pavone d'Oro', il ristorante
più costoso e più In di
tutto il mondo magico, contro la volontà di Katie;
nonostante lei
avesse piagnucolato e protestato, Montague aveva insistito per
passare il San Valentino con lei in quel ristorante e alla fine
l'aveva spuntata.
Le
erano stati presentati molti 'affabili e squisiti' neo-Mangiamorte e
si era chiesta, mentre cercava di capire con quale posata avrebbe
fatto più male a Montague tirandogliela, che sarebbe
successo se
qualcuno lì dentro avesse scoperto chi fosse lei davvero.
La cena
era stata eccellente ma, data la compagnia e l'ambiente, non
riuscì
a gustarla come avrebbe dovuto e quando infine erano usciti aveva
tirato un sospiro di sollievo, anche se il vento le mordeva le pelle.
Il piccolo mantello da sera non era sufficientemente pesante.
Arrivati
sotto l'appartamento di Katie, Montague sferrò il suo
attacco.
“Cosa
ne dici di un bacio della buona notte, Katie?” chiese l'uomo
avvicinandosi con sguardo lascivo. La pelle d'oca che le correva per
la schiena all'improvviso non fu solo per il freddo. Tirandosi
indietro, Katie cercò un modo per rifiutare senza farlo
arrabbiare.
“Ma
Edward, non mi sembra il caso, qua in strada, davanti a
tutti!”
sbottò allarmata sapendo che in realtà la strada
fosse, purtroppo,
deserta. I lampioni illuminavano solo loro due, le serrande abbassate
dei negozi, le macchine parcheggiate ricoperte di brina e i grigi e
deserti marciapiedi.
“Per
te non è mai il momento giusto! Perché non mi fai
salire a casa tua
allora?” insisté afferrandole la vita e
avvicinandola a
sé, con un gesto deciso. Katie, ormai nel panico,
indietreggiò
ancora, ma trovò solo il gelido muro a bloccarle la fuga;
Montague
la stringeva così forte che ormai non riusciva nemmeno ad
afferrare
la bacchetta dalla borsetta al suo fianco.
“Ma
no, non vivo da sola, lo sai” strillò piantando le
mani sul suo
torace per tenerlo alla larga. Provò a calciarlo, ma era di
molto
più alto di lei e riusciva a colpirlo solo sugli stinchi,
cosa che
non sembrava infastidirlo.
Montague
sembrava deciso a non desistere; stringendola ancora con tutta la sua
forza, costrinse la testa di lei a piegarsi all'indietro,
bloccandola, e si avvicinò al suo viso. Katie
tremante e inorridita guardò le sue labbra farsi sempre
più vicine
e chiudendo gli occhi pregò solo che finisse presto.
L'idea
di morderlo le balenò alla mente.
D'un
tratto la presa ferrea dell'uomo si sciolse e il suo corpo le cadde
addosso, molle; il peso improvviso la schiacciò piegandole
le gambe
e facendole sbattere le ginocchia contro il marciapiede umido e
ghiacciato.
Il
corpo di Montague venne sollevato e scaraventato di malagrazia al suo
fianco e Katie poté così guardare il suo
salvatore: George
torreggiava su di lei tendendole una mano, l'altra stringeva con
forza la bacchetta.
“Stai
bene?” chiese dopo che l'ebbe aiutata a tirarsi su. Sembrava
piuttosto calmo per essere uno che aveva appena schiantato Montague
senza motivo. Non che in effetti servisse un motivo.
Katie
si ritrovò a fissarlo senza sapere che dire, la mano ancora
nella
sua, incredula; non poteva essere vero, come, perché
George si
trovava lì?
“Tu
come...perché...cosa ci fai qui?”
farfugliò non sapendo bene con
quale domanda iniziare.
“Ti
seguo per conto dell'Ordine” rispose George tranquillo,
staccando
la sua mano da quella gelida di lei. Si tolse il mantello e lo
poggiò
sulle spalle di Katie, che assorbì il calore e il profumo di
lui in
estasi.
“Io
sono seguita? Da quando? Da chi?” chiese con la voce rauca,
colpita
da quella rivelazione.
“Dagli
inizi di Novembre, da me. Tonks mi ha chiesto di tenerti d'occhio,
era preoccupata per te. Non le è mai andato a genio il piano
di
Remus” rivelò il giovane lasciandola esterrefatta.
George
l'aveva seguita e tenuta d'occhio per tre mesi senza che lei
sospettasse nulla, che ne avvertisse la presenza. Perché
Tonks, che
sapeva del suo amore, aveva affidato il compito proprio a lui? Rimasero
a fissarsi per alcuni minuti, nervosi e straniti. Non si erano
parlati per anni e all'improvviso si trovavano da soli, di notte, a
scambiarsi informazioni persi l'uno nello sguardo dell'altra.
Lo
sguardo di George che le era mancato così tanto, che le
ricordava il
cielo limpido di Luglio. Si riscosse con un gran sospiro,
ricordandosi quanto male quegli occhi e il loro proprietario le
avessero arrecato.
“Cosa
facciamo con...” chiese puntando il dito contro Montague
accasciato
al suolo.
“Diamo
un po' nell'occhio in effetti con un uomo svenuto in mezzo alla
strada” constatò George, facendola sorridere.
Entrarono
nell'appartamento seguiti dal corpo di Montague che librava a
mezz'aria; George lo lasciò schiantare pesantemente sul
pavimento
del salotto mentre dava un'occhiata alla casa. Studiò
le foto di lei appese alle pareti, gli oggetti sparsi per la stanza e
gli elementi di arredo che le due amiche avevano comprato assieme per
rendere accogliente la casa.
Katie
lo invitò a sedersi e gli offrì da bere, nervosa;
mentre George
sedeva rigido sulla poltrona che lei era solita usare, ne
approfittò
per andare in camera a cambiarsi. Con un comodo pantalone e un caldo
maglione si ripresentò in salotto mentre George accendeva il
fuoco
nel camino con un tocco di bacchetta. Si
sedettero all'unisono, uno sul divano, l'altra sulla poltrona, ben
distanti. Katie si fece raccontare le ultime novità
sull'Ordine,
dato che George aveva di sicuro accesso a molte informazioni alla Tana.
Scoprì
che Luna era stata rapita dall'espresso di Hogwarts; che lei, Ginny e
Neville erano stati puniti per aver cercato di rubare la spada di
Grifondoro dall'ufficio del Preside; della morte di due membri
dell'Ordine e della sparizione di un terzo.
“Sempre
belle notizie, quindi” mormorò cupa quando George
ebbe finito di
raccontare. Il giovane annuì tristemente.
“Voi
come state? Nessuno è ferito, vero?” chiese,
ricordando quale
fosse il suo ruolo all'interno dell'Ordine.
“Stiamo
tutti bene. Stanchi, braccati, ma illesi. Tonks ormai non esce
più di
casa, visto che manca poco al parto, ma Remus dice che tenerla buona
è quasi impossibile” raccontò George.
Sorrise
al pensiero della impavida donna, che pur incinta di sette mesi
lottava per partecipare attivamente alla guerra.
“Sono
contenta. Notizie di Kingsley?”
“Ci
ha fatto sapere che sta bene, anche se ovviamente non ci ha detto
dove si trova. Se ci trovassimo nei guai ci ha assicurato che
tornerà
in un lampo. E si può contare sulla parola di
Kingsley” replicò
George sicuro.
Le fece
uno strano effetto trovarsi lì, da sola, a chiacchierare
tranquillamente con George, come facevano una volta, come se tra loro
niente si fosse rovinato.
Ascoltare
la sua voce profonda le dava i brividi e la tranquillizzava. Un
rantolo vicino all'ingresso li fece trasalire, Montague si
girò
lentamente sul fianco.
Si
erano completamente scordati della sua presenza.
George
lo colpì con uno Schiantesimo, stendendolo ancora una volta
sul
pavimento.
“Cosa
faccio di Montague?” chiese Katie, riportando la
conversazione sul
reale motivo per cui fossero lì.
“Dobbiamo
instillargli un finto ricordo del vostro...”
spiegò George
evitando di dire 'bacio'. Si alzò e si avvicinò
al corpo senza
conoscenza del grosso ex-Serpeverde. Katie
arrossì lievemente, ben sapendo quali ricordi quella parola
portasse
alle loro menti.
“Oh.
E' necessario?” esclamò disgustata, non volendo
che lui pensasse
di averla baciata nemmeno per finta.
“A
meno che tu non voglia baciarlo sul serio!” rispose il
giovane un
po' seccato, dato che stava cercando di concentrarsi.
“Non
mi metto a baciare chicchessia, nemmeno se me lo chiedesse Silente in
persona” ribatté Katie piccata. George si
voltò un momento,
osservandola assorto.
“Silenzio.
Devo concentrarmi per creare un ricordo vivido”
tagliò corto
riportando l'attenzione su Montague.
Lo
guardò chiudere gli occhi e muovere la bacchetta deciso,
come una
stoccata. Katie
si chiese se stesse usando il ricordo del loro bacio per far credere
a Montague di averla baciata.
“Tutto
fatto” disse George distogliendola dalle sue pericolose
riflessioni. Il
giovane fece levitare Montague e gli afferrò un braccio,
dicendole
che avrebbe pensato lui a riportarlo a casa.
“Tu
continuerai a tenermi, no, tenerci d'occhio?” chiese Katie
titubante, desiderando che dicesse sì e no.
Perché sapere di
avere
George intorno l'avrebbe resa felice, ma allo stesso tempo avrebbe
messo in pericolo sia la missione di lei, sia la vita di lui.
“Sì,
se non vuoi che Montague riesca davvero a baciarti la prossima volta.
O peggio” replicò George tradendo un po' di
ribrezzo nella voce.
“Ma
non trovo giusto che tu sacrifichi il tuo tempo in questo modo, a
causa mia!”
“Io
non trovo giusto che tu sacrifichi te stessa in questo modo, per
tutti noi” esclamò il giovane con voce irata. La
stava fissando con occhi incandescenti.
Leanne
aprì la porta in quel momento, costringendo i due a
distogliere lo
sguardo l'uno dall'altra, imbarazzati. La
giovane fissò perplessa George, poi Montague svenuto che
galleggiava
al suo fianco e infine Katie con il viso rosso. Trattenendo un
sorriso e qualsiasi battutina le passasse alla mente, si
fiondò nella
sua camera senza dire una parola.
“Buona
notte, George. Grazie” mormorò Katie riportando
l'attenzione su di sè.
“Buona
notte.”
George
sparì con una piroetta, trascinandosi dietro Montague.
Katie
corse in camera prima che Leanne uscisse fuori dalla sua per farle
delle domande. Si gettò sul letto e si accorse d'improvviso
che il
mantello di George era ancora lì, poggiato sul materasso;
d'istinto
lo afferrò e inalò il profumo di pino che
emanava. Ripensò ad ogni
singolo momento di quella assurda sera e finì con
l'addormentarsi
stretta al mantello.
Katie
corse a perdifiato, con le gambe che protestavano per il dolore.
Arrivata
alla fine del corridoio si infilò nel ripostiglio alla sua
sinistra,
sbattendosi dietro la porta con urgenza.
Cercando
di riprendere fiato fece apparire il suo Patronus, senza preoccuparsi
delle conseguenze. Non era importante che fosse in pieno giorno, che
si trovasse al San Mungo, che potesse essere vista da qualcuno: era
una questione di vitale importanza.
Il suo
piccolo Fennec la guardò incuriosito, agitando le lunghe
orecchie,
in attesa.
“Vai
alla Tana. Messaggio per Arthur: Riunione d'emergenza! Membri
più
fidati, tra mezz'ora. Discrezione! E' importante!” disse al
suo Patronus,
puntandogli la bacchetta per dargli l'ordine di parlare; il cucciolo
scrollò la testa e sparì in uno sbuffo di fumo
argentato.
Katie
si recò cauta allo spogliatoio dei tirocinanti e dopo aver
recuperato le sue cose andò dal Guaritore responsabile per
chiedergli una giornata di permesso, per motivi familiari.
Firmò un
paio di moduli per il permesso poi lasciò l'ospedale.
Si Materializzò sul primo
gradino della Tana ed
entrò svelta. Sebbene
fosse in anticipo di dieci minuti trovò tutti ad attenderla:
Lupin,
Arthur, Molly, Fred, George, Bill, Fleur e perfino Kingsley. Tutti
pigiati sul divano, le poltrone e le poltroncine.
Non
appena apparve incorniciata dalla porta tutti i sussurri si spensero
e tutti gli occhi la assalirono.
“C'è
una spia nell'Ordine!” rivelò Katie con voce
grave, guardando
Lupin. Molly
strillò incredula, Kingsley disse che era una grossa
insinuazione,
Arthur balbettava opposizioni. Lupin riportò la calma con un
colpo
di bacchetta, dalla quale scaturirono delle scintille rosse.
“Spiegaci,
Katie” disse non appena gli altri si furono zittiti. Katie si
lasciò andare sulla sedia più vicina, la testa
fra le mani.
“L'ho
sentito per caso. Montague mi stava seguendo come sempre e
così mi
ero nascosta nel mio armadietto aspettando che andasse via; ma prima
che potesse farlo è arrivato Jugson, ha dato uno sguardo
intorno e
si è chiuso la porta dietro. Ha detto a Montague che
aspettava il
rientro del loro contatto e che fra due giorni avrebbe avuto di
sicuro nuove informazioni da dargli” raccontò la
giovane
ricordando la scena a cui aveva assistito. La risata viscida di
Jugson le strisciava ancora sottopelle, facendola tremare.
“Ha
detto che era stata proprio una buona idea fare in modo che uno dei
loro prendesse il posto di un membro dell'Ordine, perché
stavano
catturando molti Nati Babbani e traditori. E' così che hanno
preso
Fawley” continuò, pensando che era stata soltanto
colpa sua se
l'uomo era stato portato via. Lupin
respirò bruscamente, costringendola ad alzare lo sguardo.
Era serio,
teso come non lo aveva mai visto.
Nel
salotto di casa Weasley era sceso un silenzio innaturale e gli occhi
di tutti saettavano di qua e di là, agitati, dubbiosi.
Lupin e
Kingsley si tirarono su all'unisono, puntandosi contro le bacchette
reciprocamente. Dopo essersi scambiati delle frasi che solo loro
potevano conoscere si rilassarono.
Arthur
interrogò Molly su cose private e viceversa. Bill
interrogò Fleur e
viceversa. Fred e George fecero lo stesso, anche se vide che lo
facevano di malavoglia, sapendo che fosse inutile tra di loro.
“Non
è tra di noi” sussurrò Molly sollevata,
portandosi una mano sul
cuore. Katie
non aveva mai dubitato di nessuno di loro, per quello aveva chiesto
solo la loro presenza. Ma Lupin si alzò e si
piazzò di fronte a
lei, con la bacchetta tesa.
“Potresti
essere tu la spia” esclamò l'uomo fissandola
torvo. Molly
strillò e si tirò su.
“Ma
Remus! Se è stata lei a dirci che c'è una spia,
come potrebbe
esserlo?” domandò affiancandosi a lui e
aggrappandosi al suo
braccio.
“Potrebbe
essere una trappola. Per metterci uno contro l'altro, per sviare le
attenzioni dalla persona che potrebbe essere davvero la spia”
ribatté Remus continuando a fissarla.
Katie
sostenne il suo sguardo, per nulla intimidita. Il sospetto di Lupin
era lecito e il suo mentore l'aveva avvisata di diffidare anche degli
amici, in quel periodo di guerra.
“Ci
serve qualcosa che solo la vera Katie conosce. Un informazione che
nemmeno sotto tortura potrebbero averle strappato”
mormorò Lupin
pensieroso, il viso concentrato. D'un
tratto venne spinto via insieme a Molly da George, che si
incuneò
tra i due, la bacchetta puntata sulla gola di lei. Katie vide i volti
degli altri membri sfocati, in secondo piano, che fissavano la scena
con ansietà. Fred era ipnotizzato dalla mossa del fratello.
Sentiva
la punta della bacchetta sfiorarle la pelle, dove il battito del
cuore era più forte.
“Qual
è stata l'ultima cosa che mi hai detto la notte dei fuochi,
nella
sala comune?” chiese George fissandola, ignorando Fred che
aveva
respirato bruscamente alla sua domanda. Ogni persona in quella stanza
stava aspettando la sua risposta.
Katie
non distolse nemmeno per un attimo i suoi occhi da quelli di George,
rivivendo per l'ennesima volta quel bacio nella torre.
Ricordò la
passione, l'estasi, la felicità e poi la disperazione. Lo
schiaffo.
Respirò
a fondo e deglutì il groppo che le serrava la gola.
“Io
so bene per chi batte il mio cuore e sei tu, anche se non lo
vuoi”
ripeté a distanza di anni, eppure con lo stesso sentimento
nel
cuore. Non
tradì alcuna emozione, non lasciò che la sua voce
tremasse. George
respirò a fondo poi abbassò la bacchetta.
“E'
la vera Katie” mormorò nel silenzio.
L'aria
nella stanza era nervosa, inquieta. Le persone presenti sapevano,
avevano capito, che tipo di tensione ci fosse tra loro e si sentivano
in imbarazzo per aver assistito alla scena. George tornò a
sedersi
vicino a Fred, che gli diede una pacca sonora sul collo, in un muto
rimprovero per la domanda scelta.
Lupin
si schiarì la voce, cercando di sciogliere la tensione
insieme alla
gola.
“Ci
sono decine di nuovi membri, per lo più giovani.
Angelina” iniziò
a elencare, facendo trasalire Fred all'idea che la sua ragazza
potesse essere stata sostituita, “Alicia, Lee, Oliver, Simon,
Janette. E molti altri. Come facciamo a sapere chi è la
spia?” Kingsley
propose di cercarli uno per uno e interrogarli personalmente, ma
molti erano in clandestinità e contattarli tutti avrebbe
reso la
ricerca un compito lungo. E prima l'avessero scoperto, meglio sarebbe
stato per tutti.
Dopo
alcune proposte, tutte bocciate una dietro l'altra, Katie si
alzò in
piedi.
“Io
ho un'idea. Sarà pericolosa, ma non è che abbiamo
molte
alternative” disse ai suoi amici, tutti concentrati su di
lei. Spiegò
la sua idea mentre il volto di Lupin si apriva pian piano in un
sorriso.
“Katie,
non finisci mai di stupirmi!”
Note:
Tadan!
Eccomi
qua! Ma ciao! ^___^
Dunque:
il nostro impavido George salva la nostra donzella in
difficoltà...troppo cliché, vero? Però
dai, lei non gli si è
buttata tra le braccia offrendosi di portare in grembo i suoi figli
per ringraziarlo, quindi potete perdonarmi? :D
C'è
una spia nell'ordine!!! Come la scopriranno?
La
stupidità di George nel chiedere proprio quella frase
è assoluta,
fesso-George!
L'ultima
frase di Lupin serve ad esprimere la sua sorpresa nel constatare come
Katie si sia fatta più sicura e coraggiosa. Quando ha
insegnato a Hogwarts si era accorto della sua insicurezza,
perciò vederla così attiva e temeraria
nell'Ordine lo impressiona positivamente.
Grazie,
grazie, grazie, grazie, grazie, mille grazie, un miliardo di grazie,
per seguire la storia e per le recensioni! Mi illuminano la giornata!
Quando
le leggo la mia faccia diventa così:
^________________________________________________________________^
A
presto carissimi!
Mimì
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Capitolo 20 *** Agguato a Kensington Garden ***
Nascosta
tra le fronde, Katie strizzava gli occhi per riuscire a mettere a
fuoco il piccolo spiazzo immerso nella nebbia, il cuore che batteva
nervoso. Tirò un grosso sospiro inquieto. Un
rumore dietro di sé la costrinse a tirarsi indietro,
scocciata.
“Per
la quinta volta! Smettila di fare rumore!” soffiò
al giovane alla
sua sinistra. Fred
assunse un'aria lievemente contrita.
“Mi
si era addormentato il sedere” si lagnò senza il
minimo imbarazzo.
George accucciato alla destra della ragazza sbuffò
divertito.
Katie
li squadrò entrambi, seccata. Sedevano dietro un grosso
cespuglio in
Kensington Gardens, attorno alla statua di Peter Pan; attendevano che
scoccasse l'ora prefissata.
Era una
particolare sera di metà Marzo: una fine nebbia avvolgeva
ogni cosa,
rendendo la situazione già tesa praticamente insostenibile.
“Se
cercassimo di ingannare il tempo non penserei al sedere che mi
formicola” continuò il giovane imperterrito. Katie
lo fulminò con lo sguardo. Nemmeno in una situazione del
genere Fred
perdeva la voglia di dare fastidio.
Lo
ignorò e si sporse nuovamente per dare un'occhiata intorno,
rassegnata. Non riusciva a percepire molto, perciò
pregò con tutte
le sue forze che gli altri fossero ancora ai loro posti, nascosti
come loro nelle vicinanze della statua. Controllò
l'orologio,
mancava un quarto d'ora a mezzanotte.
Respirò
nervosa.
Si
chiese se non fosse stata una stupidaggine, se il suo piano non fosse
in fondo una grossa sciocchezza; Lupin le aveva dato la sua
approvazione, ma adesso la sua sicurezza stava iniziando a vacillare.
Ripercorse
il piano mentalmente per cercare delle falle.
Con la
collaborazione di Lee avevano diffuso su Radio Potter un finto
messaggio per la spia all'interno dell'Ordine: un appuntamento con i
nati babbani e le loro famiglie ancora in fuga nei pressi di Londra,
per quella sera, presso la statua di Peter Pan. Sapevano che sarebbe
stata una ghiotta esca per i Mangiamorte e che avrebbe attirato loro
e la spia nella loro trappola.
Fred si
agitò ancora inquieto, incapace di stare fermo. Katie si
girò verso
di lui puntandogli la bacchetta sul naso.
“Un
altro movimento non necessario e ti trasfiguro in una sedia, te lo
giuro” sibilò minacciosa. Il giovane
incrociò
gli occhi per tenere
d'occhio la stecca magica.
“Ma
che bisogno c'era di arrivare qui con un'ora di anticipo? Sono
quarantacinque minuti che stiamo rannicchiati dietro questo cespuglio
in silenzio e credimi, non è la mia massima
aspirazione” si
lamentò, spostando con un gesto deciso la bacchetta di lei
dalla
faccia.
“Tanto
per cominciare, voi due non dovreste essere qui”
replicò Katie,
squadrandoli a turno, torva.
Era
vero, Fred e George non erano compresi nel piano iniziale, dato che
poteva rivelarsi un attacco suicida per chiunque avesse partecipato;
lei era dentro solo perché era l'ideatrice e
perché le sue
conoscenze di quasi Guaritrice sarebbero potute servire. Ma i
gemelli si erano impuntati testardamente finché Remus non
aveva
ceduto, affidandoli alla supervisione di Katie, che costituiva una
sorta di retrovia.
“Siamo
più grandi di te! Se tu sei dentro perché noi non
dovremmo?”
replicò Fred piccato, prendendo la cosa come un fatto
personale.
Katie sospirò e invece di rispondere, controllò
ancora l'orologio:
meno dieci minuti.
“Toglimi
una curiosità: che ne è di Montague,
stasera?” chiese il giovane
per spezzare il silenzio e attirare l'attenzione di lei. Gli occhi di
George brillarono nell'oscurità.
Montague
starà fuori combattimento per un po'” rispose
enigmatica, ma
Fred vide un sorrisino furbo sul suo viso.
Si girò
a guardarlo.
“Distillato
della Morte vivente, dormirà per qualche giorno”
confessò,
ridendosela sotto i baffi. Schiantarlo le avrebbe dato più
soddisfazione, ma anche vederlo accasciarsi dopo aver bevuto la
pozione le aveva dato gioia: per un po' non lo avrebbe avuto tra i
piedi.
I
gemelli risero piano, erano stati loro ad insegnarle a prepararla.
“Spero
davvero che tu non abbia fatto cose strane con lui”
commentò Fred
con ribrezzo, tremolando appena al solo pensiero.
“No,
grazie anche al mio angelo custode” mormorò Katie
girandosi a
guardare George, che ricambiò lo sguardo lievemente
imbarazzato, “ma
credimi, c'è mancato poco, molte volte.”
E
George era sempre stato lì a darle una mano schiantando
Montague, si
era chiesta se il giovane ci stesse prendendo gusto, e modificandogli
la memoria.
Fred
osservò il loro scambio di sguardi con un sorrisetto
malefico.
“Cosa
c'è tra di voi? Vi siete riappacificati?” chiese a
bruciapelo. Katie e
George si girarono all'unisono verso Fred, nervosi.
“Non
c'è nessun noi!” rispose lei con la voce
strozzata.
“Non
c'è assolutamente niente” ribatté
George all'unisono.
Fred
sorrideva della loro agitazione, contento di aver trovato il modo di
ammazzare il tempo.
“Mi
era parso. Voglio dire, guardate come siete affiatati e carini e
premurosi uno verso l'altra” incalzò ancora
facendo arrossire
Katie e costringendo George a fulminarlo con lo sguardo. D'un
tratto, mentre Katie minacciava silenziosamente Fred con un alfabeto
muto, sentirono un fruscio e uno scalpiccio frettoloso.
Tutti e
tre si sporsero un pochino per dare un'occhiata, stretti dietro il
cespuglio; un gruppetto informe si avvicinò alla statua,
fermandosi proprio d'innanzi a essa; videro le loro figure distorte
dalla nebbia
girare le teste a destra e a sinistra, nervose. Potevano essere nati
babbani accorsi in cerca di aiuto o potevano essere Mangiamorte o
Ghermidori travestiti per sorprenderli.
Percepirono
la minaccia prima ancora di vederla coi loro occhi, tutto intorno a
loro la temperatura scese di colpo, facendoli tremare; un grido
proveniente dal gruppetto gelò il sangue nelle vene,
spingendoli ad
alzarsi.
Due
figure nere scivolavano verso il manipolo di persone in attesa,
risucchiando ogni sentimento positivo nel tragitto; una delle persone
era svenuta sotto il loro potere.
Ignorando
le istruzioni di Lupin di stare tranquilli fino al segnale, lei,
George e Fred, si gettarono in una corsa folle per raggiungere il
gruppo; i Dissennatori erano un fuori programma che non avevano
previsto e che potevano in un attimo mettere in serio pericolo le
vite di quelle ignare persone.
Raggiunsero
il gruppo e riuscirono finalmente a distinguere i componenti: una
famiglia composta da padre, madre, figlio e figlia, difficile dire
chi fosse Babbano o Nato Babbano; una ragazza lentigginosa di
quindici anni, un ragazzo moro di sedici circa e un uomo canuto di
mezz'età.
La
persona svenuta era la ragazzina, attualmente sorretta dal ragazzo
moro.
I
Dissennatori stesero le loro mani putride verso di loro, affamati.
Fred e George arrivarono prima ed evocarono i loro Patronus, che
corsero verso le figure incappucciate scacciandole lontane,
lasciandosi dietro una scia argentea. Katie corse verso le persone
riunite, controllò che stessero bene poi chiese loro di
seguirla:
mentre le portava verso un angolo riparato e sicuro si trovò
all'improvviso accerchiata, in trappola.
Undici
persone apparvero dal nulla, le bacchette puntate su di loro. Quattro
avevano un cappuccio sul volto che nascondeva le loro
identità,
rivelando però la loro natura di Mangiamorte o neo
affiliati; gli
altri a viso scoperto non potevano che essere Ghermidori.
Tenne la bacchetta puntata su di loro, mentre cercava di mettersi tra
la loro linea di tiro e i Nati Babbani, ma sapeva che era come
puntare una fionda su una fila di cannoni.
Con un
grido roco i membri dell'Ordine apparvero alle loro spalle scagliando
incantesimi, costringendoli a voltarsi per rispondere; in un attimo
l'aria si riempì di anatemi e incantesimi, con guizzi di
colore che
accendevano la nebbia, rendendola surreale.
Katie,
libera di muoversi, portò il gruppo lontano da
lì, tutti piegati in
due per evitare fatture vaganti. Li fece fermare a duecento metri
circa dalla statua, nei pressi di un albero; con la raccomandazione
di tenersi accucciati lì e di aspettare che ritornasse,
scappò
via per dare una mano a suoi compagni.
Superò
Lupin e Kingsley che lottavano con accanimento contro tre Mangiamorte
e vide di sfuggita Arthur che lottava contro due Ghermidori. Non
riconobbe le altre figure nella nebbia, ma sapeva che Bill e suo
fratello Charlie stavano lottando anche loro, lì attorno.
Vide
due figure scagliare anatemi verso una terza, che si difendeva
strenuamente; al principio pensò che fossero i gemelli
contro uno
degli aggressori, ma avvicinandosi vide Fred contro due di loro, da
solo. Il
giovane si accorse di Katie e le sorrise beffardo.
Lei
alzò la bacchetta e ne colpì uno alle spalle con
un Espelliarmus,
sbalzandolo via di tre metri e facendogli perdere la bacchetta; il
suo alleato si girò verso di lei per colpirla, ma si
ritrovò
schiantato da Fred in un istante.
“Erano
i miei!” sbottò, mentre lei correva verso il
Ghermidore che si rimetteva in piedi e lo intrappolava con delle funi.
“Non
è una gara!” ribatté lei un po'
ansimante,
spezzando la bacchetta
dell'aggressore sotto il piede, per precauzione.
“Lo
vedremo alla fine!” la sbeffeggiò il giovane
gettandosi nella
nebbia.
L'aria
era satura di magia e voci concitate; Katie si girò intorno
per
cercare altri nemici da fronteggiare e schivò per miracolo
un fiotto
di luce giallo che passò accanto a lei, dandole i brividi.
Si girò
verso un Ghermidore alto e scarmigliato, col viso butterato da
qualche malattia; l'uomo le sorrise arcigno e le scagliò
contro una
fattura, dalla quale si difese con un Sortilegio Scudo che
resisté
appena. Lo attaccò con uno Schiantesimo, ma l'uomo
parò il colpo con
facilità, per nulla impressionato; quando
contrattaccò con un gesto
fulmineo, invece che difendersi, Katie si tuffò alla destra
per
evitarlo.
L'uomo
le si fece vicino, continuando ad attaccarla, ma si
tirò su
continuando a difendersi tra le risate divertite del suo nemico;
quando la vide puntare la bacchetta in alto invece che contro di lui,
la sua risata divenne sguaiata.
“Confringo!”
urlò Katie mentre il sorriso dell'uomo si fermava sul suo
volto. Il
basamento della statua esplose in polvere e detriti, mandando il
Peter Pan bronzeo a schiantarsi sull'uomo.
Un
grosso pezzo di roccia la colpì alla tempia mandandole una
scarica
di dolore alla testa e facendola barcollare; cadde appena sulle
ginocchia, stordita, la vista offuscata; scosse la testa con forza,
scacciando via il dolore e il ronzio alle orecchie e tirandosi su, si
avvicinò all'uomo svenuto sotto la statua: legò
anche lui e fece
fare alla sua bacchetta la stessa fine dell'altra.
Si
asciugò il sangue che le scendeva lento sull'occhio,
ostruendole la
vista.
Grida
acute e spaventate echeggiarono nella fosca notte, facendole voltare
il capo preoccupata per cercare di capirne la fonte. Con
orrore si accorse che le voci provenivano dal luogo in cui aveva
nascosto il gruppo, vicino all'Italian Garden. Corse verso di loro,
allarmata, e percepì di nuovo quel freddo innaturale,
quell'angoscia
che premeva sul petto; cercando di respirare a fondo si
avvicinò più
veloce che poté.
Erano
quattro i Dissennatori che scivolavano verso loro, veloci, portando
disperazione.
Katie
sapeva che era meglio non rischiare con George in giro, ma
chiamò lo
stesso il suo Patronus: sporadici sbuffi argentati scaturirono dalla
sua bacchetta, ma nulla di più.
Si
fermò, cercando di concentrarsi, ma con orrore si accorse di
non
riuscire a visualizzare il suo pensiero felice: un forte senso di
ansia la pervadeva. I
Dissennatori sembrarono percepirlo perché interruppero la
loro corsa
e si diressero invece verso di lei.
Katie
barcollò agitata, guardando le figure avvicinarsi.
Le
immagini di sua madre singhiozzante le invadevano la testa, mentre la
supplicava di andare via con lei, di non rischiare la sua vita
lì.
Il pensiero di suo padre, sperduto, solo, forse ferito mortalmente le
balenò alla mente, paralizzandola.
Continuava
a vedere quelle immagini mentre il terrore le invadeva il corpo, che
si era accasciato impotente: singhiozzò, mentre una mano
viscida e
piena di croste le afferrava il viso costringendola a guardare su,
verso la figura incappucciata.
Mentre
la vista si oscurava completamente, Katie iniziò a percepire
un
intenso calore, qualcosa di così potente e luminoso da
scacciare via
il dolore che l'aveva riempita fino a quel momento, sostituendolo con
la speranza. La vista si snebbiò, consentendole di vedere i
quattro
Dissennatori scappare via nella notte inseguiti da uno scintillante
Patronus, che diede loro la caccia finché non furono
spariti. Katie
lo vide tornare indietro, luminoso e buffo: il Fennec le si fece
incontro e si fermò d'innanzi a lei, scrollando la testa. Si
accorse
che era leggermente più grande del suo e che a una delle
orecchie
mancava un pezzo; allungò una mano per toccarlo, ma quello
svanì in
uno sbuffo di fumo argenteo.
Si
voltò e incrociò lo sguardo di George, qualche
metro più in là:
l'aveva salvata ancora. Stava diventando un'abitudine. Gli
sorrise grata e si tirò su per andare dai Nati Babbani.
Li
visitò uno ad uno per capire se fossero stati attaccati, ma
con
sommo sollievo constatò che nessuno di loro era stato ferito
o
avesse ricevuto il bacio dai Dissennatori.
Venne
raggiunta dagli altri membri mentre finiva di somministrare una
pozione calmante alla ragazza con le lentiggini, che si era ripresa.
Remus e
Arthur erano illesi, a parte qualche graffio superficiale. Bill
arrivò sostenendo Charlie,che sembrava incosciente, ma non
ferito in
maniera grave. Kingsley si avvicinò tenendo cinque uomini
svenuti e
legati sospesi dietro di sé, nei quali Katie riconobbe i due
che
aveva schiantato; Fred e George parlottavano tra loro decidendo chi
di loro avesse dato il meglio nello scontro.
“Ne
ho colpito quattro” si vantò Fred facendosi vicino.
“Io
due” rispose George, “ e quattro
Dissennatori!”
“I
Dissennatori non valgono!” ribatté Fred con
sufficienza.
“Ridimmelo
dopo che ti avranno dato un bacio, babbeo!”
“Che
ne è degli altri?” chiese Arthur, mettendo fine
alla conversazione
tra i gemelli.
“Sono
scappati via quando si sono accorti di non riuscire a Smaterializzarsi
nei confini del giardino; io e Remus ne abbiamo
inseguiti un paio, ma son scomparsi una volta fuori di qui”
rispose
Kingsley col suo tono calmo e profondo.
Scoprirono
i tre incappucciati svenuti, rivelando con orrore il volto di Dedalus
sotto uno dei cappucci. Trattennero tutti il fiato, tesi.
“Non
può essere il vero Dedalus” asserì
Remus, scuotendo la testa.
“Aspettiamo
ancora un po' e lo sapremo” disse Kingsley con un grosso
sospiro.
Mentre aspettavano che il tempo passasse, Katie si dedicò a
curare
Charlie, che era stato colpito da una fattura; puntò la
bacchetta su
di lui incanalando la magia e gli incantesimi in un fiotto
ininterrotto.
“Non
ti scopriranno al lavoro? Se usi incantesimi di Guarigione?”
domandò Fred perplesso.
“Non
è la mia bacchetta. E' quella di mia madre”
rispose in un
sussurro, mentre continuava a guarire il fratello. Non aggiunse nulla
e Fred non chiese nulla, ma scambiò uno sguardo preoccupato
con
George.
Lupin e
Arthur si erano allontanati per riparare la statua che Katie aveva
rotto e gli altri danni che la lotta aveva arrecato al giardino; i
babbani avrebbero potuto accorgersi dei profondi squarci e degli
alberi accasciati al suolo la mattina dopo.
All'una
meno un minuto sotto il loro sguardo attonito, il viso di Dedalus Lux
iniziò a liquefarsi, ringiovanendo; sulla testa pelata
iniziarono a
crescere folti capelli castani, lunghi fino al collo, il naso divenne
a patata, il mento pronunciato; il corpo si allungò di
qualche
centimetro. Si trovarono di fronte uno sconosciuto, di non
più di
trentanni.
“Che
ne è del vero Dedalus?” chiese preoccupato Arthur,
fissando il
giovane impostore.
“Non
lo so, ma lo scopriremo presto” proferì Remus. Lui
e Kingsley
sciolsero l'incantesimo antismaterializzazione e salutandoli
scomparvero insieme agli ostaggi, per interrogarli in un luogo
sicuro.
Charlie
si era ripreso e stava aiutando Katie a rassicurare i Nati Babbani.
“Vi
manderemo in Francia con una passaporta” stava spiegando la
giovane
al gruppo, mostrando loro un vecchio ombrello mezzo rotto, che aveva
preso dalla sua borsa, recuperata da dietro il cespuglio;
“là
troverete aiuto da alcuni nostri alleati, che vi aiuteranno a
nascondervi. Sarete al sicuro!”
La
famiglia si strinse contenta mentre il figlio piccolo, che doveva
essere il mago, spiegava cosa fosse una passaporta; la
ragazza buttò le braccia al collo del moro, che
ricambiò confuso e
allegro allo stesso tempo. L'arzillo uomo di mezza età
esultò con
un urlo euforico.
Dopo
aver ringraziato, aver stretto le mani a tutti e aver salutato, il
gruppo si aggrappò all'ombrello, in cerchio; quello si
illuminò
d'azzurro e dopo qualche secondo scomparve trascinandoli via con
sé,
al sicuro.
Katie
sospirò contenta. Era finita! Erano riusciti a non rimanere
uccisi e
avevano scoperto chi fosse l'infiltrato. E con un po' di fortuna
sarebbero riusciti persino a scoprire qualcosa su di loro, sui loro
piani.
Barcollò
appena, forse dalla stanchezza. Charlie
la sorresse e le premette la dita sulla fronte, facendola gridare dal
dolore.
“Guarda
qua! Probabilmente hai una commozione celebrale e te ne vai in giro a
guarire la gente; siediti” esclamò l'uomo
gentilmente, scuotendo
la testa. Katie
non era una persona remissiva, ma non se la sentì di
contraddire
Charlie: le ricordava George. Era infatti, tra tutti i Weasley,
quello che assomigliava di più ai gemelli e non le faceva
piacere:
le sembrava di guardare George da adulto. Più adulto.
Perciò
tenne gli occhi bassi mentre Charlie, accucciato davanti a lei, le
guariva la ferita alla fronte e le faceva bere un po' di ossofast che
rischiò di sputargli addosso.
“Grazie”
mormorò, tastandosi la fronte per cercare tracce della
ferita senza
trovarne, “te la cavi come guaritore!”
Charlie
le sorrise, facendo brillare gli occhi castani.
“In
genere curo cuccioli di Drago o animali feriti dai Draghi.
Perciò se
dovessero spuntarti delle scaglie in posti strani non preoccuparti
troppo” scherzò l'uomo aiutandola a tirarsi su.
“Ehi,
Charlie! Caschi male! La ragazza è già
presa!” urlò Fred
sperticandosi, indicando George che li guardava impassibile. George
se ne accorse e spintonò via Fred, che lo
rispintonò via a sua
volta. Katie
si ritrovò a ridere del litigio dei fratelli insieme a Bill,
Arthur
e Charlie.
Bill si
congedò poco dopo per raggiungere Fleur a casa; saluto con
una mano
prima di scomparire. Charlie e Arthur salutarono Katie e scomparvero
anche loro in uno svolazzo. Lei e i gemelli rimasero da soli.
“Va
bene, io vado. Accompagna Katie a casa, George” disse Fred
deciso
mentre si preparava a piroettare via.
“NO!”
strillò Katie facendolo sbandare dalla sorpresa e
bloccandogli così
la Smaterializzazione.
“No
che cosa? Non penserai che rimanga qui a sorbirmi il vostro dramma
d'amore?” ribatté stizzito Fred. “Oh beh
potrei, ho tempo”
aggiunse subito dopo, malizioso.
“Non
c'è nessun dramma d'amore!” esplosero
contemporaneamente.
“Perché
siete due idioti! Oh, ma andiamo. Vi siete anche baciati, che cosa vi
serve? Una dichiarazione scritta?” esclamò
gongolante.
Si
stava divertendo un mondo.
George
si girò a guardare Katie, chiedendole con lo sguardo
incandescente
perché Fred sapesse del bacio. Lei si tirò
indietro, presa in
flagrante. Quello
stupido di Fred non imparava mai a chiudere la boccaccia. Notando
lo sguardo omicida di Katie, il giovane si smaterializzò con
un
ghigno maligno.
George
la fissò un attimo, titubante; poi con un
“ciao” frettoloso
sparì dietro al fratello.
Fissò
il punto in cui era scomparso, delusa. Che
cosa si era aspettata? Una dichiarazione d'amore? Un abbraccio? Una
pacca sulla testa?
Lei e
George avevano ripreso a parlarsi, ma non c'era nessun segno che
avrebbero fatto mai più di quello, lo sapeva.
Però
le reazioni di lui avevano il potere di ferirla.
Si
incamminò verso l'uscita del giardino, diretta verso casa.
Avrebbe
potuto Smaterializzarsi, ma d'improvviso aveva voglia di camminare,
per schiarirsi le idee.
La
serata era stata ad alto contenuto di adrenalina e adesso che
l'agitazione della battaglia era scemata, sentiva il corpo molle e
stanco; tuttavia la soddisfazione dell'esito la teneva vigile e
euforica. Ancora
non si capacitava di come avessero potuto, in otto, fronteggiare
undici aggressori e quattro Dissennatori.
Sorrise mentre camminava
tra la nebbia, pensierosa.
Il
Fennec di George era corso in suo aiuto, pensò con un
sorriso
compiaciuto; era così simile al suo, solo appena
più grosso. Forse,
si disse, il suo era una femmina. Avrebbe avuto senso.
Arrivata
all'entrata del giardino, pensò al lungo tragitto che
avrebbe dovuto
fare a piedi per raggiungere l'appartamento e guardò
l'orologio: le
due meno venti del mattino. Con un
sospiro rassegnato al pensiero di dormire poco, girò su se
stessa
diretta a casa. Apparve
davanti al portone, con l'intenzione di tuffarsi dentro al letto
immediatamente.
“Ma
dove diamine eri finita? Mi stavo preoccupando!”
sbottò una voce
alle sue spalle facendola trasalire.
George
si ritrovò la bacchetta puntata addosso prima ancora di aver
finito
di parlare.
Katie
la abbassò due secondi dopo, guardando stranita il giovane
appoggiato al lampione che illuminava la nebbia intorno a loro,
rendendola ovattata.
“Non
apparirmi alle spalle all'improvviso! Soprattutto dopo quello che
è
successo stanotte!A meno che tu non voglia trovarti le articolazioni
delle ginocchia girate al contrario!” lo avvertì
minacciosa.
In realtà era sollevata che fosse lui, si era aspettata
un'altra
lotta fuori programma. George
la fissò un po' imbarazzato per non averci pensato.
Rimasero
a fissarsi in silenzio.
“Cosa...cosa
ci fai qui?” chiese timorosa dopo qualche minuto. George
si passò la mano dietro la testa, nervoso.
“Volevo
dirti di avvisarmi quando Montague tornerà in circolazione.
Per
ritornare a controllarti. Volevo dire difenderti”
mormorò,
visibilmente in imbarazzo per la scelta infelice delle parole.
“Oh,
va bene” esclamò Katie, un po' delusa.
“Grazie”
aggiunse pochi secondi dopo, pensando di sembrare poco grata per
quello che lui faceva.
George
scosse la mano come per dire che non ce n'era bisogno.
“Allora...se
è tutto” esordì lei dopo l'ennesimo
istante di imbarazzante
silenzio, “buona notte, George.”
Si
voltò per aprire il portone.
“Non
è tutto, no” dichiarò George facendola
voltare di nuovo,
sorpresa. Aveva
la testa inclinata da un lato e un'increspatura sul sopracciglio.
“Volevo
chiederti se....” sembrò tirare le parole fuori da
qualche parte
nel profondo di sé, dove gli costava fatica frugare,
“se ti va di
prendere un tè con me la settimana prossima, per
parlare.”
Katie
lo fissò incredula, cercando di far mantenere al suo viso
un'espressione normale.
George
le aveva chiesto un appuntamento?
“Io...sì,
sì, va bene” rispose con voce atona, troppo
scioccata per
poter
esprimere appieno il turbamento che provava. Dopo
essersi concordati molto rigidi sul giorno e l'ora, Katie
rientrò a
casa, stanca, euforica, elettrizzata.
Provò
a dormire, ma per quanto facesse non riusciva a non pensare di avere
un appuntamento con George di lì a sette giorni, il cuore
che
martellava incredulo e ansioso. Che cosa le avrebbe detto? Che cosa
si sarebbero detti? Provò mille e più discorsi
nella sua testa, uno
più surreale dell'altro. Come quello in cui George le diceva
di aver
capito di aver sbagliato e le dichiarava il suo amore imperituro.
Troppo
assurdo, pensò mentre cedeva finalmente al sonno.
Attese
con ansia crescente, il giorno dell'appuntamento, incurante del vento
che le scarmigliava i capelli. Aveva anche schiantato Montague
perché
non la seguisse.
Aveva
tutto il pomeriggio libero, perciò col batticuore e un senso
di
ansietà continuò a guardare a destra e a
sinistra, ferma davanti
alla sala da tè 'il cucchiaio emozionato', cercando il volto
familiare e amato.
Le
quattro arrivarono e passarono.
Alle
quattro e un quarto si disse che era solo in ritardo.
Alle
quattro e mezza che forse aveva avuto un problema in negozio.
Alle
cinque meno un quarto che sicuramente stava arrivando.
Alle
cinque iniziò un po' a preoccuparsi.
Alle
cinque e mezza si diede della stupida e se ne andò via,
ferita.
George
non era venuto, l'aveva presa in giro.
Mentre
trovava gli insulti più pesanti che le venissero alla mente
per
autodefinirsi e per definire lui, sdraiata nel suo letto, il bagliore
di un Patronus illuminò la stanza. Katie
si tirò su e guardò il Fennec posarsi lieve
accanto a lei,
acciambellandosi sul suo cuscino, con le orecchie abbassate. Non
voleva sentire le scuse di George, non aveva scuse.
Ma
quello parlò e lei non riuscì a non ascoltare la
profonda voce di
lui che le spiegava che i Mangiamorte avevano scoperto il trucco di
Ron, costringendo tutta la famiglia Weasley a nascondersi. Le
raccontò che avevano dovuto trasferirsi a casa di una loro
zia e che
non era permesso a nessuno uscire, per nessun motivo, dato che ormai
erano ricercati vivi o morti. Le chiese scusa per aver mancato il
loro incontro e le promise che presto, quando tutto sarebbe finito,
avrebbero parlato.
“Perciò
abbi cura di te, donna di ghiaccio” disse il Patronus
dolcemente,
usando il nomignolo che George le aveva dato al pozzo, “non
potrò
essere lì a proteggerti d'ora in avanti.”
Katie
guardò il Fennec dissolversi nell'aria, col cuore gonfio di
tristezza.
“Starò
bene, George” mormorò a voce alta, “sono
una donna forte!”
Ma a
dispetto delle sue parole scoppiò a piangere, pensando a
come tutte
le persone che amava stessero lentamente scomparendo dalla sua vita,
lasciandola ad affrontare tutto da sola.
Note:
Che
felicità rivedervi!
Oggi
per prima cosa voglio condividere con voi questo:
http://www.youtube.com/watch?v=jun5Q8QhaMY&feature=youtu.be
SilverKiria
ha creato un video ispirato alla mia ff e vi invito a vederlo.
Il suo
gesto mi ha molto colpita e lusingata e il video mi piace!
Grazie
davvero Silver! ^___________^
Allora,
la spia è stata scoperta! Dedalus era stato sostituito con
un nuovo Mangiamorte; fortuna che Dedalus era in missione per
proteggere i
Dursley e aveva accesso a poche informazioni.
Ed ecco
che, quando i nostri protagonisti finalmente si muovono uno verso
l'altra, e soprattutto George si da una svegliata, il destino avverso
continua a rimandare la loro unione.
Quanto
adoro Katie, povera stella.
Posso
dirvi che adoro anche voi? Vi adorooo! Che aumentate sempre
più tra
i preferiti, i seguiti, nelle recensioni! *___________*
Vi
mando un abbraccio e a malincuore vi saluto!
A
domani!
Mimì
|
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Capitolo 21 *** Battaglia di Hogwarts I ***
Aprile
passò lentamente per Katie, costretta a dover tenere a freno
l'impetuosità di Montague da sola. Lo
schiantava tre o quattro volte al giorno, provando una malsana gioia
ogni volta che l'uomo si accasciava svenuto ai suoi piedi. Stava
sfogando la sua frustrazione su di lui, pensando che la potesse far
stare meglio.
E
invece si sentiva uno schifo.
Le sere
rimaneva da sola a casa a cenare, in silenzio.
Leanne
non sapeva nulla, non l'aveva informata. Perché non avrebbe
sopportato il suo sguardo compassionevole o che lasciasse Sam da
solo per stare con lei. O peggio che i due decidessero di passare le
sere con lei, facendola sentire il terzo incomodo.
Quella
sera di fine mese aveva finito di mandare giù la sua misera
cena poi
si era adagiata sul divano, a studiare senza molta voglia i libri di
Medimagia avanzata. Lesse e
rilesse i capitoli tre o quattro volte ognuno, finché gli
occhi non
le bruciarono dalla stanchezza così, poggiando i libri sul
tavolino,
si trascinò in camera da letto.
Dopo
aver infilato il pigiama si affacciò un attimo alla
finestra,
guardando la strada deserta, assorta nei suoi pensieri. Si
sentiva così sola, così abbandonata. Le mancavano
tutti i suoi
amici, i suoi genitori, i membri dell'Ordine, George.
Dalla
sera del loro mancato appuntamento, in cui forse tra loro sarebbe
potuto tornare tutto come prima, se non essere addirittura meglio,
sentiva la mancanza di lui con così tanta forza da percepire
un
costante bruciore in mezzo al petto, come se il cuore stesse
consumandosi tra le fiamme.
Come lo
sentiva in quel momento.
Sospirando,
si diresse verso il letto, infilandocisi dentro sfinita e spegnendo
la candela. Chiuse
gli occhi, aspettando che il sonno la vincesse.
Correva
in una fosca nebbia con tutte le sue forze, ma Montague non le dava
tregua, rimanendo sempre dietro a lei. Il
suono cupo dei suoi passi la terrorizzavano, ma non aveva il coraggio
di voltarsi, per non vederlo in faccia; si tastò con urgenza
le
tasche alla ricerca della bacchetta, ma erano vuote. Andò a
sbattere
contro un freddo muro, il panico crescente. Quando due braccia la
afferrarono con forza strillò, col cuore.
Si
svegliò allarmata, una forte luce che invadeva la stanza e
le feriva
gli occhi.
Si tirò
su e mise pian piano a fuoco il Corsac di Fred, seduto sul suo
tappetto rosso, che la fissava. La
grossa volpe parlò con la voce dell'amico.
Katie
ascoltò il messaggio, incredula, spaventata, ma anche
euforica. Si
gettò fuori dal letto mentre il Patronus svaniva.
Aprì
uno dei cassetti del suo comodino e frugò fra i suoi
calzini,
cercando qualcosa.
Il
galeone dell'ES era caldo nella sua mano, quando lo trovò.
Guardò
le incisioni sul bordo e lesse ad alta voce.
“Adunata
ad Hogwarts! Harry è qui e combatteremo. Materializzatevi
alla Testa
di Porco e chiedete ad Aberforth!”
Lo
rilesse ancora un paio di volte, con voce crescente, infine con una
risata nervosa e elettrizzata corse a prepararsi, gettando le cose
alla rinfusa, cercando di far ordine nella sua testa.
Si
cambiò in fretta, prese la borsa e strinse forte la
bacchetta. Il
finto galeone scivolò sul fondo della tasca. Dopo
aver mandato un messaggio a Leanne tramite Patronus e aver dato un
ultimo sguardo al loro appartamento, che non sapeva se avrebbe mai
rivisto, Katie si Smaterializzò con un grosso sospiro
ansioso.
Quando
aprì gli occhi, dopo aver smesso di vorticare, si
trovò soffocata in
un grosso abbraccio biondo scuro. Le pozioni nella borsa tintinnarono
rumorosamente. Alicia
la stava stritolando e le gridava felice nell'orecchio; Katie la
strinse a sua volta, assaporando l'affetto che l'amica le
trasmetteva.
Baston
apparve nel suo raggio visivo, sorridente e felice di vederla. Quando
Alicia la lasciò andare, il grosso omone la strinse in un
veloce
abbraccio, un po' impacciato.
“Oliver,
tu come hai fatto a sapere del raduno?” domandò
ancora stretta nei
braccioni del suo ex-capitano.
“Era
con me quando è arrivato il messaggio”
sentì dire ad Alicia.
Sorrise emozionata, contenta che i due non potessero vederla.
“Avete
finito con i convenevoli o volete che vi abbracci pure io?”
gracchiò una voce burbera dietro di lei.
Aberforth
li squadrava torvi.
“Non
so proprio cosa sia venuto in mente a Paciock. Il mio pub trattato
come una stazione, gente che arriva e..” il rumore di una
Materializzazione interruppe lo sproloquio del vecchio oste.
Angelina
smise di vorticare e le guardò attonita. Katie e Alicia si
slanciarono verso la loro amica all'unisono e le tre finirono in un
abbraccio collettivo, in una babele di suoni, domande e risposte.
“Volete
anche un tè? Non siete attesi?” domandò
Aberforth riportandole
alla realtà. Mostrò loro il passaggio verso la
scuola, e i quattro,
dopo essersi issati sulla mensola, vennero inghiottiti dal tunnel.
“Allora
come state?” chiese Baston mentre risalivano il percorso in
pietra
levigata.
“Ti
piacerà saperlo, Oliver, sono entrata nelle riserve delle
Holyhead
Harpies” esclamò Angelina ad un euforico ex
capitano.
“Hai
fatto le selezioni? O ti hanno presa subito? In quanti eravate? Cosa
ti hanno fatto fare?”
Angelina
sorrise alle domande sparate in rapida successione.
“Gwenog
Jones è stata molto gentile e mi ha ricevuto in privato. Ha
detto
che ho del potenziale. E' stata una bellissima giornata
quella”
raccontò la giovane sognante, mentre Oliver sorrideva
euforico.
“Io
sono portiere di riserva nei Puddlemere United. Aspetterò
con ansia
il giorno in cui
giocheremo uno contro l'altra” annunciò l'uomo con
una strizzatina
d'occhi.
“Ok,
ok, le farai un altro milione di domande più tardi, Oliver.
Cosa ne
è stato di te, Katie? E' più di un anno che non
ci vediamo.” Katie
valutò come rispondere, era inutile tediare gli amici con un
racconto dettagliato delle sue disavventure, delle sue paturnie, dei
suoi dolori. Strinse le spalle.
“Tutto
bene, niente di interessante da raccontare” disse
semplicemente.
Notò lo sguardo torvo di Angelina, mentre passavano sotto
una
lampada che illuminava la galleria.
“Oh
sì, certo. Fai la spia per l'Ordine, curi di nascosto i Nati
Babbani e
aspetta, non stai con Montague?” domandò
sarcastica l'amica.
Oliver sbarrò gli occhi e Alicia strillò.
“Stai
con Montague?” urlarono i due all'unisono. Le loro voci
echeggiarono nel tunnel.
“Non
sto con Montague” spiegò, fulminando Angelina con
lo sguardo, “è
una missione dell'Ordine. E lui lo crede, ma non è successo
nulla.” Vide
Alicia e Oliver scambiarsi uno sguardo preoccupato, ma fece finta di
nulla.
Svoltarono
l'angolo e videro l'uscita del tunnel a pochi metri da loro, alla
fine di una piccola, ma ripida, scalinata. Katie
varcò la soglia dietro ad Angelina e prima che potesse avere
una
vaga idea di dove si trovasse, sentì l'amica urlare
“Fred!” e
varie persone gridare i loro nomi e correre loro incontro. Varie
domande si sovrapposero rendendo difficile capire chi avesse parlato
o cosa avesse chiesto.
Lasciò
Baston in mezzo ad un gruppo di ragazzi del quinto anno, che lo
assillavano di domande, e si diresse verso Neville, lacero e
malconcio, ma fiero come non lo aveva mai visto.
“Dov'è
Harry?” chiese scorrendo ancora una volta la sala con gli
occhi
cercando senza successo una traccia dell'amico. Incrociò lo
sguardo
di George e il cuore mancò un battito, dolorosamente. Lo
mangiò con
gli occhi, imprimendosi ogni dettaglio nella mente.
“E'
andato con Luna alla sala dei Corvonero. Tornerà tra
poco” rispose
il giovane sorridente, facendo tendere la pelle lesa.
“Siediti
un momento, Neville” mormorò dolcemente Katie
frugando nella borsa.
Spalmò una densa pasta rossa al profumo di menta sul viso
del
ragazzo, che si contrasse in una smorfia. Molti dei tagli si
cicatrizzarono all'istante e l'occhio si sgonfiò
permettendogli di
battere la palpebra e di vedere meglio. Neville
si alzò, grato, scuotendole il braccio talmente forte che
tutto il
suo corpo vibrò.
In due
minuti si trovò accerchiata da studenti ribelli laceri e
feriti,
bisognosi di cure. Si
stava occupando di Seamus, il più malconcio nella sala,
sotto gli
occhi preoccupati del suo migliore amico, quando la porta del tunnel
si aprì e Lupin, Kingsley, Molly, Arthur, Bill e Fleur
scivolarono
dentro meravigliati. Sorrise a tutti loro, mentre i gemelli e Ginny
si avvicinavano ai loro familiari. Pochi minuti dopo, quando le
ferite di tutti si erano cicatrizzate, Katie si avvicinò al
gruppo.
“Katie!
Come stai?” chiese Lupin con un sorriso stanco.
Mentre
apriva bocca per rispondere la porta della sala si aprì e
Harry e
Luna caracollarono giù dalla scala; Lupin si fece loro
incontro e
chiese spiegazioni.
“Voldemort
sta arrivando, stanno barricando la scuola...Piton è
fuggito...cosa
ci fate qui? Come avete fatto a saperlo?”
“Abbiamo
mandato dei messaggi al resto dell'Esercito di Silente”
spiegò
Fred. “Non potevano perdersi il divertimento, Harry, e l'Es
l'ha
fatto sapere all'Ordine della Fenice, e c'è stato un po' di
effetto
valanga.”
“Che
si fa Harry?” gridò George. “Cosa
succede?”
“Stanno
facendo evacuare i ragazzi più piccoli, l'appuntamento
è in Sala
Grande per organizzarsi” rispose Harry. “Si
combatte.”
Con
un ultimo sguardo a George, Katie seguì la folla euforica al
di là
della stanza delle Necessità, diretta verso la Sala Grande.
Nei
corridoi e giù per le scale si imbatterono negli studenti
delle
varie case, stretti nelle vestaglie o nei mantelli, tutti
molto spaventati e curiosi.
Spiegarono
più e più volte la situazione, ogni volta che un
nuovo studente si
univa alla folla e chiedeva cosa stesse succedendo. Quando arrivarono
nella sala aveva sentito venti volte la spiegazione, alcune volte
anche in maniera distorta, come la teoria secondo la quale Piton, che
era in realtà un vampiro, era scappato dalla scuola
trasformato in
pipistrello.
Si
allinearono tutti lungo i quattro tavoli, aspettando, mormorando. I
professori erano riuniti alla tavolata in fondo alla sala e parlavano
concitatamente.
Katie
sedeva sulla panca, attorniata da mormorii e chiacchiere. Fred,
George, Bill, Fleur e Percy entrarono in Sala, dirigendosi verso il
tavolo dei Grifondoro.
George
si sedette al suo fianco.
“Tutto
bene?” mormorò il giovane guardando dritto di
fronte a sé.
Sembrava non volesse incontrare il suo sguardo, non quando erano
così
vicini.
“Sì”
sussurrò lei, felice di averlo accanto a sé.
Rimasero
spalla contro spalla a guardare la sala gremita e quelli che
arrivavano.
Leanne
entrò nella sala seguita da Samuel, suo fratello Marcus e
sua
sorella Careen. Dietro di loro venivano Lupin e i signori Weasley.
La
professoressa McGranitt si mise a parlare alla folla, zittendo la
sala intera. Spiegò
seriamente la loro situazione, l'imminente battaglia, il pericolo in
cui si trovavano. Organizzò l'evacuazione per i
più giovani e per
tutti quelli che non volevano combattere. La
severa donna rispondeva a tutte le domande che fioccavano dai vari
tavoli, decisa, sicura. Mentre
spiegava agli studenti come dovessero comportarsi, una acuta voce
rimbombò nel castello, facendo serpeggiare la paura.
Katie
tremò appena, ma la mano di George coprì la sua
sulla panca,
cercando di infonderle coraggio.
Voldemort
li ammonì, scoraggiandoli dal combattere, dato che non
avevano
possibilità di vittoria. Chiese che gli venisse consegnato
Harry
Potter, entro mezzanotte, di lì a mezz'ora.
La
sua voce si spense, ma lasciò il freddo dietro di
sé. Un freddo
chiamato paura. Pansy
Parkinson si tirò su strillando e puntando Harry, in piedi
vicino al
tavolo dei Grifondoro.
Katie
si alzò insieme ai suoi compagni di casa, seguiti poi dai
Tassorosso
e dai Corvonero, tutti rivolti verso Pansy, le bacchette levate.
La
McGranitt congedò lei e la sua casa, invitandoli ad andare
verso il
punto di fuga. Con un gran tramestio di panche e scalpiccio di piedi
i Serpeverde lasciarono la Sala Grande, seguiti dai minorenni di
Corvonero e Tassorosso. Katie seguì con lo sguardo la
professoressa
che
cercava di convincere alcuni degli studenti più giovani a
lasciare
il castello.
Kingsley
salì sulla pedana richiamando l'attenzione di quelli che
erano
rimasti, che si avvicinarono per ascoltare con attenzione.
Spiegò
la divisione dei gruppi di combattenti, designando i capi. Lupin
le sorrise, scegliendola per il suo gruppo all'esterno insieme, tra
gli altri, a Leanne e Samuel.
George
guidava uno dei gruppi che controllava i passaggi segreti e Katie
poté solo guardarlo preoccupata mentre seguiva Remus insieme
ai suoi
compagni.
Uscirono
nella ferma notte, fuori dal castello, chiudendo il portone alle loro
spalle. Tirò su lo sguardo, fissando le baluginanti
stelle,
luminose, ma fredde.
“Tutto
bene?” si sentì chiedere per la seconda volta,
questa volta da
Leanne. Piantò
i suoi occhi in quelli verdi dell'amica, illuminati da un sorriso.
“Sì”
rispose sincera.
Lupin
spiegò a tutti loro come avrebbero dovuto comportarsi e
Katie vide
Ernie Macmillan annuire a tutto ciò che l'uomo diceva.
Attesero
in silenzio, nascosti dietro alcune barricate mimetiche create da
Lupin.
Mancavano
ormai solo cinque minuti alla battaglia. L'aria
era immobile, come tutti loro. C'erano di sicuro gli stessi pensieri
taciuti nelle loro menti, la stessa paura nei loro cuori e lo stesso
coraggio sotto pelle, erano una cosa sola, erano combattenti,
compagni nella stessa causa.
Non
c'erano case diverse o anni diversi: erano tutti alleati.
D'un
tratto il terreno iniziò a tremare sotto i loro piedi e con
la coda
dell'occhio videro una grossa figura avvicinarsi dal limitare della
foresta, a grossi balzi. Tutte le bacchette saettarono verso l'ignoto
personaggio, ma Lupin li rassicurò.
“E'
Hagrid!” urlò ai ragazzi.
Il Guardiacaccia venne lanciato dal suo gigantesco fratello dentro
Hogwarts, con un gran fragore di vetri infranti, proprio mentre
alcune fatture esplosero intorno a loro.
Si
ritrovarono nel bel mezzo della battaglia, senza preavviso.
Decine
di figure incappucciate scivolavano nel parco, scagliando ovunque
anatemi e fatture. Nascosti dietro le muraglie Katie e i suoi amici
lanciavano incantesimi e maledizioni, mirando agli aggressori.
L'adrenalina
scorreva nelle loro vene, la testa piena di incantesimi. Katie
respirava a fondo, tenendo la mente lucida, lottando non solo contro
i Mangiamorte, ma anche contro la paura.
Dopo
che parecchi fiotti di luce viola l'ebbero colpito facendolo tremare,
il loro nascondiglio esplose in mille pezzi.
Lei,
Ernie e Lavanda si tuffarono, schivando altri anatemi. Il parco venne
invaso da Mangiamorte, Dissennatori e ragni giganti; Katie corse via
mentre Grop lottava contro i giganteschi aracnidi, che faceva volare
via.
Schiantò
un Mangiamorte che puntava la bacchetta alla schiena di Leanne, poco
distante. Ma
venne disarmata immediatamente.
Si
voltò lentamente, per scoprire Montague che la teneva sotto
mira. L'uomo
la fissava con uno sguardo maligno, mentre teneva la sua bacchetta
stretta nella mano. Ogni traccia di amore ossessivo era sparito
dai suoi occhi.
“Ciao,
dolce Katie” sussurrò malignamente, con la
bacchetta puntata verso
il suo petto. Le esplosioni li circondavano, le luci degli
incantesimi illuminavano l'oscuro parco.
“Sei
tornato in te, Montague” constatò cercando di
sembrare fredda,
mentre pensava a come agire.
“Abbiamo
degli abili pozionisti tra i Mangiamorte, molto abili, e si sono
accorti dei continui vuoti di memoria” rispose l'uomo
continuando a
tenerla d'occhio.
Katie
deglutì nervosamente, sapendo che stava per attaccare.
“Dato
che ti piacciono i baci, ho degli amici che vorrebbero dartene
uno”
esclamò Montague, mentre due Dissennatori si avvicinavano.
Katie
resistette con tutte le sue forze al panico e al dolore che lottavano
per impadronirsi della sua mente, mentre le stelle e le lotte intorno
scomparivano.
Un
buio oblio la invase, pieno di timori. Un
cinghiale d'argento apparve dal nulla facendo scappare i Dissennatori
verso la Foresta, facendo ritornare la stellata e caotica notte.
Montague
venne pietrificato, irrigidendosi e cascando come un masso di faccia
sul terreno. Katie
sfrecciò a recuperare la bacchetta dalla sua mano e
ringraziò
velocemente Ernie, che l'aveva aiutata.
Rivoltò
l'uomo col piede, così che i suoi occhi vigili potessero
vederla.
“E'
stata tutta una messinscena, Montague, e tanto per la cronaca non ti
ho mai baciato, viscidone!” strillò verso di lui
mentre col piede
gli schiacciava la bacchetta. Corse via, andando ad aiutare Leanne
alle prese con un Mangiamorte grosso e veloce. Insieme riuscirono a
schiantarlo, ma non poterono gioirne, assorbite dalla battaglia. Katie
le strinse appena la mano, in un muto gesto d'affetto.
Leanne
corse verso Samuel che cercava di far indietreggiare dei ragni, Katie
parò un anatema che un Mangiamorte le scagliò; ma
prima che potesse
attaccare, l'uomo venne atterrato da un attacco dall'alto.
Alzò lo
sguardo e vide insegnanti e studenti che lanciavano incantesimi
contro i nemici dalle finestre del castello.
Le
urla echeggiavano in ogni dove, miste a scoppi, grida concitate,
ordini impartiti chissà da chi.
Jugson
apparve dal nulla, ghignando verso di lei.
Katie
iniziò una lotta a colpi di incantesimi, concentrata come
forse non
era mai stata, sapendo che non era un'esercitazione, perché
quei
tempi erano finiti da parecchio, sapendo che era in gioco la sua
vita. Il Mangiamorte lanciava fatture con veloci schiocchi di
bacchetta,
fulminei, precisi. Katie parava, contrattaccava, assorbita
completamente dalla sua lotta. Le grida intorno erano ovattate, le
luci flebili come fiammelle.
“Ragazzina,
sei finita. Una punizione per tutte le balle che ci hai
raccontato”
grugnì soddisfatto lanciandole un Incantesimo di Esplosione.
“Confringo!”
urlò il Mangiamorte, vittorioso.
“Stupeficium!”
gridò Katie contemporaneamente, cercando di schivare il
colpo. Jugson
venne colpito dal fiotto di luce rossa e cadde all'indietro, inerme,
mentre Katie era riuscita a schivare la fattura dell'uomo, che
passò
a pochi millimetri dal suo corpo.
Una
parete del castello dietro di lei esplose alzando un gran polverone e
detriti, investendo chiunque fosse vicino. Katie
venne sbalzata via, e atterrò dolorosamente sul terreno
umido.
Dopo
qualche istante di vuoto, con gli occhi chiusi e la testa che ronzava
cercò di valutare i danni: sentiva ogni articolazione
cigolare, ogni
muscolo bruciare, ogni osso stridere, ma non sembrava ferita in
maniera grave, perciò facendosi forza si tirò su,
ansimante,
sentendo le costole scricchiolare nell'operazione.
Si
controllò alla ricerca di tagli profondi, ma con sommo
sollievo
trovò solo graffi e contusioni.
Il
parco era pieno di battaglie, grida, scontri. Era impossibile
riuscire a sentire il proprio cervello pensare o il proprio battito
del cuore, impazzito. Ma c'era, era ancora viva.
I
giganti erano scesi in campo, martoriando il castello già
provato.
Grop si lanciò verso uno di loro, agguerrito, indomito.
Katie
scagliò incantesimi contro i Mangiamorte, contro i ragni,
contro i
giganti, prestando aiuto dove poteva, con un Sortilegio Scudo su un
amico in difficoltà, con un veloce colpo di bacchetta se
qualcuno
era ferito, per una prima cura. Non sapeva dove fosse Leanne o
Samuel o Lupin o George, né nessuno dei suoi amici
più stretti,
ma cercava di non pensare a quanti erano riversi a terra, cercando di
concentrarsi sulla lotta, di aiutare quando poteva.
Corse
verso un corpo riverso pochi metri più in là,
scoprendo Padma e un
altra ragazza ferite, mentre un gruppo di Dissennatori si facevano
vicini.
Il
piccolo Fennec germogliò dalla bacchetta e corse verso le
oscure
figure, rincorrendole nella notte. Il suo Patronus venne aiutato da
un altro, che non riconobbe; solo quando i due ritornarono e corsero
entrambi verso l'uomo vicino all'ingresso, Katie riconobbe un altro
Fennec.
George
guardò i due Patronus meravigliato, poi seguì
quello più piccolo
con lo sguardo, mentre tornava da lei. I loro sguardi si
incrociarono, mentre i loro Fennec svanivano.
Rimasero
a fissarsi nel bel mezzo del campo, imprudentemente. George
divorò la distanza tra loro e afferrandola con passione, la
baciò.
Katie
ricambiò con trasporto, drogata dall'adrenalina della
battaglia,
gioendo del piacere che il bacio le procurava, che George le
procurava. Non le importava il perché del bacio,
né la situazione
in cui si trovavano; era tra le braccia di George in quel momento e
niente avrebbe potuto farle male.
Si
staccarono l'uno dall'altra con riluttanza, fissandosi magneticamente
negli occhi. Non si dissero nulla, si diedero solo un fugace bacio
sulle labbra, prima di separarsi.
Dopo
la battaglia avrebbero parlato, anche del bacio.
Katie
aiutò Michael Corner a schiantare un grosso ragno che
cercava di
entrare dallo squarcio nel castello, poi si gettò in una
lotta
contro un mangiamorte incappucciato, riuscendo dopo un estenuante
sequela di incantesimi ad atterrarlo, grazie a Seamus che l'aveva
urtato, passando lì vicino con Ernie. Venne
raggiunta da Leanne, un po' lacera, ma illesa, da Marcus e Samuel e i
quattro decisero di provare a schiantare il gigante che continuava a
colpire il castello, facendo cadere pezzi di mura sui combattenti.
Per
quanto facessero non riuscirono nemmeno a scalfirlo e quello
continuava ad accanirsi su Hogwarts, deturpato dalla battaglia, e sui
loro compagni.
Charlie
Weasley apparve da chissà dove, unendosi a loro.
“Sono
come i draghi! Refrattari alla magia! Mirate agli occhi!”
urlò
l'uomo, cercando di sovrastare le urla e gli scoppi. Levarono
tutti la bacchetta verso l'alto, puntando al viso. Cinque fiotti
identici spuntarono dalle loro bacchette, perdendosi nel cielo sopra
di loro. Il gigante lanciò un grido di dolore e prese ad
agitarsi
con più forza, come un invasato.
Cercarono
di scansarsi, ma Leanne venne colpita dal grosso piede e
sbatté
violentemente contro il muro del castello, accasciandosi poi come un
pupazzo sul terreno. Charlie continuò a scagliare anatemi
contro il
gigante mentre Katie allarmata correva verso l'amica, seguita da
Samuel e Marcus.
Si
accucciò vicino a lei, rigirandola piano, per evitare danni.
Era
terrorizzata da morire e voleva solo piangere in quel momento, ma
bloccò il tremore alle mani e controllò la sua
migliore amica,
dirigendo gli incantesimi verso di lei.
Era
svenuta, aveva tre costole incrinate e una gamba rotta, ma era viva.
“Andate
voi due!” disse seria ai due uomini che seguivano tutti i
suoi
movimenti, preoccupati.
“Curerò
Leanne, ma voi tornate a combattere. Non possiamo ritirarci
così
dalla battaglia, è da vigliacchi!” urlò
per evitare qualsiasi
loro protesta. Marcus
si tirò su e con un ultimo sguardo alla sorella si
gettò nuovamente
nella mischia. Samuel invece sembrava non volersi staccare dalla mano
inerme di Leanne.
“Sam,
è in buone mani. Non avere paura. Vai!”
esclamò Katie fissando
gli occhi grigi dell'uomo, che non abbandonavano il corpo della
fidanzata.
Con
un gesto risoluto si allontanò, senza voltarsi indietro.
Katie
trascinò cautamente Leanne verso un punto riparato, lontano
dal
centro delle battaglie. Puntò la bacchetta verso l'amica,
incanalando la sua magia, guarendo, riparando.
Dopo
dieci minuti mormorò “Innerva!” mentre
puntava la bacchetta
verso il petto di Leanne che aprì gli occhi lentamente,
cercando di
capire cosa ci facesse lì.
“Stai
giù, Leanne. Hai delle fratture fresche, non devi
muoverti” ordinò
Katie, presa nel suo ruolo di Guaritrice.
“Ma
io devo raggiungere Samuel!” gridò l'amica
tirandosi su e urlando
contemporaneamente di dolore, portandosi la mano sulle costole.
“Non
costringermi a pietrificarti! Sta buona! Samuel sa cavarsela.”
“Non
voglio rimanere qui sdraiata al sicuro mentre i miei amici
combattono, rischiando la morte” piagnucolò
Leanne, la voce
alterata dalla preoccupazione.
“Nessuno
è al sicuro, stanotte” mormorò Katie
con
voce grave, riportando
l'amica alla realtà.
La
fredda voce di Voldemort echeggiò, dentro il castello,
fuori, a
Hogsmeade, nelle loro teste, ovunque. Si complimentò con
loro per la lotta,
proponendo
una tregua di un'ora, per curare i feriti, per piangere i morti.
Se
Harry si fosse consegnato in quel lasso di tempo, continuò
la voce,
la battaglia sarebbe cessata. In caso contrario
giurò di
uccidere tutti coloro che si erano opposti a lui.
Katie
osservò i nemici ritirarsi, lasciando il parco ingombro di
corpi.
Ignorando
le urla di Leanne corse verso il castello, per cercare Madama Chips,
decisa a salvare più vite possibili.
Note:
Salve
a tutti!
Eccoci
alla battaglia, improvvisa come una vera guerra si è
impadronita
della storia, trascinando i nostri.
E'
molto veloce perché volevo trasmettervi il senso di
ansietà che
provano, il tempo non ha senso quando combatti e temi per la tua vita
e quella degli altri, le cose si susseguono una dietro l'altra.
Nel
libro vediamo tutto dal punto di vista di Harry e perciò
vediamo
pochissimo, e sembra quasi una fesseria. Salvo poi andare in sala
Grande e scoprire che sono morte 50 persone!
Spero
che vi sia piaciuto perché è uno dei capitoli che
ho più ponderato
prima di scrivere.
Il
pezzo in corsivo è preso pari pari da HP e i doni della
morte.
Vi
mando un abbraccio in questi tempi di guerra Harrypotteriana!
A
presto!
Mimì
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Capitolo 22 *** Sipario di dolore ***
“Bell,
mi serve l'Ossofast, presto!” tuonò Madama Chips,
con la mano tesa
verso di lei.
Katie
frugò dentro il baule portato giù
dall'infermeria, passando la
bottiglietta bianca nelle capaci mani.
Madama
Chips non era sembrata convinta quando lei si era offerta di aiutarla
a guarire i feriti, forse memore di tutte le volte che Katie era
finita in infermeria, soprattutto per la sua sbadataggine. Ma poi si
era aperta in un sorriso fiducioso e aveva acconsentito. Insieme
avevano allestito uno spazio in fondo alla Sala Grande, per i feriti
che venivano portati da chi era illeso, dagli angoli più
disparati
del castello.
Aiutò
l'infermiera a dare la pozione a Lavanda, che aveva una gamba rotta.
La ragazza era stata anche morsa da un lupo mannaro, ma dato che non
c'era la luna piena non avrebbe avuto conseguenze nefaste. Solo che la
cicatrice, che correva dalla sua gola fino al braccio, non sarebbe mai
scomparsa del tutto. Calì singhiozzava al suo fianco, mentre
teneva
una mano a sua sorella, incosciente, ma fuori pericolo.
C'erano
decine di feriti, che urlavano dal dolore, o svenuti, o sotto shock.
Lei,
Madama Chips e Leanne, che aveva recuperato le forze con l'Ossofast,
correvano da uno all'altro, senza pensare al dolore o alla fatica, ma
cercando con ogni briciolo di magia di aiutarli.
Asciugandosi
il sudore dalla fronte, Katie si voltò un attimo verso il
resto della
sala, constatando che il numero dei corpi aumentava a dismisura.
Baston e Neville recuperavano i corpi del parco e li adagiavano al
centro della sala, sgombra dai tavoli delle quattro case. Altri
recuperavano quelli sparsi per il castello, portandoli lì
perché i
sopravvissuti potessero sapere la loro sorte, perché
potessero
piangerli e onorarli. Cercando di non cedere al dolore che minacciava
di travolgerla, guardò i corpi di molti che conosceva,
con cui
aveva parlato, riso, giacere immobili. Cindra, la sua amica di
dormitorio, era stesa accanto agli altri corpi, come loro spazzata
via per sempre dal mondo.
Soffocando
un rantolo di orrore si voltò verso i feriti,
prestando le
cure a Dean, che era stato schiantato da tre incantesimi insieme.
“Innerva”
mormorò puntando la bacchetta verso la gola del ragazzo, che
aprì gli
occhi bruni su di lei, confuso. Gli
fece bere una fumante pozione violetta e lo costrinse a rimanere
sdraiato, anche se lui insisteva per alzarsi a cercare gli
amici. Seamus, solo un po' contuso, ma illeso, si avvicinò
all'amico
e gli raccontò sommariamente cosa fosse successo, dando a
Katie la
possibilità di alzarsi per curare gli altri.
Baston
arrivò nella sala correndo, sorreggendo Alicia svenuta tra
le
braccia, allarmato.
Lo aiutò ad appoggiarla con delicatezza, poi lo
mandò fuori, per
continuare ad aiutare Neville, rassicurandolo che Madama Chips aveva
tutto sotto controllo. La severa infermiera non era mai stata
così
impegnata, ma nemmeno così gentile; andava da un paziente
all'altro,
mormorando incoraggiamenti, dando pacche comprensive o regalando un
sorriso dove c'era bisogno. Sgridò una lacera professoressa
McGranitt, perché non si lasciava curare dato che voleva
andare a
controllare gli altri feriti e sapere chi fosse morto.
Alicia
riaprì gli occhi, e così Ernie, che aveva un
braccio rotto, e
Hannah, e Padma, Aileen e Cho.
Katie
non sapeva dove fossero George o Fred o Lupin o Angelina o tutti
gli altri. Pregava con tutte le forze che stessero bene, che stessero
per arrivare, che nessuno di loro fosse...
Scosse
la testa, scacciando via quegli orribili pensieri, quell'angoscia che
la riempiva. Leanne
la chiamò per farsi aiutare con una bendatura. Mentre era
china con
lei su Anthony Goldstein, uno scalpiccio e un lamento attirarono la
sua attenzione.
Voltò
il capo verso la porta, lentamente.
Lee e
Percy sorreggevano un corpo inanimato tra loro e Katie
osservò
sconvolta i suoi capelli rossi dondolare ad ogni movimento. Non
riusciva a capire se fosse George o Fred, ma entrambe le ipotesi la
inorridirono. Ogni rumore si spense, assorbito dal dolore: il
cicaleccio, i lamenti, c'era solo un orrido e confuso silenzio nella
sua testa.
Scattò
prima che ogni pensiero razionale potesse anche solo sfiorare il suo
cervello; qualcuno la trattenne, ma con uno strattone deciso si
liberò della morsa, incurante del dolore fisico.
Il
volto di Lee era solcato da lacrime silenziose, le spalle di Percy
erano scosse da un pianto irrefrenabile. Quando i due uomini posarono
il corpo a terra, al centro della Sala Grande, Katie era già
arrivata vicino a loro: Fred osservava il soffitto con i
suoi occhi vitrei, una risata congelata dalla morte sulle sue labbra.
Si rese
conto di piangere solo quando vide una delle sue lacrime cadere sulla
tunica di Fred; quella piccola goccia di sé
spazzò via ogni
barriera che aveva eretto e singhiozzò.
Non
poteva crederci, Fred era morto. Guardava il suo corpo immobile e non
riusciva a pensare a niente, sentendo un enorme vuoto. Fred, dalla
risata calda e contagiosa, che sapeva far ridere anche nei momenti
più cupi, che aiutava sempre e comunque gli amici, che aveva
più
vitalità in corpo di chiunque altro...Come poteva essere
morto? Non
poteva, non era vero! Lui e George erano immuni a...
Dov'era
George? Stava bene? O avrebbe guardato lo stesso volto, questa volta
quello amato, rimanere impassibile e senza vita? Un angoscia profonda
si unì al dolore, eliminando completamente ogni raziocinio,
rendendo
i singhiozzi più forti.
Due
braccia la circondarono con affetto, amorevoli. Leanne le
batté
delle pacche sulla schiena, allontanandola lentamente da lì.
Altri
morti vennero adagiati nella sala, Katie vide Lupin, il suo mentore,
e Tonks, che non sapeva nemmeno fosse lì, venire adagiati
vicini,
mano nella mano, uniti nella morte.
E il
dolore diventava sempre più profondo, invece di attenuarsi.
Mentre
Leanne le serviva un distillato calmante, un grido di orrore
echeggiò
nella sala, straziante, angosciante.
George,
apparso sulla porta trafelato, corse con tutte le sue forze verso il
suo gemello e si lasciò cadere incredulo vicino al suo
corpo; rimase
a fissarlo col viso sconvolto, le mani tremanti. Lo
scosse per le spalle, chiamò il suo nome, afferrò
il suo viso fra
le mani, ma quando niente smosse suo fratello, la verità,
cruda, lo
investì.
Il
ruggito di dolore che uscì dalla sua gola riempì
tutto il castello
e arrivò nel profondo di ognuno di loro.
Katie
iniziò a tremare, portandosi le mani alla bocca per non
lasciare che
il grido che lottava per uscire si unisse a quello di George; Leanne
al suo fianco singhiozzava senza vergogna, guardando il giovane
disperarsi.
C'era
un silenzio innaturale nella sala, sembrava che tutti fossero troppo
sconvolti dal dolore di George per pensare ad altro; rimasero a
fissare i membri della famiglia Weasley entrare nella sala e rimanere
sconvolti, unirsi al dolore, nell'incredulità. Molly
singhiozzava
sul petto del figlio, che non avrebbe mai più potuto
salutare, né
abbracciare, che giaceva inerme incurante delle sue lacrime.
Katie
pianse senza ritegno, che cosa importava ormai? Quando le persone
amate ci lasciano cosa importa della vita? Che senso aveva respirare?
O dormire? O mangiare, quando si è già morti
dentro? Come avrebbe
potuto vivere George quando la sua metà perfetta era appena
morta?
Il suo migliore amico? Suo fratello?
Era
rannicchiato vicino alla testa di Fred e nessuno dei suoi familiari
era riuscito a smuoverlo. Scacciò le mani e gli abbracci di
tutti,
desideroso solo di stare lì, aggrappato a quel corpo, a
guardare il
viso di suo fratello, identico al suo, sorridergli nella morte, quasi
invitandolo a raggiungerlo.
Katie
voleva correre da lui e strapparlo dal corpo di Fred, abbracciarlo e
assorbire il suo dolore. Confortarlo, consolarlo. Ma come avrebbe
potuto? Il dolore che George stava provando era qualcosa che nessuno
di loro avrebbe potuto capire o condividere. Il dolore di qualcuno a
cui era stata strappata via con la forza un pezzo di anima. Per
sempre.
Mentre
si voltava per aiutare Madama Chips, le lacrime ormai un fiume in
piena, il cuore arido, vide Angelina entrare nella sala e portarsi le
mani alla bocca, in lacrime. Si gettò vicino al corpo, anche
lei
scossa dai singhiozzi, anche lei che chiamava il nome di Fred. E
George, gli occhi rossi e il volto una maschera di dolore, si
voltò
verso di lei e l'abbracciò. Rimasero stretti, piangendo uno
tra le
braccia dell'altro, condividendo un dolore se non identico, perlomeno
simile.
Katie
li guardò, il cuore stretto in una morsa, pensando che solo
Angelina
potesse capire George, che forse solo lei sarebbe riuscita col tempo
ad aiutarlo.
Ignorando
il tremolio alle mani, si voltò verso i suoi pazienti,
cercando di
non pensare a quanto dolore le procurasse affidare George ad
Angelina, forse per sempre.
Note:
Salve a
tutte, niente faccine allegre oggi.
E' un
capitolo corto, sofferto, senza fronzoli.
Vi
confesso che l'ho scritto piangendo, dalla prima riga all'ultima, la
vista completamente annebbiata di lacrime. Perciò non so
nemmeno
come risulterà per voi.
Uniamoci
nel dolore! ç_____ç
Una
tristissima Mimì
|
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Capitolo 23 *** Battaglia di Hogwarts II ***
Nella
Sala Grande echeggiavano lamenti sommessi, incoraggiamenti mormorati
col cuore, sottovoce. I piccoli gruppetti di sopravvissuti restavano
vicino agli amici o ai familiari caduti, confortandosi a vicenda.
Katie,
che aveva finito di curare i feriti gravi insieme a Leanne e Madama
Chips, girò tra di loro per curare le ferite superficiali.
Kingsley,
che girava incitando e motivando, aveva un occhio gonfio che non
riusciva a chiudere. Dovette rincorrerlo per un po' prima di
riuscire a convincerlo a lasciarsi curare, facendolo sedere su una
sedia che fece apparire dal nulla.
“Come
stai?” chiese Kingsley con la sua voce profonda. Katie
curò il suo
occhio con alcuni incantesimi e la pomata al profumo di menta.
“Bene,
grazie” mentì continuando a dedicarsi alla ferita,
evitando lo
sguardo indagatore dell'uomo.
Ed era
vero, almeno fisicamente, stava meglio di molti altri. Solo, dentro
si sentiva distrutta, lacerata per sempre. Evitò per la
millesima
volta di guardare verso i corpi degli amici, verso coloro che li
piangevano, sapendo che le lacrime erano sempre in agguato. Trasse
dei profondi respiri, provando a scacciare l'angoscia.
“Cosa
ci aspetta? Come finirà?” chiese scioccamente, con
una flebile
voce.
Kingsley
percepì il suo dolore, nascosto sotto l'aria composta che
cercava di
mostrare; afferrò la mano di Katie che passava la pomata
sopra la
sua palpebra.
“Combatteremo,
ancora e ancora. Anche se pochi contro molti, anche se sarà
difficile. L'importante è non arrendersi, lo dobbiamo a
tutti gli
amici che sono morti, anche per noi” sussurrò
gentilmente,
stringendo la piccola mano con affetto.
Katie
posò lo sguardo sui corpi di Lupin, Tonks e Fred, e poi su
George e
Angelina, e Molly e Arthur e tutti i Weasley. Annuì piano,
asciugandosi una lacrima solitaria.
Continuò
a girare per la sala, dedicandosi al suo compito.
Fu
Madama Chips a occuparsi dei Weasley, facendo loro le condoglianze.
Katie non riusciva ad avvicinarsi, non aveva il coraggio di
affrontare il loro dolore; si sentiva impotente, perché non
sapeva
che cosa fare per poter essere loro di aiuto.
La voce
magicamente amplificata di Voldemort rimbombò ovunque,
suscitando
strilli allarmati nella sala .
“Harry
Potter è morto. E' stato ucciso. Stava fuggendo, per
mettersi in
salvo mentre voi davate la vita per lui. Vi portiamo il suo corpo a
dimostrazione che il vostro eroe è caduto.”
Katie
si portò le mani alla bocca, incredula. Molti
avevano gridato, di incredulità, di dolore. Ron aveva
abbracciato
Hermione, che era diventata pallida.
Voldemort
aveva continuato a parlare, annunciando la sua vittoria, chiedendo la
loro resa. Ora permeava un silenzio ovattato.
Tutti
corsero fuori dalla Sala Grande, attraversarono la sala d'Ingresso e
si assieparono oltre il portone spalancato, sui gradini. Da fuori
giunse l'urlo straziato della McGranitt, la prima ad essere accorsa
alla voce di Voldemort.
I Mangiamorte stavano in fila di
fronte al portone e tra le enormi
braccia di Hagrid, scosso dai singhiozzi, stava il corpo molle e
senza vita di Harry. Voldemort
stava davanti a loro, vicino ad un enorme serpente, beandosi della
sua vittoria.
Ron,
Hermione e Ginny urlarono, chiamando il nome di Harry. Katie e tutti
gli altri iniziarono a gridare, a rovesciare ingiurie sui nemici, a
minacciarli.
Un
colpo di bacchetta di Voldemort li zittì con un incantesimo.
Poi con
un altro incantesimo costrinse Hagrid a poggiare Harry sull'erba,
davanti a lui. Gli
occhi di tutti erano puntati sull'Oscuro signore, che camminando
avanti e indietro continuava a parlare, a sminuire Harry, a
denigrarlo.
“Ti
ha sconfitto!” urlò Ron e d'improvviso
l'incantesimo fu spezzato.
Ripresero a urlare più forte di prima, con più
passione finché
Voldemort non li zittì ancora.
Mentre
Voldemort continuava coi suoi sproloqui, Katie vide Neville lasciare
il gruppo e farsi avanti verso i mangiamorte, la bacchetta tesa.
Voldemort
lo disarmò in un secondo, lasciandolo per terra, inerme.
“E
chi è costui?” domandò, con il suo
morbido sibilo di serpente. Bellatrix
rise, spiegando che si trattava di Paciock, il figlio dei due Auror
che lei aveva torturato fino alla pazzia.
Neville
si tirò su, a pugni chiusi, sfidando con la sua sola
presenza
Voldemort.
“Mostri
spirito e ardimento, e discendi da una nobile stirpe. Sarai un
mangiamorte molto prezioso. Abbiamo bisogno di gente come te, Neville
Paciock.”
“Mi
unirò a te quando l'inferno gelerà”
ribatté Neville. “Esercito
di Silente!”
Tutti
loro risposero con grida di approvazione, che si unirono in un grosso
boato che Voldemort non riuscì a Tacitare. Il
serpentesco uomo agitò la bacchetta e dopo pochi istanti
qualcosa
volò giù dal castello, atterrando nella sua mano.
Il cappello
parlante.
Pietrificò
Neville e glielo ficcò in testa, poi, sotto gli
occhi
atterriti dei difensori di Hogwarts, diede fuoco al cappello con una
magia.
Mentre
tutti cercavano di intervenire, un gran frastuono risuonò
dai
confini del parco; centinaia di persone, richiamate da amici, corsero
verso il castello, con grida di guerra.
Grop
si slanciò all'attacco, caricato dai giganti dei
Mangiamorte,
iniziando con loro una lotta pantagruelica. I
centauri apparvero brandendo gli archi, facendo cadere una pioggia di
frecce sui mangiamorte, sorpresi.
Neville,
ancora in piedi sotto il cappello in fiamme, si mosse con un gesto
morbido, liberandosi dell'Incantesimo che lo pietrificava; il cappello
cadde e lui ne estrasse una lucente spada tempestata di rubini.
Potevano vedere lo sfavillio rosso persino dai gradini del castello,
nei primi raggi dell'alba.
E
lo guardarono, esterrefatti, correre verso il serpente e con un solo
gesto fluido mozzargli la testa, che roteò nell'aria
immobile,
mentre il corpo si afflosciava. Voldemort spalancò la bocca
in un
urlo che nessuno di loro udì, tra il clamore degli scontri
dei
giganti, i ruggiti, gli zoccoli dei centauri.
Katie
e tutti gli altri assistettero agli scontri, cercando di prestare
aiuto, tirando via un amico prima che venisse calpestato da un
gigante o riparandolo da un anatema con un sortilegio scudo. Furono
risospinti dentro il castello dalle persone in fuga, da chi cercava
riparo da quella guerra, sia Mangiamorte che alleati. Aiutò
Alicia a proteggere un paio di ragazze travolte dalla
folla e
svenute, che rischiavano di essere schiacciate. Nella sala d'Ingresso
infuriavano battaglie, gli elfi delle cucine irruppero come un
esplosione, dando la loro mano nella lotta, attaccando alle gambe i
nemici.
Tutti
ripiegarono verso la sala Grande, continuando a duellare: gente di
Hogwarts, di Hogsmeade, Centauri, Elfi.
Lasciando
Alicia e Baston con le ragazze, Katie si slanciò verso la
sala, nel
cuore della lotta. George e Lee avevano appena sconfitto Yaxley,
altri Mangiamorte caddero per mano di amici e alleati.
Solo
Voldemort e Bellatrix continuavano a lottare, ognuno di loro contro
tre avversari: Voldemort contro Lumacorno, la McGranitt e Kingsley;
Bellatrix contro Luna, Ginny e Hermione. Molly
Weasley scacciò via le tre ragazze, subentrando come
opponente alla
perfida Bellatrix, che rise.
Angelina, Leanne e Dean si fecero avanti, per darle una mano, ma la
signora li tenne indietro, rivendicando il diritto di combatterla da
sola. Si
appiattirono lungo i muri, osservando impotenti i due duelli,
pregando con tutte le loro forze.
Molly
alla fine colpì Bellatrix in pieno petto e la donna, con un
ultima
risata
stridula, cadde per terra, morta. Tutti
loro esultarono, guardando il corpo della più crudele
Mangiamorte
giacere inanimato.
Voldemort
urlò, incredulo, capendo ormai di essere solo.
I
suoi tre opponenti vennero scagliati via, dalla sua furia, mentre lui
puntava la bacchetta su Molly Weasley. Un
ignoto Sortilegio Scudo si frappose tra lui e Molly e Harry apparve
tra l'incredulità generale.
Harry
e Voldemort iniziarono a studiarsi, mentre si spostavano di lato, in
un invisibile cerchio perfetto. Parlavano
tra di loro, di cose che la maggior parte di loro non sapeva, non
capiva. Trattenevano il respiro, seguendo i loro discorsi, aspettando
il momento della lotta.
D'un
tratto Harry parlò del Patronus di Piton.
“Il
Patronus di Piton era una cerva” disse Harry, “come
quello di mia
madre, perché lui l'ha amata per tutta la vita, da quando
erano
bambini.”
Quelle
parole colpirono il cuore di Katie che si voltò nella folla,
a
cercare gli occhi di George, fissi come quelli di tutti sui due
combattenti. Ma
George non ricambiò il suo sguardo, gli occhi velati di
dolore e
desiderio di rivincita.
Harry
e Voldemort continuavano a parlare, a rivelarsi verità.
Un
bagliore rosso divampò all'improvviso dal soffitto incantato
sopra
di loro e uno spicchio di luce avvampante apparve sul davanzale della
finestra più vicina.
I
due combattenti scattarono all'unisono, scagliando due incantesimi
diversi.
“Avada
Kedavra!”
“Expelliarmus!”
I due incantesimi si
scontrarono al centro del cerchio,
poi la bacchetta di Voldemort venne scagliata via dalla sua mano,
volando fino ad Harry, mentre l'uomo si accasciava pateticamente a
terra, colpito dal suo stesso anatema rimbalzato indietro.
Dopo
un secondo di stupore, la folla esultò con un unico ruggito,
poi si
slanciò verso Harry. Lo
abbracciarono, gridarono, esultarono e piansero tra le risate. Per
moltissimo tempo.
Sgombrarono
la sala dai corpi dei nemici, allontanandoli da quelli degli amici;
risistemarono i quattro tavoli e servirono cibo e bevande per gli
affamati e stremati combattenti.
Da
tutto il paese arrivavano notizie, sempre più gioiose;
l'impero di
Voldemort era caduto, per sempre, i suoi ultimi seguaci venivano
catturati, Azkaban rilasciava i prigionieri incarcerati ingiustamente
e feste di celebrazione venivano allestite in tutta l'Inghilterra.
Katie
sedette con Leanne, vicino alla famiglia di lei accorsa nella seconda
parte della battaglia insieme a molte altre famiglie, insieme alla
gente di Hogsmeade; i Meadowes la abbracciarono, offrendole il
conforto di una vera famiglia. Marcus aveva riportato delle serie
ferite e perciò era stato trasferito al San Mungo insieme ad
altri,
subito dopo la caduta di Voldemort.
Dopo
molte ore la sala iniziò a svuotarsi; le famiglie si
accomiatarono e
portarono via figli, amici. In molti casi un familiare deceduto, per
potergli dare una degna sepoltura. Katie
li guardò scomparire oltre la soglia della Sala Grande, uno
a uno.
Lei si era offerta di restare a Hogwarts con Madama Chips, per
occuparsi dei feriti che non potevano essere spostati, come Fiorenzo.
La
famiglia Weasley si preparava ad andare, salutando gli ultimi
rimasti, prendendo accordi con Kingsley. Katie
li guardava dal fondo della sala, combattuta.
“Perché
non vai a parlarci?” chiese Leanne posandole una mano sulla
spalla,
incoraggiante.
“Perché
non saprei cosa dire, mi sento inutile. In questo momento sento che
qualsiasi cosa io possa dire suonerebbe vuota.”
“Allora
non farai nulla? Rimarrai a guardarlo andare via?” Katie
si voltò verso Leanne, per non guardare George e Angelina
che si
tenevano per mano, ancorati uno all'altro nel dolore.
“Non
posso ridargli ciò che ha perso. E non sono capace di
alleviare il
suo dolore. Forse Angelina potrà, un giorno”
mormorò tra sé e
sé.
“Ma
sei stupida? Come puoi anche solo pensare che loro possano
confortarsi a vicenda? Che riescano a costruire una relazione che non
sia una banale compensazione di ciò che hanno perso? Non
capisci,
Katie? Non possono costruire una relazione stabile!”
urlò Leanne
scuotendola per farla ragionare.
Katie
era confusa, intontita. Non
sapeva più che pensare, la battaglia aveva mischiato i
sentimenti, i
normali processi della mente.
Si
erano baciati in mezzo alla guerra, ma non era stato più una
disperata conferma della vita? Con l'adrenalina che
scorreva nelle vene e il pensiero che forse sarebbero morti di
lì a
qualche momento? Non poteva prendere sul serio quel bacio, per lei
era stato il paradiso, per George forse solo un attimo di paura.
E
poi, ormai, cosa importava?
George
aveva perso metà della sua vita e adesso doveva impegnarsi
a
ricostruire quello che rimaneva.
Scosse
la testa, scacciando tutte le parole che Leanne le gettava addosso
per cercare di convincerla. Girò le spalle alla porta e
andò verso
la pedana, a versare un bicchiere d'acqua a Fiorenzo, evitando
così
di salutare George, che andò via con la sua famiglia, in
silenzio.
Note:
Salve
carissime!
La
guerra è finita! Harry ha vinto! Ma io ho lo stesso paura
delle
vostre reazioni...non avete più i forconi, vero?
Anche
qui ho scelto una narrazione veloce, succedono tante cose una dietro
l'altra; sono felice che la guerra sia finita, avrei potuto
descriverla in cinque-sei capitoli, ma ho preferito una cosa breve e
intensa.
Pensate
sia finita? Vi annuncio che siamo a meno 6 capitoli dalla fine,
quindi ancora qualcosa accadrà.
A
presto
E
grazie, grazie, con tutto il cuore, per seguire la mia storia! A chi
l'ha messa tra le preferite, tra le ricordate, tra le seguite, e a
voi speciali che commentate! ^___^
A
domani!
Mimì
|
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Capitolo 24 *** La bussola per il tuo cuore ***
A poco
più di un anno dalla fine della seconda guerra magica molte
cose
erano tornate a posto.
Il
Ministero della Magia stava conoscendo un'epoca di assoluto
splendore: Kingsley era un primo ministro eccellente. La
Umbridge era finita ad Azkaban insieme ai pochi Mangiamorte
sopravvissuti; accusata di crimini contro la vita e la
dignità
umana, non avrebbe lasciato la prigione mai più.
Molti Nati Babbani che si erano dati alla fuga erano riusciti a tornare
illesi; John Bell era tornato sei mesi prima, lacero e sciupato, ma
vivo: sua madre si era gettata tra le sue braccia, singhiozzante e
felice.
Katie
stava camminando nei corridoi del San Mungo diretta all'atrio, era
stata chiamata per ritirare delle pozioni da Grace Portman, che
lavorava nel settore pozioni per l'ospedale. La
giovane, che stava per andare a casa, evidentemente alla fine del suo
turno, le porse una borsa che tintinnò quando lei la prese e
la
salutò con cortesia; Katie si allontanò diretta
al suo piano,
quando una chioma rosso fuoco agli angoli della vista la fece
sussultare.
Si girò
lentamente e si trovò a poca distanza da Harry, Ginny, Ron e
Hermione.
I
quattro la guardarono sorpresi.
“Katie!
Sei una Guaritrice? Complimenti!” disse infine Hermione dopo
un
minuto di silenzio, notando la sua veste verde acido col simbolo del
San Mungo.
“Sono
ancora in tirocinio. Ancora poco e lo sarò a tutti gli
effetti! Ma
voi che fate qui? Qualcuno sta male?” chiese cercando di non
far
tremare la voce.
-Non
dite quel nome, non quel nome, non quel nome- ripeté dentro
di sé
come un mantra. Non lo aveva dimenticato, non passava giorno che non
pensasse a lui. Le due
coppie si scambiarono occhiate preoccupate.
“Siamo
qui per George, è stato ricoverato una settimana
fa” mormorò Ron
in tono grave.
George; l'eco del nome
rimbombò dentro di lei, George, George, George.
GEORGE! Non
poté impedirsi di tremare.
“Che
cosa è successo? Sta bene?” urlò
allarmata, il cuore in
subbuglio.
Hermione
si accorse della sua agitazione.
Si
diresse verso le sedie disposte lungo il lato del corridoio e le fece
cenno di avvicinarsi. Katie
si sedette al suo fianco, la borsa stretta al corpo, seguita da
Harry, Ginny e Ron.
“A
livello fisico sì. E' solo che...dopo la morte di Fred, non
è più
stato lo stesso” sussurrò triste Hermione.
“Ha
iniziato col rompere gli specchi, li frantumava tutti coi pugni. Per
qualche tempo era anche tornato a vivere alla tana, perché
la
signora Weasley non se la sentiva di lasciarlo da solo. Ma una sera
dopo aver distrutto la sua camera è scappato
smaterializzandosi”
raccontò affranta.
Non ne
sapeva nulla. Non aveva mai saputo che George stesse così
male.
Dov'era Angelina? Perché non gli era rimasta accanto?
“Otto
mesi fa ha abbandonato il lavoro, adesso sono Ron e Lee a
occuparsene. Da allora rimase chiuso in casa e non mangiava
né
dormiva.”
Katie
faticava a respirare, aveva un groppo in gola.
“Perché...dov'è
Angie? Perché non ha cercato di aiutarlo?” chiese
con voce
risentita.
L'aveva
lasciato nelle sue mani, sicura che l'avrebbe aiutato, che avrebbe
guarito il suo cuore. Si era fatta da parte per far sì che
entrambi
i suoi amici potessero trovare uno spiraglio di felicità. Ma
lui
stava cadendo in un baratro senza fine, inghiottito dal suo odio e
dal dolore.
Fu
Ginny a rispondere.
“Angelina
ha peggiorato la situazione. All'inizio passavano molto tempo assieme
e lui sembrava stesse abbastanza bene. Non meglio, ma nemmeno peggio.
Poi una sera abbiamo assistito a una scena terribile”
iniziò a
raccontare.
“Dalla
camera di George alla Tana abbiamo sentito delle grida strazianti.
Siamo accorsi spaventati e abbiamo trovato Angelina in lacrime in un
angolo mentre George spaccava tutto quello che gli capitava sotto
mano. Abbiamo provato a calmarlo, ma non ci è stato
possibile;
continuava a ripetere che doveva morire lui, che voleva essere morto
lui, che meritava di morire al posto suo. E' stato bruttissimo. E'
successo poco prima che scappasse.”
-No,
Angie! Perché? Perché non sei riuscita a capire
il suo dolore?
L'essere sopravvissuto al suo fantastico gemello, la persona che lui
idolatrava e amava più di tutte. Il fratello che gli
assomigliava
tanto, ma che non era lui; non hai capito il suo senso di
inadeguatezza, il suo odio per non essere come lui, ma anche per non
essere diverso. Hai cercato di trovare Fred in George, ma non
è
possibile. George è solo George.-
“Cosa
è successo dopo?” chiese timorosa. Non voleva
sentire, ascoltare
del dolore di George la faceva sentire male e in colpa. Sentiva di
averlo abbandonato, avrebbe dovuto correre verso di lui quel giorno,
strapparlo dal corpo senza vita del fratello e abbracciarlo, e non
lasciarlo mai più. Ma doveva sapere, anche se faceva male.
“Io e
Lee abbiamo preso in gestione il negozio di scherzi, ma ci serviva
comunque la sua consulenza. Andavamo ogni settimana a
trovarlo”
intervenne Ron, “ma quando ci vedeva aveva violenti scatti
d'ira,
lanciava tutto dappertutto. Si feriva da solo nelle sue sfuriate
violente. Quella sera è stato peggio degli altri giorni, ha
picchiato Lee, continuava a colpirlo e a ripetere che il suo nome era
Fred, non George. Mamma e Papà hanno deciso che era meglio
mandarlo
al San Mungo. L'alternativa sarebbe stata l'incantesimo di
cancellazione.”
Katie
aveva ascoltato tutto inorridita, sentiva gli angoli degli occhi
bruciare. Harry stava abbracciando Ginny.
“La
mamma non fa altro che piangere” mormorò
trattenendo le sue
lacrime la ragazza.
“Posso
andare a trovarlo?” chiese speranzosa.
“Adesso
non te lo consiglio” mormorò Harry,
“siamo dovuti andare via a
causa di un altro scatto di rabbia. Stava lanciando sedie contro i
Guaritori. Come ogni giorno.” Katie
insisté per avere il numero della stanza, lasciò
la borsa alla
stregaccoglienza e la videro sfrecciare via, correndo per i corridoi
senza nemmeno salutare.
Dopo
qualche attimo Ron sbottò.
“E'
impazzita anche lei?”
“Ron,
continui ad avere la varietà di emozioni di un cucchiaino,
lo sai?”
rispose Hermione.
Il
Guaritore fuori dalla stanza di George la squadrò da sotto a
su.
“Non
puoi entrare. In questo momento nessuno non autorizzato può.
E'
pericoloso” dichiarò serio. Katie
sentiva grida, rumori di colluttazione ed esclamazioni di dolore
dall'interno della stanza.
“Mi
faccia passare! Io lo devo vedere! Si sposti!”
urlò con forza. Il
Guaritore alzò la bacchetta intuendo la sua agitazione.
La
giovane fu più veloce e sfoderando la sua con un gesto
fluido, lo
pietrificò in un lampo.
“Mi
perdoni, ma io ho fatto parte dell'ES!” dichiarò
fiera all'uomo
steso sul pavimento.
Spalancò
la porta e rimase scioccata. Al centro della stanza George, che le
dava le spalle, aveva afferrato una sedia e la faceva ondeggiare a
destra e a sinistra tenendo alla larga tre Guaritori. Questi
con le bacchette sguainate cercavano di riportarlo alla calma usando
incantesimi minori che lui intercettava col suo strano scudo. I
frammenti di altre due sedie giacevano disordinati sul pavimento.
Uno dei Guaritori aveva un labbro spaccato, un altro si teneva il
braccio.
Katie
non seppe che cosa la spinse a farlo, nemmeno quando ci
ritornò su
col pensiero anni dopo, non ricordò mai il motivo che la
spinse a
comportarsi in quel modo. Ricordava
solo che infischiandosene della bacchetta nella sua mano, in un
attimo si era sfilata la scarpa e l'aveva lanciata con forza verso di
lui. I
Guaritori ammutoliti seguirono il suo volo e la guardarono
schiantarsi contro la schiena del mago e poi cadere a terra con un
tonfo sordo.
George
si bloccò. Lasciò cadere la sedia con un gran
fracasso e si girò
lentamente.
I suoi
capelli erano lunghi e incolti e aveva la barba lunga. Katie
trattenne appena le lacrime davanti al suo volto incavato, ai suoi
occhi spiritati e cerchiati. Il corpo, un tempo atletico e possente,
era magro e scavato, la pelle tesa su ossa e muscoli.
Lui la
osservò, in equilibro precario su un piede solo, poi
guardò la
scarpa abbandonata ai suoi piedi.
I
Guaritori erano troppo sconvolti per poter anche solo pensare di
reagire.
Lui si
chinò a raccogliere la scarpa, minuscola tra le sue grandi
mani. La guardò e l'ombra di un sorriso sembrò
attraversare le sue
labbra. Lei si era avvicinata saltellando, per via della scarpa sola.
Si
guardarono negli occhi, Katie non tratteneva più le lacrime,
scendevano giù libere.
“Katie”
sussurrò con voce rauca e incerta, come fosse un nome a
lungo
assopito, dimenticato. Rimasero
fermi per interminabili minuti, tesi, nervosi. Nessuno nella stanza
osava muovere un muscolo, perfino i respiri erano rapidi, brevi e
leggeri, quasi che un rumore troppo forte potesse scatenare una
tragedia.
George
non staccava gli occhi da Katie, lei vedeva le pupille velate di
dolore squadrare il suo viso, seguire le sue lacrime, cercando nella
mente tutti i ricordi assieme.
Poi in
un attimo, George scattò in avanti e l'abbracciò.
Non se l'era
aspettato lei, non l'avrebbero mai immaginato i Guaritori, di certo
non lo aveva pensato nemmeno lui. La
strinse con forza contro il suo petto, sembrava aver paura che fosse
un sogno, che sparisse. Katie senti la tunica di lui inumidirsi sotto
le sue lacrime.
La
stringeva forte e continuava a ripetere il suo nome.
“Sono
io, George” singhiozzò dolce. Al
suono della sua voce qualcosa si infranse dentro di lui,
scoppiò in
un urlo di dolore e finalmente pianse.
Katie
sentì le lacrime calde di George bagnarle la fronte,
facendosi
strada tra la barba ispida. Scesero sulle sue guance e si mescolarono
alle sue lacrime. Si
aggrappò a lui, con tutta la forza che aveva. Il corpo di
George era
scosso dai singhiozzi, il cuore batteva come se si fosse risvegliato
da un lungo sonno. Lo
strinse forte, non lo avrebbe mai più lasciato, sarebbe
rimasta lì
a sostenerlo e abbracciarlo per sempre.
“Sono
qui, uomo del mistero” mormorò lei tra le lacrime,
“non andrò
più via da te.”
George
non volle più lasciarla andare. Sempre tenendola a fianco a
sé
acconsentì a mangiare e a farsi radere.
Katie
fu costretta a stare ogni secondo con lui e finì con
l'addormentarsi
con la testa ciondolante sulla spalla, su una poltrona accanto al
letto di lui. George aveva resistito con tutte le sue forze al sonno,
aveva continuato a fissarla mentre lei gli parlava. Temeva che
chiudendo gli occhi sarebbe scomparsa. Ma alla fine aveva ceduto.
Quando
aprì gli occhi, la mattina dopo, la prima cosa che vide fu
George che
la fissava, sempre tenendole la mano, con occhi vigili. Il
collo scricchiolò quando si tirò su piano, piena
di acciacchi.
“Sono
qui” assicurò passandogli una mano tra i
capelli appena
tagliati. George le sorrise appena.
Sbarbato
e riposato era quasi tornato ad essere il ragazzo che conosceva, se
non fosse stato per quegli occhi spiritati e pieni di dolore.
Durante
la mattina, nelle poche volte in cui lei era uscita, per usare il
bagno o farsi la doccia, George si era irrigidito contro lo schienale
del letto e aveva atteso nervoso fissando la porta. Katie
capì che
guarire il suo cuore sarebbe stato un percorso lungo e faticoso, ma
non le importava; l'avrebbe recuperato anche dall'abisso più
nero di
disperazione e gliel'avrebbe ridato.
All'ora
di pranzo venne chiamata per occuparsi di un paziente che seguiva da
due settimane e che sarebbe stato dimesso a breve. Un po'
ansiosa assicurò a George che sarebbe tornata presto. Il
giovane le
rispose con uno sguardo ferito, con un velo di panico sotto l'iride
azzurra.
Katie
corse via dalla stanza prima che lui potesse cambiare idea e fuori
dalla porta si scontrò con un muro compatto di Weasley.
Richiamati
per il miglioramento di George, erano accorsi tutti: il calvo signor
Weasley e sua moglie; Bill con sottobraccio una Fleur radiosa; Percy,
ritto come un manico di scopa; Ron, Hermione; Harry che teneva per
mano Ginny. Mancava solo Charlie all'appello.
Erano
tutti ansiosi e emozionati.
Katie
si scusò in fretta per averli travolti e corse via mentre
loro
aprivano la porta per la stanza di George.
Il
signor Ogden, il suo paziente, era guarito quasi del tutto. I
tentacoli che aveva fatto apparire al posto delle braccia erano
scomparsi e aveva quasi smesso del tutto di sputare inchiostro. Gli
sorrise soddisfatta, assicurandogli che nel giro di due giorni
sarebbe potuto uscire e riprendere la vita di sempre. Ma non doveva
andare al mare per almeno due anni.
Mentre
controllava la cartella coi dati del paziente, la porta si
aprì e il
Primago Fawley in persona apparve, l'afferrò per il polso e
la
trascinò via di peso senza una parola sotto lo sguardo
attonito del
paziente. Il signor Ogden nervoso sputò un po' di inchiostro.
Katie
si impuntò con forza alla presa del Primago, chiedendo
spiegazioni.
“George
Weasley” disse semplicemente lui. Katie
non attese che aggiungesse altro, si liberò del Guaritore e
si buttò
letteralmente su per le scale per raggiungere il piano giusto,
seguita dall'uomo.
Spalancò la porta con
urgenza e lo trovò
rannicchiato sul letto che
si premeva le mani con forza sulle orecchie e urlava. La signora
Weasley era seduta ai piedi del letto sull'orlo delle lacrime. Gli
altri erano pietrificati dal panico. Quando
il giovane si accorse che era entrata smise di gridare,
balzò giù
dal letto e si aggrappò a lei, come se fosse una boa in
mezzo ad un
oceano in tempesta; Katie rischiò di cadere sotto il peso
del suo
corpo. Prese
ad accarezzare la schiena di George per calmarlo, era teso e nervoso.
Si
trovò al centro dell'attenzione, a disagio.
La
signora Weasley tirava su col naso guardandoli, sull'orlo di
piangere; Katie la osservò attraverso le braccia di George.
Il
Guaritore Fawley arrivò in quel momento.
“Signora
Weasley, mi racconta che cosa è successo?”
“Il
Primago ci ha mandato un gufo, diceva che George stava dando segni di
miglioramento. Così stamattina siamo accorsi qui, ci siamo
incontrati sulla porta, ricordi?” iniziò a
raccontare torcendosi
le mani.
Katie
annuì, per quanto la morsa di George lo permettesse.
“Quando
siamo entrati era tranquillo, molto più sereno di quanto lo
abbiamo
visto nell'ultimo anno. Non ha parlato, ma seguiva con interesse
quello che gli dicevamo. Ma quando gli ho chiesto se volesse tornare
a casa con noi ha iniziato a urlare e ritrarsi indietro”
singhiozzò
affranta la donna.
Katie
sentì George rafforzare la presa, rischiava di soffocare da
un
momento all'altro. Aveva
capito cosa era successo, George aveva avuto paura di perdere i
contatti con lei. Aveva paura di tornare a casa, piena dei ricordi di
lui e Fred assieme.
Sempre
accarezzandogli la schiena riuscì a farlo sedere sul bordo
del letto
poco distante da sua madre. Gli tenne la mano.
Nessuno
degli ospiti presenti riusciva a fiatare. Katie vide di sfuggita
Percy guardare il fratello con il volto cinereo, teso. Il signor
Weasley teneva una mano sulla spalla della moglie per dargli
conforto. Fleur era seduta su una sedia, con Bill alle spalle. Harry,
Ron, Hermione e Ginny stavano in silenzio in un angolo della stanza,
i volti seri.
Katie
rivolse un sorriso fiducioso a George, poi pregò la signora
Weasley
di continuare a parlargli.
“Georgie,
ci manchi molto” sussurrò piano rivolta al figlio,
“vorremmo che
tu stessi con noi, che tornassi con noi a casa.”
George
abbracciò Katie per la vita e affondò il viso
nella sua pancia,
ignorando la madre. La
ragazza sentì le mani di lui artigliarle la schiena, quasi
volesse
penetrare nella sua carne e rimanere ancorato a lei per sempre.
Gli
accarezzò i capelli rossi, parlandogli dolcemente. Gli occhi
di
tutti erano su di lei.
“George,
stare accanto alla tua famiglia è una cosa bellissima. Tutte
le
persone che sono qui ti amano moltissimo. Io non ti
abbandonerò, verrò a trovarti spesso, anche
troppo. Alla fine mi
caccerai
via perché non ne potrai più di me!”
scherzò Katie.
George
non si mosse, come se non avesse sentito. Ma la strinse più
forte.
Lei
sospirò.
La
signora Weasley guardò il figlio, poi lei.
“Katie,
ti posso chiedere un favore?” chiese piano alla giovane
donna. Lei
annuì.
“Vorrei
che ti prendessi cura di George!” annunciò la
donna guardandola
seria.
A
quelle parole il figlio girò il viso verso sua madre, sempre
attaccato
a lei. La
signora Weasley si sentì rincuorata da quel gesto e
continuò.
“Vorrei
che tu stessi con lui ogni giorno, che lo accudissi. Vorrei che tu
prendessi George come tuo unico paziente.”
Katie
guardò la signora Weasley sorpresa, le stava chiedendo di
restare 24
ore su 24 con George? Di diventare il suo sostegno? Di essere la
bussola per il ritrovamento del suo cuore?
Guardò
il Guaritore Fawley ancora sulla porta per chiedere consiglio; l'uomo
annuì.
Katie
sorrise dolcemente alla signora Weasley facendole un cenno d'assenso.
“Georgie,”
proseguì quest'ultima guardando il figlio con sguardo dolce,
“lascerai che Katie guarisca il tuo cuore? Lotterai per
tornare il
ragazzo sereno di un tempo se lei starà al tuo
fianco?”
George
si staccò dal corpo di Katie e abbracciò la madre.
“Grazie”
mormorò con voce roca. La
signora Weasley, piccola tra le grandi braccia di suo figlio,
sembrò
rimpicciolire ancora, mentre scoppiava a piangere stringendolo forte.
Katie,
commossa, stava per iniziare la missione più rischiosa e
importante
della sua vita.
Note:
Buon
giorno a tutti!
Eccoci
alla svolta, più o meno!
Pensavate
che avrei lasciato George con Angelina? Sul serio? Io odio quella
coppia, è così sbagliata che non saprei nemmeno
da dove cominciare
per smontarla; mi limiterò a dirvi che ho fondato il
Comitato Anti
GeorgexAngelina: C.A.G.A., penso che questo dica tutto.
Ovviamente
so che la situazione in cui George si trova è molto
drammatica,
alcuni direbbero inverosimile, ma volevo appunto far capire quanto la
relazione suddetta fosse sbagliata e come George non ne fosse
minimamente aiutato. Mi perdonerete? *inserire occhioni dolci*
Grace
Portman è un personaggio della ff “Half a world
away” di
BogartBagal, mia carissima amica, che mi sopporta e legge
ciò che
scrivo in anteprima. Qui il link per la storia:
http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1322272
La
scena della scarpa...la ricordate? ;)
A
domani ^__________^
Mimì
|
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Capitolo 25 *** Un passo alla volta ***
“Sei
sicura di quello che stai facendo?” domandò Leanne
cauta mentre
lei preparava i bagagli. Era
tornata all'appartamento che divideva con l'amica e mentre svuotava
gli armadi e riempiva le valigie, le raccontò quello che era
successo.
Sarebbe
andata a vivere in un'ala speciale del San Mungo insieme a George.
Lei e la Signora Weasley ne avevano discusso ed erano d'accordo che
fosse prematuro per lui tornare a vivere alla tana o nel suo
appartamento sopra il negozio; entrambi erano posti pieni di ricordi
di lui e Fred, e George non era ancora pronto.
Sarebbero
rimasti al San Mungo, anche per essere pronti in caso di ricadute di
George; avevano un mini appartamento, se così si poteva
chiamare:
due camere con bagno, un salotto, una stanza da pranzo-cucina; in un
ala speciale e privata. Katie aveva saputo che la degenza di lui era
offerta dal Ministero alla famiglia Weasley come ringraziamento per
la loro lotta nella seconda guerra magica. Kingsley
era molto affezionato ai Weasley.
“Certo!
Se George ha permesso a me sola di entrare nella bolla che si
è
creato attorno, io ho il dovere di restarci e cercare di farla
scoppiare!”
“Non
fraintendermi. Io voglio che George torni quello di un tempo. Ma
è
per te che mi preoccupo” rivelò l'amica tesa.
“Io
starò bene. Non sarà una cosa facile, lo so. Ma
non posso non
provarci.”
Leanne
la osservò, con quello sguardo materno che riservava solo a
lei.
“Anche
se il prezzo sarà la rottura del tuo cuore, ancora e ancora
per mano
di George? So che sei ancora innamorata di lui. Guarda la forma del
tuo patronus! Qualsiasi pseudo relazione che hai intrapreso negli
anni è fallita dopo pochi appuntamenti. Perché
hai pensato sempre e
solo a George.”
Katie
si girò a guardarla, interrompendo la preparazione dei
bagagli.
Aveva una pozione in una mano e un libro di medicina magica
nell'altra.
“Sì,
Leanne. Amo George, l'ho sempre amato e non posso farci niente. Ma
anche se così non fosse, non posso stare a guardarlo
distruggersi.
Se l'unica speranza di recuperare il suo cuore sono io, non mi
tirerò
indietro, qualunque sia il costo” dichiarò fiera.
Leanne
l'abbracciò forte.
“Io
sarò sempre qui. Se avrai bisogno di qualunque cosa io ci
sarò.”
Il
Guaritore Fawley volle vederla appena arrivata. Le spiegò la
sua
situazione. Da quel momento in avanti il suo tirocinio era sospeso,
per permetterle di dedicarsi a George. Sarebbe stata aiutata nel suo
compito da alcuni Guaritori specializzati; una volta ristabilito
completamente il paziente, lei avrebbe
ripreso i suoi vecchi compiti. Il Primago la informò che
aveva
fiducia nel suo lavoro e nella sua condotta morale.
George
le sorrise scioccamente quando lei entrò nella stanza con i
bagagli
che si libravano dietro. L'aiutò a disfare i bagagli nella
cameretta
comunicante con la sua, allegro.
Katie
lo guardò, in silenzio: era diventato come un bambino. Da
quando lei era tornata nella sua
vita si era chiuso in un mondo tutto suo, escludendo la dolorosa
realtà,.
-Aspetta,
George! Recupereremo anche il più piccolo frammento di te e
tornerai
più forte di prima.-
L'inizio
fu faticoso.
George
rifiutava ogni contatto con la gente e sembrava volesse averla
presente ogni secondo. Katie cercò di ristabilire per prima
cosa i
normali cicli biologici. Mentre prima dormiva solo quando era
troppo sfinito e mangiava quando ormai era a un passo dalla
denutrizione, lei lo rieducò ad un normale bioritmo. Lo
svegliava presto, lo costringeva a lavarsi, poi facevano colazione.
Poi lo
portava nel cortile a passeggiare o lo invogliava a giocare a scacchi
o gli leggeva qualcosa.
Parlava
e parlava in continuazione mentre George l'ascoltava in silenzio,
senza perdersi una parola; gli raccontava aneddoti di quando era
piccola o buffe storielle o di cose che erano successe durante il
tirocinio. Lui sorrideva debolmente, di tanto in tanto, bevendosi
ogni sua parola.
La
sera, dopo che l'aveva impegnato e fatto stancare per tutto il
giorno,riusciva a dormire naturalmente, senza bisogno di
pozioni, anche se in genere doveva aspettare che si fosse
addormentato. Poi poteva sgattaiolare nella sua camera.
La
prima mattina si era svegliata trovando George con lei nel letto,
tranquillo. Cercando di capire il motivo lo aveva tenuto d'occhio
scoprendo che le notti soffriva di incubi terribili. Si svegliava in
preda a convulsioni tremende, madido di sudore e con lo sguardo
terrorizzato. Dopo l'ennesimo incubo si vide costretta a dormire
nella stessa camera.
Le
giornate passavano uguali, tranquille, solo lei e George, come un
tempo aveva desiderato; ma in questo futuro George era un involucro
che conteneva dolore e disperazione e lei si era ritrovata a lottare
per aiutarlo, contro i suoi fantasmi.
Nemmeno
lei era immune ai suoi scatti d'ira, se provava a forzarlo, se
non rispettava i tempi, il giovane andava su tutte le furie,
costringendola a ritirarsi finché non andava lui a cercarla,
abbracciandola per farle capire che era tutto a posto. Katie voleva
solo piangere, perché lottava contro le sue stesse
insicurezze in
quella battaglia, ma non avrebbe permesso che queste vincessero
portando giù con sé anche George; perciò teneva
duro, e lottava.
Quando
George ebbe riacquistato cinque chili e un po' di tono muscolare
grazie ad alcuni esercizi, Katie decise che era arrivato il momento
di eliminare il suo comportamento infantile.
Iniziò
a lasciarlo per poco tempo da solo in cortile. Si assentava con scuse
lasciandolo sulla panchina a leggere.
Il
primo giorno alzò la testa dal libro dopo due minuti,
cercandola con
lo sguardo allarmato e quando era ricomparsa dopo il tempo esatto in
cui gli aveva detto sarebbe stata via, per far sì che
acquistasse
fiducia, lui l'aveva abbracciata, sollevato. Via via che i giorni
passavano i minuti divennero tre, cinque, dieci.
Non era
sempre facile, alcuni giorni George sembrava ci provasse davvero con
tutte le sue forze, altri sembrava non volersi smuovere dal guscio
che lo circondava, tagliando fuori tutto. Le persone lo infastidivano
e non voleva che nessuno dei suoi familiari o amici venisse a
trovarlo. In quei casi ritornava a essere violento o si nascondeva
dietro a Katie finché non andavano via. Nell'ospedale aveva
i suoi
posti preferiti, stava volentieri solo nell'ala privata in cui
soggiornavano o in un angolo riparato del cortile, sotto un albero di
Magnolia, dove nessuno poteva vederlo leggere e dove rimaneva a
guardare i fiori, incantato.
A fine
Luglio, George riuscì a rimanere ore intere da solo, a
leggere o a
osservare il cortile, senza nessun atteggiamento o sguardo da bambino
impaurito, Katie sentì che era pronto alla fase successiva.
Perciò
ritornò a dormire nella sua camera da letto.
Sapendo
che niente lo avrebbe fermato, gettò un incantesimo sulla
porta.
George, senza la bacchetta, non avrebbe potuto aprirla. Si
coricò nel suo letto, mezzo allarmata; era andata via dopo
che lui si
era addormentato e sperava che non si accorgesse della sua
“fuga”.
Anche
se non era una vera fuga, stava solo cercando di aiutare George, si
disse cercando di scacciare il senso di colpa che la attanagliava.
Mentre
sentiva il sonno conquistarla, ormai stava già quasi
sognando, un
raspare violento alla porta la fece trasalire. La maniglia traballava
furiosa.
“Torna
a dormire, George! Ci vediamo domani mattina!” disse cercando
di
tenere la voce ferma e tranquilla. In
realtà sentiva il terrore scorrerle nelle vene. Non
perché avesse
paura per sé, ma per lui, perché temeva potesse
farsi male o stare
male.
George
prese a picchiare i pugni sulla porta.
“Apri!
Apri!” gridava a pieni polmoni, in preda al terrore. Katie
strinse le coperte con le mani tremanti e inghiottì il
groppo che
aveva in gola, insieme alle lacrime. La distruggeva sentire la voce
spaventata di George dall'altra parte, ma doveva restare ferma nella
sua decisione.
“Non
aprirò. Sono sempre qui. Domani mattina staremo
ancora
assieme” esclamò decisa.
George
smise di battere i pugni sulla porta con un ultimo suono di
strisciata. Katie,
rincuorata, tirò un sospiro di sollievo. Poi un singhiozzo
le
ghiacciò le vene.
“Ti
prego, Katie. Non abbandonarmi. Ho bisogno di te, non voglio stare
senza di te. Non lasciarmi ad affrontare tutto da solo. Non posso
andare avanti se non sei con me” singhiozzò con
voce rotta dal
pianto.
“Non
allontanarti da me” ripeté in un sussurro.
Si era
preparata al fatto che lui piangesse, che urlasse, che picchiasse la
porta o distruggesse qualche oggetto, ma non si era aspettata che
parlasse. George
non parlava da più di un anno, così le avevano
raccontato i
Weasley. Di tanto in tanto diceva una o due parole, ma mai frasi
intere o discorsi.
Si
rifiutava di parlare. Perché credeva di avere la voce come
Fred,
pensava lei. O forse perché non aveva niente da dire se lui
non
poteva ascoltarlo.
E
adesso era dall'altra parte della porta, a esprimerle il suo dolore e
le sue paure, a chiederle di non abbandonarlo.
Lo
trovò rannicchiato, in lacrime, quando aprì la
porta.
Inginocchiandosi accanto a lui lo strinse in un abbraccio, la testa
rossa sul suo seno.
“Non
dire sciocchezze. Certo che non ti abbandono. Sono sempre qui,
sarò
sempre qui. Ma tu lotta con tutte le tue forze, George. E parlami
ancora” sussurrò dolce. I
singhiozzi si fecero più tenui e dopo poco si placarono del
tutto.
“Torna
a dormire con me, per favore. Solo per questa notte”
propose
lui più tranquillo. La sua voce profonda e calda le era
mancata,
pensò con un brivido. Era solo un po' roca a causa del
silenzio
forzato.
Katie,
sentendosi debole e sciocca, acconsentì.
Lui la
portò nella sua camera, scostò le coperte e dopo
essersi sdraiato
la chiamò a sé a braccia aperte. Katie, un po'
nervosa, si sdraiò
tra le sue braccia. Era come se fosse un peluche gigante, per George.
Stretta nel suo abbraccio, la testa poggiata sul petto e il respiro
di lui sulla nuca, respirava appena; il cuore ormai suonava come una
batteria in una canzone Heavy metal.
“Questa
è l'ultima volta. Che sia chiaro”
mormorò, cercando invano di
suonare minacciosa.
“D'accordo”
sussurrò lui.
“Non
ti ho mai davvero ringraziato per quello che fai, Katie”
continuò
dopo qualche minuto. Lei
trattenne una risata. Sentiva la voce di lui da un orecchio mentre
con l'altro la sentiva rimbombare bassa nel suo petto. Sembrava un
grosso gatto che faceva le fusa.
“Ti
sto ringraziando! Cosa c'è di divertente?” chiese
un po' offeso.
Questa volta lei scoppiò a ridere.
“Oh
no, George, non è quello...è che...che il tuo
petto...la tua
voce...”
Ridendo,
gli spiegò il problema del rimbombo.
George
continuò a parlare tutta la notte facendola ridere. Gli era
sempre
piaciuta la risata di Katie, era un suono limpido che spazzava via i
pensieri negativi e riempiva di serenità; su George aveva
sempre
avuto quell'effetto, ecco perché aveva sempre amato farla
ridere.
Si
addormentarono tra lacrime e sorrisi, stretti in un abbraccio.
Dopo
quella notte George mantenne la promessa. Non
cercò più di intrufolarsi nella camera di Katie e
non le chiese di
dormire più con lui, anche se alcune sere si addormentavano
insieme
sul divano. Si sedeva dietro Katie mentre leggevano assieme, a volte
la stringeva in un abbraccio per farle sentire “le
fusa”, come le
chiamava lei, e finivano con l'addormentarsi lì. Salvo
poi svegliarsi alle tre di notte entrambi col torcicollo per andare
nei rispettivi letti, ripromettendosi ogni volta di non farlo
più.
Molly
Weasley era incredula.
Quel
giorno di metà agosto era venuta a fargli visita in seguito
ad una
richiesta di Katie. George era florido, riposato, calmo e lucido. Katie
si aspettava moltissimo da quell'incontro. E già sorrideva.
Quando
il figlio l'accolse tranquillo e sostenne una conversazione intera
con lei, la donna trattenne a stento le lacrime. Continuava
a fargli domande e rideva quando lui rispondeva senza esitare,
contento di vederla. Evitò l'argomento casa e Fred come le
aveva
raccomandato Katie. La
giovane ad un certo punto si era defilata, lasciandoli da soli.
Quando
la salutò prima che andasse via, la donna
l'abbracciò talmente
forte che qualche vertebra scricchiolò impaurita. Molly
Weasley si
lasciò andare e pianse sulla sua spalla. Katie rispose al
suo
abbraccio, commossa.
Quella
donna dimostrava una notevole forza d'animo.
Aveva
visto un figlio morire e un altro scivolare pian piano via,
impotente. E aveva comunque sostenuto una famiglia sulle spalle,
motivandola, consolandola, mostrandosi forte. Non conosceva nessuna
donna come Molly Weasley, forte, sicura, con un grande cuore. Era
anche per lei che ce la metteva tutta.
Non
ebbero bisogno di parlare, le due donne si compresero perfettamente,
grazie alle loro lacrime. La
signora Weasley le sorrise goffamente mentre andava via.
In un
ventoso Settembre, quando Katie pensò che fosse il momento
di
recuperare un'altra parte di George, iniziarono i veri problemi. Voleva
fare in modo che George si specchiasse. Ci
aveva già provato, nel primo mese di terapia, ma lui aveva
reagito
come sempre. Dopo aver visto lo specchio ci si era scagliato contro
frantumandolo arrabbiato. E poi le aveva tenuto il broncio per un
giorno.
Katie
sapeva che era rischioso, ma non poteva rimandare per sempre.
Questa
volta lo preparò prima a ciò che voleva fare.
“George,
oggi vorrei che tu provassi a specchiarti” aveva detto calma.
Lui
era saltato su dalla sedia spaventato.
“No.
Non voglio! Non voglio!”
Dopo
che lei l'ebbe calmato, fece apparire un grande specchio con un tocco
di bacchetta, in fondo al salottino. George si agitò e
cercò di
allontanarsi, ma lei afferrò decisa la sua mano.
“Respira
lentamente. Grandi respiri. Ci avvicineremo di un passo”
sussurrò
calma. La
grande mano di George tremava nella sua.
Fecero
un passo verso lo specchio. Poi lui si fermò, deciso a non
proseguire.
“D'accordo. Per oggi
va bene così. Sei stato bravo”
osservò Katie
facendo apparire un drappo blu sullo specchio, nascondendolo.
“Un
passo alla volta” mormorò abbracciandolo.
Ogni
giorno, dopo pranzo, ripetevano la scena dello specchio; a volte George
riusciva a fare due o tre passi, altre non si muoveva nemmeno di un
millimetro. Katie
pazientava, senza forzarlo, incoraggiandolo senza sosta. Era una
lotta di pazienza la sua, e d'amore.
In una
sera di fine Ottobre, George era riuscito ad arrivare a tre passi
dallo specchio. Guardava la superficie lucida con ansia, attendendo
il terribile momento. Lo specchio che aveva evocato Katie non
mostrava il riflesso di una persona a meno che non ci si trovasse ad
un passo da esso.
Katie
era raggiante.
I
progressi che George aveva fatto erano impressionanti per lei.
Riusciva a chiacchierare normalmente con lui, come facevano quando
erano ragazzi. Era più maturo e tranquillo, dimostrando di
aver
riacquistato il senno. Aveva cominciato ad uscire dalla sua stanza
per chiacchierare con altri pazienti, poteva lasciarlo da solo per
molte ore e riusciva a sopportare due o tre membri della famiglia in
visita.
Ma il
pensiero di guardare il suo riflesso lo terrorizzava ancora.
Il
giorno seguente, ritto davanti allo specchio, avrebbe dovuto fare
solo due passi. Katie al suo fianco attendeva in silenzio. Con un
sonoro respiro George alzò un piede avanzando di un passo.
Il
cuore gli batteva impazzito, la paura che gli scorreva sotto pelle.
Strinse i pugni, forte, finché le mani non diventarono
livide. Katie
gli afferrò una mano aprendola e mettendoci la sua,
intrecciando le
loro dita.
George
si rilassò un poco, trattenne il respiro e, prima che
potesse
ripensarci, separò la distanza tra lui e lo specchio.
Non
appena si fermò, quello gli rimandò il suo
riflesso. Rimase
pietrificato a guardarsi.
Era un
anno e mezzo che non vedeva il suo aspetto. Il suo viso era
più
adulto, con la mascella più decisa. I capelli erano di nuovo
un po'
lunghi sul collo. Passò una mano distratta nel punto dove un
tempo
c'era stato il suo orecchio, guardando il suo doppio fare lo stesso,
speculare. Era più alto e più in forma di quanto
si ricordasse.
Era
diventato un uomo, quello che Fred non aveva avuto occasione di
diventare. Fred, che gli mancava, il suo sorriso, i suoi occhi, il
suo viso, tutto era identico a lui.
Arrabbiato
col riflesso che avrebbe voluto fosse suo fratello, alzò il
pugno
per frantumarlo, ma colpì Katie alla spalla, che si era
gettata per
fermarlo.
Si
fermò, impaurito per averla colpita.
La
giovane guardò George con sguardo fiducioso e tenendosi la
spalla si
mise al suo fianco. Il riflesso di lei apparve al fianco del suo
doppio.
“Guardati. Non
distogliere lo sguardo. Guarda l'uomo che sei diventato.
Non devi arrabbiarti per come sei o per come appari.” La
piccola Katie nello specchio muoveva le labbra in sincrono, ma non
aveva voce.
Era
questo che percepiva George, come se Fred fosse intrappolato nello
specchio, ma lui non potesse sentire le sue parole. Come se non
potesse più toccarlo.
“Ogni
volta che mi guardo vedo Fred! Io sono quello che Fred non
può
essere! Come posso specchiarmi se ogni volta è lui a
rimandarmi lo
sguardo!” urlò il giovane arrabbiato. Aveva preso
a riempirsi di
pugni la gamba.
Era la
prima volta che pronunciava il nome del gemello da quando si erano
incontrati, quasi credendo che non nominandolo il dolore non sarebbe
apparso.
“Lo
vedrai sempre. Perché Fred vive in te. Ma anche se tu non ti
specchiassi più, la gente coglierebbe frammenti di lui in
te. Non
puoi evitarlo e non dovresti farlo. Quando sentirai la sua mancanza,
potrai specchiarti e ritrovarlo lì. Se tu sorriderai, lui
sorriderà.
Se tu piangerai, lui piangerà” mormorò
lei tranquilla.
George
guardava il suo riflesso col viso bagnato di lacrime, il suo doppio
piangeva. Provò
a sorridere e il suo riflesso sorrise tra le lacrime.
Rimase
lì, a piangere e sorridere nello stesso momento, cercando
suo
fratello in sé, scoprendo per la prima volta che quello
dall'altra
parte assomigliava a Fred meno di quanto pensasse.
Iniziò a non aver più paura dello specchio, anche
se non ci si
specchiava mai molto.
Katie
continuava a ricevere settimanalmente lettere di Ginny, della signora
Weasley e di Hermione, per parlare, tra le altre cose, dei progressi
di George. Le donne infatti erano diventate molto amiche e parlavano
spesso e volentieri di cose personali. Era
rimasta perplessa quando le erano arrivate le lettere di Percy,
però.
A quanto le aveva raccontato Hermione, Percy si sentiva in colpa per
la morte di Fred e per l'auto-distruzione di George e le chiedeva dei
continui progressi, sollevato. Katie cercò di fargli capire
che non
aveva motivo di colpevolizzarsi.
Poi
c'erano sporadiche lettere di Ron che chiedeva a Katie di chiedere a
George, senza farsi scoprire, alcune cose sul negozio. Infine aveva
una corrispondenza quotidiana con Leanne, alla quale scriveva tutto.
Perciò
era abituata che due o tre gufi atterrassero ogni mattina nella sua
camera; ormai li conosceva bene e teneva per loro cereali per
rifocillarli. Quella mattina tuttavia, mentre George era sotto la
doccia, un gufo screziato che non conosceva atterrò vicino a
Leo, il
gufetto tubante di Ron. Il bel
gufo le tese una lettera, che prese dopo aver congedato Leo che
saltellava come un matto, e poi volò via senza accettare i
cereali.
Incuriosita
aprì la lettera:
“Cara
Katie,
sono
Lee Jordan. Spero che tu stia bene. Ho saputo da Ron del 'miracolo
della scarpa' come lo chiamiamo in negozio. Sono stupefatto. E
contento. Pare che tu stia riportando George ad essere un uomo
completo. I
progressi di George, che Ron mi racconta giorno dopo giorno, mi
rendono felice.
Mi sono
fatto coraggio a scriverti, anche se tra noi non c'è mai
stata molta
confidenza, perché vorrei sapere se fosse possibile far
visita a
George. Mi manca. Non mi vergogno a dirtelo. Ho perso un amico per
sempre, non voglio perderne un altro per stupido orgoglio.
Quando
credi che sia pronto a vedermi ti prego di avvisarmi subito. Io
aspetterò.
Ti
ringrazio in anticipo.
E
voglio aggiungere un grazie per ciò che stai facendo
Spero a
presto
Lee”
Katie
arrivò alla fine della lettera, commossa.
Immaginava
il coraggio che era occorso a Lee per scriverla. L'ultimo ricordo che
aveva di George era della sera in cui l'aveva picchiato in preda
all'ira. Sentendo
che a George avrebbe fatto bene, scrisse una risposta positiva,
chiedendogli di presentarsi l'indomani al San Mungo alle nove,
nell'atrio.
Decise
di non dire nulla, per sfruttare la sorpresa come piccolo
shock.
Il
giorno dopo, Lee entrò nell'atrio puntuale e da come si
strofinava le
mani, sembrava che avesse atteso fuori al freddo per ore.
Era
diventato più alto.
I Dread
che portava lunghi a scuola c'erano ancora, ma non arrivavano alle
spalle. Il volto più maturo, le mani più grandi,
anche Lee era
ormai diventato un uomo. Un bell'uomo a giudicare dalle occhiate che
molte colleghe e donne nell'atrio gli mandavano ammaliate. Una donna
a cui erano spuntati sei occhi ne strizzò tre al giovane.
Nei suoi occhi scuri vide
eccitazione e timore. Lui la riconobbe alla
seconda occhiata, i capelli corti ingannavano tutti. Le
venne incontro spedito poi si fermò impacciato e in
imbarazzo.
“Ciao,
Katie” mormorò debole. Entrambi non sapevano come
salutarsi; si
conoscevano a Hogwarts, ma non erano mai stati grandi amici, si erano
scambiati giusto qualche battuta o i saluti. Katie,
impacciata quanto lui, gli tese la mano per tagliare corto. Lui la
strinse grato.
“E'
un piacere vederti, Lee” esclamò sincera.
In
silenzio, cosa molto inusuale per Lee, lo accompagnò all'ala
privata. Aprì la porta che dava nel salottino e
trovò George
seduto, lo sguardo alzato dal libro che stava leggendo. Prima
le rivolse un sorriso, poi si accorse dell'uomo che la seguiva e
sembrò adombrarsi, forse per il ricordo del loro ultimo
incontro. Si
alzò lentamente dalla sedia mentre Lee entrava nella stanza.
Katie
si mise in disparte, sentendo di essere di troppo.
I due
si fissarono a lungo, sembrava stessero comunicando col pensiero,
perché i loro visi cambiavano espressione di continuo. Lee
era
entrato con un'espressione speranzosa, che si era trasformata in un
ghigno teso. George aveva una gamma di emozioni sul viso che non si
riusciva nemmeno a cogliere.
Poi,
inaspettatamente, si aprì in un meraviglioso sorriso. Lee,
incredulo,
si ritrovò a rimandarne uno identico.
George
divorò la distanza che li separava e lo
abbracciò.
“Scusami,
amico. Scusami” mormorò dandogli pacche sulla
schiena. Lee
rideva estatico, dando anche lui pacche a George. Katie, allegra,
uscì piano dalla porta.
Lee si
congedò tre ore dopo, con la promessa di tornare
ogni tre
giorni a fargli visita. Katie
lo accompagnò all'atrio, più per cortesia che per
reale necessità.
“Come
ti vanno le cose?” aveva chiesto a Lee.
“Bene,
grazie. Il negozio procede bene e Ron è un buon co-gestore.
Penso di
andarmene però, quando George tornerà.
Tornerà vero?” domandò
perplesso.
“Sì,
non c'è da dubitarne. Già dal prossimo
anno” mormorò lei sicura.
“E'
un miracolo, sai? Che tu abbia saputo ritrasformare George in
sé
stesso da ciò che era prima. Ci ho provato anche io, non sai
quanto
ci ho provato. Ma continuavo a scontrarmi contro un muro. E poi sai
in che modo è finita” raccontò tetro.
“Mi
hanno raccontato l'episodio, sì. George è sempre
stato
insicuro
verso Fred, e non pensava potesse morire. Perché Fred era
speciale
ai suoi occhi e niente poteva ferirlo. Secondo il suo punto di vista
sarebbe dovuto morire lui.”
“Sono
stata fortunata, credo. George non si aspettava di vedermi e ha
abbassato la guardia permettendomi di entrare in quel muro. Ma non
è
ancora tornato se stesso, non del tutto” continuò
seria.
“Fortuna?”
sorrise enigmatico lui.
Rimasero
in silenzio fino a che non arrivarono all'atrio.
“Ho
un messaggio di Angelina” disse Lee prima di sparire oltre il
vetro.
Katie
spalancò gli occhi, perplessa. Angelina le avrebbe chiesto
di
vedere
George? Che avrebbe fatto? E se avesse vanificato ogni progresso?
“Mi
ha detto di dirti grazie. E di dare a George tutta la
felicità che
merita. E di lasciare che ti dia quella che meriti.” Darle
felicità? Angelina aveva capito male, lei era la sua
infermiera, non
la sua ragazza.
Prima
che potesse replicare, Lee l'aveva stretta in un veloce abbraccio.
Lasciandola
andare attonita e imbarazzata, dato che tutto l'atrio si era voltato
a guardare il bel ragazzo abbracciarla, sparì oltre il vetro
con un
“a presto!”
Tornando
da George seguita dai fischi dei colleghi che la prendevano in giro,
Katie pensava assorta a come tutti stessero fraintendendo la loro
relazione. Nelle lettere Ginny le diceva le stesse cose. Hermione
faceva alcune velate considerazioni. E Leanne le diceva di non
approfittare della situazione.
-Siamo
solo amici! Io lo amo, ma ciò non toglie che siamo solo
amici.
Purtroppo.-
George
l'accolse con un abbraccio e un sorriso che la scaldò fin
nel
profondo.
Leanne
aveva ragione. Alla fine il suo cuore si sarebbe rotto.
Note:
Ehilà!
^__^
Dunque...cosa
ho da dirvi su questo capitolo...mmmh...credo nulla. Se non che il
recupero non viene spiegato nel dettaglio, con capitoloni
strappalacrime e pieni di dialoghi introspettivi perché
altrimenti
sarebbero diventati una ventina e non credo che la cosa sarebbe stata
tollerabile.
Scommetto
che avete pensato male quando si sono infilati nel letto!
Ammettetelo...
Voglio
dirvi sempre e ancora grazie per l'affetto per la storia che traspare
dai vostri commenti, mi fa un piacere immenso.
^_____________________^
A
domani
Mimì
|
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Capitolo 26 *** Raccomandazioni dal passato ***
Natale
era ormai vicino, come annunciava il freddo gelido che li attorniava
nel cortile, e nella lettera che la signora Weasley aveva mandato a
Katie, disse che sarebbe stata molto felice se suo figlio avesse
potuto partecipare al pranzo natalizio alla Tana. L'invito era
ovviamente esteso anche a lei, diceva la pergamena.
Katie
la mise nella tasca della veste, pensierosa.
Le
sarebbe piaciuto che George passasse il natale in famiglia, ma era
pronto? A stare in mezzo ai suoi cari, nel luogo in cui era cresciuto
con Fred, dove ogni cosa era impregnata dei loro ricordi?
Per
ricostruire un altro po' di George, capì che doveva
prepararlo anche
a quello.
Un
pomeriggio mise la foto di lui e Fred, che era il suo tesoro, nelle
sue mani. I minuscoli George e Fred di diciassette anni gli
sorrisero. Il suo doppio si toccò l'orecchio, incredulo che
il suo
reale non
l'avesse più, Fred gli mandò un sorriso da
orecchio a orecchio.
La foto
tremò nelle sue mani poi, con un singhiozzo,
scoppiò a piangere. I
gemelli cartacei si ripararono dalla pioggia di lacrime con le
braccia. Fred lo guardò commosso poi abbracciò
George. Sembrava che
il suo gemello nella foto volesse fargli capire che gli voleva bene,
che era con lui. Anche il George della foto piangeva abbracciando il
fratello.
Lui
continuava a guardarli e a singhiozzare, a strofinare la foto con la
mano, quasi desiderando di essere assorbito dentro, di potersi
ricongiungere a Fred in qualche modo.
“Ricordi
quando mi inviasti quella foto?” domandò Katie
sedendosi al suo
fianco sul divano. George
rimase assorto sulla foto.
“Era
l'estate del '95. Credevi che avrei riempito Fred di baci, ma non
gliene diedi mai nemmeno uno” continuò a
raccontare, un po'
imbarazzata. George alzò lo sguardo e la guardò,
sorpreso.
“Oh
sì, e ricordo che lo dissi al Fred della foto”
disse Katie
puntando
il minuscolo gemello, “e lui fece finta di offendersi mentre
il
piccolo George lo prendeva in giro. Come avreste fatto voi due, dal
vero.”
Fred e
George seguivano i loro discorsi e iniziarono a spintonarsi per
attirare l'attenzione di Katie; vedendo che la cosa sembrava
divertire George, i due presero a saltare e fare gli idioti come a
volergli tirare su il morale. E un sorriso balenò tra le
lacrime. Per
aiutarlo a tirare fuori il dolore, ogni giorno visionavano insieme
una delle foto che la signora Weasley le aveva mandato, e George
raccontava tutte le storie che gli ricordavano. Piangeva, ma
singhiozzando riusciva comunque a raccontare tutto e a volte
sorrideva dei pasticci che lui e Fred combinavano.
“A
quattro anni provammo a fare una pozione per far diventare Percy
divertente. Solo che era troppo cauto e non volle bere, così
la
facemmo bere a Ron. Diventò completamente giallo, poi
iniziò a
ridere e correre per la stanza come un matto. Noi ci rotolammo in
terra dalle risate, ma la mamma non fu così divertita. Fred
disse
che sarebbe stato bellissimo se fosse stato Percy a fare il matto.
L'ha sempre trovato troppo serio.”
“A otto anni Fred aveva
pienamente capito che la mamma non riusciva a distinguerci e lo
trovava fantastico. Continuavamo a scambiarci facendola uscire di
testa; è stato per questo che la mamma ha iniziato a mettere
le
lettere sui nostri maglioni di natale. Ma noi ci scambiavamo anche i
vestiti perciò non aveva molto senso”
rivelò mostrandole una foto
di lui e Fred a otto anni. Sorridenti vicino ad un albero di natale,
entrambi senza i denti di sopra, indicavano i maglioni con una G e
una F. Solo che la F l'aveva George e la G, Fred. Avevano
già
quelle loro piccole differenze nei comportamenti a otto anni.
“A 11
anni arrivò la nostra lettera da Hogwarts e potemmo avere le
nostre
prime bacchette. La prima cosa che facemmo fu sfidarci a colpi di
incantesimi; solo che ovviamente non sapevamo ancora controllare la
magia e alla fine ci nascondemmo dalla mamma, io con il naso a
grappolo d'uva e Fred con le orecchie come orologi a
cucù.”
Più
raccontava dei suoi ricordi più sorrideva. Alla fine
scoppiò in una
risata. Una risata roca e rugginosa, ma col cuore. Era la prima vera
risata che emetteva da tempo. La prima senza Fred.
Sembrò
rabbuiarsi, come se si sentisse in colpa. Sbatté le foto sul
tavolo
lì vicino e si chiuse in camera sua. Katie
lo trovò rannicchiato davanti allo specchio. Si
accucciò accanto,
cauta.
“George,
non c'è nulla di male a ridere. Fred vorrebbe che tu
ridessi.”
“Non
ho il diritto di essere felice. Non ho il diritto di ridere se lui
non c'è più. Lui non può farlo! E'
morto!” esplose tirandosi su
e iniziando a spaccare gli oggetti che gli capitavano sottomano. Un
soprammobile frantumò il vetro di una cornice lanciando le
schegge
in aria. Le lenzuola e il materasso vennero scagliati lontano,
cadendo disordinatamente sul pavimento. Strappò le cornici
dai muri
spaccandoli con forza a terra. Rovesciò i tavolini,
gettò i libri
di qua e di là facendoli schiantare contro le pareti.
Sembrava
che non ci fossero stati progressi, che quei sei mesi fossero stati
vani.
Katie
rimase in piedi, ferma a fronteggiare la sua furia e quando uno dei
libri lanciati la colpì in viso non si scansò e
non disse nulla. George
si accorse del rivolo di sangue che le scendeva dalla fronte, ferita
dalla punta del libro, e si bloccò. Lei lo guardava dritto
negli
occhi.
“Sai
una cosa? E' un bene che Fred non possa sentirti infamarlo in questo
modo! Stai dicendo che non puoi essere felice perché lui non
lo
vorrebbe? Fred ti amava più di ogni altra persona al mondo e
tu lo
stai uccidendo davvero parlandone così” esplose
furiosa senza più
trattenersi. George,
con gli occhi lucidi, stava fermo ad ascoltarla.
“Una
volta mi confidò che lui sapeva della tua insicurezza e
delle vostre
differenze caratteriali. Credi che non vorrebbe che tu fossi felice?
Che non desidererebbe che la tua vita fosse magnifica, piena d'amore
e di risate? Per come io ho conosciuto Fred sono sicura che per ogni
lacrima che versi, lui ne versa un'altra ovunque si trovi”
continuò
accorata.
Continuava
a osservarla in silenzio, rapito dalle sue parole, pensieroso.
“Se
fosse stato il contrario...se Fred ti fosse sopravvissuto, tu avresti
voluto che si distruggesse nel dolore come fai tu o che continuasse a
ridere e far ridere la gente?”
George,
asciugandosi le lacrime, fissò il suo riflesso nello
specchio. Quello
gli restituì lo sguardo addolorato e perso.
“Non
avrei mai voluto che Fred sopportasse questo dolore. Non avrei
sopportato che il suo sorriso si spegnesse.”
“Ed è
quello che di sicuro pensava anche lui. Il vostro affetto era
reciproco, eravate l'uno la metà perfetta
dell'altro.”
Lui
tornò a rannicchiarsi mogio vicino allo specchio,
scheggiatosi nella
furia. Le fece segno di avvicinarsi. Quando si fu adagiata al suo
fianco le asciugò il sangue che colava dalla fronte con la
manica.
“Scusami.
Non volevo ferirti. E' solo che questo dolore è
incontenibile, mi
corrode da dentro. Sento un buco nero al posto del cuore.”
“Ti
fa male perché sei vivo. Perché il tuo cuore sta
lottando per amare
ancora. Finché batterà saprai che potrai sempre
rialzarti, potrai
provare ancora gioia, amore, dolore, tristezza, rabbia e
felicità.
Io credo che anche per Fred tu dovresti sforzarti di vivere alla
grande. Cosa pensi che ti dirà se lo raggiungerai vivendo
una vita
di dolore e lacrime fino a consumarti?”
“Di
sicuro mi darebbe dell'idiota.”
“E se
invece tu vivessi una vita piena, in cui ogni secondo ha avuto un
significato, amato, amando, ridendo e gioendo della vita, lui non
credi che ti ringrazierebbe? Per aver vissuto anche un po' per
lui?”
Lui
annuì piano.
“Allora,
George, vivi una, due, cinque, cento vite. Dai un valore ad ogni
secondo. Fallo rivivere ancora.”
Il
sorriso di George, molto più uguale a quello di Fred di
quanto fosse
mai stato, balenò sulle sue labbra.
La
mattina di Natale si materializzarono nel cortile della Tana. Non
aveva avvisato nessuno, così al rumore della
Materializzazione, i
visi di tutti apparvero alla finestra. Le facce gioiose e incredule
scomparvero in un lampo e con un rumore fragoroso la porta venne
sbattuta con forza, mentre la famiglia al completo si precipitava
fuori. Rimasero tutti in attesa, i respiri che si condensavano in
bianche nuvolette aspettando un cenno, una parola.
“Buon
Natale” sbottò George, sorridente, allargando le
braccia.
I
Weasley si tuffarono ad abbracciarlo, diventando un ammasso unico di
capelli rossi. Un chiacchiericcio intenso, singhiozzi e risate
salivano dal centro dell'abbraccio. Katie notò che, come
lei, anche
Fleur, Hermione e Harry si erano tenuti in disparte, commossi. Fleur
forse per paura che le schiacciassero il vistoso pancione. Una donna
affascinante, che le venne presentata come Andromeda Tonks, stava
sull'uscio tenendo in braccio un bimbo coi capelli azzurri, Teddy, il
figlio di Remus e Tonks.
La
signora Weasley riemerse dal mucchio e la strinse in un abbraccio
mozzafiato.
“Grazie”
le
singhiozzò all'orecchio. Katie ricambiò il suo
abbraccio,
dandole delle pacche sulla schiena. George
intervenne a salvarla.
“Mamma!
La stai strozzando! Su, andiamo dentro che qui si gela”
mormorò
staccandola piano da Katie e precedendo tutti in casa con la madre
sottobraccio. Katie veniva dietro ed esaminava le sue reazioni. George
era calmo e non sembrava mostrare reazioni negative alla vista della
sua casa.
Lo vide
perdersi in pensieri suoi mentre vagava con lo sguardo di qua e di
là. Si soffermò un secondo su un orologio
bizzarro le cui
lancette
avevano i nomi dei Weasley; la lancetta con George era puntata su
“casa”, quella con Fred su
“perduto”.
Si
sedettero nella rustica cucina e fecero onore al pranzo della Signora
Weasley. Questa stava seduta vicina a George e gli riempiva il piatto
di continuo, commossa.
Fu una
grande festa, a cui Katie non era abituata.
Essendo
figlia unica, non aveva mai percepito quel calore così
intenso a Natale, di piccole cose che ti fanno sorridere. Risate
diverse che si
mescolano una con l'altra, voci che si sovrastano, decine di portate,
giochi in compagnia e migliaia di regali. La signora Weasley, che
fino all'ultimo aveva creduto nel loro arrivo, le aveva preparato un
maglione alla Weasley, rosso intenso. George, che ne indossava uno
blu, glielo infilò a forza, ridendo, dato che la faceva
sembrare un
grosso pomodoro.
Lei lo
trovò molto natalizio.
A fine
sera si sedette con la Signora Weasley, Hermione, Fleur, Ginny e la
signora Tonks a prendere una tazza di cioccolata. Harry, Percy, e il
signor Weasley erano seduti nel divano a discutere di politica o
affari del ministero. Ron e Bill confabulavano di Quidditch con George,
Charlie mostrava un modellino di drago al piccolo Teddy Lupin
che si era fatto spuntare i capelli rossi come i Weasley.
Kingsley,
il primo ministro Kingsley, apparve prima di mezzanotte tra l'euforia
generale.
Katie
dovette sopportare le battutine di Ginny e le occhiate furbe e
sornione che Hermione le lanciava quando si voltava a guardare verso
George.
Lei si
era informata della gravidanza di Fleur.
“Nascierà
a Masgio!” squillò contenta la donna. Era, se
possibile, ancora
più bella del solito.
“Sapete
già il sesso?” chiese contenta. I bambini sapevano
portare un
sacco d'amore.
“Non.
Ma Bill disce che non importa. Sarà una sorpresa per
tuti!”
La
Signora Weasley continuava a chiederle se sarebbero rimasti a
dormire.
“Se
George se la sente di restare lui può rimanere. Io devo
rifiutare,
mi spiace” rispose decisa. Non se
la sentiva di rimanere in quell'ambiente famigliare di cui non faceva
parte. Fleur era sposata con Bill e incinta del loro primo figlio.
Hermione era la fidanzata di Ron. Harry il fidanzato di Ginny. Lei
era l'infermiera di George, nient'altro. Non poteva illudersi che
sarebbe entrata a far parte di quella meravigliosa famiglia.
“Cos'è
che ti spiace?” chiese George apparendole alle spalle.
Le rubò
la tazza di cioccolata dalle mani e ne bevve un grosso sorso, prima
di ridargliela dato che lei gli tirò l'orecchio. Hermione
fece di nuovo quella faccia.
Molly
Weasley prese la palla al balzo.
“Stavo
dicendo a Katie che sarebbe bello se restaste a dormire qui”
disse
speranzosa.
Katie
era certa che George avrebbe risposto di no, che non se la sentiva.
“Certo
che rimaniamo qui a dormire” replicò lui,
tranquillo.
“Vuoi
dire che tu rimani! Io davvero non posso” ribatté
lei veloce,
spegnendo il sorriso sul viso di Molly.
“Tu
non puoi lasciarmi solo!” proferì lui, ferito.
“Non
sei da solo! Sei qui con la tua famiglia, una dozzina di persone
staranno con te!” replicò decisa Katie, fissandolo
negli occhi.
“Non
puoi abbandonarmi! Ho bisogno di te!” protestò
George alterato. Sembrava
non gli importasse che le donne in cucina, e adesso anche gli uomini
in salotto, ascoltassero quelle parole. Non aveva tentennato un
attimo a dirle, non ne era minimamente imbarazzato. Katie
evitò di
guardare verso Hermione e Ginny perché già con la
coda dell'occhio
le vide scambiarsi un sorriso emozionato.
“Se
tu non rimani io non rimango. Mamma dovrà farsene una
ragione”
mormorò cupo. Molly
Weasley seguiva la scena tesa e la vide intristirsi alle ultime
parole del figlio.
Stava
usando la carta dei sensi di colpa! Subdolo e manipolatore George.
Respirando
a fondo, acconsentì a rimanere. George
l'abbracciò felice per le spalle, Molly Weasley sorrise.
“È
deciso. Aggiungo una branda in camera di Ginny”
saltò su
emozionata.
“No,
mamma. Katie dorme con me” la corresse George, trattenendola
nel suo
abbraccio. Katie assunse una intensa colorazione rossa, in tinta col
suo maglione.
La
signora Weasley si girò incredula e mezzo arrabbiata.
“Spero
tu stia scherzando, George” lo fulminò con una
tipica occhiata
alla Molly.
“No.
Io e Katie abbiamo già dormito assieme”
rivelò innocentemente
lui.
A
quelle parole Ginny saltò su a dare pacche sulla spalla alla
sua
“futura cognata”, Hermione nascose il viso dentro
la tazza con un
sorrisetto imbarazzato, Fleur mormorò un: “c'est
l'amour”, la
signora Tonks guardò il lampadario visibilmente interessata
e Molly
Weasley arrossì e squadrò sbigottita prima George
sorridente poi
lei ormai col viso a fuoco.
“No,
signora Weasley, non si faccia idee sbagliate. Non è quello
che
pensa” balbettò mettendo le mani avanti. Dopo che
ebbe sgridato
George e furono riusciti a convincerla che non c'era stato niente tra
loro se non un rapporto puramente medico, e che George l'ebbe
praticamente supplicata facendola sentire in colpa, la donna
acconsentì a farli dormire in camera insieme, anche se
ancora un po'
dubbiosa.
Katie
era certa che si sarebbe precipitata ogni cinque minuti in camera con
delle scuse.
Ron,
saputolo, ebbe la mezza idea di chiederle di poter dormire con
Hermione, ma quest'ultima, che aveva capito il suo pensiero, lo
colpì
in testa col cucchiaino.
La
camera che era stata dei gemelli era piccola, ma ospitale, con due
letti, due comodini, una scrivania e una piccola cassettiera. George
entrò dentro senza esitare, studiando la sua vecchia camera
con un
sorriso malinconico. Lei rimase sulla porta, sentendo che quello era
un luogo caro per lui.
-Ecco
perché non volevo rimanere.-
George
la tirò dentro e le indicò il suo letto. Lei lo
buttò fuori per
cambiarsi. Sdraiata
dentro il letto caldo e morbido, con il pigiama prestatole da Ginny,
Katie faticava un po' ad addormentarsi.
“George?
Posso dirti una cosa?” domandò nel silenzio della
casa.
Lui rispose con un mugugno alla sua destra, dall'altro letto.
“Non
sono a posto a dormire nel letto di tuo fratello.” Si
sentiva a disagio a pensare di dormire nel letto di Fred, di
profanare il suo spazio col suo corpo.
“No”
mormorò George. “Quello è il mio.
Questo era di Fred.”
Katie
si strinse nelle coperte, imbarazzata al pensiero di dormire nel
letto dove George aveva sognato notte dopo notte tutta la sua vita.
Perché
George l'aveva fatta dormire nel suo letto e non in quello di Fred?
Che non volesse metterla a disagio? O forse non voleva che nessuno, a
parte lui, toccasse le cose del fratello. George parve accorgersi dal
suo mutismo dei pensieri di lei. Lo vide puntellarsi sul gomito per
sollevarsi e guardarla, anche se era buio.
“Ti
ho fatto dormire nel mio letto perché non volevo che tu
pensassi di
essere una sorta di sostituta di Fred” rivelò
sottovoce.
“Eh?
Che cosa significa?”
“Tu
mi stai sempre accanto, e ho iniziato a pensare che forse tu pensi di
essere per me una sorta di surrogato di Fred. Una persona al quale
attaccarmi in mancanza di mio fratello. Ma non è
così. Ho pensato
che se ti avessi fatto dormire qui, nel letto di Fred, questa
convinzione si sarebbe rafforzata e così ti ho dato il mio
letto.”
Il
ragionamento di George la spiazzò. Era parecchio contorto.
“Io
non ho mai pensato di star sostituendo Fred. Nessuno potrebbe farlo.
Non avrei mai la presunzione di pensarlo.”
“Oh”
disse lui, sentendosi sciocco, “volevo solo che fosse chiaro.
Tu sei
Katie e stai con me come Katie.”
Lei si
sentì imbarazzata da morire. Cosa le stava dicendo
nell'oscurità
notturna, nella sua vecchia camera?
“Stavo
pensando che tutto questo mi ricorda molto i nostri incontri al pozzo
dei segreti. Quando ci confidavamo i nostri segreti, senza vederci in
viso. Sembrano passati secoli” confessò George
nell'oscurità.
“Sono
passati secoli, avevamo 15 e 16 anni, eravamo piccoli e
insicuri.”
“Donna
di ghiaccio?” mormorò poco dopo.
“Dimmi,
uomo del mistero.”
“Grazie.”
“Non
c'è nulla di cui ringraziarmi.”
“Vuoi
venire al Ballo con me?” aggiunse lui subito dopo. La
risata di Katie venne interrotta da Molly che entrò a
sorpresa
spalancando la porta, dicendo di voler offrire loro un cioccolatino
della buona notte.
Katie
venne costretta a restare per tutte le vacanze natalizie, da un
subdolo George e da un'insistente Molly Weasley. Dopo un
breve viaggio al San Mungo per prendere dei vestiti e avvisare il
Guaritore Fawley, non le venne più data occasione per
lasciare la Tana.
Con
Ginny chiacchierava di Quidditch. Hermione era davvero interessata
alla sua carriera da Guaritrice, sapendo quanto sforzo e studio ci
fosse dietro. George si divertiva a darle fastidio e a metterla in
imbarazzo davanti alle altre donne, visto che si era accorto delle
loro occhiatine. Molly la intratteneva di continuo con le sue
chiacchiere e aveva insistito per insegnarle a lavorare a maglia.
Stava
proprio cercando di capire il punto rovescio che la donna cercava di
spiegarle, mentre sedevano placidamente in salotto insieme a Fleur,
Hermione e la signora Tonks, quando George venne a cercarla, portando
un po' di neve e di freddo con sé. Le
disse che erano tutti risaliti fino alla collina per una partita a
Quidditch e aspettavano solo lei. Gli fece notare che era
già
impegnata.
“Non
essere sciocca, Katie. Vai fuori a divertirti. Possiamo lavorare a
maglia questa sera” esclamò convinta Molly. Grata
dello svago, appoggiò il suo lavoro su un tavolino e si
fiondò su in
camera a prendere cappotto e sciarpa.
Mentre
cercava in giro per la camera, George aveva il vizio di spargere
vestiti e oggetti tutti alla rinfusa, il suo sguardo venne attirato
ancora una volta da Fred, che saltava su e giù nella cornice
per
farsi notare.
Era una
grossa foto dei gemelli quando avevano undici anni, aveva
stimato. Avevano entrambi la divisa di Hogwarts e brandivano fieri le
loro bacchette, con un buffo taglio a caschetto. Da
quando aveva messo piede in quella stanza aveva notato che Fred
cercava di attirare la sua attenzione con ogni mezzo possibile, come
aveva appena fatto; George invece, imbarazzato dal fatto che lei e il
vero George dormissero assieme, si nascondeva sempre dietro la
cornice.
Si
avvicinò per guardarlo in viso; doveva alzare la testa.
Fred,
contento che lei gli desse attenzione, le sorrise. Era proprio
carino, già da piccolo.
“Che
cosa c'è, Fred?” chiese alla foto. Sapeva di
essere pazza a
parlare con una foto, ma Fred sembrava davvero intenzionato a volerle
dire qualcosa. Si indicò poi girò su
sé stesso mostrandole la
schiena.
Katie
pensò che volesse solo farle qualche scherzo.
Rigirandosi
deluso, vide che lei non aveva capito. Continuò a ripetere
la
scenetta tre o quattro volte senza successo. Lo vide
portarsi le mani alla testa, esasperato.
George
apparve da dietro la cornice per dargli una mano, rosso in volto e
teso. Indicò prima sé stesso poi Katie, poi
afferrò Fred e lo
voltò di spalle. Avendo capito il messaggio, emozionata,
staccò la
cornice sotto lo sguardo attento dei gemellini, la voltò e
trovò
una lettera attaccata sul retro, che staccò con mani
tremanti. Fred e
George si strinsero la mano, soddisfatti.
Il vero
George spalancò la porta in quel preciso momento.
“Ti
sei persa? Cosa stai...” Notò
la cornice poggiata per terra e Katie che lo guardava agitata, con la
lettera in mano. Gliela tese, la mano ancora malferma.
L'intestazione
diceva: “Per
Forge, da Gred”
George
la fissò attonito per alcuni istanti, poi con un gesto
deciso
l'aprì.
Lo
osservò mentre gli occhi scorrevano sulla lettera, tristi,
umidi,
sempre più emozionati, ogni tanto illuminati da un sorriso.
Quando
finì di leggere stava piangendo e ridendo. Le
passò la lettera e
lei, un po' titubante, ci si tuffò dentro.
“Caro
George,
perché
stai leggendo questa lettera? Smettila immediatamente! Quante volte
ti ho detto di non prendere le mie cose? E i vestiti, i fumetti, la
mia bellezza...
Sei
ancora qui a leggere? Allora credo proprio di essere morto, non si
spiega altrimenti come mai tu non sia ancora caduto a terra, fulminato
dall'incantesimo anti spioni che ci ho gettato sopra...niente fumo
né
scariche elettriche? Sono morto.
Son
sicuro che stai pensano a quanto poco da me sia scriverti una lettera
post-mortem e hai perfettamente ragione. Non ho nulla da dirti di
quanto tu già non sappia.
O
almeno così credevo, fino a oggi.
E'
successo qualcosa oggi che mi ha spinto a prendere piuma e carta e
scrivere questa sorta di testamento mentre tu dormi ancora un po'
sottosopra.
Ho
rischiato di perderti, George. Hai perso solo un orecchio, ma sarebbe
bastato così poco per dirti addio definitivamente. E la cosa
mi ha
sinceramente sconvolto. Unita
alla tua pessima battuta sul romano.
Come
sai non ho paura della morte, so bene che prima o poi
toccherà anche
a me. Ma non mi ero mai soffermato a pensare che tu potessi morire,
George, e lasciarmi da solo. Son stati solo pochi attimi, ma ho
davvero assaporato il terrore, per la prima volta.
Il
pensiero successivo è stato: e se morissi lasciando George
da solo?
Sappiamo tutti e due che io sono quello più duro e
coraggioso, oltre
che più bello, e che quindi tu senza di me entreresti in uno
stato
larvatico e depressivo. Ecco cosa mi ha spinto a scriverti: motivarti.
Perché non posso farlo di persona.
Sono di
sicuro morto da eroe, probabilmente mentre uccidevo Voldemort in
persona trafitto però allo stesso tempo dal suo incantesimo,
vittorioso e martire. Bello e tragico. Vero? Eh, lo so. Spero tu mi
abbia fatto costruire una statua in giardino, la pretendo. Trenta
metri, di oro puro. Puoi sciogliere le spillette di Percy per farla.
Ovviamente
ogni cosa che possiedo è tua e mi auguro che tu non abbia
dato fuoco
al negozio o alla casa nella tua follia. Tornerò
dall'aldilà se hai
osato.
Desidero
solo poche cose da te: promettimi che non cadrai in depressione auto
distruggendoti e arrivando qui all'improvviso dopo aver vissuto da
schifo; ti prenderò a calci se lo farai. E sappi che
nell'aldilà
avrò stivali in ferro. Non piangere troppo, le lacrime
rovinano il
nostro viso e dato che sei rimasto l'unico a poter sfoggiare tanta
bellezza hai il dovere di sorridere.
Voglio
che tu rida sempre e ancora, è un ordine. E devi creare gli
scherzi
più meravigliosi mai inventati, devo riuscire a sentire le
risate
fin qui. Poi voglio che tu ti trovi una donna in gamba e ti sposi,
beh non subito, non ho idea di quanti anni tu abbia al momento.
Insomma goditi la vita, poi sposati e fammi un favore, chiama il tuo
primo figlio maschio come me, raccontagli delle nostre avventure e
crescilo con la passione degli scherzi. Sarà adorabile,
anche se mai
come me.
Vediamo
che altro: ah sì, ti autorizzo a farti passare per me se mai
finirai ad Azkaban o se dovrai dare dei soldi a qualcuno.
Sarà bello
avere la
fedina penale sporca anche dopo morto.
Dai
sempre fastidio a Percy, quando quell'idiota tornerà a casa.
Oh
tornerà, e potrai prenderlo in giro. Ho sempre amato
infastidire
Percy, è così semplice.
Di' a
mamma e papà che li amo, ma che non sono minimamente
dispiaciuto per
averli sempre fatti arrabbiare. Nemmeno un po'. Mi dispiace di
essermi fatto scoprire tutte le volte.
A tutti
i nostri amici e familiari che voglio loro un gran bene.
E ad
Angelina...no, non dirle nulla. Lo sa già.
Ti
avevo detto poche cose? Mentivo! Sono morto e tu devi assecondare le
mie ultime volontà.
Ti
voglio bene, George; credo che l'ultima volta che te l'ho detto fosse
a undici anni, quando avevamo paura di finire in case diverse e ci
siamo ripromessi di essere sempre amici. Prima ancora che fratelli.
Anche se l'idea di scambiarci le case ti giuro ancora mi solletica la
fantasia. Sarebbe stato fantastico e avrebbe mandato la McGranitt
fuori dai gangheri.
Sei la
parte migliore di me, George. Se vivrai appieno io vivrò
ancora,
attraverso te. Ah,
stai russando, hai rovinato il mio unico momento sdolcinato. Grazie
mille.
Un
ultima cosa: raggiungimi solo dopo aver goduto della vita. A cento
trent'anni circa. Così tu sarai un vecchio bacucco e io
sempre il
più bello.
A non
tanto presto,
con
infinito affetto,
Tuo, bellissimo e fantasmagorico,
Fred”
Katie
singhiozzò piano, sorridendo tra le lacrime. George piangeva
quietamente.
“E'
così da Fred. Farti ridere mentre stai piangendo”
mormorò lei
guardandolo negli occhi. Si
abbracciarono. Rimasero aggrappati l'uno all'altro singhiozzando
piano e ridendo.
“George?
Katie? Harry e Ginny sono venuti a cercar....cosa state
facendo?”
urlò Molly salita per chiamarli, fissandoli mentre si
abbracciavano
in atteggiamento intimo, da soli, in camera. Impiegarono mezz'ora per
spiegarle la situazione visto che continuava a interromperli per
sgridarli e altre due ore per farla smettere di piangere dopo che le
ebbero parlato della lettera di Fred.
Quella
notte guardò verso il quadro dei gemelli prima di
addormentarsi e
vide Fred sorriderle grato, prima di sparire oltre la cornice, dietro
a George.
Note:
Ciao!
Siamo
vicinissimi alla fine.
Cosa ne
pensate della lettera di Fred? Certo che nasconderla dietro alla
cornice...ho pensato che i piccoli gemelli nella foto fossero i
custodi e che abbiano cercato di attirare l'attenzione di George
quando stava alla Tana, ma che lui non vi avesse fatto caso,
perché
troppo depresso.
Vi
lascio nuovamente il link del video che ha creato SilverKiria:
http://www.youtube.com/watch?v=jun5Q8QhaMY&feature=youtu.be
Grazie ancora.
Un
abbraccio a tutti
Mimì
|
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Capitolo 27 *** L'errore più dolce del mondo ***
Tornarono
al San Mungo ad anno nuovo già iniziato. Molly strinse forte
il
figlio riempiendolo di baci, restia a lasciarlo andare.
Gennaio
fu un mese molto frenetico; Katie si impegnava a rimettere a posto
anche la magia di George. Sotto
la sua sorveglianza avevano acconsentito a dargli la sua bacchetta
per qualche ora al giorno, per riprendere a far pratica. A causa del
grosso shock e del lungo periodo senza usare la bacchetta, la sua
magia era discontinua. Dandogli fiducia e insistendo per provare,
Katie rimase entusiasta dai progressi di George.
Ed era
decisa a fargli una sorpresa per premiarlo.
“Tirocinante
Guaritrice Bell, te lo proibisco! Non sappiamo come il paziente possa
reagire!”
Era
andata a chiedere il permesso al Guaritore responsabile Marwood, il
suo superiore, più per formalità che altro, ma
lui, con sua enorme
sorpresa, si era detto contrario. Si tirò su arrabbiata.
“George
è ormai completamente guarito! Manca davvero poco
perché sia
dimesso! E la famiglia Weasley mi ha dato carta bianca. Sono venuta
ad avvisarla solo perché non si preoccupasse”
sbottò decisa.
“Ma
una cosa del genere non è consigliabile. Che succederebbe se
lui
avesse un'altra crisi? Da soli come potresti fermarlo? Tu hai la
bacchetta, ma lui è ritornato in forze e non ci metterebbe
molto a
contrastarti. E' troppo pericoloso!”
Katie
uscì dall'ufficio sbattendo la porta.
Tornata
nella stanza trovò George intento a specchiarsi, silenzioso.
Le si
strinse il cuore, stava dimostrando giorno dopo giorno una
volontà
ferrea; voleva tornare a vivere e si stava sforzando al massimo. E
Katie dovette ammettere che ogni giorno che passava, amava quell'uomo
sempre di più.
“George,
ho una sorpresa. Vuoi venire con me?” domandò
distraendolo dallo
specchio. La osservò emozionato e spaventato allo stesso
tempo.
Il
Guaritore poteva dire quello che voleva, non avrebbe privato George
del suo regalo, pensò ribelle.
Gli
tese la mano, lui l'afferrò fiducioso e lei
smaterializzò entrambi.
Si
materializzarono nella campagna della famiglia Bell, spazzata dal
vento. Katie gli tese il mantello che aveva afferrato prima della
smaterializzazione.
George
ammirò estasiato il mondo che da troppo tempo non osservava
davvero.
Il sole che illuminava la neve, gli alberi spogli ammantati e
ricoperti di scintillanti ghiaccioli, il cielo terso e freddo, un
prematuro bucaneve che faceva capolino ai suoi piedi, timido. Si
accorse che Katie aveva abbandonato il suo fianco solo quando la vide
scendere da un colle con una scopa in spalla. La sua vecchia Comet.
Senza
dire nulla montò sulla scopa e gli fece segno di salire.
George
nervoso e rigido esitò un attimo poi sali dietro di Katie,
afferrandola delicatamente per la vita.
Al
momento dello slancio entrambi avevano il cuore in gola, come quando
si manca un gradino. Poi iniziarono a volare nel cielo.
Katie
non aveva perso lo smalto, dirigeva il volo con maestria e
precisione. George sentì un enorme calore al centro del
petto, una
sensazione di pace che non provava da tempo o forse non aveva mai
provato prima.
La voce
di lei gli arrivò indietro sospinta dal vento.
“George?”
“Dimmi.”
“Vuoi
diventare vento?” chiese lei estatica.
George
strinse la presa più forte, facendo combaciare il loro
corpi, la
testa che spuntava da sopra la sua spalla. Katie
lo prese per un sì; spronò la scopa al massimo,
saettando
nell'aria, le orecchie che fischiavano mentre gli occhi le
lacrimavano. La guancia di George che appoggiava sulla sua era
bagnata di lacrime.
Tornarono
a terra dopo un'ora di volo, gelati ma sereni. In silenzio, dopo aver
rimesso la scopa nel capanno, si smaterializzarono.
Katie
si beccò una colossale ramanzina dal Guaritore Marwood che
li
aspettava nella loro stanza da pranzo. Le
inveì contro dandole della sciocca, dell'incosciente e mille
altri
improperi che gli saltarono alla mente al momento. Lei si difese per
nulla intimidita.
Fu
George ad interrompere il loro litigio.
“Guaritore,
io mi dimetto dall'ospedale” annunciò calmo,
frapponendosi tra
loro.
I due
lo guardarono allibiti.
“E'
giunto il momento di fare un altro passo avanti e uscire da qui. Con
Katie, ovviamente.”
Il
giorno seguente George tornò a vivere all'appartamento sopra
il
negozio di scherzi, portandosi Katie. Ancora una volta le diede la
sua camera mentre tenne quella di Fred per sé.
Tornò
gradualmente a occuparsi del suo negozio, insieme a Ron e Lee.
Piccole
cose per iniziare, ma Katie lo vedeva tornare la sera
all'appartamento molto contento. Lei poté riprendere alcuni
compiti
al San Mungo, dato che era libera per parecchie ore.
Anche
il recupero della magia stava procedendo bene e velocemente. A fine
Gennaio l'unico incantesimo che George non era riuscito a produrre
era l'incanto patronus.
Katie
era fiduciosa che un giorno avrebbe avuto un pensiero abbastanza
felice da cancellare completamente il dolore.
Vivere
con lui la rendeva felice e in cuor suo desiderava che non finisse
mai quella convivenza; anche se il solo desiderarlo la faceva sentire
in colpa.
Il
primo di Febbraio tornarono dalla Tana, dove avevano cenato, a
mezzanotte passata. Si
sedettero nel divano, distrutti.
Molly
aveva continuato a fare domande, chiedendo perché vivessero
assieme,
se c'era qualcosa tra loro, che intenzioni avessero. Katie non
riusciva a farle capire che tra loro non c'era nulla, erano solo
amici. Le battute e le frecciatine di tutti non aiutavano.
Aveva
paura soprattutto di Ginny.
Era una
sorta di concentrato dei gemelli, tendente di più al
Fred.
Continuava a far sì che stessero soli in stanze deserte, la
faceva
inciampare in modo che cadesse tra le braccia di George, faceva
allusioni molto esplicite e la metteva in imbarazzo con domande
dirette.
Seduti
in silenzio, Katie chiuse gli occhi poggiando la testa stanca sulla
testata del divano. George
era rimasto inquieto per la maggior parte del giorno. Katie aveva
dato la colpa al suo compleanno in avvicinamento. Lo
sentiva agitarsi al suo fianco.
“Che
c'è, George? Se c'è qualche problema,
parliamone.”
Lui la
guardò stranito.
“Sai
che mi è arrivata una lettera di Baston?” le
chiese perplesso.
“Sul
serio? E ti ha detto..?”
“Oh,
sì! Non posso crederci” urlò George
interrompendola.
“A me
l'ha detto Alicia! Sono saltata dalla gioia. Quella ragazza ha dovuto
davvero penare a causa di quel maniaco del Quidditch”
esclamò lei
entusiasta.
“Non
dirmelo! Mi si stringeva il cuore tutte le volte che la vedevo
guardarlo di nascosto o che sopportava quegli allenamenti stoicamente
pur di stargli affianco” rivelò lui ricordando gli
anni a
Hogwarts.
Katie
sentì un fastidio al cuore.
“Allora
è per questo che sei irrequieto? Tu eri innamorato di Alicia
come
sospettavo?” mormorò un dopo un po'.
Lui la
fissò sorpreso, aprendo e chiudendo la bocca.
“Cosa?
No! Mi commuoveva come l'amasse nonostante fosse un grosso idiota che
non si accorgeva di lei! Sono irrequieto al pensiero che si sposino.
Lei ha la mia età e si sposa!” confessò
senza vergogna.
“Quando
sospettavi che io fossi innamorato di lei?” aggiunse
perplesso poco
dopo.
“Al
mio sesto anno, quando mi ero innamorata di te. Tu giravi sempre con
lei o prendevi le sue difese, ed eravate così carini
insieme. Lei è
sempre stata bellissima. E io morivo di gelosia. Senza
speranza.”
Ma cosa
stava dicendo? Si tirò su imbarazzata per andare a dormire.
George
la bloccò per il braccio, ritirandola sul divano.
“Tu...eri
davvero innamorata di me?” domandò lui incuriosito
e impacciato,
guardando nel vuoto.
“Sì.
Come ti dissi quella notte. Dopo il bacio.”
La sua
gola si era fatta asciutta, nervosa.
“Ma
tu eri innamorata di Fred! Non era strano che poi fossi passata ad
amare me?” sbottò George alterato, con la voce
alta per
l'agitazione.
La sua
insicurezza era ancora lì, anni dopo quella sera. Anni dopo
i loro
discorsi, il loro bacio.
“Io
avevo una cotta per Fred. Che poi durante quell'estate era sparita. E
poi nel nuovo anno mi accorsi di essermi innamorata di te, della tua
insicurezza, della tua sensibilità, della tua dolcezza, del
modo in
cui sorridevi...” si interruppe, sentiva di aver detto anche
troppo.
George
si schiarì la gola.
“E
adesso?” chiese nervoso nel silenzio del salotto.
Adesso
cosa? Le stava chiedendo se fosse ancora innamorata di lui? Non stava
succedendo sul serio.
“Adesso
cosa provi per me?” incalzò girandosi a guardarla
negli occhi.
Doveva
mentire.
Dire a
George che era ancora innamorata di lui non avrebbe portato a nulla
di buono. Lui era ancora vulnerabile, desideroso di amore e
facilmente influenzabile.
E lei
era stata il suo punto fermo per tutto quel tempo. Si sarebbe buttato
tra le sue braccia in una relazione morbosa. E non era quello che
Katie desiderava per George. Lo amava troppo per tenerlo legato a
sé
per sempre.
“Ti
voglio molto bene...da amica” mentì lei, fissando
un punto in
mezzo alle sue sopracciglia. Non
poteva guardarlo negli occhi senza confessargli i propri sentimenti.
George
le prese il viso tra le mani, costringendola a guardarlo dritto negli
occhi. I loro nasi si sfiorarono in un bacio eschimese. Lei avrebbe
potuto contare ogni singola lentiggine. Fu costretta a guardare tutto
quell'azzurro.
“Dimmelo
ancora una volta. Cosa provi per me?” continuò
insistente, a un
passo dalle sue labbra.
Il
cuore le batteva forte, le pulsava ai lati del collo dove le mani di
George la toccavano. Non poteva non essersene accorto.
“Io...ti...”
Non
finì mai la frase. La bocca di George coprì la
sua, in un bacio
appassionato. La sua
testa si riempì di piacere, il suo corpo di brividi. Non se
ne
accorse nemmeno e lui la sospinse sotto di sé, sul divano.
Non
riusciva a pensare razionalmente: perché se l'avesse fatto,
razionalmente lei avrebbe dovuto fermare quella follia. Avrebbe
dovuto fermare quelle mani che cercavano il contatto con bramosia,
quei corpi che si strusciavano l'un l'altro cercando e dando piacere,
quegli scontri di labbra e lingue appassionati.
Razionalmente
sapeva che era sbagliato.
Ma non
ci riuscì.
Voleva
quelle sensazioni, voleva che George l'amasse, che avesse bisogno di
lei. Ogni pensiero logico si era spento nel momento in cui lui
l'aveva toccata e a Katie non importava niente. Il futuro non
esisteva, tutto era fermo a quel momento. Solo lei e George contavano
qualcosa. Lui
la sollevò e la portò nella camera dove
pernottava lei, che un
tempo era stata la sua. Non smisero mai di baciarsi, quasi che
ciò
che li sostenesse in vita fosse quel contatto di labbra.
Quando
i loro vestiti furono scomparsi, con molto impaccio da parte di
entrambi, lei tornò un attimo in sé.
Guardò George, col respiro
affannato. Lui le restituì lo sguardo, desideroso e
spaventato. Lo
sentiva fremere nel suo abbraccio. Erano lì impauriti,
stretti uno
tra le braccia dell'altra.
Nascose
il viso nell'incavo della sua spalla.
“Sono
ancora vergine” mormorò contro la sua pelle,
dandogli i brividi.
Si sentì di colpo sciocca, terrorizzata. Tornare indietro
era ormai
impossibile, ma come avrebbe reagito lui? George la baciò
dietro
l'orecchio.
“Anche
io” ammise leggero, “mi perdonerai se non
sarà fantastico come
immagini?”
Lei
staccò il viso e lo guardò intensamente. Lo
sguardo onesto di lui
le disse che non mentiva.
“Stai
qui con me e sarà fantastico” sussurrò
emozionata ritornando a
baciarlo.
Ormai
toccarsi non era più abbastanza, volevano perdersi ognuno
nell'altro.
Katie
dormiva beata, abbracciando il cuscino. La luce del sole che entrava
fioca dalla finestra non le diede fastidio, fu il tramestio che
veniva dalla cucina a svegliarla. Ancora mezzo stordita dal sonno,
aprì gli occhi lentamente, poi sentendosi nuda sotto le
coperte
ricordò arrossendo quello che era successo la sera prima.
Aveva
fatto l'amore con George. Poi aveva dormito tra le sue braccia,
felice, mentre lui le baciava la nuca. Trattenendo strilli di gioia
si tirò a sedere mentre la porta si apriva, rivelando George
che
entrava con un vassoio in mano.
Sorpresa
e imbarazzata si tirò le coperte fin sulle orecchie
avvolgendocisi a
mo' di bozzolo. I suoi capelli erano tutti arruffati.
“Non
puoi nascondere nulla che io non abbia visto ieri notte”
esclamò
lui appoggiando il vassoio accanto a lei.
Katie
riemerse dalle coperte, il viso in fiamme. George la guardava,
indicandole la colazione che aveva portato per entrambi. Stando bene
attenta che le coperte non scivolassero scoprendola, Katie
attaccò
la colazione insieme a lui.
“Credo
di sentirmi pronto a vivere da solo ormai”
annunciò d'un tratto,
serio.
Il
toast che Katie stava mangiando sembrò essere diventato di
gomma. Lo
deglutì a fatica. George le stava dicendo senza molti
preamboli di
andarsene. Katie un po' allarmata si chiese se fosse a causa di
ciò
che era successo la notte prima, o forse semplicemente lui sentiva di
non avere più bisogno di lei. Nessun bisogno.
Quella
sera stessa ritornò con tutte le sue cose al suo
appartamento vuoto,
Leanne ormai si era trasferita da Sam. Non ci entrava da otto mesi.
Lo trovò grande e silenzioso. Anonimo.
Rimase
insonne nel letto, con una paura feroce che le attanagliava il cuore.
George
l'aveva salutata con un veloce abbraccio quando era andata via. Solo
un abbraccio.
Non si
fece più vivo, dopo quel giorno.
Lei
riprese completamente il suo tirocinio, dal punto in cui l'aveva
interrotto. Il San Mungo le era parso un po' cambiato, spento, ogni
cosa ripetitiva. Il Primago le aveva fatto notare che la sua verve e
il senso di passione che trasmetteva prima se n'erano andati. Leanne
invece la sgridava preoccupata della sua improvvisa perdita di peso e
per le occhiaie.
Katie
non si era sorpresa. Ormai dormiva solo poche ore a notte e non
mangiava quasi niente. Le sembrava di essere un fantasma. Non aveva
passione, non aveva desideri. Sarebbe stata un guscio vuoto se il
dolore non l'avesse riempita. Rimaneva sveglia tutte le notti, a
tormentarsi. Ripensava a quella sera, a quei baci, quella passione.
George
l'aveva guardata come se non ci fosse nulla al mondo che desiderasse
più di lei; e aveva sempre sognato che lui la
guardasse
così.
Aveva
sbagliato tutto. George aveva avuto paura e se n'era andato. Aveva
capito che era stato tutto un errore, che non sarebbe mai dovuto
accadere e non sapendo come gestire la cosa, aveva deciso di
allontanarsi da lei.
L'aveva
perso per sempre.
Non aveva avuto il suo amore, aveva perso la sua
amicizia. Bagnando il cuscino di lacrime, notte dopo notte,
continuava a maledirsi.
Molly
mandava settimanalmente le sue lettere, raccontandole aneddoti; della
gravidanza di Fleur e di come presto sarebbe diventata nonna; di
quanto fosse contenta della guarigione di George e di come fosse
tornato alla direzione del negozio insieme a Ron; di quanto le
mancasse la sua compagnia; terminava sempre invitandola a cena.
Katie
trovava così tanto affetto genuino in quelle lettere che le
rileggeva di continuo. Trovando sempre nuove scuse, il lavoro,
un'improvviso raffreddore o una riunione con la sua famiglia,
riuscì
a rifiutare gli inviti senza offendere la gentile donna.
La sua
vita non si sarebbe scontrata più con quella di George o con
la sua
famiglia. La sua
missione era finita in maniera eccelsa; George era ritornato una
persona in salute, con coscienza di sé e amore per la vita.
Sarebbe
tornato a vivere, a sorridere, inventare e amare. Presto avrebbe
conosciuto una donna speciale, si sarebbe sposato e avrebbe avuto
tanti figli, dagli splendidi capelli rossi, ridenti occhi azzurri e
cascate di lentiggini.
E lei
sarebbe morta di dolore e solitudine. E lacrime.
La sera
del trentuno di Marzo, mentre si spogliava distrutta per mettersi il
pigiama, preparandosi ad un'altra notte insonne, un debole ticchettio
alla finestra la fece sobbalzare. Una lettera giaceva abbandonata sul
davanzale.
La aprì
con mani tremanti.
“Domani
è un giorno importante. Vediamoci.” Seguivano
il posto e l'ora.
Katie
si abbandonò sul letto, la lettera stretta al petto,
indecisa sul da
farsi.
Note:
Salve!
Vi
parlo dal mio bunker anti fatture, forconi e torce.
E' pura
precauzione!
Devo
confessarvi che la scena dove....sì, insomma...quella, mi
imbarazza
parecchio. Non sono tipa che scrive certe cose e infatti mi son
tenuta sul leggero, sono cose loro private! Non facciamo le guardone!
Poi però lui non si fa più sentire!
Ecco
perché sono nel mio bunker, temo le vostre ritorsioni! Ma
abbiate fiducia! Siamo a meno due! C'è ancora tempo!
A
domani!
Mimì
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Capitolo 28 *** Donna di ghiaccio, Uomo del mistero ***
Il
primo di Aprile si era recata davanti ai tre manici di scopa come
diceva la lettera. Alle dieci in punto. Non aveva dormito tutta la
notte, ma non era una cosa nuova per lei.
Si era
data della stupida, aveva deciso mille volte di non andare, ma altre
mille aveva cambiato idea.
Sapendo
che sarebbe caduta ancora più giù nella
disperazione, si era
vestita con ansia e alle dieci meno un minuto si era smaterializzata.
Il
familiare profilo di Hogsmeade in primavera le riempì gli
occhi.
L'aria era più calda, le vetrine dei negozi rilucevano sotto
il
sole, gli studenti in libera uscita ridacchiavano contenti. George
era lì ad attenderla, davanti al familiare pub, senza notare
le
occhiatine ammirate delle studentesse. Seguite da ridolini.
Era
bello, più bello di come lo ricordasse. I capelli accesi dal
sole,
il bel profilo, la presenza statuaria.
-Maledizione!
Non devi essere così bello!-
La notò
a pochi passi da sé. La sua bocca si aprì
allarmata e
stupita. Katie
se l'era aspettato. Lei non diventava più bella giorno dopo
giorno
come lui.
George
osservò il suo volto scavato, le occhiaie profonde, il suo
fisico
che prima era femminile e ben tornito ridotto quasi pelle e ossa.
Incredulo
e spaventato le corse incontro per abbracciarla. Katie sentì
risatine qua e là mentre assaporava masochisticamente
quell'abbraccio. Sentì alcune chiedersi perché
abbracciasse una
racchia come lei.
“Perché
sei ridotta in questo stato?” domandò alterato,
senza tanti
preamboli.
-Per
colpa tua. No, per colpa mia che ti amo.-
“Son
stata poco bene ultimamente. Ho preso la Chiropterite Magnus due
settimane fa” mentì lei.
George
la osservò fisso negli occhi cercando la menzogna. Sembrava
non crederci, ma Katie non era stupida. Aveva scelto la malattia che
rendeva le persone nello stesso stato in cui era lei. Anche se queste
ultime non avevano anche il cuore spezzato, al contrario di Katie.
“E
perché io non ne ho saputo nulla?” chiese sempre
più sospettoso.
-Perché
non ti fai vivo da due mesi. Da quando abbiamo fatto l'amore!-
“Ho
preferito non dirlo a tua madre, tua sorella, Hermione e via dicendo
per non allarmarle senza motivo. Ora sto bene”
continuò a mentire.
George
non ribatté, ma mentre si avviavano fianco a fianco
continuò a
guardarla di tanto in tanto in tralice. Forse aveva paura che un
soffio di vento potesse spazzarla via.
Katie
non chiese nulla del perché si fosse fatto rivedere dopo due
mesi
come se nulla fosse; aveva deciso che, a seconda di come sarebbe
andato l'incontro e di cosa lui avesse detto, sarebbe scoppiata in
recriminazioni solo alla fine. Adesso che si erano rincontrati
avrebbe preteso risposte e le avrebbe avute.
George
la condusse verso Hogwarts. Il
castello, che non vedeva dalla battaglia, era ritornato all'antico
splendore. La McGranitt, che dopo la guerra era stata nominata
Preside temporanea, aveva ricostruito le parti cadute dalla violenza
degli scontri e, se possibile, il castello le sembrò
più bello che
mai.
Forse
perché era il contenitore di milioni di ricordi, dolci,
amari,
felici e tristi della sua adolescenza. Si perse dentro quei ricordi,
sognante.
“Ho
chiesto al Preside il permesso per oggi. Ha risposto con uno squittio
entusiasta” disse lui mentre oltrepassavano i prati e si
avvicinavano al portone.
-Squittio?-
George
osservò il suo viso confuso trattenendo un sorriso.
“Non
sai chi è adesso il Preside? Vitious!” rispose
facendola
sorridere.
Il
piccolo, saltellate, sempre allegro Vitious, Preside. Trovò
l'idea buffa, anche se pensò che fosse perfetto.
Una
volta entrati dentro ritornarono silenziosi. Katie
lo seguì su per le rampe di scale, sapendo già
dove stessero
andando. Arrivati al corridoio del settimo piano, George fece ancora
qualche passo verso un angolo riparato, vicino alle finestre.
Rimase
a fissare un punto per terra, respirando pesantemente. Katie lo
raggiunse e gli prese la mano, tremante. Erano nel punto dove era
morto Fred, entrambi ricoperti di lacrime.
“Harry
mi ha raccontato tutto. Che è morto ridendo, che Percy ha
cercato di proteggerlo.
Mentirei se dicessi che non l'ho odiato per non essere morto al posto
suo, quando odiavo me stesso più di chiunque altro per
essergli
sopravvissuto” raccontò tranquillo nonostante le
lacrime.
“Non
ero mai venuto qui. Io non c'ero. Ho sempre creduto che se fossi
stato con lui quel giorno non sarebbe accaduto nulla. Io e lui ci
portavamo fortuna a vicenda. Non so nemmeno quando e perché
ci siamo
separati, non l'avremmo mai fatto coscientemente.”
Katie
non riusciva a trattenere i singhiozzi. Sapeva che George non aveva
mai detto quelle cose a nessuno. Perché voleva dirle a Fred.
Era
come se si stesse scusando con lui.
“Fred!”
esclamò a voce alta. La sua voce echeggiò nel
corridoio deserto.
“Tanti
auguri! E' il nostro ventiduesimo compleanno. Ti voglio bene
Fred...ma io andrò oltre. Tu ti sei portato via una parte di
me, io
ne tengo qui una di te. Quando ci incontreremo avrò talmente
tante
cose da raccontarti che riderai per anni. Ho intenzione di far ridere
il mondo fino a scuoterlo. Aspettami Fred, ma non troppo presto.
L'attesa renderà più epico il momento!”
Katie
sapeva di essere sciocca, ma le sembrò che un soffio di aria
calda
le avesse attraversato il cuore. La stessa sensazione che provava
anni prima al sentire la risata di Fred.
Si
diressero con calma verso il portone, asciugando piano le lacrime.
Quello
era il vero dolore, si disse Katie. Lei si stava solo
auto-commiserando e distruggendo per capriccio. Il dolore che provava
non era nemmeno un decimo di ciò che George aveva provato a
perdere
Fred, pensò dandosi della stupida.
-Andrò
avanti anche io. L'ho amato per sei anni. E' ora di dimenticarlo.-
Pix il
poltergeist volò pigro sopra di loro, in sala d'Ingresso.
Alla vista
di Katie sembrò volerle tirare uno scherzo mancino, con un
ghigno
perfido. Poi notò George al suo fianco e, inaspettatamente,
rimase
rigido in segno di saluto finché non sparirono oltre il
portone.
Katie
iniziò a dirigersi verso i cancelli, ma George la trattenne,
tirandola invece verso la foresta.
“C'è
ancora un posto che voglio vedere con te, dato che siamo
qui>>
mormorò con la voce ancora roca dal pianto.
Katie
sapeva dove volesse andare e sapeva che rivedere quel posto le
avrebbe fatto male.
-Ma
forse, sarà il gradino che mi permetterà di
dimenticarlo.-
La
capanna di Hagrid era silenziosa, ma uno sbuffo di fumo usciva dal
comignolo.
Il
familiare profilo del pozzo sembrò correre loro incontro
felice. Katie
non lo vedeva da anni, ma ricordava ogni pietra, ogni ciuffo d'erba.
Sembrava che non fosse stato minimamente scalfito dalla battaglia di
Hogwarts, come se si fosse auto difeso, nascondendosi agli occhi di
tutti.
Alla
luce del sole che filtrava tra gli alberi era diverso. La luce
blu era tenue e delicata e riusciva a illuminare solo l'arco sopra di
esso. Katie notò un particolare nuovo: una pianta di rose
era
cresciuta abbarbicata all'arco, avvolgendolo con le sue foglie verde
scuro e i primi timidi boccioli bianchi.
Chiudendo
il cancello alle sue spalle George lasciò andare la sua mano.
Katie
si sedette sul basso sedile in pietra. Lo
ricordava più grande, quanto era alta a quindici anni?
George
si sedette sul suo, dall'altra parte del pozzo. Katie lo vedeva
perfetto e nitido.
“Si è
rotto?” mormorò allarmata.
George
rise.
“Il
pozzo funziona solo di notte. Di giorno è un pozzo normale.
Credevo
lo sapessi!”
“No.
Io non ero nemmeno certa che esistesse. Credevo fosse una
leggenda”
confessò Katie.
“E
hai comunque cercato di trovarlo? Di notte, da sola?”
Lei
tirò su le spalle. Ripensandoci
in quel momento si diede della stupida, ma a quindici anni era
sembrata l'idea migliore di tutte.
“Sono
sempre più convinto che fosse destino. E' stato quello a
guidare i
nostri passi” sussurrò piano lui.
-Sì,
destino! Destinata ad amarti senza speranza.-
Lui la
guardava negli occhi.
“Mi
dispiace, Katie” esclamò dopo, serio.
“Per
cosa?”
“Per
averti ridotto in questo stato. Non sono stupido!” aggiunse,
interrompendola dato che lei aveva aperto bocca per controbattere.
“Mi
vergogno di quello che ho fatto, ma ho dovuto”
continuò
imperterrito.
Katie
si alzò in piedi.
Non
voleva ascoltare, non voleva stare lì, al pozzo dove si era
innamorata di George ad ascoltarlo mentre gli diceva che amarlo era
stato uno sbaglio. Mentre etichettava la notte più bella
della sua
vita come un errore.
George
si alzò di riflesso. Circumnavigando il pozzo le
andò accanto e la
spinse di nuovo sul sedile in pietra. Con la mano sulla spalla la
teneva seduta.
"Sono
sparito dopo quella notte per un milione di motivi. E anche se ti sei
ridotta in questo stato a causa della mia sparizione, non me ne
pento. Anche se non avresti dovuto!” sbottò
fulminandola con lo
sguardo.
Katie
si chiese dove volesse andare a parare.
-Sii
chiaro una buona volta!-
Continuava
ad ascoltarlo senza interrompere, voleva proprio sentire il suo
milione di buoni motivi.
-Uno è
che non ti ama! AH!-
Si
sedette nel sedile al suo fianco.
“Quella
notte, mentre tu dormivi tra le mie braccia, io son rimasto tutta la
notte sveglio, a pensare. Pensai che anche se era stato bello, anche
se l'avevo desiderato, era sbagliato” confessò
tutto d'un fiato.
Katie
trattenne le lacrime. L'aveva pensato, l'aveva immaginato, ma
sentirlo dalla voce di George faceva male.
“Tu
eri la donna che mi aveva aiutato a ritrovare me stesso. Eri l'amica
che ogni volta c'era per consolarmi, aiutarmi o spronarmi. Tu eri il
mio punto fermo, ogni cosa iniziava e finiva con te. E io ti sono
saltando addosso inquinando ciò che c'era.”
Voleva
gridare, diventare sorda o svenire, ma non voleva continuare ad
ascoltare. Era persino peggio della sparizione di lui. Faceva
così
male che il respiro le si bloccò in gola con dolore mentre
cercava
di trattenere le lacrime.
“Quella
notte decisi che sarei sparito, che avrei vissuto senza vederti,
senza sentirti, per dimostrarmi e dimostrarti una cosa: che sono
capace di vivere senza te. Che non avevo bisogno di te per continuare
a vivere.”
Katie
non restò seduta un minuto di più.
Saltò su, picchiettando la mano
che la tratteneva sulla spalla, con la bacchetta, che si ritrasse per
il calore. Piangendo
silenziosamente corse verso il cancello e fece per aprirlo, ma non si
mosse. Gli puntò contro la bacchetta pensando una sfilza di
incantesimi, ma rimase chiuso. Lo scosse con forza nella
disperazione, ma quello cigolò senza aprirsi.
“E'
chiuso per magia” mormorò George alle sue spalle,
“resterai qui
a sentire tutto quello che ho da dire.”
Si
abbandonò distrutta sul cancello, continuando a non
guardarlo.
Quello non era George, quell'uomo crudele non era affatto il suo
George.
“Ho
continuato a vivere tranquillamente, come una persona normale. Ormai
grazie a te avevo recuperato tutto di me. Ma qualcosa non andava. Tu
e quella notte.” aggiunse, ignorando il fatto che lei
non lo
guardasse in faccia.
Le mani
di Katie tremarono, strette all'inferriata del cancello. Divennero
bianche, poi livide.
Che
cosa pretendeva? Che sparisse dalla faccia della terra? Che chiedesse
scusa? Che si obliviasse eternamente per dimenticare quella notte?
“Giorno
dopo giorno la mia teoria, che aveva preso corpo in me in quelle ore,
trovò conferma: scoprii che potevo vivere senza di te, ma
che non
volevo. Perché da quel giorno al pozzo di quasi sei anni fa,
ti ho
amato con ogni centimetro di me” sussurrò dolce.
Katie
si girò incredula ad osservarlo. George era pochi passi
dietro di
lei sorridente. Rimase
rigida e immobile a fissarlo, il labbro tremolante trattenuto tra i
denti.
“Se
mi ami...perché hai detto che quella notte è
stata uno sbaglio?”
Lui la
trasse a sé vicino al pozzo. Lei continuò ad
evitare che
l'abbracciasse.
-E'
tutta una scusa per buttarmi giù!-
“E'
stata uno sbaglio. Perché non ti ho detto che ti amavo,
perché
sembrava che ci fossimo buttati uno nelle braccia dell'altro per
disperazione, per bisogno di affetto morboso. Se quella sera ti
avessi detto che ti amavo, che ti avevo sempre amato, sarebbe stato
diverso. Ma avevo paura di ammetterlo. Amare ancora vuol dire pensare
un giorno di perdere ancora e io avevo già perso tutto una
volta.”
Katie
piangeva incredula. Voleva crederci, ma sembrava troppo bello. Troppo
bello per essere reale.
“Ma
questi due mesi senza di te son stati un tormento. Non c'è
stato un
minuto in cui non ti abbia pensata. In cui tu non mi sia
mancata.”
“Quindi
quella notte...tu mi amavi?” chiese incapace di trattenersi
ancora. Voleva
sentire ripeterglielo altre mille volte, anche se non fosse stato
vero. Aveva un suono così dolce che non le importava fosse
una
bugia.
George
la prese tra le braccia e la trattenne mentre lei si divincolava,
piccola, fragile e impaurita. Era stato un idiota a lasciare che si
riducesse così.
La
strinse forte al petto.
“Quella
notte. E tutte le notti prima di quella. Da quando hai varcato questo
cancello, io non ho fatto altro che amarti. Ma tu volevi mio fratello
e io soffrivo in silenzio. Il giorno del ballo eri tutta per me, ed
ero felice! E volevo quel bacio! Ti ho visto crescere e maturare,
prendere i tuoi G.U.F.O.! Sei tornata dall'estate più bella
che
mai e io
non potevo averti. Pensavo che amassi ancora Fred. Chiesi ad Angelina
dei consigli, ma non potevo seguirli, non riuscivo a dichiararmi.
Quando mi dicesti che Fred non ti interessava più, toccai il
cielo
con un dito. Quella notte non chiusi nemmeno occhio. Mi dissi che
avrei aspettato un po', che tu fossi certa di non trasferire i tuoi
sentimenti su di me e poi mi sarei fatto avanti”
iniziò a
raccontare sincero.
Il
rimbombo della sua voce nel petto non le suscitava risa, la teneva
ipnoticamente incollata a lui.
“Ma
la mattina dopo vidi te e Fred in biblioteca, da soli, sospetti. Tu
eri triste e lui ti consolava. Ero così arrabbiato. Che mi
avessi
mentito. Che l'amassi ancora. Decisi di non volerti più
vedere.”
Katie
si ricordò della prima riunione dell'ES, in cui lui aveva
girato la
faccia offeso.
“No!
Fred mi stava consolando perché aveva saputo da Angelina che
tu eri
innamorato di una sua amica. E io ero a pezzi!”
sbottò al sicuro
nelle sue braccia.
Quella
stretta dolorosa al petto si stava sciogliendo, ma il suo naturale
cinismo le diceva di non gioire ancora.
“Eri
tu quell'amica, ma a lei non avevo detto il nome. Non avevo
confidenza con Leanne, non potevo chiederlo a lei. Anche se col senno
di poi mi accorgo che forse sarebbe stato meglio. Abbiamo sprecato
anni a causa di malintesi. E tutto ha molto senso ora. I tuoi
incontri con Fred, il nervosismo quando ci incontravamo, il fatto che
mi fissassi. Credevo mi scambiassi con Fred e mi faceva ancora
più
infuriare.”
“Allora
è per quello che ti sei arrabbiato dopo il bacio. Io non vi
ho mai
confusi!” si difese Katie, pensando che la cosa fosse ovvia.
“Mentre
ci baciavamo ero felicissimo, ma d'improvviso mi sentii morire,
credendo che tu ti stessi accontentando, dato che non potevi avere
Fred.”
“Ti
ho già dato dello stupido per quello, vero?”
chiese Katie
facendolo ridere, mentre si gustava la sua confessione, incredula.
“Oh,
sì. Il marchio della tua mano è rimasto impresso
per una
settimana
sulla mia guancia” continuò George, mezzo
arrabbiato mezzo
divertito mentre lei rideva.
“Poi
sono scappato via da Hogwarts e credevo che sarei riuscito a
dimenticarti, in qualche modo. Con la lontananza, col tempo.”
La
strinse più forte nel suo abbraccio, per comprovare che
fosse
davvero lì, tra le sue braccia.
“E ci
siamo rivisti dopo più di un anno dopo quel momento, alla
Tana”
ricordò Katie, ricambiando l'abbraccio.
Lui si
irrigidì un poco.
“No,
in effetti. Io ti ho rivista prima” raccontò
George, lasciando lei
basita. “Sono
venuto a trovarti in ospedale, quando sei stata maledetta dalla
collana.”
Katie
si staccò da lui, gli occhi ormai asciutti aperti per la
sorpresa.
“Tu...sei
venuto da me? Quando?” domandò agitata.
“A
marzo. Ti dissi che ti amavo mentre eri ancora incosciente e poi dopo
nemmeno una settimana ti eri risvegliata, e io credevo che forse mi
avessi sentito, che ti fossi svegliata per me. Invece ti trovai a
baciare Daniel. Una gran bella sorpresa.”
Il suo
tono di voce era alterato, iroso.
Lei
capì in quel momento perché lui era andato via,
quel giorno.
“Io
non ho nessun ricordo di quando ero in coma. Niente, sono sei mesi di
vuoto per me. E in mia difesa ti posso dire che ho accettato la corte
di Daniel perché, appunto, io non ti vedevo da
più di un anno, e
non ci eravamo lasciati in buoni rapporti. Io volevo
dimenticarti”
esclamò Katie tremando appena. Voleva
che George capisse, che non la giudicasse male, non quando erano ad
un passo dal costruire qualcosa.
Lui la
osservò con sguardo cinico, pensieroso. Poi aprendosi in un
sorriso
tornò ad abbracciarla.
“Come
sei impegnativa. Guarda come mi hai fatto dannare in questi
anni!”
“Come
abbiamo fatto a cadere in questa trappola di equivoci? E'
così
assurdo!” sospirò Katie stupefatta.
“L'insicurezza.
Eravamo entrambi molto insicuri, molto spaventati. E' facile che le
cose non siano chiare se l'insicurezza ti blocca. Se io non fossi
stato insicuro a causa di mio fratello ti avrei detto subito che ti
amavo. Se tu non fossi stata insicura delle tue qualità
saresti
venuta a dirmi che mi amavi, e non avremmo perso nemmeno un
minuto.”
Rimasero
abbracciati a pensare a tutte le volte che avevano sofferto per un
sorriso fugace dell'altro, pensando che non fosse rivolto a loro. Ai
sospiri che non credevano fossero suscitati dai reciproci pensieri.
Alle volte che erano stati soli, sul punto di dichiararsi e nessuno
dei due l'aveva fatto.
“Me
lo dici ancora una volta?” sussurrò lei
imbarazzata.
“Ti
amo, Katie. E sono convinto che non dovremmo sprecare più
nemmeno un
minuto.”
“Vuoi
dire che staremo insieme, da adesso in poi?” chiese temendo
e
bramando una risposta con la stessa dolorosa intensità.
“Tu
non mi hai detto che mi ami!” protestò lui offeso.
Katie
rise tirando su piano col naso.
“Ti
amo, George. Da quella notte qui al pozzo.”
Lui la
lasciò quel tanto che le permettesse di guardarlo. Si
baciarono
intensamente. Nel loro luogo preferito, nel posto dove si era
innamorati e tutto era incominciato. Quando
le loro labbra si staccarono lui la strinse ancora forte, incapace di
lasciarla andare.
“Donna
di ghiaccio?”
“Dimmi
uomo del mistero.” Le
avrebbe chiesto ancora di ballare?
“Vuoi
sposarmi?”
Katie
spalancò gli occhi e alzò la testa incredula
slogandosi nel
procedimento tre o quattro nervi. Lo stomaco contratto
dall'agitazione. Gli occhi azzurri di George la fissavano dolci, in
attesa. Un mezzo sorriso speranzoso sulla bocca.
“Ma
un paio di mesi fa eri terrorizzato all'idea che Alicia si sposasse,
dato che ha la tua età! E adesso ti vuoi sposare?”
controbatté
incredula e spaventata.
“Perché
sposa Baston. Qualsiasi età è sbagliata per
sposare quell'idiota
maniaco di Quidditch! E per farci dei figli maniaci di
Quidditch!”
strillò George mezzo serio, prima di scoppiare a ridere
insieme a
lei.
“Mi
vuoi sposare?” chiese ancora, fissandola intensamente,
iniziando a
sentirsi a disagio. Forse
temeva che lei gli avrebbe risposto di no.
Katie
trasse un profondo, grande respiro. Il primo vero ossigeno che avesse
mai attraversato il suo corpo o il suo cuore. Sorrise estatica.
“Sì
che lo voglio, Uomo del mistero! Certo che lo voglio!”
Quella
sera, dopo che ebbero passato il tempo insieme recuperando un po' di
quello perso, che si furono confidati i mille e più tormenti
che li
avevano attanagliati, che ebbero riso, pianto, che si furono amati
con tutto il cuore, George la portò alla Tana, alla cena per
il suo
compleanno.
La
signora Weasley l'aveva sgridata per la sua magrezza riempiendole il
piatto cento volte almeno. Ginny e Hermione l'avevano abbracciata,
scioccandola un po'. Tutti
l'avevano accolta come un familiare perso, che ritrovavano con gioia.
Si sentì così amata che scoppiò a
piangere, nella confusione
generale.
Nel bel
mezzo della cena George annunciò il loro matrimonio, il mese
dopo.
Un'esplosione di voci si levò dal tavolo gremito, incredule,
felici,
emozionate, miste a risate, pianti, fischi.
George
e Katie si trovarono stretti in un abbraccio così grande che
non
erano certi di quali mani fossero di chi. La
signora Weasley commossa iniziò già a fare
progetti, sotto gli
sguardi allarmati di tutti.
Katie
rideva, tra le lacrime, la mano nella mano di George, anche lui
emozionato.
“Perché
così presto? C'è un bimbo in arrivo?”
chiese Ron secco, con pura
innocenza.
Hermione
lo colpì col dorso del coltello sulla mano. La
signora Weasley arrossendo sputò il tè che stava
bevendo con gli
occhi tondi come galeoni.
La
domanda seguì il silenzio più eclatante che Katie
ebbe mai modo di
sentire.
Gli
sguardi di tutti erano su loro due. George
sorrise beffardo. A Katie ricordò vagamente Fred.
“Chissà.
Vi diciamo solo che non possiamo più aspettare!”
dichiarò alla
famiglia incredula.
Scoppiò
il putiferio.
Molly
ormai dello stesso colore dei suoi capelli saltò su a fare
la
ramanzina a George, che scappò ridendo dalla cucina. Ron
applaudiva
il fratello, un piede sul tavolo. Hermione troppo felice si
dimenticò
persino di sgridare Ron. Fleur e Ginny assediarono Katie con mille
domande e complimenti. Il signor Weasley in preda ad un quasi malore
beveva un goccio di Whisky per festeggiare. Percy si aprì in
un
sorriso guardando la scena. Bill esultava per il cuginetto per suo
figlio e per il fatto di diventare zio. Charlie cercava di tenersi
alla larga da sua madre che lo prendeva come esempio di
virtù e
rettitudine. Harry, incredulo, cercava di sopravvivere alla serata.
Ore e
ore dopo, quando gli animi si furono placati, dopo che Katie ebbe
sgridato George, che ebbero assicurato in ogni lingua conosciuta,
perfino in troll, che lei non fosse incinta, che la signora Weasley
si fu ripresa dallo svenimento, finalmente si prepararono ad andare.
George era felice.
-Di
aver portato scompiglio sicuramente.-
La
signora Weasley li salutò ancora emozionata e arrabbiata,
sulla
porta della Tana, sotto una notte stellata. Dopo
averla abbracciata con affetto le squadrò la pancia
sospettosa.
“Per
la centesima volta. Non sono incinta, signora Weasley”
sussurrò
stanca.
“Ma
rimedieremo stasera, nonna!” urlò George un attimo
prima della
smaterializzazione.
Evitò
uno stivale di gomma per un soffio.
Katie
dormì tra le braccia di George quella notte, felice,
tranquilla,
amata.
Sicura
per la prima volta in vita sua.
Note:
Eccoci
qui, da quando aspettavamo questo momento? Finalmente stanno assieme,
ho richiesto cori di voci angeliche e di alleluja!
Alla
fine sappiamo anche cosa George ha pensato nel corso degli anni e il
motivo di molti comportamenti assurdi. Che dite, lo perdoniamo?
Domani
c'è l'ultimo capitolo, vado a prepararmi psicologicamente!
Vi
mando un abbraccio
Mimì
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Capitolo 29 *** Il pensiero più felice ***
Molly
Weasley, nata Prewett, aveva perso molte persone amate nella sua
vita, ma non aveva mai smesso di cercare la felicità.
Perché
lei era certa: la felicità sopravviveva anche al dolore
più grande.
Guardò
attraverso la tendina, cercando qualcosa nel cortile con lo sguardo,
emozionata.
“Sono
arrivati, Katie! Trattienilo su per qualche minuto poi portalo qui! E'
nella sua stanza!” sussurrò la donna sottovoce.
Katie
salì le scale lentamente, erano così ripide e
poco omogenee che
ebbe paura di inciamparci. Arrivò
davanti alla stanza di George e bussò.
Nessuna
risposta arrivò da dentro.
Aprì
piano la porta, un po' timorosa, col batticuore; ma di lui non c'era
proprio traccia.
“George?”
chiamò titubante. Fece
qualche passò incerta verso il centro della stanza. Non
c'erano
nascondigli, a meno che non fosse sotto ad uno dei due letti. Ma non
ce lo vedeva George grande e grosso nascondersi lì sotto. O
forse
si?
Due
mani apparvero dal nulla alle sue spalle e la afferrarono. Una voce
profonda urlò: “L'ho presa capitano! E' la balena
bianca!”
Katie
pizzicò il braccio di George, offesa. Il
mantello dell'invisibilità, non ci aveva pensato. Lui se lo
tolse
apparendo completamente, alto, in forma.
Aveva
compiuto 27 anni, quel giorno.
Il
volto radioso e sorridente si avvicinò a lei e le diede un
bacio
sulla fronte.
“Sai
che scherzo, signora Weasley!” si scusò passando
una mano sul
ventre di lei, incinta di cinque mesi. “Sei una bellissima
balena
bianca!” aggiunse ridendo.
Katie
sospirò rassegnata, ormai si era abituata.
“Che
cosa fai qui?” chiese guardandola con un lampo negli occhi.
“Sei
venuta a irretirmi?” continuò, avvicinandosi a
lei, “vuoi
costringermi a saltarti addosso nella mia vecchia camera da letto?
Depravata!” Ormai
l'aveva presa tra le braccia e adagiata sul letto.
Katie
smise di ridere.
La
baciò con passione, facendo attenzione al suo pancione.
Quando
riuscì a tenerlo alla larga abbastanza a lungo, Katie gli
gridò:
“A
cuccia, George! Mi ha mandato tua madre a chiamarti! Non vorrai che
salga a controllare e ci trovi nudi nel tuo letto?”
George
parve afflosciarsi di colpo.
“D'accordo,”
mormorò lui mogio, “ma stasera riprendiamo da
questo punto!”
Si
diressero in cucina, George davanti per afferrarla se fosse caduta, e
non appena entrarono si sentì un gran boato.
“Sorpresa!”
urlarono varie voci.
Un
esplosione di fuochi d'artificio azzurri esplose nella stanza. Tutti i
Weasley erano riuniti, sorridenti.
Bill
teneva in braccio la piccola Dominique mentre Victoire faceva
capolino dietro le sue gambe. Fleur, bellissima come sempre, era
accanto a loro. Percy, teneva impettito un braccio attorno alla
moglie, Audrey, con in braccio la piccola Molly; Charlie stava
accanto a loro, sempre più segnato dalla vita all'aria
aperta. Ron
teneva in braccio un bambino coi capelli castani e gli occhi azzurri,
sui quattro anni. Hermione al suo fianco aveva stretta al petto una
bambina di poco più grande di un anno, rossa di capelli e
con gli
occhi castani.
Harry
teneva per mano Teddy Lupin, coi capelli rosso Weasley quel giorno.
Ginny teneva il piccolo James tra le braccia, radiosa. Il signor
Weasley alle spalle di sua moglie era ancora più calvo.
Il
piccolo tra le braccia di Ron scappò giù e si
buttò tra le braccia
di George.
“Papà!
Ti abbiamo fatto una sorpresa!” annunciò radioso,
gesticolando. George
gli baciò il collo facendolo ridere.
“Sei
stato bravissimo, Fred! Hai mantenuto il segreto!” lo
adulò Katie
andando a prendere la piccola dalle braccia di Hermione.
La
figlia si aggrappò ai suoi capelli con forza.
“Grazie
per esservi presi cura di Fred e Joanne. La visita è durata
più del
previsto” si scusò con i cognati.
“Allora?
Di che sesso è questo?” chiese Hermione curiosa.
Katie
buttò uno sguardo obliquo al marito.
“E'
un segreto” mormorò con sguardo furbo.
“Dai
George, diccelo!” insisté Ron. L'uomo
lo fissò divertito, schivando le manine di Fred, che
attirava la sua
attenzione.
“Non
lo so nemmeno io, non me l'ha voluto dire” si
scusò lui, “ma
sono aperte le scommesse! Io dico maschio!”
“Questo
è l'ultimo, vero?” chiese dubbiosa Ginny,
guardando l'enorme
pancione della cognata.
“Dovresti
chiederlo a tuo fratello! Pare abbia intenzione di mettere su una
squadra di Quidditch al completo!” sbottò Katie.
“Allora
farai sette figli come ho fatto io!” esclamò
contenta Molly.
“In
realtà, ho cambiato idea” annunciò
George serio. “Meglio
quattordici, due squadre complete. Io farò
l'arbitro!”
Katie
ebbe l'impressione che non stesse scherzando.
“Qualche
bolide deve averti colpito forte durante la crescita, George
Weasley!”
George
le cinse le spalle e le baciò la punta del naso. Il
piccolo Fred tra le sue braccia baciò il nasino di Joanne.
“Su
Katie, il procedimento è divertente, no?” la
punzecchiò.
Katie
arrossì.
Molly
Weasley tirò l'orecchio sano del figlio.
“Non
mettere in imbarazzo Katie! E non dire certe cose davanti ai bambini,
nella mia cucina!” lo sgridò la donnina, che
doveva alzarsi in
punta di piedi per arrivare alla testa del figlio.
“Ahi,
mamma! Così mi si staccherà anche questo!
Sarò buono, promesso!” mugolò lui in
protesta.
Il
piccolo Fred prese a tirare l'orecchio del padre come aveva fatto la
nonna.
“Papà!
Non dire imbarazzo ai bambini in cucina!” sbottò
imitando Molly.
Scoppiarono
tutti a ridere davanti alla faccia seria del bambino. George
fece una finta faccia pentita.
“Sarò
buono, Fred, perdonami!” si lamentò l'uomo facendo
la voce triste. Fred si
sporse e gli stampò un grosso bacio appiccicoso sulla
guancia.
Il
pranzo di Molly fu sublime come sempre. La torta di compleanno era
enorme, ricoperta di glassa blu.
Dopo il
sontuoso pranzo uscirono tutti nel cortile, improvvisando una partita
di Quidditch.
In
realtà 'gli adulti' continuavano a dare fastidio ai bambini,
con la
scusa di insegnar loro a giocare. Fred, svolacchiando di qua e di
là
sulla sua scopa giocattolo, tirò più volte la
pluffa in faccia a
Ron, per sbaglio diceva lui. Katie
lo vide prendere ogni volta la mira col visino concentrato per non
mancare la faccia dello zio.
Joanne
provava incerta e per la prima volta la sua scopa, tenuta per mano da
George, rincorrendo l'altra pluffa in gioco.
Seduta
sulla panchina vicina alla porta, Katie sorseggiava un tè.
La sua
gravidanza le impediva di partecipare. Ma non è che si
sentisse la
mancanza della Cacciatrice Bell: lì in cortile c'erano un
Portiere,
due Cercatori, un Battitore, e una Cercatrice-Cacciatrice di
Grifondoro. Si
sarebbe stupita se i suoi figli non fossero cresciuti col Quidditch
nelle vene.
Osservando
estasiata la scena, con troppa felicità nel cuore,
ricordò quella
stessa giornata di cinque anni prima, in cui tutta la sua vita era
cambiata.
Un
piccolo calcetto dentro la pancia la riportò alla
realtà.
Strofinando con amore il ventre ritornò a guardare la
famiglia
giocare in cortile.
“Perché
piangi? Ti senti male?” domandò allarmato George,
avvicinandosi
con Joanne. Katie alzò una mano e si toccò una
guancia, umida.
Non
seppe se avesse pianto ricordando il passato o per i calcetti.
“Si
sentono dei calci, George!” annunciò felice ed
emozionata. Il
marito si accucciò vicino a lei poi appoggiò
l'orecchio sano alla
pancia. Dopo pochi attimi dei piccoli calcini gli bersagliarono il
viso. Ridendo a crepapelle chiamò il piccolo Fred e Joanne
per
sentire il fratellino o la sorellina muoversi.
Fred,
che era troppo piccolo quando era incinta di Joanne saltò su
emozionato, chiamando tutti per sentire i calci.
Katie
si trovò al centro dell'attenzione, bersagliata di domande e
congetture con mani che le poggiavano caute sulla pancia. Ron si
teneva in disparte, rosso. Sembrava volesse sentire, come durante le
altre gravidanze, ma che si vergognasse.
Molly
intervenne a riportare la pace. Avendo
avuto sei gravidanze sapeva bene che tutte quelle attenzioni e quelle
mani invadenti, anche se affettuose, potevano dar fastidio.
“E'
ora di andare, chiudetevi bene nei cappotti. E portate le sciarpe.
Tu, vieni qui a soffiare il nasino!” strillò a
Fred che scappò
via tirando su col naso.
La
famiglia al completo scese giù in paese, chiacchierando e
ridendo.
Il piccolo Fred camminava mano nella mano con George, Joanne stava in
braccio a Molly e Katie si reggeva sottobraccio al marito. Arrivarono
al cimitero di Ottery St. Catchpole bagnato dal sole. Era un piccolo
e suggestivo cimitero di campagna, con molto verde e molti alberi che
ombreggiavano le tombe. I primi fiori spuntavano tra l'erba e i rami
dando tocchi di colore. Arrivarono alla lapide in fondo, bianca,
circondata da meravigliosi girasoli. Sulla lapide era scritto in
nero:
Fred Weasley
Figlio e fratello amato
01/04/78-02/05/98
“Giuro
solennemente di non avere buone intenzioni”
Rimasero
tutti in piedi a chiacchierare quietamente davanti alla tomba di
Fred, mettendo regali, cambiando fiori. Molly Weasley aveva un
maglione alla Weasley con una F come ogni anno. La rimpiccioliva con
la magia e la appoggiava insieme alle altre, in un piccolo scrigno
sotto i fiori. Dopo
mezz'ora il gruppo ritornò silenziosamente al cancello.
George
rimase indietro, per chiacchierare con Fred da solo. Katie dava la
mano al piccolo Fred e con l'altra teneva Joanne, in braccio.
Lasciando
un attimo il figlio sistemò meglio la bambina tra le
braccia: il suo
mega pancione non l'aiutava. Quando fece per ridare la mano a Fred
trovò il vuoto.
Suo
figlio era sparito. Sapendo
benissimo dove cercarlo percorse la strada al contrario, dopo aver
avvisato gli altri di incamminarsi.
Fred
aveva manifestato, già dall'anno prima, curiosità
per il
fantomatico zio Fred che andavano a visitare al compleanno del suo
papà. Ovviamente non capiva molto di quello che gli veniva
detto,
perciò continuava a fare sempre più domande.
Arrivata
in fondo un po' affannata, trovò l'uomo coi capelli rossi e
il bimbo
coi capelli castani seduti davanti alla tomba intenti a
chiacchierare.
A volte
lei stessa trovava che suo figlio sembrasse un piccolo Fred in
miniatura, nel sorriso, nei gesti, nella camminata, ma mai come quel
momento.
“Qui
dorme tuo zio. Mio fratello gemello” sentì George
che spiegava
calmo al figlio. La voce profonda scivolava nel cimitero senza
turbare l'atmosfera.
“Cos'è
un gemello, papà?” chiese Fred guardandolo con
occhi identici a
quelli di suo padre. E di suo zio.
“Gemello
vuol dire che siamo nati lo stesso giorno e che eravamo identici. Io
e Fred eravamo uguali in tutto” raccontò ancora al
figlio curioso.
“Anche
lui non ha un orecchio?” chiese sbarrando gli occhi,
incredulo.
Fred
era sempre stato molto interessato alle diverse orecchie di George.
Da quando aveva capito che lui, come tutti, aveva due orecchie, si
era fissato con le orecchie asimmetriche del padre
George
sorrise.
“No.
Zio Fred aveva tutte e due le orecchie.”
“Tu
vuoi bene a zio Fred, papà? Vieni a parlare sempre con
lui.” Fred,
come tutti i bambini, mischiava il passato e il presente, forse
pensando anche che il grande Fred fosse ancora vivo.
“Sì.
Gli voglio un gran bene. Gli racconto tutte le cose che mi succedono
e che non
è qui per vedere.”
Il
piccolo Fred con un faccino deciso si alzò in piedi, si
avvicinò
alla tomba e poggiò le manine sulla lapide.
“Zio
Fred, sono Fred. Papà è un bravo papà,
e mi dice sempre le storie
di te e di lui quando facevate gli scherzi. Io voglio diventare come
te, fare scherzi per far ridere la gente e per far ridere
papà. A
volte lui è triste quando parla di te e piange. Io voglio
che papà
ride e basta” raccontò risoluto il bimbo.
George,
sorpreso, aveva le lacrime agli occhi. Katie,
alle loro spalle, aveva ascoltato tutto senza riuscire a trattenere le
sue. Singhiozzò piano, ma George si accorse di lei; si
voltò e le
sorrise emozionato. Prendendole la bimba dalle braccia la fece
avvicinare.
Per
Katie era la prima volta che si trovava alla tomba di Fred con
George. Era in genere un suo momento privato e non ci si era mai
intromessa.
Lui si
sedette per terra con Joanne, poi aiuto Katie a sedersi piano accanto
a loro.
“Mamma,
tu conosci lo zio Fred?” chiese l'insaziabile girandola di
domande.
“Io e
lo zio Fred siamo amici, grandi amici. Mi piace pensare che sia
merito suo se io e tuo padre ci siamo sposati. Ehi zio Fred!”
continuò diretta verso la tomba, “ce l'ho fatta
alla fine! Ho
sposato tuo fratello!”
George
la guardò sorridente e innamorato.
“Come
puoi vedere, Fred, ci stiamo allargando. Questi sono i nostri figli e
presto ne avremo un altro!” esclamò entusiasta
l'uomo guardando i
suoi tesori.
Katie
deglutì nervosa. Quello
era un buon momento.
“Ne
avremo due” mormorò fiocamente.
George
la guardò incredulo, emozionato e sorpreso nello stesso
istante.
Guardò
prima il viso di lei, poi la pancia, poi ancora il viso, la tomba di
Fred poi di nuovo la pancia. Saltò
su con un ruggito di gioia, alcuni visitatori si girarono increduli a
guardarli, poi sollevò Katie piano e l'abbracciò,
Joanne in mezzo a
loro che ridacchiava.
Due
gemelli.
Era
rimasta sorpresa anche lei quando la Guaritrice gliel'aveva detto, ma
non c'erano dubbi. Due cuori e due battiti. Il sesso era sconosciuto.
Fred saltellava su e giù anche se non aveva capito nulla,
strillando.
“La
Guaritrice dice che c'è una percentuale molto bassa che
siano
gemelli identici come voi due. Quello è in genere un fattore
ereditario nel ceppo femminile. Non è escluso che possano
essere
diversi tra loro e di sesso diverso” si scusò lei.
Ma
George non ascoltava, non importava. Avrebbe avuto due gemelli. Due
figli in un colpo solo, da amare. Amava sempre di più Katie.
“Mi è
sembrato giusto dirlo a te e Fred insieme, prima di tutti gli
altri”
continuò lei.
Rimasero
lì a chiacchierare per un po', scegliendo i nomi,
immaginando le
possibili combinazioni, l'aspetto.
Tutto
sotto lo sguardo amorevole dello zio Fred che era, ed era sempre
stato, un elemento chiave di quella famiglia. Era nel loro cuore,
sempre.
Arrivarono
alla Tana che il sole era già tramontato e finalmente
diedero la
notizia alla famiglia. Molly
si commosse davvero tanto e non riuscirono a farla smettere di
singhiozzare per tutta la sera; George l'abbracciava e le dava pacche
affettuose sulla schiena.
Katie
prese la mano di Ron e gli fece sentire i calcini dei suoi nipoti.;
il giovane, con le orecchie rosse, sorrise quando sentì i
colpetti,
prima nervoso e poi entusiasta. Passò la sera a raccontarlo
a
Hermione. La
giovane le disse che se Ron voleva un figlio subito era tutta colpa
sua. Poi l'abbracciò grata.
Quattro
mesi dopo, in Agosto, nacquero il piccolo Gideon e la piccola
Felicia; il maschietto era identico a George, nei colori e nel viso,
la femmina aveva i capelli e gli occhi castani come la madre.
George
li strinse a sé felice quella sera di fine Novembre, appena
tornato
dal lavoro extra, poi li mise nei lettini, dando loro un bacio della
buona notte. Raggiunse
Katie, addormentata profondamente nel loro letto, sfinita dai
gemelli. Si
infilò sotto il lenzuolo e si accoccolò vicino a
lei, cercando di
non svegliarla, ma il suo istinto di mamma ormai la faceva sobbalzare
per qualsiasi cosa.
Si tirò
su allarmata.
“E'
tutto a posto. Dormono tutti, ritorna a dormire pure tu”
sussurrò
stringendola in un abbraccio rassicurante, mentre le strofinava la
schiena.
“Oh,
George, ti prego moltiplicami” blaterò Katie
assonnata, infilando
il viso nell'incavo della spalla di lui, inalando il suo profumo.
“Credevo
l'avessimo già fatto” ridacchiò lui,
alludendo ai figli.
“Intendevo
dire sdoppiami, triplicami. Sono sfinita” lo
rimproverò senza
molta convinzione.
“Oh,
mi piacerebbe. Un Harem di Katie. Allettante!”
Katie
lo pizzicò piano sul braccio mentre lui le dava un bacio
sulla
fronte.
“Sei
un idiota, George!”
“Ti
amo anche io” ribatté l'uomo divertito.
“I gemelli ti hanno
fatto dannare?”
“Non
molto. A parte il fatto che se piange uno piange anche l'altro son
molto buoni, sul serio. Se non fosse per Fred!”
raccontò Katie.
“Ha trovato la bacchetta di Zio Fred nel cassetto del tuo
comodino
e ha colorato i capelli di Gideon di castano e i suoi di
rosso!”
“Non
c'è nulla da ridere!” disse, visto che George era
scoppiato in una
gran risata.
“Scusami.
Vuoi che ci parli?” domandò l'uomo cercando di
contenere le risa.
“No,
l'ho già fatto io. Gli ho detto che non deve essere geloso
dei suoi
fratellini, perché io e te li amiamo tutti alla stessa
maniera. Pare
che si sia accorto che dedichi molte attenzioni ai gemelli.”
George
sospirò nell'oscurità della camera, riflettendo.
“Domani
sera uscirò prima dal negozio e passerò un po' di
tempo con Fred”
concluse, contento della soluzione. Il
piccolo entrò nella loro camera in quel momento, facendo
entrare la
luce del corridoio dallo spiraglio della porta.
I suoi
capelli erano di nuovo castani, per merito di Katie.
“Mamma?
Posso dormire con voi?” domandò piano mentre stava
ai piedi del
letto, torcendo un angolo del suo pigiamino.
Katie
si puntellò sui gomiti, per guardare il figlio.
“Hai
avuto un incubo?” chiese, mentre Fred già si
infilava nel letto
senza aspettare una risposta.
“Sì.
C'erano tanti cani zombie che mi inseguivano”
raccontò infilandosi
a forza tra loro due.
“Hai
guardato di nuovo i programmi della televisione che ti ho
proibito?”
domandò Katie con rimprovero.
La
televisione, parte del bagaglio culturale di suo nonno, nato babbano,
gli era stata regalata da poco dai bisnonni materni e Fred continuava
a guardarla anche quando gli era proibito.
“Un
pochino, mamma. Ma ti giuro che non lo farò
più!” mugugnò Fred
che aveva percepito lo sguardo arrabbiato della madre anche al buio.
“Sai
cosa, Fred? Conosco una magia che ti proteggerà, se tornerai
a
dormire nel tuo letto” rivelò George punzecchiando
il fianco del
figlio, che si era voltato verso di lui.
“Davvero?”
strillò Fred, emozionato.
Amava
la magia e amava che suo padre facesse magie per lui.
George
afferrò la bacchetta dal comodino vicino al letto, poi con
un colpo
fece apparire un luminoso, argentato Fennec, che illuminò la
stanza.
Il piccolo vulpide si sedette sul letto e li guardò
scrollando le
orecchie, sotto gli occhi meravigliati di Katie e quelli emozionati
di Fred.
Il
piccolo saltò giù dal letto, rincorso dal Fennec,
e corse verso la
sua camera, senza nemmeno augurar loro la buona notte.
Ritornati
al buio, George si ricoricò, soddisfatto.
“George?
Quello era il tuo patronus” strillò Katie
avvicinandosi a lui.
“Sei riuscito a produrre un patronus!”
Lo
strinse a sé, felice.
George
era un uomo completo ormai.
“Non
vuoi sapere qual è il mio pensiero felice?”
domandò lui, visto
che lei era rimasta in silenzio.
“No.
Mi basta sapere che ne hai uno” mormorò la donna,
ricevendo per le
sue parole baci e abbracci.
“Siete
voi. Tu sei stata il mio primo pensiero felice e poi me ne ha dato
molti altri. Ti amo.”
“Ti
amo anch'io, George.”
Si
baciarono, con amore.
La
porta si spalancò per la seconda volta e Fred
entrò nella camera
col Fennec d'argento dietro, tenendo per mano Joanne.
“Io
voio” strillò la piccola indicando il Fennec. Fred
era andato dalla sorella a vantarsi della magia, svegliandola in
piena notte.
Katie e
George li fecero coricare con loro nel letto, poi presero anche i
gemelli e la donna fece apparire anche il suo Fennec.
Il
lettone era pieno da scoppiare, sotto la luce amorevole dei due
patroni, simili ma non identici, come due fiocchi di neve.
“Come
si fa a non essere felici?” sussurrò George nel
suo orecchio,
prima di addormentarsi.
Note:
The
End!
Finito,
ma nel migliore dei modi. George è tornato felice e
completamente
sereno, ha sposato la nostra Katie che lo ama per ciò che
è, non
come un pallido sostituto, e hanno dei deliziosi bambini.
Il
piccolo Fred non sembra il nostro grande Fred? Si sarà
reincarnato?
Vi
ringrazio tutte per avermi seguito fino alla fine.
E' la
prima storia che io abbia mai scritto e vedere la vostra
partecipazione mi ha fatto enormemente piacere.
Grazie
a tutti voi che avete recensito, regalandomi sorrisi in momenti
inaspettati, a voi che avete seguito silenziosamente e magari almeno
oggi, dato che è finito, volete farmi sapere cosa ne avete
pensato;
grazie a chi ha messo la storia nelle preferite, facendomi credere in
me stessa.
Mi
mancherete!
Al
momento sto partecipando ad alcuni contest e ho tre o quattro storie
per la testa...alcune di George e Katie. Li sopporterete ancora? :p
Di
sicuro Fred e George scalpitano per tornare, dato che Fred pare abbia
riscosso parecchio successo e pare che non voglia rinunciare alla
ribalta tanto presto!
Questa
storia è nata grazie alla mia Katiewow, alla quale
è dedicata, che
sento ormai poco perché studia Medimagia seriamente. In
bocca al
lupo!
Un
ringraziamento speciale a Alice, amica specialissima, che ha
sopportato la mia storia in anteprima, mi ha corretta, mi ha motivata
quando ero sfiduciata e mi ha spinto a proseguire. Grazie dolcina!
Senza
di lei la storia non vi sarebbe piaciuta, credetemi!
Un
abbraccio fortissimo a tutti! Spero a presto!
Con
molto affetto
Mimì
<3
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