Quella volta che entrasti ... e non solo nella mia stanza

di Ale_kiss_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Lontano da casa ***
Capitolo 2: *** Faccia a faccia ***
Capitolo 3: *** Passo falso ***
Capitolo 4: *** Scoperti ***
Capitolo 5: *** Incubo ***



Capitolo 1
*** Lontano da casa ***


Che razza di posto era quello? Cosa ci facevo lì? Perché mio padre mi ci aveva spedita? Mi aveva sempre amata al di sopra di ogni altra cosa … e ora mi diceva che dovevo andarmene dall’Inferno e trasferirmi al “Campo Mezzosangue” era forse uno scherzo? Non potevo crederci … ero sempre stata la figlia “perfetta”, la perfezione assoluta incarnata in un corpo di semidea.
Forse è meglio che vi spieghi la mia storia: sono diversa dagli altri, molto diversa. Al contrario di tutti i semidei, io non ho mai vissuto con mia madre mortale poiché rifiutò di tenermi con lei. Vissi sempre con mio padre, Ade, dio dei morti. Se ne sono fiera? Sì! Sono cresciuta in un’idea di perfezione, come se fossi dea al completo. Mia madre ebbe poi altri due figli sempre con Ade, Nico e Bianca. Bianca morì in una missione con Percy Jackson. Può sembrare strano che io sia ancora viva dopo tutto questo tempo, sapendo che nacqui prima della Seconda Guerra Mondiale. Nico e Bianca rimasero chiusi nell’Hotel Lotus ed in questo modo non invecchiarono mai. Ora Nico ha circa tredici anni. Io sedici. Rimanendo nell’Inferno la mia crescita è diventata molto lenta. Ha rallentato circa di sette volte.
Nessuno ha mai saputo della mia esistenza sino a qualche settimana fa. Ade mi tenne nascosta a tutti per proteggermi. A tutti gli dei, semidei o qualsiasi altro genere di creatura. Durante la guerra di Crono rimasi rinchiusa in una camera creata appositamente da mio padre per tutto il tempo. Mio padre mi ha amata come niente altro, e aveva occhi solo per me. Dal risveglio sino al momento in cui chiudevo i miei occhi per lasciarmi andare al sonno, lui mi sorvegliava, dandomi il meglio, solo il meglio. Ma un giorno arrivò una lettera dall’alto … sì, dall’Olimpo … e mio padre mi disse che dovevo andarmene, che quel posto non mi apparteneva più. Lo fece in modo rude, mi trattò come non aveva mai fatto prima. Preparai la valigia in velocità, e lui mi condusse sino all’entrata di questo suddetto Campo Mezzosangue. Quando entrai invece che stupirmi di tutto ciò che mi circondava … sentii solo una profonda malinconia … e una vorace nostalgia che mi inghiottì. Ma decisi di andare avanti, di proseguire. Dovevo trovare Chirone e il signor D. Non nominavo mai i nomi degli dei, eccetto quello di mio padre. Sbuffai e mi diressi tra le distese di verde e costruzioni greche. Non mi guardai molto attorno ma notai un campo da pallavolo, dove dei ragazzi si divertivano gridando e correndo. Il sole splendeva alto nel cielo ed il caldo era quasi soffocante. Non ero abituata a quelle temperature ma soprattutto … odiavo la luce. Avevo sempre vissuto nelle tenebre assolute ed era splendido. Era la mia natura, ciò che desideravo. Mio padre era irato verso i suoi fratelli per la punizione che gli avevano inflitto ma io amavo gli inferi, e non avrei cambiato la mia casa con nulla al mondo. Eppure … ne ero stata costretta.
Proseguii e passai dinanzi ad un bosco che pareva tranquillo ma avvertivo che non era così. Avevo i sensi molto acuti. Sorpassai dodici casette, ognuna dedicata ad un dio diverso. Lo capii dai simboli e dagli ornamenti che ognuna portava. Zeus, Era, Poseidone … e via così. Capii di essermi persa quando giunsi ad un fiume. Ade mi aveva detto che la Casa Grande era dalla parte opposta al fiume di canottaggio. Lasciai cadere i bagagli a terra con noncuranza e mi sedetti prendendo la testa tra le mani. Chiusi gli occhi ed iniziai a riflettere nonostante la temperatura elevata mi desse qualche difficoltà. Sentii dell’acqua arrivarmi sulla nuca e bagnare i miei capelli. Mi voltai di scatto e vidi una splendida ragazza seminuda appoggiata con i gomiti sulla riva, osservarmi. Aveva dei fiori aggraziati che le ornavano i fluidi capelli. I suoi occhi parevano diademi brillanti alla luce del sole. Mi salutò dolcemente con la mano. Mi voltai completamente verso quell’incantevole ninfa che in base alle mie conoscenze doveva appartenere alle Naiadi. Lei mi fece un cenno d’avvicinarmi ed io obbedii. Non appena le fui abbastanza vicina mi sussurrò con voce melodiosa:
- Stai cercando la Casa Grande?- non mi stupii che lo sapesse. Le voci volavano rapidamente tra le ninfe di terra, d’acqua o d’aria. Annuii. Lei senza smettere di sorridere si sporse un po’ al di fuori del fiume ed indicò un sentiero che passava parallelo al poligono di tiro.
- Qui sei dalla parte opposta, ma se segui quella stradina ci arriverai presto. Riconoscerai subito l’abitazione che stai cercando. Si differenza molto dalle altre!-. Scattai in piedi, lieta di non dover ripercorrere nuovamente tutto il campo. La ringraziai e dopo aver raccolto i bagagli, iniziai ad avviarmi a passo spedito lungo il viottolo. Come descritto dalla Naiade, arrivai sino ad un gruppo di casette. Ne individuai una un po’ spoglia, una normalissima abitazione stile greco, ma molto diversa da come mi sarei immaginata la casa di Chirone e Dioniso. Decisi quindi di entrare senza esitazione ma … i miei calcoli erano sbagliati.
Non appena vidi un ragazzo biondo, abbronzato con l’aspetto da surfista, m’irrigidii e sperai che non mi avesse notata, così feci qualche passo indietro, ma lui si voltò di scatto e alzò un sopracciglio adottando un sorriso sghembo, ma amichevole e non canzonatore.
- Mmh … credo di non averti mai vista … tu sei?- deglutii e mi costrinsi a sorridere, nonostante le mie labbra e le mie guance si rifiutassero di contrarsi. Poi mi strinsi nelle spalle.
- Devo aver sbagliato casa …- fu tutto ciò che riuscii a dire. Solo allora notai una cicatrice bianca che gli prendeva verticalmente quasi tutto il lato destro del viso. Lui accortosi del mio sguardo fisso, sorrise abbassando lo sguardo. Cercai immediatamente di volgere l’attenzione a qualcos’altro. Non mi piaceva essere invadente.
-  Mi chiamo Frieda …- non mi lasciò terminare che domandò:
- Determinata o indeterminata?-
- Determinata- mi arrotolai attorno all’indice una ciocca dei miei ricci corvini. Lui si sedette sopra una scrivania piena di libri scritti in greco antico. Diedi un’occhiata alla stanza. Era piuttosto vuota, con una branda per letto, quella scrivania, un comodino, un armadio con una sola anta e qualche mensola. Diversamente da tutto quello che avevo sentito dire sul campo, quel ragazzo non aveva neanche un’arma nella sua camera. Forse erano nascoste.
- Figlia di …?- domandò alzandosi e venendomi più vicino. I suoi occhi erano azzurri, d’un azzurro verso il verde acqua. Per un attimo il mio cuore perse un battito. Poi però mi ripresi e mi resi conto di dovergli rispondere.
- … di Ade-. Annuì e si allontanò di nuovo. Guardò un orologio appeso al muro. Erano circa le cinque e mezza del pomeriggio. Il sole sicuramente stava iniziando a scendere, non eravamo più nel pieno dell’estate e si avvicinava ottobre.
- Chirone e … il signor D ti hanno già conosciuta?- pronunciò il secondo nome pressappoco come uno scherzo, quasi fosse ridicolo.  Beh, in effetti, soprannominare Dioniso a quel modo era un po’ assurdo.
- No … credevo che questo fosse il loro abitacolo … ma a quanto pare …- a quelle parole lui abbassò il capo ed iniziò ad ammirare il pavimento, quasi con rimpianto.
-  ... a quanto pare … non è così- terminò lui con un sospiro.
- Perché non sei in una casa simile a quella di tutti gli altri semidei?- lui fece uno scatto veloce e allo stesso tempo qualcuno entrò alle mie spalle. Mi voltai velocemente e vidi un centauro e un putto riccioluto con una T-shirt tigrata entrare con un’indole nervosa e, sul volto del centauro affiorò una vena di preoccupazione.
- Che ci fai qui?- domandò parandosi tra me e il ragazzo californiano. Non riuscii a rispondere che l’altro mi prese per l’avambraccio ed iniziò a trascinarmi fuori.
- Ti avevamo detto che non potevi vedere nessuno sin che non l’avremmo deciso noi!- udii dall’interno dell’abitazione.
- È entrata per sbaglio! Non … non è stata neanche dieci minuti! Non è accaduto nulla!- ribatté il ragazzo.
- Non è questo il punto! Non devi disubbidire agli ordini!-
- C … che succede?- domandai allibita da cos’avevo causato. Il putto sbuffò come se le mie domande lo scocciassero e mi lasciò il braccio.
- Urrà, un’altra adolescente con la lingua lunga. Benvenuta! Bene, finiti i convenevoli. Che ci facevi in quella casa? Non devi mettere piede lì! Perché non sei venuta da noi? Ah, di immortales! Meglio che taccia. Tuo padre non ci ha avvisati che saresti arrivata così presto! Bene! Raggiungi la tua abitazione e punto!- immediatamente quella voce mi ricordò Dioniso. Quello era il signor D! L’altro sicuramente era Chirone.
- NON SONO UN MOSTRO! NON UCCIDO CHIUNQUE MI CAPITI DINANZI!
- TIENI A FRENO LA LINGUA, LUKE!- Luke? Quel nome … no! Non poteva essere quel Luke. Il cuore mi salì in gola. Quelle furono le ultime frasi che udii, poi venni condotta sino alla XIII casa e lasciata lì senza una parola. Così entrai. Ci trovai mio fratello Nico di Angelo disteso sul suo letto che limava un pugnale con noncuranza. Non si accorse di me così feci cadere pesantemente le valige per terra. Lui trasalì e quando mi vide, mi fulminò con lo sguardo.
- Cosa diamine ci fai qui?- sbottò senza muoversi dalla sua posizione.
- Papà ha voluto spedirmi qui!- risposi senza guardarlo. Nico mi detestava poiché ero prima di tutto più grande di lui e poi, perché avevo più diritti.
- Benvenuta tra i semidei normali!- disse con il tono più acido che avessi mai udito uscire dalla sua bocca. Non gli diedi retta: era solo un marmocchio. Adocchiai un letto perfetto per me. Era parallelo a quello di Nico ma il materasso pareva più grande, così mi ci sedetti. Era abbastanza comodo. Mi distesi e chiusi gli occhi.
Luke … avevo appena conosciuto Luke
Da quel che avevo compreso, viveva in isolamento. C’era d’aspettarselo dopo il disastro che aveva combinato. Non ne sapevo molto. Mio padre me lo tenne nascosto poiché riteneva che tutta quella faccenda mi avrebbe turbato, ma Persefone mi aveva narrato la guerra a grandi linee. Ed io … io avevo fatto la mia entrata nel campo venendo trascinata via dalla “cella d’isolamento” di Luke Castellan. Guardai Nico continuare ad intagliare il suo pugnale. Avrei voluto chiedergli informazioni, sapere qualcosa sul campo ma soprattutto su Luke … eppure non ci riuscii, come se fosse un taboo. Non era solo l’orgoglio contro quella piccola peste a bloccare le mie parole, come se chiedergli qualcosa fosse stato abbassarmi ad un livello inferiore al suo. Bensì ero rimasta un po’ scioccata dal modo in cui mi avevano trascinata via da quel ragazzo dall’aria amichevole e beffarda. Era stato così ospitale con me … riservato … non invadente. Sospirai ed infilai una mano nella tasca. Ne estrassi il mio iPhone. Non aveva la sim. Papà mi aveva proibito di chiamare perché diceva che i mostri mi avrebbero trovata. Ce l’avevo solo per svago. Iniziai a dare un’occhiata alle foto. Ero al campo da meno di un’ora … e già me ne sarei voluta andare.

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Ciao a tutti! Sono felicissima di essere riuscita finalmente a scrivere la mia prima fic nel fandom di Percy Jackson. Ho scoperto questo mio amore per questo fandom da meno di due settimane e tre giorni fa ho avuto l'idea di scrivere questa fic. Spero che non faccia così pena come lo fa a me e ... spero che possa piacere a qualcuno! Dal fatto che ho fatto (scusate il gioco di parole) rinascere Luke, si può ben capire che è il mio pg preferito! Spero di ricevere un commentino, positivo o negativo che sia, eh! Un bacione a tutti quanti! Grazie di aver letto <3
Ale_kiss_




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Capitolo 2
*** Faccia a faccia ***


Venni svegliata dall’assordante suono di una conchiglia. Ero abituata a svegliarmi da sola, all’orario da me desiderato e soprattutto, in silenzio. Sbuffai e mi voltai verso il letto di Nico, ma era già vuoto. Quella peste doveva essersi alzata di buon mattino. Guardai l’ora sul cellulare.
- Sono solo le sei!- mi lagnai e ritornai sotto le coperte, tirandole sin sopra la testa. Chiusi gli occhi per provare a riprendere il sonno. La notte era stata movimentata … non ero riuscita a dormire a causa del nuovo materasso e della lontananza da casa. Papà mi mancava moltissimo e non mi era nemmeno apparso in sogno per salutarmi o chiedermi com’era stato il primo giorno al campo. Non avrei avuto quasi nulla da raccontargli, anche perché non volevo dirgli di Luke … desideravo scoprire prima qualcos’altro, per non spargere male lingue senza motivo. Per cena ci eravamo riuniti tutti quanti in una specie di arena all’aperto. Chirone mi aveva presentata a tutti i semidei, alle ninfe, ai satiri e a svariate creature. Poi avevamo sacrificato dei cibi su un braciere, come omaggio agli dei.
Guardai molte volte tra i tavoli … ma Luke non c’era. Forse aveva un altro impegno … o forse la mia teoria dell’isolamento era reale.
Avevo fatto poi una passeggiata lungo il fiume ed ero rimasta a leggere un libro portato da casa, sul molo. Non avevo fatto nessun’amicizia. Non era nella mia indole, non mi interessava. Preferivo starmene da sola, per gli affari miei. Non avevo mai avuto amici e non mi sarebbero serviti.
Sospirai. Stavo entrando in una fase di dormiveglia. Nessuno mi impediva di dormire ancora qualche ora … ed invece … venni scaraventata giù dal letto in malo modo, con cuscino e coperte aggrovigliate attorno al mio corpo, finendo sopra dei piccoli piedi. Presi una caviglia del ragazzo che mi aveva buttata sul pavimento senza una parola e lo fulminai con lo sguardo.
- Che nostro padre ti faccia ardere tra le fiamme dell’inferno- imprecai dandogli con forza una gomitata dietro un ginocchio e facendolo cadere a terra. Purtroppo però, Nico piombò di peso sopra di me. Lanciai un grido di rabbia e lo presi per i capelli.
- SEI SOLO UN MOCCIOSO!- gli gridai con il forte istinto di lasciargli la mia mano su una delle due guance ma non volevo rischiare solo il secondo giorno di permanenza lì, magari al quinto, sempre se fossi resistita tutti quei giorni in camera con quella zavorra. Lui mi prese per il collo rivoltando le posizioni, ed improvvisamente mi trovai sotto di lui che mi teneva il suo pugnale sul collo. Il suo sguardo era minaccioso, con la fronte corrugata e gli occhi chiusi in due piccole fessure.
- Solo perché nostro padre ti trattava in modo diverso … non credere di essere diversa anche qui!- fissavo la lama del pugnale sapendo, anzi, sperando che non fosse realmente intenzionato a ferirmi. Insomma … era pur sempre mio fratello!
- O cambi atteggiamento o qui non andrai molto lontano!-
- Togliti o ti arrostisco le chiappe, Nico!- esclamai iniziando a scaldarmi la mano destra. Lui storse il naso e s’alzò da me quasi in velocità. Desiderava molto probabilmente che il suo fondoschiena rimanesse intatto. Lucidò la lama sulla sua T-shirt con scritto “Campo Mezzosangue” e senza guardarmi, disse:
- Vestiti ed esci. Faremo colazione alle sette-. Lo guardai male un’ultima volta e mi ressi in piedi. Aprii uno dei miei trolley e ne estrassi una maglia nera con alcune borchie sparse, con una manica lunga e l’altra che presentava solo una spallina di velluto. La maglia arrivava circa a metà coscia così presi anche un paio di leggins.
- Emh … Frieda … magari … senza farti troppo notare, eh?- lo guardai. Dopo aver notato come ispezionava con lo sguardo i miei abiti, sbuffai e li riposi nel trolley, così dovetti trovarne altri, altrimenti quel marmocchio si sarebbe lamentato. Non che me ne importasse, ma non avevo voglia di litigare.
Non appena fui pronta, uscii dalla casa. Dovetti chiudere gli occhi al contatto con la luce del sole, alquanto insopportabile. Camminai a sguardo basso, seguendo le stradine e le voci. Arrivai sino all’arena dove avevo cenato la sera precedente e c’erano già quasi la metà di tutti i semidei del campo lì radunati che chiacchieravano, si lanciavano gesti amichevoli o stavano buoni a leggere. C’era il gruppo dei figli di Ares che non si separava dalle proprie armi e che beffava, derideva o minacciava gli altri mezzosangue. Scossi la testa pensando se si sarebbero comportati così anche con me. Beh, onestamente non gli conveniva. Mi avvicinai al tavolo appartenente ai figli di Ade, e mi accomodai. Iniziai a sistemarmi la camicia e mi tirai su le maniche, poiché stavo iniziando a sudare. Diedi un’occhiata a ciò che mi circondava. Individuai un ragazzo dai capelli scuri e gli occhi verdi che parlava in maniera molto intima con una ragazza bionda con i boccoli e gli occhi grigi. Oh ... Annabeth. Conoscevo la sua fama per aver salvato il mondo dalla guerra. In quel momento si scambiò un dolce bacio con il ragazzo ed immediatamente intuii chi fosse. Era lui il vero eroe: Percy Jackson. A quel pensiero il cuore mi salì in gola. Morivo di gelosia al sol pensare che mio fratello Nico avesse partecipato a quella missione assieme agli eroi. Strinsi un pugno e volsi lo sguardo alla superficie della tavola. Ma nello stesso momento la dolce coppietta mi si avvicinò.
- Hei … ciao. Sei Frieda, giusto? Quella nuova!- mi salutò Perseus cingendo con un braccio i fianchi di Annabeth. Lo guardai con aria di sfida.
- Beh, credo che tutti prima di prendere dimestichezza con il luogo, siano stati “quelli nuovi” o forse mi sbaglio, eroe?- vidi una scintilla negli occhi della figlia di Atena, che mi fulminò con lo sguardo. Per non far nascere controversie decisi di provare a fingermi anche per un solo attimo, lieta di conoscerli. Sospirai.
- Comunque … sì … sono io. Frieda, figlia di Ade- abbassai lo sguardo e incrociai le caviglie. Poi mi guardai alle spalle e vidi Chirone e Dioniso entrare nell’arena. La colazione sarebbe iniziata a momenti.
- Beh … ben venuta! Il campo è magnifico, all’inizio tutti pensano che sia …- interruppi subito il ragazzo.
- Io lo detesto, e non vedo l’ora di tornare a casa- feci un sorriso falso e forzato. Annabeth si divincolò da Percy e sbatté le mani sul tavolo.
- Ma lo fai apposta o è proprio la tua indole?-
- A cosa ti riferisci?- finsi di non capire e appoggiai la testa al dorso della mano.
- Ad essere così str …-
- No, lo è proprio di suo!- Nico prese posto di fronte a me appoggiando un vassoio pieno di frutta sulla superficie.
- Oh almeno sappiamo che non fa differenze!-
- Annabeth …- borbottò Percy che molto probabilmente era più pacato della fidanzatina. Mi sorrise per provare a scogliere la tensione e cambiò discorso.
- Quindi … tu e Nico … siete … fratelli … in ogni senso?-
- Con “in ogni senso” … cos’intendi? Guarda che non ho neanche minimamente il carattere di quella psicopatica!- dopo quelle parole gli sorrisi amabilmente e, appoggiandogli una mano sul ginocchio da sotto il tavolo, glielo ustionai. Lui imprecò in greco antico e si alzò con un balzo.
- Giuro che prima o poi te la faccio pagare!- gridò. Gli feci la linguaccia e tornai a guardare gli altri due. Percy si grattò la nuca. Si capiva lontano un miglio che cercava di essere amichevole con me per forze maggiori.
- Nel senso … avete … entrambi gli stessi genitori … no?- io e Nico stavamo ancora litigando solo con gli sguardi quando ci voltammo verso Perseus e i nostri sguardi divennero tristi, quasi nostalgici e malinconici. Mamma era morta. E parlare di lei era come riaprire una ferita. Non mi aveva mai voluta, ed io non l’avevo nemmeno mai conosciuta. Quella era la parte orribile della mia vita, sarebbe stata impeccabile se non ci fosse stato quel particolare nero. Mi alzai e me ne andai dall’arena. Passai accanto a Chirone che volse lo sguardo verso di me.
- Frieda! C’è la colazione! Dove stai andando?- ma io non l’ascoltai e corsi via verso il fiume. Corsi con il sangue che ribolliva. Sudavo freddo e avevo bisogno di gettarmi in quel lago fresco solo per ordinare le idee. Così quando giunsi sulle rive, non smisi di correre e senza esitazione mi immersi nelle acque. Andai in apnea e chiusi gli occhi aspettando di toccare il fondo con la schiena. Poi risalii ed inspirai a pieni polmoni l’aria pulita che portava il profumo dei pini. Portai i capelli all’indietro poiché mi erano finiti tutti davanti al viso. Iniziai a nuotare in simbiosi con la corrente, per almeno cinquecento metri. Tutto ciò era assurdo! Cosa stavo facendo? Perché da un momento all’altro mi buttavo in un fiume nuotando come una scellerata senza un reale intento per la mente? Arrivai sino a delle rocce che mi impedivano di proseguire la mia nuotata. Il fiume scorreva attraverso le fessure dove sarebbero passate entrambe le mie braccia, ma non tutto il corpo. Sospirai e chiusi gli occhi. Volevo rimanere ancora per qualche attimo al fresco e poi sarei risalita per farmi una doccia. Sentivo l’acqua fredda solleticarmi la pelle ma gli abiti iniziavano a pesare. Provai a non farci caso ma anche la testa iniziava a ciondolare, quasi fossi in estasi. Un sorriso si dipinse sul mio volto, un sorriso spento, assente. Iniziai ad ondeggiare nelle acque e piccole onde mi arrivarono addosso. Mi sentivo strana … quasi pazza.
- Hei … sirenetta. Cosa ci fai lì? Non vai a fare colazione con tutti? Non puoi girare a quest’ora da sola! Non le sai le regole?- una voce maschile che avevo già sentito parlò alle mie spalle. Improvvisamente aprii gli occhi, come se mi fossi appena risvegliata da un sogno bellissimo. Mi voltai e vidi … Luke.
Non riuscii a dire nemmeno una parola. Lui … lui … cosa ci faceva lì? Più guardavo la sua cicatrice più mi chiedevo come se l’era procurata e più ricordavo che era l’autore della guerra di poco più di un anno prima. Lui alzò le sopracciglia come se stesse aspettando una risposta. Poi si accucciò e appoggiò i gomiti alle ginocchia piegate, tenendo le mani a penzoloni. Poi mi feci coraggio e deglutii.
- T … tu … non dovresti essere nella tua abitazione?- si strinse nelle spalle. Improvvisamente si alzò e si tolse la T-shirt e subito dopo anche le Converse. Poi avanzò, entrando nel fiume. Io indietreggiai ed imprecai mentalmente in tutte le lingue che conoscevo. Mi arrivò dinanzi, facendomi ritrovare con la schiena alla sponda opposta, dove lui appoggiò le mani, una alla mia destra e l’altra alla mia sinistra, a meno che non fossi passata sott’acqua, non sarei potuta fuggire. I suoi intendi occhi mi guardavano e attiravano i miei come magneti.


Non ascoltarlo …

 

Improvvisamente sentii una voce nella mia mente, ma non era la mia. Il tono era grave e maschile. “Padre …” pensai.


Stai attenta …


Ripeté con tono più severo. Deglutii a fatica: quella situazione non mi piaceva. “Grazie padre …”. Tornai a guardare Luke un po’ più concentrata, per capire cosa stava pensando, ma i suoi occhi erano impenetrabili.
- No, non ora. È per questo che t’ho parlato delle regole. Nei momenti in cui voi vi radunate per fare colazione, pranzo o cena, io posso uscire, ovviamente sorvegliato. È per questo che Chirone e il signor D non vogliono che nessuno si allontani mentre si è nell’arena. Qualcuno potrebbe incontrarmi e io … potrei … che ne so, sgozzarlo vivo forse?- sospirai. Luke stava parlando in tono ironico ma … sentivo la tensione sgorgarmi nelle vene. Improvvisamente sentimmo dei passi … anzi … un galoppo.
- Chirone …- trattenni il fiato sussurrando quel nome sotto voce. Luke sorrise come se avessi raccontato una barzelletta e mi guardò con gli occhi che ridevano.
- No, è solo il mio satiro. L’avevo superato ma … se mi vede qui con te … ahi ahi, potrei finire nei guai-
- Smettila. Non sei simpatico!- gli dissi scuotendo il capo e dandogli una spinta per allontanarlo. Lui aprì la bocca e la richiuse come se fingesse di mordere qualcosa, forse me, eppure quel gesto ... lo fece apparire ... sensuale. A quel pensiero un brivido mi salì lungo la schiena ed arrossii. Poi lui si immerse. Il satiro arrivò e mi guardò.
- Che ci fai qui? Dovresti essere nell’arena!- trovai la scusa più plausibile.
- Sì … lo so … ci stavo andando ma mi sono persa e sono scivolata nel fiume … ora corro!- lui annuì e ricominciò a trottare forse alla ricerca di Luke, il quale riemerse e scoppiò a ridere. All’inizio mi trattenni ma poi non resistetti ed iniziai a ridere pure io, pensando a quel povero satiro che avrebbe ispezionato tutto il campo senza successo. Poi Luke smise, poco a poco e risalì sulla riva. Mi tese una mano e l’accettai. Mi lanciò la sua maglia per asciugarmi e la presi con un sorriso.
- Mi riaccompagni a casa? Poi ti lascio andare …- mi propose. Io annuii e lui iniziò a correre.
- L’ultimo che arriva deve servire Dioniso una settimana!- non capii cosa ci fosse di così pesante, escluso il fatto di servire qualcuno, ma iniziai a correre anche io provando a superarlo! Da quando ero arrivata era l’unico con il quale riuscivo ad essere me stessa, senza dover adottare il mio solito guscio. Eppure … era anche l’unico a causa del quale avevo sentito la voce di mio padre sussurrarmi di tenere gli occhi aperti … dannazione. Era così difficile capire cosa dovevo fare! Ma pensai che dovevo solo godermi quei momenti, ma sempre con un minimo di testa!
Arrivammo presto dinanzi alla sua dimora e lui entrò.
- Non ti tratterrò ancora, vai!- mi diede un leggero schiaffetto su un fianco ed io, dopo avergli sorriso, mi allontanai. In quel momento arrivò il satiro.
- Dove sei stato, Castellan? Perché non sei stato al mio fianco come per ordine?- stava quasi per urlare.
- Perdonami ma … avevo bisogno di una … di una doccia …- girò il capo verso destra, dove c’era una finestra e dove io lo stavo guardando. Mi fece l’occhiolino. Abbassai lo sguardo arrossendo. Poi gli feci un cenno di saluto, e mi allontanai tra le grida del satiro e il tono beffardo di Luke. Già … Luke …


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Ciao a tutti! Ecco qui il secondo capitolo! Forse ci sarà qualche errore poichè scrivere in bus non è molto facile XD. Voglio ringraziare BlackKay97 che ha commentato il primo capitolo positivamente e che so leggerà anche questo! Un grosso bacione a tutti i viandanti <3
la vostra Ale_kiss_

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Capitolo 3
*** Passo falso ***


Leggevo tranquillamente davanti al campo da pallavolo poiché non mi andava di rimanere chiusa in casa ma nemmeno di allenarmi con gli altri mezzosangue. Così me ne stavo sotto l’ombra di un pino, tra le voci e le grida dei ragazzi. C’era anche Nico che giocava nella squadra di Perseus e Annabeth, e si divertiva: rideva e per un attimo forse … mi parve quasi di invidiare quella sua spensieratezza.
Era passata una settimana dal mio arrivo al campo e ancora non mi sentivo a mio agio … o meglio … se non c’era Luke, non mi sentivo a mio agio. Non capivo come un ragazzo come lui potesse essere perfido.  Ma non era cambiato? Secondo me, sì! Ma gli altri non lo capivano, non capivano com’era realmente lui perché nemmeno tentavano di capirlo. Aveva fatto enormi sbagli, era vero, ma si era pentito! Dovevano comprendere che Luke aveva un cuore! Un cuore che gli aveva fatto capire i suoi errori e lui non li avrebbe più commessi. Ma per un attimo dimenticai le parole di mio padre … anche lui mi aveva detto di tenere gli occhi aperti con quel ragazzo ed io … avevo prestato attenzione a quelle raccomandazioni per meno di cinque minuti e sapevo di errare … ma non riuscivo a sospettare di lui. Uscivo prima dall’arena solo per vederlo; una volta la mattina, una volta all’ora di pranzo e una all’ora di cena. Il satiro di Luke, Garret, non ce la faceva più a dover cercare il suo protetto per mari e oasi, ma quello era l’ultimo dei nostri problemi, noi volevamo vederci i nostri dieci minuti quotidiani e ben venga se fossero stati di più. La cosa fantastica era che nessuno sospettava di nulla! Nemmeno Garret! Sorrisi a quel pensiero, distratta dalla lettura ormai da un bel po’, ma finsi di continuare a leggere, altrimenti sarei potuta sembrare una rimbambita ferma sotto l’ombra ad osservare quel marmocchio del proprio fratello divertirsi e … onestamente? La situazione era proprio quella.
Improvvisamente udii degli scalpitii alle mie spalle così voltai lentamente il capo. Vidi Chirone avvicinarsi tranquillamente in mia direzione e raggiungermi. Mi sorrise cordialmente e mi appoggiò una mano alla spalla destra. Lo guardai alzando la testa e ricambiai il sorriso. Stando seduta mi appariva ancora più grande la sua stazza, di quanto fosse già.
- Bella giornata, eh Frieda?- esclamò con la sua voce sempre pacata e quasi paterna. In un certo senso Chirone era il padre di tutti quanti lì. Non volli apparire scortese così guardai l’orizzonte e dissi:
- Sì, davvero splendida- ma il mio tono rimase comunque piatto. Chirone parve non notarlo e ammirò anche lui il sole che iniziava a tramontare. Improvvisamente il suo sguardo si fece più serio e ricominciò a guardare me. Non appena lo notai, ebbi subito la sensazione che non fosse lì per caso, ma che volesse proprio parlare con me. E, poiché i miei sensi erano infallibili … sentivo anche che ciò che mi avrebbe detto … non mi sarebbe piaciuto.
- Frieda …?-
- Sì?- risposi immediatamente non appena pronunciò il mio nome. L’agitazione di solito metteva in moto i miei muscoli, facendoli scattare.
- Ti dobbiamo parlare- a quelle parole il mio cuore accelerò i suoi battiti, ma non avevo paura per me, bensì per Luke … se avessero scoperto che ci incontravamo … chissà cosa sarebbe accaduto. Deglutii.
- D … di cosa si tratta?- lui tolse la mano dalla mia spalla e si voltò.
- Seguimi, ne parleremo in un luogo più tranquillo- così si avviò in direzione della Casa Grande. Mi alzai a mia volta, lasciando lì il libro e iniziando a seguire Chirone, dopo aver guardato un’ultima volta il campo di pallavolo, e con quel gesto, incrociai gli occhi di mio fratello: anche lui mi stava guardando … ed era preoccupato.
No … forse era solo una mia impressione. Nico non si sarebbe mai preoccupato per me! Però mi venne spontaneo fargli un sorriso un po’ trattenuto, poi mi strinsi nelle spalle come per dirgli “cosa ci posso fare?” e seguii Chirone. Ci inoltrammo nel bosco, io camminavo guardandomi attorno perché non mi sarei mai abbassata a guardare il terreno. Ero un po’ nervosetta per il fatto che non sapevo cosa potessi aspettarmi. Guardando alla mia destra vidi due semidei che amoreggiavano appoggiati ad un albero: lui le accarezzava i capelli e lei lo baciava sognando ad occhi chiusi. Mi venne quasi da sorridere a vederli e nella mia mente immaginai me e … no! Nessuno …
Non appena Chirone li vide, si fermò e voltò il capo verso di me.
- Tu … tu vai avanti! Io … ora ti raggiungo … hei! Hei! Voi due! Christopher! Leah! Cosa state combinando? No no no! …- risi sommessamente, poi smisi di guardare quell’imbarazzante scena, e, come ordinato, mi avviai verso la Casa Grande, senza la mia guida. Mi venne da ridere ripensando a quei due che si stavano scambiando effusioni e che sono stati interrotti da un centauro … alquanto … scandalizzato. Forse la purezza del campo doveva rimanere intatta, eppure mi sfuggì il pensiero che molti potevano averla … come dire … intaccata. Sorrisi di nuovo ed infilai le mani in tasca. Iniziai a calciare un sassolino, dirigendomi per il sentiero del primo giorno. Sospirai profondamente: una settimana, era passata già una settimana, ed io l’avevo vista correre. Forse … forse però quel campo non era così male. Avevo persino iniziato ad impugnare l’arco e le frecce. Mi piaceva quell’attività e Chirone diceva che più armi sapevo maneggiare, meglio era per me e per la mia protezione. E poi … già … Luke mi aveva insegnato a maneggiare la spada. Era iniziato tutto una sera che lo aspettavo al fiume ed avevo trovato quell’arma appoggiata ad un albero. Mi parve molto strano ma qualcuno doveva per forza averla dimenticata, così la presi ed iniziai a farla roteare con il solo risultato di lasciarla cadere a terra più e più volte. Scoraggiata mi ero seduta a terra stringendo le gambe con le braccia, sin quando … arrivò lui! L’aveva impugnata dandole un leggero calcio verso l’alto e prendendola al volo. Quando il suo pugno si strinse attorno all’elsa, intravidi un bagliore nei ai suoi occhi. Oh, chissà da quanto non ne afferrava una, e come doveva mancargli quella situazione! Iniziò a tirare fendenti e a fingere di combattere, forse con il vento. Si muoveva con flessuosità ed i suoi riflessi erano scattanti. Eppure era fuori allenamento! Pensai a come dovesse essere stato vederlo combattere qualche anno prima ed arrossii. Fortunatamente era buio e lui non lo notò.
- Tu vivi per questo …- dissi ad un certo punto, interrompendo il suo idillio. Lui conficcò la spada nel terreno e si voltò verso di me. I suoi occhi brillarono ancora: doveva sentire nuovamente la sua energia scorrere nelle sue vene di combattente.
- Cos’intendi?- domandò fingendo di non capire. Sapeva benissimo cos’intendevo ma forse sarebbe stata troppo dura ricordare i tempi in cui era … come gli altri … se non più potente. Sospirai e abbassai per un attimo lo sguardo.
- Vivi per impugnare una spada e sguainarla … vivi per tagliare l’aria in una riga perfetta … vivi per vincere e possedere … - a quelle parole si spense il suo sorriso e lui si avvicinò a me, sedendosi al mio fianco.
- Sbagli … io … vivevo per questo. I tempi sono cambiati … ma vedi …- si alzò di scatto e riprese la spada. – tu … non puoi capire cosa si provi a combattere!- tese il braccio puntandomela contro. Rimasi ferma a guardarlo, a guardare la luce nei suoi occhi. – tu non hai mai sentito la sintonia che si prova a possedere una propria spada e combattere con essa in tutte le tue battaglie!- iniziò a muoverla immaginando probabilmente l’antico scenario della guerra attorno a se -Senti come se facesse parte del tuo stesso braccio!- ne accarezzò la lama senza ferirsi, l’avvicinò al volto e la sfiorò con la guancia -Non riesci più a separartene!- dopo quelle parole mi ressi in piedi e gli andai affianco. Appoggiai la mano a metà del suo braccio e glielo feci abbassare. Lui voltò il viso verso di me ed io adottai un sorriso malizioso.
- E allora insegnami! Fai provare anche a me queste sensazioni!- lo desideravo realmente, volevo sapere cosa lui provasse nel maneggiare un’arma e se mai avessi potuto provarlo anche io.
E così iniziarono le mie lezioni private con un insegnante molto dotato. Erano meno di quindici minuti al giorno ma … non potevamo permetterci di più.
In quel momento interruppi i miei pensieri poiché giunsi al gruppo di abitazione dov’era presente anche la Casa Grande. Rallentai la camminata poiché non avevo voglia di subire ramanzine o rimproveri vari e quindi cercai di arrivare un po’ più tardi. Ma improvvisamente una porta si aprì ed io mi voltai di scatto nella direzione dalla quale avevo sentito provenire il rumore. Vidi Luke correre fuori dalla sua casa e venirmi incontro.
- Frieda! Frieda!- mi prese in braccio ed iniziò a farmi roteare ridendo.
- Cosa ci fai qui? Non è ancora il momento che io esca!-
- No! No! Luke! Lasciami! No!- provai a staccarmi da lui … ma era troppo tardi.
- CASTELLAN!- sentimmo gridare e ci voltammo entrambi verso destra. Lì c’era Dioniso rosso in volto dalla rabbia, che stringeva i pugni, gonfiando le vene delle braccia. Improvvisamente creò dall’aria un calice pieno di vino e lo bevve d’un sorso.
- No! No! Dioniso!- urlò Chirone giungendo in quel momento. Ma il dio aveva già ingurgitato tutto il liquido viola. Le sue gote erano ancora più rosse ed i suoi occhi mandavano piccole scintille. Luke mi lasciò subito andare.
- C … che succede?- domandai alquanto scioccata dalla situazione. Chirone mi prese per una spalla e mi trascinò nella casa di Luke, mentre lui non mi lasciava andare la mano. Corremmo e arrivammo dentro il prima possibile.
- Luke! Tienila qui! Io vado a calmare Dioniso!- Chirone si affrettò ad uscire ed il figlio di Ermes chiuse a chiave la porta.
- Ma cosa …-
- Non-uscire-per-nessun-motivo!- mi ordinò togliendo la chiave e buttandola in un cassetto. Provai ad aprir bocca ma una sua occhiata mi fece subito cambiare idea. Udimmo suonare un allarme e Chirone gridò da un altoparlante di stare tutti nelle proprie abitazioni, soprattutto le ragazze. Il campo si trasformò in un uragano di tumulti e confusione. I satiri e i centauri avevano accerchiato Dioniso e si erano sparpagliati un po’ ovunque, nel caso riuscisse a scappare. Quando ero piccola, mio padre mi narrava le vicissitudini degli dei. Sapevo che non appena Dioniso assaggiava il vino, impazziva, e in ogni senso.
- Zeus lo punirà …- Luke scostò leggermente una tenda da una finestra e guardò fuori.
- Sì … credo di sì …- gli risposi sedendomi sul letto e prendendomi la testa tra le mani, infilai le dita tra i capelli.
- No, non era una domanda. Zeus lo punirà! È affermativo!- lasciò la tenda e si appoggiò con la schiena al muro, con le braccia al petto. Pareva in atto una guerra, mentre la verità era che Dioniso aveva bevuto un bicchiere di vino e lui era lì al campo per punizione, poiché aveva “toccato” una certa ninfa proibita, e non avrebbe dovuto sfiorare il vino ma … a quanto pareva la rabbia gli faceva perdere le staffe.
- Mi dispiace …- sussurrò Luke –ora sei nei guai …- risi sottovoce per provare a non farlo sentire in colpa.
- Mai quanto ti mio caro-gli dissi e lui accennò un sorriso lasciando intravedere i suoi splendidi denti bianchi.
- Non è un problema … il massimo che possono fare è cacciarmi- a quelle parole scattai leggermente e lo fissai trattenendo il respiro.
- T … tu … tu non puoi andartene!- esclamai quasi senza rendermene conto. Si strinse nelle spalle e fece un’espressione di rassegnazione. Se Luke se ne fosse andato, la mia vita sarebbe diventata un inferno.
- Qui nessuno sentirebbe la mia mancanza …-
- Beh io sì!- lo interruppi battendo le mani sul letto. – Non hanno il diritto di cacciarti! Tu non hai fatto nulla di male, prima! Persino un dio ha infranto il suo patto! Può succedere a tutti!-
- Se non fossi uscito, Dioniso non avrebbe bevuto-
- Ma non possono permettere che tu viva senza vedere nessuno!- mi alzai e gli andai davanti, appoggiandoli una mano sulla spalla. – Tu non sei malvagio Luke …- gli sussurrai ma il suo sguardo si fece malinconico e cancellai il sorriso dalle sue labbra. Mi si strinse il cuore a vederlo così. Avevo imparato a volergli bene, nonostante la sua sfrontatezza ed il suo carattere difficile. Ero anche io un po’ come lui: una ribelle alla quale bastava un futile input per andare contro le regole o, appunto, ribellarsi ai suoi superiori.
- E tu non sai cos’ho fatto …- avrei voluto rispondergli e dirgli che le sue malefatte le stava scontando ma bussarono proprio in quel momento. Tolsi la mano dalla sua spalla. Luke intimò di entrare ed il suo satiro si fece avanti.
- Oh … io … non … non volevo disturbare … m … ma …- tossì per acquisire un tono di voce più austero. – Il signor D ha chiesto di vederti, Frieda- sospirai e un nodo mi si strinse nello stomaco. Avanzai di qualche passo ma Luke mi afferrò per un polso. Mi voltai di scatto e fidi la sua fronte corrugata, quasi non volesse lasciarmi andare.
- Si è calmato?- domandò con voce forte e nervosa, forse preoccupato che Dioniso avrebbe potuto … farmi qualcosa.
- Sì- annuì Garret – gli hanno somministrato l’ambrosia e si è calmato quasi immediatamente- Luke allora lasciò pian piano e a malincuore il mio polso, senza smettere di guardarmi negli occhi. Gli sorrisi dolcemente, come a dirgli di star tranquillo e mi avvicinai a Garret. Congiunsi le braccia al petto e assunsi un’aria seria.
- Andiamo?- borbottai alzando gli occhi al cielo. Garret si risvegliò dai suoi pensieri e si mise ritto. Annuì e mi aprì la porta. Uscii senza fiatare e notai che il sole stava iniziando a scendere. Ottobre stava arrivando e l’autunno era giunto: a Long Island non era più caldo quanto al mio arrivo, e dire che non era passato poi così tanto!
Il satiro mi raggiunse e fece un cenno con la testa per intimarmi di proseguire, ma non appena ricominciai a camminare, la porta della casa di Luke si aprì e noi ci voltammo verso di lui. Si sporgeva in avanti tenendo le braccia ancorate agli stipiti.
- Garret! Senti … stai con lei!- il satiro belò e assunse un’aria di rimprovero.
- E rischiare che tu possa scappare mentre io sono distratto? No grazie, Luke! Ho imparato a conoscerti! Ti diamo un dito e tu ti prendi l’intera mano!- a quanto pareva, Luke non era un tipo del quale ci si potesse fidare, ma per quale motivo avrebbe voluto che il suo custode mi accompagnasse e rimanesse al mio fianco?
- No Garret! Lo giuro! Lo giuro su … sullo …- sapevo cosa stava per dire, e quel giuramento era uno tra i più sacri. Se non fosse stato rispettato, mio padre l’avrebbe ucciso.
- FERMO LUKE! NON FARLO!- gli corsi incontro e gli tappai la bocca con la mano, prima che potesse pronunciare anche solo la “s”. Lo guardai negli intensi occhi azzurri e lentamente tolsi la mano, sfiorandogli la cicatrice con le dita. Attorno a quella ferita, la pelle era più fredda e pallida, in contrasto con la sua splendida carnagione californiana. Mi prese i polsi e me li portò ai fianchi senza smettere di fissarmi con uno sguardo quasi assente.
- Ti prego … porta Garret con te … non mi fido di … del signor D e non vorrei mai che ti facesse del male!- non potei far altro che annuire perché quella sua premurosità mi fece tremare il cuore e sciogliere il nodo allo stomaco, svuotandolo quasi completamente. Era una sensazione splendida.
- G … Garret! Tu vieni con me!- gli ordinami senza nemmeno voltarmi. Lo sentii scalciare, forse per opposizione ed allora mi allontanai da Luke e creai una fiamma sulla mia mano destra. Giunta davanti a Garret, gliela puntai a poca distanza - … e se ti opporrai, sta sera mangeremo satiro alla brace! Spero che gli dei apprezzino il tuo odore!- lui deglutì.

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Ciao a tutti! Allora, ecco qui il nuovo capitolo! Spero di riuscire a postare più velocemente i prossimi ma è stata una settimana ... emh ... impegnativa? *Guarda BlackKay97 (in realtà solo Kay) con sguardo furbo* emh emh, dicevamo, sì, settimana lunga e dura!
Va beh, insomma. Che ne pensate di questo capitolo? Vi è piaciuto oppure taglio qui la storia?
Cassandra: faresti un favore a tutti!
Ale: oh, ma tu sempre di una gentilezza unica, eh Cassie?
Cassandra: Che ci vuoi fare? A vivere con te bisogna farsi la pelle!
Ale: *sguardo feroce; prende e sbatte Cassie fuori dalla camera. Colpo di tosse* Allooora, dicevamo! Bene bene, emh ... sì Cassie è la mia sorellastra ... una demoniaca figlia di Ade ... D'ora in poi mi sa che ci sarà anche lei a commentare con me -.- (l'idea del suicidio non è mai stata così dolce ...)
Cassandra: se vuoi chiedo a papà di togliere il problema!
Ale: *fa casualmente cadere il letto dalla finestra, proprio sopra Cassie* ooops, va beh, dettagli! Spero che commenterete questo capitolo, recensione positiva o negativa che sia eh!
Un grossissimo bacione a tutti!
Ale_kiss_ & ... NO! NON METTO LA TUA FIRMA!
Cassie: uffa ....

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Capitolo 4
*** Scoperti ***


Entrammo nella Casa Grande. Notai Dioniso disteso su una branda in quello che doveva essere una specie di salottino piccolo ma accogliente. Aveva ancora il sangue che gli affluiva alla faccia e gli lacrimavano gli occhi, ma sicuramente si era calmato perché a stento riusciva a muoversi. Garret chiuse la porta alle mie spalle e venne al mio fianco. Incrociai le braccia al petto e guardai Dioniso con disapprovazione. Stavo per chiedere il motivo della mia convocazione ma giunse Chirone su una sedia a rotelle, con un vassoio appoggiato alle finte gambe. Lui nascondeva il suo aspetto agli umani mascherandolo in quella sedia a rotelle magica, ma doveva usarla anche in altri spazi poiché la sua stazza poteva fargli sbattere al testa sul soffitto.
- Ciao Chirone- gli sorrisi e mi addolcii. Chirone era una brava persona, non sarei riuscita ad essere sgarbata con lui. Mi strinse un polso con fare affettuoso e sorrise, quasi come un padre.
- Ciao Frieda. Vieni, accomodati. Prendi una sedia, ho preparato il thé- m’indicò un tavolo di media grandezza, di forma circolare, con un centrotavola bianco lavorato a mano. Mi sedetti e lo vidi dirigersi verso il signor D e porgergli una tazza, sicuramente di ambrosia, e poi prese anche lui posto al tavolo, sulla sua sedia a rotelle.
- Salve Garret, vieni, vieni. Siediti anche tu! Ho delle lattine nella credenza. Prendile se hai piacere- Garret non se lo fece ripetere e prese cinque lattine ed iniziò a masticarne una. Storsi il naso, disgustata, così volsi lo sguardo al centauro che appoggiò due tazze sul tavolo. Ne usciva un profumo inebriante alla vaniglia con un leggero aroma di mirtilli e lamponi. Non resistetti e ne sorseggiai un po’. Era delizioso e per un attimo persi la concezione di ciò che mi circondava e lo assaporai ad occhi chiusi. Decisi di risvegliarmi ma ci misi qualche attimo, ancora immersa in quella delizia. Anche Chirone ne stava sorseggiando, poi pose la tazza sul tavolo e congiunse le mani, guardandomi più serio. Deglutii.
- Frieda … tu sai perché se qui?- dissentii, nonostante una parte di me lo intuisse. Sospirò.
- Sappiamo … abbiamo saputo dei tuoi incontri con Luke …- non mi stupii più di tanto, poiché immaginavo che la causa del mio richiamo fosse quella. Fulminai comunque Garret con lo sguardo.
- Non guardare me! Non ne sapevo nulla!- esclamò lui alzando le braccia in segno di resa.
- No Frieda, non è colpa di Garret. Il padre di Luke, Ermes, ha informato Dioniso. Diede una punizione a suo figlio, e lui deve rispettarla. Non può vedere nessuno, ed invece vi state frequentando come se nulla fosse-
- Lui non può vivere senza interagire!- intervenni stringendo i pugni sul tavolo. Come poteva proprio suo padre averlo punito in questo modo?
- Poteva pensarci prima di unirsi a Crono e tentare di spodestare gli dei, distruggere l’Olimpo e ucciderci tutti!- Dioniso fece echeggiare la sua voce per la Casa Grande e pian piano si alzò dalla branda e si avvicinò a noi. –Non possiamo ancora fidarci di lui!-
- Ma è cambiato!-
- È diverso … sembra cambiato …- intervenne Garret che si sedette al tavolo con noi. Lo guardai sbalordita: avrebbe dovuto essergli amico! Non andargli contro! Li guardai tutti sgranando gli occhi. Era un ragazzo! Non un killer in una prigione per detenuti!
- Garret! Ma … Chirone! Di’ qualcosa!- provai ad oppormi e mi alzai facendo cadere la sedia. Chirone congiunse le mani ed abbassò lo sguardo, scoraggiato. Scossi il capo incredula. – N … no …! No! Non …-
- Anche Chirone non crede ad alcun cambiamento da parte di quel moccioso!- esclamò Dioniso congiungendo le braccia con aria da sbruffone. Chirone sospirò avvilito. Nel mio volto si dipinse un’espressione di abbattimento, ferita da quell’affermazione.
- Dioniso … per favore … non in questi termini …- provò a migliorare la situazione, ma non funzionava, non con me. Sentii una mano appoggiarsi alla mia spalla. Mi voltai e vidi Garret giù di morale, come me.
- Può rimanere in isolamento in eterno, ma ha fatto uno sbaglio troppo grande!- disse con un filo di voce.
- Irreparabile! – sopraggiunse il signor D. Chirone gli strinse un polso e il dio del vino trasalì. Io scossi il capo indietreggiando. Non volevo più sentire parlar male di Luke! Nemmeno una parola! Persino Garret, che era colui che aveva il legame più stretto con Luke, ne parlava male, come se fosse un criminale.
- Siete senza cuore …- sussurrai appoggiando una mano alla maniglia, pronta ad uscire. Il centauro abbasso la testa, lasciando la presa su Dioniso, che mi si avvicinò con aria di sfida.
- Se noi siamo senza cuore, ragazzina, il tuo amichetto che ha tentato di radere al suolo l’Olimpo, si può dire che abbia anche solo uno straccio d’anima?- a quelle parole avrei tanto voluto stampargli la mia mano su una guancia paffuta e rossa, ma era un dio, ed io sarei finita in guai molto seri se mi fossi anche solo azzardata a toccarlo con un dito. Così mi limitai a guardarlo male e corsi fuori senza dilungarmi troppo. Mi diressi verso il bosco ed accelerai la mia corsa. Avevo i capelli che mi coprivano il viso ma non li scostai: riuscivo ancora a vedere dove stavo andando. Dannato passato, maledetti pregiudizi! Era uno come noi! Era un semidio! Un ragazzo! Oh, quanto mi turbava quella situazione! Volevo sedermi al fresco, e pensare! Detestavo che parlassero male delle persone alle quali mi ero affezionata! Anche Chirone aveva tradito la mia fiducia! Lui che era il nostro sostegno al campo, l’unico al quale potessimo parlare e lasciarci andare, ricevendo consigli e affettuose pacche sulle spalle. Attraversai il bosco sempre correndo e giunsi al fiume. M’inginocchiai e congiunsi le mani a coppa, prendendo dell’acqua, rinfrescandomi il viso e bagnandomi i capelli. Poi strinsi le gambe al petto e le abbraccia. Le goccioline che mi scendevano lungo le tempie, le guance e il collo mi facevano sentire meglio. Chiusi gli occhi ma udii una presenza alle mie spalle. Mi voltai e vidi Chirone sulla sua sedia a rotelle giungermi accanto. Fermò le ruote per non finire nel fiume. Mi accarezzò i capelli ed io lo guardai inespressiva, forse con un velo di tristezza negli occhi.
- Frieda, oh Frieda. Che fine ha fatto la figlia di Ade?- domandò con un sorriso rincuorante. Alzai le spalle, delusa da tutti, da Chirone per primo e ricominciai a fissare l’acqua scorrere tranquilla nel suo letto. Il centauro iniziò ad accarezzarmi i capelli con dolcezza, passando le dita tra i boccoli. Riuscii a rilassarmi perché anche mio padre lo faceva prima di lasciarmi dormire, e quel gesto mi riportò a casa per qualche attimo. Mi lasciai andare ad un piccolo sorriso e appoggiai la testa ad un bracciolo della sedia a rotelle. Lui mi cinse, per come poteva, le spalle e continuò ad accarezzarmi.
- Che ti succede, bambina mia?- mormorò con la sua voce sempre pacata. Sospirai e pensai a Luke con un filo di malinconia: avrei voluto fare qualcosa per lui …
- L’unico amico che mi sono fatta, è anche l’unico che dovrei evitare … la vita è così ingiusta …- strappai qualche ciuffetto d’erba e battei un pugno sul terreno. Chirone rise, ma non per beffeggiarmi, anzi, solo forse per non farmi vedere il lato negativo di quella situazione.
- Oh, no bambina mia, no. La vita non è ingiusta, sei solo tu che la guardi dalla parte sbagliata. E poi, mia cara, sei tu che non vuoi fare nuove amicizie e ti sei isolata solo a … a Luke … però, ci sono così tanti semidei con i quali puoi socializzare! Sono sicuro che …-
- VENITE QUI DANNATI!- una voce femminile invase tutto il campo e vidi piccoli animaletti del bosco scappare terrorizzati. La voce era aggressiva e anche se avesse parlato tranquillamente, mi sarebbe parsa feroce.
- Scappa fratello! Scappa!- udii ancora, ma sta volta la voce non era della ragazza, bensì di un “lui”. Poi sentii due risate unisone e le grida di rabbia della ragazza. Chirone sbuffò ed io mi allontanai di un po’ da lui. Lo visi iniziare ad alzarsi e capii che voleva uscire dalla carrozzina per riprendere le sue forme. Pian piano uscirono le zampe anteriori e poi, dopo poco, anche quelle posteriori. Portò le mani ai fianchi con un’espressione di libertà in volto. Sorrise quasi vittorioso e si girò verso il bosco.
- Scostati Frieda, potrebbero travolgerti- annuii senza fare domande e seguii i suoi ordini, allontanando un po’ anche la sedia vuota. Un ragazzo correva in lontananza nella foresta e da quanto correva veloce parevano due … no! Erano due! Due ragazzi identici che sfrecciavano tra gli alberi. Ridevano con aria divertita e si guardavano con intesa. Quando uscirono dalla boscaglia, Chirone aprì le braccia e loro gli finirono giusti giusti uno per parte, sollevati da terra, che ciondolavano tipo panni sullo stendi panni, sugli avambracci di Chirone.
- Visto Frieda? A stare al campo, ti fai le ossa!- esclamò fulminando con lo sguardo i due ragazzi, anche se non lo potevano vedere poiché avevano il naso sulla schiena del centauro.
- Emh … ciao Chirone!- disse uno dei sue.
- Bellalì!- intervenne l’altro alzando una mano. Chirone alzò gli occhi al cielo con rassegnazione e li lasciò cadere a terra. Nello stesso momento giunse una ragazza imbrattata di colore. Era bionda, corporatura mascolina. In quattro e quattro otto intuii fosse una figlia di Ares. Trattenni una risata perché altrimenti mi avrebbe uccisa … ma vederla in quello stato era il massimo! I due ragazzi saltarono in braccio a Chirone con un’espressione di finto terrore.
- Oh! Eccola! Eccola! Ci vuole fare fuori!- urlò uno dei due indicando la figlia di Ares con tono sbeffeggiatore. Alzai le sopracciglia sorpresa dalla sfacciataggine di quei due gemelli.
- Attento! O ci picchierà!- intimò l’altro e scoppiarono a ridere. Chirone lì buttò dritti tra le braccia della ragazza la quale li agguantò per il collo e gli fece sbattere uno la testa contro l’altro. Strinsi gli occhi immaginando la sensazione … ahi ahi … poverini.
- Loro sono Connor …- Chirone indicò quello a destra – e Travis! I gemelli a capo della casa di Hermes-. Sorrisi e scossi il caso. Figli di Hermes, avrei dovuto capirlo prima! – E lei, è Clarisse, figlia di Ares. Che t’è successo, cara?- mi presentò anche lei e poi le si rivolse, curioso forse quanto me di sapere cosa le fosse accaduto per essere conciata in quel modo.
- LORO DUE!- gridò Clarisse e li scaraventò a terra. Mi coprii le labbra con una mano per non scoppiare a ridere. Il centauro li guardò male e si voltò verso di loro.
- Cos’avete combinato sta volta?- per tutta risposta i due gemelli si guardarono e iniziarono a sbellicarsi. Alzai le sopracciglia e congiunsi le braccia al petto, guardandoli con aria superiore. Ma quanti anni avevano? Tre forse?
- Vi devo forse levare le parole con le pinze o me lo dite di vostra spontanea volontà?- Chirone si avvicinò a Connor e Travis e li prese per il colletto delle maglie. Quello di nome Travis provò a smettere di ridere e, con ancora un sorriso sghembo sulle labbra, parlò.
- Beh … dopo l’ultima volta che ci ha picchiati a caccia alla bandiera …- ma Clarisse lo interruppe tirando un pugno su un albero. Una ninfa fuggì e trovò rifugio in un altro albero, spaventata. Scossi il capo davanti a quella situazione ridicola.
- MI HANNO RIEMPITA DI PITTURA PIAZZANDO UN SECCHIO SOPRA LA MIA PORTA!- a quelle parole, i gemelli ricominciarono a ridere e Chirone, rassegnato, mi lanciò un saluto, e se ne andò trascinandoli per il colletto. Clarisse era ancora tutta paonazza che si pestava i piedi infuriata, così decisi di evitarla e mi diressi verso la mia casa. Passai il bosco e anche il campo da pallavolo che ora era deserto. Il sole era sceso e a momenti sarebbe giunta l’ora di cenare. Arrivata alla casa numero XIII sospirai ed aprii la porta, pronta ad una nuova litigata con mio fratello Nico. Appena dentro lo vidi intento ad asciugarsi i capelli neri con un asciugamano. Non appena mi udii entrare, si voltò e rimase per qualche attimo a guardarmi con un’espressione tutt’altro che scontrosa. Poi accennò un sorriso e ricominciò ad asciugarsi. Un po’ stupita da quel gesto, mi sedetti sul mio letto e aprii il cassetto del comodino lì a fianco. Notai però, sopra quel mobiletto, il libro che stavo leggendo prima che Chirone mi chiamasse. Lo presi tra le mani e lo guardai per qualche attimo, pensando però ad altro. Spostai lo sguardo su Nico che, nel frattempo, aveva buttato svogliatamente l’asciugamano bagnato sul cuscino del suo letto e stava frugando in uno zaino alla ricerca di qualcosa. In un primo momento aprii bocca ma le parole non vollero uscire, poi ritentai.
- Emh … per caso … il … il libro … l’hai … portato tu … qui?- domandai un po’ esitante, provando troppo orgoglio in confronto a mio fratello. Lui si strinse nelle spalle senza nemmeno voltarsi verso di me.
- Era lì, per terra. Sai, il signor D si sarebbe arrabbiato trovandolo in mezzo alla natura, e anche i fauni … e persino le ninfe e …- lo interruppi.
- Grazie …- sussurrai con un leggero sorriso sulle labbra, giusto per non alterarmi troppo. Quel giorno la mia rabbia era già affluita abbastanza. Nico si voltò con l’espressione più stupita che avesse mai avuto, più stupita probabilmente di quella volta che scoprì di essere un semidio. Pensai stesse per dirmi qualcosa come “sei capace anche tu di ringraziare” oppure “non l’ho fatto per te” o una qualsiasi frecciatina. Invece si limitò ad un semplice
- Prego …- infine ritornò a ciò che stava facendo ed io mi stesi sul letto, escogitando il modo più facile per vedere Luke senza però riscontrare punizioni o problemi. Gli volevo parlare, dirgli di ciò che era successo con i nostri tutori e chiedergli tutta la storia per la quale era finito in isolamento. Poi un’idea mi salì in mente, ma, voltando la testa verso mio fratello, mi resi conto che avrei dovuto ottenere la collaborazione di quella piccola peste, altrimenti tutto sarebbe andato a rotoli.
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Ciao a tutti!
ok, mi odiate, lo so. Non ho postato per tantissimo! Vi prego non me ne vogliate!
Questo è più lungo degli altri, spero di essermi fatta perdonare! Voglio ringraziare BlackKay97 che ha sempre commentato tutti i capitoli!
Vi prego! siate numerosi a commentare! Voglio sapere cosa ne pensate!
Cassie: che fa schifo!
Io: smettila, perfavore!
Cassie: giusto, giusto hai la brutta giornata! Vattene vah! Sto io con le vittime di questa tua schifezza!
Io: Ma!! Va beh, come vuoi! Un bacio ragazzi!
Cassie: beh, dai, ditele che fa schifo! Uh! Io voglio ringraziare Connor che recensisce sempre anche lui!
Va beh, un salutone a tutti! Tanti baci!
Ale_kiss_ & Cassie

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Capitolo 5
*** Incubo ***


Camminavo per il campo distrattamente, senza una vera meta. A dire il vero, non sapevo nemmeno perché mi ritrovassi a camminare di tarda notte per il campo, proprio fuori la casa di Luke. Non appena il suo nome sfiorò la mia mente, provai un forte sentimento di rabbia e di delusione. Non ne ricordavo però il motivo. Mi strinsi nel giubbino di jeans che indossavo. Eppure non ne sentivo la consistenza, le mie mani in realtà non si erano mai mosse, erano sempre state parallele ai miei fianchi. Mi guardai attorno e notai che quella ragazza identica a me, non ero io. Mi avvicinai a lei e la chiamai ma non mi rispose, continuava a stringersi nel giubbotto, infreddolita a causa dell’aria fredda che soffiava. Riuscivo a sentire cosa provava. Era triste, affranta. Il suo cuore traboccava di delusione e avvertivo un pizzicore sulle sue guance, come se volesse scoppiare a piangere. Provai ad accarezzarle una spalla, ma non appena la toccai, la mia mano la trapassò e lei non mi notò nemmeno. Corrugai la fronte, non comprendendo cosa stesse accadendo ed indietreggiai. Mi guardai i piedi e vidi i calzini con i quali ero andata a dormire. Ero, infatti, ancora in pigiama. Cosa stava accadendo? Cos’era quel posto? Perché non riuscivo a toccare la mia sosia? Iniziai a respirare affannosamente poiché il freddo mi toglieva il fiato e quello che rimaneva formava piccole nubi di condensa, non appena usciva dalla mia bocca.
Continuai a fissare quella ragazza, quell’altra Frieda. Notai tra i suoi capelli un piccolo fermaglio d’argento a forma di rosa e quell’oggetto mi fece balzare il cuore in gola. Quello era un dono di mio padre! E quella quindi … ero realmente io! Ecco perché potevo sentire cosa provava e anche tutti i suoi pensieri. Quel giubbotto di jeans non era mio, lo si vedeva anche dalla misura, era troppo grande. Vidi nei ricordi dell’altra me stessa che apparteneva a Luke. Non feci nemmeno in tempo a chiedermi perché lo stesse indossando che corse via, diretta verso il bosco, tenendosi una mano sulle labbra quasi temesse di iniziare a singhiozzare. No! Io non potevo piangere! Perché lei lo stava per fare? Dovevo fermarla! Dovevo dirle che nessuno meritava le sue … le mie lacrime! Attraversava la foresta in velocità, passando tra gli alberi quasi conoscesse la strada a memoria.
-  Frieda! FRIEDA! FERMATI!- le gridai poiché mi riusciva difficile raggiungerla, e non ce l’avrei mai fatta! Da quando correvo così? Ma lei non mi udì. In quel momento però, si fermò e si appoggiò con la schiena ad un albero. Si nascose gli occhi con le mani e la udivo sussurrare nella mente di non piangere, di non versare una goccia per quel bastardo. Ma … a chi si riferiva? Smisi di correre quando mancavano poco più di tre metri a lei. Ripresi fiato e poi mi avvicinai molto cautamente. Improvvisamente, udii un rumore in lontananza. Sembrava che un ciclope stesse camminando in nostra direzione. Mi voltai verso il suono e notai una sagoma oscura dirigersi proprio dov’eravamo. Aumentai la velocità della mia camminata e presi Frieda per le spalle, ma ancora la trapassai. Provai a tirarle uno schiaffo ma ancora non mi vedeva.
- FRIEDA! FRIEDA! TI PREGO! RISPONDIMI!- gridai con il cuore che batteva forte, preoccupata per quella sagoma. Poi provai a pensare di parlarle, pensai a me che la scuoteva e per un attimo ciò che pensai si avverò, lei mi guardò negli occhi e trasalì vedendomi. Ma una nube nera mi avvolse e mi portò in una dimensione completamente buia. Sentivo quella nube stretta attorno al mio corpo. Era gelida e sapeva un odore nauseante che mi fece girare la testa. Sentii il suo alito sul mio collo e pian piano quella nube iniziò a prendere forma. Delle braccia mi avvolgevano il corpo e le sue mani stringevano i miei polsi, le sue labbra erano appena dietro il mio orecchio destro e le sentivo sorridere.
Ferma Frieda, non alterare i fatti … non intervenire con il fato, non toccare la sorte.
Quella voce mi fece salire un brivido lungo la schiena. Era perfida ma familiare e … calda.
Padre!
Sgranai gli occhi e iniziai a tremare.
Ferma, principessa infernale, non intervenire. Segui i miei ordini
Mi scostò i capelli dal collo e mi stampò un bacio affettuoso sulla giugulare. Poi mi accarezzò le spalle abbassando leggermente le maniche del pigiama e mi fece sentire la sua presa ferrea. Strinsi gli occhi.
Padre …
Ti avevo detto di seguire i miei ordini, sciocca! Cosa stai combinando?

Mi portò un polso dietro la schiena, stringendolo con violenza. Il suo tono era tagliente e le parole uscivano dalle sue labbra come un sibilo. Gemetti a causa della sua stretta e mi piegai in avanti per il dolore.
Ti prego padre … lasciami!
STAI LONTANA DAL FIGLIO DI ERMES, Frieda! Sono stato chiaro?

- PADRE!- mi svegliai di scatto tremando congelata, aggrovigliata tra le coperte e con dei grandi occhi che mi fissavano. Guardai quelle pupille appena sopra il mio viso e riconobbi mio fratello. Avevo la pelle gelida e i denti battevano. Nico mi appoggiò una mano sulla fronte e dopo poco la tolse.
- T … tutto bene? Parlavi nel sonno …- domandò con tono preoccupato, forse più per sé stesso che per me. Magari immaginava che da sonnambula avrei potuto ucciderlo, o qualcosa del genere. Non riuscii nemmeno a rispondergli, ancora terrorizzata da quell’incubo. Mi dolevano i polsi e anche le spalle. Me li massaggiai con delicatezza, ma al primo contatto sentivo il dolore espandersi. Così presi un fiammifero dal cassetto del comodino, cercandolo un po’ a tatto poiché era tutto buio, e sempre alla cieca accesi una candela. Nico trasalì e fece un passo indietro. lo guardai con aria interrogativa e lui tese un dito verso di me, esitante.
- C … che hai f … fatto … s … sta notte?- mi chiese con un filo di voce. Appoggiai la candela al mobiletto e ci avvicinai i polsi. Sulla mia pelle c’erano due marcati lividi a forma di mani. Subito li ritrassi e li strinsi al petto, incredula. Nico mi si avvicinò e prese la candela ed uno specchio lì in parte. Illuminò le mie spalle e tese lo specchio dinanzi a me. Lo guardai e vidi che il mio pigiama era abbassato, e lasciava scoperta tutta la pelle sino alla clavicola. Anche sulla spalla destra c’era lo stesso livido che avevo sui polsi. Mi tirai su le maniche e strinsi le gambe al petto, abbracciandole. Nico ripose tutto al suo posto e si sedette accanto a me.
- V … vuoi che dorma accanto a te …? Cioè … non capisco cosa sia accaduto … ma … credo che tu sia spaventata … insomma … non è da tutti risvegliarsi e …-
- Sì … ti prego …- lo interruppi guardandolo con uno sguardo probabilmente penetrante. Lui annuì e si distese lentamente sul mio letto, andando più verso il muro. Mi stesi anche io. Lo sentii cingermi i fianchi e stringersi a me. Avevo il suo respiro caldo sul collo, diverso da quello di mio padre.
- Ora … dormi … se vorrai, mi racconterai tutto domani mattina, va bene?- sussurrò tirando un po’ più su le coperte. Sospirai profondamente, senza sapere se avrei avuto la forza di raccontargli tutto. Chiusi gli occhi non rispondendogli perché non volevo raccontare una menzogna, e provai a riaddormentarmi.
Non intervenire con il fato.
Lasciami stare … ti prego … lasciami stare padre …
E Nico, si strinse più forte a me.
- Smettila …- disse, ma non capii se si stesse rivolgendo a me poiché continuavo a tremare, o a quella voce che continuava a rimbombare per la stanza e nella mia testa.
***
Ero seduta al tavolo di Ade, di fronte a Nico. Il mio piatto era ancora pieno, non avevo toccato cibo. Anche mio fratello stava mangiando meno che le altre mattine. Mi fissava con lo sguardo assorto nei pensieri. Avrei voluto sorridergli e rassicurarlo, ma non ci riuscivo perché ero preoccupata: sapevo che non era stato solo un incubo.
Un ciuffo mi scivolò davanti agli occhi. Stavo per scostarlo che qualcuno lo fece al posto mio.
- Hey! Hey! Hey! Perché sei così giù questa mattina?- domandò una voce maschile e allegra, con un tono giocoso. Quando voltai la testa, vidi uno dei due fratelli figli di Ermes. Aveva un sorriso sghembo stampato in faccia e anche i suoi occhi mostravano un che di furbo.
- Oh andiamo! Lasciatela stare! È possibile che voi …- mio fratello provò ad intervenire anche se il ragazzo non stava facendo nulla, forse però capiva che avevo bisogno di rimanere sola. Ma il figlio di Ermes prese una fragola dal mio piatto e la tirò giusto giusto in bocca a Nico che, preso alla sprovvista, la inghiottì.
- Eddai fratello! Non ci si comporta così con le donzelle presenti!- l’altro gemello arrivò e con un balzo si sedette sopra al tavolo. - … Casomai … quando non ci sono …- ridacchiò sommessamente e il fratello fece lo stesso. Nico tossì e li fulminò con lo sguardo.
- Ma voi siete capaci di fare i seri per una volta?!- sbottò indignato alzandosi e andandosene. Rimasi a guardarlo un po’ sbigottita. Era diventato tutto rosso, forse imbarazzato per ciò che era successo. Poi spostai lo sguardo su quelle due pesti.
- S’è sparsa voce di ciò che t’è successo sta notte, piccola!- il primo che era arrivato mi cinse le spalle con aria drammatica. Mi tolsi dalla prosa con noncuranza e svogliatezza.
- Non sono affari che ti riguardano, Tyler!- i due si guardarono seri e poi scoppiarono a ridere.
- Intanto sarebbe Travis, non Tyler e … lui sarebbe Connor- disse quello seduto sul tavolo, indicando il suddetto Connor. Rimasi per un attimo zitta, poiché ero stata presa un po’ alla sprovvista, e poi mi alzai di scatto.
- Non m’importa chi sia chi! Voglio solo rimanere sola!- presi la testa tra le mani e strinsi gli occhi. Ero così confusa! Come aveva fatto a spargersi la voce di ciò che era successo? Perché si era sparsa la voce? Nico … forse era stato lui … ma perché? Perché? Insomma … voleva farmela pagare per tutte le volte che avevamo litigato? Beh, c’era riuscito! Oh dei, come mi sentivo in imbarazzo! Tutti ora sapevano che mi ero risvegliata piena di lividi, gridando come un ossessa, a causa di mio padre, con il quale avevo sempre vissuto. Poteva andare meglio?
- Hey … hey! Piccola!- i due fratelli mi presero per le braccia e mi sostennero. – Che ti succede? Sei impallidita di colpo!- continuò sempre lo stesso. Avevano una voce leggermente diversa. L’altro, Travis, aveva un tono un po’ più profondo. Non si sentiva la differenza se non ascoltavi attentamente.
- N … no sto bene …- mentii. Mi mancava l’aria e sentivo un odore acre, come se dovessi svenire. Uno mi prese in braccio ed io mi strinsi al suo collo con le braccia. Riaprii gli occhi e vidi l’altro dietro il primo.
- Piccola, ti portiamo al fiume, prendi un po’ d’aria, ok?- sorrise e mi accarezzò i capelli. –Forza Connor! Vai! Se no ci sviene qui!-. Connor annuì. Notai un'altra differenza: Travis era più alto, di poco, appena qualche centimetro, ma ora avevo un modo per distinguerli molto più ovvio che il precedente. Connor iniziò a camminare velocemente ed uscì dall’arena. Mi strinsi un po’ più forte a lui. Sentivo come se dovessi vomitare da un momento all’altro e avevo una gran confusione nella mia mente. Udivo voci e forti suoni. Rumori. Forse Connor e Travis stavano parlando, eppure non capivo cosa stessero dicendo!
Solo una cosa era chiara! Ero nel bosco, ma era sera! No! Di nuovo! Eccomi, con quel giubbotto di jeans addosso, la spilla tra i capelli, triste e infreddolita. Eccomi coprirmi il viso e ripetermi di non piangere.
Non intervenire con il fato
Smettila! Lasciami stare! Vorrei gridare! Gridare a quella voce di smetterla di torturarmi! Ma sapevo che per liberarmi di quella voce, avrei prima dovuto dimostrargli di aver capito i suoi ordini. Avevo capito di dover stare lontana dal figlio di Luke … dal figlio di Ermes. A quel pensiero un conato di vomito salì lungo la mia gola.
- C … Connor …- ansimai non sentendo nemmeno la mia voce.
- Connor! Accelera! Sta male!- lo incitò il fratello. Il vento mi arrivava addosso, ora più veloce e più forte. Chinai la testa sul petto di Connor e lui mi lo coprì con una mano, accarezzandomi per rassicurarmi. Stava correndo. Il suo cuore pulsava più forte e anche il suo fiato era più pesante, ma mi teneva stretta, non avevo paura di cadere, sapevo che mi avrebbe protetta. Non sapevo perché fossi così sicura che non mi avrebbe lasciata, ma volli fidarmi. Probabilmente perché era un figlio di Ermes … e lo era anche Luke. Eppure Luke aveva scatenato la guerra! Era il ragazzo dal quale dovevo star lontana. Cosa potevo trovarci di protettivo? Non lo so! Non chiedetemelo! In quel momento tutto ciò che era diverso da mio padre, mi sembrava protettivo!
Improvvisamente il vento smise di scagliarsi contro di me e venni distesa a terra, ma io mi tenni ancora ancorata al collo di Connor. Non volevo lasciarlo. Allora lui, rassegnato, sospirò e si sedette a terra, prendendomi tra le braccia. Travis mi schizzò un po’ d’acqua sul viso e la freschezza di quelle goccioline mi fece sentire meglio. Lentamente la confusione nella mia testa scomparve ed io ricominciai a sentire il mio corpo intero. La sensazione di nausea sparì.
- Come stai …? Meglio?- domandò Travis. Annuii con un piccolo sorriso in volto e mi misi seduta lentamente. Non volevo fare movimenti azzardati e finire di nuovo stesa a terra. Tutti e due erano seduti ai miei fianchi: Connor a destra e Travis a sinistra.
- Allora …? Cosa ti è successo prima?-
- E sta notte?- domandarono tutto velocemente, sporgendosi verso di me. Mi ritrovai spiazzata. Cosa gli avrei raccontato? Dovevo dirgli di mio padre? Degli ordini che mi aveva dato? Oh … cos’avrebbero pensato di me? Di lui? Eppure guardandoli, non potei far altro che sospirare e aprire i miei pensieri, presentandoli anche a loro. Magari avrebbero trovato una soluzione migliore di quella che mi era stata proposta.
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Eccoci qui finalmente con un nuovo capitolo!!! Ce l'ho fatta!! Scusate ma ... l'ispirazione era andata per i fatti suoi!
Allora, questo è un po' un capitolo di mezzo ... non ne sono nemmeno tanto convinta ... mi sa che ho fatto proprio un buco nell'acqua ..
Cassie: dai ... magari i tuoi lettori non la pensano così ... *appoggia mano sulla spalla di Ale*
Ale: *la guarda in modo strano* da quando sei buona??
Cassie: non lo so ... oggi mi gira così ... mi manca il mio boy .. :'(
Ale: *abbraccia Cass* oooh cucciola ... dai vedrai che tornerete assieme ...
Cassie: grazie ... Dai! dato che anche tu sei buona con me, ti faccio un po' di pubblicità! Forza dai recensite! Positiva, negativa che sia! Così vediamo cosa ne pensate!
Ale: passate anche da BlackKay97! Sono bravissime!
Cassie: e ... e con loro c'è anche C ... Conn ... waaaaaa *scoppia a piangere*
Ale: oh ... già ... va beh! dai, spero leggerete e spero vi piacerà!
Un bacione a tutti!
Ale_kiss_ & Cassie <3

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