Prigioniera del Karma

di Laila
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** An untenable absence ***
Capitolo 2: *** A Strange visit ***
Capitolo 3: *** Jealousy ***
Capitolo 4: *** In vino veritas ***
Capitolo 5: *** Confession ***
Capitolo 6: *** The magic bracelet ***
Capitolo 7: *** Finding a way ***
Capitolo 8: *** Zojoji Temple ***
Capitolo 9: *** The sacred hula hoop ***
Capitolo 10: *** From Tokyo to Hakodate ***
Capitolo 11: *** The ghost ***
Capitolo 12: *** Following the crying ***
Capitolo 13: *** The forest ***
Capitolo 14: *** Illusion ***
Capitolo 15: *** Ranma, the World can wait ***



Capitolo 1
*** An untenable absence ***



Ci siamo.

Se state leggendo queste poche righe vuol dire che sono tornata a pubblicare una mia opera su Ranma 1/2. Ho creato un gruppo apposito su facebook, per chi volesse dare una sbirciatina ecco il link:Prigioniera del Karma. Spero che questa storia valga la pena di essere letta, ma questo sta a voi valutarlo, ad ogni modo per me è stata un'esperienza fatta che credevo accantonata, un'idea che non riuscivo a tenere per me, ed anche un nuovo approccio alla fanfiction.

Ringrazio il senpai Kuno, che non solo ha betato e seguito la storia, ma è stato un valido aiuto per i miei dubbi o limiti narrativi. Questa storia non sarebbe la stessa senza il suo aiuto.

Non mi dilungherò oltre e vi lascerò al primo capitolo augurandovi come sempre una buona lettura.

***

Prologo:


-Quanto costa, Gonshiro?

Si voltò per vedere a quale oggetto la signora Asami si riferisse.

Era una tela di un paesaggio di Hakodate appartenuta al suo maestro.

-Ogni offerta è gradita, il ricavato del mercatino servirà per la riparazione del tetto. - disse riferendosi al caro e vecchio tempio alle sue spalle.

Il bambino che era con la signora indicò la scatola delle “cianfrusaglie”.

All'interno di quel pacco, lui e un amico novizio avevano gettato un mucchio di oggetti malridotti.

-Quella è tutta roba da riciclare. Mi spiace. – spiegò al ragazzino.

Scuotendo la testa stizzito il bambino replicò: -L'hula-hoop! Voglio quello!

-Ah, quello! - Ripeté Gonshiro. Come aveva fatto a non capirlo? Era logico che si riferisse al cerchio un po' nascosto dal volume del pacco.

L'hula-hoop sembrava un vecchio pezzo vintage, ma si era conservato in buono stato per essere venduto.

-Mamma me lo compri?

La signora Asami guardò la tasca interna del proprio borsellino e restò per un momento a capo chino.

-No tesoro, devi migliorare i tuoi voti in matematica, e poi hai già tanti di quei giocattoli a casa.

Il bambino prese a mugugnare, ma la madre non gli badò e comprò il quadro che voleva.

Gonshiro incartò con cura il quadretto prima di renderlo alla cliente.



An untenable absence


"L'Arte non è ciò che vedi tu,

ma ciò che consenti agli altri di vedere."

(Edgar Degas)

***



Si arrampicò sul muro, poi con un balzo entrò nell'immenso giardino privato.

Doveva stare in guardia, casa Kuno era piena di tranelli.

E forse la faccenda era collegata a quel palazzo.

O al senpai. Si era trasformato in ragazza col codino proprio per interrogarlo.

Stava ancora pensando alla parte da recitare, quando sentì la caviglia destra imbattersi in qualcosa di sottile.

Un filo di plastica?

Subito dal muro si scoprirono delle fessure dalle quali scoccarono decine e decine di frecce.

Si gettò a terra coprendosi la testa con le mani.

Tutto quel trambusto non passò certo inosservato.

-Chi osa introdursi nella mia dimora? - la voce di Kodachi era più stridula di come se la ricordava.

La ragazza indossava un kimono sfarzoso e una rosa tra i capelli.

-Oh, l'odiosa ragazza col codino! Vuoi per caso sfidarmi? O sei qui per vedere il mio stupido fratello?

Senza aspettare risposta, Kodachi scoccò il nastro cercando invano di frustarlo. Alla fine cambiò tattica e gli lanciò contro il coccodrillo domestico, usando il nastro come una fionda.

Ci mancò poco che Verdolino lo sotterrasse col suo peso. In risposta all'attacco di quella pazza, Ranma afferrò un ceppo di legno da sopra una catasta e lo cacciò dentro alle fauci spalancate dell'animale.

Verdolino lo ridusse in un mucchio di segatura, affilandosi i dentucci.

Senza perdere altro tempo, saltò al primo piano del palazzo usando una finestra come via di fuga, inseguito da una Kodachi sempre più isterica.

Sbucato in un corridoio, si nascose dentro la prima stanza che trovò a tiro e una volta al sicuro, scrutò le mosse della sua inseguitrice attraverso la porta dischiusa.

Kodachi continuò ad inveire contro la “ragazza col codino” lanciando petali e proseguendo lungo il corridoio.

Ottimo, non mi ha visto.

Ma non fece in tempo a riprendere fiato che si accorse di essere finito nella tana del lupo. I suoi poster e quelli di Akane appesi al muro lo stavano fissando.

La camera del tuono blu.

-Sogno o son desto, la ragazza col codino! - esclamò infatti Tatewaki alzandosi dalla scrivania su cui era chino a leggere, prima che lo distraesse.

Il senpai eccitato gli afferrò la mano.

-Dolce e leggiadra fanciulla, così passionale eppure così riservata da volermi vedere nella mia umile stanza, senza occhi indiscreti. Sei la benvenuta nel nostro nido d'amo...! - Lo colpì con un dritto in mezzo agli occhi.

-Le vedi le stelle? Sono gli astri del nostro amore! - civettò in risposta.

-Ah! Non hanno la metà del tuo splendore! - commentò Kuno cercando di abbracciarlo stretto e trovandosi così con il suo piede sulla faccia.

Quant'è melenso!

-E l'altra ragazza nel poster? - chiese indicando l'immagine di Akane in costume da judo, appesa sopra al letto di Tatewaki.

Rabbrividì nel constatare fin dove si spingesse l'ossessione del senpai.

Un'ombra di pura afflizione calò sul volto del tuono blu.

-Akane manca da scuola da due giorni. Oh! Cara ragazza col codino, consolami tu!

Sembrava sincero e questo lo fece inorridire. Aveva solo perso altro tempo?

Lo colpì allo stomaco con un pugno.

Tatewaki cadde ginocchioni stringendosi la pancia tra le braccia.

Dopodiché implorò il suo perdono, farneticando qualcosa sulla sua deliziosa gelosia per Akane Tendo e cercando allo stesso modo di mostrarsi onorato.

Lo lasciò a vaneggiare e se ne andò da quella stanza.

Alcuni minuti dopo, per strada, estrasse un blocchetto dai pantaloni e cancellò l'abitazione dei Kuno dalla lista. Si trascinò meccanicamente fino al ristorante “Il gatto”.

Nel locale, Shampoo lo accolse bagnandolo con la sua teiera e poi lo travolse, avviluppandosi al suo corpo come una piovra.

Fu Ucchan ad allontanarla con uno sguardo, chiedendogli se ci fossero novità.

Scosse la testa buttandosi a sedere e poggiando i gomiti sopra al tavolo.

Il locale era quasi al completo.

La porta oscillò quando Mousse, tenendo in equilibrio sul braccio tre piatti, uscì dalla cucina.

Guardò poi Obaba muoversi dietro la cortina di fumo dei pentoloni bollenti prima che la porta, silenziosa, si richiudesse.

Sospirò grevemente, non sapeva più da che parte sbattere la testa.

Era passato troppo tempo dalla sua sparizione.

Domenica mattina, dopo colazione, Akane era andata a fare il consueto giro di jogging che la impegnava per poco più di due ore.

Quel giorno però non aveva rincasato ed ogni ora di ritardo aveva prima sorpreso e poi spaventato incredibilmente i suoi familiari.

Tutti si erano mobilitati nella sua ricerca, ma nessuno aveva trovato uno straccio di pista da seguire.

Lui stesso aveva rastrellato ogni centimetro della città e sentito chiunque potesse aver visto Akane.

Ogni testimone, ogni conoscente.

No, un momento! Non tutti...

Alzò la testa dal tavolo, mentre un'idea si faceva largo fra i suoi pensieri.


***


Ancora quegli strepiti incontenibili.

Doveva essere vero che quando i Kami ti vogliono punire, esaudiscono i tuoi desideri.

Ryoga si stava muovendo nelle coperte, doveva averli uditi anche lui.

Si tirò su con la mano, mettendosi seduta, voltandosi quando un tonfo sordo vibrò nell’aria.

-Ahi!

Doveva aver battuto sul solito spigolo, nonostante le frecce fluorescenti che aveva applicato sul tatami. Ma perché non le seguiva correttamente?

Il ragazzo accese la luce e si voltò verso di lei, con un bernoccolo in bella vista sulla fronte.

-Vado io tesoro, tu rimettiti a dormire. – gli consigliò.

-Ci penso io. Sono un artista marziale e scaldare il biberon è un’inezia per me! - Ryoga, purtroppo, quando ci si metteva era proprio testardo.

Ignorando il sonno, si era avvicinata.

–Sono sveglia, lascia che t’aiuti a occupartene, così quando avremo fatto mi occuperò anche del tuo bernoccolo. – rispose baciando Ryoga su una guancia, mentre faceva scorrere il braccio sotto il suo.

Intanto, fuori dalla loro camera, al lamento della bambina si unirono i guaiti del cane che grattava sulla porta per entrare.



Tatami: tipico pavimento giapponese.

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Capitolo 2
*** A Strange visit ***


A strange visit


"Oh tu occasione, grande è la tua colpa!

...

Se virtù e vero cercano il tuo aiuto,

anche pagando incontran mille intoppi;

mentre il peccato tu lo aiuti gratis,

contenta di ascoltarlo ed esaudirlo."

(Da “Lucrezia” di Shakespeare)

***



Un presentimento, un dubbio, una rivelazione, forse voleva soltanto allontanarsi da Nerima per un po’.

Non sapeva perché si fosse spinto fin lì.

Allo stesso tempo, però, doveva scoprirlo.

Sentiva che, una volta oltrepassata la soglia di casa Hibiki, qualcosa sarebbe cambiato in un modo o nell’altro.

E se ci fosse stata anche una sola possibilità di trovare l'abitazione vuota? Allora avrebbe cercato quello spiantato in ogni angolo del Giappone.

Aveva riesumato una lunga corrispondenza postale, cercando qualche indizio nel cassetto della scrivania di Akane.

Una corrispondenza che il coetaneo intratteneva con la sua fidanzata.

Non era stato coinvolto dal contenuto della posta, ma dal fatto, davvero curioso, che il mittente fosse lo stesso in tutte le lettere arrivate a destinazione.

Così era giunto alla conclusione: quell'indirizzo doveva essere per forza abitato!

Inoltre il rivale aveva la straordinaria abitudine di capitargli tra i piedi nei momenti peggiori, e lui doveva ad ogni costo scoprire come mai invece negli ultimi mesi del girovago non si fosse vista neanche l’ombra.

Forse ne aveva un'idea, ma oltre a quest'ultima aveva milioni di domande da soddisfare.

Soprattutto, era giusto avvertirlo della scomparsa di Akane?

Non aveva una risposta: prima di tutto doveva affrontarlo a viso aperto, il resto lo avrebbe deciso col senno di poi.

Casa Hibiki in apparenza non era cambiata, ma in giardino vide i segni del passaggio di grosse impronte suine.

Pigiò a più non posso l'indice sul campanello, per essere sicuro che qualcuno lo venisse ad accogliere sul portone.

Da dietro l'uscio spuntò il sottile viso di Akari, la quale dopo avergli dato un'occhiata veloce si fece da parte per farlo passare.

-Che bello rivederla! – trovò strano che la ragazza indossasse una vestaglia a giorno inoltrato. Che si sentisse poco bene?

Trottando dal corridoio fino a lui, Biancanera gli si gettò alle ginocchia scodinzolante, difficile ignorarla.

-Anche a me fa piacere vederti, Akari! Ryoga è in casa? – chiese mentre s’infilava le pantofole al posto delle scarpe.

-Certo. Se vuole seguirmi, le faccio strada. Il mio buon Ryoga è in sala da pranzo.

-Che coincidenza. Anche tu sei venuta a trovarlo oggi!

L'addestratrice di suini si voltò verso di lui: -Io vivo qui.- ammise con la semplicità con cui si risponde all'appello in classe.

Non sapendo come nascondere la sua faccia da pesce lesso, un imbarazzante silenzio scese tra di loro.

Almeno fino a quando, arrivati entrambi in salotto, il giovane Hibiki spense la tv e si alzò dalla poltrona per accoglierlo.

Indossava una t-shirt con su scritto “io amo la specialità del sumo suino” in cui l’ideogramma “amo” era sostituito da un cuore, sicuramente un altro classico gadget di Akari.

In giro aveva sentito che c’erano dei comitati che spingevano per farlo diventare uno sport olimpionico.

-Ranma, amico mio! Come stai?

Se avesse scommesso sulle prime parole di Ryoga al suo ingresso, avrebbe puntato più su qualcosa come: “Chi ti ha invitato a casa mia? Vattene, maledetto!

Perciò accolse quella frase con stupore, ma fece finta di stare al gioco.

-Benone, posso accomodarmi? – si mise ginocchioni mentre poggiò un gomito sul tavolo e il mento sulla mano.

Ryoga gli assestò due pacche dietro la schiena.

Prego, fai pure. Akari, tesoro, andresti a prenderci dei biscotti... ad esempio, ci sono ancora quei mochi deliziosi?

La convivente annuì e si defilò in cucina, lasciandoli alle loro questioni.

Coraggio, domandami cosa ci faccio qui.

Chiedimi come sta Akane.

-Cara, preparaci anche del tè. – aggiunse Ryoga dopo un attimo di esitazione, dedicandosi poi a lisciare il pelo della testa della sua cagnetta.

D'improvviso, non riuscì più a trattenersi.

-Vedo che ti sei accasato. Non mi starai diventando un rammollito? - ghignò, divertito dalla sua stessa battuta.

Il suo interlocutore gli scoccò uno sguardo meno comprensivo del precedente.

Io? Non ci contare. Posso spezzarti le ossa quando voglio. - giurò con fare determinato.

-Se puoi battermi quando vuoi, spiegami come mai perdi dei giorni a trovare i luoghi delle nostre sfide.

Doveva ammettere che se la stava godendo troppo a metterlo in difficoltà.

Ma Ryoga era un bersaglio facile e lo era anche da un punto di vista affettivo.

Un sognatore come lui, che non desiderava altro che un'anima affine con cui dividere un mondo tutto zucchero e miele, ora doveva indubbiamente aver subito il trauma della realtà.

Una realtà in cui devi stare ai ferri corti se vuoi far valere i tuoi diritti, anche solo per avere il tuo turno in bagno.

Lui che era sempre stato solo, e non doveva chiedere il permesso a nessuno, aveva scambiato tutto questo per ottenere cosa, se non una libertà vigilata?

A peggiorare il quadro, il loro matrimonio era stato deciso sulla scia dell’impulso del girovago: stando a quel che gli aveva detto salatamente Nabiki, pareva che i due piccioncini avessero visto “Due cuori e una capanna” al cinema.

Ai titoli di coda quell'impulsivo si era messo in ginocchio.

Akari, che lo amava senza riserve e aveva un nonno moribondo che la tormentava per far ereditare a qualcuno la palestra di famiglia, non poteva che accettare. Sarebbe stato tutto perfetto se...

Sospese i suoi pensieri a mezz’aria visto che la musa ispiratrice dell’eterno disperso era di ritorno e con la mano destra sorreggeva un vassoio che solo a guardarlo metteva il languorino.

Quattro sakura mochi e due tazze di tè nero fumanti.

La ragazza li servì, ma si congedò subito dopo scusandosi con lui: ora che la osservava meglio, aveva un'aria grave.

Andata via Akari, Biancanera sembrò per un attimo indecisa, ma alla fine la seguì fuori della stanza.

Finalmente siamo soli.

-Peccato che tu non conosca le gioie della vita di coppia, anche se dubito fortemente che una canaglia come te sia in grado di apprezzarle... - lo bersagliò il girovago.

Bevve il suo tè e posò la tazzina ormai vuota, fissando Ryoga come se non fosse sicuro di chi avesse davanti.

Era ora di rompere il ghiaccio, c’erano stati fin troppi formalismi e non voleva attendere oltre.

-Pensavo che mi avresti buttato fuori a calci, dopo quello che è successo al tuo matrimonio... – esordì, sporgendosi verso di lui.

Ryoga sorrise nervosamente, forse esasperato dal suo intervento, poi, sventolando una mano davanti al viso come a scacciare una mosca invisibile, si premurò di rispondergli:

-È successo un anno e mezzo fa! Acqua passata, ciò che è stato è stato... ora è tutto diverso.

Non può essere vero, sta fingendo.

-Ma Happosai ti ha rovesciato addosso quell’enorme ciotola di umeshu, e come se non bastasse il nonno di Akari l'ha trascinata vi...-

-Veramente io ricordo molto bene che sei stato tu a rovesciarmi l'umeshu addosso! – il suo interlocutore si alzò in piedi bruscamente. Cominciava a calare la maschera, finalmente.

-Beh... stavamo litigando, lo conosci quel vecchio porco, no? E sei stato “molto fortunato” che Akane fosse andata alla toilette un istante prima che si diffondesse lo scandalo!

Ripensò alla vicenda.

Era sicuramente stato umiliante per Ryoga trasformarsi di fronte agli invitati in attesa che la cerimonia iniziasse.

Vedere le facce sbigottite dei parenti e degli amici che trattenevano a stento le risate.

Mousse aveva intimato il silenzio per quel piccolo dramma, rimettendo sul tavolo la ciotola di vetro ormai irrimediabilmente danneggiata.

Insieme avevano cercato una teiera senza alcun risultato e Ucchan gli aveva chiesto se fosse stato a conoscenza della maledizione di Ryoga prima di allora.

Le aveva raccontato tutto, mentre un Happosai ubriaco si era messo a fare uno spogliarello sul tavolo, dedicandolo a tutte le donne single.

Anche Ryoga se lo ricordava, ne era certo.

L’aura del girovago si sgonfiò e di nuovo la sua espressione si fece accondiscendente: -Mettiamola così. Io ho rovinato il tuo matrimonio e tu hai rovinato il mio... siamo pari, se questo può farti sentire meglio. Ma Akari ora vive qui, con me. Siamo felici. È tutto diverso, ti dico.

-È per questo che non sei più tornato dai Tendo?

Il ragazzo con la bandana annuì assorto in chissà quali riflessioni.

Si alzò in piedi.

-Non vuoi nemmeno batterti? Sei proprio diventato un vigliacco, Ryoga. – lo canzonò ancora incredulo.

-Non mi aspetto che tu mi capisca, un giorno forse... – gli allungò una mano. –Per adesso grazie della visita... e salutami tanto Akane e la famiglia Tendo.

Stava per voltargli le spalle, quando sulla soglia del salotto apparve di nuovo Akari: stavolta tra le braccia stringeva un bebè.

L'infante protendeva le braccia verso di... lui? O forse gli era solo sembrato.

-Fai ciao con la manina al tato. Brava! – sussurrò Akari all’orecchio della piccolina.

Ryoga prese la bambina dalle braccia della compagna e gli spiegò:

-Ti presento Akane Hibiki, mia figlia.

-Akane? – ripeté a sua volta, come fulminato da quel nome e dalla presenza di quell’esserino dal faccione paffuto, i ricci scuri, le tempie larghe e gli occhi nocciola.

Come quelli di...

Si avvicinò di qualche passo.

-Posso tenerla? – chiese.

-Preferirei di no.



Note:

Umeshu: è un liquore di prugne. Ha un sapore dolce, leggermente aspro, e un contenuto di alcool di 10-15 gradi.

Mochi: dolcetti. Mentre i sakura mochi sono dolcetti alla ciliegia.

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Capitolo 3
*** Jealousy ***



Jealousy



***


-Preferirei di no.

I due uomini continuavano a scrutarsi profondamente l’uno negli occhi dell’altro. Nei loro sguardi duri si leggeva la voglia di annientarsi reciprocamente, tipica delle loro discipline marziali, e qualcos’altro.

Aveva appena udito quelle parole uscire di bocca dall'amato, che trovò spontaneo replicare: -Ryoga caro, non essere scortese col nostro ospite, il signor Ranma aveva di sicuro le migliori intenzioni...

-Ma potrebbe farla cadere, e non voglio che le faccia male... uno come lui non è certo in grado di occuparsene!

Si sentì pervadere da un sentimento che oscillava tra l’ansia, la paura di perderlo ancora e la pura follia.

Come... come poteva una bimba così piccola animarli tanto?

Disgraziatamente lui non si accorse di quello che le passava per la testa.

In realtà, Ryoga non si accorgeva mai di ciò che non fosse più che evidente ai suoi occhi. E poi era troppo occupato a fare il papà, per badare ad altro.

A me, per esempio.

Una fitta le cinse il petto.

Sono un essere ignobile!

-Tu invece sai tutto sui bambini, eh?

Ranma sorrise mentre una scia di bava, caduta dalla bocca del loro angioletto, colpiva l’avambraccio del convivente.

Senza aspettare che quei due la smettessero di questionare, riprese Akane dalle braccia dell’amato e le pulì il mento bagnato con un fazzolettino.

Sentiva gli occhi pungerle dal pianto, ma riuscì a mantenere lo stesso un volto dignitoso e a controllare l’entità del suo disagio.

Il loro ospite, che non si era ancora congratulato come avrebbe dovuto, mise le mani nelle tasche, aggrottando la fronte.

-Era questo che intendevi, quando dicevi che tutto è cambiato? E insomma... non potevi nemmeno avvisarci della novità?

Si morse un labbro, avvertendo il senso di colpa rimontare.

Se solo suo nonno le avesse posto la stessa domanda, cosa gli avrebbe risposto?

Non ne aveva idea.

In compenso, Ryoga sapeva esattamente cosa dire: -La gravidanza di Akari non è stata certo facile, recuperare la sua scuola e tutto il resto... abbiamo voluto tenere il suo stato segreto e tagliare tutti i ponti... – sospirò, alzando le mani al soffitto. -Non ho avuto il tempo! - tagliò corto.

Annuì anche lei, vivamente colpita dalla risolutezza del compagno.

Un senso di colpa si andava ad accatastare sopra a un altro: forse col tempo si sarebbe abituata a vivere in questo modo, se ciò lo rendeva felice.

La nuca del ragazzo col codino venne circondata dal braccio di Ryoga, che, usando una voce pacata e gentile, si propose di accompagnarlo all’uscita.

E, caso più unico che raro, forse anche vista la vicinanza, non mancò di raggiungerla.

La distanza che li separava non le impedì d'ascoltare.

-Come mai, Akane?

Il tempo si dilatò enormemente durante l'attesa della risposta del convivente.

Ryoga si voltò confuso verso di lui.

-Cosa?

Un irremovibile Ranma lo incalzò: -Dicevo, come mai l’hai chiamata Akane, ma... lascia perdere. Ci sono arrivato da solo. Akane e Akari. Non è sempre stato il tuo grande sogno averle entrambe con te, sotto lo stesso tetto?

L’uomo che amava si fermò sulla porta, allibito, lasciandosi infine colpire alla testa da uno scappellotto del vicino.

Stavolta, non aveva aperto bocca e non aveva neppure accennato a reagire a quel colpo.

Salì le scale come un tornado in corsa, con la neonata ancora stretta a sé.

Tremava di rabbia e, solo quando mise piede in camera, il tremore cominciò ad alleviarsi appena.

E nello stesso momento in cui il suo mondo si sgretolava in mille pezzi, la piccola ricominciò a piangere e a gridare.


***

Sui rami, i fiori di ciliegio si sfogliavano dei loro petali, trasportati dalle mani invisibili degli spiriti del vento.

L'aria tiepida, il cielo sereno.

Intorno a loro c'era tanta pace e Akari toglieva il fiato col suo yukata estivo indosso. Voleva dirglielo, ma le bacchette che stringevano il sushi l'avevano bloccato.

Akari lo fissò: -Fai ahhhh! - asserì sorridente.

Arrossì.

Dannata timidezza.

-Ahhh!

Poggiando le mani sopra la coperta da picnic, la fidanzata si sporse ad un palmo dal suo viso. -Aspetta, sei un po' sporco qui... – sussurrò, asciugandogli un angolo della bocca con il lembo della manica.

Le prese la nuca con mano tremante e cercò il contatto visivo prima di baciarla, ma la ragazza mettendogli un dito sulle labbra si allontanò, tornando a sedere sui talloni.

-Aspetta caro, prima dobbiamo brindare al nostro anniversario.- E tirò fuori due coppe di cristallo e una bottiglia di umeshu.

Umeshu?

S'innervosì ripensando a tutto ciò che quel liquore aveva combinato.

Non voleva bere, adesso tutto quello che voleva fare era baciarla. Ma il sorriso invitante di Akari vinse per l'ennesima volta le sue resistenze ed accettò il bicchiere, seppure ancora un po' irritato dal suo rifiuto. Non poteva farsi spaventare da un ricordo, era parte del passato.

-All'amore. - esclamò Akari sollevando il suo bicchiere. Annuì e bevve tutto d'un fiato senza pensarci due volte.

Poi annaspò in cerca dell'aria che non trovava e sentì immediatamente un dolore indicibile allo stomaco, il corpo che s'irrigidiva gradualmente. Tra un rantolo e l'altro sussurrò: -Cosa mi hai... fatto? - Stava quasi per vomitare per lo sforzo che gli era costato pronunciare quelle parole.

Akari lo guardò con un'espressione arcigna, non l'aveva mai vista in quello stato prima di allora. -Non ti amo più. Me ne vado. - dichiarò alzandosi in piedi.

Allora lo vide.

Ranma, tenendo tra le braccia la piccola Akane, li aveva raggiunti. Akari si strinse al suo braccio.

-Lui è un vero uomo, addio Ryoga.

Come poteva essere così crudele?

-Ak...Ak...- allungò una mano mentre la nuova coppia dandogli le spalle si allontanava con dignitosa calma seguita da tanti petali rosa svolazzanti.

Si svegliò angosciato, mettendosi seduto ed accarezzandosi su e giù la nuca.

Il cuore batteva come un ossesso, la gola era completamente arsa.

Gettò da un lato la coperta del futon e si vestì in fretta, poi andò in cerca del bagno, volendo per prima cosa sciacquarsi il viso.

Naturalmente non imboccò la strada e si ritrovò in cucina, e visto che c'era si preparò un panino al volo.

Non voleva pensare a quello che aveva sognato, aveva ancora la pelle d'oca e comunque lo voleva solo dimenticare.

***



Una fila di album di foto gli premeva contro la schiena, mentre il suo corpo accartocciato era costretto nello spazio esiguo del mobile.

Ancora un momento e avrebbe potuto candidarsi al guinness dei primati, per maggiore resistenza fisica dentro a una cassapanca.

E i R.I.S avrebbero potuto trovarlo asfissiato al suo interno, se Akari non avesse provvidenzialmente chiamato Katsunishiki.

Sì, perché quel bestione maculato stava di guardia davanti a quella che era, con tutta probabilità, la stanza della bambina.

Ne era quasi certo.

Sollevò appena il coperchio con la testa e vide i calzettoni di Akari avvicinarsi, quindi lentamente abbassò di nuovo il capo per richiudere il coperchio senza fare rumore.

-Vieni Katsunishiki, il bagno è pronto.

Il maiale rispose con una serie di grugniti gutturali e forse con dei gesti delle zampe.

-Sì. – asserì ancora la ragazza. –Dopo ti faccio lo shiatsu che ti piace tanto!

-Sgrunt! Grunt! Grunt!

-Ti ringrazio, anch’io ho proprio bisogno di un bel massaggio! E non c’è al mondo un massaggio migliore di quello di un maiale!

A sentire quell’allegra conversazione, una grossa goccia di sudore gli spuntò sulla fronte.

Quella ragazza non aveva altra passione al mondo che allevare maiali, e non faceva che viziarli e coccolarli come dei figli.

Katsunishiki e Ryoga erano proprio due suini fortunati.

-Credi che l'ammirabile Ryoga ami più me o la nostra bambina? - chiese dopo un attimo di silenzio.

Sentì un verso nasale, doveva essere la risposta incomprensibile del grosso suino.

-Sto diventando pazza... Per fortuna che ci sei tu ad ascoltarmi. Oh! Guarda com’è in disordine questa cassapanca!

Un brivido freddo gli corse sulla schiena, aveva dimenticato di rimettere la trina sopra al mobile.

Doveva essere caduta sul tatami quando era entrato nella cassapanca per nascondersi e non aveva avuto tempo per rimetterla al suo posto.

Sentì Akari dare un colpo al legno e lisciare con cura il merletto tra le mani.

-Ecco fatto! Andiamo! – quest’ultima affermazione lo fece riprendere dallo shock precedente.

Attese che il rumore dei loro passi si facesse indistinto, quindi uscì all’esterno.

Stavolta, prima di infilarsi nella cameretta, sistemò la trina al suo posto.



***


Ho creato il gruppo di questa fanfiction su facebook, per chi volesse dare una sbirciatina ecco il link: Prigioniera del Karma.

Ed eccoci alla canzone dedica di questo capitolo e alle note dei termini giapponesi. Akari theme song: Try di Pink. 


Shiatsu: è un tipo di massaggio.


Sushi: è un cibo a base di riso insieme ad altri ingredienti come pesce, alghe, vegetali o uova. Il ripieno può essere crudo, cotto o marinato e può essere servito appoggiato sul riso, arrotolato in una striscia di alga, disposto in rotoli di riso o inserito in una piccola tasca di tofu.



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Capitolo 4
*** In vino veritas ***


In vino veritas


Non temere mai di dire cose insensate,

ma ascoltale bene quando le dici.”

(Ludwig Wittgenstein)

***



L’aria sapeva di fetore, borotalco e pomate per bambini shakerati assieme.

Ce l’ho fatta!

Esultò, cercando di penetrare l’oscurità, memore della tecnica dell’umisenken.

Non voleva correre il rischio di richiamare l’attenzione. La sua missione era come sul filo di una katana, il più piccolo errore poteva comprometterne la riuscita.

L’unica fonte di luce proveniva da una finestra sulla destra, che illuminava per un terzo l’ambiente in cui si trovava.

Poteva scorgere un fasciatoio, un cestino e dei pacchi di pannolini, ma spostandosi oltre la vista si perdeva.

Proseguì a tentoni sul lato sinistro, immerso nel buio e completamente disorientato. Si arrestò raggelato quando schiacciò con il piede un giocattolo, di quelli di gomma morbida, che emise un suono alto e stridulo.

Imprecò come solo un sordomuto poteva fare.

Seguì un lieve mormorio di protesta, che gli confermò la presenza di Akane nella stanza e, al contempo, la direzione da seguire.

Tastando qualunque cosa gli capitasse a tiro, trovò un comodino e, seguendone il cavo elettrico, accese una lampada in salgemma.

La luce, soffusa ma ad ampio spettro, mostrò nitidamente la planimetria della cameretta.

Le sue dita si strinsero attorno alla barriera della culla prima, e a sfiorare la copertina poi.

Lei era sveglia e le minuscole dita si aggrapparono al suo dito indice.

-Akane... - pronunciare quel nome a bassa voce fu come rompere le sbarre della prigione in cui era stato rinchiuso contro la propria volontà, da quando aveva messo piede in casa di Ryoga.

Vide il suo visino contemplarlo ed il cuore prese a sussultare, quasi a scoppiargli nel petto dalla commozione.

Quegli occhi li conosceva, stava diventando pazzo a pensarci.

La prese dal giaciglio cercando di fare attenzione a non spaventarla. L’accostò a sé come meglio poteva.

La piccola indossava una camicia da notte bianca con delle stelline gialle e un bracciale rigido le circondava il polso destro.

Se la piccina che stringeva potesse essere Akane, la sua Akane, o la primogenita del coetaneo, non aveva modo di accertarlo.

Non senza un esame del DNA. C’erano stati dei contrasti tra lui e il ragazzo ambulante, molti nel corso degli anni a dire il vero, tuttavia il rivale non si sarebbe mai vendicato di lui passando sopra di lei.

O almeno, non il Ryoga che conosceva, quel Ryoga non avrebbe torto un solo capello ad Akane.

Ad ogni modo, desiderava analizzare a fondo la faccenda.

Quella piccola poteva essere il tassello centrale nel mosaico della scomparsa della fidanzata, anche se ancora non comprendeva il come, il dove o il perché.

Le domande parevano pungerlo nel vivo una ad una, senza sosta. Ma non era bravo in questo genere di elucubrazioni.

L’azione pratica era il suo punto di forza.

La sicurezza di Akane e la sua messa in salvo avevano per lui la priorità assoluta.

Liberando un braccio, armeggiò con la maniglia della finestra.

Era riuscito ad aprirla con un “Clack!” quando avvertì delle inquietanti presenze alle sue spalle.

-Lo sapevo che ti avrei trovato ancora qui!

Si girò indietro, mostrando il fianco.

-Ciao Ryoga, come va?

Il girovagò lo fulminò con un'occhiata feroce.

-Non scherzare con me, Saotome, e metti giù la bambina...

Sospirò. -Akane non c'entra. Non mettiamola in mezzo, non può difendersi.

Il sopracciglio destro del girovago scattò verso l'alto.

-E allora fa' come ti dico. Mettila giù.

Annuì e sistemò la bambina nella sua culla.

-Bene.- commentò Ryoga.

Si voltò per affrontarlo a quattrocchi.

-Come mai sei così apprensivo verso di lei?

-Katsunishiki, colpisci! – quella fu l’ultima dichiarazione che udì, prima di essere scaraventato nello spazio da un poderoso gancio sinistro del maiale.


***



Aveva appena finito di farsi il bagno, che suonarono alla porta.

Approfittando del bel tempo e dell’aria tiepida della sera, Akari era uscita in sella al suo Katsunishiki.

Tuttavia era passato un lasso di tempo troppo breve, perché fossero già di ritorno.

Si alzò dal tatami seguendo Biancanera, che si era precipitata all’ingresso scodinzolando di gioia.

Aperta la porta, si trovò di fronte una ragazza dai capelli fulvi, che indossava grossi occhiali da sole e un tailleur giallo ocra.

-Ryoghino mio! Da quanto tempo che non ti vedevo! Oh, ma sei diventato proprio un bel ragazzone! – la donna gli pizzicò una guancia e lui si accorse che purtroppo non stava sognando.

Fatti abbracciare!

-Chi è lei? – si sorprese del suo tono, così sprezzante.

La sconosciuta portò una mano alla bocca, colpita dalle sue parole.

-Ma... come, non ti ricordi sciocchino? Sono tua cugina Rumiko! E dire che io mi ricordo così bene di te! – altro pizzicotto.

Mi viene in mente quando tua madre ci metteva a fare il bagnetto assieme, anche allora eri un porcellino! – ridacchiò schiaffeggiandolo.

-Ah, a proposito! I tuoi genitori vogliono sapere tutto della bambina! Quanto pesa? Ha il tuo senso dell’orientamento? Sai che non vedono l’ora di poterla viziare!

Ed invece non lo sapeva.

-Tu, tu... cosa? – balbettò ai limiti della comprensione. Che sta succedendo ancora?

Non mi starai dicendo che i miei genitori sanno della bambina?

-Ma certo! Cosa ti credevi? Sciocchino! – lo prese a braccetto.

Vieni con me, papà, andiamo a festeggiare, offro io! Non preoccuparti, questo non lo dirò ai tuoi genitori, sarà il nostro piccolo segreto! - ammiccò.

Il sorriso aperto e compiaciuto di quella donna lo confondeva immensamente.

-Coraggio, la notte è ancora giovane!

Rumiko, passo dopo passo, lo stava trascinando verso il centro, in direzione dei bar e dei locali notturni.

Peggio, lo stava allontanando dalla propria dimora con una naturalezza sconcertante.

E proprio non riusciva a ricordarsi chi fosse, cosa ci facesse davanti a lui e come mai conoscesse tutti i suoi segreti più intimi.

-Ecco qua, ti ho comprato un amuleto apposta per l’occasione! – frugando nella sua borsa, trovò il pensierino e glielo porse, tutta contenta.

D’altra parte, se era sua cugina, con lei poteva confidarsi.

Una parente lo avrebbe compreso e consigliato, sua cugina poteva benissimo essere una così.

Franca, dolce e leale.

Sua cugina gli avrebbe offerto una spalla su cui piangere senza remore.

Doveva essere così.

Sua cugina era pur sempre sangue del suo sangue!

Sì, quella Rumiko poteva permettersi di fargli fare qualunque cosa.

E poi sembrava simpatica e lui aveva bisogno di distrarsi un po' dalle ansie della vita e di prendersi una pausa.

Apprezzava la premura e il tatto che Rumiko aveva dimostrato nei suoi riguardi, così decise che in fondo non era una ragazza ostile.

Alcuni minuti dopo, entrarono in un locale col karaoke, un posto affollato da comitive euforiche di studenti.

In poco meno di un’ora sul tavolo comparvero, come per magia, bottiglie di Gekkeikan sake, vodka, tequila e coloratissimi drink con l’ombrellino.

Rumiko pagò ogni cosa, come promesso, e parlò a ruota libera.

Si sentì in colpa per aver fatto resistenza alla sua persona sul portone di casa.

Sua cugina era una donna di spirito, semplicemente deliziosa!

E anche molto attraente.

Pensò scrutando la scollatura, che si moltiplicò sotto il suo sguardo.

Di riflesso, sbatté un paio di volte le ciglia, ma nulla.

Per tutti i Kami di famiglia! Ci sono quattro cugine!

Si stropicciò gli occhi stanchi, ma lo strano effetto ottico resisté al suo patetico tentativo di scacciarlo.

Rumiko gli afferrò il mento, assumendo un’espressione accigliata:- Non fare il porco, cuginetto! Piuttosto, non ti sembra di averne bevuti troppi? Non sai proprio reggere l’alcol!

Si rabbuiò, toccato nell’orgoglio: -Questo lo dici tu! Camerie...

Ma la ragazza gli tappò la bocca prima che finisse di gridare.

-Tesoro è tutta la sera che parlo di me, che ne dici di raccontarmi un po’ di te? Di Akari e della bambina ad esempio? Vuoi?

L’euforia di quella serata non poteva durare in eterno.

Doveva immaginarselo.

Piegò la testa in avanti, intrecciando le mani dietro la nuca sudata.

-È una lunga storia. – cominciò.

-Le lunghe storie mi piacciono moltissimo! - Rumiko era entusiasta.

-Questa non ti piacerà...

La rossa appoggiò delicatamente la testa sulla sua spalla, accarezzandogli una mano con aria confidente.

-Coraggio cuginetto, una volta ci raccontavamo tutto, non ti fidi più di me? Non siamo due estranei, ora da bravo, non farti pregare!

E va bene, va bene! Tutto pur di farti stare zitta almeno per cinque minuti. Che vuoi sapere?

***

Ranma theme song:  Storm dei Lifehouse

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Capitolo 5
*** Confession ***


Confession


L'opposto della solitudine non è stare insieme

è stare in intimità.”

(Richard Bach)

***



Aveva una gran voglia di sfregarsi le mani e si trattenne a malapena. Ce l’aveva in pugno.

Ah! Se solo sapesse!

Per tutta la sera, quell’idiota non si era accorto di stare parlando con lui, anche se in quel momento era più giusto definirsi al femminile. Per giunta, si era convinto che Rumiko fosse davvero sua cugina.

Gongolando ancora per la sua fortuna, Ranma gli mise una mano su una spalla: -Tutto, voglio sapere tutto! Liberati la coscienza e vedrai che dopo ti sentirai molto meglio!

-Ah... Akari, Akari. Che cosa le ho fatto... – si lamentò il ragazzo.

-A cosa ti riferisci, cuginetto?

Ryoga si drizzò sullo schienale e riprese ad incolparsi. -Lei andrebbe fino in capo al mondo per me... ed io l’ho fatta soffrire così tanto e... – si contorse per un conato e, giunto alla fine del divano, dette di stomaco.

Sentì le budella attorcigliarsi per il disgustoso odore, ma decise di mostrarsi gentile ancora per un po’ e gli passò un fazzolettino per pulirsi.

-La bambina non è sua? – chiese, mentre il girovago si riprendeva dalla sbronza.

-È tutto così assurdo che se te lo spiegassi nemmeno mi crederesti!

Gli accarezzò la schiena cercando di sembrare incoraggiante, poi uscirono traballando dal locale. L’aria era ancora più calda all’esterno.

-È iniziato tutto quando il nostro matrimonio è saltato.- spiegò il disperso. -Akari la sera stessa è venuta a stare da me, era scappata di casa. Questo non ha fatto altro che peggiorare le cose... con la sua famiglia, soprattutto suo nonno, non voleva che io diventassi suo marito...

Non commentò, annuì invitandolo a proseguire e Ryoga non si fece pregare, pareva che non aspettasse altro che continuare il suo sfogo.

-Lei non ha mai voluto farmene una colpa, anche se più il tempo passava e più Akari diventava... triste. E suo nonno non la cercava ancora. Così le ho detto: “Basterà convincerlo che ci amiamo.” E lei mi ha risposto: “Non è facile come sembra.” E ancora io: “Facciamo un bambino, quale segno migliore di questo? Neppure tuo nonno potrà tenerti il muso tanto a lungo, se avremo un bambino!”

Alla notizia, Ranma lo fissò stupefatto, increspando le labbra in un sorrisetto: -Tu e Akari... ci avete dato dentro, eh! Ma allora sei davvero un porcello!

Gli dette dei colpetti di gomito sul fianco, ma Ryoga si allontanò turbato e iniziò a spettinarsi nervosamente i capelli fra le mani. -Non è andata come credevamo, io... - lasciò perdere il discorso gettandosi a sedere sul marciapiede.

Così non andava bene, si stava richiudendo in se stesso. Accostò una mano all'orecchio del disperso cercando di farlo reagire. -Sei impotente per caso?

Ryoga gli schiaffeggiò il palmo e rilanciò:

-Certo e tu sei vergine!

Arrossì. Non si aspettava che il beffeggiatore venisse sbeffeggiato, il gioco non era più divertente.

Anche Hiroshi e Daisuke, i suoi compagni di classe, non lo sopportavano. Pensavano che non avesse tutte le rotelle a posto, considerato che lui e Akane non si decidevano a consumare quello che era stato fin da subito evidente agli occhi della classe.

Era vergine e non ci trovava nulla di scandaloso. Aveva sempre voluto dare la precedenza al suo addestramento e all'apprendimento di nuove tecniche da sfoggiare agli incontri di lotta.

Gli unici commenti provocanti che aveva mai rivolto alla sua fidanzata erano stati: “Fianchi larghi” e “seno piatto”.

Lei non capiva che la chiamava così per attirare la sua attenzione.

Forse era un po' sadico osservare quanto Akane prendesse sul serio quelle insignificanti ingiurie, fino a starci male. Sbagliava a prendersela tanto e a dimenticare in fretta quelle poche volte che le diceva la verità, che era carina.

Carina da far male, quando lo colpiva con l'asse del tavolo o il suo grosso martello di legno.

Non era un fidanzamento facile il loro, ma lui non avrebbe forzato le cose, c'erano già troppi familiari a sospingerli l'uno verso l'altra, malgrado tutto voleva davvero essere all'altezza del titolo che gli avevano conferito, quello di “fidanzato”.

E non avrebbe sopportato che un altro giorno, sommandosi al peso dei precedenti, aggravasse la solitudine che anche lei, come lui, doveva provare.

Inclinò la testa da un lato.

Si accorse di essere stato assorto troppo a lungo, quando Ryoga continuando a fissarlo, anticipandolo di un istante, riprese la parola.

-Scusa Rumiko. Che stupido che sono! Sono solo un ubriaco chiacchierone. Una ragazza come te avrà già trovato il ragazzo, ci scommetto.

Si nascose la bocca con la mano, ma poi lo informò:

-L'avevo.

Ero fidanzato con un maschiaccio che è misteriosamente scomparso...

Non capiva perché non gli fosse riuscito di inventare una storia più articolata. Immaginava che il coetaneo l'avesse sorpreso in un momento in cui la sua recita era uscita dalle righe.

Ryoga fece un sorriso di circostanza.-Meglio sola che mal accompagnata.

Certo! E una mela al giorno toglie il medico di torno!

Come gli era venuta in mente una banalità simile? Possibile che quel suino fosse così impermeabile ai problemi altrui e altrettanto pieno dei suoi? Cercò di calmarsi, o il suo piano sarebbe saltato prima di averlo spremuto a dovere. Lo spettacolo doveva continuare.

-Eh già, meglio soli a volte! - annuì rispondendo al suo sorriso idiota con una voce ancora più squillante del previsto.

-Non ti fidanzare, credimi, è meglio.- e annunciandolo Ryoga aveva un'aria stralunata, più che saggia.

-Ora non dire così! - Lo tirò su dal marciapiede.-Tu e Akari siete una coppia...- s'interruppe vedendo Ryoga in lacrime, poi sentì le sue braccia stringersi intorno alla schiena per cercare conforto.

O forse, qualcosa di più?

***



Smontò da Katsunishiki sentendosi mancare.

Suo nonno se ne stava in piedi, col futon arrotolato sotto al braccio grinzoso davanti all'ingresso di casa.

La osservò con aria di sfida, finché non spostò lo sguardo da lei alla piccola Akane, stretta nell’imbracatura che portava.

-Nonno cosa ci fai qui a quest'ora? - Non era quella la domanda che avrebbe voluto porgli, ma non era riuscita a celare una certa ansia.

-Oh, non ti preoccupare, non sono come quel ragazzo che hai quasi sposato, posso orientarmi anche al buio nella mia città... ma se non mi vuoi, me ne vado.

Fece per voltarle le spalle, ma con una mano lei lo trattenne.

-No. Aspetta! - sapeva esattamente come convincerlo.

-Vieni dentro o ti buscherai un malanno. Ho tante cose da dirti.

Dopo aver borbottato qualcosa tra sé e sé, infatti, l'anziano capitolò.

***



La strinse e pensò alla ragazza che amava più di se stesso.

All'inizio i suoi rapporti con Akari erano stati semplicemente meravigliosi. Era rimasto rapito dalla sua bellezza e legato da ogni suo assenso.

E spesso non aveva nemmeno bisogno di chiedere, era lei stessa a prendere l'iniziativa.

Sentiva la sua voce rotta dai sospiri invitarlo a perdersi in lei e la passione sopraffarlo. Nemmeno nei suoi sogni l'aveva amata tanto come in quelle notti insonni.

I primi mesi erano stati così, su di giri. Quando avevano provato ad avere un bambino, però, la stanchezza gli aveva teso un agguato.

-Ryoga! Che ti prende? - sua cugina si divincolò con destrezza dal suo abbraccio.-Insomma, vuoi dirmi cosa ti sta succedendo?

Magari il suo corpo voleva solo mostrargli qualcosa che la sua mente si rifiutava di accettare. Non era pronto a quello sconvolgimento chiamato vita. Bel riconoscimento gli aveva dato il suo corpo dopo anni e anni di duro allenamento per tenerlo in forma.

-Perché non sono capace di... di darle dei figli! Eppure io e Akari ci abbiamo provato e riprovato, ma non è servito. – ecco l'aveva detto!

-Ma come, ne sei sicuro?

-Purtroppo sì.

Alla sua risposta, Rumiko si sfregò il mento assumendo un cipiglio più adatto ad un uomo alle prese con la propria barba. -E sei andato da un esperto? Per, per... quel problema che mi dicevi?

Le spiegò che in un primo momento aveva lottato contro se stesso, ma che alla fine si era deciso a vedere un andrologo.

-Mi ha detto che è lo stress, il mio livello di testosterone è basso e mi ha dato delle compresse da prendere. - tirò su col naso.

-Sai, ancora non le ho comprate... non ho trovato la farmacia. Dove diavolo sarà?

Forse stava parlando troppo, ma si sentiva stranamente a suo agio con lei.

-E Akari lo sa?

-Ma sei fuori? Lei, poverina, non sapeva più che parole usare per dirmi che stava bene con me e che capiva! Ma io... non lo so, dentro di me ho sempre saputo che mentiva! E non ce la facevo più, così me ne sono andato per un po'. L’ho abbandonata per salvare quel che rimaneva della nostra relazione! - emise un lungo sospiro dal petto.

-Non riuscivo più a toccarla, sai...

-Mi dispiace, non ne avevo idea...

Rumiko avanzò svelta al suo fianco: -Ma questo significa che Akane non è tua figlia, è vero?

-Perché continui a chiedermelo? Che vuoi da me? – alzò la voce. Non si sentiva più sulle nuvole, segno che stava tornando a poco a poco sempre più lucido. -Non credi che potrei essere un buon padre? - chiese poi regolando il tono ad un livello normale.

La guardò negli occhi azzurri, identici a quelli di Ranma. Dopo aver aspettato invano una risposta riprese a lamentarsi.

-La bambina ci ha salvati. Tutto potrà finalmente aggiustarsi per il meglio con lei!

-Ma com'è possibile che sia vostra figlia? – lo incalzò ancora.

Non rispose, così Rumiko continuò imperterrita a fargli il terzo grado: -Ryoga, se Akane non ti appartiene, le stai facendo del male tenendola con te. Forse là fuori qualcuno la sta cercando e si preoccupa per lei.

Lo sapeva e in fondo non gliene importava niente. Ranma aveva rovinato il giorno più bello della sua vita, potevano mangiarselo gli Oni. Era la legge del karma. Ma per la famiglia Tendo era diverso, per loro, a volte, provava rimorso.

Si strinse nelle spalle. –Questo sarebbe vero se Saotome sapesse che quella bambina è Akane... ma lui non lo saprà.

Sì, stavolta sarà lui a soffrire!

Aveva appena finito di parlare che qualcosa gli calò sugli occhi, coprendogli la vista. Si accorse che era la sua bandana.

Sentì poi delle mani tirarlo su da terra e spingerlo a muoversi contro la sua volontà.

Vieni con me, Ryoga! La notte è ancora giovane! – che scherzi aveva in mente sua cugina?

-Rumiko, che diavolo stai facendo?!

Passarono alcuni minuti, ma la presa che gli torceva il braccio non accennava a diminuire e il suo braccio si cominciava a intorpidire. Udì un tintinnio, come di monete.

-Ecco a lei signora e signore, buon divertimento nel nostro onsen! – disse quello che doveva essere il gestore delle terme.

-Grazie! – rispose Rumiko, sospingendolo ancora per una decina di metri.

Una lampadina s’illuminò nella sua testa.

-Un momento... guarda che sono un uomo impegnato! – cercò di togliersi la bandana con la mano libera, proprio mentre sua cugina lo spingeva a terra con una ginocchiata incredibilmente forte sul fondo schiena.

Franò sul pavimento, erano nella sala delle docce, se non l'avesse visto coi suoi occhi, il getto freddo dell'acqua lo avrebbe comunque aiutato a capire.

La sua altezza si ridusse sotto il peso flaccido dei vestiti, fino a che non ne fu sommerso. Cercò di uscire da quell'ammasso informe grugnendo col naso in cerca di uno sbocco d'aria. Fu un'impresa ardua ma insistendo lo trovò e vide Rumiko gettare a terra gli occhiali, disfare il suo chignon e svestirsi senza alcuna grazia. Alla fine rimase a petto nudo, mostrandogli il pezzo di sotto, un paio di boxer giallo-blu.

Lei lo acciuffò e dirigendosi fuori dello spogliatoio, lo scaraventò senza troppi complimenti nella vasca termale adiacente.

Uscì con la testa dall'acqua.

Qualche secondo dopo, era Ranma ragazzo a riemergere, di fianco a lui.



----

Oni: demoni.

Onsen: terme giapponesi, che si possono trovare all'aperto o al chiuso in delle strutture, qui sta più per piscine pubbliche.

Karma: traducibile come "atto", "azione", etc.. Il karma indica, presso le religiose indiane, il generico agire volto a un fine, inteso come attivazione del principio di "causa-effetto" questa legge vincola così al samsara ovvero al circolo delle rinascite.

Ryoga Theme song:Six degrees of separation –The script

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Capitolo 6
*** The magic bracelet ***


The magic bracelet


"Se non t'importa dove sei,

non ti sei perso."

(Regola di Rune)

***



L’anziano stava fissando ogni palmo della casa di Ryoga, della loro casa, mentre percorrevano il corridoio. Era così distratto che toccava a lei tenerlo sottobraccio e contemporaneamente stare attenta a non farlo cadere. Nel frattempo Katsunishiki, da bravo porcello, aveva già acceso la luce in soggiorno.

Perché non dici nulla? Sei mio ospite stanotte. Non ti lascerò uscire a quest'ora, puoi dormire da noi, abbiamo una stanza libera comunque.

Akane fece una pernacchia, come disapprovando quello che aveva detto.

-Non è che una piccola catapecchia, rispetto a casa nostra, bimba mia. Anche i mobili sembrano di seconda scelta.

Si attorcigliò una ciocca di capelli fra l'indice e il pollice, incapace di dargli torto: la sua famiglia era molto ricca.

Ma essere suo nonno non gli dava il diritto di farsi vivo solo quando ne aveva voglia, e per di più per lamentarsi delle sue scelte personali.

Sollevò la bambina, sganciandola dall'imbracatura. -Lascia stare la casa, adesso. Lei ti piace? Questa è la tua bisnipot...
-Non dirmi baggianate, che ti vedo una volta a settimana dalla finestra di casa, praticamente ogni volta che vai al mercato. - Le tolse la bambina dalle braccia.

-E tu quando saresti stata incinta, sentiamo?!

Si ritrasse, le ginocchia tremando cedettero e nel medesimo istante cadde al suolo. Immaginava che non sarebbe riuscita a fingere troppo a lungo con lui, ma pure suo nonno non aveva intenzione di abbassare la guardia, e così il loro incontro rischiava di finire prima ancora d'incominciare. Perché doveva sempre rincorrere gli uomini che amava?

Sapeva che un discorso studiato a menadito non avrebbe funzionato, ciononostante Akari sperava di trarlo in inganno per il tempo necessario a chiarirsi, le era mancata così tanto la presenza del suo vecchio.

Katsunishiki l'aiutò a rialzarsi, mentre il nonno continuava a sgridarla:

-Quando mi è arrivata la lettera con la foto, mi avete fatto venire un infarto! Ho sperato tanto che il buon Buddha mi facesse vivere fino al giorno in cui sarebbe nato un erede e c’è mancato poco che il Samsāra non mi travolgesse per vendicarsi di questo mio capriccio... ma a conti fatti, che ci fa questa frugoletta qui? Non può essere tua... Mi ricordo ancora com'eri carina da piccola! Lei è graziosa, sì, ma in modo diverso, direi... - sospirò.

Esasperata si lamentò: -E tu? Perché non rispondi mai alle mie chiamate? Ti ho lasciato milioni di messaggi in segreteria! E adesso te ne esci fuori con questa storia che mi spiavi al mercato! Cosa vuoi che me ne importi!

L'anziano sbuffò, gingillandosi poi con Akane che gli stringeva l'indice con una mano minuscola e paffuta. Erano carini insieme.

Quella lite la stava mandando ancora più in confusione di quel che volesse.

-Vuoi sapere se ti ho chiamato? - La tentò. -L'ho fatto una volta, però mi ha risposto quello spiantato del tuo ragazzo, e allora ho attaccato il telefono e tanti saluti!

Si riprese Akane guardandolo di sottecchi.

-Quello spiantato ha un nome. Si chiama Ryoga, nonno! R Y O G A! - sibilò.

L'anziano fece spallucce. -Quello che è! Un uomo per bene non mi avrebbe mai mandato una foto del genere, sapendo della mia situazione con te! Sarebbe venuto di persona, scusandosi. – tossì, stendendosi sul suo futon e girandole le spalle.

Se c'era qualcuno che doveva scusarsi era proprio lui. Ma era abituata a vederlo agire così.

-Quale foto? - Gli chiese, sporgendosi da dietro la sua schiena. -Ti riferisci a quella dove compariamo io, Ryoga e la bambina, annunciandoti di essere diventato bisnonno?

-Tsé, bisnonno! Avere un erede era quello che volevi, bimba mia? Io non lo volevo così in fretta, se non fosse stata anche una tua idea... Ma come si chiama la vostra frugoletta? - Chiese voltandosi ancora verso di lei.

-Te ne sei dimenticato? Era scritto nella lettera che ti abbiamo mandato. - Rispose, sentendosi un po' spietata per aver messo il dito nella piaga, e aver ricordato all'uomo l'età che avanzava, inesorabilmente.

-Akane, Ryoga l'ha chiamata Akane. - Chiarì, senza alcun entusiasmo.

Si sentiva in colpa. In colpa per non aver detto prima al nonno che Ryoga, in uno dei suoi viaggi, era stato vittima di una maledizione.

Un sortilegio che lo trasformava in un porcello scuro a contatto con l’acqua fredda. Forse, se lo avesse avvertito di ciò prima delle nozze, il nonno avrebbe accettato l’idea e capito che Ryoga non era un soggetto così “strano”.

Una parte di lei ne era convinta.

Per questo, dopo il mancato matrimonio, aveva appoggiato Ryoga nel suo folle piano di avere un bambino: ma con Akane in casa, aveva capito fin da subito che non avrebbe potuto recitare a lungo quella messinscena.

Era stufa di mentire a tutti, a Ryoga, a Ranma, a suo nonno e a se stessa.

-Questa bambina non è mia figlia, hai ragione. – bisbigliò, con la vista che si offuscava, ad ogni battito di ciglia.

Con una pazienza che non sapeva nemmeno da dove le venisse, si asciugò l'angolo inumidito dell'occhio e continuò: -È un'orfanella che ha portato Ryoga e che da alcuni giorni è riuscita a darci un po’ di felicità e a distrarci dai nostri problemi, ecco. - Il suo corpo ora aveva preso a sussultare scosso dai singhiozzi.

-Akari...

Distese un braccio per fermare l’avanzata del parente. -No, nonno. Non venire qua ad abbracciarmi. Fammi finire, ti prego!

L’anziano rimase a bocca aperta e c’era da capirlo.

Il suo tono di voce, solitamente leggero e soave, era diventato rauco e altisonante.

Respirò a lungo per riprendere il controllo delle emozioni che stava provando e che allo stesso tempo rifiutava di riconoscere come proprie. Da quando, più di un anno prima, aveva deciso di reprimerle, di darci un taglio, scappando dalla sua famiglia.

E adesso di fronte al nonno era disarmata, non sapendo più come gestire quelle emozioni. Ma doveva sfogarsi. Non voleva scappare ancora.

-Mi dispiace. È tutta colpa mia e me ne assumo ogni responsabilità, perché, vedi, Ryoga è gentile e voleva solo che tu lo accettassi, che gli dessi una possibilità per farsi amare... e ti assicuro che Ryoga sa farsi amare, nonno!

L’uomo strinse i pugni e roteò lo sguardo verso il soffitto.

Lo ignorò. -È vero che la bambina e la lettera per farti venire qui sono state un’idea sua, ma è colpa mia se non lo vedi di buon occhio.

-Questo non è vero! Cosa ti...

-Fammi finire per favore! – replicò, interrompendolo e coprendo al contempo le orecchie della piccola, che poteva turbarsi a sua volta.

-Sono io che avrei dovuto parlarti del suo segreto, non avrei dovuto tenertelo nascosto, ma io lo amo, nonno! Lo amo tanto! E tu lo hai umiliato portandomi via alla cerimonia di nozze! Lo capisci questo?

Il vecchio borbottò qualcosa d’incomprensibile. Un “Dovevo farlo” forse...

-Cosa c’è che non ti piace di Ryoga? Ha assolutamente tutti i requisiti che cercavamo in un pretendente. Ha battuto Katsunishiki. È forte come un maiale, è l’uomo dei sogni di ogni donna, ed è il mio eroe.

-Quindi tuo nonno non ti serve più... – sussurrò il suo interlocutore sulla difensiva.

Sorrise incredula. -Tu sei mio nonno, nessuno è come te, e avrai sempre un posto speciale nel mio cuore, ma Ryoga è l’uomo che amo e non puoi chiedermi di scegliere tra te e lui.

Il vecchio tirò su col naso. -Ma io non voglio che ti senta obbligata a scegliere tra me e lui, bambina mia. Voglio vederti felice e realizzata. - Ribadì accarezzando la testolina di Akane con la tenerezza di un uomo che aveva visto molti più giorni.

-E poi un porcellino piccolo come lui sfigurerebbe in un vero torneo di sumo per maiali.

Scoppiò a ridere, di cuore come non le capitava da un bel pezzo. -Oh, nonno! Non mi starai dicendo che il problema è che Ryoga si trasforma in un porco troppo piccolo? Ahahah! Ma questo è ridicolo... Mi fa male la mascella dal ridere!

-Guarda, tesoro, che è una cosa seria. Nella nostra famiglia vantiamo anche delle origini Kitsune, sai... e avere un futuro genero così piccolo e pietoso... sfida la mia comprensione!

Fece un grosso respiro. -D’accordo, nonno! Ti prometto che lo farò mangiare fino a farlo diventare grande e grosso, come Katsunishiki!

-Pensi di saperne più di me, eh, Akari?

Il vecchio sorrise. Se avesse saputo che era stata tanto in pena per un equivoco così sciocco!

-Ad ogni modo. - Proseguì suo nonno. -Vi siete presi una bella responsabilità, adottando Akane... È successo tutto troppo in fretta, ecco. E temo che tu non ci abbia riflettuto abbastanza, non vorrei che te ne pentissi un giorno. Una figlia è per sempre.

Aveva appena terminato il discorso, che Akane s'imbronciò, pronta a piangere.

-Seguimi. La metto a letto. - Portò suo nonno nella cameretta. Posò la bambina dentro la sua culla e caricò la dolce musica del carillon. Le piaceva ascoltarla, pensando che Ryoga si addormentava così, quando era ancora in fasce.

-I mobili e la culla erano di Ryoga. - gli spiegò. -Ma io non so da dove provenga Akane, Ryoga l'ha scelta senza di me... ed anche se le voglio molto bene, credimi nonno, certe volte mi sento come un'intrusa in mezzo a loro due.

La mano del nonno le accarezzò una spalla, cercando d'infonderle coraggio.

-È proprio di questo che ti parlavo un attimo fa, pensaci bene.



***



-La mia pazienza ha un limite, razza di imbecille! Dimmi cosa hai fatto ad Akane! – senza aspettare oltre, il rivale lo colpì con un gancio.

Gli graffiò uno zigomo: la ferita bruciava e pulsava, mentre la guancia destra stava certamente per gonfiarsi. Delle gocce di sangue caddero nell’acqua vaporosa della vasca, sporcandola.

Molti ospiti dell’onsen cominciarono a bisbigliare, alcuni scuotevano la testa indignati per il loro comportamento incivile, altri si allontanarono, rientrando nella sala docce.

Era colpa di Ranma, era sempre per causa sua se la cattiva sorte lo perseguitava.

Concentrò la sua energia negativa, convogliandola sui palmi delle mani protese: -Shishi Hokodaaaaaaan!

Una sfera di luce inondò ogni cosa, accecandolo per un istante, mentre le voci spaventate dei bagnanti si facevano sempre più confuse.

Qualcosa di colpo gli cadde sulla testa, gravandogli addosso con tutto il suo peso. Saotome, quel vigliacco era riuscito ad evitare il suo attacco.

-Voglio delle risposte e le voglio ora! - Ranma scese dal suo capo e la sua presa si spostò sulla nuca, l’afferrò fino a quando non lo costrinse a chinarsi. Lo trattenne sott’acqua, impedendogli di riemergere.

L’aria gli mancava, stava quasi per soffocare, quando si sentì ritirare in superficie.

Avvertì il torace dilaniarsi in cerca di una boccata, ma aveva la gola arida, e il respiro stentava a riaffiorare. Saotome aspettò che si calmasse e la smettesse di ansimare.

-Allora parli, o facciamo un altro giro? – lo provocò. – Non ti lascerò finché non confesserai, Ryoga, puoi giurarci!

Non avrebbe osato contestare. Ranma perdeva di vista la ragione quando si trattava di Akane.

-L’avrei salvata da solo, senza il tuo... aiuto – mormorò. – Prima o poi... quando le cose tra Akari e suo nonno si fossero sistemate.

Saotome lo guardò con compassione, prima di gettarlo di nuovo sott’acqua, stavolta per un tempo inferiore.

-Cosa le è successo?

- Urgh... Maledetto! – fece quasi per strozzarlo, ma il ragazzo col codino riuscì ad evitarlo, assestandogli una gomitata sul fianco. L’attacco gli costò l’equilibrio e s’inabissò, tra una miriade di schizzi. Alzò una mano in segno di resa, oramai era chiaro che quella lotta sarebbe potuta durare all’infinito.

-D’accordo! Vuoi la verità? Volevo andare a trovare il nonno di Akari, quando... - i ricordi erano ancora così limpidi, che gli sembrava fosse passato soltanto un giorno da quella fatalità.

***



Osservò la gigantesca antenna rossa, poi la cartina che aveva disegnato per localizzare la dimora degli Unryu. Sul foglio c’era l’abbozzo di un bivio, sulla sinistra era disegnato il tendone di un circo, poco più sotto un lago su cui aveva apposto una freccia con l’annotazione: “Attenzione a non ricaderci”.

Se prendeva la biforcazione, e seguiva la strada sulla destra, superati una macchinetta con “buone bibite” e poi “un porcile” avrebbe trovato l’ubicazione degli Unryu.

Nero su bianco, era tutto così chiaro!

Ma nessuno dei siti, né un lago, né un circo, né un porcile, appariva in quel luogo. Se ne stava solo, vicino ad un piccolo tempio, completamente disorientato.

Fuori dall'edificio sacro c'erano una scatola che recava la scritta “cianfrusaglie” ed alcuni tavolini vuoti.

Alzò la testa dalla mappa e rimase a bocca aperta: Akane Tendo stava correndo in tuta da jogging dal capo opposto della strada!

Allora devo essere tornato a Nerima!

Non la vedeva dal mancato giorno del matrimonio e si sentì avvampare all’idea di quel fortuito incontro! Accartocciò la mappa nella tasca dei pantaloni e si sentì assalire dall’imbarazzo! Non ho nulla da darle, neanche un piccolo souvenir!

Infatti, con tutti i suoi problemi, non aveva avuto modo di comprarle nulla! Si mise perciò a strappare il cartone delle “cianfrusaglie” sperando di rimediare qualcosa.

Peccato solo che fossero tutti oggetti ammaccati, statuine e cocci di vasi... stava per arrendersi quando lo trovò. Appoggiato al muro. Un hula-hoop! Quello sì, che poteva andare!

-Ryoga! Che ci fai qua? Non sapevo del tuo ritorno in città! – esclamò Akane Tendo alle sue spalle, provocandogli un infarto.

La ragazza gli sorrise, mentre lui accennò una timida occhiata, arrossendo e porgendole l’hula-hoop. –P...p...per te! –balbettò.

La coetanea l’afferrò, e sembrò entusiasta: -Oh, è bellissimo! Io adoro gli hula-hoop! – e prese a farlo girare con il braccio alzato.

Quello che vide dopo non lo dimenticò. Talvolta, lo sognava ancora di notte.

Akane ad ogni giro di cerchio diventava sempre più bassa e sempre più giovane e con lei anche l'hula-hoop si restringeva velocemente. Poi il cerchietto s'illuminò nettamente, mentre la sagoma di Akane divenne tutta nera. Come il sole, la cui luce si offusca sotto l'effetto di un’eclissi totale, così Ryoga non riusciva più a vedere alcuna traccia della ragazza.

Allungò una mano ed afferrò il piccolo cerchio, intimorito dal suo bagliore accecante.

Lentamente riaprì gli occhi e lasciò andare la presa per incontrare lo sguardo di una pupattola di qualche mese, che aveva preso il posto di Akane. Gli abiti della ragazza stavano extralarge alla bimba.

Si guardò attorno e la prese con sé, tornando poi a cercare la casa degli Unryu.

Non poteva lasciare Akane lì, in quelle condizioni, dopo essere stato l'unico testimone di una trasformazione così celere.

Sei, sette ore più tardi era tornato, non capiva nemmeno come, sulla via di casa sua. Akari era stata così felice di rivederlo che gli si era gettata con le braccia al collo, e non gli aveva chiesto nulla sulle origini della bimbetta che portava con sé.

L'aveva fatto solo dopo che aveva ritrovato la calma.

E allora lo aveva rimproverato, mantenendo tuttavia un tono gentile, per non averla messa al corrente dell’intenzione di far visita a suo nonno.

Lei invece quel giorno aveva temuto di essere stata abbandonata e, persa la fiducia riposta così fragilmente in se stessa e in lui, si era tormentata con infiniti dubbi fino al suo rientro.

***



-Quindi hai fatto credere ad Akari che Akane fosse una trovatella?

-Mm, mm.- Annuì, sentendosi vulnerabile, come quando mostrava il fianco durante la lotta.

-Idiota! Quanto a lungo pensavi di poter continuare la commedia della famigliola felice?

Già, per quanto tempo?







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Capitolo 7
*** Finding a way ***


Finding a way



Lo sforzo è sforzo solo quando comincia a far male

(José Ortega y Gasset)

***



La luce della terrazza al quinto piano dell’hotel era ancora accesa.

Nella camera vide un’avvenente giovane donna impegnata in una telefonata. La donna spense la tv, posò il telecomando sul comodino e si allontanò nervosa, aprendo l’anta scorrevole con una mano e tenendo il cellulare in equilibrio tra l’orecchio e la spalla.

Allargò l'obbiettivo spaziando sul terrazzo, e la vista di tanta biancheria stesa ad asciugare lo mandò in estasi. Abbassò il cannocchiale.

Quanti bei zuccherini...

Qualcuno bussò alla porta. Lanciò un’occhiata all’orologio, doveva essere lei. Ed arrivava con una puntualità miracolosa. Doveva essere il suo giorno fortunato.

-È permesso?

Nascose il binocolo sotto al futon e replicò:

-Entra pure Kasumi cara!

La ragazza fece scorrere il pannello e si portò al centro del suo alloggio.

Aveva il grembiule al contrario e l’aspetto di chi avesse bisogno di un bagno caldo.

A quel pensiero sentì il naso sanguinare e si tamponò con le mani nude.

Kasumi sembrò non badarci, si inginocchiò e ripose i suoi panni sul tatami, accennando un timido sorriso.

-Grazie mille! – disse onorandola di un inchino per il suo lavoro, sentendo un giramento di testa. Devo toccare una donna!

Ma per quanto desiderasse rimettersi in forze, attraverso un adeguato palpamento, non trovava l’attrattiva in un soggetto come lei.

La verità era che gli mancavano Akanuccia e Ranma nella sua sembianza di ragazza sexy. Non nel modo a cui mancavano agli altri, certo. Ad esempio, Soun sembrava essersi ridotto ad un fantasma che vagabondava per casa e il solo pensiero di subire la stessa sorte lo terrorizzava più del letto di morte. Si era già fiaccato abbastanza “interrogando” tutti i maniaci della capitale sulla sparizione di Akane.

Tutta fatica sprecata purtroppo.

Scosse il capo. -Ora devo proprio scappare! – informò Kasumi, prelevando dalla pila di panni una stoffa della dimensione di un fazzoletto e nascondendola sotto la scollatura della tuta ninja. Allora quell’affaccendata ragazza si congedò a sua volta, lasciandolo finalmente ai suoi passatempi. Guizzò fuori dalla finestra, estrasse il fazzoletto che si aprì e si tese nello slancio, come un minuscolo paracadute.

Planò verso l’ingresso della proprietà di Soun Tendo, non c'era abbastanza vento per arrivare a toccarne le mura.

UHEEEEEEEEEAAAAA-MMUHEEEEEEAAAAAM!”

Cosa? La polizia? Per abitudine s’insospettì, s’appiattì contro la parete e sbirciò fuori dall’arco del portone, affacciandosi sulla strada.

Trattenne il fiato.

Ranma era tornato, e non era solo.

Che strano...

Infatti, il giovane astro della scuola marziale Saotome aveva rapito un poppante e camminava disinvolto a fianco del suo nemico di sempre.

Una scena bizzarra, curiosa a dir poco.

Analizzando i pro e i contro, capì che era meglio nascondersi.

Gli zuccherini, per questa volta, potevano aspettare.

***



-Chi va là?

La katana di sua madre sibilò e la punta minacciò di tagliargli il naso, fallendo appena di qualche millimetro.

La scostò stringendola tra l’indice e il medio.

La colpa non era della propria improvvisata, quanto dell’impulsività della donna che lo aveva generato e della sua stessa inclinazione ad usare le maniere forti.

Ma il pianto di Akane era intollerabile per qualsiasi orecchio, tanto che alcuni cani avevano cominciato ad uggiolare in protesta.

Dietro di lei, Kasumi le strinse un braccio sospirando:

-È Ranma. È tornato!- finalmente, il resto della famiglia si affacciò sulla soglia dell'ingresso.

Suo padre in versione panda gli mostrò il cartello: “Fatto buon viaggio, figliolo?”

Se non avesse avuto Akane in braccio, lo avrebbe colpito ben volentieri.

-È davvero lui... – sussurrò Nodoka rinfoderando, dopo un attimo di stupore, l’arma.

Qualcosa si muoveva tra i cespugli. Ci pensò Ryoga a stordirlo con un pugno.

-Che male vi ha fatto un povero vecchio? - berciò Happosai, massaggiandosi la pelata arrossata.

-Così impari a nasconderti! - lo rimproverò il ragazzo con la bandana.

Poi sentì un odore fetido, asfissiante.

E Akane aprì i rubinetti.

-Tieni. – disse porgendo la piccola a Nabiki. La ragazza si tappò il naso disgustata, incapace di prendere in collo quel fagotto che frignava a mille decibel al secondo. A cui dopotutto non era nemmeno estranea.

-Si può sapere chi è questa?

-Tua sorella.

-Chi? – replicò Nabiki inarcando le sopracciglia in un’espressione più unica che rara. Era la prima volta che la vedeva colta di sorpresa e si gustò quel breve momento di soddisfazione.

-Hai trovato la mia bambina? – ripeté come dubbioso Soun.

-È davvero Akane... Deve essere cambiata, credo che abbia appena fatto la pupù e io non resisto oltre! – cacciò fuori la lingua nauseato, mentre la bambina si dibatteva come una forsennata, ottenendo l'attenzione generale.

Anche se era la sua fidanzata, a tutto c’era un limite! Non spettava certo a lui cambiarle il pannolino.

-Scusate. - Kasumi s’intromise, prendendogliela dalle mani.

Me ne occupo io, ora.

Beh, una delle due pare che si preoccupi per sua sorella...

-Akane? Sei proprio tu, la mia piccolina? – mormorò Soun rivolto alla lattante, avvicinando la fronte alla sua testolina.

Una volta che Akane gli ebbe acciuffato i baffi, però, Tendo sembrò tornare in sé, preparandosi a fare gli onori di casa: –Basta indugiare qui fuori. Entrate vi prego, anche tu Ryoga, abbiamo molte cose da chiarire... - sorrise, ancora ben disposto.



***



-E questo è tutto. – concluse Saotome.

Sobbalzò, come svegliandosi dal torpore che gli avevano infuso le lunghe spiegazioni del coetaneo.

Si accorse solo in quel momento delle insolite presenze di Shampoo, Mousse, Konatsu e Ukyo nella sala da pranzo.

Gli occhi di tutti erano incollati su di lui, ora: sebbene le loro espressioni risultassero le più svariate a vedersi, tutte quante lo biasimavano per l'accaduto.

Le loro labbra e gli sguardi sfuggevoli sembravano dire: Povero ragazzo, non sa affrontare la realtà, non fa che combinare disastri su disastri.

Si levò in piedi, strinse i pugni facendosi coraggio e alla fine di tanta agitazione, farfugliò: -Io voglio rimediare a quel che è successo... volevo farlo comunque, non appena mi fossi ricordato la strada... avrei salvato Akane, non l’avrei abbandonata a lungo in queste condizioni!

Piombò un silenzio così pesante che riuscì a sentire il rumore del neon.

Aveva fallito? Perché nessuno gli dava ragione?

-Lo immaginavo.- rispose pacato Soun, facendolo avvampare d’imbarazzo. –So che sei un bravo ragazzo e in fondo non ti porto rancore... la situazione sarebbe potuta essere di gran lunga peggiore di com’è adesso, ma confido che tu e Ranma troverete la soluzione assieme, per il bene della mia bambina.

Lo sguardo di Ranma sembrava voler replicare: sei il solito fortunato.

Sospirò. Per quanto tempo aveva trattenuto il respiro? Perché si sentiva sotto inquisizione? Prese le mani di Soun tra le sue.

Lo prometto! Akane tornerà quella di sempre! Non la deluderò, altrimenti si dica ai quattro venti che Ryoga Hibiki è un sognatore senza speranza!

Soun lo squadrò confuso, chiedendogli ancora: -Cosa?

Scrollò le spalle, cercando di spiegarsi meglio. -Un povero illuso!

Il padre di Akane annuì tiepidamente, facendogli venire un groppone alla gola per la commozione. Quella piccola connessione fra di loro lo fece sentire quasi benvoluto dalla sua famiglia.

Ma un dolore tremendo s’irradiò dal centro della testa, Ranma lo aveva appena colpito sulla nuca a mano tesa.

-Povero illuso, da solo non sei capace di trovare la via di casa, non ricordi? Ad ogni modo, dalle tue spiegazioni, credo proprio che ti trovassi in prossimità del tempio Zojoji, appena sotto la torre di Tokyo... quindi è da lì che dobbiamo cominciare le ricerche!

-Credo anch’io. Akane stava via per delle ore passando da un quartiere all’altro di Tokyo. – convenne Nabiki, comodamente distesa sul tatami, intenta a sfogliare una rivista di articoli per ragazze.

Non si era fatta notare, prima. Fino a quel momento l'unica attività in cui si era impegnata era stata ricercare i prezzi dei saldi più convenienti del mese, cerchiandoli con un evidenziatore giallo.

Shampoo balzò vicino al ragazzo col codino, raggiante, e si aggrappò al suo braccio. -Io potele essele con futuro marito domani!

-Shampoo! – protestò debolmente il collega occhialuto.

La ragazza gli rispose con un “bleah” tirando fuori la lingua.

-Mu-si si deve licoldale che avele le consegne... onorabile bisnonna non tollelale papele pappamolle!

Konatsu guardò la sua padrona, la quale si strinse nelle spalle, sbuffando: -Accidenti! Ranchan non sai quanto mi dispiace, ma anch’io ho del lavoro da sbrigare... Proprio domani avrò un'ispezione e la mia cucina deve risplendere!

-Oh, non preoccuparti per questo! In fondo dobbiamo svolgere solo qualche indagine, niente di più.

Mezz’ora dopo, ad uno ad uno, gli ospiti si accomiatarono, mentre a Ryoga venne offerta una stanza per passare la notte da loro. Soun, la signora Nodoka, Kasumi e persino Ranma lo pregarono tanto a lungo che alla fine cedette alle loro richieste.

Era stanco e del resto non sapeva dove altro andare. Lo accompagnarono nella stanza dei Saotome.

L’indomani sarebbe arrivato veloce come un treno. E quel treno, lui voleva prenderlo più di chiunque altro. Desiderava che Akane tornasse quella di una volta.

Far luce sul mistero che avvolgeva il suo corpicino di all'incirca sei mesi e provare a Ranma Saotome che era cambiato, dimostrargli che non era l’ingenuo che tutti credevano che fosse.

Ma per l'appunto, ci sarebbe riuscito?

Ultimamente non era più sicuro di nulla, così i dubbi lo tormentarono per più mezz'ora, fino a quando la sua mente non fece più alcuna resistenza al calar del sonno.

***

Ecco a voi il percorso di jogging fatto da Akane:


Percorso

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Capitolo 8
*** Zojoji Temple ***


Zojoji Temple

***

Un fremito la colse di sorpresa e poteva giurare sul suo onore di amazzone che non era colpa del freddo mattutino.

Quella mocciosetta impertinente stava attaccata al petto del futuro marito come una cozza allo scoglio. Solo le braccia di Ranma restavano libere, grazie al marsupio porta bebè in bella vista.

Tese gli angoli delle labbra in un sorriso e dopo aver augurato il buongiorno al suo amato ragazzo col codino, si strinse al suo braccio muscoloso.

-Che melavigliosa giolnata passelemo oggi!

-Shhh! Shampoo abbassa la voce, potresti svegliarla. Non sai quanto fiato è in grado di sprecare questo maschiaccio in miniatura...

-Lascia la mocciosa a casa, Lanma. Esci con una vela donna come me! - protestò stringendogli il gomito. -Ci diveltilemo assieme!

-Ecco che ci risiamo, Saotome. Mi giro un attimo e tradisci Akane così! – Ryoga fece capolino alle loro spalle.

Il suo ailen si voltò cinereo.

-Finalmente il bell'addormentato si è alzato dal futon! Ho provato anche a tirar calci per cercare di svegliarti, ma niente! Adesso arrivi e pretendi di giudicare il “mio” comportamento? Ricordati che se finora Akane è sopravvissuta, il merito è unicamente di Akari... – ghignò osservando il suo interlocutore diventare purpureo e continuò così: -A proposito l'hai avvisata che non tornerai tanto presto?

Le spalle del ragazzo suino si inarcarono, come incapaci di restare su dritte.

-Le ho lasciato una lettera sul comodino... e Nabiki poco fa mi ha permesso di telefonare... e ora mi sono indebitato fino al collo... -girò i pollici sconfortato mentre gli si affiancava.

-E cosa hai detto ad Akari? Le hai rifilato una scusa delle tue? - domandò ailen.

-Non potevo dirle la verità, le avrei spezzato il cuore! Akari non si è accorta di nulla fino ad ora... così le ho detto che i veri genitori di Akane avevano letto il mio annuncio riguardo alla trovatella e che l'avrei riportata a loro, lei sembrava felice al telefono, mi ha confessato che non se la sentiva di farle da mamma, e che vuole solo rilassarsi per ora...

Tutto d'un tratto, scoppiò a ridere. -Nemmeno Akali ha simpatia per questa mocciosetta!

-Non so come Akari riesca a sopportarti, Ryoga, davvero non lo so.- commentò sadico Ranma.

-Io lo so.- replicò il ragazzo con la bandana. -Akari non ha malizia, inoltre se nota qualche mio difetto ci ride su come se nulla fosse... Lei non mi ha fatto mai dubitare del suo amore, è tollerante e non è gelosa.

-Magali non lo mostla. – gli fece notare, sicura del fatto suo.

-Invece è così! - continuò imperterrito Ryoga.

-Forse, ma se continui ad approfittarti della sua generosità, provando fino a che punto lei riesca a sopportarti, la farai impazzire un giorno o l'altro e Akari questo non se lo merita proprio! - sentenziò il futuro marito.

-Non ricordo di averti chiesto un consiglio Saotome! Quando lo farò, sarà per chiederti di che morte vuoi morire...

-Tsk! - sputò tra i denti Ranma.

Spinta dalla curiosità imitò il girovago che si voltò, posando lo sguardo sul fiume dove il luccichio ipnotico della corrente le tolse il fiato.

Accidenti! Con Ryoga e questa mocciosa tra i piedi, il romanticismo è al minimo storico... che occasione sprecata! Sospirò delusa.

Avevano seguito il percorso pedonale che attraversava alcuni dei quartieri della capitale in direzione sud-est.

Si trovavano quasi a metà strada quando la piccola vipera si svegliò e agguantò uno dei campanelli che le ornavano i capelli.

Aiya! – reagì tastandosi l’attaccatura di una crocchia e massaggiandosi la parte della testa strattonata.

La piccola piovra era tutto tranne che un essere innocente! Assieme all’elastico per capelli le aveva tirato via alcune delle sue bellissime ciocche.

Le aveva divelte con un gesto secco, di una precisione chirurgica.

-Oh guarda, le piacciono i tuoi campanelli! – prese le sue difese Ranma.

Quella pupattola di Akane se la rideva e scuoteva i campanelli assaporandone il tintinnio con l’aria di divertirsi parecchio. Stava seriamente pensando di agguantare quel piccolo collo soffice e stringere, stringere e stringere, finché una leggera brezza alle loro spalle la distrasse da quella splendida idea.

Qualcuno li stava seguendo.

Chiunque fosse balzò giù da sopra a un palo della luce atterrando ad un palmo da loro. Al vederlo, rilassò immediatamente il corpo ed abbandonò la posizione di difesa che aveva assunto. Il nuovo arrivato elargì loro un profondo inchino badando a non sporcarsi i lembi dello yukata.

Delle fragoline punteggiavano le maniche e l’obi, in un decoro semplice ma d’effetto.

Il suo ailen gli intimò implicitamente di alzarsi posandogli una mano sulla spalla.

Che ci fai qui? - domandò confuso Ryoga.

Lo studiò assorta, stupendosi ancora una volta di come le sue sembianze delicate riuscissero ad ingannare i propri occhi.

Konatsu sembrava per davvero una giovane donna. Eppure, la sera prima, Ranma le aveva rivelato qualcosa di sconvolgente. In realtà sotto quelle vesti tradizionali si celava un... uomo. Al suo villaggio non avrebbe vissuto un sol giorno.

Un uomo che si vestiva da donna. Ma non era del tutto convinta che il suo ailen le avesse detto la verità. Del resto perché avrebbe dovuto mentirle su un argomento del genere?

Il nuovo arrivato tese le mani verso la bambina. -Posso? – chiese.

Ranma sembrava restio a lasciargliela e non si sarebbe mosso, se quella piccola peste non avesse cominciato a strillare a pieni polmoni imprigionandoli tutti in una cappa di fetore. Al sentire l’inconfondibile odore, la sua fronte s’imperlò di sudore freddo.

Ryoga e il futuro marito sbiancarono quando quest'ultimò asserì: -Credo che abbia fatto la pupù!

Fecero una sosta e ailen cominciò a liberarsi dell’imbragatura per passare il testimone puzzolente a Konatsu.

Una volta che il fetore si fu dissolto ed il kunoichi ebbe cambiato il pannolino a dovere, cestinando quello vecchio, anche lei si riavvicinò cauta alla bambina.

Usando tutta la circospezione possibile, sorrise ad Akane per poi trovare il coraggio di riprendersi l’elastico imprigionato da quella sua manina appiccicosa e risistemarsi l'acconciatura.

Imprevisto superato, Konatsu ebbe finalmente modo di chiarire il motivo della sua presenza.

La padroncina Ukyo aveva tanto insistito perché andasse al tempio assieme agli altri, puntando sul fatto che al locale bastava la sua presenza per superare l’ispezione.

Spatolona non si fida, vuol tenere tutto sotto controllo! La capisco bene... non vuole restare indietro.

-Ora che ci penso. – esclamò d’un tratto Ryoga, cambiando nuovamente argomento. –Se le facessimo mangiare quei funghi prodigiosi...

L’espressione di Ranma si accigliò nel tentativo di ricordare: -Parli dei funghi miracolosi della foresta dei toshi no katsudake? Quei funghi che fai crescere tanto quanto l’età che desideri avere? Niente da fare. Non credo proprio che li mangerebbe...

-Perché no, scusa?

Il futuro sposo fece spallucce, scuotendo la testa.

Perché è capricciosa, stamattina mentre tu dormivi come un ghiro Kasumi è riuscita a darle solo metà della sua pappina, l’altra metà ha dovuto buttarla via... ed i funghi vanno mangiati ancora caldi perché ottengano l’effetto desiderato...-

Ryoga si grattò la testa arrendendosi.

Hai ragione, credo.

Ma non appena ebbe finito di giungere a quella conclusione, la sua schiena s’irrigidì e il ragazzo indicò l'ingresso del tempio che si stagliava sopra ad una breve scalinata.

Le dimensioni dell'edificio non erano affatto maestose, ma aveva un colonnato di un bel rosso acceso. Il girovago aprì la bocca e la richiuse come un pesce fuor d’acqua.

-Siamo arrivati! – esultò Ranma che, dando a Ryoga un colpetto tra le scapole, ottenne in risposta un grugnito risentito.

-Ela ola!

Un uomo tarchiato ed una coppia di giovani uscirono dal tempio di gran carriera. Da dove si trovavano, si levarono versi strani e orribili echi, che non sembravano presagire nulla di buono.


***


Il maestro aveva liberato un arto e cercava di colpirlo senza pietà.

Sentiva le braccia sempre più pesanti e le dita rattrappirsi, ma usando le ultime forze a disposizione si teneva ancora disperatamente aggrappato alle sue zampe. Un’artigliata lo segnò sul lato destro del viso e il sangue scivolò dall’arcata ciliare alla palpebra, oscurandogli parzialmente la vista.

-Crak! Craaaaak! – Con un nuovo balzo il maestro cercò di prendere il volo, ma perse quota perché lui puntò le gambe sul corrimano del santuario.

Batté le ali più forte, disperandosi in un ultimo sforzo.

-La prego maestro non mi lasci! – Sorrise, un sorriso di circostanza dato il momento.

Era alquanto ironico che gli implorasse di restare, mentre al contempo gli impediva con ogni mezzo di spiccare il volo.

Le girandole del cimitero continuavano a cigolare e frullare vorticosamente: seguivano il battito d’ali del maestro, assecondandolo come un coro col proprio direttore d’orchestra. Solo le statuette di Jizō rimanevano composte, le facce imperturbabili scalfite nella pietra.

-Craaak! Craaak!

Franarono entrambi a terra ma, prima di concedergli il lusso di riprendere fiato, gli si lanciò sopra, provando a cavalcarlo sul dorso bruno.

Si strinse a lui, mentre la bestia cercava di disarcionarlo sbattendo le ali e saltellando sul posto.

Il piumaggio era sparso ovunque si posasse lo sguardo, il chiostro era irriconoscibile... Tutti i visitatori se ne erano andati a gambe levate da quello che doveva essere, per scopo, un luogo di pace e raccoglimento.

-Scusate! Stiamo cercando l’autorità di questo tempio! – esclamò un ragazzo che indossava abiti cinesi.

Forse non tutti se ne erano andati...

Per un attimo il tempo si fermò e persino il maestro smise di dibattersi. Così si convinse che poteva rimettere i piedi a terra.

Si fece vicino al nuovo gruppo di visitatori, fermandosi davanti ad una ragazza che stringeva a sé un bebé: -Posso esservi utile? Io sono Gonshiro, novizio del tempio. Siete una giovane coppia? Che bella bambina...

Il ragazzo con gli abiti cinesi replicò:

No, noi non siamo sposati e la bambina, ecco, non è affatto come sembra... – perse completamente il filo del discorso e d'un tratto scoppiò in una fragorosa risata. -Konatsu... non è... il mio genere! - annaspò non riuscendosi a fermare.

Che scortese! Aggrottò la fronte, quella ragazza era molto carina e non si meritava le risate di quel giovane. Ma pur avendolo sicuramente udito, la bella Konatsu non si offese minimamente, limitandosi ad una alzatina di spalle.

Il maestro si mise a ruspare sul lastricato, cercando di tirarlo via da lì con il suo becco aguzzo. -Ha sentito maestro Okumura! Hanno bisogno di lei!

Gli occhi del maestro ebbero un luccichio sinistro, quindi emise dei gracidii più lunghi e gravi, come se volesse parlare.

-Crak! Crak! Craak! Craaak! –

-Questo – lo additò il visitatore con i canini sporgenti. – sarebbe un monaco? Una cornacchia gigante, geneticamente modificata?

Lo colpì sul capo. A tale sfrontatezza doveva porre rimedio.

-Non vedi che è uno Yatagarasu?! Cosa v’insegnano oggi a scuola? È il corvo leggendario dalle tre zampe, appartenuto nientemeno che all’imperatore Jimmu! Ma questo è solo uno dei suoi aspetti, in effetti può sembrare sconvolgente, ma vi sto dicendo la verità.

-Non siamo venuti qui per una lezione! – sbraitò ancora il ragazzo con la treccia.

Abbiamo bisogno dell’aiuto di un monaco esperto!

In questo stato non so quanto il mio insegnante potrà esservi utile... Sospirò, evitando di ripetere la sua preoccupazione ad alta voce.

-Seguitemi nella sala congressi, il maestro Okumura sarà felice di aiutarvi. – asserì poi, sospingendo senza tante cerimonie il corvo verso l’edificio laterale.

Una volta che si furono trasferiti tutti all’interno, dette una tunica e un saio pulito al maestro, poi gli versò dell’acqua calda addosso, come di consueto.

I giovani visitatori, sedutisi in ginocchioni nell’attesa, non sembrarono affatto stupiti di vedere il grande corvo trasformarsi in un uomo dall’età avanzata. Eseguirono assieme un breve inchino rispettoso, poi il ragazzo col codino riprese la parola.

-Sono Ranma Saotome. E questi sono i miei amici, Ryoga, Konatsu e Shampoo. - li indicò mano a mano che li elencava. - E la bambina si chiama Akane, siamo venuti...

-Scordatevi il mio aiuto! Uscite da questo tempio! Sopratutto tu! – il sommo Okumura pareva aver raggiunto il proprio limite a giudicare dalla vena che gli pulsava visibilmente sulla tempia destra e puntò l’indice contro la giovane cinese.

Shampoo sgranò gli occhi incredula. -Dice a me?

-Che succede? Perché questo atteggiamento di disprezzo?- Capisco che ce l’abbia con me, ma lei cosa gli ha fatto?

Non comprendeva perché il maestro si facesse dominare dai sentimenti ostili, doveva abbandonarli e dominare lo spirito, prima di farsi venire un accidente.

E poi aveva una certa età.

-Vuoi sapere perché? – gli chiese con uno strano ghigno il vecchio maestro.

-Ero vicino ad un campo d’addestramento cinese, un posto chiamato Jusenkyo... mi trovavo in contemplazione sulla cima di un abete di montagna e stavo raggiungendo l’illuminazione, quando questa donna mi salì sulla testa facendomi perdere l’equilibrio e cadere nel vuoto! Mi salvai, ma... disgraziatamente finii dentro ad una di quelle sorgenti maledette! – pianse lacrime amare.

-Uscite vi ho detto! Lasciatemi solo!


***


Gonshiro & Okumura theme song:Welcome to mystery - Plain White T’s

Note:

Ailen: Significa “amore” in cinese.

Jizō: Generalmente rappresentato come un monaco e situato soprattutto nei cimiteri per la credenza popolare che sia una divinità a protezione dei defunti.

Le statue di Jizō sono anche adornate con piccoli cappucci e bavagli, spesso fatti e donati dalle madri di bambini, o neonati defunti.

Secondo la tradizione giapponese Jizō protegge dalla punizione che ricevono per il dolore che causano ai loro genitori; è anche considerata divinità protettrice dei viaggiatori, per questo le statue di Jizō sono comuni lungo le strade.

Nirvana: il Nirvana è il fine ultimo della vita, lo stato in cui si ottiene la liberazione dal dolore. Occorre precisare che la dottrina del Nirvana acquisisce significati diversi a seconda della scuola buddhista, del periodo storico e del luogo in cui essa fu esposta.



Vi prego di leggere questo approfondimento, armandovi di pazienza, so che è un po' lungo, ma è utile per una migliore comprensione del contesto di questa storia.



Origini del Buddhismo e breve biografia del Buddha storico.

Secondo la tradizione, il Buddha storico, Siddhārtha Gautama era del clan dei Śākya e nacque nella cittadina di Kapilavastu.

Dopo una giovinezza spesa nel lusso sotto la tutela re di Kapilavastu, suo padre, Buddha entrò in contatto con la realtà del mondo e concluse che la vita reale fosse fatta di ineluttabile sofferenza; rinunciò così alla sua vita di agi per diventare un asceta dedito all'auto-mortificazione.

Compresa però l'inutilità di questa pratica, cercò di trovare una propria strada, un cammino di moderazione distante dagli estremi di auto-indulgenza e auto-macerazione.

Sotto un fico sacro, oggi conosciuto come Albero della Bodhi, fece voto di meditare immobile finché non avesse trovato la Verità; dopo tre giorni e tre notti ottenne l'Illuminazione.

Le quattro nobili verità secondo la sua dottrina sono:

1-Ogni cosa è dolore.

2-L'origine di ogni dolore è il desiderio.

3-Ma esiste il Nirvana, la fine di ogni dolore.

4-Un sentiero indicato dal Buddha conduce al Nirvana.

Ogni essere vivente può reincarnarsi fino a che non raggiunge il Nirvana.

Il fine ultimo di ogni tipologia di Buddhismo è quello di trarre in salvo da questo ciclo ogni singolo essere vivente.

Buddha rifiutò sempre di occuparsi di questioni metafisiche sostenendo di insegnare solo ciò che è necessario a seguire la Via, e nient'altro.

Poiché tutte le correnti buddhiste riconoscono l'esistenza di altri Buddha oltre a quello storico, è più corretto indicarlo come Gautama Buddha o, come indicato in diversi sutra, Buddha Śākyamuni.

Il Buddhismo è fondamentalmente una religione non-teista.

Tuttavia, esso legittimò tutti gli dèi giapponesi, considerandoli come entità sovrannaturali intrappolate nel ciclo delle rinascite (il samsara).



Nella scuola di Zojoji (quella seguita da Okumura e Gonshiro) venne fondata dal maestro Honen.

Secondo il monaco Honen osservare i precetti, la realizzazione della concentrazione e il conseguimento della saggezza era cosa troppo ardua.

Ciò che voleva Honen era trovare la via della salvezza universale, così che tutte le persone avrebbero potuto raggiungere la liberazione ultima nella Terra Pura.

Così studiò i testi sacri e trovò che questo metodo fosse la pratica del nembutsu (la preghiera ad Amida Buddha). Con questa idea fondò la Jodo Shu (1975) ossia la scuola della Terra Pura, in Giappone, l'odierna scuola Zojoji.

L'insegnamento di Honen attirò molte persone.

Coloro che si recavano al centro di Honen per ascoltare i suoi insegnamenti, non furono solo sacerdoti e nobili, ma anche guerrieri, un ex-ladro, pescatori e addirittura prostitute.

I fedeli dell'Amidismo (o Terra Pura) credono che senza la dovuta assistenza, la possessione demoniaca e deviazioni dal cammino sono facile causa di rinascite multiple; perciò, il Buddha fornisce loro una via più facile per raggiungere l'illuminazione, la Terra Pura.

Il fondamento del Buddhismo della Terra Pura è che il Nirvana sia estremamente difficile da raggiungere con la meditazione solitaria, mentre la devozione ad Amida potrebbe aprire le porte della Terra Pura, da cui grazie all'insegnamento diretto del Buddha sarebbe più semplice giungervi.

Vi ricordo che come i personaggi di Ranma 1/2 non mi appartengono, nemmeno la formazione buddista (e aggiungo quella shintoista) mi appartiene, ma volendo cimentarmi in una storia con all'interno delle credenze orientali, questo è l'unico risultato che poteva uscire “indenne” dalle mie mani... Grazie per l'attenzione, baci^^! Laila.

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Capitolo 9
*** The sacred hula hoop ***


The sacred hula hoop


Sono convinto che

anche nell'ultimo istante della nostra vita

abbiamo la possibilità di cambiare il nostro destino.”

(Giacomo Leopardi)

***

Fischiò.

Sembrava proprio che Shampoo e il vecchio si conoscessero.

Le cose stavano prendendo una strana piega. Non che gli fossero mai andate per il verso giusto. Da quando suo padre aveva deciso di fare di lui un artista marziale, aveva visto e sperimentato di tutto.

Solo che questa volta, tanto per cambiare, non era colpa sua.

Magari avrebbe potuto giocare d'anticipo e tenere fuori da quella storia Shampoo, se solo avesse saputo che gli sarebbe stata d'ostacolo. Ma oramai la frittata era fatta.

Il monaco Okumura si era chiuso in religioso silenzio.

L'amazzone inclinò la testa di lato, come se volesse fare uscire i pensieri da un orecchio all’altro. -Eppule io non licoldo nulla di voi... Io essele andata a Jusenkyo tanto tempo fa, dopo avele scopelto la doppia identità del futulo malito, pel oldine della bis... Oh! – Spalancò la bocca, prima di riuscire a nascondere la sorpresa. –Ola licoldo...

-Io non l’ho mai dimenticato! – sbraitò Okumura. –Tu e la brutta vecchia che ti rincorreva siete rimaste impresse a fuoco nella mia mente!

-Ela accaduto dopo che uscii fuoli dalla solgente della gatta affogata, la bisnonna mi lincolse per mezza Cina, pelché elo così scossa!

-L’hai sentita anche tu? L’ha ammesso lei stessa! E non mi ha chiesto neppure scusa... Ti prego, Gonshiro, mostra a questa gente l'uscita!

Il giovane monaco li guardò imbarazzato per un attimo, prima di tornare ad interloquire col maestro, escludendoli nuovamente dalla conversazione.

Stava prendendo le loro parti.

Fece per intromettersi, quando Akane si mise a piangere fragorosamente.

I due monaci allora s’interruppero voltandosi verso di loro.

L’espressione del vecchio buddista si fece attonita, paonazza, poi senza dir nulla s’inginocchiò di fronte a Konatsu, che nel frattempo cercava di dondolare la bambina per farla smettere. Okumura fece scorrere le dita sul polso della piccola, accarezzando il braccialetto tanto delicatamente che appena lo sfiorò.

-E questo dove l’avete preso? – domandò guardando Konatsu con fare alienato.

Il kunoichi sbatté le palpebre, incapace di articolare qualunque risposta.

-Ma quello è... sembra proprio... – balbettò Gonshiro alle spalle di Okumura.

-È il motivo per cui ci troviamo qui! – sbottò lui stesso.

-E perché non ce l’avete detto subito?! – replicò piuttosto seccato Okumura, con gli occhi fuori delle orbite.

Lisciando la tunica arancione sotto le ginocchia, Gonshiro tornò a sedersi sul parquet.

-Sono così lieto che abbiate ritrovato il sacro hula hoop, temevamo di averlo perso. – espose candidamente ricevendo in cambio il rimprovero avvelenato del suo superiore: -Tu lo hai perso! Buttare il sacro hula hoop assieme ad un ammasso di paccottiglia ai margini della strada! Proprio un bel modo per ricompensare gli sforzi del tuo maestro...

Ryoga tossì per richiamarli entrambi alla sobrietà. –Scusate ma noi qui avremmo un problema, questa bambina dovrebbe avere la nostra età. – indicò Akane che succhiava placidamente il latte dal biberon.

Ma per colpa di una... ehm, fatalità è rimasta vittima di questo cerchio magico, o sacro hula hoop, come lo chiamate voi...

Gonshiro si grattò il mento e sorrise: -Direi che è stata fortunata, invece. – scambiò uno sguardo d’intesa con Okumura.

-Esattamente che cosa è il sacro hula hoop? - chiese Konatsu.

-Questo oggetto non sarebbe mai dovuto finire in mani inappropriate. – L’anziano buddista si lasciò sfuggire un altro lamento asciugandosi la fronte sudata con un fazzoletto.

-È un prestigioso premio che passa di mano in mano durante una competizione tra i monaci del Giappone. Riceverlo è un onore per qualsiasi scuola buddista che vi prenda parte, e non di rado viene lasciato ammirare durante le feste popolari. Purtroppo il mio assistente non era a conoscenza del suo enorme potere e l’ha scambiato per un oggetto ordinario... perché mai ho un allievo simile? Che ho fatto di male in un'altra vita?

Gonshiro sbiancò e fece penitenza inchinandosi fino a toccare la pelata contro il pavimento di legno. -Mi dispiace davvero tanto, maestro! Sa bene che l’ho cercato dappertutto! Ora che l’abbiamo ritrovato, la prego, anzi la scongiuro, non mi abbandoni!

Sembrava il ritratto dell'agitazione. Okumura fece il segno di tagliarsi la gola.

-Non infastidirmi con le tue suppliche, abbiamo un problema diverso da quello che temevamo, ora.

Visto che non fiatava nessuno ed Akane sembrava pronta per fare il sonnellino, il vecchio maestro riprese a narrare: -L’hula hoop del Nirvana permette a noi monaci più anziani di abbandonare le pene di questo mondo, salutando i nostri compagni con un sorriso. Infatti basta qualche giro d’hula hoop e il fortunato monaco scompare proiettandosi nel Nirvana, dove non esiste più dolore, né brama.

-Ah, ah! Intelessante... – sbadigliò Shampoo, osservando con invidia la bimba che dormiva.

-Ci sono due modi per usare il sacro hula hoop: se lo si fa ruotare in senso orario, la vita scorre in avanti e s’invecchia rotazione dopo rotazione fino a scomparire. Resta solo il cerchio che alla fine dei cicli torna a materializzarsi. Se viceversa il cerchio gira in senso antiorario, il soggetto ringiovanisce. Ma in entrambi i casi chi lo usa è destinato a raggiungere lo splendore del Nirvana e sparire da questo mondo dietro un bagliore: inoltre, una volta che si è dato il via al cerchio, l’hula hoop continua a girare con moto proprio finché non ha terminato i suoi volteggi.- spiegò scrutando l'infante muoversi nel sonno. –Non è possibile fermarlo, o almeno così credevo fino a un momento fa...


***


Gli frullavano in testa milioni di pensieri.

Aveva perso la ragione. Non era riuscito a restare lucido alla vista della ragazza, in cui non si era più imbattuto da parecchio tempo a quella parte. Akane gli era mancata, averla come amica di penna non era lo stesso...

Era stato così incosciente!

Lei sarebbe potuta trapassare definitivamente, se non avesse... se non avesse...

-Io ho fermato il cerchio prima che Akane scomparisse nel nulla. – deglutì per cercare di calmare il fremito della voce.

La sensazione che aveva provato allora era stata il campanello d’allarme, aveva sentito una vocina dentro che gli diceva: afferrala.

E se non l’avesse ascoltata?

-Ryoga. - lo richiamò Saotome infierendo sulla sua testa con un pugnetto. –C’è mancato davvero poco, stupido porco!

-Vuoi lottare? – ribatté alzandosi in piedi di scatto, minacciandolo a sua volta. Sentì le giunture formicolare per via del tempo passato a sedere sui talloni.

Ranma scosse il capo, storcendo le labbra in risposta e restò giù.

Tornò a sedere sui talloni riprendendo il discorso interrotto: -Ho fermato l’hula hoop, quindi ho davvero impedito ad Akane di lasciare questo mondo...

Gonshiro annuì. –È così. Se non ti fossi intromesso, il sacro rito si sarebbe compiuto.

-Ma esiste un modo per liberare Akane? – quella domanda sembrò restare sospesa nell’aria, in attesa che una risposta affermativa la riportasse giù, ripiegandola nel suo cassetto delle belle speranze. Quello dove per molto tempo aveva chiuso anche il sorriso di Akari.

-Gonshiro. – chiamò Okumura-san. –Voglio esserne sicuro. Va' a prendere quel libro...

-Quello che mi avete fatto vedere l’altro ieri?

-Esattamente.

Il novizio fece un piccolo inchino e uscì di corsa.

Okumura distese la schiena tirando indietro le spalle, poi si mise a scrutarli ad uno ad uno.

Di riflesso, sporse la testa anche lui studiando gli atteggiamenti degli altri.

Akane dormiva beata, mentre Konatsu e Ranma le stavano sistemando la copertina addosso.

Shampoo, con un'espressione infastidita, spostò il peso da un tallone all’altro lamentandosi a bassa voce che non era così che si era immaginata l’appuntamento con il suo “ailen.”

Non avrebbe provato a convincerla del contrario, sapeva benissimo che sarebbe stato del tutto inutile farle notare che non erano ad un appuntamento galante. E che Ranma pensava anzitutto ad occuparsi di Akane.

Erano cose che avrebbe dovuto imparare da sola, come aveva fatto lui quando aveva deciso di fare sul serio con Akari.

Pensare ad Akane come ad una coetanea che non lo ricambiava e che non aveva amato come avrebbe voluto fare non lo feriva più, non aveva nessuna scusa per alzare le mani sul ragazzo col codino.

Non erano rivali d'amore, non più, oramai.

Ma poi, col passare del tempo si era reso conto che una parte di lui era ancora saldamente legata a lei. Nonostante i cambiamenti trascorsi, il distacco e tutto l'amore che riceveva da Akari, questo suo lato nascosto era riemerso in superficie.

Come un demone potente, che risorgendo dai suoi incubi ricorrenti lo aveva paralizzato, e se c'era un fatto peggiore di questo, era che non sapeva affatto come svegliarsi.


***


Sfilò il libro dalla mensola nella stanza del maestro e della polvere gli solleticò l’olfatto.

Starnutì per due volte di seguito e controllò la copertina.

Il titolo recitava “La Grande Enciclopedia Buddista di Oggettistica Tradizionale” con i caratteri d’oro stampati sullo sfondo scarlatto.

Lo aprì e lo scorse velocemente.

Nel complesso, il tomo sembrava conservarsi in buono stato, le pagine non si erano ingiallite e non c'erano sottolineature o scarabocchi, come nei suoi vecchi libri di studio.

Notò che un paio di pagine erano andate perse, interrompendo la cronologia del testo, poi convinto di aver perso fin troppo tempo lo richiuse.

Attraversò il corridoio a passo svelto e scese le scale stringendo il libro al petto. La seconda stanza a sinistra aveva la porta scorrevole ancora aperta, così raggiunse in un baleno i suoi ospiti.

Dopo la mattina passata a lottare contro il maestro non aveva più fiato per correre.

Tutti gli occhi puntarono avidamente su di lui mentre veniva colpito da una fitta alla milza, ma dopotutto era riuscito a porgere il libro tanto atteso.

Una volta che prese il tomo, Okumura andò subito all’indice e sfogliò l’opera lasciando che una pagina volasse via nella concitazione generale.

-Ah, eccolo qua. Come ricordavo!

Il ragazzo col codino li interrogò irrequieto: -Allora? Cosa dice?








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Capitolo 10
*** From Tokyo to Hakodate ***


From Tokyo to Hakodate


***

-Leggete voi stessi la “Storia del sacro cerchio”.- suggerì Okumura passandogli lo scritto, mentre al contempo Ryoga, Konatsu e Shampoo lo accerchiarono desiderosi di fare altrettanto.

Nessuno lesse ad alta voce, il momento era troppo importante perché qualcuno si ergesse a narratore ed ottenesse per sé gli ascolti. Così guardò dentro al libro, in cerca della soluzione che tanto aveva atteso...

***

Correva il terzo anno dell’era Tenshō e in un villaggio oggi chiamato Hakodate accadevano fatti misteriosi.

Giorno dopo giorno, venivano ritrovati cadaveri di bambini carbonizzati appartenenti a diverse famiglie del luogo. Non c'era un motivo apparente.

I ritrovamenti accadevano in luoghi all’aperto, posti dove di solito i giovani andavano a giocare. La cosa più incredibile era la mancanza di segni di focolai accesi nei luoghi del delitto, o di armi. Perciò a molti bambini venne vietato di uscire. C’era in quel villaggio una miko, figlia del sacerdote di un tempio Shinto, chiamata Yuriko. Ella ebbe compassione delle madri in lacrime e decise d’indagare sullo strano fenomeno che terrorizzava il suo villaggio.

Yuriko aveva la capacità di percepire l’impronta negativa lasciata negli oggetti, oltre ad altre doti singolari. Un giorno, vicino al lago vide Shun, figlio di un pescatore del villaggio, raccattare un cerchio da terra.

Il cerchio emanava una forte negatività, ma Yuriko era sull’altra sponda del lago e Shun troppo lontano per sentirla gridare. La sacerdotessa allora si tuffò, nuotando con tutta la forza che aveva, ma intanto il giovane cominciò a giocare con il cerchio.

Il grande anello s’arroventò e sprigionò del fumo, mentre il bambino al suo interno divenne una torcia umana.

Quando Yuriko raggiunse la riva, del bambino non era rimasto altro che della cenere fumante. Da quel cerchio, allora, uscì ringhiando uno spirito di cane albino. Vento, acqua, terra, lampo e fuoco si sprigionavano dalle estremità delle cinque code di quella bestia.

-Non metterti contro di me, strega! – la minacciò l’Hōkō lanciando un fulmine dalla coda, che le sfiorò la guancia, andando a colpire un albero dietro di lei.

Per tutta risposta Yuriko prese il pugnale che aveva con sé, ingaggiando la lotta.

Con un balzo l’Hōkō le addentò un braccio, lasciandole un moncherino sanguinante dal gomito in giù. Nell’azione, il pugnale della miko cadde, perdendosi sull’erba, vicino al braccio. La vista le si annebbiò di lacrime e di rabbia.

Disperata la sacerdotessa rotolò a terra seguendo a memoria la traiettoria del tanto, fino a quando strisciando sul gomito “buono” lo ritrovò.

Questa volta, quando il grosso cane le si avventò contro lo ferì sopra la spalla, così che il demone si ritirò di qualche spanna. Approfittando del momento di stallo, Yuriko prese il cerchio e fuggì verso il tempio di suo padre.

Quando il monaco la vide in quello stato fece subito preparare un letto, le fasciò la ferita e mandò a chiamare urgentemente il medico del villaggio. Il cerchio che la figlia aveva portato venne richiuso in un baule e sigillato con un potente o-fuda.

Yuriko era molto grave, il dottore non sapeva se avrebbe passato la notte. D’un tratto vicino al tempio si levarono degli ululati e la giovane miko si alzò. Disobbedendo all'ordine di suo padre la ragazza uscì fuori dal tempio.

L’Hōkō la stava aspettando. Appena la vide, gettò l’arto che le aveva spezzato a terra. -Dammi il cerchio in cambio. È mio. – affermò il cane spingendo il braccio con il muso, fino a farlo rotolare verso di lei.

-Non potrai più nasconderti in quell'oggetto, ma siccome hai preso qualcosa di mio, d’ora in avanti sarò io a prenderti con me. – ribatté la contendente.

L’Hōkō le lanciò contro un uragano di vento e acqua agitando due delle code, ma la miko non venne scossa dall'intemperia.

-Vedi, c’è un legame tra noi, riesco a respingere i tuoi attacchi. È come un dono.

-Quale maleficio hai fatto? – replicò la belva ringhiando.

-Io ti ho già incontrato. Sono stata io a seppellirti per la seconda volta – rispose quella ansimando per riprendere il fiato. –Tu sarai il mio spirito tutelare o morrai assieme a me. Sarò la tua padrona o la tua tomba. – Si avvicinò accarezzando il dorso dell’animale.

Dopo quasi un ora tornò nella sua stanza, stremata.

Nel sonno febbrile, Yuriko ebbe l’apparizione di Amida Buddha che le rivelò la sua morte imminente. La divinità le disse che avrebbe purificato il cerchio oscuro trasformandolo in una via per il Nirvana.

Riguardo al cerchio le fu detto anche che l’inugami non avrebbe più dovuto possederlo e il grande anello così consacrato sarebbe dovuto restare protetto dentro a proprietà monastiche, per evitare altre guerre di sorta.

In cambio la ragazza una volta trapassata sarebbe dovuta restare sulla terra per adempiere ai suoi doveri d'inugami-mochi, anche da fantasma. Lei accettò. E così nel villaggio tornò la pace.

***

La mano di Ryoga cercava di alzare l’angolo inferiore della pagina, mentre con la sua glielo stava impedendo.

Ehi Ranma! Datti una mossa. Ti spiacerebbe voltare? Demoni! Come sei lento...

Girò il foglio. C’era un trafiletto interessante dal titolo: “La nascita dell’Hōkō.

-Uhm, questa leggenda la conosco! – dichiarò Konatsu, che assunse l'aria da saputello: -Per creare un inugami si eseguiva un rito che consisteva nel seppellire il proprio cane fin sotto al collo nel terreno allo scopo di lasciarlo morire di fame e di stenti. Raccapricciante, non trovate?

-Qui dice... – continuò Shampoo – che gli si lasciava una ciotola piena di cibo, ma fuoli poltata per fallo montale di labbia! Oh! E quando ela allo stlemo della fame lo si decapitava!

Konatsu annuì. -Era in quel momento che il cane si trasformava in inugami e il proprietario gli imponeva di obbedirgli! Di solito il padrone gli chiede di vendicare la sua famiglia per regolare dei conti d’onore, o per vendetta personale.

-Non potrei mai fare una cosa così crudele a Biancanera ho i brividi solo al pensiero... Ma sentite qua! – Ryoga indicò un rigo esatto del paragrafo: –L’Hōkō venne sepolto quando era ancora un cane randagio, da un gruppo di bambini che volevano emulare questo rito per puro divertimento, per vedere se funzionava. Lo lasciarono nella buca e, per misurare la distanza dalla ciotola, vi posero un cerchio. Quando il cane venne decapitato la sua testa raggiunse la ciotola e ne fece un sol boccone, poi passò a sbranare i bambini che lo avevano torturato. E da allora si vendicò su ogni bambino che trovò sulla sua strada. Mentre il cerchio che aveva assorbito parte della sua energia nei giorni della fame divenne il suo rifugio dal resto del mondo. L’Hōkō manifestò fin da subito un grosso potere persino per un inugami...

-Yuriko deve aver trovato il cadavere del cane proprio dopo il sacrificio e deve averlo seppellito. – sussurrò Konatsu tra lo sgomento generale.

***

Quei giovani e sfortunati ragazzi erano chini sul libro da troppo tempo. Decise con l'autorità che aveva d'interromperli, quindi si schiarì la voce per richiamarli.

Dovete recarvi a Hakodate ed evocare Yuriko e il suo inugami... solo lei può aiutarvi. Ma vi avverto; si dice che nessuno sia mai uscito illeso dai sentieri di quel bosco... il bosco dove è situato il loro tempio.

Il ragazzo che si chiamava Ryoga frugò nelle sue tasche, estraendo una sbiadita cartina stradale. –Piuttosto, Hakodate è molto distante? – A quella domanda lui e il suo allievo si guardarono perplessi.

All’improvviso il giovane col codino si fiondò alle sue spalle, per massaggiargliele. Alzò un sopracciglio fissandolo di traverso.

Ranma tentò il più disteso dei suoi sorrisi. -Grande Okumura, non è che ci darebbe... ehm, un passaggio al volo?

Lo scacciò piantandogli la punta acuminata del suo bastone su un piede.

-Non se ne parla. Ci avete derubato del sacro hula-hoop e dovrei anche portarvi fino a Kyushu? Ahahahah, questa è buona!

-Ma maestro, il ragazzo non ha tutti i torti... – provò ad intercedere Gonshiro.

-Cosa? Cosa?- tuonò con aria di riprovazione.

-Vedete, voi avete un conto in sospeso con quella ragazza.- indicò la cinesina con un cenno del capo. – E loro adesso ne hanno uno con noi...

-Non sono stato certo io a perdere il sacro cerchio! – rispose ancora più adirato, facendo sobbalzare il suo sottoposto. -Non voglio essere coinvolto! Non ci andrò!

-Ma coinvolto lo siete già, perciò dovete liberarvi di questo peso e l’unico modo per farlo è accompagnare questi giovani al loro destino, solo così potrete distaccarvi del superfluo e tornare a pregare il nembutsu serenamente...

Si fermò a riflettere. Sembrava proprio che l’allievo avesse superato il maestro. Forse poteva fare ancora qualcosa di Gonshiro.

-Mm... se così piace a Buddha. E sia. In fondo Hakodate è il mio paese d'origine. Forse è tempo che torni a far visita ai miei...

***

Alcuni passanti si fermarono per osservare con estremo interesse il grande corvo carico di bagagli, immobile, nel cortile del tempio Zojoji.

I più giovani scattavano foto con i loro telefonini.

Obaba era intenta a parlare con Mousse e Shampoo.

Anche i genitori di Ranma e la famiglia Tendo si erano riuniti per dar loro un saluto, prima che partissero.

-Tornate presto! – implorò Soun aggrappandosi alle spalle di Ranma con la forza di uno scalatore sul punto di cadere da una rupe. Sia Ranma che Ryoga rassicurarono il padre di Akane, il quale mutò il tono di voce, assumendo un timbro cavernoso, che sembrava appartenere più ad un demone che ad un essere umano.

-Fate ciò che dovete, altrimenti è meglio che non facciate ritorno a casa mia! Capito?

Kasumi afferrò il padre per un braccio. –Papà... Non sta bene fare certe scenate in pubblico!

-Portatemi qualche souvenir! – aggiunse Nabiki.

Addio!” recitava il cartello del grosso panda, mentre dei bambini dell’asilo, venuti in gita, cercavano di cavalcarlo.

-Abbi cura di te! – aggiunse Nodoka, baciando Ranma sulla guancia.

Tutti hanno qualcuno da salutare... singhiozzò.

-E adesso mi spieghi perché stai piangendo, Konatsu?

Si aggrappò alla padroncina, appoggiando la fronte alla sua spalla.

-I saluti mi commuovono sempre!

La padroncina, presa alla sprovvista da quello strano abbraccio, lo incoraggiò con due pacche sulla schiena. – Su, su! Torneremo presto!



***





Un piccola raccomandazione riguardo al rito per creare un inugami. Vorrei che fosse chiaro che si tratta di una leggenda, una sorta di superstizione orientale.

Penso che sia facile intuire che è un rito crudele, barbaro e inutile.

Accudite i vostri animali domestici e non fategli del male, loro di sicuro vi ringrazieranno in un modo speciale, coccolandovi come solo loro sanno fare.



***

Ed ora le NOTE.

Inugami: spirito servitore di cane.

Inugami mochi: possessore dello spirito servitore.

Hōkō: Spirito cane dalle cinque code, di terra, fuoco, acqua, vento, lampo.

Miko: sacerdotessa shintoista.

Nenbutsu: sono invocazioni del buddha Amitàbha nel mantra.

O-fuda: sacre pergamene.

Tanto: pugnale.

Shinto: deriva da Shintoismo.

Lo Shintoismo non ebbe un nome fino a che non divenne necessario distinguerlo dal Buddhismo nel secolo VIII d.C.

Quest'ultimo non penetrò spazzando via la precedente fede giapponese, ma al contrario contribuì alla sua consolidazione.

Esso legittimò infatti tutti gli dèi giapponesi dello shintoismo, considerandoli come entità sovrannaturali intrappolate nel ciclo delle rinascite.

Poiché lo Shintoismo è coesistito pacificamente con il Buddhismo per oltre un millennio è molto difficile separare le credenze buddhiste da quelle shintoiste.

Si può dire che mentre il Buddhismo enfatizza la vita dopo la morte, lo Shintoismo enfatizza questa vita e la ricerca della felicità in essa; sebbene abbiano prospettive molto diverse sul mondo, la maggior parte dei giapponesi non vede alcuna necessità di riconciliare le due religioni e pertanto le pratica entrambe.

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Capitolo 11
*** The ghost ***


The ghost



Dare consigli è da sciocco;

darne di buoni è addirittura fatale.”

(Oscar Wilde)

***

Pioveva.

-Miaaaaaaaaaa!

Il sole, dovunque si fosse nascosto, stava tramontando, lasciando lungo l'orizzonte l'ultima traccia luminosa di sé, prima di scomparire in un grigiore desolante.

I vestiti gli aderivano addosso e il suo corpo si stava irrigidendo un po' per via del freddo e un po' per l'altezza.

Già questo poteva sembrare brutto, ma c'era di peggio.

-Miaaaaaaaaaaa!

Spuntò un lampo mentre Ucchan lo afferrò per una spalla, impedendogli di perdere anche l'ultimo brandello di ragione e sbilanciarsi quanto bastava per cadere nel vuoto.

Dal dorso del volatile, poteva osservare la monotonia delle case disposte come tanti soldatini sull'attenti, cercando di distrarsi dal suo debolissimo stato psicologico. Invidiava Mousse; quel papero occhialuto si era messo a volare, libero e felice, vicino a loro.

Era tentato di strappare le penne del maestro Okumura, per impegnarsi in qualcosa che non lo facesse ululare dal dolore, ma non poteva darsi ad una crisi isterica o sarebbero precipitati per colpa sua. Tuttavia, dimenticare il tormento di quelle unghiate feline sulla sua pelle era un'impresa troppo ardua per lui.

Sentì le lacrime affiorare negli angoli degli occhi. Ma non voleva pensarci ora, doveva resistere. Quel tormento sarebbe terminato una volta giunti ad Hakodate.

-Miaaaaaaaaaaaaauuu!

Konatsu reggeva l'unico ombrello che avevano, riparando Akane. Gli altri avrebbero dovuto sopportare quella doccia improvvisa con lui fino alla fine del loro viaggio. P-chan sembrava non curarsene molto, infatti si era trovato un posto che sembrava fatto su misura per lui, uno spazietto sulla nuca dello yagatarasu.

La gatta invece, le cui grida gli stavano facendo uscire il sangue dalle orecchie, si era agganciata saldamente sulla schiena e non voleva sapere di sganciarsi. I segni che gli aveva tracciato non sarebbero scomparsi con della semplice acqua calda e un colpo di spugna.

-Qualcuno mi tolga questa "cosa" dalla schiena! - li implorò giunto al limite della sopportazione. Fu quella buonanima di Ukyo a separarlo dalla micina inzuppata.

Considerando che il tempo stava migliorando e che era di nuovo padrone di sé, prese Akane dalle braccia di Konatsu.

Si accorse che lo yatagarasu stava perdendo progressivamente quota. Era un buon segno? Significava che stavano atterrando, magari?

-Ehi! Vedo il tempio di Yuriko! - gli indicò Ucchan.

Con un leggero schiaffo delle mani la piccola Akane lo palpò, sembrava come se volesse poppare dal suo seno femminile mentre sul suo viso apparve una smorfia curiosa, una specie di tic all'occhio destro.

Ti prego Akane, non metterti a frignare adesso!

Giusto perché i guai arrivano sempre in coppia come le ciliegie, Ukyo si sporse sopra la sua spalla e confermò la sua paura: -Guardala, Ranchan! Credo proprio che abbia fame!

-Shhh! Zitta! Non metterle in testa strane idee... - rispose mettendo il pollice della bambina in quella bocca sdentata, così per sicurezza.

-Craaaak! Craaaak! - Ranma udì l'uccellaccio nero, ma non capì che li stava avvisando dell'imminente picchiata verso il suolo e si trovò sbalzato in avanti, la faccia immersa nel piumaggio umido, mentre cercava di non gravare il suo peso sulla fidanzata. Si sentiva formicolare dappertutto.

Quando riaprì gli occhi vide che si trovavano nel bel mezzo di un sentiero di terra battuta, immersi nel verde. Lo shimenawa* e le lanterne ai lati del sentiero li avrebbero guidati al santuario.

Il corvo tese le ali per far loro cenno di scendere e il suino usò l'ala sinistra come lo scivolo di un vero aereo. Sospirò e scese. Anche lui era felice di poter mettere i piedi a terra. Ne aveva abbastanza di quei voli di fortuna. La prossima volta avrebbe messo da parte dei soldi e fatto la fila all'aeroporto, come tutti i suoi connazionali.

-Craaaaaak! Craaaaaak! Craaaak!

-Credo che il maestro Okumura ci voglia dire qualcosa... - suppose Konatsu.

Ci mancavano solo i rebus!

-Non abbiamo tempo per questo! - Sbottò con voce più femminile di quanto volesse, esasperato dal pennuto. -Vuol venire con noi al tempio? - propose afferrandogli l'estremità dell'ala sinistra.

Lo yatagarasu si ritrasse bruscamente perdendo alcune penne, barcollò sulle tre zampe fino a ruzzolare giù dal pendio, dove con ben poca disinvoltura riuscì a rimettersi in piedi, starnazzando.

-Addio vecchio Okumura! - gridò nella sua direzione, conscio che il suscettibile corvaccio si era già fatto troppo lontano per udirlo.

***

Dai Ryoga, sforzati. Dove sono tutti gli altri?

Rivide nella sua testa Ranma ragazza che salutava il sacerdote. Un uomo panciuto con grossi baffi che si era presentato a loro, sorpreso di avere delle visite con un temporale simile.

E infine Ukyo, quella stupida, che lo metteva zampe a terra per togliersi le scarpe e salutare il sacerdote a sua volta.

Poi il nulla cosmico.

O meglio, da lì tutto era cominciato. Aveva sentito il bisogno di cercare il bagno, si sarebbe accontentato anche di una piccola pianta...

Il vento ululò e lui rabbrividì per il freddo che oramai lo rivestiva come una seconda pelle. Adesso pensava che avrebbe fatto meglio a tenersela.

Magari se faccio silenzio e ho fortuna riesco a sentirli...

Se solo fosse riuscito a ritrovare gli altri in tempo utile! Già sentiva Ranma canzonarlo per la sua prolungata scomparsa. Serrò le palpebre e scosse il capo. Un tuono.

Quando riaprì gli occhi, vide un enorme musone mostrargli i denti aguzzi. Che diavolo era quello? Perché aveva l'aria di volerlo mangiare in un sol boccone?

-Uwof! Uwof! - il mostruoso cane partì alle sue calcagna.

Corse via, le anche giunte al limite del possibile oramai sembravano volersi staccare dal tronco, era una questione di tempo. Per quanto a lungo avrebbe avuto il fiato nella sua piccola cassa toracica?

L'acqua, i cani perdono il fiuto con l'acqua! pensò e si gettò fuori, sotto la pioggia col segugio che si teneva ancora molto bene dietro di lui. Poteva sentire il suo respiro affannoso alternarsi ad un rantolo di protesta.

Pensa Ryoga, pensa più intensamente che puoi!

Si nascose dietro ad una statua di komainu, nella speranza che il cane demordesse dai suoi intenti. In quel momento un lampo rese vano il suo tentativo di diventare invisibile.

La bestiaccia si alzò minacciosa su due zampe.

- Squeeeak!

Salì sulla testa leonina, tremando come una foglia. Con un balzo il cane lo sfiorò, col secondo lo morse ad un orecchio, tirandolo giù dalla statua a protezione del tempio.

- Koko! Che succede? - sentì alcuni passi. Il cuore gli martellava in petto, quasi volesse uscire dal suo corpo suino e lasciarlo lì, stecchito.

Appena l'animale allentò la presa decise il da farsi. Schizzò come una sfera impazzita di un flipper, balzando da un albero all'altro, e infine puntò verso... uno shoji?

-Squeeeak! - si coprì il muso con le zampe consapevole dell'impatto imminente. Stavolta avrebbe giurato che non ne sarebbe uscito indenne.

***

Quel "coso" che aveva perforato il pannello di un edificio fatiscente doveva essere Ryoga. L'unico che non era tornato “normale” perché era scomparso subito dopo il nubifragio.

Perlomeno non aveva assistito all'attacco d'ansia del sacerdote nello scoprire le loro maledizioni. Hyobe, così si chiamava quell'uomo, per poco non era svenuto per la sorpresa! E quante domande gli aveva fatto!

Seguirono il mistico fino all'ingresso dell'edificio colpito, dove il monaco prese dalla tasca dei pantaloni un mazzo di chiavi, mentre un cane sopraggiungeva sul posto, annusando i suoi piedi.

Il monaco scelse una piccola chiave dal mazzo e la girò nella toppa e intanto che aspettava che aprisse, chissà perché, Ranma si chiese se fosse finito nel posto giusto.

-Questo è un luogo vietato ai visitatori, fa parte della dimora di famiglia e per la verità non mi è permesso violare il regolamento in alcun modo...

La porta scorrevole cigolò e il monaco, come ricordandosi qualcosa, sbiancò. -Tuttavia se voleste accompagnarmi ve ne sarei grato, sapete io soffro di cuore!- così dicendo prese Ucchan per le spalle e la sospinse fin dentro al corridoio, mentre il cane gli passava tra le gambe.

Lasciò l'ombrello prestatogli per l'occorrenza dal monaco a sgocciolare contro la parete, vicino a quelli dei compagni. L'edificio odorava di vecchio e stantio.

La prima stanza che videro era un salotto arredato semplicemente, aveva un tavolino con del brucia-incenso e quattro vecchi cuscini per accomodarsi ai lati. Sotto alla mensola degli dei erano cresciute delle ragnatele.

Tra le tavolette votive e gli scrigni, riconobbe gli o-fuda di Hachiman, di Inari, una statuetta di Amaterasu ed un'altra di Acala. Un arco era rimasto poggiato contro l'angolo della parete.

-Squeeek! Squeeek! - uno dei cuscini, d'improvviso, si animò.

Al vederlo Hyobe sobbalzò, portandosi una mano al cappello di taffetà. Koko annusò il copricuscino e uggiolò. Facendo attenzione mise il piede sopra la protuberanza del guanciale e poi prontamente lo bloccò.

Anticipando gli altri, si piegò sui ginocchi. -Non è un ladro, è solo uno stupido porco, vede? - disse svelando il trucco all'impressionabile monaco. Che “strano” funzionario degli dei aveva di fronte, impaurito per così poco!

L'uomo si lasciò cadere su uno degli altri posti a sedere, lisciando con una mano una delle sue ampie maniche. -Che fortuna che non sia un ladro!- rise tradendo un accento nervoso. -È solo un maiale, Koko! - spiegò al suo cane e poi si fece vento con una mano sul viso ancora affaticato.

Anche gli altri si sederono, radunandosi attorno al tavolino. Pareva assurdo che in tutto questo Akane riuscisse a dormirsene beata, tra le braccia del kunoichi che le puliva il nasetto.

-Ma questa casa da quanto non viene areata? C'è un aria così viziata! - esclamò Ucchan con una smorfia. -È velo! C'è un odole tellibile. - rilanciò annuendo a sua volta Shampoo.

Il sacerdote poggiò il viso tra le mani a coppa emettendo un lungo sospiro:

-Questa era la casa dei miei antenati, è stata impenetrabile per molti, molti anni, dopo la morte d... della miko di Hakodate, Yuriko... voi conoscete la sua storia? - li guardò.

-Sì, eh? Beh, quello non era niente... Dobbiamo tornare al dormitorio. - si alzò in piedi risoluto. -Ho un brutto presentimento!

I pannelli che davano sulla veranda erano stati lasciati semiaperti, infatti videro un fulmine illuminare il cortile a giorno mentre il sacerdote finiva di parlare.

-La foresta è p-p-pericolosa, ogni albero, ogni fuscello non è mai quello che sembra, i vostri sogni si mischiano ai vostri incubi ed abitano la foresta, se non avete uno spirito retto per affrontarli l'Hōkō vi distruggerà, non sfidate incautamente il suo potere. Loro non vogliono che stiate qui, vi troveranno e...

Si alzò da terra: -Loro chi?

Un secondo lampo, violento, e vide il fantasma di Yuriko apparire sotto la pioggia battente.

Vestiva l'abito cerimoniale e, com'era noto, le mancava un braccio.

I capelli bruni legati in due code basse erano a loro volta intrecciati con dei nastri rossi. I suoi occhi feroci lo inchiodarono. -Andate via! - era lontana eppure la sua voce gelida e suadente gli sembrò un sussurro nell'orecchio.

Yuriko spostò lo sguardo su Akane, non c'era dubbio che stesse mirando a lei. Era un chiaro ammonimento.

Un terzo lampo lo abbagliò e un istante dopo la sacerdotessa si era dissolta, lasciando Koko, che aveva abbaiato fin dalla sua comparsa, ammutolito.

Hyobe si batté i palmi sulle guance come per riprendersi dallo sgomento. -Lo sapevo. Loro non vi vogliono, siete portatori di sventura! Ed io non dovevo portarvi qui! Cosa ho fatto! La nostra protettrice ora è arrabbiata. Non è affatto un buon segno.

Voltandosi verso il funzionario degli dei, Ucchan lo prese a schiaffi. -Si calmi! Noi non vogliamo fare alcun male né a lei, né a questo santuario... dobbiamo solo parlare con quel fantasma. - tentò poi di scrollarlo per le spalle. Gli occhi di Hyobe erano persi nel vuoto.

-Accidenti è svenuto! - commentò Mousse poco dopo, mente Ukyo lo lasciava cadere al suolo come un sacco di patate.

Shampoo si strinse nelle spalle. -Beh, almeno stanotte dolmilemo al copelto.

-Squeeeek!

Tutti quanti abbassarono lo sguardo sul porcellino.

-Scommetto che vuoi che ti riempiamo il bollitore, vero P-chan?

***



Hyobe theme song:Have You Ever Seen The Rain - Creedence Clearwater Revival



NOTE

Acala: È una manifestazione del Buddha vairocana, detto anche guidice dei morti.

Hachiman: dio del tiro con l'arco e della guerra.

Amaterasu: Dea del sole. È considerata la mitica antenata della famiglia imperiale giapponese.

Inari: dea o dio (è anche androgino) della fertilità, del riso, delle volpi e dell'industria.

Shimenawa: è una corda formata da fuscelli di paglia di riso arrotolati. È appesa all'ingresso dei santuari per separare i luoghi sacri da quelli secolari.

Ogni famiglia scintoista possiede una Kamidane (mensola per gli dei), che in genere è situata nel salotto e consiste in un'asse infissa nel muro su cui sono disposti uno o più piccoli scrigni (Miya) di legno rosso, nonché delle tavolette che riportano i nomi dei Kami più venerati e alcune statuette di dei portafortuna; vi sono utensili per compiere i sacrifici casalinghi. L'anima è custodita in un piccolo scrigno di legno detto Mitamaya (casa dell'anima illustre), che si pone nella casa della famiglia prima del funerale.



Lo Shinto, che non riconosce un Dio supremo, è un culto politeistico della natura e degli antenati.

Il culto scintoista si rivolge solo ai Kami, gli "esseri divini" che possono essere in ogni cosa: nei fiumi, negli alberi, nelle montagne e nei defunti

(questi ultimi sono un gradino al di sotto degli antichi dei e degli antenati imperiali).

La parola shinto deriva dal cinese shen (spirito) e to (via), e può essere tradotta come “via degli spiriti”.

Secondo la mitologia shintoista all'inizio esisteva un'unica cosa, in seguito

si ebbero il Cielo e la Terra, dal cielo apparvero i Kami e tra loro una coppia che diede origine al Giappone, ad altri kami, alla flora, alla fauna e alle persone.

Si parla di un numero di divinità che va da 80 a 800 mila; da ciò deriva la definizione del Giappone «Shinkoku» che vuol dire «paese degli dei».

I sacerdoti shintoisti, che si definiscono «funzionari degli dei», si distinguono in diverse categorie.

Possono sposarsi e tramandano ereditariamente la loro carica nella famiglia. Oltre alle loro cariche religiose, esplicano anche una professione e indossano l'abito sacerdotale, che consiste in una veste bianca e sciolta con ampie maniche e in un berretto di taffetà nero.

Il fedele, nella sua attività di culto, considera gli esseri divini come donatori di beni terreni; nelle preghiere si implorano prosperità, un ricco raccolto, salute, abbondanza di prole, allontanamento della sventura; il peccato e la colpa, il pentimento e la redenzione non sono oggetto di preghiere.

L'aldilà viene chiamato Yomi e non ha nulla a che vedere col nostro concetto di paradiso ed inferno, somigliando più all'antico Ade dei greci.





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Capitolo 12
*** Following the crying ***


Following the crying



La verità è sempre la stessa

in ogni sua parte.”

(Seneca)

***

La pioggia era cessata. La dottoressa si sbottonò un po' il camice e ascoltò il cuore dell'uomo con lo stetoscopio che aveva al collo.

Avevano fatto la sua conoscenza mentre monitorava le funzioni vitali del marito. “Non trovavo Hyobe da nessuna parte, poi ho sentito Koko abbaiare e mi sono accorta che la porta era aperta!”aveva detto loro, prendendo una boccata d'aria, dopo l'affannosa ricerca.

Approfittando della distrazione generale, Mousse intanto lo aveva bagnato con l'acqua calda.

La moglie del funzionario degli dei, ora che la vedeva bene come tutti gli altri, era una donna dalla corporatura minuta, con le spalle curve accentuate da un taglio di capelli corto e corvino, e portava degli occhiali con una catenella d'argento ai lati. Non appena Hyobe si lamentò nell'incoscienza, la signora li invitò ad uscire per seguirla nell'attuale dimora di famiglia.

-Ryoga, sta' attento a non fargli ciondolare la testa! - lo redarguì Ranma.

L'incombenza di caricare il peso del sacerdote svenuto naturalmente se l'erano accollata lui e Saotome, trasportandolo fino alla sua camera da letto.

-Yuriko è... Lei... Ohhh... No! No! - farneticava ancora incosciente il religioso, stringendo le mani sulle coperte con aria affranta ed esausta. La padrona di casa lo rimboccò meglio nelle coperte sussurrandogli “Shhh!” nelle orecchie.

-Dovete scusarlo. Sono certa che mio marito non intendeva spaventarvi.

Direi piuttosto che è lui, quello che è morto di paura.

-Cosa posso fare per voi? Volete qualcosa da mettere sotto ai denti? O un posto per dormire?- aggiunse lanciando un'occhiata gentile verso la piccola Akane.

-Magari.- batté le mani sul pavimento Ranma, chinandosi in segno di sentita gratitudine. Lo stava facendo a nome di tutti.

Mayu annuì fermandosi a pensare chissà cosa.

-Capita spesso di svenile, all'uomo del tempio? - domandò Shampoo.

Il sorriso di Mayu si dilatò e le spiegò per nulla infastidita: -È sempre stato cagionevole di salute, noi due ci siamo incontrati proprio all'ospedale dove lavoro...

-Oh.- fu tutto il contributo dell'amazzone alla conversazione.

Poi Mayu propose, alzandosi: -Vado a scaldarvi del riso. Sarete affamati. C'è anche del pesce avanzato se non ricordo male.

Ranma fece uno scatto verso di lei tendendo in avanti le braccia. -La ringrazio moltissimo, ma veramente prima noi vorremmo avere delle informazioni sul fantasma della miko di questo santuario...

-Certo, ne parleremo durante la cena, anche mio marito avrà bisogno di riprendere le forze una volta sveglio. -lo interruppe quella cominciando poi a canticchiare un motivo intanto che si allontanava.

Stava ancora ascoltandola quando un bimbo di quattro o cinque anni si affacciò alla porta, camminò sullo stomaco del delirante sacerdote e senza “cadere” lo sorpassò a passo lento.

Hyobe emise un lungo gemito di sofferenza e di colpo si svegliò, balzando a sedere sul futon e ripetendo con voce arrochita: -Basta Yuriko, basta!

Il fanciullo invece continuò la sua camminata fino a quando non trovò l'armadio davanti a sé, lo aprì e senza ispezionarlo nemmeno vi entrò dentro, accucciandosi in un angolino.

Impossibile. Aveva visto il bambino muoversi in uno stato catatonico, e con gli occhi sbarrati.

-Che succede? - chiese Mayu tornando nella stanza, probabilmente a causa dall'urlo del marito.

Mousse se la ritrovò dirimpetto. -Non lo so. C'è un bambino. Chi è? Da dove arriva?

-Dove sono?- si lamentò Hyobe cominciando a tossire furiosamente.

La signora dette la precedenza al marito. -Ti ho portato a casa, tesoro. Non preoccuparti, ho chiuso a chiave e tappato il buco nel vecchio palazzo. Vado a preparare uno spuntino per i nostri ospiti. Non svegliare Katashi, mi raccomando. - Quindi, ignorando Mousse tornò alle sue cose, in cucina, lasciandoli tutti allibiti.

-Katashi? -ripeté Konatsu. – È per caso il bambino dentro l'armadio?

Guardò Ukyo che si era sporta fin dentro al mobile per osservarlo più da vicino. Con un gesto del muso, Koko la scansò e tirò fuori con estrema cautela Katashi, tenendo il piccolo per il retro della maglietta gialla.

-Sì, è nostro figlio. – confermò Hyobe dopo un'eternità passandosi una mano sul viso e grattandosi il mento con aria ancora inconsapevole.

-Soffre d'insonnia, non deve essere svegliato, se accadesse non si accorgerebbe di dove si trova e potrebbe avere crisi di pianto o qualcosa di simile... è mia moglie quella esperta in patologie.

Il cane rimise Katashi sulla via di camera sua, correggendolo con un piccolo strattone ogni volta che il bambino sbagliava direzione.

-È decisamente suo figlio. – commentò sarcastico Ranma sollevando le sopracciglia per sottolineare la banale evidenza. Il sacerdote grugnì, incrociando le braccia al petto. -Katashi ha molta più energia di me alla sua età, se è per questo.

La signora Mayu tornò da loro e li consigliò di trasferirsi tutti in salotto. La cena fu deliziosa.

Ma dopo aver spazzolato il piatto, e aver trangugiato anche l'ultimo boccone di dolce, Ranma tornò all'attacco: -Possiamo farle qualche domanda ora?

La donna si era accorta dell'intensità della voce di Saotome e, reggendo ora Akane tra le braccia, strinse la mano sul suo polso e il suo sguardo, da dietro le lenti, si rabbuiò.

-Questo bracciale è quello che sembra?

-Lei cosa pensa?

Hyobe batté un pugno sul tavolo. -È il sacro cerchio, ma non dovrebbe essere in questo stato, si è perfino scheggiato, guardate qui. -indicò il punto in cui si era rovinato.

-Vedete, – cercò di spiegare Konatsu. -Akane è stata vittima...

-Vittima di cosa? - si alzò in piedi il sacerdote shintō. -Ha usato il sacro cerchio senza alcun giudizio!

Mayu scoccò un'occhiataccia nella sua direzione: -Tesoro, calmati o ti verrà un altro attacco, sono sicura che c'è una spiegazione e che questi ragazzi non vogliono farci alcun male o non sarebbero tanto cordiali adesso... torna a sederti.

Saotome sbuffò, annoiato. -Lei si chiama Akane ed è la mia fidanzata...

-Così giovane? - sembrava che il responsabile del santuario di Hakodate non volesse far finire loro una frase di senso compiuto, la cosa cominciava seriamente ad irritarlo. E non era il solo.

Il ragazzo col codino prese un grosso respiro, valutando la prossima mossa stringendo il labbro inferiore tra i denti, certamente per evitare di picchiarlo. Era necessario il suo intervento.

-In realtà Akane ha la nostra età. Dobbiamo liberarla da questo arnese che ha sul polso a qualunque costo... e per farlo dobbiamo trovare Yuriko. Così ci hanno detto i monaci di Tokyo. - raccontò tutto d'un fiato.

Mousse seguitò: -Voi ci aiuterete?

Si girò verso la coppia, temendo che Hyobe andasse su tutte le furie, saltando a delle pessime conclusioni, o che li scacciasse da casa per la loro impudenza. Stranamente tutto ciò non accadde, il sacerdote annuì e infine spiegò che non sarebbe stato facile rintracciare il fantasma. Poteva indicare loro alcuni luoghi utili per iniziare le ricerche, ma fu altrettanto chiaro nel sottolineare che lui, o la sua famiglia, non volevano essere coinvolti in quella storia.

Voltandogli le spalle, Hyobe suggerì qualcosa alla moglie, in un tono troppo sottile per essere udito da qualcuno, e lei annuì in risposta.

-Ho visto che avete lasciato i vostri zaini all'ingresso.- osservò Mayu subito dopo.- Vi serviranno provviste, qualche o-fuda del nostro santuario e questo. – passò la piccola nelle mani di Ukyo e aprì il suo camice. Frugò sotto il pullover sfilando via qualcosa dal dorso, ad altezza della cintola. Era un'arma di piccolo taglio, coperta da una fodera scura.

-È il pugnale di Yuriko. Sarà un affidabile compagno di viaggio.

Era un bel manufatto, la signora stava regalando a Ranma l'antico pugnale appartenuto di generazione in generazione alla famiglia del marito.

Un cimelio il cui valore affettivo oltre che protettivo era inestimabile. Quanti curiosi avrebbero pagato per vederlo, o anche solo toccarlo con mano?

-Grazie infinite. – s'intimidì improvvisamente Saotome.

Poi si decisero a dargli delle disposizioni per la notte.

***

Pini, crittomerie, qualche rovo qua e là. Camminavano ormai da più di due ore e presto si sarebbero dovuti accampare in qualche spiazzo, preparare le tende e cercare la legna per cuocere qualcosa.

Per fortuna aveva fatto una colazione abbondante al santuario, prima di mettersi in viaggio.

Ricordò le parole del sacerdote sulla magia oscura del bosco.

Eppure, rifletteva, quel luogo non era così diverso dai boschi della sua regione. Escluso il fatto che sorgeva in una zona vulcanica.

Shampoo era al suo fianco che parlava, ma non la stava ascoltando granché. Pensava al modo più efficace per persuadere Yuriko ed il suo compagno a quattro zampe a fidarsi di loro, per far tornare finalmente Akane alla normalità. Controllò alle sue spalle. Mousse era il più vicino, lo seguiva Ryoga, poi c'era Ukyo, ma... dov'era il kunoichi? E sopratutto: dov'era Akane?

-Che succede? -domandò Shampoo guardandosi attorno confusa.

Li abbiamo persi!

Non le rispose, l'amazzone lo capì da sola. Di lì a poco, anche gli altri li raggiunsero. -Dove sono Akane e Konatsu?

Le facce dei suoi compagni furono più che esaurienti, non si erano accorti della loro assenza fino a quel momento.

Poi lo videro sbucare dalla curva del sentiero. Il ninja stava raccattando qualcosa di minuscolo da terra, levandolo in alto ammirato. Tornarono indietro di comune accordo, senza esitare.

Quello che videro una volta che lo raggiunsero li lasciò tutti quanti di stucco. Akane gli dava le spalle, legata al kunoichi con il porta-bebè, ed il suo piagnisteo era così lieve che appena lo si percepiva.

Konatsu stava mettendo in tasca un calabrone e osservandolo meglio si potevano vedere file di insetti di ogni specie e misura cercare di uscire dalle tasche della sua tuta.

Vedendoseli arrivare tutti attorno il ninja sorrise all'indirizzo di Ukyo: -Che fortuna padroncina, quanto oro, siamo ricchi! - si spostò di fronte ad un albero e afferrò uno scorpione che saliva sul suo tronco.

-Che diamine stai facendo!- la ragazza cercò di colpirlo con la spatola, ma il kunoichi arretrò e l'attacco andò a vuoto. Allora Ranma, ricordandosi dei talismani che gli avevano dato al santuario, ne prese uno dallo zaino e lo tenne premuto sulla fronte di Konatsu. Quello ebbe un sussulto e lasciò andare lo scorpione.

La sua faccia sembrò irriconoscibile quando esclamò: -Non erano pepite d'oro. Era tutta... un'allucinazione?

-Credo di sì, ti senti meglio ora? - gli chiese la cuoca avvicinandosi di qualche passo.

Un brivido lo scosse, erano forse questi gli effetti del potere dell'Hōkō e della miko di cui avevano sentito tanto parlare? Allungò le mani verso il fagotto di Konatsu. -Dammi un attimo Akane.

In quel momento una scimmia grigiastra si girò.

Al posto di Akane, c'era la sua faccia pelosa che ghignava come divertita dallo scherzo riuscito...

Il pianto di una bambina riecheggiava perso nel bosco. Il pianto di una bambina ancora in vita. Guardandosi attorno si chiese quant'era ampio quel posto e la testa cominciò a girare veloce proprio mentre sentiva il corso degli eventi precipitare.

Doveva trovare la fidanzata.

Non poteva restarsene lì, bloccato dal gelo insopportabile che lo attraversava da una parte all'altra del corpo.

Non doveva finire così, non erano quelli i piani.

Vide il ninja che lo scrutava serio, gli occhi pieni di compassione, come in procinto di piangere e tanto gli bastò per riscuotersi: -Dividiamoci e ritroviamoci qui tra un'ora, forse Akane è ancora nei paraggi!

***

Inugami and Yuriko theme song: Broken mirror - Rise Aganist

O-fuda: sacre pergamene

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Capitolo 13
*** The forest ***


The forest



"È l'odio che unisce gli esseri umani,

mentre l'amore è sempre individuale."

(G.K.Chesterton)

***



-Aiya! - si coprì la bocca con mano tremante, poi inspirò cercando di liberarsi dall'affanno.

Chissà per il favore di quale congiunzione astrale, l'aveva trovata. Lei. L'aveva trovata prima di tutti gli altri.

La bambina frignava e scuoteva ossessivamente le piccole membra e pareva proprio che cercasse di alzarsi sulla schiena. Non che avesse qualche possibilità di farcela con il sederone che si ritrovava!

Spostò lo sguardo sulla figura ricurva che la sovrastava.

La scimmia adulta era come in procinto di stringere i suoi palmi ossuti e pelosi sul collo della piccola Akane.

Un angolo della bocca si mosse in automatico, delineando un piccolo sorriso. Un retrogusto ironico e sadico allo stesso tempo le riempì il palato.

Quale visione!

Quella scimmia stava per soffocare la sua acerrima nemica... Assisteva a qualcosa che nemmeno nei suoi sogni più rosei l'avrebbe fatta diventare pura e semplice spettatrice.

***



Era fatta! Le erano sufficienti pochi attimi.

Una piccola pressione delle mani e le sue preoccupazioni l'avrebbero finalmente abbandonata.

Nessuno poteva prendersi gioco di lei.

Era arrivata perfino ad impossessarsi di quel maleodorante corpo di scimmia e non poteva mollare ora, sul più bello.

Prima che le cose le sfuggissero di mano era suo dovere chiudere i giochi. Si erano divertiti abbastanza a metterla alla prova, ma quegli sfrontati non la conoscevano affatto. Dopotutto lei era Yuriko, la famosa miko di cui raccontavano tutti i miti di Hakodate.

***



Erano quasi le nove del mattino, eppure la luce del giorno riusciva a malapena a scaldarlo, passando attraverso il fitto fogliame del bosco.

Aveva stretto la bussola tanto da romperla. E adesso non ricordava nemmeno la lezione di orientamento che aveva fatto un giorno alle scuole medie. Il muschio degli alberi segnava il nord o il sud?

Se almeno avessi seguito qualcuno del gruppo, adesso saprei cosa fare.

Si maledisse. Da perfetto incosciente qual era si era allontanato dal sentiero e non aveva preso alcun punto di riferimento per poter tornare indietro. Sentendo salire sempre di più la pressione, cominciò a tagliare alcuni pini a colpi di bandana.

Non gli restava altro che fare un bel po' di rumore, sperando di essere rintracciato da qualcuno dei suoi compagni. Arrivato al settimo albero si pentì e di colpo si arrestò. Avrebbe potuto anche uccidere qualcuno continuando quel disboscamento seriale.

Come aveva potuto essere così idiota?

Akane. Devo trovare Akane.

Stava perdendo anche la ragione. Dubitava di riuscire a ritrovare gli altri elementi del gruppo. Era tutto così frustrante. Ma poi qualcosa lo distrasse dalla sua pena.

Sentì il ripetersi di un rumore secco e regolare, un suono come di rami rotti. Proveniva dalle sue spalle. Sembravano passi.

Si voltò scoprendo che il piccolo sonnambulo del tempio l'aveva raggiunto fin lì, come se per lui il bosco non avesse segreti.

E adesso cosa faccio? Sua madre aveva detto di non svegliarlo, sarà sicuramente preoccupata per suo figlio...

Si schiarì la voce e parlò: -Katashi, cosa ci fai qui? Non è posto per un bambino questo... - non sapeva cos'altro aggiungere, né come il ragazzo avrebbe reagito al suo approccio. Se avrebbe capito, o se l'avrebbe solamente ignorato continuando per la sua strada. Trattenne il fiato per tutto il tempo in cui il ragazzino rimase in silenzio.

Quello si fermò, poi prese a grattare via la crosta di una vecchia ferita che si era fatto sul gomito.

Strinse le labbra sottili con la stizza degna dei suoi anni e socchiuse gli occhi, infine li aprì per bene. -Signore, mi aiuti. La mamma ha litigato col papà! Io non potevo star... - s'interruppe reclinando il capo da un lato e sigillando di nuovo le palpebre.

Un moto d'invidia scosse Ryoga. Quel bambino sembrava molto di più di un sonnambulo qualsiasi. Era riuscito a trovarlo senza l'aiuto di nessuno e rispondeva coscientemente alle sue domande. Com'era diverso quel Katashi da colui che credeva di aver conosciuto soltanto il giorno prima.

-I tuoi genitori sanno che giri da solo nel bosco? - chiese curioso.

Il ragazzino non rispose subito, si stropicciò intorno al naso e sotto agli occhi. -I miei genitori non devono sapere che dormo a brevi intervalli... non voglio che mi curino, è bellissimo avere tutto questo tempo a disposizione per uscire fuori... - svelò. -Le prime volte che mi svegliavo lontano da casa temevo di perdermi, ma poi tornavo sempre indietro, non appena ricadevo nel sonno. Succede perché è come se memorizzassi la strada, credo sia proprio questo il motivo. - scosse la testa. -Ma non cambiamo argomento!

Era ancora confuso dalle sue parole.

E dire che di persone stravaganti ne aveva incontrate in vita sua, ma Katashi le superava tutte.

-La situazione è grave! Mi ha sentito? - riprese a strillare il ragazzino, il collo teso. Anziché confortarlo subito della sua attenzione, Ryoga s'incupì, tornando a guardarlo con aria scrupolosa.

-Come sei riuscito a trovarmi? Sei proprio tu o... sono preda di un'allucinazione?

Il ragazzo fece uno sforzo sovrumano e aprì ancora gli occhi chiari, quindi lo afferrò per i gomiti. -Sono Katashi! Mi ascolti ora, la situazione è grave e non c'è tempo da perdere... Qualcuno ha trafugato il mitamaya di Yuriko. Non è più al suo posto, sulla mensola! Dovete ritrovarlo, è importante che venga rimesso al suo posto o nessuno sarà più al sicuro quassù, anzi nell'intera valle!

Lo scrigno dell'anima di Yuriko era scomparso proprio ora. Come se non bastasse doveva trovare prima Akane. Poggiò le mani sulle delicate spalle di Katashi. Non doveva dargli a vedere quanto era preoccupato, era ancora troppo piccolo per portarne il peso.

-Riusciremo a trovare lo scrigno, te lo prometto. Ma tu devi tornare a casa tua... io non posso riaccompagnarti. Stai molto attento, Katashi!

Un ululato destò i suoi sensi troppo quieti, doveva rialzare la guardia.

In fondo al colle, Koko aspettava mansueto il ritorno del giovane sonnambulo.

-Non si preoccupi per noi. La magia del bosco non ha presa su di me.- lo salutò e volgendosi verso Koko riprese per la sua strada.



***



In passato avrebbe lasciato al primate il tempo di finire il suo lavoro, ma ora la situazione volgeva a suo vantaggio e doveva cogliere l'attimo.

Accarezzò il bordo dello scrigno all'interno della sua tasca.

Non era riuscita ad ingannarla: quella scimmia doveva essere stata posseduta, l'energia che emanava era quella di uno spirito umano molto forte. La miko, forse?

Si umettò le labbra ed estrasse l'astuccio di legno dalla tasca dei pantaloni. Graffiò via la carta del sigillo e aprì la scatola con un fremito di trepidazione.

La scimmia gridò di sgomento mentre l'anima della miko fuoriusciva dal corpo in cui si era annidata, restia, come se l'avessero trascinata per i capelli.

Il fantasma cercò invano di aggrapparsi alla schiena dell'animale, ma il suo spirito venne infine completamente imprigionato nella scatoletta shintoista.

Chiuse il coperchio.

-Chi ha osato! Fatemi uscire, subito! - echeggiò una vocetta dalla piccola tomba di legno.

-Non glidale! E sappi che sono io, Shampoo, la sola che può dale oldini qui!

-Fammi uscire subito, sciocca! - ripeté la prigioniera, ancora più furiosa di prima.

-Shh! Impala a stal zitta o ti blucio nella tua bella scatoletta!

-No! Ti prego non farlo! Farò tutto ciò che vuoi, starò zitta e buona, mia signora!

-Così va meglio. – sorrise. -Avlai ciò che vuoi se io avlò ciò che ti oldino.

Non aveva che l'imbarazzo della scelta.

Avrebbe potuto ordinare a Yuriko di fare impazzire i suoi compagni con le sue allucinazioni, o farli suoi schiavi. Quanto a Ranma, il suo Ailen l'avrebbe amata finalmente, suggestionato in un modo o nell'altro... Per esempio Yuriko coi suoi poteri avrebbe potuto farla sembrare Akane agli occhi dell'amato cosicché lei avrebbe potuto spezzare ogni legame tra i due ed entrare in ballo come Shampoo, per consolarlo e prenderlo una volta per tutte.

Avrebbero avuto la storia d'amore che si meritava. Era difficile scegliere quale desiderio esprimere per primo, tanti ne aveva. Ripose la mitamaya nella tasca dei pantaloni. La scimmietta svenendo era crollata addosso a quell'impiastro di Akane.

La sollevò dalla coda e proprio in quel momento il futuro marito la chiamò a gran voce. -Shampoo! L'hai... l'hai trovata!

Gettata la bestiola a terra, prese la piccolina fra le braccia, cercando invano d'ignorare quel suo pianto perforante. Il suo Ailen le raggiunse in un attimo, l'espressione accigliata dipinta sul volto.

-Sta bene? - le chiese.

Per ora...

***

Fissò il soffitto della tenda, sollevata, dopo che finalmente quello stupido del fidanzato ebbe smesso di cacciarle il ciuccio in bocca: ogni volta lei lo sputava e si era arreso all'evidenza, stendendosi di nuovo al suo fianco sul futon. Credeva davvero che avrebbe abboccato? Lo aveva sopravvalutato parecchio, era più stupido di quanto immaginasse...

La sua mente era ancora in grado di ragionare come quella di una diciassettenne, solo che non riusciva a comunicare altrettanto bene. Ci aveva provato anche quella mattina ma per qualche strano motivo era riuscita a sillabare le solite inutili vocali, la A e la E, poi non riuscendo a fare di meglio si era messa a piangere.

E come sempre, l'avevano fraintesa.

Il braccio di Ranma la circondò delicatamente, mentre si muoveva nel futon, cercando una posizione migliore per dormire. Era così premuroso con lei che stentava a riconoscere il suo fidanzato. E forse era solo merito del suo rapimento, ma non le toglieva gli occhi di dosso. Dopo un quarto d'ora il russare di Mousse cominciava a farsi più vago alle sue orecchie, forse era giunta l'ora di riposare anche per lei.

-Ranma sei sveglio? - chiese Ryoga, ritrovato solo una decina di minuti prima da Konatsu, mentre si aggirava solo nel bosco.

Ce l'aveva ancora con lui? Non ne era più tanto sicura, in fondo le dispiaceva avere visto quanto Akari avesse sofferto per tutto il tempo in cui avevano convissuto.

-Cambierebbe qualcosa se rispondessi di no? - obiettò il fidanzato.

-Non ne posso più... Ho la testa che mi scoppia. Devo dirti una cosa... - sospirò amareggiato il ragazzo con la bandana.

All'improvviso si sentiva sveglia e pimpante. Ranma si era appoggiato su di un gomito per guardare il suo interlocutore in viso. -Avanti, parla.

-Supponi che ci siano due ragazze, entrambe molto carine: una di loro è la tua fidanzata e l'altra... tu sei molto legato a lei, anche se...

-Come Akari ad esempio? - s'intromise Ranma.

-Chiamala come vuoi. È un esempio. Lei è una ragazza del tuo passato.

-Allora Ukyo.

Strinse i pugni. Cominciava a voler gridare per il gran narcisismo del fidanzato, però non doveva sforzarsi, altrimenti avrebbe finito per farsela addosso per l'ennesima volta e sarebbe stato umiliante. La sua autostima ne stava risentendo amaramente.

Che gran rottura avere sei mesi con una mente di donna, mi sembra quasi d'essere invecchiata precocemente!

-Non... - proruppe ora più brusco Ryoga. -Vuoi farmi finire? O vuoi nominare anche Shampoo e Kodachi, prima?

Ranma alzò le mani in segno di resa. Ryoga sbuffò e riprese a spiegare. -Se questa ragazza ti avesse aperto il suo cuore, dicendoti tutto di lei anche riguardo ai suoi sogni e ai suoi segreti più intimi, ma fosse rimasta in qualche modo irraggiungibile per te, che avresti fatto?

Chiedere al suo fidanzato un consiglio sulle donne! Ryoga sei impazzito? Lo stai sovraccaricando, il suo cervello esploderà!

-Non capisco... Perché ti avrebbe detto tutti i suoi segreti se poi siete rimasti solo amici? E che fine ha fatto la prima ragazza, la fidanzata...

-Diciamo che tu sei venuto a conoscenza dei segreti di questa seconda ragazza, ma che lei non sa di averteli esternati... e anche la tua fidanzata ufficiale non sa... - deglutì. -di lei.- terminò con una voce che sembrava pentita di essersi lasciata sfuggire quelle parole.

Vide Ranma balzare fuori dalle coperte, dirigendosi senza alcun indugio verso il coetaneo. -Ho capito, finalmente! Stai parlando di Akane, pervertito! - era pronto a mettergli le mani al collo.

-Stai lontano dalla mia fidanzata, mi hai capito? Hai già fatto abbastanza...

Mousse si lamentò nel sonno.

La voce di Ryoga era un sibilo strozzato, quando rispose: -U-un pessimo consiglio, ci ho gi-già provato a starle lontano... non ci riesco, il problema è che quando sono in crisi con Akari, mi tornano in mente lei e quei ricordi felici...

-Eppure allora tu eri solo P-chan per lei! Se è Akane che vuoi dillo chiaramente e fatti sotto! Non me la farò rubare da uno sbruffone come te, questo è poco ma sicuro!

Accidenti! Non mi ero mai accorta che Ryoga fosse interessato a me... e Ranma è così violento quand'è geloso!

Uno schiaffo. Ryoga aveva attaccato, alla fine. -Credi ancora che l'abbia rapita perché ero geloso della tua fortuna in amore? Kami, come ti sbagli, io non l'ho pianificato! Credi che non mi sia mai neanche sforzato di comportarmi normalmente, in tanti anni, con Akane? Anche se non dormo nel suo letto come un maialino da quando ho iniziato a vedermi con Akari, è sapere che non ci tornerò più che... che mi tormenta. Perché in quei momenti per la tua fidanzata io ero solo P-chan, ma lei per me... lei non era la solita Akane... era... diversa.

Stava andando nel panico. Troppe informazioni da assimilare tutte in una notte. Ora non sarebbe più riuscita a prendere sonno. Non avrei mai voluto incoraggiare Ryoga a provare dei sentimenti per me. Accidenti! Mi dispiace così tanto... Ma no, un momento, lui mi ha preso in giro, tutto questo tempo mi ha fatto credere di essere solo un maialino ed invece...

A quel punto come a voler continuare il corso dei suoi pensieri Ranma ribatté: -Non avevi il diritto di approfittarti del tuo stato di porcello... Lei non sospettava nulla, non è mai stata una donna perspicace, lo sai anche tu.

Ranma, sei un idiota! Avresti dovuto dirmelo...

Avvertì una torsione a livello dello stomaco quando capì dell'altro. Ranma lo aveva fatto, le aveva detto che Ryoga era P-chan almeno un centinaio di volte, ma lei non gli aveva mai creduto e al contrario era stata entusiasta di vedere il fidanzato montare di un'assurda gelosia per il maialino. Tutto combaciava come in un puzzle che non era mai riuscita a fissare e che non avrebbe mai voluto vedere per intero.

Il girovago si strinse nelle spalle. -P-chan e Ryoga devono rimanere due esseri distinti per Akane. Non posso dirglielo. Se lo facessi, niente sarebbe più lo stesso tra di noi e mi sentirei completamente a disagio, non saprei più come comportarmi... però una parte di me si vergogna di avere estorto quelle confidenze quand'ero un porcellino: anche se è stato prima di conoscere Akari, questo non cambia il passato!

Piccato, Ranma espirò profondamente tra i denti per poter continuare. -Quello che è stato è stato! Dimentica questa faccenda, ti perdono per esserti... infilato nel letto de-della mia fidanzata, in parte è anche colpa mia se-se sei diventato il suo animaletto domestico. Un po' me lo sono meritato, probabilmente...

-Voi due, la volete finire una buona volta? Siete peggio delle pettegole del villaggio di Joketsuzoko. Lasciatemi dormire o ve la faccio vedere io! - La voce di Mousse suonava così bassa e inquietante che nessuno osò replicare.

***

Le vampate di fumo erano un toccasana per la stanchezza e il tepore dell'acqua era così piacevole da averle quasi fatto dimenticare le due scimmiette di montagna che stavano facendo il bagno a un metro di distanza da lei.

Sospirò cercando di pensare positivo. Akane era stata ritrovata e Ranma aveva ripreso il suo solito appetito; tutto sembrava essersi risolto per il meglio, o quasi.

Alzò lo sguardo e vide il kunoichi avanzare tra gli alberi. Si nascose scrutandolo da dietro una roccia che emergeva sull'acqua.

Con faccia paonazza il giovane si fermò davanti alla sponda, sentendo la temperatura dell'acqua con la punta di un piede. Un lembo dello scollo del suo yukata scese, offrendo la spalla sinistra all'aria fresca di montagna.

-C'è nessuno?

Si avvicinò a Konatsu nuotando silenziosa.

-Ah! Signorina Ukyo! Finisca pure il suo bagno, io posso tornare più tardi! - esclamò lui volgendosi istintivamente da un'altra parte.

Presa da un momento goliardico gli schizzò l'acqua addosso. -Che stai dicendo, Konatsu? Resta! Possiamo benissimo fare il bagno insieme, è così grande qui!

A quelle parole vide la schiena del ninja irrigidirsi e il suo profilo arrossire leggermente.

-No-non sta bene! - balbettò contrariato. -Non dica certe cose, io sono sempre un uomo!

-Andiamo... non fare il bambino! Che sarà mai! Io starò su questo lato e tu dall'altro...

Il ninja le tenne il muso, ma contrariamente a quanto si aspettava non la piantò in asso e continuò la ramanzina.

-Lei pensa di saperlo, ma non ha idea di come sono fatti gli uomini! Ad esempio ha idea di quanti ci provano con me, al locale? Quanti di loro mi hanno palpeggiato? Deve essere più prudente nel trattarli, non tutti sono gentiluomini come Saotome, lo sa? E si ricordi, anche se non sembra sotto certi aspetti, io sono un uomo!

Le mancava solo una predica sulle apparenze che ingannano, come se non lo sapesse già da sola. Lo fissò per qualche istante.

-Konatsu, hai un ragno sulla spalla...

-COOSA? - scuotendosi per scrollarselo di dosso, il kunoichi finì per mettere un piede in fallo e cadere dentro le terme con un clamoroso tonfo.

Afferrò il suo braccio per tirarlo in superficie. -Va tutto bene?- chiese divertita.

Il ragazzo si liberò dalla sua presa, come se avesse perso l'onore nel momento stesso in cui era caduto. Ora gli avrebbe fatto passare la stizza.

-Conosco gli uomini, sono stata cresciuta da un uomo e ho persino frequentato delle scuole maschili... so fino a che punto posso espormi con loro. Di chi fidarmi o di chi no, però, lascialo decidere a me. Sappi che in ogni caso mi porto sempre dietro la mia spatola. - gli fece un occhiolino.

Sapeva quanto poteva essere dura la vita per una ragazza sola, ma lei era riuscita a superare le sue paure. Ora aveva degli amici e, anche se a volte rimpiangeva la sua mancanza di modi femminili o provocanti, non era un grosso problema per lei, aveva imparato a non darlo a vedere.

Il ragazzo le accarezzò il viso, delicatamente.

-Io voglio solo proteggerla, forse esagero ma tengo molto a lei, signorina.

Protezione. Certe volte sentiva il bisogno di avere qualcuno che l'abbracciasse, o che anche solo le stesse vicino... Konatsu, doveva riconoscerlo, in questo era così buono e disponibile. Non era più nemmeno sicura di chi fosse alle dipendenze di chi, tanto gli era grata.

Meravigliandosi del suo stesso gesto, strinse la mano del ninja nella sua, chiuse gli occhi e restò così per un personale momento, fino a quando non la lasciò andare, sorridendogli.

Nel silenzio che seguì, arrossì, tentando di fare uscire la voce per giustificare il suo gesto sdolcinato, ma non ebbe fortuna. Gli occhi di Konatsu erano insistentemente fissi sui suoi e avevano acquistato una strana luce.

-Io la amo, sento di non poter più fare a meno di lei... lo sa?

No.

Non lo sapeva.

Non riusciva a pensare cosa fosse più naturale rispondergli, il problema era che non si sentiva affatto naturale, e questo la imbarazzava più della sua stessa nudità.

***

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Capitolo 14
*** Illusion ***


Illusion



"Ci sono due tragedie nella vita:

non riuscire a soddisfare un desiderio e soddisfarlo."

(Oscar Wilde)

***



La ragazza dai lunghi capelli lavanda uscì con discrezione da una delle tende.

Il suo fiuto l'aveva guidato fin lì.

La guardò percorrere pochi metri verso valle, fermandosi di tanto in tanto per controllare di non essere seguita. Teneva una mano nella tasca dei pantaloni, mentre con l'altra puntava la torcia davanti a sé.

Un attacco frontale sarebbe stato troppo clamoroso e non voleva attirare l'attenzione degli altri umani.

La sua cara Yuriko era stata così oltraggiata! Cadere vittima di quella forestiera e finire imprigionata nel suo stesso scrigno doveva essere un'esperienza terribile per un'anima libera come la sua. Inoltre non poteva sopportare di non averla più al suo fianco, tutto ciò doveva finire. Nessun essere umano era mai riuscito a separarli. E nessuno lo avrebbe fatto impunemente.

Perciò avrebbe inflitto a quella donna delle pene, che a confronto quelle dell'inferno sarebbero sembrate cure di bellezza termali.

L'avrebbe condotta al solito posto e per lei non ci sarebbe stata via di scampo. Così come per molti anni, prima dell'arrivo di Yuriko, era stato per lui.

***

Niente!

Dopo lo sproloquio di Ryoga e gli strepiti di Ranma non era riuscito a chiudere occhio. Ora, in quella calma irreale, il ticchettio dell'orologio da polso di uno dei suoi compagni di viaggio sembrava il suono di un gong percosso all'infinito.

Il tremolio di un'ombra passeggera scosse la tenda e quella fu la goccia che fece traboccare il vaso... La sagoma che aveva appena intravisto era quella della sua adorata Shampoo, oppure il sonno mancato gli stava facendo avere le visioni? Non riuscì a dar credito alla seconda ipotesi e allora, nascondendo una torcia sotto la manica, si alzò.

Fuori, gli occhiali gli si appannarono e fu costretto a fermarsi e pulirli. Trasalì quando se li rimise sul naso, perché le sue ansie trovarono piena conferma.

La luce della torcia che doveva appartenere a Shampoo stava scomparendo oltre una selva di abeti, in un punto in cui il terreno sembrava scendere verso valle. Ma perché la donna che amava se ne andava in giro come una gatta, di notte?

Allungò il passo. Persino il tempo pareva essere contro di lui mentre calava giù dalle rocce.

***

Konatsu le aveva appena fatto una rivelazione sconvolgente... si conoscevano da così poco tempo. Come poteva amarla già?

Ranchan... con lui era sempre stato tutto così dannatamente difficile, d'altra parte Konatsu non voleva che lei. Le sarebbe bastato un ripensamento su chi dei due fosse il più importante e il fedele servo l'avrebbe fatta sentire una principessa, di questo era certa.

Dopotutto Ranchan non sembrava il suo principe e forse a guardar bene era solo un ranocchio. Forse tutto quello che doveva fare era ricacciare la mano dentro al lago e cercare un altro rospo da baciare.

Se Ranchan fosse stato un buon partito per lei, avrebbe dovuto inseguirla fin dall'inizio invece di farsi rincorrere.

-Non voglio una risposta adesso. Aspetterò per un tempo ragionevole che lei pensi al nostro rapporto e mi risponda quando sarà pronta.- disse con fermezza Konatsu, quasi come potesse leggerle dentro. -Pronta a ricambiarmi, spero...

Era sollevata dalla sua proposta di non dovergli ancora rispondere. Perché sentiva che tutta quella indecisione non sarebbe scomparsa per magia. E cos'era quell'emozione timida e speranzosa che, nonostante la confusione, provava dentro di sé? Felicità? Gratitudine? Qualche bracciata dopo, Konatsu era riemerso sulla terraferma. Il vapore si levava con fumate bianche dal suo corpo.

E lei era esattamente come il suo yukata, non faceva che disperdere il suo calore.

Quella consapevolezza la fece simpatizzare per lui. Intanto Konatsu si era strizzato la veste, ma prima di andarsene l'aveva osservata assorto. Attimi dopo, le aveva sorriso, un sorriso spensierato e molto dolce.

Solo che rimuginare lì da sola la faceva star male.

Gemette e la superficie perfetta dell'acqua s'increspò. Avrebbe tanto voluto sapere cos'avrebbe pensato Ranchan, se all'improvviso fosse tornata al suo paesino d'origine.

Avrebbe sentito la sua mancanza come aveva fatto lei quando era ancora una bambina? In fondo al cuore sapeva benissimo che era un'altra pia illusione, una di quelle che usava per sedare il suo malumore quando arrivava al limite. Corteggiarlo non aveva senso e non perché lei non fosse abbastanza femminile o dotata di talento.

Semplicemente perché lui non era Konatsu.

Ranchan, non era lei che amava con tutto se stesso.

Allora sospirò e si arrese.

Non sarebbe mai più stata la seconda scelta, non lo avrebbe rincorso più, stava diventando stancante giocare a mosca cieca. Le era rimasto un po' di amor proprio, in fondo. Ci aveva provato abbastanza a lungo per fingere ancora che Ranma sarebbe tornato da lei.

Forse certe battaglie sono perse in partenza.

All'improvviso capì che aveva sprecato tanto tempo da quando era giunta a Nerima.

Konatsu le aveva aperto gli occhi, prima del suo arrivo Ukyo non aveva voluto vederlo.

Stava attraversando uno dei suoi mille momenti nostalgici. Il riflesso appena riconoscibile del suo aspetto sull'acqua sembrava ricordarle che era un essere penoso. Voleva distendere i lineamenti tesi di quel volto sgradevole. Le dita però non erano leggere come pennelli e potevano solo bucare l'acqua che la ritraeva limpida e incurante. Le immerse e vide quell'immagine infrangersi, ma sapeva che presto si sarebbe ricomposta.

Chiuse gli occhi, riprese fiato. A quanto pareva c'era del vero in quello che si diceva sul primo amore. Lei, il suo non lo avrebbe mai scordato, ma doveva almeno provarci.

Doveva smettere di pensare che al mondo, per lei, ci fosse solo Ranma.

E prima se ne convinceva, meglio era.

Un cuore spezzato dev'essere ricucito con costanza e pazienza.

Konatsu, le aveva detto, avrebbe aspettato, perché Konatsu sapeva benissimo che non poteva fare altrimenti.

***



Girarono ad est, dove gli alberi sembravano diradarsi.

Lei si guardò attorno, facendolo sussultare. Non voleva farsi scoprire.

Trattenne il respiro, accovacciandosi dietro ad un cespuglio di rovi. Affondò le dita nel terreno, sentendo alcune spine pungergli le ginocchia.

Shampoo fece un giro su se stessa, guardandosi attorno circospetta.

Quando la ragazza tornò alla sua passeggiata, sospirò, ma subito dopo si domandò quanto a lungo avessero camminato, accorgendosi stupito che si stava facendo giorno. Come correva il tempo quando stava assieme a Shampoo!

Un minuto dopo la ragazza si fermò di nuovo. -Incledibile! - esclamò estasiata, coprendosi la bocca esterrefatta.

Da dietro un albero Mousse strabuzzò gli occhi. Era davvero incredibile, non aveva dubbi.

Le sorgenti maledette, lì... ad Hakodate.

Per giunta, ogni pozza aveva tanto di cartelli segnaletici, non come a Jusenkyo dove non si capiva mai dove si cadeva.

Voleva assolutamente gioire di quell'istante con lei. -Shampoo! - urlò. -Sono qui! Finalmente possiamo tornare no...

L'amazzone non sembrò neanche sentirlo, si era già tolta le ballerine dai piedi e si apprestava eccitata al tuffo. Ma stava correndo verso la sorgente sbagliata, quella era la sorgente dell'uomo affogato!

Come poteva farlo?

C'era qualcosa che non andava in quel momento. Ci doveva essere.

Prima l'alba che è spuntata così all'improvviso, poi le sorgenti e adesso...

-Shampoo! Fermati! - Sentì il corpo della conterranea agitarsi nella sua presa, come un pesce quando viene preso all'amo.

-Mousse, stupido! Che vuoi? Lasciami!

-No!

-Lasciami andale! La solgent...

Non avrebbe retto ancora per molto.

La baciò. Doleva farla smettere di urlare e di spingersi in avanti a qualunque costo.

Mentre si lasciava andare al suo istinto, ebbe un momento di puro terrore in cui pensò che Shampoo gli avrebbe anche potuto tagliare la lingua coi denti.

L'amazzone s'irrigidì, poi però rilassò la schiena contro di lui, fu per questo che Mousse decise di lasciarle andare le braccia. Mossa avventata, perché invece lei gli sferrò un feroce montante sotto al mento.

-Come hai osato! - era sconvolta e non era mai stata così bella in vita sua.

C'era un odore pestilenziale, un odore che prima non avevano sentito e che di colpo si fece opprimente.

La luce del cielo si rabbuiò rapida attorno a loro fino a quando non divenne di nuovo buio e le stelle ripresero il loro posto nel firmamento.

Lei, però, ancora non capiva. Si vide costretto a riaccendere la torcia ed indicò la pozza d'acqua che si estendeva di fronte a loro. -È una trappola! E se vuoi proprio morire, almeno lascia che ti dia il bacio della morte! - cercò di sdrammatizzare.

Il fascio luminoso mostrò che la sorgente maledetta non era altro che una fossa profonda, all'interno della quale c'erano decine di bastoni acuminati ed alcune carcasse d'ossa umane e animali.

Controllò meglio, ma non vide altre fosse attorno, ecco perché l'illusione doveva portarli entrambi laggiù, a far compagnia ai cadaveri putrefatti.

Accanto a lui, Shampoo si lasciò andare ad una bassa imprecazione e sembrò farsi piccola, come se al suo posto ci fosse stata una bambina impaurita, sul punto di piangere. Contò i suoi respiri penosi, e tentò di levarsi di dosso la sensazione che avrebbe potuto perderla per sempre.

-Questo non è un salvataggio, la mia vita... io non ti dovele niente, lo sai velo? Sai che sono già plomessa a Lanma!

Eccola, l'amazzone testarda che conosceva.

-Lo so. Non ci pensare adesso. Dimentica tutto, il salvataggio, il nostro bacio...

In quel paese a nord del Giappone aveva scordato le leggi amazzoni.

-Come hai detto, scusa? - chiese Shampoo incredula.

Le regole delle donne di polso prevedevano, tra le cause di matrimonio, anche i salvataggi estremi. La donna doveva dare la sua mano all'eroe che l'aveva salvata e far prosperare così la sua tribù. Ciò nonostante Mousse non poteva avvalersi delle leggi, essendo solo il secondo arrivato subito dietro a Ranma, non ne aveva il diritto. Le amazzoni non praticavano la poligamia, al massimo potevano ripudiare il marito e trovarsene un altro.

Ma le leggi dovevano essere state scritte da un essere senza cuore, che non aveva mai amato in vita sua e che voleva infliggere quella stessa tremenda sorte alle generazioni che dovevano venire, per farle impazzire in cerca di un grammo di vero amore.

Ne era sicuro. Portare a termine i suoi doveri d'amazzone non avrebbe fatto sentire Shampoo una donna felice, né amata. Forse al massimo sarebbe stata rispettata, ma con quanta pena avrebbe vissuto il rispetto acquisito all'interno di quella scala sociale così ipocrita...

Avrebbe avuto solo pesi su pesi da caricarsi sulle spalle e un giorno o l'altro avrebbe ceduto. Quante volte lui gliel'aveva ripetuto? Ma Shampoo era testarda e si rifiutava di comprendere quanto gli diceva. L'unica legge che lei conosceva era quella del dominio del più forte sul più debole.

In fondo io sono solo Mousse, lo sciocco papero venuto dalla Cina, e non posso chiederti di più...

Shampoo sostenne il suo sguardo con un'espressione tormentata. -Tu hai semple voluto... Tu volele sposalmi!

Le chiuse le mani fra le sue.

-Shampoo! Me lo chiedi davvero? Allora anche tu mi a-aihh! - L'ultima cosa che avvertì, dopo la sberla della cinese, fu il rovinoso contraccolpo col terreno.

-Ma che hai capito? Mi è sfuggito, io... Elo solo sovlappensielo, ecco! - Forse gli stava facendo un test per controllare che il suo fascino ammaliasse ancora uomini come lui.

Ma era così illogico che Shampoo dubitasse della sua bellezza, lei era tutta la bellezza che esisteva.

E se invece fosse apparsa una luce in fondo al tunnel?

Com'era stato imbecille! E dire che si era convinto che provarci e riprovarci con lei non avrebbe mai dato alcun risultato. Ora invece anche lui, Mousse il mezzo papero, aveva una chance per tentare la fortuna. E Cupido non era forse cieco come lui?

-Pelò devo ammettele che non baci come l'imblanato che sei, comunque se lo dici a qualcuno sei un papelo molto! E ola è meglio che andiamo a letto...

-Dunque, considerando che il bacio ti è piaciuto, vuoi provare anche il resto? Se vuoi che resti segreto però dobbiamo trovare un pos... Ahio! - Questa volta, dopo averlo steso a terra, la ragazza lo coprì con una miriade di calci.

Tra un attacco e l'altro fece fatica a risponderle: -Scusa! Credevo che... Ahio! visto che hai, no! Ahio! trovato irresistibili le mie... Ahio! labbra... Ahio! ora volessi provare il... Ahio! pacchetto completo! Ahio! Ahio! -

La giovane amazzone s'irrigidì tutta e chiuse le mani a pugno come per impedirsi di compiere un efferato omicidio. -Mu-si! Va bene che io non pallo pelfettamente il giapponese... ma tu te ne applofitti! - Mentre lei faceva una pausa, si mise a sedere, cercando i suoi occhiali nell'erba.

Quando si rese conto che non li avrebbe mai trovati, ne tirò fuori un paio nuovo dalla manica e tutto indolenzito li indossò.

-Ola stammi a sentile, stupido papelo. Ho detto che tolniamo all'accampamento insieme. Tu nella tenda dei ragazzi e io nell'altla! E quello che ho detto plima su quel bacio, – da qui in poi le sue parole divennero cinesi, basse e profonde: -me lo rimangio!

Finito che ebbe di redarguirlo, Shampoo gli voltò le spalle e s'incamminò a passo di marcia in direzione dell'altura. Non replicò, stava ancora sprofondando nella vergogna per aver equivocato le sue parole. La seguì e dentro di sé tornò a chiedersi come mai se ne fosse andata in giro, tutta sola, di notte.

***



Aveva fallito.

Quello strano ragazzo dagli abiti cinesi si era messo di mezzo.

Aveva sbagliato a coinvolgere anche lui nell'illusione allestita per l'amazzone.

Ora non aveva un minuto da perdere.

***

Il lampo aveva saettato così vicino al suo corpo che l'odore della terra bruciata le fece involontariamente contrarre lo stomaco.

Le orecchie cominciarono a fischiarle, lei e Mousse non erano soli!

Qualcosa si muoveva tra gli alberi, protetto dal vento. All'inizio vide solo delle piccole fiaccole, poi la sagoma della belva albina si delineò perfettamente. I suoi occhi gialli scintillavano di vendetta.

L'hōkō si profuse in un lungo e basso ringhio e appiccò davanti a sé una scia di fuoco che scansò per un pelo.

Mousse fece scattare subito le catene dalle maniche della sua giacca.

Non era lui la preda della bestiaccia, l'aveva coinvolto di nuovo.

Con un turbine di vento, partito dalla coda, l'hōkō sprigionò un mulinello d'aria talmente potente che spense le fiamme precedenti e le catene di Mousse impazzirono, aggrovigliandosi attorno alle sue braccia. Purtroppo, le estremità delle catene avevano colpito il cinese in varie parti del corpo.

Mousse lamentandosi cercò di puntare i piedi e di non farsi trasportare via, ma alla fine i suoi sforzi non valsero a nulla e venne scagliato con una violenza devastante contro un arbusto.

Tolto l'ostacolo di mezzo, il cane si gettò su di lei. Nel volo Shampoo tenne le fauci dello spirito aperte con entrambe le mani, bloccando la mascella, mentre la bava putrida dell'animale le scendeva lenta e viscida lungo gli avambracci.

Rotolarono giù dal pendio. Sentì la pelle della schiena lacerarsi mentre scivolavano per una ventina di metri. A un certo punto, riconobbe il rumore sordo della mitamaya rimbalzare sul suolo roccioso. Era caduta da qualche parte lungo la loro folle discesa.

Scalciò con tutte le sue forze, ma i suoi piedi nudi fendevano l'aria e nient'altro. Le unghie dell'hōkō erano salde sulle sue spalle e le punte le ferivano le scapole, eppure per effetto dell'adrenalina non sentiva alcun dolore, solo una spiacevole sensazione di bagnato che colava. Cominciava anche a sentire freddo.

-Andiamo via, stanno arrivando! Al ponte! - disse una voce che riconobbe essere quella di Yuriko. Ora che la scatoletta funebre si era aperta, doveva essere tornata a piede libero.

-Shampoo!

Una catena di Mousse colpì la bestiaccia ad un'anca e l'hōkō, guaendo sorpreso, la lasciò andare.

-La mitamaya! Prendila subito! - La miko indicò la zona al segugio, il quale dopo un momento d'immobilità aguzzò le orecchie e si lanciò tra le sterpaglie per uscirne con i pezzi della mitamaya della padrona.

Intanto Yuriko lo raggiunse, ma prima di andarsene si voltò verso Shampoo.

-Non è finita qui, forestiera, tu e i tuoi compagni fareste meglio ad andarvene subito! - urlò grave, quasi come volesse giurarle vendetta.

Non rispose, ma, da stesa, si drizzò un po' sui gomiti.

La miko allora salì sul dorso dell'inugami e Shampoo li osservò allontanarsi nel folto del bosco finché la sua vista non venne interrotta da una cascata di scintille dorate e i gomiti cedettero.

***



Ranma andava in su e in giù, con la bambina in braccio. Lo fissava di traverso, dato che non aveva risposto a tutta la sua raffica di domande.

I minuti scorrevano lenti. Konatsu strizzò il fazzoletto sporco di sangue sulla bacinella.

Continuò ad osservare la donna che amava distesa su un futon, portato fuori all'aria aperta, mentre il ninja terminava di fasciarla. Non aveva ripreso conoscenza dalla battaglia, era preoccupato per le sue condizioni.

-Sono venuto a sapere alcune informazioni quando mi sono "staccato" dal gruppo.- raccontò all'improvviso Ryoga, chinando il capo imbarazzato.

-E cosa aspettavi a parlarcene?! - lo incalzò il ragazzo col codino.

Tossendo, l'interpellato portò un pugno vicino al mento e strizzò l'occhio a Saotome. L'intento era di ricordargli di abbassare la voce o avrebbe finito per svegliare Akane dal suo sonnellino. E nessuno di loro voleva diventare sordo.

-Me ne sono dimenticato, okay? - Si giustificò impacciato.

-Ero così felice di aver incontrato Konatsu ieri, che ho rimosso questo piccolo particolare! Che sarà mai... Lo scrigno funebre di Yuriko è sparito dal suo posto, sulla mensola. Katashi ci ha seguiti fin dentro al bosco e una volta che mi ha trovato mi ha scongiurato di cercarlo e di farglielo riavere indietro. O qualcosa del genere...

Dopo un istante di silenzio tombale da quella rivelazione, Ranma si grattò la testa, inclinandola da una parte: -A che scopo, rubare il suo scrigno? Chi potrebbe rivendicarlo?

Ryoga prese di nuovo la parola: -Chi lo sa... La stessa Yuriko avrebbe potuto farlo! Anche se rimuoverlo dal piccolo santuario è stato obiettivamente un atto spregevole; per questo i suoi eredi lo rivogliono indietro, appartiene alla loro famiglia...

-Sì, ma non credo che dovremmo sottovalutare il problema, non dimentichiamoci che se il fantasma della miko s'infuria, scatenerà la sua vendetta... Al villaggio avranno tutti soggezione di questa storia, Hyobe e i suoi parenti forse temono di subire delle ripercussioni dalla loro antenata. – intervenne flemmaticamente Ucchan.

-Beh, Yuriko dovrebbe migliorare l'accoglienza che dà ai forestieri in ogni caso, non è stata molto tenera nei nostri riguardi, padroncina. – commentò infine Konatsu, posando le mani sui fianchi. -E noi non abbiamo rubato niente!

Sentiva che ora finalmente poteva vuotare il sacco: -Credo di aver visto la mitamaya. La teneva stretta tra le fauci l'hōkō, è stato davvero un combattente temibile, i suoi attacchi non hanno mai perso di forza, anzi...- rabbrividì al pensiero della battaglia ancora così vivido. Tutti quei discorsi però non fecero alcuna presa su Saotome.

-Ah, quindi ce l'ha l'hōkō! Non vedo l'ora d'incontrarlo! Deve ancora nascere il mostro che mi batta, non ho paura di misurarmi con quello... però non capisco perché hanno attaccato te e Shampoo, stanotte. - parve rifletterci sopra. –Credevo che il loro obbiettivo fosse Akane.- tese il braccio della piccina, mostrando il cerchio che li aveva portati a rischiare fino ad Hakodate. Le sue iridi azzurre lo scrutarono e non senza difficoltà tenne alto lo sguardo. Lo fece soltanto per difendere l'onore di Shampoo.

Perché anche lui avrebbe voluto delle risposte, esattamente come Saotome. L'amazzone, quasi avvertisse i suoi timori, strizzò le palpebre e si risvegliò. Tutta l'attenzione a quel punto si concentrò su di lei e su come si sentiva.

-Mu-si... sei qui. Stai bene?

-Sì, Shampoo, sono qui. – le prese la mano, stringendola appena. -Non sforzarti, ti prego.

Nel frattempo la frugoletta in braccio a Saotome si destò, emettendo alcuni indecifrabili versetti. Fortunatamente si limitò a quelli e non riprese a piangere come una forsennata.

Portandosi una mano alla tempia, Shampoo si mise a sedere.

-Mi fa tanto male la testa... Ah, il fantasma della lagazzina... ha detto che dovevano andale ad un celto ponte, mi pale... sono saliti velso la cima... io non licoldo altlo, elo così stanca.

Sulla bocca di Saotome si allargò un sorriso. -Hyobe mi aveva parlato di un ponte... so dove dobbiamo andare. Ci siamo! Tra poco sarai libera, Akane.- e la sollevò per aria.-Non sei contenta?

Akane gli afferrò tante ciocche di capelli quante ne riusciva a raggiungere da quella posizione. Sembrava piacerle un sacco quel gioco. Chissà se aveva capito le intenzioni del fidanzato.

In qualche modo però avvertiva che lui e Konatsu erano gli unici a sopportare la vista di quella scena. Gli altri, infatti, sembravano disturbati dalla dedizione che il ragazzo col codino dimostrava verso la sua fidanzata e lo celavano assai malamente, nascondendo i loro visi dentro a maschere sorridenti.

Sopratutto Ryoga, lui era il più penoso di tutti.

***



Gong: Strumento a percussione formato da un disco di metallo che viene percosso da una mazza o un martelletto o un'asticella.


Shampoo theme song:Use Somebody di Laura Jasen. Ukyo theme song:Gravity di Sara Bareilles

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Capitolo 15
*** Ranma, the World can wait ***



Ranma, the World can wait



"Più dolce sarebbe la morte

se il mio ultimo sguardo avesse come orizzonte il tuo volto.

E se così fosse, mille volte vorrei nascere

per mille volte ancor morire."

(William Shakespeare)

***



Procedevano verso la cima con le gambe immerse nella nebbia fino al ginocchio.

Quanto manca ancora?

Nonostante la temperatura fosse decisamente bassa, Ranma si sentiva accaldato e il cuore gli batteva forte per l'emozione. Pochi metri ancora e sarebbero giunti a destinazione.

L'immensa bocca del cratere a ferro di cavallo e il ponte che attraversava da una parte all'altra il vulcano Komagatake apparvero di fronte ai suoi occhi. Intanto Akane sembrava farsi sempre più leggera, assicurata al suo addome dentro al marsupio.

Strano.

Si chinò a guardarla e gli sfuggì un grido di terrore. Di Akane non era rimasto che uno scheletrino inerme su cui delle mosche svolazzavano attorno. Un grosso verme usciva da una delle orbite oculari.

-È un avvertimento ragazzo, se ti avvicini ancora non garantisco per la tua incolumità o quella dei tuoi amici!- tuonò l'Hōkō frapponendosi tra lui e i pochi metri che lo separavano dal ponte. -Questo luogo non è per voi! – scandì le parole una ad una.

Le lingue di fuoco che scoppiettavano da una delle code caddero su di loro e segnarono una specie di linea di demarcazione che divise il gruppo in due parti. Da un lato c'erano lui, Shampoo e Ryoga, dall'altra parte Konatsu, Mousse e Ucchan.

-Me ne infischio se non sono gradito a sua maestà il re leone! - replicò cercando di trattenere un fremito di rabbia. -Siamo venuti da molto lontano per parlare con la tua amica Yuriko e non ce ne andremo se prima non ci avrà ascoltato!

Akane lo afferrò per uno dei bottoni della casacca, ora riusciva a vederla in carne ed ossa. L'Hōkō aveva smesso di suggestionarlo.

Un brivido alla schiena lo colse all'improvviso.

Il cane albino ringhiò scoprendo i denti. Dietro di lui avvistò il fantasma della miko intento a camminare a piedi nudi lungo il corrimano sinistro del ponte, quasi al centro del cratere. Essendo priva di corpo il suo movimento non sbilanciava per nulla il ponte, ciò nonostante ad ogni suo passo sulla corda la struttura emetteva un surreale scricchiolio.

La ragazzina cantava un motivetto: -Due elefanti si dondolavano sopra il filo di una ragnatela e reputando la cosa interessante andarono a chiamare un altro elefante.- poi ricominciava la strofa da capo e ogni volta aumentava progressivamente il numero degli elefanti.

La sua calma lo irritò. Scattò deciso a percorrere il ponte e massacrarla di botte: per quanto quel pensiero sembrasse inutile, sul momento non gli importava. Doveva però aspettarsi che l'inugami l'avrebbe ostacolato.

Quando la bestia balzò, li coprì immediatamente col suo peso, Akane strillò paonazza. Udì le voci dei compagni gridare il suo nome e le loro aure farsi agguerrite.

L'Hōkō l'aveva fatto cadere, era riuscito a girarsi sulla schiena ma, per quanto ci provasse, non riusciva a scrollarselo di dosso. Sentiva il fiato putrido del cagnaccio sopra il viso. Quasi senza rendersene conto, estrasse il pugnale della sacerdotessa dalla cintola e mirò agli arti. Lo colpì una volta sola, l'inugami infatti schivò il secondo affondo, arretrando incerto sulle zampe.

Sfidando lo spirito del cane albino con la sua spatola roteante, Ucchan lo difese, frapponendosi tra loro. Ora Yuriko aveva interrotto il suo canto.

Ranma alzò la mano con il pugnale insanguinato. -Lo riconosci questo?- urlò nella sua direzione.

-Il mio pugnale... come hai osato! - i capelli neri della ragazza presero a sollevarsi in modo innaturale mentre levitava a mezz'aria. -Molti yamahoshi prima di voi hanno tentato d'impossessarsi del mio inugami. Sono tutti morti o fuggiti da questa foresta a gambe levate e voi non siete migliori, né più forti di loro, quindi preparatevi a morire!

Mentre parlava, una pioggia di hira shuriken si scagliò contro l'Hōkō: Konatsu era intervenuto a spalleggiare Ucchan nella lotta.

Approfittando della distrazione di Yuriko, Ranma canalizzò il suo spirito e dimezzò la distanza che li separava. Le tavole di legno del ponte parevano solide, ma il vuoto sotto di esse era vertiginoso. La sua tecnica dell'invisibilità impressionò indubbiamente la miko.

Raggiuntala, le porse il pugnale appena usato. -I tuoi discendenti me l'hanno offerto in dono al vostro santuario come segno di benevolenza.

Avvertì una presenza sopra di sé. Era l'Hōkō che era balzato dietro lo spettro. Poi il ponte tremò alle sue spalle e quando si voltò vide Konatsu e Ryoga che lo raggiungevano seguiti dalle ragazze.

-Non l'avete rubata? Non siete venuti qui per portar via il mio cucciolo? - rispose ingenuamente Yuriko. D'improvviso capì il perché del suo tremendo atteggiamento, tutti gli attacchi e le illusioni subite erano stati architettati per impedire che la sua missione di inugami-mochi fallisse. Per proteggere il suo Hōkō.

Scosse la testa. Yuriko sgranò gli occhi, colpita, ed indicò la piccola Akane che aveva emesso gli ultimi singhiozzi del pianto: -Allora come mi spiegate il sacro cerchio al suo polso? Che avete fatto?!

-Ti abbiamo detto e ripetuto che noi non siamo dei ladri, vogliamo solo liberare questa nostra coetanea dal cerchio... - pazientemente, Ryoga le spiegò ogni cosa. Quando ebbe finito di raccontare aggiunse: -Quindi sta a te, miko dei boschi. Ci aiuterai?

Yuriko levitò sopra di loro, poi scese osservando il polso di Akane da vicino. L'infante la guardava a sua volta con fare interrogatorio, ma per nulla spaventata dallo spettro.

-È pericoloso, non ho mai visto il cerchio ridotto in queste condizioni... forse c'è un modo, ma io non posso... comunque è un rischio anche solo pensare di provarci! - concluse ammutolendosi di nuovo.

Il cuore prese a battergli all'impazzata. -Che modo? Avanti, parla!

-Il cerchio è un tramite tra questo mondo e il Nirvana, io sono in grado di purificarlo... ma per salvare la vostra amica occorre anche il sacrificio di qualcuno tra i vivi, perché il cerchio si è già preso gli anni di questa ragazza... - la sua mano attraversò la testa di Akane come volesse farle una carezza. -E per ritornare alla dimensione originaria deve risucchiare l'energia dall'età di qualcuno dei viventi, il che significa accorciare la vita di questa persona. Per questo è impossibile pensare che...

-Lo farò! - era così strano udire quelle parole uscire dalla propria bocca. Sentiva gli sguardi sconcertati di Shampoo, Ukyo, Konatsu, Ryoga e Mousse su di sé.

Ma recriminassero ciò che volevano, lui non avrebbe lasciato la sua fidanzata in quello stato. Non avrebbe sopportato di vederla crescere schiava del cerchio che portava al polso. O di domandarsi ogni stramaledetto giorno che passava perché non fosse stato in grado di salvarla!

Come uno spiffero di vento, Yuriko gli si fece vicina. -Ne sei sicuro? Lei è così importante per te?

Chinò la testa, non riuscendo ad articolare alcunché.

-Non farlo, Ranma!

-Ucchan...

-Diciassette anni! E se non ti bastassero? Se... se qualcosa andasse storto?- l'espressione di rimprovero sul viso della sua amica d'infanzia non lo colse impreparato. E Akane scoppiò a piangere mettendolo ancor più in imbarazzo.

-Posso farlo anch'io! Questa storia va avanti da troppo tempo. - si propose Ryoga. Shampoo scosse la testa, incrociando le braccia indispettita, ma Mousse le impose di stare zitta con un cenno.

La miko tese una mano come per arrestare Ryoga. -Può bastare il ragazzo col codino, non vorrei sovraccaricare il cerchio sacro, sarebbe un errore, è già molto danneggiato e temo che si verifichino delle anomalie...- quindi fissò Ranma: -Sei pronto? Afferra il sacro cerchio.

Lo fece. La sacerdotessa si introdusse all'interno del braccialetto scomparendo in un battito di ciglia. Un minuto dopo, la pelle di Akane sembrava brillare come una perla.

A poco a poco il bracciale levitò, scivolando via da lei e Akane riprese gradualmente la sua vera età. Il metallo del cerchio bruciava e si contorceva così tanto che sfuggì dalle dita di Ranma, schizzando verso il cielo, dove si frantumò in mille pezzi.

Sentì una violenta fitta al braccio. Automaticamente si portò l'altra mano a massaggiare il muscolo contratto, respirando con affanno. Chiamò Akane, la fidanzata non rispose ma il suo corpo nudo ebbe un fremito. Ranma allora la fece coprire con uno degli yukata che Konatsu portava sempre con sé.

Dopo l'esplosione del bracciale, una spirale di nubi scure e minacciose si stava formando sopra le loro teste. Dall'occhio del vortice uscì Yuriko, mentre il fenomeno atmosferico s'ingrossava sempre di più.

-Presto! Dissolviamolo! - gridò: -Il rituale è fallito, il cerchio spezzandosi ha aperto il varco! Se non interveniamo, la terra verrà inghiottita dal Nirvana e questo è male! - mentre gridava alcune assi di legno del ponte vennero risucchiate dal vortice.

Vide l'Hōkō saltare e venire trasportato verso l'alto assieme a vari detriti informi, insensibile alle urla contrarie della miko. Il ponte traballava e sotto di loro la lava ardeva, placida. Sopra di loro cresceva invece il buco nero.

-Ranma... che sta succedendo? - Akane, paonazza si aggrappò al suo collo.

-Ti spiegherò tutto a casa, prima dobbiamo salvare il mondo!

Lo guardò confusa, ma non obbiettò. Ranma si alzò voltandosi a fronteggiare l'eterno disperso. -Tu! Avevi detto che avresti aggiustato tutto! Ma sei il solito idiota! - Lo colpì in mezzo agli occhi così forte che si fece male alle nocche. Ryoga barcollò all'indietro mentre il sangue gli colava dal naso; il ragazzo provò inutilmente a bloccarlo con la pressione delle mani.

Una delle corde del corrimano venne via come un elastico troppo tirato e intorno a loro tutto vibrò terribilmente. Lanciando le sue catene verso un gruppo di alberi, Mousse cercò di rallentare il crollo imminente e di salvare le ragazze.

Il girovago si guardò i palmi pieni di sangue, allibito.-Che diavolo ti dice il cervello?

Scusami Ryoga, è necessario. Sganciò un altro pugno su di lui. Il coetaneo stavolta fu più preparato e si scansò.

Furioso, Ranma indicò Akane. -Hai visto cosa le hai fatto, P-chan? E ad Akari? Credevi di avere il diritto di usarle come e quando ti pareva?

-No, Akari... lei...- Ryoga cadde sulle ginocchia, il volto paonazzo. Mancava solo il colpo di grazia. Gli piombò a piedi pari sulla testa. -Le spezzerai il cuore! Vuoi che ti lasci?

Si sentiva davvero meglio, ora che si era sfogato. Con sua grande soddisfazione, l'aura negativa di Ryoga aumentò di colpo.

-Brutto bastaaaardo! - il suo avversario esplose facendo partire uno shishi hoko-dan con i fiocchi.

Si gettò di lato appena in tempo per schivare il contraccolpo, prima del collasso del ponte.

***

I piedi le scottavano. Sotto di loro c'era una cortina di fumo e un mare di lava incandescente. Erano appesi ad una fune che si stava lacerando e chissà se avrebbe retto abbastanza a lungo.

Per di più, non si sentiva per niente comoda in quello yukata rosa antico. Si strinse a Ranma mentre udì la voce di Mousse che li chiamava.

-Akane, come ti senti?

-Sono di nuovo nel mio corpo, quindi direi bene, anche se siamo appesi e tutto il resto...

Ranma la guardò con gli occhi fuori dalle orbite. Cercò d'informarlo: -Ero cosciente per tutto il tempo in cui sono stata una lattante.

-Tu... – cominciò il fidanzato rabbrividendo. -Ricordi tutto?

Akane sorrise. -Ho visto e sentito tutto, sì! - scandì quel “tutto” in modo eloquente. Ranma rimase senza parole per alcuni istanti, elaborando il concetto nella sua testa. -Tutto, cosa?

-Non farmi domande ora, anche perché, Ranma Saotome, sarai pure riuscito a salvare il mondo, ma ti ricordo che noi siamo ancora in pericolo...

-Lo so bene. – replicò il ragazzo facendo il grugno. -Non preoccuparti, ti tirerò fuori da qui! -Doveva ammettere che la presenza del fidanzato riusciva a calmare la sua apprensione.

-E se provassimo ad arrampicarci? - Non era una domanda, perciò Akane prese la fune con ambo le mani e provò ad issarsi di qualche passo.

Gruppi di sassolini franarono giù e la colsero di sorpresa. Vista la scena Ranma la trattenne per la vita.

-Buona. Non muoverti. È troppo rischioso!

-Mi bruciano gli occhi... - si lamentò, sbattendo ripetutamente le palpebre per calmare il fastidio. Senza badarle troppo, il ragazzo replicò: -La vedi quella rientranza? Se ci dondoliamo fin là e ci saltiamo dentro prima che la cima si spezzi, saremo al sicuro.

Akane strizzò gli occhi, la vide ed infine annuì. Cominciarono a dondolare, ma non si avvicinarono abbastanza per il salto e tornarono al punto di partenza, con Ranma che subì il colpo alla parete per entrambi.

-Ti... ti sei fatto molto male?

Il ragazzo sorrise. -Non è che sei ingrassata? Perché se tu fossi stata ancora una poppante saremmo già saltati dentro quella nicchia!

-Baka!

-Io sarei il baka? Hai rischiato di fare un viaggio di sola andata per il Nirvana e non ti...

-Tanto con tutte le fidanzate che hai, una sostituta l'avresti trovata benissimo... - lo interruppe, simulando indifferenza.

Ranma si rabbuiò: -Pensi davvero che la mia vita potrebbe... essere la stessa... senza... - deglutì un groppo che gli si era formato alla gola.-...di te?

Akane si sentì stringere il petto. Lui aveva davvero pensando di perderla? Stava vivendo ancora l'incubo di Jusendo, tormentandosi in remote fantasie?

-Ranma... io sono qui adesso, non mi hai perso.

-Non mi sembra ancora vero...- sussurrò poggiando la fronte sulla sua.

Lei gli accarezzò la nuca. -Ranma, ce l'hai fatta, sono qui accanto a te e non ti lascio... Io ti amo Ranma.

Non sopportava che la vedesse arrossire, così Akane chiuse gli occhi per un attimo. Ranma le mostrò come potesse essere appassionato e tenero insieme con un bacio.

D'un tratto sentì uno strano rumore ed ebbe la sgradevole sensazione che la corda stesse cedendo di un centimetro.

A conferma di ciò Ranma interruppe il contatto fisico e accennando alla nicchia con la testa sussurrò: -Sei pronta a riprovarci?

Ricominciarono a dondolarsi. Ma la corda si stava logorando persino mentre il fidanzato le dava il via.

-Al mio tre.

Accompagnò il movimento di Ranma col suo corpo e dondolarono insieme per un paio di volte.

-Uno...

-Due...

L'aria le frustò il viso, mentre percepì un vuoto spaventoso, come infinito.

-Ranma! - urlò contro al fidanzato che aveva barato, lasciando andare la fune prima del tre. Sentì il sibilo della corda che precipitava alle loro spalle e il suo corpo tendersi per la paura di non raggiungere la cavità rocciosa tanto agognata. Poi una catena li afferrò e con un colpo di frusta li trascinò all'indietro.

***



Finalmente afferrò la mano di Ranma, che con un ultimo sforzo spinse Akane tra le sue braccia. Proprio mentre ciò accadeva, Shampoo si aggrappò a Saotome, spezzandogli il fiato in gola.

Quante volte aveva visto scene come quella? Eppure Mousse sentiva che il dolore non era affatto diminuito dall'ultima volta che li aveva visti tanto vicini. Per lui era come vivere in un incubo.

-Shampoo felice che futulo malito essele salvo! - esclamò l'amazzone. Scosse la testa, cercando di non pensarci.

-Akane, stai bene? - Le chiese cingendola per le spalle.

-Sì, grazie Mousse... dove sono gli altri? Non c'erano anche Ryoga e Konatsu sul ponte?

Repentinamente Shampoo si voltò verso di lei, fulminandolo con gli occhi.

-Lyoga avele piccolo ploblema al naso, spatolona e suo selvo stanno calmando emollagia...

Mousse tolse immediatamente le mani dalle spalle di Akane ed aggiunse: -Non potevamo lasciare Ryoga da solo, o si sarebbe di nuovo perso.

Dopo averlo ascoltato Akane tirò Ranma per la treccia sussurrandogli qualcosa nell'orecchio. A giudicare dall'espressione del giovane, doveva avergli detto qualcosa di veramente sconvolgente.

***



Dobbiamo parlare di Ryoga, anzi di P-chan.”

Per poco non gli venne un colpo.

Akane aveva scoperto il segreto di Ryoga. Quello che lui voleva portarsi nella tomba.

Scoppiando a ridere per celare il suo umore fin troppo serio, Ranma chiese a Mousse di lasciarli soli, lui e Akane dovevano parlare e sarebbero rimasti lì per qualche minuto, prima di tornare dagli altri. A malincuore, le si leggeva in viso, persino Shampoo comprese che non era il momento di gironzolargli attorno e raggiunse il cinese miope.

Quando se ne fu andata, Akane cominciò a fargli il terzo grado: -Perché mi hai nascosto l'identità di P-chan? Tu lo sapevi!

Provò a difendersi articolando le prime parole che gli vennero in mente.

- Io ho pro... provato a dirt...

La fidanzata, colpendolo alla nuca a mano tesa, bloccò sul nascere le sue scuse. -Dovevi provarci di più, non sei stato affatto convincente!
-Sei la solita testona! Quando ho provato ad essere convincente, mi hai scambiato per un pervertito!

Akane arrossì. -Sei venuto di nascosto, di notte, in camera mia! - commentò furibonda a due soli passi da lui.

-Perché ero geloso! - sbuffò. -L'hai capito o no, razza di stupida?

Akane fece finta di scacciare una mosca dal naso. -Ma in tutto ciò, Ryoga si è fatto un idea irreale di me, malsana direi. Tutte quelle notti che l'ho fatto dormire con me, se ci penso... che vergogna! - nascose il viso tra le mani.

-Cosa intendi fare con Ryoga, ora che sai la verità?

La fidanzata riprese la propria compostezza. -Credo che adotterò la tecnica segreta della scuola di lotta Tendo.

-Cos'è? Una tecnica con colpi di martello da cento chili?

-Niente del genere. Me l'ha insegnata mia madre. Non si infierisce su qualcuno che è già a terra, tutto qui. Mi diceva sempre che non c'era nulla di bello, o di nobile, nell'infierire. Se Akari poi venisse a sapere di questa vecchia storia di me e P-chan...- sospirò.

Ranma si grattò sotto al mento. -Già Akari è così insicura, ti ricordi quando pensava che Ryoga fosse innamorato di me?

Akane lo tirò per un braccio. -Ryoga non vuole che io sappia il suo segreto, se ne vergogna, anche tu ti vergogni di trasformarti in una donna...

-Sì, ma è diverso... anche se hai ragione a voler rispettare la sua decisione. Però... non sei arrabbiata con lui?

-Arrabbiata? - ripeté Akane. -No, Ranma, non sono arrabbiata, sono delusa perché porcellino-chan, il mio P-chan non è mai esistito. O almeno non come credevo io. - sorrise amaramente prima di aggiungere: -Richiamiamo Mousse e Shampoo, che dici?

Annuì e con un fischio attirò l'attenzione dei due cinesi, che aspettavano a pochi metri di distanza.

-Siamo pronti, andiamo! - gridò, alzando un braccio.

***



Akari. Dolce Akari.

Desiderava tanto riabbracciarla. Chissà come l'avrebbe accolto una volta che fosse tornato a casa. Avrebbe dovuto spiegarle molte cose, e inventarne delle altre.

Non voleva farla preoccupare inutilmente per il coinvolgimento di Akane. Tuttavia avrebbe fatto in modo che errori simili non si ripetessero in futuro, non dovevano ripetersi. Voleva diventare un uomo migliore.

I suoi compagni stavano riprendendo le forze, chi disteso sull'erba, chi rimettendo a posto le proprie cose dentro allo zaino.

Dovevano riposare e prima di tornare al santuario la strada era lunga. Ukyo lo sapeva bene e stava preparando un picnic con degli avanzi, aiutata da Ranma, che in realtà aveva trovato un modo per assaggiare le pietanze per primo.

Da quando erano tornati Mousse, Akane, Ranma e Shampoo, lui era l'unico che non si era ancora avvicinato ad Akane per chiederle come stava. Aveva in corpo una strana ritrosia. Doveva assolutamente rompere ogni indugio o non sarebbe più riuscito a guardare la ragazza negli occhi.

Lei stava parlando con Konatsu e non poteva vederlo arrivare, perché era di spalle. Le toccò la spalla con un dito e Akane si girò verso di lui.

-Akane!

Lei lo scrutò senza proferire una parola, accennando un sorriso. Meglio così. Era più facile vincere la timidezza se lei non parlava.

-Sono così felice di vederti e... ti chiedo scusa, mi dispiace così tanto... se non fosse stato per me, tu... - abbassò lo sguardo mordendosi un labbro tra i canini.

-Ryoga... - cominciò Akane prendendogli la mano. -Io non ricordo quello che è successo negli ultimi giorni, ma tu sei così gentile a preoccuparti tanto per me... E poi sei venuto fin qui per soccorrermi, no? Sei l'amico al quale scrivo di più, anche se nelle tue lettere descrivi che cosa trovi nei ripostigli, o altre mille curiosità domestiche e non parli mai di Akari. Non capisco perché! Akari non è un segreto per nessuno.

Sentì il cuore in gola pompare con ritmo furioso. -Hai ragione. Akari mi odierà se continuo a trascurarla... e non potrei darle torto... sono un disastro!- contemplò i fili d'erba tra i suoi piedi.

-Questo no. Akari ti ama, si nota benissimo. E sarebbe in grado di fare i salti mortali per te. Sai una cosa? Vorrei uscire con lei per conoscerla meglio... Credo che diventeremo due ottime amiche. Del resto gli argomenti comuni non ci mancano, i maiali piacciono ad entrambe!

Quasi gli venne un infarto. Cos'aveva detto Akane sui maiali?

Facendosi forza, Ryoga sollevò lo sguardo sui suoi occhi castani così sereni.

-I ma-maiali amano stare con chi li coccola, in effetti... Sono immensamente grato di sapere che mi hai perdonato, ma ribadisco il concetto... hai rischiato grosso per una mia assurda leggerezza, io ti ho regalato quel cerchio e se c'è qualcuno che devi ringraziare quello è proprio il tuo fidanzato, senza il suo intervento io non sarei nemmeno qui adesso... è stato un vero amico e poi lui ti ama davvero, e non è un codardo come il sottoscritto.

Lasciò andare la sua mano sottile, mentre Akane arrossiva: -Ryoga, non commiserarti ora, sei un ragazzo d'oro, credimi. E comunque stai sopravvalutando Ranma, non ti è affatto superiore. A volte è impossibile, barbaro e tagliente come una katana. - Akane sorrise nel momento in cui finì l'elenco, come se tutti quei famosi difetti potessero metterla a dura prova, ma mai annientare la sua forza d'animo e la sua capacità di perdonarlo. In questo lei e Akari si somigliavano.

O forse tutte le donne innamorate passano attraverso gli stessi tormenti.

Inspirò sonoramente:-C'è un'ultima cosa che dovresti sapere, forse, io... io ora sto con Akari perché lei mi fa sentire necessario ed è una fidanzata così paziente... non potrei mai lasciarla senza rimpiangerla come un perfetto idiota, ma c'è una cosa ancora che non ti ho mai detto e... riguarda la prima donna che abbia mai...

-Aiuto! Aiutatemi!- Riconobbe all'istante le grida angosciate di Yuriko.

Qualcosa fece sibilare le chiome degli alberi, infine lo spirito apparve tra di loro. Il suo volto era sfigurato dalla più lugubre tristezza. -Che succede, sacerdotessa? - Le chiese sbrigativo Mousse.

-Aiutatemi! Il mio Inugami è andato via e non tornerà... -cominciò a rivelare il fantasma. -Ma so perfettamente che non mi ha tradito, mi è sempre stato fedele, mi era affezionato e... se ha preferito entrare nel Nirvana è stato solo per lasciarmi libera dal mio servizio... perché sentiva che a volte facevo fatica a fare questa esistenza. - si compianse apertamente. -Senza di lui non mi resta che tornare nella mitamaya. So che lui aveva scavato una fossa sotto ad un albero, per nasconderla. Dovete scavare dove vi indicherò, o continuerò ad assillarvi per tutta la durata della vostra esistenza!

Si fecero condurre dal fantasma e scavarono di un braccio il terreno prima di trovare lo scrigno. Ranma lo prese e lo aprì.

Dentro, una luce sfolgorante lo indusse subito a richiuderlo.

Lo spettro lo avvisò: -Non avere paura, ragazzo. Un'ultima cosa prima di salutarvi. Come saprai il cerchio sacro non esiste più, ma il suo potere non ha assorbito i tuoi anni di vita, perché la crepa che lo sfregiava l'ha reso incontrollabile, con gli effetti devastanti a cui tutti voi avete assistito.- si fermò per un istante.

Colse lo sguardo di Akane saettare sul volto del fidanzato, che girò il capo, arrossendo.

-Grazie a voi dopo tanti secoli posso finalmente riprendere la via del samsara. Non lo dimenticherò, statene certi. Aprite il mio scrigno, poi una volta che me ne sarò andata sotterratelo qui, dove l'avete trovato, con la mia benedizione.

Le tavole di legno si aprirono di nuovo. Una luce scaldò il profilo di Yuriko e dalla mitamaya udirono un abbaiare familiare.

- È lui, il mio inugami. Allora mi stava aspettando! - esclamò la miko sorpresa, ritrovando il buonumore giusto un istante prima di venire assorbita dalla luce. La sua figura esile si perse nel candido splendore che tutti osservavano in assoluto raccoglimento.

-Siete un gruppo affiatato. Se fossi vissuta più a lungo, avrei tanto voluto avere degli amici come voi! - sentirono ancora la voce di Yuriko sfumare lontana.

Prima di saperlo si ritrovò a gridare.-Buona fortuna!

Mentre gli altri la salutarono con molti: -Arrivederci! - e -Buon viaggio!

Dopo il commiato, Akane gli si fece di nuovo vicina.

-Cosa mi stavi dicendo, Ryoga? Riguardo la prima donna che tu abbia mai... amato?

Prontamente Ranma si mise in mezzo a loro.-Già. Di chi stavi parlando, è una ragazza che hai incontrato in qualche viaggio dei tuoi? - domandò, mentre aspettava il momento buono per colpirlo alle spalle.

Colto dal panico, Ryoga sventolò una mano davanti al viso. -Ehm... di una ragazza che non conosci e che non scorderò mai, ma lei è sempre stata innamorata di un altro uomo, uno zotico arrogante e presuntuoso...

Akane sorrise, mentre Ranma gli mise un braccio intorno al collo, sussurrandogli a mezza bocca nell'orecchio: -E sarà bene che quello zotico non te lo scordi mai... capito, P-chan?



Fine

***



Yamahoshi: gruppi (o individui) isolati di eremiti, asceti e "santoni" delle montagne, che seguivano la via dello Shugendō, una ricerca di poteri spirituali, mistici o soprannaturali ottenuti mediante l'ascetismo. Abili nell'uso di un'ampia varietà di armamento.

Hira shuriken: dardi ninja di varie dimensioni e fogge. Dette anche comunemente stelle ninja.

Yukata: kimono estivo, indossato anche durante le feste.

Bento: pranzo al sacco, misto di verdure carne, pesce e riso.



Voglio ringraziare ancora il mio beta-reader Kuno e Moira per essermi stati vicini durante la stesura della ff e avermi aiutato ad evitare gli errori più grossolani, o semplicemente d'avermi consigliato pur lasciando a me l'ardua scelta, ma sopratutto per aver sopportato i miei scleri da fanwritten, vi voglio bene! ;) Ciauzzz!


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