It was written in blood

di Dahmer
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** New model ***
Capitolo 2: *** Goodmorning Sheffield! ***
Capitolo 3: *** This is a good news, or almost ***
Capitolo 4: *** Let the fun begin ! ***
Capitolo 5: *** You think that is funny? ***
Capitolo 6: *** What could have he invented now? ***
Capitolo 7: *** Flavor of cream ***
Capitolo 8: *** I can not stay away by you ***
Capitolo 9: *** God please, tell me that it is a joke ***
Capitolo 10: *** I will love you forever, I promise ***
Capitolo 11: *** That little kiss you syole, it held my heart and soul ***



Capitolo 1
*** New model ***



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-New model-
 

Rylee aprì la mail, ormai convinta di un esito negativo.
 

Da: Drop Dead Clothing
A: Rylee Jackson
Gentilissima signorina Jackson abbiamo esaminato attentamente le foto da lei mandate e le scriviamo per comunicarle che è stata scelta come nuova modella della compagnia. La aspettiamo per un primo incontro martedì 15 giugno presso la nostra sede a Sheffield. Arrivederci.

 
Iniziò a iperventilare. Non ci poteva credere: era stata scelta! Scese velocemente le scale della modesta casetta azzurra in cui abitava. Si precipitò in salotto, saltando gli ultimi tre gradini della scalinata.

-Mamma, papà! Mi hanno presa! Mi hanno presa!- esultò esaltata.

Rylee era figlia di una graziosa coppietta di Canton, Ohio. La madre era casalinga e il padre un piccolo commerciante. Aveva due fratelli. Il più grande, Derek, impegnato nell’esercito americano da due anni e l’altro Jeremy all’università.  Lei era l’unica rimasta con i genitori. Era una ragazza modestamente alta e magra, dalla pelle olivastra che faceva risaltare gli occhi verde smeraldo attorniati da lunghe ciglia nere. I lineamenti del viso erano delicati, il naso era leggermente alla francese e le labbra moderatamente carnose e sul labbro inferiore sfoggiava un piccolo anellino d’argento. Aveva i capelli mossi lunghi fino alle ultime costole e il loro colore noce accentuava gli zigomi alti.

-Davvero?- domandò quasi sorpresa la madre, facendo rischiarare il proprio viso da un’espressione orgogliosa e raggiante.

-Si! Sono felicissima! Devo andare al primo incontro il 15 giugno in Inghilterra!- gridò in preda alla gioia la diciassettenne –Papà, mi accompagnerai vero?- domandò poi, rivolgendosi alla figura ormai fusa con il divano e completamente nascosta da un immenso quotidiano.
Il padre, Aaron, le lanciò un’occhiata di approvazione. Aveva l’abitudine di viziare Rylee, sua unica figlia femmina. La vedeva sempre come una bambina, quindi tra le due figure autoritarie in casa lui era certamente la più permissiva.

-Grazie, grazie, grazie!- lo abbracciò elettrizzata la ragazza.

Tornò in camera per avvisare le amiche, Kate e Isabel, due ragazze poco popolari ma molto simpatiche e affidabili. La prima figlia unica di un’avvocatessa e di un ricco imprenditore, concentrato più sul lavoro che sulla famiglia e la seconda figlia di una casalinga e di un architetto.
Accese il computer e salì su Skype. Le due ragazze risposero subito al suo tentativo di conversazione. I capelli rosso vivo di Kate s’illuminarono sotto la luce fioca della stanza in cui si trovavano e il pallore di Isabel le fece brillare il viso circondato da lunghi capelli biondi.

-Ry!- esordirono all’unisono le due figure sullo schermo.

-Ciao ragazze! Ho una notizia meravigliosa!- annunciò Rylee esibendo un sorriso a 32 denti.

-ODDIO TI HANNO PRESA!- strillarono le amiche alzandosi dalle rispettive sedie e cominciando a saltare per la stanza.

-Perché mi dovete rovinare le sorprese?- domandò lei sorridente –Comunque si! Il 15 giugno andrò a Sheffield!-

-Sheffield? In Inghilterra?- chiese curiosa Isabel.

-Esatto! Mi accompagnerà mio padre!-

-Lo vorrei anch’io un padre come il tuo!- affermò con tono colmo d’invidia Kate.

L’ultima asserzione fece scoppiare Rylee in una sonora risata, alimentata dall’emozione di essere stata accettata dalla Drop Dead. Qualcosa però calmò Kate.

-Aspettare, il 15 giugno non è tra tre giorni?-

Un momento di silenzio velò la stanza.

-Ma cosa dici?! Non è tra … Oddio … E’ TRA TRE GIORNI!- fece Rylee spalancando gli occhi –Devo subito preparare la valigia! E prendere i biglietti! E dirlo a papà! Scusate- commentò poi quasi tra sé prima di alzarsi dal letto spegnendo velocemente il computer, mentre dall’altro capo le amiche si divertivano allietate dalla sua reazione.

Rylee afferrò dall’armadio tre magliette e i pantaloni, biancheria intima e un paio di scarpe da ginnastica e li mise in un piccolo borsone rosso.

-Cosa manca?- si chiese.

-Ah giusto! Una felpa!- s’illuminò. Si fermò nuovamente –PAPA’, IL 15 GIUGNO E’ TRA TRE GIORNI!- sbraitò.

-Lo so- si sentì rispondere dal piano inferiore.

-E perché non me lo hai detto?-

-Pensavo lo sapessi. Stai preparando la valigia?-

-Si! E tu?-

-L’ho già pronta!- replicò fiero di sé Aaron.

-E i biglietti?- Continuò a incalzarlo la figlia.

-Ho chiamato poco fa l’aeroporto- Rispose pronto lui.

-Papà ti adoro!- esclamò Ry.

-Lo so!-  

Rylee riprese i preparativi per il viaggio. Prese il suo beauty-case zebrato dall’armadio e vi infilò dentro i trucchi, i dischetti struccanti, lo spazzolino, il dentifricio, la spazzola, svariate creme e shampoo.

Decise poi di farsi un bagno rilassante, pieno di schiuma e con le candele profumate che ornavano la vasca. Accese lo stereo in camera sua. La radio dava una canzone dei Bring Me The Horizon, che lei conosceva molto bene, anche se non era il suo gruppo preferito. Si immerse fino al collo nell’acqua calda. Si lasciò completamente andare alla pace e alla tranquillità di quel piccolo bagno moderno con le piastrelle bianche e nere. Dall’acqua usciva una lunga scia di vapore mescolato al profumo di fragola del bagnoschiuma e a piccole bolle di sapone. Si mise a cantare Home Sweet Hole riuscendo a tener testa anche allo scream del cantante. Iniziò a pensare che tra soli tre giorni lo avrebbe conosciuto. Sarebbe stato un onore, ma c’era un problema. Con chi non conosceva Rylee era una stronza, non in senso negativo, amava giocare e scherzare, lo psicologo della scuola le aveva detto che era una sorta di meccanismo di difesa che utilizzava quando provava sensazioni forti o si sentiva in imbarazzo e con Oliver si sarebbe sentita davvero molto in imbarazzo. Affondò la testa tra la schiuma, ci avrebbe pensato quando sarebbe stato il momento.

Uscì avvolta da un morbido asciugamano bianco. Una fitta nebbia di vapore si diffuse nella camera da letto. Spalancò la finestra per fare uscire la nube che si dissolse rapidamente. Si tolse l’asciugamano dalla vita e se lo arrotolò sui capelli.

Si vestì velocemente, indossando un paio di pantaloncini di jeans chiari e una maglietta grigia che le lasciava scoperta una spalla, quella che riportava un tatuaggio sulla clavicola:

Il Ricordo unisce ciò che la vita separa.

Frase significativa di Anton Vanligt che lei aveva voluto dedicare alle due persone più importanti della sua vita, i fratelli, quando se ne erano andati di casa per vivere la loro vita. Il tatuaggio era accompagnato dai nomi dei due ragazzi e tre piccoli cuori incatenati a fare da sfondo alle ultime parole della citazione.

Improvvisamente qualcuno bussò alla porta della camera.

-Chi è?- chiese, mentre si asciugava i capelli con l’asciugamano.

-Max- rispose la voce dall’altra parte della porta.

Rylee si precipitò ad aprire.

-Max!- esultò allegramente abbracciandolo, cogliendolo impreparato a quella dimostrazione di affetto che lo fece barcollare. Max era il suo migliore amico in assoluto. Un ragazzo di un anno più grande, popolare ma non presuntuoso. Era un bel ragazzo, alto circa un metro e ottanta. Aveva gli occhi azzurri e i capelli neri lunghi fino alle spalle. Aveva due piercing, uno sulla lingua e l’altro sul sopracciglio sinistro e molti tatuaggi che gli decoravano il corpo. La maggior parte sulle braccia e uno, davvero impressionante, che gli attraversava il collo, un serpente.

-Ry, ho saputo della Drop Dead!- le comunicò.

-Come lo hai saputo?- domandò incuriosita lei.

-Si è già sparsa la voce, sai com’è Isabel …-

I due risero contemporaneamente, in effetti Isabel non sapeva tenere un segreto nemmeno se fosse stata pagata per farlo.

-Vieni dentro, è una vita che non parliamo- lo invitò a sedersi sul letto, dove un tempo si divertivano a scherzare, confidarsi e commentare le loro canzoni preferite. Ry, infatti aveva saputo dell’esistenza dei Bring Me The Horizon grazie a lui, ed era stato sempre lui ad insegnarle lo scream, finché l’alunna non aveva superato il maestro. Il ragazzo si accomodò sul materasso coperto da vivaci lenzuola verde pastello e azzurre. Guardò l’amica. Era davvero tantissimo che non passavano più del tempo insieme.

-Ti spiace se intanto mi asciugo i capelli?- chiese cortesemente lei.

-Fai pure- le sorrise lui.

La ragazza si armò di phon e spazzola e cominciò ad asciugare quella chioma diventata indomabile a causa del contatto con l’acqua.

-Ti rendi conto che conoscerai i Bring Me The Horizon? Ti invidio tantissimo!- le confessò poi mentre la osservava pettinarsi quel cumulo di capelli. Il tono della sua voce si alzò notevolmente facendolo assomigliare a una ragazzina fan sfegatata del gruppo.

-Sapevo che mi nascondevi qualcosa!- lo derise lei.

-C-Come?- domandò stupito Max tornando alla sua solita voce.

-Ti piace Oliver eh?! Lo sapevo che eri gay! L’ho sempre sospettato!- fece contenta Rylee.

-Un momento … ?! … Io non sono gay!- si difese stranito l’amico.

-Oh! Bella figura di merda!- commentò lei tornando a concentrarsi sull’acconciatura.

-Davvero pensavi che fossi …- iniziò lui.

-No! Volevo vedere come reagivi!- ammise.

Il ragazzo sospirò, visibilmente confortato. Non era gay! Anzi quando aveva conosciuto Rylee aveva avuto per più di un anno una cotta per lei, ma, ai suoi occhi, la ragazza lo aveva sempre visto come un amico, quindi si era accontentato di quel ruolo.

-Beh, e tu che mi dici? Farai la ragazza per bene o sarai l’animale che sei stata all’inizio (e sei tutt’ora) con me?- proseguì. Smascherata. I primi mesi di conoscenza Ry era stata stronza con lui, il perché?! Beh, perché gli piaceva.

-Non sono un animale! Amo farti scherzi!- mentì lei –Comunque darò a Oliver ciò che si meriterà- asserì con un pizzico di malizia.

-Sei consapevole che detta così questa frase suona malissimo?!-

Seguì un’allegra risata, Max non aveva tutti i torti, quella frase era il culmine del doppio senso. Rylee mise il phon in valigia e si sistemò accanto all’amico.

-Ti mancherò almeno un po’?-  gli domandò.

-Per quanto starai via?-

-Non lo so, ma ti mancherò?-

-Mmmm … No, non credo-

La ragazza afferrò un cuscino e glielo tirò sul viso, facendolo sobbalzare. Iniziò una lunga lotta a cuscinate che vide l’amica vincitrice. Rimasero tutto il pomeriggio rannicchiati sul letto a parlare di tutto ciò che gli veniva in mente, ma poi arrivò la sera e Max dovette andarsene. Ci fu un lungo abbraccio prima che questo uscì dall’abitazione. Si erano allontanati molto nell’ultimo periodo poiché Ry aveva iniziato a frequentare la palestra e questo le aveva fatto ignorare la loro amicizia. La visita di Max aveva salvato il loro rapporto.

-Scrivimi quando arrivi e tienimi aggiornato- le raccomandò dandole un bacio sulla fronte.

-Senz’altro- lo rassicurò lei guardandolo dal basso verso l’alto. 

Era finalmente arrivata l’ora di dormire, entro tre giorni avrebbe realizzato il suo sogno di diventare modella. Uscì sul balcone e si sedette su un piccolo divano bianco senza schienale, appoggiato al muro della casa. Alzò lo sguardo, contemplando le stelle. Il cielo era una meraviglia quella notte. Era mezzanotte. La calda mezzanotte di inizio estate e Ry era davvero felice. C’era una quiete assordante. L’unico suono che si poteva sentire era il flebile cantare dei grilli. Tutto stava andando per il meglio.

Prese la tazza di the che poco prima aveva posato su un tavolino in vetro e ne bevve un sorso. I genitori la ritenevano pazza, solo lei beveva il the caldo a giugno, ma la ragazza continuava a dire che la rilassava.

 
Ciao! Di nuovo io e di nuovo con una FF sui BMTH! Volevo precisare una piccolissima cosa: in questo capitolo alcune frasi sono state molto significative per me, poiché ho voluto inserire il fatto che il fratello di Rylee fosse nell’esercito perché il mio migliore amico poco tempo fa si è arruolato e lui è come un fratello per me. Per fortuna è riuscito a ritirarsi dall’addestramento, dato che non voleva farlo, ma l’angoscia di salutarlo prima che partisse è una cosa che non dimenticherò mai. *Black Devil*  

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Capitolo 2
*** Goodmorning Sheffield! ***


-Goodmorning Sheffield !-
 

- Ry, sono le otto, l’aereo parte tra un’ora- la voce dolce del padre la svegliò da un bellissimo sogno, un sogno che tra poco sarebbe diventato realtà.

Era agitatissima. Non aveva mai visitato l’Inghilterra e moriva dalla voglia di andarci. Le sue valige erano già caricate in macchina sin dalla sera precedente.

Solitamente era difficile farla alzare dal letto la mattina presto, ma in quell’occasione non lasciò al padre nemmeno il tempo di finire la frase, che era già in piedi, vestita con dei pantaloncini inguinali stracciati e una canotta bianca.

-Vado a sistemarmi, mi lavo, mi trucco e arrivo- annunciò, senza mai far scemare il sorriso allegro che aveva caratterizzato il suo risveglio. 

Si lavò i denti e il viso, si spalmò la crema idratante, si truccò gli occhi applicando velocemente il mascara e si passò sulle labbra un burrocacao al mirtillo che diede alla sua bocca un dolce sapore di frutti di bosco che si mescolò con quello del dentifricio alla menta. Si pettinò e rimise con cura tutti gli oggetti nel beauty, pronta a partire.

Scese al piano inferiore, dove la madre la stava aspettando per salutarla e augurarle buona fortuna. L’abbracciò.

-Buon viaggio, tesoro. Fammi sapere quando arrivi e come va l’incontro-

-Si mamma, lo farò. Ti voglio bene-

-Anch’io-

Dall’esterno dell’abitazione si sentì il clacson della Ford Ka strombettare all’impazzata. Aaron la stava incitando ad uscire. Rylee avrebbe potuto giurare di averlo sentito imprecare, se non fosse stata sicura della devozione del padre.

Salì in macchina, per la prima volta sprovvista di i-pod.

-Non ascolti quell’aggeggio?- chiese sorpreso il padre notandolo. 

-Mh?!- fece lei, totalmente persa nei suoi pensieri, tutti relativi alla Drop Dead.

-Chiedevo come mai oggi non ascoltavi la tua musica- ripeté lui.

-Oh! Scusa, è che sono molto agitata. Insomma papà, faremo un viaggio in Inghilterra, noi due insieme, è la prima volta che siamo soli, e poi sto per diventare modella e sto per conoscere i BMTH!- proferì la frase senza intervallare le parole con delle pause, così dovette respirare profondamente per riprendere fiato ed evitare il collasso.

-Non ho idea di cosa tu abbia farfugliato alla fine, ma anch’io sono contento di passare del tempo con te e sono fiero di te. Stai realizzando il tuo sogno, a cui hai lavorato duramente. Sono davvero orgoglioso.- le sue parole furono di grande conforto per la figlia. Era contentissima che il padre l’appoggiasse.

L’auto si fermò in prossimità dell’aeroporto. I due scesero. Scaricarono le valige dal bagagliaio e s’imbarcarono sull’aereo.

Rylee si accomodò vicino al finestrino. Le sue gambe iniziarono a tremare, si ricordò solo in quel momento di avere paura di volare, sia da quando era piccola. Percepì l’apparecchio accendere i motori e prepararsi al decollo. L’aria si fece soffocante, si sentiva il cuore battere nelle tempie. Impallidì notevolmente. L’aereo cominciò a sollevarsi da terra. Ry sentì l’atmosfera comprimerle la testa e i polmoni accartocciarsi su se stessi. Strinse la mano a pugno per riuscire a sopportare la situazione. Chiuse gli occhi strizzandoli forte, ma i rumori divennero più intensi. Il respiro le si troncò in gola, stava per avere un attacco di panico. Sentì una mano posarsi delicatamente sul suo ginocchio. Si calmò. Riaprì gli occhi e si voltò verso il padre seduto accanto a lei. Lo sguardo di Aaron era preoccupato.

-Va tutto bene?- le domandò.

Il viso di Ry recuperò colore. La vista smise di essere annebbiata e le gambe cessarono di tremare. Tornò a respirare normalmente.

-S-Si- balbettò ancora scossa.

-Rilassati e pensa che tra poco saremo in Inghilterra, fai un bel respiro e riposati un po’, ti sveglierò quando siamo arrivati-

Ry si limitò ad annuire, poi si abbandonò sul sedile, cercando di stare tranquilla. Si assopì.

Dopo poco più di sette ore di volo Aaron svegliò la figlia.

-Stiamo per atterrare- le disse dolcemente.

L’aereo toccò il suolo e questo la rincuorò definitivamente. Quella tortura era finalmente finita, Tirò un sospiro di sollievo. Fu la prima a scendere, precipitandosi giù. Voleva sentirsi stabile di nuovo, voleva poggiare i piedi sul suolo.

Una volta a terra si piegò sulle ginocchia, facendo dei lunghi respiri. La canotta bianca le si incollò al petto, pressandolo. Proseguì nell’aeroporto a testa bassa, con il terrore di vomitare se l’avesse alzata. Uscì da quel luogo affollato mano nella mano con il padre. Finalmente alzò lo sguardo sulla città. Sheffield.

Quel posto era davvero stupendo, era talmente bello che le fece dimenticare il viaggio e il suo malore. L’avventura poteva cominciare.

-Papà, siamo in Inghilterra!- gioì abbracciandolo.

Il padre prese dalla tasca dei pantaloni il foglietto su cui aveva segnato l’indirizzo del negozio.

Chiamò un taxi e riferì all’autista le coordinate, intanto Ry si infilzò gli occhiali da sole tra i capelli, raccolti in una coda scomposta.

L’auto si fermò davanti a un negozio che riportava sulla vetrata il gattino della Drop Dead. Erano arrivati. Scesero e si diressero verso l’entrata.


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Ry si fermò all’improvviso, era a un passo dalla realizzazione del suo progetto. Prese coraggio e entrò. Fu accolta da un’ondata di aria fredda, proveniente dai ventilatori che rinfrescavano il locale in una calda giornata di giugno. Erano quasi le cinque del pomeriggio del 15 giugno. Cominciò a ispezionare il nuovo luogo. Sui muri vi erano moltissimi schermi che trasmettevano foto dei vari modelli. Rimase meravigliata dalla grande quantità di vestiti e di accessori che traboccavano dagli attaccapanni. Cominciò ad esaminare una maglietta bianca con la stampa di un gatto vestito in stile Mickey Mouse con il dito medio alzato, la lingua penzoloni e il cervello che colava sul viso.

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-Ti piace?- si sentì chiedere. Si voltò di scatto, incrociando lo sguardo con un ragazzo dai capelli bruno scuro, lunghi fino alle spalle, palesemente piastrati, in pieno stile Oliver Sykes. Il corpo esile era coperto da un paio di jeans scuri e da una canotta bianca con la scritta “I <3 Drop Dead”.  I suoi occhi color azzurro intenso si rallegrarono alla vista della bella ragazza.

-Aspetta, tu non sei Rylee Jackson?- domandò senza lasciarle il tempo di rispondere alla prima domanda. La ragazza annuì. Il modello l’aveva riconosciuta senza nemmeno averla mai vista di persona prima d’allora. Era il primo passo verso il successo.

-Piacere, sono Matt Godfrey- si presentò.

-Beh, il mio nome lo sai già, chiamami Ry- confermò lei sorridendo.

-Io sono il padre, Aaron, piacere- si intromise il padre, porgendogli la mano.

-Salve- fece il ragazzo ricambiando la stretta.

-Venite con me, posate un momento le valige- consigliò poi dirigendosi verso l’entrata, era il momento di chiudere il negozio, erano le cinque in punto. La grande vetrata smise di far passare il sole del tardo pomeriggio.

I due poi seguirono Matt nell’ufficio dietro allo store. Un grande spazio, leggermente spoglio, dalle pareti bianche e il pavimento grigio con vari poster appesi qua e là. Ai lati erano posizionati moltissimi divani in pelle nera, su cui erano accasciati parecchi ragazzi. 

-Un momento di attenzione, lei è Rylee Jackson- annunciò Godfrey attirando l’interesse degli altri. Tutti si alzarono, avvicinandosi a lei, osservandola come un critico d’arte osserva un dipinto di Picasso. Aaron indietreggiò, sentendosi a disagio, mentre Ry non si sentì affatto sotto pressione. Fece come se nulla fosse, poggiò il borsone a terra, liberandosi di quel peso eccessivo che, fino a poco prima, le gravava sulla spalla tatuata. L’ansia che aveva caratterizzato il viaggio era magicamente svanita nel nulla. Si sentiva a casa.

-Tu allora sei la famosa Rylee- attaccò un ragazzo guardandola attentamente, come se la conoscesse da una vita. Era un bel ragazzo, come tutti in quella stanza. Alto, ben impostato fisicamente, o quasi, con i capelli corti castano chiaro e gli occhi azzurro fioco.

-Famosa non proprio, ma il nome è giusto- sorrise lei, facendo brillare il piercing argenteo sotto la luce della stanza.

-Josh- fece lui.

Dopo di lui anche gli altri ragazzi si presentarono. Il primo dopo Josh fu Dani, un’altra copia del cantante dei Bring Me The Horizon, con gli occhi chiari e i capelli corvini, ragazzo dal sorriso dolce, molto gentile ed educato. Il suo viso ricordava quello di un bambino. La fidanzata, Layla, lo seguì. Era l’unica ragazza presente in quel momento. Capelli neri, occhi azzurri e piercing al naso. Il successivo fu Tommy, chioma scura, occhi castani e anche lui anello al naso. Un ragazzo solare e sempre allegro. Dopo di lui fu il turno di Tom Barnes, il fotografo che si occupava dei servizi. Un omone dai capelli e barba scuri e con due grandi occhioni color cielo. L’ultimo che si fece avanti fu Felix, l’unico modello completamente diverso dagli altri, dalla capigliatura noisette, con un ciuffo corto e con gli occhi azzurro pallido e con il naso all’insù, sembrava un ragazzo molto riservato, Rylee notò che parlava di rado e sorrideva ancora più raramente. Felix, come Ry, era americano, ma si era trasferito in Inghilterra per poter lavorare come modello.
Al termine delle conoscenze Rylee e il padre ricordavano solo i nomi di Layla e Felix, ma presto avrebbero imparato anche gli altri. Nessuno dei due però si era accorto che nel frattempo Godfrey aveva chiamato altre persone per conoscere Ry.

Partì un circolo vizioso di domande, incrementate dall’interesse verso una nuova futura icona dell’agenzia. Poco dopo la porta si spalancò, permettendo all’edificio di accogliere gli ultimi ragazzi. Jona, Lee, Matt, Matt Kean, il padre di Oliver e Tom, il più piccolo dei due fratelli e infine il cantante accompagnato dalla compagna, la modella Amanda. I due entrarono tenendosi per mano, scena troppo sdolcinata per l’americana che roteò gli occhi, contrariata. 

Le stava tornando la sensazione di angoscia. Era davanti ai BMTH ma il panico non era per quello, temeva altre presentazioni! E il suo incubo si effettuò.

-Ciao, sono Lee- fece il più espansivo, chitarrista solista della band. Ry notò che era ancora più basso di quanto appariva nelle foto. Ricambiò il saluto, passando ai due Matt, tentando di distinguere il batterista dal bassista e, a loro volta, dal modello, Godfrey, senza successo.

-Io sono Jona- s’introdusse l’altro chitarrista, sfoggiando un cordiale sorriso di benvenuto.

La famigliola felice fu l’ultima in assoluto. Per fortuna, a parere di Rylee, che stava iniziando a fare confusione. Il padre dei due ragazzi l’accolse molto affettuosamente, per poi dedicarsi ad Aaron, rimasto in disparte, non abituato a quella situazione.

-Rylee, giusto? Io sono Tom, Tom Sykes.-

-Tom?! Pure tu?! Avete tutti gli stessi nomi, anche Matt prima! Come vi distinguo?- osservò lei.

-Noi solitamente chiamiamo Godfrey e Kean per cognome e Matt Nicholls per nome. Mentre nel nostro caso io sono l’unico a mantenere il nome, mentre Tom Barnes viene chiamato per cognome- spiegò il ragazzo dagli occhi glauchi. Ora Ry era veramente sconnessa. Lo guardò stranita.

-Ci farai l’abitudine- la confortò l’altro.

Intanto Oliver, in un angolo con Amanda, sorrise inebetito alla reazione della nuova modella, provocando l’ira velata della fidanzata.

Si avvicinarono, senza mai lasciarsi la mano.

-Io sono Amanda- parlò per prima la ragazza, che sin da quando si erano conosciuti aveva imposto il suo comando. –E io Oliver- fece lui totalmente sottomesso.

-Rylee, ma chiamatemi Ry- fece lei squadrando la coppietta. Lo sguardo di Amanda era fermo su di lei. La ragazza non le toglieva gli occhi di dosso. Rylee iniziò a sentirsi sotto pressione. Odiava quando la gente la fissava, odiava la gente in generale, antropofobia, così l’aveva chiamata lo psicologo. Ry si era informata cercando in google la definizione della diagnosi e aveva trovato: forte paura delle persone e dei contatti sociali. L’americana ignorò completamente il pensiero dello specialista, considerandolo sbagliato: non aveva paura della gente, aveva schifo. E ora si stava preparando a stare quasi costantemente a contatto con un mucchio di persone. Perfetto.

 
Secondo capitolo :) una cosa soltanto: allora per chi non lo sapesse, tutti i nomi e le descrizioni dei modelli della Drop Dead non sono inventate, so che potrebbero confondere un po’ ma penso che prima o poi ci farete l’abitudine :) 
Grazie a chi mi segue già e a tutti quelli che hanno letto :) 
Beh direi che non c’è altro, per il momento :D grazie di cuore
*Black Devil*
            

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Capitolo 3
*** This is a good news, or almost ***


-This is a good news, or almost-
 

Rylee si mise un vestitino blu a tubino, stretto in vita da una cintura argentata con qualche lustrino, che si era comprata in occasione della prima serata in compagnia dei ragazzi della Drop Dead. Mise dei tacchi vertiginosamente alti, grigio scuro. Sarebbero andati a cena in un locale chic e voleva fare bella figura. Si raccolse i capelli in un’acconciatura alta che le lasciava cadere qualche ciuffo mosso sul viso. Si truccò leggermente applicando un delicato lucidalabbra color pesca e accentuò gli occhi smeraldini con una matita nera e del mascara.

Il padre uscì dal bagno dell’immensa stanza dell’albergo in cui avrebbero alloggiato durante l’avventura.

-Come siamo eleganti!- sorrise Ry notando lo smoking nero elegante che avvolgeva comodamente Aaron.

-Grazie! Non ero sicuro di come mi stesse, ma con quello che ci è costato … comunque sei bellissima- replicò lui.

I due lasciarono la stanza e si avviarono verso il ristorante in cui avrebbero mangiato. Gli altri erano già lì, tranne Oliver e Amanda.

-Buonasera- salutò Aaron seguito dalla figlia.

-Ciao! Ry che bel vestito!- esultò Layla correndole incontro esaminando l’abitino estremamente corto e attillato.

-Waoh!- riuscì a balbettare Godfrey mentre tutti gli altri ragazzi la guardavano inebetiti, quasi sbavando.  

Erano tutti vestiti eleganti. Chi con jeans e giacca raffinata, chi in smoking.

Sorrise cordialmente a ogni singolo apprezzamento fatto su di lei o sul suo vestito e si sedette accanto a Godfrey, i cui occhi azzurri rimanevano concentrati sul suo corpo.

-Stai benissimo- continuava a dirle con un leggero sorrisetto ebete sulle labbra.

Stavano per iniziare a mangiare quando furono raggiunti dagli ultimi due ospiti, che si erano fatti attendere per oltre 40 minuti.

-Scusate il ritardo, stavamo … c’era coda- mentì Amanda, tentando di non svelare che avevano fatto sesso fino a quel momento, dimenticandosi della cena. Ma ormai tutti li conoscevano fin troppo bene per sapere in cosa si erano cimentati poco prima, anche perché il cantante aveva il rossetto rosso acceso della modella sulle labbra e sul collo. Kean gli fece segno di ripulirsi, passandogli il tovagliolo.

Oliver notò la nuova arrivata e piazzò lo sguardo su di lei, in quel momento impegnata a rispondere alle mille domande con cui i modelli la stavano assillando sin dal suo arrivo. Rimase scosso dal fascino genuino di quella ragazza la cui bellezza rasentava la perfezione. Lei non lo notò nemmeno, mentre la fidanzata si accorse dell’occhiata che le aveva lanciato, così lo trascinò a sedere tirandolo veementemente per il maglioncino beige. 

La cena iniziò e Ry si trovò di fronte tantissimi piatti di cui non sapeva nemmeno l’esistenza. C’era carne, pesce, verdure di ogni tipo e colore. Di tutto.

L’americana stava per assaggiare una strana bistecca di un animale ignoto quando le squillò il cellulare.

-Scusate- sussurrò chiedendo il permesso di alzarsi per andare a parlare in un posto più isolato.

Si issò facendo risalire esageratamente il vestitino fino all’inguine. Sul viso di Oliver comparve un sorriso soddisfatto alla vista dell’intimo della ragazza. Si sentì però colpire da un violento calcio al polpaccio, tirato dai tacchi a spillo della compagna. Gemette di dolore tentando di soffocare la reazione per non dare nell’occhio.  

Ry, a poca distanza dal tavolo, rispose.

-Pronto?!-

-Per fortuna dovevi chiamarmi appena arrivavi! Ho aspettato la tua telefonata per tutta la giornata!- cominciò seccato Max.

-Max! Perdonami, sono stata presa dall’euforia- si scusò lei.

-D’accordo. Perdonata. Come sta andando?- chiese incuriosito.

-Benissimo, sono contentissima qui, è tutto ciò che ho sempre voluto-

-Quanti ne sono sopravvissuti?- ironizzò l’amico, alludendo alla sua tendenza a diventare una stronza.

-Ehi! Non sono il mostro che credi! Comunque non ho ancora iniziato … oh devo andare, è arrivato il dolce e non me lo voglio perdere- confessò Ry prima che la sua attenzione venisse attirata da un’immensa torta di crema e panna comparsa improvvisamente sul tavolo. Amava la panna, in America con Max trascorreva i pomeriggi a strafogarsi di quella delizia. 

-D’accordo, ci sentiamo, ti voglio bene-

-Anch’io-

Rylee tornò alla tavolata, tutti avevano finito di mangiare e si stavano accingendo a gustarsi il dessert, mente lei non aveva ancora toccato nulla, a causa di tutti i quesiti a cui doveva rispondere e della telefonata. Sperava almeno di poter assaggiare la torta.
Divorò la sua fetta con una foga tale da sembrare un felino rimasto a digiuno per più di un mese, a cui veniva presentata una succulenta costata.

-Avrei un annuncio- iniziò Barnes percuotendo il bicchiere con una forchetta –Beh, Ry, ora sei dei nostri e volevo dirti che domani ci sarà il tuo primo servizio fotografico, poi partiremo tutti insieme per un altro servizio in Portogallo, staremo là per cinque giorni e nel frattempo lei, signor Jackson, ne approfitterà per effettuare il trasferimento definitivo dall’albergo a casa Sykes, dato che Ian si è offerto di accogliervi a tempo indeterminato-.

Sul viso di Aaron comparve un’espressione terrorizzata. Non poteva pensare che la sua bambina sarebbe stata sola cinque giorni con gente che non conosceva nemmeno. Si stava per opporre ma poi guardò il sorriso della figlia e capì che quella cosa la faceva stare bene, così si trattenne. Annuì ringraziando il padre del cantante dell’ospitalità, restando ancora incerto.

A fine serata furono costretti a lasciare quel posto magnifico per tornare in albergo.

-Non mi piaceva come ti guardava quell’Oliver- attaccò il padre, ancora irritato dalla comunicazione del viaggio.

-Cosa?! Non ho notato- si giustificò lei.

-Beh, non gli conviene usarti per i suoi scopi propagandistici-

-Papà non mi si avvicinerà tranquillo, ora dormiamo … ah, papà …-

Si fermò e fece un profondo sospiro.

-Grazie, so che la notizia del servizio in Portogallo non è stata facile da accettare, ma apprezzo che tu mi permetta di andarci- fece poi dolcemente.

Il padre sorrise, rincuorato. Aveva una figlia fantastica, responsabile e determinata. Si fidava ciecamente di lei, meno dei modelli e ancora meno di Oliver, ma ormai aveva acconsentito e non poteva tirarsi indietro.

Ry si addormentò accoccolata tra le braccia del padre, nell’immenso letto matrimoniale ricoperto da lenzuola di seta, come facevano quando era una bambina. Aaron non riusciva a chiudere occhio, fissava il soffitto, iniziando a sentirsi uno strano peso sul cuore. Era in Inghilterra, luogo che aveva contrassegnato le sue fantasie adolescenziali, stava rendendo felice la sua piccolina  e non doveva pagare nulla tranne i vestiti, perché a tutto si occupava la Drop Dead. Eppure qualcosa lo tormentava. Non riuscì a capire se fosse quel ragazzo, Oliver o l’itinerario in Portogallo. Guardò la figlia. Capì che doveva sopportare quel dolore, per lei e doveva approfittare della situazione per rilassarsi staccando dal lavoro, che ormai lo pressava, facendolo lavorare per un giorno intero per poi essere ripagato con un salario minimo.

Respirò profondamente e finalmente cadde in un sonno profondo. Erano ormai le quattro del mattino. 

Il sole sorse lentamente velando la città ancora addormentata. I suoi raggi caldi penetrarono dalle veneziane e colpirono gli occhi chiusi di Rylee che si svegliò sotto quel tocco delicato. Il padre era già sveglio e vestito. Si sentì bussare.

-Che cazzo …?!- fece la ragazza alzandosi goffamente dal comodo materasso. Si diresse verso la porta raccogliendosi i capelli in uno scomposto chignon. Aprì.

-Buongiorno!- disse Godfrey.

-Oddio- proseguì. Il suo sorriso mattiniero svanì, sostituendosi con un’espressione stupita. Fu in quel momento che Ry rammentò di indossare solo un paio di mutande e una canotta.

-Oh … io … scusa! Cristo! Non mi aspettavo che … cioè … oddio … è imbarazzante- l’americana cominciò un lungo monologo sul perché fosse in biancheria intima ma fu interrotta dal modello.

-Tranquilla, è solo che non me lo aspettavo, non ho detto che non gradisco- sorrise cordialmente e con una punta di malizia nella voce.

Rylee afferrò un paio di pantaloncini blu da pallavolista e se lì infilò velocemente, facendo ridacchiare il ragazzo.

-Sono venuto a prendervi. Siete pronti?- continuò il moro. Sul viso della ragazza comparve un’espressione strana, indecifrabile che, nel suo gergo, significava qualcosa tipo: emmm … no. Godfrey allora si accomodò sul divanetto della stanza, invitandola a prepararsi, senza fretta. Lei prese una maglietta bianca scollata da cui spuntava il reggiseno di pizzo nero, che fece reagire d’istinto il membro del ragazzo, il quale coprì l’eccessiva reazione con le mani. Poi si barricò in bagno e non si fece vedere per più di mezz’ora. Sia Godfrey che Aaron temevano fosse stata risucchiata dallo scarico. Finalmente comparve sulla soglia, più bella che mai. I capelli le si abbandonavano delicatamente sul petto, coprendo il tatuaggio. Il colore degli occhi, grazie a un abile lavoro di make up, risaltava ancora di più, per quanto fosse possibile, e le labbra sembravano più carnose grazie a un limpido rossetto rosso fuoco. Si accorse di aver trascorso troppo tempo a prepararsi così mise rapidamente i tacchi e uscì seguita dagli altri due.

L’auto attraversò quasi tutta la città e raggiunse il negozio. La ragazza fu scortata a un camerino per indossare gli abiti con cui sarebbe apparsa sulle prime foto. Mise la maglietta che il giorno prima aveva adocchiato e dei leggings a fiori.

Cominciò il servizio. Lei era l’ultima a dover posare. Si posizionò su uno sfondo interamente bianco e assunse una posa da vera diva. Fece passare lo sguardo su tutte le persone che la circondavano. Ecco che tornò a farsi sentire l’antropofobia. I battiti accelerarono notevolmente, ma non era il caso di agitarsi, si trovava nel luogo in cui il suo sogno sarebbe diventato realtà, eppure quella sensazione di oppressione non accennava a diminuire. Una voce la riportò alla realtà.

-Bene, perfetta. Felix, tocca a te- annunciò Barnes, facendo segno a Felix di avvicinarsi a Ry. Altri flash, altri scatti. Iniziava ad abituarsi alla situazione e quando il modello le si avvicinò per le foto insieme l’inquietudine si placò definitivamente. Il profumo di quel ragazzo le inebriava la mente, offuscandole i pensieri. Percepì le mani di lui poggiarsi amabilmente sui suoi fianchi, cingendoli con un filo di insicurezza. Si abbandonò alla sua presa cercando di assumere una posizione naturale. Il viso del ragazzo si avvicinò al suo. Sentì il suo fiato caldo appiccicarsi alla pelle. Guardarono contemporaneamente verso l’obiettivo. Felix ormai era abituato al contesto, quindi i suoi movimenti erano spontanei, mentre lei si stava entusiasmando per un minimo contatto. Un click dopo l’altro, le foto si susseguivano in pose ogni volta differenti. Arrivò a un punto di totale assuefazione ai riflettori, tanto che quando finì il suo turno non voleva ricambiarsi.

Abbandonò la stanza indirizzandosi all’ufficio sul retro. Era stata preceduta dai BMTH e da alcuni modelli, appagati dei risultati del photoshoot. Si sedette accanto a Josh.

-Complimenti, sembravi a tuo agio- asserì soddisfatto.

-Allora ho nascosto bene il panico- rispose lei con un pizzico di ironia. Ciò che aveva detto Josh però non era del tutto sbagliato. Ry infatti era riuscita con successo a sopportare la tensione impedendole di intaccare le foto. Ringraziò gentilmente. Si guardò intorno, riconoscendo Oliver e Amanda intenti a scambiarsi baci passionali decisamente poco casti, accasciati su un divano. La coppia era l’emblema di lussuria più concreto che avesse mai visto. Il corpo decisamente troppo magro della modella combaciava perfettamente con quello esile del cantante che la sorreggeva sulle ginocchia. La bocca di Oliver andò ad assaporare il collo della compagna, facendole gettare la testa all’indietro rapita dal piacere.

-Prendetevi una stanza!- gridò Nicholls dall’altra parte della stanza, osservando allietato la scena. Gli altri scoppiarono in una risata di gruppo che coinvolse anche il tatuato, il quale si distrasse dal corpo della fidanzata, passando a guardare Ry, in tutta la sua pura bellezza. La ragazza gli sorrise, mostrando i suoi perfetti denti bianchi.

L'attenzione dell'americana fu poi attratta da un dolcissimo cagnolino nero, Oskar, l’animaletto della famiglia Sykes. Lo prese in braccio coccolandolo un po’, facendogli i grattini dietro alle orecchie dritte, pronte a percepire tutto. Il cagnetto si abbandonò tra le sue braccia. Questa volta fu Oli a sorridere, deliziato. Il suo cagnolino solitamente non era molto socievole e forse era per questo che andava tanto d’accordo con Ry. Si fidava di lei perché entrambi diffidavano della gente.

Il ragazzo però riprese in fretta il contatto con le labbra della sua bella, ignorando Matt e anche Rylee che scosse la testa in segno di dissenso.

-Ci farai l’abitudine, stanno sempre appiccicati- le sussurrò Tom Sykes, sbucandole improvvisamente alle spalle, facendo sussultare Oskar.

La sera arrivò rapidamente, colorando il cielo con varie sfumature rosa, arancioni e gialle che si fusero grazie al calore della giornata. Era il momento di tornare all’albergo. L’indomani avrebbe avuto un altro volo da affrontare e la cosa la preoccupava.
Trascorse una nottata irrequieta, continuando a muoversi nell’immenso letto, fino a toccare il bordo, cadendo quasi a terra.

Il mattino raggiunse Sheffield. La ragazza non aveva chiuso occhio, sul viso sfoggiava due grandi occhiaie blu che riuscì a coprire con del correttore e qualche goccia di fondotinta. Si domandò più volte se fosse pronta per superare un altro viaggio su un altro aereo, senza riuscire a rispondersi. Di nuovo Godfrey l’aspettava fuori dalla camera, allegro. Salutò il padre, restando con solo l’angoscia a farle da scudo.

Con il modello raggiunse gli altri ragazzi all’aeroporto. Passarono il check-in e con grande rapidità si trovarono sull’aereo destinato a raggiungere il Portogallo.

Si sedette, accanto a lei Felix e Godfrey a farle da barriera. Il mezzo decollò e lei riuscì a trattenere il malore. Il viaggio si prospettava come tranquillo finché una serie di turbolenze le scatenarono un attacco di panico. La voce del controllore avvisava di tenere le cinture allacciate e che presto sarebbero usciti dall’instabile situazione. Serrò la mascella, sentendo i denti indolenzirsi per la pressione. Si morse il labbro con veemenza, rischiando di staccarsi il piercing. Non ce la poteva fare e, ancora peggio, l’unica persona capace di calmarla non era con lei. Chiuse gli occhi, convinta di svenire, dopo una forte crisi di vomito, ma non successe nulla. L’aria si fece più leggera. Sentì una voce chiamarla, preoccupata. -Ry?! Va tutto bene?- si sentì domandare. Riaprì gli occhi, come in preda a un incubo che l’aveva svegliata nel bel mezzo della notte. Annaspò come se stesse uscendo dall’apnea. La vista era annebbiata ma riconobbe il viso di Godfrey a pochi centimetri dal suo. Avvertì una mano calda avvolgere la sua, ormai ghiacciata dal terrore. Felix. Riuscì a sentire gli sguardi dei due modelli piazzati su di lei, così scosse il capo, assicurando di stare bene.

-Sei pallidissima. Che succede?- chiese il primo.

-Ho paura di volare- provò a mormorare lei.

-Stai tranquilla, ci siamo qui noi- la rassicurò l’altro.

Era l’inizio di qualcosa di magico, di qualcosa di forte e intenso, di un’amicizia destinata a durare a lungo.

-Grazie- fece lei prendendo la bottiglietta d’acqua offertale da Felix per quietarsi. Bevve abbondantemente. Finalmente l’apparecchio tornò a muoversi saldamente. Si accasciò esausta sul sedile, addormentandosi profondamente dopo lo shock subito e dopo la nottata in bianco. Mancava ormai poco all’arrivo ma aveva bisogno di dormire. Capì che quello era l’unico rimedio per la sua ossessione: immergersi nel mondo degli incubi fittizi per fuggire da quelli reali.
Atterrarono.

 

 
Ciao! Spero che il capitolo non vi abbia annoiato o confuso :) comunque sia siete liberi di lasciare qualsiasi commento a riguardo!
Ciaoooo, grazie a tutti ;) *Black Devil*

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Capitolo 4
*** Let the fun begin ! ***


 

-Let the fun begin !-

Salirono su due Volkswagen, una nera e una grigio fumo. Si divisero. Sulla prima Oliver, Amanda, Tom, Tommy e Barnes alla guida e sulla seconda Josh accanto a Felix, autista e dietro Ry, Godfrey, Dani e Layla ammassati l’uno contro l’altra. I membri dei BMTH non erano presenti poiché da molto non partecipavano più ai photoshoot come modelli.

Percorsero la strada principale per poi proseguire per una stradina secondaria che portava dove avrebbero alloggiato. L’auto si arrestò in un grande spiazzo con un immenso giardino ricco di giochi per bambini e con una grande piscina con una vasca più piccola adibita all’idromassaggio. Accanto a un laghetto vi era un gazebo con due amache. Scesero tutti all’unisono e rimasero incantati dalla bellezza moderna dell’immensa villa che li avrebbe ospitati. L’intero edificio era rivestito  da immense vetrate che facevano entrare la calda luce estiva. Scaricarono eccitati le valige e si avventurarono all’esplorazione di quell’alloggio magnifico. Entrarono.

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Il primo luogo che li ricevette fu una vasta sala da pranzo con una cucina a muro, regno di Felix, che adorava cucinare. Vi era un mastodontico frigorifero fornito di ogni tipo di cibo e bevanda.

Proseguirono e vennero accolti da uno smisurato salotto con un open space azzurro pastello dotato di un piccolo caminetto automatico e una parete lilla pallido che sfoggiava un fantastico acquario a muro con dei graziosi pesciolini rossi, mentre le altre pareti erano dipinte in bianco candido. Sulla sinistra vi era una scala in legno che portava al secondo piano. Il soggiorno ospitava due grandi sofà viola. Dietro a uno dei due vi era una libreria in canapa con uno stereo e le casse, oltre che un computer fisso. Al centro della stanza vi era un tavolino basso nero collocato su un tappeto persiano su un parquet di rovere chiaro. La sala era illuminata da due finestre che davano sul giardino e, di conseguenza, sul mare. In un angolo remoto si accomodavano tre poltrone e dei cuscini color panna posizionati a terra.

Continuarono per il corridoio che portava alle stanze. Sulla destra c’era la prima con un divanetto rivolto verso una grande televisione, con un piccolo bagno e fornita di due letti matrimoniali. Subito Dani e Layla si precipitarono sul primo, attaccato al muro lilla, mentre dell’altro, adiacente alla finestra, se ne appropriarono Oliver e Amanda, già pronti a una folle notte di sesso. Gli altri visitarono la seconda camera. Era arrivato il momento di decidere le coppie per ogni letto. Tom Barnes con scatto felino, per quanto possibile vista la corporatura, si impossessò dell’unico letto singolo, così agli altri rimasero i due matrimoniali. Josh e Tommy decisero che, da buoni amici, avrebbero dormito insieme, mentre nell’altro letto avrebbero riposato Godfrey e Ry che aveva accettato di dormire con lui a patto che il letto venisse diviso in due parti da una linea immaginaria che lui non avrebbe dovuto oltrepassare. Il ragazzo ovviamente aveva accettato, terrorizzato dall’aria minacciosa dell’americana. Anche in questa stanza vi era un bagnetto personale e un televisore al plasma.

Tom guardò Felix, suo amico da una vita, poi lo abbracciò e sussurrò –Allora questa sera sarai mio, tesoro- assumendo una posa assurdamente femminile.

Il sibilo di Tom fece scoppiare a ridere Felix che, subito dopo, gli lanciò un’occhiata sensuale che fece ridere di gusto anche gli altri ragazzi. I due avevano un buon rapporto. Tom era stato uno dei primi ad accogliere Felix quando era diventato un modello della DD, quindi tra i due c’era una vera e propria amicizia anche se coltivavano, nel vero senso della parola, “interessi” diversi: Tom infatti usava l’erba per quelli da lui definiti come “spinelli di roba buona” e l’altro per dare sapore a ciò che cucinava, ma a parte questo andavano davvero d’accordo. 

I due uscirono mano nella mano, sculettando e si diressero all’ultima camera, al piano di sopra, aspettandosi di trovare un altro immenso letto matrimoniale, ma rimasero delusi. Nella stanza vi erano due letti singoli.

-NOOO!- si sentì gridare Tom imitando la voce di una donnina isterica. Dalle altre camere provennero diverse risatine divertite dalla scenetta dei due complici.

-Ci sono i letti separati!- proseguì.

-Vorrà dire che li uniremo amore mio!- lo rassicurò Felix.

-Scusate, ma se ci sono due letti separati, volendo non è che potrei …- cominciò Ry, apparsa improvvisamente sulla soglia.

-NO!- gridarono gli altri due all’unisono con il sorriso sulle labbra, smascherando il teatrino. Per la prima volta erano riusciti a trovarsi due letti separati e non li avrebbero ceduti per niente al mondo, nemmeno se a domandarlo fosse stata quella bellezza mozzafiato.

-Dannazione- bofonchiò la ragazza abbandonando la stanza decisa a continuare il tour della casa da sola, lasciando riposare gli altri, già accovacciati sui rispettivi letti.

Sullo stesso piano vi erano altre due porte. La prima portava a un bagno completamente azzurro con una grande doccia e una sorta di lavanderia, quindi lavatrice e asciugatrice. La seconda si apriva su una grandissima sala svago in cui emergeva un grande divano ad angolo color miele rivolto verso un enorme monitor al plasma. Diversi dipinti abbellivano le pareti paglierine. Il centro della stanza era occupato da un tavolo da calcio balilla e altri giocattoli erano sparsi qua e là. Una porta a vetro permetteva di uscire per raggiungere una sorta di giardino rialzato con il minigolf, dall’altro lato il parco si ricollegava allo spiazzo in cui avevano lasciato le auto.

L’americana tornò al piano di sotto, ritrovando tutti nel salotto, accasciati, stravolti dal viaggio, sul divano. Il grande televisore trasmetteva immagini di un film probabilmente comico, poiché Josh, ma solo Josh, rideva di gusto per ogni singola parola. Oliver e Amanda non erano nella stanza, quasi certamente si stavano già dando da fare nel nuovo letto, per fortuna il volume era altissimo e sovrastava anche un rumore esagerato. Ry si sedette accanto a Felix e gli poggiò la testa sulla spalla, sentì le palpebre pesanti, era stanchissima, chiuse gli occhi e si addormentò accoccolata al modello.

Con il passare delle ore il soggiorno si svuotò e i ragazzi si coricarono nei rispettivi giacigli, tranne Ry, che rimase sul divano persa nel mondo dei sogni.

Alle tre una porta si aprì e Oliver attraversò la casa diretto in cucina per prendere un bicchiere d’acqua. Passò davanti alla ragazza abbandonata sul sofà. Si fermò a guardarla. Prese una coperta zebrata e gliela mise. I loro visi erano tremendamente vicini e ciò fece risvegliare improvvisamente la parte in lui rimasta bambino. Prese un pennarello nero e cominciò a scrivere e disegnare sul viso della sfortunata, completamente addormentata. Sapeva che così facendo avrebbe scatenato la vendetta di quello splendore e l’ira della fidanzata, esageratamente gelosa e possessiva, che quindi si sarebbe infuriata di quelle attenzioni, seppur negative. Non sapeva perché lo stava facendo, ma voleva in qualche modo attirare la sua attenzione, poiché non era abituato a essere ignorato come stava facendo lei. La modella continuò a dormire, ignara di ciò che il cantante stava combinando. Inaspettatamente si svegliò, trovandosi faccia a faccia con l’espressione fanciullesca e allo stesso tempo soddisfatta che dominava il volto del moro. Si mise a sedere, tirandosi su di scatto, appena notò il pennarello. Rimase immobile a fissarlo, incredula. Per la prima volta infatti era stata preceduta. Ancora assonnata tentò di mettere a fuoco la situazione e quando ci riuscì si gettò addosso al tatuato, stringendo un lembo della sua canotta in un pugno. 

-TU!- gli gridò puntandogli il dito a pochi centimetri dal naso.

Il ragazzo ridacchiò, zittendola.

-E’ tardi, non ti conviene svegliare gli altri, ti vedrebbero così e non sarebbe carino-

La mora tacque, ancora scioccata dallo scherzo di pessimo gusto dell’altro. Un sorrisetto le segnò il viso, facendo brillare il piercing sul labbro, in fondo era ciò che desiderava, che uno dei due cominciasse a scherzare, solo così si sarebbe potuta davvero divertire.
-L’hai voluto tu ... È guerra- gli sussurrò con un sibilo talmente provocante da farlo rabbrividire.

Lasciò la maglietta e si avviò verso il bagno, decisa a guardare il capolavoro notturno dell’improvvisato artista. Una volta davanti allo specchio notò diversi scarabocchi su tutta la faccia, ma la sua attenzione fu attirata particolarmente da un pene disegnato sulla guancia destra e da una frase che diceva:

Amo Oliver perché è davvero un mito, poi è anche fanatico!

Il ragazzo spuntò sulla porta.

-Non male eh?! Mi sono impegnato- la derise.

-Chiariscimi questa cosa: ti sei dato del fanatico da solo?- domandò lei incuriosita, cominciando a pulirsi con una saponetta.

-Fanatico?!- chiese lui, sconcertato.

-Già, proprio qui- fece lei indicando la scritta.

-Oh! Intendevo scrivere fantastico!-

-Sei stupido forte eh!- rispose fredda Ry, sfregando più forte con la saponetta.

-Era buio e …- tentò di giustificarsi l’altro.

-Si, si, tutte scuse, Analfabeta. Vai a letto, domani ti aspetta la mia vendetta- consigliò l’americana con aria superiore.

Il ragazzo uscì e tornò a dormire. Si mise nel letto, stendendosi accanto alla fidanzata. Poco dopo sentì Rylee passare per il corridoio per andare a dormire. Sorrise ripensando alla faccia della ragazza quando aveva visto il suo capolavoro.

Il mattino seguente ci furono le prime foto del servizio. Il paesaggio si vedeva meglio dalle alture su cui erano state scattate. Ry aveva approfittato della situazione per elogiare le sue doti di arrampicatrice.

Dopo pranzo tutti si sistemarono a bordo piscina a prendere il sole.

Ry cominciò a leggere il suo libro preferitoHannibal Lecter di Thomas Harris. Vide l’ombra di Oli passargli davanti. Alzò lo sguardo da sotto gli occhiali e gli lanciò un’occhiata ostile, prima di tornare alla lettura. Il cantante si diresse verso la fidanzata, lasciandole un bacio a fior di labbra sulla bocca, poi si accomodò sullo sdraio al suo fianco, a pancia in giù, addormentandosi dopo l’ardua scalata mattutina.

Il sole iniziava a picchiare forte, così i modelli rientrarono in casa, piazzandosi davanti al televisore. Dani e Josh si assopirono e come loro anche Barnes, Amanda invece si chiuse in stanza a spettegolare di gossip con Layla, mentre Oliver rimase fuori, sotto i raggi cocenti delle prime ore del pomeriggio. Rylee lo vide dalla finestra. Uscì.

Si avvicinò al corpo caldo del ragazzo e notò accanto alla sdraio la crema di protezione 70, scorta personale di Dani che, essendo molto chiaro di pelle, necessitava di una difesa maggiore. Afferrò il tubetto e iniziò a scrivere con il liquido sulla schiena del cantante.

-Mi hai colpito mentre dormivo?! Beh, ora tocca a me- bisbigliò tra sé. Si limitò a scrivere una frase stupida, ma di grande effetto:

Mi piace il cazzo.

La scritta copriva tutta la schiena. Doveva solo aspettare che il sole lo ustionasse e, solo allora il suo scherzo sarebbe stato degno di nome. Tornò in casa, sedendosi con gli altri, con aria indifferente, in attesa.

Passarono tre ore e finalmente Oliver si svegliò e raggiunse i modelli. La schiena gli bruciava terribilmente. Doveva essersi scottato, era completamente rosso. Una volta nel salotto propose la visione di un film e si diresse verso il televisore, sotto cui vi era una vasta raccolta di dvd. Si inchinò per prenderne uno, dando la schiena agli altri. Alle sue spalle percepì una sonora risata collettiva. Si voltò di scatto, chiedendo quale fosse il problema, senza ricevere risposta, dato che tutti erano senza fiato impegnati a deriderlo. Gli bastò guardare il viso appagato di Rylee per capire di chi fosse la colpa.

Si precipitò in una camera vuota, cercando di vedersi la schiena riflessa nella specchiera. Riuscì a intravedere la frase, unica parte rimasta chiara su tutta la schiena. Sbiancò. La ragazza era davvero brava a vendicarsi. Ry lo raggiunse.

-Piaciuto?!- domandò sarcasticamente.  

Il cantante l’avrebbe voluta uccidere. –PER NIENTE!- sbraitò adirato.

-Siamo pari ora- lo informò lei lasciandolo solo.

-Non credo proprio- mormorò lui, pronto alla vendetta.

 
Weeeee! :) spero che questo capitolo vi sia piaciuto, era un po’ che ci lavoravo, ma volevo fosse tutto perfetto. Bye :) *Black Devil*
 

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Capitolo 5
*** You think that is funny? ***


-You think that is funny?-

 

Ry uscì dalla doccia. Si accorse subito che c’era qualcosa di strano. Si guardò allo specchio, la sua pelle era unta e lucida, si sentiva appiccicaticcia. Rivolse lo sguardo alla cipolla della doccia, alcune goccioline di strana acqua marrone scendevano lentamente. Sgranò gli occhi, iniziando a temere il peggio. Si annusò i capelli, riconoscendo l’odore del dado da brodo.

-Oliver- grugnì a denti stretti, con ancora una ciocca di capelli tra le dita.  Si mise le mutande e si avvolse un asciugamano in vita, in modo da coprire solo il seno, rimasto nudo.  

Si mise alla ricerca del cantante. Incrociò lo sguardo sbigottito di Godfrey.

-Che ti è successo?- chiese lui.

La ragazza gli si fiondò addosso.

-Non voglio sentire nessuna domanda o battutina in questo momento! Dov’è Oliver?!- sbraitò.

Il modello si limitò a indicare la sala svago, leggermente intimidito.

La ragazza si scostò e si diresse verso la stanza. Spalancò la porta, adirata.

-TU! Sottospecie di macaco urlatore!- gridò puntando il dito verso il tatuato, seduto comodamente davanti al computer.

Oli si alzò, guardandola. Era bellissima, nonostante la sua pelle sembrasse quella di un maialino coperto di strutto. Le sue gambe magre sembravano ancora più lunghe con quella salvietta corta che le fasciava il corpo.

-Si?!- chiese con aria innocente.

-Io ti uccido!- proseguì lei avvicinandosi al suo volto, ignorando gli sguardi stupiti di Josh, Felix e Tom che osservavano la scena in silenzio.

Il ragazzo accennò un sorrisetto bastardo, che fece alterare ancora di più l’americana che tentò di colpirlo, prima di essere trattenuta da uno dei modelli, che la sollevò da terra, deciso a portarla via da lì, prima che qualcuno si facesse male. Felix se la caricò sulle spalle, facendola penzolare lungo la schiena. Lei ancora urlava contro il cantante, dimenandosi come un animale in trappola. Batteva i piedi sul torace dell’amico, e muoveva i pugni in direzione di Oliver. I capelli le si spostavano continuamente davanti al viso e dalla sua bocca usciva un fiume di bestemmie e imprecazioni, espressioni decisamente poco degne di una ragazza. Felix la trasportò fuori dalla stanza.

Oli osservò attentamente la scena, senza far scemare l’espressione compiaciuta, poi tornò a sedersi.

-Che è successo?- gli chiese il fratello.

-Niente, volevo divertirmi- sorrise lui.

Per fortuna Amanda stava tenendo il servizio fotografico quel pomeriggio, così si era persa la scena e Oli, anche questa volta, l’aveva fatta franca. Pensò eccitato alla nuova rivalsa della mora, voglioso di scoprire di cosa era capace.

Al piano di sotto intanto Ry si era calmata, grazie al sostegno di Felix e Godfrey.

-Vado a farmi un’altra doccia, in camera, mi raccomando tenete lontano Oliver, stasera avrò la mia rivincita-

Uscì finalmente pulita, anche se non avrebbe mai dimenticato la terribile sensazione che aveva provato. Si coprì con una maglietta della DD più grande di due misure, che fungeva da vestitino. Uscì in giardino con i capelli ancora bagnati.

Stava giungendo la sera e il tramonto illuminava l’orizzonte.

Si accomodò su un’amaca, guardando l’oceano. Prese una sigaretta e l’accese. Inspirò a fondo. Si sentì pervasa dal fumo dolciastro che si impossessò del suo corpo. Fumava raramente, solitamente quando era sola o nervosa e forse quello era il momento adatto.

-Ry, stiamo per cenare, ci raggiungi?- l’avvisò Tommy, spuntandole alle spalle. La ragazza si girò di scatto verso la voce calda del ragazzo. I capelli le si spostarono da una spalla all’altra. Sorrise cordialmente.

-Ti ringrazio ma non ho molta fame, buon appetito- replicò lei, aspirando di nuovo tutte le sostanze nocive della Marlboro.

-D’accordo- disse lui, tornando in casa.

Rylee alzò lo sguardo sul tramonto. I suoi occhi assunsero il colore del cielo. Un senso di tranquillità le penetrò l’anima. La sua mente vagò per un attimo e il suo pensiero raggiunse il fratello in guerra. Chissà come se la stava cavando, chissà se stava bene. Era sempre preoccupata per lui, solitamente quando era a casa ogni due settimane arrivava una lettera di Derek che avvisava che era tutto a posto. Ora che non era più in America non avrebbe più nemmeno saputo se gli fosse successo qualcosa. Le sue riflessioni furono interrotte dall’arrivo di Godfrey, che si sedette sull’amaca accanto alla sua.

-Che fai qui fuori?- le domandò.

-Niente di che, volevo assaporarmi un po’ d’estate in questo posto meraviglioso- rispose lei.

-E’ davvero bellissimo qui, hai ragione. Ti va se facciamo una passeggiata in spiaggia?- suggerì Matt.

-Volentieri.-

I due s’incamminarono verso l’immensa distesa di acqua e si sedettero sulla sabbia, bagnandosi i piedi scalzi nell’oceano.

-Come ti trovi tra noi?- iniziò Godfrey per fare un po’ di conversazione.

-Devo ammettere che mi sento davvero a mio agio. Siete tutti molto disponibili con me, ma credo di non andare a genio ad Amanda e con Oliver non ho un buonissimo rapporto-

-Amanda odia tutti, ti dovrai solo abituare. Oli invece non credo ce l’abbia con te, anzi penso che stia cercando di attirare la tua attenzione-  spiegò il modello.

-La trovo una cosa davvero immatura- bofonchiò la ragazza.

-Sbaglio o tu rispondi agli scherzi?!-puntualizzò lui.

-Io ho 17 anni, lui ne ha 23, c’è una certa differenza- si difese lei.

I due scoppiarono in una risata complice, come due buoni amici.

-Raccontami un po’ di te, insomma ti ho tartassato di domande ma non sono state sufficienti per conoscerti meglio- la spronò.

-Beh, non c’è molto da dire. Vivo a Canton, in Ohio e sono l’unica figlia femmina, ho due fratelli e momentaneamente vado ancora a scuola, amo cantare e disegnare, tutto qui. Per il resto ho una vita monotona-

-Ami cantare? Ti va di farmi sentire? Suono la chitarra, vado un salto in camera a prenderla poi torno qui e …-

-D’accordo- Ry rispose senza dargli nemmeno il tempo di finire la domanda.

Godfrey corse verso la villa e tornò poco dopo imbracciando una Hofner classica color mogano. Cominciò a suonare Roger Rabbit degli Sleeping With Sirens e Ry iniziò a cantare.

La sua voce pulita lo lasciò piacevolmente sorpreso. Si unì a lei nel ritornello.

Nobody's gonna love you if, 
You can't display, a way to capture this. 
Nobody's gonna hold you hand, 
And guide you through, 
No, it's up for you to understand. 

Nobody's gonna feel your pain, 
When all is done, 
And it's time for you to walk away. 
So when you have today, 
You should say all that you have to say.
 

 
Le loro voci si amalgamavano perfettamente. I loro sorrisi sinceri rispecchiavano per la prima volta un vero e proprio coinvolgimento. Si sentivano vicini, come se le loro anime si stessero intrecciando, potevano percepire i sentimenti dell’altro.

C’era qualcosa nell’aria che li aveva fatti avvicinare, fino a diventare amici.

So when you have today, say all that you have to say.
 

Conclusero insieme, in completa armonia. Si rivolsero uno sguardo dolce, amichevole. Gli occhi di Ry erano lucidi, quella era stata la prima canzone che aveva cantato con Max ed era grazie a quella che erano diventati amici, un po’ come stava succedendo con Godfrey. L’atmosfera fu squarciata da un applauso. I due si voltarono, incontrando i volti dei modelli, giunti lì attratti e incuriositi dalla musica. Tra loro c’era anche Oli, meravigliato dall’incredibile voce della ragazza e dallo strepitoso duetto e deluso che non avessero scelto una canzone della sua band. Applaudì per amalgamarsi alla massa, non volendo ammettere di aver amato l’esibizione.

Dopo essersi complimentati con l’americana, tornarono tutti in casa. Pronti a riposare. Erano già trascorsi tre giorni.

La sveglia di Rylee suonò alle sette del mattino. Tutti avrebbero dormito ancora per un po’ prima di svegliarsi e mettersi al lavoro. Doveva mettere a punto il suo piano. Fece irruzione nella camera di Dani, Layla, Amanda e Oliver, armata di una bottiglietta di acqua tiepida. Scoprì il corpo del cantante, tirandogli giù le coperte fino alle caviglie, rivelandone il corpo esile coperto solo da un paio di boxer neri aderenti e ornato da infiniti tatuaggi. Lo contemplò, ammaliata dal fascino che lo avvolgeva anche mentre dormiva. Guardò l’ora, si stava facendo tardi, mancava poco al risveglio. Svitò il tappo della bottiglia, e versò l’acqua prima sul materasso tra le gambe del ragazzo, poi direttamente sui boxer. Sperò che il suo sonno fosse davvero pesante e così fu. Non si accorse di nulla. Lo ricoprì e si rigettò nel suo letto, fingendo di dormire.

Dieci minuti dopo si sentì Amanda litigare con Oliver.

-Oli cazzo, hai 23 anni e ti pisci ancora addosso?!- urlò la fidanzata.

-Non mi sono pisciato addosso!- si discolpò lui, sapendo già a chi dare la colpa.

-No, infatti è il materasso che perde! Oliver, per favore! Ora muovi il culo, cambia quelle dannate lenzuola, stanotte voglio dormire in un letto pulito!-  ordinò Amanda, innervosita, uscendo dalla stanza sbattendosi la porta alle spalle. 

A volte le sembrava di stare con un bambino piccolo. Forse era per questo che Oliver non voleva metter su famiglia, a stento riusciva a prendersi cura di se stesso.

Si diresse verso il giardino, imbattendo nei modelli, curiosi di ciò che era successo tra la coppia. Imprecò contro ognuno di loro. 

Rylee osservò la scena sulla porta della sua stanza, ridendo quando Amanda le passò davanti sbattendo i piedi, arrabbiata.
Oliver le comparì davanti, posizionandole il viso a pochi centimetri dal naso.

-Buongiorno bellezza, vedo che ha ceduto la vescica stanotte- lo derise guardando i boxer e dandogli un leggero schiaffetto sulla guancia.  

-Divertente lo ammetto, non mi era mai stato fatto uno scherzo come questo, ma toccherà ancora a me, ricordatelo- la avvisò prima di tonare in camera a cambiarsi.

Soddisfazione.

-Fantastico- sibilò Ry sorridendo alzando solo un lato del labbro.

Si stava divertendo tantissimo, era estremamente contenta.
 


Eccomi con un altro capitolo :) spero vi sia piaciuto :) finalmente la situazione tra i due si sta animando.
*Black Devil*
 

 

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Capitolo 6
*** What could have he invented now? ***


-What could have he invented now?-

Quarto giorno. L’indomani sarebbe stato l’ultimo.

-Ok Ry, mettiti sdraiata sulla sabbia, buttando la testa all’indietro in modo da guardare il cielo … ora, tira giù gli occhiali sugli occhi … perfetta- le disse Barnes cominciando a scattare svariate foto.

Ry era praticamente avvolta dalla sabbia. Il suo ventre, perfettamente scolpito da una leggera linea di addominali, risaltava essendo coperto solo da un costume molto ridotto, firmato Drop Dead.

Abbassò lo sguardo, smettendo di fissare il sole. I suoi occhi vagarono alla disperata ricerca di Oliver senza trovarlo.  

“Che diavolo sto facendo?! Non sono in ansia per uno dei suoi stupidi scherzi!” si auto convinse. In realtà era vero, non era in ansia per quello, lo stava cercando per vedere se lui la stesse guardando.

“No, questo è ridicolo! Non può essere … mi sono presa una cotta per Oliver Sykes! Il caldo deve avermi dato alla testa ...” pensò tra sé. Scosse il capo freneticamente, rovinando lo scatto. Si alzò.

-RY!- la richiamò Barnes vedendola correre verso l’oceano. Troppo tardi, Rylee era già immersa in acqua.

Si issò, facendo emergere solo il torace. Si voltò verso la spiaggia, sorridendo beffardamente.

-Scusate! Faceva un gran caldo!- gridò alzando una mano in segno di scuse.

Tutti risero. A un tratto Oliver spuntò da dietro un grande scoglio, sistemandosi i pantaloncini. Lo seguiva Amanda, impacciata nel camminare sulla sabbia. Come al solito al posto di lavorare erano andati a divertirsi. Dovevano pur riappacificarsi in qualche modo dopo il diverbio dovuto allo scherzo di Rylee.
Il sorriso dell’americana svanì quando vide la coppia.

Fu distratta però da un gigantesco spruzzo d’acqua prodotto dal tuffo di Felix, seguito da quello di Godfrey e di Tommy.

Tornò a ridere, dimenticandosi della sua apparente gelosia. Ma fu di nuovo fermata quando Oliver li raggiunse.

Amanda invece rimase a parlare con Layla, sugli scogli.

Oliver le nuotò accanto, sfiorandola appena, ma ciò le bastò per rabbrividire. Poteva percepire costantemente dove lui fosse rispetto a lei. Sentiva ogni suo singolo movimento, ogni suo sguardo, ogni sua parola.

Affondò completamente il viso in acqua, per svagarsi da quei pensieri, diventati troppo smielati per i suoi gusti.

Uscì e si sistemò sulla spiaggia, per asciugarsi al sole. Poco dopo tornarono tutti alla villetta.

Verso sera Oliver, Dani, Josh, Felix, Tom e Tommy tornarono dal servizio fotografico che li aveva impegnati per tutto il pomeriggio.

Gli altri modelli si stavano abbronzando a bordo piscina. Da un lato Ry e Godfrey, dall’altro, a debita distanza, Amanda e Layla, impegnate nelle solite chiacchiere, che prevedevano l’esclusione dei due ormai amici.

Oliver andò verso di loro, sorridente come sempre.

-Ciao!- esordì allegro. Tutti risposero al gioioso saluto, tranne Rylee, indaffarata a sorseggiare un gustoso cocktail.

-Non si saluta?!- chiese con aria di sfida alla ragazza. Lei si limitò a lanciargli uno sguardo privo di emozioni. Per poi tornare a guardare l’orizzonte.

Oliver si scostò, a passo lento, molto lento, forse troppo. –D’accordo- lo si sentì sussurrare.

Quel sibilo fece insospettire Ry che non ebbe nemmeno il tempo di voltarsi prima di capire che sarebbe nuovamente diventata vittima di una burla del cantante.
Finì in acqua, con un capitombolo epico. Il suo tuffo inaspettato fece inzuppare Godfrey e la scena fu trovata molto divertente dalle due ragazze nell’angolo, le quali cominciarono a ridere con un tono da ochette che fece irritare Rylee, riemersa dopo pochi secondi di apnea. I vestiti erano completamente fradici e pesanti.

Si issò dalla vasca e raggiunse di nuovo Godfrey, fingendosi indifferente.

-Banale- bisbigliò in modo che solo i due ragazzi potessero sentirla. Oli la guardò a lungo, soffermando lo sguardo sul seno, prima di farle capire che indossava una maglietta bianca, che, grazie al contatto con l’acqua, aveva permesso una buona visuale per il tatuato.

La ragazza lo fissò sbigottita. Di nuovo l’aveva avuta vinta.

Amanda non si perse neppure un minimo passaggio della scena, fulminò il fidanzato con lo sguardo, poco dopo avrebbero avuto una lunga discussione e, solo il cielo sa, se questa volta al moro sarebbe bastato solo del buon sesso per farsi perdonare.

La sera Ry si coricò presto, stanca morta.

Si svegliò nel bel mezzo della notte, disturbata dalle urla soffocate provenienti dalla camera di Oliver e Amanda. Per fortuna Dani e Layla avevano il sonno pesante, o forse erano semplicemente abituati ai loro rumori, fatto sta che non si accorsero di nulla.

Cominciò ad osservare il soffitto, attendendo la fine del litigio, senza successo. Continuarono così tutta la notte.

Il giorno dopo tutti e tre avevano un’espressione stravolta a segnargli il viso. Due grandi occhiaie blu circondavano gli occhi di Oliver, mentre Amanda era pallida e sciupata.

Ry non parlava con nessuno, le palpebre erano pesanti, sentiva ogni singolo passo rimbombarle nelle tempie.

Caricarono tutti le valige nelle rispettive macchine. Oliver e Amanda non si rivolgevano la parola e la modella lanciava continuamente occhiatacce all’americana.

Il viaggio nella Volkswagen nera fino all’aeroporto fu snervante, l’atmosfera era ricca di tensione tra la coppia, che in ogni modo cercava di evitare i contatti.

Nell’auto cinerea invece Rylee si era completamente isolata, coprendosi gli occhi assonnati con un paio di occhiali da sole. La sua mente non connetteva più nulla e le conversazioni spensierate che si tenevano nel veicolo non la toccavano minimamente. Si sorreggeva il capo con la mano, appoggiando la fronte al finestrino.

Quando giunsero a Sheffield, la ragazza si riprese lievemente dal sonno, il quale le aveva permesso di trascorrere un viaggio pacifico sull’aereo.

Fu accolta a braccia aperte dal padre, accompagnato da Ian che sorrise ai due figli scesi dall’aereo.

Era arrivato il momento di sistemarsi a casa Sykes, per qualche settimana. Oliver salutò la fidanzata, stampandole un bacio glaciale sulla guancia. Lei abbassò lo sguardo.

Salutarono gli altri modelli e salirono sull’auto di Ian, una Volvo v40 blu notte. Rylee si trovò in mezzo a Oliver e Tom, il profumo del cantante le inebriava i sensi.
Si concentrò sul suo respiro, notando che spesso sospirava. I suoi occhi non si distoglievano mai dal finestrino. Lo vide triste per la prima volta da quando lo aveva conosciuto, ma lo ignorò.

-Che è questo silenzio?- domandò Ian, curioso di sapere com’era andato l’itinerario.

-Scusa, il viaggio è stato stancante- replicò Tom, cercando di nascondere la tensione del fratello agli occhi del padre.

Seguì un lungo silenzio che durò fino a quando la macchina accostò.

Scesero tutti, Ian e Aaron li aiutarono a portare i bagagli nella grande villa di periferia. 

La sera sarebbero andati a cena a casa di Lee, per un incontro con tutti i membri della band, per raccontargli cos’era successo in quei meravigliosi cinque giorni.

I tre ragazzi disfecero le valige e a turno si fecero una doccia.

Quando Ry uscì dal bagno, avvolta in una nube di umidità, si sentì decisamente più rilassata e tranquilla. Incrociò Oliver, pronto a lavarsi dopo di lei. Tentò di evitare il contatto tra i loro corpi, scansandosi bruscamente con una violenta spallata.

Si diresse nella stanza accuratamente disposta dai genitori dei ragazzi. La camera era immensa, il pavimento era di un flebile colore metallico, così anche la parete dietro al letto. Il soffitto invece era bianco. Sul fondo della camera c’era un’immensa finestra che dava sul giardino. La testiera del letto era color panna e le lenzuola marroni, accanto al letto c’era un comodino dello stesso colore e sopra ad esso si ergeva una moderna lampada in cristallo. Sulla parete argentea vi era un grande specchio orizzontale e il pavimento era dominato da un grande tappeto a quadrati bianchi, color panna e miele. 

Aaron comparì sulla soglia –Ciao-.

La ragazza si voltò di scatto, sobbalzando –Mi hai spaventata- sorrise.

-Scusa- fece lui ricambiando il sorriso -Com’è andata?- domandò.

-Benissimo papà, mi piace tantissimo lavorare per la DD e ho fatto amicizia più o meno con tutti, tu come stai?-

-Sto bene, Ian è una brava persona, sapeva come farmi rilassare, sono molto riposato ora- rispose lui.

Si avvicinò alla figlia abbracciandola forte –Mi sei mancata- le sussurrò quasi con le lacrime agli occhi –Papà non fare lo sdolcinato, mi soffochi- gli disse lei, sorridendo ma con il respiro affannato dalla stretta fin troppo amorevole.

-Scusa- replicò lui indietreggiando.

-Mi sei mancato anche tu comunque- lo guardò dritta negli occhi lei, ritrovando il rapporto profondo che non avevano più da tempo.

Aaron lasciò la stanza. Il cellulare squillò. Era Max. Parlarono a lungo, lei gli raccontò tutti gli scherzi con Oli.

Quando agganciò, la serata stava finalmente per cominciare. Ry uscì dalla camera. Indossava un paio di pantaloncini in pelle e una canotta bianca con rete che scopriva l’ombelico e ovviamente un paio di anfibi, i capelli le cadevano dolcemente sulle spalle, gli occhi erano truccati pesantemente con della matita nera e del mascara, cosa che fece risaltare il loro splendido colore.

Oliver e Tom l’aspettavano sulla porta. Rimasero entrambi stupefatti dalla bellezza trasgressiva di quella sera. Anche il cantante sembrava più sereno.

Arrivarono a casa di Lee, dove gli altri li accolsero calorosamente. Cominciarono tutti a fare domande, ma i ragazzi decisero di aspettare per raccontare.

-Com’è andata la vacanza? Avete fatto amicizia?- domandò Nicholls, particolarmente voglioso di sapere.

-Innanzitutto non era una vacanza, ma eravamo là per lavoro. Comunque è stato divertente, anche se ho scoperto che Ry è davvero permalosa, insomma se la prendeva per tutto!- rispose prontamente Oli, tornando sorridente.

Rylee prese un lungo sorso di acqua dal bicchiere, si avvicinò a Oli, che la guardò perplesso, senza capire quali fossero le sue intenzioni. La ragazza accostò la bocca alla guancia del tatuato, fissandolo con due occhioni enormi. Accorciò le distanze ed espulse l’acqua, sputandogliela addosso. Si ricompose, assumendo una posizione diritta e composta, si asciugò la bocca con il palmo della mano e sfoggiò un sorrisetto bastardo.

-Visto?! Che avevo detto?!- fece Oliver, in fondo divertito, asciugandosi la guancia.

Tutti risero.

Trascorsero una serata movimentata, all’insegna di musica, birra, pop corn e film horror, finché arrivo il momento di tornare a casa.

 
Grazie a chi continua a seguirmi :) non ho molto tempo, purtroppo :) spero solo che questo capitolo vi abbia coinvolti :D ciaoooo :D
*Black Devil*

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Capitolo 7
*** Flavor of cream ***


-Flavor of cream-
 

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Quando Rylee si svegliò, dopo un lungo pisolino pomeridiano, era sola in casa. Si piazzò davanti alla tv, armata di un tubetto di panna spray, proprio come faceva con Max.

Il canale trasmetteva una soap-opera noiosissima.

Cambiò canale, cominciando a guardare un film dell’orrore. L’assassino stava per raggiungere la vittima, nascosta dietro la porta del bagno, convinta che non l’avesse vista.

Alzò l’ascia. L’ombra dell’arma si rifletté sul muro. La ragazza iniziò ad agitarsi e, come lei, anche Ry, spettatrice di un prossimo macabro omicidio.

Proprio mentre l’uomo aprì la porta il portone di casa Sykes si spalancò.

L’americana sussultò, sobbalzando sul divano, sporcandosi le dita di panna. Si leccò via quella delizia dalla mano, mentre l’artefice del suo rischiato infarto si accasciò sul divano.

Oliver aveva trascorso la giornata da Amanda ed ora aveva bisogno di rilassarsi, dopo un altro litigio. Il suo viso era sciupato, segno che aveva perso la battaglia.

Un forte profumo di lime la colpì in viso, facendole perdere la ragione per qualche secondo.

Dal televisore provenivano diverse urla angosciate e l’attenzione di Rylee fu di nuovo attirata dall’apparecchio.

Riprese a guardare il film, ma la sua visuale era continuamente disturbata dalla figura di Oli abbandonata accanto a lei. 

-Puoi toglierti quell’espressione dalla faccia?! Mi irriti e se mi irrito mi rovino la giornata … quindi mi stai rovinando la giornata- asserì infastidita, senza guardarlo nemmeno.

Il cantante rimase muto e sul suo viso risaltava un’espressione tesa ma indifferente.

L’ira dell’americana aumentò nel notare che lui la stava ignorando.

Prese il tubetto e lo assalì, finendogli sopra cavalcioni, bloccandolo sotto il suo corpo. Con la panna gli disegnò un largo sorriso zuccheroso, che andava da una guancia all’altra.

Lui rimase immobile, fissandola. Per un momento tra i due si poté toccare una certa trazione, che scemò solo quando il ragazzo sorrise, realmente rallegrato. I suoi occhi trascendevano di malizia.

Con un rapido scatto invertì le posizioni, trovandosi ora lui sopra lo sterno di lei, disteso sui cuscini del divano. 

L’atmosfera si fece soffocante. Il volto del ragazzo era vicinissimo a quello di Ry e i loro nasi si sfioravano. I loro respiri già si mescolavano, in un mix di allegria e desiderio. 

Oliver si avvicinò ancora, facendo quasi combaciare le loro labbra, ma fu colto di sorpresa.

Un forte spruzzo di panna gli centrò il viso e una risatina di sottofondo accompagnò la scena.

Si scostò leggermente, mantenendo una distanza equivoca. Si pulì il viso con la manica della felpa.

Cominciò una lunga lotta nel tentativo di impossessarsi della confezione.

Rylee riuscì a liberarsi, sgusciando sotto il suo corpo. Entrambi si alzarono dal divano, proseguendo l’inseguimento per tutta la casa.

La padrona del gioco era ancora la ragazza, posseditrice dell’unica arma a disposizione. Nonostante fosse lei a condurre la situazione, fuggiva continuamente dal moro, intento a rincorrerla per fargliela pagare.

La seguì per ogni singola stanza della casa, fino al bagno, dove la ragazza rimase bloccata.

La bloccò tra il muro e il suo corpo caldo, con un movimento ben studiato. Si trovarono di nuovo faccia a faccia. Oliver si perse negli occhi color smeraldo della nuova modella.

-Sei in trappola- disse, quasi sussurrando.

Spostò gli occhi sul petto ansante della mora. Lei lo colpì ancora con uno schizzo di panna, ridendo, ma lentamente, la sua risata innocente divenne un sorriso colmo delle più libidinose intenzioni.

Pulì con il dito la panna dal volto del ragazzo e si succhiò l’indice in modo provocante.

Un sorriso vizioso segnò il volto del ragazzo.

Le loro bocche finalmente si toccarono, dapprima in un sfioro quasi forzato, poi in un bacio intenso e passionale.

Rylee sentì la lingua di lui scivolarle lentamente tra le labbra carnose. Riuscì a percepire l’anellino argenteo colpire la pelle perfetta dell’altro.

Lo attirò ancora di più a sé, approfondendo il bacio, infilando anche la sua lingua, facendola incontrare con quella del cantante.

I loro desideri si scontravano a ritmo sfrenato e i loro respiri si fusero, dando origine a un dolce profumo di sensualità.

Il corpo di Oliver si appoggiò completamente a quello di Ry, facendoli aderire esattamente.

Le loro voglie si fecero più pressanti e il moro cominciò a spogliare la ragazza della larga canotta che la copriva minimamente.

Gliela sfilò, abbandonando per un momento il contatto tra le loro labbra. Lei rimase in biancheria intima e decise che era il momento di denudare anche lui.

Afferrò saldamente i lembi della felpa e gliela levò con grande abilità.

Oli la sollevò, tenendola poco sotto i glutei.

La issò sulla lavatrice, continuando a baciarla, scendendo piano sul collo, lasciandole piccoli morsi. Si concentrò in particolare sull’incavo della clavicola, dove la ragazza sfoggiava il tatuaggio e dove ora risaltava un lieve succhiotto violaceo.

Si slacciò i jeans, lasciandoli scivolare fino alle caviglie. Dai boxer era ormai visibile l’erezione pulsante.

Le dita fredde di Ry vagarono sulla schiena bollente di lui, facendolo trasalire.

Si liberarono entrambi dell’intimo, rimanendo completamente nudi.

Il moro la tirò verso il suo torso tatuato, sentendo il torace di lei appoggiarcisi sopra e i loro bacini toccarsi.

La situazione si fece incontrollabile per il cantante, che la penetrò avidamente, cominciando a muovere i fianchi con foga.

Gemiti di piacere si diffusero nella stanza insieme a un forte odore di sesso.

Le mani della ragazza erano saldamente afferrate alla schiena tesa di lui, finché le spinte si fecero meno profonde.

Arrivarono entrambi al culmine del piacere e i loro muscoli si rilassarono all’unisono.

Rimasero immobili per un momento, a fissarsi, come se ora ci fossero solo loro due su tutta la terra.

-Ehy! C’è nessuno?- gridò, quasi irritata per il disordine, la voce di Tom dal salotto.

-Cazzo- borbottò Rylee rivestendosi.

-Arrivo subito- asserì Oliver, armeggiando con la cerniera del pantaloni che non voleva saperne di chiudersi.

Oli aprì la porta, pronto ad uscire, ma si fermò, si voltò verso Ry, le prese il viso tra le mani e le stampò un dolce bacio sulla bocca, consapevole che non avrebbe più potuto farlo, se non di nascosto, dato che, nonostante le continue discussioni, stava ancora con Amanda.

 Il cantante raggiunse il fratello.

-Che diavolo è successo qui?- fece il più piccolo scrutando la stanza sporca di panna.

-Niente! Un altro scherzo tra me e Ry- mentì l’altro.

-Che hai sul labbro?- chiese ancora Tom.

-C-Cosa?- balbettò Oli.

-Lì … sei arrossato- indicò il fratello.

“Dannazione, il piercing di Ry!” pensò lui.

-Oh, devo aver mangiato qualcosa a cui sono allergico- si inventò il cantante.

L’americana li raggiunse, scusandosi per la confusione e assicurando che avrebbe ripulito tutto lei. Tom notò subito che anche la pelle intorno al suo piercing era leggermente infiammata, ma, per discrezione o forse per intuizione, non domandò più nulla.

A cena regnò il silenzio. Talvolta le gambe dell’americana venivano accarezzate da quelle di Oliver, accompagnate da qualche sguardo poco casto, che però nessuno sembrò notare.

Per tutta la notte Oli non fece altro che pensare a ciò che era successo con la modella nel pomeriggio. Quando la ragazza aveva cominciato a giocare con la panna si era promesso che se ci fosse stato qualcosa tra loro sarebbe stato puro divertimento e probabilmente lo aveva pensato anche lei. Ora però la sua mente errava confusa, raggiungendo i sogni di Ry nella stanza accanto.

Avrebbe voluto raggiungerla e baciarla appassionatamente, ma non poteva. Se qualcuno si fosse svegliato e lo avrebbe trovato in camera di Rylee non avrebbe saputo come spiegarlo.

“Fanculo” pensò, rigirandosi tra le coperte. Ripeté questa azione più volte, finché si ritrovò di nuovo a fissare il soffitto.

“Che diavolo mi prende?!” si domandò, poi si ricordò che mentre facevano sesso c’era qualcosa di diverso in lui. Il cuore, infatti, aveva preso un ritmo decisamente irregolare e la sua mente era completamente spensierata e ciò non gli accadeva più da tempo con Amanda.

“Mi sono preso una cotta per lei! E ora che faccio?”

Non avrebbe potuto fare nulla, non poteva lasciare Amanda perché la DD avrebbe perso una valida modella, e non poteva confessare i suoi sentimenti a Rylee perché non era sicuro che lei avrebbe ricambiato.

“Bella merda!” sbraitò dentro di sé, portandosi una mano sul viso, stropicciandoselo bruscamente.

Nella stanza accanto Ry non sembrava avere gli stessi problemi. Dormiva tranquilla dopo una lunga chiacchierata con Max, a cui aveva raccontato l’accaduto, per sentirsi rispondere:

-Complimenti! E il discorso sul fatto che eri una brava ragazza, tenuto con tua madre?!-  in tono quasi ironico.

Sapeva che ormai era infatuata del tatuato e quello stesso giorno aveva ottenuto ciò che voleva. Non era una di quelle ragazze che si facevano seghe mentali sul fatto di piacere o no, ciò che desiderava era raggiungere un certo obiettivo e per ora c’era riuscita.

Odiava contraddire i propri sentimenti, quindi, soprattutto quando si trattava di amore, li lasciava girovagare per il suo corpo finché non avessero deciso, spontaneamente, di abbandonarlo.
 

                                     
Bene, sono di nuovo qui (per chi potesse essere interessato xD).
ciao a tutti e grazie :D
*Black Devil*

 

 
 

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Capitolo 8
*** I can not stay away by you ***


-I can not stay away by you-

 

Il giorno dopo Oliver raggiunse i modelli alla Drop Dead. Rylee era tra loro, intenta a ridere e giocare con Godfrey. La sua risata appariva così innocente, tanto da sembrare una bambina.

Quando la scorse, d’istinto, sorrise, ma venne notato da Amanda, che gli corse in contro, baciandolo.

-Oh Oli! Mi sei mancato tantissimo! Non litighiamo mai più ti prego!- gli disse avvolgendogli le braccia intorno al collo.

Il ragazzo rimase spiazzato. L’abbracciò riluttante, mantenendo lo sguardo su Rylee, che si era zittita per osservare la scena.

-Dì qualcosa- lo incitò Amanda, ancora avvinghiata al suo petto.

-Oh … c-certo … s-si … - balbettò lui restio.  

Tutti si sistemarono e si prepararono per un altro servizio fotografico.

Toccò ad Amanda e Josh che si misero in posa sotto i riflettori. Gli altri rimasero a guardare gli scatti ammassati l’uno contro l’altro, per via del poco spazio disponibile.

Oliver si avvicinò a Rylee, che gli dava le spalle.

Le strinse le braccia intorno all’addome, scendendo fino a cingerle i fianchi.

La ragazza si guardò intorno, cercando si capire se qualcuno avesse assistito alla scena, notando che però, per fortuna, gli altri non stavano prestando attenzione a loro.

Sentì il fiato caldo del cantante sul collo.

Girò lentamente il viso, finché i suoi occhi incrociarono quelli di lui.

-C-Che fai?- farfugliò sorpresa, prendendo coscienza della stretta seducente di lui.

Arrossì notevolmente, quando il ragazzo sorrise maliziosamente.

-Niente- rispose con aria da finto innocente lui.

Ry si liberò dalla sua presa, volgendosi verso il corpo tatuato piazzato a pochi centimetri dal suo. I loro bacini erano eccessivamente vicini, quasi combacianti.

L’americana tentò di allontanarsi, ma fu trattenuta dallo sguardo penetrante dell’altro.

“Ti prego non farmi questo!” strillò nella sua testa, capendo di non avere più la forza di controllarsi. Avrebbe voluto baciarlo.

Cominciò ad eccitarsi, notando che anche lui non era indifferente alla situazione.

Si allontanò definitivamente, posizionandosi sotto i riflettori con Dani. Seguì una serie di scatti, ma ognuno doveva essere rifatto, poiché Rylee non stava prestando molta attenzione alle indicazioni di Barnes. I suoi occhi erano costantemente alla disperata ricerca di Oliver.

Lo notò allontanarsi con Tom e si tranquillizzò vedendo che Amanda era rimasta lì.
 
-Che diavolo stai facendo?- sbraitò Tom, dopo aver chiuso la porta del bagno alle sue spalle.

-Cosa?- domandò Oli, leggermente spaesato.

-Con Ry- sottolineo il fratello.

-Nulla, che dovrei farci?!- chiese retoricamente il cantante, fingendosi calmo, mentre in realtà era terrorizzato dal fatto che il fratello sapesse di loro.

Tom non parlò, si limitò a lanciargli un’occhiata di dissenso, costringendolo a continuare.

-Senti, è una bella ragazza e …-

-E?- lo incalzò il più piccolo.

- … E mi piace- farfugliò con un tono di voce sommesso l’altro.

-Dannazione tu stai con Amanda!- gridò Tom.

Oliver rimase in silenzio, non aveva idea di cosa rispondere, a un tratto parlò.

-Va bene, vado da lei e la lascio- asserì stranamente serio.

-Bravo- confermò Tom, poco attento al fratello, più attratto piuttosto dalla propria figura riflessa nello specchio. Solo quando Oli fu uscito si rese conto di ciò che voleva fare. Gli corse dietro, ma lui era già arrivato sul set.

-Amanda, dobbiamo parlare-  il suo viso era dominato da un’espressione cupa e matura, troppo matura per Oliver Sykes.

-Certo cucciolo, che succede?- chiese lei con tono lievemente acuto.

-Senti io …- non riuscì a terminare la frase poiché fu assalito dal fratellino che gli saltò addosso tappandogli la bocca e facendolo cadere a pancia in giù a terra.

Tom alzò lo sguardo, notando che l’attenzione di tutti i modelli era stata catturata dalla scena ridicola. Incrociò lo sguardo sbigottito di Amanda, mentre Oliver si dimenava sotto di lui, senza riuscire a respirare.

-Ehi Amanda, come va?- chiese Tom con un sorriso da finto innocente.

L’occhiata interrogativa della modella gli fu di risposta.

Finalmente Oli riuscì a liberarsi.

-Ti lascio- commentò freddo rialzandosi e pulendosi la maglietta.

-Cosa?!- strillò Amanda in preda a un impellente attacco isterico, dovuto alla notizia.

-C’è un’altra- continuò Oli, preoccupandosi più del proprio aspetto che della sua fidanzata, o meglio ex fidanzata.

Tom si portò una mano alla testa, incredulo dell’indelicatezza del fratello.

Tutti nella stanza si zittirono. Rylee si sentì avvampare. Che diavolo stava facendo?!

Oliver fece per allontanarsi ma fu trattenuto dalle grida nevrotiche di Amanda che lo afferrò per il polso.

-Cosa cazzo stai dicendo? Chi sarebbe questa?-  domandò furiosa.

“Ti prego non dire cazzate!” urlò dentro di sé Rylee sperando che Oliver potesse sentirla.

-Ry- sussurrò il cantante ancora di spalle.

-Merda- commentò l’americana a denti stretti mentre l’attenzione dei modelli si spostava su di lei, ancora in posa per la foto con Dani. Tentò di trasferire lo sguardo sulle pareti, senza incrociare quello di nessuno, soprattutto quello di Amanda. Poi passò a guardare il pavimento e prima di raggiungere quell’immagine di salvezza notò con la coda dell’occhio una figura slanciata diretta verso di lei.

Si accorse poi che Dani l’aveva sollevata e spostata di qualche centimetro, per evitare la furia di Amanda, che si era precipitata nella sua direzione probabilmente per colpirla.

Qualcuno trattenne l’altra modella, che gridava i peggior insulti conosciuti, dando a Ry il tempo di allontanarsi, spaventata da cosa sarebbe successo ora.

Uscì dal negozio, impanicata. Tremava, non sapeva cosa fare. All’improvviso una mano strinse la sua. Si voltò trovando Oli, preoccupato.

-Stai bene?- le chiese senza staccarle gli occhi di dosso.

La ragazza lo squadrò perplessa.

-Che ti è saltato in mente?!- domandò.

-Come?! Le ho detto la verità- rispose il ragazzo.

-Già ma nel modo sbagliato, perché glielo hai detto così, davanti a tutti?! Santo cielo Oli, ma che ti dice il cervello?!- continuò lei, spaesata.

Il moro l’attiro a sé.

-Mi piaci, tutto qui- le sussurrò con un sorriso dolcissimo, prima di baciarla.  

Rylee alzò lo sguardo e sorrise. Gli piaceva, non poteva arrabbiarsi con lui, anche perché ora chi doveva arrabbiarsi era Amanda.

Oliver l’abbracciò forte, Rylee sentì un insolito calore pervaderle il corpo accompagnato da un senso di protezione che la fece sentire importante, non come era importante per i suoi genitori o per Max, ma importante come è una ragazza per il suo fidanzato.

Ricambiò l’abbraccio, decisa a non lasciarlo allontanare dal suo corpo.

Furono interrotti da Felix, che li raggiunse.

-Vi conviene andare a casa, Amanda è infuriata, ci sentiamo dopo- gli consigliò.

I due si erano avviati verso casa Sykes, quando Oliver parlò.

-Ah, già che rientri dì ad Amanda che è licenziata- disse freddo.

Felix rimase pietrificato dall’affermazione del moro, da una parte perché riteneva Oliver un grande insensibile, dall’altra perché temeva la reazione di Amanda nei suoi confronti, anche se il suo compito era solo quello di riportare le parole del cantante.

Rientrò senza obiettare, spaventato da cosa gli sarebbe successo.

-Oliver, non ti sembra di esagerare?- domandò intanto Ry al tatuato.

-Mi sembra giusto così- replicò lui, sorridendole, senza permetterle di ribattere.

Quel viaggio in Inghilterra per Ry si stava rivelando un cumulo di sorprese, prima aveva realizzato il suo sogno di diventare modella, poi addirittura aveva fatto una “vacanza” in Portogallo, poi aveva instaurato un’amicizia da film con Godfrey e Felix, infine c’era stata la dichiarazione di Oliver. Le cose stavano succedendo molto in fretta. Le sue vene furono attraversate da un brivido, sentiva la vita imporsi e l’idea di non poterla arrestare la eccitava parecchio. 

 

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Capitolo 9
*** God please, tell me that it is a joke ***


-God please, tell me that it is a joke-

Rylee si svegliò, accoccolata tra le braccia di Oliver, dopo una notte di intensa passione. Era ormai passato un mese dalla dichiarazione del ragazzo e Ry si sentiva benissimo, si alzava ogni mattina con il sorriso, felice di essere in compagnia di quel cantante così stupendo, ma quella giornata non sarebbe andata affatto bene.

Alle undici, infatti, il cellulare di Rylee vibrò. Dall’altra parte la voce della madre, tremante.

-Rylee, come stai?- chiedeva preoccupata.

-Mamma, tutto bene?- replicò lei, impensierita per la donna.

-Papà non te lo ha detto?- chiese la donna, con voce sempre più debole.

-N-no, che doveva dirmi?- si fece insicura Ry.

-D-Derek … è stato ferito seriamente, lo stanno portando qui, in ospedale, ma non si sa se …- la madre scoppiò a piangere, Rylee la sentì singhiozzare qualche altra parola, non riuscendo però a decifrarla.

La ragazza non rispose, rimase pietrificata da quella notizia.

-Ry? Che succede?- chiese sottovoce Oliver, scuotendola.

Rylee, non proferì parola, riagganciò la telefonata con la madre, senza nemmeno salutarla, poi cadde a peso morto, sul letto. Guardò un punto fisso, senza spostare mai lo sguardo. Riuscì solo a sentire il suo ragazzo sedersi accanto a lei e il suo braccio posarsi sulle sue spalle, stringendola a sé.

Il viso di Oliver si accostò al suo.

-Che succede?- ripeté lui, con un tono dolce e delicato.

-Derek …- fu capace di dire Ry, prima di scoppiare in lacrime, accasciandosi sul suo petto.

-Ci sono qui io- tentò di rassicurarla Oli.

Il giorno dopo Ry tornò in America, insieme al padre, per raggiungere Derek e la madre. Oliver quando la salutò sentì una strana stretta al cuore, temeva di non poterla più vedere e purtroppo fu così. Non la rivide per sei mesi, inizialmente i due si sentivano tutti i giorni, ma alla fine Ry iniziò a non rispondere più e a non dare più notizie di sé. Il cantante sapeva grazie ad Aaron, che Derek era entrato in coma e in quei mesi non aveva dato segni di miglioramento, probabilmente per questo motivo Ry non si faceva più sentire.

Aveva aspettato troppo, decise quindi di partire per poterle stare vicino, purtroppo in quei sei mesi non aveva avuto l’opportunità di andare in America, poiché si stavano tenendo le nuove selezioni per scegliere la nuovo modella della DD, dopo il licenziamento di Amanda, e anche perché stava registrando il nuovo album con i BMTH.

Si sentiva uno stupido ad aver messo in primo piano il lavoro piuttosto che la sua ragazza, la quale stava attraversando un momento difficile.

Finalmente giunse in America, dove, accompagnato da Aaron, si recò in ospedale.

Entrò nell’edificio, era tutto bianco, di un bianco che mette in soggezione, il forte odore di disinfettante inondava l’aria, rendendola soffocante. Passò davanti a diverse stanze, cercando di non guardare dentro, per rispettare la privacy, ma non ci riuscì, non poteva ignorare tutto quel dolore, non poteva restare indifferente a quei volti distrutti dalla malattia.

Si fermò davanti alla 216, la stanza in cui era ricoverato Derek. Spiò dentro, notando Rylee seduta accanto al letto del fratello, tenendogli la mano.
Non sapeva se fosse il caso entrare da lei, dopo essere stato praticamente indifferente alla situazione, anche se, in realtà, pensava ogni giorno a lei.
Fece un respiro profondo e si fece coraggio, varcò la soglia.

La raggiunse, sopraggiungendole alle spalle, le mise la mano su una, stringendola.

-Rylee- sussurrò, con gli occhi lucidi, che lei però non poté notare, poiché non si voltò, rimase fissa sulla figura immobile che occupava il letto.

Un sospiro. Tutto ciò che Oli ebbe di risposta fu quello.

Ci fu un silenzio estenuante che durò più di dieci minuti, dieci minuti in cui non ci fu un singolo movimento ad animare l’aria.

Ry poi si alzò, piazzandosi faccia a faccia con il suo ragazzo, perché lo era ancora. Non disse nulla, lo fissò a lungo.

-Ry, non posso giustificare di non essere venuto prima, posso solo chiederti scusa …- attaccò lui. I suoi occhi incrociarono quelli della mora, il cui viso era segnato da ogni singolo momento di angoscia che aveva vissuto in quei mesi. Si sentì uno schifo per non essere stato presente, proprio quando la persona a cui teneva di più aveva bisogno di lui.

Una lacrima gli rigò silenziosamente il viso, stava cercando di trattenersi, ma cedette quando si arrese anche lei, gettandosi tra le sue braccia.

Sentì le lacrime della ragazza bagnargli la maglietta. La congiunse forte a sé, donandole il calore che in quei mesi non era riuscito a darle.

Aaron osservò la scena restando sulla porta, in disparte, come sempre, per lasciarli soli.

-Scusa, scusami ti prego- la implorava continuamente il cantante.

-Non fa niente. L’importante è che tu sia qui ora- sibilò lei, affondando il viso nel suo petto.

Continuò ad abbracciarla poi la guardò.

-Come sta?- chiese.

Entrambi spostarono all’unisono lo sguardo sul corpo apparentemente privo di vita. La ragazza poi scosse la testa, veementemente.

Lui la attirò nuovamente a sé.

-E tu?- domandò di nuovo.

-B-Bene- sussurrò lei, notevolmente stravolta.

Oliver la guardò, preoccupato. Il suo viso era sconvolto, pallido.

-Sei sicura?- le richiese.

Lei annuì, ma poco dopo cadde in avanti, addosso a lui, in seguito a un giramento di testa. Oliver la sorresse saldamente, facendola poi sedere.

-Chiamo un’infermiera- le disse.

Ry lo trattenne per un polso.

-No, tranquillo, mi porteresti solo un bicchiere d’acqua?- replicò debolmente.

-Certo- asserì lui accarezzandole i capelli.

Uscì dalla stanza, trovandosi di fronte Aaron, che lo fermò.

-Sono contento che tu sia venuto Oliver, sai, non ha mai parlato da quando siamo arrivati sei mesi fa, è stata qui tutto il tempo con lui, senza mai lasciarlo solo, oggi è stata la prima volta che l’ho vista crollare, penso le abbia fatto bene liberarsi tra le braccia di una persona che le vuole bene- gli disse trattenendolo.

-Io non le voglio semplicemente bene, signor Jackson. Io la amo- rispose convinto Oliver, con un’espressione sicura, amorevole.

L’uomo gli diede una pacca sulla spalla, prima di lasciarlo andare.

-Sei un bravo ragazzo- bisbigliò guardandolo allontanarsi.

Poi spostò nuovamente lo sguardo sulla figlia e la raggiunse.

-Come ti senti?-

-Ora che c’è lui, meglio- affermò lei, probabilmente senza nemmeno pensare  a ciò che stava dicendo.

Il padre l’abbracciò.

-Vedrai, ce la farà. Sai come lo so?-

La ragazza scosse la testa.

-Perché lui è forte, è come te, per questo siete sempre andati d’accordo, anche con Jeremy, quando eravate piccoli. Non mollerà, fidati- la tranquillizzò.

-Ti voglio bene, papà- 

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Capitolo 10
*** I will love you forever, I promise ***


 

-I will love you forever, I promise -

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 Era come un incubo. La situazione era insostenibile. Ry lo guardava perdere lentamente le forze, senza poter fare nulla. C’erano tutti, mamma, papà, Jeremy e anche Oliver. Avevano deciso di staccare la spina, erano passati altri quattro mesi e il dottore era stato chiaro, non c’era più speranza che si risvegliasse.


La madre piangeva, disperata, distrutta, stringendo forte la maglietta del marito, per poter avere conforto, o forse per poter scaricare tutta la tensione e il dolore che stava provando. Rylee non l’aveva mai vista arrendevole, il suo animo era sempre stato fiero e ora si stava lasciando andare, e di certo lei non poteva biasimarla. Stava dicendo addio a suo figlio, consapevole del fatto che non lo avrebbe mai più rivisto bello e sorridente come era abituata. Dentro di sé malediceva il giorno in cui lo aveva lasciato partire, orgogliosa dello spirito patriottico che dominava il suo primo figlio. La situazione era la stessa, lo stava lasciando andare, di nuovo, ma questa volta non sarebbe più tornato indietro. Ricordò ogni suo compleanno, come lo avevano festeggiato tutti in famiglia, sapeva che ora lui non avrebbe più festeggiato nulla con loro. Li stava abbandonando. Aveva paura, tanta, non sapeva come affrontarlo, non sapeva come l’avrebbe superata, come avrebbe reagito a ritrovarsi da un giorno all’altro senza un figlio. Da una parte sapeva di doverlo lasciare andare, non voleva che soffrisse, dall’altra stava uno strazio, avrebbe voluto tenerlo con sé per sempre. Aveva sperato fino all’ultimo e nel profondo sperava ancora che si risvegliasse, che tutto ciò che stava accadendo fosse uno scherzo, un incubo terribile che sembrava non avere fine.

Aaron era impassibile, i suoi occhi avevano perso qualcosa, il suo sguardo aveva perso vita, fissava un punto fisso, con le iridi prive di qualsiasi colore, erano come trasparenti, o almeno così apparve a Ry, dato che riusciva a vedere ogni sua singola emozione percorrergli il corpo e colpire ogni organo per poi annientarlo lentamente. I ricordi lo distrussero, ripensò a quando gli aveva insegnato a giocare a baseball, a quando lo chiamava “Il mio ometto” e a quel giorno in cui gli aveva implorato di smetterla di chiamarlo così, perché lo imbarazzava davanti ai suoi amici. Sorrise, rivedendolo pregare per avere qualche consiglio sulle ragazze. Rimpianse di non averlo abbracciato abbastanza, di essersi dimenticato di dirgli quanto gli voleva bene ogni volta che era stato possibile, la moglie gli diceva continuamente che lui lo sapeva, anche se non se lo sentiva dire. Strinse la moglie, questa volta era lui a dover essere confortato.

Jeremy era in piedi accanto a Rylee, tenendole la mano, saldamente. Per lui Derek non era solo un fratello, era il suo migliore amico. Allungò l’atra mano su quella del fratello. All’improvviso davanti a lui vide una figura, vide se stesso, inginocchiato a terra, dilaniato dalla sofferenza e dall’angoscia, urlava “Uccidetelo e fate finire questo dolore straziante!”, era un’agonia, una situazione insopportabile, cercò di mandare via quell’allucinazione terribile, si sentiva in colpa, non poteva volere la sua morte, no, nemmeno se fosse stato per il suo bene, era un mostro. Strinse ancora di più le mani delle due persone a lui più care al mondo. Si gettò a terra, o forse cadde, prendendo il posto di quella figura fittizia, che scomparve in un’immensa nube che riuniva tutti i più grandi mali della vita. 

-Prendi me …- lo sentì sussurrare Ry. Le sue parole si mischiavano a un freddo fiumiciattolo di lacrime. Jeremy non era mai stato credente e Rylee stentava a credere che lo fosse diventato improvvisamente, allora … chi stava implorando?

La figura era riapparsa, gli sembrò di vedere la morte starsene lì, accanto al corpo inerme del fratello, che non poteva difendersi per non essere portato via. Era una donna, una donna meravigliosa, con dei lunghi capelli biondi che le scendevano sull’abito bianco, più stretto in vita, a delineare una figura snella. I suoi occhi erano l’unica cosa scura, erano neri e risaltavano sulla pelle bianca, esangue. Il gelo l’avvolgeva, in un’immagine di pura fantasia.

Infine Rylee. Era immobile, la mano che non stringeva quella di Jeremy era stretta in un pungo, tremava convulsivamente. La sua pelle al tocco era corrosa dal freddo glaciale della stanza. Ogni secondo stringeva il pugno con una forza sempre maggiore. Non riusciva a piangere, non ce la faceva, non voleva farsi vedere debole. Il suo sguardo percorse più volte il corpo del fratello. Non si capacitava di doverlo lasciare morire. Non era pronta. Non voleva lasciarlo solo e non voleva essere lasciata sola. Oliver le prese il pugno, tentando di limitare il tremore. Questo si sciolse sotto la presa delicata del fidanzato. Ry pensò di essere sul punto di cedere da un momento all’altro, quando fu raggiunta da Max che l’abbracciò cingendola da dietro, poggiandole le mani sul ventre. Lo sguardo di Oliver fu per un attimo preoccupato, ma cercò di non farci caso, non era il momento giusto per ingelosirsi.

- When you cried I’d wipe away all of your tears, when you’d scream I’d fight away all of your fears, and I’ve held your hand through all of these years, but you still have all of me …- la voce di Ry ruppe il silenzio.

Il dottore chiese il permesso di poter porre fine alle sofferenze di quell’angelo, di quel ragazzo tanto coraggioso che stava per perdere la vita per la propria nazione.

La madre non riuscì a rispondere, fu il padre ad assentire. Rylee spalancò gli occhi quando il gesto dell’uomo la costrinse a dire addio a Derek. Si precipitò in avanti, cadendo tra le braccia di Max e di Oliver, che tentarono di sostenerla, e lasciando di conseguenza la mano di Jeremy. Pianse, strillando il suo nome, come se lui la potesse sentire e potesse risvegliarsi sentendosi chiamare. Il suo pianto era distrutto, angosciante. Singhiozzava come una bambina, si credeva più forte. Forse non era solo la madre a continuare a sperare di vederlo riaprire gli occhi. Fu come morire con lui in quel momento. Si accasciò tra le braccia dei due, finendo accovacciata sul pavimento freddo e insensibile.

Il viso della madre si nascose sul petto del marito, il suo unico rifugio, davanti a quell’atroce tragedia.

Jeremy era ancora cristallizzato. Vedeva ancora quella donna. Lei aveva afferrato la mano di Derek, decisa a portarlo via con sé. Nel momento in cui la sua mano toccò il corpo esanime del ragazzo, il suo aspetto mutò. Una lacrima rosso sangue le attraversò il viso, e, mentre questa scendeva sugli zigomi, la sua faccia si deformava, la sua pelle candida si squarciava, mostrando la carne e il teschio bianco sporco. La veste era diventata improvvisamente scura e gli occhi, prima corvini, erano inondati di una strana luce bianca. Gli stava togliendo la vita.

Rylee fu portata fuori dalla stanza dai due, non respirava più, non stava in piedi, non si reggeva più sulle gambe, si sentiva la fragilità fatta a persona. Quando raggiunse il corridoio le sue grida strazianti investirono l’ospedale.

Poco dopo anche la madre dovette uscire per evitare il collasso.

L’unico a rimanere nella stanza fu Jeremy, rimasto immobile senza sapere cosa fare, come impedire a quella donna di portargli via Derek.

-No … no … ti prego … no …- continuava a implorare ostinato la Morte, ma con lei non c’era patto, accordo, non c’era nulla che le impedisse di svolgere il suo compito.

Si fermò, come pietrificato, realizzò di aver vissuto gli ultimi minuti in un’assurda allucinazione effimera. E ora che sarebbe successo alla loro famiglia, cosa sarebbe successo alla salute mentale di ogni membro di essa? Era la fine anche per loro?

Tutto ciò che ci fu in quel momento fu paura. Nient’altro. 
 
 

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Capitolo 11
*** That little kiss you syole, it held my heart and soul ***


-That little kiss you syole, it held my heart and soul -

 

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Era passato un anno dalla morte di Derek e i volti di Jeremy e di Rylee riportavano ancora i segni di quel dolore. La gente diceva sempre che con gli anni il dolore si sarebbe attenuato, ma non era vero. Ry non aveva più sorriso, se non quando era con Oli.


Era il giorno del suo diciottesimo compleanno e ci sarebbero stati tutti i parenti e le sue amiche. Si sentiva particolarmente a disagio, nonostante conoscesse tutti da molto tempo, ma l’assenza di Derek le lasciava un buco nell’anima.

-Ciao amore- Oliver la baciò dolcemente, sopraggiungendo alle sue spalle.

Ry sorrise, baciandolo di rimando.

-Sono contenta che tu sia qui-

Lui l’abbracciò, sapeva quanto stava male in quei giorni.

Si sedettero tutti a tavola, pronti a cenare abbondantemente. Jeremy non mangiò praticamente nulla, risentiva anche lui della mancanza del fratello e, di solito, al compleanno di Rylee, loro due si isolavano e andavano a giocare insieme, perché la festa di Rylee era brulicante di ragazzine insopportabile.

Improvvisamente si spensero le luci del salotto e la madre entrò nella stanza con una torta gigantesca, con solo una candelina in cima, conficcata nella panna, proprio la delizia che amavano sia Ry, sia Max che Oliver.

Ci fu un assurdo ritornello di auguri e al termine tutti batterono le mani. Rylee era impassibile, guardava la torta e la fiamma bruciare la candelina.

Il giorno prima aveva ricevuto gli auguri dai ragazzi della Drop Dead che le avevano regalato una maglietta, ovviamente. Le mancavano tantissimo. Non aveva più avuto la forza di uscire di casa dopo la morte di Derek.

-Tesoro, soffia ed esprimi un desiderio- le sussurrò dolcemente la mamma.

Ry continuò a guardare la candela. Se fosse stata ancora una bambina avrebbe chiesto di riavere indietro il fratello, ma non era una bambina e doveva scegliere un desiderio degno di una donna.

Guardò i presenti, soffermandosi prima su Max e poi su Oliver. Max. Max le mancava più che mai. Si era trasferito in Inghilterra per lavoro poco dopo che lei aveva lasciato la DD e si vedevano raramente. Questo succedeva anche con Oliver, ma lui si faceva vedere e sentire più spesso rispetto a Max.

Inspirò per poi soffiare.

“Vorrei stare bene con loro due, vorrei averli sempre con me” pensò mentre la fiamma scemava.

Di nuovo tutti applaudirono, mettendola in imbarazzo. La madre le diede un bacio affettuoso sulla guancia.

Ci fu una lunga processione di regali inutili e alcuni davvero orribili, che Ry finse di apprezzare solo per non deludere chi li aveva fatti.

Arrivò il turno di Oliver che si alzò.

-Vorrei chiederti una cosa- disse timidamente.

Lei annuì, sorridendo flebilmente. Oli guardò i signori Jackson, chiedendo loro il consenso di parlare. I due assentirono, così lui riprese.

-Ho parlato con i tuoi genitori e vorrei chiederti di venire a vivere con me, a Sheffield, e di tornare a lavorare come modella-

Rylee rimase immobile. Qualche mese prima era stata a Sheffield con i modelli della Drop Dead ed era riuscita a svagarsi un po’.

Rivolse lo sguardo al padre.

-Rylee- cominciò Aaron dopo un lungo momento di silenzio.

-Ormai hai 18 anni e devi essere libera di decidere- proseguì l’uomo.

Ry annuì, ancora spaesata.

-Dopo che Derek se n’è andato io non ti ho più vista felice, se non nelle foto con Oliver e con Oliver stesso. Lui è capace di farti felice, perché lui vuole farti felice, quindi io voglio ciò che fa stare bene te, e questo è Oliver- il padre era quasi commosso.

-Ry, ora sta a te. Vuoi venire con me?- le chiese Oli, porgendole la mano.

Ry continuò a guardare il padre, poi spostò gli occhi sulla mano protesa verso di lei.

Si alzò di scatto, precipitandosi tra le braccia del suo ragazzo, piangendo.

-Si, si, si, si- asserì stringendolo forte. Piangeva come una bambina, era un pianto bisognoso, aveva bisogno di Oliver, gli serviva lui per vivere bene per il resto della sua vita.

Tutti nella stanza si intenerirono, alcuni perfino piansero.

Il cantante la baciò delicatamente.

-Bene, partiremo tra qualche giorno- sorrise poi.

La sera Oliver rimase a casa di Ry a dormire. La ragazza si voltò verso di lui, che dormiva al suo fianco.

Uscì sul terrazzo, con la sua solita tazza di tè fumante, preoccupandosi di non svegliarlo. Alzò gli occhi al cielo, proprio come aveva fatto prima di partire più di un anno prima per diventare modella e realizzare il suo sogno.

La sua vita aveva avuto una lunga svolta, era cambiata anche lei. Era diventato tutto così difficile da affrontare, ma con Oliver le cose andavano meglio.

Stava per abbandonare la sua vita di sempre, per poterne cominciare una nuova. Avrebbe avuto la possibilità di riavvicinarsi a Max e di poter portare avanti l’amicizia con Felix e Godfrey, ma la cosa più importante era che avrebbe potuto vedere Oliver ogni giorno.

Guardò le stelle, chiedendosi ora dove fosse Derek, se avesse potuto vedere tutto questo, cosa le avrebbe detto? Sarebbe stato felice per lei?

Era spaventata, aveva paura di dover iniziare qualcosa di nuovo, qualcosa di diverso.

-Che fai qui fuori?- chiese Oliver comparendo alle sue spalle.

Si votò di scatto, incontrando il suo ragazzo sulla soglia del balcone, in mutande e con gli occhi minuscoli, ancora assonnato.

Sorrise. Con lui tutte le paure svanirono.

-Riflettevo- rispose calma.

-Posso farti compagnia?- le chiese lui sedendosi al suo fianco.

Rylee appoggiò la testa sulla sua spalla, continuando a guardare il cielo.

Il suo cuore si riempì di gioia nell’averlo vicino. Sorrise, senza che lui potesse vederla. Stava bene solo con lui. Era felice solo con lui. Viveva davvero solo con lui.

-Ry- la voce di Oliver si diffuse nella notte.

-mhmh …- fece lei, completamente assorta nei suoi pensieri.

-Ti amo- asserì amorevolmente lui.

Lei alzò lo sguardo fino a incontrare quello di lui. Sorrise.

-Ti amo anch’io- lo baciò dolcemente per poi accoccolarsi di nuovo tra le sue braccia.

Si alzò il vento, investendo tutto, trascinando via ogni ricordo brutto del passato. Ora erano solo loro due. Soli davanti a un nuovo destino. Insieme. 

E così si conclude questa fanfiction :) Grazie a tutti quelli che l'hanno letta e recensita :) Come al solito mi dispiace finire un progetto a cui ho lavorato tanto :'(, tuttavia ogni cosa ha un inizio e una fine e questa è quella della storia :D 
Spero vi sia piaciuto leggere e di non avervi mai deluso o annoiato :D 
Grazie di cuore a tutti <3
un bacione 
*Black Devil*

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