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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** capitolo 9 ***
Capitolo 10: *** capitolo 10 ***
Capitolo 11: *** capitolo 11 ***
Capitolo 12: *** capitolo 12 ***
Capitolo 13: *** capitolo 13 ***
Capitolo 14: *** capitolo 14 ***
Capitolo 15: *** capitolo 15 ***
Capitolo 16: *** capitolo 16 ***
Capitolo 17: *** capitolo 17 ***
Capitolo 18: *** capitolo 18 ***



Capitolo 1
*** capitolo 1 ***


1

Ecco a voi una nuova storia.

Fatemi sapere cosa ne pensate!

Grazie =)

 

 

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Capitolo 1

 

 

 

 

La sveglia segnava le sette del mattino e come ogni mattina mi ritrovavo seduta sul divano sotto la finestra ad osservare i minuti passare. Dormivo poche ore per notte, eppure erano sufficienti per farmi riacquistare le energie. Era capitato che passassero anche alcuni giorni prima che mi stancassi al punto tale da dover dormire, ma quello capitava soprattutto quando facevo un buon pasto. Ormai erano anni che non mi stupivo più delle mie strane capacità, solo c’era una cosa che continuavo a chiedermi, ‘perché io?’. E da lì, come un domino le altre domande sorgevano spontanee. Perché non ero riuscita a trovare nessun altro come me? Perché ero un mostro? Sarei rimasta sola per sempre? E così via. Ormai era un abitudine. Ogni mattina, mentre aspettavo l’orario giusto per recarmi a scuola, pensavo sempre alle solite cose.

Vidi la sveglia segnare le sette e trenta così alla velocità delle luce mi cambiai, truccai e dopo aver preso lo zaino andai in cucina. Ci avevo impiegato un minuto esatto, meno del solito. Stamattina volevo sentirmi più normale del solito, così presi un abbondante tazza di latte con i miei cereali preferiti, quelli al cioccolato, dopo di che presi le chiavi della Mini Cooper ed uscii. Abitavo in un’accogliente casetta al limitare del bosco e questo era uno dei motivi per cui l’avevo scelta. Ero capitata qui per caso, dovevo cambiare meta, così dall’Irlanda ero andata oltre oceano e tornata nella mia patria. Gli Stati Uniti d’America. Volevo trovare un posto poco assolato e con fitti boschi ed avevo puntato subito sullo stato di Washington, poi chissà perché l’occhio mi era caduto su questo paesino chiamato Forks e così eccomi qua. Era quasi un anno che ero qui. Per l’età che dimostro non potevo fare altro che iscrivermi a scuola, non avrei sopportato di nascondermi ancora sotto le città, nelle fogne, per non mostrare quello che ero. Ero riuscita a controllarmi e la voglia di essere normale era più forte. Volevo stare in mezzo agli umani e questo era l’unico modo. Un eterna studentessa. Il mio periodo peggiore stava tornando a galla ma avevo appena parcheggiato e la mia amica Angela stava bussando insistentemente sul mio finestrino. Sapevo di non potermi permettere di stringere legami d’affetto, perché un giorno o l’altro io avrei dovuto lasciare tutto, perché le persone avrebbero potuto notare che in me c’era qualcosa di sbagliato, ma ero egoista, e non voleva stare sola.

“ehi ehi, Angi, mi butterai giù il vetro se continui così!”.

“Lo so, ma non è questo l’importante!”.

“No? E cosa lo è allora?”.

Era buffa come ragazza. Appena incontrata Angela non spiccicava parola. È fatta così, con chi non conosce lei è timidissima, ma aspettate che prenda confidenza e non la si ferma più. Sa essere travolgente a volte, ma almeno è sincera e leale, e sono le due cose che più apprezzo di lei. Non come Jessica. Appena ero arrivata aveva cercato in tutti i modi di entrare nelle mie grazie e portarmi nella sua schiera di amici come suo trofeo, ma per sua sfortuna avevo un udito così sviluppato che sentivo le sue cazzate in ogni angolo mi trovassi della scuola,così senza troppi preamboli l’avevo mandata subito a quel paese.

“Non sarai più la ragazza nuova!”.

“Bè Angi, è un anno ormai che sono qua, ancora lo sono?”.

“Non importa! Ho saputo che domani arrivano degli studenti nuovi, sono i figli del nuovo chirurgo del Forks Hospital. Sono cinque.”.

“Caspita!” enfatizzai con un fischio. “ Il chirurgo si è dato ben da fare per avere cinque figli che vanno tutti alla High School!”.

Lei mi guardò allienata.

“Hai ragione Bella! Farò delle ricerche!”.

Sorrisi scuotendo la testa. Angela sarebbe diventata una strana giornalista, di questo ne ero sicura.

Mi incamminai nella mia prima lezione e ancora vedevo su di me gli sguardi dei studenti, come fosse il primo giorno. Non era perché non facevo amicizia, il contrario, ma avevo già menzionato sul fatto che fossi un mostro, o meglio un bellissimo mostro. Io non avevo mai dato tanto peso che fossi una ragazza carina, ma le mie varie amiche nel corso degli anni, mi avevano tutte fatte notare questa cosa. Anche Angi, un giorno, mentre mi fissava intensamente, mi disse che ero disumanamente bellissima. Io ci avevo riso sopra, ma lei non poteva sapere, e non lo avrebbe mai saputo.

Il professore spiegava trigonometria ed io pensavo a quanto fossi sbagliata. Io non dovrei esistere eppure ero qui. Ricordo i miei primi anni di vita in modo molto doloroso. Vivevo come un animale, perché le persone mi respingevano. Avevo imparato fin da subito a nascondermi, anche se avevo le sembianze di una bambina, ero intelligente, e capii subito di non dovermi mostrare troppo. Vissi un lungo periodo così, e guardavo quegli esseri che mi assomigliavano a distanza, non capendo perché io non potessi essere come loro. Quando mi accorsi che il mio corpo non cresceva più, mi spaventai, iniziai a vagare nelle città, ma la gente si spaventava ancora e così mi nascosi, come ormai avevo imparato. Mi spostavo di giorno tra le fognature delle città e di notte uscivo e studiavo i comportamenti degli umani. Imparai la lingua, a leggere e scrivere, era semplice per me apprendere tutte quelle cose. Trovai una biblioteca e ci misi quasi un anno a leggere tutti i libri che conteneva. Al termine ero sconvolta. Avevo avuto la conferma di essere diversa. Non umana. La cosa che più mi si avvicinava era quella che nei libri di mitologia e fantascienza chiamavano vampiro. Era forte, immortale e si cibava di sangue. Ed io avevo ucciso animali a mani nude, senza un graffio, tralasciavo la carne e bevevo fino all’ultima goccia di sangue.

“Signorina Swan, se la mia lezione la annoia può anche andarsene!”.

Guardai il professore e feci una faccia dispiaciuta.

“Mi scusi professore!”.

Mi guardò in cagnesco per altri due secondi poi si voltò a continuare la sua lezione. La trigonometria era una materia davvero noiosa e dato che per me non aveva più segreti lo era ancora di più.

Quando arrivò l’ora di ginnastica, mi defilai. Non avevo voglia di contenere la mia forza quel giorno, perciò andai sul tetto della scuola a pensare un po’. Ripensai a quelle storie sui vampiri, ormai l’avevo capito: ero simile a quel mostro leggendario, ma non lo ero per davvero. Avevo visto film e letto libri a riguardo, ma a parte le cose basi sulla forza, l’immortalità e il sangue non c’erano altri riscontri. Il sole non mi faceva niente, se non illuminare percettibilmente a miei occhi la pelle. L’aglio e l’acqua santa non erano pericolosi. Se mordevo qualcuno e bevevo il sangue dandogli poi il mio, questo non si trasformava. Ma io per quanto poco, sapevo di non essere stata trasformata. Il viso di quella donna che mi aveva messo al mondo lo avevo davanti agli occhi tutti i giorni così come il fatto che io la avessi uccisa. Ero nata così, un mostro, e ormai lo avevo accettato. Forse.

Ciò nonostante potevo benissimo passare per un umana, i miei occhi erano marroni, il mio cuore batteva, e potevo mangiare di tutto, ma era solo una pia illusione crederlo di esserlo davvero.

 

Al termine delle lezioni mi incamminai verso la mia auto, quando il vento portò l’odore di Angela al mio olfatto, segno che si stava avvicinando.

“Eccoti qua! Ho saputo che il professore di trigonometria ti ha richiamata. La odi proprio la sua materia che non riesci a starci attenta?”.

“Puoi dirlo forte!”.

La vidi prendere un grosso respiro, quando la fermai sul nascere.

“Metaforicamente parlando Angi!”.

Lei sbuffò fuori l’aria e sorrise. Già una volta aveva gridato quello che aveva appena detto.

“Comunque, tornado all’argomento ‘nuovi arrivati’, ho fatto qualche ricerca qua e là… ovvero da Nancy la figlia dell’infermiera della reception dell’ospedale, e ho saputo che il dottor Cullen, così si chiama, con la sua signora non hanno potuto avere figli, così li hanno adottati tutti. E qui risolto il mistero!”.

Sorrideva a trentadue denti per essere riuscita a ricavare quell’informazione.

“Mi spaventi quando fai così. Diventerai davvero una giornalista coi fiocchi o un detective, se vuoi.”

Mi guardò seria e poi con tutta la convinzione che possedeva mi disse: “io diventerò la migliore giornalista del mondo!”.

Lo disse con un tono così fiero che non potei fare a meno di assentire.

 

Il giorno dopo alle sette mi ritrovavo sempre nella stessa posizione persa tra i mie pensieri, ma stavolta mi sarei comportata ancora più umanamente del solito. Decisi di prepararmi senza usare la mia velocità. Mi lavai, sistemai i capelli, mi truccai e scelsi con cura i miei vestiti: dei jeans attillati, delle converse stivaletto, una felpa grigia e il mio giubbetto in pelle preferito. Fu così che a meno cinque alle otto ero ancora in casa. Strappai la mia regola ‘niente poteri’, e un secondo dopo ero già in strada nella mia macchina.

Gli studenti erano già entrati tutti, e quando la campanella suonò mi ero appena seduta accanto ad Angela che mi aveva tenuto il posto.

“Che ti è successo? Tu non arrivi mai tardi!”.

“Ehi può capitare!”.

Ed è stata una sensazione bellissima, sembravo davvero una teenager che si era presa a letto.

“Allora non li hai visti!”.

“Visto chi?”.

“Come chi?! Ma i nuovi studenti, no?!”.

“Oh, giusto! Li hai visti?”.

“Ovvio! Ero in prima fila!”.

“Come una brava giornalista!”.

Lei mi tirò la lingua poi continuò il suo racconto con enfasi.

“Li devi vedere. Sembrano modelli, sono uno più bello dell’altro. Due ragazze e tre ragazzi. Credono che alcuni di loro stiano assieme, intendo assieme assieme. Si tenevano per mano in modo davvero sdolcinato. Oh, Bella, ma non puoi capire li devi vedere per forza. Sono belli quanto te ed è impossibile, no?”.

Risi del discorso senza aria di Angela. Arrivò il professore di storia e ci riportò all’ordine. Mentre spiegava mi persi tra i bisbigli degli studenti in tutta la scuola. Parlavano quasi tutti di questi Cullen e la cosa strana era che Angela diceva sul serio quando pensava che fossero bellissimi, perché tutti non facevano che ripeterlo.

Arrivò l’ora di andare in mensa e con calma mi avviai. Appena entrata vidi Angela già sul nostro tavolo, così mi presi un vassoio e presi qualcosa da mangiare.

“Ehi, com’è andato il test di inglese?” le dissi appena la raggiunsi.

Fece una smorfia e ingoiò il boccone.

“Se non avessi perso tutto il mio tempo a guardare uno dei Cullen, forse meglio!”.

“Era al tuo corso?”.

“Già! Si chiama Emmett ed è…”.

Bloccò le parole a mezz’aria e con gli occhio spalancati mi indicò l’entrata della mensa. E fu lì che li vidi per la prima volta. Angela aveva ragione, erano bellissimi, aggraziati e perfetti. Presero posto sul tavolo più distante della mensa, volevano in qualche modo tagliarsi fuori e a quanto pare era quello che intendevano fare.

Angela mi aveva poi raccontato che non si erano lasciati avvicinare da nessuno che non fossero stati i propri fratelli. Li guardai e non potei fare a meno di pensare che fossero strani, e lo diceva una che strana lo era nata.

Affilai le orecchie e ascoltai quello che si dicevano.

“Ci fissano tutti ovviamente!”.

“Dai Jazz non farci caso, dovresti esserne abituato ormai, no?”.

“Jazz sapessi quello che pensano… la gioventù odierna è senza peli sulla lingua”.

Quest’ultimo commento mi lasciò interdetta. Da come aveva esposto la frase, sembrava che lo sapesse veramente, ma ovviamente ciò non era possibile. Giusto?

Guardai meglio chi aveva pronunciato la frase e in quell’istante anche lui si voltò verso di me. Credo, anzi no, ne ero certa che lui fosse il più bello dei tre maschi. Lo stavo fissando, ne ero consapevole, ma non potevo fare a meno di guardarlo. Bellissimo era dire poco.

“Edward va tutto bene?”.

La Cullen dai capelli neri lo aveva richiamato e lui aveva distolto lo sguardo. Edward si chiamava. Che cosa aveva questo ragazzo? Non mi era mai capitato di interessarmi così ad un umano, era forse il fatto che fosse un dio greco? Non lo sapevo, ma non potevo permettermi di pensarci. L’amicizia me l’ero concessa, ma l’amore per me era una regola assoluta da non violare. Io non mi sarei mai innamorata.

Abbassai la testa e mi alzai di scatto facendo voltare un paio di persone verso di me.

“Ehi Bella tutto ok?”.

“Si, devo solo andare al bagno. Scusa Angi, ci vediamo alla fine delle lezioni!”.

Senza aspettare che rispondesse uscii dalla mensa. Dovevo correre come la mia persona me lo permetteva. Era un modo per scaricare la frustrazione e Dio fece che il bosco fosse a confine con la scuola.

 

Tornai in tempo prima che la lezione di biologia iniziasse.

Quando varcai la soglia della classe, vidi tutti osservarmi e poi capii il perché. La sedia accanto alla mia, del tavolo di laboratorio, era occupata. Era dall’inizio dell’anno che quel posto era vuoto e ora, li seduto, c’era l’unico umano che era stato in grado di sconvolgermi con uno solo sguardo.

Presi posto a fianco a lui e non lo guardai. Per circa un minuto, poi cedetti. Lo trovai a fissarmi, come se fosse anche lui frustato da qualcosa che non capiva, mi fissava in modo diverso da come lo faceva di solito la gente, sembrava che volesse capire qualcosa di me e per qualche strano motivo mi turbò sgradevolmente. Non mi piaceva che lui mi fissasse così e allora glielo dissi.

“Smettila!”.

Lo stupore che gli si lesse in faccia in seguito alle mie parole, fu visibile anche ad un cieco.

“Come prego?”.

La sua voce era qualcosa di estasiante, ma non mi lascia abbindolare.

“Mi da fastidio che mi fissi così… come una cavia dal laboratorio!”.

Un lampo divertito percorse i suoi strani occhi dorati, e la smorfia di un sorriso colpì l’angolo della sua perfettissima bocca.

“Hai ragione, ti chiedo perdono!”.

E così, garbatamente come le sue scuse, si voltò verso il professore e non mi guardò più per tutta l’ora.

La cosa sbagliata fu che mi dispiacque.

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Capitolo 2
*** capitolo 2 ***


2

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Capitolo 2

***

 

 

 

Mi svegliai di soprassalto. Dov’ero? Mi guardai attorno e mi resi conto di essere nel divano sotto la finestra. Avevo finito in dieci minuti i compiti e stranamente mi ero addormentata. Beh, forse non troppo stranamente. Erano giorni che non assumevo sangue e questo si faceva sentire. A volte ero debole altre, invece, il vampiro in me prendeva il sopravvento. Sentivo la voglia di attaccare qualsiasi cosa avesse del sangue che gli circolava dentro e ciò non era un bene. Soprattutto se potevo sgozzare il mio compagno di banco durante una lezione. Un flash di due occhi dorati mi passò per la mente. Quell’Edward Cullen. Oggi a biologia il suo sguardo mi aveva fatto innervosire, eppure, era strano, ma non avevo provato nessun istinto omicida nei suoi confronti. Forse quell’Edward Cullen doveva ringraziare la sua buona stella se aveva un sangue poco appetitoso e il mio naso non lo trovava commestibile. Il suo sangue non sarà stato commestibile vero, ma bisognava ammettere che la sua pelle profumava in una maniera estasiante. Emetteva un odore decisamente dolce.

I miei pensieri stavano prendendo una brutta via, perciò decisi di distrarmi e cosa c’era di meglio se non una buona battuta di caccia?

Dovevo ammettere che il sangue animale non era delizioso come quello umano, ma se volevo fingere di essere una persona normale dovevo cibarmi di esso. La differenza non stava solo nel gusto, il sangue umano ti cambiava, ti accalappiava e ti trasformava in un mostro senza sentimenti. Era una droga, ti costringeva a volerne sempre di più. E io non volevo più essere così.

Aprii la finestra di una camera che dava sul retro della casa e balzai fuori con un salto. Quando mi lasciavo andare ai miei istinti non potevo fare a meno di sentirmi libera.

Iniziai a correre, ma avevo deciso di non allontanarmi troppo. Puntai verso nord e dopo qualche miglio mi fermai. Mi acquattai su un albero e iniziai ad ascoltare il silenzio attorno a me. Un respiro a nord ovest attirò la mia attenzione. Era sicuramente un cervo. Iniziai a respirare fortemente l’aria fino a quando il suo odore mi arrivò dritto al mio sistema sensoriale. Fu allora che mi lasciai andare e il mio corpo si mosse da se. Arrivai alle spalle della mie preda e senza troppe cerimonia gli saltai in groppa e lo morsi sulla giugulare. In quattro e quattro otto lo dissanguai fino all’ultima goccia. Ero estasiata dal sapore che sentivo in gola. Mi sedetti a terra e chiusi gli occhi gustando quel delizioso nettare che avevo appena ingurgitato avidamente. Non c’era nulla da fare. Nessun cibo umano avrebbe mai potuto competere. Un suono insistente mi trascinò fortunatamente via dai quei instabili pensieri. Era il mio cellulare. Guardai lo schermo, era Angela.

“Angi?”.

“Bella! Dove sei? Sono passata per casa tua, ma non mi hai aperto. Eppure la tua macchina è nel vialetto!”.

Accidenti! E ora che le dico? Lei sa che non ho una vita molto sociale. Anzi, non ce l’ho per niente.

“ehm… a dire il vero sono andata a fare una passeggiata nel bosco.”

“Nel bosco??? Ma sei impazzita!! È quasi buio!”.

Dovetti allontanare il cellulare dal mio orecchio da quanto aveva urlato.

“Tranquilla. Sono pratica ormai del posto. Due passi e sono a casa!”.

“Bella se mi perdo io che abito qui da una vita…”.

“Se sei svampita non è colpa mia!”.

“Amica ingrata!”.

“Si, anche io ti voglio bene! Comunque come mai eri passata per casa mia?”.

“Oh, giusto! Domani devo andare a fare delle analisi del sangue. Mi prendi appunti durante l’ora di storia?”.

“Certo, Angi!”.

“Grazie! Sei l’amica migliore del mondo. Sei arrivata a casa?”.

Sorrisi. Feci un salto di qualche miglio, poi un altro ancora. Una corsetta veloce e mi trovai dietro casa mia.

“Si. Appena arrivata sana e salva!”.

“Ok! Allora ci sentiamo!”.

“Ciao Angi!”.

Chiusi la chiamata. Un cervo non mi era bastato, ma era già meglio di niente.  Decisi che subito dopo la scuola, l’indomani, sarei andata al confine col Canada in cerca di qualche Puma.

Entrai in casa e come una persona normale feci le pulizie e poi mi feci una doccia.

 

 

 

Il mattino seguente alle sette ero già in piena opera per prepararmi per la scuola. Ci stavo mettendo più cura del solito e intanto mi ripetevo che non era per Edward Cullen che lo facevo.

A meno venti alle otto ero già per strada sulla via della scuola. Quando entrai nel parcheggio occhi nuovi mi osservarono. Erano quelli dei Cullen. Se ne stavano in piedi vicino alle loro macchine senza parlare. Ma che avevano? Mettevano inquietudine. Scesi come niente fosse e mi avviai verso l’entrata, bofonchiando un ‘è proprio un vizio di famiglia’.

Le prime due ore avevo storia, così presi appunti per Angela. Avevo trascritto parola per parola del professore. Anche i richiami verso gli altri studenti. No, forse questo era il caso di cancellarlo. Angi avrebbe potuto insospettirsi.

All’ora di pranzo la fame non era tanta, non per quei alimenti almeno, ma non dovevo dare nell’occhio, per cui presi solo un trancio di pizza e una bottiglietta d’acqua.

I Cullen erano già seduti in quello che, a quanto pare, era diventato il loro tavolo. Al mio arrivo nessuno di loro mi guardava. Forse ero solo io quella paranoica.

Masticavo mal volentieri la mia pizza, così non avendo nulla da fare, iniziai ad ascoltare i pettegolezzi. L’argomento del giorno era su chi fosse il più bello tra i maschi Cullen e con mio forte fastidio, molte pensavano Edward. Questa cosa non doveva irritarmi. E avrei finto così. Tra i maschietti invece l’argomento era su chi fosse più sexy tra Rosalie Cullen, la bionda a quanto pare, e… sputai fuori l’acqua che avevo in bocca… io. Ovviamente questo atto mi fece perdere molti punti . Abbassai la testa facendo finta di niente. Cioè quella barbie bionda era praticamente perfetta, chissà cosa avrebbe detto che era in competizione con me. Avrebbe riso di sicuro.

Mi voltai verso il loro tavolo e li vidi parlare, così curiosai tra i loro discorsi.

“Rosalie non te la prendere!”.

“Accetto tutto, ma non che la mia bellezza venga paragonata a quella di quel sgorbio dai capelli marroni!”.

Cosa? A quanto pare avevano già saputo anche loro il gossip della giornata. Aspetta… sgorbio?? Quella brutta copia di Pamela Anderson si stava forse riferendo a me? Forse non aveva capito che ero io.

“Sei troppo obiettiva Rose, guarda che la ragazza è molto bella!”.

“Ma per favore, sembra un camionista per me come è vestita!”.

Guardai la mia camicia a quadri stretta ad una cintura in vita, i miei jeans e le mie converse. Come osava? Solo perché io non andavo vestita a scuola come se dovessi andare sul red carpet. Almeno io avevo ammesso dignitosamente che lei fosse bella.

Mi alzai dal mio tavolo e mentre mi voltavo, sentii lo sguardo dei Cullen addosso. In quell’istante però mi sentii chiamare dalla parte opposta.

“Angi?”.

“No comment! Finite la analisi mia mamma mi ha fatto venire a scuola!” il suo umore però cambiò subito. “Ho visto il dottor Cullen!”.

“Si?”.

“E’ un gran figo!”.

“E ti pareva?”. Lo dissi un po’ troppo acida.

“Già, quello che ho detto anch’io! Ehi, Bella, tutto ok?”.

Ringhiai sbuffando.

“No! Quella stronza bionda di una Cullen mi urta il sistema nervoso!”.

E nel dirlo mi ero voltata verso di lei. Sembrava proprio che mi avesse sentito perché in quel preciso istante anche lei alzò lo sguardo. Ci fissammo un po’. Sembrava una sfida a chi avrebbe tolto per prima lo sguardo.

Mi dispiace biondina, non mi fai paura.

La gente parve accorgersi di quello che stava succedendo e la Cullen mora attirò l’attenzione della sorella. Mi voltai sorridendo gioendo per quella mini vittoria.

Una volta nei corridoi Angi mi fu addosso.

“Che è successo là dentro ? Bella, ti giuro, sembrava di essere in un ghiacciaio dall’atmosfera!”.

“Niente di che. Io non vado a genio a lei, e lei a me. Questo è tutto!”.

La mia amica mi guardava con un sopracciglio alzato.

“Ma vi siete neanche almeno mai parlate?”.

“In questi casi non occorre.”.

“Se lo dici tu..”.

“A dopo Angi!”.

La salutai e andai nello spogliatoio a cambiarmi. Appena entrata percepii che l’atmosfera era al quanto tesa e capii subito perché. Sentivo l’odore dolce che caratterizzava i Cullen. Speravo solo non fosse lei e le mie preghiere fortunatamente furono esaudite.

La nanetta Cullen si stava cambiando in tutto silenzio e nessuna delle ragazze presenti aveva osato avvicinarsi a lei. Dato che io era l’ultima persona che poteva trattare diversamente qualcuno, me ne infischiai delle facce attorno a me e andai a cambiarmi vicino a lei. Insomma, non mordeva mica. Io si.

Lei mi guardò sorridente, come se mi aspettasse.

“Tu sei Bella, vero?”.

La guardai sgomenta. Sapeva il mio nome e sembrava pure amichevole.

“Si. Tu?”.

“Alice Cullen”.

Le allungai una mano e lei la accettò poco convinta. Certo che era strana. Gliela strinsi tranquillamente poi continuai a cambiarmi. Mi voltai e lei mi guardava stranita.

“Che c’è?”.

“Non hai paura?”.

Le risi in faccia, ma vedevo che lei non lo faceva, così mi fermai.

“Penso che tu sia l’ultima persona al mondo di cui io possa avere paura!”.

Detto ciò mi infilai le scarpe e andai in palestra.

Lì in attesa c’era un altro Cullen, che ovviamente mi fissò fino a quando non uscì la nanetta, Alice.

Scostai lo sguardo, ma non le orecchie.

“Lo sapevo che era una bella persona. Diventeremo buone amiche lo so!”.

“Alice lo sai che non puoi!”.

“Le mie visioni dicono il contrario!”.

Eh? Che fa la chiaroveggente?

La guardai e in effetti sembrava un po’ schizzata. Era per questo che mi chiedeva se avevo paura di lei? Forse dopo tutto non ero poi l’unico fenomeno da baraccone al mondo.

Terminate le lezioni come sempre mi avviai verso la mia macchina. Stavo per passare vicino ai Cullen e volevo vedere se la nanetta Cullen mi avrebbe salutato nonostante la bionda al suo fianco.

“Bella! Ci vediamo domani!”.

Restai di sasso, non avrei mai pensato che lo facesse davvero.

“ciao!”.

La salutai inconsciamente, poiché ero troppo sconvolta per capirne qualcosa.

“Isabella Marie Swan!”.

Angela mi arrivò in piena carica alle spalle.

“Che ho fatto?”.

Angela infatti usava il mio nome per intero solo quando avevo combinato qualcosa.

“Fai amicizia con un Cullen e non mi dici niente? Tutta la scuola ne parla! Si chiedono se sia un modo per la bionda per farti fuori!”.

Ghignai mentre osservavo i cinque fratelli montare nelle proprie auto.

“Sai è una domanda che mi sono posta anch’io, ma figurati. Nessuno può fregarmi!”.

“Si di questo non ti posso dare torto! Jessica abbassa ancora la testa quando ti passa a fianco!”.

Ripensai a quella scorbutica di un’umana. Mentre fingeva di essermi amica, mi ridicolizzava in giro, così gli resi pan per focaccia. La seguii fino a scoprire cose ridicole sul suo conto e gliele spiattellai in faccia. Durante un’assemblea studentesca. Ghignai malefica.

“Stai ripensando all’assemblea, vero?”.

“Già.”.

“Mi chiedo ancora come tu abbia saputo tutte quelle cose.”.

“Segreti del mestiere! Ora vado, ho una cosa da fare!”.

La salutai e me ne andai a casa. Una volta lì mi misi in tenuta da caccia. Jeans scuri, stivali, maglia nera. Potevo benissimo sembrare una spia dei telefilm in missione.

Corsi al massimo delle mie possibilità e in un battibaleno fui quasi in Canada. Cercai la mia preda e con un po’ di fatica la trovai. Un puma. Fu un attimo, che gli fui subito addosso, dissanguandolo dopo averci ‘giocato’ un po’. Percepii un altro respiro poco distante da lì e per mia fortuna ne trovai un altro. Lo dissanguai in un battibaleno. Due puma erano la ciliegina sulla torta. Erano animali carnivori, per cui il loro sangue era più simile a quello umano e ti dava più energia. Era strano però trovarne due così vicini. Feci un giro della zona e mi fermai di botto in alcuni punti. Qualcosa aveva cacciato altri animali lasciando poi a terra la carcassa. Qualcosa che aveva succhiato loro il sangue con un morso. Era impossibile. Annusai l’aria intorno, ma le tracce di qualsiasi cosa fosse stata, erano ormai sbiadite. Dai resti della carcassa sembravano passati due giorni.

I miei pensieri iniziarono a farsi incoerenti ed una strana agitazione mi perforò, per cui decisi di tornare indietro.

Dovevo pensare. Insomma, era mai possibile che non fossi davvero l’unica?

 

 

 

 

 

Spoiler Capitolo 3

“Ok, forse siamo partiti col piede sbagliato!”.

Lui alzò un sopracciglio e mi guardò quasi divertito. Non ne ero sicura, però.

“Io sono Isabella Swan, ma puoi chiamarmi Bella!”.

 

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Capitolo 3
*** capitolo 3 ***


3

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Capitolo 3

 

 

 

La notte seguente alla mia battuta di caccia ovviamente non dormii. Anche se avessi voluto non avrei potuto. Ero troppo persa nei miei pensieri per quello che avevo rinvenuto nel bosco, per dormire. Arrivò mattina con l’idea che appena possibile sarei ritornata in quei dintorni per trovare altre tracce. Cosa assai difficile visto che guardando fuori vidi che pioveva in modalità diluvio universale. Abbandonai le converse oggi e misi dei stivali, non volevo di certo andare sotto acqua.

Arrivai a scuola e mi avviai bagnata come un pulcino alla prima lezione della giornata: Biologia. A tal pensiero mi fermai di botto. Biologia uguale Edward Cullen. Iniziai ad agitarmi senza volerlo. Mi concentrai al massimo e mi avviai in classe a passo sostenuto. Arrivata mi demoralizzai. La sedia accanto alla mia era vuota. Col muso a terra mi sedetti al mio posto stendendomi sul mio tavolo e chiudendo gli occhi. Che stupida. Neanche dovessi andare in guerra. Mi stavo rilassando quando il mio naso percepì il suo odore. Di scattò mi tirai su e lo guardai mentre sedeva al mio fianco. Rimase perplesso e non capii perché. Questa situazione doveva finire.

“Ok, forse siamo partiti col piede sbagliato!”.   

Lui alzò un sopracciglio e mi guardò quasi divertito. Non ne ero sicura, però.

“Io sono Isabella Swan, ma puoi chiamarmi Bella!”.

Lui fece una sorta di sorriso sghembo, che mi mandò quasi in iperventilazione e quel poco sangue che avevo mi si era raggruppato tutto sulle mie guance.

“Si, lo so chi sei.”

Come?

“Oh! Lo sai?”.

Chiesi al quanto interrogativa e dubbiosa.

“Si. Nella scuola sei abbastanza popolare.”.

Lo guardai diffidente.

“A me non sembra. Me ne sto spesso e volentieri per i fatti miei.”.

“Non per questo la gente non ti nota.”

E questo che vuol dire? Era un complimento? No, forse intendeva che sono strana e si nota.

“Bè sapientino, resta il fatto che non ti sei ancora presentato.”

Sembrò cadere dalle nuvole, sbattendo più volte le palpebre.

“Ti prego di scusarmi. Io sono Edward Cullen!”.

Ghignai mentre gli porgevo la mano.

“Lo so!”.

Sorrise della mia battuta di rimando, ma poi mi guardò smarrito e guardava stranito la mia mano. Insomma, non avevo i tentacoli.

Alzai un sopraciglio e lui si affrettò ad afferrare la mia mano. Una scintilla mi percosse o un brivido, non sapevo, però qualcosa era scattato al suo contatto. Lui ritirò subito la mano, come se anche lui fosse stato scottato. Sapevo di avere la temperatura del mio corpo più fredda di quella di un essere umano, ma non così tanto da poter sembrare che io avessi solo le mani fredde.

“Lo sai, ah?!”.

Lo guardai e lui aveva già forgiato un altro sguardo ammaliante ed un altro sorriso dei suoi. Soffriva di certo di sbalzi d’umore. Stetti al gioco allora.

Gli sorrisi maliziosa.

“Si, tu sei qua da due giorni e sei già popolare!”.

“Non credo di aver fatto tanto per farmi notare!”.

“Oh, figurati, ti basta respirare!”.

Cosa? Non lo avevo detto, davvero ?

Mi morsi un labbro mentre lo osservavo che si tratteneva in una risata.

Stupida. Stupida. Stupida.

Cosa mi ero persa del ‘non dare confidenza all’altro sesso’?

Ringraziai con tutto il cuore il professor Molina al suo ingresso in classe. Mi girai dall’altra parte e mi spostai con la sedia il più lontano possibile da lui, mentre pregavo che una voragine di vergogna si aprisse e mi inghiottisse.

Il professore spiegava ed io stavo con la testa perennemente giù, intenta nel prendere appunti, o meglio, trascrivere esattamente quello che diceva. Volevo guardarlo, ma mi imposi di no. Seguii allora il suo respiro e mi stranii del fatto che non avesse un respiro regolare come gli altri. Sembrava tenesse lunghi momenti di apnea. Mi voltai curiosa da ciò e lo trovai a fissarmi.

Come quando era successo in mensa, iniziamo a fissarci, a studiarci.

Ora che lo guardavo da vicino potevo vedere quanto fosse muscoloso, tutto di lui gridava quanto fosse forte. Eppure era bello, bello da morire, tuttavia c’era davvero qualcosa che non andava. Poi capii. Silenzio, c’era troppo silenzio. Dal suo torace non proveniva nessuno battito, neanche minimo. Com’era possibile?

Mi allontanai impercettibilmente da lui, sbarrando gli occhi.

“Ma cosa…?”.

Lo dissi a bassa voce, che quasi non mi sentii.

Lui tuttavia si accorse del mio cambio di espressione e si ritirò a sua volta da me, come per capire che fosse successo.

Forse c’era una spiegazione se il suo cuore non batteva. Si, e quale? Come fa a camminare avanti e indietro? Certo, cosa potevo mai pensare io, che ero un mostro magari peggiore? Forse aveva una qualche malattia di cui io non sapevo l’esistenza.

La campanella suonò e contemporaneamente il telefono di Edward.

“Alice?”.

Forse abbiamo un problema!”.

“Arrivo!”.

Mi guardò con la coda degli occhi, mentre si alzava e se ne andava. Io stavo ancora lì a chiedermi cosa fosse successo.

Mi alzai in automatico e andai alla lezione successiva.

Un attimo prima ci stavamo stuzzicando e un attimo dopo ci guardavamo diffidenti. Cos’era in realtà Edward Cullen? Non potei non pormi questa domanda. Edward era troppo in salute per avere un cuore che non batteva.

Forse dovevo solo andare lì a chiederglielo. Si, come no. Ciao Edward com’è che il tuo cuore non batte? No, lo dico per il tuo bene sai?! Perfetto! E poi come spiego che io riesco a sentire perfino il rumore di un cuore che batte?

Forse era il caso di aspettare e avere qualche idea migliore. Lo terrò d’occhio per il momento. Si, questa era la cosa migliore.

Peccato che il mio piano andò presto in fumo, quando, quel giorno andai in mensa e nessuno dei Cullen si presentò. A quanto pare erano usciti tutti anticipatamente. Ripensai alla telefonata che aveva ricevuto Edward. A quale problema si sarà mai riferita Alice?

“Bella! Come sei pensierosa.”.

“Si scusami. Ho tanti compiti da fare e stavo cercando di capire come organizzarmi!”.

Qualsiasi cosa fosse stato Edward Cullen, non pensavo fosse un bene parlarne in giro, anche se si trattava di Angela. Io stessa ero un segreto ambulante e per quanto comprensiva potesse essere quella ragazza, sapevo bene come reagiva la gente al diverso, e non era piacevole.

Avrei taciuto questa cosa e avrei fatto delle ricerche per conto mio, cercando di non dare nell’occhio.

“Ma di cosa ti preoccupi? Sei una secchiona!”.

Le tirai la lingua sdrammatizzando la situazione.

Il giorno dopo avrei provato ad avvicinarmi ad Edward. Si, era deciso.

Fu un peccato che anche questo piano andò in fumo. Il giorno dopo i Cullen non si presentarono.

 

 

 

Me ne stavo seduta ai piedi del letto a gambe incrociate, cercando di capire. Capire cosa? Forse il motivo per cui i signorini Cullen erano rimasti assenti?! Già, proprio gran bella sfiga dato che proprio ora avevo deciso di immedesimarmi in James Bond.

Grugnai e arruffai i capelli con la testa, poi mandai non so chi al diavolo e me ne andai al supermercato a comprare qualche cibo umanamente commestibile.

Giravo con la testa fra le nuvole tra gli scaffali, quando arrivai davanti al mio reparto preferito: i cereali per la colazione. Che spettacolo. Una volta, anzi più di una a dire il vero, la mia mente malata mi aveva portato a fare colazione con sangue e cereali, invece del latte. Oddio, era stato davvero un pasto coi fiocchi. Il dracula in me si leccò i baffi e presi in mano due scatole osservandole. Ero intenta nei miei schizzofrenici pensieri, quando sentii un odore dolce avvicinarsi. Era senza dubbio Alice Cullen. D’istinto, non so perché, mi voltai nella sua direzione.

“Alice!”.

“Bella!”.

Sembrava cauta.

“Anche tu a fare la spesa?”.

“Si. Dobbiamo pur mangiare anche noi, non trovi?”.

Non capivo perché non suonasse divertente.

“Beh, siete in sette, vorrei ben dire. Io sono indecisa su un eterno dilemma.”.

Sdrammatizzai la situazione coinvolgendola nella mia bolla malata.

“Cioccolato fondente o al latte?!”.

Mi guardava tra il mezzo divertita e l’incredulità.

“Esatto! Non riesco mai a capire quale sia il più buono!”.

Sorrise finalmente dolce e sincera, cosa che non avete fatto da quando era arrivata.

“Nel dubbio mischiali assieme!”.

La guardai con ammirazione.

“Ti farò un monumento!”. Feci una pausa e poi continuai più seria. “Non siete venuti a scuola oggi. È successo qualcosa?”.

“Oh, non ti preoccupare, problemi familiari, ma niente che non credo possiamo gestire brillantemente!”.

Non capivo a cosa si stesse riferendo, perché mi guardava di sfuggita e intensamente contemporaneamente, come se ciò fosse possibile.

Ripensai ad Edward e ascoltai anche Alice. Silenzio. Non c’era una minima traccia che il suo cuore battesse.

“Alice…” stavo iniziando una domanda che non sapevo neanche io come porgere, quando il mio telefono squillò, non so neanche io se salvandomi.

“Angela?”.

“Bella, non so se ti sei dimenticata, ma sabato c’è il ballo d’inverno!”.

“Angi è un po’ difficile non accorgersi del ballo imminente, ogni angolo possibile è tappezzato da quei manifesti!”.

“Lo so, forse ho esagerato, comunque sai che dovrò fare un articolo e anche delle foto, ti prego vieni con me a fare shopping e ad aiutarmi a scegliere un vestito che mi faccia sembrare elegante, sexy e professionale.”

“Angela sono tante cose…”.

“Lo so ti prego!”.

“Mmmhh.. non…”.

“Ti prego amica migliore del mondo…”.

“Ok andremo a fare shopping!”.

“Siiii!!!”.

D’abitudine allontanai il cellulare dall’orecchio.

“Andate a fare shopping? Posso venire anch’io? Io adoro lo shopping!”.

Alice era come stata impossessata da qualcosa, quando avevo nominato la parola shopping.

“Chi ha parlato Bella?”.

“Oh, sono al supermercato ed ho incontrato Alice Cullen, che a quanto pare vuole venire con noi a fare shopping!”.

“Dille di si! Dille di si!”.

Certo che le dirò di si, così avrò modo di studiare questi Cullen da vicino. Nascondevano qualcosa e volevo scoprirlo. Più che altro era la mia fissa paura di essere l’unico mostro nel mondo. Se c’erano altri simili a me, che potevano capirmi, che non mi avrebbero disprezzata per quello che ero, non li avrei lasciati andare.

“Certo Angi, ci metteremo d’accordo domani a scuola!”.

La salutai e chiusi il telefono, poi guardai la nanetta.

“Sempre se vieni a scuola domani!”.

“Oh, si! La questione è già in parte risolta. Bene, allora a domani Bella!”.

Euforica, degna degli sbalzi d’umore simili a quelli del fratello, si volatilizzò tra gli scaffali.

Bene, il mio piano stava per rimettersi in careggiata.

 

 

 

Il giorno dopo appena scesa dall’auto vidi che i Cullen erano raggruppati vicino alle loro due macchine e stranamente non guardavano me, ma Angela, che poco più in là parlava con Alice. Ebbi tuttavia l’onore di vedere l’attenzione di tutti spostarsi su di me.

Abbassai la testa innervosita e mi avvicinai alla mia amica.

“Ciao!”.

“Ciao Bella, io e Angela avevamo appena deciso di andare dopo le lezioni a fare shopping, se per te non è un problema!”

“Perfetto!” dissi io.

Lei iniziò a saltare sul posto. “Allora ci vediamo dopo la scuola qui!”. Così facendo si dileguò raggiungendo i suoi fratelli.

Io mi soffermai a guardarli, uno di essi in particolare, che però non contraccambiò il mio interesse. Questo mi ferì e non sapevo perché.

 

 

 

Spoiler capitolo 4

“Non si usa più salutare?”.

Lui si fermò di botto e mi osservò con il suo sguardo penetrante.

“Hai ragione. Ciao Bella, come stai?”.

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Capitolo 4
*** capitolo 4 ***


4

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Capitolo 4

 

 

 

Ero in mensa e aspettavo l’arrivo di Angela. Era giovedì e la festa sarebbe stata sabato, dovevo andare a caccia, ragion per cui decisi che venerdì dopo la scuola sarei subito partita.

Non potevo permettermi di ritrovarmi in un posto affollato ed essere assetata. Avevo acquistato un buon autocontrollo ormai, ma non volevo rischiare.

“Bella!”.

Angela aveva gridato il mio nome appena entrata in mensa. E ora che le prendeva?

“Angela per l’amor di Dio, non urlare ci stanno guardando tutti! E sai che odio essere fissata!”.

Era tutta in agitazione.

“Lo so, ma ho appena saputo chi sono le candidate e i candidati per re e reginetta d’inverno!”.

Sbuffai.

“Sentiamo. Chi sono?”.

“Jessica Stanley!”.

“Ovviamente!”.

“Mike Newton e Erik Yorkie.”

“Scontato…”

“Emmett, Jasper ed Edward Cullen!”.

“Scherzi?”.

Restai senza fiato. Era ovvio che il vincitore sarebbe stato Edward.

“No! Quindi, di conseguenza…”.

“Alice e Rosalie?”chiesi.

“Si!”.

“Beh, della bionda c’era da aspettarselo. Si vede da qua a La Push che si sente Miss Mondo”.

“E tu!”.

“Io cosa?”.

“Anche tu sei tra le candidate.”

“E’ uno scherzo, vero?”. Sbattei la mia bibita sul tavolo.

“No.”.

“Ma io non mi sono iscritta.”

“L’ho fatto io infatti!”.

Questa era andata.

“Angela? Ma ti ha dato di volta il cervello?”.

“Tu per me sei bellissima e sei anche una bella persona, voglio dimostrarti che non sono l’unica a pensarla così!”.

Sbaglio o di solito la reginetta era sempre la snob della situazione?

“Angela non so se ti sia ben chiaro come funzionano queste cose di solito.”

“Lo so, ma almeno potrò finalmente scattarti qualche foto!”.

“Sai di non essere del tutto normale vero?”.

“Certo!”.

“Ok!”.

Avrei comunque trovato un sotterfugio per non fare questa cosa. Del vivere in eterno avevo capito una cosa: non lasciare tracce del proprio passaggio. Le foto? Mmmm no! Erano una pessima idea.

In quel momento la porta si spalancò lasciando libero il passaggio ai Cullen al completo. Mi passarono a fianco e nel farlo Alice mi salutò calorosamente, mentre Rosalie mi trucidò con lo sguardo. Non mi lasciai di certo intimorire e mi alzai di scattò riversandole uno sguardo freddo come il ghiaccio. Sapevo di poter provocar paura nell’uomo, guardandolo con odio. Ciò non sembrava avere lo stesso effetto su Rosalie, che invece di avere paura, sembrava essere sospettosa. Tutti i suoi fratelli si fermarono, guardandoci in attesa di dover intervenire o meno. Lei si voltò teatralmente, tirandomi quasi i suoi capelli in faccia e proseguì verso il suo tavolo.

Forse quest’anno avrei potuto fare un eccezione tutto sommato. Le foto avrei sempre potuto distruggerle in seguito.

Era una questione di orgoglio, ed il mio momentaneamente traboccava.

Che diavolo mi era successo? Non mi ero mai comportata in questa maniera. Forse, tuttavia, potevo sfruttare i miei poteri, insomma, dato che me li avevano dati in dotazione alla nascita, tanto valeva sfruttarli, no? Forse potevo dar sfogo alla parte ribelle di me, senza lasciar troppo aria a quel mostro che già ero stata, anche se a dir la verità, in quel periodo, mi sentivo davvero libera.

 

 

 

All’uscita di scuola né Alice né Angela erano ancora arrivate, per cui mi appoggiai alla mia macchina in attesa. Sentii il suo odore arrivare, prima di lui. Alzai lo sguardo e lo osservai mentre mi passava a fianco per raggiungere la sua Volvo.

“Non si usa più salutare?”.

Lui si fermò di botto e mi osservò con il suo sguardo penetrante.

“Hai ragione. Ciao Bella, come stai?”.

Due secondi fa era irrequieto, ora sembrava a suo agio. Non lo capivo.

“Bene, a parte il fatto che Angela mi ha iscritto come reginetta per il ballo d’inverno!”.

Feci una smorfia e lui rise. Restai quasi imbambolata.

“Già, ho presente come ci si sente. Alice ci ha iscritti tutti!”.

Restai sorpresa di tale affermazione.

“Ed io che pensavo l’avesse fatto Miss bionda 2012!”.

Lui restò sorpreso e poi rise della mia battuta.

“Si, capisco perché lo pensavi. Rosalie è un po’ narcisista!”.

“Un po’?”.

Gli chiesi enfatizzando tutto alzando un sopracciglio.

“Ehi state facendo amicizia. Che bello!”.

Alice arrivò di slancio su di noi.

“Sei un folletto malefico lo sai questo vero?”.

“Oh, certo che lo so fratellino. È per questo che mi vuoi bene.”

Risero e battibeccarono tra loro. Ero quasi invidiosa del loro rapporto sincero.

Dopo qualche minuto arrivò anche Angela ed Edward se ne andò con i suoi fratelli.

Allora partimmo alla volta di Port Angeles.

Fu Alice a farci da guida, in quelli che secondo lei erano i migliori negozi del posto.

Rimasi mentalmente sconvolta nel vedere il cambiamento di Alice una volta entrata nel primo negozio. Sembrava una macchinetta che voltava di qua e di là e afferrava ogni vestito che il suo cervellino bacato gli desse l’input di prendere. Si fermò solo per darci una matassa di vestiti sia a me che ad Angela. La poverina era ancora più sconvolta di me.

Passarono due ore prima che tutte e tre trovammo il vestito adatto. A me più che altro imposero loro, quale fosse il vestito adatto per una reginetta del ballo. Anche se Alice aveva iscritto se stessa, stava prestando tutta la sua attenzione su di me e non capivo perché.

“Domani Bella, non per giudicare il tuo modo di vestire, ma dovresti venire a scuola vestita un po’ diversamente, non trovi?”.

La guardai pensando a quale tortura fosse più dolorosa da infliggere ad una persona che mina il mio modo di vestire. Amavo i bei vestiti, ma non volevo attirare l’attenzione, tutto qua.

“Non fraintendermi Bella, saresti bellissima anche con un sacchetto della spazzatura indosso, ma il giorno prima del ballo devi farti notare.”

“Io non voglio farmi notare!”.

“Vuoi che vinca Rosalie?”.

Restai perplessa della sua domanda, ma insomma, perché tutto questo attaccamento a me?

“Perdonami Alice, ma com’è che stai dando il tuo appoggio a me, e non a quella che se non sbaglio è tua sorella?”.

“Perché siamo amiche, no?”.

Rimasi perplessa della sua risposta. Non per quello che aveva detto, ma per la sincerità che sentivo traboccare da ogni parola.

“Ok!”.

“Come sei presa di guardaroba a casa? Sennò conosco un altro negozio qui vicino che…”.

Non le lasciai finire la frase.

“Tranquilla! Anche se non sembra a casa ho molta scelta!”.

I soldi di certo non mi mancavano, e avevo collezionato un bel po’ d’abiti in giro per il mondo.

Alice mi fissò come in trance per due secondi, poi sorrise.

“Ok!”.

Certo che ogni secondo che passava era sempre più strana.

Passammo per altri negozi per gli accessori e le scarpe, poi finalmente prendemmo la via per il ritorno. Lasciai a casa prima Angela, dato che a quanto sembrava, i Cullen abitassero fuori dal centro abitato.

In effetti, se non avessi avuto una grandissima memoria, ricordarsi arrivare a casa loro sarebbe stata un’impresa. La loro enorme casa ergeva circondata dal bosco e dovevo ammettere, che per me, si sarebbe trovata su un punto strategico per la caccia. Fermai la macchina e scesi per aprirle il bagagliaio e farle prendere i suoi acquisti. Non vedevo nessuno eppure mi sentivo osservata e questo mi metteva in allerta.

“Bella vuoi entrare? Potrei offrirti qualcosa!”.

Osservai la casa, sembrava disabitata, ma il silenzio che sentivo arrivare da dentro fu spezzato da qualcuno, che riconobbi come Edward.

“Carlisle, cosa ne pensi?”.

“Sembra normale in effetti, eppure ha qualcosa di diverso!”.

Mi spaventai a sentire tali parole. A quanto pare non ero l’unica che cercava di capire qualcosa. La cosa mi spaventò perché non l’avevo prevista, ed ora come ora avevo bisogno di una via di fuga.

“Si sta agitando!”.

Se non sbaglio, era stato Jasper a parlare.

Dovevo andarmene. Mi voltai verso Alice con un sorriso tirato.

“Io.. scusami, ma ho tanti compiti da fare. Grazie per il pomeriggio. Ci vediamo domani!”.

Sentii un tono di delusione nella sua risposta.

“Mi dispiace. Un’altra volta?” chiese speranzosa.

“Certo Alice!”.

Salii in macchina e sgommando da vera professionista di rally, me ne andai.

 

 

 

Erano le due di notte e stavo ancora girando come una trottola per la casa, nel vano tentativo di capirci qualcosa. Pensavo meglio quand’ero in movimento.

Carlisle, aveva detto Edward. Loro padre, il dottore. Perché mi analizzavano? Dicevano che avevo qualcosa di diverso. Come facevano a saperlo? Forse nello stesso modo in cui io sapevo, che anche loro erano qualcosa di più. E Jasper? Come faceva a sapere cosa stessi provando?

“Aaarrgghh..”.

Mi arruffai i capelli come ogni qual volta che ero nervosa.

Mi sedetti sul letto e il sonno improvvisamente piombò su di me. Ero troppo debole, dovevo dormire. Non feci a tempo appoggiare la mia testa sul cuscino, che Morfeo mi avvolse tra le sue braccia.

 

 

 

Quando mi svegliai la mattina dopo mi sentivo rigenerata, in parte almeno. Mi sentivo più sicura di me e determinata ad arrivare in fondo a questa storia.

Avevo deciso che la sera del ballo avrei messo le carte in tavola, o almeno avrei affrontato i Cullen. Qualsiasi cosa fossero ero comunque forte abbastanza da contrastare chiunque.

Scesi dal letto e feci una doccia. Asciugai i capelli accuratamente facendoli ricci. Misi un eyeliner nero intorno agli occhi passando poi più volte il mascara sulle ciglia. Mi sentivo accattivante quella mattina. Aprii la stanza accanto alla mia, che avevo trasformato in mega cabina armadio e pensai a cosa mettermi. Da un anno che ero lì nessuno mi aveva mai visto con una gonna, così osai. Stivali, calze nere, gonna corta in jeans, maglioncino nero e il mio fidato giubbetto in pelle. Mi sentivo sicura di me e non sapevo perché.

Presi le chiavi della macchina e mi avviai verso scuola. Al mio arrivo vidi che i Cullen erano già lì e come sempre stavano nei pressi delle loro macchine. Parcheggiai di fronte a loro e con tutta la grazia felina che possedevo scesi a testa alta. Vidi che molti notarono il mio cambio di abbigliamento, e fui felice quando Edward si voltò curioso a guardarmi, soprattutto per il fatto che sbarrò gli occhi. Ringraziai mentalmente Alice per il suo consiglio, la quale stava vicino, a quello che a quanto pare era il suo Jasper, e che mi guardava sorridente. Le feci un occhiolino e passai oltre entrando a scuola.

Mi diressi verso il mio armadietto per prendere alcuni libri e quando lo chiusi, mi ritrovai Edward Cullen appoggiato al muro vicino. Non avevo percepito il suo arrivo. Male.

“Non si usa più salutare?”.

Mi persi nella sua voce suadente prima di sorridere in risposta alla mia battuta del giorno prima. Gesù. Cosa era in grado di farmi Edward Cullen? Sapevo che era strano, dovevo controllarlo e invece, mi perdevo in sogni ad occhi aperti di me e lui su campi di fiori. Accidenti a me.

“Mmm. L’ho già sentita! Ciao Edward!”.

Pronunciare il suo nome in sua presenza era qualcosa, di così reale.

“Ciao Bella! Come stai?”.

“Magnificamente. E tu?”.

“Lo stesso!”.

Eccolo lì che mi guardava come se cercasse di leggermi dentro.

“Pronto per il ballo d’inverno?”

“Affatto. A proposito…” si fermò studiandomi. “Mi chiedevo, hai già qualcuno per il ballo?”.

Porca vacca. Non l’ha detto sul serio. O si ?

Mi sta fissando, forse l’ha detto davvero.

“No!”.

La mia determinazione mi stava salutando con la manina da lontano.

“Mi faresti l’onore di farmi da accompagnatrice?”.

La traditrice tornò indietro a passi giganti prendendomi mentalmente a schiaffi ‘sbrigati a dirgli di si’.

“Si?”.

Lui mi guardò trattenendo un sorriso.

“E’ una domanda?”.

Uffi. Perché dovevo sempre farmi queste figure!

“No, cioè si!” presi un respiro e continuai. “Edward, mi piacerebbe molto venire al ballo con te!”.

Lui sorrise angelico come un bimbo che scarta i regali la mattina di Natale. Credeva davvero che avrei rifiutato?

 

 

 

 

Spoiler capitolo 5

Avvicinai il mio naso ad un albero vicino e aspirai a pieni polmoni. Era il suo odore. L’odore di Edward Cullen.

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Capitolo 5
*** capitolo 5 ***


5

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Capitolo 5

 

 

 

Arrivai in mensa chiusa in una bolla d’aria. Per tutta la mattinata non avevo fatto altro che ripetere che sarei andata al ballo con Edward Cullen e ancora non ci credevo. Più che altro ancora non mi ero resa conto di essermi infatuata di un non so cosa, dato che Edward e la sua famiglia erano ancora un mistero per me.

Vidi che Angela mi aspettava già al nostro tavolo.

“Bella pronta per oggi?”.

“Oggi?”chiesi perplessa.

“Si! Ti eri proposta di aiutarmi con l’allestimento per la palestra ancora un mese fa.”.

Accidenti, dovevo andare a caccia.

“Angi, mi dispiace ma ho già un altro impegno!”.

“Non mi abbandonare anche tu ti prego. Si sono già ammalati due volontari. Se non vieni anche tu mi troverò in grossi guai!”.

Mi guardò con occhi da cucciolo e non potei non assentire.

Dovevo trovare una scorciatoia che mi permettesse di nutrirmi almeno un po’, ma non avevo scelta, sarei dovuta partire appena finito in palestra.

“Sai Bella sono troppo sicura che vincerai tu. Insomma, con quel vestito chi potrà resisterti?”.

Già il mio vestito. Jessica Rabbit in blu. Pensar di far perdere la testa ad Edward e vincere su Rosalie mi aveva convinto a comprarlo.

“Tu sei di parte Angi!”.

Lei sorrise scuotendo la testa.

 

 

Dopo la scuola andai ad aiutare la mia amica. C’era da pulire la palestra e addobbarla, suddividere l’area musica, con quella del buffet e i tavoli. Avevamo fatto davvero un gran lavoraccio e nonostante ci avessimo impiegato tutto il pomeriggio, non avevamo ancora finito. La mattina dopo avremmo dovuto andar lì ancora, c’erano i palloncini da gonfiare e gli ultimi festoni da appendere. Ero stanca e affamata, anzi forse era più corretto dire, assetata.

Giunsi a casa che erano le otto e mezza, non mi cambiai nemmeno e partii subito per il centro del bosco. Corsi sfrecciando tra un albero e l’altro, in alcuni mi davo anche una spinta su di essi. Non appena arrivata, feci un giro di perlustrazione e mi insospettii quando mi accorsi che il bosco era stranamente silenzioso, più del solito insomma. Mi bloccai come una statua, trattenendo il respiro e ascoltando ciò che mi circondava. Già, qui qualcosa non andava. Era come se non ci fosse più anima viva.

Puntai più a nord verso un ruscello, dove sapevo che spesso si fermavano a bere alcuni tipi di animali giusti per me. Stavo correndo con tutti i sensi in super allerta, quando la scia di un odore mi fece fermare all’istante. Feci due passi indietro e annusai l’aria. No! Non era possibile. Non aveva senso. Avvicinai il mio naso ad un albero vicino e inspirai a pieni polmoni. Era il suo odore. L’odore di Edward Cullen. L’avrei riconosciuto in capo al mondo. Cosa diavolo ci era venuta a fare fin qui? A piedi per giunta? Dato che a terra vedevo delle orme.

Presa dagli eventi e dalle domande seguii la sua scia, che un miglio dopo si incrociò con un’altra. Jasper. Avanzai ancora e un altro odore troppo familiare mi fece fare un balzo. Due carcasse morte di due cervi. Gli indizi parevano rimandare tutti ad una stessa conclusione: i Cullen si cibavano come me, non ero sola. Questo spiraglio di luce mi fece alleggerire per pochi secondi per poi riportarmi alla realtà. Se erano come me, perché il loro cuore non batteva?.

Seguii le loro scie ma mi fermai appena in tempo per vedere la loro casa in lontananza. Si non c’era dubbio. Erano loro. Erano come me o quasi. Tornai indietro camminando con passo umano, riflettendo. Avevo già deciso ieri, ora non avevo più dubbi, stasera mi sarei fatta avanti. Già loro si erano accorti della mia diversità, per cui sarà solo un parlarsi chiaro in faccia. Forse anche loro mi avevano tenuta d’occhio e mi avevano seguita. Loro erano in cinque, o meglio sette contando dottorino e moglie. Erano tanti. Dovevano essere in grado di darmi qualche spiegazione in più, di quello che io aveva cercato da sola. Dopo 67 anni finalmente avevo trovato qualcuno come me. Loro sarebbero riusciti ad accettarmi con loro? Edward, mi avrebbe accettata?

Giunsi con queste domande a casa, ed era ormai l’alba.

Forse è per questo che mi aveva ossessionato fin da subito, forse il mio subconscio sapeva che era diverso, che forse avevo una possibilità per quello che mi ero sempre negata. L’amore. Si, ma a lui, piacevo? Mi aveva chiesto di andare al ballo, vero. Forse però l’aveva fatto per lo stesso motivo per il quale subito pensavo di aver accettato: controllarlo.

Il mio cuore a fianco a lui batteva più forte, il suo era muto. Chi era più mostro dei due?

Feci una doccia e mi cambiai, infilandomi i pantaloni di una tuta militare e una felpa bianca. Al diavolo la reginetta, dovevo lavorare non sfilare quella mattina. Angela ci teneva al mio aiuto.

Accidenti! Mi ero così persa nel seguire le scie dei Cullen e fare congetture che non mi ero più nutrita a dovere. Non era da me perdere il lume della responsabilità così frequentemente. Mi ero ripromessa che non sarei più diventata il mostro sanguinario di una volta, ma così mi stavo aiutando a farlo riaffiorare. Stupida me.

Andai in cucina e mangiai metà confezione di cereali, mi facevano un po’ schifo quel giorno, ma dovevo mangiare assolutamente. Dovevo saziarmi in una maniera o nell’altra, anche se sapevo benissimo che era solo un modo per prolungare la resistenza da mancanza di sangue. Avrei dovuto anche prendere qualcosa di alcolico, aiutava molto. Potevo farcela, dovevo solo pregar Dio che a nessuno venissi la bella idea di ferirsi.

Erano quasi le otto e mezza perciò mi avviai in palestra, dove vi trovai già Angela a lavoro.

“Oddio sei qui. Pensavo non venissi più!”.

“Scusami, mi sono alzata tardi!”.

“Fa niente, una persona è spuntata stamattina offrendosi di darmi una mano!”.

Mi voltai dove lo sguardo di Angela puntava e vidi dall’altra parte della palestra Alice, che si stava avvicinando a passi di danza.

“Bella! Sei arrivata! Immaginavo avreste avuto bisogno di una mano, per cui eccomi qua. Per mezzogiorno avremmo finito e poi vi preparerò al meglio!”.

Eh?

“Preparerò a cosa?”.

“Per il ballo! Adoro truccare e acconciare i capelli, per cui con Angela mi sono già messa d’accordo che terminato qui andremo poi a casa tua e inizieremo a prepararci!”.

Mi voltai verso Angi sbigottita, la quale invece era già stata irretita da Alice.

“Non pensi che l’orario sia un po’ troppo presto?”.

“Affatto! Vedrai che forse finiremo in tempo per il ballo!”.

Questa era pazza!

“7 ore pensi non possano bastarti?”.

“No, non lo penso!”.

“Ok!”.

Ingoiai un boccone invisibile, mentre silenziosamente mi avvicinavo nella zona che avevo lasciato in sospeso ieri. Alice era davvero una pazza da legare. Io con la mia velocità pensavo di impiegarci 5 minuti al massimo, cosa credeva di combinare quella?

Lo scoprii presto per mia sfortuna.

All’una ci trovammo tutte e tre nel salone di casa mia. Alice con un trolley pieno di accessori da far invidia ad un’estetista e una parrucchiera contemporaneamente.

Fece fare un bagno a me e poi ad Angela, con oli essenziali dal profumo intenso. Fece poi la ceretta ad Angela, io mi giustificai di essere andata dall’estetista il giorno prima, ma a dire il vero non ne avevo bisogno. Peli superflui non ne avevo, o meglio , non mi crescevano, neanche i capelli mi crescevano, a meno che non li tagliassi, ma più lunghi di così non andavano.

Fece un’acconciatura raccolta ad Angi strepitosa, professionale sexy come voleva lei, mentre a me dopo avere fatto dei boccoli a miei capelli, li raccolse da un lato, così che mi cadevano eleganti dall’altro, in avanti. Ci truccò e poi per ultima si sistemò. Era stato estenuante pure per me che non sentivo poi tanto la fatica, eppure 7 ore dopo eravamo pronte. Ci aveva impiegato davvero tutto quel tempo.

Alle otto spaccate il campanello di casa mia suonò.

“Angela perché non vai ad aprire tu?”.

“Alice sono io la padrona di casa, non credi sia giusto che vada io?”.

“Tesoro, in completino intimo non faresti una bella figura, e poi ho la sensazione che non vogliano te!”.

Vero o no, alla porta c’era Ben, l’accompagnatore di Angela, per cui tra l’altro lei aveva una gran cotta. Lei era pronta per cui andarono via subito, dato che doveva fare le foto per l’annuario.

Due secondi dopo eravamo pronte sia io che Alice. Lei aveva un vestito rosa, con scollatura a cuore, come la mia, solo che il suo vestito era un tubino sobrio che arrivava a raso terra. Il mio vestito oltre ad essere blu, quindi molto vistoso, aveva un spacco indecoroso appunto alla Jessica Rabbit, che faceva un effetto vedo e non vedo sulla mia gamba destra quando camminavo.

Quando sentii suonare il campanello, Alice gridò un ‘sono arrivati’ e si fiondò giù ad aprire la porta. Presi la borsetta e ormai rassegnata mi avviai a scendere. Alice, Jasper ed Edward si trovavano ai piedi della scala. Mentre scesi, vidi lo sguardo di Edward soffermarsi un solo secondo sul mio spacco, ma giusto il tempo per fargli sgranare gli occhi. Dovetti ringraziare mentalmente Alice per avermi fatto osare.

 

 

 

Come immaginavo, una volta a scuola riuscimmo a zittire gran parte degli studenti. Molti mi osservavano sconvolti, forse li avrei fatti a sentire più a loro agio se avessi indossato delle converse, piuttosto che dei splendidi sandali tacco 15.

Quando fummo in palestra annusai l’aria e trovai subito la mia rivale. Rosalie era al centro della pista con un abito rosso fuoco che la risaltava come un diamante tra il carbone. Era splendida non potevo negarlo, e come se non bastasse ballava con Emmett in maniera così coordinata, che gli altri studenti attorno, erano palesemente consci della brutta figura che facevano a stargli appresso.

La osservano ma persi subito il mio impatto sul mondo, quando un respiro freddo mi solleticò la parte del collo con i capelli raccolti.

“Sei bellissima!”.

Il mio cuore che batteva solitamente in modo meno regolare degli umani, prese per la prima volta, a battere più frenetico, di quelle volte che la vicinanza di Edward Cullen gli aveva concesso.

“Grazie! Anche tu non scherzi!”.

Sorrise e pensai che era la cosa più bella che avessi mai visto. Speravo davvero che fosse come me, perché lo volevo, lo volevo davvero.

“Vuoi qualcosa da bere?”.

Annuii e ci avviammo al buffet. Prese un solo bicchiere di punch e me lo porse.

“Tu non bevi?”.

Fece un cenno negativo della testa.

“Sono più che sicuro che il punch sia corretto. Voglio riportarti a casa sana e salva!”.

Sorrisi.

“Così hai deciso di far ubriacare me?”.

Fece un sorriso sghembo.

“Almeno tu non devi guidare e non farai danni!”.

Feci l’offesa e lui rise di più.

Aveva ragione comunque, il punch era corretto e molto anche. Ciò nonostante non sarei riuscita ad ubriacarmi neanche se avessi voluto, una volta sola c’ero quasi andata vicino. Il problema era che il mio corpo bruciava subito l’alcool. Era vero che l’alcool mi placava l’altra sete, ma solo temporaneamente.

 

 

 

Stavo ridendo e scherzando con Alice, quando Edward mi arrivò di nuovo lentamente alle spalle e mi sussurrò un: “Balliamo?”.

Annuì e il destino volle che mentre ci avvicinavamo alla pista, il dj mise un lento. Lui con fare da gentiluomo d’altri tempi mi porse la sua mano, chiaro invito a danzare. Io allora presi il mio vestito e feci un inchino per poi rifugiarmi tra le sue braccia, ballando a stretto contatto con lui. Lo annusai e il suo odore mi fece venire fame, ma non di cibo o di sangue, bensì di sesso. Era da tanto che non provavo un attrazione simile per qualcuno.

Mi staccai e lo guardai negli occhi, ma lui mi stava già scrutando con il suo solito sguardo che mi entrava fin sotto pelle. Ci avvicinammo così che i nostri nasi si sfiorassero. Era chiaro cosa stava per succedere, ci stavamo per baciare. Ancora pochi centimetri e sarei andata in paradiso, ma purtroppo qualcosa cambiò la situazione. Ci misi un secondo per capire, lui non respirava più. Mi aveva annusato fino a prima, più volte, ora non lo faceva più. Lui si era bloccato e anch’io lo feci. Era in allerta e ben presto lo diventai anch’io. Sangue. Un forte odore di sangue aleggiava nell’aria. Io potevo trattenere il fiato per un po’, ma non per sempre. Dovevo andarmene. Mi staccai da lui e lui ne parve sorpreso.

“Scusami io…”.

Non terminai la frase che un grosso bagliore mi illuminò, o meglio, ci illuminò entrambi.

“…Isabella Swan ed Edward Cullen!”.

Tutti iniziarono ad applaudire e fischiare ed io non capivo.

“Che succede?”.

Maledizione, una buona scorta d’aria se n’era andata.

“A quanto pare siamo il re e la reginetta!”.

Lo disse tra i denti. Se era come me anche lui forse soffriva quella situazione.

“Devo… dobbiamo andarcene!”.

Lui mi guardò non capendo ed intanto la folla si stava aprendo per lasciarci lo spazio per avviarci sul palco, dove Angela gridava entusiasta che la raggiungessimo.

Sapevo esattamente che la mia preda si trovava vicino al buffet. Qualcuno doveva essersi tagliato con un coltello.

Edward iniziò a camminare verso il palco trascinandomi con un po’ di fatica, visto che io stavo ferma come una statua. Era in grado di trascinarmi, quindi era pure forte.

Provai a prendere un’altra boccata d’aria quando fummo più lontano e nei pressi del palco, ma l’odore era ancora lì, quel dannato con quella ferita era ancora nella stanza.

“Edward” dissi espirando. Parlai a bassa voce ma speravo che avesse le mie doti e così fu.

“Ti senti male?”.

“Non posso trattenere il respiro ancora per molto e sto perdendo il mio autocontrollo.”.

Lui sembrava far finta di non capire o forse sperava di capir sbagliato.

“c’è troppo odore di sangue, tienimi stretta o lo ucciderò!”.

E con questa frase avevo terminato la mia scorta d’ossigeno e ammesso cos’ero. Se avessi fatto un buco nell’acqua la mia copertura presto sarebbe saltata. Lui sembrava terrorizzato e questo mi fece stringere il petto, ero persa.

Stavamo salendo le scale, quando sentii Edward sottovoce parlare.

“Alice porta il ferito fuori dalla stanza. Immediatamente!”.

Il suo tono metteva terrore.

Mi concentrai suoi suoni, ma non sentii la risposta sopraggiungere.

“Dannazione!”.

Guardai Edward, non dissi nulla, ma il mio sguardo chiedeva spiegazioni.

“Alice è con Jasper ed Emmett e Rosalie… no comment. Non mi sentiranno.”

Pensavo fosse disprezzo o terrore il suo sguardo, invece mi resi conto che era preoccupazione, ma per chi o cosa? Se stesso? La sua famiglia?

Una volta sul palco Angela mi abbracciò e inspirai tra i suoi capelli, avevo imparato a volerle bene e questo mi aveva permesso a non farmi incantare dal suo sangue, non le avrei mai fatto del male. Riuscii nel mio intento ma il mio maledettissimo olfatto sentì anche il sangue che aleggiava nell’aria. Dovevo resistere, la mia amica era lì e ora abbracciava Edward. Dovevo resistere. Angela mi pose sul capo il diadema. Non dovevo pensarci. Pose la corona sul capo ad Edward. Dovevo pensare ad altro. Ci fece una foto. Non dovevo guardare verso il buffet, dovevo resistere. Ci applaudirono. Dovevo ucciderlo.

Cercai di darmi una spinta per saltare sulla mia preda, ma una mano mi afferrò al volo, camuffando il tutto prendendomi in braccio. Edward mi aveva preso in braccio tra i fischi di approvazione degli studenti e mi stava portando al centro della pista. Provai a liberarmi dalla sua stretta, ma era più forte e una parte di me gli lasciava essere più forte.

“Dove pensi di andare, dobbiamo ballare!”.

“io… non posso…”.

Mi mise giù e mi strinse saldamente a se.

“Resisti, lo stanno portando via proprio ora!”.

Pregai che fosse vero, ma sentivo che le sue parole erano sincere.

“Non so cosa tu sia di specifico, ma sono contento che tu non sia umana!”.

Queste parole furono ancora più sincere e un gran toccasana, perché mi fecero dimenticare l’intera situazione, mi fecero dimenticare dove mi trovavo, mi fecero dimenticare perfino il mio nome.

Il suo sorriso sghembo mi portò alla realtà.

“Puoi respirare ora, non c’è più pericolo!”.

O si che c’era ancora pericolo. Ed ero io, che ti stavo per saltare addosso violentandoti davanti a tutti.

Respirai conscia che l’odore si era attenuato.

“Idem”.

“Cosa Idem? Non devo per forza respirare io”.

Scossi la testa.

“Anch’io non so cosa voi tutti siete di preciso, ma sono contenta che tu non sia umano!”

 

 

 

 

 

Spoiler capitolo 6

 

“Che cosa sei?”.

Rosalie si era fatta avanti acida.

“Era scaduto lo yogurt stamattina?”.

Non avevo resistito nel non risponderle per le rime.

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Capitolo 6
*** capitolo 6 ***


6

Mi scuso per il ritardo colossale.

Oggi sono sconvolta, ieri sera ho visto Breaking Dawn 2… qualcuno felicemente sconvolto come me, per l’epico finale????

 

 

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Capitolo 6

 

 

 

Finito il ballo d’eccellenza per il re e la reginetta, io ed Edward cercammo di uscire dalla palestra e non con poca fatica. Alice continuava a farci delle foto e gente che con cui non avevo neanche mai parlato, ci faceva i complimenti.

Finalmente fuori, Edward mi prese per mano e mi fece strada fin dietro la scuola. Una volta lì trovammo Alice ed Emmett con i vestiti leggermente strappati, Rosalie in piedi fiera che mi scrutava con odio? Insicurezza? Dubbio? Non sapevo. E infine Jasper seduto a terra con la testa fra le mani ed Alice che lo accarezzava amorevolmente.

“Che è successo?” chiesi.

“Jasper stava per cedere. Alice e poi Emmett lo hanno fermato!”.

Doveva essersi dimenato davvero tanto, nel vedere le conseguenze e a quanto pare lui ne era davvero distrutto. Sicuramente, per il fatto di essersi scontrato con la sua Alice.

“Che cosa sei?”.

Rosalie si era fatta avanti acida.

“Era scaduto lo yogurt stamattina?”.

Non avevo resistito nel non risponderle per le rime.

“Come ti permetti?”.

Aveva fatto un passo avanti ed Emmett le si era subito affiancato, così come Edward aveva fatto un passo davanti a me, come per farmi da scudo.

“Calmiamoci. La serata è stata già più movimentata del dovuto!”.

Edward fece subito da arbitro.

“Jasper tirati in piedi, non ti incolpare di niente, è la nostra natura.”

Si alzò con scattò felino e il suo sguardo era furioso.

“Sono stanco di essere quello debole. Io sono sempre stato quello più forte!”.

Alice lo abbracciò di lato.

“Amore non è neanche un secolo che segui questa dieta, e considerando la tua vita di prima, sei davvero il mio idolo!”.

“Non è vero!”.

“Si, invece!”.

L’amore che provavano l’uno per l’altro era davvero palpabile nell’aria. Non era questo però che mi sconvolse, Alice aveva detto ‘neanche un secolo’.

“Ma quanti anni avete?”.

Ero curiosa, ma qualcuno forse voleva più risposte che domande. Rosalie ringhiò.

“Mocciosa!”.

“Rosalie!”.

Edward l’aveva richiamata subito. Lentamente lui poi si voltò, mettendosi di fronte a me.

“Bella, puoi gentilmente dirci cosa sei?”.

Eh no accidenti. Perché mi facevano la stessa domanda che volevo fare a loro?

“Io, non so come rispondervi. Siete i primi che trovo diversi dagli umani e simili a me!”.

Edward si sorprese.

“Stai dicendo che non sai cosa siamo?”.

Assentii. Mi sentivo sopraffatta.

“Io non le credo!”.

Rosalie continuava a darmi contro, ma non lo faceva con cattiveria lei le pensava davvero quelle cose.

“Non sai che ha nella testa, potrebbe mentirci!”.

“Eppure sento che è più spaventata di tutti noi!”.

Cos’è che poteva saperne Jasper di come mi sentivo?

“Lo vedo anch’io Jazz che è spaventata ed Alice sa che non ci farà del male.”

Rosalie sbuffò e si voltò teatralmente come il suo solito.

“Bella, guardami, noi siamo vampiri. Tu, invece?”.

Vampiri? Lui è certo di essere un vampiro, ma allora io cos’ero? Loro erano di più di me e di gente come me non ne avevo mai visto.

“A quanto pare qui quella sbagliata sono io!”.

Lui rise tetro alla parola sbagliata.

“Perché lo pensi?”.

“Ho sempre pensato di essere io il vampiro, ma voi siete in cinque, io una, quindi forse voi lo siete veramente e io sono davvero un mostro.”.

Ero lacerata dentro dal dolore di sapere di essere ancora io l’unica diversa, neanche tra i veri mostri c’era qualcuno come me.

Edward guardò Jasper e poi si voltò verso di me.

“Credo che qui sia il caso di parlarne anche con Carlisle!”.

Tutti annuirono eccetto Rosalie, che guardava il fratello neutra.

“Bella!”. Mi chiamò lui. “Ti fidi venire a casa nostra?”.

Forse avrei trovato comunque delle risposte quindi perché no?

“Ok!”.

 

 

 

 

Entrammo nella loro immensa casa, dove il colore di fondo era il bianco. Nel salone ad aspettarci c’era quello che doveva essere Carlisle e la moglie. Lui si avvicinò lentamente a me, come timoroso di spaventarmi, e mi allungò la sua mano che io afferrai.

“Sono felice di conoscerti Isabella, i miei figli mi hanno molto parlato di te!”

Scoccai uno sguardo a Rosalie poi mi voltai su di lui.

“La prego mi chiami Bella!”.

Sorrise poi allungò la mano verso la moglie che si mise al suo fianco, sorridendomi sincera e dolcemente.

“io sono Esme. Tanto piacere!”.

Le sorrisi anch’io senza accorgermene.

Ci sedemmo poi nel grande salone, o almeno io e i due genitori lo facemmo. Tutti gli altri rimasero in piedi, chi distante come Rosalie, e chi vicino come Edward.

Furono ripetute da quest’ultimo le mie parole nel retro della scuola e cosa era successo nella palestra. Carlisle si sorprese.

“Non sai cosa sei?”.

“No!”. Dissi triste.

“Il tuo cuore batte!”.

Era molto pensieroso e concentrato.

“Il vostro tuttavia no!”.

Carlisle alzò un sopracciglio.

“Vediamo di riassumere i concetti principali.” Si alzò e cominciò ad camminare avanti ed indietro. “hai un buon udito e un buon olfatto. Sei forte. Brami il sangue, come noi!”

Annuii al suo elenco.

“Sembri una di noi, ma ciò non pareggia col fatto che il tuo cuore batte e sento comunque che il sangue in te scorre nelle vene, tutte cose che noi non abbiamo più dopo la trasformazione!”.

Corrugai la fronte alle sue parole.

“Trasformazione?”.

“Si, Bella. Quando siamo stati morsi da un altro vampiro mentre eravamo ancora umani. Ci siamo trasformati!”.

Presi una boccata d’aria. Ero diversa. Io non ero stata trasformata!

“Bella quanti anni hai?”.

“Io ne ho 67!

Mi alzai irrequieta forse dovevo dire tutto. Sarei stata l’unica della mia specie, ma almeno forse potevo farmi amici nuovi, che bè sembravano avere una media di vita simile alla mia.

“Io sono nata alla fine della seconda guerra mondiale, nel 1945. Per tutto questo tempo, a parte gli ultimi decenni, sono sempre stata da sola, girando in cerca di qualcuno come me, ma non ho mai trovato nessuno, fino ad oggi!”.

“Che intendi a parte gli ultimi decenni!”.

“Significa che in quest’ultimo periodo io non mi sono più nascosta, ho iniziato a vivere alla luce del sole tra gli umani. Ho preso una casa, ho iniziato ad andare a scuola e non sono più stata sola perché mi sono fatta degli amici, umani. Non ho mai rivelato nulla a loro, però finché potevo, mi sono beata della loro compagnia.”

“Finché potevi?”.

“Fino a quando la gente non iniziasse ad insospettirsi del fatto che io non invecchiavo!”.

Carlisle annuì ed Edward intanto mi si avvicinava.

“Non sai chi ti ha trasformato?”.

Risi amaramente.

“A quanto pare è qui il bello, quello che ci differenzia. Io non sono mai stata trasformata. Io sono nata così!”

Silenzio. Sorrisi nella mia testa nel vedere che perfino la gelida Rosalie era rimasta visibilmente scossa.

“è impossibile!”.

“Invece no, il mio primissimo ricordo è quello di una donna dal volto scarno, con i miei stessi occhi che mi sorrideva, fino a quando non perdeva i sensi morta. Sono venuta al mondo è la prima cosa che ho fatto è stata uccidere. Ero in un bosco, non so di preciso in che zona, ma oltre a me e a quella che suppongo fosse mia madre non c’era nessun altro. Crescevo velocemente, già dopo una settimana sapevo camminare. Mi cibavo di frutti che trovavo sugli alberi o del sangue di animali. Li attaccavo ed ero più forte di loro. Pensavo quasi fosse normale. Una volta arrivai in una riserva di indiani, ma scappai subito. Ero vista come un mostro e mi sentivo come un mostro. Vagavo nella speranza di trovare qualcuno come me, ma non successe mai.”.

Tutti mi ascoltavano attenti, anche Rosalie. Edward mi prese la mano, segno che mi era vicino.

“passavano gli anni e mi accorgevo che la crescita stava rallentando e intanto capivo di dovermi nascondermi da tutto. Iniziai ad osservare da lontano le vite degli umani, a imparare il loro modo di comunicare. Li studiai. Apprendevo molto velocemente fu facile. In una cittadina mi richiudevo tutte le notti in una biblioteca,leggendone tutti i libri. Fu li che iniziò ad aggirarmi per la testa l’idea di essere un vampiro. Solo che il sole non mi faceva nulla, come l’acqua santa o l’aglio. Provai anche a trasformare un umano, facendogli bere il mio sangue dopo averlo quasi dissanguato. So che mi ci volle un autocontrollo pazzesco, ma cmq non servì a nulla, se non a dilaniarmi dentro. Iniziai ad essere assuefatta dal sangue umano…”.

Li mi bloccai perché mi accorsi di aver iniziato a piangere. In quel periodo ho ucciso tante persone… fino a quell’ultima innocente creatura.

Edward mi passò un braccio intorno alle spalle attirandomi a se. Il suo profumo mi calmava. Mi sentivo protetta, a casa.

“un momento, hai detto che hai provato a trasformare altri come te? Hai morso gli umani e non si sono trasformati?”.

Non capivo il suo sguardo. Feci di si con la testa.

“Strabiliante!”.

Edward mi richiamò alla sua attenzione. “Vedi Bella noi vampiri, ci basta mordere una persona e questa si trasforma come noi!”.

Oh!

“Carlisle, tu pensi?”.

Ehm, cosa mi ero persa? Guardavo Edward e suo padre annuire.

“Mi sono persa qualcosa?”.

Edward mi guardò cadendo dalle nuvole.

“Oh, vedi, alcuni vampiri dopo la trasformazione sviluppano una specie di dono”.

Fece una smorfia sull’ultima parola.

“Io ad esempio riesco a leggere nel pensiero!”.

Wow.

Leggere nel pensiero? Chi non sognava di poter entrare nella testa altrui? Ciò significa che lui…

“Ti blocco già Bella! La mia risposta è no. Io riesco a leggere nella mente di tutti quanti, di tutti, tranne che nella tua! Forse sarà per il fatto che sei, chissà? Metà umana e metà vampiro?”.

“Perché no?”.

Mi voltai verso Carlisle. Sembrava realizzato.

“perché no?” feci ecco alla sua domanda.

“Perché no!”.

Affermava trasognante. Era forse impazzito?

“Carlisle?”.

Lo chiamai. Vedevo tuttavia che anche gli altri lo guardavano in attesa di qualcosa, tranne Edward.

“Le nostre donne vampire sono bloccate nel loro corpo e quindi non è mai potuto succedere, ma forse gli uomini vampiri possono generare. Chissà, forse è possibile che un vampiro abbiamo messo incinta una donna umana, così da creare una sorta di ibrido!”.

Mi aspettavo che qualcuno ridesse, ma invece così non fu. A quanto pare quella versione di Carlisle era più che possibile. Ero ciò quindi? Ero finalmente riuscita a capire da dove diavolo ero sbucata fuori?

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Capitolo 7
*** capitolo 7 ***


7

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Capitolo 7
 
 
 
Un ibrido. Metà vampira e metà umana.
È questo che ero? A quanto sembrava si! Non potevo crederci, finalmente dopo tutto il mio vagare avevo risposto a gran parte delle mie domande.
I Cullen mi guardavano e non so cosa si aspettassero dicessi. Mi sentivo in una situazione di stallo, tutto ciò non significava che loro, ora, fossero miei amici.
“Bella?”.
Edward mi guardava… preoccupato, si. Questo era di sicuro quello che il suo sguardo esprimeva.
“Scusate il disturbo, penso sia ora di andare!”.
Mi alzai e mi avviai verso la porta d’entrata, ma Edward fu più veloce e si frappose tra me e la porta.
“Aspetta, non andartene!”.
Ora il suo sguardo sembrava timoroso, a questo non seppi dare un significato, e non volevo perdermi in esso ora. Avevo bisogno di un po’ di tempo per me.
“Edward, penso che Bella abbia bisogno di un po’ di tempo… di restare un po’ sola!”.
Mi voltai verso Carlisle e gli sorrisi ringraziandolo.
Misi la mia mano su quella di Edward che stringeva il pomello della porta quasi a distruggerlo, come se ciò potesse fermarmi. Al tocco una scintilla percorse tutta la mia spina dorsale, mi scaldò dentro e vidi anche lui sussultare. Si scostò e io aprii la porta, quando gli passai davanti lui mi sussurrò: “Se hai bisogno di qualcuno, io ci sono!”.
Parole d’oro per me. gli sorrisi e mi avviai a piedi in un andatura calma verso il bosco.
Anni di solitudine e finalmente uno spiraglio per capirci qualcosa. In parte ero come tutte quelle persone che avevo sempre invidiato da lontano, ma in parte ero anche come loro, vampiri, mostri. Mostro. Ciò nonostante io non sarei invecchiata da quel che potevo aver scoperto di me stessa. Sarei rimasta così per sempre e tutto ciò era fantastico. Insomma, chi non sognava di poter rimanere giovane per sempre? Si, era fantastico, se questo non implicava da sola e diventare un assassino. Si perché era questo che io ero, un assassino, che aveva tolto delle vite, per nutrimento, per egoismo, per gioco, per superiorità.
A questo pensiero iniziai a correre, veloce, sempre più veloce. Non ero mai andata così ad ovest, non me ne curai e corsi.
Quella povera creatura… era innocente e io portavo nei miei ricordi il suo viso ogni giorno, così da ricordarmi che scherzo della natura fossi e che se proprio non c’era nulla che potesse uccidermi, almeno che cercassi di redimere la mia anima, qualora ne avessi avuto una e non avrei più ucciso nessuno. Non avrei mai più messo la vita degli umani in pericolo.
Arrivai ad un grande argine che dava su un fiume, ora furioso come me, lo saltai con tutta la mia forza, ma non appena lo feci, un odore nauseabondo che non avevo mai sentito mi colpì in pieno.
Adrenalina e un senso di pericolo mi avvolsero.
Che stava succedendo?
Iniziai a guardarmi attorno, qualcosa minava la mia persona. Avanzai ancora quando un puro istinto mi fece abbassare di colpo, giusto in tempo perché la mia testa non restasse impigliata tra i denti di un enorme lupo marrone.
Il lupo si girò di scatto e si mise in posizione d’attacco verso di me, facendo anch’io altrettanto, osservandolo.
I suoi occhi erano così espressivi da mettere i brividi.
“Ehi, lupo, non ti ho fatto nulla che ti…”.
Non terminai la frase che lui mi attaccò di nuovo. I suoi occhi erano furiosi.
Tentò di mordermi una spalla, ma con la mano gli devia la bocca, mentre con l’altra lo spinsi lontano da me. Era enorme ma velocissimo, atterrò di schiena ma si voltò subito partendo all’attacco di nuovo. Schivai la prima azzannata e subito dopo anche la seconda, ma era così rapido che non potei evitare la sua zampata che graffiò il mio braccio da cima a fondo. Gli artigli del lupo lacerarono i vestiti e di conseguenza la pelle. Sentii un urlo scorticarmi le orecchie e solo dopo mi resi conto che ad urlare, ero stata io. Il sangue caldo iniziò a colare giù dal braccio fino a terra, formando una pozza ai miei piedi. Quel lupo aveva lacerato molte vene, ma potevo già sentire queste che si stavano rigenerando, se pur lentamente.
Faceva male, molto.
Urlai infuriata e mi scagliai verso il lupo, ma questi si portò indietro come se si fosse improvvisamente spaventato, mi guardava a scatti, prima me poi il braccio, poi ancora me e poi ancora il braccio. Un secondo dopo però fui io a essere ancora più in panico. Alle sue spalle erano comparsi altri tre lupi, uno nero e più grande degli altri.
Non avevo scampo, possibile che ci fosse qualcuno in grado di mettere fine alla mia esistenza? Che quattro cani troppo cresciuti avessero presero le redini della giustizia e mi stessero torturando a causa di ciò che avevo fatto?
Non riuscii a pormi altre domande dato che qualcuno richiese la mia attenzione.
“Bella!”. “Fermi! Jacob fermati!”.
Dall’altra parte del fiume Edward e Carlisle stavano in piedi sul limite dell’argine fieri in tutta la loro bellezza e preoccupazione.
Erano venuti in mio aiuto?
“Chiediamo di attraversare il confine per parlarvi e spiegarvi quello che vi state chiedendo!”.
Restarono un minuto esatto a fissare i lupi in attesa di qualcosa, come se loro stessero decidendo. Erano davvero così intelligenti quei cani?
Edward fece un cenno a Carlisle ed insieme saltarono, per posarsi silenziosamente ad ambo dei miei lati.
Carlisle mi prese il braccio esaminando le ferite.
“Per fortuna pian piano sta guarendo!”.
“Più piano del solito però!”.
“Forse è perché è stato un licantropo a fartelo!”.
La tensione di Carlisle sembrava sciogliersi a differenza di Edward che se ne stava in piedi, fermo come una statua. I suoi lineamenti erano furiosi e freddi come il ghiaccio.
Un momento…
“Lincantropi?”.
Mi voltai guardando i quattro lupi che soffocavano dei ringhi.
“Ovvio, esistono i vampiri… perché no i licantropi?!”dissi ironicamente.
Questo mondo era sempre più strano.
Carlisle mi fece un sorriso tirato, ma Edward che ancora non aveva detto niente, mi guardava vitreo.
“Ti da fastidio l’odore del mio sangue? gli chiesi.
Lui spalancò gli occhi sorpreso, ma la sua espressione dura restò immutata.
“No, Bella, affatto!”
Ma perché allora mi guardava così? Non so perché, ma mi faceva stringere il cuore, il suo sguardo da duro, mi faceva credere che lui dentro fosse debole.
Carlisle si rivolse intanto a lui.
“Cosa dicono?”.
Distolse così il suo sguardo dai i miei occhi.
“Vogliono sapere che cosa è!”.
Parlava tra i denti, come se fra poco se li masticasse.
“Jacob l’ha vista saltare il confine e dopo aver annusato la sua dolce scia l’ha attaccata. Quando l’ha graffiata ha visto il sangue colare e solo dopo si è accorto del suo battito cardiaco!”.
Carlisle annuì.
“Loro riescono a capirci?”.
Chiesi rivolta a non so chi in particolare e a bassa voce oltre tutto. Solo in seguito mi sentii una stupida.
Un guaito offeso mi rispose, poi il lupo che lo aveva emesso, quello che mi aveva attaccata, andò dietro un cespuglio per poi sparire. Due secondi dopo ne uscì un ragazzo che sembrava avere circa vent’anni, alto, muscoloso e abbronzato. Inoltre, Si, ok, era bello, non lo potevo negare.
“tu sei…”
indicai il ragazzo e poi un lupo e poi ancora il ragazzo, che da quanto avevo capito si chiamava Jacob.
“eh?”.
“Si, ‘non so cosa tu sia di nome Bella’, io sono quello!”.
Sembrava parlasse con una ritardata. Feci una smorfia, la testa poteva scoppiarmi da un momento all’altro, anche se non era vero.
“Rispondendo alle vostre domande” riprese Carlisle “ci scusiamo se Bella ha oltrepassato il confine, ma l’abbiamo conosciuta ora anche noi e non abbiamo fatto a tempo a metterla al corrente del patto!”.
Poi si girò verso di me.
“Questa zona fa parte della riserva dei Quileute, noi non la oltrepassiamo, così loro non possono venire nella nostra. In questo modo creiamo un quieto vivere. La città di Forks è campo neutrale, ma non è un problema dato che noi non ci cibiamo di sangue umano.!”.
“Tzè!”.
Il ragazzo lupo a quanto pareva non era poi tanto d’accordo con questo patto.
“se qualcuno oltrepassa il confine, si ha l’obbligo di attaccare!” continuò Carlisle.
Oh. Capito.
“Dottorino succhiasangue non ci hai ancora detto cos’è!”.
Mi indicava come se fossi una cosa. Ringhiai e lo stesso fece lui. Stronzo.
“Calma Bella.”
Carlisle mi mise una mano sulla spalla.
“Lei è un ibrido. È metà vampiro e metà umana!”.
Dei ringhi misti a ululati risuonarono nell’aria.
“Che scherzo della natura è mai questo?”.
Il ragazzo lupo si era agitato come gli altri.
Perfino dai mostri ero indicata come una cosa sbagliata, ma ciò mi infastidiva. Ad un umano avrei permesso di dirmelo, ma a loro….
Un ringhio mi esplose da dentro.
“Stupido pidocchioso, non è colpa mia se sono così!”.
Lui mi guardò serio, senza emozioni.
Il lupo nero latrò per poi fare qualche passo avanti.
“Sam chiede come è stata creata!” disse Edward.
Carlisle strinse la sua presa su di me.
“Ho il permesso di riferire loro?”.
Lo guardai stupita. Era un vampiro, ma sapeva avere un cuore e una comprensione più grande di tanti altri esseri umani.
Annuii sorridendo lieve.
“Vedete, Bella, non è stata trasformata come chiunque altro vampiro, lei è nata così!”.
Un guaito ferì l’aria, ma Carlisle non si lasciò intimidire.
“Un vampiro ha messo incinta la madre di Bella, una donna umana!”.
“E dov’è questa umana?”.
“E’ morta dandola alla luce!”.
No, non è vero. Io l’avevo uccisa. Il mio essere messa al mondo, l’aveva uccisa. Era colpa mia.
“E il vampiro?”.
Non potevo continuare a farmi difendere.
“Non c’era nessuno. Quando sono nata c’era solo… mia.. madre… morta. Ho sempre vissuto sola. Voi siete i primi esemplari soprannaturali che incontro, compresi loro!”. Indicai i due vampiri al mio fianco.
I lupi si guardavano e Jacob sembrava poco convinto.
“Non lo so…”.
“Scusa?”.
Richiamai cattiva la sua attenzione.
“Mi vedi?”. Indicai il mio braccio che ancora sanguinava, anche se meno di prima.
Grugnì ma non rispose.
“Sam vuole sapere se può essere un pericolo.”.
“Beh, da quello che so Bella abita qui da un anno. Voi avete mai avuto problemi finora?”.
Jacob restò sorpreso, così come gli altri lupi. Lo si vedeva dalla loro espressione. Forse sentivano di non aver avuto un ottimo controllo su ciò che li circondava.
“OK!”.
Edward si rivolse poi a noi.
“Possiamo andare, ma per la loro sicurezza, controlleranno Bella da lontano nei territori a loro concesso!”.
Li guardai un’ultima volta poi i due Cullen mi fecero cenno di seguirli. Mentre mi allontanavo, non potei non voltarmi indietro per guardare ancora quei quattro.
Da oggi in poi avrei fatto bene ad affilare l’udito e l’olfatto quand’ero in città.

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Capitolo 8
*** capitolo 8 ***


8

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CAPITOLO 8

 

 

 

Ero sveglia da un paio d’ore ormai. Non che avessi dormito tanto, la nottata era stata alquanto movimentata. Il ballo, me ed Edward re e reginetta, il tipo stupido che si ferisce, la scoperta della loro identità, della mia... e poi Carlisle e poi i lupi. O mio Dio, quante cose erano successe nell’arco di poche ore? La mia vita, lo sapevo, aveva subito un svolta, che mi avrebbe cambiata per sempre.

Il sole stava sorgendo, non che lo vedessi, ma il cielo si era fatto più chiaro, le nuvole su Forks erano parte integrante del paesaggio. Tutto ciò mi soffocava, perciò aprii la finestra, come se questo cambiasse le cose, ma era solo l’idea di per se a farmi sentire meglio.

Presi enormi boccate d’aria che sapevano di rugiada, muschio, legno, il pane in forno della signora Green a due case di distanza e… Edward? Sentivo il suo dolce odore al caramello. Era qui, da qualche parte. Mi sporsi dalla finestra e osservai in giro, ma non vidi nessuno. Mi ritrassi e poi un po’ stupida nel poter credere di parlare da sola, lo chiamai.

“Edward?”.

Non lo gridai, se era nei paraggi mi avrebbe sentito sicuramente, e poi ne ero certa, lui era lì.

“Edward mi spii?”.

“No, credimi!”.

Cacciai un urletto di sorpresa degno di una femminuccia. Mi aspettavo di vederlo si, ma non che sbucasse così all’improvviso a testa in giù, appeso alla finestra.

“Scusa ti ho spaventata!”.

“Mi hai detto di essere un vampiro, non spiderman!”.

Lui storse la bocca in sorriso mezzo disgustato al paragone.

“Posso entrare? Sai i tuoi vicini si stanno svegliando e se mi vedessero, credo che dovrò proprio trovare una scusante simile!”.

Mi feci in parte e lui aggraziato saltò dentro acrobaticamente dalla posizione in cui era.

Lo fissai pensierosa,non potevo tacere.

“Che c’è?”.

Scossi la testa.

“Niente, pensavo che la calza maglia blu e rossa dovrebbe stare bene con il tuo incarnato.”.

Restai seria altri dieci secondi mentre lui mi guardava sbalordito, poi mi misi a ridere. La sua faccia era la cosa più comica che avessi mai visto e di sicuro si stava chiedendo se fossi impazzita del tutto, ma a quanto pare la sua testa macchinava altro. Un cuscino mi arrivò dritto in faccia interrompendo il mio attacco di riso acuto.

“Ok me lo sono meritata!”.

Anche lui rise e faceva davvero male, perché lui era bello, così bello da far male.

Poi tornò serio.

“Sai, non ti ho mai sentito ridere così!”.

Ed era vero. Neanche io avevo mai sentito questa mia risata così sincera e spensierata.

“Pensavo che ti avrei trovata a rimuginare in un angolo. Beh, sai, dopo lo scontro con il branco te ne sei voluta tornare a casa ed io… si, beh, ero un po’ preoccupato per te!”.

Era così dolce. Nessuno si era mai preoccupato per me, e sentirselo dire era ancora più bello.

“Ti ringrazio, ma vedi avevo bisogno di restare sola. Ritrovarsi da sapere niente a sapere ancora di più di quello che cercavo è una cosa… stravolgente. Ho vissuto con me stessa tanti anni vittima di una convinzione fasulla e ora devo rivedere tutto ciò che sono, chi posso essere.”.

Guardavo il pavimento , non so perché, ma lui mi alzò il viso con un dito sotto il mento. Il suo contatto era una fonte di calore e di elettricità per me.

“Carlisle ci teneva che tu sapessi che non sei sola, che tutta la nostra famiglia sarebbe lieta di stringere un legame con te, che se vuoi potresti unirti anche tu alla famiglia Cullen…”.

“A parte che non credo che tutta la tua famiglia mi voglia con sé…”.

Era un allusione alquanto palese su Rosalie.

“Rose non è cattiva, è solo iperprotettiva verso le persone a cui tiene, la conoscerai meglio vedrai.”.

Se lo diceva lui.

“… ma come ti ho detto prima è successo tutto troppo in fretta. Sono stata sola per così tanto tempo, non posso trasferirmi da voi e fingere di vivere nella famiglia perfetta, ho bisogno di tempo per abituarmi … beh, a tutto!”.

Lui sorrise sghembo.

“Beh, il tempo è proprio quello che non ci manca. Prenditene quanto te ne serve!”.

Era così tranquillo e sereno. Non sembrava quasi lui, o almeno non sembrava lo stesso di poche ore prima.

“Edward, posso chiederti una cosa?”.

Lui si era accomodato disinvolto su una poltrona di fronte al mio letto.

“Certo!”.

“perché eri così strano prima, di fronte ai licantropi?”.

Non lo avessi mai detto. La sua posa così rilassata, si irrigidì all’istante. La sua mascella squadrata si serrò e l’aria sembrava quasi diventare gelida. Che avevo detto?

“Non…. Non sei obbligato a rispondere…”.

La sua reazione mi aveva intimorito, non che avessi paura di lui, ma mi dispiaceva avergli tirato via il buon umore.

I suoi occhi si addolcirono un po’, ma non la sua compostezza.

“A dire il vero è una cosa che tu avresti il diritto di sapere, ma… non sono ancora pronto per parlarne!”.

Questa sua risposta mi lasciò interdetta. A cosa si riferiva?

“Devo preoccuparmi?”.

“No, cioè non lo so… non darci peso, riguardi tu, ma non proprio… è più una cosa mia…”.

Eh??

“Scusa, ma non ci sto capendo niente…”.

Lui si grattò la folta capigliatura disordinata e sexy che se solo lui sembrava avere. Ora più che rigido sembrava ansioso, quasi imbarazzato. Che problemi aveva?

“Hai ragione, lo so… senti Bella fingi che non ti abbia detto niente, ok? Ti prego. Quando me la sentirò ti parlerò… più chiaro, ci stai?”.

Era quasi buffo.

“Beh, non credo di avere molta scelta. Non sono io quella che legge nel pensiero.”.

Sorrisi e anche lui lo fece, anche se in modo poco visibile.

“Grazie!”.

In quell’istante suonò il suo telefono, era un messaggio.

“Oh, devo andare. Alice dice se vuoi andare a caccia con lei oggi.”

Stavo per rispondere, ma gli arrivò un altro sms.

“Anzi, dice che ti aspetta per le quattro dato che sapeva già che avresti accettato e di andare a piedi!”.

“Scusa?”.

Lo sapeva?

Lui mi sorrise divertito.

“Ti spiegherà lei. Ci vediamo più tardi Bella.”.

Non aspettò neanche il mio saluto perché balzò sul davanzale e sparì.

Mi sedetti sul letto ispirando il suo odore. Sapeva tranquillizzarmi e non sapevo come ci riuscisse, forse era il semplice fatto che fosse lui. La mia cotta nei suoi confronti si faceva sempre più grande e non sapevo come gestirla. Avevo sempre messo l’amore tra i divieti assoluti, perché nessuno sarebbe mai vissuto tanto come me, ma ora che avevo trovato qualcuno idoneo, cosa avrei dovuto fare?

Decisi di tenere la mia mente occupata così mi misi a pulire casa, un modo come un altro per non pensare, tanto che dimenticai cosa lui non riuscisse a dirmi.

A pranzo decisi di andare in centro a prendermi un trancio di pizza, tanto più tardi avrei assorbito le vitamine giuste che mi mancavano.

Camminavo e mi sentivo osservata, ma speravo che fosse solo una mia sensazione o almeno avrebbe potuto esserla se solo un paio d’ore prima non avessi conosciuto un gruppo di licantropi che aveva espressamente detto che mi avrebbe tenuta d’occhio, certo non pensavo così velocemente.

Arrivai alla mia meta e mi presi un trancio di pizza sedendomi sui tavolini all’ aperto. Non c’era nessun altro, i clienti mangiavano tutti all’interno, per loro era troppo freddo li fuori. Diedi un paio di morsi, fino a quando la sensazione di adrenalina e timore non mi pervase. Un lupo doveva essermi vicino. Avevano detto che mi avrebbero solo controllato, che avessero cambiato idea? Però non stavo facendo nulla di male. Decisi di fingere e continuai a mangiare.

All’improvviso il vento cambiò e quell’odore nauseabondo che ormai avevo etichettato come lupo mi arrivò al naso. Solo che quell’odore lo conoscevo.

“E’ un vizio attaccare alle spalle? Che galanteria!”.

Sentii un ghigno e poi la sedia davanti a me si spostò per accomodare un viso da schiaffi di nome Jacob.

“Per i succhiasangue non valgono le regole d’onore!”.

Feci una smorfia e continuai a masticare guardando da un’altra parte.

Sentivo il suo sguardo addosso così lo guardai. Una volta inghiottito il boccone, parlai.

“Insomma che hai?”.

Era incerto.

“Stai mangiando!”.

“Che genio! Quanto è il tuo Q.I.?”.

Addentai ancora, lui sbuffò.

“Intendo, stai mangiando cibo umano.”.

“E allora? Mi sembrava che ci fossi anche tu quando Carlisle spiegava cos’ero”.

“Si, ma non pensavo che potessi essere così…”.

“Umana?”.

Buffò io che sembravo umana? Per me era un dei più bei complimenti che qualcuno potesse dirmi, anche se è ovvio che lui non lo intendesse di certo in questi termini.

Lui annuì.

“Il tuo odore non è fastidioso come quello degli altri”.

“Il mio ah?!”.

Ma si era mai annusato?

Fece una smorfia poi si alzò e mi passò accanto.

“Almeno le buone maniere. Il saluto non lo si nega a nessuno!”.

Non mi voltai e lui non rispose.

“Cafone!”.

Finii il mio trancio con calma. Feci per alzarmi ma Jacob rispuntò di nuovo, riprendendo il suo posto.

“Ehi che problemi hai?”.

Fece la smorfia di un sorriso.

“Che vuoi che ti dica, mi hai fatto venire fame!”.

In mano aveva il tagliere enorme su cui depongono la pizza dopo averla divisa in tranci, solo che lui aveva la pizza intera.

“Ma quanto mangi?”.

“Ho il metabolismo veloce!” rispose con la bocca piena.

E questo sarebbe il grande e cattivo lupo che mi aveva attaccato? Che avevano tutti in questo posto, che soffrivano di attacchi di personalità multipla?

“Puoi prenderne un pezzo se vuoi!”.

Non sapevo se dovevo andarmene o no. Non capivo se era pericoloso, però guardandolo, era buffo, non faceva di certo paura.

“Ok, me lo devi. Hai sempre cercato di uccidermi, non dimentichiamolo!”.

Sorrise gongolando. Che strano questo Jacob.

“Allora mezzosangue…”.

“Bella, grazie!”.

“Allora mezzosangue Bella…”.

Come non detto.

“… mangi come un umano, ma bevi anche sangue giusto?”.

Annuii mentre continuavo a mangiare e a tenerlo d’occhio col dubbio che non fosse una trappola.

“Che tipo…”.

“Animale!”.

Anticipai la sua domanda.

Annuì.

“Poi?”.

“Cosa?”.

“Cos’altro fai?”.

“Sei in ava scoperta per il tuo branco?”.

“Si e no, ma voglio capire!”.

Alzai le spalle, chissà magari così avrebbero capito che non c’era nulla di cui preoccuparsi.

“Dormo come gli umani, posso piangere, arrossire, per quanto poco il mio corpo è vivo, come senti il cuore batte, ma non invecchio, non più. Dopo essere nata, sono cresciuta per sette anni, diventando così e poi non sono più invecchiata. Sono forte, e tutti i sensi sono amplificati come i vampiri, ma se mordo un umano questo non si trasforma, io non posso trasformare nessuno.”.

Ricordai tutti i miei tentativi falliti, che mi avevano poi portato all’orlo della pazzia.

“Forte!”.

“Forte?”.

Riportai la mia attenzione a quello che forse era davvero un pazzo.

“Voglio dire, agli occhi di un succhiasangue tu sei una cosa forte. Il meglio dei due mondi. Hai la parte più bella del mondo umano e quella del mondo dei vampiri, a parte bere il sangue, ovvio, ma tu puoi anche mangiare cibo normale per cui… forte!”.

He! È vero, non ci avevo mai pensato. Ho sempre pensato che essere me fosse dura, ma essere un vampiro davvero, un vampiro come Edward… non era il massimo. Chissà cosa provava lui… loro… Ho passato la mia vita facendo la vittima, eppure c’era e c’è chi stava peggio. Che stupida.

“Non è forte?!”.

“Come?”.

“La tua faccia non sembra contenta, anzi…”.

Stavo per rispondergli ma una voce allarmata mi chiamò da lontano.

Edward?

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Capitolo 9
*** capitolo 9 ***


9

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Capitolo 9

 

 

 

“Bella!”.

Edward arrivò al mio fianco e spigoloso guardò me e poi Jacob, e ancora me.

“Edward sembri spaventato, è successo qualcosa?”.

Lui ci fissava ancora glaciale e sospettoso.

“Alice non vedeva più il tuo futuro. Ho… abbiamo avuto paura che Sam avesse cambiato gli ordini e avesse mandato un licantropo ad attaccarti. Sono andato a casa tua, ma non c’eri, così ho seguito il tuo odore fino a qui e…”.

“Ehi succhiasangue guarda che Sam è uno di parola!”.

“Non stavo parlando con te cane!”.

Wow e questo Edward da dove saltava fuori? L’avevo visto in versione divertente, seria, preoccupata, ma arrabbiato? Mai! E dovevo ammettere che intimoriva. Cosa che ovviamente non pensava Jacob, il quale si alzò in piedi per fronteggiarlo. Non ci voleva un genio per capire che le cose stavano prendendo una brutta piega.

“Ehi, calma. Calma.”.

Mi alzai, frapponendomi tra loro.

“Edward va tutto bene. Sono venuta qui a mangiare, ma a quanto pare Jacob mi è stato messo alle calcagna per controllarmi, come aveva detto Sam. Poi si è seduto e ha voluto sapere qualcosa in più su il mio essere diversa da voi. Non ha cercato di farmi del male…” poi mi voltai verso Jacob “… anche perché stavolta non avrei esitato!”.

Lui ghignò come per sminuire la mia minaccia.

Edward parve rilassarsi, anche solo di poco.

“Ne sei sicura?”.

“Si tranquillo!”.

Gli sorrisi cercando di rassicurarlo ulteriormente, ma Jacob volle immischiarsi.

“I vampiri possono essere anche gelosi chi l’avrebbe mai detto?!”.

“Cos’hai detto?”.

Ecco che Edward si stava innervosendo di nuovo.

-Geloso? Si, come no, nei miei sogni forse-.

“Vuoi forse negare?”.

Non dovevo, ma mi bloccai, volevo sapere la sua risposta.

Esitò un po’, ma alla fine rispose.

“Si!”.

Crack.

Qualcosa dentro mi si spezzò.

“Carlisle e gli altri erano preoccupati, così sono venuto ad assicurarmi che stesse bene e poi tu sei un licantropo, non ci si può fidare di te!”.

“Perché dei succhiasangue ci si può fidare? Da quando in qua?”.

Continuarono a litigare, ma non li ascoltai più.

Ero una stupida, io e Edward alla fine non ci conoscevamo poi così tanto. Insomma, qualche parola a scuola, qualche sguardo, mi aveva invitato al ballo, ma solo per studiarmi. Ci stavamo per baciare… si e poi aveva saputo cos’ero.

In fin dei contri tra noi non c’era nulla, non c’eravamo promessi amore eterno, quella era solo una pia illusione. Una mia illusione.

Ma allora… perchè faceva così male?

Ero rimasta ferma inerme, mentre loro litigavano.

Jacob iniziò a tremare e pensai che non fosse un buon segno.

“Sentite se volete fare a botte andate da un’altra parte, perché state dando spettacolo!”.

Alle mie spalle la gente era affacciata alle vetrine, e io non so perché, dopo il mio momento di rifiuto, mi stavo pressoché arrabbiando.

“io me ne vado!”.

“Aspetta Bella!”.

Guardai Edward cattiva e per la prima volta fu l’ultima persona al mondo che volevo vedere.

“Dì ad Alice che sarò da lei alle quattro puntuale!” poi mi voltai verso Jacob un po’ meno dura “il tuo nome fa schifo, posso chiamarti Jake?”.

Lui rise divertito e stette al gioco, avrebbe fatto di tutto per dare sui nervi ad Edward. L’avevo capito.

“D’accordo mezzosangue. Alla prossima!”.

Così mi voltai e me ne tornai a casa, felice o forse no, che Edward non mi avesse seguito.

 

 

 

Alle 4 puntuale mi presentai alla casa dei Cullen. Edward mi aprì la porta e gli passai accanto lanciando un sgarbato “ciao!”.

So che mi stavo comportando in modo infantile, ma non potevo farne a meno. Mi sentivo rifiutata, ed ora come ora non riuscivo a farmela passare.

“Bella, aspetta un attimo!”.

Non mi fermai e mi avviai verso la cucina dove sentivo la voce di Alice.

Stavo per entrare, ma Edward mi prese per un braccio.

“Si, può sapere perché sei arrabbiata con me?”.

Il suo tocco mi aveva lanciato una scarica elettrica che fu difficile da ignorare, poiché non volevo fare altro che saltargli in braccio.

“Non sono arrabbiata!” dissi fredda.

“E allora perché non mi parli?”.

“Perché non ho niente da dirti!”.

Risposi senza pensarci e me ne pentii all’istante. Aveva accusato il colpo, lo vidi nei suoi occhi, ma lui però non aveva avuto la stessa premura nei miei confronti.

Ci guardammo per altri secondi poi distolsi lo sguardo.

Entrai con le lacrime agli occhi in cucina, dove Esme, Jasper ed Alice si erano ammutoliti al nostro scambio di secchiate gelide. Vidi la preoccupazione nel volto di Esme e la consapevolezza in quella di Alice, che senza dire una parola mi prese per mano e mi trascinò fuori dalla cucina dalla porta sul retro. La ringraziai per questo, così non dovetti passare davanti ad Edward.

 

 

 

“Allora Bella cos’è successo?”.

Non so il motivo, ma iniziai a piangere. Sempre più forte, quasi istericamente.

Tutta l’ansia accumulata si stava sfogando così, ed Alice era una buona roccia su cui aggrapparsi. Lo sentivo.

“Piangi Bella. Non preoccuparti. Sfogati pure!”.

E così feci, più che altro perché non riuscivo a fermarmi. Per una volta avevo abbassato tutte le mie difese e non importava più. Avrei pianto come se fossi una bambina sul petto della mamma, perché si, ne avevo bisogno!

 

Dopo non so quanto tempo finalmente smisi. Alice mi guardava dolcemente. Mi aveva accarezzato i capelli per tutto il tempo, rassicurandomi in silenzio.

“Allora Bella, mi dici cosa ti è successo ora? Perché hai litigato con Edward? Stamattina mi sembrava andasse tutto bene.”

“Non lo hai.. ehm come si dice nel tuo caso? visto?”.

Lei mi guardò curiosa.

“Ho ascoltato qualche vostra conversazione a scuola e da un po’ di informazioni qua e là, e sapendo cosa… Edward, sa fare, direi che sei una specie di chiaroveggente!”.

Lei rise.

“Non proprio. Non è che mi metto con le carte e la sfera magica a predire le cose. Io vedo il futuro prossimo di ogni persona…”

I miei occhi si stavano illuminando alle sue parole e lei precisò subito la sua spiegazione, intuendo la mia reazione.

“… ma Bella, il futuro può sempre cambiare, poiché sono le nostre decisioni che prendiamo ogni giorno a crearlo e modificarlo.”.

“Oh… capito. Ma perché non hai visto che ero con Jacob e stavamo solo parlando?”.

Lei ci pensò un po’ su.

“I licantropi sono dei nostri nemici naturali, e quindi penso che sia per quello che io non posso vedere nulla di loro, del loro futuro. Può essere che sia un loro meccanismo di autodifesa, ma pare che stando vicino a loro si annulli il futuro di tutti. Io vedo solo nero, come una tv spenta.”

Riflettei un po’ su sul suo strano potere.

“Bella? Ora mi dici cos’è successo con Edward?”.

E ora che le raccontavo. Non potevo certo dirle che avevo una cotta stratosferica per suo fratello e che lui aveva ferito i miei sentimenti. Non ci conoscevamo poi da molto.

“Niente. Mi infastidisce il suo modo di fare.”.

Suonava una cavolata anche alle mie orecchie. Alice socchiuse gli occhi studiandomi.

“No.”.

La guardai interrogativa.

“No?”.

Lei sorrise.

“No. Non ti credo!”.

-Accidenti-.

“Bella ho visto quando stamattina è venuto da te. Sono certa al cento per cento che non ti infastidiva per niente!”.

-AAA. Cercasi privacy disperatamente-.

Mi stavo mordendo le labbra cercando qualcosa da dire, ma non mi veniva in mente nulla.

“Senti Isabella, lo so che non è da tanto che ci conosciamo, ma per noi fai già parte della famiglia. Saremmo felicissimi di accoglierti con noi, ma per il momento se non ti senti o ti fidi di parlare con me, va bene. Io ci sarò quando lo vorrai.”

Mi aveva lasciata piangere e pazientemente era rimasta al mio fianco. Sapevo che sarebbe diventata un persona importante nella mia vita, ma per ora, avevo bisogno di riprendere in mano la mia vita con calma. Questo strano sentimento per Edward, avrebbe aspettato.

“Lo so, Alice grazie!”.

Lei mi guardò preoccupata ma fiduciosa.

“Ora andiamo un po’ a caccia ti va?”.

Annuii fortemente e poi mi lasciai invadere da un senso primitivo e leggendario.

 

 

 

Il mattino dopo mi alzai riposata e rinvigorita, nonostante una parte di me fosse mentalmente distrutta per quello che era successo con Edward. Eravamo rimaste fuori fino a tarda notte. Quando finimmo la caccia non volli tornare a casa dei Cullen. Avevo chiesto ad Alice di porgere le mie scuse ad Esme, per come mi ero comportata, ma il coraggio per entrare di nuovo lì, quello non lo avevo trovato. Prima di andare Alice aveva insistito che il giorno dopo sarebbe passata a prendermi per andare a scuola, ma avevo rifiutato. Non era ancora il momento.

Arrivai a scuola volutamente in ritardo, cercavo di rimandare il mio incontro con Edward al più tardi possibile. Sorrisi, mentre varcai la segreteria per farmi un permesso d’entrata, di sicuro Alice lo aveva visto.

Ero in classe da dieci minuti e il professore di trigonometria non faceva che lanciarmi occhiatacce. Che non gli andassi a genio era palese a tutti. Il fatto che fossi arrivata in ritardo alla sua lezione, lo prese come un affronto personale. Era inquieto, finì in fretta la spiegazione del giorno, poi camuffò il fatto che avesse ancora tempo per interrogarmi. Stranamente. Risposi correttamente a tutte le sue domande e risolvetti da manuale gli esercizi alla lavagna. Il professore restò vistosamente sconfitto ma io sogghignavo sotto i baffi, e lui col potere di essere dalla parte opposta della cattedra, non mi diede la soddisfazione nel il voto che mi meritavo. Andai a posto, mentre la campanella suonava, con una B.

Al suono della campanella che segnava la pausa pranzo, trovai Alice e Angela fuori dalla mia porta.

“E voi due che fate qua?”.

“Io voglio sapere dove sei sparita durante la festa di sabato sera, in più tutta domenica. Sono passata alle 4 ma tu non c’eri, e soprattutto cos’è successo a trigonometria!”.

Mi diedi della stupida, non avevo per niente pensato a cosa dirle, guardai Alice, ma non fu molto incoraggiante.

“Come mai sei arrivata in ritardo stamattina, Isabella?”.

Brividi mi percorsero lungo la schiena per come Alice aveva pronunciato il mio nome per intero.

Feci un sorriso di scuse, ma le mie amiche non aboccarono.

“Ci illuminerai con le tue ragioni in mensa, su Isabella!”.

Ancora brividi. Ma chi me lo aveva fatto fare.

“A dire il vero oggi non ho molta fam…”.

Due paia minacciosi di occhi mi perforarono l’anima.

“…ma ripensandoci…”.

Alice e Angela sorrisero maleficamente compiaciute del mio cambio di idea.

Mi avviai verso la mensa, come se stessi andando al patibolo, a testa china.

Mi sedetti al mio solito tavolo ed Alice con noi. Non voleva proprio mollare.

La mia curiosità mi rosicava dentro così azzardai un sguardo al tavolo dei Cullen e lui era lì, a fissarmi. Abbassai lo sguardo incapace di fare altro.

Passai l’ora inventando scuse su scuse con Angela, e questo per fortuna tese a freno la mia voglio di voltarmi.

 

 

 

Dopo la pausa pranzo più scioccante di tutta la mia vita, mi ritrovai finalmente sola. Stavo andando alla lezione di storia e le due arpie mi avevano lasciata andare dalle loro grinfie. Voltai l’angolo e mi fermai quando a metà del corridoio vidi Edward, intento a fissare qualcosa nella vetrina dei trofei. Lo osservai incurante di sembrare una stalker. Era bello come sempre, ma qualcosa nel suo sguardo sembrava logorarlo dentro. Strinse forte le sue mani in pugni, le nocche sembravano volergli uscire dalla pelle. Qualsiasi cosa stesse guardando, gli stava creando un tumulto dentro. Poi all’improvviso quelle emozioni come erano arrivate sembrarono sparire. Le sue spalle si incurvarono, le sue mani si riaprirono, stanche, lungo i fianchi. Sembrava essersi arreso, poi se ne andò.

Aspettai che girasse l’angolo, per precipitarmi nel punto in cui fin prima stava lui. Guardai nella vetrinetta e il mio sguardo si posò su una cornice d’ottone, che incorniciava il re e la reginetta del ballo d’inverno 2012.

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Capitolo 10
*** capitolo 10 ***


10

Carissime lettrici,

colgo l’occasione oggi per ringraziare voi tutte che mi seguite, mi preferite, mi ricordate =)

e ringrazio specialmente che mi commenta, grazie mille ai vostri pensieri!!!

 

 

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Capitolo 10

***

 

 

 

 

Quando finì la giornata di scuola corsi come una pazza per non incontrare nessuno, lo avevo deciso all’istante, sperando così di deviare Alice.

Ero rimasta scioccata dal comportamento di Edward di fronte alla nostra foto. Angi aveva lavorato tutta la domenica per sviluppare le foto che mi aveva fatto e se fossi arrivata in orario quella mattina, forse avrei potuto sapere che lei aveva già cambiato la foto del re e della reginetta dell’anno prima, con quella nuova.

Tuttavia, restava il fatto che non riuscivo a dare un senso al comportamento di lui. Sembrava furioso, tormentato, rassegnato e io non ci capivo niente. Aver visto quella foto di noi due assieme, mi aveva stretto il cuore in una dolce morsa.

Quando arrivai a casa in tutta fretta e furia, quasi non mi accorsi che stavo per investire Jacob.

“Ehi, ma chi ti ha dato la patente?”.

All’ultimo aveva fatto un balzo, rotolando sul giardino.

Frenai di botto e scesi spaventata.

“Oddio, scusa. Ero distratta. Ti sei fatto male?”.

Un istante dopo ricordai che stavo parlando ad un licantropo tutto muscoli.

“Tze! Queste donne al volante… puah!”.

No, questa non me la potevo risparmiare.

“Non so se hai notato, ma gli istruttori di guida, sono la maggior parte delle volte, maschi! È da voi che impariamo a guidare!”.

Alla risposta aggiunsi una linguaccia degna di una monella di terza elementare.

Lui mi guardò sorpreso dalla mia risposta.

“Non dici davvero, vero?”.

Ci guardammo allucinati un altro po’, poi scoppiammo a ridere.

Presi lo zaino da dietro il sedile, dove lo avevo lanciato in tutta fretta e mi avvia verso l’entrata.

“Che ci fai qui, Jake?”.

“Mi annoiavo, e dato che sei sempre circondata da vampiri pronti a difenderti, magari prima o dopo sarei riuscito a sbranarmi qualcuno di loro!” sorrise sardonico.

“Seriamente?”.

Lui annuì distratto, mentre si guardava in giro.

“Comprati un playstation, una x box o una wii… o qualsiasi altro oggetto tecnologico abbiano inventato nell’epoca odierna!”.

Jake si mise a ridere come un matto, riponendo di nuovo la sua attenzione su di me.

“Oddio sembri mio nonno, ma quanti anni hai?”.

“Sono nata nel 1945 fatti due conti!”.

Smise di ridere tornando serio.

“Oddio potresti essere davvero mio nonno!”.

“Ma sei scemo?”.

Feci un balzo con l’intento di atterrarlo, ma fu inaspettatamente più veloce di me.

“E sei lenta proprio come lui!”.

Ringhiai, ma non ero davvero infuriata, più che altro scocciata del fatto che non fossi in grado di sopraffarlo. Non ero poi forte come credevo di essere.

“Uhh… dovresti farmi paura?”.

Tentai un attacco da destra, poi mi abbassai velocemente e cercai di attaccarlo sulla sinistra, ma lui era bravo, non c’era che dire. Parava i miei colpi senza troppa fatica.

“Sei davvero prevedibile! Non so come tu abbia fatto a rimanere viva finora!”.

-Beh semplice, non ho mai dovuto combattere con qualcuno al mio livello-.

Mi atterrò di nuovo e stavolta non contrattaccai. Non avrebbe cambiato nulla.

Lui tuttavia si rimise in posizione d’attacco.

“Guarda che mi arrendo!”.

“Sshhh!”.

Ascoltai il mondo intorno a me, e percepii una corsa diversa da quella che avrebbe fatto un semplice umano. E non si trattava di una persona, bensì di due.

Mi voltai nella direzione da cui tra qualche secondo sarebbero spuntati i miei ospiti, ovvero da dietro casa mia, e quindi dal bosco.

Infatti, dieci secondi dopo, Alice e Jasper fecero il loro ingresso.

“E voi due che fate qua?”.

Alice mi guardava guardinga, Jasper invece fissava Jacob pronto all’attacco.

“Te ne sei andata di corsa e poi il tuo futuro è scomparso!”.

-Ovvio-.

Jacob sbuffò.

“Visto che avevo ragione?”.

Si riferiva di certo al fatto che avessi sempre il baby sitter.

Lo ignorai.

“Alice… tempo…”.

Lei storse la bocca. Era poco paziente sebbene fosse un vampiro.

“E lui che fa qui?”.

Mi voltai verso Jacob, che era rimasto sempre pronto all’attacco.

“Critica il mio modo di combattere e anche di guidare… solo perché lo stavo per investire…” risposi, bofonchiando l’ultima parte.

Jacob sbuffò.

“Perché agli anziani non si dovrebbe dare la pantente!” disse, come se stesse cercando di parlare con una ritardata, in questo caso, me.

“Brutto…”.

Cercai di attaccarlo ancora, ma come era ovvio aspettarsi, mi bloccò.

Vidi Alice e Jasper pronti ad intervenire, ma non ce ne fu bisogno.

“Ah… Bella. Non mi batterai mai, te l’ho detto. Sei troppo prevedibile!”.

Ringhiai innervosita.

Alice e Jasper nel frattempo mi guardavano, anzi ci guardavano, anche Jake era nel loro campo visivo, come due pazzi.

“Bella? Che ti prende?”.

“Niente!” tagliai corto “Devo solo prendere lezioni di combattimento.”.

“No, a te serve un miracolo!”.

“La vuoi smettere? Non hai un gatto a cui abbaiare?”.

Lui rise.

“Non sai ammettere la verità!”.

Poi prese e se ne andò per il bosco ancora ridendo.

La mia mente però si era fermata alle sue parole: - non sai ammettere la verità!- . Si, aveva ragione. Non sapevo ammettere quando a me serviva davvero un aiuto, non sapevo ammettere i miei sentimenti, ero una buona a nulla.

“volete entrare?”.

Eravamo rimasti tutti in silenzio dopo l’uscita di scena di Jacob, sapevo che Alice era arrabbiata, quindi tanto valeva mettersi almeno comodi.

“Non ti da fastidio stargli accanto?”.

Jasper mi aveva fissato per tutto il tempo, metteva ansia.

“Parli di Jake? Nah, dopo un po’ il suo odoraccio passa in secondo piano.”

“E non pensi sia pericoloso restare sola con lui? È pur sempre un licantropo, nostro nemico naturale!”.

“Jazz ha ragione, Bella. Io vado fuori di testa quando mi sparisci dalla mente!”.

Mi dispiaceva creare tutta questa preoccupazione nella mia amica, ma ero giunta ad un conclusione riguardo a questo argomento.

“Ci ho pensato e no, non penso possa essere pericoloso. Credo che il fatto di essere per metà umana sia un vantaggio, però confrontandomi con lui mi sono accorta di non essere poi molto forte come pensavo. Non ho esperienze di combattimento con altri sovrannaturali, per cui sono patetica e prevedibile”.

Si, e non andava bene. Avevo scoperto che il mondo là fuori poteva serbare di tutto dietro ad ogni angolo e io avrei dovuto prepararmi ad ogni evenienza, chi diceva che i Cullen sarebbero rimasti per sempre al mio fianco?

“Non lo so Bella, non dovresti però sfidare la sorte”.

Poi mi venne un’idea.

“Voi però avete più esperienza di me, forse sapete combattere meglio e magari potete aiutarmi. Potete?”.

Li guardai speranzosa.

Alice mi fissava soprapensiero, poi il suo sguardo si perse nel vuoto per due secondi.

Wow.

“Alice? Hai avuto una visione?”.

Lei annuì contenta, per poi girarsi verso Jasper con un sorriso a 32 denti.

“Jazz?”.

Lui sembrò terrorizzato.

“No, ti prego. Ho paura quando mi guardi così!”.

“Jasperuccio caro… daresti delle lezioni a Bella sul combattimento?”.

Jasper? Come insegnante? Oddio, mi metteva agitazione solo guardarlo, non mi sembrava un tipo molto socievole. Avrei avuto paura a confrontarmi con lui.

“Alice io non…”.

Lei sorrise saltellando.

“Tanto io l’ho visto. Accetterai!”.

Per un momento provai pietà per Jasper. Avevo capito che loro stessero insieme e in fin dei conti, doveva essere un Santo, per sopportarla.

Lui chinò il capo sconfitto, e lei lo baciò su una guancia per poi venire ad abbracciarmi.

“Bene, bene. Andrà tutto per il bene!”.

“Alice, ma perché tutto sto entusiasmo solo per qualche lezione di combattimento?”.

Anche Jasper la guardò curioso, forse la cosa puzzava anche a lui.

“Sono solo contenta che passeremo più tempo assieme.”.

No, sentivo che non me la raccontava giusta.

“Sappi che non ti credo!”.

Lei alzò le spalle.

“Non importa, tuttavia siamo venuti anche per un altro motivo.”.

Per un momento il viso di Edward comparve nei miei pensieri.

“Carlisle ha chiesto se domani sera puoi venire da noi. Vorrebbe presentarti un nostro amico che abita in Alaska. Carlisle gli ha raccontato di te ed è curioso di conoscerti!”.

Rimasi delusa, ma cercai di non darlo a vedere.

“Che cosa ti aspettavi dicessimo?”.

Cosa? E Jasper perché se ne usciva con questa?

“Scusa?”.

“Eri speranzosa fino ad un secondo fa, poi alla fine della spiegazione di Alice ti sei dimostrata delusa!”.

Parlava seriamente, non la stava sparando a caso.

“Io…” –aspetta “Jasper hai qualche potere di cui io dovrei essere a conoscenza?”.

Sorrise.

“Sono empatico. Percepisco le emozioni delle persone!”.

Oh! Annuii.

Certo che in quella famiglia tutti si facevano gli affari di tutti senza volerlo.

Lui mi guardava forse ancora attendendo una risposta. Era meglio deviare il tutto, quindi perché non utilizzare l’esuberanza di Alice come via di fuga?

“Ok verrò!”.

Bingo!

“Siiii!”.

Iniziò a saltellare per tutto il mio soggiorno.

Dio mi aiuti.

 

 

 

Il giorno dopo arrivai a scuola in orario, avevo deciso di prendermi le mie responsabilità e di non nascondermi dietro ad un indice, che non avrebbe servito a nulla.

Parcheggiai nel mio solito posto, con Angela sempre lì ad aspettarmi.

“Buongiorno Angi!”.

“Buongiorno. Ti trovo bene stamattina!”.

“Tu dici?”.

Lei annuì guardandomi da sopra i suoi occhiali. Odiavo quando lo faceva.

“Si, hai una luce diversa stamattina!”.

La guardai alzando una sopracciglia.

“Sicura di non avere le lenti sporche?”.

“Ha ha divertente!”.

Le diedi una piccola spinta sghignazzando.

Stavamo per entrare quando il rombo familiare delle macchine dei Cullen mi fece girare e il mio cuore dispettoso iniziò a battere più forte.

Sapevo cosa volevo vedere, o meglio chi, ma la delusione mi avvolse subito. Edward non c’era. Mi girai a spalle curve e me ne andai in classe.

A mensa mi sedetti come sempre con Angi, mentre Alice nel solito tavolo che divideva con i suoi fratelli, continuava a lanciarmi sorrisi che mi facevano rabbrividire. Scommettevo che stava nascondendo qualcosa e ciò mi metteva ansia. Avevo imparato che da Alice ci si poteva aspettare di tutto.

Quando ero entrata nella sala, sia Emmett, sia Jasper mi avevano fatto un cenno di saluto, Alice si era sbracciata urlando, destando ovviamente l’interesse degli altri , Rose non aveva neanche alzato lo sguardo dal suo piatto, almeno dalla sera del ballo non avevamo più litigato, ed Edward, beh, ancora non si era fatto vedere.

Desideravo non incontrarlo mai più, eppure ad ogni spostamento di aria speravo vederlo comparire.

Dopo la pausa pranzo andai a passo lento verso l’aula di biologia, non c’era fretta, varcai la soglia e il mio cuore riprese a battere furioso. Maledetto traditore.

Edward Cullen nella sua immensa bellezza sedeva al nostro tavolo di laboratorio. Lo guardai ancora imbambolata sulla porta e lui faceva altrettanto. Mossi un passo verso di lui, così come la mia decisione finale.

“Ciao!”.

L’avevo salutato cordialmente e il più naturale possibile. Se l’amore non mi era concesso, mi sarei accontentata di essergli anche solo amica.

“Ciao!”.

Mi rispose visibilmente sorpreso.

“Scusami se mi sono comportata stranamente con te, è un periodo un po’ così.”.

Lui sorrise un po’ più rilassato.

“Tranquilla Bella. Mi ero già dimenticato tutto!”.

Tirai un sorriso.

“Ho saputo che Jasper ti darà lezioni di combattimento.”.

Sembrava rigido.

“Oh si. Mi sono accorta di averne bisogno.”.

“Beh, hai trovato l’insegnante giusto. Jasper è nato all’epoca della guerra civile, nessuno meglio di lui conosce l’arte del combattimento!”.

Però, era vecchino il caro Jasper.

“E tu? Voglio dire, quando sei nato?”.

Sorrise triste.

“Nel 1901, a Chicago”.

“Beh, non sei poi molto più vecchio di me!”.

Rise.

“No, direi di no!”.

Sorrisi anch’io, non riuscivo a fare altrimenti. La sua sola presenza, il potergli anche solo parlare così, mi faceva stare bene. Si, mi sarei accontenta anche solo stargli vicino così.

“Stasera incontrerai Eleazar…”.

“Chi?”.

“Eleazar. Un nostro caro amico dell’Alaska. Mi sembrava te l’avesse detto Alice”.

“Oh, si. Non sapevo si chiamasse così!”.

“Non aver timore di lui. Da tempo è amico fidato della nostra famiglia, soprattutto di Carlisle! Vorrà solo vedere quanto sei… speciale!”.

“O strana!”.

“Suona meglio speciale, no?”.

“Se lo dici tu…”.

Avrei fatto di tutto perché pensasse che fossi speciale… per lui, ma sapevo che erano solo buone maniere le sue. Era pur sempre nato nell’era dei gentiluomini.

“Hai poca autostima di te stessa, Bella!”.

“Dammi torto!”.

Sorrisi. Lui restò un attimo abbagliato nei suoi pensieri. Cosa avrei dato per avere il suo potere ed entrargli nella testa e stavo giusto per sapere di più sul suo dono, ma il tempismo del professor Molina mi fece cambiare idea. Mannaggia a lui, era il mio professore preferito, ma ora aveva perso punti.

Al termine delle lezioni Edward mi accompagnò silenzioso e galante fino al mio armadietto, poi la sua tranquillità mutò in agitazione e con un “A stasera” si dileguò tra i corridoi.

Giunsi alla conclusione che neanche sfruttando l’eternità sarei mai riuscita a capire quel ragazzo.

 

 

 

 

 

SPOILER CAPITOLO 11

 

“Sembri proprio come una di noi, se poi non ci sofferma ad ascoltare il tuo cuore, ovvio… che stranezza!”

E questo cosa vorrebbe dire?

“Ah, comunque, piacere di conoscerti Bella, io sono Tania!”.

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Capitolo 11
*** capitolo 11 ***


11

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CAPITOLO 11

***

 

 

 

Come da accordo, alle sette di sera mi presentai dai Cullen, per conoscere questo famigerato Eleazar.

Bussai alla grande porta di ingresso e una livida Alice mi accolse.

“Alice, perché quella faccia? È successo qualcosa?”.

Fece una smorfia disgustata e si fece a parte per lasciarmi entrare.

“Fra poco capirai!”.

Io sinceramente non ne ero sicura.

La seguii verso il salone annusando l’aria. Eleazar non doveva essere venuto solo, sentivo due scie diverse. Eppure quando Alice mi aveva detto del suo arrivo mi sembrava entusiasta, la sua faccia ora non la diceva altrettanto, di sicuro centrava l’altro ospite.

Una risata ebete scalfì l’aria. Si, di sicuro era l’altro ospite. Mi stava già antipatica a prescindere.

Alice si girò verso di me, un millesimo di secondo prima di entrare nel salone.

“Ti prego fa qualcosa!”.

“Cos…”.

Si era girata e aveva proseguito, non mi aveva lasciato il tempo di controbattere. Cos’è che avrei dovuto fare io scusa? Avanzai e il mio cuore andò sotto i piedi, facendosi calpestare per bene, mentre un’altra emozione strana, mai provata, si fece largo in me.

“ah ah ah”.

Ecco a chi apparteneva quella risata ebete, ad un’oca, bionda per giunta e che sedeva a fianco ad Edward, mi correggo, appiccicata ad Edward.

Tutti la guardavano, chi visibilmente ironico come Emmett, chi imbarazzato come Jasper o Esme, o chi, come Alice, disgustato, oddio, perfino Rosalie la guardava così.

L’uomo, che sicuramente era Eleazar, stava in piedi accanto a Carlisle, lontano dalla pietosa scena. Conversavano tra loro, ma al mio ingresso si bloccarono per osservarmi.

La bionda quando finì il suo spettacolo finse di accorgersi di me, quando tutti mi stavano già osservano da un po’, Edward poi, con una espressione indecifrabile. Lo odiavo.

“Oh, tu devi essere Bella. Che carina che sei!”.

Si alzò facendo vedere quanto lei fosse vestita in modalità ‘copertina di una rivista di moda’, mentre osservava con una faccia divertita il mio jeans e le mie converse.

Mi girò attorno teatralmente.

“Sembri proprio come una di noi, se poi non ci si sofferma ad ascoltare il tuo cuore, ovvio… che stranezza!”

E questo cosa vorrebbe dire?

Unì il tutto poi con un risolino identico a quello della, ovviamente, odiosa Dolores Ambridge nei film di Harry Potter. Che fossero segretamente parenti?

“Ah, comunque, piacere di conoscerti Bella, io sono Tania!”.

Non le strinsi la mano, avrei potuto mangiarmela per quanto fossi infuriata ora. Tuttavia le feci un sorriso finto da oscar.

“Piacere, ma chiamami Isabella, grazie!”.

Chi sapeva chi ero, come quasi tutti in quella stanza, sapevano che quando mi presentavo chiedevo a tutti di chiamarmi con il diminutivo, dato che mi piaceva di più, ma lei no! Con lei io non volevo alcuna confidenza.

Edward mi guardava sorpreso, Jasper ed Emmett sogghignavano, ma non ero sicura che fosse per la mia performance, Alice sorrideva finalmente, come sempre, e stranamente Rose aveva una luce maliziosa negli occhi. Non l’avevo mai vista guardarmi con uno sguardo che non fosse odio; sia forse vero che quando due nemici hanno in comune lo stesso nemico, possano allearsi?

“Bella” mi chiamò Carlisle “Ti presento Eleazar, mio caro e fidato vecchio amico, anche lui come noi vive a contatto con gli umani, e nella sceneggiatura Tania è una delle sue figlie.”.

Il vampiro avvicinò la mano ed io contraccambiai la sua stretta. A dispetto della sua finta figlia, lui aveva un’aria più gentile ed uno sguardo che pareva aver visto più cose di tutti noi all’interno della stanza.

“E’ un vero piacere conoscerti Isabella!”.

Non mi accorsi neanche di dirlo.

“Oh, la prego, mi chiami Bella!”.

Emmett scoppiò a ridere soffocando tutto in un colpo di tosse, mentre Jasper teneva a stento la sua di risata dando dei colpi sulla schiena ad Emmett, come per aiutarlo a smettere di tossire. Alice e Rosalie si sforzavano entrambe di non ridere, in modo molto meno plateale dei loro uomini. Quello che mi colpì fu che anche gli altri erano in una situazione simile, Edward, perfino la dolce Esme, a parte Tania, ovviamente, che mi guardava con sguardo affilato. La vampira mi diede le spalle e tornò a sedersi a fianco ad Edward.

Maledetta.

Mi irrigidii all’istante, e lei parve accorgersene, poiché si strinse ancora di più a lui.

Edward poco dopo si alzò di colpo.

“Emmett andiamo o no a caccia?”.

“Fratellino… perché tutta questa fretta? I nostri ospiti sono appena arrivati!”.

“Ho sete!”.

Edward era frustrato e palesemente seccato, che fosse merito della biondina? Lo speravo.

“Vengo anch’io!”.

Ed eccola lì, quella sua voce stridula, mancava poco che facesse crepare i vetri.

“Ah ah… perché no? Edward, per te c’è qualche problema se viene anche Tania?”.

Il scimmione Cullen stava sogghignando sotto i baffi, come se stesse facendo una marachella, ma non gliene importava se sarebbe stato beccato.

“Ok!”.

Edward a dire il vero non sembrava molto entusiasta, cosa che non si poteva dire di Tania, che tutta contenta gli si allacciò al braccio.

Emmett si avvicinò a Rosalie e la baciò in modo molto appassionale, sfiorava l’erotico.

Distolsi lo sguardo, mi pareva di invadere la loro privacy.

“Bene famiglia, ci vediamo domani!”.

Così dicendo, Emmett si dileguò.

Edward nel frattempo mi guardava, sembrava volesse dire qualcosa, ma la smorfiosa lo tirò per un braccio.

“A domani Eleazar! Su Edward muoviti!”.

Lui non disse nulla e si lasciò trascinare fuori, ma cosa mi aspettavo facesse? Che venisse da me e mi desse un bacio come quello che si erano appena scambiati i suoi fratelli?

“Eleazar scusa, ma ogni decennio che passa Tania diventa sempre più insopportabile!”.

Eleazar parve imbarazzarsi alle parole di Alice, di sicuro non era colpa sua se quella fosse così.

“Sai Alice che Tania si sente… molto sola… quando viene qui, si sfoga!”.

Cosa intende il buon Eleazar con ‘molto sola’? Mi pare che al mondo ci siano più di 6 miliardi di persone, deve proprio appendersi su Edward in quel modo per placare la sua solitudine?

“Tornando a noi comunque, Bella, ti va di raccontarmi la tua storia? Ti giuro che pensavo Carlisle mi prendesse in giro, anche se non ne vedevo il motivo per cui avrebbe dovuto farlo.”.

“Amico mio lo sai che non ti ho mai mentito in tutta la mia vita!”.

Carlisle gli dette un’affettuosa pacca sulla spalla e poi ci accomodammo nel grande ed elegante salone dei Cullen.

E come era successo poco tempo prima, nello stesso identico posto, inizia a raccontare la mia storia, partendo dalla mia nascita, alla crescita, alla mia autoeducazione, ai miei diversi contatti con gli uomini, tralasciando i miei fantasmi più macabri che mi portavo dentro, fino ad arrivare a dove mi trovavo ora.

“E’ strabiliante… è una evoluzione. Non pensi amico mio?”.

Carlisle annuì.

“E c’è dell’altro…” Eleazar cominciò ad osservarmi in modo diverso da come aveva fatto fin prima, sembrava guardarmi dentro. “si… non può essere altrimenti…”.

Anche gli altri sembrarono incuriosirsi al cambio di espressione del vampiro.

“Ti hanno parlato vero che i vampiri, a volte nella loro rinascita portano con se un dono.”.

Annuii.

“Anch’io ne possiedo uno, non è molto utile diciamo nei combattimenti, ma è comunque una parte di me e ho imparato ad apprezzarlo a volte anche…”.

Il suo sguardo era perso alle mie spalle, penso stesse rivivendo nella sua mente il suo passato.

“… stavo dicendo, cara Bella. Io ho il dono di scoprire i talenti degli altri vampiri. Posso capire se hanno sviluppato una particolare dote.”.

Che strano potere, non mi sembrava proprio utile, non vedo come avesse potuto essergli prezioso nella vita, non era di certo al livello di Edward, o di Alice addirittura.

“Eleazar, stai forse cercando di dire che Bella ha un dono?”.

“Non viene siete accorti voi, ah?”.

Tutti si guardavano curiosi, aspettando di sapere la soluzione al quesito posto. Io ovviamente, ero più curiosa di tutti loro. Non vedevo nel futuro e non sapevo leggere la mente delle persone, insomma non ero neanche in grado di battere Jake, che potere avrei mai potuto avere?

Carlisle si posizionò più comodo e pensieroso, proprio come quella volta, quando lo avevo conosciuto. Era entrato in modalità studioso.

“A parte il suo essere estremamente unica, non abbiamo notato alt… un momento!” si voltò verso Eleazar “Centra il fatto che Edward non riesce a leggere i pensieri di Bella?”.

Eleazar mi guardò estasiato.

“Di sicuro. Bene bene. Sappiate che la nostra dolce Bella è uno scudo!”.

Un brusio di sottofondo iniziò, mentre io mi chiedevo cosa ciò significasse.

“Uno scudo?” chiesi.

“Si, cara. Mi chiedevo però di che tipo fosse. Sento che è molto forte, dicendomi che Edward non riesce a leggerle nel pensiero, sappiamo per certo che sei protetta dai poteri di origine mentale, mi chiedo tuttavia, se tu non fossi in grado anche di creare uno scudo fisico…”.

Piano, piano sto perdendo il filo del discorso.

“Sarebbe magnifico!” sentenziò Carlisle.

“Potrebbe diventare una vampira fortissima!” fantasticava Jasper. Più lo guardavo e più sembrava si atteggiasse veramente da comandante di guerra.

“Pensi sia come Renata?”.

E questa chi sarebbe?

“No, Carlisle. Il suo potere e dieci volte più forte.”.

Chissà come, ma la risposta di Eleazar rabbuiò Carlisle.

“C’è qualcosa che dovrei sapere? Chi è questa Renata?”.

Eleazar si voltò verso il suo amico.

“Non sa nulla?”.

Carlisle negò con la testa.

“Bella sei stata fortunata ad incontrare i Cullen. Loro sono la versione più buona dei vampiri, dovuto al fatto che come me e la mia famiglia, si cibano del sangue animale e vogliano convivere pacificamente con gli umani. Purtroppo la maggior parte dei vampiri non è così. Amano viaggiare, spostarsi, vivono in luoghi oscuri e il loro unico scopo e uccidere e cibarsi degli umani. E fidati se ti dico che non sono di certo pieni della bontà che noi possediamo.”

Motivo in più per iniziare presto ad allenarmi, avevo ragione a pensare che il mondo là fuori in realtà facesse ancora più schifo di quanto potesse sembrare.

“Perché i vampiri, però, riescano a coesistere senza rivelare la loro esistenza al mondo umano, è dovuta anche all’esistenza di una specie di casata reale, che ha sede a Volterra, in Italia. Vengono chiamati i Volturi, e non c’è vampiro al mondo che non provi timore nei loro confronti. All’apice dei Volturi ci sono i tre sovrani Marcus, Caius ed Aro, quest’ultimo è il più astuto ed il più perfido dei tre. Poi al loro cospetto puoi trovare una cerchia di vampiri, chiamata la guardia. Ognuno di essi è in possesso di un talento molto forte. Puoi immaginare quanto possano essere temuti questi Volturi avendo a disposizione un esercito del genere. Nessuno sgarra alle loro regole, poiché la morte sarebbe la condanna immediata, a meno che il vampiro in questione non fosse così fortunato da possedere un talento utile ad Aro, quest’ultimo al posto della morte offrirebbe di unirsi alla sua guardia. Chiunque di fronte ad una scelta del genere, non ci penserebbe due volte ad accettare.”.

Vedevo Carlisle preoccupato e non capivo il motivo.

“La Renata che ho nominato, fa parte di questa guardia dei volturi, lei in battaglia non molla un attimo Aro. Lei è uno scudo, più fisico che mentale, riesce ad espanderlo, ma molto faticosamente, per questo resta attaccata ad Aro, lui è la priorità su tutto. Come dicevo prima però, il suo potere è nulla in confronto al tuo.”.

Che rivelazione.

Solo allora però mi accorsi del silenzio tombale che si era venuto a creare con il racconto di Eleazar. Il solo nominare i Volturi aveva fatto tacere tutti. Era questo il timore di cui Eleazar parlava?

Notai però che Jasper si era avvicinato ad Alice e la stringeva a sé,come se avesse potuto sparire da un momento all’altro. Riguardai Carlisle, ed Esme gli aveva posato una mano sulla spalla come a confortarlo.

“Carlisle, temi che questi Volturi possano prendersi Alice?”.

I suoi occhi colmi di paura furono più eloquenti di mille parole.

“Se sapesse della sua esistenza, non perderebbe tempo, così come per Edward.”

Edward… no. Mi spaventava l’idea che potesse venire reclutato in questa specie di esercito della morte.

“C’è questa possibilità che lo scoprano?”.

“Se non attiriamo l’attenzione, no, ma l’eternità è lunga, chi può dirlo.”.

“Ma se nessuno glielo dice, lui, questo Aro non potrebbe comunque mai scoprirlo, giusto!?”.

Eleazar prese ancora la parola.

“Dobbiamo solo sperare di non incontrare più la sua strada. Anche Aro possiede un talento, lui può leggere la mente, ma in modo diverso da Edward, può leggerne una alla volta solo toccando la persona in questione, solo che lui non legge i pensieri che passano per la mente in quel momento, lui legge tutto, anche i tuoi più oscuri segreti!”.

L’idea di questi volturi iniziò seriamente e a spaventarmi.

C’era qualcosa però nelle sue ultime parole che attirava la mia attenzione.

“un momento, tu li hai già incontrati? E anche tu Carlisle?”.

Entrambi i vampiri fecero un sorriso triste.

“Chi pensi abbia scovato tutti quei talenti per Aro?”.

“Sei uno di loro?”.

“No, non più ormai. Durante una missione ho incontrato la mia Carmen e ci siamo innamorati, ho lasciato poco dopo la guardia per poter vivere una vita libera con lei, ma non sai quanto sia stata dura potermene andare. Ciò nonostante ad Aro avevo già trovato dei doni terribilmente forti e questo placò il suo disappunto.”

Poi prese parola Carlisle.

“E’ li che ci siamo conosciuti. Sono stato ospite per un periodo di tempo dai Volturi, erano affascinati dal mio modo di vivere, di nutrirmi. Cercai di farli diventare vegetariani, diciamo, ma non ci riuscii. Mi ritenevano un pazzo, tutti, tranne uno, Eleazar.”

I due si sorrisero.

“Da quella volta ne io, ne Carlisle abbiamo più rivisto i Volturi. Li sentiamo nominare nei nostri viaggi, restiamo al passo con le notizie, ma cerchiamo di vivere un profilo basso anche perché sono più che sicuro che siamo nel suo mirino, pronto ad attaccarci se pensasse che stiamo creando un esercito. Il fatto che ci cibiamo di animali è la nostra ancora di salvezza.”.

“Perché mai dovreste creare un esercito?”.

“I vampiri sono solitari, non viaggiano assieme a più di una persona. Dopo i Volturi, i Cullen e noi del clan Denali siamo gli unici a convivere con più vampiri assieme. Se Aro volesse, potrebbe attaccarci anche con la sola scusa di pensare che noi possiamo creare un esercito contro di lui, solo per togliere di mezzo la minaccia.”.

“Ma sarebbe ingiusto!”.

“Si, lo sarebbe, ma nessuno lo contesterebbe. Loro sono i Volturi, nessuno sano di mente li attaccherebbe, sono fortissimi e tanti ovviamente.”

“Wow, però, che scoperta!”.

Mi girai verso Jasper.

“Jasper dovremmo iniziare il prima possibile!”.

Lui annuì poco divertito, di sicuro l’idea di poter perdere Alice lo attanagliava.

“cosa dovete iniziare?”.

Sorrisi imbarazzata.

“Ehm… diciamo che non sono molto brava a difendermi. Jasper si è gentilmente… offerto(?)…” feci un sorriso pieno di sottointesi al vampiro biondino “a darmi qualche lezione!”.

“Beh hai trovato un ottimo insegnante!”.

“Si, me l’hanno già detto!”.

Ripensai ad Edward, il mio pensiero però si mutò subito in una nube nera al pensiero di lui e lei nel bosco, a caccia. Speravo solo che Emmett non si smentisse mai, e gli stesse sempre tra i piedi.

“…Bella?”.

“Come?”

Eleazar e Carlisle mi osservavano.

“Per il tuo potere… lo scudo, avresti interesse nel vedere come svilupparlo?”.

Avere un potere in più? Che gli altri non hanno? E potere essere quasi invincibile? Accidenti, si!

 

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Capitolo 12
*** capitolo 12 ***


12

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Capitolo 12

***

 

 

 

La luce del sole filtrava attraverso le tendine strappandomi al mio sogno frastagliato. Un attimo, sole? Mi alzai di scatto dal letto, meravigliandomi dei colori che la luce del sole creava. Giusto, Alice aveva detto che ci sarebbe stato il sole, quindi nessuno sarebbe andato a scuola quel giorno, per questo ora mi trovavo in una stanza e in un letto non mio. Mi trovavo in una delle stanze degli ospiti dei Cullen. La sera precedente ero rimasta a parlare fino a tardi con Eleazar, Jasper e Carlisle dei miei allenamenti, ed Alice mi avevamo portato di peso in questa stanza per farmi dormire.

Eravamo giunti alla conclusione che già da oggi avrei iniziato qualche lezione con Jasper, per quanto riguardava ovviamente lo scontro fisico, poi non avevo capito cosa, ma Jasper ed Eleazar si erano messi d’accordo su degli attacchi da farmi per cercare di risvegliare questa sorta di scudo fisico, che il vampiro del Denali era sicuro avessi. Di quello che ero rimasta sorpresa era il coinvolgimento che Jasper aveva avuto in tutto ciò, sembrava eccitato nel mettersi alla prova in questa operazione ‘scopriamo i poteri di Bella’. Alice mi aveva poi anticipato la domanda, dicendomi che l’allenare, i combattimenti, erano parte del passato di Jasper e a volte lei sapeva che a lui mancava ciò, quindi questa occasione sarebbe stata, secondo Alice, prendere due piccioni con una fava: quindi aiutare me e il suo Jasperuccio.

Eleazar mi aveva poi invitato a trascorrere le vacanze di Natale da lui, in Alaska, così da poter lavorare sul mio scudo mentale, con l’aiuto dell’altra sua figlia, Kate, la quale riusciva a dare al suo avversario una scarica elettrica tramite le sue dita. Lei mi avrebbe aiutato ad espandere lo scudo anche su altra persone, come lei era riuscita ad espandere il suo potere in tutto il suo corpo. Speravo solo che anche quell’altra non fosse stata come Tania, sennò avrei dato di matto.

Mi alzai dal letto e mi avvicinai alla grande vetrata da cui entrava il splendido sole. Wow il verde la fuori sembrava brillare, non com’era tutti i giorni sotto il grigiore delle nuvole.

“si è svegliata!”.

Sentii Alice annunciare a qualcuno in salone i miei movimenti e un secondo dopo, sentii qualcuno bussare , rimasi scioccata quando aperta la porta vi trovai davanti Rosalie.

“Ciao Bella!”.

Non sapevo cosa dire e come comportarmi, non mi aveva mai rivolto la parola finora, se non per litigare. Mi spostai e la lascai entrare in camera.

Lei sorrise del mio disappunto.

“Non sono venuta per litigare, tranquilla.”

No? E perché allora?

Cercai di riprendere il controllo di me, non volevo mostrarmi debole.

“Scusami, ma permettimi di essere un po’ colpita del fatto che tu voglia parlare con me!”.

Dicendo questo mi spostai verso la vetrata, aprendola e avviandomi sul terrazzo. L’aria fredda del clima tipico di Forks accarezzava la mia pelle, non procurandomi i brividi che un essere umano avrebbe provato, mentre i raggi del sole accesero la mia pelle. Mi voltai richiamata da un bagliore alla mia sinistra, era Rosalie, o meglio, l’effetto che il sole aveva su Rosalie. La sua pelle scintillava il doppio della mia.

“Wow! Fantastico!”.

Non mi accorsi di dirlo ad alta voce.

“Beh, almeno tu passeresti più inosservata di me!”.

Che mi venga un colpo. Sarà che le donne analizzano sempre tutte le cose dette, ma poteva quasi sembrare che Rosalie potesse invidiare qualcosa di me. Scherziamo?

La guardai di sottecchi in cerca di qualche segno,che forse mi indicasse che si stava prendendo gioco di me.

Si voltò verso di me ed io l’affrontai con il mio sguardo.

Sorrise, stranamente imbarazzata. “Penso di doverti dare delle spiegazioni… sul mio comportamento!”

“Ah”.

Sorrise ancora, stavolta per il tono imbarazzato della mia voce.

“Non mi sono mostrata cordiale con te, come gli altri… tu lo sai perché?”.

“Edward dice che è perché sei iperprotettiva nei confronti della tua famiglia”.

Lei restò stupita.

“E’ sempre così gentiluomo!”.

Parlava di Edward ed il suo tono nascondeva il rispetto. Ne rimasi colpita, in parte, solo perché mi sembrava ovvio che tutti prima o dopo rimanessero affascinati da Edward, era perfetto ai miei occhi.

Ok, forse era meglio cambiare discorso, i miei pensieri stavano prendendo una brutta piega. Io non dovevo pensare ad Edward, non in quel modo almeno.

Lei continuò a parlare, persa altrettanto nei suoi pensieri. “Non ti ha raccontato altro?”.

Cosa avrebbe dovuto dirmi?

Negai con la testa.

Lei sospirò puntando lo sguardo verso l’orizzonte.

“Quand’ero umana, il mio sogno più grande era sposarmi, con uomo che amavo e che lui mi amava in egual maniera, e poi, ovviamente, avere dei bambini, tanti!”.

Sorrise, tenera, ed io non potei non fare altrettanto.

“La scelta cadde su Royce King, era il 1933, e all’epoca era lo scapolo più ambito. Io mi sentivo la persona più felice del mondo, giravo per la città a testa alta, fiera dell’invidia degli altri, perché presto mi sarei sposata, con una persona che pensavo di amare più di me stessa”.

Sembrava il prologo di una grande storia d’amore, ma Rosalie era di fronte a me e per quel che potevo immaginare, la storia non aveva avuto il lieto fine che lei sognava.

“Una sera mi ero attardata a casa della mia amica Lucy, si era sposata prima di me, con un operaio, e avevano avuto un bambino bellissimo. Suo marito la guardava con aria devota, ed un po’ li invidiavo, ma ero sicura che la mia storia d’amore sarebbe stata altrettanto bella e passionale, se non migliore.

“ Era una bella serata per cui decisi di tornare a casa a piedi. Mancava poco a casa mia, quando per strada incontrai lui, Royce King”.

Il suo tonno divenne più gelido, mentre tutto il suo corpo si irrigidì. I suoi occhi si in scurirono.

“Royce e i suoi amici stavano lì, a sghignazzare, tutti ubriachi. Lui mi vide e mi chiamò, una volta vicino mi attirò brutalmente a sé, presentandomi ai suoi amici. Ricordo che chiese a loro se ero bella, ma loro mi guardavo indugiando, come si guarda un animale, volevano sapere com’ero senza vestiti”.

O mio Dio. La grande storia d’amore si stava trasformando in grande storia dell’orrore. Speravo in un arrivo di una fata magica che cambiasse il finale, ma dal suo sguardo vitreo capii che non sarebbe successo.

“Mi violentarono e mi lasciarono in una pozza di sangue, credendomi morta. Fu lì che mi trovò Carlisle.”.

Carlisle, avevo intuito per conto mio che Carlisle fosse alla base della vita di tutti e ovviamente il collante di quella famiglia.

Rispuntò il sorriso sul viso di Rosalie, solo che questo metteva i brividi.

“Oh, ma mi sono vendicata, sai? Li ho presi uno ad uno, così che Royce capisse che stessi arrivando. Risultavo essere un po’ teatrale all’epoca, ma non me ne pento.

Arrivai da lui in abito da sposa, era spaventato a morte, ricordo perfettamente ancora oggi le sue urla, ma io non ebbi pietà. Carlisle non ne fu felice, ma ne lui, ne gli altri, rimproverarono mai il mio gesto”.

Mi sentii quasi in dovere di scusarmi, non capii perché, ma ero succube del suo racconto e mi dispiaceva che avesse subito una tale violenza che le aveva frantumato i suoi sogni.

“Mi dispiace, Rosalie.”

Lei sorrise, mentre il suo sguardo tornava alla realtà.

“Tranquilla, è passato tanto tempo ormai!”. Sospirò, per poi continuare. “Dopo un po’ incontrai Emmett, tra le montagne, era in fin di vita, dopo essere stato attaccato da dei Grizzly. Non so perché, forse il fatto che somigliava tanto al bambino della mia amica Lucy, ma chiesi a Carlisle di trasformarlo per me. Emmett, chissà come, riuscì a darmi quell’amore che tanto avevo cercato, anche se di bambini non avremmo mai potuto averne.”.

Beh, in modo o nell’altro comunque la sua storia aveva avuto un lieto fine.

“Questo è uno dei due motivi per cui ti ho allontanata ancora prima di conoscerti. Vedere che eri diversa, ti faceva sembrare un pericolo, ed è vero quello che ha detto Edward, temevo che potessi compromettere la felicità della mia famiglia. Abbiamo passato tante cose per arrivare a vivere la vita tranquilla che abbiamo ora, e il solo pensare che tu potessi creare scompiglio, faceva di te un nemico.”.

Capivo, dopo il suo racconto, la capivo.

“Non posso portarti rancore Rosalie, se fossi stata al tuo posto avrei agito alla stessa maniera!”.

Lei sorrise, per poi intristirsi lievemente.

“A me dispiace per quello che hai passato, io ho vissuto tuttavia, prima con la mia famiglia umana, poi con quella creata da Carlisle. Tu, invece, sei sempre stata…”.

“Sola… puoi dirlo. Non è una parolaccia.”.

“Beh, nessuno dovrebbe passare quello che hai passato tu, soprattutto nell’ignoranza di non sapere chi sei.”.

Mi veniva da ridere, io che provavo pietà per lei e la sua condizione di vampiro, e lei vampiro che provava pietà per me e la mia condizione di ibrido.

“Inoltre…” continuò lei “c’è un altro motivo… più stupido.”.

Ah, si, giusto. Aveva detto che c’erano due motivi.

“Ti odiavo, perché Edward mostrava più interesse a te che a me.”.

Scusa? come? Qualcuno ha detto qualcosa? I maya si erano forse sbagliati? Forse si! Forse la fine del mondo sarebbe accaduta con questa confessione di Rosalie.

“Credo di non capire! E poi tu ami Emmett, no?”.

Lei rise.

“Si, Bella, io amo Emmett, più di ogni altra cosa al mondo, perfino più di me stessa e per quanto riguarda Edward, io per lui provo solo affetto fraterno, ma vedi io sono… vanitosa. Quand’ero umana e quando poi sono diventata vampira, tutti i maschi hanno sempre provato una forte attrazione nei miei confronti e ciò mi ha sempre appagata. Ho detto tutti si, ma tranne Edward, lui non ha mai provato il benché minino interesse nei miei confronti. In seguito vidi che lui non mostrava interesse per nessun’altra, ritenevo che fosse solo un po’ bizzarro e andava bene così. Fino a quando però siamo giunti qui. Notai da subito che ti guardava in modo diverso dagli altri, poi quando iniziò anche a parlare di te, beh, mi mandò fuori di testa.”

Edward che parlava di me? Forse Rosalie si stava sbagliando. No, si stava di sicuro sbagliando.

“Sembri sorpresa, o sbaglio?”.

La guardai ancora senza trovare un senso alle sue parole, e niente da dire.

“Oh, Bella, per l’amor di Dio, non dirmi che non ti sei accorta che Edward è pazzo di te?!”.

Oh Santi Pietro e Paolo.

“Pazzo… di … me?”.

Lei buttò gli occhi al cielo, per poi puntarli su di me.

“Se lo dico io, fidati, è vero!”.

Confusa, ora si che ero proprio confusa.

“Si sono accorti tutti che vi andate dietro, tranne voi due!”.

La guardai stupita.

“Tu… io…”.

Lei rise del mio imbarazzo.

“Sono riuscita a farti tacere… non sapevo sarebbe bastato così poco, l’avessi saputo prima...

“Andiamo Bella, vuoi forse negare che non ti piace Edward!”.

Ehm… si?

Non ne avevo parlato con Alice, non mi sembrava giusto farlo con Rosalie, che fino a dieci minuti prima era la mia nemica numero 2, Tania l’aveva spodestata in due secondi.

Forse era ora di dire ad alta voce quello che avevo dentro, anche se ciò lo avrebbe fatto diventare vero.

Sbuffai sedendomi sul letto.

Decisi di chiamare Alice per farla salire, ma non lo dissi ad alta voce. Ed eccola, due secondi dopo, entrare tutta contenta.

“Vedo che hai capito come funzionano le mie visioni!”.

Sorrisi, vedendo Rosalie un po’ turbata dall’entrata in scena di Alice.

“Non mi sembrava giusto rispondere alla tua domanda Rosalie, senza Alice.”

Lei annuì capendo le mie ragioni. Alice mi aveva accolta fin da subito nella sua famiglia, donandomi la sua sincera amicizia.

“Oh, tanto la so già la risposta!”.

Alice saltellava per tutta la camera.

“Allora non serve che parli.”.

“No, no, devi dirlo ad alta voce, così diventerà vero!”.

Oddio, che leggesse anche lei nel pensiero? Oh, no. Giusto. Io avevo lo scudo di Captain America.

“MipiaceEdward”.

Lo dissi così velocemente che neanche io avrei capito le mie parole, se non le avessi pensate e pronunciate.

“Non abbiamo capito!”.

Alice sembrava divertirsi.

Uffa. Presi un grande respiro e scandii le mie parole.

“Mi. Piace. Edward.”.

“Siiii!”.

Alice mi abbracciò. Dovevo segnarmelo, ad Alice bastava così poco per essere felice.

“Vuoi sapere perché ho litigato con lui l’altro giorno?”.

Alice si calmò annuendo,mentre Rosalie prese parola.

“Oh, giusto. Io ero in camera e vi ho sentito. Quanto te ne sei andata sembrava che Edward stesse per radere al suolo tutto il soggiorno da quanto era frustrato?”.

“Frustrato?”.

“Si. Non capiva cosa avesse fatto per farti arrabbiare!”.

Immaginai la scena di un Edward frustrato… per me. Non ci riuscii.

“Beh, vedete…”.

E così iniziai a raccontargli che avevo incontrato Jake, dell’arrivo di Edward, dell’insinuazione da parte di Jake che Edward fosse geloso e la sua immancabile risposta.

Alice si voltò teatralmente verso Rosalie.

“Rose, rinfrescami la memoria, sbaglio o Edward aveva saltato questa parte?”.

“Si, l’aveva saltata!”.

Le guardai non capendo.

“Ci siamo fatte spiegare da Edward cosa fosse successo, per capire cosa avesse potuto farti arrabbiare, ma Edward a quanto pare aveva saltato questo dettaglio. Che stupido. Anzi siete tutte e due stupidi!”.

Rosalie annuiva alle parole di Alice.

Oddio, non ci capivo più niente. Se ascoltavo come lo descrivevano loro, sembrava che Edward provasse davvero interesse per me, ma…

“Ragazze… scusate, ma cercherò di non credervi fino a quando non sarà Edward a dimostrarmi che prova interesse per me!”.

“Ok, Bella, ma anche tu devi fargli capire che sei interessata a lui, sennò non andrete da nessuna parte!”.

Oh, Rosalie aveva ragione. Io ho sempre aspettato che fosse lui a bussarmi alla porta e inginocchiato promettermi amore eterno, ma io a lui, infine, non avevo fatto capire niente.

Ci eravamo detti qualche parola dolce al ballo, ma forse come io avevo pensato che le nuove scoperte avessero potuto cambiare i suoi sentimenti, forse anche lui aveva pensato lo stesso di me.

Alice aveva ragione, ero una stupida.

“Alice?”.

Vidi Rosalie chiamare il folletto, il quale stava con gli sbarrati, segno che sta avendo una visione.

Alice riprese a sbattere gli occhi sorridendo come una pazza.

“Che hai visto?” le chiesi.

“Non te lo dico!”.

Mi tirò la lingua come una monella.

“Ma..”.

“Niente ma e muoviti. Jasper ti aspetta nel giardino sul retro!”.

Così dicendo si dileguò. Nana malefica.

Mi avviai verso la porta con Rosalie, dopo essermi velocemente cambiata, ma mi bloccai e la fermai.

“Ora siamo amiche?”.

“No, ma possiamo provare a diventarlo!”.

 

 

 

Jasper, come detto da Alice, mi aspettava nel giardino sul retro.

“Sei pronta, Bella?”.

“Prontissima”.

Ero in piedi, dritta e Jasper mi camminava attorno, lo percepivo come un pericolo, perché sapevo che avrebbe potuto attaccarmi da un momento all’altro.

“Tieni ben presente una cosa, Bella. Quando sei davanti ad un nemico, la prima cosa che nel tuo spazioso cervello devi fare è analizzarlo, perché quello diventa il tuo bersaglio. Devi cercare eventuali punti deboli, li noti nel suo modo di spostarsi, e ovviamente gli eventuali modi per ucciderlo!”.

Wow.

Non avrei mai pensato che Jasper potesse essere uno stratega del genere.

“Hai capito?” mi urlò.

“Si, signore!”.

Lui sorrise alla mia risposta, io mi diedi della stupida. Mi ero così immedesimata nella parte del soldato, che come una sciocca gli avevo risposto come tale.

“Bene!”.

Parlò e un secondo dopo mi attaccò, mi ero distratta e lui mi aveva immobilizzato a terra.

“morta!” disse dopo che le sue mani mimarono l’ipotetico staccamento della mia testa!”.

Mi alzai scocciata di essere stata presa in contropiede.

“Ehm, Bella. Regola numero 1, che viene prima delle altre: concentrazione!”.

Faceva anche l’ironico, ah? Maledetto. Non sarebbe successo più.

Mi guardai attorno e vidi che ora avevamo pubblico. Erano tutti lì: Carlisle ed Eleazar, Alice, Rosalie ed Esme, quest’ultima mi guardava preoccupata.

Mi alzai in piedi e mi misi in posizione d’attacco ed altrettanto fece Jasper.

Fece un passo avanti ed io uno indietro e di lato. Poi alla velocità dei vampiri si buttò su di me, feci per respingerlo, ma lui scomparve, mi voltai di scatto, supponendo che mi avrebbe attaccato alle spalle, ma capii che era stata una finta, stavo per voltarmi, ma lui mi aveva già afferrato le braccia, chiudendole in una morsa e puntando i suoi canini alla gola. Pensavo che mi avrebbe lasciata, invece mi diede un colpo dietro alle ginocchia mettendomi in ginocchio. Mi sentivo esposta, e ciò mi irritava all’inverosimile. Jasper fece ancora più stretta la sua presa, sentivo che mi avrebbe staccato le braccia, se avesse continuato.

Perché non lo fermavano? Eppure percepivo gli occhi in ansia dei presenti.

Esme mise a voce i miei pensieri.

“Carlisle digli di fermarsi. Le farà male!”.

Restai in ascolto, ma non sentii risposta. A parlare fu Eleazar.

“Avanti, Bella. Prova a liberarti, usa il potere del tuo scudo?”.

Scudo, ma quale scudo? Io non sapevo come fare.

“Avanti Bella!” mi disse Jasper, avvicinando di più i suoi canini alla gola. Dalla sua voce percepivo che non provasse piacere nell’infliggermi questo, e tutto ciò mi stava deconcentrando.

“Lasciala!”.

Edward era sbucato da non so dove e aveva tirato via Jasper da me, con uno strattone.

“Bella stai bene?”.

Si era inginocchiato e mi aveva aiutato a rialzarmi. Mi guardava in modo così preoccupato, che abbassai la testa in imbarazzo. Annuii. Avevo i muscoli indolenziti, ma il dolore era già scomparso.

“Edward, sai che non le avrei fatto del male!”.

Si avvicinò a Jasper minaccioso.

“Le stavi facendo male invece, lo percepivo nei tuoi pensieri.”

“Non la stavo uccidendo, credi che piacesse anche a me quello che sentivo? Stavo solo cercando di metterla in una situazione per la quale sentisse il bisogno di uno scudo!”.

“Lo so, ma…”.

Edward si zittì, e cominciò a guardarsi in girò imbarazzato. Forse qualcuno gli aveva parlato tacitamente.

Io tuttavia ero ancora scioccata dalla sua entrata in scena, questo a miei occhi finalmente semi aperti, era una dimostrazione di interesse in piena regola.

Stavo per avvicinarmi a lui, ma Tanya si mise in mezzo.

“Edward, hai sempre un cuore troppo grande. Che ne dici di lasciar perdere e andar a farci una corsetta tra i boschi… proprio come stanotte…”.

Tanya mi lanciò uno sguardo malizioso ed io andai su tutte le furie.

Analizzare il nemico: alta, bionda, un incrocio tra un vampiro ed un’oca: fatto.

Punti deboli: cervello assente, manicure perfetta: fatto.

“Edward su…”.

Lei si aggrappò ad un suo braccio e la mia vista, come non era mai successo, si tinse di rosso. Un ringhio che non avevo mai udito provenire da me, scalfì l’aria e l’ambiente intorno a me sembrò divenire malleabile alle mie mani.

Vidi Tanya sorridere al mio ringhio e quella fu lo goccia che fece traboccare l’aria, non so come, ma so che il mio principale pensiero fu spingere Tanya lontana da Edward, e stranamente fu ciò che accadde.

Tanya fu sbalzata in aria contro un albero a diversi metri da Edward, il quale mi guardava scioccato, come tutti del resto.

Le emozioni che avevo provato mi scivolarono addosso, rimanendo ferma e sconvolta.

Tutti tacevano, ma fu Emmett a rompere il silenzio.

“Bel colpo, Bella!”.

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Capitolo 13
*** capitolo 13 ***


13

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Capitolo 13

***

 

 

Nessuno commentò Emmett, tutti erano sorpresi e occupati nello scrutarmi, mi erano forse uscite due antenne da alieno sopra la testa? Fu stupido, ma mi toccai sopra i capelli. No, non vi erano antenne.

“Bella, come hai fatto?”.

Eleazar fu il primo a porre la domanda e due secondi dopo me li ritrovai tutti attorno, in attesa di risposta.

“io.. non so.. davvero…”.

“Ehi… nessuno si preoccupa di me?”.

Tanya starnazzava mentre si rialzava poco dopo e mi incendiava con lo sguardo. “Avresti potuto farmi male…”.

Che odiosa.

“Vorrei dirti che mi dispiace, ma non dico le bugie!”.

Lei ringhiò e anch’io in risposta.

“Ok, calma. Calma!”.

Carlisle si mise fra noi. “Non litighiamo tra noi.”.

“Noi? Lei non fa parte di noi!”.

Tanya aveva detto la sua verità, ma non volli far vedere che mi aveva ferito.

“Tanya!”.

Eleazar la richiamò minaccioso e lei finalmente tacque.

“Devo andare in città a fare delle compere, perché non mi accompagni Tanya?”.

Esme da benevola madre qual era si era sacrificata per allontanare Tanya da quella situazione scottante, però lo si vedeva dalla faccia che non ne era entusiasta.

“Ti accompagniamo anche noi, vero Rose?”.

Alice aveva richiamato la sorella, che aveva annuito non convinta, ma dal tono di Alice si capivano molti sottintesi, poi guardò me e mi sorrise lieve. A parer mio, si erano sacrificate entrambe per non lasciare la madre con quella arpia, e Esme infatti mi parve molto più sollevata.

Fu così che un quarto d’ora dopo rimasi io, circondata da tutti i maschi. Era stato difficile trascinare via quell’oca.

Eravamo sparsi per il giardino, chi seduto su un ramo, chi in piedi, chi seduto su una roccia. Io ero a gambe incrociate nello stesso punto dell’attacco di prima. Eleazar, che camminava, si fermò a pochi passi da me.

“C’è da dire che il colpo che hai sferrato è stato davvero potente, perché lo scudo non ha diciamo protetto te, tu lo hai espanto, con l’intento, presumo, di proteggere Edward.”

Arrossii e immancabilmente Emmett fischiò.

“Bellina, ricordati di non farti mai ingelosire!”.

“Io non…”.

Non finii la frase, perché incrociai gli occhi curiosi di Edward. Mi guardava con uno sguardo diverso, consapevole quasi, ed io non volevo dire quella stessa frase, che già una volta aveva creato scompiglio.

Abbassai la testa.

Qualcuno si avvicinò e riconobbi le scarpe di Carlisle. Si inginocchiò mettendomi una mano sulla spalla.

“Cos’hai provato Bella?”.

Tenni la testa basta, feci un respiro profondo e come un film, nella mia mente rividi la scena del mio attacco.

“Ero arrabbiata… no, di più… furiosa. Il mio sguardo era tinto di rosso e all’improvviso mi sembrava…” cercai di ritrovare quella scena, era più facile sentirla che spiegarla a parole.

“Cosa Bella?”.

“Non lo so. È difficile da spiegare. Il mondo intorno a me, sembrava malleabile.”.

Suonava stupido e senza senso.

Eleazar però disse una cosa giusta.

“Sei sicura che non si trattasse del tuo scudo? Che fosse quello ad essere malleabile?”.

Lo scudo. Si, in effetti mi era sembrato che muovendo il mondo, potessi spostare le persone, ma forse, aveva ragione non era il mondo a spostarsi, no, era il mio scudo, era trasparente si, ma ora rivivendo il tutto, mi accorsi di poterlo quasi vedere. Lo scudo era semi trasparente e rifletteva lievemente la luce.

“Hai ragione, Eleazar! L’ho rivissuto e l’ho visto, poco, ma l’ho visto, lo scudo!”.

Non so come ma ne ero entusiasta.

“Fantastico! E poi per la prima volta sei riuscita ad evocarlo espandendolo, non lo hai usato su te stessa! Di solito questo richiama più energia! Tanya deve averti fatto arrabbiare davvero tanto!”.

Sbaglio o anche Eleazar faceva l’ironico? Emmett sogghignava irritandomi. Gli lanciai un’occhiataccia e lui parve divertirsi di più.

Carlisle cercò di distrarmi.

“Bella saresti in grado di utilizzare ancora lo scudo?”.

“Non lo so, potrei provarci!”.

A dire il vero ora volevo solo andare a mangiare qualcosa perché avevo fame e avevo voglia di pensare un po’ a quello che era successo da quando mi ero svegliata quella mattina, ormai tutte le mie giornate avevano bisogno di un’ora zen per riflettere.

Jasper si avvicinò.

“Bella cosa ne pensi di riprovare uno scontro con me?”.

Annuii, non potevo sottrarmi al suo entusiasmo.

Tutti si portarono ai lati, lasciando spazio a me e Jasper.

“Pronta?”.

“No, ma vai!”.

Jasper sorrise, ma ben presto il suo viso mutò nei lineamenti del combattente. Arretrai al suo primo attacco, ma riuscii a pararlo, cercava di prendermi alle spalle, ma riuscivo a tenergli testa. Capivo che lui puntava sulla sua velocità e la fluidità delle sue tecniche, cercava di distrarmi, ma io continuavo a seguirlo attentamente in ogni suo spostamento.

Poi fu un attimo.

Jasper mi diede un pugno che fece scrocchiare qualche mia costola. Urlai dal dolore, ma cercavo di non abbassare la guardia. Jasper si fermò allarmato, sconvolto lo vedevo negli occhi, ma gli feci capire di non fermarsi. Purtroppo Edward ringhiò e fu li che mi distrassi. Mi voltai per guardare Edward, il quale mi osservava con gli occhi fuori dalle orbite, e Jasper ne approfittò. Mi trovai con faccia a terra e le braccia incrociate in una morsa dietro la schiena, alla base della quale il ginocchio di Jasper premeva. Il tutto faceva ancora più male a causa delle ossa rotte.

“Bella, mollo?” era preoccupato e spaesato.

“No… continua…”.

Non ero una femminuccia, mai stata!

“Jasper” disse Edward piano e nello stesso momento furioso.

Accidenti metteva paura pure a me.

“Avanti Bella, ricorda la sensazione che hai provato prima.” Jasper sembrava disperato, non gli piaceva farmi del male o più che altro per il fatto che lo provava pure lui.

Avanti Bella, dissi a me stessa, a cosa hai pensato prima? Prima,prima… Tanya, si! Tanya abbracciata ad Edward.

Riuscii ad arrabbiarmi, molto, ma non al livello di prima.

Accidenti, non riuscivo a ritrovare quella sensazione.

“Avanti, Bella!”.

“Su Bella!”.

Gli altri mi spronavano, ma Edward in una calma terrorizzante richiamò ancora il fratello “Jasper!”. Sembrava un demente e la sua cantilena.

Dovevo sbrigarmi o Edward avrebbe staccato la testa al fratello, ne ero sicura.

“Bella!”.

A chiamarmi stavolta era stato Emmett, lo guardai e lui mi fece uno sguardo sornione.

“Bellina, forse dovremmo chiamare Tanya. Dovremmo dirle di strusciarsi ad Edward, magari baciarlo…”.

“Emmett ma che dici?” Edward, sbloccato dal suo stato catatonico, guardava sconvolto il fratello, ma il meccanismo che Emmett voleva accendere, era già in moto.

“NO!” urlai.

Successe in un attimo, l’immagine di Edward e Tanya che si baciavano mi spuntò davanti, colorandomi la vista di rosso. Sapevo cosa stava per succedere e stavolta ne fui preparata. Il mio primo pensiero ora era liberarmi di Jasper, per andare da Edward. Dovevo tenerlo lontano da Tanya. Mi lasciai invadere dalla rabbia. Era una sensazione fenomenale, poi percepii quella cosa malleabile, che avevo scoperto essere il mio scudo, era poco visibile eppure bellissimo. Tardai il più possibile, così da prendere più confidenza con esso, riuscivo sentirlo, avvolgere il mio corpo quasi come un indumento. Poi quando mi sembrava di averlo in mio possesso, lasciai che la mia rabbia esplodesse in tutto il corpo. Un millesimo dopo vidi Jasper volare a qualche metro di fronte a me.

“Wow!”Emmett gridava come fosse allo stadio. “Sei grande Bellina!”.

Anche Carlisle ed Eleazar si congratularono, chi non era felice, era Edward, che mi soccorse subito.

“Stai bene?”.

Ero seduta a terra, ansante e lui sembrava fatto di ghiaccio.

Feci per alzarmi, ma le mie gambe miste al dolore alle costole, cedettero. Lui fu pronto a sorreggermi.

“Carlisle!”.

Il vampiro in modalità dottore mi si avvicinò allarmato.

“Portala dentro.”

“Non ce ne bisogno!”.

Tentai di ribellarmi, ma un’occhiata di Edward mi fece subito zittire.

Mi portarono in una stanza bianca, asettica. Sembrava di essere in ospedale.

Carlisle mi visitò e ne risultò un’altra grande scoperta per il suo nuovo immaginario libro “i mezzi vampiri”.

A quanto pareva non sorbivo gli attacchi alla stessa maniera dei normali vampiri. Loro erano simili alla roccia, mentre io essendo per metà umana, ero, per modo di dire, più elastica. Il mio sangue circolava, e i miei organi funzionavano proprio come quelli umani, solo accentuati alla milionesima potenza. Le mie ossa si sarebbero riaggiustate nel giro di un giorno.

“Sai se non fosse che sappiamo cosa sei, direi che la tua struttura è molto simile a quella dei licantropi!”.

“Di Jake?”.

“Si, loro alla fine sono vivi e le loro funzioni corporee funzionano come le tue. Però loro possiedono supervelocità, forza… come te… come noi!”.

“Carlisle, non stai per dirmi vero che ora mi trasformerò in un lupo!”.

Lui rise ammaliandomi. “No, Bella, non c’è nessun pericolo che tu ti trasformi! Però devo confessarti una cosa. Quando Jacob ti ha ferita, io ho analizzato il tuo sangue, dopo averti medicata”.

Wow, la sua sete di informazioni non aveva limiti.

“Oh, e quindi, dovrei denunciarla per invasione alla privacy?”.

Lui resto sorpreso.

“Non lo so, mi denuncerai?”.

Scoppiai a ridere alla sua faccia.

“Carlisle ti facevo con più senso dell’umorismo”. Lui sorrise in imbarazzo. “Su, dimmi, cosa ne è risultato?”.

Si entusiasmò nel vedere la mia curiosità.

“Beh, come sai, credo, gli umani hanno 23 cromosomi, mentre noi vampiri 25.”.

“Degli umani lo sapevo… beh se io sono una via di mezzo, quanti ne avrò? 24?”.

“Sembrerà buffo, ma si, ne hai 24, proprio come i licantropi”.

Oh, davvero?

“Pensi che sia per il fatto che sono mezza… viva? Come loro?”.

“Beh, potrebbe essere, perché no?!” restò pensieroso a riguardo.

Eh! Un vampiro che scientificamente assomigliava più ad un licantropo, ero proprio un gran bel scherzo della natura.

“Bella” mi richiamò Carlisle “Edward ti stava preparando qualcosa da mangiare, perché non lo raggiungi in cucina?”.

Lo disse con un sottinteso… o mi sbagliavo?

“Ok e grazie, Carlisle!”.

Lui sorrise ed io mi avviai al piano di sotto.

In salone trovai Jasper ed Emmett.

“Bella, ti prego di scusarmi, non avevo capito di averti rotto delle ossa. Mi sarei fermato altrimenti!”.

“Jasper tranquillo. Io mi ero accorta della rottura, ma ti ho chiesto di continuare lo stesso, anzi grazie per non esserti fermato.”

Lui sembrava ancora scosso, mentre Emmett era sempre più in super agitazione.

“Oddio, Bella, sei davvero una forza!”.

Risi del suo entusiasmo, e anche Jasper.

“Jazz!” mi permisi di chiamarlo con il suo soprannome, ormai avevamo stretto amicizia, almeno per me era così. “Spero che continuerai ancora ad allenarmi!”.

Edward ringhiò dalla cucina, ma feci una linguaccia verso la sua direzione e un cenno a Jasper perché non ci facesse caso. Lui sorrise ed annuì, mentre Edward in cucina alzò la voce.

“Forse non leggerò la tua mente Bella, ma quella di Jasper di sicuro. Ti ho visto!”.

Ops!

Feci un sorriso angelico e lui mi richiamò in cucina, mentre Carlisle dal piano di sopra mi pregava di tralasciare gli allenamenti, almeno per un giorno.

Una volta in cucina trovai Edward che mi aspettava seduto, con la faccia di uno che la sapeva lunga.

Davanti a lui aveva apparecchiato un posto, con un fumante e invitante piatto di pasta.

“Cucina italiana?”.

Sorrise “il tuo nome ha origini italiane,no?”.

Io annuii e presi posto.

Il piatto aveva un aspetto invitante, perciò ne presi una forchettata.

Diavoli se era buona.

“Edward, ma è buonissima! Complimenti!”.

Lui sorrise raggiante, dopo un attimo di tensione.

“E’ quasi un secolo che non cucino, temevo non fosse buona!”.

Lo guardai di sottecchi.

“Sono la prima che assaggia la tua cucina vampiresca?”.

Lui ghignò.

“Si, sei ufficialmente la mia cavia!”.

Gli sorrisi di rimando.

“Felice di esserlo è davvero buona, ne vuoi un po’?”.

Lui fece un faccia sconvolta quando gli misi davanti la forchetta ed io non potei non ridere della sua faccia!

“Ah ah, molto divertente!”.

“Beh, tu non hai visto la tua faccia!”.

Mi fece una smorfia ed io continuai a mangiare.

Ero felice e spensierata. Era da tanto che non mi succedeva e la compagnia di Edward sapeva calmarmi in una maniera spaventosa.

Terminato di mangiare mi alzai.

“Dove vai?” sembrava allarmato.

“A lavare… il… piatto?!” dissi titubante.

“Oh!” sembrò sorpreso “Abbiamo la lavastoviglie!”.

“L’avete mai usata?”.

Lui si grattò la testa, scompigliando la sua folta e sexy capigliatura.

“Non credo…”.

Sorrisi.

“Non vorrai accenderla per due cose.. dai, faccio io!”.

Non lo lasciai controbattere tanto che dopo aver aperto l’acqua, avevo già preso tutte le stoviglie ed ero pronta a lavare.

Lui scosse rassegnato la testa e si mise al mio fianco con un canovaccio, in un apparente attesa della condanna a morte.

“Che fai?”.

“Tu lavi e io asciugo!”.

Risi e dopo anche lui mi seguì.

E così, con calma io lavai il tutto e lui vicino a me asciugava quello che gli passavo. Una scena che vista da fuori dagli occhi di umano, poteva sembrare la cosa più normale al mondo, mentre vissuta da dentro era una cosa che continuava a scatenare sia la mia che la sua ilarità.

Terminammo e continuavamo a scherzare come se ci conoscessimo da tutta una vita.

Ero così a mio agio, che neanche mi trovassi a casa mia, senza accorge mene, mi sedetti con un salto, sull’isola della cucina.

Stavamo ancora ridendo, quando ci guardammo e la risata terminò, mentre tutto cambiava. Ci fissavamo, ognuno intrappolato nello sguardo dell’altro. Edward si materializzò a pochi centimetri da me, che mi trovavo ancora seduta sull’isola.

Alzò a rallentatore una mano e mi accarezzò con il dorso la guancia. Respirai il suo profumo e lui fece lo stesso.

“Bella…”.

Ero persa in lui e gli risposi in un basso sussurro “Si…?”.

“Dovremmo parlare…”.

Sapevo che aveva ragione, così completai la sua frase “… di noi…”

Lui annuì piano, il suo naso mi sfiorava.

“Si… di noi!”.

“Si… dovremmo…”.

Lo dissi in un sospiro, ora tutto quello che volevo era solo avere le sue labbra sulle mie, non desideravo altro. Tutto quello che dovevamo dirci avrebbe dovuto aspettare.

Anche Edward era del mio stesso parere.

“Forse dopo…”.

“Si dopo!”.

Non potevo più resistere.

Allungai una mano sulla sua nuca, facendola scorrere tra i suoi capelli e un attimo dopo serrare la presa. Decisa lo tirai a me, appoggiando la mia fronte sulla sua, avvicinando la mia bocca alla sua. Nel frattempo lui si era posizionato tra le mie gambe, con un mano mi stringeva dolcemente il viso e il collo, mentre con l’altra mi aveva avvicinato al suo corpo perfetto.

Le nostre bocche si sfiorarono, mentre i nostri respiri già si allacciavano. Al solo sfiorare le nostre labbra, una scarica elettrica mi aveva invaso e sapevo e sentivo che lo stesso era per lui. Stavo per dargli un vero bacio, quando…

“Edward!”.

Tanya era entrata a tutta velocità dalla porta sul retro.

“Che diavolo sta succedendo?”.

Alice arrivò di corsa subito dopo.

“Scusate, ho fatto di tutto per tenerla distante!”.

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Capitolo 14
*** capitolo 14 ***


14

Spero che le mie dolci lettrici abbiano trascorso un felice Natale, per voi ecco il quattordicesimo capitolo.

Vi ringrazio per seguirmi, vi ringrazio con tutto il cuore.

 

 

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Capitolo 14

***

 

 

Avevo percepito, tramite i discorsi di Jasper ed Emmett, che Eleazar si trovava all’esterno con Carlisle, per cui, senza troppe cerimonie, fuggii dalla cucina, facendo finta di niente. Avevo le guance in fiamme, e un odio ancor più profondo per Tanya che ci aveva interrotto. Per quanto ancora avrebbe pensato di rimanere qui?

Sentivo Edward che la pregava di darsi una calmata e che non aveva senso comportarsi così e, mentre passavo per il salone, vidi Emmett farmi un gesto con la mano e il pollice in su, per intendere che approvava le mie gesta. Abbassai la testa e velocemente seguii le scie che mi portavano dai due vampiri.

Mi dispiacqui lasciare Edward in balia di quell’oca, ma ero super imbarazzata per essermi lasciata andare così e sapevo che non avrei saputo reggere l’atmosfera al meglio della mia stronzaggine.

Quando arrivai i due vampiri erano voltati dalla mia parte, segno che mi avevano percepito.

“Bella, ti senti meglio?”.

“Si, Eleazar. Ho un buon medico!” e feci un occhietto a Carlisle, che mi sorrise di rimando.

“Allora, hai pensato alla mia proposta, di venire in Alaska per le vacanze di Natale? Magari ci basteranno anche solo pochi giorni, visto i tuoi passi avanti di oggi.”

“A tal proposito, mi chiedevo, ma questo scudo psichico, come facciamo ad usarlo se non riesco a trovarlo?”.

Già, avevo perso qualche ora la notte prima, in cerca di questo scudo psichico, grazie al quale sembrava Edward non potesse leggermi la mente, peccato solo che il risultato era stato un vero fiasco.

“Stavamo proprio parlando di questo, prima del tuo arrivo. Pare che per smuovere il tuo potere, bisogna fare leva sui tuoi sentimenti…”

Sbaglio o sogghignavano complici sotto i baffi di me?

“… quindi, dopo aver chiamato Carmen, abbiamo deciso di ospitare tutta la famiglia Cullen per la tua sezione di allenamenti, barra festeggiare il Natale tutti assieme. Non ci crederai, ma le nostre due famiglie non lo hanno mai trascorso assieme.”

“Lo sai che hai ragione Eleazar, non ci avevo mai pensato, eppure sono anni che ci conosciamo…”.

I due vampiri si stavano perdendo in ricordi e rimpianti passati e io ripensavo alle parole di Eleazar. Mi aveva tolto da un bel impiccio. Non volevo essere scortese e rifiutare il suo invito, perché da sola io non ci sarei mai andata, quindi lo avrei per lo meno pregato di lasciarmi accompagnare da qualcuno, per fortuna però mi aveva dato l’opportunità più bella, ovvero portarmi dietro tutta la famiglia. Questo sarebbe stato il mio primo vero Natale, con una famiglia, vera.

“Allora?”.

“Si, ottima soluzione Eleazar.”

“Bene, allora avviso Tanya e poi partiamo”.

Oddio Tanya se ne va? Dio sia lodato.

“Partite?”.

“Si, mia cara. Da quanto ho capito voi avete ancora due settimane di scuola, poi verrete da noi, quindi andiamo a sistemare la casa così da potervi ospitare tutti.”.

Annuii trasognata, Tanya se ne sarebbe andata da lì a poco, sembrava un sogno.

 

 

 

Qualche ora dopo ci trovavamo tutti fuori dall’ingresso di casa Cullen intenti a salutare gli ospiti. Tanya era furiosa. Da quanto avevo capito aveva pregato, letteralmente e in ginocchio, Eleazar di lasciarla lì per le prossime due settimane, ma le aveva negato il permesso.

Per quello che mi riguardava, se lui avesse acconsentito, le avrebbe riservato un biglietto di sola andata per l’al di là da parte mia, e penso che anche Eleazar fosse stato di quell’ avviso, tanto che le aveva esposto una lista di motivi per cui non avrebbe potuto restare e controbattere. Mi ricordo, che tutta la famiglia aveva guardato Alice per capire cosa il futuro ci avrebbe riservato, ma lei aveva sorriso, segno che Tanya non sarebbe rimasta.

Eleazar abbracciò tutta la famiglia e inaspettatamente anche me.

“Bella, non vedo l’ora di aiutarti a sviluppare il tuo scudo psichico.”

Arrossii lievemente per la sua sincerità.

“Grazie a te per la tua offerta, invece”.

Fece un cenno col capo e si voltò per incamminarsi. Tanya non aveva abbracciato nessuno, aveva solo salutato verbalmente e poco calorosamente la famiglia, io neanche esistevo, aveva finto la mia assenza. Eppure riuscì a farmi incavolare lo stesso prima di andarsene. Quando aveva raggiunto Eleazar, si era voltata indietro dicendo ad Edward di riflettere sulle sue parole, e che da li a due settimane avrebbe voluto una risposta. È ovvio pensare che noi tutti lo avevamo guardato curiosi di sapere a cosa lei si stesse riferendo, ma lui aveva alzato le spalle e non aveva detto nulla. Cosa che ovviamente mi irritò molto.

 

 

 

Qualche minuto dopo Alice mi consigliò di tornare a casa, perché Angela sarebbe venuta a cercarmi. Non mi ero portata il cellulare, e quel giorno a scuola non ero andata. Buona amica qual’era Angela, si era preoccupata e ora stava per andare a casa mia, per cui sarebbe stato intelligente farmi trovare magari un po’ malaticcia, così da farle intendere che ero rimasta a casa perché non mi ero sentita bene. Salutai e ringrazia tutta la famiglia per la loro ospitalità e il loro aiuto. Purtroppo non ebbi la possibilità di parlare con Edward di quello che era successo, ma lo avrei fatto presto, magari cercando anche di scoprire la questione Tanya.

Arrivai a casa quindici secondi prima di Angela.

Toc toc.

Aprii la porta con indosso una tuta sgualcita e i capelli spettinati dal vento durante la mia corsa a casa. Mi erano sembrati molto di scena, come se avessi passato tutta la mattina a letto.

“Bella, accidenti che faccia che hai!”.

Dovevo ringraziare poi l’affaticamento causato dall’allenamento con Jasper, e il mio nuovo scudo.

“Angi, scusa, non ti ho neanche avvisato che non sarei venuta a scuola!”.

Lasciai la porta aperta, portandomi sul divano nel salotto, così che Angela mi seguisse dentro casa. Presi una coperta, e mi coprii come una bambina, peccato che mi dimenticai delle mie costole rotte, e mi strinsi troppo forte la coperta tanto da emettere un gemito di dolore.

“Qualcosa non va?”

Angela mi si avvicinò tutta preoccupata.

“No, è che ho ancora un po’ di mal di stomaco!”.

“Vuoi una tisana? Te la preparo se vuoi?”.

“No! Cioè, non ti preoccupare, ho del brodo in forno di oggi, poi me lo riscaldo!”.

Mi guardò pensierosa poi iniziò la sua ramanzina.

“Ti ho mandato un’infinità di messaggi, ma non mi hai mai risposto, ero preoccupata. Ultimamente sparisci di più del solito, sei strana, ripeto, più del solito.”

Da buona giornalista, Angela era una buona osservatrice.

“Scusa, non mi sono neanche preoccupata di guardare il cellulare, ho sempre dormito!”.

“Hai chiamato un medico?”.

“No, ma ho preso un’aspirina e sono rimasta al caldo. Davvero sto già meglio, domani di sicuro verrò a scuola!”.

Mi sorrise sinceramente sollevata.

“Ok, guarda ti ho portato gli appunti delle lezioni che avevamo in comune!”.

“Grazie. Oh, Angi, che farei senza di te?”.

“Saresti una secchiona lo stesso, per cui…”.

Le tirai la lingua e lei sorrise.

“Lo sai che neanche i Cullen c’erano oggi?”.

Si, ovvio.

“Ehm, no”.

“ah ah, giusto, come avresti potuto saperlo?”.

Sorrisi forzatamente, conscia di averle mentito più del solito ultimamente.

“Bene Bella, ora devo andare, ho fatto una capatina di corsa, e ho mamma che mi aspetta. Fila subito in letto e ci vediamo domani,ok? Avvisami se non vieni la prossima volta!”.

“Grazie mia Angela Custode!”.

“Si, si, prendi in giro… ciao Bella!” urlò avviandosi fuori dalla porta.

Rimasi ferma un po’, ascoltando la sua auto che si allontanava, dopo di che finalmente mi feci una doccia calda.

 

 

 

Dopo la doccia mi ero appisolata poche ore, ma verso le tre mi trovai di nuovo sveglia, forse anche a causa di qualche fastidio alle costole.

Mi affacciai alla finestra e vidi che la bella giornata precedente aveva lasciato ancora qualche spiraglio al cielo, tra le nuvole, così feci quello che ormai a Forks era impossibile fare, ma invece era sempre stato il mio hobby preferito, guardare le stelle. Aprii la finestra e mi arrampicai così da raggiungere il tetto. Ovviamente feci il tutto imprecando per le mie ‘ferite di guerra’.

Mi stesi con le mani sotto la testa e inspirai l’aria circostante, per sciogliermi del tutto, ciò però fu impossibile quando un odore troppo familiare mi invase le narici.

“Anche tu non riesci a dormire?” dissi per poi mettermi a ridere.

“Hai mangiato pane e ironia per cena?” mi chiese.

“uhm..” finsi di pensarci “no, a dire il vero non ho neanche mangiato. Mi mancava il mio chef!”.

Edward rise e si stese a fianco a me.

“Dovrai assumermi a tempo pieno allora, non potrei vivere sapendoti affamata per colpa mia!”.

“D’accordo, ma la paga sarà minima!”.

“Parlerò con i miei sindacati…”.

Mi voltai, trovandolo lì a fissarmi e risi. Risi quella risata che solo lui era in grado suscitarmi da dentro il cuore e lui rise, una risata che mi accarezza le orecchie e l’anima.

“Che fai quassù?”.

“Guardo le stelle!”.

“Cerchi qualcosa?”.

Mi guardava, interessato, ed io ricambiai il suo sguardo, per poi riportarlo con fatica verso il cielo. In confronto a lui, le stelle erano pezzi di carbone. La bellezza di lui, risplendeva irreale, ovunque.

“Sai, credo che per la prima volta in vita mia le osservi e basta, beandomi della loro luce. Solitamente le guardavo in cerca di speranza e risposte, ma stasera, per la prima volta, mi accorgo che non ne ho più bisogno, perché tu e tutta la tua famiglia me le avete date entrambe… risposte.. e speranza…”

Si, me ne accorsi solo allora.

Attesi una qualche risposta, ma da lui non arrivò nulla. Mi voltai e lo trovai con una faccia.. sorpresa.

“Ho detto qualcosa di sbagliato?”.

Lui si riprese e negò sorridente.

“No, Bella, hai detto solo la cosa più giusta che tu potessi dire. Tutti, nella famiglia Cullen, abbiamo provato la sensazione che stai sentendo tu ora. Carlisle ha dato a tutti noi la speranza, e sapere che lui, noi siamo ancora in grado di compiere un azione così bella, mi fa sentire, seppur brevemente, di esistere per una giusta causa.”.

Le sue parole mi rattristirono. Edward non si sentiva degno di esistere?

Mi tirai su, portando una mano sulla sua guancia.

“Non credi di meritare questa vita?”.

I suoi occhi si rattristirono, e strinse la mia mano, che si trovava sulla sua guancia, mentre si portava a gambe incrociate davanti a me.

“Tu sei nata, questa è la tua vita… ma io sono… morto, il mio cuore non batte. Non dovrei esistere…”.

“Se tu non esistessi… non esisterei neanche io…”.

Mi guardò consapevole, eppure sembrava lo stesso che pensasse di non dover essere lì.

“… e poi per quale motivo pensi di essere morto? D’accordo il tuo cuore non batte, ma quando Carlisle ti ha morso il tuo cuore batteva e tu ti sei semplicemente trasformato… ipoteticamente è come se tu ti fosse evoluto diciamo, ma non sei morto.. perché comunque se tu lo fossi realmente, non saresti qui, davanti a me e non potresti stringermi la mano, e non potresti sentire la mia mano che ti restituisce la stretta…”.

Mi guardò un attimo esitante, come se le mie parole gli stessero facendo combattere una battaglia dentro, sul crederci o meno alle mie parole. Capii l’esito quando scostò lo sguardo altrove e tentò di distanziarsi da me.

“Quand’ero umano credevo in Dio… e quando… mi trasformai, l’unica cosa che mi ripetevo era che Dio aveva fatto l’uomo a sua immagine e somiglianza, ed io, un vampiro, non lo ero sicuramente!”.

Perché faceva così? Perché non poteva guardarsi come io lo vedevo? Semplicemente perfetto e buono, una persona migliore di tante altre, alle quali il cuore batteva, eppure non lo usavano.

“Stronzate!”.

Lui mi guardò sbalordito.

“Io non sono mai stata umana, ma nei miei studi ho letto di questo Dio e a me piace pensare che esista e dato che anche tu pensi che esista, lascia che sia lui a giudicare e giudicarti. Ho sempre pensato anch’io di essere un abominio, di non dover esistere, di essere un mostro, ma da quando ho conosciuto voi, ho cambiato modo di vedere le cose. Si, sono ancora l’eccezione alla regola. L’unica nel mio genere, ma se esisto, se voi esistete, e se comunque il mondo, con gli umani, va avanti lo stesso vuol dire che forse è giusto che noi siamo dove ora siamo. C’è stato un tempo che neanche l’uomo esisteva, se ci pensi, ma poi eccolo. E non era forse diverso da tutti gli esseri che già prima popolavano questo pianeta?”.

Lui mi guardava trasognato.

“Sapresti essere convincente, ma tu non mi conosci. Tu pensi sia buono, ma non sai cosa ho fatto in passato… non merito di esistere…”

“Allora neanche io dovrei meritare di esistere…”.

La sua espressione si addolcì e mi accarezzò il viso.

“Tu… come puoi pensare di non….”.

“Alt, è esattamente quello che sto cercando di farti capire…”.

“Ma io…”.

“Tu cosa Edward?”.

Si irrigidì per qualche secondo, poi afflosciò le sue spalle sotto un peso invisibile ai miei occhi.

“…  poco dopo la mia trasformazione, iniziai a pensare che Carlisle cercasse di tarpare le ali alla mia libertà e che mi nascondesse la parte più bella dell’essere vampiri. Lasciai la sua casa e feci il giro del mondo. Iniziai a bere sangue umano, dapprima da sacche di ospedali, poi direttamente dalla vena pulsante degli umani. Era una droga, ne volevo sempre di più, iniziai ad uccidere notte dopo notte… giocai a fare Dio, uccidevo persone malvagie, che secondo me meritavano la morte… ma proprio come hai detto tu, chi sono io per poter giudicare e togliere la vita a mio piacimento? Io non ero e non sono Dio, ero e sono un mostro per tutto quello che ho fatto…” .

Si scostò da me, vedevo nel suo sguardo l’orrore per se stesso e il timore di esserlo anche per me.

“Allora forse dovremmo fare i mostri insieme!”.

Vidi di aver catturato la sua attenzione.

“Tu sai benissimo la mia storia, o parte di essa comunque. Sai benissimo che anch’io, come te, ho visto tutte le tue stesse identiche cose, ed io sono anche più colpevole di te… tra i due il mostro sono io!”.

Lui rise amaro.

“Come potresti?”.

Questa volta fu il mio turno di irrigidirmi, non l’avevo mai detto a voce alta, quello che la mia mente ora stava rivivendo.

Mi alzai tesa, ricordare quella me mi faceva male. Lui si accorse del mio turbamento e mi fu subito a fianco per poi cingermi le spalle in un abbraccio.

“Anch’io come te ho giocato a fare Dio, toglievo la vita alle persone che ritenevo lo meritassero…”.

Presi un lungo respiro e continuai.

“Una sera ero strafatta di sangue, me ne stavo tornando a casa quando trovai una donna morta ed era palese che prima era stata violentata. Non ero lucida e la rabbia aveva preso possesso subito di me, tanto da essermi messa subito sulle tracce dell’assassino. Seguii la sua scia fin nel suo appartamento ed entrai furiosa e bramosa del suo sangue. Lo uccisi in pochi istanti bevendo fino all’ultima goccia. Nonostante fossi sazia, il suo sangue e tutta l’emotività mi convinse a volerne ancora e non mi sfuggì l’altro cuore che batteva in quella stanza… non ci pensai due volte, anzi nemmeno una… i miei più oscuri istinti decisero per me…”.

Mi accorsi che stavo piangendo solo perché Edward mi aveva stretto più forte nel suo abbraccio.

“… quando quel cuore scoccò l’ultimo battito, mi accorsi di quello che avevo fatto… tra le mie braccia tenevo una bambina dal viso innocente, aveva lunghi boccoli biondi ed una gola squarciata… che IO avevo squarciato… da quel giorno, non bevvi più sangue umano…”.

Le mie ultime parole mi travolsero nel mio luogo oscuro, dove per anni avevo vissuto, a causa di quello che avevo fatto. Le lacrime non davano segno di fermarsi e le braccia di Edward a staccarsi.

Mi scostò lievemente così da guardarmi in faccia.

“Anch’io vorrei saper piangere, per farlo assieme a te…”.

Subito dopo prese a baciarmi le scie che le mie lacrime lasciavano nel loro percorso. Quando si avvicinò alla mia bocca, tutto venne da se. Le nostre labbra si sfiorarono dapprima lentamente, facendo conoscenza, poi più spavalde. Il bacio da prima lento e dolce, diventò violento e passionale. Valeva più di mille parole. In esso c’era tutto: la sua e la mia colpa, il dolore, la voglia di un perdono dall’alto, amore, speranza… eppure, non sembrava cosa più giusta in quel momento, noi due, su quel tetto, sotto le stelle. Tutto il mondo era ora nel suo giusto equilibrio, tutti i pianeti nell’universo erano in una linea perfetta.

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Capitolo 15
*** capitolo 15 ***


15

Dopo una vita e mezza eccomi qua!

Spero abbiate passato tutte un buon capodanno e auguro sinceramente un felice anno per tutti! Io ne ho decisamente bisogno!!!

Vi ringrazio per l’appoggio che mi date in questa ff, non potete immaginare quanto siate fondamentali!

 

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Capitolo 15

***

 

 

Mi svegliai con la strana e piacevole sensazione di non essere sola. Con gli occhi chiusi cercai di capire dov’ero, e le immagini della sera precedente riaffiorarono nella mia mente.

Era successo davvero? Non era stato solo un sogno? Avevo davvero confessato ad Edward il mio più oscuro segreto e lui non era fuggito, anzi, mi aveva baciata?

Mi accorsi di essere accoccolata su qualcosa di leggermente tiepido e che di sicuro non era il mio cuscino, poiché prese ad accarezzarmi i capelli con un movimento incantatorio. Sorrisi.

“Buongiorno Bella Addormentata!”.

Sorrisi ancora di più e aprii un occhio solo, guardandolo.

“Sei rimasto davvero …”.

Richiusi gli occhi dopo aver verificato la sua reale presenza e mi strinsi di più a lui.

“Avevi dubbi?”.

“Nah… ma capita che a volte il mattino dopo le persone si sveglino e vedano le cose in modo diverso dal giorno prima…”.

“Allora dovrei essere io quello in dubbio, dato che qui quella che dorme sei tu, non io!”.

Seppi per certo che sorrideva sotto i baffi.

Mi tirai su e lo guardai in faccia, beandomi della sua bellezza.

“Beh, Mr Ovvio, sappi che la mia dormita non ha cambiato nulla…”.

Sorrise prendendomi il viso tra le sue splendide mani e stampandomi un Signor Bacio del buongiorno.

“Buono a sapersi…”.

Gli sorrisi, ma poi qualcosa attirò la mia attenzione. Di scatto mi tirai su in ginocchio in mezzo al letto e seria.

“Com’è che quando ti sei steso su questo letto indossavi una camicia azzurra e ora hai una felpa grigia?”.

Il suo sguardo dapprima spaventato, si rilassò.

“Bella, non potevo certo uscire di qui con gli stessi vestiti con cui ero entrato, cosa avrebbero pensato i vicini?”.

Alzai un sopracciglio.

“Perché pensi che i miei vicini alle tre di notte guardino come sei vestito, mentre passeggiamo sul tetto?”.

Rise alla mia domanda.

“Non si sa mai.”.

“Non si sa mai!”.

Feci eco della sua risposta ironicamente.

Guardai poi l’ora e vidi che mancava un’ora all’inizio della scuola, anche il suo sguardo seguì il mio.

“Bene, penso che ora andrò a farmi una doccia!”.

“Ed io, quale tuo nuovo chef, ti preparerò la colazione!”.

Gli sorrisi e lui mi diede un bacio sul nasino, per poi scendere al piano terra.

In uno stato nebuloso di felicità mi feci la doccia. Uscii e mi recai nella stanza accanto, nella cabina armadio.

Sorrisi e misi dei jeans neri, delle converse grigie ed un felpa grigia. Un colore a caso ovvio.

“Bella?”.

La sua voce angelica poco lontano da me mi chiamava.

“Sono vestita, entra pure.”.

Due secondi me lo trovai alle spalle, il suo riflesso nello specchio davanti a me. Mi sarei mai stancata di guardarlo?

“Uhm, ottima scelta d’abiti!”.

Risi e poi lo vidi guardarsi attorno scettico.

“Sappi che quando lo saprà Alice sarai morta!”

Non capivo.

“Di cosa parli?”.

“Di tutti questi vestiti. Quando lo saprà saranno guai. La conosco abbastanza da sapere che ti dirà che non è logico venire a scuola in felpa se nel tuo armadio sfoggi da Chanel ad Armani”.

L’ultima parte la disse imitando la voce di Alice. Metteva i brividi, lo giuro.

“Ok, non farlo più ti prego… sembravi davvero lei!”.

Rise abbracciandomi.

 

In cucina trovai la tavola apparecchiata per una persona, un rosa rossa in un vaso alto e fine e una tazza piena di cereali al cioccolato fondente e al latte. Come diavolo faceva a sapere che quella era lo cosa che più adoravo? Presi la rosa e l’annusai. Era stata appena colta e il suo profumo fresco era un odore delizioso.

“E’ bellissima…”.

Lo guardai e lui stava appoggiato allo stipite dell’ingresso alla cucina, la parola bellissimo ancora non gli rendeva giustizia. Sembrava creato perfettamente per risplendere tra il mobilio della mia casa.

Uhm, l’idea di averlo lì 24 su 24 non mi disturbava affatto.

“E come facevi a sapere i miei gusti?”.

Lui rise picchiettandosi la tempia.

“Lo hai detto ad Alice una volta.”.

Quella volta al supermercato, ma certo.

“Non era lì per fare la spesa vero?”.

“Ehm… no!”.

Ovvio.

Mangiai volentieri la colazione da lui preparatemi, e chissà come, furono i più buoni cereali con il latte che io avessi mai mangiato in vita mia.

Lavai tutto e dopo aver preso la mia tracolla, con la Volvo di Edward ci recammo a scuola.

Fu ovvio che il nostro arrivo destò più polverone del solito tra i studenti della Forks High School, poiché quel mattino arrivammo assieme. Era palese quello che voleva significare, per loro almeno, per me no.

Lui scese dall’auto e con fare da vip mi passò un braccio sulle spalle avviandoci all’interno.

“Ci guardavano tutti!”.

“No, guardavano te, perché sei più bella del solito…”.

“Si, farò finta di crederti.”.

Se, banane. Non penso proprio che il loro pensiero fossero quanto io fossi carina o meno.

“A cosa pensi?”.

Sembrava seriamente infastidito di non saperlo.

Ci fermammo di fronte al mio armadietto.

“Sicuramente, penseranno che noi stiamo assieme…”.

Lasciai la frase con la cadenza di far credere di dover dire qualcos’altro.

“E…?”.

Mi incitò lui.

E cosa? Oddio, mi sentivo stupida dover chiedergli se stavamo assieme o no.

Dov’erano finiti gli uomini che prendevano loro l’iniziativa in tutto e per tutto? Perché al giorno d’oggi sembrava che fossero le donne a dover corteggiare gli uomini e non il contrario?!

Fortunatamente la campanella suonò.

“Oh, la campanella. Vado in classe, Angela vorrà spiegazioni. Ci vediamo a pranzo!”.

Non lo lasciai contraccambiare, mi ero instupidita all’improvviso.

Diamine, non mi riconoscevo più.

Dov’era finita la cazzuttissima Isabella Swan che al cuore lei sola comanda? Non mi era mai capitato di trovarmi in una situazione simile. In passato era successo molte volte che mi facessero il filo, c’era stato qualcuno di interessante, ma per ovvie ragioni, ero sempre riuscita ad uscirne indenne. I sentimenti non erano mai stati sfiorati, nemmeno con una mano immaginaria.

Ma ora?

Edward Cullen era riuscito ad entrarmi dentro in una maniera spaventosa, ovvero in assoluto silenzio, senza accorgermene. Si, mi era piaciuto fin dall’inizio è vero, ma tutti questi sentimenti che provavo ora, da dove arrivavano? E come se ci fossero sempre stati, non ricordavo nemmeno l’esatto istante in cui io potessi dire: ‘si! Edward Cullen, hai iniziato a far battere il mio cuore per te’.

Erano lì, ovvi e in bella mostra e l’unica cosa che più sentivo era la paura, paura di perderlo ora che lo avevo trovato. Ora che sapevo di poter provar sentimenti così.

“Bellaaaa!”.

Angela mi stava urlando nell’orecchio destro.

“Accidenti Angi. Ti sei ammattita?”.

Lei mi guardò incredula.

“Io ti sto chiamando da 5 minuti senza avere nessuna risposta da te, e sarei io quella ammattita?”.

Era buffa, trattenni a stento una risata.

“Scusami, avevo la testa tra le nuvole!”.

“Ma davvero? Giuro non si era notato!”.

Le diedi una spinta.

“Ah ah!”.

Improvvisamente cambiò espressione, diventando una finta seria. Aiuto, l’ora x dell’interrogatorio era arrivata.

“Allora Bella?”.

Feci finta di nulla.

“Allora cosa?”.

“Non fare la finta tonta con me.”

“Davvero Angi, non so di cosa tu stia parlando!”.

La mia amica mi prese per le spalle scuotendomi.

“Dannazione Bella, tu e … oddio non riesco neanche a ripeterlo ad alta voce…”

Boccheggiò un paio di volte, poi a bassa voce disse: “tu ed Edward Cullen!”.

Poi batté le mani, con aria sognante.

“Da quant’è che state assieme? Perché non mi hai detto che ti sentivi con lui? Oddio, che emozione. Sono sicura che la scintilla è scoccata la sera del ballo. In alcune foto vi guardate come se foste attratti come calamite. Lo so, me la sento, ne sono sicura….”.

“Oddio, Angi, respira!”.

Angela prese un respiro, poi ritornò di nuovo su di me.

“Allora?”.

E ora che le raccontavo?

“Ci siamo scambiati il numero di cellulare la sera del ballo e ci siamo sentiti un paio di volte, ma non siamo ancora usciti assieme.” E questo era vero. Io ed Edward non avevamo avuto di sicuro il classico primo appuntamento. “Ieri mi ha chiesto se oggi poteva accompagnarmi a scuola e stop, finita la storia!”.

Le spalle di Angela si afflosciarono, delusa.

“Cosa? Tutto qua? Eppure stamattina la vostra entrata sembrava volesse dire tutt’altro!”.

Già lo so.

“Angi, che vuoi che ti dica, è presto ancora, non si sa ancora niente di certo, di cosa possa accadere tra me e lui.”

“Allora la mia migliore amica non è la ragazza di Edward Cullen?!”

Ehm, no, ci eravamo baciati, ma non c’eravamo scambiati amore eterno.

“No, Angi, non lo sono!”.

Mi sentivo in combutta con me stessa, e il richiamo da parte del docente che fece zittire Angela, mi permise di concentrarmi sul fatto che… non sapevo cosa dovevo fare. Come ci si comportava di solito in queste occasioni? Avevo letto tanti libri per niente, neanche uno sembrava darmi le risposte che cercavo.

 

 

Arrivò l’ora di pranzo con fatica e quando arrivai in mensa notai che Edward sedeva sul mio tavolo, da solo, e non con i suoi fratelli. Indicò il suo vassoio sotto di se e fece segno di sedermi con lui. Non so perché ma il suo viso non era sereno.

“Ti ho preso il pranzo, almeno tu farai finta di mangiare anche per me!”.

Guardai il vassoio colmo di cibo.

“Non penserai però che io mangi tutta quella roba, vero?”.

“No, scegli quello che vuoi!”.

“Ok!”.

Mi sedetti davanti a lui e presi un trancio di pizza.

“Com’è andata la tua mattinata?”.

Si c’era di sicuro qualcosa che non andava.

“Lunga, la tua?”.

“Interminabile.”

Annuii.

Cristo, via il dente.

“Che hai Edward?”.

Lui si scosse, come se si fosse appena svegliato.

“Niente, perché?”.

“Mi sembri… distante!”.

“Non vorrei che qualcuno pensasse che fossi il tuo ragazzo!”.

Scusa?

“wow, e tutta questa acidità te l’hanno data gratis sopra il pranzo?”.

Edward iniziò a giocare nervosamente col cibo nel vassoio.

Che gli prendeva e da dove aveva tirato fuori… ah, un momento.

“Hai ascoltato la mia conversazione con Angi stamattina.”

E non era una domanda!

Lui spostò lo sguardo sull’insalata. Bingo!

“Scusa, mi spieghi cosa avrei dovuto dirle? Sai Angi, vedi io Edward abbiamo molte cose in comune, non moriremo mai, siamo dei mostri… è questo ci ha fatto avvicinare moltissimo”.

Lui mi guardò colpevole.

“Io…” provò a dire, ma non continuò.

“Cosa? Dio parla Edward. Stanotte ci siamo baciati, ma non mi sembra di ricordare che tu mi abbia chiesto di diventare la tua ragazza, perciò ad Angela non credo proprio di averle mentito. Infondo noi non stiamo assieme…”.

Lui mi guardava consapevole.

Oddio, quei due mi hanno rotto!”.

Sia io che Edward ci voltammo verso la persona che aveva detto quella frase, ovvero Alice, a tre tavoli da distanza. Ci guardava con gli occhi fuori dalle orbite. Muoveva la bocca, e parlava ad una tonalità percepibile solo alle nostre orecchie.

Insomma, si vede da un chilometro che vi andate dietro. Cosa serve farne un dilemma del genere. Ve lo dico io, voi state ufficialmente assieme e intanto, io vi organizzerò le nozze!”.

Chiuse il discorso con un sorrisetto da brivido dei suoi.

Vidi tutti gli altri Cullen annuire alle sue parole ed una Rosalie aggiungere: “Grazie Alice, stavo per intervenire io!”.

In sincrono io ed Edward ci voltammo scioccati, per poi metterci a ridere.

“Beh, quello che dice Alice , non va discusso!”.

“Si, Bella, è vero, ma mi sentirei un vile se ora non ti chiedessi, nelle mie più piene facoltà mentali… vuoi essere la mia ragazza?”.

La proposta la disse con una tale intensità, che solo lui era in grado di dare ad una semplice frase.

Sorrisi.

“Si, lo vorrei!”.

Ci prendemmo per mano e lui mi diede un dolce bacio a fior di labbra.

 

 

 

Passarono così, le due settimane che ci dividevano dalle vacanze natalizie, e quindi da Eleazar.

La sera stessa del nostro ‘fidanzamento’, Edward, mi portò fuori per un appuntamento. Non essendo però noi due normali, fu ovvio che il nostro appuntamento non sarebbe stato come quelle delle persone umane. Edward, molto galantemente, mi portò in Canada a cacciare, e per galantemente, intendevo, che nella corsa si era limitato per poter rimanere al mio fianco. Era stata la caccia più strana della mia vita, primo perché era impossibile concentrarsi, dato che Edward era così felino, affascinante e aggraziato, che la concentrazione era una cosa di cui non sapevo nemmeno l’esistenza; secondo, perché non faceva altro che baciarmi, quando dovevo attaccare. Il giorno dopo, però, potei dire ad Angi, che finalmente eravamo usciti assieme, solo che nella sua versione, eravamo andati a bere qualcosa a Port Angeles e che ora poteva definirsi la migliore amica della ragazza di Edward Cullen.

A casa Cullen erano tutti felici di sapere di noi due. Carlisle, più di tutti, poiché il suo Edward era stato solo fino ad ora, e sapeva quanto ci soffrisse. Mai avrei pensato che un giorno mi sarei ritrovata a vivere tutto questo, un amore ed una famiglia fantastica.

Nelle due settimane che passarono continuai anche ad allenarmi, non solo con Jasper, ma anche con Emmett, il quale aveva espresso la sua insensata voglia, di provare il mio scudo fisico. E chissà come, dopo che riuscii a sbalzarlo via da me, si era così gasato del colpo infertogli, che invece di indietreggiare a tale potere, insistette per voler combattere con me, ancora più di prima. Emmett era la prova vivente, che anche i vampiri, come gli umani, potevano soffrire di schizofrenia e Carlisle, ovviamente, fu molto stuzzicato da tale idea.

Jasper, quale intelligente stratega, studiò anche degli eventuali schemi d’attacco per, sempre eventuali, scontri con altri vampiri, di cui io ero l’asso nella manica. Cercammo di fare in modo, che per me fosse sempre più facile poter utilizzare lo scudo, anche per salvare i miei compagni di battaglia, qualora essi fossero in pericolo. Con Edward quella volta fu facile, prendere di mira Tanya e non lui, eppure quando ritentammo, non fu ugualmente semplice. Era finita che oltre ad Emmett avevo preso anche Rosalie, la quale, invece, avrei dovuto salvare. Passammo due intere notti ad allenarci su ciò, ma in qualche modo, alla fine ero riuscita a trovare un punto d’incontro con il mio scudo fisico.

Jasper era sempre più affascinato dal mio potere. Aveva passato giorni a mettere per iscritto i suoi pensieri. Secondo lui io sarei stata una grande minaccia per i Volturi, poiché il mio scudo per intero, quindi fisico e psichico, avrebbe neutralizzato tutta la guardia dei tre signori, per questo si era poi deciso a insegnarmi nei minimi dettagli la lotta fisica corpo a corpo, così che potessi divenire un vampiro temibile sotto tutti i punti di vista.

Chi non fu felice di tale decisione fu ovviamente Edward. Lui soffriva vedermi attaccata dalla sua famiglia, seppur conscio del fatto che era un allenamento. Più di una volta aveva attaccato il mio partner di combattimento quand’ero in difficoltà, e quanti litigi ne erano susseguiti, poiché io non volevo essere salvata, io volevo salvarmi da sola, con le mie forze e lui questo non riusciva a capirlo. Lui ancora ora non riusciva a comprendere il fatto che per sessanta anni della mia vita, io me l’ero sempre cavata da sola, e questo era più forte di me. Lo amavo, anche se non glielo avevo ancora detto, però avevo imparato che prima di poter amare gli altri, bisognava saper amare se stessi, ed io, per quanto lui fosse il mio tutto, non avrei mai permesso che me stessa venisse messa in secondo piano.

La sera prima della partenza avevo preparato il mio trolley ed ero poi andata dai Cullen, non prima di aver avvisato Angela che per le vacanze natalizie sarei andata in vacanza con la famiglia di Edward.

Ci trovavamo tutti nel grande salone aspettando che Alice finisse di impacchettare le sue cose, quando Emmett lanciò una frecciatina.

“Ehi Eddino, cosa dirà Tanya quando vedrà te e Bellina tutti appiccicati?”.

Edward doveva ancora rispondere, quando io mi ricordai delle parole di Tanya alla sua partenza.

“Grazie Emmett per il promemoria, Edward che risposta è che dovresti dare a Tanya appena arriviamo?”.

Vidi Edward guardarsi in giro imbarazzato mentre si grattava nervosamente la testa e tutta la sua famiglia lo osservava curiosa.

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Capitolo 16
*** capitolo 16 ***


16

Eccoci al sedicesimo capitolo. Grazie di cuore per essere ancora qui a seguirmi.

Vi voglio bene!!!

 

 

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Capitolo 16

***

 

 

Stavo in piedi davanti ad Edward con le mani sui fianchi, così da incutere un po’ di timore, anche se a dire il vero mi faceva un po’ ridere la scena.

Edward dopo avere devastato ancora di più la sua chioma, si alzò parandosi a pochi centimetri da me, sussurrando un ‘Seguimi!’.

“E dai fratellino… voglio sapere anch’io…”.

Emmett si lagnava, mentre io ed Edward andavamo verso l’esterno. A quanto pare voleva parlarne con me, ma senza rendere la cosa troppo pubblica. Questi erano quegli atteggiamenti che mostravano quanto lui fosse gentiluomo, perché per quanto Tanya potesse essere odiosa, era un donna, e lui era nato nell’epoca in cui il cappello si toglieva per educazione, non in quella che lo si premeva di più sugli occhi.

Saltò il fiume con un ampio salto e subito ne fece un altro, io lo seguii a ruota.

“Qui non ascolterà nessuno!”.

Annuii mentre mi sedevo su una roccia che ergeva in mezzo a quella mini radura, lui invece restò in piedi a pochi metri da , fissando il nulla tra gli alberi, per poi posare lo sguardo sul mio.

“Cosa pensi mi abbia detto?”.

“Beh, non è difficile, che forse ti ama, che vi conoscete da tempo, bla bla.. e che sarà giusto così…”.

Lui mi guardò stupito, e mi osservava come se volesse leggermi dentro. Ah! Anzi, di sicuro cercava di leggermi dentro, ma senza molto risultato, vedendo la sua frustrazione nella piccola V che si era andata a formare tra le sue sopracciglia. Avevo voglia di distenderla con le mie dita.

“Sicura che non leggi anche nel pensiero tu?”.

Risi.

“No, non mi risulta, ma sono oggettiva.”.

Si avvicinò di qualche passo.

“Beh, in sintesi le cose stanno come tu le hai esposte…”.

“E…?” lo incitai a continuare.

“E… niente. Insomma, se volesse Tanya avrebbe un gran cuore, l’ho visto molte volte in passato, soprattutto con la sua famiglia. Si comporta in modo esagerato lo so…”.

“Sei sempre troppo buono!”.

Cercava sempre di non essere nella parte del cattivo.

Mi sorrise sghembo.

“Non mi piace ferire le persone.”

“Lo so, ed è una cosa che apprezzo molto di te.”

Accorciò la distanza e mi avvolse nel suo abbraccio.

“Forse mi reputi migliore di quel che sono.”

Alzai di nascosto gli occhi al cielo.

“No, Edward, non iniziare questo discorso, sai già che vincerei io!”.

“ok, come non detto!”

Si staccò ridacchiante da me.

E così lei gli aveva detto che lo amava, ah? Zoccola!

“E così ti ama perdutamente?”.

Lui tirò la bocca in una smorfia, agitandosi un po’.

“Diciamo che i suoi sentimenti non sono molto profondi, a mala pena sinceri, ma in ogni caso, non qualcosa che io possa ricambiare”.

Chissà perché, ma darlo per scontato e sentirlo dire, sono due cose così differenti. Tirai mentalmente un grosso respiro di sollievo.

“Come pensi reagirà, quando ci vedrà o vuoi mantenere segreta la nostra relazione?”

Durante la frase mi ero accorta che magari c’era la possibilità che lui non la volesse far soffrire così tanto, da chiedermi di far finta di niente.

Spezzò subito le mie ansie.

“Bella, non è la prima volta che Tanya mi rivela i suoi sentimenti, forse questa è stata la volta più esplicita, ma ha sempre saputo che io non l’avrei mai ricambiata. Io non ci penso neanche a tenerti nascosta, a tenerci nascosti. Siamo io e te, piccola!”

Perché la parola ‘io’ accostata ad un ‘e te’ uscito dalla sua bocca, suonava sempre così dannatamente bene?

Annuii, incapace di dire altro e lo baciai, per esprimergli le mie mute parole, che il cuore mi suggeriva.

Dopo infine avergli sussurrato un ‘buona fortuna’, tornammo dalla nostra famiglia che ci aspettava nel garage e aveva appena finito di caricare i bagagli. Avremmo fatto tre macchine, la Mercedes di Carlisle, la Volvo di Edward e la Jeep di Emmett. Quest’ultimo, non appena arrivammo, mi si avvicinò bisbigliando un ‘quindi?’.

“Emmett non sono affari tuoi!”

Edward lo rimproverava.

“Eddino, perché fai l’antipatico?”

Edward strabuzzò gli occhi, mentre Emmett si allontanava ammiccandomi strizzando un occhio.

Era proprio fuori. Un vampiro alto e grosso, ma con l’anima di un bambino di cinque anni.

 

 

Il viaggio fu un inferno poiché con me ed Edward, salirono anche Jasper ed Alice. Ovviamente Jazz fu quiete come il suo solito, quello che non si poté dire di Alice. Per tutto il viaggio non fece altro che parlare e la parte peggiore fu quando cercò di coinvolgerci in quelle stupide canzonette da viaggio o da campeggio. Le volevo bene, ma a volte l’avrei strozzata, no forse era meglio dire, imbavagliata. Si, meglio, non bisognava certo farsi prendere dalla mano fino in fondo, no?

“Alice, siamo quasi arrivati, puoi per cortesia, fare silenzio?”

Edward saettava il suo sguardo dalla strada allo specchietto retrovisore.

“Emmett ha ragione sei antipatico!”

Lui sbuffò, io risi, riservandomi una sua occhiataccia, che mi fece allargare il sorriso di più.

Dopo cinque minuti arrivammo. Eravamo praticamente circondati dalla neve, sembrava quasi un luogo surreale, da quanto sembrava magico. La casa di Eleazar era una villetta fatta interamente in legno, era bellissima. La loro casa era circondata da una distesa di neve contornata più in là da immensi boschi. Tipico per un vampiro vegetariano.

Parcheggiammo davanti e subito i padroni di casa uscirono. Riconobbi Eleazar accompagnato da quella che doveva essere Carmen, poi vicino a loro Tanya, con al seguito le sorelle, Irina e Kate. Si somigliavano tutte e tre, essendo tutte bionde, eppure le altre due Denali, sembravano per quanto poco, meno oche della sorella. Beh, l’avremmo scoperto presto di sicuro.

Scendemmo ed Edward mi si avvicinò subito, prendendomi per mano e intrecciando le nostre dita, cosa che non sfuggì a nessuno del Clan Denali, soprattutto Tanya, che affilò lo sguardo su noi.

Dopo i primi saluti, Eleazar si fece avanti per presentarmi la sua famiglia.

Carmen, dai lunghi capelli neri e un viso dalle curvature spagnole. Era molto bella e il suo sguardo era dolce.

Come avevo sospettato sia Kate che Irina erano molto differenti dalla loro sorella, avevano i piedi per terra

 

 

Finite le presentazioni, portammo i bagagli all’interno.

“Carlisle, vi abbiamo riservato le solite camere.”

Poi Eleazar si voltò verso me, palesemente imbarazzato.

“Io Bella ti ho preparato un camera apposita per te, con letto e tutto. Però insomma Edward, non sapevo, non so tu… come…”.

Guardai Edward che tratteneva un sorriso.

“Tranquillo Eleazar, si condividerò la camera con Bella.”

Tutti ridacchiavano, tranne Tanya che ringhiò e se ne andò sbattendo la porta.

“Scusatela!” disse Kate.

Emmett per fortuna con i suoi interventi inopportuni salvò la situazione, sebbene a mio danno d’immagine.

“Oh, tranquillo Eleazar, tanto anche se gli dai due camere separate, il furbetto pel di carota la notte sgattaiolerebbe in camera di Bellina, quindi tanto vale dargliene una. Sai com’è, è stato solo un secolo!”

“Emmett!” urlammo all’unisono io ed Edward, mentre gli altri se la ridevano.

Ci aveva fatto passare per due quindicenni in calore, peccato che io ed Edward non avevamo ancora fatto il gran passo. Era strano però, perché da quello che sapevo del mondo i ragazzi, specialmente il giorno d’oggi, dopo un bacio pretendevano già il tuo tutto, come se fosse quello l’importante. Invece, con Edward, non era così. Ero io a ritrovarmi a fare sogni ad occhi aperti molto vietato ai minori di 18, lui nella realtà era e si comportava come il gentiluomo che lui era. A volte mi passava per la testa che forse non ero desiderabile, però poi mi riscuotevo pensando che forse era solo Edward che voleva aspettare, perché lui ad ogni gesto dava la giusta importanza.

Una volta in camera e posato i bagagli ci guardammo silenziosi per una frazione di secondi e poi scoppiammo a ridere.

“Giuro che un giorno o l’altro ucciderò Emmett!”

“Bella, pensa che io vivo con lui da più di mezzo secolo!”

Feci una faccia di puro orrore.

“Non ti invidio affatto!”

Ridemmo ancora ed Edward mi abbracciò, stampandomi un bacio che presto cambiò in pura passione.

“Allora piccioncini staccatevi. Dai, Eddino, la nostra gara di Grizzly!”

Mi sentii scuotere e trovai Emmett che tirava Edward per la manica come un bambino.

Si lo ucciderò ne sono sicura.

Edward riservò uno sguardo di pura disperazione nei miei confronti e uno da pure killer nei confronti di Emmett.

“Dai vai!”

Sbuffò e mi diede un bacio sul naso, per poi seguire Emmett fuori dalla porta, il quale urlava a Jasper che stava per arrivare anche da lui.

Sorridendo disfai i bagagli di me ed Edward e poi non sapendo che fare scesi al piano di sotto.

Nel salone di fronte ad un fuoco scoppiettante che presumo esistesse più per mostra che per necessità, trovai Esme, Carlisle, Carmen ed Eleazar.

“Oh, Bella, stavo proprio pensando a te!” mi disse quest’ultimo.

“Dovrei preoccuparmi?”.

Suscitai la sua ilarità.

“No, ancora no. Ha fatto progressi il tuo scudo?”.

Annuii contenta e decisa, per poi raccontargli di quelle due settimane di allenamento che mi avevano permesso di riuscire ad usufruire, anche se in modo non del tutto perfetto, il mio scudo fisico.

Ne era estasiato e non vedeva l’ora che arrivasse l’indomani per iniziare la sessione di allenamenti con Kate, che a parer suo era anch’essa estasiata all’idea. Mah!

All’ora di cena Carmen si offrì di prepararmi qualcosa da mangiare, dato che avevano fatto la spesa in mio onore. Lei come Esme, mi facevano volentieri da mangiare, perché era una cosa che le faceva sentire più umane, ed era ovvio, che non ce ne fosse poi molta occasione di farlo. Io ero la scusa giusta e ne ero felice, almeno la mia diversità rendeva felici per qualche minuto altre persone.

 

 

Giunta sera, Edward non era ancora tornato ed a me stava venendo sonno, così dopo aver ringraziato i presenti andai a letto.

Mi resi conto di essere una ninfomane perché i miei sogni si erano fatti decisamente colorati e poco raccomandabili. Mi svegliai di botto imbarazzata per la mia mente malsana. Mi stupii inoltre di continuare a sentire gemiti e frasi nonostante mi fossi svegliata. No, mi stavo davvero ammalando, non ero normale.

Mi voltai alla mia sinistra e mi accorsi che Edward non era ancora arrivato e che la sveglia segnava le tre del mattino. Chissà perché, ma mi svegliavo sempre a quell’ora.

Presi un ampia boccata d’aria e mi accorsi che quei gemiti non erano frutto della mia immaginazione. Oh, cazzo erano Emmett e Rosalie. Chissà da quanto andavano avanti, forse era stata colpa loro se avevo fatto un sogno così strano. D'altronde i sogni che facciamo li creiamo in una frazione di secondo e poi per tutta la durata del sonno li rielaboriamo, credendo invece di aver sognato per tutta la notte. Ah, il cervello umano. E pensare che nel mio caso lo era per metà.

Mi misi dei Jeans ed una felpa di Edward, giusto per sentire il suo odore, e dopo aver infilato gli UGG saltai fuori dalla finestra.

Come atterrai mi accorsi di non essere stata la sola a saltare fuori da una delle finestre di Casa Denali.

“Alice?”.

“Ciao Bella, già sveglia?”

“Diciamo che sono stata svegliata!”

Lei ridacchiò.

“Esme e Carmen mi avevano invitato ad andare a caccia con loro, ma non ne avevo molta voglia. Però ora piuttosto di stare in casa a sentire quei due, preferisco ad andare in loro compagnia. Vuoi venire?”.

Risi.

“No, mi farò una passeggiata qui nei dintorni!”

“Ok, a dopo Bella!”

“Ehm… Alice?”

Lei tornò indietro.

“Si?”

“Dov’è Edward?”.

Emmett aveva tanto rotto per andare a caccia, e ora stava di sopra a darsi alla pazza gioia. Oh, avrei voluto irrompere in camera sua e rendergli pan per focaccia.

Vidi Alice perdersi in una sua visione per poi tornare in se.

“Bella, non ti consigli di farlo. Rosalie si arrabbierebbe molto.”

O per l’amor di Dio. Ogni giorno che passava, riuscivo sempre più a capire perché quei due andassero tanto d’accordo.

“Comunque, Edward e Jasper sono ancora a caccia. Emmett è tornato prima perché aveva perso!”

Sogghignai a riguardo.

“E’ venuto a consolarsi…”

“Già…”

Salutai poi Alice e iniziai a passeggiare in quella distesa bianca.

Un chilometro dalla casa, c’era una specie di burrone frastagliato da rocce. Su una delle rocce più alte, in mezzo alla neve, c’era una panchina.

Mi sedetti e lo spettacolo fu strepitoso. Non c’erano nuvole in cielo e il chiarore della luna e delle stelle, rendeva il luogo quasi alieno. Fantastico.

Ci fu uno spostamento d’aria e percepii il suo odore. Il cuore non poté non iniziare a battere più forte del normale.

“Sono contento di farti sempre questo effetto!”

Sorrisi alla mia destra dove lui si stava sedendo.

“Non posso farci nulla!”

Gli sorrisi e lui di rimando.

Al chiarore di luna la sua pelle diafana si accendeva. I suoi occhi d’ambra si accendevano, anzi ora sembravano puro oro liquido, dovuto al sangue appena assunto. Percepivo poi che anche il suo corpo, dopo il pasto, era più caldo.

Lui passò un braccio dietro le mie spalle e mi attirò a se.

“Cosa c’è piccola?”

“Sei… bellissimo Edward!”

Lo dissi con una tale intensità che lui non si permise di smentire, cosa che di solito faceva.

Questa volta invece mi prese e mi baciò.

“Tu, sei bellissima, Bella e hai un buon gusto in fatto di vestire.”

Mi strinsi di più a lui.

Stare separati, anche poche ore iniziava a diventare per me una cosa insopportabile, non era da me e non lo avrei mai dato a vedere. Di questo ringraziavo soprattutto il mio scudo, che celava così i miei pensieri a lui. Non volevo soffocarlo.

“Bella, sempre a guardare le stelle, ah?”

Mi voltai a scrutare il cielo di fronte a noi.

“Diciamo che stavo dormendo, ma causa forze maggiori sono dovuta uscire di casa!”

Edward scoppiò in una grossa risata che risuonò per tutto il burrone, muovendo qualche strato di neve.

“Attento, farai venire le valanghe così!”

“Ops!”

Tacque subito, ma non celando comunque un fantastico sorriso in faccia.

“Cosa ti fa ridere?”

“La causa forza maggiore.”

Alzai un sopracciglio.

“Tornato, sono andato in camera per vedere se dormivi, ma non c’eri ed Em e Rose stavano…”

Lo vidi imbarazzarsi.

“… Così notando la finestra aperta ho seguito il tuo odore fino a qui!”

“Sono sempre così quei due?”

“Ritieniti fortunata Bella a non averli conosciuti quando si sono messi assieme. ‘Sono dovuti passare la bellezza di dieci anni prima che riuscissi a sopportarne la vicinanza entro il raggio di dieci chilometri. Anche Esme e Carlisle non digerivano molto la faccenda’!”

“Wow. Quindi dovrei ritenermi fortunata?”

“In un certo senso…”

Feci un smorfia con la bocca che lo fece ridere.

“Bella, e tu hai solo le orecchie, pensa a me che vedo tutto, è davvero difficile tagliarli fuori dalla mia mente!”

Accidenti, me ne ero completamente dimenticata.

Rabbrividii per lui.

“Ti guardi i porno, ah Edward? Non ti facevo un ragazzo del genere!”

Lo vidi strabuzzare gli occhi, pensavo gli sarebbero usciti dalle orbite.

“Bella, amore, ma che dici?”

Risi, per poi bloccarmi dopo aver rielaborato le sue parole.

Amore.

Mi aveva chiamata amore.

Anche lui si bloccò forse accorgendosi del fatto.

Il mio cuore era ovvio che stesse battendo all’impazzata, ormai non ci facevo più caso.

“Bella…”

Mi chiamò sottovoce.

I nostri occhi erano incatenati, non esisteva più nulla. Neanche le stelle, per quanto belle fossero, non c’erano più, non c’era nulla se non noi e il nostro amore.

Si, era arrivato il momento giusto, quello di dire le fatidiche ‘due parole cinque lettere’. Quel momento in cui, quando ti guardi indietro pensi, si, è allora che è cambiato tutto.

“Ti amo.” “Ti amo.”

Buffò o no, lo dicemmo all’unisono, segno indistinguibile di quanto io e lui fossimo giusti, eppure fummo presi lo stesso in contro piede dalla consapevolezza di essere anime gemelle.

Sorridemmo incapace di fare altro.

“E’ così allora?”.

Ci guardammo straniti, perché ne io ne lui avevamo pronunciato quella frase.

Ci voltammo verso il mittente, che si trovava sulla roccia più alta del burrone, di sfondo alla sua figura, solo la notte scura.

Tanya.

“Preferisci lei?”.

Edward si era irrigidito.

“Tanya, lo sai come stanno le cose.”

Lei taceva e ci guardava furiosa, prima lui, poi me.

Edward parlò ancora.

“No, non sarebbe cambiato nulla.”

Stavano avendo una mezza comunicazione muta.

Lui si alzò poi all’improvviso parandosi di fronte a me.

“Tanya, siamo amici di lunga data, non rovinare tutto per una cosa stupida. Con l’esistenza di Bella o meno, io non ti avrei mai potuto ricambiare!”

Le sue parole ferirono visibilmente la vampira. Nei suoi occhi: odio e dolore.

“No.” Negò Edward con il capo. “Di tempo ne è passato tanto lo stesso, non avrebbe cambiato nulla neanche fra cent’anni.”

Tanya rispose con un ringhio che rimbombò per quasi un minuto nell’aria. Metteva i brividi e per quanto poco, provai un po’ di pena per il suo rifiuto, ma non di più. Stavamo parlando di Edward, e lui era mio.

La vampira dopo il suo sfogo si voltò saltando nel burrone alle sue spalle.

Se fosse stata umana sarebbe stato un suicidio, ma essendo lei vampira, di sicuro non aveva subito danni.

Edward si voltò lievemente scosso dall’accaduto e mi accarezzò la guancia, sorridendo lievemente, anche se ciò, non arrivò ai suoi splendidi occhi. Alzò poi lo sguardo alle mie spalle e poco dopo arrivarono Carlisle ed Eleazar.

“Cos’è successo? Cos’è stato quel ringhio?”.

Mi sentivo in parte colpevole, e non era giusto. Chissà Edward, invece, come si sentiva. Conoscendolo, si odiava, perché lui avrebbe fatto di tutto pur di non far soffrire nessuno, anche una stupida come Tanya.

Parlai io, dato che Edward, non dava cenni di farlo.

“E’ stata Tanya.”

Eleazar scosse la testa.

“Speravo di aver sentito male.”

“Non ha preso bene il rifiuto di Edward.”

Strinsi una mano al mio uomo, il quale ricambiò la mia stretta. Bene, si stava riprendendo.

“Gliel’ho sempre detto a Tanya, ma non mi ha mai ascoltato. Spero solo non faccia sciocchezze. State tranquilli ragazzi, tornerà vedrete.”

Detto questo si dileguò, con Carlisle al seguito, il quale era rimasto due secondi di più a fissare Edward. Di sicuro aveva capito lo stato d’animo del figlio, in fondo lo conosceva più di tutti e speravo gli avesse detto una qualche frase ad effetto, dato che Edward aveva alzato il capo verso di lui e poi annuito.

Una volta soli, Edward si sedette sulla panchina sospirando. Io mi accucciai a fianco a lui, con il viso sulla sua spalla guardando il suo sguardo che a sua volta fissava il nulla davanti a se.

“Lo sai vero che non è colpa tua?” gli dissi. Odiavo credere che potesse pensarlo.

“Anche Carlisle l’ha detto. Si, lo so, ma mi dispiace, anche perché questa volta era più ferita del solito.”

Presi ad accarezzargli i capelli, non sapendo se quel gesto faceva stare meglio me o lui.

“Andrà tutto bene, vedrai!” non ne ero sicura, però volevo rassicurare lui.

“Lo spero.”

 

 

 

 

 

*** Qualche frase ha radici in “Midnight Sun” e “Breaking Dawn”.

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Capitolo 17
*** capitolo 17 ***


17

 

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Capitolo 17

***

 

 

Io ed Edward passammo il resto della notte accoccolati ed il mattino seguente, ci ritrovammo quasi tutti, nell’ampia distesa bianca a fianco alla casa per incominciare gli allenamenti. Da quanto avevo capito, Tanya non era tornata ed Alice non riusciva a capire dove fosse, poiché la vampira cambiava frequentemente le sue decisioni. Sapeva come funzionava il potere di Alice e giocava con i suoi buchi neri.

“Bene, Bella.” Iniziò Eleazar “che ne pensi di farmi vedere che sa fare il tuo scudo?”

Emmett si fece subito avanti, ovviamente.

Il mio scudo era ottimo per un vampiro del sua stazza. Non avevo la destrezza del combattimento di Jasper, non ancora almeno, ed Emmett era uno di quei vampiri, che faceva affidamento sulla forza fisica , era il suo dono ed il mio scudo era ottimo per levarmelo di dosso quando le sue strette diventavano micidiali.

“Bene. Ho un conto in sospeso con te!” dissi.

Lui ghignò.

“Avanti sorellina, perché porti rancore?”

Sorrisi oscillando la testa a destra e a sinistra.

“No, Emmett. Stavolta non la passi liscia!”

Lui sorrideva ancora, mentre si metteva in posizione, non persi tempo, attaccai subito. Jasper me lo ripeteva sempre, se puoi, non aspettare, attacca sempre per prima, la miglior difesa è l’attacco.

Vidi infatti un lampo di sorpresa negli occhi di Emmett il quale scansò per un pelo la mia azzannata. Avevo puntato dritta alla gola. Altro suggerimento di Jazz.

Iniziammo questa strana danza dove io attaccavo di continuo ed Emmett si difendeva all’ultimo, cercavo di non dargli respiro, tuttavia riuscì a contrattaccare stupendomi. Mi fu addosso come un treno, mi atterrò e stava per chiudermi in una delle sue morse, così raccolsi tutte le mie emozioni, sentendomele fluire dentro e le trasformai in qualcosa di solido ma malleabile ai miei sensi. Il mio scudo. Quando ne percepii quasi il gusto lo lanciai su Emmett con tutta la mia forza e boom. Emmett fu sbalzato in aria ad una decina di metri da me.

“Bene Bella e ora prova a mantenere lo scudo attivo!”

Eleazar voleva che riuscissi a mantenerlo attivo, così da creare una barriera infrangibile.

Cercai di rimanere concentrata, era faticoso, però più ci provavo più mi riusciva meglio, riuscivo a mantenerlo attivo sempre un secondo in più della volta precedentemente.

Nel frattempo, Emmett, si era rialzato ed era partito in carica verso di me, successe tutto nello stesso istante. Emmett che sembrava schiantarsi verso un vetro invisibile, un tuono fragoroso, dovuto allo schianto tra il vampiro e lo scudo, che si spanse nell’aria e un piccolo pizzicore in una parte, non propriamente definita, della mia mente. Lo scontro con lo scudo mi aveva lasciato un retrogusto amaro in bocca, ma gente, che figata.

“Bella, che figata!”

Appunto, come poteva Emmett non entusiasmarsi a tal punto? Però non era l’unico. Tutti i presenti erano visibilmente e piacevolmente sorpresi. Edward, ovviamente, non era presente e questo mi infastidì più del solito.

“Bella, sei stata grande!” Jasper mi si avvicinò contento, ma bloccò a mezz’aria il passo che stava facendo.

“Bella?”

Mi chiamò stupito.

Capii subito, lo scudo era ancora attivo ed io, non me ne ero accorta. Nella mia mente spaziosa avevo dato priorità alla loro reazione contenta, poi il primo posto dei miei pensieri era stato occupato fortemente da Edward, e inconsciamente avevo continuato a mantenere attivo lo scudo. Fantastico. Ripresi coscienza dello scudo, e come acqua alle alte temperature lo feci dissolvere, simile ad uno stato gassoso, nell’aria.

“Wow!” dissi “inconsciamente sono riuscita a tenerlo attivo, senza sforzo!”

“Magnifico!” Eleazar si illuminava sempre di più.

Jasper finalmente riuscì a raggiungermi e mi diede una pacca leggera sulla spalla.

“Bella devo farti i miei complimenti. Segui i miei consigli alla lettera.”

Risi.

“Chissà che l’allieva non superi il maestro!”

Rise anche lui, e nei suoi occhi una tacita sfida futura.

“Non contarci troppo Bella!”

 

 

 

Dopo quell’episodio ne susseguirono altri, dove riuscivo a spostare il mio scudo in secondo piano nella mia mente, mentre questo restava attivo. I problemi nacquero con lo scudo mentale ed in questo ambito era subentrata Kate. Riusciva ad emanare scosse elettriche da ogni parte del corpo e ovviamente su di me non facevano effetto.

Dovevo riuscire a trovare il mio scudo mentale ed espanderlo su altre persone. Emmett si era proposto subito volontario, solo che io non mi mostravo molto partecipe e il poveretto non faceva altro che prendersi fulminate che avrebbe polverizzato un umano.

“Scusami Emmett, ancora!”

Il vampiro si alzò a fatica.

“Bellina, non ti preoccupare, ma per oggi mi ritiro!”

Era visibilmente sfinito, chissà quanto aveva resistito per potermi aiutare.

“Si, tranquillo, non preoccuparti, sei stato anche troppo resistente!”

Mi sorrise scompigliandomi i capelli ed io ero arrabbiata. Arrabbiata con Edward, che invece di essermi a fianco a sostenermi, se ne stava rintanato chissà dove.

“Bella facciamo una pausa ok?”

Kate mi guardava preoccupata.

“Si, grazie!”

Volevo trovarlo e dirgliene quattro.

“E’ in camera vostra!”

Alice doveva aver avuto una qualche visione.

La ringraziai e mi avviai furiosa alla mia meta, ma mi bloccò.

“Bella, vacci piano ok?”

Annuii poco convinta.

Sbattei la porta della camera trovandolo seduto su una poltrona intento a leggere Nietzsche.

“Finito?” disse in tono freddo e non alzò neanche lo sguardo dal libro.

Questo non avrebbe dovuto farlo.

Visto che non voleva assistere, tanto valeva renderlo involontariamente partecipe. Ancora più facilmente, grazie alla rabbia che mi scorreva dentro, presi il mio scudo e lo espansi verso Edward, il quale fu sbalzato all’indietro, mandandolo contro la porta finestra, che si distrusse al suo impatto, scaraventandolo pochi metri più in là della casa.

Ops!

Non mi persi troppo sui danni, avrei chiesto scusa dopo.

Con un balzo gli fui davanti, lui nel frattempo si era alzato e mi guardava incredulo.

“Bella, amore, che ti prende?”

“Bella, amore, un corno! Che prende a te?”

Lui non capiva, mi guardava con gli occhi sbarrati, spaesato.

“Edward, mi stanno tutti dando una mano, mentre tu non ti fai neanche lontanamente vedere!”

Una scintilla nei suoi occhi, segno che stava iniziando a capire.

“Te l’ho già detto, mi fa male vederti nei combattimenti!”

“E a me fa ancora più male vedere che tu non ci sei nei momenti in cui avrei maggiormente bisogno di te!”

Il suo sguardo si addolcì, il mio no.

“Ma…”

“Niente ‘ma’, Edward! Ho capito che soffri nel vedere che vengo attaccata, ma dannazione è una finzione, è un allenamento, è un fottuto modo per aiutarmi, per salvarmi la vita semmai un giorno mi trovassi in una situazione e avessi bisogno di questi poteri!

Tu, dovresti essere dalla mia parte!”

“Se un giorno dovesse accadere una cosa del genere, ci sarò io a proteggerti!”

Mi stava per esplodere la testa dal nervoso.

“Edward, dannazione, io ho bisogno di sapere di essere in grado di potermela cavare da sola!”

“Da sola? Ed io chi sono? Dove sono io nel tuo futuro?”

Ora stava urlando anche lui, era furioso. Di sicuro ci stavano ascoltando tutti, alla nostra tonalità di voce, non serviva di certo il super udito.

I suoi occhi si erano fatti neri e se avessi potuto, lo sarebbero stati anche i miei.

“Perché non capisci, Edward?”

“Cosa non capisco? Non posso leggerti nella mente!” gridava.

Ero al limite e urlai quello che sentivo dentro.

“Non capisci che io non sarei in grado di proteggerti!? Tu sapresti destreggiarti al meglio, ma io? Se tu mai avessi bisogno di me, io non sarei capace di far nulla! Sei un idiota!”

All’insulto finale, mi accorsi di avere la voce rotta dal pianto. Mi ero sentita dentro l’inquietudine di trovarmi in una situazione in cui lui era in pericolo ed io ero ferma, inerme, non sapendo cosa fare.

Lui era rimasto scioccato alle mie parole, e quando forse si rese conto del loro vero significato, si avvicinò veloce a me baciandomi in una maniera del tutto diversa, da come aveva sempre fatto. Sentivo colpevolezza, voglia di perdono, possessione, paura di perdersi, voglia di amarsi, per sempre.

Quando ci staccammo, io ansimavo e lui appoggiò la fronte alla mia, non staccando lo sguardo di fuoco che aveva su di me.

“Sei una sciocca!”

Un sorriso spontaneo fiorì sulle mie labbra.

“Tu lo sei di più!”

Sorrise.

“Forse…”

 

 

 

Più tardi dovetti scusarmi con Eleazar e Carmen per aver distrutto la porta finestra, i quali non si erano scomposti minimamente. Assomigliavano molto a Carlisle ed Esme.

Nei giorni seguenti, Edward prese ad allenarsi volentieri con me, ma sapevo che faticava molto a dovermi vedere come un obiettivo da uccidere. Tuttavia, mi pentii della decisione presa, quando Kate disse di usare Edward come soggetto da proteggere dalle sue scosse.

“Allora, Bella, sei pronta?”.

Kate mi guardava con un dito alzato che puntava su Edward, il quale aveva a sua volta una mano allungata verso di lei.

Annuii poco convinta.

Lei si avvicinò con la mano a lui ed io sudavo freddo. Cercai chissà cosa, simile al mio scudo fisico per coprire Edward, ma quando pensai di aver percepito qualcosa, lo sentii tenere a freno il dolore che le scosse di Kate gli davano e ciò mi scombussolò i miei pensieri, mandando all’aria la mia mente.

“No, no fermati, mi sono sconcentrata!”

Kate sbuffò ed io mi fiondai su Edward.

Lo guardavo dilaniata dentro.

“Bella, sbaglio o è pentimento quello che sento?”

Guardai Jasper con un’occhiataccia, mentre Edward alzava un sopracciglio visibilmente divertito dell’affermazione di Jasper.

“Ti si sono avariati i poteri, Jazz? Non so di cosa tu stia parlando!”

Voltai la testa sbuffando irritata, per essere stata colta in flagrante.

Edward si alzò ed io mi riavvicinai come prima.

“Senti Bella” Kate aveva cambiato tono “sai cosa farò ora? Userò il mio potere al massimo, ma sappi che a volte la mia massima potenza ha bruciato vivi alcuni vampiri. Se mi concentro so essere letale ed è proprio quello che farò!”

La guardai ironica.

“Stai scherzando!”

Lei negò seria.

“No, Bella, o tiri fuori quel scudo e non so dirti che succederà ad Edward!”

Non sembrava scherzasse.

“Kate…”.

La vampira prese ad avvicinarsi ad Edward, che sembrava essere abbastanza preoccupato.

No, no, no. Non può farlo davvero!

“Aspetta, Kate!”

O forse si?

“3, 2, 1…”

Non so cosa successe, vidi l’inizio di una smorfia sul viso di Edward, e qualcosa, simile ad un elastico che avvolgeva la mia testa si allungò su Edward, mentre il mio ormai familiare scudo fisico sbalzava Kate lontano da lui, dato che il suo potere funzionava col tatto.

Una volta finito tutto, l’elastico rimbalzò indietro, riavvolgendo di nuovo la mia mente in modo circolare. Eccolo dov’era il bastardo.

“Kate tutto ok?”

Edward era andato a soccorrere Kate e lo seguii anch’io.

“Scusami!” dissi.

Lei si alzò, ma non era arrabbiata.

“Me lo sono meritata, ma non pensavo mi avresti creduto alla lettera!”

Mi aveva forse fregata?

“Stai dicendo…?”

Lei sorrise colpevole.

“Sto dicendo che non avrei mai rischiato di fare del male a tal punto ad Edward!”

“Bugiarda!”

La ammonii, tuttavia sollevata.

“Beh, amore, ma ha funzionato e non credere che la scossa sarebbe stata lo stesso leggera!”

Sapeva le sue intenzioni, aveva recitato anche lui. Antipatico! Non potevo dir nulla io, dopo che aveva accettato di aiutarmi e il suo modo era pure efficiente.

“Ha funzionato?”.

Lui annuì felice.

“Prima che tu la allontanassi, Kate mi stava fulminando, ma dopo l’impatto iniziale, non ho sentito più niente, e dai suoi pensieri, percepivo il suo potere affluire su me!”

“Yuhuu” gridai saltando in braccio ad Edward.

Quel giorno finì con una vittoria da parte mia, che avevo finalmente capito dove si trovasse lo scudo e la sua forma. Sapevo che sarebbe stato più semplice e così fu. Nei giorni a seguire divenne sempre più facile usarlo, così da non dover più usare il dono di Kate, ma quello di Edward e mi limitavo ad oscurare i pensieri dei miei amici alla sua mente. Quest’ultimi erano davvero contenti di questa innovazione alla loro privacy!

 

 

I giorni passavano, e di Tanya, tuttavia, non si avevano più notizie, ma nel frattempo arrivò il Natale!

La vigilia ci dividemmo in vari gruppetti e a turno andammo a fare il ‘cenone di Natale’. Era davvero comica la storia, dato che tutti, durante la caccia, indossavamo un cappellino di Babbo Natale.

Alla sera poi, ci ritrovammo tutti nel salone, intorno al grande albero di Natale che regnava in mezzo alla stanza. Aspettavamo la mezzanotte così da scambiarsi gli auguri e i regali. Era tutto così… umano, ed io ero al settimo cielo. Questo sarebbe stato il mio primo Natale con una famiglia, mia!

Allo scoccare dei dodici rintocchi la mia visuale era Edward. Tutto era sparito, davanti a me c’era solo lui, i suoi occhi d’oro liquido, i suoi capelli ramati e quelle labbra che avrebbero convertito un intero monastero.

“Buon Natale Amore mio”. “Buon Natale Edward!”

Tutto non poteva essere più perfetto.

Dopo aver festeggiato tutti assieme, io ero l’unica che brindai con lo champagne, Edward mi sussurrò di ritirarci. Annuii, e salutammo il resto della famiglia. Stavo per dirigermi verso le scale, ma lui mi fermo avvicinandosi al mio orecchio e sussurrandomi un “Non di là. Seguimi!”.

Perché la sua voce doveva essere così sexy?

Mi fece arrampicare sulle sue spalle, non prima di avermi bendato.

Il mio cuore mi scoppiava, mentre lui correva. Essere privata della vista, accendeva il mio allarme, ma sentire l’aria sul viso, misto all’odore di Edward, placava le mie ansie. Edward placava qualsiasi cosa di negativo ci fosse in me.

La corsa durò pochi minuti.

Dopo aver posato i piedi a terra, Edward si spostò dietro a me e mi tolse la benda, mentre mi lasciava teneri baci sul collo, che irradiavano scariche elettriche lungo alla mia schiena.

Poteva un vampiro morire per autocombustione?

Lasciai la mia risposta in sospeso, poiché i miei occhi catturarono la scena di fronte ad essi.

Una radura, una favolosa radura coperta da uno strato di candida neve, al centro del quale c’era una coperta gigantesca ed intorno ad essa migliaia di lumini accesi. Era tutto così bello, così surreale, uno spettacolo fantastico.

Piccole lacrime di felicità velarono i miei occhi.

“Edward è stupendo!”

Lui sorrise sul mio collo e poi per mano mi condusse sulla coperta.

“Volevo vedere le stelle con te e perché non sfruttare una notte così meravigliosa e limpida?”

Si poteva amare ogni giorno sempre di più? Si, si poteva. Il punto era: ci sarebbe mai stato un limite per quel sentimento? Perché il mio corpo sembrava troppo piccolo per contenerlo tutto.

“Nessuno ha mai fatto tanto… per me!”

Lui si sedette ed io tra le sue gambe, mentre lui mi stringeva a sé, come se potessi scomparire.

“Ne sono contento. Non fraintendermi…” continuò subito “… ma se qualcuno le avesse già fatte, vorrebbe dire che tu ora staresti con quella persona, ed io sto ancora capendo chi devo ringraziare per averti incontrata!”

Ed ecco che ad ogni secondo di più, era sempre più grande quel sentimento.

Lo baciai dolcemente. Era ora di dargli il mio regalo.

“Non ho fatto una cosa così plateale, ma spero lo stesso possa piacerti.”

Gli passai un pacchetto.

“Bella, non serviva, per me il regalo più grande è averti al mio fianco!”

Il mio eterno romanticone.

“Zitto e mosca, tutti in fondo adorano i regali! Su apri!”

Lui rise ed io ero impaziente di sapere se gli sarebbe piaciuto.

Vidi i suoi occhi ingrandirsi, quando aprì la confezione. Era un buon segno?

“Bella io…”

Era un bracciale d’oro bianco, con una targhetta ed un incisione. Sempre con te. Volevo che quello fosse un simbolo, che capisse che qualunque cose succedesse, ovunque lui fosse, io sarei sempre stata con lui e guardandolo mi sentisse vicino.

“… sono senza parole…”

“Se non ti piace io...”

Forse non era tipo da braccialetti. In effetti l’unico che gli avessi mai visto addosso, era quella con lo stemma della famiglia Cullen e basta.

“Stai scherzando? Lo amo. Qualsiasi cosa tu mi avessi dato, l’avrei amata!”

“Anche un pezzo di corda?”

Rise felice.

“Anche un pezzo di corda!”

Lo baciai di slancio. Avevo la necessità di stare sempre più vicino a lui. Lo volevo, in tutti i modi possibili e chissà, forse quella sarebbe stata la notte giusta! Eravamo così in sintonia ed io ero un fuoco.

Il bacio cambiò, da dolce diventò una necessità, lussurioso e passionale.

Presa dal momento iniziai a spogliarlo, ma lui forse intuendo la via che avevano preso i miei pensieri, mi bloccò.

“Aspetta, Bella!”

“Cosa c’è?”.

L’oro dei suoi occhi si era solidificato.

“Non possiamo!”

“Perché no?” non vedevo dove fosse il problema, io lo volevo lui mi… “Non … mi … vuoi?”

Avevo messo in conto che lui desiderasse avermi come io volevo lui, ma forse non era così.

Lui si riscosse prendendomi le mie mani tra le sue.

“Come puoi pensare che non ti voglia? Ogni parte di me di desidera, come non ho mai desiderato nulla in vita mia!”

“E allora dove sta il problema?”

Lui distolse lo sguardo da me, ed io offesa mi alzai.

“No, aspetta!”

Mi voltai indispettita.

“Ti avevo avvertito, Edward. Sincerità, onestà, dialogo. Sempre!”

Lui mi guardava sconfortato.

“E’ solo che non volevo che fossi così…”

Non capivo.

“Edward il luogo intorno è così romantico… siamo sotto un manto di stelle infinite…”

Per me il luogo era magico.

“Non intendo questo. Io voglio fare davvero l’amore con te, non sai quante volte mi sia trattenuto, ma io sono un uomo all’antica e voglio che tutto sia fatto nel modo giusto!”

Sapevo che Edward fosse vergine, diceva che non si era mai lasciato andare in quel modo, finché non avesse trovato l’amore della sua vita. Io, dall’altro canto, nella mia vita sconosciuta, per sentirmi il più umana possibile avevo già affrontato quel passo.

“Ancora non capisco…”

Non capivo, ero io insomma, no? Ero io l’amore della sua vita, o forse no? Forse ero troppo presuntuosa nel considerarmi tale?

“Non avevo immaginato che sarebbe stato così però, è giunto il momento!”

Oddio non capivo davvero più niente.

“Edward ma che…”

Le parole mi morirono in gola quando lui si mise in ginocchio di fronte a me.

Avevo visto molte scene simili, nei film romantici di tutte le epoche, ma con un finale uguale per tutti.

Volevo sapere cosa stesse per fare, ma la mia bocca si rifiutava di muoversi.

“Non ho mai creduto nel sesso prima del matrimonio, era il 1901 e i miei genitori mi avevano cresciuto con dei valori, che con la trasformazione si sono radicalizzati in me. Non voglio che pensi che quello che stia per fare sia solo un modo per portarti a letto, Bella, ma è da un po’ di giorni che rigiro questo, tra le mie mani.” Mise una mano in tasca e ne tirò fuori una scatolina di velluto rosso, che aprì scoprendo un anello di oro bianco, con al centro un ovale incastonato di tanti piccoli diamanti. Nel buio risaltava come Edward alla luce del sole. Era bellissimo. “Bella, lo so che non è molto che ci conosciamo, ma tu mi sei entrata dentro come nessun altro aveva mai fatto. Tu mi capisci, non mi giudichi e stranamente mi ami tanto quanto ti amo io. Mi ci è voluto più di un secolo per trovarti e non ho intenzione di separarmi mai più da te, se possibile, per l’eternità. Isabella Swan, mi faresti il grande onore di diventare mia moglie?”

Non mi ero accorta di aver trattenuto il respiro tanto a lungo. Continuavo a pensare che mi sarei svegliata da un momento all’altro, perché questo non poteva succedere davvero, perché io ero un mostro e non potevo essere così fortunata a vivere tutto ciò.

Si, si, si. La mia risposta non avrebbe potuto essere altro che si.

Lui era in attesa ed io stavo per rispondere, quando un telefono squillò. Era Alice.

“Abbiamo un problema!”

Eccolo là, il mio risveglio brutale.

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Capitolo 18
*** capitolo 18 ***


18

Non mi sono resa conto, eppure manca davvero poco alla fine della storia. 

Vi adoro, grazie per aver seguito fino a qui. Siete tutti importanti, voi che leggette, e soprattutto voi che recensite, 

dandomi spunti per la mia storia.

vi chiedo scusa per il ritardo, ed ora: BUONA LETTURA!! <3

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Capitolo 18

***

 

 

 

Quando io ed Edward tornammo in casa Denali, trovammo tutti riuniti nel salone, l’atmosfera era molto simile ad una veglia funebre.

Li osservai uno ad uno e non potei non notare come le facce appartenenti al clan Denali fossero diverse dalle altre. Nei Cullen leggevo preoccupazione e timore, negli altri sconforto e colpevolezza. Qualcosa li stava dilaniando dentro e non potei non pensare a Tanya.

“Ditemi che non è vero! No! Dannazione!”

Edward se ne era uscito con quella frase ringhiando, scaraventando il tavolino da the sull’albero di natale, distruggendo tutto. Poi Strinse le sue mani in pugni, le nocche se possibile, erano ancora più bianche, mentre fissava Alice con una furia che mai gli avevo visto addosso. Sicuramente aveva letto nella sua mente l’accaduto e mi spaventava la sua reazione, sembrava che stesse per attaccare sua sorella ed ero certa, che lei non poteva avere colpa e sarebbe stata il suo capro espiatorio.

Mi avvicinai a lui e strinsi una sua mano nella mia, si rilassò, ma non quel tanto che speravo.

Buffo, non potei non perdermi a ripensare a pochi minuti prima, dove tutta quella tensione non c’era, dove stavamo per vivere un sogno, infranto sul più bello. Quando lui aveva chiuso la telefonata di Alice, si era alzato, rimettendosi l’anello in tasca. Non lo dissi, ma mi fece male quel gesto, come una porta aperta dalla quale vedi il paradiso e che ti viene chiusa in faccia, dopo averti fatto assaggiare l’illusione di potervi accedere. Forse aveva intuito il mio stato d’animo o forse no, tuttavia mi accarezzò una guancia, dicendomi che avremmo ripreso il discorso dopo aver affrontato la questione, ma sia io che lui, sapevamo benissimo che non sarebbe stato così semplice ed ora quelle facce me lo stavano confermando e la sua reazione, rassegnare.

“Cosa sta succedendo? Centra … Tanya?”

Tutti a quel nome sussultarono. La risposta era palese. Edward si prese la testa tra le mani e si sedette sul primo gradino delle scale che portavano al piano superiore. Lo conoscevo abbastanza bene da sapere, che qualsiasi cosa stesse accadendo, lui si sentiva colpevole.

Alice mi prese una mano e mi guardava con uno sguardo vitreo da raggelarmi il sangue. La sua voce solitamente allegra era spettrale e apatica.

“Degli amici di Jasper, che si trovavano nell’Europa Occidentale, hanno incontrato dei nomadi, i quali hanno riferito loro che i Cullen … noi, stiamo nascondendo un essere diverso dalla razza dei vampiri e da quella degli umani, tu. Pare che Tanya abbia parlato di te e soprattutto della tua natura in giro e beh, vedi, i vampiri centenari sono ghiotti di notizie come queste e sanno diventare dei veri pettegoli disgustosi. La nostra velocità non aiuta affatto e la notizia si è sparsa molto velocemente.”

Ma bene. Ero diventata il gossip numero uno nella Gazzetta del Vampiro.

Il suo sguardo si era fatto più vitreo ed Edward si stava dondolando in modo maniacale.

“Non è tutto, vero?”

Lei abbassò il capo triste.

“No!”

Europa uguale Italia.

Italia uguale Volturi.

Ma certo, era questo il problema di fondo. Il nostro timore più grande infine si era realizzato e il più anticipatamente possibile.

“La notizia è arrivata anche a loro, vero?”

Non servì pronunciare il loro nome, tutti rabbrividirono visibilmente solo accennando a loro. Era come trovarsi in Harry Potter mentre si parlava di colui che non deve essere nominato.

Carlisle si avvicinò assieme ad Esme e quest’ultima mi avvolse in un abbraccio affettuoso da mamma, non avrei mai pensato che il suo viso potesse conoscere la tristezza.

“Alice ha avuto una visione dove i Volturi ci mandano a chiamare al loro cospetto!” disse Carlisle.

“Dritti nella tana del lupo!” disse Jasper incolore. “Sperano di averci in pugno così, senza vie di fuga!”

Era tutta colpa mia, solo mia. La mia diversità li aveva messi tutti in pericolo.

“Andrò io, non serve che mi accompagnate, è me che vogliono!”

Tutti mi guardarono come se fossi una pazza, ma fu Edward a terrorizzarmi. Si alzò di scatto ponendosi ad un soffio da me, mi guardava furente, i suoi occhi: neri. Potevo provare paura nei suoi confronti?

“Non dirlo! Neanche per scherzo!”

Alice cercò di calmare la situazione frapponendosi. Non mi ero accorta di aver trattenuto il respiro.

“Non serve che fai Giovanna D’Arco. L’invito di Aro è specifico. Vuole tutta la famiglia, non possiamo non presentarci, neanche volendo. Sarebbe come ammettere una colpevolezza!”

“Verremo anche noi!”

Eleazar si era spostato per mettersi nel centro della discussione.

“No, amico!”

Carlisle lo raggiunse.

“Ci sentiamo responsabili per il comportamento di Tanya, non possiamo non appoggiarvi in questa missione!”

“Eleazar, penso di parlare a nome di tutta la mia famiglia quando dico che il tuo onore è grande, ma rifiuteremo. Per fortuna i Volturi vogliono solo noi, non rischierò l’incolumità anche della tua famiglia. Va bene così!”

“E poi noi abbiamo Bellina, con il suo scudo dovremmo riuscire a cavarcela!”

Emmett mi scoccò un sorriso.

“In effetti, contavo proprio su questo!”

Carlisle mi guardava lievemente imbarazzato. Come se mi stesse chiedendo la luna.

“Scherzate vero? È ovvio che lo farò. Farò tutto ciò che è in mio potere per proteggervi. I vostri sforzi nel formarmi in combattimento saranno ora ripagati.”

Jasper sorrise.

“Loro non sanno dei tuoi poteri, e tu puoi annullare l’intera guardia. Saranno loro ad aver paura!”

Il velo di tensione si era alleggerito percettibilmente e l’aria nella stanza si fece meno satura di negatività. Il mio scudo era l’unica arma di sopravvivenza che avevamo ed io, mai come prima, ringraziai il mio dono.

Sentii una porta sbattere con violenza e notai che Edward non era più nella stanza.

 

*

 

Edward sedeva su quella che avevo ribattezzato ‘la nostra panchina’. Guardava un punto lontano, ma pensai che ai suoi occhi non ci fossero immagini.

Ero in piedi dietro a lui, mi abbassai e lo abbracciai. Lui non si mosse, ma una sua mano strinse forte la mia. Fece per prendere parola, ma lo bloccai sul nascere.

“Non provare a darti la colpa di niente!”

Rise amaro.

“Ma…”

“No!”

Sbuffò.

“Bella…”

“Ho detto no!”

Feci il giro e mi sedetti vicino a lui per guardarlo meglio in viso, ora teso in una maschera di orrore, forse per se stesso.

Ètuttacolpamia!”

Lo disse veloce e d’un fiato.

“O mio Dio, sei impossibile. E ora che l’hai detto? Ti senti meglio?”

Mi guardò sconfortato.

“No…”

“Appunto! Sei un’idiota Edward. Non provare a pensare che l’averti nella mia vita sia un errore. Se non ti avessi incontrato, magari avrei girato il mondo, cosa che avrei fatto sicuramente, da sola, oltre tutto, e chissà forse mi sarei imbattuta in loro, senza tutta la consapevolezza che ho acquisito grazie a voi!”

Aveva capito a cosa mi riferivo e mi strinse più forte a se, visibilmente impaurito.

“Sei la cosa migliore della mia vita. Tu e tutta la tua famiglia. Ringrazio Dio ogni giorno per averci fatto incontrare e poi gli altri hanno ragione: ho il mio scudo che ci proteggerà e se combatteremo, gli faremo il culo a stelle e strisce in puro stile americano, alla faccia di quegli italiani!”

Edward scoppiò in una risata fragorosa delle sue, quelle che mi piacevano tanto.

“Tu sei pazza!”

“Si, avevo già un dubbio a riguardo …”

Feci finta di nulla guardandomi le unghie.

Lui mi fece voltare, stringendomi a sé serio.

“Io ho una paura maledetta che ti possano far del male. Non potrei più vivere senza di te!”

Lo baciai a fior di labbra.

“Edward Anthony Masen Cullen, io non ho la minima intenzione di soccombere a Volterra. Non è ancora giunta la mia ora. Ho ancora una vita immortale da vivere con te. Ti sposerò, Signor Cullen, quando tutto questo sarà finito! Hai capito bene?”

I suoi occhi sgranarono l’inverosimile e brillavano, brillavano di una luce che gli avevo visto solo una volta. Al nostro ti amo.

“Signorina Swan, sappia che mi sta rendendo l’uomo più felice del mondo!”

“Allora è meglio sbrigarsi ad affrontare quelle mummie!”

 

*

 

Salutammo il Clan Denali nell’atmosfera più tesa possibile. Si sentivano terribilmente in colpa per Tanya e inutile era ripetere loro, che non dovevano. Forse quando tutto questo sarebbe finito, si sarebbe potuto ricucire quel strappo che comunque si era andato a formare.

Il viaggio di ritorno fu molto più breve dell’andata, e terribilmente silenzioso. Per un momento rimpiansi la parlantina di Alice.

Una volta arrivati e scesi dall’auto, ci accorgemmo tutti che qualcosa non andava. Diverse scie di vampiri giravano intorno alla casa, alcune erano entrate anche dentro.

“cosa significa?”

Ero allarmata e mi sentivo impreparata a tutto, non mi aspettavo di reagire così.

Jasper con Emmett ed Edward avevano appena finito di sondare la zona.

“Nomadi!”

“Nomadi?”.

Tutti sembravano sorpresi.

“La notizia si è sparsa davvero in modo veloce. Di sicuro erano qui per sapere se il pettegolezzo era vero.”

Fantastico, pensai, ero davvero diventata il fenomeno da baraccone del momento.

“Credo che dovremmo iniziare con i preparativi per la partenza, fra un’ora l’emissario dei Volturi sarà qui. Partiremo domani all’alba, così da arrivare quando lì sarà buio.”

Tutti annuirono alla previsione di Alice.

“Stasera, inoltre” parlò Jasper “Dovremmo fare un punto della situazione e beh, per ogni evenienza, avere un piano difensivo!”.

Capirono tutti qual’era quell’evenienza, ovvero se i Volturi non mi avessero accettato.

“Ce la faremo vedrai!”

Carlisle mi strinse una spalla e poi con tutti gli altri entrammo nella nostra abitazione violata.

Esattamente un’ora dopo, un vampiro dal viso insignificante bussò alla porta d’entrata. Vestiva un mantello grigio e al collo un simbolo, una V ornata, lo stemma della casata senza dubbio. Non disse il suo nome, non disse niente che non fosse ciò che sapevamo già. ‘Eravamo cortesemente pregati a presentarci al cospetto dei tre signori, per una “chiacchierata informale” alla quale sarebbe stata gradita, l’intere presenza di tutta la famiglia.’ Era un messaggio nel messaggio. Sembrava gentile eppure ogni parola metteva solo più brividi. Il vampiro consegnò poi a Carlisle un invito scritto, che riportava le sue medesime parole, dopo di che si congedò. Avevo osservato il vampiro entrare ed uscire dalla finestra dello studio di Carlisle, che guardava sul davanti della casa. Non mi era stato permesso di essere presente, non volevano rischiare e dare informazioni in più prima del dovuto. Io dalla mia visuale tuttavia, restai allibita nell’osservare quel vampiro, era ovvio cosa mi avesse scioccato. Li avevo sempre sentiti nominare, ma non li avevo mai visti: i vampiri dagli occhi rossi. Avevo sempre incontrato occhi dorati nel mio cammino, e vedere quegli occhi così diversi, conscia del loro significato, mi disgustò all’inverosimile. Occhi che avrei potuto avere anch’io se non fossi fatta a metà, colore che mai avrò più a macchiare la mia anima.

Alla sera ci ritrovammo nel grande salone per il punto della situazione. Tutto dipendeva da cosa sarebbe successo non appena arrivati. Dovevo tenermi pronta con il mio scudo, semmai ci avessero attaccati subito; se, invece, avessero voluto parlare, l’effetto a sorpresa sarebbe svanito, nel momento in cui Aro avrebbe letto la mente di uno qualsiasi della famiglia, me esclusa ovvio, e scoperto i miei doni. Io ero dell’idea che qualora avessero intrapreso la via secondaria, e quindi parlare, avrei cercato di tenere il mio scudo su tutti e proteggere le loro menti, così da fare comunque un grande ingresso in scena. Anch’io avevo una vena teatrale in me!

Alla mia proposta tuttavia restai scioccata dalla risposta: consenso. Erano tutti dell’idea che oramai, come spesso diceva Edward, se dovevamo andare all’inferno, tanto valeva andarci in gran stile. Per il resto tutto dipendeva da domani e in ogni caso, avremmo combattuto fino alla morte.

“Bene, allora siamo d’accordo!”

Carlisle mise fine a quella mini riunione. Annuimmo. Alice poi schizzò aggraziata sopra il divano, facendo voltare tutti su di lei.

“Ok, basta non resisto più! Famiglia Cullen, vi do un motivo in più per cui domani dovremmo uscirne illesi. Devo preparare il matrimonio di Edward e Bella!”

Cosa?

I restanti all’oscuro della notizia ci guardarono sorpresi, in cerca di una negazione o di un’affermazione. Ok, perché tenere segreta la cosa?

“Alice, non credo che nessuno dei due ti abbia chiesto di preparare niente!”

Lei mi guardò con aria di sfida.

“Perché tu pensi che io non sia la più adatta? Anzi, perché tu pensi che io potrei non appropriarmi di tale compito?”

Oddio, sembrava indemoniata. Sapevo della sua mania di organizzare tutto, ma non credevo fosse a livelli così demenziali.

Guardai Edward, il quale sogghignava sotto i baffi. Conosceva Alice, ovviamente, da più tempo di me.

“No, A-Alice, mai pensato!”

Non avrei mai potuto, neanche volendo, negargli tale incarico, lo sapevo.

“Yuppi!!”

E fu così, che la famiglia capì, come stavano davvero le cose, e fecero a me ed Edward i più sinceri auguri, a cui nessuno sapeva quanto sarebbero durati. Fu un momento di calma e di quiete, prima della grande tempesta.

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