C.S. -Child of Susan

di MeiyoMakoto
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Narnia, un'ossessione ***
Capitolo 2: *** Alleanze ***
Capitolo 3: *** Un fauno... un vero fauno! ***
Capitolo 4: *** Come turbare la quiete della famiglia reale ***



Capitolo 1
*** Narnia, un'ossessione ***


Nota:

Chiaramente, non ho rispettato molto la biografia di C.S. Lewis, dato che è nato nel 1898 (secondo Wikipedia), quindi era più o meno 'coetaneo' dei quattro Pevensies. Però onestamente non mi sembra un problema, dato che a Narnia la nostra cronologia non vale... Quanto ai libri, beh, questo è un What If che parte dal Viaggio del Veliero: e se invece di venire rinchiusa sottoterra la Strega Bianca avesse subito una punizione.... un po' diversa? E se il regno di re Caspian fosse stato... un po' diverso? Poi ovviamente c'è Clive a complicare le cose. Quindi non è che io non sia fedele ai libri, ma questa è una storia...un po' diversa.

 

‘Devi smetterla, Clive,sul serio. Hai quindici anni ormai, è ora di andare avanti.’

Il ragazzo non rispose; prese il quaderno rilegato che teneva sotto il cuscino e fece per uscire dalla stanza, ma la madre gli si parò davanti.

‘Io alla tua età avevo già superato il periodo in cui mi era concesso entrare a Narnia, lo sai.’

‘Zio Peter però continuava a poterci andare; la sua ultima visita è stata a sedici, o sbaglio?’, ribatté lui.

Susan sospirò.

‘È stato uno sbaglio parlartene, ora me ne rendo conto.’

‘Quel che è fatto è fatto, mamma; adesso devo andare.’

‘Dove?’

‘Nel bosco, voglio scrivere.’

‘Per l’amor di Dio, Clive! Non esci mai con un amico?’

‘Non ho amici.’

‘Forse se ti comportassi in modo un po’ meno… bizzarro…’

‘È esattamente questo atteggiamento che ti ha impedito di tornare a Narnia.’

‘Si chiama crescere. Sai, lo zio Malcom, che è psicologo, dice che forse è questo il tuo problema: non vuoi crescere. Mi pare che si chiami sindrome di Peter Pan… Clive! Ascoltami quando ti parlo! Dove vai? Clive! Torna immediatamente qui! Clive!’

Lui continuò a correre, il quaderno sottobraccio. Sbatté la porta dietro di sé e si avviò verso la foresta. Erano le nove di una sera d’estate, e il sole stava cominciando a calare; non era esattamente il momento più consigliabile per addentrarsi in un bosco, quindi, ma il ragazzo conosceva il boschetto che circondava il suo villaggio come le sue tasche, ormai. Infilarsi fra il fogliame e arrampicarsi sugli alberi erano attività per lui semplici e naturali quanto correre o camminare; più di una volta aveva passato la notte su ampie biforcazioni dei rami o in alberi cavi, con grande angoscia di Susan, che raramente riusciva a scovarlo nei suoi rifugi.

Svelto come un gatto, scelse un frassino abbastanza solido e raggiunse i rami più alti per approfittare degli ultimi istanti di luce. Qui aprì il suo quaderno e cominciò a leggere.

Era lì che erano raccolte tutte le storie che si sentiva raccontare fin dalla culla: Aslan, la Strega Bianca, i suoi tre zii, sua madre… Erano tutti lì dentro. Quelli che erano nati come racconti della buonanotte infestavano da anni i sogni di Clive, anche perché sua madre, che pure era sempre stata una persona prudente, non aveva smesso di raccontargli di Narnia, anzi: il ragazzo non aveva mai avuto alcun dubbio che Susan fosse stata veramente in quella terra coi suoi tre fratelli. Quando i suoi coetanei avevano smesso di ascoltarlo a bocca aperta mentre parlava del suo mondo fantastico, avevano cominciato ad evitarlo per le sue stranezze; ma a Clive non era mai importato, non davvero.

Perché lui sapeva di essere figlio di Narnia.

Bastava farsi due conti per capire che era lì che era stato concepito: sua madre aveva appena trent’anni, quindi non poteva aver conosciuto suo padre che nel suo ultimo periodo da regina di Narnia; che questo poi fosse morto in guerra, poi, come Susan sosteneva con tutti, Clive si rifiutava di crederlo… anzi, era abbastanza sicuro della sua identità.

Sfogliò le pagine del suo quaderno finché non ne trovò una bianca, poi cominciò ad annotare.

 

 

C + S

 

Mentre ero a lezione, oggi, ho finalmente capito.

Come ho fatto a non pensarci? Io ho gli occhi e i capelli scuri!! Si è mai sentito di un abitante di Narnia che non li abbia chiari? Questi sono i colori della terra di Telmar! E le mie iniziali, sono certo che non siano una coincidenza:

C. S. Lewis

C. S.

Caspian e Susan! È così ovvio! E mamma sorrideva sempre in modo strano quando mi parlava di re Caspian… Anche se zio Peter si adombra quando sente quel nome. Eppure mamma diceva che erano amici… Ma lo zio è sempre stato orgoglioso, non è difficile offenderlo. È strano però che proprio lui non fosse in buoni rapporti con mio padre: da quando sono nato, è sempre stata la cosa più vicina ad una figura paterna che ho. Zio Edmund e zia Lucy mi vogliono bene, è vero, ma loro hanno le loro famiglie a cui badare, laggiù a Londra. Zio Peter invece è venuto a stare qui in Irlanda con me e mamma, e abita a due passi; c’è sempre quando abbiamo bisogno di lui. È stato un ‘padre’ esemplare, in effetti, ma adesso voglio conoscere il mio padre vero. Se solo sapessi come contattarlo…

Continuo domani, ora ho ripetizioni di algebra con zio, e se manco di nuovo si arrabbierà sul serio.

 

 

 

*

 

‘Ma che hai oggi, Clive? Sembri su un altro pianeta!’

‘Scusami, zio, è la stanchezza…’

‘Effettivamente mettersi a studiare alle nove e mezza di sera non è il massimo, ma se resti a bighellonare fino a tardi ti tocca, caro mio. Avrai cenato, almeno, mi auguro.’

‘Beh, veramente…’

‘Benedetto ragazzo, tu devi darti una regolata! Facciamo così, svolgi questi esercizi mentre vado a prepararti qualcosa.’

‘Grazie mille, zio.’

‘Non ringraziarmi, lavora.’

Nonostante la buona volontà, però, i numeri e le lettere accuratamente disposte da Peter erano geroglifici per il ragazzo, specialmente a quell’ora di notte. Dopo aver cambiato posizione una decina di volte sulla sedia, essersi tolto e rimesso il maglione altrettanto spesso e aver spostato il banco a seconda prima della luce, poi degli spostamenti d’aria, poi della disposizione del resto dei mobili, Clive decise che si sarebbe concentrato sul serio… Non senza una matita ben temperata, però. Si alzò e cominciò a cercare un coltellino nei cassetti.

Se lo avesse trovato, probabilmente non avrei una storia da raccontare.

Rovistando qua e là fra le varie scartoffie, qualcosa catturò il suo sguardo: un pacchetto avvolto in carta velina bianca. Lo prese in mano, incuriosito, e se lo rigirò fra le dita. Solo allora notò che in un angolo c’era una dedica scritta a penna, in una grafia minuta ma ordinata.

Al mio giovane amico Peter Pevensie, nella speranza che ne faccia un uso migliore di quello che ne feci io.

Con affetto,

il Professor Digory Kirke

 

Il cuore di Clive mancò un battito: Digory Kirke? Quel Digory Kirke? Quello che per primo era entrato a Narnia, e che l’aveva vista nascere? Zio Peter aveva mantenuto i contatti con lui per anni, andando a ripetizioni dal professore durante l’adolescenza e andando a trovarlo ogni volta che ne aveva l’occasione quando era diventato adulto. Kirke aveva finito per raccontargli degli anelli con cui aveva attraversato la barriera fra i mondi con la sua amica Polly Plummer; storia che lo zio ovviamente aveva ripetuto ai suoi fratelli, e che Clive era riuscito a cavare di bocca a sua madre solo con molti sforzi e parecchie ore passate ad origliare. Che cosa poteva aver lasciato il professor Kirke allo zio Peter? Perché quel pacchetto non era ancora stato aperto, come dimostrava l’imballaggio ancora intatto?

E se…?

Non riuscì a trattenersi: gettò uno sguardo alla porta per assicurarsi che Peter non fosse nei paraggi, poi strappò con foga la carta velina e aprì il pacco. Adagiati con cura su uno spesso strato di ovatta, c’erano due anelli, uno verde e uno giallo.

Un biglietto di sola andata per Narnia.

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Capitolo 2
*** Alleanze ***


‘Ti aspettavo, figlio di Adamo.’

Ci volle un po’ prima che Clive fosse abbastanza lucido da accorgersi che qualcuno aveva parlato: sembrava che la quiete del bosco l’avesse inghiottito, si sentiva intorpidito come se fosse diventato un albero come quelli che lo circondavano.

Un violento schiaffo lo riportò alla realtà.

‘Ma che problema avete voi umani? È solo un bosco, maledizione! Come mai non riuscite mai a concentrarvi per più di due secondi in questo posto?’

Clive spalancò gli occhi.

Una donna di una bellezza mozzafiato, più alta di qualsiasi essere umano, con lunghi capelli neri e lisci che le ricadevano sulle vesti di seta colorata, lo guardava sprezzante.

Il ragazzo soffocò un grido.

Tu!’, esclamò. ‘Tu sei la Strega Bianca! Che cosa vuoi da me? Stai lontana!’

Gli occhi della strega divennero due fessure.

‘Mi chiamo Jadis.’, sibilò. ‘Puoi anche chiamarmi Vostra Maestà, se preferisci, ma non pretendo tanto dal figlio di quel piccolo usurpatore di Caspian.’

‘Allora è vero? È lui mio padre?’

‘Sì, ma non è una cosa di cui andare tanto fieri, se vuoi il mio parere. È stato lui a confinarmi qui, sai; matto come un cavallo, quel ragazzo.’

‘Non osare parlare così di lui! Allora Caspian è riuscito a cacciarti finalmente via da Narnia, eh? Non credere che io non sappia dove siamo, arpia: questo è il Bosco tra i Mondi, un luogo da cui si può accedere ad ogni universo, se si hanno i mezzi, ma dal quale è quasi impossibile uscire. Sei prigioniera, quindi!’

‘Ringrazia la tua buona stella che ho bisogno di te, vermiciattolo, altrimenti questa sarebbe stata la tua ultima calunnia. Ho un piano, figlio di Adamo, non dubitare… e tu hai un ruolo fondamentale in esso.’

‘Non crederai davvero che io…’

‘Sei proprio figlio di tuo padre, eh? Calmati, una buona volta. Non mi hai ancora detto come ti chiami.’

Lui esitò, ma non sembrava esserci niente di pericoloso nel dirle il suo nome.

‘Sono Clive.’, la informò.

‘Clive… Devo dire che mi aspettavo un nome un po’ più altisonante, per un principe… Bene, Clive, vogliamo andare?’

‘Io non vado da nessuna parte con te. Dove mi vuoi portare, strega?’

Jadis. Dove vuoi che ti porti, ragazzino? A Narnia, ovviamente. Non penserai di poterci arrivare da solo, spero.’

‘E perché no?’

‘Guardati intorno: qui ci sono milioni di pozze, miliardi, anzi, e ciascuna è un portale per un mondo diverso. Quante probabilità hai di trovare quella giusta, se non te la indico io?’

Aveva ragione.

Clive si rigirò l’anello fra le mani, incerto. Digory Kirke era arrivato a Narnia per sbaglio, e non prima di essere passato nel mondo semidistrutto da cui proveniva la Regina Bianca; o almeno così aveva detto Susan.

‘Io però ho un anello.’, ragionò ad alta voce. ‘Io posso lasciare questo bosco quando voglio, mentre tu resterai per sempre intrappolata qui, senza la tua magia, se scelgo di non aiutarti. Ammettilo, sei impotente senza di me.’

Lei rise sommessamente.

‘I miei poteri non funzionano qui, è vero, ma da qui all’essere impotente... Ci sono segreti più sottili ed efficaci della magia per questo genere di cose, sai.’

Si avvicinò al ragazzo, abbassandosi aggraziatamente per guardarlo dritto negli occhi.

‘Avrei potuto bisbigliarti parole dolci come il miele.’, sussurrò, in un tono così soave che per un attimo -un breve, meraviglioso attimo- Clive si scordò chi era. ‘Ti avrei detto che sono tanto pentita, che sei leroe che avevo aspettato tanto a lungo Mi sarei sciolta in lacrime di commozione, ti avrei fatto credere di essere una povera fanciulla in attesa di essere salvata, e saresti stato mio.’

Sapevo cosavevi fatto., deglutì Clive. Non ci avrei mai creduto.

Lei si allontanò di nuovo e sorrise felina.

Quanti anni hai, Clive? Quindici, sedici? Alla tua età i ragazzi vedono solo quello che vogliono vedere, e quando una bella donna si getta ai loro piedi scongiurandoli di essere il loro campione, beh Non cè bisogno di essere una strega per fare certi incantesimi.

Si interruppe all’improvviso e si sistemò l’orlo della veste con nonchalance.

‘Oppure avrei potuto attaccarti di spalle, metterti fuori combattimento e rubarti l’anello.’, aggiunse in tono distaccato. ‘Dopotutto sono una guerriera consumata, e alta il doppio di te per giunta.’

‘E perché non hai fatto nessuna di queste cose? Voglio dire, a parte per il fatto che non avrebbero mai funzionato…’

‘Naturalmente.’, sorrise lei. ‘Vedi, Clive, il fatto è che questi trucchetti vanno bene se ti vuoi procurare un servo; io ho bisogno di un alleato, e i miei alleati li voglio ben svegli e pronti a combattere, non persi in stupide romanticherie.’

‘Alleato? Ma che…?’

‘Te lo spiego quando arriviamo a Narnia.’

Gli tese la mano sottile con un gesto pacato ed elegante, ma il suo sguardo era quello di una pantera che freme per tornare a caccia.

‘D’accordo.’, sospirò il ragazzo stringendola con riluttanza. ‘Solo perché non ho altra scelta.’

‘E io che pensavo che avessi ceduto per i miei begli occhi!’, esclamò lei con voce così flautata che Clive non percepì subito il sarcasmo. ‘Sbrigati, figlio di Adamo, è un’eternità che aspetto questo momento… Tu no?’ 

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Capitolo 3
*** Un fauno... un vero fauno! ***


‘Tornerai.’, sibilò Jadis scuotendo la testa con un sorriso quasi materno. ‘Dove potresti andare?’

Clive correva a perdifiato, senza una meta. Non riusciva a pensare, poteva solo continuare a correre.

‘Aiuto!’, gracchiò con il poco fiato che gli rimaneva. ‘Aiuto… Per favore…’

Si accasciò a terra, il cuore che sembrava in procinto di scoppiare.

‘Che problema c’è, ragazzo?’, domandò una voce gentile. ‘Tieni un po’ d’acqua, ne ho giusto una borraccia piena… Per ogni evenienza, sai… Devo dire che non avevo mai visto un Figlio di Adamo in questo stato. Che c’è, hai visto un fantasma?’

Clive alzò gli occhi e fece fatica a trattenere un grido di stupore: un Fauno -un vero Fauno!- era chinato al suo capezzale, con le sopracciglia aggrottate in un’espressione preoccupata e un sacchetto di pelle teso verso di lui.

‘Grazie.’, ansimò afferrandolo.

‘Dovere, Figlio di Adamo, dovere. Io mi chiamo Cletus, comunque, piacere di fare la tua conoscenza. E tu chi sei?’

L’altro esitò.

‘Sono Clive.’

‘Bel nome, anche se un po’ bizzarro. Ebbene…’

‘Sono Clive…’, ripeté il ragazzo interrompendolo con un’occhiata orgogliosa e insieme timida. ‘Figlio di re Caspian e della regina Susan la Dolce.’

Cletus fece tanto d’occhi.

‘Tu… Tu sei… Non è possibile… Eppure…’

Arretrò di qualche passo, come spaventato; poi si riscosse e si piegò in un profondo inchino.

‘La fortuna è dalla vostra parte, mio principe.’, sorrise. ‘Io ho l’onore di essere al servizio di re Caspian decimo come precettore di suo figlio, il principe Rilian. Vi condurrò volentieri a corte, quando vi sentirete abbastanza riposato.’

‘Grazie.’, disse ancora Clive, un po’ disorientato dall’improvvisa formalità. ‘Sto già meglio, vogliamo andare?’

‘Con immenso piacere. Permettetemi di dirvi che siete identico a vostro padre, vostra altezza… Tranne che per gli occhi.’

‘Ah, sì. Quelli li ho presi dalla nonna Helen. Mio zio Edmund li ha simili, però.’

‘Per quel poco che ho visto di vostro zio ai tempi delle antiche battaglie, non posso che concordare. Affascinante, davvero affascinante, come i caratteri di re Caspian si siano fusi con quelli dei re dell’Età dell’Oro… Un’unione così evidente che non ci sono dubbi sulla vostra genealogia. Se posso ardire, mio principe, cosa vi ha causato tanto turbamento? Siete scosso, è evidente.’

‘Preferirei parlarne prima con il re.’, rispose lentamente Clive, arrossendo impercettibilmente. ‘È una faccenda delicata.’

Lo imbarazzava sapere che era giunto a Narnia solo con l’aiuto della strega, e di averla abbandonata senza troppi complimenti quando aveva promesso di aiutarla…

Lei è il Male, ricordò a sé stesso. Ti avrebbe ucciso come ha cercato di uccidere la mamma e gli zii.

‘Capisco.’, disse il Fauno distogliendo lo sguardo.

‘È la prima volta che vengo a Narnia.’, fece ad un certo punto il ragazzo per rompere il silenzio che si era creato. ‘Ma è tutta la vita che sogno di andarci. Mia madre mi racconta da sempre di Aslan e delle Driadi, delle danze di voi Fauni, degli animali parlanti… E di Caspian. Credo che l’abbia amato molto, sai.’

Il Fauno lo fissò negli occhi, sorpreso da quest’improvvisa confidenza; Clive stesso non avrebbe saputo dire con precisione perché ne avesse parlato con lui. Dopo tutto anche zia Lucy aveva riposto la sua fiducia in un Fauno la prima volta che era arrivata a Narnia, e alla fine non era stata delusa… E poi aveva bisogno di parlare.

‘Oh…’, mormorò Cletus con una strana espressione malinconica. ‘La regina Susan… Sì, era molto innamorata… Quante storie devi aver sentito, povero ragazzo… Chissà quante meraviglie avrà compiuto tuo padre agli occhi della regina…’

‘Cosa intendi dire?’, domandò l’altro confuso.

Il Fauno si diede un contegno e un sorriso cortese gli fiorì di nuovo sulle labbra.

‘Perdonatemi, mio principe, per un attimo mi sono scordato con chi stavo parlando. Non sono più giovane come una volta, e ho visto troppe battaglie. Troppe, troppe battaglie… Quindi spero che possiate perdonare la mia indole malinconica. Siete un buon ragazzo, altezza, e spero di poter essere presto vostro precettore e -se mi concedete questo onore- vostro amico. Per questo mi permetto di darvi un consiglio: non fermatevi alle apparenze, non lasciatevi ingannare dalle promesse vuote e dai sogni. Guardate sempre oltre quello che vi viene mostrato.’

‘Cosa significa?’, chiese di nuovo Clive, accigliato.

‘Semplici consigli dettati dall’esperienza.’, sorrise candidamente Cletus. ‘A proposito, sarà meglio che cominciate ad imparare a conoscere meglio Narnia se volete che questa diventi la vostra terra. Vedete quell’albero? Sono sicuro che lì abiti una Driade…’

La strada per Cair Paravel era così piena di cose nuove e meravigliose che ben presto il ragazzo dimenticò lo strano comportamento del suo accompagnatore; non si accorgeva neanche delle occhiate pensose che Cletus gli rivolgeva di sfuggita ogni tanto.

‘Mio principe…’, riprese il fauno dopo un po’, schiarendosi la gola. ‘Siete a conoscenza del… motivo che ha spinto vostra madre e il suo valoroso fratello, re Peter, a lasciare Narnia per sempre?’

‘Beh, per volere di Aslan, no?’, fece Clive distrattamente. ‘Come tutto, del resto, qui a Narnia. La mamma e lo zio erano diventati troppo grandi, era tempo di vivere nel loro mondo.’

‘Aslan.’, ripeté Cletus con un sorrisetto amaro. ‘Beh, sì… È una spiegazione… plausibile, diciamo.’

Ma Clive non ascoltava più: gli era sembrato di scorgere la sagoma di un castello, in lontananza.

 

 

Ciao! Volevo ringraziare quelli che hanno tenuto duro nonostante il ritardo secolare, e in particolare Fantasia 2000, che mi ha fatto tornare la voglia di perfezionare e pubblicare questo capitolo. Un abbraccio a tinny, che mi ha recensito non una ma ben due volte… Davvero, non so come ringraziarti. lovely_ , non mi sono scordata di te, anche la tua recensione mi ha fatto andare avanti con il capitolo 2.

Detto questo, namarie.

Meiyo  

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Capitolo 4
*** Come turbare la quiete della famiglia reale ***


‘Che nuove porti, Cletus?’, domandò un usciere dall’aria diffidente. ‘Sua Maestà aspettava con ansia il tuo ritorno.’

‘Ho avuto un contrattempo.’, spiegò il Fauno indicando Clive con un’occhiata eloquente.

‘Gli estranei non sono ammessi a palazzo senza preavviso.’, lo avvertì l’usciere con una smorfia irritata.

‘Neanche i figli di re?’, ribatté Cletus. ‘Guardalo bene, Aaron: è o non è la copia sputata di re Caspian?’

L’altro alzò un sopracciglio.

‘Cosa intendi?’

‘Non dirmi che non hai mai sentito parlare del figlio perduto del re, scomparso assieme alla regina Susan molti anni or sono!’

‘Leggende e vecchie voci di palazzo, nulla di più.’

‘Vuoi che chiami Sua Maestà in persona, Aaron?’, continuò freddamente Cletus. ‘Non credo che gli farà piacere sapere che il suo primogenito è stato cacciato in malo modo da Cair Paravel. Avanti, apri questa dannata porta, garantisco io per lui.’

La minaccia aveva sortito il suo effetto: borbottando fra sé e sé, Aaron diede l’ordine di aprire il pesante portone. In men che non si dica, Cletus e Clive si ritrovarono tutti gli occhi addosso.

‘È lui?’, sentiva mormorare ogni tanto il ragazzo. ‘Ma cos’è saltato in mente a Cletus? Portare un estraneo nel castello, con i tempi che corrono…’ ‘Ma se fosse davvero lui…’

Cletus sembrava del tutto ignaro di essere al centro dell’attenzione, o almeno questo era quello dava a vedere; doveva essere il risultato di anni e anni di vita di corte, rifletté Clive.

‘Il principe Rilian dovrebbe essere in cortile per la lezione di scherma.’, disse il Fauno. ‘Vi presenterò a lui per prima cosa, non avendo il privilegio di avvicinare vostro padre se non dietro specifica richiesta. Il principe, d’altro canto, potrà condurvi da Sua Altezza.’

Raggiunsero il cortile tra i mormorii generali. Clive tentò di assumere un’aria sicura di sé, testa alta e portamento fiero, ma un piccolo cenno della testa del suo accompagnatore lo avvertì che con il principe quell’atteggiamento non sarebbe stato appropriato. Al centro del cortile, un ragazzo che poteva avere all’incirca l’età di Clive era intento a duellare con il suo istruttore con una spada dalla punta arrotondata.

‘Mio principe.’, chiamò Cletus.

‘Dove siete stato, maestro?’, rispose Rilian senza voltarsi. ‘Avete saltato la lezione di oggi.’

‘Me ne scuso, altezza, ma ho incontrato un imprevisto; c’è una persona che vorrei presentarvi.’

Rilian abbassò la spada con riluttanza e congedò il maestro di scherma con un gesto della mano.

‘Ebbene?’

Per tutta risposta, Cletus fece un piccolo inchino e indicò Clive con un ampio gesto del braccio. Il ragazzo ebbe la prontezza di spirito di i inchinarsi anche lui, ma il principe scoppiò a ridere.

‘Che buffi vestiti! E s’inchina come se gli fosse venuto il colpo della strega. Mi avete portato un giullare?’

Clive arrossì.

‘Sono vostro fratello, sire.’, mormorò. ‘Il figlio della regina Susan.’

Rilian smise all’istante di sorridere.

‘Quanti anni hai?’, chiese a bruciapelo, dopo averlo squadrato da capo a piedi.

‘Quindici.’, rispose Clive.

‘Quindici…’, ripeté l’altro con una smorfia quasi impercettibile. ‘Come ti chiami?’

‘Clive Staples Lewis.’

‘Come sei arrivato a Narnia?’

‘Ho usato l’anello di Digory Kirke.’

‘E tua madre? È viva?’

‘Sì. Abita sulla Terra.’

Il principe ponderò le risposte, poi si voltò verso Cletus, inviperito.

‘Cos’è questa storia, maestro?’

‘Ve la raccontai tempo fa, ma non mi credeste.’

‘Mi raccontaste una leggenda di un matrimonio segreto fra la regina Susan e mio padre, ma non me la dipingeste come verità!’

‘Il mio compito era raccontarvi dei grandi re della storia di Narnia, ma questa non era che una voce di corridoio. Non avevo prove della sua attendibilità.’

‘Una voce di corridoio che minaccia il trono! Costui mi è maggiore di due anni, ed essendo la regina Susan ancora viva e vegeta, il matrimonio dei miei genitori non può considerarsi valido. Mi avete portato un principe giullare, Cletus!’

‘Altezza, io non so come si siano svolti i fatti di trent’anni fa, non più di quanto li conosca Clive. Solo vostro padre potrà illuminarvi.’

‘E allora andiamo da lui.’

Gettò la spada e marciò via, tallonato dagli altri due. Ignorando le deboli proteste delle guardie, spalancò la porta della sala del trono, interrompendo una riunione.

‘Padre!’, chiamò. ‘Devo parlarvi!’

Clive fece per entrare, ma Cletus lo bloccò posandogli una mano sulla spalla.

‘Rilian, che modi sono?’, disse Caspian dall’interno in tono scandalizzato.

‘È estremamente urgente.’, rispose suo figlio.

Il re sospirò e mormorò qualcosa ai suoi consiglieri, che si dileguarono senza una parola.

‘Ebbene?’, domandò severo.

‘Potete entrare.’, chiamò il principe.

Clive e il Fauno obbedirono. Per la prima volta, il ragazzo poté vedere di persona suo padre. Caspian era un uomo sui quarant’anni dall’aspetto robusto, vestito riccamente. Sedeva su un immenso trono, la schiena ritta e il cipiglio fiero.

‘Questo è vostro figlio.’, disse Rilian brevemente. ‘O almeno, così sostiene.’

Il re si alzò dal trono e si avvicinò a Clive con un balzo.

‘È vero?’, domandò guardandolo dritto negli occhi. ‘Dici di essere il figlio di Susan?’

Il ragazzo non poté fare altro che annuire. Caspian lo scrutò attentamente.

‘Somigli come una goccia d’acqua a Rilian… e a me.’, constatò. ‘Hai qualcosa del portamento di Peter, e quegli occhi… Non c’è dubbio; quelli sono gli occhi di Edmund.’

All’improvviso, strinse Clive in un abbraccio.

‘Allora era vero…’, mormorò. ‘Susan era incinta. Figlio mio…’

‘Ma padre!’, intervenne Rilian. ‘Come può essere? La regina Susan è stata a Narnia per l’ultima volta quasi trent’anni fa, e costui non ne ha più di quindici!’

‘Il tempo a Narnia scorre diversamente da quanto faccia sulla Terra.’, spiegò il re distrattamente. ‘Dimmi, figlio, come ti chiami? Come sei giunto qui?’

‘Sono Clive. Ho usato l’anello di Digory Kirke.’

‘Ne deduco che tua madre ti ha istruito a dovere su quello che riguarda la nostra terra.’

‘Oh, sì, da quando sono nato! E mi ha parlato molto di voi.’

‘Ah, sì, eh?’

In quel momento, dalla porta fece capolino una figura aggraziata. Clive trattenne il respiro: quella era la donna più bella che avesse mai visto, persino più bella di Jadis. Lunghi riccioli dorati le ricadevano morbidi sulle vesti verde foglia; la pelle era tanto candida, e il corpo tanto sottile, che con quegli abiti la donna ricordava un giunco selvatico. Gli occhi, di un azzurro quasi brillante, erano indecifrabili.

‘Dunque è vero.’, disse semplicemente la donna, gettando un’occhiata prima a Clive poi a Caspian. ‘Il castello è tutto in fermento.’

Clive si sentì in dovere d’inchinarsi, anche se sapeva di non essere capace di fare un inchino degno di questo nome. Altrettanto fece, Cletus, e persino Rilian abbassò il capo, ma lei tenne lo sguardo fisso su Clive.

‘Molto bene.’, disse. ‘Vedo che tua madre ti ha insegnato le buone maniere; sarai un cortigiano impeccabile.’

Le labbra del principe Rilian si incresparono in un sorriso vittorioso, ma Caspian scosse la testa.

‘Clive avrà il posto che gli spetta, luce dei miei occhi.’, annunciò. ‘Rilian dovrà abituarsi all’idea di avere un fratello.’

La donna non fece una piega.

‘Non si tratta di un bastardo, ne deduco.’, disse. ‘Voi siete dunque il consorte di Susan la Dolce, e non di Elladora, figlia di Ramandu. È nostro figlio, che poche ore fa era il solo legittimo erede al trono, ad essere il bastardo, e il nostro matrimonio nullo.’

Il re le si avvicinò e le prese la mano.

‘Io vi amo.’, le disse. ‘E Rilian è il figlio migliore che possa desiderare. Ma non posso trattare il mio primogenito come un semplice bastardo.’

‘Rilian è il vostro primogenito.’

‘Non è così; Clive è più vecchio di due anni, nel suo mondo.’

‘O così sostiene.’

‘È vero, madre.’, intervenne il principe. ‘Non conosceva la mia età quando l’ho interrogato; a onor del vero, devo confessare che ha detto la verità.’

Elladora gli accarezzò la guancia.

‘Onesto e leale.’, commentò. ‘Un vero figlio di re.’

E con queste parole, la regina uscì fiera dalla stanza.

Caspian sospirò.

‘Immagino che tu sia stanco, figlio mio.’, disse posando una mano sulla spalla di Clive. ‘Cletus, mostragli la Camera della Fenice; da oggi saranno i suoi alloggi. Rilian, resta, ho da parlarti.’

Cletus fece un piccolo inchino e obbedì.

‘Allora?’, chiese a Clive quando ebbe chiuso la porta. ‘Che ve ne pare di vostro padre?’

Clive esitò.

‘È come mi sono sempre immaginato il principe Caspian.’, disse lentamente.

‘Ma…?’, incalzò il Fauno.

‘Ma non come mi sono sempre immaginato un padre.’

‘È pur sempre un re, non può sbilanciarsi in lodi e parole affettuose in pubblico; specialmente non con il principe e la regina nei paraggi, in questo caso.’

‘Non penso di essere molto bene accetto da loro.’

‘Vostro fratello è un buon ragazzo, e la regina… Beh, lei è figlia di una stella. Sono solo un po’ frastornati, ecco tutto.’

‘Sarà…’

‘Non vi preoccupate, altezza. Buonanotte.’

‘Buonanotte, Cletus.’

Il mattino prima, Clive si era svegliato sotto le sue lenzuola di cotone e le sue coperte di lana, e la sua maggiore preoccupazione era l’algebra. Adesso si coricava in un letto di piume d’oca dal baldacchino intagliato con scene di caccia, improvvisamente erede al trono di una terra che conosceva da un giorno. Tutti i racconti e le annotazioni che aveva accuratamente custodito in anni e anni di ricerche non l’avevano certo preparato a questa piega degli eventi -senza contare la strega che per colpa sua era di nuovo a piede libero. Si infilò sotto le coperte di velluto ricamato con l’orribile sensazione che la vita fosse diventata improvvisamente molto, molto complicata. 

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