Allievo e maestro di Akane (/viewuser.php?uid=27)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Il primo passo ***
Capitolo 2: *** Regole ***
Capitolo 3: *** Mire ***
Capitolo 4: *** Morire è una cosa inutile ***
Capitolo 5: *** Una sfida nell'allenamento ***
Capitolo 6: *** Ciò che vogliamo essere ***
Capitolo 7: *** tutto e subito ***
Capitolo 8: *** Buona prova ***
Capitolo 9: *** Tanto cuore, tanta forza ***
Capitolo 10: *** Ce l'avrebbe fatta ***
Capitolo 11: *** La tecnica della pioggia ***
Capitolo 12: *** Doveva migliorare ***
Capitolo 13: *** Per un momento ***
Capitolo 14: *** Il desiderio più nascosto ***
Capitolo 15: *** Il segreto del mare ***
Capitolo 16: *** Il saluto ***
Capitolo 1 *** Il primo passo ***
AUTORE: Akane
TITOLO: Allievo
e maestro
SERIE: One Piece
TIPO: long fic,
yaoi
GENERE:
generale, sentimentale
RATING:
arancione
PAIRING:
Roronoa Zoro, Drakul Mihawk, Perona. La coppia è Zolu
(Zoro/Rufy -Luffy- ) ma DraZo (Drakul/Zoro)
DISCLAMAIRS: i
personaggi non sono miei ma di Oda, io li prendo in
prestito per puro diletto.
NOTE: questa
fic ho iniziato a scriverla molto tempo fa (leggendo
quelli che all'epoca erano spoiler e che ora non lo sono più) e l'ho
finita solo di recente, dopo una pausa intorno agli ultimi capitoli
l'ho conclusa. La pubblicherò ogni 4 giorni. Conta 16 capitoli.
Siamo nel periodo dei due anni di allenamenti, quando sono divisi e
Zoro è l'allievo di Mihawk. Con loro c'è Perona. Fin dove sono
arrivata a leggere io il manga (non sono più dietro agli spoiler)
non si sa molto di quel periodo per non dire nulla, così la mia
fantasia è partita. Apprezzo molto Mihawk ed ho sempre pensato che
se non fosse che Zoro sta tanto bene con Rufy e che Mihawk sta tanto
bene con Shanks, loro due sarebbero una coppia perfetta. E così
curiosa di vedere cosa fosse successo fra loro due in quei due anni,
ho deciso di cimentarmi in quest'impresa. Potrebbe essere che ci sono
incongruenze col manga, cose inverosimili e cose che non garbano
all'universo conosciuto, però questa è la mia fic! Tutto ciò è la
mia visione di come potrebbero essere andate le cose, c'è tutta la
mia fantasia insomma. I precedenti sono che Zoro e Rufy stanno
insieme e c'è un forte amore a legarli e Mihawk ha una relazione di
sesso sporadica con Shanks. Spero di non aver scordato nulla. Buona
lettura. Baci Akane
PS: le fan art che trovate sotto al titolo non sono mie ma trovate in
rete e sono disegni che in qualche modo per qualche motivo racchiudono
un po' ciò che c'è in questa fic... o semplicemente mi piacevano e le
volevo mettere!
PPS: ogni capitolo ha una canzone sempre dello stesso gruppo. I
Breaking Benjamin mi hanno fatto da colonna sonora per questa fic
quindi ho deciso che sarà anche quella di chi legge. I link riportano
al video. Ci sono anche dei versi tratti dalle canzoni.
ALLIEVO E MAESTRO
CAPITOLO
I:
IL
PRIMO PASSO
"Di'
addio
mentre balliamo con il diavolo stanotte
Non osare guardarlo negli occhi
mentre balliamo con il diavolo stanotte
Tieni duro
Tieni duro
Io credo in te"
Gli
bastò il suo sì e come se avesse vissuto fino a quel momento solo
per quello e non per il suo opposto, ovvero per batterlo, si accasciò
e si lasciò finalmente andare vinto dalle proprie ferite profonde.
Mihawk
lo guardò con lo stupore dietro l’impassibilità, le iridi dorate
percorsero il ragazzo stremato e interamente coperto di ferite e
sangue, respirava a fatica ed ormai era completamente privo di
difese, svenuto ed alla sua mercede.
Se
quello era il suo primo allievo, l’impatto iniziale era quanto di
più contraddittorio avesse provato in vita sua.
Da
un lato il suo unico allievo osava svenire come primo approccio;
dall’altro sapendo tutto quello che aveva fatto in quei giorni dove
non si era mai dato per vinto nemmeno quando lui stesso gli aveva
detto di non combattere inutilmente battaglie perse in partenza, non
poteva che capire quanto al limite fosse.
Alla
fine vinse questo secondo sentimento e senza la capacità di
sorridere, pensò freddamente:
“Almeno
finalmente si deciderà a riposare!”
Poi
sospirò e si guardò intorno. In quel vecchio castello isolato
viveva praticamente da solo con l’unica ospite auto invitata che
svolazzava di continuo intorno a loro.
Perona,
una specie di fantasma, era ancora lì sopra di loro a guardare
stupita la scena. Fino a quel momento aveva sperato se ne andasse ma
capì che tutto sommato da ora sarebbe potuta essere utile.
-
Ehi ragazza fantasma, curalo che poi quando sarà rimesso
cominceremo. - Disse in una sorta di ordine. In realtà non si
sprecava nemmeno a farne, il tono bastava a far capire che gli altri
dovevano eseguire. Dare ordini presupponeva un impiego di tempo e
forze per imporsi e far capire che lui aveva l’autorità per darne,
cosa che lo snervava ampiamente, per cui tendeva sempre a dare per
scontato che quando diceva qualcosa con tale fermezza era perché gli
altri dovevano farlo e basta.
Naturalmente
dipendeva da chi si trovava davanti, con certi elementi sapeva che
non funzionava, con altri invece era loro obbligo sottostare a lui e
questo per un motivo principalmente.
Lui
era più forte.
Perona
capendo che gli stava ordinando di curarlo alzò l’ombrellino viola
a cui stava sempre appesa e fece per tirarglielo addosso, pareva non
gradire il tono:
-
Curalo tu, se ci tieni! Per chi mi prendi, la tua serva? E poi non ho
la minima idea di come si curi, cosa credi! -
Così
con fare isterico la ragazza che sembrava un fantasma-bambolina in
perfetto stile gotico nei toni del rosa e del viola, se ne andò via
lasciando i due uomini da soli.
Uno
completamente svenuto e l’altro in piedi davanti a lui che lo
fissava distante cercando a sua volta di capire cosa mai dovesse
fargli.
Senza
dire niente e scomporsi di un pelo, si abbassò e unendo i polsi di
Zoro, se li alzò sopra la testa, quindi tirò e si passò l’intero
busto del peso morto intorno alle spalle, infine se lo issò con una
certa facilità alzandolo dal pavimento.
Il
sangue gocciolò e se lo sentì colare addosso sui vestiti e sulla
pelle.
Giunto
in una delle molte stanze del castello deserto a sua disposizione,
l’adagiò sul letto matrimoniale e si tirò di nuovo su ad
osservarlo cercando di capire quale potesse mai essere la parte
successiva.
Era
ferito e sporco di sangue ma anche di terra e chissà cos’altro.
Oltre a delle cure pratiche gli serviva un bel bagno e dei vestiti
nuovi, visto che quelli che aveva erano ormai a brandelli.
Se
voleva stare con lui ed essere il suo allievo doveva essere ordinato
e pulito come minimo ma anche disposto a distruggersi pur di ottenere
il giusto livello.
Gli
sembrava strano doversi occupare di qualcuno in quel modo, non
l’aveva mai fatto per anima viva, anzi, tendenzialmente li riduceva
in quello stato e li abbandonava senza preoccuparsi minimamente della
fine che potevano fare.
Nonostante
non l’avesse mai fatto, decise che se Zoro avrebbe dovuto imparare
ad essere un vero spadaccino -e doveva ammettere che dopotutto era a
buon punto-, lui doveva come minimo imparare a trattare un essere
umano da… bè, umano. Almeno il suo allievo.
Il
primo e unico.
Poi
c’era Shanks ma lui era un’altra cosa… lo diceva sempre.
Non
lo trattava da umano ma da pari, il che era anche diverso ed ancora
più raro.
Zoro,
comunque, non sarebbe ad ogni caso mai stato trattato da Mihawk da
essere umano ma bensì da allievo, anche questo era molto diverso.
Con
il coltello a forma di croce appeso al collo gli tagliò le bende che
rimanevano appese e che si era messo alla buona appena approdato
nella sua isola. Ricordava com’era giunto giorni prima. Anche
allora era ferito e stremato e ci aveva messo un po’ a riprendersi.
“Questo
ragazzo ha più sangue in giro per il mondo che in sé!”
Commentò
al volo ricordando che anche la prima volta che l’aveva incontrato,
nel Baratie, per sua mano aveva perso almeno una quantità
industriale di sangue; poi quando gli era giunta la notizia che aveva
battuto quello che tutti conoscevano come Mister One e che in realtà
era un rinomato criminale molto forte dal corpo di acciaio, non aveva
potuto che immaginare a quale prezzo.
Tolte
le bende residue e scoperte le vecchie ferite per niente rimarginate
e le nuove di quei giorni di lotte continue coi mostri che vivevano
su quell’isola, si occupò dei vestiti che tolse con lo stesso
metodo, senza il minimo interesse per qualcosa di così lercio e
malridotto e che soprattutto non era suo.
Una
volta completamente nudo, optò per un bagno caldo ristoratore dove
avrebbe potuto continuare a dormire e nel frattempo si sarebbe lavato
e curato da sé senza che nessuno avesse avuto bisogno di alzare un
dito.
Lo
lasciò per riempire la vasca.
Era
un bagno termale molto ampio ed esagerato, le vasche erano
spropositate e con ogni comodità sebbene ancora più comodo sarebbe
stato avere degli addetti che si occupavano di quelle seccature al
posto suo.
Nessuno
aveva il coraggio di vivere lì e del resto lui l’aveva scelto
proprio per quello. Perché sarebbe potuto essere di certo solo,
specie considerando l’esterno…
Quando
la vasca fu piena di acqua bollente e sali curativi e rigeneranti,
tornò da Zoro e per un istante contemplò il suo corpo. Si vedevano
molte cicatrici ma sopra tutte c’era quella che gli aveva fatto lui
al petto. Era stata ricucita bene ma non sarebbe mai andata via,
sarebbe rimasta per sempre a testimoniare gli errori e le sconfitte.
Probabilmente un giorno sarebbe stata anche la più preziosa, per
quel ragazzo, oltre che la più odiata.
Ancora
profondamente imperturbabile, tornò a prenderlo sulle spalle come
aveva fatto prima ed in breve raggiunse le terme dove l’adagiò
nella vasca più grande. L’appoggiò a peso morto e lo vide andare
giù come un sasso, sotto la superficie che ribolliva.
Mihawk
sospirò vagamente seccato capendo che gli sarebbe toccato anche il
bagno fuori programma.
Cos’era,
un baby sitter?
Non
si era mai chiesto cosa dovesse poi essere un maestro, in realtà.
Aveva accettato senza porsi quella domanda ma davanti a tanta
convinzione e volontà non aveva saputo rifiutare.
Capendo
che sarebbe annegato se l’avesse lasciato a sé stesso, si tolse i
vestiti e completamente nudo a sua volta si immerse nella vasca
spaziosa, lo prese per le ascelle, da dietro, e lo tirò su facendolo
riemergere, poi si adagiò all’estremità rendendosi conto che
comunque finché quel peso morto non si sarebbe svegliato non avrebbe
potuto mollarlo.
“E
dunque devo stare così ancora per quanto?”
Si
chiese realizzando che comunque era una posizione non solo equivoca
ma anche molto evocativa.
Così
come il corpo di quel ragazzo.
Zoro
era forte e prestante, molto muscoloso e ricordava decisamente il
corpo dell’unico uomo che aveva avuto modo di accarezzare invece
che ferire.
Shanks
il rosso, di nuovo, tornò ai suoi pensieri e allo stesso modo in cui
gli venne ci rimase. Rinunciò all’idea di sistemare Zoro in altro
modo che non fosse fra le proprie braccia, contro il petto, e
lasciando che la schiena si adagiasse comodamente sul torace e che
l’acqua cominciasse la propria parte sia curativa che lavativa,
ricordò quante volte aveva fatto il bagno con il suo unico compagno
-sporadico- che aveva mai avuto.
Non
poteva dire di avere con lui una relazione fissa, con uno come Shanks
di certo nessuno poteva averla, ma era sicuramente quello con cui
aveva maggiore rapporto.
Anche
perché era poi l’unico con cui oltre a combattere e misurarsi con
la spada senza mai aver prevalso nettamente, finiva anche
sistematicamente a letto.
Questo
non da subito, un paio di lotte le avevano fatte, poi l’altro aveva
preso in mano la situazione dimostrandogli che non c’era solo il
dolore e la noia nella vita ma anche la gioia. Un tipo di gioia che
lui non solo non aveva mai provato ma nemmeno contemplato.
Sempre
che quella fosse la definizione appropriata.
Più
che altro piacere carnale, quello era il suo nome.
Il
corpo di Shanks era decisamente stato il solo capace di dargli dolore
e piacere in ugual misura. Prima sul terreno di battaglia e poi in
camera da letto. O in un bagno termale per curarsi e rilassarsi.
Mihawk
la mania della pulizia e dell’igiene l’aveva sempre avuta e dopo
ogni allenamento non aveva mai rinunciato al bagno, mai.
Una
di quelle volte si era portato dietro Shanks che non aveva dimostrato
la saggia intenzione di darsi una rinfrescata. Grave misfatto.
Bè,
poi la lavata se l’erano fatta. Una lavata molto profonda.
Al
ricordo un vago sorriso soddisfatto si dipinse sul suo viso marmoreo,
cosa rara e che accadeva solo in ciò che riguardava il suo compagno,
poi svanì subito quando sentì Zoro finalmente rinvenire. A quel
punto lo mollò sapendo perfettamente quale sarebbe stata la sua
reazione.
-
Ma che diavolo… - Mugugnò il giovane che si ritrovò immerso in
una vasca termale appoggiato a qualcosa di caldo, morbido e forte.
Quando
mise a fuoco Mihawk e soprattutto mise a fuoco la loro nudità, alzò
immediato un sopracciglio incenerendolo con una tale espressività da
dover essere premiato.
Mihawk
si chiese come una faccia potesse parlare tanto e minacciare qualcuno
senza l’uso di una sola parola.
Di
suo non ne era capace, lo riconosceva, sebbene non si rendesse conto
di quanto intimidisse e soggiogasse le persone coi suoi sguardi
magnetici da falco.
Le
espressioni di Shanks erano generalmente buffe e comunque allegre,
mentre quelle di ogni altra creatura che affrontava non erano mai
degne di nota. Non le aveva mai calcolate, nemmeno viste, come se
chiunque altro non avesse viso.
Quella
di Zoro era la prima che la notava e si chiese se tutti fossero così
bravi a minacciare con l’espressione.
-
Non ti ho fatto niente di male, eri lurido e ferito e siccome non
avevo intenzione di tenere una persona così sporca in casa mia, ho
deciso di renderti decente. - Lo disse tirando fuori tutto il suo
lato snob che possedeva e Zoro cominciò ad odiarlo profondamente.
Come se fosse possibile odiarlo più di prima.
Prima
era stato solo lo spadaccino più forte del mondo da battere, ora era
una persona odiosa, snob e pedante. Era peggio.
Alla
fine optò per un grugnito che Mihawk tradusse con una certa nota di
divertimento -seppure nascosta dalla sua solita aria fredda e
distaccata-
-
Non ti toccherei mai con un dito. Con una spada magari, ma con un
dito mai. - Anche se poi l’aveva preso sulle spalle e trascinato
per il castello, ma quello era un altro paio di maniche.
Zoro
non rise di quella che qualcuno avrebbe interpretato come una
battuta, il punto era che entrambi privi del senso dell’umorismo -e
Zoro specie in quel momento- non prendevano in considerazione il lato
divertente di nulla di ciò che accadeva.
Mihawk
stesso aveva detto quella cosa seriamente convinto.
-
Per stanotte ti curi, ti riposi e ti nutri, domani parleremo delle
regole, poi quando starai bene cominceremo le lezioni. -
Non
attese risposte ovvie, dopo l’informazione tagliente Mihawk si alzò
ed uscì dalla vasca senza il minimo senso del pudore.
Il
suo fisico marmoreo e ben modellato era sempre piuttosto visibile per
i vestiti poco coprenti che indossava, ma vederlo tutto nudo era
diverso, specie se bagnato.
Era
come una statua scolpita sul ghiaccio, ne rimase impressionato ma non
fece la minima piega e con quell’aria imbronciata distolse seccato
gli occhi dal suo piacente fondoschiena per rivolgerli al viso,
agganciato il suo sguardo severo lo sentì dire:
-
Stai quanto vuoi, ti faccio trovare la cena pronta. La camera è
quella in fondo a questo stesso corridoio. -
Così
dicendo, dopo essersi avvolto nell’asciugamano ed essersi ripreso i
vestiti di prima, uscì senza dire altro o mostrare imbarazzo. Come
fosse normale tutto quello.
Del
resto più chiaro non sarebbe potuto essere.
Fino
al giorno successivo non si sarebbero rivisti ed anzi sarebbero stati
insieme il minimo indispensabile, probabilmente.
“Meglio
così!” Si
disse Zoro. “Non
lo sopporto, l’ho sempre odiato ma ora che lo scopro così snob è
anche peggio! Potrei morire e lo preferirei, ma non posso lasciare
Rufy. Già questo tempo sarà tremendo. Sapere cosa ha passato,
sapere come soffre, sapere come si distrugge… sapere tutto, non è
per niente bello. Doverlo sopportare, non poter andare da lui e
dargli ciò che gli servirebbe. Però seguire la sua volontà è ciò
che non smetterò mai di fare, in nessun caso. Perché se mi dice
qualcosa da fidanzato è un conto, ma se me lo dice da capitano è
diverso. E lui da capitano ha detto che dovremo stare separati due
anni. Sapere il perché però non lo rende più facile. Immagino sia
giusto così ed anche se non lo fosse, è lui che lo vuole ed è
questo che va bene. Farò tutto ciò che serve e quando ci
ritroveremo non sarò più nell’impossibilità di non riuscire a
proteggerlo. Mai più. Per questo starò qua e farò tutto ciò che
serve, ogni cosa e oltre. Per lui. Per Rufy. Perché lo amo più
della mia vita, altrimenti ormai mi sarei lasciato morire tante di
quelle volte che non le so contare. La mia vita non mi appartiene più
ormai e visto che è sua farò di tutto per impedirgli ogni
sofferenza e pericolo futuro. E so che ci ritroveremo. Lo so.”
Con
queste promesse granitiche nel cuore, Zoro riuscì finalmente a
rilassarsi, seppure il suo tormento per non esserci potuto essere nel
momento di maggior dolore del suo compagno e capitano non sarebbe mai
andato via. Mai.
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Capitolo 2 *** Regole ***
*Ecco
qua il nuovo capitolo. Come promesso dopo 4 giorni. Il prossimo
mercoledì. Questa volta ho inserito tutto il testo della canzone di
riferimento ed anche per questo c'è il link per ascoltarla. In questo
secondo capitolo abbiamo il vero incontro di Zoro e Mihawk, sono sempre
preliminari, si studiano ancora mentre la parte attiva della storia
comincia con l'addestramento che, a sua volta, avrà luogo col prossimo
capitolo. Perona non è proprio co protagonista ma siccome lei in ogni
caso è là con loro, appare spesso ugualmente. Spero di aver ridotto gli
errori grammaticali o di sintassi (o di dettagli) ai minimi termini,
faccio sempre del mio meglio, se notate qualcosa che non va ditemelo
perchè sono sempre cose utili. Riguardo la trama, invece, l'avevo già
detto l'altra volta. E' semplicemente la mia visione di come possono
essere andate le cose in quei due anni. C'è una forte componente
erotica costante, questo forse non l'avevo scritto. Grazie a chi ha
commentato, Eowyn278 e ad Akemichan. Buona lettura. Baci Akane*
CAPITOLO II:
REGOLE
“Lo
sto perdendo di vista
Non
contare su di me
Sto
seguendo il
sole
Che
segue me
Conosci
il mio nome
Conosci
il mio volto
Ma
non il mio cuore
Se
tu
sapessi qual è il mio posto
Andrò
dritto per la mia strada
Il
più lontano possibile!
'Io
Seguo te, tu Segui me
Non
ho idea del perché, tu mi menta così
spudoratamente
Te
lo farò notare con l’ironia'
Illuminami
Rivelami
il mio destino
Basta
tagliare queste corde
Che
mi tengono al
sicuro
Tu
sai come sono fatto
Conosci
il mio sguardo
Ma
non il mio
cuore
Se
tu sapessi qual è il mio posto
Andrò
dritto per la
mia strada
Il
più lontano possibile!
Metti
fine a questa attesa
Io,
io odio questa attesa
Odio
questa
attesa
Non
so perché
Non
so perché”
-
Follow me – Breaking Benjamin -
Quando
si rese conto di essere osservato, si tirò su a sedere; dopo qualche
ora i suoi sensi da spadaccino si erano attivati captando una strana
aura davanti al viso e quando aveva aperto gli occhi si era alzato di
scatto in un unico movimento per scontrarsi con la spia in questione.
Perona
cominciò a lamentarsi massaggiandosi la fronte che era andata a duro
contatto con quella di Zoro, lui non fu da meno…
-
Che diavolo ci facevi qua a fissarmi dormire? - Chiese alla fine.
Il
fantasma sbuffando si rialzò in volo e come una principessina
offesa, replicò:
-
Ero venuta a svegliarti ma sembravi morto! Ti chiamavo e non mi
rispondevi, ti scuotevo e non mi rispondevi! Alla fine sono rimasta
in attesa pensando che prima o poi avresti dovuto sentirmi. Stavo per
usare uno dei miei fantasmi per disturbarti il sonno ma finalmente ti
sei svegliato! - Zoro la guardò peggio che mai, si ricordava di lei,
era una dei tirapiedi di Moria a Thriller Bark, nonostante non fosse
una seria minaccia era seccante e questo era ben peggio.
-
E perché diavolo dovevi svegliarmi? - Era ancora mezzo addormentato
e per di più seccato, non riusciva a fare bene mente locale su tutti
gli eventi del giorno prima.
-
Perché c’è la colazione e poi tu e quell’uomo odioso
comincerete! -
Zoro
a ‘uomo odioso’ capì di chi parlava e di cosa si trattasse e
alzandosi di scatto si trovò a sopportare delle fitte non
indifferenti per le ferite che aveva ancora e che naturalmente in una
notte e con un solo bagno caldo non erano guarite. Nonostante ciò si
rivestì -la sera prima era andato a dormire subito dopo il bagno
saltando la cena, era troppo stanco e non si era nemmeno curato di
rivestirsi- e ammonendo con un pessimo sguardo Perona che lo fissava
interessata, una volta coperto con un paio di pantaloni, uscì dalla
camera ignorandola. Il busto era tutto bendato e non si era nemmeno
accorto di quello, troppo abituato ad avere ferite costanti così
come ad ignorare le fitte di dolore per le stesse.
Fu
per questo che la ragazza lo seguì come una furia brontolando
isterica:
-
Ed un grazie sarebbe carino, sai? Chi credi che ti abbia bendato
quando ti sei messo a dormire nudo come una scimmia? Chi ti ha fatto
la colazione stamattina? Chi… - Ma fu fermata da uno sguardo
talmente assassino che Zoro stesso si guardò intorno per vedere chi
aveva avuto tale meraviglioso potere di zittire quella ‘cosa’!
Trovò
Mihawk seduto a tavola all’estremità opposta alla sua e con quello
sguardo tipico suo, rispose alle strilla di Perona con laconicità:
-
Hai solo eseguito i miei ordini. Ed aggiungo 'finalmente'! Se
l’avessi fatto prima mi avresti risparmiato quel bagno! -
Zoro
si sedette trovando improvvisamente interessante quel dialogo…
-
Intanto precisiamo che non sto eseguendo ordini ma è solo che ho un
buon cuore e che riconosco che ti devo l’ospitalità che
gentilmente mi porgi, di conseguenza se non voglio morire di fame o
assiderata, il minimo è fare da mangiare o seguire quelli che sono
odiose richieste e non stramaledetti ordini! -
Zoro
si figurò la scena mentre cominciava a mangiare con una gran fame
per tutto il tempo che aveva saltato i pasti.
Probabilmente
Mihawk era passato a vedere perché non avesse mangiato e trovandolo
addormentato nel letto aveva ordinato alla bambola-fantasma di
bendarlo e far trovare la colazione pronta a quest’orario.
Alzò
le spalle all’informazione che dunque l’avevano visto nudo tante
di quelle volte da aver perso da qualche parte la dignità, non erano
cose che gli interessavano poi molto.
-
Non ti porgo un bel niente, l’ospitalità te la sei presa da sola
ma convengo con te. Il minimo è che tu faccia quello che ordino,
perché sì. Io non chiedo. Ordino. -
Lei
continuò a lamentarsi ma Mihawk parve chiuderla fuori dalla propria
mente ed anzi fissarsi proprio sul nuovo inquilino.
Quel
posto cominciava ad essere troppo affollato, per i suoi gusti.
Notò
che comunque era finalmente in condizioni accettabili, che non si
lamentava dei dolori che era consapevole aveva e che soprattutto
cercava di rimettersi seriamente in forze senza fargli sprecare
noiose parole.
Lo
fissò ricordandosi di come l’aveva trovato la sera prima, dopo il
bagno. Nudo e bagnato steso nel letto. Non si era nemmeno tirato su
le coperte ed ormai la stagione non era più tanto calda.
Non
era stato normale da parte sua coprirlo, per niente, tanto meno poi
dire a quella ‘cosa’ svolazzante di mettergli le bende.
Però
l’aveva fatto e tanto valeva prenderne atto ed andare avanti.
Magari
quelli erano gli effetti dell’avere finalmente un allievo. Non
avendone mai avuto uno non sapeva cosa questo potesse stimolargli, ma
non gliene importava poi molto. Quello che voleva fare, faceva.
Punto.
Non
si era fatto paranoie di alcun tipo nemmeno quando aveva cominciato a
fare sesso con Shanks, figurarsi per una cosa simile.
Coprire
qualcuno non era mica un problema.
Quando
finì di mangiare, attese che Perona se ne andasse e cominciò a
parlare.
Le
mani giunte all’altezza della bocca, l’espressione impassibile e
lo sguardo penetrante posato su uno simile.
-
Ecco le mie regole. Odio le perdite di tempo, quindi qualunque cosa
lo sia, tu evita. Odio ripetere le cose due volte, fai subito quello
che ti dico. Odio i piagnistei, ma non mi pare tu abbia problemi con
questo. Odio le strade facili e comode, quindi preparati a penare.
Odio avere riguardi, sappi che non ne avrò. Odio chi getta la
spugna, ma non mi sembra sia il tuo caso. Odio chi non riconosce i
propri limiti e chi non cerca di superarli. Ma soprattutto odio chi
non li supera e chi non fa miglioramenti. Sappi che se dovessi venire
a meno di uno di questi ultimi punti, ti rispedisco dritto da dove
sei venuto. Anche se vieni a meno di uno degli altri punti, ma in
quel caso ti userei come schiavo. Devi indovinare quello che voglio e
farlo prima che te lo chieda. Non devi deludermi. Odio lo sporco e
chi non si prende cura di sé, quindi lavati e curati regolarmente,
il tuo corpo è tutto ciò che hai, non esiste nient’altro a questo
mondo e se non vedi tu di te stesso nessuno avrà pietà.
Soprattutto, comunque, sappi una cosa. Odio, e dico davvero,
annoiarmi. - A quello si protese sul tavolo verso di lui, molto
spazio ancora a dividerli ma dallo sguardo particolarmente perforante
ed ammaliante, a Zoro parve d’averlo a due centimetri dal viso. -
Divertimi, ragazzino. - Che fu quasi una proposta indecente. Di
proposte simili ne era esperto perché ne faceva di continuo a Rufy
per ‘divertirsi’.
Si
chiese se non ci fosse un senso simile dietro a quella parola, specie
perché giurò d’aver percepito malizia, ma decise di prendersi
tempo per capirlo.
Era
presto per ogni cosa.
-
Quando cominciamo? - Fu l’unica risposta di Zoro che si appuntò
mentalmente tutte le sue regole. Non gliele avrebbe fatte ripetere
due volte ed oltretutto non sarebbe stato poi tanto difficile. Erano
tutte le sue regole.
Che
dopotutto fossero più simili di quello che sembravano o per lo meno
che erano disposti ad ammettere?
Mihawk
parve gradire questa domanda e con l’ombra di quello che sembrava
un sorrisino compiaciuto che sul suo viso affascinante parve tanto
qualcosa di maligno, disse accomodandosi sullo schienale della sedia:
-
Quando starai bene. Non voglio cominciare male, odio anche
trattenermi e sappi che non lo farò, per cui come minimo devi
partire bene ed in forze, altrimenti mi innervosisco! -
Zoro
pensò che comunque aveva decisamente troppe cose che odiava e si
chiese se ne avesse qualcuna che gli piacesse, così come lo pensò
lo disse poiché non riteneva ci fosse niente di male nel conversare.
Non che lui fosse un gran chiacchierone, anzi, però se gli veniva su
qualcosa da dire la diceva, punto.
-
E c’è qualcosa che ti piace, oltre a tante che odi? -
Mihawk
che non si sarebbe mai aspettato una domanda tanto indiscreta quanto
inutile per l’addestramento, rispose tagliente cancellando il
sorrisino di vago compiacimento.
-
Mi piace che rispettino le mie regole. - Fu tutto lì il resto del
dialogo. Dopo di quello si alzò e con altezzosa presenza se ne andò
dicendo senza nemmeno guardarlo più:
-
Ti chiamerò fra qualche giorno quando so che starai bene. Dopo di
che non avrò mai più riguardi nei tuoi confronti. Ricordalo. Sono
un maestro, non un padre. -
Zoro
non si sarebbe aspettato nemmeno quello, a dire il vero, quindi
fissandolo stupito si alzò piano per la schiena che gli doleva.
-
Ed io ora che diavolo faccio intanto? - Non era abituato a non
allenarsi… bè, quando non lo faceva dormiva… sicuramente quando
avrebbero iniziato, non ci sarebbe stato più molto tempo per
riposare.
La
capacità di dormire di Zoro riuscì a stupire non solo Perona,
facilmente impressionabile tutto sommato, ma persino Mihawk il quale
notando che non gironzolava per il castello o l’isola, aveva
chiesto al fantasma cosa stesse facendo il suo allievo.
-
E per chi diavolo mi prendi, ora, una spia? - Che a lei non andasse
mai bene nulla di quel che lui le dicesse non era più una novità ed
ormai non ci faceva nemmeno caso, specie perché poi comunque
rispondeva sempre.
-
Ad ogni modo dorme! -
Mihawk
sogghignò appena. Era ovvio che lei lo sapesse, non faceva che
fissarlo… non gli staccava gli occhi di dosso, sembrava non proprio
incuriosita da lui ma… beh, non sapeva bene come funzionavano le
ragazze fantasma, tuttavia sembrava si stesse prendendo una bella
cotta per lui, infatti era solo per questo che poi aveva cominciato a
dargli retta e a fare quello che lui le chiedeva. Solo per ciò che
riguardava Zoro, infatti.
Non
era uno a cui sfuggivano i dettagli.
Del
resto non era male, era comprensibile. Lui era troppo odioso per
attirare gli ormoni -sempre che una mezza fantasma ne avesse- di
qualcuno che non fosse matto come Shanks, gli altri ci stavano alla
larga, ne avevano paura o semplicemente lo trovavano antipatico.
Non
gli importava di certo.
Lo
vedeva a malapena durante i pasti ed in quelli i due stavano
praticamente in silenzio, figurarsi se uno dei due si metteva
amabilmente a conversare e a parlare del più o del meno. O peggio di
loro stessi, di ciò che pensavano, di ciò che avevano vissuto o di
ciò che avrebbero fatto.
L’unica
a proferire verbo -in modo particolarmente fastidioso per giunta- era
solo Perona la quale tesseva di continuo le lodi di Moria, il suo
precedente capo. Non sembrava capace di fare altro.
Quando
Mihawk la invitava a tornare da lui, lei strillava che non poteva
perché Thriller Bark non esisteva più. A quel punto nessuno osava
chiederle cosa quello centrasse altrimenti si sarebbero dovuti
sorbire ancora quella sua vocetta fastidiosa.
Presto
Mihawk e Zoro si resero conto di essere più simili di quel che
inizialmente era apparso e già all’inizio questo fatto era stato
piuttosto evidente.
Talmente
compatibili per tutte le svariate somiglianze sorprendenti ed
impressionanti, che spesso Perona non poteva che chiedere seccata se
per caso non fossero cloni o qualcosa di simile!
Si
erano proprio trovati.
Durante
uno dei pasti, l’unico momento in cui potevano vedersi per il
momento, ma soprattutto in uno dei rari istanti in cui Perona offesa
se ne era voltata via lasciandoli fortunatamente soli, Zoro, dopo
aver soppesato a lungo l’idea di farlo, gli chiese notizie precise
dei fatti svoltisi a Marineford. I giornali infatti avevano riportato
una parte degli eventi, sostanzialmente fatti e speculazioni. Aveva
voluto chiederglielo dal primo giorno ma alla fine non l’aveva mai
visto ben disposto. Non che ora lo fosse, ma non poteva stare per due
anni senza sapere qualcosa di più di quei vaghi cenni.
Mihawk
però lo sorprese poiché invece di borbottare freddamente un ‘non
sono un bollettino postale’, comunque con freddezza e la sua solita
supponenza, si mise a raccontargli ciò che sapeva e che aveva visto.
Tutto,
dall’inizio alla fine, anche i fatti precedenti alla grande
battaglia fra la marina ed i pirati di Barbabianca, a partire dalla
prigione di Impel Down e da come Rufy l’aveva espugnata. Raccontò
quello che avevano scoperto tutti con profondo shock riguardo le
parentele ed alla fine spiegò dettagliatamente la battaglia con
dovizia di particolari riguardo le condizioni finali, dopo la morte
di Ace fra le braccia di Rufy. Concluse con una personale opinione
non richiesta:
-
Se vuoi la mia chiunque l’abbia preso per salvarlo, è impossibile
che lo salvi. Certamente nel giornale di giorni dopo lo si è visto
fare quello strano gesto nel luogo della battaglia, ma nel modo in
cui se ne è andato da là è impossibile che la mente gli possa
essere tornata a posto. Di sicuro degli effetti permanenti li ha
avuti. Era completamente spezzato. - Zoro si indurì repentinamente e
sebbene per tutto il racconto era rimasto calmo e si era trattenuto
dall’esternare qualsiasi sentimento, a quello non ci riuscì e
battendo la mano sul tavolo lo fissò con uno sguardo tremendamente
furente.
-
Tu non sai niente di lui, quindi i tuoi pareri personali tienili per
te! - Poi si rese conto che Mihawk aveva fatto una gentilezza nel
raccontargli ogni cosa per bene e alzandosi dal tavolo chinò il capo
in segno reverenziale e con forza nella voce, aggiunse laconico: - Ma
ti ringrazio per avermi raccontato il resto. - Dopo di questo spettò
a Mihawk osservarlo andarsene in camera.
Camminava
dritto e spedito e lo scatto che aveva fatto aveva teso perfettamente
tutti i muscoli. Ormai stava bene, solo un ultimo controllo per puro
scrupolo e avrebbero potuto cominciare.
Un
controllo che avrebbe fatto subito.
Alzandosi
poco dopo si diresse alla volta della stanza del ragazzo.
Un
pensiero di compiacimento per quella sua reazione gli scivolò via
dal proprio controllo.
Dopotutto
non era affatto male, quel tipo… non sapeva cosa di preciso glielo
avesse fatto dire, ma era così e tanto bastava.
“Del
resto se l’ho accettato, un motivo ci sarà, no?”
Quando
lo occhieggiò in camera dalla porta socchiusa, lo vide muoversi
bruscamente e secco, era arrabbiato per le insinuazioni che aveva
fatto sul suo capitano ed a questo punto anche un cieco l’avrebbe
capito. Zoro non era solo il vice di Rufy ma ne era anche il
compagno. O per lo meno innamorato. Si chiese se fosse ricambiato e
se stessero effettivamente insieme, poi riflettendo che in ogni caso
quel ragazzo se l’era presa davvero tosta a perdere la testa per il
proprio capitano, un ragazzo così ambizioso ed avventato, entrò
senza bussare.
Lo
trovò in intimo poiché si stava preparando per la notte.
-
Che diavolo c’è? - Chiese Zoro mollando i pantaloni del pigiama
che aveva trovato nell'armadio e mettendosi le mani ai fianchi.
Era
evidente ce l’avesse con lui per le affermazioni finali
sull’instabilità mentale di Rufy e Mihawk avrebbe riso se non
fosse stato uno che rideva raramente.
Infatti
si limitò ad avvicinarsi e a girarlo di schiena, il secondo grugnito
gli morì a metà poiché dal fatto che gli stava sbendando il
torace, capì da sé cosa stava facendo.
Zoro
allora si zittì e lo lasciò fare rendendosi conto che stava
effettivamente bene e che potevano finalmente iniziare. In realtà
non vedeva l’ora, al di là del fastidio immenso che aveva provato
nel sentirlo parlare in quel modo del suo Rufy.
Sentì
le fasce scivolare via e quando fu finalmente libero sospirò di
sollievo. Preferiva avere la pelle senza costrizioni di sorta, non a
caso stava per lo più a torso nudo spesso e volentieri. Non certo
per stupido esibizionismo.
Quando
però le dita di Mihawk cominciarono a correre sulla sua pelle per
visionare le ferite, soprattutto quelle profonde, si trovò a
trattenere il fiato e a mordersi il labbro.
Tutti
quei brividi trasmessi da quel contatto erano tremendamente piacevoli
e non avrebbe mai pensato di riprovare qualcosa di fisicamente bello
prima di due anni.
-
Bene… - Mormorò alla fine. - Sei perfettamente guarito. Domani
mattina si comincia! - Dopo di questo si girò e se ne andò
lasciandolo lì da solo in quelle condizioni. Le condizioni di un
ragazzo privo del proprio compagno da molto tempo e che quindi come
ogni altro essere umano con carne, sangue ed ormoni, aveva bisogno di
sfogare regolarmente. Specie se stimolati.
Non
che Mihawk avesse fatto gran che, ma quel modo di toccarlo malizioso
-e ci poteva giurare che nel suo tocco c’era stata malizia- non era
roba che poteva lasciare indifferenti.
Imprecò
a denti stretti e di malumore lasciò perdere il pigiama per
infilarsi direttamente sotto le coperte e cominciare quello che
sapeva per ventiquattro faticosi mesi avrebbe compiuto più o meno
regolarmente pensando a Rufy.
Auto
stimolazione.
Assurdo
ma inevitabile ad un certo punto, specie dopo delle mani che avevano
visionato tanto bene la schiena. Gli aveva fortunatamente risparmiato
il petto e di questo gliene era stato grato.
Nel
letto, Zoro, non poté che volare col pensiero all’ultima volta che
lui e Rufy erano stati insieme, troppo tempo ormai. Agganciato il
momento, rievocò quei suoi tocchi leggeri ed ingenui, tutto
l’opposto di quelli di Mihawk. Fece suo quel modo di farlo
inizialmente passivo e poi sempre più attivo e passionale, come se
avesse sete di averne di più e fosse incapace di aspettare che
l’altro facesse tutto.
Rufy
era un iperattivo che adorava comandare, già solo questo poteva
bastare per capire come fosse a letto. A questo si poteva aggiungere
quella sua ingenuità spiccata che spesso si trasformava in ottusità
e si poteva avere un quadro complesso di un ragazzo che a letto prima
si lasciava fare e poi prendeva il sopravvento con veemenza facendolo
impazzire.
Oh,
come gli mancava Rufy.
Oh,
come gli sarebbe mancato sempre più…
Zoro
venne schiacciando il viso contro il cuscino ed in uno stato di lotta
interiore, si chiese se dopotutto avrebbe sopportato tutto quel tempo
lontano da lui. Non era un allenamento estenuante che lo preoccupava,
anzi… quello magari l’avrebbe distratto. Era proprio la mancanza
sempre più viva per Rufy, il suo compagno, che lo impensieriva.
Sapeva che sarebbe stata insopportabile, ad un certo punto.
Due
anni.
Due
maledetti anni.
Rigirandosi
inquieto fra le lenzuola, Zoro intravide nel buio la sagoma della
ragazza fantasma che incuriosita doveva aver visto tutta la scena.
Ormai era sempre lì a fissarlo, era abituato anche se magari in
intimità con sé stesso poteva lasciarlo solo.
Mandandola
mentalmente a quel paese, si chiese perché non fosse eterosessuale.
Almeno se gli fossero piaciute le donne, con lei così disponibile
nei suoi confronti -anche se forse ancora lei stessa non ne era
consapevole- almeno quel lato sarebbe stato soddisfatto!
Poi
si corresse. Se si trattava solo di quello, c’era pur Mihawk… che
fosse disposto o meno non importava, sapeva farci se voleva.
No,
non era proprio una questione di sesso e sessualità quanto proprio
di sentimenti.
Lui
voleva Rufy e nessun altro. Rufy sempre e comunque.
Rufy
fino alla fine dei suoi giorni.
Mihawk,
dal canto suo, non poté che strofinarsi le dita anche dopo, la
sensazione della sua pelle sotto i polpastrelli era rimasta e non gli
sarebbe andata via a lungo.
Diversissimo
da Shanks, come due poli opposti, ma comunque interessante e non era
tipo che perdeva tempo a negare l’evidenza.
Era
una delle sue regole, infatti.
Sarebbero
stati due anni molto costruttivi.
Lì
e solo lì lo capì.
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Capitolo 3 *** Mire ***
*Ecco
qua. Allora, forse non l'ho specificato, anzi sicuramente, ma questa
fic in più rispetto al manga ha il lato erotico, un aspetto che a me
manca quando leggo seppure devo dire che ci sta anche bene che non ci
siano storie d'amore nella serie... insomma, è una cosa che va
benissimo. Ad ogni modo qua ho voluto evidenziare oltre ad altri
aspetti quali quelli relazionali e quelli da spadaccino, anche quelli
erotici. Insomma, sono due uomini, non sono asessuati e soprattutto
hanno gli impulsi come tutti. Vediamo che combinano. Dunque, fatto
questa premessa preparatevi a questo miscuglio di elementi combinati
insieme. Iniziano quelli che il maestro chiama test d'ingresso. In
tutta onestà non so se le cose in quel caso avvengano in quel modo
(chiara eh?) però ho usato la mia immaginazione che potrebbe essere
inverosimile ma siccome è una delle caratteristiche principali del
manga non mi preoccupo molto. Il prossimo capitolo lo metto sabato.
Buona lettura. Baci Akane*
CAPITOLO III:
MIRE?
“sei
cosi fredda
tieni le tue
mani nelle mie
gli uomini
saggi si stupiscono quando
gli
uomini forti muoiono
mostrami
come finire in buona maniera
mostrami
quanto in realtà sei indifesa
soddisfa
un vuoto dentro
bene, va
tutto bene, proviamoci di nuovo”
-
So Cold – Breaking Benjamin -
L’uno
al cospetto dell’altro, Mihawk stava sottoponendo Zoro ad un
severissimo esame visivo per capire tutto ciò in cui era carente e
ciò che gli sarebbe stato essenziale.
Il
più giovane era infatti a braccia conserte in evidente difensiva e
con sguardo truce cercava di tenere d’occhio il più grande per
quanto fosse possibile.
Mihawk
gli girava intorno circospetto, serio e concentrato; era calmo ed
esasperante nonché illeggibile. L’altro che di pazienza non ne
aveva nemmeno un po’, sbuffò.
-
Hai finito? Cosa, sono un fenomeno da baraccone? -
Alla
fine con un tono di sufficienza, l'altro rispose fermandosi davanti:
-
Fisicamente non sei messo male ma devi fare di meglio. Cominceremo
col rafforzare il corpo ancora un po’, la parte in cui sei meno
carente. Poi passeremo al resto. - Dopo di questo gli assegnò una
serie di esercizi di rafforzamento uno più massacrante dell’altro,
infine con poco interesse per la sua reazione, se ne andò.
Zoro
non fece una piega, si era aspettato una cosa simile, tanto più che
i propri stessi esercizi non erano poi tanto più leggeri.
Alzando
le spalle decise che si sarebbe dato da fare subito, non esistevano
lamentele né perdite di tempo e su questo era proprio d’accordo
con lui. Non aveva tutto il tempo che voleva, due anni per diventare
più forte non erano molti.
-
Non mi piace come ti fissa! - Esclamò Perona cogliendolo di sorpresa
proprio mentre si accingeva a correre. Zoro alzò lo sguardo e la
vide sopra di lui, quindi snobbandola proseguì senza darle retta.
La
cosa ovviamente alla ragazza fantasma non piacque quindi parandosi
davanti, lo ribadì:
-
Cos’è del termine ‘non mi piace come ti fissa’ che non
capisci? - Era petulante, insistente e pesante. Alla fine Zoro capì
che se non le avesse dato retta, gli avrebbe rotto l’anima per
tutto il tempo degli allenamenti e lui odiava allenarsi con una che
gli rompeva l’anima a quel modo!
-
Perché, in che modo mi fissa? - Chiese come se fosse la cosa più
inutile da sapere.
Perona
allora gli liberò la strada e tornò a volargli sopra soddisfatta
continuando seccata a parlare:
-
Come uno che ha mire! -
A
Zoro questa parve proprio bella…
-
Mire? -
E
che mire poteva avere un uomo simile che aveva accettato di allenarlo
solo per… bè, non l’aveva capito, ma di certo non per gentilezza
e buon cuore!
-
Sì, mire! Su di te! Ti scruta sempre anche quando non te ne accorgi
e lo fa anche davanti a te; non te ne rendi conto? Ha mire su di te,
quello! - Ora il tono era platealmente geloso, il che comunque non
poteva escludere a priori che quella cosina volante avesse ragione.
Non
che a Zoro importasse, infatti liquidandola frettolosamente, disse:
-
Magari mi fissa male perché le ha su di te! - Quella era la più
grande cavolata che avesse potuto dire, ma voleva solo togliersela di
torno. Che quel Mihawk avesse mire non gli interessava se lo allenava
come si doveva, il resto poteva andare a quel paese!
-
Ma che diavolo dici? Quello mi odia! E perché pensi poi che ti abbia
accettato come allievo? Gli interessi, ti dico! Ha mire su di te!
Quanto scommetti che ho ragione? -
-
Niente, non ho un soldo bucato e voglio solo allenarmi, quindi
lasciami in pace! Mi importa solo che mi faccia da maestro! Vattene!
- Alla fine la ebbe vinta poiché lei seccata ed offesa se ne andò
brontolando istericamente.
Rimasto
solo, suo malgrado, non poté che percepire effettivamente quello
sguardo da falco su di sé. Non aveva idea di dove fosse appostato a
fissarlo, però era certo che ci fosse. Nonostante questo non avrebbe
deviato il suo percorso di un soffio, era ora di darsi da fare, non
c’era spazio per sciocchezze inutili!
Anche
lui aveva le sue regole, se era per questo.
Mihawk
passò costantemente il suo tempo ad osservarlo, in parte per vedere
come si comportava durante gli allenamenti e tenerlo sotto controllo,
in parte perché era davvero interessante e giorno dopo giorno ne era
sempre più consapevole. Non avrebbe mai accettato un allievo noioso,
del resto.
Quando
il fisico fu abbastanza forte, per esserne sicuro lo fermò dai
soliti esercizi quotidiani massacranti prendendolo per il braccio.
Risalì sulla pelle sudata per scivolare con le dita sulla spalla e
sulla schiena. Si allenava ovviamente a torso nudo per essere più
libero.
Zoro
rabbrividì a quel tocco che non percepì solamente come un puro
controllo tecnico ma come qualcosa di superfluo di cui avrebbe potuto
fare a meno, tuttavia impassibile accolse il suo sguardo suggestivo e
penetrante quando si fermò staccando la mano dal suo torace.
Era
impossibile capire cosa gli passasse per la mente e per contro lui
dimostrava tutto il suo fastidio. Se quello era il loro modo di
comunicare, visto che entrambi odiavano i dialoghi, quello sarebbe
stato.
-
Bene, fisicamente sei a posto. Come prevedevo ci hai messo meno della
norma, eri già a buon punto. Ma non è il corpo il tuo problema. -
Si avvicinò fino a sfiorarlo, poi abbassando il tono come se di
nuovo gli facesse una proposta poco pulita, disse: - Vediamo com’è
la tua forza mentale. Mi pare di ricordare che avesse delle buone
basi. L’avrai allenata adeguatamente in tutto questo tempo? - Era
una domanda retorica perché era evidente che pensava non l’avesse
fatto.
Zoro
assottigliò lo sguardo raccogliendo quella che per lui era una sfida
e alzando il mento indurito, rispose senza il minimo timore:
-
Sono qua! Cosa devo fare? -
Mihawk
lo fissò per un attimo in silenzio, infine si decise a dargli
istruzioni.
-
Il modo migliore per misurare la forza mentale è fare leva sulla
resistenza fisica. Farai un bagno in una vasca di ghiaccio e ci
dovrai rimanere il più a lungo possibile. A seconda di quanto ci
resterai, io potrò capire a che punto sei. Però poi avrò da
proporti un paio di altri test di resistenza. - Si girò per
andarsene poi si fermò, si voltò a metà e aggiunse laconico: -
S’intende. Tutto questo senza morire, altrimenti non serve a nulla!
- Probabilmente quello doveva essere una battuta e brontolando che
aveva un senso dell’umorismo pessimo -da che pulpito!-, lo seguì
senza rispondere.
Preparò
la vasca di ghiaccio, si trovava in una stanza sotterranea dove la
temperatura costante era comunque fredda, il ghiaccio si sarebbe
mantenuto senza diventare un unico blocco sul corpo di Zoro.
Fermo
a braccia conserte, gli indicò con un gesto di spogliarsi per
infilarsi dentro. Quando il ragazzo fece cenno, senza il minimo
turbamento, di togliersi anche la biancheria intima, Mihawk lo fermò
seppure riluttante:
-
Se vuoi essere inutilizzabile là sotto, poi, fai pure, ma io ti
suggerirei di tenere almeno un pezzo di stoffa fra le tue parti
intime ed il ghiaccio. -
Zoro
percepì la malizia seppure notò nel fondo del suo sguardo un po’
di contrarietà… solo Shanks l’avrebbe tradotta.
Suo
malgrado Zoro si infilò in silenzio nella vasca e accomodato non
fece una piega.
Mihawk
sapeva che aveva una buona resistenza, di conseguenza immaginando che
all’inizio non avrebbe avuto problemi, se ne andò decidendo che
tanto Perona gli sarebbe rimasta incollata tutto il tempo.
Così
in effetti fu e nel non sopportarla più per quella parlantina fin
troppo spiccata ma soprattutto per il tono capriccioso con cui si
lamentava, Zoro riuscì dopo tanta fatica a mandarla via. Una volta
solo poté concentrarsi per sopportare meglio il ghiaccio. Lo sentiva
bruciargli la pelle ma l’insensibilità presto lo colse fino a
fargli chiedere se poi sarebbe tornato come prima. Non era resistere
il suo problema ma fermarsi in tempo e Mihawk presto se ne sarebbe
accorto.
Mano
a mano che il tempo trascorreva, lui faticava sempre più a
mantenersi in sé, sentiva i sensi totalmente atrofizzati e
completamente insensibile nel corpo, anche la mente cominciò presto
ad essere sempre meno presente.
Decise
di concentrarsi su qualcosa di caldo e piacevole, se sarebbe riuscito
ad ingannare la propria mente e ad illuderla che il ghiaccio non era
freddo, avrebbe resistito ancora. Cioè prima di morire!
Fu
così che non dovette sforzarsi di cercare qualcosa di adatto, il
pensiero più caldo era senza dubbio Rufy; lasciò da parte di
proposito la situazione critica in cui erano, si concentrò su quello
che in assoluto riusciva sempre a scalfarlo, a fargli circolare il
sangue come impazzito. Lui e le notti passate insieme, notti che da
troppo non ne avevano più, la sua bocca e la sua lingua che
ingenuamente l’assaggiava, il modo in cui gli si dava, come
l’esplorava, come esagerava in reazione a ciò che gli faceva,
quando lo penetrava con desiderio impetuoso, come gridava chiamandolo
eccitato.
Quando
l’adrenalina circolò a folle intensità nel sangue che tornava a
dargli vagamente sentore della propria pelle intorpidita, una voce
tagliente e maliziosa lo interruppe:
-
Tecnica interessante! -
Zoro
aprì gli occhi e si infastidì nel vedere Mihawk al posto di Rufy.
Quanto tempo era passato?
-
Quale? - Chiese battendo i denti.
-
Distrarre la mente su qualcosa di caldo e piacevole per non sentire
il freddo… -
-
Ma? - Per lui era chiaro che ci fosse un ‘ma’.
-
Ma è tanto efficace quanto pericoloso. Se il pensiero è troppo
intenso da sconnetterti totalmente, superi il tuo limite e puoi
morire. -
Sembrava
seriamente intenzionato a fargli davvero da maestro e Zoro decise di
dargli retta, dopotutto gli aveva chiesto lui di insegnargli…
-
E cosa dovrei fare? Non parliamo di forza mentale? -
Era
sinceramente curioso di saperlo ma Myhawk sorrise sarcastico.
-
E’ presto per questa parte della lezione. Siamo appena ai test
d’ingresso. -
Zoro
se ne risentì ma non diede segno di volersi muovere.
-
Avanti, esci. Per oggi basta così. - Fece poi il maestro con
fermezza sorprendendolo.
-
Che? E perchè? Posso starci ancora… non devi vedere quanto
resisto? -
Mihawk
si avvicinò alla vasca consapevole che il suo corpo ormai era così
insensibile che sarebbe stato impossibile muoversi.
Prima
di prenderlo di peso contro la sua volontà, rispose chinandosi per
guardarlo meglio negli occhi.
Zoro
si sentì in soggezione e non si preoccupò di mascherarlo con un
broncio, ma rimase colpito dalle sue parole:
-
Devi imparare a conoscere te stesso ed i tuoi limiti. Da morto non
servi a nulla. Se penso che sia l’ultimo mezzo per ottenere ciò
che vuoi è un discorso, ma per un allenamento è solo uno spreco.
Devi conoscerti per controllarti. -
-
Da quanto sono dentro? -
-
Tanto. Il tuo corpo non reggerà ancora. -
-
Ma la mia mente sì! - Mihawk sorrise compiaciuto della sua
testardaggine e dedizione, erano essenziali per uno spadaccino ma
soprattutto per un allievo.
-
La tua mente sì, ma fai poco senza il corpo. - Era decisamente una
delle lezioni che avrebbe faticato ad insegnargli.
-
I limiti esistono per essere superati. -
Aggiunse
però Zoro che si sentiva effettivamente stremato.
-
Sì, ma nel modo giusto, non morendoci nel tentativo. -
Non
avrebbe ammesso repliche, anche perché la pazienza di rispondergli
per dimostrargli la propria ragione, si stava esaurendo. Le cose
stavano come diceva lui punto e basta, si era preso la briga di
dirgli qualcosa in più solo perché in teoria doveva imparare. In
teoria. Testardo com’era ci avrebbe messo più del previsto!
Zoro
non trovò comunque niente da ribattere e Mihawk se ne compiacque
decidendosi a prenderlo per le braccia e a sollevarlo di peso. Una
volta fuori lo adagiò su una sedia, lo avvolse in un paio di
asciugamani e se lo caricò sulla schiena senza chiedergli permessi.
Il
suo corpo era completamente congestionato, come se Akainu avesse
usato il suo potere, di conseguenza era come un morto. L’unica
parte intatta era la testa, probabilmente gli organi stessi stavano
faticano notevolmente per rimanere funzionanti e forse qualcosa aveva
cessato di dare cenni vitali. Si sperava solo momentaneamente.
L’unico
motivo per cui Zoro glielo permise fu, infatti, che non riusciva
effettivamente a muoversi in alcun modo, anche se arrivava ancora a
parlare.
-
Non sono un sacco di patate! - Si lamentò truce infatti…
Mihawk
ghignò di sottecchi ma non disse nulla.
Condotto
in camera soppesò l’idea di dire a Perona di occuparsi di lui, ma
sapendo della sua cotta preferì evitare. Quando fece per strofinarlo
per asciugarlo e ridargli la sensibilità al corpo, Zoro aumentò i
fulmini dagli occhi e potendo ancora solo parlare senza assolutamente
la possibilità di muoversi e cacciarlo, borbottò:
-
Posso farlo da solo! - L’altro smise di toccarlo, si tirò su e lo
fissò scettico con le mani ai fianchi in segno di sfida:
-
Ah sì? Fallo allora! Asciugati e vestiti! -
Zoro
ci provò ma nemmeno con ogni sforzo possibile riuscì a muovere un
solo muscolo, così dovette arrendersi capendo che sarebbe stato
inutilizzabile per un bel po’, purtroppo.
A
quel punto Mihawk subdolamente vittorioso tornò a chinarsi per
continuare ad occuparsi del suo ottuso allievo lamentoso.
Con
le mani cominciò a correre lungo il suo corpo, dal petto proseguì
risensibilizzando gli organi più importanti. Passò con forza e
decisione, quasi cattiveria pur di riattivare il sangue quasi del
tutto fermo sotto la pelle. A volte lo schiaffeggiava.
Quando
capì che gli asciugamani gli impedivano di capire il livello, gli
aprì i teli senza pensarci passando direttamente sulla pelle
cianotica e gelida.
Serio
ed assorto non fece caso né alle espressioni contrariate di Zoro né
ad eventuali imbarazzi o tensioni di sorta, fece solo il suo dovere,
quello che era necessario. Quando sentì il suo torace reagire
abbastanza, scese sulle gambe ignorando di proposito le braccia. Se
gli avesse riattivato le braccia poi avrebbe potuto farlo da solo ma
dopo essersi occupato del petto aveva cominciato a sentire un che di
divertente. Beh, divertente era una parola grossa, poteva dire di non
noioso.
Zoro
voleva farlo fuori con quella sua famosa forza mentale, ringraziò il
Cielo che non ne avesse ancora abbastanza per riuscirci. Shanks
l’avrebbe fatto in un istante, ma a Shanks piaceva quando gli
faceva certe cose…
Mihawk
rimase completamente impassibile senza dargli a vedere quanto invece
trovasse interessante quell’operazione e risalendo dai polpacci
alle ginocchia e successivamente alle cosce, Zoro cominciò ad
arrossire imbarazzato, prima magari era solo seccato ora cominciava a
trovarci qualcosa di decisamente strano in tutto quello.
Cioè,
fin dove intendeva sensibilizzarlo con le mani?
Gliel’avrebbe
chiesto se non avesse temuto la sua risposta e arrabbiato per quel
modo di sentirsi e per la sensazione di sottomissione che stava
provando a cui avrebbe preferito morire, si morse il labbro furioso.
Cosa poteva dirgli? Di piantarlo lì che faceva da solo? Le braccia
non le muoveva e non le sentiva ancora…
Non
sapeva a che gioco quel dannato stesse giocando, ma le parole di
Perona gli risuonarono in mente potenti come se gliele avesse appena
gridate.
Non
servì a molto poiché con un sorrisino malizioso -ed ormai Mihawk
non si penava nemmeno più per mantenere quell’aria seria e
scostante!- disse alzando gli occhi dorati suggestivi sui suoi:
-
Chissà come sei messo qua… - Disse finendo sfacciatamente con le
dita sul suo inguine. Gli slip li aveva ancora ma erano bagnati e
freddi e non stavano facendo un gran lavoro di riscaldamento. Avrebbe
voluto dire di toglierglieli ma ormai era evidente che Perona aveva
ragione e che quel tipo avesse mire su di lui.
Ma
tutte a lui dovevano capitargli?, pensò allucinato senza staccarsi
gli occhi da lì sotto.
Alla
fine Mihawk non aspettò pareri, non gliene sarebbe importato
comunque. Prese l’elastico e glieli tolse sfilandoglieli da sotto.
Le
gambe erano ormai sulla via della sensibilità ma il sangue stava
ancora lavorando per tornare a circolare come si doveva, di
conseguenza non era ancora completamente attivo. Fra l'altro gli
faceva male sentire quel formicolio potente quanto una mandria di
bufali che gli correva sopra.
Voleva
le sue braccia, voleva tornare a muovere le sue braccia.
Poteva
mandarlo al diavolo e chi se ne importava dell’allenamento e degli
insegnamenti?
Il
pensiero però volò a Rufy e a quei due anni separati per
rafforzarsi. L’unica sua speranza era quell’uomo, che gli
piacesse o no e doveva cercare di resistere.
Quando
fu completamente nudo constatò comunque che la stoffa gli aveva
protetto la pelle delle parti intime giusto il necessario, l’unica
parte probabilmente non bruciata su tutto il corpo ad eccezione della
testa.
-
Non sei male, ma penso che non senti ancora niente, vero? -
-
E come diavolo faccio a saperlo? - Era ovvio che se nessuno lo
toccava non poteva capire quanto male fosse, non poteva negare che
gli interessasse saperlo ma avrebbe anche potuto constatarlo da solo
quando avrebbe riavuto le proprie mani.
Mihawk
parve prenderla per una gentile richiesta e come se effettivamente si
sacrificasse per accontentarlo, senza turbare la sua maschera di
tranquillità sul viso, lo toccò senza la minima esitazione. Glielo
prese completamente in mano e senza aspettare ed anzi fissandolo
crudelmente negli occhi, cominciò a muoversi sempre con decisione
per fargli sentire.
Ci
mise un po’, era effettivamente stato messo a dura prova, però
dopo un paio di movimenti Zoro con sorpresa si sentì anche contento
di tornare ad avere reazioni là sotto.
Fu
una sensazione stranissima perché le parti atrofizzate che venivano
riattivate, all’inizio pompavano come se volessero staccarsi dal
corpo fin quasi a fargli male ed in reazione al non sentire nulla,
poi sentiva troppo. Trattandosi di una parte tanto sensibile si
ritrovò oltre che effettivamente e dolorosamente attivo, anche
incredibilmente eccitato e questo contrasto lo mandò in tilt
facendogli premere la nuca sul cuscino e chiudere gli occhi in un
abbandono istantaneo.
Mihawk
che non aveva smesso di guardarlo inquisitore in viso con quel suo
costante luccichio sensuale, alzò compiaciuto e sorpreso il
sopracciglio a quella sua reazione inaspettata.
Stava
probabilmente lottando con sé stesso per non provare un tale
piacere, ma considerando che non dipendeva dalla sua volontà, ne
poteva fare ben poco.
-
Pia…piantala… - Ringhiò fra gli ansimi.
-
Davvero? - Chiese insinuante Mihawk senza smettere di muovere la
propria mano sul suo sesso che ormai funzionava senza il minimo
problema.
-
Sì! Funziona, è a posto, va che è una meraviglia! Mollami e
sistemami le braccia, poi lasciami in pace! - Grugnì ancora fra un
gemito e l’altro. Era la cosa più atroce che avesse mai provato.
Il volerlo e non volerlo insieme, il sapere che non andava bene, il
volere qualcun altro al suo posto, il non poter cambiare le cose, non
poter ribellarsi, il dover sottostare e sopportare, il piacere che
comunque si accendeva perché era un uomo, il godere e ribellarsi a
ciò allo stesso tempo.
Voleva
gemere ed insultarlo insieme e comunque cercava di controllarsi
abbastanza per non offenderlo troppo perché era il suo maestro ed
avevano appena iniziato.
Dannazione,
aveva bisogno di lui ma così sarebbe impazzito!
Si
morse a sangue il labbro e cercò di smettere di gemere e parlare,
spaventato all’idea di potergli chiedere di continuare. Mihawk lo
capì e compiaciuto di quella forza mentale alla ricerca di un
controllo in uno stato simile, si sentì orgoglioso del suo allievo.
Anche eccitato per ciò che vedeva ed aveva sotto mano, oltre che per
il modo in cui combatteva e si opponeva senza però riuscirci a fondo
e nemmeno volerlo del tutto.
Quando
raggiunse il culmine, Zoro girò la testa di lato quanto più
possibile, voleva nascondersi, si vergognava, si odiava per aver
raggiunto l’orgasmo in quel modo per lui pietoso. Voleva sparire e
Mihawk capendolo si riservò di inquadrare cosa provava e pensava più
tardi, con calma, da solo.
Si
asciugò la mano e tornò sulle braccia come niente fosse, con gran
faccia tosta e come se nel mezzo non fosse successo niente.
Dalle
spalle agli avambracci alle mani. Queste infine gliele prese insieme
e gliele strofinò fra le proprie fino a che non le sentì di nuovo
calde.
Fu
Zoro sempre senza più guardarlo a ringhiargli:
-
Sono a posto. Ti ringrazio. Ora ho bisogno di riposare, se non ci
sono altri test per oggi… - Cercava di ricordarsi quali fossero i
loro ruoli e le regole, sapeva che bastava un nulla per essere
cacciato e non poteva che ripetersi che lui aveva bisogno di Mihawk.
L’altro
si compiacque per quel controllo ferreo e capì che dopotutto aveva
fatto davvero bene a prenderselo con sé, anche se ogni tanto poteva
permettersi di giocare con lui e torturarlo per non annoiarsi,
comunque ciò che erano rimaneva irremovibile.
Allievo
e maestro.
Mihawk
si tirò su dopo averlo coperto, lo vide ancora immobile seppure
potesse muoversi, con il viso girato dall’altra parte ma in
ascolto.
-
No, per oggi basta così. Domani riprendiamo coi test. Riposa. -
Non
aggiunse altro e laconico, senza far capire assolutamente nulla di
sé, soprattutto perché avesse fatto una cosa simile, se ne andò in
silenzio.
Zoro,
una volta solo, si girò di fianco e coprendosi fin sopra alla testa
indurì l’espressione del viso in una smorfia di odio.
Doveva
solo resistere per due anni.
Solo
due anni.
Poi
sarebbe tornato da Rufy.
Ma
due anni non sarebbero mai stati più lunghi di così.
|
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Capitolo 4 *** Morire è una cosa inutile ***
*Eccoci
qua... allora, in questo capitolo ci sono molte considerazioni e
riflessioni ed introspezioni e poca azione se non quasi nulla, è
un'ulteriore approfondimento dei personaggi e del loro rapporto poichè
tutta la fic si basa su questo, sull'evoluzione del rapporto di Zoro e
Mihawk quindi è inevitabile che ci siano pezzi di questo genere, ma ci
sarà spazio anche per altro, insomma non sarà solo riflessione e basta.
Sul finale un dialogo fra maestro ed allievo, finalmente! La canzone
questa volta ha tutto il testo e come sempre c'è il link per
ascoltarla. Grazie a quelli che seguono la fic, sono contenta che la
mia versione delle cose incuriosisca! Buona lettura. Baci Akane*
CAPITOLO IV:
MORIRE
E’ UNA COSA INUTILE
“Questo
gioco è finito
Sono
meschino e più vecchio
Si
stanno avvicinando
più e
più volte
Mia cara
Brianna
ho bisogno di una
risposta
qual'era la
domanda?
Non riesco a
ricordarla
Vorresti,
vuoi
provare come mi
sento?
e mi sottometto
alla tua volontà
e
biasimo me stesso
Legato
ad un ago
La mio ubriaca
libido
Il mio ego
nervoso
più andiamo
avanti
tu sei uno
stronzo
re del
castello
io sono uno
scarso
che segue il
leader
Vorresti,
vuoi?
provare come mi
sento?
e mi sottometto
alla tua volontà
e
biasimo me stesso
E lo so
che a te non piace
come
stiano andando le cose
ma
ormai ci siamo, allora cominciamo
ricorda
solo, che io vinco”
-
No Games – Breaking Benjamin -
Zoro
aveva inquadrato perfettamente Mihawk, gli ci era voluto poco poiché
aveva molti lati di sé, si rivedeva in certi aspetti di conseguenza
sapeva perfettamente come porsi con lui, cosa fare e cosa non fare.
Aveva
ad esempio capito che era un tipo che si annoiava facilmente che però
era una cosa che odiava e la combatteva a modo suo. Modi tutti poco
convenzionali e poco ortodossi. Come ad esempio distruggere una nave
che passando accanto a lui disturbava il suo sonno…
Non
aveva il minimo rispetto per gli altri e le vite umane, ma al tempo
stesso lo pretendeva in cambio e se non erano disposti a darglielo
subito ed in maniera assoluta, finiva per reagire male e lui con
reagire male intendeva uccidere.
Aveva
un senso distorto del valore umano e della vita stessa, in questo non
erano assolutamente uguali.
Mihawk
era capace di uccidere per una sciocchezza assoluta, cosa che Zoro
non avrebbe mai fatto, anche se si scocciavano per le stesse cose
-tipo il sonno interrotto!-
Quello
che fu fondamentale nel determinare la sopportazione di Zoro
nonostante certe cose non le avrebbe mai e poi mai accettate da
nessuno, era la consapevolezza che se si fosse anche solo minimamente
ribellato ad alcuni dei suoi modi, sarebbe stata la fine.
Non
poteva andare là e dirgli gentilmente e con rispetto se poteva
limitarsi ad allenarlo e basta, perché sapeva che non gli avrebbe
più insegnato e lui aveva troppo bisogno di imparare da lui.
I
modi di Mihawk che nello specifico gli davano un fastidio immenso
erano quella sua convinzione che ciò che lo circondava fosse di sua
assoluta proprietà ed in quanto tale potesse farci ciò che volesse,
quando e come.
C’era
da dire che effettivamente si circondava di poche cose, ma quelle
erano davvero impossibili da togliergliele. Armi a parte, girava in
una zattera per non avere una nave e quindi bisogno di una ciurma, il
suo castello era completamente deserto ad eccezione di Perona auto
invitatasi, non divideva con anima viva la sua abitazione -sempre
dando per scontato che Perona non venisse considerata.-
Nel
momento in cui aveva accettato Zoro come allievo, cosa che non aveva
mai fatto perché odiava le persone indistintamente poiché non le
considerava degne d’attenzione, interessanti o alla sua altezza -e
lui non poteva certo sapere di Shanks-, l’aveva chiaramente
reputato di sua proprietà, ergo avrebbe potuto far di lui tutto
quello che voleva. Se si sarebbe ribellato a qualcuna delle cose che
lo obbligava a sopportare, sarebbe stata la fine.
Zoro,
sapendo tutto ciò perché non era idiota, decise che per due anni
avrebbe potuto sopportare e che l’avrebbe fatto solo per Rufy, non
per rafforzarsi -cosa che comunque aveva sempre voluto ma non in quel
modo- bensì solo perché era la volontà del suo capitano. E per
essere davvero in grado di proteggerlo quando si sarebbero riuniti.
Mihawk
era in assoluto e di certo la sua unica speranza.
Però
sarebbe stato solo unicamente dovere e basta.
Mihawk,
dal canto suo, si limitava a fare ciò che voleva quando lo voleva,
senza preoccuparsi di vedere se poi poteva ed andava bene. Come aveva
capito Zoro, lo considerava suo poiché era un suo allievo, di
conseguenza aveva ogni potere su di lui, cosa che gli piaceva
parecchio.
Il
punto cruciale della questione, però, era che lui si circondava solo
di poche rare persone, solo quelle che lo colpivano in qualche modo.
Quando questo accadeva significava che avrebbe voluto farle sue.
Così
era stato con Shanks. Prima l’aveva considerato, cosa non scontata,
poi l’aveva giudicato un degno avversario, poi lentamente era
arrivato alla sua stessa altezza ed alla fine l’aveva trovato
interessante. Quando era arrivato a quel punto, aveva cominciato con
lui una relazione che andava ben oltre due avversari che si stimavano
e si confrontavano in duello quando si incontravano. Era una
relazione che comprendeva anche la possessione fisica. Altri termini
adatti non potevano esserci perché di fatto non avevano dato spazio
a sentimenti, o meglio non Mihawk, incapace di provarne. Per Shanks
era diverso ma allo spadaccino non interessava, non sapeva come si
provava amore o qualunque altra cosa simile. Il livello raggiunto con
il rosso per lui era il massimo e di più del proprio corpo non era
mai arrivato a concedergli. L’altro ne era consapevole e non gli
chiedeva di più, si accontentava paziente consapevole che prima o
poi le cose si sarebbero ulteriormente evolute.
Con
Zoro aveva superato lo stadio della considerazione, non l’aveva
ancora giudicato alla sua altezza ma degno d’attenzione sì. Però
curiosamente era arrivato alla fase dell’interesse ed una volta
raggiuntala pienamente, Zoro semplicemente sarebbe dovuto
sottomettersi perché nel momento in cui aveva accettato di essere
suo allievo, aveva accettato di appartenergli. Dunque poteva fargli
ciò che voleva, semplicemente.
Non
gli era ben chiaro il motivo e fin dove si sarebbe voluto spingere,
ma sapeva che Zoro gli stimolava certi istinti bassi e poco puliti e
tanto bastava per sfogarli direttamente su di lui quando e come
voleva, il resto non contava.
La
prova che gli fece fare il giorno successivo, sempre di resistenza,
era naturalmente l’opposta della prima.
Riguardava
infatti il calore.
Questa
volta Zoro doveva stare chiuso in una specie di stanza ardente quanto
più tempo poteva.
Lo
stesso discorso del giorno prima si ripeté puntualmente, ovvero la
resistenza di Zoro non era un problema, faceva tranquillamente leva
sulla propria mente riuscendo a distrarla a piacimento, ma così
facendo non si fermava in tempo.
Fu
fermato anche quella volta da Mihawk il quale sapeva le tempistiche
per non morire. Comunque compiaciuto dell’altissima resistenza del
suo allievo, si ritrovò al tempo stesso contrariato quando aperta la
porta sigillata lo vide in un bagno di sudore, la pelle al limite
delle ustioni e lo stato di semi incoscienza che cominciava ad
affacciarsi sul ragazzo.
Sbuffando
contrariato infatti lo fulminò come se fosse l’idiota più grande
del mondo.
Scosse
il capo sapendo che comunque non era in condizioni di capire
qualcosa, quella lezione sui propri limiti sarebbe stata dura da
inculcargliela.
Al
contrario, in perfetto silenzio e con movimenti minimali lo avvolse
in un asciugamano per non scottarsi, si prese un braccio passandoselo
intorno alle proprie spalle e cingendogli la vita lo condusse quasi
di peso fuori dalla fornace ardente.
Quando
fu ai piani superiori, lo condusse direttamente nei bagni e aperta
l’acqua gelida della vasca, lo gettò dentro senza la minima
intenzione di entrarci per impedirgli l’annegamento.
Se
ce l’avrebbe fatta a sopravvivere da solo, bene, altrimenti voleva
dire che non era una persona poi tanto interessante come era
sembrato.
L’osservò
fumare d’evaporazione una volta a contatto con l’acqua fredda e
ci mise effettivamente poco a riprendersi. Quando fu sveglio e
reattivo lo vide guardarsi intorno per capire cosa fosse successo,
quindi con stupore spontaneo gli disse:
-
Ma dai, sono ancora vestito e tu non sei qua dentro con me a
controllare che sia tutto a posto! - Lo disse con ironia seria,
quindi non fu poi tanto chiaro quanto scherzasse e quanto fosse
convinto, probabilmente entrambe. Mihawk non se ne curò, non gli
interessava che l’accusasse di molestarlo o cose simili, a conti
fatti era anche vero ma era altrettanto vero che Zoro era grande e
grosso e di certo sapeva difendersi se non voleva qualcosa.
Se
gli lasciava fare tutto ciò che voleva significava che o gli
piaceva, in realtà, o che era più importante rimanere suo allievo.
Non
contava quale delle due fosse, contava solo che rispondesse
esattamente come lui voleva, ovvero senza ribellarsi.
Mihawk
ignorò la frase e assottigliando gli occhi ancor di più, lo guardò
come se gli avesse gravemente disobbedito, Zoro si sentì un insetto
ma non si pentì di niente di ciò che aveva fatto.
-
Ti avevo detto di non morire. - Tagliente e gelido, come se si fosse
macchiato di una grave colpa.
Zoro
alzò un sopracciglio scettico.
-
Non sono mica morto. - Tipico suo. Mihawk avrebbe imparato a
conoscerlo.
-
Per merito mio. - Saltò la spiegazione evidente di ciò che era
successo, ovvero che era entrato in tempo per impedirgli di passare a
miglior vita, quindi aggiunse acidamente prima che Zoro potesse
irritarlo con una delle sue uscite stupide: - Se vuoi che ti alleni
mettiti in testa che la morte non è considerata una delle lezioni
che intendo darti. Morire non è un allenamento, morire è una cosa
inutile, non serve a nulla. Se vuoi che ti alleni significa che hai
una grande motivazione, quindi vedi di ricordartela altrimenti la
prossima volta ti lascio a te stesso. Una delle regole è che sono un
maestro, non un padre. Tanto meno un baby sitter. Azzardati di nuovo
a ridurti sull’orlo della morte per uno stupido test e giuro che ti
guarderò morire a due centimetri senza toccarti. -
Lo
disse seriamente e Zoro trovò tutta la furia gelida e severa
concentrata in quello sguardo ed in quel tono. Una lingua al pari
della sua lama, entrambe dunque molto affilate. Altre parole non
avrebbero potuto colpire più nel segno e capendo che ci stava
ponderando su, Mihawk se ne andò dando per scontato che il resto
sarebbe passato al giorno successivo.
Zoro
rimasto solo nella vasca d’acqua fredda, lasciò che la temperatura
del proprio corpo tornasse accettabile insieme alla pressione che
scesa ai minimi storici e con una tremenda sensazione di debolezza
trovò assurdamente conforto nell’acqua così ghiacciata.
Ripensò
alle parole del suo maestro.
Non
aveva pensato di poterlo fare arrabbiare. Anzi, pensava che quello
non fosse proprio capace di arrabbiarsi ma che fosse indifferente
sempre a tutto.
Dopo
i primi istanti di sorpresa, aveva dovuto ammettere che aveva
ragione.
Era
lì perché aveva un disperato bisogno di lui e di imparare e di
diventare forte, ma non per sé stesso, bensì per Rufy e non poteva
permettersi né di venir cacciato né tanto meno di morire nel
frattempo.
Se
Rufy aveva superato quell’inferno, lui doveva come minimo superare
quello che stava vivendo.
Mihawk
aveva dannatamente ragione, non poteva permettersi di morire, nemmeno
per diventare più forte.
Anzi.
Soprattutto per quello.
Se
sarebbe morto sarebbe successo per proteggere Rufy, non nell’attesa
di riunirsi a lui. Non lontano da lui. Non in quel modo stupido.
Rivalutando
drasticamente Mihawk cominciò a considerarlo un maestro, magari un
maestro dalle strane manie ma comunque un vero maestro.
Cosa
che contava sopra ogni altra cosa.
C’era
una logica in tutto quello che faceva anche se all’apparenza poteva
non sembrarlo.
Spesso
e volentieri sembrava solo che si divertisse a torturarlo o che fosse
semplicemente un uomo duro ed insensibile e profondamente macabro ed
inquietante, in realtà tutto quel che faceva poi aveva un suo motivo
e Zoro lo capì lentamente a sue spese.
Le
prime volte, convinto che le sue prove fossero dei modi meschini per
torturarlo per ripicca visto che lui non stava ai suoi desideri, per
altrettanta ripicca Zoro ci dava dentro per fargli vedere che le sue
stupide vendette non funzionavano e che poteva sopportare qualunque
cosa.
Solo
in seguito ne usciva sempre una lezione che esulava da motivazioni
personali di qualunque tipo, alla fine si rimaneva sempre su un lato
tecnico e professionale e la cosa compiacque Zoro poiché si rilassò
repentinamente capendo che non doveva temere e stare tanto teso nei
suoi confronti.
Probabilmente
Mihawk aveva capito che aveva esagerato e che non voleva starci con
lui se non come allievo e basta.
Ben
presto si instaurò, dunque, un meccanismo di allievo-maestro molto
profondo ed interessante a cui Zoro stesso non riuscì e non volle
nemmeno sottrarsi.
Stava
di fatto che Mihawk come maestro era incredibile ed anche se aveva
modi tutti suoi e inizialmente incomprensibili, poi veniva chiarito
tutto.
Era
effettivamente il modo ideale per Zoro di apprendere e di avere un
rapporto che andasse al di fuori dell’amicizia che c’era con i
suoi compagni di viaggio e con Rufy.
Aveva
sempre cercato qualcosa di esterno, da quando aveva cominciato
quell’avventura.
Gli
era mancato il suo maestro di bambino, quando era partito per
diventare da solo lo spadaccino più forte del mondo per Kuina, e poi
anche quando Kuina stessa era morta, gli era mancato qualcuno con cui
avere un rapporto che potesse essere una sorta di guida.
Di
fatto non vedeva Mihawk come una guida ma come un obiettivo, qualcosa
da cui prendere qualcosa di concreto per la propria ambizione, che
gli indicasse una specie di via precisa, gli desse delle armi in più,
quel qualcosa oltre a quel che già aveva ma che però gli mancava.
Uno
con cui confrontarsi da non considerare amico, compagno ma nemmeno
effettivo nemico, solo… una figura competente in grado di farlo
ulteriormente crescere nel suo campo di interesse.
Un
maestro.
Un
punto fisso di riferimento che nel corso degli anni non sarebbe mai
cambiato e sarebbe rimasto stabilmente lì dov’era senza deluderlo
mai.
Ne
ebbe certezza quando, dopo i test d’ingresso, come li aveva
chiamati Mihawk, cominciò con la prima lezione.
Zoro
si sentì inquadrato precisamente nel giro di un istante e fu strano
perché anche con Rufy era successa una cosa simile ma non uguale, da
Rufy si era sentito capito, compreso, accettato, condiviso… era
diverso. Con Mihawk si era sentito inquadrato, era una sensazione
molto differente per lui.
Come
se l’altro sapesse cosa fare con lui.
La
prima lezione non l’avrebbe mai dimenticata.
Riguardava
il rapporto con le spade.
Zoro,
colpito da ciò, rimase in silenzio ad ascoltarlo non pensando fosse
uno che desse importanza a quel genere di cose come faceva anche lui,
vedendo che si era sbagliato non aveva fiatato ed era rimasto
immobile ed in silenzio a cogliere ogni sillaba.
La
prima lezione era stata una specie di chiacchierata al termine del
quale entrambi si resero conto di aver trovato finalmente il giusto
equilibrio e punto d’incontro. Abbastanza profondo ma non troppo
intimo.
-
La cosa che in assoluto conta per uno spadaccino è la sua spada. -
Esordì così e nell’esatto momento in cui lo fece, ebbe Zoro tutto
per sé, come dall’inizio di quella specie di follia aveva voluto.
Se
avesse saputo che sarebbe bastato limitarsi esclusivamente all’arte
della spada in ogni sua forma, allora si sarebbe risparmiato il resto
che aveva usato nel tentativo di instaurare un legame.
Non
era molto sincero con sé stesso nemmeno quando pensava questo.
La
verità era che Zoro da quando si era prostrato ai suoi piedi
uccidendo il suo immenso e smisurato orgoglio, calpestando
addirittura la sua ambizione di batterlo a tutti i costi e quindi gli
aveva chiesto aiuto affinché lo istruisse. Beh, in quel momento,
dimostrando che poteva essere veramente un suo allievo perché aveva
battuto tutti quelli che c’erano nell’isola, gli era piaciuto.
Il
fatto era che quando gli piaceva qualcuno lo voleva tutto per sé in
ogni modo possibile, senza risparmiarsi nulla.
Aveva
comunque i suoi metodi per ottenere quel tutto e odiava ammetterlo
con sé stesso, cioè dirsi chiaramente che qualcuno gli piaceva.
Preferiva dire che era interessante o degno della sua preziosa
attenzione, il che equivaleva ad un ‘mi piace’.
Di
fatto persone che gli erano piaciute -e gli piacevano tutt’ora-
erano Shanks e basta.
Avevano
parlato di spade e lame per tutta la giornata, interrotti solo una
volta da una seccatissima e gelosissima Perona che aveva portato loro
da mangiare solo per far cessare quel meraviglioso idillio romantico.
Romantico
solo ai suoi occhi poiché di fatto non c’era niente di romantico
nel parlare di armi.
-
Parlano, le spade. Devi avere non solo il massimo rispetto per quelle
che tu usi ma amarla più di te stesso, non devi frapporre nulla fra
te e loro. Non esiste niente di più importante perché dipendi da
loro e loro sono vive. Tanto potere tu gli dai, tanto loro ne hanno.
Questa è una legge universale che vale in qualunque cosa, ma
specialmente per questo argomento. - Poi aveva concluso… - Ma
sapevo che questa lezione non avresti faticati ad apprenderla. -
Non
aveva poi detto molto Zoro se non parlato di qualche esperienza
personale che riguardava appunto le sue spade, però per Mihawk era
stato sufficiente. Poi, come se si ricordasse di una cosa solo in
quel momento, sembrò quasi tornare sui suoi passi e fermandosi aveva
incrociato le braccia al petto scolpito e aveva chiesto severo e
fermo:
-
Ma la domanda su cui dovrai riflettere per questi due anni è questa.
Qual è la cosa che veramente conta più per te? La tua vita di
spadaccino, e quindi le tue spade, oppure sono gli obiettivi ciò per
cui vivi? Per uno che aspira alla forza come te, deve saperlo. -
Zoro
ci aveva pensato sapendo che non poteva rispondere subito, però
aveva voluto sapere comunque un ulteriore cosa e con altrettanta
serietà, sostenendo senza il minimo problema il suo sguardo, aveva
chiesto:
-
Tutti nella vita hanno degli obiettivi altrimenti sarebbero morti
dentro e la ricerca della forza sarebbe comunque inutile. -
Mihawk
che forse si aspettava quell’affermazione, non si mosse e non fiatò
ma rispose senza battere ciglio, senza dimostrargli un solo pensiero
a riguardo.
Poi
rispose:
-
Questo è vero ma c’è una differenza sostanziale fra la forza che
vuoi ottenere per un obiettivo specifico che può essere proteggere e
sostenere qualcuno oppure mantenere una promessa o qualunque altra
cosa, e la forza che vuoi ottenere solo per mettere sé stessi al
servizio della forza stessa, vivere solo per questo. C’è una
differenza sostanziale. Tu devi capire quale tipo di forza cerchi. -
Fin
da piccolo aveva pensato alla forza del secondo tipo, poi dopo Kuina
era diventata una promessa rafforzatasi anche a Rufy a cui aveva
fatto il medesimo giuramento. Ora era per lui, per Rufy, poiché per
lui aveva messo da parte Kuina affinchè potesse diventare più forte
con Mihawk, il suo rivale primario.
Ma
questa sua considerazione lo spiazzò.
Di
fatto quale era veramente e profondamente la motivazione della sua
forza?
Era
mutata così tante volte nel corso della sua vita che a dover dare
una risposta unica non poteva esserne così certo. O forse era stata
la fermezza con cui gli aveva fatto quella domanda, a farlo
vacillare.
-
Non rispondermi ora, non puoi avere le idee chiare. Hai cambiato nel
giro di qualche giorno davanti ai miei occhi, il motivo della tua
forza. Io voglio che tu capisca qual è quello vero e profondo e
questi due anni di isolamento dedicati unicamente a te e a
rafforzarti, ti saranno veramente utili, finalmente. Quando avrai
risposto a questa domanda, sarai pronto per tornare là fuori. -
E
non gli aveva detto che sarebbe stato pronto quando l’avrebbe
battuto, forse non considerava il fatto che potesse riuscirci. Però
poi lo capì, pensandoci per il resto della notte.
Per
Mihawk non era importante il batterlo ed il superarlo quanto appunto
la sua spinta autentica interiore. Era tutto per uno spadaccino che
agognava alla forza suprema come lui.
Zoro
rimase sospeso senza parole guardandolo andarsene dalla sala.
La
prima lezione era conclusa.
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Capitolo 5 *** Una sfida nell'allenamento ***
*Ecco
il nuovo capitolo. Torna a far capolino un po' d'erotismo, fra
allenamenti, cose da spadaccini e considerazioni varie l'uno
dell'altro. Poche righe per augurarvi buona lettura. E grazie a chi
commenta e segue questa mia umile fic. Baci Akane*
CAPITOLO V:
UNA SFIDA NELL'ALLENAMENTO
Mi
sono Battuto
Mi sono
battuto, e sono caduto a terra proprio sulla mia faccia solitaria
E
alla fine il risultato è che è tutto a posto.
Nella
luce della vita che ho trovato, sta tornando tutto come prima.
So
che non è la realtà, ma è facile battermi.
La
vita è nuotare o affogare.
L’amore
è cieco, non c’è via d’uscita.
Non
so come sarà il mondo.
Posso
dimostrare di aver bisogno di vederlo.
Non
c’è tempo per le bugie e per vuoti litigi.
Sono
dalla tua parte.
Possiamo
vivere in pace e felici?
Non
credo.
A ben vedere, ho
paura di perdere le cose che amo.
Ho
il controllo totale.
E’
così, è così che finirà.
Tutti
stanno aspettando qualcuno. Lasciami solo.
E’
così, è così che finirà
-
You fight me – Breaking Benjamin -
Instaurato
una specie di equilibrio fra le parti, non sconfinarono dalla
rispettiva zona, per lo meno fino a che Mihawk non cominciò a
stufarsi di mantenere tutto su un piano professionale e programmato.
Zoro
avrebbe fatto la firma per continuare così, il suo maestro non gli
aveva più fatto avance di alcun tipo dopo che gli aveva praticamente
detto chiaramente che non gradiva ma che gli serviva di stare con lui
per via degli insegnamenti da spadaccino, quindi vedendolo finalmente
per quel che voleva fosse, ovvero il suo maestro, si era calmato e
rilassato cominciando a fare a sua volta l’allievo seriamente.
Il
maestro in questione, invece, dopo aver capito che poteva avere
completamente Zoro nelle sue mani ma solo in qualità di allievo e
niente altro, all’inizio se l’era fatto bastare. Il potere
esercitato su di lui anche solo in quel senso non era stato per nulla
scarso e gli era stato sufficiente a lungo, poi quando le cose si
erano stabilizzate aveva cominciato ad annoiarsi anche di quello.
Era
bello comandare uno come Zoro, insegnargli, eventualmente torturarlo
con qualche allenamento estenuante e vedere come arrancava a fatica e
come resisteva a stento. Era bello vedere come ce la faceva sempre e
quando poi crollava poteva stare lì ad osservarlo per constatare
quanto ci poteva mettere prima di riprendersi da solo. In quei casi
spesso e volentieri interveniva Perona a tirarlo via da sotto il naso
per curarlo e metterlo nel letto -usava i suoi fantasmi- ma c’era
anche da dire che la ragazza gli risparmiava tante seccature e non
poteva mandarla via.
Era
bello quello che si era instaurato, insomma, però dopo un po’ la
stabilità aveva cominciato a venirgli a noia come sistematicamente
il resto della sua esistenza. Una volta che le cose diventavano
abitudinarie, anche se gli piacevano lui le piantava oppure cercava
un modo per farle cambiare e renderle più interessanti.
Zoro
era troppo degno di nota per sprecarlo così, a scadenza del tempo
sarebbe tornato tutto piatto e per combattere le giornate uguali e
prive di cose effettivamente stimolanti, avrebbe dovuto trovare
qualcos’altro: in poche parole, un'impresa!
Quel
ragazzo era uno di quegli animali rari che doveva tenersi buoni e
sfruttarli a fondo finché poteva.
Sfruttarli,
s’intendeva, sempre per combattere la propria noia!
Niente
dubbi, dunque.
Il
tempo dell’assestamento era passato, ora toccava a lui fare le cose
a modo proprio.
Lasciatolo
in meditazione per un paio d’ore prima di cominciare con la parte
dura dell’allenamento, Mihawk era venuto per interromperlo ma si
era fermato ad osservarlo.
Era
seduto a gambe incrociate a terra ed era a torso nudo. Gli
allenamenti li faceva sempre così, solo pantaloni e bandana, per
stare più libero e comodo.
Aveva
la bandana sulla testa anche quella volta, l’aiutava a
concentrarsi.
Si
accucciò silenzioso davanti a lui, sapeva come fare per non farsi
percepire, così come sapeva che ormai Zoro lo captava con fin troppa
facilità. Per non farsi cogliere doveva stare attento ed era una
cosa che non poteva imputare al suo talento.
La
strada dello spadaccino significava anche questo.
Era
un po’ come l’ambizione che permetteva, fra le altre cose, di
percepire le energie vitali altrui e di sapere in anticipo cosa
avrebbero fatto a breve o comunque di sapere cosa stavano facendo al
momento.
La
loro si limitava a percepire la presenza di qualcuno e di capire ad
occhi chiusi chi esso fosse, di sentire il tipo di forza che
circondava la persona.
Era
uno degli insegnamenti di Mihawk e Zoro era diventato ormai piuttosto
bravo in questo. Ora per non farsi captare doveva stare attento.
Era
ancora perfetto, non aveva cominciato a faticare. La pelle era
asciutta ma solcata da vecchie e recenti cicatrici, di certo non
molto liscia e morbida, probabilmente, ma con la muscolatura che si
ritrovava poteva permettersi di essere come voleva, era ugualmente
piacevole toccarlo e non per la consistenza della pelle ma quanto per
la durezza e la forma del suo corpo stesso.
“Se
il suo livello meditativo è come dovrebbe essere, come io voglio che
sia, allora non dovrebbe sentire niente a livello fisico. Se lo sente
vuol dire che non lo sta facendo bene.”
La
meditazione era una parte importantissima degli esercizi costanti di
uno spadaccino, andava di pari passo all’allenamento pratico.
Uno
spadaccino si componeva soprattutto di anima poiché era quella che
riversava nella propria lama, con cui poi poteva fare cose
incredibile che persone comuni si sognavano. Il bello era che tutto
quello non avveniva con l’aiuto di alcun Frutto del Diavolo.
Per
questo gli piaceva essere chi era.
Era
potente quanto tutta quella marmaglia di idioti che in acqua
affondavano, solo che lui non aveva punti deboli.
Incontrare
un altro che forse un giorno sarebbe potuto giungere al suo stesso
livello -cosa impossibile anche solo da pensare per via ipotetica-
era talmente incredibile e stimolante che naturalmente oltre a
tastarlo e metterlo alla prova per vedere se poteva essere veramente
così, non poteva in ogni caso farselo sfuggire.
Decise
di testare il suo grado di concentrazione meditativa testando al
tempo stesso il suo corpo, non era un bisogno da maestro per capire
quanto dovesse migliorare ancora il suo allievo, era semplicemente un
capriccio.
Voleva
farlo punto e basta, quindi lo faceva. Zoro gli apparteneva.
Allungò
una mano e con il dorso delle dita lo sfiorò leggero sul collo. Era
grosso e muscoloso anche quello ma non ai livelli di un ammasso
gigantesco inguardabile.
Era
proprio al punto giusto.
Così
come le spalle ed i pettorali.
Evitò
i capezzoli e scese sugli addominali, erano relativamente rilassati,
una via di mezzo perfetta.
Non
si muoveva, non aveva variato di un soffio la propria respirazione,
tanto meno il battito cardiaco. Sembrava ancora in perfetta
meditazione, in quella soglia del sonno profonda che però non era
tale poiché non dormiva veramente.
Aveva
una capacità di concentrazione invidiabile, doveva ammetterlo.
Lui
le prime volte aveva faticato ad imparare quel tipo di meccanismo,
non riusciva a staccarsi dal corpo per viaggiare dentro di sé e
sconnettersi totalmente. Perdere completamente il controllo era una
cosa che non gli era mai piaciuta ma quando aveva capito quanto utile
fosse, l’aveva fatto anche lui.
Zoro
probabilmente aveva una volontà diversa, non migliore o più ferrea,
solo diversa.
Scese
sul basso ventre, l’elastico dei pantaloni comodi in stoffa leggera
che usava ci mise poco a scivolare oltre e quando vide il suo inguine
a totale riposo capì che nello stato in cui era avrebbe potuto
fargli di tutto anche a quel livello ma non avrebbe sentito
fisicamente nulla, tanto meno avrebbe reagito a dovere.
Tolse
la mano stizzito e lasciò che i vestiti tornassero al suo posto.
Non
era una questione di reazioni tanto quanto di consapevolezza.
Se
l’altro non sapeva cosa gli stava facendo e non lo contrastava
lottando con sé stesso, non era divertente. Gli piaceva che sapesse
cosa gli faceva, gli piaceva farsi sentire come si doveva, così
senza che l’altro ne fosse cosciente e che facesse nulla, era una
vera noia.
Perché
gli piaceva come, dopo le varie opposizioni di rito, cedeva.
Non
era ancora successo ma sapeva che prima o poi Zoro l’avrebbe
cercato e voluto, ne era praticamente certo.
Tolse
la mano ma non si alzò e nemmeno si allontanò, rimase a fissarlo ed
aumentò di proposito la propria energia vitale, quell’aura di
forza che lo circondava costantemente e che lo rendeva immediatamente
identificabile. A quel punto, proprio come si aspettava, Zoro
lentamente si destò.
Aperti
gli occhi leggermente velati che ancora non gli permettevano di
distinguere precisamente la realtà circostante dalla visione
meditativa, lo fissò cercando di capire se fosse di qua o di là.
-
Era ora! - Disse seccato e supponente come suo solito.
Zoro
che se lo trovò accucciato davanti fermo a poca distanza, si
irrigidì inevitabilmente.
Non
sapeva da quanto era lì ma aveva la netta sensazione che fosse anche
troppo.
Si
guardò automaticamente per vedere se era ancora tutto a posto e non
vedendo vestiti tolti, abbassati o reazioni inevitabili, si rilassò.
Teoricamente non gli aveva fatto nulla.
Teoricamente.
Con
quello non si poteva mai essere veramente sicuri in effetti…
-
Sei tu che devi richiamarmi quando è ora di smettere, che diavolo
vuoi da me? Io posso andare avanti anche tutto il giorno! - Rispose
brusco stiracchiandosi come se avesse comunque dormito veramente. I
muscoli indolenziti lo ringraziarono per i movimenti così come le
ossa che scricchiolarono appena.
Sospirò
rilassato e contento, dopo la meditazione era nella pace dei sensi,
gli importava relativamente di ciò che lo circondava e delle solite
preoccupazioni. Per questo lo faceva così tanto anche prima di
incontrare Mihawk.
Si
sentiva meglio, dopo, e tutte le molte inquietudini che lo turbavano
costantemente passavano ad un livello più accettabile, tanto che
riusciva a controllare la maggior parte delle sue emozioni. Spesso e
volentieri appariva freddo ed insensibile ed andava bene così, certi
sentimenti non si potevano dimostrare, erano cose sue e basta.
Altre
volte riusciva a perdere la testa tanto bene che veniva da chiedersi
se poi fosse la stessa persona, ma tendenzialmente si manteneva
perfettamente calmo, in quel modo.
Abbastanza
spesso, insomma.
Nei
riguardi di ciò che contava veramente.
Le
cose che gli davano profondamente sui nervi e che riteneva inutili,
sciocche o altamente stupide, gli davano molta difficoltà a
controllarsi e tendeva a voler uccidere subito l’altro, ma sperava
di riuscire a sistemare anche quell’aspetto, ora.
Del
resto di tempo ne avrebbe avuto.
L’immagine
di Rufy ormai era svanita al risveglio dalla meditazione, ma sapeva
che sarebbe tornata con facilità fin troppo spesso.
Ricordare
eventi col suo compagno non gli faceva molto bene, poi il magone e la
nostalgia erano insostenibili, ma era anche vero che non doveva
perdere di vista il suo punto focale principale.
La
persona che amava.
Non
che sarebbe mai stato possibile visto quanto riusciva a pensarci
costantemente.
Non
calcolò molto Mihawk aspettando che gli desse qualche indicazione
per l’allenamento successivo, solo si chiese distrattamente quando
sarebbe potuto tornare dal suo compagno; in quello eseguì un tale
sguardo malinconico ed incontrollato che fu talmente strano da
bloccare subito l'altro.
Dopo
la meditazione non riuscire a controllare certe emozioni non era
normale, specie per lui.
-
Che cos’hai? - Chiese infatti diretto e arrogante. Non gli sarebbe
dovuto interessare ma era stato così chiaro ed insolito che non
aveva saputo trattenersi.
Zoro
scosse il capo e rimase zitto. Non avrebbe risposto e Mihawk
capendolo se ne stizzì e infastidito si alzò in piedi davanti a
lui.
Non
gli rispondeva quando gli faceva una domanda diretta? Ebbene avrebbe
imparato l’arte dell’obbedienza!
Con
una luce di disprezzo nello sguardo dorato e suggestivo, disse
implacabile:
-
Oggi affronterai me, ti devo misurare personalmente nel
combattimento. Devo capire quanto lavoro ho ancora con te.
Naturalmente il tuo obiettivo è riuscire a farmi usare la spada.
Come l’altra volta, userò solo il pugnale. - Così dicendo tirò
fuori la piccola arma affilata dalla collana appesa al collo e la
guardò come se fosse più interessante dell’essere davanti a sé.
Zoro
alzando un sopracciglio scettico non capì cosa gli fosse preso così
improvvisamente ma alzando le spalle decise che avrebbe girato quella
specie di punizione a suo favore. Punizione in quanto sapeva che non
era ancora alla sua altezza ma se voleva era giusto provarci.
Oltretutto
non poteva dire di non esserne contento.
Combattere
seriamente con lui era a suo modo appagante, per uno spadaccino con
la sua aspirazione.
Ormai
era risoluto ad imparare in qualsiasi caso da lui, era troppo
importante diventare più forte.
Troppo.
Gli
bruciò molto più di quel che avesse mai immaginato.
Perdere
la prima volta con lui era stato terribile, una botta al proprio
orgoglio impareggiabile, era quasi morto e la ferita peggiore era
stata quella dell’anima.
Perdere
quella lì, però, era stata forse ancor più insostenibile poiché
sebbene fosse preparato, realizzò quanto ancora era lontano da lui
nonostante tutti i grandi miglioramenti che sapeva di aver fatto nel
corso di tutto quel tempo in viaggio.
E
non era abbastanza.
Ne
era stato cosciente ma aveva sperato di essere un po’ più vicino,
realizzare quanto si sbagliava non era stato facile.
Eppure
la cosa più insopportabile era stato l’uscirne pressoché indenni.
Non
ci era andato giù pesante, Mihawk. Niente a che vedere con l’altra
volta, insomma.
Al
momento di batterlo, al momento dunque di ferirlo per dargli il colpo
di grazia, si era fermato lasciandolo a terra, disarmato, braccia
larghe e con il suo pugnale, contro il suo collo.
Sarebbe
morto in condizioni normali e gli bruciò perché capì quante altre
umiliazioni avrebbe dovuto sopportare prima di sentirsi anche solo un
minimo soddisfatto.
Non
poteva sopportarlo ed ancora peggio era stato il fatto che si fosse
fermato.
-
Perché diavolo non fai come un normale combattimento? Che riguardi
sono? - Ringhiò rabbioso Zoro rimanendo sotto di lui. Era sfinito e
sudato, aveva dato fondo a tutte le energie e non c’era stato verso
di scalfirlo o fargli tirare fuori la sua dannata spada.
-
Non è un vero combattimento, per te sì ma per me è un modo per
misurarti. Quale maestro fa fuori il proprio allievo? -
Zoro
strinse i denti e contrasse la mascella… peggio di così cosa
poteva esserci? Eppure l’aveva saputo dall’inizio.
Invece
di farsi bruciare da questo fuoco insopportabile doveva coglierne
ogni possibile giovamento. Era comunque un modo per crescere, doveva
ricordarselo. Erano delle occasioni uniche nel loro genere.
Ma
lì per lì, steso senza forze sotto di lui che gli stava a
cavalcioni seduto sopra con un coltello puntato alla gola che non
avrebbe mai affondato, sentì solo un’immensa voglia di cavargli
quei dannati meravigliosi occhi dorati di falco che lo fissavano con
quell’aria di superiorità eppure compiaciuti.
Compiaciuti
di cosa? Che lui avesse ovviamente fallito?
Era
troppo lontano… quell’uomo era ancora così tragicamente ed
irrimediabilmente lontano da lui… come poteva fare per raggiungerlo
anche solo di un po’?
Improvvisamente
Mihawk, come se gli leggesse dentro con una facilità maledetta,
piantò il pugnale nel terreno ad un soffio dalla sua testa, si
appoggiò con una mano dall’altro lato e con quella libera, chino e
più vicino col viso al suo, glielo prese fra le dita. Strinse le sue
guance fra l’indice e pollice e lo bloccò impedendogli di girare
la testa e staccargli gli occhi di dosso.
Zoro
inghiottì capendo che l’atmosfera era decisamente cambiata così
come le sue intenzioni e mugugnando un ‘levati subito’ alquanto
sgarbato, non poté che rimanere comunque lì a lasciarsi fare.
Non
era veramente bloccato ma con lui, permaloso com’era, aveva sempre
un certo timore che potessero girargli i cinque minuti e cacciarlo
dall’isola e non insegnargli più.
Oltretutto
era veramente a pezzi e stanchissimo, l’aveva massacrato e l’idea
di usare la forza che ancora non gli era tornata per toglierselo da
sopra, era un’utopia ma sperò che l’altro la piantasse di
giocare come uno stronzo quale era.
Se
si annoiava perché non andava ad ammazzare il tempo in qualche altro
modo e lo lasciava in pace?
Voleva
lavarsi, mangiare e dormire, chiedeva tanto?
Mihawk
non pareva dello stesso avviso ed avvicinando il viso al suo ancora,
riuscì a sfiorargli le labbra con le sue ma non fece in tempo ad
andare oltre poiché Zoro ritrovò le forze in quell’ultimo
istante, dovuto proprio al fastidio che gli dava quell’uomo.
Non
era perché era impegnato con Rufy e amava un altro. Non era nemmeno
perché non gli piaceva, non era brutto e tanto meno indesiderabile a
livello attrattivo. In quel senso aveva tutte le carte a posto, lo
ammetteva.
Era
proprio perchè ogni volta lo costringeva, lo faceva quando non era
in forze od in condizioni di rifiutarlo.
Perché
diavolo doveva approfittare in quei momenti e non ci provava invece
quando stava bene ed era in sé?
Era
solo un codardo, in realtà, per lo meno per quanto riguardava quel
genere di cose.
Togliendoselo
da sopra si alzò a fatica e guardandolo furente grugnì a stento un
ammonizione fin troppo chiara:
-
Se lo rifai mentre sono in quelle condizioni e non posso reagire
giuro che trovo il modo di ucciderti, a costo di staccarti la testa a
morsi! - Bè, forse le forze per parlare non erano poi tanto
stentate, dopotutto!
A
Mihawk non sfuggì la sottigliezza di ciò che stava intendendo…
era piuttosto chiara in effetti… non quando non posso rispondere ma
quando invece posso ricambiare.
Doveva
dedurre che non era una questione di non volerlo ma solo di
principio?
Il
ragazzo detestava essere costretto e dunque lo rifiutava per quel
motivo.
“Interessante…
se dunque gli faccio scegliere?”
Ma
poi, entrando a sua volta nel castello, si rese conto di una cosa che
dopotutto aveva sempre saputo e che rappresentava l’ottanta
percento di sé.
Odiava
far scegliere agli altri mentre al contrario amava imporsi ed
ordinare nonché costringere.
Zoro
l’avrebbe avuta dura, molto più di quel che aveva messo in conto.
|
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Capitolo 6 *** Ciò che vogliamo essere ***
*Ecco
qua il nuovo capitolo. Qua c'è un po' di calma generale, una tregua fra
allievo e maestro. I due finalmente si comportano in modo normale l'uno
verso l'altro e c'è un bell'avvicinamento. Godiamoci l'atmosfera. C'è
anche qualcosa sulla spada. Il prossimo capitolo lo metto venerdì e
riprenderà l'allenamento finale che Mihawk insegna a Zoro. Ci saranno
altri momenti fra allievo e maestro. Ringrazio le persone che seguono e
commentano la fic, sono contenta che incuriosisca tante persone. Buona
lettura. Baci Akane*
CAPITOLO VI:
CIO’
CHE VOGLIAMO ESSERE
Perchè
mollare, prechè darci dentro
non
è abbastanza, non lo è mai
allora
andrò avanti fino alla fine
siamo
diventati solitari
non è
abbastanza, non lo è mai
ma
andrò avanti fino alla fine
-
Until the end – Breakin Benjamin -
L’acqua
che scorreva sulla propria pelle fu presto rigenerante. Era il calore
che lo permetteva, gli donava come una nuova energia.
Sospirò
carezzandosi sui punti particolarmente dolenti. Spalle, collo e
schiena.
Non
era la fatica fisica che lo preoccupava, se stava male significava
che stava lavorando bene e ne era contento. Non era nemmeno la fatica
mentale, sapeva che Mihawk lo stava mettendo alla prova anche in quel
senso poiché per uno spadaccino erano importanti entrambi gli
aspetti.
Quello
che lo impensieriva era la pressione che di giorno in giorno sentiva
sempre più potente sulle spalle, forse era una delle tante prove di
quell’uomo insopportabile però in ogni caso doveva sopportare e
basta.
Non
poteva mandare tutto a monte perché non gli piacevano i suoi
atteggiamenti. Doveva imparare ad annullarsi, se voleva stare lì e
lui lì ci voleva stare per crescere e rafforzarsi.
Per
Rufy.
Ripensò
alle parole di Mihawk sulla forza.
Era
tanto importante distinguerla e sceglierne una?
Cosa
lo motivava?
Nel
giro degli anni aveva effettivamente cambiato spesso. Da piccolo
voleva diventare forte per il gusto di esserlo, dopo Kuina voleva
esserlo per lei e dopo Rufy per proteggerlo ed essere alla sua
altezza. Ed ora?
Per
poterlo rivedere, no? Per impedire che il prossimo pazzo incontrato
lo ammazzasse. Sempre per lui.
Per
lui doveva resistere.
Per
lui con Orso Bartolomew aveva quasi dato la vita.
Per
lui poi si era salvato.
Era
sempre stato tutto per lui e sebbene nell’arco della sua vita aveva
cambiato spesso idea, ora era sempre più forte quel fatto.
Prima
aveva cercato Mihawk per batterlo e diventare l’uomo più forte del
mondo, per sé stesso, per Kuina, per un sacco di motivi. Ma ora per
Rufy si era piegato ed umiliato, in un certo senso, per chiedere
proprio a lui, l’odiato Occhi di Falco, di insegnargli.
Lui
veniva dopo il ragazzo che amava, a quel punto come poteva definire
la propria forza?
Uscito
dalla doccia si asciugò in fretta ed indossò dei pantaloni in
stoffa leggera e comoda che Mihawk gli aveva messo a disposizione dal
momento che era approdato lì senza praticamente nulla se non ciò
che indossava.
Rimase
scalzo e si affacciò alla camera sbuffò nel trovarsi Perona ad
aspettarlo probabilmente per le solite cure giornaliere. Sembrava
aver preso a cuore il suo ruolo di unica donna di casa. Bè, in tutta
l’isola c’erano solo loro tre…
Virò
prima di mettere piede dentro e tirò dritto, non aveva voglia di
sentirla lamentarsi della loro ingratitudine, era davvero pesante e
al momento aveva troppi pensieri per la testa. Preferiva tenersi il
male mille volte piuttosto che sopportarla!
Raggiunse
l’ampio salotto di quel castello, era una stanza molto alta e larga
ben arredata con un gusto da antichi signori feudali o qualcosa del
genere, però in ogni dove si poteva ammirare un tocco prettamente
gotico. Del resto il proprietario non era certo uno dall’aria
angelica… sembrava uscito da un libro per vampiri!
Vide
il fuoco acceso e ne approfittò, avendo i capelli ancora umidi e
preferendo il caldo, entrò e si accucciò davanti al caminetto
mettendo le mani fin quasi dentro alle fiamme crepitanti.
Adorava
il rumore del fuoco che bruciava e l’odore del legno ma soprattutto
quella sensazione di calore fisica che sembrava quasi un abbraccio
naturale.
In
vita aveva imparato a sopportare tutte le condizioni della natura, da
quelle fredde a quelle calde però potendo scegliere queste ultime
erano sempre le sue preferite.
Sospirando
rilassato, percepì solo all’ultimo la presenza alle sue spalle ma
non si girò, sapeva chi era e grugnendo ancora arrabbiato con lui,
borbottò un quasi incomprensibile saluto giusto di circostanza.
Mihawk
ghignò appena, lo divertiva troppo quel ragazzo, aveva dei modi
unici. Unici in quanto nessuno osava di solito porsi così nei suoi
confronti ma doveva ammettere che cercava anche di trattenersi, anche
se poi i risultati erano pessimi.
Si
sedette nella sua solita poltrona personale, era comoda e lo
schienale era alto, stoffa rosso molto scura. Rivolta per metà verso
il camino e metà verso lo stanzone ampio, si concentrò sulla
schiena ricurva del ragazzo che stava accucciato praticamente davanti
ai suoi piedi a guardare il fuoco.
Non
si sarebbe mai giustificato circa le proprie intenzioni ma Zoro volle
comunque chiarire prima di trovarsi in situazioni ancor più
equivoche.
-
Io sono qua solo per allenarmi e diventare più forte. Non voglio
niente altro da te. Ti porgo il mio rispetto come un allievo lo porge
al suo maestro, ma al di là di questo non ti darò mai niente altro
se non sarò io stesso a volerlo. - Discorso che non escludeva
categoricamente che forse un giorno avrebbe anche potuto volerlo,
Mihawk lo colse fra le righe e se ne compiacque. Sembrava molto più
maturo di quanto non apparisse o di quanto non fosse stato
all’inizio. Del resto non c’era nemmeno paragone con il Rolona
Zoro di anni indietro.
-
Capito il messaggio. - Fece allora calmo Mihawk. Non si sarebbe
sbilanciato oltre, non avrebbe certo fatto promesse a sua volta ma
qualcosa gliela voleva dire comunque, visto che era stato tanto
onesto con lui e soprattutto coraggioso dal rivolgersi a lui in quel
modo. - Io comunque faccio solo quello che voglio e come ti ho già
detto il primo giorno che sei stato qua come mio allievo, odio
annoiarmi, tutto qua. Se trovo qualcosa che mi sembra interessante,
me la prendo. - Discorso che non escludeva il fatto che avrebbe
potuto riprovarci con Zoro quando avrebbe voluto. Ciò che non aveva
detto al ragazzo era che gli piaceva prendersi le cose quando non
erano facili da ottenere. Per questo cominciava a fissarsi tanto su
di lui.
All’allievo
gli bastò, aveva solo voluto dirgli che non ci sarebbe mai stato in
quel modo, doveva cambiare registro.
Rimasero
ancora un po’ in silenzio e Mihawk ebbe modo di notare sulla sua
schiena i segni del loro ultimo incontro, alcune ferite erano ancora
aperte e appena sanguinanti, fortunatamente non ad un livello grave
ma sarebbero dovute essere bendate. Non gliene sarebbe mai importato
se di giorno in giorno Mihawk non si fosse avvicinato sempre più a
lui, lentamente.
-
Non ti piace farti curare da Perona? - Chiese sogghignando
consapevole che il problema era quello. Zoro fece un verso di
disprezzo molto eloquente, quindi mormorò:
-
Non mi piacciono i fantasmi! -
Mihawk
rise con quel suo fare sornione e vagamente insopportabile, quindi
prendendo da un armadio delle bende e del disinfettante, si sentì
ridicolo ad accucciarsi dietro al ragazzo per medicarlo, ma lo fece
perché poi quella sensazione sciocca fu sovrastata da quella
piacevole di intimità.
Zoro
si tese e si sorprese raddrizzandosi ma non si ribellò, quindi nel
silenzio completo si lasciò fare.
Il
cotone passato sulle ferite più profonde lo fece sussultare ma non
era un dolore insopportabile e lo lasciò fare. Non era poi male, gli
piaceva quando gli toccavano la schiena. Rufy lo faceva in un modo
che poi impazziva se non poteva averlo subito.
Aveva
quella innocenza di superficie che poi affondando in lui si rivelava
per quel che era, ovvero malizia e curiosità al contempo.
Sembrava
un ingenuo e per certi versi lo era, ma in realtà vedeva molto più
lontano di loro per questo semplicemente saltava dei pezzi per
strada, cose che non considerava se non alla stregua di dettagli.
L’aveva
visto comportarsi apparentemente da stupido suicida oppure
insensibile e crudele più volte ma dietro aveva sempre avuto un
motivo preciso che coincideva con l’obiettivo finale. Rufy guardava
molto oltre il loro sguardo che arrivava nel futuro prossimo, il
passo successivo al presente. Rufy guardava almeno dieci passi più
in là se non più, perciò si perdeva certe cose nel frattempo
risultando forse sciocco, forse precipitoso, forse insensibile o
chissà cosa.
Immerso
nei pensieri rivolti a Rufy, si riscosse quando sentì Mihawk
avvolgergli le fasce intorno al torace. Si stupì anche di quel gesto
ma l’accettò di buon grado sperando che non andasse di nuovo
oltre.
Non
lo fece ma nei molti quasi abbracci che gli diede per far passare le
bende intorno al busto, percepì chiara la sua voglia di andare
oltre. Si chiese se l’avesse fatto, era pronto a mandarlo di nuovo
via ma sperò in un po’ di tregua, era stanco.
Mihawk
pensò che fosse troppo facile, Zoro se l’aspettava, fu per questo
che finita l’operazione si staccò e si risedette nella poltrona
intrecciando le dita sullo stomaco. Mise i gomiti sui braccioli, le
gambe accavallate in una posa aristocratica e il capo leggermente
inclinato di lato a scrutare il suo allievo.
Zoro
si girò e si sedette a terra in modo da avere su un lato il fuoco e
poter guardare il maestro. In quel momento riuscì finalmente a
vederlo per quel che era e con un gesto del capo lo ringraziò non
per le cure ma per il non aver oltrepassato la linea che non voleva
venisse calpestata. Mihawk capì il senso di quella gratitudine e
addolcì appena lo sguardo in segno di ricezione.
Oltre
che a vederci un maestro ci vide anche un signore aristocratico e
seguendo l’istinto glielo chiese senza ritenerlo un problema:
-
Sei un aristocratico? - Chiese in quella che poi sarebbe stata la
prima vera conversazione fra i due che non comprendeva spade e
allenamenti.
Mihawk
si sorprese della domanda diretta e fuori luogo ma la raccolse di
buon grado e rispose senza distogliere lo sguardo dal suo. Era
difficile da sostenere il proprio ma vide Zoro non cedere alla
tentazione di guardare altrove, quindi parlò con meno durezza e
stizza di quanto avesse immaginato nell’affrontare un argomento
simile, seppure non nei dettagli.
-
Una cosa del genere. Una volta, comunque. - Zoro raddrizzò la testa
non capendo.
-
O lo sei o non lo sei, non è che smetti di esserlo. Cos’è la tua
famiglia è andata in disgrazia? - Capitava alle famiglia per bene di
un tempo di crollare economicamente nel corso degli anni ma il titolo
rimaneva. Perdevano il loro potere politico però rimanevano comunque
qualcuno.
Mihawk
avrebbe voluto dirgli di farsi gli affari suoi ma trovandolo
coraggioso decise di premiarlo rispondendogli.
-
Una cosa del genere. - Fece con un sorrisino sbieco sapendo di
infastidire Zoro.
Infatti,
come previsto, sbuffò seccato:
-
Sei davvero insopportabile! - Per una volta che si era interessato a
qualcosa che non riguardava l’allenamento, quell’altro faceva il
prezioso… e che mai poteva essere successo di tanto ignobile da
tenerlo nascosto? - Li hai mandati tu in disgrazia? -
Sbottò
senza pensarci seriamente. Dall’espressione strana di Mihawk capì
di averci preso. Non sorrideva più strafottente ma non era nemmeno
sorpreso, forse in cuor suo si era aspettato che ci arrivasse. Zoro
si fece serio senza voler violar ulteriormente la sua espressione nel
tentativo di decifrarla, quindi voltandosi verso il fuoco fece un
passo metaforico all’indietro.
-
Lascia perdere. - Disse sentendosi strano nel pronunciare parole che
non aveva mai espresso in vita sua. Ma lui non era paragonabile ad
altre persone fin’ora incontrate. Era il primo maestro che lui
stesso avesse voluto espressamente, questo cambiava tutto. O forse lo
cambiava il fatto che fosse il suo più grande nemico?
Mihawk
apprezzò la sua dimostrazione di maturità e complice quella strana
atmosfera che si era instaurata, si dimenticò di tutti i propri
obiettivi più o meno nobili e dei rispettivi ruoli. Per un momento
tutto fu cancellato e rimase solo una conversazione fra due uomini
dalle forte personalità che sembravano semplicemente -e
miracolosamente- ben disposti l’uno verso l’altro. Tutto lì.
-
Non sono mai stato una brava persona. - Disse solo facendo intendere
tutto e niente. Zoro non si sarebbe più intromesso, quindi
penetrando le fiamme arancione intenso che coloravano la sua stessa
pelle ormai calda, disse la sua come se fosse una somma di
riflessioni raggiunte dopo una vita intera:
-
Non è una questione di ciò che siamo, è solo una questione di ciò
che vogliamo essere. - Gli venne inevitabilmente in mente Kuina che
si lamentava di essere una donna e quindi limitata come spadaccina,
si ricordò del grande litigio che avevano avuto da bambini su
quell’argomento e di quello che le aveva gridato dicendole che non
poteva campare scuse tanto stupide perché uno diventava solo ciò
che voleva. Peccato che dopo averlo capito lei fosse morta.
Sospirò.
Ed un ricordo positivo riguardo quell’argomento?
Se
lo richiamò a forza e si sentì meglio quando gli tornò in mente
Rufy la prima volta che l’aveva incontrato.
Era
legato ad una croce e additato come criminale senza scrupoli. Lui era
arrivato, l’aveva guardato e l’aveva liberato facendolo entrare
-a forza quasi- nella sua ciurma che all’epoca rispondeva solo a
loro due.
Non
aveva dato retta a quello che avevano detto gli altri, alle apparenze
e nemmeno ai crimini effettivi precedenti -di gente ne aveva già
uccisa, ma tutti pirati che comunque se l’erano meritata.- Gli
aveva chiesto se voleva diventare forte con lui e la sua risposta gli
era bastata.
C’era
gente che di possibilità per essere chi si voleva, ne dava.
Sorrise
appena alla memoria appena raggiunta e si riscosse guardando Mihawk,
sentendolo silenzioso si chiese se l’avesse presa male. Non che poi
gli sarebbe importato molto…
L’uomo
si era altrettanto perso a guardare il fuoco con uno sguardo molto
simile a quello di Zoro, questi infatti capì subito che stava
ricordando qualcosa e non lo invase ma rimase ad osservarlo dalla
propria bassa posizione. Aveva un’aria talmente tenebrosa e
suggestiva da sembrare quasi un principe delle tenebre. Si chiese se
fosse diventato così o se fosse nato con quel buio dentro.
-
Me l’hanno detto una volta. Io gli ho riso in faccia dicendo che la
natura era la cosa più potente che esista. - Disse come se
ricordasse ad alta voce e non parlasse veramente con lui. Zoro lo
capì ma alimentò l’attimo chiedendo piano:
-
E lui cosa ti ha detto? -
Mihawk
nel ricordarlo sorrise appena nello stesso identico modo che aveva
fatto Zoro nel pensare a Rufy e al loro primo incontro.
-
Di vivere la mia vita come voglio senza campare ridicole scuse. - Gli
avrebbe applaudito se l’autore di tale verità fosse stato
presente, ma si tenne per sé il pensiero sentendo stranamente di
nuovo molto forte il pensiero di Rufy, come se fosse stato lui a
pronunciare quelle parole. Erano da lui, pensò.
-
Ben fatta! - Disse allora Zoro ghignando acceso ritrovando nel
maestro un’espressione simile sulla propria. Mihawk era tornato.
Si
ritrovarono a fissarsi rilassati come se si conoscessero da anni e
non avessero dei precedenti tremendi, come se non ci fossero mai
stati sentimenti di odio da parte di nessuno. Come se fosse tutto a
posto fra loro.
Fu
strano ma a distrarli arrivò lo scroscio lontano della pioggia. Le
mura del castello erano spesse ed era difficile sentire quando
pioveva all’esterno, doveva essere forte, ora.
Mihawk
sciolse le gambe e le mani e facendo cenno di alzarsi, disse:
-
Vieni, c’è una cosa che ti devo far vedere e mi serviva la pioggia
per questo. -
Zoro
sorpreso capì che doveva trattarsi di un allenamento speciale e
alzandosi non esitò.
-
Non ti farai male. - Fece Mihawk precedendolo fuori dalla stanza.
Aveva
un portamento eretto e fiero, si capiva che comunque aveva sangue
nobile. Qualunque cosa fosse poi successa.
Una
volta fuori Mihawk andò oltre il portone dell’ingresso e una volta
immerso completamente nella pioggia che scendeva fitta e forte, si
ritrovò in breve completamente bagnato. Aveva preso la sua enorme
spada a croce ed estratta, Zoro rimase di pietra poco distante ad
osservarlo.
Di
suo aveva molta presenza fisica ma con la spada in mano si
trasformava ulteriormente. Quando la estraeva, cioè.
Gli
mancò il fiato e sgranò gli occhi emozionato nell’osservare
quello che stava per fare.
Mihawk
sembrò concentrarsi, come se non sentisse la pioggia ed il vento su
di sé, quindi quando uomo e spada furono attorniati da un’unica
aura scura e suggestiva dalla potenza sicuramente devastante, aprì
gli occhi dorati penetranti e alzando le braccia che impugnavano
l’arma si mosse di un passo che parve per un momento quasi una
danza. Il momento successivo furono affondi letali ma non ad alcun
essere vivente.
Mihawk
stava fendendo la pioggia.
Non
la pioggia in quanto massa quasi uniforme che scendeva furiosa giù
dal cielo.
Goccia
per goccia e da ognuna ne creava due.
Si
mosse ad una velocità quasi invisibile all’occhio umano, un
movimento dietro l’altro senza spostare i piedi, rimanendo fisso
sul posto e roteando solo il busto alla necessità.
Zoro
si sentì lontano da lui anni luce poiché sapeva bene che se non
avevi una bravura assoluta non riuscivi a dividere in due le gocce
poiché tendevano a riunirsi una volta passate con la lama, specie ad
una velocità simile. Il fatto che poi diventassero entità diverse e
che riuscisse a farlo con così tante, gli fece capire quanto lungo
sarebbe stato il suo cammino.
Al
termine, Mihawk rinfoderò la spada, rimase un istante fermo, dritto
e attento con gli occhi chiusi, tirò un respiro profondo e riaprì
gli occhi.
-
Tagliare l’acqua non è facile come sembra. Dividerla veramente.
Puoi passarla momentaneamente ma poi si riunisce. Con la pioggia è
anche più facile ma è l’ideale per apprendere una velocità senza
pari. - Zoro capì perfettamente le sue parole e capì che d’ora in
poi quello sarebbe stato uno dei suoi allenamenti. - Quando non
pioverà farai un altro tipo di allenamento. Sul mare. - Qua Mihawk
gli si avvicinò e guardandolo più penetrante di prima e quasi con
una luce di sadismo in viso, concluse: - Dovrai dividere l’acqua
del mare. Tagliarla di netto. - Aveva provato Zoro cosa significava
provarci con l’onda più enorme mai esistita, quando sul treno di
riserva lui, Rufy e gli altri erano scappati da Water Seven alla
volta di Einas Lobby. Per far passare il treno attraverso quell’onda
incredibile lui, Rufy e tutti gli altri che avevano delle armi utili
avevano faticato non poco per creare una piccola breccia in grado di
farli passare. Era stata una delle cose più difficili ed il punto
era che ci erano riusciti insieme, lui e Rufy. Da solo dubitava.
-
E non parlo di qualcosa di breve e momentaneo. Tu devi separare
l’acqua. Lei sarà il tuo nemico per questi mesi. - Dopo di questo,
Zoro annuì con onore, capendo che quello era un ordine da maestro e
vedendo che finalmente si comportava da allievo lo lasciò.
“Sprà
stupirmi.”
Pensò
rientrando nel castello e vedendo con la coda dell’occhio che si
preparava a cominciare.
Un
sorriso indecifrabile gli si formò sulle labbra. Gli era venuta
voglia di vedere Shanks.
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Capitolo 7 *** tutto e subito ***
*Eccoci
qua, dovevo pubblicare ieri ma mi sono persa a guardare NCIS... in
questo capitolo molto delicato fa da sottofondo una canzone davvero
bella che vi suggerisco di ascoltare... lo scenario è la pioggia nel
suo splendore, a me piace molto come elemento e penso che si capisce
leggendo. Mihawk passa dal fare il maestro in modo serio ed ammaliante
al fare il re che riscuote le sue proprietà in un battito di ciglia, a
volte si trattiene altre no. Ogni cosa cammina su un filo sottile, i
confini sono quasi trasparenti. Ma vediamo se Zoro riesce ad
impadronirsi della tecnica della pioggia. Il prossimo dovrei riuscire a
metterlo un po' prima stavolta, mercoledì. Ci sarà un'altra prova per
Zoro, una prova per imparare e padroneggiarsi. Grazie a chi legge e
commenta, che questa fic cominci a piacere sono proprio orgogliosa
visto che ha molti elementi in più e diversi dal manga. poteva anche
non essere apprezzata per queste mie aggiunte. Grazie e buona lettura.
Baci Akane*
CAPITOLO VII:
TUTTO E SUBITO
“Noi
non siamo mai tristi perchè non ci è permesso di esserlo
Pioggia
pioggia vai via,
Vieni
ancora un altro giorno,
Tutto
il mondo sta aspettando il sole.
Sdraiarsi
qui sotto di te
E' tutto
quello che io potrei mai fare
Sdraiarsi
qui sotto di te è tutto”
-
Rain – Breaking Benjamin -
http://www.youtube.com/watch?v=n_S8M5R01NM
Il
periodo delle piogge era iniziato con il giorno stesso in cui Mihawk
e Zoro avevano avuto il loro primo dialogo serio che esulava dai
soliti discorsi sulla spada che facevano per la maggior parte del
tempo.
Non
erano dei grandi conversatori, anzi, per niente, di conseguenza
andavano d’accordo quando decidevano di stare in silenzio pur se
insieme nella stessa stanza.
Non
avevano avuto altri dialoghi come quello ma l’unico che era stato,
aveva segnato una sorta di tregua circa il comportamento supponente
di Mihawk per il quale si sentiva in diritto di avere ogni tipo di
potere sul suo allievo. Ma l’allievo in questione era anche
convinto che fosse una tregua momentanea e quindi era sempre attento,
pronto a piazzargli una lama in mezzo alla fronte.
Al
di là di questo si trovava bene con lui, non era fastidioso per il
resto del tempo che passavano insieme, specie se non lo trattava come
un oggetto di sua proprietà ma come un allievo o un semplice essere
vivente.
Non
poteva sapere che già solo il fatto che Mihawk considerasse qualcuno
come un essere vivente era una cosa sensazionale, se poi lo vedeva
pure come un allievo era davvero una rarità. Nel momento in cui
accadevano entrambe le cose il minimo era che il suo interesse fosse
talmente vivo e acceso che poi volesse impadronirsi dell’essere
raro in questione.
Era
quasi un meccanismo automatico, era successa una cosa simile con
Shanks che dapprima l’aveva considerato, poi considerato una
persona, poi un avversario ed infine addirittura un avversario degno!
Una
volta giunto a quella fase, l’interesse fisico era scattato quasi
in automatico.
Zoro
non poteva sapere che più il loro rapporto si stabilizzava e
migliorava, più poi sarebbe stato peggio.
I
giorni di pioggia si susseguivano uno dopo l’altro e Zoro li
passava quasi completamente fuori a lavorare sulle gocce che
cadevano.
Cercava
di ripetere quella specie di danza magica che Mihawk aveva fatto con
la sua spada quando gli aveva mostrato l’esercizio, ma non era
facile.
Inizialmente
era stato un disastro.
Si
era seccato, aveva creduto di essere messo meglio di così. Sapeva di
essere veloce ma evidentemente si era sopravvalutato e la cosa lo
mandava ancor più in bestia, infatti mano a mano che si rendeva
conto di essere ancora lontano dal traguardo, si innervosiva e più
si innervosiva e meno riusciva a compiere l’esercizio.
Separare
le gocce di pioggia non era facile di suo ma essere veloci nel farlo
con quante più possibili era anche peggio.
Mihawk
le aveva tagliate tutte e quel giorno l’intensità di quelle gocce
era stata impressionante. Non intendeva essere meno di lui ma
cominciava a credere che gli ci sarebbe voluto molto più tempo di
quel che avrebbe immaginato.
Voleva
impadronirsi di quella tecnica ora che c’erano i temporali per poi
poter occuparsi del mare, era curioso di vedersi all’opera anche in
quel campo. Aveva vissuto tantissimo su di esso e non l’aveva mai
usato per allenarsi. Rendersi conto che invece era un elemento
prezioso per il suo scopo l’aveva fatto sentire idiota.
Mihawk
dentro al suo castello gotico, rimaneva ore alla finestra ad
osservarlo.
Bagnato
fradicio sembrava non sentire il fastidio per il freddo e per la
pioggia. A torso nudo, i muscoli tesi, l’aria nervosa, cercava di
concentrarsi per tagliarne quante più poteva.
Il
suo problema non era la velocità, il suo problema era che pensava a
prenderne il più possibile, questo lo rendeva inefficace. Pensava
troppo alla velocità.
Fosse
stato per lui avrebbe passato i giorni ad osservarlo senza dirgli
niente e dargli indicazioni ma quando Perona gli ricordò petulante
che lui era il suo maestro e che come minimo doveva dargli qualche
dritta per renderlo meno imbarazzante da vedere, Mihawk -con non poco
fastidio- convenne con lei.
Aveva
anche ragione, dopotutto.
Fu
così che dopo un paio di settimane dove non era riuscito ancora a
separare definitivamente nemmeno una goccia di pioggia, che Mihawk
uscì sotto di essa ed in poco si ritrovò fradicio con ancora i
vestiti addosso.
Era
come se non se ne accorgesse nemmeno.
Era
la sua caratteristica, non si accorgeva di niente di ciò che lo
circondava perché niente attirava la sua attenzione, niente era
interessante, niente era degno, per lui. Nemmeno la natura che si
scatenava furiosa o la stessa in tutta la sua bellezza.
Niente.
Solo
un avversario degno lo destava.
O
un allievo interessante.
Zoro
si fermò stupito di vederlo lì con lui, in tutto quel tempo, dopo
avergli dato le indicazioni, non si era più fatto vivo se non ai
pasti ed anche in quei momenti non avevano parlato molto, gli aveva
dato alcuni ordini per gli allenamenti dell’indomani e basta.
Ma
ora aveva tutta l’aria di essere tornato il suo maestro e incredulo
si fermò con le due spade in mano dalle cui punte scendevano dei
piccoli fiumi che finivano poi sul terreno fangoso.
-
Intanto comincia con una spada e concentrati su di essa. - Iniziò
con fermezza e supponenza.
Zoro
non replicò, aveva giurato di non ribattere mai al suo maestro e
così avrebbe fatto.
Rinfoderò
infatti entrambe e prese solo quella bianca di Kuina.
Mihawk
allora si avvicinò vedendolo ben disposto ad ascoltare.
-
Sei troppo nervoso, devi fare più esercizi di meditazioni. Li hai
lasciati un po’ perdere per questo ma non va bene. Non pensare che
sei più indietro di quel che pensavi. - Zoro però si stizzì di
essere letto così bene, non credeva di essere un libro aperto. Poi
si corresse, forse lo era solo per lui.
Mihawk
guardando le sue spalle ancora alte e tese gli andò dietro e gliele
prese, quindi stringendo lo costrinse ad abbassarle. Rimasero ancora
un fascio di nervi e quindi per scioglierlo gliele massaggiò appena.
Zoro si rilassò istantaneamente, sarebbe stato impossibile il
contrario.
-
L’arte della spada non la puoi raggiungere con una tempesta
interiore di emozioni, devi padroneggiare tutto te stesso a partire
dai sentimenti che provi e dai pensieri che regnano nella tua mente.
Devi riuscire a rilassarti nei momenti più impensati. Se ora sei
così teso cosa farai quando sarai davanti ad un avversario
fortissimo impossibile da battere? - Era quasi sottinteso che
parlasse di sé ma Zoro capì che era nei panni del suo maestro e per
questo sarebbe stato ore ad ascoltarlo, gli piaceva quando lo faceva,
non era più distante seppure rimanesse altero e pieno di sé. Aveva
una fermezza regale e il fatto che perdesse tempo con lui a
spiegargli dei segreti che probabilmente non avrebbe mai voluto
condividere con nessuno, lo rendeva speciale ed era questo un allievo
per il suo maestro.
Speciale.
Specie
considerando il fatto specifico che Zoro per Mihawk era l’unico.
Quando
sentì i suoi muscoli abbastanza sciolti sotto le dita, smise di
massaggiarlo e senza separarsi dalla sua pelle bagnata, scivolò fin
troppo facilmente sulle braccia forti del ragazzo.
Le
trovò possenti e prestanti ma comunque malleabili al punto giusto.
Arrivò ai polsi.
Zoro
tratteneva il fiato, aveva un tocco davvero incredibile, suggestivo.
Aveva
sempre pensato che di lui fossero gli occhi la parte ammaliante ma
dopotutto lo erano di più i modi.
Quando
arrivò alle mani che stringevano l’impugnatura della katana, ormai
Mihawk praticamente l’abbracciava da dietro e rabbrividì quando
gli parlò all’orecchio, il suo tono era basso e penetrante e visto
che la sua voce era di natura sensuale, si trovò in seria difficoltà
a capire cosa gli stesse dicendo.
Si
chiese se fosse uno dei suoi soliti modi per prendere possesso del
suo nuovo giocattolino ma capì che stava ancora effettivamente
insegnando e che doveva ad ogni modo capire quello che gli stava
dicendo, sicuramente suggerimenti preziosi.
Poi
poteva mandarlo a quel paese.
-
Vuoi fare tutto e subito ma devi andare per gradi. Cerca intanto di
separare come si deve una goccia, poi cerca di farlo con tante. Dopo
di che cerca di farlo con tutte. Quando ci riuscirai, potrai pensare
al modo di eseguire l’esercizio usando la tua tecnica delle tre
spade. - Era estremamente chiaro il senso delle sue parole, non lo
era il motivo per cui glielo stava dicendo in quel modo.
I
brividi lo percorsero e la pioggia che li ricopriva di certo non li
aiutava. Sentiva il suo torace contro la schiena e si disse perché
dovesse vestirsi con una giacca lunga senza maniche e slacciata con
nulla sotto.
-
Alza la testa. - Gli disse infine. Zoro lo fece automaticamente ma
naturalmente nella posizione in cui era finì per appoggiare la nuca
sulla sua spalla, erano come due innamorati, si disse. Una situazione
talmente assurda da essere irreale. Le gocce lo schiaffeggiavano
aiutandolo un po’ a riprendersi la sua lucidità, poi Mihawk che
aveva fatto altrettanto e che stava guardando in alto a sua volta,
continuò piano, come se non volesse farsi sentire dalla natura
circostante. - Fissane una, segui quella più alta che puoi. - Zoro
lo fece senza pensarci, cercò di individuarne una fra le tante e
quando l’ebbe a vista, Mihawk proseguì. - Ora chiudi gli occhi e
cerca di percepirla. - Era uno dei suoi incantesimi. Era sicuro che
sarebbe finita male ma non riusciva proprio a capire il modo. Il
problema era che ora ci stava così bene fra le sue braccia che non
era normale. Quando chiuse gli occhi e tornò ad abbassare la testa,
cercò comunque di concentrarsi su quella goccia, se la visualizzò
nella mente ricordando dove l’aveva lasciata e come se una
fotografia si muovesse nella propria testa, immaginò il suo percorso
fino a terra. A quel punto Mihawk si mosse.
Zoro
trattenne di nuovo il respiro quando sentì una leggera pressione
nelle sue mani, segno che a breve avrebbero affondato il colpo.
Fu
un lampo, mentre si vedeva la goccia arrivargli quasi davanti gli
parve che le altre che lo ricoprivano gli entrassero invece dentro e
fu come se diventasse per un istante acqua lui stesso. Non aveva idea
di come fosse possibile, non gli era ancora successo.
Poi
fu un istante.
Un
flash.
Un
attimo più breve di un battito di ciglia.
Mihawk,
portandosi Zoro, roteò le braccia con la sua spada ed in un istante
tornò fermo.
Zoro
aprì automaticamente gli occhi nel momento in cui accadde e quando
vide le sue braccia muoversi da sole, vide la lama tagliare di netto
la goccia che poi si divideva in due cadendo in direzioni diverse sul
terreno.
Sgranò
gli occhi con quella sorta di euforia che non pensava di poter
provare per una sciocchezza simile, quindi si girò automaticamente
verso il suo maestro che lo mollò poco dopo quasi con crudeltà, ben
sapendo il senso di smarrimento che avrebbe lasciato sul ragazzo.
Zoro
infatti si sentì nudo e bagnato solo in quel momento e quando si
sgonfiò senza rendersene conto, Mihawk sorrise con quel suo fare
enigmatico che sapeva di maligno.
Tutto
il fascino esercitato su di lui poco prima in versione di maestro,
era andata insieme alla pioggia sul terreno e con una non celata
delusione chinò il capo in segno reverenziale.
-
Ora ho capito, ti ringrazio. - Stava di nuovo innalzando un muro di
cemento armato fra di loro per impedirgli in anticipo ogni possibile
mossa da non maestro.
Mihawk
lo capì e accentuò il suo sorriso inquietante che all’altro non
piaceva, quindi senza dire nient’altro rientrò.
Sarebbe
stato facile, in quel momento, prendersi la sua bocca od un’altra
sua parte del corpo, però non sarebbe stato completamente spontaneo
o forse non proprio divertente.
Zoro
era tutto il suo attuale diletto, voleva goderselo per tutti i due
anni in cui sarebbe stato suo senza bruciarselo in alcun modo.
Quelle
torture erano la fine del mondo, per lui.
Non
sapeva proprio rinunciarci.
Una
volta capito il meccanismo, per Zoro non fu molto difficile ripeterlo
da solo e dopo averlo rifatto quasi subito, cominciò lentamente a
tagliare sempre più gocce.
Dall’interno
del suo castello, Mihawk appena uscito dalla doccia e avvolto in un
accappatoio, lo guardava destreggiarsi sempre meglio.
Non
poté nascondere a sé stesso il proprio orgoglio e con una
previsione precisa, capì che entro l’arrivo dell’inverno avrebbe
quasi completato la tecnica.
Al
di là dell’osso duro che era come uomo che si ostinava in quella
posizione e non voleva cedergli assolutamente, era il suo allievo e
doveva ammettere che riusciva sempre a sorprenderlo per la velocità
con cui apprendeva i suoi insegnamenti. Beveva tutto come fosse
assetato, il bisogno che aveva di imparare e crescere non l’aveva
visto in nessuno anche se, naturalmente, era comunque il suo primo e
unico allievo.
E
probabilmente l’ultimo.
Quella
notte, Zoro crollò nel letto subito dopo essere rientrato ed essersi
lavato e asciugato. Era molto tardi, l’ora di cena era superata e
nonostante non avesse fatto un esercizio in sé massacrante, alla
fine si sentiva allo stesso modo.
Senza
curarsi dei vestiti e fregandosene completamente delle mire che i
suoi due inquilini avevano su di lui, si tirò su le coperte e si
addormentò ignorando i morsi della fame.
Aveva
molto più sonno, se non riposava non sarebbe riuscito nemmeno ad
arrivare alla cucina per mangiare. Più tardi ci avrebbe pensato se
si fosse svegliato per i crampi.
Però
la soddisfazione con cui si addormentò non la provava più da tempo.
Ci
era riuscito.
Non
aveva raggiunto la velocità e la quantità giusta di gocce tagliate,
però era a buon punto, comunque le separava come gli aveva detto
Mihawk ed adesso poteva ritenersi più che contento.
Non
si sarebbe mai accorto di Perona che svolazzante per il soffitto se
lo guardava incuriosita, non riusciva a capacitarsi di come una
persona potesse crollare in quel modo sembrando morto. Senza nemmeno
mangiare prima, fra l’altro.
L’ora
di cena era passata da un pezzo e lui aveva mangiato solo a pranzo.
Quando
sentì arrivare Mihawk se ne andò svelta intenzionata a non farsi
vedere da quell’uomo odioso, poi l’avrebbe solo presa in giro.
Che
poi lui faceva la sua stessa cosa ma se lo faceva lui andava bene, se
lo faceva lei era solo ridicola, no?
Che
andasse al diavolo!
Quando
Mihawk entrò in camera sua, naturalmente senza penarsi a bussare -in
fondo quella era casa sua, e che diamine!- per vedere come mai non
andasse a mangiare, lo trovò addormentato ed in realtà non se ne
stupì.
Si
fermò vicino al letto, Zoro dormiva della grossa a pancia in su e le
braccia erano intrecciate sopra la testa, le coperte erano fino alla
vita; ci mise poco a capire che era completamente nudo.
Attirato
dalla cicatrice lunga che lo percorreva in diagonale sul petto,
quella che gli aveva inferto lui quando l’aveva incontrato la prima
volta, gliela sfiorò con la punta delle dita. Era in rilievo
rispetto al resto della pelle, doveva averlo quasi ucciso quella
volta, com’era sopravvissuto era anche un mistero. Ammirato dalla
sua enorme forza di volontà, sorrise con un ghigno dei suoi, sempre
altero ma contento in un certo senso.
Quando
la mano scese, gli prese le coperte e gliele abbassò. Aveva la
faccia tosta di fare queste cose, Zoro era di sua proprietà finché
era il suo allievo e viveva nel suo castello.
Ne
era piuttosto convinto.
Suo
malgrado dopo aver ammirato il suo bel corpo nella sua totalità e
averlo appena sfiorato sulle parti intime, senza fare una sola piega
lo ricoprì e se ne andò senza fare nient’altro.
Sarebbero
stati due anni davvero interessanti, finalmente!
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Capitolo 8 *** Buona prova ***
*Ecco
qua il nuovo capitolo! Super veloce che sono di fretta! Torniamo al
lato maniaco di Mihawk, diciamo che tutto ciò che fa ha un senso, ma
spesso non si capisce subito e spesso esagera. Non è un santo, visto
che ci eravamo abituati troppo ad un Mihawk bravo non poteva essere.
Vediamo un po' delle sue varie facce. Il prossimo lo metto domenica.
Buona lettura. Baci Akane
CAPITOLO VIII:
BUONA
PROVA
“Bhè,
io so che non sai la ragione
Ed
è freddo, un segno di stagione
Perchè
il tuo è vecchio, e migliora e colpisce
E
cresceremo, finchè non raggiungiamo il massimo, yeah!
Bhè,
io sarò migliore “
-
Skin – Breaking Benjamin -
http://www.youtube.com/watch?v=kWnG7Gxkk8c
Così
grigio e basso quel cielo non l’aveva mai visto. Non era mai stato
sereno ma quella cupezza era carica e gonfia ed ora finalmente era
chiaro il motivo per cui lo fosse.
Con
la testa rivolta verso le nuvole in alto, seccato fissava i fiocchi
di neve cadere giù lenti e pacati.
Dapprima
piccoli e poi via via sempre più grandi e fitti fino a creare uno
spettacolo da togliere il fiato.
O
meglio, il fiato l’avrebbe di certo tolto a molte persone ma di
sicuro non a lui che riteneva quella nevicata solo una seccatura.
Ricoperto
di un leggero strato di neve, si riscosse con stizza rinfoderando le
spade ed in quello la voce del suo maestro lo raggiunse da dietro.
Come sempre sicuro, come sempre altezzoso.
-
Il tempo delle piogge è finito, ora arriva la neve. Quando comincia
non smette finchè l’inverno non cessa. Avremo un paio di mesi da
passare. -
-
Ma non padroneggio pienamente la tecnica come dovrei. - Replicò Zoro
riferendosi a quella della pioggia.
Mihawk
non fece una piega e come se fosse una cosa di poca importanza,
rispose:
-
Riprenderai con la primavera, ci sarà un altro mese a disposizione
fra il disgelo e la primavera vera e propria. Non sei messo poi tanto
male, ci metterai poco a ritornare a questo e a superarti. - Lo disse
con sicurezza senza ammettere repliche. Era così e basta.
Quando
si rivolse verso il proprio stesso castello per rientrare, anche
Mihawk aveva degli strati di neve sui capelli e sulle spalle e Zoro
notandolo ridacchiò. Aveva sempre quell’aria da principe annoiato
ed ora che lo vedeva così gli sembrava addirittura buffo!
Mihawk
sentendolo si girò per vedere quale fosse l’evento che l’aveva
fatto sorridere e vedendo che rideva di lui se ne seccò ovviamente.
Suo malgrado dopo il primo momento di fastidio, vedendo il viso del
ragazzo finalmente rilassato si sentì istintivamente -e stranamente-
contento. Almeno era merito suo.
-
Vieni, in quest’inverno ci concentreremo sulla padronanza di te
stesso. - Nel momento in cui lo disse sembrò una minaccia e Zoro
smise di ridere sebbene non fosse effettivamente preoccupato.
-
Quando potrò occuparmi del mare? - Chiese seguendolo dentro.
-
Quando si scongelerà! - Rispose logico Mihawk senza voltarsi e
continuando a camminargli davanti.
-
E quando tornerò ad affrontarti in duello? - La cosa che decisamente
lo interessava di più. Cominciava ad essere di nuovo impaziente e
Mihawk ghignò. Proprio per quello ora l’avrebbe massacrato. O la
smetteva con quelle manie o lo sotterrava a pezzi!
-
Quando sarai ad un livello migliore. Non sei ancora alla mia altezza.
Ti massacrerei e non servirebbe a niente ai fini del tuo allenamento.
- Ragionava sempre per utilità, non pensava mai che comunque ci
potesse anche essere del divertimento, ogni tanto.
Zoro
tendenzialmente era d’accordo con questo modo di essere, lo era
anche lui, però con Rufy e gli altri aveva imparato l’arte del
divertimento ed aveva capito quanto fosse importante per poter
migliorare. Qualcosa di difficile da spiegare a qualcuno che per non
annoiarsi distruggeva navi!
Sbuffando
ci rinunciò in partenza e provocando un altro sorrisino in Mihawk,
arrivarono al terzo piano.
Il
terzo piano era un’unica enorme stanza gigantesca che prendeva
tutto lo spazio a disposizione.
Non
c’erano porte, le scale arrivavano direttamente in questo salone
immenso ed altre poi proseguivano sopra.
Il
pavimento era in marmo grezzo ed era scuro, le pareti erano invece
ricoperte di un tessuto rosso scuro che incupiva ulteriormente
l’ambiente. Alte e strette finestre lungo le pareti dalle vetrate
rettangolari e con le grate fuori. Spade di ogni genere erano appese
ai muri e disposte con un certo ordine, per tipo, grandezza, anno e
fatturazione. Era tutto talmente curato da avere l’idea di essere
in un museo, quello più prezioso del mondo.
Zoro
per un momento perse il fiato e guardandosi intorno capì che quella
era la sala di Mihawk, dove lui probabilmente si allenava. O si era
allenato quando ne aveva avuto bisogno, dubitava che ora ne avesse,
ma del resto uno spadaccino non smetteva mai di fare esercizio.
Perso
nei suoi giri mentali, si avvicinò ammaliato alle pareti, era tutto
così curato, seppure buio, che provò un forte senso di rispetto e
intimidazione, ma non se lo spiegò.
-
E’ la collezione di famiglia. Non ho raccolto niente di tutto
questo. La sala era come l’hanno composta i miei avi. Io mi alleno
e basta. - Spiegò Mihawk.
Zoro
non si girò ma lo sentì vicino, alle sue spalle. Stava anch’egli
guardando la collezione e non osava vedere lo sguardo con cui lo
faceva, però lo sentì così disposto che senza pensarci, gli fece
altre domande.
Proprio
come un allievo interessato umanamente al suo maestro.
Qualcosa
che fin’ora era avvenuto raramente.
-
Era un’arte di famiglia, allora… -
Mihawk
annuì e allora Zoro dovette girarsi a guardarlo. Lì vi rimase. I
suoi occhi dorati di norma molto suggestivi, ora erano sottili e
accusatori ma c’era una specie di sofferenza di fondo, molto
lontana e strana, in realtà. Non sapeva proprio definire quello che
vi vedeva e nel cercare di farlo, vi rimase incantato. Non si accorse
della propria domanda successiva…
-
Erano come te? - Domanda molto furba.
Mihawk
continuò a fissare le spade come se fossero i suoi genitori e con
dell’amarezza che non gli aveva mai visto, rispose come parlasse da
solo.
-
Dipende da cosa intendi. Se parli di talento nella spada sì, se
parli di personalità direi proprio di no. Ma se è la natura che
intendi… bè, buon sangue non mente. - E lì scorse tanto di quel
rancore che Zoro capì quasi precisamente la storia che doveva
esserci dietro.
Sicuramente
non erano delle brave persone e sicuramente crescendolo in un certo
modo l’avevano spinto a diventare la persona che era oggi che li
aveva mandati consapevolmente e volontariamente in disgrazia.
Probabilmente
la sua era stata una vendetta per qualcosa di atroce che doveva aver
subito e sicuramente erano stati tutti eventi che l’avevano segnato
portandolo ad essere così odioso ed insopportabile.
Sapeva
che ad ogni reazione corrispondeva prima un’azione, ma spesso non
gli importava perché comunque le decisioni finali le si prendeva
sempre con coscienza, c’era una scelta finale prima del proprio
agire e arrendersi a quel che si poteva definire comodamente natura,
era davvero un facilitarsi l’esistenza.
-
Non proprio delle brave persone, mm? - Disse spontaneo senza pensare
che in questo modo intendeva che nemmeno lui lo era. Mihawk a questo
sorrise sardonico spostando gli occhi dorati su di lui, non erano più
tanto amari.
-
Apprezzo che non fai l’ipocrita. - Rispose infatti senza dire
niente a proposito dei suoi genitori se non un finale e conclusivo: -
No, non proprio delle brave persone. - che fu quanto mai laconico.
Zoro
capì che non avrebbe saputo di più per il momento e girandosi per
dare le spalle alla parete che in qualche modo rappresentava il
misterioso passato di quell’uomo a tratti insopportabile e ad altri
affascinante, cambiò drasticamente tono e argomento.
-
Io sono pronto, possiamo cominciare quando vuoi. -
Mihawk
si riscosse con un impercettibile sospiro, quindi portando su di lui
l’attenzione cambiò espressione tornando saccente e altezzoso;
intrecciò le braccia sull’addome, nascose le mani sotto la giacca
lunga e senza maniche dalla fattura pregiata. L’inverno l’aveva
portato ad indossare la camicia e il ragazzo non poteva che
apprezzarlo, così si sarebbe distratto di meno. Camminò fino al
centro della sala e gli indicò un punto dove mettersi. Zoro lo fece,
non aveva idea delle sue intenzioni, sembrava stesse prendendo
qualcosa da sotto l’indumento ma non aveva idea di che cosa fosse
né di quale esercizio si sarebbe trattato.
Aveva
detto che avrebbero lavorato sulla padronanza di sé ma era
estremamente curioso di vedere di cosa si trattava.
-
Togliti la maglia. - Disse con fermezza. Zoro alzò un sopracciglio
scettico ma allo sguardo risoluto del suo maestro eseguì e buttando
l’indumento poco più in là, rimase in attesa. A quel punto Mihawk
continuò sullo stesso tono: - Comincia a contare da quattrocento
milioni all’indietro. -
Zoro
notò immediatamente che quella era la taglia sulla testa di Rufy e
si chiese a che diavolo servisse, esitando dunque Mihawk chiese
duramente.
-
Che c’è, sei analfabeta? Non sai contare? - Il ragazzo ovviamente
offeso rispose piccato:
-
Certo che so contare, mi chiedevo solo a che diavolo servisse! -
-
Ora lo scoprirai! - Disse l’altro sicuro di sé, con uno strano
odioso luccichio nello sguardo. Le mani ancora nascoste.
Scrollando
le spalle cominciò a contare da quattrocento milioni all’indietro
cercando di fare attenzione per non impappinarsi.
-
Cammina in circolo intorno a me e mantieni la distanza. - Fece poi
l’altro.
Zoro
seccato di dover anche camminare, lo fece. Già non era proprio
facilissimo contare da quella cifra all’indietro senza perdersene
una per strada, se poi doveva anche camminare facendo attenzione a
non diminuire la distanza… ma con un po’ di concentrazione in più
lo fece rendendosi conto di quanto una cosa stupida potesse tenerlo
occupato.
Quando
ormai aveva cominciato da un po’, più veloce della sua stessa
vista uno schiocco partì immediatamente e si levò nell’aria
frusciando e sfiorandolo.
Zoro
sussultò e si fermò rendendosi conto che si trattava dello schianto
di una frusta e quando vide che le fruste erano due e che le aveva
fatte vibrare Mihawk, capì cosa aveva stretto da sotto la giacca.
-
Dico, sei matto? - Chiese iroso.
Mihawk
sorrise ironico.
-
Cosa pensavi, che l’esercizio fosse contare? -
-
Mi chiedevo a che diavolo servisse ma ora mi sembra ancora più
assurdo! - Mihawk brillava ancora divertito e proseguì.
-
Lo capirai da solo. Riprendi. Non devi fermarti, io ti distrarrò in
vari modi, tu devi proseguire come se niente fosse, continua a
contare all’indietro senza saltare un numero e perdere il filo, ma
soprattutto senza esitare né nella voce né nei passi. Cerchi
perfetti intorno a me. Questo è solo l’inizio. - Capì che ne
avrebbe avute altre di diavolerie del genere e capì anche che per
quanto ridicolo fosse, doveva sicuramente avere un senso per cui solo
per il fatto che comunque fosse il suo maestro, fece per ripartire se
non che si rese conto di essersi dimenticato la conta. Imprecando
ricominciò da capo sotto le risate insopportabili dell’altro uomo.
Ricominciò
e poco dopo altri schiocchi lo fecero saltare, nonostante se li fosse
aspettato questi l’avevano quasi toccato e di nuovo perse il filo
fermandosi, dicendo che poi non sarebbe più successo!
-
Mi hai fatto togliere la maglia per vedere se mi becchi? - Chiese
seccato volendo dirgli che la tortura non era contemplata
nell’allenamento.
Mihawk
senza spegnere quell’aria compiaciuta e per nulla annoiata,
rispose:
-
Proprio così! -
-
E se mi prendi? - Perché sapeva che comunque non era per scusarsi od
evitare…
-
Mi diverto di più! - Ci avrebbe giurato.
-
Sei un sadico. - Grugnì fulminandolo feroce con lo sguardo.
-
L’hai capito con un po’ di ritardo ma ci sei. - Lo prese in giro
Mihawk che schioccò di nuovo una delle due fruste per farlo
ricominciare. - Avanti, non fermarti, ti ho detto! Finchè non arrivi
a zero senza sbagliare di un soffio l’esercizio non finisce! -
Sarebbero andati avanti settimane, si disse Zoro capendo i tempi.
-
Mi fai sentire una tigre che viene ammaestrata! - Brontolò capendo
che doveva ricominciare da quattrocento milioni.
Mihawk
convenne con una non celata soddisfazione:
-
Abbinamento appropriato, direi… - Solo allora Zoro, guardandolo un
istante prima di ricominciare, lo vide come un ammaestratore dalle
sembianze di un falco e sogghignò a sua volta trovandolo stranamente
divertente. Un falco che addestra una tigre.
“Chissà
chi la spunterà, poi… “ si chiese riprendendo.
Per
tutta la giornata non ci fu verso di arrivare fino oltre ad un numero
accettabile, però riuscì per lo meno a non interrompersi ad ogni
schiocco, solo a quelli che lo toccavano.
Era
consapevole che quando avrebbe superato la soglia della decenza
avrebbe cominciato ad andarci giù pesantemente e capì perché
voleva vedere tutti i segni che gli infliggeva, per capire quanto
duro fosse a concentrarsi come si doveva e a concludere l’esercizio
correttamente. Per la fine probabilmente sarebbe stato ricoperto di
frustate dalla testa ai piedi.
I
giorni proseguirono uno dopo l’altro, Mihawk aveva trovato un nuovo
modo per non annoiarsi, frustare Zoro trattandolo come una tigre da
ammaestrare, di conseguenza aveva calato nettamente le sue mire su di
lui. Zoro preferiva così di gran lunga ed anche se ogni volta che si
avvicinava al traguardo diventando sempre più concentrato ed
impassibile, lui poi ci andava giù particolarmente pesante con le
fruste, il ragazzo prendeva tutto sempre come un prezioso allenamento
e basta, di conseguenza l’accettava di gran lunga.
Quando
arrivò in sala quel giorno, Mihawk era già li ad aspettarlo con le
fruste attorcigliate intorno al torace, intrecciate diagonalmente fra
loro. Era anche lui a torso nudo e Zoro pensò che gli era sembrato
strano vederlo tanto vestito in quei giorni. Del resto ormai il
castello era ben riscaldato e per quel genere di attività più si
era scoperti e meglio era, lo sapeva.
Si
tolse a sua volta la maglia come sempre, i fisici di entrambi erano
asciutti solo che uno appariva molto più liscio dell’altro per un
semplice discorso di cicatrici, sia recenti che vecchie.
Mihawk
aveva le mani ai fianchi ed una posa elegante tipica di uno
spadaccino di corte e lo stava contemplando con insistenza
penetrandolo dalla testa ai piedi, sembrava particolarmente
soddisfatto, come se fosse un’opera d’arte scolpita da lui.
Zoro
che non aveva più peli sulla lingua dalla nascita, allargò le
braccia e fece un giro su sé stesso.
-
Spero di essere di tuo gradimento. Stai ammirando il tuo capolavoro?
- Chiese ironico.
Mihawk
non si turbò e rispose senza fare una piega allo stesso suo modo,
sempre con quel sorrisino sulle labbra.
-
Direi di sì, gradisco. Proprio un gran bel lavoro, devo dire. -
-
Hai già capito quanto manca prima che riesca a finire? - Mihawk si
compiacque che Zoro ci fosse arrivato e decise di degnarlo di una
risposta sincera.
-
Questo è solo il primo di una lunga serie, il più facile. Per
padroneggiare te stesso come si deve ne hai da fare… riempiremo
abbondantemente tutto l’inverno, ma con la tua capacità
d’apprendimento meno zuccone di quel che pensassi inizialmente,
dovremo stare nei tempi. - Era una specie di complimento ma Zoro non
lo colse poiché era rimasto a ‘è il primo di una lunga serie’ e
capendo che ne avrebbe dovuti affrontare altri di molto peggio
sogghignò contento e impaziente. Cominciava a divertirsi.
-
Oggi starai fermo in mezzo e mi muoverò io. Ieri per la prima volta
ci siamo interrotti senza un tuo errore, quindi puoi riprendere dal
numero da cui ti eri fermato. - Gli concesse. Zoro capì che doveva
esserci il trucco e sistemandosi al suo posto senza aggiungere
niente, ascoltò il resto. - Però in compenso userò anche altri
metodi per disturbarti. Ormai ti sei abituato agli schiocchi e al
dolore delle frustate, ti serve qualcos’altro. -
“Ah
ecco… “
Pensò
infatti il ragazzo facendo l’espressione consapevole. Senza fare
una piega cominciò a contare da dove aveva finito il giorno prima e
chiedendosi cosa si sarebbe inventato per rompergli le scatole, andò
avanti escludendo sia i rumori forti che le sensazioni tattili di
dolore.
Era
a suo modo anche piuttosto rilassante poiché non doveva concentrarsi
su altro che quello svuotando completamente la mente -cosa per cui
Sanji avrebbe commentato che non gli ci voleva molto visto che era
già vuota di suo…-
Immerso
così nel mondo dei numeri e sopportato una quantità notevole di
frustate, un paio addosso ed un paio che l‘avevano solo sfiorato,
sentì la presenza fisica di Mihawk immediatamente dietro di sé e
con un’ondata di seria preoccupazione capì quale genere di
disturbi ora gli avrebbe posto.
Per
poco non perse il filo ma facilitato dal fatto che non doveva più
camminare, cercò di riprendersi chiudendo gli occhi, poteva
esternarsi, doveva solo contare all’indietro, solo quello,
dannazione.
Quando
sentì le dita di Mihawk sfiorargli il centro della schiena sul segno
più recente, sussultò ma riuscì a proseguire col numero
successivo. Quando però le dita continuarono a muoversi su tutti gli
altri e a percorrerglieli, trattenne il fiato, per un attimo ancora
dimenticò cosa stava dicendo ma riuscì a proseguire.
Cominciò
ad insultarsi, doveva stare concentrato, non importava cosa gli
faceva, non era per approfittarne, o meglio anche, ma principalmente
per dargli padronanza di sé e sapeva quanto importante fosse, era
uno dei suoi punti deboli e quindi anche se lo molestava per puro
diletto, era anche un buon esercizio visto che era una delle cose che
gli davano più fastidio in assoluto. Per questo doveva resistere e
mandarlo fuori dalla propria mente. Doveva.
E
continuò a contare.
Mihawk
con un sorrisetto gli girò intorno smettendo di toccarlo, gli
permise di proseguire e tirare un respiro di sollievo, apprezzava il
fatto che tenesse gli occhi chiusi, era più interessante così. Così
come lo era la sua elevata resistenza a quello, sapeva quanto
detestava essere toccato da gente che non era il suo compagno, gli ci
era voluto poco per capirlo.
Dopo
aver fatto il falco intorno alla tigre profondamente concentrata,
tornò all’attacco e questa volta davanti.
Zoro
teneva le braccia lungo i fianchi ed aveva sciolto i pugni che però
si tesero appena i suoi polpastrelli leggeri tornarono a percorrergli
tutti gli altri segni più o meno freschi delle fruste di quel
periodo. Quando si soffermò sulla cicatrice diagonale più vecchia
che gli aveva fatto lui al primo incontro, Zoro strinse le palpebre e
tese i muscoli rendendo quella tortura più piacevole. Di certo non
lo invogliava a smettere e oltretutto non era idiota, sapeva che non
apriva gli occhi non tanto per la concentrazione in sé quanto perché
poi si sarebbe sentito di nuovo ammaliato da lui, era cosciente dello
sguardo che possedeva e sapeva l’effetto che aveva sugli altri.
Nonostante
i molti segni sulla pelle, aveva un corpo sodo e muscoloso,
estremamente piacevole al tatto e giunto alla fine della cicatrice
che arrivava sull’anca, non si fermò e spostandosi dietro di lui
come prima, lo cinse con le braccia giungendo alla vita bassa dove
scese oltre l’elastico. Ormai non metteva la fascia verde alla vita
e nemmeno la bandana, erano i segni di sé che aveva messo giù
intenzionato a riprenderli quando l’allenamento sarebbe concluso,
di conseguenza sui fianchi era più libero.
Le
dita di Mihawk trovarono subito prepotentemente la sua erezione e di
nuovo Zoro ci impiegò tutta la sua forza mentale per non fermarlo e
mandare tutto al diavolo.
Era
questo che intendeva con padronanza di sé. Andare avanti nonostante
tutto, anche se ti sta accadendo la cosa che per te è più
insopportabile in assoluto. O magari la più piacevole.
Doveva
assolutamente proseguire.
Fra
un numero e l’altro che cercava di ricordare correttamente, si
ammoniva dicendo di non dargli una testata e non ucciderlo, ma la sua
mano sulla propria erezione si muoveva pratica e veloce, lo stava
stimolando con decisione e arroganza e Zoro non poteva affatto dire
che comunque a livello puramente fisico non fosse estremamente bello.
Poi l’idea che a farglielo fosse Mihawk contrastava gettandolo da
tutt’altra parte, insieme alla voglia di scaricargli una valanga di
insulti, di conseguenza la lotta che dovette affrontare mentre la sua
stessa eccitazione saliva, non fu per niente da poco. Quando
raggiunse suo malgrado l’apice insultandosi da solo, saltò un
numero e quando se ne accorse dovette fermarsi. Fu allora che aprì
gli occhi altamente scocciato e con una grande voglia di dargli ora
quello che meritava, si sentì montare dentro una rabbia senza
precedenti.
Non
solo aveva dovuto sopportare una cosa simile che poi gli era anche
piaciuta perché comunque era un uomo che non faceva sesso da molti
mesi, ma non era nemmeno servito a nulla perché comunque aveva
sbagliato!
Si
girò potendosi comunque finalmente staccare da lui, era arrossato
per l’orgasmo raggiunto e la rabbia lo infiammava, lo fissava
furente e non sapendo da cosa partire Mihawk lo precedette
superandolo e andando oltre, chiudendo gli occhi con la
consapevolezza d’aver esagerato.
-
Puoi riprendere da dove ti sei interrotto adesso. Buona prova,
ragazzino. Nessuno avrebbe continuato comunque. - Il fatto che lui ci
avesse provato e ci fosse quasi riuscito, era di certo anomalo:
denotava la sua enorme forza di volontà ma non solo.
Mihawk
lo capì mentre riprendendo la frusta tornava ai metodi di prima,
scoccandola sul pavimento.
Denotava
soprattutto l’enorme importanza che aveva per Zoro diventare
veramente più forte e superare tutti i propri punti deboli.
Risalito
ulteriormente nella sua scala di gradimento, decise che per un altro
po’ l’avrebbe aiutato lasciandolo in pace. Tutto quello che gli
faceva fare aveva una motivazione precisa all’interno del suo
addestramento, niente era così per puro diletto personale. Il resto
lo aggiungeva per non annoiarsi, ma per un po’ sarebbe potuto
rimanere a posto.
“Non
hai idea di cos’hai fra le mani, Cappello di Paglia. Credimi che
non ce l’hai. E sono estremamente tentato di non restituirtelo!”
Con
la pura presunzione che sarebbe anche potuto riuscirci.
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Capitolo 9 *** Tanto cuore, tanta forza ***
*Ecco
qua il nuovo capitolo... qua siamo in pieno addestramento, anzi. E' più
una prova che Zoro deve superare. E' una delle più dure ed è diversa
dalle altre fatto fino ad ora perchè è tutta interiore. Personalmente
questo è uno dei capitoli che mi soddisfa di più perchè si differenzia
dagli altri. E' anche un pochino più lungo, in compenso il prossimo
sarà un pochetto più corto. Lo metterò giovedì. Ringrazio chi segue la
mia fic e la commenta. Buona lettura. Baci Akane*
CAPITOLO IX:
TANTO
CUORE C’E’, TANTA FORZA C’E’
“Ho
sempre saputo cercare le risposte
Ho
perso me stesso, tutti noi cadiamo
Per
questo non sono mai diventato un saggio
Solo
che io sono un uomo distrutto
Tutto
quello che ho è una sola possibilità
Non
voglio voltarti le spalle
Prendi
la mia mano trascinami verso il basso
Anche
se cadi lo farò pure io
E
non riesco a salvare quel che resta di te
Dico
qualcosa di nuovo
Non mi
è rimasto niente
Non
posso affrontare il buio senza di te
Non
c'è più niente da perdere
Il
combattimento non finisce mai
Non
posso affrontare il buio senza di te
Seguimi
in basso e portami lontano
Io
non capisco più niente
Un
dolore così familiare e vicino al cuore
Non
piu', alla fine non lo dimenticherò”
-
Without you – Breaking Benjamin -
Acustica:
http://www.youtube.com/watch?v=Q-sQklvpDhA
Originale:
http://www.youtube.com/watch?v=1hahUnEN5XA
Gli
esercizi si susseguirono uno dopo l’altro e Zoro con una difficoltà
solo iniziale era riuscito a superarli tutti seguendo perfettamente
le previsioni del suo maestro.
Giunti
alla fine dell’inverno, Mihawk capì che ormai rimaneva solo una
cosa, per vedere se era davvero completamente in grado di
padroneggiare sé stesso a piacimento e come si doveva.
Erano
sempre nella solita sala d’esercitazione e quando gli indicò un
secchio pieno d’acqua fino all’orlo, aveva un’espressione più
strana del solito, come se si pregustasse una delle sue torture
estremamente divertenti. Essendo che lui aveva un gusto dell’orrido
molto discutibile, c’era proprio da discutere su questo punto.
-
Ora ti manca solo una parte da padroneggiare di te. Per uno
spadaccino è tutto oppure puoi mettere via le tue spade. - Già
l’inizio non gli piaceva, ma rimase fermo ad ascoltarlo con estrema
serietà. Sapeva che la primavera era alle porte e di conseguenza se
i suoi calcoli erano stati corretti, ormai quella parte
dell’addestramento doveva essere quasi conclusa e nelle conclusioni
c’erano sempre le parti più difficili da digerire. - L’esercizio
che farai ora è quello più difficile per te. Io non avrei problemi
in questo senso, ma tu che sei così diverso in questo aspetto
specifico, sarai messo sotto la prova più dura che tu possa
immaginare e lo dico solo perché ti conosco piuttosto bene ormai. -
Zoro avrebbe voluto sindacare su questo punto ma poteva riconoscere
il fatto che i maestri conoscevano bene i loro allievi anche se poi
non li avevano visti nascere. - Ragazzino, la tua più grande forza è
anche la tua più grande debolezza. -
Se
l’esordio non gli era piaciuto, il proseguo fu ancora peggio.
Quando disse quello, Zoro capì all’istante dove voleva andare a
parare e dopo che il maestro gli si avvicinò non riuscì a
distinguere il livello di severità e accusa contro quello di
divertimento e sadismo. Era come se tutto fosse in perfetto
equilibrio in lui ma non aveva poi tanta importanza alla fin fine.
-
La parte di te che devi avere in pugno sopra tutte le altre non è né
il corpo né la mente ma il tuo cuore e dal momento che il tuo è
nelle mani del tuo capitano per cui hai messo da parte tutto te
stesso inginocchiandoti davanti a me, per chiedermi di insegnarti pur
di diventare forte per lui, io devo fare il mio lavoro di maestro ed
insegnarti a gestirlo. - Vide lo sguardo di Zoro vacillare e fu
davvero strano perché per lui era davvero impossibile esitare, da
quando era lì al suo castello non l’aveva mai fatto.
-
Cosa c’è, pensi di non poterci riuscire? - Lo provocò odiosamente
Mihawk.
Zoro
tornò duro.
-
No, ma non sono uno sprovveduto, so bene che lui è il mio punto
debole. Volevo morire per lui e non l’ho fatto solo perché
evidentemente ho una resistenza maggiore, ma Orso mi aveva dato il
suo colpo di grazia e penso che tu lo conosca. -
Mihawk
certi retroscena non li conosceva, ma era stato presente quando Zoro
gli aveva fatto quel giuramento solenne per dirgli che sarebbe
diventato l’uomo più forte del mondo in modo da non far vergognare
il futuro Re dei Pirati, quando lo sarebbe diventato. Il resto erano
tutte storie che poteva facilmente immaginare.
-
Per questo dico che lui è sia la tua forza che il tuo punto debole.
-
Poteva
anche dire che si giocava tutto l’addestramento completo in
quell’esercizio, entrambi lo sapevano. Se Zoro avesse superato
quella prova, le altre sarebbero state sicuramente una passeggiata a
confronto.
-
Respira bene. - Fece poi Mihawk. Zoro allora lo fece e scacciò le
preoccupazioni iniziali, avrebbe voluto chiedergli tante cose in
qualità di allievo al proprio maestro, ad esempio come poteva essere
mai riuscito a togliere da sé stesso il cuore, posto che sembrava
quella la loro differenza. Avrebbe anche voluto sapere di più su una
forza che era anche debolezza. Avrebbe voluto parlare molto con lui,
ma sapeva che non poteva, che non era proprio ora.
-
Ora ti metterai quel secchio in equilibrio sulla testa, è pieno
d’acqua fino all’orlo. La testa è la somma di tutto ciò che si
agita dentro e se c’è anche un solo respiro minimamente
irregolare, là sopra si sente. Ti metterai in ginocchio ed io ti
parlerò, tu devi solo stare talmente immobile che quell’acqua non
solo non deve uscire nemmeno di un goccio, ma non deve nemmeno avere
un minimo cerchio. Zoro, se sbagli, se quell’acqua si increspa o ne
cade un solo goccio, non avrai punizioni e tanto meno altre
possibilità. Se sbagli il tuo addestramento si concluderà qua, a
nemmeno un anno di completamento. Ed io ho solo una parola. - Zoro
agganciato ed ipnotizzato dai suoi occhi quanto dal tono con cui gli
stava parlando, fermo ed incisivo, capì quanto tutto quello sarebbe
stato difficile vista la premessa e la consapevolezza di non poter né
muoversi, né parlare né respirare in modo appena diverso dal minimo
indispensabile, rendeva il tutto un’anticamera infernale.
Per
un momento gli sarebbe piaciuto essere uno sprovveduto ma si ricordò
del giuramento fatto a Rufy e si ricordò dell’ultimo bacio che
aveva potuto dargli. Troppo tempo fa. Immaginandosi le sue lacrime
versate in sua assenza per suo fratello Ace e tutto quello che aveva
dovuto affrontare da solo, annuì e si decise.
Era
pronto.
Era
ora di cominciare.
Era
ora di impadronirsi anche di quella parte di sé e con questo non
intendevano dire nessuno dei due di annullare il cuore ma solo di
controllarlo ed incanalarlo nel modo giusto, perché per uno
spadaccino che agognava al suo livello, il migliore in assoluto,
quella era la parte che doveva assolutamente avere in pugno. Se non
ci riusciva non aveva senso aspirare a quell’obiettivo.
Sistematosi
in ginocchio e messosi perfettamente dritto, prese il secchio facendo
attenzione a non spandere nulla, quindi tirandoselo su sulla testa
trovò in breve l’equilibrio che per uno spadaccino non era un
problema, specie in virtù di tutti i vari allenamenti a cui si
sottoponeva sempre.
Quando
tutto fu pronto, Mihawk fissò gli occhi dorati sulla superficie
limpida e perfettamente liscia dell’acqua sulla sommità di Zoro e
cominciò.
-
Anche se poi non mi interessa niente, catturo tutto ciò che mi
circonda e da ciò capisco un bel po’ di cose. Ad esempio la prima
volta che ci siamo incontrati ho capito che avevi una grande
motivazione che ti spingeva a batterti coi più forti, per superarli
e superarti. Ho capito che c’era di mezzo una promessa ad un’amica,
immagino sia morta. Ma sai cosa mi ha colpito di te? Non il tuo
grande cuore, solo la tua grande volontà perché se si parla di
cuore si parla di pietismo per te. È questo che ti ha spinto a
prendere seriamente la via della spada? Dunque sei solo uno che fa
carità e che si appropria dei sogni degli altri? Non oso immaginare
perché tu mai avessi iniziato, probabilmente perché eri più
stupido di quando hai capito che rubare l’obiettivo di qualcuno era
meglio che arrancare come un insetto nel fango. Rubare le idee ed i
desideri degli altri, gran bel modo di essere. Gran bel cuore,
insomma, non c’è che dire. Era questa la forza che ti spingeva
quando ti ho incontrato quella volta? La promessa che tu avresti
vinto dove lei aveva fallito, per rinfacciare che tu sei meglio di
lei, mostrarti comunque solo un ladro senza sogni tuoi. Non mi
stupisce che hai fatto pietà tu, quel giorno con me. -
Mihawk
si fermò un attimo, sentiva il suo spirito battagliero tremare,
aveva cominciato a colpire subito pesante ma quello era nulla
confronto a quel che aveva intenzione di dirgli. Erano cose contro
cui doveva scontrarsi, lati di sé che lui non avrebbe mai
considerato per essenziali, perché vedeva solo ciò che era
importante nell’immediato e non si fermava a riflettere veramente
su chi era e cosa aveva fatto negli anni. Beh, era ora se voleva
trovare il segreto della vera forza e raggiungerla. Si mosse intorno
a lui con passi molto calmi e lenti, le mani allacciate dietro la
schiena, lo sguardo fisso nel secchio, sull’acqua che ancora
immobile stava lì dentro.
Sapeva
della fatica che stava facendo quel ragazzo e sapeva quanto
concentrato era, sapeva che doveva ascoltarlo per mettersi alla prova
e che non poteva fallire. Stava combattendo con la propria tensione
ed i propri nervi ma per ora stava reggendo bene. Per ora. Riprese
con sicurezza e alterità risultando volutamente più odioso di quel
che avrebbe voluto. Erano discorsi che in casi normali avrebbe
affrontato con più calma persino lui.
-
Una rana nel pozzo. Ti ho paragonato a quello, ricordi? Una persona
che non ha la minima idea della vera grandezza del mondo. Ti dissi
che ti avrei aspettato e ti invitai a scoprirlo quanto grande e
atroce poteva essere, questo mondo, sulla tua pelle. Ho visto che il
tuo corpo, oltre alla mia, ha poche altre cicatrici e comunque
nessuna di gran conto, nessuna visibile a distanza. Però ti sei
rafforzato, te lo concedo, sei andato avanti in quel tuo sogno
assurdo alla ricerca della forza per una sporca promessa ipocrita da
criminali. Per qualcosa che non era tuo e non spettava te cercare di
prenderti. Diventare lo spadaccino più forte del mondo era il suo
obiettivo, vero? Mica il tuo. Lei sarà morta e probabilmente per
colpa tua e tu hai deciso che potevi prendertelo. - Sentì di nuovo
il suo spirito aumentare d’intensità e si fermò convinto che
questa volta l’acqua si sarebbe increspata, ma alla fine si
ricredette, Zoro resisteva.
Zoro
avrebbe resistito a qualunque costo.
L’ascoltava
ripetendosi che non poteva farne a meno e si incideva le sue parole
come marchi a fuoco sotto la carne stessa, nelle ossa. Parole che
andavano a fondo e che facevano impressione per la loro veridicità.
Dopotutto quell’uomo non sapeva niente di lui ma parlava come se lo
conoscesse dalla nascita, come se sapesse tutto.
Si
sentì toccato proprio per questo, perché non stava sparando
semplici stronzate per farlo arrabbiare, sembrava lo stesse facendo
con cognizione di causa e sentendosi snudato e scotennato, ora si
sentiva passato ai raggi X pezzo per pezzo, preso e smontato.
Come
poteva sapere quelle cose e sbattergliele in faccia dandogli una
maledetta visione che lui stesso, dopotutto, non aveva mai preso
nemmeno per sbaglio in considerazione?
La
rabbia che gli montava dentro non era niente perché era più shock
per quello che gli stava dicendo e per quanto vero fosse, dopotutto.
Kuina
era sempre stata sacra, per lui. Aveva cominciato quel sogno della
spada per lei, cioè seriamente e senza fare lo stupido moccioso
sbruffone. Poi gli era sembrata una bella cosa promettere che avrebbe
raggiunto lui il suo sogno visto che lei non poteva più. Certo, era
partito da una sfida fra loro ma era lei, lei quella che aveva sempre
avuto la fissa di essere la spadaccina più forte del mondo, di
poterlo diventare nonostante il suo essere donna. Poi era morta, così
a lui era parsa una cosa davvero bella sostituirsi a lei, prendere la
sua eredità, un segno di rispetto per colei che l’aveva messo
sulla retta via.
Però
visto da un altro punto di vista, uno più cinico ma anche più
realista, era stato ipocrita e sporco, un ladro che si spacciava per
un buon samaritano che dava pietà in giro mascherandola addirittura
per promesse e bei sentimenti nobili.
Era
questo, veramente?
Uno
schifo del genere la sua prima seria volontà di essere forte?
Quando
la sua voce continuò, faticò a respirare piano, stava per tremare
perché capì a chi si era arrivati e sentì che se Mihawk avesse
continuato, lui avrebbe potuto vacillare, lo sentì profondamente,
però facendo violenza su sé stesso l’ascoltò ancora mortalmente
concentrato.
-
Poi è arrivato Cappello di Paglia e lentamente è cambiato tutto, o
forse è cambiato talmente in fretta che non te ne sei nemmeno
accorto, lento di comprendonio come sei. Scommetto che tutti dicono
che l’ottuso è lui, vero? Ebbene ti dirò la mia visione di voi
due, invece… fra voi il vero ottuso sei tu, lui è solo pazzo ma la
follia non è una colpa perché lo sei e basta e non ci puoi fare
niente, mentre sull’ottusità ci puoi lavorare, può mitigarsi, può
migliorare. Un pazzo rimane un pazzo e basta. - Nel momento in cui
nominò Rufy, Zoro per poco non alterò il respiro ma si ricordò che
non poteva fare nemmeno quello. Si concentrò sul respiro, non doveva
increspare l’acqua quindi doveva ascoltare e basta, senza farsi
toccare davvero. Ascoltare, assimilare, rifletterci e resistere.
Resistere e basta perché non poteva mandare tutto a quel paese per
tirargli un pugno o rispondergli o guardarlo male. Doveva resistere
per Rufy.
-
Il tuo problema sono gli obiettivi, non sai portene di tuoi. Non sei
capace di avere un sogno veramente tuo, il tuo è realizzare quello
degli altri. Vuoi essere il braccio destro di quello che per te è il
futuro re dei pirati e quindi vuoi diventare forte per lui, ora la
tua amica preziosa è dimenticata e calpestata perché è arrivato
qualcuno più forte, più importante, uno con un sogno più grande e
di conseguenza non è che tu ti impadronisci del suo, l’avresti
fatto se l’avessi ucciso ma visto che ne sei il compagno, e lo sei
perché non sei in grado di batterlo e farlo fuori, allora hai deciso
che l’aiuterai a realizzare il suo diventando l’uomo più forte
del mondo, tu sei uno spadaccino, quindi comunque sarai lo spadaccino
numero uno. - Parole molto dure e brutali che però valeva la pena
prendere in considerazione, in nessun altro caso l’avrebbe
ascoltato, né lui né chiunque altro avesse osato parlargli così,
però lui era l’uomo a cui aveva chiesto aiuto e sapeva che nessun
altro avrebbe potuto aiutarlo, solo lui. Solo ed esclusivamente lui e
basta.
Lo
sentiva girargli intorno e camminare piano, gli sembrava un falco
vero e si chiese se il proprio stato d’animo ora sembrasse quello
di una tigre in procinto di esplodere.
Voleva
rispondergli, voleva dirgli che si sbagliava, che non era un ladro di
sogni incapace di averne di propri, voleva dirgli che il suo sogno
più grande era vedere felici le persone che amava e che l’unico
problema era che aveva amato solo due persone profondamente. Una era
stata la sua prima vera amica e l’altro era il compagno della sua
vita. E voleva anche dirgli che il suo unico problema era che i sogni
delle persone che amava erano ambiziosi e di conseguenza anche lui
per renderli felici doveva esserlo e adeguarsi, ma che non era uno
che si accontentava, era uno che combatteva per un sogno ambizioso,
la felicità di chi amava. E voleva dirgli che lui non poteva capire
perché non amava nessuno ed era solo e freddo e che non aveva
problemi a gestire i propri sentimenti perché non ne aveva. Avrebbe
voluto dirgli di smettere di parlare di Rufy come se avesse voluto
ucciderlo per prendersi il suo sogno, perché da lui non voleva la
sua vita ed il suo sogno, a lui aveva dato i propri mentre Rufy
stesso gli aveva affidato i suoi.
Ma
non poté dire nulla e mentre il fastidio insormontabile cresceva,
rimase ancora in silenzio ad ascoltare perché era quello che doveva
fare.
-
Cappello di Paglia. - Come lo disse, cambiò il tono e Zoro capì che
si era spostato brevemente dalle sue motivazioni e i suoi sogni al
suo compagno. La certezza matematica che sarebbe stata la parte
peggiore, un calore indicibile che già gli montava dentro. Ma doveva
stare fermo e zitto e concentrato. Mihawk smise di camminare e si
fermò dietro di lui. - Se tu sei la rana lui è il pozzo che ti
chiude la visione del mondo, ti impedisce di vedere com’è
veramente e ti fa credere che sia meraviglioso e bello e divertente e
facile. Il parossismo è che nemmeno lui l’ha mai visto, lui è
un’altra rana in un pozzo ancora più profondo. È arrivato a
Marineford dopo un lunghissimo viaggio superando molti ostacoli di
cui tutto il mondo sa, ha avuto solo fortuna e dei compagni pazzi
come lui da buttarsi senza sapere cosa stavano andando a fare. La
fortuna aiuta gli audaci, si dice, ma non in eterno e per la sua
stupidità ora ha pagato suo fratello Ace. Tu pensi davvero che si
riprenderà? Che ora stia bene e che quel gesto sul giornale fosse un
messaggio per voi? Non ti pare che vi abbia solo abbandonato e basta
perché si è reso conto di cos’è il mondo? Non aveva mai sofferto
veramente quel ragazzo, suo nonno l’aveva cresciuto in una campana
di vetro preoccupandosi solo che diventasse forte, forse. E comunque
non gli è riuscito granchè bene nemmeno quello. È stata la sua
assoluta mancanza di sofferenza che l’ha portato alla follia
nell’arco degli anni. Ha una forza nelle sue mani non da poco, ha
una fortuna, poi, chiamata amicizia che lui sacrifica con una
facilità disarmante per i suoi egoistici stupidi sogni di gloria. Ma
lui sa solo parlare, perché è il primo a cadere e a non guardare in
faccia nessuno, nel vero momento della sofferenza, quando è ora di
far vedere di che pasta si è, quando si deve alzare veramente ed
andare avanti e dimostrare che non erano solo parole. E tu hai dato
la vita per uno simile? Uno che non ne da valore alla stessa? Né
alla sua né a quella degli altri né in generale? Tu vuoi diventare
forte per uno che non sa difendere chi ama e chi rischia per lui e
solo per lui? Credi che si meriti un’unghia di tutto quello che voi
compagni state facendo per lui sparsi nel mondo? Credi che arriverà
lontano solo perché tu lo ami? - Colpì nel segno molto più di quel
che credette ma non lo affondò perché Zoro aveva delle altre
convinzioni che Mihawk non poteva capire, non poteva sapere, ma non
era quello il punto. Che sapesse o no non contava, stava male nel
sentir parlare di lui in quel modo, stava male e voleva solo
prenderlo a pugni, ormai, voleva solo farlo fuori. Perché ora
avrebbe detto la parte peggiore di tutte e non poteva muoversi, non
poteva respirare, non poteva fare nulla.
-
Ma soprattutto tu credi che il tuo amore per lui sia abbastanza?
L’hai amato tanto da cercare di dare la vita al suo posto con Orso
e sai cosa penso? Che è stato un gesto inutile perché lui continua
a non dare valore alla sua ed alla tua. Per lui c’è sempre
qualcosa di più importante e non è tanto questo il problema quanto
che comunque le sue ambizioni sono sempre più grandi e cresceranno
di volta in volta ed ora hai visto che la tua vita non è bastata. Se
fossi stato con lui non sarebbe stato sufficiente e comunque non
c’eri. E comunque lui ha sofferto tantissimo e tu lo ami e tu
avresti voluto dare la tua vita per lui pur di proteggerlo ed
evitargli lacrime e però non hai saputo fare niente di quel che ti
sei prefissato. Non è servito a niente il tuo giuramento, ad oggi
non sei forte come avevi giurato di essere, per proteggerlo e per
essere alla sua altezza. Lui splende e si spegne e soffre e cade e si
rialza e fa comunque tutto da solo e tu non gli servi perché ora è
riuscito nell’impresa del secolo da solo senza di te, senza di voi.
Non gli servite e lui era là a soffrire e tu non c’eri, tu non
l’hai aiutato, tu non sei servito. E tu avevi fatto quella promessa
di forza per lui, per lui soltanto. Perché è per lui che hai
chinato il capo davanti a me, per chiedermi di insegnarti, al tuo più
grande rivale. Sei andato contro te stesso e i tuoi falsi sogni pur
di diventare forte. E per cosa? Per niente. Non sei abbastanza. Né
tu né le tue promesse né le tue meditazioni. -
Colpito.
Maledettamente
colpito.
E
per un attimo affondato.
O
forse affondato veramente.
Zoro
non respirava nemmeno più, nemmeno piano, nemmeno con attenzione.
Cercava di non contrarre i muscoli, non poteva e tutto ciò che
manteneva erano gli occhi chiusi ma non poteva stringerli, poteva
solo soffocare la voglia di piangere ma ci fu il momento in cui stava
per esplodere e per mandare tutto a quel paese in cui si rese conto
di una cosa.
Le
lacrime non gli avrebbero procurato alcun movimento, l’acqua non si
sarebbe mossa, sarebbe rimasto suo allievo e Dio solo poteva sapere
quanto importante fosse per lui rimanere.
Perché
lui aveva ragione, dannazione, Rufy aveva affrontato l’inferno e
nonostante le sue boriose promesse ambiziose non c’era stato, non
l’aveva aiutato ed ora per poter andare avanti con lui doveva
diventare più forte perché non era sufficiente. Sapeva che se ci
fosse stato non avrebbe potuto aiutarlo, sapeva che forse avrebbe
dato la vita insieme ad Ace e lui sarebbe affondato per sempre. Il
saperlo appesantiva tutto in un modo insostenibile.
Saperlo
da solo era una cosa, sentirselo dire era un’altra.
Era
uno stronzo che cercava solo di destabilizzarlo e la gran parte delle
cose che aveva detto su Rufy erano puttanate ma su quell’ultima
parte aveva ragione. Non era servito, non era abbastanza, non c’era
stato.
Per
lui era inaccettabile, era follia pura, era rabbia, era dolore.
E
solo dolore poté liberare per non spezzarsi e non dare tutto invano.
Quando
sentì le sue stesse lacrime silenziose e lente bruciargli le guance
si sentì comunque sconfitto ma stranamente meglio, stupidamente
meglio. Qualunque cosa fosse successa non stava più per impazzire e
non voleva più togliersi quel secchio dalla testa e spaccargli la
faccia o gridare. Pensare a Rufy non era più una tortura atroce ma
qualcosa di sopportabile.
Non
seppe dire cosa fu, non seppe ma ritrovò la forza per rimanere lì
ed ascoltare il resto senza più il bisogno di gridare, come se tutto
gli scivolasse via senza problemi.
-
Il motivo che ti spinge a cercare questa grande forza non è in
realtà né una promessa né un obiettivo. Tu vuoi essere forte per
avere il diritto di amare chi ami e su questo posso dirti una cosa,
infine, da maestro ad allievo. - A questo Mihawk si chinò sulle
ginocchia davanti a lui, finalmente poteva vederlo in viso meglio.
Zoro aprì gli occhi lucidi, le lacrime ancora scendevano per il
tremendo dolore di non esserci potuto essere per Rufy, per la persona
che in assoluto contava sopra ogni cosa, sopra tutto e tutti, persino
sé stesso e chiunque ci fosse stato prima. I suoi occhi dorati erano
invece indecifrabili ma non avevano più ombre supponenti ed
insopportabili. Zoro trattenne di nuovo il fiato e non si mosse
rimanendo in ginocchio col secchio ancora in equilibrio sulla testa.
-
E’ il motivo più grande di tutti e chi trova la forza in virtù di
questo conquista un segreto che in realtà è un mistero persino per
me perché sebbene io posso dire di esserci forse andato vicino, non
ho ancora mai amato e la forza che possiedo è solo per il puro gusto
di possederla. Non ci sono cause nobili di mezzo, niente promesse od
obiettivi specifici. Volevo solo essere il più forte e lo sono
diventato. Ma esiste ancora un segreto che non sono riuscito a
rivelare, sulla forza, e che non comprenderò probabilmente mai. - A
quello si avvicinò ulteriormente e mettendogli una mano sulla
guancia gli asciugò le lacrime che avevano smesso di scendergli per
ascoltarlo sorpreso e senza fiato, incredulo che dopo quelle parole
atroci, gli stesse dicendo ciò. - E cioè perché chi combatte per
qualcuno ed ha tantissimo da perdere è alla fine più forte di uno
che combatte per sé stesso e non ha assolutamente niente da perdere.
-
Zoro
allora lo guardò sorpreso nel sentirgli dire una cosa simile. Per
lui era l’unica cosa cristallina e semplice come l’aria che si
respirava.
Capendo
che aveva qualcosa da dire a proposito, Mihawk gli tolse il secchio
dalla testa dicendo che la prova era finita e di parlare liberamente,
quindi Zoro che sembrava non potersi trattenere, disse serio e ovvio
allo stesso tempo.
-
Perché sé stessi non è abbastanza per combattere. Se io non avessi
incontrato Rufy sarei morto perché non mi interessava più battermi
per me stesso, non mi amavo. Non è che ora io mi ami ma amo lui che
ama me e di conseguenza mi spinge ad amarmi perché so che se non ci
fossi lui sarebbe triste e non lo sopporterei. Malgrado questo non
esito a dare la mia vita per lui. La vera forza secondo me risiede
proprio nel cuore quindi sono d’accordo con il controllare quella
parte per controllare la propria forza ed essere più efficaci, ma
non sono d’accordo nel dire che chi non ha cuore è più forte di
uno che lo ha. Tanto cuore c’è, tanta forza c’è ed io non ho
conosciuto nessuno con un cuore come quello di Rufy. - poi si ricordò
di quello che aveva voluto dirgli durante il suo monologo e di tutto
disse solo la parte più essenziale, ignorando la mano di Mihawk che
esitava sul suo viso non più bagnato di lacrime. Dopotutto poteva
dire che gli aveva fatto bene scontrarsi con la dura realtà una
volta di più, la serenità che aveva ora era convinto di non averla
mai avuta in vita sua, paradossalmente. - E il mio sogno non è
realizzare quello degli altri o proteggerli e sostenerli e cose
simili. - Fece. - Il mio sogno è rendere felice chi amo e lo faccio
coi mezzi che ho. Diventare lo spadaccino più forte del mondo è
solo un’ambizione. -
Mihawk
di questo fu soddisfatto al cento percento proprio come un maestro
del suo allievo migliore che raggiungeva i livelli che ricercava per
lui, ma in aggiunta ci fu qualcosa di diverso, di nuovo, che non capì
e non decifrò perché non aveva mai provato in vita sua.
Era
davvero qualcosa di strano e potente che aveva cominciato a scavargli
dentro prima.
Ritrovarsi
a quel punto ad essere lui quello che comunque apprendeva qualcosa
dall’altro non era ugualmente normale e senza pensarci oltre si
allungò per quel che rimaneva a spararli, istintivamente si prese le
sue labbra ma fu solo una carezza leggera.
L’uomo
stesso non se ne capacitò poiché sebbene avesse deciso che si
sarebbe preso e tenuto Zoro, non intendeva farlo in quel modo, quasi
con riguardo in un certo senso.
Fu
per questo che l’altro non se la prese e non lo spiaccicò al
pavimento ma lasciò che si staccasse e lo lasciasse andare. Perché
non l’aveva fatto in modo insopportabile.
Ugualmente
quando si separò dalle sue labbra senza un contatto più profondo,
Zoro mormorò serio e profondo:
-
Amo Rufy e niente al mondo potrà cambiare questo fatto, nemmeno se
fosse veramente pazzo come sostieni tu. E non lo è. Rufy è la
motivazione per cui tutti noi lo seguiamo, è la nostra forza, il
nostro ingranaggio principale, il punto di equilibrio di una spada,
il segreto estremo che spinge ognuno ad andare avanti nel proprio
cammino. Ciò che per noi è Rufy lo può capire solo uno di noi. Ed
io diventerò forte per permettere la sua felicità. -
Impressionato
profondamente da questo, Mihawk non riuscì proprio a capire come fu
possibile, ma sentì per la prima volta un’immane desiderio
profondo e sbaragliante di rivedere Shanks e se ne sconvolse tanto
quanto delle parole forti di quel ragazzino.
Che
fosse normale o meno, era semplicemente pazzesco, per lui.
Per
questo si alzò e se ne andò senza aggiungere altro e nemmeno
sfiorarlo.
Quel
che stava provando non gli era chiaro ma non andava bene, tuttavia
cosa ancor più fuori da ogni logica, non era normale voler vedere
Shanks proprio in un momento simile.
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Capitolo 10 *** Ce l'avrebbe fatta ***
*Ecco
qua un capitolo nuovo, è più corto del precedente. Siamo in un momento
di pace, nessuna prova, nessuna tortura. Allievo e maestro si ritrovano
e ne esce un dialogo costruttivo dando conferma che le cose fra loro si
stanno inevitabilmente muovendo in qualche direzione. Uhm, vorrei dire
che la fic l'ho già scritta tutta prima di pubblicarla, io prima di
postare correggo e cerco di fare del mio meglio però sicuramente
possono capitare delle inesattezze di cui mi scuso. Il prossimo
capitolo, che metto lunedì, arriva ad una parte cruciale della fic che
penso in molti aspettate. Però non rovino la sorpresa! Grazie alle
persone che seguono e commentano. Buona lettura. Baci Akane*
CAPITOLO X:
CE
L’AVREBBE FATTA
“Sai
che non potrei mai lasciarti?
e
sai che non ti farei mai del
male?
e
se io, se io non riuscissi mai a trovarti pazienza, non ti
dimenticherò
posso
vivere per sempre?”
-
Forever – Breaking Benjamin -
http://www.youtube.com/watch?v=UKrjBFSdEds
Non
avrebbe mai potuto dormire ma il bisogno che sentì durante i propri
rigiri impazienti nel letto, fu di toccare la neve.
Non
se lo spiegò, era strano e stupido, non aveva nemmeno mai avuto una
particolare predilezione per la neve ma comunque in piena notte era
quello ciò di cui aveva voglia.
Toccarla.
Forse
la consapevolezza che non nevicasse da giorni e che si stessero
avvicinando al periodo delle piogge giocava in questo senso; non se
ne curò più di tanto trovando a quel punto più sensato andare
fuori piuttosto che stare lì steso come un idiota a cercare di
prendere sonno.
Forse
semplicemente non riusciva a stare fermo a ripensare a Rufy e alle
parole di Mihawk.
Era
vero dopotutto che non era abbastanza il suo amore, specie per come
era fatto lui. Per tutto quello che voleva dargli, ciò che riusciva
non era sufficiente vista la grande sofferenza che non aveva saputo
evitargli e tutte le volte che avevano rischiato di morire. L’ultima
volta aveva solo potuto dare la vita, con Orso, miracolosamente
salvata alla fine. Sapeva che la volta successiva non avrebbe più
potuto nemmeno quella, che non sarebbe servita. Poteva sopportare
quel pensiero?
Che
il suo amore non bastasse?
E
poteva sopportare quello che aveva vissuto il suo compagno senza di
lui?
Aveva
giurato che ci sarebbe sempre stato per lui, nei momenti difficili,
ma Rufy aveva passato l’inferno da solo, con altre persone, senza
di lui. Rufy era in quel macello e lui no. Come poteva?
Come
poteva sopportare quell’idea?
Aveva
pensato di poter mettere da parte quei pensieri insostenibili, perché
era ora di rafforzarsi per tornare da lui e riuscire laddove non
poteva più, dove non arrivava, ma poteva?
Poteva
semplicemente mettere da parte e accettare?
Ripensarci
gli faceva tornare il magone, quel dannato nodo con cui prima aveva
addirittura pianto.
Era
inaccettabile, come se avesse tradito non solo il suo capitano ma
anche il suo compagno, il suo ragazzo, il suo amore. Come poteva
semplicemente voltare pagina e andare avanti e basta?
Sbuffando
si alzò.
Di
certo dormire non era contemplata come opzione.
Aveva
colpito maledettamente nel segno quell’uomo, come ci fosse riuscito
a capire tutte quelle cose di loro, di lui più che altro, solo in
quel tempo che si erano visti e con quel poco che Zoro stesso gli
aveva dato, non poteva proprio capirlo.
Avvicinatosi
alla finestra, vide il buio della notte interrotto da una distesa
innevata che andava giorno dopo giorno sempre più abbassandosi
rispetto ai molti metri delle settimane passate.
Tutto
quel tempo lì con Mihawk per scoprire che non sapeva superare le
proprie mancanze, che poi finiva anche per considerare dei veri e
propri errori atroci personali.
Doveva
trovare il modo di estirpare da sé anche questo modo sbagliato di
essere perché sapeva che si ancorava da solo al passato, che si
impediva di volare verso il proprio futuro come cercava
disperatamente di fare.
Uscì
dalla camera sentendo più forte il desiderio di toccare la neve,
forse era per raffreddare i propri pensieri eccessivamente pensati
che non gli davano tregua.
Passò
i corridoi che ormai conosceva a memoria, ignorò tutte le molteplici
stanze che dai molti mesi passati lì ancora non aveva visitato e
arrivò al piano terra.
Vide
la giacca che Mihawk gli aveva messo a disposizione e notò che
mancava la sua. Corrugando la fronte uscì chiedendosi se nemmeno di
notte poteva essere lasciato in pace, poi si rese conto che comunque
stava andando lui ad invadere un suo momento solitario e si disse che
si sarebbe controllato, ormai ne era capace.
Il
freddo pungente era meno intenso del clou dei giorni passati ed ormai
cominciava ad essere possibile stare fuori per più tempo.
Il
cielo era talmente stellato che credette di vederlo per la prima
volta, erano mesi che non si schiariva dalle nuvole. Non avrebbe più
nevicato.
Il
fiato si condensò immediatamente a contatto con l’aria fredda e
raggiunto uno spiazzo innevato, si accovacciò e la prese in mano.
La
sensazione di gelo gli bloccò istantaneamente ogni funzionamento
interiore ma soprattutto i pensieri e finalmente sospirò
rasserenato.
Come
poteva superare quello scoglio?
Si
sentiva come se avesse tradito Rufy ed anche se poi obiettivamente
non era veramente così, per lui lo era.
Proprio
mentre si stava facendo questa domanda per l’ennesima volta, lo
sguardo fu attirato da una figura seduta a gambe incrociate sulla
neve, era su un rialzamento. La neve copriva una roccia dalla forma
strana dove Mihawk si metteva sempre ad osservarlo durante gli
allenamenti all’esterno, doveva essere il suo posto preferito.
In
quel momento, sul bivio se lasciarlo da solo o se disturbarlo, si
disse che in quanto suo maestro gli aveva tirato fuori fin troppe
tempeste e che come minimo era suo dovere placarne un paio, fu così
che decise ed alzandosi lo raggiunse piano.
Quando
gli fu accanto poté vederlo meglio vista la praticamente assente
illuminazione rappresentata… bè, solo dalla neve bianca, in
realtà!
Quando
lo vide rimase persino lui senza parole.
Era
senza la giacca che era appoggiata accanto e non aveva con sé
nemmeno le spade.
Era
in posa meditativa e sembrava molto concentrato, si chiese da quanto
fosse lì e quando vide i suoi capelli corti e neri cristallizzati,
capì che doveva essere da troppo. Sfiorò istintivamente la sua
pelle non potendone vedere bene il colore e lo sentì gelido, quindi
senza pensarci un istante di più gli prese la giacca e gliela adagiò
sulla schiena. Sapeva che era un’invasione gratuita ma non voleva
che gli morisse il maestro, poi chi gli avrebbe insegnato?
Doveva
mettere a posto un paio di mattoni che aveva scaraventato brutalmente
giù dal suo muro perfetto ed inscalfibile.
Beh,
inscalfibile fino a che non era arrivato lui!
Si
chiese se fosse il caso di aspettarlo, non l’avrebbe comunque mai
interrotto ma alla fine decise per rientrare e non per il freddo ma
solo perché si sentiva d’averlo brutalmente invaso e non poté
assolutamente capire come mai, però voleva veramente tornare a
lasciare tutto come l’aveva trovato.
Quando
fece per allontanarsi, la voce ferma e scostante di Mihawk lo
raggiunse fermandolo.
-
Puoi restare, non mi infastidisci. - Questo fu il primo vero e
proprio passo in avanti per loro. I contatti fisici avvenuti prima
non erano considerati poiché erano solo dei bassi tentativi di
forzatura da parte del più grande.
Mihawk
di fatto non aveva mai dimostrato di non essere infastidito da
qualcosa o qualcuno, dava di sé sempre l’aria di uno seccato da
ogni cosa, quando non ne era proprio annoiato.
Che
gli dicesse di rimanere perché non lo infastidiva era un vero e
proprio passo in avanti fra loro. Il primo completo, cioè, poiché
il mezzo l’avevano fatto nelle conversazioni passate.
Quando
Zoro tornò si sedette ai piedi della collinetta di neve, abbastanza
vicino da vederlo bene in viso e parlare piano ma non troppo da darsi
a vicenda ancora più confidenza. Era come se mantenessero entrambi i
rispettivi ruoli e stava bene così.
-
Cosa volevi chiedermi? - Disse l’altro consapevole che era lì per
quello. Zoro non se ne stupì molto e quando finalmente aprì i suoi
occhi dorati che distinse nella notte come fossero veramente quelli
di un falco, si decise a parlare. Non sapeva bene cosa dirgli ma
sentendosi come un allievo disperatamente bisognoso del suo maestro,
cominciò.
Aveva
un tono basso e penetrante ma al tempo stesso quasi teso.
-
Come lo controllo il mio cuore? Come posso rafforzarlo? - Era la cosa
che al momento gli premeva di più, l’autentico ostacolo per poter
raggiungere il livello che voleva.
Mihawk
non se ne stupì, sapeva che gli avrebbe fatto quella domanda e con
semplicità e compostezza, risposte logico:
-
Uscendo dal pozzo. - Di nuovo il paragone con la rana nel pozzo. Zoro
capì che doveva essere un’ossessione per lui e si calò allo
stesso livello comunicativo. Se Mihawk voleva parlare in quel modo,
avrebbero parlato in quel modo. Bastava farlo.
-
Come ne esco? -
Il
maestro fece un cenno di divertimento che non arrivò agli occhi e al
resto del viso ma si fermò sulle labbra:
-
Sei troppo impaziente. In questo modo no di certo. -
Zoro
sospirò insofferente a conferma di quanto appena detto, si appoggiò
con le mani nella neve fredda e la prese in modo da ritrovare la
calma che per un momento aveva quasi perso.
-
Hai detto che il mio pozzo è Rufy, significa che per uscire devo
lasciare andare Rufy? Abbandonarlo? Ma tutto quello che faccio ora è
per lui. Mi sto dando tanta pena per rafforzarmi in fretta per
aiutarlo e riunirmi a lui, altrimenti non lo farei così, con te.
Troverei un altro modo. Non posso lasciarlo. E poi lo amo,
indipendentemente dal motivo per cui sto facendo tutto questo, non lo
lascerei mai. - Erano più riflessioni a ruota libera e Mihawk capì
che quella notte avrebbero fatto alcuni progressi.
Non
poteva sapere, il suo allievo, che per rafforzare il cuore non
serviva un esercizio speciale, né tanto meno fisico ma solo
un’apertura a trecentosessanta gradi.
Con
pacatezza scostante proseguì, non voleva dargli l’idea che gli
interessasse troppo quel discorso altrimenti per come era fatto quel
ragazzo non avrebbe continuato:
-
Un pozzo è composto da mattoni. Ogni mattone rappresenta un motivo,
un problema, un qualcosa che ti ancora e ti impedisce di andare
avanti. Ci sono due modi per uscire da un pozzo. Buttarlo giù oppure
saltare più in alto delle sue mura. Se decidi di buttarlo giù devi
prendere un mattone per uno e affrontarli fino a buttarli via, se
decidi di saltare fuori allora devi diventare insensibile a tutto
quello che è stato prima, che è ora, che ti circonda, che sei, che
hai passato e che passerai. Devi fartelo scivolare addosso e così
vedrai tutto da un’altra prospettiva. Quella che ti serve per
uscire da quel pozzo. -
Zoro
era molto preso da quel discorso che riusciva a capire solo perché
Mihawk era estremamente chiaro nei suoi paragoni, quindi teso col
busto verso di lui, chiese con un filo d’ansia nella voce:
-
Quale prospettiva? -
L’uomo
rispose con supponenza tipica sua ed un che d’amaro nella voce
profonda e controllata:
-
Quella di un falco che vola alto nel cielo e sorvola il mondo. Cosa
vedrà un falco dall’alto? -
Zoro
in quel momento capì perfettamente.
-
Uomini come formiche. - Mihawk sorrise con un ghigno di soddisfazione
inquietante mentre agganciava ammaliante il suo sguardo. Zoro lo vide
immancabilmente come quel falco e capì che ora lo stava vedendo come
una formica.
-
E cosa vede una rana da un pozzo? - Chiese il maestro all’allievo
vedendolo vicino alla comprensione di quello che era un mistero
importante da snodare per superarsi di livello.
-
Una visione limitata del mondo che non è nemmeno un centesimo di
quella reale. Ma soprattutto, quel poco che vede, gli appare come
enorme ed irraggiungibile. -
Mihawk
si sentì oltremodo orgoglioso di lui, non gli era mai successo con
niente e nessuno.
Quel
ragazzo stava prendendo sempre più piede. Da essere interessante e
degno di nota ad allievo vero e proprio. Quasi che fosse importante.
Non
diede a vedere il proprio turbamento e portando alla fine la sua
lezione si alzò, scese da quel piccolo rialzo innevato, si chinò
accucciato davanti a Zoro seduto a terra scomposto e con grazia ed
alterità nello sguardo fiero quanto nella voce, disse:
-
Tu puoi decidere di uscire da quel pozzo nel modo che preferisci,
spetta solo a te. Però il tempo corre. Cosa sceglierai? Salterai
fuori e comincerai a volare o abbatterai il pozzo? - Era anche una
sua effettiva curiosità sebbene sapesse cosa avrebbe scelto.
Zoro
si raddrizzò per rispondergli, capendo il significato profondo di
quel dialogo e di quella domanda. Appariva tutto talmente chiaro da
sembrare un quadro davanti ai suoi occhi. Avvicinò dunque il viso al
suo fin quasi a sfiorarlo e mantenendosi serio e concentrato, senza
turbarsi minimamente o tendersi, rispose basso e penetrante:
-
Due cose le so. Non sono né una rana, né un falco. -
-
Ma ti comporti da rana rimanendo sul fondo di quel pozzo. - lo
provocò con uno strano sorrisino irritante e al tempo stesso
sensuale. Zoro lo trovò stimolante ma in quel momento gli mancò
incredibilmente il caldo, solare e contagioso di Rufy. Pensando
ancora a lui, rispose senza esitazioni.
-
L’altra cosa che so è che quando ne uscirò tornerò da Rufy e lo
farò a qualunque costo. -
-
Qualunque davvero? - Fece l’altro ancor provocando.
-
Qualunque. -
Il
costo l'avrebbe avuto.
Non
vi fu esitazione nelle parole di Zoro e quando Mihawk compiaciuto di
quel discorso che non concludeva con soluzioni e decisioni effettive,
ma solo con due certezze granitiche, mormorò piano avvicinandosi
languido a lui ancora immobile e fisso su di sé:
-
Non vedo l’ora di vedere come intendi riuscirci. -
Dopo
di questo gli sfiorò le labbra. Non fece altro e Zoro non lo rifiutò
capendo che non era altri che una delle sue prove, un tentativo di
impedirgli di uscire da quel dannato pozzo.
Mihawk
dopo di questo si alzò e se ne tornò dentro al castello lasciandolo
solo.
Zoro
rimase ad osservare la neve immacolata davanti a sé portando lo
sguardo sulla distesa non calpestata e ritrovò un senso di pace
aggiunta anche dal poterla toccare. Le mani ormai erano insensibili
per quanto vi era stato a contatto e completamente indifferente al
tocco lieve delle sue labbra, capì che forse per Mihawk stava
diventando tutto molto più vero di quel che avrebbero mai potuto
immaginare.
Per
lui era tutta una prova costante per il suo personale rafforzamento,
né più né meno.
Quell’uomo
stesso rappresentava una tentazione incredibilmente alta e forte,
resistere a lui anche sotto quell’aspetto era un modo per
rafforzare la propria volontà ed era giusto continuare a lottare, ma
doveva farlo nel modo corretto per ottenere una vittoria definitiva.
Ripensando
a Rufy con l’assoluta certezza che anche lui al momento stava
passando delle prove durissime, Zoro si alzò e si scrollò la neve
dalle gambe, dopo di che rientrò risoluto e calmo.
Ce
l’avrebbe fatta.
|
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Capitolo 11 *** La tecnica della pioggia ***
*Ecco
un altro capitolo. Abbiamo un momento cruciale dell'addestramento,
succede l'evento chiave. Zoro e Mihawk tornano a scontrarsi in duello,
cosa succederà? Soprattutto quali sono le vere motivazioni che spingono
Mihawk a fare tutto quello che fa? E' una questione fra allievo e
maestro o c'è dell'altro? Qualche fan art trovato in rete, oltre che la
solita canzone, per aiutarvi a calarvi meglio nell'atmosfera. Ok, ora
vi saluto e vi lascio alla lettura. Il prossimo capitolo lo metto
venerdì e vediamo come si sente Zoro dopo il grande evento. Buona
lettura. Baci Akane*
CAPITOLO
XI:
LA
TECNICA DELLA PIOGGIA
“Torna
alla fine
Il pastore dei dannati
Posso sentirti cadere via
Non
è più la perdita
Non è più lo stesso
E riesco a vedere
che
inizi a romperti
posso tenerti in vita
se mi mostri la
strada
per sempre e sempre
le cicatrici resteranno
cado a
pezzi
lasciami qui
per sempre nel buio
la luce del giorno
muore
il cielo va in blackout
C'è qualcuno che se ne cura?
C’è
qualcuno lì?
Prendi questa vita
Vuota all’interno
Sono
già morto
Mi solleverò per cadere ancora
Posso sentirti
cadere via
Non è più la perdita
Non è più lo stesso
E
posso vedere
che inizi a romperti “
-
Give me a sings – Breaking Benjamin -
http://www.youtube.com/watch?v=97S66xee0U8
Lo
fece con l’unico obiettivo di demoralizzarlo, ma alla fine risultò
la dimostrazione di un passo in avanti.
Nonostante
tutto lo fu.
L’inverno
era finito e la stagione delle piogge era ricominciata.
Per
tutta la primavera Zoro tornò ad occuparsi delle gocce, la tecnica
di spada acquisita tramite un esercizio particolarmente difficile, lo
spadaccino l’avrebbe chiamata Tecnica della Pioggia.
Mihawk
si era posto una specie di obiettivo che esulava dal far di Zoro un
valido spadaccino.
Si
era posto l’obiettivo di impedirgli di diventarlo ma non per
cattiveria o antipatia verso di lui. Era né più né meno uno dei
suoi metodi. Il migliore, lo riteneva invero.
Se
Zoro avrebbe superato quell’addestramento, sarebbe stato pronto per
tutto e avrebbe anche potuto considerarlo una specie di capolavoro
personale.
Imparata
la Tecnica della Pioggia, Mihawk provvide a buttarlo giù
dall’esaltazione in cui il ragazzo era salito affidandogli un nuovo
esercizio.
La
Tecnica del Mare.
Come
precedentemente annunciato, dopo la pioggia il suo nemico sarebbe
stato il mare e proprio come da lui previsto non gli sarebbero
bastate due stagioni, autunno e primavera, per padroneggiarla.
Gli
ci sarebbe voluto molto di più.
Lo
stato d’animo in cui visse l’estate fu pessimo e terribile poiché
Mihawk non gli fece fare niente altro che quello potendo concentrare
il resto degli esercizi in inverno.
L’obiettivo
di Zoro, ovvero l’obiettivo nell’obiettivo, era oltre che di
impadronirsi di tutte le tecniche che gli voleva insegnare,
soprattutto di riuscire a battersi con il suo maestro. Fin’ora
l’aveva fatto solo una volta, all’inizio dell’addestramento, e
sperava di poterlo rifare. Doveva riuscire a farlo scendere in campo
e a fargli sfoderare quella dannata spada enorme, voleva battersi con
lui veramente fino allo stremo.
Purtroppo
il mare gli diede davvero molto filo da torcere e la prima estate fu
praticamente inutile, servì solo ad innervosire Zoro fino a
raggiungere livelli storici.
Mihawk
si sarebbe ritenuto abbastanza soddisfatto così se non fosse stato
che lui e solo lui era riuscito a vedere il miglioramento del suo
allievo.
L’allievo
no, l’allievo si era visto sempre fermo per colpa del mare che ad
ogni suo perentorio tentativo di separarlo come aveva fatto con le
gocce, tornava poi come prima e proprio non capiva come fosse
possibile quello che voleva il maestro. Soprattutto non si capacitava
di come potesse pretendere che ci riuscisse senza indicazioni.
Glielo
aveva fatto vedere una volta per dimostrargli che era possibile
dividere le acque come voleva senza farle riunire, poi gli aveva
fatto freddamente gli auguri.
Vederlo
così scostante ed insopportabilmente lontano dal ruolo di maestro,
l’aveva fatto infuriare e sfogare sugli esercizi; non l’aveva
aiutato davvero, l’aveva deconcentrato e destabilizzato.
Mihawk
dopo quel dialogo si era allontanato molto ed era una cosa
praticamente incomprensibile visto che avrebbe dovuto succedere
l’opposto, invece come se si fosse scottato era tornato a volarsene
nel cielo e a guardarlo come fosse una formica.
Zoro
ingoiò, non si espresse né si espose ulteriormente, piuttosto
sarebbe morto. Se voleva mantenere quella strada, l’avrebbe
assecondato ma se non sarebbe migliorato come doveva poi se la
sarebbe presa con lui seriamente.
Non
capiva a che gioco stesse giocando, non era tipo da strategie e
nemmeno le capiva, si limitava a vivere il momento come gli veniva,
istintivamente. Non pretendeva che Mihawk stesse lì a dirgli passo
per passo tutto quello che doveva fare, però anche per la Tecnica
della Pioggia gli aveva dato delle dritte e gli aveva mostrato più
di una volta come fare.
Era
invece come se fossero arrabbiati l’uno con l’altro, come se
avessero litigato.
Zoro
non aveva mai capito Mihawk, non gli era importato riuscirci, non
aveva voluto darsi pena per avvicinarsi a lui, pretendeva solo che
gli facesse da maestro come si doveva.
Quando
il vento si levò e le foglie cominciarono a cadere, Zoro aveva
ancora qualche mese per allenarsi sul mare, ma Mihawk notando che
nonostante il nervoso macroscopico e l’apparente punto fermo in cui
sembrava essersi arenato, aveva invece cominciato a fare dei minimi
passi in avanti, decise di correre ai ‘ripari’ per dare l’affondo
decisivo.
Se
avrebbe superato quello allora sarebbe stato degno delle sue
attenzioni di maestro.
Attenzioni
vere, cioè, non solo antipasti quali erano stati ora.
Zoro
lo vide per l’ombra che si stagliava sulla riva del mare dov’era
lui immerso coi piedi nudi.
Si
girò, Mihawk era più indietro, sulla spiaggia, ma si era tolto a
sua volta le scarpe per essere più a suo agio. Significava che
intendeva rimanere e per un momento Zoro pensò che si sarebbe
degnato di insegnargli qualcosa riguardo quell’esercizio maledetto.
Non
fu così ma lo stupore non morì comunque, visto ciò che gli disse.
-
E’ ora di tornare ad affrontarci in duello. - Zoro la preferì di
gran lunga alle sue dritte da insegnante e vedendo anzi la sua aria
particolarmente seria e risoluta che lo fissava come se fosse un
inetto, uscì dall’acqua e lo raggiunse sulla sabbia.
La
temperatura non era asfissiante ma nonostante il leggero vento fresco
che si era alzato, non faceva nemmeno freddo.
Il
sole cominciava a calare sull’orizzonte del mare ed il rumore delle
onde che si infrangevano sulla riva era l’unico suono pacato e
ripetitivo che si sentiva. Non era invadente o fastidioso e a Zoro
piaceva così come l’odore di salsedine. Gli era mancato tutto
quello e per lui l’allenamento nel mare sarebbe stato peggiore se
non fosse stato il suo elemento preferito.
A
mancargli era comunque molto di più un galeone su cui attraversare
tutta quell’immensità azzurra con dei compagni fidati.
-
Come mai ora? - Era chiaro che glielo chiedesse.
Zoro
era solo coi pantaloni tirati su fino al ginocchio, comunque erano
quasi completamente bagnati come il resto di sé. La spada gocciolava
mentre le altre due erano adagiate sulla sabbia a pochi metri da
loro.
Si
fissarono ancora un po’ coi loro tipici sguardi, uno enigmatico e
saccente e l’altro cupo e truce. Era ancora altamente seccato da
lui, ma se finalmente l’avrebbe affrontato in duello poteva
soprassedere a tutto.
-
E’ un anno che sei arrivato da me, voglio vedere a che punto sei. -
Fece con quel tono di chi era convinto che non fosse migliorato
molto.
Zoro
lo colse e sentendosi punto sul vivo, permaloso disse:
-
Come sempre devo riuscire a farti fare sul serio? - Era già sul
piede di guerra.
Mihawk
estrasse il pugnale a forma di croce che aveva al collo e
indietreggiando si tolse il giacchino leggero e senza maniche che
indossava; sotto non aveva niente.
Rimasto
a torso nudo e pronto per il duello, vide Zoro prepararsi a sua volta
prendendo anche le altre spade, poi dopo uno scambio di sguardi
risoluti e seri, cominciarono.
Zoro
non perse tempo ed attaccò subito con una tecnica semplice per
testare il proprio livello, aspettandosi un nulla di fatto si stupì
nel veder volare via la sabbia tutt’intorno. Una volta per un colpo
simile non si sarebbe alzato nemmeno un granello.
A
quel punto realizzò che forse, anche se non se ne era reso conto
fino a quel momento, qualcosa era invece cambiato in lui; il proprio
livello di combattimento doveva essersi necessariamente alzato, non
c’erano dubbi.
Quando
tentò con un altro colpo cominciò ad esaltarsi, poteva farcela. Non
certo a ferirlo ma almeno a fargli fare sul serio.
In
seguito a questo pensiero risoluto che gli fece guadagnare forza e
certezza, attaccò con una serie di fendenti velocissimi che Mihawk
riuscì a parare col pugnale ma il fatto stesso che non si fosse
limitato a schivare come nel primo duello del loro addestramento, era
buon segno. Ora doveva parare: andava bene, molto bene.
Andando
via via sempre più veloce vide che il maestro si era spostato dalla
sua postazione, le orme sulla sabbia gli stavano tutt’intorno ma in
realtà non avanzava, era lui che dettava un po’ i tempi e le
direzioni. Ancor più esaltato da ciò provò a muoverlo più
indietro e quando Mihawk vide che stava tentando qualche esperimento
con una mossa secca lo fece saltare all’indietro e fermare
l’attacco.
Zoro
ghignò in quella pausa, aveva un po’ il fiatone ma non era
veramente stanco, gli esercizi di rinforzo gli avevano fatto molto
bene, poteva reggere ancora molto e forte di questo impugnò tutte e
tre le spade per un attacco fra i suoi più forti.
Vide
con piacere che anche questo era salito di livello, Mihawk non aveva
potuto limitarsi a schivarlo con un agile salto ma aveva dovuto
pararlo con il pugnale. Il modo in cui ci riusciva aveva
dell’incredibile e se non fosse stato lui, l’avrebbe ammirato a
bocca aperta. Non perse la concentrazione e mettendo da parte
l’incredibile bravura del suo maestro, non si perse d’animo e
ricominciò con un’altra breve serie di fendenti ravvicinati,
questa volta con tutte e tre le spade. L’altro li parò uno ad uno
ma questa volta dovette metterci un po’ più di impegno e fu chiaro
dalla serietà del suo sguardo. Zoro si illuminò con sadismo tipico
suo, questo l’esaltava ma l’avrebbe aiutato vederlo estrarre la
sua spada enorme. Era quello il suo obiettivo, ora. Farlo combattere
con quella.
Doveva
riuscirci, doveva riuscirci assolutamente, si diceva.
Quando
sfoderò il suo attacco più forte di un tempo tornò a notare da
solo quanto fosse migliorato e per un pelo questa volta non sfiorò
veramente l’uomo che aveva davanti, questa volta ce l’aveva fatta
grazie ad un gran salto e all’impugnatura di entrambe le mani, ma
usava ancora testardamente il pugnale. Odiava quel suo metodo, si
prendeva gioco di lui e non poteva sopportarlo.
Era
ancora così lontano?
Però
era migliorato, doveva concentrarsi su quello senza innervosirsi.
Doveva mantenere il proprio sangue freddo, le parole di Mihawk gli
tornarono alla mente. Doveva imparare ad essere un falco che sorvola
il cielo e vede tutti come formiche e non una rana che non conosce
nemmeno la forza di un avversario e tanto meno la propria.
Ora
non si credeva fortissimo come un tempo, sapeva di avere limiti, li
conosceva fin troppo bene, ma stava cominciando a conoscere anche i
punti forti ed i miglioramenti ed era positivo, ne era sicuro. Non
doveva comunque credere di essere già uscito da quel pozzo.
Quando
pensò a tutto quello che aveva passato in quell’anno lì con lui,
si ricordò della cosa principale che aveva imparato, fra le altre.
La
Tecnica della Pioggia.
Era
l’ideale per vedere se in duello funzionava e fu allora che ne ebbe
conferma.
Mihawk
non gli avrebbe mai insegnato qualcosa di inutile, ma avere conferma
al lato pratico era sempre positivo.
Quando
si concentrò e chiuse gli occhi placando ogni funzione vitale ed
ogni agitazione, annullandosi totalmente per sintonizzarsi con una ed
una cosa nello specifico e non con il tutto come faceva prima, Mihawk
capì che stava per usare la sua nuova tecnica e curioso di vederla
si preparò interiormente ad usare la propria spada. Per quanto gli
bruciasse ormai era inevitabile. Era proprio a quel punto, ma non
voleva dare tanta soddisfazione al suo allievo, doveva assolutamente
ridimensionarlo.
Era
questo il suo sistema.
Doveva
buttarlo a terra, farlo a pezzi, farlo desistere, farlo sentire un
fallito. Doveva testare la sua tempra, la sua tenacia, il suo
carattere d’acciaio. Era facile in situazioni normali, ma quando
serviva, era lì che doveva tirare fuori quelle sue famose qualità,
non quando era circondato dai suoi compagni e a pochi metri aveva il
ragazzo che amava.
La
nuova tecnica sarebbe stata ovviamente più utile in mezzo ad un
esercito numeroso ed era più efficace se gli elementi da abbattere
erano tanti e tutti in movimento, però volle usarla lo stesso anche
solo per uno.
Zoro
annullò così ogni parte del proprio essere e dell’universo
circostante per sintonizzarsi solo su un’unica goccia, lo spirito
di Mihawk. Tutto il resto era distrazione.
In
breve non sentì più il venticello fresco e piacevole sulla pelle,
niente più rumore di onde sulla riva, niente più sabbia fastidiosa
e appiccicaticcia sulla pelle, niente profumo di salsedine, niente
luce calda del tramonto tutt’intorno.
Niente.
Solo
Mihawk e il suo spirito di falco. Uno spirito meraviglioso e maestoso
che enorme voleva su nel cielo, sembrava irraggiungibile, come
arrivare a lui?
Anche
la pioggia lo sembrava, ogni singola goccia inizialmente appariva
irraggiungibile, lassù nel cielo scuro, ma poi cadeva a picco e
allora diventava prendibile. Era comunque difficile farla veramente
fuori, ma almeno diventava prendibile.
Quando
aprì gli occhi si incatenò ai suoi di falco e con tale penetrazione
impressionante, lo prese e non lo lasciò più andare. Quella
connessione era più che sufficiente.
Poteva
arrivare a lui, forse non ferirlo come voleva ma poteva arrivare a
lui.
Quando
si mosse non ci fu nemmeno il tempo di un battito di ciglia e Mihawk
non riuscì assolutamente a ragionare e a pensare ad una contromossa
che seguisse la sua volontà di non usare la spada. Prima di capirlo
la stava già usando per puro istinto di spadaccino, solo allora fu
chiaro che anche lui, il grande Drakul Mihawk considerava Roronoa
Zoro un vero spadaccino e come se non fosse abbastanza chiaro, sempre
senza seria intenzione di farlo ma con puro istinto animale, l’uomo
feroce e letale affondò la lama nell’occhio sinistro.
L’ultima
cosa che Zoro vide con quell’occhio furono quelli dorati e
magnetici ma anche feroci del suo maestro.
Colui
che ora l’aveva accettato a pieni voti e senza più riserve sotto
le sue ali.
Vedendolo
crollare ai suoi piedi e mollare le spade, capì che sarebbe
diventato il suo capolavoro.
L’urlo
non fu straziante, non fu niente di umiliante e vergognoso. Zoro
urlò, certamente, ed imprecò, ma dopo il primo momento riprese
almeno una delle sue spade, quella bianca, e rialzatosi con metà
viso completamente invaso dal sangue ed ormai cieco da un occhio,
cercò di attaccarlo ancora.
Era
solo la forza della disperazione, non c’era più tecnica ma solo
tenacia e forza di volontà, lo vide solido come l’acciaio più
resistente ed anche se in un attimo parve tornare l’ombra di sé
stesso, Mihawk fu orgoglioso di lui perché pur senza niente di ciò
che aveva imparato, non aveva mollato nemmeno con una ferita simile.
Purtroppo
vedendoci con un occhio solo e con il dolore a distrarlo, la sua
capacità calò nettamente e senza nemmeno la lucidità per impostare
un attacco utile, Mihawk con una mossa agile e veloce lo buttò a
terra e gli si inginocchiò sopra immobilizzandolo. Il pugnale a
tenerlo inchiodato sulla sabbia tramite i pantaloni. Il viso a pochi
centimetri dal suo, il respiro sulla sua pelle sporca e sudata, lo
sguardo a contemplare la ferita già infettata dal sudore e da
qualche granello di sabbia.
Entrambi
avevano il respiro irregolare ma quello di Zoro era molto affaticato,
il cuore impazziva nel petto e più di mordersi il labbro per non
lamentarsi pietosamente dal dolore, non poteva fare. Continuava a
vedere solo i suoi occhi di falco.
Ne
aveva superate tante, di ferite, anche più grandi di quella… ma
l’occhio… l’occhio lo stava facendo quasi impazzire. Suo
malgrado non gliel’avrebbe data vinta. Non avrebbe pianto, non si
sarebbe lamentato, non avrebbe urlato di nuovo.
Mihawk
capì che si stava solo sforzando quindi decidendo che era più che
sufficiente così com’era, disse basso e penetrante, apparentemente
freddo e scostante:
-
Bella prova. - Che detto da lui fu il complimento migliore che avesse
mai ricevuto in vita sua.
Questo
gli fece mollare di schianto la tensione e aiutato da un colpo
traditore alla tempia sinistra da parte dell’uomo chino sopra di
lui, perse i sensi in breve.
Era
inutile farlo soffrire, non avrebbe urlato per orgoglio e di questo
ne era contento, ma non significava che fosse un dolore sopportabile.
Per
quell’addestramento quel ragazzino aveva appena perso un occhio,
poteva dargli atto della forza che aveva conquistato in un anno e
solo per il suo cuore. Un cuore che avrebbe donato unicamente ad una
sola persona, il suo capitano.
“Proprio
fortunato quel Cappello di Paglia…” Pensò
con scherno. Lo pensava veramente.
Alzandosi
prese Zoro sotto braccio e caricandoselo sulla spalla come un sacco
di patate, prese le spade lasciando il resto lì.
Era
ora di coccolarlo un po’, se lo meritava altrimenti la rana non
avrebbe avuto più forze per lo sprint finale. Doveva assolutamente
saltare fuori da quel dannato pozzo ridicolo.
Non
poteva dire di essersi lasciato scivolare via quello scontro come
tutti gli altri, aveva avuto qualcosa di diverso a partire dal fatto
che le sue intenzioni erano state altre e precise e che poi era
finita in tutt’altra maniera.
Non
gli interessava seriamente averlo ferito gravemente e averlo reso
cieco da un occhio, gli interessava che non aveva avuto l’intenzione
di usare la sua spada e soprattutto nessuna tecnica letale o metodo
da spadaccino. Aveva voluto usare il pugnale, il minimo
indispensabile, ma non ci era riuscito, quando aveva usato quella
nuova tecnica, quella della pioggia che aveva imparato nel corso
dell’anno passato, aveva agito istintivamente da spadaccino senza
una minima riserva. Più seriamente di così forse non aveva mai
fatto, per un momento aveva creduto di dover usare uno dei suoi colpi
speciali.
Il
punto a suo favore era stato che Zoro stesso non aveva pensato di
avere successo con quella nuova tecnica… l’aveva fatta per
provarla e niente di più, peccato che era molto più buona di quello
che entrambi si erano aspettati. Proprio un gran bel colpo. Dopo che
avrebbe fatto sua la Tecnica del Mare, sarebbe stato letale.
Rientrato
nel castello la voce penetrante e fastidiosa di Perona lo perforò e
per difendersi l’escluse senza pensarci. Nel vedere che non le dava
retta si eclissò offesa e di questo gliene fu grato, non gli
importava dover occuparsi da solo di quel ragazzo se in compenso
quella gli dava tregua.
Quando
lo guardò, aveva perso già molto sangue da quella ferita ed aveva
finito per imbrattarlo lungo la schiena visto il modo in cui se l’era
portato in spalla.
Guardandosi
seccato allo specchio decise di lasciar perdere e chinandosi su Zoro
gli toccò lieve la ferita verticale, era molto profonda, non avrebbe
più recuperato la vista, doveva solo lasciare che si rimarginasse e
basta. Non sapeva mettere punti e non intendeva portarlo in un’altra
isola per farlo curare, Perona non voleva saperne di rendersi utile
-ed andava anche bene- per cui si limitò a ripulirlo dal sangue e a
cambiargli bende su bende fino a che, vedendo che l’emorragia si
era un po’ calmata, aveva accostato i due lembi di pelle tagliata
con dei pezzetti di scotch in modo da agevolare la rimarginazione
naturale della carne. In questo modo l’occhio sarebbe rimasto
chiuso a vita ma non aveva importanza perché comunque non ci avrebbe
più visto lo stesso.
Dopo
di che riprendendolo di nuovo su di sé come aveva fatto prima, lo
condusse al bagno termale del castello e dopo averlo spogliato e
pulito alla meglio con dei secchi e aver fatto altrettanto con sé
stesso, si immerse insieme al corpo ancora privo di sensi di Zoro.
Le
terme erano rigeneranti e gli ci voleva ad entrambi un bel bagno
bollente curativo, anche lui si sentiva vagamente stanco ed anche se
così non fosse stato non vedeva perché non approfittare delle sue
meravigliose terme.
Quando
ebbe finito tutto e si fu assicurato che Zoro non scendesse sotto la
superficie dell’acqua poiché privo di sensi -tenendolo per questo
fermo con un piede che premeva sul basso ventre- si rilassò lui
stesso con un sospiro.
Nel
complesso era anche piuttosto piacevole, doveva ammetterlo.
Stare
lì nell’acqua calda a crogiolarsi senza dover pensare a nulla, con
la sola piacevole soddisfazione di essere riuscito a tirare fuori ciò
che voleva dal suo allievo.
Sapeva
d’avere dei metodi discutibili come maestro, ma non gliene
importava se i risultati erano quelli.
L’inverno
sarebbe stato oltremodo interessante, si disse. Altre prove da
superare per Zoro ed altri divertimenti con cui allietarsi per
Mihawk.
Si
perse ad osservarlo dimenticandosi della sua maschera
d’imperturbabilità saccente, semplicemente come un maestro
osservava il suo allievo dopo una bella prova.
L’occhio
ferito era chiuso e medicato con una benda, per il resto dormiva
ancora, sembrava rilassato e soddisfatto nel suo sonno. Doveva essere
perfettamente cosciente di sé. La rana si stava trasformando.
Dopo
questa considerazione si trovò a pensare a Shanks ed al suo braccio
tagliato e non capì perchè pensare a lui proprio in quel momento,
mentre osservava Zoro ed il suo occhio ormai mancante.
Che
similitudine poteva mai esserci?
Non
ne aveva proprio idea...
|
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Capitolo 12 *** Doveva migliorare ***
*Ecco
un nuovo capitolo. Vediamo come si sveglia Zoro e come prende la
notizia dell'occhio. Per i primi tempi è obbligato a stare tranquillo
ma sarà capace? Oltretutto Mihawk continua a lavorare su di lui come
gli pare e a furia di insistere per Zoro diventa sempre più difficile
resistere visto che dopotutto è un ragazzo come tutti ed è da un anno
che non tocca il suo moroso. Il prossimo capitolo, che metterò martedì,
vediamo come Zoro recupera quanto perduto e come prosegue quello strano
rapporto che si è instaurato fra loro. Un meccanismo davvero anomalo,
difficile da decifrare. Ringrazio chi segue la mia umile fic e che mi
commenta sempre, sono felice che continui ad essere interessante. Buona
lettura. Baci Akane*
CAPITOLO XII:
DOVEVA
MIGLIORARE
“Aiutami
a sopravvivere qui,
Da
solo, non ricordare, ricorda.
Mettimi
a dormire angelo malvagio
Apri
le tue ali angelo malvagio
Io
sono un credente,
Nulla
poteva essere peggio,
Tutti
questi amici immaginari,
Nascondono
il tradimento”
-
Evil angel – Breaking Benjamin -
http://www.youtube.com/watch?v=PHTSRA1RrSs
Si
lasciò cullare da un delicato torpore per un tempo a lui infinito,
quando si svegliò gli pareva d’aver solo sognato delle dolci
braccia cingerlo e prendersi cura di lui.
Quando
aprì gli occhi fu grato all’acqua calda in cui era immerso ma lo
fu meno al piede che lo sosteneva spingendolo per il ventre in modo
da non farlo scivolare sotto.
Per
un momento, prima di svegliarsi veramente, intrappolato fra il
dormiveglia e il sonno profondo, aveva creduto di essere tornato da
Rufy. Per un momento.
Poi
la realtà era tornato a schiaffeggiarlo in pieno viso e insofferente
si era rivoltato spostandogli malamente il piede di dosso, non
serviva offenderlo verbalmente, era chiaro dal suo sguardo.
Solo
in un secondo momento se ne rese conto.
La
propria vista era a metà, non possedeva più la visione della parte
sinistra del mondo. Sgranando quello rimasto, si toccò l’occhio
ferito e sentì la benda, solo quando ne fu fisicamente cosciente
sentì una stilettata sulla palpebra.
-
Cosa… - Non fece in tempo a dirlo, Mihawk gli rispose
apparentemente freddo.
-
Ti ho ferito all’occhio, non ci vedrai più. - Non era come dire
che gli aveva tranciato un dito, era ben diverso, ben più grave,
eppure non pareva tanto preoccupato. Non necessitava nemmeno di una
scusa. Per lui era chiaro il motivo.
Dopo
qualche istante in cui Zoro aveva avuto l’istinto di dargli un
calcio nei bassi fondi -a sua portata- si rese conto di cosa quello
significava e dalle tenebre del suo sguardo si aprì una luce
inquietante di sadismo. Era gioia quella che vi leggeva?
Mihawk
esitò per la prima volta, cosa aveva da essere tanto contento? Forse
l’aveva tagliato troppo a fondo e gli era partito un po’ di
cervello…
Sempre
ammesso che l’avesse, in ogni caso…
-
Cos’hai da sorridere tanto? - Zoro si sistemò nella vasca, di
fronte a lui; non era né grande né piccola, ci stavano comodamente
insieme senza doversi sfiorare per forza. Oltretutto era una delle
sensazioni più piacevoli degli ultimi tempi… di fatica ne aveva
fatta mica poca…
-
Hai usato la tua spada e mi hai ferito seriamente. Hai usato una
mossa anche piuttosto pesante, non sei andato per niente leggero. Per
essere uno che se ne sbatte del proprio avversario e che non lo
considera usando un semplice pugnale e non attaccando nemmeno, ne hai
fatte di cose! - Lo stava schernendo per fargli dire quello che
voleva, ovvero che era migliorato. Gli era sembrato, prima di
svenire, che gli facesse una specie di complimento ma come poteva
essere?
Il
vapore dell’acqua calda saliva condensando tutt’intorno, creava
nuvolette umide che davano un’atmosfera più intima di quel che
avrebbero voluto, ma i due uomini parevano immuni a quello.
Mihawk
capì dove voleva andare a parare e a quel punto c’era poco da
negare. Gli diede il contentino a modo suo, con la sua solita
saccenza:
-
Sì, niente male ragazzino… mi hai stupito. Del resto se non avessi
visto qualcosa di decente in te, un margine di miglioramento, non ti
avrei mai preso come allievo, ti pare? Non avrei mai e poi mai perso
il mio tempo in modo tanto insulso. - Era ovvio, però sentirselo
finalmente dire era davvero soddisfacente e Zoro si sentì molto
contento di essersi tolto quello sfizio. Era giusto, dannazione.
Per
una volta era giusto che qualcosa andasse nel verso giusto.
-
Sono sulla buona strada, dunque. - Che era diverso dal dire che stava
andando bene e Mihawk gradì il suo realismo ed il suo saper stare al
proprio posto.
-
Adesso passerai tutto l’autunno ad abituarti a vedere con un solo
occhio ed il resto a cercare di raggiungere il prossimo obiettivo. -
Zoro
sapeva bene qual’era, non certo la Tecnica del Mare. Lo disse
subito come se già fosse il suo pensiero fisso:
-
Spingerti a duellare seriamente con me dall’inizio. - Perché
fin’ora, con tanto duro lavoro, era solo riuscito a fargli fare
seriamente nel finale, c’era differenza.
Mihawk
gradì vedere che non avrebbe dovuto perdere tempo a fargli capire il
suo livello e a metterlo a posto. Ad ogni modo era convinto che non
avrebbe mai potuto raggiungere quel livello, ma già ora era
migliorato molto e poteva ritenersi contento.
-
Sto ancora pensando a cosa mi viene in cambio se poi riesco
nell’impresa di renderti uno spadaccino decente! - Adorava
maltrattarlo verbalmente e psicologicamente, era un modo per non
annoiarsi, in fondo.
Zoro
non ci fece caso, ormai non lo notava nemmeno… erano solo i suoi
soliti scatti di megalomania conditi con pessimi tentativi di
provarci con lui. Non capiva perché ci provasse con tanto impegno,
talvolta, forse era solo un altro metodo per svagarsi. Probabilmente
non faceva sesso da tanto ed allora visto che c’era, voleva
approfittarne.
In
ogni caso non gli importava, lui andava dritto per la sua strada e
non si distraeva.
-
L’estasi di aver messo al mondo un nuovo grande spadaccino. - Uso
di termini più inappropriato non avrebbe potuto praticare, però
alla fine lo disse e non poté rimangiarselo. Mihawk ne approfittò
subito e con un sorrisino malefico dei suoi che non arrivava agli
occhi freddi, allungò di nuovo il piede posizionandolo in mezzo alle
sue gambe, a schiacciare -ma senza fargli male- il suo inguine fino a
quel momento a riposo. Come da molto tempo ormai.
Zoro
glielo prese immediatamente ma ormai si era ‘appollaiato’ sul suo
‘nido’ e non sembrava ci fosse verso di spostarlo.
-
Toglilo subito! - Borbottò brusco e minaccioso, l’euforia di aver
raggiunto uno dei suoi obiettivi era già bella che andata.
Mihawk
in risposta parlò in perfetta linea con la sua espressione maliziosa
e maligna:
-
Mi prendevo l’estasi… - Il ragazzo si accorse di essersi
infognato da solo e arrossendo si morse il labbro in difficoltà. In
realtà non poteva dire che fosse facile rifiutarlo, era da oltre un
anno che non faceva sesso con nessuno e che non aveva veri contatti.
Qualche volta Mihawk lo metteva a dura prova e lui in quanto uomo, in
astinenza per giunta, reagiva com’era normale, ma non voleva andare
oltre un certo limite. Amava troppo Rufy per andare con qualcun altro
solo per puro sfogo ormonale. Poteva farlo da solo con la propria
mano, non serviva l’aiuto di nessuno.
Oltretutto
per quanto quel tipo fosse un bell’uomo, affascinante ed intrigante
e sicuramente ci sapesse fare sessualmente parlando, non voleva
perché era fondamentalmente insopportabile per la maggior parte del
tempo, quando non gli insegnava la spada. Di conseguenza il piacere
di un orgasmo non bastava a sopportarlo.
Quell’uomo
vedeva le persone come formiche, insetti o rane e si riteneva l’unico
falco dell’esistenza umana, di conseguenza non era effettivamente
una persona degna di quel certo tipo di attenzioni.
Però
il suo piede aveva cominciato a muoversi contro l'inguine e la sua
erezione a reagire involontariamente. Sapeva che sarebbe bastato
poco, era da troppo che lo lasciava a ‘riposo’.
-
Piantala, dannazione… - Ringhiò a denti stretti. Era la cosa più
difficile che gli fosse capitata. Resistere. In quel momento in cui
gli mancava Rufy da morire, poi, era davvero difficile. Sarebbe stato
un attimo, così piacevole arrendersi a Mihawk, farsi possedere da
lui, farsi scaldare da un momento di sesso puro fine a sé stesso e
poter immaginare d’avere Rufy fra le braccia… facile e normale,
quasi… ma quando pensò al suo compagno venne prima di decidere il
da farsi. C’era poco da decidere.
Aveva
una voglia matta di fare l’amore con Rufy che bastava il solo
nominarlo mentre qualcuno lo sfiorava là sotto, che l'orgasmo
arrivava indecentemente.
La
ritenne una debolezza, una sconfitta, un’umiliazione e fissando
l’altro trionfante con sguardo feroce, senza proferire parola, si
alzò di scatto dalla vasca finendo però per barcollare con un forte
ed improvviso giramento di testa che lo fece finire di nuovo giù.
Su
Mihawk.
Non
se l’era aspettato nemmeno lui ma con prontezza di riflessi lo
prese subito e scivolando con le mani sul suo corpo se lo sistemò
sopra in modo da averlo a cavalcioni, poi lo tenne a sé
circondandogli con forza la vita, scivolò con le mani sui suoi
glutei. Gli occhi incatenati nel suo, magnetici, penetranti, erotici.
Erotici?
Prima
di pensarlo le dita di Mihawk stavano già lavorando sulla sua
apertura e nell’acqua era talmente facile entrargli dentro con le
dita che ci mise un istante a muoversi come voleva. Con gran piacere,
in effetti.
-
Ora che hai un solo occhio devi abituarti, come ti dicevo prima. Ti
girerà la testa per un bel po’ e dovrai sviluppare molto più gli
altri sensi, l’unico occhio rimasto si acuirà per poi indebolirsi,
potresti anche ritrovarti cieco, un giorno. Dovrai cambiare
completamente abitudini e sviluppare egregiamente i tuoi riflessi. Se
un colpo ti arriva da sinistra sei fregato… non puoi muoverti come
ti pare, per un po’ sarà uno strazio… - Zoro apprezzò la
spiegazione da maestro ma non il trattamento da amante.
O
meglio non a livello teorico, in quello pratico gli piacque ed anche
troppo, nonostante lo facesse contro la sua volontà.
Ok,
non si era opposto molto.
Quasi
per niente.
Ma
appena aveva sentito le sue dita dentro, dopo quell’orgasmo
imprevedibile, era stato più che istintivo fermarsi e lasciarlo
continuare.
Come
poteva fare?
Razionalmente
sapeva che non andava bene e razionalmente nemmeno voleva, ma il
proprio corpo non rispondeva affatto ai comandi.
Fu
tragico gemere fino a mordergli la spalla per zittirsi da solo, si
odiava da solo, non si sopportava a godere in quel modo per un uomo
che non era Rufy ed il pensare costantemente al suo compagno non
l’aiutava di certo.
Era
dannatamente complicato!
Quando
alla fine con l’altra mano tornò sulla sua erezione, sul davanti,
schiacciata fra i loro due corpi uno sull’altro, per Zoro non ci fu
di nuovo scampo e stringendo gli occhi si aggrappò di nuovo al
pensiero del suo ragazzo per porre presto fine a quella splendida
tortura, ma pur sempre tortura.
Non
era Mihawk che voleva, era solo un mezzo per tornare ad avere
piacere, era solo un tramite e niente più.
Era
Rufy che voleva, Rufy… ma Rufy non poteva averlo e non l’avrebbe
avuto per un altro anno.
Si
poteva resistere in quello stato?
Nel
chiederselo ebbe il secondo orgasmo e scosso da esso, ansimante e con
i denti e le unghie affondate sulla sua spalla nuda e forte, Zoro si
scusò scontento.
“Sono
un buono a nulla… se la mia volontà vale così poco non sono
ancora degno di Rufy… devo lavorare ancora molto, molto ma molto di
più!”
Fu
così che accettò la sua ulteriore permanenza lì, decidendo che non
si sarebbe più lamentato della distanza col suo compagno nemmeno con
sé stesso.
Se
non sapeva resistere fisicamente, se non sapeva tenere a bada nemmeno
i suoi istinti profondi e basici, non era degno di lui.
Ce
l’aveva fatta fino a quel momento ma poi il fattore uomo, come in
molti lo chiamavano, aveva avuto la meglio sulla sua forza mentale e
non c’era stato verso.
Doveva
migliorare. Non andava bene così.
Con
un ‘merda’ borbottato a denti stretti, si alzò in piedi, seppure
barcollante, ed uscì dal bagno termale.
“Al
diavolo!”
In
realtà era tutto uno schifo.
Non
avrebbe nemmeno più visto come prima, doveva ricominciare da capo
riguardo i suoi sensi e le sue abitudini, rifare i propri riflessi,
rifare la maggior parte delle cose. Era molto lontano dal traguardo,
l’aver raggiunto un minimo obiettivo gli aveva fatto calare troppo
la guardia. Non esisteva che qualcuno lo costringesse a qualcosa che
non voleva, era un debole, ecco cos’era.
Era
solo un debole.
Per
la fine di quell’addestramento sarebbe dovuto riuscire a rifiutare
Mihawk con assoluta decisione.
Quando
il giorno dopo Zoro si presentò a colazione come di norma per
cominciare un nuovo allenamento, Mihawk rise schernendolo.
-
Cosa vorresti fare tu in quelle condizioni? - Zoro fissandolo peggio
che mai anche se con un solo occhio, grugnì:
-
Allenarmi, dannazione! Sono qua per questo! Anche se ho un occhio in
meno-AHIO! - Si lamentò seccato per aver sbattuto il mignolo del
piede sulla gamba del tavolo. Come diavolo aveva fatto? Quel tavolo
era lì da sempre!
Cacciando
il broncio abbassò il capo per vedere come mai ci avesse
stupidamente sbattuto contro e con suo sommo fastidio si trovò a
barcollare ulteriormente e lottare contro un giramento di testa
particolarmente forte, che per poco non lo fece cadere del tutto.
Appoggiatosi al tavolo fulminò ancora Mihawk perché stava osando
ridere ancor più di gusto. Quanto lo odiava.
-
Che diavolo hai, si può sapere? Solo perché barcollo un po’ per
uno stupido occhio non significa che non possa fare niente! -
-
Davvero? Vuoi farmi divertire ancora, sì? - Fece ironico appoggiando
il mento alla mano e inclinando aristocratico il capo.
Zoro
sbuffò.
-
Niente divertimento! Voglio solo fare il mio dovere! - Mihawk aveva
immaginato qualcosa del genere ma non aveva pensato che la sua
testardaggine sfiorasse tali livelli.
-
Come vuoi, vedrai tu stesso cosa vuol dire stare con un occhio solo!
-
La
ferita come minimo doveva chiudersi, era ancora troppo fresco e
lasciargli fare di testa sua era ridicolo ma non era uno che perdeva
tempo a convincere qualcuno a badare a sé stesso. Lui non era un
baby-sitter.
Quando
si ritrovarono in giardino -finchè le belle giornate duravano ne
approfittavano- il maestro gli indicò di cominciare coi soliti
esercizi per il fisico e Zoro lo guardò male capendo che ci stava
andando leggero.
-
Cos’è, si torna indietro? Queste cose le abbiamo fatte l’anno
scorso, hai visto che non me ne servono! - L’altro ghignò
saccente.
-
Falli. - L’allievo, sia pure di malavoglia, cominciò con il
correre intorno all’isola ma appena fece i primi metri si trovò
subito a cadere, dopo aver fatto un buffissimo giro da acrobata.
Imprecò seccato, si tirò su e facendo testardamente finta di niente
riprese la corsa.
La
stessa scena si ripeté un paio di volte prima che l’allievo
tornasse indietro proseguendo con gli addominali. Usava un albero a
cui si appendeva per farli a testa in giù. Fu davvero sganasciante
vederlo impedito… non riusciva nemmeno a tirarsi sul ramo, infatti.
Dopo
molti tentativi tentò con altre cose ma non andarono a buon fine,
nessuna di esse furono portate degnamente a termine e dopo aver
raccolto una vagonata di figuracce, era arrivata Perona a ficcargli
un po’ di sale in zucca.
-
Senti, testaccia vuota, non puoi fare le cose che facevi prima allo
stesso modo, devi abituarti! E poi la ferita è troppo fresca,
rischia che si riapra! Per una volta che quello ti dà del tempo
prenditelo, idiota! - Zoro avrebbe voluto chiederle cosa avesse tanto
da sbraitarle contro… insomma, cosa le importava a lei che
combinava?
Ma
si tenne per sé l’osservazione non volendo sentire ancora la sua
fastidiosa voce.
Piantando
il broncio si avvicinò stanco senza aver fatto niente e con le
braccia conserte fissò Mihawk che aspettava paziente e divertito.
Sembrava molto diverso da un anno prima… molto più partecipe e
insopportabile, se possibile!
-
Cosa diavolo posso fare? -
-
Vuoi dire a parte riposare e aspettare che almeno si rimargini
l’occhio? - La benda era ancora a coprirlo poiché, chiaramente,
non era chiuso il taglio.
-
Mmh! -
-
Direi che puoi meditare e camminare liberamente sia per luoghi aperti
che chiusi. -
-
Camminare. - Fece Zoro rimastoci male.
-
Sì, camminare. - L’altro invece era snob.
-
Semplicemente camminare! - Invece lui era sempre più scettico e
brusco. Che diavolo diceva, quello?
-
Sì, semplicemente camminare, che c’è, pensi che sia troppo
difficile? Credi di poterlo fare? - Rispose prendendolo in giro con
la sua solita classe che a Zoro andava sempre di traverso, buzzurro
com’era lui.
Per
un momento pensò a Sanji, quel cuoco da strapazzo si sarebbe sentito
egregiamente con uno così. O magari l’avrebbe ucciso molto prima,
chi lo poteva sapere… troppo uguali, forse!
Comunque
odiosi allo stesso modo. Anzi. Mihawk di più.
-
Sì che posso farlo, mi sembrava poco, dannazione! - Si lamentò
tanto per cambiare, Mihawk lo liquidò in poco…
-
Prima percorri gli spazi senza sbattere e tremolare in modo
imbarazzante, poi ne riparliamo. -
-
Mi prendi proprio per uno stupido, tu! - Brontolò alla fine
decidendo di lasciarlo perdere e dimostrargli da subito quanto si
sbagliasse.
Quando
cominciò, tornò a riavvolgere il nastro di prima quando correndo si
era messo a cadere ogni due metri.
Stesso
discorso ora.
-
Al diavolo! - Grugnì.
Così
ad ogni caduta. Molte.
Mihawk
rimase a ridacchiare in disparte e ad osservarlo, era la cosa più
divertente che gli fosse mai capitata di vedere e pensava proprio che
al mondo non potesse esserci niente capace di farlo ridere di più.
Shanks
forse, ma Shanks era diverso…
Pensando
a lui gli venne naturalmente una gran voglia di vederlo, proprio un
dramma visto che al momento non aveva idea di dove fosse quello
svitato.
Sbuffando
tornò al comico Zoro. Molto meglio lui.
Ovviamente
non fu facile come si aspettava ed alla fine aveva rinunciato al giro
intero dell’isola preferendo un po’ di meditazione. Era davvero
faticoso camminare senza cadere.
Finché
si trattava di farlo fuori era un conto ma quando si addentrava nel
castello era anche peggio!
Con
tutti gli angoli ciechi finiva sempre per sbattere di continuo e
tutta la parte sinistra del suo corpo gridava vendetta.
Non
se ne capacitava, in realtà, perché ormai conosceva il castello
piuttosto bene e pensava di aver memorizzato tutto… come mai invece
sembrava vi camminasse per la prima volta?
Fu
Perona a spiegarglielo poiché Mihawk era misteriosamente sparito
qualche giorno per delle commissioni personali.
-
Non hai più le misure, devi riprenderle. Si è sballato tutto. Il
senso dello spazio è completamente distorto, ormai. Vedere con due
occhi è tutt’altra cosa che con uno. A parte il discorso sugli
altri sensi che si acuiranno e sui riflessi che devi imparare a
sviluppare, lo spazio ora come ora ti apparirà del tutto differente
da prima e sarà così finchè non riprendi le misure. Per questo
quell’uomo ti ha detto di camminare sia dentro che fuori, perché
solo così, sbattendoci contro, riesci a riprenderle. Una volta che
le avrai andrà meglio. - Ora Zoro si sentiva meglio, almeno una
buona notizia. Insomma, la prospettiva di tornare alla pseudo
normalità c’era. Ovviamente non sarebbe stato come prima ma se era
una questione di riprendere le misure e abituarsi, poteva farlo.
Qualche
giorno dopo Mihawk ancora non tornava e Zoro non sapendo medicarsi da
solo e volendo guarire per bene -nei limiti del possibile- chiese a
Perona di dargli una mano. In fondo si era un po’ calmata da quando
il padrone di casa era andato via. Forse era lui che la innervosiva
tanto. Quando non c’era era molto più sopportabile e tranquilla,
molto meno petulante.
Di
sfuggita, mentre lo medicava togliendogli la benda, pensò che doveva
piacerle Mihawk e non se ne curò oltre.
Non
era completamente idiota, le cose le capiva ad un certo punto, solo
che non trovavano il suo interesse. Era diverso.
Altre
volte era invece ottuso e dovevano spiegargli tutto per bene,
dipendeva dai momenti e dai casi.
Seduti
l’uno davanti all’altra la vide fare una faccia strana. Oddio,
non che lei fosse molto espressiva. Perona aveva un viso strano,
proprio da bambola, di conseguenza sembrava avesse sempre le stesse
facce. La scrutò con cura da quella vicinanza cercando di capire se
dovesse preoccuparsi o meno. In fondo in quel periodo aveva da
pensare solo al suo occhio…
-
Com’è? - Chiese alla fine.
-
Non male. Puoi stare senza la benda, così si cicatrizzerà meglio.
Ti rimarrà un gran bel segno verticale. - Poi esitò sempre con
un’aria un po’ indecifrabile, quasi malinconica in un certo
senso… - Non potrai comunque mai aprirlo, lo sai? - Quando ci provò
di riflesso si rese conto che la palpebra era incollata.
-
Coma mai? - Chiese girandosi verso lo specchio. Mentre si guardava
vedendo l’occhio sinistro chiuso attraversato in verticale da un
segno praticamente perfetto, tutto rosso ed ancora gonfio, la sentì
spiegargli:
-
Era troppo profondo, per far sì che il taglio si chiudesse la pelle
si è rimarginata in questo modo facendo come da punto di cucitrice…
per poterlo aprire ti servirebbe un’operazione, credo, e ad ogni
modo ormai penso sia tardi, dovevi farlo subito. Se… se ti fa
impressione puoi usare una di quelle ridicole bende da pirata! - Non
era sicura che gli piacesse ma provando ad immaginarlo con una di
esse sopra lo ritenne piuttosto adatto, era un po’ il suo stile a
giudicare dalla bandana e dai tre orecchini al lobo.
Un
tipo oltremodo interessante, nel complesso.
Zoro
ascoltato tutto con attenzione, alzò le spalle fregandosene di
quelle cose.
-
Non ha importanza! - Disse infatti sminuendo e sfiorandosi il taglio
che vedeva per la prima volta. - Mi fa prurito! -
-
E’ normale, ti sta guarendo! - Detto quello Zoro cominciò a
tranquillizzarsi. Poteva anche essere una sfida interessante, tutto
sommato. Essere pratico come prima solo con un occhio richiedeva una
forza generica superiore, si sarebbe rafforzato molto di più.
Pensandolo
si rasserenò e senza nemmeno ringraziarla per le cure, si stese nel
letto e si mise a dormire.
Se
quello si ostinava a non tornare che stesse pure via, per qualche
giorno non era certo indispensabile!
E
poi finchè non si abituava non voleva allenarlo ancora, di
conseguenza c’era ben poco da fare.
Camminare
aveva camminato e conosceva di nuovo tutti gli spazi a memoria, non
sbatteva più e non cadeva più. Meditare, poi, anche quello in
abbondanza… allora dormiva, al diavolo anche quell'uomo che spariva
così!
Quando
fu nel dormiveglia sentì la ragazza seduta probabilmente accanto al
letto.
-
Zoro, ma cosa pensi di quell’uomo? - Zoro capì, svegliandosi dal
piacevole torpore in cui era appena caduto, che non si era sbagliato.
-
Che è odioso. - Liquidò in fretta senza bisogno di pensarci. Era
facile rispondere a quella domanda.
Non
la vide sorridere contenta.
-
E cosa pensi di me? - Questa domanda lo destabilizzò, non capì
infatti cosa c’entrasse con l'infatuazione della ragazza per
Mihawk. Suo malgrado rispose senza rifletterci troppo…
-
Che quando non c’è Mihawk sei sopportabile! - Le buone maniere non
gliele aveva mai insegnate nessuno… Perona capì che normalmente la
reputava insopportabile ma non era idiota, l’aveva capito da sola.
Non sapeva comunque essere diversamente, in certi momenti il sangue
le andava al cervello e basta.
-
Il solito maleducato! - Esclamò comunque vagamente seccata ma non
isterica. Zoro non lo capì ma non ribatté, non gli interessava.
Era
comico che si considerasse sveglio riguardo certe cose e che fosse
convinto di aver capito che lei aveva un debole per Mihawk quando
invece l’aveva proprio per lui.
Sembrava
lui stesso una barzelletta, il più delle volte!
Perona
ridacchiò. Era proprio buffo quel ragazzo!
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Capitolo 13 *** Per un momento ***
*Ecco
il nuovo capitolo. Allora... vediamo come procede la questione
dell'occhio mancante di Zoro e come Mihawk intende fargli recuperare i
riflessi e la dimensione dello spazio. Assistiamo a due momenti diversi
fra loro. Uno fortemente 'allievo/maestro' e l'altro fortemente
'uomo/ragazzo'. Per far calare meglio nell'atmosfera ripropongo quattro
delle immagini che avevo già mostrato nel primo capitolo. Anche se poi
non sono le scene precise del capitolo. La canzone, come sempre, dei
Breaking Benjamin. E' una delle mie preferite. Il prossimo capitolo lo
metto mercoledì prossimo perchè per Pasqua e pasquetta sono via, fuori
casa, torno martedì sera. Vedremo un altro momento importante nella
vita al castello. Zoro comincerà ad allenarsi nel mare e Mihawk
comincerà a guardarsi dentro grazie a Perona. Cosa mai vedrà? Ringrazio
chi legge e commenta, sono contenta che sia una storia che piace sempre
più specie per la questione dei personaggi che vengono visti come IC ed
è una cosa che mi fa enormemente piacere! Buona lettura. Baci Akane*
CAPITOLO
XIII:
PER
UN MOMENTO
“I
giorni passano per sempre
Ma
non ti ho lasciato
Possiamo
scacciare l’oscurità assieme
Se
vai, allora anche io andrò
Non
è rimasto niente di te
Riesco
a vederlo nei tuoi occhi
Canta
l'inno degli angeli
E
pronuncia l’ultimo addio “
-
Anthem of the angels – Breaking Benjamin -
http://www.youtube.com/watch?v=QB3pxBDZvf4
Dopo
i giramenti ci si misero i mal di testa.
Zoro
avrebbe voluto avere il potere di andare avanti nel tempo per
superare subito il periodo di assestamento, non riuscire nemmeno a
dormire e meditare dall’emicrania non era normale, per lui.
Girovagando
al buio di notte finì nella sala dei duelli, un intero piano
dedicato alla spada.
Volendo
fare meno luce possibile perché lo infastidiva, prese una candela ad
olio ed abbassò di proposito la fiammella. Era un castello gotico ed
usava quel genere di illuminazione -torce e candele-.
Magari
ammirare con calma un po’ di quelle meravigliose spade da
collezione poteva rilassarlo.
Non
c’erano quadri in nessuna ala del castello, non c’era verso di
trovare una foto od un’immagine che gli indicasse che volti
avessero avuto gli avi di Mihawk. Ne era incuriosito, non poteva
negarlo, ma non era un impiccione come la maggior parte dei suoi
altri compagni.
Portando
la sua attenzione su un gruppo di spade esposte sulla parete,
riconobbe solo la fattura pregiata. Nonostante le amasse e fosse uno
spadaccino non era un vero esperto come quella ragazza della marina.
Lei sì che ne capiva!
Gli
aveva detto che la spada di Kuina era un capolavoro e gli aveva
indicato altre due molto buone che per lui erano state spade come
tante.
A
lui piacevano ma perché le sentiva vive, non perché le conoscesse o
se ne intendesse.
Ne
prese una, quella che gli sembrava emanasse il maggior potere. Era un
potere particolarmente nero, in effetti, ma non la sentì come
maledetta come in molti avrebbero detto. Per lui non esistevano spade
maledette, esistevano solo spade vive che aspettavano che qualcuno le
capisse.
Appoggiò
la candela su un ripiano e nella penombra quasi completa si sentì a
suo agio, specie per la katana che teneva in mano.
Alzandola
davanti al viso strinse l’occhio per vederla bene ma si infastidì
nel non riuscirci come una volta. Aveva una visuale limitata, per
guardarla bene doveva muovere la testa in modo che l’unico rimasto
gli permettesse di vederla.
Grugnì
da solo e chiudendo anche l’altro occhio decise di usare il tatto.
Era la stessa cosa, con le spade funzionava così. Le sentiva senza
bisogno degli occhi.
Sotto
le dita si delineò in breve la lama, la sentì affilata come venisse
usata costantemente, era lunga e nonostante a vista dovesse sembrare
pesante, era leggera.
L’aura
giganteggiava, era molto forte e potente. Cominciò a muoverla
tenendola per l’impugnatura, sempre ad occhi chiusi.
Se
li teneva così non aveva mal di testa e se ne accorse dopo un paio
di fendenti rotatori.
Il
rumore nell’aria era un sibilo dolce, musica rilassante. Aumentò
la velocità di proposito per farla cantare un po’ di più e nel
farlo mosse dei passi con sicurezza, lenti e precisi. Diede così
vita ad una specie di balletto elegante che nella penombra della sala
fu estremamente bello, chiunque si sarebbe incantato a vederlo e
Mihawk, in un angolo buio dell’ampio salone, non fu da meno.
Non
l’avrebbe mai ammesso e non si sarebbe mai fatto vedere, ma non
poteva che capire una cosa fondamentale, a quel punto.
Zoro
era pronto per ricominciare un altro capitolo della sua vita.
Riusciva
a muoversi perfettamente ad occhi chiusi e le rotazioni della spada
erano pulite, quel che comunque impressionava di più erano i passi.
Non esitava, non barcollava, non cadeva nemmeno.
Un
sorriso finemente fiero si dipinse agli angoli delle sue labbra.
Sarebbe
stato anche più interessante di prima.
-
Cosa ne pensi? - Chiese di punto in bianco Zoro. Mihawk un po’ si
stupì di essere stato percepito, sapeva di essere estremamente
invisibile se lo voleva, lui l’aveva captato, invece. Significava
che i suoi sensi erano davvero a buon punto.
-
Che quell’occhio in meno ti ha giovato! - Rispose senza esitazione
facendo qualche passo in avanti dal punto cieco e buio in cui si era
sistemato per spiarlo.
Zoro
smise di muovere la spada e si girò verso di lui guardandolo col
solo occhio che gli rimaneva.
-
Hai un senso dell’umorismo tutto tuo! - Replicò seccato il ragazzo
che ancora non era convinto di trovarci qualcosa di positivo in quel
maledetto occhio mancante.
Mihawk
sogghignò con quel suo tipico modo fastidioso e prendendogli la
spada di mano come se fosse comunque uno dei suoi tesori che nessuno
poteva toccare, lo ripose al suo posto. Sembrava non gliene
importasse niente di quella collezione e nemmeno di qualunque altra
cosa, invece probabilmente non era proprio così.
-
Vedrai se non mi darai ragione. - L’uomo ed i suoi occhi di falco
vedevano decisamente molto in là nel tempo, l’aveva sempre fatto,
era uno dei suoi talenti. Prevedere con precisione fatti e situazioni
che poi puntualmente si avveravano e non per qualche capacità
divinatoria ma solo semplicemente perché aveva una visione piuttosto
ampia e approfondita del tutto che lo circondava. Lui riteneva che
era poiché vedeva ogni cosa dall’alto, ritenendosi infatti un
falco.
-
Intanto ho un mal di testa assurdo! - Non era un medico e tanto meno
vagamente pratico con quel genere di cose, era solo un ragazzo
impaziente ed il maestro sogghignò di nuovo in quel suo modo di
scherno che infastidì l’allievo sentendosi preso in giro.
-
Tirare di spada ti rilassava? - Zoro annuì. Era vero, gli era andato
via il mal di testa ed era stato finalmente bene solo in quel
momento.
-
Non credevo ti importasse qualcosa di tutte queste spade. - Fece poi
cercando di introdurre un argomento intuito al volo per un secondo.
Mihawk
era molto riservato riguardo sé stesso ma non si faceva veri
problemi a dire le cose come stavano. Per lo meno non con lui.
-
Non me ne importa infatti. Sono solo possessivo con le mie cose. -
Zoro si chiese se ormai lo considerasse una cosa sua anche lui, ma si
tenne per sé quella domanda limitandosi a prendersi la candela con
cui era venuto per tornare a scendere le scale.
-
Vuoi fare qualche altro tiro? - Chiese alla fine il maestro
sorprendendo l’allievo che per un momento credette di aver capito
male. Si fermò e si girò fissandolo con quel suo unico occhio che
esprimeva scetticismo in abbondanza anche per l’altro che mancava.
-
Perché no, questo maledetto mal di testa è tornato di nuovo. -
Disse senza rifletterci molto. Non era per stare ancora con
quell’uomo di cui gli importava relativamente e solo quando si
decideva ad insegnargli qualcosa. Era solo per avere veramente un po’
di tregua nella mente, niente di più.
Mihawk
non si chiese nemmeno perché accettò, non era importante.
Tornò
a prendere una spada ma questa volta una che a suo parere gli si
associava meglio.
Quando
gliela porse, gliene parlò.
-
Questa spada si chiama Eclipse. Rappresenta l’eclissi sia di luna
che di sole. L’eclissi totale. Quando nel mondo cala un buio
pressoché assoluto ed è semplicemente un attimo perdersi, il
momento in cui tutti gli incubi si realizzano ed i mostri escono. Le
maledizioni si realizzano ed ogni cosa ha fine… è stata fatta in
un’eclissi notturna da un uomo cieco. Voleva riversare in essa il
suo animo ottenebrato dal suo buio perenne. Prendila e dimmi cosa
senti. - Era consapevole che Zoro sentiva le anime di tutte le spade
che toccava ed era una dote che non tutti gli spadaccini alla fin
fine avevano.
Quando
il ragazzo la prese sentì subito una forte influenza oscura. Non era
proprio negativa, non per lui, riteneva infatti che le spade avessero
un’anima ma che non potessero essere né buone né cattive.
Erano
semplicemente vive ed al servizio di chi le impugnava avendone cura.
Però
era vero, il buio aumentò vertiginosamente fino a fargli distinguere
solo le forme ed i contorni tutt’intorno.
Mihawk
divenne quasi indistinto e quando si sforzò di guardarlo bene, vide
la sua aura.
Come
si poteva vedere un’eclissi di sole o di luna dove l’astro veniva
oscurato e si vedeva solo l’alone luminoso intorno.
Il
suo era molto strano ma grande. Non dorato, non chiaro ma nemmeno
nero. C’era ed era di un colore indefinito. Sapeva solo che era
della potenza di un uragano.
-
Mostra gli aloni. È la vista interiore? Quello che vede un cieco? -
Chiese piano ma non ottenne risposta.
-
Tira i fendenti tutt’intorno a me. - La trovò una richiesta
anomala ma ovviamente interessante, quindi spostandosi entrambi in
mezzo, sempre con quella scarsa illuminazione, Zoro eseguì e nel
trovarsi quasi male a tenere aperto l’occhio che ci vedeva, non si
accorse di chiuderlo. Mihawk non se ne preoccupò nemmeno un istante
e sorridendo sornione ed indecifrabile lo lasciò fare.
Zoro
si mosse leggero e sicuro con eleganza tirando fendenti ad una media
velocità e potenza tutt’intorno a lui, come se definisse la sua
aura nella sua totalità.
Lo
sfiorò molte volte ma non lo toccò mai ed alla fine capì il senso
di quella richiesta.
Voleva
dimostrargli perché una vista esteriore imperfetta era meglio di una
perfetta e l’aveva appena capito.
Certe
cose solo con lo sguardo interiore le si poteva vedere e lui ci stava
riuscendo. Certo ora era grazie a quella spada ma probabilmente
Mihawk voleva dirgli -a modo suo, sempre così contorto- che ci
sarebbe riuscito anche da solo, senza nessun mezzo.
Soddisfatto
e sereno, dopo di quello Zoro andò a dormire e riuscì ad immergersi
finalmente in un sonno tranquillo e ristoratore senza più l’ombra
di un solo mal di testa.
Il
giorno dopo ricominciarono con gli esercizi, riguardavano la ripresa
dei riflessi, doveva rafforzare il suo punto debole, la parte
sinistra. Non poteva farsi sopraffare solo perché non vedeva con un
occhio.
Ci
mise comunque poco a recuperare e a mettersi in sesto, era
decisamente portato per quel genere di cose, notò il maestro. I suoi
riflessi ed i suoi sensi godevano di ottima salute. Ovvio, ad
eccezione della vista.
Non
gli avrebbe mai detto che il suo punto forte era la quella interiore,
dote essenziale per uno spadaccino.
Dopo
aver appreso facilmente quelle lezioni ed essersi rimesso oltremodo
in forma e aver rafforzato ciò che gli mancava, Mihawk impiegò del
tempo per esercitarlo completamente alla cieca.
Voleva
ampliargli ancora la vista interiore in modo che non potesse mai
trovarsi in difficoltà, quindi ciò con cui si scontrò Zoro
all’arrivo dell’inverno, superato tutto l’autunno, fu la cecità
completa.
Messa
una bendo grossa sugli occhi, gli aveva semplicemente ordinato di
fare tutto, ma proprio tutto, senza vedere fino a che non gli avrebbe
detto lui.
Zoro
non si oppose nemmeno allora, aveva capito dopo oltre un anno di
convivenza con lui, che tutte quelle assurdità che gli faceva fare
avevano sempre un senso preciso, per cui il tempo delle repliche e
delle lamentele era stato ampiamente superato.
Si
sarebbe adattato anche a quello.
Agire
senza vedere non poteva essere una tragedia, specie se non era
veramente cieco.
Non
aveva idea di quante cose avrebbe imparato da quel apparentemente
semplice e sciocco esercizio. Non ne aveva nemmeno la più lontana
idea.
Mihawk
invece sì che lo sapeva.
All’inizio
fu comico come previsto, sembrò essere tornati indietro di qualche
mese, quando si era appena ferito.
Imprecando
ed innervosendosi, non fece che andare a sbattere fino a che non si
era rassegnato a rendersi ancora più ridicolo nel camminare con le
mani avanti. Dopo essersi abituato così, Mihawk pensò bene di
legargli anche le mani dietro alla schiena e di ordinargli di
continuare a fare i giri del castello poiché ormai fuori era troppo
freddo e la neve era di nuovo alta.
Zoro
trovava quel genere di esercizio semplicemente assurdo e dopo essere
tornato a riempirsi di botte e ferite sul viso e sulle ginocchia per
tutte le svariate cadute, era riuscito di nuovo ad abituarsi più o
meno decentemente. Se non altro a memorizzare ogni angolo pericoloso
del castello.
Dopo
aver concluso, a suo dire, l’esercizio, si sedette nel suo studio
per aspettare di essere liberato e di poter fare qualcosa di più
sensato che imparare ad evitare gli ostacoli con l’istinto, i
riflessi e la vista interiore. Era una cosa sicuramente importante ma
che non richiedeva davvero molto tempo. Non si rendeva conto che era
così perché aveva fatto dei miglioramenti ad una velocità
considerevole.
Lo
sentì subito entrare nonostante il silenzio con cui si era mosso.
Sapeva anche abbassare la sua forza interiore con la giusta
concentrazione, ma Zoro lo sentì lo stesso.
Mihawk
non se ne stupì.
-
Liberami, ho imparato a non andare a sbattere senza usare le mani. -
Disse seccato.
L’uomo
ridacchiò e Zoro percepì anche questo nel suo respiro silenzioso.
Senza
rispondere, gli si sedette davanti, nella poltrona. Ce ne erano due
sistemate accanto al fuoco, solitamente Zoro si sedeva per terra
perché a quanto pareva lo preferiva, poi parlavano di spadaccini e
di spade.
Era
la prima volta che si sedeva sulla poltrona.
Rimase
ad osservarlo, aveva delle belle botte, gli sanguinava il naso, il
labbro e perfino il sopracciglio; non si diede pena nemmeno a
guardare le ginocchia!
-
Ma tu quando cammini alla cieca vai veloce e spedito invece che piano
cercando di limitare i danni fino a che non ti senti sicuro di
evitare gli spigoli? - Disse ironico, era chiaro che questo diceva
tantissimo di Zoro e sebbene reputasse la cosa altamente stupida, non
gli dispiaceva in realtà.
-
Certo! Non perdo tempo a studiarmi la zona, a che diavolo servirebbe?
-
Rispose
l’allievo dimostrando enorme scarsità logica.
-
Ad evitare le botte inutili? - Fece allora sempre ironico prendendo
un fazzoletto di stoffa ed imbevendolo in un po’ di scotch.
-
Sciocchezze! - Rispose Zoro che non aveva mai dato peso a quelle
cose, non importava quanto male si faceva, le ferite guarivano.
Quello che contava era il risultato!
Quando
però Mihawk cominciò a passargli il fazzoletto d’alcool sulle
ferite al viso capì cosa intendeva. Per essere sicuro lo capisse,
glielo spiegò addirittura a voce, sempre come se parlasse con un
inetto:
-
Questo avresti potuto evitarlo se ti saresti dato la pena di andare
piano per i primi giri… -
-
Avrei tardato a raggiungere l’obiettivo! - A quel punto Zoro
cominciava a capire che stavano parlando per metafore, un po’ tardi
come sempre ma l’importante era arrivarci. Il maestro sorrise fra
sé e sé preoccupandosi di pulirgli bene il viso con una certa
delicatezza insolita, ma non certo di liberarlo. Zoro glielo ricordò:
- Se mi liberi mi medico da solo! Per qualche graffio! - Voleva
sminuire la sua stupidità che gli appariva come tale solo in quel
momento, ma soprattutto voleva andarsene. Aveva una pessima
sensazione riguardo il dopo. Quel tipo di tanto in tanto decideva di
smettere di fare il maestro e ci provava con lui!
Possibile
che non potesse capirlo?
Oltretutto
come diavolo ci era riuscito a ficcarsi in quella maledetta
situazione? Non era mica normale…
Mihawk
non rispose e mise giù il fazzoletto dopo aver finito. Non erano
botte serie, però i lividi li aveva ed era estremamente buffo.
“Non
è vero, gli donano…” Pensò
invece consapevole che l’altro non poteva sentire i suoi pensieri.
Zoro
rimase in attesa, ora aveva finito, cosa diavolo stava facendo?
Sentiva
il suo sguardo magnetico su di sé e lo sentiva anche estremamente
vicino, doveva aver avvicinato la poltrona per stargli più vicino,
poteva immaginare la sua posizione dritta e fiera, il suo sguardo
altero e… e le mani? Dove le stava mettendo?
Era
legato, poteva minacciarlo per farsi liberare.
O
sperare che non facesse nulla, per una maledetta volta.
-
Mihawk… - Mormorò piano Zoro, aveva un tono fermo e laconico ma
non proseguendo con un’ammonizione vera e propria fu come non dire
nulla.
C’era
un’atmosfera diversa, era sempre colpa di quel fuoco ed anche se
non lo vedeva lo percepiva caldo sulla pelle. Però forse erano i
brividi provocati da quei tocchi ora leggeri e lenti.
Come
faceva ad essere così sensuale e delicato quando poteva essere tanto
letale e spietato con una spada in mano?
Non
era idiota, sapeva che lo era, però dirselo non cambiava niente.
Poteva
tranquillamente dire che era un bell’uomo affascinante e che se
voleva ci sapeva fare. Non sapeva bene di preciso a cosa ma ci sapeva
fare sicuramente.
Qualunque
cosa voleva riusciva a prendersela ma lui non sarebbe stato fra le
sue ‘cose’, come quelle spade.
Lui
era una persona ed aveva una volontà.
Però
sentì il respiro sulla sua pelle ed era calmo e regolare, aveva una
padronanza di sé mai vista ed ora che era arrivato a sfiorargli il
collo e le clavicole, sentì la maglia che indossava strapparsi.
Dedusse dal tipo di rumore che doveva avergliela tagliata col suo
coltello. Non fece in tempo a dire di non azzardarsi che le sue mani
si infilarono sotto l’indumento strappato fino a farglielo
scivolare lungo le braccia muscolose e tese, erano legate dietro la
schiena ed ora che tirava si rendeva conto di quanto buoni erano
stati quei nodi.
Non
poteva crederci di esserci cascato così come un idiota.
Sanji
e Nami avrebbero detto che fregarlo quando si usava l’astuzia era
anche troppo facile, ma lui non l’avrebbe ammesso.
Però
glielo aveva fatto fare perché nel momento in cui l’aveva legato
era stato il suo maestro e quando lo faceva gli piaceva. Peccato che
quando poi tornava sé stesso lo odiasse.
Contraendo
la mascella ed ogni muscolo, sussultò al toccò carezzevole e lento
delle sue dita sulla pelle, dalle spalle scese sui pettorali e quando
lo spinse con fermezza e decisione fino a farlo appoggiare allo
schienale, lo sentì alzarsi e chinarsi su di sé.
Era
alla sua praticamente totale mercede. Certo, poteva tirargli un
calcio e fare l’animale indiavolato oppure…
-
Smettila, non voglio… - Farglielo capire una volta per tutte in
modo che non lo rifacesse.
Se
lui diceva una cosa doveva essere quella, dannazione. Perché doveva
crederlo una sua proprietà e fare quello che gli pareva? Doveva
bastare la sua parola.
-
Sicuro? - Chiese basso e accattivante Mihawk con le labbra al suo
orecchio. Zoro istintivamente girò la testa per togliergli
l’accesso, i brividi erano stati tremendi e se l’avesse rifatto
il proprio corpo avrebbe reagito come non avrebbe voluto.
Era
da troppo in astinenza, dopotutto come di tanto in tanto quel tipo
provvedeva a ricordargli, era un uomo anche lui come tutti.
-
Sì che ne sono sicuro. Lasciami e liberami. - Per un momento gli
sfiorò l’idea di chiamare Perona ma l’idea di farsi aiutare da
una ragazza lo nauseava. Non era così debole, se voleva poteva
toglierselo di torno usando la forza bruta, il punto era che poi
probabilmente quello stronzo non gli avrebbe più insegnato e lui non
voleva.
Le
sue mani intanto continuavano ad accarezzarlo sul torace, gli
tormentavano i capezzoli e poi, in completa libertà, dopo aver
frugato a piacere gli addominali ed i fianchi era sceso in basso ad
abbassargli quel tanto che gli era sufficiente per massaggiare sempre
più sensuale il suo inguine.
A
quello Zoro si morse il labbro. A quel punto trattenersi era davvero
difficile, ma la sua volontà non poteva valere così poco.
Non
poteva proprio.
Non
voleva dargli una scusa per cacciarlo ma non poteva nemmeno lasciarlo
andare oltre, nonostante fosse estremamente piacevole.
Stringeva
convulsamente le mani dietro la schiena e tirava sempre nella
speranza di rompere le corde, non sapeva che tirando i nodi si
stringevano o per lo meno non ci pensava.
Al
momento cercava di non lasciarsi andare a quel piacere crescente e
devastante, o alla sua lingua che disegnava sulla sua pelle sensibile
facendolo sussultare.
Era
così diverso da Rufy che il confronto era inevitabile… Rufy era
impetuoso, irruente ed inesperto. L’esplorava curioso preso dalla
passione e dalla foga, il più delle volte gli faceva male o
combinava qualcosa di sbagliato, però poi gli bastava prendere lui
il sopravvento per indirizzarlo nella giusta direzione.
Era
malleabile e al tempo stesso un uragano, Rufy, e poteva averlo ormai
solo nei suoi sogni.
La
sua lingua lo bruciava quando lo assaggiava, lo mordeva per farsi
sentire, per dirgli che lo desiderava come nessuno. Mihawk era
piacevole ma non a quei livelli. Non ai livelli di uscire di testa e
gridare.
Quando
si trovò a fare ulteriori confronti, la lingua di Mihawk cominciò a
tormentare la punta della sua erezione e quando successe il caos lo
invase. Per un momento, così, ad occhi chiusi e mani legate, senza
poter vedere e toccarlo, subendo e basta, pensò quasi di essere
tornato indietro nel tempo o di essere in un sogno. In ogni caso si
illuse di avere Rufy.
Per
un momento.
Fino
a che non cominciò a succhiarlo dimostrando una padronanza ed
un’esperienza che il suo compagno non aveva mai dimostrato.
A
quel punto Zoro solitamente bruciava e gridava accompagnandogli
brutalmente la testa contro il proprio inguine, tirandogli anche i
capelli, dall’intensità del suo piacere.
Questo
era bello, reagiva comunque perché era impossibile che così non
fosse, ma non era la stessa cosa, non era lui… poteva avere anche
un orgasmo e darsi a lui per togliersi lo sfizio e sfogare gli
ormoni, ma non era ciò che voleva. Non era farlo veramente, per lui.
Mihawk
lo capì in quel momento, quando lo sentì teso contorcersi nella
poltrona, non gemeva ma cercava ancora, nonostante tutto, di
trattenersi.
-
Non sono Cappello di Paglia? - Chiese con scherno quasi avesse
percepito i suoi pensieri, era tornato su ed ora gli parlava sulle
sue labbra. Solo così, senza violarlo.
Zoro
con durezza, seppure il suo fisico fosse visibilmente eccitato,
rispose:
-
No che non lo sei. E puoi avere il mio corpo con tutti i trucchi e le
astuzie che vuoi, io ti porterò rispetto finchè sei il mio maestro
ed hai da insegnarmi, ma allo scadere dei due anni tutto tornerà
come prima, ma soprattutto una cosa non sarà mai cambiata. Farlo col
mio corpo, prenderti il mio corpo, non è farlo con me. Non ti
prenderesti me. Non hai la minima possibilità di prendermi. E magari
a te non fotte un cazzo, non te ne importa perché non conosci la
differenza fra corpo e cuore, visto che non combatti col cuore ma
solo con il corpo, però credimi che c’è. C’è una differenza
abissale. Quindi fa pure, se ti piace tanto il mio corpo. Prenditelo.
Non mi interessa. Non mi interessa proprio. Io amo Rufy e sarò solo
suo, sempre. Questo niente, niente potrà cambiarlo. Ora fa quello
che ti pare, dannazione! -
Concluse
secco e rabbioso.
A
Mihawk quella risposta bastò per capire che aveva ragione e che non
ci sarebbe mai stato verso.
Era
vero, poteva obbligarlo in qualche modo e prenderselo comunque ma non
era divertente, non era veramente bello e non perché voleva il suo
cuore, era solo una stupidaggine. Non era veramente bello perché
doveva volerlo anche lui, alla fine. Voleva sentire il suo bacino
spingere contro la propria bocca, la sua voce gemere impaziente e
chiedere di più, voleva che riuscisse a liberarsi per premersi
contro di sé. Voleva che lo volesse anche lui e non per una
questione di cuore, solo perché così era meglio.
Semplicemente.
Non
avrebbe mai ammesso altro.
Mai.
Nemmeno
con Shanks aveva mai ammesso di provare qualcosa anche se di tanto in
tanto andava lui stesso a cercarlo.
E
Shanks era Shanks.
Che
voleva da quel ragazzino?
Qualcosa
che non aveva.
Parlare
di cuore con lui era come parlare del diavolo ad un prete.
Però
fece uno strano sorrisino, non seccato od infastidito, tanto meno
offeso. Quasi che si aspettasse quella risposta o che la volesse.
Come, quasi, che fosse un’altra delle sue prove.
Zoro
non l’avrebbe mai saputo ma quando si sentì liberare le mani e
dire con fermezza di non togliersi la benda che l’addestramento
alla vista interiore non era ancora finito, si sentì come di aver
superato un’altra delle sue dure prove.
Leggerezza
fu quello che provò.
Ed
orgoglio.
Non
poteva capire bene come e perché ma sapeva d’avercela fatta.
***********************
Aperto la mia
pagina autore su FaceBook. Lì metto gli aggiornamenti alle mie fic, le
varie news che la riguardano e cose così...
Akane
|
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Capitolo 14 *** Il desiderio più nascosto ***
*Eccoci
qua dopo la pausa pasquale. Allora. Siamo agli sgoccioli e Mihawk non
ha molto tempo per capire ciò che vuole, perchè e per ottenerlo, ma
anche Zoro non ha molto tempo per arrivare al livello che voleva.
Riusciranno i due a raggiungere i rispettivi scopi? Spazio ad un po' di
riflessioni ma anche alla spada. Il prossimo capitolo è uno di quelli
importanti, è il penultimo. Lo metto domenica. Buona lettura. Baci
Akane*
CAPITOLO XIV:
IL
DESIDERIO PIU' NASCOSTO
“Cos’è
tutto questo parlare di qualcosa?
Io preferirei quasi bere
dall’oceano
Cosa intendevi quando hai detto
no?
Io voglio
solo cosa è meglio per te.
Ma non ti farò affogare mai
No,
non ti deluderò mai
Perché io sono il mio nemico
L’acqua è
arrivata sopra il ginocchio
Non ho mai voluto niente da te
Si è
così, si è così
Il mio motore s’è prosciugato
E la mia
testa è così completamente confusa
Silenzio
Lo so
lo dico
io
Non c’è alcun modo per
recuperare
tu mi hai detto che non
c’era nessun altro
la superficie si sta riscaldando
ti
spingerò la testa sott’acqua”
-
Water – Breaking Benjamin -
http://www.youtube.com/watch?v=Jwsjt7G8DzU
L'ennesimo
esercizio era andato a buon fine. Imparava sempre più in fretta,
cominciava a metterci meno tempo per arrivare alle cose ed ai
concetti e presto ricominciò a padroneggiare la tecnica della
pioggia.
Inizialmente
era stato complicato, ovviamente, ma aveva scoperto che farlo ad
occhi chiusi era meglio.
Aveva
acuito tutti i sensi ed usare la vista interiore era mille volte più
efficace.
Esattamente
ciò che Mihawk aveva cercato di insegnargli.
Lo
scroscio era assordante. Le altre volte non l'aveva quasi percepito
ma ora gli appariva così intenso da essere quasi fastidioso.
Passò
del tempo considerevole sotto di essa per abituarsi, si bagnò fino
all'intimo, poi quando decise che non era più troppo forte, come
rumore, estrasse la spada. I movimenti erano molto lenti, si stava
concentrando.
La
pelle percepiva mille volte di più l'acqua addosso, ogni goccia che
lo colpiva lui riusciva a sentirla precisamente addosso e a capire la
sua grossezza.
Respirò.
Il profumo della pioggia era buono, evidenziava quello della natura.
Portò
la testa all'indietro e lasciò che il viso gli si bagnasse a
volontà, poi si piegò sulle gambe e raccolse il suo spirito.
Con la
mente riuscì a visualizzare le gocce alte, ci mise un po' a
figurarsele senza gli occhi ma ci riuscì. Provò a prenderne alcune
ma conscio che non sarebbe riuscito a prenderle le lasciò andare.
Ci mise
decisamente tanto prima di muoversi, poi abbassò il capo, allargò
ulteriormente il braccio e con una serie di passi sicuri e decisi che
sembravano quelli di una danza arcaica, vibrò la lama affilata
nell'aria.
Una ad
una colpì tutte le gocce destinate a ricoprirlo.
Erano
tante e piccole, cadevano fitte con una furia quasi impressionante.
Zoro
era bagnato di suo, ormai, ma non venne colpito più nemmeno da una
sola goccia.
Non era
la velocità dei suoi movimenti che creava un mulino di lame ed
impediva alla pioggia di toccare terra. Era lui che le spezzava a
metà deviando completamente il loro percorso.
Quando
usò tutte e tre le spade fu anche più facile.
Mihawk
soddisfatto si chiese se sarebbe stato capace di farlo anche con
l'occhio aperto, ma decise di non punzecchiarlo per una volta.
Quel
ragazzo aveva un controllo di sé che non aveva mai visto in nessuno.
Sapeva di saperci fare, se voleva. E con lui aveva voluto.
Non
aveva ceduto e non capiva come avesse fatto.
Sentiva
che nonostante il suo addestramento non fosse per niente concluso, i
tempi sembravano maturare.
Era
come se sentisse dentro di sé che Zoro presto se ne sarebbe andato.
Erano
in primavera ed i due anni sarebbero scaduti dopo l'estate.
Aveva
una stagione per impadronirsi della tecnica dell'acqua e poi
batterlo.
Sapeva
che non l'avrebbe mai battuto ma doveva come minimo dimostrare di
potergli tenere testa.
Zoro
aprì l'occhio e lo puntò subito su di lui. Aveva saputo sin
dall'inizio che era lì. Era molto scuro in viso ma era la sua
naturale espressione.
- Cosa
ti pare? - Sfrontato da un lato e rispettoso dall'altro. Avevano un
rapporto particolare. Zoro si approcciava nei suoi confronti solo
come un allievo al maestro, ma restava sempre un po' provocatorio.
Era più forte di lui. Tuttavia riusciva a non passare mai dei segni.
Mihawk,
sotto il portico del suo castello, nel retro dove solitamente si
allenava all'aperto, fece un'aria di sufficienza, non voleva lodarlo,
non l'aveva mai fatto.
- Dopo
un anno e mezzo sei riuscito a farlo come si deve, era ora! - Zoro lo
prese per un complimento e fece per avviarsi verso il mare.
- Ehi,
non con questo tempo! - Zoro alzò le spalle, voltò la testa a metà
e rispose.
- Non
mi spaventa un po' di pioggia! - Aveva affrontato delle maree
decisamente peggiori di quelle. Certamente il mare era agitato col
temporale ma poteva farcela.
- Vieni
dentro e asciugati, devi mangiare un po'. - Zoro si fermò perchè
nonostante il tono superiore da comando, pareva si stesse
preoccupando per lui. Era divertente come cosa...
- Vuoi
dire che hai paura che mi ammali? - Lo schernì girandosi del tutto.
Zoro sapeva essere provocante quanto Mihawk. A volte si somigliavano
paurosamente ma solo dall'esterno uno poteva accorgersene. Perona,
infatti, li vedeva odiosamente simili.
Ci fu
così un consueto scambio di sguardi molto elettrico fra i due, ad
entrambi piaceva gareggiare con gli occhi e nessuno dei due cedette
per primo.
- No, è
solo che se ti ammali è una rottura! Hai usato troppo spirito per
questa tecnica. Il fatto che usi la vista interiore perchè è più
facile ed efficace ti tira via molta energia, quindi non devi
esagerare. È compito dello spadaccino anche saper fermarsi quando è
giusto e recuperare le forze quando può. Ci sono momenti in
battaglia in cui questo è possibile e momenti in cui invece non lo
è. Devi coglierli. È importante recuperare. - era una cosa che
mancava a Zoro, in effetti, perchè tendeva a non percepire i propri
limiti.
La
prese come una lezione da maestro e fu per questo che lo accontentò
una volta per tutte.
Un
miracolo.
Zoro
cedette ed entrò in casa, erano in primavera e non faceva più molto
freddo, ma era bagnato fradicio e certe zone del castello non erano
riscaldate, anzi erano molto fredde.
-
Perona, prepara da mangiare! - Ordinò senza assicurarsi che fosse
nei paraggi, lei c'era sempre. Era una presenza a cui ormai erano
abituati e l'accettavano di buon grado, ogni tanto si lamentava di
qualcosa, altre semplicemente sbuffava e faceva.
Mihawk
si sistemò in salotto, davanti al caminetto acceso, una delle poche
fonti di calore dell'abitazione vasta.
Fu
raggiunto poco dopo da Zoro. I due convivevano in modo abbastanza
pacifico, per lo più stavano in silenzio, qualche volta Zoro se ne
andava per non mancare di rispetto al suo maestro quando questi
esagerava ma ormai riuscivano a sopportarsi.
Zoro si
sedette nella poltrona accanto, passavano anche ore in silenzio senza
bisogno di comunicare.
Era
bello, non lo poteva negare.
Lo
spadaccino più giovane pensò inevitabilmente alle abissali
differenze che c'erano con Rufy. Con lui ora ci sarebbe stato un
casino assordante e nessuno avrebbe potuto stare semplicemente seduto
e buono a guardare il fuoco. Avrebbe rivoluzionato tutta la stanza e
cominciato uno stupido gioco.
Gli
mancava la confusione della ciurma ma soprattutto quella di Rufy.
Cercava
di non pensarci costantemente e si occupava con gli esercizi del suo
maestro, ma non era facile.
A
volte, quando gli imponeva il riposo, la mente andava a lui.
Come
stava?
Cosa
stava facendo?
Era
ancora vivo?
Zoro
avrebbe dato anche l'altro occhio per poterlo rivedere prima del
tempo, per sentirlo, per sapere come stava.
- Come
fai a sapere che non ha messo su una ciurma più forte e non si è
messo a conquistare i mari senza di voi? O che peggio non si è
stufato della vita del pirata ed ha piantato tutto? - Disse Mihawk di
punto in bianco.
Zoro
sussultò e si girò a guardarlo, occhi di falco guardava il fuoco ma
era seduto dritto e serio, non si muoveva di un millimetro, lo
sguardo dorato gareggiava con le fiamme.
Era un
bell'uomo, non lo aveva mai negati, ma gli mancava il suo mediocre
ragazzo. Rufy non era certo bello ma nemmeno brutto. A lui piaceva. E
poi ciò che per lui era Rufy non lo sapeva descrivere anche se
l'aveva fatto molte volte in molti modi.
- Lo so
perchè lo so. - Tagliò corto stufo di quelle solite insinuazioni
che ogni tanto quello doveva fargli. Si innervosiva sempre ma questa
volta si sentì stranamente calmo...
Tornò
al fuoco anche lui e questa volta fu il turno dell'altro di
guardarlo. Zoro si presentava con un occhio aperto ed uno chiuso ma
molto tranquillo. Era strano.
- Sì,
ma come fai ad esserne tanto sicuro. Potresti trovare una brutta
sorpresa quando te ne tornerai da lui. - Zoro fece una specie di
sorrisetto.
- Oh,
la sorpresa la troverò di certo ma sarà positiva, credimi. - Mihawk
insistette ostinato.
- Ma
come puoi dirlo... non hai notizie di nessuno da un anno e mezzo,
saresti un pazzo a credere che tutto possa tornare come prima. - Lui
usava la testa, aveva ragione, ma Zoro usava l'istinto e senza
rifletterci, ma comunque calmo, disse:
- Tu
non puoi capire perchè non appartieni ad un gruppo e non hai un
rapporto così stretto con nessuno. Io lo sento che siamo tutti vivi
e proseguiamo per le nostre strade in attesa di rivederci. E so che
quel giorno saremo tutti e saremo più forti di prima. Saremo pronti,
questa volta. Davvero pronti. Per tutto. E Rufy sarà sempre lui, il
nostro capitano. Il mio compagno. Sarà maturo, sarà cresciuto, avrà
più segni addosso, ma sarà sempre nostro. Mio. - Specificava sempre
sia la parte da pirata che da ragazzo, come se potesse essere messa
in discussione una o l'altra.
Alla
fine Mihawk non gli dava mai soddisfazione per partito preso ma era
contento di quelle risposte, le trovava perfette.
Sempre
più perfette.
E la
cosa gli bruciava.
Significava
che se ne sarebbe andato davvero e in certi momenti la cosa lo
turbava, lo seccava profondamente.
Riusciva
a sopportare la presenza di qualcuno e questi poi se ne andava, era
un po' una costante. Non che in vita sua si fosse legato a molti, ma
con Shanks era così. Si vedevano ogni tanto e quando si abituava ad
averlo accanto spariva come il bastardo che era. O a volte lo
precedeva e se ne andava per primo per impedirgli di abbandonarlo.
Mihawk
preferiva non interrogarsi seriamente su cosa provasse per Zoro,
aveva a fatica ammesso nel corso di molti anni di provare qualcosa
per Shanks.
Zoro
ora esisteva, era entrato in qualche modo nella sua vita, era il suo
unico allievo che gli dava un paio di soddisfazioni e spesso godeva
nel maltrattarlo e nel punirlo, ma al di là di questo cominciava a
sperare di trovare il modo per tenerlo lì per sempre.
Poteva
imprigionarlo, dopotutto.
Si
sentì idiota a pensarlo. Imprigionarlo pur di tenerlo lì.
Convincerlo
che non era pronto come spadaccino non avrebbe dato frutti perchè
sarebbe partito lo stesso anche in quel caso.
Sapeva
bene che non esisteva forza al mondo in grado di tenerlo lontano dal
suo capitano, per cui era consapevole che doveva imprigionarlo se
voleva tenerlo lì.
E poi
cosa faceva?
Lo
incatenava al muro e lo obbligava a soddisfare le proprie esigenze?
Che
esigenze erano?
Se
aveva voglia di fare un po' di sesso poteva trovare Shanks oppure
andare su un'altra isola e sedurne un altro di suo gradimento.
A quel
punto le proprie preferenze erano chiare.
Però
mise a confronto Shanks e Zoro.
Erano
opposti. Shanks somigliava più a quell'inetto di Rufy che a Zoro...
Zoro somigliava più a sé stesso, sotto certi aspetti. Certi...
forse era per questo che gli piaceva la sua presenza lì e che voleva
tenerlo.
Era una
forma di auto celebrazione, di egoismo, di megalomania verso sé
stesso.
Non
voleva che se ne andasse ma sapeva che solo la forza avrebbe potuto
tenerlo lì, ma una volta che l'avrebbe avuto cosa avrebbe fatto?
Mihawk
si stava scontrando per la prima volta con una cosa a cui non aveva
mai dovuto guardare.
La
resa.
La resa
verso un fatto che non poteva cambiare a suo piacere.
O
meglio poteva ma con la costrizione il che avrebbe presupposto una
mancanza di piacere futura.
Obbligare
Zoro a restare glielo avrebbe dato, ma sarebbe stato come avere un
involucro vuoto. Una volta gli sarebbe stato più che sufficiente,
una volta pensava che dalle persone non si potesse avere altro che
quello, il corpo. E lui stesso non aveva mai voluto niente altro che
quello. Cosa se ne faceva del cuore? Erano cose per deboli sciocchi.
Ma ora
Zoro in tutto quel tempo gli aveva fatto capire che avere un corpo e
basta non era abbastanza divertente, poteva essere il passatempo di
un po' ma poi si stufava. Sapeva che non gli sarebbe bastato.
Cioè
non gli sarebbe PIU' bastato.
Eppure
non esisteva una soluzione.
O si
accontentava del suo corpo sotto costrizione senza poter mai avere
altro, oppure lo lasciava andare. Il suo cuore non l'avrebbe mai
avuto.
- Tu
vuoi che lui rimanga di sua spontanea volontà e che ti dia ciò che
non sei mai riuscito ad avere perchè sei un ritardato mentale! - La
voce petulante di Perona lo colpì da dietro. Mihawk si scosse dai
propri pensieri e la guardò rendendosi conto d'aver superato la cena
e di essere tornato lì davanti al fuoco da solo. L'accendevano nelle
giornate più fredde e di sera. La Primavera ormai agiva a pieno
ritmo.
Perona
ridacchiò.
- E'
andato ad allenarsi sott'acqua... - Mihawk non registrò subito le
sue ultime parole, si concentrò sulle prime.
- Cosa
vuoi dire che voglio rimanga di sua volontà? Cos'è che voglio che
non sono mai riuscito ad avere? - A quelle cose non ci era mai
arrivato da solo, doveva ammetterlo, odiava analizzarsi. Per orgoglio
era convinto di non avere niente che non andava...
-
Voglio dire esattamente questo... tu vuoi una famiglia, vuoi l'amore,
vuoi quelle cose che vogliono tutti. Solo che sei troppo stupido per
ammetterlo. Avere lui qua per tanto tempo ti ha dato un piccolo
assaggio di quello che potresti avere e di ciò che vuoi. Che lui
resti spontaneamente per te e che ti si dia anima corpo e cuore...
insomma, che ti ami. Che ami te al posto di Cappello di Paglia.
Vivere qua con lui ed essere felici. Ma se vuoi saperlo non è
esattamente lui che vuoi, lui ti sta dando l'assaggio di ciò che
potresti avere, ti sta facendo capire che cosa ti stai perdendo e di
cosa è capace per amore. Per me non è che ne sei innamorato, ma è
lui che è qua. È per comodità che lo punti. Per non alzare il tuo
bel sederino e andartelo a cercare, l'amore. Sempre ammesso che non
esista e che lo rifiuti per orgoglio. - Mihawk si alzò di scatto
fortemente innervosito da quell'analisi completa ed umiliante.
Aveva
ragione sotto molti punti di vista, ma non le avrebbe mai dato la
soddisfazione di sentirselo dire.
Si alzò
e se ne andò con aria astiosa.
Verso
la camera si rese conto di ciò che aveva detto.
Zoro
era ad allenarsi sott'acqua.
Corrugò
la fronte. Cosa diavolo significava?
Fuori
diluviava ancora ed il mare era sicuramente in tempesta.
-
Quello stupido. - Disse virando verso l'uscita, diretto al mare.
Zoro
era andato ben oltre la riva del mare. L'acqua gli sarebbe arrivata
alla vita se fosse stata calma. Il punto era che per come si agitava,
spesso lo ricopriva del tutto.
Lui
stava immobile, piantato sulla sabbia, in mezzo al mare che ululava
furioso nella tempesta che si abbatteva sull'isola.
Aveva
una sola spada in mano ed era stretta nel suo pugno, ma non sembrava
intenzionato ad usarla. Come se potesse trovare una sincronia con
quel mare posseduto dal demonio.
Si era
detto che riuscirci con la marea tranquilla sarebbe stato inutile e
che doveva farcela quando era in agitazione.
Quello
sarebbe stato utile.
E non
aveva tempo da perdere a riposare.
Aveva
solo una stagione e mezza prima di tornare da Rufy, doveva avere
quella tecnica e doveva battere Mihawk.
Doveva.
Rufy lo
aspettava mentre faceva i suoi allenamenti, sicuramente era avanzato
di livello.
Pensava
che aveva affrontato la marina intera per Ace e che ne era uscito in
qualche modo vivo. Aveva affrontato la morte di suo fratello,
l'inferno, abbattuto persone fortissime, aveva espugnato Impel
Down... aveva fatto chissà quante cose da solo. Lui non c'era stato
per proteggerlo.
Se solo
fosse stato più forte avrebbe potuto battere quei cloni di Orso
nell'Arcipelago e non sarebbero stati separati, non sarebbe successo
niente.
Perchè
era così debole?
Sofferente
e rabbioso verso sé stesso, con la tempesta nel cuore e nell'anima,
trovò quella famosa comunione con il creato intorno.
Doveva
sincronizzarsi col mare, come aveva fatto per la pioggia. Il
principio era lo stesso.
Appena
l'avrebbe avuta in sé, l'anima del mare, avrebbe potuto modellarlo a
piacimento.
Ci
doveva riuscire, stava tutto in quello.
La
rabbia ingigantiva mano a mano che pensava alle proprie frustrazioni
e alle proprie debolezze.
Doveva
farcela, doveva riuscirci, doveva diventare più forte.
Ed
intanto il mare si alzava sempre più, i cavalloni che lo investivano
erano sempre più numerosi ma lui riusciva a mantenersi saldo sul
fondo marino. Un respiro.
L'acqua
salì oltre la sua testa.
Sarebbe
scesa prima o poi.
Chiuse
gli occhi.
Il
rumore dell'acqua tutt'intorno, le bolle che si formavano per
l'increspatura e l'impatto dell'onda che si infrangeva.
L'acqua
che penetrava le narici finendo nei polmoni.
Ogni
parte di sé completamente immersa nel mare.
Strinse
l'impugnatura.
Rufy
aveva sofferto molto per colpa sua, come poteva sopportarlo?
Non era
degno di risalire se non l'avesse sentito.
Doveva
sentirlo, doveva sentire il cuore del mare. Doveva trovarlo e
sintonizzarsi.
Il mare
furioso quanto lui stesso.
Una
furia tale da non farlo respirare più.
Ormai
l'aria gli mancava da troppo, aveva resistenza ma se continuava così
avrebbe dovuto mollare il terreno e nuotare fino alla superficie e
mollare.
Imperdonabile
da parte sua.
Non
poteva risalire.
Non
sarebbe risalito fino a che non ce l'avesse fatta.
Doveva
sentire il cuore del mare.
Il
cuore. L'anima. La mente. La sua voce.
Rufy lo
aspettava. Non poteva deluderlo ancora. Non poteva.
Si rese
conto all'ennesimo appello disperato che non stava infuriandosi come
il mare, per questo non riusciva a sentirlo.
Zoro
stava piangendo, il sentimento che lo padroneggiava era completamente
diverso da quello che avrebbe dovuto essere.
Era
lontano anni luce dal mare e dalla sua anima.
Ma come
poteva fare?
Non ce
l'avrebbe mai fatta.
“Rufy
perdonami, non riesco a raggiungerti anche se ci provo con tutto me
stesso...”
Non era
una resa ma era onesto con sé stesso. Gli ci voleva più tempo.
Le
lacrime si persero nel mare mentre ormai l'ossigeno che mancava gli
tirò via le ultime forze.
Allentò
la tensione, i piedi lasciarono il fondale ed i sensi si ovattarono
mentre si perdevano e si confondevano in quell'oceano dove navigava a
piede libero.
E fu
allora che lo percepì, quando abbandonò tutto dopo aver accettato
il proprio livello.
Fu
allora che sentì la voce.
Una
voce che non era di nessuno fra quelli che conosceva.
Era una
voce soave e dolce, quasi inudibile.
“Non
cercare di combattermi e nemmeno di capirmi. Amami e basta.”
Quando
la sentì Zoro aprì le braccia mentre le correnti tempestose marine
lo trasportavano in una culla.
Non
controllò nulla e la propria energia si ricaricò, si sentì come
entrare in risonanza con qualcosa. Qualcosa di molto potente.
Mentre
i sensi ormai viaggiavano sempre più lontano, Zoro capì il sistema
che voleva insegnargli Mihawk.
Non era
per abbattere ma per prendere da ciò che lo circondava la sua
potenza, lo poteva fare solo se si sincronizzava con esso e tanto era
potente ciò che voleva spezzare, tanta forza assorbiva da esso nel
mettersi in comunione con lui.
Ora si
sentiva di una potenza tale che avrebbe potuto dividere il mare
stesso in due. Se solo avesse avuto un po' di forza. Se solo i sensi
non l'avessero già abbandonato.
Se
solo...
***********************
Aperto la mia pagina
autore su FaceBook. Lì metto gli aggiornamenti alle mie fic, le varie
news che la riguardano e cose così...
Akane
|
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Capitolo 15 *** Il segreto del mare ***
*E'
un capitolo dove succedono molte cose. Avevamo lasciato Zoro ad
annegare in mare e Mihawk a guardare. Lo salverà? Poi proseguiamo con
molti momenti fra i due, i riflettori sono particolarmente puntati sul
maestro e su ciò che desidera, sulle sue motivazioni, su ciò che prova.
Anche la canzone si riferisce a Mihawk. Poi sul finale Zoro ci riprova
con la tecnica del mare. Ci riuscirà? Ho fatto del mio meglio per
rendere tutte le scene come volevo, spero di esserci riuscita. Il
prossimo è l'ultimo capitolo, lo metto giovedì. Buona lettura. Baci Akane*
CAPITOLO XV:
IL
SEGRETO DEL MARE
“Come
posso crederci quando vedo queste nuvole sopra di me
Tu
sei la
parte di me che non voglio vedere
Dimenticalo
C’è
un posto
in cui vedo che mi segui
Solo
un assaggio di tutto ciò che
dovrebbe diventare
Sono
solo ma puoi solo respirare, solo
respirare
Per
chiedere che ti arrivi ogni risposta
Devi
solo
mandarlo via
Lasciami
restare (con te), per favore
Fammi
venire
da te”
-
Forget it – Breaking Benjamin -
http://www.youtube.com/watch?v=57M8Wa_Z9rA
Zoro si
era arreso al mare ed il mare l'aveva ricompensato sussurrandogli il
suo segreto.
Ora
uomo ed elemento si amavano.
Mihawk
lo vide sparire sotto la superficie dell'acqua e non risalire.
Aspettò sotto la pioggia che infuriava, convinto che lo zotico si
sarebbe deciso a risalire nuotando.
Usava
un metodo completamente sbagliato.
Lui
cercava di opporsi alle cose ed usava la forza e la testardaggine.
Pensava di dover affrontare qualcosa per spezzarla ma non era così,
doveva affrontare qualcosa per impadronirsi di essa e diventare così
più forte.
Nel
corso delle sue battaglie aveva imparato che tutto aveva un cuore e
che per spezzarlo lo doveva percepire, però non era una tecnica
completa, la sua.
Mihawk
attese di vederlo riaffiorare prima di decidere cosa fare ma nel
constatare che restava giù, si decise a tuffarsi, si tolse la giacca
senza maniche che comunque era sempre aperta e a torso nudo, senza le
scarpe, si buttò in acqua.
Si
immerse e ci mise un po' a trovarlo perchè era buio e c'era una
tempesta davvero furiosa.
Lo
intravide grazie all'aura che emanava il suo corpo.
Era
un'aura color oceano e sfumava in esso.
Si
fermò stupito per lo spettacolo a cui stava assistendo.
Era
entrato in sincronia col mare finalmente.
L'energia
di Zoro e dell'oceano erano un tutt'uno, ora, e Zoro non combatteva
più, si stava lasciando cullare dall'elemento che non lo stava
uccidendo ma lo stava salvando, lo stava ricaricando.
Attese
ed i suoi sospetti vennero confermati.
La
marea e la corrente, lentamente, lo riportarono a galla nonostante
fosse privo di sensi e avesse sicuramente bevuto molta acqua.
Lo
raggiunse nuotando, lo prese e lo trascinò fuori, alla riva.
Sulla
sabbia, al sicuro dal mare che tornava a fare il suo spettacolo,
all'ombra della sera spezzata solo dalle luci che provenivano fioche
dal castello, lo sistemò supino sulla schiena e gli raddrizzò la
testa.
Non
respirava, aveva bevuto troppa acqua.
Si mise
sulle ginocchia e si chinò su di lui, gli prese il viso fra le dita,
gli aprì le labbra e gli chiuse il naso, dopo di che gliele ricoprì
con le proprie e soffiò dentro due volte di fila. Era l'unica cosa
che sapeva fare, non era uno che salvava la vita ma che la toglieva,
non si era mai preoccupato di come si facesse.
Sapeva
che se uno non respirava bisognava soffiargli in bocca ma per il
resto era un mistero.
Tornò
a farlo e rimase a guardarlo vicino sperando che sputasse.
Seccato
dal fatto che continuasse a stare svenuto, lo chiamò.
- Razza
di sottosviluppato, vuoi sputarla fuori quell'acqua o no? - L'ansia
cresceva in lui ed era anche infastidito da questo. Lo stava
innervosendo!
Zoro
era il suo allievo e l'unico che aveva pensato potesse restare tutta
la vita nel suo castello.
Non
poteva morire, non poteva osare.
Cos'era,
una maledizione?
Quando
gli piaceva qualcuno questo doveva andarsene o morire?
Continuò
la respirazione artificiale e all'ennesimo richiamo che sembrava un
ordine seccato, Zoro finalmente sputò di riflesso l'acqua.
Mihawk
con sollievo lo girò sul fianco per facilitargli il compito, poi lo
guardò. Restava svenuto. Questa volta lo scemo se l'era vista
brutta.
Lo
sistemò sulla schiena.
Dormiva
ma respirava, ora non c'era da preoccuparsi.
Restò
un attimo a contemplarlo. Nonostante avesse rischiato di morire non
aveva una brutta c'era, era solo bagnato e pieno di sabbia, come
anche lui del resto.
Il mare
l'aveva ricaricato.
Doveva
avergli detto il segreto.
Amare.
Per
impossessarsi di qualcosa dovevi amarla.
Era una
tecnica che riusciva a pochi, lui ne usava altre, sempre efficaci, ma
quella nonostante la conoscesse non sapeva usarla perchè non
riusciva ad amare.
Per
amare serviva il presupposto di avere un cuore, per poterlo mettere
in sintonia con quello del resto intorno. Lui non ce l'aveva.
Quel
ragazzo lì, invece, ne aveva in abbondanza.
E
pareva averlo già dato tutto ad un'altra persona.
Ripensò
alle parole di Perona.
Non era
Zoro in sé, era solo che lui gli aveva fatto capire che si poteva
avere di più dalla vita che la misera supremazia. Perchè di quello
si trattava.
Mihawk
primeggiava, possedeva, ma non otteneva niente.
Forse
era stufo, forse voleva qualcosa di più, come diceva Perona, e Zoro
era uno capace di darlo. Per questo si era tanto fissato su di lui.
Però
Zoro non l'avrebbe mai ricambiato.
“E
poi non è lui, è solo perchè lui è qua. Potrebbe esserci qualcun
altro che sarebbe uguale... se fosse capace di dimostrarmi che ha il
cuore, lo vorrei.”
Zoro
gli aveva mostrato il proprio e poi glielo aveva negato.
Era
colpevole di un grave reato.
Avergli
fatto desiderare qualcosa che non avrebbe mai potuto avere.
Si
chinò ed annullò la distanza minima che restava ed assaggiò le sue
labbra socchiuse e salate.
Gliele
leccò e le succhiò piano godendosi ogni sensazione.
Nonostante
la pioggia, che finalmente si stava placando, provava un gran caldo
dentro.
Gli
ricordava un po' il fuoco di Shanks. Il fuoco che gli dava dentro.
Rivedere
Rufy era stato quanto mai splendido.
Dopo la
morte, l'amore.
Era
così che funzionava... o forse non era morto ed era tornato da lui.
Aveva
saltato il modo in cui ci era arrivato, contava che ora ci fosse.
Erano
lì insieme sulla loro nave, la Thousand Sunny, e sul posto di
vedetta, col vento che li schiaffeggiava ed il sole che li baciava,
stavano accarezzandosi.
Rufy
parlava incessante delle sue avventure e di ciò che aveva fatto e
Zoro si perdeva nei suoi discorsi, come sempre.
'Mi sei
mancato un casino!' Aveva concluso. Zoro aveva colto l'occasione per
tappargli la bocca.
Le sue
labbra erano un po' salate, navigavano in mezzo all'aria salmastra,
sapevano tutti sempre di sale.
Schiuse
e l'accolse, la sua lingua non era timida ma anzi intraprendente. La
voglia di lui era tale che non pensò a nulla, quando ricambiò e si
intrecciò a lui.
L'emozione
lo scaldò da dentro, era così bello poterlo baciare, poterlo
stringere. Quanto gli era mancato. Quanto. Era follia pensare di aver
resistito tanto.
Una
lacrima traditrice gli scese, mentre lo baciava, e quando aprì gli
occhi per prendere fiato, si accorse che qualcosa era cambiato.
Non
c'era più il sole, non c'era più il vento caldo, non c'era più la
Thousand, non c'era più Rufy.
Mihawk
lo guardava da vicino coi suoi occhi magnetici, dorati, da falco.
Illeggibile
il suo sguardo. Stupore? Non sapeva.
Ci mise
un po' a fare fuoco su cosa stava succedendo. Dove era finito Rufy?
Era
stato solo un sogno...
La
lacrima scese di nuovo al dolore che si formò nella consapevolezza
che non era ancora finito l'incubo.
Voleva
il suo amore, voleva solo lui...
Strinse
l'occhio che gli rimaneva e alzò il braccio premendoselo contro, si
nascose il viso e pianse mordendosi le labbra.
Quanto
male stava.
Mihawk
rimase profondamente colpito da quella reazione.
Aveva
risposto al bacio perchè aveva pensato d'avere Rufy?
Non ne
era certo. Per un momento pensava che aveva semplicemente ceduto a
lui e si era sentito felice. Stupidamente felice.
Ma ora
piangeva.
Doveva
dedurre che lo faceva perchè gli dispiaceva di qualcosa?
Decise
di non perdere tempo su quell'inezia e gli prese un braccio, se lo
passò intorno alle spalle e lo alzò. Una volta in piedi recuperò
le spade che aveva lasciato al sicuro e non si stupì di ritrovare,
gentilmente lasciata dal mare, quella che prima Zoro aveva perso in
acqua. L'oceano l'aveva preso in simpatia.
Sogghignò
e tornò al castello.
Zoro,
silenzioso, si lasciò fare.
Mihawk
lo portò ai bagni termali del castello che erano sempre pronti
tramite un sistema di auto pulizia.
Si
spogliò e non gli disse l'ovvio, ovvero di fare altrettanto.
Quando
si immerse nelle piacevoli acque calde vide che anche Zoro stava
facendo altrettanto.
Rimasero
in silenzio un po', ognuno in un angolo, per conto proprio, a pensare
a diverse cose. A diversi fantasmi.
-
Perchè mi hai baciato? - Chiese Zoro dopo un po'.
Mihawk
lo guardò. Davvero glielo chiedeva?
- Non
lo sai? - Chiese mettendolo alla prova.
- No,
non lo so! Non so perchè diavolo ti sei tanto fissato con me! Ti
diverto? Sono un passatempo? - Sembrava un idiota che non captava
niente, eppure il necessario lo notava.
Mihawk
si avvicino e gli si sistemò davanti nella vasca tonda in cui il
ragazzo era seduto.
Zoro
non si mosse, lo fissava torvo, seccato. Voleva capirlo una volta per
tutte. Era convinto che fosse solo un divertimento, per lui, ma
allora perchè insisteva tanto?
- Sì,
ammetto che mi diverti... ma non è solo per quello. -
Zoro si
innervosì e si protese verso di lui.
Lo
spazio della vasca non era eccessivo, le bolle dell'idromassaggio
erano piacevoli ma in quel momento totalmente ignorate. Si toccarono
con le gambe e Zoro si ritrasse subito, gli occhi d'oro di Mihawk
brillarono pericolosi. Sensuali.
Prima
di rispondere, sempre con la schiena contro il bordo della vasca,
intrecciò le gambe alle sue, Zoro cercò di sgusciare ma era stanco
per quanto accaduto.
Mihawk
lo tenne fra le proprie e rispose malizioso.
- Mi
piace il tuo cuore. - Sembrava quasi un vampiro che parlava del
proprio cibo.
Zoro
voleva andarsene da lì.
Era da
troppo che non aveva contatti fisici con qualcuno, che non faceva
sesso, che non sfogava gli ormoni in quel modo.
Lo
faceva da solo pensando a Rufy ma non era esattamente la stessa cosa
e quel maledetto falco sapeva come toccarlo.
Era
seducente.
Si
morse le labbra e distolse lo sguardo.
-
Lasciami! -
Non
sapeva nemmeno interpretare la sua frase.
Cosa
significava che gli piaceva il suo cuore?
Mihawk
reagì totalmente all'opposto e si avvicinò sistemandosi sopra a
cavalcioni, gli prese i polsi ed usò la forza per ammaestrarlo.
Ora
erano le loro erezioni a contatto, Mihawk rimase fermo per un po'
fissandolo solo negli occhi da vicino. Zoro cercava di evadere ma i
propri erano ammalianti, sapeva di poterlo ipnotizzare.
-
Guardami. - Disse piano con un tono suadente ma di comando al tempo
stesso.
Zoro lo
fece di riflesso e si perse in quelle iridi da falco, così
inquietanti e belle.
Cosa
c'era dietro quegli specchi d'oro?
Smise
di tenergli i polsi e scivolò sulle spalle e poi sul collo, giù sul
petto gli toccò i capezzoli e continuò con carezze apparentemente
innocenti. Zoro era totalmente alla sua mercé, immobile.
- So
che hai voglia di farlo e non perchè hai voglia di me, hai solo
voglia di sesso. È da tanto che non lo fai e sei un ragazzo. È
normale. Se continui ad opporti diventerai così nervoso che non
combinerai più niente. Sfogare i nervi e gli ormoni ti riappacifica
col mondo, ti rilassa come non potresti fare in altro modo. -
Zoro
voleva poter illudersi che andava bene. Che non era intenzionale e
sentimentale ma solo fisico. Era solo uno sfogo vuoto, ma si sarebbe
sentito sporco.
- Rufy
non lo deve venire a sapere. - Mormorò piano, sempre ipnotizzandolo.
Una mano giù sul basso ventre e l'altra sulla sua guancia. Le labbra
sulle sue. Zoro non riusciva a battere le palpebre.
Se
avesse ceduto ora si sarebbe perso. Si sarebbe perso per sempre. Non
si sarebbe più guardato allo specchio, non avrebbe avuto la forza di
tornare da Rufy.
Mihawk
capì in quel momento che Zoro era talmente tutto d'un pezzo che se
avesse ceduto ora, poi sarebbe rimasto lì per sempre per la vergogna
di non riuscire più a guardare Rufy in viso.
Tale
era il suo animo ed il suo carattere.
Mihawk
allora gli baciò le labbra senza aprirgliele, non usò la lingua,
gliele baciò e basta.
- Lo
vuoi. Fisicamente lo vuoi. Ne hai bisogno. - Era vero. Era vero da un
punto di vista carnale. Ma Zoro non ce la faceva. Alla fine strinse
gli occhi, trattenne il fiato e proprio mentre Mihawk pensava d'aver
vinto e schiudeva le labbra per prendersi meglio le sue, Zoro lo
prese per i fianchi e lo spinse.
Era
eccitato come non gli era ancora capitato e stava male, voleva
sbattere la testa contro il muro.
Mihawk
rimase agghiacciato a vederlo mentre si alzava con l'inguine
completamente teso.
- Non
ce la farei mai a rivedere Rufy se lo facessi e non posso rinunciare
a lui per una questione di ormoni. Tu sei un bell'uomo e provochi in
me cose incredibili e... e non capisco cosa tu voglia da me ma... io
non posso. Tu sei solo il mio maestro e da oggi ti devo la vita. Ma
non intendo pagare il mio debito col mio corpo. -
Quando
se ne andò Mihawk guardò in basso, la superficie ribolliva.
- Ma io
non voglio solo il tuo corpo. - Lo disse ad alta voce per ammetterlo
e si sentì anche peggio.
Aveva
bisogno di un cuore. Poteva essere quello forte ed incrollabile di
Zoro, così valoroso, oppure quello di un pazzo che riusciva sempre
nell'impresa di farlo ridere. Però ne voleva uno.
Ormai
era chiaro.
Ne
aveva abbastanza della solitudine.
Zoro
che aveva fisicamente voglia di fare sesso e che lo rifiutava
pensando che era più importante poter tornare da Rufy.
No, non
sarebbe mai successo, fra loro.
Dopo di
quello lo capì.
A tu
per tu col mare, giorni dopo, lo vide calmo.
Così
sarebbe stato forse più facile ma doveva cominciare in qualche modo.
Si
ricordò di quella volta, quando era quasi annegato, e della sua
voce.
Come
l'aveva udita? Dopo che aveva smesso di opporsi alla sua corrente
impetuosa.
Zoro si
tuffò in mare e nuotò con la spada fra i denti, quando fu
abbastanza in avanti e sentì che i piedi non toccavano, si immerse
completamente, prese la spada in mano ed aprì l'occhio per guardare
il blu intenso che lo circondava.
Pesci
piccoli nuotavano intorno, il rumore del mare era calmo e rilassante,
la marea lo cullava senza trasportarlo lontano.
Si
rilassò e si concentrò. Non sapeva quanto ci aveva messo.
Poteva
percepire l'acqua del mare scorrere nelle sue vene al posto del
sangue, poteva percepire i battiti delle onde che si infrangevano
sulla spiaggia al posto del proprio cuore, poteva vedere la pelle
colorarsi d'azzurro.
Allora
risentì quella voce.
Era una
specie di canto lontano e dolce, come sirene.
Si
incantò.
Era
immenso. Si sentì parte di una grandezza infinita.
E di
nuovo riuscì ad amarlo.
La pace
che provò dentro non l'aveva ancora raggiunta in quasi due anni che
era lì, però ora si sentiva sereno, sicuro, tranquillo.
Aprì
allora l'occhio, tirò su la spada e con l'aura azzurra che si
perdeva nell'oceano profondo fendette il mare.
Mihawk
era sulla spiaggia che guardava e Perona sospesa per aria, curiosa di
vedere se a poco tempo dalla sua partenza ci era riuscito.
Da
fuori si vedeva la superficie liscia con delle normali ondulazioni.
Non vedevano Zoro. Nel punto in cui era sparito, però, videro una
luce azzurra nascere e farsi sempre più grande ed improvvisamente,
proprio da sotto, l'acqua si alzò come se qualcuno avesse buttato
una bomba nel fondale.
L'acqua
schizzò in massa, alta, dritta come una lunghissima spada che si
stendeva su tutto l'oceano ed in avanti, sempre più avanti. Ancora
più avanti.
Mihawk
e Perona trattennero il fiato nel vedere questo fenomeno.
Una
spada d'acqua immensa tagliava in due il mare alzandosi fino al
cielo, poi cominciò a dividersi in due, si scisse e si aprì come
due muri che formavano una diga.
L'acqua
scendeva lateralmente alla spaccatura che continuava a diventare
sempre più profonda.
Continuò
e continuò fino a che non fu visibile il fondale marino e in esso
Zoro, in piedi con la sua spada.
Ci era
riuscito.
Aveva
diviso il mare.
Continuò
ad aprirsi, le mura di acqua alte intorno a lui, dritte,
dall'orizzonte alla spiaggia.
Si girò
e camminò sicuro e tranquillo sapendo che fino a che lui sarebbe
rimasto lì non si sarebbero richiuse.
Uscì e
raggiunse il suo maestro ancora ammutolito ad osservarlo.
Non
potendo padroneggiare la tecnica del cuore, non era una cosa che
riusciva a fare. La conosceva ma non l'aveva mai fatta.
Vederla
era spettacolare.
Rimasero
a guardare le acque riunirsi lente e Perona, in alto, con le mani
sulla bocca non ebbe per la prima volta parole.
Zoro
allora tornò a guardare Mihawk in attesa di conferme.
- Hai
completato tutte le esercitazioni, ti sei appropriato delle due
tecniche che ti avevo detto. Ora ti rimane solo una cosa. -
Zoro si
emozionò nel sentirlo, dopo rivedere Rufy, battersi ancora con
Mihawk era la cosa che più voleva nonostante le altre volte fosse
quasi morto.
L'eccitazione
crebbe in lui, in quello scambio di sguardi.
Mihawk
sapeva che dopo quello scontro se ne sarebbe andato ma era
inevitabile, non lo poteva rifiutare. Ormai lo doveva accettare.
- Pensi
che sia quasi fatta? Ti sbagli di grosso. Batterti con me significa
sconfiggermi. Se non mi supererai il tuo addestramento non sarà
concluso. Potrai andartene solo dopo. - Zoro si incupì.
- Io me
ne andrò quando scadrà il termine, che l'addestramento sia concluso
o meno. - Disse duro e sfrontato.
Perona
allora scese.
- Mi
dispiace deludervi, ragazzoni. Ma avete guardato il calendario prima
di parlare di tempi? - L'ironia solita della ragazza fantasma li
urtò, la guardarono seccati.
- Che
giorno è? - Chiese Zoro.
Nel
dirlo Perona sentì i brividi lungo la schiena e li identificò
subito nel risentimento di Mihawk che tramite quella notizia glielo
stava portando via prima del tempo.
- Se
vuoi essere dai tuoi amici nel giorno da voi stabilito, devi partire
ora. E sei anche in ritardo visto che tu sei un incapace e ti perdi!
- Mihawk la odiò, la odiò come non sapeva dire e guardò Zoro
impallidire, bagnato fradicio con la spada ancora in mano.
Il suo
cuore batteva eccitato, di nuovo, ma per un altro motivo e non il suo
duello.
Stava
per rivedere Rufy, finalmente.
La
gioia che lesse nei suoi occhi lo ingelosì.
Invidiò
Rufy dal profondo di sé.
- Non
ti permetterò di abbandonare l'addestramento a metà. - Disse subito
freddamente Mihawk.
- Non
sono a metà, ho quasi finito. E poi ti ho detto che non me ne
importava, io devo andare da lui! - Rispose astioso Zoro.
- Non
puoi. - Laconico.
- Certo
che posso, non me lo puoi impedire! -
Mihawk
brillò di risentimento e indietreggiando di qualche passo estrasse
l'enorme spada a croce che aveva sempre alle spalle. Lo fece con
movimenti lenti e ampi, poi gliela puntò contro.
- E
invece posso impedirtelo! -
Myhawk
lo stava sfidando a duello.
Zoro lo
guardò e per un momento, su due piedi, pensò di potersene andare lo
stesso. Poteva rifiutare il duello.
Poi lo
guardò.
L'uomo
che gli aveva salvato la vita, la sua compagnia per due anni. E non
solo.
Il suo
maestro.
Il suo
maestro lo stava sfidando ad un ultimo duello. Doveva batterlo per
potersene andare. Prendere o lasciare. Lasciare sarebbe stato
umiliante, meschino, ingrato, sconsacrante.
Prendere
avrebbe presupposto la possibilità di perdere tempo nel venir
sconfitto e nel dover recuperare le forze.
Non
aveva tempo, Rufy lo aspettava. Ma lui era il suo maestro. Il suo
onore di spadaccino.
La sua
solenne promessa che avrebbe ottenuto la forza necessaria per Rufy.
Dilaniato
dalla scelta, contrasse ogni muscolo.
Perchè
così?
Perchè
ora?
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Capitolo 16 *** Il saluto ***
*Ecco
l'ultimo capitolo... che tristezza, mi mancano già! Va bene, finisce
una e ne potrei iniziare un'altra... la riunione di Zoro e Rufy aspetta
un po' di riflettori, ho sempre pensato che l'avrei scritta. Penso che
lo farò. Intanto vedismo quest'ultimo capitolo. Zoro accetterà la sfida
di Mihawk? L'affronterà anche se è in ritardo per andare da Rufy? La
canzone che ho scelto per la fine è la mia preferita dei Breaking
Benjamin, ho preso alcuni versi che potrebbero adattarsi ai due nella
loro situazione. E' più per Mihawk comunque. Spero che la fic vi sia
piaciuta, la mia visione delle cose è esattamente questa e mi auguro
che possa essere condivisibile. Ringrazio sentitamente le persone che
hanno seguito e commentato riempiendomi di complimenti che non mi
aspettavo. Buona ultima lettura. Baci Akane PS: però potrei anche fare
qualcosa su Mihawk e Shanks visto che dopo Zoro e Rufy è l'altra coppia
che adoro!*
CAPITOLO XVI:
IL
SALUTO
“Se
devo farlo
Voglio mettere
me stesso accanto a te
Quindi
lascia che te lo chieda
E'
quello che vuoi?
E'
quello che vuoi?
E io non
penso
...
C'è una
linea sottile tra amore e odio
...
Continuo
a cercare il mio posto nel diario di Jane
Allora
dimmi come dovrebbe essere
Disperato,
striscerò
Aspettando
così a lungo
Nessun
amore, non c'è alcun amore
Morto
per tutti
Che cosa sono
diventato “
-
The diary of Jane – Breaking Benjamin -
normal:
http://www.youtube.com/watch?v=DWaB4PXCwFU
acustic:
http://www.youtube.com/watch?v=9kIUbZITNvs
Zoro
capì che Drakul Mihawk voleva combattere con lui e se Drakul Mihawk
voleva combattere con lui, non poteva rifiutare.
Però
Rufy lo stava aspettando.
Lui
aveva fatto tutto quello per Rufy, solo per lui. Il resto era
diventato un contorno.
Decise
che per una volta avrebbe messo da parte i propri capricci.
Rufy
era più importante.
Zoro
prese un respiro profondo, era un notevole sforzo andarsene così e
rifiutare il duello che desiderava di più in assoluto, ma non ci
poteva fare niente.
Un uomo
doveva saper raccogliere le sfide giuste e rifiutare quelle
sbagliate.
Ci
sarebbe stato un altro tempo per Mihawk.
Gli
bruciava, non lo nascondeva, ma era così.
Raccolse
le proprie spade e ignorando il maestro fece per andare verso il
castello a tirare su le proprie poche cose.
La lama
lunga e nera di Mihawk gli sbarrò la strada, Zoro spostò gli occhi
sui suoi, sottili.
- Non
posso ora. -
Era
orribile da parte sua ma aveva scelto Rufy.
- Io
non ti farò andare via prima di questo duello. - Non capiva perchè
lo facesse, sapeva solo che non poteva permetterselo.
Zoro
cambiò direzione per potersene andare ed allora il fendente vibrò
nell'aria.
Era la
prima volta che Mihawk attaccava per primo ed in generale che
attaccava.
Zoro
saltò di lato, non voleva combattere.
Cercò
di ignorarlo ma al secondo colpo dovette tiare fuori la spada e
deviare il colpo. Lo scontro delle lame fece uscire le scintille.
Dopo
aver parato il colpo saltò all'indietro sistemandosi bene davanti a
lui. Corrugò la fronte.
- Non
ho tempo per te! - Grugnì.
Mihawk
roteò l'enorme spada in alto a dipingere un cerchio nel cielo e poi
la spinse contro Zoro, la punta sul mento. Fermi. Non respiravano.
Occhi negli occhi.
- Nella
vita non troverai solo i duelli che gradisci! Ti troverai a doverne
fare molti contro la tua volontà. Col tuo capitano in fin di vita
che dipende da te e tu che non lo puoi raggiungere se non abbatti
questo nemico. Impara un'ultima lezione, se ti riesce. -
Zoro ne
aveva una gran voglia, voleva davvero restare ed impararne altre,
però il tempo scorreva e non poteva trattenersi lì quanto voleva.
Combattere
con Mihawk con fretta lo urtava, voleva poterlo fare con calma e
godersi il momento ma l'incombenza di dover partire subito era
enorme.
Rufy
era più importante.
Sfilò
anche le altre due spade e si mise la terza fra i denti, così si
piegò sulle gambe e tirando indietro un braccio ebbe un pensiero.
Un
pensiero folle e presuntuoso.
“Gli
concederò un solo colpo. Userò una unica tecnica.”
Effettivamente
ne aveva una nuova, dopo aver posseduto la pioggia ed il mare.
Voleva
provare un nuovo colpo.
- Ti
darò un solo colpo. Se ti batterò con questo bene, altrimenti me ne
andrò lo stesso anche se il duello non è terminato. - Sarebbe stata
la prima volta che veniva meno alle regole degli spadaccini. Mai
lasciare un duello in sospeso.
Per
Rufy l'avrebbe fatto.
Mihawk
abbassò la spada e sorrise divertito dalla sua sfrontatezza. Gli
piaceva.
Ovviamente
era convinto di poterlo trattenere rispondendo al suo colpo con un
altro colpo ed un altro ed un altro ancora.
E
quando avrebbe ritenuto opportuno l'avrebbe ferito a fondo in modo da
renderlo inoffensivo. Poi l'avrebbe imprigionato ed in seguito ci
avrebbe pensato.
Era
sicuro che il livello di Zoro non fosse ancora sufficiente.
- Se
pensi che basti, fallo! -
Zoro
respirò piano, si concentrò e l'aura azzurra del mare gli tornò
intorno come un alone, Mihawk l'osservò stupito. Aveva già creato
una tecnica nuova per il mare?
Non ci
poteva nemmeno credere. Nessuno poteva perfezionare una tecnica
appena imparata in così poco tempo.
Zoro
cominciò ad indietreggiare lentamente, come prendesse la rincorsa.
Mihawk
era anche curioso, non si muoveva ma era in posizione di difesa.
Zoro si
fermò, prese un altro respiro ed aprì l'occhio, nel momento in cui
lo fece scattò in alto. Fece un salto così alto e lungo che parve
quasi camminare nel cielo, Mihawk non sapeva avesse una tale
elevazione ma non si perse per quello, si perse perchè nel salto gli
veniva incontro e con la sua aura gigantesca per un momento gli parve
d'avere davanti un'onda. Un'onda come un cavallone. Un muro d'acqua
che gli veniva incontro con tutta la forza e la furia del mare in
tempesta.
Zoro ne
era al centro con le braccia aperte, le spade sembravano più lunghe
e più grandi di quanto non fossero. Quando fu sopra di lui scese in
picchiata come l'onda si abbatteva sul fondale, dopo aver raggiunto
il massimo punto d'altezza.
Zoro
travolse Mihawk con una forza nuova che non aveva avuto altre volte e
per poco non ne ebbe ragione.
Fu per
la prontezza di riflessi di Mihawk che non lo trafisse. Parò il
colpo all'ultimo dopo essersi buttato di lato e venir così ferito
dalla terza lama.
Dopo,
tutto si fermò. Il tempo si sospese, Zoro si voltò verso Mihawk per
la prima volta a terra, nella sabbia, con un taglio, seppure leggero,
sul fianco.
Si
guardarono ansimanti, sorpresi. Nemmeno Zoro aveva pensato di
farcela, non per lo meno di arrivare così vicino.
Rinfoderò
due spade e ne tenne pronta solo una, si asciugò il sudore dalla
fronte e dopo un tempo infinito in cui pensò a come congedarsi,
semplicemente si chinò con reverenza e calmo disse.
-
Maestro. - Esordì. Non si alzò, Mihawk si tirò su su un ginocchio,
affondò la spada nella sabbia e capì che il duello si sospendeva.
- Non
ritengo concluso l'addestramento e nemmeno questo duello. - Disse
freddamente composto, il mento alto. Zoro aprì l'occhio e lo guardò
tirandosi su.
-
Tornerò per concludere entrambi. - Mihawk sapeva che non l'avrebbe
fatto ma gli piacque credere che così sarebbe potuto essere.
- Ti
aspetterò. - Rispose il maestro. L'allievo allora alzò la spada
davanti al suo viso in segno di saluto solenne fra spadaccini.
-
Grazie di tutto. - Mihawk annuì e non disse altro. Zoro poi si voltò
e semplicemente se ne andò.
Se ne
era andato da un paio d'ore, Mihawk era tornato in casa e guardava la
data sul giornale odierno.
- Ma
Perona! Che conti hai fatto? Non ci vogliono così tanti giorni per
raggiungere l'Arcipelago da qua... - La ragazza fece un risolino dei
suoi e rimase a guardare fuori dalla finestra, verso il mare.
-
Quello zoticone sta facendo il giro dell'isola in barca per la terza
volta. Non arriverà mai nemmeno a salpare! - Disse come se Mihawk
non avesse proferito parola.
Mihawk
si avvicinò a lei e guardò Zoro girare in tondo sull'acqua come un
povero imbecille.
- La
navigazione non è per lui. - Asserì. - Lo puoi accompagnare tu? -
Perona sospirò come se dicesse 'cosa fareste senza di me'.
- Spero
mi ricompenserai, dopo! - Mihawk non aveva ancora capito cosa volesse
quella ragazza di preciso, ma aveva deciso di non indagare, la
lasciava libera di fare ciò che voleva in cambio dei servigi che le
chiedeva ogni tanto.
Collaboravano
molto bene.
- Siamo
pari. - Disse quando lei stava per andare via. Lei si fermò e non si
voltò, però fece un'altra risatina e rispose frivola.
- Se
aveste saputo d'avere il tempo necessario per un duello serio sarebbe
finita male per lui. Perchè avresti fatto di tutto per non lasciarlo
andare. A costo di ucciderlo. -
Mihawk
non fece particolari pieghe, però aggiunse con un sorrisino
enigmatico dei suoi.
-
Dunque alla fine ti piaceva davvero... - Perona fece riecheggiare la
sua risata nell'aria fino a che non se ne andò.
Mihawk
rimase a guardare i due bisticciare e poi partire e fece un sorriso
divertito.
Dopotutto
quella ragazza sapeva il fatto suo.
Rimase
un po' a guardare i due sparire oltre l'orizzonte e solo dopo una
mezz'ora abbondante, si tolse l'indumento e si guardò il fianco, la
ferita sanguinava ma non copiosamente. Era fiero di quella ferita, la
prima che riceveva che non venisse da Shanks.
Sorrise.
Il suo
allievo stava facendo progressi. Sperava davvero di poterlo
affrontare, un giorno. Ancora una volta.
- Non
dirmi che quel ragazzino è riuscito davvero a ferirti! Mi stupirebbe
davvero! - La voce era familiare.
Mihawk
non aveva nemmeno fatto in tempo a pensare 'ora sono di nuovo solo'
che lui era tornato.
Stranamente
silenzioso come non sapeva essere.
Alzò
lo sguardo su Shanks che sorrideva come al solito.
Non lo
vedeva da più di due anni, era contento di trovarlo proprio in quel
momento, non lo poteva negare.
-
Figurati... volevo solo dargli una spinta per credere di più in sé
stesso... - ma questo forse era peggio di ammettere che era stato
ferito in duello.
Shanks
infatti rise e Mihawk cominciò a sentirsi meglio.
Si
avvicinò e gli tolse la mano col fazzoletto con cui si asciugava il
sangue, gli toccò il ventre e gli sfiorò la ferita.
Mihawk
trattenne il fiato.
Gli era
mancato il suo tocco. Un tocco che era suo, veramente suo.
Un
tocco che non sarebbe stato rifiutato e non sarebbe finito con un
nulla di fatto.
Sorrise
malizioso e cominciò a slacciargli la camicia.
In
effetti gli era mancato Shanks stesso, forse era stato per questo che
aveva cercato in Zoro il suo sostituto. Ma alla fine non era mai
stato lui quello che aveva voluto veramente.
- Sei
qua per prenderti gioco di me o per renderti utile? - Disse suadente
e accattivante.
Shanks
ridacchiò ancora mentre scendeva con le dita sulla sua cintura e
gliela apriva.
- Tutti
e due... -
Mihawk
solo con le labbra sulle sue poté capire perchè Zoro avesse
preferito Rufy. Contro certe persone non c'era proprio confronto.
Nemmeno
Zoro l'aveva con Shanks. Forse non l'avrebbe mai ammesso, però alla
fine poteva anche dirselo.
Forse
con Shanks non viveva una storia d'amore intensa e classica come Zoro
e Rufy, però era la sua nota di colore nel proprio grigiore spento
costante.
Il suo
rosso.
Un
rosso a cui non avrebbe mai rinunciato, dopotutto.
“Forse
non sono poi così solo!”
No, non
lo era.
Si
tornava alla normalità.
E
finalmente stava tornando anche Zoro, a quella normalità.
L'eccitazione
era in una costante crescita e non poteva ignorarla, però la
controllava abbastanza bene.
Stava
per rivedere Rufy, non ci poteva credere.
Non
osava nemmeno pensare a cosa significasse di preciso. Era importante.
Era maledettamente importante.
E
c'era.
Ripensò
per un attimo a Mihawk. Il suo maestro. Un grande maestro senz'altro.
Non
aveva mai capito cosa l'avesse mosso nei suoi confronti, però se non
ci fosse stato Rufy, se non fosse nemmeno esistito, sicuramente le
cose fra loro sarebbero potute andare diversamente.
Lo
pensò con lucidità.
- Mi
devi la vita, lo sai? - Fece Perona dopo un po' di silenzio fra i
due.
- La
devo al mio maestro, la vita. - Rispose laconico. La ragazza capì in
quel momento che per Zoro non ci sarebbe in ogni caso mai stato
spazio per nessun altro se non il capitano ed il maestro. Una
battaglia persa in partenza, si disse.
Ma
intanto gli aveva salvato la vita, Mihawk pur di non farlo andare via
l'avrebbe ucciso. Lei lo sapeva.
Zoro
tornò a pensare a Rufy.
Lo
stava per rivedere. Aveva superato il peggio, qualunque cosa sarebbe
successa ora, qualunque ostacolo o difficoltà sarebbe stata nulla a
confronto dei due anni passati senza di lui.
Da lì
le cose sarebbero potute andare solo in meglio.
Ce
l'aveva fatta. Il duello con sé stesso, l'aveva vinto.
FINE
Seguitemi sulla mia pagina autore per sapere
quando e cosa scrivero riguardo One Piece...
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