Allievo e maestro

di Akane
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Il primo passo ***
Capitolo 2: *** Regole ***
Capitolo 3: *** Mire ***
Capitolo 4: *** Morire è una cosa inutile ***
Capitolo 5: *** Una sfida nell'allenamento ***
Capitolo 6: *** Ciò che vogliamo essere ***
Capitolo 7: *** tutto e subito ***
Capitolo 8: *** Buona prova ***
Capitolo 9: *** Tanto cuore, tanta forza ***
Capitolo 10: *** Ce l'avrebbe fatta ***
Capitolo 11: *** La tecnica della pioggia ***
Capitolo 12: *** Doveva migliorare ***
Capitolo 13: *** Per un momento ***
Capitolo 14: *** Il desiderio più nascosto ***
Capitolo 15: *** Il segreto del mare ***
Capitolo 16: *** Il saluto ***



Capitolo 1
*** Il primo passo ***


AUTORE: Akane
TITOLO: Allievo e maestro
SERIE: One Piece
TIPO: long fic, yaoi
GENERE: generale, sentimentale
RATING: arancione
PAIRING: Roronoa Zoro, Drakul Mihawk, Perona. La coppia è Zolu (Zoro/Rufy -Luffy- ) ma DraZo (Drakul/Zoro)
DISCLAMAIRS: i personaggi non sono miei ma di Oda, io li prendo in prestito per puro diletto.
NOTE: questa fic ho iniziato a scriverla molto tempo fa (leggendo quelli che all'epoca erano spoiler e che ora non lo sono più) e l'ho finita solo di recente, dopo una pausa intorno agli ultimi capitoli l'ho conclusa. La pubblicherò ogni 4 giorni. Conta 16 capitoli. Siamo nel periodo dei due anni di allenamenti, quando sono divisi e Zoro è l'allievo di Mihawk. Con loro c'è Perona. Fin dove sono arrivata a leggere io il manga (non sono più dietro agli spoiler) non si sa molto di quel periodo per non dire nulla, così la mia fantasia è partita. Apprezzo molto Mihawk ed ho sempre pensato che se non fosse che Zoro sta tanto bene con Rufy e che Mihawk sta tanto bene con Shanks, loro due sarebbero una coppia perfetta. E così curiosa di vedere cosa fosse successo fra loro due in quei due anni, ho deciso di cimentarmi in quest'impresa. Potrebbe essere che ci sono incongruenze col manga, cose inverosimili e cose che non garbano all'universo conosciuto, però questa è la mia fic! Tutto ciò è la mia visione di come potrebbero essere andate le cose, c'è tutta la mia fantasia insomma. I precedenti sono che Zoro e Rufy stanno insieme e c'è un forte amore a legarli e Mihawk ha una relazione di sesso sporadica con Shanks. Spero di non aver scordato nulla. Buona lettura. Baci Akane
PS: le fan art che trovate sotto al titolo non sono mie ma trovate in rete e sono disegni che in qualche modo per qualche motivo racchiudono un po' ciò che c'è in questa fic... o semplicemente mi piacevano e le volevo mettere!
PPS: ogni capitolo ha una canzone sempre dello stesso gruppo. I Breaking Benjamin mi hanno fatto da colonna sonora per questa fic quindi ho deciso che sarà anche quella di chi legge. I link riportano al video. Ci sono anche dei versi tratti dalle canzoni.

ALLIEVO E MAESTRO

zoro: 1 - 2 - 3 - 4 - 5 - 6 - 7 - 8 - 9 - 10
mihawk:  1 - 2 - 3 - 4 - 5
shami: 1 - 2
shanks
drazo: 1 - 2 - 3 - 4
drazo + perona
zolu: 1 - 2 - 3 - 4 - 5 - 6

CAPITOLO I:
IL PRIMO PASSO

"Di' addio
mentre balliamo con il diavolo stanotte
Non osare guardarlo negli occhi
mentre balliamo con il diavolo stanotte
Tieni duro
Tieni duro

Io credo in te"
 
Gli bastò il suo sì e come se avesse vissuto fino a quel momento solo per quello e non per il suo opposto, ovvero per batterlo, si accasciò e si lasciò finalmente andare vinto dalle proprie ferite profonde.
Mihawk lo guardò con lo stupore dietro l’impassibilità, le iridi dorate percorsero il ragazzo stremato e interamente coperto di ferite e sangue, respirava a fatica ed ormai era completamente privo di difese, svenuto ed alla sua mercede.
Se quello era il suo primo allievo, l’impatto iniziale era quanto di più contraddittorio avesse provato in vita sua.
Da un lato il suo unico allievo osava svenire come primo approccio; dall’altro sapendo tutto quello che aveva fatto in quei giorni dove non si era mai dato per vinto nemmeno quando lui stesso gli aveva detto di non combattere inutilmente battaglie perse in partenza, non poteva che capire quanto al limite fosse.
Alla fine vinse questo secondo sentimento e senza la capacità di sorridere, pensò freddamente:
Almeno finalmente si deciderà a riposare!”
Poi sospirò e si guardò intorno. In quel vecchio castello isolato viveva praticamente da solo con l’unica ospite auto invitata che svolazzava di continuo intorno a loro.
Perona, una specie di fantasma, era ancora lì sopra di loro a guardare stupita la scena. Fino a quel momento aveva sperato se ne andasse ma capì che tutto sommato da ora sarebbe potuta essere utile.
- Ehi ragazza fantasma, curalo che poi quando sarà rimesso cominceremo. - Disse in una sorta di ordine. In realtà non si sprecava nemmeno a farne, il tono bastava a far capire che gli altri dovevano eseguire. Dare ordini presupponeva un impiego di tempo e forze per imporsi e far capire che lui aveva l’autorità per darne, cosa che lo snervava ampiamente, per cui tendeva sempre a dare per scontato che quando diceva qualcosa con tale fermezza era perché gli altri dovevano farlo e basta.
Naturalmente dipendeva da chi si trovava davanti, con certi elementi sapeva che non funzionava, con altri invece era loro obbligo sottostare a lui e questo per un motivo principalmente.
Lui era più forte.
Perona capendo che gli stava ordinando di curarlo alzò l’ombrellino viola a cui stava sempre appesa e fece per tirarglielo addosso, pareva non gradire il tono:
- Curalo tu, se ci tieni! Per chi mi prendi, la tua serva? E poi non ho la minima idea di come si curi, cosa credi! -
Così con fare isterico la ragazza che sembrava un fantasma-bambolina in perfetto stile gotico nei toni del rosa e del viola, se ne andò via lasciando i due uomini da soli.
Uno completamente svenuto e l’altro in piedi davanti a lui che lo fissava distante cercando a sua volta di capire cosa mai dovesse fargli.
Senza dire niente e scomporsi di un pelo, si abbassò e unendo i polsi di Zoro, se li alzò sopra la testa, quindi tirò e si passò l’intero busto del peso morto intorno alle spalle, infine se lo issò con una certa facilità alzandolo dal pavimento.
Il sangue gocciolò e se lo sentì colare addosso sui vestiti e sulla pelle.
Giunto in una delle molte stanze del castello deserto a sua disposizione, l’adagiò sul letto matrimoniale e si tirò di nuovo su ad osservarlo cercando di capire quale potesse mai essere la parte successiva.
Era ferito e sporco di sangue ma anche di terra e chissà cos’altro. Oltre a delle cure pratiche gli serviva un bel bagno e dei vestiti nuovi, visto che quelli che aveva erano ormai a brandelli.
Se voleva stare con lui ed essere il suo allievo doveva essere ordinato e pulito come minimo ma anche disposto a distruggersi pur di ottenere il giusto livello.
Gli sembrava strano doversi occupare di qualcuno in quel modo, non l’aveva mai fatto per anima viva, anzi, tendenzialmente li riduceva in quello stato e li abbandonava senza preoccuparsi minimamente della fine che potevano fare.
Nonostante non l’avesse mai fatto, decise che se Zoro avrebbe dovuto imparare ad essere un vero spadaccino -e doveva ammettere che dopotutto era a buon punto-, lui doveva come minimo imparare a trattare un essere umano da… bè, umano. Almeno il suo allievo.
Il primo e unico.
Poi c’era Shanks ma lui era un’altra cosa… lo diceva sempre.
Non lo trattava da umano ma da pari, il che era anche diverso ed ancora più raro.
Zoro, comunque, non sarebbe ad ogni caso mai stato trattato da Mihawk da essere umano ma bensì da allievo, anche questo era molto diverso.
Con il coltello a forma di croce appeso al collo gli tagliò le bende che rimanevano appese e che si era messo alla buona appena approdato nella sua isola. Ricordava com’era giunto giorni prima. Anche allora era ferito e stremato e ci aveva messo un po’ a riprendersi.
Questo ragazzo ha più sangue in giro per il mondo che in sé!”
Commentò al volo ricordando che anche la prima volta che l’aveva incontrato, nel Baratie, per sua mano aveva perso almeno una quantità industriale di sangue; poi quando gli era giunta la notizia che aveva battuto quello che tutti conoscevano come Mister One e che in realtà era un rinomato criminale molto forte dal corpo di acciaio, non aveva potuto che immaginare a quale prezzo.
Tolte le bende residue e scoperte le vecchie ferite per niente rimarginate e le nuove di quei giorni di lotte continue coi mostri che vivevano su quell’isola, si occupò dei vestiti che tolse con lo stesso metodo, senza il minimo interesse per qualcosa di così lercio e malridotto e che soprattutto non era suo.
Una volta completamente nudo, optò per un bagno caldo ristoratore dove avrebbe potuto continuare a dormire e nel frattempo si sarebbe lavato e curato da sé senza che nessuno avesse avuto bisogno di alzare un dito.
Lo lasciò per riempire la vasca.
Era un bagno termale molto ampio ed esagerato, le vasche erano spropositate e con ogni comodità sebbene ancora più comodo sarebbe stato avere degli addetti che si occupavano di quelle seccature al posto suo.
Nessuno aveva il coraggio di vivere lì e del resto lui l’aveva scelto proprio per quello. Perché sarebbe potuto essere di certo solo, specie considerando l’esterno…
Quando la vasca fu piena di acqua bollente e sali curativi e rigeneranti, tornò da Zoro e per un istante contemplò il suo corpo. Si vedevano molte cicatrici ma sopra tutte c’era quella che gli aveva fatto lui al petto. Era stata ricucita bene ma non sarebbe mai andata via, sarebbe rimasta per sempre a testimoniare gli errori e le sconfitte. Probabilmente un giorno sarebbe stata anche la più preziosa, per quel ragazzo, oltre che la più odiata.
Ancora profondamente imperturbabile, tornò a prenderlo sulle spalle come aveva fatto prima ed in breve raggiunse le terme dove l’adagiò nella vasca più grande. L’appoggiò a peso morto e lo vide andare giù come un sasso, sotto la superficie che ribolliva.
Mihawk sospirò vagamente seccato capendo che gli sarebbe toccato anche il bagno fuori programma.
Cos’era, un baby sitter?
Non si era mai chiesto cosa dovesse poi essere un maestro, in realtà. Aveva accettato senza porsi quella domanda ma davanti a tanta convinzione e volontà non aveva saputo rifiutare.
Capendo che sarebbe annegato se l’avesse lasciato a sé stesso, si tolse i vestiti e completamente nudo a sua volta si immerse nella vasca spaziosa, lo prese per le ascelle, da dietro, e lo tirò su facendolo riemergere, poi si adagiò all’estremità rendendosi conto che comunque finché quel peso morto non si sarebbe svegliato non avrebbe potuto mollarlo.
E dunque devo stare così ancora per quanto?”
Si chiese realizzando che comunque era una posizione non solo equivoca ma anche molto evocativa.
Così come il corpo di quel ragazzo.
Zoro era forte e prestante, molto muscoloso e ricordava decisamente il corpo dell’unico uomo che aveva avuto modo di accarezzare invece che ferire.
Shanks il rosso, di nuovo, tornò ai suoi pensieri e allo stesso modo in cui gli venne ci rimase. Rinunciò all’idea di sistemare Zoro in altro modo che non fosse fra le proprie braccia, contro il petto, e lasciando che la schiena si adagiasse comodamente sul torace e che l’acqua cominciasse la propria parte sia curativa che lavativa, ricordò quante volte aveva fatto il bagno con il suo unico compagno -sporadico- che aveva mai avuto.
Non poteva dire di avere con lui una relazione fissa, con uno come Shanks di certo nessuno poteva averla, ma era sicuramente quello con cui aveva maggiore rapporto.
Anche perché era poi l’unico con cui oltre a combattere e misurarsi con la spada senza mai aver prevalso nettamente, finiva anche sistematicamente a letto.
Questo non da subito, un paio di lotte le avevano fatte, poi l’altro aveva preso in mano la situazione dimostrandogli che non c’era solo il dolore e la noia nella vita ma anche la gioia. Un tipo di gioia che lui non solo non aveva mai provato ma nemmeno contemplato.
Sempre che quella fosse la definizione appropriata.
Più che altro piacere carnale, quello era il suo nome.
Il corpo di Shanks era decisamente stato il solo capace di dargli dolore e piacere in ugual misura. Prima sul terreno di battaglia e poi in camera da letto. O in un bagno termale per curarsi e rilassarsi.
Mihawk la mania della pulizia e dell’igiene l’aveva sempre avuta e dopo ogni allenamento non aveva mai rinunciato al bagno, mai.
Una di quelle volte si era portato dietro Shanks che non aveva dimostrato la saggia intenzione di darsi una rinfrescata. Grave misfatto.
Bè, poi la lavata se l’erano fatta. Una lavata molto profonda.
Al ricordo un vago sorriso soddisfatto si dipinse sul suo viso marmoreo, cosa rara e che accadeva solo in ciò che riguardava il suo compagno, poi svanì subito quando sentì Zoro finalmente rinvenire. A quel punto lo mollò sapendo perfettamente quale sarebbe stata la sua reazione.
- Ma che diavolo… - Mugugnò il giovane che si ritrovò immerso in una vasca termale appoggiato a qualcosa di caldo, morbido e forte.
Quando mise a fuoco Mihawk e soprattutto mise a fuoco la loro nudità, alzò immediato un sopracciglio incenerendolo con una tale espressività da dover essere premiato.
Mihawk si chiese come una faccia potesse parlare tanto e minacciare qualcuno senza l’uso di una sola parola.
Di suo non ne era capace, lo riconosceva, sebbene non si rendesse conto di quanto intimidisse e soggiogasse le persone coi suoi sguardi magnetici da falco.
Le espressioni di Shanks erano generalmente buffe e comunque allegre, mentre quelle di ogni altra creatura che affrontava non erano mai degne di nota. Non le aveva mai calcolate, nemmeno viste, come se chiunque altro non avesse viso.
Quella di Zoro era la prima che la notava e si chiese se tutti fossero così bravi a minacciare con l’espressione.
- Non ti ho fatto niente di male, eri lurido e ferito e siccome non avevo intenzione di tenere una persona così sporca in casa mia, ho deciso di renderti decente. - Lo disse tirando fuori tutto il suo lato snob che possedeva e Zoro cominciò ad odiarlo profondamente. Come se fosse possibile odiarlo più di prima.
Prima era stato solo lo spadaccino più forte del mondo da battere, ora era una persona odiosa, snob e pedante. Era peggio.
Alla fine optò per un grugnito che Mihawk tradusse con una certa nota di divertimento -seppure nascosta dalla sua solita aria fredda e distaccata-
- Non ti toccherei mai con un dito. Con una spada magari, ma con un dito mai. - Anche se poi l’aveva preso sulle spalle e trascinato per il castello, ma quello era un altro paio di maniche.
Zoro non rise di quella che qualcuno avrebbe interpretato come una battuta, il punto era che entrambi privi del senso dell’umorismo -e Zoro specie in quel momento- non prendevano in considerazione il lato divertente di nulla di ciò che accadeva.
Mihawk stesso aveva detto quella cosa seriamente convinto.
- Per stanotte ti curi, ti riposi e ti nutri, domani parleremo delle regole, poi quando starai bene cominceremo le lezioni. -
Non attese risposte ovvie, dopo l’informazione tagliente Mihawk si alzò ed uscì dalla vasca senza il minimo senso del pudore.
Il suo fisico marmoreo e ben modellato era sempre piuttosto visibile per i vestiti poco coprenti che indossava, ma vederlo tutto nudo era diverso, specie se bagnato.
Era come una statua scolpita sul ghiaccio, ne rimase impressionato ma non fece la minima piega e con quell’aria imbronciata distolse seccato gli occhi dal suo piacente fondoschiena per rivolgerli al viso, agganciato il suo sguardo severo lo sentì dire:
- Stai quanto vuoi, ti faccio trovare la cena pronta. La camera è quella in fondo a questo stesso corridoio. -
Così dicendo, dopo essersi avvolto nell’asciugamano ed essersi ripreso i vestiti di prima, uscì senza dire altro o mostrare imbarazzo. Come fosse normale tutto quello.
Del resto più chiaro non sarebbe potuto essere.
Fino al giorno successivo non si sarebbero rivisti ed anzi sarebbero stati insieme il minimo indispensabile, probabilmente.
Meglio così!” Si disse Zoro. “Non lo sopporto, l’ho sempre odiato ma ora che lo scopro così snob è anche peggio! Potrei morire e lo preferirei, ma non posso lasciare Rufy. Già questo tempo sarà tremendo. Sapere cosa ha passato, sapere come soffre, sapere come si distrugge… sapere tutto, non è per niente bello. Doverlo sopportare, non poter andare da lui e dargli ciò che gli servirebbe. Però seguire la sua volontà è ciò che non smetterò mai di fare, in nessun caso. Perché se mi dice qualcosa da fidanzato è un conto, ma se me lo dice da capitano è diverso. E lui da capitano ha detto che dovremo stare separati due anni. Sapere il perché però non lo rende più facile. Immagino sia giusto così ed anche se non lo fosse, è lui che lo vuole ed è questo che va bene. Farò tutto ciò che serve e quando ci ritroveremo non sarò più nell’impossibilità di non riuscire a proteggerlo. Mai più. Per questo starò qua e farò tutto ciò che serve, ogni cosa e oltre. Per lui. Per Rufy. Perché lo amo più della mia vita, altrimenti ormai mi sarei lasciato morire tante di quelle volte che non le so contare. La mia vita non mi appartiene più ormai e visto che è sua farò di tutto per impedirgli ogni sofferenza e pericolo futuro. E so che ci ritroveremo. Lo so.”
Con queste promesse granitiche nel cuore, Zoro riuscì finalmente a rilassarsi, seppure il suo tormento per non esserci potuto essere nel momento di maggior dolore del suo compagno e capitano non sarebbe mai andato via. Mai.

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Capitolo 2
*** Regole ***


*Ecco qua il nuovo capitolo. Come promesso dopo 4 giorni. Il prossimo mercoledì. Questa volta ho inserito tutto il testo della canzone di riferimento ed anche per questo c'è il link per ascoltarla. In questo secondo capitolo abbiamo il vero incontro di Zoro e Mihawk, sono sempre preliminari, si studiano ancora mentre la parte attiva della storia comincia con l'addestramento che, a sua volta, avrà luogo col prossimo capitolo. Perona non è proprio co protagonista ma siccome lei in ogni caso è là con loro, appare spesso ugualmente. Spero di aver ridotto gli errori grammaticali o di sintassi (o di dettagli) ai minimi termini, faccio sempre del mio meglio, se notate qualcosa che non va ditemelo perchè sono sempre cose utili. Riguardo la trama, invece, l'avevo già detto l'altra volta. E' semplicemente la mia visione di come possono essere andate le cose in quei due anni. C'è una forte componente erotica costante, questo forse non l'avevo scritto. Grazie a chi ha commentato, Eowyn278 e ad Akemichan. Buona lettura. Baci Akane*

CAPITOLO II:

REGOLE
 
Lo sto perdendo di vista
Non contare su di me
Sto seguendo il sole
Che segue me
Conosci il mio nome
Conosci il mio volto
Ma non il mio cuore
Se tu sapessi qual è il mio posto
Andrò dritto per la mia strada
Il più lontano possibile!
'Io Seguo te, tu Segui me
Non ho idea del perché, tu mi menta così spudoratamente
Te lo farò notare con l’ironia'
Illuminami
Rivelami il mio destino
Basta tagliare queste corde
Che mi tengono al sicuro
Tu sai come sono fatto
Conosci il mio sguardo
Ma non il mio cuore
Se tu sapessi qual è il mio posto
Andrò dritto per la mia strada
Il più lontano possibile!

Metti fine a questa attesa
Io, io odio questa attesa
Odio questa attesa

Non so perché
Non so perché”

- Follow me – Breaking Benjamin -


Quando si rese conto di essere osservato, si tirò su a sedere; dopo qualche ora i suoi sensi da spadaccino si erano attivati captando una strana aura davanti al viso e quando aveva aperto gli occhi si era alzato di scatto in un unico movimento per scontrarsi con la spia in questione.
Perona cominciò a lamentarsi massaggiandosi la fronte che era andata a duro contatto con quella di Zoro, lui non fu da meno…
- Che diavolo ci facevi qua a fissarmi dormire? - Chiese alla fine.
Il fantasma sbuffando si rialzò in volo e come una principessina offesa, replicò:
- Ero venuta a svegliarti ma sembravi morto! Ti chiamavo e non mi rispondevi, ti scuotevo e non mi rispondevi! Alla fine sono rimasta in attesa pensando che prima o poi avresti dovuto sentirmi. Stavo per usare uno dei miei fantasmi per disturbarti il sonno ma finalmente ti sei svegliato! - Zoro la guardò peggio che mai, si ricordava di lei, era una dei tirapiedi di Moria a Thriller Bark, nonostante non fosse una seria minaccia era seccante e questo era ben peggio.
- E perché diavolo dovevi svegliarmi? - Era ancora mezzo addormentato e per di più seccato, non riusciva a fare bene mente locale su tutti gli eventi del giorno prima.
- Perché c’è la colazione e poi tu e quell’uomo odioso comincerete! -
Zoro a ‘uomo odioso’ capì di chi parlava e di cosa si trattasse e alzandosi di scatto si trovò a sopportare delle fitte non indifferenti per le ferite che aveva ancora e che naturalmente in una notte e con un solo bagno caldo non erano guarite. Nonostante ciò si rivestì -la sera prima era andato a dormire subito dopo il bagno saltando la cena, era troppo stanco e non si era nemmeno curato di rivestirsi- e ammonendo con un pessimo sguardo Perona che lo fissava interessata, una volta coperto con un paio di pantaloni, uscì dalla camera ignorandola. Il busto era tutto bendato e non si era nemmeno accorto di quello, troppo abituato ad avere ferite costanti così come ad ignorare le fitte di dolore per le stesse.
Fu per questo che la ragazza lo seguì come una furia brontolando isterica:
- Ed un grazie sarebbe carino, sai? Chi credi che ti abbia bendato quando ti sei messo a dormire nudo come una scimmia? Chi ti ha fatto la colazione stamattina? Chi… - Ma fu fermata da uno sguardo talmente assassino che Zoro stesso si guardò intorno per vedere chi aveva avuto tale meraviglioso potere di zittire quella ‘cosa’!
Trovò Mihawk seduto a tavola all’estremità opposta alla sua e con quello sguardo tipico suo, rispose alle strilla di Perona con laconicità:
- Hai solo eseguito i miei ordini. Ed aggiungo 'finalmente'! Se l’avessi fatto prima mi avresti risparmiato quel bagno! -
Zoro si sedette trovando improvvisamente interessante quel dialogo…
- Intanto precisiamo che non sto eseguendo ordini ma è solo che ho un buon cuore e che riconosco che ti devo l’ospitalità che gentilmente mi porgi, di conseguenza se non voglio morire di fame o assiderata, il minimo è fare da mangiare o seguire quelli che sono odiose richieste e non stramaledetti ordini! -
Zoro si figurò la scena mentre cominciava a mangiare con una gran fame per tutto il tempo che aveva saltato i pasti.
Probabilmente Mihawk era passato a vedere perché non avesse mangiato e trovandolo addormentato nel letto aveva ordinato alla bambola-fantasma di bendarlo e far trovare la colazione pronta a quest’orario.
Alzò le spalle all’informazione che dunque l’avevano visto nudo tante di quelle volte da aver perso da qualche parte la dignità, non erano cose che gli interessavano poi molto.
- Non ti porgo un bel niente, l’ospitalità te la sei presa da sola ma convengo con te. Il minimo è che tu faccia quello che ordino, perché sì. Io non chiedo. Ordino. -
Lei continuò a lamentarsi ma Mihawk parve chiuderla fuori dalla propria mente ed anzi fissarsi proprio sul nuovo inquilino.
Quel posto cominciava ad essere troppo affollato, per i suoi gusti.
Notò che comunque era finalmente in condizioni accettabili, che non si lamentava dei dolori che era consapevole aveva e che soprattutto cercava di rimettersi seriamente in forze senza fargli sprecare noiose parole.
Lo fissò ricordandosi di come l’aveva trovato la sera prima, dopo il bagno. Nudo e bagnato steso nel letto. Non si era nemmeno tirato su le coperte ed ormai la stagione non era più tanto calda.
Non era stato normale da parte sua coprirlo, per niente, tanto meno poi dire a quella ‘cosa’ svolazzante di mettergli le bende.
Però l’aveva fatto e tanto valeva prenderne atto ed andare avanti.
Magari quelli erano gli effetti dell’avere finalmente un allievo. Non avendone mai avuto uno non sapeva cosa questo potesse stimolargli, ma non gliene importava poi molto. Quello che voleva fare, faceva. Punto.
Non si era fatto paranoie di alcun tipo nemmeno quando aveva cominciato a fare sesso con Shanks, figurarsi per una cosa simile.
Coprire qualcuno non era mica un problema.
Quando finì di mangiare, attese che Perona se ne andasse e cominciò a parlare.
Le mani giunte all’altezza della bocca, l’espressione impassibile e lo sguardo penetrante posato su uno simile.
- Ecco le mie regole. Odio le perdite di tempo, quindi qualunque cosa lo sia, tu evita. Odio ripetere le cose due volte, fai subito quello che ti dico. Odio i piagnistei, ma non mi pare tu abbia problemi con questo. Odio le strade facili e comode, quindi preparati a penare. Odio avere riguardi, sappi che non ne avrò. Odio chi getta la spugna, ma non mi sembra sia il tuo caso. Odio chi non riconosce i propri limiti e chi non cerca di superarli. Ma soprattutto odio chi non li supera e chi non fa miglioramenti. Sappi che se dovessi venire a meno di uno di questi ultimi punti, ti rispedisco dritto da dove sei venuto. Anche se vieni a meno di uno degli altri punti, ma in quel caso ti userei come schiavo. Devi indovinare quello che voglio e farlo prima che te lo chieda. Non devi deludermi. Odio lo sporco e chi non si prende cura di sé, quindi lavati e curati regolarmente, il tuo corpo è tutto ciò che hai, non esiste nient’altro a questo mondo e se non vedi tu di te stesso nessuno avrà pietà. Soprattutto, comunque, sappi una cosa. Odio, e dico davvero, annoiarmi. - A quello si protese sul tavolo verso di lui, molto spazio ancora a dividerli ma dallo sguardo particolarmente perforante ed ammaliante, a Zoro parve d’averlo a due centimetri dal viso. - Divertimi, ragazzino. - Che fu quasi una proposta indecente. Di proposte simili ne era esperto perché ne faceva di continuo a Rufy per ‘divertirsi’.
Si chiese se non ci fosse un senso simile dietro a quella parola, specie perché giurò d’aver percepito malizia, ma decise di prendersi tempo per capirlo.
Era presto per ogni cosa.
- Quando cominciamo? - Fu l’unica risposta di Zoro che si appuntò mentalmente tutte le sue regole. Non gliele avrebbe fatte ripetere due volte ed oltretutto non sarebbe stato poi tanto difficile. Erano tutte le sue regole.
Che dopotutto fossero più simili di quello che sembravano o per lo meno che erano disposti ad ammettere?
Mihawk parve gradire questa domanda e con l’ombra di quello che sembrava un sorrisino compiaciuto che sul suo viso affascinante parve tanto qualcosa di maligno, disse accomodandosi sullo schienale della sedia:
- Quando starai bene. Non voglio cominciare male, odio anche trattenermi e sappi che non lo farò, per cui come minimo devi partire bene ed in forze, altrimenti mi innervosisco! -
Zoro pensò che comunque aveva decisamente troppe cose che odiava e si chiese se ne avesse qualcuna che gli piacesse, così come lo pensò lo disse poiché non riteneva ci fosse niente di male nel conversare. Non che lui fosse un gran chiacchierone, anzi, però se gli veniva su qualcosa da dire la diceva, punto.
- E c’è qualcosa che ti piace, oltre a tante che odi? -
Mihawk che non si sarebbe mai aspettato una domanda tanto indiscreta quanto inutile per l’addestramento, rispose tagliente cancellando il sorrisino di vago compiacimento.
- Mi piace che rispettino le mie regole. - Fu tutto lì il resto del dialogo. Dopo di quello si alzò e con altezzosa presenza se ne andò dicendo senza nemmeno guardarlo più:
- Ti chiamerò fra qualche giorno quando so che starai bene. Dopo di che non avrò mai più riguardi nei tuoi confronti. Ricordalo. Sono un maestro, non un padre. -
Zoro non si sarebbe aspettato nemmeno quello, a dire il vero, quindi fissandolo stupito si alzò piano per la schiena che gli doleva.
- Ed io ora che diavolo faccio intanto? - Non era abituato a non allenarsi… bè, quando non lo faceva dormiva… sicuramente quando avrebbero iniziato, non ci sarebbe stato più molto tempo per riposare.
 
La capacità di dormire di Zoro riuscì a stupire non solo Perona, facilmente impressionabile tutto sommato, ma persino Mihawk il quale notando che non gironzolava per il castello o l’isola, aveva chiesto al fantasma cosa stesse facendo il suo allievo.
- E per chi diavolo mi prendi, ora, una spia? - Che a lei non andasse mai bene nulla di quel che lui le dicesse non era più una novità ed ormai non ci faceva nemmeno caso, specie perché poi comunque rispondeva sempre.
- Ad ogni modo dorme! -
Mihawk sogghignò appena. Era ovvio che lei lo sapesse, non faceva che fissarlo… non gli staccava gli occhi di dosso, sembrava non proprio incuriosita da lui ma… beh, non sapeva bene come funzionavano le ragazze fantasma, tuttavia sembrava si stesse prendendo una bella cotta per lui, infatti era solo per questo che poi aveva cominciato a dargli retta e a fare quello che lui le chiedeva. Solo per ciò che riguardava Zoro, infatti.
Non era uno a cui sfuggivano i dettagli.
Del resto non era male, era comprensibile. Lui era troppo odioso per attirare gli ormoni -sempre che una mezza fantasma ne avesse- di qualcuno che non fosse matto come Shanks, gli altri ci stavano alla larga, ne avevano paura o semplicemente lo trovavano antipatico.
Non gli importava di certo.
Lo vedeva a malapena durante i pasti ed in quelli i due stavano praticamente in silenzio, figurarsi se uno dei due si metteva amabilmente a conversare e a parlare del più o del meno. O peggio di loro stessi, di ciò che pensavano, di ciò che avevano vissuto o di ciò che avrebbero fatto.
L’unica a proferire verbo -in modo particolarmente fastidioso per giunta- era solo Perona la quale tesseva di continuo le lodi di Moria, il suo precedente capo. Non sembrava capace di fare altro.
Quando Mihawk la invitava a tornare da lui, lei strillava che non poteva perché Thriller Bark non esisteva più. A quel punto nessuno osava chiederle cosa quello centrasse altrimenti si sarebbero dovuti sorbire ancora quella sua vocetta fastidiosa.
Presto Mihawk e Zoro si resero conto di essere più simili di quel che inizialmente era apparso e già all’inizio questo fatto era stato piuttosto evidente.
Talmente compatibili per tutte le svariate somiglianze sorprendenti ed impressionanti, che spesso Perona non poteva che chiedere seccata se per caso non fossero cloni o qualcosa di simile!
Si erano proprio trovati.
Durante uno dei pasti, l’unico momento in cui potevano vedersi per il momento, ma soprattutto in uno dei rari istanti in cui Perona offesa se ne era voltata via lasciandoli fortunatamente soli, Zoro, dopo aver soppesato a lungo l’idea di farlo, gli chiese notizie precise dei fatti svoltisi a Marineford. I giornali infatti avevano riportato una parte degli eventi, sostanzialmente fatti e speculazioni. Aveva voluto chiederglielo dal primo giorno ma alla fine non l’aveva mai visto ben disposto. Non che ora lo fosse, ma non poteva stare per due anni senza sapere qualcosa di più di quei vaghi cenni.
Mihawk però lo sorprese poiché invece di borbottare freddamente un ‘non sono un bollettino postale’, comunque con freddezza e la sua solita supponenza, si mise a raccontargli ciò che sapeva e che aveva visto.
Tutto, dall’inizio alla fine, anche i fatti precedenti alla grande battaglia fra la marina ed i pirati di Barbabianca, a partire dalla prigione di Impel Down e da come Rufy l’aveva espugnata. Raccontò quello che avevano scoperto tutti con profondo shock riguardo le parentele ed alla fine spiegò dettagliatamente la battaglia con dovizia di particolari riguardo le condizioni finali, dopo la morte di Ace fra le braccia di Rufy. Concluse con una personale opinione non richiesta:
- Se vuoi la mia chiunque l’abbia preso per salvarlo, è impossibile che lo salvi. Certamente nel giornale di giorni dopo lo si è visto fare quello strano gesto nel luogo della battaglia, ma nel modo in cui se ne è andato da là è impossibile che la mente gli possa essere tornata a posto. Di sicuro degli effetti permanenti li ha avuti. Era completamente spezzato. - Zoro si indurì repentinamente e sebbene per tutto il racconto era rimasto calmo e si era trattenuto dall’esternare qualsiasi sentimento, a quello non ci riuscì e battendo la mano sul tavolo lo fissò con uno sguardo tremendamente furente.
- Tu non sai niente di lui, quindi i tuoi pareri personali tienili per te! - Poi si rese conto che Mihawk aveva fatto una gentilezza nel raccontargli ogni cosa per bene e alzandosi dal tavolo chinò il capo in segno reverenziale e con forza nella voce, aggiunse laconico: - Ma ti ringrazio per avermi raccontato il resto. - Dopo di questo spettò a Mihawk osservarlo andarsene in camera.
Camminava dritto e spedito e lo scatto che aveva fatto aveva teso perfettamente tutti i muscoli. Ormai stava bene, solo un ultimo controllo per puro scrupolo e avrebbero potuto cominciare.
Un controllo che avrebbe fatto subito.
Alzandosi poco dopo si diresse alla volta della stanza del ragazzo.
Un pensiero di compiacimento per quella sua reazione gli scivolò via dal proprio controllo.
Dopotutto non era affatto male, quel tipo… non sapeva cosa di preciso glielo avesse fatto dire, ma era così e tanto bastava.
Del resto se l’ho accettato, un motivo ci sarà, no?”
Quando lo occhieggiò in camera dalla porta socchiusa, lo vide muoversi bruscamente e secco, era arrabbiato per le insinuazioni che aveva fatto sul suo capitano ed a questo punto anche un cieco l’avrebbe capito. Zoro non era solo il vice di Rufy ma ne era anche il compagno. O per lo meno innamorato. Si chiese se fosse ricambiato e se stessero effettivamente insieme, poi riflettendo che in ogni caso quel ragazzo se l’era presa davvero tosta a perdere la testa per il proprio capitano, un ragazzo così ambizioso ed avventato, entrò senza bussare.
Lo trovò in intimo poiché si stava preparando per la notte.
- Che diavolo c’è? - Chiese Zoro mollando i pantaloni del pigiama che aveva trovato nell'armadio e mettendosi le mani ai fianchi.
Era evidente ce l’avesse con lui per le affermazioni finali sull’instabilità mentale di Rufy e Mihawk avrebbe riso se non fosse stato uno che rideva raramente.
Infatti si limitò ad avvicinarsi e a girarlo di schiena, il secondo grugnito gli morì a metà poiché dal fatto che gli stava sbendando il torace, capì da sé cosa stava facendo.
Zoro allora si zittì e lo lasciò fare rendendosi conto che stava effettivamente bene e che potevano finalmente iniziare. In realtà non vedeva l’ora, al di là del fastidio immenso che aveva provato nel sentirlo parlare in quel modo del suo Rufy.
Sentì le fasce scivolare via e quando fu finalmente libero sospirò di sollievo. Preferiva avere la pelle senza costrizioni di sorta, non a caso stava per lo più a torso nudo spesso e volentieri. Non certo per stupido esibizionismo.
Quando però le dita di Mihawk cominciarono a correre sulla sua pelle per visionare le ferite, soprattutto quelle profonde, si trovò a trattenere il fiato e a mordersi il labbro.
Tutti quei brividi trasmessi da quel contatto erano tremendamente piacevoli e non avrebbe mai pensato di riprovare qualcosa di fisicamente bello prima di due anni.
- Bene… - Mormorò alla fine. - Sei perfettamente guarito. Domani mattina si comincia! - Dopo di questo si girò e se ne andò lasciandolo lì da solo in quelle condizioni. Le condizioni di un ragazzo privo del proprio compagno da molto tempo e che quindi come ogni altro essere umano con carne, sangue ed ormoni, aveva bisogno di sfogare regolarmente. Specie se stimolati.
Non che Mihawk avesse fatto gran che, ma quel modo di toccarlo malizioso -e ci poteva giurare che nel suo tocco c’era stata malizia- non era roba che poteva lasciare indifferenti.
Imprecò a denti stretti e di malumore lasciò perdere il pigiama per infilarsi direttamente sotto le coperte e cominciare quello che sapeva per ventiquattro faticosi mesi avrebbe compiuto più o meno regolarmente pensando a Rufy.
Auto stimolazione.
Assurdo ma inevitabile ad un certo punto, specie dopo delle mani che avevano visionato tanto bene la schiena. Gli aveva fortunatamente risparmiato il petto e di questo gliene era stato grato.
Nel letto, Zoro, non poté che volare col pensiero all’ultima volta che lui e Rufy erano stati insieme, troppo tempo ormai. Agganciato il momento, rievocò quei suoi tocchi leggeri ed ingenui, tutto l’opposto di quelli di Mihawk. Fece suo quel modo di farlo inizialmente passivo e poi sempre più attivo e passionale, come se avesse sete di averne di più e fosse incapace di aspettare che l’altro facesse tutto.
Rufy era un iperattivo che adorava comandare, già solo questo poteva bastare per capire come fosse a letto. A questo si poteva aggiungere quella sua ingenuità spiccata che spesso si trasformava in ottusità e si poteva avere un quadro complesso di un ragazzo che a letto prima si lasciava fare e poi prendeva il sopravvento con veemenza facendolo impazzire.
Oh, come gli mancava Rufy.
Oh, come gli sarebbe mancato sempre più…
Zoro venne schiacciando il viso contro il cuscino ed in uno stato di lotta interiore, si chiese se dopotutto avrebbe sopportato tutto quel tempo lontano da lui. Non era un allenamento estenuante che lo preoccupava, anzi… quello magari l’avrebbe distratto. Era proprio la mancanza sempre più viva per Rufy, il suo compagno, che lo impensieriva. Sapeva che sarebbe stata insopportabile, ad un certo punto.
Due anni.
Due maledetti anni.
Rigirandosi inquieto fra le lenzuola, Zoro intravide nel buio la sagoma della ragazza fantasma che incuriosita doveva aver visto tutta la scena. Ormai era sempre lì a fissarlo, era abituato anche se magari in intimità con sé stesso poteva lasciarlo solo.
Mandandola mentalmente a quel paese, si chiese perché non fosse eterosessuale. Almeno se gli fossero piaciute le donne, con lei così disponibile nei suoi confronti -anche se forse ancora lei stessa non ne era consapevole- almeno quel lato sarebbe stato soddisfatto!
Poi si corresse. Se si trattava solo di quello, c’era pur Mihawk… che fosse disposto o meno non importava, sapeva farci se voleva.
No, non era proprio una questione di sesso e sessualità quanto proprio di sentimenti.
Lui voleva Rufy e nessun altro. Rufy sempre e comunque.
Rufy fino alla fine dei suoi giorni.
 
Mihawk, dal canto suo, non poté che strofinarsi le dita anche dopo, la sensazione della sua pelle sotto i polpastrelli era rimasta e non gli sarebbe andata via a lungo.
Diversissimo da Shanks, come due poli opposti, ma comunque interessante e non era tipo che perdeva tempo a negare l’evidenza.
Era una delle sue regole, infatti.
Sarebbero stati due anni molto costruttivi.
Lì e solo lì lo capì.

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Capitolo 3
*** Mire ***


*Ecco qua. Allora, forse non l'ho specificato, anzi sicuramente, ma questa fic in più rispetto al manga ha il lato erotico, un aspetto che a me manca quando leggo seppure devo dire che ci sta anche bene che non ci siano storie d'amore nella serie... insomma, è una cosa che va benissimo. Ad ogni modo qua ho voluto evidenziare oltre ad altri aspetti quali quelli relazionali e quelli da spadaccino, anche quelli erotici. Insomma, sono due uomini, non sono asessuati e soprattutto hanno gli impulsi come tutti. Vediamo che combinano. Dunque, fatto questa premessa preparatevi a questo miscuglio di elementi combinati insieme. Iniziano quelli che il maestro chiama test d'ingresso. In tutta onestà non so se le cose in quel caso avvengano in quel modo (chiara eh?) però ho usato la mia immaginazione che potrebbe essere inverosimile ma siccome è una delle caratteristiche principali del manga non mi preoccupo molto. Il prossimo capitolo lo metto sabato. Buona lettura. Baci Akane*

CAPITOLO III:

MIRE?
 
sei cosi fredda
tieni le tue mani nelle mie
gli uomini saggi si stupiscono quando
gli uomini forti muoiono
mostrami come finire in buona maniera
mostrami quanto in realtà sei indifesa
soddisfa un vuoto dentro
bene, va tutto bene, proviamoci di nuovo”

- So Cold – Breaking Benjamin -

L’uno al cospetto dell’altro, Mihawk stava sottoponendo Zoro ad un severissimo esame visivo per capire tutto ciò in cui era carente e ciò che gli sarebbe stato essenziale.
Il più giovane era infatti a braccia conserte in evidente difensiva e con sguardo truce cercava di tenere d’occhio il più grande per quanto fosse possibile.
Mihawk gli girava intorno circospetto, serio e concentrato; era calmo ed esasperante nonché illeggibile. L’altro che di pazienza non ne aveva nemmeno un po’, sbuffò.
- Hai finito? Cosa, sono un fenomeno da baraccone? -
Alla fine con un tono di sufficienza, l'altro rispose fermandosi davanti:
- Fisicamente non sei messo male ma devi fare di meglio. Cominceremo col rafforzare il corpo ancora un po’, la parte in cui sei meno carente. Poi passeremo al resto. - Dopo di questo gli assegnò una serie di esercizi di rafforzamento uno più massacrante dell’altro, infine con poco interesse per la sua reazione, se ne andò.
Zoro non fece una piega, si era aspettato una cosa simile, tanto più che i propri stessi esercizi non erano poi tanto più leggeri.
Alzando le spalle decise che si sarebbe dato da fare subito, non esistevano lamentele né perdite di tempo e su questo era proprio d’accordo con lui. Non aveva tutto il tempo che voleva, due anni per diventare più forte non erano molti.
- Non mi piace come ti fissa! - Esclamò Perona cogliendolo di sorpresa proprio mentre si accingeva a correre. Zoro alzò lo sguardo e la vide sopra di lui, quindi snobbandola proseguì senza darle retta.
La cosa ovviamente alla ragazza fantasma non piacque quindi parandosi davanti, lo ribadì:
- Cos’è del termine ‘non mi piace come ti fissa’ che non capisci? - Era petulante, insistente e pesante. Alla fine Zoro capì che se non le avesse dato retta, gli avrebbe rotto l’anima per tutto il tempo degli allenamenti e lui odiava allenarsi con una che gli rompeva l’anima a quel modo!
- Perché, in che modo mi fissa? - Chiese come se fosse la cosa più inutile da sapere.
Perona allora gli liberò la strada e tornò a volargli sopra soddisfatta continuando seccata a parlare:
- Come uno che ha mire! -
A Zoro questa parve proprio bella…
- Mire? -
E che mire poteva avere un uomo simile che aveva accettato di allenarlo solo per… bè, non l’aveva capito, ma di certo non per gentilezza e buon cuore!
- Sì, mire! Su di te! Ti scruta sempre anche quando non te ne accorgi e lo fa anche davanti a te; non te ne rendi conto? Ha mire su di te, quello! - Ora il tono era platealmente geloso, il che comunque non poteva escludere a priori che quella cosina volante avesse ragione.
Non che a Zoro importasse, infatti liquidandola frettolosamente, disse:
- Magari mi fissa male perché le ha su di te! - Quella era la più grande cavolata che avesse potuto dire, ma voleva solo togliersela di torno. Che quel Mihawk avesse mire non gli interessava se lo allenava come si doveva, il resto poteva andare a quel paese!
- Ma che diavolo dici? Quello mi odia! E perché pensi poi che ti abbia accettato come allievo? Gli interessi, ti dico! Ha mire su di te! Quanto scommetti che ho ragione? -
- Niente, non ho un soldo bucato e voglio solo allenarmi, quindi lasciami in pace! Mi importa solo che mi faccia da maestro! Vattene! - Alla fine la ebbe vinta poiché lei seccata ed offesa se ne andò brontolando istericamente.
Rimasto solo, suo malgrado, non poté che percepire effettivamente quello sguardo da falco su di sé. Non aveva idea di dove fosse appostato a fissarlo, però era certo che ci fosse. Nonostante questo non avrebbe deviato il suo percorso di un soffio, era ora di darsi da fare, non c’era spazio per sciocchezze inutili!
Anche lui aveva le sue regole, se era per questo.
 
Mihawk passò costantemente il suo tempo ad osservarlo, in parte per vedere come si comportava durante gli allenamenti e tenerlo sotto controllo, in parte perché era davvero interessante e giorno dopo giorno ne era sempre più consapevole. Non avrebbe mai accettato un allievo noioso, del resto.
Quando il fisico fu abbastanza forte, per esserne sicuro lo fermò dai soliti esercizi quotidiani massacranti prendendolo per il braccio. Risalì sulla pelle sudata per scivolare con le dita sulla spalla e sulla schiena. Si allenava ovviamente a torso nudo per essere più libero.
Zoro rabbrividì a quel tocco che non percepì solamente come un puro controllo tecnico ma come qualcosa di superfluo di cui avrebbe potuto fare a meno, tuttavia impassibile accolse il suo sguardo suggestivo e penetrante quando si fermò staccando la mano dal suo torace.
Era impossibile capire cosa gli passasse per la mente e per contro lui dimostrava tutto il suo fastidio. Se quello era il loro modo di comunicare, visto che entrambi odiavano i dialoghi, quello sarebbe stato.
- Bene, fisicamente sei a posto. Come prevedevo ci hai messo meno della norma, eri già a buon punto. Ma non è il corpo il tuo problema. - Si avvicinò fino a sfiorarlo, poi abbassando il tono come se di nuovo gli facesse una proposta poco pulita, disse: - Vediamo com’è la tua forza mentale. Mi pare di ricordare che avesse delle buone basi. L’avrai allenata adeguatamente in tutto questo tempo? - Era una domanda retorica perché era evidente che pensava non l’avesse fatto.
Zoro assottigliò lo sguardo raccogliendo quella che per lui era una sfida e alzando il mento indurito, rispose senza il minimo timore:
- Sono qua! Cosa devo fare? -
Mihawk lo fissò per un attimo in silenzio, infine si decise a dargli istruzioni.
- Il modo migliore per misurare la forza mentale è fare leva sulla resistenza fisica. Farai un bagno in una vasca di ghiaccio e ci dovrai rimanere il più a lungo possibile. A seconda di quanto ci resterai, io potrò capire a che punto sei. Però poi avrò da proporti un paio di altri test di resistenza. - Si girò per andarsene poi si fermò, si voltò a metà e aggiunse laconico: - S’intende. Tutto questo senza morire, altrimenti non serve a nulla! - Probabilmente quello doveva essere una battuta e brontolando che aveva un senso dell’umorismo pessimo -da che pulpito!-, lo seguì senza rispondere.
Preparò la vasca di ghiaccio, si trovava in una stanza sotterranea dove la temperatura costante era comunque fredda, il ghiaccio si sarebbe mantenuto senza diventare un unico blocco sul corpo di Zoro.
Fermo a braccia conserte, gli indicò con un gesto di spogliarsi per infilarsi dentro. Quando il ragazzo fece cenno, senza il minimo turbamento, di togliersi anche la biancheria intima, Mihawk lo fermò seppure riluttante:
- Se vuoi essere inutilizzabile là sotto, poi, fai pure, ma io ti suggerirei di tenere almeno un pezzo di stoffa fra le tue parti intime ed il ghiaccio. -
Zoro percepì la malizia seppure notò nel fondo del suo sguardo un po’ di contrarietà… solo Shanks l’avrebbe tradotta.
Suo malgrado Zoro si infilò in silenzio nella vasca e accomodato non fece una piega.
Mihawk sapeva che aveva una buona resistenza, di conseguenza immaginando che all’inizio non avrebbe avuto problemi, se ne andò decidendo che tanto Perona gli sarebbe rimasta incollata tutto il tempo.
Così in effetti fu e nel non sopportarla più per quella parlantina fin troppo spiccata ma soprattutto per il tono capriccioso con cui si lamentava, Zoro riuscì dopo tanta fatica a mandarla via. Una volta solo poté concentrarsi per sopportare meglio il ghiaccio. Lo sentiva bruciargli la pelle ma l’insensibilità presto lo colse fino a fargli chiedere se poi sarebbe tornato come prima. Non era resistere il suo problema ma fermarsi in tempo e Mihawk presto se ne sarebbe accorto.
Mano a mano che il tempo trascorreva, lui faticava sempre più a mantenersi in sé, sentiva i sensi totalmente atrofizzati e completamente insensibile nel corpo, anche la mente cominciò presto ad essere sempre meno presente.
Decise di concentrarsi su qualcosa di caldo e piacevole, se sarebbe riuscito ad ingannare la propria mente e ad illuderla che il ghiaccio non era freddo, avrebbe resistito ancora. Cioè prima di morire!
Fu così che non dovette sforzarsi di cercare qualcosa di adatto, il pensiero più caldo era senza dubbio Rufy; lasciò da parte di proposito la situazione critica in cui erano, si concentrò su quello che in assoluto riusciva sempre a scalfarlo, a fargli circolare il sangue come impazzito. Lui e le notti passate insieme, notti che da troppo non ne avevano più, la sua bocca e la sua lingua che ingenuamente l’assaggiava, il modo in cui gli si dava, come l’esplorava, come esagerava in reazione a ciò che gli faceva, quando lo penetrava con desiderio impetuoso, come gridava chiamandolo eccitato.
Quando l’adrenalina circolò a folle intensità nel sangue che tornava a dargli vagamente sentore della propria pelle intorpidita, una voce tagliente e maliziosa lo interruppe:
- Tecnica interessante! -
Zoro aprì gli occhi e si infastidì nel vedere Mihawk al posto di Rufy. Quanto tempo era passato?
- Quale? - Chiese battendo i denti.
- Distrarre la mente su qualcosa di caldo e piacevole per non sentire il freddo… -
- Ma? - Per lui era chiaro che ci fosse un ‘ma’.
- Ma è tanto efficace quanto pericoloso. Se il pensiero è troppo intenso da sconnetterti totalmente, superi il tuo limite e puoi morire. -
Sembrava seriamente intenzionato a fargli davvero da maestro e Zoro decise di dargli retta, dopotutto gli aveva chiesto lui di insegnargli…
- E cosa dovrei fare? Non parliamo di forza mentale? -
Era sinceramente curioso di saperlo ma Myhawk sorrise sarcastico.
- E’ presto per questa parte della lezione. Siamo appena ai test d’ingresso. -
Zoro se ne risentì ma non diede segno di volersi muovere.
- Avanti, esci. Per oggi basta così. - Fece poi il maestro con fermezza sorprendendolo.
- Che? E perchè? Posso starci ancora… non devi vedere quanto resisto? -
Mihawk si avvicinò alla vasca consapevole che il suo corpo ormai era così insensibile che sarebbe stato impossibile muoversi.
Prima di prenderlo di peso contro la sua volontà, rispose chinandosi per guardarlo meglio negli occhi.
Zoro si sentì in soggezione e non si preoccupò di mascherarlo con un broncio, ma rimase colpito dalle sue parole:
- Devi imparare a conoscere te stesso ed i tuoi limiti. Da morto non servi a nulla. Se penso che sia l’ultimo mezzo per ottenere ciò che vuoi è un discorso, ma per un allenamento è solo uno spreco. Devi conoscerti per controllarti. -
- Da quanto sono dentro? -
- Tanto. Il tuo corpo non reggerà ancora. -
- Ma la mia mente sì! - Mihawk sorrise compiaciuto della sua testardaggine e dedizione, erano essenziali per uno spadaccino ma soprattutto per un allievo.
- La tua mente sì, ma fai poco senza il corpo. - Era decisamente una delle lezioni che avrebbe faticato ad insegnargli.
- I limiti esistono per essere superati. -
Aggiunse però Zoro che si sentiva effettivamente stremato.
- Sì, ma nel modo giusto, non morendoci nel tentativo. -
Non avrebbe ammesso repliche, anche perché la pazienza di rispondergli per dimostrargli la propria ragione, si stava esaurendo. Le cose stavano come diceva lui punto e basta, si era preso la briga di dirgli qualcosa in più solo perché in teoria doveva imparare. In teoria. Testardo com’era ci avrebbe messo più del previsto!
Zoro non trovò comunque niente da ribattere e Mihawk se ne compiacque decidendosi a prenderlo per le braccia e a sollevarlo di peso. Una volta fuori lo adagiò su una sedia, lo avvolse in un paio di asciugamani e se lo caricò sulla schiena senza chiedergli permessi.
Il suo corpo era completamente congestionato, come se Akainu avesse usato il suo potere, di conseguenza era come un morto. L’unica parte intatta era la testa, probabilmente gli organi stessi stavano faticano notevolmente per rimanere funzionanti e forse qualcosa aveva cessato di dare cenni vitali. Si sperava solo momentaneamente.
L’unico motivo per cui Zoro glielo permise fu, infatti, che non riusciva effettivamente a muoversi in alcun modo, anche se arrivava ancora a parlare.
- Non sono un sacco di patate! - Si lamentò truce infatti…
Mihawk ghignò di sottecchi ma non disse nulla.
Condotto in camera soppesò l’idea di dire a Perona di occuparsi di lui, ma sapendo della sua cotta preferì evitare. Quando fece per strofinarlo per asciugarlo e ridargli la sensibilità al corpo, Zoro aumentò i fulmini dagli occhi e potendo ancora solo parlare senza assolutamente la possibilità di muoversi e cacciarlo, borbottò:
- Posso farlo da solo! - L’altro smise di toccarlo, si tirò su e lo fissò scettico con le mani ai fianchi in segno di sfida:
- Ah sì? Fallo allora! Asciugati e vestiti! -
Zoro ci provò ma nemmeno con ogni sforzo possibile riuscì a muovere un solo muscolo, così dovette arrendersi capendo che sarebbe stato inutilizzabile per un bel po’, purtroppo.
A quel punto Mihawk subdolamente vittorioso tornò a chinarsi per continuare ad occuparsi del suo ottuso allievo lamentoso.
Con le mani cominciò a correre lungo il suo corpo, dal petto proseguì risensibilizzando gli organi più importanti. Passò con forza e decisione, quasi cattiveria pur di riattivare il sangue quasi del tutto fermo sotto la pelle. A volte lo schiaffeggiava.
Quando capì che gli asciugamani gli impedivano di capire il livello, gli aprì i teli senza pensarci passando direttamente sulla pelle cianotica e gelida.
Serio ed assorto non fece caso né alle espressioni contrariate di Zoro né ad eventuali imbarazzi o tensioni di sorta, fece solo il suo dovere, quello che era necessario. Quando sentì il suo torace reagire abbastanza, scese sulle gambe ignorando di proposito le braccia. Se gli avesse riattivato le braccia poi avrebbe potuto farlo da solo ma dopo essersi occupato del petto aveva cominciato a sentire un che di divertente. Beh, divertente era una parola grossa, poteva dire di non noioso.
Zoro voleva farlo fuori con quella sua famosa forza mentale, ringraziò il Cielo che non ne avesse ancora abbastanza per riuscirci. Shanks l’avrebbe fatto in un istante, ma a Shanks piaceva quando gli faceva certe cose…
Mihawk rimase completamente impassibile senza dargli a vedere quanto invece trovasse interessante quell’operazione e risalendo dai polpacci alle ginocchia e successivamente alle cosce, Zoro cominciò ad arrossire imbarazzato, prima magari era solo seccato ora cominciava a trovarci qualcosa di decisamente strano in tutto quello.
Cioè, fin dove intendeva sensibilizzarlo con le mani?
Gliel’avrebbe chiesto se non avesse temuto la sua risposta e arrabbiato per quel modo di sentirsi e per la sensazione di sottomissione che stava provando a cui avrebbe preferito morire, si morse il labbro furioso. Cosa poteva dirgli? Di piantarlo lì che faceva da solo? Le braccia non le muoveva e non le sentiva ancora…
Non sapeva a che gioco quel dannato stesse giocando, ma le parole di Perona gli risuonarono in mente potenti come se gliele avesse appena gridate.
Non servì a molto poiché con un sorrisino malizioso -ed ormai Mihawk non si penava nemmeno più per mantenere quell’aria seria e scostante!- disse alzando gli occhi dorati suggestivi sui suoi:
- Chissà come sei messo qua… - Disse finendo sfacciatamente con le dita sul suo inguine. Gli slip li aveva ancora ma erano bagnati e freddi e non stavano facendo un gran lavoro di riscaldamento. Avrebbe voluto dire di toglierglieli ma ormai era evidente che Perona aveva ragione e che quel tipo avesse mire su di lui.
Ma tutte a lui dovevano capitargli?, pensò allucinato senza staccarsi gli occhi da lì sotto.
Alla fine Mihawk non aspettò pareri, non gliene sarebbe importato comunque. Prese l’elastico e glieli tolse sfilandoglieli da sotto.
Le gambe erano ormai sulla via della sensibilità ma il sangue stava ancora lavorando per tornare a circolare come si doveva, di conseguenza non era ancora completamente attivo. Fra l'altro gli faceva male sentire quel formicolio potente quanto una mandria di bufali che gli correva sopra.
Voleva le sue braccia, voleva tornare a muovere le sue braccia.
Poteva mandarlo al diavolo e chi se ne importava dell’allenamento e degli insegnamenti?
Il pensiero però volò a Rufy e a quei due anni separati per rafforzarsi. L’unica sua speranza era quell’uomo, che gli piacesse o no e doveva cercare di resistere.
Quando fu completamente nudo constatò comunque che la stoffa gli aveva protetto la pelle delle parti intime giusto il necessario, l’unica parte probabilmente non bruciata su tutto il corpo ad eccezione della testa.
- Non sei male, ma penso che non senti ancora niente, vero? -
- E come diavolo faccio a saperlo? - Era ovvio che se nessuno lo toccava non poteva capire quanto male fosse, non poteva negare che gli interessasse saperlo ma avrebbe anche potuto constatarlo da solo quando avrebbe riavuto le proprie mani.
Mihawk parve prenderla per una gentile richiesta e come se effettivamente si sacrificasse per accontentarlo, senza turbare la sua maschera di tranquillità sul viso, lo toccò senza la minima esitazione. Glielo prese completamente in mano e senza aspettare ed anzi fissandolo crudelmente negli occhi, cominciò a muoversi sempre con decisione per fargli sentire.
Ci mise un po’, era effettivamente stato messo a dura prova, però dopo un paio di movimenti Zoro con sorpresa si sentì anche contento di tornare ad avere reazioni là sotto.
Fu una sensazione stranissima perché le parti atrofizzate che venivano riattivate, all’inizio pompavano come se volessero staccarsi dal corpo fin quasi a fargli male ed in reazione al non sentire nulla, poi sentiva troppo. Trattandosi di una parte tanto sensibile si ritrovò oltre che effettivamente e dolorosamente attivo, anche incredibilmente eccitato e questo contrasto lo mandò in tilt facendogli premere la nuca sul cuscino e chiudere gli occhi in un abbandono istantaneo.
Mihawk che non aveva smesso di guardarlo inquisitore in viso con quel suo costante luccichio sensuale, alzò compiaciuto e sorpreso il sopracciglio a quella sua reazione inaspettata.
Stava probabilmente lottando con sé stesso per non provare un tale piacere, ma considerando che non dipendeva dalla sua volontà, ne poteva fare ben poco.
- Pia…piantala… - Ringhiò fra gli ansimi.
- Davvero? - Chiese insinuante Mihawk senza smettere di muovere la propria mano sul suo sesso che ormai funzionava senza il minimo problema.
- Sì! Funziona, è a posto, va che è una meraviglia! Mollami e sistemami le braccia, poi lasciami in pace! - Grugnì ancora fra un gemito e l’altro. Era la cosa più atroce che avesse mai provato. Il volerlo e non volerlo insieme, il sapere che non andava bene, il volere qualcun altro al suo posto, il non poter cambiare le cose, non poter ribellarsi, il dover sottostare e sopportare, il piacere che comunque si accendeva perché era un uomo, il godere e ribellarsi a ciò allo stesso tempo.
Voleva gemere ed insultarlo insieme e comunque cercava di controllarsi abbastanza per non offenderlo troppo perché era il suo maestro ed avevano appena iniziato.
Dannazione, aveva bisogno di lui ma così sarebbe impazzito!
Si morse a sangue il labbro e cercò di smettere di gemere e parlare, spaventato all’idea di potergli chiedere di continuare. Mihawk lo capì e compiaciuto di quella forza mentale alla ricerca di un controllo in uno stato simile, si sentì orgoglioso del suo allievo. Anche eccitato per ciò che vedeva ed aveva sotto mano, oltre che per il modo in cui combatteva e si opponeva senza però riuscirci a fondo e nemmeno volerlo del tutto.
Quando raggiunse il culmine, Zoro girò la testa di lato quanto più possibile, voleva nascondersi, si vergognava, si odiava per aver raggiunto l’orgasmo in quel modo per lui pietoso. Voleva sparire e Mihawk capendolo si riservò di inquadrare cosa provava e pensava più tardi, con calma, da solo.
Si asciugò la mano e tornò sulle braccia come niente fosse, con gran faccia tosta e come se nel mezzo non fosse successo niente.
Dalle spalle agli avambracci alle mani. Queste infine gliele prese insieme e gliele strofinò fra le proprie fino a che non le sentì di nuovo calde.
Fu Zoro sempre senza più guardarlo a ringhiargli:
- Sono a posto. Ti ringrazio. Ora ho bisogno di riposare, se non ci sono altri test per oggi… - Cercava di ricordarsi quali fossero i loro ruoli e le regole, sapeva che bastava un nulla per essere cacciato e non poteva che ripetersi che lui aveva bisogno di Mihawk.
L’altro si compiacque per quel controllo ferreo e capì che dopotutto aveva fatto davvero bene a prenderselo con sé, anche se ogni tanto poteva permettersi di giocare con lui e torturarlo per non annoiarsi, comunque ciò che erano rimaneva irremovibile.
Allievo e maestro.
Mihawk si tirò su dopo averlo coperto, lo vide ancora immobile seppure potesse muoversi, con il viso girato dall’altra parte ma in ascolto.
- No, per oggi basta così. Domani riprendiamo coi test. Riposa. -
Non aggiunse altro e laconico, senza far capire assolutamente nulla di sé, soprattutto perché avesse fatto una cosa simile, se ne andò in silenzio.
Zoro, una volta solo, si girò di fianco e coprendosi fin sopra alla testa indurì l’espressione del viso in una smorfia di odio.
Doveva solo resistere per due anni.
Solo due anni.
Poi sarebbe tornato da Rufy.
Ma due anni non sarebbero mai stati più lunghi di così.

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Capitolo 4
*** Morire è una cosa inutile ***


*Eccoci qua... allora, in questo capitolo ci sono molte considerazioni e riflessioni ed introspezioni e poca azione se non quasi nulla, è un'ulteriore approfondimento dei personaggi e del loro rapporto poichè tutta la fic si basa su questo, sull'evoluzione del rapporto di Zoro e Mihawk quindi è inevitabile che ci siano pezzi di questo genere, ma ci sarà spazio anche per altro, insomma non sarà solo riflessione e basta. Sul finale un dialogo fra maestro ed allievo, finalmente! La canzone questa volta ha tutto il testo e come sempre c'è il link per ascoltarla. Grazie a quelli che seguono la fic, sono contenta che la mia versione delle cose incuriosisca! Buona lettura. Baci Akane*

CAPITOLO IV:

MORIRE E’ UNA COSA INUTILE
 
Questo gioco è finito
Sono meschino e più vecchio
Si stanno avvicinando
più e più volte
Mia cara Brianna
ho bisogno di una risposta
qual'era la domanda?
Non riesco a ricordarla
Vorresti, vuoi
provare come mi sento?
e mi sottometto alla tua volontà
e biasimo me stesso
Legato ad un ago
La mio ubriaca libido
Il mio ego nervoso
più andiamo avanti
tu sei uno stronzo
re del castello
io sono uno scarso
che segue il leader
Vorresti, vuoi?
provare come mi sento?
e mi sottometto alla tua volontà
e biasimo me stesso
E lo so che a te non piace
come stiano andando le cose
ma ormai ci siamo, allora cominciamo
ricorda solo, che io vinco”

- No Games – Breaking Benjamin -


Zoro aveva inquadrato perfettamente Mihawk, gli ci era voluto poco poiché aveva molti lati di sé, si rivedeva in certi aspetti di conseguenza sapeva perfettamente come porsi con lui, cosa fare e cosa non fare.
Aveva ad esempio capito che era un tipo che si annoiava facilmente che però era una cosa che odiava e la combatteva a modo suo. Modi tutti poco convenzionali e poco ortodossi. Come ad esempio distruggere una nave che passando accanto a lui disturbava il suo sonno…
Non aveva il minimo rispetto per gli altri e le vite umane, ma al tempo stesso lo pretendeva in cambio e se non erano disposti a darglielo subito ed in maniera assoluta, finiva per reagire male e lui con reagire male intendeva uccidere.
Aveva un senso distorto del valore umano e della vita stessa, in questo non erano assolutamente uguali.
Mihawk era capace di uccidere per una sciocchezza assoluta, cosa che Zoro non avrebbe mai fatto, anche se si scocciavano per le stesse cose -tipo il sonno interrotto!-
Quello che fu fondamentale nel determinare la sopportazione di Zoro nonostante certe cose non le avrebbe mai e poi mai accettate da nessuno, era la consapevolezza che se si fosse anche solo minimamente ribellato ad alcuni dei suoi modi, sarebbe stata la fine.
Non poteva andare là e dirgli gentilmente e con rispetto se poteva limitarsi ad allenarlo e basta, perché sapeva che non gli avrebbe più insegnato e lui aveva troppo bisogno di imparare da lui.
I modi di Mihawk che nello specifico gli davano un fastidio immenso erano quella sua convinzione che ciò che lo circondava fosse di sua assoluta proprietà ed in quanto tale potesse farci ciò che volesse, quando e come.
C’era da dire che effettivamente si circondava di poche cose, ma quelle erano davvero impossibili da togliergliele. Armi a parte, girava in una zattera per non avere una nave e quindi bisogno di una ciurma, il suo castello era completamente deserto ad eccezione di Perona auto invitatasi, non divideva con anima viva la sua abitazione -sempre dando per scontato che Perona non venisse considerata.-
Nel momento in cui aveva accettato Zoro come allievo, cosa che non aveva mai fatto perché odiava le persone indistintamente poiché non le considerava degne d’attenzione, interessanti o alla sua altezza -e lui non poteva certo sapere di Shanks-, l’aveva chiaramente reputato di sua proprietà, ergo avrebbe potuto far di lui tutto quello che voleva. Se si sarebbe ribellato a qualcuna delle cose che lo obbligava a sopportare, sarebbe stata la fine.
Zoro, sapendo tutto ciò perché non era idiota, decise che per due anni avrebbe potuto sopportare e che l’avrebbe fatto solo per Rufy, non per rafforzarsi -cosa che comunque aveva sempre voluto ma non in quel modo- bensì solo perché era la volontà del suo capitano. E per essere davvero in grado di proteggerlo quando si sarebbero riuniti.
Mihawk era in assoluto e di certo la sua unica speranza.
Però sarebbe stato solo unicamente dovere e basta.
Mihawk, dal canto suo, si limitava a fare ciò che voleva quando lo voleva, senza preoccuparsi di vedere se poi poteva ed andava bene. Come aveva capito Zoro, lo considerava suo poiché era un suo allievo, di conseguenza aveva ogni potere su di lui, cosa che gli piaceva parecchio.
Il punto cruciale della questione, però, era che lui si circondava solo di poche rare persone, solo quelle che lo colpivano in qualche modo. Quando questo accadeva significava che avrebbe voluto farle sue.
Così era stato con Shanks. Prima l’aveva considerato, cosa non scontata, poi l’aveva giudicato un degno avversario, poi lentamente era arrivato alla sua stessa altezza ed alla fine l’aveva trovato interessante. Quando era arrivato a quel punto, aveva cominciato con lui una relazione che andava ben oltre due avversari che si stimavano e si confrontavano in duello quando si incontravano. Era una relazione che comprendeva anche la possessione fisica. Altri termini adatti non potevano esserci perché di fatto non avevano dato spazio a sentimenti, o meglio non Mihawk, incapace di provarne. Per Shanks era diverso ma allo spadaccino non interessava, non sapeva come si provava amore o qualunque altra cosa simile. Il livello raggiunto con il rosso per lui era il massimo e di più del proprio corpo non era mai arrivato a concedergli. L’altro ne era consapevole e non gli chiedeva di più, si accontentava paziente consapevole che prima o poi le cose si sarebbero ulteriormente evolute.
Con Zoro aveva superato lo stadio della considerazione, non l’aveva ancora giudicato alla sua altezza ma degno d’attenzione sì. Però curiosamente era arrivato alla fase dell’interesse ed una volta raggiuntala pienamente, Zoro semplicemente sarebbe dovuto sottomettersi perché nel momento in cui aveva accettato di essere suo allievo, aveva accettato di appartenergli. Dunque poteva fargli ciò che voleva, semplicemente.
Non gli era ben chiaro il motivo e fin dove si sarebbe voluto spingere, ma sapeva che Zoro gli stimolava certi istinti bassi e poco puliti e tanto bastava per sfogarli direttamente su di lui quando e come voleva, il resto non contava.

La prova che gli fece fare il giorno successivo, sempre di resistenza, era naturalmente l’opposta della prima.
Riguardava infatti il calore.
Questa volta Zoro doveva stare chiuso in una specie di stanza ardente quanto più tempo poteva.
Lo stesso discorso del giorno prima si ripeté puntualmente, ovvero la resistenza di Zoro non era un problema, faceva tranquillamente leva sulla propria mente riuscendo a distrarla a piacimento, ma così facendo non si fermava in tempo.
Fu fermato anche quella volta da Mihawk il quale sapeva le tempistiche per non morire. Comunque compiaciuto dell’altissima resistenza del suo allievo, si ritrovò al tempo stesso contrariato quando aperta la porta sigillata lo vide in un bagno di sudore, la pelle al limite delle ustioni e lo stato di semi incoscienza che cominciava ad affacciarsi sul ragazzo.
Sbuffando contrariato infatti lo fulminò come se fosse l’idiota più grande del mondo.
Scosse il capo sapendo che comunque non era in condizioni di capire qualcosa, quella lezione sui propri limiti sarebbe stata dura da inculcargliela.
Al contrario, in perfetto silenzio e con movimenti minimali lo avvolse in un asciugamano per non scottarsi, si prese un braccio passandoselo intorno alle proprie spalle e cingendogli la vita lo condusse quasi di peso fuori dalla fornace ardente.
Quando fu ai piani superiori, lo condusse direttamente nei bagni e aperta l’acqua gelida della vasca, lo gettò dentro senza la minima intenzione di entrarci per impedirgli l’annegamento.
Se ce l’avrebbe fatta a sopravvivere da solo, bene, altrimenti voleva dire che non era una persona poi tanto interessante come era sembrato.
L’osservò fumare d’evaporazione una volta a contatto con l’acqua fredda e ci mise effettivamente poco a riprendersi. Quando fu sveglio e reattivo lo vide guardarsi intorno per capire cosa fosse successo, quindi con stupore spontaneo gli disse:
- Ma dai, sono ancora vestito e tu non sei qua dentro con me a controllare che sia tutto a posto! - Lo disse con ironia seria, quindi non fu poi tanto chiaro quanto scherzasse e quanto fosse convinto, probabilmente entrambe. Mihawk non se ne curò, non gli interessava che l’accusasse di molestarlo o cose simili, a conti fatti era anche vero ma era altrettanto vero che Zoro era grande e grosso e di certo sapeva difendersi se non voleva qualcosa.
Se gli lasciava fare tutto ciò che voleva significava che o gli piaceva, in realtà, o che era più importante rimanere suo allievo.
Non contava quale delle due fosse, contava solo che rispondesse esattamente come lui voleva, ovvero senza ribellarsi.
Mihawk ignorò la frase e assottigliando gli occhi ancor di più, lo guardò come se gli avesse gravemente disobbedito, Zoro si sentì un insetto ma non si pentì di niente di ciò che aveva fatto.
- Ti avevo detto di non morire. - Tagliente e gelido, come se si fosse macchiato di una grave colpa.
Zoro alzò un sopracciglio scettico.
- Non sono mica morto. - Tipico suo. Mihawk avrebbe imparato a conoscerlo.
- Per merito mio. - Saltò la spiegazione evidente di ciò che era successo, ovvero che era entrato in tempo per impedirgli di passare a miglior vita, quindi aggiunse acidamente prima che Zoro potesse irritarlo con una delle sue uscite stupide: - Se vuoi che ti alleni mettiti in testa che la morte non è considerata una delle lezioni che intendo darti. Morire non è un allenamento, morire è una cosa inutile, non serve a nulla. Se vuoi che ti alleni significa che hai una grande motivazione, quindi vedi di ricordartela altrimenti la prossima volta ti lascio a te stesso. Una delle regole è che sono un maestro, non un padre. Tanto meno un baby sitter. Azzardati di nuovo a ridurti sull’orlo della morte per uno stupido test e giuro che ti guarderò morire a due centimetri senza toccarti. -
Lo disse seriamente e Zoro trovò tutta la furia gelida e severa concentrata in quello sguardo ed in quel tono. Una lingua al pari della sua lama, entrambe dunque molto affilate. Altre parole non avrebbero potuto colpire più nel segno e capendo che ci stava ponderando su, Mihawk se ne andò dando per scontato che il resto sarebbe passato al giorno successivo.
Zoro rimasto solo nella vasca d’acqua fredda, lasciò che la temperatura del proprio corpo tornasse accettabile insieme alla pressione che scesa ai minimi storici e con una tremenda sensazione di debolezza trovò assurdamente conforto nell’acqua così ghiacciata.
Ripensò alle parole del suo maestro.
Non aveva pensato di poterlo fare arrabbiare. Anzi, pensava che quello non fosse proprio capace di arrabbiarsi ma che fosse indifferente sempre a tutto.
Dopo i primi istanti di sorpresa, aveva dovuto ammettere che aveva ragione.
Era lì perché aveva un disperato bisogno di lui e di imparare e di diventare forte, ma non per sé stesso, bensì per Rufy e non poteva permettersi né di venir cacciato né tanto meno di morire nel frattempo.
Se Rufy aveva superato quell’inferno, lui doveva come minimo superare quello che stava vivendo.
Mihawk aveva dannatamente ragione, non poteva permettersi di morire, nemmeno per diventare più forte.
Anzi. Soprattutto per quello.
Se sarebbe morto sarebbe successo per proteggere Rufy, non nell’attesa di riunirsi a lui. Non lontano da lui. Non in quel modo stupido.
Rivalutando drasticamente Mihawk cominciò a considerarlo un maestro, magari un maestro dalle strane manie ma comunque un vero maestro.
Cosa che contava sopra ogni altra cosa.
 
 
C’era una logica in tutto quello che faceva anche se all’apparenza poteva non sembrarlo.
Spesso e volentieri sembrava solo che si divertisse a torturarlo o che fosse semplicemente un uomo duro ed insensibile e profondamente macabro ed inquietante, in realtà tutto quel che faceva poi aveva un suo motivo e Zoro lo capì lentamente a sue spese.
Le prime volte, convinto che le sue prove fossero dei modi meschini per torturarlo per ripicca visto che lui non stava ai suoi desideri, per altrettanta ripicca Zoro ci dava dentro per fargli vedere che le sue stupide vendette non funzionavano e che poteva sopportare qualunque cosa.
Solo in seguito ne usciva sempre una lezione che esulava da motivazioni personali di qualunque tipo, alla fine si rimaneva sempre su un lato tecnico e professionale e la cosa compiacque Zoro poiché si rilassò repentinamente capendo che non doveva temere e stare tanto teso nei suoi confronti.
Probabilmente Mihawk aveva capito che aveva esagerato e che non voleva starci con lui se non come allievo e basta.
Ben presto si instaurò, dunque, un meccanismo di allievo-maestro molto profondo ed interessante a cui Zoro stesso non riuscì e non volle nemmeno sottrarsi.
Stava di fatto che Mihawk come maestro era incredibile ed anche se aveva modi tutti suoi e inizialmente incomprensibili, poi veniva chiarito tutto.
Era effettivamente il modo ideale per Zoro di apprendere e di avere un rapporto che andasse al di fuori dell’amicizia che c’era con i suoi compagni di viaggio e con Rufy.
Aveva sempre cercato qualcosa di esterno, da quando aveva cominciato quell’avventura.
Gli era mancato il suo maestro di bambino, quando era partito per diventare da solo lo spadaccino più forte del mondo per Kuina, e poi anche quando Kuina stessa era morta, gli era mancato qualcuno con cui avere un rapporto che potesse essere una sorta di guida.
Di fatto non vedeva Mihawk come una guida ma come un obiettivo, qualcosa da cui prendere qualcosa di concreto per la propria ambizione, che gli indicasse una specie di via precisa, gli desse delle armi in più, quel qualcosa oltre a quel che già aveva ma che però gli mancava.
Uno con cui confrontarsi da non considerare amico, compagno ma nemmeno effettivo nemico, solo… una figura competente in grado di farlo ulteriormente crescere nel suo campo di interesse.
Un maestro.
Un punto fisso di riferimento che nel corso degli anni non sarebbe mai cambiato e sarebbe rimasto stabilmente lì dov’era senza deluderlo mai.
Ne ebbe certezza quando, dopo i test d’ingresso, come li aveva chiamati Mihawk, cominciò con la prima lezione.
Zoro si sentì inquadrato precisamente nel giro di un istante e fu strano perché anche con Rufy era successa una cosa simile ma non uguale, da Rufy si era sentito capito, compreso, accettato, condiviso… era diverso. Con Mihawk si era sentito inquadrato, era una sensazione molto differente per lui.
Come se l’altro sapesse cosa fare con lui.
La prima lezione non l’avrebbe mai dimenticata.
Riguardava il rapporto con le spade.
Zoro, colpito da ciò, rimase in silenzio ad ascoltarlo non pensando fosse uno che desse importanza a quel genere di cose come faceva anche lui, vedendo che si era sbagliato non aveva fiatato ed era rimasto immobile ed in silenzio a cogliere ogni sillaba.
La prima lezione era stata una specie di chiacchierata al termine del quale entrambi si resero conto di aver trovato finalmente il giusto equilibrio e punto d’incontro. Abbastanza profondo ma non troppo intimo.
- La cosa che in assoluto conta per uno spadaccino è la sua spada. - Esordì così e nell’esatto momento in cui lo fece, ebbe Zoro tutto per sé, come dall’inizio di quella specie di follia aveva voluto.
Se avesse saputo che sarebbe bastato limitarsi esclusivamente all’arte della spada in ogni sua forma, allora si sarebbe risparmiato il resto che aveva usato nel tentativo di instaurare un legame.
Non era molto sincero con sé stesso nemmeno quando pensava questo.
La verità era che Zoro da quando si era prostrato ai suoi piedi uccidendo il suo immenso e smisurato orgoglio, calpestando addirittura la sua ambizione di batterlo a tutti i costi e quindi gli aveva chiesto aiuto affinché lo istruisse. Beh, in quel momento, dimostrando che poteva essere veramente un suo allievo perché aveva battuto tutti quelli che c’erano nell’isola, gli era piaciuto.
Il fatto era che quando gli piaceva qualcuno lo voleva tutto per sé in ogni modo possibile, senza risparmiarsi nulla.
Aveva comunque i suoi metodi per ottenere quel tutto e odiava ammetterlo con sé stesso, cioè dirsi chiaramente che qualcuno gli piaceva. Preferiva dire che era interessante o degno della sua preziosa attenzione, il che equivaleva ad un ‘mi piace’.
Di fatto persone che gli erano piaciute -e gli piacevano tutt’ora- erano Shanks e basta.
Avevano parlato di spade e lame per tutta la giornata, interrotti solo una volta da una seccatissima e gelosissima Perona che aveva portato loro da mangiare solo per far cessare quel meraviglioso idillio romantico.
Romantico solo ai suoi occhi poiché di fatto non c’era niente di romantico nel parlare di armi.
- Parlano, le spade. Devi avere non solo il massimo rispetto per quelle che tu usi ma amarla più di te stesso, non devi frapporre nulla fra te e loro. Non esiste niente di più importante perché dipendi da loro e loro sono vive. Tanto potere tu gli dai, tanto loro ne hanno. Questa è una legge universale che vale in qualunque cosa, ma specialmente per questo argomento. - Poi aveva concluso… - Ma sapevo che questa lezione non avresti faticati ad apprenderla. -
Non aveva poi detto molto Zoro se non parlato di qualche esperienza personale che riguardava appunto le sue spade, però per Mihawk era stato sufficiente. Poi, come se si ricordasse di una cosa solo in quel momento, sembrò quasi tornare sui suoi passi e fermandosi aveva incrociato le braccia al petto scolpito e aveva chiesto severo e fermo:
- Ma la domanda su cui dovrai riflettere per questi due anni è questa. Qual è la cosa che veramente conta più per te? La tua vita di spadaccino, e quindi le tue spade, oppure sono gli obiettivi ciò per cui vivi? Per uno che aspira alla forza come te, deve saperlo. -
Zoro ci aveva pensato sapendo che non poteva rispondere subito, però aveva voluto sapere comunque un ulteriore cosa e con altrettanta serietà, sostenendo senza il minimo problema il suo sguardo, aveva chiesto:
- Tutti nella vita hanno degli obiettivi altrimenti sarebbero morti dentro e la ricerca della forza sarebbe comunque inutile. -
Mihawk che forse si aspettava quell’affermazione, non si mosse e non fiatò ma rispose senza battere ciglio, senza dimostrargli un solo pensiero a riguardo.
Poi rispose:
- Questo è vero ma c’è una differenza sostanziale fra la forza che vuoi ottenere per un obiettivo specifico che può essere proteggere e sostenere qualcuno oppure mantenere una promessa o qualunque altra cosa, e la forza che vuoi ottenere solo per mettere sé stessi al servizio della forza stessa, vivere solo per questo. C’è una differenza sostanziale. Tu devi capire quale tipo di forza cerchi. -
Fin da piccolo aveva pensato alla forza del secondo tipo, poi dopo Kuina era diventata una promessa rafforzatasi anche a Rufy a cui aveva fatto il medesimo giuramento. Ora era per lui, per Rufy, poiché per lui aveva messo da parte Kuina affinchè potesse diventare più forte con Mihawk, il suo rivale primario.
Ma questa sua considerazione lo spiazzò.
Di fatto quale era veramente e profondamente la motivazione della sua forza?
Era mutata così tante volte nel corso della sua vita che a dover dare una risposta unica non poteva esserne così certo. O forse era stata la fermezza con cui gli aveva fatto quella domanda, a farlo vacillare.
- Non rispondermi ora, non puoi avere le idee chiare. Hai cambiato nel giro di qualche giorno davanti ai miei occhi, il motivo della tua forza. Io voglio che tu capisca qual è quello vero e profondo e questi due anni di isolamento dedicati unicamente a te e a rafforzarti, ti saranno veramente utili, finalmente. Quando avrai risposto a questa domanda, sarai pronto per tornare là fuori. -
E non gli aveva detto che sarebbe stato pronto quando l’avrebbe battuto, forse non considerava il fatto che potesse riuscirci. Però poi lo capì, pensandoci per il resto della notte.
Per Mihawk non era importante il batterlo ed il superarlo quanto appunto la sua spinta autentica interiore. Era tutto per uno spadaccino che agognava alla forza suprema come lui.
Zoro rimase sospeso senza parole guardandolo andarsene dalla sala.
La prima lezione era conclusa.
 

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Capitolo 5
*** Una sfida nell'allenamento ***


*Ecco il nuovo capitolo. Torna a far capolino un po' d'erotismo, fra allenamenti, cose da spadaccini e considerazioni varie l'uno dell'altro. Poche righe per augurarvi buona lettura. E grazie a chi commenta e segue questa mia umile fic. Baci Akane*

CAPITOLO V:

UNA SFIDA NELL'ALLENAMENTO
 
Mi sono Battuto
Mi sono battuto, e sono caduto a terra proprio sulla mia faccia solitaria
E alla fine il risultato è che è tutto a posto.
Nella luce della vita che ho trovato, sta tornando tutto come prima.
So che non è la realtà, ma è facile battermi.
La vita è nuotare o affogare.
L’amore è cieco, non c’è via d’uscita.
Non so come sarà il mondo.
Posso dimostrare di aver bisogno di vederlo.
Non c’è tempo per le bugie e per vuoti litigi.
Sono dalla tua parte.
Possiamo vivere in pace e felici?
Non credo.
A ben vedere, ho paura di perdere le cose che amo.
Ho il controllo totale.
E’ così, è così che finirà.
Tutti stanno aspettando qualcuno. Lasciami solo.
E’ così, è così che finirà

- You fight me – Breaking Benjamin -


Instaurato una specie di equilibrio fra le parti, non sconfinarono dalla rispettiva zona, per lo meno fino a che Mihawk non cominciò a stufarsi di mantenere tutto su un piano professionale e programmato.
Zoro avrebbe fatto la firma per continuare così, il suo maestro non gli aveva più fatto avance di alcun tipo dopo che gli aveva praticamente detto chiaramente che non gradiva ma che gli serviva di stare con lui per via degli insegnamenti da spadaccino, quindi vedendolo finalmente per quel che voleva fosse, ovvero il suo maestro, si era calmato e rilassato cominciando a fare a sua volta l’allievo seriamente.
Il maestro in questione, invece, dopo aver capito che poteva avere completamente Zoro nelle sue mani ma solo in qualità di allievo e niente altro, all’inizio se l’era fatto bastare. Il potere esercitato su di lui anche solo in quel senso non era stato per nulla scarso e gli era stato sufficiente a lungo, poi quando le cose si erano stabilizzate aveva cominciato ad annoiarsi anche di quello.
Era bello comandare uno come Zoro, insegnargli, eventualmente torturarlo con qualche allenamento estenuante e vedere come arrancava a fatica e come resisteva a stento. Era bello vedere come ce la faceva sempre e quando poi crollava poteva stare lì ad osservarlo per constatare quanto ci poteva mettere prima di riprendersi da solo. In quei casi spesso e volentieri interveniva Perona a tirarlo via da sotto il naso per curarlo e metterlo nel letto -usava i suoi fantasmi- ma c’era anche da dire che la ragazza gli risparmiava tante seccature e non poteva mandarla via.
Era bello quello che si era instaurato, insomma, però dopo un po’ la stabilità aveva cominciato a venirgli a noia come sistematicamente il resto della sua esistenza. Una volta che le cose diventavano abitudinarie, anche se gli piacevano lui le piantava oppure cercava un modo per farle cambiare e renderle più interessanti.
Zoro era troppo degno di nota per sprecarlo così, a scadenza del tempo sarebbe tornato tutto piatto e per combattere le giornate uguali e prive di cose effettivamente stimolanti, avrebbe dovuto trovare qualcos’altro: in poche parole, un'impresa!
Quel ragazzo era uno di quegli animali rari che doveva tenersi buoni e sfruttarli a fondo finché poteva.
Sfruttarli, s’intendeva, sempre per combattere la propria noia!
Niente dubbi, dunque.
Il tempo dell’assestamento era passato, ora toccava a lui fare le cose a modo proprio.
 
Lasciatolo in meditazione per un paio d’ore prima di cominciare con la parte dura dell’allenamento, Mihawk era venuto per interromperlo ma si era fermato ad osservarlo.
Era seduto a gambe incrociate a terra ed era a torso nudo. Gli allenamenti li faceva sempre così, solo pantaloni e bandana, per stare più libero e comodo.
Aveva la bandana sulla testa anche quella volta, l’aiutava a concentrarsi.
Si accucciò silenzioso davanti a lui, sapeva come fare per non farsi percepire, così come sapeva che ormai Zoro lo captava con fin troppa facilità. Per non farsi cogliere doveva stare attento ed era una cosa che non poteva imputare al suo talento.
La strada dello spadaccino significava anche questo.
Era un po’ come l’ambizione che permetteva, fra le altre cose, di percepire le energie vitali altrui e di sapere in anticipo cosa avrebbero fatto a breve o comunque di sapere cosa stavano facendo al momento.
La loro si limitava a percepire la presenza di qualcuno e di capire ad occhi chiusi chi esso fosse, di sentire il tipo di forza che circondava la persona.
Era uno degli insegnamenti di Mihawk e Zoro era diventato ormai piuttosto bravo in questo. Ora per non farsi captare doveva stare attento.
Era ancora perfetto, non aveva cominciato a faticare. La pelle era asciutta ma solcata da vecchie e recenti cicatrici, di certo non molto liscia e morbida, probabilmente, ma con la muscolatura che si ritrovava poteva permettersi di essere come voleva, era ugualmente piacevole toccarlo e non per la consistenza della pelle ma quanto per la durezza e la forma del suo corpo stesso.
Se il suo livello meditativo è come dovrebbe essere, come io voglio che sia, allora non dovrebbe sentire niente a livello fisico. Se lo sente vuol dire che non lo sta facendo bene.”
La meditazione era una parte importantissima degli esercizi costanti di uno spadaccino, andava di pari passo all’allenamento pratico.
Uno spadaccino si componeva soprattutto di anima poiché era quella che riversava nella propria lama, con cui poi poteva fare cose incredibile che persone comuni si sognavano. Il bello era che tutto quello non avveniva con l’aiuto di alcun Frutto del Diavolo.
Per questo gli piaceva essere chi era.
Era potente quanto tutta quella marmaglia di idioti che in acqua affondavano, solo che lui non aveva punti deboli.
Incontrare un altro che forse un giorno sarebbe potuto giungere al suo stesso livello -cosa impossibile anche solo da pensare per via ipotetica- era talmente incredibile e stimolante che naturalmente oltre a tastarlo e metterlo alla prova per vedere se poteva essere veramente così, non poteva in ogni caso farselo sfuggire.
Decise di testare il suo grado di concentrazione meditativa testando al tempo stesso il suo corpo, non era un bisogno da maestro per capire quanto dovesse migliorare ancora il suo allievo, era semplicemente un capriccio.
Voleva farlo punto e basta, quindi lo faceva. Zoro gli apparteneva.
Allungò una mano e con il dorso delle dita lo sfiorò leggero sul collo. Era grosso e muscoloso anche quello ma non ai livelli di un ammasso gigantesco inguardabile.
Era proprio al punto giusto.
Così come le spalle ed i pettorali.
Evitò i capezzoli e scese sugli addominali, erano relativamente rilassati, una via di mezzo perfetta.
Non si muoveva, non aveva variato di un soffio la propria respirazione, tanto meno il battito cardiaco. Sembrava ancora in perfetta meditazione, in quella soglia del sonno profonda che però non era tale poiché non dormiva veramente.
Aveva una capacità di concentrazione invidiabile, doveva ammetterlo.
Lui le prime volte aveva faticato ad imparare quel tipo di meccanismo, non riusciva a staccarsi dal corpo per viaggiare dentro di sé e sconnettersi totalmente. Perdere completamente il controllo era una cosa che non gli era mai piaciuta ma quando aveva capito quanto utile fosse, l’aveva fatto anche lui.
Zoro probabilmente aveva una volontà diversa, non migliore o più ferrea, solo diversa.
Scese sul basso ventre, l’elastico dei pantaloni comodi in stoffa leggera che usava ci mise poco a scivolare oltre e quando vide il suo inguine a totale riposo capì che nello stato in cui era avrebbe potuto fargli di tutto anche a quel livello ma non avrebbe sentito fisicamente nulla, tanto meno avrebbe reagito a dovere.
Tolse la mano stizzito e lasciò che i vestiti tornassero al suo posto.
Non era una questione di reazioni tanto quanto di consapevolezza.
Se l’altro non sapeva cosa gli stava facendo e non lo contrastava lottando con sé stesso, non era divertente. Gli piaceva che sapesse cosa gli faceva, gli piaceva farsi sentire come si doveva, così senza che l’altro ne fosse cosciente e che facesse nulla, era una vera noia.
Perché gli piaceva come, dopo le varie opposizioni di rito, cedeva.
Non era ancora successo ma sapeva che prima o poi Zoro l’avrebbe cercato e voluto, ne era praticamente certo.
Tolse la mano ma non si alzò e nemmeno si allontanò, rimase a fissarlo ed aumentò di proposito la propria energia vitale, quell’aura di forza che lo circondava costantemente e che lo rendeva immediatamente identificabile. A quel punto, proprio come si aspettava, Zoro lentamente si destò.
Aperti gli occhi leggermente velati che ancora non gli permettevano di distinguere precisamente la realtà circostante dalla visione meditativa, lo fissò cercando di capire se fosse di qua o di là.
- Era ora! - Disse seccato e supponente come suo solito.
Zoro che se lo trovò accucciato davanti fermo a poca distanza, si irrigidì inevitabilmente.
Non sapeva da quanto era lì ma aveva la netta sensazione che fosse anche troppo.
Si guardò automaticamente per vedere se era ancora tutto a posto e non vedendo vestiti tolti, abbassati o reazioni inevitabili, si rilassò. Teoricamente non gli aveva fatto nulla.
Teoricamente.
Con quello non si poteva mai essere veramente sicuri in effetti…
- Sei tu che devi richiamarmi quando è ora di smettere, che diavolo vuoi da me? Io posso andare avanti anche tutto il giorno! - Rispose brusco stiracchiandosi come se avesse comunque dormito veramente. I muscoli indolenziti lo ringraziarono per i movimenti così come le ossa che scricchiolarono appena.
Sospirò rilassato e contento, dopo la meditazione era nella pace dei sensi, gli importava relativamente di ciò che lo circondava e delle solite preoccupazioni. Per questo lo faceva così tanto anche prima di incontrare Mihawk.
Si sentiva meglio, dopo, e tutte le molte inquietudini che lo turbavano costantemente passavano ad un livello più accettabile, tanto che riusciva a controllare la maggior parte delle sue emozioni. Spesso e volentieri appariva freddo ed insensibile ed andava bene così, certi sentimenti non si potevano dimostrare, erano cose sue e basta.
Altre volte riusciva a perdere la testa tanto bene che veniva da chiedersi se poi fosse la stessa persona, ma tendenzialmente si manteneva perfettamente calmo, in quel modo.
Abbastanza spesso, insomma.
Nei riguardi di ciò che contava veramente.
Le cose che gli davano profondamente sui nervi e che riteneva inutili, sciocche o altamente stupide, gli davano molta difficoltà a controllarsi e tendeva a voler uccidere subito l’altro, ma sperava di riuscire a sistemare anche quell’aspetto, ora.
Del resto di tempo ne avrebbe avuto.
L’immagine di Rufy ormai era svanita al risveglio dalla meditazione, ma sapeva che sarebbe tornata con facilità fin troppo spesso.
Ricordare eventi col suo compagno non gli faceva molto bene, poi il magone e la nostalgia erano insostenibili, ma era anche vero che non doveva perdere di vista il suo punto focale principale.
La persona che amava.
Non che sarebbe mai stato possibile visto quanto riusciva a pensarci costantemente.
Non calcolò molto Mihawk aspettando che gli desse qualche indicazione per l’allenamento successivo, solo si chiese distrattamente quando sarebbe potuto tornare dal suo compagno; in quello eseguì un tale sguardo malinconico ed incontrollato che fu talmente strano da bloccare subito l'altro.
Dopo la meditazione non riuscire a controllare certe emozioni non era normale, specie per lui.
- Che cos’hai? - Chiese infatti diretto e arrogante. Non gli sarebbe dovuto interessare ma era stato così chiaro ed insolito che non aveva saputo trattenersi.
Zoro scosse il capo e rimase zitto. Non avrebbe risposto e Mihawk capendolo se ne stizzì e infastidito si alzò in piedi davanti a lui.
Non gli rispondeva quando gli faceva una domanda diretta? Ebbene avrebbe imparato l’arte dell’obbedienza!
Con una luce di disprezzo nello sguardo dorato e suggestivo, disse implacabile:
- Oggi affronterai me, ti devo misurare personalmente nel combattimento. Devo capire quanto lavoro ho ancora con te. Naturalmente il tuo obiettivo è riuscire a farmi usare la spada. Come l’altra volta, userò solo il pugnale. - Così dicendo tirò fuori la piccola arma affilata dalla collana appesa al collo e la guardò come se fosse più interessante dell’essere davanti a sé.
Zoro alzando un sopracciglio scettico non capì cosa gli fosse preso così improvvisamente ma alzando le spalle decise che avrebbe girato quella specie di punizione a suo favore. Punizione in quanto sapeva che non era ancora alla sua altezza ma se voleva era giusto provarci.
Oltretutto non poteva dire di non esserne contento.
Combattere seriamente con lui era a suo modo appagante, per uno spadaccino con la sua aspirazione.
Ormai era risoluto ad imparare in qualsiasi caso da lui, era troppo importante diventare più forte.
Troppo.
 
Gli bruciò molto più di quel che avesse mai immaginato.
Perdere la prima volta con lui era stato terribile, una botta al proprio orgoglio impareggiabile, era quasi morto e la ferita peggiore era stata quella dell’anima.
Perdere quella lì, però, era stata forse ancor più insostenibile poiché sebbene fosse preparato, realizzò quanto ancora era lontano da lui nonostante tutti i grandi miglioramenti che sapeva di aver fatto nel corso di tutto quel tempo in viaggio.
E non era abbastanza.
Ne era stato cosciente ma aveva sperato di essere un po’ più vicino, realizzare quanto si sbagliava non era stato facile.
Eppure la cosa più insopportabile era stato l’uscirne pressoché indenni.
Non ci era andato giù pesante, Mihawk. Niente a che vedere con l’altra volta, insomma.
Al momento di batterlo, al momento dunque di ferirlo per dargli il colpo di grazia, si era fermato lasciandolo a terra, disarmato, braccia larghe e con il suo pugnale, contro il suo collo.
Sarebbe morto in condizioni normali e gli bruciò perché capì quante altre umiliazioni avrebbe dovuto sopportare prima di sentirsi anche solo un minimo soddisfatto.
Non poteva sopportarlo ed ancora peggio era stato il fatto che si fosse fermato.
- Perché diavolo non fai come un normale combattimento? Che riguardi sono? - Ringhiò rabbioso Zoro rimanendo sotto di lui. Era sfinito e sudato, aveva dato fondo a tutte le energie e non c’era stato verso di scalfirlo o fargli tirare fuori la sua dannata spada.
- Non è un vero combattimento, per te sì ma per me è un modo per misurarti. Quale maestro fa fuori il proprio allievo? -
Zoro strinse i denti e contrasse la mascella… peggio di così cosa poteva esserci? Eppure l’aveva saputo dall’inizio.
Invece di farsi bruciare da questo fuoco insopportabile doveva coglierne ogni possibile giovamento. Era comunque un modo per crescere, doveva ricordarselo. Erano delle occasioni uniche nel loro genere.
Ma lì per lì, steso senza forze sotto di lui che gli stava a cavalcioni seduto sopra con un coltello puntato alla gola che non avrebbe mai affondato, sentì solo un’immensa voglia di cavargli quei dannati meravigliosi occhi dorati di falco che lo fissavano con quell’aria di superiorità eppure compiaciuti.
Compiaciuti di cosa? Che lui avesse ovviamente fallito?
Era troppo lontano… quell’uomo era ancora così tragicamente ed irrimediabilmente lontano da lui… come poteva fare per raggiungerlo anche solo di un po’?
Improvvisamente Mihawk, come se gli leggesse dentro con una facilità maledetta, piantò il pugnale nel terreno ad un soffio dalla sua testa, si appoggiò con una mano dall’altro lato e con quella libera, chino e più vicino col viso al suo, glielo prese fra le dita. Strinse le sue guance fra l’indice e pollice e lo bloccò impedendogli di girare la testa e staccargli gli occhi di dosso.
Zoro inghiottì capendo che l’atmosfera era decisamente cambiata così come le sue intenzioni e mugugnando un ‘levati subito’ alquanto sgarbato, non poté che rimanere comunque lì a lasciarsi fare.
Non era veramente bloccato ma con lui, permaloso com’era, aveva sempre un certo timore che potessero girargli i cinque minuti e cacciarlo dall’isola e non insegnargli più.
Oltretutto era veramente a pezzi e stanchissimo, l’aveva massacrato e l’idea di usare la forza che ancora non gli era tornata per toglierselo da sopra, era un’utopia ma sperò che l’altro la piantasse di giocare come uno stronzo quale era.
Se si annoiava perché non andava ad ammazzare il tempo in qualche altro modo e lo lasciava in pace?
Voleva lavarsi, mangiare e dormire, chiedeva tanto?
Mihawk non pareva dello stesso avviso ed avvicinando il viso al suo ancora, riuscì a sfiorargli le labbra con le sue ma non fece in tempo ad andare oltre poiché Zoro ritrovò le forze in quell’ultimo istante, dovuto proprio al fastidio che gli dava quell’uomo.
Non era perché era impegnato con Rufy e amava un altro. Non era nemmeno perché non gli piaceva, non era brutto e tanto meno indesiderabile a livello attrattivo. In quel senso aveva tutte le carte a posto, lo ammetteva.
Era proprio perchè ogni volta lo costringeva, lo faceva quando non era in forze od in condizioni di rifiutarlo.
Perché diavolo doveva approfittare in quei momenti e non ci provava invece quando stava bene ed era in sé?
Era solo un codardo, in realtà, per lo meno per quanto riguardava quel genere di cose.
Togliendoselo da sopra si alzò a fatica e guardandolo furente grugnì a stento un ammonizione fin troppo chiara:
- Se lo rifai mentre sono in quelle condizioni e non posso reagire giuro che trovo il modo di ucciderti, a costo di staccarti la testa a morsi! - Bè, forse le forze per parlare non erano poi tanto stentate, dopotutto!
A Mihawk non sfuggì la sottigliezza di ciò che stava intendendo… era piuttosto chiara in effetti… non quando non posso rispondere ma quando invece posso ricambiare.
Doveva dedurre che non era una questione di non volerlo ma solo di principio?
Il ragazzo detestava essere costretto e dunque lo rifiutava per quel motivo.
Interessante… se dunque gli faccio scegliere?”
Ma poi, entrando a sua volta nel castello, si rese conto di una cosa che dopotutto aveva sempre saputo e che rappresentava l’ottanta percento di sé.
Odiava far scegliere agli altri mentre al contrario amava imporsi ed ordinare nonché costringere.
Zoro l’avrebbe avuta dura, molto più di quel che aveva messo in conto.

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Capitolo 6
*** Ciò che vogliamo essere ***


*Ecco qua il nuovo capitolo. Qua c'è un po' di calma generale, una tregua fra allievo e maestro. I due finalmente si comportano in modo normale l'uno verso l'altro e c'è un bell'avvicinamento. Godiamoci l'atmosfera. C'è anche qualcosa sulla spada. Il prossimo capitolo lo metto venerdì e riprenderà l'allenamento finale che Mihawk insegna a Zoro. Ci saranno altri momenti fra allievo e maestro. Ringrazio le persone che seguono e commentano la fic, sono contenta che incuriosisca tante persone. Buona lettura. Baci Akane*

CAPITOLO VI:

CIO’ CHE VOGLIAMO ESSERE
 
Perchè mollare, prechè darci dentro
non è abbastanza, non lo è mai
allora andrò avanti fino alla fine
siamo diventati solitari
non è abbastanza, non lo è mai
ma andrò avanti fino alla fine

- Until the end – Breakin Benjamin -

L’acqua che scorreva sulla propria pelle fu presto rigenerante. Era il calore che lo permetteva, gli donava come una nuova energia.
Sospirò carezzandosi sui punti particolarmente dolenti. Spalle, collo e schiena.
Non era la fatica fisica che lo preoccupava, se stava male significava che stava lavorando bene e ne era contento. Non era nemmeno la fatica mentale, sapeva che Mihawk lo stava mettendo alla prova anche in quel senso poiché per uno spadaccino erano importanti entrambi gli aspetti.
Quello che lo impensieriva era la pressione che di giorno in giorno sentiva sempre più potente sulle spalle, forse era una delle tante prove di quell’uomo insopportabile però in ogni caso doveva sopportare e basta.
Non poteva mandare tutto a monte perché non gli piacevano i suoi atteggiamenti. Doveva imparare ad annullarsi, se voleva stare lì e lui lì ci voleva stare per crescere e rafforzarsi.
Per Rufy.
Ripensò alle parole di Mihawk sulla forza.
Era tanto importante distinguerla e sceglierne una?
Cosa lo motivava?
Nel giro degli anni aveva effettivamente cambiato spesso. Da piccolo voleva diventare forte per il gusto di esserlo, dopo Kuina voleva esserlo per lei e dopo Rufy per proteggerlo ed essere alla sua altezza. Ed ora?
Per poterlo rivedere, no? Per impedire che il prossimo pazzo incontrato lo ammazzasse. Sempre per lui.
Per lui doveva resistere.
Per lui con Orso Bartolomew aveva quasi dato la vita.
Per lui poi si era salvato.
Era sempre stato tutto per lui e sebbene nell’arco della sua vita aveva cambiato spesso idea, ora era sempre più forte quel fatto.
Prima aveva cercato Mihawk per batterlo e diventare l’uomo più forte del mondo, per sé stesso, per Kuina, per un sacco di motivi. Ma ora per Rufy si era piegato ed umiliato, in un certo senso, per chiedere proprio a lui, l’odiato Occhi di Falco, di insegnargli.
Lui veniva dopo il ragazzo che amava, a quel punto come poteva definire la propria forza?
Uscito dalla doccia si asciugò in fretta ed indossò dei pantaloni in stoffa leggera e comoda che Mihawk gli aveva messo a disposizione dal momento che era approdato lì senza praticamente nulla se non ciò che indossava.
Rimase scalzo e si affacciò alla camera sbuffò nel trovarsi Perona ad aspettarlo probabilmente per le solite cure giornaliere. Sembrava aver preso a cuore il suo ruolo di unica donna di casa. Bè, in tutta l’isola c’erano solo loro tre…
Virò prima di mettere piede dentro e tirò dritto, non aveva voglia di sentirla lamentarsi della loro ingratitudine, era davvero pesante e al momento aveva troppi pensieri per la testa. Preferiva tenersi il male mille volte piuttosto che sopportarla!
Raggiunse l’ampio salotto di quel castello, era una stanza molto alta e larga ben arredata con un gusto da antichi signori feudali o qualcosa del genere, però in ogni dove si poteva ammirare un tocco prettamente gotico. Del resto il proprietario non era certo uno dall’aria angelica… sembrava uscito da un libro per vampiri!
Vide il fuoco acceso e ne approfittò, avendo i capelli ancora umidi e preferendo il caldo, entrò e si accucciò davanti al caminetto mettendo le mani fin quasi dentro alle fiamme crepitanti.
Adorava il rumore del fuoco che bruciava e l’odore del legno ma soprattutto quella sensazione di calore fisica che sembrava quasi un abbraccio naturale.
In vita aveva imparato a sopportare tutte le condizioni della natura, da quelle fredde a quelle calde però potendo scegliere queste ultime erano sempre le sue preferite.
Sospirando rilassato, percepì solo all’ultimo la presenza alle sue spalle ma non si girò, sapeva chi era e grugnendo ancora arrabbiato con lui, borbottò un quasi incomprensibile saluto giusto di circostanza.
Mihawk ghignò appena, lo divertiva troppo quel ragazzo, aveva dei modi unici. Unici in quanto nessuno osava di solito porsi così nei suoi confronti ma doveva ammettere che cercava anche di trattenersi, anche se poi i risultati erano pessimi.
Si sedette nella sua solita poltrona personale, era comoda e lo schienale era alto, stoffa rosso molto scura. Rivolta per metà verso il camino e metà verso lo stanzone ampio, si concentrò sulla schiena ricurva del ragazzo che stava accucciato praticamente davanti ai suoi piedi a guardare il fuoco.
Non si sarebbe mai giustificato circa le proprie intenzioni ma Zoro volle comunque chiarire prima di trovarsi in situazioni ancor più equivoche.
- Io sono qua solo per allenarmi e diventare più forte. Non voglio niente altro da te. Ti porgo il mio rispetto come un allievo lo porge al suo maestro, ma al di là di questo non ti darò mai niente altro se non sarò io stesso a volerlo. - Discorso che non escludeva categoricamente che forse un giorno avrebbe anche potuto volerlo, Mihawk lo colse fra le righe e se ne compiacque. Sembrava molto più maturo di quanto non apparisse o di quanto non fosse stato all’inizio. Del resto non c’era nemmeno paragone con il Rolona Zoro di anni indietro.
- Capito il messaggio. - Fece allora calmo Mihawk. Non si sarebbe sbilanciato oltre, non avrebbe certo fatto promesse a sua volta ma qualcosa gliela voleva dire comunque, visto che era stato tanto onesto con lui e soprattutto coraggioso dal rivolgersi a lui in quel modo. - Io comunque faccio solo quello che voglio e come ti ho già detto il primo giorno che sei stato qua come mio allievo, odio annoiarmi, tutto qua. Se trovo qualcosa che mi sembra interessante, me la prendo. - Discorso che non escludeva il fatto che avrebbe potuto riprovarci con Zoro quando avrebbe voluto. Ciò che non aveva detto al ragazzo era che gli piaceva prendersi le cose quando non erano facili da ottenere. Per questo cominciava a fissarsi tanto su di lui.
All’allievo gli bastò, aveva solo voluto dirgli che non ci sarebbe mai stato in quel modo, doveva cambiare registro.
Rimasero ancora un po’ in silenzio e Mihawk ebbe modo di notare sulla sua schiena i segni del loro ultimo incontro, alcune ferite erano ancora aperte e appena sanguinanti, fortunatamente non ad un livello grave ma sarebbero dovute essere bendate. Non gliene sarebbe mai importato se di giorno in giorno Mihawk non si fosse avvicinato sempre più a lui, lentamente.
- Non ti piace farti curare da Perona? - Chiese sogghignando consapevole che il problema era quello. Zoro fece un verso di disprezzo molto eloquente, quindi mormorò:
- Non mi piacciono i fantasmi! -
Mihawk rise con quel suo fare sornione e vagamente insopportabile, quindi prendendo da un armadio delle bende e del disinfettante, si sentì ridicolo ad accucciarsi dietro al ragazzo per medicarlo, ma lo fece perché poi quella sensazione sciocca fu sovrastata da quella piacevole di intimità.
Zoro si tese e si sorprese raddrizzandosi ma non si ribellò, quindi nel silenzio completo si lasciò fare.
Il cotone passato sulle ferite più profonde lo fece sussultare ma non era un dolore insopportabile e lo lasciò fare. Non era poi male, gli piaceva quando gli toccavano la schiena. Rufy lo faceva in un modo che poi impazziva se non poteva averlo subito.
Aveva quella innocenza di superficie che poi affondando in lui si rivelava per quel che era, ovvero malizia e curiosità al contempo.
Sembrava un ingenuo e per certi versi lo era, ma in realtà vedeva molto più lontano di loro per questo semplicemente saltava dei pezzi per strada, cose che non considerava se non alla stregua di dettagli.
L’aveva visto comportarsi apparentemente da stupido suicida oppure insensibile e crudele più volte ma dietro aveva sempre avuto un motivo preciso che coincideva con l’obiettivo finale. Rufy guardava molto oltre il loro sguardo che arrivava nel futuro prossimo, il passo successivo al presente. Rufy guardava almeno dieci passi più in là se non più, perciò si perdeva certe cose nel frattempo risultando forse sciocco, forse precipitoso, forse insensibile o chissà cosa.
Immerso nei pensieri rivolti a Rufy, si riscosse quando sentì Mihawk avvolgergli le fasce intorno al torace. Si stupì anche di quel gesto ma l’accettò di buon grado sperando che non andasse di nuovo oltre.
Non lo fece ma nei molti quasi abbracci che gli diede per far passare le bende intorno al busto, percepì chiara la sua voglia di andare oltre. Si chiese se l’avesse fatto, era pronto a mandarlo di nuovo via ma sperò in un po’ di tregua, era stanco.
Mihawk pensò che fosse troppo facile, Zoro se l’aspettava, fu per questo che finita l’operazione si staccò e si risedette nella poltrona intrecciando le dita sullo stomaco. Mise i gomiti sui braccioli, le gambe accavallate in una posa aristocratica e il capo leggermente inclinato di lato a scrutare il suo allievo.
Zoro si girò e si sedette a terra in modo da avere su un lato il fuoco e poter guardare il maestro. In quel momento riuscì finalmente a vederlo per quel che era e con un gesto del capo lo ringraziò non per le cure ma per il non aver oltrepassato la linea che non voleva venisse calpestata. Mihawk capì il senso di quella gratitudine e addolcì appena lo sguardo in segno di ricezione.
Oltre che a vederci un maestro ci vide anche un signore aristocratico e seguendo l’istinto glielo chiese senza ritenerlo un problema:
- Sei un aristocratico? - Chiese in quella che poi sarebbe stata la prima vera conversazione fra i due che non comprendeva spade e allenamenti.
Mihawk si sorprese della domanda diretta e fuori luogo ma la raccolse di buon grado e rispose senza distogliere lo sguardo dal suo. Era difficile da sostenere il proprio ma vide Zoro non cedere alla tentazione di guardare altrove, quindi parlò con meno durezza e stizza di quanto avesse immaginato nell’affrontare un argomento simile, seppure non nei dettagli.
- Una cosa del genere. Una volta, comunque. - Zoro raddrizzò la testa non capendo.
- O lo sei o non lo sei, non è che smetti di esserlo. Cos’è la tua famiglia è andata in disgrazia? - Capitava alle famiglia per bene di un tempo di crollare economicamente nel corso degli anni ma il titolo rimaneva. Perdevano il loro potere politico però rimanevano comunque qualcuno.
Mihawk avrebbe voluto dirgli di farsi gli affari suoi ma trovandolo coraggioso decise di premiarlo rispondendogli.
- Una cosa del genere. - Fece con un sorrisino sbieco sapendo di infastidire Zoro.
Infatti, come previsto, sbuffò seccato:
- Sei davvero insopportabile! - Per una volta che si era interessato a qualcosa che non riguardava l’allenamento, quell’altro faceva il prezioso… e che mai poteva essere successo di tanto ignobile da tenerlo nascosto? - Li hai mandati tu in disgrazia? -
Sbottò senza pensarci seriamente. Dall’espressione strana di Mihawk capì di averci preso. Non sorrideva più strafottente ma non era nemmeno sorpreso, forse in cuor suo si era aspettato che ci arrivasse. Zoro si fece serio senza voler violar ulteriormente la sua espressione nel tentativo di decifrarla, quindi voltandosi verso il fuoco fece un passo metaforico all’indietro.
- Lascia perdere. - Disse sentendosi strano nel pronunciare parole che non aveva mai espresso in vita sua. Ma lui non era paragonabile ad altre persone fin’ora incontrate. Era il primo maestro che lui stesso avesse voluto espressamente, questo cambiava tutto. O forse lo cambiava il fatto che fosse il suo più grande nemico?
Mihawk apprezzò la sua dimostrazione di maturità e complice quella strana atmosfera che si era instaurata, si dimenticò di tutti i propri obiettivi più o meno nobili e dei rispettivi ruoli. Per un momento tutto fu cancellato e rimase solo una conversazione fra due uomini dalle forte personalità che sembravano semplicemente -e miracolosamente- ben disposti l’uno verso l’altro. Tutto lì.
- Non sono mai stato una brava persona. - Disse solo facendo intendere tutto e niente. Zoro non si sarebbe più intromesso, quindi penetrando le fiamme arancione intenso che coloravano la sua stessa pelle ormai calda, disse la sua come se fosse una somma di riflessioni raggiunte dopo una vita intera:
- Non è una questione di ciò che siamo, è solo una questione di ciò che vogliamo essere. - Gli venne inevitabilmente in mente Kuina che si lamentava di essere una donna e quindi limitata come spadaccina, si ricordò del grande litigio che avevano avuto da bambini su quell’argomento e di quello che le aveva gridato dicendole che non poteva campare scuse tanto stupide perché uno diventava solo ciò che voleva. Peccato che dopo averlo capito lei fosse morta.
Sospirò. Ed un ricordo positivo riguardo quell’argomento?
Se lo richiamò a forza e si sentì meglio quando gli tornò in mente Rufy la prima volta che l’aveva incontrato.
Era legato ad una croce e additato come criminale senza scrupoli. Lui era arrivato, l’aveva guardato e l’aveva liberato facendolo entrare -a forza quasi- nella sua ciurma che all’epoca rispondeva solo a loro due.
Non aveva dato retta a quello che avevano detto gli altri, alle apparenze e nemmeno ai crimini effettivi precedenti -di gente ne aveva già uccisa, ma tutti pirati che comunque se l’erano meritata.- Gli aveva chiesto se voleva diventare forte con lui e la sua risposta gli era bastata.
C’era gente che di possibilità per essere chi si voleva, ne dava.
Sorrise appena alla memoria appena raggiunta e si riscosse guardando Mihawk, sentendolo silenzioso si chiese se l’avesse presa male. Non che poi gli sarebbe importato molto…
L’uomo si era altrettanto perso a guardare il fuoco con uno sguardo molto simile a quello di Zoro, questi infatti capì subito che stava ricordando qualcosa e non lo invase ma rimase ad osservarlo dalla propria bassa posizione. Aveva un’aria talmente tenebrosa e suggestiva da sembrare quasi un principe delle tenebre. Si chiese se fosse diventato così o se fosse nato con quel buio dentro.
- Me l’hanno detto una volta. Io gli ho riso in faccia dicendo che la natura era la cosa più potente che esista. - Disse come se ricordasse ad alta voce e non parlasse veramente con lui. Zoro lo capì ma alimentò l’attimo chiedendo piano:
- E lui cosa ti ha detto? -
Mihawk nel ricordarlo sorrise appena nello stesso identico modo che aveva fatto Zoro nel pensare a Rufy e al loro primo incontro.
- Di vivere la mia vita come voglio senza campare ridicole scuse. - Gli avrebbe applaudito se l’autore di tale verità fosse stato presente, ma si tenne per sé il pensiero sentendo stranamente di nuovo molto forte il pensiero di Rufy, come se fosse stato lui a pronunciare quelle parole. Erano da lui, pensò.
- Ben fatta! - Disse allora Zoro ghignando acceso ritrovando nel maestro un’espressione simile sulla propria. Mihawk era tornato.
Si ritrovarono a fissarsi rilassati come se si conoscessero da anni e non avessero dei precedenti tremendi, come se non ci fossero mai stati sentimenti di odio da parte di nessuno. Come se fosse tutto a posto fra loro.
Fu strano ma a distrarli arrivò lo scroscio lontano della pioggia. Le mura del castello erano spesse ed era difficile sentire quando pioveva all’esterno, doveva essere forte, ora.
Mihawk sciolse le gambe e le mani e facendo cenno di alzarsi, disse:
- Vieni, c’è una cosa che ti devo far vedere e mi serviva la pioggia per questo. -
Zoro sorpreso capì che doveva trattarsi di un allenamento speciale e alzandosi non esitò.
- Non ti farai male. - Fece Mihawk precedendolo fuori dalla stanza.
Aveva un portamento eretto e fiero, si capiva che comunque aveva sangue nobile. Qualunque cosa fosse poi successa.
Una volta fuori Mihawk andò oltre il portone dell’ingresso e una volta immerso completamente nella pioggia che scendeva fitta e forte, si ritrovò in breve completamente bagnato. Aveva preso la sua enorme spada a croce ed estratta, Zoro rimase di pietra poco distante ad osservarlo.
Di suo aveva molta presenza fisica ma con la spada in mano si trasformava ulteriormente. Quando la estraeva, cioè.
Gli mancò il fiato e sgranò gli occhi emozionato nell’osservare quello che stava per fare.
Mihawk sembrò concentrarsi, come se non sentisse la pioggia ed il vento su di sé, quindi quando uomo e spada furono attorniati da un’unica aura scura e suggestiva dalla potenza sicuramente devastante, aprì gli occhi dorati penetranti e alzando le braccia che impugnavano l’arma si mosse di un passo che parve per un momento quasi una danza. Il momento successivo furono affondi letali ma non ad alcun essere vivente.
Mihawk stava fendendo la pioggia.
Non la pioggia in quanto massa quasi uniforme che scendeva furiosa giù dal cielo.
Goccia per goccia e da ognuna ne creava due.
Si mosse ad una velocità quasi invisibile all’occhio umano, un movimento dietro l’altro senza spostare i piedi, rimanendo fisso sul posto e roteando solo il busto alla necessità.
Zoro si sentì lontano da lui anni luce poiché sapeva bene che se non avevi una bravura assoluta non riuscivi a dividere in due le gocce poiché tendevano a riunirsi una volta passate con la lama, specie ad una velocità simile. Il fatto che poi diventassero entità diverse e che riuscisse a farlo con così tante, gli fece capire quanto lungo sarebbe stato il suo cammino.
Al termine, Mihawk rinfoderò la spada, rimase un istante fermo, dritto e attento con gli occhi chiusi, tirò un respiro profondo e riaprì gli occhi.
- Tagliare l’acqua non è facile come sembra. Dividerla veramente. Puoi passarla momentaneamente ma poi si riunisce. Con la pioggia è anche più facile ma è l’ideale per apprendere una velocità senza pari. - Zoro capì perfettamente le sue parole e capì che d’ora in poi quello sarebbe stato uno dei suoi allenamenti. - Quando non pioverà farai un altro tipo di allenamento. Sul mare. - Qua Mihawk gli si avvicinò e guardandolo più penetrante di prima e quasi con una luce di sadismo in viso, concluse: - Dovrai dividere l’acqua del mare. Tagliarla di netto. - Aveva provato Zoro cosa significava provarci con l’onda più enorme mai esistita, quando sul treno di riserva lui, Rufy e gli altri erano scappati da Water Seven alla volta di Einas Lobby. Per far passare il treno attraverso quell’onda incredibile lui, Rufy e tutti gli altri che avevano delle armi utili avevano faticato non poco per creare una piccola breccia in grado di farli passare. Era stata una delle cose più difficili ed il punto era che ci erano riusciti insieme, lui e Rufy. Da solo dubitava.
- E non parlo di qualcosa di breve e momentaneo. Tu devi separare l’acqua. Lei sarà il tuo nemico per questi mesi. - Dopo di questo, Zoro annuì con onore, capendo che quello era un ordine da maestro e vedendo che finalmente si comportava da allievo lo lasciò.
“Sprà stupirmi.”
Pensò rientrando nel castello e vedendo con la coda dell’occhio che si preparava a cominciare.
Un sorriso indecifrabile gli si formò sulle labbra. Gli era venuta voglia di vedere Shanks.

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Capitolo 7
*** tutto e subito ***


*Eccoci qua, dovevo pubblicare ieri ma mi sono persa a guardare NCIS... in questo capitolo molto delicato fa da sottofondo una canzone davvero bella che vi suggerisco di ascoltare... lo scenario è la pioggia nel suo splendore, a me piace molto come elemento e penso che si capisce leggendo. Mihawk passa dal fare il maestro in modo serio ed ammaliante al fare il re che riscuote le sue proprietà in un battito di ciglia, a volte si trattiene altre no. Ogni cosa cammina su un filo sottile, i confini sono quasi trasparenti. Ma vediamo se Zoro riesce ad impadronirsi della tecnica della pioggia. Il prossimo dovrei riuscire a metterlo un po' prima stavolta, mercoledì. Ci sarà un'altra prova per Zoro, una prova per imparare e padroneggiarsi. Grazie a chi legge e commenta, che questa fic cominci a piacere sono proprio orgogliosa visto che ha molti elementi in più e diversi dal manga. poteva anche non essere apprezzata per queste mie aggiunte. Grazie e buona lettura. Baci Akane*

CAPITOLO VII:

TUTTO E SUBITO
 
Noi non siamo mai tristi perchè non ci è permesso di esserlo
Pioggia pioggia vai via,
Vieni ancora un altro giorno,
Tutto il mondo sta aspettando il sole.
Sdraiarsi qui sotto di te
E' tutto quello che io potrei mai fare
Sdraiarsi qui sotto di te è tutto”

- Rain – Breaking Benjamin -
http://www.youtube.com/watch?v=n_S8M5R01NM

Il periodo delle piogge era iniziato con il giorno stesso in cui Mihawk e Zoro avevano avuto il loro primo dialogo serio che esulava dai soliti discorsi sulla spada che facevano per la maggior parte del tempo.
Non erano dei grandi conversatori, anzi, per niente, di conseguenza andavano d’accordo quando decidevano di stare in silenzio pur se insieme nella stessa stanza.
Non avevano avuto altri dialoghi come quello ma l’unico che era stato, aveva segnato una sorta di tregua circa il comportamento supponente di Mihawk per il quale si sentiva in diritto di avere ogni tipo di potere sul suo allievo. Ma l’allievo in questione era anche convinto che fosse una tregua momentanea e quindi era sempre attento, pronto a piazzargli una lama in mezzo alla fronte.
Al di là di questo si trovava bene con lui, non era fastidioso per il resto del tempo che passavano insieme, specie se non lo trattava come un oggetto di sua proprietà ma come un allievo o un semplice essere vivente.
Non poteva sapere che già solo il fatto che Mihawk considerasse qualcuno come un essere vivente era una cosa sensazionale, se poi lo vedeva pure come un allievo era davvero una rarità. Nel momento in cui accadevano entrambe le cose il minimo era che il suo interesse fosse talmente vivo e acceso che poi volesse impadronirsi dell’essere raro in questione.
Era quasi un meccanismo automatico, era successa una cosa simile con Shanks che dapprima l’aveva considerato, poi considerato una persona, poi un avversario ed infine addirittura un avversario degno!
Una volta giunto a quella fase, l’interesse fisico era scattato quasi in automatico.
Zoro non poteva sapere che più il loro rapporto si stabilizzava e migliorava, più poi sarebbe stato peggio.
I giorni di pioggia si susseguivano uno dopo l’altro e Zoro li passava quasi completamente fuori a lavorare sulle gocce che cadevano.
Cercava di ripetere quella specie di danza magica che Mihawk aveva fatto con la sua spada quando gli aveva mostrato l’esercizio, ma non era facile.
Inizialmente era stato un disastro.
Si era seccato, aveva creduto di essere messo meglio di così. Sapeva di essere veloce ma evidentemente si era sopravvalutato e la cosa lo mandava ancor più in bestia, infatti mano a mano che si rendeva conto di essere ancora lontano dal traguardo, si innervosiva e più si innervosiva e meno riusciva a compiere l’esercizio.
Separare le gocce di pioggia non era facile di suo ma essere veloci nel farlo con quante più possibili era anche peggio.
Mihawk le aveva tagliate tutte e quel giorno l’intensità di quelle gocce era stata impressionante. Non intendeva essere meno di lui ma cominciava a credere che gli ci sarebbe voluto molto più tempo di quel che avrebbe immaginato.
Voleva impadronirsi di quella tecnica ora che c’erano i temporali per poi poter occuparsi del mare, era curioso di vedersi all’opera anche in quel campo. Aveva vissuto tantissimo su di esso e non l’aveva mai usato per allenarsi. Rendersi conto che invece era un elemento prezioso per il suo scopo l’aveva fatto sentire idiota.
Mihawk dentro al suo castello gotico, rimaneva ore alla finestra ad osservarlo.
Bagnato fradicio sembrava non sentire il fastidio per il freddo e per la pioggia. A torso nudo, i muscoli tesi, l’aria nervosa, cercava di concentrarsi per tagliarne quante più poteva.
Il suo problema non era la velocità, il suo problema era che pensava a prenderne il più possibile, questo lo rendeva inefficace. Pensava troppo alla velocità.
Fosse stato per lui avrebbe passato i giorni ad osservarlo senza dirgli niente e dargli indicazioni ma quando Perona gli ricordò petulante che lui era il suo maestro e che come minimo doveva dargli qualche dritta per renderlo meno imbarazzante da vedere, Mihawk -con non poco fastidio- convenne con lei.
Aveva anche ragione, dopotutto.
Fu così che dopo un paio di settimane dove non era riuscito ancora a separare definitivamente nemmeno una goccia di pioggia, che Mihawk uscì sotto di essa ed in poco si ritrovò fradicio con ancora i vestiti addosso.
Era come se non se ne accorgesse nemmeno.
Era la sua caratteristica, non si accorgeva di niente di ciò che lo circondava perché niente attirava la sua attenzione, niente era interessante, niente era degno, per lui. Nemmeno la natura che si scatenava furiosa o la stessa in tutta la sua bellezza.
Niente.
Solo un avversario degno lo destava.
O un allievo interessante.
Zoro si fermò stupito di vederlo lì con lui, in tutto quel tempo, dopo avergli dato le indicazioni, non si era più fatto vivo se non ai pasti ed anche in quei momenti non avevano parlato molto, gli aveva dato alcuni ordini per gli allenamenti dell’indomani e basta.
Ma ora aveva tutta l’aria di essere tornato il suo maestro e incredulo si fermò con le due spade in mano dalle cui punte scendevano dei piccoli fiumi che finivano poi sul terreno fangoso.
- Intanto comincia con una spada e concentrati su di essa. - Iniziò con fermezza e supponenza.
Zoro non replicò, aveva giurato di non ribattere mai al suo maestro e così avrebbe fatto.
Rinfoderò infatti entrambe e prese solo quella bianca di Kuina.
Mihawk allora si avvicinò vedendolo ben disposto ad ascoltare.
- Sei troppo nervoso, devi fare più esercizi di meditazioni. Li hai lasciati un po’ perdere per questo ma non va bene. Non pensare che sei più indietro di quel che pensavi. - Zoro però si stizzì di essere letto così bene, non credeva di essere un libro aperto. Poi si corresse, forse lo era solo per lui.
Mihawk guardando le sue spalle ancora alte e tese gli andò dietro e gliele prese, quindi stringendo lo costrinse ad abbassarle. Rimasero ancora un fascio di nervi e quindi per scioglierlo gliele massaggiò appena. Zoro si rilassò istantaneamente, sarebbe stato impossibile il contrario.
- L’arte della spada non la puoi raggiungere con una tempesta interiore di emozioni, devi padroneggiare tutto te stesso a partire dai sentimenti che provi e dai pensieri che regnano nella tua mente. Devi riuscire a rilassarti nei momenti più impensati. Se ora sei così teso cosa farai quando sarai davanti ad un avversario fortissimo impossibile da battere? - Era quasi sottinteso che parlasse di sé ma Zoro capì che era nei panni del suo maestro e per questo sarebbe stato ore ad ascoltarlo, gli piaceva quando lo faceva, non era più distante seppure rimanesse altero e pieno di sé. Aveva una fermezza regale e il fatto che perdesse tempo con lui a spiegargli dei segreti che probabilmente non avrebbe mai voluto condividere con nessuno, lo rendeva speciale ed era questo un allievo per il suo maestro.
Speciale.
Specie considerando il fatto specifico che Zoro per Mihawk era l’unico.
Quando sentì i suoi muscoli abbastanza sciolti sotto le dita, smise di massaggiarlo e senza separarsi dalla sua pelle bagnata, scivolò fin troppo facilmente sulle braccia forti del ragazzo.
Le trovò possenti e prestanti ma comunque malleabili al punto giusto. Arrivò ai polsi.
Zoro tratteneva il fiato, aveva un tocco davvero incredibile, suggestivo.
Aveva sempre pensato che di lui fossero gli occhi la parte ammaliante ma dopotutto lo erano di più i modi.
Quando arrivò alle mani che stringevano l’impugnatura della katana, ormai Mihawk praticamente l’abbracciava da dietro e rabbrividì quando gli parlò all’orecchio, il suo tono era basso e penetrante e visto che la sua voce era di natura sensuale, si trovò in seria difficoltà a capire cosa gli stesse dicendo.
Si chiese se fosse uno dei suoi soliti modi per prendere possesso del suo nuovo giocattolino ma capì che stava ancora effettivamente insegnando e che doveva ad ogni modo capire quello che gli stava dicendo, sicuramente suggerimenti preziosi.
Poi poteva mandarlo a quel paese.
- Vuoi fare tutto e subito ma devi andare per gradi. Cerca intanto di separare come si deve una goccia, poi cerca di farlo con tante. Dopo di che cerca di farlo con tutte. Quando ci riuscirai, potrai pensare al modo di eseguire l’esercizio usando la tua tecnica delle tre spade. - Era estremamente chiaro il senso delle sue parole, non lo era il motivo per cui glielo stava dicendo in quel modo.
I brividi lo percorsero e la pioggia che li ricopriva di certo non li aiutava. Sentiva il suo torace contro la schiena e si disse perché dovesse vestirsi con una giacca lunga senza maniche e slacciata con nulla sotto.
- Alza la testa. - Gli disse infine. Zoro lo fece automaticamente ma naturalmente nella posizione in cui era finì per appoggiare la nuca sulla sua spalla, erano come due innamorati, si disse. Una situazione talmente assurda da essere irreale. Le gocce lo schiaffeggiavano aiutandolo un po’ a riprendersi la sua lucidità, poi Mihawk che aveva fatto altrettanto e che stava guardando in alto a sua volta, continuò piano, come se non volesse farsi sentire dalla natura circostante. - Fissane una, segui quella più alta che puoi. - Zoro lo fece senza pensarci, cercò di individuarne una fra le tante e quando l’ebbe a vista, Mihawk proseguì. - Ora chiudi gli occhi e cerca di percepirla. - Era uno dei suoi incantesimi. Era sicuro che sarebbe finita male ma non riusciva proprio a capire il modo. Il problema era che ora ci stava così bene fra le sue braccia che non era normale. Quando chiuse gli occhi e tornò ad abbassare la testa, cercò comunque di concentrarsi su quella goccia, se la visualizzò nella mente ricordando dove l’aveva lasciata e come se una fotografia si muovesse nella propria testa, immaginò il suo percorso fino a terra. A quel punto Mihawk si mosse.
Zoro trattenne di nuovo il respiro quando sentì una leggera pressione nelle sue mani, segno che a breve avrebbero affondato il colpo.
Fu un lampo, mentre si vedeva la goccia arrivargli quasi davanti gli parve che le altre che lo ricoprivano gli entrassero invece dentro e fu come se diventasse per un istante acqua lui stesso. Non aveva idea di come fosse possibile, non gli era ancora successo.
Poi fu un istante.
Un flash.
Un attimo più breve di un battito di ciglia.
Mihawk, portandosi Zoro, roteò le braccia con la sua spada ed in un istante tornò fermo.
Zoro aprì automaticamente gli occhi nel momento in cui accadde e quando vide le sue braccia muoversi da sole, vide la lama tagliare di netto la goccia che poi si divideva in due cadendo in direzioni diverse sul terreno.
Sgranò gli occhi con quella sorta di euforia che non pensava di poter provare per una sciocchezza simile, quindi si girò automaticamente verso il suo maestro che lo mollò poco dopo quasi con crudeltà, ben sapendo il senso di smarrimento che avrebbe lasciato sul ragazzo.
Zoro infatti si sentì nudo e bagnato solo in quel momento e quando si sgonfiò senza rendersene conto, Mihawk sorrise con quel suo fare enigmatico che sapeva di maligno.
Tutto il fascino esercitato su di lui poco prima in versione di maestro, era andata insieme alla pioggia sul terreno e con una non celata delusione chinò il capo in segno reverenziale.
- Ora ho capito, ti ringrazio. - Stava di nuovo innalzando un muro di cemento armato fra di loro per impedirgli in anticipo ogni possibile mossa da non maestro.
Mihawk lo capì e accentuò il suo sorriso inquietante che all’altro non piaceva, quindi senza dire nient’altro rientrò.
Sarebbe stato facile, in quel momento, prendersi la sua bocca od un’altra sua parte del corpo, però non sarebbe stato completamente spontaneo o forse non proprio divertente.
Zoro era tutto il suo attuale diletto, voleva goderselo per tutti i due anni in cui sarebbe stato suo senza bruciarselo in alcun modo.
Quelle torture erano la fine del mondo, per lui.
Non sapeva proprio rinunciarci.
 
Una volta capito il meccanismo, per Zoro non fu molto difficile ripeterlo da solo e dopo averlo rifatto quasi subito, cominciò lentamente a tagliare sempre più gocce.
Dall’interno del suo castello, Mihawk appena uscito dalla doccia e avvolto in un accappatoio, lo guardava destreggiarsi sempre meglio.
Non poté nascondere a sé stesso il proprio orgoglio e con una previsione precisa, capì che entro l’arrivo dell’inverno avrebbe quasi completato la tecnica.
Al di là dell’osso duro che era come uomo che si ostinava in quella posizione e non voleva cedergli assolutamente, era il suo allievo e doveva ammettere che riusciva sempre a sorprenderlo per la velocità con cui apprendeva i suoi insegnamenti. Beveva tutto come fosse assetato, il bisogno che aveva di imparare e crescere non l’aveva visto in nessuno anche se, naturalmente, era comunque il suo primo e unico allievo.
E probabilmente l’ultimo.
 
Quella notte, Zoro crollò nel letto subito dopo essere rientrato ed essersi lavato e asciugato. Era molto tardi, l’ora di cena era superata e nonostante non avesse fatto un esercizio in sé massacrante, alla fine si sentiva allo stesso modo.
Senza curarsi dei vestiti e fregandosene completamente delle mire che i suoi due inquilini avevano su di lui, si tirò su le coperte e si addormentò ignorando i morsi della fame.
Aveva molto più sonno, se non riposava non sarebbe riuscito nemmeno ad arrivare alla cucina per mangiare. Più tardi ci avrebbe pensato se si fosse svegliato per i crampi.
Però la soddisfazione con cui si addormentò non la provava più da tempo.
Ci era riuscito.
Non aveva raggiunto la velocità e la quantità giusta di gocce tagliate, però era a buon punto, comunque le separava come gli aveva detto Mihawk ed adesso poteva ritenersi più che contento.
Non si sarebbe mai accorto di Perona che svolazzante per il soffitto se lo guardava incuriosita, non riusciva a capacitarsi di come una persona potesse crollare in quel modo sembrando morto. Senza nemmeno mangiare prima, fra l’altro.
L’ora di cena era passata da un pezzo e lui aveva mangiato solo a pranzo.
Quando sentì arrivare Mihawk se ne andò svelta intenzionata a non farsi vedere da quell’uomo odioso, poi l’avrebbe solo presa in giro.
Che poi lui faceva la sua stessa cosa ma se lo faceva lui andava bene, se lo faceva lei era solo ridicola, no?
Che andasse al diavolo!
 
Quando Mihawk entrò in camera sua, naturalmente senza penarsi a bussare -in fondo quella era casa sua, e che diamine!- per vedere come mai non andasse a mangiare, lo trovò addormentato ed in realtà non se ne stupì.
Si fermò vicino al letto, Zoro dormiva della grossa a pancia in su e le braccia erano intrecciate sopra la testa, le coperte erano fino alla vita; ci mise poco a capire che era completamente nudo.
Attirato dalla cicatrice lunga che lo percorreva in diagonale sul petto, quella che gli aveva inferto lui quando l’aveva incontrato la prima volta, gliela sfiorò con la punta delle dita. Era in rilievo rispetto al resto della pelle, doveva averlo quasi ucciso quella volta, com’era sopravvissuto era anche un mistero. Ammirato dalla sua enorme forza di volontà, sorrise con un ghigno dei suoi, sempre altero ma contento in un certo senso.
Quando la mano scese, gli prese le coperte e gliele abbassò. Aveva la faccia tosta di fare queste cose, Zoro era di sua proprietà finché era il suo allievo e viveva nel suo castello.
Ne era piuttosto convinto.
Suo malgrado dopo aver ammirato il suo bel corpo nella sua totalità e averlo appena sfiorato sulle parti intime, senza fare una sola piega lo ricoprì e se ne andò senza fare nient’altro.
Sarebbero stati due anni davvero interessanti, finalmente!

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Capitolo 8
*** Buona prova ***


*Ecco qua il nuovo capitolo! Super veloce che sono di fretta! Torniamo al lato maniaco di Mihawk, diciamo che tutto ciò che fa ha un senso, ma spesso non si capisce subito e spesso esagera. Non è un santo, visto che ci eravamo abituati troppo ad un Mihawk bravo non poteva essere. Vediamo un po' delle sue varie facce. Il prossimo lo metto domenica. Buona lettura. Baci Akane

CAPITOLO VIII:

BUONA PROVA
 
Bhè, io so che non sai la ragione
Ed è freddo, un segno di stagione
Perchè il tuo è vecchio, e migliora e colpisce
E cresceremo, finchè non raggiungiamo il massimo, yeah!
Bhè, io sarò migliore

- Skin – Breaking Benjamin -
http://www.youtube.com/watch?v=kWnG7Gxkk8c

Così grigio e basso quel cielo non l’aveva mai visto. Non era mai stato sereno ma quella cupezza era carica e gonfia ed ora finalmente era chiaro il motivo per cui lo fosse.
Con la testa rivolta verso le nuvole in alto, seccato fissava i fiocchi di neve cadere giù lenti e pacati.
Dapprima piccoli e poi via via sempre più grandi e fitti fino a creare uno spettacolo da togliere il fiato.
O meglio, il fiato l’avrebbe di certo tolto a molte persone ma di sicuro non a lui che riteneva quella nevicata solo una seccatura.
Ricoperto di un leggero strato di neve, si riscosse con stizza rinfoderando le spade ed in quello la voce del suo maestro lo raggiunse da dietro. Come sempre sicuro, come sempre altezzoso.
- Il tempo delle piogge è finito, ora arriva la neve. Quando comincia non smette finchè l’inverno non cessa. Avremo un paio di mesi da passare. -
- Ma non padroneggio pienamente la tecnica come dovrei. - Replicò Zoro riferendosi a quella della pioggia.
Mihawk non fece una piega e come se fosse una cosa di poca importanza, rispose:
- Riprenderai con la primavera, ci sarà un altro mese a disposizione fra il disgelo e la primavera vera e propria. Non sei messo poi tanto male, ci metterai poco a ritornare a questo e a superarti. - Lo disse con sicurezza senza ammettere repliche. Era così e basta.
Quando si rivolse verso il proprio stesso castello per rientrare, anche Mihawk aveva degli strati di neve sui capelli e sulle spalle e Zoro notandolo ridacchiò. Aveva sempre quell’aria da principe annoiato ed ora che lo vedeva così gli sembrava addirittura buffo!
Mihawk sentendolo si girò per vedere quale fosse l’evento che l’aveva fatto sorridere e vedendo che rideva di lui se ne seccò ovviamente. Suo malgrado dopo il primo momento di fastidio, vedendo il viso del ragazzo finalmente rilassato si sentì istintivamente -e stranamente- contento. Almeno era merito suo.
- Vieni, in quest’inverno ci concentreremo sulla padronanza di te stesso. - Nel momento in cui lo disse sembrò una minaccia e Zoro smise di ridere sebbene non fosse effettivamente preoccupato.
- Quando potrò occuparmi del mare? - Chiese seguendolo dentro.
- Quando si scongelerà! - Rispose logico Mihawk senza voltarsi e continuando a camminargli davanti.
- E quando tornerò ad affrontarti in duello? - La cosa che decisamente lo interessava di più. Cominciava ad essere di nuovo impaziente e Mihawk ghignò. Proprio per quello ora l’avrebbe massacrato. O la smetteva con quelle manie o lo sotterrava a pezzi!
- Quando sarai ad un livello migliore. Non sei ancora alla mia altezza. Ti massacrerei e non servirebbe a niente ai fini del tuo allenamento. - Ragionava sempre per utilità, non pensava mai che comunque ci potesse anche essere del divertimento, ogni tanto.
Zoro tendenzialmente era d’accordo con questo modo di essere, lo era anche lui, però con Rufy e gli altri aveva imparato l’arte del divertimento ed aveva capito quanto fosse importante per poter migliorare. Qualcosa di difficile da spiegare a qualcuno che per non annoiarsi distruggeva navi!
Sbuffando ci rinunciò in partenza e provocando un altro sorrisino in Mihawk, arrivarono al terzo piano.
Il terzo piano era un’unica enorme stanza gigantesca che prendeva tutto lo spazio a disposizione.
Non c’erano porte, le scale arrivavano direttamente in questo salone immenso ed altre poi proseguivano sopra.
Il pavimento era in marmo grezzo ed era scuro, le pareti erano invece ricoperte di un tessuto rosso scuro che incupiva ulteriormente l’ambiente. Alte e strette finestre lungo le pareti dalle vetrate rettangolari e con le grate fuori. Spade di ogni genere erano appese ai muri e disposte con un certo ordine, per tipo, grandezza, anno e fatturazione. Era tutto talmente curato da avere l’idea di essere in un museo, quello più prezioso del mondo.
Zoro per un momento perse il fiato e guardandosi intorno capì che quella era la sala di Mihawk, dove lui probabilmente si allenava. O si era allenato quando ne aveva avuto bisogno, dubitava che ora ne avesse, ma del resto uno spadaccino non smetteva mai di fare esercizio.
Perso nei suoi giri mentali, si avvicinò ammaliato alle pareti, era tutto così curato, seppure buio, che provò un forte senso di rispetto e intimidazione, ma non se lo spiegò.
- E’ la collezione di famiglia. Non ho raccolto niente di tutto questo. La sala era come l’hanno composta i miei avi. Io mi alleno e basta. - Spiegò Mihawk.
Zoro non si girò ma lo sentì vicino, alle sue spalle. Stava anch’egli guardando la collezione e non osava vedere lo sguardo con cui lo faceva, però lo sentì così disposto che senza pensarci, gli fece altre domande.
Proprio come un allievo interessato umanamente al suo maestro.
Qualcosa che fin’ora era avvenuto raramente.
- Era un’arte di famiglia, allora… -
Mihawk annuì e allora Zoro dovette girarsi a guardarlo. Lì vi rimase. I suoi occhi dorati di norma molto suggestivi, ora erano sottili e accusatori ma c’era una specie di sofferenza di fondo, molto lontana e strana, in realtà. Non sapeva proprio definire quello che vi vedeva e nel cercare di farlo, vi rimase incantato. Non si accorse della propria domanda successiva…
- Erano come te? - Domanda molto furba.
Mihawk continuò a fissare le spade come se fossero i suoi genitori e con dell’amarezza che non gli aveva mai visto, rispose come parlasse da solo.
- Dipende da cosa intendi. Se parli di talento nella spada sì, se parli di personalità direi proprio di no. Ma se è la natura che intendi… bè, buon sangue non mente. - E lì scorse tanto di quel rancore che Zoro capì quasi precisamente la storia che doveva esserci dietro.
Sicuramente non erano delle brave persone e sicuramente crescendolo in un certo modo l’avevano spinto a diventare la persona che era oggi che li aveva mandati consapevolmente e volontariamente in disgrazia.
Probabilmente la sua era stata una vendetta per qualcosa di atroce che doveva aver subito e sicuramente erano stati tutti eventi che l’avevano segnato portandolo ad essere così odioso ed insopportabile.
Sapeva che ad ogni reazione corrispondeva prima un’azione, ma spesso non gli importava perché comunque le decisioni finali le si prendeva sempre con coscienza, c’era una scelta finale prima del proprio agire e arrendersi a quel che si poteva definire comodamente natura, era davvero un facilitarsi l’esistenza.
- Non proprio delle brave persone, mm? - Disse spontaneo senza pensare che in questo modo intendeva che nemmeno lui lo era. Mihawk a questo sorrise sardonico spostando gli occhi dorati su di lui, non erano più tanto amari.
- Apprezzo che non fai l’ipocrita. - Rispose infatti senza dire niente a proposito dei suoi genitori se non un finale e conclusivo: - No, non proprio delle brave persone. - che fu quanto mai laconico.
Zoro capì che non avrebbe saputo di più per il momento e girandosi per dare le spalle alla parete che in qualche modo rappresentava il misterioso passato di quell’uomo a tratti insopportabile e ad altri affascinante, cambiò drasticamente tono e argomento.
- Io sono pronto, possiamo cominciare quando vuoi. -
Mihawk si riscosse con un impercettibile sospiro, quindi portando su di lui l’attenzione cambiò espressione tornando saccente e altezzoso; intrecciò le braccia sull’addome, nascose le mani sotto la giacca lunga e senza maniche dalla fattura pregiata. L’inverno l’aveva portato ad indossare la camicia e il ragazzo non poteva che apprezzarlo, così si sarebbe distratto di meno. Camminò fino al centro della sala e gli indicò un punto dove mettersi. Zoro lo fece, non aveva idea delle sue intenzioni, sembrava stesse prendendo qualcosa da sotto l’indumento ma non aveva idea di che cosa fosse né di quale esercizio si sarebbe trattato.
Aveva detto che avrebbero lavorato sulla padronanza di sé ma era estremamente curioso di vedere di cosa si trattava.
- Togliti la maglia. - Disse con fermezza. Zoro alzò un sopracciglio scettico ma allo sguardo risoluto del suo maestro eseguì e buttando l’indumento poco più in là, rimase in attesa. A quel punto Mihawk continuò sullo stesso tono: - Comincia a contare da quattrocento milioni all’indietro. -
Zoro notò immediatamente che quella era la taglia sulla testa di Rufy e si chiese a che diavolo servisse, esitando dunque Mihawk chiese duramente.
- Che c’è, sei analfabeta? Non sai contare? - Il ragazzo ovviamente offeso rispose piccato:
- Certo che so contare, mi chiedevo solo a che diavolo servisse! -
- Ora lo scoprirai! - Disse l’altro sicuro di sé, con uno strano odioso luccichio nello sguardo. Le mani ancora nascoste.
Scrollando le spalle cominciò a contare da quattrocento milioni all’indietro cercando di fare attenzione per non impappinarsi.
- Cammina in circolo intorno a me e mantieni la distanza. - Fece poi l’altro.
Zoro seccato di dover anche camminare, lo fece. Già non era proprio facilissimo contare da quella cifra all’indietro senza perdersene una per strada, se poi doveva anche camminare facendo attenzione a non diminuire la distanza… ma con un po’ di concentrazione in più lo fece rendendosi conto di quanto una cosa stupida potesse tenerlo occupato.
Quando ormai aveva cominciato da un po’, più veloce della sua stessa vista uno schiocco partì immediatamente e si levò nell’aria frusciando e sfiorandolo.
Zoro sussultò e si fermò rendendosi conto che si trattava dello schianto di una frusta e quando vide che le fruste erano due e che le aveva fatte vibrare Mihawk, capì cosa aveva stretto da sotto la giacca.
- Dico, sei matto? - Chiese iroso.
Mihawk sorrise ironico.
- Cosa pensavi, che l’esercizio fosse contare? -
- Mi chiedevo a che diavolo servisse ma ora mi sembra ancora più assurdo! - Mihawk brillava ancora divertito e proseguì.
- Lo capirai da solo. Riprendi. Non devi fermarti, io ti distrarrò in vari modi, tu devi proseguire come se niente fosse, continua a contare all’indietro senza saltare un numero e perdere il filo, ma soprattutto senza esitare né nella voce né nei passi. Cerchi perfetti intorno a me. Questo è solo l’inizio. - Capì che ne avrebbe avute altre di diavolerie del genere e capì anche che per quanto ridicolo fosse, doveva sicuramente avere un senso per cui solo per il fatto che comunque fosse il suo maestro, fece per ripartire se non che si rese conto di essersi dimenticato la conta. Imprecando ricominciò da capo sotto le risate insopportabili dell’altro uomo.
Ricominciò e poco dopo altri schiocchi lo fecero saltare, nonostante se li fosse aspettato questi l’avevano quasi toccato e di nuovo perse il filo fermandosi, dicendo che poi non sarebbe più successo!
- Mi hai fatto togliere la maglia per vedere se mi becchi? - Chiese seccato volendo dirgli che la tortura non era contemplata nell’allenamento.
Mihawk senza spegnere quell’aria compiaciuta e per nulla annoiata, rispose:
- Proprio così! -
- E se mi prendi? - Perché sapeva che comunque non era per scusarsi od evitare…
- Mi diverto di più! - Ci avrebbe giurato.
- Sei un sadico. - Grugnì fulminandolo feroce con lo sguardo.
- L’hai capito con un po’ di ritardo ma ci sei. - Lo prese in giro Mihawk che schioccò di nuovo una delle due fruste per farlo ricominciare. - Avanti, non fermarti, ti ho detto! Finchè non arrivi a zero senza sbagliare di un soffio l’esercizio non finisce! - Sarebbero andati avanti settimane, si disse Zoro capendo i tempi.
- Mi fai sentire una tigre che viene ammaestrata! - Brontolò capendo che doveva ricominciare da quattrocento milioni.
Mihawk convenne con una non celata soddisfazione:
- Abbinamento appropriato, direi… - Solo allora Zoro, guardandolo un istante prima di ricominciare, lo vide come un ammaestratore dalle sembianze di un falco e sogghignò a sua volta trovandolo stranamente divertente. Un falco che addestra una tigre.
Chissà chi la spunterà, poi… “ si chiese riprendendo.
Per tutta la giornata non ci fu verso di arrivare fino oltre ad un numero accettabile, però riuscì per lo meno a non interrompersi ad ogni schiocco, solo a quelli che lo toccavano.
Era consapevole che quando avrebbe superato la soglia della decenza avrebbe cominciato ad andarci giù pesantemente e capì perché voleva vedere tutti i segni che gli infliggeva, per capire quanto duro fosse a concentrarsi come si doveva e a concludere l’esercizio correttamente. Per la fine probabilmente sarebbe stato ricoperto di frustate dalla testa ai piedi.
 
I giorni proseguirono uno dopo l’altro, Mihawk aveva trovato un nuovo modo per non annoiarsi, frustare Zoro trattandolo come una tigre da ammaestrare, di conseguenza aveva calato nettamente le sue mire su di lui. Zoro preferiva così di gran lunga ed anche se ogni volta che si avvicinava al traguardo diventando sempre più concentrato ed impassibile, lui poi ci andava giù particolarmente pesante con le fruste, il ragazzo prendeva tutto sempre come un prezioso allenamento e basta, di conseguenza l’accettava di gran lunga.
Quando arrivò in sala quel giorno, Mihawk era già li ad aspettarlo con le fruste attorcigliate intorno al torace, intrecciate diagonalmente fra loro. Era anche lui a torso nudo e Zoro pensò che gli era sembrato strano vederlo tanto vestito in quei giorni. Del resto ormai il castello era ben riscaldato e per quel genere di attività più si era scoperti e meglio era, lo sapeva.
Si tolse a sua volta la maglia come sempre, i fisici di entrambi erano asciutti solo che uno appariva molto più liscio dell’altro per un semplice discorso di cicatrici, sia recenti che vecchie.
Mihawk aveva le mani ai fianchi ed una posa elegante tipica di uno spadaccino di corte e lo stava contemplando con insistenza penetrandolo dalla testa ai piedi, sembrava particolarmente soddisfatto, come se fosse un’opera d’arte scolpita da lui.
Zoro che non aveva più peli sulla lingua dalla nascita, allargò le braccia e fece un giro su sé stesso.
- Spero di essere di tuo gradimento. Stai ammirando il tuo capolavoro? - Chiese ironico.
Mihawk non si turbò e rispose senza fare una piega allo stesso suo modo, sempre con quel sorrisino sulle labbra.
- Direi di sì, gradisco. Proprio un gran bel lavoro, devo dire. -
- Hai già capito quanto manca prima che riesca a finire? - Mihawk si compiacque che Zoro ci fosse arrivato e decise di degnarlo di una risposta sincera.
- Questo è solo il primo di una lunga serie, il più facile. Per padroneggiare te stesso come si deve ne hai da fare… riempiremo abbondantemente tutto l’inverno, ma con la tua capacità d’apprendimento meno zuccone di quel che pensassi inizialmente, dovremo stare nei tempi. - Era una specie di complimento ma Zoro non lo colse poiché era rimasto a ‘è il primo di una lunga serie’ e capendo che ne avrebbe dovuti affrontare altri di molto peggio sogghignò contento e impaziente. Cominciava a divertirsi.
- Oggi starai fermo in mezzo e mi muoverò io. Ieri per la prima volta ci siamo interrotti senza un tuo errore, quindi puoi riprendere dal numero da cui ti eri fermato. - Gli concesse. Zoro capì che doveva esserci il trucco e sistemandosi al suo posto senza aggiungere niente, ascoltò il resto. - Però in compenso userò anche altri metodi per disturbarti. Ormai ti sei abituato agli schiocchi e al dolore delle frustate, ti serve qualcos’altro. -
Ah ecco… “
Pensò infatti il ragazzo facendo l’espressione consapevole. Senza fare una piega cominciò a contare da dove aveva finito il giorno prima e chiedendosi cosa si sarebbe inventato per rompergli le scatole, andò avanti escludendo sia i rumori forti che le sensazioni tattili di dolore.
Era a suo modo anche piuttosto rilassante poiché non doveva concentrarsi su altro che quello svuotando completamente la mente -cosa per cui Sanji avrebbe commentato che non gli ci voleva molto visto che era già vuota di suo…-
Immerso così nel mondo dei numeri e sopportato una quantità notevole di frustate, un paio addosso ed un paio che l‘avevano solo sfiorato, sentì la presenza fisica di Mihawk immediatamente dietro di sé e con un’ondata di seria preoccupazione capì quale genere di disturbi ora gli avrebbe posto.
Per poco non perse il filo ma facilitato dal fatto che non doveva più camminare, cercò di riprendersi chiudendo gli occhi, poteva esternarsi, doveva solo contare all’indietro, solo quello, dannazione.
Quando sentì le dita di Mihawk sfiorargli il centro della schiena sul segno più recente, sussultò ma riuscì a proseguire col numero successivo. Quando però le dita continuarono a muoversi su tutti gli altri e a percorrerglieli, trattenne il fiato, per un attimo ancora dimenticò cosa stava dicendo ma riuscì a proseguire.
Cominciò ad insultarsi, doveva stare concentrato, non importava cosa gli faceva, non era per approfittarne, o meglio anche, ma principalmente per dargli padronanza di sé e sapeva quanto importante fosse, era uno dei suoi punti deboli e quindi anche se lo molestava per puro diletto, era anche un buon esercizio visto che era una delle cose che gli davano più fastidio in assoluto. Per questo doveva resistere e mandarlo fuori dalla propria mente. Doveva.
E continuò a contare.
Mihawk con un sorrisetto gli girò intorno smettendo di toccarlo, gli permise di proseguire e tirare un respiro di sollievo, apprezzava il fatto che tenesse gli occhi chiusi, era più interessante così. Così come lo era la sua elevata resistenza a quello, sapeva quanto detestava essere toccato da gente che non era il suo compagno, gli ci era voluto poco per capirlo.
Dopo aver fatto il falco intorno alla tigre profondamente concentrata, tornò all’attacco e questa volta davanti.
Zoro teneva le braccia lungo i fianchi ed aveva sciolto i pugni che però si tesero appena i suoi polpastrelli leggeri tornarono a percorrergli tutti gli altri segni più o meno freschi delle fruste di quel periodo. Quando si soffermò sulla cicatrice diagonale più vecchia che gli aveva fatto lui al primo incontro, Zoro strinse le palpebre e tese i muscoli rendendo quella tortura più piacevole. Di certo non lo invogliava a smettere e oltretutto non era idiota, sapeva che non apriva gli occhi non tanto per la concentrazione in sé quanto perché poi si sarebbe sentito di nuovo ammaliato da lui, era cosciente dello sguardo che possedeva e sapeva l’effetto che aveva sugli altri.
Nonostante i molti segni sulla pelle, aveva un corpo sodo e muscoloso, estremamente piacevole al tatto e giunto alla fine della cicatrice che arrivava sull’anca, non si fermò e spostandosi dietro di lui come prima, lo cinse con le braccia giungendo alla vita bassa dove scese oltre l’elastico. Ormai non metteva la fascia verde alla vita e nemmeno la bandana, erano i segni di sé che aveva messo giù intenzionato a riprenderli quando l’allenamento sarebbe concluso, di conseguenza sui fianchi era più libero.
Le dita di Mihawk trovarono subito prepotentemente la sua erezione e di nuovo Zoro ci impiegò tutta la sua forza mentale per non fermarlo e mandare tutto al diavolo.
Era questo che intendeva con padronanza di sé. Andare avanti nonostante tutto, anche se ti sta accadendo la cosa che per te è più insopportabile in assoluto. O magari la più piacevole.
Doveva assolutamente proseguire.
Fra un numero e l’altro che cercava di ricordare correttamente, si ammoniva dicendo di non dargli una testata e non ucciderlo, ma la sua mano sulla propria erezione si muoveva pratica e veloce, lo stava stimolando con decisione e arroganza e Zoro non poteva affatto dire che comunque a livello puramente fisico non fosse estremamente bello. Poi l’idea che a farglielo fosse Mihawk contrastava gettandolo da tutt’altra parte, insieme alla voglia di scaricargli una valanga di insulti, di conseguenza la lotta che dovette affrontare mentre la sua stessa eccitazione saliva, non fu per niente da poco. Quando raggiunse suo malgrado l’apice insultandosi da solo, saltò un numero e quando se ne accorse dovette fermarsi. Fu allora che aprì gli occhi altamente scocciato e con una grande voglia di dargli ora quello che meritava, si sentì montare dentro una rabbia senza precedenti.
Non solo aveva dovuto sopportare una cosa simile che poi gli era anche piaciuta perché comunque era un uomo che non faceva sesso da molti mesi, ma non era nemmeno servito a nulla perché comunque aveva sbagliato!
Si girò potendosi comunque finalmente staccare da lui, era arrossato per l’orgasmo raggiunto e la rabbia lo infiammava, lo fissava furente e non sapendo da cosa partire Mihawk lo precedette superandolo e andando oltre, chiudendo gli occhi con la consapevolezza d’aver esagerato.
- Puoi riprendere da dove ti sei interrotto adesso. Buona prova, ragazzino. Nessuno avrebbe continuato comunque. - Il fatto che lui ci avesse provato e ci fosse quasi riuscito, era di certo anomalo: denotava la sua enorme forza di volontà ma non solo.
Mihawk lo capì mentre riprendendo la frusta tornava ai metodi di prima, scoccandola sul pavimento.
Denotava soprattutto l’enorme importanza che aveva per Zoro diventare veramente più forte e superare tutti i propri punti deboli.
Risalito ulteriormente nella sua scala di gradimento, decise che per un altro po’ l’avrebbe aiutato lasciandolo in pace. Tutto quello che gli faceva fare aveva una motivazione precisa all’interno del suo addestramento, niente era così per puro diletto personale. Il resto lo aggiungeva per non  annoiarsi, ma per un po’ sarebbe potuto rimanere a posto.
Non hai idea di cos’hai fra le mani, Cappello di Paglia. Credimi che non ce l’hai. E sono estremamente tentato di non restituirtelo!”
Con la pura presunzione che sarebbe anche potuto riuscirci.
 

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Capitolo 9
*** Tanto cuore, tanta forza ***


*Ecco qua il nuovo capitolo... qua siamo in pieno addestramento, anzi. E' più una prova che Zoro deve superare. E' una delle più dure ed è diversa dalle altre fatto fino ad ora perchè è tutta interiore. Personalmente questo è uno dei capitoli che mi soddisfa di più perchè si differenzia dagli altri. E' anche un pochino più lungo, in compenso il prossimo sarà un pochetto più corto. Lo metterò giovedì. Ringrazio chi segue la mia fic e la commenta. Buona lettura. Baci Akane*

CAPITOLO IX:

TANTO CUORE C’E’, TANTA FORZA C’E’
 
Ho sempre saputo cercare le risposte
Ho perso me stesso, tutti noi cadiamo
Per questo non sono mai diventato un saggio
Solo che io sono un uomo distrutto
Tutto quello che ho è una sola possibilità
Non voglio voltarti le spalle
Prendi la mia mano trascinami verso il basso
Anche se cadi lo farò pure io
E non riesco a salvare quel che resta di te
Dico qualcosa di nuovo
Non mi è rimasto niente
Non posso affrontare il buio senza di te
Non c'è più niente da perdere
Il combattimento non finisce mai
Non posso affrontare il buio senza di te
Seguimi in basso e portami lontano
Io non capisco più niente
Un dolore così familiare e vicino al cuore
Non piu', alla fine non lo dimenticherò”

- Without you – Breaking Benjamin -
Acustica: http://www.youtube.com/watch?v=Q-sQklvpDhA
Originale: http://www.youtube.com/watch?v=1hahUnEN5XA

Gli esercizi si susseguirono uno dopo l’altro e Zoro con una difficoltà solo iniziale era riuscito a superarli tutti seguendo perfettamente le previsioni del suo maestro.
Giunti alla fine dell’inverno, Mihawk capì che ormai rimaneva solo una cosa, per vedere se era davvero completamente in grado di padroneggiare sé stesso a piacimento e come si doveva.
Erano sempre nella solita sala d’esercitazione e quando gli indicò un secchio pieno d’acqua fino all’orlo, aveva un’espressione più strana del solito, come se si pregustasse una delle sue torture estremamente divertenti. Essendo che lui aveva un gusto dell’orrido molto discutibile, c’era proprio da discutere su questo punto.
- Ora ti manca solo una parte da padroneggiare di te. Per uno spadaccino è tutto oppure puoi mettere via le tue spade. - Già l’inizio non gli piaceva, ma rimase fermo ad ascoltarlo con estrema serietà. Sapeva che la primavera era alle porte e di conseguenza se i suoi calcoli erano stati corretti, ormai quella parte dell’addestramento doveva essere quasi conclusa e nelle conclusioni c’erano sempre le parti più difficili da digerire. - L’esercizio che farai ora è quello più difficile per te. Io non avrei problemi in questo senso, ma tu che sei così diverso in questo aspetto specifico, sarai messo sotto la prova più dura che tu possa immaginare e lo dico solo perché ti conosco piuttosto bene ormai. - Zoro avrebbe voluto sindacare su questo punto ma poteva riconoscere il fatto che i maestri conoscevano bene i loro allievi anche se poi non li avevano visti nascere. - Ragazzino, la tua più grande forza è anche la tua più grande debolezza. -
Se l’esordio non gli era piaciuto, il proseguo fu ancora peggio. Quando disse quello, Zoro capì all’istante dove voleva andare a parare e dopo che il maestro gli si avvicinò non riuscì a distinguere il livello di severità e accusa contro quello di divertimento e sadismo. Era come se tutto fosse in perfetto equilibrio in lui ma non aveva poi tanta importanza alla fin fine.
- La parte di te che devi avere in pugno sopra tutte le altre non è né il corpo né la mente ma il tuo cuore e dal momento che il tuo è nelle mani del tuo capitano per cui hai messo da parte tutto te stesso inginocchiandoti davanti a me, per chiedermi di insegnarti pur di diventare forte per lui, io devo fare il mio lavoro di maestro ed insegnarti a gestirlo. - Vide lo sguardo di Zoro vacillare e fu davvero strano perché per lui era davvero impossibile esitare, da quando era lì al suo castello non l’aveva mai fatto.
- Cosa c’è, pensi di non poterci riuscire? - Lo provocò odiosamente Mihawk.
Zoro tornò duro.
- No, ma non sono uno sprovveduto, so bene che lui è il mio punto debole. Volevo morire per lui e non l’ho fatto solo perché evidentemente ho una resistenza maggiore, ma Orso mi aveva dato il suo colpo di grazia e penso che tu lo conosca. -
Mihawk certi retroscena non li conosceva, ma era stato presente quando Zoro gli aveva fatto quel giuramento solenne per dirgli che sarebbe diventato l’uomo più forte del mondo in modo da non far vergognare il futuro Re dei Pirati, quando lo sarebbe diventato. Il resto erano tutte storie che poteva facilmente immaginare.
- Per questo dico che lui è sia la tua forza che il tuo punto debole. -
Poteva anche dire che si giocava tutto l’addestramento completo in quell’esercizio, entrambi lo sapevano. Se Zoro avesse superato quella prova, le altre sarebbero state sicuramente una passeggiata a confronto.
- Respira bene. - Fece poi Mihawk. Zoro allora lo fece e scacciò le preoccupazioni iniziali, avrebbe voluto chiedergli tante cose in qualità di allievo al proprio maestro, ad esempio come poteva essere mai riuscito a togliere da sé stesso il cuore, posto che sembrava quella la loro differenza. Avrebbe anche voluto sapere di più su una forza che era anche debolezza. Avrebbe voluto parlare molto con lui, ma sapeva che non poteva, che non era proprio ora.
- Ora ti metterai quel secchio in equilibrio sulla testa, è pieno d’acqua fino all’orlo. La testa è la somma di tutto ciò che si agita dentro e se c’è anche un solo respiro minimamente irregolare, là sopra si sente. Ti metterai in ginocchio ed io ti parlerò, tu devi solo stare talmente immobile che quell’acqua non solo non deve uscire nemmeno di un goccio, ma non deve nemmeno avere un minimo cerchio. Zoro, se sbagli, se quell’acqua si increspa o ne cade un solo goccio, non avrai punizioni e tanto meno altre possibilità. Se sbagli il tuo addestramento si concluderà qua, a nemmeno un anno di completamento. Ed io ho solo una parola. - Zoro agganciato ed ipnotizzato dai suoi occhi quanto dal tono con cui gli stava parlando, fermo ed incisivo, capì quanto tutto quello sarebbe stato difficile vista la premessa e la consapevolezza di non poter né muoversi, né parlare né respirare in modo appena diverso dal minimo indispensabile, rendeva il tutto un’anticamera infernale.
Per un momento gli sarebbe piaciuto essere uno sprovveduto ma si ricordò del giuramento fatto a Rufy e si ricordò dell’ultimo bacio che aveva potuto dargli. Troppo tempo fa. Immaginandosi le sue lacrime versate in sua assenza per suo fratello Ace e tutto quello che aveva dovuto affrontare da solo, annuì e si decise.
Era pronto.
Era ora di cominciare.
Era ora di impadronirsi anche di quella parte di sé e con questo non intendevano dire nessuno dei due di annullare il cuore ma solo di controllarlo ed incanalarlo nel modo giusto, perché per uno spadaccino che agognava al suo livello, il migliore in assoluto, quella era la parte che doveva assolutamente avere in pugno. Se non ci riusciva non aveva senso aspirare a quell’obiettivo.
Sistematosi in ginocchio e messosi perfettamente dritto, prese il secchio facendo attenzione a non spandere nulla, quindi tirandoselo su sulla testa trovò in breve l’equilibrio che per uno spadaccino non era un problema, specie in virtù di tutti i vari allenamenti a cui si sottoponeva sempre.
Quando tutto fu pronto, Mihawk fissò gli occhi dorati sulla superficie limpida e perfettamente liscia dell’acqua sulla sommità di Zoro e cominciò.
- Anche se poi non mi interessa niente, catturo tutto ciò che mi circonda e da ciò capisco un bel po’ di cose. Ad esempio la prima volta che ci siamo incontrati ho capito che avevi una grande motivazione che ti spingeva a batterti coi più forti, per superarli e superarti. Ho capito che c’era di mezzo una promessa ad un’amica, immagino sia morta. Ma sai cosa mi ha colpito di te? Non il tuo grande cuore, solo la tua grande volontà perché se si parla di cuore si parla di pietismo per te. È questo che ti ha spinto a prendere seriamente la via della spada? Dunque sei solo uno che fa carità e che si appropria dei sogni degli altri? Non oso immaginare perché tu mai avessi iniziato, probabilmente perché eri più stupido di quando hai capito che rubare l’obiettivo di qualcuno era meglio che arrancare come un insetto nel fango. Rubare le idee ed i desideri degli altri, gran bel modo di essere. Gran bel cuore, insomma, non c’è che dire. Era questa la forza che ti spingeva quando ti ho incontrato quella volta? La promessa che tu avresti vinto dove lei aveva fallito, per rinfacciare che tu sei meglio di lei, mostrarti comunque solo un ladro senza sogni tuoi. Non mi stupisce che hai fatto pietà tu, quel giorno con me. -
Mihawk si fermò un attimo, sentiva il suo spirito battagliero tremare, aveva cominciato a colpire subito pesante ma quello era nulla confronto a quel che aveva intenzione di dirgli. Erano cose contro cui doveva scontrarsi, lati di sé che lui non avrebbe mai considerato per essenziali, perché vedeva solo ciò che era importante nell’immediato e non si fermava a riflettere veramente su chi era e cosa aveva fatto negli anni. Beh, era ora se voleva trovare il segreto della vera forza e raggiungerla. Si mosse intorno a lui con passi molto calmi e lenti, le mani allacciate dietro la schiena, lo sguardo fisso nel secchio, sull’acqua che ancora immobile stava lì dentro.
Sapeva della fatica che stava facendo quel ragazzo e sapeva quanto concentrato era, sapeva che doveva ascoltarlo per mettersi alla prova e che non poteva fallire. Stava combattendo con la propria tensione ed i propri nervi ma per ora stava reggendo bene. Per ora. Riprese con sicurezza e alterità risultando volutamente più odioso di quel che avrebbe voluto. Erano discorsi che in casi normali avrebbe affrontato con più calma persino lui.
- Una rana nel pozzo. Ti ho paragonato a quello, ricordi? Una persona che non ha la minima idea della vera grandezza del mondo. Ti dissi che ti avrei aspettato e ti invitai a scoprirlo quanto grande e atroce poteva essere, questo mondo, sulla tua pelle. Ho visto che il tuo corpo, oltre alla mia, ha poche altre cicatrici e comunque nessuna di gran conto, nessuna visibile a distanza. Però ti sei rafforzato, te lo concedo, sei andato avanti in quel tuo sogno assurdo alla ricerca della forza per una sporca promessa ipocrita da criminali. Per qualcosa che non era tuo e non spettava te cercare di prenderti. Diventare lo spadaccino più forte del mondo era il suo obiettivo, vero? Mica il tuo. Lei sarà morta e probabilmente per colpa tua e tu hai deciso che potevi prendertelo. - Sentì di nuovo il suo spirito aumentare d’intensità e si fermò convinto che questa volta l’acqua si sarebbe increspata, ma alla fine si ricredette, Zoro resisteva.
Zoro avrebbe resistito a qualunque costo.
L’ascoltava ripetendosi che non poteva farne a meno e si incideva le sue parole come marchi a fuoco sotto la carne stessa, nelle ossa. Parole che andavano a fondo e che facevano impressione per la loro veridicità. Dopotutto quell’uomo non sapeva niente di lui ma parlava come se lo conoscesse dalla nascita, come se sapesse tutto.
Si sentì toccato proprio per questo, perché non stava sparando semplici stronzate per farlo arrabbiare, sembrava lo stesse facendo con cognizione di causa e sentendosi snudato e scotennato, ora si sentiva passato ai raggi X pezzo per pezzo, preso e smontato.
Come poteva sapere quelle cose e sbattergliele in faccia dandogli una maledetta visione che lui stesso, dopotutto, non aveva mai preso nemmeno per sbaglio in considerazione?
La rabbia che gli montava dentro non era niente perché era più shock per quello che gli stava dicendo e per quanto vero fosse, dopotutto.
Kuina era sempre stata sacra, per lui. Aveva cominciato quel sogno della spada per lei, cioè seriamente e senza fare lo stupido moccioso sbruffone. Poi gli era sembrata una bella cosa promettere che avrebbe raggiunto lui il suo sogno visto che lei non poteva più. Certo, era partito da una sfida fra loro ma era lei, lei quella che aveva sempre avuto la fissa di essere la spadaccina più forte del mondo, di poterlo diventare nonostante il suo essere donna. Poi era morta, così a lui era parsa una cosa davvero bella sostituirsi a lei, prendere la sua eredità, un segno di rispetto per colei che l’aveva messo sulla retta via.
Però visto da un altro punto di vista, uno più cinico ma anche più realista, era stato ipocrita e sporco, un ladro che si spacciava per un buon samaritano che dava pietà in giro mascherandola addirittura per promesse e bei sentimenti nobili.
Era questo, veramente?
Uno schifo del genere la sua prima seria volontà di essere forte?
Quando la sua voce continuò, faticò a respirare piano, stava per tremare perché capì a chi si era arrivati e sentì che se Mihawk avesse continuato, lui avrebbe potuto vacillare, lo sentì profondamente, però facendo violenza su sé stesso l’ascoltò ancora mortalmente concentrato.
- Poi è arrivato Cappello di Paglia e lentamente è cambiato tutto, o forse è cambiato talmente in fretta che non te ne sei nemmeno accorto, lento di comprendonio come sei. Scommetto che tutti dicono che l’ottuso è lui, vero? Ebbene ti dirò la mia visione di voi due, invece… fra voi il vero ottuso sei tu, lui è solo pazzo ma la follia non è una colpa perché lo sei e basta e non ci puoi fare niente, mentre sull’ottusità ci puoi lavorare, può mitigarsi, può migliorare. Un pazzo rimane un pazzo e basta. - Nel momento in cui nominò Rufy, Zoro per poco non alterò il respiro ma si ricordò che non poteva fare nemmeno quello. Si concentrò sul respiro, non doveva increspare l’acqua quindi doveva ascoltare e basta, senza farsi toccare davvero. Ascoltare, assimilare, rifletterci e resistere. Resistere e basta perché non poteva mandare tutto a quel paese per tirargli un pugno o rispondergli o guardarlo male. Doveva resistere per Rufy.
- Il tuo problema sono gli obiettivi, non sai portene di tuoi. Non sei capace di avere un sogno veramente tuo, il tuo è realizzare quello degli altri. Vuoi essere il braccio destro di quello che per te è il futuro re dei pirati e quindi vuoi diventare forte per lui, ora la tua amica preziosa è dimenticata e calpestata perché è arrivato qualcuno più forte, più importante, uno con un sogno più grande e di conseguenza non è che tu ti impadronisci del suo, l’avresti fatto se l’avessi ucciso ma visto che ne sei il compagno, e lo sei perché non sei in grado di batterlo e farlo fuori, allora hai deciso che l’aiuterai a realizzare il suo diventando l’uomo più forte del mondo, tu sei uno spadaccino, quindi comunque sarai lo spadaccino numero uno. - Parole molto dure e brutali che però valeva la pena prendere in considerazione, in nessun altro caso l’avrebbe ascoltato, né lui né chiunque altro avesse osato parlargli così, però lui era l’uomo a cui aveva chiesto aiuto e sapeva che nessun altro avrebbe potuto aiutarlo, solo lui. Solo ed esclusivamente lui e basta.
Lo sentiva girargli intorno e camminare piano, gli sembrava un falco vero e si chiese se il proprio stato d’animo ora sembrasse quello di una tigre in procinto di esplodere.
Voleva rispondergli, voleva dirgli che si sbagliava, che non era un ladro di sogni incapace di averne di propri, voleva dirgli che il suo sogno più grande era vedere felici le persone che amava e che l’unico problema era che aveva amato solo due persone profondamente. Una era stata la sua prima vera amica e l’altro era il compagno della sua vita. E voleva anche dirgli che il suo unico problema era che i sogni delle persone che amava erano ambiziosi e di conseguenza anche lui per renderli felici doveva esserlo e adeguarsi, ma che non era uno che si accontentava, era uno che combatteva per un sogno ambizioso, la felicità di chi amava. E voleva dirgli che lui non poteva capire perché non amava nessuno ed era solo e freddo e che non aveva problemi a gestire i propri sentimenti perché non ne aveva. Avrebbe voluto dirgli di smettere di parlare di Rufy come se avesse voluto ucciderlo per prendersi il suo sogno, perché da lui non voleva la sua vita ed il suo sogno, a lui aveva dato i propri mentre Rufy stesso gli aveva affidato i suoi.
Ma non poté dire nulla e mentre il fastidio insormontabile cresceva, rimase ancora in silenzio ad ascoltare perché era quello che doveva fare.
- Cappello di Paglia. - Come lo disse, cambiò il tono e Zoro capì che si era spostato brevemente dalle sue motivazioni e i suoi sogni al suo compagno. La certezza matematica che sarebbe stata la parte peggiore, un calore indicibile che già gli montava dentro. Ma doveva stare fermo e zitto e concentrato. Mihawk smise di camminare e si fermò dietro di lui. - Se tu sei la rana lui è il pozzo che ti chiude la visione del mondo, ti impedisce di vedere com’è veramente e ti fa credere che sia meraviglioso e bello e divertente e facile. Il parossismo è che nemmeno lui l’ha mai visto, lui è un’altra rana in un pozzo ancora più profondo. È arrivato a Marineford dopo un lunghissimo viaggio superando molti ostacoli di cui tutto il mondo sa, ha avuto solo fortuna e dei compagni pazzi come lui da buttarsi senza sapere cosa stavano andando a fare. La fortuna aiuta gli audaci, si dice, ma non in eterno e per la sua stupidità ora ha pagato suo fratello Ace. Tu pensi davvero che si riprenderà? Che ora stia bene e che quel gesto sul giornale fosse un messaggio per voi? Non ti pare che vi abbia solo abbandonato e basta perché si è reso conto di cos’è il mondo? Non aveva mai sofferto veramente quel ragazzo, suo nonno l’aveva cresciuto in una campana di vetro preoccupandosi solo che diventasse forte, forse. E comunque non gli è riuscito granchè bene nemmeno quello. È stata la sua assoluta mancanza di sofferenza che l’ha portato alla follia nell’arco degli anni. Ha una forza nelle sue mani non da poco, ha una fortuna, poi, chiamata amicizia che lui sacrifica con una facilità disarmante per i suoi egoistici stupidi sogni di gloria. Ma lui sa solo parlare, perché è il primo a cadere e a non guardare in faccia nessuno, nel vero momento della sofferenza, quando è ora di far vedere di che pasta si è, quando si deve alzare veramente ed andare avanti e dimostrare che non erano solo parole. E tu hai dato la vita per uno simile? Uno che non ne da valore alla stessa? Né alla sua né a quella degli altri né in generale? Tu vuoi diventare forte per uno che non sa difendere chi ama e chi rischia per lui e solo per lui? Credi che si meriti un’unghia di tutto quello che voi compagni state facendo per lui sparsi nel mondo? Credi che arriverà lontano solo perché tu lo ami? - Colpì nel segno molto più di quel che credette ma non lo affondò perché Zoro aveva delle altre convinzioni che Mihawk non poteva capire, non poteva sapere, ma non era quello il punto. Che sapesse o no non contava, stava male nel sentir parlare di lui in quel modo, stava male e voleva solo prenderlo a pugni, ormai, voleva solo farlo fuori. Perché ora avrebbe detto la parte peggiore di tutte e non poteva muoversi, non poteva respirare, non poteva fare nulla.
- Ma soprattutto tu credi che il tuo amore per lui sia abbastanza? L’hai amato tanto da cercare di dare la vita al suo posto con Orso e sai cosa penso? Che è stato un gesto inutile perché lui continua a non dare valore alla sua ed alla tua. Per lui c’è sempre qualcosa di più importante e non è tanto questo il problema quanto che comunque le sue ambizioni sono sempre più grandi e cresceranno di volta in volta ed ora hai visto che la tua vita non è bastata. Se fossi stato con lui non sarebbe stato sufficiente e comunque non c’eri. E comunque lui ha sofferto tantissimo e tu lo ami e tu avresti voluto dare la tua vita per lui pur di proteggerlo ed evitargli lacrime e però non hai saputo fare niente di quel che ti sei prefissato. Non è servito a niente il tuo giuramento, ad oggi non sei forte come avevi giurato di essere, per proteggerlo e per essere alla sua altezza. Lui splende e si spegne e soffre e cade e si rialza e fa comunque tutto da solo e tu non gli servi perché ora è riuscito nell’impresa del secolo da solo senza di te, senza di voi. Non gli servite e lui era là a soffrire e tu non c’eri, tu non l’hai aiutato, tu non sei servito. E tu avevi fatto quella promessa di forza per lui, per lui soltanto. Perché è per lui che hai chinato il capo davanti a me, per chiedermi di insegnarti, al tuo più grande rivale. Sei andato contro te stesso e i tuoi falsi sogni pur di diventare forte. E per cosa? Per niente. Non sei abbastanza. Né tu né le tue promesse né le tue meditazioni. -
Colpito.
Maledettamente colpito.
E per un attimo affondato.
O forse affondato veramente.
Zoro non respirava nemmeno più, nemmeno piano, nemmeno con attenzione. Cercava di non contrarre i muscoli, non poteva e tutto ciò che manteneva erano gli occhi chiusi ma non poteva stringerli, poteva solo soffocare la voglia di piangere ma ci fu il momento in cui stava per esplodere e per mandare tutto a quel paese in cui si rese conto di una cosa.
Le lacrime non gli avrebbero procurato alcun movimento, l’acqua non si sarebbe mossa, sarebbe rimasto suo allievo e Dio solo poteva sapere quanto importante fosse per lui rimanere.
Perché lui aveva ragione, dannazione, Rufy aveva affrontato l’inferno e nonostante le sue boriose promesse ambiziose non c’era stato, non l’aveva aiutato ed ora per poter andare avanti con lui doveva diventare più forte perché non era sufficiente. Sapeva che se ci fosse stato non avrebbe potuto aiutarlo, sapeva che forse avrebbe dato la vita insieme ad Ace e lui sarebbe affondato per sempre. Il saperlo appesantiva tutto in un modo insostenibile.
Saperlo da solo era una cosa, sentirselo dire era un’altra.
Era uno stronzo che cercava solo di destabilizzarlo e la gran parte delle cose che aveva detto su Rufy erano puttanate ma su quell’ultima parte aveva ragione. Non era servito, non era abbastanza, non c’era stato.
Per lui era inaccettabile, era follia pura, era rabbia, era dolore.
E solo dolore poté liberare per non spezzarsi e non dare tutto invano.
Quando sentì le sue stesse lacrime silenziose e lente bruciargli le guance si sentì comunque sconfitto ma stranamente meglio, stupidamente meglio. Qualunque cosa fosse successa non stava più per impazzire e non voleva più togliersi quel secchio dalla testa e spaccargli la faccia o gridare. Pensare a Rufy non era più una tortura atroce ma qualcosa di sopportabile.
Non seppe dire cosa fu, non seppe ma ritrovò la forza per rimanere lì ed ascoltare il resto senza più il bisogno di gridare, come se tutto gli scivolasse via senza problemi.
- Il motivo che ti spinge a cercare questa grande forza non è in realtà né una promessa né un obiettivo. Tu vuoi essere forte per avere il diritto di amare chi ami e su questo posso dirti una cosa, infine, da maestro ad allievo. - A questo Mihawk si chinò sulle ginocchia davanti a lui, finalmente poteva vederlo in viso meglio. Zoro aprì gli occhi lucidi, le lacrime ancora scendevano per il tremendo dolore di non esserci potuto essere per Rufy, per la persona che in assoluto contava sopra ogni cosa, sopra tutto e tutti, persino sé stesso e chiunque ci fosse stato prima. I suoi occhi dorati erano invece indecifrabili ma non avevano più ombre supponenti ed insopportabili. Zoro trattenne di nuovo il fiato e non si mosse rimanendo in ginocchio col secchio ancora in equilibrio sulla testa.
- E’ il motivo più grande di tutti e chi trova la forza in virtù di questo conquista un segreto che in realtà è un mistero persino per me perché sebbene io posso dire di esserci forse andato vicino, non ho ancora mai amato e la forza che possiedo è solo per il puro gusto di possederla. Non ci sono cause nobili di mezzo, niente promesse od obiettivi specifici. Volevo solo essere il più forte e lo sono diventato. Ma esiste ancora un segreto che non sono riuscito a rivelare, sulla forza, e che non comprenderò probabilmente mai. - A quello si avvicinò ulteriormente e mettendogli una mano sulla guancia gli asciugò le lacrime che avevano smesso di scendergli per ascoltarlo sorpreso e senza fiato, incredulo che dopo quelle parole atroci, gli stesse dicendo ciò. - E cioè perché chi combatte per qualcuno ed ha tantissimo da perdere è alla fine più forte di uno che combatte per sé stesso e non ha assolutamente niente da perdere. -
Zoro allora lo guardò sorpreso nel sentirgli dire una cosa simile. Per lui era l’unica cosa cristallina e semplice come l’aria che si respirava.
Capendo che aveva qualcosa da dire a proposito, Mihawk gli tolse il secchio dalla testa dicendo che la prova era finita e di parlare liberamente, quindi Zoro che sembrava non potersi trattenere, disse serio e ovvio allo stesso tempo.
- Perché sé stessi non è abbastanza per combattere. Se io non avessi incontrato Rufy sarei morto perché non mi interessava più battermi per me stesso, non mi amavo. Non è che ora io mi ami ma amo lui che ama me e di conseguenza mi spinge ad amarmi perché so che se non ci fossi lui sarebbe triste e non lo sopporterei. Malgrado questo non esito a dare la mia vita per lui. La vera forza secondo me risiede proprio nel cuore quindi sono d’accordo con il controllare quella parte per controllare la propria forza ed essere più efficaci, ma non sono d’accordo nel dire che chi non ha cuore è più forte di uno che lo ha. Tanto cuore c’è, tanta forza c’è ed io non ho conosciuto nessuno con un cuore come quello di Rufy. - poi si ricordò di quello che aveva voluto dirgli durante il suo monologo e di tutto disse solo la parte più essenziale, ignorando la mano di Mihawk che esitava sul suo viso non più bagnato di lacrime. Dopotutto poteva dire che gli aveva fatto bene scontrarsi con la dura realtà una volta di più, la serenità che aveva ora era convinto di non averla mai avuta in vita sua, paradossalmente. - E il mio sogno non è realizzare quello degli altri o proteggerli e sostenerli e cose simili. - Fece. - Il mio sogno è rendere felice chi amo e lo faccio coi mezzi che ho. Diventare lo spadaccino più forte del mondo è solo un’ambizione. -
Mihawk di questo fu soddisfatto al cento percento proprio come un maestro del suo allievo migliore che raggiungeva i livelli che ricercava per lui, ma in aggiunta ci fu qualcosa di diverso, di nuovo, che non capì e non decifrò perché non aveva mai provato in vita sua.
Era davvero qualcosa di strano e potente che aveva cominciato a scavargli dentro prima.
Ritrovarsi a quel punto ad essere lui quello che comunque apprendeva qualcosa dall’altro non era ugualmente normale e senza pensarci oltre si allungò per quel che rimaneva a spararli, istintivamente si prese le sue labbra ma fu solo una carezza leggera.
L’uomo stesso non se ne capacitò poiché sebbene avesse deciso che si sarebbe preso e tenuto Zoro, non intendeva farlo in quel modo, quasi con riguardo in un certo senso.
Fu per questo che l’altro non se la prese e non lo spiaccicò al pavimento ma lasciò che si staccasse e lo lasciasse andare. Perché non l’aveva fatto in modo insopportabile.
Ugualmente quando si separò dalle sue labbra senza un contatto più profondo, Zoro mormorò serio e profondo:
- Amo Rufy e niente al mondo potrà cambiare questo fatto, nemmeno se fosse veramente pazzo come sostieni tu. E non lo è. Rufy è la motivazione per cui tutti noi lo seguiamo, è la nostra forza, il nostro ingranaggio principale, il punto di equilibrio di una spada, il segreto estremo che spinge ognuno ad andare avanti nel proprio cammino. Ciò che per noi è Rufy lo può capire solo uno di noi. Ed io diventerò forte per permettere la sua felicità. -
Impressionato profondamente da questo, Mihawk non riuscì proprio a capire come fu possibile, ma sentì per la prima volta un’immane desiderio profondo e sbaragliante di rivedere Shanks e se ne sconvolse tanto quanto delle parole forti di quel ragazzino.
Che fosse normale o meno, era semplicemente pazzesco, per lui.
Per questo si alzò e se ne andò senza aggiungere altro e nemmeno sfiorarlo.
Quel che stava provando non gli era chiaro ma non andava bene, tuttavia cosa ancor più fuori da ogni logica, non era normale voler vedere Shanks proprio in un momento simile.

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Capitolo 10
*** Ce l'avrebbe fatta ***


*Ecco qua un capitolo nuovo, è più corto del precedente. Siamo in un momento di pace, nessuna prova, nessuna tortura. Allievo e maestro si ritrovano e ne esce un dialogo costruttivo dando conferma che le cose fra loro si stanno inevitabilmente muovendo in qualche direzione. Uhm, vorrei dire che la fic l'ho già scritta tutta prima di pubblicarla, io prima di postare correggo e cerco di fare del mio meglio però sicuramente possono capitare delle inesattezze di cui mi scuso. Il prossimo capitolo, che metto lunedì, arriva ad una parte cruciale della fic che penso in molti aspettate. Però non rovino la sorpresa! Grazie alle persone che seguono e commentano. Buona lettura. Baci Akane*

CAPITOLO X:

CE L’AVREBBE FATTA

Sai che non potrei mai lasciarti?
e sai che non ti farei mai del male?
e se io, se io non riuscissi mai a trovarti pazienza, non ti dimenticherò
posso vivere per sempre?”

- Forever – Breaking Benjamin -
http://www.youtube.com/watch?v=UKrjBFSdEds

Non avrebbe mai potuto dormire ma il bisogno che sentì durante i propri rigiri impazienti nel letto, fu di toccare la neve.
Non se lo spiegò, era strano e stupido, non aveva nemmeno mai avuto una particolare predilezione per la neve ma comunque in piena notte era quello ciò di cui aveva voglia.
Toccarla.
Forse la consapevolezza che non nevicasse da giorni e che si stessero avvicinando al periodo delle piogge giocava in questo senso; non se ne curò più di tanto trovando a quel punto più sensato andare fuori piuttosto che stare lì steso come un idiota a cercare di prendere sonno.
Forse semplicemente non riusciva a stare fermo a ripensare a Rufy e alle parole di Mihawk.
Era vero dopotutto che non era abbastanza il suo amore, specie per come era fatto lui. Per tutto quello che voleva dargli, ciò che riusciva non era sufficiente vista la grande sofferenza che non aveva saputo evitargli e tutte le volte che avevano rischiato di morire. L’ultima volta aveva solo potuto dare la vita, con Orso, miracolosamente salvata alla fine. Sapeva che la volta successiva non avrebbe più potuto nemmeno quella, che non sarebbe servita. Poteva sopportare quel pensiero?
Che il suo amore non bastasse?
E poteva sopportare quello che aveva vissuto il suo compagno senza di lui?
Aveva giurato che ci sarebbe sempre stato per lui, nei momenti difficili, ma Rufy aveva passato l’inferno da solo, con altre persone, senza di lui. Rufy era in quel macello e lui no. Come poteva?
Come poteva sopportare quell’idea?
Aveva pensato di poter mettere da parte quei pensieri insostenibili, perché era ora di rafforzarsi per tornare da lui e riuscire laddove non poteva più, dove non arrivava, ma poteva?
Poteva semplicemente mettere da parte e accettare?
Ripensarci gli faceva tornare il magone, quel dannato nodo con cui prima aveva addirittura pianto.
Era inaccettabile, come se avesse tradito non solo il suo capitano ma anche il suo compagno, il suo ragazzo, il suo amore. Come poteva semplicemente voltare pagina e andare avanti e basta?
Sbuffando si alzò.
Di certo dormire non era contemplata come opzione.
Aveva colpito maledettamente nel segno quell’uomo, come ci fosse riuscito a capire tutte quelle cose di loro, di lui più che altro, solo in quel tempo che si erano visti e con quel poco che Zoro stesso gli aveva dato, non poteva proprio capirlo.
Avvicinatosi alla finestra, vide il buio della notte interrotto da una distesa innevata che andava giorno dopo giorno sempre più abbassandosi rispetto ai molti metri delle settimane passate.
Tutto quel tempo lì con Mihawk per scoprire che non sapeva superare le proprie mancanze, che poi finiva anche per considerare dei veri e propri errori atroci personali.
Doveva trovare il modo di estirpare da sé anche questo modo sbagliato di essere perché sapeva che si ancorava da solo al passato, che si impediva di volare verso il proprio futuro come cercava disperatamente di fare.
Uscì dalla camera sentendo più forte il desiderio di toccare la neve, forse era per raffreddare i propri pensieri eccessivamente pensati che non gli davano tregua.
Passò i corridoi che ormai conosceva a memoria, ignorò tutte le molteplici stanze che dai molti mesi passati lì ancora non aveva visitato e arrivò al piano terra.
Vide la giacca che Mihawk gli aveva messo a disposizione e notò che mancava la sua. Corrugando la fronte uscì chiedendosi se nemmeno di notte poteva essere lasciato in pace, poi si rese conto che comunque stava andando lui ad invadere un suo momento solitario e si disse che si sarebbe controllato, ormai ne era capace.
Il freddo pungente era meno intenso del clou dei giorni passati ed ormai cominciava ad essere possibile stare fuori per più tempo.
Il cielo era talmente stellato che credette di vederlo per la prima volta, erano mesi che non si schiariva dalle nuvole. Non avrebbe più nevicato.
Il fiato si condensò immediatamente a contatto con l’aria fredda e raggiunto uno spiazzo innevato, si accovacciò e la prese in mano.
La sensazione di gelo gli bloccò istantaneamente ogni funzionamento interiore ma soprattutto i pensieri e finalmente sospirò rasserenato.
Come poteva superare quello scoglio?
Si sentiva come se avesse tradito Rufy ed anche se poi obiettivamente non era veramente così, per lui lo era.
Proprio mentre si stava facendo questa domanda per l’ennesima volta, lo sguardo fu attirato da una figura seduta a gambe incrociate sulla neve, era su un rialzamento. La neve copriva una roccia dalla forma strana dove Mihawk si metteva sempre ad osservarlo durante gli allenamenti all’esterno, doveva essere il suo posto preferito.
In quel momento, sul bivio se lasciarlo da solo o se disturbarlo, si disse che in quanto suo maestro gli aveva tirato fuori fin troppe tempeste e che come minimo era suo dovere placarne un paio, fu così che decise ed alzandosi lo raggiunse piano.
Quando gli fu accanto poté vederlo meglio vista la praticamente assente illuminazione rappresentata… bè, solo dalla neve bianca, in realtà!
Quando lo vide rimase persino lui senza parole.
Era senza la giacca che era appoggiata accanto e non aveva con sé nemmeno le spade.
Era in posa meditativa e sembrava molto concentrato, si chiese da quanto fosse lì e quando vide i suoi capelli corti e neri cristallizzati, capì che doveva essere da troppo. Sfiorò istintivamente la sua pelle non potendone vedere bene il colore e lo sentì gelido, quindi senza pensarci un istante di più gli prese la giacca e gliela adagiò sulla schiena. Sapeva che era un’invasione gratuita ma non voleva che gli morisse il maestro, poi chi gli avrebbe insegnato?
Doveva mettere a posto un paio di mattoni che aveva scaraventato brutalmente giù dal suo muro perfetto ed inscalfibile.
Beh, inscalfibile fino a che non era arrivato lui!
Si chiese se fosse il caso di aspettarlo, non l’avrebbe comunque mai interrotto ma alla fine decise per rientrare e non per il freddo ma solo perché si sentiva d’averlo brutalmente invaso e non poté assolutamente capire come mai, però voleva veramente tornare a lasciare tutto come l’aveva trovato.
Quando fece per allontanarsi, la voce ferma e scostante di Mihawk lo raggiunse fermandolo.
- Puoi restare, non mi infastidisci. - Questo fu il primo vero e proprio passo in avanti per loro. I contatti fisici avvenuti prima non erano considerati poiché erano solo dei bassi tentativi di forzatura da parte del più grande.
Mihawk di fatto non aveva mai dimostrato di non essere infastidito da qualcosa o qualcuno, dava di sé sempre l’aria di uno seccato da ogni cosa, quando non ne era proprio annoiato.
Che gli dicesse di rimanere perché non lo infastidiva era un vero e proprio passo in avanti fra loro. Il primo completo, cioè, poiché il mezzo l’avevano fatto nelle conversazioni passate.
Quando Zoro tornò si sedette ai piedi della collinetta di neve, abbastanza vicino da vederlo bene in viso e parlare piano ma non troppo da darsi a vicenda ancora più confidenza. Era come se mantenessero entrambi i rispettivi ruoli e stava bene così.
- Cosa volevi chiedermi? - Disse l’altro consapevole che era lì per quello. Zoro non se ne stupì molto e quando finalmente aprì i suoi occhi dorati che distinse nella notte come fossero veramente quelli di un falco, si decise a parlare. Non sapeva bene cosa dirgli ma sentendosi come un allievo disperatamente bisognoso del suo maestro, cominciò.
Aveva un tono basso e penetrante ma al tempo stesso quasi teso.
- Come lo controllo il mio cuore? Come posso rafforzarlo? - Era la cosa che al momento gli premeva di più, l’autentico ostacolo per poter raggiungere il livello che voleva.
Mihawk non se ne stupì, sapeva che gli avrebbe fatto quella domanda e con semplicità e compostezza, risposte logico:
- Uscendo dal pozzo. - Di nuovo il paragone con la rana nel pozzo. Zoro capì che doveva essere un’ossessione per lui e si calò allo stesso livello comunicativo. Se Mihawk voleva parlare in quel modo, avrebbero parlato in quel modo. Bastava farlo.
- Come ne esco? -
Il maestro fece un cenno di divertimento che non arrivò agli occhi e al resto del viso ma si fermò sulle labbra:
- Sei troppo impaziente. In questo modo no di certo. -
Zoro sospirò insofferente a conferma di quanto appena detto, si appoggiò con le mani nella neve fredda e la prese in modo da ritrovare la calma che per un momento aveva quasi perso.
- Hai detto che il mio pozzo è Rufy, significa che per uscire devo lasciare andare Rufy? Abbandonarlo? Ma tutto quello che faccio ora è per lui. Mi sto dando tanta pena per rafforzarmi in fretta per aiutarlo e riunirmi a lui, altrimenti non lo farei così, con te. Troverei un altro modo. Non posso lasciarlo. E poi lo amo, indipendentemente dal motivo per cui sto facendo tutto questo, non lo lascerei mai. - Erano più riflessioni a ruota libera e Mihawk capì che quella notte avrebbero fatto alcuni progressi.
Non poteva sapere, il suo allievo, che per rafforzare il cuore non serviva un esercizio speciale, né tanto meno fisico ma solo un’apertura a trecentosessanta gradi.
Con pacatezza scostante proseguì, non voleva dargli l’idea che gli interessasse troppo quel discorso altrimenti per come era fatto quel ragazzo non avrebbe continuato:
- Un pozzo è composto da mattoni. Ogni mattone rappresenta un motivo, un problema, un qualcosa che ti ancora e ti impedisce di andare avanti. Ci sono due modi per uscire da un pozzo. Buttarlo giù oppure saltare più in alto delle sue mura. Se decidi di buttarlo giù devi prendere un mattone per uno e affrontarli fino a buttarli via, se decidi di saltare fuori allora devi diventare insensibile a tutto quello che è stato prima, che è ora, che ti circonda, che sei, che hai passato e che passerai. Devi fartelo scivolare addosso e così vedrai tutto da un’altra prospettiva. Quella che ti serve per uscire da quel pozzo. -
Zoro era molto preso da quel discorso che riusciva a capire solo perché Mihawk era estremamente chiaro nei suoi paragoni, quindi teso col busto verso di lui, chiese con un filo d’ansia nella voce:
- Quale prospettiva? -
L’uomo rispose con supponenza tipica sua ed un che d’amaro nella voce profonda e controllata:
- Quella di un falco che vola alto nel cielo e sorvola il mondo. Cosa vedrà un falco dall’alto? -
Zoro in quel momento capì perfettamente.
- Uomini come formiche. - Mihawk sorrise con un ghigno di soddisfazione inquietante mentre agganciava ammaliante il suo sguardo. Zoro lo vide immancabilmente come quel falco e capì che ora lo stava vedendo come una formica.
- E cosa vede una rana da un pozzo? - Chiese il maestro all’allievo vedendolo vicino alla comprensione di quello che era un mistero importante da snodare per superarsi di livello.
- Una visione limitata del mondo che non è nemmeno un centesimo di quella reale. Ma soprattutto, quel poco che vede, gli appare come enorme ed irraggiungibile. -
Mihawk si sentì oltremodo orgoglioso di lui, non gli era mai successo con niente e nessuno.
Quel ragazzo stava prendendo sempre più piede. Da essere interessante e degno di nota ad allievo vero e proprio. Quasi che fosse importante.
Non diede a vedere il proprio turbamento e portando alla fine la sua lezione si alzò, scese da quel piccolo rialzo innevato, si chinò accucciato davanti a Zoro seduto a terra scomposto e con grazia ed alterità nello sguardo fiero quanto nella voce, disse:
- Tu puoi decidere di uscire da quel pozzo nel modo che preferisci, spetta solo a te. Però il tempo corre. Cosa sceglierai? Salterai fuori e comincerai a volare o abbatterai il pozzo? - Era anche una sua effettiva curiosità sebbene sapesse cosa avrebbe scelto.
Zoro si raddrizzò per rispondergli, capendo il significato profondo di quel dialogo e di quella domanda. Appariva tutto talmente chiaro da sembrare un quadro davanti ai suoi occhi. Avvicinò dunque il viso al suo fin quasi a sfiorarlo e mantenendosi serio e concentrato, senza turbarsi minimamente o tendersi, rispose basso e penetrante:
- Due cose le so. Non sono né una rana, né un falco. -
- Ma ti comporti da rana rimanendo sul fondo di quel pozzo. - lo provocò con uno strano sorrisino irritante e al tempo stesso sensuale. Zoro lo trovò stimolante ma in quel momento gli mancò incredibilmente il caldo, solare e contagioso di Rufy. Pensando ancora a lui, rispose senza esitazioni.
- L’altra cosa che so è che quando ne uscirò tornerò da Rufy e lo farò a qualunque costo. -
- Qualunque davvero? - Fece l’altro ancor provocando.
- Qualunque. -
Il costo l'avrebbe avuto.
Non vi fu esitazione nelle parole di Zoro e quando Mihawk compiaciuto di quel discorso che non concludeva con soluzioni e decisioni effettive, ma solo con due certezze granitiche, mormorò piano avvicinandosi languido a lui ancora immobile e fisso su di sé:
- Non vedo l’ora di vedere come intendi riuscirci. -
Dopo di questo gli sfiorò le labbra. Non fece altro e Zoro non lo rifiutò capendo che non era altri che una delle sue prove, un tentativo di impedirgli di uscire da quel dannato pozzo.
Mihawk dopo di questo si alzò e se ne tornò dentro al castello lasciandolo solo.
Zoro rimase ad osservare la neve immacolata davanti a sé portando lo sguardo sulla distesa non calpestata e ritrovò un senso di pace aggiunta anche dal poterla toccare. Le mani ormai erano insensibili per quanto vi era stato a contatto e completamente indifferente al tocco lieve delle sue labbra, capì che forse per Mihawk stava diventando tutto molto più vero di quel che avrebbero mai potuto immaginare.
Per lui era tutta una prova costante per il suo personale rafforzamento, né più né meno.
Quell’uomo stesso rappresentava una tentazione incredibilmente alta e forte, resistere a lui anche sotto quell’aspetto era un modo per rafforzare la propria volontà ed era giusto continuare a lottare, ma doveva farlo nel modo corretto per ottenere una vittoria definitiva.
Ripensando a Rufy con l’assoluta certezza che anche lui al momento stava passando delle prove durissime, Zoro si alzò e si scrollò la neve dalle gambe, dopo di che rientrò risoluto e calmo.
Ce l’avrebbe fatta.

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Capitolo 11
*** La tecnica della pioggia ***


*Ecco un altro capitolo. Abbiamo un momento cruciale dell'addestramento, succede l'evento chiave. Zoro e Mihawk tornano a scontrarsi in duello, cosa succederà? Soprattutto quali sono le vere motivazioni che spingono Mihawk a fare tutto quello che fa? E' una questione fra allievo e maestro o c'è dell'altro? Qualche fan art trovato in rete, oltre che la solita canzone, per aiutarvi a calarvi meglio nell'atmosfera. Ok, ora vi saluto e vi lascio alla lettura. Il prossimo capitolo lo metto venerdì e vediamo come si sente Zoro dopo il grande evento. Buona lettura. Baci Akane*


CAPITOLO XI:
LA TECNICA DELLA PIOGGIA



Torna alla fine
Il pastore dei dannati
Posso sentirti cadere via
Non è più la perdita
Non è più lo stesso
E riesco a vedere
che inizi a romperti
posso tenerti in vita
se mi mostri la strada
per sempre e sempre
le cicatrici resteranno
cado a pezzi
lasciami qui
per sempre nel buio
la luce del giorno muore
il cielo va in blackout
C'è qualcuno che se ne cura?
C’è qualcuno lì?
Prendi questa vita
Vuota all’interno
Sono già morto
Mi solleverò per cadere ancora
Posso sentirti cadere via
Non è più la perdita
Non è più lo stesso
E posso vedere
che inizi a romperti “

- Give me a sings – Breaking Benjamin -
http://www.youtube.com/watch?v=97S66xee0U8

Lo fece con l’unico obiettivo di demoralizzarlo, ma alla fine risultò la dimostrazione di un passo in avanti.
Nonostante tutto lo fu.
 
L’inverno era finito e la stagione delle piogge era ricominciata.
Per tutta la primavera Zoro tornò ad occuparsi delle gocce, la tecnica di spada acquisita tramite un esercizio particolarmente difficile, lo spadaccino l’avrebbe chiamata Tecnica della Pioggia.
Mihawk si era posto una specie di obiettivo che esulava dal far di Zoro un valido spadaccino.
Si era posto l’obiettivo di impedirgli di diventarlo ma non per cattiveria o antipatia verso di lui. Era né più né meno uno dei suoi metodi. Il migliore, lo riteneva invero.
Se Zoro avrebbe superato quell’addestramento, sarebbe stato pronto per tutto e avrebbe anche potuto considerarlo una specie di capolavoro personale.
Imparata la Tecnica della Pioggia, Mihawk provvide a buttarlo giù dall’esaltazione in cui il ragazzo era salito affidandogli un nuovo esercizio.
La Tecnica del Mare.
Come precedentemente annunciato, dopo la pioggia il suo nemico sarebbe stato il mare e proprio come da lui previsto non gli sarebbero bastate due stagioni, autunno e primavera, per padroneggiarla.
Gli ci sarebbe voluto molto di più.
Lo stato d’animo in cui visse l’estate fu pessimo e terribile poiché Mihawk non gli fece fare niente altro che quello potendo concentrare il resto degli esercizi in inverno.
L’obiettivo di Zoro, ovvero l’obiettivo nell’obiettivo, era oltre che di impadronirsi di tutte le tecniche che gli voleva insegnare, soprattutto di riuscire a battersi con il suo maestro. Fin’ora l’aveva fatto solo una volta, all’inizio dell’addestramento, e sperava di poterlo rifare. Doveva riuscire a farlo scendere in campo e a fargli sfoderare quella dannata spada enorme, voleva battersi con lui veramente fino allo stremo.
Purtroppo il mare gli diede davvero molto filo da torcere e la prima estate fu praticamente inutile, servì solo ad innervosire Zoro fino a raggiungere livelli storici.
Mihawk si sarebbe ritenuto abbastanza soddisfatto così se non fosse stato che lui e solo lui era riuscito a vedere il miglioramento del suo allievo.
L’allievo no, l’allievo si era visto sempre fermo per colpa del mare che ad ogni suo perentorio tentativo di separarlo come aveva fatto con le gocce, tornava poi come prima e proprio non capiva come fosse possibile quello che voleva il maestro. Soprattutto non si capacitava di come potesse pretendere che ci riuscisse senza indicazioni.
Glielo aveva fatto vedere una volta per dimostrargli che era possibile dividere le acque come voleva senza farle riunire, poi gli aveva fatto freddamente gli auguri.
Vederlo così scostante ed insopportabilmente lontano dal ruolo di maestro, l’aveva fatto infuriare e sfogare sugli esercizi; non l’aveva aiutato davvero, l’aveva deconcentrato e destabilizzato.
Mihawk dopo quel dialogo si era allontanato molto ed era una cosa praticamente incomprensibile visto che avrebbe dovuto succedere l’opposto, invece come se si fosse scottato era tornato a volarsene nel cielo e a guardarlo come fosse una formica.
Zoro ingoiò, non si espresse né si espose ulteriormente, piuttosto sarebbe morto. Se voleva mantenere quella strada, l’avrebbe assecondato ma se non sarebbe migliorato come doveva poi se la sarebbe presa con lui seriamente.
Non capiva a che gioco stesse giocando, non era tipo da strategie e nemmeno le capiva, si limitava a vivere il momento come gli veniva, istintivamente. Non pretendeva che Mihawk stesse lì a dirgli passo per passo tutto quello che doveva fare, però anche per la Tecnica della Pioggia gli aveva dato delle dritte e gli aveva mostrato più di una volta come fare.
Era invece come se fossero arrabbiati l’uno con l’altro, come se avessero litigato.
Zoro non aveva mai capito Mihawk, non gli era importato riuscirci, non aveva voluto darsi pena per avvicinarsi a lui, pretendeva solo che gli facesse da maestro come si doveva.
 
Quando il vento si levò e le foglie cominciarono a cadere, Zoro aveva ancora qualche mese per allenarsi sul mare, ma Mihawk notando che nonostante il nervoso macroscopico e l’apparente punto fermo in cui sembrava essersi arenato, aveva invece cominciato a fare dei minimi passi in avanti, decise di correre ai ‘ripari’ per dare l’affondo decisivo.
Se avrebbe superato quello allora sarebbe stato degno delle sue attenzioni di maestro.
Attenzioni vere, cioè, non solo antipasti quali erano stati ora.
Zoro lo vide per l’ombra che si stagliava sulla riva del mare dov’era lui immerso coi piedi nudi.
Si girò, Mihawk era più indietro, sulla spiaggia, ma si era tolto a sua volta le scarpe per essere più a suo agio. Significava che intendeva rimanere e per un momento Zoro pensò che si sarebbe degnato di insegnargli qualcosa riguardo quell’esercizio maledetto.
Non fu così ma lo stupore non morì comunque, visto ciò che gli disse.
- E’ ora di tornare ad affrontarci in duello. - Zoro la preferì di gran lunga alle sue dritte da insegnante e vedendo anzi la sua aria particolarmente seria e risoluta che lo fissava come se fosse un inetto, uscì dall’acqua e lo raggiunse sulla sabbia.
La temperatura non era asfissiante ma nonostante il leggero vento fresco che si era alzato, non faceva nemmeno freddo.
Il sole cominciava a calare sull’orizzonte del mare ed il rumore delle onde che si infrangevano sulla riva era l’unico suono pacato e ripetitivo che si sentiva. Non era invadente o fastidioso e a Zoro piaceva così come l’odore di salsedine. Gli era mancato tutto quello e per lui l’allenamento nel mare sarebbe stato peggiore se non fosse stato il suo elemento preferito.
A mancargli era comunque molto di più un galeone su cui attraversare tutta quell’immensità azzurra con dei compagni fidati.
- Come mai ora? - Era chiaro che glielo chiedesse.
Zoro era solo coi pantaloni tirati su fino al ginocchio, comunque erano quasi completamente bagnati come il resto di sé. La spada gocciolava mentre le altre due erano adagiate sulla sabbia a pochi metri da loro.
Si fissarono ancora un po’ coi loro tipici sguardi, uno enigmatico e saccente e l’altro cupo e truce. Era ancora altamente seccato da lui, ma se finalmente l’avrebbe affrontato in duello poteva soprassedere a tutto.
- E’ un anno che sei arrivato da me, voglio vedere a che punto sei. - Fece con quel tono di chi era convinto che non fosse migliorato molto.
Zoro lo colse e sentendosi punto sul vivo, permaloso disse:
- Come sempre devo riuscire a farti fare sul serio? - Era già sul piede di guerra.
Mihawk estrasse il pugnale a forma di croce che aveva al collo e indietreggiando si tolse il giacchino leggero e senza maniche che indossava; sotto non aveva niente.
Rimasto a torso nudo e pronto per il duello, vide Zoro prepararsi a sua volta prendendo anche le altre spade, poi dopo uno scambio di sguardi risoluti e seri, cominciarono.
Zoro non perse tempo ed attaccò subito con una tecnica semplice per testare il proprio livello, aspettandosi un nulla di fatto si stupì nel veder volare via la sabbia tutt’intorno. Una volta per un colpo simile non si sarebbe alzato nemmeno un granello.
A quel punto realizzò che forse, anche se non se ne era reso conto fino a quel momento, qualcosa era invece cambiato in lui; il proprio livello di combattimento doveva essersi necessariamente alzato, non c’erano dubbi.
Quando tentò con un altro colpo cominciò ad esaltarsi, poteva farcela. Non certo a ferirlo ma almeno a fargli fare sul serio.
In seguito a questo pensiero risoluto che gli fece guadagnare forza e certezza, attaccò con una serie di fendenti velocissimi che Mihawk riuscì a parare col pugnale ma il fatto stesso che non si fosse limitato a schivare come nel primo duello del loro addestramento, era buon segno. Ora doveva parare: andava bene, molto bene.
Andando via via sempre più veloce vide che il maestro si era spostato dalla sua postazione, le orme sulla sabbia gli stavano tutt’intorno ma in realtà non avanzava, era lui che dettava un po’ i tempi e le direzioni. Ancor più esaltato da ciò provò a muoverlo più indietro e quando Mihawk vide che stava tentando qualche esperimento con una mossa secca lo fece saltare all’indietro e fermare l’attacco.
Zoro ghignò in quella pausa, aveva un po’ il fiatone ma non era veramente stanco, gli esercizi di rinforzo gli avevano fatto molto bene, poteva reggere ancora molto e forte di questo impugnò tutte e tre le spade per un attacco fra i suoi più forti.
Vide con piacere che anche questo era salito di livello, Mihawk non aveva potuto limitarsi a schivarlo con un agile salto ma aveva dovuto pararlo con il pugnale. Il modo in cui ci riusciva aveva dell’incredibile e se non fosse stato lui, l’avrebbe ammirato a bocca aperta. Non perse la concentrazione e mettendo da parte l’incredibile bravura del suo maestro, non si perse d’animo e ricominciò con un’altra breve serie di fendenti ravvicinati, questa volta con tutte e tre le spade. L’altro li parò uno ad uno ma questa volta dovette metterci un po’ più di impegno e fu chiaro dalla serietà del suo sguardo. Zoro si illuminò con sadismo tipico suo, questo l’esaltava ma l’avrebbe aiutato vederlo estrarre la sua spada enorme. Era quello il suo obiettivo, ora. Farlo combattere con quella.
Doveva riuscirci, doveva riuscirci assolutamente, si diceva.
Quando sfoderò il suo attacco più forte di un tempo tornò a notare da solo quanto fosse migliorato e per un pelo questa volta non sfiorò veramente l’uomo che aveva davanti, questa volta ce l’aveva fatta grazie ad un gran salto e all’impugnatura di entrambe le mani, ma usava ancora testardamente il pugnale. Odiava quel suo metodo, si prendeva gioco di lui e non poteva sopportarlo.
Era ancora così lontano?
Però era migliorato, doveva concentrarsi su quello senza innervosirsi. Doveva mantenere il proprio sangue freddo, le parole di Mihawk gli tornarono alla mente. Doveva imparare ad essere un falco che sorvola il cielo e vede tutti come formiche e non una rana che non conosce nemmeno la forza di un avversario e tanto meno la propria.
Ora non si credeva fortissimo come un tempo, sapeva di avere limiti, li conosceva fin troppo bene, ma stava cominciando a conoscere anche i punti forti ed i miglioramenti ed era positivo, ne era sicuro. Non doveva comunque credere di essere già uscito da quel pozzo.
Quando pensò a tutto quello che aveva passato in quell’anno lì con lui, si ricordò della cosa principale che aveva imparato, fra le altre.
La Tecnica della Pioggia.
Era l’ideale per vedere se in duello funzionava e fu allora che ne ebbe conferma.
Mihawk non gli avrebbe mai insegnato qualcosa di inutile, ma avere conferma al lato pratico era sempre positivo.
Quando si concentrò e chiuse gli occhi placando ogni funzione vitale ed ogni agitazione, annullandosi totalmente per sintonizzarsi con una ed una cosa nello specifico e non con il tutto come faceva prima, Mihawk capì che stava per usare la sua nuova tecnica e curioso di vederla si preparò interiormente ad usare la propria spada. Per quanto gli bruciasse ormai era inevitabile. Era proprio a quel punto, ma non voleva dare tanta soddisfazione al suo allievo, doveva assolutamente ridimensionarlo.
Era questo il suo sistema.
Doveva buttarlo a terra, farlo a pezzi, farlo desistere, farlo sentire un fallito. Doveva testare la sua tempra, la sua tenacia, il suo carattere d’acciaio. Era facile in situazioni normali, ma quando serviva, era lì che doveva tirare fuori quelle sue famose qualità, non quando era circondato dai suoi compagni e a pochi metri aveva il ragazzo che amava.
La nuova tecnica sarebbe stata ovviamente più utile in mezzo ad un esercito numeroso ed era più efficace se gli elementi da abbattere erano tanti e tutti in movimento, però volle usarla lo stesso anche solo per uno.
Zoro annullò così ogni parte del proprio essere e dell’universo circostante per sintonizzarsi solo su un’unica goccia, lo spirito di Mihawk. Tutto il resto era distrazione.
In breve non sentì più il venticello fresco e piacevole sulla pelle, niente più rumore di onde sulla riva, niente più sabbia fastidiosa e appiccicaticcia sulla pelle, niente profumo di salsedine, niente luce calda del tramonto tutt’intorno.
Niente.
Solo Mihawk e il suo spirito di falco. Uno spirito meraviglioso e maestoso che enorme voleva su nel cielo, sembrava irraggiungibile, come arrivare a lui?
Anche la pioggia lo sembrava, ogni singola goccia inizialmente appariva irraggiungibile, lassù nel cielo scuro, ma poi cadeva a picco e allora diventava prendibile. Era comunque difficile farla veramente fuori, ma almeno diventava prendibile.
Quando aprì gli occhi si incatenò ai suoi di falco e con tale penetrazione impressionante, lo prese e non lo lasciò più andare. Quella connessione era più che sufficiente.
Poteva arrivare a lui, forse non ferirlo come voleva ma poteva arrivare a lui.
Quando si mosse non ci fu nemmeno il tempo di un battito di ciglia e Mihawk non riuscì assolutamente a ragionare e a pensare ad una contromossa che seguisse la sua volontà di non usare la spada. Prima di capirlo la stava già usando per puro istinto di spadaccino, solo allora fu chiaro che anche lui, il grande Drakul Mihawk considerava Roronoa Zoro un vero spadaccino e come se non fosse abbastanza chiaro, sempre senza seria intenzione di farlo ma con puro istinto animale, l’uomo feroce e letale affondò la lama nell’occhio sinistro.
L’ultima cosa che Zoro vide con quell’occhio furono quelli dorati e magnetici ma anche feroci del suo maestro.
Colui che ora l’aveva accettato a pieni voti e senza più riserve sotto le sue ali.
Vedendolo crollare ai suoi piedi e mollare le spade, capì che sarebbe diventato il suo capolavoro.
L’urlo non fu straziante, non fu niente di umiliante e vergognoso. Zoro urlò, certamente, ed imprecò, ma dopo il primo momento riprese almeno una delle sue spade, quella bianca, e rialzatosi con metà viso completamente invaso dal sangue ed ormai cieco da un occhio, cercò di attaccarlo ancora.
Era solo la forza della disperazione, non c’era più tecnica ma solo tenacia e forza di volontà, lo vide solido come l’acciaio più resistente ed anche se in un attimo parve tornare l’ombra di sé stesso, Mihawk fu orgoglioso di lui perché pur senza niente di ciò che aveva imparato, non aveva mollato nemmeno con una ferita simile.
Purtroppo vedendoci con un occhio solo e con il dolore a distrarlo, la sua capacità calò nettamente e senza nemmeno la lucidità per impostare un attacco utile, Mihawk con una mossa agile e veloce lo buttò a terra e gli si inginocchiò sopra immobilizzandolo. Il pugnale a tenerlo inchiodato sulla sabbia tramite i pantaloni. Il viso a pochi centimetri dal suo, il respiro sulla sua pelle sporca e sudata, lo sguardo a contemplare la ferita già infettata dal sudore e da qualche granello di sabbia.
Entrambi avevano il respiro irregolare ma quello di Zoro era molto affaticato, il cuore impazziva nel petto e più di mordersi il labbro per non lamentarsi pietosamente dal dolore, non poteva fare. Continuava a vedere solo i suoi occhi di falco.
Ne aveva superate tante, di ferite, anche più grandi di quella… ma l’occhio… l’occhio lo stava facendo quasi impazzire. Suo malgrado non gliel’avrebbe data vinta. Non avrebbe pianto, non si sarebbe lamentato, non avrebbe urlato di nuovo.
Mihawk capì che si stava solo sforzando quindi decidendo che era più che sufficiente così com’era, disse basso e penetrante, apparentemente freddo e scostante:
- Bella prova. - Che detto da lui fu il complimento migliore che avesse mai ricevuto in vita sua.
Questo gli fece mollare di schianto la tensione e aiutato da un colpo traditore alla tempia sinistra da parte dell’uomo chino sopra di lui, perse i sensi in breve.
Era inutile farlo soffrire, non avrebbe urlato per orgoglio e di questo ne era contento, ma non significava che fosse un dolore sopportabile.
Per quell’addestramento quel ragazzino aveva appena perso un occhio, poteva dargli atto della forza che aveva conquistato in un anno e solo per il suo cuore. Un cuore che avrebbe donato unicamente ad una sola persona, il suo capitano.
Proprio fortunato quel Cappello di Paglia…” Pensò con scherno. Lo pensava veramente.
Alzandosi prese Zoro sotto braccio e caricandoselo sulla spalla come un sacco di patate, prese le spade lasciando il resto lì.
Era ora di coccolarlo un po’, se lo meritava altrimenti la rana non avrebbe avuto più forze per lo sprint finale. Doveva assolutamente saltare fuori da quel dannato pozzo ridicolo.
 
Non poteva dire di essersi lasciato scivolare via quello scontro come tutti gli altri, aveva avuto qualcosa di diverso a partire dal fatto che le sue intenzioni erano state altre e precise e che poi era finita in tutt’altra maniera.
Non gli interessava seriamente averlo ferito gravemente e averlo reso cieco da un occhio, gli interessava che non aveva avuto l’intenzione di usare la sua spada e soprattutto nessuna tecnica letale o metodo da spadaccino. Aveva voluto usare il pugnale, il minimo indispensabile, ma non ci era riuscito, quando aveva usato quella nuova tecnica, quella della pioggia che aveva imparato nel corso dell’anno passato, aveva agito istintivamente da spadaccino senza una minima riserva. Più seriamente di così forse non aveva mai fatto, per un momento aveva creduto di dover usare uno dei suoi colpi speciali.
Il punto a suo favore era stato che Zoro stesso non aveva pensato di avere successo con quella nuova tecnica… l’aveva fatta per provarla e niente di più, peccato che era molto più buona di quello che entrambi si erano aspettati. Proprio un gran bel colpo. Dopo che avrebbe fatto sua la Tecnica del Mare, sarebbe stato letale.
Rientrato nel castello la voce penetrante e fastidiosa di Perona lo perforò e per difendersi l’escluse senza pensarci. Nel vedere che non le dava retta si eclissò offesa e di questo gliene fu grato, non gli importava dover occuparsi da solo di quel ragazzo se in compenso quella gli dava tregua.
Quando lo guardò, aveva perso già molto sangue da quella ferita ed aveva finito per imbrattarlo lungo la schiena visto il modo in cui se l’era portato in spalla.
Guardandosi seccato allo specchio decise di lasciar perdere e chinandosi su Zoro gli toccò lieve la ferita verticale, era molto profonda, non avrebbe più recuperato la vista, doveva solo lasciare che si rimarginasse e basta. Non sapeva mettere punti e non intendeva portarlo in un’altra isola per farlo curare, Perona non voleva saperne di rendersi utile -ed andava anche bene- per cui si limitò a ripulirlo dal sangue e a cambiargli bende su bende fino a che, vedendo che l’emorragia si era un po’ calmata, aveva accostato i due lembi di pelle tagliata con dei pezzetti di scotch in modo da agevolare la rimarginazione naturale della carne. In questo modo l’occhio sarebbe rimasto chiuso a vita ma non aveva importanza perché comunque non ci avrebbe più visto lo stesso.
Dopo di che riprendendolo di nuovo su di sé come aveva fatto prima, lo condusse al bagno termale del castello e dopo averlo spogliato e pulito alla meglio con dei secchi e aver fatto altrettanto con sé stesso, si immerse insieme al corpo ancora privo di sensi di Zoro.
Le terme erano rigeneranti e gli ci voleva ad entrambi un bel bagno bollente curativo, anche lui si sentiva vagamente stanco ed anche se così non fosse stato non vedeva perché non approfittare delle sue meravigliose terme.
Quando ebbe finito tutto e si fu assicurato che Zoro non scendesse sotto la superficie dell’acqua poiché privo di sensi -tenendolo per questo fermo con un piede che premeva sul basso ventre- si rilassò lui stesso con un sospiro.
Nel complesso era anche piuttosto piacevole, doveva ammetterlo.
Stare lì nell’acqua calda a crogiolarsi senza dover pensare a nulla, con la sola piacevole soddisfazione di essere riuscito a tirare fuori ciò che voleva dal suo allievo.
Sapeva d’avere dei metodi discutibili come maestro, ma non gliene importava se i risultati erano quelli.
L’inverno sarebbe stato oltremodo interessante, si disse. Altre prove da superare per Zoro ed altri divertimenti con cui allietarsi per Mihawk.
Si perse ad osservarlo dimenticandosi della sua maschera d’imperturbabilità saccente, semplicemente come un maestro osservava il suo allievo dopo una bella prova.
L’occhio ferito era chiuso e medicato con una benda, per il resto dormiva ancora, sembrava rilassato e soddisfatto nel suo sonno. Doveva essere perfettamente cosciente di sé. La rana si stava trasformando.
Dopo questa considerazione si trovò a pensare a Shanks ed al suo braccio tagliato e non capì perchè pensare a lui proprio in quel momento, mentre osservava Zoro ed il suo occhio ormai mancante.
Che similitudine poteva mai esserci?
Non ne aveva proprio idea...

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Capitolo 12
*** Doveva migliorare ***


*Ecco un nuovo capitolo. Vediamo come si sveglia Zoro e come prende la notizia dell'occhio. Per i primi tempi è obbligato a stare tranquillo ma sarà capace? Oltretutto Mihawk continua a lavorare su di lui come gli pare e a furia di insistere per Zoro diventa sempre più difficile resistere visto che dopotutto è un ragazzo come tutti ed è da un anno che non tocca il suo moroso. Il prossimo capitolo, che metterò martedì, vediamo come Zoro recupera quanto perduto e come prosegue quello strano rapporto che si è instaurato fra loro. Un meccanismo davvero anomalo, difficile da decifrare. Ringrazio chi segue la mia umile fic e che mi commenta sempre, sono felice che continui ad essere interessante. Buona lettura. Baci Akane*

CAPITOLO XII:

DOVEVA MIGLIORARE
 
Aiutami a sopravvivere qui,
Da solo, non ricordare, ricorda.
Mettimi a dormire angelo malvagio
Apri le tue ali angelo malvagio
Io sono un credente,
Nulla poteva essere peggio,
Tutti questi amici immaginari,
Nascondono il tradimento”

- Evil angel – Breaking Benjamin -
http://www.youtube.com/watch?v=PHTSRA1RrSs

Si lasciò cullare da un delicato torpore per un tempo a lui infinito, quando si svegliò gli pareva d’aver solo sognato delle dolci braccia cingerlo e prendersi cura di lui.
Quando aprì gli occhi fu grato all’acqua calda in cui era immerso ma lo fu meno al piede che lo sosteneva spingendolo per il ventre in modo da non farlo scivolare sotto.
Per un momento, prima di svegliarsi veramente, intrappolato fra il dormiveglia e il sonno profondo, aveva creduto di essere tornato da Rufy. Per un momento.
Poi la realtà era tornato a schiaffeggiarlo in pieno viso e insofferente si era rivoltato spostandogli malamente il piede di dosso, non serviva offenderlo verbalmente, era chiaro dal suo sguardo.
Solo in un secondo momento se ne rese conto.
La propria vista era a metà, non possedeva più la visione della parte sinistra del mondo. Sgranando quello rimasto, si toccò l’occhio ferito e sentì la benda, solo quando ne fu fisicamente cosciente sentì una stilettata sulla palpebra.
- Cosa… - Non fece in tempo a dirlo, Mihawk gli rispose apparentemente freddo.
- Ti ho ferito all’occhio, non ci vedrai più. - Non era come dire che gli aveva tranciato un dito, era ben diverso, ben più grave, eppure non pareva tanto preoccupato. Non necessitava nemmeno di una scusa. Per lui era chiaro il motivo.
Dopo qualche istante in cui Zoro aveva avuto l’istinto di dargli un calcio nei bassi fondi -a sua portata- si rese conto di cosa quello significava e dalle tenebre del suo sguardo si aprì una luce inquietante di sadismo. Era gioia quella che vi leggeva?
Mihawk esitò per la prima volta, cosa aveva da essere tanto contento? Forse l’aveva tagliato troppo a fondo e gli era partito un po’ di cervello…
Sempre ammesso che l’avesse, in ogni caso…
- Cos’hai da sorridere tanto? - Zoro si sistemò nella vasca, di fronte a lui; non era né grande né piccola, ci stavano comodamente insieme senza doversi sfiorare per forza. Oltretutto era una delle sensazioni più piacevoli degli ultimi tempi… di fatica ne aveva fatta mica poca…
- Hai usato la tua spada e mi hai ferito seriamente. Hai usato una mossa anche piuttosto pesante, non sei andato per niente leggero. Per essere uno che se ne sbatte del proprio avversario e che non lo considera usando un semplice pugnale e non attaccando nemmeno, ne hai fatte di cose! - Lo stava schernendo per fargli dire quello che voleva, ovvero che era migliorato. Gli era sembrato, prima di svenire, che gli facesse una specie di complimento ma come poteva essere?
Il vapore dell’acqua calda saliva condensando tutt’intorno, creava nuvolette umide che davano un’atmosfera più intima di quel che avrebbero voluto, ma i due uomini parevano immuni a quello.
Mihawk capì dove voleva andare a parare e a quel punto c’era poco da negare. Gli diede il contentino a modo suo, con la sua solita saccenza:
- Sì, niente male ragazzino… mi hai stupito. Del resto se non avessi visto qualcosa di decente in te, un margine di miglioramento, non ti avrei mai preso come allievo, ti pare? Non avrei mai e poi mai perso il mio tempo in modo tanto insulso. - Era ovvio, però sentirselo finalmente dire era davvero soddisfacente e Zoro si sentì molto contento di essersi tolto quello sfizio. Era giusto, dannazione.
Per una volta era giusto che qualcosa andasse nel verso giusto.
- Sono sulla buona strada, dunque. - Che era diverso dal dire che stava andando bene e Mihawk gradì il suo realismo ed il suo saper stare al proprio posto.
- Adesso passerai tutto l’autunno ad abituarti a vedere con un solo occhio ed il resto a cercare di raggiungere il prossimo obiettivo. -
Zoro sapeva bene qual’era, non certo la Tecnica del Mare. Lo disse subito come se già fosse il suo pensiero fisso:
- Spingerti a duellare seriamente con me dall’inizio. - Perché fin’ora, con tanto duro lavoro, era solo riuscito a fargli fare seriamente nel finale, c’era differenza.
Mihawk gradì vedere che non avrebbe dovuto perdere tempo a fargli capire il suo livello e a metterlo a posto. Ad ogni modo era convinto che non avrebbe mai potuto raggiungere quel livello, ma già ora era migliorato molto e poteva ritenersi contento.
- Sto ancora pensando a cosa mi viene in cambio se poi riesco nell’impresa di renderti uno spadaccino decente! - Adorava maltrattarlo verbalmente e psicologicamente, era un modo per non annoiarsi, in fondo.
Zoro non ci fece caso, ormai non lo notava nemmeno… erano solo i suoi soliti scatti di megalomania conditi con pessimi tentativi di provarci con lui. Non capiva perché ci provasse con tanto impegno, talvolta, forse era solo un altro metodo per svagarsi. Probabilmente non faceva sesso da tanto ed allora visto che c’era, voleva approfittarne.
In ogni caso non gli importava, lui andava dritto per la sua strada e non si distraeva.
- L’estasi di aver messo al mondo un nuovo grande spadaccino. - Uso di termini più inappropriato non avrebbe potuto praticare, però alla fine lo disse e non poté rimangiarselo. Mihawk ne approfittò subito e con un sorrisino malefico dei suoi che non arrivava agli occhi freddi, allungò di nuovo il piede posizionandolo in mezzo alle sue gambe, a schiacciare -ma senza fargli male- il suo inguine fino a quel momento a riposo. Come da molto tempo ormai.
Zoro glielo prese immediatamente ma ormai si era ‘appollaiato’ sul suo ‘nido’ e non sembrava ci fosse verso di spostarlo.
- Toglilo subito! - Borbottò brusco e minaccioso, l’euforia di aver raggiunto uno dei suoi obiettivi era già bella che andata.
Mihawk in risposta parlò in perfetta linea con la sua espressione maliziosa e maligna:
- Mi prendevo l’estasi… - Il ragazzo si accorse di essersi infognato da solo e arrossendo si morse il labbro in difficoltà. In realtà non poteva dire che fosse facile rifiutarlo, era da oltre un anno che non faceva sesso con nessuno e che non aveva veri contatti. Qualche volta Mihawk lo metteva a dura prova e lui in quanto uomo, in astinenza per giunta, reagiva com’era normale, ma non voleva andare oltre un certo limite. Amava troppo Rufy per andare con qualcun altro solo per puro sfogo ormonale. Poteva farlo da solo con la propria mano, non serviva l’aiuto di nessuno.
Oltretutto per quanto quel tipo fosse un bell’uomo, affascinante ed intrigante e sicuramente ci sapesse fare sessualmente parlando, non voleva perché era fondamentalmente insopportabile per la maggior parte del tempo, quando non gli insegnava la spada. Di conseguenza il piacere di un orgasmo non bastava a sopportarlo.
Quell’uomo vedeva le persone come formiche, insetti o rane e si riteneva l’unico falco dell’esistenza umana, di conseguenza non era effettivamente una persona degna di quel certo tipo di attenzioni.
Però il suo piede aveva cominciato a muoversi contro l'inguine e la sua erezione a reagire involontariamente. Sapeva che sarebbe bastato poco, era da troppo che lo lasciava a ‘riposo’.
- Piantala, dannazione… - Ringhiò a denti stretti. Era la cosa più difficile che gli fosse capitata. Resistere. In quel momento in cui gli mancava Rufy da morire, poi, era davvero difficile. Sarebbe stato un attimo, così piacevole arrendersi a Mihawk, farsi possedere da lui, farsi scaldare da un momento di sesso puro fine a sé stesso e poter immaginare d’avere Rufy fra le braccia… facile e normale, quasi… ma quando pensò al suo compagno venne prima di decidere il da farsi. C’era poco da decidere.
Aveva una voglia matta di fare l’amore con Rufy che bastava il solo nominarlo mentre qualcuno lo sfiorava là sotto, che l'orgasmo arrivava indecentemente.
La ritenne una debolezza, una sconfitta, un’umiliazione e fissando l’altro trionfante con sguardo feroce, senza proferire parola, si alzò di scatto dalla vasca finendo però per barcollare con un forte ed improvviso giramento di testa che lo fece finire di nuovo giù.
Su Mihawk.
Non se l’era aspettato nemmeno lui ma con prontezza di riflessi lo prese subito e scivolando con le mani sul suo corpo se lo sistemò sopra in modo da averlo a cavalcioni, poi lo tenne a sé circondandogli con forza la vita, scivolò con le mani sui suoi glutei. Gli occhi incatenati nel suo, magnetici, penetranti, erotici.
Erotici?
Prima di pensarlo le dita di Mihawk stavano già lavorando sulla sua apertura e nell’acqua era talmente facile entrargli dentro con le dita che ci mise un istante a muoversi come voleva. Con gran piacere, in effetti.
- Ora che hai un solo occhio devi abituarti, come ti dicevo prima. Ti girerà la testa per un bel po’ e dovrai sviluppare molto più gli altri sensi, l’unico occhio rimasto si acuirà per poi indebolirsi, potresti anche ritrovarti cieco, un giorno. Dovrai cambiare completamente abitudini e sviluppare egregiamente i tuoi riflessi. Se un colpo ti arriva da sinistra sei fregato… non puoi muoverti come ti pare, per un po’ sarà uno strazio… - Zoro apprezzò la spiegazione da maestro ma non il trattamento da amante.
O meglio non a livello teorico, in quello pratico gli piacque ed anche troppo, nonostante lo facesse contro la sua volontà.
Ok, non si era opposto molto.
Quasi per niente.
Ma appena aveva sentito le sue dita dentro, dopo quell’orgasmo imprevedibile, era stato più che istintivo fermarsi e lasciarlo continuare.
Come poteva fare?
Razionalmente sapeva che non andava bene e razionalmente nemmeno voleva, ma il proprio corpo non rispondeva affatto ai comandi.
Fu tragico gemere fino a mordergli la spalla per zittirsi da solo, si odiava da solo, non si sopportava a godere in quel modo per un uomo che non era Rufy ed il pensare costantemente al suo compagno non l’aiutava di certo.
Era dannatamente complicato!
Quando alla fine con l’altra mano tornò sulla sua erezione, sul davanti, schiacciata fra i loro due corpi uno sull’altro, per Zoro non ci fu di nuovo scampo e stringendo gli occhi si aggrappò di nuovo al pensiero del suo ragazzo per porre presto fine a quella splendida tortura, ma pur sempre tortura.
Non era Mihawk che voleva, era solo un mezzo per tornare ad avere piacere, era solo un tramite e niente più.
Era Rufy che voleva, Rufy… ma Rufy non poteva averlo e non l’avrebbe avuto per un altro anno.
Si poteva resistere in quello stato?
Nel chiederselo ebbe il secondo orgasmo e scosso da esso, ansimante e con i denti e le unghie affondate sulla sua spalla nuda e forte, Zoro si scusò scontento.
Sono un buono a nulla… se la mia volontà vale così poco non sono ancora degno di Rufy… devo lavorare ancora molto, molto ma molto di più!”
Fu così che accettò la sua ulteriore permanenza lì, decidendo che non si sarebbe più lamentato della distanza col suo compagno nemmeno con sé stesso.
Se non sapeva resistere fisicamente, se non sapeva tenere a bada nemmeno i suoi istinti profondi e basici, non era degno di lui.
Ce l’aveva fatta fino a quel momento ma poi il fattore uomo, come in molti lo chiamavano, aveva avuto la meglio sulla sua forza mentale e non c’era stato verso.
Doveva migliorare. Non andava bene così.
Con un ‘merda’ borbottato a denti stretti, si alzò in piedi, seppure barcollante, ed uscì dal bagno termale.
Al diavolo!”
In realtà era tutto uno schifo.
Non avrebbe nemmeno più visto come prima, doveva ricominciare da capo riguardo i suoi sensi e le sue abitudini, rifare i propri riflessi, rifare la maggior parte delle cose. Era molto lontano dal traguardo, l’aver raggiunto un minimo obiettivo gli aveva fatto calare troppo la guardia. Non esisteva che qualcuno lo costringesse a qualcosa che non voleva, era un debole, ecco cos’era.
Era solo un debole.
Per la fine di quell’addestramento sarebbe dovuto riuscire a rifiutare Mihawk con assoluta decisione.
 
Quando il giorno dopo Zoro si presentò a colazione come di norma per cominciare un nuovo allenamento, Mihawk rise schernendolo.
- Cosa vorresti fare tu in quelle condizioni? - Zoro fissandolo peggio che mai anche se con un solo occhio, grugnì:
- Allenarmi, dannazione! Sono qua per questo! Anche se ho un occhio in meno-AHIO! - Si lamentò seccato per aver sbattuto il mignolo del piede sulla gamba del tavolo. Come diavolo aveva fatto? Quel tavolo era lì da sempre!
Cacciando il broncio abbassò il capo per vedere come mai ci avesse stupidamente sbattuto contro e con suo sommo fastidio si trovò a barcollare ulteriormente e lottare contro un giramento di testa particolarmente forte, che per poco non lo fece cadere del tutto. Appoggiatosi al tavolo fulminò ancora Mihawk perché stava osando ridere ancor più di gusto. Quanto lo odiava.
- Che diavolo hai, si può sapere? Solo perché barcollo un po’ per uno stupido occhio non significa che non possa fare niente! -
- Davvero? Vuoi farmi divertire ancora, sì? - Fece ironico appoggiando il mento alla mano e inclinando aristocratico il capo.
Zoro sbuffò.
- Niente divertimento! Voglio solo fare il mio dovere! - Mihawk aveva immaginato qualcosa del genere ma non aveva pensato che la sua testardaggine sfiorasse tali livelli.
- Come vuoi, vedrai tu stesso cosa vuol dire stare con un occhio solo! -
La ferita come minimo doveva chiudersi, era ancora troppo fresco e lasciargli fare di testa sua era ridicolo ma non era uno che perdeva tempo a convincere qualcuno a badare a sé stesso. Lui non era un baby-sitter.
 
Quando si ritrovarono in giardino -finchè le belle giornate duravano ne approfittavano- il maestro gli indicò di cominciare coi soliti esercizi per il fisico e Zoro lo guardò male capendo che ci stava andando leggero.
- Cos’è, si torna indietro? Queste cose le abbiamo fatte l’anno scorso, hai visto che non me ne servono! - L’altro ghignò saccente.
- Falli. - L’allievo, sia pure di malavoglia, cominciò con il correre intorno all’isola ma appena fece i primi metri si trovò subito a cadere, dopo aver fatto un buffissimo giro da acrobata. Imprecò seccato, si tirò su e facendo testardamente finta di niente riprese la corsa.
La stessa scena si ripeté un paio di volte prima che l’allievo tornasse indietro proseguendo con gli addominali. Usava un albero a cui si appendeva per farli a testa in giù. Fu davvero sganasciante vederlo impedito… non riusciva nemmeno a tirarsi sul ramo, infatti.
Dopo molti tentativi tentò con altre cose ma non andarono a buon fine, nessuna di esse furono portate degnamente a termine e dopo aver raccolto una vagonata di figuracce, era arrivata Perona a ficcargli un po’ di sale in zucca.
- Senti, testaccia vuota, non puoi fare le cose che facevi prima allo stesso modo, devi abituarti! E poi la ferita è troppo fresca, rischia che si riapra! Per una volta che quello ti dà del tempo prenditelo, idiota! - Zoro avrebbe voluto chiederle cosa avesse tanto da sbraitarle contro… insomma, cosa le importava a lei che combinava?
Ma si tenne per sé l’osservazione non volendo sentire ancora la sua fastidiosa voce.
Piantando il broncio si avvicinò stanco senza aver fatto niente e con le braccia conserte fissò Mihawk che aspettava paziente e divertito. Sembrava molto diverso da un anno prima… molto più partecipe e insopportabile, se possibile!
- Cosa diavolo posso fare? -
- Vuoi dire a parte riposare e aspettare che almeno si rimargini l’occhio? - La benda era ancora a coprirlo poiché, chiaramente, non era chiuso il taglio.
- Mmh! -
- Direi che puoi meditare e camminare liberamente sia per luoghi aperti che chiusi. -
- Camminare. - Fece Zoro rimastoci male.
- Sì, camminare. - L’altro invece era snob.
- Semplicemente camminare! - Invece lui era sempre più scettico e brusco. Che diavolo diceva, quello?
- Sì, semplicemente camminare, che c’è, pensi che sia troppo difficile? Credi di poterlo fare? - Rispose prendendolo in giro con la sua solita classe che a Zoro andava sempre di traverso, buzzurro com’era lui.
Per un momento pensò a Sanji, quel cuoco da strapazzo si sarebbe sentito egregiamente con uno così. O magari l’avrebbe ucciso molto prima, chi lo poteva sapere… troppo uguali, forse!
Comunque odiosi allo stesso modo. Anzi. Mihawk di più.
- Sì che posso farlo, mi sembrava poco, dannazione! - Si lamentò tanto per cambiare, Mihawk lo liquidò in poco…
- Prima percorri gli spazi senza sbattere e tremolare in modo imbarazzante, poi ne riparliamo. -
- Mi prendi proprio per uno stupido, tu! - Brontolò alla fine decidendo di lasciarlo perdere e dimostrargli da subito quanto si sbagliasse.
Quando cominciò, tornò a riavvolgere il nastro di prima quando correndo si era messo a cadere ogni due metri.
Stesso discorso ora.
- Al diavolo! - Grugnì.
Così ad ogni caduta. Molte.
Mihawk rimase a ridacchiare in disparte e ad osservarlo, era la cosa più divertente che gli fosse mai capitata di vedere e pensava proprio che al mondo non potesse esserci niente capace di farlo ridere di più.
Shanks forse, ma Shanks era diverso…
Pensando a lui gli venne naturalmente una gran voglia di vederlo, proprio un dramma visto che al momento non aveva idea di dove fosse quello svitato.
Sbuffando tornò al comico Zoro. Molto meglio lui.
 
Ovviamente non fu facile come si aspettava ed alla fine aveva rinunciato al giro intero dell’isola preferendo un po’ di meditazione. Era davvero faticoso camminare senza cadere.
Finché si trattava di farlo fuori era un conto ma quando si addentrava nel castello era anche peggio!
Con tutti gli angoli ciechi finiva sempre per sbattere di continuo e tutta la parte sinistra del suo corpo gridava vendetta.
Non se ne capacitava, in realtà, perché ormai conosceva il castello piuttosto bene e pensava di aver memorizzato tutto… come mai invece sembrava vi camminasse per la prima volta?
Fu Perona a spiegarglielo poiché Mihawk era misteriosamente sparito qualche giorno per delle commissioni personali.
- Non hai più le misure, devi riprenderle. Si è sballato tutto. Il senso dello spazio è completamente distorto, ormai. Vedere con due occhi è tutt’altra cosa che con uno. A parte il discorso sugli altri sensi che si acuiranno e sui riflessi che devi imparare a sviluppare, lo spazio ora come ora ti apparirà del tutto differente da prima e sarà così finchè non riprendi le misure. Per questo quell’uomo ti ha detto di camminare sia dentro che fuori, perché solo così, sbattendoci contro, riesci a riprenderle. Una volta che le avrai andrà meglio. - Ora Zoro si sentiva meglio, almeno una buona notizia. Insomma, la prospettiva di tornare alla pseudo normalità c’era. Ovviamente non sarebbe stato come prima ma se era una questione di riprendere le misure e abituarsi, poteva farlo.
Qualche giorno dopo Mihawk ancora non tornava e Zoro non sapendo medicarsi da solo e volendo guarire per bene -nei limiti del possibile- chiese a Perona di dargli una mano. In fondo si era un po’ calmata da quando il padrone di casa era andato via. Forse era lui che la innervosiva tanto. Quando non c’era era molto più sopportabile e tranquilla, molto meno petulante.
Di sfuggita, mentre lo medicava togliendogli la benda, pensò che doveva piacerle Mihawk e non se ne curò oltre.
Non era completamente idiota, le cose le capiva ad un certo punto, solo che non trovavano il suo interesse. Era diverso.
Altre volte era invece ottuso e dovevano spiegargli tutto per bene, dipendeva dai momenti e dai casi.
Seduti l’uno davanti all’altra la vide fare una faccia strana. Oddio, non che lei fosse molto espressiva. Perona aveva un viso strano, proprio da bambola, di conseguenza sembrava avesse sempre le stesse facce. La scrutò con cura da quella vicinanza cercando di capire se dovesse preoccuparsi o meno. In fondo in quel periodo aveva da pensare solo al suo occhio…
- Com’è? - Chiese alla fine.
- Non male. Puoi stare senza la benda, così si cicatrizzerà meglio. Ti rimarrà un gran bel segno verticale. - Poi esitò sempre con un’aria un po’ indecifrabile, quasi malinconica in un certo senso… - Non potrai comunque mai aprirlo, lo sai? - Quando ci provò di riflesso si rese conto che la palpebra era incollata.
- Coma mai? - Chiese girandosi verso lo specchio. Mentre si guardava vedendo l’occhio sinistro chiuso attraversato in verticale da un segno praticamente perfetto, tutto rosso ed ancora gonfio, la sentì spiegargli:
- Era troppo profondo, per far sì che il taglio si chiudesse la pelle si è rimarginata in questo modo facendo come da punto di cucitrice… per poterlo aprire ti servirebbe un’operazione, credo, e ad ogni modo ormai penso sia tardi, dovevi farlo subito. Se… se ti fa impressione puoi usare una di quelle ridicole bende da pirata! - Non era sicura che gli piacesse ma provando ad immaginarlo con una di esse sopra lo ritenne piuttosto adatto, era un po’ il suo stile a giudicare dalla bandana e dai tre orecchini al lobo.
Un tipo oltremodo interessante, nel complesso.
Zoro ascoltato tutto con attenzione, alzò le spalle fregandosene di quelle cose.
- Non ha importanza! - Disse infatti sminuendo e sfiorandosi il taglio che vedeva per la prima volta. - Mi fa prurito! -
- E’ normale, ti sta guarendo! - Detto quello Zoro cominciò a tranquillizzarsi. Poteva anche essere una sfida interessante, tutto sommato. Essere pratico come prima solo con un occhio richiedeva una forza generica superiore, si sarebbe rafforzato molto di più.
Pensandolo si rasserenò e senza nemmeno ringraziarla per le cure, si stese nel letto e si mise a dormire.
Se quello si ostinava a non tornare che stesse pure via, per qualche giorno non era certo indispensabile!
E poi finchè non si abituava non voleva allenarlo ancora, di conseguenza c’era ben poco da fare.
Camminare aveva camminato e conosceva di nuovo tutti gli spazi a memoria, non sbatteva più e non cadeva più. Meditare, poi, anche quello in abbondanza… allora dormiva, al diavolo anche quell'uomo che spariva così!
Quando fu nel dormiveglia sentì la ragazza seduta probabilmente accanto al letto.
- Zoro, ma cosa pensi di quell’uomo? - Zoro capì, svegliandosi dal piacevole torpore in cui era appena caduto, che non si era sbagliato.
- Che è odioso. - Liquidò in fretta senza bisogno di pensarci. Era facile rispondere a quella domanda.
Non la vide sorridere contenta.
- E cosa pensi di me? - Questa domanda lo destabilizzò, non capì infatti cosa c’entrasse con l'infatuazione della ragazza per Mihawk. Suo malgrado rispose senza rifletterci troppo…
- Che quando non c’è Mihawk sei sopportabile! - Le buone maniere non gliele aveva mai insegnate nessuno… Perona capì che normalmente la reputava insopportabile ma non era idiota, l’aveva capito da sola. Non sapeva comunque essere diversamente, in certi momenti il sangue le andava al cervello e basta.
- Il solito maleducato! - Esclamò comunque vagamente seccata ma non isterica. Zoro non lo capì ma non ribatté, non gli interessava.
Era comico che si considerasse sveglio riguardo certe cose e che fosse convinto di aver capito che lei aveva un debole per Mihawk quando invece l’aveva proprio per lui.
Sembrava lui stesso una barzelletta, il più delle volte!
Perona ridacchiò. Era proprio buffo quel ragazzo!

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Capitolo 13
*** Per un momento ***


*Ecco il nuovo capitolo. Allora... vediamo come procede la questione dell'occhio mancante di Zoro e come Mihawk intende fargli recuperare i riflessi e la dimensione dello spazio. Assistiamo a due momenti diversi fra loro. Uno fortemente 'allievo/maestro' e l'altro fortemente 'uomo/ragazzo'. Per far calare meglio nell'atmosfera ripropongo quattro delle immagini che avevo già mostrato nel primo capitolo. Anche se poi non sono le scene precise del capitolo. La canzone, come sempre, dei Breaking Benjamin. E' una delle mie preferite. Il prossimo capitolo lo metto mercoledì prossimo perchè per Pasqua e pasquetta sono via, fuori casa, torno martedì sera. Vedremo un altro momento importante nella vita al castello. Zoro comincerà ad allenarsi nel mare e Mihawk comincerà a guardarsi dentro grazie a Perona. Cosa mai vedrà? Ringrazio chi legge e commenta, sono contenta che sia una storia che piace sempre più specie per la questione dei personaggi che vengono visti come IC ed è una cosa che mi fa enormemente piacere! Buona lettura. Baci Akane*

CAPITOLO XIII:
PER UN MOMENTO


 
I giorni passano per sempre
Ma non ti ho lasciato
Possiamo scacciare l’oscurità assieme
Se vai, allora anche io andrò
Non è rimasto niente di te
Riesco a vederlo nei tuoi occhi
Canta l'inno degli angeli
E pronuncia l’ultimo addio “

- Anthem of the angels – Breaking Benjamin -
http://www.youtube.com/watch?v=QB3pxBDZvf4

Dopo i giramenti ci si misero i mal di testa.
Zoro avrebbe voluto avere il potere di andare avanti nel tempo per superare subito il periodo di assestamento, non riuscire nemmeno a dormire e meditare dall’emicrania non era normale, per lui.
Girovagando al buio di notte finì nella sala dei duelli, un intero piano dedicato alla spada.
Volendo fare meno luce possibile perché lo infastidiva, prese una candela ad olio ed abbassò di proposito la fiammella. Era un castello gotico ed usava quel genere di illuminazione -torce e candele-.
Magari ammirare con calma un po’ di quelle meravigliose spade da collezione poteva rilassarlo.
Non c’erano quadri in nessuna ala del castello, non c’era verso di trovare una foto od un’immagine che gli indicasse che volti avessero avuto gli avi di Mihawk. Ne era incuriosito, non poteva negarlo, ma non era un impiccione come la maggior parte dei suoi altri compagni.
Portando la sua attenzione su un gruppo di spade esposte sulla parete, riconobbe solo la fattura pregiata. Nonostante le amasse e fosse uno spadaccino non era un vero esperto come quella ragazza della marina. Lei sì che ne capiva!
Gli aveva detto che la spada di Kuina era un capolavoro e gli aveva indicato altre due molto buone che per lui erano state spade come tante.
A lui piacevano ma perché le sentiva vive, non perché le conoscesse o se ne intendesse.
Ne prese una, quella che gli sembrava emanasse il maggior potere. Era un potere particolarmente nero, in effetti, ma non la sentì come maledetta come in molti avrebbero detto. Per lui non esistevano spade maledette, esistevano solo spade vive che aspettavano che qualcuno le capisse.
Appoggiò la candela su un ripiano e nella penombra quasi completa si sentì a suo agio, specie per la katana che teneva in mano.
Alzandola davanti al viso strinse l’occhio per vederla bene ma si infastidì nel non riuscirci come una volta. Aveva una visuale limitata, per guardarla bene doveva muovere la testa in modo che l’unico rimasto gli permettesse di vederla.
Grugnì da solo e chiudendo anche l’altro occhio decise di usare il tatto. Era la stessa cosa, con le spade funzionava così. Le sentiva senza bisogno degli occhi.
Sotto le dita si delineò in breve la lama, la sentì affilata come venisse usata costantemente, era lunga e nonostante a vista dovesse sembrare pesante, era leggera.
L’aura giganteggiava, era molto forte e potente. Cominciò a muoverla tenendola per l’impugnatura, sempre ad occhi chiusi.
Se li teneva così non aveva mal di testa e se ne accorse dopo un paio di fendenti rotatori.
Il rumore nell’aria era un sibilo dolce, musica rilassante. Aumentò la velocità di proposito per farla cantare un po’ di più e nel farlo mosse dei passi con sicurezza, lenti e precisi. Diede così vita ad una specie di balletto elegante che nella penombra della sala fu estremamente bello, chiunque si sarebbe incantato a vederlo e Mihawk, in un angolo buio dell’ampio salone, non fu da meno.
Non l’avrebbe mai ammesso e non si sarebbe mai fatto vedere, ma non poteva che capire una cosa fondamentale, a quel punto.
Zoro era pronto per ricominciare un altro capitolo della sua vita.
Riusciva a muoversi perfettamente ad occhi chiusi e le rotazioni della spada erano pulite, quel che comunque impressionava di più erano i passi. Non esitava, non barcollava, non cadeva nemmeno.
Un sorriso finemente fiero si dipinse agli angoli delle sue labbra.
Sarebbe stato anche più interessante di prima.
- Cosa ne pensi? - Chiese di punto in bianco Zoro. Mihawk un po’ si stupì di essere stato percepito, sapeva di essere estremamente invisibile se lo voleva, lui l’aveva captato, invece. Significava che i suoi sensi erano davvero a buon punto.
- Che quell’occhio in meno ti ha giovato! - Rispose senza esitazione facendo qualche passo in avanti dal punto cieco e buio in cui si era sistemato per spiarlo.
Zoro smise di muovere la spada e si girò verso di lui guardandolo col solo occhio che gli rimaneva.
- Hai un senso dell’umorismo tutto tuo! - Replicò seccato il ragazzo che ancora non era convinto di trovarci qualcosa di positivo in quel maledetto occhio mancante.
Mihawk sogghignò con quel suo tipico modo fastidioso e prendendogli la spada di mano come se fosse comunque uno dei suoi tesori che nessuno poteva toccare, lo ripose al suo posto. Sembrava non gliene importasse niente di quella collezione e nemmeno di qualunque altra cosa, invece probabilmente non era proprio così.
- Vedrai se non mi darai ragione. - L’uomo ed i suoi occhi di falco vedevano decisamente molto in là nel tempo, l’aveva sempre fatto, era uno dei suoi talenti. Prevedere con precisione fatti e situazioni che poi puntualmente si avveravano e non per qualche capacità divinatoria ma solo semplicemente perché aveva una visione piuttosto ampia e approfondita del tutto che lo circondava. Lui riteneva che era poiché vedeva ogni cosa dall’alto, ritenendosi infatti un falco.
- Intanto ho un mal di testa assurdo! - Non era un medico e tanto meno vagamente pratico con quel genere di cose, era solo un ragazzo impaziente ed il maestro sogghignò di nuovo in quel suo modo di scherno che infastidì l’allievo sentendosi preso in giro. 
- Tirare di spada ti rilassava? - Zoro annuì. Era vero, gli era andato via il mal di testa ed era stato finalmente bene solo in quel momento.
- Non credevo ti importasse qualcosa di tutte queste spade. - Fece poi cercando di introdurre un argomento intuito al volo per un secondo.
Mihawk era molto riservato riguardo sé stesso ma non si faceva veri problemi a dire le cose come stavano. Per lo meno non con lui.
- Non me ne importa infatti. Sono solo possessivo con le mie cose. - Zoro si chiese se ormai lo considerasse una cosa sua anche lui, ma si tenne per sé quella domanda limitandosi a prendersi la candela con cui era venuto per tornare a scendere le scale.
- Vuoi fare qualche altro tiro? - Chiese alla fine il maestro sorprendendo l’allievo che per un momento credette di aver capito male. Si fermò e si girò fissandolo con quel suo unico occhio che esprimeva scetticismo in abbondanza anche per l’altro che mancava.
- Perché no, questo maledetto mal di testa è tornato di nuovo. - Disse senza rifletterci molto. Non era per stare ancora con quell’uomo di cui gli importava relativamente e solo quando si decideva ad insegnargli qualcosa. Era solo per avere veramente un po’ di tregua nella mente, niente di più.
Mihawk non si chiese nemmeno perché accettò, non era importante.
Tornò a prendere una spada ma questa volta una che a suo parere gli si associava meglio.
Quando gliela porse, gliene parlò.
- Questa spada si chiama Eclipse. Rappresenta l’eclissi sia di luna che di sole. L’eclissi totale. Quando nel mondo cala un buio pressoché assoluto ed è semplicemente un attimo perdersi, il momento in cui tutti gli incubi si realizzano ed i mostri escono. Le maledizioni si realizzano ed ogni cosa ha fine… è stata fatta in un’eclissi notturna da un uomo cieco. Voleva riversare in essa il suo animo ottenebrato dal suo buio perenne. Prendila e dimmi cosa senti. - Era consapevole che Zoro sentiva le anime di tutte le spade che toccava ed era una dote che non tutti gli spadaccini alla fin fine avevano.
Quando il ragazzo la prese sentì subito una forte influenza oscura. Non era proprio negativa, non per lui, riteneva infatti che le spade avessero un’anima ma che non potessero essere né buone né cattive.
Erano semplicemente vive ed al servizio di chi le impugnava avendone cura.
Però era vero, il buio aumentò vertiginosamente fino a fargli distinguere solo le forme ed i contorni tutt’intorno.
Mihawk divenne quasi indistinto e quando si sforzò di guardarlo bene, vide la sua aura.
Come si poteva vedere un’eclissi di sole o di luna dove l’astro veniva oscurato e si vedeva solo l’alone luminoso intorno.
Il suo era molto strano ma grande. Non dorato, non chiaro ma nemmeno nero. C’era ed era di un colore indefinito. Sapeva solo che era della potenza di un uragano.
- Mostra gli aloni. È la vista interiore? Quello che vede un cieco? - Chiese piano ma non ottenne risposta.
- Tira i fendenti tutt’intorno a me. - La trovò una richiesta anomala ma ovviamente interessante, quindi spostandosi entrambi in mezzo, sempre con quella scarsa illuminazione, Zoro eseguì e nel trovarsi quasi male a tenere aperto l’occhio che ci vedeva, non si accorse di chiuderlo. Mihawk non se ne preoccupò nemmeno un istante e sorridendo sornione ed indecifrabile lo lasciò fare.
Zoro si mosse leggero e sicuro con eleganza tirando fendenti ad una media velocità e potenza tutt’intorno a lui, come se definisse la sua aura nella sua totalità.
Lo sfiorò molte volte ma non lo toccò mai ed alla fine capì il senso di quella richiesta.
Voleva dimostrargli perché una vista esteriore imperfetta era meglio di una perfetta e l’aveva appena capito.
Certe cose solo con lo sguardo interiore le si poteva vedere e lui ci stava riuscendo. Certo ora era grazie a quella spada ma probabilmente Mihawk voleva dirgli -a modo suo, sempre così contorto- che ci sarebbe riuscito anche da solo, senza nessun mezzo.
Soddisfatto e sereno, dopo di quello Zoro andò a dormire e riuscì ad immergersi finalmente in un sonno tranquillo e ristoratore senza più l’ombra di un solo mal di testa.
 
Il giorno dopo ricominciarono con gli esercizi, riguardavano la ripresa dei riflessi, doveva rafforzare il suo punto debole, la parte sinistra. Non poteva farsi sopraffare solo perché non vedeva con un occhio.
Ci mise comunque poco a recuperare e a mettersi in sesto, era decisamente portato per quel genere di cose, notò il maestro. I suoi riflessi ed i suoi sensi godevano di ottima salute. Ovvio, ad eccezione della vista.
Non gli avrebbe mai detto che il suo punto forte era la quella interiore, dote essenziale per uno spadaccino.
Dopo aver appreso facilmente quelle lezioni ed essersi rimesso oltremodo in forma e aver rafforzato ciò che gli mancava, Mihawk impiegò del tempo per esercitarlo completamente alla cieca.
Voleva ampliargli ancora la vista interiore in modo che non potesse mai trovarsi in difficoltà, quindi ciò con cui si scontrò Zoro all’arrivo dell’inverno, superato tutto l’autunno, fu la cecità completa.
Messa una bendo grossa sugli occhi, gli aveva semplicemente ordinato di fare tutto, ma proprio tutto, senza vedere fino a che non gli avrebbe detto lui.
Zoro non si oppose nemmeno allora, aveva capito dopo oltre un anno di convivenza con lui, che tutte quelle assurdità che gli faceva fare avevano sempre un senso preciso, per cui il tempo delle repliche e delle lamentele era stato ampiamente superato.
Si sarebbe adattato anche a quello.
Agire senza vedere non poteva essere una tragedia, specie se non era veramente cieco.
Non aveva idea di quante cose avrebbe imparato da quel apparentemente semplice e sciocco esercizio. Non ne aveva nemmeno la più lontana idea.
Mihawk invece sì che lo sapeva.
 
All’inizio fu comico come previsto, sembrò essere tornati indietro di qualche mese, quando si era appena ferito.
Imprecando ed innervosendosi, non fece che andare a sbattere fino a che non si era rassegnato a rendersi ancora più ridicolo nel camminare con le mani avanti. Dopo essersi abituato così, Mihawk pensò bene di legargli anche le mani dietro alla schiena e di ordinargli di continuare a fare i giri del castello poiché ormai fuori era troppo freddo e la neve era di nuovo alta.
Zoro trovava quel genere di esercizio semplicemente assurdo e dopo essere tornato a riempirsi di botte e ferite sul viso e sulle ginocchia per tutte le svariate cadute, era riuscito di nuovo ad abituarsi più o meno decentemente. Se non altro a memorizzare ogni angolo pericoloso del castello.
Dopo aver concluso, a suo dire, l’esercizio, si sedette nel suo studio per aspettare di essere liberato e di poter fare qualcosa di più sensato che imparare ad evitare gli ostacoli con l’istinto, i riflessi e la vista interiore. Era una cosa sicuramente importante ma che non richiedeva davvero molto tempo. Non si rendeva conto che era così perché aveva fatto dei miglioramenti ad una velocità considerevole.
Lo sentì subito entrare nonostante il silenzio con cui si era mosso. Sapeva anche abbassare la sua forza interiore con la giusta concentrazione, ma Zoro lo sentì lo stesso.
Mihawk non se ne stupì.
- Liberami, ho imparato a non andare a sbattere senza usare le mani. - Disse seccato.
L’uomo ridacchiò e Zoro percepì anche questo nel suo respiro silenzioso.
Senza rispondere, gli si sedette davanti, nella poltrona. Ce ne erano due sistemate accanto al fuoco, solitamente Zoro si sedeva per terra perché a quanto pareva lo preferiva, poi parlavano di spadaccini e di spade.
Era la prima volta che si sedeva sulla poltrona.
Rimase ad osservarlo, aveva delle belle botte, gli sanguinava il naso, il labbro e perfino il sopracciglio; non si diede pena nemmeno a guardare le ginocchia!
- Ma tu quando cammini alla cieca vai veloce e spedito invece che piano cercando di limitare i danni fino a che non ti senti sicuro di evitare gli spigoli? - Disse ironico, era chiaro che questo diceva tantissimo di Zoro e sebbene reputasse la cosa altamente stupida, non gli dispiaceva in realtà.
- Certo! Non perdo tempo a studiarmi la zona, a che diavolo servirebbe? -
Rispose l’allievo dimostrando enorme scarsità logica.
- Ad evitare le botte inutili? - Fece allora sempre ironico prendendo un fazzoletto di stoffa ed imbevendolo in un po’ di scotch.
- Sciocchezze! - Rispose Zoro che non aveva mai dato peso a quelle cose, non importava quanto male si faceva, le ferite guarivano. Quello che contava era il risultato!
Quando però Mihawk cominciò a passargli il fazzoletto d’alcool sulle ferite al viso capì cosa intendeva. Per essere sicuro lo capisse, glielo spiegò addirittura a voce, sempre come se parlasse con un inetto:
- Questo avresti potuto evitarlo se ti saresti dato la pena di andare piano per i primi giri… -
- Avrei tardato a raggiungere l’obiettivo! - A quel punto Zoro cominciava a capire che stavano parlando per metafore, un po’ tardi come sempre ma l’importante era arrivarci. Il maestro sorrise fra sé e sé preoccupandosi di pulirgli bene il viso con una certa delicatezza insolita, ma non certo di liberarlo. Zoro glielo ricordò: - Se mi liberi mi medico da solo! Per qualche graffio! - Voleva sminuire la sua stupidità che gli appariva come tale solo in quel momento, ma soprattutto voleva andarsene. Aveva una pessima sensazione riguardo il dopo. Quel tipo di tanto in tanto decideva di smettere di fare il maestro e ci provava con lui!
Possibile che non potesse capirlo?
Oltretutto come diavolo ci era riuscito a ficcarsi in quella maledetta situazione? Non era mica normale…
Mihawk non rispose e mise giù il fazzoletto dopo aver finito. Non erano botte serie, però i lividi li aveva ed era estremamente buffo.
Non è vero, gli donano…” Pensò invece consapevole che l’altro non poteva sentire i suoi pensieri.
Zoro rimase in attesa, ora aveva finito, cosa diavolo stava facendo?
Sentiva il suo sguardo magnetico su di sé e lo sentiva anche estremamente vicino, doveva aver avvicinato la poltrona per stargli più vicino, poteva immaginare la sua posizione dritta e fiera, il suo sguardo altero e… e le mani? Dove le stava mettendo?
Era legato, poteva minacciarlo per farsi liberare.
O sperare che non facesse nulla, per una maledetta volta.
- Mihawk… - Mormorò piano Zoro, aveva un tono fermo e laconico ma non proseguendo con un’ammonizione vera e propria fu come non dire nulla.
C’era un’atmosfera diversa, era sempre colpa di quel fuoco ed anche se non lo vedeva lo percepiva caldo sulla pelle. Però forse erano i brividi provocati da quei tocchi ora leggeri e lenti.
Come faceva ad essere così sensuale e delicato quando poteva essere tanto letale e spietato con una spada in mano?
Non era idiota, sapeva che lo era, però dirselo non cambiava niente.
Poteva tranquillamente dire che era un bell’uomo affascinante e che se voleva ci sapeva fare. Non sapeva bene di preciso a cosa ma ci sapeva fare sicuramente.
Qualunque cosa voleva riusciva a prendersela ma lui non sarebbe stato fra le sue ‘cose’, come quelle spade.
Lui era una persona ed aveva una volontà.
Però sentì il respiro sulla sua pelle ed era calmo e regolare, aveva una padronanza di sé mai vista ed ora che era arrivato a sfiorargli il collo e le clavicole, sentì la maglia che indossava strapparsi. Dedusse dal tipo di rumore che doveva avergliela tagliata col suo coltello. Non fece in tempo a dire di non azzardarsi che le sue mani si infilarono sotto l’indumento strappato fino a farglielo scivolare lungo le braccia muscolose e tese, erano legate dietro la schiena ed ora che tirava si rendeva conto di quanto buoni erano stati quei nodi.
Non poteva crederci di esserci cascato così come un idiota.
Sanji e Nami avrebbero detto che fregarlo quando si usava l’astuzia era anche troppo facile, ma lui non l’avrebbe ammesso.
Però glielo aveva fatto fare perché nel momento in cui l’aveva legato era stato il suo maestro e quando lo faceva gli piaceva. Peccato che quando poi tornava sé stesso lo odiasse.
Contraendo la mascella ed ogni muscolo, sussultò al toccò carezzevole e lento delle sue dita sulla pelle, dalle spalle scese sui pettorali e quando lo spinse con fermezza e decisione fino a farlo appoggiare allo schienale, lo sentì alzarsi e chinarsi su di sé.
Era alla sua praticamente totale mercede. Certo, poteva tirargli un calcio e fare l’animale indiavolato oppure…
- Smettila, non voglio… - Farglielo capire una volta per tutte in modo che non lo rifacesse.
Se lui diceva una cosa doveva essere quella, dannazione. Perché doveva crederlo una sua proprietà e fare quello che gli pareva? Doveva bastare la sua parola.
- Sicuro? - Chiese basso e accattivante Mihawk con le labbra al suo orecchio. Zoro istintivamente girò la testa per togliergli l’accesso, i brividi erano stati tremendi e se l’avesse rifatto il proprio corpo avrebbe reagito come non avrebbe voluto.
Era da troppo in astinenza, dopotutto come di tanto in tanto quel tipo provvedeva a ricordargli, era un uomo anche lui come tutti.
- Sì che ne sono sicuro. Lasciami e liberami. - Per un momento gli sfiorò l’idea di chiamare Perona ma l’idea di farsi aiutare da una ragazza lo nauseava. Non era così debole, se voleva poteva toglierselo di torno usando la forza bruta, il punto era che poi probabilmente quello stronzo non gli avrebbe più insegnato e lui non voleva.
Le sue mani intanto continuavano ad accarezzarlo sul torace, gli tormentavano i capezzoli e poi, in completa libertà, dopo aver frugato a piacere gli addominali ed i fianchi era sceso in basso ad abbassargli quel tanto che gli era sufficiente per massaggiare sempre più sensuale il suo inguine.
A quello Zoro si morse il labbro. A quel punto trattenersi era davvero difficile, ma la sua volontà non poteva valere così poco.
Non poteva proprio.
Non voleva dargli una scusa per cacciarlo ma non poteva nemmeno lasciarlo andare oltre, nonostante fosse estremamente piacevole.
Stringeva convulsamente le mani dietro la schiena e tirava sempre nella speranza di rompere le corde, non sapeva che tirando i nodi si stringevano o per lo meno non ci pensava.
Al momento cercava di non lasciarsi andare a quel piacere crescente e devastante, o alla sua lingua che disegnava sulla sua pelle sensibile facendolo sussultare.
Era così diverso da Rufy che il confronto era inevitabile… Rufy era impetuoso, irruente ed inesperto. L’esplorava curioso preso dalla passione e dalla foga, il più delle volte gli faceva male o combinava qualcosa di sbagliato, però poi gli bastava prendere lui il sopravvento per indirizzarlo nella giusta direzione.
Era malleabile e al tempo stesso un uragano, Rufy, e poteva averlo ormai solo nei suoi sogni.
La sua lingua lo bruciava quando lo assaggiava, lo mordeva per farsi sentire, per dirgli che lo desiderava come nessuno. Mihawk era piacevole ma non a quei livelli. Non ai livelli di uscire di testa e gridare.
Quando si trovò a fare ulteriori confronti, la lingua di Mihawk cominciò a tormentare la punta della sua erezione e quando successe il caos lo invase. Per un momento, così, ad occhi chiusi e mani legate, senza poter vedere e toccarlo, subendo e basta, pensò quasi di essere tornato indietro nel tempo o di essere in un sogno. In ogni caso si illuse di avere Rufy.
Per un momento.
Fino a che non cominciò a succhiarlo dimostrando una padronanza ed un’esperienza che il suo compagno non aveva mai dimostrato.
A quel punto Zoro solitamente bruciava e gridava accompagnandogli brutalmente la testa contro il proprio inguine, tirandogli anche i capelli, dall’intensità del suo piacere.
Questo era bello, reagiva comunque perché era impossibile che così non fosse, ma non era la stessa cosa, non era lui… poteva avere anche un orgasmo e darsi a lui per togliersi lo sfizio e sfogare gli ormoni, ma non era ciò che voleva. Non era farlo veramente, per lui.
Mihawk lo capì in quel momento, quando lo sentì teso contorcersi nella poltrona, non gemeva ma cercava ancora, nonostante tutto, di trattenersi.
- Non sono Cappello di Paglia? - Chiese con scherno quasi avesse percepito i suoi pensieri, era tornato su ed ora gli parlava sulle sue labbra. Solo così, senza violarlo.
Zoro con durezza, seppure il suo fisico fosse visibilmente eccitato, rispose:
- No che non lo sei. E puoi avere il mio corpo con tutti i trucchi e le astuzie che vuoi, io ti porterò rispetto finchè sei il mio maestro ed hai da insegnarmi, ma allo scadere dei due anni tutto tornerà come prima, ma soprattutto una cosa non sarà mai cambiata. Farlo col mio corpo, prenderti il mio corpo, non è farlo con me. Non ti prenderesti me. Non hai la minima possibilità di prendermi. E magari a te non fotte un cazzo, non te ne importa perché non conosci la differenza fra corpo e cuore, visto che non combatti col cuore ma solo con il corpo, però credimi che c’è. C’è una differenza abissale. Quindi fa pure, se ti piace tanto il mio corpo. Prenditelo. Non mi interessa. Non mi interessa proprio. Io amo Rufy e sarò solo suo, sempre. Questo niente, niente potrà cambiarlo. Ora fa quello che ti pare, dannazione! -
Concluse secco e rabbioso.
A Mihawk quella risposta bastò per capire che aveva ragione e che non ci sarebbe mai stato verso.
Era vero, poteva obbligarlo in qualche modo e prenderselo comunque ma non era divertente, non era veramente bello e non perché voleva il suo cuore, era solo una stupidaggine. Non era veramente bello perché doveva volerlo anche lui, alla fine. Voleva sentire il suo bacino spingere contro la propria bocca, la sua voce gemere impaziente e chiedere di più, voleva che riuscisse a liberarsi per premersi contro di sé. Voleva che lo volesse anche lui e non per una questione di cuore, solo perché così era meglio.
Semplicemente.
Non avrebbe mai ammesso altro.
Mai.
Nemmeno con Shanks aveva mai ammesso di provare qualcosa anche se di tanto in tanto andava lui stesso a cercarlo.
E Shanks era Shanks.
Che voleva da quel ragazzino?
Qualcosa che non aveva.
Parlare di cuore con lui era come parlare del diavolo ad un prete.
Però fece uno strano sorrisino, non seccato od infastidito, tanto meno offeso. Quasi che si aspettasse quella risposta o che la volesse. Come, quasi, che fosse un’altra delle sue prove.
Zoro non l’avrebbe mai saputo ma quando si sentì liberare le mani e dire con fermezza di non togliersi la benda che l’addestramento alla vista interiore non era ancora finito, si sentì come di aver superato un’altra delle sue dure prove.
Leggerezza fu quello che provò.
Ed orgoglio.
Non poteva capire bene come e perché ma sapeva d’avercela fatta.
 
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Aperto la mia pagina autore su FaceBook. Lì metto gli aggiornamenti alle mie fic, le varie news che la riguardano e cose così...
Akane

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Capitolo 14
*** Il desiderio più nascosto ***


*Eccoci qua dopo la pausa pasquale. Allora. Siamo agli sgoccioli e Mihawk non ha molto tempo per capire ciò che vuole, perchè e per ottenerlo, ma anche Zoro non ha molto tempo per arrivare al livello che voleva. Riusciranno i due a raggiungere i rispettivi scopi? Spazio ad un po' di riflessioni ma anche alla spada. Il prossimo capitolo è uno di quelli importanti, è il penultimo. Lo metto domenica. Buona lettura. Baci Akane*

CAPITOLO XIV:

IL DESIDERIO PIU' NASCOSTO
 
Cos’è tutto questo parlare di qualcosa?
Io preferirei quasi bere dall’oceano
Cosa intendevi quando hai detto no?
Io voglio solo cosa è meglio per te.
Ma non ti farò affogare mai
No, non ti deluderò mai
Perché io sono il mio nemico
L’acqua è arrivata sopra il ginocchio
Non ho mai voluto niente da te
Si è così, si è così
Il mio motore s’è prosciugato
E la mia testa è così completamente confusa
Silenzio
Lo so
lo dico io
Non c’è alcun modo per recuperare
tu mi hai detto che non c’era nessun altro
la superficie si sta riscaldando
ti spingerò la testa sott’acqua”

- Water – Breaking Benjamin -
http://www.youtube.com/watch?v=Jwsjt7G8DzU

L'ennesimo esercizio era andato a buon fine. Imparava sempre più in fretta, cominciava a metterci meno tempo per arrivare alle cose ed ai concetti e presto ricominciò a padroneggiare la tecnica della pioggia.
Inizialmente era stato complicato, ovviamente, ma aveva scoperto che farlo ad occhi chiusi era meglio.
Aveva acuito tutti i sensi ed usare la vista interiore era mille volte più efficace.
Esattamente ciò che Mihawk aveva cercato di insegnargli.

Lo scroscio era assordante. Le altre volte non l'aveva quasi percepito ma ora gli appariva così intenso da essere quasi fastidioso.
Passò del tempo considerevole sotto di essa per abituarsi, si bagnò fino all'intimo, poi quando decise che non era più troppo forte, come rumore, estrasse la spada. I movimenti erano molto lenti, si stava concentrando.
La pelle percepiva mille volte di più l'acqua addosso, ogni goccia che lo colpiva lui riusciva a sentirla precisamente addosso e a capire la sua grossezza.
Respirò. Il profumo della pioggia era buono, evidenziava quello della natura.
Portò la testa all'indietro e lasciò che il viso gli si bagnasse a volontà, poi si piegò sulle gambe e raccolse il suo spirito.
Con la mente riuscì a visualizzare le gocce alte, ci mise un po' a figurarsele senza gli occhi ma ci riuscì. Provò a prenderne alcune ma conscio che non sarebbe riuscito a prenderle le lasciò andare.
Ci mise decisamente tanto prima di muoversi, poi abbassò il capo, allargò ulteriormente il braccio e con una serie di passi sicuri e decisi che sembravano quelli di una danza arcaica, vibrò la lama affilata nell'aria.
Una ad una colpì tutte le gocce destinate a ricoprirlo.
Erano tante e piccole, cadevano fitte con una furia quasi impressionante.
Zoro era bagnato di suo, ormai, ma non venne colpito più nemmeno da una sola goccia.
Non era la velocità dei suoi movimenti che creava un mulino di lame ed impediva alla pioggia di toccare terra. Era lui che le spezzava a metà deviando completamente il loro percorso.
Quando usò tutte e tre le spade fu anche più facile.
Mihawk soddisfatto si chiese se sarebbe stato capace di farlo anche con l'occhio aperto, ma decise di non punzecchiarlo per una volta.
Quel ragazzo aveva un controllo di sé che non aveva mai visto in nessuno. Sapeva di saperci fare, se voleva. E con lui aveva voluto.
Non aveva ceduto e non capiva come avesse fatto.
Sentiva che nonostante il suo addestramento non fosse per niente concluso, i tempi sembravano maturare.
Era come se sentisse dentro di sé che Zoro presto se ne sarebbe andato.
Erano in primavera ed i due anni sarebbero scaduti dopo l'estate.
Aveva una stagione per impadronirsi della tecnica dell'acqua e poi batterlo.
Sapeva che non l'avrebbe mai battuto ma doveva come minimo dimostrare di potergli tenere testa.

Zoro aprì l'occhio e lo puntò subito su di lui. Aveva saputo sin dall'inizio che era lì. Era molto scuro in viso ma era la sua naturale espressione.
- Cosa ti pare? - Sfrontato da un lato e rispettoso dall'altro. Avevano un rapporto particolare. Zoro si approcciava nei suoi confronti solo come un allievo al maestro, ma restava sempre un po' provocatorio. Era più forte di lui. Tuttavia riusciva a non passare mai dei segni.
Mihawk, sotto il portico del suo castello, nel retro dove solitamente si allenava all'aperto, fece un'aria di sufficienza, non voleva lodarlo, non l'aveva mai fatto.
- Dopo un anno e mezzo sei riuscito a farlo come si deve, era ora! - Zoro lo prese per un complimento e fece per avviarsi verso il mare.
- Ehi, non con questo tempo! - Zoro alzò le spalle, voltò la testa a metà e rispose.
- Non mi spaventa un po' di pioggia! - Aveva affrontato delle maree decisamente peggiori di quelle. Certamente il mare era agitato col temporale ma poteva farcela.
- Vieni dentro e asciugati, devi mangiare un po'. - Zoro si fermò perchè nonostante il tono superiore da comando, pareva si stesse preoccupando per lui. Era divertente come cosa...
- Vuoi dire che hai paura che mi ammali? - Lo schernì girandosi del tutto. Zoro sapeva essere provocante quanto Mihawk. A volte si somigliavano paurosamente ma solo dall'esterno uno poteva accorgersene. Perona, infatti, li vedeva odiosamente simili.
Ci fu così un consueto scambio di sguardi molto elettrico fra i due, ad entrambi piaceva gareggiare con gli occhi e nessuno dei due cedette per primo.
- No, è solo che se ti ammali è una rottura! Hai usato troppo spirito per questa tecnica. Il fatto che usi la vista interiore perchè è più facile ed efficace ti tira via molta energia, quindi non devi esagerare. È compito dello spadaccino anche saper fermarsi quando è giusto e recuperare le forze quando può. Ci sono momenti in battaglia in cui questo è possibile e momenti in cui invece non lo è. Devi coglierli. È importante recuperare. - era una cosa che mancava a Zoro, in effetti, perchè tendeva a non percepire i propri limiti.
La prese come una lezione da maestro e fu per questo che lo accontentò una volta per tutte.
Un miracolo.
Zoro cedette ed entrò in casa, erano in primavera e non faceva più molto freddo, ma era bagnato fradicio e certe zone del castello non erano riscaldate, anzi erano molto fredde.
- Perona, prepara da mangiare! - Ordinò senza assicurarsi che fosse nei paraggi, lei c'era sempre. Era una presenza a cui ormai erano abituati e l'accettavano di buon grado, ogni tanto si lamentava di qualcosa, altre semplicemente sbuffava e faceva.
Mihawk si sistemò in salotto, davanti al caminetto acceso, una delle poche fonti di calore dell'abitazione vasta.
Fu raggiunto poco dopo da Zoro. I due convivevano in modo abbastanza pacifico, per lo più stavano in silenzio, qualche volta Zoro se ne andava per non mancare di rispetto al suo maestro quando questi esagerava ma ormai riuscivano a sopportarsi.
Zoro si sedette nella poltrona accanto, passavano anche ore in silenzio senza bisogno di comunicare.
Era bello, non lo poteva negare.
Lo spadaccino più giovane pensò inevitabilmente alle abissali differenze che c'erano con Rufy. Con lui ora ci sarebbe stato un casino assordante e nessuno avrebbe potuto stare semplicemente seduto e buono a guardare il fuoco. Avrebbe rivoluzionato tutta la stanza e cominciato uno stupido gioco.
Gli mancava la confusione della ciurma ma soprattutto quella di Rufy.
Cercava di non pensarci costantemente e si occupava con gli esercizi del suo maestro, ma non era facile.
A volte, quando gli imponeva il riposo, la mente andava a lui.
Come stava?
Cosa stava facendo?
Era ancora vivo?
Zoro avrebbe dato anche l'altro occhio per poterlo rivedere prima del tempo, per sentirlo, per sapere come stava.
- Come fai a sapere che non ha messo su una ciurma più forte e non si è messo a conquistare i mari senza di voi? O che peggio non si è stufato della vita del pirata ed ha piantato tutto? - Disse Mihawk di punto in bianco.
Zoro sussultò e si girò a guardarlo, occhi di falco guardava il fuoco ma era seduto dritto e serio, non si muoveva di un millimetro, lo sguardo dorato gareggiava con le fiamme.
Era un bell'uomo, non lo aveva mai negati, ma gli mancava il suo mediocre ragazzo. Rufy non era certo bello ma nemmeno brutto. A lui piaceva. E poi ciò che per lui era Rufy non lo sapeva descrivere anche se l'aveva fatto molte volte in molti modi.
- Lo so perchè lo so. - Tagliò corto stufo di quelle solite insinuazioni che ogni tanto quello doveva fargli. Si innervosiva sempre ma questa volta si sentì stranamente calmo...
Tornò al fuoco anche lui e questa volta fu il turno dell'altro di guardarlo. Zoro si presentava con un occhio aperto ed uno chiuso ma molto tranquillo. Era strano.
- Sì, ma come fai ad esserne tanto sicuro. Potresti trovare una brutta sorpresa quando te ne tornerai da lui. - Zoro fece una specie di sorrisetto.
- Oh, la sorpresa la troverò di certo ma sarà positiva, credimi. - Mihawk insistette ostinato.
- Ma come puoi dirlo... non hai notizie di nessuno da un anno e mezzo, saresti un pazzo a credere che tutto possa tornare come prima. - Lui usava la testa, aveva ragione, ma Zoro usava l'istinto e senza rifletterci, ma comunque calmo, disse:
- Tu non puoi capire perchè non appartieni ad un gruppo e non hai un rapporto così stretto con nessuno. Io lo sento che siamo tutti vivi e proseguiamo per le nostre strade in attesa di rivederci. E so che quel giorno saremo tutti e saremo più forti di prima. Saremo pronti, questa volta. Davvero pronti. Per tutto. E Rufy sarà sempre lui, il nostro capitano. Il mio compagno. Sarà maturo, sarà cresciuto, avrà più segni addosso, ma sarà sempre nostro. Mio. - Specificava sempre sia la parte da pirata che da ragazzo, come se potesse essere messa in discussione una o l'altra.
Alla fine Mihawk non gli dava mai soddisfazione per partito preso ma era contento di quelle risposte, le trovava perfette.
Sempre più perfette.
E la cosa gli bruciava.
Significava che se ne sarebbe andato davvero e in certi momenti la cosa lo turbava, lo seccava profondamente.
Riusciva a sopportare la presenza di qualcuno e questi poi se ne andava, era un po' una costante. Non che in vita sua si fosse legato a molti, ma con Shanks era così. Si vedevano ogni tanto e quando si abituava ad averlo accanto spariva come il bastardo che era. O a volte lo precedeva e se ne andava per primo per impedirgli di abbandonarlo.
Mihawk preferiva non interrogarsi seriamente su cosa provasse per Zoro, aveva a fatica ammesso nel corso di molti anni di provare qualcosa per Shanks.
Zoro ora esisteva, era entrato in qualche modo nella sua vita, era il suo unico allievo che gli dava un paio di soddisfazioni e spesso godeva nel maltrattarlo e nel punirlo, ma al di là di questo cominciava a sperare di trovare il modo per tenerlo lì per sempre.
Poteva imprigionarlo, dopotutto.
Si sentì idiota a pensarlo. Imprigionarlo pur di tenerlo lì.
Convincerlo che non era pronto come spadaccino non avrebbe dato frutti perchè sarebbe partito lo stesso anche in quel caso.
Sapeva bene che non esisteva forza al mondo in grado di tenerlo lontano dal suo capitano, per cui era consapevole che doveva imprigionarlo se voleva tenerlo lì.
E poi cosa faceva?
Lo incatenava al muro e lo obbligava a soddisfare le proprie esigenze?
Che esigenze erano?
Se aveva voglia di fare un po' di sesso poteva trovare Shanks oppure andare su un'altra isola e sedurne un altro di suo gradimento.
A quel punto le proprie preferenze erano chiare.
Però mise a confronto Shanks e Zoro.
Erano opposti. Shanks somigliava più a quell'inetto di Rufy che a Zoro... Zoro somigliava più a sé stesso, sotto certi aspetti. Certi... forse era per questo che gli piaceva la sua presenza lì e che voleva tenerlo.
Era una forma di auto celebrazione, di egoismo, di megalomania verso sé stesso.
Non voleva che se ne andasse ma sapeva che solo la forza avrebbe potuto tenerlo lì, ma una volta che l'avrebbe avuto cosa avrebbe fatto?
Mihawk si stava scontrando per la prima volta con una cosa a cui non aveva mai dovuto guardare.
La resa.
La resa verso un fatto che non poteva cambiare a suo piacere.
O meglio poteva ma con la costrizione il che avrebbe presupposto una mancanza di piacere futura.
Obbligare Zoro a restare glielo avrebbe dato, ma sarebbe stato come avere un involucro vuoto. Una volta gli sarebbe stato più che sufficiente, una volta pensava che dalle persone non si potesse avere altro che quello, il corpo. E lui stesso non aveva mai voluto niente altro che quello. Cosa se ne faceva del cuore? Erano cose per deboli sciocchi.
Ma ora Zoro in tutto quel tempo gli aveva fatto capire che avere un corpo e basta non era abbastanza divertente, poteva essere il passatempo di un po' ma poi si stufava. Sapeva che non gli sarebbe bastato.
Cioè non gli sarebbe PIU' bastato.
Eppure non esisteva una soluzione.
O si accontentava del suo corpo sotto costrizione senza poter mai avere altro, oppure lo lasciava andare. Il suo cuore non l'avrebbe mai avuto.
- Tu vuoi che lui rimanga di sua spontanea volontà e che ti dia ciò che non sei mai riuscito ad avere perchè sei un ritardato mentale! - La voce petulante di Perona lo colpì da dietro. Mihawk si scosse dai propri pensieri e la guardò rendendosi conto d'aver superato la cena e di essere tornato lì davanti al fuoco da solo. L'accendevano nelle giornate più fredde e di sera. La Primavera ormai agiva a pieno ritmo.
Perona ridacchiò.
- E' andato ad allenarsi sott'acqua... - Mihawk non registrò subito le sue ultime parole, si concentrò sulle prime.
- Cosa vuoi dire che voglio rimanga di sua volontà? Cos'è che voglio che non sono mai riuscito ad avere? - A quelle cose non ci era mai arrivato da solo, doveva ammetterlo, odiava analizzarsi. Per orgoglio era convinto di non avere niente che non andava...
- Voglio dire esattamente questo... tu vuoi una famiglia, vuoi l'amore, vuoi quelle cose che vogliono tutti. Solo che sei troppo stupido per ammetterlo. Avere lui qua per tanto tempo ti ha dato un piccolo assaggio di quello che potresti avere e di ciò che vuoi. Che lui resti spontaneamente per te e che ti si dia anima corpo e cuore... insomma, che ti ami. Che ami te al posto di Cappello di Paglia. Vivere qua con lui ed essere felici. Ma se vuoi saperlo non è esattamente lui che vuoi, lui ti sta dando l'assaggio di ciò che potresti avere, ti sta facendo capire che cosa ti stai perdendo e di cosa è capace per amore. Per me non è che ne sei innamorato, ma è lui che è qua. È per comodità che lo punti. Per non alzare il tuo bel sederino e andartelo a cercare, l'amore. Sempre ammesso che non esista e che lo rifiuti per orgoglio. - Mihawk si alzò di scatto fortemente innervosito da quell'analisi completa ed umiliante.
Aveva ragione sotto molti punti di vista, ma non le avrebbe mai dato la soddisfazione di sentirselo dire.
Si alzò e se ne andò con aria astiosa.
Verso la camera si rese conto di ciò che aveva detto.
Zoro era ad allenarsi sott'acqua.
Corrugò la fronte. Cosa diavolo significava?
Fuori diluviava ancora ed il mare era sicuramente in tempesta.
- Quello stupido. - Disse virando verso l'uscita, diretto al mare.


Zoro era andato ben oltre la riva del mare. L'acqua gli sarebbe arrivata alla vita se fosse stata calma. Il punto era che per come si agitava, spesso lo ricopriva del tutto.
Lui stava immobile, piantato sulla sabbia, in mezzo al mare che ululava furioso nella tempesta che si abbatteva sull'isola.
Aveva una sola spada in mano ed era stretta nel suo pugno, ma non sembrava intenzionato ad usarla. Come se potesse trovare una sincronia con quel mare posseduto dal demonio.
Si era detto che riuscirci con la marea tranquilla sarebbe stato inutile e che doveva farcela quando era in agitazione.
Quello sarebbe stato utile.
E non aveva tempo da perdere a riposare.
Aveva solo una stagione e mezza prima di tornare da Rufy, doveva avere quella tecnica e doveva battere Mihawk.
Doveva.
Rufy lo aspettava mentre faceva i suoi allenamenti, sicuramente era avanzato di livello.
Pensava che aveva affrontato la marina intera per Ace e che ne era uscito in qualche modo vivo. Aveva affrontato la morte di suo fratello, l'inferno, abbattuto persone fortissime, aveva espugnato Impel Down... aveva fatto chissà quante cose da solo. Lui non c'era stato per proteggerlo.
Se solo fosse stato più forte avrebbe potuto battere quei cloni di Orso nell'Arcipelago e non sarebbero stati separati, non sarebbe successo niente.
Perchè era così debole?
Sofferente e rabbioso verso sé stesso, con la tempesta nel cuore e nell'anima, trovò quella famosa comunione con il creato intorno.
Doveva sincronizzarsi col mare, come aveva fatto per la pioggia. Il principio era lo stesso.
Appena l'avrebbe avuta in sé, l'anima del mare, avrebbe potuto modellarlo a piacimento.
Ci doveva riuscire, stava tutto in quello.
La rabbia ingigantiva mano a mano che pensava alle proprie frustrazioni e alle proprie debolezze.
Doveva farcela, doveva riuscirci, doveva diventare più forte.
Ed intanto il mare si alzava sempre più, i cavalloni che lo investivano erano sempre più numerosi ma lui riusciva a mantenersi saldo sul fondo marino. Un respiro.
L'acqua salì oltre la sua testa.
Sarebbe scesa prima o poi.
Chiuse gli occhi.
Il rumore dell'acqua tutt'intorno, le bolle che si formavano per l'increspatura e l'impatto dell'onda che si infrangeva.
L'acqua che penetrava le narici finendo nei polmoni.
Ogni parte di sé completamente immersa nel mare.
Strinse l'impugnatura.
Rufy aveva sofferto molto per colpa sua, come poteva sopportarlo?
Non era degno di risalire se non l'avesse sentito.
Doveva sentirlo, doveva sentire il cuore del mare. Doveva trovarlo e sintonizzarsi.
Il mare furioso quanto lui stesso.
Una furia tale da non farlo respirare più.
Ormai l'aria gli mancava da troppo, aveva resistenza ma se continuava così avrebbe dovuto mollare il terreno e nuotare fino alla superficie e mollare.
Imperdonabile da parte sua.
Non poteva risalire.
Non sarebbe risalito fino a che non ce l'avesse fatta.
Doveva sentire il cuore del mare.
Il cuore. L'anima. La mente. La sua voce.
Rufy lo aspettava. Non poteva deluderlo ancora. Non poteva.
Si rese conto all'ennesimo appello disperato che non stava infuriandosi come il mare, per questo non riusciva a sentirlo.
Zoro stava piangendo, il sentimento che lo padroneggiava era completamente diverso da quello che avrebbe dovuto essere.
Era lontano anni luce dal mare e dalla sua anima.
Ma come poteva fare?
Non ce l'avrebbe mai fatta.
“Rufy perdonami, non riesco a raggiungerti anche se ci provo con tutto me stesso...”
Non era una resa ma era onesto con sé stesso. Gli ci voleva più tempo.
Le lacrime si persero nel mare mentre ormai l'ossigeno che mancava gli tirò via le ultime forze.
Allentò la tensione, i piedi lasciarono il fondale ed i sensi si ovattarono mentre si perdevano e si confondevano in quell'oceano dove navigava a piede libero.
E fu allora che lo percepì, quando abbandonò tutto dopo aver accettato il proprio livello.
Fu allora che sentì la voce.
Una voce che non era di nessuno fra quelli che conosceva.
Era una voce soave e dolce, quasi inudibile.
“Non cercare di combattermi e nemmeno di capirmi. Amami e basta.”
Quando la sentì Zoro aprì le braccia mentre le correnti tempestose marine lo trasportavano in una culla.
Non controllò nulla e la propria energia si ricaricò, si sentì come entrare in risonanza con qualcosa. Qualcosa di molto potente.
Mentre i sensi ormai viaggiavano sempre più lontano, Zoro capì il sistema che voleva insegnargli Mihawk.
Non era per abbattere ma per prendere da ciò che lo circondava la sua potenza, lo poteva fare solo se si sincronizzava con esso e tanto era potente ciò che voleva spezzare, tanta forza assorbiva da esso nel mettersi in comunione con lui.
Ora si sentiva di una potenza tale che avrebbe potuto dividere il mare stesso in due. Se solo avesse avuto un po' di forza. Se solo i sensi non l'avessero già abbandonato.
Se solo...


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Aperto la mia pagina autore su FaceBook. Lì metto gli aggiornamenti alle mie fic, le varie news che la riguardano e cose così...
Akane

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Capitolo 15
*** Il segreto del mare ***


*E' un capitolo dove succedono molte cose. Avevamo lasciato Zoro ad annegare in mare e Mihawk a guardare. Lo salverà? Poi proseguiamo con molti momenti fra i due, i riflettori sono particolarmente puntati sul maestro e su ciò che desidera, sulle sue motivazioni, su ciò che prova. Anche la canzone si riferisce a Mihawk. Poi sul finale Zoro ci riprova con la tecnica del mare. Ci riuscirà? Ho fatto del mio meglio per rendere tutte le scene come volevo, spero di esserci riuscita. Il prossimo è l'ultimo capitolo, lo metto giovedì. Buona lettura. Baci Akane*

CAPITOLO XV:

IL SEGRETO DEL MARE

Come posso crederci quando vedo queste nuvole sopra di me
Tu sei la parte di me che non voglio vedere
Dimenticalo
C’è un posto in cui vedo che mi segui
Solo un assaggio di tutto ciò che dovrebbe diventare
Sono solo ma puoi solo respirare, solo respirare
Per chiedere che ti arrivi ogni risposta
Devi solo mandarlo via
Lasciami restare (con te), per favore
Fammi venire da te”

- Forget it – Breaking Benjamin -
http://www.youtube.com/watch?v=57M8Wa_Z9rA



Zoro si era arreso al mare ed il mare l'aveva ricompensato sussurrandogli il suo segreto.
Ora uomo ed elemento si amavano.


Mihawk lo vide sparire sotto la superficie dell'acqua e non risalire. Aspettò sotto la pioggia che infuriava, convinto che lo zotico si sarebbe deciso a risalire nuotando.
Usava un metodo completamente sbagliato.
Lui cercava di opporsi alle cose ed usava la forza e la testardaggine. Pensava di dover affrontare qualcosa per spezzarla ma non era così, doveva affrontare qualcosa per impadronirsi di essa e diventare così più forte.
Nel corso delle sue battaglie aveva imparato che tutto aveva un cuore e che per spezzarlo lo doveva percepire, però non era una tecnica completa, la sua.
Mihawk attese di vederlo riaffiorare prima di decidere cosa fare ma nel constatare che restava giù, si decise a tuffarsi, si tolse la giacca senza maniche che comunque era sempre aperta e a torso nudo, senza le scarpe, si buttò in acqua.
Si immerse e ci mise un po' a trovarlo perchè era buio e c'era una tempesta davvero furiosa.
Lo intravide grazie all'aura che emanava il suo corpo.
Era un'aura color oceano e sfumava in esso.
Si fermò stupito per lo spettacolo a cui stava assistendo.
Era entrato in sincronia col mare finalmente.
L'energia di Zoro e dell'oceano erano un tutt'uno, ora, e Zoro non combatteva più, si stava lasciando cullare dall'elemento che non lo stava uccidendo ma lo stava salvando, lo stava ricaricando.
Attese ed i suoi sospetti vennero confermati.
La marea e la corrente, lentamente, lo riportarono a galla nonostante fosse privo di sensi e avesse sicuramente bevuto molta acqua.
Lo raggiunse nuotando, lo prese e lo trascinò fuori, alla riva.
Sulla sabbia, al sicuro dal mare che tornava a fare il suo spettacolo, all'ombra della sera spezzata solo dalle luci che provenivano fioche dal castello, lo sistemò supino sulla schiena e gli raddrizzò la testa.
Non respirava, aveva bevuto troppa acqua.
Si mise sulle ginocchia e si chinò su di lui, gli prese il viso fra le dita, gli aprì le labbra e gli chiuse il naso, dopo di che gliele ricoprì con le proprie e soffiò dentro due volte di fila. Era l'unica cosa che sapeva fare, non era uno che salvava la vita ma che la toglieva, non si era mai preoccupato di come si facesse.
Sapeva che se uno non respirava bisognava soffiargli in bocca ma per il resto era un mistero.
Tornò a farlo e rimase a guardarlo vicino sperando che sputasse.
Seccato dal fatto che continuasse a stare svenuto, lo chiamò.
- Razza di sottosviluppato, vuoi sputarla fuori quell'acqua o no? - L'ansia cresceva in lui ed era anche infastidito da questo. Lo stava innervosendo!
Zoro era il suo allievo e l'unico che aveva pensato potesse restare tutta la vita nel suo castello.
Non poteva morire, non poteva osare.
Cos'era, una maledizione?
Quando gli piaceva qualcuno questo doveva andarsene o morire?
Continuò la respirazione artificiale e all'ennesimo richiamo che sembrava un ordine seccato, Zoro finalmente sputò di riflesso l'acqua.
Mihawk con sollievo lo girò sul fianco per facilitargli il compito, poi lo guardò. Restava svenuto. Questa volta lo scemo se l'era vista brutta.
Lo sistemò sulla schiena.
Dormiva ma respirava, ora non c'era da preoccuparsi.
Restò un attimo a contemplarlo. Nonostante avesse rischiato di morire non aveva una brutta c'era, era solo bagnato e pieno di sabbia, come anche lui del resto.
Il mare l'aveva ricaricato.
Doveva avergli detto il segreto.
Amare.
Per impossessarsi di qualcosa dovevi amarla.
Era una tecnica che riusciva a pochi, lui ne usava altre, sempre efficaci, ma quella nonostante la conoscesse non sapeva usarla perchè non riusciva ad amare.
Per amare serviva il presupposto di avere un cuore, per poterlo mettere in sintonia con quello del resto intorno. Lui non ce l'aveva.
Quel ragazzo lì, invece, ne aveva in abbondanza.
E pareva averlo già dato tutto ad un'altra persona.
Ripensò alle parole di Perona.
Non era Zoro in sé, era solo che lui gli aveva fatto capire che si poteva avere di più dalla vita che la misera supremazia. Perchè di quello si trattava.
Mihawk primeggiava, possedeva, ma non otteneva niente.
Forse era stufo, forse voleva qualcosa di più, come diceva Perona, e Zoro era uno capace di darlo. Per questo si era tanto fissato su di lui.
Però Zoro non l'avrebbe mai ricambiato.
“E poi non è lui, è solo perchè lui è qua. Potrebbe esserci qualcun altro che sarebbe uguale... se fosse capace di dimostrarmi che ha il cuore, lo vorrei.”
Zoro gli aveva mostrato il proprio e poi glielo aveva negato.
Era colpevole di un grave reato.
Avergli fatto desiderare qualcosa che non avrebbe mai potuto avere.
Si chinò ed annullò la distanza minima che restava ed assaggiò le sue labbra socchiuse e salate.
Gliele leccò e le succhiò piano godendosi ogni sensazione.
Nonostante la pioggia, che finalmente si stava placando, provava un gran caldo dentro.
Gli ricordava un po' il fuoco di Shanks. Il fuoco che gli dava dentro.


Rivedere Rufy era stato quanto mai splendido.
Dopo la morte, l'amore.
Era così che funzionava... o forse non era morto ed era tornato da lui.
Aveva saltato il modo in cui ci era arrivato, contava che ora ci fosse.
Erano lì insieme sulla loro nave, la Thousand Sunny, e sul posto di vedetta, col vento che li schiaffeggiava ed il sole che li baciava, stavano accarezzandosi.
Rufy parlava incessante delle sue avventure e di ciò che aveva fatto e Zoro si perdeva nei suoi discorsi, come sempre.
'Mi sei mancato un casino!' Aveva concluso. Zoro aveva colto l'occasione per tappargli la bocca.
Le sue labbra erano un po' salate, navigavano in mezzo all'aria salmastra, sapevano tutti sempre di sale.
Schiuse e l'accolse, la sua lingua non era timida ma anzi intraprendente. La voglia di lui era tale che non pensò a nulla, quando ricambiò e si intrecciò a lui.
L'emozione lo scaldò da dentro, era così bello poterlo baciare, poterlo stringere. Quanto gli era mancato. Quanto. Era follia pensare di aver resistito tanto.
Una lacrima traditrice gli scese, mentre lo baciava, e quando aprì gli occhi per prendere fiato, si accorse che qualcosa era cambiato.
Non c'era più il sole, non c'era più il vento caldo, non c'era più la Thousand, non c'era più Rufy.
Mihawk lo guardava da vicino coi suoi occhi magnetici, dorati, da falco.
Illeggibile il suo sguardo. Stupore? Non sapeva.
Ci mise un po' a fare fuoco su cosa stava succedendo. Dove era finito Rufy?
Era stato solo un sogno...
La lacrima scese di nuovo al dolore che si formò nella consapevolezza che non era ancora finito l'incubo.
Voleva il suo amore, voleva solo lui...
Strinse l'occhio che gli rimaneva e alzò il braccio premendoselo contro, si nascose il viso e pianse mordendosi le labbra.
Quanto male stava.
Mihawk rimase profondamente colpito da quella reazione.
Aveva risposto al bacio perchè aveva pensato d'avere Rufy?
Non ne era certo. Per un momento pensava che aveva semplicemente ceduto a lui e si era sentito felice. Stupidamente felice.
Ma ora piangeva.
Doveva dedurre che lo faceva perchè gli dispiaceva di qualcosa?
Decise di non perdere tempo su quell'inezia e gli prese un braccio, se lo passò intorno alle spalle e lo alzò. Una volta in piedi recuperò le spade che aveva lasciato al sicuro e non si stupì di ritrovare, gentilmente lasciata dal mare, quella che prima Zoro aveva perso in acqua. L'oceano l'aveva preso in simpatia.
Sogghignò e tornò al castello.
Zoro, silenzioso, si lasciò fare.
Mihawk lo portò ai bagni termali del castello che erano sempre pronti tramite un sistema di auto pulizia.
Si spogliò e non gli disse l'ovvio, ovvero di fare altrettanto.
Quando si immerse nelle piacevoli acque calde vide che anche Zoro stava facendo altrettanto.
Rimasero in silenzio un po', ognuno in un angolo, per conto proprio, a pensare a diverse cose. A diversi fantasmi.
- Perchè mi hai baciato? - Chiese Zoro dopo un po'.
Mihawk lo guardò. Davvero glielo chiedeva?
- Non lo sai? - Chiese mettendolo alla prova.
- No, non lo so! Non so perchè diavolo ti sei tanto fissato con me! Ti diverto? Sono un passatempo? - Sembrava un idiota che non captava niente, eppure il necessario lo notava.
Mihawk si avvicino e gli si sistemò davanti nella vasca tonda in cui il ragazzo era seduto.
Zoro non si mosse, lo fissava torvo, seccato. Voleva capirlo una volta per tutte. Era convinto che fosse solo un divertimento, per lui, ma allora perchè insisteva tanto?
- Sì, ammetto che mi diverti... ma non è solo per quello. -
Zoro si innervosì e si protese verso di lui.
Lo spazio della vasca non era eccessivo, le bolle dell'idromassaggio erano piacevoli ma in quel momento totalmente ignorate. Si toccarono con le gambe e Zoro si ritrasse subito, gli occhi d'oro di Mihawk brillarono pericolosi. Sensuali.
Prima di rispondere, sempre con la schiena contro il bordo della vasca, intrecciò le gambe alle sue, Zoro cercò di sgusciare ma era stanco per quanto accaduto.
Mihawk lo tenne fra le proprie e rispose malizioso.
- Mi piace il tuo cuore. - Sembrava quasi un vampiro che parlava del proprio cibo.
Zoro voleva andarsene da lì.
Era da troppo che non aveva contatti fisici con qualcuno, che non faceva sesso, che non sfogava gli ormoni in quel modo.
Lo faceva da solo pensando a Rufy ma non era esattamente la stessa cosa e quel maledetto falco sapeva come toccarlo.
Era seducente.
Si morse le labbra e distolse lo sguardo.
- Lasciami! -
Non sapeva nemmeno interpretare la sua frase.
Cosa significava che gli piaceva il suo cuore?
Mihawk reagì totalmente all'opposto e si avvicinò sistemandosi sopra a cavalcioni, gli prese i polsi ed usò la forza per ammaestrarlo.
Ora erano le loro erezioni a contatto, Mihawk rimase fermo per un po' fissandolo solo negli occhi da vicino. Zoro cercava di evadere ma i propri erano ammalianti, sapeva di poterlo ipnotizzare.
- Guardami. - Disse piano con un tono suadente ma di comando al tempo stesso.
Zoro lo fece di riflesso e si perse in quelle iridi da falco, così inquietanti e belle.
Cosa c'era dietro quegli specchi d'oro?
Smise di tenergli i polsi e scivolò sulle spalle e poi sul collo, giù sul petto gli toccò i capezzoli e continuò con carezze apparentemente innocenti. Zoro era totalmente alla sua mercé, immobile.
- So che hai voglia di farlo e non perchè hai voglia di me, hai solo voglia di sesso. È da tanto che non lo fai e sei un ragazzo. È normale. Se continui ad opporti diventerai così nervoso che non combinerai più niente. Sfogare i nervi e gli ormoni ti riappacifica col mondo, ti rilassa come non potresti fare in altro modo. -
Zoro voleva poter illudersi che andava bene. Che non era intenzionale e sentimentale ma solo fisico. Era solo uno sfogo vuoto, ma si sarebbe sentito sporco.
- Rufy non lo deve venire a sapere. - Mormorò piano, sempre ipnotizzandolo. Una mano giù sul basso ventre e l'altra sulla sua guancia. Le labbra sulle sue. Zoro non riusciva a battere le palpebre.
Se avesse ceduto ora si sarebbe perso. Si sarebbe perso per sempre. Non si sarebbe più guardato allo specchio, non avrebbe avuto la forza di tornare da Rufy.
Mihawk capì in quel momento che Zoro era talmente tutto d'un pezzo che se avesse ceduto ora, poi sarebbe rimasto lì per sempre per la vergogna di non riuscire più a guardare Rufy in viso.
Tale era il suo animo ed il suo carattere.
Mihawk allora gli baciò le labbra senza aprirgliele, non usò la lingua, gliele baciò e basta.
- Lo vuoi. Fisicamente lo vuoi. Ne hai bisogno. - Era vero. Era vero da un punto di vista carnale. Ma Zoro non ce la faceva. Alla fine strinse gli occhi, trattenne il fiato e proprio mentre Mihawk pensava d'aver vinto e schiudeva le labbra per prendersi meglio le sue, Zoro lo prese per i fianchi e lo spinse.
Era eccitato come non gli era ancora capitato e stava male, voleva sbattere la testa contro il muro.
Mihawk rimase agghiacciato a vederlo mentre si alzava con l'inguine completamente teso.
- Non ce la farei mai a rivedere Rufy se lo facessi e non posso rinunciare a lui per una questione di ormoni. Tu sei un bell'uomo e provochi in me cose incredibili e... e non capisco cosa tu voglia da me ma... io non posso. Tu sei solo il mio maestro e da oggi ti devo la vita. Ma non intendo pagare il mio debito col mio corpo. -
Quando se ne andò Mihawk guardò in basso, la superficie ribolliva.
- Ma io non voglio solo il tuo corpo. - Lo disse ad alta voce per ammetterlo e si sentì anche peggio.
Aveva bisogno di un cuore. Poteva essere quello forte ed incrollabile di Zoro, così valoroso, oppure quello di un pazzo che riusciva sempre nell'impresa di farlo ridere. Però ne voleva uno.
Ormai era chiaro.
Ne aveva abbastanza della solitudine.
Zoro che aveva fisicamente voglia di fare sesso e che lo rifiutava pensando che era più importante poter tornare da Rufy.
No, non sarebbe mai successo, fra loro.
Dopo di quello lo capì.



A tu per tu col mare, giorni dopo, lo vide calmo.
Così sarebbe stato forse più facile ma doveva cominciare in qualche modo.
Si ricordò di quella volta, quando era quasi annegato, e della sua voce.
Come l'aveva udita? Dopo che aveva smesso di opporsi alla sua corrente impetuosa.
Zoro si tuffò in mare e nuotò con la spada fra i denti, quando fu abbastanza in avanti e sentì che i piedi non toccavano, si immerse completamente, prese la spada in mano ed aprì l'occhio per guardare il blu intenso che lo circondava.
Pesci piccoli nuotavano intorno, il rumore del mare era calmo e rilassante, la marea lo cullava senza trasportarlo lontano.
Si rilassò e si concentrò. Non sapeva quanto ci aveva messo.
Poteva percepire l'acqua del mare scorrere nelle sue vene al posto del sangue, poteva percepire i battiti delle onde che si infrangevano sulla spiaggia al posto del proprio cuore, poteva vedere la pelle colorarsi d'azzurro.
Allora risentì quella voce.
Era una specie di canto lontano e dolce, come sirene.
Si incantò.
Era immenso. Si sentì parte di una grandezza infinita.
E di nuovo riuscì ad amarlo.
La pace che provò dentro non l'aveva ancora raggiunta in quasi due anni che era lì, però ora si sentiva sereno, sicuro, tranquillo.
Aprì allora l'occhio, tirò su la spada e con l'aura azzurra che si perdeva nell'oceano profondo fendette il mare.

Mihawk era sulla spiaggia che guardava e Perona sospesa per aria, curiosa di vedere se a poco tempo dalla sua partenza ci era riuscito.
Da fuori si vedeva la superficie liscia con delle normali ondulazioni. Non vedevano Zoro. Nel punto in cui era sparito, però, videro una luce azzurra nascere e farsi sempre più grande ed improvvisamente, proprio da sotto, l'acqua si alzò come se qualcuno avesse buttato una bomba nel fondale.
L'acqua schizzò in massa, alta, dritta come una lunghissima spada che si stendeva su tutto l'oceano ed in avanti, sempre più avanti. Ancora più avanti.
Mihawk e Perona trattennero il fiato nel vedere questo fenomeno.
Una spada d'acqua immensa tagliava in due il mare alzandosi fino al cielo, poi cominciò a dividersi in due, si scisse e si aprì come due muri che formavano una diga.
L'acqua scendeva lateralmente alla spaccatura che continuava a diventare sempre più profonda.
Continuò e continuò fino a che non fu visibile il fondale marino e in esso Zoro, in piedi con la sua spada.
Ci era riuscito.
Aveva diviso il mare.
Continuò ad aprirsi, le mura di acqua alte intorno a lui, dritte, dall'orizzonte alla spiaggia.
Si girò e camminò sicuro e tranquillo sapendo che fino a che lui sarebbe rimasto lì non si sarebbero richiuse.
Uscì e raggiunse il suo maestro ancora ammutolito ad osservarlo.
Non potendo padroneggiare la tecnica del cuore, non era una cosa che riusciva a fare. La conosceva ma non l'aveva mai fatta.
Vederla era spettacolare.
Rimasero a guardare le acque riunirsi lente e Perona, in alto, con le mani sulla bocca non ebbe per la prima volta parole.
Zoro allora tornò a guardare Mihawk in attesa di conferme.
- Hai completato tutte le esercitazioni, ti sei appropriato delle due tecniche che ti avevo detto. Ora ti rimane solo una cosa. -
Zoro si emozionò nel sentirlo, dopo rivedere Rufy, battersi ancora con Mihawk era la cosa che più voleva nonostante le altre volte fosse quasi morto.
L'eccitazione crebbe in lui, in quello scambio di sguardi.
Mihawk sapeva che dopo quello scontro se ne sarebbe andato ma era inevitabile, non lo poteva rifiutare. Ormai lo doveva accettare.
- Pensi che sia quasi fatta? Ti sbagli di grosso. Batterti con me significa sconfiggermi. Se non mi supererai il tuo addestramento non sarà concluso. Potrai andartene solo dopo. - Zoro si incupì.
- Io me ne andrò quando scadrà il termine, che l'addestramento sia concluso o meno. - Disse duro e sfrontato.
Perona allora scese.
- Mi dispiace deludervi, ragazzoni. Ma avete guardato il calendario prima di parlare di tempi? - L'ironia solita della ragazza fantasma li urtò, la guardarono seccati.
- Che giorno è? - Chiese Zoro.
Nel dirlo Perona sentì i brividi lungo la schiena e li identificò subito nel risentimento di Mihawk che tramite quella notizia glielo stava portando via prima del tempo.
- Se vuoi essere dai tuoi amici nel giorno da voi stabilito, devi partire ora. E sei anche in ritardo visto che tu sei un incapace e ti perdi! - Mihawk la odiò, la odiò come non sapeva dire e guardò Zoro impallidire, bagnato fradicio con la spada ancora in mano.
Il suo cuore batteva eccitato, di nuovo, ma per un altro motivo e non il suo duello.
Stava per rivedere Rufy, finalmente.
La gioia che lesse nei suoi occhi lo ingelosì.
Invidiò Rufy dal profondo di sé.
- Non ti permetterò di abbandonare l'addestramento a metà. - Disse subito freddamente Mihawk.
- Non sono a metà, ho quasi finito. E poi ti ho detto che non me ne importava, io devo andare da lui! - Rispose astioso Zoro.
- Non puoi. - Laconico.
- Certo che posso, non me lo puoi impedire! -
Mihawk brillò di risentimento e indietreggiando di qualche passo estrasse l'enorme spada a croce che aveva sempre alle spalle. Lo fece con movimenti lenti e ampi, poi gliela puntò contro.
- E invece posso impedirtelo! -
Myhawk lo stava sfidando a duello.
Zoro lo guardò e per un momento, su due piedi, pensò di potersene andare lo stesso. Poteva rifiutare il duello.
Poi lo guardò.
L'uomo che gli aveva salvato la vita, la sua compagnia per due anni. E non solo.
Il suo maestro.
Il suo maestro lo stava sfidando ad un ultimo duello. Doveva batterlo per potersene andare. Prendere o lasciare. Lasciare sarebbe stato umiliante, meschino, ingrato, sconsacrante.
Prendere avrebbe presupposto la possibilità di perdere tempo nel venir sconfitto e nel dover recuperare le forze.
Non aveva tempo, Rufy lo aspettava. Ma lui era il suo maestro. Il suo onore di spadaccino.
La sua solenne promessa che avrebbe ottenuto la forza necessaria per Rufy.
Dilaniato dalla scelta, contrasse ogni muscolo.
Perchè così?
Perchè ora?

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Capitolo 16
*** Il saluto ***


*Ecco l'ultimo capitolo... che tristezza, mi mancano già! Va bene, finisce una e ne potrei iniziare un'altra... la riunione di Zoro e Rufy aspetta un po' di riflettori, ho sempre pensato che l'avrei scritta. Penso che lo farò. Intanto vedismo quest'ultimo capitolo. Zoro accetterà la sfida di Mihawk? L'affronterà anche se è in ritardo per andare da Rufy? La canzone che ho scelto per la fine è la mia preferita dei Breaking Benjamin, ho preso alcuni versi che potrebbero adattarsi ai due nella loro situazione. E' più per Mihawk comunque. Spero che la fic vi sia piaciuta, la mia visione delle cose è esattamente questa e mi auguro che possa essere condivisibile. Ringrazio sentitamente le persone che hanno seguito e commentato riempiendomi di complimenti che non mi aspettavo. Buona ultima lettura. Baci Akane PS: però potrei anche fare qualcosa su Mihawk e Shanks visto che dopo Zoro e Rufy è l'altra coppia che adoro!*

CAPITOLO XVI:

IL SALUTO

Se devo farlo
Voglio mettere me stesso accanto a te
Quindi lascia che te lo chieda
E' quello che vuoi?
E' quello che vuoi?
E io non penso
...
C'è una linea sottile tra amore e odio
...
Continuo a cercare il mio posto nel diario di Jane
Allora dimmi come dovrebbe essere
Disperato, striscerò
Aspettando così a lungo
Nessun amore, non c'è alcun amore
Morto per tutti
Che cosa sono diventato

- The diary of Jane – Breaking Benjamin -
normal: http://www.youtube.com/watch?v=DWaB4PXCwFU
acustic: http://www.youtube.com/watch?v=9kIUbZITNvs


Zoro capì che Drakul Mihawk voleva combattere con lui e se Drakul Mihawk voleva combattere con lui, non poteva rifiutare.
Però Rufy lo stava aspettando.
Lui aveva fatto tutto quello per Rufy, solo per lui. Il resto era diventato un contorno.
Decise che per una volta avrebbe messo da parte i propri capricci.
Rufy era più importante.
Zoro prese un respiro profondo, era un notevole sforzo andarsene così e rifiutare il duello che desiderava di più in assoluto, ma non ci poteva fare niente.
Un uomo doveva saper raccogliere le sfide giuste e rifiutare quelle sbagliate.
Ci sarebbe stato un altro tempo per Mihawk.
Gli bruciava, non lo nascondeva, ma era così.
Raccolse le proprie spade e ignorando il maestro fece per andare verso il castello a tirare su le proprie poche cose.
La lama lunga e nera di Mihawk gli sbarrò la strada, Zoro spostò gli occhi sui suoi, sottili.
- Non posso ora. -
Era orribile da parte sua ma aveva scelto Rufy.
- Io non ti farò andare via prima di questo duello. - Non capiva perchè lo facesse, sapeva solo che non poteva permetterselo.
Zoro cambiò direzione per potersene andare ed allora il fendente vibrò nell'aria.
Era la prima volta che Mihawk attaccava per primo ed in generale che attaccava.
Zoro saltò di lato, non voleva combattere.
Cercò di ignorarlo ma al secondo colpo dovette tiare fuori la spada e deviare il colpo. Lo scontro delle lame fece uscire le scintille.
Dopo aver parato il colpo saltò all'indietro sistemandosi bene davanti a lui. Corrugò la fronte.
- Non ho tempo per te! - Grugnì.
Mihawk roteò l'enorme spada in alto a dipingere un cerchio nel cielo e poi la spinse contro Zoro, la punta sul mento. Fermi. Non respiravano. Occhi negli occhi.
- Nella vita non troverai solo i duelli che gradisci! Ti troverai a doverne fare molti contro la tua volontà. Col tuo capitano in fin di vita che dipende da te e tu che non lo puoi raggiungere se non abbatti questo nemico. Impara un'ultima lezione, se ti riesce. -
Zoro ne aveva una gran voglia, voleva davvero restare ed impararne altre, però il tempo scorreva e non poteva trattenersi lì quanto voleva.
Combattere con Mihawk con fretta lo urtava, voleva poterlo fare con calma e godersi il momento ma l'incombenza di dover partire subito era enorme.
Rufy era più importante.
Sfilò anche le altre due spade e si mise la terza fra i denti, così si piegò sulle gambe e tirando indietro un braccio ebbe un pensiero.
Un pensiero folle e presuntuoso.
“Gli concederò un solo colpo. Userò una unica tecnica.”
Effettivamente ne aveva una nuova, dopo aver posseduto la pioggia ed il mare.
Voleva provare un nuovo colpo.
- Ti darò un solo colpo. Se ti batterò con questo bene, altrimenti me ne andrò lo stesso anche se il duello non è terminato. - Sarebbe stata la prima volta che veniva meno alle regole degli spadaccini. Mai lasciare un duello in sospeso.
Per Rufy l'avrebbe fatto.
Mihawk abbassò la spada e sorrise divertito dalla sua sfrontatezza. Gli piaceva.
Ovviamente era convinto di poterlo trattenere rispondendo al suo colpo con un altro colpo ed un altro ed un altro ancora.
E quando avrebbe ritenuto opportuno l'avrebbe ferito a fondo in modo da renderlo inoffensivo. Poi l'avrebbe imprigionato ed in seguito ci avrebbe pensato.
Era sicuro che il livello di Zoro non fosse ancora sufficiente.
- Se pensi che basti, fallo! -
Zoro respirò piano, si concentrò e l'aura azzurra del mare gli tornò intorno come un alone, Mihawk l'osservò stupito. Aveva già creato una tecnica nuova per il mare?
Non ci poteva nemmeno credere. Nessuno poteva perfezionare una tecnica appena imparata in così poco tempo.
Zoro cominciò ad indietreggiare lentamente, come prendesse la rincorsa.
Mihawk era anche curioso, non si muoveva ma era in posizione di difesa.
Zoro si fermò, prese un altro respiro ed aprì l'occhio, nel momento in cui lo fece scattò in alto. Fece un salto così alto e lungo che parve quasi camminare nel cielo, Mihawk non sapeva avesse una tale elevazione ma non si perse per quello, si perse perchè nel salto gli veniva incontro e con la sua aura gigantesca per un momento gli parve d'avere davanti un'onda. Un'onda come un cavallone. Un muro d'acqua che gli veniva incontro con tutta la forza e la furia del mare in tempesta.
Zoro ne era al centro con le braccia aperte, le spade sembravano più lunghe e più grandi di quanto non fossero. Quando fu sopra di lui scese in picchiata come l'onda si abbatteva sul fondale, dopo aver raggiunto il massimo punto d'altezza.
Zoro travolse Mihawk con una forza nuova che non aveva avuto altre volte e per poco non ne ebbe ragione.
Fu per la prontezza di riflessi di Mihawk che non lo trafisse. Parò il colpo all'ultimo dopo essersi buttato di lato e venir così ferito dalla terza lama.
Dopo, tutto si fermò. Il tempo si sospese, Zoro si voltò verso Mihawk per la prima volta a terra, nella sabbia, con un taglio, seppure leggero, sul fianco.
Si guardarono ansimanti, sorpresi. Nemmeno Zoro aveva pensato di farcela, non per lo meno di arrivare così vicino.
Rinfoderò due spade e ne tenne pronta solo una, si asciugò il sudore dalla fronte e dopo un tempo infinito in cui pensò a come congedarsi, semplicemente si chinò con reverenza e calmo disse.
- Maestro. - Esordì. Non si alzò, Mihawk si tirò su su un ginocchio, affondò la spada nella sabbia e capì che il duello si sospendeva.
- Non ritengo concluso l'addestramento e nemmeno questo duello. - Disse freddamente composto, il mento alto. Zoro aprì l'occhio e lo guardò tirandosi su.
- Tornerò per concludere entrambi. - Mihawk sapeva che non l'avrebbe fatto ma gli piacque credere che così sarebbe potuto essere.
- Ti aspetterò. - Rispose il maestro. L'allievo allora alzò la spada davanti al suo viso in segno di saluto solenne fra spadaccini.
- Grazie di tutto. - Mihawk annuì e non disse altro. Zoro poi si voltò e semplicemente se ne andò.


Se ne era andato da un paio d'ore, Mihawk era tornato in casa e guardava la data sul giornale odierno.
- Ma Perona! Che conti hai fatto? Non ci vogliono così tanti giorni per raggiungere l'Arcipelago da qua... - La ragazza fece un risolino dei suoi e rimase a guardare fuori dalla finestra, verso il mare.
- Quello zoticone sta facendo il giro dell'isola in barca per la terza volta. Non arriverà mai nemmeno a salpare! - Disse come se Mihawk non avesse proferito parola.
Mihawk si avvicinò a lei e guardò Zoro girare in tondo sull'acqua come un povero imbecille.
- La navigazione non è per lui. - Asserì. - Lo puoi accompagnare tu? - Perona sospirò come se dicesse 'cosa fareste senza di me'.
- Spero mi ricompenserai, dopo! - Mihawk non aveva ancora capito cosa volesse quella ragazza di preciso, ma aveva deciso di non indagare, la lasciava libera di fare ciò che voleva in cambio dei servigi che le chiedeva ogni tanto.
Collaboravano molto bene.
- Siamo pari. - Disse quando lei stava per andare via. Lei si fermò e non si voltò, però fece un'altra risatina e rispose frivola.
- Se aveste saputo d'avere il tempo necessario per un duello serio sarebbe finita male per lui. Perchè avresti fatto di tutto per non lasciarlo andare. A costo di ucciderlo. -
Mihawk non fece particolari pieghe, però aggiunse con un sorrisino enigmatico dei suoi.
- Dunque alla fine ti piaceva davvero... - Perona fece riecheggiare la sua risata nell'aria fino a che non se ne andò.
Mihawk rimase a guardare i due bisticciare e poi partire e fece un sorriso divertito.
Dopotutto quella ragazza sapeva il fatto suo.

Rimase un po' a guardare i due sparire oltre l'orizzonte e solo dopo una mezz'ora abbondante, si tolse l'indumento e si guardò il fianco, la ferita sanguinava ma non copiosamente. Era fiero di quella ferita, la prima che riceveva che non venisse da Shanks.
Sorrise.
Il suo allievo stava facendo progressi. Sperava davvero di poterlo affrontare, un giorno. Ancora una volta.
- Non dirmi che quel ragazzino è riuscito davvero a ferirti! Mi stupirebbe davvero! - La voce era familiare.
Mihawk non aveva nemmeno fatto in tempo a pensare 'ora sono di nuovo solo' che lui era tornato.
Stranamente silenzioso come non sapeva essere.
Alzò lo sguardo su Shanks che sorrideva come al solito.
Non lo vedeva da più di due anni, era contento di trovarlo proprio in quel momento, non lo poteva negare.
- Figurati... volevo solo dargli una spinta per credere di più in sé stesso... - ma questo forse era peggio di ammettere che era stato ferito in duello.
Shanks infatti rise e Mihawk cominciò a sentirsi meglio.
Si avvicinò e gli tolse la mano col fazzoletto con cui si asciugava il sangue, gli toccò il ventre e gli sfiorò la ferita.
Mihawk trattenne il fiato.
Gli era mancato il suo tocco. Un tocco che era suo, veramente suo.
Un tocco che non sarebbe stato rifiutato e non sarebbe finito con un nulla di fatto.
Sorrise malizioso e cominciò a slacciargli la camicia.
In effetti gli era mancato Shanks stesso, forse era stato per questo che aveva cercato in Zoro il suo sostituto. Ma alla fine non era mai stato lui quello che aveva voluto veramente.
- Sei qua per prenderti gioco di me o per renderti utile? - Disse suadente e accattivante.
Shanks ridacchiò ancora mentre scendeva con le dita sulla sua cintura e gliela apriva.
- Tutti e due... -
Mihawk solo con le labbra sulle sue poté capire perchè Zoro avesse preferito Rufy. Contro certe persone non c'era proprio confronto.
Nemmeno Zoro l'aveva con Shanks. Forse non l'avrebbe mai ammesso, però alla fine poteva anche dirselo.
Forse con Shanks non viveva una storia d'amore intensa e classica come Zoro e Rufy, però era la sua nota di colore nel proprio grigiore spento costante.
Il suo rosso.
Un rosso a cui non avrebbe mai rinunciato, dopotutto.
“Forse non sono poi così solo!”
No, non lo era.
Si tornava alla normalità.

E finalmente stava tornando anche Zoro, a quella normalità.
L'eccitazione era in una costante crescita e non poteva ignorarla, però la controllava abbastanza bene.
Stava per rivedere Rufy, non ci poteva credere.
Non osava nemmeno pensare a cosa significasse di preciso. Era importante. Era maledettamente importante.
E c'era.
Ripensò per un attimo a Mihawk. Il suo maestro. Un grande maestro senz'altro.
Non aveva mai capito cosa l'avesse mosso nei suoi confronti, però se non ci fosse stato Rufy, se non fosse nemmeno esistito, sicuramente le cose fra loro sarebbero potute andare diversamente.
Lo pensò con lucidità.
- Mi devi la vita, lo sai? - Fece Perona dopo un po' di silenzio fra i due.
- La devo al mio maestro, la vita. - Rispose laconico. La ragazza capì in quel momento che per Zoro non ci sarebbe in ogni caso mai stato spazio per nessun altro se non il capitano ed il maestro. Una battaglia persa in partenza, si disse.
Ma intanto gli aveva salvato la vita, Mihawk pur di non farlo andare via l'avrebbe ucciso. Lei lo sapeva.
Zoro tornò a pensare a Rufy.
Lo stava per rivedere. Aveva superato il peggio, qualunque cosa sarebbe successa ora, qualunque ostacolo o difficoltà sarebbe stata nulla a confronto dei due anni passati senza di lui.
Da lì le cose sarebbero potute andare solo in meglio.
Ce l'aveva fatta. Il duello con sé stesso, l'aveva vinto.

FINE


Seguitemi sulla mia pagina autore per sapere quando e cosa scrivero riguardo One Piece...

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