Mai giudicare un libro dalla copertina.

di Hylia93
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La lettera. ***
Capitolo 2: *** Come al solito! ***
Capitolo 3: *** Back home. ***
Capitolo 4: *** Sorprese notturne. ***
Capitolo 5: *** Incubi? ***
Capitolo 6: *** Guai in vista. ***
Capitolo 7: *** Altro che ronda... ***
Capitolo 8: *** Mai pensare troppo, prima di andare a dormire... ***
Capitolo 9: *** E' tutta una questione di scelte. ***
Capitolo 10: *** Mi mancano solo perline e scialle... ***
Capitolo 11: *** Un po' di chiarezza. ***
Capitolo 12: *** Non tutto ha una spiegazione razionale. ***
Capitolo 13: *** Ecco, ci risiamo. ***
Capitolo 14: *** Nuovi programmi. ***
Capitolo 15: *** Creature fantastiche. ***
Capitolo 16: *** Consapevolezze. ***
Capitolo 17: *** Perché poi, alla fine, non sappiamo neanche noi cosa vogliamo. ***
Capitolo 18: *** Nuove scoperte. ***
Capitolo 19: *** Qual è il confine tra sogno e realtà? ***
Capitolo 20: *** La parte migliore dei litigi è far pace. ***
Capitolo 21: *** C'è chi riesce sempre a sorprenderti. ***
Capitolo 22: *** Piove sempre sul bagnato. ***
Capitolo 23: *** Ci sono, sempre. ***
Capitolo 24: *** Chi l'avrebbe mai detto? ***
Capitolo 25: *** Un mondo sconosciuto. ***
Capitolo 26: *** La magia del Manor. ***
Capitolo 27: *** Le cose belle durano sempre troppo poco. ***
Capitolo 28: *** L'altra faccia di Serpeverde. ***
Capitolo 29: *** Il Signor Price. ***
Capitolo 30: *** La verità è visibile a chi la vuol vedere. ***
Capitolo 31: *** A volte bisogna guardare con occhi diversi. ***
Capitolo 32: *** Come un faro nella nebbia. ***
Capitolo 33: *** Caos post-festa. ***
Capitolo 34: *** E' questione di fiducia. ***
Capitolo 35: *** Addio? ***
Capitolo 36: *** Nuove abitudini. ***
Capitolo 37: *** Nuvole bianche. ***
Capitolo 38: *** Sangue freddo. ***
Capitolo 39: *** Mai giudicare un libro dalla copertina. ***
Capitolo 40: *** Un nuovo inizio. ***



Capitolo 1
*** La lettera. ***


Salve a tutti!
Questa è la mia prima fanfiction dunque,
come accade a ogni scrittrice che si rispetti, non mi piace.
Il mio stile è cambiato molto e ora rileggerla mi fa strano, ma non 
importa perché il passato non si rinnega! Comunque, per chi volesse
leggerla in modo molto più comodo (EPUB!) mi mandi l'email per messaggio
o mi aggiunga su Facebook (Hylia Efp
)
. Grazie per l'attenzione e buona lettura! :)
 

One dream one soul one prize one goal

One golden glance of what should be

It's a kind of magic

Queen - A Kind of Magic

 

Capitolo 1, "La Lettera."
 
Gli undici anni sono un'età strana: sei ancora bambino, sia fisicamente che mentalmente, ma la tua personalità è già in via di sviluppo, le tue idee sul mondo sono formate e hanno bisogno di esperienza per essere definite.
In verità io sono sempre stata una bambina molto precoce, ho imparato a leggere e scrivere prima degli altri, al posto delle favole amavo farmi decantare poesie, invece di giocare all'aperto con le mie amiche preferivo sedermi sul divano a leggere un libro. Vedevo le mie compagne di scuola, un po' viziate ed estremamente ordinarie, correre nel giardino con un gelato in mano e mi rendevo conto di non appartenere a quel mondo. Mi sentivo così fuori posto e mi chiedevo "perché non posso essere come loro, senza troppi pensieri e soddisfatta di quello che ho"?
Poi un giorno, mentre ero in cucina ad aiutare la mamma a cucinare, sentii un rumore provenire dal salone. Quando mi affacciai dalla porta vidi che fuori dalla finestra un grande gufo grigio-marrone batteva insistentemente il becco contro il vetro, come a voler richiamare attenzione. Alla sua zampa era legata una lettera. Mia madre mi raggiunse e sussultò appena vedendo quella buffa scena. Con un'espressione stupefatta fece qualche passo verso di me e aprì la finestra. Il gufo la guardò serio e le volò accanto, posandosi sul tavolino da tè e porgendomi la zampa con la lettera. Ricordo che mi sembrò tutto molto strano, avevo letto qualcosa sui gufi e non li avevo mai visti comportarsi in quel modo, ma allo stesso tempo sentivo che quello che stava succedendo era giusto, era così che doveva andare. Mossi un passo verso di lui, un po' titubante e slegai il laccetto. Mi ritrovai in mano una semplice busta bianca, di carta spessa e ruvida. Niente di che, all'apparenza, eppure in realtà celava una svolta nella mia vita, quella che aspettavo da tempo, seppur inconsciamente.
Cinque anni dopo, quella busta era di nuovo nelle mie mani, più sicure e più determinate nello sciogliere quello stesso laccetto. I miei si erano abituati all'idea di avere una strega in famiglia, ne erano orgogliosi e ogni volta che vedevano i miei voti sprizzavano gioia come due bambini. Io avevo trovato il mio mondo, il mio modo di vivere e gli amici giusti. Nonostante ciò, un senso di insoddisfazione continuava ad invadermi, ben nascosto non solo agli altri ma anche a me stessa, uno di quei fastidi che ti accorgi di aver avuto solo quando non li hai più.
Aprii la busta e una piccola spilla cadde sulle mie gambe, una lettera P oro spiccava su uno sfondo rosso, i colori della mia casa. La presi tra le dita con aria stupefatta, contenta e preoccupata al tempo stesso e corsi a dare la notizia ai miei, che per manifestare la loro felicità mi strinsero così forte che temetti di essermi rotta un paio di costole. Nonostante tutto ne uscii incolume, emozionata per l'inizio di un nuovo anno scolastico dopo la disfatta di Voldemort, l'anno precedente.
Ci era mancato poco che Harry ci cascasse, che toccasse la coppa del Torneo Tremaghi. Per fortuna l'intuito di Silente era stato tempestivo, come al solito, e il tentativo del mago oscuro di tornare al potere era stato sventato.
Si, forse il pericolo non era passato del tutto, ma almeno Voldemort non era tornato in forze e aveva perso un seguace fidato seppur vigliacco, condannato a marcire nelle celle di Azkaban privo della sua anima per il resto della vita.
La mia spilla era poggiata sul comodino, spensi la luce e pensai all'indomani, quando avrei incontrato i miei migliori amici a Diagon Alley.
 
Le giornate erano tutte uguali, a Malfoy Manor. Le mattine grigie si succedevano l'una all'altra senza che io me ne accorgessi. Blaise e Theodore erano ancora in viaggio da qualche parte, chi in Italia chi in Francia, e io mi annoiavo a morte. Mio padre era sempre nervoso, non sapeva come comportarsi dopo ciò che era successo l'anno precedente. Probabilmente non aveva ancora deciso da che parte stare…
Come al solito ero sdraiato sul divano del salone principale, con la gambe stese, gli occhi chiusi e le braccia incrociate dietro la testa a sentire musica. Un rumore familiare mi risvegliò da quello stato a metà tra la noia e la rilassatezza. Mi alzai lentamente e andai ad aprire a quel maledetto pennuto che non ne voleva sapere di smettere di far rumore. Non appena aprii la finestra planò infastidito sul mio braccio, prendendo di mira con quel beccuccio appuntito la mia camicia nuova. Presi la lettera velocemente e rigettai il gufo nell'aria fredda della sera senza troppe cerimonie. Non vedevo l'ora di tornare ad Hogwarts, nonostante tutto. Lì avevo degli amici, qualcosa da fare, una scorta di Whiskey incendiario pressoché infinita e nessuno a rompermi le palle se avessi mangiato il dolce con la forchetta sbagliata, o se avessi dimenticato di fare il baciamano a una delle vecchie intirizzite e rugose che partecipavano ai nostri balli.
Aprii la busta e frugai dentro, tirandone fuori una spilla con una P argentata su uno sfondo verde. Prefetto eh? Non male, più libertà e più potere del solito, una valvola di sfogo per tutto quello che avevo accumulato durante l'estate, una delle peggiori della mia vita. Non persi neanche tempo a dare la notizia a mio padre, a cui non sarebbe importato nulla. Mia madre ne fu felice, mi baciò con un calore che non le vedevo sulle guance da quella sera di luglio, quando a mio padre erano state indicate due strade tra cui scegliere, ed entrambe passavano pericolosamente vicine alla morte.
La mia spilla era poggiata sul comodino, spensi la luce e pensai all'indomani, il giorno in cui mio padre avrebbe scelto il mio destino. 
 
- Hermione! - la voce squillante di Harry si sovrappose a quella più roca di Ron, mentre entrambi si avvicinavano a me con un sorriso smagliante. I miei genitori salutarono Arthur e Molly, mentre io abbracciavo i miei migliori amici. Ginny spuntò da dietro sua madre e mi posò un bacio sulla guancia pieno di affetto, prendendomi a braccetto e allontanandomi dagli altri con fare sospetto. La guardai interrogativa ma mi lasciai guidare lungo la via piena di negozi.
- Mi sei mancata molto! Volevo parlarti di una cosa e non potevo scrivertela in una lettera… - sciorinò tutto d'un fiato. Il mio sguardo interrogativo continuava ad indagare il suo volto concentrato e felice allo stesso tempo. Stavo aspettando che continuasse, ma a quanto pare aveva bisogno di una spintarella.
- Mi sei mancata anche tu. Mi vuoi dire cos'è successo o dobbiamo fare altre due o tre volte il giro di Diagon Alley? - le chiesi sorridendole, in attesa di una risposta.
- Oh si, scusa! Bè quest'estate, come sai, Harry è stato da noi circa tre settimane, mentre tu eri ancora in vacanza e… io credo che mi piaccia. Un sacco intendo. - pronunciò le ultime parole con un'espressione molto seria, come se stesse parlando di una questione di vita o di morte. Trattenni una risata e la guardai sorridendo: le ci era voluto così tanto a capirlo?
- Lo avevo immaginato. E' successo qualcosa? - domandai inquisitoria.
Lei si girò verso di me e mi guardò per qualche secondo, indecisa sul come esprimersi ma con l'atteggiamento di una persona perfettamente a suo agio nel parlare di queste cose.
- No in realtà no. Abbiamo chiacchierato molto, quando Ron ce lo permetteva… era sempre tra i piedi. Comunque ho deciso che quando torneremo ad Hogwarts glielo dirò. Non ho ancora deciso bene come né quando ma è deciso - affermò a testa alta, prima di aggiungere più in confidenza - volevo sentire il tuo parere, comunque. - e guardarmi con un sorriso.
- Cosa vuoi che ti dica, hai già deciso! Sono molto contenta per te Ginny, sai quanto io voglia bene ad entrambi, credo che sareste una coppia perfetta. - affermai con decisione, sicura di ogni singola parola pronunciata. Lei mi ringraziò con un sorriso a trentadue denti e un caldo abbraccio, dopo di che mi prese la mano e correndo mi riportò dagli altri.
In un paio d'ore avevamo finito di comprare tutto l'occorrente, così decidemmo di andare a prendere un gelato da Florian prima di tornare tutti insieme alla Tana e prepararci per la partenza. Mentre Arthur, a braccetto con la moglie, chiedeva a mio padre come funzionava un qualche congegno babbano, mamma chiacchierava allegramente con Molly, lanciandomi qualche occhiata significativa. Ron era vicino a me, mi raccontava della sua estate, di quanto si fosse allenato a Quidditch con Fred e George (prima che partissero per aprire il negozio) e poi con Harry, e di quanto fosse migliorato. Harry e Ginny erano poco più avanti a noi, lui che la guardava come se gli stesse raccontando la cosa più interessante che avesse mai sentito, lei che era tutta presa da quella spiegazione da non accorgersi di quanto si fossero avvicinati.
Alla fine anche quella giornata finì, io salutai i miei e tornai alla Tana insieme agli altri, pronta per gustare una deliziosa cena alla Molly.

________________

Volevo segnalarvi una pagina Facebook su Harry Potter di cui sono amministratrice, se avete voglia di passare. :)
https://www.facebook.com/TheDailyPotter

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Capitolo 2
*** Come al solito! ***


 

I’m the voice inside your head
You refuse to hear
I’m the face that you have to face
Mirroring your stare
I’m what’s left
I’m what’s right
I’m the enemy
I’m the hand that took you down

Bring you to your knees


Foo - Fighters, "The Pretender"

Capitolo 2,  "Come al solito!"

Il giorno della partenza era finalmente arrivato. Ron e Harry avevano preso abbastanza bene la mia nomina a prefetto, anche se sembravano un po' tristi di non essere stati nominati anche loro. Purtroppo Silente aveva decretato l'anno prima che ci dovesse essere un solo prefetto per casa e di certo il loro temperamento… diciamo che non era dei più adatti per questo ruolo.
Comunque, li avevo rassicurati, non sarei stata via a lungo, avrei trascorso la maggior parte del viaggio nel loro scompartimento. O almeno così credevo.
Una volta saliti sul treno, caricati i bagagli e salutati Molly e Arthur, mi diressi verso lo scompartimento dei prefetti per conoscere i miei "collaboratori" per l'anno nuovo. Aprii la porta scorrevole con un gran sorriso sulle labbra, ma all'interno non c'era nessuno. Mi diressi verso il sedile più in fondo, vicino al finestrino, e mi sedetti in attesa degli altri con il nuovo volume di trasfigurazione a farmi compagnia.
- Già a studiare, Mezzosangue? -
Sussultai appena nel sentire quella voce e mi girai verso il ragazzo biondo che faceva capolino dalla porta con un'espressione di sufficienza. Mi aveva spaventata! Come aveva fatto ad aprire la porta senza fare il minimo rumore?
- Sto leggendo, Malfoy. Ti disturba per caso? - gli sibilai, posando di nuovo gli occhi sul mio libro e cercando di ignorare il fatto che si stesse sedendo proprio davanti a me.
- E' la tua presenza che mi disturba più che altro. Dovevo immaginare che quel vecchio rimbambito avrebbe nominato te come prefetto, l'amica secchiona di Potter! - disse con un sorriso divertito sulle labbra.
- Se può consolarti, anche a me disturba la tua presenza, ma non faccio tutte queste storie. Ti dispiacerebbe fare silenzio per favore? O non vedevi l'ora di parlare con me? - gli risposi, togliendo gli occhi dal libro e fissandoli nei suoi con aria di sfida. Malfoy scoppiò a ridere.
- Sei davvero divertente, Mezzosangue! - affermò prima di girarsi e mettersi sdraiato sul sedile, con gli occhi chiusi e le mani dietro la testa.
Tornai al mio libro senza fare troppo caso alla sua ultima e immancabile frecciatina, ma venni interrotta qualche secondo dopo da un altro ragazzo che stava entrando nello scompartimento.
- Ciao, Hermione! E ciao anche a te, Draco. -
- Ciao, Cedric… Come stai? - domandai al ragazzo alto e allegro appena spuntato mentre si sedeva accanto a me. Malfoy non si degnò di rispondere al saluto, alzò gli occhi verso il nuovo arrivato per poi richiuderli e sbuffare.
- Bene, grazie. Così… prefetti eh? Non sono ancora certo di esserne contento! - mi disse, e il suo sguardo effettivamente tradiva nervosismo e preoccupazione. Non che mi fosse stato mai così simpatico, ma era un bravo ragazzo e nonostante fosse stato  un rivale, per Harry, si era dimostrato onesto. Così decisi che sarei stata cortese con lui e cercai di tirargli un po' su il morale.
- Bè si, avremo più responsabilità, ma non credo che ci sia troppo da preoccuparsi. Siamo in quattro, ci aiuteremo a vicenda. - gli risposi, sorridendo. Lui sembrò prenderla bene e si rilassò leggermente. Al contrario da Malfoy venne un altro, sonoro, sbuffo. Possibile che ogni volta che apriva la bocca non ne uscivano che sbuffi o frecciatine? Comunque, non avevo voglia di discutere di nuovo con quel furetto, perciò feci finta di niente.
- Ciao! - esordì Mandy Brocklehurst, prefetto Corvonero, entrando nello scompartimento. Era una ragazza piuttosto alta, con i capelli neri, lisci e lunghi fin sotto le spalle. Aveva un viso allegro e dei bellissimi occhi verdi incorniciati da un paio di occhiali. Mi conquistò subito con quel suo sguardo intelligente e spontaneo.
Io e Cedric ci alzammo per presentarci, ma a quanto pare Malfoy aveva deciso di non muovere un muscolo per la prossima ora. Mandy aveva lanciato uno sguardo al biondino, poi aveva guardato con aria interrogativa (e anche un po' spaventata) me e Cedric. Io le risposi scrollando appena le spalle e invitandola a sedere vicino a noi, dato che l'altro sedile era interamente occupato da uno spilungone Serpeverde. Cominciammo a chiacchierare del più e del meno, fino a che qualcuno non ci interruppe.
- Vogliamo parlare di cose serie oppure avete intenzione di andare avanti con queste sciocchezze a lungo? - sibilò Malfoy, aprendo gli occhi e spostando le gambe con una lentezza estrema, sedendosi in modo elegante.
La sua acidità suscitò tre diverse reazioni: Mandy sobbalzò leggermente e adottò uno sguardo tra il confuso e lo spaurito, Cedric lo guardò appena per poi riconcentrarsi sul finestrino, mentre io gli risposi ancora più acidamente di quanto avessi voluto.
- Prego, Draco, di cosa vuoi parlarci? - dissi, mettendo quanto più astio avessi in corpo nel pronunciare il suo nome. Sollevò gli occhi dalle sue mani, appoggiate sulle ginocchia, e mi guardò con stampato in faccia il solito ghigno, poi si rivolse a Mandy, facendola arrossire terribilmente.
- Io direi di cominciare la ronda alle 10.00, fino a mezzanotte. Siamo in quattro, possiamo fare un piano per uno. Se è tutto, io vado - esordì, alzandosi per uscire dallo scompartimento.
- Non tanta fretta, Malfoy. Secondo me dovremmo fare due piani per coppia. Almeno ci si può controllare a vicenda. - affermai sicura, facendogli ben intendere che non avrebbe potuto fare come gli pareva, dato che se fosse successo qualcosa mentre lui era ad ubriacarsi con gli amici ci sarebbero andati di mezzo tutti i prefetti, me compresa. La sua mano si bloccò a qualche centimetro dalla maniglia. Si girò e mi fulminò con lo sguardo prima di parlare.
- Come vuoi, Granger. - sibilò tra i denti, fissandomi negli occhi con rabbia. Questi suoi trucchetti, ormai, non mi facevano più caldo né freddo. Si, ok, aveva uno sguardo piuttosto truce, direi quasi assassino, e se non me ne avesse dedicati già così tanti in cinque anni probabilmente ne sarei rimasta turbata. Al contrario, gli rivolsi un sorriso vittorioso, a cui lui rispose quasi staccando la maniglia della porta per uscire dallo scompartimento con passo felpato.
Una volta stilato un foglio con i turni bisognava solo decidere le coppie. Sebbene volessi controllare Malfoy non avevo alcuna voglia di passarci così tanto tempo, così proposi di fare a turni. Cedric e Mandy non si mostrarono molto contenti dato che ero io che avevo proposto il metodo delle coppie, ma alla fine accettarono. Ci salutammo e io cominciai a cercare lo scompartimento di Ron e Harry. 

- Hermione, quanto sei stata lì dentro? Fortuna che avevi detto che ci avresti messo al massimo dieci minuti! - sbottò Ron con uno sguardo scocciato, mentre Harry sembrava aver a malapena fatto caso al fatto che fossi entrata nello scompartimento: seduto, con le braccia sulle gambe, guardava con aria ebete fuori dal finestrino.
Non risposi a Ron che imperterrito mi seguiva con lo sguardo mentre mi sedevo davanti al Bambino Sopravvissuto, guardandolo con sguardo preoccupato.
- Harry, tutto bene? - chiesi, titubante, poggiando la mia mano sulla sua. Lui sussultò, guardò me, la sua mano, Ron, poi di nuovo me; infine, una luce brillò nei suoi occhi, come se fosse rinsavito solo in quel momento.
- Herm… si, tutto bene, ero sovrappensiero. Com'è andata la riunione? - mi domandò, con la sua solita voce. Mi tranquillizzai e raccontai tutto. Non appena nominai Malfoy, Ron fece un'espressione alquanto schifata, mentre Harry mi interruppe dicendo - Prefetto? Malfoy prefetto? Silente deve essere impazzito! - con uno sguardo preoccupato e furente.
- In realtà, Harry, se non si conta il fatto che è uno stronzo, non vedo cosa ci sia di così stupefacente. Ha dei buoni voti e ha infranto meno regole di voi, comunque. - dissi con naturalezza. In fondo, la maggior parte dei Serpeverde erano famosi per le loro scorrerie notturne, i festini nelle aule, le invasioni delle altre Sale Comuni, ma Malfoy finora non era mai stato beccato a fare nessuna di queste cose. Che fosse particolarmente furbo o non ne avesse mai preso parte per davvero era un altro conto…
Harry chiuse gli occhi, forse per calmarsi un po', poi li riaprì e mi guardò in cagnesco - Hermione, spero che tu stia scherzando. Ha infranto meno regole di noi, forse, ma non vuol dire che sia un santarellino - disse, con un tono insolitamente acuto. Ron annuiva con vigore al suo fianco, non so se per dare manforte al suo migliore amico o per dare addosso a Malfoy.
- Io non ho detto che… oh, ma qual è il problema? Ormai è deciso quindi è inutile stare a pensarci troppo. - sbottai, ritirando fuori il volume di Trasfigurazione e buttandomici a capofitto senza dare loro possibilità di replica.
Il resto del viaggio passò velocemente. Chiacchierammo del più e del meno, ma non tirammo più fuori l'argomento Malfoy. 

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Capitolo 3
*** Back home. ***


Sleep in peace when the day is done
And this old world is a new world
And a bold world
For meStars when you shine you know how I feel
Scent of the pine you know how I feel
Oh freedom is mine
And I know how I feel
I'm feeling good.

Muse, "Feeling Good"


Capitolo 3, "Back home."

Eravamo di nuovo a casa. La cena era stata sontuosissima come al solito, nuovi studenti erano stati smistati, pochi Grifondoro e Serpeverde, molti Corvonero e Tassorosso. Silente aveva elargito avvertimenti e consigli e in un baleno era tutto finito. Dopo aver svolto i miei doveri da prefetto e aver riaccompagnato gli studenti nei dormitori mi gettai sul divano della Sala Comune, tra Harry e Ron, che fissavano con una mano sulla pancia il fuoco davanti a loro. Sembrava che ogni anno aumentasse il cibo sulla tavola e ogni volta finivamo per essere sempre così sazi da riuscire a malapena a muoverci.
- Cosa abbiamo domani, Herm? - esordì Ron, tra uno sbadiglio e l'altro.
- Voi non lo so, io alle prime due ore ho Antiche Rune. Ci vediamo per Pozioni, prima di pranzo, insieme ai Serpeverde. - risposi, con la voce insonnolita, prima di alzarmi e dare la buonanotte ai miei migliori amici. Era stata una lunga, lunghissima giornata, l'unica cosa che volevo in quel momento era il mio caldo e morbido letto. 

- Draco mi rendo conto che tu debba festeggiare la tua ritrovata libertà, ma non ti sembra di esagerare? - chiese Blaise, guardandomi divertito. Si, forse stavo bevendo un po' troppo, ma non stavo dando fastidio a nessuno. Non ero mai stato uno di quelli che quando si ubriaca comincia a cantare o diventa logorroico. Oltretutto era tutta colpa di quei dannati elfi: gli avevo chiesto una sola bottiglia di Whisky e me ne avevano portate tre.
- Non capisco quale sia il problema, Blaise - mormorai, buttandomi sulla poltrona della Sala Comune e stappando l'altra bottiglia. Era così bello non doversi preoccupare di niente…
- Il problema è che domani abbiamo lezione e se bevi un altro po' io e Blaise saremo costretti e trascinarti fino all'aula. - rispose Nott, senza distogliere lo sguardo dal libro sotto i suoi occhi. Le lezioni! Avevo quasi dimenticato che ci fossero. Non si poteva semplicemente restare a dormire? Per un giorno soltanto?
- Non rompete i coglioni, per favore. Nessuno vi ha chiesto di farmi da balia. - sibilai ad entrambi, non suscitando alcuna reazione. Ormai erano abituati alle mie rispostacce. Nonostante volessi mantenere il punto e non cedere alle loro ramanzine da genitori preoccupati, non avevo voglia di passare una giornata con il mal di testa. Presi la bottiglia, borbottai un "notte" e mi diressi verso il dormitorio: l'unica cosa che volevo in quel momento era il mio caldo e morbido letto. 

Ricominciare le lezioni mi emozionava sempre. Si, può sembrare una tipica frase da secchiona, e forse lo è, ma è anche la verità. Imparare nuove cose, sentire aneddoti impensati su come veniva impiegata la magia nelle guerre più antiche, decifrare strani simboli… tutto questo mi ricordava quanto fosse bella e imprevedibile la realtà. Nonostante ciò, anche io avevo una materia che non amavo particolarmente, ossia Pozioni. Non che non fossi brava, sempre voti alti, ma pochi Eccezionale e ancor meno passione. Per questo quando incontrai Harry e Ron per andare nei sotterranei il mio umore andava man mano peggiorando.
- 'Giorno Herm! Mi chiedevo se… - cominciò Ron, ancora masticando qualcosa, probabilmente due o tre salsicce.
- No Ron, non farò alcun compito per te, nessuna introduzione e nessuna ricerca. - risposi seccata, aumentando il passo per lasciarmeli alle spalle.
- Guarda che non volevo chiederti quello! Non abbiamo ancora compiti noi se proprio lo vuoi sapere! - mi urlò dietro scocciato, per poi aggiungere - Volevo solo sapere se stasera dovessi fare la ronda! - e cominciò a correre prendendo Harry per un braccio con l'intento di raggiungermi.
- Si, Ron. Perché? - borbottai, conscia di essere stata, forse, un po' troppo aggressiva. Non sapevo cosa mi prendesse ma mi sentivo particolarmente nervosa.
- Perché pensavo che magari potremmo seguirti anche noi, con il mantello intendo. Per tenere d'occhio Draco. - disse, sfoderando un sorriso che probabilmente avrebbe dovuto sembrare furbo ma che in realtà lo faceva solo assomigliare allo Stregatto.
- Non credo proprio! Io devo controllare che gli studenti siano nei loro dormitori, e se mi seguiste vorrebbe dire che non siete nei vostri dormitori! - sbraitai, chiedendomi da dove partorissero quelle idee.
- Herm dai, non è la fine del mondo. Sai che non faremmo niente di male… - cercò di mediare Harry, beccandosi una mia occhiata assassina pericolosamente simile a quella di Malfoy. Si zittirono entrambi all'istante, misero su il muso e continuammo a camminare in silenzio fino all'aula di Piton. Quest'ultimo ci accolse con l'espressione più fredda possibile, per poi passare ad un ghigno leggermente schifato. I Serpeverde erano già tutti seduti nella parte destra dell'aula, così noi ci sedemmo sulla sinistra.
- Tirate fuori il materiale. Prendete pagina 297. Oggi dovrete fare una perfetta Pozione Dimenticante. Non voglio sentire rumori non inerenti alla preparazione. - mormorò lentamente, per poi far frusciare il suo mantello e sedersi dietro la cattedra a fissare con sguardo malevolo, guarda caso, l'ala sinistra della classe.
Nessuno se lo fece ripetere due volte.
Stavo tirando fuori la bilancia di ottone e le Radici di Zenzero quando una lumaca cornuta mi centrò in pieno, facendomi sobbalzare e facendo cadere tutto a terra.
- Mi pareva di essere stato chiaro ma a quanto pare ho sopravvalutato la sua capacità di comprensione, signorina Granger. Dieci punti in meno per Grifondoro - sibilò Piton, piuttosto soddisfatto.
Sbuffai e mi voltai verso Malfoy, che stava ancora ridendo della sua "bravata". Che divertimento. Dopo averlo fulminato con lo sguardo raccolsi tutto e cominciai la preparazione.
Un'ora e mezza e molte risatine dopo, nel mio calderone bolliva un infuso viola e fumante, proprio come scritto sul libro, forse leggermente troppo scuro. Lo misi in una provetta e lo portai alla cattedra, rispondendo con un sorriso alle smorfie di Draco, che si era accorto di aver finito dopo di me.
Dopo aver sistemato presi la mia roba ed  uscii dall'aula, con l'intento di aspettare lì fuori Harry e Ron e andare a pranzo insieme. Purtroppo qualcuno finì prima di loro (come al solito, in effetti).
- Ti senti soddisfatta, Mezzosangue? - sogghignò Malfoy, appoggiato con una spalla dall'altra parte della porta e le gambe incrociate. Com'era possibile che si muovesse così silenziosamente?
- In effetti non molto, non sei un avversario così temibile. - affermai, con espressione indifferente, voltandomi a guardare il dipinto davanti a me (una scena piuttosto macabra che preferirei non descrivere…).
Sobbalzai quando mi accorsi che si era avvicinato, si era fermato davanti a me e mi guardava con sguardo piuttosto furente. Misi una mano sulla bacchetta ma rimasi immobile.
Stava per muoversi quando la porta cigolò. Si voltò verso la porta, poi verso di me, mormorò un - Per questa volta ti è andata bene, Mezzosangue - e sparì lungo il corridoio.
Harry e Ron mi si avvicinarono un po' titubanti, probabilmente indecisi se comportarsi come se non fosse successo niente o tenermi il muso ancora per qualche tempo. Optarono per la prima e ci dirigemmo insieme alla Sala Grande. 

 




Salve :D

Non so se vi stia piacendo, se vi va lasciate qualche recensione, magari con qualche consiglio.
Meow :3

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Capitolo 4
*** Sorprese notturne. ***


 

 

When the night has come

And the land is dark

And the moon is the only light we'll see

No I won't be afraid, no I won't be afraid

Just as long as you stand, stand by me

Ben E. King, "Stand by me"

Capitolo 4, "Sorprese notturne."

Le lezioni del pomeriggio (Incantesimi e Trasfigurazione) avevano risollevato il mio umore, anche perché ero riuscita a recuperare i punti che quel simpaticone di Piton mi aveva tolto, trasfigurando la penna d'oca che avevamo davanti in un grazioso pettirosso. Una volta a cena però, il pensiero della ronda di quella sera mi investì in pieno.
- Herm che hai? Sembri sovrappensiero. - mi apostrofò Harry, guardandomi preoccupato mentre Ron alzava a malapena lo sguardo dalla terza porzione di torta di mele.
- Non è nulla, sono solo un po' scocciata per stasera. - cominciai, per poi tentare di cambiare argomento - Voi, piuttosto, cominciate il tema per Vitious e forse domani ve lo correggerò. - I loro volti si illuminarono e il mio intento di sviare l'attenzione ebbe successo, anche grazie all'avvicinarsi di una certa Weasley.  
- Ciao Harry! - esordì Ginny, sedendosi accanto a me, - com'è stato il primo giorno? - continuò, senza togliere gli occhi dalla preda. Li lasciai a chiacchierare e alzai di peso Ron, che tentava di ingurgitare una forchettata enorme di torta quasi strozzandosi.
- Herm, ma che diavolo?… - cercò di ribellarsi, senza alcun successo. Harry mi guardò interrogativo per circa un secondo, prima di rivolgere la sua attenzione a Ginny ed evitare di porsi domande inutili.
- Ron, possibile che tu sia davvero così cieco? - domandai, abbastanza lontana perché i diretti interessati non mi sentissero.
- Ma si può sapere di che parli? - disse, guardandomi stralunato e divincolandosi dalla mia presa. Uscimmo dalla Sala Grande in fretta e mi fermai per spiegare.
- Harry e Ginny, Ron, sveglia! - gli sussurrai, guardando la sua espressione passare dallo stupefatto, all'arrabbiato, al confuso, in meno di dieci secondi.
- Oh, ma, cioè, quindi…? Sei..? Io… - cominciò a balbettare. Aspettai che si calmasse un paio di minuti, poi continuai.
- Non devi intrometterti, chiaro? Non fare scenate di gelosia ad Harry, non fare niente di niente. Mi hai capito? - chiesi, fissandolo negli occhi con espressione decisa. Troppo shoccato per poter realmente rispondermi, annuì leggermente, assumendo un'espressione sconsolata e dirigendosi verso i dormitori. Lo seguii per posare la borsa e fare due coccole a Grattastinchi, per poi dirigermi verso l'aula di Trasfigurazione che la professoressa Mcgranitt aveva concesso ai prefetti.
- Ci si rivede, Granger - mormorò una voce sin troppo familiare alle mie spalle. Non mi voltai neppure per vedere chi fosse, né mi stupii del fatto che non avessi avuto il minimo sentore della sua presenza. Semplicemente, continuai a camminare.
- Sai che non è saggio dare le spalle al proprio nemico? - disse, con voce piatta, raggiungendomi a passo svelto e posizionandosi accanto a me.
- Lo so, ma non sei mio nemico perché non ti considero affatto Malfoy, mi sembrava di avertelo già detto. - risposi, più per noia che per altro. Quanto ci voleva ad arrivare a quella dannata aula? Non mi era mai sembrata così lontana.
A quanto pare la mia frecciatina era andata a segno dato che restò in silenzio per il resto del tragitto, con le mani in tasca e lo sguardo dritto davanti a sé.
Non era poi così male, quando non apriva bocca.
- Hermione! Siete arrivati. - mi salutò Cedric, mentre Mandy dietro di lui mi faceva un cenno con la mano accompagnato da un timido sorriso.
- Si, vogliamo cominciare? Le coppie sono queste, giusto? - chiesi sperando in una risposta diversa da quella che sapevo sarebbe arrivata.
- Già… Hem, ci… ci rivediamo tra due ore qui, a dopo. - mi liquidò Cedric impacciato, prendendo per mano Mandy e salendo le scale.
- Mi stai dicendo che devo passare le prossime due ore con te, Mezzosangue? - sbottò Draco, girandosi verso di me con un'espressione tra lo scocciato e… lo spaventato? Possibile?
- Non che a me faccia piacere. Vogliamo andare? - risposi freddamente, facendogli segno di procedere.
Mi superò e cominciò a giocherellare con la bacchetta, nera dal manico marrone. Semplice ma elegante. Cominciai a seguirlo, svogliata, ma consapevole di dover fare il mio dovere.
- Hai intenzione di non proferire parola per le prossime due ore? - mi chiese improvvisamente, facendomi sobbalzare. Mi fermai un attimo a riflettere su quelle parole: voleva che io… parlassi con lui? Rimasi un attimo interdetta. Lui fece qualche altro passo, poi si accorse che c'era troppo silenzio e si girò a guardarmi, senza smettere di far passare la bacchetta tra le dita sottili.
- Hai sentito qualcosa? - chiese preoccupato, guardandosi intorno in cerca di qualcosa che non c'era.
Mi accorsi di essere piuttosto tesa, mi rilassai e ricominciai a camminare, tentando di mascherare la sorpresa causata dalle sue parole con un'espressione neutra.
- No, niente, continua a camminare. - dissi, e suonò come un ordine.
- Come vuoi, Granger… - biascicò, poi si girò e continuò - però non hai risposto alla mia domanda. -.
- Non so cosa vuoi che ti dica, Malfoy - risposi con la voce leggermente troppo acuta.
- Pensavo che una secchiona come te avesse sempre un argomento di cui parlare - sogghignò, tirando fuori dalla giacca una fiaschetta… una fiaschetta?
- Ma cosa diavolo pensi di fare?! - sbottai, avvicinandomi e cercando di togliergliela dalle mani. Probabilmente con l'esplicito intento di mandarmi fuori di testa, lui scoppiò a ridere e sollevò il braccio in alto, troppo in alto per me.
- Oh, molto divertente Malfoy, davvero! - gli sibilai a qualche centimetro dal viso, ancora impegnato a sbellicarsi dalle risate davanti a quella che sembrava giudicasse una scena davvero esilarante. Ad interromperci ci pensò un rumore assordante che sembrava provenire da dietro l'angolo, a pochi metri da noi. Mi bloccai, lanciai un'occhiata a Malfoy facendogli segno di seguirmi. Lui alzò gli occhi al cielo e mi sorpassò con la bacchetta in mano.
- Qualcuno molto impacciato ha buttato per terra un'armatura. - mormorò, pochi passi più avanti a me, guardando davanti a lui. "Per favore, dimmi che non lo hanno fatto davvero" era il mio unico pensiero. Malfoy alzò gli occhi e li puntò su di me con sguardo indagatorio.
- Tu sai chi è stato, non è vero? - disse, un ghigno soddisfatto stampato sul volto. Ero davvero così trasparente? Cercai di ricompormi, mi schiarii la gola e risposi.
- Si da il caso che io sia un prefetto, quindi se sapessi chi è stato lo avrei già punito. Controlla il corridoio a destra, io andrò a sinistra. - sciorinai, a testa alta, prima di voltarmi e guardarmi intorno. Un Malfoy, però, non è così facile da convincere.
- Non mi ci spreco neppure, Mezzosangue. Ti aspetto qui mentre ti fai un giretto, che sai essere totalmente inutile, per quel corridoio. - mormorò, appoggiandosi al muro dietro l'armatura crollata, con le mani in tasca. Sentivo il suo sguardo perforarmi la schiena, ma non mi girai. Continuai ad esaminare il corridoio in cerca di qualche indizio che mi permettesse di individuarli, ma non c'era niente, se l'erano già data a gambe.
- Bè qui non c'è niente. - dissi, voltandomi per tornare verso di lui. Con un gesto della bacchetta rimisi l'armatura al suo posto e senza degnarlo di uno sguardo continuai a perlustrare il corridoio come se non fosse successo niente. Lui rise, divertito dalla mia scenetta probabilmente, e mi raggiunse con due passi.
- Sei uno spasso quando tenti di mentire - sogghignò, guardando davanti a sé.
- Felice di averti fatto passare una bella serata, Malfoy - sibilai acida.
Finimmo di perlustrare il piano in silenzio, poi passammo a quello successivo. Dopo aver tolto dieci punti a due Tassorosso che si sbaciucchiavano dietro una statua ed averli rimandati nei loro dormitori, tornammo all'aula di Trasfigurazione.
Cedric e Mandy ci aspettavano dentro, seduti su due sedie a chiacchierare.
- Oh eccovi! - esclamò Cedric, spostando lo sguardo su di me, come a voler trovare qualche ferita procuratami da Malfoy. Una volta assicuratosi che fossi sana come un pesce, anche se non proprio al settimo cielo, si alzò per tornare al suo dormitorio, salutando me e Mandy e sorpassando il biondino senza farci troppo caso. Mandy lo seguì fuori dopo aver mormorato cautamente un "buonanotte".
- Bè puoi anche tornartene da dove sei venuto, Malfoy - dissi, aprendo la porta dell'aula per tornare alla Sala Comune.
- Buonanotte, Granger. - mi sussurrò all'orecchio, passandomi avanti per poi imboccare la scalinata che portava ai sotterranei. 

Sdraiata nel mio letto, ripensavo alla serata appena trascorsa. Non riuscivo ancora a pensare distintamente a quello che era successo. C'era qualcosa di strano in lui. Avevamo battibeccato, ci eravamo lanciati frecciatine, ma quel sussurro… 

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Capitolo 5
*** Incubi? ***


Yeah you, got that something
I think you´ll understand
When I say that something
I wanna hold your hand!

Beatles, "I Want to Hold Your Hand"


Capitolo 5, "Incubi?"

- Non ce la farò mai a dirglielo, Blaise - mormorai più a me stesso che al moro che mi sedeva accanto. Dopo aver passato anni ad insultarci, come potevo comportarmi in modo più gentile, così, da un momento all'altro? Non era da me. Oltretutto mi divertivo a sentire le sue risposte pungenti. Se avessi detto quelle cose ad un'altra sarebbe scoppiata a piangere, o sarebbe corsa da qualche professore a lagnarsi.
- Oh si che ce la farai, c'è tempo ancora. - mi rassicurò Blaise.
- No ti sbagli, non abbiamo così tanto tempo. Te l'ho già spiegato. - ribattei, sicuro. Maledetto Silente. Come gli era venuto in mente di nominarci entrambi prefetti? Probabilmente era tutto un piano per permettermi di parlarle, per spingermi a farlo. Ma così era tutto più difficile.
- E poi come la mettiamo con Potty e Weasel? - gli chiesi, più per sfogarmi che per ottenere una vera risposta. Blaise non poteva risolvere i miei problemi, anche perché non avrebbe dovuto sapere niente di tutta questa faccenda in realtà…
- A quelli ci penserai poi, o magari ci penserà lei, no? - sogghignò, trovando la situazione alquanto divertente. Bè per me non lo era affatto.
- Vaffanculo, Blaise, non capisco perché sto ancora qui a parlartene! - sbottai, stanco di quei risolini. Per lui era tutto un gioco, ovviamente. Ma si sbagliava! Lo lasciai lì a ridere sotto i baffi e mi diressi verso il dormitorio.
- Perché non riesci a fare a meno di me! - mi urlò dietro ridendo. 

Ero in una stanza buia, con una sola finestra.
Mi accorsi di essere seduta per terra, il pavimento era molto freddo. Di marmo, forse. Poggiai le mani e feci per tirarmi su ma i piedi non mi reggevano. Mi sentivo così… pesante.
Improvvisamente un fascio di luce proveniente dalla finestra cominciò ad illuminare parte della stanza. C'era un grande letto, a baldacchino, di legno scuro. Le coperte erano pesanti, verdi e sovrastate da molti cuscini dello stesso colore. Sotto al letto un luccichio arancione attirò la mia attenzione. Non potendomi alzare, provai a trascinarmi fin lì. Avevo paura, ma la curiosità era più forte.
- Hai bisogno di una mano? - chiese una voce familiare, proveniente dall'angolo ancora buio alla mia sinistra. Mi voltai e una figura emerse dall'oscurità, un ragazzo alto, magro, dai capelli biondi.
- M-malfoy? - balbettai. Sorrideva. Non avevo mai visto quell'espressione sul suo volto, gli donava. Eppure non sembrava lui…
Si avvicinò e mi tese una mano, amichevole. Un po' titubante, l'afferrai.
Non era come me l'aspettavo, ma calda, quasi accogliente.
Riuscii a tirarmi su, mi sentivo di nuovo leggera.
Mentre tentavo di raggiungere quell'oggetto giallo-arancione, che sembrava esercitare una strana forza su di me, un rumore mi rimbombò nelle orecchie. Si faceva sempre più forte, a malapena sopportabile.
E poi mi svegliai.
Allungai una mano e spensi la sveglia.
Non avevo il coraggio di aprire gli occhi. Che cosa significava, quel sogno? Forse mi ero solo fatta suggestionare da quello che era successo la sera prima. Improvvisamente mi venne in mente quell'armatura, per terra. Harry e Ron! Dovevo assolutamente parlare con loro, dirgliene quattro. Come si erano permessi? Ne avevamo parlato, mi era sembrato di essere stata piuttosto chiara!
Mi alzai, quasi dimenticando il sogno, e mi diressi verso il bagno. 

- Harry! Ron! - gridai, nel mezzo della Sala Grande, senza far caso alle numerose occhiate interrogative che mi seguivano mentre percorrevo la distanza che mi separava da quei due. Alzarono la testa e, vedendomi arrivare, assunsero un'espressione a metà tra un cane bastonato e qualcuno che avesse appena visto un Dissennatore.
- Hermione noi… - cominciò Harry, con voce tremante. Non gli risposi ma gli indicai eloquente la porta, invitandoli ad uscire, per evitare di sbraitare ulteriormente in pubblico. Non se lo fecero ripetere due volte.
Una volta usciti, continuarono a seguirmi lungo il corridoio e poi in un'aula vuota, in cui mi infilai chiudendo la porta a chiave con la bacchetta e mormorando un silencio.
- Cosa… cosa diavolo vi è saltato in mente? - urlai, potendomi finalmente permettere di sfogare la rabbia repressa. I due si guardarono, poi Harry fece un passo avanti e cominciò a spiegarsi.
- Eravamo preoccupati per te ok? Da sola con quel… quel… con lui. Sappiamo che sai badare a te stessa ma volevamo solo essere più sicuri! - borbottò, guardandomi speranzoso.
- Non mi importa perché l'avete fatto! Non dovevate e basta! Vi ha quasi scoperti, sapete? - sbraitai gesticolando come una pazza. - Andiamo, Harry. - mormorai dopo qualche secondo.
- Cosa vuoi fare Herm… Dove dobbiamo andare? - mi chiese, spaventato.
- A prendere il tuo mantello, così puoi consegnarmelo. - dissi tutto d'un fiato, fissando gli occhi nei suoi. Ron restava indietro, ad osservare la scena stupefatto.
- COSA? - urlò Harry, gli occhi spalancati.
- Hai capito bene. Dato che non posso fidarmi della vostra parola, dovrai darmi il mantello. Lo terrò al sicuro non devi preoccuparti. - risposi, con un tono che voleva essere rassicurante. Harry stava per ribattere, ma non ne ebbe il tempo. Gli presi la mano ed uscii dalla stanza con Ron alle calcagna, dirigendomi verso il dormitorio Grifondoro.
- Hermione.. cos.. aspetta! - si divincolava il Bambino Sopravvissuto, tentando inutilmente di attirare la mia attenzione. Dopo la prima rampa di scale si stufò e si fece condurre fino al ritratto della Signora Grassa. 
- Mimbulus Mimbletonia. - dissi sicura, e il ritratto si aprì permettendomi di passare, - Ti aspetto qui, Harry -. Mi misi seduta su una delle soffici poltroni davanti al camino, le braccia incrociate.
Qualche minuto dopo Harry scese con il mantello in mano e me lo porse, guardandomi in cagnesco.
- Spero tu sia soddisfatta, ora - sibilò, prima di buttarsi sulla poltrona accanto alla mia. Ron era rimasto immobile, accanto al divano, e spostava gli occhi dall'uno all'altra con la bocca aperta, senza articolare alcun suono.
- Si, direi di si, grazie. - mormorai, conciliante. - Harry, mi dispiace, ma non mi hai lasciato molta scelta. - aggiunsi, sperando che riuscisse a perdonarmi il più presto possibile. Lui non mi rispose, si limitò a girare la testa e fissare il fuoco che scoppiettava nel camino.
- Devo andare a lezione, ci vediamo dopo… - dissi, dirigendomi verso il ritratto. Mi dispiaceva davvero, lui era il mio migliore amico, ma aveva la fastidiosa tendenza a cercare di fare l'eroe in ogni dannata situazione. Era davvero necessario controllarmi in quel modo? Gli lanciai un'ultima occhiata speranzosa, a cui non rispose, prima di uscire. 

La mattinata passò lentamente, probabilmente perché non c'erano i miei migliori amici con me. Non avrei voluto litigare con Harry ma ero così arrabbiata per quello che avevano fatto! Così, decisi che dopo pranzo sarei andata a parlarne con Ginny, magari avrebbe potuto intercedere per me.
Uscii dalla biblioteca, dove mi ero rintanata per non dover pranzare da sola, per andare in Sala Grande, dove quasi sicuramente l'avrei trovata. Camminavo a testa bassa, persa nei miei pensieri, indecisa. Avevo fatto la cosa giusta? Lì per lì mi era sembrato di si, ma ora…
- Guarda dove cammini, Mezzosangue! - sbraitò Malfoy. Troppo attenta a fissare il pavimento, l'avevo centrato in pieno. Ci mancava solo quello…
Alzai lo sguardo, mormorai un "scusa" e continuai per la mia strada, senza voltarmi. Riuscii a fare solo un paio di passi, prima che qualcuno mi afferrasse il polso. Mi girai pronta a dirgliene quattro, ma mi trovai davanti… il Malfoy del sogno. La stessa persona, ma un'altra espressione.
- Tutto bene, Granger? - chiese, in modo quasi cortese. Lo guardai stupefatta, gli occhi spalancati. Ma cosa diavolo stava succedendo in quei giorni? Ancora più confusa di prima mi divincolai dalla sua presa, lo fissai per un momento e poi, senza rispondergli, corsi via. Non avevo tempo per occuparmi anche dei suoi strani cambi d'umore! Da quando in qua si comportava in quel modo? Cosa gliene importava di come stavo io?
- Hermione! - esclamò Ginny, vedendomi arrivare, da fuori il portone della Sala Grande. Le andai incontro e le bisbigliai all'orecchio che dovevo parlarle. Lei mi prese per mano e girato l'angolo mi incitò a dirle tutto. Una volta finito di raccontare, Ginny assunse un'espressione indecifrabile.
- Ok, ho capito. Parlerò io a Harry. - bisbigliò facendomi l'occhiolino.
- Si ma tu che ne pensi? - chiesi io, titubante.
- Magari sei stata un po' dura, ma quei due certe volte sono davvero insopportabili, pensano di poter risolvere i problemi delle persone senza che nessuno glielo abbia mai chiesto. Comunque, credo che dovresti ridargli il mantello, dopo le sue scuse. - la guardai interrogativa, - oh si, ti farà le sue scuse! - rispose, anticipando la mia domanda.
- Ci vediamo stasera a cena, ciao Herm! - mi salutò, dirigendosi verso la prossima lezione.
Bene, pareva che almeno questa fosse risolta, alla fine. Riflettei un attimo sulle sue parole… se Ginny aveva tutto questo potere su Harry, voleva dire che… ?

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Capitolo 6
*** Guai in vista. ***


When I was younger
so much younger than today
I never needed anybody’s help in anyway
but now these days are gone
I’m not so self assured
now I find I’ve changed my mind
I’ve opened up the doors.

The Beatles, "Help"


Capitolo 6, "Guai in vista."

- Ma dove diavolo eri finito? - bisbigliò Theodore al mio orecchio, mentre mi sedevo al tavolo Serpeverde per la cena.
- Non credo siano affari tuoi. - risposi, servendomi del budino. Nott mi guardò male, si voltò verso Blaise, seduto davanti a me, per poi ripartire all'attacco.
- C'entra la Mezzosangue, non è così? - sussurrò a voce ancora più bassa, assicurandosi che nessuno stesse facendo caso a noi. Blaise continuava ad osservare in silenzio, con un ghigno divertito sul volto.
- Non è successo niente, Theo, non rompere - sbottai, facendo girare metà tavolata, per poi tornare a giocherellare con il budino. Non avevo affatto fame.
Incrociando la Granger nel corridoio quella mattina, con un'espressione così sconvolta e confusa, avevo pensato che Silente le avesse detto tutto. Così… l'avevo seguita. Io, purosangue, Malfoy, che correvo dietro una mezzosangue, a dir poco disdicevole. Eppure l'avevo fatto.
Alla fine poi, scoprire che tutte quelle emozioni erano state suscitate da un bisticcio con quel montato di Potty mi aveva fatto innervosire a tal punto che ci era mancato poco che non uscissi allo scoperto per dirgliene quattro. Per non parlare poi del modo in cui mi aveva trattato, mentre avevo solo cercato di essere gentile. Neanche una risposta, un sorriso, un insulto! Niente di niente, come se non fossi esistito. Mi ero concesso uno sfogo solo più tardi, rompendo circa la metà dei soprammobili nella mia camera. Forse avevo un tantino esagerato, e non riuscivo a capire perché queste sciocchezze mi mandassero così su di giri.
- Ok, come vuoi Draco. Tanto è palese. - affermò Theodore, distogliendo lo sguardo da me e posandolo sul dolce.
- Ma palese cosa? Si può sapere di cosa stai parlando? - gli chiesi, la rabbia che già minacciava di tornare a galla.
- Le hai parlato e lei ti ha detto di no, ovviamente - rispose stavolta Blaise, sporgendosi sul tavolo per non farsi sentire da altri e guardandomi come se avesse voluto trovare conferma nei miei occhi.
- Siete in alto mare, lasciate perdere. - dissi calmo, ma visti gli sguardi indagatori che continuavo a ricevere aggiunsi - Non è successo niente vi dico, sono solo nervoso. Davvero! -. Non sembravano abbastanza convinti, così mi misi a parlare della partita di Quidditch imminente, cambiando discorso.
Mi ero ripromesso di non dire assolutamente nulla di ciò che era successo quel pomeriggio, non perché non mi fidassi di loro… più che altro per non fare la figura del coglione. 

Ero seduta in biblioteca, con un libro enorme davanti pieno di simboli piuttosto complessi, cercando di decifrare il terzo paragrafo. La mia concentrazione non ne voleva sapere di farsi vedere, purtroppo. Non appena cominciavo a leggere, mi ritrovavo a fissare la penna poggiata accanto al calamaio, la polvere nel fascio di luce davanti a me o qualsiasi cosa avessi a portata d'occhi.
- Ciao Herm… - mi salutò titubante Harry, spuntando da dietro uno scaffale. Sobbalzai e mi misi una mano sul cuore, che aveva preso a battere decisamente troppo forte.
- Harry! Mi hai spaventata! - mormorai, per poi fargli cenno di sedersi davanti a me. Lui annuì e si sedette, torturandosi le dita delle mani, poggiate sulle gambe. Gli occhi guizzavano da una parte all'altra della stanza… Sembrava cercasse una via di fuga. Io attesi, fino a che non parlò.
- Io… io volevo chiederti scusa… Forse siamo stati un po' troppo apprensivi… Mi dispiace Herm. - disse, con gli occhi ancora bassi. Mi fece un'infinita tenerezza e non potei fare a meno di alzarmi per abbracciarlo.
- Non importa Harry. Puoi riprenderti il tuo mantello - gli sussurrai, avvicinandomi alla mia borsa e tirandolo fuori per porgerglielo. Lui mi sorrise radioso e lo infilò nel suo zaino. Aveva appena aperto bocca per parlare quando qualcuno lo precedette.
- Ma che bel quadretto! E io che pensavo ti interessasse Weasel… - sogghignò Malfoy, osservandoci da un tavolo poco distante.
- Noi non… Ma a te che importa, scusa? - risposi, arrossendo leggermente. Non avevo mai pensato ad Harry in quel modo, il mio era un abbraccio fraterno! Per quanto riguardava Ron… no, decisamente no. Ultimamente aveva cercato di farmi capire che da parte sua c'era qualcosa, ma io non vedevo altro che un amico in lui. In realtà però, ancora non gliel'avevo detto...
Malfoy, invece di rispondermi a tono come mi sarei aspettata, borbottò un - Niente infatti - poco convinto, come se per la prima volta non sapesse davvero come esprimersi. Senza degnarci di uno sguardo si gettò la borsa in spalla e si diresse verso l'uscita.
- Ma che gli prende? - sbottò Harry, sorpreso quanto me. Alzai le spalle, incapace di elaborare un'ipotesi valida. Poi mi venne in mente un'altra cosa.
- Harry, non è che per caso tu hai qualcosa da dirmi?… - mormorai maliziosa, ripensando alle parole di Ginny a Diagon Alley.
- Non so… di cosa parli. Ci vediamo a cena Herm, a dopo! - disse, mentre si allontanava lasciandomi interdetta. 

Dopo la ronda del lunedì con Malfoy, quella sera sarei stata con Cedric. Non che mi dispiacesse, ma mi sentivo terribilmente in colpa a lasciare Mandy con lui. Non avevo ancora ben capito, però, se lei ne fosse solamente spaventata, o se ci fosse qualcosa di più. Ogni volta che lo vedeva, non solo non riusciva a parlare, ma diventava completamente rossa. Può la paura fare un effetto simile?
Ancora immersa nei miei pensieri mi diressi verso la Sala Grande per una cena veloce, dato che per finire i compiti di Antiche Rune avevo fatto terribilmente tardi. Harry e Ginny non c'erano (cosa che fece partire ulteriori elucubrazioni) mentre Ron mi faceva cenno dal fondo della Sala di sedermi vicino a lui.
- Ciao, Ron. Hai portato il tema? - chiesi, decisa a mantenere la promessa fatta e dunque di correggerlo prima che lo consegnasse.
- Quale te.. Oh, no! - esclamò, confermandomi ancora una volta che c'erano persone che non cambiavano mai.
- Io non posso fartelo tutto, lo sai, anche volendo non ne ho il tempo! - gli dissi, con una voce insolitamente acuta. Possibile che dimenticasse di fare i compiti già dal secondo giorno?
- No, no, certo. Lo andrò a fare adesso… - mormorò con un tono estremamente triste. Era successo molte volte che non consegnasse in tempo, ma non lo avevo mai visto così giù di morale.
- Oh Ron, non c'è bisogno di fare così, ti aiuterò quando torno ok? Vedi di rimanere sveglio però… - gli sussurrai, cercando di tirarlo un po' su. Sarei tornata dalla ronda stanca morta, ma non potevo non aiutarlo: per quanto sbadato fosse, era pur sempre mio amico.
Ron si voltò, mi guardò per qualche secondo, poi continuò a fissare il piatto (ovviamente vuoto) davanti a sé.
- No ce la farò non preoccuparti… E' solo che volevo parlarti, stasera - disse, arrossendo in maniera preoccupante anche per un Weasley. Qualcosa scattò nel mio cervello, permettendomi di schivare una potenziale serata disastrosa per rimandarla a data da definirsi.
- Possiamo parlare un'altra volta! Ora vado, a domani Ron! - dissi, scattando in piedi e dirigendomi velocemente verso l'aula di Trasfigurazione, sentendomi terribilmente in colpa e allo stesso tempo immensamente sollevata. 

Dato che non avevo toccato cibo, arrivai a destinazione con mezz'ora di anticipo. Oltretutto, avevo già finito tutti i compiti e posato la borsa sul mio letto, quindi non avevo assolutamente niente da fare. Mi misi seduta su una sedia al centro dell'aula, con i piedi incrociati su quella accanto e, tirata fuori la bacchetta, tentai di trasfigurare una sedia in un puff. Dopo circa dieci minuti, tutto quello che ottenni fu una palla blu, ma della sofficità desiderata nemmeno l'ombra.
- Non capisco cosa tu stia cercando di fare, Mezzosangue. - mormorò Malfoy, ovviamente apparso dal nulla, con un tono sinceramente confuso.
- Nulla che ti riguardi, in realtà. - risposi, ma non con l'acidità desiderata. Il suo strano comportamento, a quanto pare, stava inibendo le mie rispostacce. Mi girai e lo vidi seduto due sedie più giù della mia, gli occhi chiari che fissavano la strana palla blu davanti a me con interesse.
- Potresti anche rispondermi per una volta, giusto per sapere cosa si prova sai. - ribatté, con una nota di impazienza nella voce. Si era girato verso di me e mi guardava, aspettando una qualche reazione.
- Non credo che capiresti. - affermai, sinceramente. Di certo un purosangue, ricco e snob come lui non aveva un puff a casa e probabilmente non ne aveva mai sentito parlare, era un elemento piuttosto… babbano.
- Come vuoi… - borbottò, infastidito, spostando il suo sguardo verso la finestra. Pioveva, da stamattina.
Il silenziò calò sulla stanza. Fino a che non lo ruppi io.
- Ce l'ho fatta! - gridai, dimenticandomi completamente della presenza del biondino a pochi passi da me.
Malfoy distolse improvvisamente lo sguardo dalla finestra per poggiarlo sul puff blu accanto a me.
- Si può sapere cos'è quel coso, Granger? - mormorò, shoccato, spostando lo sguardo dall'oggetto a me, in cerca di una qualche spiegazione.
- Te l'ho detto che non avresti capito! E' un puff. - dissi, senza riuscire, ovviamente, a renderlo partecipe del mio successo né a fargli capire di cosa stessi parlando. Malfoy stava per ribattere, ma la porta si spalancò, rivelando il mio compagno di ronda e Mandy, come al solito nascosta dietro di lui.
- Ciao Ced, ciao Mandy. - salutai, allegra. Il biondino, intanto, mi aveva lanciato un'occhiataccia, si era alzato e aveva preso la mano della Corvonero, mormorando un "vogliamo andare?" con una voce che non gli avevo mai sentito prima. Per qualche strano motivo sentii un nodo allo stomaco, piuttosto fastidioso. Li seguii con gli occhi finché non furono fuori dalla mia vista.
- Andiamo, Hermione?… - chiese Cedric, osservandomi di sottecchi.
- Oh, certo, andiamo… - risposi, un po' stordita.

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Capitolo 7
*** Altro che ronda... ***


 

She's a symbol,

of resistance,

and she's holding on my

heart like a hand grenade.

Is she dreaming,

What I'm thinking?

Is she the mother of all bombs?

Green Day, "She's a Rebel"

Capitolo 7, "Altro che ronda..."

Di nuovo? L'avevo davvero fatto di nuovo! Ma cosa diavolo mi stava prendendo? Di tutti i tavoli che potevo scegliere, e quelli della biblioteca erano praticamente infiniti, proprio quello vicino alla Mezzosangue. Non contento di spiarla da lontano, poi, avevo anche fatto una figura di merda non sapendo come rispondere alla sua domanda. Che poi in realtà la risposta era ovvia, ora che ci pensavo, ma allora non lo era stata né per la mia bocca né per il mio cervello.
Non riuscivo a smettere di pensare a quel pomeriggio, mentre camminavo per il corridoio con Mandy al mio fianco. Per calmarmi continuavo a ripetermi che era stata tutta colpa di quella dannata missione: mi rendeva sempre nervoso, suscettibile, un po' fuori fase. Poi ci si metteva anche lei, che sembrava facesse di tutto per mettermi in difficoltà con quel suo comportamento così poco affabile. Non che io le avessi mai dato motivo di essere gentile con me, e non me ne rimproveravo, ma un minimo di collaborazione sarebbe stata gradita. In fondo eravamo sulla stessa barca, anche se lei ancora non lo sapeva.
- Draco… d-dove stai andando? - mormorò Mandy con voce incerta, guardandomi confusa. La sua voce mi risvegliò e mi resi conto di avere la mano sul pomello della porta dell'aula di Trasfigurazione. Ero tornato indietro?
- Cazzo! - esclamai, - Non ti è per caso saltato in mente di dirmelo un po' prima? E' mezz'ora che camminiamo! - dissi acido, facendola arrossire e indietreggiare leggermente. Era una bella ragazza, anche piuttosto intelligente, dicevano. Erano giorni che Blaise cercava di convincermi a portarmela a letto, ma io avevo sempre ribattuto che avevo altro a cui pensare in questi giorni. Il che era vero, ma magari avrei potuto farlo proprio per far riposare per un po' il mio cervello, per staccare un po' la spina.
Al diavolo, avevo o no sedici anni? Mi voltai lentamente, poi fissai i miei occhi nei suoi.
- Scusami, sono un po' nervoso, ultimamente… - sussurrai, avvicinandomi lentamente a lei. Mandy, le mani strette a pugno, mi fissava con gli occhi spalancati. Senza distogliere lo sguardo, fece un altro passo indietro, arrivando a toccare il muro con la schiena.
- Mi perdoni? - chiesi, con un sorriso sulle labbra, mentre continuavo a camminare. Quando mi trovai a pochi centimetri dal suo volto, appoggiai il palmo della mano al muro, sopra la sua spalla. Vidi la sua paura sciogliersi nei miei occhi e seppi di aver vinto, ancora una volta. Mi prese la cravatta con la mano e mi attirò più vicino, stordita dalla lentezza con cui mi avvicinavo a lei...

- Verrai a vedere la partita, domani? - mi chiese speranzoso Cedric, mentre camminavamo uno accanto all'altra.
Stavano succedendo cose strane, quella sera.
Prima di tutto Malfoy se ne era andato tenendo per mano la Corvonero (si, è diventata "la Corvonero"). Anche se a pensarci bene, non era una cosa così strana, dato che Malfoy piaceva più o meno a tutte e non si era fatto mancare mai nulla in fatto di ragazze. Allora, per essere corretti, diciamo che più che altro mi aveva provocato una strana sensazione, indefinita, che non ero ancora riuscita a classificare tranne per il fatto che non fosse piacevole.
La seconda cosa strana (che dopo tutto ciò sarebbe… la prima?) era che Cedric ci stava palesemente provando con me da circa venti minuti. Per carità, un bel ragazzo, ma… io non avevo idea di come comportarmi in queste situazioni, non mi ci ero mai trovata. L'unico che aveva avuto qualche reale interesse nei miei confronti era stato Ron, che ne sapeva ancora meno di me su come corteggiare una ragazza. Oltretutto, mi resi conto, dovevo ancora decidere se mi piacesse oppure no. Da qualche parte mi era sembrato di leggere che queste non sono cose che si decidono, se una persona ti piace lo capisci subito, senza dover stare lì a rimuginarci troppo. Ma io ero sempre stata diversa dalle altre, magari anche in questo caso dovevo pensare, contare i pro e i contro e giungere ad una conclusione razionale. Nel frattempo, cosa diavolo avrei dovuto fare?
- Hem, non saprei… Io… i compiti e poi… - balbettai, assumendo un colorito preoccupante mentre mi fissavo le scarpe. Cedric mi guardò con lo sguardo acceso e poi mi dimostrò che ridere di me era diventata una moda, non più una prerogativa di Malfoy.
- Ti ho forse messo in imbarazzo? - chiese, calmandosi un attimo ma mantenendo un sorriso stampato sul volto.
- Oh no! - mi affrettai a rispondere, non risultando però molto credibile dato che non riuscivo ad alzare lo sguardo dal pavimento.
- Facciamo così, la partita è di sera. Pensaci. - mormorò avvicinandosi leggermente mentre continuavamo a camminare. Tra una chiacchiera imbarazzante e l'altra, mi resi conto che svoltando l'angolo saremmo tornati al punto di partenza, da cui poi avremmo dovuto dirigerci verso il secondo piano. Tuttavia, non avevo idea che la serata si sarebbe rivelata ancor più movimentata.
- Malfoy… cosa diavolo?… - sbraitai, senza un minimo di contegno. Quel viscido verme era a mezzo centimetro dal volto della Corvonero che dal canto suo era palesemente in brodo di giuggiole. Non appena i miei ultrasuoni avevano raggiunto le sue orecchie si era allontanato di scatto, voltandosi e lanciandomi uno sguardo colpevole. Lei, invece, era rimasta appiccicata al muro e aveva poggiato una mano sul cuore, chiudendo gli occhi. Cedric, accanto a me, guardava la scena senza scomporsi minimamente: evidentemente aveva già immaginato che sarebbe potuto succedere (dunque avrei dovuto aggiungere "sveglio" alla lista dei PRO). Malfoy distolse lo sguardo da me, si lisciò la camicia già perfettamente stirata e recuperò il suo contegno ordinario.
- Sempre nei momenti più opportuni, vero Mezzosangue? - mormorò calmo, gli occhi fissi sulle sue mani mentre rimetteva apposto il nodo della cravatta.
Non riuscivo a spiccicare parola, ero così arrabbiata! Sentivo il cuore battere in maniera assolutamente innaturale, gli occhi si erano stretti fino a diventare due fessure e, mi resi conto dal dolore sul palmo della mano, avevo le dita piegate con forza a pugno. Chiusi gli occhi qualche secondo, tentando di rilassarmi. In fondo, cosa c'era da infuriarsi tanto? Magari non avrebbe dovuto farlo durante il turno di guardia, ma alla fin fine non era morto nessuno, no? Continuavo a ripetermi queste cose, ancora e ancora, ma la rabbia non passava. Alla fine, optai per reprimerla bruscamente.
Quando riaprii gli occhi, Mandy sembrava essersi ripresa, o almeno pareva che riuscisse a reggersi in piedi senza svenire. Con passo svelto si allontanò da Malfoy e si posizionò accanto a Cedric, evitando di guardare chiunque negli occhi.
- Bene. - dissi, senza neanche accorgermene, muovendo qualche passo in avanti verso il biondino. Quando mi avvicinai alzò gli occhi dalla cravatta, osservando i miei movimenti con espressione indecifrabile. Senza esitare continuai a camminare, presi un profondo respiro e lo oltrepassai, sentendo il suo sguardo che mi seguiva.  
- Direi che potete finire anche da soli, mancano tre piani e voi siete tre. A domani. - gridai con una voce che a malapena riconobbi come mia, svoltando l'angolo per dirigermi verso i Dormitori. Ma, a quanto pareva, non era destino che quella serata finisse. Dietro di me rimbombavano dei passi svelti, sempre più vicini.
- Ti vuoi fermare? - mi urlò dietro Malfoy, con tono perentorio.
- Ti sembra che io abbia voglia di parlare con te? - sibilai, più acida che mai, senza voltarmi.
- Peccato che a me non importi niente che tu ne abbia voglia o meno, Granger - rispose, terribilmente vicino, prendendomi per un polso e facendomi girare verso di lui. Presa alla sprovvista, l'unica cosa che mi venne da fare fu aprire la bocca per dire qualcosa, ma non ne uscì alcun suono. La richiusi subito, evitando, ovviamente, di guardarlo negli occhi. Ritentai.
- Mi stai facendo male - mormorai, puntando gli occhi sulla sua mano, ancora stretta sul mio polso. Non appena pronunciai queste parole si allontanò come se si fosse scottato. Dopo qualche secondo fu lui a rompere il silenzio.
- Si può sapere cosa ti è preso? - domandò indagatorio, cercando di raggiungere i miei occhi con i suoi, senza successo. Respiravo più regolarmente, ora che non avevo anche Mandy sott'occhio. Recuperai un po' del mio contegno, alzai lo sguardo e lo osservai, prima di rispondere.
- Sei un prefetto. Quello che avresti dovuto fare sarebbe dovuto esserecontrollare che nessuno fosse in giro a quest'ora, non pomiciare per i corridoi. - dissi lentamente, cercando di mantenere la mia voce neutra per non far trasparire la rabbia che, mi rendevo conto, era veramente eccessiva.
Lui scoppiò a ridere di gusto, il che mi fece innervosire ancora di più. Cominciavano a prudermi le mani…
- Bene, ridi pure, io me ne vado. - affermai a testa alta.
- No, non credo. - rispose lui improvvisamente serio, afferrandomi per la vita con una mano per stringermi a se e baciarmi. 
Cosa diavolo?...
Rimasi immobile, shoccata, stupefatta, e non so cos'altro. Poi lui si staccò. Gli diedi uno schiaffo, forte, improvviso, non previsto e scappai, lasciandolo lì a massaggiarsi una guancia. 



Ciaaaao, sono sempre io. :3
Volevo solo ringraziare chi mi segue e in generale chi mi legge! :D 
Spero vi sia piaciuto, se vi va recensite *-*

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Capitolo 8
*** Mai pensare troppo, prima di andare a dormire... ***


But it's like no matter what I do, I can't convince you, to just believe
this is real
So I let go, watching you, turn your back like you always do
Face away and pretend that I'm not
But I'll be here 'cause you're all that I got

Linkin Park, "Faint"


Capitolo 8, "Mai pensare troppo, prima di andare a dormire..."

Mormorai la parola d'ordine alla Signora Grassa e mi infilai velocemente nella Sala Comune, le lacrime che cominciavano a minacciare di uscire già da qualche minuto.
- Herm! Sei tornata presto allora! - cinguettò Ron, alzandosi dal divano per venirmi incontro. Ci mancava solo questo… Avevo davvero raggiunto il limite. Senza rispondergli mi fermai un attimo, chiusi gli occhi, trassi un profondo respiro e alzai una mano, il palmo aperto, per chiedergli di fermarsi. Ron mi guardò interrogativo, ma si bloccò.
Riaprii gli occhi e salii su per le scale che portavano al dormitorio delle ragazze, sbattendomi la porta dietro le spalle e chiudendola a chiave con la bacchetta. Ero finalmente sola.
Le lacrime cominciarono a sgorgare numerose, scendevano giù per le guance e cadevano sul pavimento di legno. Ero in piedi davanti alla porta, incapace di muovermi. Non riuscivo ad articolare un pensiero che fosse razionale, forse perché ciò che era appena successo non lo era affatto. Rivedevo in continuazione la scena nella mia testa, decine di volte. Possibile che un singolo bacio possa provocare tutto questo? Era stato un bacio semplice, morbido, caldo e non mi ero sottratta… perché non lo avevo allontanato subito? La risposta mi spaventava. No, non ero pronta per questo.
Oh, senza dubbio per lui era stata una serata proficua, ben due ragazze! Mi aveva baciata e per di più dopo averci già provato (ed esserci riuscito) con Mandy! Come… come si era permesso?
Una miriade di emozioni diverse mi frullava nel cervello, una sorta di enorme gomitolo composto da fili di diverso colore che non si riesce a sbrogliare. Ero arrabbiata, molto arrabbiata, ma anche nervosa, debole, stupita, emozionata, confusa e chi più ne ha più ne metta.
"Respira, Hermione, respira." continuavo a ripetermi, per cercare di riprendere il controllo. Dopo circa dieci minuti sentii che le mie gambe davvero non ce la facevano più a sorreggermi. Sentendomi incredibilmente pesante, quasi come nel sogno, mi trascinai fino al letto.
Il sogno! L'avevo quasi dimenticato. Ecco un altro problema che avrei dovuto affrontare, collegato per altro a ciò che era appena successo. Il Malfoy del sogno, però, era diverso da quello che mi aveva baciata (ancora facevo fatica a pensare a questa parola, posta tra il mio e il suo nome). Il ragazzo che avevo visto quella notte era gentile, disponibile, sereno, così diverso da quello "vero", tanto che, nonostante l'aspetto fosse indubbiamente il suo, anche il volto sembrava quello di un'altra persona. Il Malfoy di quella sera, invece, era quello di sempre, sarcastico, strafottente, ma allo stesso tempo più… più?… Non riuscivo a trovare una definizione. Questo perché, In realtà, non riuscivo a capire come avessi potuto permettere che succedesse una cosa del genere senza giustificarmi, senza trovare in lui qualcosa di diverso che avrebbe potuto motivare il fatto che… che mi fosse piaciuto. 

L'avevo fatto decine di volte, aveva sempre funzionato. Sempre. A volte mi ero dovuto impegnare un po' di più, a volte meno, ma non mi era mai capitato che la ragazza rispondesse ad un mio bacio con uno schiaffo. E poi il dolore… sentivo la guancia sinistra pulsare, terribilmente. Possibile che un singolo bacio potesse averla infastidita a tal punto?
Mi era successo davvero poche volte nella mia vita: non sapevo cosa fare. Tornare indietro, non se ne parlava. Finire la perlustrazione? Neanche. Tornare alla Sala Comune? Era presto, ci sarebbero sicuramente stati Blaise e Theodore a fare baldoria e avrei dovuto inevitabilmente raccontargli la storia che si nascondeva dietro la mia guancia rossa. Dannata Mezzosangue! Come diavolo mi era venuto in mente di baciarla? Il problema era che non ci avevo affatto pensato, non era nei piani, nulla di tutto ciò. Avrei dovuto semplicemente lasciare che mi oltrepassasse, con indifferenza, senza fare tutta quella scenata. Cos'era cambiato, dagli anni precedenti? Lei era sempre la stessa, una insopportabile so-tutto-io, acida, pronta a rispondermi a tono, amica di quegli idioti di Potter e Weasley. Non potevo… no, non potevo permettermi di baciarla. Soprattutto considerando che dovevo ancora parlarle seriamente, informarla della missione. Non era una che avrei potuto portarmi a letto, per gioco, e poi mollare alla sua vita di sempre.
Cazzo, cosa avrei dovuto fare, ora? "Pensa Draco, pensa".
Presi un respiro profondo e mi stampai in faccia l'espressione che avevo portato come una maschera per tutta la mia vita, l'indifferenza. Con passo sicuro mi diressi verso l'infermeria, sgattaiolando dentro dopo essermi assicurato che fosse vuota. Ero già stato lì molte volte, di nascosto, per prendere dei rimedi per il dopo sbronza, i forti mal di testa e cose del genere. Frugai nell'armadietto delle scorte fino a trovare un gel, lo stesso che avevo usato su Blaise quando, allenandosi a Quidditch, aveva preso una botta sul braccio. Lo spalmai velocemente sulla guancia, sentendo il bruciore sparire con immenso sollievo. Non potevo andare in giro per la scuola con cinque dita stampate sulla faccia…
Risolto questo problema uscii fuori dall'infermeria e mi diressi verso i sotterranei. La Sala Comune era piena di persone, chi intento a fare i compiti (senza riuscirsi minimamente) e chi intento ad affogare le preoccupazioni nell'alcool (e non solo). Tra questi ultimi Blaise, con una bottiglia di Burrobirra in una mano e l'altra tra i capelli di una biondina del terzo anno, troppo occupato ad infilarle la lingua in bocca per notarmi. Theodore non c'era. No, lui era più silenzioso, più discreto, probabilmente era a leggere un libro da qualche parte.
Approfittando della situazione mi feci largo tra la gente e raggiunsi i dormitori, ancora vuoti. Mi spogliai meccanicamente, rimanendo solo con i boxer, e mi sedetti sul letto, i gomiti sulle ginocchia e le mani tra i capelli.
Lei non si era staccata, mi venne in mente all'improvviso. Non mi aveva allontanato. Mi aveva baciato, nonostante ciò che era successo dopo. Possibile che la cosa di cui mi pentissi di più di tutto ciò che avevo fatto quella dannata sera, fosse l'essermi allontanato troppo presto dalle sue labbra?

Quando mi svegliai, la mattina dopo, avevo un terribile mal di testa e mi sentivo indolenzita dalla testa ai piedi, come se la tensione mi avesse accompagnato per tutta la notte. Il che probabilmente rispecchiava esattamente ciò che era accaduto. Con fatica mi alzai a sedere, appoggiando le mani sul materasso e scivolando giù dal letto lentamente. Era presto, erano ancora tutte a dormire. Cercando di fare il più silenziosamente possibile presi la divisa e mi diressi verso il bagno per cambiarmi e lavarmi.
Un quarto d'ora dopo ero pronta, a preparare la cartella. Sgattaiolai fuori dal dormitorio e dalla Sala Comune, camminando a passo svelto verso la Sala Grande per fare colazione. La grande stanza era piena a malapena a metà, per la maggior parte di studenti che non erano riusciti a fare i compiti il pomeriggio e si erano alzati presto per rimediare. Tra questi, Ron Weasley. Era davvero molto presto per doversi accingere a risolvere questo tipo di problemi…
- 'Giorno… - mormorò incerto il rosso, mentre posavo la borsa sulla panca e mi sedevo davanti a lui. Mi osservava, in cerca di qualche indizio che potesse aiutarlo a risolvere il mistero della sera prima.
- Ciao Ron! - salutai, cercando di risultare il più allegra possibile. - Vorrei scusarmi per ieri sera, ero nervosa e la ronda è stata un disastro - dissi, evitando di scendere troppo nei particolari.
- Ah, ok… Colpa di Malfoy, scommetto! - affermò, più rilassato. Sentendo quel nome sussultai appena e sentii una voglia di prendere a pugni qualcosa (o qualcuno) davvero incredibile. La repressi all'istante e sorrisi.
- Si, beh, anche colpa sua, ma non ha fatto niente di che. Solo snervante come al solito. - dissi, senza lasciar trapelare alcuna emozione particolare, con il sorriso ancora stampato falsamente sul volto. Ron non si accorse di niente o, forse, non aveva voglia di indagare più a fondo. Io approfittai del silenzio per prendere il suo tema e correggerlo, interrompendolo con la scusa di dovermi concentrare ogni volta che apriva bocca.
- Ok, finito, ora ti consiglierei di ricopiarlo, hai ancora un po' di tempo. - gli dissi, riconsegnandogli le pergamene e prendendo un toast imburrato. Ron annuì, tirò fuori la penna e il calamaio e si alzò per andare a prendere in prestito un foglio da un Corvonero poco distante.
Ero intenta a spalmare della marmellata di fragole sul pane quando un piccolo gufo mi planò vicino e mi porse la zampa con legato un bigliettino. Sorpresa, allungai la mano e slegai il laccio, prendendo il pezzo di carta piegato in quattro e aprendolo. 

Devo parlarti. Non è una richiesta, è una necessità. 
Alle 13.00 davanti l'aula di Trasfigurazione. 

Lo lessi tre o quattro volte senza capire il reale significato delle parole. Scrollai la testa e la quinta fu quella buona.
Non era firmato, ma non molti si sarebbero rivolti a me in quel modo, e poi il luogo la diceva lunga. Ero terrorizzata all'idea di trovarmi di nuovo da sola con lui, ma ero anche molto, molto arrabbiata. Inutile prendersi in giro, avevo già deciso: ci sarei andata. 

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Capitolo 9
*** E' tutta una questione di scelte. ***


Capitolo 9, "E' tutta una questione di scelte."

Harry era arrivato tardi per fare colazione, così, appena entrato in Sala Grande, io lui e Ron ci eravamo diretti subito verso l'aula di Incantesimi, dove avremmo dovuto passare le successive due ore. Il Bambino Sopravvissuto teneva gli occhi bassi, come se avesse temuto che alzandoli avrei potuto leggerci ciò che mi stava nascondendo. Tutto inutile, già immaginavo di cosa si trattasse, ma non era il momento di parlarne con lui. Era bello, comunque, avere di nuovo qualcuno con cui parlare del più e del meno, senza troppe preoccupazioni.
- Bene, ragazzi, sedetevi per favore. Siete tutti? Si? - cinguettò sorridente Vitious, in piedi davanti la cattedra, alta una o due spanne più di lui. L'aula si era riempita, così il professore continuò.
- Oggi ci eserciteremo con l'incantesimo di duplicazione. Guardate bene il movimento della mia mano, che dovrete imitare per poter avere successo. - disse, facendo volteggiare armoniosamente la sua mano nell'aria. - Bene, bene, non è così difficile. - aggiunse, poi continuò - Il movimento dovrà essere accompagnato dalla formula "Geminio". Ripetete tutti insieme, per favore. - La classe intonò la formula, chi prima chi dopo. Innanzitutto avremmo dovuto provare a duplicare una piuma, un oggetto meno consistente e dunque più semplice, poi un gioiello e infine un animale (tutto ciò nel corso di due o tre lezioni).
Mezz'ora dopo otto piume erano sul mio banco, accompagnate da un - Dieci punti per Grifondoro! Benissimo, signorina Granger! -. Harry, invece, aveva collezionato una piuma e mezza, mentre Ron guardava in cagnesco la sua, ancora sola soletta, adagiata sul legno del tavolo.
Al termine delle due ore quasi tutti erano riusciti nell'incantesimo, con grande soddisfazione del professor Vitious. Presi le mie cose e insieme agli altri due uscii dall'aula in fretta, dato il poco tempo con cui dovevamo raggiungere la serra di Erbologia.
- Hermione! Buongiorno! - mi salutò Cedric, allegro, aiutandomi a raccogliere i libri che mi erano caduti nell'impatto contro di lui. Gli sorrisi e divenni immediatamente rossa. Per nasconderlo mi piegai e acciuffai qualche pergamena, buttandola nella borsa. Lui mi guardò come in attesa di qualche risposta, poi una volta capito che non sarebbe arrivata continuò.
- Hai… hai deciso? Per stasera, dico. - mormorò, per non farsi sentire da altri ed evitare di mettermi ulteriormente in imbarazzo. Io mi ero totalmente dimenticata. Tuttavia, pensai, poteva essere una buona occasione per far capire a Ron che non ero interessata e magari avrei potuto anche passare una bella serata. Non ero appassionata di Quidditch ma era abbastanza divertente e mi avrebbe rilassato un po', facendomi dimenticare tutto il resto. O almeno così pensavo.
- Io… si, vengo. Alle sette, giusto? - chiesi, ficcando l'ultima penna nella borsa e alzandomi in piedi, incontrando il suo sguardo.
- Si, alle sette. Puoi aspettarmi fuori dagli spogliatoi quand'è finita, se ne hai voglia. - disse, speranzoso, con un grande sorriso stampato sul volto. Harry e Ron, nel frattempo, mi guardavano a bocca aperta.
- Ok, a dopo. - lo salutai, e li raggiunsi evitando di incrociare i loro sguardi. Tutto inutile, ovviamente!
- Hermione cosa?… - cominciò Ron, girato, gli occhi che ancora indugiavano sul Tassorosso che entrava nell'aula di Incantesimi circondato dagli amici.
- Esci con Diggory? - mi chiese Harry, interrompendo l'amico, con più naturalezza di quanto mi fossi aspettata.
- Si, beh, mi ha invitata a vedere la partita, stasera… Non sapevo come dirgli di no così ho pensato che non c'era niente di male… No? - borbottai velocemente, cercando con gli occhi l'approvazione di Harry ed evitando la delusione in quelli di Ron. Mi dispiaceva, davvero, ma non potevo dargli corda se non ero interessata, non incarnavo quel tipo di ragazza che solo per avere più ammiratori si lascia tutte le porte aperte.
- Direi di no. - disse Harry, sorridendomi cauto e spostando impercettibilmente gli occhi verso il rosso, silenzioso, poco dietro la sua spalla destra. 

- Lo sapevo che c'era qualcosa che non andava, era da un po' che ci pensavo - mormorò Blaise annoiato, dopo aver ascoltato il mio resoconto della serata prima. Non ce l'avevo fatta a tenermi tutto dentro, alla fine. Ero stato combattuto fino all'ultimo. Direi che non era stato affatto facile, per uno come me, dire al proprio amico purosangue da generazioni di aver baciato una (o la?) mezzosangue nel mezzo di un corridoio, senza nessuna particolare ragione né premeditazione.
- Che cosa vuoi dire? - sibilai, addentando un toast per sfogare la mia frustrazione. Non ero voluto scendere in Sala Grande per fare colazione, non avevo voluto vederla, non ancora. La Sala Comune a quell'ora era vuota, così me ne stavo sbracato sulla poltrona accanto al fuoco con un vassoio di roba da mangiare appena portato da un elfo domestico piuttosto coraggioso, uno dei pochi che non aveva ancora paura di me e delle mie sfuriate.
- Voglio dire che questa missione sta avendo una strana influenza su di te e su ciò che pensi di lei - mi disse, lo sguardo saggio puntato su di me, in attesa di una qualche reazione. Oh, no, non avrei ancora ammesso niente del genere, così non risposi alla sua provocazione.
- La biondina di ieri sera? - domandai indifferente, continuando a mangiare. Spostò lo sguardo sulla Gazzetta del profeta, che aveva tra le mani e cominciò a sfogliarla svogliatamente.
- Niente di che, semplicemente… troppa astinenza fa male. Non tanta da scegliere una mezzosangue, ancora. - sogghignò, malizioso, senza distogliere lo sguardo dal giornale. Lo guardai con l'intento di incenerirlo con lo sguardo, ma purtroppo non funzionò.
- Dopo questa cazzata finale direi che posso anche andare! - ringhiai, prendendo il maglione e la borsa ed uscendo dalla Sala Comune seguito dalla sua risata.
Blaise non era stato molto esplicito su cosa ne pensasse di quello che era successo, ma in compenso mi sentivo molto ma molto più leggero. Non potevo più rinviare, comunque, dovevo assolutamente parlare e togliermi un altro peso, altrimenti presto sarei crollato. Infilai il maglione invernale, con le maniche bordate in verde e argento e mi diressi verso la Guferia. 

La lezione di Erbologia passò piuttosto in fretta. Mancava un'ora all'appuntamento e avevo a malapena il tempo di pranzare. Risalimmo la collina, il vento freddo che si insinuava tra le sciarpe tirate sul volto.
- Hai più sentito Sirius dall'inizio della scuola? - chiesi a Harry. Avevo saputo da Ron che aveva passato parte delle vacanze estive a Grimmauld Place, a fare compagnia al suo padrino. Purtroppo lui era ancora un ricercato e sulla casa dei Dursley vigeva l'incantesimo di Silente, dunque non avrebbe potuto trasferirsi da lui definitivamente fino a che la minaccia Voldemort non fosse stata sedata.
- Si, ci scriviamo più o meno una volta ogni due giorni. - disse Harry, voltandosi verso di me con fare allegro. - Dice che si annoia, senza di me. - continuò, orgoglioso. Ron, in disparte, non volle prendere parte alla conversazione.
- Si, beh è normale che senta la tua mancanza, ma ci sono così tante cose da fare! Può mettere apposto la casa, ad esempio, oppure leggere, c'è una grande libreria in quella casa, oppure… - cominciai, pronta a fare un elenco di tutto quello che Sirius avrebbe probabilmente detestato.
- Herm, lo sai che non è tipo - mi interruppe Harry, sorridendo. - Piuttosto, mi ha detto che dalla settimana prossima Lupin sarà lì spesso, insieme a Tonks e una sua amica fidata. - disse, con voce maliziosa, prima di aggiungere - credo che lo vogliano accasare! - e scoppiare a ridere.
- Non per disturbarvi, ma io starei congelando, se vi va di entrare… - borbottò Ron freddamente, tenendo aperta la porta per permetterci di entrare. Evitai di incontrare il suo sguardo e mi infilai dentro, accolta da un immediato calore.
Mangiai molto in fretta e mezz'ora dopo mi inventai di dover cominciare subito i compiti per non rimanere indietro (scusa plausibilissima), alzandomi e dirigendomi verso l'aula di Trasfigurazione. I corridoi erano semivuoti, tutti erano a pranzo o in Sala Comune, godendosi la pausa dalle lezioni. Camminavo a passo svelto, con mille pensieri in testa. Non sapevo a cosa stavo andando incontro, non avevo pensato a cosa avrebbe potuto dirmi, a quello che avrei voluto dirgli io… Era stato tutto piuttosto istintivo. Adesso, però, mi sentivo morire. Cosa avrei dovuto dirgli, quando neppure io sapevo esattamente cosa provavo?
- Sbrigati, entra, Granger - mi apostrofò Malfoy, tenendomi aperta la porta dell'aula e guardandomi preoccupato. Io sussultai nel sentire la sua voce ma non me lo feci ripetere due volte: sarebbe stato compromettente parlare così, in mezzo al corridoio.
Una volta dentro, mi tolsi la borsa dalle spalle e la poggiai su una sedia, mentre un clic mi informava che ero chiusa a chiave in una stanza, da sola, con lui. Solo la rabbia mi permise di rimanere lucida e di non panicare. Mi voltai lentamente e lo vidi ancora girato verso la porta, con gli occhi chiusi, mentre sembrava si accingesse a fare una cosa molto complicata e che necessitava della massima delicatezza.
Strano a dirsi, ma Malfoy era in difficoltà. 

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Capitolo 10
*** Mi mancano solo perline e scialle... ***


Healed, or are you still just reeling?
Are you fine? Have you found a way to escape?
Are you here, just because I need you?
Can we hole up, a big freeze is heading our way.
Hear me. What words just can’t convey.
Feel me. Don’t let the sun in your heart decay.

Muse, "Big Freeze"


Capitolo 10, "Mi mancano solo perline e scialle..."

- Cos'è, ti hanno mangiato la lingua Malfoy? - sibilai, appoggiata contro un banco da qualche minuto in attesa che il biondino parlasse. Lui non rispose neppure alla mia provocazione, il che era davvero, davvero strano.
Non avevo intenzione di avvicinarmi a lui, non sapevo cosa sarebbe potuto succedere dato che già a debita distanza sentivo una sorta di strana tensione tenerci compagnia.
- Siediti. - disse, con una voce che non ammetteva repliche, girandosi verso di me. Il suo sguardo era indecifrabile, come se tutto quel tempo gli fosse servito per costruire una maschera abbastanza spessa da poter resistere a qualsiasi tentazione o emozione. Guardandolo in cagnesco spostai una sedia e mi sedetti, le gambe incrociate, in attesa.
- Non voglio parlare di quello che è successo ieri sera, è una cazzata, non si ripeterà. - mormorò, le mani in tasca, appoggiato al muro accanto alla porta. Aveva girato la testa, prima di cominciare a parlare, fissando i suoi occhi su un punto indefinito, molto lontano da me. Le sue parole mi presero alla sprovvista. Non che non avessi immaginato un qualcosa del genere, ma pensavo che l'avrebbe tirata per le lunghe, infarcito il suo discorso di numerosi insulti... una cosa alla Malfoy insomma. Invece sembrava cercasse di accantonare queste futilità per parlare di qualcosa di più importante. Cos'altro avevamo a che spartire io e lui?
- Vorrei ben vedere, direi che ci ero arrivata anche da sola! Posso andare? - sbraitai, alzandomi e sporgendomi un po' verso di lui per la foga di rispondere.
- Ti ho detto di sederti, Granger! - rispose alzando la voce, la sua maschera leggermente incrinata dalla rabbia. Rimasi immobile per qualche secondo a guardarlo ricomporsi, riprendere il suo atteggiamento freddo e distaccato. Che cosa diavolo stava succedendo?
- Non hai nessun diritto di dirmi cosa devo o non devo fare - dissi con lentazza, sottolineando acidamente ogni parola e rimanendo cocciutamente in piedi, i pugni stretti.
- Per favore, Granger - mormorò, mentre un lampo di preoccupazione balenava nei suoi occhi azzurri. Per favore? Io, gli occhi spalancati, mi reggevo con le mani al banco dietro di me. Ero pronta a reagire ad un commento acido ma non ad un gesto del genere. Stava succedendo qualcosa di davvero strano e la cosa peggiore era che non avevo alcuna teoria al riguardo, nulla su cui concentrarmi, niente che potessi tentare di risolvere con la logica e la razionalità. Feci un passo indietro, indecisa, e mi sedetti di nuovo, le mani in grembo e il cuore che non voleva saperne di rallentare.
- Silente mi ha chiesto di parlarti - borbottò qualche secondo dopo Malfoy, cercando con tutte le sue forze di mantenere un contatto visivo sebbene ogni suo movimento sembrasse tradire la necessità di abbassare lo sguardo.
- Silente?… - bisbigliai io, più a me stessa che a lui. Il preside non aveva mai avuto peli sulla lingua e, ne ero convinta, se avesse avuto bisogno di riferirmi qualcosa mi avrebbe convocata nel suo ufficio! Anche se, a pensarci bene, non avevo avuto molti colloqui privati con lui: di solito era Harry a riferirmi le cose importanti, ciò che avrei dovuto sapere per aiutarlo. Questa era sempre stata la normalità.
- Si, hai presente il vecchio con la barba lunga e bianca che fa discorsi strappalacrime? - sogghignò Malfoy, che sembrava aver ritrovato il suo sarcasmo anche troppo in fretta. Attese qualche secondo che reagissi, inutilmente, poi ricominciò a parlare. - All'inizio di quest'estate c'è stata una riunione di ex mangiamorte, a casa mia - mormorò lentamente, osservando il mio volto confuso con apprensione.
- Non capisco perché tu mi stia dicendo questo… - dissi, con voce incerta, prima di essere interrotta.
- Ora ci arrivo, Granger. Dicevo c'è stata una riunione, durante la quale è stato chiesto a mio padre di scegliere una strada, di decidere da che parte stare, entro la fine dell'estate. Il Signore Oscuro era uscito allo scoperto e, gli fecero capire, era sotto la protezione di qualcuno di loro. -
Non sapevo cosa pensare. Si stava confidando con me? Interdetta, rimasi in ascolto, immobile.
- Mio padre era molto vicino al Signore Oscuro, prima della notte di Potter. Tuttavia, gli confermarono, il Signore Oscuro aveva sempre avuto delle riserve nei suoi confronti, non si era mai fidato completamente, così quando gli chiesero di prendere una decisione introdussero una clausola. Ovviamente, se non avesse più voluto essere un Mangiamorte, sarebbe stato ucciso, questo non ci fu neanche bisogno di dirlo. In caso contrario, gli fu richiesta una sorta di assicurazione per la sua fedeltà. -
Gli occhi di Malfoy finirono per abbassarsi, mentre la sua espressione rimaneva neutra. Mi domandai quanta concentrazione gli costasse tutto questo, quanto a lungo si era allenato per riuscire a rimanere così infinitamente distante dalle sue parole da concedersi a malapena di spostare lo sguardo per qualche secondo.
- Cosa gli hanno chiesto, in cambio? - mormorai con voce tremante, spaventata dalla risposta che si faceva largo nel mio cervello. Malfoy alzò di nuovo lo sguardo, deciso, prima di rispondere.
- Me. - disse, con voce piatta, slacciando velocemente i bottoni della manica sinistra della camicia per poi tirarla su fino al gomito. La sua pelle era segnata da un teschio nero, un serpente che fuoriusciva dalla bocca. Non riuscii a reprimere un gemito spaventato, mentre portavo le mani alla bocca. Aveva soltanto sedici anni! Era un ragazzino! Come avevano potuto permetterlo, i suoi genitori?
Fece ricadere il braccio al suo fianco. I suoi occhi mi scrutavano, senza aprire bocca. Lentamente, mi alzai dalla sedia, reggendomi con le mani sul tavolo accanto a me. Feci qualche passo verso di lui e con una mano presi il suo braccio sinistro, spaventata. Non ero ancora in grado di capire cosa stesse realmente succedendo, ma in quel momento non stavo pensando. Semplicemente, seguivo istintivamente i dettami dei miei muscoli, facevo quello che mi veniva naturale fare. Con la mano destra gli afferrai il polso delicatamente, riportando alla vista il Marchio Nero. Nel frattempo, cercavo qualcosa di giusto da dire. Malfoy non aveva fatto una piega, se non un piccolo sussulto quando il mio dito freddo aveva sfiorato la sua pelle, estremamente calda.
- Non sono davvero dalla loro parte - sussurrò al mio orecchio. - Mio padre ha deciso di stare con i buoni, questa volta, anche se solo per suo tornaconto personale. -
Un brivido scese lungo la mia schiena. Faceva terribilmente freddo lì dentro, ma ebbi la netta impressione che non fosse quello il motivo. Annuii debolmente, per fargli intendere che avevo capito.
- Sono una sorta di spia, a quanto pare - continuò. Mi allontanai leggermente, lasciando il suo braccio e osservando la sua maschera disfarsi pian piano.
- A quanto pare Silente pensa che io da solo non possa farcela. - disse, con un ghigno di disapprovazione sul volto, ma un'altra verità negli occhi.
- Perché io? - mormorai, dando voce a ciò che stavo pensando da quando aveva cominciato a raccontare. Lui alzò lo sguardo e mi guardò attentamente.
- Perché Silente pensa che tu sia una specie di sensitiva, tipo la Cooman. - disse, sorridendo beffardo e osservando la mia reazione.
- Che… Io?… Ma cosa?… - balbettai, riflettendo sulle sue parole alla velocità della luce. - Non è assolutamente possibile! Io sono una persona razionale e non ho niente a che fare con sfere di cristallo o scarti di tè! - urlai, frustrata da quella situazione. - Silente si è sbagliato e non capisco su che base abbia ipotizzato una cosa del genere! -
Malfoy sogghignava mentre urlavo e sbraitavo contro Silente, contro di lui, contro la Cooman e i suoi "dannati occhiali da gufo". Quando cominciò ad annoiarsi, parecchi minuti dopo, mi interruppe e riprese la parola.
- Non ti capita di fare sogni strani, Granger? O di avere delle sensazioni particolari riguardo delle persone? - chiese, di nuovo serio, parlando a voce alta per coprire i miei vaneggiamenti. Mi zittii all'istante, e tentai di ricordare qualcosa del genere.
- Silente mi ha raccontato che prima del Torneo Tremaghi hai sognato un cimitero, non è così? Secondo quanto dice di aver scoperto il vecchio, è lì che la passaporta avrebbe portato Potter. - mi venne in aiuto lui, con un tono saccente. - E durante la prima lezione con Malocchio, hai sentito subito che in lui c'era qualcosa che non andava, hai notato il tic, inconsciamente. Io non so se Silente ha ragione oppure no, ma a quanto pare il tuo aiuto mi sarebbe indispensabile - aggiunse, alzando gli occhi al cielo, non credendo alle sue stesse parole. - Ah e ovviamente bisognerà coinvolgere anche Potty e Weasel - ringhiò, con sguardo schifato.
Non riuscivo ad articolare alcun suono. Avevo la bocca terribilmente asciutta, la gola secca e un peso sullo stomaco. Non potevo confutare le sue parole, cosa avrei dovuto dire?
- Io… - sussurrai, gli occhi ancora spalancati, uno strano cerchio alla testa. Posai una mano sul tavolo, tentando di sorreggermi. Mille pensieri mi vorticavano in testa, nessuno dei quali si potesse distinguere dall'altro. 

Poi il nero più assoluto. 

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Capitolo 11
*** Un po' di chiarezza. ***


Capitolo 11, "Un po' di chiarezza."

La testa mi pulsava terribilmente, ma almeno non sentivo più quel freddo persistente. Ero avvolta da un calore rassicurante e circondata da qualcosa di estremamente morbido. Sentivo le palpebre pesanti e avevo la netta impressione che se avessi aperto gli occhi non sarei riuscita a sopportare la luce. Mi mossi leggermente, e mi resi conto di essere in un letto.
- Era ora. - mormorò una voce alla mia destra. Sentendolo parlare mi ritornò in mente tutto ciò che era successo, tutto quello che mi aveva detto. Mi misi a sedere di scatto, portando una mano sugli occhi e aprendoli lentamente. La stanza era semibuia, le tende tirate, l'infermeria vuota.
- Cos'è successo? - chiesi, la voce impastata dal sonno ed incerta. Girai la testa e vidi Malfoy seduto su una sedia accanto al mio letto, i piedi appoggiati sulla testiera di quest'ultimo. Nonostante l'oscurità si riuscivano a distinguere perfettamente i suoi occhi stanchi e i suoi capelli, stranamente spettinati.
- Sei svenuta, Mezzosangue - rispose svogliatamente, lanciandomi un'occhiata veloce per poi chiudere gli occhi. Teneva le mani sul petto, i gomiti appoggiati ai braccioli della sedia. Sembrava che fosse lì da molto tempo.
- Da quanto? - incalzai, beccandomi un sonoro sbuffo dal biondino. Poggiai le mani dietro la schiena e feci pressione per tirarmi più su, appoggiando la schiena al cuscino.
- Circa tre ore… - borbottò, osservando i miei movimenti come se si aspettasse di vedermi svenire un'altra volta. - Ricordi tutto, vero? Non vorrei dovermi ripetere… - aggiunse qualche secondo dopo.
- Certo che mi ricordo! - dissi, offesa dal suo atteggiamento nei miei confronti. Non ero una pappamolle, era normale non sentirsi tanto bene dopo tutto quello che mi aveva detto, no?
- Bene, perché Silente vuole vederti. - mormorò, tra uno sbadiglio e l'altro, accigendosi ad alzarsi dalla sedia con estrema lentezza. - Sono rimasto solo per avvertirti. - precisò, con sguardo indifferente.
- Figuriamoci… - borbottai, osservandolo mentre si rimetteva il maglione poggiato sul letto. Un brivido mi percorse la schiena e tirai più su le coperte, rendendomi conto solo in quel momento che mi avevano spogliata e mi avevano messo il pigiama.
- Chi…? - cominciai, osservando il cotone blu delle maniche con occhi sgranati.
- Credi davvero che io avrei il coraggio di spogliarti, Mezzosangue? E' stata l'infermiera. - ringhiò Malfoy, con sguardo offeso.
- Ok, ok scusa tanto! - mormorai, versandomi dell'acqua nel bicchiere sul comodino accanto a me.
- Io vado. Ci vediamo stasera per la ronda… vedi di non crollare tra le mie braccia un'altra volta, Granger. - sogghignò Malfoy, incamminandosi verso l'uscita. Gli lanciai un'occhiataccia e lo seguii con lo sguardo fino a che non sentii il tonfo della porta chiudersi alle sue spalle.
Mi alzai dal letto e presi i miei vestiti, stesi sullo schienale della sedia che aveva appena liberato Malfoy. Non si era assolutamente disturbato a spostarli ed ora erano a dir poco spiegazzati, per non parlare del suo odore sparso ovunque, un profumo fresco che non riuscii a decifrare.
Li infilai in fretta e uscii, dirigendomi verso l'ufficio del Preside. Mi resi conto solo una volta arrivata lì davanti che non avevo idea di quale fosse la parola d'ordine.
- Ape frizzola? - tentai, senza alcun risultato. Sciorinai tutti i dolci possibili immaginabili che mi vennero in mente ma non successe niente.
- Signorina Granger? - mi chiamò una voce dietro di me, con tono interrogativo.
- Professoressa McGranitt! Buonasera io… io dovrei incontrare il preside ma non so la parola d'ordine! - le dissi, voltandomi verso la alta figura avvolta in un mantello verde, i capelli stretti in uno chignon.
- Venga con me. - mi rispose risoluta, passandomi avanti e mormorando "Bignè al caramello". Una volta che le scale furono davanti a noi, cominciammo a salire, fino ad arrivare alla porta in legno massiccio dell'ufficio di Silente. La McGranitt allungò una mano e bussò, ferma in attesa di una risposta dall'altra parte. Qualche secondo dopo la porta si aprì, rivelando la figura di un alto mago dai capelli e la barba bianca, avvolto da una veste rossa e argento. I suoi occhi guizzarono dalla professoressa a me, prima di parlare.
- Prego! - disse giovialmente, facendoci segno con la mano di entrare. Mi metteva sempre un po' di soggezione, Silente. Anche se i suoi toni erano sempre allegri ed educati, così come il suo volto, la sua figura emanava un'aura di prestigio.
- Minerva, ti ringrazio per aver accompagnato qui la signorina Granger. - mormorò alla McGranitt, per poi aggiungere qualcosa all'orecchio che io non sentii. Lei annuì e dopo avermi fatto un cenno con la testa a mo' di saluto scomparì fuori dalla porta.
Un po' impacciata mi avvicinai ad una delle poltrone imbottite poste davanti alla scrivania e, dopo che il preside ebbe raggiunto il suo posto, mi sedetti anch'io.
- Allora, Hermione, come ti senti? - chiese Silente, passando subito al "tu". Mi guardava al di sopra degli occhiali a mezzaluna, con quegli occhi azzurri così profondi.
- Io ehm… piuttosto bene direi. - borbottai, indecisa su come comportarmi.
- Draco ti ha detto tutto? - domandò, con sguardo apprensivo. Non ero pronta per affrontare quella conversazione, in realtà.
- Si lui… lui mi ha detto tutto. Lei davvero crede che io sia?… - cominciai, la voce incerta e gli occhi che cercavano una risposta diversa negli occhi del Preside.
- Si, credo di si. Mi venne in mente l'anno scorso, a dire il vero, dopo che mi raccontasti il sogno sul Torneo Tremaghi. Avevi capito che c'era qualcosa di vero sennò non saresti venuta qui a dirmelo, sbaglio? - Senza aspettare una risposta continuò. - Sei sempre stata molto intelligente, ma credo che alcune tue intuizioni andassero oltre la semplice logica. Ora devi solo imparare ad usare questo tuo dono. - disse, sorridendomi. Io avevo qualche dubbio sul fatto che fosse un dono, ma non li espressi, non era il caso. Avevo molte domande ed era inutile mettersi a bisticciare su una futilità simile.
- Come può esserci d'aiuto Malfoy? E soprattutto, d'aiuto fare cosa, esattamente? - domandai, scegliendo accuratamente le parole.
- Recentemente, grazie all'ex professor Lumacorno e ad altre fonti, sono venuto a conoscenza di un fatto estremamente importante su Lord Voldemort o, forse, dovrei dire Tom Riddle. Quando era più giovane passava molto tempo nella sezione proibita della biblioteca, studiando numerosi volumi sulla magia oscura.
Un giorno scoprì che è possibile intrappolare l'anima di una persona in un oggetto o, eventualmente, in un'altra persona. Questi oggetti prendono il nome di Horcrux.
Inizialmente pensai che volesse usare questo incantesimo per conservare la sua anima intatta, ma in realtà non credo che l'abbia fatto. Legare la sua vita ad un oggetto… troppo rischioso, senza qualcuno di cui fidarsi che possa custodirli e sai, lui non si è mai fidato di nessuno se non di se stesso. Facendo ulteriori ricerche sull'argomento, invece, ho letto che questi oggetti possono utilizzati per fare qualcosa di ancora più grande. Purtroppo ci sono scarse notizie al riguardo, qualche accenno qua e là ad una sorta di rito. -
Gli occhi spalancati, ascoltavo con attenzione ogni parola che usciva dalla sua bocca. Silente fece un sonoro sospiro, prima di continuare.
- Ricordi al primo anno, quando tentò di rubare la Pietra Filosofale? Ovviamente, pensai che volesse usarla per fabbricare l'elisir di lunga vita. Senza dubbio gli sarebbe stato utile per allungare la sua vita indefinitamente, ma sarebbe stato comunque mortale, poiché qualcuno avrebbe potuto ucciderlo. - disse, lo sguardo preoccupato, poi aggiunse - Credo che le due cose siano collegate, ma non sono ancora riuscito a capire in quale modo. -
La mia mente stava lavorando più di quanto avrei voluto, il mal di testa che non ne voleva sapere di alleviarsi.
- Quindi, se ho capito bene, Lord… Lord Voldemort - mi costrinsi a dire -, sta tentando di creare o di trovare degli oggetti che gli permettano di compiere una sorta di incantesimo, più oscuro e potente dei singoli cimeli? - chiesi, più per fare chiarezza nel mio cervello che per avere una risposta.
- Esatto. Personalmente credo che Draco sia l'unico che possa ottenere delle informazioni che ci permettano di fare nuove supposizioni ed avviare nuove ricerche. Oltretutto ho ragione di credere che il tuo "potere" sia in qualche modo collegato alle persone che ti circondano. - disse, fissando i suoi occhi nei miei, come se avesse capito che c'era qualcosa che avrei dovuto dirgli. Beccata.
Incapace di sostenere il suo sguardo ancora a lungo, gli raccontai del mio sogno. Mentre parlavo restò impassibile, annuendo di tanto in tanto, come se soppesasse ogni mia parola e la collegasse ad un piano superiore che stava prendendo forma nella sua testa.
- … e questo è tutto - terminai, spostando lo sguardo sulle mie mani, incrociate sul grembo. Silente rimase in silenzio per un minuto circa.
- Penserò alle tue parole, se ci saranno degli sviluppi ti manderò a chiamare. Per ora vai a riposare, è stata una giornata dura. Ancora non dire niente a Harry e Ron, per favore, ti dirò io quando sarà il momento giusto. - disse, con un sorriso paterno sulle labbra. Annuii appena.
Sarebbe stato difficile per me nascondere tutto questo ai miei migliori amici, ma avevo la piena fiducia in Silente. Mi alzai con fatica, le gambe intorpidite e la testa che mi girava ancora un po', e mi diressi verso la porta dell'ufficio.
- Buonanotte. - mormorai, prima di uscire e dirigermi verso la Sala Comune. 



Come avete potuto notare i miei Horcrux sono un po' diversi, e lo è in generale tutta la storia di Voldemort. :)
Questo capitolo è stato un po' un parto, mi scuso se ci sono delle imprecisioni... 
Grazie ancora a chi mi legge, chi mi recensisce, chi mi segue e chi mi ricorda :3

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Capitolo 12
*** Non tutto ha una spiegazione razionale. ***


Capitolo 12, "Non tutto ha una spiegazione razionale."

Scesi le scale lentamente, la testa che ancora non voleva saperne di smettere di pulsare così insistentemente. Con una mano mi reggevo alla balaustra, terrorizzata dal fatto che potesse accadere di nuovo. Ne avevo avuto abbastanza del letto dell'infermeria, non avevo intenzione di svenire di nuovo. Arrivata sull'ultimo scalino mi bloccai improvvisamente.
- Cosa ci fai qui? - dissi, spalancando gli occhi per la sorpresa.
- La McGranitt mi ha chiesto di riaccompagnarti alla Sala Comune dato che non stai molto bene. - mi rispose Malfoy, evitando di incrociare i miei occhi. - Non mi ha dato molta scelta. - aggiunse, tanto per rendermi chiaro il fatto che non si sarebbe mai proposto di fare una cosa del genere.
Scesi l'ultimo scalino, in silenzio, osservandolo. Per fortuna era il Malfoy di sempre, ghigno schifato e atteggiamento altezzoso. Non avrei potuto intrattenere una conversazione con l'altro. Lo raggiunsi con un paio di passi e cominciammo a camminare l'uno accanto all'altra.
- Cosa ne pensi, Granger? - chiese improvvisamente, senza scomporsi, mantenendo lo sguardo fisso sul corridoio davanti a noi. Il suo tono tradiva una certa preoccupazione, come se avesse avuto paura a porre quella domanda, che forse gli ribolliva dentro già da un po'.
- Ancora non lo so. - risposi sinceramente, incapace di pensare ad una risposta migliore a causa del dolore insopportabile. Mi girai verso di lui e mi accorsi che sulla sua faccia era apparsa un'espressione delusa e scontenta, così cercai di rimediare in qualche modo.
- Ho troppo mal di testa per discuterne seriamente… Però mi sembra tutto così difficile. Non so se ce la faremo. - mormorai, coprendomi gli occhi con la mano davanti ad una torcia accesa. La luce non mi era mai sembrata così fastidiosa.
- Certo che ce la faremo. - rispose semplicemente Malfoy, guardandomi contrariato. - Non ho intenzione di rischiare la mia vita per tentare di riuscirci, ci riusciremo e basta. - continuò, estremamente serio. Aveva ragione, lui era probabilmente quello che, ora come ora, era più esposto. Mi stupì questa cosa, abituata a considerare Harry al centro di tutte queste faccende, una spada di Damocle perennemente sopra la sua testa. Non che lui fosse al sicuro, certo, ma non era paragonabile a ciò che stava passando Draco.
- Hai intenzione di tenere questo passo? Credo che non riusciremo ad arrivare entro domani mattina… - sogghignò, fermandosi al terzo scalino e posando lo sguardo su di me. Tutta quella luce, le scale, il mal di testa…
- Scusami se sto male. - sibilai, lanciandogli un'occhiataccia. Lui sospirò, scese i due scalini che ci separavano e senza troppi complimenti mi mise una mano sotto le ginocchia, una dietro la schiena e mi prese in braccio.
- Ma cosa?… - ebbi il tempo di dire, prima di trovarmi appiccicata al suo maglione grigio, morbidissimo. Incapace di ribellarmi misi le mani incrociate dietro il suo collo per evitare di cadere come un sacco di patate.  
- Così facciamo prima. - affermò sicuro, salendo agilmente i gradini prima che le scale decidessero di cambiare. Una volta salito l'ultimo gradino si fermò, indeciso su cosa fare.
- Puoi mettermi giù. - gli assicurai, evitando di guardarlo negli occhi e rossa come poche volte mi era capitato. Lui annuì e mi fece scendere, delicatamente.
- Direi che da qui ce la puoi anche fare dato che non sei gravemente ferita… - disse, facendo un passo indietro per mettere un po' di distanza da me. - Pare che la ronda non si farà stasera. - aggiunse, lanciandomi un ultimo sguardo prima di girarsi e scendere velocemente le scale. Neanche un saluto, notai contrariata. 

Ad aspettarmi dietro il ritratto della Signora Grassa c'erano Ron, Ginny e Harry, estremamente preoccupati.
Non appena mi videro si alzarono di scatto dal divano e dalle poltrone su cui erano seduti, riunendosi intorno a me e tempestandomi di domande su dove fossi stata, con chi, perché e chi più ne ha più ne metta. Io ero rimasta abbagliata dalle luci che splendevano un po' ovunque per la sala e dal vociare concitato dei miei amici. Misi entrambi le mani sugli occhi e attesi fino a che non sentii il silenzio intorno a me, segno che avevano finito la riserva di domande.
- Sono stata in Biblioteca, mi sono addormentata mentre facevo i compiti di Pozioni. Ho un terribile mal di testa vi dispiacerebbe lasciarmi sedere per favore? - dissi, senza togliere le mani dagli occhi.
- Oh, certo. - sussurrarono Ron e Harry insieme, mentre si scansavano per lasciarmi passare. Ginny mi aveva presa per un braccio e mi aveva accompagnata fino al divano, sedendosi accanto a me.
- Sono passato in Biblioteca, non ti ho trovato - disse Harry, cauto.
- Evidentemente non hai cercato bene Harry… Dove altro avrei potuto essere? - chiesi, con tono estremamente stanco.
- No, si, infatti hai ragione, scusa. E' che ci hai fatto preoccupare. - borbottò, sedendosi sulla poltrona opposta a quella dove aveva preso posto Ron.
- Come farai con la partita? - chiese acido quest'ultimo, continuando a fissare il fuoco.
La partita! Me n'ero completamente dimenticata! Tolsi le mani dagli occhi e guardai l'orologio accanto al camino. Ero ancora in tempo, avrei cenato e ci sarei andata, ormai gliel'avevo detto.
Senza rispondere a Ron mi alzai in piedi, dirigendomi verso la mia borsa dove avevo un infuso per il mal di testa. Gli sguardi di tutti e tre mi seguivano in giro per la stanza, chi preoccupato, chi spaventato, chi apparentemente indifferente.
- Non andiamo a cena? - chiesi, dopo aver ingurgitato una fialetta di una sostanza verdognola ed estremamente amara.

La cena passò, per fortuna o per sfortuna, in un lampo. Erano le sei e mezza e io avevo a malapena venti minuti per prepararmi ed uscire. Corsi ai Dormitori e mi misi un paio di jeans chiari, una camicia bianca e un maglione blu pesante. In fondo, non era un appuntamento elegante, no?
Dopo essermi legata in fretta i capelli in una treccia, presi il mantello e la sciarpa e corsi giù per le scale e fuori dalla porta, dirigendomi verso il campo da Quidditch. L'aria era a dir poco gelida e l'erba scricchiolava sotto i miei piedi, gelata. Presi posto sugli spalti, quelli di Tassorosso, e attesi l'inizio della partita, circondata da ragazzi più piccoli e poche ragazze. Quando i giocatori entrarono in campo Cedric mi fece cenno con la mano, un'espressione sollevata (pensava che non sarei venuta?) in volto.
Gli risposi agitando la mano, mentre le ragazze accanto a me mi lanciavano un'occhiata assassina.
La partita fu piuttosto divertente, furono segnati molti goal da entrambe le parti, ma alla fine fu Cedric a prendere il boccino, dopo circa quaranta minuti. Applaudii con trasporto mentre volava verso la sua tribuna con la pallina dorata in mano. Per un po' di tempo mi ero sentita tranquilla, rilassata e infreddolita come una normale ragazza della mia età.
Finita la partita scesi per le strette scale della tribuna e mi appoggiai al muro accanto alla porta degli spogliatoi, un po' nervosa. Non sapevo cosa avremmo fatto, cosa avrei dovuto dire… Non sapevo come fosse strutturato un appuntamento, in realtà. Ci saremmo dovuti baciare, alla fine?…
- Sei qui! - esordì Cedric, spuntando fuori dalla porta con un grande sorriso.
- Sono qui. - risposi, sorridendogli di rimando.
- Vogliamo andare? - chiese, offrendomi il braccio sinistro senza togliermi gli occhi di dosso. Fortunatamente era sera, quindi il fatto che fossi arrossita passò inosservato. Un po' in difficoltà feci passare il mio braccio nel suo e cominciammo a camminare, allontanandoci dal campo.
- Dove stiamo andando? - chiesi, sinceramente curiosa. Non eravamo diretti al Castello, a quanto pare.
- E' una sorpresa. - bisbigliò Cedric, girandosi verso di me.
Dopo circa cinque minuti davanti a noi apparve una specie di gazebo, bianco. Eravamo a pochi metri dal lago, scurissimo e piatto come poche volte l'avevo visto. Mi avvicinai e al centro del gazebo vidi un piccolo tavolino rotondo, apparecchiato per due. Al centro una candela spandeva una fioca luce sui fiorellini viola da cui era circondata. Mi sembrava di essere in un classico film romantico babbano, e ancora non riuscivo a capire se questo mi piacesse o meno.
Cedric mi prese per mano e mi guidò verso la tavola, spostandomi la sedia per permettermi di sedere prima di dirigersi al suo posto, dall'altro lato.
- Che te ne pare? - mi chiese, impaziente.
- E' molto bello. - risposi, semplicemente, guardandomi intorno con sguardo stupito.
- So che hai cenato ma, magari, un dolce ti va? - sussurrò.
Nel momento esatto in cui pronunciò l'ultima parola, il mio piatto e il suo si riempirono con della torta di mele piuttosto invitante. Passammo la serata spiluccando il dolce e chiacchierando del più e del meno. La notte si faceva sempre più scura, fondendosi col lago che frusciava appena. Altre candele si accesero, intorno al gazebo, rischiarando debolmente l'ambiente attorno a noi.
Portai alla bocca l'ultima forchettata di torta, mentre ascoltavo Cedric raccontarmi una storia piuttosto divertente. 

Tornammo al castello un po' tardi, risalendo a fatica la collina con tutto quel cibo nello stomaco, per non parlare delle rampe di scale che sembravano infinite. Cedric mi riaccompagnò alla Sala Comune, fermandosi davanti al ritratto della Signora Grassa.
- Sono stato davvero bene stasera… - cominciò, sposandosi davanti a me e prendendomi una mano. Ero terrorizzata.
- A-anch'io… - balbettai, osservandolo mentre si avvicinava sempre di più. Rividi distintamente nella mia testa la scena di Mandy e Malfoy, pensando a cosa sarebbe successo se questa volta le parti si fossero invertite. Si sarebbe arrabbiato come era successo a me? Ma no, al massimo mi avrebbe guardato con uno sguardo di sufficienza per poi sparire dietro qualche corridoio.
- Bene bene, allora non sei poi così santarellina, Granger! - sogghignò una voce dietro di me.
Sobbalzai, spaventata. Malfoy?
Mi girai di scatto, trovandomi davanti un corridoio vuoto.
- Tutto apposto? - mi richiamò Cedric, lo sguardo confuso.
Cosa diavolo stava succedendo?
- Io… Io devo andare, scusami! - mormorai, sciogliendo la mia mano dalla sua. Sussurrai la parola d'ordine ed entrai in Sala Comune.

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Capitolo 13
*** Ecco, ci risiamo. ***


 

Lost inside

Adorable illusion and I cannot hide

I'm the one you're using, please don't push me aside

We coulda made it cruising

Blondie, "Heart of Glass"


Capitolo 13, "Ecco, ci risiamo."

Mi infilai nel letto tremando, senza struccarmi o sciogliere la treccia. Fortunatamente tutte dormivano già da un po'. La giornata era finita e ora era arrivato il momento di riattivare la mente, di ripensare a tutto ciò che mi era stato detto. Innanzitutto cercai una spiegazione razionale per quello che era appena successo. Prima il sogno, ora addirittura sentire la sua voce da sveglia? Ripensai alle parole di Silente, al mio "dono". Magari aveva qualcosa a che fare con quello. Oppure, e tendevo a propendere per questa spiegazione, ero solo molto scossa, ero svenuta solo poche ore prima, ero estremamente stanca e il mio cervello era andato un po' fuori fase.
Dunque, Malfoy era un alleato. Mi sembrava strano anche solo pensare "Malfoy" e "alleato" nella stessa frase, eppure avrei dovuto abituarmici. D'altronde, ultimamente non era stato poi così male, anche se quel bacio si era dimostrata pura e semplice cattiveria, un modo in più per farmi impazzire e indispettire.
Comunque, ora avevo decisamente cose più importanti a cui pensare, come, ad esempio, Voldemort. Quale tipo di rito avrebbe voluto compiere? Prima bisognava analizzare quali fossero le sue priorità, cosa avrebbe potuto volere un essere come lui. Tuttavia, mi ritrovai a pensare, la pietra filosofale che secondo Silente sarebbe servita per questo "rito", in realtà era stata distrutta quattro anni prima… possibile che ce ne fosse un'altra di cui nessuno sapeva nulla?
A questo punto avrei dovuto ridefinire il concetto di "impossibile".
Avevo paura ad addormentarmi, paura di sognare qualcosa su Malfoy, ancora una volta. Qualcosa che mi avrebbe scombussolato di nuovo, mentre stavo cercando ora di mettere ordine nella mia testa. Eppure la giornata era stata lunga, piena di sorprese, emozioni, persone e non mi ci volle molto ad addormentarmi. 

- L'Oscuro Signore non si fida ancora abbastanza di te. - mormorò un uomo, il volto butterato e gli occhi coperti da un cappuccio nero. Era seduto su una poltrona scura, i gomiti sui braccioli e le gambe incrociate. Il suo tono di voce tradiva paura, ma anche rispetto. Altri due uomini con gli stessi cappucci sedevano sul divano davanti al fuoco, a fissare lo scoppiettio delle fiamme.
- Non capisco perché. - disse Malfoy, in piedi ad alcuni passi dal primo uomo, il volto impassibile e gli occhi stretti in due fessure, taglienti come non li avevo mai visti. Dietro a lui un uomo alto, capelli biondi, quasi bianchi, lunghi fin sotto le spalle. Lucius Malfoy teneva una mano sulla spalla del figlio, lo sguardo spaventato visibile sotto una sottile maschera di indifferenza. A quanto pareva l'allievo aveva superato il maestro.
L'uomo seduto sulla poltrona chiuse gli occhi nel sentire le parole di Draco. Poi, in meno di un secondo, estrasse la bacchetta e la puntò contro di lui, - Ti consiglio di non giocare con il fuoco, piccolo Malfoy. Non hai più cinque anni, nessuno proverà più compassione per te, né accetterà la tua insolenza - bisbigliò lentamente, avanzando verso la sua preda. Draco non tradiva alcuna emozione, ma la sua mano era stretta a pugno sulla bacchetta e rigida contro il suo corpo.
- Non ho bisogno di compassione. - rispose, muovendo appena le labbra, - Cosa devo fare per guadagnarmi la sua fiducia, Dolohov? - chiese, la voce più chiara e sonora.
I due seduti sul divano scoppiarono a ridere, ma Malfoy sembrò a malapena accorgersene. L'uomo, che a quanto pare era Dolohov, fece un gesto con la mano agli altri due, intimandogli di smettere, senza staccare gli occhi da Draco. Sembrò pensarci un attimo, prima di rispondergli.
Improvvisamente tutto si fece opaco, come visto attraverso uno specchio sporco, mentre i suoni erano appena percepibili ed irrimediabilmente distorti.
Aprii gli occhi, spaventata, la fronte imperlata di sudore freddo.
Mi voltai e vidi la sveglia sul comodino che segnava le 7.30.
- 'Giorno Herm! - mi salutò Lavanda, lo spazzolino in bocca, mentre usciva dal bagno. Le risposi con uno strano verso che voleva essere un "buongiorno" e scesi dal letto, dirigendomi verso la doccia.
Cos'era stato? Una premonizione oppure era già successo? Ne avrei dovuto parlare con Silente al più presto, e, magari, anche con Malfoy.
Avevo avuto paura, vedendo quella bacchetta puntata contro di lui, e ancora sentivo una strana sensazione nello stomaco. Sperai intensamente che fosse successo tempo prima, perché avrebbe voluto dire che ne era uscito vivo.
Sorpresa dei miei stessi pensieri, li ricacciai in qualche anfratto del mio cervello e mi preparai per le lezioni di quella mattina.
Le prime due ore avrebbe dovuto esserci Difesa Contro le Arti Oscure ma il professore non era ancora arrivato, o forse non era ancora stato scelto, così avevamo due ore di buco. Mi diressi in biblioteca, grata per una volta della mancanza di un professore: con tutto quello che era successo il pomeriggio precedente non avevo avuto tempo per fare i compiti. Ron e Harry sarebbero rimasti a dormire, probabilmente, fino alla lezione successiva, Storia della Magia. 

Mentre mi stavo dirigendo verso la mia meta a passo svelto, una testa bionda nell'aula di Incantesimi attirò la mia attenzione. La porta della classe era aperta, alcuni studenti ancora fuori in attesa del professore dato che mancavano ancora dieci minuti all'inizio della lezione. Mi fermai un istante, indecisa se chiamarlo o meno, mentre lo osservavo chiacchierare spensierato con Blaise, alla sua destra. Improvvisamente alzò gli occhi, incrociandoli con i miei. Mi guardò un attimo spiazzato, poi posò di nuovo gli occhi sul suo amico e gli disse qualcosa velocemente, alzandosi e camminando verso di me. Continuai a guardarlo un po' spaurita mentre si faceva largo tra i suoi compagni e proseguiva lungo il corridoio, facendomi segno di seguirlo con gli occhi. Mi riscossi e mossi qualche passo, rendendomi conto solo in quel momento che non era prudente farci vedere insieme. Girai l'angolo e per poco non gli andai addosso.
- Cosa vuoi, Mezzosangue? - esordì, un po' scocciato.
- Ho fatto un sogno, stanotte… - cominciai, indecisa su come dirglielo e, in effetti, anche se fosse giusto o meno farglielo sapere.
- E cosa dovrebbe importarmene? - mi interruppe, nervosamente. Si guardava intorno continuamente, per essere sicuro che nessuno stesse arrivando da qualche corridoio laterale.
- Sai che c'è, non fa niente! - sbraitai, esasperata dal suo comportamento. - Te ne parlerò un'altra volta, forse! -.
- Avanti, Granger, non posso stare ai tuoi comodi, ormai sono qui. - mi incoraggiò, sempre sull'attenti.
Chiusi gli occhi per calmarmi e gli raccontai ciò che avevo visto. Mentre parlavo il suo interesse si spostò sempre più su di me e sempre meno su chi avrebbe potuto vederci o sentirci. Appoggiato al muro con una spalla e le mani in tasca, annuiva di tanto in tanto, ma il suo sguardo sembrava perso nel passato, o forse nel futuro.
- … ed è già successo tutto ciò, no? - chiesi una volta terminato, sperando ardentemente in una conferma.
- No. - rispose, secco. - Hai detto Dolohov? - chiese, aggrottando le sopracciglia.
- E' il nome che hai detto tu nel sogno. - risposi, impaziente di sapere qualcosa in più e col cuore in gola per ciò che avrebbe potuto significare.
- Ne sei sicura, Mezzosangue? - incalzò, il tono di voce leggermente più alto. Il suo sguardo sembrava preoccupato, spaventato forse.
- Certo che ne sono sicura! Perché? - domandai, incapace di trattenermi oltre. Eravamo una specie di "squadra" adesso, non poteva fare così il misterioso.
- Perché Dolohov dovrebbe essere ad Azkaban, Granger, insieme a mia zia. - rispose spazientito, come se stesse spiegando ad un bambino come allacciarsi le scarpe per la milionesima volta. Io rimasi immobile, una mano sulla bocca, spaventata.
- Non fare quella faccia, Mezzosangue, in queste condizioni sei inutile… - mormorò Malfoy, piegandosi leggermente verso di me per guardarmi negli occhi. Sembrava piuttosto tranquillo.
- Ma come fai a rimanere così impassibile? Ti ha puntato una ba… - urlai, dimentica di tutto il resto. Ci pensò lui a ricordarmelo piazzandomi una mano sulla bocca prima che riuscissi a finire la frase.
- Vuoi fare silenzio, Granger? O devo soffocarti? - mi intimò, senza spostare le sue dita di un millimetro. - Ora ti dico cosa faremo. Io andrò a lezione e tu dove diavolo ti pare, all'ora di pranzo andremo a parlare con Silente. Chiaro? - continuò, un tono che non ammetteva repliche. Io annuii, incapace di rispondere per causa sua, l'odore della sua pelle che mi stava intossicando.
- Bene. - mormorò, prima di togliere la mano e dirigersi di nuovo verso l'aula di Incantesimi. 

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Capitolo 14
*** Nuovi programmi. ***


Capitolo 14, "Nuovi programmi."

 - Cos'è successo? - bisbigliò Blaise al mio orecchio non appena mi fui seduto sulla sedia al suo fianco. Incredibile quanto fosse impiccione.
- Niente. - risposi, freddo. Non avevo voglia di raccontare il sogno della Mezzosangue, ancora dovevo digerirlo io figuriamoci sentire l'opinione di qualcun altro.
- Oh avanti Draco! Possibile che ogni volta per farti dire qualcosa bisogna romperti le palle per tutto il giorno? Sai anche tu che alla fine me lo dirai, risparmiati la fatica e dimmelo subito! - sbraitò Blaise, agitando la bacchetta per far si che la nostra conversazione rimanesse privata.
- Perché invece non eviti di rompere e aspetti che te lo dica quando ne avrò voglia? - domandai a denti stretti continuando a tenere lo sguardo fisso sul professore seduto dietro la cattedra.
- Dimmelo ora! - disse il moro, insistente, accompagnando le sue parole con una gomitata sul fianco.
- Ahia! Ma sei impazzito? - urlai, grato mio malgrado dell'incantesimo di Blaise che mi aveva salvato da una punizione certa. Anche se, in realtà, la punizione sarebbe stata comunque colpa sua. Vedendo la mia espressione dolorante e contrariata scoppiò a ridere, agitandosi sulla sedia. Era sbalorditivo come passasse da un contegno esemplare alla risata più sguaiata in un decimo di secondo.
- Ma dov'è Theodore? - chiesi improvvisamente, accorgendomi della sua assenza. Quella mattina era a colazione con noi ma poi era sparito. Intanto cercavo di distrarmi dal sogno di quella maledetta Mezzosangue, che non faceva altro che complicarmi la vita. Ogni volta che tentavo di pensare ad altro il volto di Dolohov faceva capolino nella mia testa, la bacchetta in mano. Non che lui mi facesse così paura in realtà, non era uno dei migliori e neppure uno dei più spietati, ma non avevo voglia di affrontare tutta quella situazione, quella recita. Inoltre se lui fosse fuggito, sicuramente mia zia sarebbe stata con lui. Mi chiesi se uno dei due uomini visti dalla Mezzosangue in realtà non fosse una donna.
- Oh, non lo sai? - chiese Blaise, con finta aria indifferente: si vedeva lontano un miglio che non vedeva l'ora di spiattellarmi i segreti di Nott in faccia.
- Direi di no, vuoi dirmelo? - sibilai spazientito.
- E' andato a chiedere "un libro" alla Granger. - rispose, un sorriso smagliante ad illuminargli il viso mentre mi osservava di sottecchi, in attesa della mia reazione. Alzai un sopracciglio, indeciso su cosa dire, pensare o fare. Rimasi in silenzio per qualche secondo e sentii la voglia di picchiare qualcuno, chiunque, aumentare notevolmente.
- Dovrebbe importarmi? - chiesi alla fine, lo sguardo fisso sul tavolo di legno. Sapevo che Theodore, nonostante non lo avesse mai ammesso, aveva sempre avuto una cottarella per lei. Una sorta di feeling tra studiosi malati di libri, nulla di serio. Noi avevamo sempre fatto finta di niente, evitato di parlarne, e andava bene così.
- Sto scherzando idiota, è con Astoria. - sussurrò Blaise, trattenendo a stento le risate, - puoi anche rilassare i pugni. - aggiunse, scoppiando a ridere di nuovo. 

Inutile dire che il mio progetto di fare i compiti andò a farsi benedire presto. 
- 'Giorno Herm! - mi salutò Harry, spuntando allegro da dietro uno scaffale, - che fai? - continuò, sedendosi sulla sedia davanti alla mia.
- Stavo cercando di fare i compiti, che dici? - borbottai, senza distogliere lo sguardo dal volume di Aritmanzia che avevo sottomano già da un'ora.
- Ieri hai saltato Pozioni, così ti ho preso degli appunti. - disse, mentre cercava qualcosa nella borsa. Dopo qualche secondo mi porse una pergamena un po' acciaccata, colma della sua scrittura fitta e sottile. Alzai gli occhi e la afferrai.
- Grazie, Harry. - dissi, un tono di voce che era di per sé una scusa per come lo stavo trattando. Misi il segno sulla pagina del libro e lo chiusi con un tonfo, poggiandoci sopra le braccia, incrociate.
- Allora, c'è qualcosa che vorresti dirmi? - domandai, sporgendomi leggermente verso di lui. Aveva un sorriso appena celato e gli occhi verdi, che sprizzavano gioia da tutte le parti, incorniciati dai soliti occhiali.
- Lo so che mi ammazzerà ma se lei non si decide… - mormorò, più a se stesso che per farsi sentire. Io soffocai una risatina e rimasi in attesa, dimenticandomi completamente di tutto ciò che gli stavo nascondendo e che gli avrei dovuto dire, non appena Silente me l'avesse permesso.
- Io e Ginny stiamo insieme. - bisbigliò con un filo di voce, come se gli fosse costato l'anima accostare quelle parole. Ovviamente, non ne fui affatto sorpresa, ma mi alzai e andai ad abbracciarlo con calore. Ero così contenta! Finalmente ce l'avevano fatta, era già da un po' che questa storia andava avanti.
- Sono davvero felice per voi, siete perfetti l'uno per l'altra! - gli sussurrai all'orecchio, ancora tra le sue braccia. Lentamente mi scostai, osservando la sua espressione sollevata.
- Sai… Ron è ancora un po' giù. - affermò Harry, tornando di nuovo serio. Non voleva darmi un dispiacere ma, d'altronde, era anche suo amico e, lo capivo, ci stava male a vederlo così.
- Lo so, mi dispiace. E' una questione di tempo, Harry, non puoi fare nulla. - gli dissi, senza distogliere i miei occhi dai suoi.
Restò con me a finire i compiti fino a che non ci raggiunse anche Ron, trafelato, con un toast in mano, lamentandosi con Harry per non averlo svegliato. Insieme ci dirigemmo verso l'aula di Storia della Magia, dove il professor Ruf non vedeva l'ora di annoiarci con uno dei suoi resoconti storici. 

- Ci vediamo da Hagrid più tardi! - urlai a Ron e Harry, dirigendomi verso l'ufficio di Silente senza aver toccato cibo. Io avevo Aritmanzia dopo pranzo, loro Divinazione, quindi non si insospettirono nel vedermi allontanare.
- Ce l'hai fatta ad arrivare Mezzosangue! - esordì Malfoy, contrariato per il mi ritardo di addirittura 8 minuti. Gli lanciai un'occhiataccia e lo raggiunsi a passo svelto mentre si girava verso il muro davanti a sé pronunciando la parola d'ordine. Non appena apparvero le scale mi afferrò un polso e mi trascinò su, un'espressione scocciata in volto. Evitai di protestare, sapendo che sarebbe stato perfettamente inutile iniziare una scenata che non avrei potuto concludere davanti al Preside.
- Prego, entrate. - ci salutò Silente, come sempre sorridente.
Malfoy mi lasciò il polso e mi fece segno di entrare con la testa, per poi seguirmi chiudendo la porta dietro di sé. Ci sedemmo sulle morbide poltrone davanti alla imponente scrivania di legno su cui piccoli oggettini dorati ticchettavano e riflettevano strane figure.
- Di cosa volevate parlarmi? - chiese cortese Silente, spostando il suo sguardo dal biondino, che guardava annoiato un dipinto sul muro, a me. Senza perdere troppo tempo gli raccontai tutto ciò che avevo visto, lanciando di tanto in tanto un'occhiata al mio compagno di "squadra" che aveva uno sguardo vitreo puntato sull'uomo al di là della cattedra mentre sedeva immobile, le mani incrociate sotto il mento.
- Molto interessante… - mormorò piano il Preside non appena ebbi finito, - davvero molto interessante. - aggiunse, sovrappensiero.
- Cosa dobbiamo fare per evitarlo? - chiesi, incapace di trattenermi oltre.
- Evitarlo? - domandò Malfoy, lo sguardo fisso su di me.
Rimasi un attimo interdetta, poi mi ripresi e portai avanti il mio punto.
- Si, evitarlo. Evitare che quei Mangiamorte fuggano da Azkaban. - dissi lentamente, guardandolo di rimando. Perché ogni volta che dicevo qualcosa mi guardava come fossi una bambina incapace di intendere e volere?
- Non credo che potremmo fare molto, signorina Granger dato che non sappiamo né come né quando avverrà. - si intromise Silente, richiamando entrambi i nostri sguardi su di lui. - Comunque manderò un gufo al Ministero chiedendogli di aumentare la sicurezza. - aggiunse, notando il mio sguardo a dir poco furente.
- Io non tornerò a casa prima di Natale, - affermò Malfoy con voce piatta, - quindi anche se il suo sogno dovesse avverarsi, abbiamo ancora tempo. - concluse, gli occhi alti e sicuri in quelli del Preside.
Non ci avevo pensato. Quel luogo così scuro doveva essere casa sua.
- Giusto. Nel frattempo vi pregherei di ricercare quante più notizie possibile sui cimeli della casa Serpeverde, potrebbero avere qualcosa a che fare con l'oggetto scelto da Voldemort per il rito. - disse Silente, alzandosi in piedi ed invitandoci a fare altrettanto.
- Vi farò sapere quanto prima eventuali novità. - ci rassicurò, prima di chiudere la porta alle nostre spalle.
Cominciammo a scendere le scale, entrambi presi dalla conversazione appena avvenuta.
- Non abbiamo risolto nulla. - affermai sconsolata, scendendo gli ultimi scalini.
- Da quando in qua ti preoccupi per me, Mezzosangue? - chiese indifferente Malfoy, camminando al mio fianco lungo il corridoio. Teneva lo sguardo alto e le mani in tasca, come al solito. Eppure c'era qualcosa di diverso sul suo volto. Io arrossii e distolsi lo sguardo dal suo viso, puntandolo sul pavimento.
- Non sono preoccupata per te è la situazione in generale che mi preoccupa, non sappiamo cosa succederà, né quando, né come. - affermai, poco sicura delle mie parole sebbene contenessero parte della verità.
- Certo, certo. - sussurrò, un ghigno soddisfatto stampato sul suo viso. Accelerò leggermente il passo, lasciandomi indietro. Era incredibile come riuscisse a farmi innervosire in mezzo secondo e senza fare alcuno sforzo, proprio un'abilità naturale.
- Quando facciamo quelle ricerche? - chiesi, raggiungendolo. Meglio cambiare argomento che schiantarlo in mezzo ad un corridoio… oppure no?
- Stasera durante la ronda. - rispose, non facendola sembrare affatto una proposta ma un dato di fatto, già deciso.
- Ma durante la ronda dobbiamo fare la ronda, Malfoy. - gli dissi, sentendomi stupida nel dover dire una cosa del genere.
- Avanti Granger sai che è perfettamente inutile, al massimo un paio di coppiette faranno il passo successivo e chi siamo noi per impedirglielo? - sogghignò, passandosi una mano tra i capelli.
Scossi la testa con sufficienza e sbuffai sonoramente, ma prima che potessi parlare di nuovo lo fece lui.
- E' il modo più ragionevole per evitare di far insospettire gli altri, Granger. - disse, più serio. E dovetti ammettere con me stessa che non aveva affatto torto. Se ci fossimo assentati entrambi nelle pause tra le lezioni o alle ore dei pasti sicuramente qualcuno si sarebbe posto delle domande.
- E vabene! - concessi, tentando di evitare di guardare la sua espressione a dir poco soddisfatta per averla avuta vinta ed aver pensato più velocemente di me.
- A stasera. - mormorò, di spalle, alzando una mano in segno di saluto. Mi ritrovai a sorridere come un'idiota, in mezzo al corridoio, alla sua schiena, notando che, stavolta, mi aveva salutata. 

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Capitolo 15
*** Creature fantastiche. ***


 

I dont know what you do
but you do it well
I’m under your spell

You got me begging you for mercy
why won’t you relase me

you got me begging you for mercy
why won’t you release me

I said release me

Duffy, "Mercy"


Capitolo 15, "Creature fantastiche."

 

Incontrai Harry e Ron appena fuori dal portone e insieme ci dirigemmo verso la capanna di Hagrid. L'avevamo visto solo di sfuggita finora, salutandolo da lontano durante i pasti, se e quando era presente. Purtroppo con tutto quello che era successo non avevo avuto proprio il tempo di andarlo a trovare. Ci trovavamo a pochi passi dalla meta quando una grande figura ci venne incontro e in poco tempo ci ritrovammo stretti in una morsa potenzialmente letale. Nonostante tutto, mi erano mancati gli abbracci di Hagrid!
- Certo eh, manco a trovarmi siete venuti! - disse, scostandosi appena. Sembrava un po' deluso ma in realtà l'emozione principale dipinta sulla sua faccia era l'allegria. Chiacchierammo per qualche minuto delle lezioni e della montagna di compiti che avevamo già da fare mentre aspettavamo che arrivassero i Serpeverde. Hagrid sembrava al settimo cielo e sospettai che non fosse soltanto per averci rivisto.
- Cosa faremo oggi a lezione, Hagrid? - mi azzardai a chiedere, forzandomi di mantenere un sorriso smagliante, qualunque risposta mi avesse dato.
- Vedrete, vedrete! Ci divertiremo! - rispose, lanciandoci un sorrisetto malizioso che fece accapponare la pelle a tutti e tre. Spaventati come non mai da cosa avremmo potuto trovare nel giardino sul retro, ci avvicinammo agli altri compagni. Dopo qualche minuto, capitanati ovviamente da Malfoy, giunsero anche i Serpeverde. Incredibile come sembravano formare una specie di "esercito" dietro di lui, fiancheggiato da Nott e Zabini anziché dai soliti Tiger e Goyle. Dal canto suo, il biondino si limitava a chiacchierare animatamente con i suoi amici, senza all'apparenza fare troppo caso a quello che gli accadeva intorno. Avvicinandosi a noi arricciò il naso teatralmente, sussurrando qualcosa all'orecchio di Blaise che scoppiò a ridere. Mi fissò per un momento con sguardo indecifrabile, poi si posizionarono il più lontano possibile dai Grifondoro.
- Bene, siamo tutti vero, si? Seguitemi! - esordì Hagrid, cominciando a camminare mentre gli studenti muovevano passetti indecisi sull'erba. Appena girato l'angolo, incontrai gli occhi di una creatura incredibile: corpo di serpente, ali, becco e zampe di uccello. Sembrava un drago in miniatura ma invece di essere coperto di squame era coperto di piume morbide, blu scuro. I suoi occhi, color del ghiaccio, mi guardavano intelligenti, la testa piegata leggermente da un lato. Improvvisamente distolse lo sguardo, facendo schioccare il becco in direzione di Malfoy, che si era, evidentemente, avvicinato troppo.
- Cos'è, Malfoy, vuoi replicare la scena dell'Ippogrifo? - chiese Harry ridendo, mentre Ron e gran parte dei Grifondoro lo seguirono a ruota. Possibile che i maschi fossero sempre così cretini?
- Oh, no, Potter, non mi permetterei mai di rubarti il posto al centro dell'attenzione! - ringhiò Malfoy, indietreggiando leggermente e tornando a posizionarsi tra i suoi amici.
Prima che il loro stupido battibecco potesse continuare Hagrid entrò nel recinto dov'era legata la creatura e gli diede un piccolo buffetto sul muso.
- Qualcuno sa dirmi cos'è? - chiese, spostando la testa da una parte all'altra della folla di studenti. Alzai la mano, provocando sbuffi e sussurri scocciati.
- Si? - mi incoraggiò, facendo cenno con la mano di avvicinarmi leggermente e sorridendo come non mai.
- E' un Occamy, una creatura a metà tra un uccello e un serpente diffusa in India ed Estremo Oriente. Si nutre prevalentemente di topi ed uccelli, ma è considerata una creatura molto spesso aggressiva, soprattutto se a difesa delle uova. - sciorinai, sicura delle mie parole. Non ricordavo neanche di averle lette, semplicemente lo sapevo, mi erano venute in mente osservandolo.
- Brava Hermione! Dieci punti per Grifondoro! - esclamò Hagrid, poi aggiunse - ma non sono pericolose no, no. Solo se pensano di essere in pericolo. Bisogna avvicinarsi piano piano, allungare una mano e aspettare che lei ci poggia la testa. Capito, si? -
Tutti annuirono, ma nessuno sembrava avere la minima voglia di andare ad accarezzare quella bellissima creatura. Io, invece, non riuscivo a distogliere lo sguardo dai suoi occhi, così stranamente familiari. Titubante, feci qualche passo in avanti, entrando nel recinto sotto gli sguardi sorpresi e le bocche aperte degli altri. Lanciai uno sguardo furtivo verso Malfoy che, con le mani poggiate sulla ringhiera, si era sporto leggermente in avanti. Sembrava preoccupato.
Soffocai un risolino e avanzai lentamente, attenta ad ogni passo. L'Occamy mi fissava diffidente, ma non indietreggiò, rimase perfettamente immobile, il lungo collo dritto, un portamento elegante. Quando fui abbastanza vicina allungai una mano, il palmo aperto all'insù. Hagrid osservava attentamente la scena, pronto ad intervenire in caso di pericolo, ma non fu necessario. La creatura fece un passo, mantenendo un atteggiamento regale, e posò delicatamente la sua testa sulla mia mano, facendosi accarezzare. Era incredibilmente morbido, avrei continuato per tutto il giorno. I miei compagni si rilassarono, qualcuno riprese a respirare dopo aver trattenuto il fiato in attesa di vedere cosa sarebbe successo.
- Belli, eh? Sono creature proprio magnifiche! - disse Hagrid, guardandomi orgoglioso. Nessun altro tentò di accarezzare l'Occamy che, scoprimmo, si chiamava Nyves ed era una femmina. Io restai per tutta la lezione al suo fianco a prendere appunti, sfiorata ogni tanto dalla sua testa che chiedeva un po' di attenzioni.
Finita la lezione dissi a Harry e Ron di precedermi, li avrei raggiunti in Sala Grande per la cena. Non avevo affatto voglia di lasciare quella bellissima creatura, con quegli occhi allo stesso tempo luminosi e profondi. Hagrid mi disse che potevo restare ancora un po', se avessi voluto, visto che ormai aveva preso confidenza, così salutandomi tornò nella capanna.
- Non hai paura, Granger? - chiese una voce alle mie spalle. Sussultai, spaventata, ma non molto sorpresa in realtà. Avevo visto che, questa volta, Hagrid era riuscito a catturare la sua attenzione.
- No, in realtà sei tu ad avermi spaventato, Malfoy. - risposi, senza voltarmi. Sentii dei passi avvicinarsi, dietro di me, lenti e cadenzati.
- Mi dispiace. - mormorò, così piano che lo sentii a malapena.
Continuando a tenere la mano sulla testa dell'Occamy mi voltai appena. Il biondino era entrato nel recinto ed avanzava verso Nyves con cautela, lo sguardo fisso nei suoi occhi. Mi scansai appena, facendogli spazio mentre allungava una mano verso la creatura. Non era diffidente, sembrava a suo agio, lo guardava come se gli volesse comunicare qualcosa. La creatura non ci pensò un attimo, fece due passi e poggiò la testa sulla sua mano, strusciandosi in cerca di calore.
Rimasi immobile a fissare quella scena che, dovetti ammettere, era davvero bellissima. Era sera, ormai, ma il recinto sembrava rischiarato dalla luce dei loro occhi, pressoché uguali. Ecco cos'era quella sensazione di familiarità…
Malfoy si abbassò, piegando le gambe senza toccare per terra con le ginocchia, non smettendo di accarezzare Nyves e portando gli occhi alla sua altezza.
- E' davvero bellissima. - affermò improvvisamente, sorridendo. Era pericolosamente simile al ragazzo del mio primo sogno e io mi sentivo incredibilmente in difficoltà.
- Già. - sussurrai con un filo di voce, indietreggiando fino a percepire con le mani la staccionata dietro di me. Era tutto così strano.
- Guarda che non mordo, Mezzosangue. - ringhiò, di nuovo il solito Malfoy, quando si accorse del mio spostamento. Sembrava si fosse innervosito.
- Lo so ma io sì. - affermai, incrociando le braccia sul petto senza muovermi di un millimetro. Probabilmente non era affatto la mossa o la frase giusta. Lo vidi alzarsi, lentamente, ed avvicinarsi. Sempre di più. Io... non riuscivo a distogliere lo sguardo. Continuavo a ripetermi "vai via, Hermione!" nella mia testa, ma niente. Nessun muscolo aveva intenzione di obbedirmi, di venirmi in aiuto. Così rimasi immobile, mentre lui era sempre più vicino, mentre appoggiava le braccia accanto ai miei fianchi, sulla staccionata su cui ero appoggiata, mentre i suoi occhi a pochi centimetri dai miei sembravano scrutarmi l'anima, mentre abbassava la testa verso il mio collo, ispirando appena il mio odore.
- Non mi sembra che tu stia mordendo, Granger. - sussurrò al mio orecchio, con una voce roca, bassa, che non gli avevo mai sentito. Sussultai appena, e mi resi conto che non stavo respirando.
- Per favore… - mormorai, incapace di articolare una frase più lunga e inspirando, bisognosa di ossigeno, il suo odore. Era dolce, come quello che avevo sentito sui miei abiti il giorno prima. E scoprii che mi era mancato.
Sentendo le mie parole lui alzò la testa, tornando a guardarmi negli occhi.
- Per favore cosa? - chiese, un ghigno malizioso sul volto. Stava giocando con me. E io glielo stavo permettendo.
- Spostati… - mormorai, sentendo una voce che non era la mia. Che diavolo mi stava prendendo?
- Sicura? - chiese, facendosi leggermente e pericolosamente più vicino, - Vuoi che mi sposti, Granger? - incalzò dato che io non aprivo bocca, con l'espressione chiaramente soddisfatta.
- Herm? - chiamò una voce, dall'altra parte del giardino. Malfoy mi fissò per un secondo, mentre un lampo di preoccupazione attraversava i suoi occhi.
- Ci vediamo dopo cena, Mezzosangue. - sussurrò velocemente al mio orecchio, con quella stessa voce, prima di sparire su per il sentiero che conduceva al Castello.
Io ero stordita. Non sapevo cosa fare, non avevo voglia di muovermi, di parlare, di pensare. Eppure avrei dovuto fare tutte queste cose, ne ero consapevole. Ma, ne ero sicura, un'altra consapevolezza si sarebbe fatta strada in me, se avessi cominciato a pensare.
- Herm sei qui! - mi chiamò Ginny, venendomi incontro trafelata. - Ti sto cercando da un sacco.. ma cos'è successo? - continuò, prendendomi per le spalle e osservandomi attentamente.
- Io… niente. - dissi, riacquistando lentamente il controllo di me stessa, anche se l'odore dolce che continuavo a sentire era un bell'ostacolo da sormontare.
- Sei sicura? Sembra che ti abbiano Confuso… - mormorò Ginny, lo sguardo indagatore che vagava su ogni tratto del mio viso.
- Oh, no, ero solo soprappensiero, andiamo a cena? - chiesi, prendendola per mano e incamminandomi per quello stesso sentiero, ormai vuoto. - Tu hai decisamente qualcosa da dirmi! - aggiunsi. 

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Capitolo 16
*** Consapevolezze. ***


 

Open up your mind and let me step inside

Rest your weary head and let

your heart decide

It's so easy when you know the rules

It's so easy all you have to do

Is fall in love

Play the game

Queen, "Play the Game"

Capitolo 16, "Consapevolezze."

 

- Cosa hai fatto?... - chiese Blaise, spalancando la bocca. Mi guardava come se fossi uno strano animale, interessante e spaventoso allo stesso tempo. Io tenevo le mani sugli occhi, i gomiti appoggiati sul grande tavolo di legno massiccio della Sala Grande. Odiavo l'ora di cena, con tutta quella gente che parlava, strillava, rideva, mentre io non avevo voglia di fare nessuna di queste cose. Anche se, ultimamente, mi rendevo conto di volere cose... inusuali
Non risposi a Blaise, lasciandolo interdetto, a rimuginare. Mi era costato molto dirgli tutto, mettere da parte il mio orgoglio, per una volta, ed espormi. Probabilmente avevo solo bisogno di togliermi un peso dallo stomaco o di sentire una teoria che giustificasse le mie azioni. Perché io lo avevo voluto, quel momento, lo avevo cercato e, di conseguenza, non me ne pentivo minimamente. Era questo che mi spaventava di più.        
- Alla fine era solo questione di tempo - continuò Blaise, la bocca finalmente chiusa, lo sguardo perso nella volta celeste sopra di noi. Mossi lentamente le mani, abbandonandole lungo i fianchi, e girai la testa verso il mio migliore amico. Il mio sguardo sorpreso attirò la sua attenzione, facendo spuntare un sorriso malizioso sul suo volto. Si girò col busto verso di me, le gambe a cavalcioni sulla panca, osservandomi attentamente.                             - Cosa vorresti dire? - chiesi, gli occhi spalancati in attesa di una risposta.      
- Già lo sai, Draco. Devi solo rendertene conto. - bisbigliò, senza spostare lo sguardo. - A quel punto dovrai decidere se agire oppure se reprimere i tuoi... I tuoi sentimenti. - concluse, un po' a disagio. Non ebbi la prontezza di rispondere a tono, di negare le sue parole. Mi passai una mano tra i capelli, con gli occhi chiusi, pensando a ciò che mi aveva appena detto..        
- Non è così semplice Blaise. - mormorai, indispettito più con me che con lui.                              
- Ti sbagli, sei tu che la fai più complicata di quello che è. Lo sai, non sono un esperto in questo campo, ma ti conosco abbastanza bene da affermare che se vuoi una cosa non c'è nessun ostacolo che tenga, neanche la tua famiglia. - affermò. - Draco tu non sei tuo padre, nonostante i suoi sforzi per cambiarti tu sei tu e basta. Le questioni di sangue non sono mai state più di un gioco per te, un passatempo nella noia di Hogwarts e nient'altro. Cos'è che ti frena? - concluse, lo sguardo improvvisamente serio, le braccia incrociate. Aveva ragione, per l'ennesima volta.             - Non lo so. - mormorai, sconfitto.

Chiacchierare con Ginny non servì a farmi dimenticare quello che era successo. Il suo profumo continuava ad aleggiare intorno a me, un qualcosa allo stesso tempo così astratto e così reale da tenermi prigioniera. Mi sembrava di essere distante kilometri dai miei amici, durante la cena. Non facevo altro che voltarmi verso di lui, senza incontrare il suo sguardo, mentre parlava con Zabini. Mi soffermai ad osservarlo, il più discretamente possibile, annuendo a Harry che raccontava qualcosa sugli allenamenti di Quidditch. Sembrava preoccupato, le mani a coprire quegli occhi che poco tempo prima erano stati fissi, infuocati, nei miei. Non potevo più negare che qualcosa fosse cambiato, in quei pochi giorni. Sarei stata una stupida se avessi tentato di ricacciare indietro quello che ormai era diventato qualcosa di più di un semplice pensiero. Volente o nolente ormai ero legata a lui, nella realtà e nei sogni. E, nonostante questo, era la realtà a preoccuparmi di più, ad occupare i miei pensieri.
A non farmi accorgere, in quel momento, che qualcuno si stava avvicinando.
- Ciao Hermione. - mi salutò Cedric, poggiando una mano sulla mia spalla, da dietro, e piegandosi leggermente per superare il frastuono della cena. Presa di sorpresa sobbalzai, prima di voltarmi verso di lui. Ci mancava solo questa...
Lo salutai o lo invitai a sedersi con noi ma, probabilmente a causa dell'occhiata assassina che gli aveva lanciato Ron, rifiutò cortesemente.
- Volevo sapere se ti andava di fare la ronda con me, invece che con Malfoy, stasera. Ovviamente Mandy è d'accordo. - disse, allegro.
Il suo sorriso perse luminosità vedendomi sbiancare alle sue parole, mentre tutti si erano girati e mi stavano osservando per cercare di accumulare notizie di gossip da sciorinare la sera con gli amici. Io, però, vedevo solo un paio di occhi, accesi, dall'altra parte della Sala. Era stato solo un attimo, ma l'effetto era stato immediato.
Mi ricomposi in fretta e mi voltai verso Cedric, riacquistando un colorito quantomeno accettabile. Dovevo fare qualcosa, subito.
- Non credo sia il caso di lasciarli soli di nuovo Ced, sarebbe come permettergli di saltare la ronda. Anzi stavo pensando che dovremmo mantenere fisse le coppie di stasera così potrò controllarlo meglio. - affermai, tra lo stupore generale, tentando di imprimere il più possibile un atteggiamento da martire per la patria nelle mie parole.
"Ci serve tempo per le ricerche di Silente" continuavo a ripetermi, per evitare che la mia determinazione si sgretolasse e che la voce suonasse incrinata, indecisa.
Cedric abbassò lo sguardo, mormorando un "capisco" e incamminandosi di nuovo verso il suo tavolo. Tre paia d'occhi mi fissavano, in attesa di una qualche parola di spiegazione che però non arrivò.
- Hermione… - cominciò Harry, cercando di intercettare i miei occhi.
- Cosa c'è? - chiesi, acida.
- Che ha combinato Malfoy l'ultima volta per costringerti a passare così tanto tempo con lui? - chiese Ron, con il suo nuovo tono scocciato, confezionato appositamente per me. Ginny osservava in silenzio il mio volto, cercando di cogliere qualcosa che agli altri due sarebbe sicuramente sfuggito.
- Niente di che ma se è con Mandy diciamo che… si distrae. - borbottai, nervosa.
- E a te cosa importa? - incalzò Ron, senza peli sulla lingua.
- A me importa perché prendo seriamente i miei doveri di prefetto, Ronald. - sibilai, guardandolo di traverso. Mi rispose con un'occhiata diffidente, per poi distogliere lo sguardo ed avventarsi di nuovo sul piatto di pudding.
- Ma… - esordì Harry, che evidentemente non era soddisfatto delle mie risposte.
- Non ho più fame, penso che andrò in Sala Comune, voi che fate? - lo interruppi, rivolgendomi a Ginny.
- Ti raggiungiamo lì Herm. - mi rispose lei, con un tono allegro che nascondeva la natura seria dei suoi pensieri.
- Bene, a dopo. - salutai, prendendo la mia roba.
La Sala Comune era pressoché vuota, erano quasi tutti ancora a cena. Mi buttai sul divanetto, senza curarmi troppo dei due ragazzi che parlottavano seduti al tavolo accanto alla finestra, e chiusi gli occhi. 

- Hermione? - mi chiamò Harry, poggiandomi una mano sulla spalla. Aprii gli occhi e sentii un miscuglio di voci, suoni, risate. - Ti eri addormentata. - spiegò, rispondendo al mio sguardo confuso.
Mi alzai immediatamente, strofinai gli occhi e guardai verso l'orologio. Le 10.15. Ero in ritardo.
- Perché non mi avete svegliata prima? - chiesi, la voce ancora impastata dal sonno.
- Ehm… io e Ginny siamo arrivati ora… - rispose Harry, a disagio, sedendosi sulla poltrona accanto al fuoco.
- Oh! Beh, e Ron? -
- Lui… non saprei, credevo che fosse salito ma qui non c'è. -
- O forse non si è minimamente preoccupato di svegliarmi ed è salito nei dormitori! Fatto sta che sono in ritardo… notte Harry, a domani. - dissi, posandogli un bacio sulla guancia prima di uscire dalla Sala Comune ed incamminarmi per i corridoi della scuola a passo svelto. Scesi le due rampe di scale appena in tempo prima che cambiassero e svoltai a destra al secondo corridoio, quasi correndo.
Mi fermai davanti all'aula di Trasfigurazione, guardando Malfoy che, seduto per terra accanto alla porta, giocava con una deliziosa fiammella blu evocata con la sua bacchetta.
- Scusami, - mormorai, - mi ero addormentata. -
Si alzò lentamente, dispiegando la stoffa dei pantaloni e della camicia, e cominciò a camminare.
- Dove stai andando? - chiesi, confusa.
- In biblioteca, Granger, hai in mente qualche altro posto in cui possiamo trovare dei libri? - rispose sarcastico.
Dandomi mentalmente della stupida gli corsi dietro, rallentando il passo una volta al suo fianco.
- Hai idea di cosa cercare? - domandai, gli occhi sul pavimento
- Dei libri su Salazar Serpeverde, suppongo. Cos'hai stasera, mezzosangue… ti hanno Confuso? - rispose, per la seconda volta, con una domanda. Oh, e anche con uno splendido ghigno divertito sul volto, ovviamente. Nel sentire quella parola, comunque, arrossii e girai velocemente la testa dall'altra parte per evitare che lo notasse.
- Sono solo stanca. - mormorai, la mia voce che rifletteva esattamente le parole appena pronunciate.
- Ti tengo sveglia la notte, Granger? - sogghignò, malizioso.
- Davvero divertente, Malfoy. Mi sto sbellicando. -
- Oh avanti, un po' di senso dell'umorismo, non devi mantenere sempre il tuo contegno da prima della classe… -
- Non mantengo alcun contegno, semplicemente non sei così divertente come credi. - dissi, per poi aggiungere, una volta davanti alla porta della biblioteca, - Sbrigati prima che qualcuno ci veda entrare. -
Lui mi lanciò un'occhiataccia ma fece come gli avevo chiesto, guardandosi attorno mentre camminava per gli scaffali in cerca di un tavolo. Ne trovammo uno abbastanza nascosto, quasi sempre vuoto perché lontano da una finestra.
- Cerchiamo un po' in giro separatamente e quando abbiamo trovato qualcosa torniamo qui. - affermai, posando la borsa sulla sedia e allontanandomi. Cominciai ad accarezzare le copertine dei libri mormorandone l'autore, il titolo. Dieci minuti dopo tornai al tavolo con quattro libri enormi tra le braccia, cercando di scansare la sedia con la punta del piede per potermi sedere.
- Da qua, Mezzosangue, prima che ti ammazzi - esordì Malfoy, sfilandomi malamente i volumi dalle mani.
- Ce la facevo tranquillamente. - mormorai, cominciando a risentire sensibilità nelle braccia. Mi sedetti e presi Storia delle quattro case, cominciando a sfogliarlo per trovare la parte relativa ai Serpeverde.
Dopo un'ora non avevo imparato niente di più di quello che già non sapessi, ossia chi era Salazar e in base a cosa sceglieva gli alunni appartenenti alla sua Casa. Il sangue, come potevo dimenticarlo?
Per quanto riguardava, invece, eventuali oggetti a lui appartenuti, neanche un accenno.
- Niente, neanche qui. - sbuffai, accantonando il secondo libro.
- E' proprio necessario lamentarsi ogni tre pagine? - sbottò Malfoy, alzando quegli occhi dal libro, poggiato sulle sue gambe. Ovviamente non poteva assumere una posizione da persona normale, quindi aveva optato per posare i piedi sulla sedia davanti a lui, piegando le ginocchia per poter creare una sorta di "leggio".
- Malfoy i tuoi cambi di umore mi faranno impazzire! - sussurrai, acchiappando il terzo libro con foga.
- Davvero ti faccio quest'effetto, Granger? Interessante. - sussurrò di rimando, sporgendosi leggermente sul tavolo, verso di me. Io arrossii e lui scoppiò a ridere di gusto.
- Se non la smetti di ridere ci cacceranno. E tu non mi fai alcun effetto. - affermai, rigida, aprendo delicatamente l'antico volume poggiato sul tavolo.
- Non provocarmi, Mezzosangue, lo sai che non ti conviene. - mormorò, tornando a posare gli occhi sul suo libro mentre un sorriso a mezza bocca si apriva sul suo volto.
- Io non… - cominciai, indecisa su cosa dire. Ritentai, aspirando aria a vuoto, poi richiusi la bocca e misi su un'espressione imbronciata.
- Non?… - mi provocò lui, senza guardarmi.
- Niente. - borbottai, in difficoltà. Si vedeva lontano un chilometro che si stava divertendo a mettermi in imbarazzo.
- Incredibile, dopo quattro anni sono riuscito a lasciarti senza parole. - sogghignò, - Pensavo sarebbe stato più difficile! -
- Malfoy smettila e continua a leggere… - mormorai, nervosa.
- Sennò? - continuò lui, imperterrito.
- Sennò troverò un altro modo per farti stare zitto. - ringhiai, assottigliando gli occhi.
- La cosa si fa interessante. Ad esempio? - domandò, falsamente indifferente.
- Ad esempio incollandoti la lingua sul palato. - risposi, col suo stesso tono.
- Pensavo che sarebbe uscito qualcosa di più fantasioso dalla tua mente eccelsa, Granger. - mormorò alzando gli occhi su di me. Sentivo il suo sguardo e lo vedevo, vedevo le iridi chiare, lucenti, penetranti, nella mia testa. Non avevo bisogno di alzare la testa dal libro.
- Penso che sia abbastanza funzionale la mia soluzione, te ne vengono in mente di migliori? - chiesi alzando un sopracciglio.
- In effetti si. - mormorò, senza abbassare lo sguardo.
- Bene, fammi una lista così avrò l'imbarazzo della scelta. - commentai acida.
- Avrei preferito una dimostrazione pratica. -
- E tu pensi davvero che io ti permetta di puntarmi la bacchetta contro? -
- Non ho bisogno della bacchetta in realtà. -
Rimasi un attimo interdetta e alzai lo sguardo su di lui. Si era alzato, silenziosamente come al solito, e aveva posato il libro per terra. Con un passo fu davanti a me.
- Ti puoi alzare, Granger? - domandò, piegando leggermente la testa di lato.
- Cosa vuoi fare? - chiesi io, posando il libro sul tavolo ma rimanendo ancorata alla sedia.
Senza rispondermi mi girò attorno, - Allora vieni? - incalzò, stranamente impaziente.
Mi alzai, tra lo spaventato e il preoccupato. Forse aveva trovato qualcosa nel suo libro? Mi avvicinai a lui con l'intento di seguirlo. Malfoy mi guardò un attimo, indeciso, prima di prendere il polso e tirare all'indietro, attirandomi contro di lui.
- Malfoy… cosa… - mormorai, mentre spostava la mano dal polso alla schiena, impedendomi di muovermi. 
"Cosa vuoi fare?" 
- Riprendo da dove sono stato interrotto, Granger. - sussurrò al mio orecchio, con la stessa voce roca, sensuale di quel pomeriggio. 

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Capitolo 17
*** Perché poi, alla fine, non sappiamo neanche noi cosa vogliamo. ***



This Is The End
Hold Your Breath And Count To Ten
Feel The Earth Move And Then
Hear my heart burst again
For this is the end
I've drowned and dreamt this moment

Adele, "Skyfall"


Capitolo 17, "Perché poi, alla fine, non sappiamo neanche noi cosa vogliamo."

Vuota. La mia mente era totalmente vuota. Il suo sguardo, duro e metallico fino a poco tempo prima, si stava lentamente sciogliendo nel mio, infuocato come non l'avevo mai visto. La sua mano era ferma sulla mia schiena, tenendomi ancorata a lui e al suo corpo, mentre l'altra si spostava senza alcuna indecisione tra i miei capelli.
Senza distogliere neanche per un secondo lo sguardo da me, si avvicinò.
Soltanto quando si trovò con la fronte sulla mia, chiuse gli occhi.
E poggiò la sua bocca, calda e morbida esattamente come la ricordavo, sulla mia.
E per poco non svenni. Perché capii.  
E mi accorsi che era la sua mano a sostenermi ancora, a non permettere alle mie gambe di crollare, mentre chiudevo gli occhi anch'io.
Ero combattuta.
Io, Hermione Granger, io volevo davvero che Draco Malfoy non si staccasse mai più, neanche per riprendere fiato.
Eppure i suoi occhi, già mi mancavano… e, beh, a dire la verità non riuscivo a capire come avessi fatto a vivere fino a quel momento senza potermi specchiare in quelle iridi chiare, troppo chiare per poter essere vere.
Poi, senza accorgermene, senza pensare alle mie azioni, alle conseguenze, pretesi di più. Accarezzai le sue labbra con la lingua, sentendolo fremere appena prima di schiudere la sua bocca, calda e morbida. E sentii un sapore intenso, meraviglioso, fresco. E pensai che mai, mai nella mia vita, un sapore avrebbe potuto essere più buono, più desiderato e più invitante.
E persi il lume della ragione, quello che era sempre stato il mio punto fisso, che mi aveva guidato nella vita, rischiarando la strada davanti a me, rendendola più comprensibile.
Lo persi con serenità, perché in quel momento sapevo che non ne avrei avuto più bisogno come prima, perché in fondo il buio mi piaceva, l'oscurità mi attirava.
Era facile andare avanti quando sapevi dove mettere i piedi. Era facile e noioso, incredibilmente noioso.
Era difficile proseguire, invece, quando il prossimo passo avrebbe potuto portare qualsiasi cosa, nel bene o nel male. Era eccitante ed avventuroso.
Mossi le mie braccia, senza interrompere il contatto, non permettendogli di allontanarsi neppure un secondo, e allacciai le mie mani dietro il suo collo. Avvicinandomi ancora.
E qualcosa si ruppe, dentro di lui. Mi sembrò quasi di sentirne il rumore.
- Granger, giochi con il fuoco. - mormorò con voce roca, staccandosi a fatica da me e fissandomi con un'espressione che non gli avevo mai visto. Sembrava sul punto di crollare, ma col sorriso, un sorriso soddisfatto che si scontrava con la meraviglia e il desiderio nei suoi occhi.
Ecco, mi sentivo una stupida, ora, lontana dalle sue labbra, morbide e calde. E arrossi, abbassando la testa, in imbarazzo. Slacciai le mani da dietro il suo collo, ma prima che potessi farle scorrere sulle sue spalle e riportarle ai miei fianchi, la sua mano mi bloccò, decisa.
- Non ho detto che devi smettere, Mezzosangue. - sussurrò al mio orecchio.
Poi scese, strusciando delicatamente la sua guancia sul mio viso, sulla mascella, sul collo, dove posò un bacio con quelle labbra, morbide e calde. Un gemito uscì dalla mia bocca, inaspettato, e lui lo prese come un segnale, un via libera, e in fondo forse lo era davvero.
Risalì il mio collo con una scia di baci infuocati, provocatori, e poi, vicino alle mie labbra si fermò. E io mi sentii morire e, dato che alla mia vita in fondo ci tenevo, non attesi un secondo di più per riprendere possesso della sua bocca, facendolo sussultare di nuovo. La mano sulla mia schiena si irrigidì, mi forzò ad avvicinarmi ancora, e mi stupii che fosse possibile ridurre ulteriormente lo spazio tra di noi. Incapace di resistere ancora affondai una mano tra i suoi capelli, morbidi come le sue labbra, forse di più.
E a quel punto, senza alcun preavviso cominciò ad indietreggiare, lentamente.
Un passo, due passi.
Tre passi.
La sua schiena toccò la libreria dietro di lui, ma io non me ne accorsi fino a che non mi fece girare, permettendomi di prendere il suo posto, forse con l'intento di farmi sentire in trappola. Si staccò, di nuovo, e, fissandomi, spostò le sue braccia, poggiando i palmi stesi accanto alla mia testa. E, in effetti, un po' in trappola mi ci sentivo, ma non avevo la minima intenzione di fuggire. In fondo, ero pur sempre una Grifondoro, no?
- Malfoy… - mormorai, libera dalle sue labbra e quindi capace di articolare un qualche pensiero, anche se con molta fatica.
- Si, Granger? - rispose lui, lo sguardo curioso, arrestando l'avanzata verso la mia bocca.
- Perché? - domandai, anche se in realtà non ero sicura di volerlo sapere.
- Perché no? - rispose lui, accennando un sorriso sghembo.
Mi stavo quasi disintossicando. Forse sarei riuscita a creare frasi di più parole.
- Di "perché no" ce ne sarebbero molti. - dissi, piegando leggermente la testa per osservare meglio i suoi occhi. Il sorriso si spense sul suo volto, ma non si mosse.
- E pensi che me ne importi qualcosa, Granger? - ribatté, un po' scocciato, o forse solo spaventato.
Non risposi, abbassai lo sguardo. No, non potevo farlo, era evidente. Mosse la mano e mi tirò su leggermente la testa, guardandomi deluso.
- E a te, a te importa qualcosa? - chiese, con un sussurro appena udibile.
- Io… - cominciai, incapace di rispondere. Accidenti al mio lume della ragione, accidenti a lui.
- Tu? - incalzò, scandagliando i miei occhi con attenzione. - Avanti, Granger, dì quello che pensi. - mi sfidò.
- Non ci riesco.
- Non sai quello che pensi, Mezzosangue?
- Non riesco a pensare.
- Oh. Oh. 
Una risata roca uscì dalle sue labbra, mentre un'espressione offesa si stampava sul mio volto.
- Non c'è niente da ridere… - mi uscì, ed in effetti c'era solo che da piangere.
- Non sono d'accordo. - mormorò, mentre pian piano riassumeva il controllo di sé, mantenendo un ghigno divertito sul volto. - Se io mi allontanassi, riusciresti a pensare, Granger? - chiese, sottolineando il concetto spostando una mano sulla schiena e attirandomi violentemente verso di lui, mentre io per non cadere mi reggevo ai suoi fianchi.
- Può darsi… - mormorai, senza però fare qualcosa per allontanarmi davvero.
- E cosa stai aspettando? - rise lui, tra i miei capelli.
Cercai di recuperare un po' della mia dignità, sebbene la maggior parte ormai fosse perduta nella sua bocca, da qualche parte. Lo respinsi delicatamente, posandogli le mani sul petto. Pessima mossa, mi ricordò il mio corpo con un brivido.
- Hai freddo, Granger? - chiese, prendendomi i polsi con le mani e spostandole sulle sue spalle.
- Un po'. - dissi, per evitare di fargli capire cosa era a farmi rabbrividire, in realtà.
- Allora forse non dovresti allontanarti. - sussurrò al mio orecchio sporgendosi leggermente in avanti. Ecco, di nuovo. Avrebbe pensato che stavo davvero congelando, di questo passo.
- Io… io credo che dovremmo… - cominciai, tentando in tutti i modi di ignorare il suo alito fresco sul mio collo.
- Si? - domandò, riaddrizzandosi.
- Le ricerche e… beh, Silente si aspetta che concludiamo qualcosa. - affermai, pentendomi in realtà delle mie stesse parole, ma sempre più consapevole di quello che era successo. Un'espressione indignata si dipinse sul suo volto, mentre il rimorso si faceva strada nel mio stomaco. Cercai di ignorarlo, tentai di convincermi che stavo facendo la cosa giusta, nonostante le sue labbra fossero così calde e morbide. 
- Bene. - sibilò, sciogliendosi da me, tornando al tavolo e sedendosi sulla sedia.
Lo seguii con lo sguardo, poi abbassai gli occhi verso le mie mani, vuote. Ora io mi sentivo vuota, mentre la mia mente era piena, a dir poco colma di idee per farlo tornare da me, immediatamente.
Mossi qualche passo e mi sedetti anch'io, ma sulla sedia accanto alla sua. Lui non fece nulla, semplicemente continuò a fissare gli occhi sulla pagina del libro, a dir poco arrabbiato, forse ferito.
- Malfoy… - lo chiamai, allungando un braccio verso di lui.
- Cosa vuoi ora, Granger? Non dovevamo fare queste dannate ricerche? Cosa vuoi da me? - urlò con cattiveria, girandosi finalmente verso di me e inondandomi di una delusione mista alla rabbia che sgorgava da quegli occhi.
Ritirai la mano, ferita.
Mi alzai in fretta, presi i due libri rimasti da leggere e li infilai nella borsa, mentre il suo sguardo mi seguiva, interrogativo.
- Dove vai? - chiese, riluttante. 
Non guardarlo, non guardarlo Hermione. O non lo farai.
Mi fidai di me stessa e, senza lanciargli nemmeno un'occhiata, uscii dalla biblioteca. 

-- 

Ok, forse è un po' corto, direte voi. 
Ma questa doveva essere una scena a sè. 
Cioè, non potevo accostarla a nient'altro, parliamoci chiaro. 
Boh, io direi soltanto "finalmente". :)
Baci :3

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Capitolo 18
*** Nuove scoperte. ***


Capitolo 18, "Nuove scoperte."

E cominciai a correre. Perché, se non avessi corso, se avessi camminato più lentamente, avrei finito per fermarmi e tornare indietro.
Arrivai davanti al ritratto della Signora Grassa ansante, con il respiro corto. Mi guardai intorno prima di entrare e mi scoprii a sperare che mi avesse seguita. Per questo, una volta in Sala Comune, sul mio volto era apparsa, inequivocabile, un'espressione delusa.
- Hermione! - esordì Harry, venendo verso di me. Incontrò i miei occhi e si bloccò, indeciso. - Cos'è successo? - chiese.
- Niente - mormorai, non risultando convincente neanche alle mie stesse orecchie.
- Harry, torna da Ron. Ci penso io. - affermò sicura Ginny, scansando il fidanzato e prendendomi per una mano. Lasciammo lì il mio migliore amico, l'espressione confusa, per dirigerci fuori, fuori dalla Sala Comune, fuori dalla scuola. Rimanemmo in silenzio per tutto il tragitto, io in uno stato confusionale più che evidente, lei tranquilla e sicura come sempre.
Quando l'aria fredda della sera, quasi notte a dir la verità, mi colpì in pieno viso, mi sentii meglio, più lucida.
Posammo  i mantelli sull'erba e ci sedemmo, una davanti all'altra. Ginny mi scrutava, attenta a non perdersi neppure un lampo nei miei occhi, uno spasmo della bocca.
- Cos'è successo? - chiese, facendola suonare più che una domanda, un ordine. E io, lo sapevo, non avrei mai potuto mentirle. Eppure, non potevo neanche dirle la verità. Così rimasi in silenzio.
- Avanti, Hermione, sai che ti puoi fidare di me. - mi esortò lei, lo sguardo preoccupato.
- Io mi fido di te, Ginny. - riuscii a mormorare, prima che gli occhi mi si riempissero di lacrime. Non potevo davvero spiegarle cos'era successo con Malfoy, se prima non le dicevo tutto il resto. Avevo paura che non avrebbe capito. Beh, in realtà probabilmente non avrebbe capito comunque, dato che neanche io ci riuscivo. Eppure avevo bisogno di sfogarmi, avevo la necessità di parlarne con qualcuno per renderlo vero ai miei occhi.
- Ginny io… io non posso dirti tutto. - azzardai, distogliendo lo sguardo dai suoi occhi e fissandolo sulle mie mani, che tenevano con forza le ginocchia al petto. Sembrava quasi che volessi tenermi unita, evitare di crollare.
- Non importa, Hermione. Dimmi quello che vuoi. - mi rispose dolcemente, posando la sua mano sulle mie, un gesto così spontaneo da permettermi di respirare meglio.
Così le raccontai, le raccontai di lui, e basta. Del bacio in corridoio, del mio schiaffo, di Nyves, di quella sera. Mascherando ogni cosa, ovviamente, per non rivelarle quello che non avrei potuto assolutamente dirle, non ancora. Lei ascoltò senza indagare, senza porre domande su dettagli irrisolti. Sembrava impassibile, per chi non l'avesse conosciuta, ma io vedevo oltre. Impressioni, paure, disgusto, stupore, accettazione… vedevo tutto questo nascosto dietro i suoi occhi marroni.
- Malfoy. - affermò, quando ebbi terminato. - Malfoy. -
- Malfoy. - confermai io, titubante.
- Malfoy? - domandò poi, poco convinta, uno sguardo supplichevole.
- Oh Ginny cosa devo fare? - chiesi, ricacciando le lacrime indietro con forza.
- Hermione io… - cominciò, ma poi le parole si persero, mentre boccheggiava incapace di articolare tutto ciò che le avevo suscitato, o forse proprio perché pensava che fosse meglio non farmi sapere tutto ciò che le avevo suscitato.
- Non so cosa fare. Non so cosa pensare. - mormorai, cercando di nuovo la sua mano. - Non so cosa mi sia preso. Io non so più niente. - conclusi.
Ginny mi guardò con la coda dell'occhio, chiudendo finalmente la bocca.
- A te piace. - affermò sicura, stampandosi un'espressione seria in volto ma non riuscendo a cancellare un minimo di disapprovazione all'angolo della bocca.  Io rimasi sorpresa, sbigottita. Non tanto perché ciò era uscito dalla sua bocca, ma perché non appena lo aveva detto, avevo sentito che non era altro che la verità.
- Ma… ma non c'entra questo. - sussurrai io.
- Hermione, certo che c'entra. E' di questo che stiamo parlando. - mi ricordò lei, facendomi notare quanto idiota fosse stata la mia osservazione.
- Si, no intendo dire. - cominciai, bloccandomi per trovare le parole, - non basta. -
Lei mi guardò confusa.
- Come sarebbe a dire non basta? Cos'altro ci vuole? - domandò, inarcando le sopracciglia.
- Ginny, lui è Malfoy! - sbraitai, vicina all'isterismo.
Lei sbuffò, scocciata.
- Lo so bene chi è, Hermione, non credo di poterlo dimenticare tanto facilmente. Ma sembra che a te non sia interessato più di tanto mentre ti ficcava la lingua in bocca. -borbottò, accennando un mezzo sorriso sornione.
- Ginny! - le urlai, scandalizzata.
- Hermione! - mi rispose lei, ridendo apertamente.
Mi accodai alla sua risata.
- Senti ti fai troppi problemi. Forse è la felicità di stare con Harry a farmi parlare. Diciamo probabilmente. Diciamo anche sicuramente. Beh, non è questo il punto. Si, è vero, Malfoy è uno stronzo. Ma… ma a te piace, Hermione. E se non funzionerà, allora tanto meglio. Vedi come vanno le cose, non mettere subito le mani avanti. - sciorinò, convinta. - In realtà non voglio sapere dove metti le mani… - aggiunse, spalancando gli occhi.
Io scossi la testa, indecisa.
- Lui mi ha fatto solo del male. - sussurrai, stringendo con forza il mantello sotto di noi. - Non posso. -
- E invece ora, stai bene? - chiese lei, guardandomi negli occhi.
No, non stavo bene. Pensavo a come avevo distrutto il suo mezzo sorriso, a come l'avevo lasciato lì senza neanche voltarmi, pensavo al fatto che si era messo in gioco, che aveva fatto un passo avanti. Che, in fondo, ora era uno dei buoni, anche se era sempre lo stesso Malfoy. Stronzo, nulla da ribattere, snob, ricco, cocciuto, snervante.
- No, non sto bene. - mormorai, sconfitta.
- Pensaci. Torniamo? - chiese, alzandosi e porgendomi una mano per aiutarmi.
- Certo. - risposi, accennando un sorriso e afferrandole la mano. 

- Ed è andata via, così, senza dire nulla? - chiese Blaise, osservandomi interessato con un'espressione pensosa.
- Si. - risposi semplicemente, le mani tra i capelli, i gomiti sulle ginocchia. Ero in quella posizione, sul divano, da circa mezz'ora.
- Ma prima ti ha ficcato la lingua in bocca. - affermò Nott, altrettanto interessato, alzando un sopracciglio.
- Si. - dissi di nuovo, con un tono alquanto scocciato.
Ero lì da mezz'ora e da mezz'ora mi facevano domande ovvie. Ripetevano cose che gli avevo appena detto. Non riuscivamo ad avanzare.
- Hai pomiciato con la Granger. - sogghignò improvvisamente Blaise, facendo ricadere la testa all'indietro e cominciando a ridere sguaiatamente. Nott cercò di trattenersi, per qualche secondo, ma poi lo seguì.
E io stavo lì, come un imbecille.
- Non c'è niente da ridere, idioti! - urlai, offeso.
- Draco, c'è da ridere eccome. - disse, poi mi interruppe con un dito prima che riuscissi a ribattere. - Sh, fa parlare me. C'è da ridere, questo è appurato. Ora, andiamo avanti. Lei c'è stata, ce l'hai confermato più di una volta. Poi se n'è andata, dopo che tu le hai strillato contro perché lei era indecisa. Ci hai confermato anche questo. Ora, si può sapere perché diavolo non le hai chiesto scusa? - sibilò, passando da un'espressione seria ad una arrabbiata. Nott soffocò una risatina.
- Chiederle scusa? - domandai, interdetto. - E per cosa? Lei mi ha interrotto, mi ha quasi rifiutato. - continuai, sentendo la rabbia spingere per venire a galla.
- No, Draco. - intervenne Nott, - Lei era combattuta, il che è più che normale visto che non hai fatto altro che maltrattarla per anni. -
- Io non ho…
- Si, tu hai.
- Concordo con Theo, tu hai, eccome se hai.
- Ma…
- Niente ma, Draco.
Alzai gli occhi, li feci scorrere su di lui, poi su Blaise.
- Oh, no, io non posso scusarmi. - affermai sicuro, facendo trapelare il disgusto nel pronunciare l'ultima parola. - Non per quello. -
- Avanti Draco, sei un maestro nel mascherare le scuse sotto altre forme, trova un modo. - mi incoraggiò Blaise, sorridendo malizioso.
Lanciai un ultimo sguardo ai miei amici e, prendendo i volumi che avevo raccattato in biblioteca, mi rifugiai nel dormitorio. Mi buttai sul letto, esausto, e cominciai a sfogliare svogliatamente un volume, leggendo qua e là sovrappensiero.  
… e fu così che il medaglione di Serpeverde, una volta appartenuto allo stesso Salazar, passò di mano in mano, di discendente in discendente, finché non si persero definitivamente le sue tracce.
Sobbalzai, strabuzzai gli occhi. Li strofinai con le mani. Rilessi, una volta, due, tre.
Dovevo parlare con la Mezzosangue, immediatamente. Ma come? Lei era sicuramente nel suo dormitorio, non potevo presentarmi lì, così, senza preavviso. Beh, ci avrei pensato poi.
Presi il libro e uscii di corsa dalla mia stanza, sorpassando velocemente Blaise e Theo che mi guardavano orgogliosi, supponendo che stessi correndo a scusarmi. Ma per favore!
Gli lanciai un'occhiataccia veloce senza fermarmi ed uscii dai sotterranei, vagando in direzione della torre dei Grifoni. Come sono caduto in basso, pensai.
- Oho, guarda chi c'è. - mormorò una voce.
- Granger, devo parlarti. - affermai sicuro, senza rispondere alla Weasley.
- Ehm, proprio ora? - sussurrò, lo sguardo preoccupato, il corpo immobile.
- Si, adesso, sennò non sarei qui. - dissi, con tono esasperato.
- Ci vediamo su, Ginny, io… torno subito. - le bisbigliò. La rossa fece un cenno col capo, ci lanciò un'ultima occhiata e salì le scale.
- Mi raccomando, Hermione… - urlò con tono malizioso, prima di sparire alla loro vista.
- Cosa?… - borbottai, gli occhi spalancati. Che le avesse detto tutto? Era davvero stata così stupida? Silente le aveva riferito chiaro e tondo di aspettare.
- Fatti gli affari tuoi. - mi rimbeccò lei, lo sguardo alto. Sembrava avesse ritrovato il suo spirito Grifondoro piuttosto in fretta. Non l'avevo contaminata abbastanza.
La guardai per qualche secondo, ma lei distolse lo sguardo per prima. Così le presi una mano - una mano? - e la guidai per i corridoi, fino a che non trovai l'aula di Trasfigurazione.
- Che ci facciamo qui, Malfoy? - chiese spaventata, sempre senza guardarmi.
- Ho trovato qualcosa. - le dissi, fissandola invece insistentemente, infastidito dal suo comportamento. Poggiai il volume su un banco e lo aprii alla pagina designata, aspettando che lei leggesse.
I suoi occhi marroni si poggiarono sul libro e presero a scorrere velocemente le parole, mentre sul suo volto appariva un'espressione vittoriosa.
- Un medaglione! E' questo che dobbiamo cercare! - strillò, incapace di trattenersi.
- Così pare. - confermai.
- Ma dice che è andato perduto. - rifletté, incrociando le braccia, quegli occhi sempre fissi su quel dannato libro. - Bisognerà individuare i discendenti di Salazar… forse Silente… - continuò a borbottare.
- Granger, guardami. - le intimai con tono duro. Mi stava facendo diventare matto, perché quello sguardo basso?
Lei sobbalzò.
- Io… - mormorò, spaventata.
- Hai… hai paura di me, Mezzosangue? - chiesi, cercando di modulare il mio tono di voce.
- Oh ma che dici Malfoy! - sbraitò lei, riacquistando il suo temperamento, ed alzando finalmente la testa.
Andava decisamente meglio. O forse no. Ora avrei dovuto… trattenermi.
- Dico che dovresti. - sussurrai, cercando di allungare una mano verso di lei, ma lasciandola cadere al mio fianco subito dopo. 

Di cosa avrei dovuto avere paura?
Perché io non ne avevo. Beh, avevo avuto il terrore di guardare i suoi occhi, di perdermi di nuovo, senza riuscire più a controllarmi. Ma, ormai, quello non era più un problema, perché era già successo. Aveva giocato sporco, mi aveva provocata e io, per rispondergli, l'avevo guardato. Ovviamente, non riuscivo più a distogliere gli occhi, ora.
- Io… - cominciò Malfoy, in difficoltà per la seconda volta in pochi giorni.
Io lo osservavo attenta, cercando di indovinare quello che voleva dirmi senza successo.
- Potrei aver esagerato un po', prima. - mormorò, tenendo con fatica gli occhi alti nei miei.
- Oh. - mi uscì, spontaneo. Si stava… scusando per avermi baciata? O per avermi urlato contro? O per entrambi? Ero più confusa di prima.
Ci pensò lui a fare chiarezza, avvicinandosi leggermente, alzando lentamente il braccio per portare la sua mano sulla mia guancia calda, bollente probabilmente.
- Buonanotte, Granger. - mormorò sulle mie labbra. Chiusi gli occhi, risposi al bacio. Li tenni chiusi, sentendo i suoi passi allontanarsi e la porta chiudersi.
- Buonanotte, Malfoy. - mormorai al nulla. 

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Capitolo 19
*** Qual è il confine tra sogno e realtà? ***


Capitolo 19, "Qual è il confine tra sogno e realtà?"

Aprii gli occhi, lentamente.
- Sei sveglia? - domandò al mio orecchio.
Mi voltai leggermente e incontrai due occhi grigi, curiosi.
- Io… si, sono sveglia. Dove siamo? - domandai, guardandomi intorno. Sembrava un salone ed era arredato con un divano, su cui eravamo noi, e due poltrone laterali; davanti c'era un grande camino di marmo grigio con venature verdi, su cui capeggiavano diverse cornici. La stanza era illuminata da una grande finestra, sulla sinistra, circondata da tende scure.
- Siamo in salone, ovviamente. - rispose, aggrottando le sopracciglia. - Tutto bene? - aggiunse, guardandomi preoccupato. 
Ah. 
Si, capisco. 
Alzai - di malavoglia - la testa dal suo petto, mettendomi seduta.
- Dove vai?
Bella domanda.
- E' casa tua? - chiesi, continuando ad osservare la stanza, i soprammobili, il tavolino di legno sopra il tappeto.
- Certo… - mormorò, sempre più confuso.
Mi alzai e mi diressi verso il camino. Nella prima cornice un piccolo Malfoy alzava una manina verso l'obiettivo, l'espressione allegra rivolta verso la bellissima donna bionda che lo teneva in braccio. Narcissa lo guardava con adorazione, un leggero sorriso ad illuminarle il volto. Nella seconda la stessa donna era seduta su una panchina, in un parco probabilmente, pieno di verde, di alberi in fiore. Mi avvicinai ancora, e lo vidi. Al suo collo c'era un medaglione, giallo-arancione, appena nascosto dalla piega del colletto del suo vestito.
Sussultai appena, sentendo delle braccia cingermi la vita, da dietro.
- Cosa succede? - sussurrò Malfoy al mio orecchio, inondandomi del suo profumo. Chiusi gli occhi, tentando in ogni modo di restare lucida.
- Cos'è quel medaglione? - bisbigliai, la voce malferma.
Allungò una mano sopra la mia spalla, afferrando la cornice per guardare meglio, e la sua guancia sfiorò la mia. Deglutii e richiusi gli occhi. Forza, Hermione, puoi farcela.
- Non l'ho mai visto. Perché? - chiese, rimettendo la foto al suo posto e facendomi voltare verso di lui dolcemente. Oh, no, di male in peggio. Cercai di allontanarmi un po', sciogliendomi dalle sue braccia, ma lui mi tirò più vicina, rafforzando la presa. Mi fissava intensamente, in attesa di una risposta.
Poi per fortuna - purtroppo -, tutto cominciò a farsi più opaco e i suoi occhi grigi sbiadirono nella mia mente.
Mi alzai di scatto, portandomi una mano alla fronte.
Stavolta l'avevo capito, che era un sogno. Avevo cercato degli indizi, nonostante le distrazioni. E così quel medaglione aveva qualcosa a che fare con la sua famiglia, ma sembrava che lui non ne sapesse niente. O almeno, non ne sapeva niente nel sogno. Erano sempre più realistici, pieni di dettagli, di odori. Probabilmente anche di sapori, se solo me lo fossi concesso…
Hermione!
Si, dovevo concentrarmi, pensare.
Mi voltai a guardare la sveglia, che segnava le 6.30. Era troppo presto per parlarne con qualcuno, sia con Silente che con Malfoy. Presi un blocchetto da dentro la borsa e cominciai ad appuntare tutto quello che ricordavo, ogni particolare, per evitare di dimenticare, riaddormentandomi, qualcosa di importante. Una volta finito, poggiai la testa sul cuscino e chiusi gli occhi. Ne vedevo altri due, ora: grigi e accesi. 

- Hermione, sveglia! - bisbigliò Ginny, poggiandomi una mano sulla spalla.
- Cosa.. - tentai, la bocca impastata, - Che succede? -
- E' tardi e non scendevi, così sono venuta su io. Credo che la tua… ehm, veglia, non funzioni. - disse, indicando l'oggetto sul comodino.
- Sveglia, si chiama sveglia. - la ripresi, sorridendo.
- Quello che è. Sbrigati o non arriverai in tempo a lezione. Che hai ora? - chiese, aprendo il mio armadio e gettando qualcosa sul letto.
- Oddio, la McGranitt! - urlai, saltando fuori dal letto e acchiappando la divisa che mi aveva tirato fuori e sfilandole le calze dalle mani. Corsi in bagno a lavarmi e per poco non caddi a faccia avanti inciampando in qualche diavoleria che Lavanda aveva lasciato per terra.
- Se ci arrivi viva a lezione credo che sarà più contenta. - sogghignò Ginny, mettendo dei libri nella mia borsa.
Dieci minuti dopo uscii vestita, cartella in spalla, dalla Sala Comune.
- Grazie mille Ginny, a dopo! - dissi, schioccandole un bacio sulla guancia prima di correre verso l'aula di Trasfigurazione. Non pensavo che l'avrei mai detto, ma per fortuna era venerdì!
Arrivai appena in tempo per sgusciare dentro l'aula prima che chiudessero la porta e mi sedetti vicino ai miei migliori amici, salutandoli con un "buongiorno" stranamente allegro. I due si scambiarono un'occhiata e un'alzata di spalle.
La mattina passò tranquilla e dopo le lezioni ci dirigemmo verso la Sala Grande per il pranzo.
- Muoio di fame! - esordì Ron, cominciando a riempirsi il piatto in maniera decisamente esagerata. Sembrava di buon umore, anche se non mi aveva ancora rivolto la parola.
- Hermione, Cedric ti fissa. - bisbigliò Harry al mio orecchio, lanciando un'occhiata al tavolo dei Tassorosso. Mi girai lentamente e trovai i suoi occhi. Quando se ne accorse mosse le labbra per dirmi qualcosa. Assottigliai lo sguardo e lessi il labiale: "ti devo parlare". Trattenni un sonoro sbuffo e annuii.
Cosa avrei dovuto dirgli? Non avevo avuto tempo di fare la lista ma… in realtà qualcuno mi aveva fatto capire che era vero, che quando qualcuno ti piace sul serio non c'entra proprio niente la razionalità.
Quel qualcuno che, me n'ero accorta subito, non c'era. 

- Dannazione Blaise! - urlai, infilandomi i pantaloni della divisa velocemente. - Perché non mi hai svegliato? -
- Dormivi come un angioletto, non ne ho avuto il coraggio. - mi rispose, senza neppure guardarmi.
- Idiota! - sbraitai, allacciando la cintura e prendendo il maglione. Era dalla sera prima che si comportava in modo strano, sembrava distante, triste, malinconico. Che fosse successo qualcosa?
- E' inutile che ti sbrighi Draco, è ora di pranzo. - mormorò, gli occhi sempre fissi sul soffitto sopra il suo letto.
- Si può sapere che ti prende Blaise?
- Niente.
- Non raccontarmi balle!
Mi voltai verso lo specchio alzando gli occhi al cielo e strinsi il nodo della cravatta. I miei capelli erano un disastro, ma non me ne importava assolutamente niente. In compenso le occhiaie erano diminuite. Presi la bacchetta e la infilai nella tasca dei pantaloni, poi mi avvicinai al suo letto e mi sedetti.
- Cos'è, ti hanno rifilato un due di picche? - sogghignai, tentando di fargli perlomeno abbassare lo sguardo.
- Nessuna si sognerebbe di dirmi di no, che domande fai? - rispose, passandosi una mano tra i capelli neri e luminosi come per sottolineare il concetto.
- Fortuna che sono io quello che non ti dice mai niente… Fa come ti pare, io non sono certo un rompipalle come te. Quando vorrai parlarne fammi un fischio. - gli dissi, prendendo la borsa e uscendo dai dormitori per andare a pranzo.
Non appena entrai nella Sala Grande mi sentii osservato. Sembrava che la Mezzosangue mi stesse aspettando… ottimo. Le lanciai un'occhiata prima di andare a sedermi al mio tavolo. 

E così alla fine ce l'aveva fatta, ad arrivare. Aveva un aspetto insolitamente trascurato, un po' in disordine. Aveva i capelli deliziosamente spettinati e i pantaloni un po' sgualciti. Mi immersi per qualche secondo nei suoi occhi, prima che si dirigesse al suo tavolo, poi presi la borsa e mi alzai insieme agli altri.
- Hermione? - mi chiamò Cedric, appena misi un piede fuori dalla porta. Mi girai e lui mi fece segno con la mano di seguirlo. Incredibile quanto potesse essere petulante. Camminammo fino a raggiungere una piccola nicchia in un corridoio.
- Che c'è? - chiesi, impaziente.
- Sei stata un po' strana ultimamente, va tutto bene? - domandò, tentando di prendermi una mano. Mi allontanai leggermente prima di rispondergli.
- Si va tutto bene, sono solo impegnata con lo studio. - risposi un po' troppo fredda.
- Ah. Lo studio. Capisco. - mormorò deluso. - Ti… ti lascerò stare. - aggiunse, con un sorriso malinconico.
Si, era decisamente sveglio. Abbassai lo sguardo e lui lo prese come una conferma.
- Allora vado… - disse, alzando appena una mano per salutarmi e camminando lungo il corridoio.
Mi dispiaceva, davvero. Non del fatto che non avesse funzionato, non che ci avessi mai creduto molto, ma sembrava non l'avesse presa benissimo. Sospirai, appoggiata con la schiena al muro. 
Che cosa complicata, i sentimenti. 
- Che ci fai qui? 
Ecco, appunto.
- Rimpiango gli 11 anni. - risposi, voltandomi.
Mi guardava confuso, e così ricordai. Come avevo potuto dimenticarmene?
- Che vuoi dire, Granger? - domandò, avvicinandosi.
- Niente, niente. - mormorai, muovendo una mano come a scacciare il pensiero precedente. - Devo parlarti, hai tempo? -
Si fermò, indeciso.
- Non posso saltare altre lezioni... mi parlerai stasera. - disse con un sorriso malizioso, sorpassandomi e aprendo la porta dell'aula alla fine del corridoio. Lo seguii con lo sguardo fino a che, dopo avermi fatto un cenno con la testa, non si chiuse la porta alle spalle. E allora cominciai a correre anche io, di nuovo in ritardo. 

 

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Capitolo 20
*** La parte migliore dei litigi è far pace. ***


Questo capitolo lo dedico
ad AvieHudson, che dovrà aspettare ancora
del tempo perché succeda e se lo merita perché mi da buca.
Caramella alla menta? :3

I want to reconcile the violence in your heart
I want to recognise your beauty’s not just a mask
I want to exorcise the demons from your past
I want to satisfy the undisclosed desires in your heart

Muse, "Undisclosed Desires"


Capitolo 20, "La parte migliore dei litigi è far pace."

 

Lo cercai in Sala Grande, durante la cena, ma non c'era.
E neppure il giorno seguente.
E quello dopo ancora.
Il cuore mi batteva a mille ogni volta che mi giravo verso il tavolo dei Serpeverde e si fermava ogni volta che vedevo il suo posto vuoto. Ero sempre nervosa, intrattabile e quindi passavo quasi tutta la giornata in biblioteca per evitare di farmi vedere da Harry e Ron. Ovviamente, Ginny se n'era accorta, lei l'aveva capito cos'era che non andava, non c'era bisogno di parlarne.
Il lunedì decisi di averne abbastanza di aspettare. La biblioteca era quasi deserta ed estremamente silenziosa all'ora di pranzo. Presi la borsa ed uscii, dirigendomi verso l'aula di Trasfigurazione. Solo dopo aver raggiunto la porta ed aver posato la mano sul pomello mi resi conto di aver corso. Di questo passo sarei diventata un'atleta…
Feci un lungo respiro e decisi che, magari, era meglio bussare.
- Si?
- Professoressa sono Hermione, posso entrare?
- Certo, cara, vieni pure.
Girai la maniglia e sgusciai dentro, richiudendomi la porta alle spalle.
- Buongiorno io.. ehm, mi dispiace averla disturbata ma… - cominciai un po' impacciata.
- Vuole vedere il Preside? - mi interruppe lei, facendomi cenno con la mano di prendere posto sulla sedia davanti la sua cattedra. Sgranai leggermente gli occhi, sorpresa che lo avesse capito così velocemente. In fondo avevo parlato spesso con lei, da sola, delle lezioni e degli esami.
- Io… si, come fa a saperlo? - chiesi, spostando leggermente la sedia per sedermi, senza staccarle gli occhi di dosso.
- Diciamo che lo immaginavo. - rispose lei, accennando un sorriso, - ma il Preside al momento non c'è. Tornerà stasera, temo. -
Ci mancava solo questa...
- La parola d'ordine è Caput Draconis signorina Granger, nel caso volesse tentare più tardi - aggiunse, probabilmente spinta dalla mia espressione infinitamente delusa.
Sussultai appena, ma tentai di ricompormi subito. Che avesse qualcosa a che fare con?…
Ma no, Hermione, cos'è, è diventata un'ossessione?
- Grazie, professoressa. - mormorai, gli occhi sperduti nei miei pensieri. Mi alzai e uscii dall'aula mormorando un "arrivederci". Malfoy mancava da tre giorni, ed anche Silente non c'era. E io avrei dovuto aspettare ancora tutto quel tempo prima di capire cosa diavolo stava succedendo?
Poggiai la schiena al muro, lungo il corridoio, la testa tra le mani. Se almeno avessi potuto parlarne con Harry… 
Ma non puoi.
Dovevo cavarmela da sola, stavolta. Di certo non potevo andare in giro a chiedere a Tiger o Goyle che fine avesse fatto il loro "padrone" (perché solo il rapporto servo-padrone poteva descrivere la loro relazione), eppure non potevo neanche restare con le mani in mano. 
Non ti viene in mente nessun altro?
Beh, i Serpeverde non erano mai stati particolarmente amichevoli con me, dato il mio sangue, ma… ma certo, c'era qualcuno che si era sempre dimostrato perlomeno cortese. Tuttavia, mi resi conto, io non avevo idea di dove fosse la Sala Comune dei Serpeverde e di certo non potevo avvicinarmi in Sala Grande senza che tutti pensassero che fossi diventata completamente pazza. 
E' tutto qui il tuo gran cervello, Hermione?
No, non era tutto qui.
Rimisi la borsa in spalla e cominciai a camminare.
Quando giunsi alla Guferia, fortunatamente, la trovai vuota. Mi avvicinai ad un piccolo gufo, grigio, e legai il bigliettino alla sua zampa. Lo guardai svolazzare fuori della finestra prima di scendere fino al grande portone della scuola ed uscire, appostandomi sotto un albero poco lontano. Ed ora dovevo solo attendere.
Dieci minuti dopo sentii dei passi avvicinarsi.
- Ciao Nott. - mormorai, quando fu abbastanza vicino.
- Ciao Hermione. - rispose lui, cortesemente, ma con un'espressione particolarmente fredda.
- Io volevo chiederti se…
- Lo so cosa volevi chiedermi. - mi interruppe lui bruscamente, spostando lo sguardo su di me.
Evidentemente mi ricordavo male, i suoi modi non erano poi tanto diversi da quelli degli altri Serpeverde.
Per lo meno sapevo che non avrebbe spifferato in giro nulla del nostro incontro e della nostra conversazione.
- Purtroppo sono tre giorni che non vedo Draco. - riprese, - A quanto ne so io è tornato a casa per qualche questione familiare comunque. - aggiunse, prima che potessi chiedere qualcos'altro.
- Ah. - fu l'unico suono che mi uscì.
- Sei fortunata che Draco ci abbia detto tutto, perché probabilmente questa sarebbe stata una mossa quantomeno azzardata. - commentò, indifferente, guardando oltre la collina.
In effetti non avevo pensato molto a questo aspetto della questione. Si, lui non avrebbe detto a nessuno del nostro incontro né della mia strana preoccupazione per Malfoy, ma al suo amico avrebbe potuto chiedere spiegazioni che lui non avrebbe potuto dare.
- Io… non ci avevo pensato. - borbottai. Ero stata troppo impulsiva, avevo riflettuto sul da farsi a malapena per due minuti prima di passare all'azione e questo non era affatto da me.
- Beh, se è tutto io andrei, si congela qua fuori.
- Oh si, grazie Nott. - mormorai, smettendola di strillarmi mentalmente per il mio pessimo comportamento.
Registrai piuttosto in ritardo quello che mi aveva detto.
… è tornato a casa per qualche questione familiare… 
A casa? Malfoy era a casa?
Mi tornò in mente nitidissimo il sogno "premonitore" che avevo fatto qualche giorno prima e, una volta ricollegato tutto, ringraziai mentalmente l'albero per il grande sostegno che mi stava dando in quel momento. 

- La Granger ti ha chiesto di me? - chiesi esterrefatto a Nott, buttandomi sul letto.
- Già, e sembrava preoccupata.
Beh, almeno una buona notizia. Soffocai il sorriso da ebete che si stava per dipingere sul mio volto e lo sostituii con un'espressione indifferente.
- Ma cosa gli fai tu alle donne? - intervenne Blaise, spalancando la porta del dormitorio senza troppe cerimonie e accendendosi una sigaretta. Sembrava che il suo umore fosse tornato quello di sempre, per fortuna. Almeno non avrei dovuto sorbirmi uno dei suoi sfoghi da donna in menopausa.
- E tu che le hai detto, Theo? - chiesi, ignorando più che volutamente la sua domanda.
- Forse dovrei riformulare: ma cosa ti fa la Granger a te? - mi provocò di nuovo Blaise, un ghigno divertito sul volto, sedendosi sul bordo del mio letto. Gli lanciai un'occhiata a dir poco omicida prima di voltarmi di nuovo verso Nott.
- Le ho detto che eri al Manor per affari di famiglia, cosa dovevo dirle… - borbottò, stranamente scontroso. Alzai un sopracciglio, confuso dal suo tono.
- Credo di dover riformulare ancora una volta: ma cosa vi fa la Granger a voi? - si intromise Blaise con un sorriso sornione, facendo evanescere il mozzicone. 
Ora capisco. A quanto pare, a Nott la cotta non era passata. Beh, questo poteva rivelarsi un bel problema dato che non gli avrei permesso di toccarla neanche con un dito, e lui lo sapeva benissimo.
- Potevi darti da fare prima, Theo. - sibilai, alzandomi dal letto per andare a vestirmi. Lui non rispose, evidentemente consapevole del fatto che avessi più che ragione, mentre Blaise continuava a ridacchiare, estremamente divertito dalla scena.
Infilai un maglione verde e un paio di jeans scuri, controllando la mia figura allo specchio.
- Vai da qualche parte? - chiese Blaise, guardandomi dall'alto in basso. - Che figurino! - aggiunse, sghignazzando.
- Fai poco il cretino, sai che devo andare a parlare con lei. - sibilai offeso. Non mi ero di certo impegnato a vestirmi solo perché dovevo incontrarla, ma per chi mi aveva preso?

Le lezioni del pomeriggio sembravano infinite, forse perché non prestavo loro alcuna attenzione. Ero tesissima e il fatto che non riuscissi a seguire delle lezioni per colpa di quello mi rendeva ancora più nervosa. Harry e Ron mi guardavano imbambolati mentre sospiravo, la testa appoggiata sui palmi delle mani, i gomiti sul banco. Mi accorsi a malapena che l'aula si stava svuotando, e ne fui pienamente cosciente solo quando Harry mi appoggiò una mano sulla spalla.
- Ehm, Hermione, vogliamo andare a cena? - mi chiese, titubante. Dallo sguardo che mi lanciava sospettai che Ginny gli avesse raccontato qualcosa di assurdo per spiegare il mio comportamento. Sbattei un paio di volte le palpebre e mi guardai intorno.
- Oh! Si, scusa, ero distratta. - borbottai, seguendoli fuori dalla porta. Intanto quei due continuavano a scambiarsi sguardi significativi per poi rigettarli su di me in perfetta sincronia.
- Ho qualcosa in faccia, per caso? - chiesi, scocciata.
- Nono! - si affrettò a rispondermi Harry, distogliendo immediatamente lo sguardo.
- Allora perché mi guardate come se fossi sfigurata? - sibilai, lanciando un'occhiata prima all'uno e poi all'altro.
- Beh perché è da qualche giorno che sei intrattabile! E non mi importa che hai le tue cose sei anche più strana del solito! - disse Ron, che ovviamente da quando aveva inteso che non ero interessata a lui aveva deciso di non dedicarmi alcun trattamento di favore. Lo guardai un attimo e poi scoppiai a ridere, facendoli rimanere entrambi contrariati e confusi allo stesso tempo.
Ecco cosa aveva raccontato loro Ginny!
Leggermente più su di morale li presi a braccetto ed entrammo in Sala Grande.
Come riflesso condizionato guardai il tavolo dei Serpeverde. Ma, stavolta, il mio cuore non si fermò.
Io, invece, mi bloccai immediatamente, strattonando indietro Harry e Ron che avevano continuato a camminare. 
Era tornato. E mi guardava.
Lo fulminai con lo sguardo, a dir poco furiosa, ricominciando a camminare impettita fino al mio posto. Cos'era quel sorrisetto soddisfatto? Non si faceva vedere né sentire per tre giorni facendomi pensare al peggio ed ora era lì tranquillo e sereno come al solito? Beh, non era così che avrebbe dovuto funzionare, una squadra.
Mangiai imbronciata, velocemente, poi salutai gli altri e mi diressi verso i dormitori a passo svelto.
- Granger! - mi chiamò, poco dopo, ma io non mi voltai né diedi alcun segno di aver sentito.
Sentii un sonoro sbuffo accompagnare i passi dietro di me e mi venne, inevitabilmente, da sorridere. 
No, Hermione, sei arrabbiata, mi ricordò il mio cervello, così misi di nuovo il broncio ed accelerai il passo.
- Bene, faremo a modo mio. - lo sentii sussurrare, ma prima che potessi chiedermi cosa, quando, perché e soprattutto come, mi raggiunse correndo e mi bloccò la strada, fermandosi davanti a me. Si guardò intorno, mi prese una mano e mi spinse dentro un'aula, chiudendo a chiave la porta. 
Oh, ci risiamo. 
- Cosa ti prende, mezzosangue, non sei contenta di vedermi? - chiese, poggiando la schiena alla porta e mettendo le mani in tasca. Sul suo volto c'era di nuovo quel mezzo sorriso tra il soddisfatto e il malizioso.
- Sei un idiota, Malfoy! Un idiota! Ma d'altronde l'ho sempre saputo, perché mi meraviglio ancora? Eri un idiota prima, lo sei adesso e lo sarai per sempre! Un IDIOTA! - gli urlai in faccia. Lui mi lasciò sfogare, sogghignando leggermente.
- Hai finito? - chiese, dopo un po'.
- No che non ho finito! Si può sapere dove sei stato? Perché non mi hai detto niente? Perché nessuno mi ha detto niente? - domandai, incrociando le braccia al petto e stringendo gli occhi.
- Capisco, e così eri preoccupata per me, Granger. - mormorò togliendo le mani dalla tasca e muovendo qualche passo verso di me. 
Mantieni il punto, ok?
- Oh, no non provare a rigirare la frittata Malfoy! - borbottai, indietreggiando di un passo e sentendo lo spigolo del tavolo sulla mia schiena. Possibile che ogni volta che ero con lui l'ambiente circostante si trasformava in un'enorme trappola per topi?
- Ma io non ci provo affatto, io ci riesco. - sussurrò al mio orecchio, appoggiandomi le mani sulla vita. 
Ok, lascia perdere Hermione, al diavolo il punto.
Si voltò e immerse i suoi occhi nei miei, un'espressione soddisfatta nel constatare che non avevo intenzione di ribattere. O parlare. O pensare.
- Sono stato nel dormitorio, come mi ha ordinato Silente. Non potevo uscire finché lui non fosse tornato. - mormorò, senza distaccare lo sguardo.
- Perché?
- Perché c'è stata l'evasione ad Azkaban e così ha riempito il dormitorio di incantesimi protettivi. Voleva proteggermi. - rispose, pronunciando l'ultima parola con un ghigno schifato.
- Dolohov?
- E la cara zia Bellatrix. E altri che non conosci. Ma adesso non ne voglio parlare. - disse, spostando le mani sulla mia schiena attirandomi verso di lui. Io annuii, non troppo convinta e consapevole dei movimenti del mio corpo, soprattutto nel momento in cui si avvicinò per posare le sue labbra sulle mie. 
Oh. Beh, anche la lingua. Dio come mi era mancato… ma di certo non gliel'avrei mai detto.
Schiusi la bocca per accogliere con trasporto il suo bacio e il suo sapore. Menta, ecco cos'era.
Gli circondai il collo con le braccia, mentre con una mano mi immergevo nei suoi capelli.
Senza alcun preavviso spostò le mani sotto le mie gambe, tirandomi su con estrema facilità ed appoggiandomi sul banco che poco prima - sembravano secoli fa - aveva arrestato la mia fuga.
Una volta posizionatosi tra di esse - inutile dire quanto fossero diventati poco casti i suoi baci - riportò le mani sulla mia schiena, facendosi strada sotto il maglione, lentamente ma senza alcun indugio. Con una mano mi sfilò la camicia dalla gonna e in pochi secondi mi ritrovai il reggiseno slacciato. 
Magia?
A quel punto, in un minuscolo anfratto del mio cervello, il mio spirito Grifondoro batté un colpo. E io lo ignorai.
Intontina dai suoi baci, dal suo sapore, dal suo odore, dalle sue mani sulla schiena, intrecciai le gambe dietro di lui, tirandolo più vicino. Il suo gemito nella mia bocca mi fece capire che lo spirito Grifondoro voleva battersi per la verginità di una povera donzella, tutt'altro che indifesa e totalmente consenziente.
- Malfoy… - sussurrai, incapace di liberarmi dalla sua morsa e, in realtà, restia a farlo.
- Mh? - mugugnò sulle mie labbra senza staccarsi.
- Malfoy! - ritentai, con un po' più di voce.
- Che c'è, Granger? - domandò, scocciato.
- Mi riallacci il reggiseno? - chiesi, shoccata per le parole appena pronunciate e per la persona a cui erano dirette. Mi lanciò un'occhiata disapprovevole, infilò le mani sotto la camicia - in modo affatto casto - e con una lentezza a dir poco esasperante fece quello che gli avevo chiesto.
- Contenta?
- Non proprio. Cioè, si. - mormorai, lo sguardo perso nel suo.
Scoppiò a ridere rumorosamente, tenendomi le mani sui fianchi. Una risata diversa da quella solita, più vera, più felice, più spontanea, che fece sorridere anche me.
- Direi che per stasera può bastare, mezzosangue. - sogghignò, schioccandomi un ultimo bacio sulle labbra. E allora mi chiesi perché in me albergava ancora quel dannato spirito Grifondoro.
Lasciai di malavoglia i suoi capelli e scivolai giù dal tavolo risistemandomi la camicia.
- Avvertimi la prossima volta che sparisci, idiota. Anzi, non sparire. - mormorai, uscendo dalla classe, sperando che non mi avesse sentito pronunciare l'ultima parte, già fuori dalla porta. 

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Capitolo 21
*** C'è chi riesce sempre a sorprenderti. ***


Capitolo 21, "C'è chi riesce sempre a sorprenderti."

Il martedì mattina mi svegliai col sorriso dopo una notte senza sogni. Harry e Ron accolsero con calore la mia allegria e non la ricollegarono assolutamente al fatto che, dall'altra parte della Sala Grande, due occhi grigi erano tornati a guardarmi. Mi ci volle tutta la mia forza di volontà per evitare di fissarlo di rimando per l'intera durata della colazione, lanciando soltanto qualche occhiata di sfuggita ogni tanto.
Durante le lezioni, lontana da lui, cominciai a pensare. Fu allora che mi resi conto quanto la sua presenza potesse rendermi un'idiota a tutti gli effetti. Prima che "sparisse" io avrei dovuto parlargli, ed ora che era tornato me n'ero completamente dimenticata. Oltretutto non avevo affatto dato la giusta importanza all'evasione da Azkaban che preannunciava l'approssimarsi della realizzazione del mio sogno al Manor. Cosa gli avrebbero chiesto di fare, per provare la sua lealtà? Sicuramente non sarebbe stata una partita a scacchi magici, ma qualcosa di pericoloso. Silente mi aveva fatto ben capire che non si sarebbe potuto evitare quell'incontro, per non far saltare la sua copertura. E allora? Bisognava aspettare, ancora una volta, che tutto si svolgesse com'era nei piani di Voldemort? Mi rifiutavo di credere che l'unica cosa che potessimo fare, nel frattempo, fosse cercare un dannato medaglione di cui a malapena intuivamo l'uso e che per di più risultava perduto.
Abbassai lo sguardo sul foglio, su cui in teoria avrebbero dovuto esserci degli appunti, ritrovandomi a fissare una miriade di piccole "D" scarabocchiate qua e là. Mi guardai intorno, imbarazzata, per poi strappare il foglio e farlo evanescere. 
Oh mio dio, Hermione, sei diventata esattamente come una stupida teenager con una stupida cotta.
Scrollai dalla testa quei pensieri e tentai di seguire la lezione.
Il pomeriggio avremmo avuto Difesa Contro le Arti Oscure, e si vociferava che fosse stato, finalmente, trovato un insegnante. Così quando raggiunsi Ron e Harry fuori dall'aula eravamo tutti molto eccitati all'idea di vedere chi, per l'ennesima volta, aveva preso possesso di quel posto che si diceva fosse maledetto.
- Oh mio Dio. - mormorai, all'avvicinarsi di un uomo abbastanza giovane, di media altezza, capelli neri fino alle spalle, barba appena accennata, occhi blu.
- Cosa c'è Hermione? - chiese Harry, un'espressione confusa in volto.
- Come cosa c'è, non lo vedi? - domandai, gli occhi spalancati quasi più della bocca.
Battei un attimo le palpebre e quando riaprii gli occhi mi ritrovai davanti un uomo di mezza età, un po' in carne e del tutto anonimo. Stavo per caso impazzendo? Dove fino ad un attimo prima c'era Sirius Black, ora c'era…
- Professor Connelly, salve ragazzi, entrate in classe prego. - si presentò, aprendo la porta per farci passare.
- Cosa dovrei vedere? - mi bisbigliò Harry, sedendosi accanto a me.
- Ehm… niente, te lo dico dopo. - risposi, assottigliando di nuovo gli occhi verso il nuovo professore.
- Buongiorno, da oggi e per l'intero anno sarò il vostro professore di Difesa Contro le Arti Oscure. Vi avverto sin da subito che io sono uno che preferisce l'approccio pratico a quello teorico, perciò via i libri. - esordì, guadagnandosi un sorriso da ogni singolo studente all'interno della classe.
- Per oggi ricominceremo dalle basi, incantesimi di Disarmo e Scudo minori, ma presto arriveremo alla roba forte. - continuò, un sorriso malizioso sulle labbra. Le parole "roba forte" uscite dalle labbra di quell'individuo erano assolutamente fuori luogo. Si, i miei occhi avevano visto al di là di un incantesimo, forse grazie al dono. Quello era senza dubbio Sirius Black. 

Anche se la maggior parte degli studenti erano stati in grado di rendere piuttosto orgoglioso il "nuovo professore", che guarda caso non faceva altro che elogiare Harry Potter, alcuni si trovavano ancora in difficoltà nell'eseguire il Sortilegio Scudo. Alla fine della lezione tutti uscirono sorridenti dall'aula, mentre io dissi a Ron e Harry che ci saremmo visti direttamente per la cena in Sala Grande. Quando mi ritrovai da sola con il professore chiusi la porta con la bacchetta e mormorai muffliato, prima di cominciare a parlare.
- Sirius? - mormorai, avvicinandomi lentamente al professore che mi dava le spalle e faceva finta di sistemare qualcosa sulla cattedra. Non appena sentì la mia voce si bloccò.
- Hermione, come fai a..? - domandò, voltandosi verso di me con gli occhi sgranati. Vedevo di nuovo lui, al di là di quella maschera.
- Non lo so, ma vedo te. - risposi, semplicemente, felice di aver appurato che non ero completamente impazzita.
- Scusa io… non potevo dirvi niente, l'ho giurato a Silente. - disse, abbassando gli occhi.
- Si, l'avevo sospettato. Ma non è rischioso? - domandai, incrociando le braccia al petto e domandandomi quanto avesse insistito per ottenere tutto questo.
- No beh, non faccio uso di una semplice Polisucco, come avrai sicuramente capito, - disse, per poi continuare dopo che io annuii, - è un incantesimo piuttosto complesso fatto da Silente stesso, più che altro una modifica di alcuni tratti fisici e della voce. -
- Beh, stai attento. Se ti ho scoperto io non è detto che qualcun altro non ci riesca… - borbottai, un po' contrariata dal suo solito modo semplicistico e ottimistico di vedere le cose.
- Hermione, non potevo più stare rinchiuso lì. - mormorò, guardandomi negli occhi. Sembrava rinato, effettivamente, dall'ultima volta che l'avevo visto. E, d'altronde, se Silente aveva dato il suo accordo, io dovevo fidarmi.
- Vabene… ma con Harry? - chiesi, già in panico all'idea di dover mantenere un altro segreto così grande.
- Ho paura che se glielo dicessi potrebbe far venire dei sospetti, comportandosi diversamente… Silente ha detto che prima è necessario che lui gli parli di qualcosa… - disse, malinconico.
- Capisco… Beh, sono felice che tu sia il nostro nuovo insegnante, comunque! - dissi, lanciandogli un sorriso rassicurante.
- Grazie, Hermione.
- E di che. Mi raccomando, cerca di parlare come uno della tua età, però… - gli ricordai, prima di uscire dall'aula. 

A cena ero estremamente in difficoltà ma piano piano mi stavo abituando a mentire e a nascondere cose ai miei amici. Che cosa orribile. Eppure sapevo di farlo per il loro bene e dietro richiesta di Silente, quindi cercavo in queste giustificazioni una magra consolazione. Harry e Ginny si alzarono presto da tavola, con la scusa di dover "finire dei compiti". Lanciai un'occhiata maliziosa alla mia migliore amica, che mi rispose con un sorriso a trentadue denti, prima di vederli scomparire fuori dalla porta.
Ron non alzava lo sguardo dal piatto, troppo impegnato ad immergersi languidamente nella sua porzione di patate al forno. Io giocherellavo col cibo, sbocconcellando qualcosa qua e là.
- Herm, mi dispiace di averti trattato male, ultimamente. - se ne uscì improvvisamente, senza guardarmi.
- Io… io ero geloso, l'avrai capito. - continuò, alzando una mano per impedirmi di rispondere finché non avesse finito, - Ma ho capito che tra noi non ci potrà mai essere niente, quindi voglio che torniamo ad essere amici come prima. -
Aveva le orecchie di una strana sfumatura di rosso, gli occhi ancora bassi, un tremolio frenetico alla gamba. Eppure aveva parlato senza vergogna ed io ero fiera di lui.
- Certo Ron, puoi sempre contare su di me. - gli dissi, sorridendo e schioccandogli un bacio sulla guancia. Lui mi ricambiò con un grande sorriso e per un minuto circa il mio mondo sembrò ritornare sul suo asse. Poi, improvvisamente, un rumore dall'altra parte della Sala Grande attirò la mia attenzione.
Malfoy era in piedi, a dir poco furente, lo sguardo fisso nel suo piatto, in frantumi, come se fosse stato preso a pugni da qualcuno. Spaventata, mossi lo sguardo verso la sua mano, rossa. Mi lanciò un'occhiata veloce, prima di uscire a grandi passi dalla Sala Grande, tutto gli occhi puntati su di lui, mentre infilava la mano ferita in tasca.
Con i peggiori presentimenti in testa salutai Ron e uscii anch'io, tentando di non correre per non attirare sospetti su di me. Che fosse stato richiamato a casa? Il momento era già arrivato? Lo vidi girare a destra, verso l'uscita. Lo seguii senza riuscire a raggiungerlo finché non lo vidi fermo sotto lo stesso albero che aveva assistito al mio incontro con Nott. Era seduto per terra, sul suo mantello, con la schiena appoggiata al tronco, mentre osservava inorridito la sua mano sanguinante.
Corsi fin lì, sedendomi davanti a lui e cercando di prendere la sua mano nella mia. Con un movimento veloce mi allontanò da lui.
- Che diavolo vuoi, Granger? - mormorò, lo sguardo infuocato nel mio.
- Si può sapere cos'è successo?
- Assolutamente niente, torna da quell'imbecille di un Weasley. - ringhiò, con una voce che non gli avevo mai sentito. 
Ma siamo seri? Gelosia?
- Oh mio dio, Malfoy, ma dici davvero? - mormorai, esterrefatta, tentando di trattenere le risate. Mi riuscì piuttosto bene constatando che se fossi scoppiata a ridere probabilmente non sarei sopravvissuta.
- Quell'imbecille di un Weasley mi stava chiedendo di tornare amici, perché ha capito che tra di noi non può esserci nulla. - sussurrai, riprendendo la sua mano tra le mie e mormorando alcuni incantesimi che fermassero il sangue. Lui rimase immobile, lo sguardo fisso sull'erba.
- Comunque dovrei portarti in infermeria, hai bisogno di una fasciatura e… - cominciai, interrotta improvvisamente dalla sua lingua nella mia bocca, senza che avessi modo di accorgermene e di fermarlo. 
Si, perché lo avresti fermato?
Ok, no. Però mi sarei preparata psicologicamente. 
Avrebbe fatto qualche differenza?
La mia mente continuava a rifiutare le mie giustificazioni, il che non era un buon sintomo.
Risposi al bacio senza alcun indugio, mentre lo sentivo avvicinarsi, spingermi giù, verso l'erba, senza interrompere il contatto. Solo quando lo sentii sopra di me, mi accorsi di essere sdraiata sull'erba, con le braccia avvinghiate al suo collo, una delle sue gambe tra le mie. Con una gomito poggiato a terra si reggeva per non pesarmi addosso, mentre l'altra mano si era insinuata senza incontrare alcun ostacolo al di sotto della mia camicia, per la seconda volta in due giorni, ma dal lato opposto. La cosa strana era che lo spirito Grifondoro non sembrava avere la minima intenzione di farsi sentire, non un misero toc toc, niente di niente. La sua mano si spostava lentamente, accarezzandomi il ventre, il fianco, ma quando stava per salire ancora, si bloccò e lui si allontanò leggermente, guardandomi negli occhi. Evidentemente vide la mia arrendevolezza e la mia eccitazione perché un sorriso soddisfatto gli si stampò sul volto.
Io ero confusa.
E vabene, ero delusa.
Perché si era staccato?
- Che c'è? - domandai, la voce incrinata e ansimante.
- Non ti lascerò avere tutto così in fretta, mezzosangue. - mormorò lui, sfiorandomi il collo con la bocca. Rabbrividii e mi riaggrappai al suo collo.
- Malfoy, hai mai visto un medaglione giallo-arancione al collo di tua madre? - mi venne in mente improvvisamente, ripensando al candido decoltè di Narcissa Malfoy.
La sua bocca si fermò sulla clavicola destra, il suo respiro ad accarezzarmi la pelle. Qualsiasi cosa lo riguardasse era estremamente afrodisiaco, mi ritrovai a pensare.
- Che cosa? - domandò, rimettendosi seduto e tirandomi su con una mano dietro la schiena.
- Ho fatto un sogno, prima che sparissi. Eravamo a Malfoy Manor e sul camino di casa tua c'erano delle foto. In una c'era tua madre con un medaglione giallo-arancione al collo. L'hai mai visto? - chiesi, tenendo  lo sguardo fisso nel suo. Sembrava confuso, perso nei ricordi forse.
- Io… no, non mi sembra. Perché non me l'hai detto? - domandò, offeso.
- Se tu mi lasciassi parlare, qualche volta, invece di distrarmi… - borbottai, abbassando lo sguardo. Era tutta colpa sua, non poteva di certo biasimarmi se avevo dimenticato di chiederglielo prima!
- Se tu vuoi che io non ti distragga più basta dirlo, mezzosangue. - mormorò, con un sorriso a mezza bocca.
Alzai una mano e gliela posai su una guancia, estremamente calda nonostante facesse piuttosto freddo. Il suo sguardo si infiammò, ma prima che potesse di nuovo prendere l'iniziativa, mi alzai, porgendogli la mano.
- Andiamo in infermeria. - gli dissi, lanciando un'occhiata alla sua mano ferita.
Prese la mia mano e raccolse il mantello da terra.
- Chiederò a mia madre e ti farò sapere, Granger. - mormorò, affondando la testa nei miei capelli. 

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Capitolo 22
*** Piove sempre sul bagnato. ***


You can follow me, you can follow me
I will always keep you safe
Follow me, you can trust in me
I will always protect you, love

Muse, "Follow me"


Capitolo 22, "Piove sempre sul bagnato."

- Malfoy aspetta! Non c'è nessuno! - bisbigliai, tirandolo per la mano.
- E' proprio questo il punto, Granger. - rispose, lanciandomi uno sguardo come a dire "ti devo spiegare queste ovvietà?". Gli studenti erano ancora quasi tutti a cena, mentre i restanti probabilmente si stavano gingillando nelle rispettive Sale Comuni. Dunque, per fortuna, arrivare all'infermeria senza essere visti era stato piuttosto semplice. Il mio piano di lasciarlo nelle capaci mani di Madama Chips, però, era andato a farsi benedire nel momento in cui, scostando piano la porta, mi ero resa conto che la stanza era totalmente vuota. Ovviamente questo non sembrava essere negativo per lui, tutt'altro. Sembrava piuttosto a suo agio. Tentando di non fare rumore e tenendomi stretta la mano, aprì ulteriormente la porta e ci si infilò, trascinandomi dietro di lui. Il suo spirito Serpeverde si riconosceva indubbiamente in ogni parola o movimento ma era reso decisamente più esplicito dal suo tentativo di rubare scorte dall'infermeria della scuola.
- Oh, ti prego, Malfoy! Non possiamo stare qui! - mi lamentai, il più silenziosamente possibile. Un conto era infrangere le regole della scuola per salvare Harry Potter da un pericolo imminente di morte o per tentare di scoprire, nel reparto proibito, qualcosa che lo salvasse, un altro conto era doverlo fare per curare una ferita alla mano di Draco Malfoy. Quest'ultimo, da parte sua, faceva finta di non sentirmi mentre con un colpo di bacchetta apriva l'armadietto delle scorte e si chinava per cercare una qualche bottiglietta. Io non riuscivo a smettere di fissare ansiosa la porta, aspettandomi un'irruzione da un momento all'altro ed immaginando diverse possibili scene che contemplavano la mia espulsione dalla scuola con annessi pettegolezzi sul fatto che fossi stata trovata insieme a lui.
- Se la smettessi di fare tutto questo baccano te ne sarei grato. - sibilò Malfoy, continuando la sua ricerca. Mi resi conto in quel momento che, probabilmente da parecchio tempo, stavo sbattendo convulsamente il piede sul pavimento. Gli lanciai un'occhiataccia e tentai di rimanere immobile.
- Trovato! - esordì, qualche minuto dopo, tirandosi su e mostrandomi una boccetta di vetro marrone scuro. Mi avvicinai e gliela tolsi dalle mani, lasciandogli sul volto un'espressione di disappunto come se gli avessi rubato un giocattolo. In effetti, mi venne in mente, probabilmente a lui non era mai stato sottratto nulla.
- Giusto, la pozione curativa che abbiamo fatto la settimana scorsa con Piton. - mormorai, dando un'occhiata all'interno. Gli presi la mano, mentre mi guardava ancora un po' imbronciato - assolutamente adorabile - e feci scendere qualche goccia sulla sua ferita, che cominciò lentamente a rimarginarsi.
- Suppongo tu venga spesso qui di nascosto. - affermai, rimettendo il tappo alla boccetta e prendendo un paio di bende.
- Preferisco non farmi mettere le mani addosso da nessuno. - rispose, con tono neutro.
- Quindi dovrei sentirmi onorata? - domandai, arrotolando delicatamente la benda sulla sua pelle.
- Altroché, Granger. - sogghignò, fissando i suoi occhi nei miei.
- Idiota… - sussurrai, sorridendogli.
Feci appena a tempo a fissare l'ultima benda prima che con un movimento inaspettato quanto veloce mi spingesse con lui sul letto più vicino, chiudendo le tende. Avevo il respiro corto, le guance in fiamme, la confusione più totale in testa.
- Malfoy che diavolo fai? - sospirai sul suo viso con una voce incredibilmente acuta.
- Non ti scaldare, mezzosangue, sta arrivando qualcuno. - sussurrò, a un centimetro dal mio viso, con gli occhi fissi sulla porta. Ero stata io l'idiota, stavolta. Troppo occupata a prendermi cura della sua ferita non avevo fatto minimamente caso al ticchettio che si stava pian piano facendo più vicino. Il cuore, che già per il solo fatto di averlo praticamente appiccicato a me stava già dando i numeri, non si fece problemi a spingersi oltre il limite della tachicardia.
- Ehm, ti sposti un po'? - chiesi, nel tentativo di prevenire un infarto.
Lui mi guardò interrogativo ma fece quello che gli avevo chiesto, pensando, giustamente, che quello non fosse il momento più adatto per mettersi a fare domande.
- Si, Minerva, chiudo qui e ti raggiungo subito! - urlò qualcuno, probabilmente Madama Chips, appena fuori dalla porta. Un rumore di serratura, poi dei passi che si allontanavano.
- Andiamo? - chiese Malfoy, scostandosi da me e alzandosi dal letto. Annuii, ancora shoccata, e lo seguii verso la porta.
- Alohomora. - mormorò, alzando la bacchetta.
Silenzio.
Nessun movimento di ingranaggi, nulla di nulla.
- Siamo… - cominciai, incapace di articolare frasi complete, spostando lo sguardo dalla serratura alla sua bacchetta.
- Siamo chiusi dentro. - completò lui per me, con tono piatto.
- E ora?
- Bisogna aspettare domattina.
- Cioè dobbiamo dormire qui?
- Fortuna che sei la strega più brillante della scuola. Se hai qualche altra soluzione ti prego, illuminami, mezzosangue. - mormorò, togliendosi il mantello e poggiandolo su una sedia.
- Che fai ti spogli? - chiesi, impanicata, indietreggiando verso la porta.
- Direi che la tua capacità di deduzione è alquanto impressionante, Granger. - disse, sfilandosi il maglione.
Non ero affatto pronta per tutto questo. Affatto.
Distogliendo a fatica gli occhi da Malfoy mi diressi verso un letto, buttandomici sopra e chiudendo le tende. Ora dovevo soltanto evitare di ascoltare il rumore della cintura che veniva slacciata, sfilata da ogni passante, appoggiata da qualche parte…
Mi girai su un fianco e chiusi gli occhi.
Ma come diavolo mi era venuto in mente di cacciarmi in una situazione del genere? Sarebbe bastato mandarcelo da solo, in infermeria, così io sarei potuta tornare tranquillamente dai miei amici ed evitare di rimanere chiusa con lui in una stanza buia.
- Granger è inutile che fai tutte queste storie, non ti violento mica. Almeno non stasera. - mormorò scostando la tenda.
- Malfoy va via, c'è un altro letto proprio a due passi. - sussurrai, tenendo ostinatamente gli occhi chiusi.
- Come ti pare, mezzosangue. - disse, prima di allontanarsi.
Ovviamente, non riuscivo a dormire. Come potevo, sapendo che lui era a meno di un metro, probabilmente in mutande, e che la mattina successiva avremmo dovuto restare nascosti fino a che non fosse stato prudente lasciare l'infermeria? Come se tutto ciò non fosse stato abbastanza, avevo freddo e mi veniva da piangere. Già, come una bambina di dieci anni. Probabilmente tutto ciò era imputabile al fatto che una miriade di sensazioni diverse stavano facendo a botte nella mia testa ed io ero in attesa di sapere quale fosse riuscita a prevaricare sulle altre. 
Peccato che tu lo sappia già benissimo, Hermione. 
Dopo essere stata almeno un paio d'ore a rigirarmi nel letto, mi misi a sedere, cercando di fare meno rumore possibile. Ero davvero sicura di quello che stavo per fare? No, non lo ero. Ma lo avrei fatto comunque. Mi tolsi le scarpe e poggiai i piedi per terra. Chiusi gli occhi, presi un sospiro e scostai le tende. Mossi un paio di passi verso di lui, indecisa su come agire.
- Ti decidi a venire oppure hai intenzione di rimanere lì in piedi, Granger? - mormorò Malfoy, facendomi sobbalzare, e spostandosi per farmi spazio accanto a lui. Ringraziai il buio, che stava gentilmente nascondendo il rossore diffuso un po' ovunque, e mi infilai nel letto.
- Si ma voglio dormire. - dissi, appoggiando la guancia al cuscino, tentando di suonare decisa.
Lui si mosse lentamente e mi abbracciò da dietro, posandomi una mano sul ventre.
- Allora stai zitta, Granger. - respirò sui miei capelli. 

Aprii gli occhi e inspirai, profondamente, ricordandomi dov'ero e soprattutto con chi. Il suo odore era ovunque. Lo sentivo respirare, regolarmente, con il petto appoggiato alla mia schiena. Strizzai gli occhi e guardai fuori dalla finestra. Fuori era ancora abbastanza scuro, vista la stagione, ma probabilmente era mattina presto. Come si svegliava un Malfoy? C'era un metodo particolare? Probabilmente si.
Mi liberai dalle sue braccia e scivolai giù dal letto, in cerca delle scarpe. Mi sentivo come una che stava fuggendo da una storia da una notte e via, nonostante non avessimo fatto niente. Respirai a fondo, cercando di pensare al da farsi. Innanzitutto mi resi presentabile, rimettendo la camicia nella gonna - quando/come era stata tirata fuori? -, stringendo la cravatta e spiegando il maglione.
- E' così che fai di solito? Te ne vai all'alba, Granger? - mormorò Malfoy, con la voce assonnata, ma il solito ghigno divertito sul volto.
- Oh, sei sveglio. Smettila di dire idiozie e alzati. - sussurrai, cercando uno specchio per tentare di domare i miei capelli. Lui scoppiò a ridere, mettendosi una mano sulla bocca per fare meno rumore.
Dallo specchio lo vidi alzarsi, immancabilmente in mutande, e dirigersi verso di me.
- I tuoi vestiti sono di là, Malfoy. - gli indicai, distogliendo lo sguardo.
- Lo so dove sono i miei vestiti, Granger, non ho bisogno di una balia. - sussurrò al mio orecchio, poggiandomi le mani sui fianchi.
- Malfoy… - cominciai, ma le parole caddero nel vuoto appena le sue labbra si posarono sul mio collo, una, due, tre volte. Non potevo farmi mettere i piedi in testa - o le mani addosso - così ogni volta! In fondo ero pur sempre una Grifondoro, con un discreto cervello per altro.
Ero lì lì per ribellarmi, lo giuro, ma non fu necessario. Si allontanò di sua spontanea volontà dopo essersi immerso ancora una volta nei miei capelli. Sbattei gli occhi un paio di volte, tentando di togliermi dalla testa l'immagine di Malfoy in mutande, senza troppo successo.
Quando mi voltai di nuovo, comunque, era perfettamente vestito e, apparte i capelli leggermente spettinati, sembrava impeccabile come sempre.
Dopo aver rimesso tutto apposto, ci appostammo dietro il separè accanto alla porta di ingresso, in attesa. Solo pochi minuti dopo Madama Chips, puntuale e mattiniera come al solito, aprì la porta con nonchalance, dirigendosi verso la porta del suo "ufficio" in fondo alla stanza. Ascoltammo attentamente ogni singolo suono e, quando fummo sicuri che fosse entrata lì dentro uscimmo velocemente dal portone.
Senza dire una parola ci lasciammo la mano e ci dirigemmo ognuno in direzioni diverse.

- Giorno Herm! - mi salutarono in coro Harry e Ron, fuori dalla Sala Grande, ed in quel momento fui immensamente grata del fatto che i dormitori non fossero condivisi tra maschi e femmine. Ovviamente ciò non risolveva del tutto la questione, ma per le mie compagne di stanza mi sarei inventata qualcosa, mentre per i miei migliori amici sarebbe stato più difficile. Li salutai sorridente e insieme ci sedemmo al tavolo per fare una colazione veloce.
- Ieri sera sei scomparsa a cena, tutto bene? - mi chiese Harry, preoccupato.
- Certo, stai tranquillo, ero solo molto stanca. - mormorai, arrendendomi al fatto che raccontare frottole stava diventando un'abitudine.
- Studi troppo Herm, te lo diciamo noi! - si intromise Ron, addentando famelico del bacon.
- E voi studiate troppo poco, se è per questo. - risposi, sorridendo. Entrambi mi risposero con una faccia colpevole, ed Harry decise di cambiare argomento.
- Oh, quasi dimenticavo! La McGranitt stamattina mi ha detto che Silente ci vuole nel suo ufficio, hai idea del perché? Sarà successo qualcosa di grave? Voldemort? - sciorinò, mettendo su il classico sguardo tra lo spaventato e il "non vedo l'ora che l'avventura cominci". Per poco non rimasi pietrificata alla notizia, ma rimediai rischiando di strozzarmi con del pane. Mi presi un paio di pacche da Ron prima di riuscire ad ingerire abbastanza aria da rispondere.
- A che ora? - mi uscì, incapace di rifilargli un "non lo so" messa così alle strette. Entro oggi avrebbero saputo tutto, allora? Cosa avrebbero detto? Mi tremavano le mani solo al pensiero.
- Dopo le lezioni. - rispose Harry, con espressione pensierosa.
Passai tutta la mattinata, il pranzo e le lezioni del pomeriggio a rimuginare sul fatto che, di lì a poco tempo, la mia vita sarebbe stata nuovamente ribaltata. 

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Capitolo 23
*** Ci sono, sempre. ***


Capitolo 23, "Ci sono, sempre."

- Draco, ti consiglio di fare finta che la lezione ti interessi, almeno per non prendere una punizione dalla McGranitt. - mi bisbigliò Blaise all'orecchio.
Mi risvegliai dai miei pensieri, piuttosto monotoni ultimamente. Era successo tutto così in fretta con la mezzosangue che non riuscivo a fare a meno di guardare il passato per cercare di capire come e quando le cose fossero realmente cambiate. La cosa peggiore - o migliore - era che, forse per la prima volta nella mia vita, mi sentivo quasi felice, per lo meno quando non pensavo al fatto che la mia vita era appesa a un filo. Il problema era che quando mi trovavo con lei dimenticavo tutto il resto. Era questo, in realtà, a spaventarmi più di qualsiasi ipotetico Mangiamorte, perché mi faceva sentire incredibilmente vulnerabile.
Alzai gli occhi, attirato dal rumore di una porta che si apriva. Piton scivolò nell'aula e bisbigliò qualcosa all'orecchio della McGranitt, che rispose con un cenno del capo.
- Signor Malfoy può uscire un attimo dall'aula? Il professor Piton vuole scambiare due parole con lei. - disse, invitandomi con la mano ad alzarmi.
Confuso, spostai lo sguardo dall'uno all'altro, alzandomi lentamente e dirigendomi verso di loro. Quando stavo per attraversare la soglia Piton mi spinse fuori con una mano dietro la schiena, richiudendosi la porta alle spalle.
- Che diavolo succede? - sbottai, offeso dal modo in cui mi trattava.
- Draco, non gradisco affatto questo tono. - rispose lui con la solita voce strascicata e un sopracciglio alzato.
- Sisi, vabene, dimmi che succede però. - borbottai, ancora più infastidito. Sin dal primo anno, a causa dell'amicizia che lo legava a mio padre, Piton si era sempre comportato in modo diverso con me, il che se da una parte era decisamente un vantaggio, dall'altra era decisamente una rottura di palle. Era come avere un tutore, un secondo padre che ti controlla qualsiasi cosa tu faccia.
- Silente vuole vederti nel suo ufficio, dopo le lezioni, insieme alla Granger, a Potter e Weasley. - disse, con voce piatta. Io rimasi in silenzio, gli occhi spalancati. Sapevo che prima o poi sarebbe arrivato il momento di dire tutto a quegli idioti ma, innanzitutto, speravo che fosse il più tardi possibile per non averli tra i piedi e, inoltre, non capivo perché dovessi essere presente anch'io alle loro scenate.
- E' proprio necessario che ci sia anch'io? - chiesi, con una flebile speranza nella voce.
Piton mi guardò per qualche secondo con gli occhi stretti a fessura e poi, senza rispondermi, si girò e si allontanò. Alzai gli occhi al cielo imprecando contro la sua teatralità e rientrai in classe.
- Che voleva? - chiese immancabilmente Blaise la pettegola appena mi fui seduto vicino a lui.
Gli raccontai brevemente quello che era successo, più che altro per evitare che mi assillasse per tutto il giorno.
- E così riunione con il trio di eroi, tra poco… - sogghignò Blaise dandomi una pacca sulla spalla.
- Per favore, già è abbastanza difficile senza che tu rigiri il coltello nella piaga… - sibilai, scansandomi per evitare la seconda pacca.
- Avanti, in fondo può essere divertente vedere la faccia di Potter quando scoprirà di essere stato escluso per tutto questo tempo da una cosa così grossa! - mi disse, allegro.
Effettivamente non avevo visto la cosa da questa angolazione…
- Strano a dirsi ma hai ragione, Blaise. - mormorai, sovrappensiero.
In realtà la parte più difficile sarebbe toccata alla mezzosangue, che avrebbe dovuto rispondere di tutte le bugie raccontate finora. Chissà se avrebbe rivelato loro anche della nostra… relazione. No, probabilmente no.
- E invece cosa vuoi fare con Nott, Draco? - bisbigliò Blaise al mio orecchio, lanciando un'occhiata al ragazzo moro due posti più giù di me. Da quella sera era stato piuttosto freddo, scostante.
- Cosa vuoi che faccia? E' un problema suo, non mio. - risposi, piccato.
- Beh, prova a parlarci almeno… - mormorò, lo sguardo contrito.
- Per dirgli che mi dispiace di stare con lei dal momento che piace anche a lui? Sai una cosa? A me non dispiace affatto, quindi non so di cosa scusarmi. - borbottai, assottigliando gli occhi. Già di per sé questa storia era a dir poco assurda, ci mancava solo che ci si mettesse anche la gelosia di Nott.
Blaise scosse la testa, sconsolato. 

Bussai nervosamente alla porta, tirando un lungo respiro che mi permettesse di calmarmi un po'.
- Venite pure. - ci accolse la voce del Preside, alzatosi in piedi per salutarci a braccia aperte.
Io, Ron e Harry varcammo titubanti la soglia e quasi simultaneamente ci accorgemmo che le poltrone davanti alla scrivania erano aumentate: una, due, tre… quattro. L'ultima, già occupata.
- Sera, Granger. - sussurrò Malfoy, senza farsi sentire da altri, lanciandomi un'occhiata languida.
Arrossii e distolsi subito lo sguardo. Harry e Ron avevano già preso posto e, ovviamente, l'unica poltrona rimasta era quella vicina alla serpe, che non voleva smettere di fissarmi.
- Buonasera a tutti e quattro. Bene, prima di cominciare vorrei chiedere alla signorina Granger e al signor Malfoy se desiderano aspettare fuori o rimanere. - esordì Silente, lanciandoci uno sguardo benevolo.
Avevo scelta? Dopo aver mentito ai miei migliori amici così spudoratamente per tutto quel tempo, fuggire come una codarda per lasciarli ancora più spaesati mi sembrava una mossa da vero Serpeverde. Oltretutto volevo ascoltare in che modo il preside avrebbe posto la questione, intervenire in caso fosse stato necessario e raccontargli l'ultimo sogno. L'unica cosa a trattenermi era il fatto che Malfoy, sicuramente, se ne sarebbe andato. Avevo davvero bisogno del suo supporto, anche solo della sua presenza fisica accanto a me. Mi voltai piano verso di lui, in cerca dei suoi occhi. Aveva un'espressione indecifrabile, indifferente, quasi annoiata.
- Restiamo. - rispose lui per me, facendomi sussultare, lo sguardo fisso su Silente.
Avevo voglia di prendergli la mano, una voglia che sembrava quasi una necessità fisica. Ma non potevo, non davanti a Ron e Harry, che già a causa delle parole del preside ci guardavano con gli occhi spalancati, forse troppo confusi per cominciare a fare domande.
- Molto bene! - ci sorrise Silente, rivolgendosi poi agli altri due, - vi prego di ascoltarmi fino alla fine prima di interrompermi e pormi domande. -
Harry e Ron, probabilmente incapaci di articolare suoni, annuirono.
Così cominciò a raccontare tutto, con un tono paterno, conciliante, rassicurante. Sui volti dei miei migliori amici si alternavano diverse emozioni, rabbia, paura, sorpresa, preoccupazione. Tradimento.
Quando Silente pronunciò l'ultima parola io avevo gli occhi lucidi e, senza che neanche me ne fossi accorta, la mia mano era in quella di Malfoy, una stretta nascosta nello spazio tra le due poltrone.
Lui mi guardò appena, poi strinse ulteriormente la presa dandomi quanta più forza possibile.
Harry e Ron non parlavano. La loro testa era bassa, lo sguardo fisso sulle mani.
- Ovviamente la signorina Granger avrebbe voluto parlarvene, ma io le ho detto di non farlo. Non era ancora il momento. - disse il preside, rompendo il silenzio pesante che era calato nella stanza.
- Perché? Perché ora è il momento? Cosa è cambiato? - disse Harry, quasi urlando. Si vedeva che fremeva, le guance arrossate, quegli occhi così verdi stretti in due fessure.
Io abbassai lo sguardo, incapace di reggere il suo.
- La signorina Granger, nonostante tutto, è sempre stata più tollerante di voi. Se vi avessi detto di collaborare con il signor Malfoy di certo avreste fatto di tutto per allontanarlo, per evitare di coinvolgerlo, per fare a meno di lui e, mi duole dirvelo, questo non è possibile. Dunque, mi è sembrato logico pensare che se prima di dirvi tutto i due avessero legato di più tra loro, per voi sarebbe stato più semplice ed immediato renderlo partecipe. - mormorò Silente, con voce chiara e sicura. Il mio cuore perse un battito alla parola "legato" e, a quanto traspariva dalle espressione degli altri due, anche loro l'avevano notato.
- Hermione, hai legato con Malfoy? - chiese Ron, la voce insicura e le orecchie rosse.
Spalancai gli occhi, incapace di trovare le parole giuste per rispondere alla sua domanda. Aprii la bocca un paio di volte, senza riuscire ad emettere alcun suono.
- Si, Weasel, abbiamo legato. - sibilò Malfoy, sporgendosi leggermente verso di lui con il viso, gli occhi infiammati e tirando su la mano in cui stringeva la mia.
Ron boccheggiò, Harry per poco non si strozzò e cominciò a tossire. Io, senza pensarci troppo, sfilai la mano dalla sua e le portai entrambe al volto. Lui rimase pietrificato, gli occhi grigi fissi sulla sua mano vuota per qualche secondo. Poi, lentamente, la riportò sul bracciolo della poltrona, rimanendo immobile.
Avrei dovuto dirglielo io, con più tatto, in modo che riuscissero poco a poco ad accettarlo. Non avevo intenzione di rinunciare a lui per Harry e Ron che, dopotutto, erano i miei migliori amici e sicuramente col tempo avrebbero capito. Malfoy, invece, aveva preferito il metodo dello strappo del cerotto, senza ovviamente farsi scrupoli se io non avessi approvato. Inoltre, il lampo di soddisfazione che avevo intravisto nei suoi occhi mentre alzava la mano sinistra mi aveva fatto sentire come un trofeo, simbolo della sua vittoria su Harry e Ron.
- Bene se è con lui che dobbiamo collaborare per risolvere la questione lo faremo, ma lo stretto necessario. - esordì Harry, spostando poi lo sguardo su di me.
- Di certo non legheremo come ha fatto Hermione. - sibilò, supportato da Ron che annuiva con sguardo truce.
Senza proferire parola Malfoy si alzò dalla sua poltrona, fece un cenno al Preside e uscì dalla porta, sbattendola dietro di lui. Io mi voltai verso la porta, spaventata, sofferente.
Si, ero stata davvero insensibile lasciandogli la mano in quel modo dopo che mi aveva sostenuta senza che glielo avessi chiesto per tutto il tempo. Lui si era messo in gioco, ancora una volta, mentre io ero sempre insicura, combattuta tra i miei sentimenti per lui e una piccola parte del mio cervello, puramente Grifondoro, che mi sussurrava tutte le cose cattive che mi aveva detto per cinque anni, facendomi vacillare. Sbattei gli occhi un paio di volte e una lacrima sfuggì al mio controllo, scendendo lentamente sulla guancia.
- Harry, Ron mi dispiace avervi mentito, davvero. Non avrei voluto, siete i miei migliori amici. Ma adesso Malfoy è dalla nostra parte e vi prego di provare ad accettarlo almeno. So che non diventerete mai amici e io non ve lo chiederei mai, ma basterebbe una reciproca tolleranza. - mormorai, torturandomi le dita delle mani.
Per un momento mi sembrò che Harry fosse sul punto di cedere, poi il suo sguardo si indurì di nuovo.
- Hermione, cosa c'è tra te e lui? - domandò, una smorfia schifata sul volto che non gli si addiceva affatto.
Silente si alzò, lo sguardo preoccupato, e uscì lentamente dallo studio, lasciandoci un po' di privacy. Prima di chiudere la porta dietro di sé mi lanciò un sorriso speranzoso, rassicurante.
- Harry io… - cominciai, non sapendo cosa rispondere. Cosa c'era tra noi?
- COSA, HERMIONE? - urlò, alzandosi in piedi. Era ferito, ecco cos'era. Non era tanto arrabbiato per le  mie bugie o per la relazione con Malfoy, si sentiva ferito perché io non gli avevo dato fiducia come invece avevo fatto con Ginny.
- Non lo so, Harry, non lo so! - sussurrai, spaventata. - Noi… dobbiamo ancora definirlo e… non saprei cosa dirti… - continuai, abbassando sempre di più la voce e con essa lo sguardo.
- Bene. Ginny lo sapeva, vero? - chiese, incrociando le braccia sul petto.
Sgranai gli occhi, spaventata.
- Si.
- Perché lei si?
- Harry mi dispiace io… - cominciai, tentando di trovare le parole per esprimergli quello che provavo. Avevo davvero voluto parlargliene ma lui odiava Malfoy, lo aveva sempre detestato e non ne aveva mai fatto segreto. Io ero già insicura di questa relazione per conto mio e ascoltare il suo parere sarebbe stato determinante. Avevo avuto paura di sentire uscire dalla sua bocca le parole che già rimbombavano nel mio cervello.
Ron non interveniva, lo sguardo basso. Ovviamente lui sapeva che con lui non avrei potuto parlarne e la sua sofferenza derivava da ben altri sentimenti, un diverso tradimento.
- Tu? - incalzò Harry, avvicinandosi a me.
- Avevo paura. - mormorai, spaventata.
- Di cosa?
- Paura che tu mi dissuadessi da ciò che stavo facendo. - sussurrai, alzando finalmente lo sguardo su di lui. La sua espressione era diversa, illuminata da un lampo di comprensione. Il suo sorriso si addolcì, i lineamenti, tesi fino a qualche secondo prima, si rilassarono. Gli occhi si chiusero, come ad afferrare un concetto che tentava di sfuggirgli. Li riaprì, verdi, diversi, nuovi e mi guardò a lungo, pensieroso. Fece un altro passo e mi afferrò la mano.
- Hermione, vai da lui. - bisbigliò al mio orecchio porgendomi una pergamena appena estratta dalla sua tasca, - cercherò di parlare con Ron. - terminò, lanciando un'occhiata al rosso che era ancora immobile nella stessa posizione.
Io ero allibita.
Mi vergognavo di quello che avevo fatto, di aver pensato anche solo per un secondo che Harry mi avrebbe ostacolato solo per quello che lui provava nei confronti di Malfoy. Mi disgustava il fatto che io non gli avessi concesso la possibilità di supportarmi, di starmi accanto, come invece avevo fatto con la sua ragazza. Tremavo al pensiero di che terribile amica fossi stata, mentre lui non aveva perso un briciolo dell'affetto che ci legava, neanche sentendo quelle parole amare sgorgare dalle labbra del Preside. Probabilmente non meritavo il suo perdono, la sua approvazione, eppure lui me l'aveva concessa. Gli ci erano voluti dieci minuti scarsi per elaborare il tutto, per rendersi conto di quello che io provavo, di cosa avrei avuto bisogno per essere felice. E lui mi aveva detto si, si vai, si ho capito, si approvo, si ti sono accanto, si.
Gli lanciai un ultimo sguardo riconoscente, amorevole, affettuoso prima di poggiare una mano sulla spalla di Ron, conciliante, e toglierla qualche secondo dopo. Mi voltai lentamente e corsi giù dalle scale, aprendo la Mappa del Malandrino che mi aveva dato poco prima e cercando disperatamente il nome di Malfoy. Una volta individuato la misi in tasca, sbrigativamente, e corsi verso l'aula di Trasfigurazione. 


Mi scuso per tutto il tempo che vi ho lasciato senza notizie ma sono stata un po' occupata con il ripasso pre-esame-di-domani.
Ringrazio infinitamente chi mi segue, chi mi recensisce e chi mi legge. Mi fate venire ancora più voglia di scrivere!
Questo capitolo è stato difficile, devo ammetterlo, e non sono sicura di aver reso quello che avevo in testa ma io non sono mai sicura di niente, quindi... :3
Spero che vi piaccia :)
Baci a tutte/i :D
Viola
 

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Capitolo 24
*** Chi l'avrebbe mai detto? ***


 

Never opened myself this way

Life is ours, we live it our way

All these words I don't just say

And nothing else matters

Trust I seek and I find in you

Every day for us something new

Open mind for a different view

And nothing else matters

Metallica, "Nothing Else Matters"


Capitolo 24, "Chi l'avrebbe mai detto?"

Mi sentivo male, letteralmente e metaforicamente. Letteralmente perché per la foga di sbrigarmi ad arrivare davanti quella dannata aula ero inciampata due volte, metaforicamente perché mi sentivo terribilmente in colpa e non sapevo come rimediare. Mi fermai un attimo per riprendere fiato e massaggiarmi la caviglia. Davanti a me la porta appena accostata lasciava intravedere una stanza quasi completamente buia. Presi un respiro e la sospinsi in avanti giusto il necessario per sgusciare dentro.
Malfoy era seduto sulla panca, con la testa appoggiata al banco dietro di lui, i piedi sul tavolo e le mani in tasca. Il suo sguardo sembrava perso fuori dalla finestra, dove un po' di neve cominciava a cadere nel silenzio più assoluto della sera. I suoi capelli, tanto biondi da sembrare quasi bianchi, rilucevano nell'ombra.
Io, ero nel panico.
Avevo voglia di chiedergli scusa all'infinito, di stringerlo per fargli capire quanto fossi dispiaciuta per quello che avevo fatto, ma mi sembrava tutto estremamente stupido e infantile: lui non era un ragazzo qualunque, lui era Draco Malfoy. E quindi, cosa avrei dovuto fare? Chiesi disperatamente aiuto al mio istinto.
Mossi qualche passo, incerta e un po' zoppicante, sedendomi sul banco dietro di lui.
- Mi dispiace. - mormorai, allungando una mano e ritirandola appena incontrai il suo sguardo freddo.
- E di cosa, Granger? - chiese con tono piatto, voltandosi lentamente verso di me.
Sembrava che fossimo tornati al primo giorno di scuola, i suoi occhi taglienti e indifferenti che mi scrutavano. Lo fissai di rimando, interdetta, tentando di trattenere le lacrime: piangere come un'idiota qualunque avrebbe soltanto peggiorato la situazione.
- Lo sai cosa. E ti volevo ringraziare. - continuai, tenendo i miei occhi fermamente nei suoi, illuminati da un lampo di confusione. Sbattei un paio di volte le palpebre per evitare di perdermi in quel grigio ormai così familiare ma ogni volta pieno di nuove sfumature.
- Non capisco di cosa stai parlando. - mormorò, interrogativo. La sua mascella era tesa, le mani ancora strette in tasca. Mi stavo muovendo su un terreno per me nuovo, instabile e pericoloso più di qualunque altro avessi mai percorso. L'orgoglio Malfoy.
- Non ce l'avrei fatta senza di te, Draco. - sussurrai, infondendo quanta più sicurezza possibile nella mia voce.
Lui sgranò gli occhi, sorpreso, e si girò completamente verso di me tenendo le mani ancorate alla panca. Si rilassò impercettibilmente, permettendomi di riprendere a respirare. Mi sentivo come se stessi cercando di disinnescare una bomba e dovessi decidere tra tagliare il filo rosso o quello blu; nell'indecisione li avevo tagliati entrambi e ora non mi restava che attendere.
- Tu… - cominciò, indeciso, ma la sua voce scemò come se qualcosa gli si fosse impigliato in gola non permettendogli di parlare. Chiuse per un attimo gli occhi, alzandosi dalla panca e avvicinandosi pericolosamente. Mise le sue mani, estremamente calde, sulle mie guance e mi tirò su la testa facendomi immergere completamente nei suoi occhi. Tirai un sospiro di sollievo nel vedere che il fuoco più bollente aveva preso il posto di quel freddo ghiaccio che mi aveva accolto poco prima.
- Dillo di nuovo. - mormorò, senza esitazioni.
- Non ce l'avrei fatta senza di te. - ripetei, confusa dal calore persistente che si propagava sul mio volto a causa del suo tocco e dal suo respiro fresco che mi faceva rabbrividire, e non per il freddo.
- No, non quello. - disse, avvicinandosi ulteriormente. In quel momento avevo solo voglia di azzerare la distanza tra di noi, lasciarmi andare alle sue carezze, ai suoi baci, al suo tocco.
- Draco? - mormorai, allungando una mano per affondarla tra i suoi capelli.
Sul suo volto si dipinse un ghigno soddisfatto, ma diverso dal solito. Era dolce. Mi ritrovai a sorridere di rimando, buttandogli anche l'altro braccio al collo e stringendolo come non avevo mai fatto con nessuno e come, mi ritrovai a pensare, non avrei mai fatto con nessun altro. Mi maledissi mentalmente per un gesto tanto avventato che non sapevo se sarebbe stato gradito, ma poi le sue braccia si avvolsero attorno a me, le mani sulla schiena, mentre affondava la testa tra i miei capelli.
- Non voglio più sentire un altro "Malfoy", sia chiaro. - sussurrò al mio orecchio, sfiorandolo con le sue labbra. Un gemito involontario uscì dalla mia bocca, facendolo ridere sommessamente. Deglutii rumorosamente per cercare di restare il più lucida possibile mentre poggiava un bacio sull'incavo tra il collo e la spalla, trattenendosi lì per più di qualche secondo per poi strusciare la sua guancia estremamente liscia sulla mia. Lo stava facendo apposta, era chiaro. Non poteva concedermi la sua bocca così facilmente. Doveva farmela agognare e, mio malgrado, ci stava riuscendo perfettamente.
Poggiò la sua fronte sulla mia, mentre le mani si facevano strada sotto il maglione e la camicia.
- Devo dirti una cosa. - sussurrò, baciandomi prima una guancia, poi l'altra.
- Mh. - riuscii a mormorare, chiudendo gli occhi.
- E' importante. - continuò, intrappolandomi tra il suo corpo e il muro dell'aula che, in qualche strano modo, avevo raggiunto con la schiena.
Un suono strozzato uscì dalla mia bocca mentre a malapena riuscivo a capire quello che diceva, intenta ad assimilare il suono dalla sua voce roca e suadente più che le parole che articolava.
Improvvisamente si staccò e io aprii gli occhi, confusa.
- Ho bisogno della tua piena attenzione, Granger. - disse, incrociando le braccia al petto in un'atteggiamento fintamente serio dato il ghigno divertito sul volto.
Mi schiarii la voce prima di parlare e risistemai la camicia e il maglione.
- Proprio adesso? - domandai, piccata.
- Perché cos'ha che non va adesso? - chiese, trattenendo un sorriso.
Gli lanciai un'occhiataccia e incrociai le braccia anch'io, in attesa.
- Avanti, Draco, dimmi. - sibilai, guardandolo con la testa leggermente piegata.
Un sorriso soddisfatto si fece largo sul suo viso prima di cominciare a parlare.
- Stamattina ho inviato un gufo a mia madre per chiederle del medaglione. Prima di entrare nell'ufficio di Silente è arrivata la risposta. - disse, tirando fuori una lettera dalla tasca dei pantaloni.
- Oh. - mormorai, incuriosita, - cosa dice? -
Mi porse la lettera, guardandomi negli occhi titubante.
- Non puoi ehm… riassumere? - chiesi, speranzosa.
- E' per te, Granger. - borbottò, stranamente a disagio.
Spalancai gli occhi, sbalordita. Senza spostare lo sguardo dalla busta bianca apparentemente innocua nelle mie mani, tolsi il sigillo di cera con lo stemma dei Malfoy. Prima di tirare fuori la lettera esaminai la scrittura sottile ed elegante con cui erano state tracciate le parole "Per la signorina Hermione Granger".
Sbattei un paio di volte le palpebre, senza capacitarmi di cosa stesse succedendo. Non solo avevo una relazione con Draco Malfoy, ma Narcissa mi scriveva anche delle lettere. Non era per caso un altro sogno? Sarebbe stata una spiegazione molto più logica del pensare che invece non fosse altro che la realtà, da un po' di tempo a questa parte sempre pronta a sorprendermi.
Tirai fuori la delicata pergamena verde pastello e la aprii, cominciando a scorrere gli occhi dall'alto verso il basso. 

Signorina Granger, 
mio figlio Draco mi ha informato del ruolo che sta avendo nella sua missione.
Nonostante le divergenze di pensiero e di opinioni che ci sono sempre state tra di noi confido
appieno nella sua capacità di perdono e di tolleranza. Le sono immensamente grata per avergli
donato così facilmente la sua fiducia, ha davvero bisogno di qualcuno come lei che gli stia
accanto e, purtroppo, io non ho la possibilità di seguirlo ad Hogwarts. 

Per quanto riguarda l'oggetto da lei menzionato, temo di non poterle dirle molto per lettera. 
Per questo motivo ci tengo ad invitarla a Malfoy Manor il prossimo weekend, durante il quale,
mi è stato detto, è stata fissata la gita ad Hogsmeade. 

Naturalmente sono a conoscenza della segretezza dell'intera operazione e dunque non solo
la lettera è irrintracciabile ma la mia scrittura è visibile solo ai suoi occhi. 

La prego di tenere in considerazione la mia proposta e di farmi inviare una risposta quanto
prima da Draco. Non deve preoccuparsi per il trasferimento, informerò mio figlio ed il Preside
non appena avrà acconsentito. 

Sarà un piacere fare la sua conoscenza, sotto un'altra luce.
Narcissa Malfoy

Rilessi il tutto più di una volta, giusto per essere sicura che il mio cervello non avesse fatto cilecca.
- Allora, che dice? - chiese Draco, preoccupato.
- Tua madre… - cominciai, indecisa sul come porre la questione.
- Cosa? - incalzò, sempre più impaziente, - Avanti, Granger, non tenermi sulle spine. -
- Mi ha invitato a casa tua. - dissi velocemente, abbassando lo sguardo.
Lui rimase un attimo immobile, un sopracciglio alzato.
- Davvero? - domandò, avvicinandosi.
- Davvero. - confermai, - il prossimo weekend. -
- E ti da fastidio? - chiese, osservandomi in cerca di una risposta.
- Io… no, non mi da fastidio ma… - cominciai, impossibilitata a continuare a causa della sua interruzione.
- Ma cosa?
- Oh mio Dio, Draco, fammi finire di parlare! - sbottai, col sorriso sulle labbra. Lui mi rispose con una faccia da aristocratico ferito nell'orgoglio e fece un passo indietro.
- Rispondile che accetto l'invito. - dissi, avvicinandomi a lui e posandoogli un bacio sulle labbra. 



Eccoci con un nuovo capitolo, spero vi piaccia.
Recensite, consigliatemi, rimproveratemi, quello che volete, è tutto utile :D
Baci!
Viola

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Capitolo 25
*** Un mondo sconosciuto. ***


Capitolo 25, "Un mondo sconosciuto."

I giorni successivi si rivelarono, nonostante tutto, più facili del previsto. Harry si comportava dolcemente come al solito, anche se a volte leggevo ancora nei suoi occhi il dolore di una ferita aperta che speravo si sarebbe rimarginata col tempo. Avevo sbagliato e ne ero consapevole. Gli avevo chiesto scusa più volte, certo, ma era ovvio che non sarebbe bastato. Tutto ciò che potevo fare era tentare di riconquistare la sua fiducia, non nascondergli più niente, tentare di fargli capire che il suo appoggio e la sua presenza mi erano indispensabili.
Ron era tutto un altro discorso. Sembrava si stesse sforzando davvero per apparire allegro e spensierato, ma spesso capitava che fissasse il tavolo Serpeverde con astio invece di mangiare, il che era molto più che preoccupante. Era da poco riuscito a digerire la storia di Cedric e del fatto che tra noi non ci potesse essere niente, ma di accettare la mia relazione con Malfoy ancora non se ne parlava. Quando si rivolgeva a me pareva sempre che si stesse trattenendo dal rimproverarmi.
Io, da parte mia, non potevo fare altro che sopportare e aspettare.
Avevamo parlato molto di tutta la faccenda, tralasciando il fattore "Malfoy", ma non eravamo venuti a capo di nulla. Harry non riusciva a spiegarsi a cosa potesse servire questo fantomatico "rito", né dove avrebbe potuto prendere la pietra filosofale dato che era stata distrutta anni prima. L'unico indizio concreto su cui riflettere era il medaglione, ma per quello bisognava aspettare le parole di Narcissa Malfoy.
Quando li avevo informati del fatto che la settimana prossima sarei dovuta andare a Malfoy Manor, due paia di occhi si erano soffermati su di me per qualche minuto, incapaci di trasformare la sorpresa e lo sbigottimento in parole. Io avevo atteso una qualsiasi reazione, titubante, spostando nervosamente gli occhi dall'uno all'altro. Dopo quella che mi era parsa un'eternità, Ron aveva deglutito rumorosamente, come a ricacciare un commento poco appropriato in gola, mentre Harry aveva chiuso gli occhi come quella sera nell'ufficio di Silente, probabilmente tentando di aggrapparsi al fatto che io ne fossi quasi felice. 
Certo, ero anche spaventata, anzi terrorizzata da quella casa, da quella famiglia e da quella situazione. Tuttavia, Narcissa era sembrata molto più che gentile dalla lettera e Lucius, mi aveva detto Draco, probabilmente non sarebbe stato presente. Oltretutto, dato che alle ricerche in biblioteca si erano aggiunti anche i miei migliori amici, non avevamo molto tempo da passare insieme, da soli, e in quel weekend vedevo un'ottima occasione per capire cosa c'era realmente tra noi oltre che per scoprire qualcosa in più che potesse aiutarci nelle ricerche.
Le serate in biblioteca erano a dir poco terribili per i miei nervi. Harry e Ron mantenevano un religioso silenzio, scambiandosi di tanto in tanto qualche sussurro inudibile di cui non ero nella posizione per lamentarmi. Io e Draco sedevamo vicini, sfiorandoci appena una volta ogni tanto. Ovviamente, io gli avevo esplicitamente chiesto di trattenersi dal distrarmi quando c'erano anche loro ma in realtà ero io ad avere più problemi a stargli lontana.
O almeno così sembrava.
Ogni volta che i suoi occhi si posavano su di me o che mi sfiorava con una mano un brivido mi scendeva lungo la schiena, ricordandomi che ciò che volevo era a pochi centimetri da me. Lui si beava delle mie reazioni, sogghignando silenziosamente e nascondendosi dietro i voluminosi libri che teneva tra le mani. Quando succedevano cose del genere, molto spesso purtroppo, Ron si schiariva rumorosamente la voce come per volerci ricordare che si, c'erano anche loro, e io cercavo rapidamente di ricompormi, concentrando tutta la mia attenzione su quello che stavo leggendo.
Le ricerche, comunque, a parte il fatto di essere terribilmente imbarazzanti, non avevano portato alcun risultato. Non si menzionava da nessuna parte l'esistenza di una seconda pietra filosofale, non c'erano ulteriori notizie su un rito del genere e gli Horcrux non erano mai neppure nominati. 

- Non troveremo niente qui. - mormorai, stropicciandomi gli occhi.
- Sei stanca? - mi chiese Draco, senza alzare gli occhi dal suo libro.
Ron gli lanciò uno sguardo che probabilmente avrebbe dovuto essere minaccioso e che fu, naturalmente, ignorato alla grande.
- Sono stanca di cercare. - risposi, incrociando le braccia al petto.
- Hai ragione Herm, ci sfugge qualcosa. - disse Harry, chiudendo con un tonfo il volume poggiato sul tavolo.
- E che cosa vorresti dire con questa frase enigmatica? - domandò Draco, un sopracciglio alzato.
- Voglio dire, - cominciò Harry, assottigliando gli occhi, - che così non arriveremo da nessuna parte. Stiamo prendendo libri su libri senza sapere realmente che cosa cercare. -
- Non capisco dove vuoi arrivare, Sfregiato. - incalzò, chiudendo anche lui il libro e guardando l'altro in attesa di una risposta che reputasse soddisfacente. 
Ci risiamo.
Ogni volta che uno dei due parlava, l'altro, immancabilmente, cercava di trovare delle pecche nel suo discorso. Nessuno cedeva di un passo per venirsi incontro e, dunque, non si arrivava mai a nulla. Alzai gli occhi al cielo pregando che almeno quella sera il tutto si sarebbe concluso in modo diverso.
- Voglio dire, Malfoy, che stiamo sprecando il nostro tempo! Non abbiamo abbastanza indizi su cui basarci! - sbottò Harry, alzandosi dalla sedia e cominciando a camminare avanti e indietro davanti al tavolo. - Ci deve essere qualcosa che ci sfugge! - continuò, assumendo una posizione degna di essere paragonata a quella della statua del Pensatore.
Mi voltai verso Draco giusto in tempo per vederlo mentre lanciava un'occhiata di sufficienza ad Harry, scuotendo lentamente la testa prima di riprendere a parlare.
- E cosa proponi di fare? - domandò, scettico.
- Non lo so, ci devo pensare. - rispose Harry, buttandosi di nuovo sulla sedia, sfinito come se avesse appena corso una maratona.
- Bene, quindi intanto che aspettiamo che la tua mente brillante trovi una soluzione, possiamo andare a dormire? - chiese con un ghigno divertito sul volto. Mi trattenni dal sorridere e gli lanciai uno sguardo eloquente per intimargli di non esagerare. Era estremamente stressante, mi sentivo come se dovessi sempre dividermi in due per non deludere né i miei amici né il… il mio ragazzo?
- Potresti provare anche tu ad usare il cervello ogni tanto, Malfoy. - borbottò Ron, l'unico che aveva ancora gli occhi bassi sul libro. Tutti e tre ci girammo verso di lui, sorpresi che avesse proferito parola dopo più di un'ora che non apriva bocca. Draco aggrottò le sopracciglia, offeso, ma prima che potesse replicare gli artigliai un polso e mormorai - Andiamo tutti a dormire, continueremo domani. - stampandomi un sorriso conciliante in volto.
Anche l'ultimo libro fu chiuso e con un rumore di sedie ci alzammo tutti in piedi, sistemando i volumi negli appositi scaffali.
- Andiamo, Herm? - chiese Harry, prendendo la borsa per raggiungere Ron pochi passi più avanti.
- Arriva subito. - rispose Draco per me, fissandolo negli occhi e prendendomi una mano.
Harry lo squadrò un attimo, indeciso su come comportarsi, poi guardò me come a chiedere conferma.
- Si, voi intanto andate. - sussurrai, sentendo le guance avvampare. Sul volto del biondino si dipinse un'espressione alquanto soddisfatta, mentre il mio migliore amico mi lanciò un'ultima occhiata titubante prima di uscire dalla biblioteca.
- Non continueremo domani, mezzosangue. - sussurrò al mio orecchio, prendendomi per la vita ed avvicinandomi a lui. Lo guardai un attimo, confusa, poi realizzai.
- Oh! Domani…
- Te ne eri dimenticata? - domandò, imbronciato.
Come potevo dimenticarmene? Era da più di una settimana che non facevo altro che pensare a quello. Stranamente, non c'erano stati più sogni strani, anche se il soggetto non era cambiato molto… Ovviamente a lui non lo avrei mai detto.
- No, solo non credevo fosse già domani. - borbottai, sentendo il nervosismo che cominciava ad attanagliarmi lo stomaco. Come se avesse intuito quello che stavo provando, mi circondò con le sue braccia e mi strinse.
- Granger, ti avverto: la prossima volta che Weasel apre bocca in quel modo, puoi artigliarmi quello che vuoi, ma non me ne starò zitto. - mormorò tra i miei capelli.
Dopotutto, era sempre lo stesso Malfoy. 

E così, il giorno era arrivato. Erano passate poco più di due settimane dall'inizio della scuola eppure mi sembrava un'eternità. I cambiamenti erano stati talmente tanti e talmente profondi da permettermi a malapena di riconoscermi in quella vita. Solo per fare un esempio, mentre di solito il sabato mattina mi svegliavo presto per fare i compiti, quel sabato mattina mi ero svegliata presto per presentarmi nell'ufficio di Silente ed usare la Metropolvere insieme a Draco per raggiungere Malfoy Manor. L'intera frase, nella mia testa, suonava allo stesso tempo incredibilmente stonata e piena di aspettative.
Harry, Ron e Ginny mi avevano aspettato in Sala Comune per salutarmi e mi era sembrato di vedere nei loro occhi un'aria di "addio" che non mi ero riuscita a spiegare. Poi, ripensandoci più tardi, ero arrivata alla conclusione che, probabilmente, credevano che qualche Malfoy avrebbe potuto uccidermi durante la permanenza. Al che, stupendo anche me stessa, ero scoppiata a ridere.
- Che succede? - mi aveva domandato Draco, davanti al grande camino, guardandomi curioso.
Ovviamente non gli avevo risposto, liquidandolo con un bacio sulle labbra e un sorriso e lasciandolo interdetto e immancabilmente offeso. Nonostante questo, quando Silente ci consegnò la polvere in mano e ci fece segno di andare, mi prese la mano, con sicurezza, e mi trascinò dentro il camino, scandendo chiaramente "Malfoy Manor" prima di gettare la polvere verde ai suoi piedi.
Quando mi ritrovai il salone che già conoscevo davanti agli occhi, mi resi conto che fu solo grazie alla sua stretta che non svenni, per la seconda volta, tra le sue braccia.
- Benvenuta, Hermione. - mi salutò Narcissa, avvicinandosi per poggiare un leggero bacio sulla mia guancia.
- G-grazie. - riuscii a malapena a balbettare, sorpresa di quell'accoglienza e ancora incredula per tutto ciò che stava succedendo. Tentai di lasciare la mano di Draco, spaventata dalla reazione che avrebbe potuto provocare, ma lui strinse con più forza la presa e uscì dal camino, raggiungendomi sul tappeto per salutare sua madre con un bacio. Non pensavo che l'avrei mai detto, ma erano davvero teneri. Sorrisi, stupita positivamente dall'amore che la loro vicinanza sembrava emanare.
- Bentornato, Draco. - mormorò Narcissa, sfiorandogli una guancia con la mano. 



Sto scrivendo il prossimo capitolo ma penso che sarà un po' più lungo e quindi ci metterò un po' di più. 
Non abbandonatemi hahah :)
Baci!
Viola

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Capitolo 26
*** La magia del Manor. ***


Vi avverto che è un capitolo un po' rosso. 
Sono sicura che per molte di voi sarà causa di un "era ora"
ma magari a qualcuna può dare fastidio. (?!)
Spero vi piaccia.

It’s better than I ever even knew
They say that the world was built for two
Only worth living if somebody is loving you
Baby now you do

Lana del Rey, "Video Games"


Capitolo 26, "La magia del Manor."

Draco aprì la porta senza smettere di guardarmi, titubante.
- La mia stanza. - mormorò, facendomi segno di precederlo.
Non appena posai gli occhi sul grande letto a baldacchino, di legno scuro, sovrastato da coperte verdi e cuscini dello stesso colore, mi bloccai. Io ero già stata in quella stanza, anche se non di persona. Allora non avevo pensato che potesse essere la sua camera, eppure ora mi sembrava così ovvio che mi diedi della stupida per non esserci arrivata prima.
- Lo so. - sussurrai, guardandomi intorno.
Lui mi lanciò un'occhiata perplessa, in attesa di una spiegazione.
- L'ho sognata. - dissi, semplicemente.
- Quando?
- Prima che succedesse… prima di tutto questo. E c'eri anche tu. - mormorai, voltandomi per guardarlo negli occhi che brillavano di confusione.
- Non me l'hai mai detto. - borbottò, chiudendo la porta dietro di lui.
- Me l'ero dimenticato. - risposi, ed era vero. Non avevo più pensato a quella prima manifestazione del "dono", dalla quale mi sembrava passata un'eternità.
Non era stata una premonizione, ne ero certa. Non mi sarei ritrovata accucciata in quell'angolo buio ad aspettare la sua mano per rialzarmi. Si era trattato, più che altro, di un consiglio, di una visione che mi aveva permesso di fidarmi più facilmente di lui, di guardare al di là della sua maschera per trovare qualcosa di più profondo. Quando, invece, mi ero ritrovata ad osservare il salone di Malfoy Manor dall'alto, assistendo allo scambio di battute tra Draco e Dolohov, non avevo avuto dubbi sul fatto che fosse una scena reale, del passato o del futuro. Per questo, facendo appello alla mia spiccata volontà di razionalizzazione, avevo distinto i miei sogni in tre tipi: quelli "normali" (sebbene ultimamente fossero comunque popolati da un certo biondino più del dovuto), le "previsioni" e le "visioni".
Quando mi ero svegliata sentendo il respiro di Draco, sdraiata sul suo divano, inizialmente ero stata indecisa. Mi ero resa conto, però, che avevo la possibilità di scegliere, di muovermi, di cambiare la realtà del sogno ed ero arrivata alla conclusione che fosse una visione. Per questo avevo lasciato le sue braccia malvolentieri cominciando a curiosare in cerca di un indizio che, ero sicura, sarebbe stato celato da qualche parte. Così ero arrivata al medaglione.
- E io che facevo, nel sogno? - chiese Draco, risvegliandomi dai miei pensieri.
- Tu mi aiutavi.
- A fare cosa?
- Ad alzarmi. - risposi, continuando a guardarmi intorno. La stanza non era buia come l'avevo vista io, ma piena di luce. La finestra era più larga di quanto ricordassi e nell'angolo dove mi ero trovata in passato c'era un grande armadio dello stesso legno scuro del letto.
- Mezzosangue vuoi smetterla di curiosare e spiegarmi in maniera comprensibile il tuo sogno? - domandò, irritato, prendendomi per un polso e facendomi voltare verso di lui. Déja vu. 
Stavo per aprire bocca e raccontargli ciò che avevo visto quando qualcuno bussò alla porta e Narcissa fece capolino.
- Venite a prendere il the? Vi racconterò tutto. - disse con quella sua voce dolce e rigida al tempo stesso.
La seguimmo giù per le scale e per il corridoio che portava al salone. Il tavolino che avevo visto nel sogno era sovrastato da tre bellissime tazze bianche su cui spiccavano decorazioni di edera verde. Io e Draco prendemmo posto sul divano, lei sulla poltrona.
- Quando ho ricevuto la lettera in cui mi chiedevate del medaglione sono rimasta un po' perplessa. Temo di non potervi chiedere perché ne avete bisogno, dato che suppongo sia parte della missione. - cominciò Narcissa, aggrottando le sopracciglia. Io rimasi in silenzio, mentre Draco si mosse accanto a me, a disagio. Probabilmente, finora, non aveva mai tenuto segreti con sua madre.
La donna fece un cenno col capo, come a prendere atto della sua ipotesi, e continuò.
- Io e Lucius ci siamo conosciuti molto giovani, a un ballo. Sembrava di essere in una favola. - mormorò, sorridendo, poi continuò - Eravamo entrambi purosangue e di ottima famiglia, dunque il nostro matrimonio avrebbe accontentato i nostri familiari oltre che noi. Io sapevo che aveva qualche legame con il Signore Oscuro, come era normale allora tra i purosangue, ma non mi feci troppi problemi. In realtà inizialmente non comportò grandi cambiamenti nella nostra vita di tutti i giorni e, dunque, non ci pensavo mai. Un giorno, qualche settimana dopo il nostro matrimonio, mi regalò quel medaglione. A quel tempo non ne avevo idea, ma era un regalo del Signore Oscuro in persona. Ho chiesto ulteriori informazioni a Lucius prima che partisse e mi ha detto che gli era stato affidato con la promessa di tenerlo al sicuro fino a che non fosse arrivato "il momento". Ovviamente mio marito obbedì ma non aveva idea di cosa celasse. E' un oggetto di grande valore, appartenuto allo stesso Salazar Serpeverde, ma credo che non sia tutto qui. L'ho indossato per qualche tempo ma aveva uno strano effetto su di me. - disse, gli occhi persi in qualche ricordo.
- Che effetto? - mi azzardai a domandare, affascinata dal racconto impreziosito dalla sua voce così piacevole da ascoltare. Inevitabilmente, guardando i suoi capelli così chiari incorniciare il volto sottile e le labbra rosse, mi ritrovai a pensare che sembrasse una donna incredibilmente pura, corrotta dagli eventi della vita. Non potevo di certo giustificare interamente le sue azioni e le sue decisioni, ma d'altronde è la famiglia che ti forma e non sempre si riesce a razionalizzare e far proprio ciò che essa ci propone. Nonostante con me si comportasse più che gentilmente, gli ideali e le tradizioni che io non approvavo l'avevano accompagnata per tutta la sua esistenza e avevano lasciato un marchio indelebile su di lei, anche se più astratto di quello del marito e del figlio.
- Non sono sicura di riuscire a spiegarlo… - mormorò, chiudendo gli occhi per trovare le parole giuste. Draco non fiatava, gli occhi fissi su sua madre.
- Beh, mi sentivo lontana dal mondo, come se nulla di ciò che accadeva potesse toccarmi. Nei momenti peggiori non riuscivo a provare alcuna emozione o sensazione, non avevo fame né necessitavo di dormire o bere. Era come se… se non avessi più avuto l'anima o se si fosse pietrificata nel mio corpo. - disse, guardandomi. Sorseggiai un po' di the mentre pensavo alle sue parole. Era senza dubbio una strana reazione e non sapevo a cosa ricondurla.
- E ha idea di dove possa essere il medaglione, ora? - domandai, poggiando la tazza sul piattino.
- Purtroppo no. L'ultima volta che l'ho indossato è stato prima della nascita di Draco, durante una passeggiata al parco. - mormorò, indicando la foto sul camino, - Ma sarà sicuramente da qualche parte nella casa. - aggiunse.
- Grazie mille signora Malfoy. - sussurrai, sorridendole.
Lei mi sorrise di rimando, alzandosi dalla poltrona.
- Se avete bisogno di altro, chiamatemi. Draco, fai vedere alla signorina Granger la sua camera e ricordati che la cena è alle sette. Ci vediamo questa sera. - disse, schioccando le dita. Un elfo domestico apparve accanto al tavolino e si sbrigò a raccattare le tazze e i piattini, sparendo subito dopo.
Draco mi prese la mano e mi trascinò fuori dal salone, lungo un corridoio che terminava con un'imponente porta di legno massiccio a due ante.
- Dove andiamo? - chiesi, preoccupata dal suo silenzio.
- Fuori. - mormorò, poggiando una mano sul pomello d'argento e girando lentamente.
Davanti a noi si aprì un meraviglioso spiazzo rettangolare, circondato da siepi. Al centro una grande fontana di marmo grigio raffigurava due serpenti avvolti su se stessi dalle cui bocche sgorgava un'acqua estremamente chiara e trasparente. Ebbi a malapena il tempo di ammirare quello spettacolo che lui cominciò a scendere la scalinata davanti a noi, infilandosi in uno spazio sulla siepe a sinistra. Lo seguii e mi ritrovai in una sorta di bosco, ma meno fitto. Le foglie scricchiolavano sotto i miei piedi e il cielo grigio si intravedeva tra i rami spogli degli alberi. Lo ritrovai seduto su una panchina di ferro nero, finemente intagliata.
- Che ne pensi? - mi chiese, voltandosi verso di me.
- Non lo so, non riesco a capire perché quell'oggetto faccia un effetto simile. - mormorai, pensierosa.
- Non lo troveremo mai, il Manor è enorme. - disse, passandosi una mano tra i capelli.
Sembrava estremamente stanco. Per perlustrare interamente la casa sarebbero state necessarie settimane, forse di più, e non potevamo essere certi di avere tutto questo tempo a disposizione. Ormai Dolohov e gli altri erano fuggiti da Azkaban e molto presto a Draco sarebbe stato chiesto di portare a termine una qualche missione. Se solo fossi riuscita a sentire cosa avrebbero voluto che facesse…
- Ma certo! - sussurrai tra me e me, alzandomi in piedi. Come avevo fatto a dimenticare un particolare così essenziale, a non collegarlo a tutto il resto?
- Cosa? - domandò lui, aggrottando le sopracciglia.
- Portami in camera tua! - incalzai, eccitata come una bambina di dieci anni alla vista di un pony.
- Con piacere. - mormorò di rimando, malizioso. Alzai gli occhi al cielo e cominciai a seguirlo, decisa a confermare il mio sospetto. 

Precedendolo aprii la porta e mi ritrovai di nuovo nella sua camera. Mi avvicinai al letto e mi accucciai, cercando di vedere cosa ci fosse sotto. Un brillio giallo-arancione attirò immediatamente la mia attenzione.
- Mezzosangue che diavolo stai facendo? - mi riprese Draco con un tono piuttosto allarmato.
Allungai una mano e la chiusi intorno ad un oggetto estremamente freddo, ritirandola ed alzandomi in piedi.
- Prendevo questo. - mormorai, facendo dondolare il medaglione davanti ai suoi occhi, spalancati.
Senza proferire parola si avvicinò, osservando meglio le rifiniture dorate e la pietra luminosa al centro della montatura.
- Come?… - sussurrò, spostando gli occhi nei miei.
Gli raccontai del primo sogno, del luccichio che mi aveva attirato e da cui ero stata distratta a causa della sua presenza. Lui ascoltò in silenzio, scoppiando a ridere per la mia descrizione dell'altro Malfoy, quello gentile e premuroso.
- E ora? - mi chiese, terminato il racconto. La possibilità di trovarlo mi erano sembrate tanto infinitesimali che non avevo affatto pensato a cosa fare dopo. Lo guardai un attimo, interdetta, pensando il più velocemente possibile.
- Dobbiamo farlo esaminare da Silente, meglio non starci troppo a contatto. - mormorai, osservandolo oscillare nella mia mano. Lui annuì, lo afferrò e lo chiuse dentro il cassetto del comodino.
- Niente di più facile. - disse, avvicinandosi di nuovo a me per baciarmi e muovendo la bacchetta dietro la schiena per fare qualche incantesimo a me stranamente sconosciuto.
Mi lasciai andare, ancora in preda all'euforia per essere riusciti a concludere qualcosa in così poco tempo. Soltanto assaporando il suo sapore mi resi conto di quanto mi fosse mancato. Sentii la sua mano fare pressione sulla mia schiena, possessivamente, mentre l'altra era immersa nei miei capelli. Senza pensarci gli circondai il collo con le braccia, per sentirlo più vicino e più mio.
Poi, con uno dei suoi movimenti fluidi e silenziosi, spostò le sue mani sulle mie gambe, accarezzandomi lentamente e, infine, tirandomi su. Senza smettere di baciarmi - non gliel'avrei neppure permesso - si mosse verso il letto dove mi poggiò delicatamente, spingendomi giù fino a farmi toccare quelle coperte così incredibilmente soffici con la schiena. Sentivo il suo odore sopra di me, dolce, inebriante, e una sensazione di benessere e di calore mi invase. Allacciai le gambe intorno a lui, attirandolo violentemente verso di me, e sorrisi compiaciuta nel sentirlo emettere un gemito nascosto nelle mie labbra. Non riuscivo a opporre alcuna resistenza, non a lui e alle sue mani che si muovevano sicure sulla camicia, slacciando un bottone dopo l'altro, sfiorando delicatamente la pelle sottostante. Quei tocchi così lievi e accennati mi bruciavano come se le sue dita fossero state incandescenti, facendomi provare un piacere che era così intenso da rischiare di sconfinare nel dolore. Non avevo idea del perché non mi fossi accorta prima di quanto fossi malleabile nelle sue mani, dipendente dalle sue labbra e inscindibilmente legata ai suoi occhi. Cominciai a baciarlo con sempre maggiore insistenza, sentendolo ansimare piano nella mia bocca. Piegò le braccia e si poggiò sui gomiti per farsi più vicino, ma non abbastanza per i miei gusti.
Sentivo chiaramente la sua eccitazione su di me e, anziché spaventarmi, mi ritrovai ancora più ancorata al suo corpo, chiedendogli di più. Lui si staccò piano, gli occhi spalancati e infuocati, e li fissò nei miei con un sorriso a metà ad illuminargli il volto. Si abbassò piano, scansando i miei capelli.
- Ti voglio, Hermione. - sussurrò al mio orecchio, sfiorandolo con le labbra. Deglutii, incapace di rispondere, e chiusi gli occhi mentre riprendeva possesso della mia bocca e faceva scorrere le dita sottili sulla curva del seno. Non mi ero neanche accorta che mi avesse slacciato il reggiseno, ma non mi vergognavo affatto, mi sentivo stranamente a mio agio sotto di lui, una bambola tra le sue mani che armeggiavano lentamente con i bottoni dei jeans, slacciandoli e facendoli scorrere piano sulle gambe. Si staccò dalla mia bocca, poggiandosi sulle ginocchia, e li sfilò definitivamente, lasciandoli cadere mollemente a terra.
Sentivo i suoi occhi grigi indagare ogni angolo della mia pelle, affamati. Alzai lo sguardo e li incatenai nei miei. Lui era ancora vestito, constatai, e non era affatto giusto. Mi misi seduta e gli sfilai il maglione, per poi sbottonare la camicia. Non avevo la sua esperienza, non ero altrettanto veloce né altrettanto sensuale, ma il suo sguardo bastava per farmi sentire alla sua altezza. Il petto ormai nudo, spostai le mani sulla schiena, attirandolo di nuovo sopra di me. Sorpreso, poggiò le sue mani ai lati della mia testa, sul cuscino verde, con i palmi stesi. Allungai una mano sotto di lui e gli slacciai i pantaloni, che in pochi secondi raggiunsero il resto dei vestiti sul pavimento. Guardando quello che mi ero persa quella sera, in infermeria, un brivido mi scese lungo la schiena. Lui ridacchiò prima di tirarmi su di peso, apparentemente senza alcuna fatica, per poi rimettermi giù sulle lenzuola, coprendomi con le coperte.
Mi lanciò uno sguardo malizioso prima di scendere con una lunga scia di baci sul collo, sul seno, sul ventre e sulle gambe, il suo alito fresco ad accompagnarlo. Inarcai la schiena, inconsapevolmente, desiderosa di ciò che lui aspettava a darmi. Voleva giocare con me, vedere fino a che punto mi sarei esposta.
E quando sentii la sua lingua farsi strada sulla mia pelle, insinuarsi nell'ombelico ed accarezzare la piega dell'inguine mi sembrò di perdere i sensi. Non avevo mai dato troppo peso alla fisicità, forse non ne avevo avuto il tempo, ma ora mi rendevo conto che tutto con Draco assumeva un nuovo significato. Qualsiasi gesto e qualsiasi parola si caricavano di un'importanza fondamentale nella nostra relazione, niente era detto o fatto per caso e nulla passava inosservato.
Inarcai la schiena, afferrando i suoi capelli al di sotto della coperta, consapevole che non avrei ritrovato una tale intimità con nessun altro nella mia vita. Appena prima di portarmi all'apice si staccò e senza dargli il tempo di riprendersi lo attirai verso di me, dentro di me. Un gemito roco uscì dalla sua bocca mentre cercava febbrilmente la mia.
Quando avevo pensato alla mia prima volta l'unica parola che mi era rimbombata nella testa era dolore, mentre in realtà l'unica parola che avevo in mente ora come ora era Draco. Tutti i miei sensi erano concentrati su di lui, sui suoi movimenti lenti, sul senso di completezza che mi pervadeva sotto forma di piacere fisico, sui suoi sussurri nelle mie orecchie, sui suoi gemiti soffocati. Il tempo sembrava essersi dilatato, potevano essere passati minuti, ore, giorni.
Poi, naturalmente come era iniziato, finì. I nostri corpi furono percorsi da brividi incontrollati, inarcai la schiena, incapace di resistere a quell'ondata di piacere che si leggeva così chiaramente anche nei suoi occhi grigi, liquidi e densi come metallo sciolto.
La sua mano si strinse convulsamente nella mia.
Mi guardò negli occhi, il fiato corto, e mi posò un bacio sulle labbra, leggero e veloce, prima di staccarsi. Appoggiò la testa sul cuscino e mi circondò le spalle con un braccio, facendomi adagiare nell'incavo della spalla. 
Sospirai e capii cos'era quel senso di incompletezza che mi aveva riempito fino a quel momento. 
Non provavo più "quel fastidio che ti accorgi di avere solo quando non lo hai più". 
Ero diversa.
 

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Penso che d'ora in poi ci metterò un po' di più per scrivere i capitoli dato che cercherò di farli più lunghi, in modo da non arrivare ad una storia di millemila capitoli che, giustamente, nessuno vuole leggere. Giuro che mi impegno!
Baci,
Viola. 

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Capitolo 27
*** Le cose belle durano sempre troppo poco. ***


 

Prometto di non farvi troppe promesse
perché tanto non riesco a mantenerle. 
Boh, è corto? Mi andava di pubblicarlo così.
Spero non ve la prendiate troppo.
Baci :)

Capitolo 27, "Le cose belle durano sempre troppo poco."

Ero riuscita a dimenticare tutto ciò che era successo e quello che sarebbe potuto succedere, grazie a Draco. Non me ne ero pentita, nonostante il mio cervello si stesse sforzando di farmi analizzare minuziosamente tutte le tesi a sfavore sul sesso tra adolescenti, nella casa dei genitori, ex Mangiamorte, purosangue. Non lo avevo deciso, non era stato programmato, era semplicemente successo. E ora, tra le sue braccia, quell'atmosfera rilassata continuava ad aleggiare su di noi.
Il suo respiro regolare sui miei capelli riusciva a spazzare via ogni paura e ogni timore, lasciandomi serena, gli occhi chiusi, la testa sul suo petto nudo. Gli accarezzai lentamente il ventre, salendo fin sulla spalla. La sua pelle era liscissima, pallida ed estremamente profumata. Non uno di quei profumi che ti fanno pizzicare il naso, un odore dolce che avrei potuto inspirare per tutta la vita. Alzò una mano e cominciò a giocare con i miei capelli, passandoli lentamente tra le dita sottili. Sorrisi e mi strinsi ancora di più contro di lui.
- Mezzosangue… - sussurrò piano.
- Mhm? - mugugnai, senza aprire gli occhi.
- Se non sposti il ginocchio credo che non potremo più ripetere l'esperienza di poco fa. - mormorò, sorridendo. Lo vedevo il suo sorriso, senza che fosse necessario guardarlo con gli occhi. Lo percepivo.
Arrossii e mi allontanai leggermente, senza lasciare la presa sul suo fianco.
- Scusa. - sussurrai sulla sua spalla.
- Avrai modo di farti perdonare. - disse, malizioso, poggiando un gomito sul cuscino per girarsi verso di me. Allungò una mano per posarla dietro la schiena e mi fece aderire al suo corpo caldo.
Aprii gli occhi, imbarazzata, e incontrai i suoi. Aveva uno sguardo diverso dal solito ma allo stesso tempo incredibilmente tipico di Malfoy. Senza permettermi di riflettere sul suo significato si avvicinò alla mia bocca, accarezzandola con la lingua.
- Draco! - lo ammonii, senza muovermi di un millimetro. Io ci provavo a non cedere, che almeno mi si desse atto di questo. Poi che i risultati fossero piuttosto deludenti era un altro conto.
- Che c'è? - domandò, scocciato.
- Ma tu non sei mai soddisfatto? - mormorai, facendo cenno alla sua palese eccitazione.
Lui scoppiò a ridere e poi ricominciò a baciarmi come se non avessi parlato, spingendo la lingua sempre più a fondo nella mia bocca.
- Mai. - mormorò sulle mie labbra poco dopo, staccandosi, - ma mia madre ci aspetta per la cena. - aggiunse, facendo scorrere la mano sul fianco e sulla gamba. Accolsi il suo tocco con un brivido e presi la sua mano nella mia.
Mi alzai a sedere, cercando con gli occhi i miei vestiti sparsi per la stanza.
Mi rivestii e presi la borsa con le mie cose, dirigendomi di soppiatto in bagno per darmi una rinfrescata prima della cena. 

Dopo quello che era successo mi invase l'infantile terrore di incontrare lo sguardo di Narcissa Malfoy. Mentre scendevamo le scale che portavano al soggiorno afferrai la mano di Draco, cercando un po' di conforto nella sua stretta. Chiusi gli occhi e presi un profondo respiro, ripetendomi che non avevo nulla di cui preoccuparmi. Draco allungò la mano e aprì la porta, tirandomi dietro di lui.
- Buonasera. - mi salutò una voce fredda appena varcata la soglia del salone. Sussultai, spaventata.
Lucius Malfoy era seduto sulla poltrona accanto al grande camino, la Gazzetta del Profeta tra le mani. Non aveva neppure alzato lo sguardo da quello che doveva senza dubbio essere un articolo molto interessante per catturare tanto la sua attenzione da non far troppo caso alla presenza di una mezzosangue nella sua reggia. Draco non rispose al saluto ma si voltò verso di me, lo sguardo preoccupato. Probabilmente il tremito della mia mano doveva averlo informato del fatto che non sapevo come comportarmi e che era tutta colpa sua, cosa di cui avremmo discusso più tardi. Incontrai i suoi occhi grigi e li accolsi con uno sguardo gelido. Lasciai la sua mano e feci qualche passo, fermandomi accanto al divano.
- Buonasera signor Malfoy. - dissi, decisa. Non era da me farmi spaventare da un ex Mangiamorte pentito che disprezzavo. Il fatto che avessi accettato suo figlio non voleva dire che la mia opinione su di lui fosse cambiata. Era un codardo, per questo era passato dalla parte dei buoni. Non riuscivo a giustificare le sue azioni, sopratutto il tentativo di uccidere la mia migliore amica.
Sentendo la mia voce alzò lo sguardo dal giornale, squadrandomi da capo a piedi.
- Draco ti ha fatto vedere la casa? - chiese con noncuranza e fredda cortesia.
- Non ancora. - risposi, tenendo lo sguardo alto nel suo. Che non si dicesse che Hermione Granger abbassa la testa di fronte a un nemico, o meglio, ex-nemico.
- Pensavo non dovessi tornare prima di lunedì. - intervenne Draco, impedendogli di chiedere che cosa avessimo fatto per tutto il pomeriggio. Non osai pensare al colorito che avrei assunto sentendomi porre quella domanda.
- Infatti avrei dovuto. A quanto pare, però, tua zia Bellatrix ha deciso di farci visita, domani. - disse, tranquillamente. Io sbarrai gli occhi, terrorizzata, mentre Draco deglutì rumorosamente, nascondendo il bagliore di paura che lo aveva attraversato con la sua solita maschera di indifferenza.
- Quando? - chiese, modulando la sua voce per sembrare più sereno di quello che evidentemente era.
- Nel pomeriggio, insieme a Dolohov e suo marito. Ci farete compagnia? - mormorò, sorridendo fintamente.
E così era già arrivato il momento? Era troppo, troppo presto. Non avrei potuto sopportare di sapere Draco insieme a quella gente, in pericolo, eppure non sapevo cosa fare. Rimanere l'avrebbe messo ancora più in pericolo, ma se fosse tornato ad Hogwarts? Possibile che le mie premonizioni potessero essere modificato a causa dell'evolversi degli eventi?
Draco non si preoccupò di rispondere alla provocazione del padre. Mi prese per mano e dopo avergli lanciato uno sguardo assassino che un tempo mi rifilava così frequentemente si diresse verso la sala da pranzo, un'enorme camera in cui un lungo tavolo di legno scuro era stato apparecchiato e sovrastato da numerose pietanze. Narcissa era già seduta, lo sguardo spento rispetto al pomeriggio, l'aria preoccupata. Probabilmente non le faceva molto piacere la visita della sorella.
- Sedetevi, Lucius ha già cenato. - ci disse, facendoci cenno con la mano di accomodarci. Non avevo fame, non avevo voglia di restare lì: volevo parlare con Draco, da sola, discutere di quello che sarebbe successo l'indomani. Tuttavia mi resi conto che non avrei potuto fare altro che adeguarmi alla situazione, almeno per il momento.

La cena era andata, tutto sommato, abbastanza bene. Probabilmente, se la mia testa non fosse stata da tutt'altra parte, sarebbe andata ancora meglio. Il cibo era delizioso, ma non ne avevo mangiato quasi per niente. Narcissa era un'ottima conversatrice, sapeva cosa chiedere e su cosa insistere di più. Avevamo parlato per tutta la sera di libri, di cui a quanto pare anche lei era appassionata, e mi aveva strappato la promessa di fare un giro per la loro biblioteca privata quanto prima. Quando quel "prima" sarebbe stato, non ne avevo idea.
Appena possibile Draco si era congedato, baciando la madre sulla guancia e trascinandomi al piano di sopra, dove mi attendeva la mia camera. Rimasi un po' delusa dal fatto che non avremmo diviso la sua, ma mi rincuorai quando, dopo avermi spinto frettolosamente dentro, richiuse la porta alle sue spalle.
La stanza era piuttosto grande, ma meno luminosa di quella di Draco. Il copriletto era violetto, i cuscini leggermente più scuri. Mi sedetti sul bordo del letto e lo guardai negli occhi, titubante.
- Tornerai ad Hogwarts domani mattina. - borbottò, allentandosi il nodo della cravatta.
- E tu? - chiesi, spaventata dalla risposta.
- Io devo restare. - mormorò, appoggiandosi con le spalle alla porta, le gambe incrociate e le mani in tasca. Sembrava di essere ritornati ai vecchi tempi.
- Ma… - cominciai, decisa a farlo venire con me. Non sapevo cosa sarebbe potuto succedere, ma tanto valeva provare.
- No, io resto. - mi interruppe, con tono duro.
Mi diedi della stupida per avergli raccontato ciò che avevo visto. Magari, se non avesse saputo cosa sarebbe successo, sarebbe venuto con me. In fondo, si trattava di saltare una cena con la zia, no?
- Ma perché? - domandai con tono supplichevole. Non avevo problemi a farmi vedere vulnerabile se questo avrebbe potuto convincerlo a tornare ad Hogwarts. Era un prezzo che il mio orgoglio era disposto a pagare, anche se questo fatto mi spaventava.
- Perché se non è domani sarà la prossima settimana. Cosa cambia? Tanto vale che mi dicano subito cosa devo fare. - disse, senza guardarmi negli occhi. - Odio quest'attesa. - aggiunse, sfilandosi la cravatta e buttandola sulla poltrona a destra della porta.
- Draco… - mormorai, indecisa su quali parole usare. Nel sentire il suo nome alzò gli occhi, guardandomi spaventato. Non era mai stato l'emblema del coraggio, non era un Grifondoro e non lo sarebbe mai stato, ma ce la stava mettendo tutta per fare la sua parte. Voleva assumersi le sue responsabilità.
Il che era molto nobile, se non fosse che a me, in quel momento, non importava. Né di Voldemort, né di quel dannato medaglione. Mi importava solo che fosse salvo.
- Ti prego, vieni con me. Se riusciamo a posticipare questa… questa cosa, magari la prossima volta sarai più preparato. - tentai, consapevole di quanto suonassero vuote le mie parole.
Lui non rispose, ma mi lanciò un mezzo sorriso che non riuscì neppure a raggiungere gli occhi. Fece qualche passo e si sedette vicino a me, sul letto.
- Dovresti essere tu quella coraggiosa. - sussurrò al mio orecchio, scansando delicatamente i capelli e posandomi la mano dietro la nuca. Alzai gli occhi al cielo ma, dannazione, aveva ragione. Che cosa mi stava succedendo?
- Oh, smettila con queste idiozie. Qui non si tratta di Grifondoro o Serpeverde. - sbraitai, reprimendo un brivido al suo tocco.
- Si invece. Non pensare che io sia Potty l'eroe che rischia la sua vita per il bene dell'umanità. Se faccio tutto questo è anche perché è l'unico modo per sopravvivere. - mormorò, allontanandosi. - Non si tratta di scegliere tra il bene o il male, ma tra vivere o morire, mezzosangue, mettitelo in testa. -
Abbassai gli occhi, sconfitta, tentando di nascondere le lacrime.
- Bene. - sibilai, alzandomi ed afferrando il pigiama per cambiarmi in bagno.
Prima che potessi fare un altro passo si frappose tra me e la porta, cercando i miei occhi.
- Dove vai? - domandò, confuso.
- A cambiarmi, posso? - mormorai, fissando ostinatamente il pavimento. Non ero delusa da ciò che mi aveva detto, in fondo sapevo che non avrebbe mai rischiato la sua vita solo per sconfiggere Voldemort. Più che altro avevo preso coscienza del fatto che non aveva la minima intenzione di evitare sua zia e l'allegra combriccola, non per me.
- E non ti puoi cambiare qui? Mi sembra di averti già visto senza vestiti. - disse, incrociando le braccia sul petto.
- Sei un idiota, Malfoy. - dissi, assottigliando gli occhi.
- Questo me l'hai già detto, ma mi pare anche di averti chiesto di non chiamarmi più in quel modo. - rispose, con tono duro. Senza aspettare una risposta si avvicinò, posando un dito sotto il mento per costringermi a guardarlo. Quando si accorse delle lacrime che mi rigavano le guance sul suo volto si dipinse un'espressione sorpresa.
- Pensavo che i Grifondoro non piangessero. - sogghignò, asciugandomi una guancia con la mano.
- Pensavi male!
- Soprattutto, pensavo che i Grifondoro non piangessero per i Serpeverde. - disse, ridendo apertamente.
Offesa gli voltai le spalle, sfilandomi velocemente i vestiti per infilare il pigiama. Senza girarmi per vedere la sua espressione o i suoi movimenti mi infilai nel letto, fissando gli occhi sulla finestra dall'altra parte della stanza.
- Vuoi che me ne vada in camera mia? - domandò, poco dopo.
- No. - sussurrai, chiudendo gli occhi.
Non sapevo cosa sarebbe successo l'indomani, ma di certo non potevo rischiare di perdere una notte con lui per mantenere il mio stupido punto. Dopo qualche secondo sentii i suoi passi intorno al letto e il materasso piegarsi leggermente sotto il suo peso.
- Lo immaginavo. - sogghignò, infilandosi sotto le coperte e abbracciandomi da dietro. 

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Capitolo 28
*** L'altra faccia di Serpeverde. ***


Eccomi di nuovo. 
Questo è un capitolo decisivo, anche
se è stato piuttosto improvvisato, a dire
la verità. Non avevo ben chiara la situazione
fino a che non ho cominciato a scrivere. Spero
vi piaccia e, vi prego, recensite, commentate, fatemi
sapere qualcosa. Grazie mille a tutti coloro che mi leggono!
 

Capitolo 28, "L'altra faccia di Serpeverde."

Era molto presto e fuori era ancora buio ma io non riuscivo a chiudere gli occhi senza rivedere nitidamente quella scena nella mia testa. Dolohov con la bacchetta puntata contro Draco, gli occhi assottigliati, le parole che uscivano dalla sua bocca come sibili minacciosi. Sospirai e mi immersi nel silenzio, interrotto appena dal respiro di Draco sulla mia schiena. Mi districai dalle sue braccia e mi misi a sedere, attenta a non fare troppo rumore. Presi il bicchiere sul comodino e la bacchetta e mormorai Aguamenti. Bevvi un paio di sorsi ma la mia bocca continuava a rimanere secca, la gola in fiamme.
Mi sembrava di essere incredibilmente inutile, e non mi piaceva. Cercavo febbrilmente una soluzione, un modo per aiutarlo, senza alcun risultato. Dovevo semplicemente aspettare che tornasse da me, ad Hogwarts, e sperare che la missione che gli era stata assegnata non fosse così terribile com sospettavo.
Mi voltai lentamente, osservando il suo petto alzarsi e abbassarsi regolarmente. Era strano vederlo così, sereno, rilassato ed incredibilmente bello. Non mi capacitavo di come non me ne fossi accorta prima. Certo, non era il bello da riviste di teenager come Cedric, ma era molto più affascinante. I capelli biondissimi e spettinati gli ricadevano morbidamente sulla fronte. I tratti del viso, appena marcati, erano resi più dolci dalle labbra rosa e carnose. Le palpebre abbassate nascondevano gli occhi più profondi che io avessi mai visto, capaci di farti perdere la testa con un solo sguardo. Mi sdraiai accanto a lui, osservandolo.
- Granger… - sussurrò, senza aprire gli occhi.
Sussultai appena, ma non risposi. Che stesse sognando?
- Perché non dormi? - continuò, la voce incerta.
- Non ci riesco. Ma tu non preoccuparti. - mormorai, sorridendo.
Era tutto così strano e così bello allo stesso tempo, eppure tra poche ore quel mondo sarebbe scoppiato come una sottile bolla di sapone.
Alzò una mano e si stropicciò gli occhi, aprendoli completamente. Mi ci tuffai senza esitazione, osservando le sfumature chiare in quel grigio nebuloso.
- Vieni qui. - sospirò, allungando una mano verso di me.
Mi avvicinai, lasciandomi guidare dai suoi gesti, fino ad accoccolarmi nel calore del suo corpo.
- Devi smetterla di pensarci o farai innervosire anche me. - disse, accarezzandomi lentamente con la punta delle dita.
- Non lo faccio apposta, non riesco a smettere di pensare, così, da un momento all'altro. - sbraitai, offesa. Sapevo che aveva pienamente ragione, e avrei tanto voluto dargli retta e smettere di vedere quella scena nella mia testa. Ma non era così semplice.
- A questo si può rimediare. - sussurrò, la voce roca che avevo cominciato a conoscere e apprezzare da un po' di tempo a questa parte. Mi prese il viso con le mani e mi baciò, con trasporto, senza lasciarmi il tempo di replicare. Effettivamente stava funzionando, il suo metodo, anche se non era proprio ortodosso. Mi aggrappai alle sue spalle, spostando una mano tra i capelli e modellandomi sul suo corpo. A quanto pare gli ci era voluto poco per svegliarsi totalmente. Sorrisi sulle sue labbra, ancora incredula dell'effetto che gli facevo.
Si staccò dalla mia bocca, il respiro corto, e mi spinse sul materasso, salendo sopra di me con un movimento veloce.
- Ora… - sussurrò al mio orecchio abbassandosi fino a sfiorarmi con il petto nudo, - lascia fare a me. -
Annuii e mi lasciai andare, completamente.
Mi fermò i polsi sul cuscino, in modo deciso ma delicato, mentre posava la sua bocca sulla gola, facendo scorrere la lingua fino al seno. Non riuscivo a tenere gli occhi chiusi, a non guardarlo, ero come ipnotizzata.
Spostò una mano lentamente, sfiorandomi con la punta delle dita la spalla, la linea del fianco fino al ventre e poi sempre più giù fino a raggiungere la mia intimità. Soffocai un gemito e deglutii, mentre sul suo viso il desiderio era così evidente da farmi implorare per averlo dentro di me.
- Draco… - mormorai, con voce spezzata.
Alzò gli occhi su di me, ma le sue dita continuavano a muoversi sicure, delicate e non mi lasciavano un attimo per respirare.
- Zitta, Granger. - soffiò, con quella stessa voce.
Incapace di attendere ancora lo attirai contro di me con una mano dietro al collo, cercando febbrilmente le sue labbra. Lui spalancò gli occhi sorpreso e mi assecondò, spostando una mano dietro la schiena e avvicinandomi al suo corpo, mentre con la lingua si faceva strada nella mia bocca. Strinsi le gambe intorno ai suoi fianchi e lo sentii gemere sulle mie labbra.
- Ti prego, Draco… - mormorai con voce spezzata.
- Non c'è bisogno che mi preghi, Granger. - sussurrò, mentre un ghigno divertito si faceva largo sul suo viso. Si staccò un attimo e afferrò la bacchetta sul comodino, facendo evanescere la biancheria in un attimo. Poi, affondò dentro di me. Non credevo che potesse essere ancora meglio di prima, ma mi sbagliavo. Si muoveva con ritmo regolare, accelerando sempre di più, la fronte leggermente imperlata dal sudore. E sopra di me, dentro di me, era ancora più bello e più lo vedevo più lo desideravo.
Persi il senso del tempo, scandito soltanto dai suoi gemiti, dai miei sospiri.
Inarcai la schiena, al limite, e lui mi seguì subito dopo, gli occhi fissi nei miei.
Si abbassò appena, facendo sfiorare la sua guancia con la mia e restando così per pochi secondi.
Poi si sdraiò accanto a me, stanco, soddisfatto - almeno per qualche minuto… - , la testa sulla mia pancia.
- Grazie. - mormorai, accarezzandogli i capelli. 
Scoppiò a ridere, sereno e, nonostante tutto, sorrisi anch'io. 

- Muoviti Mezzosangue, afferra la passaporta.
- Draco, io…
- Smettila. Ci vediamo domani.
- Ma… - tentai, interrotta dalle sue labbra sulle mie.
Assaporai la sua lingua e la sua bocca e inghiottii a forza le ulteriori proteste.
Mi staccai di malavoglia, afferrando con una mano il piccolo serpente di giada che era stato scelto come passaporta.
- Parla con Silente, Granger. E non fare idiozie. - mormorò, facendo scorrere piano le dita sulla mia guancia bollente. Mi sforzai di tenere alto il mio sguardo nel suo, mentre per un attimo un lampo di paura attraversava i suoi occhi. Un sorriso a mezza bocca fu l'ultima cosa che vidi.
L' attimo dopo la calma e il silenzio del Manor furono sostituiti dal rumore di piccoli oggetti che ticchettavano, a ritmi diversi.
- Signorina Granger. - mi salutò Silente, rassicurante. Misi il serpente di giada in tasca, asciugandomi gli occhi con il dorso della mano prima che le lacrime cominciassero a scendere. Dovevo avere fiducia in lui.
- Buongiorno. - mormorai, muovendo qualche passo per sedermi sulla soffice poltrona. Tremavo, di rabbia, di nervosismo, di paura.
- Spero che il soggiorno sia andato bene, ma credevo sarebbe tornata in serata. - disse, rompendo il silenzio carico della mia tensione.
Senza rispondere tirai fuori il medaglione, osservandolo per un attimo prima di porgerglielo. La sorpresa prese dimora nei suoi occhi mentre allungava una mano per afferrarlo.
- Molto bene… - lo sentii a malapena sussurrare, perso nei suoi pensieri e nelle sue elucubrazioni.
Gli raccontai brevemente quello che ci aveva riferito Narcissa, sperando che lui potesse avere una spiegazione. Nel frattempo, come se non fossi in quell'ufficio così accogliente e rassicurante, sentivo la voce di Dolohov rimbombare nel salone di Malfoy Manor. Scossi velocemente la testa per scacciare quell'immagine e quel pensiero, concentrandomi sul Preside, che rigirava con sguardo attento l'oggetto tra le dita.
- Capisco. - mormorò, dopo qualche minuto.
- Cosa? - domandai, il cuore a mille. Poteva essere un punto di svolta?
- Questo non è un Horcrux. - disse, alzando il volto per incontrare i miei occhi sorpresi, - è la Pietra della Morte. - aggiunse, preoccupato. 
La cosa?
Aggrottai le sopracciglia, tentando di trovare nel mio cervello una qualche definizione dell'oggetto appena menzionato. Niente, mai sentito.
- Non credo che ne abbia mai sentito parlare, signorina Granger. - mi venne in aiuto, interpretando la mia espressione. Scossi la testa, terrorizzata. Il nome di certo non prometteva bene. Annuì e riprese a parlare.
- Credevo fosse solo una leggenda, ma a quanto pare non è così. Salazar Serpeverde era famoso per il suo carattere freddo, distaccato, al limite dell'umano, oltre che per la sua spiccata intelligenza. Non era sempre stato così, tuttavia. Non che sia mai stato un uomo altruista, gentile o coraggioso, ma era senza dubbio pieno di passione, sebbene secondo molti male indirizzata. - cominciò, catturando la mia attenzione, - Alcuni ipotizzarono che il cambiamento fosse dovuto alla perdita dell'unica persona che abbia mai amato nella sua vita. Si, anche lui ha amato. - aggiunse, in risposta al mio sguardo incredulo.
- Tuttavia altri erano dell'opinione che fosse sotto l'influsso di un qualche tipo di magia oscura. Personalmente, credo che sia un insieme delle due cose. Dopo la morte della donna amata, di cui non si conosce tuttora l'identità sebbene alcuni abbiano supposto fosse la stessa Priscilla Corvonero, Salazar si rese conto della dolorosa realtà dei sentimenti. Cominciò a disprezzarli, a fuggirli. Credo che allora abbiamo cominciato a cercare una via di fuga, creando la Pietra della Morte. - disse, poggiando il medaglione sul grande tavolo di legno. Ero sopraffatta da tutte queste informazioni, ma sapevo che non era ancora finita.
- E cosa fa, questa Pietra? - chiesi, curiosa e spaventata allo stesso tempo.
- Ti rende non umano. Narcissa ha cominciato ad accusare alcuni sintomi, portandola al collo. Non si provano emozioni, sentimenti, necessità. Si è slegati dalla realtà, dalla vita. La Pietra non uccide, ma impedisce di vivere. - disse, un misto di pietà e compassione negli occhi azzurri.
- Ed è questo che vuole Voldemort? - domandai, spiazzata. Mi sembrava che fosse già abbastanza lontano dalla vita anche senza quell'oggetto.
- Posso solo azzardare delle ipotesi, ovviamente, ma credo che non la voglia utilizzare su di lui. - mormorò, preoccupato. Continuai ad osservarlo, in silenzio, in attesa che riprendesse. Me lo sentivo, la parte più difficile stava arrivando.
- Voldemort non è privo di emozioni, signorina Granger. Lui è pieno d'odio, e ne va fiero. - chiarì, prima di continuare, - Ma se è ridotto in questo stato, è a causa dell'amore. Questa è l'arma che abbiamo contro di lui, l'unica che può fermarlo, e credo se ne stia rendendo conto. Ora, secondo il mio non modesto parere, questo medaglione era destinato ad Harry o, più in generale a chiunque abbia l'occasione di fermarlo. - disse, aggrottando le sopracciglia.
Sussultai, incapace di pensare a Harry in quello stato. Mi si strinse il cuore pensando ai suoi occhi verdi spenti, senza l'abituale scintilla di vivacità che anche nei momenti più bui lo rendeva se stesso.
- Ma… Ora ce l'abbiamo noi, come farà? - domandai, titubante.
- Credo che sia qui che la faccenda si fa più complicata. - mormorò, il mento stretto tra il pollice e l'indice. Una scintilla di comprensione si accese nel mio cervello.
- Draco?… - sussurrai, gli occhi spalancati. No, non poteva essere. 

Uscii di corsa dall'ufficio del Preside, gli occhi lucidi.
Solo ora la realtà si presentava davanti a me per com'era davvero: ingiusta.
Non potevo e non volevo scegliere, ma cercare un'altra soluzione. Il tempo stringeva, si faceva beffe della mia indecisione, dei miei sentimenti, scorreva libero da qualsiasi tipo di vincolo nei confronti di coloro che la realtà la vivevano anziché scandirla. Eppure non dovevo arrendermi, ma lottare come avevo sempre fatto, in nome di qualcosa di superiore.
L'unica cosa che mi consolava era l'avere qualcosa su cui concentrarmi, su cui fare ricerche. Mi diressi velocemente su per le scale fino al ritratto della Signora Grassa. Mormorai la parola d'ordine e mi infilai in Sala Comune, sperando di trovarci Harry e Ron, poi mi ricordai che di domenica mattina, presto, erano sicuramente ancora a dormire. Sbuffai rumorosamente e poi, senza troppi problemi, mi infilai nel dormitorio maschile. Neville era già a colazione, probabilmente, mentre Dean e Seamus non si sarebbero svegliati neanche a cannonate. Mi accostai al letto di Harry e mormorai un "sveglia" al suo orecchio.
Strizzò gli occhi, li stropicciò con le mani e sussultò quando, aprendoli, si trovò davanti la mia chioma di ricci castani.
- Herm… - biascicò, guardandomi stupito, - cosa fai qui? -
- Harry, alzati e fai alzare anche Ron, ci vediamo giù in Sala Comune, vi devo parlare. Fate presto. - sussurrai, schioccandogli un bacio sulla guancia prima di riscendere le scale e buttarmi sul divano di soffice velluto rosso.
Dopo dieci minuti circa i due mi raggiunsero, uno più insonnolito dell'altro. Tirai fuori la bacchetta, facendoli sussultare, e la puntai contro le scale per insonorizzare la stanza.
- Non c'è bisogno di spaventarsi se tiro fuori la bacchetta, non mi pare di avervi mai affatturato, ancora. - mormorai, offesa.
- Il tuo "ancora" è davvero rincuorante. - borbottò Ron, buttandosi sulla poltrona ancora in pigiama.
Harry scoppiò in un risolino ma, vedendo la mia espressione seria, si zittì subito e si accomodò vicino a me. Presi un profondo respiro e gli raccontai tutto, o quasi.
- Deve darglielo. - disse Harry, deciso, dopo qualche secondo di silenzio.
- Prima dobbiamo scoprire come vuole utilizzarlo. - tentai, - dovremmo avere ancora un po' di tempo. Magari ci viene in mente qualcosa prima che… - ma non riuscii a terminare la frase, il cuore in gola.
Ron aveva un'espressione stranamente pensierosa.
- Secondo me, non deve. - esordì, assottigliando gli occhi.
- Ma Ron, se non lo facesse… - cominciai, inghiottendo aria a vuoto. Niente da fare, non riuscivo neanche a pensare all'eventualità.
- Stai tranquilla, Hermione. Prima dobbiamo avere qualche certezza e aspettare che torni. Andiamo a fare colazione e poi in biblioteca nel Reparto Proibito. - mormorò Harry, prendendomi la mano.
Annuii, un po' della tensione che si scioglieva grazie alla sua stretta. 

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Capitolo 29
*** Il Signor Price. ***


Scusate l'attesa.
Blocco dello scrittore :)
Ringrazio ancora chi mi segue e
chi mi legge, ma soprattutto chi mi recensisce
perché mi aiuta a capire dove sbaglio e dove posso
migliorare. Spero che continuiate a darmi consigli, e che 
agli abituali se ne aggiungano altri. Non vi vergognate :D Buona lettura!

Capitolo 29, "Il signor Price."

- Hermione, avanti, vieni a pranzo. - mormorò Harry, poggiandomi una mano sulla spalla.
- Non ho fame. - dissi con voce roca, dopo ore di silenzio. La mattinata era stata, come prevedibile, del tutto infruttuosa. Neppure il Reparto Proibito finora era riuscito a dissipare quella fitta nebbia che avvolgeva la Pietra della Morte, il rito e Voldemort. Tutto era così sfumato da apparire poco reale, una storia inventata da Silente per rendere anche questo quinto anno ad Hogwarts pieno di nottate in bianco, pericoli e misteri. Purtroppo conoscevo abbastanza il Preside da poter affermare con certezza che non fosse tipo da imbarcarsi in questi "scherzi".
- Ma devi mangiare! Non puoi rimanere digiuna, stamattina alla fine non hai fatto neanche colazione! - esordì Ron, altamente contrariato e sbalordito dal fatto che una persona potesse saltare due pasti e continuare a vivere normalmente. Non capivano che non avevo alcuna intenzione di abbandonare le ricerche fino a che non avessi trovato anche il più piccolo indizio? Un qualcosa da cui ripartire, una notizia da riferirgli per far nascere un barlume di speranza nei suoi occhi grigi, una volta tornato. Non potevo né volevo accoglierlo a mani vuote, offrendogli il mero conforto della mia presenza. Dovevo essere all'altezza, fare per Draco quello che avevo sempre fatto per Harry.
- Non morirò, Ron. - mormorai, senza distogliere gli occhi dal libro poggiato sul tavolo, rilegato di cuoio nero e alto più o meno come il professor Vitious. I due si scambiarono uno sguardo, indecisi, che preferii ignorare.
- Torniamo tra poco, e ti porteremo qualcosa. - disse Harry, lanciandomi un'occhiata preoccupata prima di afferrare Ron e uscire dalla biblioteca con indosso il mantello dell'invisibilità.
Chiusi gli occhi, cercando di ritrovare un po' di tranquillità e fermando il movimento spasmodico della mia gamba che senza che ne fossi consapevole continuava a tremare. Dolohov, Bellatrix e Rodolphus sarebbero arrivati nel pomeriggio, il che implicava che ora Draco fosse da solo, probabilmente terrorizzato dietro la solita maschera d'indifferenza, ad aspettare il suo destino a braccia conserte. Portai due dita alle tempie, mentre il dolore continuava ad annebbiarmi la mente, imperterrito. Non ne voleva sapere di lasciarmi in pace, neppure dopo due dosi della pozione contro il mal di testa di cui avevo sempre una scorta.
Poggiai i pugni sugli occhi, infastidita anche dalla fioca luce che le lanterne gettavano sul tavolo di scuro legno massiccio e sulle librerie ricolme che lo circondavano. 
Avanti, Hermione, puoi farcela. Fallo per lui.
Presi un profondo respiro e mi immersi di nuovo nella lettura, le palpebre pesanti e gli occhi lucidi. Mi sentivo stanca, incredibilmente stanca.

- Dimmelo! - urlò un uomo, un lungo mantello nero gettato sulle spalle, il cappuccio alzato e una maschera argentata sul viso. La voce era profonda, leggermente roca, imperiosa. Una mano segnata da una lunga cicatrice sul dorso spuntava dalla manica destra, la bacchetta di un bianco quasi accecante, lunga e regolare, tremava leggermente. Rabbia, il sentimento che quella figura emanava da tutti i pori. A pochi centimetri dalla punta della bacchetta, il petto di un altro uomo si alzava e si abbassava regolarmente.
- E' inutile che mi punti quel bastoncino contro. - mormorò, incrociando le braccia al petto. La mano dell'altro cominciò a tremare ancora più vistosamente ma la presa sull'arma si fece più ferrea, come se vi si volesse aggrappare. Poi, dopo un ultimo fremito, l'abbassò con un movimento lento e studiato.
- Vabene, Price, te ne do atto. Ti prego di perdonare i miei modi. - mormorò il Mangiamorte, modulando la sua voce per apparire tranquillo. Che lo fosse o meno, impossibile dirlo a causa della maschera che celava i suoi lineamenti.
- Come mi avete trovato? - domandò il fantasma, alzando le sopracciglia.
- Non è stato difficile, hai sempre avuto una passione per questo tipo di sobborghi inglesi. - rispose l'altro, riponendo la bacchetta al di sotto del mantello.
Il fantasma sorrise appena, increspando le labbra in un ghigno di superiorità.
- La vostra visita è inutile. - disse, dopo qualche secondo di silenzio. Doveva essere morto abbastanza giovane, ma sembrava appartenere ad un'altra epoca. Un abito classico, giacca e cravatta, di un beige un po' sbiadito, un paio di baffi neri a manubrio che facevano pandan con i capelli, stirati attentamente all'indietro se non per un piccolo ciuffo che ricadeva, ribelle, davanti agli occhi. Non era certo di bell'aspetto, con dei tratti troppo duri e un naso lungo e ricurvo, ma doveva essere stato un uomo affascinante. Inoltre, non sembrava un normale fantasma ma un uomo dalla pelle sottilissima, quasi trasparente, su cui dei colori, un tempo molto accesi, rilucevano sbiaditi. Non fluttuava, camminava, senza lasciare però alcuna traccia sull'erba sotto le sue scarpe laccate. Fece qualche passo in direzione della porta della graziosa casa di mattoncini rossi, allungando una mano verso la maniglia e facendola cadere subito dopo.
- No, io non credo. - mormorò il Mangiamorte, raggiungendolo.
Il fantasma si voltò lentamente, osservando l'uomo che aveva davanti assottigliando gli occhi scuri. Sembrava lo stesse valutando, facendo scorrere lo sguardo dalla punta del cappuccio a quella del mantello.
- Cosa ve lo fa pensare? - domandò, dopo la sua attenta analisi, poggiando le mani a coppa sulla finestra accanto alla porta, da cui si intravedeva, attraverso le tende bianche, un salottino sui toni del blu, un divano e una poltrona illuminati da una luce soffusa proveniente da una lampada. Una donna, semisdraiata sul divano si sporgeva verso la luce per leggere una lettera.
- Signor Price, noi abbiamo bisogno del suo aiuto, lei del nostro. - affermò sicuro l'uomo, facendo voltare di scatto il fantasma.
- Io non ho bisogno del vostro aiuto, non so di cosa stia parlando. - sibilò, scansandosi leggermente dalla finestra per fissare il Mangiamorte con sguardo enigmatico.
- Se lei ce la consegna, noi le consegneremo la vita che le è stata tolta. - cantilenò l'uomo dopo qualche minuto di suspense. Gli occhi del fantasma si spalancarono, i pugni si strinsero. 

Aprii gli occhi di scatto, balzando in piedi e facendo cadere la sedia dietro di me. Presi qualche respiro profondo per tentare di calmarmi, il cuore che batteva a mille.
Una previsione. Non una visione. Quello che avevo visto sarebbe accaduto molto presto, me lo sentivo. 
Price.
Il suo nome e la sua immagine erano stampati nella mia mente che lavorava frenetica per tentare di ricollegarli a qualche cosa che avessi letto nel corso degli anni. 
Price, price, price…
Strizzai gli occhi e battei un piede per terra, nervosa. Niente da fare, non mi veniva in mente nulla. Cosa voleva un Mangiamorte da uno strano fantasma dall'impeccabile accento inglese?
Se lei ce la consegna, noi le consegneremo la vita che le è stata tolta.
Un rumore di passi attirò la mia attenzione, facendomi voltare lo sguardo su due figure che si stavano avvicinando, coperte dalle ombre. Posai la mano sulla bacchetta, per pura precauzione.
- Preferirei che non lo faceste davanti a me, comunque. - sbraitava Ron con un tono di voce stranamente acuto per i suoi standard.
- Oh avanti! Era un bacio a stampo! - sentii Harry rispondere, ed immaginai le sue guance tingersi di rosso mentre i suoi occhi si abbassavano per soffermarsi sulle interessantissime trame del pavimento.
- Ci mancherebbe! Lei è piccola! - sibilò il rosso di rimando, sbucando per primo da dietro uno scaffale con un vassoio argentato tra le mani e un'espressione di disappunto. Dietro di lui Harry scuoteva piano la testa, come a scacciare un pensiero fastidioso.
Mi sedetti, tentando di fare un po' di chiarezza nei miei pensieri.
- Herm, cos'è successo? - chiese Ron, appoggiando in mal modo il vassoio sul tavolo ed accucciandosi davanti a me, le mani sulle mie ginocchia. Sbattei un paio di volte le palpebre, disorientata da quel contatto.
- Dobbiamo cercare un certo Price, probabilmente vissuto qualche secolo fa, che a quanto pare è morto giovane. - dissi, cercando di suonare sicura. Ron e Harry mi guardarono confusi, così decisi che era meglio spiegargli per filo e per segno cosa avessi visto.
Una volta terminato i loro volti si fecero pensierosi ma illuminati da una flebile speranza.
Passammo il pomeriggio ad analizzare tutti i Price vissuti nel Settecento, nell'Ottocento e nel Novecento, ma nessuno sembrava avere un qualche collegamento con la nostra ricerca.
- Questo è un attore. Magari Tu-sai-chi vuole mettere su un teatrino e questo era particolarmente bravo. - borbottò Ron, indicando con un dito il nome di un certo Dennis Price. Sbuffai, contrariata da quell'umorismo fuori luogo, e presi una mela verde dal vassoio, addentandola con rabbia.
- Granger, non mi pare il caso di accanirsi con quella povera mela a causa delle battutacce di Weasel. - mormorò una voce soffice dietro di me. Per poco non mi strozzai, mentre il frutto cadeva impietosamente per terra rotolando ai piedi di Draco. Lo guardò con sufficienza, lo scavalcò e fece qualche passo verso di me. Non riuscivo a muovermi. Harry e Ron spostavano lo sguardo da lui a me, in attesa di qualche reazione.
Si fermò a un passo dalla mia sedia, le mani in tasca, lo sguardo che cercava il mio. Sentii gli occhi lucidi, il nervosismo e la tensione che mi avevano tenuta prigioniera tutto il giorno tentavano di farsi strada verso l'esterno attraverso le lacrime. Sbattei un paio di volte le palpebre per ricacciarle indietro, alzai gli occhi e mi persi nei suoi. Senza neanche accorgermene balzai in piedi, lanciandogli le braccia al collo e premendo violentemente la bocca contro la sua, bisognosa di quel contatto. Lui spalancò gli occhi, interdetto, prima di rispondere al bacio e farsi strada nella mia bocca con la lingua senza lasciarmi il tempo di respirare. Un botto dietro le mie spalle mi riportò alla realtà. Mi staccai improvvisamente da Draco, guardandomi dietro le spalle. Ron era in piedi, i pugni stretti, le orecchie rosse. La sedia su cui poco prima era seduto era a terra, inerte, una gamba spezzata. Harry mi osservava con un'espressione tra lo sconvolto e lo schifato, una mano a mezz'aria, impietrito nell'atto di voltare pagina. Arrossii involontariamente, osservando i tratti del viso di Ron farsi sempre più duri, più disgustati.
- Mi dispiace. - mormorai, abbassando gli occhi, - Io… torno subito. - aggiunsi, prendendo la mano di Draco e trascinandolo dietro di me fino a che non fui sicura di essere abbastanza lontana da loro.
- Cos'è successo? - sussurrai, guardandolo negli occhi. Sembrava tranquillo, ma vedevo qualcos'altro in fondo a quel grigio così profondo.
- Credo che alla donnola non sia piaciuto vederti mentre mi salti addosso, ma forse è solo un'impressione. - disse, le labbra che mi sfioravano la guancia e le mani ferme sui miei fianchi. Deglutii, facendo di tutto per evitare di cedere al suo respiro sulla mia pelle, al suo tocco e alle sue provocazioni.
- Avanti non fare l'idiota, cosa ti ha detto Dolohov? - ritentai, rimanendo delusa dalla voce spezzata e leggermente roca con cui avevo posto la domanda. Un ghigno divertito accolse le mie parole mentre con una mano dietro la schiena mi avvicinava ulteriormente e pericolosamente a sé.
Fissai gli occhi nei suoi, determinata, preoccupata, spaventata. La sua espressione cambiò, si fece più serio, ma non allentò la presa su di me.
- Credo che tu già lo sappia, Granger. - disse con tono duro.
E così era vero. Silente, come al solito, aveva ragione.
Draco avrebbe dovuto consegnare il medaglione, altrimenti lo avrebbero senza dubbio ucciso.
Il che voleva dire fare il suo gioco, porgergli su un piatto d'argento quello che sembrava un innocuo monile ma che in realtà avrebbe privato chiunque gli si fosse opposto dell'amore, l'unica arma da impugnare, secondo il Preside, contro il più grande Mago Oscuro di tutti i tempi.
Una stretta al cuore mi fece tremare le gambe.
Appoggiai le mani al suo petto, in cerca di sostegno e di calore, mentre le sue braccia si avvolgevano intorno alle mie spalle.
- La prossima volta che mi baci in quel modo, mezzosangue, non sarò così clemente da limitarmi a ricambiare. Avverti i tuoi amici. - sussurrò con un sorriso a mezza bocca. 

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Capitolo 30
*** La verità è visibile a chi la vuol vedere. ***


Stavolta ci ho messo 
proprio tanto, però spero almeno
che mi concederete la scusante delle
vacanze di Pasqua! Spero abbiate passato
due bellissime giornate, con famiglia, parenti e amici.
Ringrazio chi continua a leggere questa storia che alla fine
sta venendo molto più lunga di quanto avessi voluto! Se ne avete
voglia, recensite, a me fa sempre molto piacere leggere i vostri commenti! 

Capitolo 30, "La verità è visibile a chi la vuol vedere."

- Che sfiga! - fu l'illuminante commento di Blaise dopo il mio più che minuzioso resoconto su ciò che avrei dovuto fare per il Signore Oscuro. Alzai un sopracciglio, indeciso tra il prenderlo a calci o l'ignorarlo.
Optai per una via di mezzo: dopo avergli lanciato il posacenere di cristallo che faceva bella mostra di sé sul comodino accanto al mio letto, mi girai dall'altra parte.
- Hai una pessima mira. - mormorò Theo entrando nel dormitorio e osservando il muro rovinato sopra il letto di Blaise e i cocci per terra. Il diretto interessato dell'attentato era tranquillamente sdraiato su quello stesso letto, le mani dietro la testa e le caviglie incrociate. Un leggero ghigno divertito aleggiava sul suo volto, seminascosto dalla sua perenne aria da belloccio misterioso.
Nott gli lanciò un'occhiata come per accertarsi che fosse tutto intero prima di voltarsi verso di me con sguardo interrogativo.
- Cosa ha fatto, stavolta? - chiese, con tono piatto.
E io che pensavo che avessimo litigato. La cosa bella di Theo era che dopo un po' semplicemente sbolliva e qualsiasi cosa gli avessi fatto o detto, a torto o ragione, veniva celermente dimenticata non appena qualcosa di più importante si faceva strada nel suo cervello contorto. Almeno finché il problema non si ripresentava.
- Nulla di particolare, è la sua indole da imbecille a disturbarmi. - borbottai, cercando a tentoni le sigarette sul comodino. Una sonora risata mi informò che l'orgoglio di Blaise, come al solito, non veniva minimamente intaccato da qualsivoglia insulto.
Afferrai una sigaretta e mi alzai in piedi, accendendola con la bacchetta.
- Draco, informalo degli ultimi sviluppi. - disse Zabini trattenendo un risolino.
Incredibile quanto fosse insistente quando si trattava di fare "pace", mentre l'attimo dopo faceva di tutto per farci litigare di nuovo. Chiusi gli occhi, espirando il fumo lentamente. Mossi un paio di passi e mi sedetti sulla poltrona accanto al letto, le gambe incrociate e la sigaretta nella mano destra.
Theo era dall'altra parte della stanza, seduto anche lui, gli occhi fissi su un libro posto sulle sue gambe. Nonostante facesse di tutto per apparire preso dalla lettura le sue dita battevano convulsamente sulla pagina e il suo piede sul pavimento di marmo nero.
Blaise spostava gli occhi da me a lui, sogghignando apertamente, come se si fosse aspettato che da un momento all'altro avessimo sguainato le bacchette.
Tirai dalla sigaretta, indeciso su cosa dire e cosa fare, rilasciando il fumo verso l'alto.
- Ti sei fatto la Granger? - esordì Nott dopo qualche minuto di tensione, senza alzare gli occhi dalle pagine ingiallite del libro. Blaise, che si stava alzando in quel momento, per poco non perse l'equilibrio, appendendosi in qualche strano modo all'angolo del comodino.
- Cazzo… - borbottai, affrettandomi a raccogliere la sigaretta su cui avevo perso la presa, rintanata sotto la poltrona. Dopo aver fatto impallidire molte divinità di tutte le religioni presi la bacchetta e strillai - Accio sigaretta! -, guardandola con cattiveria mentre volava di nuovo nelle mie mani.
Theodore aveva finalmente alzato gli occhi e osservava con un sorriso divertito le nostre reazioni.
- Più di una volta! - sussurrò Blaise, ripresosi piuttosto in fretta dalla collisione avvenuta. Nel dirlo si portò una mano al lato della bocca come se stesse facendo una confidenza a Theo, quando in realtà era una fortuna che non lo avesse sentito tutto il dormitorio Grifondoro.
Nott assottigliò gli occhi, posando di nuovo lo sguardo sul libro mentre la mascella si irrigidiva impercettibilmente. Spensi con rabbia la sigaretta sul comodino, dato che il posacenere aveva servito una nobile causa, e mi buttai sul letto, cercando di ricordare il perché fossi amico di quell'idiota di Zabini.
- Avanti Draco, non fare così, ti hanno per caso lanciato un'incantesimo di Adesione Permamente sulle labbra? - domandò quello che da ora in poi sarà l'Idiota, sedendosi sul mio letto giusto per evitare di essere troppo poco insistente.
- Cosa vuoi che dica? Hai già detto tutto. - sbottai, cercando di ignorare l'evidente atteggiamento di rabbia repressa che Theo sfoggiava in silenzio dall'altra parte della stanza.
- Magari vuoi fornirci qualche particolare in più… - mormorò l'Idiota con tono malizioso, avvicinandosi pericolosamente (per lui) a me. Un tonfo improvviso ci fece voltare entrambi. Theo era in piedi, il libro abbandonato per terra, gli occhi ridotti a due fessure e il volto ancora più pallido del solito.
- Sbattitela quanto ti pare, Draco, ma prima o poi si sveglierà e capirà che non ha niente a che spartire con te. - proferì, lentamente, senza distogliere lo sguardo dal mio, senza neppure sbattere le palpebre.
Senza darmi il tempo di aprire bocca si girò e uscì dal dormitorio, sbattendo la porta dietro di sé.
Rispondere cosa, poi? Aveva ragione. La mezzosangue non aveva niente a che spartire con me, lei era la luce io l'ombra, lei il bene io il male, lei il leone io la serpe. Non serviva a niente ripetermi che ora io ero dalla sua stessa parte, poiché motivi diversi ci spingevano sulla stessa strada. Deglutii rumorosamente, portandomi una mano alla gola per cercare di alleviare la sensazione di soffocamento che mi aveva assalito.
- Ops. - mormorò Blaise, lasciando cadere il suo ghigno divertito. 

Lasciare le sue braccia per tornare verso il disgusto dell'espressione di Ron era stato orribile, più di quanto avessi immaginato. Mentre il mio rapporto con Draco andava saldandosi col tempo, per quanto delle ferite continuassero a rimanere aperte, la mia amicizia con Ron sembrava appesa ad un filo sottilissimo e poco resistente. Non aveva voluto sentire una parola di più: quando ero tornata al tavolo Harry aveva scosso la testa, come ad informarmi che non aveva potuto fare nulla per trattenere il suo amico dall'andare via. Poi, con una sensibilità che non riuscivo a ritrovare in nessun altro, mi aveva preso una mano per riaccompagnarmi alla Torre dei Grifoni. Non aveva parlato, durante il tragitto, si era limitato a farmi sapere che era lì, per me. Non mi era sfuggita la sua espressione altrettanto schifata quando mi ero gettata addosso a Malfoy, ma anche questa volta il suo affetto per me era riuscito a scavalcare l'odio e l'attrito che la presenza del biondino gli suscitavano.
La Sala Comune si stava svuotando, studenti che uscivano a frotte per dirigersi verso la Sala Grande per la cena. Ron era seduto sulla poltrona accanto al fuoco con un libro in grembo, mentre con una penna tracciava svogliatamente qualche segno sulla pergamena su cui avrebbe dovuto esserci il saggio di Pozioni sulla Trasmutazione. Harry mi lasciò la mano, lasciandomi con un sorriso comprensivo prima di seguire una chioma rossa fuori dal buco del ritratto.
Mi schiarii la voce, tentando di attirare la sua attenzione.
Niente da fare.
Mi avvicinai di un passo, titubante. Non sapevo neanche cosa dirgli, in realtà.
Mi sedetti sul divano, accanto alla sua poltrona, e mi sporsi leggermente verso di lui.
- Ron… - mormorai, allungando una mano fino a sfiorargli la manica del maglione.
- Che c'è, Hermione? - domandò, acido, alzando gli occhi su di me. Mi stava squadrando, dall'alto in basso, come a voler trovare qualche traccia delle spire di un serpente sulla mia pelle. Aggrottai le sopracciglia, offesa, e fissai lo sguardo nel fuoco.
- Perché devi fare così? - chiesi, la voce spenta. Non si rendeva conto della mia situazione?
Ero già in difficoltà per conto mio, preoccupata per lui, per quello che stava passando e avrebbe dovuto passare, senza che Ron mettesse il suo disprezzo, come ulteriore carico, sulle mie spalle.
Forse mi ero sbagliata a pensare che il nostro rapporto andasse al di là dell'amore che lui aveva provato per me in modo goffo, ingenuo e forse anche un po' sbagliato. A questo punto non ero neanche sicura di aver mai sentito qualcosa che si potesse avvicinare all'amore, per lui. L'affetto c'era stato, e c'era ancora adesso, più di quanto potesse immaginare. I suoi abbracci mi mancavano, il suo calore anche, ma non nel modo in cui lui avrebbe voluto e di questo non potevo farmene una colpa.
- Perché è sbagliato, Hermione! - sbottò, alzandosi in piedi e facendo cadere la pergamena, il libro e la piuma sul tappeto. Mi ritirai sul divano, spaventata, mentre sul suo volto la preoccupazione si alternava alla rabbia.
- Non è lui che ti farà felice! Non potrà mai farlo, non ne è capace. - continuò, le guance arrossate, - Herm, lui non sa amare. - sussurrò, inginocchiandosi davanti a me e tendendomi una mano. Assottigliai gli occhi, più sconvolta per l'ultima frase, pronunciata con una calma esemplare, che per i toni taglienti che aveva assunto prima. Mi allontanai da lui, rifugiandomi sul lato opposto del divano con le ginocchia tra le braccia. Abbassai lo sguardo sul tappeto, rifiutandomi di vedere la compassione, il disprezzo e la sicurezza nei suoi occhi.
Poi, improvvisamente, lo vidi.
- Ron! - strillai, indicando il volume su cui era poggiato il suo tema, sul tappeto.
Un'espressione confusa si stampò sul suo volto mentre spostava lentamente lo sguardo da me all'oggetto che continuavo ad indicare con tanta insistenza e che fissavo con gli occhi spalancati.
- Cosa c'è? Cos'ho sbagliato? Trasmutazione si scrive con due zeta? - chiese, il panico nella sua voce.
Scossi la testa, impaziente e afferrai il libro, leggendo ad alta voce.
- L'unico mago che, si dice, fosse riuscito ad elaborare una formula di trasmutazione capace di scambiare le proprietà di due pietre, metalli o liquidi, mantenendone inalterato l'aspetto, fu James Higginbotham, chimico e alchimista britannico. Purtroppo quando si trovò a doverne dimostrare l'efficienza di fronte ad una platea di testimoni attendibili, si suicidò bevendo acido prussico. - lessi, lentamente.
Il mio cervello lavorava velocissimo, mentre Ron ancora mi fissava interrogativo.
- E' lui, Ron! Lo riconosco dalla foto! - dissi, indicando un uomo con un completo beige, baffi a manubrio e capelli neri che ammiccava elegantemente. Un lampo passò nei suoi occhi azzurri, prima che si posassero sui miei.
- Ma hai detto che si chiamava "Price", quello del sogno. - mi ricordò, aggrottando le sopracciglia.
Rimasi a bocca aperta, senza sapere cosa dire. Aveva ragione, il cognome era diverso, ma quello della foto era senza dubbio il fantasma dall'impeccabile accento inglese che avevo visto quella sera.
Posai gli occhi sul libro, leggendo febbrilmente ciò che avevo saltato quando avevo fatto il tema la settimana prima, qualsiasi cosa mi fosse sfuggita, ciò che avevo reputato di poca importanza. Del signor Higginbotham si faceva solo un accenno, dato l'esito fallimentare dei suoi esperimenti, e Piton non ne aveva neppure parlato. Improvvisamente, i miei occhi si illuminarono.
- Cambiò il suo cognome in Price per esaudire i desideri di un suo parente che morì e gli lasciò un'eredità. - lessi, la voce che tremava, - E' lui, Ron! - esclamai, alzandomi e buttandogli le braccia al collo. Lo sentii trattenere il respiro, irrigidirsi tra le mie braccia.
Fu un secondo, poi si rilassò.
Fece passare le braccia sulla mia vita e mi strinse, appoggiando il mento sulla mia spalla.
- Mi dispiace. - sussurrò al mio orecchio.
- Non importa, Ron. - risposi, chiudendo gli occhi.
- Tu… - cominciò, scansandosi un attimo e schiarendosi la voce, - tu sei sicura che lui ti meriti? -
- Si. - risposi, sicura, l'immagine della sua mano nella mia tra le poltrone dell'ufficio di Silente, le sue braccia che quando mi stringevano riuscivano a trasmettermi più di mille parole, - sono sicura. -
 

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James Price è esistito, cercatelo su Wikipedia :)
Ovviamente è stato reinterpretato ma molte cose sono vere. 
Baci!
Viola

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Capitolo 31
*** A volte bisogna guardare con occhi diversi. ***


Salve di nuovo, ragazzuole :)
Mi  scuso per l'attesa più lunga del
solito ma in questi giorni c'è stato il Romics, 
la fiera del fumetto, e io sono stata fuori tre giorni!
In compenso oggi ho messo appunto parecchie cosine
e particolari per la storia, che so finalmente come andrà a finire :P
Baci a tutti coloro che mi seguono da un po' e a chi si è aggiunto da poco.
Mi farebbe taaaanto piacere se recensiste! Mi da la motivazione giusta per scrivere :D

Capitolo 31, "A volte bisogna guardare con occhi diversi."

- Hermione, dove stai andando? - domandò Ron con un sopracciglio alzato, vedendomi correre verso il buco del ritratto. Mi bloccai, improvvisamente consapevole che il fatto di pensare delle cose non presupponeva che le altre persone capissero le mie intenzioni.
- Scusa Ron. Dovremmo… parlarne con Silente. Sai, tutti quanti… - mormorai, ravviandomi in imbarazzo i capelli dietro l'orecchio. C'era appena stata una sorta di "riappacificazione" con lui ma ciò non mi assicurava che mettendo subito alla prova il nostro legame, la situazione non si sarebbe scaldata di nuovo. La sua espressione si indurì mentre spostava lo sguardo da me al pavimento.
- Chiama Harry, ci vediamo davanti all'ufficio di Silente. - dissi poco dopo, per rompere il silenzio. Lui mi fece un cenno con la testa, sempre con gli occhi bassi ma leggermente più rilassato, forse contento di non dovermi accompagnare.
Gli sorrisi e uscii dalla Sala Comune.
Di sicuro non sarei potuta scendere nei sotterranei senza destare sospetti, dunque dovevo soltanto sperare che si fosse presentato a cena. Scesi le scale di corsa, eccitata dalla nuova scoperta.
E così, Voldemort cercava un alchimista e un chimico. Non uno qualsiasi, ma James Price. Ciò voleva dire che i suoi esperimenti non erano stati poi così fallimentari come si diceva. E allora perché quel suicidio? Doveva forse nascondere qualcosa, o proteggere qualcuno? Nonostante avessimo indubbiamente fatto un passo avanti nelle "indagini", i punti interrogativi sembravano aumentare a dismisura. Gli elementi a nostra disposizione erano scarsi: un rito, la Pietra Filosofale ormai distrutta da anni, un Horcrux, la Pietra della Morte. Quest'ultima, poi, sarebbe stata nelle nostre mani ancora per poco, dato che Dolohov era stato piuttosto chiaro sulla necessità di consegnarla al Signore Oscuro. A quanto pare però, anche in questo caso i dettagli sarebbero stati definiti nei prossimi giorni, mentre l'aura di un suo probabile incontro con Voldemort aleggiava su di noi. L'eventualità non era stata trattata a voce alta, ma a me era venuto più che naturale pensarci e, considerando il suo umore, probabilmente anche a lui. Non tanto perché fosse necessario che Draco la consegnasse direttamente al Signore Oscuro, quanto per assicurarsi della sua fedeltà e della sua lealtà attraverso la Legilimanzia. Speravo con tutto il cuore che fosse solo uno stupido sospetto infondato, che Silente ci rassicurasse anche su questo e che dissipasse perlomeno alcuni dei nostri dubbi.
Mi riscossi dai miei pensieri e mi fermai davanti alla porta aperta. Dalla Sala Grande proveniva un vociare fitto, intervallato dal rumore delle stoviglie e da qualche risata sguaiata. Sorrisi a quella normalità che mi faceva sentire a casa ed entrai.
Non appena posai il piede oltre la soglia sentii i suoi occhi su di me. Non era neppure necessario girarsi verso il tavolo Serpeverde per capire che lui era lì. Da quando la sua presenza fosse diventata per me così evidente non lo sapevo, semplicemente accettavo il fatto che non era solo il mio corpo a reagire quando lui era vicino, ma anche la mia mente. Coglievo ogni profumo, ogni passo, ogni movimento e ogni parola, individuando tutto ciò che faceva riferimento a lui. La mia mente e il mio cervello lavoravano senza che me ne accorgessi. Mi voltai verso di lui per fargli cenno di raggiungermi fuori. Era seduto vicino a Blaise, come al solito, ma da qualche tempo alla sua sinistra c'era un posto vuoto, prima occupato da Nott. Mi chiesi distrattamente cosa fosse successo che li avesse fatti allontanare così all'improvviso. Distolsi a fatica lo sguardo dal suo e feci qualche passo all'indietro, appoggiandomi alla colonna fuori dalla porta.
Ovviamente mi avrebbe fatto aspettare, in perfetto stile Malfoy. Dopo dieci minuti in piedi a maledirlo per la sua indole da perfetto idiota, mi sedetti per terra, a gambe incrociate. Non importava quanto il nostro rapporto fosse cambiato, restava pur sempre lo stesso biondino Serpeverde. 
Dopo altri cinque minuti, passati a rigirarmi i capelli tra le dita, sentii i suoi passi avvicinarsi. Ponderai per qualche secondo l'idea di mandarlo al diavolo e andare direttamente da Silente lasciandolo lì da solo e senza alcuna spiegazione, ma poi scossi la testa scacciando queste stupidaggini. Si trattava di una cosa troppo importante per mettere in atto queste vendette infantili.
- Era ora… - non potei esimermi dal sibilare non appena vidi i suoi capelli biondissimi girare l'angolo. Lui si guardò intorno velocemente per assicurarsi che non ci fosse nessuno prima di sorridermi a mezza bocca.
- Volevi solo vedermi, mezzosangue, o devi dirmi qualcosa di importante? - mormorò, avvicinandosi ma mantenendo una distanza "di sicurezza".
- Dobbiamo parlare con Silente. - risposi, ignorando per quanto possibile il suo egocentrismo e incrociando le braccia al petto. La sua espressione cambiò in un secondo. Il ghigno divertito che fino a poco prima era stampato sul suo volto si trasformò in un'espressione sorpresa e preoccupata, accuratamente mascherata da una certa ed immancabile dose di noia.
- Ci vediamo lì. - sussurrò, prima di cominciare ad incamminarsi. Ovviamente avremmo dovuto prendere due strade diverse, camminare separatamente. Mi accorsi con stupore che questa segretezza cominciava a darmi alquanto fastidio. A questa constatazione seguì un'immagine dell'intera popolazione di Hogwarts che, con espressione alternativamente sconvolta e disgustata osservava la mia mano intrecciarsi alla sua con naturalezza per i corridoi della scuola. Scacciai velocemente questo pensiero e mi incamminai anch'io verso l'ufficio di Silente. 

Nott si faceva sempre più strano. Dopo la scenata da prima donna a cui avevo assistito nei dormitori e che, per quanto faticassi ad ammetterlo, aveva avuto serie ripercussioni sulla mia salute mentale, il suo comportamento si era fatto ancora più bizzarro. Già da qualche giorno aveva preso a sedersi dall'altra parte del tavolo durante i pasti, vicino a un paio di ragazzi del sesto anno di cui non sapevo neppure i nomi. Per lui non era mai stato facile farsi degli amici, era un tipo troppo silenzioso per poter risultare facilmente simpatico. Ed anche con i suoi "nuovi amici", non sembrava parlare molto. La cosa strana era come lo guardavano, con una sconfinata ammirazione e un certo timore. Avevo visto quello sguardo altre volte nella mia vita, ed era pericolosamente simile a quello dei Mangiamorte quando si trovavano davanti il Signore Oscuro. L'entrata della mezzosangue, poi, mi aveva distolto dai miei pensieri. Avevo avvertito i suoi passi, al di là del vociare nella Sala Grande e degli schiamazzi di quegli idioti dei Grifondoro. In realtà la stavo aspettando, dato che l'orario della cena era passato da un po'. Osservai i suoi capelli un po' in disordine, le guance rosse come se avesse corso, gli occhi spalancati e leggermente lucidi. Aveva pianto?
Continuai a fissarla con insistenza fino a che non si girò verso di me, con un sorriso appena accennato, facendomi capire che voleva parlarmi.
- Draco, se la fissi un altro po' la consumi. - mormorò Blaise, guardandomi al di sopra di una forchettata di frutta. Distolsi lo sguardo e lo puntai di nuovo su Theodore, ignorando bellamente l'Idiota. Dopo quello che aveva scatenato poco prima, avevo deciso che lo avrei lasciato a ribollire nel suo senso di colpa per un po'. Lui non aveva immaginato, ovviamente, che i suoi commenti avrebbero potuto provocare una reazione del genere, anche se sperava in un bisticcio che movimentasse la serata. Così, per farsi perdonare, si limitava a parlarmi il meno possibile e a guardarmi come un cane bastonato ogni cinque minuti. E io continuavo ad ignorarlo.  
Finii con calma il mio dolce prima di alzarmi dal tavolo.
- Dove vai? - domandò Blaise assottigliando gli occhi. Evidentemente la sua curiosità era più che patologica, era parte del suo essere più profondo.
Alzai gli occhi al cielo e lo sorpassai noncurante.
Neanche questo sembrò però arginare la sua insistenza: si alzò dal tavolo con espressione imbronciata e cominciò a camminarmi al fianco.
- Ti dispiacerebbe evitare di pedinarmi? - mormorai, scocciato.
- Si, mi dispiacerebbe. - rispose, con tono colpevole giusto quel tanto per evitare un pugno in faccia dal sottoscritto.
Mi bloccai, innervosito dal suo comportamento e ancora di più dall'immagine degli occhi lucidi della Granger che avevo in testa. Che altro era successo? O quegli idioti di Potter e Weasel ne avevano combinata un'altra o, più probabilmente, avevano bisticciato a causa mia. 
Prima o poi si sveglierà e capirà che non ha niente a che spartire con te.
Le parole di Nott mi rimbombavano nel cervello ogni volta che pensavo a lei. Troppo, davvero troppo spesso.
- Blaise, ti perdono ok? Ma ora lasciami in pace. - dissi, facendogli cenno di raggiungere di nuovo il suo posto o di levarsi dalle palle in qualsiasi altro modo gli venisse in mente.
- Mi perdoni? - domandò, con gli occhi fintamente commossi.
Alzai gli occhi al cielo ed annuii, incrociando le braccia al petto.
- Bene. Buona passeggiata con la Granger, ti aspetto per i particolari più piccanti. - sussurrò, sorpassandomi ed uscendo dalla Sala Grande. Sospirai e mi incamminai anche io, incontrando la sua espressione scocciata per l'attesa. 

Harry e Ron erano già fuori dall'ufficio di Silente, a bisbigliare sommessamente. Vidi Draco arrivare dall'altro corridoio, le mani in tasca e lo sguardo altezzoso come sempre.
- Potter. Weasley. - salutò non appena si fu avvicinato abbastanza, lanciando loro uno sguardo disgustato e distogliendo subito lo sguardo per posarlo su di me. I due si limitarono a rispondere con un buffo cenno del capo, che sembrava più che altro il tentativo di dare una capocciata a qualcuno. Io soffocai un sorriso e mormorai la parola d'ordine. Harry e Ron salirono per primi e girarono l'angolo, mentre Draco mi afferrò il polso prima che potessi raggiungere il secondo scalino.
- Che c'è? - chiesi, perplessa.
- Hai pianto? - domandò, con una strana ombra negli occhi. Sembrava si sentisse in colpa per qualcosa.
Aggrottai le sopracciglia, cercando di ricordare, seriamente, se avessi pianto. Forse avevo ancora gli occhi lucidi a causa di Ron? Come aveva fatto a notare una cosa tanto insignificante?  
- No, perché? - chiesi, cercando di capire da dove venisse tutta quella preoccupazione.
Il suo sguardo si fece più limpido e con la mano ancora sul mio polso mi attirò a sé.
- Niente. - sussurrò sulle mie labbra, mentre la mascella si rilassava. Risposi al suo bacio, diverso dal solito, dolce ma possessivo al tempo stesso. Si staccò qualche secondo dopo, troppo presto per i miei gusti, e mi fece cenno di salire.
Le quattro poltrone erano di nuovo nell'ufficio, come se Silente si aspettasse una nostra visita. Ci aveva guardato sorridente al di sopra degli occhiali a mezzaluna, spostando lo sguardo dall'uno all'altro mentre ci sedevamo. Poi gli avevo raccontato tutto, interrotta da qualche intervento di Harry e Ron, piuttosto sporadico, e qualche domanda sui particolari delle nostre scoperte da parte del Preside.
- James Price. - mormorò alla fine, perplesso, - Si, si. Avrei dovuto pensarci. - aggiunse, come se fosse una cosa ovvia. Vidi Draco alzare gli occhi al cielo, mentre Harry e Ron pendevano dalle labbra di Silente con sguardo curioso. Io, invece, ero nervosa e non riuscivo a smetterla di torturarmi le mani.
- Io credo… - ricominciò il Preside, facendo toccare i polpastrelli delle lunghe dita sottili sotto il mento, - che lui abbia la Pietra Filosofale. - 
Et-voilà!
Mi venne il dubbio, più che giustificato, che Silente ci tenesse ad essere particolarmente teatrale nelle sue rivelazioni.
- Ma è stata distrutta! - specificò Ron, detto anche Capitan Ovvio.
- Me ne ricordo, signor Weasley. - disse sorridendo e facendo arrossire il già più che rosso Ronald. -Secondo gli indizi che abbiamo, mi sento di ipotizzare che il signor Price avesse messo a punto in tutto e per tutto la formula di Trasmutazione, come la signorina Granger ha esposto poco fa. - mormorò, facendomi un cenno col capo prima di continuare, - Dunque, probabilmente è stata utilizzata per ottenere la Pietra Filosofale. - disse, con tono ovvio.
- Ma Flamel si sarebbe accorto di non possederla più, e sarebbe morto anni fa. - mormorò Harry, sempre più confuso. Aveva gli occhi verdi stretti in due fessure, come se stesse cercando di non perdere neppure un'allusione del suo amato Preside. Tuttavia i processi logico-deduttivi, mi dispiace ammetterlo, non sono mai stati il suo forte.
- L'ha avuta solo per il tempo necessario per studiarla e ricrearla, per poi procedere con il processo inverso di Trasmutazione. - affermai, facendo voltare gli altri tre verso di me con espressione ugualmente sorpresa.
- Esatto, signorina Granger. - disse Silente, sorridendomi apertamente.
- Ma perché si è suicidato, allora? - chiese Draco, aprendo bocca per la prima volta da quando avevamo oltrepassato la soglia dell'ufficio.
- Lo chiederemo a lui, signor Malfoy. Innanzitutto è necessario rintracciarlo e sperare che non abbia già ceduto alle avances dei Mangiamorte. Se permettete, vorrei restare solo con la Signorina Granger per estrarre il ricordo del sogno in modo da riuscire ad identificare il luogo in cui avrà luogo l'incontro. - disse, alzandosi per raggiungere il Pensatoio. Lo poggiò sul tavolo, mentre gli altri tre si alzavano dalle poltrone. Harry e Ron uscirono per primi, ancora perplessi, mentre Draco mi lanciò uno sguardo inquieto e sfiorò la mano con la mia prima di raggiungere la porta. 
- Ah, Draco... - disse Silente improvvisamente, - Tu resta qui fuori, se puoi. Vorrei parlare con voi due dell'altra faccenda. - 
Mi voltai verso di lui appena in tempo per vedere un cenno di assenso e un'espressione preoccupata sul suo volto prima che chiudesse la porta dietro di sè. 
Questa serata si prospettava estremamente lunga... 
Deglutii e tirai fuori la bacchetta, puntandomela alla tempia.  

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Capitolo 32
*** Come un faro nella nebbia. ***


Salve. Sono proprio fuori fase @.@ 
Questo capitolo doveva in realtà non esistere,
o meglio doveva esserci solo la prima parte ma poi
mi sono lasciata prendere un po' la mano e quindi è uscito
fuori così. E' frutto di un lapsus. :D Spero che vi piaccia, comunque :)
Vi invito, come al solito (come sono noiosa), a recensire, perché mi fa un 
infinito piacere leggere quello che avete da dire, positivo e negativo, quello
che vi è piaciuto di più e quello che vi è piaciuto di meno. Ringrazio chi mi segue <3

Felt it in my fist, in my feet, in the hollows of my eyelids
Shaking through my skull, through my spine and down through my ribs

Blinding, Florence and The Machine


Capitolo 32, "Come un faro nella nebbia."

 

Casette a schiera, di mattoncini rossi, si aprono dolcemente su un piccolo giardino circondato da una ringhiera in ferro battuto. Il prato ricopre quasi l'intera superficie, sul davanti, fatta eccezione per una piccola striscia di pietre che funge da vialetto d'entrata. Un piccolo balcone al secondo piano, ornato da fiori gialli, fa ombra sul portoncino bianco al di sotto, illuminato appena da un pomello dorato. La finestra sulla sinistra si apre su un grazioso salottino sui toni del blu, piuttosto semplice ma accogliente. Il fantasma di James Price osserva la donna seduta sul divano, una scena già vista più volte ma una storia nei suoi occhi a cui non avevo fatto caso. La guarda perso, sembra che stia cercando qualcosa a me sconosciuto nei suoi lineamenti e nei suoi movimenti. E' la voce del Mangiamorte a riportarlo di nuovo ad una realtà diversa che sembra trovare oltremodo scomoda.
- Come facciamo a sapere dove sia questo luogo? - domandai improvvisamente, distogliendo lo sguardo da quella scena, vista e rivista nel Pensatoio di Silente, in cerca di un qualcosa che neppure io sapevo come definire, ma che l'aria malinconica di James mi aveva spinto a cercare. 
Una motivazione.
Si era suicidato, ma perché? Era riuscito a fabbricare la Pietra Filosofale, dopotutto.
- Credo che sia sufficiente un Incantesimo Localizzante. - rispose con tranquillità Silente, osservandomi al di sopra degli occhiali a mezzaluna con curiosità. Avrei dovuto essere io quella curiosa dato che non avevo mai sentito un incantesimo del genere. Probabilmente afferrò dalla mia espressione i miei pensieri, perché dopo qualche secondo ricominciò a parlare.
- Un Incantesimo Localizzante permette di localizzare un luogo a partire da un'immagine. Più dettagliata è tale immagine, più ti porta vicino. - spiega con semplicità, prendendo la bacchetta da sotto la veste. - E' piuttosto complicato da eseguire, e non è neppure affidabile al 100%. - aggiunse, prima di eseguire un movimento complesso con la bacchetta e mormorare, a voce troppo bassa perché io riuscissi a sentirlo, la formula dell'incantesimo. Una formula piuttosto lunga, non erano le solite due paroline buttate là con un po' di intonazione, ma una sorta di litania che somiglia ad una preghiera sottovoce.
Dopo almeno un paio di minuti il Preside chiuse gli occhi e, con un ultimo colpo di bacchetta, una piccola sfera dorata emerse dal Pensatoio, fluttuando sopra di esso. Spalancai gli occhi, meravigliata, quasi nello stesso momento in cui Silente riaprì i suoi e il lamento cessò.
- Una passaporta? - chiesi, incredula.
Il Preside si limitò ad annuire, sorridendomi, mentre la sfera rimaneva sospesa lì, in attesa che qualcuno la toccasse. Poi distolse lo sguardo, si alzò e si diresse verso la porta, aprendola e mormorando a Draco di entrare. Non appena varcò la soglia i suoi occhi ricaddero su di me, mentre la mascella prima rigida si rilassò impercettibilmente. Poi il suo sguardo fu catturato dalla pallina fluttuante, estremamente somigliante ad un boccino ma leggermente più grande. La curiosità era palese sul suo volto ma, evidentemente, si accorse che quello non era il momento più adatto per trattare quell'argomento e si sedette vicino a me, incrociando le mani sotto il mento in attesa di una parola di Silente.
- Draco, mi dispiace che tu debba affrontare tutto questo. - esordì lui, guardandolo con un'espressione estremamente sofferente. Il diretto interessato si limitò ad annuire, come se non fosse realmente di lui che si stava parlando. La sua maschera di indifferenza continuava a sorprendermi: come poteva riuscire a nascondere la paura tanto a fondo da renderne visibile solo uno scintillio nella profondità dei suoi occhi?
- Se vuoi tirarti indietro, in qualsiasi momento, basta che tu lo dica. Ti proteggeremo, dovrai lasciare la scuola probabilmente ma questo è un problema minore rispetto alla tua sicurezza. - continuò Silente, indagando gli occhi grigi del suo interlocutore in cerca di una risposta. Lui parve esitare per un attimo, la mascella di nuovo rigida, e poi scosse il capo.
- Non mi tiro indietro. - rispose, chiudendo gli occhi e abbassando la testa. Mi aveva già spiegato chiaramente che la sua intenzione non era quella di fare l'eroe, ma quella di salvarsi. Ciò voleva dire che non credeva che la protezione di Silente potesse essere sufficiente contro un'eventuale pareggio dei conti del Signore Oscuro? Oppure, più probabilmente, non voleva vivere una vita da rifugiato, aspettando ogni giorno la fine di Voldemort per uscire allo scoperto.
- Capisco. Suppongo allora che tu sia pronto all'eventuale incontro con Voldemort? - domandò Silente, guardandolo sempre con maggiore apprensione. A quelle parole mi portai una mano alla gola, incapace di deglutire. Era evidente che sarebbe successo, ci avevo pensato io e ancora prima ci aveva pensato Draco, ma sentirlo dire ad alta voce era tutta un'altra cosa. Non era di un esame scolastico che si stava parlando, neppure di un incontro con Dolohov. Si trattava di ritrovarsi faccia a faccia con il più grande Mago Oscuro di tutti i tempi, sebbene  le sue condizioni non fossero delle migliori. Sarebbe stato portato nella tana del lupo, e da lì ne sarebbe potuto uscire morto. Voldemort gli avrebbe letto nel pensiero, avrebbe scrutato senza remore nella sua mente, e se fosse riuscito a capire il suo doppiogioco, se avesse visto Silente, Ron, persino Harry o me, sarebbe stata la fine, per lui. Mi aveva detto di essere un ottimo Occlumante, grazie a Piton, ma tanto da resistere persino a Voldemort? Speravo ardentemente di si. Non riuscivo a pensare all'eventualità che non tornasse. Non la prendevo neppure in considerazione. Eppure il mio fisico sembrava averlo fatto, non permettendomi di respirare. Draco si girò verso di me, osservando la mia mano poggiata sulla gola, l'altra sullo stomaco, gli occhi spalancati. Senza dire una parola allungò un braccio e mi prese la mano, stringendola nella sua e ritornando a guardare il Preside. Il calore della sua pelle si propagò, lentamente, in tutto il mio corpo. Rafforzai la stretta e sentii il peso nello stomaco farsi più leggero, senza però scomparire.
- Piton dice che sono pronto. - mormorò con la voce leggermente incrinata.
- Draco, prenderemo delle precauzioni. Porterai una passaporta con te che si attiverà non appena sentirai Voldemort forzare le barriere a difesa di ciò che non deve vedere. - disse Silente, sporgendosi appena sulla grande scrivania.
- E funzionerà? - domandai, inspirando lentamente e timorosa della risposta.
- Dovrebbe funzionare. - rispose Silente, accennando un sorriso rassicurante.
Io, invece, persi un battito. 
Dovrebbe?!
- Comunque, questo incontro non è ancora stato fissato, quindi continuati ad esercitare l'Occlumanzia quanto più ti è possibile, durante l'orario di ronda. La signorina Granger, ovviamente, ti coprirà. - riprese il Preside, sorridendo amabilmente mentre gli occhi mostravano nient'altro che preoccupazione. Annuii appena, poco partecipe, ancora ferma col cuore a quel condizionale.
Draco si alzò, tirandomi appena la mano per farmi fare altrettanto, e dopo un "arrivederci" appena mormorato mi trascinò fuori dallo studio.
Scesi le scale per inerzia, aggrappandomi alla sua mano come un naufrago alla zattera. Camminavamo, io con lo sguardo basso e una mano sul cuore.
Dopo non so quanto tempo, alzai gli occhi e mi accorsi di essere ferma, di avere il suo profumo nel naso e la testa appoggiata al suo petto. Il tessuto soffice del maglione mi solleticava la guancia, mentre il suo respiro si infrangeva sui miei capelli. Sentivo il suo cuore, perfettamente. Ogni battito mi rimbombava nella testa, cercavo di memorizzarlo, di farlo mio. Temevo che, perdendone anche uno solo, sarei crollata. Si può essere spezzati dalla paura per una persona che, fino a un mese prima, non era altro che un odioso compagno di scuola? Evidentemente si. E più ci pensavo più la paura aumentava, più aumentava e più ci pensavo. Sentii le lacrime bagnarmi le guance senza che mi fossi accorta di averle tenute negli occhi da tempo.
- Non piangere. - mormorò lui, passando leggero una mano sul mio volto.
La sua voce mi risvegliò, mi fece capire che non era piangendo che si risolvevano i problemi. Il suo tono stanco mi ricordò chi ero, Hermione Granger, che ne avevo passate tante e che avrei passato anche questa. E gli sarei stata accanto, come avevo fatto con Harry, perché lui doveva sopravvivere, doveva tornare, e non c'era altra possibilità. Scansai la sua mano e mi asciugai le lacrime, allontanandomi leggermente da lui. E' la determinazione che porta risultati, e io l'ho sempre saputo. Ed è sempre stato valido, per me, questo principio.
Alzai gli occhi, asciutti, e lo osservai. Mi scrutava interdetto, come se non si aspettasse la mia reazione e fosse più a suo agio con la mia versione da bimbetta lamentosa che gli bagna il maglione di acqua salata.
Poi la bocca si distese in un ghigno divertito e gli occhi si illuminarono.
- Hermione Granger è tornata. - disse, semplicemente. E io sorrisi, perché mi aveva capita.
- Dove siamo? - domandai, interdetta. Ero talmente concentrata su di lui che non avevo fatto minimamente caso a dove mi avesse portata. Fu quando distinsi il verde smeraldo delle tende e le rifiniture in argento che il mio sorriso si spense del tutto.
Vedendo la mia espressione sospesa tra la sorpresa e il disgusto scoppiò a ridere di gusto.
Mentre io mi guardavo intorno, ancora incredula e indecisa tra lo scappare e il far apparire un oggetto contundente da lanciargli, mi prese la mano, trascinandomi fino ad un letto.
- Benvenuta nel dormitorio Serpeverde. Questo è il mio letto. - disse con voce strascicata in perfetto stile Malfoy, facendo pressione sulla mia spalla per farmi sedere. 
Cosa diavolo gli è saltato in mente?
Alzai gli occhi su di lui, infuriata, e li trovai sereni e sorridenti.
- Malfoy, cosa ci faccio qui? - sibilai, scansando la sua mano dalla spalla e alzandomi di nuovo in piedi.
- Mi sembra una bella stanza, non ti pare? - mormorò, avvicinandosi e piegando lievemente la testa di lato con fare disinvolto. Aggrottai le sopracciglia, sempre più confusa e arrabbiata.
- Oltretutto, mi pare di averti già chiesto di non chiamarmi Malfoy. - riprese, sorridendo a mezza bocca nel vedere le mie guance diventare sempre più rosse per il nervosismo e le labbra stringersi in due fessure.
- Io ti chiamo come m pare e piace, Malfoy, soprattutto dal momento in cui ti comporti da perfetto idiota e mi porti nel tuo dormitorio! Dove chiunque potrebbe entrare e vederci! - sussurrai, ma solo perché avevo paura che urlando come una pazza qualcuno potesse entrare per capire a chi diavolo era venuto in mente di sgozzare un pollo a quell'ora.
Il mezzo sorriso sul suo volto non si spense, anzi si accentuò e si trasformò in un delizioso ghigno divertito made in Malfoy.
- Granger, mi sottovaluti, davvero. - sussurrò, avvicinandosi ancora e poggiando le mani sui fianchi, - Dovresti avere più fiducia in me. -
Un verso di puro scherno mi uscì dalle labbra senza che neppure me ne accorsi.
- Non mi stai rendendo molto facile l'avere fiducia in te, ultimamente. - risposi, secca.
Le sue labbra si incurvarono in quello che, forse, voleva davvero essere un sorriso, ma che sembrò più una smorfia di disappunto.
- Sei tu che forse non ti impegni abbastanza, mezzosangue. - borbottò, uno scintillio di preoccupazione che illuminava gli occhi, - Comunque, giusto perché tu lo sappia, tutti gli Slytherin stanotte saranno nella Sala Comune dei Tassorosso, quindi non c'è nessuno qui e non torneranno prima di notte fonda. - riprese, di nuovo più tranquillo.
Spalancai gli occhi, sorpresa, e, sebbene da una parte le sue parole mi avessero davvero tranquillizzato, il mio animo da prefetto prese il sopravvento.
- CHE COSA? - urlai, senza più la scusa del non fare troppo rumore per non destare sospetti. Mi allontanai da lui, chiudendo le mani a pugno e abbandonandole lungo i fianchi. Potrei essermi sbagliata, ma mi sembrò di vedere un lampo di terrore nei suoi occhi mentre sussultava a causa del mio strillo.
- Granger dannazione, vuoi calmarti? - sbottò, riacquistando tutto il suo autocontrollo ma restando a debita distanza, - I Tassorosso sono consenzienti, c'è una festa e ci saranno anche i tuoi cari Grifoni. - continuò, scrutando attentamente nei miei occhi spalancati e, probabilmente, incandescenti. 
Una festa? 
Mi girava la testa.
Punto primo: non dovevano esserci feste a Hogwarts. Era una scuola, non una discoteca.
Punto secondo: la calma esemplare di quel viscido - ed affascinante - biondino mi stava facendo innervosire come poche volte era successo.
Punto terzo: io ero prefetto, e anche lui, dunque non solo non dovevano esserci feste, ma nel caso in cui a dei geni fosse venuto in mente di farne noi avremmo dovuto reprimere il tutto e buonanotte.
Punto quarto: il dormitorio dei Serpeverde profumava di Draco in una maniera incredibile, per non parlare del suo letto, e il mio cervello continuava a trasmettermi questa informazione senza che mi fosse possibile andarmene sbattendo la porta.
Tutto ciò, all'interno della mia testa già provata dal colloqui con Silente, mulinava in modo confuso, facendomi alternare diversi stati d'animo: stupore, nervosismo, rabbia e desiderio.
Mi sedetti sul letto, incapace di agire.
- Festa? - mormorai, portandomi le mani alle tempie.
- Si sai, quando delle persone si riuniscono per divertirsi, con alcolici, sigarette, musica… Hai presente, Granger? - sogghignò Draco, approfittando della mia momentanea confusione per avvicinarsi e inginocchiarsi di fronte a me. Alzai la testa per lanciargli un'occhiataccia di quelle che fanno concorrenza a Medusa ma tutti i miei propositi si spensero non appena sentii le sue labbra sulle mie. 
Sembrava assetato.
Non riuscii a respingerlo, nonostante fossi ancora nervosa e arrabbiata tra le altre cose, e lui ne approfittò da brava serpe. Si premurò di non lasciare la mia bocca neppure per un secondo, impedendomi oltre che di parlare anche di pensare. Perché ormai era ovvio anche a lui l'effetto che mi faceva, lo stato di confusione in cui mi mandava quando era troppo vicino. Era il risultato di una tensione che c'era anche gli anni prima, che era presente quando al terzo anno gli avevo dato uno schiaffo e gli avevo puntato una bacchetta alla gola. Non sapevo spiegarlo bene neppure a me stessa, ma non era una cosa nata adesso, semplicemente si era evoluta da qualcosa di pregresso. Non era possibile esaurirla semplicemente chiamandola amore, o desiderio, anche se forse implicava entrambe le cose.
Ed io ero pur sempre Hermione Granger, razionale fino al midollo, studentessa modello e prefetto Grifondoro, e questa sensazione mi rendeva viva e mi uccideva allo stesso tempo. Non potevo dargliela vinta sempre, non era giusto che capitasse solo a me - perché così mi sembrava - e non era corretto permettergli di mettere a tacere me stessa per lui.
A questo pensiero mi irrigidii, e lui se ne accorse.
- Che c'è? - chiese, guardandomi negli occhi con espressione curiosa.
- Non vabene. - sussurrai, a corto di fiato, incapace di inspirare altra aria che non fosse la sua.
Lui sorrise, evidentemente soddisfatto di come mi aveva ridotta: ad implorare per le sue dannate labbra.
- Cos'è che non vabene? - domandò poi, alzandosi e sedendosi accanto a me sul letto.
Chiusi gli occhi, tentando di far rallentare i battiti.
- C'è che tu giochi con me, Draco, mentre io non ho altrettanto potere su di te. - dissi, le parole che grattavano la gola per la fatica che feci ad esprimerle. Era un'ammissione, una frase che spezzò il mio orgoglio, ma che avevo bisogno di dire. Mi girai verso di lui, titubante, mentre già pensavo a come ritirare le parole appena dette. La sua espressione mi fece rimanere spiazzata: niente maschere, niente indifferenza o noia, solo stupore. Uno stupore così assoluto che per un attimo mi mancò il fiato. Sembrava che gli avessi appena rivelato di essere Harry Potter sotto Pozione Polisucco e quasi mi scappò da ridere.
- Tu non ti rendi conto. - mormorò dopo un po', sorridendo, - Mezzosangue, pensavo fossi più perspicace. -
Alzai un sopracciglio, incapace di capire cosa intendesse con quelle poche parole sussurrate a mezza bocca.
- Avanti Granger, non farmelo dire. - disse, distogliendo lo sguardo. 
Fortuna che sono le donne ad essere complicate.
Sbattei un paio di volte le palpebre, tentando di capire cosa mi fossi persa di questa conversazione.
Non mi guardava, e questo mi preoccupava. Lui era sempre stato sicuro di sé, strafottente, lui era quello che quando cercavo ristoro dall'intensità dei suoi occhi mi riportava all'altezza del suo sguardo con due dita sotto il mento. Eppure, in quel momento, sembrava trovare più interessante il pacchetto di sigarette poggiate sul comodino.
Alzai una mano e gliela poggiai sulla guancia con dolcezza, invitandolo a girarsi verso di me. Mi venne quasi da sorridere vedendo come i ruoli si fossero invertiti.
- Draco? - mormorai, confusa.
Quando portai i suoi occhi all'altezza dei miei vidi con stupore che erano chiusi.
- Granger, pensi davvero che ti avrei portata qui se non avessi alcun effetto su di me? - sussurrò, poggiando il palmo della sua mano sulla mia. Era bollente.
Deglutii, incapace di spiccicare parola.
Avevo visto il Malfoy snob, quello arrabbiato, quello nervoso, spaventato, in difficoltà e persino dolce. Ma questo mi era del tutto nuovo e non sapevo ancora come definirlo.
Senza pensarci troppo, dimenticando tutto eccetto lui - il festino dei Tassorosso, la rabbia e il nervosismo, il dormitorio dei Serpeverde - lo baciai, di slancio. Gli allacciai le braccia al collo, premetti la mia bocca contro la sua, con forza, con desiderio. Sentii il suo corpo, dapprima rigido, sciogliersi immediatamente, le sue braccia circondarmi la vita e attirarmi contro di lui sulle soffici coperte smeraldo. Mi nutrivo dei suoi gemiti nella mia bocca, del suo respiro affannato, della sua pelle calda e del suo profumo dolce come non mi era mai sembrato. Non lo lasciai respirare nulla che non fossi io, posizionandomi sopra di lui e cominciando a spogliarlo con foga. Non mi stupii neanche di me stessa, perché, a mente lucida, non avrei mai immaginato di poter fare una cosa del genere, di ritrovare tanta passione nella mia razionalità.
Gli accarezzai la linea delle spalle, i muscoli appena accennati sul petto, il ventre, slacciandogli velocemente in pantaloni. Poi sentii una mano fermarmi il polso e mi bloccai, staccandomi da lui. Respirai a pieni polmoni, come se fino a quel momento avessi trattenuto il fiato.
Draco mi guardava, gli occhi spalancati, incandescenti come non mai, il petto che si alzava ed abbassava velocemente e le labbra dischiuse per incamerare quanta più aria possibile.
- Granger, così mi uccidi. - ansimò, chiudendo gli occhi e facendo un respiro profondo.
Sorrisi, sfiorandogli il naso con le labbra e sdraiandomi accanto a lui.
- Non era mia intenzione... - mormorai, osservandolo mentre si passava le mani tra i capelli e si alzava a sedere, poggiando la schiena sulla testiera del letto.
- E non era mia intenzione farti smettere. - sussurrò lui, prendendomi con una mano per farmi adagiare di nuovo su di lui. Gli accarezzai piano la guancia, deliziosamente rosea, scendendo sul collo. Con l'altra mano presi la bacchetta e mormorai i soliti incantesimi di routine, gettandola poi con poca delicatezza ai piedi del letto. Poco dopo fu raggiunta dal resto dei nostri indumenti, coperta e dimenticata. E io mi persi in lui, nella sua pelle diafana, nei suoi capelli tanto biondi da sembrare bianchi, nei suoi occhi grigi come il cielo d'inverno, nei suoi sospiri dolci come il miele. 

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Capitolo 33
*** Caos post-festa. ***


Ciao a tutti/e!
Volevo dedicare questo capitolo alla mia migliore amica, AvieHudson,
che oggi compie gli anni e diventa sempre più vecchia :3 Grazie, anche perché
sei tu che mi hai fatto conoscere EFP e soprattutto le Dramione...  Spero che ti piaccia
caVa e soprattutto che le scene siano di tuo gradimento :P Volevo anche ringraziare ancora una 
volta chi mi segue, con estrema pazienza, chi mi mette tra i preferiti, tra i ricordati, e soprattutto chi 
recensisce, perché non potete capire quanto può far piacere leggere delle opinioni sulla propria storia :)

I sense there's something in the wind 
That seems like tragedy's at hand 
And though I'd like to stand by him 
Can't shake this feeling that I have 
The worst is just around the bend 

"Sally's Song", Amy lee.

Capitolo 33, "Caos post-festa."

Era incredibile come lei non si accorgesse di niente.
Più ci pensavo e più mi era difficile capacitarmi di come avesse fatto a non notare il modo in cui le mie mani la sfioravano, la preoccupazione che mi assaliva ogni volta che la vedevo distratta o sovrappensiero e il respiro accelerato quando si avvicinava. Mi aveva lasciato a dir poco basito, con quelle poche parole. 
C'è che tu giochi con me, Draco, mentre io non ho altrettanto potere su di te.
Ci era mancato poco che non scoppiassi a ridere, prendendola per una battuta.
Eppure Blaise non faceva altro che dirmi che i miei sentimenti erano più che evidenti, che dovevo stare attento o lo avrebbero capito tutti.
Non che io non mi fossi accorto delle sue reazioni, ma questo perché lei era sempre stata una persona assolutamente trasparente. Avevo notato la sua attrazione già da un po' e l'avevo sfruttata a mio favore sin dall'inizio, mentre ora provocarla era un gioco deliziosamente divertente. D'altronde, non mi avevano smistato a Serpeverde solo per il mio cognome…
Ma ciò che mi aveva realmente fatto assumere quell'espressione da pesce lesso era che persino la leonessa Hermione Granger aveva dei momenti di debolezza. Il fatto che fossi io a causarli, poi, gonfiava enormemente il mio ego, anche se vedere quella tristezza nei suoi occhi mi aveva fatto mancare l'aria.
Verso le tre del mattino l'avevo riaccompagnata quasi fino all'entrata del suo dormitorio per evitare che girasse di sola per i corridoi ed incontrasse studenti ubriachi appena usciti dalla Sala Comune dei Tassorosso. Avevo partecipato a numerose feste di quel tipo e sapevo come andavano a finire: ero stato spesso "obbligato" a sorreggere Blaise che, dopo innumerevoli bicchieri di Firewhisky, cominciava a girare senza meta per il castello in cerca del fantasma di "quello schianto" di Elena Corvonero.
Poi, ritrovarmi da solo in quel letto poco prima occupato dal calore del corpo della mezzosangue, era stato orribile, ma per lo meno il suo odore era ancora lì.
- 'Sera Drà… - biascicò Blaise, entrando nel dormitorio con una bottiglia di Burrobirra in mano e lo sguardo vacuo. Presi una sigaretta e l'accesi, alzando lentamente gli occhi su di lui. Il gilet nero che portava slacciato era scomparso, la camicia pagata chissà quanti galeoni era tutta spiegazzata e per metà fuori dai pantaloni. Ma il dettaglio che stonava di più erano decisamente i capelli: verdi.
- Cambio di look, Blaise? - sogghignai, osservandolo mentre zoppicando tentava di raggiungere il letto. Mi sorpresi che fosse riuscito a tornare senza il mio aiuto, questa volta.
Lui mi guardò confuso e si sedette finalmente sul letto, levandosi con poca grazia le scarpe.
- Che vuoi dire Drà? - borbottò con tono piatto.
Sghignazzando gli indicai lo specchio appena sopra la cassettiera, godendomi appieno il momento in cui si girò e osservò il suo nuovo colore di capelli. Sbarrò gli occhi, portandosi lentamente le mani su quella che un tempo era stata la sua deliziosa chioma corvina, tanto brillante da attirare femmine da ogni dove.
- Fa qualcosa… Drà? Per favore, fa qualcosa… Non posso andare in giro così…- cominciò a mormorare, gli occhi che si spalancavano sempre di più e le mani che continuavano a muoversi in quel prato verde che era fiorito sulla sua testa.
Presi la bacchetta e tentai qualche incantesimo, ma non ero mai stato molto bravo in Trasfigurazione. Notando che, però, non succedeva proprio niente di niente, mi venne un dubbio.
Prima che potessi esprimerlo qualcuno ci pensò al posto mio.
E' tinta babbana, Blaise, non si toglie con gli incantesimi. - mormorò Theodore, entrando e chiudendo la porta dietro di sé. Lui era sicuramente in una situazione migliore, ma portava addosso le evidenti prove della festa appena conclusa. Non mi rivolse neppure lo sguardo e si rintanò in bagno, lasciando Zabini con gli occhi e la bocca spalancati in cerca di parole per esprimere il suo disappunto. 

Cominciavano a piacermi il verde e l'argento, e questo non era affatto positivo.
Beh, in realtà il verde mi era sempre piaciuto, ma quello chiaro, dei prati e degli alberi, mentre ora non facevo altro che associarlo alle tende del baldacchino di Draco e all'argento dei suoi occhi.
Mi portai una mano alla fronte quando mi accorsi di aver trasfigurato il mio delizioso maglione beige in uno verde scuro con le rifiniture argentate.
Cosa diavolo mi stava succedendo?
Visto che c'ero, feci lo stesso con le ballerine nere e mi infilai quella roba senza pensarci troppo. Possibile che vendendomi vestita così tutti riuscissero a capire il perché di quei colori? Nessuno sarebbe stato così sveglio e così malizioso da pensare una cosa del genere.
Uscii dal dormitorio silenziosamente, tentando di non svegliare Lavanda e Calì che dopo un'evidente serata di festeggiamenti tentavano di riprendersi, e mi diressi verso la Sala Grande per fare colazione. Mi ero svegliata incredibilmente tardi per i miei standard quindi pensai che, probabilmente, anche Ron e Harry sarebbero stati lì. Girai l'angolo e mi fermai appena in tempo prima di scontrarmi con uno stranamente allegro Theodore Nott.
- Ciao, Theo. - mormorai, allontanandomi da lui e facendogli un cenno con la mano. Lui sembrò dapprima non vedermi, poi risvegliarsi improvvisamente.
- Oh, ciao Hermione. - rispose, sorridendo. Era diverso dall'ultima volta con cui ci avevo parlato, sembrava dimagrito e i suoi occhi avevano una strana luce. Aveva forse a che fare con quello che era successo con Draco?
Stavo per riprendere a camminare per la mia strada quando aprì di nuovo bocca, facendomi bloccare all'istante.
- Vai a trovare Draco in infermeria? - chiese con indifferenza, accennando un sorriso di circostanza.
Spalancai gli occhi, incapace di muovere un solo passo.
- Cosa? - sussurrai, sperando ardentemente di aver frainteso le sue parole.
- Oh. Pensavo lo sapessi. - disse, aggrottando le sopracciglia.
- Sapere cosa? - chiesi, avvicinandomi a lui e cercando di reprimere la voglia di prenderlo per la cravatta e stringerla fino a che non mi avesse detto tutto.
- Che si sono picchiati, stamattina, lui e Weas… - mormorò, mentre con gli occhi cercava di catturare i miei. Non aspettai neanche che completasse la frase: cominciai a correre verso l'Infermeria cercando di prepararmi già in testa tutti gli insulti possibili immaginabili da rifilare prima all'uno e poi all'altro senza distinzione alcuna.
Arrivai alla porta con il fiatone e la spalancai senza troppe cerimonie.
Sul primo letto, a sinistra, Ron era seduto con una fasciatura sull'avambraccio e sulla mano e un taglio sotto il mento. Non appena il suo sguardo si spostò su di me sbiancò, deglutì e abbassò gli occhi.
Passai oltre, ripromettendomi ovviamente di sentire la sua versione ma rassicurata dal fatto che stesse abbastanza bene, in cerca di quel dannato biondino. Lo trovai due letti più giù, sulla destra. In realtà le tende erano chiuse, ma la sua voce strascicata era inconfondibile.
- Dio, fa male… Rimarrà la cicatrice? - stava chiedendo, probabilmente ad una scocciatissima Madama Chips.
Spostai le tende e lo guardai con gli occhi ormai ridotti a due fessure. Anche lui era seduto sul letto e si tastava preoccupato un taglio sulla guancia. Per il resto, stava perfettamente bene. 
Anche meglio di Ron, pensai con stupore. In fondo lui era più minuto e avevo sempre pensato che in un confronto fisico avrebbe avuto la peggio. Mi sorpresi ancora di più constatando che io avevo già preso in considerazione una situazione del genere…
Lui si girò verso di me e vidi il suo volto, già abbastanza cinereo di suo, farsi ancora più pallido. Deglutì, mi squadrò da capo a piedi e vidi un ghigno soddisfatto nascere sul suo viso. Poi, senza dire una parola, si rigirò verso Madama Chips.
Era furbo, non potevo fargli scenate davanti a tutti senza che cominciassero a porsi delle domande. Mi voltai, colma di rabbia, e mi diressi verso il punto di sfogo più vicino.
- Ronald. - sibilai, prendendolo per un braccio e trascinandolo fuori senza ascoltare i suoi lamenti sul fatto che l'avevo afferrato esattamente dove era stato bendato. Lo portai in uno stanzino e chiusi la porta, girandomi verso di lui in attesa di spiegazioni.
- Sto bene, grazie per l'interessamento. - disse, incrociando le braccia al petto.
Alzai gli occhi al cielo e lo inchiodai con lo sguardo, facendolo indietreggiare mentre il suo portamento da offeso cominciava pian piano a sgretolarsi.
- Lo vedo che stai bene, Ronald, non rigirare la frittata. Cosa diavolo è successo? - sbottai, assottigliando lo sguardo.
- Ma niente… una stupidaggine, cioè, stiamo bene… - tergiversò, tentando in tutti i modi di evitare i miei occhi. Rendendosi conto che di questo passo saremmo stati lì tutto il giorno, ritrattò la sua precedente versione.
- Harry è andato a fare colazione con Ginny, o almeno così mi ha detto. Ovviamente quando sono arrivato in Sala Grande lui non c'era e chissà dove diavolo si sarà cacciato con mia sorella… Quando lo vedo lo… - borbottò, stringendo i pugni.
- Arriva al punto. - sibilai, avvicinandomi appena.
- Si beh, non c'era e quindi sono andato a cercarlo in giro e ho visto Malfoy uscire tutto trafelato da un'aula del terzo piano. - disse, poi si bloccò. Mi guardò implorante, ma incontrando il mio sguardo capì che non era aria e continuò, - Dietro di lui è spuntata fuori… la Parkinson. E quando l'ho visto… mi è salito il sangue al cervello e non ci ho visto più così l'ho raggiunto. Lui non mi aveva visto all'inizio e io l'ho chiamato, si è girato e gli ho dato un pugno in faccia… Quanto tempo era che volevo farlo… Ma poi si è scagliato su di me e a me ancora facevano male le nocche per il pugno, vedi? Sono fasciate, me ne sono rotte due… - sciorinò, alzando il pugno per farmi vedere la ferita di guerra.
Io mi ero fermata a "Parkinson".
Non riuscivo a parlare, o muovermi, o pensare. Non vedevo neanche più Ron. L'unica cosa che occupava il mio cervello era l'immagine di Draco in compagnia di quell'imbecille di Pansy Parkinson.
Evidentemente Ron si era sbagliato… Non poteva essere che lui avesse qualche tipo di relazione con lei, non dopo quello che era successo la sera prima.
Eppure lui era sempre Malfoy.
E quella era sempre la Parkinson, e aveva una certa fama.
E io non ero altro che la Granger, insopportabile so-tutto-io che non sapeva interagire col genere maschile.
Indietreggiai fino a una sedia e mi ci lasciai cadere, le mani tra i capelli.
Abbassai gli occhi e il mio umore peggiorò: avevo ancora quello stupido maglione verde addosso.
- Herm? - mi chiamò Ron, avvicinandosi lentamente e accucciandosi accanto a me.
- Sicuramente ti sbagli. Avrà una spiegazione, sono sicura. - dissi, alzando lo sguardo e incontrando il suo troppo compassionevole per i miei gusti.

Quando una giornata comincia male, stai pur certo che non migliorerà.
Mi ero svegliato con le urla di Blaise atterrito dalla sua immagine riflessa dopo che la sbronza gli aveva fatto momentaneamente dimenticare il suo nuovo colore di capelli. Aveva cominciato a piagnucolare sul fatto che così non avrebbe rimorchiato neppure una Tassorosso, che questo proprio non lo meritava, che avrebbe a tutti i costi ricostruito ciò che era successo la sera precedente per rintracciare il colpevole di quella malefatta. Io avevo cercato di ignorarlo, pigiandomi il cuscino sulla faccia e aspirando l'odore della mezzosangue a pieni polmoni. Neanche questo era servito dal momento che, sentendosi ignorato, Blaise mi aveva buttato letteralmente giù dal letto pretendendo che io risolvessi la situazione. Come se non fossero bastate le sue paturnie, qualcuno aveva bussato alla porta del dormitorio, al che l'Idiota mi aveva intimato di aprire la porta perché sicuramente era Nott che aveva trovato una soluzione al disastro verde che continuava a chiamare "capelli".
Il fatto che al posto di Theodore mi ero ritrovato davanti Pansy Parkinson non aveva fatto risollevare il mio umore. Mi aveva squadrato da capo a piedi, arrossendo e cominciando a ridere sotto i baffi dato che non avevo avuto il tempo di indossare altro sopra i boxer. Non era servito a molto chiuderle la porta in faccia e vestirmi prima di permetterle di aprire bocca, ormai il danno era fatto: la mia giornata sarebbe stata un disastro.
Tutto ciò, ovviamente, non era abbastanza.
Evidentemente stavo pagando per tutte le volte che ero stato stronzo nel corso della mia vita.
Pansy mi doveva dare "qualcosa di estremamente importante", così mi aveva trascinato lontano dagli occhi bionici di Blaise fino ad un'aula vuota al terzo piano, senza risultare minimamente piccata dai miei continui sbuffi e lamenti.
Aveva aperto la porta, mi ci aveva spinto dentro in malo modo e senza darmi il tempo di mandarla a quel paese mi aveva messo in mano una lettera di mia madre che le era stata consegnata a sua volta da Piton. Al che mi ero domandato perché non me l'avesse potuta dare senza rinchiudermi in un'aula deserta.
Pessima domanda.
La risposta era arrivata qualche secondo dopo, quando aveva cercato di saltarmi addosso come farebbe un puma affamato con la sua preda. Ero rimasto piuttosto stupito da come riuscisse a rimanere artigliata alle mie spalle nonostante io fossi molto più forte di lei e tentassi di scrollarmela di dosso con palese fastidio. Ipotizzai che quello fosse l'unico modo in cui era riuscita ad accalappiare i ragazzi finora e dunque si era potuta esercitare negli anni.
Comunque, ero riuscito a staccarmela di dosso appena prima che riuscisse a baciarmi e dopo averle detto chiaramente che non avrebbe più dovuto farlo se fosse voluta rimanere in vita, ero uscito dall'aula.
Ed era a questo punto che avevo pensato di andare a colazione.
Niente di più sbagliato.
Un pugno in faccia da quel deficiente di Weasley me l'aveva impedito e ora la mia guancia rischiava di essere seriamente deturpata a causa di quel pezzente.
L'unica nota positiva della giornata era stata quando avevo visto la mezzosangue vestita di verde e argento con una deliziosa espressione infuriata in volto.
Allora non sapevo, tuttavia, che la pessima giornata era appena agli inizi.
Beata ignoranza.
Uscii dall'infermeria con l'intento di trovare la Granger e tentare di stemperare la sua irritazione per la zuffa con il rosso, di cui tra l'altro non avevo ancora compreso il fattore scatenante. Blaise mi aspettava in corridoio, ancora verde come una zucchina e l'espressione imbronciata.
- Hai pensato ad una soluzione per i miei capelli, spero. - mi accolse, cominciando a camminare accanto a me.
- No, ma puoi chiedere alla Granger, se la trovi. Se la tinta è babbana, lei ne saprà sicuramente più di me. - mormorai, sperando che almeno con questa scusa mi aiutasse a cercarla.
Quello che rispose, però, mi gelò il sangue nelle vene.
- Allora dobbiamo solo aspettare che finisca di parlare con lui. - sussurrò Blaise di rimando, guardando dritto davanti a sé con gli occhi spalancati.
Alla fine del corridoio, Hermione sorrideva apertamente a Theodore Nott.
Erano decisamente troppo vicini, per i miei gusti. Erano eccessivamente vicini anche quando si trovavano nei rispettivi dormitori, in realtà, ma questo era un dettaglio.
Notai che le loro mani quasi si sfioravano mentre chiacchieravano e abbandonai le mani lungo i fianchi.
Vidi quel verme di Nott sorriderle e serrai i pugni.
Guardai Hermione poggiargli una mano sulla spalla e affondai le unghie nei palmi.
- Fermo, Draco. - mi intimò Blaise, notando la mia tensione, - picchiarlo non servirebbe a niente. -
Non ero affatto d'accordo, ma non mi sentivo dell'umore giusto per spiegarglielo.
Non appena lei si voltò, mi girai e mi diressi verso il sotterraneo. 

Non solo era uscito da un'aula con la Parkinson e aveva picchiato Ron, adesso era anche arrabbiato. Possibile che i maschi funzionassero al contrario?
Salutai Nott e mi diressi verso il cactus che sostava spaesato in mezzo al corridoio.
- Blaise, cambio di look? - chiesi, osservando quelli che fino al giorno prima erano splendidi capelli corvini. Mi lanciò un'occhiataccia prima di parlare.
- State diventando troppo simili tu e Malfoy. - borbottò, - Comunque proprio te cercavo. - aggiunse, con un sorriso smagliante.
Lo guardai interrogativa, chiedendomi cosa avessi fatto di male per essere l'oggetto delle ricerche di Blaise Zabini.
- Come mi hai fatto gentilmente notare, i miei capelli sono verdi. Non chiedermi come e tantomeno perché, sai, storia lunga… Comunque è una tinta babbana. Cosa faccio, ora? - mi domandò, con estrema serietà, come se si trattasse di una questione di vita o di morte. Trattenni a malapena una risata e mi schiarii la voce prima di parlare.
- Peccato, il verde ti dona… Comunque basterà una tinta nera. Non sarà proprio il tuo colore all'inizio ma piano piano tornerà quello di prima. - risposi, basita al solo pensiero del tipo di conversazione che stavo avendo e con chi la stavo avendo.
- Bene, procuramela se puoi, io non saprei dove cercarla… E vai a cercare Draco, è furioso con te. - aggiunse, sorridendomi e sgusciando via alla velocità della luce.
Io dovevo cercare lui, dopo quello che era successo?
Neanche per sogno, non avevo fatto niente di male.
Girai i tacchi e mi diressi, affamata, in Sala Grande. 

Entrai nel dormitorio e sbattei la porta dietro di me.
Che cosa voleva quell'idiota di Nott da Hermione?
E perché diamine lei non lo aveva allontanato?
In realtà, pensai, la mezzosangue non sapeva nulla di quello che era successo tra noi.
Non sapevo come comportarmi, anche perché l'unica cosa che avevo voglia di fare era affatturare Theodore e tenerlo lontano dalla mia ragazza, dato che con le parole non avevo ottenuto niente.
Mi buttai sul letto, sfinito ancora prima di pranzo, e vidi la lettera ancora chiusa sul comodino.
Allungai una mano e ruppi il sigillo, immergendomi nell'elegante calligrafia di mia madre.

Draco, tua zia Bellatrix ci ha informato sulla data. 
Tornerai a casa una settimana prima dell'uscita 
a Hogsmeade e da qui ti verrà a prendere lei.
Andrà tutto bene, vedrai. 
Tieniti stretta Hermione.
Narcissa Malfoy

Deglutii, terrorizzato. 

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Capitolo 34
*** E' questione di fiducia. ***


Hello again, everybody!
Oggi mi sento molto English.
Detta questa idiozia, ecco a voi tutte/i
il nuovo capitolo. E' un po' di transizione ma
spero che vi piaccia. Sabato è il mio compleanno
quindi non so quando riuscirò a pubblicare quello dopo.
Continuo a ringraziare tutti quelli che mi seguono con costanza 
e pazienza, in particolare le mie dispensatrici di complimenti: Alessandra,
BieberSwaggie, Noir93, barbarak, ely brenta, Mary_Swag, 0Giorgia0, IsabellaMalfoy_99,
weasleylair e WeAreTears. Grazie davvero perché mi fate venire voglia di scrivere e mi date tanta
tanta soddisfazione. :) Ora smetto di rompere le scatole e senza ulteriori indugi vi lascio alla lettura! Baci!
Viola

"L'amore è quell'angolo di vita in cui si è nello stesso tempo."
Alessandro Baricco

Capitolo 34, "E' questione di fiducia."

Non riuscivo a distogliere lo sguardo da quelle poche righe.
Stava succedendo tutto troppo in fretta, non ero affatto pronto.
Piton poteva anche ripetermi che avevo un talento fuori dal normale per l'Occlumanzia, certo, e poteva continuare a dirmi che neppure il Signore Oscuro sarebbe potuto penetrare nella mia mente senza il mio consenso. Poteva persino accompagnare il tutto con un sorriso incoraggiante disgustosamente e tipicamente Grifondoro, ma niente di tutto ciò sarebbe servito a calmare i miei nervi, a placare la morsa allo stomaco e il respiro affannato. Solo la sua presenza, forse, avrebbe potuto riuscirci.
Forse.
Comunque, probabilmente non l'avrei mai saputo.
Lei non mi aveva neppure cercato e io, seduto su quel letto con quel dannato foglio tra le mani, non riuscivo a trovare la forza per fare il primo passo. L'unica cosa che riuscivo a fare era continuare a leggere la lettera, ancora e ancora, e tentare di metabolizzare ciò che c'era scritto. 
Due giorni.
Era il tempo che mi rimaneva prima dell'incontro. Poi, chissà cosa sarebbe successo.
Chissà se sarei tornato a Hogwarts, chissà se avrei potuto rivedere Hermione, chissà se avrei avuto il tempo di vedere di nuovo Blaise moro, chissà se mi sarebbe stato possibile fare quella dannata uscita a Hogsmeade. L'unica verità che mi si presentava davanti agli occhi era che non volevo più lottare, che volevo soltanto fuggire lontano e lasciar perdere tutto, dare retta al mio istinto di sopravvivenza e buonanotte.
E l'avrei fatto, se non fosse stato per lei.
Silente avrebbe senza alcun dubbio protetto la mia famiglia nel migliore modo possibile e avrebbe continuato a lottare insieme alla Granger, a Potty e Weasel contro Voldemort, perché erano loro gli eroi e lo sarebbero sempre stati mentre io ero solo un'infida serpe.
Eppure qualcosa era cambiato, impossibile negarlo.
E ciò mi faceva riflettere su quanto fosse incredibile il potere del tempo quando si combina a quello delle persone. Spesso si pensa di non avere alcun potere sulla vita, perché succede sempre qualcosa che non avevi previsto e tutti i tuoi bei piani vanno a farsi fottere. Ma io non ho mai creduto che fosse così semplice. Si, è vero, può sempre accadere qualcosa che ti rivoluzione l'esistenza, ma non possiamo addossare le colpe e le ingiustizie a questo fantomatico "destino". Siamo noi che viviamo, che prendiamo scelte, che decidiamo di andare a destra piuttosto che a sinistra, di passare il tempo a studiare oppure a divertirci, di lanciare uno sguardo dall'altra parte della sala per trovare quello dell'altro, di compiere tutta una serie di piccoli gesti che ci sembrano tanto innocui da non influire su quello che faremo nel futuro ma che in realtà condizionano la nostra vita passo dopo passo.
E non si possono neppure attribuire meriti al destino, perché se qualcosa va per il verso giusto bisogna ringraziare le nostre scelte e quelle degli altri, quelle stesse scelte che magari ci sembravano sbagliate ma che poi si sono rivelate essenziali.
Perché se io non avessi avuto un padre che aveva scelto di essere un Mangiamorte, non avrei mai preso in considerazione l'idea di seguire la sua stessa strada; se io alla fine non lo avessi fatto e fossi fuggito come mi ripeteva mia madre, non avrei un marchio sulla pelle; se io non avessi avuto la forza per farmi tatuare quel marchio sul braccio, non avrei mai potuto amare il modo in cui lei lo ha sfiorato, quella sera. Se io non avessi sentito le sue dita scorrere sulla mia pelle bruciata, se non mi fossi accorto in quel momento del modo in cui il suo sguardo cercava inconsapevolmente il mio, degli occhi appena coperti dai suoi capelli, ribelli come la sua anima, della luminosità della sua pelle… Se non mi fossi accorto di tutto questo, ora non avrei LA ragione per restare, quella per andare avanti, per ritrovarmi faccia a faccia con Voldemort e per tentare in tutti i modi di averla vinta su di lui.
Perché io volevo tornare, e volevo tornare per baciarla, per sentire le sue lamentele, le sue frecciatine, per perdermi nel calore del suo corpo e ritrovarmi nel suo profumo di vaniglia.
E non sarebbe stato certo Voldemort ad impedirmelo.

- Herm? - mi chiamò Ron, titubante, osservandomi al di sopra della forchettata di uova e bacon rimasta a mezz'aria.
Alzai lo sguardo su di lui e smisi di giocare col cibo nel mio piatto. Mi ero svegliata con una fame incredibile, ma ora nello stomaco avevo una grande voragine che non ne voleva saperne di essere colmata. 
Perché diavolo era arrabbiato con me?
- Si, Ron? - domandai, stancamente.
Mi faceva decisamente male dormire così tanto.
- Sembri distratta. - borbottò, infilandosi tutta quella roba in bocca e riuscendo comunque a mantenere un'espressione preoccupata. Sorrisi distrattamente a quella scena così familiare e riportai gli occhi sulle due fette di pane e marmellata che giacevano abbandonate nel piatto. Non mi ero neanche accorta di averle preparate, in realtà.
Ne presi svogliatamente una e diedi un piccolo morso, sperando che le mie budella si decidessero a rilassarsi almeno un po' non appena avessero percepito del cibo cercare di passarvi attraverso.
- Sto pensando. - mormorai, masticando a forza.
- A cosa? - domandò, adesso più spaventato che preoccupato, - A quello che è successo prima? -
Dovevo averlo davvero terrorizzato, in quello stanzino.
Riusciva a malapena ad alzare gli occhi per incontrare i miei, con un evidente quanto enorme sforzo, per poi distogliere lo sguardo qualche secondo dopo.
- No, Ronald, ti ho già ripetuto numerose volte che sei un imbecille, come Draco tra l'altro, e che sarà meglio che non succeda di nuovo. - risposi stancamente. Non si poteva certo tornare indietro nel tempo, a meno che la McGranitt non mi avesse dato un nuovo Giratempo, cosa pressoché impossibile dato l'utilizzo che ne avrei fatto. Comunque, mi ripetei un'altra volta, non era poi la fine del mondo.
Si erano picchiati e non si erano fatti niente, alla fine sarebbe potuto andare molto peggio.
In realtà li avevo già perdonati, o meglio, avevo concluso che questo loro "sfogo" avrebbe potuto essere positivo. Magari Ron, dopo avergli mollato quel dannato pugno, sarebbe tornato normale, e Draco non si era mostrato così reticente a picchiarlo a sua volta quindi, in definitiva, erano pari.
Restava però il problema fondamentale, e io non avevo la forza per affrontarlo. 
Ho visto Malfoy uscire tutto trafelato da un'aula del terzo piano… Dietro di lui è spuntata fuori… la Parkinson.
Le parole di Ron mi rimbombavano nella testa e il mal di testa peggiorava di minuto in minuto.
Avevo analizzato la cosa più e più volte e non riuscivo a trovare un motivo accettabile perché quei due si fossero ritrovati insieme in un'aula vuota. Forse non ero abbastanza lucida per pensarci, ma l'unica cosa che mi veniva in mente era l'immagine di loro due avvinghiati su un dannato banco, e a quel punto lo stomaco mi si stringeva in una morsa ferrea e mi veniva da vomitare. Queste sensazioni non facevano altro che far aumentare l'odio per me stessa, per essermi fatta coinvolgere in modo così assoluto da un furetto incrociato con un serpente, dai suoi capelli troppo biondi e troppo morbidi per poter essere dimenticati e dai suoi occhi eccessivamente profondi e chiari perché riuscissero a scomparire dalla mia memoria.
In pratica, ero in un vicolo cieco.
Dovevo affrontare la realtà e basta. Piangere, disperarmi, battere i piedi per terra, sentire il mio cuore perdere qualche battito, strofinarmi gli occhi rossi e gonfi fino a che fosse stato necessario, ma poi mi sarei sciacquata la faccia e avrei alzato lo sguardo, continuando a vivere come avevo sempre fatto e tenendo come un dolce ricordo il peso nel cuore. Magari un giorno mi sarei svegliata e mi sarei accorta che non era stata che una cottarella, un'infatuazione, una cosa da adolescenti insomma. Mi sarei convinta che in realtà le sensazioni che provavo quando lui era vicino le avrei potute provare per qualcun altro… Chissà? Sarebbe potuto succedere, anche se ora mi sembrava impossibile.
Presi un profondo respiro, cercando di arrestare la miriade di pensieri che vorticavano senza senso nella mia testa. L'unica conclusione a cui ero arrivata, era il dover parlare con lui. Mi voltai e scrutai con gli occhi l'altra parte della Sala Grande. Quella sottospecie di aiuola di Zabini, ovviamente, quando serviva non c'era. Avevo ordinato la sua dannata tinta e per ripagarmi cosa faceva? Scompariva nel nulla nel momento del bisogno. Sbuffai e individuai invece Nott in fondo a destra.
Prima di colazione mi aveva avvicinato per la seconda volta in meno di un'ora, chiedendomi scusa per avermi fatto preoccupare quella mattina e specificando che pensava che già lo sapessi dato che aveva notato che, solitamente, di domenica mi svegliavo sempre presto. Mi aveva guardato con gli occhi da cane bastonato e io gli avevo concesso un sorriso.
Tutto ciò, comunque, mi era sembrato alquanto strano dato che l'ultima volta che ci eravamo parlati, in giardino sotto quell'albero, era stato piuttosto freddo. Poi mi ero detta che, a parte quell'episodio, negli anni precedenti era sempre stato gentile con me, fermandomi qualche volta dopo le lezioni per chiedermi consiglio su un libro o su un compito. Dunque mi dissi che, semplicemente, era tornato quello di un tempo. Gli avevo sorriso, mormorandogli di non preoccuparsi e ringraziandolo per avermelo detto dato che, in caso contrario, probabilmente lo avrei saputo l'anno del mai.
Così presi forza, mi alzai e mi diressi verso di lui con l'intento di farmi dire dove diavolo si fosse cacciato quell'imbecille del suo amico.
- Ciao Theo. - lo salutai, beccandomi un'occhiataccia dai due ragazzi che sedevano alla sua destra e alla sua sinistra. Lui si girò sorpreso e con un'alzata di mano intimò loro di tornare a fare quello che stavano facendo senza disturbarci.
- Ciao Hermione. - rispose, sorridendo.
- Posso… Posso parlarti? - domandai, cercando di fargli capire che non potevo chiedere determinate cose davanti ad altra gente. Che io e lui parlassimo era quasi normale, ma che gli chiedessi con gli occhi a cuore dov'era Draco non lo era affatto.
- Certo. - disse, alzandosi e guidandomi in un angolo poco lontano.
Mentre lo seguivo, appena dietro di lui, mi ricordai che tra lui e Malfoy, ultimamente, c'era una certa freddezza, e che l'ultima volta che gli avevo chiesto del suo amico eccessivamente biondo, era stato a dir poco granitico. Così decisi di cambiare tattica.
- Scusa se ti ho disturbato, ma volevo sapere se avevi idea di dove fosse Blaise. - sussurrai, cercando di evitare le occhiatacce di Ronald dall'altra parte della Sala. Probabilmente stava pensando che un Serpeverde valeva l'altro, così nella sua mente contorta avevo deciso di passare dal biondo al moro per non farmi mancare niente.
- Blaise? - domandò, sinceramente sorpreso, alzando le sopracciglia.
Era davvero così strano che io cercassi Zabini? 
Decisamente si, mi risposi senza incertezze.
- Già. - mormorai, imbarazzata.
- Perché lo cerchi? - chiese, inquisitorio. Mi stupii un po' del suo tono e della sua domanda, ma decisi che non era il momento per preoccuparsi della curiosità fuori luogo di Theodore Nott così gli spiegai brevemente che avevo ordinato la tinta per lui e che volevo avvisarlo.
Lui sembrò rilassarsi e tornò a guardarmi sorridendo.
- Credo sia nel bagno dei maschi del terzo piano a disperarsi per i suoi capelli, ma non ti assicuro nulla. - disse, studiando le mie reazioni.
Risi e lo ringraziai, salutando Ron da lontano mentre uscivo dalla Sala Grande. 

- Avanti, Blaise, esci un attimo! - lo richiamai, battendo sulla porta del bagno dei maschi. Non potevo entrare, evidentemente, e lui non voleva saperne di uscire.
- Non ci penso proprio, io in giro così a quest'ora non ci vado. - rispose, estremamente serio.
Sbuffai sonoramente e alzai gli occhi al cielo. Possibile che fosse più vanitoso di una donna?
- Non c'è nessuno qui fuori te lo giuro! - ritentai, osservando il corridoio per cogliere anche il minimo movimento. Dio solo sa cosa mi sarebbe potuto succedere se, dopo averlo fatto uscire, qualcuno fosse arrivato e l'avesse visto.
- Non posso rischiare. - disse, seccamente, e lo immaginai mentre scuoteva la testa con decisione.
- Bene allora, l'hai voluto tu. - mormorai, la voce leggermente incrinata dalla rabbia e dal nervosismo.
Già non ero nel pieno delle mie facoltà a causa di tutto quello che era successo quella mattina, poi ci si mettevano anche i suoi capricci. Stava decisamente sottovalutando la mia capacità di andare fuori di testa, così come le mie doti persuasive. Beh, non per molto.
- Vuoi buttare giù la porta?! - domandò spaventato, e vidi il suo occhio spuntare dallo spioncino della porta. Scossi la testa, anche se in realtà non poteva vedermi.
- La porta è aperta, Blaise, sono io che non voglio entrare nel bagno dei maschi, c'è l'incantesimo che mi ributta fuori. Ma non hai letto Storia di Hogwarts?! - sbottai, indignata. Possibile che nessuno avesse neppure aperto quel libro?
- Quel mattone? Non ci ho mai neppure pensato. Comunque buono a sapersi, allora, sono al sicuro. - sogghignò, allontanandosi dallo spioncino. Scoppiai a ridere, una risata estremamente Serpeverde. Mi tappai la bocca con una mano appena me ne resi conto e schiarii la voce per prepararmi alla stoccata finale.
- Se non esci dal bagno, non avrai la tinta per i tuoi capelli. - mormorai, lentamente, articolando con attenzione ogni singola parola. Il silenzio dall'altra parte, per un attimo, mi fece dubitare del mio piano infallibile. Poi sentii un rumore di passi, vidi la maniglia abbassarsi e uno spilungone un tempo moro uscire dal bagno dei maschi.
- Sei sempre più serpe, Hermione. E il ghigno che hai sul volto ti fa somigliare incredibilmente al tuo borioso ragazzo. - sibilò Blaise, richiudendosi la porta alle spalle ed osservandomi con le braccia incrociate. Feci scomparire immediatamente il ghigno soddisfatto dal mio volto e adottai un'espressione altamente offesa, guardandolo dall'alto in basso nonostante lui fosse numerosissimi centimetri più alto di me.
- Dov'è Malfoy? - chiesi, senza girarci troppo attorno.
La sua bocca si aprì in un sorriso malizioso e fece un paio di passi verso di me.
Continuai a fissarlo testardamente, senza arretrare.
- Avrò la mia tinta? - domandò, fermandosi a pochi centimetri da me e tendendomi la mano.
- Mi porterai da quell'idiota del tuo amico? - chiesi a mia volta, osservando con diffidenza il suo gesto.
- Dovrai anche farmela, però, io non sono assolutamente capace. - aggiunse, sorridendo. 
Fare una tinta a Blaise Zabini?
Tentai di scacciare il pensiero che il mondo stesse per finire e gli strinsi la mano, mormorando con poca sicurezza "affare fatto". Il suo sorriso si allargò e cominciò a camminare.
- Avanti, seguimi e fai quello che ti dico in modo che nessuno ti veda. - mi disse, pregustandosi apertamente il potere che aveva momentaneamente su di me.
Quanto ero caduta in basso a prendere ordini dalla più vanitosa delle serpi? 

Blaise, in qualche strano modo, era riuscito a far evacuare il dormitorio Serpeverde per lasciarmi entrare senza problemi.
- Un'ora. - mi aveva detto prima di uscire, facendomi l'occhiolino.
E così avevo un'ora per stare da sola con lui e per la prima volta ero terrorizzata dalla sua presenza. Non che mi facesse realmente paura Malfoy, piuttosto quello che avrebbe potuto dirmi.
Ero stata dieci minuti buoni davanti alla porta della sua stanza, senza riuscire ad aprirla.
Cosa mi avrebbe detto? La verità? Non sapevo se sperarlo oppure no. Forse, mi ritrovai inconsapevolmente ad ammettere, mi sarei accontentata di una bugia.
Ricacciai indietro le lacrime ed allungai la mano, poggiandola sulla maniglia. Mi feci forza ed entrai.
Alzai lo sguardo e tutto ciò che vidi furono i suoi occhi sorpresi, quel grigio così familiare espandersi fino a risultare quasi impossibile da catturare per intero. Non sembrava che si sentisse in colpa, non indossava la sua maschera di indifferenza, non era altezzoso come sempre. Era semplicemente basito, sorpreso, come la sera prima. Non appena ero entrata si era alzato in piedi improvvisamente, eppure ora sembrava non riuscisse a muovere neppure un passo.
Lo guardai e capii che non poteva averlo fatto e che sicuramente mi avrebbe confermato la sua innocenza.
Così, senza pensarci troppo, gli sorrisi.
- Che sei venuta a fare qui? - mi chiese tagliente, riacquistando la sua aria annoiata in un batter d'occhio.
- Parlare. - mormorai, avvicinandomi di un paio di passi e sedendomi sul letto accanto al suo, quello di Blaise. Lui seguiva avidamente ogni mio movimento, senza spostarsi di un centimetro.
- Di cosa? Di quel deficiente di Weasley? - ringhiò, incrociando le braccia al petto.
Scossi la testa e abbassai lo sguardo sul pavimento, evitando le lame taglienti che erano diventate i suoi occhi. Si sentiva troppo vulnerabile e così contrattaccava, pensai. Sperai.
- E di cosa allora? - incalzò, avanzando di un passo verso di me.
- Cosa ci facevi in quell'aula con la Parkinson? - chiesi tutto d'un fiato, alzando di nuovo gli occhi su di lui. Vidi un lampo di comprensione balenare sul suo volto, poi un ghigno soddisfatto prese il suo posto.
- Sei gelosa? - disse, piegando leggermente la testa di lato e fissandomi insistentemente.
Glielo dovevo chiedere per sentirmi totalmente apposto con me stessa, anche se in realtà sapevo che non c'era niente tra loro due. Per qualche strano motivo ne ero quasi sicura. Che si trattasse di fiducia? Mi persi un attimo in questa possibilità e mi spaventai.
- Non si risponde ad una domanda con un'altra domanda, me l'hai insegnato tu. - risposi con sicurezza, riacquistando la mia determinazione e ripetendomi che l'avere fiducia in lui non era poi una cosa così sbagliata. E comunque se era davvero di questa che si trattava, non potevo certo tornare indietro.
- Mi doveva consegnare una lettera, mezzosangue. Ha tentato di saltarmi addosso, ovviamente, ma non ci è riuscita. Per lo meno la Parkinson è molto più diretta di Theo. - disse, cercando di mantenere un'espressione neutra senza riuscirci affatto. La sua bocca si era senza dubbio arricciata in una smorfia di disgusto non appena il nome di Nott era uscito dalle sue labbra.
E così mi fu chiaro il motivo della sua rabbia, anche se non aveva assolutamente motivo di esistere.
- Sei geloso? - chiesi, maliziosa.
Lui si rabbuiò e abbassò lo sguardo, forse offeso dal fatto che avessi usato le sue stesse armi contro di lui. Sorrisi alla sua espressione da bambino beccato con le mani nel sacco e mi alzai, cercando di colmare la distanza di pochi passi che c'era tra di noi.
Eppure, quando poggiai una mano sulla sua guancia e la trovai fredda, quando mi accorsi del suo colorito ancora più pallido del solito, delle mani strette a pugno e della lettera accartocciata sul letto, mi sembrò che la distanza tra di noi fosse infinita.
- Cos'è successo, Draco? - domandai, spaventata.
Quando rialzò gli occhi e mi guardò mi tremarono le ginocchia.
Solo una cosa poteva suscitare in quelle pozze grigie un terrore così devastante da riuscire a lambire senza difficoltà il mio cuore, stritolandolo in una morsa così potente da farmi perdere l'equilibrio.
Con incredibile velocità spostò la sua mano sul mio fianco, impedendomi di cadere e attirandomi a sé.
Appoggiai la guancia sul suo petto, aspirando il suo odore e tentando di ritrovare la parola. E pensare che fino a pochi momenti prima stavamo bisticciando su cose così infantili…
- Andrà tutto bene. - mormorò sui miei capelli.
Sussultai.
Avrei dovuto dirlo io a lui.
Che fosse già riuscito a metabolizzare la notizia?
Era accettazione quella che avevo visto nei suoi occhi assieme al terrore?
- Lo so. - sussurrai con un filo di voce, stringendo convulsamente tra le dita la stoffa della camicia.
- Granger… - mi richiamò, facendomi alzare il volto come al solito per scrutare i miei occhi.
Lo guardai interrogativa e mi ritrovai, confusa, ad ammirare il suo sorriso.
- Quanto tempo abbiamo prima che gli altri tornino? - domandò con tono piatto.
- Poco più di mezz'ora. - risposi, aggrottando le sopracciglia.
- Beh, non è molto, ma vedrò di farmela bastare. - sussurrò malizioso, chiudendomi la bocca con le sue labbra prima che riuscissi a rispondere. 

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Vi consiglio, per chi fosse interessato alla citazione, di vedere lo spettacolo di Alessandro Baricco da cui proviene. E' meraviglioso :)
Potete cercare "Baricco: ''Luigi XVI, re di Francia. Sul tempo'' / La lezione integrale"
Ps: La storia dell'incantesimo nel bagno mi piaceva quindi ce l'ho messa, ma mi rendo conto che può suonare fuori luogo. L'incantesimo citato, che ti ributta fuori, era stato introdotto dai quattro fondatori ed era stato poi tolto perché giudicato bigotto. E' stato reintrodotto dopo l'apertura della Camera dei Segreti. 
:*

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Capitolo 35
*** Addio? ***


 

 

I’ve kissed your lips and held your hand
shared your dreams and shared your bed
I know you well, I know your smell
I’ve been addicted to you.

Goodbye my lover


James Blunt, "Goodbye my lover"


Capitolo 35, "Addio?"

 

Le sue mani su di me sapevano di necessità e terrore quella mattina e le sue labbra mi cercavano disperatamente. Sembrava che Draco volesse respirare attraverso di me.  
Ero stata indecisa tra il fermarlo per abbracciarlo, sussurrandogli che sarebbe tornato senza dubbio e che non gli sarebbe successo niente, oppure lasciarlo sfogare e crogiolarmi nella consapevolezza dei suoi sentimenti, resi espliciti come non mai dalla paura e dall'intensità dei suoi gesti.
Alla fine lo avevo lasciato fare, un po' egoisticamente, ripetendomi che di tempo per rassicurarlo ce ne sarebbe sicuramente stato, quando in realtà sapevo benissimo che il tempo scarseggiava e che probabilmente le mie parole non avrebbero cambiato nulla. Mi rendevo conto di non aver avuto né la forza né la volontà di staccarlo da me e neppure la minima intenzione di rimproverarlo per la foga con cui le sue mani scorrevano sulla mia pelle, per i segni dei denti che mi aveva lasciato sulla spalla come un marchio, per l'insopportabile silenzio durante il quale mi aveva guardata chiudere la porta di mogano scuro dietro di me, mezz'ora dopo.
In fondo, se quello di cui aveva avuto bisogno in quel momento era stata solo la mia presenza fisica, non c'era niente di male. Cercavo di ripetermelo ancora e ancora, mentre salivo le scale verso la Sala Comune.
Eppure qualcosa mi disturbava.
Forse ero ancora shoccata perché mi ero resa conto di avere piena fiducia in lui, una fiducia che non avevo mai concesso tanto facilmente a nessuno e che pochi potevano vantare.
O forse era lo sguardo perso, smarrito, confuso che mi aveva lanciato prima di chiedermi di andare via, di lasciarlo solo, aggiungendo malinconicamente che ci saremmo visti più tardi.
O, più probabilmente, era quella stessa richiesta, una preghiera quasi, proferita con voce debole, quasi dolce, ma dal contenuto incredibilmente amaro per me.
Avevo cercato di capirlo, ero persino riuscita a sorridergli lì per lì.
Ma, ora che non poteva vedermi, mi stavo lentamente sgretolando.
E non era la rabbia che mi invadeva, come sarebbe stato normale e anche decisamente più tollerabile.
Era la frustrazione per non essere realmente riuscita ad aiutarlo, per essermi fidata ancora una volta del suo giudizio e averlo lasciato lì da solo, per non averlo costretto a vestirsi e seguirmi da qualche parte, qualsiasi parte, purché restassimo soli fino al giorno della partenza.
Mentre posavo un piede davanti all'altro, più per inerzia che per altro, mi maledii per tutto quello che non avevo fatto e anche per tutto quello che invece avevo fatto e prima di accorgermene sentii le lacrime scivolare giù per lo zigomo e scorrere sulla guancia. Avevo voglia di urlare e di prendere a calci qualcosa, ma ancora una volta la mia razionalità e il mio autocontrollo mi avevano concesso solo due salatissime ed amarissime lacrime. Passai la manica del maglione sugli occhi e continuai a camminare, a testa alta. Perché se era vero che Hermione Granger sapeva affrontare i suoi nemici, era altrettanto vero che avrebbe affrontato allo stesso modo le sue più grandi paure e i suoi più infantili timori.

- Hai almeno le mutande addosso? - domandò l'Idiota, da fuori la porta del dormitorio. 
Mugugnai un qualcosa che poteva assomigliare ad un "si" e richiusi gli occhi.
Non riuscivo a tenerli aperti, c'era troppa luce. Oltretutto, nel buio riuscivo a vedere con più chiarezza i miei pensieri, ad analizzarli, a metterli da parte per il grande giorno.
Alla fine, l'avevo quasi cacciata.
Avevo paura a stare ancora solo con lei, era questa la verità.
L'avevo voluta con me e su di me, fino alla fine, eppure guardando i suoi occhi marroni e i suoi capelli stesi sul cuscino accanto a me avevo improvvisamente sentito scomparire il poco coraggio che ero riuscito a raccogliere. Sapevo di dover fare tutto questo anche per lei eppure, rivendendola, dentro di me si era fatto strada uno strano pensiero, un'immagine contorta e lontana. Il mio cervello mi aveva sussurrato di chiederglielo, di implorarla di scappare con me, di strisciare ai suoi piedi da bravo serpente e di lasciarle le mie spire sulla pelle. In questo modo non avrei dovuto rinunciare a lei neppure per un secondo e tutti sarebbero stati felici e contenti.
Poi, un'altra parte del mio cervello, decisamente più razionale, forse resa più forte proprio dalla presenza della mezzosangue, mi aveva saggiamente ricordato che lei non sarebbe affatto stata felice, perché non importava quello che provava per me, non avrebbe mai tradito i suoi valori e i suoi ideali, non lo avrebbe fatto per nulla al mondo.
E per un attimo ero riuscito a capire e anche ad invidiare quell'insano spirito Grifondoro, fatto di certezze secolari, di onori, di coraggio, di onestà e lealtà. Per un attimo soltanto.
Poi mi era sembrato di sentire un coltello conficcato nel petto, perché mi ero reso conto che lei, proprio grazie a quello spirito che io non avrei mai avuto, sarebbe sempre e comunque riuscita a sopravvivere.
Io non ero strettamente necessario, mentre lei mi era diventata indispensabile.
- Si può sapere che ti prende, Drà? - domandò Blaise, sventolandomi insistentemente una mano davanti agli occhi. Pensandoci bene, la possibilità di non rivederlo più poteva quasi considerarsi un lato positivo.
Sbuffai e cercai a tentoni la lettera sul letto.
Dopo qualche tentativo fallito la trovai e gliela porsi, tenendo gli occhi fermamente chiusi per evitare di vedere la sua reazione. Mi avrebbe fatto impanicare ancora di più e davvero non era il momento.
Dopo alcuni lunghissimi secondi sentii, nitidamente, Blaise deglutire e sedersi sul letto con un tonfo non indifferente e al diavolo il portamento da belloccio.
- E la Granger? - domandò poco dopo con tono incolore.
Aprii gli occhi, di scatto, e mi mossi sul letto, a disagio.
- Cosa? - chiesi, sperando che capisse che davvero non avevo voglia di parlarne.
- Che ti ha detto? - insisté lui, incapace come sempre di evitare gli argomenti più spinosi. Sembrava uno Snaso alla ricerca dell'oro quando si trattava di parlare di cose sgradite. Richiusi gli occhi, indeciso su cosa dire.
- Non abbiamo parlato. - mormorai, riluttante.
- Capisco perfettamente che tu abbia preferito fare sport, ma da parte della Granger mi sarei aspettato milioni di domande e altrettante rassicurazioni, strane proposte per salvarti la pelle e una seduta intensiva in Biblioteca. - disse, aggrottando le sopracciglia.
- Non ne ha avuto il tempo. - sussurrai, con enorme sforzo.
- Che vuol dire? Non l'avrai mica cacciata? - domandò, alzandosi dal letto e guardandomi sospettoso. 
Oltre che rompipalle, vanitoso, insistente, Blaise Zabini è anche un sensitivo.
- Non proprio. - mugugnai, girandomi dall'altra parte per evitare il suo sguardo.
Si, beh, non ero stato proprio il miglior fidanzato del mondo, ma d'altronde sono sempre Draco Malfoy. Voglio dire, da me queste cose bisognava aspettarsele, no? E comunque l'avevo fatto per una nobile causa, dopotutto, ossia l'evitare di porle una domanda completamente idiota a cui avrebbe risposto sbandierandone l'assurdità e conficcandomi un' ulteriore lama nel petto.
- Sei un completo imbecille, Draco. - disse Blaise, facendo il giro del mio letto per rifilarmi il suo migliore sguardo di rimprovero, che risultava alquanto buffo in realtà. Se di lì a due giorni non avessi rischiato la morte avrei anche riso.
- Lo so. - mi arresi, alzandomi a sedere e gettando la testa tra le mani con i gomiti poggiati sulle ginocchia.
- Oh. Beh, questa risposta non me l'aspettavo. - esordì Blaise, l'espressione effettivamente sorpresa.

Tutta la giornata. Tutta. Senza una dannata notizia. 
Lo avevo cercato a pranzo in Sala Grande, ma non c'era. E neppure Zabini, ovviamente.
Così ero stata costretta a passare in rassegna tutti i corridoi di Hogwarts nella speranza di vederlo spuntare da un angolo buio o da una scalinata, insomma una di quelle apparizioni tipicamente Serpeverde e tipicamente Malfoy. Anche in questo caso non avevo ottenuto alcun risultato.
Così ero arrivata alla conclusione che mi stesse evitando e non riuscivo a cancellarmi dalla faccia un'espressione alquanto simile a quella della McGranitt quando scopre che qualcuno non ha consegnato il tema di Trasfigurazione. Non che a me abbia mai rivolto un'espressione del genere, ma lo stesso non si può dire per Ron e Harry i quali, per inciso, sono due perfetti cretini.
- No Harry, non te lo concedo. - disse il primo cretino, incrociando le braccia sul petto e risultando estremamente ridicolo.
Sbuffai e mi portai la forchetta alla bocca, tentando di soffocarmi col cibo per evitare di assistere di nuovo ad una scena come quella.
- Avanti Ron, ti prego! - rispose il secondo cretino, mettendo su la sua più volte collaudata espressione da cane bastonato con la coda tra le gambe in perfetta adorazione.
Sbuffai di nuovo e nel farlo quasi riuscii nell'intento di strozzarmi.
- Harry sei il mio migliore amico… - cominciò Ron, guardando Harry a cui si stavano illuminando gli occhi per quell'inizio così promettente, - ma lei è piccola. Quindi no. - aggiunse, mandando in frantumi tutte le speranze del suo migliore amico.
Avrei voluto sbuffare di nuovo ma ero troppo impegnata a tossirmi l'anima per evitare di morire, senza che nessuno dei due si preoccupasse minimamente di aiutarmi.
- Ron, non è più una bambina, e comunque voglio solo chiederle di venire ad Hogsmeade con me non voglio mica farle fare una visitina ad Azkaban! - disse Harry, riprendendo un po' di colorito e passando da cane bastonato a cane inferocito.  
- Basta, basta, basta. - tossii, battendo un pugno sul tavolino per farmi sentire.
Immediatamente si girarono verso di me, guardandomi come se fossi appena arrivata.
Aggrottai le sopracciglia e mi schiarii la voce.
- Ron, Ginny non è di tua proprietà e quindi non è necessario il tuo permesso. - dissi, ignorando lo sguardo luminoso del secondo cretino e rivolgendomi a lui con decisione, - e Harry, non capisco perché tu glielo chieda, sinceramente. - aggiunsi.
Stavano per rispondermi, probabilmente a tono, quando un tornado rosso mi fece quasi cadere dalla panca.
- Quando parli del diavolo… - mormorò Neville, che aveva ascoltato l'intera conversazione con estremo interesse e altrettanto divertimento.
- Ciao Ginny. - la salutai, accennando un sorriso nonostante il nervosismo e la rabbia che mi divoravano.
Vedendo gli occhi spalancati con cui mi fissava, il suo petto alzarsi e abbassarsi rapidamente come se avesse corso e la bocca aperta per incamerare più aria, mi allarmai ancora di più.
- Cosa diavolo è successo? - urlai, facendo girare più o meno tutta la Sala Grande.
Ginny si guardò attorno e decise che non era il caso di spiattellare una cosa evidentemente privata davanti a tutti, quindi optò per il strattonarmi in modo piuttosto violento e trascinarmi fuori in modo affatto delicato. Non appena si rese conto che la sua presa era un tantino dolorosa mi lasciò andare e mi fece segno di seguirla dentro un'aula vuota, chiudendo la porta dietro di sé.
- Si può sapere cosa?… - cominciai, il panico che cresceva sempre di più nel mio stomaco.
- Si tratta di Malfoy. - esordì, ancora con il fiatone, buttandosi su una panca e respirando a fondo.
Io rimasi immobile, non riuscivo a muovere un muscolo. Neppure quelli involontari.
- Ginny?… - la implorai, muovendo appena le labbra.
E ora cosa diavolo era successo?
Possibile che non si potesse avere un giorno, ma che dico, un'ora di pace?
- Ho incontrato Blaise mentre stavo venendo a cena e ha cominciato a farneticare sul fatto che "ha tentato di fermarlo", che "non ha voluto sentire ragioni" e altre cose incomprensibili. Gli ho detto di calmarsi e quando ci è riuscito mi ha detto che Malfoy è partito per il Manor un giorno prima ma non sono riuscita a capire altro. Sembrava così allarmato mentre me lo raccontava che sono corsa subito a cercarti. - sciorinò, ravviandosi in continuazione i lunghi capelli rossi dietro le orecchie e spostando convulsamente lo sguardo dal mio volto al pavimento.
Mi portai una mano sulla fronte, cercando di calmare la miriade di pensieri che mi stavano frullando in testa. 
Neanche il tempo di salutarlo.
Neanche il tempo… 
Neanche…
Mi lasciai cadere per terra, consapevole che le mie ginocchia non avrebbero retto la distanza fino alla panca. Ginny mi fu subito accanto, mi abbracciò dolcemente e mi tirò indietro i capelli.
Vabene, mi aveva quasi cacciata quella mattina, ma neanche per un secondo avevo pensato che lo avesse fatto con cattiveria. Ci ero stata male, mi ero chiesta il perché, ma non avrei mai immaginato che potesse fare una cosa del genere. Mai.
Deglutii e alzai lo sguardo, incontrando quello preoccupato di Ginny.
- Quell'idiota. - sussurrai, ricacciando indietro le lacrime, - come ha potuto… io… perché? -
- Avanti, Hermione, tirati su, andrà tutto bene… - cercò di consolarmi, accarezzandomi piano i capelli.
Mi lasciai cullare dalle sue parole e dalle sue mani per qualche minuto, riordinando i pensieri nella mia mente. 
Non appena mi sentii in grado di reggermi sulle ginocchia aprii gli occhi e li volsi verso di lei.
- Grazie di tutto Ginny, ma ora... io devo andare, ci vediamo dopo. - le dissi, alzandomi e divincolandomi alla sua presa per raggiungere la porta.
Sarei corsa da Silente e l'avrei fatto tornare immediatamente qui. Non sarebbe stato così facile liquidare Hermione Granger, assolutamente no. Come minimo avevo bisogno di una spiegazione e quell'imbecille di un biondino me l'avrebbe data quella sera stessa.
Camminavo a passo svelto, i pugni chiusi lungo i fianchi, le guance rosse di rabbia e gli occhi lucidi.
- Hermione! -
Mi girai di scatto e non appena mi resi conto che non era lui il sorriso si spense sul mio volto.
- Scusa Nott, sono di fretta. - borbottai, ricominciando a camminare.
Theodore non si arrese, accelerò il passo e si portò vicino a me.
- Si, lo vedo che sei di fretta, ma Silente mi ha dato questo da consegnarti. - disse, un po' piccato, porgendomi un rotolo di pergamena.
Mi bloccai e mi girai verso di lui, afferrando titubante il messaggio.
Mormorai un "grazie" poco convinto e lo srotolai. 

Signorina Granger, 

la volevo informare che sono andato a cercare James Price
due giorni fa, reperendo indizi nel luogo del sogno dove mi 
ha portato la passaporta. Sono partito questa sera stessa
per andare a parlare 
con lui nella segretezza più assoluta
dunque la prego di 
distruggere questo messaggio non
appena lo avrà letto. 
Spero che riuscirò a convincerlo a non
accettare la proposta, 
nel caso in cui non lo abbia già fatto. 
Per quanto riguarda la partenza di Draco, la prego vivamente
di mantenere la calma. Ha avuto le sue motivazioni. 
Tornerò al più tardi tra tre giorni e le assicuro che lui 
sarà con me. 

Albus Silente

Presi la bacchetta dalla tasca e la puntai contro la pergamena.
Sospirai e la guardai accartocciarsi sul pavimento, in preda alle fiamme, sotto lo sguardo stupito di Nott. 
La prego vivamente di mantenere la calma.
Ma che razza di richiesta è?
Io non avrei mantenuto proprio niente. 
Ha avuto le sue motivazioni.
Al diavolo Silente e le sue frasi enigmatiche.
Non mi importava un accidenti delle sue stupide motivazioni, io avevo il diritto di sapere.
- Hermione, tutto bene? - chiese Theo, guardandomi di sottecchi.
Forse per il suo tono dolce, preoccupato, o forse perché semplicemente non riuscii più a tenermi tutto dentro, fatto sta che crollai. Non fisicamente, come nell'aula poco prima, ma emotivamente. Smisi di trattenermi, semplicemente, lasciai scorrere le lacrime, lasciai sfuggire i pensieri che avevo imbavagliato fino a quel momento. E abbracciai Nott, perché era l'unico essere umano presente e io avevo bisogno di calore umano, sentendo il mio svanire piano piano. Affondai la guancia nel suo maglione beige e mi sentii sollevata sentendo le sue mani sulla schiena, mentre cercava in modo un po' impacciato di consolarmi.
- Non piangere. - mormorò, e quella frase me ne ricordò un'altra, e mi ricordò un volto, una voce, un tocco, un bacio. E piansi ancora di più.
Non so precisamente quanto rimasi tra le sue braccia. Mi sembrò una vita e, quando finalmente smisi di versare lacrime, mi staccai. Lui mi sorrise, titubante, e mi passò una mano sulle guance per asciugarle. Poi mi prese per mano e mi portò a un bagno, promettendomi che avrebbe aspettato fuori.
Mi sciacquai la faccia, guardando la mia figura riflessa sullo specchio. Avevo un'aspetto terribile: occhi rossi, guance altrettanto, capelli arruffati e pallida come non mai. Respirai a fondo una, due, tre, troppe volte e mi decisi ad uscire.
Nott mi aveva davvero aspettata, appoggiato al muro con lo sguardo fisso davanti a sé.
- Grazie Theo. - mormorai, sorridendogli.
- Figurati. - rispose, alzando gli occhi su di me.
- Credo che andrò a dormire, ora. - sussurrai, debolmente.
- Certo, buonanotte. - rispose, senza distogliere lo sguardo.
Mi incamminai verso la torre Grifondoro con una mano sul petto, come per assicurarmi che la mia sensazione fosse sbagliata: non era possibile che lì dove fino a quella mattina c'era il mio cuore ora ci fosse soltanto uno spazio vuoto

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Capitolo 36
*** Nuove abitudini. ***


Whatever happened to truth?
Lost without a trace
Whatever happened to the mirror?
That showed me a happy face

 

Whatever happened to sorry?
You know it's never too late
Whatever happened to good things coming?
Coming to those who wait

 


Gary Go, "Open Arms"

Capitolo 36, "Nuove abitudini."

E' troppo tardi. Mi dispiace. 
La voce di James Price mi rimbombava nella testa da circa un'ora.
Mi sentivo estremamente debole, avevo dolori sparsi su tutto il corpo e gli occhi lucidi. Mi portai una mano sulla fronte e la trovai bagnata di sudore. Presi un respiro profondo, poi un altro e un altro ancora, tentando di far rallentare il mio cuore.
Alla fine, era ancora lì.
Nonostante i pianti nel calore del mio letto, nonostante vedessi i suoi occhi ogni qual volta abbassassi le palpebre, nonostante gli sguardi preoccupati di Ron, Harry e Ginny, nonostante il perenne senso di nausea. Nonostante tutto era ancora lì.
Erano già passati due giorni, due giorni di inferno. I miei amici mi erano stati accanto come avevano potuto, ma io non mi ero più fatta sorprendere vulnerabile da nessuno. Non volevo quegli sguardi compassionevoli su di me, né le loro carezze e le loro parole: non mi servivano a niente, non l'avrebbero riportato indietro.
Così avevo scoperto un nuovo metodo, per rallentare i battiti del mio cuore e per alleggerire la nausea: camminare nel parco. Tutto era cominciato quella sera, dopo aver lasciato Nott nel corridoio col maglione beige bagnato delle mie lacrime. Volevo andare a dormire, spegnere il cervello per qualche ora e smettere di pensare, ma non c'ero riuscita. Harry e Ron erano stati informati da Ginny su quello che era successo e mi avevano chiamata a lungo fuori il dormitorio delle ragazze, inutilmente. A notte fonda mi ero sentita soffocare, avevo avuto caldo e avevo sentito la bocca asciutta, così ero scesa silenziosamente dal letto ed ero uscita da quella stanza troppo piccola e affollata per contenere il mio pessimo umore. Vedere i miei migliori amici accasciati sul divano, l'uno addormentato accanto all'altro, mi aveva fatto sospirare: stavo facendo soffrire anche loro.
Uscita dalla Sala Comune avevo vagato per i corridoi per circa un'ora, finché anche quelli mi erano sembrati estremamente limitati, chiusi, soffocanti.
Solo il parco, il freddo del vento, il verde dell'erba, il grigio del lago illuminato dalla luna, avevano avuto il potere di calmarmi, per quanto possibile. Sentire il mondo intorno a me vivere, vedere gli insetti sui tronchi degli alberi, qualche bollicina fare breccia sulla superficie piatta dell'acqua, una foglia cadere pigramente a terra, mi aveva restituito la facoltà di pensare. E pensavo a lui, continuamente, a tutti i momenti che avevamo passato insieme e quelli che ancora dovevano arrivare. E pensavo anche a James Price, a cosa avesse passato per arrivare a suicidarsi e ai dubbi che molto presto, a detta di Silente, sarebbero stati chiariti.
La prima notte ero stata fuori fino a poco dopo l'alba, circa quattro ore, spese a passeggiare, ad osservare, a pensare. Al mio ritorno avevo svegliato Harry e Ron, con il sorriso sulle labbra, e li avevo abbracciati. La giornata era passata con estrema lentezza, come se qualcuno avesse deciso di dilatare il tempo per imprimermi meglio nell'anima la paura della perdita. Io avevo sopportato, e lo avevo fatto col sorriso. Al termine di ogni lezione, in ogni momento libero, tornavo nel parco, da sola o con Harry.
Lui non mi aveva parlato, aveva atteso che io mi sfogassi, anche questa volta inutilmente. Le mie lacrime le avevo già versate, ora non mi restava che aspettare.
La seconda notte, nel parco, il vento era più freddo e le foglie mulinavano con violenza alla base degli alberi. Il lago era mosso, arrabbiato, scuro. Eppure io avevo continuato a camminare.
La mattina dopo ero andata a lezione, le occhiaie che mi cerchiavano sempre più gli occhi, i capelli stretti in una coda alta e un maglione verde.
Dopo pranzo Nott mi aveva raggiunto sotto l'albero dalla chioma maestosa alla destra del portone, dove avevo visto il sangue di Draco scorrere per gelosia sulla sua pelle diafana un'era fa.
- Hermione… - aveva esordito, sedendosi accanto a me e prendendomi una mano.
Lo avevo guardato, smarrita, ricordandomi poco dopo di sorridere e continuare a respirare.
- Ciao, Theo. - avevo risposto, con un filo di voce, guardando quegli occhi chiari come il mare ma sempre persi in qualche realtà sconosciuta.
- Non devi stare male per lui. - aveva affermato, piegando leggermente la testa per osservarmi pensieroso. Gli avevo rivolto uno sguardo interrogativo, aggrottando le sopracciglia.
- Ti ha lasciata senza spiegazioni, non merita la tua sofferenza. Devi andare avanti. - aveva continuato, con voce decisa, stringendo la presa sulla mia mano. A quell'accusa non avevo risposto, non ce l'avevo fatta. Eppure dentro di me urlavo, gli sibilavo con rabbia che avrei tanto voluto avere la possibilità di scegliere, di decidere che non mi importava se fosse tornato o meno, di affermare che la sua assenza non mi faceva alcun effetto, di dimenticare il colore dei suoi occhi e la malinconia nelle ultime amare parole che mi aveva rivolto. Ero arrabbiata con lui, una rabbia che mi consumava, ma che non riusciva a vincere sulla paura di non rivederlo più.
- Tornerà, Hermione. - aveva ripreso, asciugandomi dolcemente la lacrima fuggita al mio ferreo controllo e persa sulla guancia resa rossa dal vento freddo.
- Lo so. - ero riuscita a mormorare, chiedendomi dove lui avesse trovato la sicurezza per affermare una cosa del genere quando la mia scaturiva da una necessità.
- Ma non risolverà nulla il suo ritorno. - aveva continuato, - Perché voi siete troppo diversi, siete distanti anche quando siete vicini, siete due strade parallele, Hermione. -
Non mi ero aspettata quelle parole, non ero preparata. Non che non ci avessi mai pensato io stessa, ma lui aveva sempre messo a tacere i miei dubbi con le sue labbra. Ora che non c'era, chi lo avrebbe fatto?
Impossibilitata a rispondere a tono, avevo assottigliato gli occhi e lo avevo guardato con rabbia, incolpandolo di aver appena pronunciato quelle parole che speravo di aver sotterrato nelle profondità più oscure della mia anima e che invece erano appena tornate a galla. Mi ero alzata e senza salutarlo mi ero rintanata in camera.
Ginny mi aveva trovato due ore dopo, nel letto, con la fronte imperlata dal sudore e il respiro affannato. Mi aveva sentito la fronte, mi aveva detto che avevo la febbre, che dovevo assolutamente andare in Infermeria. Non avevo sentito ragioni, volevo restare nel mio letto e vedere soltanto lei.
Si era presa cura di me fino a notte fonda, poi, vedendomi chiudere gli occhi per la spossatezza, si era addormentata anche lei. Era stato in quel momento che quella frase aveva cominciato a rimbombarmi nella testa, insieme all'immagine di James Price che la pronunciava con espressione addolorata. 
E' troppo tardi. Mi dispiace. 
Già, dispiace anche a me. 

E' troppo tardi. Mi dispiace. 
- Granger. -
Mi alzai di scatto, portandomi una mano davanti agli occhi per coprire l'improvvisa luce che mi aveva colto non appena li avevo aperti. La sensazione di freschezza e morbidezza che sentii tra le dita mi sorprese. Erba? Non mi ero neanche accorta di essermi alzata dal letto e di essermi rifugiata nel parco, sotto quell'albero che ora mi copriva per quanto possibile dai raggi insistenti di un pallido sole di prima mattina.
- Draco? -
Avevo riconosciuto subito la sua voce, e la domanda mi era uscita spontanea. Mi stropicciai gli occhi mentre lo sentivo avvicinarsi e chinarsi su di me.
- Ciao. - mormorò, poggiandomi una mano sulla guancia.
- Sei tornato? - chiesi, stupidamente, con un filo di voce.
E se fosse solo un dannato sogno?
- Sei diventata cieca, mezzosangue? - sogghignò, appoggiando la sua fronte alla mia.
Gli gettai le braccia al collo, facendogli perdere l'equilibrio e facendolo cadere sul prato.
E ricominciai a respirare.
- Ti odio Malfoy! - sibilai, continuando a stringerlo e ricacciando indietro le lacrime.
Lui scoppiò a ridere, passandomi una mano tra i capelli e affondandoci il volto.
- Pienamente ricambiato, Granger. - sussurrò al mio orecchio, - Ma ora ti sarei grato se ti alzassi, Silente vuole vederci. - aggiunse, con voce estremamente seria. Mi allontanai appena e lo osservai meglio. Sembrava quello di sempre, bello da morire, capelli biondissimi, occhi metallici e sguardo annoiato. Eppure era diverso, più freddo, più distante… 
Perché voi siete troppo diversi, siete distanti anche quando siete vicini, siete due strade parallele, Hermione.
Scrollai la testa per scacciare quel pensiero scomodo e gli passai una mano sul volto. Aveva appena incontrato Voldemort, il mago oscuro più potente di tutti i tempi, temuto da chiunque e ammirato da altri. Era stato sottoposto alla Legilmanzia, probabilmente, alle pupille rosse piene d'odio e rancore di un serpente appena più umano del suo fedele Nagini. Eppure era calmo, algido. Inoltre, la nausea non mi era passata.
- Draco, cos'hai? - domandai, con voce incrinata.
Lui mi guardò interrogativo, poi senza rispondere mi fece segno di alzarmi e di seguirlo. Deglutii, ancora più terrorizzata di prima, e mi misi al suo fianco, osservandolo. La mascella era distesa, segno che non era affatto nervoso, le mani in tasca, come al solito. Guardava dritto davanti a sé, come se niente potesse scalfirlo, con una sicurezza che non gli avevo mai visto.
- Draco! - lo richiamai, fermandomi improvvisamente in mezzo al corridoio ancora deserto.
Lui si girò, lentamente, e fissò gli occhi nei miei. Una moderata dose di noia aleggiava sul suo volto.
- Che c'è, Granger? - domandò, con tono piatto.
C'era decisamente qualcosa che non andava. Doveva esserci, altrimenti ne sarei morta.
- Che cosa ti hanno fatto? - chiesi, avvicinandomi di un passo. Lui osservò il mio movimento con indifferenza, prima di rispondere.
- Lo sai bene, ha letto i miei pensieri e i miei ricordi, si è assicurato la mia fedeltà, poi gli ho consegnato il medaglione. - mormorò, come se stesse parlando di cosa aveva mangiato a cena.
- Sei strano. - boccheggiai, prendendogli la mano e trovandola gelata.
- Affatto. Andiamo? Silente ci aspetta. - rispose con sicurezza, ricominciando a camminare senza aspettare che io parlassi. Mi trascinò dietro di sé fino alla porta dell'ufficio del Preside.
Cercai di stamparmi in faccia l'espressione più serena possibile mentre cercavo di convincermi che fosse tutto apposto. Era tornato, era vivo, stava bene.
- Prego, accomodatevi. - esordì Silente, facendoci segno di sedere sulle due poltrone davanti alla scrivania. Gli sorrisi, titubante, e cercai lo sguardo di Draco, perso fuori dalla finestra. Ignorai la stretta al cuore e prestai orecchio alle parole del Preside.
- Ho portato qui Draco come promesso, prendendolo stamattina da Malfoy Manor. - illustrò Silente, sorridendomi appena, - Ieri ho incontrato James Price, grazie alla tua premonizione, signorina Granger. Eppure… - aggiunse, assottigliando le labbra.
- Ha già accettato. - lo interruppi, abbassando lo sguardo. Lo avevo capito da quelle parole, mi era sembrato logico accostare le due cose.
- Si. - riprese Silente, - Ha già consegnato la Pietra Filosofale ai Mangiamorte, in cambio di qualcos'altro. Vedete, James Price è un buon uomo, eppure è stato invischiato in una storia più grande di lui. -
Era il momento della verità, sin dall'inizio ero stata curiosa di sapere quale fosse stata la motivazione che lo aveva spinto al suicidio… Eppure, in quel momento, lo sguardo perso di Draco mi rendeva impossibile concentrarmi su altro che non fosse il nodo allo stomaco. Distolsi a forza gli occhi da lui e li puntai in quelli caldi e rassicuranti del Preside, cercando di concentrarmi il più possibile per recepire le sue parole e facendogli cenno di continuare.
- Sapete già che il signor Price prese questo cognome a seguito di un'eredità lasciatagli da un suo parente. Fu una vera fortuna per lui, e anche per sua moglie e sua figlia, in quanto permise loro di vivere nell'agio, di frequentare buone scuole, di farsi degli amici nei ranghi più alti e di portare avanti il lavoro di alchimista senza doversi preoccupare di portare a casa uno stipendio fisso. Tuttavia, questo non durò a lungo. Le nuove compagnie aristocratiche lo portarono nel loro mondo, fatto di scommesse, feste sontuose e lusso, e lui per stare al passo con gli altri spese tutti i suoi soldi. Con gli ultimi rimasti riuscì a portare a termine la sua ricerca, vedendo nella scoperta di quella formula e nel possesso della Pietra Filosofale un modo per ottenere di nuovo fama e denaro. Non aveva fatto i conti con la fame di potere degli uomini. Indiscrezioni sulle sue ricerche erano trapelate a causa dell'eccessiva fiducia posta negli uomini sbagliati e un'organizzazione criminale magica dell'epoca gli intimò di consegnare la Pietra e le ricerche. Lui rifiutò. - si interruppe, portandosi una mano alla tempia e lasciandosi sfuggire un sospiro prima di riprendere. - Una settimana dopo, sua moglie fu rapita e ritrovata morta la sera stessa del rapimento. James Price nascose il suo infinito dolore e pensò a ciò che rimaneva della sua famiglia. Nascose sua figlia, la portò al sicuro da un parente lontano, la dotò di tutte le protezioni magiche e non di cui era a conoscenza. La sera della presentazione della sua ricerca si suicidò, soprattutto per evitare che usassero la sua memoria per rintracciare l'unico bene rimastogli, sua figlia, ma anche per evitare che risalissero al posto dove aveva nascosto le sue ricerche e la pietra. - terminò Silente, guardandomi al di sopra degli occhiali a mezzaluna.
Io non sapevo cosa pensare. Non avevo immaginato nulla del genere, ma ora che lo sapevo alcuni tasselli stavano ritrovando lentamente il loro posto.
- La ragazza nel salottino blu, è sua parente? - domandai, titubante.
- Si. - rispose il Preside, accennando un sorriso, - Nipote di quella figlia che aveva fatto di tutto per proteggere. Le somiglia in modo incredibile. - aggiunse.
Ora si spiegava quell'espressione sul suo volto, fatta di amore, malinconia, nostalgia, senso di colpa. E dolore, per una figlia non vissuta appieno, quasi abbandonata.
- Cosa gli hanno promesso in cambio? - chiesi, incerta.
- Lo riporteranno in vita in modo che possa starle fisicamente vicino lei ora che è incinta, in modo che possa recuperare il tempo perso con sua figlia stando accanto a questa nipote che le somiglia come una goccia d'acqua. James Price non ha avuto la possibilità di fare ciò con sua figlia Meredith, pensava che far parte della sua vita in modo diretto, seppure in forma di fantasma, sarebbe stato pericoloso. Per questo sente di dover recuperare questa mancanza. - mormorò, - Avrai sicuramente notato che non è un fantasma come tutti gli altri. - aggiunse, cercando conferma nei miei occhi e aspettando di riceverla prima di continuare, - Ha bevuto l'Elisir di Lunga Vita, prima di morire. Non abbastanza perché potesse funzionare e non abbastanza presto perché potesse fare effetto, comunque. Lo ha fatto per poter vegliare da lontano, sapendo che non avrebbe funzionato pienamente e sperandolo, anzi, perché da fantasma gli incantesimi non avrebbero avuto alcun effetto su di lui. -
- Grazie al rito anche a lui verrà restituita la vita, quindi. Sarà una sorta di tramite tra il mondo dei vivi e quello dei morti, permetterà a Voldemort di riacquistare la sua forma originaria anziché un mero involucro di cui non sarebbe mai soddisfatto. - mormorai, più per chiarirmi le idee che per esporle al Preside. Quest'ultimo annuì e spostò lo sguardo su Draco.
- Signor Malfoy, ha dimostrato grande coraggio questi giorni. La sua presenza ci dimostra che gli insegnamenti del professor Piton hanno trovato ottimo terreno su cui attecchire. - cominciò, poi spostò di nuovo gli occhi nei miei come a volermi far capire che avrei dovuto leggere tra le righe delle sue parole, - L'arte dell'Occlumanzia è complessa e delle sensazioni troppo forti e recenti, così come dei sentimenti intensi, possono rendere l'abilità acquisita non sufficiente per nasconderli. - 
Ha le sue motivazioni.
Sussultai, incredula.
Sicuramente avevo capito male.
La mia vicinanza avrebbe potuto metterlo in pericolo?
Spostai gli occhi su Malfoy ancora una volta, sperando di trovare una qualche scintilla nei suoi occhi, che fosse anche rabbia, nervosismo o paura.
Niente.
L'unica differenze era che, sentendosi chiamato in causa dal Preside, lo stava osservando. Dopo poco, però, abbassò lo sguardo, cominciando a giocherellare distrattamente con un braccialetto metallico che non gli avevo mai visto al polso.
- La ringrazio. Posso andare? - chiese, incolore, dopo qualche secondo.
Silente annuì, sorridendo appena, e ci scortò fuori dal suo ufficio.
- E ora, che si fa? - domandai, già sulla porta.
- Nel suo dormitorio troverà un libro, Signorina Granger, consegnatomi da James Price, che potrebbe aiutarci a capire qualcosa in più sul rito. Si sentiva estremamente in colpa per il suo gesto e questo era tutto ciò che poteva fare per aiutarci. Purtroppo ora che sanno dov'è sua nipote non può più tirarsi indietro. - mormorò, afflitto. 

- Dove vai? - chiesi, spaesata.
- A fare colazione, Granger, dove vuoi che vada? - rispose, bloccandosi in mezzo al corridoio e girandosi appena verso di me. In quel momento sperai che fosse tutto un sogno. Non riuscivo a capacitarmi di come il suo tono fosse incolore, di come i suoi occhi fossero indifferenti, non dopo che avevo conosciuto Draco Malfoy. Quella che avevo davanti non ne era che un'ombra, priva di quelle sfumature che avevo imparato ad amare. Eppure era lui, non c'erano dubbi. Se fosse stato qualcun altro sotto Pozione Polisucco, Silente se ne sarebbe accorto. Però…
… delle sensazioni troppo forti e recenti, così come dei sentimenti intensi, possono rendere l'abilità acquisita non sufficiente per nasconderli.
Dove rintracciarli, quei sentimenti? Che fine avevano fatto?
Aveva provato ad allontanarmi, prima di partire. Forse si era stufato di me. Comprensibile, mi ritrovai ad ammettere. Persi un battito al solo pensiero e mi poggiai una mano sul petto.
- Certo, a colazione. - mormorai, abbassando gli occhi sul pavimento. Sentii i suoi passi riprendere e allontanarsi, il rumore del tacco sul pavimento rimbombava nella mia testa segnando una distanza incolmabile. 

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PS: Volevo segnalarvi la pagina Facebook di Harry Potter di cui sono amministratrice, se avete voglia di passare :)
https://www.facebook.com/TheDailyPotter

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Capitolo 37
*** Nuvole bianche. ***


Salve a tutti, di nuovo. 
Mi scuso per il ritardo ma è 
periodo di esami quindi non ho
molto tempo per scrivere. Comunque,
mi dispiace/mi fa piacere (ancora devo decidere)
informarvi che siamo agli sgoccioli. Questo è uno degli ultimi
capitoli. Spero che vi piaccia, vi prego di recensire, scrivendo tutto
quello che pensate. Inoltre, a fine pagina vi segnalo la mia pagina di Harry Potter
su Facebook (appena creata), se avete voglia di farci un salto. Baci a tutti/e, grazie per chi continua a seguirmi e
a farmi venire voglia di scrivere. Per questo capitolo, inoltre, vi consiglio di ascoltare "Nuvole Bianche" di Einaudi. Bellissima.

Capitolo 37, "Nuvole Bianche."

- Dai, Herm, hai letto già due volte quel libro, non ci troverai niente di nuovo. - mormorò Ginny, sedendosi accanto a me sul letto. Alzai lo sguardo su di lei e le sorrisi, cercando di rassicurarla.
- Non è detto. - risposi, tornando con gli occhi a cercare il capoverso a cui mi ero fermata. Un sonoro sbuffo arrivò dalla mia migliore amica, che con uno scatto mi sfilò il libro dalle mani e lo nascose dietro la schiena, alzandosi velocemente dal letto e allontanandosi di qualche passo da me.
- Ma che fai?! - sbottai, gli occhi spalancati. Non mi sembrava davvero il caso di fare tutte queste storie solo perché non avevo voglia di andare ad Hogsmeade. O di alzarmi dal letto in generale. E' che semplicemente volevo vederlo il meno possibile per cercare di farmene una ragione. Per il resto, tutto nella norma: non avevo saltato alcuna lezione, tranne Pozioni, e avevo ricominciato a fare le ronde con Cedric. Non ero mai stata un animale sociale quindi non è che il mio comportamento cambiasse poi di molto rispetto a ciò che facevo prima di lui.
- Hermione, non puoi continuare così. - disse Ginny, guardandomi con dolcezza.
Alzai gli occhi al cielo, arrabbiata, nervosa o magari semplicemente stufa.
- Così come? Cosa dovrei fare, Ginny? Hai qualche idea, per caso? - sbraitai, alzandomi anche io dal letto. Seguii il suo sguardo preoccupato e allentai i pugni che avevo contratto mentre parlavo, lasciando i segni delle unghie sui palmi delle mani. Presi un respiro profondo e mi risedetti sul letto.
- Scusa. - sussurrai, nascondendo il volto tra le mani, - E' che non riesco a capire. -
Lei si avvicinò, titubante, e si inginocchiò davanti a me.
- Lo so che è difficile ora, ma vedrai che si risolverà tutto. - mormorò, accarezzandomi piano una guancia.
- Ginny, non mi parla, non mi guarda neppure. - mi costrinsi a dire, sentendo la voce venir meno ad ogni parola pronunciata. - E' passata quasi una settimana, ormai. E le ricerche sono ferme a un punto morto. - aggiunsi, asciugandomi le lacrime col dorso della mano.
- Ma Harry mi ha detto che grazie al libro hai scoperto come si svolge il rito… - tentò con voce debole Ginny, prendendomi le mani tra le sue.
- Sappiamo solo che Voldemort riacquisterà il suo aspetto originale e che per farlo servirà un dannato Horcrux, che non abbiamo idea di dove sia, il quale deve essere collegato alla Pietra Filosofale, che non abbiamo noi ma loro, tramite un incantesimo molto antico e potente di cui si sa poco e niente. E sai cos'altro sappiamo, Ginny? Che per interromperlo bisogna puntare a chi, cito, "alimenta i cerchi". Utile, vero? Certo, se sapessimo dove si svolgerà, forse sarebbe meglio, non credi? - sciorinai, alzando man mano il tono della voce. Silente era partito in cerca di indizi il giorno stesso in cui ci aveva ricevuti nel suo ufficio, e da quel momento l'inferno era ricominciato.
Draco era tornato ma era come se non ci fosse: ogni volta che tentavo di avvicinarmi per parlargli e per cercare di capire perché stesse facendo tutto questo, Nott gli si parava al fianco e mi faceva segno di lasciar perdere. Non mi importava se volesse proteggermi o meno, non ne aveva affatto il diritto. L'unica volta che ero riuscita a rivolgergli la parola, comunque, lui mi aveva guardato appena, dall'alto in basso, e aveva continuato a camminare come se nulla fosse.
- Credo che sia già qualcosa, Hermione, e che potrebbe aiutarvi. - disse, aumentando la stretta sulle mie mani, - E che Malfoy sia un cretino lo hai sempre saputo, ma sicuramente avrà una spiegazione per il suo comportamento, ma magari ora non può fornirtela. - aggiunse.
Io scossi la testa, sconsolata. Avevo cercato anch'io di giustificarlo in tutti i modi, ma davvero non ci riuscivo. Non più. Gli avevo concesso così facilmente la mia fiducia da stupirmi davvero, ma ora come ora non ero in grado di ritrovarla, almeno non senza cogliere un qualcosa che me lo permettesse nei suoi occhi.
- Può darsi. - sussurrai, per farla contenta. Era inutile che continuassi a lamentarmi con lei, già mi aveva ascoltato troppo.
- Hermione? Sei pronta? - mi chiamò Harry, da sotto le scale del dormitorio.
Presi un profondo respiro e mi alzai dal letto, lisciando le pieghe della gonna e infilando velocemente le scarpe pesanti. Fuori nevicava, una neve sottile e piacevole che avvolgeva con dolcezza alberi, case, prati e strade.
- Allora vai? - chiese Ginny, con gli occhi luminosi.
Tutto ciò che volevo era restare nel caldo del mio letto, a far scorrere quelle parole che già conoscevo a memoria nella mia mente, analizzandole una volta ancora e cercare di scoprire qualcosa di più sul rito. Questo, però, non era possibile. E non perché non sarei riuscita a far demordere Ginny, o Harry, oppure Ron, ma perché li stavo di nuovo facendo soffrire, e non era affatto giusto. Io volevo bene ai miei amici, e il mio dolore, la mia frustrazione, non doveva necessariamente essere anche loro.
- Vado. Quando ci raggiungete? - domandai, accennando un sorriso che non riuscì a coinvolgere i miei occhi.
- Non appena quell'idiota di mio fratello avrà finito il compito di punizione di Erbologia, io ci metterò al massimo un paio d'ore a scontare la punizione di Piton il Viscido. - disse con naturalezza, arrossendo appena quando incontrò il mio sguardo disapprovevole.
- Ancora non capisco perché hai detto una cosa così stupida. - ribattei, incrociando le braccia al petto.
- Hermione, avanti, non ho fatto niente di che, è lui che si è arrabbiato decisamente troppo. Mi ha tolto dieci punti solo perché entrando in classe sono inciampata quindi non può prendersela tanto solo perché gli ho fatto sapere che speravo tanto che inciampasse al più presto anche lui così magari l'impatto con il pavimento gli avrebbe donato un naso quantomeno accettabile. - disse, prendendo la sciarpa appoggiata sulla sedia e arrotolandola con sicurezza attorno al mio collo. Scossi leggermente la testa, immaginando l'espressione di Piton nel sentire le parole di Ginny, e le posai un bacio sulla guancia prima di scendere. Presi un profondo respiro e, girando l'angolo per incontrare Harry, mi stampai un sorriso accettabile sul volto, tentando di trovare un equilibrio tra la speranza di incontrarlo per evitare di dimenticare la forma dei suoi occhi appena nascosti da quei capelli così chiari e la paura di rivedere in quegli stessi occhi la sua indifferenza nei miei confronti.
- Sei bellissima stamattina, Herm. - mi salutò Harry, porgendomi in modo decisamente galante il braccio.
Arrossii e lo ringraziai, anche se ero più che sicura che stesse mentendo. Era una settimana che dormivo male e, nonostante i capelli acconciati da Ginny, le occhiaie non era riuscite a nasconderle.
Uscimmo dalla Sala Comune e scendemmo in silenzio le scale fino ad arrivare davanti al massiccio portone che dava sul giardino del Castello. Gazza controllava i permessi degli studenti più giovani, mentre quelli del quinto, sesto e settimo anno dovevano semplicemente appuntare il loro nome e l'orario di uscita su un registro. Dopo averlo fatto imboccammo la strada per Hogsmeade.
- Burrobirra? - chiese Harry, sorridente, appena giunti al villaggio. Annuii e gli ripresi il braccio, dirigendomi verso i Tre Manici di Scopa a passo deciso. Fuori dalla porta, Blaise Zabini si stava fumando una sigaretta mentre il suo piede batteva a dir poco convulsamente sulla neve fresca scoprendo la pietra sottostante. Deglutii e continuai a camminare, cercando di ignorare il nodo allo stomaco che mi prendeva ogni volta che vedevo qualcosa che lo riguardasse.
- Hermione! - mi chiamò lui, appena prima che riuscissi a sgusciare nel locale e godermi la mia salvezza. Feci cenno ad Harry di aspettarmi e mi diressi verso Zabini, i cui capelli avevano ora assunto una sfumatura pastello. Il mio migliore amico era palesemente allarmato per me, ma si accontentò di lanciarmi uno sguardo preoccupato prima di fare come gli avevo chiesto ed entrare chiudendosi la porta alle spalle.
- Ciao, Blaise. - mormorai, - Cosa vuoi? - aggiunsi, dato che lui non accennava a riaprire bocca.
Una strana espressione aleggiava sul suo volto, sembrava estremamente preoccupato. Il nodo allo stomaco si strinse e il cuore aumentò i battiti.
- Devi aiutarlo, in qualche modo. Io non so più cosa fare. - disse, tirando un lungo tiro dalla sigaretta e chiudendo gli occhi mentre espirava il fumo.
- Che vuoi dire? - chiesi, con un tono di voce al limite degli infrasuoni. Mi schiarii la voce e attesi una risposta, immobile.
- Voglio dire che è strano, sembra malato. Mangia poco e niente, non parla quasi mai, sta sempre più spesso con Nott. Io non so cosa gli sia successo, ma non è più lui. - mormorò, buttando la sigaretta sulla neve e schiacciandola con la sua costosissima scarpa di vernice nera.
Abbassai lo sguardo e chiusi gli occhi.
Mi era sembrato dimagrito, in effetti, l'ultima volta che l'avevo visto, mentre usciva dalla Sala Grande. Avevo calcolato male i tempi, così non ero riuscita ad evitarlo.
- Blaise, non posso fare niente, io, non mi parla. - sussurrai, ricacciando indietro il senso di nausea.
- Si ma, magari… - cominciò lui, ma fu interrotto da un rumore di passi alle mie spalle che attirò la sua attenzione. Vidi la sua espressione, dapprima preoccupata, farsi sorpresa. Sentii una porta aprirsi e richiudersi e la mano di Harry nella mia. Poi mi girai.
Lui era lì, bello come sempre, anche se diverso. Le guance erano più scavate, le occhiaie cerchiavano i suoi occhi chiari, spenti. I capelli erano spettinati, ricadevano dolcemente sulla fronte e sfioravano piano le guance a causa del vento. Alla sua sinistra Nott sembrava rigido, spaventato, e spostava lo sguardo da me a Harry. Deglutì e si soffermò per pochi secondi sulla imponente figura di Blaise dietro di me.
- Blaise, Gazza ha detto che non ti sei segnato sul registro, se non torni immediatamente ti beccherai una punizione. - disse Draco, con l'ormai usuale tono di voce incolore. Zabini gli rivolse uno sguardo implorante a cui il biondino non rispose, limitandosi a spostare con aria annoiata gli occhi, rivolgendoli verso la strada che continuava a snodarsi dietro di noi. Blaise fece un passo avanti, posò la mano sulla mia spalla e avvicinò la bocca al mio orecchio.
- Per favore, Hermione, fa qualcosa. - sussurrò, prima di riprendere la strada del Castello sotto lo sguardo allibito di Harry. Nott aveva seguito quei movimenti con altrettanta curiosità, mal celando un guizzo di rabbia verso la fine, forse per non aver potuto sentire le parole di Zabini.
Io non riuscivo a distogliere lo sguardo da Draco, mentre la mia mente mi ripeteva spasmodicamente di allontanarmi, subito. Sembrava che, per qualche strano motivo, l'istinto di conservazione e sopravvivenza che tante volte mi aveva aiutato nelle avventure con Harry e Ron cercasse di intervenire.
- Seguiteci, dobbiamo parlare. - disse improvvisamente Nott, senza guardarmi.
- Cosa? - domandò Harry, sorpreso.
Se non fossi stata troppo impegnata a ripetermi di inspirare ed espirare, probabilmente anche io avrei assunto la sua stessa espressione. 
- Per favore. - aggiunse Theodore, cominciando a camminare mentre il suo algido amico lo seguiva da vicino.
Io e Harry ci scambiammo uno sguardo di intesa e cominciammo a seguirli, tenendoci per mano mentre l'altra rimaneva ferma sulla bacchetta, giusto per precauzione.
- Hermione, cosa sta succedendo? - sussurrò Harry, abbastanza piano per non farsi sentire da altri che non fossi io. 
Scrollai le spalle, mormorando un "non ne ho idea" a voce ancora più bassa. La nausea non voleva smetterla di abbandonarmi, mi sembrava di stare su una barca con il mare mosso, sbattuta qua e là dalle onde senza alcun riguardo. Mi portai una mano sullo stomaco e presi un profondo respiro per cercare di calmarmi. Alzai gli occhi e li fissai di nuovo sulle due figure che ci precedevano, tentando di distrarmi per riuscire a continuare a camminare. 
Il mantello nero si muoveva appena attorno ai loro corpi, il vento si era calmato. La stretta ferrea di Harry era l'unica cosa che mi permetteva di evitare di corrergli incontro, di scrollarlo per le spalle e farlo ragionare. Mi aggrappai a quell'ancora di salvezza con tutte le mie forze, fino quasi a fargli male.
Dopo qualche minuto ci fermammo. Conoscevo quella radura. Era uno spiazzo circolare, circondato da una parte da una staccionata di legno scuro e marcio e dall'altra parte dai primi alberi di un bosco fitto. Al di là della staccionata, la sagoma della Stamberga Strillante si stagliava sul cielo bianco di neve in arrivo con il suo aspetto cupo e oscuro. Solo due anni prima, in quello stesso luogo, io e Ron avevamo subito le parole tagliente di Malfoy, rimesso al suo posto da Harry sotto il mantello dell'invisibilità. Mi sembravano passati secoli da quel momento, eppure in realtà non era poi così lontano.
Persa in quei pensieri non mi accorsi realmente di quello che successe in pochi secondi davanti ai miei occhi. Nott tirò fuori la bacchetta e la puntò contro Harry che, nel tentativo di allontanarmi dal suo raggio d'azione mi aveva presa per un braccio e strattonata. Tuttavia, impastoiato da Theodore, non riuscì a far altro se non a cadere a terra, trascinandomi con lui. Draco rimaneva indietro, immobile, lo sguardo perso nella foresta.
Tirai fuori la bacchetta e la puntai contro Nott, urlando con quanto più fiato avessi in gola "Stupeficium!". Quest'ultimo riuscì a schivare l'incantesimo, mentre un'espressione sorpresa e terrorizzata allo stesso tempo si stampava sul suo bel viso. Gli occhi allucinati si illuminarono e per un attimo mi sembrarono così avviluppati dalla paura che fui tentata di abbassare la bacchetta. Lui si cibò di quell'esitazione per far apparire delle corde attorno a noi che si strinsero fino a legarci mani e piedi.
Harry mormorava scuse su scuse, tentando di avvicinarsi disperatamente a me.
- Hermione, stai calma, lui ha detto che non ti farà del male. Non a te. - mormorò Nott, avvicinandosi piano a me. Lo guardai con odio, facendo pressione con le mani per allontanarmi da lui e raggiungere Harry.
- Lui? - domandai, spalancando gli occhi.
Theodore si guardò attorno, spaventato, ma non rispose. Sembrava stesse facendo di tutto per evitare i miei occhi. Dopo qualche secondo un raggio di sole fece capolino mestamente da quelle nuvole bianche piene di neve, illuminando il braccialetto di metallo al polso di Draco con cui giocherellava distrattamente. Forse attratto dal mio sguardo insistente si girò, fissando i suoi occhi nei miei. Occhi vuoti.
Un singulto si fece strada fuori dalla mia bocca non appena capii. Harry mi guardò preoccupato, spostando lo sguardo da me a Malfoy.
- Hermione? - tentò, con voce titubante.
- Harry, la Pietra della Morte. - risposi, incolore, con gli occhi spalancati.
Sul volto di Nott passò un lampo d'ira, subito sostituito da un'espressione delusa.
- E' troppo tardi, Hermione. - disse, alzando la manica del mantello per posare la bacchetta su un teschio nero, dalla cui bocca sgusciava un serpente dello stesso colore. 

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Capitolo 38
*** Sangue freddo. ***


Hi girls :)
Scusate ma 
questi giorni sono
un po' incasinata quindi
ho poco tempo per scrivere.
Mi rendo conto che il capitolo è corto
ma siamo quasi alla fine quindi abbiate pazienza.
Spero comunque che vi piaccia e ringrazio chi nonostante
tutto continua a recensirmi e anche tutti coloro che mi leggono
in silenzio. Non abbiate paura di scrivere qualsiasi tipo di commento,
comunque, non mi offendo facilmente e le vostre opinioni mi interessano.
Baci :*

Capitolo 38, "Sangue freddo."

Un freddo persistente si insinuava lentamente nelle mie ossa, filtrando dal tessuto del mantello e del maglione per raggiungere la pelle. I brividi si susseguivano l'uno all'altro, accompagnati dal rumore dei denti che battevano. I miei occhi erano aperti, inutilmente vigili dato che il mio sguardo andava continuamente ad infrangersi contro una barriera di nera oscurità. Sbattei un paio di volte le palpebre, tentando di capire cosa stesse succedendo. Le mani erano ancora unite dietro la schiena, strette nella morsa delle corde grezze con cui Nott ci aveva legati. Poco distante da me sentivo un vociare indistinto, toni bassi e alti che si alternavano in accessi d'ira e richieste di perdono. 
- Hermione! 
L'urlo di Harry fece scoppiare la bolla di indefinitezza in cui ero rinchiusa.
Improvvisamente quelle che erano voci indistinte si trasformarono in urla e suppliche, mentre l'oscurità si fece luce accecante da cui non potevo ripararmi se non chiudendo gli occhi, stringendoli fin quasi a farmi male. 
- Hermione! 
Sussultai e mi costrinsi a riaprirli, consapevole del fatto che il tono allarmato con cui il mio migliore amico cercava di attirare la mia attenzione denotava la necessità della mia presenza attiva. Mi sentivo infinitamente stanca, pesante, come in quel primo sogno, inizio profetico di una vita che sembrava a malapena appartenermi ancora. Ricacciai indietro le lacrime che minacciavano di offuscarmi ancora di più la vista e mi guardai intorno, spaventata. Ero in un salone, piuttosto grande, di pianta rettangolare. La mia spalla poggiava su una parete di pietra dura, grigia, mentre sotto di me il pavimento dello stesso materiale appariva appena più riscaldato da un tappeto pesante. Feci pressione sulle mani e mi ritrovai ad artigliare la costosa stoffa rossa del tappeto, sedendomi in maniera più composta per avere una visuale migliore. Poco più avanti, di fronte a me, un grande divano nero troneggiava al centro della stanza, fronteggiato da un enorme camino in marmo grigio dalle venature bianche, molto simile a quello che avevo visto a Malfoy Manor ma più imponente.
Alla sinistra del divano una grande poltrona era occupata da qualcuno o qualcosa, parzialmente nascosto da un tavolo da the di cristallo.
- Stai bene?
Mi voltai verso Theodore Nott, sorpresa.
Mi aveva appena chiesto se stavo bene?
Buffo come questa domanda mi giungesse inopportuna dopo che il suddetto Theodore Nott aveva stupito tutti alzandosi quella dannata manica del maglione per scoprire il Marchio Nero e chiamare i Mangiamorte. Ne erano arrivati due, dopo qualche secondo, e non due qualsiasi. Bellatrix Lestrange, capelli corvini, scuri come la notte ma brillanti come le stelle, arruffati e folti come non mai, occhi spiritati e dilatati, sorriso impertinente e infantile; Rodolphus Lestrange, fino ad allora sconosciuto alla mia vista seppur conosciuto di nome, capelli altrettanto scuri ma decisamente più ordinati, occhi intelligenti e sottili, labbra distorte in un ghigno compiaciuto.
"Lei la voglio io!" aveva strillato la zia di Draco, digrignando i denti in un'espressione animalesca non appena suo marito aveva provato ad avvicinarsi a me.
E mi aveva avuta.
Mi aveva afferrata per le spalle, tirandomi in piedi con quanta forza possedeva mentre Harry tentava invano di divincolarsi dalla stretta di Rodolphus. Il mio migliore amico, l'unico in grado di capirmi con un solo sguardo, il ragazzo più dolce e gentile che avessi mai conosciuto, aveva cominciato a gridare ogni tipo di improperi verso Malfoy, tentando di farlo risvegliare, puntando di tanto in tanto gli occhi su di me come per trovarvi rifugio. Io avevo cercato di dargli quello che mi chiedeva, guardandolo con fermezza, resistendo agli insulti di Bellatrix e ai suoi versi di scherno, alle sue unghie che affondavano nella mia pelle e al suo respiro sul mio orecchio mentre mi sussurrava che, finalmente, poteva disfarsi di una piccola sudicia mezzosangue come me. Pochi secondi, in realtà, ma mi erano sembrate ore. Poi ci eravamo smaterializzati, improvvisamente, ed ero atterrata su un tappeto morbido mentre la mia schiena cozzava con una dura parete di pietra.
- No, non sto bene. - trovai la forza per mormorare, alzando gli occhi e puntandoli con odio in quelli spaventati di Nott. Era strano vederlo in quel modo, di solito era sempre estremamente calmo, quasi cordiale per essere un Serpeverde. In quel momento, invece, mi osservava spaurito, preoccupato.
- Mi dispiace. - sussurrò di rimando, facendo un ulteriore passo verso di me e abbassandosi alla mia altezza.
- Stammi lontano. - sibilai, strisciando un po' più indietro.
- Non volevo che andasse così, Hermione. Ma mi hanno promesso che a te non faranno del male. - disse, tenendo un tono di voce basso e profondo, quasi come se volesse risultare rassicurante. Spostai gli occhi alle sue spalle, senza fare troppo caso alle sue parole, e vidi Harry, in piedi, le braccia imprigionate da Rodolphus appena dietro di lui. Mi guardava implorante, come a volermi chiedere scusa per un qualcosa di cui lui non aveva alcuna colpa.
- Lasciami in pace. - gli dissi, secca. Mi guardò un'ultima volta con un'espressione indecifrabile prima di alzarsi, richiamato da qualcuno che era appena entrato nel salone. Mi voltai verso la porta e vidi Dolohov chiuderla dietro di sé, portamento altero, viso butterato e occhi scuri.
- Cosa diavolo succede qui? - chiese a Nott non appena quest'ultimo lo ebbe raggiunto.
Lanciai uno sguardo verso Harry, ancora prigioniero delle braccia di Rodolphus ma ancora tutto intero, e tornai ad ascoltare la conversazione che si svolgeva a poca distanza da me.
- Ci sono riuscito, l'ho portato qui. La mezzosangue è intervenuta quindi ho dovuto portare anche lei, ma me ne occuperò io. Draco è ancora sotto l'influenza della Pietra quindi è innocuo, come puoi vedere. - disse, indicando un punto al di fuori del mio raggio visivo nel pronunciare quelle ultime parole.
Dolohov lo liquidò con un cenno del capo e fece un passo avanti nella direzione della poltrona nera.
- Mio Signore. - esordì, inchinandosi appena.
Spalancai gli occhi, inorridita.
Due sottili occhi rossi splendevano nell'oscurità di un cappuccio che nascondeva tratti serpentini, pelle bianca come il latte e grinzosa come quella di un vecchio. Un piccolo involucro nero coronato da due gemme rosse, ecco cosa rimaneva di Lord Voldemort.
- Dolohov, è tutto pronto? - sospirò con fatica.
Nonostante le più che esili dimensioni, la sua voce riusciva a far accapponare la pelle per la paura. Sentii distintamente il mio cuore accelerare, mentre con una parte del cervello mi rendevo conto del silenzio più assoluto calato nella stanza a seguito di quel sussurro. Bellatrix, che aveva raggiunto il marito dopo avermi buttata a terra, si allontanò di qualche passo per poi fermarsi al fianco destro di Voldemort, gli occhi scintillanti di ammirazione e la bocca piegata in un sorriso soddisfatto.
- Tutto pronto, mio Signore! - strillò con la sua voce da bimbetta, sovrapponendo il suo tono acuto a quello di Dolohov, che le lanciò uno sguardo raggelante. Lei fece finta di niente e si accostò a quell'involucro nero che era stato il più grande Mago Oscuro di tutti i tempi, sussurrando qualcosa con fare concitato. Un movimento venne da Lord Voldemort, un qualcosa che con molta fantasia sarebbe apparso come un assenso, seguito dal risolino eccitato di Bellatrix.
- Procedete. - mormorò, con quella stessa voce cupa, leggermente rauca, decisamente spaventosa. Deglutiii e cominciai a studiare un piano che potesse tirarci fuori da quell'impiccio. Non dovevo farmi prendere dal panico, dovevo riuscire ad essere la mente , come al solito. Innanzitutto individuai Draco, poco distante da Harry, lo sguardo vacuo e le mani in tasca. Tirai un sospiro di sollievo nel vederlo salvo e mi concentrai sul mio migliore amico, trasportato di malagrazia attraverso il salone fino a ritrovarsi al centro di un cerchio bianco tracciato sul parquet di legno scuro appena dietro il divano. A sinistra c'era un altro cerchio, delle stesse dimensioni, all'interno del quale era stata posizionata una pietra rosso cupo. Sobbalzai riconoscendo la Pietra Filosofale e seguii con gli occhi la linea bianca che partiva da entrambi i cerchi per poi unirsi in un terzo, poco più avanti, vuoto.
L'unica possibilità per andare via da quel posto era smaterializzarsi: se era stato possibile entrare in quel modo, saremmo potuti anche uscire nella stessa maniera. Raggiungere Harry e Draco, però, appariva piuttosto difficile. La mia bacchetta era caduta prima, nella radura, così come quella di Harry.
Questo poteva essere un problema, decisamente.
Uscire da una stanza piena di Mangiamorte non era affatto un gioco da ragazzi, ma senza bacchetta era pressoché impossibile. Misi a lavorare meccanicamente il mio cervello, allenato a pensare sotto stress, per tentare di partorire un'ipotesi alternativa. Tuttavia, prima che potessi giungere ad una conclusione, Bellatrix si avvicinò a me con espressione divertita e mi tirò in piedi, trascinandomi per un braccio verso l'altro lato della stanza dove si trovava Draco.
- Sarà proprio un bello spettacolino. - sogghignò, proruppendo poi in una risata argentina e facendomi fermare proprio davanti a Malfoy. La sua bacchetta era appena a qualche centimetro di distanza, nel fodero sulla cinta che stringeva la gonna. Tentai di allungare la mano ma le corde si strinsero ancora di più, lasciandomi segni profondi sui polsi. Il mio gemito di dolore fu sopraffatto dalle parole di Dolohov che, davanti ai tre cerchi bianchi, aveva cominciato a mormorare lentamente una formula con la bacchetta alzata. Nel giro di qualche secondo Rodolphus mollò la presa su Harry e dai cerchi si innalzò un cono di luce contro cui i suoi pugni si andarono inutilmente a scontrare.
Una sorta di barriera lo teneva prigioniero, mentre la luce continuava a scorrere come liquida dalla base delle due figure circolari disegnate sul pavimento, diretta verso quella centrale. 
… Per interromperlo bisogna puntare a chi, cito, 'alimenta i cerchi'."
Dolohov.
Mi lanciai con quanta forza possibile contro Bellatrix, rapita dallo spettacolo che stava avendo luogo a pochi metri da lei, prendendola di sorpresa. Squittii sorpresi fuoriuscirono dalla sua bocca mentre suo marito accorreva in suo aiuto, strappandomi di dosso a lei e puntandomi la bacchetta alla tempia.
- Lasciala, Rodolphus, ho altri piani per lei. - disse, non appena si fu rialzata, scostandosi una ciocca di capelli ribelli con la punta della bacchetta. La sua richiesta fu accolta, il Signor Lestrange si allontanò, continuando però a tenermi sotto mira.
Sapevo, in fondo, che la violenza in questi casi serviva a poco.
Purtroppo, senza bacchetta non potevo fare altro.
Eppure ne avevamo vissute tante, di avventure, io e Harry.
Possibile che dovesse finire così? Possibile che non riuscissi a salvarlo, una volta ancora?
Che non mi venisse in mente nulla di sensato per uscire da quella situazione?
- Draco, tira fuori la bacchetta e uccidi la Granger. - mormorò Bellatrix, spostando lo sguardo sul biondo Serpeverde e avvicinandosi a lui di un paio di passi.
Sentii nitidamente il mio cuore fermarsi per l'intera durata della frase.
Non un respiro, un rumore, un movimento riuscì a infrangere l'effetto che quelle poche parole ebbero su di me. A malapena cinque secondi ci erano voluti, non di più.
Spalancai gli occhi, basita.
Mi sembrò di muovermi a rallentatore mentre li spostavo, pieni di terrore, in quelli del ragazzo che era entrato nella mia vita come una maledizione ma che da poco era diventato la più dolce delle cure. Vidi solo con la coda degli occhi il sorriso di Bellatrix allargarsi mentre quelle mani affusolate, dalle dita lunghe e sottili, che tante volte mi avevano toccata, sfiorata e accarezzata ora afferravano con decisione la bacchetta. Sentii Harry gridare, dietro di me, pregare chiunque di non farmi del male, di lasciar perdere almeno me, sentii il suo sguardo sulla schiena chiedermi ancora una volta di girarmi verso di lui per assicurargli che avevo un piano, che me la sarei cavata senza dubbio. Non mi voltai.
- Draco. - mormorai, ignorando la bacchetta nera dal manico marrone puntata verso di me, sfiorata da quelle mani che mi erano diventate indispensabili. Vidi i suoi occhi accendersi per un attimo e spegnersi subito dopo, ritornare a perdersi nell'oscurità e nella vacuità che la Pietra della Morte, trasfigurata in un misero braccialetto di metallo, infondeva nel suo sguardo. Sentii le lacrime affollarmi gli occhi, offuscarmi ancora una volta la vista, e di nuovo non glielo permisi. Se proprio sarei dovuta morire, lo avrei fatto guardandolo con chiarezza, studiando i suoi lineamenti con la maggiore dolcezza possibile e non con l'odio che Bellatrix voleva indurmi a provare. Draco avanzò di un passo verso di me, squadrandomi dall'alto in basso.
- Mi dispiace per non averlo capito prima. - continuai, avanzando di un passo anche io, - Sono stata una stupida. Non ho avuto abbastanza fiducia in te, non ho fatto abbastanza per tenerti vicino. -
Parlavo piano, non permettendo a nessun altro di sentirmi se non a lui.
Vidi il suo passo farsi più incerto e la sua mascella irrigidirsi.
Spostai per un millisecondo gli occhi per vedere quanto tempo ci sarebbe voluto prima che la luce avesse raggiunto il cerchio finale, quello in cui convergevano gli altri due, su cui era stato deposto Lord Voldemort o quel che ne era rimasto.
Riportai lo sguardo in quello vacuo di Draco e piegai la testa di lato, osservandolo meglio.
- Sarei dovuta rimanere lì con te, nel tuo dormitorio, non avrei dovuto dare retta alle tue parole ma ai tuoi occhi. Io non avrei voluto lasciarti, Draco. - ripresi, tenendo sempre la voce bassa.
Bellatrix si stava agitando, muovendosi da un piede all'altro e giocherellando con la bacchetta mentre osservava la scena che le si parava davanti assottigliando gli occhi, indecisa se preoccuparsi per il fatto che Malfoy si fosse fermato o assistere alla rinascita del Signore Oscuro.
- Draco, sbrigati! - gli urlò, alla fine, nervosa ed eccitata allo stesso tempo.
Feci un passo avanti verso di lui, poi un altro ancora, fino a toccare la punta della sua bacchetta con il petto. Alzai gli occhi e li incatenai nei suoi. Dio come mi era mancato quel grigio, la curva del naso, la piega della bocca… Era passata una settimana da quando avevo sfiorato quella pelle diafana con le dita, esplorato le sue labbra e la sua bocca, sentito il suo profumo da così vicino. Inspirai a fondo il suo odore, avvicinando lentamente il mio volto al suo.
- Avada Kedavra! 

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Capitolo 39
*** Mai giudicare un libro dalla copertina. ***


 

Salve :3
Lo so che era 
un sacco che non
pubblicavo ma sono in
Francia e non ho avuto molto
tempo per mettermi al pc. Comunque
ci siamo, e' quasi la fine, credo che il prossimo sia
l'ultimo (non so se ridere o piangere). Spero vi piaccia!
Viola

Capitolo 39, "Mai giudicare un libro dalla copertina."

Nella stanza regnava il silenzio, scalfito appena dal respiro pacato del Signor Nott e da quello accelerato di suo figlio. Quest'ultimo, seduto con eleganza sul grande divano nero, annui' appena, spostando lo sguardo sul camino spento davanti a lui. 
- Guardami quando ti parlo, per favore. -
Parole vuote, cortesia priva di qualsiasi affetto o familiarità. 
Theodore alzò lo sguardo, puntando con decisione gli occhi in quelli del padre. Il suo volto era austero, dai lineamenti duri, appena segnato dall'eta'. Era sempre stato un uomo tutto di un pezzo, la cui serietà eccessiva sconfinava nell'esercizio di un'autorità assoluta. Un regno del terrore il suo, fatto di pasti privi di chiacchiere inutili, dialoghi che si limitavano al rendimento scolastico, sguardi che non si incontravano se non per sbaglio. 
Rimpiangeva sua madre ogni dannato giorno. Lei, bella come il sole e dolce come il miele, la donna che gli aveva insegnato a leggere prima che a camminare, che gli aveva aperto gli occhi sulle diverse realtà che si incontrano nei libri, facendogli conoscere un luogo sicuro dove rifugiarsi quando si e' stanchi di vivere la normalità. Oramai ricordava solo i suoi occhi, neri come il cielo di notte e altrettanto profondi ma luminosi come pochi. Solo in un'altra persona aveva ritrovato quella luce incredibile.  
Aveva sei anni quando suo padre gli si era avvicinato, per la prima volta in difficoltà, e lo aveva preso in braccio, sussurrandogli all'orecchio che la mamma non c'era più, che non sarebbe tornata. Quando le lacrime avevano preso a scorrergli sulle guance, Davon Nott aveva spalancato gli occhi sorpresi e le aveva asciugate velocemente con la mano, come per fargli capire che erano un inutile segno di debolezza che doveva essere eliminato. Così da quel giorno non aveva più versato una sola lacrima.
- Solo una cosa, Davon. - mormorò, la voce che tremava appena. 
Chiamare suo padre per nome era diventata una scomoda abitudine, un'abitudine che gli ricordava in continuazione la distanza che doveva mantenere da quell'uomo che, nonostante tutto, era tutto ciò che rimaneva della sua famiglia. 
Devon Nott alzò un sopracciglio, interdetto, e guardò con aria interrogativa suo figlio. 
- E' di Potter che il SIgnore Oscuro ha bisogno, quindi non sarà fatto del male a nessun altro, giusto? - chiese, le spalle tese e dritte che tradivano un nervosismo latente. 
Un annuire secco fu tutto ciò che ricevette in risposta. 

Strano colore, il verde.
Scendendo dalle tonalità brillanti e vivaci a quelle più scure riesce ad esprimere mille diverse sensazioni, accendendo nella mente le più disparate immagini.
Il colore della natura, dell'erba, delle foglie in estate. Il colore della vita.
Mi era sempre piaciuto, il verde, ma era diventato una costante solamente nel momento in cui avevo cominciato ad associarlo a un certo Serpeverde. C'era stato un momento nelle settimane passate, di cui ignoravo l'esattezza, in cui in quel colore avevo cominciato a vedere un senso di familiarità, due braccia che mi stringevano, delle parole sussurrate piano all'orecchio, un odore dolce e un sapore di menta.
Eppure, quando vidi quel raggio verde venire verso di me, quasi fosse al rallentatore, l'unico mio pensiero fu la morte. Nulla di tutto ciò che di solito associavo a quel colore aveva minimamente smorzato quel pensiero lugubre, quella parola breve ed intensa che si insinua nelle nostre vite come un virus, sempre presente e in procinto di manifestarsi. Vidi quella stessa terribile luce riflettersi negli occhi di Draco, a un passo da me, il grigio delle sue iridi contaminato da inquietanti sfumature.
Un attimo di assoluto silenzio accompagnò il viaggio di quel raggio verde, scaturito da una bacchetta di legno di ciliegi, piuttosto flessibile, dalla linea elegante e il cuore di crine di unicorno. La voce di Theodore era stata fredda, tagliente, appena incrinata verso la fine. Non era la voce di un assassino, ma di un uomo disperato.
Mi voltai di scatto, appena in tempo per vedere Dolohov sgranare gli occhi in un'espressione terrorizzata prima di cadere a terra. Fu un attimo, un millesimo di secondo, ma fu terribile vedere la vita lasciare il suo volto. La luce che avvolgeva Harry si smorzò all'istante, lasciando soltanto una lieve nebbia bianca aleggiare sopra i cerchi.
Soffocai un singhiozzo e presi la bacchetta dalla mano di Draco, sciogliendo le corde intorno ai miei polsi e quelli di Harry prima di puntarla verso Bellatrix, ferma e con gli occhi spalancati per la sorpresa, e schiantarla con un incantesimo non verbale. A pochi passi da lei, Rodolphus era chino con le mani tra i capelli e un'espressione interdetta sul corpo senza vita del Mangiamorte. Deglutii e sperai di riuscire a far calmare il senso di nausea che mi attanagliava lo stomaco come una morsa. Afferrai la mano di Draco e cercai Harry, evitando di posare lo sguardo su quello che rimaneva di Lord Voldemort all'interno del cerchio bianco, dimenticato da tutti nella confusione scaturita a seguito della Maledizione senza Perdono.
- Hermione, di qua! - gridò Harry, facendomi cenno di avvicinarmi. Era accanto a Theodore, una mano sul suo braccio ancora teso, gli occhi pieni di terrore e disgusto. Trascinai Draco dietro di me, ancora in parte sotto l'influsso della Pietra, e afferrai la mano che Harry mi tendeva per smaterializzarci.
- Voi non andate da nessuna parte. - rimbombò una voce piena, tonante, alle nostre spalle.
Con la coda dell'occhio vidi la porta del salone spalancarsi e un uomo dallo sguardo di ferro entrare nella stanza ed alzare la bacchetta contro di noi.
- Protego! - urlai, pregando che lo scudo riuscisse a riparare tutti.
Un incantesimo rimbalzò a pochi centimetri dal mio volto, facendomi trattenere il fiato.
La bocca dell'uomo si piegò in una smorfia di disappunto, gli occhi si spostarono frenetici per analizzare la situazione.
- Non potete smaterializzarvi, mettete giù le bacchette prima che qualcuno si faccia male. - disse, dopo qualche secondo, con voce incolore. Vidi Harry sbiancare a pochi passi da me e Theodore riacquistare un po' di lucidità, alzando gli occhi e puntando lo sguardo verso il nuovo venuto.
- Lasciaci andare, Davon. - sussurrò Nott, così piano che per un momento pensai che non l'avesse sentito.
Un'espressione basita si apri sul volto dell'uomo, subito sostituita da un ghigno divertito. Non si preoccupò neanche di rispondergli e si girò verso Rodolphus, ora chino su sua moglie.
- Lascia stare Bellatrix e sposta Dolohov. Dobbiamo riprendere il rito. - disse, lentamente e con voce ferma. Il Signor Lestrange lanciò un'ultima occhiata alla donna ai suoi piedi prima di alzarsi e puntare la bacchetta contro il corpo del suo ex compagno.
La mia mente lavorava frenetica, analizzando e scartando un'ipotesi dopo l'altra.
Se non potevamo smaterializzarci ci rimanevano due possibilità: riuscire a sfuggire a Davon e Rodolphus, due mangiamorte fatti e finiti con molta più esperienza di noi, oppure creare una Passaporta. Non ci avevo mai provato, ovviamente, avevo solo le nozioni teoriche mentre maghi molto più esperti di me avevano serie difficoltà nel riuscirci. Mossi piano il braccio dietro, nascosto appena dietro la schiena di Draco, infilando una mano nella tasca dei jeans. Harry colse il mio movimento e una scintilla di speranza brillò per un attimo nel suo sguardo. Fece un passo di lato, coprendomi quasi completamente alla vista di Davon, e cominciò a parlare.
- Vi conviene lasciarci andare prima che arrivino gli altri. - disse con voce risoluta e piena di risentimento.
Con la coda dell'occhio vidi Rodolphus sussultare, il corpo privo di vita di Dolohov che galleggiava a mezz'aria in attesa di essere messo da parte come un rifiuto qualunque. Tirai fuori il serpente di giada che mi aveva riportata a Hogwarts da Malfoy Manor e pregai che Harry riuscisse a guadagnare qualche secondo in più.
Davon scoppiò in una risata fragorosa, che di divertito non aveva nulla.
- Gli altri? E chi sarebbero? - domandò con scherno. Quell'uomo aveva una voce familiare, ma non mi veniva in mente dove avessi potuto sentirla prima d'ora.
- Silente a quest'ora saprà che siamo qui, non eravamo da soli ad Hogsmeade e ci hanno visti sparire. - rispose, affettando un perfetto sorriso di trionfo. Nello sguardo di Davon balenò un lampo di dubbio e la sua mano esitò per un attimo sulla bacchetta. Levò gli occhi da Harry e li puntò su Theodore.
- Vi hanno visti? - chiese con voce tagliente.
Il serpente di giada cominciò ad emanare una luce soffusa tra le mie dita.
- Harry, prendi il braccio di Nott tra 10 secondi. -  sussurrai piano, afferrando con la mano destra quella di Draco senza però riuscire ad alzare lo sguardo verso di lui. Non ce l'avrei fatta a reggere di nuovo il vuoto dentro i suoi occhi grigi.
- Lo spero, papà. - fece in tempo a mormorare Theodore prima di smaterializzarsi.
Un lampo di luce proveniente dalla bacchetta di Davon Nott fu l'ultima cosa che vidi.

- Draco, apri gli occhi, per favore! -
Una sensazione indefinita, come di un enorme peso che scivola via dal petto.
Poi un dolore acuto sul braccio, un bruciore devastante che mi annebbiò  la vista.
- Draco, va tutto bene, non chiudere gli occhi, ci siamo quasi, ancora pochi passi. - sussurrò al mio orecchio, dolcezza mista a paura. Respirai profondamente, una, due, tre volte e aprii gli occhi.
Il bianco accecante della neve mi ferì appena la vista, la sua purezza ancora non contaminata dallo scalpiccio degli studenti. In lontananza il castello sembrava un'isola sperduta in un immenso oceano color panna.
Spostai gli occhi e strinsi il braccio intorno alla vita della Mezzosangue, consapevole che se ancora riuscivo a mettere un piede avanti all'altro era solo ed esclusivamente grazie al suo calore e alla sua presenza.
- Non stringere, ti farà più male. - mormorò, continuando a camminare.
Il suo fianco, nel punto in cui era avvolto il mio braccio, era completamente rosso. Sangue puro, il mio sangue. Soffocai ancora il dolore lancinante e mi guardai intorno, accorgendomi solo in quel momento delle due figure a pochi passi da noi. Potter, con estremo spirito di sacrificio Gryffindor, aiutava Theodore Nott, probabilmente anche lui ferito, a proseguire, tenendo però la sua bacchetta a portata di mano.
- Mi dispiace. - sussurrai, distogliendo lo sguardo.
Due occhi color nocciola si spostarono fulminei su di me, interrogativi.
- Stai zitto e continua a camminare. - fu la risposta secca che ricevetti ad uno dei miei rari tentativi di chiedere perdono. Motivo in più per evitare di farlo di nuovo.
Feci forza sulle gambe, tentando di smettere di tremare e pregando silenziosamente di riuscire a non svenire per il dolore come Potter alla vista di un Dissennatore.
Il mio desiderio, ovviamente, non fu esaudito.
L'ultima cosa che vidi furono delle figure accorrere, in lontananza, i loro passi attutiti dalla soffice coltre di neve. 

Lo sentii scivolare a terra e caddi anch'io, troppo debole per sostenere il suo peso.
Lo avvolsi tra le mie braccia e cominciai a piangere, sfinita.
Piton giunse per primo, il mantello che si muoveva appena intorno ai suoi piedi e la bacchetta in mano.
Il suo sguardo gelido si posò su di me per qualche secondo prima di concentrarsi su Draco. Si accucciò accanto al suo pupillo, senza dire una parola, e scostò la stoffa della camicia imbevuta di sangue dal suo braccio. Il Marchio Nero salutò la luce del giorno che andava sbiadendo, in parte nascosto
dalla ferita che percorreva tutta la lunghezza del tatuaggio. Un taglio profondo che contaminava una volta ancora la pelle diafana del suo braccio sinistro.
Un singhiozzo mi usci dalla bocca prima che riuscissi a soffocarlo. Continuai ad accarezzargli piano i capelli, stringendomelo al petto, mentre Piton mormorava a bassa voce un incantesimo per arginare la ferita. Non appena il sangue si fermò si girò  verso di me, in una muta richiesta. Annuii piano e lasciai che lo prendesse in braccio per condurlo al castello.
Subito una mano si protese verso di me, aiutandomi a rialzare.
- Andiamo, Hermione. - mormorò  Harry, passandomi un braccio intorno alle spalle e cominciando a camminare seguendo la scia di Piton e della McGranitt, affiancata da Theodore Nott. 

 

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Capitolo 40
*** Un nuovo inizio. ***


We'll have the days we break,
And we'll have the scars to prove it,

We'll have the bonds that we save,
But we'll have the heart not to lose it.

For all of the times weve stopped,
For all of the things Im not.

We put one foot in front of the other,
We move like we aint got no other,
We go when we go,
Were marching on.

One Republic, "Marchin On"


Capitolo 40, "Un nuovo inizio."

Quando sei amica di Harry Potter non ci metti molto a fare la collezione dei più disparati pericoli di morte a cui si può essere sottoposti ed è un fatto con cui faccio i conti esattamente da quando ho undici anni. Dunque ho imparato ad aspettarmi l'avventura dietro ogni angolo, anche nel posto più sicuro del mondo.
O, per meglio dire, specialmente nel posto più sicuro del mondo.
Hogwarts, famosa scuola di magia e stregoneria, è stata frequentemente definita in tal modo, eppure nulla ha impedito al suddetto Harry Potter di trovare una Camera di Segreti con dentro un basilisco non particolarmente amichevole, un professore di Difesa Contro le Arti Oscure con annesso mago più oscuro di tutti i tempi, una schiera di Dissennatori pronti a succhiargli via l'anima e chi più ne ha più ne metta. A questo punto si presupporrebbe che io ci abbia fatto l'abitudine o che almeno rimanga meno colpita quando si verificano tali situazioni incresciose con annesso pericolo di morte. Eppure con mio grande disappunto mi sono resa conto che non è affatto così.
Non è mai stato così.
A seguito di questi impeccabili ragionamenti sono arrivata a postulare che puoi essere sopravvissuta alle più pericolose vicissitudini, ai più brutti e cattivi Mangiamorte e persino ad un lupo mannaro particolarmente affamato, ma quando ti ci ritroverai di nuovo avrai paura esattamente come la prima volta. Ora come ora magari posso essere più preparata, conoscere più incantesimi e pensare più in fretta, ma la morsa che mi stringe lo stomaco è sempre la stessa, così come il terrore di non riuscire a ritornare alla vita di tutti i giorni, di perdere le persone importanti, di non poter cambiare la situazione e permettere al bene di vincere.
Allo stesso modo, quando mi ero trovata nella splendida ed elegante dimora di Theodore e Davon Nott, avevo sentito il cuore battere come se non ci fosse un domani mentre le gambe tremanti minacciavano di non reggere il mio peso. Solo una volta salva mi ero resa conto che ero riuscita ad evitare un attacco isterico solamente grazie al mio sangue freddo, quello stesso sangue sporco tanto bistrattato da Draco, il sangue con cui ero nata e, dunque, non grazie ad una qualità acquisita per merito della calamita attira-guai di Harry Potter. Probabilmente Silente, Harry, o Ginny oppure Ron mi ricorderebbero con grande orgoglio che sono stata la strega più giovane ad aver creato una Passaporta quasi perfettamente funzionante, grazie alla quale siamo riusciti a sfuggire a Voldemort e a due Mangiamorte, materializzandoci appena un chilometro più lontano di quanto avessi previsto e salvando ancora una volta la situazione. Ciò non mi impedì, comunque, di avere un esaurimento nervoso una volta che il pericolo risultò essere abbastanza lontano da poter essere ignorato.
Così, una volta portato Draco in infermeria insieme agli altri, mi sedetti sulla sedia accanto al suo letto a guardarlo, senza permettere a Madama Chips di avvicinarsi quel tanto da permetterle di controllare i polsi sfregati a sangue dalle corde.
Non so, precisamente, quanto rimasi lì.
Vidi Harry avvicinarsi, titubante, bisbigliandomi qualcosa che non riuscii a cogliere e di cui in fondo non m'importava.
Vidi Nott rigirarsi tra le coperte in preda a qualche incubo, una ferita sull'addome fasciata di fresco.
Vidi Ginny parlottare con Ron accanto al portone dell'Infermeria mentre mi lanciavano sguardi preoccupati.
Vidi persino Piton, Silente e la McGranitt entrare da quello stesso portone per dare un'occhiata ai feriti.
Vedevo e sentivo, ma non avevo la forza per alzare una mano e passarmela sulle guance per asciugare le lacrime, quelle fresche e quelle che avevano lasciato una sottile scia salata dallo zigomo al mento. Non sapevo precisamente perché non riuscissi a fare nulla, il mio cervello funzionava piuttosto bene, sebbene fossi abbastanza stanca e provata. Ero arrivata dolorosamente alla conclusione che stavolta avevo avuto qualcosa di più da perdere, qualcosa che avevo ricevuto da poco, a cui non avevo avuto il tempo di abituarmi e che perciò risultava più difficile da lasciare andare.
Più che altro qualcuno.
Così ero combattuta, sentendomi incredibilmente insensibile nell'aver provato più paura per quel ragazzo biondo sdraiato nel letto, con gli occhi chiusi e i capelli in disordine, che per il mio migliore amico di sempre. Non che non fossi stata preoccupata per Harry, è chiaro che lo fossi, ma c'era qualcosa di differente, un qualcosa che non riuscivo ancora a cogliere pienamente e che forse solo rivedere il grigio dei suoi occhi mi avrebbe aiutato a comprendere. Così attesi. 

- Hermione? 
Oh mio Dio, di nuovo. 
Ormai mi ero rassegnata al fatto che ogni mio risveglio coincidesse con qualcuno che mormorava, urlava o sussurrava il mio nome. L'originalità evidentemente non dimorava ad Hogwarts.
Aprii gli occhi lentamente e li stropicciai con le mani, tentando di capire dove fossi e perché la sedia su cui pensavo di essere seduta fosse stranamente comoda e morbida. Sentire i polsi fasciati non mi rassicurò affatto come avrebbe dovuto così aprii lentamente le palpebre, pesanti come due macigni, e mi guardai intorno.
- Ciao, Harry. - mormorai, mettendolo a fuoco.
La sua espressione basita mi lasciò un po' perplessa, giusto il tempo necessario per rendermi conto di che cosa fosse successo nel grande vuoto di memoria durante il quale evidentemente ero stata trasportata nel letto dell'Infermeria e curata.
- Come stai? - chiese, scrutando ogni millimetro di pelle disponibile al suo esame per assicurarsi che stessi bene in modo da rendere la mia risposta totalmente inutile.
- Bene. - risposi comunque, tirandomi su a sedere e scrutando con perizia ogni angolo dell'Infermeria.
- Malfoy è stato dimesso ieri. - disse con una smorfia di disappunto, irrigidendo appena le spalle e mettendosi a sedere sul mio letto. Mi voltai e fissai gli occhi nei suoi, cercando di giungere ad una qualche conclusione.
- Harry, quanto ho dormito? - domandai con una voce tanto serena da essere assolutamente innaturale. Il suo voltarsi dall'altra parte con fare imbarazzato di certo non mi rese le cose più facili.
- Circa tre giorni. - mormorò, tornando a guardarmi giusto il tempo di assicurarsi che la mia reazione non fosse eccessivamente rumorosa, cosa che avrebbe provocato la sua cacciata immediata ad opera della zelante Madama Chips.
- Tre giorni. - ripetei, alzando le sopracciglia, - Settantadue ore di sonno e mi sento più stanca che mai. - aggiunsi, cercando di sgranchire le gambe e le braccia.
Harry accennò un timido sorriso, poi si accomodò meglio sul letto e mi prese una mano.
- Sicura di stare bene? Non ti era mai successo nulla del genere… le altre volte. - mormorò, articolando le parole come se stesse parlando con una matta. Ovviamente non potevo fargliene una colpa, dovevo essere sembrata una matta un po' a tutti negli ultimi giorni.
Sfoggiai il mio sorriso più convincente e lasciai cadere la risposta, spostando le coperte ed alzandomi dal letto molto lentamente per evitare di cadere come un sacco di patate. Harry mi fu subito accanto, passandomi un braccio intorno alla vita per aiutarmi a camminare.
- Theodore come sta? - domandai, per evitare di pensare ad altro.
- Piuttosto bene, anche lui è stato dimesso. Suo padre lo aveva colpito allo stomaco con lo stesso incantesimo che ha raggiunto anche Malfoy. Ma ci pensi? Un padre al figlio… Comunque Silente sta cercando di evitare di farlo sottoporre a processo, può darsi che dovremo testimoniare a suo favore, però. Ha detto anche che in ogni caso lo terrà sott'occhio. In fondo è stato lui a portarci lì, anche se poi ci ha anche permesso di fuggire… - disse, assottigliando gli occhi come se stesse cercando di afferrare un pensiero che non riusciva a focalizzare.
Annuii senza troppa convinzione e mossi un altro paio di passi.
- Spero che abbia vicino qualcuno che possa seriamente aiutarlo, uccidere una persona è un atto che ti segna per la vita. - mormorai, tentando di scacciare l'immagine di Dolohov che cadeva a terra esanime.
- Già. Speriamo. - concordò Harry.
Un silenzio pieno di compassione e orrore seguì quelle parole.
- Silente ha mandato qualcuno a casa dei Nott? - ripresi, lo stesso tono sereno che utilizzerebbe un'anziana con le amiche durante il solito torneo di scala quaranta della domenica. Mi complimentai con me stessa per la disinvoltura con cui riuscii a nascondere la mia inquietudine e ascoltai persino la sua riposta. Beh, in fondo mi interessava davvero.
- Certo, appena siamo tornati ha avvertito il Ministero ma quando sono arrivati gli Auror era già tutto sgombro. Anche il padre di Theodore è sparito e non hanno idea di dove cercare. Ha dovuto anche mettere i genitori di Malfoy sotto protezione: dopo quello che è successo la loro copertura è saltata. - rispose, suonando titubante nel pronunciare l'ultima frase.
Deglutii e abbassai lo sguardo.
Harry mi guardò un attimo e fece un respiro profondo, come se stesse per dire qualcosa che avrebbe potuto costargli la vita.
- E' venuto a trovarti stamattina e ieri sera. - sputò fuori, fermandosi improvvisamente e rischiando di farmi finire a faccia avanti sul pavimento dell'Infermeria.
Un sorriso da idiota spuntò senza che riuscissi a frenarlo sul mio viso, così girai il volto dall'altra parte per evitare di rendere il mio sollievo troppo evidente per Harry. Non appena fui in grado di affettare un'espressione di indifferenza da manuale tornai a guardarlo negli occhi con una scintilla di gratitudine.

- Draco smettila di lamentarti è solo un graffietto. - sbottò Blaise, lanciandomi un'occhiataccia dallo specchio davanti al quale sostava da circa mezz'ora.
Gli risposi con uno sguardo truce e soffocai un gemito di dolore. Come se il Marchio Nero non mi avesse causato già abbastanza sofferenza, ci mancava anche quel dannato taglio. Piton era riuscito a bloccare il sangue momentaneamente, cosa che mi aveva permesso di arrivare fino in Infermeria, dove Madama Chips mi aveva riferito l'ennesima buona notizia: non era possibile farlo rimarginare. Dopo le prime ore, in cui ero rimasto incosciente e che avevo rimpianto non appena avevo riaperto gli occhi, mi aveva costretto ad ingurgitare gli intrugli più disgustosi e a spalmare creme dai colori e gli odori più improbabili sulla ferita ancora aperta, per cercare di ottenere un qualche risultato. Tutto inutile, ovviamente.
- Vorrei vedere se fosse successo a te. - borbottai, prendendo un'ampolletta blu da sopra il comodino e facendo cadere cinque gocce sulla lingua. Fino a nuovi sviluppi, ciò mi avrebbe permesso di evitare la morte per dissanguamento. Molto pratico.
Blaise si voltò e mi guardò scioccato prima di parlare.
- Le ferite di guerra aiutano a rimorchiare, i capelli verdi no quindi non lamentarti. - disse con grande serietà prima di ritornare a rimirarsi allo specchio. Sbuffai sonoramente e cercai di ricordarmi perché fossimo amici. Dato che non mi veniva in mente niente, decisi che sarebbe stato meglio evitare di averlo davanti agli occhi nel momento in cui non fossi più riuscito a contenere la voglia di prenderlo a pugni, così mi alzai a mi diressi verso la porta del dormitorio. Mi soffermai appena accanto al letto di Nott, trasferito in un'altra ala del Castello. 
Per sua fortuna.
Strinsi i pugni e poggiai la mano sul pomello argentato della porta. Tuttavia, prima che riuscissi ad aprirla, qualcuno la spalancò con tale forza che temetti di essermi rotto ogni singolo osso della faccia.
- Oh mio dio, scusa!
Magari non ogni singolo osso, ma il naso sicuramente si.
- Mi dispiace!
Non sapevo se piangere dal dolore o dalla felicità.
- Ma che ci facevi dietro la porta?
A giudicare dal sangue che mi bagnava le mani probabilmente avrei pianto per il dolore.
Indietreggiai, disorientato, e mi buttai sul letto di Nott, il più vicino, col viso tra le mani, cercando di arginare la seconda emorragia nel giro di… Beh, decisamente troppe poche ore.
- Oh avanti leva le mani, ci penso io! - sbraitò con un tono che non ammetteva repliche, come se fossi stato io quello che aveva fatto qualcosa di male.
In tutto ciò, ovviamente, Blaise Zabini rideva come se non ci fosse stato un domani. Non potevo vederlo a causa della copiosa quantità di sangue che mi offuscava la vista ma ero più che sicuro che fosse piegato in due con una mano sullo stomaco.
Presi in considerazione l'idea di correre per andare a chiudermi in bagno ed evitare di farmi vedere da lei in quelle condizioni ma le sue mani furono più veloci: mi prese piano i polsi e li allontanò dal viso, puntandomi la bacchetta contro e mormorando "Epismendo!". Sentii un rumorosissimo crac e il mio naso tornò a posto.
- Gratta e Netta. - aggiunse, pochi secondi dopo, sedendosi accanto a me.
Aprii gli occhi e mi voltai verso di lei. Mi guardava sorridendo ma nei suoi occhi vidi una scintilla di delusione. Forse era arrabbiata perché non ero con lei quando si era svegliata? Avrei voluto restare lì giorno e notte, ma avevo bisogno di un po' di tempo per capire quello che era successo nel periodo in cui non ero stato in me e comportarmi di conseguenza. Blaise aveva appena provveduto ad informarmi e stavo appunto per andare a cercarla. Sicuramente non doveva essere stato facile per lei, anche se di certo Potter e Weasel avevano provveduto a consolarla.
- Vedo che ti sei ripresa in fretta. - mormorai con il miglior tono indifferente che riuscii a mettere insieme, poi distolsi lo sguardo dalla sua espressione delusa per puntarli su Blaise, seduto sul letto ad asciugarsi le lacrime agli occhi mentre soffocava gli ultimi strascichi della risata.
- Già, merito di Harry che mi ha aiutato a rimettermi in piedi, oggi. - sibilò non appena mi fui alzato per avvicinarmi alla porta. Avevo, ovviamente, intenzione di portarla da qualche parte lontano da occhi indiscreti per recuperare il tempo perso mentre ero sotto l'influsso della Pietra, ma quell'ultima uscita mi fece bloccare, di nuovo, con la mano sulla maniglia.
Come al solito, a Potter toccava la parte dell'eroe. 

Va bene, ero stata decisamente poco opportuna.
Ok, diciamo pure che potevo risparmiarmi l'uscita su Harry dopo avergli appena rotto il naso.
Però ci tenevo anche a sottolineare, a mio favore, che anche lui non era stato particolarmente gentile a parlarmi con quel tono indifferente, non dopo tutto quello che avevo passato mentre lui era sotto l'influsso della Pietra della Morte. Voglio dire, lui non ricordava nulla di quel periodo, io sì. Anche troppo bene.
Sbuffai e lo guardai mentre usciva sbattendo la porta.
- Zabini, andiamo in bagno. - mormorai, appuntandomi mentalmente di rincorrerlo e farmi perdonare non appena avessi risolto definitivamente quest'altra faccenda, quella, tra l'altro, per la quale mi ero presa il disturbo di entrare nella Sala Comune di Serperverde in qualità di Prefetto con la scusa di un controllo. Non che non volessi vedere Draco, ma avevo l'impressione che da quella mattina stesse cercando di evitarmi, così avevo deciso di aspettare, paziente, che venisse da me. Che poi, casualmente, lo avessi trovato nel suo dormitorio, era tutta un'altra faccenda.
Blaise si voltò lentamente verso di me, guardandomi basito.
Dopo qualche secondo realizzai il doppio senso nella frase che gli avevo rivolto e arrossii, cominciando a scuotere la testa, sconsolata.
- Idiota, devo farti la tinta. - rettificai, alzandomi e facendogli cenno di precedermi.
Lo vidi rilasciare un sospiro di sollievo e un sorriso a trentadue denti apparve sul suo bel volto.
- Pensavo che volessi far ingelosire Draco. - sogghignò, facendomi strada verso il bagno del dormitorio.
Due ore dopo potevo tranquillamente affermare che fare la tinta a Blaise Zabini poteva annoverarsi tra le Dodici Fatiche di Ercole.
Una delle più dure, senza dubbio, eppure ero uscita vincitrice anche da questa avventura e mi sentivo più invincibile che mai. Certo, dover parlare con Draco Malfoy del nostro rapporto di coppia avrebbe potuto paragonarsi al combattere contro l'Idra, ma a questo era meglio non pensare ora come ora. Sgusciai fuori dal dormitorio Serpeverde e mi diressi verso la Torre dei Grifoni per darmi una lavata: chi mi avesse visto girare per i corridoi con la tinta nera di Zabini un po' ovunque avrebbe pensato ad una battaglia con il Signore Oscuro in persona. 
Salutai la Signora Grassa ed entrai in Sala Comune, dirigendomi in fretta verso il bagno del dormitorio. Cercai di fare di tutto per far finta di non aver notato Harry e Ginny sbaciucchiarsi seduti sul divano davanti al fuoco e salii le scale a due a due, fiondandomi nella doccia con tutti i vestiti che, probabilmente, erano da buttare.
Scelsi un maglione verde scuro e una gonna nera a pieghe e mi pettinai con cura i capelli, sperando almeno di rabbonirlo in questo modo. Mi mancava incredibilmente e non avevo voglia di perdere tempo a litigare, volevo solo sentire il suo calore e il suo sapore. Mi guardai un'ultima volta allo specchio, abbastanza soddisfatta, e scesi le scale. Il posto precedentemente occupato dai piccioncini in amore era vuoto, probabilmente erano scesi per la cena con Ron, così mi avviai anche io verso la Sala Grande. 

Seduto al tavolo Serpeverde, portai svogliatamente alla bocca una mela verde, pregustando il momento che già mi ero figurato nella mia testa dall'attimo in cui lei aveva pronunciato quelle parole cercando di farmi ingelosire. Riuscendoci, senza alcun dubbio. Tuttavia, sin da quando avevamo appena undici anni, aveva sempre sottovalutato i miei metodi per vendicarmi. Che poi non ero neanche sicuro si potesse parlare di vendetta, in realtà, ma di questo aspetto ne avremmo discusso dopo.
- Hai lo sguardo di uno che ha in mente qualcosa. - esordì Blaise, di nuovo moro, sedendosi accanto a me.
- Ciao Blaise. - lo salutai, tenendo gli occhi fissi sull'entrata della Sala Grande.
- Ciao a te, Draco. - rispose, guardandomi di sottecchi, - Vuoi dirmi cos'hai in mente? - aggiunse, avvicinandosi come per accogliere un segreto sussurrato all'orecchio.
Scossi la testa lentamente e diedi un altro morso alla mela, masticando lentamente.
- Devo preoccuparmi? - continuò, cercando di seguire la linea del mio sguardo per carpire qualche informazione.
Scossi di nuovo la testa e sogghignai.
Aggrottò le sopracciglia e mi rivolse uno sguardo traboccante curiosità.
- Avanti, ti prego? - insisté, avvicinandosi ancora. Se non fossi stato totalmente concentrato su quello che stavo per fare, gli avrei lanciato la mela in faccia.
- Ora vedrai, Blaise, pazienta per favore, solo una volta nella tua dannata vita. - sbraitai, senza però distogliere lo sguardo dall'entrata.
Lo vidi annuire e lanciarmi un'occhiataccia che ovviamente ignorai.
Poi lei entrò.
Mi alzai con deliberata lentezza, sotto lo sguardo basito di Zabini che, nonostante fosse indubbiamente un Idiota, certe cose le aveva sempre capite al volo. Scavalcai la panca e mi diressi verso di lei, sentendo mano mano gli occhi di tutti puntarsi su di me. Un vociare sommesso si alzò dal tavolo Serpeverde per poi dilagare come un'epidemia verso quello Tassorosso, Corvonero e infine Grifondoro. Fu solo in quel momento che lei si girò, un'espressione terrorizzata in volto. Sfoggiai il mio miglior ghigno divertito e continuai a camminare, totalmente incurante e anzi soddisfatto dell'attenzione che ero riuscito ad attirare.
Tutto come nei piani.
Incatenai i suoi occhi nei miei e la vidi bloccarsi appena dopo l'entrata, una mano poggiata all'altezza del cuore sul delizioso maglioncino verde, gli occhi spalancati e le guance accese. Bella come non mai.
Mossi gli ultimi tre passi e mi fermai davanti a lei.
- Ciao. - mormorai, sorridendole.
La vidi deglutire ed abbassare gli occhi e il mio sorriso si allargò.
- Ciao. - rispose, la voce incrinata.
Le poggiai due dita sotto il mento e feci una lieve pressione per invitarla a guardarmi di nuovo. Il suo orgoglio mi permise di avere vittoria facile, facendole alzare subito il viso. I suoi occhi, tuttavia, tradivano imbarazzo, paura e, forse, anche la rabbia che sarei stato più che felice di sorbirmi dopo.
Le poggiai le mani sulle guance, lentamente, dandole tutto il tempo necessario per accorgersi di cosa stessi facendo e dunque la possibilità di respingermi.
Poi capii che, per quanto io potessi essere subdolo, i Grifondoro hanno sempre una carta in più che gli permette di averla vinta. Il coraggio. Un coraggio spudorato che spunta fuori in ogni dannato momento: Hermione mi buttò le braccia al collo e mi baciò, intensamente, facendosi strada con la lingua nella mia bocca senza trovare alcuna resistenza. Spalancai gli occhi per un secondo, incredulo, poi li richiusi e mi persi nel suo sapore, avvolgendole le braccia intorno alla vita. La sua presenza annullò tutto il resto e dunque, purtroppo, non mi resi minimamente conto che Potter si stava quasi strozzando con il budino mentre la rossa, la mascella che toccava terra, aiutava Weasel a rialzarsi dal pavimento. 
 

*****
 

E così è finita. 
Mio Dio, non mi pare vero. 
Quaranta capitoli, non mi sono proprio regolata. 
Vorrei ringraziare infinitamente tutti coloro che hanno avuto il coraggio di seguire questa storia dall'inizio alla fine. Mi rendo conto, rileggendola, che cambierei mille cose, ma penso sia meglio lasciare tutto così, alla fine. Sono cresciuta tantissimo con questa fanfiction e spero che vi abbia appassionato leggerla come ha appassionato me scriverla. Mi sembra un po' la fine di un'era, sebbene non sia passato poi così tanto tempo da quando è iniziata. 
Un grazie di tutto cuore va in particolare ad Alessandra, che mi ha sempre deliziato con recensioni bellissime e che spero di non deludere con questo finale, a weasleylair, IsabellaMalfoy_99, e elybrenta che mi hanno seguito dall'inizio alla fine con una costanza invidiabile, a barbarak che riesce ad analizzare i miei capitoli meglio di quanto faccia io stessa e a Noir93, MelodyLestrange e Hermione00 che sono arrivate più tardi ma mi hanno riempito di mille fantastici complimenti tanto per recuperare il tempo perso!

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Baci sparsi a tutte <3
Viola

Per chi volesse sapere che fine ha fatto Nott: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1888589&i=1

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