Welcome to Montgomery Manor, Warblers

di SmartieMiz
(/viewuser.php?uid=242753)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Cit. 1 – L’antica villa Montgomery risale all’Ottocento ***
Capitolo 2: *** Cit. 2 – Il giardino di Villa Montgomery è curato dalle nove del mattino sino a mezzogiorno ***
Capitolo 3: *** Cit. 3 – Villa Montgomery è grande e dispersiva ***
Capitolo 4: *** Cit. 4 – Villa Montgomery è un luogo rigorosamente protetto ***
Capitolo 5: *** Cit. 5 – Villa Montgomery dispone di molti oggetti antichi, come gli specchi d’epoca ***
Capitolo 6: *** Cit. 6 - La biblioteca di Villa Montgomery è accessibile a qualsiasi ora ***
Capitolo 7: *** Cit. 7 – Villa Montgomery dispone di innumerevoli salotti per gli ospiti ***
Capitolo 8: *** Cit. 8 – Villa Montgomery dispone di camere per gli ospiti ***
Capitolo 9: *** Cit. 9 – A Villa Montgomery i domestici, se hanno terminato le loro mansioni, possono uscire a qualsiasi ora ***
Capitolo 10: *** 10 - Fretta ***
Capitolo 11: *** 11 - Ritorno alla Dalton Academy ***
Capitolo 12: *** 12 – Decisioni ***
Capitolo 13: *** 13 - Papà ***
Capitolo 14: *** 14 - Dolore ***
Capitolo 15: *** 15 - La maledizione ***
Capitolo 16: *** 16 - Presentimento ***
Capitolo 17: *** 17 - Rinascita ***



Capitolo 1
*** Cit. 1 – L’antica villa Montgomery risale all’Ottocento ***


Questi personaggi non mi appartengono, ma sono proprietà della Fox; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.
 

 

Welcome to Montgomery Manor, Warblers
 


Cit. 1 – L’antica villa Montgomery risale all’Ottocento

Villa Montgomery era lì, di fronte a trentasei ragazzi agitati pieni di sogni, paure e speranze.
Ce l’abbiamo fatta, pensò Sebastian Smythe. Ancora non riusciva a credere a ciò che era accaduto. Lui, Thad, Nick, Jeff, Blaine, Trent e gli altri Warblers erano riusciti a scappare da quella spaventosa prigione che presto li avrebbe portati alla morte.
Thad Harwood era emozionato e teso allo stesso tempo. Finalmente era andato via da quel riformatorio infernale.
«Benvenuti a Villa Montgomery, Warblers», annunciò Wes Montgomery, l’erede della grande villa, con un lieve sorriso.
Nessuno proferì parola.
«Ragazzi, cosa aspettate? Entriamo!», li incitò Wes impaziente.
I ragazzi tornarono alla realtà. Annuirono distrattamente ed entrarono nella grande dimora.
Jeff Sterling non sapeva perché, ma aveva uno strano presentimento. Quella villa gli incuteva terrore e angoscia e non capiva cosa ci potesse essere di così pauroso lì dentro.
«Jeff, tutto bene? Mi sembri turbato… cosa c’è che non va?», gli sussurrò Nick Duval, il suo ragazzo. Sembrava sinceramente preoccupato per lui.
«Mi sento strano», ammise Jeff: «Di solito mi sento così prima di avere una visione».
Nick annuì leggermente.
«Amore, mi prometti una cosa?», gli chiese ad un certo punto il moro serio.
«Dimmi pure».
«Raccontami sempre le tue visioni e io ti racconterò sempre i miei sogni o incubi… okay? Non voglio che vada a finire come l’ultima volta… non me lo perdonerei mai».
«D’accordo», rispose il biondo con un dolcissimo sorriso che subito rassicurò il moro.
Il sorriso di Jeff si spense subito quando diede uno sguardo all’ambiente intorno a sé: Villa Montgomery era circondata da un enorme giardino e in lontananza si intravedeva quel che sembrava un piccolo cimitero di famiglia.
Un brivido percorse la schiena di Jeff: Villa Montgomery gli suscitava terrore, non come la Dalton Academy, ma comunque non gli sembrava un bel posto dove andare a vivere.
I Warblers entrarono in quello che doveva essere un grande salotto. La stanza era grande e accogliente e aveva un aspetto aristocratico come il resto della villa. Le tende, rosse, erano abbinate ai divanetti. Erano presenti anche tappeti verdi, librerie e tavolini di legno e un caminetto.
«Chi va là?!», mormorò all’improvviso una voce femminile spaventata.
I ragazzi si voltarono di scatto e videro una bellissima ragazza bassa e snella, con capelli biondi e occhi verde chiaro. Doveva avere solamente qualche anno in più a loro.
«Quinn!», Wes le si avvicinò lentamente.
«Come fai a sapere il mio no…», la ragazza si fermò, scrutò meglio il ragazzo e poi chiese incredula: «Wes? Sei proprio tu?».
«Sì», rispose il ragazzo con un ampio sorriso: «Sono proprio io!».
«Oh, Wes, amico mio!», esultò la ragazza buttandosi tra le sue braccia: «Ma non eri alla Dalton?».
«Oh, amica mia, è una lunga storia», rispose il ragazzo: «Te la racconterò, okay?».
«D’accordo», asserì lei, poi con un caloroso sorriso chiese: «E questi ragazzi?».
«Sono tutti ragazzi della Dalton Accademy, ci servirebbe un rifugio per un bel po’ di tempo», spiegò brevemente il ragazzo.
«Nessun problema, abbiamo camere a sufficienza», disse la ragazza, poi si rivolse ai ragazzi e, con un adorabile sorriso, si presentò: «Io sono Quinn Fabray, una domestica di Villa Montgomery. Benvenuti, ragazzi!».
«Come è dolce!», commentò Trent con aria sognante, poi aggiunse: «E bella».
Blaine e Jeff ridacchiarono per la reazione dell’amico.
«O Santo Cielo, poveri ragazzi!», esclamò ad un certo punto la ragazza: «Siete tutti bagnati fradici! Vi mostro subito le stanze, poi fatevi trovare in salotto che vi preparo un tè caldo e accendo il caminetto».

A Villa Montgomery, le stanze degli ospiti erano esattamente sei, così si decise che ogni stanza avrebbe ospitato sei studenti. C’erano anche altre camere, ma erano dei domestici.
Sebastian, Thad, Nick, Jeff, Blaine e Trent decisero di condividere la stessa stanza. In qualche modo si sentivano legati essendo gli unici sei studenti della Dalton Academy ad essere dotati di poteri sovrannaturali e poi, negli ultimi tempi, erano stati anche compagni di sventura e, perché no, forse anche amici.
In un’ora i sei ragazzi riuscirono a farsi una doccia e a cambiarsi con abiti caldi. Jeff, il più malaticcio di tutti, aveva già una bella tosse.
«Ragazzi, io non scendo in salotto, resto qui», asserì Blaine.
«Sicuro?», chiese Jeff perplesso.
«Sicuro», rispose Blaine con un lieve sorriso.
Il vecchio compagno di stanza di Blaine subito capì perché non voleva scendere e non poté non sorridergli.
«Ragazzi, andiamo», li incitò Trent.

Dopo qualche minuto, Blaine si ritrovò tra le braccia di Kurt.
«Sei tornato», mormorò Blaine emozionato.
«Blaine, l’ultima volta che ci siamo visti è stato proprio stanotte!», ridacchiò il ragazzo.
«Temevo non potessi raggiungermi qui», spiegò il moro.
«Ma io sono legato a te, ricordi?», disse Kurt con un grande sorriso.
Blaine annuì. Con la mano sfiorò leggermente le delicate guance di Kurt. Il moro unì le loro labbra in un dolce bacio.
«Aspetto uno così da una vita», mormorò Blaine tra un bacio e l’altro.
«Cosa vuoi dire?», chiese Kurt incuriosito.
«Vuol dire che non ho mai amato nessuno prima di te», spiegò semplicemente il moro.
«Lo sai, nemmeno io ho mai amato nessuno prima di te», svelò Kurt con un dolce sorriso, poi ad un certo punto cambiò argomento e disse allarmato: «Oh, Blaine, hai le labbra così fredde, perché non vai giù a bere qualcosa di caldo?».
«Mi stai cacciando?», ridacchiò Blaine.
«Oh, no, ma non credo che un fantasma come me riesca a riscaldarti», rispose Kurt sarcastico: «Sai, ho le labbra più fredde delle tue».
«Ma mi piace così tanto stare con te», sussurrò Blaine sincero accarezzandogli i capelli.
«Anche a me, ma non voglio che a causa mia ti venga un bel raffreddore», rispose Kurt con un sorriso: «Ci vediamo dopo».

«Quindi questa villa risale all’Ottocento?», chiese interessato David Thompson, un Warbler nonché migliore amico – e fidanzato – di Wes.
«Esattamente, proprio così», rispose Quinn sorseggiando lentamente il suo tè, poi si rivolse a Wes e domandò: «Ragazzi, allora? Come mai non siete alla Dalton?».
«Quinn cara, come già ti ho detto è una storia un po’ lunga», esordì Wes.
«Sono tutta orecchi», insistette la biondina.
«Okay», rispose Wes: «Hai presente tutte quelle dicerie sulla Dalton Academy?».
«Sì, quelle bufale», confermò Quinn.
«Ehm, Quinn, in realtà non sono bufale…».
«Cosa?», Quinn sgranò gli occhi. Sembrava stupefatta.
«La Dalton Academy è un riformatorio…».
«Cosa? La Dalton Academy è una prestigiosa scuola maschile!», asserì Quinn convinta.
Wes scosse il capo.
«Oh, Wes, non dirmi che è vera anche quella diceria che raccontava che gli studenti venivano puniti in modi brutali!», esclamò Quinn allarmata.
Nessuno rispose: lo sguardo di ogni Warbler diceva tutto.
«Quindi era tutto vero? Torture, frustate…».
Quinn non riusciva a proseguire. Era visibilmente inorridita.
A sentire quelle parole, Jeff ebbe un brivido. Quelle parole richiamavano brutti, bruttissimi ricordi, e anche recenti dal momento che le ultime torture le aveva ricevute qualche giorno prima.
«Ragazzi, mi dispiace tantissimo», ammise Quinn sinceramente dispiaciuta, poi disse: «Ma com’è possibile che in un riformatorio siano concesse queste cose orribili?».
«Me lo chiedo anch’io», intervenne Sebastian.
«E ora perché siete qui?», chiese la ragazza stranita: «Siete scappati?».
«Esattamente», rispose Wes.
«Perché non li denunciate?», obiettò Quinn.
«Io e James già ci provammo», si intromise Nicholas Hudson, un altro Warbler: «Non abbiamo mai risolto nulla».

Circa venti minuti dopo, i ragazzi ritornarono nelle loro nuove camere.
«Io sto morendo di sonno», mormorò Jeff mezzo addormentato buttandosi sul suo nuovo letto: «’notte a tutti».
Proprio in quel momento comparve Kurt.
«Kurt!», esclamò Blaine svegliando Jeff.
«Kurt, il fantasma?», chiese Sebastian incredulo: «Aspetta, mi sembra di averti già visto…».
«Sì, quando mi hai visto eri posseduto dal capo dei demoni», spiegò Kurt con naturalezza.
Sebastian annuì. Il demone aveva appena detto delle cose molto brutte a Thad per poi entrare nella stanza di Blaine e di Trent per infastidire Kurt.
Il francese si incupì: si sentiva ancora in colpa per tutto ciò che aveva combinato quando era stato posseduto. Thad se ne accorse e gli accarezzò leggermente la schiena per tranquillizzarlo.
«Io ho una bella notizia da annunciare», disse all’improvviso Blaine gioioso.
Jeff e Trent giurarono di non aver mai visto Blaine così felice.
«Dicci», lo incitò Trent con un sorriso.
«Beh, ecco, non so come dirlo… cioè, io…».
«Io e Blaine stiamo insieme!», lo interruppe Kurt allegro.
«Oh, che bella notizia!», cinguettò Jeff abbracciando il suo amico.
Sebastian sorrise.
Come fanno un fantasma e un umano a stare insieme?, pensò Thad stranito, ma tralasciò quel particolare e sorrise anche lui.
«Jeff, avevi sonno, scusami, ora vad…».
«No, ma che dici, sono così felice per voi!», esultò Jeff sincero, anche se stava dormendo in piedi.
«Vabbè, io e Kurt possiamo pure andare in bagno a parlare», disse Blaine.
«Parlare, sì, certo», ridacchiò Thad beccandosi le occhiatacce di tutti.
«Dicevo…», continuò Blaine leggermente irritato per l’interruzione: «Io e Kurt andiamo a parlare in bagno, quindi voi potete fare tutto quello che volete».
Quella frase leggermente ambigua provocò il rossore sui volti di Nick e Jeff.
«Andiamo, ragazzi, pensate davvero che io non sappia niente?», fece Blaine seccato.
«Di cosa?», chiese Jeff ingenuo.
«Si capisce pure ad un chilometro di distanza che tu te la spassi con Duval e che Smythe se la spassa con Harwood», rispose semplicemente Blaine con un sorriso enigmatico.
«Solo io non avevo capito niente?», ridacchiò Kurt.
«A quanto pare sì», sorrise Blaine catturando le sue labbra in un bacio e andando a parlare con lui in bagno.

 

Angolo Autrice


Buonasera a tutti! :)
Ecco a voi il sequel di "Welcome to Dalton Academy, Sebastian Smythe"!
Ed ecco a voi un nuovo personaggio, Quinn Fabray, la domestica di Villa Montgomery ;) Nel prossimo capitolo scopriremo qualche altro domestico! ;)
In questo capitolo abbiamo un po' di Niff, un po' di Thadastian e tanta, tanta attesa Klaine *---* C'è anche un minuscolo accenno Wevid (Wes+David xD).
Ringrazio tutti coloro che leggeranno, al prossimo capitolo! :D

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Cit. 2 – Il giardino di Villa Montgomery è curato dalle nove del mattino sino a mezzogiorno ***


Cit. 2 – Il giardino di Villa Montgomery è curato dalle nove del mattino sino a mezzogiorno
 
Sebastian, abituato agli orari della Dalton Academy, si svegliò alle sette. Non vide Thad, né nel proprio letto né nel suo. Blaine dormiva beatamente, Trent russava e Nick e Jeff dormivano l’uno abbracciato all’altro.
Sebastian pensò stesse in bagno, perciò aspettò qualche minuto, ma Thad non tornava.
«Thad?», domandò il francese bussando lentamente alla porta del bagno.
Nessuna risposta. Il ragazzo aprì la porta e non vi trovò nessuno.
Una brutta sensazione incominciò ad impossessarsi di lui.
 
In quei quattro anni trascorsi alla Dalton non era riuscito a parlare con nessuno di loro.
A quattordici anni scoprì di poter parlare con loro. Era un giorno come tutti gli altri quando ad un certo punto sentì qualcuno chiamarlo. Thad percepiva qualcosa, qualcuno, finché non perse conoscenza. Si ritrovò a parlare con una ragazza morta anni prima, e ciò accadde anche i giorni successivi finché non venne iscritto a quel “manicomio” chiamato Dalton Academy.
Thad voleva scoprire meglio i suoi poteri ed era per questo che stava già da qualche ora nel cimitero di famiglia di Villa Montgomery. Forse con la giusta concentrazione – e trovandosi anche in un posto adatto – avrebbe potuto capire qualcosa in più.
Ad un tratto due braccia forti e sicure gli cinsero delicatamente la vita.
«Eccoti», gli sussurrò una voce inconfondibile baciandolo dolcemente sul collo: «Mi hai fatto prendere uno spavento, sai?».
«Scusami, non volevo svegliarti», asserì Thad sincero beandosi dei baci del suo ragazzo: «Sono qui dalle cinque del mattino».
«Dalle cinque? E perché?», chiese Sebastian stranito.
«Non avevo molto sonno, e poi vorrei capire meglio e approfondire i miei poteri», spiegò Thad: «Alla Dalton non ho mai avuto occasione di utilizzarli. Vorrei tanto parlare con i miei papà…».
Sebastian notò la tristezza del suo ragazzo e lo strinse più forte a sé.
«Secondo me un giorno riuscirai a parlargli», ammise il francese: «Secondo me devi soltanto fare un po’ di pratica… a quanto pare è da tanto che non hai un contatto con i defunti, giusto?».
Thad annuì impercettibilmente.
«Devo concentrarmi», mormorò l’ispanico, ma sembrò che lo stesse dicendo più a se stesso che a Sebastian.
«Allora concentrati», sussurrò dolcemente il francese baciandogli leggermente le labbra.
«Sarà difficile concentrarmi con un ragazzo magnifico come te che continua a baciarmi», rispose Thad con un lieve sorriso.
«Non voglio lasciarti da solo, i cimiteri sono inquietanti», ammise Sebastian osservando una lapide.
«Non è vero. I cimiteri sono un po’ tristi, sì, ma sono luoghi tranquilli», rispose Thad.
Sebastian annuì leggermente per poi baciare la guancia di Thad.
«Okay, ora vado, altrimenti veramente ti distraggo», disse il francese con un sorriso enigmatico.
«Sebastian…», gli sussurrò Thad sulle labbra per poi catturarle in un bacio intenso e passionale: «… ti amo».
«Anch’io», rispose il ragazzo con un sorriso per poi andare via.
 
Erano le nove del mattino quando Jeff, mano nella mano con il suo ragazzo, passeggiava per il giardino di Villa Montgomery.
«Io ancora non riesco a crederci», mormorò Jeff ad un certo punto: «Non riesco a credere al fatto che siamo veramente fuggiti dalla Dalton…».
«Nemmeno io», ammise Nick, poi aggiunse: «ma l’unione fa la forza, me l’ha insegnato un ragazzo meraviglioso. Per caso lo conosci?».
Jeff ammiccò un sorriso. Nick lo spinse delicatamente contro un albero del giardino e lo baciò dolcemente sulle labbra.
«Ehi, ragazzi, siete così dolci, ma dobbiamo estirpare le erbacce, quindi via di qui!», li interruppe una voce non molto amichevole.
I ragazzi si voltarono e, rossi in viso, videro quello che era un bel ragazzo alto con la cresta e gli occhi scuri.
«Puck, piantala!», lo ammonì un’altra voce. Quest’ultima apparteneva ad un bel ragazzo biondo con le labbra piene e gli occhi chiari.
«C-c-chi siete?», farfugliò Jeff staccandosi da Nick.
«Piuttosto voi chi siete!», bofonchiò il ragazzo con la cresta beccandosi un’occhiataccia del biondo.
«Piacere di conoscervi, io sono Sam Evans, il giardiniere di Villa Montgomery», rispose il biondo con un sorriso caloroso: «Lui è Noah Puckerman, ma chiamatelo Puck, ed è il mio assistente».
«So ancora parlare», mugugnò Puck.
«Siete due Warblers, giusto?», domandò Sam ignorando la domanda del suo amico.
«Sì», rispose pronto Nick: «Siamo compagni di Wes».
«Sì, Wes ci ha spiegato tutto», confermò Sam, poi disse sincero: «Mi dispiace davvero tanto per ciò che vi hanno fatto… Wes ci ha raccontato come vi trattavano…».
«Non fa nulla», tagliò corto Nick.
 
Trent aveva deciso di lasciare Blaine e Kurt da soli, perciò scese in salotto. Vi trovò la domestica Quinn.
«Ciao», lo salutò la ragazza con un dolce sorriso.
Non seppe perché, ma Trent arrossì vistosamente.
«Salve», rispose Trent con un sorriso imbarazzato.
«Dormito bene?», chiese la domestica premurosa.
«Sì, lei?», chiese Trent incapace di dire qualcosa di sensato.
«Ehi, perché mi dai del lei? Ho soltanto diciotto anni!», ridacchiò Quinn facendo arrossire ancora di più il povero Trent: «Comunque sì, tutto bene. Com’è che ti chiami?».
«Trent Nixon», rispose pronto il ragazzo.
«Piacere di conoscerti», asserì la domestica con un adorabile sorriso che lo fece sciogliere e porgendogli la mano.
Trent, titubante, accettò la stretta.
«Spero vi troverete bene qui a Villa Montgomery», disse Quinn: «Da quanto ho capito la Dalton Academy deve essere una specie di prigione…».
«Sì, quel posto è orribile», ammise Trent: «Spero di non tornarci mai più».
«Lo spero anch’io», affermò la domestica con un dolce sorriso.
 
La mattinata trascorse in modo tranquillo. Si respirava un clima sereno, ma Jeff, come al solito, non la pensava allo stesso modo. Era inquieto e impaurito e non sapeva perché.
Quel pomeriggio, alcuni Warblers si erano radunati nella biblioteca di Villa Montgomery. Nick era piuttosto pensieroso.
«Nick! Nick!», la voce del suo ragazzo fece tornare Nick alla realtà.
«Che c’è, Jeff?».
«Leggi qua», gli intimò il ragazzo sedendosi accanto a lui.
Nick lesse dove gli era stato indicato:
 
Di recente, l’istituto maschile Dalton Academy di Westerville è stato protagonista di un episodio di violenza. Jake Smith, trentaquattro anni, armato di pistola, si è spacciato per parente di uno studente e ha tentato di ucciderlo. Nella rissa è intervenuto un altro studente, Jeff Sterling, anni 17, che, per difendere l’amico, è stato sparato e portato d’urgenza all’ospedale. Il ragazzo è stato dimesso il 1° novembre. Oggi, 3 novembre 2012, il suo aggressore è stato ritrovato ed è stato arrestato. L’uomo era già stato arrestato precedentemente per omicidio.
 
«Non potrà più farci del male», esclamò Jeff con un sorriso trionfante.
«È già scappato una volta, può farlo anche una seconda», asserì Nick freddo.
«Non penso che se lo lasceranno scappare di nuovo», cercò di rassicurarlo il biondo.
 
Sebastian e Thad stavano camminando per i corridoi.
«Quindi niente?».
«Niente di niente. Forse avrò perso i miei poteri», asserì Thad afflitto.
«Ma che dici! Non penso si possano perdere i poteri…», ammise Sebastian: «Secondo me hai soltanto bisogno di allenamento e concentrazione. Forse oggi non è il tuo giorno…».
«Speriamo», mormorò il ragazzo.
Sebastian baciò dolcemente la guancia di Thad.
«Andrà tutto bene, vedrai», gli sussurrò il francese.
Thad annuì debolmente.
«Che caldo», mormorò ad un certo punto Thad liberandosi della propria sciarpa: «È strano, stamattina faceva un freddo…».
«Non fa caldo», asserì Sebastian gelido.
Sebastian conosceva bene quella sensazione. Non era semplice calore.
Non erano soli.
 

 

Angolo Autrice


Buonasera a tutti! :)
Ecco a voi il secondo capitolo del sequel ed ecco a voi due nuovi personaggi: Sam e Puck, i giardinieri di Villa Montgomery! :D
Diciamo che è un capitolo abbastanza tranquillo, eccetto per la fine D:
Ringrazio tutti coloro che leggono e recensiscono! :D Al prossimo capitolo! ;)

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Cit. 3 – Villa Montgomery è grande e dispersiva ***


Cit. 3 – Villa Montgomery è grande e dispersiva
 
«Seb?», chiese Thad perplesso.
«Shh», lo zittì il francese.
Il caldo si fece sempre più forte e intenso. Il demone era vicino.
«Sii cauto», lo raccomandò l’ispanico premuroso.
Sebastian annuì lentamente, ma non vedeva nessun demone. D’un tratto per il corridoio passarono quattro Warblers: Wes, David, Flint e un ragazzo con i capelli neri di cui Sebastian non ricordava il nome.
Non c’era nessun demone.
«Non c’è», asserì Sebastian quasi deluso.
«Forse ti sei soltanto impressionato…», provò a spiegargli Thad.
«Ma era così reale…», commentò Sebastian: «Bah».
 
«Nick! Nick!», una voce allarmata chiamò il ragazzo.
«Jeff, cos’è successo?», domandò il moro preoccupato.
«Ho… avuto… una… visione!», rispose Jeff ansimante: «Nella visione c’era un ragazzo, credo un Warbler, che ammetteva di poter vedere i demoni…».
«Sebastian?», chiese Nick perplesso.
«No, un altro. Non ricordo il suo nome», asserì il biondo.
«Impossibile», sentenziò Nick: «Solo noi sei abbiamo poteri sovrannaturali…».
«Le mie visioni si sono sempre avverate», affermò Jeff.
«Sì, può essere che ci sarà un ragazzo che ammetterà di poter vedere i demoni, ma può darsi anche che quella che dirà sarà una bugia, no?».
«Perché dovrebbe mentire?», chiese il biondo incredulo.
«Questo non lo so».
 
Sebastian, ancora confuso per quello che era successo poco prima, si recò al cimitero di Villa Montgomery con Thad.
«Lo sai, sto incominciando a pensare ad una cosa», asserì ad un certo punto l’ispanico.
«Cosa?», chiese il francese.
«Secondo me abbiamo perso i nostri poteri».
«Che?!».
«Io non riesco più a mettermi in contatto con i defunti e tu, a quanto pare, hai dei falsi allarmi…».
«Ma che dici!», lo rimproverò Sebastian: «Sarà stata una coincidenza, non preoccuparti».
Thad annuì lentamente. Ci fu un lungo silenzio che il ragazzo sfruttò per poter concentrarsi, con la speranza di poter riuscire nel suo intento.
«Il cimitero è proprio un bel luogo per una coppia di fidanzati», asserì una voce sarcastica.
Thad e Sebastian si voltarono e videro un bel ragazzo alto con capelli neri e profondi occhi scuri. Il francese riconobbe in lui il ragazzo che aveva intravisto nei corridoi della villa con Wes, David e Flint.
«Chi sei?», gli chiese Thad leggermente infastidito dell’interruzione.
«Peter Kingson», rispose il ragazzo con uno strano sorriso stringendo la mano di Thad: «Un Warbler esattamente come voi due. Tu sei…?».
«Thad Harwood».
«Tu sei Sebastian Smythe, vero? Quello che vede i demoni».
«C-c-che ne sai tu?», farfugliò Sebastian confuso.
«Semplice, anch’io posso vedere i demoni», rispose il ragazzo con un sorriso smagliante.
Sebastian e Thad si guardarono perplessi.
«Tu puoi vedere i demoni?», domandò Thad stranito.
«Proprio così», confermò Peter.
 
Blaine non usciva quasi mai dalla sua stanza.
«Mi chiedo come hai fatto a vivere tutti questi anni senza di me», scherzò il ragazzo.
«Che stupido che sei!», ridacchiò Kurt divertito, poi aggiunse serio: «In effetti me lo chiedo anch’io… stavo seriamente rischiando di impazzire con la mia vita di fantasma…».
«Ti amo tantissimo», sussurrò Blaine sincero catturando le labbra di Kurt in un bacio dolce e travolgente allo stesso tempo.
«Anch’io», rispose Kurt approfondendo il bacio del suo ragazzo.
Ad un certo punto la porta si aprì. Blaine si staccò delicatamente da Kurt e imprecò mentalmente quando vide comparire Sebastian e Thad sulla soglia della porta.
«Che cosa volete, sentiamo?!», grugnì Blaine irritato.
«C’è un ragazzo che può vedere i demoni», asserì Sebastian.
«Quello sei tu», obiettò Kurt.
«Oltre me, intendo», specificò il francese.
«Si chiama Peter», aggiunse Thad: «Peter Kingson».
«Ah, sì, è un Warbler», confermò Blaine.
«Ma è impossibile», insistette Thad: «Noi sei siamo gli unici ad avere questi poteri, no?».
«In effetti lo pensavo anch’io», confermò Kurt: «Beh, forse siete in sette… qual è il problema?».
«C’è un ragazzo che può vedere i demoni, l’ho visto in una visione!», si intromise Jeff entrando nella stanza assieme a Nick.
«Sì, lo sappiamo», asserì Thad: «Un certo Peter Kingson…».
«Questa cosa non mi quadra», sentenziò Nick.
«Nemmeno a me», confermò Thad.
 
Trent aveva già deciso che Villa Montgomery gli piaceva, e anche molto. Era enorme, piena di corridoi e di stanze ed era facile perdersi, e fu proprio ciò che accadde.
Si trovava in un corridoio mai visto prima e non sapeva come arrivare alla propria stanza. Camminò avanti e indietro, ma niente. Ad un certo punto incontrò una ragazza bassina molto carina dai tratti asiatici e un ragazzo su una sedia a rotelle.
«Ciao!», lo salutò allegramente la ragazza: «Come ti chiami?».
«Ciao, sono Trent Nixon», rispose il ragazzo, poi aggiunse timidamente: «Mi… mi sono perso».
«Oh, io sono Tina Cohen-Chang, una delle domestiche. Piacere di conoscerti!», asserì la ragazza con un sorriso.
«Piacere, Trent, io sono Artie Abrams, il responsabile della villa», rispose il ragazzo, anche lui con un sorriso: «Non ti preoccupare, ora ti accompagniamo subit…».
«Ciao, Trent!», lo interruppe una voce dolce e soave.
Trent abbozzò un sorriso e inevitabilmente arrossì.
«Lo posso accompagnare io», disse Quinn gentilmente a Tina e Artie.
«Va bene», affermarono i ragazzi andando via.
«Trent, tutto bene?», gli chiese la ragazza premurosa.
«Sì, certo, tutto bene», rispose lui mordendosi il labbro inferiore.
«Qual è la tua camera?», domandò Quinn.
«Ehm, quella con Blaine, Jeff, Sebas…».
«Ah, sì, ho capito. Ti trovi bene con quei ragazzi?».
«Sì, perché non dovrei?», chiese Trent incredulo.
«No, è che mi sono state dette delle cose su un certo Thad Harwood e un certo Nick Duval… me ne hanno parlato molto male», svelò la ragazza.
«Che stupidi!», imprecò Trent sottovoce. Doveva ammettere che Thad e Nick non gli erano mai piaciuti, ma ormai si era affezionato un po’ anche a loro: «Io penso semplicemente che erano due studenti davvero in gamba. Thad era un ribelle, e Nick non era da meno».
Quinn annuì lentamente.
«Posso sapere chi è il Warbler che ti ha parlato di loro?», chiese Trent incuriosito.
«Non ricordo il suo nome, mi sembra un certo Peter», asserì la ragazza.



Angolo Autrice


Buonasera a tutti! :)
Ecco a voi il terzo capitolo del sequel! :D 
Mi dovete scusare per il "piccolo" ritardo: dovete sapere che compiti+blocco dello scrittore formano un'accoppiata terribile! D: 
Ed ecco a voi altri due nuovi personaggi di Glee: la nostra Tina e il nostro Artie. :)
Ed ecco a voi anche un personaggio tutto nuovo, Peter Kingson... ;)

Thad pensa che lui e Sebastian abbiano perso i loro poteri... sarà vero? D:
Ringrazio tutti coloro che leggono e recensiscono, siete fantastici! :D Al prossimo capitolo! ;)

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Cit. 4 – Villa Montgomery è un luogo rigorosamente protetto ***


Cit. 4 – Villa Montgomery è un luogo rigorosamente protetto
 
«Allora? Che cosa ti importa di loro?», chiese il ragazzo.
«Come che cosa mi importa?! Ovvio che mi importa!», rispose l’altro infastidito.
«Andiamo, non fare lo stupido», insistette il ragazzo cingendolo per la vita: «Entrambi possiamo vedere i demoni… insieme saremmo una forza».
«No».
«Come, scusa?», il ragazzo, con uno sguardo interrogativo, fissò l’altro profondamente negli occhi.
Non passò nemmeno un secondo che le sue labbra si erano già impossessate di quelle dell’altro.
 
Jeff venne svegliato dal respiro irregolare del suo fidanzato.
«Nick», gli sussurrò ancora mezzo addormentato: «Tutto bene?».
«Sì, solo uno strano sogno…», mormorò il ragazzo stranito.
«Raccontamelo», insistette il biondo.
«Nel sogno c’erano Sebastian e un ragazzo mai visto prima», spiegò il moro: «Non ho capito ben molto di quel che si sono detti… lui ammetteva di poter vedere i demoni… e alla fine si sono anche baciati…».
Jeff aggrottò le sopracciglia.
«Che sogno strano», commentò il biondo perplesso: «Davvero strano…».
«Dovremmo raccontarlo a Sebastian e agli altri», asserì Nick.
«Ora?».
«No, ora lasciamoli dormire».
«Okay».
Passò qualche minuto e nessuno dei due riuscì a riaddormentarsi.
«Nick», gli sussurrò ad un certo punto Jeff.
«Dimmi».
«Stai dormendo?».
«No, come posso dormire se ti sto rispondendo!», ridacchiò il moro.
«Si può anche dormire e rispondere contemporaneamente», si giustificò il biondo, poi disse: «Comunque volevo semplicemente dirti che ti amo».
«Lo so già, e poi come si fa a non amarmi!», scherzò Nick.
«Idiota…», mormorò Jeff con un tenero sorriso.
Nick unì le loro labbra in un dolce bacio.
«Ti amo anch’io, idiota», gli sussurrò Nick sulle labbra.
Jeff lo spinse leggermente verso il cuscino e lo baciò sulle labbra sempre con più foga e passione. Lo baciò dolcemente sul collo e gli sfilò leggermente la maglietta per poi fermarsi: solo in quel momento realizzò che non erano più soli in camera come alla Dalton Academy.
«Che c’è?», gli chiese Nick leggermente confuso.
«In camera ci sono Blaine, Trent, Seb e Thad…», rispose timidamente il biondo.
«Possiamo andare da un’altra parte», gli suggerì il moro con un bacio.
 
Sebastian si svegliò, e questa volta Thad era tra le sue braccia. Sebastian contemplò il suo ragazzo e pensò fosse bellissimo anche quando dormiva.
Gli accarezzò dolcemente i capelli e aspettò che si svegliasse. Dopo qualche minuto, Thad sbatté leggermente le palpebre per poi attirare il volto di Sebastian al suo.
«Buongiorno, amore», gli sussurrò sulle labbra per poi posargli un lieve bacio.
«Buongiorno anche a te», rispose il francese ricambiando il bacio.
«Buongiorno a tutti!», li salutò una voce.
Sebastian, leggermente rosso in viso, si voltò e scorse Trent.
«Ciao, Trent», lo salutarono i due ragazzi con un sorriso.
In quel momento Blaine e Kurt uscirono dal bagno.
«Buongiorno. Dormito bene, ragazzi?», chiese Blaine ai suoi amici.
I ragazzi annuirono.
«Ma dove sono Nick e Jeff?», chiese Kurt incredulo.
Thad ridacchiò leggermente, ma nessuno rispose.
«Allora?», insistette Blaine.
«Saranno andati a dormire da qualche altra parte», rispose l’ispanico.
 
Quella mattina, Sebastian e Thad si avventurarono in biblioteca. Erano alla ricerca di qualche libro che potesse parlare di demoni, morti e poteri sovrannaturali.
Ad un tratto il francese percepì di nuovo una presenza.
«Questo demone si nasconde molto bene», mormorò Sebastian sprezzante.
«Di nuovo?», chiese Thad leggermente agitato.
Sebastian annuì debolmente. Camminò circospetto per i corridoi della biblioteca e Thad lo seguì. Il francese si girava a destra, a sinistra, guardava in alto, in basso, ma niente: nessun demone, neanche un segno del suo passaggio. Niente di niente.
«Hey, ciao!», una voce lo riportò alla realtà.
Appoggiato a degli scaffali c’era Peter Kingson, il ragazzo che aveva affermato di poter vedere i demoni.
«Ciao», risposero i ragazzi.
«Bas, ti va se ci facciamo due chiacchiere? Se hai da fare non fa niente», gli chiese Peter gentilmente.
Hey. Bas. Chiacchiere.
Thad arricciò leggermente il naso.
Quanta confidenza!, pensò l’ispanico irritato.
Sebastian si voltò verso il suo fidanzato come per chiedergli il permesso, ma non ce n’era bisogno: Thad, anche se infastidito, si fidava di lui.
«D’accordo, ma facciamo veloce», rispose il francese con altrettanta gentilezza.
Peter uscì dalla biblioteca e Sebastian lo seguì.
 
«Vorrei parlarti di una cosa», asserì Peter: «Credo proprio che solo tu possa capirmi…».
«Dimmi, ti ascolto», lo incitò Sebastian.
«Ultimamente avverto delle presenze qui a Villa Montgomery… sento come se anche qui ci fossero dei demoni, ma alla fine non ne vedo nemmeno uno».
«Incredibile, la stessa cosa succede anche a me!», disse il francese meravigliato.
«Secondo me siamo tutti in pericolo. La villa è infestata dai demoni, ne sono certo».
«Potrebbe essere?», chiese Sebastian incredulo: «Mica i demoni possono essere riusciti a seguirci fin qui?».
«I demoni possono essere legati a luoghi, oggetti o persone, un po’ come i fantasmi», spiegò Peter: «Solitamente i demoni sono vincolati alle persone che hanno posseduto».
Sebastian deglutì rumorosamente: lui era stato posseduto da Santana, ma anche da David Karofsky, il capo dei demoni.
«Secondo me possiamo sconfiggere i demoni», asserì Peter ad un tratto.
«Come?», chiese il francese perplesso.
«Seguimi: ti mostrerò le mie teorie».
 
«Nick!», Jeff, affannato, corse verso Nick.
«Cos’è successo?», rispose il suo ragazzo leggermente allarmato.
«Hai visto?!».
«Che cosa?».
«Sebastian stava con un ragazzo che decisamente non era Thad!», spiegò Jeff tutto d’un fiato.
«Calmati, forse…».
«… e tu hai sognato che Sebastian baciava un ragazzo che non era Thad!», lo interruppe il biondo, poi lo incitò: «Forza, Nick: dobbiamo seguirli!».




Angolo Autrice


Buon pomeriggio a tutti! :)
Ecco a voi il quarto capitolo del sequel! :D Scusatemi per il ritardo, ma credo proprio che aggiornerò più lentamente :( Spero almeno di scrivere e pubblicare un capitolo ogni fine settimana (il problema sono i compiti, compiti e ancora compiti... uff D:).
Il capitolo inizia con il sogno di Nick e con una bella scena Niff *---* Il capitolo finisce sempre con i Niff, ma in un altro contesto: Jeff vuole seguire Sebastian e Peter. Quali saranno le teorie di Peter?
Ringrazio tutti coloro che leggono e recensiscono! :D Al prossimo capitolo! (che spero arrivi entro sabato o domenica prossima! :3) ;)

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Cit. 5 – Villa Montgomery dispone di molti oggetti antichi, come gli specchi d’epoca ***


Cit. 5 – Villa Montgomery dispone di molti oggetti antichi, come gli specchi d’epoca
 
«Perché non hai parlato del sogno a Seb e agli altri?», sbottò Jeff: «Ma mi dici cosa ti passa per la testa, Nick?!».
«Stamattina non ho avuto occasione di incontrarli, se ti ricordi stanotte non eravamo in camera», rispose semplicemente Nick provocando il rossore sul volto del fidanzato.
«Sì, okay», tergiversò Jeff: «Seguiamo quei due ora».
 
«Dove stiamo andando?», chiese Sebastian insospettito.
«In camera mia», rispose semplicemente Peter.
«In camera tua?», ripeté il francese incredulo.
«Sì», tagliò corto il ragazzo.
Peter portò Sebastian per un corridoio della grande Villa Montgomery per poi bussare ad una porta.
«Un attimo!», rispose quella che doveva essere la voce di Wes.
Peter, impaziente, attese per circa cinque minuti.
«Montgomery, se non apri subito questa porta giuro che la sfondo all’istante, e non mi interessa che questa è casa tua!», lo minacciò Peter tra il divertito e l’infuriato allo stesso tempo.
La porta venne finalmente aperta da Wes e i due ragazzi notarono che aveva la camicia sbottonata.
«Volevate qualcosa?», domandò il ragazzo con un timido sorriso.
«Tu e Thompson potete andare un attimo via? Devo mostrare delle cose a Smythe», gli chiese gentilmente Peter.
«Sì, ma…», Wes si fermò, poi mormorò serio: «Sebastian è impegnato».
Il francese sgranò leggermente gli occhi. Dove volevano arrivare quei due?
«Perché pensi sempre male?», asserì Peter.
«Allora vi lascio soli?», chiese Wes premuroso cercando il consenso sul viso di Sebastian.
«Certo», rispose infine il francese.
«Okay, allora ciao!», li salutò Wes e, insieme al fidanzato David, andò via dalla camera.
Peter chiuse la porta e, con un sorriso che a Sebastian non piacque affatto, disse:
«Ora siamo soli».
«Sì, l’ho notato», rispose il francese sarcastico.
«Bene, ora ti mostro quello che ti avevo accennato», continuò Peter sempre con uno strano sorriso in volto.
«Dimmi», lo incitò Sebastian: voleva subito uscire da quella stanza.
«Come già ti ho detto, credo che possiamo sconfiggere i demoni una volta e per sempre», disse il ragazzo prendendo qualcosa dall’armadio: «Guarda qua».
Peter mostrò un piccolo specchio a Sebastian.
«Ma… ma non c’è il mio riflesso!», asserì Sebastian sbalordito.
«È ovvio! Qui dentro alberga lo spirito di un demone. Ora non può più uscire dallo specchio», disse Peter con un sorriso: «L’ho catturato. L’ho sconfitto».
«Sconfitto?», il francese sembrava non credergli: «È morto?».
«In un certo senso sì», rispose Peter: «Bisogna avere specchi sufficienti, tutto qui! Riusciremo a scacciare i demoni di qui, vedrai».
«Ma come si fa?», insistette Sebastian perplesso.
«Esperienza», rispose semplicemente il ragazzo: «Però posso sempre insegnartelo. Solo noi due possiamo farlo siccome siamo gli unici a vedere i demoni».
Sebastian annuì lentamente.
«Scusami, Peter, non dirmi niente ma Thad mi sta già aspettando da un bel po’…», si scusò ad un certo punto il francese.
«Ah, sì, Harwood, il tuo ragazzo», disse lui con un sorriso enigmatico, poi disse quasi dolcemente: «Vai subito da lui, potrebbe aver sentito la tua mancanza».
«Io lo uccido!», mormorò una voce.
Sebastian riconobbe quella voce: sembrava quella di Nick.
Peter si avvicinò alla porta e l’aprì.
«Salve, ragazzi. Non credevo ci fosse uno spettacolo in camera mia alle dieci del mattino», disse loro Peter divertito fingendo di controllare un orologio immaginario.
Nick riconobbe in Peter il ragazzo del sogno.
«Stai lontano da Sebastian», gli intimò Nick minaccioso.
«Scusatemi, che cosa avrei fatto?», domandò Peter perplesso trattenendo le risate: gli faceva ridere quel tappetto di Duval.
«Tu hai…», Jeff non riuscì a completare la frase.
«Ragazzi, Peter mi stava parlando dei demoni», li tranquillizzò Sebastian: «È tutto okay, credetemi».
«Già, né io né Sebastian ci chiamiamo Nick Duval, quindi non c’è niente di cui preoccuparsi!», completò Peter con un sorriso.
Nick avrebbe soltanto voluto dargli un pugno in faccia.
«Che cosa vorresti insinuare?», domandò Jeff arrabbiato.
«Tralascia, bel biondino», concluse Peter.
«Peter, tratta bene i miei amici!», lo ammonì Sebastian.
Nick restò leggermente spiazzato da quell’affermazione.
Amici…ancora non si raccapezzava del fatto di avere degli amici.
«Okay, scusatemi», si scusò infine Peter con un sorriso persuasivo: «A volte sono un po’ sgarbato…».
«Me se sono accorto», disse Nick freddo, poi si rivolse verso Sebastian e gli intimò: «Seb, andiamo».
«Ciao, Bas. Ci si vede», lo salutò Peter.
 
«Tu mi devi dire che cosa ci facevi lì in camera con quel tizio!», asserì Nick adirato tutto d’un fiato.
«Calmati, Duval…», lo tranquillizzò Sebastian: «Quel tizio era Pet…».
«Tu e quel tizio vi siete baciati, vero? Ammettilo! Non puoi mentirci», continuò il moro imperterrito.
«Io e lui? Cosa?! Ma sei ammattito, Nick?!», ribatté Sebastian sorpreso.
«Nick l’ha sognato… dicci la verità, Sebastian. Fai più bella figura», disse tranquillamente Jeff.
«O Santo Cielo, ragazzi! Io non ho baciato proprio nessuno! Peter doveva soltanto dirmi alcune cose sui demoni», spiegò Sebastian: «e poi non tradirei mai Thad… lo amo tantissimo».
A quelle parole Jeff sorrise teneramente: Sebastian sembrava davvero sincero.
«Duval, cosa avresti sognato esattamente?», gli chiese ad un certo punto il francese incuriosito.
«Peter che vaneggiava», rispose Nick sbuffando: «Diceva cose tipo insieme saremmo una forza e così via. Poi ti ha baciato…».
«I tuoi sogni si avverano sempre?», insistette Sebastian.
«Per ora sembra di sì, però alla Dalton mi è capitato di sognare alcune cose che non si sono avverate», rispose il moro.
«Tipo?», chiese Jeff perplesso.
«Blaine che diventava un fantasma…».
Sebastian, incredulo, aggrottò le sopracciglia. Jeff, invece, sembrava piuttosto sconcertato.



Angolo Autrice


Buona domenica a tutti! :D
Non c'è molto da dire su questo capitolo... Peter rivela a Sebastian che gli specchi servono per catturare i demoni... :/ E Nick rivela di aver sognato in passato Blaine che diventava fantasma... D:
Ringrazio tutti coloro che leggono e recensiscono! :) Al prossimo capitolo! :D


 

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Cit. 6 - La biblioteca di Villa Montgomery è accessibile a qualsiasi ora ***


Cit. 6 –  La biblioteca di Villa Montgomery è accessibile a qualsiasi ora

La Dalton Academy era diventata una sorta di cimitero. I demoni avevano fatto piazza pulita: studenti, professori, preside… erano morti tutti.
David Karofsky contemplava orgoglioso la ultima vittima.
«Sono morti tutti…».
«Ma no, Chandler, ci volevi tu per capirlo!», asserì il capo dei demoni con un sorriso beffardo.
«E ora? Cosa facciamo?», domandò Santana che era spuntata all’improvviso insieme a Brittany.
«Ora devo stabilire un contatto con Peter», rispose Karofsky.
 
Peter.
Hey! Ciao, Dave.
Peter, devi fare in modo di portare i sei pazzi qui alla Dalton.
Come?
Troverai un modo, Peter…
Smythe, Sterling e Nixon sembrano facili da abbindolare, ma Harwood, Duval e Anderson no…
Ci riuscirai, io credo in te. Per quanto riguarda il piccoletto che parla con i morti, mi è stato riferito da Santana e Brittany che è più fragile di quanto avessimo mai pensato. Sarà un gioco da ragazzi, fidati.
D’accordo.
Ah, e devi portarmi anche Porcellana. So che è lì.
Porcellana? Intendi Kurt, il fantasma?
Sì. Kurt Hummel, proprio lui.
Va bene… non ti deluderò.
Lo so.
 
«Ma tu sei un ipocrita! Prima stringi promesse e poi non le mantieni!», si alterò Jeff dopo esser uscito dal suo stato di shock.
«Jeff, abbiamo stretto la promessa dopo, e poi io ho sognato Blaine quando io e te ancora ci odiavamo. Solo oggi mi è tornato in mente il sogno».
«Già, Jeff, non fargliene una colpa», asserì giustamente Sebastian.
«Okay, scusami, Nick», si scusò Jeff leggermente mortificato, poi chiese preoccupato: «Blaine diventerà un fantasma, quindi?».
«Non è sicuro…», rispose Nick.
«Dobbiamo subito dirglielo», asserì il biondo deciso.
«Andate voi. Thad mi sta ancora aspettando», si congedò gentilmente il francese.
 
«… e così Peter ti ha detto che gli specchi servono per catturare i demoni».
«Esattamente».
«Mi sa tanto di bufala», sentenziò Thad scettico.
«Perché?».
«Non ho mai sentito una cosa del genere… solitamente gli specchi si utilizzano per catturare i fantasmi, o almeno questo è quello che ho sempre saputo».
«Dovremmo chiedere a Kurt. Forse sa qualcosa».
«D’accordo».
«Ah, c’è un’altra cosa che devi sapere», aggiunse il francese.
«Dimmi pure».
«Duval ci ha rivelato di aver sognato Blaine che diventava un fantasma, ma l’ha sognato quando eravamo ancora alla Dalton, quindi è passato un po’ di tempo…».
«E cosa aspettava per dircelo?», si alterò leggermente l’ispanico.
«Thad, non abbiamo mai avuto buoni rapporti con lui e figurati, all’epoca Duval non sapeva nemmeno di poter avere sogni premonitori».
«Giusto…», asserì infine Thad.
«A proposito di poteri… come va con il tuo?», gli chiese Sebastian posandogli un leggero bacio sulle labbra.
«Malissimo…», mormorò Thad afflitto.
 
«… e così nel tuo sogno sarei diventato un fantasma», parlò Blaine.
«Sì», confermò Nick.
«Ma questo non potrà mai accadere perché Blaine dovrebbe essere ucciso da una persona alla Dalton… e, per quanto ci riguarda, non andremo più alla Dalton, vero?», ragionò Kurt.
«Pare di sì», fece Nick.
«Io mi domando come mai nessuno è venuto ancora a trovarci…», disse ad un certo punto Jeff.
«Meglio così», sospirò Kurt.
«Saranno morti tutti», ragionò Blaine: «Quegli studenti non ci hanno voluto seguire… e i docenti ovviamente sono rimasti lì».
«Io mi sento in colpa…», mormorò Jeff rattristito.
«Perché dovresti sentirti in colpa? Sono loro che non ci hanno voluto seguire, noi abbiamo fatto di tutto per salvarli, ma loro ci hanno preso per pazzi e hanno deciso di rimanere alla Dalton. Colpa loro», spiegò Nick.
 
Trent camminava per i corridoi della Dalton confuso: Sebastian e Thad gli avevano rivelato il sogno di Nick e sperava con tutto se stesso che non si avverasse. Voleva un bene dell’anima al suo amico Blaine e non avrebbe augurato mai a nessuno di diventare un fantasma.
«Ahi… attento!», lo ammonì dolcemente una voce.
Trent si era appena scontrato con la domestica Quinn. Solo in quel momento ritornò alla realtà e si accorse che la dolce Quinn era caduta a terra a causa sua.
«Scusami tanto, ero immerso nei miei pensieri, sono davvero mortific…».
«Shh, non preoccuparti, non è niente», lo rassicurò Quinn accettando la mano di Trent per alzarsi: «Anche a me capita di essere immersa nei miei pensieri e di ignorare tutto ciò che mi circonda».
«Capisco…».
«Tu sei Trent, vero?», domandò ad un certo punto la domestica: «Trent Nixon?».
«Sì… perché?».
«No, niente, sto cercando di imparare tutti i nomi di voi ragazzi», disse lei con un sorriso, poi rise: «… e per ora sembra che ho memorizzato i nomi solamente di quelli che mi stanno più simpatici!».
Trent arrossì violentemente e si maledisse: perché doveva sempre arrossire? Quinn se ne sarebbe accorta sicuramente.
«Andiamo a farci un giro? Per ora ho finito le mie mansioni», gli chiese la ragazza.
Cos’è, una specie di appuntamento?, pensò Trent euforico.
«D’accordo… mi farà bene fare un giro e uscire un po’ di qui», rispose il ragazzo con un tenero sorriso.
 
«Thad, abbiamo già controllato tre volte questo scaffale!», sbuffò Sebastian.
«Lo so, ma io ho bisogno di un libro che parli di morti. E tu di demoni e specchi», rispose l’ispanico con ovvietà.
«Lo so, ma se abbiamo controllato tre volte e non abbiamo trovato niente, significa che quello che ci serve non c’è affatto», spiegò giustamente il francese.
Thad annuì leggermente per poi passare ad un altro scaffale.
«Bas ha ragione: è inutile e stupido controllare tre volte lo stesso scaffale, Harwood», disse acidamente una voce.
Thad non si voltò nemmeno.
«Avete bisogno di una mano?», domandò loro Peter con voce suadente.
«No, grazie, possiamo fare da soli», rispose Thad sforzandosi di essere gentile e continuando a non guardarlo in faccia.
«Possibile che né i tuoi genitori né la Dalton siano stati capaci di insegnarti le buone maniere?», domandò Peter accigliato: «Io parlo solo con le persone che mi guardano dritto in faccia…».
Thad si fermò. Sebastian si preparò per quello che si sarebbe potuto scatenare.
«Se ce li avessi ancora dei genitori!», esclamò l’ispanico adirato con gli occhi arrossati.
«Oh, scusa, non lo sapevo…», biascicò qualcosa Peter con noncuranza.
«Cerca di tenere per te le tue battutine e frecciatine», disse improvvisamente Nick minaccioso affiancato da Jeff.
«E tu da dove spunti fuori, Duval?», disse Peter scocciato, poi aggiunse: «Anche tu non sei un asso in educazione, eh…».
«I cavoli tuoi no, eh?!», sbottò Nick.
«Eccone la prova», mormorò Peter divertito.
«Sta’ zitto», gli intimò Jeff provocando solamente le risate del ragazzo.
«Thad non ha fatto niente, sei stato tu ad esserti rivolto acidamente», disse infine Sebastian: «E ora, se non ti dispiace, va’ via dalla nostra vista».
… prima che ti spacchi la faccia!, pensarono Thad e Nick.

 



Angolo Autrice


Buona domenica a tutti! :D
E così il nuovo capitolo viene aperto dai demoni della Dalton Academy e da uno scenario piuttosto inquietante simile a quello di un cimitero (?).
Karofsky può stabilire un contatto con Peter, curioso...
Blaine sembra non esprimere il suo giudizio sul sogno di Nick (come sempre xD), ma nel prossimo capitolo ne parlerà con Kurt. :)
Peter fa arrabbiare Thad, Sebastian, Nick e Jeff a causa della sua mancanza di tatto... il nostro Trent, invece, sembra che stia facendo progressi con la Fabray! ^--^
Ringrazio tutti coloro che leggono e recensiscono! :) Al prossimo capitolo! :D

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Cit. 7 – Villa Montgomery dispone di innumerevoli salotti per gli ospiti ***


Cit. 7 – Villa Montgomery dispone di innumerevoli salotti per gli ospiti

«Harwood ha la bocca anche per parlare», asserì Peter gelido.
«E tu anche per tenerla chiusa», ribatté Sebastian con la stessa freddezza.
«Ci sono sempre il fidanzatino e gli amichetti a difenderlo, eh?», continuò il ragazzo, poi si avvicinò a Thad e gli mormorò: «Hai sempre finto di fare il duro, ma in realtà non sei altro che una stupida nullità. Sei fragile, sei debole. Senza Sebastian non sei niente. Senza di lui ora staresti ancora marcendo alla Dalton Academy».
Thad gli sostenne lo sguardo senza proferire parola. Dov’era finito il Thad Harwood della Dalton Academy, quello cocciuto e con la risposta sempre pronta?
«Peter, non ti permetto di parlargli in questo modo», disse il francese adirato.
«Lascia stare», mormorò infine Thad andando via dalla biblioteca.
Nick fulminò lo sguardo di Peter, dopodiché seguì Thad assieme a Jeff e Sebastian.
 
Thad si rifugiò in uno dei tanti salotti di Villa Montgomery. Forse quel Peter aveva ragione: era fragile e debole e senza Sebastian, la sua unica ragione di vita, non era niente.
Il ragazzo asciugò invano le lacrime che stavano bagnando incessantemente il suo viso. Non ce la faceva più: ovunque andasse, qualsiasi cosa facesse, c’era sempre qualcuno pronto a giudicarlo.
«Sta piangendo…», mormorò Sebastian rattristito.
«Io e Jeff andiamo un attimo a parlargli», lo rassicurò Nick.
Il francese annuì lentamente.
«Thad», lo chiamarono Nick e Jeff una volta entrati nella stanza.
«C-c-che cosa volete?», singhiozzò Thad nascondendo il viso tra le ginocchia.
«Non è vero che sei una nullità», asserì Nick.
«Invece sì!», sbottò l’ispanico sostenendo il suo sguardo: «Peter ha ragione! Sono debole, sono inutile, senza Sebastian non saprei cosa fare, ed è la verità».
«Peter ha ragione un corno!», sentenziò Nick seccato: «Non sei inutile, Thad. Sei soltanto un po’ insicuro».
«… e non sei solo, Thad», continuò Jeff: «Ci siamo noi che ti vogliamo bene, anche Blaine in fondo in fondo».
Thad accennò un lieve sorriso.
«… e poi c’è Sebastian che ti ama tantissimo, più della sua stessa vita», aggiunse Nick: «Devi sempre ricordarti che non sei mai solo, intesi?».
Thad annuì debolmente. In quel momento il suo ragazzo entrò nella stanza e Nick e Jeff decisero di andare via per dar loro un po’ di privacy.
Sebastian si avvicinò a Thad e raggiunse la sua stessa altezza per poterlo stringere a sé in un forte abbraccio. Non c’era bisogno di parole: a Thad bastava la certezza di sapere che Sebastian sarebbe stato sempre al suo fianco.
Sebastian gli accarezzò teneramente i capelli e con le dita gli asciugò le lacrime che rigavano le sue guance.
«Per me sei perfetto così come sei», gli sussurrò dolcemente il francese in corrispondenza dell’orecchio: «… e io ti amo tantissimo».
«Tu sei perfetto…», mormorò l’ispanico: «… e ti amo anch’io».
Sebastian azzerò la distanza tra le loro labbra. Fu un bacio dolce, tenero, delicato, leggero. Fu uno di quei baci che solo il vero amore è capace di dare.
Thad circondò il ragazzo per il collo e approfondì il bacio. Le loro lingue si incontrarono trasformando quel bacio in qualcos’altro.
Sebastian abbassò leggermente la zip della felpa che indossava Thad. Gliela sfilò per poi fare la stessa cosa anche con la canottiera.
L’ispanico fece lo stesso con il compagno e si ritrovarono entrambi a torso nudo.
Sebastian spinse delicatamente Thad contro il muro e gli accarezzò leggermente la schiena senza interrompere il contatto con le labbra.
I baci divennero sempre meno delicati e più spinti. Entrambi volevano di più.
Qualcuno tossì leggermente per richiamare la loro attenzione.
«Sono a spasso per la scuola e mi devo sorbire questo spettacolo», asserì Peter seccato.
«Non sei costretto ad assistere», rispose Thad freddo e infastidito per esser stato interrotto.
Ecco il Thad che conosco!, pensò Sebastian accennando un lieve sorriso.
«Andate nella vostra stanza a fare queste cose», continuò il ragazzo.
«Ti ricordo che ogni stanza è per sei persone», fece l’ispanico.
Peter non rispose: si limitò a fissare Sebastian e a sfoggiare uno strano sorriso che irritò Thad.
«Harwood, mi scuso per la scenata di prima in biblioteca», disse ad un tratto Peter: «Non era mia intenzione ferirti».
Thad aggrottò le sopracciglia non molto convinto.
«In realtà a me è sembrata proprio quella la tua intenzione», asserì l’ispanico.
Sebastian indossò la propria canottiera e si allontanò a malincuore da Thad per avvicinarsi a Peter.
«Dove vuoi arrivare?», gli chiese Sebastian freddo.
«Sono sinceramente dispiaciuto», continuò Peter: «Non pensavo veramente a ciò che dicevo… spesso sono sgarbato e sono anche privo di tatto… non lo faccio apposta. Mi scuso di nuovo».
Per un momento Sebastian pensò che Peter sembrasse realmente dispiaciuto.
«Okay, ti ringrazio per le scuse», lo congedò Thad sforzandosi di sembrare gentile.
Peter salutò i ragazzi e andò via. Sebastian sembrava leggermente confuso.
 
«Mi piace parlare con te», gli disse Quinn con un sorriso: «Sei un ragazzo gentile e anche molto dolce».
Trent arrossì e si limitò a chinare il capo per non mostrare il rossore che si era esteso sul suo viso.
«Ti ringrazio», bofonchiò infine il ragazzo, poi disse: «Wow, è passato così tanto tempo…».
«Da cosa?», domandò la ragazza incuriosita.
«… da un po’ di libertà», rispose il ragazzo ammirando la città attorno a sé.
Quinn accennò un sorriso triste.
«Non ti manca la tua famiglia?», gli chiese ad un certo punto la ragazza.
«Un po’ sì, anche se non ci tiene così tanto a me», rispose Trent rattristito.
 
«Dovremmo parlarne», asserì deciso Kurt.
«Di cosa?», chiese Blaine incredulo.
«Sai benissimo di cosa», continuò Kurt imperterrito: «… del sogno di Nick…».
«Beh, che dire, nel suo sogno divento un fantasma».
«Blaine, ma ti rendi conto di cosa ha sognato?!», Kurt non riuscì a nascondere la sua preoccupazione: «Nick ha sogni premonitori e spesso si avverano! Che cosa ti dice che anche questo non si avveri?!».
«E allora? Quale sarebbe il problema?», domandò Blaine perplesso.
«Blaine, sai cosa significa essere un fantasma? No, credo proprio di no, e spero per te e per chiunque altro di non avere mai la sfortuna di saperlo», disse infine Kurt leggermente irritato.
Blaine si avvicinò lentamente a Kurt e lo cinse delicatamente per i fianchi.
«Hey, Kurt, tranquillizzati…», gli sussurrò baciandolo dolcemente sul collo.
«La mancanza di una tua reazione mi innervosisce!», confessò Kurt: «Non esprimi mai il tuo parere, te ne stai sempre zitto, non fai capire agli altri come ti senti… è… è una cosa così frustrante, credimi, Blaine!».
«Scusami, Kurt», si scusò infine Blaine, poi disse: «La situazione è diversa, Kurt… io non temo il fatto di poter diventare un fantasma, anzi, mi piacerebbe davvero tant…».
«CHE COSA?», Kurt si allontanò quasi di scatto da Blaine: «Blaine, ma tu sei pazz…».
«Kurt, Kurt, calmati, ascoltami», cercò di tranquillizzarlo Blaine, poi prese un respiro e finalmente si sfogò: «Io invecchierò e un giorno morirò. Sarò morto per sempre. Tu invece avrai sempre diciassette anni e non morirai mai. Tu continuerai a vivere per sempre. Mi spieghi che cosa ne sarà di noi?!».
Kurt rifletté. Blaine aveva pienamente ragione: che cosa ne sarebbe stato di loro?
«Io ti amo, Kurt, ti amo infinitamente, e farei di tutto per poter essere sempre al tuo fianco. Diventare un fantasma mi sembra la scelta più saggia per poter stare sempre con te», continuò il ragazzo.
«Ci sarà un altro modo…», mormorò Kurt speranzoso.
«No, non c’è».
«Blaine, hai la fortuna di essere vivo. Non sprecare il tuo dono. Sei un ragazzo magnifico, troverai sicuramente un ragazzo vivo che ti possa amare tanto quanto ti amo io…».
«Non se ne parla», sbottò Blaine: «Io amo solo te… non amerò mai nessun altro».
«Blaine…».
«Kurt, ti supplico».
«Non ti permetterò di fare una tale pazzia…».
«Ma io ti amo e non voglio arrendermi», concluse Blaine baciandogli leggermente le labbra.
  

 


Angolo Autrice


Buon pomeriggio a tutti! :D
THADASTIAN, AWW. *-----* Che cariniiii, si amano davverooo ♥ *fangirlizza* xD Peccato che c'è il nostro amato (?) Peter sempre pronto ad interromperli -.-"
Chi è che vuole andare da Peter insieme a me per dirgliene quattro avendo insultato Thad e avendo interrotto i Thadastian in salotto? u.u
E così Peter si scusa pure con il nostro Harwood... mmm... vi convince? D: E perché Sebastian sembra confuso dopo la scenata in salotto? D:
Una scena NIFFAD! ♥ (Nick+Jeff+Thad) *----* Li amo come amici ♥
E finalmente un po' di Klaine, anche se in questo capitolo discutono e si baciano (?) allo stesso tempo LOL xD 
Kurt che si incavola perché Blaine non dice mai ciò che pensa e non esprime mai un'opinione, un'emozione, non hai mai una REAZIONE, insomma, credo rispecchi un po' tutte noi, eh? xD Non so voi, ma a me è sembrato di metterci tutta me stessa x) Spero di essere stata brava nel descrivere la frustrazione di Kurt nei confronti di Blaine! :) Ma nonostante ciò si amano ♥ E Blaine? Cosa farà? D:
Ringrazio tutti coloro che leggono e recensiscono! :) Al prossimo capitolo! :D

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Cit. 8 – Villa Montgomery dispone di camere per gli ospiti ***


Cit. 8 – Villa Montgomery dispone di camere per gli ospiti


«Che cosa?!», Jeff era visibilmente allarmato: «Dimmi che hai capito male…».
«No, Jeff, anzi: Blaine sembrava convintissimo», rispose Kurt sconsolato.
«È matto…», mormorò Jeff: «Non sa realmente cosa significa…».
«Dobbiamo impedirglielo», si intromise Nick.
«Secondo me Blaine ha ragione», asserì Thad.
Kurt, Nick e Jeff lo guardarono scandalizzati.
«Parla pure», lo invitò a parlare Sebastian incuriosito.
«Blaine ama Kurt più di se stesso e farebbe di tutto per lui… se lo ama davvero perché volete impedirgli di trasformarsi in fantasma? Kurt, ti capisco, non è affatto una cosa facile da accettare, ma se lui se la sente lascialo fare… ti ama e vuole stare con te per sempre…».
Thad quasi si meravigliò delle sue stesse parole: a lui non era importato mai niente dell’amore, anzi, più ne stava alla larga e meglio era, ovviamente questo era il suo pensiero prima di incontrare Sebastian.
«Non glielo posso permettere», rispose Kurt rattristito: «Mi sentirei in colpa… Blaine ha una vita davanti ed è giusto che possa usufruire il suo dono».
«Blaine è testardo, sarà difficile convincerlo a non fare pazzie», parlò Nick.
«Parlate tanto di pazzie e di fargli cambiare idea, ma non sappiamo come si sente… dovremmo vivere la sua stessa situazione per poterlo capire. Dimmi un po’, Nick, se Jeff fosse un fantasma, che cosa faresti?», lo sfidò Thad.
Nick boccheggiò qualcosa per poi riflettere.
Se Jeff fosse un fantasma, che cosa faresti?
Gran bella domanda.
Nick amava tantissimo Jeff e non avrebbe mai voluto essergli lontano, nemmeno per un solo secondo: ormai faceva parte della sua vita e per Nick era diventato inconcepibile pensare ad un’esistenza senza di lui.
«… allora?», l’ispanico richiamò la sua attenzione.
«Credo tu abbia ragione», asserì infine il moro: «Amo Jeff, farei qualsiasi cosa per lui…».
A quelle parole il biondo accennò un lieve sorriso.
«Comprendiamo Blaine», asserì infine Sebastian, poi cercò di rassicurare Kurt: «Kurt, se questa è la sua scelta non devi sentirti in colpa».
«È inevitabile sentirsi in colpa… Blaine ha ancora tantissimi anni davanti e invece vuole buttare la sua vita per diventare un orribile fantasma come me… non lo concepisco», rispose Kurt mesto.
«Ti ama, Kurt, è così semplice…», mormorò Thad.
«Come siete rimasti?», domandò Nick.
«Non lo so… mi ha detto che mi ama e che non vuole arrendersi», rispose il fantasma.
Nick annuì leggermente, poi cambiò argomento:
«Qualche novità sui demoni?».
«Peter mi ha riferito qualcosa su di loro», iniziò Sebastian.
A sentir pronunciare quel nome, Thad e Nick trattennero una smorfia.
«… mi ha detto che anche lui avverte delle presenze», continuò il francese: «e mi ha detto che è possibile catturarli semplicemente con degli specchi».
Se Kurt fosse stato vivo, sarebbe impallidito ancora di più del normale.
«S-s-specchi?», balbettò il fantasma.
«Sì, specchi», confermò Sebastian.
«Gli specchi sono sempre serviti per catturare noi fantasmi…», asserì Kurt sconvolto: «… non mi pare che i demoni abbiano bisogno di specchi per essere sconfitti».
«Lo sapevo», asserì Thad: «Nemmeno nelle leggende i demoni hanno bisogno di specchi. Di solito sono sempre i fantasmi ad essere catturati con questa procedura».
«Peter è malinformato», asserì Kurt.
«Qualcosa mi dice che lo fa apposta», parlò invece Thad: «Può essere che sa della presenza di Kurt qui a Villa Montgomery e voleva confondere Sebastian affinché potesse catturarlo…».
«Perché dovrebbe catturarlo? Secondo me non sa nemmeno dell’esistenza di Kurt», disse Nick.
«Questo non lo so», rispose l’ispanico.
«E qual è il modo per poter catturare i demoni?», domandò Sebastian perplesso a Kurt.
«Se lo sapessi stai sicuro che ora i demoni non esisterebbero più», concluse il fantasma.
 
«Quindi tu hai avuto una figlia?», domandò Trent sorpreso alla domestica.
«Esattamente», rispose la bionda: «Si chiama Beth… è bellissima. Puck è il padre, ma ormai tra noi due non c’è più niente».
«Puck? Chi è Puck?».
«Puck e Sam sono i giardinieri», rispose Quinn: «Loro due, Tina e Mike mi aiutano a prendermi cura della bambina».
«Capisco… quanti anni ha?», chiese Trent.
«3 anni», rispose Quinn con un leggero sorriso.
«E perché ti sei lasciata con Puck?», domandò Trent incuriosito, poi si rese conto di essere stato un po’ indiscreto e disse: «Scusami, sono fatti tuoi, a me non devono interessare…».
«No, no, non preoccuparti, mi piace parlare con te, sei un bravo confidente», lo rassicurò Quinn, poi disse: «Ho lasciato Puck perché era irresponsabile, ma alla fine si è dimostrato l’esatto contrario: è un bravo padre e ama Beth, e poi piace a Sam e Sam è mio amico, non volevo ferirlo».
Trent annuì leggermente: non aveva capito molto di quella storia, ma l’importante era che Quinn fosse felice ora.
A proposito… ma Quinn era felice?
«… quindi non hai rimpianti, vero?», ragionò Trent.
«No, come potrei… », rispose Quinn, poi con un sorriso sincero disse: «Beth è senz’altro lo sbaglio più bello della mia vita».
«Sei felice, adesso?», gli domandò premuroso il ragazzo fissandola nei suoi incantevoli occhi verde chiaro.
«Sì… con te, soprattutto. Mi fai sentire bene», rispose la bionda con un tenero sorriso.
Trent giurò di aver sentito il suo cuore perdere un battito.
«Con me?», chiese il ragazzo perplesso.
«Sì… ti voglio bene, Trent», asserì la ragazza posandogli un leggero bacio sulla guancia.
«Oh, anch’io ti voglio bene…», rispose il ragazzo emozionato.
 
Blaine camminava per i corridoi vuoti di Villa Montgomery pensieroso. Era strano: di solito Blaine era rinchiuso in camera a fare ben altro, ma Kurt gli aveva detto di andare a farsi un giro perché doveva parlare di una cosa con gli altri ragazzi. Sì, di una cosa… Blaine aveva subito capito di che cosa dovevano parlare.
Il ragazzo sospirò: che cosa avrebbe dovuto fare?
Kurt non voleva che diventasse un fantasma e invece lui lo desiderava ardentemente.
Sentiva di essere nato per Kurt e quindi di essere nato anche per diventare un fantasma come lui.
Non gli spaventava affatto l’idea dell’eternità: anzi, un’eternità con Kurt era tutto ciò che potesse desiderare nella sua vita.
«Blaine Warbler Anderson», una voce fermò i suoi pensieri.
Blaine si voltò leggermente e scorse un viso mai visto prima.
«Tu saresti…?», domandò il ragazzo.
«Peter Kingson. Io e i tuoi compagni Sebastian, Thad, Nick e Jeff già ci siamo conosciuti», rispose il ragazzo con uno strano sorriso porgendogli la mano.
Peter Kingson. I compagni gli avevano accennato qualcosa di lui; se non sbagliava, doveva essere un ragazzo che, come Sebastian, avvertiva strane presenze a Villa Montgomery.
«Bene, come fai a sapere il mio nome?», chiese Blaine accettando la stretta.
«Semplice: eri famoso alla Dalton. Il bel moretto che non parlava mai con nessuno…», rispose semplicemente Peter.
Blaine sorrise sornione.
«Sembri piuttosto pensieroso… problemi? A me puoi dire tutto», lo rassicurò il ragazzo.
«Non parlo mai a nessuno dei miei problemi, quindi non voglio parlarne neanche con te», rispose semplicemente Blaine.
Era fatto così: nemmeno Trent e Jeff che erano i suoi amici più fidati sapevano cosa c’era dentro di lui; solo Kurt aveva avuto modo di scoprire qualcosa.
«Nemmeno se in cambio ti posso dire qualcosa sui fantasmi?», sussurrò il ragazzo avvicinandosi lentamente a lui.
Blaine sgranò leggermente gli occhi: che cosa ne sapeva lui di fantasmi?
«Alla Dalton eri conosciuto anche come il bel moretto che vedeva i fantasmi», rispose Peter come se l’avesse letto nel pensiero: «… e so che hai una relazione con Kurt».
«Tu che cosa sai di Kurt?», gli domandò Blaine cercando di nascondere la sua preoccupazione.
«Blaine, possiamo arrivare ad un patto, quindi stammi bene a sentire», mormorò il ragazzo: «Io ti aiuterò a diventare un fantasma e tu, in cambio, non dovrai dire a nessuno della nostra conversazione… e con nessuno intendo nessuno nessuno, quindi nemmeno Sebastian e il resto dell’allegra compagnia. Okay?».
«Perché mai vorresti aiutarmi?», domandò Blaine scettico.
«Tu non sai come fare a diventare fantasma», Peter sorvolò la domanda.
«Certo che lo so, bisogna essere uccisi da qualcuno alla Dalton Academy», rispose il moro.
«Da chi, scusa? Ormai alla Dalton sono morti tutti», rispose Peter con un sorriso sghembo.
«Beh… posso anche fare tutto da solo», rispose infine il ragazzo.
«Non è la stessa cosa: se fai tutto da solo, muori semplicemente e non diventi né un demone né un fantasma», gli spiegò Peter, poi disse: «Kurt non ti ucciderebbe mai, figurati se lo facesse, Sebastian e Nick nemmeno, Thad non saprei ma è troppo codardo per compiere un simile atto, Jeff e Trent nemmeno nei sogni… resto soltanto io».
«E tu mi uccideresti?», lo sfidò Blaine.
«Solo se me lo chiedessi», rispose il ragazzo: «… allora? Accetti queste condizioni?».
Blaine rifletté: perché si doveva fidare di quel Peter che era spuntato così, all’improvviso?
Nonostante la ragione gli dicesse di non fidarsi di quel tizio, c’era il cuore che lo incitava ad accettare il patto.

Peter aveva ragione: soltanto lui avrebbe potuto trasformarlo in fantasma.
«Io…», biascicò qualcosa Blaine.
, completò mentalmente.
«Io ci devo pensare», rispose infine il ragazzo.
«D’accordo, però mi raccomando: sii muto come una tomba», concluse Peter.
 

 

Angolo Autrice


Buona domenica a tutti! :)
Scusate per i titoli penosi dei capitoli xD, ma non me ne vengono di migliori LOL x)
Grazie a questo capitolo abbiamo scoperto l'opinione di ogni membro dell'allegra compagnia (che poi tanto allegra non è LOL xD vabbè, cit. di Peter Kingson u.u), eccetto Trent che era a spasso con Quinn. A proposito... TRINN, aww ♥ Trent sta facendo sempre più progressi con la bella Quinn, ma forse è il momento di ritornare a Villa Montgomery per essere a conoscenza degli ultimi avvenimenti... non credete?
Kurt e Jeff non sono d'accordo su un'eventuale trasformazione di Blaine... Kurt ovviamente perché non vuole che Blaine butti così la sua vita e Jeff perché... beh, perché è suo amico e ovviamente non accetterebbe mai la sua morte.
Nick non è d'accordo neanche lui, pensa sia una pazzia, ma in effetti se Blaine vuole stare sempre al fianco di Kurt perché impedirglielo?
Thad invece è d'accordo (non perché vuole la morte di Blaine, eh, che sia chiaro xDDD): grazie a Seb ha capito che si fa di tutto per amore. ♥
E Sebastian, vabbè, è d'accordo con Thad. (:
Ah, poi si parla anche di demoni e specchi... da qui capiamo che molto probabilmente Peter ha detto una sciocchezza al nostro Bas D:
Blaine incontra per la prima volta Peter... ciò che gli ha detto il ragazzo è giusto, ma... che cosa farà Blaine? Si fiderà di lui? D:
Ringrazio tutti coloro che leggono e recensiscono! :) Al prossimo capitolo! :D

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** Cit. 9 – A Villa Montgomery i domestici, se hanno terminato le loro mansioni, possono uscire a qualsiasi ora ***


Cit. 9 – A Villa Montgomery i domestici, se hanno terminato le loro mansioni, possono uscire a qualsiasi ora


Confuso. Sì, Blaine Anderson era confuso.
Non riusciva a capire perché la faccenda della sua eventuale trasformazione stesse così a cuore a Peter Kingson.
Trent e Jeff non lo avrebbero mai ucciso, questo era sicuro, e neanche Sebastian, Thad e Nick, ma perché Peter si era offerto? Ci guadagnava qualcosa? O per qualche misterioso motivo a lui sconosciuto voleva fare in modo che Blaine e Kurt potessero stare insieme per sempre? Era davvero così “buono” e premuroso nei loro confronti? O c’era qualcosa dietro?
Blaine non lo sapeva e non poteva parlarne con nessuno; sicuramente i suoi amici avrebbero fatto i pazzi e gli avrebbero impedito di trasformarsi in un fantasma.
Non è che volevano la sua infelicità, anzi, volevano che fosse felice, ma non volevano che buttasse così al vento la sua vita, ma ogni minuto che passava serviva a Blaine soltanto per convincersi sempre di più ad accettare la proposta di Peter.
 
Trent e Quinn tornarono a Villa Montgomery verso il pomeriggio.
«Trent, mi ha fatto davvero piacere uscire con te. Potremmo continuare ad uscire insieme, che ne dici?», gli chiese Quinn con un adorabile e sincero sorriso.
«Sì, sì, certo», affermò Trent sentendosi le guance avvampare.
«Ci si vede!», lo salutò la ragazza con un bacio sulla guancia per poi andare in qualche parte della villa.
Trent, completamente rosso in viso, decise di ritornare dai suoi compagni; dovevano parlargli di qualcosa.
Bussò alla porta della stanza che venne subito aperta da Sebastian; Trent notò che in camera erano presenti soltanto il francese, il suo ragazzo e il fantasma.
«Ciao, ragazzi. Dove sono gli altri?», chiese Trent chiudendosi la porta alle spalle.
«Nick e Jeff sono andati a fare un giro. Blaine, invece, è a spasso per la villa», tagliò corto l’ispanico.
«Ah, okay. Volevate parlarmi di qualcosa, vero?», domandò il ragazzo perplesso.
«Sì», affermò Kurt incupendosi: «Di Blaine…».
«Ricordi la faccenda del sogno di Duval?», gli chiese Sebastian.
«Oddio, state per dirmi che…».
«Non ancora», lo interruppe Thad.
«Cosa sarebbe a dire non ancora?!», domandò Trent sconcertato.
«Blaine vuole diventare fantasma», rispose pronto Sebastian.
«E perché mai?», chiese Trent incredulo.
«Per stare con me… io sto cercando di impedirglielo, ma lui sembra più convinto che mai», spiegò Kurt.
«Se volete posso parlargli io», si offrì Trent: «È il mio migliore amico, forse riesco a convincerlo…».
Kurt annuì debolmente. Trent fece un cenno di saluto e andò via dalla stanza.
«Kurt, già sai cosa ne pensiamo Seb ed io», disse ad un tratto Thad: «Lascialo scegliere. È lui che deve decidere, non noi».
 
«Sono anni che non vedo la luce del sole se non dal vetro di una squallida finestra della Dalton o di una logora finestra dell’ospedale», asserì Jeff nostalgico al suo ragazzo.
«Già», confermò Nick contemplando il paesaggio a sé circostante, poi intrecciò le loro mani e disse: «Finalmente non c’è più nessuno che possa dirci cosa non fare, e quando torneremo a casa di Wes non ci sarà più nessuno che ci possa sottoporre ad un noioso interrogatorio e che ci possa torturare».
«Beh, per l’interrogatorio c’è Thad», rispose Jeff con un lieve sorriso.
Nick rise di gusto e solo allora Jeff realizzò che era da tantissimo tempo che non sentiva qualcuno ridere.
«Bella questa!», commentò il moro divertito.
«Thad è un bravo ragazzo», sentenziò il biondo: «Ho imparato a volergli bene».
«Anch’io gli voglio bene. Gli ho sempre voluto bene come un fratello, anche se non siamo mai stati veri e propri amici… già sai cosa intendo».
«Sì, lo so», asserì il biondo per poi stringere più forte le loro mani: «Ti amo tanto, Nick. Con te sto bene come con nessun altro… con te mi sento protetto… mi sento amato».
«Ti amo anch’io, Jeff. Potrai sempre contare su di me», rispose Nick sincero guardandolo negli occhi.
Ormai Jeff non aveva più dubbi da tempo: sapeva che poteva sempre fidarsi di lui.
«Non ci credo», mormorò una voce femminile.
Il cuore di Jeff perse un battito: quella voce gli suonava familiare.
«Oh, Harold, è proprio lui!», continuò la voce sorpresa.
«Nick, dobbiamo andare», mormorò Jeff serio al suo ragazzo.
Nick non se lo fece ripetere due volte: Jeff sembrava piuttosto terrorizzato.
I due ragazzi accelerarono il passo, ma una mano forte e decisa si appoggiò sulla spalla del biondo.
«Jeffrey, tesoro, sei proprio tu!».
Jeff si voltò lentamente e vide loro, la donna e l’uomo che erano stati la causa di tutta la sua infelicità.
«Jeffrey caro, come sei cresciuto!», continuò la donna.
Lo sguardo di Jeff non trapelava emozioni; Nick si sentiva a disagio e non sapeva come comportarsi.
«Bene, oltre a essere veggente ora sei anche finocchio», asserì gelido l’uomo guardando inorridito i due ragazzi.
Solo in quel momento Jeff realizzò che non aveva lasciato la mano del suo ragazzo neanche per un solo secondo.
Lo sguardo impenetrabile e gelido del biondo quasi spaventò Nick e i due adulti.
«Chi è questo ragazzo?», chiese la donna perplessa.
«Un suo compagno di sc…».
«Nick, il mio fidanzato», rispose Jeff freddo interrompendo il suo ragazzo e sostenendo lo sguardo del padre.
«Ragazzi, dovreste essere alla Dalton, come mai siete in giro per Westerville?», chiese loro la donna meravigliata per cambiare argomento.
«Non sono affari tuoi», asserì il biondo infastidito.
Nick giurò di non aver mai sentito tanta rabbia e frustrazione nelle parole del suo ragazzo.
«Jeffrey, ma perché sei diventato così scorbutico? Che cosa ti abbiamo fatto?», insistette la donna quasi allibita.
Jeff avrebbe tanto voluto sferrarle un pugno dritto in faccia, ma si trattenne.
«Lo sapete benissimo che cosa mi avete fatto», rispose il biondo cercando di mantenere la calma.
«Denise», l’uomo richiamò l’attenzione della moglie; lei si voltò e lui le fece un cenno.
«Jeffrey, ora ti portiamo a casa», gli disse la donna con finta dolcezza.
«Io lì non ci torno», sentenziò il ragazzo irritato.
Harold si avvicinò ai due ragazzi e li separò per poi trascinare il figlio con prepotenza all’interno di un’auto vicina.
«Jeff!», lo chiamò Nick allarmato correndo verso l’auto.
«Nick!», rispose Jeff cercando invano di aprire il finestrino dell’auto.
Troppo tardi: non appena la donna era entrata in auto e aveva chiuso la portiera, l’uomo era sfrecciato via come un razzo.
 
«Blaine, io dovrei parlar…».
«È giunta anche a te la notizia?», Blaine interruppe Trent.
Trent lo guardò sorpreso: Blaine sembrava piuttosto freddo.
«Volevo parlare della tua trasformazione…», mormorò timidamente il ragazzo: «Blaine, ti parlo da amico… io non credo sia una cosa buo…».
«Mi sono stufato!», lo interruppe il moro esasperato, poi si sfogò: «Perché volete tutti impedirmi di vivere per sempre insieme a Kurt? Voi avete la fortuna di essere tutti vivi! Sebastian è vivo, Thad è vivo, Jeff è vivo, Nick è vivo, tu sei vivo, quella là che ti piace è viva, io sono ancora vivo… Kurt non lo è, invece, e l’unica cosa che voglio è potergli essere sempre a fianco! Lo amo, capisci? Chiedo troppo? Non ho mica chiesto a voi di uccidermi!».
«No, Blaine, ti capiamo ma…».
«Niente ma», concluse Blaine con voce tagliente per poi andare via.
 
Lo trovò in biblioteca, intento a leggere qualcosa.
«Peter», lo chiamò Blaine.
Il ragazzo alzò leggermente la testa dal libro.
«Dimmi pure, Anderson», lo incitò a parlare gentilmente il ragazzo.
«Portami alla Dalton».

 


Angolo Autrice


Buona domenica a tutti! :)
E così sembra che Blaine abbia compiuto la sua scelta... non trovate che sia stato davvero freddo nei confronti di Trent? Su questo punto ne parleremo meglio in seguito... ;)
Jeff, invece, ha avuto la sfortuna di incontrare i suoi genitori che se lo sono portati via. D:
I prossimi capitoli saranno ambientati quasi tutti alla Dalton o in città, insomma, non a Villa Montgomery se non per qualche piccola parte, quindi cambieranno anche i nomi dei capitoli (: Ah, forse per la vostra gioia (o sfortuna, a seconda di cosa ne pensate di questa ff xD) aggiornerò più velocemente durante queste feste! :D
Ringrazio tutti coloro che leggono e recensiscono! :) Al prossimo capitolo! :D 

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** 10 - Fretta ***


10 – Fretta


«La prego, signore, glielo chiedo per piac…».
«Ma sei cocciuto, ragazzo? Perché mai dovrei mettermi ad inseguire un’auto?», lo interruppe un uomo sbottando e accomodandosi sul sedile del suo motorino.
«La prego, signore, il mio ragazzo è in pericolo», provò a spiegargli Nick in preda al panico; non aveva idea di che cosa volessero i genitori di Jeff da lui dopo tutti quegli anni.
«Il tuo raga...?», il signore si fermò, poi con uno sguardo inorridito fece partire il motorino e sfrecciò via, lasciando il ragazzo solo e disperato.
Nick provò a chiedere aiuto a qualche altro passante dotato di auto o motorino evitando di specificare che Jeff era il suo ragazzo, ma nessuno gli diede ascolto.
Né lui né Jeff avevano un cellulare e Nick, avendo perso di vista l’auto che era corsa alla velocità della luce, non sapeva cosa fare.
 
«Non ho avvisato i miei compagni», asserì Blaine infilando le mani nelle tasche per il freddo.
«E allora? Meglio così, no?», rispose Peter camminando.
«Perché?».
Peter si voltò per guardarlo serio in faccia: «Ti avrebbero mai permesso una cosa del genere? No, altrimenti non ti saresti mai rivolto a me».
«In realtà sei tu che ti sei offerto», lo corresse Blaine.
«Ma tu non ti sei tirato indietro», sottolineò il ragazzo con un sorriso alquanto inquietante.
Blaine si limitò ad annuire e a seguirlo.

«Siamo arrivati?», chiese il moro quasi speranzoso.
«Ancora un po’».
 
«Finalmente a casa», asserì papà Harold serio chiudendo la porta a chiave.
«Jeffrey, tesoro, ti è mancata?», gli chiese mamma Denise con un inquietante sorriso stampato sul volto.
«Cosa cazzo volete da me?!», si alterò Jeff provando invano ad aprire la porta.
«Non ti permetto di rivolgerti in questo modo a noi!», lo ammonì suo padre severo.
«Harold, ci penso io…», mormorò la donna, poi si avvicinò al figlio e gli accarezzò i capelli con finta tenerezza: «Tesoro, cos’è successo? Cosa ti turba?».
Jeff, disgustato, si ritrasse immediatamente a quel tocco.
«Jenny? Johnny? Dove sono i miei fratelli?», provò a domandare il ragazzo cercando di mantenere la calma.
«Jeffrey caro, non sono più bambini... ora frequentano una scuola privata», spiegò la donna quasi accigliata.

«Perché mi avete riportato qui? Cosa volete?», incalzò il ragazzo continuando a mantenere la calma.
«Jeffrey, tesoro, noi non ti vediamo da anni e tu eri a spasso per Westerville… vorremmo capire perché non eri alla Dalton», spiegò la madre quasi con ovvietà.
«Vi ho già spiegato che questi non sono affaracci vostri!», rispose il biondo risoluto.
«Rispondi, per piacere… vogliamo soltanto capire», mormorò la donna.
«Capire cosa?!», chiese il ragazzo tra il perplesso e l’infuriato.
«Capire se ti hanno dimesso perché sei guarito o se hai ancora visioni…», rispose lei quasi in un sussurro, come se avesse detto una cosa grave.
«Guarito? Pfff», rise di gusto Harold: «Denise, l’hai visto? Stava con quel ragazzo… se pure non avesse più le visioni ora ha un altro problema».
A quelle orribili parole, Jeff trattenne le lacrime e si diede forza.
«Avete saputo la notizia di quel ragazzo sparato in un riformatorio?», chiese ad un tratto il ragazzo serio lasciando i genitori quasi a bocca aperta.
«Jeffrey, noi…».
«Avete saputo la notizia di quel ragazzo di diciassette anni sparato alla Dalton Academy?», Jeff, sempre più serio, interruppe la madre.
«Jeffrey, possiamo spieg…».
«Avete saputo di quell’episodio? Sì o no?!», domandò il ragazzo furibondo.
«Sì», rispose infine Harold senza guardarlo negli occhi.
«Bene. Io ho avuto una visione», svelò il ragazzo.
«Oh, Jeffrey, non è vero, non dirlo nemme…».
«Io ho avuto una visione», ripeté il ragazzo sicuro di se stesso interrompendo la madre: «Nella visione c’era un uomo che tentava di sparare Nick; ciò è successo nemmeno un minuto dopo la visione. Io ho difeso Nick e mi sono beccato il colpo, ma non sono affatto pentito di quello che ho fatto. Oltre ad alcuni miei compagni, sapete chi è l’unico che si è fregato di me e delle mie condizioni di salute? Nick. Sapete chi ha infranto il regolamento d’istituto a costo di farsi torturare per sapere come stessi? Nick. Sapete chi è che mi ha dato anima e coraggio per affrontare ogni giorno? Nick. Sapete chi mi ha fatto sentire meglio anche quando l’unica cosa che volevo fare era starmene chiuso in camera a piangere? Nick. Sapete chi mi ha sempre dato la forza di andare avanti? Nick. E sapete chi è che invece mi ha mandato in quel terribile riformatorio in quanto ho delle importanti visioni che spesso e volentieri mi hanno svelato il futuro e salvato la vita mia e degli altri? Voi. Chi è che non voleva né sentirmi né vedermi finché non fossi guarito? Chi è che se n’è altamente fottuto del mio incident…».
«Jeffrey, noi possiamo spiegar…».
«Non c’è niente da spiegare!», Jeff, arrabbiato, interruppe la madre e lasciò che le lacrime rigassero liberamente le sue guance: «Voi mi avete sempre odiato e continuate ad odiarmi! Cosa cazzo vorreste ora da me?!».
Denise non sapeva come rispondere: si limitava a fingere di essere terribilmente sorpresa e spaventata.
Harold, invece, trovava quasi divertenti gli sfoghi del figlio.
«Sei pazzo… tu, le visioni e questo Nick! Denise, sarebbe meglio riportarlo alla Dalton», disse il padre ridendo.
«Io lì non ci torno!», sbraitò Jeff furibondo.
«Sì, sono d’accordo», Denise rispose al marito.
Harold strattonò il figlio per il braccio; lui provò a divincolarsi con tutte le sue forze, ma niente: forse la rabbia, forse la frustrazione, ma Jeff, in confronto a lui, era debole.
 
Era sera quando Trent, affannato, corse dai suoi compagni.
«BLAINE! Avete visto Blaine?!».
La sua voce allarmata preoccupò tutti.
«Avevi detto che andavi a parlargli tu», rispose semplicemente Thad.
«Gli ho parlato, ma lui si è infuriato ed è andato via e ora sembra non stare più a Villa Montgomery!», asserì Trent con il fiatone: «Ho controllato tutti i piani, tutti i corridoi e tutte le stanze, ma niente! Ho chiesto a Wes, a David, a Richard, a Flint, a Nicholas, a James… ho chiesto a tutti, anche ai domestici, ma nessuno l’ha visto!».
Se fosse stato vivo, Kurt sarebbe impallidito ancora di più.
A Sebastian e Thad si attorcigliò lo stomaco.
«Blaine sarà and…».
Un’altra voce interruppe quella di Kurt.
«Io e Jeff abbiamo incontrato i suoi genitori! Se lo sono portati via!».
Sebastian sgranò gli occhi alle parole di Nick.
«Blaine sarà andato alla Dalton», continuò Kurt: «… e Jeff a casa. Trent, tu che conosci bene Jeff, hai mai saputo dove abitava?».
«Se non erro credo di ricordare un vago indirizzo», rispose lui pronto.
«Siamo rovinati…», mormorò Thad.
Sebastian gli rivolse un’occhiataccia, poi concluse:
«Perfetto: Nick, Trent, andate a casa sua e cercate di recuperarlo. Io, Thad e Kurt andremo alla Dalton».
 
Nick e Trent erano usciti così di fretta e furia da Villa Montgomery tanto da aver spaventato i domestici.
«Ragazzi, cos’è successo?», chiese loro la domestica Quinn allarmata.
«Quinn, scusami ma andiamo di fretta… non si trovano più Blaine e Jeff», rispose il ragazzo.
«Oddio…», mormorò la ragazza sinceramente preoccupata: «Se volete vi posso aiutare: posso venire con v…».
«Oh, no, Quinn, è pericoloso, per piacere, resta qui», gli intimò Trent quasi impaurito.
Se avessero trovato Jeff, sarebbero di sicuro corsi alla Dalton per raggiungere gli altri e Quinn non poteva di certo andare alla Dalton: non aveva poteri speciali e i demoni avrebbero potuto tranquillamente ucciderla.
Forse Quinn aveva capito perché non fece domande; si limitò ad osservare gli occhi di Trent che, preoccupato e ansioso, la scrutavano.
Quinn si alzò in punta di piedi e posò un delicato bacio sulle sue labbra.
«Buona fortuna, Trent», gli sussurrò sulle labbra.
Trent accennò un sorriso.
«Ora vado», mormorò il ragazzo, poi con un bacio fugace la salutò: «Ci vediamo».
Trent non sapeva perché, ma quel bacio aveva il sapore simile a quello di un addio.


«Eccoci arrivati, Anderson», l’enorme sorriso di Peter quasi illuminò il grigiore e l’inquietudine che regnava alla Dalton Academy.
Blaine provò brividi di freddo e avvertì vampate di calore: la Dalton Academy era sempre stata un covo di fantasmi e demoni e non c’era da meravigliarsi.
Peter portò Blaine in una delle tante aule deserte.
«Pronto, Blaine?», gli sussurrò Peter persuasivo quasi con dolcezza: «Proverò a non provocarti troppo dolore: dopo ti sentirai rinato».
Blaine rifletté un’ultima volta, poi prese la sua decisione.
«Sì, Peter, sono pronto».
Peter sorrise in un modo che quasi spaventò il povero Blaine.
 
Potete possederlo.
Bravo, Peter. Sapevamo che ce l’avresti fatta.
Ora mancano soltanto gli altri cinque pazzi e il fantasma.
Hai detto niente! Ce la farai, lo sappiamo.
Lo so anch’io.
 
Blaine non avvertì più la terra sotto i suoi piedi; la sua mente e il suo corpo erano completamente domati da qualche entità misteriosa.
«Peter», mormorò Blaine tossendo leggermente.
«Ora chi saresti tra i tanti?», domandò Peter sarcastico.
«Chandler», rispose il ragazzo sfoggiando un sorriso malizioso.
«Ma come? Avresti dovuto dare la precedenza al capo dei demoni», asserì Peter sorpreso.
«Tra i pazzi, il francese è quello più forte di tutti, quindi Sebastian spetta a Karofsky», spiegò Blaine, o meglio Chandler, con ovvietà.
Qualcuno bussò al portone della Dalton; Peter uscì dall’aula invitando Chandler a stare fermo.
«È aperto, potete entrare», rispose Peter con un enorme sorriso; di sicuro i compagni di Blaine erano venuti a cercarlo.
Peter nascose la sua sorpresa quando vide un uomo, una donna e uno dei sei pazzi, o meglio, il ragazzo veggente, ovvero il biondino che aveva le visioni e che stava sempre appresso a Duval.
«Buona serata, noi siamo i genitori di Jeffrey Sterling, potremmo parlare con un docente?», asserì quella che doveva essere la madre del biondo.
«Oh, signora, non si preoccupi: potete tornare a casa. Tanti saluti!», mormorò Peter guardando intensamente i genitori di Jeff negli occhi.
Loro lo contemplarono quasi ipnotizzati; annuirono lentamente e andarono via.
Peter si avvicinò al portone e lo chiuse.
«Cosa ci fai qui?», domandò Jeff perplesso: «E cosa hai fatto ai miei genitori?».
«Loro ti odiano, no? Li ho semplicemente mandati via: dovresti ringraziarmi», rispose Peter con un adorabile sorriso.
«Non hai risposto all’altra domanda», gli fece notare il biondo.
«Cosa ci faccio qui? Tesoro, lo scoprirai presto», rispose il ragazzo con un sorriso che non prometteva nulla di buono.


 

Angolo Autrice


Buona giornata a tutti! :)
Scusate Jeff per il suo linguaggio colorito... quando ci vuole, beh, ci vuole! u.u x) Comprendiamolo.
E così Jeff fa notare ai suoi genitori come e quanto Nick sia stato positivo per lui e come sia entrato nella sua vita. Dalle parole di Jeff notiamo quanto i genitori siano stati menefreghisti ma soprattutto cattivi nei suoi confronti.
Trinn shippers! ♥ Fatevi sentire ♥ *---* Finalmente il tanto atteso bacio, anche se dato di fretta e furia. D:
Peter... bene, ora possiamo ufficialmente dire che è malvagio (come se non lo sapessimo, okay x'D).
Avete notato di sicuro che il capitolo si chiama 10 - Fretta... bene, come già ho detto nello scorso capitolo, le vicende non saranno più ambientate a Villa Montgomery se non per piccole scene.
Ringrazio tutti coloro che leggono e recensiscono! :) Al prossimo capitolo (che forse arriverà o oggi o domani!) :D

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** 11 - Ritorno alla Dalton Academy ***


11 – Ritorno alla Dalton Academy
 

Una villetta dall’aspetto elegante si trovava in fondo ad una via alberata.
«Questa è la casa di Jeff?», chiese Nick perplesso.
«Dovrebbe», rispose Trent: «Non sono mai stato a casa sua prima d’ora».
Nick annuì lentamente.
«Se pure fosse, come faremmo a convincere i genitori di Jeff a lasciarlo libero?», domandò Trent incredulo.
«A questo ci penseremo dopo», rispose il moro.
Nick e Trent arrivarono fuori la villa; il moro avrebbe tanto voluto sfondare quella porta e riprendersi Jeff, ma con calma bussò e attese che qualcuno venisse ad aprirlo.
«Trent… ora che ci penso sarebbe meglio che parlassi soltanto tu con i genitori di Jeff», mormorò il moro: «Loro mi hanno già conosciuto ed è stato odio a prima vista».
«Va bene», rispose Trent vedendo scomparire il moro dietro un albero.
«Chi è?», domandò una voce femminile da dietro la porta.
«Salve, signora, sono Trent», rispose il ragazzo.
Denise, la madre di Jeff, aprì la porta e chiese: «E chi saresti tu?».
«Sono un amico di Jeff… posso parlare con lui?».
«Jeff non è in casa, ma alla Dalton Academy, dove scommetto dovresti stare anche tu», rispose la donna fredda.
Trent, allibito, sgranò gli occhi; Nick si sentì morire.
Dalton Academy.
Cosa ci faceva Jeff alla Dalton?
È una bugia, pensò Nick, Jeff è in quella fottuta casa.
Nick, alterato, uscì dal suo nascondiglio e si piazzò davanti alla donna.
«Senta, signora, non ci va di scherzare: ci faccia subito parlare con suo figlio!», asserì Duval.
«Ma cosa volete?! Mio figlio sta veramente alla Dalton!», rispose la donna accigliata.
«Ah, davvero? Mi faccia vedere, allora», la sfidò il ragazzo spazientito.
La donna, quasi con aria trionfante, fece entrare i due ragazzi che subito si divisero per perlustrare la casa.
Nick salì le scale ed entrò in una stanza; era una camera da letto, molto probabilmente quella di Jeff. All’angolo della stanza c’era una chitarra e sulla scrivania leggermente disordinata c’erano dei disegni e dei pastelli a cera; Jeff, come lui, Trent e tutti gli altri, era ancora un ragazzino quando aveva lasciato la sua famiglia per andare in quel terribile riformatorio.
Nick si voltò a destra e a sinistra, uscì dalla stanza e percorse altri corridoi, ma niente: nessuna traccia di Jeff.
Preso dal panico, andò contro qualcosa, o meglio, qualcuno.
«Mi scus…».
A Nick morirono le parole in gola: si era appena scontrato con il padre di Jeff che stava sfoggiando uno sguardo severo e gelido.
«Quindi tu saresti Nick, l’angelo custode di nostro figlio, la sua ala protettrice, il suo fidanzato», asserì Harold sprezzante come se avesse appena pronunciato un terribile insulto: «Mio figlio è stato sparato a causa tua. Ha rischiato la vita per te».
Nick restò leggermente a bocca asciutta: che cosa ne sapeva lui di quell’episodio che era accaduto alla Dalton Academy?
La notizia è uscita sui giornali, pensò Nick, l’avrà sicuramente letta.
Ma se i genitori di Jeff l’avevano letta, perché non avevano fatto niente? Perché non si erano fatti sentire? Perché non erano andati a trovare il figlio?
Perché così funziona alla Dalton: ci vai o perché sei considerato strano, pazzo o malato o perché ti odiano e basta, pensò Duval amareggiato.
«Voi, da bravi genitori, perché non siete venuti a controllare se fosse almeno vivo?», domandò chiaramente Nick.
Quella frase dovette stizzire il signor Sterling perché non esitò nel dargli un forte schiaffo sulla guancia.
Nick restò spiazzato da quel gesto, ma non si scompose.
«Allora? Che razza di genitori siete?!», insistette il ragazzo.
«Non provocarmi», asserì l’uomo rosso di rabbia mostrando i pugni: «Non sfidarmi che qui si mette male, ragazzino».
Per un momento Nick pensò di ritrovarsi di fronte al patrigno Jake. Indietreggiò istintivamente.
«Voi non meritate di avere un figlio stupendo come Jeff», concluse Nick: «Davvero non lo meritate!».
Si incamminò verso l’ingresso dell’abitazione dove trovò Trent.
«Non c’è da nessuna parte», lo informò Trent.
«Andiamo alla Dalton, allora», lo incitò Nick.
 
Kurt, essendo un fantasma ed essendo legato a Blaine e morto alla Dalton, poteva teletrasportarsi nel riformatorio. Sebastian e Thad, invece, avevano preso un pullman e attendevano impazienti che arrivassero a destinazione.
I due ragazzi erano seduti in fondo al pullman, lontano dalle altre persone.
Thad sembrava piuttosto angosciato e ciò non sfuggì a Sebastian.
«Che c’è?», gli sussurrò leggermente il francese stringendo la mano del suo ragazzo.
«La Dalton… la Dalton mi mette inquietudine, ansia…», mormorò Thad: «È un posto orribile… non voglio tornarci ma dobbiamo».
«È anche dove ci siamo incontrati per la prima volta», aggiunse Sebastian accennando un lieve sorriso.
Thad gli sorrise dolcemente; non riusciva a capire come facesse Sebastian a trovare sempre qualcosa di positivo: quella era una delle tante cose che Thad ammirava di lui.
Thad, stanco e un po’ assonnato, si accoccolò a Sebastian, appoggiando la propria testa sulla sua spalla. Il francese sollevò delicatamente il suo volto e unì le loro labbra in un tenero bacio.
 
Kurt si era teletrasportato alla Dalton, ma non riusciva a mettersi in contatto con Blaine. Il fantasma fluttuò per le stanze alla sua ricerca e spalancò gli occhi quando vide Peter Kingson in giro per i corridoi: che cosa ci faceva Peter lì?
 
Sebastian e Thad erano di fronte il grande edificio.
«Entriamo», lo incitò Sebastian accarezzandogli leggermente la schiena.
Thad annuì lentamente; i ragazzi presero un respiro e finalmente entrarono.
«Non c’è nessuno», mormorò Sebastian guardando avanti e indietro.
«I demoni avranno fatto piazza pulita», obiettò Thad percorso da un brivido.
«Salve, fanciulli!».
Una voce ben conosciuta li fece voltare: in fondo all’ingresso c’era Peter Kingson.
«Peter? Che cosa ci fai qui?», domandò il francese sorpreso.
«Oh, Bas caro, è una lunga storia», il ragazzo sorvolò la domanda.
Il sorriso che Peter aveva stampato sul volto non convinse nemmeno minimamente i due ragazzi.
«Blaine è qui», asserì Thad deciso.
Peter si limitò a sorridere ancora di più.
«Dov’è Blaine?», insistette Sebastian.
«L’ha appena detto Harwood: è qui», rispose Peter con ovvietà.
«Ah-ah, spiritoso. Dove sta?», domandò Thad impaziente.
Peter non rispose e ciò innervosì ancora di più l’ispanico.
«Beh, vorrà dire che andremo a cercarlo no…».
La voce di Sebastian venne interrotta dall’arrivo di Nick e Trent.
«Duval e Nixon, finalmente, vi aspettavo», asserì Peter con un sorriso ancora più ampio.
«Kingson?», chiese Nick perplesso.
Trent non aveva mai visto prima d’ora Peter Kingson, ma sapeva quasi tutto su di lui grazie alle notizie dei suoi compagni.
«Sì, Peter Kingson in persona», rispose sarcastico il ragazzo.
«Tu sai dove sono Jeff e Blaine, vero?», incalzò il moro spazientito.
«Può essere», rispose Peter.
«Ti odio», mormorò Duval sprezzante.
«Oh, ma quante cose in comune che abbiamo allora!», continuò l’altro con un sorriso sghembo.
 
Potete possederli.
Harwood e Nixon non ci servono. Puoi pure ucciderli.
D’accordo.  
 
Sebastian sentì la testa andargli in fiamme e subito capì cosa stesse succedendo.
Non riusciva né ad urlare di dolore né a muoversi: la sua mente e il suo corpo erano controllati senz’altro da un demone e lui non riusciva a sfuggirgli.
Nick sentì le stesse sensazioni del francese, solo che a lui erano completamente nuove.
 
Eccomi di nuovo, Sebbie.
Karofsky.
Oh, tesoro, amo quando "pronunci" - o forse dovrei dire "pensi" - il mio nome!
Stronzo.
Quando mi chiami così un po’ meno…
Bastardo! Cosa cazzo volete ora?!
Che finezza, francesino.
Rispondi, feccia.
Io non ti devo spiegazioni e, se riesci ad attendere un po’, scoprirai tutto.
 
«Sebastian? Nick?», provò a chiamarli Thad impaurito; aveva immaginato cosa potesse essere successo.
«Ragazzi? Ci siete?», li richiamò Trent.
«Complimenti, Peter, sapevamo che ce l’avresti fatta», si congratulò Nick.
Peter ridacchiò: era buffo vedere Duval congratularsi con lui soltanto perché posseduto da Santana.
«Ben fatto, figliolo», asserì Sebastian con un sorriso dando una pacca sulla spalla al ragazzo.
«Di niente, padre. Questo e tutto per noi», rispose lui ricambiando il sorriso.
Il cuore di Thad perse un battito.
«Figliolo? Padre?», mormorò Trent perplesso.
«Ah, giusto, non vi ho mai parlato di mio padre per ovvi motivi», ridacchiò Peter: «David Karofsky, il capo dei demoni per eccellenza».
«È impossibile, Karofsky è soltanto un fottuto demone e tu non puoi essere suo figlio», asserì Thad deciso cercando di nascondere il panico.
«No, davvero, caro Harwood? E se diciassette anni fa un demone avesse messo incinta un’umana? Come la mettiamo?», sussurrò il ragazzo avvicinandosi pericolosamente all’ispanico: «Sono metà umano e metà demone».
Trent rimase a bocca asciutta. Thad sgranò gli occhi e immediatamente una marea di risposte comparvero nella sua mente: ecco perché sentiva sempre una sensazione di calore quando era con lui, ed ecco perché Sebastian avvertiva presenze demoniache anche a Villa Montgomery.
«Tu… tu ci hai ingannato», mormorò l’ispanico: «Hai fatto qualcosa affinché ritornassimo tutti alla Dalton, o meglio, da voi demoni».
«Esatto, Harwood, per una volta incominci a ragionare con la tua bacata testolina», rispose Peter con un lieve sorriso: «Il vostro amico Blaine era così eccitato dall’idea di diventare un fantasma che ha accettato la mia offerta, ecco perché eravamo entrambi qui alla Dal…».
«Dove sono Blaine e Jeff? Li hai uccisi?!», lo interruppe Trent allarmato.
«Oh, no, se volete potete pure vederli», asserì Sebastian con un sorriso così strano e spaventosamente reale che spezzò il cuore di Thad: «Chandler! Brittany! Venite pure».
Blaine e Jeff uscirono da un’aula. Jeff andò subito vicino a Nick e Blaine vicino a Sebastian.
Thad realizzò con orrore che Blaine era posseduto da un certo Chandler, Jeff da quella Brittany che aveva posseduto anche lui, Nick da Santana e Sebastian dal capo dei demoni.
«Non è divertente», commentò Thad inorridito.
«Oh, Harwood caro, avete vissuto anche troppo a lungo e a noi serve un corpo che non abbiamo», sibilò Nick, o meglio, Santana.
«I nostri amici riusciranno a vincere su di voi, ne sono certo!», parlò Trent.
Sebastian, Blaine, Nick, Jeff e Peter risero di gusto.
«Cosa? Cioè, tu credi davvero che… sì, vabbè, certo, ah-ah-ah, convinto il ragazzo!», rise fragorosamente Blaine.
Le lacrime incominciarono a bagnare gli occhi di Trent. Thad se ne accorse, gli si avvicinò e gli accarezzò leggermente la schiena.
«Dobbiamo aiutarli», gli sussurrò l’ispanico all’orecchio: «Credo di saper come fare».
Thad pensò a quando Sebastian era stato posseduto da Karofsky e a come fosse riuscito ad aiutare il ragazzo a far uscire il demone dal suo corpo.
La situazione era molto più complessa perché doveva farlo con quattro persone, ma ce l’avrebbe potuta fare.
Insieme a Trent, si avvicinò lentamente ai ragazzi, ma immediatamente delle braccia salde bloccarono con violenza i loro polsi.
«Peter, Chandler, Santana, Brittany, portateli nei sotterranei!», ordinò Sebastian tagliente con un ghigno.
 



Angolo Autrice


Buon pomeriggio a tutti! :D
Capitolo un po' più lungo del solito... D: Il titolo del capitolo dice tutto D':
Scusate il linguaggio colorito di Sebastian! u.u x)
E così Seb è posseduto da Karofsky, Nick da Santana, Jeff da Brittany e Blaine da Chandler... Peter è il figlio di Karofsky ed è un mezzo demone mezzo umano... l'avevate mai pensato? D: Beh, io l'ho deciso appena ho inserito il personaggio di Peter Kingson... sono curiosa di sapere cosa pensavate voi! ;)
I nostri sei ragazzi sono nei guai fino al collo... riusciranno Thad, Trent e il fantasma Kurt (a proposito, sarà presente maggiormente nel prossimo capitolo) a risolvere la situazione? Non c'è tanto tempo, i quattro ragazzi posseduti rischiano di essere sopraffatti dai demoni D:
Ringrazio tutti coloro che leggono e recensiscono! :) Al prossimo capitolo! :D 

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** 12 – Decisioni ***


12 – Decisioni
 

 

Vennero sbattuti in una squallida cella. Thad e Trent sgranarono gli occhi: non sapevano che nei sotterranei si nascondessero delle segrete, ma avrebbero potuto immaginarlo dal momento che la Dalton era stata anche una prigione.
«Bel posticino dove morire, non trovate?», domandò loro Peter sarcastico imprigionandoli con delle catene insieme a Chandler, Santana e Brittany.
A quelle parole Trent ebbe un brivido.
«Che tu sia dannato per sempre, brutto bastardo!», lo maledisse Thad adirato.
«Già lo sono. Ricordi che sono un mezzo demone o la tua povera testolina deve ancora realizzarlo?», disse il ragazzo.
Thad ammutolì; l’unica cosa che voleva fare era sferrargli un pugno in faccia e strangolarlo, ma non poteva perché quelle maledette catene gli impedivano qualsiasi movimento.
«Nick, Jeff, Blaine, tornate in voi!», disse ad un certo punto Thad speranzoso: «Siete posseduti, ma con un po’ di volontà potete scacciare i demoni…».
«Ti piacerebbe», commentò Nick sarcastico: «Preparatevi al vostro destino, poveri disgraziati: avete perso, nessuno più può contrastarci. Marcite, ora».
Quelle parole facevano male sia a Thad che a Trent.  
 
Quelle parole facevano male anche a Nick, Jeff e Blaine.
Non avevano il controllo della loro mente e del loro corpo e non riuscivano a comunicare con i demoni che li possedevano come invece poteva fare Sebastian. Dovevano soltanto subire e, nel profondo della loro anima che man mano si stava consumando, sentirsi male per quello che erano costretti a fare o a dire.
Thad ha parlato di volontà, pensò la piccola parte che ancora rimaneva di Jeff, dobbiamo lottare contro noi stessi e cercare quella volontà che può salvarci.
 
Blaine sapeva di esser stato stupido, e ora stava pagando il prezzo della sua incoscienza.
Aveva accettato di aver sbagliato e forse aveva accettato anche l’idea della morte, ma non riusciva ad accettare il fatto che per colpa sua ora anche i suoi amici erano in pericolo.
E lo stesso Kurt.
 
David camminava per la Dalton con un sorriso stampato sul volto; aveva finalmente un corpo – e anche un corpo niente male, osò pensare – e riusciva a respirare un profumo di libertà che presto lo avrebbe avvolto.
Ora mancava soltanto lui, il bellissimo angelo – perché per lui non era un fantasma, ma un angelo magnifico –. Era stato lui stesso ad ucciderlo anni prima, adirato perché non voleva concedersi a lui.
David sapeva di aver fatto uno sbaglio e perciò avrebbe scontato quel suo errore per l’eternità. Ma ora aveva il corpo di Sebastian e poteva riprovare a vivere.
 
Karofsky, basta.
È inutile che provi a fermarmi. Avete perso: Harwood e Nixon moriranno e voi tutti scomparirete per sempre.
La speranza è l’ultima a morire.
Ma la prima a illudere.
 
David smise di rispondere mentalmente a Sebastian; si era stufato dei suoi implori e dei suoi deliri. I demoni avevano finalmente avuto la loro meritata vittoria e presto Sebastian sarebbe morto come tutti gli altri.
David azionò le sue tecniche di demone per scovare il fantasma. Alla fine lo trovò: si era reso corporeo e correva per i corridoi. Era alla disperata ricerca di Blaine e degli altri.
«Sebastian!», lo richiamò Kurt allarmato avvicinandosi al francese: «Stai bene? E dove sono gli altri?».
David boccheggiò di fronte alla bellezza sovrannaturale di Kurt: la voce soave, il corpo marmoreo, la dolce e vellutata pelle diafana, i capelli biondo scuro, gli splendidi occhi azzurri.
«Kurt», mormorò David, e solo allora si accorse di avere l’odiosa voce del francese.
David non sapeva se fingere di essere Sebastian o se calmare i bollenti spiriti – bella parola, lui era un demone! – che albergavano in lui.
Optò per la seconda opzione. Gli si avvicinò e lo cinse per i fianchi, catturando le sue labbra in un bacio né dolce né brusco.
«Sebastian! Ma tu sei posseduto!», riuscì finalmente ad urlare Kurt.
Ma a David non importò delle sue parole: ora aveva un corpo e voleva semplicemente vivere – al fianco di Kurt, possibilmente –.
Continuò a baciarlo, intensamente e con ardente desiderio. Kurt non riusciva a staccarsi perché le strette del demone diventavano sempre più forti e violente.
«Lasciami… lasciami, Karofsky!», urlò Kurt con disprezzo.
Il fantasma aveva capito che era lui, ma a David davvero non importava.
Ora erano solamente lui, Kurt e nient’altro.
 
Smettila, lurido bastardo!
 
Ah, e Sebastian.
 
Taci, imbecille.
 
Era più forte di lui, ma David non riusciva a non dargli retta, e questo era un punto a suo sfavore. Se l’avesse continuato ad ignorare, Sebastian sarebbe morto prima.
 
So cosa vuoi fare a Kurt. Lascialo stare, stronzo!
Altrimenti che mi fai? Sentiamo!
Vorrei tanto strangolarti e farti morire atrocemente, ma ovviamente non posso in queste condizioni, ma posso tormentarti. È come se avessimo invertito i ruoli: ora sono io una specie di demone che ti possiede, no?
No, non è così, ma da una parte mi piace che entri in quest’ottica: ciò significa che hai già accettato che questo corpo non è più tuo e questo non può più che farmi piacere. E ovviamente ciò accelererà la tua morte: sto aspettando con ansia quel momento!

Non ho proprio detto questo…
L’hai lasciato intendere. E ora piantala.
Mai. Finché posso tormentarti lo farò.
 
«Mi è mancato poterti stringere a me», asserì Santana, o Nick, accarezzando teneramente i capelli di Brittany, o meglio, di Jeff.
«È mancato tanto anche a me», mormorò il demone.
«Mi è mancato anche fare l’amore con te…», continuò Santana assorta nei suoi pensieri.
«Oh, lo stesso vale per me. Però è stato… strano, diverso. Non saprei come definirlo», disse Brittany.
«È ovvio, Britt, ora siamo due maschi», ridacchiò Santana: «… e devo dire che sei stata fortunata perché sei bella lo stesso».
Brittany sorrise: «Anche tu, anche se ti preferivo donna».
Santana sorrise leggermente.
Restarono un po’ di tempo ad accarezzarsi in silenzio, in quel letto di una delle tante stanze della Dalton Academy.
Brittany ruppe quel silenzio religioso richiamandola: «Santana».
«Britt, dimmi».
«A volte penso che noi demoni siamo egoisti e crudeli», asserì la bionda.
«Britt, ma fa parte della nostra natura», spiegò la mora accigliata.
«Che cosa hanno fatto di male Nick, Jeff, Sebastian e Blaine? Perché li stiamo possedendo?».
«Per avere un corpo, no? Non è quello che hai sempre voluto da quando sei diventata demone?», rispose la mora: «Possediamo proprio loro perché sono speciali, hanno dei poteri paranormali e ciò li rende anche “possedibili” più a lungo. A differenza degli altri moriranno più tardi e i loro corpi saranno definitivamente nostri. Ovviamente diventeremo mortali, ma avremo una vita normale, insomma, saremo di nuovo degli umani, e non più terribili demoni».
«Non mi sembra una cosa giusta… stiamo strappando loro la vita», cercò di spiegarle Brittany.
«E a te sembra una cosa giusta che loro vivano e noi no?», domandò Santana accigliata.
«Sì, e sai perché? Perché non avremmo mai dovuto avere un passato da assassine», rispose la bionda con una freddezza tale che Santana giurò di non aver mai sentito nelle sue parole: «Siamo state perfide, spregevoli. Uccidevamo i nostri fidanzati per ottenere la loro eredità e arricchirci. Poi siamo finite in manicomio per ovvie ragioni e siamo morte lì. Dimmi tu se abbiamo condotto una bella vita. Solo ora che è troppo tardi me ne rendo conto, e sai che ti dico? Sono pronta a scontare la mia pena di demone per l’eternità, pur di non commettere altri brutti reati».
Santana restò spiazzata da quelle parole; le lacrime avevano bagnato completamente i suoi occhi. Brittany aveva ragione, ma perché arrendersi ora che avevano vinto?
Santana era tentata a restare nel corpo di Nick, ma le parole di Brittany l’avevano seriamente colpita.
E poi, essendo entrambe demoni, avrebbero potuto scontare il loro errore insieme, per sempre, e nessuno avrebbe potuto separarle.
Sarebbero potute stare insieme per l’eternità e, anche se non avrebbe potuto amarla e baciarla, poteva dimostrare il suo amore per lei come aveva sempre fatto prima d’ora.
Non avevano bisogno di un corpo per amarsi; i sentimenti contavano.
«Ora lascio Jeff e non possiederò più nessuno, anzi, cercherò di contrastare Karofsky e Chandler. Finalmente farò qualcosa di buono in vita mia», asserì decisa Brittany: «Se tu vuoi seguirmi, fallo pure».
«Ci devo pensare», rispose infine la mora.
Brittany annuì, poi sorrise in quel corpo per l’ultima volta.

 



Angolo Autrice


Buon pomeriggio a tutti! :D
Gran bel capitolo questo! D: Devo dire che è un capitolo decisivo (e infatti si chiama Decisioni... LOL xD).
Vi svelo un segreto, ma forse l'avevate già capito: io e Thad abbiamo le menti strettamente collegate, quindi quello che pensa lui è ciò che penso anche io u.u xD
Bene, Kurt è nelle grinfie di Sebastian/Karofsky (scena Kurtbastian/Kurtofsky, devo dire D: ;D).
In parole semplici, Blaine finalmente comprende di essere stato un coglione.
Jeff, invano, cerca di darsi forza e cerca un barlume di volontà nascosto dentro di sé. (?)
E alla fine, abbiamo una scena Niff/Brittana... un Nick e Jeff completamente fuori di sé e controllati dai nostri due demoni.
Ed ecco svelato il passato di Santana e Brittany... si fidanzavano con uomini facoltosi per poi ucciderli e impossessarsi dei loro beni. 
Brittany ha deciso di cambiare "vita". Cosa deciderà Santana?
Nel prossimo capitolo accadrà qualcosa di importante a Thad. E ovviamente ritornerà il nostro piccolo Jeffie ♥ :) Tornerà anche Nick? ;)
Ringrazio tutti coloro che leggono e recensiscono, siete fantastici. Al prossimo capitolo! :D

Ritorna all'indice


Capitolo 13
*** 13 - Papà ***


13 – Papà
 


La testa gli doleva incredibilmente e per un momento pensò potesse esplodere.
«Ma cos’è successo…», mormorò il biondo con voce rauca per poi tossire fortemente.
«Siamo stati posseduti», rispose il moro, anche lui con la voce strozzata.
Il biondo si voltò verso Nick e disse allarmato: «Dobbiamo salvare gli altri!».
«Già, non c’è tempo. Muoviamoci», concordò l’altro rivestendosi.
Jeff lo imitò: «Andiamo in prigione a recuperare Thad e Trent».
 
«Lo sapevo che sarebbe andata a finire così!», mormorò Trent afflitto.
Thad roteò gli occhi al cielo: «L’hai detto già sei volte! Ora potresti stare zitto, per piacere?».
Trent ammutolì finché silenziose lacrime non rigarono il suo volto.
«Okay, scusami, non volevo essere così brusco», si scusò infine l’ispanico: «è solo che, come te, mi sento uno schifo… è orribile essere impotenti».
«Lo so», asserì l’altro. Un’idea lo folgorò improvvisamente: «Forse so come fare!».
«Cosa?», chiese Thad perplesso.
«Aspetta e vedrai».
Thad si limitò ad annuire. Ad un tratto sentì un vento gelido penetrargli sin dentro le ossa. Cosa stava succedendo?
Percepì una strana presenza. Poi le tenebre.
 
Tesoro…
 
Papà?
 
Thad, siamo noi.
 
No, non può essere…
 
Thad, siamo Eric e Adam, i tuoi genitori.
 
Papà! Non ci posso credere!
 
Figliolo, come sei cresciuto… ci manchi tantissimo.
 
Mancate tantissimo anche a me! Come mai non sono mai riuscito a parlare con voi prima d’ora?
 
Tu non puoi evocare i morti, Thad. Sono i morti che possono parlare con te. Abbiamo provato per anni a cercarti ma non siamo mai riusciti a parlarti perché sei sempre stato in pessime condizioni fisiche e mentali per poter stabilire un contatto con i defunti. Possiamo riuscire a contattarti soltanto quando sei calmo e sereno e ciò non è mai accaduto in questi anni per ovvi motivi oppure quando, al contrario, ti senti quasi di morire perché credi di aver perso tutto…
 
Già, mi sento malissimo e non posso fare niente…
 
Figliolo, ascoltaci bene: non perdere mai le speranze. Ti sottovaluti troppo. Non c’è niente di sbagliato in te. Non sei inutile. Non sei pazzo. Sei solo un ragazzo molto sfortunato che ha dovuto crescere in fretta e che ha perso i suoi genitori quando era ancora un bambino… sei stato disprezzato, umiliato e odiato dai tuoi zii, sei stato deriso, maltrattato e torturato in questo riformatorio… ne hai passate tante, e sai come si dice? Ciò che non ti uccide ti fortifica. Sei forte, Thad Harwood, e hai anche esperienza. Non perdere la speranza: Trent ha trovato il modo per fuggire dalla prigione. Segui le sue indicazioni, poi cercate di salvare gli altri. Sappiamo che ce la puoi fare, Thad… sappiamo che ce la potete fare. Sbrigatevi: c’è poco tempo. E ricorda una cosa, tesoro: ti vogliamo bene, e te ne abbiamo sempre voluto. Non arrenderti mai, tesoro. MAI.
 
Interruppero la loro corsa sfrenata poiché avvistarono Peter per i corridoi con Blaine.
«Blaine è posseduto da Chandler…», mormorò Jeff stringendo i denti.
«E Sebastian da Karofsky», disse Nick: «Dividiamoci: tu rimani qui, io provo a liberare Thad e Trent e a cercare Sebastian».
«Ma Sebastian è il più pericoloso di tutti, non puoi andarci da solo!», protestò il biondo.
«Me la caverò», tagliò corto il moro.
«Allora io vado da Blaine?», si arrese il biondo.
«No, per carità! Non ti lascerei mai nelle mani di quel viscido mezzo demone», asserì Nick inorridito riferendosi a Peter: «Tu rimani qua a tenerli d’occhio senza farti vedere finché non ti raggiungo assieme agli altri, okay?».
«Nick, vorrei rendermi utile…».
«Puoi farlo se non ti cacci nei pasticci», rispose l’altro rubandogli un veloce bacio sulle labbra per tranquillizzarlo: «Sii prudente, Jeff».
«Sii cauto tu, piuttosto. Attento a Karofsky», gli raccomandò il biondo preoccupato.
 
«Thad!», provò a richiamarlo per l’ennesima volta Trent scuotendolo.
Le lacrime avevano ormai bagnato completamente il suo viso: Thad aveva perso conoscenza ed erano passati ben venti minuti.
«Thad, svegliati!», continuò Trent terrorizzato.
L’ispanico sbatté lentamente le palpebre.
«Trent?», mormorò la sua voce flebile.
«Santo Cielo! Credevo fossi morto!», si sfogò Trent stringendolo in un forte abbraccio.
Thad, stordito, confuso e spiazzato allo stesso tempo, si limitò ad annuire lentamente.
«Cosa ti è successo?», insistette Trent.
«Io… io ho parlato con i miei genitori», rispose l’altro con un lieve sorriso sulle labbra: «Non li sentivo da sei anni…».
«Sono contento del fatto che sia riuscito a parlare con loro», affermò Trent sincero.
Voleva chiedergli cosa gli avessero detto, ma lasciò stare: non voleva risultare indiscreto.
«Mi hanno anche detto che tu avresti saputo come fuggire da prigione, e infatti noto che non siamo più incatenati e che la cella è socchiusa…», Thad lo lesse quasi nel pensiero.
«Posso spostare gli oggetti con la forza nel pensiero e sono riuscito a muovere gli ingranaggi della serratura e dei lucchetti. Ora non ci resta che cercare gli altri», lo esortò Trent tendendogli una mano per aiutarlo ad alzarsi.
 
Nick raggiunse le segrete, ma non vi trovò i due ragazzi. Durante la sua ricerca, scovò una cella semiaperta.
Saranno riusciti a liberarsi, pensò il moro sollevato.
Ora doveva soltanto capire dove fossero andati.
 
Jeff stava spiando Blaine e Peter già da un bel po’. Era in ansia per Nick e per i suoi amici.
Ad un certo punto avvertì qualcuno toccargli la spalla.
«Siamo noi», mormorarono due voci conosciute.
Jeff si voltò di scatto.
«Oh, mi avete fatto prendere uno spavento!», li rimproverò Jeff, poi bisbigliò: «Come state?».
«Bene», tagliò corto Thad, poi chiese: «Cosa staresti facendo? E non sei posseduto?».
«Nick mi ha detto di aspettarlo qui e di non perdere d’occhio Blaine. Comunque non so perché ma Brittany e Santana non stanno possedendo più me e Nick», spiegò Jeff, poi chiese preoccupato: «A proposito, avete visto Nick? Era diretto per le segrete…».
«No», rispose Trent: «Forse avrà trovato la cella aperta e ci sta raggiungendo…».
«Oppure sarà andato a cercare Sebastian e Kurt…», mormorò l’ispanico, poi asserì deciso: «Io vado a cercarli. Voi rimanete qui».
 
Nick incrociò Thad per i corridoi.
«Thad!», lo chiamò quasi sorpreso.
«Nick», rispose l’altro: «Jeff e Trent stanno al “sicuro”, stanno sorvegliando Blaine e Peter. Io starei cercando Sebastian e Kurt».
«Anch’io», asserì il moro.
«Dovremmo dividerci: io vado da Sebastian e Kurt e tu da Jeff, Trent e Blaine, okay?», propose l’ispanico.
«No: Sebastian è posseduto da Karofsky, è troppo pericoloso. Andiamo insieme», asserì Nick.
Thad ammirò la sua premura: «Nick, ti ringrazio, ma anche Blaine è in pericolo… per me non è un problema affrontare Karofsky da solo: l’ho già fatto una volta».
«Non sarà la stessa cosa», rispose Nick, poi domandò: «Ne sei proprio sicuro?».
«Sicuro come la morte», affermò l’altro deciso.
«Buona fortuna, allora», gli augurò Nick con fare fraterno dandogli una pacca sulla spalla.
«Anche a te. Te ne servirà tanta con quel parassita di Peter», concluse l’ispanico.
 
Sebastian si sentiva estremamente debole. Forse Karofsky aveva ragione: stava morendo.
Il demone aveva molestato Kurt, ma per fortuna il fantasma era riuscito a interrompere in tempo le sue più perverse intenzioni.
«Se mi arrendo liberi Blaine e i miei amici?», gli chiese il ragazzo disperato.
«Ci tieni tanto a quel ragazzo, eh?», asserì Sebastian con un sorriso enigmatico.
«Karofsky… ti supplico… se liberi Blaine, Sebastian e tutti gli altri sarò tuo…», propose Kurt a malincuore, poi con uno sforzo enorme aggiunse: «… per sempre…».
Karofsky ci pensò su: «Mi stai ingannando, fatina. Se libero Sebastian non avrò più un corpo».
Kurt si morse il labbro inferiore: David aveva ragione.
«Sei egoista… non puoi davvero lasciar morire Sebastian», asserì infine.
«Ah, davvero? Sì che posso, invece. Sebastian morirà, Chandler ucciderà il tuo piccolo Blaine e tu sarai per sempre mio», rispose autoritario il demone.
«Certo, nei tuoi sogni», si intromise una voce ferma e determinata.
Sebastian si voltò; non aveva previsto l’arrivo di quel pazzoide di Harwood.
«Tu eri in prigione», sputò acidamente Sebastian.
«Hai detto bene, Karofsky, ero in prigione», sottolineò Thad risoluto.
«Preparati a diventare polvere, Harwood», lo intimorì il demone.

 



Angolo Autrice


Buon pomeriggio a tutti! :D
Thad riesce finalmente a parlare con i suoi genitori che gli danno forza e gli dicono di non arrendersi ;) ♥
Thad sembra aver acquisito sicurezza. Trent ♥ riesce a liberare Thad e se stesso. :)
Scena Thack friendship! *---* *fangirlizza* ♥ Da quanto possiamo capire, Nick è molto premuroso nei confronti di Jeffie e Thaddy. ♥ (:
Kurt è così disperato per Blaine e i suoi amici che fa una proposta a Karofsky. Anche se tentato, David nota che non può accettare la sua proposta senza poter possedere un corpo, quindi non vuole rinunciare al corpo di Sebbie D:
A proposito di Sebastian... D: è debole e stanco, ma Thad arriva in tempo (?), forse.
Riuscirà Thad a salvare Sebastian? E riusciranno gli altri a cavarsela con Blaine/Chandler e Peter?
Ringrazio tutti coloro che leggono e recensiscono. Al prossimo capitolo! :D 

Ritorna all'indice


Capitolo 14
*** 14 - Dolore ***


14 – Dolore

Neanche il tempo di ribattere che venne scaraventato a terra con un pugno.
«Thad!», esclamò Kurt preoccupato.
«Sto bene», mormorò l’altro sentendo il sapore del sangue in bocca.
Thad si alzò faticosamente e pensò che l’incredibile e improvvisa forza fisica di Sebastian derivasse dal fatto che fosse posseduto dal capo dei demoni.
«Sebastian, sono io, Tha…».
Non finì la frase che un pugno dritto sullo stomaco lo fece crollare a terra.
Thad gemette. Sebastian si chinò verso di lui e minacciò di strangolarlo.
«Posso ucciderti senza problemi, piccolo psicopatico», blaterò il ragazzo con un sorriso folle.
Thad non poteva credere al fatto che quelle parole provenissero dalla bocca di Sebastian. Sapeva che era posseduto, ma era sempre una ferita al cuore ogni volta che si sentiva dire quelle cose così brutte dal ragazzo che amava più di ogni altra cosa al mondo.
 
Lascialo stare!
Sto per uccidere il tuo fidanzato con il tuo corpo. Che gran bel scherzo del destino, eh?!

Karofsky, fermati! Risparmialo e sarò tuo…
Sarai mio a prescindere.
Lascialo stare, ti supplico…
Adoro quando mi implori.
Brutto bastardo! Lascialo stare immediatamente!
Il tuo corpo è mio, posso fare quello che voglio. Preparatevi a morire entrambi.
 
Thad stava incominciando a soffocare, ma Sebastian lasciò improvvisamente la presa sul suo collo mugolando di dolore. L’ispanico ebbe il tempo di alzarsi da terra.
«Kurt, ma così fai del male anche a Sebastian!», lo ammonì Thad riferendosi al calcio che aveva appena dato al ragazzo posseduto.
«Volevi morire strangolato?», rispose l’altro accigliato.
«No, ma sii cauto perché così faremo del male soltanto a Sebastian e non a quel demone schifoso», spiegò Thad.
«Harwood, ammiro il tuo spirito d’iniziativa, ma la vita di Sebastian ormai è sospesa su un filo», asserì il demone avvicinandosi a lui minacciosamente: «Tra poco il tuo Sebbie non ci sarà più, e se vuoi puoi fargli compagnia, così vi potrete incontrare all’inferno».
«Tu già ci sei», mormorò l’ispanico accigliato alludendo alla sua natura demoniaca.
«Non per molto», specificò l’altro con un sorriso.
 
Thad, sii forte.
Non può sentirti!
Thad, non arrenderti…

Avverto sempre di più la tua fiacchezza. Stai forse morendo?
Non è divertente…
Sono serio, infatti.
 
Se non fosse stato posseduto, avrebbe sicuramente pianto. Non avrebbe pianto per il dolore fisico e mentale che stava subendo, ma avrebbe pianto perché stava facendo del male a Thad senza volerlo.
Gli diede nuovamente un pugno, dritto sul naso. Thad provò a difendersi sbracciandosi e senza provocargli del male. Kurt cercava di proteggere l’ispanico e, con molta difficoltà, cercava di bloccare i movimenti del francese.
 
Picchiatemi pure, prendetemi a pugni, a calci, tutto quello che volete voi. Impeditemi di farvi del male!
Quante volte ti devo ripetere che non possono sentirti?!
Non è giusto… li sto ferendo involontariamente e loro non si difendono neanche… devono rispondere, possono anche uccidermi, ma non voglio vederli in questo stato…

Mi sento sempre più potente e ti sento con difficoltà. Stai incominciando a scomparire.
Karofsky, forse doveva andare così, ma te lo chiedo in ginocchio, se solo potessi chinarmi per davvero: non far del male a Thad, a Kurt, a Nick, a Jeff, a Blaine, a Trent… a nessuno. Ti prego, non ucciderli, risparmia almeno loro.
Non capisco perché dovrei darti ascolto.
Ti supplico, Dave…
Sono un demone e non posso provare pietà.
 
Kurt bloccò Sebastian per i polsi. Il suo era un corpo temporaneo e, per bloccare le forzute braccia del ragazzo, si procurava del male da solo.
«Sebastian…», Thad approfittò di quell’attimo di “tregua” per poter parlare al ragazzo: «Non è la prima volta che ti parlo mentre sei posseduto… in passato hai già ostacolato Santana e anche Karofsky, quindi puoi riuscirci anche ora. Non so cosa stai provando in questo momento e non so come ti senti, ma so soltanto che sei forte e che puoi farcela. Ti amo, Sebastian, e non oso immaginare la mia esistenza senza di te. Sono contento che tu sia venuto… sono contento che tu sia entrato nella mia vita. Non puoi lasciarci, non puoi lasciarmi. Non puoi farti sottomettere da un ripugnante demone e farti soffiare la vita come se niente fosse…».
 
Thad, ti amo anch’io, non sai quanto… ma ora sono troppo debole, non riesco a fare niente, riesco a malapena a pensare… se solo potessi sentirmi…
 
«Nick! Finalmente!», mormorò Jeff al suo arrivo con un sospiro di sollievo.
«E gli altri?», domandò Trent perplesso inarcando un sopracciglio.
«Ci siamo divisi: Thad è andato a cercare Sebastian e Kurt. Ora dobbiamo affrontare Peter e salvare Blaine», spiegò rapidamente Nick.
«Come?», chiese Jeff incredulo.
«Non lo so neanche io», asserì sincero il moro per poi uscire dal proprio nascondiglio ed esortare Jeff a fare lo stesso; Trent non sarebbe dovuto uscire perché in realtà sarebbe dovuto essere ancora nei sotterranei insieme a Thad.
«Oh, Santana, Brittany, ciao», li salutò Peter con un sorriso obliquo.
Nick pensò di tenergli il gioco: se avesse finto di essere Santana, sarebbe stato tutto più semplice. O almeno, era questo quello che credeva.
Il sorriso di Peter si spense: «Ragazze…?».
 
Peter non avvertiva presenze demoniache né in Nick né in Jeff, e la cosa era alquanto strana. Quei due imbecilli erano fin troppo stupidi per poter riuscire a liberarsi dei demoni da soli.
Forse si stava soltanto sbagliando.
 
«Hey, Peter, come sta andando? Karofsky è riuscito ad ottenere il suo corpo?», gli chiese Nick con un sorriso delizioso.
Anche se la situazione era piuttosto grave, Jeff trattenne una risata.
«Oh, non ancora, ma fortunatamente manca ancora poco alla morte di Sebastian. E tu, che cosa mi dici di Nick? È morto quel bastardo?», domandò l’altro.
A quelle parole Nick e Jeff si irrigidirono: dovevano sbrigarsi perché Sebastian era seriamente in pericolo.
«Oh, anche quel bastardo sta per morire», gli diede corda Nick con un sorriso sghembo.
«E anche quel demente di Jeff», aggiunse il biondo cercando di essere convincente.
Fortunatamente Peter non sospettò nulla nelle loro parole: «Bene, molto bene. Tra poco avrete tutti un corpo».
Nick sforzò un sorriso: «E tu, Chandler? Come va con Blaine?».
«Oh, bene. Anche lui sta scomparendo», asserì Blaine con un mezzo sorriso.
Nick finse l’ennesimo sorriso, dopodiché si avvicinò lentamente ai due ragazzi. Si voltò leggermente e scambiò uno sguardo complice a Jeff che lo imitò.
«Bene, questo non può farmi più che piacere!», asserì il moro sferrando un pugno in faccia a Peter.
Il ragazzo perse l’equilibrio e cadde: Jeff, pronto, lo trattenne per le braccia.
«Brutto stronzo!», imprecò Peter ad alta voce, poi urlò: «Ecco perché non riuscivo a percepire presenze demoniache in voi! Quelle bastarde di Santana e Brittany hanno deciso di non possedervi più! Perché l’hanno fatto?! Sono diventate improvvisamente dolci e buone? Ci hanno imbrogliato!».
In cuor suo, Jeff si ritrovò a ringraziare i due demoni: non ricordava di essere riuscito a contrastare le mosse di Brittany, e lo stesso valeva per Nick con Santana.
«Mio adorato Peter, ora tu liberi Blaine da Chandler e ci porti immediatamente da Sebastian e Kurt facendo lo stesso con Karofsky. È tutto chiaro?», lo minacciò Nick autoritario stringendogli il collo.
«Un corno!», sbraitò l’altro provando invano a liberarsi dalla forte stretta del moro, poi asserì furibondo: «Cazzo, Chandler, non potresti collaborare e aiutarmi?!».
Ma Chandler sembrò non ascoltarlo nemmeno.
 
Siete due traditrici. Karofsky vi punirà per questo e farà bene!
Karofsky non farà un bel niente: Sebastian vincerà su di lui.
Santana, ti sei per caso invaghita del francesino? Uno, non avresti alcuna possibilità perché è invaghito di quell’altro squilibrato come lui, due, sei un demone, quindi siete incompatibili, tre, sta quasi per morire, quattro, perché cazzo avete liberato quei due imbecilli?!
Quei due imbecilli come li chiami tu sono due poveri ragazzi innocenti come tanti altri che abbiamo già ucciso in passato. Ci siamo stancate di fare sempre del male. Libera Blaine, ora, e piantala.

Brittany che mi dà degli ordini… ah-ah-ah, la devo raccontare a Dave!
Stronzo, lascia subito Blaine. Se non lo fai tu, so io come fare.
Voglio proprio vedere, Santana.
Non ti piacerà: ti farai male. Molto, molto male.
 
Blaine urlò improvvisamente come un forsennato, poi cadde a terra.
Trent sbarrò gli occhi: se ne fregò altamente degli avvertimenti di Nick uscendo dal proprio nascondiglio e avvicinandosi all’amico.
«Come ca…», Peter biascicò qualcosa, poi si interruppe.
Era stato uno stupido: quell’idiota di Trent poteva spostare gli oggetti con la forza del pensiero e sicuramente era riuscito a liberarsi grazie al suo potere.
E ciò significava soltanto una cosa: anche Harwood era libero.
«Blaine!», mormorò Jeff preoccupato stringendo Peter sempre di più insieme a Nick: «Cosa ti è successo?!».
«Chandler? Che cosa staresti facendo?!», asserì invece Peter provando invano a divincolarsi.
«Trent…», sussurrò una voce debole.
«Blaine?!», Trent sgranò gli occhi sorpreso e felice allo stesso tempo.
«Trent… dov’è Kurt?», fu la prima cosa che riuscì a dire Blaine.
Nick sospirò sollevato: ora mancava soltanto Sebastian.
«Ora andiamo da lui», cercò di confortarlo Trent.
I tre ragazzi lasciarono Peter da solo e, insieme a Blaine, andarono alla ricerca di Sebastian, Thad e Kurt; ovviamente non prima di aver riempito Peter di calci.
«Ti sei vendicato…», mormorò Jeff leggermente divertito al suo ragazzo.
«Odio quel bastardo», si giustificò Nick: «Ha fatto del male a tutti noi. Ci ha ingannati».
«Cavolo, ci sta seguendo!», notò Jeff allarmato voltandosi leggermente indietro.
«Acceleriamo», li incitò Nick.
«Io non ce la faccio…», sibilò Blaine stanco che si sentiva ancora troppo debole per la possessione appena subita.
«Aggrappati a me», lo esortò Trent: «Muoviamoci: non c’è un minuto da perdere!».
 
Thad e Kurt erano stati colpiti fin troppe volte; quest’ultimo aveva ricevuto tante di quelle ferite che non riusciva più a rendersi corporeo.
Thad aveva intuito una cosa del genere, per questo non si angosciò tanto e decise di mantenere la calma.
«Sebastian, torna in te!», lo sollecitò Thad per l’ennesima volta.
Sebastian sembrava non volergli dare ascolto: con una forza che Thad non avrebbe mai creduto possedesse, se lo caricò bruscamente sulle spalle.
«Cosa staresti facendo?», gli chiese Thad stupefatto cercando inutilmente di non mostrarsi agitato.
Sebastian non rispose: lo scaraventò con violenza contro la finestra di vetro che portava al terrazzo dell’istituto.
Il vetro si frantumò e Thad urlò dal dolore: diversi cocci di vetro avevano conficcato la sua pelle. Il sangue gli usciva copiosamente dal corpo e il ragazzo faticava a respirare.
«Sebastian…», mormorò Thad con le lacrime agli occhi.
«Non sei morto ancora?!», Sebastian era fuori di sé.
Thad pianse silenziosamente. Credette di non aver mai sofferto così tanto in vita sua.
Le frustate, le cinghiate e le diverse torture della Dalton Academy non erano niente in confronto a quello che gli stava accadendo ora.
Sebastian, non soddisfatto, lo prese a calci e lo spinse verso la ringhiera del terrazzo.
Thad, stanco e con il fiato corto, si aggrappò disperatamente alla ringhiera. Bastava un altro calcio e sarebbe caduto giù.
«Sebastian, so che non sei stato tu a farmi tutto questo… sappi che ti ho amato tantissimo e che sei la cosa più bella che mi sia mai capitata… e sappi anche che non sono affatto arrabbiato con te… non tenermi sulla coscienza», sussurrò flebilmente il ragazzo guardandolo negli occhi.
Nei suoi splendidi occhi scuri, Sebastian lesse disperazione, angoscia, terrore e infinito amore.
Le labbra di Sebastian, incurvate in un sorriso folle, si rilassarono.
 
Cosa aveva combinato?
Thad era sospeso tra la vita e la morte ed era aggrappato alla ringhiera; mancava ancora poco e sarebbe precipitato. Il suo corpo era martoriato da lividi e ferite sanguinanti a causa dei frammenti di vetro che avevano trafitto la sua carne.

Sebastian sembrò ritornare alla realtà.
«COSA DIAMINE HO FATTO?!», strepitò il francese con gli occhi sbarrati dal terrore e pieni di lacrime.
Sebastian gli si avvicinò e si affrettò a tendergli una mano per aiutarlo ad issarsi, ma venne percorso da fitte lancinanti che gli impedirono di pensare lucidamente e fare qualsiasi altra cosa di sensato.
Sebastian, sofferente, si accasciò a terra.

 



Angolo Autrice


Buona serata a tutti! :D
L'angst torna a farci compagnia *---* D: Ve l'aspettavate una cosa del genere? D:
Nick ha picchiato Peter! *---* (iniziamo con un bel pugno in faccia, l'avevo promesso u.u).
Sebastian colpisce Thad e Kurt... quest'ultimo non riesce a rendersi corporeo (ovviamente sarà soltanto una cosa temporanea), quindi non riesce a difendere Thad... e, a proposito di Thad, Sebastian l'ha quasi ucciso :(
Il capitolo finisce così: Sebastian sviene e Thad è ancora sospeso alla ringhiera del terrazzo D: (sa tanto di Gaston e la Bestia nella Bella e la Bestia... e non è un caso: ADORO quel film! :D). Entrambi potrebbero morire... o forse no ;) (vi avviso: non li farò morire u.u).
Sono contento che tu sia venuto... cit. Thad Harwood, e in inglese si traduce I'm glad you came, e anche questo non è un caso: AMO quella canzone e, come Teenage Dream è per eccellenza la canzone Klaine, io considero Glad You Came come quella Thadastian ♥
Non so precisamente quanti capitoli mancano alla fine, ma la storia è quasi al termine. D: Ma ci sarà un altro sequel e sarà l'ultimo episodio della saga! (se così si può definire xD).
Che dire... ringrazio tutti coloro che leggono e recensiscono, al prossimo capitolo! :D

Ritorna all'indice


Capitolo 15
*** 15 - La maledizione ***


15 – La maledizione

Arrivarono giusto in tempo Nick, Jeff, Blaine e Trent. I primi due recuperarono Thad e distesero il ragazzo a terra, al fianco di Sebastian.
Jeff, con le lacrime agli occhi, trattenne un urlo di terrore alla vista del corpo sfregiato di Thad e a quello di Sebastian colto da spasmi.
«Respira, Seb», gli intimò Blaine che, insieme a Trent, tentava invano di tranquillizzare il francese.
Sebastian, ansimante, urlava come un folle; gli doleva il corpo in una maniera sconcertante, come se lo stessero bruciando vivo su un rogo.
Thad, invece, respirava con fatica e aveva gli occhi sbarrati dal dolore e dal terrore.
Nick prese le redini della situazione: «Vado a chiamare l’ambulanza».
I ragazzi si limitarono ad annuire lentamente.
«Tranquilli, si sistemerà tutto», mormorò Jeff chinandosi verso i due ragazzi moribondi. La sua voce, rotta dal pianto, non era per niente convinta e rassicurante.
Le lacrime rigarono i visi di Blaine e Trent e anche quello di Sebastian che si stava riprendendo lentamente. Il flusso del suo respiro incominciò a regolarizzarsi.
«Io l’ho ucciso!», asserì il francese disperato: «Io ho ucciso Thad!».
«Non è come cred…».
«No?! E chi l’avrebbe ucciso, allora?!», Sebastian, sconvolto, interruppe Jeff.
«Karofsky», rispose Blaine con naturalezza asciugandosi le lacrime: «Chi, altrimenti!».
Sebastian, abbattuto, scosse il capo: «Sono un assassino… ho ucciso il mio ragazzo…».
Il francese iniziò ad avvertire meno dolore, perciò si avvicinò a Thad che era a terra al suo fianco e lo sollevò appena stringendolo forte a sé: «Thad…».
«Seb…», rispose l’altro flebilmente.
Sebastian, addolorato, contemplò il suo ragazzo morente: le labbra incurvate in un’espressione di dolore, gli occhi vitrei, le lacrime amare che bagnavano il suo volto.
«Non piangere, Sebastian…», gli sussurrò il ragazzo con fatica.
«Non… non posso averti ucciso davvero», mormorò l’altro singhiozzando: «È tutta colpa mia… sono un mostro!».
«Non è colpa tua… è sua».
«È colpa mia, invece… avrei dovuto contrastarlo e non ci sono riuscito… è stato più forte di me. Sono debole, sono inutile, sono un assassino, sono uno stronzo!».
Sebastian lasciò che le inarrestabili lacrime bagnassero liberamente il suo viso.
«No… non dire questo…».
«Mi dispiace tantissimo, Thad! Come ho potuto fare una cosa del genere?! Perché non posso morire io?!», Sebastian, afflitto, gli accarezzò il volto insanguinato.
Jeff, Blaine e Trent assistevano alla scena impotenti. Avrebbero tanto voluto fare qualcosa per salvare Thad, ma non potevano fare assolutamente niente. Potevano soltanto aspettare l’arrivo dell’ambulanza.
«Ho chiamato l’ambulanza. Sarà qui a minuti», annunciò Nick raggiungendo i ragazzi.
Nick osservò i suoi compagni addolorati e piangenti. Una lacrima solcò anche la sua guancia.
«Sebastian si è ripreso», mormorò Jeff a Nick: «Ma Thad niente…».
«Mi sembra di stare sullo squallido set di un film drammatico».
A quella voce, Nick si sentì morire. Si voltò indietro e scorse Peter.
«Molto probabilmente tuo padre ha ucciso Thad», sibilò Nick furioso.
«Mio padre? Sebastian l’ha ammazzato, l’ha ammesso anche lui. Vero, Bas?», Peter, sarcastico, si rivolse a Sebastian con finta dolcezza.
«Maledetto! Hai imbrogliato Blaine e hai ingannato tutti noi!», imprecò Sebastian stringendo Thad più forte a sé. Sperò tanto che la sua stretta potesse ridare un po’ di colore alla pelle cerea del ragazzo e donare un po’ di calore al suo corpo freddo ed inerme.
Thad appoggiò debolmente la testa sul suo petto caldo: «Non sprecare neanche fiato per queste persone…».
«Oh, Harwood, non ti vedo in forma. Come stai?», gli chiese Peter con un sorriso beffardo.
Sebastian avrebbe tanto voluto uccidere quell’essere in quel preciso istante, ma non voleva lasciare Thad neanche un secondo lontano dalle sue braccia.
Nick, infuocato di rabbia, si avvicinò a Peter e gli diede un pugno dritto in faccia.
«Sparisci se non vuoi fare una brutta fine», gli intimò Nick minaccioso ad un soffio dal suo viso.
 
David Karofsky non capiva come potesse essere successo.
Sebastian era fin troppo debole ed era sul punto di morire, ma era riuscito a scacciarlo, e ora lui si sentiva persino peggio del francese.
Anche la prima volta che aveva posseduto Sebastian si era sentito strano e fiacco, ma non come in quel momento; inoltre aveva percepito anche altre presenze demoniache che lo avevano confuso.
Sentiva come se potesse dissolversi da un momento all’altro.
E così fu.
 
Kurt si materializzò davanti ai ragazzi.
«Kurt!», lo richiamò Blaine correndogli incontro e abbracciandolo disperatamente: «Oh, credevo di non vederti mai più! È tutta colpa mia! Se non mi fossi fidato di Peter, Thad non sarebbe sul punto di morire e saremmo tutti salvi!».
Kurt, sbigottito, aveva gli occhi spalancati: udiva il proprio cuore battere velocemente, si sentiva le guance avvampare di rabbia, respirava profondamente e avvertì le lacrime bagnare i suoi occhi alla vista di Thad in quelle condizioni.
E tutto ciò era assolutamente impossibile perché il cuore di un fantasma non poteva battere.
Un fantasma non poteva arrossire.
Un fantasma non poteva respirare.
Un fantasma non poteva piangere.
Un fantasma non poteva essere così vivo come lo era Kurt in quel momento.
L’ambulanza arrivò finalmente e portò via Thad. Sebastian, accompagnato da Trent, andò via dalla Dalton per recarsi all’ospedale.
Furono Nick, Jeff e Blaine ad occuparsi di Peter e di quel sconcertante ma allo stesso tempo sbalorditivo spettacolo a cui stavano assistendo.
Si sentivano delle voci per tutta la Dalton. Jeff, confuso, uscì dal terrazzo e ritornò subito dopo con gli occhi sbarrati: «Non è possibile, mi sembra di aver visto Oliver Ross e Fred Brown. Erano morti…».
Nick spalancò gli occhi: «No, non è possibile…».
«Non può essere…», mormorò invece Peter sprezzante.
Jeff uscì di nuovo dal terrazzo per poi ritornare con altre spaventose e scioccanti notizie: «Ho visto il preside Fulton e la professoressa Ford… non sono visioni, vi giuro!».
Due ragazze incredibilmente belle uscirono sul terrazzo e si avvicinarono decise ai giovani ragazzi: la prima era un po’ bassa ma magra e formosa, era decisamente bella ed attraente e aveva lunghi capelli scuri e occhi castani; la seconda, invece, era alta e bionda ed era così bella e graziosa da sembrare una ninfa. I suoi occhi erano di una splendida e chiara tonalità di azzurro.
«Io sono Santana. Lei è Brittany», si presentò la mora.
Nick si trattenne nello sferrarle un pugno.
«Demoni…», mormorò il moro sprezzante.
«Io e Santana abbiamo abbandonato i vostri corpi e abbiamo liberato Blaine dalle grinfie di Chandler. Abbiamo anche aiutato Sebastian a liberarsi di Karofsky, il capo dei demoni», spiegò rapidamente la ragazza bionda.
«E perché mai avreste dovuto aiutarci?», chiese Nick crucciato.
«Si può cambiare nella vita, no?», tagliò corto Santana con un lieve sorriso che però non convinse neanche minimamente Nick Duval.
«Bastarde! Traditrici! Mio padre vi punirà spietatamente!», asserì Peter furioso.
«Tuo padre? Lui non c’è più», rispose tranquillamente Santana.
Peter sgranò gli occhi: «C-cosa?».
«Karofsky ha abusato del corpo di Sebastian: l’ha posseduto per troppo tempo. Forse non sembra, ma quel ragazzo è forte, in realtà. Può vedere i demoni e aveva già subito due possessioni durante la sua vita, compresa la mia. Essere posseduto da Karofsky ha soltanto indebolito di più il demone che non ce l’ha fatta ed è quindi scomparso. Per sempre», spiegò la mora.
Peter non voleva credere a ciò che la mora gli aveva appena detto: «Non è possibile! I demoni non possono morire!».
«In questo modo Sebastian ha spezzato la maledizione della Dalton Academy», concluse Brittany ignorando le parole del mezzo demone.
«Maledizione?», chiese Jeff perplesso.
«Sì, maledizione. Il capo dei demoni è morto e ora l’istituto non è più infestato da demoni e fantasmi: siamo diventati di nuovo tutti mortali. Ora abbiamo tutti una vita», disse Santana con un sorriso luminoso.
Blaine, scettico, asserì: «Fandonie!».
«Sarà vero, invece. Non possono essere menzogne», sentenziò Jeff: «Ho visto Fred, Oliver e altri studenti che conoscevo soltanto di vista… e Fulton, Ford…».
«Manco soltanto io all’appello?».
A quella voce, Nick sgranò gli occhi.
«Quanto ci siete mancati, ragazzi», sibilò la donna con un sorriso sadico avvicinandosi a loro.
«Oh, anche lei ci è mancata così tanto, professoressa Crane!», rispose Nick sarcastico.
«E gli altri tre pazzi? Dove sono il signor Harwood, il signor Smythe e il signor Nixon?», chiese la donna impassibile.
«All’ospedale», rispose Peter pronto beccandosi un altro pugno da un infuriato Nick Duval.
«Che modi, signor Duval!», asserì la donna fintamente sorpresa, poi disse: «Bene, manderò immediatamente qualche docente a recuperarli. La Dalton Academy dovrà rinascere!».
La schiena di Jeff venne percorsa da un brivido: per nessuna ragione al mondo avrebbe voluto frequentare di nuovo quell’orribile riformatorio.
«Professoressa Crane, gli altri fuggitivi si sono rifugiati a Villa Montgomery, la dimora di Wes M…».
Nick gli diede un pugno sulla bocca: «Taci, imbecille».
«La ringrazio, signor Kingson. È sempre stato uno studente modello», lo ringraziò la professoressa: «Faremo in modo che tutti ritornino qui».
«Lei non farà un bel niente, intesi?!», Nick, furibondo e fuori di sé, sollevò leggermente la donna per il collo.
«Mi levi le mani di dosso, signor Duval!», ordinò la donna autoritaria.
Nick rispose stringendole ancora di più il collo.
«Calmati, Nick!», Jeff provò invano a tranquillizzarlo.
Peter strappò al pericolo la professoressa Crane dando un calcio a Nick.
«Spero tanto che il signor Harwood e gli altri non siano nelle sue stesse condizioni, signor Duval!», parlò adirata la donna: «Vi avevamo detto che senza questo riformatorio eravate persi! Ora siete ancora più pazzi e malati del solito!».
Alcuni docenti raggiunsero la professoressa Crane.
«Vi devo parlare. Intanto occupatevi di questi studenti», intimò loro la donna: «e lasciate stare il signor Kingson».

 



Angolo Autrice


Buona Domenica a tutti! :)
Sebastian si è ripreso e Thad sta per morire.
Ed ecco che si parla di nuovo della famosa maledizione della Dalton Academy... la maledizione è stata spezzata con la morte di Karofsky, il capo dei demoni, e ora tutti i demoni (Santana, Brittany ecc... ah, vi ricordo che studenti come Fred Brown, Oliver Ross e anche i docenti, alla loro morte, sono diventati demoni essendo stati posseduti da demoni) e i fantasmi (Kurt e i suoi vecchi compagni-fantasmi) sono ritornati in vita. Ciò è accaduto perché non erano morti definitivamente essendo diventati demoni e fantasmi.
Prevedo guai fino al collo per i Warblers, per i nostri sei ragazzi e in particolare per Nick... D: 
La professoressa Crane è tornata con tutta la sua simpatia. D: Credevate di esservela levata di torno, vero? u.u XD
Vi ricordo che non so quanti capitoli mancheranno alla fine della ff, ma vi ricordo anche che ci sarà un altro sequel che sarà l'ultimo episodio della saga! :D (sempre se così posso definirla xDD).
Ringrazio tutti coloro che leggono e recensiscono, al prossimo capitolo! :D 

Ritorna all'indice


Capitolo 16
*** 16 - Presentimento ***


16 – Presentimento

Trent cercava invano di calmare Sebastian.
«Tranquillo… ora Thad è nelle mani dei medici»
«Tranquillo?! L’ho ucciso!», mormorò l’altro singhiozzando.
«Non è colpa tua», Trent gli mise una mano sulla spalla: «Mi ha capito, Sebastian? È colpa di David Karofksy, l’ha fatto apposta per farti avere i tormenti di qualcosa che in realtà non volevi fare. Chiaro?».
Sebastian non rispose. Si limitò a nascondere il proprio volto con le mani e a piangere sommessamente.
 
Erano stati momentaneamente chiusi nelle segrete della Dalton.
In tutti quegli anni, nessuno studente era mai andato in prigione.
I ragazzi si erano illusi: credevano di essere sfuggiti al regime della Dalton.
E invece stava rinascendo, più terribile di prima.
Cadde un silenzio angosciante. Nessuno aveva la forza né la voglia di dire qualcosa.
«Vorrei tanto sapere come sta Thad», fu Nick a rompere il silenzio.
«Speriamo riesca a cavarsela…», concordò Jeff preoccupato.
 
«Quindi, in un certo senso, è stato tuo padre a farci tornare in vita?», chiese il signor Fulton stupito.
«Sì. Era il capo dei demoni ed è morto. In questo modo ha spezzato la maledizione e sì, in un certo senso dovete essergli tutti grati», rispose Peter secco.
«Infatti lo saremo con te. Ammiriamo il sacrificio di tuo padre», rispose la professoressa Crane.
«Non si è sacrificato. È stato ucciso».
«Da chi?», domandò Fulton.
«Da Sebastian Smythe», rispose Peter deciso.
La professoressa Crane lo guardò incredulo: «Il francese?».
«Sì, il francesino», rispose Peter sprezzante.
«Non è possibile… chiunque, ma non lui», parlò la Crane sorpresa: «Duval e Harwood, forse, ma non il signor Smythe…».
«È stato Sebastian Smythe, mi creda», protestò Peter.
«Che cosa vuole che facciamo per vendicare il torto subito, signor Kingson?», gli chiese il preside Fulton serio.
«Oh, niente. Me la vedo io», rispose Peter risoluto.
 
Quinn era in pensiero per Trent e per tutti gli altri.
«Tranquilla, amica mia, si sistemerà tutto», cercò di rassicurarla Wes.
La ragazza annuì leggermente. Ad un tratto un gruppo di sconosciuti spalancò le porte della villa e Quinn li guardò scandalizzata.
«C-che cosa volete?», Wes, confuso e anche sdegnato, riconobbe in loro alcuni docenti della Dalton.
«Siamo venuti per salvarvi», rispose sprezzante un uomo, poi si rivolse a tutti i ragazzi: «Se ci seguite senza crearci problemi, non sarete sanzionati atrocemente».
Wes lo guardò indignato: «Scordatelo».
«Che modi, signor Montgomery!», commentò una donna accigliata.
«Allora? Nessuno vuole seguirci?», li sfidò l’uomo.
Flint Wilson, un Warbler, si avvicinò ai docenti.
«Flint?», fece David Thompson sconvolto da quel gesto.
A Flint si unirono altri Warblers.
«Davvero fareste questo?! Non dovete aver paura! Non fatevi sottomettere!», disse loro Wes.
«Sarà peggio se non ci arrendiamo…», cercò di spiegargli Nicholas Hudson pieno di buonsenso.
«Sebastian, Thad e gli altri non avrebbero mai fatto questo. Questo vi sembra il modo di ringraziarli?», disse loro Wes autoritario.
«Mi dispiace, Wes, ma non vogliamo rischiare», parlò Flint.
«Credete pure alle quattro frottole che vi raccontano?!», protestò Wes sbalordito.
«Signor Montgomery, faccia poche storie e venga con noi», tagliò corto un professore.
«No», rispose David al posto suo: «Mai».
«Questo lo vedremo, signor Thompson».
 
«Signor Smythe», lo richiamò il medico.
Sebastian si alzò in piedi di scatto: «Come sta?».
«È in coma», rivelò l’uomo freddo.
Sebastian sentì il mondo crollargli addosso. Trent spalancò gli occhi.
«Ne è sicuro?», chiese scioccamente il francese.
«Sì».
«Si riprenderà?», chiese infine Trent.
«Abbiamo medicato tutte le sue ferite, ma la situazione ci sembra abbastanza grave. Faremo di tutto, signor Smythe», cercò di tranquillizzarlo il medico.
«P-posso vederlo?», singhiozzò Sebastian disperato.
«Certamente», rispose il medico.
«Trent, vuoi venire?», gli chiese gentilmente il francese tra una lacrima e l’altra.
Trent pensò fosse meglio lasciarlo da solo: «Non preoccuparti… verrò dopo».  
Sebastian annuì debolmente e seguì il medico. Entrò nella stanza e si chiuse la porta alle spalle.
Lo vide, bellissimo come sempre e spaventosamente pallido. Sebastian si inginocchiò e gli prese la mano gelida con estrema delicatezza: «Se dovesse finire male, giuro che ti raggiungo».
La voce di Sebastian era improvvisamente diventata seria e decisa.
«Sono un essere infame… non merito di vivere…», continuò il francese.
Thad sbatté leggermente le palpebre e Sebastian credette di trovarsi in un sogno.
«Non dire questo, Sebastian…», sussurrò debolmente l’altro.
«Thad?!», Sebastian sgranò gli occhi scattando in piedi e gli strinse più forte la mano: «Santo Cielo, sei vivo!».
«Non ti libererai facilmente di me, neanche se Karofsky ci prova scaraventandomi contro il vetro», Thad sdrammatizzò la situazione sorridendogli leggermente.
Sebastian, ancora scosso ed agitato, non ci trovò niente di divertente nelle sue parole, ma sapeva che lo faceva per calmarlo e rassicurarlo.
«Thad… credevo non ci fosse nient’altro da fare… credevo di averti perso per sempre», confessò Sebastian continuando a piangere: «Mi sento tremendamente in colpa… è tutta colpa mia, tu stai male a causa mia, tu sei quasi morto a causa mia!».
Thad gli strinse la mano cercando di infondergli un po’ di forza: «Sto bene, Sebastian, e non è affatto colpa tua».
«Capisco se mi odierai e se non vorrai più stare con me. Farai bene, rispetterò qualsiasi scelta tu decida di prendere», disse il francese risoluto.
«Sei folle se pensi questo… ormai non riesco più a pensare ad un’esistenza senza di te», disse l’altro: «Non sono arrabbiato con te, Sebastian. Tu non hai colpe».
Sebastian gli accarezzò leggermente la guancia, come per assicurarsi che tutto quello fosse reale: «Non è possibile… il medico mi ha detto che eri in coma e che la situazione era grave…».
«Non ero in coma… avevo perso conoscenza perché ho avuto un contatto con i miei genitori», spiegò l’altro con un timido sorriso.
«Cosa? Davvero?», gli chiese Sebastian sorpreso.
«Sì… è la seconda volta… mi hanno contattato anche prima nelle segrete», rispose l’altro.
«Thad, ma è una bellissima notizia», ammise Sebastian sincero con un sorriso.
«Mi hanno detto di non perderci mai di coraggio. Dobbiamo tornare alla Dalton, Sebastian. Ho un brutto presentimento…».
«Cos’è successo?».
«Non ne ho idea… dobbiamo soltanto tornare e affrontare la situazione», spiegò Thad.
«Ora non sei nelle condizioni adatte, Thad», protestò Sebastian.
«Spero di riprendermi in fretta perché sono sicuro che gli altri abbiano bisogno di aiuto», rispose l’ispanico: «Ce la faremo, Seb…».
Sebastian annuì leggermente, anche se nessuno dei due sembrava molto convinto di quelle parole. 



Angolo Autrice


Buona settimana a tutti! :)
Ed ecco che Thad si riprende! ♥ :') Non potevo farlo morire!
Prevedo guai fino al collo anche per Wes e David D: E per Sebastian, Thad, Nick e tutti gli altri, ovviamente. D:
Credo che manchi soltanto un capitolo alla fine di questa ff D:, e poi l'ultimo sequel (:
Ringrazio tutti coloro che leggono e recensiscono, al prossimo capitolo! :D 

Ritorna all'indice


Capitolo 17
*** 17 - Rinascita ***


17 – Rinascita

Quella fu la notte più lunga di sempre alla Dalton Academy.
I ragazzi erano agitati: non avevano notizie di Thad, Sebastian e Trent.
Blaine piangeva sommessamente; se non si fosse fidato di Peter, Thad non sarebbe stato all’ospedale in fin di vita. Si sentiva responsabile di tutto, ma era pure vero che se non si fosse fidato di Peter, Karofsky non sarebbe morto.
Tutto quello non serviva a sollevarlo e ad alleviare il suo dolore e il suo senso di colpa: avrebbe preferito che Karofsky fosse ancora vivo, pur di vedere Thad in buone condizioni di salute.
Le lacrime bagnavano insistentemente il suo viso. Jeff, afflitto e silenzioso, rannicchiato su se stesso, gli si avvicinò e gli accarezzò leggermente la schiena per tranquillizzarlo.
Nick, disperato, appoggiò la testa al muro, per poi scendere lentamente a terra: era in pensiero per i suoi amici.
Kurt era tornato umano come Santana, Brittany e tutti gli altri fantasmi e demoni che avevano infestato l’istituto, ma non era in cella con Blaine, Nick e Jeff; era stato separato e portato da un’altra parte dell’istituto.
 
Thad, stanco e ancora debole, si era addormentato. Sebastian e Trent, che non riuscivano a dormire e che non sarebbero tornati alla Dalton finché Thad non si fosse del tutto ripreso, erano fuori all’ospedale.
«Sono davvero contento del fatto che Thad stia meglio», mormorò Trent sincero.
Sebastian chinò il capo per non farsi vedere mentre piangeva, ma Trent se ne accorse ugualmente: «Aveva avuto un contatto con i suoi genitori e i medici, per ovvi motivi, credevano fosse in coma… ho provato una paura indescrivibile…».

Trent, intenerito, lo abbracciò calorosamente: «Va tutto bene, Sebastian…».
Qualcuno spinse violentemente i due ragazzi staccandoli bruscamente e facendo perdere loro l’equilibrio.
Provarono a rialzarsi, ma delle forti strette li bloccarono al suolo: di fronte a loro c’era un gruppo di uomini e donne; Sebastian riconobbe tra loro la professoressa Ford.
Appartenevano alla Dalton.
Un uomo aveva in mano una pistola. La puntò contro i due ragazzi e li sparò.
Fu tutto così veloce e sbrigativo: Sebastian e Trent si sentirono storditi, per poi crollare e perdere conoscenza.
 
Venne svegliato bruscamente da tutti gli schiamazzi provenienti all’interno dell’ospedale.
Thad, allarmato, si alzò debolmente dal suo lettino, chiedendosi cosa potesse essere successo. Il suo primo pensiero andò a Sebastian e Trent che avevano deciso di trattenersi fuori l’edificio poiché non era consentito restare durante la notte nelle stanze dei pazienti.
Il ragazzo sarebbe uscito dalla stanza per capire cosa fosse successo e per raggiungere i suoi compagni, se solo qualcuno non fosse entrato inaspettatamente nella sua stanza e lo avesse sparato, facendogli perdere i sensi.
 
«Li abbiamo presi», comunicò un docente al signor Fulton: «Abbiamo recuperato gli studenti rifugiati a Villa Montgomery e abbiamo preso anche Sebastian Smythe, Trent Nixon e Thad Harwood. Li abbiamo presi tutti»
«Perfetto, non potevate darmi notizia migliore», commentò il preside: «La Dalton rinascerà e nessuno più proverà a fuggire».
«I demoni e i fantasmi sono diventati umani anche loro. Che cosa ce ne facciamo di loro?», chiese la signorina Ford perplessa.
«Sono stati rinchiusi nei sotterranei, in un piano apposito per loro», rispose pronta la professoressa Crane.
«Cosa? I demoni erano i compagni del signor Kingson», protestò la donna.
«È stato proprio il signor Kingson a decidere la loro sorte», la informò la Crane: «Secondo me è stato anche fin troppo generoso».
«Nessuna generosità o compassione, professoressa Crane, l’ho fatto per scopi miei», ribatté Peter risoluto: «La maledizione è stata spezzata, ma io sono pur sempre un mezzo demone. Se uccidessi qualcuno, sarei destinato a diventare definitivamente un demone. Nel mio caso, però, non ci sarà nessuna maledizione da rompere. Sarei condannato a vita».
I docenti annuirono comprensivi.
«E i sei pazzi? Che cosa avete deciso?», si intromise il professor Witter.
«Potrei chiedervi di ucciderli, ma so che non lo fareste mai: diventereste assassini, la voce si spargerebbe al di fuori di queste quattro mura e voi andreste incontro a molti guai. La Dalton Academy deve pur sempre mantenere il suo buon nome, no?», ragionò Peter.
«Già», confermò la signorina Ford, poi chiese: «Signor Fulton, ora che abbiamo ritrovato tutti, come proseguiranno le cose?».
«I genitori di questi disgraziati hanno pur sempre pagato una retta esorbitante per far guarire i loro figli, quindi continueremo con il nostro metodo di insegnamento tradizionale», rispose pronto il preside Fulton: «Per quanto riguarda i sei pazzi che sono stati la causa di tutto questo scempio, invece, avrei in mente delle terapie particolari apposite per loro, e ho in mente qualcosa di diverso anche per il signor Montgomery, essendo lui il padrone della villa che li ha ospitati. Devono pagarla tutti».
I professori annuirono complici.
«In mattinata tutto ritornerà come prima, anzi, anche meglio di prima», continuò il signor Fulton: «La Dalton Academy sta per rinascere».
 
In un’altra situazione, Kurt Hummel sarebbe dovuto essere felice: aveva rincontrato Finn Hudson, il suo fratellastro, e Rachel Berry, la sua migliore amica, nonché fidanzata di Finn. Erano di nuovo tutti vivi e quella era senz’altro la cosa più straordinaria che sarebbe potuta mai accadere.
Tuttavia, Kurt non lo era perché non aveva notizie di Thad, Sebastian e Trent. Non sapeva come stessero Nick e Jeff e aveva perso di nuovo Blaine.
 
Era l’alba quando Thad si risvegliò. Aveva un fortissimo mal di testa ed era incredibilmente confuso.
Sbatté le palpebre velocemente, cercando di mettere a fuoco l’ambiente a sé circostante: non si trovava nella stanza dell’ospedale e neanche in una stanza di Villa Montgomery. Osservò meglio l’angusto e cupo spazio nel quale si trovava e notò delle sbarre. Realizzò che era di nuovo in prigione e che quindi doveva essere per forza ritornato alla Dalton Academy, una delle sue peggiori angosce.
Pensò immediatamente a Sebastian, Nick, Jeff, Trent, Blaine e Kurt.
Pensò a Wes, a David e a tutti i Warblers.
Pensò ai fantasmi e ai demoni.
Pensò al preside Fulton, alla professoressa Crane e a tutto il corpo docente dell’istituto.
Pensò a Peter.
Thad voleva soltanto sapere dove fossero i suoi compagni.
 
Sebastian si era risvegliato, anch’egli stordito e disorientato.
Provò ad alzarsi e osservò la cella in cui era rinchiuso: era solo e non sapeva dove stessero Thad, Trent e tutti gli altri.
Thad. Sebastian ebbe una specie di fitta al cuore: Thad sarebbe dovuto essere all’ospedale; sperò con tutto il cuore che ci fosse rimasto, così i medici avrebbero potuto prendersi cura di lui.
Sebastian, abbattuto, sospirò, sprofondando di nuovo a terra.
Davvero era successo tutto quello?
Davvero avevano perso in quel modo?
Davvero la Dalton Academy stava per rinascere, ancor più terribile di prima?

 



Angolo Autrice


Buon pomeriggio! :')
E così si conclude il sequel di “Welcome to Dalton Academy, Sebastian Smythe”! :’(
Forse il finale non vi piacerà – neanche a me piace D: – per ovvi motivi. Sono per gli happy endings, ma a volte mi piacciono anche i finali tristi xD (ma non preoccupatevi, ci sarà l’ultimo sequel per completare la “saga” ;D).

Thadastian. Niff. Klaine. Trinn. *---* Per ovvi motivi non ho potuto inserire altre scene Thadastian/Niff/Klaine/Trinn in quest’epilogo. Ovviamente ritorneranno, non so in quale capitolo del seguito e ancora non so bene come, ma torneranno sicuro :)
Questo, come ho appena detto, era l’ultimo capitolo, ma ho deciso di scrivere l’ennesimo – e ultimo – seguito: la Dalton sta per “rivivere” e i nostri protagonisti sembrano aver perso tutto! D: Che fine faranno i nostri sei magnifici Warblers con i poteri sovrannaturali? Tutto questo nel seguito di “Welcome to Montgomery Manor, Warblers”! :)
Per chi fosse interessato, il primo capitolo del seguito arriverà o domani o sabato! (durante questo finesettimana, per intenderci :D).
Avremo anche qualche nuovo personaggio, in particolare uno che sarà molto importante ;) (potete anche indovinare, se volete! xD :D).
Allora… vorrei ringraziare tutti coloro che hanno letto la mia fanfiction e tutti coloro che l’hanno recensita, inserita nelle preferite, nelle ricordate e nelle seguite! È stato magnifico scrivere il prequel e questo sequel e ringrazio tutti voi che siete fantastici e mi avete dato la voglia e l’entusiasmo di continuare a scrivere :’) (e non di abbandonare la storia come purtroppo è accaduto con altre mie ff che, appena posso, spero di poter continuare D:).
Un grazie particolare va a tutte coloro che hanno recensito la mia fanfiction, ovvero:
 

Mimi311, Diana924, _Faithfully, Gipsiusy, Tedda_Puffa, Klaine 4ever, AngelAnderson15, ourkid, babi_, AliceIn1Dland
:D
 
Siete tutte fantastiche e non mi stancherò mai di ringraziarvi! :D
E così siamo giunti alla fine “Welcome to Montgomery Manor, Warblers” :’)
A presto, con il seguito! ;)
Marta_Gleek

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=1356547