Un Mazzo di Margherite (versione finale)

di _Lilli_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


La luce del sole morente filtrava attraverso le cortine della pesante tenda posta sulla grande finestra, che si affacciava sul placido Tevere che scorreva tranquillo e indisturbato; l'odore di cera liquida aleggiava nell'aria mentre l'unica candela ormai si spegneva inesorabilmente.
Il silenzio opprimente le martellava i timpani ed il solito attacco di panico la investì prepotentemente, e si alzò di scatto dalla sedia su cui si era appisolata dirigendosi verso la porta poggiando l'orecchio contro il ruvido legno per udire un qualche segno di vita: nulla.... Cercò di concentrarsi e riuscì a percepire il respiro lieve e regolare del ladro posto a guardia della sua stanza.
Si sentì stranamente più sollevata e senza far rumore si avvicinò alla finestra scostando un lembo della tenda color porpora per sbirciare nel cortile sottostante, ma l'unica cosa che vedeva erano alcune cortigiane che chiacchieravano tranquille in attesa che le porte del bordello si aprissero per accogliere i primi clienti della serata. Spostò lo sguardo verso l'orizzonte, dove il cielo aveva assunto i caldi toni del del tramonto; sbuffò indispettita mentre si spostava verso il suo letto con aria scocciata, quello stupido chiacchiericcio le faceva sempre saltare i nervi ma non si era mai lamentata con nessuno, temeva che facendo ciò l'avrebbero cacciata e non voleva ritrovarsi in mezzo ad una strada dove avrebbe continuamente rischiato la vita.
Rabbrividì a quel pensiero e si accomodò sulla sponda del letto osservando il muro spoglio dinanzi a se: "No, mio fratello non permetterà mai che succeda una cosa simile!" Pensò risoluta, osservando i ghirigori disegnati sul piccolo vasetto azzurro in cui erano posato un mazzetto di profumate margherite.
Il respiro le era tornato regolare e si concesse un breve sorriso mentre lasciava scorrere lo sguardo sui segni neri che appartenevano al grande specchio che ornava la parete... Istintivamente strinse la mano fasciata contro il petto mentre la porta della stanza si aprì di scatto lasciando entrare un ragazzo di media statura e dalla corporatura atletica, che lasciò vagare per un istante i suoi occhi neri dall'esile ragazza alla parete bianca, prima di avvicinarsi a lei con aria furibonda.
-Margherita ma cosa ti è preso? Sono corso subito appena mi hanno detto cosa ti è successo.- Disse con aria più preoccupata che arrabbiata mentre gli si sedeva accanto ed afferrava la mano ferita che era fasciata da candide bende.
 -Ma guarda, sei così pallida che a fatica riesco a distinguere la fasciatura dalla tua pelle.- Disse in tono scherzoso mentre scioglieva le strette bende per guardare le nocche bianche, su cui spiccavano dei piccoli tagli rossi ormai in via di guarigione. Margherita rimase in silenzio durante tutta l'operazione del fratello, e solo quando ebbe finito di medicarla di nuovo, si decise a parlare.
-Falco, ma cosa ci fai qui?- Il ragazzo si alzò e raggiunse la finestra, scostando con forza la tenda: nel cielo erano apparse già le prime stelle e dai vetri che Falco aveva aperto, entrava una leggera brezza proveniente dal fiume che le solleticava la pelle; si alzò a sua volta raggiungendo il fratello.
-E' molto bello qui non trovi? La vista da qui è megnifica, sei stata molto fortunata sorellina.- Disse Falco con aria poco convinta.
- Non cercare di cambiare discorso e dimmi perchè sei qui!- Escamò la ragazza, portando entrambe le mani sui fianchi. Falco sorrise divertito e si decise a parlare.
-Ma che domande sono? Ero in pensiero per te Margherita, e quando mi hanno detto che hai rotto lo specchio con un pugno ho fatto di tutto per venire qui da te....Mi spieghi che cosa ti è preso?-
Chiese in tono gentile osservando la sua espressione ferita.
-Io...Non lo so Falco, non so davvero cosa mi sia preso!- Esclamò con la voce rotta dal pianto: -Ero arrabbiata con me stessa, con te perchè te ne sei andato, con questo dannato posto...-
Falco abbracciò il corpo esile e scosso dai singhiozzi, carezzando piano la lunga chioma bianca per farla calmare.
-Perdonami sorellina, ma sono stato costretto a portarti qui, so bene che detesti la Rosa in Fiore, ma non potevo lasciarti da sola in casa, non dopo ciò che è successo a...- Non terminò la frase, un nodo alla gola gli impediva di continuare, e lasciò andare Margherita per prendersi la testa tra le mani.
- A nostra madre...Questo volevi dire, vero?- Chiese la ragazza senza tanti giri di parole, facendo sussultare Falco per la durezza usata nella voce della sorella.
-Questo e non solo.- Si voltò di nuovo verso di lei afferrandole entrambe le mani: -Non immagini nemmeno ciò che potrebbero farti Margherita... Hanno paura di te, della tua diversità, e non puoi sapere le atrocità che potrebbero commettere. Devi rimanere qui al sicuro, per il tuo bene, promettimelo.- Le parole di Falco sembravano quasi una supplica, a Margherita le piangeva il cuore e non riusciva a dirgli di no.
-Ma se hanno così paura di me, perchè mi perseguitano?Che cosa ho fatto di male per meritarmi questo?Voglio solo vivere la mia vita come una persona normale, e non restando perennemente chiusa in questa stanza...-
Falco non sapeva cosa risponderle. Sapeva che sua sorella aveva ragione, ma era in costante pericolo e non voleva rischiare di perdere anche lei: -E' difficile da spiegare... Purtroppo gli uomini temono ciò che non conoscono, e sono scettici quando vedono qualcuno diverso da loro, sono superstiziosi e purtroppo racchiudi tutti gli aspetti negativi che portano le persone ad aver paura di te.-
Margherita annuì piano, sapeva bene a cosa alludeva il fratello ma non riusciva a darsi pace...
Il loro discorso fu interrotto dall'arrivo di due serve che portavano un vassoio con del cibo ed una brocca di vino rosso. Entrarono con aria titubante e posarono svelte ciò che avevano per uscire in tutta fretta dalla stanza; i due ragazzi osservarono i loro movimenti, e quando Margherita le ringraziò, prima di uscire la più giovane si fece il segno della crocie mentre l'altra sputò in terra con dispezzo, poi entrambe uscirono di corsa. Falco rimase pietrificato e quando realizzò ciò che era successo si alzò infuriato con l'intenzione di raggiungerle, ma Margherita fu più svelta e lo afferrò saldamente.
-Lascia stare, non importa credimi..Ormai ci sono abituata.- Disse atona mentre si alzava e prendeva un fazzoletto per pulire il pavimento.
-Vuoi dirmi che questa non è la prima volta che succede?- Chiese incredulo aprendo la porta, ma di loro ormai non v'era più traccia, solo alcuni avventori del bordello ciondolavano ubriachi senza una meta precisa per il corridoio mentre le cortigiane si prendevano gioco di loro divertite, rubando i soldi dalle loro tasche senza che dicessero nulla.
-No, oramai è divenuta un'abitudine... ma questa sera ci sei tu e si sono limitate, solitamente non escono mai senza prima avermi insultato almeno una volta.- Disse con noncuranza mettendo il fazzoletto sporco in un angolo del vassoio, poi si staccò un pezzo di pane iniziando a mangiarlo piano. Falco non disse nulla e si avvicinò a sua volta seguendo l'esempio della sorella.
-Forse sarà meglio farti distrarre un po stasera. Ti va una bella corsa sui tetti?- Margherita annuì felice e si accomodò sulla sedia recuperando il buonumore, e consumarono la loro cena in silenzio, immersi nei loro pensieri.


-Domani ci sarà la luna piena.- Disse Margherita osservando i raggi argentati che si posavano delicati sulla sua pelle bianca, facendola risplendere di una luce quasi sovrannaturale...
Entrambi i ragazzi se ne stavano seduti sul tetto della Rosa in Fiore, accaldati per la lunga corsa fatta sui tetti della città dormiente; Falco, col naso all'insù, sorrise lieve.
-Hai ragione, domani sera torneremo qui per guardarla ancora.-
Margherita le buttò le braccia intorno al collo, ridendo come una bambina.
-Significa che domani tornerai a trovarmi?- Chiese speranzosa mentre Falco si alzava a fatica, ridendo allegramente.
-Ma certo sorellina, chiederò un permesso speciale alla Volpe, vedrai che me lo concederà.- Rispose ottimista.
-E che tipo è questa Volpe?- Chiese guardandolo con curiosità. Non riusciva proprio ad immaginarselo, nonostante Falco gliene avesse parlato molte volte.
- La Volpe è...Straordinario! Si, straordinario è proprio la parola adatta.- Margherita sorrise di fronte alla sua espressione estasiata... Falco adorava quest'uomo, lo stimava e sapeva che per lui ed i suoi compagni avrebbe dato la vita. Nascose la sua delusione però, voleva sapere qualcosa in più su questa figura così leggendaria di cui aveva udito solamente belle parole dalla bocca del fratello. Era curiosa di conoscerlo, di sapere com'era ma sapeva che Falco non lo avrebbe mai permesso; ora che ci pensava, non aveva mai conosciuto nemmeno Ezio Auditore, lo aveva visto solamente una volta dalla finestra di un corridoio mentre si allontanava verso il centro della città... Era molto curiosa di conoscerli ,e non capiva perchè Falco invece le impedisse di farlo.
"Perchè loro provano solamente pietà per te, non ti vedono come un essere umano, ma come una creatura stramba o peggio, pericolosa."
Questo le aveva detto una volta Falco durante una delle sue sfuriate, e come una stupida ci aveva creduto...
Si riscosse da quei pensieri quando sentì la mano di Falco che le scuoteva piano una spalla, e si voltò a guardarlo.
-Credo sia meglio rientrare.- E la aiutò ad alzarsi, poi insieme scesero lungo la facciata dell'edificio ed entrarono, attraverso la finestra aperta, nella stanza di Margherita.
-Allora devi andare.- Esordì la ragazza, le lacrime che iniziavano già ad affiorare dai suoi occhi chiari e limpidi come un cielo primaverile.
-Purtroppo si ma come ti ho detto, tornerò domani sera è una promessa.- Disse asciugandole una piccola lacrima, poi uscì piano e se ne andò, lasciando a Margherita un grande senso di vuoto...
Decise di coricarsi e carce di dormire, di solito funzionava e per qualche ora il suo animo non era tormentato dalle sue continue paure e frustazioni; indossò una candida camicia per la notte e si infilò sotto le morbide ed accoglienti coperte del grande letto, rannicchiandosi su se stessa in modo da scaldarsi più in fretta.
Si addormentò poco dopo cullata dal suo respiro...

...Urla minacciose squarciavano la notte, forti colpi ben assestati rischiavano di buttar giù la porta della piccola casa dimessa, lei tremava terrorizzata rannicchiata dentro l'armadio in legno dove la madre teneva i loro vestiti...Le sue narici erano piede dell'odore di muffa mista a quello del fumo delle torce, che i contadini brandivano con ferocia nel cortile...
Le scoppiava la testa, voleva uscire ma sua madre le aveva ordinato di non muoversi per nessuna ragione.
Improvvisamente la porta cedette e ruotò rabbiosa sui cardini lasciando entrare tre degli uomini più robusti, che afferrarono la donna per portarla fuori di li mentre lei urlava a squarciagola.
-Sei solo una strega.-
-Uccidiamola!-
-Espia i tuoi peccati donna, solo così potrai salire al regno dei cieli.-
-Brucerai all'inferno, insieme al tuo Demonio!-
Il popolo urlava sempre più forte mentre la donna veniva portata di peso verso la piazza più vicina, dove era stato preparato un palco per le esecuzioni. La legarono ad un palo, lasciandola li per tutta la notte mentre uomini e donne urlavano vendetta tirandole sassi, frutta o verdura marcia. All'alba, molto prima dell'esecuzione, era già spirata...
Le tagliarono la testa e bruciarono il suo corpo.. Spirali di denso fumo nero salivano fino al cielo, mentre il corpo avvolto in un lenzuolo, veniva avvolto dalle fiamme...
Margherita e Falco, dall'alto di un campanile, avevano assistito alla morte della loro madre e alla profanazione del suo corpo senza dire o poter far nulla. Ben presto anche loro furono avvolti dal fumo, l'aria si era fatta irrespirabile, cercarono di allontanarsi da li, di fuggire lontani da quell'orribile posto, ma la testa iniziava a girare sempre più velocemente, gli occhi lacrimavano, e poi... Il buio totale...



-Margherita! Svegliati per l'amor del cielo...-
Silenzio.
-Margherita apri gli occhi, dicci qualcosa!- Questa volta la voce, dall'inconfondibile timbro femminile, divenne quasi isterica.
Margherita si mosse piano, avvertiva qualcosa di fresco sulla fronte mentre voci concitate mormoravano attorno al suo capezzale...
Dischiuse piano un occhio, poi l'altro, e sentì distintamente qualcuno accanto a lei trattenere il fiato; ci mise un pò nel mettere a fuoco la stanza e quando cercò di alzarsi facendo leva su di un gomito, una pezzuola umida le scivolò dalla fronte imperlata di sudore.
Per un istante non si rese conto di ciò che era successo, ma quando vide tutte quelle persone riunite attorno a se, sgranò gli occhi spaventata.







Angolo autrice *-*
Finalmente ecco a voi il primo capitolo di questa storia veduta e corretta :)
Ringrazio coloro i quali hanno avuto la pazienza di aspettare, leggere e recensire la precedente storia, spero lo facciate di nuovo perchè senza di voi sarei completamente persa!
Con affetto, la vostra Lilli

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Era appena sorto un timido sole sulla città, ed una sottile nebbia aleggiava nell'aria rendendo l'atmosfera ovattata, quasi surreale.
Falco se ne stava seduto sulle scalinate esterne della Volpe Addormentata giocherellando distrattamente con un pugnale che teneva tra le mani, la testa immersa nei propri pensieri; avvertiva un malessere che lo faceva sentire perennemente in colpa verso chi lo circondava: aveva celato la verità sulla sua famiglia, e sentiva il peso della menzogna che lo opprimeva... Ripensò a sua madre, a Margherita e a quell'assurda vita che stava affrontando per colpa di quel destino crudele che aveva deciso di prendersi gioco di lei. Allungò le gambe sul freddo marmo dei gradini, lo sguardo fisso sui mercanti che si apprestavano ad aprire le loro attività, mentre qualche contadino qua e la si avviava verso la campagna; si portò una mano al fazzoletto verde che portava al collo, mentre il ricordo di suo padre affiorava prepotentemente, riaprendo una ferita che aveva cercato di ricucire invano e che ogni volta faceva più male...


...Stava giocando con una palla fatta di stracci nel piccolo cortile di casa, quando vide suo padre aprire la porta con un tonfo sordo ed attraversare il piccolo vialetto a grandi passi con un grosso sacco di tela posato su di una spalla, seguito a ruota dalla levatrice che non smetteva di guardarsi indietro spaventata mentre baciava ripetutamente un piccolo crocifisso d’oro appeso al collo. Lanciò una rapida occhiata a padre e figlio, poi se ne andò via veloce come il vento.
-Padre...Padre, dove state andando?- Chiese il bambino con la sua piccola vocina mentre si aggrappava ad un lembo della lisa camicia che l'uomo indossava, il quale si chinò per liberarsi delicatamente dalla sua presa.
-Devo andare via...Lontano...- Rispose con voce tremante, mentre si rialzava barcollante per raggiungere la via d'uscita.
-Perchè volete andar via? No, rimanete qui..- Implorava il bambino con i suoi occhioni neri, così simili al padre.
L'uomo scosse violentemente la testa e lo allontanò da se con forza facendolo cadere in terra mentre grosse lacrime iniziavano a solcargli le guance paffute; suo padre si tolse un pezzo di stoffa da un taschino e lo porse a Falco con un lieve sorriso che gli addolciva i lineamenti contratti dal dolore e dalla rabbia, poi se ne andò senza voltarsi mai indietro, per sempre.
Falco lo vide andar via senza fare nulla, stringendo tra le piccole dita la stoffa verde brillante che si mise in una tasca, poi corse in casa alla ricerca della madre.
Attraversò la piccola stanza che fungeva da cucina, poi arrivò nella camera attigua, dove trovò sua madre sdraiata sul letto che teneva tra le braccia un piccolo fagotto azzurro chiaro; la donna appariva stanca e provata, ma il suo sorriso lo rincuorò. Si avvicinò cauto poi si mise in punta di piedi per vedere cos’era celato oltre la cortina della spessa stoffa, e rimase meravigliato nel vedere quella piccola creatura bianca come la neve che dormiva beatamente nel caldo abbraccio materno. Per un istante si dimenticò persino di suo padre, troppo impegnato ad osservare quella che la madre le aveva indicato essere la sua sorellina.
Pensò che fosse una bambina molto strana, ma capì subito che aveva qualcosa di speciale e quell’aria così fragile e delicata lo aveva conquistato.
-Come vogliamo chiamarla?- Chiese sua madre dolcemente. Il piccolo Falco ci pensò su, poi si avvicinò alla finestra che si affacciava sul giardino prelevando una piccola margherita da un vasetto e tornò accanto alla madre.
-Appena l’ho vista, ho subito pensato a lei.- Disse il bambino sventolando il fiore profumato davanti al viso della donna, che annuiva lentamente.
-Margherita.- Disse Falco con tono riverente.
-Mi piace.- Disse semplicemente sua madre. –Allora è deciso, la chiameremo Margherita!- Esclamò gioiosa, mentre Falco saltellava felice intorno alla stanza…



Si riscosse dai sui pensieri con una poderosa pacca arrivatagli sulla spalla, e che per poco non gli fece cadere il pugnale, e che lo riscosse del tutto. Si alzò in piedi pronto a riempire il malcapitato di insulti, quando impallidì di fronte a Gilberto, meglio conosciuto come La Volpe, il quale lo osservava divertito da sotto il cappuccio marrone.
Falco si chinò leggermente mormorando delle scuse, ma Gilberto fece un gesto impaziente con la mano attirando la sua attenzione.
-E’ appena giunto Filippo dalla Rosa in Fiore, Ezio Auditore ti attende con urgenza.- Disse in tono severo, ma con una scintilla di curiosità negli occhi color ametista. Falco sussultò appena nell’udire quel nome e raccolse le sue cose pronto ad andare via, ma Gilberto lo afferrò saldamente per un braccio.
-Falco, cosa succede?- la voce dell’uomo ora aveva una nota quasi preoccupata mentre scrutava attentamente l’espressione colpevole del ragazzo, che cercava in ogni modo di liberarsi dalla presa salda della Volpe.
-Nulla Volpe, ho solamente urgenza di raggiungere la Rosa in Fiore.- Disse quasi implorante il ragazzo maledicendosi per l’ennesima bugia che stava dicendo. Gilberto mollò la presa spostandosi di lato per lasciarlo passare.
-Non ti credo Falco, ho capito che mi nascondi qualcosa ma non indagherò. Voglio che sia tu a dirmi cosa ti turba ragazzo mio. Ora va e non perdere altro tempo.- Detto ciò sparì all’interno della locanda senza aggiungere altro; Falco lo osservò per un istante, poi si mise a correre il più velocemente possibile per raggiungere sua sorella.


Margherita, con gli occhi sgranati dallo stupore e dal terrore, si guardava intorno cercando di coprirsi con un lembo del lenzuolo mentre una preoccupata Claudia le metteva di nuovo la pezzuola umida sulla fronte. La ragazza sussultò piano a quel tocco delicato e Claudia non poté fare a meno di lanciare un’occhiata all’uomo che si trovava ritto ai piedi del letto, il cappuccio bianco che celava la sua espressione curiosa; l’uomo sospirò portandosi due dita sugli occhi e massaggiandoli piano, come per scacciare via quella brutta situazione, poi si rivolse alla ragazza cercando di assumere un tono tranquillo e pacato per non spaventarla ancora di più.
-Margherita ascoltami.- Esordì Ezio –Ho mandato a chiamare Falco, tra poco sarà qui perciò non preoccuparti perchè non ti accadrà nulla.- A quelle parole, Margherita sembrò rilassarsi e lasciò Claudia libera di asciugarle il sudore che le imperlava la fronte, abbassando lo sguardo sulle dita bianche che teneva intrecciate tra di loro.
La porta della stanza si spalancò lasciando entrare Falco che si precipitò accanto alla sorella non degnando nemmeno di uno sguardo i presenti.
-Margherita cosa ti è successo?- Chiese col fiato corto il ragazzo, mentre Ezio tossicchiava indispettito per attirare la sua attenzione; Falco si voltò dapprima verso Claudia, poi verso Ezio e fece un breve inchino.
-Mi perdoni Maestro, non volevo mancarle di rispetto.- Poi tornò a guardare Margherita che gli concesse un breve sorriso, poi si mise seduta con la schiena poggiata contro i morbidi guanciali; Ezio fece segno a Claudia di raggiungerlo fuori dalla stanza lasciando Falco e Margherita in compagnia delle cortigiane che l’avevano soccorsa.
-Claudia, si può sapere cosa avevi intenzione di fare?- Chiese Ezio, non appena la sorella ebbe chiuso la porta dietro di se; Claudia sbuffò spazientita portandosi le mani sui fianchi.
-Per tua informazione caro fratello, non sto facendo nulla di male.- Rispose prontamente la donna, sostenendo lo sguardo accusatorio del fratello.
-Non mi sembra di averti accusato di nulla, cara sorella. Vorrei solamente sapere quando ti deciderai di rendermi partecipe di ciò che accade qui dentro! Ti ricordo che sto spendendo molto denaro per la tua attività, e gradirei essere informato dei vari ospiti di questo bordello.-
-Ed io ti ricordo.- Ribatté Claudia –Che senza le mie ragazze non andresti molto lontano! E poi sono libera di ospitare chi voglio qui dentro.- Disse tutto d’un fiato.
Ezio la osservò a lungo prima di annuire piano alle parole della sorella, quella mattina non era dell’umore adatto per litigare e preferì non aggiungere altro, così fece un rapido cenno con la testa e si allontanò in direzione dello studio al piano inferiore, mentre Claudia entrò all’interno della stanza; trovò Falco in un angolo della stanza che osservava le due cortigiane prendersi cura di Margherita, con enorme disappunto della ragazza. Si accomodò sul divanetto foderato di prezioso tessuto damascato posto accanto alla grande finestra che si affacciava sul Tevere, e fece cenno a Falco di avvicinarsi; il ragazzo eseguì l’ordine, accomodandosi accanto alla donna.
-Cosa…Cosa è successo?- Chiese piano alla donna.
-Un incubo credo… Stava dormendo, quando ha iniziato ad urlare nel sonno, e ci abbiamo messo un bel pò per calmarla, e l’arrivo di mio fratello Ezio non ha migliorato la situazione.- Rispose Claudia sinceramente dispiaciuta.
-Perdonatemi Madonna Claudia, non potevo immaginare che mia sorella potesse crearvi così tanto disturbo. Provvederò immediatamente a portarla via di qui, datemi solamente il tempo di trovare una nuova sistemazione.- Disse Falco in tono sommesso, per non farsi udire dalle ragazze poco distanti.
-E dove vorresti portarla? Guardala.- Claudia indicò Margherita, che sorrideva timidamente ai complimenti delle due cortigiane. –E’ così fragile, ed indifesa… Non avreste vita facile là fuori, non senza qualcuno che vi aiuti. Ha bisogno di te Falco, come tu di lei.-
-Questo lo so bene! Ma non può rimanere qui, vi crea solamente dei problemi.-
-Di questo non devi preoccuparti.- Lo rassicurò Claudia – Parlerò io con mio fratello, tu devi solamente occuparti di lei. E forse, dovresti parlarne anche con la Volpe.-
Falco strinse i pugni a quelle parole, scuotendo la testa. –Non posso Madonna.- Rispose il ragazzo, alzandosi in piedi.
-Bene.- Disse Claudia seria, seguendo il suo esempio. –Se non lo farai tu, lo farò io Falco… Mi ci vedo costretta.-
-Ma non potete farlo!- Esclamò il ladro, attirando l’attenzione delle ragazze.
-Invece posso eccome. Margherita è ospite qui, ed è sotto la mia responsabilità. Mettete da parte la vostra codardia e andate a parlare con Gilberto una volta per tutte!- Detto questo, uscì dalla stanza a grandi passi facendo segno alle ragazze di seguirla.
Non appena la porta fu chiusa, Margherita si avvicinò al fratello con aria triste.
-Forse dovresti fare ciò che ti dice Madonna Claudia.- Disse piano la ragazza, per paura di una possibile reazione negativa, che però non avvenne; Falco afferrò le sue mani e sorrise.
-Hai ragione, so che sarà difficile farlo, ma devo… Forse riuscirò anche a trovarti una nuova casa mia piccola Margherita.-
La ragazza sgranò i grandi occhi, che quella mattina erano di un azzurro così chiaro che sembravano quasi trasparenti, in un’espressione di pura gioia.
-Dici davvero Falco? Non sai quanto mi piacerebbe.- Disse estasiata la ragazza, abbracciandolo; Falco sorrise stringendola a se, poi la scostò un poco.
-Ora devo andare, ho molte commissioni da fare ma tornerò stasera.- Gli diede un fugace bacio sulla fronte, poi se ne andò per raggiungere la Volpe Addormentata.
Margherita aspettò che suo fratello fosse andato via, poi si sedette sul bordo del letto ed afferrò la spazzola con il manico intarsiato d’argento iniziando a spazzolare con vigore la folta chioma bianca, rimuginando su ciò che era appena accaduto… Aveva notato che Ezio era piuttosto scocciato e furioso, come dargli torto dopotutto! Voleva porre rimedio al pasticcio che aveva combinato, ma non sapeva assolutamente come fare.
“Ho trovato!” Esclamò alzandosi in piedi e facendo cadere la spazzola a terra con un tonfo; la raccolse velocemente poggiandola al suo posto, poi indossò un semplice abito color zaffiro che Claudia le aveva fatto confezionare qualche giorno prima. Aprì lentamente la porta, ed una volta accertatasi che non ci fosse nessuno nei paraggi, attraversò rapidamente il corridoio fino ad arrivare dall’altra ala dell’edificio, dove si trovavano le stanze private dei proprietari.
Si guardò intorno per un istante, finché non individuò lo studio di Ezio: la porta, in legno chiaro e riccamente decorata, era leggermente aperta e dallo spiraglio Margherita vide l’Assassino seduto dietro una grande scrivania intento a leggere quelli che avevano tutta l’aria di essere dei documenti.
Si fece coraggio, respirò piano un paio di volte sistemandosi nervosamente i capelli ed infine bussò, col cuore che batteva all’impazzata.

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Eccomi qui (finalmente!!!) il 3° capitolo...
Credevo di non farcela, invece sono riuscita a postarlo proprio l'ultimo giorno di questo 2011... Il capitolo, come vedrete, è molto breve rispetto ai precedenti, ma avevo troppa voglia di postare e di non farvi attedere oltre.
Colgo l'occasione per fare gli auguri per questo capodanno, nella speranza che il 2012 vi porti tanta felicità :D
Con affetto, _Lilli_
Buona lettura!
 
 
 
 
 
Dopo aver discusso con Claudia, Ezio fece ritorno nel suo studio. Era così furioso che in un primo momento non si accorse della porta leggermente socchiusa e di una presenza all’interno della stanza; aggrottò la fronte guardandosi intorno, quando il suo sguardo si posò su una figura femminile, la cui schiena poggiava comodamente sui morbidi cuscini del divanetto posto in fondo alla stanza, e che lo osservava con sguardo languido.Ezio si passò la lingua sulle labbra, inumidendole un poco, mentre si avvicinava ad essa con crescente desiderio: quando fu abbastanza vicino, si chinò su di lei affondando le dita nella massa color fuoco che erano i suoi capelli, inspirando il dolce odore di miele che essi emanavano e la spogliò con lo sguardo soffermandosi sulla generosa scollatura che lasciava ben poco all’immaginazione, mentre l’aiutava ad alzarsi per condurla nella sua camera privata, da cui si accedeva tramite una porta secondaria posta accanto alla piccola libreria.
 
Quando Margherita si mise a sbirciare Ezio attraverso lo spiraglio della porta, dopo essere arrivata davanti allo studio, l’Assassino stava consultando delle carte con un’espressione rilassata; questo diede coraggio alla ragazza, che bussò un paio di volte attendendo di essere ricevuta. Ezio alzò lentamente lo sguardo verso la porta e fece cenno alla cortigiana, il cui nome gli sfuggiva, che si affrettò ad aprire la porta squadrando da capo a piedi Margherita che fece qualche passo avanti; Ezio allungò le gambe poggiandosi contro lo schienale della poltrona imbottita, sbuffando un poco: -Non rimanere in piedi, accomodati pure.- Con un ampio ed elegante gesto della mano, Ezio le indicò una sedia posta di fronte alla scrivania. Margherita avanzò titubante, accomodandosi ed intrecciando le dita sul grembo guardandosi intorno con curiosità: non era mai stata in quella stanza, e la trovava molto elegante ed accogliente nonostante la presenza della donna alle sue spalle che la metteva un poco a disagio, e che sembrava trarre piacere da quella situazione, dato che tornò a sdraiarsi sul divanetto cercando di attirare l’attenzione di Ezio. Quest’ultimo, dal canto suo, non disdegnava certo le attenzioni della donna, ma si sforzò di ascoltare Margherita per poter risolvere il prima possibile qualunque problema lei avesse, in modo da potersi di nuovo dedicare al suo passatempo preferito. Finalmente Margherita alzò lo sguardo incontrando quello dell’Assassino, ed Ezio poté specchiarsi negli occhi limpidi e quasi trasparenti della ragazza, trattenendo per un attimo il fiato di fronte a quello sguardo magnetico che lo turbò non poco, poi fu lui ad abbassarlo temendo ingenuamente che Margherita potesse leggere fin dentro la sua anima. Si alzò di scatto avvicinandosi alla grande finestra che si affacciava sulla piazza gremita, constatando che da quella visuale, la ragazza le incuteva un certo timore; non voleva mettere a disagio Margherita più del necessario, e sperò che il suo comportamento non offendesse la ragazza, ma si tenne comunque a debita distanza lanciando di tanto in tanto degli sguardi alla cortigiana, che invece sembrava essere a suo agio. -Di cosa avevi bisogno Margherita?- Chiese Ezio cercando di assumere un tono neutro mentre la osservava con malcelata curiosità; la ragazza abbassò di nuovo lo sguardo fissandosi le punte delle scarpe consunte: -Ecco io…Volevo chiederle scusa in merito al comportamento irrispettoso di mio fratello, appena sarà possibile, lo costringerò a venire qui per porgervi le dovute scuse.- Concluse Margherita, inspirando piano senza distogliere gli occhi dalla figura di Ezio, dai contorni parzialmente sfocati a causa della luce forte del sole. -Tutto qui?- Chiese Ezio alzando un sopracciglio mentre si avvicinava di qualche passo alla scrivania; sospirò sollevato, ma non si accorse subito che la sua reazione aveva ottenuto l’effetto inverso: Margherita infatti, invece di tranquillizzarsi, fraintese l’atteggiamento di Ezio ed aveva abbassato di nuovo lo sguardo, rossa in viso. –Perdonatemi Messere, io non volevo infastidirvi.- Alluse chiaramente alla presenza della cortigiana, che osservava la scena con un sorrisetto divertito nascosto dietro un elegante ventaglio in pizzo. Ezio sospirò affranto. –Non avete nulla di cui farvi perdonare.- Disse semplicemente, versandosi del vino in un bicchiere di cristallo. –Ma già che siete qui, voglio approfittare della situazione per mettervi al corrente che presto lascerete il bordello. Ho trovato una piccola casa non molto lontana da qui e in cui presto verrai trasferita, mia sorella Claudia ha deciso di darvi mensilmente una piccola somma per il tuo mantenimento.- Detto ciò, scolò in un sorso il contenuto del bicchiere mentre Margherita ricacciava indietro le lacrime, tremando leggermente. -Qualcosa vi turba?- Chiese gentilmente Ezio, da dietro la scrivania. Margherita scosse con decisione il capo alzandosi in piedi di scatto. -Potete tenervi i vostri soldi e la vostra casa, io non sono un animale che esegue docilmente i vostri ordini… C’è mio fratello che pensa a me, e questo mi basta. Addio.- Ed uscì dalla stanza chiudendosi con un gran tonfo la porta alle spalle. Ezio fece un passo verso la porta, voleva raggiungerla per farla ragionare, ma la cortigiana nel frattempo si era avvicinata a lui e già lo stava conducendo di nuovo verso il luogo dove poco prima era stato consumato il loro passionale incontro. Ezio la seguì quasi docilmente ripensando alla ragazza, ma quando furono nella calda stanza in cui aleggiava l’odore dolciastro dell’incenso ed ornata di drappeggi rossi, si abbandonò tra le braccia della donna, dimenticando ciò che era appena accaduto.
Margherita attraversò velocemente il corridoio ed entrò nella sua camera, aprì il grande baule posto sotto la finestra e raccolse i suoi pochi averi in una grande bisaccia in stoffa, mentre calde lacrime le rigavano il viso di porcellana. Si tolse l’abito, optando per un paio di calzoni neri ed ai piedi un paio di morbidi calzari in cuoio; legò i lunghi capelli di seta in una treccia che poi arrotolò sulla nuca, ed indossò una casacca bianca con i bordi grigi ornata da una cintura di stoffa rossa in vita: Claudia le disse che apparteneva ad uno degli assassini che l’aveva accidentalmente dimenticata nella stanza do una cortigiana. L’aveva fatta lavare per riconsegnarla al proprietario, ma poi la donò a lei sapendo che ne avrebbe avuto più bisogno, soprattutto quando usciva la sera per scorazzare sui tetti di Roma. Calcò il cappuccio sul viso nascondendo la parte inferiore con un fazzoletto, poi uscì dalla stanza e corse via scendendo velocemente le scale finché non si ritrovò di fronte al portone di ingresso: si fermò con la mano sul pomello d’ottone, voleva salutare Claudia e ringraziarla per l’accoglienza ricevuta, ma sapeva che la donna non le avrebbe permesso di andar via e così aprì la porta ed uscì accecata, in un primo momento, dalla forte luce esterna. Sbatté più volte gli occhi per abituarli al sole, poi si allontanò in direzione della Volpe Addormentata in cerca di suo fratello.

 
 
Falco passeggiava irrequieto nel retrobottega della Volpe Addormentata tra casse di birra e sidro, ascoltando distrattamente il vociare allegro proveniente dalla grande sala attigua dove alcuni ladri si stavano spartendo il denaro rubato alle guardie la sera prima, con il gioco d’azzardo. Quando Gilberto varcò la soglia del retrobottega, Falco non poté fare a meno di sobbalzare dalla sorpresa: era ansioso di parlare con La Volpe, ma allo stesso tempo temeva una sua reazione negativa a causa di ciò che stava per dirgli. -Ragazzo mio, non credevo di suscitare ancora così tanto spavento.- Disse Gilberto mentre si avvicinava al ragazzo che annuiva piano con lo sguardo basso; la Volpe lo osservò con attenzione al di sotto del cappuccio per poi accomodarsi al tavolo in legno grezzo su cui erano posate una mappa della città ed un vassoio con due calici ed una bottiglia di sidro; prese quest’ultima e l’aprì versandone il contenuto nei calici, poi li afferrò porgendone uno a Falco che lo accettò volentieri bevendolo in un sorso: si sedette a causa di un giramento della testa dovuto alla bevanda alcolica e si mise ad osservare Gilberto, che invece sorseggiò il sidro con calma assaporando il gusto forte dell’alcol e quello dolce e delicato della mela. Ma anche Gilberto, dal canto suo, non smetteva di guardare Falco ed il suo strano comportamento, con i suoi occhi di un viola intenso. Posò con eleganza il bicchiere sul vassoio lanciando un’occhiata distratta alla mappa di Roma, poi tornò a guardare Falco sporgendosi un poco nella sua direzione. –Allora Falco, di cosa volevi parlarmi con così tanta urgenza?- Esordì Gilberto con una nota di curiosità nella voce. Falco esitò per un istante, stringendo tra le mani il calice vuoto, poi si decise finalmente a parlare, con lo sguardo basso: -Avevate ragione…Io, ho un segreto…Non ne ho mai parlato con nessuno perché avevo paura del giudizio degli altri, soprattutto del vostro… Sono solamente un codardo.- Si prese il volto tra le mani scuotendo la testa. –Io vedo solamente un ragazzo spaventato, non un codardo… E poi, ora hai trovato il coraggio di parlarmene.- Le parole di Gilberto parvero riscuotere Falco, che alzò gli occhi leggermente arrossati in tempo per vedere La Volpe che con un gesto della mano gli intimava di continuare, un piccolo sorrisetto ad increspargli le labbra. Falco si ricompose ed iniziò a parlare con calma, lo sguardo fisso su di una crepa del pavimento. –Per tanto tempo sono riuscito a nascondere ciò che è stata la mia famiglia, cercando di dimenticare il passato.- Sospirò prendendosi un attimo di pausa, Gilberto lo osservava senza dire una sola parola producendo un lieve ticchettio con l’indice sulla superficie del tavolo aspettando che Falco riprese il suo racconto. Parlò a lungo dell’abbandono di suo padre subito dopo la nascita di Margherita, la sua diversità, della madre e del triste destino a cui era andata incontro, e della difficile vita che affrontarono negli anni precedenti. Mentre Margherita rimaneva nascosta dentro casa, lontana da sguardi indiscreti, lui e sua madre furono costretti a mendicare agli angoli delle strade e all’età di 10 anni Falco iniziò a rubare. Durante il racconto, Gilberto si alzò iniziando a passeggiare per la stanza con aria pensierosa ma ascoltando con attenzione le parole del ragazzo, che nel frattempo aveva alzato la testa fissando la sedia vuota dinanzi a se continuando a parlare, e ringraziando mentalmente Gilberto per non averlo mai interrotto. Parlò a lungo fermandosi solamente per riprendere fiato, e quando terminò il sole era già alto nel cielo; l’allegro vociare era cessato e sostituito con gli invitanti odori provenienti dalla cucina attigua. Gilberto si avvicinò posandogli saldamente una mano sulla spalla: -Non potevo immaginare…Mi dispiace.- Riuscì solo a dire la Volpe, che per una volta si trovava a corto di parole; Falco si alzò togliendosi il berretto per stringerlo tra le mani e si voltò verso Gilberto, che lo osservava con sguardo paterno, sinceramente preoccupato. -Volpe, ti chiedo solamente di non dire nulla a nessuno dei miei compagni… A parte Filippo ovviamente, di cui mi fido ciecamente. Non tanto per me, quanto per mia sorella Margherita. Lei è, come dire… Non esistono parole adatte per descriverla.- Disse il ragazzo tutto d’un fiato, stringendo convulsamente il berretto di tela verde. Gilberto lo guardò confuso, portandosi una mano sotto il mento ad accarezzare la rada barba che ancora non aveva avuto il tempo di togliere. –Beh, perdonami figliolo, ma ora sono curioso di capire il perché di tanto mistero nei confronti di tua sorella.- Poggiò entrambe le mani sui fianchi, con lo sguardo ametista che lo fissava insistentemente, e che non ammetteva repliche. Falco borbottò qualcosa sottovoce, calcò il berretto sulla nuca e poi si versò dell'altro sidro nel calice che questa volta bevve più lentamente. -Certamente…Non appena troverò un alloggio sicuro per lei.- Disse in tono deciso, questa volta guardandolo dritto negli occhi.- Gilberto alzò un sopracciglio, apparentemente sorpreso. –E perché vorresti portarla via da un posto sicuro come la Rosa in Fiore? La trovo un’idea molto azzardata.- Falco scosse la testa. –Quel posto non è adatto a lei, tutto il giorno rinchiusa dentro quella gabbia dorata dove le cortigiane le ridono dietro e la servitù la maltratta peggio di un’appestata. No, mia sorella merita il meglio, e con i soldi delle vincite, più qualche furtarello fatto qua e la, sto racimolando abbastanza soldi per poter prendere una piccola casa nelle vicinanze, di modo da poterla avere sempre vicina.- Gilberto ammirò la tenacia ed il fervore con cui diceva quelle parole, anche se non ne condivideva appieno il pensiero; appena fosse stato possibile, avrebbe cercato un modo per aiutarlo. –Ma in questo modo non credi di esagerare? Perdona la mia impudenza, però mi permetto di dirti che il tuo comportamento è troppo possessivo nei suoi confronti. E’ comprensibile, avete passato dei brutti momenti, ma credo sia arrivato il tempo di lasciarla crescere da sola.- Falco poggiò, con troppa violenza, il calice sul tavolo stringendo la mano libera in un pugno. –No, non capite… Lei ha bisogno di me.- Gilberto scosse lievemente la testa e si avviò con passo deciso verso la porta. -Bene, più tardi ne riparleremo Falco, ora ho altro a cui pensare.- Stava per aprire la porta, quando questa si spalancò violentemente lasciando entrare Ezio Auditore, leggermente ansante per la corsa; quando riprese fiato, si rivolse ad entrambi i presenti. –Margherita è scomparsa.- 

 
 
Si guardò intorno spaventata, calcandosi di continuo il cappuccio sul volto, la testa che le girava a causa di tutti quei colori e quegli odori, il vociare delle persone che le passavano accanto era assordante e più di una volta rischiò di essere schacciata sotto gli zoccoli di alcuni cavalli. Voleva chiedere aiuto, ma era troppo intimorita, e notò che nessuno le prestava molta attenzione quindi iniziò a girovagare per la città cercando inutilmente di orientarsi; sentiva già gli angoli degli occhi che pizzicavano fastidiosamente e così si fermò dietro un muro, al riparo da occhi indiscreti, e respirò a fondo cercando di concentrarsi. Poi le venne un’idea: si guardò intorno in cerca di una scala, e quando la trovò corse velocemente per raggiungerla e vi si arrampicò finché non fu in cima al tetto, da cui aveva una discreta panoramica della città. Alla sua destra si stagliava possente il Colosseo, così dedusse che per arrivare alla Volpe Addormentata dovesse procedere sempre dritta; ricordava che spesso Falco gli raccontava che per raggiungerla, passava proprio davanti al monumento. Margherita parve rincuorarsi, così seguì le vaghe indicazioni del fratello e procedette in quella direzione, passando però sui tetti, in modo da procedere più speditamente ed evitare la calca cittadina che la opprimeva. Superò il Colosseo e continuò a saltare da un tetto all’altro con agilità e cercando di evitare il più possibile le guardie appostate, ma mentre stava per spiccare un salto, una di loro diede l’allarme e fu costretta a fuggire velocemente mentre alcuni soldati le correvano dietro. Evitò alcune frecce, poi fu costretta a scendere e procedette in strada cercando di confondersi tra la folla. “Beh, quelle cortigiane dopotutto non sono così inutili” pensò soddisfatta, ripensando alle lunghe ore di allenamento a cui Claudia l’aveva sottoposta nei giorni precedenti; si sedette alcuni minuti su una panchina per riprendere fiato, poi scorse in lontananza un gruppetto di ladri e balzò in piedi iniziando a pedinarli da lontano: era sicura che l’avrebbero condotta alla Volpe Addormentata in poco tempo e così si rilassò. I ladri non sembravano essersi accorti di lei, e in men che non si dica, uscirono dal centro abitato percorrendo la campagna romana dove alcuni contadini lavoravano senza tregua sotto il sole cocente di inizio estate. Margherita si guardò intorno meravigliata, non era mai stata in quei luoghi, e cercò di catturare con lo sguardo ogni singola roccia, ciuffo d’erba ed albero che incontrava sul proprio cammino; tornò a guardare i ladri, che passeggiavano tranquillamente davanti a lei parlando animatamente. Alcuni di loro, notò, brandivano delle mannaie da macellaio molto affilate, che di tanto in tanto catturavano i raggi del sole; Margherita represse a stento un brivido, ma continuò imperterrita a seguirli stando attenta a non farsi scoprire. Improvvisamente, nei pressi di alcune rovine, i ladri iniziarono a correre urlando frasi incomprensibili mentre si infilavano tra le colonne in marmo con le mannaie ed i coltelli in aria. Margherita, spaventata, si avvicinò cauta udendo altre voci provenire dalla parte opposta: si sporse da una colonna e vide i ladri amici combattere contro degli uomini abbigliati in modo molto simile a loro, tranne per un fazzoletto che copriva loro il volto. Lo scontro durò qualche minuto, in cui le due fazioni rivali combatterono fino allo stremo delle forze, ma i ladri della Volpe ebbero la meglio, e a parte qualche graffio poterono andarsene via tranquillamente. I corpi senza vita degli altri affogarono nelle rispettive pozze di sangue, e Margherita li osservò sconvolta ma poi si riscosse ed uscì allo scoperto per seguire i ladri, ma ormai era troppo tardi. Dopo lo scontro erano fuggiti via senza che lei se ne rendesse conto, troppo presa ad osservare i corpi agonizzanti a terra; non riusciva a capire perché quei ladri fossero fuggiti così velocemente, ma poi lo capì: udì delle urla provenire da un punto indefinito tra le rovine, ed un drappello di soldati si avvicinò ai corpi ormai privi di vita per capire cosa fosse successo. Puntarono nella sua direzione per cercare altri indizi e Margherita, colta dal panico, corse a perdifiato finché non si ritrovò di fronte ad una scalinata, e senza pensarci oltre la percorse velocemente ritrovandosi poi in un’altra zona; si avvicinò ad un arco e lesse un’insegna che recava il nome del posto in cui si trovava: le Terme di Traiano. Quel nome le era famigliare, ma in quel momento, troppo presa a fuggire dalle guardie, non aveva certo tempo per ricordarlo; corse ancora fino ad arrivare in una piccola piazzola nascosta da un alto muro e degli alberi: le loro chiome erano abbastanza folte da creare una zona d’ombra per ripararsi dalla luce forte del sole, e si riparò sotto di esse abbassandosi il cappuccio sulle spalle. Aveva il volto accaldato per la lunga corsa ma non riusciva a stare ferma, passeggiava avanti e indietro con una mano posata sulla testa cercando di calmarsi dato che il solito attacco di panico stava per sopraffarla; si trovava in un luogo a lei sconosciuto, non sapeva cosa fare e molto probabilmente non si sarebbero accorti della sua assenza fino all’ora di cena. Decise di rimettersi in cammino e chiedere delle indicazioni a qualcuno dei passanti, quando udì un ringhio provenire dietro di lei: immobilizzata dalla paura, ebbe solamente il coraggio di voltarsi per vedere le ripugnanti creature che incombevano su di lei.

 
 
-Cosa andate farneticando?- Esclamò Falco, afferrando Ezio per il bavero ricamato della camicia; Gilberto lo fece allontanare con gesto secco della mano mentre Ezio, con lo sguardo basso, annuiva piano. –Non sappiamo dove sia ora, ma ho già mandato i miei uomini migliori in giro per la città alla sua ricerca.- Gilberto si avvicinò alla mappa di Roma, con aria pensosa. –La città è grande, e purtroppo non sappiamo dove sia Margherita… Potrebbe essere ovunque.- Falco digrignò i denti furibondo lanciandosi fuori dalla stanza. –Non voglio perdere altro tempo, vado a cercarla!- Gilberto ed Ezio non poterono far altro che seguirlo, senza aggiungere altro.

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


Le due creature si avvicinarono verso la loro preda ringhiando sommessamente.
Margherita rimase paralizzata, sgranando gli occhi dalla sorpresa per quella comparsa improvvisa, ma non poté fare a meno di studiarli con una certa curiosità: avevano entrambi delle ampie e possenti spalle coperte da una pelliccia di lupo, e mentre si avvicinavano Margherita notò ogni dettaglio: il pelo bianco e nero alternati fino a divenire un grigio sempre più scuro sulla schiena, abbastanza lungo e folto, il muso lungo ed affusolato dell'animale era stato privato della mandibola e celava gran parte del loro volto; i toraci erano coperti da un'armatura in cuoio, e le gambe muscolose erano fasciate da una stoffa di tela color fango. Gli avambracci erano coperti dalla stoffa dello stesso colore, ma con i bordi in pelliccia; entrambi avanzavano con la schiena ricurva, imitando con scarso successo le movenze nobili ed eleganti dei lupi. Entrambi gli uomini erano alti e corpulenti ma uno in particolare, quello più anziano, aveva un'aria minacciosa e brandiva entrambi i pugnali nella sua direzione mentre l'altro la osservava da capo a piedi con un atteggiamento più cauto; Margherita si strinse le mani al petto senza perdere d'occhio i suoi assalitori che avevano iniziato a girarle intorno, come fosse una danza ipnotica a cui lei non riusciva a sottrarsi.
Alla fine, forse stufo di quella perdita di tempo, l'uomo scattò in avanti brandendo una delle lame per colpire Margherita che fece un passo indietro coprendosi il volto con le braccia; sentì una fitta all'avambraccio destro e guardandosi vide la manica bianca stracciata ed una ferita poco profonda da cui fuoriusciva del sangue che iniziò ad imbrattarle la pelle diafana. Iniziò a tremare così si sedette in terra alzando lo sguardo sui due uomini, e vide che il più giovane dei due teneva saldamente per un lembo della pelliccia quello che l'aveva aggredita; si stavano guardando con odio digrignando i denti con rabbia quando l'uomo si voltò verso di nuovo verso di lei puntandole un dito contro biascicando frasi senza senso: Margherita si sporse verso di loro cercando di decifrare ciò che si dicevano, e restò allibita quando udì distintamente la parola "Assassino" uscire dalle labbra dell'uomo. Avvertì una spiacevole fitta allo stomaco, voleva fuggire lontana da quel luogo e soprattutto da loro ma aveva paura di muoversi, ed essere catturata; continuò a tremare come una foglia nonostante l'aria calda e afosa del pomeriggio, mentre l'odore forte del sangue le riempiva le narici: detestava il sangue e vederne anche una goccia la faceva star male. Per un attimo le sembrò che i due uomini si fossero dimenticati di lei, troppo presi a parlottare sottovoce in modo irrequieto, quando il secondo uomo si avvicinò a lei lentamente sempre con quell'andatura ciondolante mentre l'altro si arrampicò con inaspettata agilità sul muro di fronte a loro, ed iniziò ad ululare, facendo sobbalzare Margherita che lo guardò con timore: trovava davvero strano ed incomprensibile il suo comportamento, e si chiese come mai si comportasse in quel modo. Era così presa ad osservarlo che non si accorse del ragazzo che si era seduto silenziosamente accanto a lei, facendola sobbalzare quando gli afferrò il braccio ferito; Margherita cercò di divincolarsi ma quando il ragazzo emise un ringhio cupo e minaccioso mostrando i denti, lo lasciò fare indisturbato: osservò la ferita ed il sangue rappreso, poi scese con lo sguardo verso le bende che le fasciavano la mano, osservandole con curiosità. 
Dopo alcuni minuti Margherita ed il suo bizzarro soccorritore si voltarono verso il compagno di quest'ultimo, che era sceso dal muretto per andare incontro ad altri tre uomini lupo che erano arrivati grazie al richiamo del più anziano del gruppetto; anche loro, notò subito Margherita, indossavano le stesse pellicce e comunicavano con i compagni tramite dei ringhi o dei piccoli ululati. I nuovi arrivati si accorsero ben presto di lei e si avvicinarono studiandola con aperta curiosità, ma tenendosi a debita di stanza; Margherita si irrigidì alla loro vista ma avvertiva paura nei loro movimenti, molta di più di quanto non ne avesse lei, e poi non sapeva spiegarselo ma avere accanto quel ragazzo la faceva sentire al sicuro. Gli uomini si avvicinarono del tutto a lei ed iniziarono ad interagire, sempre con cautela, annusandole i vestiti o sfiorandole i capelli setosi, e Margherita non riuscì a trattenere un sorrisino divertito lasciandoli fare indisturbati; solamente l'uomo che l'aveva attaccata se ne restò in disparte osservando con occhi minacciosi la scena.
Terminato quello strano rituale, gli uomini iniziarono a parlare intervallando parole sconnesse a ringhi e Margherita faticava a capire la loro strana lingua, forse latino, pieno di errori di pronuncia pensò la ragazza cercando di interpretare quelle strane parole. Improvvisamente gli uomini si bloccarono e dalle loro gole uscirono dei ringhi bassi e cupi, mentre afferravano i pugnali brandendoli contro un nemico invisibile di fronte a loro. -Cosa succede?- Chiese Margherita al ragazzo, che invece era rimasto accanto a lei senza batter ciglio; si voltò verso di lei senza dir nulla mentre la stretta attorno al suo braccio aumentava. 
Da un punto indefinito delle rovine sbucarono fuori Falco ed Ezio, armati e pronti al combattimento. -Falco!- Esclamò raggiante la ragazza cercando di alzarsi per raggiungere il fratello, ma il ragazzo glielo impedì tenendo ben salda la presa sul suo braccio mentre i suoi compagni le diedero le spalle, pronti ad attaccare i nuovi arrivati.
 
 
 
 
Il sole era alto nel cielo quando Gilberto, Falco ed Ezio si incontrarono fuori dalle Terme di Diocleziano. Dopo aver appreso la notizia, Gilberto sguinzagliò i suoi ladri in giro per le campagne romane, ma senza successo; tutti e tre si erano messi alla ricerca di Margherita, setacciando l'intera città, controllando ogni locanda, ogni medico, il mercato e perfino al Colosseo. Ezio aveva lasciato un suo Assassino alla Rosa in Fiore, nella speranza che la ragazza avesse deciso di tornare indietro, ma non avevano ancora avuto nessuna notizia.
Falco camminava irrequieto, dando di tanto in tanto dei calci ai sassi, mentre Ezio e Gilberto se ne stavano in silenzio, ognuno perso nei propri pensieri.
Arrivarono alcuni ladri per dare esito negativo alle loro ricerche, e così fu per gli Assassini di Ezio, che se ne andarono scuotendo la testa da sotto i loro candidi cappucci; Falco era sempre più disperato, e quando l'ultima squadra di ricerche andò via senza con esito negativo, si avventò di nuovo verso Ezio. - E' tutta colpa vostra! Che cosa le avete detto per indurla a fuggire?- E cieco dalla rabbia, gli diede un cazzotto in pieno volto. Ezio, dal canto suo, non fece nulla per fermare Falco, sapeva di meritare quel pugno e stava male sapendo di aver trattato male Margherita. Gilberto intervenne prima che Falco peggiorasse la situazione, afferrando il ragazzo per un braccio ed allontanandolo dall'Assassino. -Timoteo ora smettila! Dobbiamo essere uniti, quindi piantala e cerchiamo di pensare ad un posto in cui non l'abbiamo ancora cercata.- Volpe lo chiamava con il suo nome di battesimo solamente quando era molto arrabbiato od irritato, quindi abbassò lo sguardo mortificato, annuendo alle parole di Gilberto.
Ezio sospirò tamponandosi con la manica il rivolo di sangue che gli usciva dal naso, osservando Falco che si era seduto prendendosi la testa tra le mani; si sentiva in colpa per ciò che era successo e sapeva di essersi meritato quel pugno. Notò Gilberto che spostava lo sguardo su entrambi senza proferire alcuna parola, così decise di allentare la tensione esponendo un suo piano, ma fu interrotto da un forte ululato provenire dalle rovine delle terme; Falco balzò in piedi e senza aspettare oltre, si incamminò in quella direzione mentre Gilberto ed Ezio si limitarono a scambiarsi un cenno d'assenso e seguirono il ragazzo.
Camminarono per alcuni minuti, guidati dal forte ululato che non accennava a diminuire, quando Falco fece cenno ai due uomini di rimanere nascosti dietro un muro: dalla direzione opposta alla loro arrivarono tre seguaci di Romolo che si dirigevano verso la loro stessa meta; in quel preciso istante l'ululato cessò e così il terzetto decise di seguirli, a debita distanza. Falco aveva una strana sensazione che si impossessava di lui man mano che si avanzava tra le colonne delle terme; ebbe le sue conferme quando, sbirciando da dietro un alto muro, videro Margherita circondata dagli uomini lupo. Strinse le mani tremanti di rabbia finché le nocche non divennero bianche, e stava per andare a salvarla, quando Ezio lo afferrò per una spalla trascinandolo lontano. -Non fare mosse azzardate ragazzo.- Esordì l'Assassino. -Dobbiamo agire con cautela, o potrebbero farle del male.- Continuò con un filo di voce. 
Gilberto nel frattempo, era rimasto ad osservare Margherita rimanendo affascinato dalla sua figura eterea, i lineamenti delicati, la grazia dei suoi movimenti e la straordinaria tranquillità con cui affrontava quelle creature. Sembrava non aver nessun timore di loro, e questo lo incuriosì molto; a fatica distolse lo sguardo e si avvicinò con risolutezza verso Ezio e Falco che discutevano sul da farsi. -Occupatevi di quei pazzi, io cercherò di portarmi alle spalle del ragazzo per prenderlo alla sprovvista e liberare Margherita.- Detto ciò, si allontanò nella direzione opposta. Falco ed Ezio non fecero obiezioni ed afferrando ognuno le proprie armi, entrarono nella piccola raduna pronti allo scontro.
 
 
 
 
Margherita guardò terrorizzata suo fratello ed Ezio che si scagliavano contro gli uomini lupo, incapace di poterli fermare. -Fa' qualcosa, fermali!- Urlò al ragazzo in preda al panico, ma l'unica risposta che ricevette fu un ringhio sommesso mentre veniva tirata su di peso; il seguace, approfittando dello scontro, decise di condurre Margherita via di li, e si allontanò verso una via di uscita senza però distogliere lo sguardo dai sui compagni. Ma questo errore gli costò caro.
Il ragazzo avanzò finché non avvertì la punta di un pugnale premergli contro l'ampia schiena, e si voltò in tempo per vedere un uomo che gli sferrava un pugno in pieno viso: il ragazzo emise un guaito di disappunto e lasciò la presa sul braccio di Margherita per portarsi entrambe le mani sul setto nasale mentre quest'ultima si rifugiò dietro il nuovo arrivato, che la accolse con un ampio sorriso. -Vi prego, non fategli del male.- Furono le sue parole prima di andare a rifugiarsi dietro un'alta colonna da cui poté assistere allo scontro.
Il ragazzo, furente dal dolore, si lanciò contro l'uomo, che con notevole agilità e forza lo bloccò buttandolo in terra; poi Margherita spostò lo sguardo sugli altri: rimase a bocca aperta di fronte all'eleganza di Ezio, dei suoi movimenti fluidi e precisi. Aveva udito dallo stesso Falco la bravura di quell'uomo, ma vederlo era tutt'altra cosa; anche Falco se la stava cavando bene, aveva già ucciso uno dei suoi assalitori mentre Ezio si apprestava a far fuori il secondo per poi dare man forte a suo fratello. Tornò a guardare il misterioso uomo che l'aveva liberata mentre stordiva il ragazzo grazie ad forte e ben assestato colpo alla base del collo, accasciandosi ai suoi piedi; fortunatamente era illeso ma per alcuni minuti sarebbe rimasto in quello stato senza fare nulla. L'uomo si voltò verso Margherita afferrandola per un braccio. -Vieni con me, ti porterò al sicuro.- Margherita esitò, cercando di sciogliere la sua presa. -E mio fratello? Non posso lasciarlo qui.- Cercò invano di andargli incontro, ma l'uomo fu più svelto di lei e la afferrò per l'esile vita portandola al sicuro dietro un muro. -Non devi aver paura per Timoteo... Lui ed Ezio se la caveranno, ma noi dobbiamo allontanarci prima che arrivino altri seguaci.- Detto ciò, la trascinò con se, lontana dal luogo dello scontro, e ben presto si ritrovarono all'esterno delle terme; senza perdere altro tempo, iniziarono a correre per i campi arati, quando vicino ad una staccionata Margherita inciampò nella radice di un albero e cadde a terra slogandosi una caviglia.
-Ahi! Che male.- Esclamò massaggiandosi la parte dolorante; cercò di rialzarsi, ma una volta in piedi non riuscì a camminare, così l'uomo la prese in braccio e continuò a camminare il più velocemente possibile.
Margherita si strinse contro il petto dell'uomo, un atroce dubbio le martellava in testa. Come faceva a conoscere il vero nome di Falco? Non appena l'uomo si fermò per riprendere fiato, sotto l'ombra di un fico, Margherita decise di porgli la domanda. -Voi... Chi siete Messere, e come fate a conoscere mio fratello?- L'uomo si concesse un piccolo sorriso, prima di eseguire un elegante inchino afferrandole una mano per baciarle il dorso bianco come la porcellana. -Sono conosciuto con tanti nomi a dire il vero, ma voi potete chiamarmi Gilberto.- Sorrise di nuovo, indugiando sullo sguardo della ragazza, che si era illuminato alle sue parole. -Quindi, voi siete La Volpe.- Dedusse Margherita, senza smettere di guardarlo. Gilberto stava per dire qualcosa ma fu interrotto dall'arrivo di Ezio e Falco, il quale si avvicinò subito alla sorella per vedere l'entità della ferita. -Sorellina come ti senti?- Chiese in tono preoccupato abbracciandola fin quasi a toglierle il fiato. -Falco non respiro! Dai sto bene, lasciami andare.- Rispose Margherita massaggiandosi le costole dopo che Falco si fu spostato.
-Credo sia ora di andare, o quei pazzi potrebbero tornare all'attacco. Vieni Timoteo, andiamo alla Volpe Addormentata, Margherita ha bisogno di riposo e tranquillità.- Margherita sorrise gioiosa stringendosi al fratello, eccitata all'idea di poter finalmente vedere il luogo dove Falco viveva. Ezio, rimasto per tutto il tempo in disparte, si avvicinò mormorando delle scuse. -Io, devo andare, perdonatemi. Margherita, ti chiedo scusa per il mio imperdonabile comportamento.- Fece un breve cenno col capo, poi se ne andò in direzione della Rosa in Fiore per avvertire Claudia sugli ultimi sviluppi. Il terzetto lo guardò sparire oltre la collina poi, in silenzio, si avviarono verso la locanda.
 
 
 
 
 
Quando arrivarono alla Volpe Addormentata, la locanda era ancora deserta.
Margherita si guardò intorno con curiosità, catturando con lo sguardo ogni dettaglio del luogo in cui si trovava: le botteghe aperte, la piazza con il pozzo, la scuderia ed alcuni edifici che si sviluppavano intorno ad edificio più grande provvisto di una torre di vedetta, che aveva attirato lo sguardo di Margherita: si stagliava alta nel cielo, ed in cima vi era una struttura in legno dove alcuni ladri erano di guardia, scrutando con occhio vigile l'orizzonte; edera rampicante adornava i muri in pietra, ed una piccola scalinata conduceva ad un portone che Margherita scoprì essere l'entrata della locanda.
La prima cosa che Margherita notò all'interno della Volpe Addormentata fu un lungo bancone in legno sulla cui superficie erano posati alcuni boccali in vetro, e dietro il quale erano disposti in modo ordinato tre barili contenenti birra; lunghi tavoli e panche erano dislocati nella grande sala, illuminata da due grandi ruote in legno appese al soffitto, su cui erano poste delle candele accese.
Arrivarono davanti ad una rampa di scale, e Gilberto afferrò Margherita tra le sue braccia. -Vai nel retrobottega a prendere il necessario per la medicazione.- Ordinò al ragazzo, che si precipitò nella direzione indicata, mentre Gilberto iniziò a salire le scale; arrivati in cima imboccarono un corridoio rivestito interamente da assi di legno, intervallato da alcune porte chiuse. L'uomo si fermò sull'uscio dell'ultima stanza, aperta, depositando Margherita in terra, che iniziò a guardarsi intorno con curiosità, osservando l'ambiente che la circondava: l'arredamento della stanza era modesto ed essenziale, provvisto solamente da un letto, un capiente baule posto ai suoi piedi, due comodini in legno ed un grande comò; il resto dell'arredamento comprendeva una sedia posta sotto la finestra, un vaso da notte accanto ad uno dei comodini, ed una bacinella di porcellana posta sul comò. Ma accanto al mobile Margherita notò una porticina socchiusa, e spinta dalla curiosità, andò ad indagare scoprendo un piccolo stanzino con una piccola finestrella che filtrava gli ultimi raggi del sole pomeridiano, che si andavano a posare su di una tinozza in legno provvista di sgabello, pezzi di sapone ed asciugamani. Soddisfatta della piccola escursione, tornò nella camera principale.
-Sono felice di vedere che state meglio mia cara.- Disse Gilberto non appena vide la ragazza tornare in camera; Margherita sorrise timidamente accomodandosi sulla sedia mentre Falco iniziava a medicarle la ferita all'avambraccio. -Ma ora devo andare, tra non molto la locanda verrà aperta, e ci sono molte guardie che dobbiamo spennare questa sera- Fece un sorriso divertito, poi salutò i presenti con un cenno ed uscì lasciando Falco e Margherita da soli.
-Ecco fatto sorellina, così dovrebbe andare.- Disse Falco quando terminò la fasciatura. -Ti ho portato alcuni miei vestiti, così potrai cambiarti. E quando sarai pronta, ti metterai a riposare. Verrò a svegliarti più tardi per la cena- Il suo tono non ammetteva repliche, e Margherita non riuscì a trattenere una risata divertita abbracciandolo forte. -Fratellone non sai quanto mi sei mancato. Ti prometto che non fuggirò più...- Falco sorrise dolcemente stringendola se. -E tu non sai quanto mi hai fatto preoccupare! Ma ora sei qui, ed è questo che conta Margherita.- Gli posò un bacio sulla fronte, poi uscì anche lui dalla stanza. -Vai a riposare!- Ordinò prima di chiudere la porta. Margherita ascoltò i suoi passi allontanarsi mentre iniziava a spogliarsi ed indossare i vestiti di Falco; le stavano larghi ma erano molto comodi ed avevano il profumo di suo fratello. Si avvicinò alla finestra scrutando la piazza antistante, le botteghe stavano per chiudere ed i primi clienti serali della taverna stavano arrivando; restò affacciata per qualche minuto ancora, scrutando gli abitanti del piccolo borgo che stavano rincasando, poi sbadigliando si andò a sistemare sul comodo materasso, addormentandosi poco dopo.

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


La porta si aprì cigolando piano sui cardini ben oliati, e dei passi leggeri si mossero nella stanza.
Margherita mugugnò infastidita coprendosi il volto con uno dei cuscini quando la tenda fu scostata per lasciar entrare i raggi di un luminoso sole; stava per voltarsi dalla parte opposta quando avvertì un peso accanto ai suoi piedi, e pensò fosse Falco che era li per svegliarla, così aprì gli occhi riluttante e si mise a sedere prima che il fratello iniziasse a strattonarla per svegliarla, ma rimase senza parole perchè la persona che le impediva di dormire non era Falco.
 
 
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San Pietro si stagliava imponente contro il cielo ed il cardinale scrutava attentamente i vari operai in bilico sulle fragili impalcature, che stavano completando con efficienza la costruzione della grande cupola.
Distogliendo lo sguardo dalla grande finestra, il cardinale concentrò la sua attenzione sull'uomo di fronte a lui. -Allora, cosa ti porta da me? Ho incaricato il mio segretario di versare la somma in banca, quindi non dovrebbero esserci problemi.- Si versò del vino in un bicchiere di cristallo iniziandolo a sorseggiare piano, guardando con sfida l'uomo di fronte a lui.
Quest'ultimo digrignò i denti per l'affronto subito, odiava essere li ed aveva una gran voglia di staccare la testa a quel pomposo cardinale arricchito con il suo lavoro e quello dei suoi fratelli, ma cercò di calmarsi per non compromettere la sua fragile posizione.
-Non sono qui per i soldi, bensì per dirti che abbiamo finalmente trovato un modo per liberarci di quegli Assassini.- Pronunciò l'ultima parola con rabbia, ma poi sorrise lieve notando l'espressione curiosa del suo interlocutore, così fece un passo avanti afferrando una mela dalla ciotola in argento, rigirandosela tra le mani.
-Dimmi cos'hai in mente.- Ordinò il cardinale avvicinandosi a lui: gli dava la nausea, soprattutto la ridicola pelle di lupo che portava sulle spalle, che emanava un forte odore putrido; quando era entrato nella stanza, l'uomo si era calato il muso sulle spalle, rivelando una barba incolta che gli copriva la parte inferiore del viso, ma che a stento confondeva i canini ingialliti che spuntavano dalle labbra sottili. Gli occhi scuri scrutavano continuamente l'ambiente che lo circondava, e la postura era perennemente all'erta, con le braccia ciondoloni e le ginocchia leggermente piegate, sembrava pronto a spiccare un balzo da un momento all'altro per aggredire la propria preda; rabbrividì istintivamente ma si riprese subito, per non dare l'impressione all'uomo che avesse paura di lui.
-Ho in mente un piano, ma è ancora qui.- Si portò l'indice alla tempia picchiettando piano. -Presto potrò darti altri dettagli, dovrai avere pazienza.- Il cardinale bevve l'ultimo sorso di vino con impazienza ed una goccia scivolò dal mento percorrendo tutto il collo, e l'uomo lupo la osservò scendere piano lasciando una scia color sangue; si leccò avidamente le labbra immaginando il sapore dolce di quel nettare, di gran lunga migliore di quello a cui lui e gli altri seguaci erano abituati.
-La mia pazienza come ben sai è molta, ma ha anche un limite. Appena avrai un piano decente, torna da me e ne discuteremo.- Detto ciò, il cardinale si voltò di nuovo verso la finestra e fece un secco gesto con la mano, ed il grosso rubino che portava all'anulare brillò per un istante; in quel momento l'uomo provò l'impulso di saltargli addosso e staccargli la testa, ma si dominò ed uscì veloce dalla stanza. Una volta fuori attraversò la grande piazza avvicinandosi al lato destro di una grande scalinata, e guardando fugacemente due ubriaconi che sonnecchiavano indisturbati, passò attraverso un'apertura nel marmo che conduceva ad una delle tane di Romolo, che utilizzò per raggiungere i suoi compagni.
 
 
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Due grandi occhi color nocciola la stavano osservando pieni di curiosità e Margherita alzò un sopracciglio sorpresa.
-Sei tu la nuova amica di mio padre, quella che è stata salvata dagli uomini lupo?- Chiese il bimbo, inginocchiato di fronte a lei con aria seria; Margherita aprì la bocca un paio di volte senza emettere alcun suono, chiedendosi da dove fosse sbucato.
-Insomma sei tu, si o no?- La vocina assunse un tono impaziente ed il bambino piegò la testolina ricciuta di lato scrutandola attentamente.
-Si... Sono io.- Disse alla fine, sempre più confusa. -Mi chiamo Margherita, e sono la sorella minore di Falco. Tu invece chi sei?- Si protese verso di lui fissandolo a sua volta con curiosità, notando solo in quel momento il suo misero abbigliamento composto da una semplice camicia verde bottiglia fermata in vita da una cordicella; il bambino sorrise rivelando due file di denti traballanti, e in alcuni punti mancanti.
-Conosco Falco! Giochiamo sempre insieme, lui e Giorgio mi fanno volare alto così.- Alzò entrambe le manine sopra la testa gesticolando animatamente, poi tornò serio fissando Margherita dritto nei suoi occhi quasi trasparenti. -Falco non mi ha mai parlato di te.- Sembrò deluso, come se Falco avesse tradito la sua fiducia tenendolo all'oscuro su quella strana e misteriosa sorella, apparsa dal nulla; Margherita sorrise dolcemente accarezzando i folti ricci castani con gentilezza, ed il bimbo si avvicinò di più a lei, con circospezione.
-Allora, vuoi dirmi il tuo nome, o sei troppo arrabbiato per farlo?- Chiese Margherita, senza smettere di accarezzargli la testa.
-Mi chiamo Michele.- Rispose distrattamente, troppo preso a giocare con una ciocca di capelli di Margherita.
-Non ti faccio paura?- Chiese improvvisamente, vedendo il comportamento tranquillo e pacato di Michele, che scrutava con attenzione ogni centimetro del suo viso e delle mani; ammise a se stessa che le faceva piacere, ma trovava comunque strano che un bambino della sua età non fosse spaventato. Michele ci pensò qualche istante prima di rispondere in modo convincente. -Ho ascoltato i discorsi che facevano i grandi ieri sera giù al borgo, parlavano di un fantasma appena giunto alla taverna, ma non ci ho creduto. Io sono coraggioso, e non ho paura di nulla!- Si alzò in piedi di scatto afferrando Margherita per mano. -E poi i fantasmi sono brutti e spaventosi, tu invece sei bella e gentile.-
Margherita non sapeva cosa dire... Si limitò a sorridere, felice di quella piccola dimostrazione d'affetto; prima di lui, solamente suo fratello era stato così dolce ed affettuoso con lei.
Furono interrotti dalla porta che si apriva ed entrambi guardarono Falco entrare con un piccolo mazzolino di margherite appena colte.
Michele spalancò gli occhi e la bocca in un grande sorriso e lasciò andare le mani di Margherita per precipitarsi verso il ragazzo, che lo afferrò sotto le ascelle alzandolo in alto e facendolo volare per la stanza, tra i gridolini estasiati del bambino e la risata divertita della sorella.
Dopo qualche minuto, ansante per lo sforzo posò Michele sul materasso, che andò subito a rifugiarsi tra le braccia di Margherita, e diede un fugace bacio sulla fronte della sorella sedendosi di fronte a loro. -Come ti senti oggi sorellina?- Chiese Falco mentre gli porgeva i fiori ed incrociava le gambe sul letto. -La caviglia va meglio, non mi fa più male... Ma in realtà sono turbata, non mi spiego perchè quegli esseri si siano comportati in quel modo così strano, però sto bene.- Rispose Margherita posando i fiori accanto a lei, e riprese ad accarezzare i capelli di Michele, con grande gioia del bambino.
-Capisco. Io invece non capisco perchè sei fuggita dalla Rosa in Fiore... Potevi almeno aspettare il mio ritorno, ti avrei portata via con me...- Si tormentò il fazzoletto verde che portava al collo mentre pronunciava quelle parole, sinceramente preoccupato.
-Falco per favore, non ne voglio parlare... Ho sbagliato, lo so, ma ormai è successo e non serve farne un dramma.-
-Tu prendi tutto alla leggera... Non ti rendi conto dei pericoli che corri, non capisci che ieri quegli uomini potevano farti del male?- Falco si alzò dal letto mettendosi di fronte alla finestra, scrutando alcuni ladri che si allenavano con i pugnali ed i contadini che si incamminavano in direzione dei campi; le poche botteghe erano già aperte, ed il borgo fremeva di vita: da quando Ezio Auditore aveva sconfitto il capitano dei Borgia che controllava quella zona, le cose erano davvero cambiate per tutti.
-Perchè litigate?- Chiese Michele quando nella stanza cadde il silenzio, e Falco si voltò verso di lui sorridendo. -Ma no, non stiamo litigando, vero Margherita?- Lei si alzò per raggiungerlo, e lo abbracciò forte. -Perdonami, non volevo farti spaventare. Prometto che non lo farò più e me ne starò qui tranquilla.-
-L'importante è che hai capito di aver sbagliato.- La scostò per guardarla negli occhi. -Ora non parliamone più, va bene?- Margherita annuì piano, e stava per tornare da Michele quando la porta si aprì improvvisamente.
 
 
 
-Falco, finalmente! Ti stavo cerc...- Ma il ragazzo non terminò la frase, troppo impegnato ad osservare Margherita, che si era nascosta dietro il fratello e scrutava con spavento il nuovo arrivato; Michele saltellò sul materasso per attirare l'attenzione del ragazzo, che a stento distolse lo sguardo per dirigersi verso il bimbo prendendolo in braccio e facendolo volare come fece Falco poco prima.
-Giulio, cosa ci fai qui?- Chiese Falco cercando di far uscire allo scoperto la sorella, che timorosa rimaneva accanto a lui senza dir nulla; ma il ragazzo non rispose, troppo preso a girare intorno a Margherita con malcelato interesse, mettendola a disagio. -Giulio smettila, così la spaventi.- Sbuffò infastidito Falco afferrando il suo miglior amico per un braccio e trascinandolo verso la porta aperta, ma quello non sembrava sentir ragioni e si divincolò tornando con un balzo accanto a Margherita afferrandole una mano portandosela alle labbra, sorridendogli maliziosamente. -E questa splendida creatura da dove esce fuori?- Baciò il palmo della mano, poi si esibì in un buffo inchino. -Il mio nome è Giulio, e tu tesoro chi sei?- Margherita sorrise fugacemente, trovava veramente strano quel ragazzo, ma le piaceva; Falco, dal canto suo, sembrava infastidito e non fece nulla per nasconderlo. -Lei è Margherita.- Esclamò dando uno spintone a Giulio per allontanarlo da lei.
-E così lei è la tua famosa sorella... Che mascalzone che sei, volevi tenerla tutta per te!- Con un'abile mossa la tolse dalle grinfie di Falco e la strinse a se, con una mano che teneva quella piccola e bianca di lei, e l'altra posata con leggerezza sui suoi fianchi. -Tranquillo vecchio mio, ora me ne prenderò cura io.- Disse mentre si allontanava verso l'uscita con una Margherita paralizzata e rossa in viso; Michele, che fino a quel momento era stato ignorato, saltò giù dal letto e corse verso di loro aggrappandosi alla veste di Margherita. -No, rimani qui con me.- Disse in tono piagnucoloso cercando di allontanarla da Giulio, che rise divertito lasciandola andare. -Va bene mi arrendo. Tu Falco vieni con me?- Falco sbuffò spazientito e lo spinse a forza fuori dalla stanza. -Ci vediamo giù.- Disse, e chiuse la porta.
Non appena furono soli Margherita condusse Michele sul letto. -Aspettami qui, torno subito.- E sparì nella stanzetta attigua per lavarsi e cambiarsi, mentre Michele giocherellava annoiato con la cordicella che portava in vita.
 
 
Margherita uscì dal piccolo bagno pochi minuti più tardi con un piccolo vasetto di terracotta in cui mise il mazzolino di margherite, e lo posò sul davanzale della finestra. -Allora, cosa vogliamo fare di bello?- Chiese al piccolo Michele, che iniziò a saltellare felice afferrandola per mano e trascinandola fuori dalla stanza. -Ti faccio vedere la mia stanza, andiamo.- Ed entrambi si incamminarono lungo il corridoio deserto, arrivando ai piedi di una piccola scala che li condusse in una piccola soffitta col tetto spiovente, le travi in legno e le pareti in pietra; l'arredamento era composto da due letti posti davanti all'unica finestra, un comò, un grande baule ed una tinozza in legno.
-Questo è il mio letto.- Disse il bambino accomodandocisi sopra ed afferrando una piccola bisaccia in pelle. -Vuoi vedere il mio tesoro? Sai, non l'ho mai fatto vedere a nessuno, nemmeno a Falco e Giulio.- Continuò in tono più basso e complice, riversando il contenuto della bisaccia sul materasso: un sassolino bianco raccolto sulla riva del Tevere ed alcune monete; da una seconda tasca il bambino prese un fazzoletto di seta bianco con i bordi ricamati in marrone scuro che diede a Margherita, e che aprì rivelando un fermaglio d'argento decorato con pietre colorate.
-Chi ti ha fatto questi doni?- Chiese Margherita seduta accanto a lui, ammirando la lavorazione del fermaglio, le cui pietre rilucevano alla luce del sole. -Il fazzoletto me lo ha dato mio padre il giorno che persi il mio primo dente. Sai, tra poco me ne cadrà un' altro!- Esclamò aprendo la bocca e muovendo un dentino con un dito; accanto ne era appena spuntato uno nuovo.
-Allora dobbiamo festeggiare.- Rispose Margherita divertita, poi tornò a guardare affascinata il fermaglio che stringeva ancora tra le mani. -Quello era della mia mamma...- Disse a bassa voce Michele, raccogliendo tutti i suoi tesori per deporli al sicuro nella bisaccia consunta; Margherita se ne dispiacque ma aveva paura di dire qualcosa di sbagliato, così avvolse il fermaglio nel fazzoletto e lo porse a Michele senza dire nulla.
-Finalmente vi ho trovati... vi stavo cercando dappertutto.- Disse sollevato Gilberto varcando la soglia ed entrando nella soffitta. Margherita sgranò gli occhi vedendo La Volpe e si sentì stranamente in imbarazzo di fronte a lui così si alzò in piedi ma con lo sguardo rivolto a terra, mortificata; Michele invece, gli corse incontro abbracciandolo forte. -Papà sei tornato!- Esclamò felice mentre Margherita, alquanto sorpresa da quell'improvvisa rivelazione, guardò Gilberto coccolare il piccolo Michele come un padre amorevole.
-Che ne dici di raggiungere gli altri giù alla taverna? Io e Margherita ti raggiungiamo tra poco.- Chiese La Volpe poco dopo, carezzandogli la guancia smagrita; il bimbo annuì e salutò Margherita per poi scendere le scale, sparendo in fondo al corridoio. Una volta soli, si rivolse a Margherita. -Non rimanere in piedi, siediti pure.- E si avvicinò anch'esso sedendosi sul letto del figlio, che aveva lasciato i suoi tesori tra le lenzuola; Gilberto afferrò il fazzoletto tirando fuori il fermaglio con sguardo triste. -Devi sapere che Michele non è il mio vero figlio.- Esordì l'uomo in tono pacato. -Mi è stato affidato da sua madre quando era ancora in fasce... Aveva delle guance paffute e rosee, e non piangeva quasi mai.- I suoi occhi, persi in quei ricordi, erano sereni ed un piccolo sorriso affiorò alle labbra. -Io e alcuni ladri di Firenze, la mia città natale, eravamo giunti a Roma da pochi giorni e stavamo cercando un luogo sicuro dove poter ricostruire una gilda, quando le guardie dei Borgia ci attaccarono: ci fu uno scontro violento e molti dei miei uomini vennero feriti più o meno gravemente, ma non ci arrendemmo e le nostre abilità ci assicurarono la vittoria. Ma purtroppo anche molti civili innocenti trovarono la morte, ed una di queste fu la madre del piccolo Michele.- Fece una pausa, rigirandosi tra le mani quell'oggetto col volto impassibile. -Stava fuggendo con Michele tra le braccia quando venne ferita dalla lama del loro capitano... Lo uccisi e cercai di aiutare quella donna, ma aveva perso tantissimo sangue e ormai le restava poco da vivere. Con le ultime forze che aveva mi strappò una promessa, e cioè che mi sarei preso cura di suo figlio... Feci in modo che il suo corpo e quello di molti altri cittadini avessero una degna sepoltura, ma prima che ciò accadde, riuscii a prendere questo fermaglio che portava tra i capelli... Per poterlo dare a Michele un giorno, anche se lui non ricorda assolutamente nulla di sua madre... Era una donna davvero bellissima, con i suoi grandi occhi da cerbiatto.- Scosse la testa, come a voler scacciare quei brutti pensieri.
-Come si chiamava?- Chiese titubante Margherita, che nonostante tutto, era affascinata da quella storia. -Non l'ho mai saputo... Morì mentre mi posava Michele tra le braccia, e nessuno sembrava conoscerla. Spesso Michele mi chiede di lei, ma purtroppo non sono mai riuscito a scoprire qualcosa su quella donna misteriosa.- Si portò il cappuccio sulle spalle, rivelando un volto virile e austero, con piccole rughe d'espressione attorno alle labbra e agli occhi, che quella mattina erano di un bel ametista brillante; Margherita era ipnotizzata da quegli occhi, li trovava bellissimi ed inquietanti al tempo stesso.
-Mi dispiace parlarti di questo, ma sentivo di dovertelo dire... Ma ora parlami di te. Come si sente quest'oggi la nostra ospite?- Il tono divenne improvvisamente gioviale e regalò un caldo sorriso a Margherita, che arrossì di colpo. -Sto molto meglio... La caviglia non mi fa più male e posso camminare senza problemi. Vi ringrazio per l'ospitalità, non voglio tornare alla Rosa in Fiore ma vi prometto che al più presto toglierò il disturbo.- Gilberto la guardò in silenzio per alcuni istanti, rapito dai giochi di luce che i raggi del sole facevano sui suoi capelli, rendendoli ancor più luminosi.
-Nessun disturbo mia cara... Ora fai parte della famiglia, e chiamami semplicemente Gilberto.- Margherita annuì piano, guardandosi intorno irrequieta: essere in compagnia di quell'uomo in quella soffitta così piccola la metteva a disagio, ma non sapeva come uscirne fuori senza poter offenderlo; Gilberto sembrò leggerle nel pensiero e si alzò porgendole una mano. -Vieni Margherita, raggiungiamo gli altri o tuo fratello si preoccuperà. E noi non vogliamo, vero?- Chiese con un sorriso complice, conducendo la ragazza fuori dalla stanza, e si incamminarono lungo il corridoio.-
 
Camminarono in silenzio, entrambi persi nei loro pensieri, Margherita aveva una domanda che le martellava in testa, e quando arrivarono alla fine del corridoio, prese coraggio e fece la sua domanda. -Gilberto...Mi dicesti che sei conosciuto con molti altri nomi, mi piacerebbe sapere quali se è possibile.- L'uomo scese alcuni gradini, poi si voltò sorridente. -Omicida, tagliagole, ladro...- I suoi occhi viola erano seri e non tradivano alcuna emozione. -Non hai l'aria di essere una persona così malvagia come ti descrivono. Infondo questi sono solamente dei nomi, e tu sei così schivo e misterioso...- Margherita si era avvicinata sul ciglio del primo gradino, fissando incantata quegli occhi così sorprendenti. -Mi piace stare da solo... Ed intervenire solo quando lo ritengo necessario.- La ragazza sbuffò spazientita. -Ma non sei solo! Ci sono i tuoi uomini, e c'è Michele... Lui ha così bisogno di te, e non credere che dandogli un tetto sulla testa o un pasto caldo quando capita basti per prendersi cura di lui… E’ vestito di stracci, ha l’aria debole per via del poco cibo di cui si nutre, ma ha soprattutto bisogno d’amore. Hai promesso alla madre di prenderti cura di lui, ma non credo che tu lo stia facendo nel modo giusto! - Si era resa conto di aver esagerato, ma ormai non poteva tirarsi indietro e rimangiarsi ciò che aveva detto; delle semplici scuse non sarebbero bastate a rimediare la mancanza di rispetto nei confronti di Gilberto. Si limitò ad abbassare lo sguardo mormorando delle scuse.
-Credo che questo non debba interessarti, ma ti ringrazio per avermi reso partecipe di ciò che pensi.- Margherita sussultò a quelle parole dure, ma afferrò la mano calda e rassicurante dell'uomo ed insieme iniziarono a scendere le scale, mentre il brusio incessante proveniente dalla grande sala si faceva via via più chiassoso.

 
 
 
 
 
Angolo Autrice
Eccoci qui, al 5° capitolo finalmente.
Vi chiedo perdono, ma un improvviso problema a pc e le impreviste nevicate, mi hanno dato non pochi problemi dato che per alcuni giorni sono rimasta bloccata in casa senza poter nemmeno uscire, ringrazio il cielo per aver avuto almeno l'acqua calda!
Spero che apprezziate anche questo nuovo capitolo, e qui di seguito vi allego la mia pagina facebook dedicata alle mie storie, così chi è interessato/a può seguire gli ultimi sviluppi di Margherita e sapere in anticipo ogni aggiornamento.
Un bacio a tutti  _Lilli_

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


Erano trascorse poco più di due settimane dalla spiacevole discussione avvenuta tra Gilberto e Margherita, ma nessuno dei due aveva voluto affrontare il discorso nei giorni seguenti, per paura di inasprire il loro già delicato rapporto.

La vita trascorreva tranquilla e serena nel piccolo borgo, che di notte si trasformava in un ritrovo di ladri, disinibite cortigiane, e membri della guardia cittadina; alcune volte a loro si univano soldati della guardia personale dei Borgia, i bersagli preferiti di Falco e degli altri ladri: la taverna offriva birra di ottima qualità agli avventori, che spesso si cimentavano poi nel gioco dei dadi o delle carte perdedo anche grosse somme di denaro, abilmente sottratte con inganno dagli uomini esperti di Gilberto.

L'inizio della convivenza tra i ladri e Margherita non fu facile come la ragazza si aspettava: molti degli uomini più anziani l'avevano accolta con diffidenza e timore, a causa del suo aspetto; altri per il semplice fatto che fosse una donna, mentre i ladri più giovani e inesperti con curiosità. Mai nessuno però, le aveva mai mancato di rispetto, cercando comunque di rendersi utili e di non farle mancare nulla. Margherita era dell'idea che l'essere apparsa al fianco di Gilberto aveva contribuito molto, condizionando il loro modo di vederla e trattarla, dato il profondo rispetto che essi nutrivano per la Volpe; lei se ne rammaricò non poco: ricordava come i loro visi quella mattina trasparissero incredulità e sorpresa, alcuni cercando di nascondere a fatica le loro emozioni, ma questo non la scoraggiò.
Il mattino seguente si recò da Gilberto, chiedendogli un impiego che la tenesse occupata, in modo da potersi rendere utile per la Gilda: non voleva passare tutto il giorno chiusa in camera a leggere o guardare gli abitanti del borgo, e prendersi cura del piccolo Michele non le bastava. Gilberto allora la condusse nella grande cucina, da cui si accedeva da un porta nel retrobottega, presentandola alla cuoca che la accolse calorosamente, mettendola subito a suo agio e facendola lavorare al suo fianco.

Aurelia, questo il nome della cuoca, era più bassa di Margherita di alcuni centimetri e in carne, sorridente e con due grandi occhi scuri, aveva lunghi capelli castani legati in una treccia che portava nascosta sotto una bianca cuffia; indossava sempre abiti colorati, coperti da un grande grembiule perennemente coperto di macchie. Lei ed il suo defunto marito Alfonso erano i proprietari di una vecchia locanda di passaggio, non molto distante dal borgo, dove avevano lavorato per tutta la vita finchè i Borgia non decisero di farla chiudere. Alfonso, accecato dalla rabbia, cercò di combattere contro le guardie che purtroppo lo ferirono mortalmente, e indispettiti diedero fuoco all'edificio prima di andar via. La locanda bruciò per tutta la notte, e quando il fuoco fu finalmente domato della vecchia locanda non rimaneva ormai che un mucchio di cenere fumante; qualche giorno più tardi si era recata presso una banca decisa a ritirare la discreta somma di denaro che lei ed Alfonso erano riusciti a mettere da parte durante il corso degli anni, in quel modo avrebbe vissuto degnamente per il resto della sua vita. Gilberto, venuto a sapere cosa era accaduto, decise di farla lavorare per lui alla Volpe Addormentata, con grande gioia dei ladri che finalmente potevano gustare pasti decenti a tutte le ore.
-Il Signore non ha voluto benedire la nostra unione con dei figli nostri.- Raccontava spesso a Margherita, quando la portava con se a far visita alla piccola tomba del marito posta al fianco della collina, nascosta dal fitto degli alberi. -Ma lo ringrazio lo stesso ogni giorno per avermi dato la possibilità di prendermi cura dei ragazzi di Gilberto.- Diceva poi con un caldo sorriso, e gli occhi lucidi.
Aurelia era una donna dalle mille risorse, instancabile e piena di energie: al mattino presto preparava il pane, si occupava del piccolo orto che aveva dietro casa, e da sola mandava avanti l'intera cucina cercando sempre di preparare dei piatti nuovi con quel poco che avevano. Potevano permettersi di mangiare la carne solamente una volta alla settimana, ma grazie ad un lontano parente Aurelia aveva sempre dell'ottimo pesce; solo nel tardo pomeriggio si liberava finalmente di cuffia e grembiule e lasciava la cucina per tornare nella sua modesta casa in fondo alla strada.
Nel giro di una settimana Margherita, sotto l'occhio attento e vigile di Aurelia, aveva imparato a cucinare perfettamente un arrosto, a preparare il pane e diversi tipi di zuppe e minestre; in quella successiva la cuoca le insegnò a rammendare e prendere le giuste misure con il metro per confezionare abiti: prima di sposarsi, Aurelia aveva lavorato come apprendista nella bottega di famiglia, che però era passata al suo fratello primogenito, ed imparò i trucchi del mestiere che ora stava tramandando a Margherita.


                                                                                                                                                ~~~


Era una mattina soleggiata, e Margherita stava preparando alcuni lucci d'acqua dolce quando Aurelia entrò in cucina urlando come una furia. -Io questa volta le uccido! Giuro che lo faccio!- Strillava agitando il mestolo in aria come un'ossessa.
Margherita posò l'affilato coltello sul tagliere e si avvicinò a lei preoccupata. -Aurelia cosa ti prende?- Afferrò prontamente il mestolo dopo averlo evitato un paio di volte, posandolo sul tavolo accanto alle verdure che servivano per la zuppa.
-Quelle due sgualdrine! Hanno di nuovo rubato le scorte di verdure che tenevo nella credenza, e non solo! Mi hanno preso anche le costose spezie che mi ero fatta inviare dall'Oriente! -Continuò ad urlare sempre più furiosa.
Le due "sgualdrine" di cui parlava Aurelia, erano le cameriere che la sera lavoravano alla taverna servendo la birra ai numerosi avventori; avevano anche la fama di essere molto lascive con i ladri e Margherita le aveva viste spesso lasciare il posto di lavoro in loro compagnia, alcune volte aveva visto anche suo fratello Falco con una delle due cameriere. La ragazza scosse la testa, allontanando quei pensieri.
-Ma ne sei davvero sicura?- Chiese con poca convinzione, dato che quella non era la prima volta che le cameriere entravano per prendere le scorte di carne o di verdura che lei e Aurelia preparavano.
-Certo che ne sono sicura!- Rispose mentre Giulio e Gilberto, attirati dalle urla entrarono in cucina; con loro c'era anche Michele, che si sedette sul tavolo mangiando biscotti alle mandorle ed osservando la scena divertito.
-Che cosa succede qui?- Chiese Volpe osservando con cipiglio severo la cuoca. Giulio nel frattempo, si era silenziosamente avvicinato a Margherita, con grande nervosismo da parte di quest'ultima.
-Succede che quelle due hanno di nuovo rubato nella MIA cucina!- Rispose prontamente Aurelia, e Gilberto si portò una mano alla fronte, scuotendo piano la testa. -Che c'è, non mi credi forse?- Continuò la cuoca, portandosi le mani sui fianchi, lo sguardo furente.
-Aurelia non accusare le cameriere senza una prova, forse hai cucinato le provviste e non te lo ricordi.- Disse l'uomo con tono gentile, cercando di calmarla, ma per Aurelia questo era troppo...
-BENE, ALLORA TIENITI QUELLE DUE SGUALDRINE DA DUE SOLDI PERCHE' IO ME NE VADO!- Urlò con quanto fiato aveva in gola, uscendo a grandi passi dalla cucina. Gilberto esasperato la seguì, con Michele che li tampinava per non perdersi la sfuriota di Aurelia.
-Cos'hai?- Chiese Giulio vedendo l'espressione turbata di Margherita, carezzandole piano una guancia pallida che si colorì leggermente a quel tocco; la ragazza, istintivamente, si ritrasse un poco cercando di dissimulare l'imbarazzo.
-Sono dispiaciuta per Aurelia... Si da così da fare, e questo è il ringraziamento.- Si portò una ciocca bianca dietro l'orecchio. -Sappiamo tutti che sono state loro due, ma perchè Gilberto non fa nulla?- Giulio si limitò a scrollare le spalle, osservando la dispensa che traboccava di barattoli e pacchetti di ogni genere, tranne che per l'ultimo scaffale in basso, completamente vuoto.
-Vedrai che Volpe riuscirà a calmarla e si comporteranno come se non fosse accaduto nulla, credimi.- Disse Giulio con convinzione prendendola poi per mano. -Vieni, un po' di aria fresca ti farà bene.- Margherita annuì piano e lo seguì titubante fuori dalla cucina.

Quando furono fuori dalla cucina, nel piccolo giardino dietro la taverna, Margherita dovette ammettere di sentirsi meglio e si sedette su una cassa vuota osservando il borgo dal suo nascondiglio; Giulio si accomodò accanto a lei, osservandola con un piccolo sorriso.
-Cos'ho che non va?- Chiese la ragazza, pulendosi da eventuali tracce di farina o di scaglie di pesce; Giulio scosse la testa afferrandole una lunga ciocca di capelli tra le dita. -Nulla, a parte essere bellissima.- Margherita arrossì violentemente, iniziando a giocherellare con un lembo della gonna.
-Non ci credo, lo dici a tutte le fanciulle che ti passano davanti.- Disse con un piccolo sorriso imbarazzato. -Dico solamente quello che penso mia dolce Margherita, o forse non mi credi?- Esclamò il ladro simulando un tono indignato, e la ragazza scoppiò a ridere dandogli un piccolo colpetto sulla spalla. -Sempre il solito! Mai una volta che tu faccia il serio.- Giulio sbuffò piano, alzandosi e afferrandole una mano per farle fare lo stesso. -Sai che noia se fossi sempre serio? Non voglio diventare come Falco!- La fece girare una volta su se stessa, poi la abbracciò guardandola dritta negli occhi. -Sono semplicemente me stesso, e mi piace.- Sorrise al rossore che ormai si era impadronito del volto di Margherita, che alla fine riuscì a liberarsi e ad allontanandosi un poco da lui.
-Anche a me piaci così come sei.- Ammise portandosi le mani dietro la schiena e passeggiando intorno al tronco di un grosso albero. Ma si pentì di ciò che disse.
Giulio la raggiunse velocemente, fermandosi di fronte a lei. -Speravo me lo dicesti.- La fece indietreggiare finchè la ragazza non avvertì il tronco contro la schiena, e posò una mano sulla corteccia accarezzandole il volto con l'altra.
Margherita distolse lo sguardo sempre più imbarazzata, in preda a mille emozioni: aveva sempre nutrito un certo interesse per il ladro, ma il suo essere galante con tutte le donne che le capitavano a tiro non le piaceva. Inoltre Falco l'aveva avvertita di starne alla larga perchè Giulio era il tipo di ragazzo che non era interessato ad una storia duratura, e lei non voleva diventare una delle sue tante conquiste; e poi c'era Gilberto...
"Perchè mi è apparsa la sua immagine?" Si chiese confusa con gli occhi piantati sulle punte delle sue scarpe.
 Ma quel ladro, dai profondi occhi azzurri, aveva un fascino particolare a cui difficilmente resisteva.
-Margherita...Io non voglio farti del male.- La sua voce sembrava quasi dispiaciuta mentre con dolcezza le voltava viso, posando le sue labbra su quelle piene e tremanti di lei, che chiuse gli occhi rimanendo immobile per alcuni istanti; lentamente, intrecciò le dita tra le bionde ciocche ribelli del ladro schiudendo le labbra e rispondendo al bacio con dolcezza.
Quando Giulio si spostò un poco per osservarla, sorrise stringendola a se. -Perdonami, non ho resistito.- Dandole un fugace bacio sulla fronte, la lasciò andare e sparì dentro l'edificio.
Confusa da ciò che era appena accaduto, Margherita si lasciò scivolare sull'erba rannicchiandosi su se stessa; si sfiorò appena le labbra con gli occhi colmi di lacrime chiedendosi perchè mentre baciava Giulio, stava pensando ad un'altro uomo.


                                                                                                                                             ~~~


Nei giorni seguenti Giulio sembrava essere sparito nel nulla.
Margherita non sapeva cosa pensare: era ancora molto confusa per ciò che era accaduto e non capiva perchè il ladro non la cercasse, ma era anche dispiaciuta perchè aveva notato un ulteriore allontanamento da parte di Gilberto.
Forse li aveva visti scambiarsi quel bacio? O era stata la cuoca a raccontarle l'accaduto? Lei ricordava solamente di essersi rialzata per tornare in cucina a preparare il pranzo, e non si era accorta delle occhiate indagatrici che Aurelia le lanciava; dopo pranzo aveva aiutato la cuoca a riordinare e poi era salita in camera, dove aveva trascorso il resto della giornata cucendo degli abiti per lei e per il piccolo Michele. Alla fine, dopo aver cercato invano di nascondere la sua preoccupazione e le pressanti domande di Aurelia, si confidò con la cuoca in cerca di conforto.
-Bambina mia, non dare troppo peso a quello che c'è stato tra voi.- Le disse Aurelia senza tanti problemi, quando era salita nella sua stanza per portarle la cena. -Conosci bene la sua fama di donnaiolo, perchè devi perdere tempo dietro a lui quando puoi avere di meglio?- Margherita aveva rimuginato sulle parole della cuoca per tutta la notte, arrivando alla conclusione che il meglio che le voleva era, purtroppo, irraggiungibile.
Era ancora immersa nei suoi pensieri quando Volpe entrò in cucina mentre lei stava affettando dei cavoli per la zuppa.
-Salve Margherita.- Salutò Gilberto, facendola sobbalzare dallo spavento. -Non vi ho sentito entrare.- Rispose la ragazza rossa in viso, chinandosi a raccogliere l'affilato coltello che le era caduto in terra. -Sono un disatro, perdonatemi.- Disse mortificata, ma Gilberto non l'aveva nemmeno vista, troppo occupato a frugare qualcosa dalla dispensa. -Eh, avete detto qualcosa Margherita?- Si voltò verso di lei con una pagnotta tra le mani, strappandone un generoso pezzo e mangiandolo con gusto. -Il pane che prepara Aurelia è il più buono in assoluto!- Esclamò, ignorando la ragazza e dirigendosi verso l'uscita della cucina.
Margherita, ferita dal suo comportamento, si fece coraggio e fece un passo verso di lui. -Volpe..Vorrei parlarvi.- Disse tutto d'un fiato, perdendosi per un attimo negli occhi viola dell'uomo.
-Ditemi allora.- Si appoggiò allo stipide della porta con aria annoiata. -Ma sbrigatevi, non ho molto tempo a disposizione ed i miei uomini mi attendono.- Margherita si morse un labbro, ma ferita nell'orgoglio gli voltò le spalle. -Bene, allora andate dai vostri uomini. Ne riparleremo quando riuscirete a trovare qualche minuto libero per me... E comunque quel pane l'ho preparato io!- Riprese il coltello iniziando ad accanirsi sui cavoli con rabbia. -Margherita.- Mormorò Gilberto facendo un passo verso di lei, ma l'arrivo di un ladro che richiedeva la sua presenza lo costrinse ad andarsene.
-Di questo passo quei poveri cavoli diventeranno una poltiglia immangiabile.- Falco si avvicinò e le tolse il coltello di mano, poggiandolo accanto al tagliere. -Come mai la mia sorellina è così arrabbiata?- Chiese divertito, accarezzando la morbida massa di candidi capelli; Margherita sbuffò allontanando sgraziatamente la sua mano. -Colpa di Volpe. Volevo parlargli ma il signore era troppo impegnato!- Rispose indignata incrociando le braccia al petto.
-Non fare l'offesa Margherita, non ti servirà a nulla. Anzi, cerca di assumere un'espresisone allegra dato che hai ricevuto visite.- Falco armeggiò con il fiocco del grembiule che la sorella indossava. -Chi mai potrebbe farmi visita?- Chiese perplessa togliendosi il grembiule per posarlo sul tavolo, ed iniziò a stirarsi delle pieghe immaginarie sull'abito consunto che indossava sempre per cucinare. -Chiunque sia, non posso presentarmi così!- Esclamò nervosamente. -In questo momento sta parlando con Volpe, quindi hai tutto il tempo per renderti presentabile.- Falco rise divertito e la prese per mano trascinandola fuori dalla cucina.


La sala della Volpe Addormentata si stava lentamente riempiendo, così Margherita decise di usare una scala secondaria che la portò davanti ad una porticina che immetteva nel retrobottega dove si tenevano le grosse botti di birra, e dove Volpe ed i suoi uomini preparavano i loro colpi; posò un orecchio sulla superficie del legno udendo delle voci parlottare piano, così fece un bel respiro e bussò alla porta in attesa che qualcuno le aprisse.
Fu Volpe ad aprirle porta: trattenne per un attimo il respiro vedendo i suoi occhi viola apparire nella penombra, ma Gilberto la accolse con un caldo sorriso che la lasciò spiazzata, ma rassicurata entrò nella stanza rischiarata solo da alcune candele che bruciavano sull'unico tavolo coperto di cartine raffiguranti Roma ed il territorio circostante; si guardò attorno scorgendo la figura di suo fratello Falco e quella di un altro ladro che la salutò con breve cenno del capo, poi volse lo sguardo verso tre figure incappucciate che la scrutavano con interesse da sotto i loro bianchi cappucci. Tra loro riconobbe Ezio Auditore. -Salve Margherita, vi trovo davvero bene.- Fu il misero commento che le rivolse con un lieve sorriso, prima di tornare ad occuparsi dei suoi affari; la ragazza lo guardò perplessa ma non disse nulla, limitandosi a sedersi sulla sedia che Falco le porgeva.
-Allora, cosa vogliamo farne di loro?- Chiese l'Assassino massaggiandosi pensieroso il mento ispido. -Direi di tenerli in ostaggio finchè non canteranno come si deve.- La voce di Gilberto emerse dall'ombra, e l'uomo poggiò le mani sul tavolo guardando con attenzione i presenti, che annuirono in silenzio.
-Vuoi tenerli qui alla Volpe Addormentata?- Fu Falco a parlare, facendo un passo avanti e posando le mani sulle spalle di Margherita, che ascoltava distratta i loro discorsi. -Non puoi farlo!- Esclamò il ladro, furioso. -Perchè devi mettere in pericolo la vita di mia sorella?- Margherita aggrottò la fronte confusa, così prese coraggio e parlò. -Se aveste la decenza di spiegarmi cosa succede, forse potrei decidere anch'io se la mia vita è in pericolo o meno.- Ezio e Gilberto si scambiarono un'occhiata divertita.
-Margherita avete perfettamente ragione, ed è proprio per questo motivo che vi ho fatta venire qui. Quello che ho da mostrarvi vi riguarda molto da vicino. Lorenzo, Flavio andateli a prendere.- Rispose amabilmente l'Assassino mentre i suoi Adepti chinarono il capo ed uscirono in silenzio, per tornare pochi istanti dopo tenendo due uomini dall'aria piuttosto malconcia; Margherita sgranò gli occhi mentre i due Adepti li buttarono in terra senza troppe cerimonie.
-Cosa ci fanno loro qui?- Chiese la ragazza osservando turbata i due seguaci di Romolo che, con polsi e caviglie legate, giacevano privi di sensi ai suoi piedi.






Angolo Autrice
Eccoci qui, finalmente il 6° capitolo non mi sembra vero :D
Chiedo venia per l'imperdonabile ritardo, non sto qui a spiegare i motivi che mi hanno trattenuta dallo scrivere, l'importante è che il capitolo è finalmente publbicato^^
Ringrazio tutti i lettori silenziosi ed i recensori, spero che questo capitolo sia di vostro gradimento!
_Lilli_

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***


La sera aveva da poco preso il posto del giorno ed una pallida luna brillava quando Margherita scese col vassoio della cena per i due prigionieri, che erano stati rinchiusi in una vecchia cantina che Falco le disse essere stata trasformata in una prigione quando la Gilda dei ladri si insediò nel piccolo borgo. Per sua fortuna non incrociò anima viva per strada, temeva che qualcuno potesse spifferare le sue incursioni notturne a Falco e Gilberto e sapeva bene quanto loro due fossero contrari.
-Ci penserà uno degli Assassini a portare loro da mangiare, non c’è bisogno che lo faccia tu. Meglio se rimani al sicuro nella tua stanza.- Aveva commentato suo fratello quando la trovarono col vassoio in mano mentre usciva dalla cucina. Anche Aurelia sembrava d’accordo con loro quindi Margherita dovette cedere e lasciare che il giorno fosse Flavio, un Assassino di Ezio, a portare loro il cibo ma lei era testarda e non si arrese al primo fallimento quindi riuscì a trovare un accordo con l’Assassino per portare lei il cibo ai prigionieri la sera, dato che era libera sia dai suoi obblighi che dalle insopportabili attenzioni di Giulio e Falco. Da quando i due prigionieri avevano fatto la loro comparsa non facevano altro che chiederle come si sentiva o le gironzolavano sempre intorno per non perderla di vista: ma se riusciva a sopportare un poco suo fratello, aveva una gran voglia di mettere le sue piccole e delicate mani attorno al collo del suo migliore amico che invece cercava sempre una scusa per restare solo con lei. Avrebbe preferito di gran lunga che quelle eccessive attenzioni fossero da parte di qualcun altro, pensò amaramente quando Falco e Giulio le stavano facendo l’ennesima ramanzina quella mattina mentre Gilberto osservava impassibile la scena, ma aveva capito che doveva mettersi l’anima in pace e continuare con la sua strada. Come poteva pretendere che quell’uomo provasse qualcosa per lei se non riusciva ad occuparsi nemmeno del piccolo Michele?
 
                                                                                                                                                                                     ~~~
 
Non appena scese le scale fu investita dall’ormai famigliare odore nauseabondo di fluidi corporali misto alla muffa che infestava la cantina, ma facendo un bel respiro scese i pochi gradini e raggiunse la cella dov’erano rinchiusi i due prigionieri. –Buonasera Flavio!- Salutò allegramente l’Assassino che ricambiò con un sorriso mentre afferrava il vassoio per poi farlo passare attraverso la piccola porticina che si trovava in basso. –Salve a te, sono andati via?- Chiese divertito l’Assassino riferendosi ai due ladri. Margherita annuì con un sorriso e si sedette su una rozza sedia osservando i due seguaci mangiare con gusto ciò che aveva preparato: le piaceva osservarli mangiare, quasi quanto la soddisfaceva vederlo fare a Michele che da quando era arrivata alla Gilda aveva acquistato qualche chilo ed aveva un aspetto più sano rispetto a prima. –Beh allora vado, ci vediamo tra poco.- Disse Flavio strizzandole l’occhio ed uscendo da li: tutte le sere, dopo l’arrivo di Margherita andava in taverna a bere una birra e a lei non dispiaceva perché durante la sua assenza i due seguaci sembravano diventare molto loquaci. Il più anziano dei due si limitava ad emettere dei suoni gutturali e a qualche piccolo ringhio, solo di rado proferiva qualche parola, ma l’altro invece sembrava felice di parlare con qualcuno.
Margherita ci mise tutta la sua buona volontà ed impegno ed i suoi sforzi vennero ripagati quando Ianus, questo il nome del seguace più giovane, le aveva rivolto la parola per la prima volta. Il ragazzo, che aveva all’incirca l’età di Falco, si era unito ai Seguaci di Romolo quand’era poco più di un bambino e ancora oggi era uno dei ragazzi più giovani che appartenevano alla setta. Margherita era davvero curiosa di saperne di più sul conto di Ianus ma la cosa che le premeva di più era sapere perché l’avevano attaccata ma il ragazzo si limitò a scuotere la testa ed a lanciare un’occhiata al suo compagno che in disparte, ascoltava la loro conversazione. –Prima o poi dovrai dirmi perché lo avete fatto, e soprattutto perché volevi portarmi via!- Esclamò seccamente Margherita, che ogni sera rischiava di essere scoperta dai ladri solo per poter parlare con loro e capire cosa li avesse spinti a comportarsi in quel modo. Sapeva che Ianus avrebbe parlato se non fosse per quell’altro che invece diventava irrequieto o richiamava il ragazzo quando si accorgeva che stava parlando troppo: questo accadeva quando Margherita chiedeva informazioni su di loro, dove vivevano o cosa facevano, il seguace temeva che la ragazza fosse una spia che lavorava per conto degli Assassini e Ianus era troppo ammaliato dal suo aspetto angelico per riuscire ad essere più cauto.
 
                                                                                                                                                                                   ~~~
 
Quella sera però Margherita decise di non chiedere nulla, decisa a godersi solamente la loro compagnia. –Oggi ho parlato con la Volpe, e forse sarete spostati in un altro posto. Non siete contenti?- Chiese ingenuamente ai due seguaci che si scambiarono un’occhiata prima di tornare a guardarla: Ianus sorrise in modo incerto mentre l’altro, che ancora si ostinava a non dire il proprio nome, sbuffò spazientito sdraiandosi sull’improvvisato giaciglio fatto di paglia e di qualche coperta vecchia. –Perché quelle facce? Dopotutto non vedrete più questa squallida cella, è già un inizio non trovate?- Disse di nuovo, non riuscendo a capire perché non avessero accolto meglio quella notizia. –Come possiamo essere felici? Si limiteranno solamente a cambiare cella, ma saremo sempre prigionieri.- Rispose mestamente Ianus stringendosi nelle spalle. –Oh ma non per molto mio caro ragazzo.- Disse una voce gutturale alle spalle di Margherita, che voltandosi sgranò i grandi occhi nel vedersi di fronte il seguace che la volta scorsa l’aveva ferita ad un braccio. –Caio!- Esclamarono i due seguaci da dietro le sbarre quando videro il loro capo sbucare dalla scala da cui era venuta anche Margherita.
-Cosa ci fate voi qui?- Chiese Margherita facendo un passo indietro mentre l’uomo si avvicinava sempre di più. –Ti conviene collaborare se non vuoi che ti accada qualcosa, quindi dammi le chiavi della cella e non fare tante storie.- Esclamò il seguace afferrandola per un braccio, e la strattonò verso di se mentre Margherita cercava di liberarsi scuotendo il capo. –Non ho le chiavi della cella lo giuro, lasciatemi andare!- Continuò a muoversi tentando in ogni modo di allentare la presa su di lei per poter fuggire via. –Forse non sono stato chiaro, io voglio quelle chiavi ora!- Ringhiò l’uomo stringendo la presa sul braccio che le aveva intrappolato dietro la schiena. Margherita, anche se di spalle, poteva avvertire il fiato caldo dell’uomo ed il suo pessimo odore che le faceva girare la testa. –Altrimenti dovrò pensarci io, e forse potrei anche trovarci gusto.- Sogghignò il seguace allungando le mani verso il laccio che chiudeva la scollatura dell’abito che Margherita indossava. Schifata e al tempo stesso spaventata, seguì ciò che le diceva l’istinto e senza pensarci oltre pestò il piede di Caio che allentò per un istante la presa per fare un passo indietro, quindi approfittando della situazione Margherita si voltò del tutto fino a ritrovarsi il muso del lupo a pochi centimetri dal volto ed assestò una ginocchiata nelle parti basse dell’uomo che si piegò in avanti ululando dal dolore, il tutto accaduto sotto lo sguardo sorpreso dei due seguaci imprigionati che avevano osservato la scena senza dire una sola parola.
Ormai libera corse verso l’uscita senza guardarsi indietro e chiuse la porta dello scantinato fermandola con una sedia, che sperò le avrebbe dato sufficiente tempo per poter correre a chiedere aiuto. Ma la scena che si trovò davanti non era ciò che si aspettava: la porta della taverna era spalancata e dal suo interno provenivano urla, grida ed il rumore metallico delle armi, segno che stavano combattendo. La piazza del borgo sembrava deserta ma quando fu abbastanza vicina al pozzo il piede urtò contro qualcosa che solo in un secondo momento riconobbe essere un corpo privo di vita, e che purtroppo non era l’unico: ne contò una decina prima di essere interrotta da un urlo provenire dal retrobottega e subito dopo le due cameriere corsero via spaventate dalla porta secondaria della cucina. “Forse si erano nascoste ed uno di quegli uomini lupo deve averle scoperte.” Pensò Margherita correndo in quella direzione ignorando le due ragazze che la chiamavano a gran voce, ma entrando in cucina non trovò nessuno quindi prese uno degli affilati coltelli dal cassetto e decise di andare a dare un’occhiata sperando che qualcuno fosse riuscito a mettersi in salvo per andare a cercare suo fratello e Gilberto che sicuramente non sapevano cosa stesse accadendo. Il rumore della lotta divenne sempre più forte man mano che si avvicinava alla grande sala e quando si sporse dal muro per osservare lo scontro non riuscì a capire chi avesse la meglio: ovunque guardava c’erano ladri che uccidevano o venivano uccisi e non riusciva a scorgere Flavio da nessuna parte, il che la preoccupò e per la prima volta da quando aveva messo piede fuori dallo scantinato, provò paura. Strinse la presa sul manico del coltello come a darsi forza ma le sembrava inutile perché la paura era sempre li ad attanagliarle lo stomaco in una morsa che crebbe quando sentì uno strillo provenire dal piano di sopra.
-Michele!- Urlò senza pensarci quando riconobbe la voce del bambino che veniva trascinato giù per le scale da un corpulento uomo lupo che la costrinse ad uscire allo scoperto. “Sono stata una sciocca, ora che faccio?” Pensò col cuore in gola guardandosi velocemente intorno: erano tutti presi dal combattimento per darle retta a parte l’uomo che teneva Michele come ostaggio. Era talmente spaventato che aveva smesso di dibattersi rimanendo in silenzio e tirando, di tanto in tanto, su col naso. –Lascialo stare bestione!- Intimò Margherita con voce tremante e puntando il coltello nella sua direzione ma quello rise di gusto e si avvicinò a lei allungando la mano libera per afferrarla, quindi sfruttò finalmente le lezioni di Falco che le tornarono utili e scartò velocemente di lato per sfuggire alla sua presa e senza perdere altro tempo gli conficcò l’affilata lama in una spalla facendolo ululare dal dolore. I seguaci rimasti ringhiarono minacciosamente nella sua direzione avanzando verso di lei ma furono di nuovo attaccati dai ladri. –Andiamo via di qui, presto!- Intimò al bambino prendendolo per mano e conducendolo velocemente fuori dalla taverna. Avrebbe voluto risparmiargli quella pietosa scena ma se fossero usciti dalla cucina avrebbero perso del tempo prezioso col rischio di essere catturati, però Michele era troppo scosso per accorgersi dei corpi inermi di fronte alla Volpe Addormentata o forse non li aveva ancora notati. In ogni caso Margherita decise di portarlo il più lontano possibile da li ma il bambino la rallentava e benchè gli intimasse di correre più velocemente alla fine furono raggiunti da Caio che era riuscito ad aprire la porta che aveva sbarrato. –Dove pensi di fuggire?- Chiese con divertimento il seguace sbarrandole la strada. Non degnò di uno sguardo il bambino, troppo preso ad osservare Margherita con uno strano luccichio negli occhi neri. –Ti ho già detto che non ho quelle chiavi, quindi lasciami in pace!- Il seguace rise e si avvicinò di più alla ragazza, afferrando una ciocca bianca e setosa dei capelli di lei tra le dita sporche. –Beh ma qualcuno deve averle e tu lo sai, non è vero?- Margherita spalancò i grandi occhi e si morse un labbro continuando a scuotere la testa, non poteva dirgli dov’erano le chiavi o Flavio sarebbe stato in pericolo.
-Non mi piace perdere tempo!- Esclamò l’uomo lupo strattonando improvvisamente la ciocca tra le sue dita facendo gemere dal dolore Margherita. –Vuoi parlare o ti ostini a fare la sciocca? Bada bene, la mia pazienza sta quasi per finire.- Trascinò la ragazza al limitare della strada principale e voltandosi indietro per chiamare Michele sogghignò nel vedere un ladro avanzare lentamente verso di loro con una mano posata all’altezza della spalla dove si notava chiaramente una macchia di sangue. Giulio fece un passo verso Caio che invece indietreggiò puntando la lama del pugnale alla gola di Margherita. -Non pensare a me Giulio ma fuggi, vai a cercare aiuto!- Urlò Margherita muovendosi tra le braccia dell’uomo lupo. -Non posso lasciarti con quell’animale!- Le labbra sottili di Caio si piegarono in un ghigno divertito e diede un calcio a Michele quando il bambino afferrò la gonna di Margherita tirandola con quanta forza aveva. –Stai buono tu, brutto moccioso!- Giulio lo soccorse allontanandolo quel tanto che bastava per tenerlo al sicuro mentre Michele si agitava tra le sue braccia piangendo e chiamando Margherita, che si agitò ancora di più facendo perdere del tutto la pazienza al capo dei seguaci. –Mi sono stancato, ora tu verrai con me!- Emise un forte ululato chiamando a raccolta gli ultimi uomini rimasti che lo circondarono, come a volerlo proteggere, ringhiando in direzione di Giulio che guardava la scena spaventato. –Ti lascio vivere solo per dare al tuo capo questo messaggio: domani alla stessa ora voglio i miei due uomini liberi se volete che a questa dolce fanciulla non accada nulla di male.- Spiegò Caio con espressione divertita posando un rozzo bacio sulla guancia bianca di Margherita. Tutti scoppiarono a ridere, e Caio con loro, quando Giulio prese in braccio Michele, nonostante la ferita, e corse via.
 
                                                                                                                                                                                  ~~~
 
-Lasciami andare, mi fai male.- Disse per l’ennesima volta Margherita tentando di divincolarsi, i polsi le dolevano terribilmente e così le braccia che erano intrappolate dietro la schiena. Caio aveva fatto sparpagliare i suoi uomini per mandarli in avanscoperta e solo un paio camminavano al loro fianco annusando l’aria e guardandosi costantemente intorno, con aria circospetta. Margherita si voltò un ultima volta verso il piccolo borgo che riusciva ancora a scorgere, non si erano allontanati molto e sperava ancora che qualcuno la venisse a salvare ma non dandosi ancora per vinta riuscì a dare una gomitata nello stomaco di Caio che imprecò lasciando la presa per portarsi la mano all’altezza della parte dolorante. –Bastarda!- Esclamò correndole dietro per riacciuffarla però Margherita era più veloce e ben presto si avvicinò allo steccato che delimitava la strada maestra dalla campagna dove si trovavano alcuni cavalli, ma quando stava ormai per arrivare inciampò in un sasso e rovinò a terra sbucciandosi un ginocchio. Cercò di rialzarsi per mettersi in salvo ma Caio la raggiunse afferrandola per i lunghi capelli facendola urlare.-Ti pentirai di ciò che hai fatto bambina, ma non ora.- E calando l’elsa del pugnale su Margherita, la colpì violentemente sulla nuca facendole perdere i sensi. L’ultima cosa che la ragazza vide, furono i cavalli che si imbizzarrivano scalciando violentemente il terreno.
Poi, il buio totale.

 

 
 
 
 
 
 
 
 
 
Angolo Autrice
Ahimè ho perso il conto di quanto tempo è trascorso dall’ultima volta che sono riuscita ad aggiornare questa fic, ma finalmente ce l’ho fatta :D Spero apprezziate questo capitolo, e ringrazio sin da subito tutti quelli che leggeranno e/o commenteranno!
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_Lilli_
 

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