Father & Son

di clif
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** il ladro ***
Capitolo 2: *** partenza ***
Capitolo 3: *** Raccon city- stazione di polizia ***
Capitolo 4: *** Albert Wesker ***
Capitolo 5: *** discorso ***
Capitolo 6: *** William Birkin ***
Capitolo 7: *** casa Birkin parte 1 ***
Capitolo 8: *** casa Birkin parte 2 ***



Capitolo 1
*** il ladro ***


13th Gennaio 1998

L’auto bianco e nera si era fermata davanti al locale con il vetro della finestra distrutto,

mentre tutto intorno si era formata una enorme folla di curiosi

-Ben arrivato ispettore- fece un tizio in uniforme, appena uscito dal locale tutto

Impacciato.

-Allora agente Shepherd, cosa è successo?- Fece l’ispettore appena

Uscito dalla macchina e aver raggiunto il suo subalterno.

-Vede ispettore, sembra che il proprietario del negozio abbia subito

Un furto…- fece l’agente mentre l’ispettore lo guardava come ad incitarlo a continuare.

-…e sembra dalla descrizione che il ladro sia…- a quel punto fu l’ispettore a fermarlo come se

sapesse già il continuo del racconto.

-Dov’è il proprietario?- -è dentro, venga-.

Il proprietario stava intanto dentro il negozio, intento a contare quanti soldi avesse

Perduto.

-Buongiorno, sono l’ispettore Smith, mi può raccontare cosa le è successo?-

-Buongiorno ispettore… be è successo tutto all’improvviso, un ragazzino dopo aver ordinato

Un bicchiere di latte mi ha puntato alla gola un coltello, costringendomi a dargli

l’incasso della giornata…- L’ispettore rimase ad ascoltare l’uomo in silenzio senza lasciarsi

sfuggire neanche una parola, finchè dopo che ebbe concluso il racconto, accennò una domanda

-Per caso il ragazzino porta dei capelli arancioni rasati a zero ed ha una cicatrice sulla guancia

sinistra?- -Esatto- rispose l’uomo sorpreso.

-Ispettore, deve essere lo stesso delle tre rapine precedenti- Urlò l’agente

Shepherd nonostante il suo superiore si trovasse accanto a lui.

-Torniamo alla centrale… la ringraziamo della disponibilità-

-Di nulla… ma! Un secondo… volevo dirle che… anche se le sembrerà assurdo,

Poco prima di ordinare, mi è sembrato di vederlo mentre piegava un cucchiaio con una sola

Mano e senza sforzo-

-Non sia ridicolo, sarebbe impossibile persino per un adulto

Si figuri per un bambino-.

Intanto a diversi chilometri di distanza il “bambino” correva verso una meta precisa

Con il bottino in tasca; non era mai stato un ragazzo arrogante ne tanto meno ladro

Ma dopo che le condizioni di salute della madre si erano aggravate non aveva trovato altra

Soluzione che rubare.

Con i soldi rubati era riuscito a far ricoverare la madre in uno degli ospedali più grandi del paese

(anche se essendo ,un paese particolarmente povero, era piuttosto modesto), ovviamente non

Aveva informato la madre del suo nuovo “lavoro”, altrimenti lo avrebbe rimproverato

E lo avrebbe costretto a riportare indietro i soldi.

Dopo pochi minuti raggiunse l’ospedale e si diresse alla camera della madre (Mooolto

Modesto dato che non esistevano neanche gli orari di visita), ma una volta entrato

La trovò vuota.

-Jake!- Lo chiamò qualcuno alle sue spalle, si girò e vide Betty, un infermiera che provava una certa

simpatia per lui.

-Cosa succede?! Dov’è mia madre?!- Chiese preoccupato il piccolo.

La ragazza gli si avvicinò trattenendo a stento le lacrime e disse solo tre parole

-Mi dispiace Jake- Non c’era bisogno di aggiungere altro

Seppure era un bambino aveva capito tutto. 

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Capitolo 2
*** partenza ***


Da ora il narratore è in prima persona


14th Gennaio 1998

Le lacrime mi rigavano ancora il viso, nonostante mi ero

Ripromesso che non avrei mai pianto, sapevo che le condizioni di mia madre erano

Gravi e che dovevo essere pronto a tutto ma

Tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare.

Ero tornato a casa e mentre guardavo la camera di mamma mi ricordai dei soldi

Che avevo preso quel giorno; la rabbia per la mia debolezza dimostrata quel giorno

Mi spinse a strapparli dalla rabbia.

-Non ho più nessuno! Non sono più nessuno!!!- Gridai fuori di me, cercando

Di coprire il dolore con la rabbia.

Passai la notte peggiore della mia vita, non riuscivo a prendere sonno

Perché ogni volta che chiudevo gli occhi mi appariva davanti gli occhi l’immagine della

Mamma che mi chiamava.

Mai come quella volta gioii vedendo il sole sorgere, non avevo un soldo

Per tirare avanti e non volevo più rimanere in quel paese che mi aveva portato solo

Dolore, a quel punto ricordai una cosa che mi aveva detto

Mia madre, nel caso le fosse successo qualcosa.

Teneva dentro sempre dentro il comodino una lettera sigillata con una scritta

<<For Jake>>

La aprii e lessi un nome che non mi era nuovo con sotto un indirizzo,

forse la mamma voleva mandarmi da questo tizio, in caso fossi rimasto solo,

ad avvalorare la mia ipotesi ci fu un biglietto aereo nella busta con destinazione

una certa Raccon city.


16th Gennaio 1998

Sorvolavo ormai da un po’ di tempo l’oceano Atlantico,

non ero del tutto convinto di intraprendere il viaggio, ma non avendo altra scelta

decisi di procurarmi un passaporto falso (non chiedetemi come ho fatto) e di raggiungere

questo amico di mamma, un certo Albert Wesker.



Scusate se i capitoli sono un po’ cortini 

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Capitolo 3
*** Raccon city- stazione di polizia ***


“Welcome to Silent Raccon city”

-Credo di essere arrivato- Mi dissi dopo aver letto il cartello.

Già, ero arrivato… e ora dove vado?!

Solo in quel momento mi resi conto che non avevo nessun modo per rintracciare

Questo Wesker.

L’unico modo che mi venne in mente, per trovarlo, fu la stazione di polizia,

forse avrei potuto trovare informazioni.

Mi feci dare un passaggio e raggiunsi la stazione (era dall’altro lato della città)

Più che una stazione di polizia sembrava una stazione metropolitana

Gente che correva da tutte le parti, sembrava che nessuno si fosse accorto di me

-Ciao piccolo, cosa ti serve?- In quel momento mi accorsi che invece

Una ragazza si era accorta della mia presenza, sembrava molto piccola, sia di età si

Di stazza, portava dei capelli castani a caschetto e aveva dei graziosi occhi color cielo.

-Mi chiamo Rebecca e tu?- -Emh… Jake!- Risposi un po’ contrariato da quel tono,

come fossi un poppante.

-Ok Jake, ti serve qualcosa?- -Si… starei cercando una persona-.

Appena finito di parlare, promise che mi avrebbe aiutato e mi portò all’ufficio denunce

-Ciao Marvin!- -Oh! Ciao Rebecca cosa posso fare per te?-

-Questo bambino avrebbe bisogno di aiuto- Disse lei facendo cadere l’attenzione del

Collega su di me.

-Starei cercando una persona che… non è scomparsa, ma non so dove sia-

-Come mai la cerchi?- mi chiese l’uomo di nome Marvin

-Veramente non saprei-

-?!-

-Mia madre mi ha detto di mettermi in contatto con lui, se le fosse successo qualcosa-

Rebecca e Marvin si guardarono perplessi -Scusa come si chiama questa persona?-

-Aspettate l’ho segnato… Albert Wesker-

-S-sei sicuro?!- 

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Capitolo 4
*** Albert Wesker ***


Aspettavo da ormai qualche minuto nel corridoio,

Rebecca era andata a chiamarlo, a quanto pare lui lavora qui,

che fortuna.

Poco dopo Rebecca tornò a chiamarmi, aveva perso quell’aria allegra che avevo visto in lei.

-L’ho avvertito, dice che ti vuole parlare nel suo ufficio-.

<<Albert Wesker>>

Rebecca mi lasciò davanti la porta con sopra quell’insegna

-Avanti- Sentii provenire da dentro.

Entrai e mi ritrovai in un vastissimo ufficio pieno quadri e tappeti,

in fondo vidi un enorme scrivania e un uomo intento a leggere qualcosa sul PC

-Chi sei?- Mi disse senza alterare minimamente il tono di voce

-Mi chiamo, Jake… e credo che lei possa aiutarmi-

-E in che modo dovrei aiutarti? Sentiamo!- Non avevo mai visto niente di

Più incredibile, nonostante la situazione assurda di un bambino venuto dal nulla

Che gli chiedeva aiuto senza sapere ne il perché ne percome, lui continuava imperterrito

A fissare il computer senza battere ciglio.

-Non ho nessuno al mondo e credevo che lei pote…-

-Non ne vedo il motivo ma oggi sono di buon umore perciò vattene subito e finiamola-

-Aspetta ho questa lettera per te- dissi prima di porgergliela sulla scrivania.

Passò qualche secondo prima che si degnasse di leggerla, ma dopo averlo fatto

Spense finalmente il computer e riuscii a vederlo bene,

Era un uomo di bell’aspetto con i capelli chiari e un paio di occhiali da sole.

Rimase a fissare il foglio per qualche secondo poi cominciò a fissarmi (almeno credo)

-Sei il figlio di Rosalie?- -Si (ovvio)- Richiuse la lettera a la ripose in un cassetto

-Hai valigie?- -Veramente no- risposi, impreparato alla domanda

-Meglio! Seguimi!- -Dove?- Si girò guardandomi come se la risposta fosse ovvia

-A casa mia-


Il capitolo non mi convince molto, ma a voi il giudizio finale 

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Capitolo 5
*** discorso ***


-Potrai dormire qui si vuoi- mi disse indicando la mia stanza,

la stanza più grande che abbia visto in tutta la mia vita

-In realtà dovrebbe essere la stanza degli ospiti ma non viene mai nessuno, quindi…-

Poggiai lo zaino per terra e mi guardai intorno

-Ora devo andare, se ti servisse qualcosa chiama pure- -Ah! Un attimo…-

-Si? Cosa c’è?- disse lui mentre mi dava le spalle davanti lo stipite della porta

-Tu conoscevi mia madre molto bene?-

-Abbastanza- rispose con la sua solita aria indifferente

-Quindi conoscevi anche mio padre?- -Come me stesso!-

-Che tipo era?- Mi uscì tutto d’un botto,

come se lo tenessi da troppo tempo dentro di me,

Mia madre non mi aveva mai parlato di lui, nemmeno una volta.

Per la prima volta notai un cambiamento nel volto di Wesker,

non saprei come descriverlo

Ma era come se avessi appena scalfito qualcosa in lui

.fidati, è meglio che tu non sappia- -Ma perc…-

-Non era un uomo di cui essere fiero,

il codardo abbandonò te e tua madre quando lei

Era ancora incinta e non si fece più vivo-

Rimasi quasi spaventato da queste sue esternazioni

Ma subito dopo aver finito di parlare, ritornò la sua solita aria distaccata

-Io vado buona notte-

-Notte anche a te Albert-

-Chiamami Wesker!-

-O-ok- 

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Capitolo 6
*** William Birkin ***


Toc-Toc

Fu questo rumore a svegliarmi, mi trovavo nella mia nuova stanza

Al… anzi Wesker era già andato al lavoro

lasciandomi il suo numero in caso di bisogno.

Mi infilai un paio di pantofole e andai in salotto per vedere chi era stato a bussare

Toc-Toc-Toc

Sentii nuovamente bussare alla porta, questa volta con più insistenza

-Arrivo- Urlai per fermare il rumore

-Chi è?- Chiesi una volta aperto, mi ritrovai davanti un uomo in

Camice bianco con dei capelli a caschetto biondi

-Emh… non è questa casa Wesker?-

-Si lo è!- Risposi sicuro

-Sono un suo ospite- -Ah! Capisco- Mi disse con un accenno di sfiducia

-Albert è in casa?- -No in questo momento è al lavoro-

-Deve essersi dimenticato che passavo di qui- Concluse infine lui.

-Non importa puoi avvertirlo che sono passato?

Mi chiamo William Birkin-

-Jake Muller-

-Piacere Jake, mi piacerebbe se tu e Albert mi veniste a trovare

un giorno di questi-

-Glielo chederò- Conclusi del tutto indifferente

-Ok allora a presto- 

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Capitolo 7
*** casa Birkin parte 1 ***


20th Gennaio 1998

-La prossima volta che prendi un appuntamento per me, prima avvertimi- Mi fece

Alb… Wesker seccato senza cambiare, però, espressione.

-D’accordo scusa! Non mi hai, però, ancora detto chi era-

-William è un mio collega-

-Quindi è un poliziotto?- Lui si zittì come se mi avesse detto qualcosa di sbagliato

-Comunque…- Cambiò discorso

-…Abita dall’altra parte della città-

-Ha figli?- Chiesi io speranzoso, non avevo mai avuto amici

-No, non ne ha- rimasi un po’ giù

-No aspetta! Ha una figlia-

-Ma se prima avevi detto che non ne aveva? Come puoi essertene dimenticato?-

Mi guardò con uno sguardo… non so come definirlo, ma inarcò un sopracciglio

-Tu pretendi forse che io mi interessi a qualcuno che non sia io?-

Non riuscivo a capire se fosse

Una battuta o no, fosse stato chiunque altro

avrei dato per scontato che lo fosse

Ma quel poco tempo che avevo passato

con lui mi aveva insegnato a non esserne certo

-Tralasciando questo punto, come si chiama?-

-Sherry- In quel momento capii lo strano comportamento di William,

era un alcolizzato,

chi altri avrebbe dato un nome del genere alla propria figlia?

Dopo aver ritenuto saggio non rendere Alb… ,dannazione sbaglio sempre,

Wesker partecipe dei miei pensieri, continuai il mio interrogatorio

-Com’è? D’aspetto intendo-

-Lascia stare è troppo grande per te- Disse lui ridendo,

per la prima volta da quando lo conoscevo

-Non lo chiedevo mica in quel senso- Risposi imbarazzato

-In ogni caso lo scoprirai tra poco-

Ah, è vero! Non vi ho ancora detto dove siamo,

siamo sulla macchina di Wesker (evviva! c’è l’ho

Fatta!) diretti a casa Birkin.

Poco dopo aver terminato la conversazione eravamo arrivati,

Wesker parcheggiò la macchina

(una Subaru) e si avvio verso una casa, seguito a ruota da me.

-Prima di entrare, devo avvertirti che sono un po’ strani- Lo avevo già notato

E in quel momento non mi riferii solo a William Birkin


Scusate per il terribile ritardo del capitolo, vi avviso che nel prossimo capitolo

i membri della famiglia Birkin saranno OOC.

Bye-Bye 

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Capitolo 8
*** casa Birkin parte 2 ***


Dlin-dlon
Erano ormai un paio di minuti che Wesker era intento a suonare il campanello di casa Birkin.
Cominciavo a pensare che si fosse dimenticato dell’invito e che a casa non ci fosse nessuno; vidi lo
sguardo di Wesker diventare teso e notai le sue sopracciglia fremere: segno che stava
Per perdere quel poco di pazienza che aveva. Passò un altro minuto e quando feci per dire a lui i
miei dubbi, sentimmo dei passi oltre la porta.

-Chi è?-

Riconobbi subito la voce: era il dottor Birkin
-Chi cazzo vuoi che sia, Will?! Apri subito la porta prima che la butto giù!-
Trattenni a stento una risata: non lo avevo mai visto così incazzato, solitamente
Manteneva sempre un aria fredda e distaccata.

Sentii il rumore della serratura e del catenaccio, poi la porta si aprì
-Scusa Albert, ma io ed Annette stavamo nel giardino sul retro
 e non avevamo sentito il campanello-

Annette? Wesker aveva detto che la figlia si chiamava Sherry, perciò Annette doveva essere
Sua moglie.

Wesker tentò di mantenere un volto rilassato, senza risultati però, ed entrò in casa, scostando
bruscamente Birkin.

-Sempre il solito gentiluomo, vero?-
Nonostante tutto lui non se la prese, anzi cominciò a ridere di gusto: sempre più strano ‘sto tizio.
-Salve…-
Dissi io, cercando di attirare la sua attenzione. A quel punto smise di ridere e si voltò sorpreso,
verso di me: credo che non si fosse neanche accorto della mia presenza.

-Ehi ciao… Ti chiami Jake, giusto? entra pure-
Disse lui, cortese facendomi spazio per entrare.

Soltanto l’ingresso era più grande di tutta la mia precedente casa;
in salotto a parlare vi trovai Wesker e una donna con i capelli biondi: probabilmente era lei Annette.

-Anne’ ti presento Jake Muller: il ragazzo di cui ti ho parlato-Disse William, dopo essere entrato nel
salone.

“il ragazzo di cui ti ho parlato”? Avevano parlato di me? Come mai?
Stavo per aprir bocca quando la voce di Annette mi bloccò
-Piacere, io mi chiamo Annette-

Le strinsi la mano e le sorrisi: nonostante tutto, conoscevo le buone maniere.
-Comunque sbrighiamoci a cenare… così poi possiamo parlare di cose serie: in privato-
Sul vocabolario alla parola gentilezza vi era la foto di Wesker; non riusciva ad intavolare una
discussione senza perdere la pazienza.

-Come vuoi Albert, ora chiamo Sherry e ci mettiamo a tavola- Rispose Birkin, senza scomporsi
Non sembrava affatto sorpreso del suo caratteraccio, probabilmente lo conosceva da
Abbastanza tempo per capire che non sarebbe mai cambiato.

Quando il marito salì al piano superiore (per chiamare la figlia) io mi avvicinai ad Annette
-Mi scusi, ma come fa  a conoscermi? Prima lei e suo marito avete parlato come se mi conosceste
già?- Chiesi tutto di filato.

Notai l’espressione della donna farsi strana: come se non sapesse cosa rispondere, ma prima che
potesse aprir bocca fu interrotta dal ritorno del marito.

-Contento Albert? Ora che c’è anche Sherry possiamo cenare-
Vidi Birkin scendere le scale, accompagnato da… Rimasi senza parole: un angelo?

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