There’s something harder than falling in love

di Low_Armstrong
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** «Per… Londra, diciamo» ***
Capitolo 2: *** Questione di impegno ***
Capitolo 3: *** Bigliettini volanti ***
Capitolo 4: *** Di aiuti segreti e segreti scoperti ***
Capitolo 5: *** Sensi distratti ***
Capitolo 6: *** Everyone deserves a second chance. ***
Capitolo 7: *** Dicono che tre sia il numero perfetto… ***
Capitolo 8: *** Un trucco ben poco magico ***
Capitolo 9: *** Just let it be ***



Capitolo 1
*** «Per… Londra, diciamo» ***


Autore forum e EFP: Lally_Weasley
Titolo: There’s something harder than falling in love
Genere: Romantico, Sentimentale, Slice of life
Personaggi (se oltre alla coppia c'è qualcun altro di importante): Harry Potter (comparsa)
Pacchetti utilizzati: Verde / θ
Avvertimenti: ---
Rating: Verde
Introduzione: Ron ha una domanda da fare alla sua ‘Mione. LA domanda. Ma prima deve comprare qualcosa, e chiede aiuto al suo fidato amico con gli occhiali tondi e i capelli mori e ribelli. Tra serate chic e frivolezze, sorprese e fallimenti, sarà un sì?
Nda: Non saprei cosa dire, se non che il mio povero cervello ha partorito questa storia con passione, impegno e coinvolgimento. Se si vedrà, se ne sarà valsa la pena, non spetta a me dirlo.
Mi piace utilizzare gli ossimori, mettere il verbo a fine frase come fossimo latini e l’aggettivo prima del nome come fossimo inglesi e lasciar che la prosa si trasformi in poesia per lo spazio di qualche decina di caratteri. La figura etimologica calza a pennello con l’ossimoro e le allitterazioni raccontano una storia da sole… Irrinunciabili. Come un marchio di fabbrica.




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There’s something harder than falling in love







CAPITOLO 1. «Per… Londra, diciamo»

Il suono del campanello di casa Potter echeggiò nel salotto dove Harry stava leggendo l’ultimo numero di ‘Quidditch oggi’. Il moro andò alla porta trascinando i piedi, già sapendo chi aspettarsi dall’altra parte. Gli era arrivato un messaggio dalla casa poco lontano dalla sua, da un suo rosso amico.
«Perché ci hai messo così tanto, miseriaccia! E Ginny non arriverà di soppiatto dal corridoio, vero?» farfugliò Ron agitatissimo.
«No, Ron, sta’ tranquillo! È di sopra con James. Ma che c’è, quel biglietto era un tantino… deciso, se non altro! Allora?» lo incitò, impaziente.
«Harry, mi serve il tuo consiglio».
«Ma dai?!» lo prese in giro il moro.
L’ormai ventiquattrenne Ragazzo Sopravvissuto si beccò un pugno sul braccio.
«Vuoi entrare?» chiese alzando le spalle, spostandosi per lasciargli spazio.
«Che?! Neanche per idea!» rifiutò convinto il più alto.
«Ok, ok… Che c’è, allora?»
«Ho detto a Hermione che andavamo a fare un giro a Diagon Alley tu, io e James, perciò… se poteste non farvi vedere in giro per un paio d’ore sarebbe fantastico!»
«Che?! A Diagon Alley io, te e un bambino di sei mesi?!» Harry sembrava sconvolto. Raccontare una balla del genere alla persona probabilmente più brillante del pianeta Terra era, per lo meno, una stupidaggine colossale. Anche per un imbranato cronico come Ron.
«Oh, Harry, dai! Non fare il guastafeste! Lo so che è poco credibile, ma non mi è venuto in mente niente di meglio!» ribatté il rosso, sbattendo il piede sul gradino dell’uscio di casa Potter.
«Va bene, anche ammettendo che lei se la beva… Perché sei vestito da Babbano? E dove te ne vai tutto solo?!»
«Oh, ecco… è accettabile?» chiese titubante, accennando al suo look tra il casual e il ‘sono-veramente-i-primi-vestiti-che-ho-trovato-nell’armadio’. Una vecchia camicia azzurra e un paio di jeans neri. «Per… Londra, diciamo».
«Ron, che cavolo vai a fare a Londra da solo?! Oddio, non dovrai mica incontrare qualcuna!» Il moro guardò torvo l’amico attraverso le lenti rotonde.
«Ma ti pare, Harry! E poi chi miseriaccia potrei conoscere a Londra! Sembro abbastanza Babbano, comunque?»
«Sì, sì, può andare, Ron! Ora mi spieghi che cosa devi fare a Londra che Hermione non deve sapere?!» Ron arrossì vistosamente quanto improvvisamente, le orecchie ormai quasi impossibili da distinguere dai suoi capelli. Pettinati meglio del solito, peraltro.
«Devo fare una… una cosa, Harry. Stai diventando impiccione come Ginny e mia madre, miseriaccia!» Forse tentare di rigirare la frittata così sfacciatamente non era una grande idea. Soprattutto se sei una new entry in cucina.
«Bada solo a non fare arrabbiare Hermione e non chiedere burrobirra o succo di zucca nei bar, ti prego! Ti prenderebbero per pazzo e poi mi toccherebbe inventare una balla stratosferica per venirti a salvare!» si convinse il moro, abbandonando l’atteggiamento da terzo grado.
«Ah, Harry! Un’ultima cosa! Com’è che funzionano questi?» Fece tintinnare qualche sterlina nel portafogli. «Me l’hanno spiegato, i folletti, ma non ho capito granché… e non credo che gradirebbero un’ulteriore mia visita!» Scoppiarono a ridere insieme al ricordo di come qualche anno prima avevano ridotto la Banca dei Maghi, sfuggendo da ricercati a una folla di piccole, subdole creature in groppa a un drago cieco e da anni prigioniero.
«Allora, queste valgono quattro galeoni…»










Angolo dell’autrice:
Eccomi qua, dopo una lunghissima assenza, con il primo capitolo della prima long che porto a compimento. Ci tengo a dire che è stata scritta per il contest di GiulyHermi96 “Hermione e... Ron, SOLO Ron”, il primo a cui ho partecipato, classificandosi seconda (per un pelo!) e vincendo il Premio per il Miglior Ron. Ok, so cosa vi state chiedendo, e cioè: che miseriaccia si era fumata l’ideatrice del contest prima di leggere questo?
Ecco, non lo so, però vi dico che questo è il primo capitolo di nove ed è un po’ corto e neanche un granché, ma se pazientate le cose miglioreranno! Abbiate fede!
Mi farebbe un gran piacere sentire cosa ne pensate di questo inizio… anche se mi direte che è un po’ corto e neanche un granché!

A presto,
Lally_Weasley

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Capitolo 2
*** Questione di impegno ***


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CAPITOLO 2. Questione di impegno

Le strade del centro di Londra sembravano solo caotiche, piene di gente di corsa che sapeva perfettamente dove andare e cosa fare, disorientanti. Stupende. Molto più magiche di quanto Ron ricordasse. Erano le due e mezza del pomeriggio e gli ultimi ritardatari si accingevano a tornare nei loro immensi uffici o nei negozi delle vie più gettonate dopo la breve pausa caffè. Il sole filtrava tra le nuvole chiare, non sembravano portare pioggia. Ma questo, a Londra, non si può mai dire.
Si infilò in una stradina laterale che incrociava Regent Street, così grande e famosa. Ricordava un po’ le strette vie di Hogsmeade, con la Testa di Porco e i Tre Manici di Scopa, ma non era ad un passo da Hogwarts. Si incamminò guardandosi attorno, fissando cupcakes variopinti e decorati e manichini vestiti di abiti vintage a quadretti. Sapeva già dove andare. Un uccellino con occhiali tondi e ribelli capelli neri gli aveva dato un prezioso consiglio un paio di anni prima. Una vetrina più scintillante delle altre gli disse che era arrivato. Rimase fermo a osservarla per un secolo, pensando a cosa significasse varcare la soglia di quella piccola, elegante bottega in un angolo della capitale. Passarono ancora parecchi minuti prima che Ron sfoderasse tutto il suo coraggio Grifondoro ed entrasse. Se la luce della vetrina lo aveva affascinato, quella all’interno lo abbagliò. Non seppe dire quanti, ma sicuramente tanti, tantissimi diamanti brillavano in quel luogo così raffinato eppure intimo in cui si sentì quasi smarrito, insieme al rilucente argento, al platino e all’oro. Aveva una missione, un obbiettivo e non sarebbe uscito di lì senza ciò che cercava in tasca. A qualunque costo.
«Buongiorno signore, posso aiutarla in qualche modo?»
«Ehm, direi di sì. Sto cercando un anello. Un anello un po’ speciale, in realtà».
Il sorriso compiaciuto e sinceramente contento dell’addetta alle vendite, in tailleur nero, gli fece capire che era stato già abbastanza chiaro.
«Se vuole accomodarsi su quella poltrona, può raccontarmi che cosa vorrebbe di preciso, se ha già un’idea. Oppure posso darle una mano a capire cosa sta cercando».

«Sì. Questo, questo è perfetto. Sono sicuro le piacerà!» Non sapeva neanche lui da dove spuntasse fuori tutta quella decisione, quell’audacia. Sperò solo che durasse. E che l’impulsività non gli stesse facendo fare una scelta assurda.
«Oh, perfetto, allora. Sa, più o meno, quale sia la larghezza degli anelli della sua fidanzata?»
«C’è una misura anche per quelli?!» fece Ron, a metà tra il divertito e il seriamente sconcertato. La commessa rise, forse l’aveva presa davvero per una battuta. «No, in realtà no, però ho portato un suo anello… Può andare?» si sfilò un’anellino sottile con un fiocchetto d’acciaio applicato dalla tasca dei jeans e lo porse alla ragazza.
«Splendido! Sarà molto facile con un modello». Ron trasse un ben mascherato sospiro di sollievo, mentre, dietro il bancone, i due anelli venivano attentamente, Babbanamente studiati.
«Potrei farle una richiesta un po’ particolare?»

Con un rapido sguardo all’orologio, si rese conto che era arrivato davanti a quell’oreficeria modesta nella dimensione, ma ricca e accogliente nell’ambiente ben tre ore prima. Ancora incredulo, elettrizzato e agitato per l’acquisto, uno di quelli che si fanno veramente una sola volta nella vita, aprì per l’ennesima volta il cofanetto di velluto blu notte che conteneva l’oggetto che la vita gliel’avrebbe cambiata per sempre.
Diamante, promessa di infinita luce di sguardi indistinti.
Oro bianco, testimone e garante dell’eternità del sentimento.
Un’incisione segreta, ricordo intimo di come tutto ebbe inizio.










Angolo dell’autrice:
Ecco qua il secondo capitolo ! Scusate se non rispondo a tutte le recensioni e si non riesco ad aggiornare regolarmente, ma il tempo è sempre meno e sarà che c’è in giro l’influenza, sarà che impegnarsi nelle cose è spossante, ma non ho la forza anche per questo! A proposito di prendersi degli impegni… Ron se ne sta prendendo uno bello grosso, eh?!
Mi rendo conto che questi primi due capitoli sono un po’ lenti, vagamente troppo descrittivi e decisamente troppo poeticamente fluffosi… perdonatemi!
Un’ultima cosa (che mi vergogno di aver dimenticato di dire prima): questa storia è dedicata alla splendida MioneWeasley, che mi ha supportato e sopportato durante la stesura, la partecipazione al contest e la pubblicazione! Grazie ♥
Fatemi sapere che ne pensate!

A presto,
Lally_Weasley

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Capitolo 3
*** Bigliettini volanti ***


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CAPITOLO 3. Bigliettini volanti

Mani sudate. Ginocchia instabili. Cervello… completamente andato.

Aveva deciso. Lo avrebbe fatto. Gliel’avrebbe chiesto.


Ron,
mi hanno rifilato una pila di scartoffie infinita da compilare e correggere… Oh, ma che dico! Saranno tutte da riscrivere! Quelli del Dipartimento della Regolazione della Legge Magica sono degli incapaci! Dove si sono laureati in Magisprudenza? Con i topi nelle fogne di Londra?
Vabbè, non importa… Ma farò tardi, stasera. Forse sarò a casa alle nove. Mi dispiace.
A più tardi.
Hermione x


Forse fanno lavorare te su quelle che definisci scartoffie perché per loro sono più simili a fogli scritti in Rune Antiche da leggere senza sillabario. O forse perché sei la persona più straordinaria del mondo.

Sarà a casa per le nove. C’è scritto ‘nove’, sì.
Le nove.
Il che significa che mancano sette ore e venticinque all’ora x.
Che poi che cosa vorrà dire quella x dopo il suo nome? Non è ‘Granger’ in Rune, vero?
Comunque, se così fosse, da stasera dovrebbe imparare a tradurre in una stupida lingua morta qualcos’altro.
Almeno spero.


Camminavano uno affianco all’altro in un corridoio luminoso, affollato dopo la pausa pranzo. «Harry… Harry, senti… Posso parlarti un secondo?»
Il moro lo afferrò per il braccio e lo trascinò nel suo ufficio, al quarto piano, mentre finiva di sorseggiare il suo caffè squisitamente Babbano comprato nello Starbucks all’angolo.
«Che c’è, Ron?» chiese, vagamente assorto in altri pensieri, camminando verso la scrivania. Disordinata e piena di carte e documenti arretrati, ovviamente.
«C’è che avrei bisogno di un favore…», cominciò Ron, titubante. «Dovrei fare una cosa e… possiamo fare che per i prossimi cinque minuti tu sei il mio migliore amico e non il mio collega e capo Auror, per favore?»
«Ron, per la barba di Merlino, non sono il capo di nessuno qui dentro!», fece Potter, accomodandosi nella sua comoda poltrona di pelle marrone scura che sembrava sostenere l’esatto contrario. «E lo sai che sono sempre il tuo migliore amico».
«Bene, allora, potrai sicuramente riversare tutta la tua comprensione su di me quando ti chiederò un pomeriggio libero diciamo… questo pomeriggio».
Occhi bassi. Dita intrecciate. Speranza… meravigliosamente intatta.
Harry ignorò totalmente la richiesta di Ron, ribattendo con una domanda un po’ più mirata.
«Hermione torna tardi stasera. Che fai a casa da solo fino alle nove?»
Le orecchie di Ron presero fuoco, il suo volto rifletté la sorpresa interiore.
«Come miseriaccia fai a saperlo? Hai imparato la Legilimanzia e non me lo hai detto?»
«Ah, Ron, se scopro il segreto per entrare nella mente di qualcuno giuro che te lo dico!» ribatté Harry ridendo. Poi riprese, vago. «Ho intercettato il biglietto volante spedito da Hermione per caso… Ma tu non hai risposto alla mia domanda!» Quando si dice l’attacco è la miglior difesa.
«Neanche tu alla mia!» Inutile, per quanto il tempo passasse, continuavano a comportarsi come i due bambini che si litigavano le idee per le profezie di Divinazione spudoratamente inventate a tavolino. Solo che ora in pubblico si limitavano.
«Ma te l’ho fatta prima io! Andiamo, rispondi!» incalzò divertito e curioso Harry.
«Ok, ok, va bene, te lo dico! Però tu piantala di leggere i biglietti che non sono per te! Dovrebbero incantarli per non farli aprire a chi non dovrebbe leggerli…»









Angolo dell’autrice:
Ed ecco qua il terzo capitolo della storia! Ok, continuate ad avere pazienza, vi supplico, prima o poi arriveremo al punto!
Mi piaceva l’idea di inserire questo scambio di battute tra Ron e Harry perché… uno non bastava, direte voi, no invece! L’ho scritto perché, nella mia mente malata e ancora e sempre in depressione post-Potter, in qualche modo, Harry doveva metterci lo zampino ancora, perché, in fondo, loro tre sono Loro Tre.
Solo una cosuccia da notare, e cioè il parallelismo tra la frase di apertura e quella dopo la titubante richiesta di Ron… così, volevo che lo vedeste, perché a me piace tantissimo!
Ah, aggiungo solo che io, pur di poter fare Magisprudenza, studierei tranquillamente con i topi nelle fogne di Londra.
Va bene, mi rendo conto del fatto che sto straparlando, ergo vi saluto!
Fatemi sapere che ne pensate!

A presto,
Lally_Weasley

P.S.: Grazie di cuore a tutti quelli che hanno recensito (prima o poi vi risponderò, non disperate! Intanto sappiate che mi rendete una donna felice!), messo la storia tra le seguite, le preferite e le ricordate, ma anche a tutti quelli che leggono in silenzio. Non so spiegare quanto vi sono grata.

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Capitolo 4
*** Di aiuti segreti e segreti scoperti ***


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CAPITOLO 4. Di aiuti segreti e segreti scoperti

La sottile tovaglia di raso blu notte con ricami d’argento era drappeggiata elegantemente su un tavolo rotondo di legno scuro al centro della stanza. I piatti in porcellana bianca risplendevano, le raffinate posate d’argento scintillavano. Sui calici brillanti si rifletteva la soffusa luce della fiammella di un’alta candela sottile in cera bianca, attorniata alla base da piccoli fiori e petali di rosa del puro colore. Un nastro rosso intenso turbinava tra il bianco, colorando il profumo. Ma non era tutto merito suo. Se dell’estetica si era occupato –quasi– da solo, in cucina aveva voluto rinforzi.
«Perché non hai chiesto a Mollì?», ricominciò, mentre con la bacchetta alla mano affettava, mescolava e tritava. «Sarebbe stata mille volte più brava di moi!»
«No, no, mia madre… Decisamente no! Tu sei molto brava e, soprattutto, molto meno impicciona!» Cercò di dare una mano alla ragazza, o almeno finse di farlo, e lei decise di non domandare oltre.

«Allora, deve restare in forno per altri quarantascinque minuti, ma non uno di più, altrimenti non si potrà nemmeno assasgiare!» si raccomandò con l’aria un po’ altezzosa, afferrando la borsa poggiata sulla poltrona in salotto.
«Fleur, non sai quanto ti sono grato! Ora però…» Oddio, non doveva assolutamente essere maleducato o scortese, altrimenti lei si sarebbe Smaterializzata con arrosto, tortine e tutto ciò che aveva preparato in quelle due ore. Gli si avvicinò e sistemò delicatamente il colletto della camicia bianca che il rosso aveva appena indossato.
«Ora sei perfetto», disse semplicemente sorridendogli.
«Grazie. Cioè, sì… per tutto. Hermione lo apprezzerà moltissimo», borbottò Ron, in preda alla più totale agitazione.
«Oh, no, no, no, no! Non le devi assolutamente dire che non hai cuscinato tu! Che figura sci faresti? Qualcuno che sta per chiedere alla sua ragazza di sposarlo non dovrebbe dirle che ha passato il pomeriggio in cuscina con una Veela che se ne è andata solo diesci minuti prima!» Inclinò la testa di lato, sistemandosi una ciocca di capelli dietro l’orecchio, e gli rivolse un nuovo sorriso. Ron era solo più rosso, imbarazzato e stupito che mai.
«Co-come fai a saperlo?» chiese nell’istante stesso in cui realizzò cosa fosse appena uscito dalle labbra della ragazza. «Per le mutande di Merlino, non dirlo a nessuno, Fleur!» aggiunse poi, in preda al panico.
«Stai tranquillo, Ron! Ora me ne vado, è meglio. Buona fortuna». Si Smaterializzò un secondo dopo, forse troppo presto per captare il mormorato ‘Mi servirà’ di Ron.










Angolo dell’autrice:
Et voilà il quarto capitolo della storia, nel quale, come promesso, non si è ancora arrivati al benedetto punto! Per questo, sarò breve, perché suppongo che dovrò correre a nascondermi subito dopo aver premuto “Pubblica” per salvarmi dai pomodori (o qualunque altra cosa vi vada a genio) che mi tirerete. Lo so, questa cosa del “ma no, dai, non glielo chiediamo mai a Hermione, continuiamo a cincischiare tra noi!” sta andando per le lunghe, ma è perché i capitoli sono corti (?) e, dal prossimo capitolo, GIURO, Ron va in scena!
Ultima cosa, e cioè che il titolo del capitolo gioca sul fatto che la parola “segreti” è prima aggettivo e poi sostantivo.
Ah, colgo l’occasione per fare i miei migliori auguri a tutte le donne che li leggeranno di passare uno splendido 8 marzo. E un appello a tutti gli uomini a cui questo arriverà –ma soprattutto agli altri, quelli che la sensibilità, la giustizia, il vero coraggio non sanno neanche cosa sono-: ci importa delle mimose quanto di sapere quale sottomarca di scarpini sponsorizzerà il Genoa la prossima stagione. REGALATECI RISPETTO. Quello che non appassisce dopo due giorni.

A presto,
Lally_Weasley

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Capitolo 5
*** Sensi distratti ***


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CAPITOLO 5. Sensi distratti

Le chiavi nella serratura, da un lato della porta. Il panico sotto la superficie, la quiete prima della tempesta, dall’altro.
La maniglia si abbassò e una stanca, scompigliata, stupenda Hermione mise piede nell’ingresso. Passò solo qualche frazione di secondo prima che, insieme al profumo di rose e fiori, Ron si materializzasse davanti a lei.
«Ciao, ‘Mione», disse semplicemente baciandole un guancia mentre le prendeva la borsa e il cappottino di panno per poggiarli sul divano. Gli sorrise. E lui pregò solo che il panico sotto la superficie non si rivelasse, per esempio… sopra la superficie.
«Ron, perché hai la camicia?» chiese lei meravigliata, dopo averlo fissato per qualche istante. «Oddio, non dovevamo uscire stasera, vero? Me ne sono completamente dimenticata, Ron…» Era in panico. Anche lei.
«No, no, che dici, amore, non dovevamo andare da nessuna parte. Tranquilla!» Fece una piccola risata, più nervosa che altro. Hermione sembrò tornare a respirare. Anche se a breve a non respirare sarebbe stato Ron.
«Però qualcosa di straordinario c’è stasera», “oltre a te, ovviamente”, «perché… ho preparato la cena!» Chissà, forse buttarla sul ridere era la cosa giusta da fare.
«Wow, Ron! Insomma, camicia, cena fatta in casa… tu che metti piede in cucina, più che altro… Non ti riconosco più! Cioè, chi sei tu e che ne hai fatto di Ronald Weasley?!»
Nel giro di un secondo scoppiarono a ridere e non smisero più per un secolo, anche se forse era solo un minuto.
«Ok, ok… Ora basta, sul serio!» cercò di dire lui, con la mano sulla pancia dolorante. «Ho pensato…» Ma non bastò, e di tanto in tanto le risate riprendevano e fino a piangere ridevano, piegati in avanti l’uno verso l’altra.
«Ho pensato che potresti andare di sopra, rilassarti qualche minuto e scendere quando sei pronta per mangiare… Io finisco di preparare qui, non ci vorrà molto… Sempre se ti va…». Oddio, non cominciare a balbettare, respira, mantieni la calma. E, se non basta… incrocia le dita dietro la schiena.
«Oh, Ron!» Hermione gli si precipitò addosso e lo abbracciò. «Sarebbe perfetto!» e gli scoccò un bacio a fior di labbra. Afferrò distrattamente la borsa e si avviò su per le scale, mentre Ron sembrava una marionetta imbambolata.


Come posso essere stato così stupido! Miseriaccia, che stupido! Stupido! Com’è possibile che non ho deciso questo!* Miseriaccia!
‘Hermione Jean Granger’? ‘Hermione’? ‘Hermione Granger’?
Che le dico ora? Per la barba di Merlino, dovevo provarlo con Fleur! Miseriaccia!


«Ron, c’è qualcosa nel forno?» La voce di Hermione dal pianerottolo lo riscosse dai suoi pensieri. E i suoi sensi si riattivarono. Sorpreso, notò la calma ancora presente nella voce di Hermione, forse ancora troppo rilassata dopo una doccia rigenerante per rendersi conto di quanto fosse successo in cucina sotto i distratti occhi di un più distratto Ron.
«Miseriaccia!» Imprecò sottovoce, mentre realizzava che una notevole quantità di fumo si stava liberando dal forno, insieme a un odore che non prometteva niente di buono.
«Tranquilla, ‘Mione, niente di grave! Pensa solo a rilassarti e scendi quando sei pronta!» “Ma che sto dicendo, “scendi quando vuoi”, in pratica ho firmato la mia condanna! Non mi dirà mai di sì con un bicchiere di succo di zucca davanti, un piatto vuoto sotto il naso e una puzza spaventosa in tutta la casa!”
Cominciò a scagliare incantesimi a caso contro un forno impazzito, in una stanza passata dall’essere delicatamente profumata di rose al sembrare il posto ideale per un rave di molecole di cattivo odore e su una pirofila il cui contenuto doveva essere, a detta di Fleur, “color ambra brusciata” e invece era più “brusciato” e basta.
Hermione discese le scale in jeans e camicetta, fiutando, metaforicamente e non, il bisogno di aiuto di Ron.
«Ronald, che hai combinato qui?»
«Oh… Ehm… Volevo preparare l’arrosto ma… credo di aver sbagliato il tempo di cottura…» Era così rosso che desiderava solo dissolversi e non ricomparire prima di un mese o due.
«Oh, lascia fare a me!» La riccia, con un po’ di sufficienza, sfoderò la bacchetta dalla tasca dei pantaloni e si mise ad armeggiare in cucina. Ron si allontanò, tutto triste, di qualche passo. Sollevò la bacchetta che teneva svogliatamente in mano e la puntò verso la tavola apparecchiata. Calici, porcellane e servizi d’argento ritrovati chissà dove scomparvero distrattamente, insieme a fiori, candele e atmosfera. Un secondo tocco di bacchetta fece apparire normali piatti, normali bicchieri e normali posate su una semplice tovaglia a quadretti. «Wingardium Leviosa», mormorò infine il rosso, prima che un rapido gesto della destra guidasse il solito, piccolo vaso di fiori al centro della tavola. Tutto come prima, nulla era mai stato diverso. Sorrise un sorriso agrodolce.
Non era il momento.












Angolo dell’autrice:
Salve salvino!
E finalmente siamo arrivati a un punto! Piaciuto? No, perché io lo odio. Cioè, odio il fatto che a Ron vada male, ecco tutto.
Ma si rifarà…………! Ups, spoiler gigante!
Niente, tutte le vostre recensioni mi stanno facendo un piacere immenso e vi ringrazio tantissimo; dopo la bacchettata di Any_, vi prometto di aggiornare più spesso, o almeno quanto più frequentemente mi sarà possibile! Ah, e, vi supplico, abbiate fede: prima o poi risponderò!

*Sarebbe stato ‘[…] abbia deciso questo!’ ma un Ron in preda al panico non può fare attenzione ai congiuntivi!

A presto,
Lally_Weasley

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Capitolo 6
*** Everyone deserves a second chance. ***


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CAPITOLO 6. Everyone deserves a second chance.

Non sapeva come ci fosse riuscito, ma quella mattina si era svegliato presto. Con ancora Hermione tra le braccia. La luce del sole filtrava attraverso il cielo velato di sottili nuvole bianche di quella domenica mattina di inizio giugno. Sfilò piano il braccio avvolto intorno alla vita della ragazza e, con dolce fatica, scivolò fuori dal letto. Senza nemmeno infilarsi le pantofole, sgattaiolò verso la porta socchiusa.
«Mmm… Ron…?» Il mormorio della flebile voce di Hermione, impastata dal sonno, raggiunse le orecchie del rosso con lo stesso effetto di un acquazzone localizzato sulla sua testa. «È già ora?»
In un secondo, le fu accanto e, sedendosi delicatamente sul letto all’altezza dei suoi fianchi, le accarezzò una guancia.
«È domenica, amore, puoi restare qui quanto vuoi», sussurrò dolcemente.
«E tu dove te ne vai?» Sembrava una bambina, una piccola, curiosa, ingenua Hermione.
«Ho sete, prendo un bicchiere di succo di zucca e torno. Ok?»
«Ok», si arrese lei, girandosi sul fianco sinistro, verso la sponda del letto, riaffondando la testa nel cuscino. Ron si piegò su di lei e le posò un bacio sulla fronte, sfiorandole la tempia. Forse era il momento.

La caffettiera Babbana rimaneva, dopo quasi due anni di convivenza con una accanita sostenitrice della filosofia anti-magia in cucina, ancora un mistero per lui. Il fatto che fossero le otto della domenica mattina e che lui fosse a digiuno, poi, rendeva il tutto ancora più incomprensibile. Tuttavia, tentò di ricordare cosa la riccia facesse ogni giorno con quell’aggeggio strano, per preparargli un buon caffè profumato. Forse quel manuale sulla mensola vicino alla finestra…

Acceso il fuoco, sfilò dall’armadietto a destra del lavello un vassoio di legno, di quelli che danno l’idea di essere antichi e artigianali… O magari lo era davvero… Beh, non se lo era mai chiesto, comunque. Lo aveva scovato un paio di sere prima, mentre, in assenza di Hermione, cercava di arrangiarsi pur di non morire di fame, e aveva pensato che fosse perfetto. Lo appoggiò al centro del tavolo e cominciò a disporvi sopra qualcosa per, ecco… fare scena. Preparò delle fette di pane Babbanamente tostato, un vasetto di marmellata all’albicocca e uno al mirtillo e li mise nell’angolo più a sinistra. In un bicchiere versò del succo di zucca e, accanto, piegò un tovagliolo di stoffa blu notte. Trovò una tazza, in porcellana decorata con volute azzurre, e la mise al centro del vassoio. L’amaro aroma del caffè appena preparato gli invase le narici, mentre respirava a fondo. Panico, incertezza, speranza. Il timore lo attanagliò, la spaventata impazienza gli strinse lo stomaco. Cercò di inspirare di nuovo, profondamente, e sperò che il suo cuore smettesse di interpretare un brano “andante” per passare a un adorabile, bramato “moderato”. Avvicinò la mano tremante al manico della caffettiera bollente…
«Miseriaccia!» Non aveva urlato poi così tanto. Per fortuna.
Ricollegò il cervello al corpo per il tempo necessario ad afferrare una presina prima della caffettiera per versare il caffè nella tazza.
Controllò la tasca posteriore del pigiama.
Era tutto pronto.

Hermione era sul letto, sotto le lenzuola, le gambe raccolte vicino al petto, la schiena appoggiata su dei cuscini addossati alla testiera, su cui la chioma riccia si spargeva morbidamente. Leggeva. Stringeva tra le graziose mani curate un libro rilegato in pelle bordeaux, le lettere del titolo impresse in alto in grandi caratteri dorati. “Storia di Hogwarts”.
Ron si avvicinò in silenzio al letto; poi, resse il vassoio -Incantato- con una sola mano e sfilò il libro dalle mani della ragazza.
«Ronald, ma che…» Non fece nemmeno in tempo a cominciare il suo rimprovero che si trovò davanti agli occhi infastiditi un Ron che le portava una ricca colazione a letto. Sul suo viso si dipinsero in poche frazioni di secondo centinaia di espressioni contrastanti, fino a che un piacevole stupore non sopraffò tutto il resto.
«Wow, Ron! Come mai…», il rosso le posò delicatamente il vassoio in grembo, «tutta questa galanteria?»
«Non posso portare la colazione alla mia ragazza senza avere secondi fini?» la stuzzicò lui.
«Beh, non lo fai mai!» ribatté la riccia, sfoderando un sorriso mozzafiato. Assaggiò un pezzetto di pane tostato con un po’ di confettura, ma il cibo perse in fretta ogni attrattiva. Allungò il braccio verso Ron, gli accarezzò i capelli e lo tirò verso di lei. Lui si spostò a sedere più vicino e, pian piano, intenso blu perso nell’ambra preziosa, le loro labbra si unirono, come se si scoprissero per la prima volta. La mano di Ron scivolò sulla schiena di lei, mentre la sinistra si spostò dal poggiarsi sul letto, per andare a perdersi nei suoi ricci scomposti.
«Ronald! Per la barba di Merlino!»
«Oddio, ‘Mione, scusami! Miseriaccia, ho fatto un casino! Oh, che ho combinato!» Il caffè bollente si era riversato fino all’ultima goccia sul lenzuolo bianco e, sotto, sulle gambe di Hermione, e lui era rosso come non mai, peggio di quando aveva finito per abbrustolire l’arrosto di Fleur. «Ecco, ora risolvo tutto», asserì, con la sicurezza di un cucciolo di Labrador di fronte a un branco di leoni affamati. Sfoderò la bacchetta: «Tergeo! Aguamenti!»
«Ronald, mi hai praticamente bruciata e pensi a pulire il lenzuolo?!» Era più o meno in quella fase della sgridata che precedeva il tenergli il broncio per una settimana, ovvero stava attraversando il momento di isterismo totale, con momentanea (e preoccupante) perdita di senno. «Ci penso io! Sposta solo questo vassoio!»
Forse doveva faticare di più per ottenere l’occasione.







Angolo dell’autrice:
Buonasera! Allora, questo nuovo epic fail di Ron?! È un po’ banale, forse molto, me ne rendo conto, ma mi farebbe piacere sapere che ne pensate!
Basta, oggi taglio corto!
A presto con il settimo capitolo!

Lally_Weasley

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Capitolo 7
*** Dicono che tre sia il numero perfetto… ***


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There’s something harder than falling in love







CAPITOLO 7. Dicono che tre sia il numero perfetto…

Erano passate ormai due settimane, tutto scorreva piano, in un normale sabato di giugno. Il gorgogliare perpetuo del ruscello ai piedi della collina filtrava nell’aria, danzando, e dolcemente deciso li avvolgeva. Avvolgeva in pressante, gradevole silenzio due ragazzi che se ne lasciarono colmare. La riccia rileggeva una volta ancora quel poeta Babbano di una pittoresca cittadina inglese di cui il rosso, al suo fianco, non era nemmeno mai riuscito a scrivere il nome. Però, che le sue parole fossero straordinarie, lo aveva capito, ascoltando la sua amata ripeterle incantata gesticolando, gli occhi socchiusi. Leggeva quella commedia di quell’intreccio d’amore, con quello strano folletto che, alla fine, chiede scusa al pubblico che non abbia gradito l’opera.* Le piaceva, le piaceva tanto. A volte, Ron si ritrovava a pensare che amasse quel tale – si dice Schakspear, no? – persino più di lui. Ma, proprio in quegli istanti, come se lo sentisse, lo sguardo di lei abbandonava i versi per cercare i suoi occhi, e lui capiva di essersi sbagliato ancora una volta.
Con i piedi sgraziatamente appoggiati al tavolino da salotto davanti a lui, Ron era comodo sul lato destro del divano rosso scuro, le gambe di Hermione, distesa, sulle sue. Sfogliava svogliatamente una rivista di Quidditch, una nuova pubblicazione che gli aveva consigliato Ginny. Più che altro, a dire la verità, guardava le immagini qua e là in cerca di una macchia arancione tra tutte quelle pagine spente. Non un granché, in effetti. Lo avrebbe detto a Ginny. Forse. Non era la cosa da fare quel giorno.

«’Mione, ti va di uscire? Vorrei portarti in un posto…» disse semplicemente, raggiungendola nella loro camera da letto. Accogliente, ordinata e ben organizzata. La parte della ragazza, ovviamente, intenta in quel momento a cercare nell’armadio una camicetta mai vista da almeno tre mesi.
«Dove?» chiese, voltandosi a guardarlo.
«In un posto…» Questo restare sul vago di Ron la innervosiva. Ancora. Di solito, poteva voler dire solo due cose: guaio con oggetti/persone/animali o sorpresa.
«Ron, dimmi che non hai combinato un pasticcio o non mi muovo nemmeno di un centimetro», ribatté, ironica e un po’ seria insieme.
«No, tranquilla! Non ho fatto niente di male… questa volta!» dichiarò lui.
«E allora dove mi vuoi portare?»
«In un posto» continuò a ripetere sorridendo il rosso, senza mostrare il minimo segno di cedimento.
«Non hai qualcosa da farti perdonare, vero? Qualcosa di peggio del vaso di mia madre rotto l’ultima volta che “mi hai portato in un posto”, ad esempio», insinuò la riccia, infondatamente preoccupata e allarmista come sempre.
«Non posso portare la mia ragazza in un posto un bel sabato pomeriggio?» sorrise Ron, all’agitarsi di Hermione. Lì, a dover essere agitato, era lui. Punto. Anche se si sentiva più terrorizzato, preoccupato e ansioso all’ennesima potenza.
«Sì, sì che puoi ma» iniziò lei, ma Ron non le diede il tempo di continuare.
«Perfetto! Preparati, usciamo quando vuoi!» colse al volo l’occasione lui, prontamente.
«Ma, ma… Ron, mi vuoi dire almeno dove andiamo?» provò a ribattere Hermione. Ron, però, era già uscito dalla stanza.

La guardò ammirato scendere le scale che, dalla camera da letto al piano superiore l’avrebbero portata di fronte a lui nel piccolo atrio d’accesso al salotto. Aveva dei jeans color sabbia, un paio di ballerine di un caldo marrone, una morbida, grande borsa di stoffa abbinata e una camicetta. Una camicetta bianco panna che non spuntava fuori da almeno tre mesi. Sorridendole, la prese per mano e si mise in spalla lo zaino sportivo nero che aveva preparato in pochi minuti mentre lei si vestiva. In un attimo, furono come risucchiati da un vortice di vuoto, stretti l’una all’altro, l’oppressione catturò i loro corpi. Poi, una leggera brezza profumata sostituì quella sgradevole sensazione di disagio fisico. Accarezzò i capelli di una Hermione che era atterrata barcollando, prontamente sorretta da Ron. Era la prima volta che si Smaterializzava meglio di lei, o quasi.
«Wow, Ron!» gridò sussurrando la riccia guardandosi in giro ammirata. «Dove siamo?»
«In Cornovaglia!» esclamò Ron. «Laggiù c’è Fowey. È piccola ma… Miseriaccia, è splendida!» continuò, indicando un suggestivo paesino che contava forse duemila abitanti alla loro destra.
«Ma io non volevo portartici…» aggiunse, quando Hermione ebbe esplorato con lo sguardo ogni centimetro del borgo.
«Come? Perché no?» Sembrava una bimba che faceva i capricci perché la mamma non le lasciava mangiare il suo lecca-lecca.
«Perché ho pensato che potremmo fare prima un pic-nic qui, in riva al mare, in un luogo lontano da tutto, dal rumore, dalla vita. In luogo solo per noi due» dichiarò sottovoce Ron, abbracciandola da dietro. La sentì sorridere, senza nemmeno guardarla. E seppe che era un sì.
Ma lui, di sì, ne voleva un altro.
«Ma non abbiamo portato nulla per un pic-nic», disse, un po’ stranita, dopo qualche minuto passato a contemplare il sole che cominciava a scendere per perdersi nel mare. Ron sciolse, con non poca forza di volontà, quel dolce abbraccio e aprì lo zaino, poggiato a terra. Ne sfilò una tovaglia, di quelle a quadri rossi e bianchi, grandi, da stendere sull’erba o sulla sabbia, sotto gli occhi piacevolmente sorpresi di Hermione. Con un gesto elegante –che aveva richiesto ore di allenamento, a dire la verità– stese a terra la tovaglia e invitò la ragazza a sedersi, per poi imitarla. Con grande stupore di lei, estrasse dallo zaino un enorme cestino da pic-nic, di quelli che praticamente si vedevano solo nei film americani.
«Ron, ma… Hai fatto l’Incanto Estensivo Irriconoscibile?!» chiese e affermò insieme lei.
«No», rispose semplicemente il rosso, alzando le spalle, mentre dal cesto tirava fuori due bicchieri di vetro (non esattamente in stile pic-nic).
«Ma non ci può stare quel cesto in uno zaino così piccolo!» Beh, questo sarebbe stato abbastanza evidente anche se non lo avesse detto.
«Infatti non ho detto che questo zaino non sia Incantato» continuò lui, con quel suo tono indifferente e scanzonato insieme.
«Hai chiesto aiuto a Harry di nuovo?! Lo sai che ormai passi più tempo con lui di quanto ce ne passi Ginny?» partì a raffica la riccia, ridendo qua e là.
«No, Harry non c’entra nulla».
«E allora a chi hai chiesto?»
«Non ho chiesto a nessuno. Non per oggi, almeno», asserì semplicemente. Lei lo guardò stranita, accigliata, sospettosa e dolce insieme. Sì, solo Ron poteva ricevere sguardi così da lei. «L’hai Incantato tu, ‘Mione», dichiarò, dopo un po’.
«Che?»
«Sì, tu. Quando dovevo portare a Harry quel grosso volume per Ginny, che, peraltro, potevi tranquillamente mandarle tramite Errol», spiegò finalmente lui.
«Oh, andiamo, Ronald, l’avrebbe ucciso per la fatica!» rise la riccia, passandogli un braccio intorno alla vita, mentre lui la stringeva a sé avvolgendole le spalle.








Angolo dell’autrice:
Dopo una vita sono riuscita ad aggiornare… finalmente! Allora, che ne dite di questo nuovo tentativo di un romanticissimo Ron?
L’incipit (eeeh che parolona!) del capitolo è disgustosamente, poeticamente fluff… perdonatemi! È pieno zeppo di ossimori che, come avrete capito, mi piacciono proprio tanto. Deformazione stilistica, diciamo così.
Alcune note veloci veloci (no, non è vero):
- Fowey esiste per davvero, ed è davvero in Cornovaglia. Ho promesso che se questa storia piaceva al contest per cui è stata scritta, prima o poi, ci andrò… Mi sa che mi tocca cominciare a fare la valigia!
- Sono consapevole di come si scriva Shakespeare e, a proposito…
Se noi ombre vi siamo dispiaciuti,
immaginate come se veduti
ci aveste in sogno, e come una visione
di fantasia la nostra apparizione.
Se vana e insulsa è stata la vicenda,
gentile pubblico, faremo ammenda;
con la vostra benevola clemenza,
rimedieremo alla nostra insipienza.
E, parola di Puck, spirito onesto,
se per fortuna a noi càpiti questo,
che possiamo sfuggir, indegnamente,
alla lingua forcuta del serpente,
ammenda vi farem senza ritardo,
o tacciatemi pure da bugiardo.
A tutti buonanotte dico intanto,
finito è lo spettacolo e l'incanto.
Signori, addio, batteteci le mani,
e Robin v'assicura che domani
migliorerà della sua parte il canto.
{William Shakespeare ~ Sogno d’una notte di mezza estate}


*La ripetizione del dimostrativo “quello” è voluta.

A presto,
Lally_Weasley

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Capitolo 8
*** Un trucco ben poco magico ***


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CAPITOLO 8. Un trucco ben poco magico

«E l’ultimo biscotto della fortuna è per lei, signorina», sussurrò Ron, porgendo il dolcetto stretto tra due dita alla ragazza. Lei non fece complimenti: aveva scoperto di adorare quel gustoso, croccante dessert Babbano di chissà dove. Lo afferrò ed ebbe la sciocca impressione che pesasse più degli altri due che aveva mangiato.
«Forza, aprilo. Vediamo che dice», la esortò ironico Ron, ripensando a come, fino a pochi secondi prima, aveva preso in giro il fatto che i Babbani credessero che quelle frasettine nascoste fossero vere profezie. Inconsciamente, sperò che quella profezia si avverasse. Hermione era sul punto di spaccare a metà il biscotto della fortuna quando, dalla borsa di lei, il suono del cellulare li raggiunse. La riccia si voltò verso Ron, distogliendo lo sguardo dal dolcetto, come a chiedergli se poteva rispondere. Il rosso non fu sfiorato nemmeno per un secondo dall’idea di lasciar perdere la chiamata: non voleva la suoneria di un inutile marchingegno Babbano a far da sottofondo alla domanda.
«Rispondi, potrebbe essere importante», affermò carezzando la schiena di Hermione, mentre lei posava il biscotto su un piattino. Si pulì in un istante le dita con il tovagliolo di stoffa che Ron aveva ricordato di portare e frugò nella borsa in cerca del telefono. Lo trovò in fretta, aiutata dalla luce dello schermo e dalla vibrazione. Il numero che la stava chiamando non era in rubrica. Ottimo, ora Ron avrebbe anche dovuto faticare per trovare chi dovesse essere Cruciato per aver scelto il momento sbagliato.
«Pronto?» rispose piatta la riccia.
«Hermione, sono io. Potresti venire qui? Tuo padre ha combinato un disastro allo studio!»
“È mia madre”, mimò a Ron con le labbra, “papà ha fatto un casino al lavoro”, lo sguardo dispiaciuto, affranto e deluso insieme.
«Non preoccuparti», sussurrò Ron, posandole un piccolo bacio sulla guancia, passandole la mano tra i capelli. Mentre lei ascoltava di come suo padre aveva mandato in confusione lo studio dentistico di famiglia scombinando tutti i registri di personale e pazienti, il rosso si mise a sedere più dritto e iniziò a sistemare tutto nel cestino da pic-nic.
Fece particolare attenzione al biscotto della fortuna.







Angolo dell’autrice:
Ecco, ora potete tranquillamente linciarmi. Tantissimo tempo dall’ultimo aggiornamento, un capitolo ridicolmente corto, banale e inutile, un’altra opportunità in frantumi per Ron! …Scusate, chiedo umilmente perdono!
Un’unica cosuccia da notare: “il momento” (cap. 5), “l’occasione” (cap. 6) e “fortuna” (cap. 8) sono in corsivo perché a Ron servono tutte per farcela… insieme, magari! ;)
Beh, il prossimo sarà l’ultimo capitolo e spero davvero che vi piacerà!
Buona Pasqua-Pasquetta-periodochemandaall’ariaognitipodidieta in ritardo!

A presto,
Lally_Weasley

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Capitolo 9
*** Just let it be ***


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There’s something harder than falling in love







CAPITOLO 9. Just let it be

«Vedi laggiù, il limitare della foresta?» domandò Ron, stringendo ancora le spalle di Hermione con il braccio destro dopo la Smaterializzazione congiunta, con l’indice puntato verso il punto dove il prato cessa per lasciar spazio all’irreale magia del sottobosco.
«Sì, e siamo su un prato vicino a una foresta con abiti eleganti al posto di essere a un pranzo di famiglia perché…?» ribatté Hermione, disincantata.
«Perché non c’è nessun pranzo di famiglia, non oggi. E perché è nel folto di quella foresta che ti ho abbandonata». Ron sembrava imbambolato nel parlare, come se tutto fosse amabilmente surreale, in una dimensione inesplorata e bellissima.
«Come come come, scusa?! Nessun pranzo di famiglia?! Io ho passato ore in cucina a preparare un antipasto che non sfigurasse tra le prelibatezze di…» L’agitarsi di Hermione, tuttavia, riportò bruscamente ala realtà il rosso.
«Basta» sussurrò con estrema calma interrompendola.
«Oh, oh, Ronald, non mi zittire così! Devo lamentarmi ancora un bel po’! Sai quanto è difficile cucinare una quiche lorraine senza la magia?!» Ad essere “estrema” in Hermione, era l’irritazione.
«Potevi usarla, ‘Mione» le fece timidamente notare uno spensierato Ron.
«Lo sai che non voglio! E comunque perché mi hai raccontato una balla? Avrei potuto parlare con Ginny o Harry, con Molly stessa, magari!»
«…Perché mi piace la tua quiche lorraine. Babbana o no», le sorrise dolce, inclinando la testa. «Sei bellissima», disse poi semplicemente, come parlasse di che vino bere con l’antipasto. Lei non sembrò toccata dal complimento, ma lasciò cadere l’argomento. Il che, date le circostanze, era già abbastanza.
«Che vuol dire che mi hai abbandonata qui, comunque?» chiese stringendo gli occhi curiosi e accusatori insieme.
«È la foresta dove mi sono Smaterializzato quando…» Hermione gli prese la mano all’improvviso e la strinse forte tra le sue, a tal punto che le nocche sbiancarono. Ron si interruppe: si vergognava ancora di quello che aveva fatto, anche se era tornato ed era stato perdonato (con non poche tribolazioni, comunque), ma soprattutto temeva che riportare alla mente quell’immagine potesse far arrabbiare, o peggio, turbare, Hermione. Il gesto della riccia, però, aveva tutt’altro significato: in quell’intreccio, in quella stretta salda e intima, c’erano le parole troppo spesso celate, il desiderio di una vita di pace insieme, il disegno di un futuro più lieto con i ricordi della vita passata. Perché, in fondo, siamo ciò che la vita ha fatto di noi. Rimasero così, le mani unite, gli sguardi persi verso la stessa direzione. Ad un tratto, il rosso sentì che era il momento, il momento giusto che aspettava da mesi, il momento perfetto che aveva tentato invano di creare molte volte. Si augurò che non sentisse il suo cuore martellargli nel petto.
«’Mione, c’è una cosa che devo chiederti, e so che devo farlo qui. Ma prima devo dirti qualcosa», deglutì, mentre si voltava per far sì che i loro sguardi si intrecciassero. La guardò negli occhi e seppe che tutto ciò che serviva in quel momento erano due ragazzi innamorati da impazzire, con in custodia l’una il cuore dell’altro. E una piccola scatolina di velluto blu notte.
«Non è proprio una cosa, in effetti. Ci sono tante cose che vorrei dirti, ma non so come». Iniziò ad arrossire, ma lei lo notò appena. Sembrava non aver capito ancora nulla di ciò che stava per accadere.
«Beh, comincia dall’inizio! Non farmi stare sulle spine!» incalzò lei, divertita e elettrizzata come una bambina davanti a un uovo di cioccolata o ai regali sotto l’albero.
«Tu non smetti mai di fare la maestrina, vero?» sorrise Ron, cercando di nascondere l’agitazione. Il discorso che aveva preparato era ormai finito in una parte sconosciuta e irraggiungibile del suo cervello, aveva finito il suo turno di reperibilità come tanto tempo prima avevano fatto le nozioni di Trasfigurazione o le ricette delle pozioni di Piton.
«Che vuol dire? Tutti noi amiamo istruire gli altri! È vero, forse possiamo insegnare soltanto ciò che non vale la pena di sapere, ma io non credo che ci sia qualcosa che non è interessante conoscere. Insomma, non sai mai cosa ti servirà sapere nella vita» asserì, parlando come un libro stampato, senza sapere se essere scherzosamente irritata, superba o semplicemente… Hermione, quella Hermione saputella e fastidiosa dei primi anni a Hogwarts. «Per esempio, se io posso insegnarti un incantesimo poco utilizzato…»
Ron, d’un tratto, le posò l’indice sulle labbra, riuscendo a farla stare zitta per qualche secondo. «Non è di questo che voglio parlare, ‘Mione. Più tardi potrai insegnarmi tutti gli incantesimi che vuoi e ti prometto che mi impegnerò per impararli, ma ora… devi lasciar parlare me, ok? Credo di avere qualcosa di più importante da dire. E sì, se proprio ci tieni tanto, comincerò dall’inizio». Le sorrise di nuovo, tentando di nascondere il turbinio di emozioni che lo riempivano, sperando che lei non ribattesse tacitamente colpendolo con la borsetta. Fece un respiro profondo, sotto lo sguardo intenso della ragazza. Con le mani a stringere le sue, cominciò.
«Sei l’amore della mia vita, Hermione. Non so se te l’ho mai detto, ma è così. So che tu lo sai, perché sai sempre tutto, per questo non lo dico spesso. Ma oggi voglio che tu te lo senta dire, e per essere sicuro che tu abbia capito bene, te lo ripeterò: sei l’amore della mia vita. E sei anche la mia migliore amica, anche se litighiamo, ci punzecchiamo e non ci sopportiamo per tre quarti del tempo. Molti dicono che la perfezione non esiste, e io non so se è così o no, però so che tu sei perfetta per me. Proprio così come sei, con i riccioli che ti danno il tormento e le occhiatacce che mi riservi quando combino qualche pasticcio. La verità è che non riesco ad immaginare come sarebbe la mia vita senza di te, ci ho provato e… è impossibile. Sarebbe come immaginare qualcosa che non esiste, in effetti. E io voglio vivere, ‘Mione. È per questo che siamo qui: perché io voglio vivere. E l’unico modo che ho di farlo è insieme a te. È esattamente qui che voglio prometterti di non lasciarti mai più, se lo vorrai. Voglio passare il resto della mia vita con te, Hermione, perché, insieme, non importa che cosa accadrà, non importa a quante altre sfide ci troveremo di fronte, noi saremo pronti… insieme».
E, in un istante, si trovò in ginocchio davanti alla ragazza.
La scatoletta di velluto si aprì con uno scatto nello stesso istante in cui dagli occhi di ambra scivolava una lacrima dal dolce sapore, con in sé la luce della felicità. Un altro luccichio, amplificato da un raggio di sole, li raggiunse. Nel diamante l’eternità, nell’oro la purezza, nell’incisione la poesia del passato.
«Vuoi sposarmi?»







Angolo dell’autrice:
E tadaaaaaan! Fine! Spero tantissimo che vi sia piaciuta, perché ci ho messo l’anima in questa storia (e tutta la mia fluffosità repressa) e ci tengo davvero un sacco!
Dico solo che:
- la parte dove Hermione fa la secchiona e parla dell’istruire, è una citazione a pezzetti della frase del pacchetto scelto per la storia: “Tutti noi amiamo istruire gli altri, anche se possiamo insegnare soltanto ciò che non vale la pena di sapere.”. Amo “Orgoglio e pregiudizio”, amo Jane Austen e le chiedo umilmente perdono per aver bistrattato la magia delle sue parole piazzandole in una Babbanissima, indegna storia.
- “Nel diamante l’eternità, nell’oro la purezza, nell’incisione la poesia del passato.” è una ripresa della descrizione dell’anello nel cap. 2 (“Diamante, promessa di infinita luce di sguardi indistinti. Oro bianco, testimone e garante dell’eternità del sentimento. Un’incisione segreta, ricordo intimo di come tutto ebbe inizio.”) e tutto parte da un’idea di fondo (sì, ora per torturarvi ancora un pochino, la spiego):
° diamante = futuro = eternità
° oro bianco = presente = purezza
° incisione = passato = ricordo
E sì, la richiesta particolare che Ron fa all’orefice è proprio quella di incidere… qualcosa di insolito (per i Babbani!): Wingardium Leviosa.
Niente, ho finito. Per davvero.

Grazie a Any_, blablablasheeranblablabla, FenPluffa, Heartvolante22679, ronnyhermy, Moony_98, carmen_v88, Emma 4 ever, GinMarty, Giuliasss93, hermione_06, Iulia_E_Rose, i_love_louis, Onika, Saidy, Shike, Swamplie, Telyn, writegirl,_lilli93_, Kurapika95, RainPluffa24456 e Canny che hanno messo la storia tra le preferite, le ricordate e le seguite e recensito.
Un grazie speciale a MioneWeasley, strepitosa beta-reader supportante e sopportante che mi ha aiutato durante l’ideazione e la stesura della storia, a cui la dedico.
E grazie anche a tutti voi lettori silenziosi, nella speranza che abbiate apprezzato questa mia storia anche solo un decimo di quanto io ho amato scriverla… e sarebbe davvero moltissimo.

Grazie a tutti e a presto,
Lally_Weasley

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