Prova a prendermi.

di _Dark Side
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** _Uno ***
Capitolo 2: *** _Due ***
Capitolo 3: *** _Tre ***
Capitolo 4: *** _Quattro ***
Capitolo 5: *** _Cinque ***



Capitolo 1
*** _Uno ***


Ad Arcevia, un piccolo paesino sperduto tra le colline, tutti conoscevano la vita dei coniugi Salerni: lei, una donnetta infelice che colmava la sua tristezza con l'alcool e il marito, un signore di quattro anni più anziano di lei. Entrambi avevano una vecchia vespa, che usavano per scendere in città una volta alla settimana. Ma non era la loro personalità ad incuriosire gli abitanti di Arcevia e dei paesi vicini. Tutti li conoscevano per essere i genitori di Draven. In realtà, il loro unico figlio si chiamava Drago, ma tutti ormai lo chiamavano Draven. O meglio, lui voleva che gli altri lo chiamassero così.
 
Draven era un ventiduenne alto, magro, moro. I capelli sempre arruffati e un viso così spento, da far venire malinconia solo a guardarlo. Era un tipo strano, molto strano. Si diceva che una volta abbia provato a suicidarsi dandosi fuoco in chiesa, coi tanti candelabri sull'altare. Ma nessuno conosceva davvero la sua vita, a parte un piccolo ma grande dettaglio: era malato, anche se i tanti medici che l'hanno visitato e rivisitato decine di volte, non hanno trovato nessuna patologia. Per loro Draven era sano, proprio come un pesce. Ma come potevano spiegare i medici le cose che faceva il giovane?
 
Tutti sapevano che i poveri genitori di Draven erano costretti ad andare a dormire con un coltello sotto il cuscino, perchè alcune notti il loro figlio irrompeva nella loro camera da letto per cercare di ucciderli. Avevano provato più volte a chiudersi a chiave la sera, ma lui riusciva a buttare giù la porta e allora ricominciavano le urla strazianti nella quiete della notte. Ultimamente, le crisi di Draven erano aumentate, e le “alcune volte” divennero “tutti i giorni”... perciò i coniugi Salerni furono costretti di notte, dopo essersi assicurati che il loro figlio dormisse, ad andare in stazione per fare un sonno tranquillo. Ma Draven scoprì il loro rifugio notturno, così moglie e marito furono ospitati dai loro vicini. Imbarazzante, ma era l'unico modo per salvarsi. Con il passare dei mesi, la madre si era lasciata andare, trascurata com'era già. E un giorno, ubriaca come non mai, si stese a mezzogiorno in punto sui binari della stazione. La trovarono il giorno dopo con gambe e braccia rotte, sangue dappertutto e con i vetri delle bottiglie di vino che fedelmente aveva portato con sé, conficcati nella pelle.
 
La notizia arrivò alle orecchie del marito, che a sua volta si barricò in casa col figlio malato. Alla prima notte, Draven iniziò a matteggiare. Scese dal letto come se fosse al rallentatore, si guardò allo specchio e sorrise compiaciuto. A piedi nudi scese le scale, diretto alla camera dove riposava inerme suo padre. Aprì cauto la porta e si avvicinò in punta dei piedi al letto. Suo padre giaceva già morto su un fianco. C'erano schizzi di sangue in tutte le quattro pareti. Pezzi di cervello, o forse fegato sparnicciati nel tappeto. Draven si guardò intorno impaurito e sopreso allo stesso tempo. Nella sua testa frullavano già mille domande sul presunto assassino. Poi, si voltò e vicino alla finestra, aperta, proprio accanto alle tendine che svolazzavano per il vento gelido, c'era una scritta. Non col sangue, come succede spesso nei film. Era scritto con della senape, o forse maionese. Draven lesse velocemente.
 
                          “Credevi di essere l'unico a poterlo fare, eh?”

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Capitolo 2
*** _Due ***


Draven quella sera uscì dalla stanza, stringendo ancora il coltello. Non riusciva proprio a capire chi avesse ucciso suo padre, ed era così arrabbiato... doveva ucciderlo lui, non un altro. Continuava a chiedersi chi avesse fatto la sua mossa, chi era stato così abile da entrare nella sua mente per capire che avrebbe voluto uccidere lui suo padre. Quella scritta... le rimase impressa per sempre.
 
Passarono giorni, e di Draven non si ebbe più notizia. C'è chi dice che sia andato a rintanarsi in qualche grotta, nei pressi del fiume. Chi invece sostiene che si sia suicidato. Qualcuno crede persino ad un possibile uccisione di Draven per mano della stessa persona che ha ucciso suo padre. Magari voleva morto anche lui. Ma nessuno di queste ipotesi era azzeccata. Draven, dopo la tragica notte, era corso via da Arcevia, via da tutto e da tutti. Correva verso chissà quale meta, che nemmeno lui conosceva. Si era fermato solo per svuotare la vescica. E via! Era ripartito. Nella sua testa aveva un unico obiettivo: trovare colui che aveva ucciso il padre al posto suo. Trovarlo e ucciderlo, ovviamente.
 
Non si sa molto del suo viaggio, durato due mesi. Non si sa dove si sia riparato dal freddo dell'inverno, non si sa dove abbia mangiato o dormito. Non si sa dove si sia lavato o se avesse ucciso persone innocue, magari nel cuore della notte. Insomma, non si hanno più notizie di Draven da più di vent' anni.
Soltanto un taccuino rilegato in pelle è stato ritrovato da un contadino, scavando la buca per piantare i pomodori. Quando l'anziano l'aveva portato a casa, vecchio com'era non aveva nemmeno pensato di leggerlo. Fu uno dei suoi tre nipoti che vivevano con lui ad aprire quel taccuino, lasciato in balìa della polvere in una mensola della soffitta. Quel nipote ero io. Così, presa una candela, mi sono messo a leggere quel taccuino, curioso di sapere di chi fosse e, soprattutto che cosa raccontasse...

 

 
24 Luglio 1997

Caro diario, oggi è il terzo giorno di caldo torrido. L'estate mi dà così fastidio! E' come se col sudore i vestiti penetrassero nei corpi di ognuno di noi. Ma una cosa di buono c'è: d'estate ci sono le zanzare. Sono così buone da mangiare! E' per questo che a volte mi chiamano “il pipistrello femmina”, ma io non ci faccio caso. Catturo i piccoli insettini senza ucciderli, poi li racchiudo dentro una bottiglia e aspetto che ce ne siano diversi. Quando ne ho a sufficienza, metto la bocca sul tappo della bottiglia, la svito coi denti e mi mangio le zanzare. E' una sensazione così piacevole sentirle ronzare giù per la gola!
 
Ma non è di questo che intendo parlarti! Giorni fa ho incontrato un ragazzo molto strano. Pensa: ama come me inficcarsi gli aghi da cucito nelle braccia! E poi ha nel braccio una grande scritta che si è fatto con un ago metallo rovente. Magnifico! Anche io mi sono messa in testa di farmene una uguale... magari anziché mettere sul fuoco un ago, ci metto un coltello. Secondo me viene meglio, perchè è più appuntito. Passeggiamo parecchio insieme io e Draven, così si chiama. E' molto bello... mi batte il cuore al solo pensiero. Ieri siamo stati al lago e lui mi ha parlato di un tizio che gli ha ucciso il padre, poverino. Poi mi ha raccontato del suo paese, perchè viene da...Arcevia, giusto. Così io gli ho parlato di me... che sono la figlia del bancario della zona e che tutti mi reputano una matta. Persino mio padre si vergogna di me quando passeggiamo in giro per la città. Ad ogni “Guarda quello... che figlia matta ha! Poveretto...” Mio padre alza gli occhi al cielo, maledicendo mia madre, morta dandomi alla luce. Ma me ne frego, di tutto e di tutti. Adesso c'è Draven con me, il resto non conta.

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Capitolo 3
*** _Tre ***


25 Luglio 1997
 
Caro diario,
oggi Draven mi ha voluto tatuare con ago e inchiostro un teschio. Ha detto che mi avrebbe portato fortuna, e io gli credo. Quando ieri gli ho parlato di mio padre, mi ha convinto a fare una cosa... quello che anche lui voleva fare a suo padre. Ucciderlo. Quindi stasera, verso mezzanotte gli do una coltellata nella sua camera, mentre dorme. Sai che bello vedere gli schizzi di sangue nella stanza? E poter finalmente dire “Vedi papà? Tua figlia non è pazza come dicono tutti e come tu stesso pensi!” Anzi, credo che prima lo farò soffrire... magari posso soffocarlo piano piano, oppure meglio ancora sarebbe strappargli uno ad uno gli organi... partendo dal torace, sai. Un taglio dall'ombelico e su, fino alla trachea. Via il fegato; via le costole, una ad una; via i polmoni, il diaframma, lo sterno. Fino al cuore. E chissà come lo troveranno le sue badanti? Ahah, sono proprio curiosa! Però credo che dovrei scappare una volta ucciso, altrimenti potrebbero prendermi. Ma no, in fondo, chi potrebbe sospettare della figlia. Rimango, anche perchè c'è Draven qui con me.
 

 
26 Luglio 1997
 
Caro diario,
ieri sera, come ti avevo promesso, ho ucciso papà. Di notte sono entrata nella sua stanza e PAM! L'ho colpito al ventre. L'ho squartato da cima a fondo, come si fa con le galline quando prima le spelli, poi le apri, staccando cosce, collo e zampe. Come ci divertivamo io e Draven a strappare i suoi organi! Sì, perchè con me c'era Draven. Innanzitutto ha premuto forte forte sulla gola di papà, che tossiva disperato. Poi gli ha conficcato le dita negli occhi... sai, faceva ridere il viso terrorizzato di papà senza gli occhi! Come quei pupazzetti di gomma che se li premi escono gli occhi. Uguale.
Poi, quando finalmente babbo ha fatto il suo ultimo respiro, abbiamo portato il cadavere giù al lago. E poi, chissà dove l'ha portato l'acqua! Per fortuna era notte, così non ci ha visti nessuno. Comunque avresti dovuto vedere me e Draven sporchi di sangue dalla testa ai piedi. E lui si è messo a leccarmi. E io l'ho leccato a mia volta. Che buon sapore il sangue! E' così dolce... sembra miele.
Con Draven mi diverto tantissimo. Sembra l'uomo adatto a me, con i miei stessi interessi, con le mie stesse passioni. E facciamo anche le stesse identiche cose.
Prima o poi ci metteremo insieme, puoi starne certo.

 

27 Luglio 1997
 
Caro diario,
finalmente Draven mi ha chiesto di metterci insieme. Mi ha fatto persino una dichiarazione d'amore... ha incollato dita di papà che aveva strappato dal corpo prima di gettarlo in acqua, a mo' di pugno e poi ci ha conficcato una rosa. Un pensiero troppo dolce! Poi, ci siamo baciati.
In città tutti si sono chiesti che dine abbia fatto mio padre e adesso mi rivolgono tutti la parola per chiedermi di lui. Bastardi infami. Prima mi prendevate in giro e adesso, siccome vi fa comodo, mi parlate? Vigliacchi. Voi siete matti, non io!
Oggi pomeriggio sono stata a casa di Draven. Se l'è costruita tutta da solo nel bosco qua dietro casa mia, con tanto di finestre e porta d'ingresso. Peccato che non è di mattoni, ma è fatta di legno. Tipo una capanna.
Abbiamo fatto sesso. Ed è stato fantastico! Lui mi mordeva il collo, fino a staccarmi la pelle. Che solletico piacevole! Ed io gli graffiavo la schiena con le mie ughie affilate, come mi ha chiesto lui. Urlavamo di piacere, non di dolore.
Stiamo proprio bene insieme!
 

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Capitolo 4
*** _Quattro ***


28 Luglio 1997
 
Caro diario,
stanotte Draven ed io siamo stati costretti a fuggire. Quei fottutissimi poliziotti hanno trovato le mie impronte sul coltello che ha squartato mio padre. Merda.
Ma è meglio così, perché posso vivere con Draven in un’altra città…e insieme saremo inseparabili, puoi giurarci. A mezzanotte ci siamo dati appuntamento alla sua capanna e poi…via! Verso nuove avventure! Non ci siamo portati nulla; io ho soltanto preso te e una penna… altrimenti come facevo a scriverti?
Di notte e con la nebbia non vedevamo un accidente. Comunque correvamo, mano nella mano, i vestiti ancora sporchi di fetido sangue secco. Chi l’avrebbe detto che il rosso colante nelle vene di mio padre puzzava così ?!
 
 
Dopo due orette sentivamo il bisogno immane di riposarci. Per nostra fortuna passava un’auto, così mi sono praticamente buttata al centro della strada, che quasi il conducente di quella Fiat mi investiva. Oppure sbandava per cercare di schivarmi e perdeva i sensi. Così io e Draven potevamo finire di ucciderlo e prendevamo l’auto. Un piano perfetto che ha funzionato alla grande. Appena l’uomo che guidava mi ha vista stesa sull’asfalto, ha frenato di colpo, ma è stato costretto ad andare fuori strada. Per fortuna l’auto non si è rotta, ma l’uomo non era nemmeno svenuto. Così ci è toccato fare il lavoro sporco. L’abbiamo tirato fuori dal finestrino con una forza disumana, perché pesava tanto. Poi, mentre Draven lo teneva fisso a terra, io ho preso una grossa pietra che avevo subito notato e l’ho sbattuta sulla testa dell’uomo una, due, tre volte. E poi ancora, ancora e ancora. Gli schizzi di sangue erano dappertutto. Sull’asfalto, Sulla piccola aiuola lì vicino, nei nostri visi e vestiti già sporchi.
 
L’uomo aveva una resistenza davvero scarsa, infatti dopo un po’ (troppo poco tempo) ha fatto il suo ultimo respiro, e il nostro divertimento era finito. Che altro dirti… Draven mi ha dato un lungo, caldo bacio dicendomi “Ben fatto, bellissima“ , poi si è messo alla guida, io l’ho affiancato e siamo partiti.
Vedevo dal finestrino le case scorrere veloci e il vento sbatteva violentemente sul cofano, causando un fastidioso boato. Dove ci dirigevamo? Ovunque, lontano da lì e insieme.
 

29 Luglio 1997
 
Caro diario,
ieri mi sono addormentata durante il viaggio. Infatti non so raccontarti cosa è successo… ma una cosa posso dirtela: stamattina, al mio risveglio, Draven era sceso dall’auto e mi stava aspettando i piedi, appoggiato al tronco di un’ imponente quercia. Scesi dall’auto e dovetti strizzare gli occhi. Il sole del primo mattino mi faceva sempre quell’effetto. Appena mi vide, Draven mi abbracciò e ci baciammo… era così bello! Mi sentivo come se potessimo volare insieme, l’uno sui piedi dell’altro, oppure in braccio, verso l’infinito.
Ad un certo punto, dopo avermi dato il buon giorno, Draven mi buttò a terra. La spinta fu violenta e mi lasciò sorpresa… Se cercavo di rialzarmi, lui mi ricoltiva con un calcio forte. Ma non riuscivo a parlare, tanto ero sconvolta.
Allora fu lui a dire qualcosa. “Credevi di potermi fregare, eh? Ho visto come uccidi con maestria! Tu sai uccidere le persone meglio di me. Ho cercato a lungo la persona che ha ammazzato mio padre al posto mio, e adesso sono convinto di averla davanti. Tu hai ucciso mio padre! Tu mi hai rubato la mossa! E adesso te la faccio pagare!”
 

Caro diario,
mi chiamo Draven, e ho ucciso Clara. Da oggi in poi sarò io a scriverti. Fino a quando, per mano di qualcuno, il mio cuore cesserà di battere.

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Capitolo 5
*** _Cinque ***


30 Luglio 1997
 
Caro diario,
avresti dovuto vedere come si dimenava Clara ieri. Sembrava un serpente in preda alle convulsioni. So per certo che è stata lei ad ammazzare mio padre. Peccato, perché avremmo potuto ucciderlo insieme, e invece no. Ha voluto fare tutto da sola e di mia insaputa… ha avuto ciò che si merita. L’ho strozzata con le sue mutandine, molto semplicemente. Avevo in mente ben altro, ma ho preferito fare le cose in fretta… dovevo riprendere il viaggio. Ma il fatto era che non sapevo assolutamente dove andare, dato che avevo finalmente trovato l’assassino di mio padre.
 
Risalii in macchina e mi diressi verso Ovest. Lì dove il sole muore. E dove io sarei morto con lui.
 
Scorsi una collinetta in lontananza; parcheggiai l’auto e mi diressi verso quella. Ero scalzo, mezzo nudo e con una fame da lupi. Ad un certo punto un boato fortissimo iniziò a crepitare nella mia testa. Cos’era? Forse le grida strazianti di Clara? Quelle di mio padre, o quelle del vecchio che guidava la Fiat? O di tutte le persone, lì o distanti, che avrei ucciso? Il boato si fece sempre più vivo. Sempre più fastidioso, ed io non ce la facevo più. Era insopportabile.
Così, mi misi a correre, sempre più veloce, proprio com’ero abituato a fare per fuggire da tutte le mie preoccupazioni.
 
Adesso, caro diario, penserai che sono pazzo. Ma non lo sono, quindi preferisco gettarti da quella rupe. Ma prima, devo porre fine a questo boato dentro me. Mi scoppia la testa, vorrei che qualcuno mi aiutasse. Possibile che fosse davvero Clara ad urlarmi nelle orecchie? Che quel boato erano le sue grida imploranti? Basta. Non ce la faccio più. Devo farla smettere, non può urlarmi nella testa, non posso permetterglielo.
Dannazione Clara, stai zitta!
 
Ma lei non smette.
Adesso basta. Mi butto dalla collina, così quella bastarda non può più urlarmi… come fa a dar fastidio ad un morto? Bene, adesso ti saluto. Mi uccido. Tanto, se non lo faccio io, qualcuno prima o poi lo farà.
Fanculo papà.
Fanculo vecchio della Fiat.
Fanculo Clara… e soprattutto, prova a prendermi!

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