Skyrim: The legend of Dovahkiin

di Ulvinne
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologue ***
Capitolo 2: *** Chapter I- The eternal Novice ***
Capitolo 3: *** Chapter II- Into the Darkness ***
Capitolo 4: *** Chapter III- Dirty, flurry blood ***
Capitolo 5: *** Chapter IV- Shield Brothers ***
Capitolo 6: *** Chapter V- Family's Secrets ***
Capitolo 7: *** Chapter VI- News and confidences ***
Capitolo 8: *** Chapter VII- Hot embers ***
Capitolo 9: *** Chapter VIII- The Underforge ***
Capitolo 10: *** Chapter IX- The cure ***
Capitolo 11: *** Chapter X- The witches' Slayer ***
Capitolo 12: *** Chapter XI- Angry, pain and darkness ***
Capitolo 13: *** Chapter XII- Self-destructive desire ***
Capitolo 14: *** Chapter XIII- Vengeance ***
Capitolo 15: *** Chapter XIV- Diary of a werewolf, diary of a man ***
Capitolo 16: *** ChapterXV- Purification ***
Capitolo 17: *** Chapter XVI- Daughter of fire and blood ***
Capitolo 18: *** Chapter XVII- Leave all behind you ***
Capitolo 19: *** Chapter XVIII- Welcome back home ***
Capitolo 20: *** Chapter XIX- History of Flower ***
Capitolo 21: *** Chapter XX- The legend ends... ***
Capitolo 22: *** Chapter XXI- ...the story rises ***
Capitolo 23: *** Chapter XXII- Dovahkiin's trainers ***
Capitolo 24: *** Chapter XXIII- In Ustengrav's Deeps ***
Capitolo 25: *** Chapter XXIV- Blades ***
Capitolo 26: *** Chapter XXV- Hide and Seek ***
Capitolo 27: *** Chapter XXVI- The Thieves' game ***
Capitolo 28: *** Chapter XXVII- Ancient heritage ***
Capitolo 29: *** Chapter XXVIII- Champions ***
Capitolo 30: *** Chapter XXIX- Last Dragon's coronation ***
Capitolo 31: *** Chapter XXX- Paarthurnax ***
Capitolo 32: *** Chapter XXXI- Lost cities ***
Capitolo 33: *** Chapter XXXII- The wolf and the Dark ***



Capitolo 1
*** Prologue ***


Skyrim

The legend of Dovahkiin

 

Prologue

 

 Quel giorno ero a caccia
Amo andarci, da sola o con mio padre, ed amo il fatto che sia proibito.
Cacciare di frodo nei territori dello Jarl è sempre pericoloso. C'è il rischio che qualche guardia ti scopra, che qualche bandito voglia le tue prede e la tua vita, o semplicemente di tornare a casa a mani vuote e restare a stomaco vuoto.
Viviamo così, alla giornata, in una piccola casa isolata nel bel mezzo dei boschi a causa della taglia sulla testa di mio padre: cento septim per aver cacciato di frodo dei territori dello jarl.
Cento septim sono una somma ambigua: spiccioli per chi ha tanti soldi e tanti soldi per chi ne ha pochi, tanto da far gola e spingere a denunciare anche gli amici più cari.
Ma sto divagando.
Come ho già detto ero a caccia, sulle tracce di un cervo per essere precisi: una bestia grossa che ci avrebbe fatto comodo per l'inverno che si accingeva ad arrivare.
Il bosco portava già i segni dell'avvicinarsi della lunga stagione, gli alberi sempreverdi cominciavano a coprirsi di nevischio, così come il terreno che alternava il verde dell'erba con la brina del ghiaccio ed il bianco delle prime nevicate, mentre i cespugli più bassi erano già diventati ammassi di erba secca senza più le foglie ed in alcuni casi i frutti che ci avevano sostentato durante l'estate.
Mi strinsi il mantello addosso, socchiudendo gli occhi a causa del vento freddo che tirava e che me li faceva lacrimare, poi mi chinai sulle impronte lasciate dal cervo e le sfiorai con le dita.
-Sei mio...- sussurrai, poi mi alzai in piedi e cominciai a camminare a passo svelto, quasi una corsa, potremmo dire, che tuttavia non diventava tale per paura di spaventare l'animale che sicuramente si trovava nelle vicinanze.
Avevo sedici anni ed andavo a caccia già da otto. Per i primi due o tre anni mi limitavo ad osservare ed ascoltare mio padre, poi iniziai anch'io a costruire le prime trappole, uccidere le prime prede, finché la caccia non divenne la mia attività preferita nella monotonia della nostra vita isolata.
Arrivata nei pressi di una radura rallentai il passo e, quando udii qualcosa muoversi mi fermai del tutto e tesi l'orecchio per ascoltare. Gli zoccoli della bestia battevano sul terreno roccioso, lievi e rilassati, segno che non aveva idea di essere osservata o seguita, meglio così, alché mi chinai ed avanzai ulteriormente finché non vidi la mia preda senza che questa mi vedesse a sua volta.
Un cervo maschio bellissimo, dal pelo lucido di un bel marrone dorato e dalle corna grandi che oltre che la carne ci avrebbe fruttato anche la pelle. Senza contare che avremmo potuto ricavare qualcosa anche dalle corna, erano davvero belle.
Lentamente, cercando di non farmi prendere dalla fretta e dalla voglia di portare a casa il trofeo, presi il mio arco che tenevo sulla schiena ed estrassi una freccia dalla faretra, poi la incoccai, un movimento che accompagnai con un profondo respiro, e presi la mira.
Chiusi un occhio per aiutarmi.
-Fermo...- sussurrai -Fermo...- mi spostai appena per poter avere una visuale migliore, ma nel farlo urtai un sasso, molto piccolo, ma lo urtai.
Normalmente una pietra di quelle dimensioni sarebbe passata inosservata alle orecchie dell'uomo, ma non fu così per quelle del cervo, che si rizzarono svelte proprio come la sua testa chinata a mangiare un po' della poca era rimasta. Un attimo di pausa che ci gelò entrambi sul posto, poi l'animale iniziò a correre via, veloce come il vento.
-Oh no, non vai da nessuna parte!- con l'arco in mano e la faretra sulla schiena iniziai il mio inseguimento.
Il cervo era veloce, ma io ero tenace, e corsi, corsi anche col fiatone che si faceva sempre più frequente ed il petto che iniziava a dolere. Non mi sarei fermata, non avrei detto basta finché avessi avuto fiato in corpo, strinsi forte l'arco nella mano quasi temessi di vederlo scappare via, e quando la fatica iniziò a farsi sempre più prepotente, vincitrice su di me, tentai il tutto per tutto, incoccando la freccia.
Prendere la mira da fermi è difficile, ma farlo in corsa è quasi impossibile. Mi ci sarebbero voluti ancora altri anni di caccia e pratica, ma in quel momento provai e lasciai la freccia: la corda dell'arco lanciò l'oggetto in avanti, ed esso fischiò fendendo l'aria veloce e spietato puntando verso il cervo che ancora correva, ma la freccia era lì vicina, sempre più vicina...
Spalancai gli occhi, quasi incredula, ed un sorriso iniziò a farsi largo in me, mancavano pochi centimetri e l'animale sarebbe stato mio, era un lancio perfetto.
Ma la freccia non raggiunse mai la preda.
Un enorme botta fece tremare la zona circostante tanto da farmi cadere a terra e lasciare l'arco che si perse tra l'erba circondato da tutte le frecce sparse che sfuggirono dalla faretra, un gran polverone si sollevò.
Tossii, cercando di respirare in quella polvere che si era alzata all'improvviso. Misi una mano davanti agli occhi per coprirli, e quando la nube polverosa si dilatò, permettendomi di vedere, poco mancò che urlai di sorpresa.
Il cervo non c'era più: o meglio, c'era, ma era schiacciato sotto una...cosa, artigliata e squamosa che ne copriva quasi tutto il corpo ad eccezione delle zampe posteriori e delle...sostanze che non potei e non volli identificare.
Quella cosa era una zampa. E su di essa c'era la mia freccia conficcata, talmente sottile e piccola da sembrare un ago di pino a confronto.
Incredula boccheggiai.
-Oh Azura...che...c-cos'è?- sussurrai e uno squittio di terrore mi uscì dalla bocca quando anche il muso della grande creatura entrò nella mia visuale.
Una testa enorme e squamosa come la zampa si chinò sui resti del cervo, liberando la carcassa per poterla afferrare tra i denti ed iniziare a masticare l'animale: una fila di denti bianchi ed affilatissimi strappò via la carne, spaccò le ossa, sporcando la bocca grande e parte del muso dalle piccole narici del colore del sangue il cui odore, misto a quella visione e alla paura che essa scaturì in me, mi fece venir voglia di vomitare.
Mi trattenni deglutendo a vuoto.
Dovevo andarmene e lo sapevo, ma non riuscivo a muovere un muscolo, schifata ed al tempo stesso incantata da quella visione di potenza incarnata nella creatura che, ignara della mia presenza e con gli occhi color ghiaccio puntati sul pasto, banchettava soddisfatta.
Non credevo ai miei occhi terrorizzati, eppure il drago era lì, davanti a me, dopo un'Era passata a crederli estinti. Ma se non fossi andata via l'unica ad estinguersi sarei stata io, così mi mossi strisciando all'indietro, le mani tremavano troppo per permettermi di alzami, ma non appena mi mossi, la grande bestia alzò lo sguardo e mi fissò.
Non credo di aver mai conosciuto la paura come in quel momento in cui i miei occhi di un verde scuro vennero incatenati a quelli della leggendaria e feroce bestia. Il mondo si fermò in quegli occhi che, dopo aver abbandonato i resti del cervo, si fecero sempre più vicini insieme al suo proprietario, troppo grande e troppo bello per trovarsi in una foresta così anonima e piccola.
Un altro squittio di terrore mi raggiunse le orecchie, e capii che ero stata io ad emetterlo mentre indietreggiavo in maniera scoordinata ed affannata, sporcandomi di fango, di polvere e altre cose che non vidi, incapace di abbassare lo sguardo dal predatore che si faceva, lentamente ma inevitabilmente, più vicino, sempre più vicino.
Il fiatone che prima era dovuto alla fatica persisteva, ma adesso era il terrore a farmi ansimare, iniziai a piangere per la paura, lo capii perché gli occhi bruciavano ed iniziai anche a vedere sfocato.
E quando la mia schiena toccò un albero alle lacrime si aggiunsero i singhiozzi di terrore, se non me la feci nelle braghe era solo perché non avevo niente da espellere in me se non la paura che continuava a girare nel mio corpo come il veleno mortale di una serpe.
-T-ti p-prego.- mormorai alla testa del drago, tremavo a tal punto da sentire i miei stessi denti urtare tra loro -Ti prego. N-no...- il muso del drago, di un grigio spento, mi arrivò così vicino da poter sentire il suo fiato caldo contro di me, e chiusi gli occhi.
Respirai a fondo, pensando che stavo per morire, che la mia vita era giunta al termine stroncata da una creatura di cui nessuno avrebbe creduto. Sarei stata una delle tante vittime della foresta, mi preparai all'impatto con i denti della bestia...
Impatto che non arrivò.
Attesi tremante e piangente, ma non arrivò nulla. Niente dolore, niente sonno, nulla.
Così aprii lentamente gli occhi. Il muso della creatura era davanti a me, vicino tanto da specchiarmi in quel ghiaccio che erano i suoi occhi piccoli ma attenti e saggi, così forti tanto da potermici perdere dentro.
E come era venuta, la paura passò.
Sentii che avrei potuto passare la vita in quegli occhi, a bere da loro la conoscenza antica e perduta che li aveva resi splendidi a tal punto. Sì perché lo sguardo ghiacciato del drago era la cosa più bella che avessi mai visto e pensai che, in fondo, potevo anche non avere paura.
 
Dovah Sil, Mun Kopraan
 
Una voce cavernosa e solenne mi scosse il corpo. La sentivo ovunque, nella terra, tra gli alberi, nel cielo, mi parve l'essenza stessa del mondo e ci misi un po' per capire che era proprio dal drago che proveniva, che egli mi stava parlando.
 
Drem Yol Lok, Dovahkiin
 
Non capii cosa mi disse, ma il modo in cui pronunciò quelle parole a me sconosciute, i suoi occhi puntati nei miei ebbero un impatto tale da farmi rabbrividire.
Mi alzai in piedi, scombussolata e con le gambe che ancora tremavano, e la bestia enorme mosse appena la testa sormontata da due enormi corna, senza mai staccare gli occhi da me, sbuffando appena dalle piccole narici.
Improvvisamente paura e curiosità di alternavano in me prepotentemente. Da una parte sarei dovuta scappare via, lontana da quel gigante leggendario, ma volevo sapere cosa mi avesse detto e soprattutto volevo sentirlo di nuovo parlare, volevo immergermi nella solennità, nel tono grave della sua voce in grado di far tremare perfino le montagne di Skyrim antiche quanto il mondo stesso.
Deglutii e feci per parlare. Mi mancò la voce e deglutii di nuovo, e quando riuscii finalmente ad aprir bocca il drago mi precedette spalancando la sua.
Un getto d'aria calda mi investì, mi parve che il mondo stesse rallentando e mi persi in quella sensazione di calore mista al vuoto, ma in realtà fu tutto così rapido che non provai nemmeno paura, ebbi appena il tempo di realizzare che il drago mi aveva attaccata che caddi a terra, priva di ogni forza.
E chiusi gli occhi.
 
-Iris...Iris, svegliati, ti prego!- la voce mi arrivava ovattata, lontana da me, da un altro mondo -Iris, svegliati!- insisté, allora mi sforzai di aprire gli occhi.
Lentamente, i contorni che delineavano il viso di mio padre divennero nitidi in maniera tale da permettermi di riconoscerlo.
-Papà...- sussurrai, la testa pesante ed ancora l'aria intontita -Che ci fai qui?
-Come che ci faccio qui?- mi chiese, poi scosse la testa -Non ti muovere, ci penso io.- mi sollevò tra le braccia, il mio papà era molto forte e non ebbe problemi -E' buio da un pezzo. Temevo ti fosse successo qualcosa.
-Sto...bene?- quasi lo chiesi, perché non avevo ferite o altro, ma mi sentivo ancora scombussolata e stanca, terribilmente stanca come se avessi corso per ore.
-Bene? Non lo so. Ti ho trovato svenuta con una pozza di sangue a qualche metro da te. Credevo fosse tuo, eri così pallida. Ma non sei ferita e....non lo so.- concluse con un sospiro ed i suoi occhi verdi, identici ai miei, mi guardarono preoccupati -Cosa è successo in quella radura?- aprii bocca e feci per raccontare ma, con mia profonda sorpresa, non avevo niente da dire.
-Io...non lo so.- ammisi, e questa consapevolezza mi fece stringere al petto di mio padre ed affondare il viso tra i suoi capelli biondi -Io non mi ricordo nulla, papà.- nella mia mente infatti, dal momento in cui avevo scoccato la freccia, c'era il vuoto.
 
 
Note dell'Autrice
Come potete aver capito dall'introduzione, sono tornata.

Sì, ho cancellato la storia precedente perché stava venendo un copia/incolla del gioco e questo non mi piaceva per niente, per iniziarne una nuova. La protagonista sarà sempre Iris, ma gli eventi cominciano da tutt'altra prospettiva e soprattutto con l'incontro shock con il drago, secondo voi chi è? ;)

L'alternarsi del tempo verbale tra passato e presente è voluto per dare più l'idea della narrazione, spero vi piaccia.

Avviso subito che mi prenderò qualche piccola libertà a livello di trama e di dettagli, non sarà tutto tale e quale alla storia, anzi alcune cose potrebbero essere del tutto diverse.

Le frasi in draconico dovrebbero essere giuste, e rispettivamente significano “anima di drago, corpo da uomo” e “salute a te, Sangue di Drago”. Ho cercato una lista di parole draconiche di Skyrim e questo è il risultato xD Ma se trovate degli errori fatemi sapere^^ 

Bacione,

Lady Phoenix

Ringraziamento grande, speciale e sentito a VALPUR che ha letto i primi capitoli e mi ha dato preziosi consigli :)

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Capitolo 2
*** Chapter I- The eternal Novice ***


Chapter I

The eternal Novice

 
L'odore del sangue le fa girare la testa, mentre le lacrime rendono la visuale sfocata.
-No!- urla, divincolandosi ripetutamente -No! No! Perché? Bastardi! Bastardi maledetti!- la presa intorno al polso si stringe tanto da farla gemere di dolore.
-Stai calma. Abbiamo solo eseguito gli ordini.
-Che l'Oblivion si porti voi ed i vostri ordini! Assassini, siete tutti assassini!
-Andiamo, è inutile discutere con lei. Portiamola a Witherun, ci penserà il comandante a decidere la sua pena.- le legano le mani e la buttano sul carretto senza troppi complimenti, accanto a sua madre.
-Basta lottare, Iris...basta.- sussurra la donna già seduta sul carro, ma lei si sporge, cercando di scavalcare il carretto in una maniera goffa quando inutile.
-Cosa credi di fare?
-Non potete lasciarlo lì...- replica al soldato che la trattiene -Non l'avete nemmeno seppellito.
-Ci penseranno i corvi a lui.- il tono privo di pietà con cui dice questa frase le fa venire da vomitare.
-No...no vi prego.
-Iris vieni qui.- la voce della madre precede un abbraccio forzato e tremante in cui la giovane si ritrova con il viso affondato nel petto materno, all'interno del quale il cuore della donna non sembra nemmeno battere.
Probabilmente è morto lì, insieme a lui.
Il carretto si muove.
Le lacrime ed i singhiozzi rompono il silenzio lugubre di quella che per anni è stata la loro casa, che ora brucia in preda alle fiamme.
Gli getta un ultimo sguardo.
I suoi occhi, occhi morti e vuoti, sono ancora aperti.
 
-Svegliati Iris.
-Mmmmmh...
-Avanti, non c'è tempo per essere pigri, c'è molto da fare.
-Cinque minuti, Aela, ti prego.- mormorai coprendomi la testa con le coperte, e sentii la Nord sospirare.
-Come vuoi.- avevo appena iniziato a godermi la mia piccola vittoria che all'improvviso il mondo ancora buio iniziò a girare ed un tonfo doloroso segnò la mia caduta dal letto a causa della donna.
-Ma che ca...?
-In sala tra dieci minuti.- con queste parole Aela se ne andò lasciandomi ancora seduta sul pavimento a massaggiarmi la testa.
-Per la coda a batuffolo di Hircine, come fa ad avere tanta energia già di prima mattina?- mi alzai di malavoglia poi dopo aver versato un po' d'acqua in una bacinella mi lavai il viso e lo asciugai con un panno ruvido.
L'acqua gelida sul viso di prima mattina non è quello che si dice piacevole, ma è un toccasana per svegliarsi, e con tutto quello che avevo da fare quel giorno non potevo proprio permettermi di essere mezza addormentata.
Senza troppi complimenti afferrai la camicia da notte che indossavo, la feci passare sopra la testa e la gettai sopra il letto, attraversai la stanza verso il baule dove tenevo le mie cose e mi vestii in fretta e furia per poi abbandonare gli alloggi di Jorrvaskr.
Avevo oramai compiuto ventidue anni e vivevo con i Compagni da oramai due.
Mia madre ed io ci stabilimmo lì dopo la morte di mio padre, ma dopo pochi giorni lei decise di trasferirsi a Riverwood, ha sempre preferito di gran lunga quel piccolo paesino alla capitale del feudo, mentre io rimasi ad allenarmi per entrare a far parte della gilda.
Quando arrivai alla sala grande mi accorsi che erano già tutti a tavola a fare colazione. Inutile dire che c'era una gran confusione a cui oramai ero abituata: Aela sorseggiava la sua bevanda in silenzio, Farkas e Athis parlavano di armi (o meglio, Athis cercava di spiegare a Farkas che una spada più corta non è meno efficace del suo spadone, ma il caro Compagno ha sempre avuto la testa dura, non avrei voluto proprio trovarmi nei panni dell'elfo scuro) e Vilkas stava seduto in disparte rispetto a tutti, a braccia incrociate ed il suo cipiglio costantemente incazzato.
Non mi capacito di come lui e Farkas possano essere gemelli: oh cielo, fisicamente sono uguali, stessi capelli scuri differenti solo nel taglio, stessi occhi di un azzurro così chiaro da sembrare quasi bianco, stessa corporatura alta e forte, ma caratterialmente non potrebbero essere più diversi.
Se Farkas è un tipo docile, compagnone e simpatico, Vilkas è chiuso, cinico e pungente come uno scorpione. Se Farkas è il primo a spalleggiarti per una proposta, Vilkas è pronto a distruggerti psico fisicamente per averla solo pensata. Se...
Oh, si è capito, insomma. Come si è capito anche a chi potesse andare la mia preferenza tra i due.
-Buongiorno, Farkas.- dissi sedendomi alla sua destra, dall'altro lato c'era Athis, appunto, ed il Nord mi rivolse un sorriso.
-Ciao Iris.- mi diede una pacca sulla spalla, così forte che quasi caddi con la faccia in avanti, fu solo mettendo le mani avanti al tavolo che non sbattei la fronte, probabilmente.
-Vacci piano, gigantone.- lo apostrofai ed il guerriero mise su un'espressione di offesa così infantile da stonare davvero tanto sul suo volto che a prima impressione risultava feroce, quasi.
-Non sono io che sono grosso. Sei te che sei troppo smilza.- beh, che non sono mai stata tutta questa robustezza è vero, ma sono pur sempre una Nord, e questo non fa di me una ragazza tanto smilza, per citare il mio Compagno.
In realtà Farkas non era un mio Compagno. Questo perché io non lo ero ancora diventata, non ufficialmente, almeno. Mi trovavo a Jorrvaskr da due anni ed avevo svolto alcune missioni quasi di infima facilità per i miei standard con successo, eppure Kodlak non si era ancora deciso a farmi entrare davvero nei Compagni come tutti gli altri, e questo mi dava fastidio.
Oh, non pretendevo di certo di essere la migliore guerriera di Skyrim, ma accidenti, non riuscivo a non pensare al fatto che se ce l'aveva fatta Torvar ad entrare ce la potevo fare anche io.
-E lui è ubriaco otto giorni alla settimana!- pensai stringendo appena la presa sul boccale che tenevo in mano.
-Cosa ti prende?- mi chiese ancora Farkas, ma io scossi la testa.
-Luna storta, non ti preoccupare.
-Luna storta?- dovetti sforzarmi molto per non scoppiare a ridergli in faccia davanti alla sua espressione di genuina perplessità -Eppure stanotte mi sembrava normale.
-Farkas per favore, sta zitto.- mormorò Athis con tono esasperato coprendosi il viso con una mano.
-Perché? È la verità.- sorrisi, anche se di malavoglia, ma d'altronde avrei dovuto dare il meglio di me negli allenamenti, se avessi voluto affrontare Kodlak.
Quel giorno ricorrevano due anni precisi del mio ingresso a Jorrvaskr come aspirante Compagno, credevo di essere davvero pronta per sostenere la mia Prova d'Onore. Ogni Compagno, superato un periodo di prova, sostiene la prova finale che determina la sua entrata ufficiale nella Gilda, ma il mio turno tardava ad arrivare.
Bisognava pazientare, ma io non sono mai stata un tipo paziente e Kodlak Biancomanto ci stava mettendo un po' troppo tempo per decidere secondo i miei gusti.
Kodlak era il precursore dei Compagni, e questo lo rendeva una specie di capo, anche se ufficialmente questa carica non esiste nessuno prende una decisione senza la supervisione del Precursore, e questo riguardava anche la mia entrata nella gilda.
Per quanto mi sforzassi, non riuscivo proprio a capire le intenzioni dell'uomo. Dopo la punizione che mi era stata inflitta, era stato l'unico ad essersi occupato di aiutare me e mia madre e quando gli dissi di voler restare tra i Compagni non aveva detto una sola parola di disapprovazione, eppure ogni scusa sembrava buona per rimandare.
Non potevo fare a meno di chiedermi cos'altro dovessi dimostrare: in quei due anni avevo imparato a combattere con ogni genere di arma leggera, avevo migliorato il mio modo di cacciare, svolto missioni e commissioni per altri membri. Cos'altro avrei dovuto fare, lucidare le calzature all'intero Circolo?
Avevo già provato a parlargli un paio di volte di questa mia eterna attesa, ma a dispetto dell'aria da capo saggio il vecchio Biancomanto era bravo a fare orecchie da mercante, quando voleva.
Ma non quel giorno.
-Hai finito?- alzai lo sguardo per incontrare gli occhi seri di Vilkas.
-Buongiorno anche a te.- replicai con tono ironico addentando un pezzo di pane -E' sempre bello trovare il tuo sorriso smagliante di prima mattina.- il Nord sbuffò seccato e senza aggiungere una parola uscì dalla sala per dirigersi verso il campo di addestramento -A tra poco.- lo salutai con un cenno della mano tornando al mio pasto.
Vilkas allora era il Compagno addetto alla mia giornaliera umiliazione, ovvero colui che la mattina si occupava di allenarmi per due o tre orette, quello che bastava per farmi rimpiangere ogni giorno la scelta di restare lì per poi farmi vergognare subito dopo. Era la persona con cui avevo legato meno a Jorrvaskr, nonostante passassimo insieme tutte le mattine. Forse era il suo carattere chiuso, forse il fatto che mi distruggesse psico fisicamente tutti giorni, non lo so, ma mi metteva molta soggezione, anche più di quell'armadio di Skjor. In sua presenza riuscivo ad essere simpatica come uno skeever appestato, e lui non mi era di certo di aiuto con quel cavolo di cinismo che si trovava sempre a sfoderare, ma se Kodlak mi aveva affidato ai suoi insegnamenti non sarei stata di certo io a tirarmi indietro.
E purtroppo nemmeno lui.
Così dopo aver mandato giù qualcosa mi affrettai ad uscire a mia volta nel campo di allenamento, dove il Nord stava già menando qualche fendente con il suo spadone a due mani.
-Ce ne hai messo di tempo.- mi accolse vedendomi arrivare.
-Non è vero, sono stata velocissima.- replicai legandomi i capelli neri in una coda decisamente disordinata ma che almeno avrebbe fatto in modo che non mi fossero stati di impiccio.
-Certo, certo, come dici tu.- lo spaccone ebbe anche la faccia di alzare gli occhi al cielo -Al centro, avanti.- credo che Vilkas mi odiasse per questa storia di occupargli tutte le mattine, ma non avevo scelto io di imporgli questo sacrificio. Fosse stato per me avrei già sostenuto la prova, ma ripeterlo in continuazione non mi avrebbe aiutata, così feci del mio meglio per concentrarmi sullo scontro che mi aspettava.
-Sei pronta?
-Ovviamente.- replicai estraendo subito la spada dal fodero.
Sarà un classico, ma la spada è sempre stata la mia arma preferita. Anche se con l'arco sono decisamente più brava, la spada per me ha un fascino che ho scoperto solo una volta arrivata a Witherun. Essa è il simbolo del guerriero per eccellenza, per alcuni non è altro che l'estensione del proprio braccio, e l'adrenalina che ti dà un combattimento tra spade non è la stessa che puoi provare colpendo da lontano con l'arco.
Il Compagno attaccò per primo per destabilizzarmi fin da subito e mettermi agitazione. Vilkas, a differenza del fratello, è molto intelligente, e sapeva benissimo che se mi fossi agitata avrei mandato tutto lo scontro all'aria come era già successo diverse volte.
Parai il suo fendente per poi scansarmi subito dopo e riguadagnare spazio, non avevo la minima intenzione di iniziare una gara di forza per mantenere la parata, non mi sarebbe convenuto: l'arma di Vilkas era lo spadone a due mani e la forza con cui lo brandiva avrebbe reso vano ogni tentativo di sfondare la sua difesa, avrei dovuto stancarlo o confonderlo un po' prima di passare all'attacco.
-Non ti dispiace se ho fatto la prima mossa, vero?
-Assolutamente Vilkas: prima le signore, dopotutto.- alla risatina di Aela, che stava assistendo allo scontro, gli occhi chiarissimi del Nord si assottigliarono, facendomi capire che l'avevo irritato.
Beh, non che ci volesse molto per irritare Vilkas. La sua irascibilità è sempre la sua debolezza, penso che sarebbe capace di arrabbiarsi anche con uno dei polli che vagano liberamente per Witherun se solo gli camminasse troppo vicino.
Scattammo quasi contemporaneamente. Cercai di portare un fendente dritto al fianco, ma la lama di Vilkas intercettò la mia ed applicando pressione su di essa mi spinse ad indietreggiare tenendo la lama con entrambe le mani per evitare di perdere la presa, poi fui costretta a chinarmi per evitare il fendente che se fosse andato a buon fine mi avrebbe staccato la testa di netto.
-Bastardo...- sussurrai a denti stretti mentre cercavo di tornare in piedi, ma non feci in tempo nemmeno ad alzare lo sguardo che un dolore alla guancia mi fece vedere le stelle e cadere a terra.
-Sei lenta!- esclamò Vilkas, chinandosi su di me per puntarmi la spada alla gola, spada che intercettai con la mia, salvando momentaneamente la gola ma rimanendo intrappolata tra il suo peso ed il pavimento non proprio comodo di Jorrvaskr.
-M-maledetto.- sibilai con voce strozzata, cercando di imprimere più forza possibile e liberarmi.
Potete immaginare il risultato, Vilkas stava giocando come il gatto fa con un piccolo topo.
-Cosa? Non ti sento, novellina.- non so cosa mi diede più fastidio se la sua espressione soddisfatta o il tono con cui pronunciò quella frase.
-F-fott-iti.
-Come? Forse dovresti parlare più...- approfittando del fatto che i nostri volti fossero vicini gli mollai una testata che ebbe il potere di farlo indietreggiare, così potei liberarmi dalla presa e recuperare una posizione di vantaggio, anche se rimediai un terribile mal di capo dovuto all'urto con la sua testa dura.
-Brutta...- Vilkas nel frattempo si coprì il naso con le mani e la sua miriade di insulti si perse in un indistinto borbottio incazzato, facendomi sorridere vittoriosa dato che era la prima volta che riuscivo a mettere a segno un colpo come questo.
Certo, la guardia del Nord era abbassata, probabilmente nemmeno io mi aspettavo una reazione del genere, ma in fondo combattere è anche questo: saper sfruttare ogni singolo momento a proprio vantaggio.
Afferrai di nuovo la spada ed approfittando del fatto che fosse disarmato cercai di puntare la lama alla gola del mio avversario, che dal canto suo non aveva intenzione di arrendersi e schivò il colpo scartando di lato e con le mani chiuse a pugno avanti a sé a mo' di guardia, mentre i suoi occhi vagarono alla ricerca della spada. Seguii il suo sguardo e la trovai anche io ad un paio di metri da noi.
Non gli diedi il tempo di provare a recuperarla, come ho già detto era la prima volta che riuscivo disarmarlo e non avevo intenzione di sprecare quest'occasione. Gli tagliai la strada e cercai ancora di colpirlo, non potendo parare Vilkas si limitò a schivare e soprattutto indietreggiare, esattamente come volevo che facesse: se fossi riuscita a metterlo con le spalle al muro avrei sicuramente ottenuto un grosso vantaggio, avrei potuto anche atterrarlo se avessi giocato bene le mie carte.
Continuai ad incalzare. Il Compagno si limitava alla fuga continua dai miei colpi, sembrava che non riuscisse nemmeno a reagire, e questo mi riempì di orgoglio e soprattutto di adrenalina, volevo finire quello scontro il prima possibile, se fossi riuscita a sconfiggere Vilkas, Kodlak avrebbe dovuto ammettere che ero oramai pronta per la mia Prova d'Onore!
Il Compagno era quasi con le spalle al muro, ormai, mancava così poco, abbandonai ogni forma di cautela pur di riuscire ad atterrarlo.
Quando il Compagno toccò il muro con le spalle gli occhi per un attimo si spalancarono, ma io non gli diedi il tempo di reagire, avvicinai la lama alla sua gola e gli sorrisi, consapevole di averlo in pugno.
-Avanti, dillo.
-Dire cosa, novellina?- non riuscii a trattenere una smorfia infastidita, quando avrebbe smesso con questa storia della novellina?
-Che ho vinto.
-Vinto?- non potei fare a meno di infastidirmi ulteriormente notando la sua aria altezzosa -Non mi pare che tu abbia vinto.- assottigliai gli occhi.
-Per l'Oblivion, Vilkas, sei con le spalle al muro! Tu...- Vilkas scattò di nuovo.
Con la mano mi afferrò saldamente il polso, quello che reggeva la spada, e con l'altra mi colpì la giuntura tra spalla e braccio in maniera forte quanto bastava a farmi provare un dolore tale da farmi perdere la presa sulla spada e gridare di dolore.
-Figlio di...- il mio insulto si perse nella caduta in cui Vilkas mi trascinò, facendomi un poco cavalleresco sgambetto.
Tentai di rotolare via, ma quando cercai di alzarmi facendo leva sulle braccia il ginocchio di Vilkas sulla spina dorsale mi inchiodò a terra ed il freddo della mia stessa spada recuperata dal compagno contro la pelle del mio collo decretò la mia sconfitta. Lo sentii ridacchiare, ma la sua mano, quella che non reggeva l'arma, sulla faccia almeno mi consentì di non vedere il suo brutto muso trionfante.
Tentai di agitarmi, ma dovetti sembrare davvero ridicola con la faccia spiaccicata a terra dalla sua mano e le braccia che si muovevano come fossi un pesce fuor d'acqua.
Maledizione.
-Dicevi, Novellina?
-Fafancuolo.- borbottai con la voce distorta a causa della mano del su detto bastardo.
Avevo perso di nuovo, accidenti.
E dalla facilità con cui Vilkas aveva studiato una contromossa mi fece pensare che lui non era mai stato in difficoltà: in poche parole mi aveva fregata ed io ci ero caduta con tutti gli stivali.
La rabbia che provai fu tale che sentii le guance andare a fuoco.
-Lasciuamui, asciudenti!- sbottai poi cercando di cacciargli via la mano con qualche colpetto infastidito, e dopo pochi attimi fui di nuovo in grado di parlare come si deve ma soprattutto potei alzarmi dato che il signor “Sei una novellina e io no” si era alzato a sua volta per riprendere la propria arma.
-Beh, almeno l'ho disarmato.- pensai massaggiandomi la spalla e gettando occhiatacce alla schiena del Nord -E' già un passo avanti.- eppure cos'era questa sensazione di fuoco allo stomaco che non voleva andarsene? Vergogna, frustrazione o forse entrambe?
Sospirai, e la risatina di Aela mi fece girare nella sua direzione.
-Avanti, non fare quella faccia.- mi disse dandomi una pacca sulla spalla non dolorante -Sei comunque andata meglio del solito.
Aela era la persona a cui tenevo di più dopo Kodlak. Era stata la prima con cui avevo instaurato un rapporto buono dopo aver deciso di rimanere a Jorrvaskr, forse è stato il nostro amore comune per la caccia a farci avvicinare, o forse il fatto che era l'unica a non spaventarmi in questo gruppo i primi giorni.
Insomma, Torvar era sempre ubriaco, come ho già detto, e la massima conversazione che potevo sperare di avere con lui è sulla qualità dell'idromele, Farkas in sé per sé non aveva fatto niente, ma durante un incontro era stato capace di lussarmi una spalla con una “pacca amichevole” e Vilkas...
Gli gettai un' altra occhiata, stavolta sconsolata.
-Ma ho perso. E questo non mi aiuterà con Kodlak.- risposi poi ad Aela, slacciando il nastro di stoffa e sfasciando la coda con gli occhi ancora puntati sulla schiena di Vilkas -Finché non lo batto non mi permetterà mai di sostenere la Prova d'Onore. E non sarò una di voi.
-Sei già una di noi, Iris. La Prova d'Onore non è altro che una formalità.- ribatté la cacciatrice, ma io le gettai un'occhiataccia, sapendo che non era affatto vero.
-Non cercare di addolcire la cosa. Conosco benissimo Jorrvaskr e le sue tradizioni. In questi due anni non ho fatto altro che prepararmi ad una prova che di questo passo non arriverà mai. Voglio essere una di voi, Aela, in tutto e per tutto. Ne sono sicura.
-No, Novellina.- ad interrompere sul nascere la risposta di Aela fu Vilkas, che venne verso di noi sistemandosi lo spadone sulla schiena -Tu non sei sicura.
Mi morsi il labbro inferiore per non scaraventargli contro la risposta non proprio educata che mi passò per la testa, e alla fine riuscii a mantenere un tono abbastanza calmo per quanto dotato di un'ostilità non proprio velata.
-Credo di sapere benissimo cosa voglio. E sono sicura- ripetei con molta enfasi a sottolineare il concetto -Di voler entrare tra i Compagni.
-E sei pronta ad affrontare tutto ciò che questa vita ti offre?
-Ogni singola cosa.- fu a denti stretti e scandendo le parole una per una che risposi a Vilkas cercando di ottenere l'ultima parola, e dal canto suo il Nord storse la bocca in un sorrisaccio quasi animalesco.
-Oh, certo. Magari...
-Vilkas.- ad Aela bastò pronunciare il nome del Compagno perché questo tacesse, spostando la sua attenzione da me agli occhi chiari della cacciatrice che lo fulminavano -Basta così. Se davvero è sicura allora lasciala stare. Se vuoi la mia opinione è più che pronta.- spalancai gli occhi, sorpresa e compiaciuta dall'appoggio della donna.
-Non spetta a te decidere se è pronta o meno, ma a Kodlak.
-Kodlak non potrà ignorare il Circolo se quest'ultimo dichiara di ritenerla all'altezza.- il mio sguardo saettò da una parte all'altra, da Vilkas con il cipiglio grifagno degno di una bestia alla calma quasi inquietante di Aela.
-Ehi, io sono qui!- esclamai irritata dal fatto che stessero parlando di me come se non ci fossi.
-Se il Circolo non si è ancora pronunciato c'è un motivo e tu lo sai.- non ci capivo nulla, ma essere ignorata non mi piacque per niente, e Vilkas non solo non aveva risposto, ma non mi aveva nemmeno degnata di uno sguardo, per lui non ero nemmeno presente.
Seguì una lotta di sguardi tra i due, ma non durò a lungo prima che Aela si rivolgesse a me, pur continuando a guardare l'uomo.
-Iris va' a cercare Skjor, se non sbaglio ti aveva chiesto di andare da lui dopo gli allenamenti oggi.- annuii, ricordandomi solo adesso di Skjor e dell'incarico che sicuramente mi avrebbe assegnato, poi mi allontanai senza fare storie, anche se la curiosità di sapere a cosa si riferivano era grande, ero abbastanza intelligente da capire quando fosse il caso di insistere o meno, e questo non rientrava nella prima categoria.
Così andai a cercare Skjor, sperando che almeno mi desse un incarico decente.
 
Note dell'Autrice
Eccomi qui con questo secondo capitolo.
Il primo è un flashback, cosa che nei miei capitoli non manca mai. Quindi non stupitevi se ogni volta troverete un flashback, appunto, o un sogno che ci svelerà qualcosa o metterà più dubbi, chi può dirlo?
Come avete letto c'è stato un grande salto temporale, ben sei anni di distanza. Andando avanti con la storia riempirò tutti i vuoti per far capire tutto, ma a tempo debito^^ Per ora godiamoci Iris alle prese con la sua vita a Jorrvaskr, gli allenamenti e...un odiato Vilkas xD
D'ora in poi gli aggiornamenti saranno settimanali, ma intanto godetevi questo capitolo :)
Spero che questo capitolo vi piaccia, un bacio a tutti
Lady Phoenix

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Capitolo 3
*** Chapter II- Into the Darkness ***


Chapter II
Into the darkness
 
Il mare di ghiaccio la avvolge fin dentro le ossa, ma non sembra provare freddo. Dopotutto lei è una Nord. Ed i Nord vivono nel gelo, ne fanno il loro punto di forza, si può dire.
Eppure questo è un gelo diverso, innaturale. Non è dato dalla neve, non è dato dal vento totalmente assente, non è dato da nulla. Sta camminando nel vuoto, un vuoto che tuttavia non è oscuro, ma azzurro e penetrante.
Ma soprattutto è vivo.
Voci misteriose e prive di volto le parlano: alcune sussurrano, alcune gridano, ridono, gemono, piangono, non la lasciano un attimo sola in questa sua camminata, anzi sembrano spronarla ad accelerare il suo passo.
E lei ubbidisce come se qualcuno la stesse trascinando, presto si ritrova con il fiatone e con le gambe a pezzi, eppure non accenna a fermarsi.
 
Fin Norok Paal Graan
 
Le voci si fanno sempre più distinte, si stanno unendo in un unico coro abbandonando la cacofonia di suoni seguita fino ad un momento prima.
 
Naal Ok Zin Los VahRiin
Wah DeiN Vokul MahFaeraaK ahst Vaal
Non si ferma ad ascoltare ciò che dicono, e anche se lo facesse probabilmente non capirebbe una parola, continua a correre finché questo mare di azzurro non si scurisce all'improvviso. Le voci smettono di cantare e rimane sola nel buio.
Ma la sua solitudine non dura a lungo: un ruggito scuote l'aria e lei cade a terra con le mani a coprire le orecchie.
E chiude gli occhi.
 
Mi svegliai di soprassalto.
Mi stupii a ritrovarmi con il fiatone e con il corpo del tutto sudato.
Inoltre la mascella mi faceva male, segno che dovevo aver digrignato i denti per gran parte della notte.
Feci profondi respiri per tentare di calmarmi, per tentare di convincermi che quello era solo un sogno, eppure non smettevo di tremare, ogni cosa mi causava disagio, dalla camicia da notte attaccata al corpo al sudore che mi imperlava la fronte, chiusi ed aprii i pugni più volte, il loro tremore mi era diventato insopportabile, poi mi alzai.
Mi tirai indietro i capelli, poi mi diressi verso la bacinella dove mi lavavo il viso e la riempii d'acqua, ma invece che prenderne un po' tra le mani vi immersi direttamente la faccia, godendo dell'inaspettata sensazione di gelo sulla pelle.
Quando recuperai un po' di lucidità feci un altro bel respiro e tornai a letto, ma non mi stesi, preferii sedermi in attesa dell'alba consapevole che non avrei chiuso occhio.
-Quelle voci...cosa dicevano?- quella lingua sconosciuta mi aveva toccata nel profondo ed ero sicura di averla già udita, eppure non riuscivo a ricordare dove -Magari qualche canto di taverna.- no, era fuori discussione, era troppo solenne per poter essere associato a qualche canzonetta di ubriachi -Qualche tempio?- no, se avessi udito qualche sacerdote pregare così me ne sarei ricordata.
Mi presi il volto tra le mani, inclinando la schiena in avanti fino ad appoggiare i gomiti sulle ginocchia, chiedendomi come un sogno potesse turbarmi a tal punto: ne avevo già fatti molti e strani in passato, ma quello...
Avete presente la sensazione di sollievo nel svegliarsi da un incubo? Si è turbati, ma anche consapevoli che oramai tutto è finito e che la realtà offrirà rifugio.
Beh, io questa consapevolezza non ce l'avevo.
Mi morsi ferocemente il labbro inferiore, torturandolo lentamente con gli incisivi finché non mi feci un taglietto che tamponai con la lingua, più come gesto istintivo che come necessità vera e propria, poi decisi che non avrei permesso ad un incubo di mandare a monte la giornata: mi dissi che probabilmente era dovuto al fatto che avevo mangiato pesante la sera prima e che avevo anche bevuto un po', che era colpa di Skjor e dei suoi racconti sui daedra e della mia mente malata che aveva deciso di giocarmi un brutto tiro.
-Sì, è sicuramente così.- sussurrai rivolta al pavimento legnoso di Jorrvaskr -Domattina starò meglio.- sì, con il sole sarebbe arrivata anche la serenità.
Mi distesi e cercai di approfittare delle poche ore di sonno che mi rimanevano.
 
-E tu vorresti farmi credere di aver ucciso un orso con un pugnale e tanta ferocia?- chiesi a Torvar inarcando un sopracciglio e quello annuì convinto, anche se gli occhi già lucidi ed il naso rosso la dicevano lunga su quanto potesse essere cosciente.
-Assolutamente, ragazzina. Non sono finito nei Compagni per niente.
-Sicuramente non per la sobrietà.- ovviamente decisi di tenermi per me questa considerazione, anche perché in due anni la cosa che più avevo capito di Torvar era che quando era ubriaco detestava sentirsi dire di essere ubriaco.
Un controsenso quasi straordinario, oserei dire, ma chi aveva il coraggio di contraddirlo?
-Ah senti, scricciolo- aggiunse poi tirando fuori dalla custodia il suo pugnale -Potresti portare questo a Eorlund Mantogrigio alla Forgia? Ha proprio bisogno di essere affilato, non taglia nemmeno il burro.- alzai gli occhi al cielo, scocciata che ancora mi toccasse fare questi “giretti”, ma se c'era una cosa che potevo riconoscere a Torvar è di non avermi mai chiesto niente del genere, quindi presi l'arma ed annuii -Grazie mille Iris, sei una brava ragazza, davvero.
-Sì, Torvar, ti voglio bene anche io.- risposi frettolosamente, finendo una tazza di latte -Vado subit...- un abbaiare attirò la mia attenzione, e chinando la testa mi ritrovai il muso sorridente di Ysgramor, il cane di Jorrvaskr -Ehilà.- lo salutai grattandogli le orecchie.
Il vecchio cane era di Kodlak, ma oramai tutti lo consideravano l'animale di compagnia dei Compagni e non era raro farlo partecipare a qualche battuta di caccia per “tenerlo in allenamento”. Paradossalmente persino il vecchio Ysgramor aveva affrontato più missioni di me.
-Beato te che non hai questi crucci.- mormorai rivolta al cane, poi mi alzai dalla panca e gli feci un cenno con la testa -Che ne dici di accompagnarmi, vecchio mio?- il cane abbaiò e non appena mossi i primi passi verso la Forgia mi seguì scodinzolando.
Arrivata alla Forgia trovai Eourlund Mantogrigio intento a battere la lama di una spada, almeno così mi parve, ma quando mi avvicinai il fabbro mi dedicò subito attenzione.
Il vecchio Nord non faceva parte della Gilda, non era un Compagno, eppure si occupava della forgiatura ed il riparo delle armature e delle armi di tutti gli abitanti di Jorrvaskr presso la Forgia Celeste. Normalmente non credo che permettere ad un estraneo di toccare la Forgia, fulcro delle origini di Jorrvask, avrebbe entusiasmato gli animi dei Compagni, ma Eorlund sapeva il fatto suo ed era il miglior fabbro di Witherun.
-Buongiorno, Eourlund.- lo salutai, e come risposa mi arrivò un borbottio indistinto -Altro lavoro per te.- aggiunsi mostrandogli il pugnale e solo allora il fabbro dei Compagni mi diede attenzione.
-Vilkas?- chiese solo premendo l'arma per poi iniziare a lavorarci su.
-Dopo quella volta non ci ha più provato a chiedermi questo genere di lavoretti.- replicai con un sorrisetto soddisfatto al ripensare alla faccia del Compagno quando i primi tempi della mia permanenza a Jorrvaskr, dopo avermi usata come cagnolino per un'intera giornata con la scusa del dover ubbidire al Compagni più esperti, si era ritrovato a schivare il suo elmo per un colpo di fortuna -E' per Torvar, mi ha chiesto di portartelo e...
-Buongiorno, Iris.- mi girai al richiamo del nuovo arrivato, verso il quale Ysgramor corse incontro tutto contento, abbaiando e scodinzolando furiosamente.
Il vecchio cane voleva bene a tutti, ma per Kodlak aveva sempre nutrito un affetto particolare.
L'anziano Precursore era la persona che più di tutti aveva il mio affetto e la mia stima. Era per merito suo se avevo trovato la mia strada cercando di entrare nei Compagni, era stato lui ad aiutare me e mia madre quando nessun altro l'aveva fatto, ed era sempre stato lui che mi aveva insegnato le basi del combattimento vero e proprio.
Gli andai incontro.
Nonostante avesse una certa età, Kodlak presentava ancora un fisico allenato ed in forma: alto, forte e robusto, solo il viso e le moltitudine di rughe e cicatrici sembrava tradire la sua vera età contrastando terribilmente con il resto della figura a cui arrivavo a malapena al petto.
-Vieni con me.- mi disse -Dobbiamo parlare.- confusa ma anche speranzosa che la questione potesse riguardare la mia ammissione tra i Compagni ubbidii senza fare storie e lo seguii per una camminata attorno a Jorrvaskr.
-Dovrei avvertire Vilkas che non ci sarò agli allenamenti.- non che gli sarebbe dispiaciuto, ma almeno il Nord non avrebbe avuto niente da ridire riguardo la mancata avvertenza.
Insomma, non volevo dargli ulteriori motivi per criticarmi.
-Lo sa già.
-Oh. Perfetto.- per un po' rimanemmo in silenzio, aspettavo che fosse Kodlak a parlare, ma per quelli che furono lunghi minuti l'unico rumore era il continuo ansimare di Ysgramor che seguiva passo dopo passo l'altrettanto anziano padrone, tanto che alla fine non ce la feci più -Di cosa volevi parlarmi?
-Umh, sei migliorata in quanto a pazienza. Hai resistito ben dieci minuti.- arrossii davanti alla risata divertita del Precursore, che scosse appena la testa mantenendo il sorriso sul volto.
Ma i sorrisi di Kodlak erano particolari, e non proprio in senso positivo. Guardandolo avevo come la sensazione che portare le labbra all'insù gli costasse un'immensa fatica, come se provasse un continuo dolore che gli impedisse di farlo serenamente. Non glielo avevo mai detto, ovviamente, e non lo avrei fatto certo in quel momento, eppure nemmeno quella volta potei fare a meno di pensare questa cosa.
-Credo di aver pazientato anche troppo, Precursore.- replicai in tono tranquillo, ed il doloroso sorriso sul volto segnato di Kodlak scomparve.
-Aela mi è venuta a parlare, ieri.- non dissi niente, anche se il mio cuore perse un battito -Dice che sei migliorata molto, e che Vilkas fa oramai fatica a batterti.
-Peccato che mi batta ancora.- mi morsi l'interno della guancia per impedire a tutto il mio risentimento di uscire, e lo lasciai parlare.
-Secondo lei sei pronta per la tua Prova d'Onore. E anche Skjor si ritiene soddisfatto dei tuoi progressi.- aspettavo con fervore le parole che ancora Kodlak non aveva pronunciato, e che sembravano oramai vicine, tanto vicine da poterle quasi toccare.
-Mi permetterai di sostenere la mia prova, allora?- chiesi.
-Non ancora.- mi fermai sul posto, sul volto un'espressione di palese delusione che non avrei avuto nemmeno se il vecchio Compagno mi avesse schiaffeggiata -Non fare quella faccia. Non voglio mandarti a morire.
-Morire fa parte dei nostri rischi.- replicai -Tutti gli altri li affrontano, perché io no?- cercai di mantenere la calma, ma non ce la facevo proprio più, stavo quasi scoppiando -Mi ritieni davvero così...debole?- gli chiesi ancora, accorata.
-No. Per questo voglio affidarmi una missione più impegnativa delle precedenti.- non capivo -Andrai con Vilkas al Tumulo delle Vecchie Glorie.- le vecchie Glorie era una tomba Nord situata ad un paio di giorni da Whiterun, cosa avrei dovuto trovare lì? -Secondo alcune segnalazioni sta succedendo qualcosa di strano, in mezzo a quelle ossa. Sicuramente sono dei predoni, ma voglio che tu vada lì e sistemi la situazione.
-Mandi Vilkas a controllarmi mentre gioco a nascondino con dei predoni in una vecchia tomba?- gli chiesi con amarezza, ma con mia sorpresa il Nord si esibì in una risata bassa e lieve e mi scompiglio i capelli neri.
-No. Anche se sei solo un Cucciolo sai badare a te stessa.- fece una pausa -Io mando te a controllare lui.- ritirò la mano dalla testa lasciando la mia zazzera scura un disastro e fece un paio di passi indietro per potermi guardare -Vilkas è al corrente di tutto. Vai a prepararti e poi vai da lui. Voglio che partiate subito.- ancora una volta le intenzioni di quell'uomo erano rimaste un mistero, ma avevo una missione di cui preoccuparmi.
Sarei stata costretta a rimandare la mia battaglia per la Prova di ancora qualche giorno.
 
Seduta a cavallo dietro Vilkas osservavo la prateria passare velocemente sotto i miei occhi come un'unica linea verde alternata al marrone o al grigio della terra e delle rocce.
Whiterun era uno dei pochi feudi di Skyrim dove il clima si mantenesse più mite e vivibile rispetto ad altri come Falkreath, dove pioveva sempre, o Windhelm, la zona più antica ed inospitale della grande regione, soprattutto in giorni di estate come quello le sue praterie verdi e le sue foreste sembravano dei piccoli quadri.
Andare a cavallo non mi dispiaceva, ma scoprii che fare il passeggero non solo era noioso perché non mi permetteva di scorgere nulla del paesaggio, ma non dovendo concentrarmi sulla strada da seguire sentivo pienamente tutto il dolore della lunga cavalcata a cui sia io che il Compagno fummo costretti a sottoporci.
Avevo le gambe a pezzi, ma pur di non ammetterlo davanti a Vilkas sarei rimasta su quel dannato cavallo per un'altra settimana, o almeno così pensavo. Poi che l'avrei fatto o meno ci sarebbe stato da discutere.
Era da più di un anno che Kodlak non mi assegnava missioni con uno del Circolo: l'ultima che avevo svolto era stata con Aela, una battuta di caccia nei confronti di un branco di lupi particolarmente feroci e testardi che si era conclusa con la nostra vittoria ed una cicatrice sulla guancia per me che ancora mi porto dietro orgogliosamente.
Sfiorai appena quei tre segni di artigli sulla guancia sinistra, sorridendo quasi nostalgica.
-Siamo arrivati.- la voce di Vilkas mi riportò alla realtà e fermò il cavallo lentamente, finalmente mi sporsi oltre l'ampia schiena del Nord per sbirciare: una grande fossa nel terreno lavorata in pietra permetteva di accedere, tramite vecchie ed ammuffite scalette, alla porta di ingresso della catacomba dove, ne ero sicura, avremmo trovato i classici banditi disperati da spedire nell'Oblivion.
Sbuffai, e subito il commento di Vilkas sferzò l'aria:
-Sei appena arrivata e sei già stanca? Tipico dei cuccioli.
-Sigillati la bocca, non sono un cucciolo.- replicai in tono velenoso scendendo dal cavallo, ma quel piccolo gesto mi costò una fitta terribile all'interno coscia che mi immobilizzò sul posto e mi fece digrignare i denti -Piuttosto...facciamo questa cosa in fretta.- di riposare non ne se parlava, avevamo concluso la nostra ultima sosta solo un paio d'ore prima, in più non volevo dare ulteriori soddisfazioni al Compagno che si stava già divertendo abbastanza nel vedermi camminare come in preda alle giunture di pietra.
-Molto bene, andiamo.
La prima cosa che notai una volta aperto il tumulo fu l'odore di chiuso che mi fece storcere il naso.
-Mi aspettavo peggio.- ammisi, ma Vilkas non sembrava essere dello stesso parere dato che si coprì la bocca ed il naso con la mano e non riuscì a trattenere un ringhio di disgusto.
-Peggio di questo?- emise uno sbuffo irritato ed estrasse la sua arma dal fodero -Vieni e facciamo piano. Questa tomba è stata aperta.
-Aperta?- chiesi, poi ripensai alle parole di Kodlak ed ai banditi.
Ma non c'era nessun segno di passaggio umano lì, non potei fare a meno di chiedermi come Vilkas potesse fare certe ipotesi. Glielo chiesi, ma tutto quello che ottenni in risposta fu uno scazzato “Secondo te?” e la nostra conversazione si chiuse.
Cominciammo ad inoltrarci nella catacomba: più scendevamo in profondità, più l'odore di chiuso e di morto si faceva sferzante ma per quanto mi sentissi infastidita e, perché no, claustrofobica, quello a soffrire di più era sicuramente Vilkas che, a dispetto della sua aria apparentemente tranquilla, tradiva continui segni di nervosismo che lo facevano sembrare un animale in gabbia.
-Ehi, stai bene?- gli chiesi in un sussurro mentre attraversavamo un corridoio.
-Che razza di domande fai?
-E' solo che mi sembri strano, tutto qua.- ribattei, irritata dal fatto che subito si fosse messo sulla difensiva.
Insomma, stavo solo cercando di essere gentile.
-Beh ti sembra male. Andiamo e smettila con queste domande stupide.- per quanto i nostri rapporti non fossero mai stati idilliaci non credevo di meritare quel trattamento e ci rimasi male.
-Come vuoi.- dissi solo.
Procedemmo nel completo silenzio con Vilkas un paio di passi avanti a me, lui con il suo fedele spadone ed io con l'arco in mano e la freccia incoccata, poi il Nord si fermò e mi fece cenno di fare lo stesso.
-Cosa c'è?- chiesi, ancora irritata per il trattamento ricevuto.
-Guarda.- mi sporsi e vidi, a qualche metro di distanza da noi c'era una bara aperta e, accanto ad essa, un cadavere.
Doveva essere uno degli “ospiti” del tumulo: la poca pelle rimasta attaccata a quelle vecchie ossa era di un grigio sporco e spento, le vene secche e prive di vita spiccavano sugli arti fini del cadavere supino, il cui volto aveva ancora gli occhi spenti e la bocca aperta dove spiccavano pochi denti marci. Accanto a lui una vecchia spada stretta ancora tra le dita lunghe e scheletriche.
Non riuscii a trattenere un gemito schifato, ma soprattutto arrabbiato.
-Hanno aperto e profanato una tomba.- dichiarai, e l'eco mi seguì per qualche secondo.
Più scendevamo in profondità più i corridoi si facevano stretti ed intricati e le stanze ampie e rimbombanti, così che ogni piccolo rumore risultava amplificato e devastante per i miei nervi già tesi.
-Umh...- un mormorio fu tutto quello che ottenni da Vilkas, che con un cenno del capo mi invitò a proseguire con lui lungo il corridoio.
Anche se non lo avrei mai ammesso il cadavere mi aveva turbata: non era certo la prima volta che ne vedevo uno, avevo avuto già a che fare con dei banditi e non erano stati certo degli incontri diplomatici, ma vederne uno ridotto in quel modo dal trattamento privo di pietà del tempo mi aveva fatto ripensare a mio padre.
Anche lui si trovava in quelle condizioni, adesso, dopo essere stato abbandonato alla natura, privo di tomba? Oppure Mara era stata compassionevole e gli aveva concesso di essere mangiato dal fuoco prima?
Non potevo rispondere, non ero più tornata nel luogo dove sorgeva la mia casa dopo che gli Imperiali avevano giustiziato mio padre e portato via me e mia madre, non ne avevo avuto il coraggio, e non ne avevo nemmeno in quel momento.
Scossi la testa per scacciare quei pensieri, avevo ben altro a cui pensare, come per esempio il bivio che ci comparve davanti dopo aver aperto l'ennesima vecchia porta cigolante.
-Accidenti!- sentii Vilkas imprecare tra i denti -Un bivio.
-Bivio?
-Sì, hai presente quando una strada si divide in due e...
-So benissimo cos'è un bivio, grazie.- replicai con acidità, poi venni avanti e guardai le due strade semibuie di cui era impossibile vedere la fine -E se ci separassimo per controllarle entrambe?- proposi.
-Per una volta sono d'accordo con te.- ammise il Compagno, scatenando in me una reazione di genuino stupore -Non fare quella faccia...
-E' la mia.
-E non rispondere sempre.- rincarò -Come hai detto tu ci separiamo. Ma arrivati a massimo a cinquanta, cento metri torniamo indietro e decidiamo cosa fare. Se trovi dei banditi non fare niente di avventato, li sistemiamo insieme.
-So badare ad un paio di fuorilegge, Vilkas.- replicai -Posso pensarci da sola.
-Non mi interessa. Non provare a fare di testa tua.- sbuffai seccata e non risposi -Lo prendo per un “va bene”. - sempre senza rispondere mi diressi verso il corridoio di sinistra -Ah, attenta ai morti, secondo alcune leggende in tumuli vecchi come questi camminano ancora.- mi girai per mandarcelo, ma Vilkas era già sparito nel corridoio.
-Che bastardo!- pensai stringendo la presa dell'arco in maniera più forte e decisa -Sta cercando di spaventarmi per farmi fare una brutta figura, sicuro.- beh, non glielo avrei permesso, poco ma sicuro.
Così, armata di determinazione e un po' meno di coraggio iniziai anche io a percorrere il corridoio puzzolente. Dopotutto l'odore non poteva essere piacevole con tutti quei morti esposti all'aria putrida e pesante della tomba, dozzine e dozzine di cadaveri degli antichi Nord presiedevano, immobili, al mio passaggio furtivo e nervoso.
I miei occhi saettavano ovunque, quasi nella speranza di trovare un bandito, un qualcosa di vivo in quel luogo di morte che mi faceva accapponare la pelle. Non credevo che l'avrei mai pensato, ma in quel momento desiderai ardentemente che Vilkas fosse ancora al mio fianco, ogni passo si faceva sempre più pesante e difficile ed in più il corridoio si faceva più buio.
-Avanti, smettila!- mi dissi, seccata dalla mia stessa paura -E' solo una vecchia tomba, c'è molto più pericolo fuori che qui dentro.- inspirai profondamente, l'odore disgustoso di chiuso non fu il massimo, ma almeno servì a calmarmi un po' -E poi la tomba era aperta, quindi ci sono davvero dei banditi qui, e una volta che li avrò trovati...- sentii un rumore dietro di me e mi girai di scatto, l'arco teso e la freccia pronta a scattare, ma dietro di me non c'era nessuno.
-V-vilkas?- chiesi in un sussurro, ma ottenni solo il mio eco come risposta -Ehilà?- ancora il silenzio.
Restai in attesa per qualche secondo, poi ripresi la camminata lungo il corridoio, ancor più arrabbiata di prima.
-Sicuramente qualche skeever o altri animali schifosi.- mi dissi, anche se il cuore continuava a martellare così forte che temetti sarebbe uscito dal petto -E poi è risaputo che il legno scricchiola negli anni, qui ci sono diverse impalcature e l'umidità le ha fatte scricchiolare! Sì, è così!- la presa sull'arco si fece ancora più forte quando udii di nuovo quel rumore.
Erano passi, stavolta ne ero sicura, passi strascicati e sgraziati.
E lì mi incazzai di brutto.
-Vilkas che tu sia maledetto! Allora eri...- quando mi girai, però, non trovai il ghigno di Vilkas, ma un volto a me sconosciuto, sempre se poteva essere definito volto un teschio con un infimo strato di pelle, pochi denti marci e gli occhi morti di un terribile azzurro ghiaccio.
Urlai.
Quella cosa davanti a me avrebbe dovuto essere morta, ma a quanto pare mi sbagliavo. Era viva, ed era lì per prendermi.
 
Note dell'Autrice
 
Ehilà, eccomi finalmente con un nuovo capitolo^^
Preciso subito che mi sono presa un paio di piccole libertà, come per esempio il fatto di inserire un cane a Jorrvaskr (andiamo, ce lo vedevo troppo in ambiente come quello dei Compagni) ed il nome della tomba che Iris andrà ad esplorare, in quanto non volevo andare a cercare un luogo preciso nel gioco. Ma veniamo a noi: in questo capitolo sono entrati in scena i miei più acerrimi nemici: i draugr.
Li odio, è più forte di me. Stanno ovunque e anche in questo caso sono riusciti ad intromettersi di forza nella fanfiction xD bastardi!
Ah, quello dell'inizio non è un flashback, ma un sogno ovviamente, e anche se penso si capisca ho preferito confermarlo qui^^
Ringrazio tantissimo Valpur e Dhoul per le recensioni, spero di trovarvi ancora :* ma ringrazio anche chi si limita a leggere la storia in silenzio^^
Un bacione a tutti, ci becchiamo tra una settimana, vi avverto che i prossimi capitoli saranno mmmmmmolto dinamici :D
Traduzioni frasi in draconico:
I più feroci nemici sconfigge.” è la prima e le altre due significano “il suo onore è giurato per tenere a bada il male per sempre”
Un bacio,
Lady Phoenix

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Capitolo 4
*** Chapter III- Dirty, flurry blood ***


Chapter III
Dirty, flurry blood
 
Indietreggiai bruscamente, terrorizzata e disgustata dal morto che, armato di un'ascia da guerra arrugginita, venne avanti tentando di tagliarmi la testa.
Brandelli di vestiti coprivano in parte le costole e le gambe così fine che mi stupii potessero reggerlo in piedi, la camminata goffa ed irregolare non gli impediva tuttavia di ingaggiare battaglia, così come le braccia che pareva dovessero staccarsi dal corpo non gli impedivano di brandire la sua arma.
Mi gettai di lato e lasciai cadere l'arco, poi mi affrettai ad indietreggiare a gattoni: in quel momento non riuscivo a pensare a niente se non al fatto che la cosa davanti a me avrebbe dovuto essere morta mentre camminava con la chiara intenzione di farmi fuori.
Dalla gola rinsecchita emetteva strani versi gutturali e soffocati, tipici di chi non usa la voce da tempo, e mi parvero il suono più terribile che avessi mai udito.
-VILKAS!- urlai, indietreggiando ulteriormente, sperando che il mio compagno mi sentisse, ma dopo averlo chiamato un paio di volte e non avendolo visto arrivare mi chiesi se non fosse già caduto sotto i colpi di quel morto, o magari di altri.
All'idea che ce ne potessero essere altri la paura si fece largo in me come un'onda, non so cosa quella volta mi impedì di farmela davvero nelle braghe, forse il mio attaccamento alla vita, lo stesso che mi diede la forza di prendere la spada che mi pendeva dal fianco e parare l'attacco della cosa.
Intercettai la sua arma e facendo forza con entrambe le mani sul taglio della spada riuscii a spingere via il morto con facilità, il suo pregio non era di certo la forza, poi attaccai staccandogli un braccio.
Fu con orrore che capii che quella cosa non era in grado di provare né dolore, né fatica. Fregandosene altamente di non avere più un braccio mi attaccò di nuovo e mi ferì alla spalla, colpendomi con la parte piatta dell'ascia.
Una fitta di dolore mi fece inginocchiare, ma quando il mio avversario mi venne incontro di nuovo emettendo quegli orribili suoni l'istinto ebbe la meglio ed alzandomi menai un fendente che staccò di netto la sua testa e questa rotolò via, finendo in un angolo pieno di ragnatele.
Indietreggiai con la spada levata e tremante, gli occhi spalacati e lucidi, pronta a colpire ancora se necessario, ma dopo un secondo di stasi il corpo cadde a terra privo di vita.
E di nuovo ci fu il silenzio.
Caddi in ginocchio tremante, gli occhi dilatati e fissi sul morto due volte di cui una per mano mia, sentivo la gola secca e soprattutto non riuscivo a pensare a niente che non fosse l'incredulità e la paura, non sapevo cosa fare.
-Iris!- la voce di Vilkas arrivò come una benedizione, non ero mai stata così felice di sentirlo.
-V-vilkas!- dal momento in cui lo vidi comparire nel corridoio buio con lo spadone tra le mani mi alzai con le gambe che tremavano, e percorsi quei pochi metri che mi separavano dal Compagno con immensa fatica, tanto che quando arrivai da lui mi gettai direttamente tra le sue braccia fregandomene della reazione che avrebbe potuto avere e del mio orgoglio.
Non so cosa mi trattenne dallo scoppiare a piangere di sollievo, ci fui sicuramente vicina dato che avevo gli occhi rossi e brucianti, ma come ho già detto non mi importava di nulla: in quella maledetta tomba Vilkas rappresentava l'unica forma di vita, e non, amica.
-Ehi, che...?- il Nord pareva più sorpreso che infastidito dalla mia insolita dimostrazione di affetto -Ne hai incontrato uno anche tu, allora.- annuii senza sollevare lo sguardo dal suo petto, senza riuscire a smettere di tremare -Calmati, avanti. È tutto a posto, adesso.- il tono del Nord era stranamente gentile, forse si era spaventato anche lui o forse ero così scossa che non se la sentì di punzecchiarmi o criticarmi -Accidenti quando prima ho detto che c'era il rischio di trovare dei morti ancora vivi non credevo accadesse davvero.
-Q-que...l-la cosa.- mormorai, stringendo la presa sulle braccia di Vilkas -M-mi è arrivata...a-alle s-spalle...i-io...- il Compagno mi prese per le spalle, allontanandomi da sé, e mi scosse, guardandomi in maniera severa ma non cattiva.
Nei suoi occhi potevo leggere la preoccupazione, e ciò non era bene: se anche Vilkas era preoccupato allora la situazione era più grave di quanto pensassi.
-Calmati ho detto.- disse -Respira. Avanti...- feci profondi respiri senza mai sciogliere la presa dalle sue braccia, quasi temessi di vederlo sparire se mai l'avessi lasciato -Ecco. Così va bene.- mi calmai.
Non ero tranquilla, anzi, ero ancora terrorizzata, ma almeno riuscii a comporre delle frasi sensate per spiegare cosa mi fosse successo e alla fine del racconto Vilkas si massaggiò la testa.
-Tutto questo è strano. Non avevo mai visto niente del genere. Skyrim è piena di stranezze, ma morti che tornano in vita...no, deve esserci qualcosa di grave sotto.
-E se fosse un negromante?- proposi, sperando in una risposta affermativa, perché per quanto fossero pericolosi e perversi i negromanti erano persone vive, e come tali si potevano uccidere -Magari è lui a rianimare i cadaveri.
-Potrebbe essere se solo il negromante fosse qui.- mi contraddisse l'uomo, guardandosi intorno -I morti che abbiamo affrontato erano abbastanza lontani l'uno dall'altro, inoltre tutte le volte che ho abbattuto un morto controllato da un negromante questo è diventato cenere.- cosa che per i nostri due “amici” non era avvenuta.
-Ma se non un negromante...chi, o cosa, li ha riportati in vita?- chiesi.
-Non ne ho idea. Ma non possiamo lasciare questa storia in sospeso. Kodlak deve essere avvertito. Torniamo a Jorrvaskr.
-E i banditi?
-Qualunque cosa sia entrata qui dubito che sarà mai in grado di uscire, capisci cosa intendo?- replicò l'uomo ed io annuii con la testa.
Insieme tornammo verso l'ingresso, ma con orrore scoprimmo che era impossibile da aprire dall'interno. Eravamo chiusi dentro.
-Fottute porte Nord del cazzo!- imprecò l'uomo colpendola con forza, facendo rimbombare tutto nella catacomba.
-Che facciamo adesso?- chiesi, fissando come ipnotizzata la nostra unica via di fuga.
Il Nord sospirò, poi si passò una mano tra i capelli, tradendo l'impazienza e l'angoscia che stava cercando di trattenere.
-Andiamo avanti.- dichiarò -Forse troveremo un'uscita. Gli antichi Nord hanno costruito tombe straordinarie, delle vere e proprie case dei morti. Se saremo fortunati troveremo qualche passaggio di fortuna.
-E...se non lo siamo?- chiesi in un pigolio e, a dispetto della situazione, il Compagno sfoderò uno dei suoi sorrisetti ironici.
-Allora preparati a sopportarmi per il resto dei tuoi giorni, Novellina.
 
Andammo avanti, come Vilkas aveva detto.
Prendemmo il corridoio di sinistra, lo stesso preso da me, e proseguimmo. Incontrammo altri di quei mostri e li abbattemmo, ma più ne abbattevamo più ne tornavano in vita per affrontarci. Ogni passo era un'impresa, almeno per me: ad ogni angolo temevo di trovare di nuovo quei volti consumati dal tempo e dal chiuso e a questo timore si aggiungeva quello di rimanere bloccata in questa vecchia tomba per sempre.
Eppure avanzavo e combattevo. Ogni volta che incontravamo uno di loro mi gettavo su di lui con ferocia, spesso in veri e propri assalti, quasi volessi dimostrare che se avessi attaccato per prima la paura si sarebbe placata in un illudente senso di potenza.
Detestavo ammetterlo persino a me stessa, ma la presenza di Vilkas in quel momento era diventata fondamentale: se mi fossi trovata da sola in quel postaccio probabilmente sarei impazzita.
-Alla tua destra!- all'avvertimento di Vilkas mi girai di scatto e scoccai la freccia che già tenevo pronta sull'arco, che si conficcò proprio nell'occhio destro del morto, o meglio, nella cavità lucente che avrebbe dovuto sostituire un occhio e il cadavere cadde a terra.
-Dietro di te!- gridai di rimando, e l'uomo si girò di scatto per tagliare letteralmente in due il mostro che aveva appena cercato di fracassargli il cranio con un vecchio martello da guerra.
Incoccai una nuova freccia e colpii al braccio un morto armato di spada, facendo in modo che la facesse cadere a terra, poi la calciai via e gli diedi una botta con l'estremità dell'arco per farlo cadere a sua volta, infine gli pestai forte la testa e gli fracassai il cranio, distogliendo subito lo sguardo per evitare di guardare cosa ci fosse dentro, poi mi girai per occuparmi di un nuovo arrivato armato di arco.
Non credevo che quei cosi potessero anche avere una buona mira, ma con sconforto scoprii che, pessima resistenza fisica a parte, erano dei guerrieri fatti e finiti in grado di maneggiare ogni tipo di arma, come appunto l'arco. La freccia scoccò nella mia direzione, e fu solo per pura fortuna che mi non uccise, colpendomi la guancia di striscio.
Mi portai una mano alla ferita e vidi che sanguinava, e rapidamente gli restituii pan per focaccia, incoccando l'ennesima freccia di ferro e prendendo la mira proprio mentre il morto era intento a recuperare la seconda freccia da una malandata faretra lasciai che l'oggetto fendesse l'aria con un piccolo fischio, che si concluse proprio quando questo si conficcò nella spalla dello scheletro.
-Dannazione!- era destabilizzato, ma il non sentire dolore lo avvantaggiava e gli permise di riprendere la mira senza problemi.
-AH!- fortunatamente Vilkas lo colpì con ferocia prima che potesse iniziare il lancio, decretando la nostra vittoria sul manipolo di avversari.
Sospirai di sollievo.
-E' già il quarto gruppo che incontriamo.- mi asciugai il sudore dalla fronte -Quanti pensi che ce ne saranno?- chiesi ancora rivolta a Vilkas, che rivoltò col piede il cadavere appena abbattuto.
-Non ne ho idea. Immagino dovremmo contare i cunicoli per rendercene conto.
-No, grazie. Credo che rimarrò con il dubbio.- spostai lo sguardo su Vilkas, che mi stava guardando fisso -Che c'è?
-Sei ferita.
-Un graffio.- dissi con un'alzata di spalle, ma il Compagno si avvicinò lo stesso e senza troppa delicatezza mi prese il mento per esaminare la ferita -E fai piano!- mi lamentai.
-Con cosa ti ha colpito?
-Una frec...- mi interruppi, trattenendo il fiato.
Vilkas, infatti, dopo essersi chinato sul mio volto poggiò le labbra proprio sopra la ferita, portando via quel poco di sangue che colava con la lingua. Non seppi spiegare perché, ma quel gesto mi diede i brividi. Rimasi ferma, con gli occhi spalancati a guardare avanti a me quasi il tempo si fosse fermato, e non so dire quanto tempo rimasi in quel modo, lasciando che Vilkas si trattenesse in quel piccolo gesto. Fu solo a causa del suo sospiro, un sospiro basso e roco, che mi riscossi e mi decisi a spingerlo via, guardandolo tra il perplesso e l'arrabbiato.
-Ma che cazzo fai?- gli chiesi con ben poca grazia e con la massima tranquillità il Compagno si pulì il labbro inferiore sporco di rosso.
-La saliva disinfetta, marmocchia. Te lo sei già dimenticato?- normalmente avrei risposto con una frecciata delle mie, ma in quel momento un altro particolare attirò la mia attenzione.
-Vilkas...non hai assaggiato il mio sangue, vero?- lo vidi spalancare gli occhi, probabilmente per la sorpresa, per poi alzare un sopracciglio.
-Credo proprio che quest'umidità ti stia dando alla testa. Stavo solo cercando di prevenire un'infezione, ci manca solo che inizi a delirare. Ma se questo è il tuo ringraziamento la prossima volta te la vedrai da sola.- mi diede le spalle e si incamminò, lasciandomi a bocca aperta come un'idiota e rossa dall'imbarazzo per la scemenza da me detta.
-Assaggiare il sangue...ridicolo.- pensai scuotendo la testa, poi mi affrettai a raggiungere il guerriero.
Di nuovo il silenzio fu il nostro fidato Compagno nell'avanzata dell'enorme tomba, e per un po' la strada fu stranamente libera dai nostri “amici”, ed i pochi che trovammo erano ancora sdraiati nei loro cunicoli con una freccia piantata in testa.
A questo punto la presenza dei banditi era inconfutabile.
-Si saranno nascosti più in là.- dichiarò Vilkas studiando la freccia dopo averla estratta dalla testa di uno dei cadaveri -Un motivo in più per procedere con cautela. Iris- spostai lo sguardo dal cadavere ai suoi occhi -Camminami ad un paio di metri di distanza, adesso.
-Cosa? E se ci prendono alle spalle?
-Non lo faranno.- assicurò il Compagno -Senti, per una volta fai quello che ti dico senza fare storie, va bene?
-Va bene, va bene...accidenti non vedo l'ora di uscire da qui!- ammisi con tono stanco.
Qualche minuto dopo arrivammo davanti ad una grande porta di ferro con due battenti e Vilkas mi gettò un'occhiata -Aspetta qui, e non entrare fino al mio segnale. Se le cose si mettono male scappa.- annuii con un cenno del capo, sfiorando con il polpastrello del pollice le piume poste sulla coda della freccia, poi indietreggiai di un paio di passi mentre Vilkas spalancò la porta per entrare nella stanza.
Trattenni il fiato nei pochi passi che percorse, lenti e guardinghi, ma sembrava tutto a posto, la sala doveva essere del tutto vuota.
-Beh, almeno...
-Fermo dove sei, Compagno!- strinsi i denti.
Appunto.
In pochi attimi un gruppo composto da sette o otto banditi circondò Vilkas, che subito tentò di prendere la sua arma, ma una voce di donna glielo impedì.
-Non muovere un muscolo o ti pianto una freccia tra gli occhi, mostro.- trattenni il fiato, ma non mossi un muscolo mentre Vilkas allontanava la presa dall'elsa dell'arma per sollevarle entrambe, bene in vista.
-Umh, non credevo vi avrei trovato qui.- la faccenda era sempre più strana, Vilkas sembrava conoscere il gruppo di banditi che lo aveva accerchiato -Adesso vi mettete a fare esperimenti sui morti?
-Non provare a darci la colpa di un simile orrore, cane!- quello che sembrava il capo venne appena avanti, puntando alla gola di Vilkas una spada dall'aria pesante -Devo ammettere che i draugr hanno colto di sorpresa anche noi, ma questo non ci ha impedito di preparare la trappola per voi.- sorrise -Dimmi un po', i tuoi amici ti hanno mandato da solo? Di solito i cani non cacciano in gruppo?
-Ancora con questa storia del cane? Non pecchi di fantasia?- mi morsi il labbro inferiore con forza, temendo che l'ironia di Vilkas avrebbe finito per irritare il bandito e farlo uccidere.
Dovevo fare qualcosa, ed in fretta.
La mia attenzione venne attirata dall'arciere in cima ad una rampa di scale di legno ammuffite: se l'avessi colpita avrei ottenuto un diversivo che forse avrebbe permesso a Vilkas di prendere la sua arma e tentare una difesa.
Facendo meno rumore possibile e sfruttando il fatto che l'attenzione dei banditi fosse tutta per lui, estrassi una freccia dalla faretra e feci un paio di passi avanti, incoccandola. Respirai a fondo cercando di placare i battiti del mio cuore agitato.
-Avanti, è come andare a caccia.- pensai -Fai un bel respiro, prendi la mira e raggiungi la tua preda.- ma non potevo fare a meno di pensare che, se avessi sbagliato qualcosa, Vilkas ed io avremmo sicuramente perso la vita.
Tirai la corda dell'arco e mi appiattii ancor di più contro il muro, le dita con cui tenevo la freccia iniziavano a farmi male all'altezza dei polpastrelli, ma ancora non la lasciai andare, dovevo ottenere una visuale migliore.
-Ancora un po'...avanti.- un altro passo, e finii per entrare nella stanza, nascosta dalle ombre.
Ora potevo vedere meglio l'arciere che puntava Vilkas, una redguard a giudicare dal colore della pelle di un color mattone scuro e dai capelli neri e ricci scarmigliati a regola d'arte, e finalmente mi decisi a prendere la mira, chiudendo un occhio per aiutarmi.
-...ditemi, quanti ne avete fatti fuori, ultimamente?
-Non siamo assassini. Voi siete molto più bestie, se vogliamo dirla tutta.- intanto il botta e risposta di Vilkas col capo continuava, stava palesemente cercando di prendere tempo -Noi non abbiamo mai scuoiato nessun Mano d'Argento, dopotutto.- sentii il capo ridacchiare, proprio mentre una goccia di sudore mi colava lungo la tempia.
-Sì, è vero. Voi preferite...- la freccia scattò e si conficcò proprio nel petto della redguard che urlò di dolore e di sorpresa, accasciandosi al suolo.
Iniziò lì: Vilkas, approfittando della distrazione del gruppo estrasse la sua arma dal fodero e si gettò sul capo dei banditi, ma questo fu lesto a parare e scattare all'indietro.
-Maledetto cane! Ti ucciderò e poi ti scuoierò, la tua pelle sarà il mio trofeo!- in quanto a me avevo il mio bel da fare con due banditi, un uomo e una donna che mi vennero incontro tentando di abbattermi.
-Ma guarda, una nuova cagna si è unita alla mandria.- commentò la donna, una Nord dai capelli rossicci, sorridendo cattiva, notai che le mancavano due denti ed il molare destro era spezzato, ed il compagno le diede corda.
-Facciamoli fuori entrambi, Ylda.- se credevano di trovarmi indifesa si sbagliavano.
Non ero così stupida da cercare di affrontare due avversari contemporaneamente molto più grossi e cattivi di me, così scappai verso una rampa di scale di legno ammuffito sperando che mi reggesse. I due mi vennero dietro.
-Dove scappi, codarda!- codarda?
Io piuttosto avrei detto furba.
Arrivata in cima alla piccola rampa trovai un ripiano con diverse botti e casse, anch'esse ammuffite nel tempo, e senza perdere tempo ne buttai giù una con una poderosa spallata: doveva essere mezza vuota dato che ce la feci con facilità, ma i banditi vennero colti totalmente impreparati e la donna, che stava davanti, cadde addosso al compagno facendo ruzzolare entrambi a terra.
-Brutta troia!- sentii l'uomo imprecare e non persi tempo.
Estraendo rapidamente una freccia presi di nuovo la mira e lo colpii alla gola, ottenendo un tiro preciso grazie anche alla poca distanza che ci separava. L'uomo morì in un gorgogliare disgustoso.
-Nessuno mi chiama troia, bastardo maledetto.- dissi con gelida calma ed un sorriso soddisfatto, ma il mio scontro non era finito.
La Nord rimasta tornò all'attacco, sul volto un livido violaceo, probabilmente dovuto alla botta, e un'espressione di feroce rabbia che le distorceva i lineamenti del volto.
-Ora ti ucciderò, cagna!
-Provaci!- estrassi la spada ed iniziò un breve scontro.
Grazie alla mia arma avevo un bel vantaggio, ma la stanchezza accumulata durante gli altri scontri con i morti e l'inaspettata agilità della mia avversaria portavano lo scontro alla pari, anzi, si può dire che la ladra se la stava cavando anche meglio di me.
Iniziavo ad avere il fiatone, e non riuscivo più né ad ignorarlo né a nasconderlo. La postura si era fatta più china e gli attacchi più lenti, dovevo finire quello scontro subito se non volevo essere presa per sfinimento.
-AH!- mi gettai all'attacco menando un affondo che avrebbe dovuto trapassare la Nord, ma questa si scansò di lato e cercò di colpirmi col pugnale. Spostai la testa quanto bastò per non farmi colpire il collo in maniera mortale, ma un nuovo graffio andò ad aggiungersi ai precedenti, facendomi digrignare i denti per la rabbia.
Approfittando della vicinanza con la mia avversaria la colpii con una gomitata al volto che la fece indietreggiare, poi afferrai la spada con entrambe le mani e la abbattei sul braccio che reggeva il pugnale, trinciandolo di netto.
Un urlo di dolore si diffuse per la sala, ma durò poco, il tempo di colpire di nuovo e di mettere a tacere la bandita per sempre.
Ignorando la stanchezza e lo schifo causato da tutto quel sangue scesi le scale e mi precipitai da Vilkas, che nel frattempo aveva atterrato due avversari e se la stava vedendo con altri quattro
-Vilkas!- arrivai alle spalle di uno dei banditi e lo colpii rapidamente alla testa facendolo accasciare con un gemito, in modo da trovarmi spalla a spalla col Compagno.
-Se non sbaglio ti avevo detto di andartene in caso di pericolo.- mi accolse senza staccare gli occhi dal capo dei banditi, che brandiva anche lui uno spadone a due mani, ma di un materiale molto più prezioso del ferro o l'acciaio.
Egli brandiva infatti uno spadone d'argento.
-Prego per averti salvato la vita.- replicai sempre tenendo la spada con entrambe le mani e gli occhi fissi sul mio avversario, un kajiti dagli occhi dorati e dal pelo maculato che agitava freneticamente la coda.
-Ne riparliamo dopo.- ingaggiammo una nuova battaglia, entrambi stanchissimi ma costretti a dover lottare per non soccombere sotto i colpi dei nostri avversari.
Il kajiti notai che era svelto, ma codardo: bastava poco e niente per farlo sobbalzare, e sfruttai questa cosa per mandarlo contro un muro e finirlo non appena i suoi occhi ambrati abbandonarono i miei per guardare la pietra che lo imprigionava.
-E anche...- non feci nemmeno in tempo ad esultare della mia vittoria che una botta alla testa mi fece cadere a terra, intontita e dolorante.
-Sistemata la puttanella.- sentii uno dei banditi ringhiarmi contro e provai ad alzarmi, ma la botta ricevuta era forte e tutto sembrava girare, mi sentivo pesante e stordita e non riuscii ad impedire al bandito di calciare via la mia spada e puntarmi un piede sulla schiena.
-Dannazione.- un urlo di dolore mi fece rabbrividire quando riconobbi la voce di Vilkas, girai a fatica il volto e vidi il Nord inginocchiato a terra con una mano sul fianco da cui usciva del sangue.
Trattenni il fiato, impaurita: non avevo mai visto Vilkas ferito, o almeno non in maniera così grave tanto da farlo inginocchiare a terra. Come aveva potuto la spada del bandito danneggiare l'armatura tanto in profondità? E perché lui non si rialzava e riprendeva a combattere?
-Ti sei distratto, cane.-il capo lo colpì con un calcio, facendolo stendere a terra con un ringhio di dolore, ed un altro bandito, uno dei tre che circondava il Compagno, gli sputò sopra.
-Capo che ne dici di rimandare una mano di questo animale a Jorrvaskr? Così per rinfrescare a quei bastardi chi comanda qui.
-È una buona idea, Yorik.- annuì l'altro -Ma prima devo decidere se inizierò a scuoiarlo dalla testa oppure dal petto.- si chinò su Vilkas e con un pugnale fatto sempre d'argento, tracciò con lentezza e cattiveria un graffio profondo sulla guancia destra del Nord, che gemette forte.
Strinsi i denti.
-Smettila subito, bastardo!- gridai con voce acuta, ancora intontita per il dolore, ma almeno provai a divincolarmi sotto la pressione del piede della canaglia che mi teneva bloccata.
-Ma guarda.- l'uomo rise, stavolta in maniera più sguaiata -Ti sei portato la fidanzatina, allora.
-Lei...non è una di noi.- ansimò Vilkas, non potevo vederlo in faccia, in quel momento, ma dal tono capii che era furioso oltre che sofferente -Non...centra niente in...questa storia.
-Ah, non è una di voi?- un rumore metallico mi fece capire che l'uomo aveva rinfoderato la spada -Allora non ti dispiacerà se me la scopo un po' prima di uccidervi entrambi, vero?- lo stomaco si contorse in una maniera dolorosa ed il cuore iniziò a battere velocemente tanto da farmi trattenere il fiato.
-N-non ci provare.- mormorai, ora terrorizzata, e quando lo sentii avvicinarsi ed ordinare all'uomo che mi teneva a terra di badare a Vilkas cercai di alzarmi, ma lui mi trattenne -NON MI TOCCARE!- i miei movimenti si fecero sempre più scoordinati e spaventati mentre il bandito si chinava su di me e, prendendomi per una spalla, mi fece girare per poterlo guardare in faccia.
Un viso anonimo di un bretone sulla quarantina contornato da diverse cicatrici è tutto quello che ricordo nella paura del momento. Ricordo di aver schiaffeggiato l'uomo quando questo cercò di baciarmi, ricordo di aver preso uno schiaffo a mia volta dopo avergli sputato.
Mi afferrò un polso saldamente e lo inchiodò a terra mentre con l'altra mano cercò di sollevarmi la gonna , cercando di farla arrivare fino ai fianchi.
-NO! FERMO, FERMO!- la paura e la rabbia si alternavamo in me, le mie urla si mescolavano a quelle di Vilkas, agli incoraggiamenti degli altri banditi compiaciuti da quello spettacolo rappresentate una lotta vana.
Mi misi a piangere: non potevo credere di star per subire uno stupro, di non poter fare niente per difendermi, di dovermi rassegnare all'idea di perdere la verginità con quel porco maledetto che dopo aver abusato di me, mi avrebbe uccisa.
-NO, NON LO FARE! VILKAS!- sapevo che il Compagno non avrebbe potuto fare niente, eppure non potei fare a meno di chiamarlo con tutta la mia disperazione quando con la mano libera l'uomo cercò di slacciarmi i lacci del bustino di cuoio che fungeva da armatura, quando la presa sul mio polso si strinse a tal punto da farmi male -VILKAS! AIUTAMI, TI PREGO!- continuai ad agitarmi, ovviamente, ma le forze mi stavano venendo meno.
-Sì, continua a chiamare il tuo amico.- disse il bandito con voce roca, cercando di armeggiare con le sue braghe da cui era possibile notare la sua eccitazione premente -Mi pia...- un inaspettato ruggito e delle grida gelarono il momento.
All'inizio non capii cosa stesse accadendo, ero ancora stordita e terrorizzata, ma un momento prima le urla dei due banditi rimasti rimbombavano nella stanza e l'attimo dopo il mio quasi stupratore era sparito dalla mia visuale, trascinato da un'ombra nera e ringhiante.
Ancora tremante mi tirai a sedere, e ciò che vidi mi fece gridare di paura: due banditi erano irriconoscibili in un bagno di sangue e membra sparpagliate nella sala tra gli altri cadaveri ancora integri mentre il capo, quello che aveva cercato di stuprarmi, si dimenava terrorizzato sotto le fauci di un enorme lupo.
Il pelo era nero come la notte, ma in alcuni punti il sangue lo aveva inzuppato donandogli riflessi rossastri a contatto con la luce delle torce, gli occhi piccoli e gialli erano spalancati in preda all'estasi mentre la coda, anch'essa nera, si agitava con trepidazione accompagnando il frenetico dilaniare delle carni di quel bastardo, che si spense in pochi attimi.
Infine ci fu il silenzio, un silenzio che rese assordante il rimbombare del sangue nelle mie orecchie ed il battito del cuore che sembrava impazzito, sul punto di scoppiare da un momento all'altro. Nel vedere quei corpi fatti a pezzi, nel sentire quell'odore di sangue invadermi le narici fui colta da un improvviso quanto potente senso di nausea, e senza che potessi far niente per evitarlo vomitai girandomi appena di lato, poi mi asciugai la bocca e tornai a guardare la bestia, terrorizzata.
Mi ricambiava e lentamente si avvicinò a me, ma io indietreggiai, sporcandomi di sangue l'armatura e le mani, allora il grande lupo si fermò e si sedette, emettendo un verso quasi rassicurante.
Lo guardai bene, stupendomi di incontrare due occhi terribilmente umani e sofferenti, studiai la sua figura fino ad arrivare al fianco sanguinante che faceva tremare la grande bestia che alla fine, vinta dal dolore, emise un verso simile ad un guaito e si sdraiò sulle quattro zampe, continuando a fissarmi.
E fu lì che capii come stavano le cose.
-Oh per i Nove...- mormorai, accorata e spaventata - V-vilkas.
 
 
Note dell'Autrice
Salve :D
Eccomi qui con un capitolo decisamente dinamico, come avevo promesso. Tra i draugr (mille volte maledetti!) ed i Mano d'Argento la situazione si è fatta decisamente caotica. E qui ecco il segreto dei Compagni venir fuori. Un po' presto direte voi? Forse, ma sinceramente parlando credo che la situazione lo richiedesse, Iris e Vilkas se la sono vista brutta e l'avventura nella Tomba non è ancora finita xD Ovviamente tutto ciò avrà delle ripercussioni, ma non vi anticipo niente :) Spero che vi siate goduti la lettura, ci vediamo la settimana prossima >_<
Lady Phoenix

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Capitolo 5
*** Chapter IV- Shield Brothers ***


Chapter IV

Shield brothers

 

La verità sembrò galleggiare nella mia mente per quello che parve un tempo indefinito. Quel lupo mannaro non poteva essere altri che Vilkas (a meno che non l'avesse divorato, ma quest'ipotesi sembrò ridicola persino alla mia testa sconvolta), la stessa persona che in quei due anni aveva condiviso lo stesso tetto con me, con cui avevo passato tutte le mattine a contatto, che avrebbe potuto...
Realizzare che la bestia davanti a me avrebbe potuto uccidermi o perdere il controllo tutte le volte che voleva mi fece di nuovo venire da vomitare, e per la seconda in pochi minuti diedi di stomaco sul pavimento vermiglio delle Vecchie Glorie.
-Che situazione di merda...- pensai pulendomi la bocca con il dorso della mano, e quando riportai lo sguardo su Vilkas l'animale era sparito lasciando di nuovo posto all'uomo: non l'avevo mai visto così turbato, così spaventato da una mia eventuale reazione. Quegli occhi azzurri che per una volta non presentavano segni di cinismo o scherno mi parvero per un attimo quelli di un bambino spaventato...
Ma fu solo un attimo, bastò sbattere le palpebre che il vecchio Viskas tornò a galla.
-Risistemati.- disse solo, e la paura lasciò momentaneamente posto alla vergogna, perché mi ricordai di star pur sempre con la gonna tirata fino ai fianchi e parte del seno scoperto, così mi affrettai con mani tremanti a sistemare i lacci del corsetto di cuoio e tirare giù la gonna fino a coprirmi in maniera decente, poi tornai a concentrarmi su Vilkas che nel frattempo stava spogliando il cadavere di uno dei banditi.
-C-che fai?- gli chiesi, ancora con la voce tremante.
-L'armatura è andata in pezzi. Succede sempre quando mi trasformo.- nonostante il tono fosse naturale credo che parlarne anche così alla leggera dovesse costargli molta fatica.
Solo allora notai che effettivamente Vilkas era nudo. E mi chiesi anche come non avessi fatto a notarlo.
Abbassai lo sguardo e finalmente mi alzai alla ricerca della spada che mi era stata sottratta, ritrovandola poco distante dal muro pieno di muffa. Fu quasi con sollievo che me ne appropriai di nuovo, ma per l'arco non c'era niente da fare. Quel figlio di puttana me lo aveva spezzato quando aveva fatto pressione sulla schiena.
-Bastardi.- sussurrai gettando a terra i due pezzi di legno tenuti insieme solo dalla corda di pelle di capra, poi gettai un'occhiata all'impalcatura dove si trovava l'arciera redguard e vi arrivai rapidamente.
E come avevo sperato l'arco era ancora lì nella sua mano, era stato facile trovarlo, ma non lo fu aprire la presa ferrea della morta che stingeva ancora l'arma in pugno quando l'Oblivion l'aveva richiamata a sé, ed un terribile rumore di ossa rotte accompagnò la liberazione dell'arco, un rumore che preferii ignorare mentre mi mettevo l'arma a tracolla e tornavo verso Vilkas, che nel frattempo si era rivestito.
-Per tornare a Jorrvaskr andrà bene.- lo sentii dire, in quei vestiti più piccoli di lui era ridicolo e normalmente sarei scoppiata a ridere o l'avrei punzecchiato, ma quella non era una situazione normale ed io ero confusa e spaventata -Non dici niente?- mi chiese infatti, ma io abbassai lo sguardo sulle punte dei miei stivali inzuppati.
-Cosa dovrei dire?- chiesi con voce roca.
Non riuscivo nemmeno a fare del sarcasmo, cosa che solitamente mi riusciva piuttosto bene, e sentii Vilkas sospirare.
-Senti ciò che hai visto non deve cambiare niente. Sono sempre io, è chiaro?- come poteva non capire?
Alzai gli occhi, allarmati ma anche carichi di rabbia, e lo fulminai con lo sguardo.
-Sei un lupo mannaro.- dissi in un sussurro -Ti ho visto fare a pezzi tre uomini!
-L'ho fatto perché uno di loro stava per stuprarti. Te lo sei dimenticato?- la sua espressione rabbiosa normalmente mi avrebbe fatto solo irritare, ma quella volta mi spaventò tanto da farmi indietreggiare, perché sapevo cosa c'era dietro, più lo guardavo più vedevo ciò che in quei due anni mi era sfuggito, ovvero la profonda simbiosi tra l'uomo e l'animale.
-Non...non m-me lo sono dimenticato.- dissi, stringendo forte i pugni perché smettessero di tremare -Ma non ho neanche d-dimenticato...prima.- feci una pausa -Quando mi hai leccato la ferita.- stavolta fu lui ad abbassare lo sguardo, e per un po' non disse niente.
Quando rialzò gli occhi, li vidi cupi come mai erano stati.
-Sai, è a questo che mi riferivo quando sostenevo che non fossi pronta.- il discorso mi prese in contropiede.
-Che vuoi dire?
-Che per te ora cambierà tutto. Non sarò più uno dei Compagni. Sarò una bestia da temere.- venne avanti rapidamente ed io indietreggiai fino al muro.
Mi diedi una rapida occhiata alle spalle e quando tornai a guardare avanti Vilkas era già di fronte a me, con le mani appoggiate allo stesso muro che mi impediva ogni via di fuga.
-Ripenserai a tutte le volte che avrei potuto ucciderti.- rabbrividii, consapevole della verità di quelle parole -E non potrai fare a meno di chiederti quanto tempo passerà prima che io perda il controllo e ti faccia fare la fine di questi bastardi.
-Smettila!
-Probabilmente non dormirai più notti tranquille, perché penserai che essendo un lupo mannaro non sarai al sicuro finché non mi vedrai impalato da una lama d'argento.
-FALLA FINITA!- lo spintonai via con tutta la forza che avevo, ma riuscii a farlo indietreggiare di un paio di passi appena.
-Oppure potresti semplicemente pensare che io sia una persona come tutte le altre con un fardello in più.- concluse lui, ora calmo, e sospirò -Andiamo, dobbiamo uscire da qui.- e si diresse verso la sala successiva.
Esitai, perché la nuova scoperta mi aveva spaventata, ma qualcosa, forse le sue considerazioni ed il fatto che in fondo, nemmeno in quel caso, avrei voluto dargliela vinta, vinse la mia reticenza e mi spinse a seguirlo.
 
Trovammo altri di quelli che i banditi avevano chiamato draugr e li abbattemmo, facendoci strada fino a raggiungere una grande stanza: un corridoio delineato da due file di bare chiuse portava fino ad un piccolo altare dove c'era un'altra tomba sigillata.
-Umh, sembra che sia la fine del percorso.- mormorò Vilkas pensieroso.
Lo guardai, notandolo più pallido del solito, poi mi ricordai della ferita al fianco che gli era stata inflitta ed abbassai gli occhi fino ad essa: sotto quell'armatura troppo stretta per lui, la ferita sanguinava, macchiando già di rosso la stoffa di infima qualità degli abiti.
-La tua ferita...- mormorai.
-Sto bene.
-Ti ha colpito con l'argento?
-Ho detto che va tutto bene.
-Rispondimi, accidenti!- ribattei alterata, questa storia mi aveva decisamente scosso, ma lui non sembrava da meno.
-Non provare ad alzare la voce con me!
-Altrimenti?
-TU NON...- un rumore secco, come di una porta sfondata, ci fece tacere entrambi.
-Non...sei stato tu, vero?- chiesi, portando subito mano alla spada come il Compagno.
-No. Piuttosto, credo sia stato lui.- da una delle bare disposte lungo il mini corridoio era infatti uscito un draugr armato di ascia.
-Dannazione!- con quello che definii il mio miglior grido di battaglia corsi verso il draugr e cercai di colpirlo con un fendente al petto, ma quello parò indietreggiando. Il mio attacco caricato però doveva essere troppo per le sue gambe scheletriche che lo sbilanciarono, permettendomi di entrare rapidamente nella sua guardia e trapassargli la testa con la lama.
Altri due tonfi, altre due tombe si aprirono.
Ingaggiammo l'ennesima battaglia che ci lasciò stremati. Le bare erano dieci, esclusa quella sull'altare, e tutti e dieci gli avversari crollarono sotto i nostri colpi, ma oramai le nostre forze erano al minimo. Avevo male alle gambe e alla milza per lo sforzo, senza contare i piccoli tagli alle dita dovuti al continuo tendere l'arco per scoccare le frecce, mentre Vilkas sembrava ancora pieno di energia, ma il pallore del suo volto, probabilmente dovuto alla perdita di sangue, si faceva sempre più preoccupante, tanto che alla fine il Compagno si inginocchiò a terra.
-Vilkas.- rinfoderai la spada e corsi da lui, inginocchiandomi al suo fianco e poggiandogli una mano sulla schiena -Dobbiamo uscire di qui, maledizione. Hai bisogno di cure.
-Ora non fare...la premurosa. Mi fai impressione.- ribatté il Nord -Non fingere...di non provare paura.- ancora una volta scappai dai suoi occhi chiari e spietati, perché a modo suo aveva ragione, avevo ancora paura di lui e della bestia che celava in sé, ma una parte di me si stava sforzando di non vederlo con occhi diversi, di andare oltre la paura, di cercare sotto quella nuova figura l'uomo che per due anni mi aveva allenata senza mai farmi male davvero.
-Non è così.- protestai, anche se non come avrei voluto -Ti chiedo solo di non partire prevenuto!- lui ridacchiò amaramente.
-Detto da te...- lo vidi spostare lo sguardo lungo le bare tutte aperte, poi il suo volto si illuminò.
-Cosa c'è?- gli chiesi.
-Ricordi il probabile passaggio segreto di cui ti ho parlato?- annuii con la testa -Come solito, avevo ragione.- seguii la traiettoria dei suoi occhi e vidi che in una delle bare, dove avrebbe dovuto esserci il fondo, si apriva un percorso di pietra che avrebbe portato alla superficie.
Mi veniva quasi da piangere: eravamo salvi!
-Andia....- di nuovo quell'assordante rumore che mi fece perdere un battito -No, ti prego...- pensai -Non di nuovo!- sia io che Vilkas ci girammo verso l'ultima bara, oramai aperta, dalla quale uscì un altro di quei dannati Draugr.
-Merda.- sì, il Compagno aveva ragione, eravamo proprio nella merda.
Lo scheletro, o quello che era, uscì alzandosi sulle gambe malferme e si guardò intorno.
Doveva essere stato qualcuno di importante in vita dato che, a differenza degli alti draugr vestiti di stracci e vesti putride, indossava un'armatura di ferro con tanto di elmo sormontato da due corna che ricordavano quelle di un draemora.
Ci sforzammo di alzarci in piedi, io aiutandomi con la spada, lui solo con la sua forza di volontà, e ci preparammo a lottare. Non so cosa sosteneva Vilkas in quelle condizioni, ma per me era la paura, la patetica voglia di vivere a portarmi avanti: volevo uscire di nuovo all'aria aperta, volevo vedere il cielo ancora una volta, volevo andarmene da quel posto terribile, e ce l'avrei fatta solo combattendo.
Lo osservammo avvicinarsi a noi e ci preparammo ad un eventuale assalto, ma ciò che fece superò, e non certo in positivo, ogni mia più terrificante aspettativa.
-Cosa...?- un getto d'aria fredda scaraventò me e Vilkas lontani, non so che fine fece il mio compagno, ma io mi ritrovai scaraventata contro un muro e battei forte la schiena, urlando per il dolore.
-C-che...?- un dolore alla testa mi fece gemere e portandomi la mano poco più in alto della tempia la ritirai che era sporca di rosso -Cazzo.- cercai la spada, ma non la trovai, probabilmente l'avevo persa durante il “volo” causato dal draugr.
Quella cosa era stata capace di scaraventare me e Vilkas via semplicemente con un urlo. Quelli che avevo creduto versi insensati e gutturali come tutti quelli degli altri draugr erano in realtà la fonte di un potere che non avevo mai, mai visto né sentito parlare.
Cercai di alzarmi in piedi, tremante e dolorante a causa della botta, e subito i miei occhi vagarono alla ricerca di Vilkas e del draugr che ci aveva atterrati. Li trovai che combattevano una lotta serrata, per essere un morto quell'affare si muoveva molto più velocemente e con più aggressività rispetto agli altri.
Senza perdere tempo presi l'arco ed estrassi una freccia dalla faretra, ma con orrore mi accorsi che era l'unica ad essere presente, le altre dovevo averle perdute o rotte durante la caduta.
-Per Akatosh, non ora!- incoccai la freccia e la lanciai proprio quando Vilkas cadde a terra a seguito di un colpo della creatura. Essa rimbalzò contro l'armatura del draugr, quindi non lo ferì, ma in compenso ottenni la sua attenzione.
-Ehi, bastardo! Vieni qui e fammi vedere cosa sai fare!- emettendo quegli orribili versi di gola il cadavere corse verso di me brandendo la spada con due mani e cercò di tagliarmi la testa. Schivai facendo due frettolosi passi indietro e freneticamente cercai la mia arma, ma non trovandola mi accontentai di afferrare una di quelle appartenute ai “colleghi” del mio avversario. Si rivelò una scelta saggia, perché non potevo continuare ad arrancare e schivare. Parai l'assalto del draugr, poi cercai di abbattere la sua difesa con un attacco caricato che a causa della mia stanchezza risultò debole, facile per lui fu parare e colpirmi con l'elsa della spada, facendomi gemere per il dolore al viso.
Caddi a terra e quando rialzai lo sguardo vidi che il draugr stava...
-Oh, Azura.- stava ridendo, o meglio emettendo versi che alle mie orecchie risultarono come una tenebrosa risata -MUORI!- lo colpii ferocemente con un calcio allo stinco e lo feci barcollare, alché approfittai per caricare di nuovo e cercare spaccargli la testa, ma lui lo fece di nuovo.
Ancora urlò quelle parole a me incomprensibili, e di nuovo venni sbalzata via.
La scossa di dolore mi paralizzò il corpo, lasciandomi intontita e debole. Non riuscii a rialzarmi, tremavo troppo e caddi di nuovo sul pavimento sudicio della tomba. La ferita alla testa continuava a sanguinare e mi faceva male tutto.
Di nuovo piansi, stavolta anche per il dolore, perché la scossa che mi aveva spinta inconsciamente a gridare non era passata: le spalle, le gambe, le braccia e soprattutto la testa mi dolevano, lanciando fitte di dolore che non credevo avrei mai provato, un dolore che mi piegò nel corpo e nella volontà.
Non volevo più combattere, volevo che tutto finisse.
-F-forse...aveva ragione.- pensai, guardando senza vederlo il muro avanti a me -Non sono...
-Alzati, avanti!- la voce di Vilkas arrivò lontana, ovattata -Per la barba di Shor, non provare a crepare adesso, novellina del cazzo!- sentii delle lame incrociarsi, probabilmente stava combattendo ancora con il draugr -IRIS! ALZATI E SCAPPA, PER I NOVE!- perché non mi lasciava in pace, accidenti?
Perché non capiva che la mia parte era terminata?
C'era troppo male, troppa debolezza e troppo dolore...
 
Il dolore le fa chiudere gli occhi e gridare, forte.
Cerca di liberarsi dalle corde che la costringono ad abbracciare quel palo in un affetto che non prova.
Chiude gli occhi e le lacrime scendono.
Non sa quanto tempo è passato, ma sente che il dolore l'ha piegata.
Apre gli occhi e guarda l'uomo avanti a sé. Lui sa, non sorride, non sembra godere della sua vittoria, ma sa che lei è piegata nel corpo e nello spirito.
E gli bastano pochi attimi prima di udire la parola attesa.
-Pietà! Abbiate pietà, vi prego!
 
Spalancai gli occhi.
Lo stavo facendo, mi stavo piegando di nuovo.
Quella volta avevo trovato Kodlak ad aiutarmi, ma in quel momento avrei dovuto farcela da sola.
Potevo davvero permettere al dolore di piegarmi, di vincere di nuovo?
Strinsi i pugni.
-Non...più.- mormorai -Non più.- mi faceva male tutto, ma cercai di tirarmi su di nuovo, crollando quando l'urlo del draugr rimbombò per la terza volta.
-Io...io voglio vivere.- sussurrai con rabbia.
Strinsi i pugni, forte, e ritentai, stavolta riuscendo a mettermi in ginocchio e girare la testa verso i due avversari: Vilkas era a terra, la spada lontana e l'armatura sporca di sangue, mentre il draugr troneggiava su di lui con la spada levata pronto a colpire.
Vilkas mi guardò e con un cenno del capo mi indicò la nostra unica via di fuga, ma io rimasi immobile: poteva essere la mia unica possibilità di uscirne viva, prima che il mostro cercasse di uccidere anche me, avrei potuto raccogliere le mie forze, scappare e tornare a Jorrvaskr...
Ma Vilkas? Potevo davvero lasciarlo a morire?
Potevo permettere all'uomo che mi aveva salvata da uno stupro, che era venuto in mio soccorso rivelando il suo segreto, di morire mentre io scappavo con la coda tra le gambe? Volevo davvero tornare a Jorrvaskr da sola?
Avrei mai potuto permettere a me stessa di infangare il nome di quella che per me era la mia famiglia?
Mi bastò muovere i primi passi per capirlo.
Priva di armi e piena di incoscienza mi gettai addosso al draugr, l'odore schifoso che emanava mi fece di nuovo venir voglia di vomitare, ma per fortuna riuscii a trattenermi. Cademmo a terra entrambi, lui perse la spada e l'elmo. Mi precipitai a recuperare l'arma, ma le dita scheletriche del morto si chiusero intorno alla mia caviglia facendomi cadere a terra.
-No...no!- normalmente mi sarei liberata della debole presa del draugr abbastanza facilmente, ma le ferite e la fatica accumulate rendeva quelle dita forti come tenaglie.
Iniziai ad agitarmi, cercando di afferrare la spada, ma era troppo lontana e la creatura si stava rialzando.
-Azura, Akatosh, Mara, aiutatemi!- pensai guardandomi intorno, e finalmente vidi ciò di cui avevo bisogno.
Afferrai la pietra saldamente e con il piede libero colpii il draugr in faccia, liberandomi, poi quasi rabbiosamente mi gettai su di lui ed abbattei la pietra sul suo cranio con forza tre, quattro volte, non so quanto ci volle, urlando ogni volta per scaricare la rabbia, la tensione e la paura accumulate durante tutto il percorso che ci aveva condotto fin lì, nelle viscere del Tumulo.
E alla fine anche l'innaturale luce azzurra dei suoi occhi si spense e non si mosse più. Rimasi lì, inginocchiata accanto al draugr sporca di sangue secco e tremante, con ancora quella pietra sudicia tra le mani come mia unica arma e salvezza.
-È finita.- fu Vilkas a pronunciare queste parole -Mettila giù.- annuii, ma ancora non mi decidevo ad abbassare il braccio, quasi temessi che il bastardo potesse alzarsi di nuovo e gridare di nuovo con quella terribile voce -Avanti.- la mano del Compagno si chiuse sul mio polso e prese la pietra, gettandola da una parte, e finalmente abbandonai il corpo del draugr per guardarlo.
Eravamo messi male, tutti e due, ma eravamo vivi, ed era questa la cosa più importante, entrambi vivi anche se feriti.
Il pallore sul volto di Vilkas era preoccupante, ma anche io non stavo messa bene. Ogni respiro mi faceva dolere il petto e mi sentivo stanca e pesante, la perdita di sangue si stava facendo sentire.
-Sciocca impulsiva.- mi rimproverò il Nord sollevandomi di peso, facendomi passare un braccio intorno alle sue spalle e circondandomi i fianchi con l'altro -Ti avevo detto di scappare.- ridacchiai stancamente, tenendo il volto basso ma spostando gli occhi su di lui.
-A dispetto... di... di q-quello che tu possa pensare...- feci un altro respiro -Io... sono tua Sorella di Scudo, e non ti avrei lasciato lì... a morire.- se avessi potuto vedere la sua faccia sorpresa in quel momento sarei sicuramente scoppiata a ridere, peccato che mi sia persa quello spettacolo, sorprendere Vilkas era sempre così fottutamente difficile -I Compagni... s-si proteggono a vicenda. I-io... voglio essere una di voi. S-sarò una di voi. E il giorno in cui non... proteggerò il mio Fratello di Scudo, sarà perché mi troverò già a nell'Oblivion.- deglutii mentre il cambiamento del terreno sotto i piedi mi fece capire che eravamo entrati nel corridoio segreto -Fattene una ragione, Vilkas.- conclusi, cercando di assumere il tono più ironico che potei.
Lo sentii sbuffare, ma non rispose e gliene fui grata, perché non avevo più energie nemmeno per camminare, fortunatamente la presa del Nord mi evitava gran parte di questa fatica, fu solo quando finalmente il corridoio cominciò a schiarirsi che riacquistai la forza che bastava per sollevare appena il capo dolorante.
-L'uscita...- mormorai, quasi commossa, mi morsi il labbro per non scoppiare a piangere davvero -Siamo salvi.- e finalmente mi concessi il lusso di chiudere gli occhi.
 
Quando mi risvegliai ero a Jorrvaskr, riconobbi quasi subito la stanza dove alloggiavo.
Non cercai di alzarmi, ma sospirai di sollievo e sorrisi, ancora stanca e provata dall'esperienza vissuta nel Tumulo delle Vecchie Glorie.
Non sapevo quanto tempo io e Vilkas avessimo passato lì dentro a lottare ferocemente con la morte, ma di tutto questo mi restavano soprattutto tanti quesiti: perché i draugr, chiamati così dai banditi, si erano svegliati dal loro sonno eterno? Chi erano i Mano d'Argento? Come aveva fatto Vilkas a diventare un Lupo mannaro? I Compagni ne erano al corrente?
Troppe domande per la mia testa dolorante.
Mi mossi appena: avevo delle bende sulle braccia, ed una intorno alla testa a giudicare dalla pressione che sentivo, inoltre le gambe erano ancora indolenzite.
C'era tempo, mi dicevo, c'era tempo per rispondere a tutte quelle domande.
Non avevo recuperato le forze del tutto, ed a giudicare dal silenzio che regnava fuori dalla porta della mia stanza doveva essere ancora notte.
Così chiusi gli occhi, abbandonandomi di nuovo al sonno profondo.
 
Note dell'Autrice
Salve a tutti :D eccomi qui con un nuovo capitolo, e finalmente si esce da questa maledetta tomba >_> che poi aver deciso di inserire i draugr quando li odio a morte è davvero un controsenso O_O l'ho detto, riescono a mettersi in mezzo dappertutto. E spero di aver reso bene lo scontro con quello che è palesemente un draugr Signore della Morte o Fustigatore dato che il signorino conosce le parole del potere, si capisce vero? ç_ç
A parte questo, ora vediamo Iris fare i conti con la licantropia di Vilkas, perché come è normale che sia non l'ha presa benissimo xD Per il resto...
Accidenti, non so mai cosa scrivere nelle note dell'autore °_° quindi la chiudo qui e ringrazio tutti quelli che hanno recensito la storia ma anche coloro che si limitano a segurmi con la lettura :) Ci leggiamo giovedì prossimo.
Lady Phoenix

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Capitolo 6
*** Chapter V- Family's Secrets ***


Chapter V
Family's secrets
 
Il giorno dopo ero già in piedi, ma prima che Kodlak mi chiamasse per una chiacchierata, come la chiamava lui, dovette passare una settimana.
Mi aspettavo che prima o poi sarebbe successo, e per una volta fui lieta di aver avuto un po' di tempo per pensare, per pormi e porre le domande giuste e fare quel poco di chiarezza di cui necessitavo.
In quei pochi giorni avevo recuperato le forze, ma questo non si poteva dire di Vilkas, che risentì delle ferite causate dall'argento per molti giorni a venire, così che i miei allenamenti furono momentaneamente sospesi. Speravo che si riprendesse, ma da una parte ero lieta di non doverlo affrontare prima di aver accettato del tutto la questione del lupo mannaro e del fatto che potesse controllarsi. Non sapendo con chi parlare di questa cosa tenni per me tutto, non parlai nemmeno con Aela, la mia figura di riferimento a Jorrvaskr, così come lei non mi cercò e mi chiusi in un riflessivo quanto inquieto silenzio che non mi apparteneva ma che in quel momento mi era più che necessario.
E quando si trattò di affrontare Kodlak mi ritenni pronta.
Mi ricevette nella sua stanza, non tanto diversa da quelle degli altri abitanti di Jorrvaskr, e dopo avermi invitata a sedermi avanti a lui mi chiese come mi sentivo.
-Sto bene, le ferite sono guarite del tutto.- lo rassicurai -Piuttosto, come sta Vilkas?
-Si riprenderà. Quel ragazzo ha la pelle dura, se fossi in te non mi preoccuperei per lui.
-Beh, meglio così. Mi manca non farmi pestare la mattina.- ammisi con un tocco di ironia che non guastava mai, anche se quello non era il momento migliore per scherzare.
-In pochi giorni l'infezione causata dall'argento passerà.- dichiarò il Precursore, poi mi guardò intensamente negli occhi, sguardo che sostenni a fatica -Vilkas mi ha raccontato tutto ciò che è accaduto al Tumulo delle Vecchie Glorie, ma gradirei ascoltare anche la tua versione dei fatti.- annuii e raccontai tutto ciò che avevamo vissuto in quelle ore da incubo, ma quando si trattò di affrontare il momento in cui il bandito aveva tentato di stuprarmi allora mi feci reticente, incapace di rivivere quei momenti che mi avevano vista spaventata e vulnerabile come una bambina -Vai avanti. Ho capito.- disse solo l'uomo, ed io lo guardai grata.
-E' stato lì che Vilkas si è trasformato, comunque.- conclusi, scostandomi una ciocca di capelli dal volto.
-Mh...- l'anziano Nord annuì con il capo -Speravo sinceramente che non lo scoprissi. Non in questo modo, almeno.
-Vuol dire che lo sapevi.- non fu una domanda, la mia, e lui non ebbe bisogno di rispondere -Sapevi della...natura di Vilkas, perché non me lo hai detto?
-Lo sappiamo tutti, nel Circolo.- dichiarò l'uomo, facendo riferimento al ristretto gruppo che racchiudeva i membri più valorosi dei Compagni.
-Beh, meraviglioso. Sembra che sia l'unica ad esserne all'oscuro.- dichiarai amaramente.
-Non è una cosa che andiamo raccontando in giro come i pettegolezzi. Sei ancora un cucciolo, ma ti ritengo abbastanza intelligente per capire certe cose.- ancora con quel paragone che improvvisamente mi parve azzeccato quanto inquietante.
-Ancora con questa storia del cucciolo? Kodlak che...- tacqui e trattenni il fiato.
Con gli occhi spalancati fissi in quelli azzurri del vecchio Precursore finalmente compresi, e la verità mi colpì al pari di uno schiaffo.
-Anche tu?- chiesi alla fine.
E mi accorsi con rabbia che il mio tono era quasi uno squittio. Non potevo credere che anche l'uomo che mi aveva salvata ed accolta potesse essere una di quelle bestie sanguinose, ma soprattutto ero indignata dal fatto che me l'avesse nascosto, anche se una parte di me non riusciva a biasimarlo data la reazione che stavo avendo.
-Anche tu?- ripetei.
-Calmati, adesso...
-Come è possibile?
-Iris, se mi ascolti...
-Come ho potuto non accorgermene prima?- mi alzai in piedi ed iniziai a camminare per la stanza, coprendomi il viso con le mani per sfogare in qualche modo l'agitazione che mi correva in corpo.
C'erano così tanti segnali, ed io non ero stata in grado di coglierli: per esempio, chi ha mai visto Vilkas dormire in missione? Oppure come faceva a sapere che i banditi ci avrebbero aspettato in quella stanza? E perché soffriva a tal punto quel pessimo odore nella tomba?
Per merito dei suoi sensi sviluppatissimi, ovvio.
E...quel sospiro quando mi ha disinfettato la ferita...l'odore del sangue doveva aver stuzzicato in qualche modo la bestia che c'era in lui.
-Lupi mannari, accidenti! Tu e Vilkas! E gli altri? Gli altri lo sanno?- chiesi liberando il viso per tornare a guardare il Nord, che sospirò poggiando le mani callose sulle sue ginocchia.
-No, Iris. Ho detto che solo quelli del Circolo lo sanno.- fece una pausa che rese l'attesa pesante come il piombo -Tutti noi condividiamo questo fardello.- gli diedi le spalle, appoggiando la mano destra e la fronte al muro di legno e lasciando la sinistra lungo il fianco.
A quello non ero preparata.
Avevo immaginato che quelli del Circolo potessero saperlo (come avrebbe potuto solo Vilkas nascondere la sua natura animale ad un gruppo di cacciatori esperti come Aela e gli altri?), ma da lì allo scoprire di essere circondata da lupi mannari era un'altra cosa.
-Era questo che temevi?- gli chiesi dopo un lungo silenzio, rimanendo ancora in quella posizione per non guardarlo in faccia -Quando dicevi di non ritenermi pronta, intendo. Per diventare un Compagno devo per forza essere...
-No.- mi interruppe lui e lo sentii alzarsi per venire verso di me -Solo quelli del Circolo possono scegliere di subire la trasformazione. E' un patto di Sangue antico, figliola, che ci tiene prigionieri da un sacco di tempo. È un'arma a doppio taglio che non tutti sono disposti ad accettare, che potrebbe portare paura e guai. Per questo lo teniamo nascosto. Per questo solo pochi ne sono a conoscenza. Devi capire che non si è trattato di una mancanza di rispetto o fiducia nei tuoi confronti come ti ostini a credere.- finalmente mi voltai a guardarlo -Immagina che tutti sappiano che parte dei Compagni sono lupi mannari. Cosa succederebbe secondo te?
Mi morsi appena il labbro, abbassando lo sguardo ed incrociando le braccia al petto.
-Si potrebbe scatenare una vera e propria rivolta.- ipotizzai -La gente potrebbe non capire che siete...pacifici.- più parlavo, più mi rendevo conto che quelle preoccupazioni erano più che fondate -Vi si rivolterebbe contro, spargendo sangue innocente da entrambe le parti.- deglutii -E i Compagni cadrebbero in disgrazia.- mi resi conto di essere stata una capricciosa egoista.
Non avevo fatto altro che lamentarmi e sbuffare sull'attesa della mia prova, credendo che Kodlak mi sottovalutasse quando, a modo suo, mi stava proteggendo da una verità che non ero pronta ad affrontare. E lo capivo solo in quel momento. Mi sentii terribilmente stupida ed immatura.
Forse non ero davvero più di un cucciolo, come si ostinavano a chiamarmi, forse non ero davvero...
-Capisci, adesso?- guardai il vecchio Biancomanto piena di vergogna, poi abbassai lo sguardo sulle mie mani che ora si tenevano l'un l'altra -Non ti ho mai considerata debole o stupida, ma questo è un fardello pesante da portare e tu sei molto giovane.- lasciai che si avvicinasse e mi mettesse le sue possenti mani sulle spalle -Ed è normale che provi paura. Chiunque la proverebbe. Ma sappi che essere lupi mannari non fa di noi mostri, non come credi almeno.- fece una pausa -Ti mentirei se dicessi che la voglia di sangue non c'è. La bestia che accetti nel tuo corpo ha dei suoi istinti ed esigenze. Ma spetta a noi, alla nostra parte umana reprimerli. È questo che ci distingue dagli animali completi.- ancora una volta i miei pensieri tornarono in quel momento in cui Vilkas aveva posato le labbra sulla ferita, al suo sospiro così carico di desiderio da farmi ancora rabbrividire al solo ricordo...
Doveva essere stato un trauma per lui, controllare la sete di sangue davanti ad una ferita.
Rimasi un po' in silenzio, poi iniziai a tremare.
-Mi dispiace...- sussurrai con voce rotta e abbracciai il Nord, affondando la testa nel suo petto, cogliendolo di sorpresa -Mi dispiace così tanto di aver dubitato di te.- come avevo potuto dubitare della persona che mi aveva dato tutto?
Tutti i giorni ringraziavo Kodlak di avermi aiutata, ma quando si era trattato di mettere in pratica le mie parole ero caduta al minimo fruscio di vento...
 
La liberano da quell'abbraccio forzato e cade a terra.
La schiena le lancia fitte di dolore che la paralizzano, non riesce nemmeno a muoversi.
-Iris!- riconosce la voce di sua madre, ma non riesce a chiamarla.
Ci prova, ma l'unico suono che esce dalle sue labbra è inarticolato e dolorante.
-Oh Azura...aiutaci tu ti prego.- sente un tocco lieve sfiorarla lì, dove una delle frustate l'ha colpita, e geme forte -Piccola mia...- sente la donna singhiozzare rabbiosamente mentre, con più delicatezza possibile, la gira e le sostiene il busto per fare in modo che le ferite non tocchino il terreno infetto, ma ogni movimento le causa dolore, non riesce a muovere un singolo muscolo.
-M-ma-mma...- tiene gli occhi chiusi, ma l'odore di sua madre è inconfondibile mentre la stringe al suo petto, un odore speziato e lieve che ha sempre saputo di casa, per lei.
-Sì, sono qui. Mantieniti cosciente, ce la fai.
-M-mi fa male...e...ho sonno.- mormora, e sente la donna gemere di paura.
-No, non ti addormentare, ti prego. Non ti addormentare!- la voce si fa sempre più lontana -Aiuto! Vi prego aiutatemi! È ferita, vi prego!- vorrebbe dirle di non piangere, che starà bene, ma non ce la fa, perché nemmeno lei ne è sicura e la paura inizia ad insidiarsi in lei come un serpente tra i cespugli in quel mescolarsi di emozioni.
Non riesce nemmeno a tenere gli occhi aperti.
-Aiu...
-Signora, calmatevi.- una seconda voce le arriva alle orecchie, una voce pacata di uomo.
-Voi chi siete?- sente la presa sulle sue spalle stringersi appena, ma basta quella piccola pressione a farla gemere ulteriormente,a causarle altro dolore.
-Dobbiamo spostarla in un luogo migliore. Venite con me. Farò in modo che riceva le cure necessarie.- si sente sollevare con facilità.
-Perché?
-Perché in questo mondo sporco di sangue salvare un innocente è il minimo che si può fare.- finalmente, anche se a fatica, apre gli occhi.
L'ultima cosa che vede prima di svenire è un vecchio dalla barba folta e bianca che la guarda. I suoi occhi sono la cosa più rassicurante che abbia mai visto.
 
-Avanti, non fare così.- la voce di Kodlak mi riportò alla realtà -Il tuo comportamento è dettato dalla tua giovane età. Tutti noi abbiamo passato ciò che stai passando tu adesso.- sorrisi, anche se amaramente.
-Forse mi sopravvaluti troppo. Forse sono semplicemente una ragazzina immatura.
-Forse.- concesse il Precursore sciogliendosi dal mio abbraccio -Spetta solo a te dimostrarmi il contrario.- si allontanò da me e tornò a sedersi al suo tavolo con un sospiro -Comunque voglio solo farti sapere che se vuoi andartene nessuno te ne farà una colpa.- mi prese in contropiede con quelle parole, ma non dissi nulla e lo lasciai parlare -Se non vorrai più proseguire per questa strada lo capirò. E lo stesso faranno gli altri. Non ci saranno...conseguenze.- abbassai lo sguardo.
-Davvero?- chiesi -Mi lascereste andare anche se conosco il vostro segreto?
-Ho abbastanza fiducia in te da credere che qualunque sarà la tua scelta saprai comportarti in maniera adeguata. Non rispondermi adesso.- mi interruppe con un cenno della mano quando feci per aprir bocca -Anzi, non mi rispondere proprio. Domattina se non ti vedrò, saprò che hai fatto la tua scelta.- detto questo distolse lo sguardo da me per concentrarsi su un libro posato sul tavolo, facendomi capire che la nostra conversazione era finita.
Lasciai la stanza di Kodlak in silenzio, ripensando a tutto ciò che ci eravamo detti: avrei potuto lasciare Jorrvaskr e raggiungere mia madre a Riverwood, lasciandomi dietro tutto ciò che riguardava i Lupi Mannari ed i Compagni oppure continuare per questa strada credendo che tutto sarebbe stato come prima.
Anche se ero consapevole che credere che niente sarebbe cambiato era da sciocchi. Tutto cambia, le cose, i luoghi, le persone. Soprattutto le persone, anche quelli che consideravi punti di riferimento indistruttibili potrebbero crollare come castelli di sabbia...
Ma questo lo avrei capito solo in seguito, avevo una decisione da prendere, una decisione che non mi fece chiudere occhio per tutta la notte, ma che alla fine era chiara nella mia mente.
Fu così che quando mi presentai il giorno dopo a colazione lo feci con il sorriso sulle labbra, cercando immediatamente lo sguardo di Kodlak: l'anziano Precursore era sorpreso, ma mi ricambiò dedicandomi uno dei suoi rari sorrisi.
Avevo scelto di continuare per quella via, avevo scelto di portare con me il fardello dei Compagni e farne parte. Come avevo detto a Vilkas, non avrei mai abbandonato i miei Fratelli e Sorelle di Scudo.
Ma mai è una parola infida, che quasi sempre viene smentita. Ma avrei capito anche questo, più in là, c'era ancora tempo. E per il momento mi godetti la sensazione di appartenere ai Compagni un po' di più.
 
Avevo deciso di rimanere a Jorrvaskr e così gli allenamenti ripresero, ma dato che Vilkas era ancora in fase di ripresa era Skjor ad allenarmi.
Skjor era uno dei membri più anziani tra i Compagni, ma era anche il più temuto dai nuovi arrivati: alto, con il viso deturpato da diverse cicatrici ed un occhio del tutto fuori uso a causa di una ferita che ne aveva fatto scomparire la pupilla, ma soprattutto dotato di una ferocia che persino Vilkas sembrava un tenero cucciolo a confronto.
-Su con quelle spalle, avanti!- esclamò con voce alta mentre portava un fendente che parai a fatica a causa della pesantezza dell'arma.
-Ci sto provando!- assicurai -M-ma l'ama pesa!
-Devi essere in grado di maneggiare ogni tipo di arma in caso di bisogno.- replicò secco il Nord attaccando il mio fianco sinistro, e per parare il colpo fui costretta ad indietreggiare per non risentire troppo dell'urto -Se dovessi trovarti con le spalle al muro e solo con un'ascia da guerra a disposizione, un martello o roba simile come pensi di comportarti, novizia?- se fosse stato Vilkas a chiamarmi Novizia mi sarei arrabbiata, ma Skjor aveva l'abitudine di chiamare Novizio chiunque al di fuori del Circolo, persino Athis che era entrato nei Compagni da prima del mio arrivo si sentiva ancora chiamare così -Farai gli occhi dolci all'avversario e gli chiederai di poter avere un'arma che incontri di più il tuo gusto?
-Potrei anche farlo.- pensai, ma preferii tacere mordendomi il labbro.
Se con Vilkas potevo permettermi certe uscite sarcastiche e, perché no, offensive, con Skjor la cosa era fuori discussione, sarebbe stato capace di farmi pulire le stalle dei Compagni per una settimana con solo l'ausilio di un cucchiaio.
Il suo ragionamento non era sbagliato, ma io ero convinta che cercando di farmi maneggiare armi in cui non ero portata mi stesse solamente causando disagio e guai...ma andarglielo a spiegare era fuori discussione.
Attaccai di nuovo, i muscoli contratti per lo sforzo di sollevare il martello da guerra, e cercai di sfondare la difesa del Compagno all'altezza del petto, ma lui si limitò a parare ed a farmi uno sgambetto che mi fece facilmente perdere l'equilibrio, ma rotolai via appena in tempo per evitare di finire sotto la sua arma, un'ascia da guerra più grossa di me, anche se rimasi disarmata e...
-Skjor.- la voce di Vilkas interruppe il nostro allenamento, ed entrambi ci girammo verso di lui -Per oggi l'hai umiliata abbastanza, Kodlak vuole vederci.- arrossii di sdegno.
-Non appena la tua ferita si sarà del tutto rimarginata ti faccio vedere chi umilierà chi!- ribattei puntandogli un dito contro mentre nell'altra mano tenevo il martello da guerra che praticamente mi ritrovai a strascinare dato che con una mano sola non ce la facevo a tenerlo.
L'infezione al fianco dovuta all'argento e allo sporco accumulato nella tomba aveva tenuto Vilkas a letto per qualche giorno, e anche se il Compagno era duro da abbattere risentiva ancora della ferita dato che la lama era penetrata in profondità. Era sconvolgente sapere che una bestia in grado di non ammalarsi mai e di sopportare cose ben più gravi si potesse piegare così malignamente ad un materiale elegante come l'argento, nonostante fosse un uomo robusto Vilkas portava ancora i segni della sua brutta avventura vissuta con me.
-Aspetta ancora un paio di giorni, mocciosa, e vedrai che ne riparliamo.- il suo mezzo ghigno non mi impedì di arrabbiarmi, ma almeno non gli mostrai il medio come più di una volta avevo fatto.
Perché dal Tumulo delle Vecchie Glorie, ferite e paura a parte, e da tutto ciò che ne era seguito avevo ottenuto qualcosa di importante, ovvero la stima di Vilkas: certo, il Compagno continuava ad essere irritante, presuntuoso e poco gentile come solito, ma negli occhi la scintilla di noia e compassione che gli vedevo sempre quando si rivolgeva a me era scomparsa. E dopo quello che aveva fatto in quella tomba non potevo fare altro che ricambiare, anche se tutto avveniva a modo nostro.
-Avete finito voi due? Hai detto che Kodlak voleva vederci, no?- intervenne Skjor e, senza tanti complimenti, seguì il licantropo.
-Ehi!-lo richiamai prima che sparisse -E io che faccio?
-Quello che ti pare, mi hai preso per la tua balia?- replicò burberamente l'uomo, e sono sicura di aver sentito Vilkas ridacchiare prima che entrambi sparissero all'interno di Jorrvaskr.
Ne approfittai per scaraventare a terra il martello con aria soddisfatta, ma dopo cinque secondi mi affrettai a raccoglierlo temendo di vedere arrivare Skjor incazzato nero, il Compagno teneva molto ai suoi bambini letali e vederne uno trattato in quel modo mi avrebbe fatto passare sicuramente dei brutti momenti.
Per il resto passai la giornata coltivando la mia passione segreta: la lettura.
Mia madre mi aveva insegnato a leggere e scrivere, ma era stato solo a Jorrvaskr che avevo scoperto quanto fosse piacevole immergersi in un libro, soprattutto per distogliere la mente da pensieri indesiderati o dai dolori post allenamento, e Jorrvaskr, al contrario di quanto uno possa pensare, è piena di libri su qualsiasi argomento, da manuali per la caccia e il combattimento a delle semplici raccolte di canzoni e storie.
Nella mia stanza ne tenevo moltissimi, la maggior parte nascosti sotto il letto per evitare che occupassero troppo spazio e soprattutto per evitare che venissero presi senza il mio consenso, sono sempre stata molto gelosa dei miei libri e non era raro che Vilkas me li soffiasse per poi rovinarmi il finale, come quando stavo leggendo “Ladro” e passandomi vicino sibilò due sole parole: lui muore.
Non ricordo cosa sia successo dopo, credo di avergli lanciato il libro. Se ci ripenso adesso non posso fare a meno di sorridere, ma sul momento dovevo essere davvero furiosa.
Comunque passai il pomeriggio a leggere finché non venne proprio Vilkas a cercarmi, entrando nella mia stanza senza troppi complimenti.
-Adesso bussare è troppo da pivelli?- chiesi senza staccare gli occhi dalle righe del libro, e lo sentii sbuffare.
-Staccati da lì e vieni con me.- disse, dirigendosi subito fuori dalla stanza.
-Aspetta!- esclamai lasciando “La Regina Lupo -Volume I” sul letto e andandogli dietro, chiudendomi frettolosamente la porta alle spalle -Dove stiamo andando?
-In cortile.
-In cortile? Ma vuoi allenarmi?
-Secondo te posso riprendere in queste condizioni?- effettivamente aveva ancora il fianco bendato, ma cos'altro poteva spingere Vilkas a portarmi in cortile a sera inoltrata?
-E allora che...?
-Accidenti quanto chiacchieri. Appena arriviamo, saprai.- mi interruppe lui, zittendomi e lasciandomi preda della curiosità per quel minuto che impiegammo per raggiungere il cortile, precisamente mi condusse sotto la grande statua di Ysgramor dove trovai, con mia gran sorpresa, il Circolo al completo con tanto di torce per illuminare la zona.
E a quel punto una consapevolezza si fece largo in me, così forte ed impetuosa da farmi stringere lo stomaco in una morsa di nervosismo ed eccitazione.
Kodlak con la mano destra lungo il corpo e la sinistra che reggeva una fiaccola stava al centro, alla sua destra Skjor ed Aela, alla sua sinistra Farkas.
Non riuscivo a smettere di fissarlo, non spostai lo sguardo da lui nemmeno quando Vilkas andò a posizionarsi accanto al fratello, cercando di placare i battiti del mio cuore sempre più agitato mentre Kodlak aprì bocca ed iniziò a parlare.
-Oggi accogliamo una nuova anima nel nostro gruppo mortale.- fece una pausa ed io strinsi forte i pugni per cercare di mantenere un certo contegno e dignità all'altezza della situazione, trattenendo appena il fiato quando l'uomo mi indicò con una mano -Questa donna ha resistito, ha combattuto ed ha mostrato il suo valore.- ero così stordita da tutto ciò che stava accadendo da non vedere né l'orgoglio del Precursore, né il sorriso soddisfatto di Aela.
-Chi parlerà per lei?- il silenzio in quel momento si fece ancora più pesante e i miei occhi vagarono istintivamente fino a Vilkas, al suo sguardo indecifrabile alla luce della torcia tenuta dal fratello gemello.
-Sono testimone del valore dell'anima dinanzi a me.- non potevo crederci.
Davvero aveva pronunciato quelle parole? Davvero stava parlando per me, garantendo il mio valore per poter entrare finalmente nella famiglia?
-Alzeresti lo scudo per difenderla?- chiese ancora Kodlak, ponendo a Vilkas la prima delle domande di rito necessarie per la spartana quanto significativa cerimonia.
-Le coprirei le spalle per impedire al mondo di sopraffarci.
-E brandiresti la spada in suo onore?
-La ricoprirei con il sangue dei suoi nemici.
Kodlak porse anche l'ultima domanda senza staccarmi gli occhi di dosso, studiando ogni mia reazione: nessuna emozione, nessuna traccia dell'affetto che mi aveva dimostrato in quei due anni di permanenza come aspirante Compagno, davanti a me non c'era il mio salvatore, ma il Precursore della Gilda più antica di Skyrim che mi stava giudicando, così come stavano facendo gli altri membri del Circolo.
Persino Farkas aveva un'aria più solenne del solito.
-E solleveresti una coppa in suo onore?
-Sono pronto ad intonare la canzone del trionfo mentre la nostra sala rimbomba con le sue storie.- concluse Vilkas, e non potei fare a meno di chiedermi cosa stesse pensando in quel momento, se davvero fosse convinto delle parole appena pronunciate.
-Il giudizio del Circolo è completo, dunque.- riprese il Precursore -Il suo cuore batte col coraggio e la furia che hanno unito i Compagni delle verdi estati lontane.- dovetti ricorrere ad ogni mia forma di autocontrollo per non scoppiare a piangere per la gioia che sentivo dentro, ripetendomi che per niente al mondo avrei dovuto rovinare quel momento che ricordo come uno tra i più belli e profondi di tutta la mia vita, ma un sorriso alla fine sfuggì alle mie labbra mentre il Nord concludeva la cerimonia -Che combatta insieme ai nostri, che le montagne risuonino ed i nostri nemici tremino al suo richiamo.
-Così sia.- gli altri quattro membri del Circolo pronunciarono la formula di chiusura, e con il calore del fuoco, gli occhi severi di Ysgramor e la luce della luna come testimoni, quelle due parole segnarono l'inizio della mia nuova vita come membro ufficiale dei Compagni.
 
Note dell'Autrice
Salve^^ Visto che domani sparisco per quattro giorni ho deciso di aggiornare prima, siete felici? *passa una palla di fieno, qualcuno si butta dalla finestra e in lontananza un bambino piange tra le braccia della madre* Emh...
Veniamo al capitolo >.>
Il dialogo tra Iris e Kodlak è stato tremendamente difficile da scrivere e non sono del tutto convinta, critiche e accorgimenti sono ben accetti^^ Per quanto riguarda la parte di Skjor, che dire? Mi diverte immaginare il Nord che incute timore a tutti, specialmente ad Iris, e ho immaginato che potesse avere una passione per le armi pesanti, una passione così zelante tanto da costringere i poveracci che gli stanno intorno a condividerla con lui, volenti o nolenti. Mi ricorda il mio senpai a karate...dettagli. Infine il tanto atteso momento: Iris è entrata a far parte dei Compagni, e la cerimonia è quasi uguale a quella del gioco, perché non me la sono sentita di cambiarla, l'ho trovata spartana ma profonda, esattamente lo specchio dei Compagni in sé, l'unico “lusso” che mi sono concessa è stata la notte ed una presunta statua di Ysgramor con tanto di targa “ad onorem” (si scrive così? °.°), perché mi piace arricchire Jorrvaskr con qualche particolare in più, come il cane xD Inoltre, come avete potuto leggere, è Vilkas a parlare in questo caso dato che è stato lui ad aver osservato Iris in quella che alla fine si è rivelata essere la sua Prova d'Onore.
Bon, ci leggiamo giovedì prossimo gente, spero che questo capitolo vi sia piaciuto^^
Special thanks to Valpur che continua a seguirmi in questo delirio <3
Lady Phoenix

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Capitolo 7
*** Chapter VI- News and confidences ***


Chapter VI
News and confidences
 
-Sono felice che tu sia riuscita a farmi visita.- sorrisi a quelle parole e mi sedetti su una delle sedie che circondavano il piccolo tavolo della cucina, guardando mia madre affaccendarsi per preparare il pranzo.
-Ti avevo promesso che sarei venuta.- le ricordai -Sono di qualche ora in anticipo sulla tabella di marcia, quale occasione migliore per poter passare un po' di tempo con te?
-Sono onorata.- mi prese in giro la redguard guardandomi divertita -Da quando sei entrata nei Compagni le tue visite si sono fatte più rare.
Sameera era una donna forte, ma una vita di fatica e soprattutto il lutto del marito l'avevano portata a dimostrare più dei suoi anni: il viso rotondo era ancora bello, con un naso piccolo, profondi occhi neri e la bocca carnosa, ma la pelle scura delle guance si stava già riempiendo di rughe ed i capelli neri, da me ereditati, presentavano qualche chiazza di grigio molto insistente. Studiavo il viso di mia madre ad ogni visita, trovandola ogni giorno sempre più stanca. Non intenzionata a smettere di lottare, ma stanca.
Sono tutt'ora convinta che una parte di lei sia morta con mio padre, quel giorno. Non me ne ha mai parlato e mai lo farà, credo. Forse una parte di lei credeva che non parlandone la cosa sarebbe rimasta un miraggio lontano, un brutto sogno da cui svegliarsi come spesso capitava a me...
-Sono stati mesi impegnativi, lo riconosco, ma non sono mai stata così soddisfatta.- ammisi senza scompormi, poi mi stiracchiai -E poi ammettilo che sei orgogliosa di me.- aggiunsi con un pizzico di spavalderia che non riuscivo proprio a reprimere, era ed è rimasta una parte del mio carattere che non ho mai domato del tutto.
-Come siamo presuntuose, ragazzina. Alla tua età non ero così.- alzando gli occhi al cielo spostai gli occhi verdi verso l'anzianissima bretone che sedeva a capotavola, intenta a pestare delle erbe con un mortaio.
Si faceva chiamare nonna Hannet, ma non c'era nessun legame di sangue a legarci: la vecchietta aveva accolto mia madre quando quest'ultima era arrivata a Riverwood, offrendole ospitalità in cambio di qualcuno che andasse a raccogliere le erbe di cui aveva bisogno per fabbricare pozioni curative, tisane, tutto ciò che si confaceva ad un'erborista, insomma, e che non poteva più procurarsi da sola a causa dell'età. Ovviamente le ero molto grata per aver dato una mano a mia madre per mettere radici nella sua nuova vita senza papà, ma non potevo fare a meno di considerarla strana, oltre che fuori di testa. Piccola, con la schiena incurvata dagli anni ed una chioma grigia legata sempre in un buffo chignon, la sedicente Hannet, di cui non ero sicura nemmeno del nome, ogni volta che andavo a trovarle amava raccontarmi aneddoti della sua vita (probabilmente inventati) che sosteneva mi avrebbero aiutata, un giorno.
-Hannet...
-Nonna Hannet, signorina.- mi corresse con tono petulante, e sbuffai appena mentre Sameera si girava per non far vedere la risatina che stava trattenendo faticosamente -La presunzione accorcia la vita, ricordatelo.
-Lo so, lo so. Me lo dici sempre e non sei l'unica.- osservai con un pizzico di irritazione, perché Vilkas amava ricordarmi che era per colpa della mia impulsività e spavalderia che spesso perdevo i nostri incontri.
-Ecco, fatti due domande.- alzai un sopracciglio -E non guardarmi così.
-Oh per l'Oblivion, certe volte sei peggio di Vilkas quando ti ci metti!- esclamai alzando le braccia al cielo, proprio mentre mia madre mi metteva davanti agli occhi una tazza di the fumante -Grazie.
-Parli spesso di questo Vilkas.- mi fece notare, e il gesto di portare la tazza alle labbra si bloccò a mezz'aria, ma prima che potessi parlare la voce di Hannet mi precedette.
-Sì, infatti. Chi è questo tizio?- pettegola la vecchietta, eh?
-Uno dei Compagni, chi vuoi che sia? La più grande piaga di Skyrim.- ribattei prima di bere un sorso dalla mia tazza per poi posarla sul tavolo -Lo nomino sempre perché ogni giorno mi pesta per almeno tre ore.- non capivo perché mi stessi giustificando, forse era lo sguardo indagatore di Hannet o il sorrisetto di mia madre a mettermi a disagio, fatto sta che non intendevo sollevare gli occhi dalla bevanda.
Ovviamente la mia opinione su Vilkas in quei mesi era migliorata, come ho già detto, ma il nostro rapporto non poteva essere tutto rose e fiori e la voglia di suonargliele di santa ragione ogni tanto si faceva ancora viva in me. Certo, il conoscere la sua identità di lupo mannaro, di cui ovviamente non avevo parlato con nessuno, mi intimidiva ancora dato che non era di certo una novità da digerire in qualche giorno, ma almeno stavo tenendo fede alla promessa che avevo fatto a me stessa: cercare di non vederlo con occhi diversi.
Perché pur di non perdere questa nuova, grande famiglia avrei affrontato ogni cosa, perfino la paura.
-Ma Vilkas è quel giovane con i capelli lunghi ed il gemello?- chiese mia madre.
-No, quello è Farkas, ma più o meno hai capito di chi parlo.
-Farkas, hai ragione. È che sono così uguali.
-Passaci un paio di giorni insieme e poi ne riparliamo.- replicai sorseggiando un altro po' di the, poi incrociai le braccia e misi su un'espressione solenne e cinica -“Hai ancora molto da imparare, novellina”, tzè.
-Beh, ha ragione.- ecco la vocina di Hannet a farmi saltare i nervi.
-Grazie tante, davvero!
-Ah, ma figurati.- una delle cose che più odiavo di quella stramba vecchietta era il non capire se lei comprendesse o meno il mio sarcasmo -Sei sveglia, ma ricorda: esisterà sempre qualcuno che lo sarà più di te.
-Va bene, va bene...- mormorai finendo il the, poi mi alzai e poggiai la tazza in una tinozza dove altre pentole di ghisa e piatti di coccio si facevano compagnia in attesa di essere lavati e riposti sulla credenza -Devo incamminarmi adesso- dissi dando un rapido bacio sulla guancia a mia madre -Devo essere a Jorrvaskr entro sera.
-Mi raccomando: attenta e non fare le... “porce cose”.- commentò scuotendo la testa con disapprovazione la signora.
Oh giusto, ho scordato di dirvi che la simpatica vecchietta era convinta che, vivendo insieme ad altri uomini, io non facessi altro che combinarne di cotte e di crude, e quelle presunte cotte e crude le chiamava “porce cose”. Spiegarle che vivere con degli uomini non significava per forza andare a letto con loro non era servito a niente.
-Non ti daranno mica un'altra missione?- mi chiese Sameera, spostando la conversazione via dalle “porce cose” di nonna Hannet, mentre asciugava un piatto -Sei appena rientrata.
-Faccio quello che mi chiedono di fare. E poi la paga è buona.- precisai, dato che da quando ero entrata a far parte ufficialmente dei Compagni i compensi si erano fatti più alti, così come i soldi che potevo permettermi di mandare a mamma e Nonna Hannet. Lei sembrò leggermi nel pensiero e posò lo straccio per poi prendermi il viso tra le mani e carezzarmi i tre graffi sul volto, la mia cicatrice.
-Senti, la paga è la cosa di cui ti devi preoccupare di meno. Devi tornare a casa viva e vegeta. Questo è quello che conta.- sbuffai, ma mi liberai in fretta della sua presa perché non vedesse l'inquietudine dei miei occhi.
Non le avevo detto cos'era successo nel Tumulo delle Vecchie Glorie, né dei draugr, su cui Kodlak mi aveva chiesto di mantenere il segreto, né dello stupro che stavo per subire, perché le avrei fatto solo passare inutili brutti momenti. Non intendevo infierire oltre sul suo cuore già appesantito.
-Starò attenta, davvero. Ma questa è la vita che ho scelto e non tornerò indietro, lo sai.
-Lo so.- sospirò lei riavvicinandosi a me e scostandomi una ciocca di capelli dal volto per portarmela dietro l'orecchio indugiando sulla mia guancia -Sei sempre stata così testarda, proprio come tuo padre.- una morsa dolorosa mi strinse lo stomaco nel sentirlo nominare.
Non parlavamo spesso di lui, era un ricordo ancora troppo vivo e doloroso perché potessimo affrontarlo e quella volta non fece eccezione, ma non dissi nulla temendo solo di ferire la donna che avevo davanti.
-Hai il suoi occhi...- continuò sorridendo -Verdi come gli alberi più belli di Skyrim.- ed io distolsi quegli occhi da lei, indietreggiando fino a liberarmi dalla sua presa dolce.
-Ci vediamo, mamma. Ciao nonna.- in fretta e furia mi chiusi la porta alle spalle e lasciai che il vento di Skyrim mi abbracciasse, togliendomi con il suo gelo la pesantezza che sentivo nel cuore.
Non provavo mai del vero freddo. Certo, come ogni essere vivente rabbrividivo nelle gelate, mi colava il naso e mi lacrimavano gli occhi quando il vento era troppo freddo, ma non ero mai arrivata a rischiare la morte per assideramento. A dispetto dei miei tratti, dei miei colori, dentro di me ero una Nord fatta e finita e mi godevo altamente questo pregio concedendomi lunghe passeggiate quando volevo isolarmi da tutto e tutti, il che non avveniva spesso.
Non ho mai amato la solitudine anche se un periodo ho viaggiato solo con me ed i miei spettri a tenermi compagnia, e...oh, sto tergiversando, perdonatemi.
Tornai a Jorrvaskr che era oramai notte fonda e trovai Aela che usciva proprio mentre io mi accingevo ad entrare.
-Ehi, dove vai?
-A caccia.- mi disse indicandomi l'arco che teneva sulla schiena con un cenno del capo.
Osservai la donna che per me era un'amica, oltre che un mentore: capelli castano rossicci mossi e ribelli, occhi chiari ed un viso bello “sfregiato” da una pittura di guerra, qualche rito per guadagnare il favore di Hircine, forse, a cui la donna era molto devota.
Era una cacciatrice straordinaria. Per tanti anni avevo creduto di sapere tutto riguardo alla caccia e come praticarla, ma mi bastarono pochi giorni con lei per capire che mi sbagliavo: quel che sapevo io non era altro che il niente, un piccolo granello di polvere, e che mai avrei finito di apprendere, che solo Hircine sapeva tutto riguardo al suo regno e che solo lei ci avrebbe concesso di conoscere qualcosa.
-Beh, divertiti.
-Puoi venire, se ti va.- mi invitò gentilmente, ma io scossi la testa e rifiutai.
-Sono appena tornata da una missione, ho solo voglia di un bicchiere di idromele e di andarmene a letto. Devo ancora fare rapporto.- un sorriso quasi selvaggio le solcò il volto.
-Allora buona notte. Eh, questi cuccioli non hanno la minima resistenza!
-Dammi di nuovo del cucciolo e ti pianto una freccia in fronte.- la salutai con sarcasmo per poi entrare definitivamente nella struttura, lasciandomi sfuggire un sospiro di stanchezza non appena mi sedetti -Casa!- esclamai con tono solenne.
Essendo presto per la cena la sala era ancora vuota, ma il mio stomaco brontolava con una prepotenza tale da ricordare un orso, così mi guardai intorno adocchiando le pietanze che già riempivano la tavola.
-Ce l'hai fatta?- Vilkas arrivò puntuale come sempre, e per tutta risposta gli porsi la mano aperta.
-Il pulcino è tornato nel pollaio, esigo la mia ricompensa.- un verso a metà tra sbuffo e risata fu la sua risposta mentre il sacchetto tintinnante finiva nella mia mano -Sono stati generosi.- considerai soppesandolo.
-La bella e giovane moglie di un vecchio mercante, cosa ti aspettavi?
-Effettivamente...- la giovane donna che avevo salvato era un'imperiale dalla pelle olivastra e dai grandi occhi scuri, con il mio intervento le avevo sicuramente fatto evitare un brutto momento a tu per tu con quei due banditi che l'avevano rapita, e mi stupii come una bella donna come lei potesse stare con un vecchio come l'apprensivo consorte -Il potere dei soldi.- ammisi ad alta voce.
-Che?
-Niente, niente.- con un cenno della mano sminuii il tutto, poi tornai a guardare gli occhi chiari di Vilkas -Piuttosto, è sparito un libro dalla mia stanza.
-Quindi?
-Ne sai qualcosa?
-Dovrei saperne qualcosa?- assottigliai gli occhi davanti al suo sorrisetto da schiaffi.
-Sappi solo questo: se mi riproponi lo stesso scherzetto di “Ladro” stavolta ti uccido.
-Come posso rovinarti il finale di un libro che non ho letto?- replicò lui, sedendosi davanti a a me e versandosi un bicchiere di birra per poi scolarselo tutto d'un fiato.
-Bastardo!- esclamai inforchettando con rabbia un pezzo di carne di cervo e sfogando su di lui quello che non potevo fare al Compagno, ma la mia attenzione venne dirottata dall'entrata di Skjor e della sua espressione accigliata.
-Che casino...- mormorò sedendosi di peso sul posto accanto a me -Che gran casino del cazzo!- esclamò.
-Che succede?- gli chiesi, e l'unico occhio sano del Compagno si posò su di me.
-Il Re dei Re Torygg. È morto.- io spalancai gli occhi, mentre Vilkas rimase impassibile anche se la scintilla dell'interesse era palese nel suo sguardo.
-Come è morto?
-Non si ha niente di certo. Si sa solo il nome del suo assassino: Ulfric Manto della Tempesta.
-Lo jarl di Windhelm?- chiesi, sempre più stupita.
Insomma, uno degli jarl aveva appena ucciso il suo re.
-E chi altri? Il fatto è avvenuto circa due giorni fa e sta già facendo il giro di Skyrim.
-E come l'ha ucciso?- il mio interesse era tutto per Skjor ed il suo racconto.
-È qui che sta il problema. Ulfric ha sfidato Torygg a duello, alla vecchia maniera Nord, insomma.- fece una pausa per addentare un pezzo di pane -Ma alcuni dicono che l'abbia ucciso trafiggendolo con la spada...mentre altri sostengono che abbia usato il Thu'um.
-Il Thu'um...- mormorai, inclinando la testa -Che cos'è?
-L'hanno già arrestato?- chiese Vilkas, impedendo a Skjor di rispondere e guadagnandosi un'occhiataccia da parte mia, che tuttavia rimasi in silenzio per ascoltare.
-No. L'orso di Markarth è riuscito a fuggire, approfittando della confusione. Ora si sarà rintanato a Windhelm.
-Ma senza alleati crollerà subito.- intervenni, perplessa -Insomma...si è messo contro tutta Skyrim!
-Non tutta.- replicò Skjor con un sorriso amaro -Nel Rift ed a Dawnstar Ulfric ha dei sostenitori, Laila Dona Legge e Skald il Vecchio lo appoggiano pienamente.
-Questo significa solo una cosa.- intervenne Vilkas con i gomiti appoggiati alle ginocchia e le mani a coprire la bocca, tanto che la sua voce risultò bassa anche se chiara -Scoppierà una guerra civile.- ero senza parole.
-Ma non può scoppiare una guerra civile così, di punto in bianco! Insomma, lui...
-Giusto, giusto...- mormorò Skjor ed io mi interruppi per ascoltarlo -Tu sei ancora giovane, Iris, e non puoi sapere. Ma questa è una storia che ha le sue radici nella Grande Guerra contro il Dominio. Non è altro che il frutto di un rancore nutrito e tenuto vivo che finalmente è sfociato in...questo.
-Ma anche se fosse perché sei così preoccupato?- gli chiesi.
Per quanto cercavo di capire, non ci riuscivo. Noi Compagni eravamo una fazione neutrale, poco più che mercenari anche se con una gloriosa origine, non ci eravamo mai schierati e sicuramente non ci saremmo schierati adesso.
-Non siamo forse neutrali?- chiesi poi, anche se l'idea di vedere l'Impero in difficoltà, colpito con tale ferocia, stuzzicava e carezzava la mia vendetta come un'amante voluttuosa.
-Ovviamente. I Compagni non si schiereranno.- precisò subito il guerriero -Ma come ti ho già detto la situazione è più grave di quello che possa sembrare.
-Soprattutto se dovessero mettersi in mezzo gli elfi.- aggiunse Vilkas con tono cupo.
-Gli elfi? Cosa centrano gli elfi adesso?- ero sempre più confusa, quella massa di informazioni stava facendo dolere la mia testa già stanca dal viaggio.
-Sai che la Grande Guerra è stata combattuta contro il Dominio Altmeri, giusto?- mi chiese rapidamente il più giovane, ed annuii -E sai anche come si è conclusa?
-Il Concordato...Bianco?- tentai cercando di ripescare qualche nozione dalla mia testa che in quel momento si rifiutava di collaborare.
-Della Torre di Oro Bianco. Che vieta il culto di Talos.- nel sentir pronunciare quel nome ebbi un tuffo al cuore.
 
Un amuleto gira lentamente, trattenuto da un piccolo cordoncino in mano all'uomo. Ricorda una piccola spada in miniatura, con tanto di manico ed elsa appena lavorata con una fantasia semplice, quasi scarna.
-E' la tua spada?- chiede la bambina, ed il Nord ridacchia lasciando la collana tra le sue manine perché possa guardarla meglio.
-No. Questo è il mio segreto, piccoletta.- a quelle parole i suoi occhi verdi, così uguali a quelli del biondo, brillano di curiosità.
A lei piacciono i segreti, le è sempre piaciuto scoprire cose di cui gli altri, gli stessi che ignorano la loro esistenza, non sospettano nulla.
-Il tuo segreto? L'hai rubata?- chiede poi, quasi preoccupata, perché la mamma dice che rubare è sbagliato, anche se poi loro rubano la cacciagione allo jarl.
Oh, non che lei sappia chi è lo jarl o cosa sia la cacciagione, ma è così che ha sentito parlare Sameera quando sia lei che il marito la credevano profondamente addormentata.
-No, no. Non è questo. Il mio segreto non è l'oggetto. È colui che rappresenta.- fa una pausa, si guarda intorno evidenziando il tono da cospiratore -Talos.
-Talos? È un tuo amico?- non capisce perché lui sia scoppiato a ridere e perché l'abbia presa in braccio, ma non può fare a meno di ridere a sua volta per questo.
-Più o meno. Lui è il grande che è stato capace di elevarsi tra le altre divinità. L'uomo diventato dio. Lui è un guerriero, il più grande, forse.- le spiega, mentre lei gli rimette la collana giocherellando con i capelli biondi del suo papà.
-Come quelli che venera mamma? Akatrosk?- hanno nomi così difficili, questi dei!
-Sì, come Akatosh.- gli occhi verdi del Nord diventano all'improvviso bui e la guarda serio, come mai l'ha guardata -Non dovrai dire a nessuno di questa cosa, hai capito?- e a chi vuole che lo dica?
Non viene mai nessuno nella loro casa in mezzo al bosco.
Ma questo non lo dice, si limita ad annuire, e lui si sistema di nuovo l'amuleto sotto la casacca, nascosto ad occhi esterni.
 
-...ripristinarlo.- concluse Skjor, riportandomi bruscamente alla realtà.
-Eh?- chiesi.
-Ho detto che una delle ragioni per cui Ulfric Manto della Tempesta porta rancore all'Impero è per aver permesso ai Thalmor di proibire il culto di Talos. Ed intende ripristinarlo.- ripeté, incredibilmente paziente, il compagno.
-Ah...capisco.- all'improvviso la guerra, i Compagni, tutto mi era lontano, l'immagine dell'amuleto di Talos di mio padre danzava ancora davanti ai miei occhi, tanto reale da poter allungare una mano e toccarlo proprio come avevo fatto da bambina -Ed è un male?
-Non è venerare Talos in sé per sé che fa la differenza. Ci sono culti peggiori, cucciolo.- mi apostrofò il guerriero mentre l'unico occhio marrone mi fissava serio -Pensa a Boethia, Malachat o Sanguine. Talos è la scusa che ha acceso la miccia. Non era altro che la brace pronta ad ospitare la fiamma.
-Quindi rischiamo una ripicca degli elfi? È questo che temi?- chiesi, iniziando capire -Temi che possano rompere il Concordato.
-Esattamente.
-Ma questo non accadrà finché l'Impero governerà Skyrim. E anche se le cose dovessero evolversi in maniera inaspettata non ci riguarda.- replicò Vilkas, ma il più vecchio scosse la testa.
-Se gli elfi invaderanno Skyrim ci riguarderà eccome. Ricordi chi sono i Compagni, vero?
-I cinquecento guidati da Ysgramor che scacciarono gli elfi da queste terre.- risposi io al posto del Nord allontanando da me il piatto con il succoso pezzo di carne, all'improvviso priva di appetito.
-Appunto.
-Avanti Skjor, non fasciamoci la testa prima di essercela rotta.- replicò il bruno, riprendendo il bicchiere con ancora un po' di birra -Stiamo parlando di qualcosa che è poco più di una ribellione. Stiamo facendo ipotesi di un futuro altamente improbabile quanto lontano.
-È sempre meglio essere pronti, Vilkas. Sei uno dei nostri guerrieri con più esperienza, ma a volte ragioni come un novizio.- con piacere notai le guance del Nord tingersi di rosso, un misto di imbarazzo e rabbia a colorarle, ed anche se cercai di nascondere il mio sorrisetto soddisfatto nel vedere Vilkas in difficoltà mi beccai ugualmente un'occhiataccia da parte sua -Gli elfi sono un pericolo, diciamolo. Non entreremo in guerra, ma io suggerisco di essere pronti a difenderci.
-Umh, l'Impero o gli elfi...non so cosa sia peggio.- borbottai -In ogni caso sembra che Skyrim sia destinata ad essere di nuovo macchiata dal sangue dei suoi figli.
-Come siamo poetici!- mi prese in giro Vilkas.
-Fottiti.
-Dopo di te.
-Oh, non intendo essere spettatore della vostra lite da ragazzini.- Skjor mi anticipò alzandosi e dirigendosi verso gli alloggi -Vilkas, quando hai finito raggiungimi, devo parlarti.
-Va bene.- così rimanemmo soli.
Per un po' il silenzio regnò sovrano, ma venne presto spezzato.
-Mio padre venerava Talos.- dissi, all'improvviso e senza alcun collegamento -Teneva un amuleto sotto la casacca.- lui non rispose, si limitò a fissarmi a lungo e credetti che non avrebbe risposto, ma quando stavo per dirgli che me ne stavo andando mi anticipò.
-È per questo che l'hanno...?
-No.- lo interruppi, e dopo aver appoggiato un gomito sul tavolo mi passai una mano tra i capelli.
Erano oramai lunghi fino a metà schiena ed avevano bisogno di essere tagliati, ma per mancanza di voglia e tempo continuavo a rimandare, anche se tenere i capelli corti è utile a prevenire pidocchi ed altri imprevisti del genere.
-Cacciava di frodo nei territori dello Jarl.- conclusi -Il suo unico crimine è stato far sopravvivere la famiglia.
-Non poteva fare altri lavori?- non c'era scherno nel tono del Nord, mi stava semplicemente ascoltando e gliene fui grata.
-Ha combattuto nella Grande Guerra. Aveva una ferita alla gamba che a volte lo faceva stare a letto per giorni. Anche per settimane.- abbassai lo sguardo, fissando con un sorriso amaro il pavimento -Nessuno vuole un lavoratore che non può garantire la propria disponibilità in maniera costante.- deglutii -Ancora non capisco come hanno fatto a trovarci, davvero. Non capisco.- la mano che avevo tra i capelli si strinse intorno ad essi, causandomi dolore alla cute, dolore che ignorai -Per anni siamo rimasti nascosti lì. Per anni... e all'improvviso sono arrivati. Erano... sei, credo. E come una stupida ho lottato, credevo davvero di poter fare qualcosa.- sospirai e cercai persino di ridere, anche se non mi riuscì molto bene -Ho attaccato un ufficiale con un pugnale, ti rendi conto? Dovevo essere idiota, che dici?- ancora una volta ottenni il silenzio, in quel momento sembrava che Vilkas non stesse nemmeno respirando -Mi sono beccata dieci frustate per aver attentato alla vita di un ufficiale imperiale. Ma loro per aver distrutto una famiglia si sono presi una ricompensa, la taglia sulla testa di mio padre.- non capivo perché gli stessi dicendo quelle cose, così di punto in bianco, perché gli avessi raccontato dei segni che ancora mi decorano la schiena, che mostrano un pezzo della mia storia che voglio ed al tempo stesso non voglio dimenticare.
Chi mi assicurava che Vilkas volesse ascoltarmi? Probabilmente lo stavo annoiando e costringendolo a rimanere lì a fissarmi, ad ascoltare i deliri di una povera scema in fase lacrimosa. Questo mi dicevo.
-Scusami, non volevo usarti come sfogo.- dissi poi cercando di ricompormi -Dimentica quello che hai sentito, va bene?
-Lo farò se tu lo vorrai.- replicò lui, ed io lo guardai sorpresa -Siamo Fratelli di Scudo, ricordi? Sei stata tu stessa a dirmelo in quella tomba.- gli ero grata e gli dedicai un sorriso sincero, un sorriso che mai avevo rivolto a lui e che dovette in qualche modo metterlo in imbarazzo dato che distolse perfino lo sguardo -Ora va' a dormire.- mi disse -E vedi di riprenderti. Sai, potrebbe sfuggirmi che sei più frignona di quanto appari.- spalancai gli occhi, presa alla sprovvista da quel cambio di tono e atteggiamento da parte sua, e la mia risposta arrivò più tardi del solito.
-In quel caso la tua stanza potrebbe accidentalmente essere messa sotto sopra da uno skeever, ti avverto.- lo minacciai, poi mi alzai in piedi -Ora vado, la tua faccia stasera mi ha stancato.- non sentii la sua risposta, ma qualunque cosa avesse detto non me la sarei presa. Perché lui era Vilkas e quello era il nostro modo di relazionarci, lui era il mio Fratello di Scudo ed il mio miglior nemico, e con nessun altro avrei potuto avere quel rapporto.
Ancora non lo accettavo, ma l'uomo stava iniziando a prendere un posto speciale in me che si distanziava da tutti gli altri.
 
Note dell'Autrice
Salve!
Beh, che dire? Questo capitolo sinceramente lo trovo un po' così, è il classico capitolo di passaggio dove sto seminando indizi per il futuro sviluppo della storia :)
Qui due nuovi personaggi fanno la loro comparsa: Sameera e Nonna Hannet. Vi giuro, la vecchietta non so proprio dove mi è uscita xD semplicemente picchiettava e brontolava nella mia testa perché la inserissi ed eccola qui in tutta la sua saggezza, che cerca di proteggere Iris dalla vita e soprattutto dalle “porce cose” >.> ma cosa nasconde? Tutto e niente, chi può dirlo? E poi c'è lo scoppio della guerra civile, Ulfric ha dato il via alle danze e come tutti sappiamo ci saranno delle conseguenze, e che conseguenze!
Ma ora la realtà che ci interessa è Jorrvaskr, quindi godiamocela :D
Come solito, special thanks to Valpur ^_^
Ci becchiamo giovedì prossimo, i capitoli che preferisco sono sempre più vicini **
Lady Phoenix

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Capitolo 8
*** Chapter VII- Hot embers ***


Chapter VII
Hot embers
 
-Non mi dire che bastano un paio di lupi per metterti in difficoltà?- mi chiese Vilkas ferendone uno all'addome.
-Ma figurati. Piuttosto, i tuoi sensi da amico degli animali non avrebbero dovuto accorgersi di loro?
-Per cosa mi hai preso, un incantesimo di localizzazione?- mi chinai per schivare l'assalto di un altro lupo e lanciai rapidamente la freccia che lo colpì alla testa, facendolo accasciare con un guaito di dolore.
-No, però uno con l'olfatto e l'udito sensibile come il tuo avrebbe dovuto sentire i suoi simili andargli incontro incazzati neri, non credi?
-Meno chiacchiere, più affondi.- sorrisi, consapevole di averlo messo alle strette, e scattai all'indietro per evitare il morso di uno dei lupi che circondavano me e Vilkas, poi estrassi il pugnale dal fodero che tenevo alla cintura e cercai di affondare la lama all'altezza della clavicola della bestia, che tuttavia riuscì a spostarsi per poi assaltarmi di nuovo, e stavolta caddi a terra.
-Cazzo!- con le mani che spingevano contro la pelliccia nera del canide cercai di allontanarlo il più possibile dalla mia faccia, ignorando l'alito che sapeva di carne e gli sputacchi di saliva -A c-cuccia bello! A cuccia!- il continuo ringhiare ed abbaiare del lupo mi stava assordando, e capii che dovevo fare qualcosa -A c...- Vilkas lo spinse via colpendolo con la spada senza tuttavia ferirlo, ma almeno potei rialzarmi e recuperare il pugnale -Avevo tutto sotto controllo.
-Prego, non c'è di che.- replicò lui, ma io non gli risposi e mi concentrai sul lupo che si stava rialzando, dedicandogli un sorriso vendicativo.
-È l'ora di diventare un bel cappuccio, bestiaccia...- riuscimmo ad avere la meglio sui lupi facilmente e alla fine tirai un sospiro di sollievo.
-Adoro poter dire “e anche questa è fatta”.- ammisi riponendo il pugnale nel fodero dopo averlo pulito sulla pelliccia di un lupo, l'ultimo da me abbattuto.
-Sì, peccato che oramai sia buio.- dichiarò Vilkas con gli occhi rivolti al cielo ed io lo imitai, godendo della visione della bellissima volta notturna che Skyrim regalava ai suoi abitanti in quelle notti d'estate.
-E se ci accampassimo?- proposi stiracchiandomi -Sinceramente parlando sono stanca, e non credo che anche tu salti di gioia all'idea di una cavalcata notturna, no?
-Umh.- quel mugugno fu l'unica risposta che ricevetti.
-Lo prendo per un “va bene”.- dissi soddisfatta -Vado a cercare della legna per il fuoco.
-Lascia stare, faccio io. Tu torna dai cavalli ed aspettami lì.
-Ah...va bene.- lieta del non dover raccattare legna in giro mi diressi verso i cavalli che avevamo lasciato in una radura poco più in là del nostro scontro con i lupi e sistemai qualche provvista nell'attesa del ritorno di Vilkas.
L'attacco del branco di lupi non era stato che il finale di una missione faticosa svolta in un vecchio forte vicino Winterhold che aveva visto come protagonisti me e Vilkas contro un gruppo di Mano d'Argento, che la settimana prima aveva commesso l'errore di saccheggiare il carro con le provviste dirette a Jorrvaskr: a dispetto della mia convinzione che i su detti esaltati fossero solo un gruppo ristretto, avevo appreso da Kodlak che invece erano una vera e propria banda allargata, con più gruppi e diversi nascondigli situati spesso e volentieri in fortini o case abbandonate. Scoprii anche che erano organizzati, efficienti e soprattutto dotati di un sadismo che mai mi sarei aspettata.
Nel fortino infatti avevamo trovato il cadavere di un lupo mannaro ancora trasformato: doveva essere morto da poco a giudicare dalla mancata puzza e dal sangue ancora fresco delle ferite, e per fortuna avevamo evitato che potessero iniziare a scuoiarlo come sembravano intenzionati a fare dati gli strumenti che trovammo accanto al corpo della bestia.
Vilkas non aveva detto niente, ma non doveva essere stato bello vedere un proprio simile ucciso e probabilmente torturato in quel modo e avevo lasciato che si sfogasse sui carnefici con violenza, senza rimproverarlo ma, anzi, desiderando ed invidiando la sua forza per poter a mia volta fare a pezzi quei bastardi che avevano quasi ucciso Vilkas e stuprato me.
-Dici che i lupi sono commestibili?- chiesi al Compagno quando lo vidi tornare con un po' di legna.
-Non ne ho idea. Ne ho uccisi moltissimi, ma mai mangiato uno.- mi rispose dopo avermi guardato un attimo, poi posò la legna a terra con un sospiro -Vuoi festeggiare con una delle tue vittime?- ovviamente mi stava prendendo in giro, e subito le mie guance arrossirono di fastidio.
-Era solo per parlare.- mormorai, poi feci qualche carezza sul muso del quadrupede che ultimamente stava diventando il mio preferito, soprattutto per quei suoi occhi di un azzurro chiarissimo -Tu si che mi capisci, vero?
-Parli con un cavallo, adesso?
-Avresti qualcosa in contrario?
-Non sia mai.- Vilkas aveva sistemato la legna ed armato di due pietre e poca pazienza stava cercando di accendere il fuoco.
-Un po' di magia ci farebbe comodo, adesso.- osservai sedendomi accanto al Nord, ma lui sbuffò.
-Che sia maledetto in eterno se non riesco ad accendere un fuoco. E poi i Compagni non usano la magia.
-Lo so, ma non puoi negare che...
-Io accenderò questo fuoco senza l'aiuto di una stupida magia, è chiaro?- mi interruppe lui a denti stretti, ma per sua sfortuna e per mio sommo divertimento non doveva essere la sua serata fortunata, in quanto dopo sei o sette tentativi le scintille non si decidevano a comparire -Maledetti sassi del cazzo!- esplose alla fine ed io, oramai rossa in faccia a forza di trattenermi, scoppiai a ridere senza ritegno alcuno finendo per sdraiarmi a terra -Non c'è niente da ridere!
-Oh, invece sì.- ribattei, ancora tra una risata e l'altra appoggiandomi su un gomito per guardarlo meglio, poi misi su un'espressione di finto dispiacere -Non ti preoccupare, con gli anni è normale perdere qualche colpo.
-Non provocarmi, oggi non te la lascerei passare.- mi avvertì lui stringendo le pietre in pugno, ma io non riuscivo a smettere di ridere, vederlo in quella situazione di rabbia ed imbarazzo lo rendeva quasi adorabile.
-Sarà, ma io non vedo nessun fuoco qui. E tu?- gli chiesi, poi gli porsi la mano -Dammi qua, ci provo io.
-No, ce la faccio.
-Avanti, hai già avuto il tuo momento di gloria, campione.
-L'ora del pisolino è passata da un po' per i cuccioli o sbaglio?- replicò lui.
-Sono nei Compagni da un anno, la storia del cucciolo non funziona più. Ed ora dammi qua.- iniziavo ad infastidirmi, avrei avuto quelle pietre, che lui volesse o meno.
-Sta' al tuo posto.
-Il mio posto?- assottigliai gli occhi -Vilkas, o mi dai quelle pietre, o me le prendo da sola.- lo avvertii, ma tutto quello che ottenni fu un mezzo ghigno che mi fece ribaltare lo stomaco.
-Accom...- non fece in tempo a finire la frase che, dopo avergli dedicato un sorrisaccio vendicativo, gli saltai letteralmente addosso per potergli strappare quei maledetti sassi dalle mani -Maledetta, tu sei una scimmia, non una Nord!- esclamò quando riuscii ad atterrarlo ed allontanando la mano che stringeva i tanto desiderati oggetti.
-Dammi questi dannati sassi e non darmi della scimmia!- ribattei allungando una mano per cercare di prenderli.
-Levati o ti faccio arrivare a Jorrvaskr volando.- la nostra buffa lotta si concluse con un nulla di fatto dato che io passai i successivi dieci minuti a sbracciarmi per arrivare ai sassi e Vilkas ad impedirmelo, e alla fine crollai con uno sbuffo su di lui.
-Sei un'idiota.- mormorai, poi sorrisi contro il suo petto -Ti batte forte il cuore. Sei già affaticato?- alzai lo sguardo verso di lui pronta a ricevere una rispostaccia che non venne.
Detestavo ammetterlo perfino a me stessa, ma gli occhi di Vilkas erano per me una calamita potente: chiari, indecifrabili, eppure in grado di bruciare come il fuoco. Mi ritrovai ad osservarlo, spostando lo sguardo lentamente dai suoi occhi alle guance, infine alla bocca, quasi ipnotizzata, come se lo vedessi per la prima volta.
Ma, devo ammetterlo, non era la prima volta che guardavo Vilkas in quel modo: nei giorni precedenti mi ero ritrovata spesso a pensare a quando la trasformazione da lupo aveva lasciato posto al corpo allenato dell'uomo nudo, e mi ero sorpresa a desiderare di rivederlo inoltre durante gli allenamenti, che si erano fatti più radi con la mia ammissione tra i Compagni, avevo iniziato a sentire un'elettricità che mai avevo provato toccandolo, ogni presa, ogni sospiro da parte sua mi facevano impazzire.
Timidamente allungai la mano verso il suo viso, sfiorandogli la guancia resa ispida dalla barba leggera, e lui non si ritrasse, così prolungai ulteriormente quel contatto, trattenendo a fatica un sospiro languido.
E non resistetti più.
Mi chinai su di lui e lo baciai, un bacio timido e timoroso che non credevo potesse appartenermi. Ricordo che aveva le labbra morbide e che la barba mi faceva un po' solletico, ricordo che lo sentii trattenere il fiato, forse colto di sorpresa dalla mia audacia, e ricordo anche di aver avuto paura per un attimo, paura che mi respingesse quando invece avevo il grande bisogno di essere accettata e soprattutto amata. Non me ne ero mai resa conto, ma in quegli anni mi era mancato qualcosa, qualcosa che non ti può dare un genitore o un amico, come non può dartelo una guida. Avevo bisogno dell'amore: non un amore folle, da canzone, non di un amore limpido o facile, ma ne avevo fame ed era con lui che avrei voluto saziarmi.
Poi lui schiuse la bocca e finalmente mi ricambiò passandomi le dita tra i capelli ed attirandomi ancora più a sé, chiusi gli occhi cercando di assaporare al massimo il suo respiro caldo, la sua lingua in quel bacio che si fece sempre più appassionato finché il Nord non ribaltò le posizioni con un colpo di fianchi intrappolandomi tra sé ed il tappeto erboso della radura, continuando a baciarmi.
Il calore, le fitte di desiderio che dal ventre mi percorrevano il corpo, la fretta che mi faceva tremare, erano tutte sensazioni nuove per me: avevo ventitré anni, ma per la maggior parte della mia vita ero cresciuta isolata dal mondo e non avevo avuto la possibilità di conoscere la sessualità ed il desiderio, e per i primi anni tra i Compagni ero forse troppo spaventata, troppo presa da altri obiettivi per badarci, ma in quel momento la necessità repressa veniva finalmente fuori con Vilkas, con i suoi baci e la sua mano che si posò sui miei fianchi per percorrere la linea del corpo lentamente, fino ad arrivare al laccio che teneva insieme il busto di cuoio che indossavo.
Solo allora si fermò, smise anche di baciarmi per potermi guardare, e capii che mi stava chiedendo un permesso che gli diedi con un cenno del capo per poi attirare di nuovo il suo viso a me, ansiosa di baciarlo di nuovo. Non gli impedii di tirare quel laccio, né di toccarmi quasi timidamente il seno, tocco che mi causò un brivido, lasciai che la sua bocca abbandonasse la mia per concentrarsi sul collo, le spalle e più giù. Inarcai la schiena e gli affondai ancor più le dita tra i capelli scuri, trattenendolo sul mio corpo perché vi indugiasse, non sentivo niente se non il calore che dal basso ventre si propagava nel resto di me, un calore che mi faceva scottare il viso ed arrossire le guance mentre i nostri sospiri spezzavano il silenzio quasi innaturale della radura.
Mentre le sue mani mi artigliavano le cosce ed io gli leccavo il collo, il licantropo si lasciò sfuggire un ringhio sommesso contro il mio orecchio, facendomi irrigidire: per un attimo nel sentire quel verso così animalesco mi era tornata in mente l'immagine della belva che aveva ucciso quelle persone al Tumulo delle Vecchie Glorie, e anche Vilkas dovette notare il mio irrigidimento improvviso, perché si fermò.
Per mia fortuna posso dire che mi ripresi quasi subito e altrettanto rapidamente cercai di riprendere ciò che avevo interrotto, ma questo non sembrava concordare con le intenzioni di Vilkas dato che rimase rigido come un bastone e si scostò da me per guardarmi in faccia.
-Cosa c'è?- gli chiesi, in soggezione davanti a quello sguardo tagliente e freddo che solo un attimo prima sembrava bruciare più delle fiamme, e il Nord scosse la testa e si alzò, allontanandosi da me -Vilkas che ti prende?
-Lasciamo perdere, è meglio così.
-Come?- potete immaginare il mio stato d'animo in quel momento -Ma...perché?- chiesi, un misto di furia, incomprensione e desiderio che si alternavano in me.
-Perché non è il caso.
-Non ti piaccio, forse?- gli chiesi, perché non sapevo cosa pensare, e lui inspirò profondamente.
-Non è questo. Decisamente non è questo.
-E allora perché?
-Ti ho spaventata.-spalancai gli occhi ma non dissi nulla, e Vilkas poté leggere nel mio silenzio quella verità che non credevo potesse turbarlo tanto.
-È stato solo un attimo. Tu non mi fai paura.- gli assicurai alzandomi da terra e andandogli incontro -Non voglio smettere.
-Ma io sì.
-Perché....- mi massaggiai le tempie cercando di mantenere un atteggiamento calmo, ma la frustrazione di aver interrotto il tutto mi stava facendo venire un nervoso incredibile -Perché la fai tanto lunga?
-Perché sono un licantropo, accidenti! E tu, nonostante sia passato più di un anno da allora, hai ancora paura di me, del fatto che possa perdere il controllo. Ma non ti biasimo- ammise recuperando le pietre focaie, le stesse per cui era iniziato il tutto, ed tornando ad armeggiarvi -A volte mi risulta difficile controllar...- lo interruppi dirigendomi verso di lui e prendendolo per le spalle, per quanto la differenza di altezza me lo permise, e lo fulminai con lo sguardo.
-Stammi bene a sentire, razza di deficiente- quello che doveva essere un tono calmo fu invece un vero e proprio ringhio -Avevamo già parlato della questione del lupo, e non mi importa, non più accidenti! Sto morendo per te e se non mi soddisfi ora sappi che arrivati a Jorrvaskr ripiegherò su Farkas e lo costringerò a fare sesso con me! Vuoi questo?!- se non fossi stata così frustrata avrei potuto anche ridere della faccia sconvolta che fece, ma come ho già detto non ero proprio in vena di risate e tutto quello che feci fu fulminarlo con lo sguardo e mettermi le mani sui fianchi.
Il Nord spalancò gli occhi, almeno ebbe la delicatezza di rimanerci male.
-Non dire più una cosa del genere, è veramente un'immagine di merda.
-Infatti quella di prima era molto meglio!- tornai alla carica -Te l'ho detto, non ho paura. È stato solo un attimo. È passato...
-No. Almeno non c'è stato niente di irreparabile.- a dispetto del suo sguardo che ancora indugiava su di me e sulle curve del mio corpo, il tono di Vilkas non ammetteva repliche e le sue parole mi fecero rimanere di sasso.
-Irreparabile...- ripetei amaramente -Ne parli come se si trattasse di un errore.- gli feci notare, poi abbassai lo sguardo, improvvisamente amareggiata.
-Per la Barba di Shor, non...- lo sentii sospirare pesantemente e poco dopo le sue mani sulle spalle mi costrinsero a guardarlo di nuovo -Non sei solo tu, va bene? È...la licantropia.- fece una pausa -Da un paio d'anni io, Farkas e Kodlak abbiamo deciso di rinunciare al sangue della bestia.- spalancai gli occhi, non me l'aspettavo -Purtroppo non esiste nessuna cura certa, e l'unico modo per evitarla è non trasformarci. Ma è difficile, accidenti.- mi lasciò di scatto e mi diede le spalle, i pugni stretti tremavano di rabbia e frustrazione -Lo sento continuamente. Sento sempre il richiamo del sangue.- deglutii, non riuscivo a staccargli occhi di dosso -E quella volta al Tumulo delle Vecchie Glorie non avrei dovuto cedere.- non gli chiesi a cosa si riferiva, se all'avermi leccato la ferita oppure al fatto di essersi trasformato, ma non glielo chiesi -È la prova che ancora non sono in grado di controllarmi del tutto. Se non posso domare i miei istinti come posso...?- si interruppe.
-Come puoi...?- lo invitai, ma niente.
-Lascia perdere.- capii che Vilkas non avrebbe detto una sola parola in più, e questo mi rese ancora più arrabbiata e perplessa.
-Infatti. Lasciamo perdere.- ripetei, poi mi affrettai a darmi una sistemata, riallacciando il bustino -Fai la guardia tu, no?- chiesi mentre, finalmente, Vilkas riusciva ad accedere il fuoco.
Pessimo tempismo.
-Sì. Tu dormi.- non risposi mentre mi sedevo e guardavo il fuoco insistentemente. Normalmente avrei apprezzato il torpore che dava, ma quel calore, così blando rispetto a quello sentito poco prima tra le braccia di Vilkas, mi sembrava quasi fittizio.
Incapace di guardarlo mi stesi sull'erba e gli diedi le spalle, mettendomi a fissare il fitto della foresta che si estendeva intorno al nostro bivacco e cercando di ignorare le fitte che il mio corpo sveglissimo ed insoddisfatto mi mandava ancora. Credevo che non avrei chiuso occhio, ma a quanto pare mi sbagliavo: infatti, non mi ci volle più di qualche minuto per prendere sonno...
 
Ancora il gelo che la avvolge, ancora quel vuoto vivo che la segue, le parla, la tocca, anche, spingendola in avanti.
Non capisce perché, ma lei cammina, perdendosi ancora in quelle voci che cantano, cantano solo per lei.
 
Fah Hin Kogaan Mu Draal
 
Cosa stanno dicendo? Perché si ostinano a cantare quella strana lingua? Perché si ostinano a rimanere in silenzio alle sue domande che si perdono echeggiando nell'azzurro?
-Dove siete?- mormora correndo verso il nulla, guardandosi freneticamente intorno -Chi siete, accidenti?- si ferma un attimo piegando le ginocchia, riprendendo fiato -RISPONDETE!- e come spaventate, le voci si dileguano, insieme alla luce -N-no...- mormora, perché sa cosa accadrà adesso -N-non lasciatemi qui! Non lasciatemi sola, vi prego!
 
Los Hin Heyv
 
Queste sono le ultime parole che le vengono rivolte prima che il ruggito si manifesti di nuovo e la paura la geli sul posto come un incantesimo. È possibile per la notte diventare ancora più buia? Perché qui è proprio quello che sta accadendo, tutto sembra farsi più scuro mentre il nulla, ora di un nero pece, inizia a tremare costringendola a piegarsi in ginocchio, come tutte le volte.
 
Fu con sollievo che mi svegliai di nuovo, nella radura.
-Che ti prende?- mi girai di scatto a guardare un perplesso Vilkas, ma non gli risposi.
Quel sogno mi avrebbe fatto diventare matta.
Non era la prima volta che vivevo quelle sensazioni, che udivo quella lingua, ed ogni volta un nuovo particolare si aggiungeva a ciò che ricordavo, come se il sogno continuasse di volta in volta, facendosi più ricco ed inquietante.
-Niente.- mormorai passandomi le mani sul viso e senza guardarlo in faccia, poi mi alzai in piedi -Vado al fiume.
-Sei sicura di...?
-HO DETTO DI SÌ, ACCIDENTI!- e senza dare tempo a Vilkas di riprendersi dalla mia poco gentile risposta mi diressi a passo di marcia verso il fiumicello non troppo distante dal nostro bivacco, anche se più che un fiume avrebbe potuto essere considerato un ruscello considerando che l'acqua doveva arrivarmi massimo al bacino e che era così trasparente da poter vedere i pesci guizzare via.
Lì mi inginocchiai sulla riva e bevvi avidamente perché avevo la gola secca, poi abbassai lo sguardo sulle mani che tremavano, esattamente come la ogni volta che quel sogno (o ancora meglio incubo) veniva a farmi visita.
Non poteva essere un caso. Mi ero detta che una volta poteva capitare di sognare qualcosa di strano, anche due, ma a questo punto mi stavo convincendo che quelle strane voci volessero davvero dirmi qualcosa. E ci rimuginavo, ci rimuginavo ogni notte fino a crollare di nuovo in un sonno senza sogni e seppellire tutto la mattina dopo.
Non so quanto restai a fissare il mio riflesso, la mia espressione accigliata su quel volto scuro che tutto poteva sembrare tranne che quello di una Nord: naso un po' aquilino e con una piccola bozzetta a causa della frattura che mi feci a sette anni, sopracciglia nere e delineate, bocca carnosa e di un rosso scuro e tre graffi che sfregiavano la guancia sinistra. Quella era Iris, membro dei Compagni che in quel momento era più spaventata di una ragazzina.
Il mio riflesso mi restituì una smorfia infastidita, allora colpii con la mano la superficie dell'acqua, non senza veemenza, e mi alzai per poi tornare da Vilkas, che trovai seduto accanto al fuoco con un'espressione accigliata sul volto.
-Si può sapere che ti è preso?
-Niente che ti riguardi.- mi sedetti per poi stendermi di nuovo, nello stesso posto di prima -Torno a dormire.- e gli diedi le spalle.
-Iris...
-Non ho voglia di parlare.- lo interruppi subito, assottigliando gli occhi verso il buio della foresta -Davvero, lasciami stare.- credetti che il Nord sarebbe rimasto in silenzio, invece lo sentii emettere uno sbuffo infastidito.
-Fai come ti pare.- mi morsi il labbro per trattenere un'altra mala risposta, preferendo la subdola cattiveria del silenzio che feci cadere tra di noi per il resto della notte.
 
Ripartimmo all'alba dopo aver spento il fuoco e sellato i cavalli. Se non fossi stata tutta un dolore a causa della notte passata a dormire a terra ed alle ammaccature post missione avrei cavalcato anche abbastanza velocemente, ma come ho già detto questo non mi fu possibile ed impiegammo due giorni prima di arrivare a Whiterun, due giorni in cui Vilkas non tentò più di toccarmi o di parlare di ciò che era accaduto tra noi. E questo mi faceva impazzire ed arrabbiare al tempo stesso, perché se prima avevo almeno le battute e l'ironia, in quel momento non avevo niente da dire a Vilkas né lui a me. Posso dire con sicurezza che, emotivamente parlando, fu una delle cavalcate più stancanti della mia vita.
Il silenzio venne rotto all'alba del secondo giorno di cavallo, nel pomeriggio saremmo arrivati a Jorrvaskr, ma qualcosa ci rallentò.
Da lontano, precisamente nel luogo dove sorgeva una piccola fattoria vicino alla quale eravamo passati all'andata, veniva una colonna di fumo.
-Vilkas, guarda.- gli indicai con la testa la linea grigia che saliva verso il cielo, ed il Compagno tirò le briglie del cavallo per farlo rallentare e fermare proprio accanto a me -Che succede?- lo vidi assottigliare gli occhi chiari e stringere appena le briglie.
-Andiamo a controllare.- capii che la sua non era una proposta e diedi una piccola botta con i talloni sui fianchi del cavallo per fargli aumentare il passo, arrivando ad una vera e propria corsa che ci portò alla fattoria, o meglio a quel che ne rimaneva.
-Per Shor...- mormorai davanti ai resti della fattoria bruciata.
Quella che doveva essere la casa del contadino e della sua famiglia era ridotta ad un quadrato con pochi resti di mura anneriti e fumanti, mentre il recinto delle bestie era del tutto distrutto, al suo interno solo poche carcasse affumicate o del tutto spolpate. La piccola zolla di terra dove sicuramente crescevano gli ortaggi era un'indefinita forma nera e completamente ricoperta di cenere, inoltre l'aria puzzava di fumo e di un altro odore che non riuscivo a riconoscere, ma che risultava decisamente sgradevole.
Scendemmo da cavallo e subito estraemmo le nostre armi, più per precauzione dato che la zona sembrava totalmente deserta.
-Per l'Oblivion, che cosa è successo qui?- chiesi coprendomi la bocca con la mano, cercando di non respirare il fumo e la cenere che ancora danzava nell'aria -Banditi?
-No, non credo.- replicò seccamente Vilkas addentrandosi all'interno dei resti della capanna -Non hanno portato via niente, qui è bruciato tutto. Forse hanno rapito gli abitanti.- feci per seguirlo, ma qualcosa attirò la mia attenzione, proprio dietro la casetta.
-Mh?- come attirata corsi verso il punto in cui la terra affondava appena nel terreno lasciando spazio ad un...
Non sapevo come definirlo: cratere, buca, orma, non lo, ma una specie di avvallamento grande circa quanto un carretto più cavalli da traino aveva spiaccicato quella che doveva essere una mucca a giudicare dai pochi resti rimasti.
Comunque, quella visione mi causò un attimo di smarrimento, come se avessi già visto quella scena, eppure non riuscivo a ricordare niente in proposito. Possibile che...?
-Sei ancora viva?- sobbalzai appena alla voce di Vilkas e dopo aver scosso la testa per riprendermi, mi affrettai a raggiungerlo scavalcando un piccolo resto di muro legnoso.
-Il bestiame è sparito.- dissi guardandomi intorno, dove resti di barili e bauli erano ancora visibili in mezzo a quel mondo di cenere silenzioso e maleodorante -Ci sono solo resti e una muc...- mi interruppi quando lo sguardo cadde su due figure, le stesse che avevano incatenato a loro gli occhi spalancati di Vilkas.
Un cadavere bruciato da cui proveniva quell'odore terribile, l'odore della carne bruciata appunto, era steso a terra su un fianco e stringeva a sé un cadavere più piccolo di quello che doveva essere stato il figlio, o la figlia, piccola figurina pelata e resa irriconoscibile proprio come il genitore e la pelle rossa ancora sfrigolava a contatto con l'aria, mentre i resti dei vestiti, miseri brandelli di stoffa, erano anneriti.
Ricordo che lo guardai a lungo, e che per un attimo il mondo intorno a me si fermò. Non ricordo però a cosa pensai, cosa mi fece battere il cuore in quel modo, ma alla fine distolsi lo sguardo da quell'ultimo, macabro abbraccio, da quell'istintivo quanto inutile tentativo di protezione. Lo feci velocemente quasi i due corpi bruciati avessero urlato e, dopo aver voltato loro le spalle, mi coprii il naso e la bocca con la mano sinistra, incapace di sopportare oltre quell'odore terribile ora che ne conoscevo la fonte.
-Per Akatosh...chi avrebbe mai potuto compiere uno scempio del genere?- la presa forte di un braccio intorno alle spalle mi riscosse.
-Usciamo di qui. Non possiamo fare più niente.
-Sì.- lasciai che Vilkas mi conducesse fuori ed insieme tornammo ai cavalli per lasciarci alle spalle le rovine di quella casa e quelle due figurette bruciate, ma prima di riprendere il viaggio mi voltai un'ultima volta verso quella specie di orma che aveva distrutto una parte della zona: per un attimo due occhi azzurrissimi oscurarono la mia visuale, ma bastò un battito di ciglia ed essi sparirono.
-Cosa?- mi portai una mano alla fronte e scossi la testa, poi montai rapidamente a cavallo -Ho decisamente bisogno di riposare...- con le briglie ed un piccolo colpo di talloni feci ripartire il quadrupede e dopo averlo fatto girare mi lasciai più che volentieri alle spalle quella terribile danza di cenere e fumo.
 
Note dell'Autrice
Eccoci qui con un nuovo capitolo.
E dopo una breve spiegazione, scontro con dei lupetti (lupi, lupi ovunque!) ecco qui che è successo. Certo, questa strapazzatina ha lasciato Iris decisamente contrariata dato che Vilkas l'ha mandata in bianco xD Ma dopo questa breve parentesi comico/romantica tornano i sogni a tormentare Iris, anzi, quel sogno che piano piano si fa più vivo, avvicinandola all'incontro con il suo Destino...ma la storia è ancora lunga, non preoccupatevi :D
Anche se quella fattoria bruciata lascia molte domande in sospeso nella mente della ragazza...vedremo, vedremo. U_U
Le frasi draconiche sono: la prima “per la tua benedizione preghiamo” e la seconda “è il tuo dovere”
Ah, lo so che scimmia non è molto appropriato come insulto in quanto non ho mai visto scimmie a Skyrim, ma non avevo altro in mente per rendere il paragone. Suggerimenti ben accetti xD
Ah, di solito scrivo roba meno...zuccherosa, fatemi sapere come sono andata >.<
Classico ma sempre sentito special Thanks to Valpur ^^ e grandi baci pasquali a tutti xD
Lady Phoenix

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Capitolo 9
*** Chapter VIII- The Underforge ***


Chapter VIII
The Underforge
 
La Mano d'Argento ci stava dando parecchio filo da torcere in quel periodo e raramente ero a Jorrvaskr, ma le poche volte che mi trovavo lì Skjor si preoccupava di non farmi impigrire tenendomi in allenamento con le armi pesanti, che continuavo a maledire nella maniera più sentita e volgare possibile.
-E poi...
-Skjor, per favore basta!- esclamai alla fine, mentre il martello ricadeva a terra con un sonoro tonfo a causa della mia poca forza nel reggerlo -Non riesco a sollevarlo. Non potrò mai vincere con un'arma così.- protestai mentre l'unica pupilla marrone dell'uomo mi squadrava impassibile, un'impassibilità che mi metteva terribilmente in soggezione e deglutii in quel silenzio che mi gelò sul posto.
-E se ti trovassi senza le tue armi, mh?- mi chiese appoggiando con naturalezza l'ascia da guerra sulla propria spalla.
Non potei fare a meno di pensare che se l'avessi fatto io come minimo me la sarei lussata, ma questi sono dettagli.
-Non mi farò trovare senza le mie armi- ribattei prontamente -E con loro sono sicura di vincere.- non mi aspettavo il ghigno sul volto sfregiato di Skjor, né la sua risatina.
-Molto bene, novizia.- disse solo -Allora prendi le tue armi vincenti e fammi vedere di cosa sei capace.- spalancai gli occhi, sorpresa.
-Io...- non sapevo cosa dire, perché con Skjor non avevo mai duellato davvero, non come facevo con Vilkas, almeno, al massimo l'uomo si limitava a darmi consigli, a tormentarmi con quella sua fissa delle armi pesanti, ma mai aveva duellato con me, forse ritenendomi troppo debole per i suoi standard.
-Dov'è finita la tua spavalderia, cucciolo?- mi apostrofò, alché mi ripresi ed un sorriso di sfida si fece largo sul mio volto mentre appoggiavo il martello da una parte (reprimendo a fatica l'impulso di lanciarlo via) e mi legavo il fodero della spada alla vita.
-Per tua sfortuna è ancora qui. Fatti sotto, Skjor.- mi misi in guardia, ma a quanto pare il Compagno intendeva lasciare a me la prima mossa, e lo accontentai.
Portai un fendente basso, all'altezza del suo bacino, ed usai entrambe le mani, ma l'uomo parò e facendo forza sulla sua arma cercò di destabilizzarmi. Per evitare ciò indietreggiai non appena vidi che il mio attacco non era andato a segno e mi rimisi in guardia appena in tempo per parare l'affondo diretto alla testa, lo feci usando di nuovo entrambe le mani per evitare che nell'urto e per la differenza di forza la spada mi sfuggisse di mano, poi approfittando della sua guardia scoperta cercai di dargli un calcio.
-Non ci pensare nemmeno.- rapidamente, una delle mani di Skjor lasciò la presa sull'ascia e mi afferrò la gamba per poi spingermi malamente di lato, facendomi cadere a terra -In guardia!- rotolai rapidamente per evitare il colpo che Skjor vibrò dall'alto verso il basso e mi misi in ginocchio, sempre con la spada in pugno, poi mi alzai e vibrai un affondo diretto al fianco che il Compagno schivò solo in parte dato che sentii chiaramente il metallo della sua corazza cozzare contro la mia lama, ed approfittando della sua temporanea distrazione entrai nella sua guardia, colpendolo con una gomitata allo sterno che lo fece gemere.
-Sei...- la ginocchiata con cui Skjor ricambiò il favore mi colpì al basso ventre togliendomi momentaneamente il fiato.
-Lento?- concluse lui tornando alla carica, la gomitata ricevuta sembrava avergli appena fatto il solletico, e più che parare il colpo che mi arrivò da destra si può dire che barcollai, massaggiandomi la pancia con la mano libera e mormorando pesanti insulti al mio avversario e alla sua forza -Su quella spada, lo scontro non è finito!- sotto il peso del suo attacco poggiai un ginocchio a terra e sollevai la spada per parare, ed approfittando della vicinanza con il mio avversario gli diedi un calcio all'altezza della tibia che lo fece piegare in avanti.
-Ah!- con la parte piatta della spada lo colpii al viso e lo costrinsi ad indietreggiare, poi cercai di colpirgli il polso forte in modo da costringerlo a lasciare la presa sull'arma, ed incredibilmente ci riuscii, ma il Nord non si fece trovare impreparato e mi afferrò per le spalle mentre con la gamba destra venne avanti per potermi colpire dietro il ginocchio e farmi cadere in avanti con un gemito.
Persi la spada e Skjor ne approfittò per recuperare la sua ascia, ora ero io quella disarmata, dovevo trovare una soluzione. Mi guardai rapidamente intorno fino ad adocchiare una robusta trave di legno con diversi segni di scheggiatura, ed un'idea prese forma nella mia mente.
-Forse ce la faccio.- pensai, poi mi affrettai a schivare il fendente laterale di Skjor per poter recuperare la mia spada e rimettermi in guardia tenendo l'arma con entrambe le mani.
Attaccai per non far scoprire al Compagno la mia strategia, dopotutto era pur sempre un guerriero abile con molta esperienza e non potevo permettere alla fretta di farmi fregare, un attacco al fianco che aveva lo scopo di far spostare il Compagno alla mia destra e permettere a me di incalzarlo così da guadagnare la posizione giusta, dopodiché alzai la spada per parare l'assalto del Nord, digrignando i denti per la fitta al polso destro che oramai faticava a tenere la presa sull'arma, e feci un paio di passi indietro caricando un affondo diretto al basso ventre dell'uomo per poi scattare ed indietreggiare di nuovo, cercando di dargli l'illusione di cadere sotto i suoi assalti.
-Dove scappi? Ti ho insegnato questo?- mi chiese l'uomo venendo avanti e facendo una finta che non riuscii a vedere in tempo.
-Ngh!- una scossa di dolore mi fece tremare il braccio e lasciare di nuovo la spada, ma stavolta Skjor ebbe l'accortezza di calciarla via per impedirmi di riprenderla e mi guardò.
-Cosa c'è?- chiesi con tutta la spavalderia che avevo -Lo scontro non è finito, sono ancora in piedi.- una luce soddisfatta, speranzosa quasi, gli brillò negli occhi e senza esitazione tornò a brandire l'arma con entrambe le mani.
-Come vuoi.- mi misi in guardia e, proprio come aveva fatto Vilkas con me, indietreggiai fino a raggiungere con le spalle la robusta trave di legno e rimasi immobile, gli occhi fissi in quello marrone di Skjor mentre quest'ultimo alzava l'ascia da guerra pronto a colpire.
-Non ancora...non ancora...- pensavo mentre una goccia di sudore mi colava lungo la tempia, sentivo una scarica di adrenalina farmi tremare le mani stese lungo i fianchi e appena piegate, pronte a qualsiasi movimento -Non ancora...- l'ascia fendette l'aria e per un attimo mi parve di vedere tutto scorrere più lentamente, il mio cuore scandiva gli attimi, un battito, due...
-Ora!- pensai e mi scansai di scatto compiendo un mezzo giro intorno alla trave ed estraendo il pugnale che tenevo alla cintura, proprio mentre l'ascia di Skjor si conficcava nel legno in profondità a poco meno di metà trave, ma non avevo tempo per impressionarmi.
Approfittando della momentanea sensazione di smarrimento di Skjor scattai di lato e lo colpii a mano aperta proprio all'altezza del gomito, un punto sensibile che con la giusta pressione può anche essere rotto e danneggiato irreparabilmente, e nel momento in cui l'uomo fu costretto ad abbandonare la presa sull'enorme ascia entrai nella sua guardia e gli puntai la lama proprio sotto la gola: un solo movimento e l'avrei infilzato.
Restammo immobili per pochissimi secondi, ma mi parvero un'eternità in cui prendevo coscienza di aver appena battuto uno dei membri del Circolo che mi fissava in un misto di stupore e soddisfazione.
Sì, soddisfazione. Non c'era traccia di risentimento nello sguardo dell'uomo, o di rabbia, o vergogna.
-Niente male, Novizia.- ammise solo facendo un passo indietro, ed io lo imitai abbassando il pugnale, ancora con il fiatone causato dall'adrenalina e la fatica della lotta -Proprio niente male.- continuò ed un piccolo sorriso mi solcò le labbra, sorriso che mantenni finché Skjor, dopo aver estratto l'ascia dalla trave ed essersela rimessa in spalla come fosse un po' di paglia, riprese parola -Stanotte fatti trovare in cortile.- il sorriso sparì.
-Come?- ero confusa dal brusco cambiamento di tono ed espressione, tornata seria e dura come solito.
-Hai capito. A tre ore dall'alba fatti trovare in cortile, voglio mostrarti una cosa.- ripeté ed iniziò ad allontanarsi, ma fatti pochi passi si girò di nuovo, fulminandomi con l'occhio bianco -Ovviamente non parlarne con nessuno. Sono stato chiaro?
-Cristallino.- assicurai non senza provare perplessità, ma la curiosità, da sempre mia peggiore amica, ebbe la meglio, così riposi la spada e per il pomeriggio potei crogiolarmi nel pensiero di aver battuto uno dei membri più valorosi dei Compagni e che le mie abilità andavano crescendo giorno dopo giorno.
-Chissà cosa direbbe Vilkas...- l'immagine del Compagno fu quasi uno schiaffo.
Il Nord non mi parlava da giorni, precisamente da quando eravamo tornati dalla nostra missione contro i Mano d'Argento, lasciava le stanze quando io vi entravo e se mi incontrava per caso cambiava direzione o faceva finta di non vedermi...
Inutile dire che ciò mi causava rabbia e dolore, perché negarlo? Ma era soprattutto la rabbia a farmi compagnia, perché sembrava che tutto ciò a Vilkas non toccasse.
Due giorni prima, dopo essere stata ignorata per l'ennesima volta glielo avevo quasi gridato alle spalle quel “Codardo!” che mi tenevo dentro, ma tutto ciò che avevo ottenuto era stata pura indifferenza. E non avevo nessun libro da lanciargli contro.
Sbuffai e scossi la testa, pensando che probabilmente non gli sarebbe importato nulla, e mi scostai quasi rabbiosamente la ciocca di capelli che mi era finita davanti agli occhi.
-Probabilmente non gliene importerebbe nulla.- pensai rinfoderando il pugnale per poi dirigermi verso la spada, raccoglierla e fissarla per un lungo istante -Forse aveva ragione, almeno non è successo niente di irreparabile.
Alzai gli occhi per trovare proprio Vilkas sulla porta di Jorrvaskr, ma prima che potesse voltarsi o tornare indietro, io lo anticipai dandogli le spalle per poi andarmene nella direzione opposta alla sua nel più totale silenzio.
 
La notte calò lenta come non mai, la curiosità mi punzecchiava sadicamente dal momento in cui Skjor mi aveva dato appuntamento nel cortile intimandomi di non dire niente a nessuno. Cosa doveva dirmi di così importante e segreto?
Feci alcune congetture su cosa il Compagno volesse da me, ma non venni a capo di niente e la frustrazione aumentò: non sono mai stata un tipo paziente, mai, ma in tre anni con i Compagni avevo capito una cosa, ovvero che avrei saputo tutto a tempo debito, così frenai la mia impazienza finché le due lune non sostituirono il sole e la notte si fece inoltrata e scura. Solo allora mi alzai dal letto completamente vestita e con tanto di spada, non uscivo mai senza, e cercando di fare meno rumore possibile lasciai gli alloggi di Jorrvaskr (ignorando il russare di Torvar che si percepiva anche oltre la porta della sua stanza) per arrivare al salone deserto, con solo il crepitare del fuoco e la sua luce a farmi compagnia.
Mi guardai rapidamente intorno e mantenendo un passo leggero sviluppato durante gli anni di caccia arrivai al portone della struttura, maledicendo un paio di divinità quando questo si aprì con un cigolio che suonò rumorosissimo alle mie orecchie tese, ma forse non fu così rumoroso come io credevo dato che, nei successivi secondi che passai in silenzio per udire eventuali rumori, nemmeno il vecchio Ysgramor, che dormiva proprio vicino alle braci, si degnò di muoversi se non agitando appena la coda e gettandomi un'occhiata perplessa.
Sospirai di sollievo ed uscii nella notte chiudendomi la porta alle spalle. Trovai Skjor a pochi metri da me con una torcia in mano e l'espressione neutra, che non mutò quando mi vide.
-Sei venuta.- l'unico segno di approvazione fu un cenno del capo che ricambiai, poi mi diede le spalle -Seguimi.
-Dove mi porti?- gli chiesi, ma ubbidii, camminandogli accanto e guardandomi nervosamente intorno, perché se da un lato tutta questa segretezza mi affascinava, dall'altro mi inquietava.
-Alla Forgia Terrena.- alzai un sopracciglio e prima che potessi fare domande Skjor mi anticipò -Si trova proprio sotto la Forgia Celeste, non mi stupisco che tu non l'abbia mai vista.
-E che posto è?
-Con calma, quando arriveremo saprai tutto ciò che devi sapere.- mi rassicurò, e sono sicura di averlo sentito ridere, anche se in maniera quasi impercettibile -Jorrvaskr è l'edificio più antico di Whiterun e la Forgia Celeste è qui da tempo immemore.- fece una pausa -Ma la Forgia Terrena contiene una magia arcaica, più potente degli uomini o degli elfi.
-Perché mi dici tutto questo?- gli chiesi allora, incantata da quel discorso ed eccitata all'idea di farne in qualche modo parte -Perché vuoi portarmi lì?
-Per renderti più forte, Iris.- rispose dopo un lungo istante, e un brivido mi percorse la schiena, anche se allora non seppi spiegarmene il motivo -Siamo arrivati.- disse poi fermandosi in un punto che mi parve casuale della parete di pietra che circondava la sede dei Compagni.
-Non c'è niente qui.- dissi, ma lo sguardo di Skjor mi fece dubitare -Almeno...credo.
-Guarda meglio.- ubbidii e guardai attentamente la parete notando, con difficoltà a causa della poca luce che la torcia di Skjor poteva offrirmi, la sagoma ben nascosta di una porta di pietra -L'hai vista?- annuii con la testa -Bene, allora entriamo.- mi fece cenno di precederlo.
Così spinsi la mano su quella roccia che si spostò lentamente avvolgendomi con il buio della grotta a cui portava, un buio che andò diramandosi quando svoltai l'angolo, trovandomi in una specie di sala semicircolare scavata nella roccia al centro della quale c'era una specie di bacinella vuota e dei piccoli altari con diversi manufatti di cui non conoscevo la natura. Ma non furono loro ad attirare la mia attenzione, quanto il possente lupo mannaro che, sue due zampe, mi osservava dall'angolo della sala, immobile.
-Oh Shor!- mi portai una mano alla bocca, spaventata e stupita di trovare lì quell'animale, e sentii Skjor sbuffare.
-Immagino che tu non riconosca Aela nella sua forma ferale, eh?- pareva quasi divertito e non potei evitare di lanciargli un'occhiata irritata prima di concentrarmi di nuovo sulla bestia dal pelo nero e gli occhi gialli, esattamente come Vilkas quando si era trasformato, l'unica differenza era l'accenno di curve che era possibile vedere sul petto dell'enorme creatura che ringhiava sommessamente.
-Immagini bene. Ho visto solo Vilkas trasformarsi.- risposi poi a Skjor, poi mi girai ad affrontarlo, pur gettando sempre un'occhiata a quella che il Compagno diceva essere Aela -Perché sono qui?
-Puoi rilassarti, ragazzina. Non ti verrà fatto alcun male.- la faceva facile lui, non era mica Skjor quello in mezzo a due lupi mannari di cui uno trasformato e ringhiante -Sono anni che dici di voler essere una di noi, ed io ti offro questa occasione per diventarlo del tutto.- spalancai gli occhi e socchiusi la bocca, incredula -Ma per farlo dovrai unire il tuo spirito al mondo ferale.- ero totalmente impreparata, di nuovo.
Il potere, la maledizione che Skjor mi stava offrendo mi allettava: avrei avuto una forza devastante ed una potenza fuori dall'ordinario, inoltre il mio sangue si sarebbe davvero unito a quello dei Compagni per sempre, confermandomi come una di loro, unendomi ancora più alla mia famiglia.
-Vuoi...trasformarmi?- chiesi, ancora confusa, e l'uomo annuì mentre infilava la torcia in uno degli appoggi costruiti lungo la parete di roccia.
-Sì. Aela si è offerta di essere la tua antenata.- mi girai a guardare il lupo che parve quasi annuire con un cenno del capo -Sai, è un po' che ti osservo, ed oggi mi hai dato la prova delle tue abilità: sei forte, Iris, e puoi esserlo ancora di più grazie al Dono di Hircine.
-Dono?- mi riscossi -Vilkas l'ha definita una maledizione...
-Vilkas e Kodlak non capiscono davvero i benefici che Hircine ci ha concesso.
-È per questo che mi hai detto di non dire nulla. Perché Kodlak non l'avrebbe permesso.- la mia non fu una domanda, ma una constatazione vera e propria.
-Kodlak è troppo impegnato a considerare il Dono una maledizione. Io al contrario lo considero una benedizione...come può qualcosa che infonde un tale coraggio essere maledetta?- disse il Nord con sicurezza -Kodlak avrebbe cercato di influenzarti. Invece hai il diritto di accettare o rifiutare di tua spontanea volontà.- si avvicinò a me e mi mise le mani sulle spalle, l'unico occhio marrone sembrava vibrare di vita come mai lo avevo visto fare -Hai potenziale. Potresti essere grande, se non la migliore in questa vita di caccia.- abbassai gli occhi sulle punte dei miei stivali e mi morsi il labbro inferiore.
Sì, la bestia mi faceva gola, e i miei occhi avevano brillato all'idea della grandezza, della gloria tra i Compagni che avrei potuto raggiungere con un semplice “sì”, alla forza che avrei ottenuto, all'idea che nessun uomo avrebbe potuto anche solo tentare di stuprarmi come aveva cercato di fare quel bretone al Tumulo delle Vecchie Glorie! La mia umanità, tutto ciò che mi rendeva così uguale a tanti altri sarebbe passata in secondo piano facendomi entrare tra i favoriti del Gran Cacciatore, donandomi l'ebbrezza della caccia eterna...
-Una volta trasformata potrò tornare umana?- chiesi.
-No. Il Dono di Hircine è eterno, una volta accettato non si torna indietro.
Non si torna indietro...
Ripensai a Vilkas, a Kodlak, ai tormenti del primo ed ai tristi sorrisi dell'altro, due dolori che derivavano dalla stessa causa, ovvero la bestia che Aela e Skjor mi stavano offrendo: volevo davvero diventare un uomo lupo e lasciarmi del tutto la mia umanità alle spalle? Ero pronta a convivere con una voglia di sangue che non mi avrebbe permesso nemmeno di godere dei piaceri più genuini e semplici senza provare voglia di uccidere? Di nuovo le carezze mancate, l'irreparabile che non era avvenuto, tutti quei momenti con Vilkas che avevo desiderato senza ottenere passarono davanti ai miei occhi.
-No.- sussurrai infine, in maniera così strozzata che dovetti schiarirmi la voce per far sì che i due Compagni mi sentissero -No.- ripetei.
Non volevo essere in quel modo. Avrei raggiunto i miei scopi, la gloria e l'onore senza l'aiuto di nessun Dono, per quanto intrigante e potente fosse, e non avrei abbandonato la mia umanità per un'esistenza di potente tormento, come aveva fatto Kodlak, come aveva fatto Vilkas.
-Non sono pronta per diventare un lupo mannaro, Skjor.- mi allontanai di un passo e guardai Aela, gli occhi gialli della sua forma di lupo erano invece terribilmente umani e tradivano delusione, una delusione che mi fece stringere lo stomaco -Non voglio questo fardello. Non ora.
Per un po' regnò il silenzio rotto solo dai respiri animaleschi di Aela, e alla fine sentii Skjor sospirare.
-Capisco. Beh, hai fatto la tua scelta...- annuii, ripetendomi con tutta me stessa che un potere del genere non poteva fare per me -Ma in caso cambiassi idea dillo a me o ad Aela.- lo guardai sorpresa -Non è una scelta da prendere alla leggera, e devo dire che mi sarei stupito se avessi accettato.- il tono rassegnato con cui lo disse mi infastidì, ma rimasi in silenzio -Se posso darti un consiglio pensaci su. Forse cambierai idea.
-Sì, forse.- concessi con un'alzata di spalle, come se l'argomento contasse poco e niente per me quando in realtà la scelta mi aveva vista e continuava a vedermi combattuta -Forse un giorno mi vedrai scorrazzare per i prati a quattro zampe.- e l'ironia era la mia ultima, patetica arma per combatterla.
-Tzè, forse.- fece una pausa -Sarei stato orgoglioso di cacciare al tuo fianco.- di nuovo la sorpresa regnò in me.
-Skjor...
-Puoi andare.- annuii, non aveva più senso restare lì, e senza guardare nessuno dei due uscii dalla Forgia Terrena, sospirando di sollievo quando la pietra si chiuse, tornando a confondersi con il resto della maestosa parete di cui faceva parte.
La guardai e deglutii: il richiamo di quel potere maledetto che Skjor mi aveva praticamente servito su di un piatto d'argento sembrava chiamarmi ancora attraverso la roccia, così potente ed allettante che mi girai di scatto e chiusi gli occhi con forza cercando di reprimere quel richiamo.
-Ho scelto.- mi dissi camminando verso Jorrvaskr -E ho fatto bene. Non voglio finire come... - mi sentii afferrare il polso e, spaventata, mi girai per affrontare chiunque avesse cercato di avvicinarmi a quell'ora di notte, ma quando gli occhi chiari di Vilkas incontrarono i miei, la mia bocca si fece secca e le parole mi morirono in gola.
Avrei dovuto liberarmi dalla sua presa, chiedergli cosa volesse, perché per tanti giorni mi avesse evitato per poi presentarsi in quel momento, ma non riuscivo a dire niente, così rimasi in silenzio, attendendo una sua parola, parola che non venne. Le sue mani si mossero e mi presero il viso in una maniera gentile, come mai avevo provato, credo che avesse quasi paura di farmi male, ma il bacio che mi diede fu tutt'altro che timido, un tremendo contrasto con la presa che mi avrebbe permesso di andarmene quando volevo.
-Mi hai ignorata...per tutto questo tempo.- le mie parole furono poco più di un sussurro quando ci separammo -Perché ora?
-Perché ti voglio, perché non ce la faccio più. Perché la licantropia se ne può andare nell'Oblivion. Perché voglio che accada l'irreparabile se anche tu mi vuoi ancora.- mi baciò di nuovo impedendomi di parlare, ma anche volendo, come avrei potuto rifiutarlo?
Bastò poco al mio corpo per risvegliarsi, per desiderarlo di nuovo come pochi giorni prima, gli circondai la vita con le braccia, stringendolo a me quasi temessi di vederlo andar via come la volta precedente, non glielo avrei più permesso.
-Vieni.- annuii e lasciai che mi prendesse la mano, conducendomi dentro Jorrvaskr, verso la sua stanza.
Ci ero stata poche volte, anzi pochissime, e la maggior parte di esse era stato per riprendere i libri che mi rubava, visite rapide e soprattutto caotiche che spesso terminavano con una mia fuga accompagnata dalle urla del Compagno furioso dopo che mi aveva beccata a mettergli a soqquadro la stanza, ma quella volta era diverso, quella volta sarei andata lì per restare.
Cercai di placare i battiti del cuore mentre Vilkas chiudeva la porta a chiave, ma con scarso successo, mi viene ancora da sorridere se ripenso a quanto ero agitata, a quanto il suo sguardo mi causasse brividi di piacere e paura al tempo stesso.
-Che ti prende?- mi chiese vedendomi con gli occhi bassi, concentrati sulle mani che si torcevano l'un l'altra.
-È che...- mi morsi il labbro, e il Nord mi prese il mento per alzarmi il viso e guardarmi negli occhi -Ho un po' paura.- ammisi, sentendomi ridicola, e gli occhi chiari del licantropo si chiusero, inspirando.
-Non fa niente. Non...
-Aspetta, ho paura ma non per quello che credi tu.- lo interruppi, affrettandomi a chiarire il malinteso, mentre con entrambe le mani prendevo una delle sue -Io...non l'ho mai fatto prima.- le parole che stava per pronunciare si ruppero, lasciando spazio ad un'espressione stupita e l'accenno di un sorriso -Non provare a ridere o ti ammazzo.- lo ammonii subito, anche se le mie guance rosse contrastavano con il tono feroce con il quale pronunciai quelle parole.
-Va bene, va bene...- Vilkas si ricompose e tornò serio -Ascolta, non voglio che tu lo viva come qualcosa di brutto, se non vuoi...
-No, io voglio. Solo...fai piano.- mormorai, dov'era il mio coraggio, dov'era la mia sfacciataggine in quel momento?
Avevo affrontato orsi, lupi, persino dei non-morti, eppure davanti a quell'atto naturale e antico quanto il mondo mi sentivo spaesata e spaventata come una bambina, era qualcosa che non conoscevo e che avrei ricordato per sempre, una parte di me che avrei potuto donare ad un solo uomo, e quell'uomo era lì, avanti a me.
-Basterà una tua parola e io mi fermerò.- assicurò.
Mi feci bastare quelle parole e cominciammo a baciarci, le mani di Vilkas si fecero audaci e dai fianchi iniziarono a risalire, la destra arrivò al seno proprio mentre lui affondava il viso nell'incavo del mio collo ed io chiudevo gli occhi, assaporando ogni sensazione.
Mi ritrovai sul suo letto senza nemmeno accorgermene, e dopo esserci spogliati potei godere del calore della sua pelle e della vista del suo corpo: potei ammirarlo senza vincoli, senza vergogna o imbarazzo, ogni cicatrice, ogni graffio era una parte di lui che veniva scoperta per me, che mi veniva donata.
Allungai una mano per sfiorare quella sul fianco causata dai Mano d'Argento proprio mentre il licantropo toccava quelle sulla mia schiena, facendomi sobbalzare, mostrandomi in tutta la mia fragilità, ma capii che quel tocco che non avevo permesso a nessuno di darmi era un dono se era lui a farlo, e glielo permisi, così come gli permisi di entrare quando fu il momento.
Ricordo quel momento come se non fosse passato nemmeno un giorno, nonostante sia passato molto tempo ricordo ogni gesto, ma soprattutto ricordo il suo sguardo, di come lo vidi bruciare solo per me, quella notte, di come passò in ogni parte del mio corpo donandomi in totale senso di appartenenza al padrone di quegli occhi.
In quella fitta di dolore che sentii invadermi dall'interno mi strinsi a lui, soffocando i gemiti nell'incavo del suo collo finché non passarono del tutto, allora mi concentrai sulle sensazioni del tutto nuove, come il movimento dei bacini, gli ansimi di Vilkas ed infine la sensazione di appagamento che mi colse e mi accompagnò alle porte del sonno tra le braccia del Compagno, tra le braccia del mio uomo.
 
Note dell'Autrice
OMG, troppo zucchero, troppo zucchero!!! inizia a corrodersi
No, davvero...è stato veramente difficile scrivere questa parte, per me. Era sempre troppo smielata, troppo vuota, troppo innaturale...e dopo correzioni su correzioni arriva questo. Spero non sia troppo penoso. Ma cercando di fare un'analisi esterna, dico che più che la passione ho voluto trasmettere la dolcezza dell'atto in sé, anche se rendere Vilkas dolce, a modo suo, è stato terribile, perché temevo di farlo uscire troppo dall'IC. Sono riuscita a fargli mantenere una parvenza di dignità a sto povero cocco?
Veniamo al resto del capitolo...esatto, Iris non ha accettato la licantropia, per quanto la sua ambizione e, perché no, voglia di potere la tentino, le esperienze di Kodlak e Vilkas, quelli che soffrono di più la loro condizione, l'hanno fermata, ma non temete: ho ancora qualche cartuccia da sparare e sono davvero curiosa di vedere le vostre facce tra qualche capitolo, ohohohoh.
Qui niente flashback o sogni, ma non temete, dalla prossima volta si riprende :D
Classico special thanks a Valpur :* e un super bacio a tutti
Lady Phoenix

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Capitolo 10
*** Chapter IX- The cure ***


Chapter IX
The cure
 
Il coniglio correva veloce, ma oramai il mio occhio era allenato e la freccia trapassò il piccolo collo della bestia, che si accasciò di lato tra l'erba e vi rimase immobile mentre questa si tingeva di rosso.
Sorrisi soddisfatta e mi diressi verso la preda appena abbattuta per poi sollevarla per le orecchie e allacciarla alla mia cintura vicino ad un suo simile.
-Caccia fruttuosa.- dichiarai riportando l'arco in spalla, più che soddisfatta del mio lavoro.
Mi trovavo poco lontano da Whiterun a caccia da sola, e la notte era già scesa. Normalmente sarei tornata prima, ma quella sera la mia preda mi aveva spinta più lontano del previsto e le due lune di Skyrim erano l'unica fonte di vera luce in grado di guidarmi verso casa, anche se non ero preoccupata: oramai conoscevo quelle foreste e quelle stradine come le mie tasche, e non mi sarei persa facilmente.
Erano passati mesi da quando avevo rifiutato il Dono di Hircine, da quando io e Vilkas avevamo fatto l'amore per la prima volta, e finalmente mi sentivo completa: la nostra non era una relazione basata su moine o altre tenerezze, non eravamo proprio tipi, c'erano ancora le provocazioni, le battute e soprattutto gli scontri sia fisici che verbali, ma con quella notte il nostro rapporto aveva preso una strada inaspettata che mi faceva stare bene, anche se ogni tanto c'era di nuovo quella vocina fastidiosa, la voce dell'ambizione, che continuava a stuzzicarmi e rimproverarmi per aver rifiutato la licantropia, perché i sensi sviluppati, la forza e la ferocia che tutti i membri del Circolo mostravano, continuavano a farmi gola.
E me ne vergognavo, perché provavo anche invidia per loro, per i prescelti che erano al di sopra dei comuni mortali come me.
Scossi la testa e raggiunsi il cavallo che avevo lasciato poco lontano, e guardando i suoi occhi azzurri sorrisi, così senza un motivo apparente.
-Vuoi tornare a casa, eh?- gli chiesi, quasi potesse rispondermi -Direi che te lo mer...- un rumore, un ululato mi fece morire in gola le parole e spaventò il cavallo a tal punto che iniziò a nitrire e si impennò, costringendomi ad allontanarmi di scatto per evitare di essere colpita dagli zoccoli -Buono!- esclamai una volta che riuscii ad avvicinarmi tanto da riprendere le briglie e carezzarlo sul collo robusto per cercare di calmarlo -Buono, avanti...buono.- ripetei più volte sussurri dolci e moine, ma l'ululato si ripeté, così come voci e grida di uomini che a quanto pare stavano lottando con il lupo che li emetteva, e il quadrupede si imbizzarrì di nuovo, solo il ramo dell'albero a cui l'avevo legato gli impediva di correre via come sembrava voler fare.
-Buono, accidenti!- iniziavo a perdere la pazienza -Ora ce ne andiamo!
-Prendete il mannaro, ora che è a terra!- quelle parole mi costrinsero a fermarmi.
-Mannaro?- ora che ci pensavo, Skjor ed Aela erano fuori da un paio di giorni per una battuta di caccia, secondo loro, e non erano ancora tornati, possibile che... -No, non è possibile. Dovrebbero essere in due.- un guaito, dei gemiti umani mi fecero mordere il labbro inferiore -Ma se fosse?- ringhiai di frustrazione -Oh, per Shor! So che me ne pentirò amaramente.- presi l'arco e corsi verso la fonte di quei terribili rumori.
Corsi, corsi forte mentre il cuore mi batteva all'impazzata: ero consapevole che i Compagni non fossero gli unici lupi mannari a Skyrim, ma se davvero c'era una possibilità che i miei Fratelli di Scudo fossero in pericolo allora dovevo fare tutto ciò che era in mio potere per proteggerli o morire nel tentativo.
Quando arrivai nel luogo dove lo scontro stava avvenendo, trovai uno scenario raccapricciante davanti ai miei occhi: numerosi cadaveri giacevano a terra in pozze di sangue, i corpi erano martoriati da segni di artigli o morsi e spesso i loro volti erano impossibili da distinguere tra le masse sanguinolente che erano diventati, mentre i superstiti (che riconobbi come Mano d'Argento a causa del mantello che portavano) cercavano di abbattere un lupo mannaro al centro che lottava nonostante le ferite che gli tingevano il pelo nero di sangue.
-Prendete quella troia! Voglio la sua pelle!- urlò quello che doveva essere il capo, e persi un battito.
Aveva chiamato l'animale “troia”, quindi doveva essere una donna, anche se non ero ancora sicura che potesse trattarsi di Aela. Ma se così fosse stato una nuova domanda sorgeva spontanea.
-Dov'è Skjor?- il guaito del licantropo, terribilmente simile a quello di un cane, mi costrinse a spostare l'attenzione di nuovo sulla battaglia, sui Mano d'Argento che stavano per avere la meglio. La bestia era infatti stesa a terra con le orecchie basse e il corpo che tremava, probabilmente per colpa degli spasmi di dolore e fatica, ed era circondato dai suoi avversari.
-Porterò i tuoi saluti ai tuoi amici cani, te l'assicuro...- no, oramai non potevo più sbagliarmi e soprattutto non potevo più stare a guardare, così incoccai rapidamente una freccia e venni avanti prendendo la mira.
-Ehi, qui!- proprio mentre il capo spostò la testa verso di me la freccia gli si conficcò nello sterno, portandolo fin troppo rapidamente nell'Oblivion.
-Chi diavolo sei tu?!
-È sicuramente un'alleata dei cani, prendiamola!- riuscii a mettere a segno un altro colpo grazie all'effetto sorpresa, ma poi dovetti prendere la spada ed incrociare le lame dei banditi, fatte rigorosamente d'argento, con la mia.
Parai il fendente alto di un bretone ed approfittai della sua guardia alta per piantagli il mio pugnale nel ventre, poi mi ritrassi rapidamente per evitare di essere colpita dalla freccia di un Dunmer arciere, anzi rotolai praticamente via, e per quando spostai gli occhi per cercarlo di nuovo, questo era sparito.
-Merda!- gettai un'occhiata al lupo che cercava di alzarsi e che mi stava guardando -Aela?- un cenno del capo ed un ringhio sommesso mi bastarono per capire di averci visto giusto, era proprio Aela il lupo che stava per essere fatto a pezzi dai nostri eterni avversari.
-Muori!- mi girai di scatto verso la fonte dell'imprecazione, e per quanto parai con il pugnale l'assalto del bandito la poca distanza e la differenza dell'arma mi procurarono una ferita al fianco, poco più che un graffio se messa a confronto con altre brutte esperienze, ma comunque fastidiosa e bruciante.
L'Imperiale che avevo davanti vedendomi in difficoltà incalzò ed io non potei fare altro che stare al suo gioco, e quando mi ritrovai con le spalle intrappolate da un albero mi abbassai per evitare che mi tagliasse la testa. Sfruttando la sua sorpresa entrai nella sua guardia e lo colpii, trapassandolo con la lama grazie alla nostra vicinanza. Chiusi gli occhi quando uno spruzzo di sangue mi arrivò sul viso, reprimendo a stento il brivido di disgusto che mi attraversò la schiena, e mi affrettai ad estrarre l'arma dal cadavere del Mano D'argento per mettermi in guardia in attesa di un prossimo attacco.
Ma non arrivò niente, gli unici suoni presenti nel bosco erano il respiro affaticato mio e di Aela, ancora in forma ferale, e per quanto tenessi l'orecchio teso a carpire qualche rumore non sentii nulla.
-Il Dunmer deve essere scappato.- pensai, rilassando i muscoli ma non la mente ancora tesa, e mi diressi verso Aela, chinandomi su di lei e mettendole, un po' timidamente a dire il vero, la mano sulla grande schiena nera -Aela, è tutto finito. Riesci a muoverti?- in risposta continuavano ad arrivarmi guaiti e ringhi di dolore, e dovetti faticare davvero per non andare nel panico -Avanti, ritrasformati, dobbiamo tornare a Jorrvaskr, devi dirmi di Skjor.- la sentii ringhiare e mi affrettai ad allontanarmi, spaventata, ma capii subito che quel ringhio non era dovuto al volermi attaccare, quanto a dirmi qualcosa -V-vado a riprendere il cavallo...- mi mossi di qualche passo, ed il ringhio si ripeté di nuovo, più forte stavolta -Calmati, ho detto che...- accadde in un attimo.
Il gelo mi avvolse dalla punta dei piedi fino alla testa, ed incapace di stare in piedi caddi a terra, rigida come un pezzo di legno.
-No!- potevo muovere appena gli occhi, e non dovetti attendere molto prima che il Dunmer fuggitivo comparisse nel mio campo visivo -Cazzo, ecco perché Aela ringhiava! Stava cercando di avvertirmi...- ed io come una stupida non avevo capito niente.
-Bene, bene...qualcuno qui ha abbassato la guardia troppo presto.- se avessi potuto parlare probabilmente lo avrei mandato in un posto non proprio elegante, ma con la mascella rigida e gelata non potevo fare niente.
Quel bastardo aveva usato la magia e lo aveva fatto in maniera fottutamente precisa, oserei dire. Avrei potuto quasi essere ammirata dalla sua abilità se la vittima non fossi stata io, ma era inutile lamentarsi, mi occorreva una soluzione, e alla svelta!
-Ho perso tutti i miei compagni, ma almeno li vendicherò.- incoccò una freccia e la caricò a pochi centimetri dalla mia fronte, per mia sfortuna il bastardo non era un tipo di molte parole, di quei montati che mi avrebbero fatto terribilmente comodo, ero immobilizzata e sentivo Aela ringhiare alle sue spalle -Ad...- con un ultimo e sicuramente doloroso sforzo, la cacciatrice assaltò l'elfo, atterrandolo di spalle.
L'incantesimo finì e potei alzarmi per vedere la bocca del lupo stringersi proprio dietro la collottola dell'elfo scuro e strattonarla con forza. Un brutto rumore di ossa rotte infranse il silenzio della foresta ancor prima che il bandito potesse urlare.
Sospirai di sollievo e guardai la mia Sorella di Scudo tornare pian piano alla sua forma umana: gli occhi gialli si fecero di nuovo verdi e il pelo si schiarì e diminuì fino a tornare la sua chioma rossa, e mi affrettai a coprirla con il mio mantello quando le sue nudità cominciarono a farsi vedere.
-G-grazie...- sussurrò stringendosi la stoffa addosso, ansimando.
Diverse ferite la ricoprivano, alla testa, all'addome, le gambe, non c'era un punto del suo corpo che pareva esente da tagli o lividi, e l'angolatura innaturale della sua mano faceva intendere che il polso doveva essere rotto o slogato.
-Che cosa ti è successo?- le chiesi, preoccupata -Dov'è Skjor?- alzò lo sguardo chino sul mantello verso di me, ma non disse nulla ed io la presi per le spalle -Aela...dov'è Skjor, accidenti?!
-È morto.- il tono della cacciatrice era atono, freddo, ma nei suoi occhi solitamente indecifrabili potei leggere il dolore, la rabbia che provava.
Per quanto riguarda me, mi colse il vuoto: quelle due parole, così semplici eppure così crudeli danzarono nella mia mente, incidendosi come sulla pietra, scavando la consapevolezza che venne fuori tutta insieme, facendomi lasciare Aela di scatto.
-Sono stati loro.- continuò la licantropa, trattenendo a stento la sua furia.
Skjor era morto, ucciso da quei bastardi che negli ultimi due anni non avevano fatto altro che attentare ai Compagni, e alla fine ne avevano ucciso uno, forse il più forte di noi.
-Come?- chiesi solo.
E mi stupii di come riuscissi ad essere fredda, il dolore mi arrivava ovattato, prepotentemente accantonato dalla rabbia e una parte di me credeva che finché non fossi scoppiata a piangere, la morte di Skjor sarebbe stata solo una cosa fittizia, un'eventualità della mia mente.
-Erano in troppi. Credevamo di poterli sconfiggere, così abbiamo raggiunto un loro covo a tre giorni da qui. Io sono rimasta fuori ad occuparmi degli arcieri...- si interruppe, le labbra diventarono un'unica linea di dolore quando una fitta la colse -Mentre lui è andato in avanscoperta. Non lo vedevo tornare e l'ho raggiunto nel fortino. Erano quindici...quindici, Iris, ti rendi conto?- no, non me ne rendevo conto -Proprio quando ho iniziato ad avvicinarmi e lui abbatteva due uomini, uno gli è arrivato alle spalle.- tacque.
Il suo viso ferito non mostrava dolore, non mostrava tristezza, non mostrava niente se non rabbia e voglia di vendetta, questo è ciò che Aela permise al suo cuore di mostrare per la perdita del Compagno a cui teneva di più, con cui aveva un rapporto più stretto. Perché sono sempre stata consapevole che, per quanto io volessi bene ad Aela e lei a me, non avrei mai potuto essere speciale come lo era Skjor per lei, era il suo mentore, l'unico con cui condividesse appieno la benevolenza di Hircine.
Ed ora era morto.
-L'ha trapassato. Gli ha trapassato lo stomaco. Ed io non ho potuto fare niente se non fuggire, come una codarda.
-Non potevi fare altro.
-Potevo morire in combattimento, come mi è stato insegnato.
-E permettere ai Mano d'Argento di farla franca così?- ribattei, dando voce alla vendetta che aveva iniziato già a circolare in me.
Aela lo comprese e mi guardò senza dire nulla, non è mai stata un tipo di molte parole...
-Andiamo. Ti riporto a Jorrvaskr.- dissi, e le passai un braccio intorno alle spalle per aiutarla ad alzarsi -Ho il cavallo qua vicino, arriveremo in un paio d'ore.- guardavo dritta avanti a me, facendo le cose di riflesso, senza accorgermene guidai Aela verso il cavallo che finalmente si era calmato, la feci salire e subito dopo montai in sella dietro di lei, dicendole di reggersi e che avrei cavalcato il più lentamente possibile.
-No, corri.- mi disse lei -Kodlak deve sapere...anche se ce l'aveva detto.
-Mh?- con un colpo di briglie spinsi il cavallo al galoppo ed il quadrupede iniziò a muovere i primi passi.
-Ci aveva detto di non andare, non da soli. Ma credevamo di poterli reggere...- la sentii gemere e probabilmente mordersi le labbra -E ora...deve sapere.
-Va bene. Reggiti, allora.- spronai il cavallo nella notte, raggiungendo in breve tempo il sentiero che ci avrebbe riportato a casa, ma di quel tragitto non ricordo niente.
Sentivo una stretta al cuore alla perdita di Skjor, un dolore addormentato che ancora non si decideva a venir fuori, ad esplodere come temevo che dovesse fare. Sentivo solo quel grande peso opprimermi mentre nella mia testa rimbombavano le parole che il Compagno mi aveva rivolto quella notte alla Forgia Terrena.
Sarei stato orgoglioso di cacciare con te...
Una goccia scorse lungo la mia guancia e fu il sapore salato che mi bagnò le labbra a farmi comprendere che non stava affatto piovendo.
 
Kodlak ricevette Aela ed anche me non appena la mia Sorella di Scudo fu in grado di camminare. Per quello che mi riguarda, avrei preferito mille volte non essere lì, non dover udire il racconto di Aela con particolari più cruenti come la morte di Skjor, l'inseguimento serrato e crudele a cui i Mano d'Argento l'avevano costretta fino al mio arrivo. E più raccontava più il dolore veniva di nuovo insabbiato dalla voglia di vendetta.
Quei bastardi avevano ucciso Skjor e poco mancava che ci riuscissero con Vilkas e Aela. Mi avevano portato via un pezzo della mia famiglia, ma non potevano passarla liscia.
-E questo è tutto.- concluse Aela, e il vecchio Precursore annuì.
-Porti una tristissima notizia a Jorrvaskr, Aela. L'anima di Skjor adesso corre nei Campi di Hircine...- le sue labbra per un attimo si indurirono -Ma la sua perdita è un brutto colpo per Jorrvaskr. E spero che non verserete altro sangue cercando di vendicarlo.- sia io che Aela lo guardammo indignate, ma mentre io rimasi in silenzio la rossa si alzò in piedi di scatto, ignorando le probabili fitte di dolore che dovevano averle attraversato il corpo.
-Precursore, non vorrai lasciare questo crimine impunito? Hanno trapassato il corpo di Skjor davanti ai miei occhi e probabilmente adesso lo stanno scuoiando!- quell'immagine terribile mi fece chiudere gli occhi di scatto e trattenere il fiato, scavando una ferita ancor più profonda sul mio cuore e facendomi desiderare di essere lontana da quella stanza e quelle parole -Loro...
-Loro sono dei mostri e scendere al loro livello non ci riporterà Skjor.- era incredibile come quell'uomo potesse calmarmi, farmi credere che qualsiasi parola uscita dalla sua bocca fosse pura verità -Non voglio che altro sangue sia versato. Ed ora siediti, le tue ferite...
-Le mie ferite stanno bene.- dichiarò Aela, poi mi guardò -Immagino che tu sia d'accordo con lui.- disse e, sentendomi brutalmente chiamata in causa, sobbalzai.
-Io...- deglutii, sostenendo il suo sguardo a fatica -Sì. Non ci serve un altro morto.- le sue labbra si fecero livide ed i suoi pugni si strinsero, quello sguardo fu come una coltellata per me, perché mai l'avevo vista guardarmi in quel modo carico di rabbia, di delusione.
-Molto bene.- senza tener conto di niente e nessuno, la cacciatrice si diresse verso la porta.
-Aela...- provai a richiamarla, ma tutto ciò che ottenni fu lo sbattere della porta e sospirai, passandomi una mano sul viso per sfogare in qualche modo il nervosismo e la tristezza che mi animavano.
Avevo pianto durante il tragitto, approfittando dello svenimento di Aela, delle praterie buie come unico testimone, avevo pianto e singhiozzato alla memoria di quel guerriero, una parte della mia famiglia che aveva contribuito a fare di me la persona che ero diventata. Magari non avevo questo gran rapporto con lui, ma l'idea che non l'avrei più sentito intimarmi di sollevare quelle fottute armi pesanti, che nessun “Novizio” sarebbe più passato per i corridoi, che non avrei più visto quello sguardo sfregiato ricco di serietà mi fece star male.
-La capisco.- dissi poi, in piedi e con le braccia incrociate -Non dovrebbero farla franca.
-La stima e l'affetto che provate per Skjor vi fa onore, ma come ti ho spiegato...
-La vendetta non ce lo restituirà, lo so.- alzai gli occhi verso di lui, verso quell'azzurro in grado di farmi da antidoto con la sua pacatezza -Ma fa male. E non è giusto. Aela...
-Aela prova dolore, ma credo che non disubbidirà un'altra volta.
-Intendi punirla?- gli chiesi.
-No.- Kodlak fece una pausa e congiunse le mani appoggiando i gomiti sul tavolo di legno della sua stanza -Il suo senso di colpa è una punizione sufficiente, non me la sento di infierire sul suo già grande dolore.- annuii, apprezzando l'umanità dell'anziano licantropo -Speravo che mi dessero ascolto, che lasciassero correre questa follia.- sospirò -Almeno tu hai avuto il buonsenso di non farti coinvolgere in tutto questo.- spalancai occhi e bocca, presa in contropiede.
-C...come?- balbettai, e l'uomo sorrise.
-Credevano davvero che non me ne fossi accorto? So che Skjor ti ha chiesto di accettare la bestia.
-Ma come lo sai?- gli chiesi.
L'unica persona a cui l'avevo detto era Vilkas, possibile che mi avesse tradita così?
-Io so tutto quello che accade a Jorrvaskr, non sono il Precursore per niente. E prima che tu possa chiederlo, sappi che Vilkas custodisce i tuoi segreti molto attentamente.- arrossii, non potei farne a meno, c'era qualcosa che quell'uomo non sapesse? -Ma io lo conosco bene, come conosco bene Aela e Skjor, e anche te.- mi fece cenno di sedermi sul posto occupato da Aela fino a poco prima, ed ubbidii -Dimmi...conosci la storia della nostra trasformazione in lupi mannari?- inclinai il capo di lato, la treccia con cui avevo acconciato i capelli cadde lungo la spalla, e lo guardai perplessa.
-Vilkas mi ha detto che era una maledizione lanciata sugli antichi Compagni.- dissi, ricordandomi di quando, dopo aver passato la notte insieme, avevo trovato il coraggio di chiedergli di più a riguardo -Mentre Skjor...- mi interruppi per deglutire, poi ripresi -Skjor l'ha chiamata benedizione, un Dono di Hircine.
-C'è un fondo di verità in entrambe le cose.- disse Kodlak -Ma la verità vera e propria è molto più complicata.- fece una pausa -Lo è sempre.- assottigliai gli occhi a quelle parole, ma restai in silenzio, lasciando che continuasse a parlare -Vedi, i Compagni hanno quasi cinquemila anni, ma il sangue di bestia ci affligge solo da qualche secolo...relativamente poco tempo, se vogliamo dirla tutta.
-E come ne sono venuti a contatto?- mi ero fatta attenta a quella storia che svelava, almeno in parte, il tormento o il Dono, a seconda dei punti di vista, a cui avevo rinunciato.
-Un mio predecessore era un brav'uomo, ma poco lungimirante.- prese fiato -Strinse un patto con la Congrega delle Streghe di Glenmoril.- storsi la bocca a quelle parole.
-Magia?
-Magia.- confermò il Nord, poi riprese -Se i Compagni avessero cacciato in nome del loro signore ci sarebbe stato concesso un nuovo potere. Immagino tu sappia già a quale signore mi riferisco.
-Hircine...- sussurrai -Ed è così che sono diventati lupi mannari?
-Non credevano che il cambiamento sarebbe stato permanente. Le streghe fecero la loro proposta e loro la accettarono...ma furono ingannati.- chiuse un attimo gli occhi, conoscevo Kodlak abbastanza bene da capire che quello sarebbe stato l'unico sfogo per la sofferenza che doveva riempirgli il cuore.
-Ingannati? Vuoi dire che vi avevano promesso altro?- chiesi dopo un po'.
-Non proprio. Le streghe non hanno mentito, naturalmente. Hai visto di cosa siamo capaci e di come un potere del genere faccia gola.- annuii, anche se dovetti abbassare lo sguardo per evitare che il vecchio Biancomanto leggesse la cupidigia che ancora animava i miei occhi quando sentivo parlare della bestia -Ma non si tratta solo dei nostri corpi.- rialzai lo sguardo, ora di nuovo incapace di capire -La malattia non si limita a corrompere il corpo di chi la riceve...essa penetra nell'anima.- malattia, l'aveva definita.
Non Dono, non licantropia, non bestia. Malattia. Una malattia da cui non si tornava indietro e che, a quanto pare, esigeva un prezzo più alto di quanto potessi immaginare.
-Dopo la morte, i lupi mannari raggiungono Hircine nel suo territorio di caccia. Per alcuni questo è il paradiso, non desiderano altro che inseguire una preda con il loro padrone per l'eternità.
-Ma non tu.- lo anticipai, prendendo la dolorosa consapevolezza di dove Kodlak stesse andando a parare -Non è vero?- annuì di nuovo con un cenno del capo, il suo volto era una maschera di impassibile fierezza, ma i suoi occhi...
I suoi occhi non me li posso dimenticare: non erano più azzurri come il ghiaccio, erano il mare in tempesta, erano gli specchi di un tormento di cui non poteva liberarsi, un veleno che aveva contagiato corpo ed anima, una consapevolezza che tramite il suo racconto a me diventava sempre più forte ed insormontabile.
-Io sono ancora un vero Nord.- come poteva la sua voce risultare così pacata, così sicura? -E sogno che la mia anima riposi a Sovngarde.- ma questo non sarebbe stato possibile.
Forse non ero molto religiosa, ma come Nord comprendevo l'attaccamento a Sovnegarde e il desiderio di Kodlak di farne parte, e il fatto che non gli fosse più concesso di riguadagnare la pace nemmeno nell'oltretomba mi causò profonda tristezza.
Rimanemmo in silenzio per alcuni minuti, finché non mi arrischiai a prendere parola.
-E non c'è una cura?- chiesi con tono timoroso, tanta era la paura di ferire ulteriormente Kodlak, ma dovevo sapere.
Possibile che non si potesse fare niente?
-Ho impiegato gli ultimi anni della mia vita per tentare di scoprirlo.- le mie spalle si incurvarono ulteriormente e chinai il capo -E ora ho trovato la risposta.- rapidamente tirai di nuovo su la testa e lo guadai, attenta -È stata la magia delle streghe ad intrappolarci. E la magia delle streghe ci libererà.
-Dici che lo faranno?- domandai poco convinta, ed i miei timori si fecero certezze alla risposta dell'uomo.
-Non di loro spontanea volontà. Ma si potrebbe attingere ai loro poteri con la forza.-mi morsi appena il labbro inferiore e lo invitai a continuare -Se riuscissimo a distruggerle ed appropriarci delle loro teste, la malattia verrebbe purificata. E cancelleremmo secoli di tormento.
-Lo farò io.- dichiarai, alzandomi in piedi ed appoggiando le mani sul tavolo -Manda me a distruggere la Congrega.- lo vidi farsi pensieroso.
-È una missione pericolosa, lo sai?
-Sono l'unico guerriero non affetto dal sangue di bestia che potrebbe fare questo lavoro. Non hanno alcun potere su di me.- mi feci seria -Kodlak...fidati di me, ti prego. Posso farlo. Voglio farlo.- se Kodlak poteva essere curato avrei fatto qualsiasi cosa per aiutarlo.
Per anni avevo avuto bisogno di lui, ma ora che era lui ad aver bisogno di me non avrei lasciato l'occasione scorrere via come sabbia tra le dita: era giunto il momento di ricambiare, finalmente, il favore alla mia guida.
Ci guardammo per un lungo istante, verde contro azzurro, la fiamma dei miei occhi contro la calma dei suoi, ma alla fine l'uomo distolse lo sguardo e sospirò, decretando così la mia vittoria.
-Molto bene. Ti fornirò i dettagli non appena avrò informazioni più complete.- annuii con un cenno del capo e mi alzai, ma feci appena pochi passi che Kodlak mi richiamò -Ti sono grato...e sono fiero di te, Iris.- aprii bocca, ma nemmeno un suono uscì -Sei cresciuta...non sei più un cucciolo.- gli sorrisi, perché non sapevo come trasmettergli l'emozione, la gratitudine che quelle parole fecero nascere in me, e fu sempre sorridendo che lasciai la stanza.
 
-È stata la decisione più stupida che tu potessi prendere.- alzai un sopracciglio mentre Vilkas si sedeva sul mio letto dandomi le spalle e la visione della sua schiena nuda.
-Kodlak si fida di me, perché tu no?- gli chiesi, appoggiandomi con un gomito alle pellicce che usavo come coperte.
-Tu contro le Streghe di Glenmoril? La vedo dura.
-Ho sicuramente molta più possibilità di voi che siete sotto la loro maledizione. Chi meglio di me potrebbe affrontarli?- il Compagno girò il volto quanto bastava per potermi guardare e dedicarmi un ghigno arrogante.
-Chiunque, magari?
-Bastardo arrogante!- strinsi gli occhi e, per la prima volta da quanto ero a Jorrvaskr lasciai perdere -Kodlak vuole guarire. E anche tu, e Farkas. Io posso portarvi una cura. Tu non faresti lo stesso?- gli chiesi.
Gli occhi del Nord tornarono a guardare avanti senza in realtà vedere niente: lui e suo fratello volevano guarire, me lo aveva detto chiaramente qualche giorno prima, mi aveva confidato quanto lui e Farkas fossero legati a Kodlak, di come i gemelli lo considerassero il padre che non avevano mai conosciuto, ma soprattutto mi aveva raccontato di come la licantropia gli avesse cambiato la vita, e non sempre in positivo.
La cura per lui rappresentava la speranza di tornare alla normalità, di poter accedere a Sovnegarde come il nostro Precursore, ed io potevo donargliela, potevo liberarlo. Non mi avrebbe impedito di partire sapendo che lui sarebbe stato il primo a gettarsi in questa impresa, ma la preoccupazione lo rendeva scontroso ed irritante, anche se da un lato trovavo piacevoli queste sue attenzioni ero pur sempre un guerriero ed avrei fatto il mio dovere.
-Sì.- ammise con riluttanza, poi si passò una mano tra i capelli scuri e sospirò -Ma io ho vent'anni di esperienza in combattimento sulle spalle.
-Mi farò bastare la mia.- risposi prontamente, poi mi sedetti a mia volta ed appoggiai la testa sulla sua spalla -Tornerò, te lo prometto.
-Non fare promesse che non sei sicura di mantenere, Novellina.
-Non sono più una Novellina, idiota.- lo apostrofai -E ripeto: se Kodlak non mi ritenesse all'altezza non mi avrebbe mai assegnato questa missione.- sospirai, poi spostai i capelli sulla spalla ed iniziai a sciogliere alcuni nodi con le dita -Vorrei partire con il tuo appoggio, ma non tornerò indietro solo perché tu non approvi.- lo guardai determinata, e mi stupii che non avesse già iniziato a sbraitare...tutt'altro, mi dedicò un sorriso amareggiato.
-Lo so, oramai ti conosco fin troppo bene.- si stese di nuovo sul letto ed io lo imitai, lasciando che mi accarezzasse il viso, chiudendo gli occhi a quel contatto semplice e dolce al tempo stesso -Cerca di riportare la pellaccia a casa, è chiaro?- riaprii gli occhi e gli sorrisi.
-Quando mi vedrai entrare a Jorrvaskr con la testa di una di quelle megere morirai dall'invidia.- lo baciai prima che potesse ribattere, la voglia di fare l'amore tornò e in poco tempo lasciai andare i miei pensieri per concentrarmi solo su Vilkas.
 
Note dell'Autrice
Ok, avrei dovuto pubblicare domani, ma non ho resistito xD
Questo capitolo è abbastanza tranquillo, se non fosse per la relativa parte iniziale dove Iris se la vede di nuovo con i Mano D'Argento e viene a conoscenza di un terribile fatto: la morte di Skjor. Avendo scelto di non far accettare ad Iris la licantropia dovevo trovare un modo per farlo morire, il burbero Compagno era condannato fin dall'inizio, così ho fatto in modo che lui ed Aela andassero sì, a caccia, ma senza nessun aiuto. Ed ora Kodlak le affida questa missione, sterminare la Congrega delle Streghe. Ho voluto giocarmi una piccola carte bonus quando Iris dice che lei ha più possibilità di farcela dato che non ha la licantropia, insomma, dopotutto è un potere che sono state loro stesse a donare ai Compagni, in qualche modo ne avranno una certa influenza, no? Non so se mi sono spiegata, spero di sì.
Ci becchiamo la settimana prossima^^
Classico supergrazie a Valpur, che oramai si sarà stancata xD e super baci a tutti <3
Lady Phoenix

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Capitolo 11
*** Chapter X- The witches' Slayer ***


Chapter X
The witches' slayer
 
-Troverai la Congrega di Glenmoril a ovest di Falkreath.- presi la mappa che Kodlak mi porgeva mentre quest'ultimo finiva il discorso e gli diedi un'occhiata -Cerca di impiegare un approccio furtivo, mi raccomando: le streghe fisicamente sono deboli, un colpo ben assestato basterà a portare le loro anime dannate nell'Oblivion, ma i loro incantesimi sono potenti.- sollevai gli occhi dalla mappa per incontrare quelli del Precursore.
A dispetto del tono e dell'espressione tranquilla credo che fosse preoccupato, anche se non voleva dimostrarlo: non per vantarmi, ma credo che in fondo Kodlak avesse un debole per me come un nonno con la nipote più piccola. Aveva già cercato di proteggermi da fatti e verità che molti dei miei Fratelli di Scudo avevano dovuto affrontare senza esitazione, ma non quella volta.
-Lo so, me lo hai detto.- riposi tutto nella bisaccia e gli sorrisi, cercando di sembrare sicura e priva di preoccupazioni -Kodlak, io tornerò.- mi mise una mano sulla spalla e mi guardò intensamente.
-Allora vai. E distruggile come un vero guerriero.
-Sì, Precursore.- mi voltai e senza guardarmi indietro arrivai alle stalle di Jorrvaskr, dove sellai il cavallo, quello con gli occhi chiarissimi, che accolse la sella con un nitrito infastidito.
-Su, non posso cavalcarti senza.- cercai di calmarlo dandogli un paio di pacche sul collo -E poi...
-Ehi.- mi girai, vedendo Vilkas all'ingresso e con una pozione in mano che mi lanciò.
La presi con entrambe le mani e lo guardai.
-Che cos'è?
-Me l'ha data Arcadia qualche tempo fa come ringraziamento per un lavoro. Dovrebbe proteggerti di più dagli...incantesimi- quasi la sputò quella parola, il disgusto che si manifestava palese sul suo volto – di quelle streghe.- mi diede rapidamente le spalle.
-Vilkas...
-Resta in vita, va bene?- strinsi forte la piccola fiala tra le mani per reprimere l'istinto di correre da lui ed abbracciarlo, di trovare rifugio tra le sue braccia come in quel periodo ero solita fare, per esempio, dopo quegli incubi in cui le voci ed il buio diventavano sempre più reali e spaventosi.
Lo lasciai andare senza dire niente, perché non c'era posto per le debolezze tra i Compagni, ma fu solo una volta che la figura del Compagno sparì del tutto che mi decisi a salire a cavallo e lasciare Whiterun.
 
Falkreath non era di certo famoso per il suo bel tempo. Quando varcai l'invisibile confine del feudo, dei brutti nuvoloni mi diedero un “caloroso” benvenuto, e pochi minuti dopo io e il cavallo eravamo fradici.
La vegetazione era più fitta ed i boschi più grandi rispetto a Whiterun, inoltre non c'erano praterie ad alternarsi agli alti alberi e alle loro radici alte che fuoriuscivano dalla terra rendendo il sentiero scosceso, tanto che in alcuni punti dovetti scendere da cavallo per guidarlo con le briglie, infangandomi gli stivali e riempiendoli di acqua.
-Che Akatosh vi maledica. Per sempre...- borbottai a denti stretti mentre col mantello cercavo di coprirmi il più possibile, ma diciamo la verità, era come entrare nella tinozza con una cuffietta per quello che riuscii a fare, e quando entrai alla Goccia Fatale, la taverna del paese, ero zuppa.
-Ti piace il bel tempo della zona, viandante?- mi accolse un simpaticone intento a scolarsi una birra, ma io lo ignorai bellamente passandogli accanto per poi sedermi da sola ad un tavolo poco lontano dal bancone.
Ero appena arrivata a Falkreath e già il mio umore era nero come la pece, un po' per il tempo, un po' per la preoccupazione che non potevo fare a meno di provare all'idea di affrontare quelle streghe...
Non mi sarei tirata indietro, lo avevo promesso a Kodlak, a Vilkas, ma soprattutto a me stessa, mi ero ripetuta per tutto il viaggio che avrei completato quella missione o sarei morta nel tentativo di farlo perché era a quello che mi ero preparata, era quella la vita che avevo scelto quando la Cerimonia dei Compagni si era conclusa.
Vittoria o Sovnegarde.
-Vittoria o Sovnegarde.- mormorai.
-Cosa posso portarti?- mi girai verso una cameriera dal viso gentile, che nel guardarmi mi dedicò un sorriso furbetto -Sei molto graziosa, mia signora. Un altro po' di tempo e ti ritroverai attorno tutti gli uomini di questo posto.- spalancai gli occhi, presa in contropiede dal complimento che mi fece.
-Come?
-Oh, perdonami. Tendo ad essere inopportuna quando vedo una faccia nuova. Sono Narri.- ricambiai il sorriso con uno incerto.
-Iris.- mi presentai a mia volta.
-Sei di passaggio?
-Affari...di lavoro.- dissi vaga, e quella annuì, chiedendomi ancora cosa volessi ordinare.
-Zuppa di pomodoro e una pinta di birra calda.
-Arrivano.- sospirai di sollievo, perché non ero proprio dell'umore adatto per chiacchierare, ed attesi in silenzio il ritorno di Narri con la mia cena.
Non ero abituata a sentirmi fare complimenti: mamma non è mai stata un tipo particolarmente espansivo con le parole e a Jorrvaskr, beh, non si dava certo attenzione all'aspetto fisico, credo che l'unico ad avermi fatto dei complimenti sia stato Torvar da sbronzo, una volta...sì, stavamo festeggiando una caccia particolarmente ben riuscita quando all'improvviso quel vecchio ubriacone si è inginocchiato davanti a me, lodando la mia “esotica bellezza”, parole sue, e chiedendomi di sposarlo seduta stante.
Mi venne da ridere mentre ripensavo a quel fatto, ma sul momento mi ero davvero sentita in imbarazzo, soprattutto quando Vilkas mi aveva chiamata “signora Torvar”...
-Meglio non pensarci.- pensai, senza tuttavia far sparire il sorriso divertito che avevo sul volto e che mantenni anche quando la cameriera tornò con la mia cena.
-Buon appetito, mia signora.- la cena, sicuramente non ottima, ma nemmeno malaccio e il sorriso della ragazza mi misero di buonumore tanto che prima di andare a dormire le lasciai qualche moneta in più come mancia.
 
-Non spingere il gomito verso l'esterno, o perdi forza.- lascia che lui le aggiusti il braccio e che le avvolga le sue piccole dita con la mano, rafforzandole la presa sull'arco.
-Così?
-Stringi di più e...il gomito.- uno sbuffo di impazienza lo fa ridacchiare.
-Non ridere!
-Devi pazientare Iris, per padroneggiare l'arco ce ne vuole molta di pazienza.
-Detto da te...- borbotta, e il Nord corruga le sopracciglia bionde mentre la guarda male con quegli occhi identici ai suoi.
-Cosa vorresti insinuare, piccoletta?
-Non chiamarmi piccoletta!- insomma, dopotutto ha già undici anni, come si permette di chiamarla ancora in quel modo?
Lei oramai è una donna!
Le dona un sorriso ironico, uno di quelli che lei gli dedica poco prima di un dispetto, poi le scompiglia la zazzera nera, mandandole i capelli davanti agli occhi.
-Tendi quella corda, avanti.- pur gettandogli un'occhiata infastidita la ragazzina ubbidisce, di dire no a Iansen proprio non le riesce, per quell'uomo dal sorriso furbo e dagli occhi penetranti lei ha un debole, come ogni bimba per suo padre -Avanti....così...- lascia andare la corda e la freccia fischia attraverso l'aria, conficcandosi nel tronco, poco fuori dal bersaglio di paglia preparato.
-Oh.- la delusione sul suo volto è palese, proprio non ci riesce a mascherarla -L'ho mancato.
-Era il tuo primo tiro, non sei andata male.
-Ho mancato il bersaglio.
-Alla tua età io mancavo perfino gli alberi.- ancora quella grande mano si sposta sulla sua testolina, gli piace proprio scompigliarle i capelli -Andrà meglio col tempo.
-E se non dovesse?- chiede lei.
-Andrà, tesoro. Ce l'hai nel sangue.
 
Mentre il lupo cadeva a terra non potei pensare che in fondo papà aveva ragione, l'arco era la mia arma ed avevo la caccia nel sangue, per quanto eliminare quella bestia disperata e rinsecchita dalla fame non fosse proprio una grande impresa.
Era giorno e mi stavo dirigendo verso il punto segnato dalla mappa di Kodlak, per quanto la streghe si rifugiassero in grotte speravo che coglierle di sorpresa con il sole già alto, quando erano solite riposare secondo le indicazioni, mi avrebbe dato un certo vantaggio. In quelle zone gli animali si erano fatti rari e quell'unico lupo incontrato era magro e spelacchiato, probabilmente non mangiava da giorni e gli avevo quasi fatto un favore piantandogli una freccia in testa.
-Giorno sfortunato o fortunato, chi può dirlo?- mi chiesi estraendo la freccia con un movimento secco e accorgendomi con fastidio che la punta era rimasta dentro, rendendola inutilizzabile -Maledizione!- gettai a terra il legnetto e rimontai a cavallo, fino ad arrivare alla base di una parete montagnosa dove, anche da lontano, era possibile scorgere un'apertura nella roccia, la tana delle streghe.
Deglutii.
Ero arrivata, non potevo più tirarmi indietro. Lasciai il cavallo nascosto nella boscaglia e lo legai ad un albero, dandogli una carezza sul muso.
-A più tardi...spero.- mormorai, poi mi diressi verso la caverna.
Più mi avvicinavo all'ingresso, più notavo particolari in grado di farmi accapponare la pelle: numerose ossa, alcune ingiallite dal tempo, altre con ancora della carne attaccata decoravano l'apertura come un macabro tappeto, e su una picca la testa di un lupo con la bocca ancora aperta mi fissava con gli occhi vuoti e mangiati dagli insetti, una visione che mi costrinse a coprirmi naso e bocca con la sinistra.
-Che schifo...- mormorai e fu trattenendo il fiato che varcai la soglia della caverna, senza osare indagare se le ossa ai piedi del palo fossero o meno di animale.
L'antro era simile a molti altri dove ero già stata con Aela o Farkas, ma quella volta sarei stata sola e contro delle streghe, in più c'era un odore strano che più mi addentravo nelle profondità della grotta, più si faceva pungente, un odore di fiori morti, erbe misto a qualcosa di sgradevole che non riuscivo ad identificare.
L'arco era teso e la freccia già pronta mentre avanzavo lentamente e cercando di non calpestare niente che potesse tradire la mia posizione.
-Ecco qui!- sobbalzai e mi affrettai a nascondermi dietro una roccia.
L'antro dove ero arrivata era grande, al centro di esso un grande fuoco era l'unico segno di abitazione, se così possiamo definirla, e vicino ad una grande pentola stava una vecchia donna.
La pelle era pallida, di un grigio malato, ed i pochi capelli rimasti secchi come paglia, sporchi e bianchi, il naso adunco e gli occhi di un rosso scarlatto, piccoli e socchiusi, chini su di una ciotola scheggiata. La figuretta scheletrica non indossava abiti se non una casacca senza maniche che le lasciava scoperte le braccia e le gambe dalle ginocchia ossute in giù, rivelando unghie lunghe e mal curate.
-Eccoti, mostro maledetto...- pensai, sporgendomi appena.
-Sì, sì sorelle mie. Mi mancate così tanto! Ma il nostro signore è stato chiaro, io devo aspettare qui, lontana da voi, devo aspettare cosa, però? No! Non si discutono i suoi ordini, giusto? Giusto!- la sua risatina incerta mi diede i brividi -Moira non discute, è fedele a Hircine. È fedele...- mi sporsi appena e presi la mira.
Un colpo alla testa sarebbe bastato per ucciderla, e staccarlgliela da quel piccolo collo fragile non sarebbe stato difficile, almeno non fisicamente. Per Kodlak avrei superato l'orrore di ciò che stavo per fare e sarei tornata vincitrice a Jorrvaskr. Feci un passo avanti, pronta a scoccare la freccia, ma trovai la visuale occupata.
-AH!- schivai la palla di fuoco rotolando, ma l'odore di bruciato arrivò lo stesso alle mie narici e dovetti affrettarmi a togliere il mantello per non scottarmi a mia volta e bruciare i vestiti.
La copertura era saltata, la strega in qualche modo mi aveva vista.
-Cosa? Chi è!- osservai la strega alzarsi e girare la testa ovunque, fiutando l'aria, sebbene le stessi davanti, a una ventina di metri di distanza -Oh sì...riconosco questo odore.- sorrise, mettendo in mostra una dentatura marcia ed incompleta -Odore di cane, di Compagno.- decretò infine.
Era cieca. Anni di reclusione in quel buio avevano reso i suoi occhi rossi ma vacui, non mi vedeva davvero, credo che più che altro mi percepisse, era stato sicuramente il mio odore, a quanto diceva, a farmi smascherare.
Mi affrettai ad estrarre la spada, riponendo l'arco dietro la schiena e mettendomi in guardia, mentre quella parlava.
-Eppure il tuo odore è così...fievole.- ammise, tirando di nuovo su con il naso -Vivi con i Licantropi, ma non sei una di loro. Non hai accettato il Dono di Hircine.
-Sono qui per la tua testa.- replicai -Il resto non ti riguarda.- ridacchiò di nuovo e di nuovo io rabbrividii.
-Ma davvero, Compagno? Allora perché non vieni a prendertela?
-Con piacere!- sarei dovuta essere più cauta, lo riconosco, ma la voglia di concludere quella missione e di uccidere quell'essere inquietante ebbero la meglio e mi gettai su di lei, portando un fendente che avrebbe dovuto staccarle la testa.
-Non così in fretta!- un campo di forza si frappose tra me e la Strega di Glenmoril, sbalzandomi all'indietro e facendomi perdere la spada.
Caddi sul terreno roccioso battendo la spalla e rotolando un paio di volte, finché non mi fermai e mi misi in ginocchio.
-Che cosa...?- mi morsi il labbro.
Quella era la magia, la cosa che i Compagni disprezzavano profondamente, quel vincolo che li aveva imprigionati nella bestia, l'arma più potente del mondo se utilizzata con capacità. Ed io ne ero sprovvista contro un avversario che invece sembrava più che avvezzo al suo utilizzo.
-Merd...- un'altra palla di fuoco venne gettata contro di me e dovetti correre via per non finire arrosto.
-Non puoi nasconderti! Il tuo sangue ci appartiene Compagno, appartiene a me e alle mie sorelle, così come la tua anima appartiene a Hircine!- presi l'arco e scoccai una freccia, ma di nuovo quel campo di forza, che non era niente di più se non una patina azzurrina di energia, salvò la strega dalla fine.
-Io non appartengo a nessuno!- esclamai -La vostra maledizione sarà la vostra rovina!
-Ti sto aspettando, avanti.- la sua risata è una di quelle cose che ti rimangono impresse: folle, esaltata, eppure vuota, era come se ridesse di riflesso.
Non mi mossi, incapace di studiare una strategia, quel campo di forza e gli incantesimi di fuoco mi impedivano di avvicinarmi, cosa potevo inventarmi? La mia mente era vuota, una sola parola vi rimbombava: sopravvivi, sopravvivi, diceva, anche se ero più che consapevole che, se non avessi trovato una soluzione, la morte sarebbe sopraggiunta anche troppo presto, anche troppo rapidamente.
-Non vuoi? Beh, allora vengo a prenderti io!- sulle gambe malferme la strega mi corse incontro e lanciò un nuovo dardo di fuoco, stavolta più grande e più potente dei precedenti, tanto che quando mi riparai dietro una roccia vicina sentii l'urto far tremare le pareti della grotta e scaldare la pietra in maniera quasi insopportabile.
-S-smettila.... d-di t-tremare Iris.- mi dissi mentre le mani stringevano l'arco di legno con una presa incerta a causa del tremore -Non...- all'improvviso un dolore tremendo alla spalla sinistra mi fece gridare e caddi in avanti per evitare numerosi i pezzi della pietra oramai in frantumi.
-Cazzo!- strinsi i denti e mi sfiorai la spalla, ma ottenni solo di infliggermi un'altra fitta di dolore che mi fece gemere di nuovo.
L'armatura di pelle era bruciata, così come la mia pelle sotto di essa, era rossa e soprattutto emanava quell'odore...l'odore che avevo sentito alla fattoria.
-Hai voluto sfidare un avversario più grande di te, Compagno.- gettai un'occhiata furiosa alla strega che mi stava davanti, poi cercai di colpirla con una pietra li accanto, ma il campo di forza mi fermò di nuovo, stavolta bloccando ogni movimento -Ora ne pagherai le conseguenze.- venni sbalzata via contro il pentolone e ne rovesciai il contenuto, un composto dall'odore nauseabondo che mi fece venir voglia di rigettare.
Era lo stesso odore che impregnava la caverna, caldo ma non bollente, almeno. Mi rialzai, ignorando le fitte di dolore ai muscoli, alle ossa, ma ricaddi di nuovo in ginocchio, mi girava la testa e quell'odore mi stava stordendo insieme alla claustrofobia che iniziò a prendere possesso della mia mente.
Volevo solo uscire da lì, e in fretta.
Mi scostai i capelli gocciolanti di quella brodaglia via dagli occhi, ignorando la mano tremante mentre la strega stava caricando un altro incantesimo, stavolta con entrambe le mani. Non sarei scampata.
-Addio, Compagno...Hircine ti attende.- caddi a terra, oramai sconfitta.
-Merda...- sussurrai -Merda!- avevo fallito.
Kodlak si era fidato di me ed io l'avevo deluso, così come avrei deluso Vilkas quando non sarei tornata. Battei un pugno a terra, furiosa ma rassegnata, quando una piccola bottiglia, la stessa datami dal Compagno, cadde accanto a me.
La guardai.
Dovrebbe proteggerti di più dagli incantesimi di quelle streghe
Poteva funzionare, poteva essere una possibilità...dopotutto non avevo niente da perdere.
La presi e rapidamente la stappai, poi ne bevvi il contenuto amaro, finendo proprio quando l'ennesima palla di fuoco era vicina, ma non successe niente.
Avevo fallito.
Urlai e chiusi gli occhi, in attesa della fine...
Sentivo caldo, ma non era insopportabile, le fiamme sfioravano la carne, ma non la bruciavano, così come non bruciavano i vestiti.
E riaprii gli occhi.
Intorno a me un'aura azzurrina sembrava respingere i morsi del fuoco che pian piano andò diradandosi fino a sparire per lasciarmi integra.
-Il silenzio è tornato.- la strega era ancora lì, ma non dava segno di essersi accorta di me, né del fatto che fossi ancora viva.
Come era possibile?
Tirò su due volte col naso.
-Il silenzio è bello, dopo una battaglia.- guardai le mie mani a terra, ancora zuppe di quello schifo, poi il pentolone contro cui avevo urtato, e capii: il mio odore poteva anche essere simile a quello dei Compagni, vivendo con loro avevo finito per assorbirlo, quasi, ma essendo più debole e sopratutto coperto dal contenuto indefinito del pentolone non poteva più percepirmi.
Inoltre, come ho già detto, era cieca.
Capii che non avrei avuto un'altra occasione: l'arco era bruciato, oramai, ma la spada era ancora a pochi metri da me e potevo utilizzarla, così iniziai a muovermi, pian piano, proprio mentre la strega si dirigeva, traballante, verso il punto in cui doveva esserci il mio cadavere, almeno secondo lei.
-Vediamo un po' cosa abbiamo qui...- il suo passo, a differenza del mio, voleva essere veloce e rumoroso, e utilizzai i suoi stessi movimenti rumorosi per coprire i miei passi ed arrivare all'arma, proprio mentre la strega con il piede sondava il terreno -Ho sprecato il mio infuso, ma me ne farò una ragione...- cercava e cercava, presto finì per insospettirsi -Dov'è...dov'è?- con l'arma in pugno mi avvicinai -Dove sei, piccola sciocca? Ti ho forse ridotto in cenere?!- se davvero era convinta di avermi ucciso, allora stava parlando da sola.
Deglutii e continuai ad avvicinarmi, la spalla ustionata pulsava ed iniziò a cedere.
-No, non adesso! Non ancora!- pensai disperatamente, mentre una goccia di sudore colava lungo la tempia.
Ad un metro dalla strega, essa si girò verso di me, ma non mi vedeva.
-Dove sei? Vieni fuori maledetta!- mi urlava contro, le mani irrigidite dalla rabbia ricordavano le zampe dei ragni -Dove...
-Sono qui!- la assaltai, e caricando con tutta la mia forza le trapassai il ventre con un grido di rabbia, un grido che si mescolò all'urlo terribile della creatura. Batté un paio di deboli pugni sulle mie spalle e, quando toccò quella ustionata, la liberai dalla lama con uno scatto di rabbia, buttandola a terra con un calcio.
-Maled...etta.- dal foro sangue scuro e denso iniziava a rigettarsi sul pavimento, ma non ci feci caso.
Avevo vinto, ed era ciò che contava.
-S-se...le mie sorelle...f-fossero q-qui.- lo stomaco si strinse ferocemente.
Kodlak aveva infatti parlato di una Congrega, ma dove erano le altre streghe?
Mi chinai su di lei e glielo chiesi.
-Parla, essere schifoso, dove sono le altre?- la minacciai, chinandomi su di lei e premendo la spada contro il suo sterno -Parla, o prima di ucciderti ti scuoierò come un animale!- ovviamente non lo avrei fatto, volevo solo impaurirla, ma invece che spaventarsi quella ridacchiò.
-Ho...capito. Ho c-capito perché...
-Di che parli?
-Lui sapeva...sapeva.
-LUI CHI?- quegli occhietti rossi, in procinto di chiudersi, mi guardarono con cattiveria -Dove sono le altre come te?
-Non...sono più...qui.
-Ah, davvero?- estrassi il pugnale che tenevo alla cintura e lo affondai nella spalla della megera, che urlò di nuovo -Parla, ho detto. Le mie promesse le mantengo, sappilo.
-Anche Hircine le mantiene...anche lui.- ribatté lei -Presto...la tua anima sarà sua.- e, con mio profondo orrore ed incredulità, si staccò la lingua con un unico morso.
-NO!- urlai -Brutta...- mi sputò addosso e, schifata, indietreggiai, affrettandomi a pulirmi il sangue dalla faccia con un moto di disgusto proprio mentre la creatura moriva con pochi gemiti. Infine regnò il silenzio.
Era fatta. La Congrega di Glenmoril si era appena estinta, l'ultimo componente giaceva morto ai miei piedi per mano mia. Mi chinai di nuovo e afferrai i capelli della vecchia, lasciando che la spada calasse sul suo collo magro con un unico colpo secco.
Quando uscii dalla caverna il sole era alto. Mi allontanai senza guardarmi indietro e una volta raggiunti i boschi inspirai a pieni polmoni l'aria pulita, sebbene il puzzo di quella roba mi girasse ancora intorno. Fu quasi con sollievo che mi feci il bagno in un fiume poco lontano, incurante dell'aria fredda che iniziava a tirare, ripulendomi dal sangue e dallo schifo. Per la spalla non ci badai, dovevo tornare a Jorrvaskr e una volta lì me la sarei fatta medicare come si deve, la medicazione che mi ero fatta da sola avrebbe potuto reggere, se non altro l'avrebbe protetta dalle infezioni.
Ce l'avevo fatta, avevo davvero ucciso una strega, avevo davvero tra le mani la cura per Kodlak!
Sorrisi al mio riflesso, scoppiai a ridere di sollievo mentre i capelli si appiccicavano alla fronte, mentre i brividi mi riempivano il corpo. Avevo appena sconfitto la maledizione dei Compagni, ottenuto il modo di liberarli!
Dopo essermi rivestita, salii a cavallo e sistemai in una bisaccia la testa della strega, coprendola con un panno in modo che non macchiasse la borsa e che non si vedesse ad occhio esterno per non dover dare spiegazioni complicate, poi spronai il cavallo e mi diressi verso Jorrvaskr con il cuore leggero.
Non vedevo l'ora di tornare a casa.
 
Note dell'autrice
salve!
Ok, qui ci sono da spiegare un po' di cosette.
La strega è una sì, per il semplice motivo che Iris, che non ha certo una grande esperienza come guerriera, senza licantropia e totalmente ignorante con la magia, non avrebbe potuto sconfiggere le streghe tutte insieme, no. Ma non preoccupatevi quando vi dico che le streghe non hanno ancora terminato il loro ruolo, ma per ora cambiamo argomento.
La caratterizzazione della strega, beh, non è proprio come quella di Skyrim, non si parla di cecità, ma quando ho visto quegli occhi rossi non ho saputo resistere. E la cura per Kodlak finalmente sta per raggiungere Jorrvaskr, ma sappiamo tutti che il Destino fa lo sgambetto nei momenti meno opportuni, perciò...
Alla prossima e bigspecial merci a Valpur xD Che mi ha dato anche la malsana idea di scrivere qualche spin-off <3
Baci a tutti
Lady Phoenix

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Capitolo 12
*** Chapter XI- Angry, pain and darkness ***


 
Chapter XI
Angry, pain and darkness
 
Arrivai a Whiterun che era oramai sera inoltrata, e la città in lontananza non era altro che un ammasso di puntini luminosi che la rendeva misteriosa, ma al tempo stesso accogliente...
O forse ero solo io ad essere particolarmente di buon umore a dispetto della stanchezza e le ferite, semplicemente non mi importava: cos'era una spalla dolorante rispetto alla soddisfazione di aver portato a termine la missione più importante della mia vita?
Potevo già immaginarmi la faccia di Kodlak, i suoi occhi finalmente sereni...
-Ehi, ehi tu!- venni brutalmente riportata alla realtà dall'arrivo trafelato di una guardia, che dovette riprendere fiato tanto aveva corso.
-Respira.- gli dissi, tranquilla ma fredda, il mio astio nei confronti delle guardie e dell'Impero forse si era attenuato, ma non era mai sparito del tutto e ogni volta che le guardie mi rivolgevano la parola mantenevo un atteggiamento distaccato e impersonale.
-S-sei...una dei Compagni...no?
-Sì, cosa c'è? Vado di fretta.- forse si accorse del tono gelido data l'occhiata che mi lanciò, continuando ad alternare il fiatone alle parole.
-Jorrvaskr...è...sotto attacco.- il mio cuore si fermò.
-Cosa?!- scesi da cavallo con un unico salto, ignorando la fitta alla spalla e alle gambe e mi precipitai dalla guardia, scuotendolo con ben poca grazia -Come sarebbe a dire è sotto attacco?! Chi è stato?
-I...Mano d'Argento.- mi feci bastare quel nome.
Lo lasciai di scatto, altrettanto velocemente risalii a cavallo e lo spronai con un colpo di talloni più forte del solito, tanto che il destriero impennò.
-Non ora, dannazione!- mi ressi a fatica, mantenendo un precario equilibrio, e mi parve di aver perso un'eternità di tempo prezioso quando, finalmente, il quadrupede riprese un galoppo serrato che non sentii nemmeno tanta era la preoccupazione.
Cosa diavolo ci facevano i Mano d'Argento? Perché attaccare proprio ora? Da quanto l'attacco andava avanti? Qualcuno era rimasto ferito?
Tante domande a cui non sapevo trovare risposta, ed erano una più dolorosa dell'altra, sfogai la mia preoccupazione sul cavallo, spronandolo ancora e ancora, gridando nelle sue orecchie di andare più veloce, pregai Kynareth di darmi la velocità del vento per arrivare, nonostante fossi a pochissimi metri dalla destinazione Jorrvaskr non mi era mai parsa così lontana ed irraggiungibile.
I volti di tutti i miei Fratelli e Sorelle di Scudo si alternavano nella mia mente, ma erano soprattutto Kodlak e Vilkas a darmi quelle terribili fitte di terrore allo stomaco, a farmi pregare intensamente come mai avevo fatto in vita mia, a farmi tremare dalla paura.
-Per favore non andatevene...non andate via!- pensai, poi con un altro colpo di briglie, sicuramente doloroso per il cavallo, pretesi più velocità, alzandomi appena con il sedere dalla sella, piegandomi in avanti quasi per non sentire le fitte di dolore ai glutei a causa della cavalcata sempre più intensa.
Le porte della città erano aperte, probabilmente per sedare la rivolta dei Mano d'Argento, ed entrai di corsa senza problemi con il rumore degli zoccoli che, battendo lungo la strada selciata di Whiterun, rimbombavano nella mia testa come tamburi, scandendo il tempo.
Quando arrivai davanti a Jorrvaskr scesi da cavallo, abbandonandolo praticamente a se stesso, e corsi verso l'ingresso. La scena che trovai fu terribile: i cadaveri di alcuni Mano d'Argento giacevano a terra in posizioni scomposte, ossa rotte, ferite aperte, mentre altri ancora combattevano contro Aela e Torvar che, spalla contro spalla, ne respingevano la maggior parte a colpi di spada e ascia, tra grida, ringhi, parole che si perdevano nella cacofonia della battaglia.
Afferrai l'arco ed una freccia, puntando verso una bretone la cui ascia non raggiunse mai la testa di Torvar.
-Ma che...scricciolo!- mi accolse, mentre Aela mi lanciò un sorriso sollevato, per quanto poté si intende.
Non sembrava ferita gravemente, a parte qualche livido, ma gli occhi verdi erano frementi e rossi, probabilmente si stava trattenendo per non rilasciare la bestia che era in sé, non davanti alle guardie di Whiterun e la popolazione già sconvolta che ci osservava dalle loro case.
-Sei tornata.- con un unico affondo la spada corta della cacciatrice si piantò nella testa di un avversario ed altrettanto velocemente venne rimossa proprio mentre io mi piazzavo accanto a lei -Non qui, vai dentro!
-Cosa?!- protestai -Ma voi...
-Noi ce la caveremo, va' dentro!- confermò l'altro Compagno, ed a quel punto mi lasciai convincere, salendo due a due i gradini che portavano a Jorrvaskr per poi spalancare la porta socchiusa.
Dentro, il caos: i pezzi di carbone posti al centro della stanza usati spesso come focolare, erano sparpagliati rendendo il pavimento pericoloso e caldo, l'odore di sangue, sudore e bruciato rendeva l'aria consumata e quasi irrespirabile mentre i Compagni ed i Mano d'Argento si affrontavano.
-AH!- senza pensarci mi gettai su un Imperiale armato di arco e frecce che si teneva lontano dalla vera battaglia, affondando il pugnale nella sua clavicola e strappandogli un grido di dolore e paura.
Si girò, afferrandomi per una delle cinghie dell'armatura e cercando di spingermi in avanti, ma io ribaltai la situazione riuscendo a cadergli sopra ed affondai di nuovo la lama nella sua carne, uccidendolo.
-Tu brutta...- mi girai di scatto, ma una Nord incombeva già su di me, pronta a levare la sua arma e spaccarmi la testa.
-No!- alzai istintivamente un braccio per proteggermi, pur sapendo che sarebbe stato inutile, ma la gigantesca sagoma di Farkas mi salvò la vita investendo la donna con la sua potenza.
Non ricordo di aver mai visto Farkas in quel modo: gli occhi azzurri solitamente calmi, lontani dal mondo quasi, erano carichi di rabbia, furore ed esaltazione per la battaglia, le sopracciglia spesse e scure corrugate ed i denti scoperti in una smorfia lo rendevano feroce come mai lo avevo visto, forse fu la prima volta in cui realizzai che il Compagno poteva davvero essere pericoloso se avesse voluto, che la bestia c'era anche in lui pronta ad uscire.
-Farkas...- lo chiamai, e l'uomo sembrò riscuotersi.
-Ce l'hai fatta.- senza troppi complimenti mi tirò su per un braccio, reggendo la sua spada con l'altra mano e facendomi gemere -Ti ha ferito?
-N-no. Non lei.- lo rassicurai, massaggiandomi la spalla con ancora la pelle arrossata e dolorante -Come...
-Attenta!- scattai di lato proprio quando il licantropo si lanciò in avanti, travolgendo due avversari nella sua carica.
-Farkas!- un avversario si piazzò avanti a me, e lo persi di vista -Levati di mezzo!- il Khajiit che mi attaccò era una femmina, e scoprì i denti in quello che doveva essere un soffio di rabbia.
-Non ne uscirete vivo nessuno, parola di Shez'han Rad!- avevo già affrontato un Khajiit, ma a differenza di quello incontrato nel Tumulo, la femmina avanti a me non era codarda e soprattutto era sveglia, notò subito la spalla ferita e cercò di approfittarne, spingendomi a parare o usare sempre quel braccio, sfuggendo o incalzandomi a seconda dei miei movimenti.
-Adesso basta!- in un attimo di rabbia mi gettai con tutta la forza che avevo sulla Khajiit, che invece di contrattaccare rimase ferma sul posto, il muso fremente e gli occhi spalancati quasi avesse visto un mostro, e non una Nord all'attacco, e fu con quello sguardo, quella paura negli occhi che la sua testa volò via dal corpo per ruzzolare sul legno, lasciando una scia rosso scarlatto -Bastarda...- mormorai, pulendo la lama sui suoi vestiti, poi spostai lo sguardo lungo la sala, la battaglia non era finita.
-Athis!- infatti notai subito l'elfo scuro in difficoltà, e senza perdere tempo arrivai alle spalle del Mano d'Argento che lo stava attaccando per trapassargli lo stomaco con la spada, gettando il corpo in avanti.
-I...ris...- mormorò quello.
Gli occhi dell'elfo scuro erano ricchi di dolore e si teneva la mano sull'addome, dove una ferita profonda macchiava di rosso la sua corazza di cuoio e rendeva il grigio della sua pelle più cereo che mai, in tremendo contrasto con il rosso dello sguardo -Sei...
-Zitto, non ti muovere.- strappai il mantello dalle spalle del cadavere accanto a lui e cercai di tamponare la ferita, la stoffa si inzuppò ed io iniziai ad entrare nel panico, perché ero un guerriero e non un guaritore, inoltre la ferita rischiava di infettarsi.
-Cazzo...
-Lascia fare a me.- Ria si chinò accanto a me -Ci penso io a lui, tu combatti.
Giovane, silenziosa, orgogliosa più che mai di far parte del gruppo di Jorrvaskr, non eravamo mai state molto unite, preferivo di gran lunga Aela a quella orgogliosa fanciulla, ma non potei non riconoscere che con il suo carattere calmo avrebbe tenuto la situazione sotto controllo molto meglio di me.
-Dove sono Kodlak e Vilkas?- le chiesi, dato che del Precursore e del giovane non c'era traccia.
-Ho visto Vilkas scendere le scale verso gli alloggi, stava inseguendo da solo quattro di quei figli di puttana.
-Quattro?!- mi alzai con un ringhio a causa della fitta alla spalla -Idiota, non può farcela da solo!- mi precipitai verso gli alloggi scendendo le scale quasi in due balzi, trovando la porta aperta, o meglio un'anta era stata del tutto distrutta e potei passare con facilità, solo per potermi addentrare nel corridoio stranamente silenzioso delle stanze.
Più mi addentravo nel corridoio, più i rumori del piano di sopra si facevano lontani, quel silenzio inaspettato quanto strano ebbe il potere di farmi rabbrividire mentre avanzavo cauta e silenziosa, proprio come quella volta, nel Tumulo delle Vecchie Glorie.
-Dove accidenti sono?- gli occhi saettavano ovunque, sempre troppo lenti -Dove...
-Stammi lontano, mostro!- una voce provenne da dietro una porta in fondo al corridoio.
Sospettosa iniziai ad avvicinarmi ad essa, ma prima che potessi raggiungerla un altro urlo anticipò la rottura della stessa. Scattai all'indietro ed incoccai una freccia, ma fu solo il corpo di un Nord a me sconosciuto, un Mano D'argento, che rotolò in maniera scomposta fino ai miei piedi: gli occhi erano aperti e il suo torace una massa irriconoscibile di carne.
-Ma...- solo una creatura avrebbe potuto avere tanta forza e tanta ferocia.
Alzai gli occhi, incontrando un lupo mannaro proprio sull'uscio della porta stessa. La bestia, su due zampe, ansimava pesantemente e perdeva sangue in alcuni punti, mi guardò per un lungo istante prima di iniziare a ritrasformarsi. In pochi, dolorosi secondi il lupo lasciò spazio a Vilkas, che sollevò lo sguardo chiaro su di me.
-Vilkas!- il mio cuore si allargò di sollievo nel vederlo vivo, e mi precipitai da lui per poterlo abbracciare. Mi prese il volto tra le mani, con meno delicatezza rispetto al solito, ma non me ne curai, non mi importava, e lasciai che mi baciasse prima di stringermi a sé.
-Sei tornata...- sussurrò, ed io annuii contro la sua spalla, trattenendomi a stento dallo stringerlo forte come avrei voluto, ma non ne avevo la forza ed il suo corpo era pieno di ferite e lividi.
-Cos'è successo?- mormorai, finalmente sciogliendolo dall'abbraccio per guardare il suo viso stravolto -Sei ferito?
-Non gravemente. Comunque ci hanno teso un'imboscata. Hanno circondato Jorrvaskr in massa, respingendo anche le guardie cittadine.- gli sfiorai appena uno zigomo gonfio e violaceo.
-Ho fatto il prima possibile.- garantii, quasi sentendomi in colpa per non essere stata lì al momento dell'attacco -Te lo giuro, ho...
-Lo so, lo so.- strinse la stoffa dei pantaloni logori che indossava, l'unico indumento sopravvissuto alla trasformazione in lupo, e gettò un'occhiata lungo il corridoio -Hai visto Kodlak?- scossi la testa -L'ho seguito per dargli manforte con alcuni di questi...bastardi.- inspirò, cercando di placare la furia che gli scorreva dentro, che faceva pulsare le vene delle braccia -Ma sono stato seguito anche io.- accennò all'ormai cadavere.
-Lo cerchiamo insieme, vieni.- gli presi delicatamente il braccio mentre si alzava, cercando di non mostrare troppa premura perché sapevo che non gli sarebbe stata gradita, ed insieme ci dirigemmo verso la stanza del Precursore.
Vilkas era vivo, ma la mia preoccupazione era per Kodlak solo contro più avversari e, anche se il Precursore non era da sottovalutare, i Mano d'Argento sapevano essere insidiosi contro i lupi mannari, avevano già dimostrato di saper combatterli con efficacia e crudeltà.
Percorremmo il corridoio il più rapidamente possibile, ma la tranquillità durò fin troppo poco: qualunque cosa stesse accadendo sopra le nostre teste doveva essere devastante, perché una parte del muro sopra di noi crollò.
-Attenta!- Vilkas mi spinse avanti e caddi sbattendo i gomiti, e quando mi ripresi dal polverone che si sollevò tra me e Vilkas c'era un muro di pietra.
-Vilkas!- lo chiamai, alzandomi e avvicinandomi alla parete crollata -Stai bene?
-Frana di merda, si può sapere che cazzo sta succedendo lassù?- sì, stava bene -Sei ferita?- mi chiese.
-No.
-Almeno questo.- lo sentii sospirare -Maledizione, proprio adesso!
-Vai a chiamare gli altri.- gli dissi io, attenta a non toccare nessuna pietra per timore che mi cadesse addosso -Io raggiungo Kodlak.
Per un attimo non ricevetti che il silenzio come risposta, poi la voce del Compagno arrivò, contrita ma decisa.
-Ti raggiungerò subito.
-Lo so che lo farai.- anche se non poteva vedermi, sorrisi alla roccia, indietreggiando -Quando arriverai sarà già tutto finito.- temendo che la paura di rimanere di nuovo sola in quella situazione mi avrebbe bloccata, diedi le spalle alla parete franata e corsi verso la stanza del Precursore, ma non ci arrivai mai.
-Muori, cane!- il cozzare di due lame deviò la mia attenzione verso una stanza più grande, un piccolo dormitorio, dove trovai finalmente Kodlak intento a combattere due avversari, uno doveva essere un Nord data la stazza robusta sotto quell'armatura pesante, mentre il secondo era un Imperiale mingherlino ma anche agile, e schivava tutti gli affondi del Precursore per poi attaccare quando l'uomo era impegnato ad affrontare il gigantesco compagno. Ai loro piedi c'erano tre cadaveri.
L'uomo presentava ferite di diverse entità: tagli sul volto, le braccia, lividi di diversa gravità ed ammaccature sull'armatura che indossava, ma la sua lotta rimaneva serrata e feroce, tanto da riuscire a tener testa a quei due infidi avversari.
-Figli di puttana!- scagliai una freccia che, rapida e letale, colpì il Nord alla spalla, facendolo urlare.
Kodlak ne approfittò per entrare nella sua guardia e menare un fendente che gli fece perdere una gran quantità di sangue e cadere a terra, immobile.
-Bastardo!- gracchiò l'Imperiale con voce terrorizzata, ma la mia seconda freccia lo fece tacere con uno squittio patetico e terrorizzato quando questa lo mancò di un pollice circa.
-Non ti muovere.- lo avvertii, venendo avanti con l'arco teso e l'ultima freccia rimasta già incoccata.
-Iris...- sorrisi al mio Precursore, gettandogli un'occhiata rapida che subito si spostò sull'ultimo avversario rimasto -Ce l'hai fatta.
-È tutto nella bisaccia, Kodlak.- dopo aver annuito, il Precursore si fece avanti, spingendo invece l'altro ad indietreggiare fino alla parete.
Aveva ancora la spada in mano, ma sembrava non aver la minima idea di cosa farne mentre la sagoma possente di Kodlak, a cui lasciai spazio indietreggiando sempre con l'arco puntato, si avvicinava a lui.
-F-fermo, non mi uccidere! N-non mi uccidere!- urlò, e pochi secondi dopo un odore pungente mi arrivò alle narici, facendomi storcere il naso: l'uomo si era urinato addosso.
-Guarda, getto la spada! La getto!- continuò quello lasciando la presa sull'arma e scivolando a terra.
-Ti sto offrendo la possibilità di morire con la tua arma in pugno e tu la getti via così?- gli chiese invece il Nord, con un tono a metà tra l'incredulo e il disgustato, poi sollevò l'arma pronto a colpire.
-T-ti p-prego...
-Io non lo farei...se...fossi in te!- mi sentii afferrare da dietro e gridai di sorpresa mentre perdevo la presa sull'arco.
Sia Kodlak che l'Imperiale si girarono verso il Nord che mi aveva presa in ostaggio approfittando della nostra distrazione. Il suo pugnale di fattura orchesca era puntato contro la pelle della mia gola, mentre l'altra mano mi circondava la vita, stringendomi a sé in maniera quasi dolorosa,nel tentativo di usarmi come merce di scambio o scudo in caso Kodlak non si fosse posto problemi ad uccidere lo stesso il nostro nemico.
Vidi il Precursore spalancare gli occhi, mentre la sua arma tornava a calare fino a sfiorare il pavimento con la punta della lama.
-Ti credevo morto.- disse.
-C-ci siete andati...vicino.- ammise quello, nonostante il tono volesse essere arrogante era possibile percepire la paura di un'azione disperata -Ma sfortunatamente, per voi si intende, ho la pelle dura.- fece una pausa -Facciamo così.- chiusi gli occhi quando lo sentii tossire, quando un po' di sangue colò lungo il mio volto, sangue non mio -A-desso...tu getti la spada. E lasci andare il mio compare...e io non la uccido.
-Kodlak non farlo!- gridai d'istinto, e la lama si spinse ancora di più contro la mia gola, costringendomi a tacere.
-Zitta!- mi intimò l'uomo, poi tornò a guardare l'anziano licantropo che, ancora immobile e con la spada in pugno, sembrava voler uccidere con lo sguardo quell'animale che mi teneva in suo potere -Allora?
Non potendo parlare, continuai a guardare Kodlak, a supplicarlo con gli occhi di non cedere: sebbene la paura mi facesse tremare e sudare freddo in quell'inferno di sangue, ero consapevole che non era un ricatto a cui valeva la pena di cedere, la mia vita in cambio di quella di due nostri nemici, gli stessi che avevano ucciso Skjor ed avrebbero continuato a terrorizzare le zone circostanti non era un prezzo equo.
Vedendolo esitante, il Nord lo incalzò.
-Dovresti sentire come trema...vuoi davvero che questa bella fanciulla muoia?- chiusi gli occhi, vergognandomi come un cane della paura che, sì, mi faceva tremare come una bambina infreddolita.
Vivere con i Compagni significava dover mettere la morte in conto costantemente, erano i rischi del mestiere, ma nei racconti, nella mia testa, la morte doveva essere qualcosa si onorevole, come morire in battaglia o per proteggere qualcuno a te caro, e non con la gola aperta come un capretto. Lo squallore di una morte così improvvisa e poco onorevole gareggiava in me con la paura stessa, che sembrava alitarmi sul collo al pari del Mano d'Argento che mi teneva, ora stringendo forte la presa sul mio fianco, affondando in maniera spasmodica le dita nella carne. Gemetti.
-Allora?- a quanto pare doveva aver perso la pazienza, perché il freddo della lama si fece più pressante, più pericoloso -C-che facciamo?
-Va bene.- spalancai gli occhi arrossati per guardare il vecchio Biancomanto che, in tutta la sua dignità, lasciò cadere l'arma a terra e diede le spalle all'Imperiale.
-Kodlak...- mormorai, stringendo i pugni per la frustrazione.
Involontariamente, avevo fatto in modo che il Precursore venisse costretto alla resa, dov'erano gli altri, accidenti?!
-Bravo. Sei un vecchio con cui si può ancora ragionare, vedo.- tuttavia, nonostante la lama si fosse allontanata dalla mia gola, il bandito non mi lasciò andare né allentò la presa intorno alla mia vita.
-Ho mantenuto la parola. Lascia andare la fanciulla.- disse infatti Kodlak al Nord, ma quello, ignorando il tremore dei suoi muscoli a pezzi, mi strinse ancora più a sé.
-Lasciami!- esclamai, gettandogli un'occhiata furiosa e disgustata
-Quanta fretta, vecchio!- tornai a guardare la mia guida, il mio maestro, e mi accorsi con orrore che, alle sue spalle, l'Imperiale si era alzato ed aveva sollevato la spada per colpire -Non abbiamo finito.
-KODLAK ATTEN...!- urlai con tutto il fiato che avevo in corpo, ma le mie parole non giunsero mai alle sue orecchie.
Un attimo prima gli occhi azzurri di Kodlak mi guardavano, preoccupati ma anche pieni di forza e speranza, e l'attimo dopo la sua testa veniva staccata dal corpo, iniziando a cadere.
Il mondo si fermò. La voce mi morì in gola, ed una terribile sensazione di arido mi riempì la bocca e lo sterno, un gelo che altro non era che la quiete forzata prima della tempesta. Non me ne rendevo conto, semplicemente assistevo ad una scena che non riuscivo a capire, che non riuscivo ad accettare.
Fu solo con il tonfo della sua testa sul pavimento che mi riscossi. Ed il dolore arrivò tutto insieme, con la rabbia e la disperazione di un momento già vissuto che ero stata costretta a rievocare.
-NO!- urlai con tutta l'aria che avevo nei polmoni -NO! NO! KODLAK!- persi forza sulle gambe, e sarei sicuramente caduta se il Nord non mi avesse trattenuta.
-Sta' buona!- mi intimò con tono affaticato ma soddisfatto -Ora di sicuro non sente più nulla.
-Sei stato fenomenale.- sentii dire l'Imperiale, e chinai la testa, cercando di sfogare in qualche modo il nodo allo stomaco che si era fatto pesante, soffocante, che non mi permetteva di respirare bene.
Dovevo liberarmi di tutto quel dolore, dovevo liberarmi di tutta quella disperazione, ma non ci riuscivo. Ero come bloccata, paralizzata dal dolore e dall'incredulità da quella testa mozzata, che ancora mi guardava con gli occhi aperti.
Aperti come i suoi.
-Un colpo preciso.- sobbalzai nell'udire quelle parole, quel tono così...scherzoso.
Chissà quante volte lo avevamo usato noi dopo aver ucciso dei banditi...eppure in quel momento mi parve la cosa più brutta che potessi udire, ed una sensazione di furia iniziò a farsi largo in me.
Smisi di agitarmi, e chiusi gli occhi.
-Che c'è, ti sei stancata?- mi chiese ironico il mio carceriere, e vedendo che non rispondevo mi scosse e mi costrinse a tirarmi di nuovo in piedi -Ti ho fatto una domanda, stronzetta. Rispon...- gli pestai ferocemente il piede, all'improvviso, e lui colto di sorpresa mi lasciò andare, poi estrassi il pugnale che avevo alla cintura e con un grido di rabbia affondai la lama nella fronte, accompagnata dal terribile rumore della cartilagine che si rompeva quasi placida al ferro della mia arma.
Il Nord cadde a terra con un gemito, senza nemmeno accorgersene.
-No, maledetta!- non ancora soddisfatta, con i muscoli che tremavano in preda all'adrenalina e la furia, girai il viso verso l'ultimo Mano D'Argento rimasto, che si fermò di scatto, terrorizzato.
E solo in quel momento realizzai che era stato lui, quell'omuncolo insulso dai capelli scuri, ad aver ucciso Kodlak.
Mi girai a guardarlo lentamente, come se non avessi fretta.
-Chi sei?- mi chiese, balbettando.
Non capii perché me lo chiese, ma non mi interessava, sempre molto lentamente mossi i primi passi verso di lui, il pugnale ancora in mano e la lama sporca di sangue e resti di osso e cervello.
-S-tammi lontana!
-Lo hai ucciso.- non riconobbi la mia voce, roca e terribile, sembrava che non l'avessi usata per anni -Hai ucciso Kodlak...
-Ferma!
-LO HAI UCCISO!- la falsa calma che mostravo si ruppe in mille pezzi come una maschera di vetro, e prima che il mio avversario potesse anche solo sollevare l'arma mi gettai addosso a lui e lo buttai a terra, poi sollevai il pugnale con entrambe le mani ed affondai di nuovo, stavolta all'altezza del ventre.
A differenza del compagno, sotto i miei colpi l'Imperiale urlò, si dimenò, addirittura pianse, chiese pietà, chiese grazia, ma io non avevo pietà per nessuno, e pian piano il pianto si fece gemito, e il gemito si fece silenzio.
L'assassino di Kodlak era morto, ma io non ero ancora soddisfatta.
-Dove vai?- gli chiesi, continuando a gridare, ad affondare sul suo corpo martoriato, sporcandomi di rosso.
Nei suoi occhi vuoti il volto che mi restituì lo sguardo non era il mio, ma quello di una bestia distrutta dal dolore, che voleva la sofferenza di quel bastardo morto troppo presto.
-Non è abbastanza!- il braccio iniziava a farmi male, ma lo ignorai -Non è abbastanza!-affondai di nuovo, oramai sorda ai rumori, agli odori sgradevoli del corpo, alle lacrime che continuavano a rigarmi il volto -Torna indietro! Sei morto troppo presto, accidenti! Troppo presto!- non udii la parete crollata che veniva buttata giù, né le voci degli altri che mi raggiunsero.
-Iris!- mi accorsi di loro solo quando oramai erano sull'uscio della porta, avanti a tutti Vilkas, l'unico a non essere trasformato, seguito da Aela e Farkas in forma ferale.
Li vidi e capii che li conoscevo, ma non li riconobbi. Dovevo solo chiarire...chiarire che non era colpa mia.
-Non sono stata io...- mormorai, fissandoli gli occhi spalancati, ottenendo solo il silenzio -Non sono stata io.- ripetei, più sicura e convinta, e il breve senso di smarrimento che era arrivato nel sentirmi chiamare, sparì per essere sostituito da quella furia autodistruttiva -È stato lui, lui!- e ripresi ad infierire, ogni colpo che andava a fondo non era mai abbastanza e ne esigevo subito un altro, la vendetta che era in me lo esigeva, ed io l'accontentavo, lasciandomi trascinare in quel falso appagamento che credevo mi nutrisse quando in realtà mi lasciava più vuota di prima -Troppo presto! È morto troppo presto!
-Smettila adesso!- sentii la presa della mano di Vilkas sul polso, quello che stringeva il pugnale, ma io non volevo essere fermata.
-Lasciami!- gridai, cercando di liberarmi -Lasciami, deve pagare!
-Posa questo cazzo di pugnale, accidenti!
-No!
-POSALO!- applicò una dolorosa pressione sul polso, costringendomi a lasciare l'arma che cadde a terra con un tonfo sordo e terribilmente forte alle mie orecchie.
-Lasciami Vilkas, lasciami!- continuai ad agitarmi, ma il Compagno mi afferrò anche l'altro polso, costringendomi ad allontanarmi dal cadavere martoriato che giaceva a terra in una posa innaturale -Non ho finito!
-Invece sì, hai finito.
-No!- mi agitavo senza posa, senza tregua -Lasciami, accidenti! Deve morire!
-È già morto!
-Non abbastanza tardi! Devo...devo fare giustizia!
-Falla finita, ho dett...!- il suo tono rabbioso mi mandò il sangue alla testa e, liberando un polso, lo colpii con tutta la forza che avevo sulla guancia, lasciandolo basito.
Come poteva non capire che Kodlak era morto per colpa sua? Che la sua testa giaceva in quell'angolo sudicio per colpa di quel bastardo? E come potevo, io, non capire che quel rimarcare la colpa dell'Imperiale altro non era che un modo per non pensare al fatto che, in verità, credevo fosse colpa mia?
Perché se avessi dato il colpo di grazia a quel Nord, se avessi puntato alla testa invece che alla spalla, o semplicemente se fossi stata più attenta, non sarei stata usata come ricatto e Kodlak avrebbe già ucciso entrambi.
A quest'ora tutto avrebbe potuto essere finito, Jorrvaskr avrebbe festeggiato la sua vittoria e Kodlak avrebbe stretto tra le mani la testa della strega, la sua cura.
Ma non lo avrebbe fatto.
Kodlak Biancomanto era morto, e la sua anima non avrebbe potuto essere curata.
Kodlak Biancomanto era morto, e avrebbe passato l'eternità imprigionato nei campi di Hircine.
Kodlak Biancomarto era morto, e la sua testa mozzata mi fissava con un'espressione di vuota sorpresa, proprio come quella di mio padre.
Vilkas mi lasciò andare, negli occhi una furia ed una delusione che sembrava contenere a stento. Il ringhio che gli uscì dalle labbra mi fece indietreggiare, spaventata.
Non volevo schiaffeggiarlo, non volevo fargli del male. Provai a spiegargli cosa aveva scaturito in me quella reazione, ma non ci riuscii.
-Anche lui...come lui.- mormorai e finalmente scoppiai a piangere, lasciandomi cadere di peso a terra -Come lui...- ripetei, continuando a singhiozzare.
Mi abbandonai sul pavimento, i pugni che battevano a terra alla ricerca di un sollievo che non arrivava ma che, anzi, continuava a fuggire.
Alzai di nuovo gli occhi, ma non cercai Vilkas, non cercai i miei Fratelli di Scudo, cercai Kodlak, il suo sguardo, credendo per un attimo che fosse solo un brutto sogno, che in realtà lui era ancora lì e mi avrebbe rassicurata...
Per questo, quando incrociai di nuovo quegli occhi privi di vita, i miei nervi non ressero e caddi a terra, ancora sveglia, ma impossibilitata a muovermi.
Sentivo Vilkas chiamarmi, gli altri agitarsi e tornare alla loro forma umana, li vedevo ma non capivo, non realizzavo, nella mia mente c'era, assordante, il rumore della spada tra le mani del boia.
 
-No! No fermi! Fermi!- tenta di agitarsi, ma il soldato la tiene ferma -Vi prego non fatelo.
-Zitta!- la strattona forte, e geme, un gemito di rabbia e dolore, l'ufficiale si è difeso fin troppo bene, ma lei era armata solo di pugnale, dopotutto.
Ma questo non cambia niente.
Lei ha perso. E suo padre è tenuto in ginocchio da due soldati Imperiali mentre un terzo gli si avvicina.
-Iansen!- i movimenti di Sameera sembrano così deboli, quasi finti, rispetto al suo agitarsi quasi selvaggio, che ad occhio esterno ricorda quelle piccole volpi intrappolate nelle sue reti.
Sì, si agitano molto, ma alla fine è sempre stata la lama a trionfare.
-Vi prego, si tratta di un errore! Noi...
-No, Sameera, nessun errore.- la voce piatta, vuota quasi, del Nord ha il potere di zittire la moglie e placare la figlia -L'amuleto è mio, e mio soltanto. Sono l'unico a venerare Talos.
-Sai che è contro la legge.
-Quale legge? Non quella dei Nord.- replica secco il biondo.
-Papà ti prego, sta zitto!- non credeva che la sua voce potesse essere così fievole, eppure la gola le fa male...possibile che da un tale sforzo di muscoli possa nascere solo un pigolio come il suo?
-La legge dell'Impero.
-La legge dei Thalmor.- per un attimo boia e vittima si guardano, e il contatto visivo viene rotto solo da uno dei due aguzzini, che con un movimento secco costringe il Nord a chinare la testa.
-Giù, contadino. È ora di pagare.- si guarda intorno, disperata, come se aspettasse che qualcuno intervenga, che salvi suo padre, che salvi la situazione che va degenerando.
La lama si alza.
Ma non accadrà, non può accadere.
Il soldato tiene gli occhi fissi sul collo dell'uomo, lo stesso dove dondola, abbandonato a sé stesso, l'Amuleto di Talos.
Ma ora si risolve tutto...
La lama cala con un unico movimento ed i suoi occhi verdi incrociano quelli della figlia, in un ultimo saluto.
Non...
Un tonfo.
E quegli occhi verdi la guardano ancora, ma privi della forza che ha sempre regnato in essi. Privi della vita stessa.
 
Persi i sensi.
 
Note dell'autrice
 
Uno dei capitoli più difficile da scrivere. Violento, caotico, e triste. Dover uccidere Kodlak mi è costato moltissimo, ma andava fatto. E dato che farlo trovare lì stecchito era troppo semplice ho pensato di giocare le mie carte in maniera differente. Il dolore di Iris è molto forte, ho forse esagerato? Fatemi sapere, gracias a Valpur como siempre, che mi perdona quando recensisco i suoi capitoli in ritardo xD

Lady Phoenix 

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Capitolo 13
*** Chapter XII- Self-destructive desire ***


Chapter XII
Self-destructive desire
 
Il funerale di Kodlak ci fu due giorni dopo l'attacco.
Per fortuna, oltre a lui non c'erano state altre vittime: Athis infatti, nonostante fosse ancora debole e dovesse sedersi spesso, si stava già riprendendo e Torvar credo potesse essere ucciso semplicemente privandolo dell'idromele.
Per quanto riguarda me, ero semplicemente vuota. Restai a letto per tutto il giorno seguente, non tanto per le ferite sul mio corpo tanto quelle dell'anima. Non mangiai né bevvi niente. Tutto quello che volevo era essere lasciata in pace. E l'animo degli altri doveva essere abbattuto quanto il mio dato che nessuno cercò di convincermi ad uscire da questo stato di apatia.
Gliene fui grata.
Ma il giorno dopo Vilkas entrò nella mia stanza scuro in viso e con tono piatto mi comunicò che i funerali di Kodlak sarebbero stati allestiti per la mattina stessa. Non potevo non partecipare perciò, nonostante fossi a pezzi, nonostante avessi gli occhi rossi e gonfi a forza di versare lacrime silenziose, nonostante volessi sprofondare nella terra, mi imposi di farmi coraggio e mi alzai quando oramai il licantropo aveva già lasciato la stanza.
Come avevo fatto tutte le mattine da quando ero a Jorrvaskr, mi alzai e mi diressi verso la bacinella dell'acqua, riempiendola con quella che trovai nel fiasco, specchiandomici dentro: di chi erano quegli occhi rossi? Di chi era quell'aspetto tetro e pessimo? Di chi era quello sguardo spento?
Fu quasi con sorpresa che mi accorsi che, quella donna che ricambiava la mia espressione triste, ero io.
Tirai su con il naso una volta, poi mi lavai il viso.
La spalla era stata medicata, ma non ho mai saputo da chi, non me ne importava nulla.
Feci tutto meccanicamente e mi ritrovai vestita senza nemmeno rendermene conto, già in cammino verso la Forgia Celeste, dove gli altri si erano già radunati: il corpo di Kodlak era stato adagiato su di una pira che Aela, con una torcia in mano, avrebbe acceso per celebrare un vero funerale Nord, come lui avrebbe voluto, e la sua testa era stata adagiata o ricucita all'altezza del collo, da dove mi trovavo non riuscivo a capirlo e non ci provai nemmeno. Abbassai lo sguardo rapidamente, temevo di incrociare di nuovo i suoi occhi spalancati nonostante avessero avuto la gentilezza di chiuderli.
Al funerale c'erano i Compagni al completo, ma non solo: Kodlak era conosciuto e soprattutto molto amato in città, e vidi qualche sacerdote del tempio di Kynareth, persino il predicatore matto di Talos che tormentava Witherun che, in un silenzio fin troppo strano per lui aspettava, quasi solenne.
Approfittai di quel momento di silenzio per studiare i volti dei miei Fratelli di Scudo: Aela era seria, impassibile come sempre nel suo nascondere il dolore che due perdite importanti le avevano arrecato; Farkas stava zitto, le grandi spalle ricurve e la bocca spiegata all'ingiù; Eorlund Mantogrigio teneva gli occhi fissi sul corpo del Precursore defunto, c'era una tale dignità nel suo dolore da mettere i brividi; e Vilkas...
Cercai il suo sguardo, ma non lo trovai: i suoi occhi guardavo il vuoto, non vedevano Kodlak, non vedevano la Forgia Celeste, andavano oltre, a cercare la vendetta, a cercare i pochi bastardi sopravvissuti alla battaglia, ad ucciderli tutti.
E quando avevo provato ad avvicinarmi a lui, poco prima, mi aveva respinta con un'aura di gelo che, da quando era iniziata la nostra relazione, credevo avesse rimosso per sempre da me.
Il mio egoismo mi faceva notare, maligno, che la persona per me più importante mi teneva lontana nel momento del bisogno, ma l'altra parte di me capiva il suo bisogno di solitudine e non riuscivo ad arrabbiarmi con lui del tutto, soprattutto dopo quello schiaffo che gli avevo rifilato, ricco di una rabbia ed un rancore che non dovevano essere rivolti a lui come invece era accaduto.
-Chi comincia?- anche adesso ci fu silenzio, un silenzio che ruppi io.
-Lo farò io.- continuai a guardare avanti, ma sentii gli occhi di tutti puntati su di me.
Potevo sentire il disappunto di alcuni contro la solidarietà di altri: perché io ero il Compagno più giovane, ero l'ultima arrivata, eppure ero la stessa persona che aveva ucciso la Strega di Glenmoril, che aveva ottenuto la cura per la licantropia e, soprattutto, ero quella presente al momento della morte di Kodlak.
Ne avevo diritto? Non lo sapevo e tutt'ora me lo chiedo, ma nessuno me lo impedì e cominciai il rituale.
-Davanti all'antica fiamma- pausa -siamo abbattuti.- le due ultime parole si persero insieme a quelle degli altri Compagni, poi tacqui per lasciare parola al silenzioso fabbro di Jorrvaskr.
-Per questa perdita...
-...piangiamo.- di nuovo il coro rispose.
-Per i Caduti...
-...urliamo.- Vilkas pronunciò la frase del rituale con apparente calma, ma tutti noi lo conoscevamo anche troppo bene.
Quella che agli estranei era parso un tono ricco di dolore ma anche sicuro, tranquillo, a noi Compagni parve più la quiete prima della tempesta.
-E per noi...- la voce tonante di Farkas contrastava con la sua espressione da bambinone triste.
-...prendiamo commiato.- sì, prendiamo commiato.
Quello era l'ultimo saluto dei Compagni al loro grande Precursore, era il mio ultimo saluto all'uomo che mi aveva salvato la vita, che mi aveva dato tutto quando non mi era rimasto niente, che mi aveva insegnato più di mille maestri, più di mille accademie.
Aela si avvicinò alla pira e vi avvicinò la torcia. La legna attecchì rapidamente e presto il corpo dell'uomo fu totalmente coperto dal fumo e dalle fiamme.
-Addio, Kodlak...- il mio sussurro si perse nei piccoli fiocchi di cenere che iniziarono a danzare subito nell'aria, e fu con fatica che distolsi lo sguardo da quella figura che non avrei più rivisto per spostarlo sulla cacciatrice.
-Il suo spirito se n'è andato.- fece una pausa brevissima, un battito di ciglia -Membri del Circolo, riuniamoci alla Forgia Terrena per piangere un'ultima volta insieme.- e con quelle parole la cerimonia fu conclusa e i membri del Circolo si ritirarono.
-Vilkas...- chiamai il Nord, ma quello mi sorpassò come se non avessi parlato, come se non fossi stata lì.
Ed io tacqui, immobile, mentre lui passava oltre seguito da Farkas e Aela, con cui si diresse verso la Forgia Terrena, abbassando lo sguardo solo una volta che fui sicura di essere sola. Tremavo di rabbia, e la voglia di piangere tornò pressante, facendomi lacrimare gli occhi.
Ma io ero già stufa di piangere.
Un guaire attirò la mia attenzione, e solo allora notai il vecchio Ysgramor seduto vicino alla pira funeraria del Precursore: il pelo era arruffato e l'orecchio destro privo di una parte, segno che doveva aver combattuto anche lui, ma a parte le ferite sembrava star bene fisicamente. Erano gli occhi neri a trasmettere tristezza, senza barriere o specchi, occhi terribilmente espressivi nel loro dolore.
Mi avvicinai al cane e mi sedetti accanto a lui, appoggiando i gomiti sulle ginocchia, poi la mano destra si sollevò per fare due carezze a quel vecchio compagno di mille avventure che dava l'ultimo saluto al suo padrone.
-Ti manca già, eh?- sussurrai, e Ysgramor appoggiò il suo testone spelacchiato sul mio braccio, guardandomi come a dare conferma -Anche a me.- abbracciai la bestiola come fosse il mio migliore amico e restai lì, con lui, finché le fiamme non divorarono tutto, lasciando solo cenere e ciocchi bruciacchiati.
 
Il crepuscolo arrivò.
Avevo passato l'intera giornata lì alla Forgia Celeste, con Ysgramor come unica compagnia, ma alla fine dovetti alzarmi. Ysgramor si stiracchiò le vecchie ossa per poi allontanarsi non appena lo sciolsi dall'abbraccio, così scesi da sola le scale e rientrai a Jorrvaskr.
I membri del Circolo erano ancora chiusi nella Forgia Terrena, ma gli altri Compagni sedevano lungo la tavolata. Il clima era triste e silenzioso, niente a che vedere con il caos che solitamente regnava lì, e mi sentii di nuovo soffocare.
-Ehi.- mi sentii chiamare e vidi Njada venirmi incontro con la mia bisaccia in mano.
Njada non era di certo la mia preferita tra i Compagni: era una Nord dai capelli biondi, dalla lingua pungente e soprattutto dal destro potente. I primi giorni era stata un'ottima avversaria per quelle piccole risse tanto comuni tra i Compagni, ma non ci parlavamo molto, i nostri caratteri focosi ed il suo sarcasmo finivano sempre per farci litigare e non sempre in maniera pacifica. Perciò mi stupii quando la vidi.
-Cosa vuoi?- le chiesi, con tono secco anche se privo di cattiveria, e la vidi alzare un sopracciglio chiaro per guardarmi dai suoi quindici centimetri in più mentre mi porgeva la borsa.
-L'ho trovata a terra, probabilmente uno di quegli esaltati ha rubato il cavallo con cui sei arrivata.- un moto di rabbia mi fece stringere i pugni, ma presto l'attenzione cadde su quella dannata borsa e soprattutto sul suo contenuto.
La presi e la aprii: la testa sembrava essere ancora al suo posto, ma iniziava a puzzare e dovetti sbrigarmi a richiuderla per non sentire quel tanfo terribile.
-L'hai aperta?- chiesi alla bionda, tornando a guardarla, e quella scosse la testa.
-No, ma puzza. Non ti chiederò cosa c'è dentro, spero solo che tu sappia quello che fai, non abbiamo bisogno di altri guai.- lo sguardo che le gettai finì per farle abbassare il proprio, e fu solo allora che mi misi la bisaccia a tracolla.
-Era un lavoro per Kodlak, ma oramai non ha più importanza.- sospirai -C'è altro?
-No.
-Bene...- la vidi iniziare ad allontanarsi, prima di richiamarla -Grazie. Per averla recuperata.- un cenno del capo fu tutto quello che ottenni da lei prima che ci separassimo.
La sala aveva già acquistato un aspetto migliore sebbene ci fosse ancora qualche sedia rotta ed i resti di carbone bruciato sul pavimento, e forse per distrarmi, cercai di sistemare più che potei, finché non tornai a sedermi accanto al fuoco con i miei ricordi, nella mia immobilità.
Quando finalmente Vilkas, Farkas ed Aela rientrarono era notte fonda, e fu la cacciatrice a notarmi per prima.
-Sei ancora in piedi?- mi chiese, ed io alzai le spalle senza guardarla così come non guardai i gemelli.
-Sono stata a letto tutto il giorno, ieri.- continuai a fissare il fuoco -Athis mi ha detto che c'è un prigioniero.- aggiunsi dopo una pausa mentre ripensavo alle parole dell'elfo scuro.
Un Mano d'Argento era sopravvissuto ed era stato messo sotto chiave, forse nella speranza di ottenere qualche informazione, ma non sapevo altro.
-C'era un prigioniero.- mi corresse Vilkas, mentre Farkas se ne stava in silenzio, quel gigantone dalle spalle incurvate aveva in qualche modo il potere di scatenare una certa tenerezza -Non avevamo più bisogno di lui.
-Sapete dove sono gli altri?
-Non ti riguarda.- finalmente mi voltai a guardarlo, ma quando parlai non gli urlai addosso, né lo guardai male.
-Perché non dovrebbe?
-Infatti, perché no?- tutti guardammo Aela, che ignorando me e Farkas si girò ad affrontare gli occhi furiosi di Vilkas -Siamo solo in tre.
-Non può aiutarci nelle condizioni in cui è adesso.- mi alzai senza pulirmi la fuliggine che mi sporcava le mani e mi diressi verso di loro.
-Sto benissimo.- sibilai -E voglio sapere dove sono.- strinsi i pugni -Se sapete dove si trovano voglio venire a combattere con voi.
-Assolutamente no.- l'insofferenza tornò a farsi largo in me, improvvisa come una puntura d'ape.
-Perché?
-Perché ti manderemmo a morire inutilmente!- feci per parlare, ma il licantropo mi precedette facendo un passo avanti e sovrastandomi con la nostra differenza di altezza -Sei ferita, sei debole. E soprattutto non hai la forza necessaria per affrontare un piccolo esercito come quello che troveremo. Non abbiamo bisogno di altri morti. Vuoi un'altra fottuta spiegazione oppure ti basta questo? Ti basta sapere che non avresti nessuna possibilità?- il tono si era fatto sempre più insofferente, arrabbiato, così come la sua espressione, espressione che cambiò radicalmente quando aprii bocca.
-A dire il vero...una ne avrei.- sollevai gli occhi, che avevo abbassato quando Vilkas si era fatto avanti -In queste condizioni non posso. Ma se voi...
-No!- di nuovo fu Vilkas ad interrompermi -Non ci pensare nemmeno, ho capito cosa stai pensando. Non te lo permetterò!
-Voglio accettare la licantropia, Vilkas. Mi è stata offerta una volta e ho rifiutato perché non mi sentivo pronta, ma ora lo sono.- a differenza di lui ero calma, preda di quella che, solo adesso, riesco a riconoscere come lucida follia, e per una volta i suoi ringhi sommessi non ebbero il potere di intimidirmi.
Anzi, mi fecero più determinata che mai.
-Sì, certo...sei pronta per la vendetta! Non ti è rimasto niente di quello che ti ha insegnato Kodlak?
-Non parlarmi in questo modo!- lo attaccai, furiosa a quelle parole -Non provare a dire che Kodlak non mi ha lasciato niente! Al contrario, mi ha dato e lasciato moltissimo, ma come voi volete la vostra vendetta, io voglio la mia!- mi accorsi che stavo praticamente urlando, e con fatica abbassai i toni, non volendo coinvolgere tutta Jorrvaskr nella nostra discussione.
Inspirai profondamente e ripresi:
-Ne ho diritto. Ero lì con lui quando...- mi morsi il labbro, poi guardai tutti e tre -quando gli hanno mozzato la testa. È colpa mia, mi aveva presa in ostaggio...- strinsi i pugni -Devo poterlo vendicare insieme a voi. Non avrò pace finché non l'avrò fatta pagare a quei bastardi!- mi fissavano tutti e tre con emozioni differenti: Aela sembrava approvare, Farkas era addolorato e Vilkas era semplicemente furioso.
Mi capiva, probabilmente, ma l'idea che accettassi la bestia lo mandava su tutte le furie e cercava di proteggermi a modo suo dal tormento che affliggeva lui e il fratello da oramai una vita. Tuttavia la scelta spettava a me, a nessun altro.
-È una mia scelta.- aggiunsi infatti, ora guardando solo lui -Voglio unirmi al mondo ferale.
-Non ci sono più streghe a cui tagliare la testa, lo sai?- mi chiese allora Aela.
-Lo so.
-E sai anche che apparterrai a Hircine per tutta la vita e oltre?
-Sì.- non capii come riuscivo a mantenermi così calma, forse era l'idea della vendetta a farmi stare meglio, il pensiero che i pochi sopravvissuti avevano le ore contate, o forse non mi rendevo del tutto conto del vero significato di quelle parole.
Regnò altro silenzio, che venne rotto brutalmente da Vilkas.
-Fa' come ti pare.- disse infatti, guardandomi con aria fredda e altezzosa, come prima di quell'avventura al Tumulo delle Vecchie Glorie, un'occhiata che mi impedì di nascondere il dispiacere che mi causò -Ma non sarò certo io a dannarti l'anima!- detto questo ci diede le spalle ed uscì da Jorrvaskr sbattendo uno dei portoni.
Mi faceva male. Il suo atteggiamento mi feriva come mille pugnali. Io capivo il suo punto di vista, avevamo passato intere notti a parlarne, ma lui sembrava non voler capire il mio e si allontanava da me nel momento in cui avevo più bisogno della sua presenza, del suo affetto. Ma il mio orgoglio mi impedì di fermarlo o di farglielo capire in qualche modo.
L'orgoglio mi ha spesso causato problemi, eppure non sono mai riuscita a rinunciarvi, è parte del mio carattere, come la mia spavalderia inopportuna, così tacqui e non cercai di fermarlo in nessun modo.
Guardai sia Aela che Farkas, ma quest'ultimo scosse la testa.
-Mi dispiace Iris, davvero. Io...credo che hai ragione, ma non posso farlo.- disse, incrociando le braccia muscolose -Non posso fargli questo.- capii che stava parlando di Vilkas ed annuii con la testa, anche se contrariata e anche lui se ne andò, probabilmente alla ricerca del fratello. Lo stesso fratello a cui non avrebbe fatto il torto di trasformare in un lupo mannaro la sua...
La sua cosa, poi? La sua donna? La sua compagna? La sua amante?
Noi eravamo tutto e niente. Ed era proprio quel niente a farmi stare male in quei momenti.
Rimase solo Aela, e quella incrociò le braccia fissandomi con il suo sguardo indecifrabile e profondo.
-La voglia di vendetta potrebbe oscurare il tuo giudizio.- disse, ed io sentii lo stomaco stringersi, temendo che si sarebbe rifiutata anche lei di trasformarmi -E questo non è una decisione che va presa alla leggera.- sospirò -Ma non posso negarti questa possibilità. Non spetta a me decidere. Sei sicura?- era vero.
La vendetta oscurava la mia capacità di giudizio, ma non me ne rendevo conto: non c'era più Kodlak a farmi da cura, la mia cura era morta con lui, ed oramai il veleno che mi aizzava contro i Mano d'Argento, gli stessi Mano d'Argento che avevano ucciso Skjor, scorreva libero nel mio corpo.
Doveva uscire, o sarei impazzita.
-Sì. Sono sicura.- Aela mi conosceva bene, molto, e sapeva cosa stava succedendo in me, ma come aveva detto ero libera di decidere se accogliere lo spirito ferale o meno e dovevo farlo da sola.
Non sarei tornata indietro e lo sapeva, così come lo sapevo io.
-Alla Forgia Terrena, tra un'ora.- fortunatamente se ne andò subito e non dovetti risponderle, perché non ero sicura che sarei riuscita a parlare, non con la gola così secca.
 
Non feci fatica a trovare l'ingresso per la Forgia Terrena, e quando entrai non mi stupii nemmeno di vedere Aela in forma ferale. Avevo già vissuto quel momento, anche se il mio stato d'animo non avrebbe potuto essere più diverso: la confusione e la curiosità provate la prima volta erano sparite per lasciare spazio ad una determinazione disperata e non osavo farmi troppe domande per non rischiare di tornare sui miei passi.
Ora vedevo la licantropia come una potenza dal prezzo alto: dal momento in cui il rituale si sarebbe concluso, la mia anima sarebbe appartenuta ad Hircine e non avrei mai avuto la possibilità di accedere a Sovnegarde, il paradiso dei Nord, inoltre il sangue mi vincolava a sé, da ora in poi sarebbe stata la mia ossessione e la mia fobia, la mia forza e la mia più grande debolezza.
Potevo ancora tornare indietro e lasciare che fossero Vilkas e gli altri a vendicare Kodlak, ma se avessi permesso alla mia paura di vincere me ne sarei pentita per tutta la vita, e scossi la testa per scacciare quello che mi parve un pensiero ridicolo.
La bacinella che sitrovava al centro della stanza era sporca e conteneva un po' di sangue che riconobbi come quello di Aela dato che la licantropa perdeva sangue dal braccio, e non ci misi molto a capire che avrei dovuto berlo.
Alla sola idea dovetti deglutire per reprimere un conato che minacciava di risalire lungo lo stomaco.
Feci qualche passo avanti fino a specchiarmi in quella pozza rossa. Essa mi restituì un viso che studiai con distaccato interesse come fosse il volto di qualcun altro: sguardo devastato, stanco e dagli occhi arrossati, occhi carichi di rabbia e dolore, mentre la bocca era piegata in una smorfia che, ancora oggi, non so bene di preciso cosa volesse esprimere.
Forse paura, forse rimpianto, forse senso di colpa: paura perché stavo per affrontare un grande cambiamento di cui non conoscevo del tutto le conseguenze, rimpianto perché la mia umanità se ne stava andando e sarei stata proprietà di un daedra capriccioso per l'eternità, senso di colpa perché, accettando la bestia, stavo infrangendo una tacita promessa che avevo fatto a Vilkas e Kodlak.
Ciò che stavo facendo era sbagliato, profondamente sbagliato, potevo immaginarmi fin troppo bene lo sguardo deluso del Precursore se avesse saputo, ma mi dissi che era proprio per lui che lo stavo facendo, così intinsi la mano nella bacinella e quando ritirai le dita sporche di sangue, esso si mischiò alle lacrime che non riuscii più a trattenere.
Perché se prima una parte di me bramava la bestia, ora quella stessa parte mi stava pregando di fare marcia indietro e tornare in me, e seppi di non essere pronta, di non volerlo davvero.
Ma non lo feci.
-Lo faccio per lui...- pensai mentre, singhiozzando ad occhi chiusi per non guardare Aela né il suo sguardo tagliente, avvicinavo la mano alla bocca -Lo faccio per Kodlak.
Il sangue era appiccicoso e da vicino emanava un certo odore di ruggine, ma ignorando gli improvvisi crampi allo stomaco mi feci forza, leccai via il sangue dalla mano e lo inghiottii. Lo feci una, due volte, non lo so, lo feci finché non sentii lo stomaco rifiutarsi di bere un altro sorso e presi fiato con la bocca sporca di sangue.
Non potevo più tornare indietro.
Riaprii gli occhi e guardai Aela, che per tutto il tempo non aveva smesso di guardarmi con i suoi occhi da lupa. E fu allora che iniziò tutto.
Una scossa mi pervase il corpo, cogliendomi di sorpresa, e subito dopo fitte di dolore tremendo iniziarono a martellare la testa e soprattutto lo sterno, che pareva dovesse spezzarsi sotto la pressione di una forza invisibile che andava crescendo all'interno del mio corpo, oramai incontenibile.
-Ah...ah!- non riuscii a fare altro che boccheggiare mentre le fitte si facevano sempre più forti ed il battito del mio cuore accelerava per la paura, le gambe non ressero più il mio peso e dovetti appoggiarmi a quella specie di bacinella di pietra per non cadere, artigliando la pietra con le braccia tremanti.
-A...aela!- gracchiai, alzando lo sguardo.
Davanti ai miei tremori, alle fitte ed al sudore che mi riempiva il corpo, la cacciatrice era impassibile nella sua forma ferale, sembrava una cosa normale per lei, ma non per me.
-C-che...che succed...AH!- un'altra fitta più forte ed un rivolo di saliva iniziò a colare a lato della mia bocca mentre il dolore si faceva sempre più lancinante, sempre più incontenibile, respiravo con affanno, ma ogni respiro mi sembrava insufficiente e ne volevo subito un altro. Fu con orrore che mi accorsi di riuscire ad incanalare sempre meno aria nei polmoni ogni volta.
-CHE MI SUCCEDE?!- gridare era stata una pessima idea, il dolore allo sterno aumentò e caddi a terra gridando -Ai...utami!- esclamai rivolta ad Aela, ero sempre più terrorizzata, ma la mia Sorella di Scudo non si mosse, né si lasciò impietosire dal pallore del mio volto.
Cercai di alzarmi, e fu solo dopo parecchi tentativi che mi riuscii ad appoggiare di nuovo a quella bacinella dannata, mentre la vista iniziava a calare insieme al respiro.
Non riuscivo più ad immettere aria, ed ebbi paura.
-Non...c-ce la...faccio.- sussurrai, poi tossii, dovevo essere patetica mentre lottavo in quel modo contro la bestia che prendeva possesso di me, con i miei movimenti sconnessi e la bava alla bocca, ma in quel momento non riuscii a tenere onorevolmente il dolore, non ero preparata a tutto questo...e, intanto, il mondo iniziava a farsi lontano e scuro.
Caddi a terra, le fitte di dolore divennero convulsioni e portai con me un antico scudo di ferro che risuonò come una frana per le mie orecchie tappate: prima di perdere del tutto conoscenza riuscii a specchiarmi in quel metallo e vidi che i miei occhi non erano più verdi, ma gialli come quelli degli uomini lupo.
 
Energia. Vita . Furore.
Questo scorre nelle sue vene, nei suoi muscoli pompati.
E la trasformazione ha inizio: le ossa dolgono terribilmente, le sente crescere con scatti rabbiosi ed improvvisi, quasi avessero fretta, e la pelle ed i muscoli non possono fare altro che adeguarsi, tirandosi per permettere all'osso di restare al loro interno, tirandosi a tal punto che lei crede possano strapparsi.
Ed un ringhio di dolore si infrange contro le sue labbra, labbra che morde ferocemente con i denti...anche se più che denti, quelle oramai sono zanne tanto sono lunghe ed appuntite. Le fanno male mentre crescono forando la gengiva e ringhia di nuovo, un ringhio che non ha niente a che vedere con l'uomo, è del tutto animalesco.
Si china a quattro zampe mentre un nuovo dolore alla base della schiena accoglie la crescita di una nuova appendice, la coda, che inizia subito ad agitarsi in preda all'ira e all'estasi che il dolore ed il suo stesso sangue che sente in bocca le danno.
I capelli neri iniziano ad allungarsi e folti peli neri ricoprono la pelle fino a nasconderla del tutto ai suoi occhi dilatati. E con questi occhi si guarda le mani: le dita sono anch'esse ricoperte di pelo e le unghie crescono velocemente, incurvandosi in quelli che saranno dei pericolosi artigli. Non riesce a guardare le zampe posteriori, ma di sicuro anche loro sono state coinvolte in quel processo.
Ma questo chiuso, tutto questo chiuso non va bene. È insopportabile.
Guidata dall'istinto, la bestia si alza in maniera malferma sulle zampe posteriori e lascia quel buco soffocante, fino a trovare sollievo con la visione delle due lune.
Sì, le due lune sono davvero uno spettacolo meraviglioso. Sono le sue guide, le sue luci in quella notte di nuova vita.
E ululare le viene naturale, un suono prolungato e quasi melodico che pare quasi voler arrivare al cielo, toccare con la voce almeno una di quelle lune gemelle così lontane. Sì, la notte è il suo regno.
Non ricorda nemmeno come, ma è la bestia si è diretta fuori città, verso i boschi, e qui comincia la sua caccia.
I suoi sensi non sono mai stati così potenti, così utili. Ogni singolo rumore le arriva amplificato, ogni odore pungente e chiaro. La sua preda non avrà scampo.
Lei non corre, lei cavalca il vento. Come ha potuto non iniziare prima? A quattro zampe la velocità è raddoppiata e quasi non fa in tempo a toccare l'erba che subito è ora di abbandonarla per il passo successivo.
Il respiro è cavernoso, il torace si alza e si abbassa velocemente mentre l'odore del bersaglio si fa sempre più forte, sempre più vicino. E il cervo intento ad abbeverarsi non fa nemmeno in tempo ad alzare la testa che il grande lupo gli salta addosso, ghermendolo con i suoi artigli e affondando le zanne nel collo, tingendo l'erba e l'acqua di rosso.
L'ebbrezza di quel liquido scarlatto la fa andare in estasi, un'estasi che dura troppo poco, prima che un nuovo odore, più allettante, più forte, le raggiunga le narici.
Lo sente...sente l'odore degli umani chiamarla.
E lei accorre.
Abbandona il cervo, quasi lanciando via la carcassa sanguinante, poi inizia a correre verso la fonte di quell'odore solitario ed irresistibile.
Rallenta in prossimità di una radura e si alza su due zampe per annusare l'aria: la sua figura pare ancora più possente, con le braccia lunghe, gli artigli frementi e la coda che si agita metterebbe paura a chiunque.
Manca poco. La preda è vicina, basta procedere per...
Un vero e proprio ruggito la fa girare, e l'attimo dopo una sagoma nera la spinge a terra, cercando di braccarla. È un altro lupo, esattamente come lei, perché le sta facendo questo?
Si agita sotto la presa del simile, e liberando un braccio lo ferisce con un'artigliata al muso che lo fa indietreggiare, permettendole di alzarsi.
Una volta in piedi, si guardano.
L'odore di quel licantropo è inconfondibile, lo riconosce, eppure non gli permetterà di farle perdere la sua preda. Gli ringhia contro cercando di spaventarlo, ma in tutta risposta quello le ringhia contro a sua volta: è ovvio che non cederà.
Non ha altra scelta: con un unico balzo raggiunge il licantropo per cercare di colpirlo con un'altra artigliata, ma quello si scansa e, dopo esserle arrivato alle spalle, cerca di braccarla, azzannandole una spalla con i suoi lunghi denti.
Il dolore arriva forte e lancinante, facendola guaire, ma anche la sua reazione è altrettanto rapida:portando le braccia all'indietro afferra la collottola dell'avversario e riesce a lanciarlo via facendolo passare sopra di sé.
Se non fosse assurdo, ad occhio esterno la belva sembrerebbe quasi sorridere. Tuttavia è una sensazione che dura poco, presto i suoi occhi gialli, che non hanno niente di umano, si concentrano sulla sua ferita: sangue scuro cola dalla spalla per tutto il braccio, bruciando su quei due segni che sembrano quasi pulsare, l'odore della sostanza quasi le annebbia i sensi mentre riporta gli occhi sul lupo, che si è rialzato in piedi.
Le gira intorno e lei lo segue costantemente con lo sguardo, finché non salta di nuovo, ma stavolta è pronta: lo accoglie in una stretta in cui si avvinghiano, e rotolando tra il terreno scosceso del bosco, artigliate e morsi si alternano ai l oro ringhi e i guaiti, in un tornado di forza e rabbia che si interrompe solo quando la bestia la spinge via, facendole sbattere la schiena.
Si rialza quasi subito, quasi compiaciuta dalla sua forza, e dopo aver scrollato la testa si prepara ad un nuovo scontro. Lei non capisce perché l'altro licantropo le stia facendo questo, ma se vuole combattere sarà accontentato: si corrono incontro e di nuovo il dilaniare di carni ricomincia, più feroce di prima, i guaiti, i ringhi sembrano squarciare l'equilibrio di quella notte dove le due lune sono piene. Viene buttata a terra ed assaltata, ma la prontezza di sollevare le zampe posteriori e ribaltare la situazione la salva dalla poderosa artigliata che invece si è preso l'altro, che inizia a guaire steso a terra. E non si rialza.
Lei ha vinto.
Si rialza, e scrollandosi la polvere e l'erba di dosso si dirige verso la bestia ferita. Non ha fretta, non ha paura. È tempo di pagare il prezzo della sconfitta...
Peccato che il secondo licantropo la pensi diversamente. Perché anche lui è qui?
Non può fare a meno di chiederselo e normalmente non lo attaccherebbe, ma il fatto che i due abbiano interrotto la sua caccia la rende particolarmente nervosa. Gli ringhia contro scoprendo parte delle zanne e le gengive, ma il suo nuovo avversario non sembra accettare la sfida: la osserva, cercando di carpire il più possibile dai singoli movimenti, la invita quasi, e lei non si fa attendere.
Ma quest'avversario non ha niente a che fare con il precedente: prima c'era solo la forza bruta da affrontare, mentre questo lupo è dotato di una grande intelligenza, schiva i colpi, attende quasi placidamente gli assalti di lei, che in pochi minuti è già stanca e con il fiatone, ma soprattutto è al limite della sua pazienza, non le va più di giocare.
Quando attacca di nuovo si aspetta che lui indietreggi o si scansi, perciò viene colta di sorpresa quando si sente opporre una fiera resistenza che vede i due licantropi impegnati in una lotta in piedi sulle zampe posteriori, morsi e graffi non vengono risparmiati.
Un guaito rompe la lotta, ma stavolta è il suo: forse è riuscita ad evitare che l'artigliata al viso le cavasse un occhio, ma il bruciore che sente partire da sotto l'occhio destro fino alla bocca zannuta le brucia, e fa aumentare la sua rabbia vertiginosamente, poco importa che durante il suo momento di distrazione il licantropo avrebbe potuto attaccarla, non ne se cura.
Deve solo pagare.
Si lecca il sangue che esce dalla ferita e si getta di nuovo all'attacco: riesce ad agguantare il lupo, ma quest'ultimo ribalta la situazione spingendola a terra e facendole sbattere la schiena forte sul terreno roccioso e povero di erba. Il pianto che ricorda un cucciolo è davvero il suo? E il dolore che le attraversa la schiena a fitte brevi ma intense quando sparirà?
L'altro si avvicina, non sembra avere intenzioni bellicose, non vuole ucciderla o infierire su di lei, si limita a controllare le sue condizioni...illuso.
Non appena è abbastanza vicino la bestia salta e lo atterra, bloccandogli le zampe con gli artigli, affondando nel pelo fino a sentirlo ringhiare di dolore. Beh, quando affonderà le zanne nella sua gola non sentirà più nulla!
Spalanca la bocca, pronta a colpire, ma di nuovo qualcuno si intromette.
Un terzo lupo le arriva alle spalle e la strattona afferrandola e lanciandola di lato.
Cade di pancia, con il muso sanguinante che le pizzica a causa della polvere e dell'erba, ma nel momento in cui prova ad alzarsi il nuovo arrivato le finisce sopra e le afferra la collottola con i denti, stringendo forte. E stavolta non è solo un guaito a uscire dalla sua gola, ma un vero e proprio ululato di dolore, di rabbia, mentre quella presa forte, più forte dell'acciaio o il metallo che potrebbe piegare non lascia la sua pelle, mentre gli artigli sulle spalle si fanno più pressanti.
Si agita, ringhia e cerca di lottare contro quell'avversario, ma due scontri si fanno sentire, è stanca e ferita, i morsi e la perdita di sangue l'hanno indebolita troppo.
E pian piano i suoi movimenti si fanno più lenti, più affaticati, l'odore di sangue che le annebbia i sensi quasi la spaventa, adesso, perché riconosce che è il suo. Così come riconosce che il nuovo arrivato l'ha sconfitta.
La rabbia e l'adrenalina iniziano a scomparire, e sopraggiunge la stanchezza, poi la debolezza e infine il sonno. Il mondo si fa nero.

Note dell'Autrice
Finalmente ho pubblicato questo capitolo! Non vedevo l'ora di descrivere la licantropia dal mio punto di vista.
Sì, per me, almeno la prima trasformazione, DEVE essere dolorosa! Dopotutto parliamo di diventare una creatura di quasi due metri di altezza con tanto di coda e denti allungati, non deve essere piacevole, soprattuto per un corpo che non è per niente abituato. E' una fonte di energia che ti piega o ti spezza, dove si deve scegliere.
E il punto di vista dalla creatura, beh, ci stava xD
Fatemi sapere^^
Lady Phoenix

 

 

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Capitolo 14
*** Chapter XIII- Vengeance ***


Chapter XIII
Vengeance
 
Dovetti aprire e chiudere gli occhi un paio di volte prima di riuscire a mettere a fuoco ciò che avevo davanti.
-Mmh...- mi mossi piano.
Non provavo dolore, non molto almeno, solo una grande confusione ed un po' di stanchezza.
Dovuta a cosa? Non ne avevo idea.
Mi tirai su spingendo a terra con le mani e strinsi i denti quando una fitta di dolore mi colpì le spalle.
-Ma che...?- mi guardai e solo in quel momento realizzai di essere completamente nuda, con solo un mantello di stoffa grezza a proteggermi a mo' di coperta.
Mi coprii come meglio potei e mi affrettai a guardarmi intorno alla ricerca di qualcuno, e con sollievo i miei occhi incontrarono uno sguardo amico.
-Aela.- sussurrai, stringendomi il mantello addosso, e quella abbozzò un mezzo sorriso soddisfatto.
-Beh,la tua trasformazione non è stata certo facile, ma sei ancora in vita. Congratulazioni.- rispose quella avvicinandosi a me e gettandomi un fagotto sulle gambe semi scoperte, fagotto che non aprii.
-Eh?- scossi la testa cercando di riprendermi da quel torpore confusionario, ma quel gesto non fece altro che confondermi di più -Cosa è successo?- chiesi mentre la cacciatrice si sedeva accanto a me, a gambe incrociate e le braccia appena all'indietro per sostenere il peso del proprio corpo.
-Sei nata all'interno del branco, Sorella.- mi disse, e gli ultimi ricordi che avevo riguardo quella notte danzarono davanti ai miei occhi confusi ma intenai -Ti invidio, quasi.- la guardai con la coda dell'occhio, ma la cacciatrice stava guardando verso l'alto, verso le sue lune -La prima volta è sempre la più...intensa.
Avevo accettato il sangue di bestia, ero entrata nella famiglia degli uomini lupo e sarei appartenuta ad Hircine per l'eternità. Avrei potuto lottare finché ero in vita, andare contro di lui e la caccia in generale, ma una volta chiusi gli occhi i suoi Campi di Caccia mi avrebbero comunque accolta a braccia aperte, sia come cacciatore che come preda.
-Non ricordo quasi nulla.- ammisi, e finalmente il mio corpo iniziò a funzionare di nuovo, se non meglio.
Quando mi trasformavo ovviamente tutti i miei sensi erano amplificati, ma anche in forma umana godevo di un certo vantaggio che in battaglia, più di una volta, sarebbe stato utile se non fondamentale, e quella sera scoprii per la prima volta i miei nuovi sensi: il canto dei grilli era forte, anche troppo, ed ero sicura di aver sentito uno scoiattolo zampettare sopra le nostre teste anche se non alzai il volto per verificare, inoltre gli odori erano vivi, potevo percepirli come mai prima di quel momento, l'odore del sudore, la scia debole di qualche animaletto di passaggio, l'odore di cane bagnato proveniente da Aela, leggero, attutito in qualche modo dall'odore di muschio, pelle, e di legno.
L'odore di una cacciatrice.
-È normale, la prima volta che prende possesso di te la bestia si scatena.
-Ed è così per tutti?- chiesi con le gambe sotto il corpo e la schiena appoggiata all'albero, non riuscendo a nascondere l'ansia che mi faceva provare la nuova condizione.
-Chi più, chi meno. Siamo tutti diversi e non possiamo reagire alla stessa maniera.- finalmente distolse lo sguardo dalle due lune, lasciando sparire il sorriso per guardarmi seria -Anche se devo ammettere che ci hai causato molti problemi, stanotte. Persino più di Farkas quando si è trasformato la prima volta.
-Ho ferito qualcuno?
-Tu cosa ricordi?- mi chiese lei invece di rispondere.
Sebbene avessi la mente stanca, mi concentrai il più possibile, appoggiando una mano alla tempia.
-Ecco...credo di aver cacciato.- mi leccai le labbra, avvertendo solo in quel momento uno strano sapore rugginoso in bocca -Sì, ho cacciato. Ho la bocca che sa di sangue.- analizzai -Un animale, spero.
-Un cervo.- sospirai sollevata, ma la domanda posta precedentemente non era ancora stata risolta -Che altro?
Assottigliai gli occhi, guardando un punto fisso avanti a me.
-Mi fanno male le spalle e...-mi toccai il viso e con le dita tracciai il profilo di una nuova cicatrice -E questa?
-Non hai solo cacciato, stanotte.- studiai di nuovo la ferita.
Partiva da poco più sotto dell'occhio destro per poi procedere quasi in verticale ed arrivare alla mascella, sfiorando la fossetta a lato della bocca. Il graffio che avrebbe dovuto aprirmi la faccia era stato incassato da me solo di striscio, e già uno strato di crosticina sopra che normalmente avrebbe impiegato giorni a formarsi era già presente, presto avrebbe lasciato solo la cicatrice.
-Con cosa ho combattuto?
-Non “cosa”.- mi corresse Aela -Hai ferito Farkas all'addome.- non riuscii a dire nulla, la bocca era diventata asciutta -E lui ha ferito te, ma se non ti sei nemmeno accorta della spalla medicata la tua rigenerazione deve essere molto potente.
-Io non ho una spalla...- abbassai lo sguardo e vidi una fasciatura semplice, ma ben fatta che passava sotto l'ascella e copriva la spalla sinistra.
Effettivamente ero così presa dalle nuove sensazioni provate che non mi ero resa conto del bruciore che infiammava la zona, però le bende era pulite e non sentivo odore di sangue, segno che doveva essere in piena rimarginazione.
-Come è possibile?- mi chiesi, quasi spaventata da ciò che il mio corpo era in grado di fare, la voce ci Aela mi arrivava quasi lontana.
-Gli avevo detto di andarci piano con te, ma sei stata, diciamo...ostica, da fermare. E poi non è mai stato un maestro nel controllare la sua forza.- il muso ringhiante di un lupo apparve nella mia mente, ricordavo di averlo riconosciuto, così come avevo riconosciuto...
-Vilkas.- la interruppi, mordendomi il labbro inferiore -Ho combattuto anche con lui.- non era una domanda, ma una constatazione, e mi toccai di nuovo la ferita -Questa...è stato lui a farla.
-Abbiamo cercato di essere più delicati possibile.- assicurò con tono sbrigativo la cacciatrice -Ma come ti ho detto ci hai creato parecchi problemi. Eri inquieta.- sbuffai.
-Non abbastanza da impedirti di atterrarmi.- contorsi la bocca in una smorfia di dolore -Fa male dietro il collo, dannazione!
-Lo so. È per quello che ti ho afferrata lì, se ha funzionato anche con quella fiamma vagante di Vilkas ero sicura che avrebbe calmato anche te.
-Non farlo mai più.
-Quando imparerai a controllarti non ce ne sarà bisogno.- mi assicurò la donna.
-Vuoi dire che si può controllare?- le chiesi, stupita -Insomma...è avvenuto tutto così velocemente.
-Se non potremmo controllare la bestia che c'è in noi non saremmo diversi dagli animali, che agiscono d'istinto. Forse in parte saremmo bestie, ma c'è ancora la nostra parte umana con cui fare i conti, Iris. E questa non può prendersela nessuno, nemmeno Hircine.- il nome del daedra mi scatenò una sensazione sgradevole addosso,tanto che rabbrividii e scossi la testa -Vestiti, tra poco torniamo a Jorrvaskr.- annuii ed iniziai a frugare nel fagotto che la cacciatrice mi aveva portato, trovando una camicia semplice e ruvida, dei pantaloni e degli stivali, Aela era venuta preparata, non doveva essere la prima iniziazione a cui partecipava.
-Come stanno Vilkas e Farkas?- chiesi mentre lasciavo cadere il mantello a terra e scrollavo i pantaloni.
-Hanno la pelle dura. Vilkas non avrà che qualche livido, mentre Farkas si riprenderà in un paio di giorni, la licantropia ha i suoi vantaggi, come puoi vedere.- una volta infilati i pantaloni mi fermai, continuando a dare la schiena alla cacciatrice.
-Forse, ma anche delle conseguenze. Per esempio, la perdita di Sovnegarde.
-Anche tu con questa storia?- mi chiese Aela, ma io non risposi -Capivo Kodlak, il suo attaccamento alle antiche tradizioni, ma io preferisco di gran lunga la possibilità di correre con Hircine ed ho scelto la gloria della caccia, qui e ora. Tu...?- si interruppe -Senti, se anche tu bravami la possibilità di accedere ad un paradiso dove si beve birra e idromele hai fatto la scelta sbagliata.
-Ho fatto ciò che andava fatto.- risposi con un tono tagliente che non mi apparteneva, non quando parlavo con Aela, almeno -E va bene così.- presi la camicia e la feci passare sopra la testa.
-Come vuoi.
-Così...sono un lupo mannaro adesso.- forse era una cosa ovvia da dire, ma dirlo faceva un certo effetto.
-Sì, in te scorre il sangue del lupo. Certo, dovrai abituarti ad esso, e dovrai controllarti di più. Ma sì, sei davvero una di noi, ora.- mi sistemai del tutto la camicia, ignorando il ruvido della stoffa.
-Potrebbe capitare di trasformarmi all'improvviso?- era quella la domanda che più temevo.
-È tutta una questione di volontà. La bestia ha degli istinti, ma esce solo se tu glielo permetti e mai all'improvviso. Il tuo corpo, la tua mente, loro sapranno quando il lupo vuole cacciare e te lo diranno.- e così avrei passato il resto della mia vita a lottare con la bestia e la sua voglia di sangue. Lo sapevo, ma il sentirmelo dire mi lasciò l'amaro in bocca.
-E...posso trasformarmi quando voglio?
-In teoria sì, ma ci sono delle regole.- Aela mi guardò seria -Come hai provato tu stessa la trasformazione è dolorosa. Il tuo corpo non potrebbe reggere tutto quel dolore più volte, ma credo che te ne renda conto.- annuii -E non credo ci sia bisogno di dire che non puoi trasformarti in città o altri luoghi abitati, a meno che tu non voglia suicidarti.- una smorfia di fastidio le contorse il volto -Non tutti accettano la nostra gloria, Sorella.- la osservai a lungo, finché il mio sguardo cadde sul suo braccio ferito.
-Ti fa male?- le chiesi.
-È quasi del tutto rimarginato.
-Non dovresti bendarlo? Per evitare infezioni.
-Le infezioni non sono un problema per me, a meno che non siano causate dall'argento.
-Che vuoi dire?
-Dico che da quando ho il sangue di bestia non ho mai dovuto temere infezioni o malattie.- feci per parlare, ma mi accorsi di non aver niente da dire e la mia bocca restò socchiusa.
Accettavo tutte quelle novità quasi passivamente, e non provavo la curiosità morbosa che potrebbe nascere con la scoperta di nuovi poteri, ma forse era solo a causa dello stordimento che ancora aleggiava nella mia testa.
-Oh...intendi dire che non ti sei più ammalata? Niente di niente?
-Niente.- confermò -Ma ovviamente non siamo indistruttibili. Per quanto il tuo corpo sia forte, la mancanza di un sonno completo si farà sentire e non sarai invincibile. Se chiedi troppo, alla fine crollerai. Sono stata chiara?- annuii con un cenno del capo -Allora torniamo a casa, è giunto il momento di preparare la nostra vendetta.- quelle parole furono come una secchiata d'acqua che mi costrinsero a svegliarmi, perché dopotutto era quello il motivo che mi aveva spinta alla licantropia, la vendetta, e non potei trattenere un sorriso vendicativo quando ripensai alle mie nuove abilità e al fatto che presto le avrei usate contro di Mano d'Argento.
 
Il viaggio di ritorno fu una continua riscoperta del mondo: Whiterun non mi era mai parsa così caotica: i rumori, spesso anche quelli che mai avrei creduto di poter udire, erano chiari e cacofonici, gli odori si mescolavano e spesso creavano una puzza terribile e non sopportavo troppo la vicinanza della gente, mi rendeva nervosa. Continuavo a tirare su con il naso ed io paio di volte mi girai di scatto per controllare che non mi fosse spuntata una coda, perché ero convinta di sentirla agitarsi anche quando non c'era.
-Calmati, o darai nell'occhio.- mi ammonì Aela mentre, finalmente, la sagoma della barca capovolta di Jorrvaskr si faceva vedere.
-Lo so, è che questo posto ora è così...
-Soffocante? Caotico?
-Entrambe le cose.- scossi la testa, irritata -Come fate a sopportare questo rumore, per i Nove?!
-Presto ci farai l'abitudine ed imparerai a non considerare i suoni inutili.
-Eh?- non avevo capito niente.
-C'è tempo, Sorella, c'è tempo per imparare ogni cosa.
-Sarà...- non ero per niente convinta, ma lasciai cadere il discorso e finalmente il portone di Jorrvaskr si aprì, e mi sentii a casa.
Ed una nuova montagna di odori mi sommerse: l'odore del legno, della carne cotta sul fuoco, dell'idromele e del sudore, tutti questi odori creavano quella che era l'atmosfera di Jorrvaskr, forse non era proprio pulita, ma era casa, ed era tutto ciò di cui avevo bisogno.
Chiesi dove fosse Farkas e mi affrettai a raggiungere la sua stanza, pronta ad abbracciarlo, ma...
-Iris!- con mia gran sorpresa venni anticipata dallo stesso Compagno, il quale mi strinse in una morsa calorosa e forte che accolsi con una risatina soffocata, notando in un misto di incredulità e compiacimento che la sua stretta non mi sembrava così dolorosa -Lo sapevo che saresti tornata, lo sapevo che sopravvivevi!- con il braccio sinistro gli circondai il collo per ricambiare quella stretta che mi sollevava appena da terra, chiudendo gli occhi dal sollievo di vederlo vivo.
-Stai bene, allora.- mormorai al suo orecchio.
Anche lui, come Aela e me, probabilmente, odorava di cane bagnato, ma c'erano anche altri odori che mi fecero giudicare la sua persona piacevole: Farkas aveva addosso l'odore del sudore, del cuoio e dell'acciaio, ma aveva anche una nota di dolcezza che lo rendeva buono, esattamente come la sua persona, un odore di...
-Pandolce?- chiesi, quasi incredula.
-Che?- con la delicatezza degna di un bufalo, Farkas mi sciolse dalla presa e mi guardò con le sopracciglia scure incurvate in una smorfia di perplessità.
-Niente...è il tuo odore.
-Ah, lo so. Anche a me piace sentire gli odori degli altri, è bello vero?
-Più che altro è strano.- ammisi -Ma dimmi, come sta la tua ferita?
-Non ti preoccupare, si rimargina in fretta.- assicurò -Tra un paio di giorni sarò come nuovo, te l'assicuro. Ma tu sei parecchio forte, sai?- non sapevo se prendere quell'affermazione come una cosa buona o cattiva, e mi limitai ad un mezzo sorriso -Ci hai dato giù pesante con tutti e due, me e Vilkas, ho quasi creduto che ci avrei lasciato la pelle quando mi hai colpito.- una morsa mi strinse lo stomaco e mi fece chinare gli occhi.
-Mi dispiace.- dissi -Non riuscivo a controllarmi...e ti ho quasi ucciso.- Farkas non poteva saperlo, non con la sua ingenuità, ma le sue parole mi fecero sentire terribilmente in colpa, e se durante quella notte l'avessi ucciso davvero?
Gli occhi del licantropo si spalancarono, sempre più confusi.
-Ma sei triste?
-No, no...al contrario.- mentii -Sono sollevata che tu stia bene.
-Ah, beh meglio così!- Farkas poteva avere l'intelligenza di un mulo da soma, ma era buono ed il suo entusiasmo genuino, così come la sua preoccupazione -Sono contento che faccia parte del Circolo, adesso.- disse, cogliendomi di sorpresa.
-Eh?
-Beh, ora hai il sangue del lupo. Credo che questo ti renda un membro del Circolo a tutti gli effetti.- non ci avevo pensato.
-Non lo so...forse.- concessi -Senti, sai dov'è Vilkas?- gli chiesi poi.
-Nella sua stanza. Sta leggendo, legge sempre.- spiegò quasi infastidito, come se non capisse tanta passione nel passare le ore a guardare quei maledetti tomi.
A differenza del fratello, Farkas non è mai stato un appassionato di lettura, non faceva proprio per lui, e se devo essere sincera non sono nemmeno sicura che sapesse leggere per bene, non gliel'ho mai chiesto.
Comunque arrivai davanti alla stanza di Vilkas e bussai. Non aspettai che mi rispondesse per entrare ed aprii la porta lentamente, quasi temessi di venire scacciata.
Effettivamente Vilkas era steso sul suo letto, con un braccio sotto la testa e la mano destra che teneva il libro davanti ai suoi occhi, non ho mai visto una posizione più scomoda della sua per leggere, ma dirglielo non era mai servito a niente se non per prenderlo in giro.
Mi gettò uno sguardo rapido che riportò altrettanto rapidamente sul libro.
-Sei ancora arrabbiato?- gli chiesi, chiudendomi la porta alle spalle.
-Per cosa?- replicò lui con tono sarcastico -Per lo schiaffo, per aver accettato la licantropia o per averti vista mandare a puttane tutto ciò di cui abbiamo parlato?- mi morsi il labbro inferiore con forza per trattenere una risposta altrettanto velenosa -Per la prima no, ma per il resto...- lasciò intendere.
-Andava fatto, Vilkas.- il mio tono non era spavaldo o arrabbiato, ero lì per riappacificarmi con lui e cercare di arginare la frattura che si era creata e che si espandeva velocemente, troppo.
-Andava fatto? Andava fatto?- chiuse il libro con uno scatto e si tirò a sedere, fulminandomi con i suoi occhi chiarissimi -No, non andava fatto. Una medicazione va fatta. Il completamento di una missione va fatto. Non questo.
-Intendi tenermi il muso tutta la vita? Intendi non parlarmi più per questo?- abbassai il viso e presi un bel respiro -Ho bisogno di te, accidenti! Ora più che mai.- nonostante tutto quello che ci fosse tra di noi, pronunciare quelle parole mi costò una grande fatica -Potrà non piacerti il fatto che io sia come te, adesso, ma questa cosa non cambierà. Puoi accettarla, oppure no, io non ti costringerò di certo...e non ho la minima intenzione di correrti dietro.- non mi andava di lottare, non mi andava di discutere, volevo solo che capisse, volevo solo assecondare quell'istinto di abbracciarlo, di fare l'amore che invece mi vedevo costretta reprimere.
Rialzai gli occhi e sollevai il mento con aria altezzosa, poi gli diedi le spalle ed uscii dalla sua stanza chiudendo la porta.
 
Il riparo di Driftshade o era poco più che lo schizzo di un fortino visto da lontano, eppure era lì che l'ultimo manipolo dei Mano d'Argento si leccavano le ferite della loro sconfitta.
-Sono in parecchi.- disse Aela scendendo da cavallo per poi legarlo ad un ramo di un albero.
-Quanti, più o meno?- chiesi.
-Fuori ce ne sono una trentina. E sono sicura che dentro ce ne sono altrettanti.
-Ce li faremo bastare.- queste furono le prime parole pronunciate da Vilkas durante il viaggio -Dobbiamo agire in maniera prudente ma decisa, alla fine di questi bastardi non deve rimanere nemmeno il ricordo.
-Faremo in modo che le uniche canzoni a risuonare saranno quelle di Jorrvaskr.- aggiunsi, finendo di legare il cavallo, poi estrassi la spada.
La lama d'acciaio rifletteva la poca luce delle due lune, luce che venne subito coperta dai nuvoloni che abitavano il cielo, quella sera.
Sollevai il volto.
-Potrebbe piovere.- dissi a voce alta.
-Come?
-No, niente...dico solo che potrebbe piovere.- ripetei sempre guardando in alto, finché non sentii la presa di Aela sulla spalla, e allora incontrai lo sguardo della cacciatrice.
-La pioggia laverà via il sangue.
-Ma non il dolore che ha causato.- non espressi ad alta voce questo mio pensiero, ed insieme ai miei tre Fratelli di Scudo iniziammo ad avvicinarci al fortino che si ergeva nel pieno della pianura brulla dell'Eastmarch.
Avrebbe piovuto: la terra quando piove si prepara, emana un odore che avevo già percepito nella mia normale condizione da umana, ma mai come in quel momento, forte e freddo, un odore pungente che tuttavia sapeva di pulito e sperai che in qualche modo, dopo la battaglia che ci stavamo preparando ad affrontare, sarei stata meglio.
Ci dirigemmo verso il fortino e non ci volle molto prima che le sentinelle riuscissero a scorgerci.
-Ehi, voi!- mi bastò la voce di quell'uomo per sentire l'adrenalina trasformarsi in rabbia -Fermi, non fate un altro passo!- la poca luce disponibile mi permise di vedere l'arciere in posizione -Chi siete?
-Come sarebbe a dire?- il potente sarcasmo di Vilkas avanzò come il padrone -Non riconosci i cani?- in tutta risposta la freccia venne scoccata, ma si scontrò contro lo scudo del Compagno.
-Uccidiamoli tutti...- non riconobbi la mia voce mentre con il braccio sinistro sorreggevo lo scudo per proteggermi a mia volta da un'altra freccia.
La sentinella aveva dato l'allarme.
-Farkas, dobbiamo liberare il tetto!- disse Aela scoccando una freccia ed abbattendo un Mano d'Argento.
-Io vado dentro.- le dissi poco prima di separarci.
-Non senza un Fratello di Scudo, Iris!- la ignorai ed iniziai a correre verso la porta del forte, gli arcieri che avrebbero dovuto abbattermi avevano il loro bel da fare con gli altri, e gli unici due Mano d'Argento che provarono a mettersi tra me ed il mio obiettivo morirono in fretta.
La consapevolezza di avere la vendetta così vicino mi dava una forza ed una spregiudicatezza che mai avrei provato in condizioni normali, inoltre sentivo la bestia già iniziare a ringhiare, smaniosa di uscire.
-Non ancora, ma presto.- pensai, quasi volessi rassicurarla e coccolarla, un pensiero che ben si abbinava con il ghigno che mi decorava il volto, che allungava le cicatrici e lo trasformava in una smorfia grottesca che non era da me.
Parai il fendente della piccola imperiale avanti a me con la spada, poi le diedi un calcio che la fece piegare per il dolore e la sorpresa. Ne approfittai per tagliarle la testa, e l'odore del sangue mi fece fermare di botto: guardai quel corpo e un brivido di fame, la fame della bestia, mi solleticò il palato...
-Andiamo!- fu la voce di Vilkas a portarmi alla realtà, e quando incrociai il suo sguardo mi fulminò -Si caccia, ma non si mangia, è chiaro?- ancora stordita per quell'attimo di esitazione davanti al corpo, annuii senza nemmeno rendermene conto -Bene.
-Posso andare da sola.- gli dissi.
-Non ho chiesto di venire con te, infatti.- replicò lui sorpassandomi, e di nuovo quella spiacevole sensazione allo stomaco, di rabbia e delusione che si mescolano, mi spinse a trattenere silenziosamente il respiro prima di seguirlo nel fortino.
Vilkas mi disse di chiudere la porta.
-A chiave?
-A chiave.- si incamminò lungo l'angusto corridoio -Nessuno di loro deve uscire vivo da questo forte.- ubbidii e mi affrettai a seguirlo.
Sentivo il loro odore.
Odore di chiuso, di sudore, sangue e di altri animali che impregnavano le pareti del riparo di Driftshade.
-Quanti ne avranno scuoiati, come noi?- chiesi a voce bassa.
-Non me lo voglio chiedere, ma dalla puzza di questo posto lo puoi immaginare...- avanzavamo in silenzio nell'intenzione di cogliere di sorpresa i nostri nemici -Stammi vicino.- lo guardai.
Per un attimo mi sembrò di essere tornata al giorno in cui avevamo esplorato insieme il Tumulo delle Vecchie Glorie, quando avevo scoperto la verità sui Compagni, quando la realtà che avevo creduto di conoscere si era rivelata totalmente diversa ed era iniziato il mio Vero cammino con loro.
Quanto tempo era passato? Due anni, forse poco più?
Mi sembrava un'eternità, e la ragazza smaniosa di mostrare il suo genuino valore era un'altra persona.
Eppure con quella frase ebbe il potere di riportarmi indietro. Forse fu per questo che non sbuffai o altro, ma mi limitai a fare come diceva. Perché sentivo il bisogno di tornare indietro, di sentirlo vicino quando era più lontano delle Lune.
Il fortino era composto da due piani, i Mano d'Argento spuntavano dagli angoli più impensabili al pari di insetti o topi, e quando finalmente raggiungemmo l'ultima stanza erano rimasti in sette.
Al centro, un uomo era intento a lavorare chino su di un telaio. Portava un elmo d'acciaio coperto dalla pelliccia di un animale scuro che non riconobbi, quindi non ricordo bene il suo volto, ma gli occhi mi rimasero impressi: di un grigio spento che ricordava il ferro delle lame, occhi che non conoscevano pietà.
E quando ci vide, una smorfia gli distorse i lineamenti.
-Siate dannati, voi mostri!- mormorò alzandosi in piedi.
Fu allora che osservai attentamente il suo copricapo, e con orrore vidi che la bestia aveva una cicatrice su un occhio lattiginoso.
Trattenni il fiato.
-Skjor...- mormorai, con voce talmente strozzata dalla rabbia e dall'orrore che il suo nome risultò quasi inudibile.
Vilkas avanzò di un passo e lasciò cadere lo spadone a terra.
-Mostri?- domandò.
Riconobbi la stessa frenesia che mi scorreva in corpo e, capendo le sue intenzioni, lasciai cadere a mia volta l'arma ed iniziai ad armeggiare con il bustino di cuoio, sotto lo sguardo perplesso ed impaurito dei Mano d'Argento.
-Non avete capito nulla.- continuò il Compagno, mentre i guanti d'acciaio cadevano a terra -Quando avremo finito con voi rimpiangerete di non aver incontrato dei mostri veri.
A differenza della prima trasformazione di cui ho solo ricordi confusi, quella volta a Driftshade la ricordo perfettamente: la bestia, infatti, non era che il mezzo per me, per Iris, di compiere la vendetta che le dava la forza.
Fece male, ma non come la prima volta, i miei muscoli erano già abituati a tirarsi, ad ingrandirsi, la bestia oramai era parte di me ed il mio corpo l'accolse con benevolenza, così come la mia mente, e presto io e Vilkas lasciammo il nostro aspetto umano per consumare la nostra vendetta.
Non sarebbe rimasto niente di loro. L'eternità avrebbe intrattenuto i suoi ospiti solo con la canzoni di Jorrvaskr.

Note dell'Autrice
Capitolo un po' piatto, forse.
A me non fa impazzire, ma solo così ho potuto spiegare meglio le nuove sensazioni di Iris. Ovviamente non sarà tutto rose e fiori, la Bestia è pur sempre la Bestia xD E finalmente i Mano d'Argento vengono sterminati. Non so voi, ma io GODO nel massacrare quei maledetti, ogni volta è come la prima xD Vi lascio, alla prossima settimana gente <3

Lady Phoenix

 

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Capitolo 15
*** Chapter XIV- Diary of a werewolf, diary of a man ***


Chapter XIV
Diary of a werewolf, diary of a man
 
Piano, la bestia lascia di nuovo spazio all'umana.
Il fiatone pesante, grottesco, lascia spazio ad umani respiri affannosi, e guarda il suo avversario oramai prossimo alla morte.
L'elmo è volato lontano, ed i capelli sono imbrattati del sangue delle sue ferite.
Sorride: questo figlio di puttana sa il fatto suo, le ferite che le ha procurato bruciano e sanguinano, ma se qualcuno raggiungerà l'Oblivion, quello è lui, Krev lo Scuoiatore.
Intorno a loro c'è solo silenzio. Muove i primi passi verso di lui, che cerca di muoversi strisciando come il verme che è.
-Ti fa male?- chiede, sempre più vicina.
-V-vai via...
-Ti ho fatto una domanda.- replica -Rispondi!- senza esitazione, pesta con violenza il ginocchio destro che, come il gemello, è piegato in un'angolazione innaturale che impedisce al Mano d'Argento di muoversi -Deduco di sì.- non si riconosce in quel ghigno, in quel godere tanto della sofferenza dell'altro, che singhiozza come un ragazzino.
Non ha dignità.
-S-smettila...ti prego, uccidimi!
-Lui non ha pianto quando l'hanno ucciso, sai?- si china su di lui, vicinissima al suo viso terrorizzato, fino a specchiarsi negli occhi grigi che fino a qualche minuto priva parevano voler distruggere il mondo -Non ha chiesto pietà.
-Basta...basta!- lo afferra per il bavero della casacca che sporge dall'armatura, facendogli sollevare la schiena e gemere di nuovo per il dolore -T-tu...sei un mostro!- quell'affermazione ha il potere di darle i brividi.
Lo lascia di scatto mentre un ringhio le infrange le labbra.
-Io ti...
-Falla finita.- si gira.
Vilkas è tornato umano, ma nei suoi occhi la bestia lotta ancora, esattamente come in lei.
-Ma lui...
-Ti sei divertita abbastanza, fallo fuori.- schiude le labbra, fa per parlare, ma tace -Non capisci? Non siamo bestie.
Quegli occhi dicono tutto ciò che Vilkas tace: tradiscono lo schifo che prova nelle azioni appena compiute, nel sangue che gli sporca le labbra e che fa compiacere la bestia, bestia che ha represso a lungo, ma che ancora una volta ha preso possesso di entrambi.
E lei...lei non sa cosa dire.
La voglia di rivalsa è tanta, ma oramai è finita, la battaglia è stata vinta ed i Mano d'Argento sono stati sterminati. Accanirsi su quel verme non le porterà onore, come non riporterà indietro Skjor e Kodlak.
-E non ci darà ciò che hanno portato via.- dice infatti il Nord, e lei trattiene il fiato.
A quella consapevolezza sente gli occhi farsi lucidi e, trattenendo a fatica le lacrime, si china di nuovo sullo Scuoiatore e con un unico movimento gli torce il collo, che si spezza accompagnato da un brutto rumore ed un gemito che non fa in tempo a lasciare le labbra.
Un gemito che lei è riuscita a sentire lo stesso.
 
I Mano d'Argento erano stati annientati.
E la vita tra i Compagni tentò di ricominciare, ma l'assenza di Kodlak e Skjor si sentiva: mancava una guida, mancava un padre ed un Compagno.
Aela era sicuramente la persona più distrutta: oltre al suo Precursore aveva perso il Compagno della sua vita, la persona con cui condivideva tutto, la vita, il letto e il Dono di Hircine. Eppure non crollava mai, rimaneva chiusa nel suo silenzio, nel suo dolore senza permettere a nessuno di avvicinarsi, perché la persona che avrebbe potuto aiutarla era la stessa per cui versava silenziose lacrime la notte, per cui andava a caccia più spesso, tornando insoddisfatta.
E io?
Io avevo il mio bel da fare con la Bestia.
Non ero mai appagata. La fame e la voglia di cacciare mi tormentavano di continuo, la notte non chiudevo occhio o se per qualche forza superiore riuscivo a farlo due sogni continuavano a farmi visita: le voci che cantavano per scomparire nel buio, oppure una caccia che terminava sempre nel momento in cui stavo per azzannare la preda, facendomi svegliare con un senso di profonda insoddisfazione.
Eppure non ero mai stanca, una grande fonte di energia non naturale mi spingeva a mangiare di più, a muovermi di più, come se non avessi scelta che andare avanti fino allo stremo delle forze, stremo che non arrivava mai.
Aela si dedicò molto a me in quei giorni, portandomi spesso a caccia con lei, dandomi consigli su come tenere a bada la Bestia e sfruttarla al massimo nel momento del bisogno, era lei la mia confidente ed in qualche modo io divenni la sua: non nominò mai Skjor, solo una volta, mentre eravamo a caccia, si lasciò andare.
La loro relazione non era mai stata ufficializzata, ma tutti sapevamo, era stato uno dei primi pettegolezzi che Ria mi aveva confidato dopo una serata passata ad alzare il gomito, e il dolore in cui Aela si era chiusa era la prova del profondo legame che li univa, legame che non era disposta a dividere con nessuno, tranne che con me.
E per questo non le sarò mai abbastanza grata.
Intanto, a Jorrvaskr le cose cercavano di tornare alla normalità.
Saputo dell'attacco, alcuni cittadini vennero ad aiutarci a ricostruire gli alloggi, una delle parti più danneggiate dalla battaglia, e fu proprio durante questi lavori che lo trovammo.
-E questo?- mi girai verso Ysolda, una dei volontari, vedendola con un vecchio taccuino con la copertina di cuoio.
Trattenni il fiato.
-Dammelo, per favore.- dissi spiccia, strappandole di mano l'oggetto -Grazie, a questo ci penso io. Puoi continuare da sola?
-Certo...- senza tener conto della perplessità della ragazza la lasciai sola per dirigermi verso la mia stanza con quello che avevo riconosciuto come il diario di Kodlak.
Lo avevo visto scrivere qualcosa su quelle pagine, una volta, ma ricordo che mi rimase impresso, perché il vecchio Precursore non mi sembrava tipo da diario, eppure eccolo lì, l'ultimo oggetto di valore che lo ricordava.
Mi morsi il labbro: la curiosità di volerlo leggere mi solleticava, ma una parte di me si sentiva in colpa anche solo a pensare di poter invadere la sfera più privata e profonda dei pensieri di Kodlak.
Sospirai.
-Forse non dovrei...- rimasi ancora qualche minuto a combattere con la mia coscienza, ma alla fine la curiosità ebbe la meglio sulla reticenza, così mi sedetti sul mio letto a gambe incrociate ed aprii il piccolo taccuino.
Vedere e riconoscere la scrittura di Kodlak mi causò un nodo allo stomaco e deglutii un paio di volte per scacciare il gruppo alla gola.
Iniziai la lettura: non potei trattenere un sorriso nel notare che la data più vecchia risaliva a circa quattro anni prima, pochi mesi prima del mio arrivo a Jorrvaskr. Era la descrizione di un sogno in cui tutti i Precursori raggiungevano Sovnegarde, ma a partire da Terrfugg, il primo ad accettare la Bestia, tutti si univano ad Hircine fino ad arrivare a lui, Kodlak.
Secondo a quanto stava scritto poteva scegliere, ma quando fece per avvicinarsi a Tsun, il grande guardiano della Sala del Valore, ecco arrivare una grande bestia, la stessa che aveva trascinato Terrfugg tra le braccia di Hircine.
 
Poi, al mio fianco, compare una straniera che non avevo mai visto prima. […]
Ed insieme estraiamo le nostre armi.
 
Non c'erano descrizioni riguardo la misteriosa straniera pronta a combattere al fianco di Kodlak, e questo causò in me un pizzico di delusione, mi sarebbe piaciuto saperne di più.
Andai avanti.
Nella nota successiva Kodlak esprimeva le sue paure e timori con il Circolo: Skjor ed Aela non sembravano turbati dalla scoperta di vedersi precluso Sovnegarde, e non me ne stupii, oramai anche io sapevo che sia la cacciatrice che il mio defunto Fratello di Scudo avrebbero scelto i Campi di Hircine
 
[…], ammesso che si possa scegliere.
 
E poi la reazione di Vilkas. Kodlak l'aveva descritto bene: feroce come una tigre in battaglia, ma il fuoco che brucia nel suo cuore a volte arde troppo intensamente.
Sospirai pesantemente, non potendo trovare modo migliore per descrivere il carattere irascibile e tormentato del Compagno, e volli ignorare la fitta al cuore che mi colse, continuando la mia lettura, apprendendo così che sia il Precursore che i gemelli avevano deciso di non trasformarsi più, fino al ritrovamento di una cura.
 
Stavo tornando dalla mia passeggiata con il vecchio Ysgramor quando, nella piazza principale, ho assistito alla punizione di una ragazza da parte delle guardie. Era legata con le mani in avanti, costretta ad abbracciare un palo di legno sudicio e la schiena lasciata scoperta dalla casacca strappata presentava già diversi tagli sanguinanti, dovuti alla frusta della guardia.
A giudicare dagli abiti era una contadina, ma non è stato questo ad attirare la mia attenzione.
 
Non me l'aspettavo.
Perchè Kodlak aveva deciso di riportare il giorno della mia punizione?
 
La osservai: a prima occhiata la scambiai per una redguard a causa dei capelli scuri e la pelle abbronzata, ma più mi avvicinavo, più mi accorgevo che i suoi tratti non avevano niente a che fare con gli abitanti di Hammerfell.
Non potevo intervenire, ma non appena le guardie l'hanno abbandonata a sé con la madre, mi sono avvicinato e l'ho guardata a lungo.
L'ho portata qui a Jorrvaskr ed ho dato istruzioni che venisse curata.
Non sono un buon sacerdote, non mi occupo di tutti i poveracci con storie simili a quelle di questa fanciulla.
Non la conosco, eppure l'ho già vista.
Era lei, era la straniera del mio sogno.
 
Spalancai la bocca e lasciai cadere il taccuino sul mio letto.
Sentii improvvisamente freddo e passai ripetutamente le mani sulle braccia per attutire e far sparire i brividi fino a fermarmi ed affondare le dita nella carne.
Com'era possibile?
Come poteva Kodlak avermi sognata ancor prima di conoscermi? Non aveva senso, ed era improbabile.
Che si fosse confuso con qualcun altro?
Guardai l'oggetto e capii che non avevo altro modo di far chiarezza se non andare avanti nella lettura, oramai ero troppo coinvolta.
Per l'ennesima volta la mia curiosità mi si era ritorta contro.
 
Oggi la ragazza si è svegliata, dopo due giorni.
Le ferite le fanno ancora male, ma il pericolo sembra passato.
Mentre Vilkas si stava confidando è apparsa dalle ombre di Jorrvaskr, intimidita. Guardando quel viso spaventato, ancora da ragazzina, mi sono chiesto se non avessi preso qualche botta o la vecchiaia mi stesse giocando un brutto scherzo, ma è bastato poco per sostituire la paura con la determinazione: vuole unirsi a noi,vuole essere un Compagno.
Non posso accettare tra le mie file una persona, uomo o donna che sia, che non ha mai tenuto una spada in mano, non esiste, ma le sue parole, quello sguardo che sembrava fatto di fuoco...
Vilkas non era entusiasta, ma la ragazza ha dimostrato se non altro di avere coraggio rispondendo a tono e sfidandolo su due piedi.
Le ho dato una possibilità.
[...]ho mandato Vilkas a mettere alla prova la nuova arrivata, vedremo se è davvero la grande guerriera che ho sognato.
 
Grande guerriera? Sapevo a malapena tenere una spada in pugno, non feci nemmeno in tempo a mettermi in guardia che l'arma mi volò di mano, senza che potessi far nulla per evitarlo.
 
Ero convinto di aver sbagliato tutto.
Mi sono sentito uno stupido, uno stupido vecchio ad aver creduto che una ragazzina senza esperienza potesse salvarmi. Eppure era lei, ne ero certo.
Appena la spada era finita in suo possesso l'aveva guardata come fosse una strana creatura, tenendola con una presa scorretta ed una posizione approssimativa, era ovvio che non sapesse nulla sul combattimento.
Eppure quando Vilkas l'ha disarmata ho sentito la delusione farsi largo in me...credevo di essermi rassegnato, credevo di essermene fatto una ragione.
Mi sbagliavo.
Per questo quando l'ho guardata non ho saputo nascondere, anche se solo per un attimo, la mia profonda delusione, come se fosse colpa sua e non mia se mi lasciavo ancora cullare dall'illusione di Sovnegarde.
 
Ricordavo anche quello.
Finita a terra, ignorando ancora le fitte alla schiena, non avevo guardato mia madre, non aveva guardato Vilkas, ma lui, quel vecchio di cui sapevo appena il nome, Kodlak, e nei suoi occhi calmi avevo scorto la delusione che la mia sconfitta aveva portato.
Non ne capivo il motivo, ma sapevo che quella delusione non la volevo per me.
È stato lì che ho raccolto tutta la mia sfacciataggine per chiedere un arco e mostrare il mio vero valore. Ho insistito, ho fatto leva sull'orgoglio di Vilkas ed ho ottenuto ciò che volevo.
 
[…]
Mi ha stupito.
Forse non è una guerriera completa, ma ha sicuramente un grande talento con l'arco e la caccia.
Si chiama Iris, ha già fatto colpo su alcuni membri del Circolo con il suo coraggio. Per ora continuo a tenere per me il suo ruolo nel mio sogno. Vediamo quale destino ci attende prima di rivolgermi a lei.
 
Seguivano poi diversi appunti sul cercare una cura, su volersi curare e il timore di dover ricorrere ai maghi.
 
[…]
La magia, e tutto ciò che ruota intorno ad essa, non rientra nello spirito dei Compagni. Noi affrontiamo i nostri problemi direttamente, senza ricorrere a simili inganni. Posso solo sperare di riportare tutti noi sul vero sentiero di Ysgramor prima di essere corrotto.
 
Continuai a sfogliare il diario, tralasciando diverse note minori, fino ad arrivare ad una. Risaliva al giorno dopo il mio rientro con Vilkas dal Tumulo delle Vecchie Glorie.
 
Iris continua a stupire. Non so ancora quale sarà la sua posizione sulla questione del sangue. Non abbiamo avuto modo di parlarne. Sa che in noi scorre il sangue di bestia e sembra interessarsi alla cosa. Ben presto potrò spiegare i nostri problemi e scoprire quale sarà il suo ruolo.
 
Poi, il giorno della mia ammissione tra i Compagni.
 
Alla fine mi hanno convinto, e non posso negare di aver preso anche troppo tempo.
Ha accettato di continuare il cammino con i Compagni nonostante il sangue di bestia, ha affrontato i non morti del Tumulo, ha dimostrato costanza ed abilità.
Non ho più scuse.
Continuo a ripetermi che sia troppo giovane, ma la realtà è ben diversa.
Quel sogno, il sogno fatto due anni fa continua a nutrire le mie speranze che in qualche modo lei mi aiuterà davvero a liberarmi della licantropia, nel mio egoismo sto cercando di proteggerla per proteggere me stesso...
Le sono molto affezionato, ovviamente, è una cara ragazza, ma questo non giustifica il mio comportamento.
Mi preoccupo che muoia, che si faccia male, semplicemente che se ne vada perché con lei se ne andrebbe la, seppur vaga, possibilità di guarire.
Mi disprezzo profondamente, la vecchiaia mi ha reso debole...
 
Sentii un tuffo al cuore.
-Quindi...è per questo?- strinsi forte la presa sul taccuino ed abbassai la testa.
Kodlak aveva solo finto di provare quell'affetto per me? Aveva cercato di proteggermi solo per poter salvare se stesso dalla licantropia?
Iniziai a vedere sfocato.
-No...no!- lanciai il taccuino con rabbia contro la parete e mi stesi sul mio letto -No...- mormorai.
L'uomo a cui tenevo di più, che credevo il migliore su questa terra in realtà mi considerava un mezzo per raggiungere i suoi scopi. Ripetei più volte in me questa frase, ed ogni volta una fitta di dolore mi coglieva impreparata.
Guardai con odio il taccuino, quasi avessi davanti il suo proprietario.
-È davvero così? Mi hai davvero fatto questo?- chiusi gli occhi forte -Io per te ho superato la paura della licantropia...HO ACCETTATO LA LICANTROPIA!- singhiozzai di nuovo, ma di rabbia, stavolta.
Affondai il viso nel cuscino per soffocare un grido di rabbia
-Non puoi avermi fatto questo, non puoi!- ero un vulcano di rabbia -Ho dannato la mia anima per vendicarti, Kodlak!- presi fiato -Ho rinunciato a Sovnegarde, ho perso la persona più importante!- avevo il fiatone, come se avessi corso, ma la verità era che non riuscivo a contenere la rabbia.
Mi alzai e mi avvicinai alla bacinella dell'acqua per sciacquarmi il viso: specchiandomi, mi accorsi di avere gli occhi gialli, bastava provare anche solo un po' di rabbia per solleticare la bestia. Rapidamente cercai di calmarmi.
Trasformarsi a Jorrvaskr in pieno giorno non mi avrebbe aiutato, ma se questo rischio spaventava la mia parte umana, era in grado di eccitare in maniera perversa quella della bestia.
-No...- mi accorsi che stavo ringhiando mentre stringevo la presa sul bordo della bacinella -Non vincerai!- le zanne mi pizzicarono il labbro inferiore -NO!- lo urlai a voce alta e di riflesso gettai a terra la bacinella con uno scatto, ansimando ancora di rabbia.
Sentivo il classico formicolio agli occhi quando questi prendevano il colore della Bestia, e le zanne mi pungevano ancora il labbro inferiore.
-La mia parte umana, devo pensare a lei...io non sono solo la bestia!- chiusi gli occhi, ma il formicolio continuava ad essere presente -Io non sono solo la bestia.- mi sedetti di nuovo sul mio letto buttandomi di peso e prendendomi il viso tra le mani, respirando finché non sentii il formicolio passare e le zanne ritrarsi.
Gettai un'occhiata a quel maledetto taccuino che aveva mandato all'Oblivion una delle poche certezze che mi erano rimaste, e mi chiesi se fosse il caso di continuare a leggere.
Guardai di nuovo l'oggetto, ed inspirai profondamente, passandomi le mani tra i capelli per cercare di arginare il nervosismo.
-Per Shor...- mormorai.
Ero improvvisamente stanca, e non so con quale forza raccolsi il taccuino per poi riaprilo.
 
Sono stupito che Aela e Skjor pensino di tenere un segreto in questa massa di ubriachi. Li hanno visti spesso confabulare tra di loro ed oggi ho visto Skjor parlare con Iris dopo che l'aveva battuto.
La ragazza sta crescendo in fretta, come guerriera e come Compagno, ma ho paura che la proposta di Skjor la condurrà tra le braccia di Hircine, tra le fauci della bestia.
Il solo pensiero mi fa inorridire, ma non posso fare niente. L'accordo con Skjor è chiaro, lui è libero di proporre la bestia a chi vuole ed io non posso interferire.
Anche se...
 
Se non avessi saputo, tutta quella preoccupazione mi avrebbe fatta sorridere, amare Kodlak ancora di più, ma la verità oramai galleggiava nella mia mente e tutta quell'accortezza non mi parve altro che ipocrisia.
Seguirono diverse pagine in cui riferiva della morte di Skjor e di altre riflessioni, finché una delle ultime pagine non attirò la mia attenzione in particolar modo.
 
Iris dimostra di aver coraggio e forza, anche in questi tempi in cui siamo a corto di uomini. Non abbiamo avuto occasione di parlare negli ultimi tempi e questa è una cosa che mi dispiace molto. Nutro grandi speranze per il suo destino, in quanto mi sono reso conto che la sua apparizione del mio sogno potrebbe significare che lei è il Precursore che mi succederà.
 
Non capivo più niente.
Il Kodlak che aveva scritto questi appunti sembrava una persona del tutto diversa da quello di poche pagine prima. Mi accorsi che stavo fissando quelle righe già da qualche minuto e che stavo stringendo l'oggetto troppo forte, tanto che la carta scricchiolò sotto le mie dita. Mi affrettai ad allentare la presa e ripresi a respirare.
Non poteva essere.
Ero la più giovane e la più inesperta di tutti i Compagni, avevo una corta ed insufficiente esperienza in battaglia ed ero niente di più che una ragazzina in confronto ai veterani che abitavano Jorrvaskr.
Come poteva, Kodlak, aver scelto me?
E se si fosse sentito in colpa per la storia della Licantropia?
Non sapevo cosa pensare.
 
[…]
Tuttavia non voglio parlare di questo. Si tratta di un fardello troppo pesante. La mia speranza è che possiamo continuare a consultarci negli anni a venire e che io possa insegnarle la saggezza dei Precursori. Ogni cosa a suo tempo.
 
L'ultimo appunto era composto da pochissime righe.
 
Le ho parlato della storia delle Streghe ed ha accettato di occuparsi di loro senza esitazioni sebbene lei sia coinvolta fino ad un certo punto. Non ha accettato la licantropia, eppure vuole aiutare quelli come me a trovare la pace.
Sembra che la nostra strada verso la cura preveda di vendicarci di coloro che ci hanno maledetti.
 
Il diario si concludeva lì.
Lo chiusi e lo nascosi sotto il cuscino, poi avvicinai le ginocchia al petto e rimasi in quella posizione fetale per non so quanto tempo.
Volevo solo essere lasciata in pace, ma a quanto pare non era proprio giornata.
Poco dopo, infatti, Aela venne da me.
-Aela.- la salutai tirandomi su.
-Ti ho sentita agitata prima.- disse chiudendosi la porta alle spalle -Va tutto bene?
-Sì.- mentii -Una crisi passeggera, niente di più.- mi osservò per un lungo istante, ma non disse niente.
-Cerca di riprenderti, devi venire con me.
-Oh...e dove?
-Alla Forgia Terrena, dobbiamo riunire il Circolo.- oramai ero considerata una di loro, ma se un tempo tutto questo mi avrebbe causato immenso piacere ora mi era quasi indifferente.
Troppe cose erano successe in quei pochi giorni, troppi avvenimenti mi erano caduti addosso, ma non opposi resistenza alla chiamata della cacciatrice.
-Dammi un minuto ed arrivo.- dissi, dovevo prepararmi.
Mi sarei trovata ad un faccia a faccia con Vilkas. Non ci parlavamo da giorni, ma non saprei dire chi stesse evitando chi. La frattura che avevo visto nascere si era ulteriormente allargata senza che potessi far nulla per fermarla, e mi accorsi di non essere pronta ad un eventuale scontro.
Deglutii, mettendo a tacere le mie ansie, ma Aela mi mise una mano sulla spalla.
-Non lasciarti intimidire, Sorella. Sappiamo entrambe come conservare salda la nostra mente, mentre gli uomini si lasciano guidare dal cuore.- annuii quasi di riflesso e le dedicai un sorriso, poi mi lasciò sola.
Le diedi circa cinque minuti, poi presi un bel respiro e lasciai la stanza per dirigermi verso la Forgia.
Dal momento in cui entrai, le voci di Vilkas e di Aela attirarono la mia attenzione.
-... e non l'ha realizzato, ecco tutto.- il tono di Vilkas era aspro, ma la cacciatrice non si lasciò intimidire.
-Essere un lupo mannaro non è la maledizione che credi, Vilkas.- replicò infatti con gelida determinazione.
Quando svoltai l'angolo vidi che Aela e Vilkas si fronteggiavano, mentre Farkas, in disparte, osservava la scena con la faccia di chi vorrebbe essere da tutt'altra parte, non gli sono mai piaciute le litigate, la sua natura gentile non le prevedeva.
-Forse andrà bene per te.- continuò Vilkas, sul volto un'espressione di rabbia trattenuta a stento -Ma lui voleva essere puro. Voleva incontrare Ysgramor e conoscere le glorie di Sovnegarde.- prese fiato rapidamente -Ma tutto questo gli è stato negato.
-E tu lo hai vendicato...- osservò Aela, come a metter fine alla discussione, ma con sorpresa di tutti fu Farkas ad intervenire.
-A Kodlak non importava niente della vendetta.- nel posarsi sul fratello gli occhi di Vilkas sembrarono calmarsi, come ogni volta che lui apriva bocca.
Per quanto sembrasse assurdo, era Vilkas ad aver più bisogno del fratello, e non il contrario: Farkas era il suo antidoto alla rabbia, il suo eterno Compagno, l'unico membro della sua famiglia.
Tutto ciò che avrei voluto essere io per lui, insomma, e fu con riluttanza che lo notai.
-È vero, Farkas. Ma non è questo il punto.- i suoi occhi finalmente mi videro, ma rapidamente, troppo, tornò a guardare Aela per continuare -Non importa quali siano le nostre idee sul sangue.
A quel punto lo sguardo di Aela ruppe la severità che aveva mantenuto fino a quel punto, ed un barlume di triste consapevolezza illuminò i suoi occhi verdi, facendola sospirare ed incrociare le braccia al petto.
-Hai ragione...era quello che voleva. E quello che meritava.
-Sì, ma a che serve parlarne?- chiesi allora, facendo qualche passo avanti ed attirando l'attenzione dei tre -Sangue, non Sangue...oramai Kodlak è morto.- chiunque altro avrebbe scambiato la mia per insensibilità, ma in verità era un modo per accettare il dolore della perdita, e poi le nuove scoperte appena fatte mi rendevano inquieta -Cosa sperate di ottenere?- chiesi, guardando Vilkas.
-Kodlak parlava di un modo per purificare la sua anima anche nella morte...conosci la leggenda della tomba di Ysgramor?- scossi la testa, ed in mio soccorso venne Aela.
-Là, le anime dei Precursori sentiranno il richiamo dell'acciaio del Nord.
-Aspettate.- intervenni -State dicendo che c'è una possibilità di trovare l'anima di Kodlak ancora lì e quindi somministrargli la cura?
-Sì. Hai ancora la testa della strega, vero?- mi chiese Aela, ed io annuii -Bene. Allora prendila, partiamo subito.- annuii, stupita ma decisa a non tirarmi indietro.
-Fatevi trovare alle stalle, vi raggiungerò tra poco.
-Aspetta.- Aela mi fermò e mi girai a guardarla.
Mi porse un fagotto dall'aria pesante.
-È un'armatura migliore. La missione che stiamo per affrontare non sarà una passeggiata, credo ti servirà- la ringraziai e rapidamente recuperai la testa della strega, ignorando il tanfo terribile che emanava, poi raggiunsi rapidamente Aela ed i gemelli alle stalle.
C'era ancora una possibilità di salvare Kodlak, e per quanto il mio cuore e la mia mente fossero ancora feriti e confusi, non potevo dimenticare tutto ciò che aveva fatto per me, qualunque fossero i motivi. E, forse, avrei ottenuto delle risposte.

Note dell'Autrice
Bene, capitolo introspettivo, ma importante. Alcuni pezzi del Diario di Kodlak sono gli stessi nel gioco (non so voi, ma quando io l'ho trovato mi sono quasi commossa ** oh Kodlak!), ma altri sono stati ovviamente aggiunti e modificati da me. Diciamo che Iris ha subito un inaspettato colpo di coda, ma c'è ancora la Tomba di Ysgramor da superare e l'arco della prima parte della storia non si è ancora concluso (qualcuno si toglie la vita, gli uccellini cadono e un bimbo piange tra le braccia della madre).
Beh, la chiudo qui.
Un bacio e ci vediamo la prossima settimana :D
Lady Phoenix

 

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Capitolo 16
*** ChapterXV- Purification ***


Chapter XV
Purification
 
La Tomba di Ysgramor si trovava nel feudo di Winterhold, e l'aria fredda e pungente del luogo costrinse persino noi Nord a tremare.
-Ci siamo.- disse Vilkas.
L'ingresso della Tomba ricordava terribilmente quello delle Vecchie Glorie, ma quando entrammo, capii che non avrebbe potuto essere più diversa.
Per quanto l'odore di chiuso e la polvere abitassero la tomba, la costruzione era semplice ma di ottima fattura, dopo un piccolo corridoio una specie di atrio scavato nella roccia ospitava un piedistallo con la statua di Ysgramor, simile a quella a Jorrvaskr, ma più piccola, ai cui piedi c'erano anche delle offerte risalenti chissà a quanti secoli prima.
-È incredibile...- mormorò Aela, ed il suo sussurro arrivò chiaro alle mie orecchie grazie all'eco che si formò -E quella deve essere Wuuthrad.- guardai la poderosa ascia a due mani brandita dalla statua e non potei fare a meno di pensare, con un po' di amarezza, che Skjor l'avrebbe adorata.
-Già, è bellissima.- concordai ammirata, ma guardando l'atrio mi accorsi che non c'erano corridoi o porte per proseguire -Ma come facciamo ad andare avanti?
-Forse c'è un passaggio segreto.- nessuno riuscì a trattenere la sorpresa nel sentire che quell'idea era venuta da Farkas -Cosa c'è?
-Niente, hai ragione Farkas, potrebbe essere.- ammise Vilkas.
-No, sicuramente è così.- lo corressi -Non sentite lo spostamento di aria? Inoltre non c'è così tanta puzza.
-Hai ragione. Forse dobbiamo spostare qualche pietra.- propose Aela.
-E rischiare di far crollare tutto?
-Hai idee migliori, Vilkas?- smisi di ascoltare per osservare un particolare della statua che mi lasciò perplessa.
L'inclinazione di Wuuthrad sembrava fuori posto con la precisione e la solennità della statua, inoltre pendeva da un fianco di Ysgramor fino a stare quasi dritta grazie al piede del proprietario, in una totale posa di abbandono.
-Ma qui...- salii sul piedistallo, abbastanza largo per permettermi di girare intorno a Ysgramor, ed iniziai ad esaminarla.
-Ehi, che fai?!- la voce indignata di Vilkas non ebbe il potere di fermarmi -Iris, scendi da lì, ora!
-Sta' zitto.- sibilai, quasi con aria distratta -Non vedete che qui c'è qualcosa che non va?- girai intorno alla statua fino ad arrivare alla mano che reggeva l'impugnatura superiore dell'arma, poi gliela presi -Volete aiutarmi o no?
-Iris, che stai facendo?- adesso anche Aela cominciava ad irritarsi per quella che sicuramente doveva sembrarle una mancanza di rispetto -Tu...- si interruppe quando una specie di scrocchio ruppe il silenzio della caverna, proprio nel momento in cui avevo spostato il polso di Ysgramor.
Sorrisi.
-Sì, ci sono.- riposizionai Wuuthrad, oggetto molto pesante che sollevai con fatica, incastrandola nei fori delle mani chiuse a pugno del primo Precursore.
Nel momento in cui finii di sistemarla le pareti iniziarono a tremare e, pochi attimi dopo, una pietra abbastanza grande da permettere il passaggio di un uomo adulto sprofondò nel terreno grazie ad una fessura per rivelare un angusto cunicolo che ci avrebbe permesso di proseguire nella nostra missione.
Non potei fare a meno di girarmi a guardare i miei tre Fratelli di Scudo, sorridendo soddisfatta.
-La mia blasfemia è servita a qualcosa, a quanto pare.
Aela si avvicinò al passaggio e vi diede una rapida occhiata.
-Scende in profondità, andiamo.- Farkas la seguì a ruota, ma quando feci per procedere a mia volta venni fermata da Vilkas, che mi afferrò il braccio.
Sentire il suo tocco dopo giorni mi causò un brivido, ma non lasciai trapassare niente dai miei occhi, se non perplessità.
-Ascolta, questo è il luogo in cui riposano Ysgramor ed i suoi generali più fidati. Devi fare attenzione.- non capivo.
-Devi? Tu non vieni?- distolse lo sguardo.
-Non mi pento di nulla di ciò che abbiamo fatto a Driftshade.- ovvero quando entrambi avevamo lasciato posto alle bestie che, senza alcuna pietà, avevano sterminato i Mano d'Argento fino a rendere irriconoscibili perfino i loro cadaveri -Tuttavia non posso andare avanti con la mente annebbiata ed il cuore pesante. Rimarrò qui nelle retrovie, e se non vi vedo tornare entro due ore vi raggiungerò.
-Capisco...- mormorai -Ma spiegami perché dovremmo fare attenzione.
-I Compagni originari. I migliori di loro riposano con Ysgramor. Dovrai dimostrargli quanto vali, tu e gli altri.- a quel punto ebbi paura.
-Vuoi dire che...potrebbero esserci altri...così, come quelli alle Vecchie Glorie.
-Non lo so, ma non credo vogliano ucciderti, ma dovrai dimostrare il tuo valore.- fu lì che iniziai a capire.
-Loro ci stanno aspettando.- mormorai, e Vilkas annuì con la testa.
-Senti...
-Iris, vieni o no?- ci girammo entrambi verso il cunicolo, dal quale provenne la voce di Aela.
-A-arrivo!- esclamai, poi tornai a guardare Vilkas e scivolai, lentamente, lontana dalla sua presa, sperando in una parola, un gesto che non venne.
E in pochi minuti me lo lasciai alle spalle.
Raggiunsi Farkas ed Aela, quest'ultima avanti a noi, e ci dirigemmo verso una porta tenuta chiusa da una trave di legno posta in orizzontale.
-Farkas, vuoi?
-Mh,mh.- all'invito della cacciatrice, l'enorme Compagno si fece avanti e sollevò la trave con un ringhio sommesso, contraendo i muscoli per la fatica.
-Rimango sempre stupita dalla sua forza.- pensai osservandolo -La Licantropia l'ha reso il più forte tra noi.-Farkas gettò di lato la trave senza troppi complimenti.
-Farkas!- esclamò Aela a denti stretti -Dovevamo agire nella massima cautela.- l'uomo abbassò le spalle, mortificato come un bambino.
-Scusami. Non ci ho pensato.- un mezzo sorriso si fece largo sul mio volto, ma sparì altrettanto rapidamente.
-Non credo che questo ci avrebbe avvantaggiati come credi.- dissi in difesa di Farkas, dandogli una pacca sulla spalla -Secondo Vilkas loro sanno già che siamo qui.
-Loro?
-Ysgramor non è da solo, qui dentro.- replicai, avvicinandomi alla porta -Dovremo aprirci la strada combattendo.
Aela annuì.
-E sia, allora.- caricò la freccia, poi si avvicinò alla porta e l'aprì con un calcio che la spalancò, facendo sbattere le ante contro le pareti -Facciamolo.
La stanza, però, era deserta.
-Ci fanno attendere...- mormorai, avanzando anche io con l'arco tirato, poi indicai ai due Compagni la porta dall'altra parte della sala, una semplice area circolare con diverse bare sollevate ed appoggiate lungo le pareti umide.
Procedemmo in silenzio, Farkas avanti a noi, ora, ma all'improvviso un brutto rumore, simile a quello di un congegno vecchissimo che riprende a funzionare, ci fece sobbalzare.
-Cosa...?- mi girai verso la fonte del rumore e con orrore capii: Farkas aveva messo il piede sopra una trappola.
-Giù!- per buttare a terra il Compagno ci volle la forza mia e di Aela, e fu appena in tempo che schivammo il gigantesco tronco (probabilmente di una sequoia a giudicare dalle dimensioni) che con un brutto rumore fendette l'aria sopra le nostre teste.
-Per Shor!- mormorai, alzandomi cautamente dopo che il tronco ebbe oscillato per qualche secondo -Farkas, stai attento.
-Perdonami Sorella. Non l'ho proprio vista.- si scusò, poi i suoi occhi chiari si spalancarono.
-Cosa c'è?
-Q-quelli...- mi girai e spalancai gli occhi.
Dalle bare disposte lungo la parete era uscito qualcuno...peccato che non avesse bisogno di buttare giù il coperchio.
-Per Talos...- mormorai mentre sentivo Aela trattenere il fiato -Non è vero.
Dalle bare erano usciti degli spettri: erano sagome dall'aspetto umano, guerrieri con tanto di armatura ed equipaggiamento ed avrebbero potuto facilmente essere scambiati per normali Nord...peccato per la trasparenza e il colore azzurro della loro aura.
Chi è che disturba il sonno dei morti?
Le voci erano cavernose e consumate.
Deglutii.
-Sono Iris e sono qui per Kodlak Biancomanto.
Non c'è niente per te qui...
Le loro espressioni inesistenti ebbero il potere di darmi i brividi.
-Lasciateci passare e non ci sarà battaglia.- e fu lì che la udii.
Una risata pacata, debole, ma da una divennero due e si moltiplicarono ulteriormente finché tutta la stanza non vibrò di quelle risa.
È tempo, stranieri, è tempo.
Ci guardammo rapidamente, tutti e tre, ma non osammo fare nulla: avevamo affrontato banditi, bestie, perfino qualche gigante, ma davvero, non si può uccidere qualcosa che non possiede un corpo, e non sapevamo come comportarci.
-Cosa facciamo?
-Avanti, non hanno un corpo.- dissi, mentre gli spettri dei Compagni originari si avvicinavano -Una cosa incorporea non può...
-Attenta!- la freccia di Aela deviò quella che avrebbe dovuto trapassarmi la testa, facendomi trattenere il fiato.
Sentii una goccia di sudore colare lungo la tempia.
-Dicevi?- la cacciatrice caricò un'altra freccia e puntò verso uno dei guerrieri, che la deviò con uno scudo -Se hanno bisogno di parare i colpi significa che devono difendersi. E se devono difendersi possono essere uccisi.- continuò.
Farkas si gettò all'attacco.
E dal canto mio pregai che Aela avesse ragione.
 
L'ultimo spettro cadde per mano mia e, cosa incredibile, lo fece con il sorriso sulle labbra cerulee.
Stanca ma soddisfatta posai la spada nel fodero e poi riprendere il cammino con Aela e Farkas all'interno della tomba.
Probabilmente Vilkas aveva avuto ragione quando aveva detto che i Compagni originari non ci avrebbero uccisi. Ero infatti sicura che la sconfitta che avevamo inferto loro fosse tutt'altro che definitiva: gli spiriti di quei guerrieri avrebbero combattuto all'infinito, e non erano lì per abbatterci quanto per metterci alla prova.
Ed al mio fianco, continuavo a stringere la testa della strega, quasi avessi paura di vederla sparire.
Riprendemmo il cammino e passammo senza intoppi altre due o tre stanze, finché non fummo costretti a districarci da un groviglio di ragnatele.
-Oh no...- sentii il vocione di Farkas farsi impaurito e lo guardai
-Cosa c'è, ora?- mi preoccupai nel vedere il gigantesco Nord tremare e battere i denti come un bambino quando fino a poco prima aveva staccato senza problemi la testa di uno spettro -Farkas...- ebbi la risposta che cercavo.
Un gigantesco ragno scese dal soffitto ed atterrò con un tonfo che fece appena tremare la terra, la miriade di occhietti si apriva e chiudeva in maniera frenetica e dalle zanne colava una bava vischiosa e probabilmente velenosa che causava disgusto solo a vederlo. E finalmente capii il terrore del Compagno, che da sempre aveva temuto i ragni.
-Merda.- la bestia, con un inquietante sibilo, si gettò all'attacco, puntando proprio su Farkas il quale, in preda alla paura, non riuscì a fare altro se non rimanere lì, impalato, ad attendere la creatura.
-FARKAS!- ed io ero troppo lontana per agire.
-Va avanti!- la freccia di Aela distrasse la creatura, che si concentrò su di lei.
-Come?
-Iris, prendi quella borsa e fai ciò per cui siamo arrivati.- schivò l'attacco della bestia rotolando di lato -VAI!- strinsi più forte a me la borsa che tenevo a tracolla, e con il cuore in gola mi voltai, continuando la mia corsa.
-Farkas, in piedi! Ce la puoi fare...- l'incoraggiamento di Aela fu l'ultima cosa che io udii, prima che le tenebre e le ragnatele mi inghiottissero.
Altri ragni cercarono di fermarmi, ma erano troppo piccoli, me ne liberavo rapidamente per quanto insidiosi fossero.
La fretta di arrivare, di poter salvare i miei Compagni mi faceva correre esattamente come pochi giorni prima, nel mio ritorno a Witherun. E poco dopo mi lasciai i cunicoli pieni di ragnatele alle spalle per arrivare ad una grande porta.
Avevo il fiatone e dovetti fermarmi qualche secondo prima di procedere, deglutii a vuoto un paio di volte e alla fine mi rialzai.
-È il momento...- spinsi la porta e mi ritrovai in una nuova sala, più grande e più buia delle precedenti.
Al centro stava solo un braciere dalle fiamme azzurre che illuminava scarsamente l'immensa sala, e davanti al braciere c'era una sagoma lattiginosa, un altro di quegli spettri, probabilmente.
Venni avanti e le porte dietro di me si chiusero con uno scatto che mi fece voltare e sobbalzare.
Ero in trappola.
Tornai a guardare avanti, verso quello spettro che mi aveva vista entrare, ma non diceva né faceva nulla, così avanzai fino a lui, la spada in mano pronta a colpire, ma più mi avvicinavo più riuscivo a distinguere i lineamenti di quello spettro.
Finché non lo riconobbi del tutto.
-Salute Sorella di Scudo- mi salutò con un sorriso sul volto, lo stesso sorriso sofferente che lo aveva accompagnato per tutta la vita.
-Kodlak...- il mio cuore perse un battito e la mia voce, nel parlare, si era fatta pigolante, tanto che dovetti deglutire un paio di volte -Sei tu?
-Certo.- la sua voce era echeggiante e profonda, e non smetteva di guardarmi mentre le mani continuavano a cercare calore verso quelle fiamme azzurre.
Mi avvicinai lentamente, quasi fosse un animale feroce invece dell'uomo che per tanti anni aveva badato a me, e timidamente allungai una mano verso il suo viso etereo.
Quando lo toccai sentii una sensazione di freddo sulle dita che mi spinse a ritirarmi di scatto, e il sorriso si allargò appena, creando una piccola ragnatela di rughe intorno agli occhi.
-Come...cosa ci fai qui?- gli chiesi.
La spada era puntata a terra, ma la tenevo ancora salda nel mio pugno, non riuscivo a stare tranquilla del tutto.
-Io e i miei Compagni Precursori ci scaldavamo qui, nel tentativo di sfuggire a Hircine.- i suoi compagni?
Mi guardai rapidamente intorno: i miei sensi di bestia fremevano, quasi volessero avvertirmi di qualche pericolo che tuttavia non si manifestava ma che regnava in quelle vecchie mura e mi osservava, giudicandomi.
-Ma...non c'è nessun altro qui.- il sorriso si spense.
-Eppure sono sicuro che i tuoi sensi avvertono qualcosa.- spalancai gli occhi, presa alla sprovvista, poi li abbassai -Iris...perché lo hai fatto?- avevo la bocca asciutta.
Lo avevo fatto per vendicarlo, per lasciare la rabbia scorrere via dal mio corpo prima che mi avesse uccisa. Lo avevo fatto per mandare nell'Oblivion tutti i Mano d'Argento, ottenendo in cambio...
Cosa, se non inganno?
-Io non li vedo.- dissi rialzando la testa, sperando che Kodlak non notasse la mortificazione e la rabbia nei miei occhi.
-Vedi solo me poiché il tuo cuore mi riconosce come unico capo dei Compagni.- spiegò allontanando le mani dal fuoco -Ma io li vedo tutti: quelli a Sovnegarde, quelli intrappolati con me nel regno di Hircine.- si guardò intorno ed io lo imitai di riflesso, ma continuai a non vedere nulla -E tutti loro vedono te. Hai dato lustro al nome dei Compagni, non ti dimenticheremo facilmente.- cos'era quel dannato groppo alla gola?
-G-gli altri hanno detto che puoi ancora essere curato.- quella frase mi uscì di getto, mentre continuavo ad evitare il suo sguardo che da rassegnato divenne speranzoso.
-Davvero? Posso solo sperarlo. Hai ancora la testa della strega?- in tutta risposta la estrassi dalla bisaccia tenendola per i capelli e per una volta il tormento abbandonò il suo sorriso, lasciandolo in balia della speranza -Perfetto! Gettala nel fuoco, ed il suo potere si libererà, almeno per me.- fu con uno scatto rabbioso che gettai a terra la bisaccia, avvicinandomi al braciere con pochi passi, stringendo la presa sui capelli luridi del mostro.
-Tanto è questo che volevi, no?- mi tremava la voce.
Tutta la rabbia che avevo cercato di trattenere stava uscendo fuori.
-Iris?- tornai a guardarlo, avevo gli occhi lucidi.
-Davvero per te non sono mai stata che un mezzo, Kodlak? Davvero non...non...- sospirai pesantemente, non riuscivo a completare la frase mentre lui mi guardava con occhi addolorati, ma non diceva nulla.
Deglutii e mi ripresi, sollevando il mento con aria altezzosa.
-Beh, che almeno ne sia valsa la pena.- con un movimento rapido gettai la testa nel fuoco.
E, nonostante la confusione e la rabbia che continuavo a provare nei suoi confronti, mi ritrovai a pregare come non mai che funzionasse.
Una vampata di fumo azzurro iniziò a levarsi e mi allontanai di scatto, poi la fiamma si ingigantì illuminando la stanza e per un attimo mi parve di vedere qualche sagoma lattiginosa, ma fu soltanto un attimo lo ripeto, accadde tutto così velocemente...La fiamma crebbe e poi si fece sottile, allontanandosi dal braciere fino a raggiungere lo spettro di Kodlak, che spalancò gli occhi e si piegò in due.
-Kodlak!- non sapevo cosa fare, e restai lì a guardare senza far niente lo spettacolo della bestia che usciva dal corpo del vecchio Precursore.
Dapprima non vidi che una massa informe, ma presto il muso, gli occhi e le orecchie della bestia, un enorme lupo, iniziarono a prendere forma ringhiando, agitandosi per liberarsi da quel contenitore che improvvisamente gli andava troppo stretto.
E presto anche il resto del corpo fuoriuscì, lasciando lo spirito del Precursore spossato.
Proprio come tutte le presenze nella Tomba di Ysgramor, anche quel lupo era uno spettro, uno spettro molto più grande della norma, attraverso il quale mi era possibile vedere ancora il corpo di Kodlak a terra.
L'unica differenza tra lui e gli altri spettri era il colore, di un verde pallido, e l'inquietante aura rossa che lo circondava. Il muso si spostò, guardandosi intorno, fino a soffermarsi su Kodlak, ora in ginocchio, e dirigersi verso di lui.
Sembrava quasi ansiosa di saltargli addosso e, forse, riprendere possesso del suo corpo. O magari semplicemente vendicarsi.
Rapidamente mi spostai e mi misi tra il lupo ed il suo obiettivo, spada sguainata e puntata verso il grande predatore.
-Sta' lontano da lui, non ti appartiene più!- mi ringhiò contro, ma io sorrisi -Fatti avanti.
Il suo sguardo cambiò: ora la Bestia voleva me, non Kodlak, non gli altri Precursori, ma soltanto me, quella che l'aveva costretta ad uscire, forse era un modo per Hircine di punirmi o semplicemente di mettermi alla prova...
Lo avrei accontentato.
Continuò ad avvicinarsi, scoprendo le zanne, ma non mi lasciai intimidire e lo attesi con la spada in mano mentre iniziava a girarmi intorno. Lo imitai, attendendo una sua mossa.
-Iris...
-Kodlak, sta' indietro. Lui è mio!- forse non avrei potuto tornare umana, ma in qualche modo mi sarei vendicata di Hircine portandogli via Kodlak.
Il lupo saltò ed io fui costretta a gettarmi di lato per evitarlo, ma recuperò rapidamente terreno assaltandomi di nuovo.
Presa in contropiede frapposi tra me ed il lupo la spada, spingendola dalla parte piatta contro il suo collo. Peccato che la pressione fosse così forte da non permettermi nemmeno di girare la lama, avrei anche potuto cercare di sgozzarlo.
-D-dannazione...- era incredibile come, nonostante la trasparenza del corpo, la bestia sopra di me fosse tangibile, pericolosa, affamata, potevo sentire il pelo venir tirato dalle mie dita.
Tenevo la spada il più lontano possibile da me per evitare che la bestia mi azzannasse la gola ed intanto mi agitavo sotto di essa cercando di liberarmi da lei.
-Levati...di mezzo!- spinsi più forte che potei la spada contro la pelle del lupo, riuscendo ad allontanarlo quanto bastava per potergli dare un calcio all'altezza dell'addome e liberarmi.
Mi tirai su e mi rimisi rapidamente in guardia.
Il lupo scrollò la testa per riprendersi dal colpo, poi tornò alla carica, ma stavolta ero pronta. Era un continuo schivare ed attaccare.
La stanza poteva anche essere piena di spiriti, ma in quel momento io non vedevo altro che la Bestia che aveva tormentato Kodlak per anni e che non avrebbe mai abbandonato me.
Non credevo di poter sfogare così tanta rabbia senza trasformarmi, ma non avevo la minima intenzione di dare via libero alla licantropia: se avessi sconfitto la Bestia lo avrei fatto nel pieno delle mie capacità mentali e non in preda alla voglia di sangue.
-AH!- mi lanciai in un affondo a due mani, caricandolo con molta forza, ma bastò poco al grosso spirito del lupo per scansarsi e mi ritrovai sbilanciata.
E l'attimo la sua zampa puntava a me.
Scattai all'indietro, ma i suoi artigli riuscirono lo stesso a graffiarmi all'altezza del ventre. Un graffio superficiale ma doloroso che mandò la mia rabbia alle stelle e soffocai un ringhio di rabbia, anche se sentii gli occhi bruciare.
-No...non così!- colpii il grande lupo con un calcio che lo fece guaire e cercò di mordermi la gamba, ma io indietreggiai fino al braciere, inciampando.
-Ngh!- non feci in tempo ad alzarmi che la bestia mi afferrò per la caviglia, facendomi gridare di dolore -L-lasciami!- persi la spada.
I denti premevano contro la mia carne, facendomi digrignare i denti, mentre il lupo indietreggiava portandomi con sé verso l'ombra, probabilmente per finirmi.
-N-no!- cercai di liberarmi, ma il dolore e la presa forte me lo impedirono,mi aggrappai alla base del braciere per opporre più resistenza, mentre il grande spirito ringhiava e continuava a tenere la sua presa tra i denti -NO!- come quella volta al Tumulo delle Vecchie Glorie, trovai la soluzione poco lontano da me.
Qualche carbone era caduto dal braciere ed era ancora caldo.
Mi sarei bruciata la mano, ma non avevo niente da perdere, in quel momento, così afferrai quel carbone bollente. Il dolore era attutito di guanti di cuoio che indossavo, ma ben presto la stoffa iniziò a farsi calda, poi bollente. Ora o mai più.
Mi spinsi in avanti più che potei ed appoggiai quel carbone sulla faccia della bestia, che ululò di dolore e finalmente mi lasciò andare.
Cercai di alzarmi, ma non ce la feci, il dolore alla caviglia era forte e pulsante, e si estendeva fino al ginocchio, e mi guardai: la caviglia sanguinava e presentava i segni del morso del lupo, la sentivo pulsare sotto le dita.
-M-merda!- mi guardai intorno e trovai rapidamente l'arco e qualche freccia a pochi metri da me, e capii che quella era la mia unica speranza.
Più rapidamente che potei mi mi alzai in piedi e zoppicando in maniera incerta e stanca cercai di raggiungere l'arma mentre la bestia si contorceva in preda al dolore a causa dell'ustione che gli avevo inferto, ma non sarebbe durato a lungo.
-A-avanti...c-ci sono quasi!- intanto il lupo alle mie spalle aveva smesso di guaire -Avanti!- caddi quasi peso mentre con mani tremanti afferravo l'arma e caricavo la freccia, che mi scivolò per l'agitazione ed il dolore alla mano bruciata -No!
La grande bestia si riprese: aveva un occhio ustionato dove gli avevo premuto contro il carbone, ma sembrava più determinata che mai a farmi fuori mentre si avvicinava, prima piano, poi correndo per poter dare l'assalto finale.
E la mia mano continuava a tremare, così come la freccia che con fatica riuscii ad incoccare
-Ancora un po'...- tesi la corda dell'arco proprio mentre la bestia saltava verso di me, le fauci spalancate -Ora o mai più!- scoccai la freccia e lasciai andare la presa sull'arco con un gemito di dolore a causa della mano.
Il guaito del lupo anticipò la sua brusca caduta a terra quando la mia freccia lo colpì dritto al cuore e, lentamente, il suo corpo fatto di spirito iniziò a scomparire finché non rimase niente di lui. E la stanza ripiombò nel silenzio, silenzio rotto solo dai miei sospiri.
Avevo sconfitto la bestia ed ero ancora viva.
Ma Kodlak?
Mi girai verso di lui, al punto in cui lo avevo lasciato, e lo vidi finalmente alzarsi in piedi, ancora stordito. Mi sforzai di alzarmi, di andare da lui, e quando ci riuscii gli sorrisi, stanca ma vittoriosa.
-Ho ucciso il tuo spirito bestia.- gli dissi e lui si sfiorò il petto con entrambe le mani, quasi incredulo.
-E così...hai ucciso la bestia dentro di me.- vidi i suoi occhi farsi lucidi e lacrime di gioia solcarono il suo viso finalmente libero dal tormento che gli avevo sempre visto in vita.
Kodlak Biancomanto non era mai stato più felice.
-Kodlak...
-Grazie, bimba mia...- sussurrò -Grazie per questo grande dono.- allungò le mani, in modo che gli tendessi le mie e lo feci.
Ancora quella sensazione di freddo mi fece rabbrividire, ma stavolta non ritrassi le mani, anzi. Anche se non era possibile strinsi appena le dita come se davvero le mani del Precursore potessero stringerle e donarmi ancora calore come aveva fatto in passato.
-Gli altri Precursori però sono ancora intrappolati nel Regno di Hircine...chissà, forse i grandi eroi di Sovnegarde potranno aiutarmi.- sorrise di nuovo -L'Ordalia nel Territorio di Caccia. Sarebbe una grande battaglia.- abbozzai un sorriso, ma non dissi nulla -E magari un giorno ti unirai a noi.
-Io...non lo so.- ammisi, non sapevo cosa dire.
Ero così stordita, commossa, preoccupata.
-Iris, ascoltami...- rialzai lo sguardo per poter guardare quel volto spettrale, che ora mi guardava con tenerezza -Non sei mai stata solo un mezzo. Ho scritto quelle cose perché avevo paura.- lo guardai sorpresa.
-Tu...che provi paura?- sussurrai, incredula.
-Sì, tutti noi la proviamo, bambina. Io avevo paura di perdere te. Perché eri la mia speranza, è vero, ma anche perché eri l'unica che potesse darmi un po' di pace.- sentii gli occhi farsi lucidi.
Non volevo piangere, maledizione! Non in quel momento!
-Kodlak, io...- singhiozzai -...non devi mentirmi. Io ti ho perdonato, davvero.
-Non ti sto mentendo. Non potrei mai mentirti dopo tutto quello che hai fatto per me. Mi dispiace solo di essere stato la causa della tua rabbia.- fece una pausa -Sarà dura, Iris. La bestia cercherà sempre di prendere il sopravvento. Lotterai con essa fino alla fine e sempre, ogni notte. Spesso avrai la tentazione di lasciarla vincere...- sentire quelle parole mi faceva male, ma non gli dissi di tacere, né volli interromperlo -Ma hai talmente tanta forza in te che sono sicuro che ce la farai.
-Tu mi sopravvaluti. Non ce la posso fare!- la consapevolezza di perderlo definitivamente mi stava facendo crollare mentre la mia paura veniva fuori tutta insieme, senza che potessi in alcun modo fermarla -Io non...
-Sì che puoi. Ti ho scelta per un motivo ben preciso. Sei molto più di quello che credi, devi solo prenderne coscienza.- mi lasciò le mani lentamente, senza che io potessi fare niente per fermarlo, e poggiò le sue sulle mie spalle -Ora torna a Jorrvaskr con gli altri, io devo andare.- si chinò su di me e mi baciò le fronte.
Restai immobile mentre le lacrime non smettevano di scendere lungo le guance, mentre la sagoma di Kodlak si faceva sfocata.
-Ho bisogno di te!- sussurrai con voce strozzata -Non lasciarmi, ti prego!
-Vai. E guida i Compagni verso onori ancora più grandi.- mi diede le spalle e fece qualche passo, per poi scomparire definitivamente nel buio della stanza. Rimasi a guardare quel punto, incapace di distogliere gli occhi finchè...
-Ho sentito bene?- mi girai di scatto, trovando Aela, Vilkas e Farkas che mi guardavano a un paio di metri di distanza.
Aela
Non li avevo minimamente sentiti entrare, possibile che fossi così presa da...?
Oh, non mi importava.
-Ha detto che la guida dei Compagni spettava a te?- guardai attentamente i volti dei sopravvissuti del Circolo, non sapendo cosa dire.
Mi guardavano tutti e tre in attesa di risposta, ma era soprattutto lo sguardo di Vilkas a mettermi timore, cosa ne pensava lui di quella scelta che persino a me suonava assurda?
-La cosa vi turba?- chiesi, e la prima a rispondere fu Aela.
-Assolutamente no, ma sarò onesta: non me l'aspettavo.- incrociò le braccia e sorrise -Forse dico così perché mi ricordo di quando eri ancora un cucciolo che guaiva per potersi unire a noi.- sembrava passata un'eternità da quel giorno -Il vecchio si fidava di te e lo farò anch'io.
-Anche io!- intervenne Farkas sorridendo -Se Kodlak ti ha scelto significa che sei all'altezza, no? Quindi va bene così. Congratulazioni!- si avvicinò e mi strinse in uno dei suoi abbracci, un contatto che mi fece stare meglio e da cui mi sciolsi quasi con riluttanza.
-Piano, non...non ho ancora deciso.- ammisi -Io...
-Tu sei ferita.- intervenne Vilkas -Dobbiamo tornare a Jorrvaskr e poi deciderai.- non sapevo cosa dire, ma il suo sorriso lieve ebbe il potere di scaldarmi il cuore, soprattutto quando si avvicinò e mi sfiorò la guancia con la mano -Hai una storia da raccontare, no?
 
Note dell'Autrice
Questo capitolo NON mi piace.
Non è venuto come io avrei voluto e nonostante mi ci sia dedicata non sono riuscita a migliorarlo in alcun modo ç_ç vabbuò, speriamo che il prossimo venga meglio. L'arco della prima parte della storia si sta per concludere, e presto...muhahaahaha.
Ok, scusate il pessimo capitolo, ci leggiamo la settimana prossima.
Lady Phoenix

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Capitolo 17
*** Chapter XVI- Daughter of fire and blood ***


Chapter XVI
Daughter of fire and blood
 
Due giorni dopo i Compagni erano tutti riuniti alla Giumenta Bardata per festeggiare. Festeggiare cosa? La vittoria dei Compagni sui Mano d'Argento.
Di comune accordo con il Circolo avevamo deciso di nascondere la verità al resto dei Compagni, la licantropia non doveva essere in alcun modo collegata a noi e sinceramente non ero sicura di potermi fidare di tutti loro.
Non ero sicura di niente, in quel momento.
Tuttavia festeggiai e risi con i miei Compagni.
Cantammo canzoni, bevemmo molto, troppo forse. Tant'è che sentii la testa girare e per un po' preferii restare in disparte, osservando i miei compagni: Aela non era presente, era sicuramente a caccia o magari alla Forgia Terrena, Farkas stava raccontando a tutti per l'ennesima volta di come avesse sconfitto un ragno gigante con genuino entusiasmo e privo di ogni forma di arroganza, mentre Vilkas stava ascoltando qualcosa che Torvar sembrava raccontargli con molto entusiasmo, ma dalla faccia che faceva la cosa non doveva interessarlo molto.
Più lo guardavo, più lo volevo.
Mi mancava terribilmente, non sopportavo più quel distacco che era sceso tra di noi dopo quella notte alla forgia terrena, ma quel tocco, quel piccolo tocco che mi aveva donato alla Tomba di Ysgramor mi aveva fatto sperare. E non era stato solo quello: nei giorni successivi sembrava che Vilkas si stesse riavvicinando senza osar fare passi troppo lunghi, come se aspettasse un mio segnale, un mio permesso...
Rialzai lo sguardo per riportarlo su di lui, e mi trovai ricambiata.
Mi guardai intorno: la locanda era piena e rumorosa, la presenza dei Compagni rendeva ogni ambiente più caotico del solito e tutti sembravano presi dai festeggiamenti per curarsi di me, perciò mi alzai e mi diressi verso la porta che mi avrebbe condotta all'uscita.
Ma prima di varcare la soglia gettai un'ultima occhiata a Vilkas, che non mi aveva tolto gli occhi di dosso.
Come avevo sperato, mi seguì. Non si fece avanti, non mi camminò accanto finché non fummo a Jorrvaskr.
Fuori dalla mia stanza mi girai finalmente a guardarlo. Si fece più vicino e si chinò su di me per baciarmi. Lo ricambiai ed il desiderio per lui crebbe, più gli ero vicina più il suo odore era in grado di farmi girare la testa come fossi stordita. Approfondii il bacio, gettandogli le braccia al collo per far aderire i nostri corpi il più possibile e fu solo per riprendere fiato che mi staccai per guardarlo negli occhi.
Mi era mancato, e finalmente era con me.
Mi baciò ancora, spostando la bocca fino al collo, insinuando le mani sotto i vestiti, e il mio corpo tradì l'impazienza che mi animava, facendomi ansimare, gemere appena sotto il suo tocco. Mi lasciai toccare senza opporre resistenza, nemmeno quando iniziò ad armeggiare con i lacci della veste, scoprendo parte della mia pelle.
-Vilkas...- lo chiamai, ancora sotto i suoi baci -N-non qui...- il Nord si fermò per sollevare di nuovo la testa e guardarmi, poi spostò le sue mani dai fianchi fino le cosce e mi sollevò da terra senza troppi complimenti, con urgenza. Anche se sorpresa, gli sorrisi e gli circondai la vita con le gambe, lasciando che chiudesse la porta alle nostre spalle.
 
Corre più veloce del vento, non si fermerà finché non avrà catturato la sua preda. Gli ansimi dovuti alla corsa, alla fame sono cavernosi e profondi, tradiscono un appetito che non si sazia mai, che non guarisce mai del tutto.
La vede.
La sua preda è lì, a qualche metro da lei, non ha la minima idea di cosa sta per accadere.
Gli occhi gialli della bestia fremono, e si lancia subito all'attacco, è quasi arrivata.
Due metri, uno...
 
Di kiirre fen alok
 
Il tempo sembra fermarsi.
Compie il balzo, ma quella che doveva essere la sua preda si rivela un predatore altrettanto temibile, se non più di lei.
Viene scaraventata all'indietro e, quando si rialza, si sente strana.
-Cosa...?- si guarda le mani, il corpo.
È tornata umana! Come è possibile?
Lo sgomento si mescola alla paura quando il mostro che ha davanti si erge in tutta la sua altezza. La guarda senza pietà, la distruggerà!
E lei non può fare altro che rimanere lì, nuda davanti alla sua paura.
 
hin kah fen kos bonaar.
 
Si getta contro di lei, che con un grido cerca di proteggersi da quell'assalto mortale. Tutto brucia.
 
Non mi era mai capitato.
Quei sogni oramai erano una parte di me, si alternavano spesso a quelli in cui Hircine mi costringeva a cacciare anche nel sonno, ma mai i due sogni si erano confusi, mai mi avevano spaventata a tal punto.
Mai mi ero svegliata con le lacrime agli occhi.
Ogni volta che quelle voci, che si erano fatte aggressive, temibili, se ne andavano, mi sentivo sempre più debole, sempre più agitata, come se non potessi far altro che attendere un pericolo e stare alla sua mercé. Qualcosa mi sarebbe piombato addosso, mi dicevo, e non avrei potuto fare niente per evitarlo.
E la cosa più assurda era che non riuscivo a parlarne con nessuno.
I sogni di Hircine erano un tormento comune e potevo trovare conforto in Vilkas e negli altri membri del Circolo, ma gli altri, quelli che mi terrorizzavano a tal punto, erano una mia prerogativa, un mio fardello. E una parte di me sperava che, finché li avessi tenuti nascosti, mi avrebbero spaventato meno, sarebbero stati meno temibili.
Capii che mi sbagliavo.
 
-Allora, hai trovato quel baccaneve, sì o no?- mi riscossi.
-Sìsì, eccolo.- tornai dalla vecchietta con una pianta in mano e gliela porsi.
Il rametto che avevo raccolto finì sotto l'occhio piccolo e vigile dell'arzilla vecchietta, che a novant'anni suonati rimpiangeva la gioventù che le aveva permesso per anni di raccogliere le erbe e gli ingredienti da sola, prima dell'arrivo di mia madre.
-È secco.
-Cosa? Ma non è vero! E poi...
-Da quando sei tu l'esperta di erbe, ragazzina?- mi apostrofò puntandomi il baccaneve come fosse un'arma pericolosa.
Ci trovavamo nei pressi di Riverwood e l'inverno oramai si avvicinava. Un sottile strato di brina e nevischio copriva il terreno e le giornate cominciavano ad accorciarsi in quella giornata di metà Crepuscolo. Approfittando di uno dei miei momenti di pausa ero tornata a trovare mia madre ed Hannet nella speranza di riuscire a distrarmi un po'. Avevo avuto paura di farmi vedere dopo aver acquisito la licantropia, ma non potevo più rimandare. Non ero mai stata così tanto tempo senza andare a trovarle e mia madre cominciava a preoccuparsi...come potevo spiegarle tutto ciò che era successo senza spaventarla o ferirla? Non potevo, così avevo deciso di tenere tutto per me. Ma la Bestia era rimasta calma, gli allenamenti con Aela avevano dato il loro frutto e la presenza di quelle due donne mi dava pace, mi estraniava da tutto ciò che c'era a Jorrvaskr, di tutto ciò che c'era stato.
Avevo chiacchierato con mia madre, che aveva insistito nel conoscere Vilkas il prima possibile, ma io avevo tergiversato e Hannet era stata la mia salvezza quando mi aveva chiesto...ok, ordinato, di accompagnarla a raccogliere degli ingredienti.
E così eravamo fuori, la bretone avvolta in un mantello di pelliccia più grande di lei ed io con un completo fin troppo leggero che grazie al mio sangue Nord mi permetteva di sopportare il freddo.
-Non lo sono.- concessi alzando gli occhi al cielo.
-Ecco, quindi vai a cercarne un altro. E stavolta niente bacche ammaccate o l'elisir contro il freddo non viene bene.- biascicando un paio di insulti mi diressi di nuovo verso la pianta di baccaneve per coglierne altre.
-Va meglio?- chiesi una volta raccolto e Hannet annuì, mettendolo nel suo fedele cestello di vimini.
-Com'è che oggi sei così accondiscendente, eh?- mi chiese, prendendomi in contropiede -Di solito di lamenti molto di più! E biascichi, e biascichi e biascichi...
-Ma non è vero!- protestai.
-Senti un po', cocca, sarò anche vecchia e mezza cieca, ma le mie orecchie ci sentono benissimo!
-Rompiballe.
-Cosa?!
-Niente...ahi!- mi piegai per massaggiarmi lo stinco, quella gnoma malefica mi aveva appena dato un calcio -Ma sei impazzita?!
-Non fare certi giochetti con me, ragazzina! E soprattutto non fingere che vada tutto bene.- tornai a guardarla, ora seria -Tua madre potrà anche essere sveglia, ma io certe cose le noto subito, sai?- sentii la bocca farsi asciutta -E il tuo odore è inconfondibile.
Non era possibile.
-Non...so di cosa parli.- balbettai e sul vecchio volto della bretone si formò un sorriso.
-Non puoi ingannare il naso di un lupo, Iris, credo che tu lo sappia.
-M-ma...io non sento il tuo odore! Non è possibi...- con un'agilità che non credevo possedesse si avvicinò a me e mi tappò la bocca con la mano che sapeva di erbe.
-Non urlare.- sibilò, poi mi lasciò e si chinò, lentamente, a raccogliere qualche fiore caduto nello scatto. Le sue mani tremavano di fatica e mi chinai ad aiutarla.
-Come è possibile, Hann...nonna?- sussurrai -Tu...dovresti odorare di...
-Cane bagnato? Oh, sì. Ma da brava alchimista conosco qualche trucco che mi permette di mascherarmi bene.- chiuse un attimo gli occhi e quando li riaprì vidi che erano gialli, come quelli delle bestie, ma vi regnava una gran calma dentro, calma che non avevo mai visto nei miei occhi o in quelli dei Compagni.
-Ma come l'hai contratta?
-Esattamente come te.- disse, tendendomi una mano affinché l'aiutassi a rimettersi in piedi e lo feci -Ho fatto parte di Compagni, molti anni fa.- d'accordo, la storia cominciava ad avere dell'assurdo.
-Ma tu...io...e Kodlak?- chiesi, la mia mente elaborava un pensiero dietro l'altro, sfornando solo parole sconnesse.
Riprendemmo a camminare, affondando appena i passi nella neve.
-È stato tanti anni fa. Kodkal...è stato importante per me.- gli occhi, tornati del loro colore normale, si erano fatti lontani adesso, e non osai chiederle di riprendere -Sono arrivata a Skyrim quando ero molto più giovane di te, ma avevo sentito parlare dei Compagni. Così mi unii a loro.
-Tu?- non potei fare a meno di ridacchiare, ma stavolta evitai il calcio che cercò di mollarmi per la seconda volta.
-Non guardarmi adesso, screanzata, se avessi ancora vent'anni ti farei vedere di cosa sono capace.
-Scusa...- sussurrai infine -Mi dicevi?
-Ero un cacciatore, una piccola bretone come me non aveva futuro come guerriero, e spesso io e Kodlak ci scontravamo per questo.- non potei fare a meno di sorridere, conoscere una parte del passato di Kodlak si stava rivelando un'inaspettata quanto piacevole sorpresa -Ma alla fine imparai che quegli occhi nascondevano molto più di quanto volessero farmi credere e così...- si interruppe e, per la prima volta da quando la conoscevo, la vidi abbassare gli occhi.
-Voi?- chiesi incredula.
-L'ho amato, sai? E per un po' fummo felici, finchè...- ancora una volta stette in silenzio, ma non ci misi molto a capire.
-La licantropia.
-La accettammo insieme, ma presto fu quella forza che ci aveva uniti a separarci. Io amavo questo dono che mi donava molta forza, potevo gareggiare con qualsiasi Nord e batterlo senza problemi, ma Kodlak è sempre stato più lungimirante di me e si pentì poco tempo dopo. Discutemmo a lungo e alla fine ci separammo.
-Hai lasciato i Compagni per questo?- ignorai il dolore allo stomaco nell'apprendere che la licantropia aveva già una volta separato una coppia come aveva quasi fatto con me e Vilkas, e sentii la tristezza invadermi.
-Molte persone non sono fatte per passare la vita insieme, sai? Io e Kodlak eravamo tra queste. Le nostre strade si separarono ed io venni a vivere qui, a Riverwood.- sospirò -Avrei voluto venire a dargli l'ultimo saluto, sai? Ma queste vecchie gambe non camminano più come una volta, lupo o non lupo.- mi morsi il labbro mentre Hannet procedeva con il suo passo incerto, ora senza staccare la mano dal mio braccio -Ma forse è meglio così.
-Posso farti una domanda?- le chiesi dopo un po' per cambiare argomento, e quella annuì -Sogni ancora Hircine e la caccia?
-Ogni notte, come la prima volta che l'ho accettato in me. Spero che nei suoi campi di caccia mi conceda di nuovo la gioventù, perché non ne posso più di queste vecchie ossa...
-E non hai mai sognato nient'altro?- la vecchietta mi guardò male, forse per averla interrotta, ma nel vedere la mia espressione assente si zittì e mi squadrò a lungo.
-Cosa intendi per nient'altro?- mi chiese.
E quasi senza accorgermene mi aprii con lei. Le raccontai di quando i sogni di Hircine lasciavano spazio a quelli più inquietanti, le dissi delle voci e della strana lingua che non avevo mai sentito al di fuori di quei sogni.
-E poi c'è una parola con cui mi chiamano di continuo...
-Una parola?
-Sì. La nominano di continuo, ma ogni volta che mi sveglio non riesco mai a ricordarla. Come...come se ci fosse una specie di barriera che...- sospirai -Non lo so.- la guardai nella speranza di trovare della comprensione, ma tutto ciò che vidi negli occhi della bretone fu solo confusione.
-Non ho mai sentito parlare di niente del genere, ragazzina.- ammise continuando a stringre il mio braccio, poi si guardò attorno -Ma forse conosco qualcuno che potrebbe avere delle risposte.- spalancai gli occhi.
-Davvero? E chi, Hannet, chi?
-Nonna Hannet, ti ho detto.- mi corresse, ma non perse molto tempo a concentrarsi su questo dettaglio.
Mi lasciò il braccio e cercò qualcosa sotto la sua veste pesante, tirando fuori una pietra attaccata ad un cordoncino.
Era una semplice pietra azzurra scheggiata, sembrava essere in quelle pessime condizioni da anni, e incisa malamente sopra di esso, c'era una specie di segno, una runa.
-Che cos'è?
-Prendilo.- mi invitò la bretone, ed io allungai una mano, quasi timorosa -Avanti, non è che una pietra.- allora lasciai che il ciondolo cadesse nella mia mano, ma più lo osservavo più non riuscivo a trovare niente che lo rendesse curioso o speciale se non quella runa.
-Cosa dovrei farci?
-Il sasso non è che un mezzo che potrebbe farti ottenere le risposte.- fece una pausa, sistemandosi il mantello di pelliccia -A Witherun vive una donna, Olava. Lei potrebbe aiutarti.
-Olava?- avevo già sentito quel nome, e feci mente locale per qualche secondo prima di poterlo collegare ad un volto -Intendi la Debole?- avevo sentito Njada e Athis chiamarla così, una volta.
-Debole un corno.- mi corresse Hannet, poi mi prese la mano che reggeva il sasso e chiuse le mie dita sulla pietra, stringendole con le proprie -Quella donna ha una mente superiore a tutti noi. Conosce cose che tu non puoi nemmeno immaginare, i suoi poteri sono...
-Poteri? Io non voglio avere niente a che fare con la magia.- la interruppi, quasi schifata, ma lo sguardo della vecchietta ebbe il potere di zittirmi.
-Vuoi delle risposte o no?- annuii -Bene, allora vai da Olava il prima possibile, e allora capirai cosa devi fare...spero.- la guardai a lungo, in silenzio, finché non fu lei ad interrompere il nostro contatto visivo -Torniamo a casa. Io non sono Nord, questo freddo mi sta entrando nelle ossa.
 
La mia reticenza nei confronti della proposta di Hannet resistette due giorni. Fu all'avvicinarsi della notte che decisi che avrei potuto dare una chance alla magia, solo una, prima di tagliarla del tutto fuori dalla mia vita.
-Dove vai?- mi chiese Vilkas vedendomi infilare gli stivali.
Non gli avevo detto niente della chiacchierata con Hannet, né della mia decisione di voler incontrare Olava la Debole, perché ci eravamo riappacificati da poco e temevo che la sua reazione non sarebbe stata di certo felice. E io non avevo bisogno di litigare con lui, in quel momento, non dopo così poco tempo. Vilkas era importante per me, molto, ma ero ancora così sciocca ed egoista da credere che nascondere le mie debolezza sarebbe stato sicuramente meglio che condividerle con l'uomo che mi era più vicino.
-Ho una cosa da fare.- dissi in tono distratto, poi lo guardai cercando di sorridergli tranquilla -Tranquillo, non ha niente a che fare con la caccia.- alzò un sopracciglio.
-Non ti stai cacciando in qualcosa di strano, vero?- detto da un licantropo la parola “strano” era molto relativa, e sicuramente non stavo facendo niente di così strano rispetto a tutto ciò che avevo vissuto, perciò scossi la testa.
-Sarò di ritorno tra un'ora, non di più.- mi alzai e feci per sorpassarlo, ma sull'uscio della porta mi afferrò il braccio, in una presa non violenta ma assolutamente decisa a trattenermi.
-In questi giorni sei strana. Da quando sei tornata da Riverwood sembri non avere pace.- mi fece una carezza e sorrisi di nuovo, un sorriso falso ma assolutamente convincente.
-Una tua impressione.- e prima che potesse ribattere gli diedi un lieve bacio a tradimento e mi liberai dalla sua presa -A più tardi.- scivolai via da lui e non appena fui sicura che non potesse vedermi il sorriso sparì.
Uscii da Jorrvaskr rapidamente e non appena svoltato l'angolo mi sollevai il mantello che portava sul viso, nonostante non stessi facendo niente di illegale non volevo essere riconosciuta, e rapidamente raggiunsi la casa di quella che era chiamata Olava la Debole.
Una casetta piccola ma anche ben tenuta, almeno all'esterno: semplice, quasi essenziale, ma pulita.
Bussai rapidamente e mi guardai intorno finché Olava non venne ad aprirmi: una donna anziana, anche se non come Hannet, alta e magra, in gioventù doveva essere stata bella, ma ora il suo volto era una ragnatela di rughe ed i capelli un cespuglio bianco. Aveva gli occhi scuri e con essi mi scrutò con diffidenza, ma anche con una profonda intelligenza.
-Olava?- chiesi, e quella annuì.
-Cosa vuole l'aspirante Precursore di Jorrvaskr da una vecchia alchimista?- non potei trattenere la sorpresa, ma almeno il mio volto era coperto dal cappuccio, e subito mostrai la pietra che tenevo al collo, sotto i vestiti.
-Mi hanno detto che avrei ottenuto delle risposte con questo.- gli occhi della vecchia brillarono di curiosità e rapidamente afferrò la pietra, quasi strappandomela di mano.
-Entra.- ubbidii e rapidamente Olava chiuse la porta.
Non appena entrata mi guardai intorno: la casa odorava fortemente di spezie ed altre erbe, proprio come casa di Hannet a Riverwood, se non più, ed era piccolissima, due stanze dove nella più grande stavano un accenno di piccola cucina, un piccolo tavolo ricolmo di ingredienti strani e un camino con tanto di calderone (che mi ricordò in maniera spiacevole l'intruglio della strega di Glenmoril), mentre in quella più piccola doveva esserci la camera da letto.
-È di tuo gradimento?- mi chiese, ma prima che potessi rispondere si sedette davanti al camino, invitandomi a fare altrettanto -Abbassa quel cappuccio, so chi sei e voglio evitare simili giochetti.- si voltò a guardarmi, sorridendo -e credo anche tu.
-Credi bene.- mi abbassai il cappuccio -Ma come facevi a sapere chi ero? È stata Hannet ad avvertirti?
-Sapevo che Hannet ti avrebbe mandato da me, ma non perché me l'ha detto lei.
-E allora come?
-Questa è una storia abbastanza lunga da raccontare e non credo che tu abbia tempo da perdere.
-Effettivamente no.- mi sedetti sulla sedia accanto alla sua e subito il calore del fuoco mi scaldò le braccia. Per quanto non trovassi il freddo insopportabile fu comunque piacevole -Allora? Cosa puoi dirmi?- la vecchia rigirò quel sasso tra le mani quasi fosse un prezioso talismano.
-Senza fretta, Iris.- la guardai stranita, ma ella era ancora concentrata su quella pietra -Sappi che non so quello che vedrò stasera. Potrebbe essere qualcosa di inutile come qualcosa in grado di cambiarti la vita.
-Cambiarmi la vita?- trattenni una risatina.
Oramai ero ingenuamente convinta di aver visto di tutto e non credevo molto a quelle parole, tuttavia non mi sbilanciai più di tanto per non far irritare l'unica in grado di darmi delle risposte concrete, sempre che me l'avesse date.
-Allora?- mi chiese con tono irritato e sospirai.
-Fallo e basta, va bene?
-Porgimi la mano, allora.- ero perplessa.
-Cosa? Niente domande, niente intrugli o altro?- la vecchietta alzò un sopracciglio chiaro.
-Non sono mica un fenomeno da baraccone. Ed ora fammi concentrare.- mi prese la mano che le avevo porto.
La pelle delle mani era un po' secca, ma anche calda e morbida, ed erano anche abbastanza piccole rispetto alla mia, ma non badai molto a questo, mi concentrai sul suo volto concentrato, con gli occhi chiusi.
-Oh, sì...vedo qualcosa...- mormorò, e subito entrai in trepidazione.
-Cosa vedi?
-Non parlare, aspetta che abbia finito, altrimenti mi deconcentro.- mi morsi il labbro e annuii, poi stetti in silenzio, osservando attentamente il volto della vecchia.
Per un po' rimase tutto tranquillo in quella piccola casa, il fuoco ed il respiro regolare di Olava furono per un po' gli unici suoni che udii, ma all'improvviso qualcosa cambiò.
-Olava?- lentamente le sopracciglia della donna iniziarono ad arcuarsi, tradendo...
Paura? Dolore? O forse entrambi?
-Olava, mi senti?- cercai di sfilare la mano dalle sue, ma la sua presa si fece stranamente forte e dura -Olava, lasciami!- cercai ancora di strattonarmi dalla sua presa, ma la vecchia mi trattenne a sé nonostante la mia forza, sembrava essersi del tutto estraniata.
Iniziai ad avere paura.
Il tremore delle mani della donna si fece ancora più forte ed iniziò a sudare, e fu proprio allora che aprì gli occhi.
Essi erano diventati bianchi.
-E le pergamene hanno predetto- la sua voce era roca, sembrava non l'avesse usata per anni -Ali nere nel cielo freddo quando Fratello combatterà Fratello!
-Che stai dicendo?! Di cosa parli?
-Alduin! Sventura di re! Ombra antica mai domata con una fame sconfinata!- e come ebbe inizio, tutto ciò passò.
Gli occhi di Olava si chiusero e finalmente mi lasciò andare. Dove le sue dita avevano stretto la mia mano, la pelle era diventata quasi bianca a causa della presa, ma non bastarono che pochi secondi per tornare del solito colore scuro.
La guardai incredula mentre riapriva gli occhi, tornati normali, e si massaggiava la testa.
-Oh, per i Nove...- mormorò, e mi accorsi che mi stava guardando con paura -Come è possibile? Tu?
-Io cosa?- chiesi, più confusa di lei -Cosa hai visto? Ti prego, cosa centrano i miei sogni con...?
-Non toccarmi!- esclamò la donna, sottraendosi al mio tentativo di contatto, facendomi rimanere di sasso -Ti prego, non voglio di nuovo vedere...quelle cose.
-Ma io...ti prego, spiegami.- mormorai e mi accorsi che il mio tono rasentava la supplica -Sono anni che quei sogni non mi lasciano in pace! Ti prego, ho diritto di sapere...- la vidi calmarsi, almeno un po', e sospirò.
-Bambina, ho visto molte cose. Tutte confuse, ma una cosa è certa.- fece una pausa -La tua vita sarà continuamente segnata.
-Segnata?
-Segnata dalla battaglia, dal dolore. È stato il dolore a spingerti tra le braccia del tuo Destino.- mi accorsi di tremare -Tu sei figlia loro, sei figlia del fuoco e del sangue.- il fuoco.
Era il fuoco l'ultima cosa che vedevo prima di svegliarmi.
Trattenni il fiato.
-Tutto questo è assurdo...- sussurrai -Devi esserti sbagliata!- mi strinsi addosso il mantello, improvvisamente avevo freddo.
-Io non mi sbaglio, soprattutto dopo aver visto roba come quella.- mi tese la mano -Vuoi ancora sapere altro?
-Credevo non volessi toccarmi.
-Perdonami, ma ero spaventata. Non mi era mai capitato di vedere una cosa del genere e ti devo delle scuse, così come ti devo delle risposte. Le vuoi ancora?- le tesi la mano, oramai ero arrivata ad un punto che non potevo più tirarmi indietro.
-La tua vita è segnata in diverse tappe. sì...riesco a vederlo. Come vedo anche le cicatrici sulla schiena.- assottigliai gli occhi -E quelle sul cuore...le vedo tutte. La morte di tuo padre, la punizione, Skjor e...
-Kodlak.- conclusi portandomi una mano al petto -Non...non c'è un modo per evitare tutto questo? Insomma, non sei nemmeno capace di dirmi di cosa si tratta!
-Non ho scelto io, Iris. È un compito che ti è stato affidato da qualcun altro, qualcuno con cui non si può contrattare. È il tuo Destino.
-Smettila di tirare fuori il Destino come fosse qualcosa di vero.
-È assurdo che tu non ci creda quando hai visto tu stessa una parte di ciò che ti attende...- fece una pausa -...te e chi ti sta intorno.- quello non fu che l'ennesimo colpo al cuore.
-Chi mi sta intorno...- mi presi la testa tra le mani.
Le parole della vecchia mi confondevano e mi facevano stare male. Non sono non avevo ottenuto delle risposte, ma ora avevo anche più domande di prima. Olava non era stata in grado di aiutarmi se non mettendomi in allarme.
E se davvero la mia vita era diretta verso le fiamme chi mi stava vicino sarebbe bruciato con me.
-Cosa devo fare?- chiesi alla fine, lasciando la presa sulla testa, tradendo un disperato bisogno di un consiglio.
Qualche capello bianco sfuggì alla crocchia che li teneva legati i capelli della donna quando scosse la testa, sul volto un'espressione addolorata, ma decisa.
-Questa decisione spetta solo a te. Qualunque cosa ti aspetti dovrai affrontarla da sola. È meglio che ti abitui ad esserlo, dunque. Farà meno male.
 
Note dell'autrice
Penultimo capitolo del primo arco della storia. Lo so, doveva essere l'ultimo, ma alla fine ho deciso di spezzare il capitolo in due per una piccola indecisione su cui sto ancora combattendo xD E scusate il ritardo, ma ho finito di scriverlo giusto pochi minuti fa xD
Allora, Hannet. Ve l'avevo detto che sarebbe tornata in scena e vi informo che forse tornerà, così come dedicherò un piccolo spazietto a Sameera a tempo debito dato che qui l'ho trascurata. Questo capitolo mi convince meno del precedente, che dite? Troppa carne al fuoco?
Vi abbraccio e mando cuori a tutti xD e ci leggiamo tra una settimana.
Lady Phoenix

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Capitolo 18
*** Chapter XVII- Leave all behind you ***


Chapter XVII
Leave all behind you
 
Annunciai ai Compagni la mia decisione una settimana dopo. Eravamo tutti a cena quando, di punto in bianco e con lo stomaco contratto per l'ansia, pronunciai quelle parole:
-Me ne vado.- dapprima solo Vilkas mi sentì e mi guardò con un'espressione stranita.
-Come?
-Me ne vado!- esclamai a voce più alta, e anche gli altri mi sentirono, tanto che il classico baccano di Jorrvaskr si spense.
-Iris?- a fatica spostai gli occhi dalle mie mani giunte fino ad Aela, incontrando il suo sguardo incredulo ma calmo -Cos'è questa storia?
-Io...
-Ma è uno scherzo, avanti!- esclamò Torvar ridacchiando, le guance erano come al solito rosse a causa dell'alcool, ma dalla mia espressione e da quella degli altri capì che non era affatto uno scherzo, ed era ancora abbastanza lucido da capire anche che la situazione era invece seria -Ma davvero?
Abbassai di nuovo lo sguardo.
-Ci ho pensato.- dissi -E credo sia meglio così.
-E cosa ti ha fatto prendere questa decisione?- di nuovo.
Quel gelo che animava il tono di Vilkas mi causò una spiacevole fitta allo stomaco, ma oramai avevo preso la mia decisione.
-Sento che i Compagni non sono più la mia strada.
Mentivo. Prendere la decisione di lasciare i Compagni fu una delle più dolorose che avessi preso nella vita, ma nei giorni successivi all'incontro con Olava le parole della vecchia avevano continuato a regnare nella mia testa. Ed anche i sogni erano continuati, sempre più inquietanti, sempre più potenti, quasi volessero farmi capire che non potevo più ignorarli come avevo fatto in tutti quegli anni.
Se davvero il mio destino era andare incontro al fuoco, al sangue, potevo lasciare che le persone a me care ne restassero coinvolte dopo i lutti che avevo già affrontato?
La risposta era stata chiara fin da subito, ma accettarla e decidere cosa fare non era stato facile.
-Non sono la tua strada?!- sbatté un pugno sul tavolo ed io mi ritrovai a muovermi sullo sgabello per contenere il disagio, terribilmente piccola al suo confronto -Iris...sei stata scelta per diventare Precursore!- mi ricordò.
-Non voglio farlo!- replicai allora con tutta la determinazione che riuscii a raccogliere, quasi urlando.
Mi alzai in piedi.
-Non voglio essere il Precursore! Non voglio più questa vita!- ciò che avrei voluto sfogare con le lacrime lo sfogavo con la rabbia, urlando addosso a coloro che non avevano niente a che vedere con la mia furia -È tanto difficile da accettare, eh?- tornò il silenzio.
Un pesante, odioso, terribile silenzio.
Anche Vilkas si alzò in piedi, allora, e senza troppi complimenti mi prese per un braccio e mi portò via dalla sala, lontano dagli altri.
Quando fummo entrambi fuori sbatté la porta e mi guardò.
-Spero che questo sia uno scherzo di merda, Iris.- abbassai lo sguardo -Guardami.- non non lo feci -Guardami, per i Nove!- la presa sotto il mento mi costrinse ad alzare il viso per incontrare i suoi occhi rabbiosi.
-Mi...mi dispiace.- dissi solo, non sapendo cos'altro dire.
-Mi dispiace? Sai dire solo questo?- no.
In verità avrei avuto molto da dire, ma avevo la gola secca. Non potevo spiegargli la situazione, non potevo dirgli che me ne andavo per evitare che gli accadesse qualcosa, perché non potevo nemmeno pensare che potesse accadergli qualcosa per colpa mia. Era il mio mondo, era la persona a cui tenevo di più.
Se per far sì che vivesse avrei dovuto lasciarlo andare lo avrei fatto, e lo avrei fatto senza dirgli niente.
-Non ho scelta.- dissi solo.
-Ho diritto ad una spiegazione, Iris. Io non ci sono solo per scopare, sai?!- sobbalzai appena, colta alla sprovvista dal brusco alzarsi del suo tono, che non si calmò -Ti rendi conto che tutto ciò non ha senso?
-Deve averlo per forza?- replicai.
Cercavo di essere più distante e menefreghista possibile, ma non ci riuscivo.
-Non c'è nessuna grande spiegazione, Vilkas. Voglio andare via perché questo posto mi soffoca. Tutto mi stufa...- feci un bel respiro, soffocando la voglia di piangere -Anche te.- spalancò gli occhi, incredulo e ferito, e tacque.
-Dunque...era per questo? Era per questo che in questi ultimi giorni mi hai evitato.
NO!
-Sì. Non....non voglio più aver a che fare con Jorrvaskr, né con te.- con uno scatto mi intrappolò tra sé e la parete, guardandomi furioso.
Restò in silenzio, opprimendomi con il peso delle mie stesse bugie, guardare quegli occhi odiarmi in quel modo era una punizione sufficiente...quando mi avrebbe permesso di finire la mia recita?
-Dillo ancora una volta e ti lascerò andare.
-Vilkas...
-Dillo, ho detto!- chiusi gli occhi, ma quando li riaprii non mi tirai indietro.
Perché era per lui che lo stavo facendo, perché per una volta avrei messo da parte il mio egoismo e piuttosto che vederlo morire con me lo avrei lasciato andare. Anche se questo faceva male.
-È finita.- non avevo niente da dire.
Era davvero finita.
E mi lasciò andare, il volto una maschera inespressiva che tuttavia avevo imparato a leggere, poi mi diede le spalle.
-Domattina non dovrai essere qui.- mi morsi il labbro -E vedi di non tornare mai più a Jorrvaskr.- girò appena la testa per fulminarmi con lo sguardo -Sono stato chiaro?- annuii con un cenno affermativo del capo, incapace di parlare.
Avevo la gola secca, non riuscivo a parlare.
Vilkas rientrò mentre io rimasi sola, fuori da Jorrvaskr. E nessuno venne a cercarmi, quella sera.
 
Sarei partita all'alba.
Radunai tutte le poche cose che intendevo portare con me in una bisaccia, poi guardai quella che per quattro anni era stata la mia stanza, ora totalmente impersonale, fatta eccezione per i libri, ancora sotto il letto.
Portai con me solo Ladro.
Uscii e chiusi la porta, e passai davanti alla stanza di Kodlak, ora vuota.
Se le cose fossero andate in modo diverso forse ci sarebbe stato ancora lui, li dentro, con quel sonno che non lo abbandonava mai o magari dormendo alla grande grazie alla cura. Se le cose fossero andate diversamente avrei potuto esserci io là dentro.
Dentro quella stanza era iniziato tutto.
 
-Iris!
-M-mamma...- sbatte gli occhi un paio di volte prima di riconoscere il volto sollevato di Sameera, che le sta carezzando dolcemente la fronte -Dove...dove siamo?
-Siamo al sicuro a Jorrvaskr e tu stai bene! Che siano ringraziati gli Otto, stai bene!-
-Jorrvaskr? La sede dei Compagni? Come...- la riempie di baci, frettolosi e sollevati, come se temesse di vederla sparire sotto i suoi occhi, lasciandola sempre più confusa -M-mamma, ferma!- fa la sostenuta, ma in realtà gode di quelle attenzioni e la donna non vi bada.
-Tilda mi aveva detto di informarla non appena ti fossi svegliata. Aspetta qui, mi raccomando.- nemmeno il tempo di chiedere chi mai sia Tilda che Sameera è sparita, lasciandola nella stanza.
Si guarda intorno...chiedendosi mai cosa ci fa qui, come ci è arrivata dopo la morte di Iansen e la punizione...
-Mh!- si muove.
La schiena le fa male, ma qualcuno le ha medicato le ferite, e si alza. Lentamente, più silenziosamente che può, apre la porta della stanza, trovandosi in un corridoio dove molte porte conducono ad altrettante stanze. Dovrebbe starsene buona a letto, ma quando le ricapiterà più di trovarsi a Jorrvaskr? Decisamente la casa dei Compagni, di cui suo padre le ha tanto parlato, non ha niente di speciale, anzi, è quasi...
Banale?
-...ma sento ancora il richiamo del Sangue, Kodlak. Non...non ho mai pace.- una voce dietro una porta chiusa attira la sua attenzione, e si avvicina, avvicinando l'orecchio alla porta.
-Lo so, ragazzo mio, lo so. Vedi il punto è che...- la seconda voce è anziana, a differenza della prima, e si interrompe -Se hai qualcosa da dire vieni avanti, chiunque tu sia.- sobbalza e non fa niente, rimane lì, impalata per l'imbarazzo, finché la porta non si apre, rivelando un volto.
È un ragazzo, pochi anni li separano, con i capelli neri e uno sguardo accigliato, che dall'alto della sua stazza la fulmina con lo sguardo.
-Cosa stavi facendo?- le ringhia praticamente contro.
-Io...ecco...
-Vilkas, falla entrare, avanti. Fammi vedere come sta.- l'armadio si sposta e la lascia entrare nella stanza, non senza lanciarle un'odiosa occhiata di superiorità.
Il vecchio che l'ha invitata ad entrare...
-Siete voi...siete l'uomo che mi ha salvata!- accanto a lui c'è un vecchio cane che alza la testa per farsi carezzare e, accontentando l'animale, l'uomo sorride, un sorriso terribilmente sofferente...chissà perché.
-Il mio nome è Kodlak Biancomanto, fanciulla. E sono il Precursore dei Compagni.
 
Chinai la testa e passai oltre, e raggiunsi rapidamente la sala principale, ancora deserta. Stetti qualche attimo sull'uscio a guardarla, memorizzando quei particolari che non avrei più visto, che per quegli anni mi erano parsi inutili o indegni di attenzione.
In quella sala avevo vissuto momenti bellissimi e anche dolorosi.
Come quella volta con Njiada...
 
-Ehi, tu.
-Mh?- si gira verso la donna che la guarda a braccia incrociate.
È da qualche giorno che ha tanto da bisbigliare con l'elfo scuro e quell'ubriacone da due septmin, ma non le ha mai rivolto la parola.
-Sei sul mio posto.- come come?
Non ci sono posti fissi a Jorrvaskr, non è mica stupida, e glielo fa notare con la massima calma anche se le mani hanno già iniziato a fremere.
Tuttavia non risponde. Si prende tutto il tempo che vuole per controllare la sala semi deserta a quell'ora.
-Ci sono molti altri posti.
-Ma io voglio questo.- d'accordo, deve solo mantenere la calma...
-Non mi sposterò.
-Non ti ho chiesto di farlo.- umh, il tic all'occhio è un buon segno?
Lascia che Njiada si chini alla sua altezza e la guardi con aria strafottente.
-Allora? Te ne vai o no, piccola scimmia?- eh no, piccola scimmia proprio no!
La testata che finisce sul naso della bionda non è proprio riuscita a trattenerla.
 
Ce ne siamo date davvero tante quella volta! Era la prima volta che combattevo una rissa e non ero preparata alla cocciutaggine di Njiada, però è stato così che mi sono guadagnata il suo rispetto, dopotutto, anche se ripetere l'esperienza non era mai stato tra le mie priorità...
Scossi la testa, non dovevo perdere tempo. L'alba era vicina e dovevo partire.
Così mi lasciai alle spalle anche la sala ed il suo calore per uscire nel giardino, nel campo di allenamento dove ero diventata la guerriera che ero.
Per un attimo chiusi gli occhi, immergendomi nell'illusione che, una volta riaperti avrei cominciato il classico allenamento con Vilkas, Skjor mi avrebbe costretto ad armeggiare con martelli più alti di me e Kodlak avrebbe sorriso, magari accanto al vecchio Ysgramor, ma quando li riaprii dovetti affrontare la realtà: non sarebbe accaduto niente di tutto questo. Vilkas mi odiava, Kodlak e Skjor erano morti ed io me ne stato andando.
Non facevo che ripetermelo, eppure dovetti ricordarlo ancora una volta.
Perché ogni passo era pesante quasi portassi sulle spalle un grande macigno. E non potevo tirarmi indietro.
Arrivai alle stalle con l'intenzione di prendere un cavallo, ma non mi aspettavo di trovare lì..
-Farkas! Che ci fai qui?- esclamai.
-Sono venuto...a salutarti.- gli sorrisi mentre il grosso Compagno scendeva dalla staccionata per venirmi incontro, gli occhi carichi di tristezza -Sai, volevo venire a parlarti ieri, ma Vilkas era...e ho preferito stare con lui.- annuii, comprensiva.
-Sai cosa gli ho detto?- annuì, ed immaginai che sia lui che Aela dovevano averci sentiti grazie al sangue di bestia -E non mi odi?
-Vorrei, ma non capisco.- ammise -Perché lo fai?
-Te l'ho detto. Non...
-Intendo, perché lo fai davvero?- spalancai gli occhi -Sai, forse non ho l'intelligenza di Vilkas, o la furbizia di Aela, però certe cose le capisco anche io. Siamo cresciuti insieme, anche se solo per un po'.- in tutti quegli anni non avevo mai smesso di sottovalutare Farkas.
Poteva non essere una cima, ma di sicuro era il più empatico, il più attento alle emozioni umane, il primo a percepirle. Non era intelligente, è vero, ma era a modo suo intuitivo.
E soprattuto umano, più di tutti noi.
-Devo...e basta.- mormorai, stringendo la bisaccia a me, quasi a mo' di scudo.
-Puoi ancora tornare indietro, lo sai? Credo che a Vilkas passerebbe. E sarebbe il primo a volerlo.- scossi la testa.
-No, non passerebbe. Troppe cose sono cambiate. Io sono cambiata...ed ho bisogno di capire.- mi avvicinai a lui e gli misi una mano sulla guancia.
Chissà se anche io avevo gli occhi lucidi come i suoi...
-Però...stai attenta, va bene?- mi disse, come se dovessi partire per una missione, ed io annuii.
-Sarò qui...prima che te ne renda conto. Tienimi il posto.- ringraziai che Farkas mi avesse stretto in uno dei suoi abbracci soffocanti, perché la voce mi tremava e non riuscivo più a trattenere le lacrime. Lo ricambiai con tutta la mia forza, aspirando quell'odore che non avrei sentito per molto tempo...forse per sempre, poi lo lasciai andare, presi il cavallo per le briglie e lo condussi fuori dalla stalla.
-Andiamo bello, dai...- mi girai un'ultima volta verso Jorrvaskr e lo vidi.
A braccia incrociate, l'armatura di tutto punto e lo sguardo accigliato, come solito, uno sguardo che mi causò una fitta al cuore. Perché io avevo imparato ad apprezzare ed amare quello sguardo e soprattutto lui, Vilkas.
 
Trattiene il respiro quando scocca la freccia. Non impiega più di qualche secondo per arrivare al bersaglio, ma le sembrano ore! E quando la vede posizionarsi al centro sorride trionfante.
Ce l'ha fatta.
Con l'arco in mano si gira a guardare il Precursore che, in disparte, ha continuato ad osservare la scena. E piano, la neutra piega della bocca lascia spazio ad uno dei suoi sorrisi sofferenti.
-Cominci domani.- spalanca gli occhi e sorride -Non cantar vittoria troppo presto, dovrai passare un periodo di prova, prima.- cerca di ricomporsi, stringendo a sé l'arco quasi fosse una copertina o una bambola, stringendolo più che può per evitare di scoppiare a gridare come una mocciosa -Dovrai imparare le basi del combattimento, un cacciatore che non sa difendersi non è niente.- gli occhi azzurri si spostano ad un punto poco lontano da lei -Vilkas farà in modo di prepararti come si deve.
No, non lui.
La sua espressione non potrebbe trasmettere più insoddisfazione nell'apprendere questa notizia, tra tutti i Compagni perché l'unico che non la può vedere, se non come moscerino fastidioso?
-Ma Kodlak...
-Sono sicuro che farai un buon lavoro, Vilkas.- e zittendo così il Compagno, il Precursore rientra con il vecchio cane appresso.
Lei si gira a guardarlo.
Ci sono diverse emozioni negli occhi dei due, ma alla fine non fanno altro che dire la stessa cosa: tu non mi piaci.
 
Potevo andarmene, ma i ricordi sarebbero venuti con me. Perché era stato il mio Compagno, il mio Fratello di Scudo ed il mio primo uomo.
E, dannazione, lo amavo!
Mi fece un cenno, come per dire “avanti, va'!”. E mi sentii come schiaffeggiata.
Così mi girai e ripresi a guidare il cavallo finché le porte di Witherun non si chiusero dietro di me, solo allora salii.
Feci solo qualche metro per rigirarmi un'ultima volta e vedere la città. Sembrava incredibile piangere il luogo in cui ero arrivata come criminale, e sbuffai,poi girai il cavallo dall'altra parte -e un colpo di briglie più forte iniziai ad allontanarmi sempre di più dalla città.
-Peccato non aver salutato Aela.- pensai -Mi...- in quel momento lo sentii.
Sentii un ululato provenire dalla zona della foresta, un suono che oramai fui in grado di riconoscere come quello di mia Sorella...e sono anche sicura di aver visto una sagoma rientrare frettolosamente tra gli alberi, poco dopo.
Il sorriso che mi ero sforzata di mantenere sparì come sabbia tra le dita per venire sostituito da una smorfia triste a quell'ultimo saluto. E gli occhi iniziarono a vedere sfocato.
-Non devo piangere...non devo.- mi dissi, e desiderai ardentemente che quell'alba perfetta fosse coperta da nuvoloni per riflettere il mio umore.
Avrei voluto un po' di pioggia per non piangere da sola.
Avrei dovuto procedere per Riverwood e parlare anche con mia madre e Hannet, ma alla fine girai il cavallo e andai dalla parte opposta. Non avevo la forza né la voglia di affrontare un altro addio, ed ero sicura che mia madre non mi avrebbe permesso di scappare come avevano fatto i Compagni. Era ancora sconvolta dalla morte di papà ed ero consapevole che la mia partenza, la mia fuga, non le avrebbe fatto che male.
Ma meglio arrabbiata, addolorata, che morta per colpa mia.
Così, senza pensarci due volte galoppai più veloce che potei e con il cuore a pezzi mi lasciai alle spalle Witherun.
Due settimane dopo lasciai Skyrim con l'intenzione di non fare più ritorno.

Note dell'Autrice
Salve.
No, non sono morta D: ma questo capitolo è stato davvero un parto da scrivere, non avevo idee e non mi piace. Ma ora ho ripreso il ritmo e il capitolo successivo è in costruzione, lo vedrede giovedì prossimo, così riprendo il ritmo di aggiornamento^^ Un punto a suo favore? Ci sono molti flashback di cui sono soddisfatta. Forse la reazione di Vilkas è un po' esagerata, ma insomma, diciamolo: Iris è stata una stronza. *la schiaffeggia, poi si pente e la coccola* però ripeto, scusate la mia scarsa fantasia.Il prossimo capitolo già in costruzione sta venendo meglio^^
Ah, appunti che mi sono scordata di fare la volta precedente:
La prima frase in draconico significa: i miei figli risorgeranno.
La seconda: il tuo onore sarà distrutto.
E Crepuscolo, secondo il calendario di Skyrim, corrisponde al mese di Novembre^^
detto questo ci becchiamo giovedì prossimo,

Lady Phoenix

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Capitolo 19
*** Chapter XVIII- Welcome back home ***


Chapter XVIII
Welcome back home
 
Varcare di nuovo la frontiera di Skyrim fece un certo effetto. Nonostante fossero passati poco più di due anni avevo dimenticato quanto fosse freddo e quanto mi fosse mancato quel clima.
Nonostante la neve che cadeva da un po', calai il cappuccio dal volto per poter osservare meglio gli alberi: con il poco sole che filtrava dalle nuvole, la neve creava dei piacevoli giochi di luce passando tra i rami delle sequoie.
Alberi così non se ne trovavano a Cyrodiil.
-Andiamo?- la voce dell'uomo a cui facevo da scorta mi fece tornare alla realtà.
Era lui la causa per cui mi trovavo di nuovo lì. In quei due anni in cui avevo lasciato Skyrim avevo viaggiato verso Hammerfell, la terra di mia madre, ma il clima di guerra contro i Thalmor non faceva per me, volevo solo una vita “tranquilla”. Così iniziai a fare la mercenaria, più che altro come guardia del corpo per nobili bisognosi di protezione ma anche di discrezione.
E così eccomi di nuovo a Skyrim appresso ad un mercante saccente e frettoloso di arrivare.
-Dovremmo accamparci.- replicai -Il sole sta calando, e le notti a Skyrim non hanno niente a che vedere con quelle a Cyrodiil.- l'Imperiale storse il naso.
-Non intendo perdere tempo, il sole è ancora alto e voglio dormire in una taverna.
-Fa notte presto, credimi. Massimo mezz'ora e non potrai nemmeno vedere la distanza che ci separa, non riusciremo mai ad arrivare alla città più vicina. Te l'avevo detto che sarebbe stato meglio fermarsi a Riften.- ribattei con la pazienza che andava già scemando, e l'uomo sbuffò.
-Sembri conoscere bene queste terre.
-Ci ho vissuto per molto tempo- praticamente tutta la vita.
-Davvero?- annuii -E perché te ne sei andata?
-Niente domande personali, era nel nostro accordo.
-Quanto sei algida, donna.- ribatté l'uomo, senza nascondere un pizzico di risentimento che ignorai.
-Il mio dovere di guardia del corpo è proteggerti, nient'altro.- tagliai corto, avvicinandomi verso qualche ramo secco caduto dagli alberi per poi raccoglierlo -Accendo un fuoco, questo posto non è male per ripararci.
-Come fanno i Nord a vivere con questo freddo?- borbottò ancora l'imperiale, stringendosi nel suo mantello di pelliccia.
Per lui il freddo era insopportabile, ma per me era come una specie di...saluto. Un bentornato a casa che sarebbe durato troppo poco,il tempo di accompagnare il mercante a Windhelm o giù di lì, e ritornare a Cyrodiil per cercare un altro contratto, trovarmi di nuovo a Skyrim mi riempiva di calore, ma al tempo stesso mi faceva sentire fuori posto.
Dopotutto me n'ero andata, non avevo più diritto di stare lì e magari tornare nella vita degli altri, di quelli che mi ero lasciata alle spalle.
-Ehi, queste vanno bene?- mi girai verso l'Imperiale che mi mostrò due pietre -Per il fuoco, intendo.
Assottigliai lo sguardo nel vedere quelle pietre, poi scossi la testa e mi avvicinai all'uomo con la legna.
-No, ci penso io.- mi chinai per far attecchire il fuoco, ma quel tempo non aiutava sicuro e non si dimostrò facile -Ma che sia maledetto quello straccione di Zen...!
-Non bestemmiare ulteriormente!- mi bloccò l'imperiale, e io alzai gli occhi al cielo.
-E che palle. Fammi accendere questo fuoco e sta' zitto.- seguì un attimo di silenzio.
-Fammi indovinare, donna: nemmeno la gentilezza è compresa nella tua tariffa?
-Precisamente.
-Ma...- una freccia fendette l'aria e la voce dell'Imperiale si interruppe con un gemito strozzato.
Il tempo di alzarmi in piedi e prendere la spada che ero già circondata dai banditi.
-Merda...- pensai, cercando con gli occhi un via d'uscita -Merda!- forse liberare la bestia a lungo non era stata un'idea buona, dopotutto.
Sì, esatto, da quando avevo lasciato Skyrim avevo fatto ampiamente uso della licantropia, ed era sempre difficile resistere all'impulso della caccia. Molte volte mi ero trovata a non chiudere occhio e spesso non cucinavo affatto le mie prede, mangiandole crude. E se la mia parte umana era disgustata da questo gesto, la Bestia ne era compiaciuta.
Ma tutto ciò aveva un prezzo. Reprimendo la Bestia, avevo scoperto che i miei sensi si erano affievoliti, almeno nella mia forma umana, così come i benefici che ne traeva. Per mantenerli avevo bisogno di un costante nutrimento che rifiutavo di concedermi. Era come se l'Iris umana e la Bestia si stessero scindendo formando due entità diverse ed in contrasto tra loro...
Insomma, tutto questo per dire che mi trovavo nella merda.
-Guarda un po' cosa abbiamo qui.- un Nord armato di martello da guerra si fece leggermente avanti -Un mercante così idiota da aver deciso di passare la notte all'aperto e la sua cagna.- se non fosse stato già morto probabilmente l'avrei ammazzato io, quell'idiota, per avermi messa in quella situazione.
-Cagna lo dici a tua madre!- replicai, rimanendo in guardia, contando i banditi.
Erano sette, non potevo farcela da sola.
-Ehi, Tordek, non vorrai mica lasciarla impunita?- chiese l'arciere che aveva ucciso l'imperiale, sghignazzando.
Non sapevo cosa fare, erano davvero troppi per me, senza contare che ero molto stanca a causa della marcia serrata a cui l'imperiale mi aveva costretta.
Forse un modo c'era...ma avrei preferito mille volte tenerlo a bada.
Avevo resistito e vinto molte battaglie senza lo spirito del lupo, potevo continuare a farlo.
-Figurati, prima mi ci diverto, poi l'ammazzo, o forse il contrario, chissà...
Feci un passo indietro tenendo la spada avanti a me mentre l'uomo si avvicinava.
Avevo il fiatone, ma non per la fatica.
La consapevolezza di essere in pericolo stava stuzzicando la Bestia in maniera quasi incontrollabile, la sentivo graffiare contro il mio petto. Troppo a lungo l'avevo tenuta a bada, e stava reclamando il suo prezzo.
-Lasciami andare e non vi farò niente.- dissi con voce tremante per lo sforzo di mantenere il controllo, ma quel tremore venne scambiato per paura e il Nord non si lasciò intimidire.
Lui e i suoi compagni, tra cui c'erano anche un paio di donne, scoppiarono a ridere.
Iniziai a sentire gli occhi bruciare.
-Hahahahahah! Ma senti questa! Tu che fai del male a NOI?- sghignazzò -Ma non farmi ridere! Come potresti...?- quando mi guardò in faccia le parole morirono in gola.
Ero consapevole del mio aspetto, oramai: da come gli occhi bruciavano dovevano essere oramai gialli e sentivo il labbro inferiore pizzicato dalle zanne, inoltre le unghie erano già diventate arcuate.
-Cosa c'è?- e la mia voce...
La mia voce era roca. Oramai era la Bestia a comandare.
-Non mi dire che sei spaventato per caso?
-Ehi, ma che cos'è?!
-Cosa vuole fare?
-È un mostro!
-Per gli Otto!- oh, sì.
Decisamente non era un bello spettacolo trovarsi davanti ad un lupo mannaro affamato, ma visto dalla mia parte tutto ciò aveva un che di eccitante e divertente.
Fu una caccia rapida, ma che riuscì a placare il sangue di bestia.
E dopo, come tutte le volte, mi rinchiusi nella mia autocommiserazione e nella mia debolezza.
Avevo fallito di nuovo.
Come avevano fatto Vilkas, Farkas e Kodlak a resistere alla licantropia per due anni? Io a malapena riuscivo a stare un paio di mesi senza cacciare. Non uccidevo mai persone innocenti e non perdevo mai il controllo, ma ero perfettamente consapevole di dipendere dai rari momenti di caccia che mi concedevo, era la mia skooma, la mia dipendenza.
E quando mi decisi a tornare umana avevo ancora la bocca che sapeva di ruggine. Ed ero sporca. Il caldo del sangue a contrasto con l'aria fredda di Skyrim sollevò appena un po' i vapore quando mi tirai su, dando un'occhiata ai corpi dei banditi. Erano tutti ridotti ad uno schifo e riuscivo a malapena a distinguere i loro lineamenti. Dovevo rubare loro un indumento dato che i miei si erano lacerati con la trasformazione, ma andare in giro imbrattata di sangue non era certo il massimo.
Mi sforzai di placare la sete per trovare una vecchia tunica lacerata dentro la bisaccia di un bandito. Era troppo grande per me, logora e ruvida, ma almeno mi avrebbe coperto. La infilai rapidamente e raccolsi le armi per poi allontanarmi da quello scenario macabro. Anche un idiota avrebbe facilmente capito che ero stata io e non proprio con la mia forza umana.
Corsi molto e velocemente, cercando di calmarmi e fare il punto della situazione: dovevo raggiungere la città più vicina, riuscire a non farmi arrestare e tornare a Cyrodiil prima di finire nei guai più di quanto non avessi fatto. Potevo farcela?
Mi dissi di sì.
Ora che mi ero nutrita i miei sensi erano di nuovo funzionanti, sentivo molti odori e suoni molto più intensamente, in compenso ero stanca e un po' dolorante dopo la trasformazione, quasi la Bestia si fosse voluta vendicare per averla lasciata così tanto tempo senza nutrimento.
Beh, ci stava riuscendo.
Grazie alla Bestia non mi sarei ammalata, ma per quanto fossi Nord quella notte fredda avrebbe potuto far morire assiderata persino me, perciò continuai a correre, senza sapere nemmeno dove stavo andando.
Sapevo che venire a Skyrim era una pessima idea, l'avevo saputo dal momento in cui l'avevo sentita nominare, ma i soldi offerti da quell'idiota di un mercante erano tanti ed io ero a corto di liquidi, ed avevo accettato.
Ero armata, ma non era un bene stare nel bosco a quell'ora di notte, così mi diressi verso il limitare della foresta per cercare la strada principale e magari trovare un villaggio dove passare la notte.
Arrivai finalmente alla strada quando avevo perso ogni speranza.
-Finalmente!- ma più mi avvicinavo all'alto palo dove venivano segnate le città vicine, più mi accorsi che non ero sola. C'era un uomo appoggiato al palo, infatti, e sembrava ferito.
No, non sembrava.
Lo era, potevo sentire l'odore del sangue fin lì. Deglutii, placando la voglia di sangue che ancora stuzzicava la Bestia, e mi avvicinai a lui.
Lo guardai: non era un legionario imperiale, ma portava un'armatura degna di un soldato, con tanto di cotta di maglia e un rivestimento di cuoio e stoffa blu. Era di base di ottima fattura, peccato per il pessimo stato in cui si trovavano lei e il suo proprietario.
Una freccia aveva infatti trapassato il ventre dell'uomo e doveva essersela fatta sotto per la paura, perché quando gli fui più vicina l'odore del sangue si mescolò a quello delle feci. Dovetti portarmi una mano alla bocca per non vomitare.
-D...de...vo...t-tu...- mi morsi il labbro.
Non volevo altri guai, ci mancava solo un morente per strada, ma la mia coscienza mi impedì di andare oltre,così mi accucciai vicino a lui per capire meglio cosa diceva e guardarlo negli occhi.
-Calmati, adesso ti tolgo la freccia.- dissi.
Era comunque inutile, quell'uomo doveva essere lì da ore, ma almeno potevo fare qualcosa per alleviare il dolore. Eppure me lo impedì. Con uno spasmo afferrò il mio polso e lo strinse forte, tirandomi a sé. L'odore si fece ancor più ripugnante.
-Me...m-mes....saggio.- gracchiò con fatica, poi sollevò appena l'altra mano che stringeva un piccolo rotolo di pergamena -Win...dhel...m!
-D'accordo, d'accordo.- dissi con accondiscendenza, dopotutto era un uomo prossimo alla morte -Messaggio.- lo presi e l'uomo abbozzò un sorriso.
Gli occhi lacrimavano.
-S-sovne...gard.- annuii.
-Sì, Sovneg...
-Prendeteli!
-Eh?- una lama mi venne puntata alla gola e in un attimo mezza dozzina di imperiali mi aveva circondata.
Ed ero solo al primo giorno a Skyrim.
-Qui deve esserci lo zampino di Sheogorath!- pensai.
Già potevo immaginarmi quel demone impazzito che se la rideva sulle mie sfortune!
-Lo sapevo che almeno un paio erano fuggiti, lo sapevo!- esultò un legionario, mentre quello che mi puntava la lama alla gola mi incitò ad alzarmi ed un altro mi strappava il messaggio che mi aveva affidato il morente, che gorgogliò qualcosa.
Ovviamente nessuno gli prestò attenzione.
-Ci hai provato ribelle, lo riconosco.
-Non sono una ribelle!- ma che stava succedendo?
Perché quell'uomo mi aveva chiamata così?
-Io...- protestai, ma il mio carceriere mi zittì.
-Tieni le mani in vista, niente scherzi.- ubbidii, rabbiosa e agitata.
-Sentite, io...
-Non sei una ribelle, eh? E perché avevi in mano questi ordini in cui Ulfric cercava di informare i suoi di un'imboscata al passo di Acquescure?
-Eh?!- iniziai a capire -No, davvero, c'è un errore! Ho visto quest'uomo vicino al palo e mi sono avvicinata per aiutarlo, nulla più!
-Sì, e io sono la vogliosa cameriera argoniana!- la derise quello che sembrava il capo del piccolo gruppo -Allora come mai sei sporca di sangue? Una coincidenza anche questa, proprio vicino al punto dove abbiamo colto di sorpresa l'orso di Windhelm, eh?
-Sentite, ho solo cercato di aiutare quest'uomo, non sapevo chi fosse! Chiedetelo a lui! Diglielo!- guardai l'uomo che avevo cercato di soccorrere, sperando che potesse aiutarmi con le sue ultime parole.
Era morto.
-MA PORCA...!- una botta alla testa è tutto quello che ricordo prima di svenire.
 
Il leggero ondeggiare nel buio mi dava la nausea.
Fu proprio per quel motivo che aprii gli occhi, per cercare di capire perché mai la terra ondeggiasse.
-Mmmh...- la testa mi faceva male, e non riuscivo a ricordare cosa fosse successo.
Mi guardai appena intorno.
Ero su un carro.
Come accidenti ci ero finita su un carro?! E perché lo guidava un Imperiale? E cosa ci facevano tanti altri Imperiali li intorno?!
-Finalmente hai aperto gli occhi.- di chi era quella voce?
Faticosamente misi a fuoco la figura avanti a me: era un Nord a giudicare dal suo aspetto, lunghi capelli biondi sporchi e disordinati, barba incolta anch'essa bionda e occhi azzurri. Il viso era giovane, ma il freddo e numerose cicatrici lo facevano sembrare, a prima vista, molto più vecchio.
Era alto e la corporatura era robusta, il ché in confronto a me lo faceva sembrare un colosso. Di certo da mio padre Nord non avevo ereditato l'altezza, dopotutto.
Era oramai giorno inoltrato, dovevo essere svenuta per ore, ma faceva comunque freddo, peccato che la mia tunica fosse fin troppo leggera. Anche se il mio sangue Nord mi avrebbe aiutato rischiavo comunque di morire per assideramento. Le mani avevano un preoccupate colore violaceo.
Per distrarmi da quella brutta visione mi guardai intorno. Insieme a me, sul carro c'erano un uomo dai capelli castani, vestito di stracci come me, e un altro Nord che a differenza del primo era vestito elegantemente ed aveva un bavaglio, entrambi con le mani legate.
-Dove...mi trovo?
-Stavi cercando di attraversare il confine, vero?
-Come, cosa? No, io...- il carro prese una pietra sporgente dalla strada e sobbalzò violentemente, dando un altro colpo alla mia povera testa dolorante. Feci per massaggiarmela, ma mi accorsi di avere le mani legate.
-Ah, tranquilla. Anche noi siamo finiti in quell'imboscata imperiale, proprio come te e lui.- indicò l'uomo che gli sedeva il fianco, il malnutrito Nord dai capelli castani, che con disprezzo lo guardò, fulminandolo con i suoi occhi neri.
-Dannati Manto della Tempesta! A Skyrim andava tutto bene prima del vostro arrivo!- i Manto della Tempesta.
Giusto!
L'uomo era un ribelle ed io ero stata colta sul fatto. Ovviamente era tutto un malinteso, ma come avrei potuto spiegarlo ai miei carcerieri? Avrei avuto occasione di discolparmi o mi avrebbero subito sbattuta in prigione? Dopotutto non avevo niente a che fare con la guerra, ero appena rientrata a Skyrim e...
Oh, chi mi avrebbe ascoltato? Non avevo prove con me, se non quel dannato rotolo consegnatomi da quel dannato uomo che era dannatamente morto prima di discolparmi.
-Ehi, tu.- la voce dell'uomo con i capelli castani mi riportò alla realtà, e lo guardai con malcelato fastidio -Non dovremmo essere qui, l'Impero vuole questi Manto della Tempesta.- non riuscii a trattenere un sospiro di frustrazione.
-Vaglielo un po' a spiegare...
-Oramai siamo tutti Fratelli e Sorelle in catene.- replicò il Nord avanti a me, ma non seppi trattenere la mia risposta sarcastica.
-Molto poetico, ma se permetti il fatto di essere finita nei guai per colpa vostra mi rende restia a considerarvi fratelli.- invece di arrabbiarsi il Nord sorrise, quasi divertito.
-Come siamo acidi. E dimmi, fiorellino, che ci faceva una bella fanciulla come te, da sola in quella zona e per di più di notte?- arrossii mentre una voce dentro di me dichiarava la scoccata a favore del Manto.
-Camminavo. Hai presente, quella cosa che si fa quando...
-Camminavi armata, con una tunica lacera e con tracce di sangue alle estremità.- cavolo, ci mancava lo sveglio chiacchierone.
-Cos'è, un interrogatorio?
-Silenzio, lì dietro.- gettai un'occhiataccia alla schiena dell'Imperiale che guidava il carretto. Avrei potuto arrivargli alle spalle facilmente e buttarlo giù, ma eravamo circondati da arcieri e altri legionari. Inoltre tentando la fuga non avrei fatto altro che confermare la mia presunta colpevolezza.
Sospirai.
-Umh, a quanto pare non siamo noi a nascondere qualcosa, qui.
-Fatti gli affari tuoi.- sussurrai a denti stretti, poi mi calmai -Posto sbagliato nel momento sbagliatissimo.
-Conosco il genere.- fece una pausa -Comunque sono Ralof.- fece per allungare la mano, poi abbozzò un mezzo sorriso guardandosi le mani legate come le mie, come quelle di tutti noi nel carro -Oh, già...- abbozzai un sorriso, per quanto non proprio convinto.
-Iris.- mi presentai a mia volta, poi ripiombò il silenzio.
-Ehi, il tuo amico che problemi ha?- il ladro di cavalli, quello con i capelli scuri, indicò con un cenno del capo l'altro Nord imbavagliato, che lo fulminò con i suoi occhi grigi e si agitò appena sul carretto.
-Frena la lingua!- lo zittì Ralof, ora arrabbiato -Stai parlando con Ulfric Manto della Tempesta, vero Re dei Re.- spalancai occhi e bocca e fissai Ulfric come un'idiota.
E così era lui?
La causa della guerra civile, della battaglia e della mia cattura, anche se indirettamente, mi sedeva accanto, con aria fiera e arrabbiata fissava il magro Nord, che alla fine fu costretto ad abbassare lo sguardo.
-Ulfric? Lo Jarl di Windhelm? Sei...sei il capo della ribellione!- deglutì -Dei...dove ci stanno portando allora?- deglutii a mia volta, ora in ansia.
Perché ci avevano messo nello stesso carro del capo della ribellione? Dove stavamo andando?
-Non ha importanza.- replicò Ralof, ora senza nascondere un po' di amarezza -Sovnegarde ci attende.
-Non a me.- pensai, distogliendo lo sguardo perché Ralof non lo vedesse, quel tipo era anche troppo perspicace -Io ho un conto in sospeso con Hircine che dovrò pagare a caro prezzo.
La Bestia mi avrebbe fatto davvero comodo in quel momento, peccato che mi fossi trasformata solo poche ore prima, non avevo l'energia sufficiente per richiamarla. Inoltre se qualcuno mi avesse visto trasformarmi e fosse sopravvissuto avrei dovuto fare i conti con una bella taglia sulla testa.
Il mondo non era pronto ad accettare quelli come noi, Aela lo diceva spesso, ed aveva ragione. Ma ripeto che, anche volendo, non avrei potuto richiamare il Dono di Hircine, avrei dovuto cavarmela da sola...
Sempre che me la fossi cavata.
Restammo in silenzio, con i miei sensi potevo chiaramente sentire i denti del ladro battere ferocemente, e non per il freddo, ma fu ancora una volta Ralof a spezzarlo, sembrava fin troppo in vena di chiacchierare.
-Ehi, ladro di cavalli, da dove vieni?
-Rorikstead.- rispose in maniera così fievole che solo io lo compresi, ma proprio come Ralof misi su un'espressione accigliata, fingendo di non aver capito -Io...vengo da Rorikstead. Perché me lo chiedi?
-Gli ultimi pensieri di un Nord dovrebbero essere rivolti alla sua casa.- casa...
Non riuscii ad impedire che la mia mente viaggiasse fino a Jorrvaskr. Alla mia bella, rumorosa Jorrvaskr.
Vi avevo passato solo quattro anni, ma era lì che avevo vissuto i momenti più belli e importanti della mia vita: lì avevo imparato a combattere, avevo conosciuto il lavoro di squadra, la fatica, la paura e anche l'amore.
Non avevo dimenticato Vilkas. Ci avevo provato, avevo avuto qualche amante, ma ogni volta che chiudevo gli occhi era lui che vedevo, e nessun altro. Vedevo i suoi occhi chiarissimi e sentivo il suo odore...
-Ecco, vedi? Lei sta pensando a casa sua.- ancora Ralof.
Tornai bruscamente alla realtà.
-Come sai a cosa sto pensando?
-Perché quel sorriso non lo usi per pensare all'idromele. Hai un uomo, dolcezza?
-Sei fin troppo invadente per i miei gusti.
-E non ti ho nemmeno chiesto un bacio d'addio, dovresti ringraziarmi.- ero già pronta a sfoderare una delle mie risposte poco simpatiche quando il carro svoltò e la visione di una piccola città circondata da una cinta muraria entrò nella mia visuale. Era piccola, ma doveva essere un punto strategico dell'Impero: una consistente manciata di arcieri sorvegliava le mura dall'alto, con gli archi in mano e le frecce pronte ad essere incoccate.
-Hanno preparato il comitato di accoglienza.- pensai guardando di nuovo Ulfric, che dal canto suo mi stava osservando a sua volta.
Ed ebbe anche il coraggio di fulminarmi con lo sguardo. Stizzita girai di nuovo il volto proprio mentre le porte della cittadina venivano aperte e noi facevano in nostro ingresso.
-Generale Tullius, signore! Il boia attende.- boia?
-Aspetta, aspetta...Boia?!- il mio cuore perse un battito e il ladro sbiancò.
-Azura, Mara, Akatosh, aiutatemi...- pregò il ladro con tono pigolante, mentre io ero troppo presa a non accettare la cosa per pregare.
Continuavo a ripetere che non ci sarebbe stato bisogno di pregare.
-Guarda il governatore militare, il generale Tullius...- spostai gli occhi verso il punto indicato da Ralof.
Un imperiale non più giovane stava guidando a cavallo un terzetto composto da lui e da altre due figure: nonostante avesse superato da un bel po' la cinquantina, aveva ancora un fisico allenato tipico di chi non smette mai di combattere, a tradire la sua vera età erano una leggera ragnatela di rughe intorno agli occhi e sulla fronte e i capelli color grigio topo corti e già radi sulla tempie.
Niente a che vedere con la chioma di Kodlak Biancomanto...
Respirai silenziosamente, dicendomi che non dovevo proprio pensare a Kodlak, non in quel momento.
-...e a quanto pare i Thalmor sono con lui. Maledetti elfi, sono qui per godersi la scena!- rabbiosamente Ralof distolse lo sguardo dai tre, cosa che non fece Ulfric, il cui disgusto non abbandonò gli elfi finché non furono più nel suo campo visivo.
Credo anche che li avesse insultati, ma a traverso il bavaglio nemmeno i sensi di bestia mi permisero di capire cosa avesse detto.
-Dove siamo?- chiesi.
Non ricordavo di aver mai visitato quel posto.
-Helgen...qui un tempo c'era una ragazza che mi era molto cara.- Ralof sorrise -E chissà se fanno ancora quell'idromele con le bacche di ginepro dentro.- non ottenendo risposta alzò lo sguardo verso le torrette imperiali -Buffo, eh? Da piccolo le torrette imperiali mi facevano sentire al sicuro...- ripensai alla mia infanzia.
La prima volta che vidi da vicino una città avevo passato i vent'anni e vi entravo come criminale. In seguito sarei passata molte altre volte sotto quelle mura, avrei anche finito per mettere da parte il mio odio per l'impero, pur senza dimenticarlo. Ma mai mi sarei sentita al sicuro.
L'unico posto in cui mi ero sentita al sicuro era stato Jorrvaskr, tra le braccia di Vilkas.
Il carro si fermò.
-P-perché ci fermiamo?
-Mi pare ovvio, no? Fine della corsa.- fine della corsa.
Era finita...davvero?
-Andiamo, non è cortese far attendere gli dei.
-M-ma non siamo ribelli! I-io e la ragazza non eravamo con voi! NON ERAVAMO CON...- un soldato imperiale fece scendere il terrorizzato, che quasi cadde a faccia in avanti tra le risate di scherno dei soldati.
Ulfric scese con un piccolo balzo e si lasciò condurre verso una piccola folla di prigionieri. Non eravamo gli unici ostaggi.
Ralof scese prima di me.
-Se non avessi le mani legate ti aiuterei a scendere.
-So scendere da sola, grazie.- risposi saltando giù dal carretto, e subito un soldato mi prese malamente il braccio -E lasciami, vado da sola!
-Sta' zitta e cammina.- replicò quello spingendomi verso gli altri prigionieri.
Davanti a noi c'erano una donna, un capitano a giudicare dalla sua armatura, ed un semplice legionario che con un carboncino tra le mani spuntava alcuni nomi quando i prigionieri da lui chiamati si dirigevano verso una folla di persone, tra cui un boia armato di ascia, ed un ceppo.
Deglutii e distolsi lo sguardo.
-Liste, liste...l'Impero adora le sue maledette liste.- borbottò Ralof, poi si sporse per guardare meglio -Però guarda che stacco di gambe che ha quella...peccato che sia un'Imperiale.
-Stanno per mozzarti la testa e tu guardi un paio di gambe?
-Se devo morire tanto vale farlo con un bel ricordo.- alzai gli occhi al cielo.
-Jarl Ulfric Manto della Tempesta!- quando il suo nome fu pronunciato, lo Jarl avanzò verso il ceppo con grande dignità, ed un coro di ammirazione si levò tra i suoi seguaci catturati.
-È stato un onore, Jarl Ulfric!- urlò anche Ralof, poi venne chiamato anche lui -Beh, ci vediamo dall'altra parte.- così rimasi “sola” in quella massa di nomi e persone che uno alla volta andavano verso il ceppo.
La maggior parte di loro erano tutti giovanissimi, Nord dal sangue caldo con il desiderio di lottare per la propria patria fino alla morte e guadagnarsi Sovnegarde con l'arma in pugno, ma c'era anche qualche anziano guerriero ansioso di riscattarsi dopo la Grande Guerra. Ma tra tutti Ulfric spiccava in maniera particolare, era il Nord che chiunque avrebbe voluto essere.
-Lokìr di Rorikstead!- quando fu il turno del nostro sfortunato ladro di cavalli, non riuscì nemmeno a fare il primo passo tanto tremava.
-No! Non sono un ribelle! Non potete farmi questo!- ci vollero un paio di guardie per spingerlo a fare i primi passi -NO! NON VOGLIO MORIRE!- con un ultimo scatto disperato si liberò e iniziò a correre lungo il sentiero sotto lo sguardo sorpreso di tutti.
-ALT!- urlò il capitano imperiale, più infastidita che arrabbiata da quell'imprevisto -ARCIE...- l'ordine della donna si interruppe quando uno dei due elfi a cavallo, una donna, estrasse la sua spada e con un fluido movimento colpì alle spalle il prigioniero subito dopo che questo aveva sorpassato il suo cavallo.
Egli si accasciò morente nel silenzio generale e l'elfa ripose la sua arma, sulle labbra un piccolo sorriso soddisfatto.
Non potei non provare un moto di rabbia nel vedere quel sorriso, e non riuscii ad evitare un ringhio sommesso che fece girare un Manto avanti a me. Per fortuna non capì che ero io.
-Ehi, aspetta un attimo...ehi, tu!- mi girai e mi accorsi che l'Imperiale mi stava fissando, e sentii il cuore mancare di un battito.
E se si fosse accorto in qualche modo della Bestia?
-Vieni avanti, fatti vedere.- avanzai di malavoglia e con il cuore che batteva all'impazzata, ma mi accorsi che negli occhi dell'Imperiale non c'era ostilità alcuna.
Era un Nord, aveva l'altezza e la stazza tipica del suo popolo, con i capelli castani e gli occhi azzurri. Sovrastava il suo superiore che gli arrivava appena allo sterno, ma sicuramente non era lui il cattivo della situazione, lì.
Sembrava quasi dispiaciuto di vederci tutti pronti per il patibolo.
Patibolo...sentii lo stomaco contrarsi all'idea.
Non volevo morire.
-Ehi, fatti dare un'occhiata.- mi intimò, facendo scorrere gli occhi rapidamente da me alla lista.
E fu lì che lo riconobbi.
-Hadvar...- sussurrai incredula, e quello alzò il capo, spalancando gli occhi.
-Iris!- avevo conosciuto quel giovane seguace dell'impero.
Viveva a Riverwood con la sua famiglia ed era capitato più di una volta che ci incrociassimo, era l'unico imperiale che aveva la mia stima in quella massa di pecore schiave dei Thalmor.
-Soldato, che stai facendo?- lo apostrofò la donna, accigliata, poi mi guardò dal basso dei suoi centimetri in meno -Conosci questa donna?
-Sì, capitano, ma non è questo a turbarmi.- assicurò Hadvar, poi porse la lista alla donna -Il suo nome non è presente.- spiegò, ma quella gliela restituì senza troppi complimenti, annoiata.
-Lei va al ceppo come tutti gli altri.- trattenni brutalmente il fiato, stringendo i pugni più che potei per reprimere uno scatto di paura.
-Ma signora...
-Ho detto al ceppo.- digrignò i denti quella, e Hadvar sospirò.
-Come vuole, capitano.- si voltò verso di me -Mi dispiace. Hai scelto un pessimo momento per tornare a Skyrim.
-Me ne sono accorta.
-Manderò i tuoi resti a Sameera. È tutto quello che posso fare.- sussurrò, ma io scossi la testa.
Non avrei potuto farle questo.
In quei due anni non le avevo scritto, non mi ero fatta sentire, e questo per due motivi: non volevo avere contatti con nessuno che avrebbero potuto spingermi a tornare a Skyrim, e poi se mi fosse successo qualcosa avrebbe capito tutto non ricevendo più mie lettere.
O forse agivo semplicemente per puro egoismo, come avevo spesso fatto...
-No? Come vuoi...- sussurrò ancora Hadvar, poi alzò la voce -Segui il capitano, prigioniera, e niente scherzi.- abbassai lo sguardo ed ubbidii, sperando ancora che la Bestia si decidesse a mostrarsi, peccato che in quel momento dormisse come un cucciolo.
-Per una volta che ho bisogno di te...- pensai.
Avrei potuto lo stesso cercare di trasformarmi, ma il mio corpo non avrebbe retto. Ero stanca e dolorante, anche se i miei sensi erano in piena funzione non sarei sopravvissuta nemmeno il tempo sufficiente di uscire dalla città. Ero in trappola.
Così mi diressi verso la folla che attendeva davanti al ceppo: lì, Ulfric Manto della Tempesta e il generale Tullius si stavano fronteggiando.
Nonostante l'Imperiale fosse molto più basso del Nord, gli arrivava appena al mento, non si lasciava intimidire e faccia a faccia lo riempì di accuse velenose: omicidio compiuto solo per ambizione, guerrafondaio, istigatore e tanti altre dolci parole volarono dalle labbra del generale Tullius senza che Ulfric potesse ribattere se non con mugugni furiosi.
-Perché Ulfric è imbavagliato?- chiesi allora a Ralof, e lui mi sbuffò.
-Perché se avesse la bocca libera potrebbe uccidere tutti questi soldatini in un solo secondo.
-Eh?
-Mai sentito parlare della Voce?- la Voce...
Un piccolo flash della mia chiacchierata con Skjor, di alcuni anni prima, si fece largo rapidamente, ma fu solo per un attimo, e scosse la testa.
-Ha studiato con I Barbagrigia, e da loro ha appreso come usare la voce impiegandola come un'arma.- tornai a guardare lo jarl prigioniero, e capii perché tanta premura di tappargli la bocca. Dopotutto era stato così che aveva smembrato il Re dei Re, almeno secondo una delle due campane...
Un ruggito riempì l'aria, e tutti alzammo gli occhi al cielo, io compresa, ma non c'era niente se non qualche nuvola solitaria.
Non avevo mai sentito nulla del genere...
-Che cos'era?- chiese infatti Ralof -Qualche animale?
-Quale animale fa un rumore del genere?- replicai -Sono andata a caccia per anni, non ho mai sentito niente di così...- potente? Terribile? Rumoroso?
Tutti e tre, credo.
-Signore...?
-Non è niente, procediamo.- Tullius si allontanò e Ulfric venne fatto indietreggiare da due Imperiali.
Non oppose alcuna resistenza, ma i suoi occhi comunicavano chiaramente che se solo ne avesse avuta la possibilità avrebbe fatto una strage. Forse non era una cattiva idea il fatto che non potesse farci volar via tutte come foglie...
-Amministrate loro gli ultimi riti.- una sacerdotesse iniziò a parlare, ma non ascoltai una sola parola.
Ero innocente.
Avevo fatto tante cose in vita mia non proprio legali, a mio tempo avevo cacciato di frodo, avevo cercato di uccidere un soldato imperiale, ero entrata in contatto con magie proibite e antiche, ma non meritavo di finire su quel ceppo, non per quel motivo almeno.
A quanto pare perdere la testa doveva essere una prerogativa della mia famiglia. Mi veniva da ridere e al tempo stesso da piangere, forse stavo iniziando a delirare per la paura.
-Per l'amor di Talos, chiudi il becco e facciamola finita!- un giovane Manto della Tempesta si fece avanti ed interruppe la sacerdotessa, e questo da una parte mi causò sollievo, che almeno facessero in fretta invece di badare a quelle formalità! Non mi erano parsi così restii a saltare la parte in cui si interrogano i prigionieri per essere sicuri della loro colpevolezza.
Non credevo di poter sentire battere il cuore così forte, per pura paura.
Credo ci fosse stato un altro momento, perché questa sensazione di completa immobilità, di ghiaccio, la ricordavo, anche se non ero in grado di dire chi l'aveva causata e quando.
Il capitano con un piede spinse l'uomo sul ceppo, che guardò il boia.
Quando parlò, nella sua voce non c'erano la paura o l'esitazione.
-I miei antenati mi sorridono benevoli...voi potete forse dire lo stesso?- il boia alzò la grande ascia e la calò sul prigioniero con un unico colpo.
E mi ritrovai a girare la testa e chiudere gli occhi mentre quel tonfo mi dava i brividi e mi faceva trattenere il respiro.
-Tzè...spavaldo nella morte come in vita, eh?- mormorò Ralof, poi si girò verso di me e mi diede una leggera spallata -Ehi, avanti. Fatti forza...
-L-l'hanno tolto?- replicai senza osare aprire gli occhi -L'hanno tolto sì o no?!
-Sì, sì non c'è più. Avanti, almeno non dare loro soddisfazione.- aprii gli occhi.
Dove doveva essere caduto il cadavere c'era una pozza di sangue fresco, mentre in un cesto davanti al ceppo, i capelli rossi del morto si intravedevano appena.
Mi veniva da vomitare.
Non volevo vedere, non volevo questo.
-Portatemi la stracciona Nord.- la voce del capitano imperiale mi spinse a guardarla con tutto l'odio che potevo provare verso di lei, e per un attimo un istinto di ribellione si fece largo in me.
-Hanno avuto la testa di mio padre, non voglio consegnargli la mia.- e non mi mossi, mi limitai a fissarla finché questa fece un cenno.
-Muoviti!- e con una spinta di un soldato mi ritrovai davanti al ceppo.
-Sul ceppo, e vedi di non disubbidire ulteriormente.- un ringhio sommesso mi uscì dalle labbra e per un attimo sentii gli occhi bruciare, ma fu soltanto un attimo, il tempo che la donna mi spingesse con la testa sul ceppo con un piede e la rabbia venne sostituita da altre sensazioni.
Innanzitutto la paura, mi sforzavo di tenere la mascella serrata per evitare che i denti cozzassero gli uni contro gli altri, l'odore del sangue dominava, il sangue che usciva dalla testa mozzata, il sangue sul terreno, accompagnato da un odore inconfondibile. L'uomo si era probabilmente urinato addosso quando l'ascia aveva reciso la sua vita ed i muscoli si erano rilassati.
Guardai il boia senza in realtà vederlo.
In quell'attimo capii che davvero stava per finire tutto, che stavo per morire.
Si dice che quando stai per morire tutta la vita ti passa davanti. Stronzate.
Se sei in battaglia dubito che tu abbia il tempo di pensare a tutto ciò che hai vissuto.
Ma se ti trovi nella mia situazione di allora, di quando ebbi tutto il tempo di realizzare che la mia vita sarebbe finita, allora pensi solo a chi è stato importante per te.
E non credo ci sia bisogno di dire a chi pensai...
Sono sicura che stavo sorridendo quando l'ascia si levò per colpire...
-PER L'OBLIVION! QUELLO COS'E'?!- la creatura atterrò sulla torre alle spalle del boia.
Era enorme, credo che tutta la piazza di Whiterun non sarebbe bastata a contenerla, la testa, grande quanto un carretto più cavalli, era sormontata da due corna. Il muso era allungato e quando aprì la bocca file di denti affilatissimi, di cui il più piccolo doveva avere circa le dimensioni di un pugnale. Le zampe posteriori erano dotati di artigli da far paura persino alla bestia, così come le estremità delle zampe anteriori, da cui poi partivano le ali, grandissimi ali nero pece come il resto del corpo, ricoperto da scaglie così lucide da sembrare un'armatura. Una macchia di tenebra a contrasto con il cielo sereno della giornata. Ma la cosa che mi terrorizzò di più furono gli occhi: gialli, vivi, era come guardare dentro le fiamme, e quegli occhi si posarono su di me.
Mi tirai su, in ginocchio, guardando il drago...ghignare?
Poteva un drago anche solo sorridere?
 
Zu'u lost daal, Dovahkiin!
 
-...?!- aprì la bocca ed io caddi a terra, cadendo nel fango e nel sangue a causa delle mani legate che mi impedivano di sorreggermi, muovendomi in maniera scoordinata nel sapere cosa sarebbe accaduto.
-NO!- esclamai, quando un getto d'aria fredda mi investì.
Fu come galleggiare, come se il tempo si fosse fermato. Intorno a me c'era il caos: la gente scappava, le case bruciavano, così come le persone. Sentii qualcosa crollare, i cavalli nitrire, ma io ero totalmente estranea a tutto questo.
Forse stavo andando a fuoco, ma non sentivo dolore, anzi, mi sentivo solo debole, pesante.
Senza che potessi far niente per evitarlo caddi a terra e persi i sensi.

 

 

 

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Capitolo 20
*** Chapter XIX- History of Flower ***


Chapter XIX
History of Flower
 
-Ehi, ehi svegliati! Iris!- non so quanto sono rimasta svenuta, credo pochi minuti, perché quando l'immagine di Ralof iniziò a palesarsi c'era ancora un macello incredibile intorno a me, e l'aria odorava di cenere e fumo, oltre che di carne cotta, quel terribile odore che ancora una volta ero costretta a percepire.
Qualcuno mi stava scuotendo la spalla con ben poca grazia.
-M-ma che...
-Andiamo, qui crolla tutto.- mi fece alzare afferrandomi il braccio e tirandomi in piedi, un movimento così rapido che mi girò la testa.
-F-fa piano!
-Non giocare a fare la delicata adesso!- mi prese le mani e con un pugnale armeggiò con le corde che le tenevano legate, e non riuscii a reprimere un sospiro di sollievo quando potei massaggiarmi i polsi -Andiamo!- feci per seguirlo, ma all'improvviso una fiammata ci separò, costringendo me a fermarmi per evitare di finire carbonizzata. Il calore delle fiamme quasi mi scottò il viso, ma almeno avevo le mani libere e potei indietreggiare facilmente.
Non potevo più vedere Ralof, e non avevo intenzione di attraversare le fiamme per ritrovarlo, in quel caos fatto di fuoco e morte il mio unico pensiero era sopravvivere, così mi guardai rapidamente intorno per cercare un modo per fuggire, finché non vidi un cavallo che, dentro il box di una stalla, cercava di aprire il cancello di legno per uscire, mentre delle fiamme si avvicinavano a lui.
Era la mia ultima possibilità.
Corsi verso la stalla, e feci per aprire il cancello di legno per far uscire il cavallo, ma un pezzo di trave bruciata cadde, costringendomi ad indietreggiare quando il fuoco lambì, anche se per pochissimi secondi, la mia mano.
Mossa dalla forza della disperazione mi guardai intorno, trovando l'ascia di un taglialegna con cui cercare di farmi strada, cercando di rimuovere la trave, ma non avevo abbastanza forza, non sapevo cosa fare, l'aria era pesante e sapeva di fumo, sangue, il nitrito del quadrupede impaurito mi rimbombava nelle orecchie...
-Sali!- mi girai, trovando Hadvar che mi tendeva la mano per salire sul cavallo su cui sedeva, e davanti al mio attimo di esitazione mosse la mano in un gesto di impazienza -Avanti, non c'è tempo!- vincendo ogni timore afferrai la mano callosa del legionario con quella sana, la destra, e salii a cavallo dietro di lui.
Rapidamente, ma mai abbastanza, Helgen divenne prima un concentrato di urla sempre più deboli, poi solo un puntino luminoso e infine una colonna di fumo troneggiata da un'ombra nera.
Girai la testa per guardami indietro, e di nuovo vidi che gli occhi gialli del drago mi cercavano. Rimase sospeso in aria per qualche secondo, poi ruggì contro di me e volò in picchiata.
L'ultima cosa che udii prima che Helgen sparisse dietro la collina furono delle urla.
 
-Perché l'hai fatto?- chiesi dopo un paio d'ore di cavallo. Oramai ero così abituata che quasi non sentivo più il dolore all'interno coscia dovuto alla cavalcata.
-Cosa?- ora procedevano ad un passo più lento rispetto al galoppo serrato a cui la bestia era stata sottoposta.
-Mi hai aiutata a scappare.- spiegai ad Hadvar con un filo di impazienza, poi guardai il cavallo -Credo che se non gli permetterai di bere morirà.- il Nord fece fermare la bestia tirando le briglie.
-Tecnicamente non sei più prigioniera. Abbiamo avuto un problema più grande. Molto più grande.- scese e mi invitò a fare lo stesso -C'è un ruscello lì.- ubbidii, senza nascondere il respiro di sollievo nel poter di nuovo respirare aria pulita e toccare i piedi a terra.
-Questo non ti imponeva di salvarmi.- dissi poi, riprendendo il discorso.
Lasciai che Hadvar si prendesse tutto il tempo che voleva per condurre il cavallo ad abbeverarsi, facendogli due carezze sul collo.
-Da quel che ho dedotto non avevi niente a che fare con i ribelli.- annuii, a confermare la sua ipotesi -Non mi andava che un'innocente morisse per un nostro errore.
-Beh, in ogni caso grazie.- mi avvicinai al piccolo fiumiciattolo e immersi la mano nell'acqua, gemendo di dolore -Dannazione!
-Dovresti curarla. Hannet lo farà volentieri.- sobbalzai -Cosa c'è?
-Io...non tornerò a Riverwood.- sentii il suo sguardo addosso, ma non mi girai a ricambiarlo -Devo solo riprendermi quanto basta e tornare a Cyrodiil.
-La vedo dura.- replicò Hadvar -Hai bisogno di riposare e Riverwood è la città più vicina, dove pensi di andare senza armi né armatura?- cavolo, aveva ragione -Inoltre...- il suo tono si fece più malinconico e solo allora alzai il viso per poterlo osservare.
Il legionario teneva lo sguardo fisso sul cavallo, apparentemente indifferente, ma non staccava gli occhi dal pelo della bestia ancora intenta a bere dal fiume.
-Tua madre l'ha presa male. Malissimo.- sentii lo stomaco contrarsi dal senso di colpa -All'inizio credeva fossi solo molto impegnata, poi però un tuo Compagno è venuto a cercarti, ma non saprei dirti chi fosse.- disse subito anticipando la domanda che stava nascendo, spontanea -Ha sofferto e non lo meritava, sai?- inspirai ma non dissi nulla -Proprio no, una madre non merita questo.- non potei più trattenere la rabbia.
-Non pensi che abbia i miei motivi per aver agito così senza il bisogno che tu mi faccia la predica?
-Non ti sto giudicando, credimi.- assicurò il Nord rimettendo le briglie al cavallo -Solo che... tu che hai ancora tua madre non la perdere, ecco tutto.- mi passai le mani tra i capelli, tradendo la confusione che provavo -Non ti dico di restare, ma almeno falle sapere che stai bene. Ne ha diritto.- montò in sella e mi guardò -Allora? Cosa vuoi fare?- lo guardai, non sapendo cosa rispondere.
-Già, bella domanda...
 
Come avevo potuto lasciarmi convincere?
Era per quello che avevo deciso di andar via, per proteggerla. Per proteggerli. I sogni in quei due anni non erano affatto passati.
Anzi, si erano intensificati, oramai i sogni di Hircine e gli altri, quelli che mi accompagnavano da prima che contraessi la Bestia, mi venivano a trovare ogni notte, quasi volessero ricordarmi il motivo della mia scelta e al tempo stesso dirmi qualcosa.
Oramai avevo rinunciato a capire. Nemmeno Olava era stata in grado di dirmi ciò che mi attendeva...e se tutto in qualche modo fosse stato collegato al drago?
Ci avevo rimuginato: a Helgen il fuoco e il sangue non erano mancati, forse era questo ciò che intendeva dirmi la vecchia, forse ero sopravvissuta e tutto sarebbe tornato alla normalità, anche se definire normale la mia vita era una divertente storiella e nulla più.
Ma non era solo quello a frenarmi: non avevo diritto di ritornare nelle loro vite, nelle vite di mia madre e Hannet, nella vita di Vilkas. E non potevo restare immaginandomelo con un'altra, magari.
Il solo pensiero faceva male.
-Siamo arrivati.- mi sporsi appena, riconoscendo l'ingresso per il piccolo villaggio di Riverwood. Non era cambiato molto: il paesino si sviluppava su un'unica strada dove si affacciavano le case, l'Emporio e la taverna del Gigante Addormentato. Era oramai mattina e la gente si dirigeva a lavoro nei campi o alla segheria, fonte di maggior guadagno della piccola città. Quando scesi da cavallo poco mancò che due ragazzini sbattessero contro di me per giocare, ma i miei occhi erano già puntati contro la casetta che, più lontana dalle altre, sembrava richiamare silenziosamente la mia attenzione.
Hadvar mi mise una mano sulla spalla.
-Devo parlare con un mio superiore, riguardo Helgen considera la tua pena annullata.- annuii -Vai da loro, ti verrò a cercare più tardi.- annuii distrattamente e mi diressi verso la casa.
I miei sensi di Bestia mi permisero di percepire l'odore di spezie che proveniva dalla casa, di sentire le voci di Hannet e...
mia madre.
Mi era mancata la sua voce.
Mi accorsi di tremare, quasi, quando bussai alla porta.
-Arrivo!- potevo ancora scappare e lasciare che mia madre continuasse con la sua vita, potevo andarmene e tornare Cyrodiil come se niente fosse e... -Cosa...?- la porta si aprì così rapidamente che sobbalzai appena.
Mia madre era invecchiata da quando l'avevo vista due anni prima: i capelli che una volta erano neri erano oramai quasi totalmente grigi fatta eccezione per qualche ciocca, il volto era oramai ricoperto da una sottile trama di rughe intorno agli occhi e la bocca e gli occhi erano stanchi. Era ancora bella, ma di una bellezza sfiorita troppo in fretta.
E sapevo che per buona parte era colpa mia.
Deglutii, avevo la gola secca, non riuscii quasi a parlare davanti il suo sguardo incredulo e perso.
-I-io...- lo schiaffo mi arrivò in pieno volto, rapido e anche abbastanza doloroso.
Ma più che meritato.
-Due anni...- sibilò con voce tremante la donna, quando tornai a guardarla notai che il suo labbro si sforzava di non tremare, mentre i suoi occhi erano lucidi -Due anni senza sapere niente di te.- abbassai lo sguardo, e l'abbraccio che seguì mi colse di sorpresa.
Ero più alta di lei, eppure mi sentii come il cucciolo che dopo aver vagato sperduto per ora torna tra le braccia della madre, e forse era così, non mi accorsi di quanto il suo abbraccio ed il suo odore mi fossero mancati finché non li ritrovai, finché non potei immergermi nell'odore di casa.
-Ma stai bene! Siano venerati gli Otto! Stai bene...
La strinsi forte, fortissimo, tanto che dovetti allentare la presa per regolare la mia forza, lasciando che indugiasse finché avesse voluto, poi quando si staccò mi guardò e mi prese il viso tra le mani: mi sfiorò le cicatrici del viso, mi carezzò i capelli, e lo fece con una tale delicatezza e minuzia da mettermi quasi a disagio.
-Vieni, entra in casa. Devi raccontarmi tutto e...- storse il naso -E puzzi, devi farti un bagno. Si può sapere cosa...?- scosse la testa -Dopo, ne parleremo dopo.
-Che succede qui?- la vocetta petulante di Hannet.
Non credevo mi sarebbe mancata, eppure accolsi la comparsa della vecchietta con un sorriso che la lasciò disarmata, quasi.
-Ma guarda un po' chi si rivede...- sollevò poi il bastone a cui si reggeva e me lo puntò contro -Brutta screanzata irresponsabile! Ti pare questo il modo di sparire, eh!? Due anni senza nemmeno scrivere una volta! E tua madre? Ci hai pensato!?
-Hannet va tutto bene.- disse Sameera dopo aver chiuso la porta, e la vecchia bretone scosse la testa.
-Sì, come no! Va tutto bene, certo. Ah, questi giovani così indisciplinati...- si voltò per tornare nella sua stanza, ma prima di darmi le spalle mi lanciò un fugace occhiolino che mi lasciò sorpresa e al tempo stesso mi fece sorridere.
Dopotutto non era così male essere di nuovo lì.
 
Era oramai sera inoltrata.
Hannet si era andata a coricare, ma non prima di avermi interrogata pesantemente su cosa avessi fatto in quei due anni e più di assenza e soprattutto se avessi fatto le “porce cose”. Ah, mi era mancato anche il suo atteggiamento irritante, in fondo, e poi da quella volta che mi ero confidata con lei nel bosco, dopo aver scoperto della sua licantropia, la sentivo molto più vicina, tanto da riuscire a tollerarla.
-Sei davvero andata ad Hammerfell?- mi chiese mia madre mentre l'aiutato a sistemare i piatti della cena, un'attività normale per molti quanto insolita per me.
-Sì.
-E come ti è sembrata?
-Calda. E...bella. Ma davvero crudele.
-Crudele?
-Lì ci sono categorie di persone che qui a Skyrim non avrebbero futuro. Persone intrappolate nella loro condizione, con il viso tatuato come un marchio.- Sameera mi guardò.
-Parli dei Fiori di Loto.- annuii.
-Inoltre la differenza tra ricchi e poveri è ancor più sentita. Se a Skyrim i poveri muoiono di freddo, lì il caldo li divora lentamente, favorisce la trasmissione di malattie e c'è molto più degrado.
-Le puttane sono sempre esistite, Iris, anche qui a Skyrim.
-Sì, ma è diverso, è...- con un'alzata di spalle interruppi la frase, non sapevo come finire la frase -Non hanno vita al di fuori di quei bordelli, non hanno speranza. Sono così...rassegnate. E disprezzate. Però mi hanno curato quando il cittadino più rispettabile mi ha scansata come una criminale.
-Hai parlato con una di loro?
-Mi ha prestato delle cure quando nessun altro l'ha fatto.
 
Si sente così intorpidita...
Eppure si è riposata, è in viaggio da appena due ore. Il caldo di Hammerfell è insopportabile, ma allora come può sentire freddo?
Si tocca la fronte e si accorge di scottare.
Non può essere malata, non è possibile! La Bestia non permette al suo corpo di ammalarsi, ma allora...
Si appoggia ad un muro, bollente a causa del sole della zona, e nel fermarsi viene urtata da un passante.
-Levati di mezzo, appestata!- che bastardo!
Se solo potesse rispondergli per le rime e dargli una lezione...
Ma è così stanca che sente le energie mancare semplicemente camminando, non potrebbe mai sostenere un combattimento.
Deve solo trovare una taverna, una taverna per riposare, adesso.
Si guarda intorno. Avere la vista sfocata è un problema, e se qualcuno le permettesse di parlare anziché fuggire alla sua vicinanza le farebbe comodo chiedere indicazioni.
Cosa sta succedendo?
-N-non...ce...- cade a terra.
L'ultima cosa che vede è un'ombra che la fissa attraverso un velo candido.
Tutt'altra situazione, invece, al suo risveglio.
Sente ancora un po' freddo, ma almeno ha smesso di tremare e sudare. E soprattutto ci vede bene. È debole, ma si sente meglio.
-Ce l'hai fatta.- si accorge della presenza della donna, la stessa vista prima di svenire, che sta seduta accanto al suo letto.
È giovane, avrà appena raggiunto la trentina d'anni, ed è stupenda: i tratti tipici dei Redguard sono resi aggraziati, probabilmente non è di sangue puro, ha profondi occhi neri da predatrice e i capelli castani lasciati sciolti, perfetti. E sulla guancia sinistra tre lacrime nere.
-Chi... chi sei?
-Sei fortunata.- replica invece, ha una voce bella e profonda -In pochi resistono al veleno dello scorpione d'oro.- scorpione d'oro?
Ma certo.
La piccola creatura che le stava risalendo lungo la mano deve essere riuscito a pungerla prima che lo scansasse, eppure non ha sentito nessun pizzico.
-Non stupirti, la sua puntura è letale proprio perché celata al dolore.- il suo sguardo cade sulla mano fasciata.
-Mi hai salvata...ma chi sei?
-Non possiedo il mio vero nome da anni. Ma molti mi chiamano Fiore del Deserto.- uno strano nome.
-In che senso non possiedi il tuo vero nome?
-I Fiori di Loto non possiedono nome, straniera. Nemmeno il Loto Bianco.- non ci sta capendo niente con tutti quei fiori in mezzo, ma non le ci vuole molto per capire.
Le vesti della donna, per quanto candide come la purezza, sono succinti e invitano alle fantasie più perverse, la stanza è ricca di cuscini e il letto dove siete presenta lenzuola e tende fine. E quel tatuaggio...
-Sei una prostituta.
 
-Beh, come dice spesso nonna Hannet, non è tutto oro quel che luccica, dopotutto.
-Già.- le passai l'ultimo piatto di argilla e nel prenderlo Sameera indugiò a lungo sulla mia mano, carezzandola appena.
Era sollevata e felice di vedermi, eppure la sentivo timorosa e distante.
-Mamma...
-Come è finita con quella donna?
-Per ringraziarla feci un patto con lei. Mi avrebbe permesso di dormire in una delle stanze finché non mi fossi ripresa del tutto, e in cambio sarei stata la sua guardia del corpo.
-Guardia del corpo?
-Il bordello dove lavorava era spesso teatro di scene raccapriccianti. Poteva capitare che un cliente non volesse pagare, o che cercasse di portarsi via la donna. O ancora peggio che, ubriaco, cercasse di aggredirne qualcuna.
 
-Ti fa male?- chiede Fiore, come la chiama lei, mentre la tampona la ferita sul labbro.
-Ne ho viste di peggio.- replica la ragazza muovendo il meno possibile le labbra.
-Oh, lo immagino. Sei così piena di cicatrici. Una fortuna.- la guarda perplessa e la donna continua -Nessuno vuole una puttana con le cicatrici, per quanto graziosa. Agli uomini piacciono solo le tre lacrime.- osserva attentamente il suo tatuaggio.
Tre lacrime, una sotto all'altra, piccole e stilizzate. Eppure quelle lacrime sono un marchio, peggio di un incisione a fuoco, persino delle cicatrici sulla schiena della lupa.
-Perché tre lacrime?- chiede poi quando Fiore termina la medicazione.
La donna scura gira appena il volto, in modo che le tre piccole figurine siano ancor più visibili.
-Tre lacrime per tre significati diversi. Lacrime di dolore: quelle che non dovremo mai versare se non nel buio delle nostre stanze- posò tutto dentro il cassetto di legno -Lacrime di gioia, quella che non ci è più dato provare.- chiuse con un uno scatto -Lacrime di piacere, quelle che dovremo dare ad ogni uomo che vorrà aprirci le gambe.- sente un brivido lungo la schiena.
Quando la donna torna da lei i suoi occhi sono lucidi, ma non piange.
-È...terribile.- mormora la ragazza -E non puoi ribellarti? Non puoi andare...?
-Dove?- la interrompe Fiore, ridendo senza alcuno scherno nella voce -Non so fare altro, Iris.- ammette -Fin da quando avevo dieci anni sono stata istruita alla Via dei Sette Sospiri, non mi rimane altro che seguire quello per cui sono nata. Una volta che ci sei abituata non è nemmeno così terribile.- fa una pausa -È il mio destino.
-Anche tu con questa storia?- le viene quasi spontaneo arrabbiarsi, ma Fiore non centra niente, Fiore non sa.
-Anche tu?- la bella donna si siede accanto a lei, aggraziata e silenziosa -Siamo umani, Iris. E se qualcuno lì in alto, che siano i tuoi dei o i miei, ha deciso qualcosa per noi non ha senso combattere. Non si sfugge alla propria natura, come si non sfugge al proprio Destino.- stizzita distoglie lo sguardo da lei -Da cosa fuggi?
-Non fuggo da niente.
-Allora da chi fuggi?- sobbalza appena e china lo sguardo, senza rispondere -Capisco.
-No, non puoi capire. Nessuno può!
-Per favore, bambina. La storia dell'eroina solitaria non regge più. Sei una guerriera, una cacciatrice e anche una mercenaria, ma sei soprattutto una donna. Una donna giovane. Puoi vestirti di ferro invece che di seta, puoi tagliarti i capelli invece di pettinarli, puoi far sanguinare gli uomini invece che andare a letto con loro, ma...- le prende il viso con una mano in modo che possa guardarla -Una rosa senza petali resta pur sempre una rosa, ricordalo.- si libera dalla stretta della Redguard quasi con sgarbo, chinando gli occhi perché non possa vederli rossi.
-Allora è la peggiore di tutte, perché non ha che le spine da offrire!
 
Raccontai a mia madre solo la parte riguardante le lacrime, ma non potevo dimenticare come le parole di Fiore mi avessero colpito nel profondo. Partendo da Skyrim avevo messo da parte la mia parte umana, dicendomi che instaurare nuovi legami non avrebbe fatto altro che causare altre paure e sofferenze.
Non volevo legare con Fiore, ma lei riuscì ad inserirsi nel mio cuore senza che potessi evitarlo. Mi dicevo che era una puttana, che non dovevo fidarmi, che comunque restava una donna senza dignità e forza, insieme a tutte le altre due ragazze che lavoravano per lei. Continuavo a dirmi che ero finita nel degrado, dalla sede dei migliori guerrieri di Skyrim ad un bordello di Hammerfell, eppure a modo suo Fiore si preoccupava per me, faceva in modo che le altre ragazze mi trattassero bene e non mi disturbassero, e soprattutto mi medicava quando gli avventori del bordello si facevano troppo molesti e finivano per prendercele da me.
-E quando te ne sei andata?
-Quando la guerra contro i Thalmor arrivò anche lì. Quando il caldo e gli stenti fecero crollare tutto, anche le mura dorate del bordello.- mi asciugai le mani su di un panno ruvido e lo sistemai vicino alla tinozza usata per lavare i piatti.
 
Fiore guarda quella che per anni è stata la sua casa. E sospira.
Molte ragazze sono morte, molte se ne sono andate.
Ma è così. Il Morbo giallo non lascia scampo, è già tanto che lei sia scampata.
E Iris, beh, Iris non teme di ammalarsi, quanto di essere scoperta.
-Cosa farai adesso?- chiede alla Redguard, che alza le spalle.
-Me ne andrò in un'altra città. C'è sempre posto per quelle come me.- le sorrise -E tu?
-Io me ne vado a Cyrodiil.- risponde subito la Nord, senza esitazione.
-A casa tua?
-No.
-Umh...- Fiore la guarda -Ascolta un consiglio bimba mia.- la chiama bimba, eppure non le separano che pochi anni di differenza -Non andare contro ciò che sei, non fuggire.- si avvicina e Iris lascia che le prenda il viso tra le mani, come più di una volta ha fatto -C'è qualcosa di meglio per te che una vita da vagabonda.
Sorride amaramente.
-Tutti non fanno altro che dirmelo, ma nessuno mi spiega cosa sia questo “qualcosa di meglio”.
-Scoprilo da sola, allora.
-Non ora.- replica lei -Forse un giorno, Fiore...ma non ora.- la donna sorride.
-È già qualcosa.- le dà un bacio sulla fronte, rapido ed inaspettato, poi la lascia andare -Ora addio.
-Forse ci rivedremo.- Fiore scuote la testa.
-Non credo. Le nostre strade si dividono qui. Non ti ci vedo proprio nei bordelli di Hammerfell.- ridacchiano entrambe, poi la donna si avvia verso la strada, ma Iris la chiama.
-Qual'è il tuo nome?- gliel'ha chiesto un sacco di volte, ogni volta, ma non ha mai ottenuto risposta.
Anche se...
-Mi chiamo Fiore del Deserto, te l'ho detto.- Fiore è lontana, oramai, eppure è sicura di aver visto le sue labbra piegarsi in un piccolo sorriso -Ma tu puoi chiamarmi Anthea.
 
-Non è stato così terribile lasciarla.- ammisi dopo aver finito di raccontare, oramai sedute al tavolo della piccola cucina -Ma è stato...strano.- feci una pausa -Ho sempre disprezzato quelle come lei, eppure mi ha salvata quando nessuno l'avrebbe fatto. E...beh, mi sono chiesta spesso che fine abbia fatto.- tornai a guardare Sameera e vidi che aveva gli occhi lucidi -Mamma?
-Avrei dovuto essere lì io con te...- non dissi nulla -Quando sei stata avvelenata.
-Mamma.- le presi una mano, mi accorsi che tremava -Sto bene, è andato tutto bene e...
-Ma poteva non essere così! Avresti potuto morire per colpa di quello scorpione ed io non avrei potuto fare niente per aiutarti.- si coprì il volto con le mani, sottraendole al mio tocco -Non capisci? Non capisci cosa è stato per me non avere tue notizie per due anni? Non sapere dov'eri, se stavi bene, se eri...eri...- riprese fiato, mentre dentro di me sentivo crescere un magone allo stomaco, sempre più forte, sempre più pressante -Due anni.- ripeté di nuovo.
Abbassai lo sguardo.
-Dovevo andarmene. Per accettare e dimenticare molte cose. Non...non potevo restare. Nemmeno per te.
-Sono tua madre!- replicò lei allora con più fervore.
Aveva ancora gli occhi lucidi, ma non avrebbe pianto, lei non piangeva mai.
-Sono solo una madre...- aggiunse ancora, ora più calma -Non capisci che se muori anche tu non sono niente? Sei mia figlia, sei la mia ragione di vita. Sei l'unica cosa che mi è rimasta di tuo padre.- chiusi gli occhi per evitare che le lacrime scendessero, io potevo essere una guerriera, ma forse non avrei mai posseduto la tempra di Sameera -Non mi resti che tu, Iris.- concluse alla fine.
Mi alzai in piedi e mi diressi verso la sua sedia, poi mi inginocchiai a terra, quasi cadendo di peso, come se le gambe non potessero più sorreggermi, poi circondai la vita di mia madre ed appoggiai la testa sulle sue gambe. Lasciai che mi abbracciasse, che appoggiasse la sua testa sulla mia, che mi carezzasse soffocandomi, quasi, con il suo odore.
-Promettimi che resterai...- mormorò, continuando ad accarezzarmi la testa, e mi morsi il labbro.
-Non posso prometterti una cosa del genere.- replicai, poi alzai il viso per guardarla -Ma posso prometterti che stavolta lotterò per farlo.- poteva non sapere della licantropia, potevo proteggerla dal fuoco e dalle fiamme che incombevano su di me, poteva non sapere molte cose, ma quella era mia madre, l'ultimo genitore che mi fosse rimasto, una donna che avevo fatto soffrire e che meritava più di una figlia come me.
In qualche modo avrei provato a farmi perdonare, avrei provato a donarle un po' di gioia.
 
Note dell'Autrice
Ecco qui un capitolo un po'...dolce?
Sì, dolce e calmo. Ho voluto rivelare uno degli episodi che si sono verificati durante i viaggi di Iris, e inserire questa prostituta. Il tatuaggio delle lacrime è ispirato a “le cronache del ghiaccio e del fuoco” del vecchio zio Martin, le ho trovate molto pittoresche. Ho voluto inoltre affrontare una piccola parte del carattere di Iris, quella in cui per dare spazio al suo essere Compagno e guerriero ha messo da parte il suo essere donna, ma come dice Fiore, non si può fuggire da quel che si è. Non so come mi è venuta in mente questo personaggio, è nato in fretta e all'improvviso, ma mi piace moltissimo. Spero piaccia anche a voi che leggete. Ah, un grande grazie va ad Afep che mi ha consigliato il nome Anthea.
E poi ho voluto approfondire il rapporto tra Iris e sua madre. Avevo promesso che Sameera sarebbe tornata, e spero di averla resa più viva ed interessante, di aver reso un po' più il rapporto madre/figlia, molto difficile da raccontare senza essere banale.
Ora vi lascio, alla prossima settimana
 
Lady Phoenix

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Capitolo 21
*** Chapter XX- The legend ends... ***


Chapter XX
The legend ends...
 
Passai alcuni giorni a Riverwood in cui mi riposai e in cui ebbi il tempo di raccontare ad Hannet e mia madre come fossi tornata a Skyrim. Tralasciai l'incontro con i banditi e la licantropia, e quando Sameera mi chiese della tunica buttai lì la scusa che fossero state le guardie a togliermi l'armatura e infilarmi quella tunica lercia. Sembrava molto più preoccupata che degli uomini mi avessero spogliata piuttosto che del drago.
Sì, a Riverwood tutti sapevano del drago. L'avevano visto volare via, lontano, ma l'avevano visto tutti e subito il panico si era diffuso nel villaggio. Le guardie attendevano ordini che non arrivavano e gli abitanti attendevano a loro volta risposte inesistenti.
Per quanto riguarda me, passai qualche giorno a Riverwood con mia madre, facendomi aggiornare sugli ultimi avvenimenti di Skyrim. La guerra civile era in fermento, i Manto della Tempesta erano più che semplici ribelli disorganizzati: erano un vero e proprio esercito dotato di armi, vettovaglie e soprattutto sostenitori.
La guerra aveva diviso città e famiglie, clan che prima contavano l'un l'altro ora non potevano nemmeno guardarsi in faccia senza venir alle mani, e Skyrim era nel caos.
-Sai, Ulfric era a Helgen.- raccontai a mia madre mentre ci dirigevamo verso l'Emporio per fare acquisti.
-Davvero? E com'è?
-Il classico Nord. Eppure emanava un'aura autoritaria che non tutti possiedono. Di chi è sempre stato abituato a comandare, insomma. E sinceramente non capisco come faccia ad assicurarsi la fedeltà di tanti Nord.
-Dovresti saperlo meglio di chiunque altro che i Nord sono molto attaccati alle loro tradizioni e dei. Ulfric combatte per entrambe e questo lo rende popolare.- sospirò -Tuo padre probabilmente l'avrebbe seguito.
-Già...- era incredibile, incredibile e triste come ancora, dopo quattro anni, non riuscissimo a parlare di papà, come non riuscisse a parlare di lui.
Mi chiesi se ce l'avrebbe mai fatta ad accettare la sua morte, come alla fine l'avevo accettata io. Non mi faceva meno male, no, ma almeno avevo trovato sollievo nei Compagni, con le parole di Kodlak, con Vilkas, ma lei?
Lei aveva almeno provato ad uscire dal passato?
-Iris!- fortunatamente la comparsa di Hadvar impedì che il discorso andasse avanti -Avrei bisogno di parlarti.- non potei evitare di provare un senso di allarme.
Era vero che la mia incolumità era stata garantita dallo stesso legionario, ma non riuscivo a fidarmi del tutto. Forse l'uomo capì cosa mi stesse passando per la testa, perché si affrettò ad aggiungere:
-Non temere, non è niente di grave. Ho solo bisogno di un favore.- guardai Sameera che annuì.
-Ti aspetto all'Emporio.
-Va bene.- una volta soli tornai a guardare l'imperiale -Cosa vuoi?
-Ho bisogno che tu mi faccia un favore.- alzai un sopracciglio -Devi andare a Whiterun.-spalancai gli occhi -Occorre che...
Whiterun, Jorrvaskr...
-No.- lo interruppi, incrociando le braccia -Non posso andare a Whiterun.
-Perché no?
Perché mi farebbe male. Perché mi ha detto di non tornare più. Perché non voglio vederlo con un'altra o magari scoprire che è morto. Perché non avrei il coraggio di affrontarlo.
-Questioni personali.
-Beh, dovrai metterle da parte.- assottigliai gli occhi.
-Non accetto che un Imperiale mi dia ordini.
-Questo imperiale ti ha salvato la vita a Helgen.
-Me lo stai rinfacciando?!- inspirai profondamente per evitare che gli occhi iniziassero a bruciare, la Bestia già ringhiava contro il mio petto.
A dispetto del lampo di paura che vidi passare negli occhi del Nord, egli non cedette e tornò alla carica più determinato di prima.
-Ho bisogno che lo Jarl venga avvisato della presenza del drago e che mandi qualche guardia verso Riverwood. È tremendamente vicina a Helgen, il drago potrebbe attaccarci.
-L'abbiamo visto volare dalla parte opposta!
-Vuoi davvero rischiare di vedere tua madre andare a fuoco?!- la durezza delle sue parole mi colpì e riuscì anche a zittire le mie proteste -Se davvero quel...quel drago attaccasse Riverwood niente potrebbe impedirgli di ridurla come Helgen.- mi morsi il labbro.
-Perché non vai tu?- gli chiesi allora, ma con rabbia riconobbi già una nota di resa nel mio tono -Perché io?
-Ho ricevuto ordini precisi dal comandante, tra un'ora devo essere in partenza e mi è stato impedito di lasciare il guppo. Ho provato ad insistere, ma dobbiamo tenere più soldati possibili sul confine a causa...sai, dei Manto.- fece una pausa -Te non sei un soldato, ma sai badare a te stessa. Facevi parte dei Compagni, potresti chiedere...
-Va bene, va bene!- lo interruppi allora, sbuffando stizzita -Vado. Ma non ti assicuro niente, non ho mai visto lo Jarl nemmeno quando ero un Compagno, come puoi pensare che una viandante possa essere accolta? Non mi presteranno nemmeno ascolto.
-Tu sottovaluti lo Jarl Balgruuf. Dì che ti trovavi ad Helgen e vedrai che sarà più che disposto ad ascoltarti.- mi morsi il labbro, non ero affatto felice di questa decisione, ma Hadvar aveva ragione: il drago avrebbe potuto attaccare in qualsiasi momento e non sarebbero bastate quel pugno di guardie per fermarlo, la mia coscienza mi impedì ancora una volta di stanne fuori.
E quelle parole, le parole di Olava, erano impossibili da dimenticare.
 
Tu sei figlia loro, sei figlia del fuoco e del sangue.
 
Il drago non aveva fatto altro che mettermi più timore a riguardo.
-Dammi qualche ora per prepararmi, devo rimediare un equipaggiamento decente e un cavallo.- guardai il sole mattutino -Se mi sbrigo sarò a Whiterun nel primo pomeriggio.
 
Il sole aveva da poco iniziato la sua discesa quando, finalmente, riuscii a vedere Whiterun spuntare dietro le colline.
Mi accorsi che stavo sorridendo e che il cuore mi batteva all'impazzata. E inevitabilmente la parola “casa” galleggiò nella mia mente, tanto che dovetti scuotere la testa per riprendermi e costringere il cavallo a riprendere il trotto.
-Quella non è più casa tua.- mormorai -Ricordatelo.- con un colpo di briglie aumentai il passo perché la pioggia già stava iniziando a cadere e non intendevo entrare a Whiterun con la puzza di cane addosso, che con l'acqua si faceva sempre pungente.
Un inconveniente non da poco, soprattutto quando la gente porgeva domande del tipo: ma si può sapere cosa hai fatto? Puzzi di cane!
Sperai che il mantello che indossavo mi avrebbe coperta a sufficienza, anche se conoscevo abbastanza bene Skyrim per sapere che una pioggia del Primo Seme non è certo quella dell'estate, ma scoprii di ricordare bene la strada e quando arrivai alle stalle la pioggia non era ancora così violenta come mi aspettavo.
-Avete posto per il mio cavallo?- chiesi a Skulvar, lo stalliere di Whiterun.
Era un Nord oramai non più giovane. La pelle chiara era costantemente arrossata dal sole preso in anni di lavoro nelle stalle. Era un brav'uomo, ma un po' rude e diffidente nei confronti degli stranieri, e la mia posizione da incappucciata non mi aiutò certo a guadagnarmi un sorriso.
-Mh...- un cenno affermativo del capo ed uno sguardo accigliato fu tutto quello che mi dedicò -Per quanto?
Forse se mi avesse riconosciuta non sarebbe stato così freddo, devo dire che nonostante non fossi una Nord pura mi ha sempre trattata con rispetto.
-Un giorno.
-Fanno dieci septim.- pagai la quota richiesta senza dire niente e mi diressi verso il cancello principale, che trovai chiuso.
-Ferma lì!- due guardie incrociarono le loro lance e mi impedirono di passare -La città è chiusa a causa dell'allarme drago, nessuno può passare.
-Nemmeno un messaggero con delle notizie urgenti per lo Jarl?- replicai con tutta la sicurezza di cui disponevo.
-Sono le regole.
-Allora immagino che quando il capo saprà che due soldatini non hanno permesso alle notizie di arrivare non si arrabbierà. Dopotutto sono le regole.- gli feci il verso, e quelli si guardarono a disagio.
-E va bene, puoi entrare, piccoletta.- alzai un sopracciglio all'appellativo -Ma dovrai pagare un pedaggio.
-Pedaggio?- da quando a Whiterun si doveva pagare il pedaggio per entrare?
-Sì, sei sorda per caso?- se sbagliavano di intimidirmi si sbagliavano.
-No, non sono sorda, e nemmeno stupida, questa altro non è che estorsione!- pausa -Quindi facciamo così. O mi fate entrare senza troppi problemi, oppure vi prendete la responsabilità di aver impedito la circolazione di importanti notizie.- feci una pausa, attendendo a braccia incrociate il risultato, poi...
-Ma...ma tu...
-Avanti, Erik, falla finita.- uno dei due interruppe il compagno abbozzando anche un sorriso -Stavolta ci ha fregato. Niente di personale piccoletta. Si giocava un po'.
-Oh certo, immagino.- replicai, per niente ammorbidita, poi aspettai che aprissero le porte ed entrai in città.
La pioggia non aveva reso Witherun meno viva: le strade erano piene, qualche carretto faceva avanti e dietro verso il mercato sulla cui piazza si affacciava la Giumenta Bardata, la taverna della città.
La città non era cambiata affatto e questo mi causava uno strano senso di appartenenza misto ad estraneità, non sapevo se sentirmi sollevata o a disagio a trovarmi lì, e con gli occhi catturai ogni edificio, ogni particolare, confrontando cosa fosse cambiato e cosa fosse rimasto uguale. Per la maggior parte delle cose, era tutto come ricordavo.
-Frutta, frutta e verdura! Avanti, sto per chiudere, approfittate!- la voce di Carlotta Valentia mi distrasse, e un ricordo affiorò nella mia mente, cogliendomi di sorpresa.
 
Normalmente leggere la rilassa, ma stavolta non riesce proprio a calmarsi.
Si sente così stupida, eppure non può farne a meno, non riesce a...a non provare quel fastidio, quella sensazione spiacevole allo sterno che si propaga per il corpo.
Forse allenandosi potrebbe passare tutto questo.
Non fa in tempo nemmeno ad alzarsi che Vilkas entra nella stanza, senza nemmeno bussare.
Vorrebbe tenere il punto e leggere come se non fosse accaduto nulla, e per un po' ci riesce. Per circa dieci secondi.
-Chiacchierata piacevole?- chiede infatti.
-Con Carlotta Valentia...certo, mi ha pagato.- fa una pausa -Potevi aspettarmi.
-Oh sembravate così presi che non ho voluto disturbare.- gli sorride, un sorriso che ricorda quello di una vipera che sta per mordere la mano del malcapitato, poi torna a leggere.
Lo sente ridacchiare.
-Non ci credo...
-Cosa?
-Non sarai mica gelosa?
-NO!
-No? Invece...ahia!- Vilkas si massaggia la testa, proprio dove lei l'ha colpito con il libro -Ma sei impazzita?
-Così impari a dire stronzate! E comunque rimani un porco maledetto! Ti ho visto mentre fissavi le sue...- quando cerca di colpirlo per la seconda volta Vilkas le blocca il polso, afferrandolo e gettando il libro da una parte la spinge sul letto, ignorando le sue proteste.
-Carlotta è molto bella, è vero.- ammette, stringendo appena la presa sui polsi di lei quando cerca di liberarsi -Ma non è lei la mia donna. Non è con lei che vado in battaglia per poi condividere il letto poche ore dopo, non è con lei che siamo usciti dalle Vecchie Glorie. E non è lei a conoscere la mia storia. Tutta la mia storia.- accidenti!
Se vuole ammorbidirla ci sta riuscendo benissimo.
E poi quando la guarda in quel modo, quando la spoglia con gli occhi non riesce a resistergli.
Forse potrebbe perdonarlo, stavolta...
Forse.
 
Dannati ricordi...
Distolsi lo sguardo dalla bancarella, dirigendomi verso le scale che mi avrebbero portato al Distretto delle Nuvole, a Dragonreach. Lì sperai di poter rapidamente ottenere un'udienza con lo Jarl ed altrettanto rapidamente poter lasciare quella cittadina.
Ripresi a camminare evitando un uomo con un carretto, evitando il più possibile le pozzanghere, anche se tra l'affollamento generale e l'aumento della pioggia finii comunque per ritrovare gli stivali zuppi fino alle tibie, e soffocai un'imprecazione tra i denti.
-È un segno, sicuramente un segno.- pensai continuando a procedere a testa china e con il cappuccio calato sul volto a causa di quella maledetta pioggia che ogni ad passo faceva uscire una nuova imprecazione -Io non dovrei essere qui! Eppure dire no è sempre stato così facile...
Procedevo a capo chinato quanto bastava per evitare le persone al loro passaggio, e salendo le scale mi imbattei nella sagoma di Dragonreach.
-Bene.- ero soddisfatta di averla trovata, presa dal guardarla a tal punto che non mi accorsi della persona che procedeva alla direzione opposta alla mia e contro cui urtai.
Doveva essere un Nord data l'altezza e la facilità con cui lo scontro mi spinse di lato. Non celai la mia irritazione, tuttavia ero consapevole di essere nel torto e mi affrettai a borbottare un paio di scuse sperando di non essermi imbattuta nel rissoso di turno e cavarmela in fretta.
-Non fa niente...- il mio cuore perse un battito.
Alzai rapidamente lo sguardo ed altrettanto rapidamente lo distolsi via, fuggendo dal viso di Vilkas che, affiancato da una donna che non conoscevo, mi osservava.
Era terribilmente uguale a quando l'avevo lasciato, forse qualche cicatrice in più faceva capolino sul suo volto, ma per il resto era sempre lui, il mio Vilkas con lo sguardo perennemente accigliato ed i capelli scuri che gli cadevano disordinati e appiccicati alla fronte a causa della pioggia.
E rimasi a guardarlo, incapace di muovermi, di rompere quell'incanto. Ero vittima di battiti del mio cuore impazzito. Potevo sentirlo battere così forte da rimbombare nelle orecchie.
-Tutto bene?- la sua voce mi riscosse, e mi fece ricordare solo in quel momento che avrebbe potuto facilmente riconoscere il mio odore, anche se momentaneamente mascherato dalla pioggia e da alcune erbe chi mi aveva dato Hannet.
-S-sì, va tutto bene. Scusa.- mormorai rapidamente, e mi affrettai a salire le scale rapidamente, scappando palesemente via e trattenendo il cappuccio con le mani, un riflesso istintivo dettato dalla paura che potesse cadere.
-Ehi, aspetta un attimo...- non mi fermai, assolutamente, e dovetti sforzarmi per non salire i gradini tre alla volta, non volevo assolutamente attirare ulteriormente la sua attenzione, ma non resistetti a girarmi di nuovo verso di lui una volta raggiunta la cima della scalinata.
Mi stava ancora osservando.
-Vilkas, vieni.- la donna a me sconosciuta lo tirò appena per un braccio e lui si lasciò guidare -Ci attendono gli altri.- non mi mossi, non osai.
-Sì, andiamo...- e solo una volta che la sua figura si confuse con la massa distolsi lo sguardo per sospirare.
Ero ancora innamorata di lui, ero ancora legata a quello a cui avevo rinunciato.
Mi portai una mano al cuore, sentendolo battere fortissimo.
Non avrebbe dovuto battere così, non avrei dovuto provare tutto ciò. Credevo che la lontananza avesse attutito il dolore, così mi era parso, ma una vocina fastidiosa nella mia mente mi ricordò che avevo pensato a lui e solo a lui quando credevo che l'ascia del boia mi avrebbe staccato la testa.
Alzai appena il volto, inspirando e scacciando il groppo alla gola che si era creato. Con quell'incontro si era verificata la vera ragione che mi aveva vista riluttante a tornare in città. Vederlo. Vederlo con un'altra.
Attesi, appoggiata alla parete per qualche secondo, che riuscissi a calmarmi, a riprendere quell'aria indifferente che avevo mantenuto per tutto il tempo, poi ripresi a salire.
Alla fine della scalinata un ponte di legno sovrastato da un portico, in legno e pietra, era sorvegliato da guardie armate fino ai denti, ne contai sei, rivelando un ingresso semplice ma al tempo stesso maestoso, un portone di legno che avrebbe resistito a qualunque assalto.
-Ehi ferma dove sei.- mi fermò una guardia, ed io ubbidii -Cosa vuoi?
-Devo vedere lo Jarl Balgruuf, è urgente.- lentamente misi la mano nella bisaccia che portavo con me e ne estrassi una pergamena arrotolata -Devo consegnare questo dispaccio...- ritirai la mano quando la guardia fece per prenderlo -Solo a lui.
-Lo Jarl ha di meglio da fare che leggere i messaggi di una viandante.- accidenti, ma le guardie le facevano tutte uguali?
Avevo già sentito quella frase.
-Riguarda il drago che ha attaccato Helgen pochi giorni fa.- dissi con tono spazientito, e con piacere notai che ottenni almeno l'attenzione dell'uomo, i cui occhi si intravedevano appena attraverso l'elmo che gli copriva il volto -Allora?
-Va bene, puoi entrare.- fece un cenno a due guardie, un uomo e una donna, che si affrettarono a raggiungerlo -Scortate la ragazza dentro. Assicurate che lasci tutte le armi e tu perquisiscila.- aggiunse rivolta alla donna, che annuì e mi fece cenno di seguire lei e il compagno dentro Dragonsreach.
La porta si chiuse dietro di me non appena varcai la soglia, e i miei occhi vagarono dentro la fortezza: il salone era grande e le voci dei servi e dei nobili che vi risiedevano mi arrivavano chiare, grazie anche ai miei sensi di lupo che fremevano, come ogni volta che mi trovavo in un posto nuovo, una lunga tavolata dove sedevano diversi funzionari era apparecchiata e cibarie di ogni sorta vi facevano bella mostra
-Dammi l'arma.- ubbidii anche se di malavoglia, e porsi l'arco e il pugnale al soldato avanti a me, in attesa.
-Vedi di non rompere niente.- dissi, e quello mi guardò male, ma non rispose e dopo aver preso in custodia l'arco si diresse verso lo Jarl.
-Ma quanto puzzi, cosa sei, un cane?- mi chiese poi la donna storcendo il naso.
-Dopo essere fuggita da un branco di lupi affamati vorrei sentire il tuo odore.- replicai, anche se potevo sentirlo benissimo e non mi piaceva affatto.
Molti soldati hanno lo stesso odore, sanno di ruggine, di polvere, sudore e spesso di idromele o birra, ma nei miei anni come lupa appresi che ognuno di noi ha un odore di verso, anche se non mi soffermai su quello della donna stabilii che né il suo né quello del soldato che mi aveva preso le armi mi piaceva.
Una volta che furono sicuri che fossi innocua (sempre che un lupo mannaro possa ritenersi innocuo), mi permisero di avvicinarmi a circa due metri dalle scalette che rendevano il trono sopraelevato rispetto al pavimento.
E sopra di esso, Balgruuf: un uomo che aveva oramai superato i quarant'anni, con capelli biondi e la barba lunga, secondo la tradizione Nord. Era vestito elegantemente, ma dalla postura e lo sguardo annoiato e per niente nobile capii che più che un nobile doveva essere un guerriero, come mostravano le cicatrici sul volto e una sul braccio destro lasciato scoperto dalla manica dell'abito.
-Mio Jarl, c'è un messaggero per te.- nel sentirsi chiamato in causa, Balgruuf si affrettò a ricomporsi sul trono e ordinò che mi facessi avanti, ubbidii, ma non appena feci per aprir bocca una dunmer, che stava in piedi alla destra dello Jarl, mi anticipò.
-Ti trovi al cospetto dello Jarl Balgruuf, donna. Inchinati come è solito fare in presenza di qualcuno più importante di te.- dovetti mordermi il labbro inferiore per non rispondere a tono a quegli occhi rossi, ma Balgruuf le mise una mano sulla spalla.
-Lascia stare Irileth.- la guardava con autorità, ma anche con rispetto, e l'espressione arcigna dell'elfa scura sparì.
-Ma signore...
-Sentiamo cosa ha da dire.- fece una pausa e mi squadrò -Sei un volto conosciuto.
-Ho fatto parte dei Compagni...mio Jarl.- affrettai ad aggiungere quando sia l'elfa che qualche funzionario mi guardarono male.
Cominciavo a capire come mai Skjor avesse odiato tanto accompagnare Kodlak a corte.
-Mi hanno detto che hai notizie riguardo al drago. Ebbene?- nonostante non mi fosse stato concesso alzai il capo per guardare negli occhi il mio interlocutore -Almeno è la verità?
-È la verità.- confermai -Un drago ha attaccato Helgen, mio signore, e Riverwood...- presi la pergamena e la mostrai -...chiede rinforzi.
Irileth si affrettò a prenderla e portarla a Barlgruuf, che la lesse rapidamente e tornò a guardarmi.
-Vogliono che mandi dei soldati a tenere il confine occidentale.- annunciò a Irileth senza smettere di osservarmi.
-Ma signore, il confine occidentale è quello che dà su...
-L'Eastmarch. Lo so.- la precedette -Come so che Ulfric potrebbe pensare ad un attacco contro i suoi domini.- sospirò e si rivolse a me -Ragazza, hai mai visto il drago di cui si è tanto parlato in questi giorni?
-Ero a Helgen signore, l'ho visto con i miei occhi. E posso dirvi che se non manderete quelle truppe, Riverwood farà la fine di Helgen, e non resteranno che macerie e cadaveri. Vi prego, non potete...
-Non spetta a te dire cosa posso o non posso fare.- mi zittì, poi sospirò -Tuttavia non posso lasciare che la mia gente muoia. Ulfric se ne può andare nell'Oblivion e pensare quello che vuole. Questa non è la mia guerra, non ancora almeno.- Irileth sembrava voler dire qualcosa, ma alla fine si limitò ad un cenno del capo.
-Avverto le truppe, signore?
-Sì. Cerca il capitano Marcus e digli di preparare un gruppo. Voglio almeno tre veterani in partenza per Riverwood entro stasera.
-Sì, Jarl Balgruuf!- Irileth sparì dietro una porta, e tornai a concentrarmi su Balgruuf e quello che doveva essere il suo consigliere.
Stavano parlando a voce bassa, ma riuscivo lo stesso a sentire quel che dicevano.
-State rischiando molto, signore. Non sappiamo niente di questa ragazza, potrebbe essere una spia di Ulfric o una pazza in cerca di gloria, o...
-Proventus, capisco le tue paure, ma se anche fosse non posso rischiare. Non sono Jarl solo per indossare una bella corona e scaldare il trono con il culo.- vidi l'Imperiale storcere la bocca a quel linguaggio.
-Signore, la fonte non è attendibile. Insomma, sappiamo tutti cosa stava accadendo a Helgen, le voci corrono. Cosa ci faceva lei, lì?- entrambi si voltarono a guardarmi, ero ancora con un ginocchio a terra, in attesa che mi dessero il permesso di alzarmi.
-Altri due minuti poi mi alzo. Ho fatto anche troppo.- pensai, irritata e decisa più che mai ad andarmene.
Nel frattempo, la pioggia doveva essere aumentata di intensità, perché la sala era scura nonostante fosse primo pomeriggio, tanto che erano state accese delle torce, inoltre l'odore di legno umido riempiva Dragonreach, mescolandosi con altri odori pur restando quello più prepotente.
-Alzati.- mi disse finalmente Balgruuf, e ubbidii senza nascondere il sollievo nel poter staccare il ginocchio dal pavimento -Cos'altro puoi dirmi riguardo a questo drago?
-Non molto, sono fuggita subito. Ma era enorme e sputava fuoco, come dicono le antiche leggende nord, e...
-JARL BALGRUUF! JARL BALGRUUF, SIGNORE!- ci girammo tutti verso la guardia che, con il fiatone.
Era bagnato fradicio e tremava, ma capii che non era a causa del freddo.
Gli occhi erano spalancati e rossi, e sul corpo presentava graffi e bruciature di diverse entità, di cui la più grave una che gli prendeva la spalla e parte del corpo.
-J-jarl B-algruuf...
-Aiutatelo, che aspettate!- esclamò lo Jarl, ed essendo la più vicina al soldato mi affrettai a fargli passare un braccio intorno alle mie spalle e condurlo vicino lo Jarl, che a sua volta si avvicinò -Cosa è successo?
-D-drago, mio signore.- mormorò quello a denti stretti a causa della ferita, e sentii il mio cuore perdere un battito -A-allora torre...o-occidentale! Si sta dirigendo alla t-torre.- non potevo reggere il suo peso a lungo, ma fortunatamente due soldati lo portarono via sotto ordine dello Jarl liberandomi del suo peso.
-Signore!- nel frattempo Irileth era tornata -Ho saputo del drago, cosa facciamo?
-Mi sembra ovvio. Andiamo a combatterlo.- disse infine.
-Signore, non è saggio che ti esponga a tal punto.- lo fermò Irileth.
-Cosa? Non posso stare qui mentre...
-Potete e lo farete. Non possiamo perdere il nostro Jarl, soprattutto adesso.- se fosse stato qualcun altro a parargli un quel modo ero sicura che Balgruuf l'avrebbe sistemato per le feste, ma Irileth sembrava avere un rapporto profondo con lui e dopo un breve battibecco riuscì a far desistere il Nord.
-E va bene. Tu...- sobbalzai quando si rivolse a me -Tu andrai con loro.
-Io? Perché?
-Sei l'unica di noi ad aver visto un drago, e potresti esserci utile. Abbiamo bisogno di tutti i mezzi a nostra disposizione per abbattere quella creatura.
-Ma io non sono un ammazzadraghi, mi trovavo ad Helgen per caso!- esclamai -Non posso abbattere...
-Stammi bene a sentire. Il drago è un problema comune, adesso. Se non lo fermiamo, Witherun non sarà che la prima a cadere. Non vedrò la mia città messa a ferro e fuoco per colpa di una lucertola e se hai almeno un briciolo di umanità in te, allora dammi una mano a difendere il mio popolo.- mi morsi il labbro inferiore.
 
Avrei dovuto imparare a dire no.
In questi ultimi giorni a forza di dire sì mi stavo cacciando in guai sempre più grossi, ma avevo la brutta sensazione che presto non ci sarebbe stato più niente da cui fuggire, affatto.
Impiegammo circa due ore per raggiungere la Torre occidentale, e la pioggia non aveva affatto diminuito la sua intensità.
-Proprio un bel giorno per morire.- sentii borbottare una guardia che mi cavalcava accanto, e non potei fare a meno di pensare che avesse ragione.
Inspirai profondamente: ero spaventata, e molto, ma insieme alla paura c'era un altro fattore che non avevo preso in considerazione, un fattore chiamato Bestia.
Il lupo percepiva l'aria della battaglia. La sentiva nella paura delle persone, nei miei battiti del cuore, nella tensione così palpabile tanto da poter essere tagliata con una lama. Tutto ciò rendeva la bestia famelica, ansiosa di attaccare, e di conseguenza anche io ero soggetta a questo desiderio.
Aspettavo il drago con un misto di fremente attesa e profonda paura.
Non dovetti attendere molto.
Quando arrivammo, la torre di guardia occidentale era ridotta oramai a metà della sua altezza originale, e soprattutto era circondata dal fumo e dalle fiamme. Il drago ne aveva buttata giù una buona parte e sembrava impegnato a masticare qualcosa.
Non volli indagare.
-Soldati, scendiamo da cavallo, procediamo a piedi!- urlò Irileth, a capo del gruppo, e strinsi con più forza le briglie prima di frenare ed ubbidire.
Scelta saggia, sarebbe stato inutile condurre un vero e proprio assalto con i cavalli, il drago ci avrebbe comunque colpiti se avesse voluto e inoltre avremmo potuto rischiare di essere schiacciati dal loro peso in caso di caduta.
-Aspettate!- ci girammo e soffocai un'imprecazione tra i denti.
-Cosa volete, Compagni?- li apostrofò Irileth quando Vilkas, Farkas e Aela si avvicinarono al gruppo, smontando da cavallo, con al seguito gli altri Compagni -Non è la vostra battaglia.
Io mi spinsi appena più indietro, tenendo le mani sul cappuccio, di nuovo, come se dovesse cadere. Che accidenti ci facevano i Compagni, lì?
-Ogni battaglia appartiene ai Compagni se c'è bisogno di proteggere la nostra casa.- replicò Aela, e Farkas annuì -E poi non mi pare questo il momento di discutere, Irileth.
Come Vilkas nessuno dei due era cambiato in particolar modo, e non so dire che il fatto che fossero precisamente come li tenevo nei miei ricordi mi facesse più male o bene. Repressi l'istinto che avevo avuto con Vilkas di farmi riconoscere, di correre da loro, e lasciai che se la sbrigasse l'elfa scura.
-Mi sta bene.- disse infine l'houscarlo -Ma non ci prendiamo responsabilità per i vostri morti.
-Non ve l'abbiamo mai chiest...
-ATTENTI!- il drago si era spostato e volò sopra di noi rapidamente, spalancando le sue fauci per far uscire una fiammata.
Mi gettai di lato con le urla di chi non ce l'aveva fatta, e quando alzai il busto tra la pianura verde del feudo c'era una striscia di fiamme e cenere dove facevano bella vista cadaveri carbonizzati.
Non credevo ai miei occhi.
-Arcieri, presto!- urlò l'elfa scura -Mirate!- presi l'arco ed estrassi una freccia, puntandola verso il drago, ma né io né gli altri arcieri avemmo fortuna dato che il drago le evitò semplicemente spostandosi con un mezzo giro per poi girare di nuovo verso di noi e guardarci.
-Dobbiamo farlo scendere!- urlò Vilkas, sovrastando la pioggia che iniziava a farsi più fitta -Dobbiamo cercare di far valere il nostro numero a livello strategico.
-E come pensi di farlo scendere?- gli chiese Irileth -Glielo chiederai per favore?- il drago ruggì di nuovo -A riparo!- una nuova fiammata rese l'aria terribilmente bollente, ma c'era qualcuno che non era pronta a schivarla.
-RIA!- mi gettai sull'Imperiale appena in tempo e sentii il fuoco bruciarmi appena i capelli, tanto che appena la fiammata si estinse mi toccai la testa, sospirando di sollievo quando trovai ancora tutti i capelli attaccati alla cute.
-G-grazie.- l'Imperiale si alzò da terra e mi osservò -Ma come...?
La terra tremò e quando mi girai vidi con orrore che il drago era atterrato.
Non era lo stesso che avevo visto a Helgen, il corpo era di un color avorio molto scuro ed era più piccolo, ma di certo non meno temibile: una fila di zanne grandi quanto pugnali affilatissimi facevano mostra di sé nella bocca della creatura, gli occhi erano neri come la notte e le corna sopra la testa e le zampe artigliate avevano già iniziato a cercare vittime tra i soldati che coraggiosamente si erano avvicinati per cercare di ferirlo.
-Per Shor allora è vero!- il drago ruggì di dolore quando una freccia di Aela gli arrivò in faccia, precisamente vicino l'occhio, e subito si girò per cercare di inghiottire la cacciatrice che schivò gettandosi si lato, ma la bestia non aveva ancora finito con lei dato che alzò la zampa per cercare di schiacciarla.
-Ehi, di qua!- presi anch'io l'arco e riuscii a colpire dove Aela aveva fallito, ovvero nell'occhio destro del drago, che dolorante si voltò verso di me e mi ruggì contro, ma a dispetto del corpo che iniziò a tremare come una foglia non indietreggiai di un solo passo e mi affrettai ad estrarre la spada dal fodero.
-Avanti, sono qui! Avanti!- lo incitai.
 
Thurri du hin sille ko Sovngarde!
 
-Eh?- aveva parlato.
Il drago aveva parlato, ne ero sicura!
Non sapevo cosa significassero le sue parole, ma le avevo chiaramente sentite! Poteva parlare e lo aveva fatto!
Con una delle sue zampe artigliate, la bestia cercò di afferrarmi, ma usai la lama della spada per poter intercettare l'artiglio quanto bastava per poter indietreggiare, poi cercai di attaccarlo puntando al muso, ma non ebbi fortuna e mi affrettai ad allontanarmi di nuovo, appena in tempo per evitare il colpo di coda della bestia che con un solo movimento spinse via una manciata di uomini come fossero soldatini di legno.
-AAAH!-Vilkas colpì il fianco del drago con un colpo dello spadone, attirando su di sé l'attenzione della bestia, che senza nemmeno accorgersene mi colpì in pieno con la coda, sbalzandomi lontano a diversi metri.
-Ugh!- fui fortunata, perché non mi colpì proprio con l'estremità dove diversi spunzoni la rendevano un'arma temibile quanto le zanne o gli artigli, ma la botta che ricevetti in pieno stomaco e che mi fece rotolare di alcuni metri ebbe il potere di togliermi il fiato.
-Avanti, circondatelo! Arcieri, con me!- ordinò Aela nel frattempo -Dobbiamo colpirlo ai punti vitali.- sentii una mano sul braccio che cercava di tirarmi su, e nonostante fossi dolorante cercai di sfuggirle quando riconobbi la mano della Compagna -Tu vieni con...- alzai lo sguardo ed incontrai gli occhi della cacciatrice, spalancati -Tu!- merda.
-Attenti, sta per rifarlo! Sta per rifarlo!- approfittai della fiammata che distrasse Aela per liberarmi dalla sua presa e spostarmi di nuovo per cercare di colpire il drago. Rapidamente ripresi in mano l'arco, e stetti riparata dietro un cumulo di resti della torre per evitare di espormi troppo e riprendere fiato a causa del colpo.
Lo stomaco mi faceva male, l'agitazione e la paura del momento si mescolavano all'adrenalina in maniera caotica. Non so cosa mi aveva permesso di piazzarmi avanti al drago ed affrontarlo con una misera spada. In quel momento di lucidità compresi la mia follia e vidi le mie mani tremare.
-No...- pensai -Non ora, non adesso!- dovevo rimanere ancora lucida, dovevo mettere da parte la paura come avevo sempre fatto.
Non cancellarla, non ignorarla, ma controllarla, reprimerla, come mi era stato insegnato da mio padre.
Mi concessi cinque secondi. Cinque secondi per permettere alla paura di prendere possesso di me, di incatenarmi dietro quel cumulo di macerie, non uno di più, e alla fine la repressi nel fondo del mio cuore per tornare a brandire l'arco, scagliando una freccia proprio mentre Farkas attaccava il drago, aprendo uno squarcio all'altezza dello sterno.
Il colpo che avrebbe ucciso qualsiasi creatura vivente fu per la bestia niente più che del puro solletico.
Vidi la Bestia trattenere il fiato, sicuramente pronta a rilasciare il suo respiro infuocato, e anche Farkas dovette capirlo data la faccia spaventata che non riuscì a mascherare, ma riuscii ad attirare l'attenzione del drago colpendolo con un'altra freccia.
-Ti sei già stancato di cercarmi?!- gli urlai, ignorando la parte razionale della mia testa che se avesse potuto mi avrebbe preso a pugni, e il drago si voltò di nuovo verso di me.
L'occhio che avevo centrato con la freccia era una massa sanguinolenta e il bastoncino spuntava ancora, anche se spezzato, eppure la foga del drago non si era placata e quando si girò verso di me attaccò senza perder tempo.
Scesi dal cumulo di macerie per evitare il morso del drago, e rotolai per attutire la caduta, rialzandomi subito dopo per caricare un'altra freccia, ma la zampata del drago prese in pieno la mia arma, distruggendola con un solo colpo che mi fece perdere la presa su essa e digrignare i denti quando la mano ferita solo pochi giorni prima dalle fiamme a Helgen strusciò contro il legno dell'arco, irritandola.
Non mi arresi e ripresi la spada. L'antico gigante mi ruggì di nuovo contro e con un altro colpo di coda si liberò di alcune guardie che avevano cercato di assaltarlo, e sono sicura di aver sentito la voce di Torvar imprecare.
 
Brit grah. Avevo dimenticato quale divertimento voi mortali potete offrire.
 
Parlava la nostra lingua.
Una novità inaspettata che lasciò tutti di sasso. Sentii chiaramente il sudore mescolarsi con le gocce di pioggia che a dispetto del cappuccio mi colavano sul viso e sul collo, ma non indietreggiai e mi sforzai di mantenere la posizione di guardia stringendo la presa sull'arma.
Eravamo così vicini da poter sentire il fiato caldo della bestia, specchiarmi nel suo unico occhio nero.
Cercò di mordermi, ma io indetreggiai, poi lo fece di nuovo. Inciampai e solo quando sentii un suono di gola simile ad una risata capii che stava giocando. Mi stava usando come un topolino pronto ad essere mangiato. Mi rialzai ed attesi che attaccasse, ma quando le zanne centrarono di nuovo l'aria mi spostai di lato e cercai di aggrapparmi ad una delle corna. Ci riuscii e feci per affondare la lama nel cranio della creatura, ma questa mi disarcionò, non prima che riuscissi ad aprire un nuovo squarcio sulla testa del drago, uno squarcio che avrebbe dovuto essere un affondo per uccidere e non ferire.
-Ah!- mi ritrovai intrappolata sotto la sua zampa e il panico mi colse, forte ed impetuoso.
Iniziai ad agitarmi in maniera scomposta, cercando di liberarmi, ma al minimo cenno di successo il drago applicava ulteriore pressione per schiacciarmi di nuovo.
Iniziai a sentirmi soffocare e la Bestia ringhiò, per rabbia e paura.
-B-bastardo!- gridai con voce contratta, mentre la pressione sullo sterno si faceva sempre più forte. Agitai una mano alla cieca, cercando la mia spada, e riuscii ad afferrare una lama.
Raramente ho provato sensazioni più piacevoli dell'acciaio che urtò contro la mia pelle in quel momento, e l'afferrai più saldamente, attirandolo a me, cercando l'impugnatura e ferendomi nel tentativo.
Quando affondai il pugnale nella zampa del drago, rigirandola per causare più dolore, fu liberatorio e non appena la creatura sollevò la zampa strisciai via per poter respirare e riprendere una spada persa da qualche cadavere.
Dove gli artigli del drago avevano premuto contro la pelle, all'altezza del costato, c'erano dei lividi violacei e ad ogni respiro sentivo le costole dolere. Sentivo gli occhi bruciare ed il respiro affannoso, ma non avrei lasciato che la Bestia mi dominasse sfruttando la mia stessa paura, proprio no.
Il drago mi osservò e scoprì appena le zanne sollevando un angolo della bocca. Ci misi un po' a capire che stava sorridendo.
 
Krif krin. Pruzah! La tua sconfitta mi porterà onore
 
Gli ringhiai contro a mia volta, la spada avanti a me come se potesse proteggermi dal suo respiro fatale, la stringevo forte, ma il tremore dettato dalla profonda paura non se ne voleva andare.
All'improvviso la bestia ruggì di dolore, e quando si girò vidi che Vilkas gli era arrivato alle spalle e gli aveva quasi tagliato l'estremità della coda. Un piccolo lembo di pelle teneva ancora attaccata l'appendice al resto del corpo, ma il secondo colpo del Compagno la staccò del tutto, spingendo il drago a ruggire di nuovo, un suono così potente che sono sicura di aver sentito la terra tremare sotto i miei piedi.
 
Pahlok joor!
 
Armato di scudo e spada il Compagno si preparò ad affrontare il drago e quando questo cercò di azzannarlo colpì il suo muso con lo scudo, poi scattò di lato e cercò di colpirlo alla testa, ma la creatura reagì cercando di artigliarlo.
Vilkas usò ancora lo scudo per parare, ma dopo l'impatto non vi rimase che il manico intorno al suo braccio. E vidi la paura farsi strada nei suoi occhi, per un momento.
-Vilkas!- Athis e Farkas gli diedero manforte, e sebbene il drago iniziasse ad essere sfinito, noi tutti lo eravamo molto più di lui.
-Ci prenderà per...sfinimento.- mormorò Irileth.
Notai che perdeva sangue da una gamba e il braccio sinistro era piegato in maniera irregolare. Mi affrettai a sorreggerla e l'elfa scura dovette faticare per non appoggiarsi a me, vittima del suo stesso orgoglio.
-Dobbiamo finirlo.- aggiunse a denti stretti -A-abbiamo perso...troppe persone.- mi guardai intorno.
Eravamo rimasti in pochi. Con mio profondo sollievo i Compagni erano ancora vivi, ma Njada e Ria erano messe male e Torvar era ancora privo di sensi.
-VILKAS!- la voce preoccupata di Aela mi arrivò come una freccia e quando alzai lo sguardo vidi che il Nord era prigioniero sotto la zampa del drago, la spada oramai lontana e le braccia intrappolate.
-No...- mormorai.
Guardai il drago e la torre distrutta subito dietro di lui e un'idea mi balenò in testa, dividendo la mia mente in due. Non potevo pensare cosa più stupida. Non ce l'avrei mai fatta.
-Lascialo andare!- con la zampa libera il drago scaraventò via Farkas, che cadde rotolando tra la polvere.
Quando si rialzò aveva gli occhi lucidi per la rabbia,la fatica, la paura.
-VILKAS!- il mio cuore si strinse in una morsa dolorosa, e quando Vilkas gridò di nuovo a causa della pressione che l'avrebbe ucciso adagiai Irileth contro una roccia.
-Dove vai?- mi chiese, tenendosi il braccio rotto con quello sano.
-Ho un'idea e spera che funzioni!- stringendo la presa sulla spada mi diressi verso l'ingresso della torre oramai diroccata e vi entrai.
Rapidamente trovai le scale, saltando qualche gradino che non c'era più, stando attenta a non inciampare, un paio di volte rischiai di cadere a causa di alcune pietre instabili. Quando misi male il piede e la roccia cedette sotto di me dovetti attaccarmi alla parete per non precipitare.
Respirai con affanno, impossibilitata a staccare gli occhi dall'altezza raggiunta. E scoprii che più guardavo il vuoto più ne ero terrorizzata.
-Ma porco Akatosh!- bestemmiai -Proprio adesso dovevo farmi prendere la paura dell'altezza! Non l'ho mai avuta.- questo per il fatto che non mi ero mai arrampicata in luoghi alti, ma era un dettaglio.
Sentii di nuovo le loro urla, le urla dei Compagni, dei MIEI Compagni, e mi riscossi. Non avrei dovuto guardare giù, dovevo solo continuare ad avanzare. Mi concessi un ultimo respiro e continuai guardando sempre verso l'alto, verso quel punto da raggiungere.
Ce la feci, raggiunsi l'ultimo piano rimasto in piedi della torre. Dovetti aggrapparmi per non scivolare a causa del pavimento bagnato di pioggia.
-Devo essere pazza per fare tutto questo...- mi dissi.
Il drago era ancora lì, quando mi sporsi, quattro metri circa da dove mi trovavo io, con la coda che, privata del pezzo finale, si agitava e sanguinava, riuscendo ancora a distanziare i pochi soldati che lo bersagliavano di frecce, e Vilkas era ancora lì, sotto la sua zampa. Non ci avevo messo nemmeno mezzo minuto per salire tutti quei gradini, eppure avrebbe potuto essere già morto, e se così non fosse stato aveva comunque i secondi contati.
Tremando mi avvicinai al cornicione della torre, in parte caduto, un buco del muro che mi permetteva di stare proprio sopra la testa del drago.
Respiravo con affanno mentre il mio corpo tremava di adrenalina, di paura, ero così spaventata che la mia bocca si piegò in un sorriso dettato dalla follia del momento o forse del terrore.
-O la va o la spacca.- presi la spada e gridando mi lanciai tenendola con entrambe le mani.
Non fu una caduta così grande, ce n'erano sicuramente di peggiori, di più ardue, di più spaventose, ma quando i miei piedi si staccarono dalla roccia fui sicura che non sarei sopravvissuta, che sicuramente avrei mancato il drago, e chiunque avrebbe preso il mio gesto per quello di una povera pazza...
Per questo l'impatto fu come una sveglia, un dolorosissima sveglia che iniziò ad odorare di sangue nel momento in cui la spada si conficcò quasi fino a metà nella testa del drago. L'impatto con la sua pelle fu duro e doloroso, sbattei il mento contro quelle pietre d'avorio e mi morsi la lingua. Lacrimando e con la bocca che sapeva di ruggine, mi tenni stretta alla spada mentre il drago ruggiva. Alzò il collo di scatto e poco mancò che cadessi, ma ancora non era morto.
Fu così che non appena tornò con le zampe a terra mi aggrappai ad una delle corna e con fatica estrassi la spada. E colpii di nuovo, gridando, ma la mia voce fu sovrastata dal grido del drago, un grido che sapeva di disperazione, di rabbia, di paura.
 
DOVAHKIIN! Noooooo!
 
Mi accasciò a terra bruscamente, non so come la mia mano sudata fu in grado di mantenere la presa sul corno della bestia, ma ce la feci e non appena fui abbastanza vicina al terreno la allentai per poter rotolare via proprio mentre il predatore esalava il suo ultimo respiro.
Poi ci fu silenzio.
Mi leccai la bocca che sapeva di sangue e sputai a terra, massaggiandomi il mento dolorante.
-Mi immaginavo una cosa molto più eroica che sbattere il mento come una mocciosa spericolata.- ammisi tra me e me.
Nel frattempo, alla caduta del drago, i superstiti festeggiarono. Qualcuno gridò alla grazia degli dei, qualcuno abbracciò l'amico sopravvissuto o pianse il morto, ma l'atmosfera si fece decisamente più sollevata e leggera, tanto che anche Athis abbandonò per un attimo la sua aria tenebrosa per sorridere ad uno stordito Torvar, che quasi sicuramente ricambiò senza nemmeno sapere cosa stava facendo a giudicare dalla sua espressione.
-Tu...l'hai ucciso.- Irileth, che si era alzata, mi guardava -Non credo ai miei occhi.- abbozzai un sorriso sarcastico.
-Dal tuo tono sembri quasi delusa.- l'elfa non era certo un mostro di bravura ad esprimere le sue emozioni, ma gli occhi rossi brillavano di curiosità e, perché no, rispetto nei miei confronti.
-Sono sorpresa.
-A chi lo dici.- la voce di Aela attirò la mia attenzione.
Come Farkas, sorreggeva Vilkas facendo passare il braccio intorno alle proprie spalle. Notai che sia loro che il resto dei Compagni mi guardavano increduli.
Fu allora che mi portai una mano alla testa, improvvisamente agitata.
-Cazzo!- pensai.
Il cappuccio doveva essere scivolato durante la caduta.
-È passato molto tempo, vero Iris?- cercai di capire dalla voce di Aela se fosse felice o meno di vedermi, ma l'abilità della cacciatrice era davvero alta nel nascondere i suoi sentimenti, e non riuscivo a guardarla negli occhi, non riuscivo a guardare nessuno di loro.
-Sì, abbastanza...- mormorai infine.
Finalmente la pioggia iniziò a diminuire, anche se il cielo rimase coperto da nuvoloni scuri che promettevano ancora temporale.
Guardai Vilkas, finalmente, con il cuore diviso tra la gioia di saperlo salvo e l'ansia di non poter più scappare a quegli occhi di ghiaccio. Quando fece per parlare il cuore perse un battito, ma la voce di Irileth lo precedette e lui distolse lo sguardo.
-Almeno adesso sappiamo che possono essere uccisi. È un traguardo.
-Già, ma guarda quanti uomini abbiamo perso.- intervenne una guardia -Venti, trenta? Una perdita troppo alta per essere accettata.
-Senza contare che c'erano i Compagni ad aiutare....
-State calmi.- con tono deciso la Dunmer placò le voci agitate -Parlerò con lo Jarl, così...
-Ehi, che succede?!- una gaurdia indicò il corpo del drago ed io mi girai di scatto.
La grande carcassa, infatti, aveva iniziato a prendere fuoco.
Lentamente le fiamme, che nessuno era in grado di dire da dove provenissero, divorarono la pelle, lasciando solamente le ossa spoglie e lucenti, come se il cadavere si fosse decomposto in tanti anni e non in pochi secondi.
-Iris, via da lì!- mi urlò Aela.
-Cosa?- le fiamme si concentrarono tutte sulla testa del drago, poi, veloci e improvvise, divennero di un bianco lucente e si lanciarono contro di me che, spaventata, mi portai le mani a proteggere il corpo tra le esclamazioni di sorpresa e terrore dei presenti.
Ma non fece male.
Dal momento in cui quella corrente bianca mi investì sentii come una nuova fonte di energia. Essa entrò nel mio corpo, la sentivo nei muscoli, nelle ossa, un'energia così grande da spaventare ed al tempo stesso calmare la Bestia, che non osò intromettersi. Ogni dolore fisico che potevo provare sparì: il dolore al mento, la lingua, le costole doloranti, non sentii più niente per quel breve attimo. E nella mia mente galleggiava una parola che non avevo mai visto né sentito pronunciare da nessuno, tuttavia non mi era mai parsa così chiara.
Tutto non durò che pochi secondi e quando riaprii gli occhi mi sentii come se mi avessero svegliato all'improvviso da un lungo sonno di pace. Ora c'era di nuovo il silenzio.
-Cosa...che è successo?- sussurrai.
Mi guardai le mani, mi toccai il viso cercando qualche cambiamento, ma stavo bene. Ero io, sempre io...
-Cosa c'è? Perché mi guardate così?
-È incredibile!- mormorò una guardia -Allora la leggenda è vera.
-Come?
-Sì, hai ragione. Allora è tutto vero, tutto! È tornato!
-Tornata, vorrai dire.
-Infatti è una donna...assurdo!
-Di cosa parlate?!- alzai la voce, cercando di sovrastare quelle esclamazioni che racchiudevano paura e al tempo stesso stupore, incredulità, ammirazione.
-Le antiche leggende Nord narrano di un eroe. Una persona in grado di uccidere i draghi.- con mia sorpresa fu Vilkas a parlare, anche se con voce contratta a causa delle ferite -Una persona così potente da poter apprendere tutti i loro segreti per usarli contro di loro, semplicemente assorbendo la loro anima.- fece una pausa, sembrava non credere alle sue stesse parole -Come hai fatto tu.
-Io non ho assorbito l'anima di niente...o forse sì?- mi portai una mano alla testa.
Ero confusa.
Confusa e spaventata.
-Sì che l'hai fatto.- intervenne un'altra guardia -L'abbiamo visto tutti, non è vero?- alcuni gli diedero manforte.
-Ma questo che significa?!- sentivo la testa scoppiare, la pace provata quando avevo assorbito l'anima del drago, secondo gli altri almeno, era sparita. Ora mi sentivo solo confusa da tutte quelle attenzioni che non capivo né volevo.
-Significa che la leggenda è vera, appunto, e che tu, Iris, sei il Sangue di Drago.
 
Note dell'autrice
Capitolo bello lungo, direi xD
Non ce la faccio più *muore sulla tastiera*
E finalmente si entra nella vera storia. Iris ha appena ucciso il suo primo drago, ed ora dovrà fare i conti con quel destino che ha tanto cercato di evitare, soprattutto ora che la gente sa. Come la prenderà? Come andranno a finire le cose?
Scopritelo nel prossimo capitolo.
Ah, non ho resistito a mettere un flashback coccoloso su Iris e Vilkas...così, tanto per mettere il dito nella piaga che non stanno più insieme :3
Grazie a AFEP e VALPUR che hanno recensito. Voglio dire che mentre scrivevo ascoltare To Glory mi sono caricata a bestia, spero di non aver esagerato xD Sono fusa, se ci sono degli errori perdonatemi *lancia fiorellini e peluches a tutti.*
Alla prossima settimana.

Parole in draconico:

Thurri du hin sille ko Sovngarde!: spedirò la tua anima a Sovnegarde
Brit grah: bella battaglia
Krif Krin. Pruzah!: ti batti con coraggio. Bene!
Pahlok Joor: mortale insolente.

Lady Phoenix
 

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Capitolo 22
*** Chapter XXI- ...the story rises ***


Chapter XXI
...the story rises
 
Conoscevo quell'antica leggenda Nord.
Mio padre me l'aveva raccontata spesso, ma non avrei mai creduto di sentirne parlare in ambito che non fosse quello delle fiabe. E soprattutto che qualcuno mi avrebbe chiamata in quel modo, un giorno.
-Il Sangue di Drago è una leggenda.- mormorai -Non è possibile.
-Anche i draghi lo erano. Eppure ne hai ucciso uno ed assorbito la sua anima. Come te lo spieghi?- continuò una guardia, ma non risposi.
Cominciavo a stranirmi. Ero stanca, sporca e dolorante, tutto quello che volevo era solo essere lasciata in pace, andarmene da lì e smettere di ascoltare tutte quelle domande.
-Non so spiegare cosa sia successo, ma...
-Allora perché non urli?- intervenne una terza guardia.
-Cosa?- ero sempre più perplessa, e in quel momento anche irritata, iniziavo a sentirmi presa in giro.
-Non conosci la leggenda? Secondo i racconti il Sangue di Drago può usare il potere della voce senza addestramento.
-Conosco la leggenda, ma io non posso fare quel che tu dici!- alzai la voce e sentii gli occhi bruciare.
La Bestia si agitò e vidi i membri del Circolo irrigidirsi, dovevano aver percepito l'irritazione crescente in me, probabilmente temevano che mi trasformassi.
-E tu Irileth, cosa dici?- chiese un Nord alla dunmer, che non mi staccava gli occhi di dosso -Sei rimasta stranamente silenziosa...avanti, dicci: credi a queste voci sul Sangue di drago.- gli uomini attendevano impazienti, ma la voce dura del loro comandante li zittì.
-Alcuni di voi farebbero meglio a tenere la bocca chiusa. Soprattutto su cose di cui non sapete nulla.- si girò ed indicò la carcassa ossea della bestia con il braccio sano, stringendo appena le labbra, probabilmente a causa di una fitta di dolore -Qui c'è un drago morto e questo posso capirlo, ora sappiamo che si possono uccidere.- alzò il volto in un moto di superiorità -Io però non ho bisogno di ricorrere al mito del Sangue di Drago, mi basta un guerriero in grado di abbatterne uno.- quel tono non piacque ai soldati che stavano con lei, tanto da farli borbottare, ma nessuno di loro osò ribattere -Perciò consiglio ad ognuno di voi di far affidamento sul proprio braccio, e non su antiche leggende!
-Ma l'abbiamo visto tutti! E cosa ne pensa il Precursore dei Compagni?
-Io credo nelle antiche leggende Nord.- rispose Aela, e provai un moto di stupore.
Ma avrei dovuto aspettarmelo. I Compagni non potevano rimanere senza Precursore, era una delle figure più importanti in città e la loro guida, Aela era sicuramente la figura più adatta, eppure sentii una fitta allo stomaco.
Quella avrebbe potuto essere la mia carica.
-Abbiamo visto tutti cosa è successo. Ma non abbiamo chiesto alla diretta interessata cosa ne pensa.- non potei fare a meno di provare un moto di gratitudine per la Nord, ma non sapevo davvero cosa rispondere.
Evitai lo sguardo di tutti, concentrandomi su un punto avanti a me.
-Penso...che lo jarl debba essere informato.- non lo pensavo davvero, affatto, non me ne poteva importare di meno sul fatto che Balgruuf sapesse o meno, ma ero confusa e volevo solo che l'attenzione si spostasse da me, lontana.
-È la cosa più sensata che abbia sentito oggi.- approvò Irileth, poi si voltò verso ovest, dove in lontananza un tuono annunciò che la tempesta non era affatto passata -Andiamo. Chi è ancora in grado di farlo, si occupi di dei feriti. Aiutate a farli salire a cavallo. Voi due invece- si rivolse ad altre due guardie -Bruciate i cadaveri. Il sangue potrebbe attirare qui gli animali selvatici, non abbiamo bisogno di altri contrattempi.- guardò poi Aela e gli altri Compagni -Ci avete dato un valido aiuto. Se avrete bisogno le nostre cure sono a vostra disposizione.
-Non occorre, Houscarlo.- assicurò Aela -Ma ti ringrazio per l'offerta.- si rivolse poi a Farkas -Fatti aiutare da Athis e fai salire Vilkas sul cavallo. Deve riposare.- Farkas annuì e mi guardò.
E poco mancò che il cuore si sciogliesse quando mi dedicò un sorriso ampio, luminoso, come se non fossi stata via nemmeno un giorno. Lo ricambiai, e troppo rapidamente il Nord si voltò per portare via il gemello.
-In quanto a te, ragazza.- mi girai verso Irileth -Torna con me a Dragonsreach e riferisci allo Jarl ciò che è successo.- non ne avevo voglia, volevo solo prendere un cavallo e tornare a Riverwood da mia madre, ma annuii di riflesso e, poco dopo, eravamo già pronti a tornare.
 
Balgruuf si era mostrato grato e stupito dell'abilità con cui avevo ucciso il drago ed ordinò che mi venissero prestate le prime cure. Si occupò di me il mago di corte, un tizio chiamato Farengar che non mi piacque dal primo istante in cui lo vidi. Dopo la storia del drago e della mia presunta identità di Sangue di Drago l'uomo non fece altro che girarmi intorno, farmi domande a cui non sapevo rispondere e propormi continuamente di donargli un po' del mio sangue.
Quando gli ringhiai contro probabilmente capì che la mia pazienza doveva essere al limite e, dopo avermi medicato le ferite alle costole dicendo che me la sarei cavata con qualche ammaccatura, si dileguò in silenzio.
Balgruuf ridacchiò.
-Non sono molti quelli in grado di far desistere Farengar nelle sue domande.
-Non mi piacciono le persone invadenti.- replicai infatti -Ma devo ammettere che ha fatto un buon lavoro con le fasciature.
-Non è al mio servizio per niente.- fece una pausa in cui il suo sguardo si fece più serio -Irileth mi ha già raccontato tutto, eri presente, ma vorrei sentire la storia anche dal tuo punto di vista.
-Per quale motivo? Irileth ha già detto tutto.
-Perché se sei davvero il Sangue di Drago, tutto questo...
-Io non sono il Sangue di Drago.- lo interruppi con un sibilo furioso, e Balgruuf assottigliò gli occhi.
Eravamo soli, adesso, e potevo permettermi di essere molto più sfacciata rispetto a quando il Nord era circondato dai suoi subordinati, ma di sicuro il suo orgoglio doveva bruciare all'idea di essere zittito da una donna con la metà dei suoi anni.
-Quella cosa del drago potrebbe essere una coincidenza, perché vi ostinate tutti a chiamarmi così? Non sono l'eroe che credete. Non credevo nemmeno di poter vedere un drago fino a qualche giorno fa, non potete gettarmi questo peso sulle spalle!- Balgruuf si sistemò meglio sulla poltrona imbottita su cui sedeva e mi gettò un'occhiata che mi fece rabbrividire.
Era infatti pietà quella che mi stava rivolgendo.
-È davvero un peccato.- dichiarò -Davvero un peccato che il Sangue di Drago sia una ragazzina che scappa dai suoi compiti.- strinsi i pugni e sentii gli occhi bruciare di nuovo. Dovetti stare davvero attenta perché il bruciore non aumentasse e non prendessero il colore di quelli della Bestia.
-Io non scappo da niente.
-Oh sì, invece. Guardati! Hai abbattuto un drago, sei una leggenda vivente e potresti salvarci tutti. E te cosa fai? Neghi tutto. Neghi per paura...sì, hai paura e non negarlo, perché ti sento pisciarti addosso da qui.- sentii le guance scottare per la rabbia a quell'insolenza e affondai le unghie nei braccioli della sedia -Se fossi in te, morirei dalla voglia di poter fare qualcosa, di essere un eroe, di poter aiutare la mia gente come mai ho fatto e mai potrò fare. Ma a quanto pare siamo molto diversi, mh?
-Io...- stavo per ribattere che non avevo paura, che non ero spaventata, ma la verità è che Balgruuf aveva ragione.
L'idea di avere sulle spalle quel peso di cui avevo sentito parlare mi terrorizzava. Una volta avrei gioito esattamente come lui, mio padre mi aveva cresciuta con quelle leggende Nord, facendomi sognare di farne parte, ma le cose erano cambiate. Mio padre era morto, così come era morto Kodlak. Poi era arrivata la licantropia, erano comparsi i sogni e la profezia di Olava. Avevo paura, sì, avevo paura di perdere ancora qualcuno a me caro, avevo paura di stare ancora male, avevo paura di non poter fare niente come era già successo troppe volte.
Non ero stata in grado di proteggere due persone a me care, come potevo proteggere Skyrim da un mostro leggendario? Non ne ero in grado.
Non ero in grado di fare l'eroe.
-Tu hai paura.- replicò ancora Balgruuf, poi si alzò e si diresse verso il fuoco -E Witherun non ha bisogno di codardi.- degluii il boccone amaro -Puoi andare. Non c'è niente per chi non ha le palle di affrontare con dignità ciò che lo aspetta.- girò la testa.
La pietra rossa sulla sua corona sembrò brillare viva, come le fiamme del drago che avevo ucciso.
-Avresti potuto essere grande.- mi alzai di scatto, ma quando arrivai a metà stanza la voce dell'uomo mi fermò.
-Lì sul tavolo ci sono dei soldi. Prendili.
-Mh?
-Una ricompensa per aver ucciso il drago. Dopotutto tu sei questo, no? Una mercenaria.- lo guardai con rabbia e per un attimo sentii la Bestia ringhiare contro di me, graffiarmi lo sterno, agitata, ma sfogai la mia rabbia gettando a terra il sacco indicato da Balgruuf.
Le monete tintinnarono lievemente, ma per me rimbombarono come una frana in quel silenzio pesante.
-Non li voglio i tuoi soldi!- quasi lo urlai -Non li ho chiesti, come non ho mai chiesto tutto questo!- detto ciò aprii la porta di malagrazia e sorpassai le guardie perplesse.
 
Quando uscii da Dragonsreach stava ancora piovendo, ma stavolta non mi curai di coprirmi in alcun modo. Volevo solo andare via da quella maledetta città, fuggire da tutto ciò che mi stava cadendo addosso senza che potessi in alcun modo fermarlo.
Digrignai di dolore e mi toccai le costole.
La Bestia avrebbe fatto il suo dovere, un normale essere umano non avrebbe potuto nemmeno muoversi, ma non poteva certo fare miracoli, il dolore mi avrebbe accompagnata per un po'.
A metà strada la pioggia si fece così fitta che non potevo nemmeno vedere a più di un metro da me, non avrei mai potuto cavalcare fino a Riverwood.
Decisi che avrei aspettato ancora qualche minuto che la pioggia calasse di intensità e, in caso contrario, avrei dormito alla Giumenta Bardata, avevo ancora qualche moneta con me. Mi diressi sotto il portico del Calderone di Arcadia e mi appoggiai ad una delle colonne, stringendomi il mantello addosso. Le parole dello Jarl continuavano a danzarmi in testa, crudeli quanto vere e, nonostante il mio orgoglio ruggisse di rabbia, non avevo alcuna intenzione di cambiare le cose.
Aspettai qualche minuto e, per fortuna, la pioggia allentò il suo ritmo fino a rendere la visuale migliore, così mi arrischiai a sporgermi e decisi che avrei potuto sfruttare quelle ultime ore di sole per arrivare a casa prima che fosse notte profonda, dopotutto non era mai un bene viaggiare di notte a Skyrim.
-Sei già in partenza?- non avevo fatto che qualche passo quando mi bloccai sul posto, senza osare girarmi verso di lui.
-Sei già in piedi?- mi accorsi che la voce tremava e dovetti schiarirla un paio di volte.
-Sai benissimo che la licantropia permette questo e altro. Ma rispondi: sei in partenza?- mi strinsi ancora quel mantello addosso, come se potesse proteggermi da Vilkas.
-Devo andarmene.
-Capisco...- lo sentii sospirare -Davvero sei...?
-No!- lo interruppi bruscamente, finalmente girandomi per poterlo guardare in faccia -Non sono niente.- più lo guardavo, più lo trovavo bello. E più mi mancava.
Mi chiesi se anche lui non provasse tutto questo, ma a differenza mia è sempre stato bravo a nascondere le sue emozioni, e poi dubitavo che potesse provare qualcosa che per me che non fosse rancore o disprezzo.
Continuavo a negare, anche davanti a lui, quando avrei voluto dirgli tutta la verità, della profezia, dei sogni, tutto pur di riaverlo, e non era il sacrificio a fermarmi, non più, quanto l'idea che se anche fossi tornata indietro lui non mi avrebbe voluto.
-Perché sei tornata?
-Un contratto...nulla più. Non mi avvicinerò più a Jorrvaskr, te lo garantisco.- assicurai, perché ricordavo bene le ultime parole che mi aveva rivolto, due anni prima, le sentivo bruciare che se le avessi incise sulla pelle -Non sono qui per...- mi interruppi, ma lui capì lo stesso, lo capii da come mi guardò.
Con il braccio sinistro si scostò i capelli dalla fronte e sbuffò.
-Meglio così...
-Già.- restammo a guardarci, il silenzio e, perché no, sperando in parole che non vennero, finché lui non mi diede le spalle e si incamminò verso Jorrvaskr.
-Ha fatto male!- gli urlai allora, raccogliendo tutto il mio coraggio -Ha fatto male andare via!- si fermò per guardarmi, ma non trovai comprensione nei suoi occhi.
-Ha fatto più male restare, te lo assicuro.- chiusi gli occhi -Ma per fortuna non tutti prendono la via più facile come hai fatto tu.- strinsi i pugni, reprimendo le lacrime di rabbia che minacciavano di uscire.
-Non mi perdonerai mai, vero?- chiesi allora.
-No.- fece una pausa -E non perché sei scappata...ma per non esserti fidata di me.- non risposi e lui continuò -Sai, dopo quella volta alle Vecchie Glorie avevo cambiato idea su di te. Credevo che fossi una su cui contare. Tutte quelle belle parole sull'onore, sull'affrontare tutto e sul contare l'uno sull'altra...alla fine ci ho creduto pure io.- si passò una mano tra i capelli, un gesto che tradì il suo nervosismo per me che lo conoscevo bene -Non ho mai creduto a quella storia che mi hai affibbiato, e ora ci credo ancora meno.
-Non volevo perderti...
-Beh, l'hai fatto.- tacqui per un lungo attimo.
Il tempo di dover accettare quelle parole e lasciarle scivolare in me, per odiarle più tardi.
-Allora perché sei ancora qui a perdere tempo con una che ti ha perso?- lo guardai con aria altezzosa, come tutte le volte che volevo nascondere il dolore.
-Perché a quanto pare non imparo mai.- e quando riprese a camminare lo lasciai andare finché non sparì oltre le scale che conducevano a Jorrvaskr.
Mi imposi di non piangere e non lo feci. Deglutii finché non sentii il nodo alla gola attenuarsi, poi ripresi a camminare ed arrivai alle stalle di Witherun.
Ripresi il cavallo e mi lasciai la città alle spalle. L'aria era fresca, l'odore della terra bagnata era in grado di purificare ogni cosa e mi chiesi se l'avesse fatto anche con tutto il sangue dovuto allo scontro con il drago...
-Ci sono tracce che non si cancellano.- mi ritrovai a pensare mentre attraversavo il bosco, ma il nitrire del cavallo mi riportò alla realtà -Cosa c'è?- l'animale era stanco, l'avevo sottoposto ad un galoppo molto rapido e il terreno scosceso del bosco, reso ancor più impraticabile dalla pioggia, non doveva proprio piacergli -Non posso fermarmi qui...- sussurrai, ma mi ripromisi di farlo non appena avessi trovato un rifugio.
Una capanna abbandonata mi diede riparo per la notte.
La porta era stata buttata giù e c'erano segni di saccheggio. L'odore era oramai quello del bosco e c'erano tracce di animale, segno che la struttura doveva essere stata lasciata a sé stessa da un bel po', oramai, e non mi sentii in colpa quando adagiai il mio mantello su quello che doveva essere stato il letto e mi adagiai su di esso con la spada accanto.
Sentii il cavallo nitrire, ma poco dopo si zittì, probabilmente stava brucando un po' di erba sotto gli alberi a cui l'avevo legato e che l'avrebbero protetto dalla pioggia.
Avevo bisogno di dormire, di un sonno che non avrei ottenuto con la licantropia di Hircine, ma almeno sperai di potermi allontanare dalla realtà per qualche ora.
Venni esaudita, ma non so dire se avrei preferito passare la notte insonne.
 
Stavolta è subito il buio ad accoglierla.
Non scappa più, oramai sa che è inutile scappare, e cammina lentamente.
Sta aspettando che lui torni, che la divori ancora una volta, ancora una notte.
Forse farà meno male delle altre volte, chissà...
 
ahRK FIN KEL LOST PRODah
DO VED ViiNG KO FIN KRah
TOL FOD ZeyMah WIN KeiN MeyZ FUNDei

 
Conosce quelle parole, oramai.
Non le comprende, ma sa che sta arrivando.
Le Voci non possono fare altro che cantare per avvertirla.
Eppure si sente stranamente tranquilla.
Non riesce a capire se sia rassegnata o...speranzosa.
 
ALDUIN FeyN DO JUN
KRUZiiK VOKUN STaaDNAU
VOTH aaN BahLOK Wah DiiVON FIN LeiN
 
Eccolo, arriva.
Le voci smettono di cantare e la grande figura del drago entra nella sua visuale.
Quegli occhi gialli promettono morte e fiamme.
Per tante notti l'hanno piegata, l'hanno divorata, ma stavolta no.
E quando urla, le sue fiamme non la raggiungono. Si estinguono prima di toccarla, le passano accanto, sfiorandola senza bruciare.
E per la prima volta, lei gli parla.
 
Ni Daar Tiid
 
Non sa nemmeno cosa gli abbia detto, eppure lui se ne va. La grande ombra nera sparisce come è venuta, e lei rimane sola.
Che sia finita?
No, affatto.
È la prima volta che da quel buio compare una luce.
Prima è piccola, ma più lei vi si avvicina, più essa diventa grande. E c'è qualcuno lì.
Un piccolo gruppo di persone, saranno nove o dieci massimo, la guarda, sembra che la stiano aspettando da sempre.
E la salutano tutti con una parola, l'ennesima che lei non comprende.
I suoi occhi sono tutti concentrati sulla figura al centro del gruppo. È anch'esso un enorme drago, ma non saprebbe descriverlo: i suoi occhi sono rossi, poi bianchi, neri, gialli, o forse sono tutti questi colori, o magari nessuno, e lo stesso vale per le sue squame. Sembra che ogni volta che lei abbia colto qualcosa della figura, questa cambi ed al tempo stesso rimanga la stessa.
Lei non può descrivere ciò che è eterno ed effimero.
Ma una cosa la vede bene. È fiero, potente, più antico dei secoli, e non ha il coraggio di fare un altro passo per avvicinarsi a lui, che invece si avvicina e si erge, fissandola dall'alto dei suoi occhi severi. E finalmente le parla.
-Dovahkiin...
 
DOVAHKIIN!
 
Mi svegliai di soprassalto, come molte volte era accaduto, ma non a causa del sogno stavolta.
Sentii il cavallo imbizzarrito e non capii perché, poi ripensai a quella voce che era risuonata per tutta la foresta. Mi affrettai ad uscire dalla capanna con la spada in mano, temendo la presenza di un pericolo, ma tutto ciò che vidi fu il cavallo che cercava di liberarsi dal ramo a cui l'avevo legato, spaventato.
 
DOVAHKIIN!
 
Quel coro di voci si ripeté di nuovo e la terra vibrò sotto i miei piedi spaventando ancor più l'animale, che mi affrettai a calmare.
-Buono, shhh....buono.- mormorai.
Fortunatamente non udii più nulla e la notte tornò al suo consueto silenzio, permettendomi di calmare il quadrupede
Rimasi a fissare le due Lune in quella notte tornata serena rispetto a poche ore prima, consapevole che quelle voci avevano chiamato me.
Finalmente la parola che udivo in tutti i sogni, che per anni era stata sfuggente come sabbia tra le dita, che mi aveva tormentato per anni, era nella mia mente, ora chiara come la luce del giorno.
-Dovahkiin...- mormorai, accarezzando distrattamente il cavallo -Anche quel drago mi ha chiamata così.- oramai non potevo più scappare.
L'ennesimo sogno era passato, ma non poteva essere un caso che, finalmente, avessi trovato dei riscontri anche nella realtà. Ma chi era stato a chiamarmi con una potenza tale da risvegliare tutta Skyrim?
-Potrei ignorare tutto questo...- pensai sedendomi accanto al cavallo che, ora calmo, iniziò a cercare un altro po' di erba da brucare -Ma a questo punto non posso più scappare.- avevo infatti la sensazione che, qualunque cosa stesse accadendo, mi avrebbe perseguitata finché non mi fossi decisa ad affrontarla, e che stavolta non sarebbe bastato scappare fino a Cyrodiil per rimandare l'inevitabile.
-No.- mi dissi infatti a voce alta, tornando a guardare Masser e Secunda -Il tempo delle fughe è finito.- era infatti giunto il momento di affrontare la leggenda e capire quale fosse il mio ruolo in tutto questo.
 
Pochi giorni dopo mi ritrovai ad Ivarstead.
Rapidamente ero tornata a Whiterun, di nuovo con il cappuccio calato, per scoprire che non ero stata l'unica ad udire la chiamata del Dovahkiin. Tutta la città era infatti in fermento, e alla Giumenta Bardata non si parlava d'altro.
-Hai sentito? La voce dei Barbagrigia è stata udita in tutti i feudi di Skyrim!
-Non credevo che avrei mai potuto assistere ad una cosa del genere nella mia vita. La chiamata al Sangue di Drago...ah, se lo sapesse mio padre!- mi ero avvicinata per chiedere spiegazioni a due Nord del posto che sembravano saperne abbastanza.
I Barbagrigia erano da sempre le guide del Sangue di Drago. Lontani dal mondo e devoti esclusivamente a seguire gli insegnamenti della dea Kynareth, vivevano isolati nel monastero di Hrotgar Alto sulla montagna più alta di Skyrim. Si diceva che fossero maestri della Via della Voce e che da sempre i Sangue di Drago si fossero addestrati presso di loro. Ovviamente una convocazione da parte loro era un onore immenso e nessuno avrebbe potuto rifiutare, soprattutto il vero protagonista della faccenda.
Decisi di andare. L'idea di trovare qualcuno che finalmente potesse darmi delle vere spiegazioni mi faceva troppa gola, e poi la sera prima mi ero ripromessa di non scappare più, di chiudere questa faccenda una volta per tutte.
Avevo già pagato abbastanza il prezzo della mi codardia, era tempo di riscattarsi.
Mi preoccupai, prima di partire per Ivarstead, che Sameera ricevesse un mio messaggio in cui le dicevo che stavo bene, che avrei passato qualche tempo fuori città e che le avrei dato spiegazioni il prima possibile. E soprattutto le chiesi di credere in me, stavolta, perché non l'avrei delusa di nuovo.
Arrivai a Ivarstead in poco più di cinque giorni di cavallo. Una cittadina molto piccola e semplice, eppure frenetica nel via vai di pellegrini che ogni giorno sostavano lì prima di intraprendere il cammino verso Hrotgar Alto. La città si ergeva proprio ai piedi della montagna di cui non si riusciva nemmeno a vedere la fine a causa delle nuvole. Deglutii, sudando freddo all'idea che avrei dovuto arrampicarmi fino in cima, sperando che la Favola dei Settemila gradini non fosse vera.
Sì esatto. Secondo le informazioni che avevo raccolto, ben settemila gradini mi separavano da quelli che avrebbero dovuto essere i miei mentori, settemila gradini tutti in salita in balia della neve e del vento freddo. E ricordare la paura che mi aveva stretto lo stomaco nel guardare giù dalla Torre Occidentale non mi aiutava di certo.
Scossi la testa e mi affrettai a lasciare il cavallo per entrare in taverna, dove ordinai la mia cena. Volevo restare sola, ma quando un vecchio mi chiese di potersi sedere non seppi dire no. Egli si accasciò con fare stanco ed ordinò a gran voce un bicchiere di idromele.
-Ci vorrà un bel po'. Oggi è pieno.- mormorò, ed io abbozzai un sorriso come per concordare -La chiamata al Sangue di Drago ha attirato molta gente. Tzè!- scosse la testa -Come se pretendessero di assistere a chissà quale spettacolo. I Barbagrigia si fanno a malapena vedere da me che gli porto il cibo, figuriamoci da una folla di esaltati.
-Sono così riservati?- chiesi sorseggiando un po' di birra dal boccale, e quello annuì.
-Assolutamente. Non riceveranno nessuno a parte il Sangue di Drago, ma per esperienza personale so che dirlo non basterà a fermare questi curiosi. Che facciano pure!
-Perdonate, ma cosa vogliono questi Barbagrigia dal Sangue di Drago?- chiesi, e quello di guardò stupito.
-Non sei di queste parti, vero?
-Non proprio...sono stata via a lungo.
-Però il tuo accento è puramente Nord, ragazza.- osservò, poi osservò con aria soddisfatta il boccale appena arrivato -Comunque, per risponderti, si dice che il Sangue di Drago sia eccezionalmente dotato nell'arte del Voce.- mi feci più attenta -Ovvero concentrare la forza vitale nel Thu'um, un urlo...
-Thu'um...- lo stesso usato da Ulfric per uccidere il Re dei Re, un potere così forte da costringere i suoi nemici ad imbavagliarlo.
L'idea che potessi avere un potere così grande in me mi spaventò e al tempo stesso mi solleticò in maniera ambiziosa, ma non assecondai oltre questi pensieri e tornai ad ascoltare il loquace vecchio, che nel frattempo con un sorso si era scolato metà boccale.
-Quindi, non appena il Sangue di Drago li raggiungerà, immagino che gli insegneranno come usare questo potere.- fece una pausa -Non credevo che avrei mai assistito ad una scena del genere...la potente voce dei Barbagrigia che dopo più di quattrocento anni convocano il Sangue di Drago.
-La loro voce? Vuoi dire che quella era la voce di quegli eremiti?- chiesi incredula, ricordando la potenza con cui la terra aveva tremato spaventando la foresta.
-Assolutamente.- sospirò -Sai, mi piacerebbe chiacchierare con te, non capita tutti i giorni di vedere una bella fanciulla.- il tono con cui lo disse non aveva niente di lascivo, era un semplice complimento che ebbe il potere di strapparmi un sorriso -Ma domani devo iniziare la scalata.- lasciò una moneta sul tavolo.
-Di nuovo?- chiesi, stupita.
-Il cibo non si porta da solo. Ci vogliono ancora vecchie ossa come le mie per percorrere quei maledetti gradini.
-Ma sono davvero settemila come dicono?- chiesi, timorosa, e quando l'uomo scosse la testa sospirai di sollievo.
-Alcuni di loro sono spariti, non sono più settemila da un pezzo. Ora ci sono le nude rocce.- appunto.
Soffocai un'imprecazione tra i denti, poi mi rivolsi al vecchio.
-Vi auguro buona fortuna.- dissi allora -Buona notte signor...
-Klimmek. Mi chiamo Klimmek.
 
Avevo lasciato Ivarstead per iniziare la scalata che era appena l'alba, e il freddo era più pungente che mai ora che il sole era appena spuntato.
Stringersi il mantello addosso fu inutile, lo feci più per abitudine, e mi sforzai di cominciare la difficile impresa.
-Speriamo che almeno ne valga la pena...- dopo appena qualche minuto, i gradini iniziavano, anticipati da una stele commemorativa.
Alla base di essa, c'erano monete, fiori, amuleti e molte offerte lasciate dai pellegrini che prima di me avevano percorso quella strada.
Prima dell'avvento degli uomini, i draghi regnavano su tutto il Mundus.
La loro parola era la Voce, e parlavano solo per le Vere Necessità.
Perché la Voce poteva oscurare il cielo e inondare la terra.
Mi chiesi se le parole su quell'emblema fossero vere o esagerate per rendere la storia più solenne. Non avevo mai approfondito la storia della Voce, ed ora che ne ero direttamente coinvolta non potevo fare a meno di essere incuriosita. Senza contare che secondo ciò che avevo scoperto la Voce era uno dei cavalli di battaglia del Sangue di Drago. Chissà cosa mi avrebbero rivelato i Barbagrigia.
Ripresi il cammino, iniziando a salire gli scalini.
Camminai per circa un'ora. Non ero nemmeno ad un quarto della strada, ma già l'aria si era fatta più pungente e il vento più freddo, inoltre non c'erano quasi più tracce di erba, ma solo nuda roccia e nevischio. E poco dopo vidi il secondo emblema.
Gli uomini apparvero e si diffusero su tutta la superficie del Mundus.
I draghi presiedevano le masse.
Gli uomini erano deboli, e non avevano Voce.
Lungo la strada ne trovai altri, in essi c'era narrata la storia che aveva portato alla nascita di quell'ordine antico e misterioso. Arrivata al settimo emblema, quindi dopo sette o otto ore di cammino, dovetti fermarmi.
Nonostante non fosse che primo pomeriggio, il cielo era coperto, rendendo la giornata scura, e il vento soffiava forte. Un paio di volte rischiai di perdere l'equilibrio a causa della stanchezza e del terreno impervio. Il nevischio era diventato un vero e proprio strato di neve che mi arrivava poco sotto le ginocchia e mi sentivo intirizzita dal freddo, perciò accolsi con piacere l'apertura contro una roccia che mi avrebbe offerto riparo per un po'. Quando riuscii ad adagiarmi contro la parete sospirai di sollievo, perché almeno avevo protezione dal vento. Strinsi le mani a pugno e cercai di scaldarle usando il fiato, ma avevo ancora un problema, quello della fame.
-Ma come faccio? Qui non credo ci sia...- mi interruppi quando vidi una capra di montagna poco lontano da me cercare di brucare qualche ramo rinsecchito che coraggiosamente spuntava tra i sassi -Non ci credo...- finalmente un colpo di fortuna!
Presi l'arco, incoccai la freccia e presi la mira.
Quando ebbi la preda tra le mani, mi dissi che avrei dovuto accendere un fuoco, ma capii che sarebbe stato impossibile. Tuttavia la spellai, e quando l'odore della carne cruda mi arrivò alle narici, la Bestia ringhiò famelica.
-No...- sentii gli occhi bruciare, la fame e la bramosia del sangue di animale mi scuotevano, facendomi tremare le mani e venire l'acquolina in bocca -Non devo...cedere...- non potevo cuocere la preda, ma non riuscivo a liberarmene, avevo troppa fame, così non resistetti e lasciai che la Bestia muovesse il mio corpo come più credeva.
I denti affondarono nella carne cruda, causandomi un misto di disgusto e soddisfazione animalesca e non appena la lingua sentì il sapore rugginoso del sangue inondare la bocca, la Bestia ne volle di più, sempre di più, finché non fui in parte sazia e con i denti doloranti.
In forma umana mangiare la carne cruda non è facile, i denti umani non sono fatti per strappare, non più di tanto almeno, e alla fine fui costretta a fermarmi, gettando via con rabbia la carne tra la neve, senza osare guardarla.
Mi portai una mano alla pancia, reprimendo i conati di vomito, mentre la Bestia si acquietava soddisfatta dal pasto.
-Kodlak aveva ragione, sei una maledizione...- mormorai, leccandomi le labbra ancora rosse.
Quel sapore pessimo mi sarebbe rimasto in bocca per un bel po', ma almeno dovevo pulire il sangue che ancora rendeva le mani e la labbra appiccicose, così raccolsi un po' di neve e la usai per pulirmi più che potei, finché non fui di nuovo presentabile e infreddolita.
Non dovevo addormentarmi, non all'aperto e priva di un fuoco, così cercai di tenere la mente impegnata, cosa non difficile dato gli argomenti che ultimamente avevo affrontato, uno in particolare tra tutti.
Come potevo essere io, una Bestia, l'eroe che ancora dopo millenni veniva celebrato nelle canzoni dei bardi? Nella mia figura non c'era niente di eroico, e nemmeno nella mia personalità. Dopotutto ero una codarda, avevo preferito scappare piuttosto che affrontare ciò che alla fine mi aveva comunque raggiunta, e non ero nemmeno stata in grado di tenermi l'uomo che amavo. Non ero stata in grado di proteggere mio padre, e nemmeno Kodlak. Come potevo tenere sulle spalle un peso così grande se non ero nemmeno in grado di badare a me stessa?
Il vento sembrò placarsi, almeno un po', e ne approfittai subito per rimettermi in cammino e cercare una caverna, un'apertura nella roccia, qualcosa che mi permettesse di accendere il fuoco. Era un rischio, ma tanto sarei comunque morta congelata, quindi mi alzai e poco dopo mi lasciai la roccia alle spalle.
L'odore della carne della capra mi riempiva ancora le narici.
 
Avevo oramai perso le speranze quando la sagoma di Hrotgar Alto comparve nella bufera. Dapprima vidi solo dei contorni indefiniti, ma avvicinandomi riuscii a distinguere chiaramente un tetto e delle alte quanto spoglie mura.
Sospirai di sollievo e gioia, e il mio respiro si condensò rapidamente in una nuvoletta di vapore che altrettanto rapidamente si confuse nel vento.
Avevo oramai le gambe a pezzi e sentivo i denti battere tra loro per il freddo, un pessimo segno per me: non avevo mai provato sulla pelle venti così gelidi e forti come quelli della Gola del Mondo, che avevano reso la salita faticosa e pericolosa, senza contare che la mia paura delle altezze aveva fatto sì che procedessi ancora più a rilento. Solo le ultime due ore avevo impiegato un passo più rapido per paura di essere sorpresa dalla notte e alla fine ero giunta a destinazione.
Ripensai al vecchio Klimmek ed al fatto che lui percorreva quella strada quasi tutti i giorni, decisamente una tortura! Per fortuna ero sicura che non avrei replicato l'impresa molto presto, o almeno lo sperai.
E quando raggiunsi gli scalini e il porticato decisi che in mezzo alle mie domande ci avrei certamente infilato un paio di cosette riguardo il loro luogo di pace e armonia.
Aprii la porta, che si aprì con lievissimo cigolio, ed entrai a Hrotgar Alto cercando di far meno rumore possibile, ma non ci riuscii: quelle grandi sale sembravano progettate per evidenziare ogni rumore e renderlo ancora più chiaro.
Hrotgar Alto era una struttura antica, spoglia, e scura: le pareti in pietra nera rendevano la stanza cupa, illuminata solo grazie all'ausilio di qualche torcia o piccolo braciere dove qualche fiammella si mostrava timidamente, quasi, grandi colonne reggevano la struttura confondendosi con il nero del soffitto e diversi altari e icone, sicuramente appartenenti a Kynareth, erano l'unico ornamento.
Ai lati della stanza, due rampe di scale conducevano ad altre stanze ed un grande portone situato alla parte opposta dove mi trovavo doveva portare fuori, probabilmente, e al centro quattro figure incappucciate mi attendevano.
Ancora intirizzita dal freddo e stretta nel mantello, mi imposi di avere un atteggiamento dignitoso mentre avanzavo verso di loro, ricambiata. Un in particolar modo venne avanti: era un vecchio, sembrava avere centinaia di anni, un Nord dal naso aquilino, la pelle chiara e secca e il viso composto da un mosaico di rughe. Gli occhi erano neri e piccoli, ma incredibilmente svegli e lucidi per un uomo della sua età, all'apparenza piccolo e fragile come ogni monaco doveva essere, almeno nella mia mente. Indossava una tunica scura e lunga che lo rendeva ancor più piccolo, ai miei occhi.
Quando parlò, la sua voce era bassa e lieve, ma grazie ai miei sensi e all'acustica sorprendente di Hrotgar Alto potei udire la sua voce.
-Così...appare un Sangue di Drago, in quest'epoca di cambiamenti.- mi accolse così, guardandomi con i suoi occhi impassibili e lontani, mettendomi soggezione tanto che dovetti prendere un bel respiro silenzioso prima di riuscire a parlare con sicurezza.
-Mi hai chiamato Sangue di Drago.- replicai -Ma cosa significa tutto ciò?- volevo le spiegazioni che mi erano costate freddo, fame, fatica e anche una paura tremenda per salire quel maledettissimi gradini, ma l'uomo dovette captare la mia impazienza, tanto che sollevò appena una mano e riprese parola.
-Per prima cosa mostraci se sei davvero il Sangue di Drago.- spalancai gli occhi -Lasciaci assaporare il potere della tua Voce.- inspirai profondamente, sentendomi presa in giro.
-Stai scherzando?- sussurrai infatti -Siete stati voi a chiamarmi qui!
-Infatti. Ma dobbiamo avere la certezza di avere davanti il vero Prescelto, o Prescelta. Se davvero non menti, accogli la mia richiesta.- osservò pazientemente uno degli eremiti.
-Ma...non so come fare.- ammisi alla fine -Io non so niente della Voce, se non quello che dice la gente.- l'anziano Nord non si scompose.
-Quando hai assorbito l'anima del drago l'abbiamo sentito tutti. E se davvero sei chi crediamo, allora sono sicuro che in te sai già cosa devi dire. Tu conosci già la parola necessaria per iniziare la Via della Voce.- assottigliai appena gli occhi, ripensando a quelle lettere che avevano galleggiato nella mia mente quando la luce energica del drago mi era venuta addosso, isolandomi per un attimo dal mondo -È come dico io, vero?- lo guardai e annuii, mentre dietro di loro gli altri tre monaci stavano immobili come statue, in attesa -Pensa intensamente a quella parola.- indietreggiò di qualche passo appena -E colpiscimi.
-M-ma se il potere della Voce è potente come dicono potrei farti del male.- osservai, oramai decisa a provare anche quella che mi sembrava un'assurda messinscena.
-No, fanciulla. Il tuo Thu'um non mi arrecherà danno alcuno. Vai.- non avevo più scuse.
A circa tre metri dal vecchio, mi posizionai davanti a lui e chiusi gli occhi, cercando di ripescare nella mia mente quella parola che non avevo mai sentito e non sapevo neppure come fosse scritta, eppure la ricordai immediatamente, così come riconobbi immediatamente il suo significato. Mi concentrai su quel suono ora chiaro, su ciò che voleva trasmettere, e alla fine la parola uscì senza che me ne rendessi conto.
Fu quasi qualcosa di istintivo.
-FUS!- dal momento in cui le parole divennero suono, esso si trasformò in una corrente fortissima d'aria che, impetuosa, si abbatté senza ostacoli contro il fragile vecchio.
Con un'esclamazione di sorpresa, l'uomo venne sbalzato all'indietro fino a cadere a terra dopo aver cercato di opporre una fiera resistenza e gli altri monaci si avvicinarono per aiutarlo, anche se non c'era fretta o sorpresa alcuna nei loro gesti, sembravano preparati.
In quanto a me indietreggiai portandomi una mano alla bocca, sconvolta.
Non potevo essere stata io, non potevo essere in grado di fare....ciò che avevo appena fatto. Avevo scaraventato un uomo a terra semplicemente urlandogli contro. E lo avevo fatto senza particolari conseguenze.
Certo, la potenza dell'urlo aveva spinto anche me ad indietreggiare, e soprattutto la scia si era spostata un po' rispetto a dove avrei desiderato che andasse, ma a livello fisico stavo bene, mi sentivo appena affaticata e con la gola un po' secca.
Era quello il potere del Thu'um? Era quella l'eredità che mi era stata imposta.
-Sangue di Drago. Sei tu.- tornai a guardare il vecchio, che nel frattempo si era rialzato e che tornò verso di me, circondato dai suoi compagni -Benvenuta a Hrotgar Alto.- chinò la testa e appena la schiena in segno di rispetto.
Sì, esattamente, si inchinò con quella schiena che aveva sostenuto tantissimi anni e che sembrava doversi spezzare da un momento all'altro, e gli altri lo imitarono, silenziosi e ubbidienti.
-Ma allora...la leggenda è vera.- sussurrai, ancora stordita.
-No.- replicò ancora il monaco che aveva parlato, sembrava essere l'unico in grado di farlo -Una volta potevi chiamarla leggenda, ma non più. Questa è storia, Dovahkiin, storia che ha scelto te per risorgere ed essere raccontata.
 
Note dell'autrice
Eccoci qui ad un altro capitolo! Finalmente, non vedevo l'ora di arrivare a Hotgar Alto dai Barbagrigia ed iniziare a trattare il Thu'um! Come potete vedere ci è voluto un po', non sono riuscita a fare le cose più rapidamente, ma spero di non avervi annoiato. Qui Iris prende davvero la consapevolezza di essere il Sangue di Drago, e inizia a capire che le cose sono più complicate di quanto sembrino, che non si può permettere di scappare come ha fatto fino ad ora. Come si destreggerà? Lo saprete nel prossimo capitolo XD
Ammetto che scrivere questo mi ha divertito moltissimo: è stato bello poter descrivere il sogno che si collega con la chiamata dei vecchietti, che non avviene subito. Ho voluto fare anche questa modifica, mi piaceva troppo come idea e spero sia piaciuta anche a voi^^Ah, nella mia testa durante il sogno rimbombava a palla la colonna sonora del Dovahkiin xD
Le frasi in draconico:
-E le Pergamene hanno predetto. Ali nere nel cielo freddo quando Fratello Combatterà Fratello.
-Alduin! Sventura di Re. Ombra antica mai domata con una fame sconfinata.
-Non questa volta. (questa l'ho fatta io, spero di averci presoXD)
Detto questo ci becchiamo tra due giovedì, dato che non ce la farò ad aggiornare prima D: e scusatemi anche il ritardo per questo capitolo, ma sono stata fuori due giorni e non ho avuto modo di scrivere. E poi ho lottato con la connessione fino all'ultimo sangue xD
Lady Phoenix

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Capitolo 23
*** Chapter XXII- Dovahkiin's trainers ***


Chapter XXII
Dovahkiin's trainers
 
Dopo la mia....particolare, presentazione, l'uomo che mi aveva messa alla prova mi affidò una stanza, anche se più che stanza avrei potuto chiamarla ripostiglio, ma considerando lo stile di vita di quei quattro vecchi mi ritenni fortunata che avessi almeno uno spazio per me e non osai lamentarmi. Lì trovai anche un vassoio con un pasto leggero che divorai, ringraziando i Nove che non ci fosse carne, sarebbe stato alquanto sconveniente se la Bestia fosse uscita di nuovo. Ero così stanca che accolsi il mio sonno tormentato con gioia, anche se anche quella notte Hircine mi costrinse a dare la caccia ad un cervo senza riuscire nemmeno ad avvicinarmi ad esso.
Fu solo il giorno dopo che potei di nuovo parlare con il rappresentante dei Barbagrigia. Mi disse di chiamarsi Arngeir, e che per qualsiasi cosa avrei dovuto chiedere a lui, fatta eccezione per alcune parole particolari che mi sarebbero state insegnate direttamente dal Barbagrigia più esperto.
Notai che la mia figura li metteva in qualche modo a disagio: mi chiesi se sospettassero qualcosa della mia licantropia o fosse il semplice fatto di avere una donna nel monastero a turbarli a tal punto. Arngeir si mostrò molto tranquillo con me, ma sembrava diffidente, come se ancora non volesse fidarsi del tutto di me, e gli altri tre uomini incappucciati mi osservavano costantemente.
-Ieri mi hai detto che avrei potuto chiedere a te se mai avessi avuto qualche domanda.- dissi poi ad Arngeir la mattina dopo il mio arrivo a Hrotgar Alto.
-Infatti è così, Sangue di Drago.- rispose -Ma ti prego solo di abbassare il tono di voce. Qui siamo abituati ad un silenzio quasi costante e sei molto rumorosa.- arrossii, un misto di imbarazzo e fastidio, ma accontentai l'uomo.
-Sono venuta qui per un motivo ben preciso.- esordii, camminando accanto al vecchio per uno dei corridoi del monastero -Voglio scoprire cosa significa essere un Sangue di Drago.- era quella la domanda che più mi premeva, e l'anziano eremita non si lasciò attendere.
-Domanda lecita, domanda lecita...- mormorò lui -Siamo qui per aiutarti a scoprirlo e guidarti come hanno fatto i Barbagrigia con i Sangue di Drago venuti prima di te.
-Vuoi dire che non sono l'unica Sangue di Drago?- lo interruppi, sforzandomi di mantenere un tono di voce basso come mi era stato richiesto, cosa non facile dato le emozioni che stavo provando in quel momento.
-No. Ce ne sono stati altri prima di te. Da quando Akatosh ha esteso per la prima volta questo dono ai mortali, ci sono stati molti Sangue di Drago. Ma non sappiamo dire se tu sia o meno l'unico Sangue di Drago in quest'era.- fece una pausa e si avvicinò ad una libreria fatta di legno scadente e stracolma di libri, scorrendo le copertine impolverate dal tempo con un dito quasi scheletrico -Fino ad ora abbiamo trovato solo te. Non so altro.- l'entusiasmo che avevo provato scemò.
-Oh...capisco.- avevo sperato di non essere sola, ma a quanto pare sarei stata costretta a fare affidamento sulle mie sole forze.
Ciò mi rese più decisa che mai a non mostrare le mie debolezze e poco dopo ripresi parola:
-Sono pronta ad imparare.- Arngeir annuì e prese un libro dalla libreria, poi mi fece cenno di continuare la camminata.
-Hai dimostrato di essere il Sangue di Drago e possiedi il dono dalla nascita, ma...- a quel ma lo guardai -Hai la disciplina e il carattere necessari per seguire la via che si apre davanti a te?
-Scopriamolo, Maestro.- replicai, e il Barbagrigia mi condusse di nuovo verso l'ingresso.
-Anche senza preparazione hai mosso già i primi passi verso la proiezione di un urlo, Sangue di Drago. Ieri hai usato il Thu'um. Era la prima volta?
Ripensai all'attimo in cui, per la prima volta in vita mia, avevo usato il Thu'um: la forza impressionante che avevo generato con tanta facilità mi causò un brivido lungo la schiena, perché era un qualcosa che temevo, ma al tempo stesso mi attirava.
-Sì. Non avevo mai fatto qualcosa del genere, prima. Ma toglietemi una curiosità: quanto ci vuole perché una persona...normale- esitai, non sapevo quale aggettivo usare -apprenda ciò che ho fatto io ieri?
-I più dotati non impiegano meno di due anni.- spalancai la bocca -Ora seguimi, vediamo se hai davvero voglia e capacità di imparare.- all'ingresso gli altri tre monaci mi attendevano, in semicerchio davanti ad una lastra di pietra dall'aria robusta, e fu solo guardando in alto che mi accorsi che quella non era altro che una delle colonne del posto.
-Quando usi il Thu'um parli la lingua dei draghi. E con il Sangue di Drago la apprendi con innata abilità.- proseguì Arngeir, poi mi fece cenno di posizionarmi a quattro metri dalla colonna di pietra.
Ubbidii.
-Nessuna parola è un urlo fine a se stesso, Dovahkiin. Ogni urlo per sviluppare la sua vera potenza ha bisogno di tre parole.
-Volete dire che quella di ieri non era che la prima di un qualcosa più potente?- chiesi, sempre più stupita.
-Precisamente. Ora, Maestro Einarth- uno dei tre vecchi si fece avanti e si posizionò accanto a me, senza degnarmi di uno sguardo -Ti mostrerà la seconda parola di quello che tu hai fatto ieri.- mi feci più da parte mentre Arngeir continuava la sua spiegazione -Ieri hai donato alla tua Voce la Forza. Oggi la controllerai con l'Equilibrio. Con il “Ro”.- si rivolse poi al compagno -Maestro Einarth, prego.- l'uomo annuì.
-FUS RO!- un getto d'aria ancor più potente fece vibrare le pareti ed alcuni bracieri persero un po' di cenere ed osservai meravigliata come l'uomo non si fosse mosso nemmeno di un passo quando il giorno prima io ero indietreggiata di almeno cinque o sei passi.
-I-incredibile...- mormorai, poi tornai a guardare Arngeir.
-Sangue di Drago, ti lasciamo nelle mani di Maestro Einarth. Ti allenerai con lui fino al tramonto, dopodiché potrai fare quello che vuoi fino a domattina, quando riprenderai i tuoi allenamenti. Hrotgar Alto è a tua disposizione, Dovahkiin, purché tu non disturbi la quiete dei suoi abitanti.
-Sì, Maestro.
-Dovahkiin.- Maestro Einarth mi chiamò con voce lieve, tanto che faticai ad udirla anche con i sensi di Bestia -Prova tu, avanti.- annuii e mi posizionai al suo posto -Concentra la tua energia come hai fatto ieri...concentrati sulla parola “Ro”. Devi sentire l'equilibrio dentro di te, come hai sentito la Forza, il “Fus”. E cerca di combinarlo in un binomio di potenza e precisione.- mi morsi il labbro, la faceva facile il vecchietto che non aveva fatto altro per tutta la vita.
Inspirai e chiusi gli occhi.
-FUS RO!- la potenza c'era, ma non l'equilibrio.
Il getto che avrebbe dovuto infrangersi contro la colonna di pietra non solo mi sbilanciò all'indietro facendomi cadere, ma si spostò anche molto più a sinistra, andando contro un altare.
La ciotola, il candelabro e qualche altro oggetto volarono via per poi atterrare in un rumorosissimo tintinnio che mi fece appena chiudere gli occhi e vergognare.
-Ops...- mormorai, alzandomi sotto lo sguardo impassibile di Maestro Einarth i cui occhi, a differenza di Maestro Arngeir, erano azzurri e chiari -Mi dispiace.- aggiunsi, ma non ottenni né un perdono né un rimprovero dal vecchio.
-Riprova di nuovo.- ubbidii.
-FUS RO!- mi concentrai di più sulla seconda parola, sul fatto di rimanere in equilibrio, e notai un miglioramento della mira e della mia posizione, ma la corrente d'aria non era niente rispetto a quella di prima.
Avevo peccato in forza.
-Riprovo ancora.- dissi.
Per l'intera giornata non feci che esercitarmi su quelle due parole, sulla Forza e sull'Equilibrio. Arrivata a sera, avevo mal di gola, ero stanchissima e avevo la testa che scoppiava. Ma alla fine, anche RO mi apparteneva e si piegava ai miei voleri.
 
-Apprendi a livello di un maestro.- mi disse Arngeir tre giorni dopo, quando oramai Fus e Ro non avevano più segreti per me -Ma la conoscenza delle parole non è che l'inizio di questo cammino e del padronanza della Voce, Dovahkiin. Conoscere il significato della parola appresa, controllarlo in ogni sua sfumatura e sentirlo parte di te: questo occorre per la vera conoscenza del Thu'um. Ma come hai già dimostrato, essere il Sangue di Drago ti permette anche di assorbire, oltre l'anima, anche le conoscenze di un drago abbattuto.
-È stato così che ho appreso il Fus.- ricordai infatti.
-Immaginavo. Ho parlato con il Maestro Einarth.- mi feci improvvisamente ansiosa -Dice che lui non ha più niente da insegnarti a proposito di “Ro”.
-Mi ha insegnato molto bene.- replicai, anche se la mia modestia venne macchiata dal mio personale orgoglio, come sempre.
-Vero, ma tu hai grandi potenzialità. Ovviamente la potenzialità da sola non basta. L'esercizio costante è fondamentale.- beh, come tutte le cose, in fondo -La tua prossima prova si terrà con Maestro Borri. Ti aspetta in cortile.- guardai Arngeir sorpresa, ma annuii con un cenno del capo e raggiunsi in pochi minuti l'ampio cortile di Hrotgar Alto.
Il cortile non si staccava molto dal resto della struttura: ampio, spoglio ed avvolto nel silenzio della montagna. Fortunatamente quella giornata era limpida e almeno i venti freddi che sulla Gola del Mondo sembravano ululare la loro rabbia non mi avrebbero tormentato.
-Maestro.- lo salutai.
Non davo più del “tu” ai Barbagrigia, ma sicuramente non sarei mai stata ossequiosa o educata come una perfetta dama di corte. La formalità sembrava estranea alla realtà di Hrotgar Alto, ma il rispetto era sicuramente fondamentale.
-Dovahkiin.- come tutti i Barbagrigia, anche Borri parlava in tono basso e quasi impercettibile, l'unico a parlare di più era Arngeir, e quando gli chiesi il perché di questa cosa mi spiegò che se i Barbagrigia avessero parlato tutti e quattro contemporaneamente, il monastero sarebbe crollato. Era stato solo per intervento divino che le mura, al momento della mia chiamata, si fossero limitate a tremare -Oggi ti insegnerò un urlo del tutto diverso.
-Oh.- non me l'aspettavo -Credevo che avremmo continuato sul Thu'um del Fus.
-No. Non spetta a me insegnarti quella parola. Oggi ti farò apprendere la parola “Wuld”, che significa “turbine”.
-E cosa fa?- invece che rispondermi, Maestro Borri si limitò ad avvicinarsi ad una leva e quando la premette, il cancello che si trovava ad una decina di metri da lui si aprì.
-WULD NA KEST!- in un attimo, Maestro Borri sparì.
-Cosa?!- stupita mi avvicinai al punto in cui era sparito, trovando una grossa scia tra la neve che tradiva il passaggio di un corpo a velocità elevata.
La seguii con lo sguardo finché non vidi l'anziano Barbagrigia sorridermi al di là del su detto cancello, ora chiuso.
-I-incredibile.- mormorai, incredula.
E soprattutto estasiata.
Non vedevo l'ora di cominciare.
-Come...incredibile.- ripetei di nuovo quando il Barbagrigia fu accanto a me -Posso provare?
-Certamente, Dovahkiin. Sei qui per questo.- mi ricordò il vecchio, poi si avvicinò alla leva che gli aveva permesso di aprire il cancello -Preparati. Senti bene la parola prima di trasformarla in Thu'um, Dovahkiin. Concentrati sulla velocità, sul controllo dei venti, sul diventare parte di essi. Questo è Wuld.- annuii.
Mi misi in posizione ed il cancello si aprì.
-WULD!-a differenza della Forza Inesorabile, questa parola mi sbalzò in avanti, come se qualcuno mi avesse afferrato bruscamente per le braccia e mi stesse trascinando.
Totalmente impreparata a quella nuova sensazione, caddi in avanti appena un paio di metri dopo la partenza, rotolando pietosamente tra la neve.
L'impatto con la massa bianca ebbe l'effetto di una brusca sveglia che mi fece alzare di scatto da terra per il freddo, e quando tornai a guardare Maestro Borri mi accorsi che le sue labbra si erano appena piegate per non mostrare la piega sorridente della bocca.
-Prova ancora, Dovahkiin.
-Sì!
-Però prima...- mi voltai a guardare l'uomo, perplessa -Togliti quel mucchietto di neve dalla testa.
 
Erano trascorse due settimane dal mio arrivo a Hrotgar Alto, e avevo appreso alla perfezione le parole che i Barbagrigia si erano decisi ad insegnarmi.
Le due parole della Forza Inesorabile e le tre dello Scatto Turbinante mi venivano naturali e non potevo negare che notare come la mia abilità mi permettesse di usufruirne mi riempisse di orgoglio. Sentivo il mio potere aumentare ogni volta, rendendomi più forte, più sicura.
Oramai non indietreggiavo più e soprattutto avevo migliorato la mira, in fondo non era poi così diverso dal tirare con l'arco. E viaggiare alla velocità del vento grazie alle ultime due parole che avevo appreso si era rivelata un'esperienza gratificante e ricca di adrenalina.
Avevo passato le ore in quel cortile, rientrando solo quando era così buio da non poter nemmeno vedere le mura del monastero o quando i venti si facevano troppo impetuosi, ma alla fine avevo ottenuto un grande risultato, sembrava che non avessi fatto altro nella vita.
La realtà di Hrotgar Alto era lontana dal resto del mondo, sembrava non farne nemmeno parte, ma io non avevo dimenticato mia madre, della promessa che le avevo fatto, e una notte mi ritrovai a scrivere una lunga lettera in cui l'aggiornavo sugli ultimi eventi, sul drago, sui Barbagrigia e il mio addestramento, aggiungendo che non appena avrei potuto mi sarei presentata di persona per parlare faccia a faccia. Avrei preferito lasciarla fuori da questa storia, ma mi resi conto che non era affatto giusto: non avrei rinunciato alla missione che mi era stata affidata, ma non avrei nemmeno escluso mia madre da questa nuova vita, perché ne avrebbe sempre fatto parte.
Così approfittai dell'arrivo di Klimmek con le provviste destinate a Hrotgar Alto per chiedergli di contattare un messaggero perché consegnasse la lettera a Riverwood. L'uomo si era dimostrato sorpreso di vedermi, l'immagine del Sangue di Drago che aveva in testa non corrispondeva assolutamente alla mia figura, ma reagì molto bene e si dichiarò disponibilissimo a soddisfare la mia richiesta.
-Ti ringrazio molto.- dissi prendendo il grande sacco con un piccolo sforzo -Ti sono molto grata. Ti pagherò il disturbo.
-Tieniti i tuoi soldi, è un onore poter servire il Sangue di Drago.- replicò, facendomi arrossire, non ero abituata ad essere guadata con quell'aspettativa e pizzico di adorazione che gli faceva brillare gli occhi stanchi -Contatterò il messaggero appena metterò piede a Ivarstead.
-Grazie Klimmek, ti devo un favore.- gli consegnai la lettera e con il cuore un po' più leggero rientrai nel monastero.
Mi diressi verso una stanza al piano terra che i Barbagrigia usavano come cucina, ma feci appena in tempo ad imboccare le scale che la voce di Arngeir mi fermò.
-Dovahkiin, aspetta.
-Maestro.- mi girai e gli mostrai il sacco -Stavo portando questo in cucina, Klimmek l'ha appena portato.
-Molto gentile da parte tua, ma lascialo pure lì, ci penseranno gli altri a portarlo al suo posto. Ho bisogno di parlarti.- annuii con un cenno del capo e lasciai il sacco accanto alla porta, dove sarebbe stato trovato, poi mi affrettai a seguire l'uomo.
-In queste due settimane i tuoi progressi nel Thu'um hanno lasciato senza parole me e i miei fratelli. La tua abilità è senza dubbio innata ed hai appreso gran parte dei nostri insegnamenti.
-Gran parte?- chiesi -Vuol dire che c'è altro?
-La via della Voce è infinita come il sapere di Kynareth, Sangue di Drago, ma abbiamo ancora qualcosa da insegnarti. Tuttavia per accedere alle ultime parole che apprenderai qui, almeno per un po', ti sottoporrai ad un'ultima prova.
-Di cosa si tratta?- la mia maledetta curiosità si era già svegliata a quella notizia, perché non sapevo cosa aspettarmi dai Barbagrigia, chissà cosa mi avrebbero chiesto di fare.
-Dopo anni di ricerca abbiamo trovato un antico manufatto.- mi spiegò il vecchio -Il Corno di Jurgen Windcaller. È un cimelio appartenuto al fondatore del nostro ordine e riaverlo qui, tra le mura di Hrotgar Alto, sarebbe una gioia per noi. È un po' il simbolo di noi Barbagrigia.- oh, recupero di un oggetto.
Rimasi un po' delusa e non riuscii a mascherarlo bene, tanto che il vecchio eremita, per la prima volta, mi rimproverò.
-Non prendere la missione sottogamba, Dovahkiin. Sono secoli che la tomba di Jurgen Windcaller è sigillata, eppure strane energie tormentano Ustengrav...energie antiche che hanno violato le leggi del tempo.- lo guardai, ora preoccupata -In questi ultimi anni sono aumentati. Molte persone li chiamano semplicemente non morti, ma altri li conoscono come Draugr.- non riuscii a trattenere un singulto preoccupato.
In un attimo, l'esperienza vissuta quasi quattro anni prima con Vilkas, al Tumulo delle Vecchie Glorie, mi tornò alla mente, dolorosa e viva come una ferita aperta. Il non morto che aveva cercato di uccidermi, i banditi e infine il Draugr in grado di usare il Thu'um.
-Dalla tua reazione sembri sapere di cosa parlo, Dovahkiin.- indagò Arngeir, e io annuii.
-Sì...effettivamente sì. Ho avuto modo di avere a che fare con quegli esseri qualche anno fa.- mormorai, ancora turbata, poi mi umettai le labbra -Tornerò con quel corno.- assicurai, ma prima che il Barbagrigia potesse parlare lo anticipai -Ma quando tornerò voglio che rispondiate a tutte le mie domande. In questi giorni ho preferito lasciare che foste voi a guidarmi, ma non ho ottenuto una sola risposta concreta da quando sono qui, Maestro. Vi riporterò il Corno, ma dopo dovreste essere sinceri.
-Lo siamo stati, Dovahkiin. Ma se è questo il tuo desiderio non ti verrà negato.- fece una pausa -Resta fedele alla via della voce e farai ritorno. Che il cielo ti protegga.
 
Impiegai quasi due settimane per raggiungere la tomba. La pianura brulla e secca di Morthal rendeva il terreno ideale per cavalcare, ma era dotato un'aria terribilmente desolata e silenziosa. Lasciai il cavallo poco lontano dal tumulo secondo la mappa che Arnegir mi aveva consegnato, ma mi accorsi, con preoccupazione, che non era l'unico.
Cinque o sei cavalli brucavano l'erba e un redguard era chino su un fuoco improvvisato, che cercava di far sopravvivere con delle foglie secche che non procuravano altro che fumo.
-Stupida vegetazione di Skyrim e stupidi Nord che ci vivono!- lo sentii imprecare dopo un paio di colpi di tosse -Perché ho lasciato Hammer...- la mia freccia lo colpì alla nuca, facendolo accasciare con solo gemito e facendolo cadere in avanti, mancando la brace di pochi centimetri.
I cavalli si agitarono un po', ma tutto era avvenuto nel massimo silenzio e soprattutto non c'era stato tutto questo spargimento di sangue, anche se potevo sentirne chiaramente l'odore. Incuriosita mi avvicinai al cadavere e vidi che, oltre il buco dove era entrata la freccia, aveva anche una ferita sull'addome che doveva aver medicato da poco. Lo squarcio doveva essere fresco dato l'odore che fece venire subito alla Bestia l'acquolina in bocca, e mi affrettai ad allontanarmi.
La porta antica di Ustengrav era socchiusa, i compari del bandito dovevano essere entrati senza troppi complimenti. Detesto ammetterlo, ma la loro presenza mi riempiva di sollievo, almeno ero certa che avrei trovato qualche presenza viva oltre a me, anche se nemica e che avrebbe cercato di uccidermi.
Entrai facendo meno rumore possibile e prendendo subito una freccia dalla faretra appoggiandola sull'arco avanzai.
Cercai di non fare troppi paragoni con l'avventura nel Tumulo delle glorie, dicendomi che ero cambiata, che ora ero un licantropo e soprattutto ero il Sangue di Drago, al Tumulo delle Vecchie Glorie non avevo con me il potere della Voce...
-Ma non ero nemmeno sola.- pensai con un po' di amarezza.
-Dobbiamo trovarlo.- sentii una voce femminile e mi appiattii contro la parete.
-Come abbiamo potuto lasciarci sorprendere così...e siamo anche in vantaggio come numero!- continuò una donna.
-Non me lo ricordare...- probabilmente dovevano essere stati colti di sorpresa dai Draugr -Se ci ripenso mi prende un nervoso! Sembrava innocuo, eppure ha fatto fuori tre dei nostri. Per fortuna Aaron se l'è cavata.
-Errore.- pensai -Aaron se l'era cavata.- quindi feci il punto della situazione.
Sei banditi in origine, di cui quattro morti, tre a causa dei Draugr e uno per mano mia. Erano rimasti in due, che dal tono di voce sembravano niente di più che bimbi terrorizzati: potevo fiutare la loro paura da lì, insieme ad altri sgradevoli odori che abitavano la tomba. Erano un uomo e una donna a giudicare dalle voci, e la più calma era sicuramente lei.
-Quei mostri...- disse infatti l'uomo -Oramai stanno aumentando a vista d'occhio. Una volta se ne trovava solo qualcuno, ora le tombe di questi Nord ne sono piene. Dobbiamo smettere di avanzare.
-No.- sentii ribattere l'altra -C'è troppo oro qui dentro.
-Con l'oro non ci fai niente se finisci nell'Oblivion.
-Staremo attenti, limitiamoci a controllare fino alla seconda rampa di scale. Lì abbiamo ripulito tutto.- poi la donna abbassò la voce tanto che nemmeno il mio udito poté permettermi di udirla a causa della lontananza, ma non era importante.
La tomba pullulava di Draugr, quegli essere schifosi che a quanto pare dovevano essere diventati una piaga a Skyrim quando credevo che le Vecchie Glorie fosse un inquietate caso isolato. Ma se così era, cosa aveva causato quel fenomeno?
Non mi interessava, non per il momento, almeno. La mia priorità era prendere quel fottuto Corno ed uscire sana e salva da quella tomba di cui ne avevo già abbastanza.
Estrassi una freccia dalla faretra e rapidamente la incoccai, poi mi sporsi un po' prendendo la mira e puntando verso i due banditi: la donna era seduta, appoggiata alla parete con un arco tra le mani, mentre l'uomo stava in piedi e camminava avanti e indietro con fare nervoso facendo continuamente sbattere la propria spada contro il proprio fianco. Decisi rapidamente che avrei abbattuto la donna con l'arco per evitare problemi e tesi la freccia, trattenendo il respiro per prendere bene la mira.
-Quindi, ricapitoliamo: prenderemo il corridoio di destra, quello era il più pulito per...- la freccia la colpì esattamente al centro del petto e le strappò un singulto soffocato prima della morte, mentre il suo compagno estrasse rapidamente l'arma dal fodero e si girò, guardandosi freneticamente intorno.
-C-chi è la...?!- chiese.
Ispirai l'odore della sua paura che arrivava fino a me, e un sorriso mi solcò le labbra, accompagnando il piacere della Bestia nel sentirmi il predatore.
L'uomo fece qualche passo in avanti, continuando a girare in maniera scomposta, cercando di avere una buona visuale della stanza, ma la paura lo rendeva stupido ed incauto. Forse temeva che fossi uno di quei dannati Draugr, ma se avesse avuto un po' più sale in zucca e meno fifa avrebbe capito che nessun Draugr avrebbe colpito dalle tenebre senza mostrarsi.
-DOVE SEI?!- presi un'altra freccia per finirlo, ma quando le mani raggiunsero le piume bloccai il movimento quando lo vidi dirigersi verso di me.
Approfittando del suo passo pesante, mi spostai, poi presi un piccolo sasso e lo lanciai poco più in là di dove mi trovavo, facendolo sobbalzare.
Riuscii a nascondermi di nuovo ai suoi occhi, sentendo la Bestia ringhiare soddisfatta di quell'improvviso gioco di preda e predatore.
-M-mi...mi sto stancando! Se non vieni fuori adesso...t-ti faccio a pezzi!- mi accucciai lungo la parete, l'arco ancora in mano.
Ero piegata, le mani che toccavano il pavimento sporco della tomba. Sentivo l'aria fremere, l'attesa dell'assalto consumarmi mentre il senso di potenza nell'avere tra le mani la vita di quell'uomo, di poterci giocare come più desideravo mi stuzzicava in maniera sempre più invitante. Ma io non ero un animale, non avrei continuato a torturare quell'uomo. Così ripresi la freccia e puntai al cranio del Nord.
Controllare la Bestia si stava rivelando sempre più difficile. Era passato un mese dall'ultima volta che mi ero trasformata e la voglia di caccia si stava facendo insistente. Normalmente avrei resistito molto di più, ma lo stress degli ultimi eventi mi aveva sconvolta più di quanto volessi ammettere e ovviamente la malattia ne aveva risentito a sua volta...
Sospirai rumorosamente quando mi chinai sul Nord e gli strappai la freccia dalla testa, notando che la punta non si era rotta, poi iniziai a frugare tra i vestiti dell'uomo e della compagna morta poco prima, alla ricerca di qualche nota che potesse aiutarmi contro i Draugr, o nelle loro borse se, per un colpo di fortuna, avessero già preso il corno, ma ovviamente non trovai niente di tutto questo.
-Mai sperare nella fortuna, Iris.- mi dissi, prendendo una torcia spenta dalla borsa ed accendendola sfruttandone una attaccata alle pareti di pietra, poi presi la spada e mi incamminai nelle sue profondità.
A differenza del Tumulo delle Vecchie Glorie, Ustengrav era un vero e proprio tempio: quella dove mi trovavo era una piccola sala in grado di accogliere circa una trentina di persone, lo stile semplice e povero mi ricordò quello di Hrotgar Alto, per quanto più inquietante, e un lungo corridoio che si dirigeva verso il basso doveva condurre al vero e proprio ingresso della struttura, dove mi avrebbero atteso i Draugr.
-Avanti, l'hai già fatto...e sei molto più forte di allora.- mi dissi, ignorando quella parte di me che avrebbe dato qualsiasi cosa per essere debole come allora purché ci fosse stato lui con me, poi iniziai la discesa, la spada nella mano destra e la torcia nella sinistra.
Per quanto i sensi di Bestia mi avvantaggiassero al buio, vedere un po' di luce in quel postaccio aiutò i miei nervi a rimanere saldi, e la tenni alta per cercare di vedere il più possibile in quell'angusta scalinata scivolosa.
La pietra pomice era così liscia da costringermi a procedere in maniera lenta e un po' goffa a causa delle mani entrambe occupate che non mi aiutavano a mantenere l'equilibrio, ma alla fine riuscii a raggiungere il corridoio senza cadere.
Lo spettacolo che trovai non fu certo dei migliori: sette corpi a terra facevano sì che l'aria in quella zona fosse appestante e se non si fossero trovati in una tomba abbandonata da anni qualche animale si sarebbe già avvicinato per mangiarli. Quattro di loro appartenevano a dei Draugr, quegli scheletri che non ricordavo così brutti e terribili, mentre gli altri tre dovevano essere i compagni dei due banditi che avevo ucciso, alcuni ancora con le armi in mano e uno con gli occhi aperti. La zona oltre ad essere scura era anche umida, in quel piano probabilmente il clima piovoso della regione aveva favorito il passaggio dell'acqua creando alcune pozze e rendendo l'aria pesante nella sua umidità.
Cercando di respirare il meno possibile sorpassai quel piccolo gruppo, ma ero così preoccupata a cercare di non respirare quell'odore nauseabondo che misi male il piede e, inciampando su un arto di quelle cose schifose caddi a terra con un piccolo grido di sorpresa.
La spada tintinnò rumorosamente, ma il peggio fu perdere la luce della torcia che cadde in una delle pozzanghere formatesi, facendomi tirare qualche bestemmia a denti stretti, sfogandomi per tutte quelle che mi ero dovuta tenere in presenza dei Barbagrigia.
Aspettai un po' che i miei occhi si abituassero all'oscurità, ma con mia sorpresa notai che c'era ancora qualche torcia accesa a rendere la via meno lugubre. Ero così presa dal cercare segni di quelle creature da non essermi nemmeno accorta di una cosa così banale.
Arrossii sentendomi un'idiota e ringraziai che non ci fosse nessuno ad avermi visto, poi i miei occhi si concentrarono su un particolare in più.
-Mh?- delle tracce di sangue si allontanavano dal gruppo per poi proseguire lungo il corridoio di pietra.
Non erano molto ampie e si erano già seccate, almeno un po', ma erano abbastanza fresche da farmi capire che lo scontro doveva esserci stato da poco e che l'unico sopravvissuto era un essere umano, i Draugr non perdevano sangue.
Toccai quelle tracce con le dita e annusai il sangue. Sì, era fresco, e il ferito non doveva essere lontano.
Ma era un amico o un nemico? Non credevo stesse con i banditi, altrimenti sarebbe tornato con loro all'ingresso, ma allora per quale motivo si trovava lì da solo? Mi alzai e raccolsi la spada per riporla nel fodero, poi ripresi l'arco ed incoccai una freccia.
Se c'era qualcuno ancora vivo ad Ustengrav oltre me l'avrei trovato, e non certo come preda.
Le tracce proseguirono per un bel po', e lungo il corridoio trovai altri corpi di draugr privi di vita per la seconda volta. Dalla posa scomposta e dagli squarci capii che c'era stato un combattimento e la mia teoria sulla presenza di un'altra persona viva fu confermata. Tesi al massimo i miei sensi, cercando di captare qualunque segno di vita, ma camminai a lungo e, tracce a parte, non trovai altro che potesse tradire la presenza dell'altra persona.
Finché, curiosamente, arrivata ad una stanza circolare le tracce sparirono.
-Eh?- mi chinai, ma dopo l'ultima goccia che vidi il pavimento era pulito...beh, per quanto può esserlo il pavimento di un tempio di centinaia di anni -Non è possibile.- e proprio quando mi alzai in piedi sentii un rumore dietro di me.
Un rumore quasi impercettibile, anche per i miei sensi di Bestia, che sfiorò appena il mio udito.
-Forse mi sbaglio...- pensai, facendo finta di niente e continuando a guardarmi intorno, ma quando lo sentii ancora una volta, stavolta più vicino, ogni dubbio sparì -A quanto pare no.
Feci due lentissimi passi avanti, e quando udii il rumore per la terza volta finalmente mi girai. La freccia già incoccata si tese insieme alla corda dell'arco e la punta dell'oggetto sfiorò il viso della persona che aveva cercato di prendermi alle spalle, puntando proprio al centro dei suoi occhi.
-Non ti muovere.- dissi con tono piatto, tenendo l'uomo sotto mira.

Note dell'Autrice
Eccoci qui. In questo capitolo Iris è alle prese con il Thu'um. Ammetto di averlo un po' tralasciato, non volevo fare un papiro di allenamento, ho preferito far capire che per quanto sia stato difficile maneggiare la Voce Iris, come sangue di drago, è stata in grado di piegarla rapidamente ai suoi voleri. In fondo è pur sempre la Dovahkiin, no? U_U Inoltre ho preferito subito iniziare con la sua prova ad Ustengrav, lasciandovi con un finale un po'...a sorpresa. Se posso aggiorno giovedì, ma non credo che ce la farò ç_ç Ammetto che questo capitolo è u po' di passaggio, senza infamia e senza lode, insomma, spero di recuperare con il prossimo^^
Un mega bacio,
Lady Phoenix

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Capitolo 24
*** Chapter XXIII- In Ustengrav's Deeps ***


Chapter XXIII
In Ustengrav's deeps
 
Gli occhi dell'uomo tradirono una profonda sorpresa e, perché no, timore. La freccia gli sfiorava la fronte e vidi chiaramente una goccia di sudore imperlargli la tempia.
-Ottimo udito.- disse.
A dispetto dell'ansia che i suoi occhi tradivano, il tono era tranquillo, quasi divertito, ma io non lo ero affatto.
-Cosa speravi di fare? Alza le mani.- aggiunsi quando lo vidi muovere le dita, probabilmente un riflesso, ma questo non mi impedì di prendere precauzioni.
-Ascolta, ti posso assicurare che...
-Alza le mani, ho detto, o ti pianto una freccia in fronte.- ripetei a denti stretti, e l'uomo fu abbastanza intelligente da capire che non stavo scherzando, così ubbidì e potei osservarlo meglio.
Era un Nord a giudicare dalla stazza, mi superava di circa una cinquantina di centimetri, rendendolo poco più alto di Vilkas. I capelli erano castani e lunghi fino alle spalle, scombinati ed incrostati con un po' di sangue, così come la barba che gli circondava labbra e mascelle. Il suo aspetto ed equipaggiamento mi fecero pensare ad un guerriero anche esperto se era stato in grado di sopravvivere fino a lì da solo contro Draugr e banditi, inoltre gli occhi castani brillavano di intelligenza. Diverse cicatrici gli ornavano il volto, in particolare quella in verticale che gli attraversava l'occhio sinistro, ma c'erano anche diversi segni di bruciatura.
Anche ora che lo tenevo sotto mira ero consapevole che non dovevo assolutamente sottovalutarlo e ciò mi spinse a stringere ancor più la presa sull'arco.
-Così va bene?
-Non fare lo spiritoso. Stavi con quei banditi?
-Stavi? Intendi dire che hai spedito gli altri nell'Oblivion? Ottima notizia...e va bene, va bene.- il mezzo ringhio che mi sfuggì lo mise in allarme, lo capii dalla tensione che per un attimo si accumulò sulle sue spalle e dal guizzo di inquietudine che attraversò i suoi occhi -Diciamo che...mi sono fatto aiutare, poi ho continuato da solo.
-Cosa ci fai qui?
-Cos'è un interrogatorio?
-Chiamalo interrogatorio, io preferisco chiamarla conversazione conveniente. Ma rispondi, cosa ci fai qui?
-Se te lo dico levi almeno la freccia dalla mia faccia?
-No.
-Sei una che non scende a compromessi, vedo...comunque sono un cacciatore di tesori, ora sei contenta?- no, affatto.
Se davvero mi ero imbattuta in un cacciatore di reliquie allora, probabilmente, stavamo puntando alla stessa cosa, ovvero il Corno di Jurgen Windcaller.
I miei occhi dovettero tradire un lampo di allarme, perché la bocca dell'uomo si storse in un'espressione infastidita.
-Umh...credo che entrambi puntiamo alla stessa cosa.
-Io non punto niente. Quell'affare è mio.
-Affare? Ah!- si lasciò sfuggire un'esclamazione di incredulità -Non sai nemmeno cosa sia.- lo ignorai.
-Facciamo così. Adesso ti volti, lentamente, e torni indietro scavalcando i cadaveri dei tuoi amici, e io ti lascio andare.
-Sei una fanciulla dal cuore gentile, in fondo.- storsi la bocca in un'espressione di puro fastidio.
-Non provocarmi, ci potrei ripensare facilmente. Avanti, vattene.
-Oh, sì, certamente.- assecondò lui con aria docile, e questo mi insospettì -Ma vedi, c'è una cosa che occorre specificare.
-E sarebbe?- l'uomo scattò in avanti.
Per quanto fossi preparata ad una sua reazione, non mi aspettavo di certo quell'assalto suicida che mi colse fatalmente di sorpresa: mi afferrò il braccio che teneva la freccia tesa e lo sollevò verso l'alto, proprio quando istintivamente lasciai la presa facendo rimbalzare la freccia sul soffitto, ma prima che potesse bloccarmi il mio ginocchio si mosse istintivamente e lo colpii al fianco, facendolo gemere.
Approfittai di quel momento per allontanarmi da lui, ma nel farlo persi la presa sull'arco, che l'uomo si affrettò a lanciare via con il piede, lontano da noi, ma soprattutto lontano da me.
-Non male...- ammise massaggiandosi il fianco, ma io ero furiosa.
-Sei un bastardo maledet...
-Ah, ah. Siamo in un tempio, controllati.- e mi stava anche prendendo in giro!
Inspirai profondamente per evitare che gli occhi tradissero la presenza della Bestia: quel bastardo sarebbe morto subito, ma non intendevo permetterle di dominarmi.
-Lasciami passare, voglio solo un vecchio affare, dopotutto. Te puoi tenere il resto.- mi concesse, ma io gli scoppiai a ridere in faccia.
-Se mi concedi il resto, quel vecchio affare deve valere molto più, allora.- lo vidi storcere la bocca per un attimo -E poi l'hai detto te, non scendo a compromessi.- presi la spada -Se vuoi quel Corno dovrai guadagnartelo.
-Umh...non mi piace uccidere le donne.- disse, anche se dal tono con cui pronunciò quelle parole capii che non doveva essere un tipo che badava a certi dettagli -Ma gli affari sono affari, dopotutto.- estrasse la spada anche lui ed io non persi tempo.
Cercai subito di affondare un colpo all'altezza del ventre,sfruttando la mia agilità e il fatto che fossi più bassa di lui, colpire alla testa senza prima stancarlo un po' sarebbe stato come consegnarli l'arma.
Ero abituata a combattere con individui più grossi di me, non avrei fallito.
L'uomo parò con facilità e cercò subito di sfruttare la sua maggiore forza fisica, ma io mi allontanai subito, facendogli perdere appena l'equilibrio e sfruttando la sua stessa spinta per fargli uno sgambetto che lo fece cadere a terra. Cercai subito di affondare la spada sul collo per finirlo, ma la lama toccò il pavimento quando il mio avversario rotolò rapidamente di lato e schivò il colpo.
Ringhiai di rabbia, c'era davvero mancato poco, ma trattenni l'istinto di scagliarmi contro di lui e rimasi sul posto in attesa di una sua mossa, ricordando che la fretta non mi avrebbe portata da nessuna parte se non alla sconfitta.
-Potrei sempre provare a farlo a pazzi con il Thu'um, chissà se le voci su Ulfric non siano vere allora.- pensai in un attimo di malignità, dovetti calmarmi di nuovo, decidendo che l'avrei ucciso solo se non mi avesse lasciato altra scelta e poi non mi fidavo ad impiegare la potenza della Voce in un luogo così vecchio e chiuso, avrebbe potuto crollare tutto -Ci mancava anche questa...- parai il fendente dell'uomo, che brandiva una spada stranamente leggera per la sua stazza, poi cercai di entrare nella sua guardia, ma ancora una volta il mio avversario sfuggì all'assalto, tornando a recuperare terreno.
-Non scappare, codardo!- lo apostrofai.
-Codardia? La mia è pura galanteria.- ribatté -Ma se proprio insisti...- si mosse ancora, velocissimo, e parai il suo colpo spostandomi esternamente e tenendo la spada con entrambe le mani per non perdervi la presa. Ignorando il dolore al polso ci riuscii ed approfittai del suo fianco scoperto per cercare di colpirlo di nuovo con un calcio, ma il Nord scartò di lato e tornammo a guardarci.
-Ti batti bene quasi quanto un uomo.- disse, e la mia risposta non si fece attendere.
-Curioso: stavo per dire la stessa cosa riguardo a te!
-Ferisce più la lingua che la spada, dopotutto...
-Tu credi?- cercai ancora di colpirlo, e ancora una volta venni respinta.
Non sapevo chi fosse quell'uomo, ma dovetti ammettere che sapeva il fatto suo: i suoi movimenti non lasciavano niente al caso, e nonostante la stazza presentava un'agilità e velocità nei movimenti fuori dal comune. Forse peccava un po' di tecnica, ma questo non gli impediva di essere un avversario insidioso.
Sfruttai una finta che mi permise di colpirlo al braccio, facendolo allontanare con un ringhio di dolore che mi fece sorridere soddisfatta.
Il braccio purtroppo non era quello con cui maneggiava l'arma, ma dovetti colpirlo in maniera precisa data la smorfia di dolore che gli passò sul volto.
-Non esiste che mi faccia battere da una donna...- mormorò.
Vedendo la vittoria più vicina mi gettai contro di lui con l'intenzione di finirlo, ma con un movimento incredibilmente veloce il Nord mi finì alle spalle e mi circondò la vita con un braccio, cercando di braccarmi.
-Non ci pensare nemmeno!- la gomitata che gli rifilai lo fece gemere e trattenere il fiato, e ne approfittai per sollevare l'arma con l'intenzione di colpirlo alla testa, non avrebbe mai fatto in tempo a sollevare la sua arma per parare, avrei vinto io...
La lama gli era distante nemmeno un paio di centimetri dalla testa quando sentii quella sensazione di immobilità scuotermi il corpo.
-Cos...?- il colpo dell'uomo mi spedì contro la parete e mi fece gemere per il dolore.
-Figlio di...- feci per rialzarmi, ma quando ci provai mi accorsi che i muscoli non rispondevano ai miei ordini.
Ero paralizzata, come quella volta che avevo aiutato Aela, nel bosco.
I miei occhi, l'unica cosa che fossi in grado di muovere come si deve, si spostarono sul Nord. Nel buio, la sua mano sinistra, quella che non brandiva la spada, brillava di una luce verdastra che riconobbi come un incantesimo.
-Magia!- pensai -Dannazione, mi ha ingannato! Non credevo sapesse usarla...
-Sei stata un osso duro per essere così piccola.- ammise lui facendo qualche passo avanti.
Cercai di muovere i muscoli, sperando di riuscire almeno a maneggiare la spada o anche solo muovere le labbra per sfruttare il Thu'um, ma non ci riuscivo.
Avevo già subito gli effetti dell'incantesimo di paralisi, ma avevo sperato di cavarmela.
Seduta lungo la parete, sentivo le mie mani fremere e il cuore battere all'impazzata.
-Avresti fatto meglio ad uccidermi quando mi avevi sotto mira.- gli gettai l'occhiata più cattiva che potei, ma non fu certo un risultato eccellente -Peccato...- se avessi potuto avrei sicuramente deglutito per l'ansia mentre l'uomo si avvicinava a me con la spada in mano.
Peccato che mi avesse paralizzata, avrei voluto almeno dirgliene tre o quattro prima di raggiungere Hircine.
Si avvicinò a me e poggiò la lama sul mio collo, pronto a finirmi. Sentii una goccia di sudore colare lungo la tempia mentre i miei occhi alternavano lo sguardo da lui all'acciaio. Mi guardò per un lungo istante, poi sospirò pesantemente, infastidito da qualcosa che non riuscii a comprendere.
-Una vita per una vita.- disse solo, poi mi colpì con l'altra mano alla testa, forte, facendomi cadere a terra.
Riuscii appena a gemere di dolore e sorpresa.
-Ho pagato il mio debito, piccoletta.- fu questo che udii prima di svenire, mentre la sua sagoma sfocata si allontanava.
Quando mi ripresi, l'effetto della paralisi era finito.
-Cosa...?!- mi tirai su di scatto, allarmata.
Rapidamente tutti gli eventi della mia battaglia con il cacciatore di reliquie mi tornarono in mente, fino al momento in cui, invece di uccidermi, mi aveva semplicemente stordita.
-Era un mago.- pensai massaggiandomi la testa -E questo spiega un sacco di cose.- qualche esempio?
Le tracce di sangue: erano sparite all'improvviso, probabilmente doveva aver usato qualche incantesimo di cura per arrestare le emorragie, e la sua spada era perfetta da maneggiare solo con una mano per poter avere libera l'altra e praticare quei trucchetti da due soldi.
-Accidenti, quanto sono stata svenuta?- mi chiesi, scuotendo la testa nel tentativo di riprendermi -Chissà se il Corno...?- mi riscossi.
Il Corno! Quel maledetto avrebbe già potuto aver preso il Corno!
-Che figlio di troia!- mi guardai rapidamente intorno e recuperai l'arco, miracolosamente lasciato intatto -Deve essere molto presuntuoso o molto stupido.- riflettei, e rapidamente mi incamminai nel corridoio dove il Nord si era diretto poco prima che svenissi, sicura che avrei trovato la strada libera.
-Me la pagherà, fosse l'ultima cosa che faccio!- pensai scavalcando il cadavere di un draugr.
Affinai al massimo i miei sensi di Bestia, cercando l'odore di quel bastardo.
Fortunatamente aveva combattuto e una traccia ben distinta di sudore e un po' di sangue mi guidava inevitabilmente fino a lui, verso le profondità di Ustengrav.
Il miscuglio di odori cercava di coprire la traccia, ma io ero completamente entrata in frenesia. La sua traccia quasi mi feriva le narici, accelerai il passo abbandonando ogni forma di cautela pur di raggiungere quel maledetto. Oramai era una questione di principio, quel Corno sarebbe stato mio.
Arrivai ad un corridoio più ampio dove si apriva un bivio e l'ennesimo draugr era steso a terra: l'uomo si era curato di cancellare le sue tracce quando aveva scelto la strada, peccato che nessuna traccia potesse sfuggire all'olfatto di un lupo.
Mi accorsi di avere gli occhi gialli solo quando li sentii bruciare, e fu con frustrazione e fatica che riuscii a reprimere la Bestia. Una volta fuori di lì avrei cacciato, non potevo rischiare di perdere il controllo una volta tornata in città o magari a Hrotgar Alto, ma per il momento avrebbe dovuto aspettare.
Inspirai ancora una volta, percependo l'odore della mia preda nel corridoio di sinistra che imboccai rapidamente, la spada in mano pronta a restituire tutto con gli interessi.
-AH!- quando arrivai in fondo al corridoio, capii di aver trovato il mio assalitore, ma non doveva essere solo.
I miei sensi di Bestia mi permisero di udire distintamente il cozzare di due lame e fu seguendo le tracce della battaglia che raggiunsi una grande stanza dove il Nord incontrato poco prima si batteva con un Draugr.
Mi bastò poco per capire che non sarebbe stato come gli altri, e che la battaglia che già una volta avevo affrontato al Tumulo delle Vecchie Glorie si stava per ripetere: il Draugr era più alto ed indossava un elmo con delle grandi corna che ricordavano quelle dei draghi e l'armatura lo ricopriva quasi completamente, fatta eccezione per la parte inferiore delle gambe e le braccia scheletriche lasciate scoperte.
Brandiva una grande ascia che sarebbe sicuramente piaciuta a Skjor, e lo faceva con incredibile coordinazione a dispetto del suo aspetto gracile. Evidentemente non era un Draugr come tutti gli altri.
Con un grido di battaglia la spada del Nord cozzò ancora contro l'ascia della creatura, che parò sfruttando la potenza maggiore dell'arma, spingendo l'umano a schivare con un movimento goffo che lo fece cadere a terra e perdere l'arma.
Senza pensarci caricai la freccia e la puntai allo sterno del draugr, ma la fretta di dover scoccare mi impedì di prendere bene la mira e lo colpii alla spalla, facendolo appena indietreggiare con un verso gutturale.
-Come...tu?- mi accolse il Nord alzandosi.
Negli occhi castani potevo vedere il sollievo combattere con l'ansia o la sorpresa.
-A dopo i ringraziamenti...e i regolamenti di conti.- lo avvisai, facendogli capire che non avevo dimenticato il suo scherzetto con la magia, e quello annuì.
-Non potrei essere più d'accor...
RO DAH!
-Levati!- mi buttai di lato, schivando il Thu'um del cadavere.
-Cosa ha fatto quell'essere?!
-È il Thu'um, idiota!- alzai la voce per sovrastare il rumore assordante del cadavere, rabbrividendo quando sentii le pareti tremare.
Mi alzai rapidamente in piedi e presi la spada, approfittando della distrazione del Draugr, e cercai di colpirlo puntando alla parte scoperta del suo collo, ma con sorprendente velocità il mostro si girò per contrastare il mio assalto con la sua ascia.
Mi ritrovai ad un terribile faccia a faccia con lui, ancora una volta quei visi consumati dal tempo tornavano ad essere il mio incubo ad occhi aperti, con la loro pelle morta, i loro occhi innaturalmente lucenti e l'odore di morto che, con i sensi di Bestia, mi giungeva penetrante e terribile.
-AH!- colpii con un calcio la parte inferiore delle gambe e quello si piegò, ma rapidamente sfruttando il manico dell'ascia mi fece cadere sul sudicio pavimento e battere la schiena.
Ringhiai di dolore e aprii gli occhi per vedere il Draugr caricare un colpo a due mani. Portai la spada avanti a me come tentativo di difesa, ma non ce ne fu bisogno: l'aria fischiò e l'attimo dopo il cadavere urlò mentre le fiamme lambivano la sua carne e lo costringevano a rotolare a terra.
Alzai lo sguardo e vidi le mani del mio inaspettato compagno di sventura brillare nel buio della caverna, illuminando solo in parte il suo viso e dandogli un'aria terribilmente feroce.
-Muoviti, raggiungiamo la porta e chiudiamola!- annuii e insieme corremmo verso l'uscita, ma poco prima che potessimo attraversarla le parole del Thu'um rimbombarono di nuovo e ci fecero cadere.
Il dolore mi stordì, una scossa si propagò lungo la schiena, facendomi piegare e gridare.
Dovevo fare qualcosa.
Aprii gli occhi e vidi l'uomo che cercava di alzarsi senza successo mentre il Draugr si avvicinava a lui. Un braccio era bruciato e pendeva lungo il fianco, mentre quello sano si trascinava appresso la grande ascia, facendola stridere al contatto con il pavimento di pietra.
L'elmo e parte del centrale erano oramai perduti e resi morbidi dalle fiamme che avrebbero ucciso chiunque dal dolore se solo quella cosa l'avesse provato.
Respiravo con affanno. L'arco era ancora accanto a me, ma avevo perso le frecce nella caduta e non avevo la forza di assaltarlo come avevo fatto già una volta, quattro anni prima.
Capii che mi rimaneva una sola scelta, anche se avrei preferito evitare: nonostante sapessi controllare bene il mio Thu'um avevo molta paura che la sua potenza potesse far crollare le pareti vecchie di Ustengrav che pur avendo resistito a quelli del Draugr potevano davvero essere messe a dura prova dalla mia Voce più potente.
Eppure non avevo altra scelta.
Mi guardai intorno cercando di alzarmi a fatica mentre il Nord faceva lo stesso, senza riuscirci. Notai che la sua gamba sembrava inerme a terra, avrei dovuto farcela da sola ad attuare il piano che già avevo in mente.
Strinsi la spada, respirando con affanno: mi accorsi che stavo ancora perdendo il controllo in quella situazione di crisi e pura adrenalina e che i miei sospiri erano più cavernosi e bestiali del normale.
-Ehi! Vieni qui bastardo!- chiamai il Draugr e quello si girò.
Deglutii per trattenere l'orrore di guardare quel viso bruciato a metà, ma non mi lasciai intimidire.
Cominciammo ad incrociare le armi ancora una volta. Notai che sotto l'armatura in parte fusa il suo sterno era ustionato ed era possibile intravedere le ossa, la muscolatura, questo doveva averlo danneggiato impedendogli di usare il Thu'um nonostante non potesse accorgersene per mancato dolore. Schivai il fendente che portò e scartai di lato per costringerlo a girarsi e parare il mio colpo.
Lo sentii barcollare a causa della presa instabile e lo incalzai, poi sollevai la lama per colpire, ma rapidamente il Draugr mi anticipò facendomi perdere l'arma e ferendomi il braccio.
-M-merda!- schivai rotolando il suo ultimo attacco e quando lo vidi sollevare l'arma per l'ennesima volta, pronto a finirmi, agii.
-FUS RO!- mi concentrai il più possibile sul guidare l'urlo in maniera più precisa, ma la potenza mi sfuggì del tutto e venni sbalzata appena all'indietro esattamente come il non morto.
Come avevo sperato, lo spunzone lavorato nella roccia, che avrebbe dovuto essere una decorazione, lo trapassò incastrandolo fino a metà. Il draugr emise qualche verso sconnesso, agitandosi per qualche secondo, ma alla fine i suoi occhi di ghiaccio si spensero.
E scese il silenzio.
Sospirai di sollievo, non solo il draugr era morto, ma le pareti non erano nemmeno crollate. Potevo chiaramente sentire il mio cuore battere e il sudore freddo bagnarmi la fronte mentre le braccia che a fatica sostenevano il peso del mio busto tremavano fortissimo.
Ce l'avevo fatta ed ero viva.
-Non ci credo!- mi girai di scatto verso l'uomo a terra, ricordandomi solo in quel momento della sua presenza
Una luce chiara lo illuminava era guidata con le mani verso la sua gamba. Mentre l'incantesimo di cura faceva effetto il suo viso alternava all'incredulità con cui mi guardava a piccole smorfie di dolore, probabilmente la cura doveva far male sulle ferite più gravi.
-Tu...tu hai...- mi alzai in piedi e mi toccai con una smorfia di disapprovazione la ferita al braccio.
Era profonda e faceva male.
-Il Thu'um! Allora è vero quello che si mormora nelle taverne di Skyrim!- si alzò lentamente e cercando di non sforzare la gamba mentre io non rispondevo, osservando la stanza -Il Sangue di Drago è tornato.
-Senti non è proprio il momento...
-Hai usato il Thu'um! Sei l'unica donna che possa farlo e sei troppo giovane per aver dedicato la tua vita allo studio della Voce con i Barbagrigia.- mosse appena la gamba, e con un cenno soddisfatto del capo fece capire che doveva essere guarita.
-E se anche fosse? Questo non cambia niente, ti devo ancora una botta in testa, bastardo che non sei altro!
-Non cambierà per te, ma io...accidenti, il Sangue di Drago! Sono cresciuto con le sue storie...
-Se hai finito con i tuoi ricordi d'infanzia io me ne vado e consiglio anche a te di farlo, ma dalla parte opposta.- lo interruppi, mentre cercavo nella bisaccia una pozione di cura per la ferita al braccio, che continuava a pulsare.
-Vuoi davvero prendere ancora quel Corno?
-Sono quasi morta per averlo, oramai è una questione di principio.
-Devi essere pazza.
-Probabile.
-Permettimi di aiutarti.- interruppi la mia ricerca e lo guardai come se mi avesse insultata.
-Non se ne parla, io lavoro da sola.
-Che tu lo volessi o no mi hai salvato la vita, poco fa. Sono in debito con te.
-Non mi sembri un tipo da sentirsi in debito.- gli feci notare, emettendo un sospiro di frustrazione quando capii che non avrei trovato nessuna pozione, e quando rialzai gli occhi lo sconosciuto era già accanto a me e mi aveva afferrato il braccio ferito -Tieni le mani apposto o te le taglio.- lo avvertii, ma la sua presa era forte e pochi attimi dopo una luce bianca uscì dalle sua mano destra, quella non impegnata a tenermi il braccio.
-Effettivamente non sono un tipo che si sente in debito, per niente.- ammise.
Il leggero formicolio al braccio mi fece storcere la bocca mentre sotto i miei occhi diffidenti, la ferita cominciava a rimarginarsi: l'emorragia si era già arrestata e l'incantesimo stava praticamente ricreando i lembi di pelle necessari per chiudere il profondo graffio, il tutto in pochi secondi quando con una pozione ci sarebbero voluti dei giorni per poter assistere ad una totale ripresa.
Per non parlare del vecchio filo, o della cauterizzazione.
La magia era qualcosa di sorprendente: non la amavo e non l'avrei mai amata, ero oramai prigioniera di quel pensiero tipicamente guerresco che mi aveva cresciuta in solo pochi anni, ma dovevo ammettere che era affascinante e soprattutto potente, non mi stupii a pensare come fosse riuscito ad arrivare fin lì da solo con quei trucchetti.
-Ma tu sei il Sangue di Drago, e questo ti fa guadagnare punti.- aggiunse con un sorrisetto.
-Non mi fiderei di te nemmeno se fosse Mara in persona ad inginocchiarsi garantendo per la tua buona fede.- quello scoppiò a ridere.
-Dubito che lo farebbe, ma sarebbe alquanto interessante assistere ad una scena del genere.- sollevò gli occhi castani dalla ferita per incontrare i miei -Se ti avessi voluto morta, credimi che non starei qui a parlare con te. Ricordi poco fa?- stizzita da quell'affermazione superba liberai il braccio dalla sua presa, constatando che il dolore era effettivamente sparito e che potevo muovere il braccio come se non fossi mai stata ferita.
-Ricordo che hai giocato sporco.
-Non esiste il giocare sporco o pulito quando c'è la vita in gioco.- il mio senso dell'onore ruggì insieme alla Bestia a quelle parole, ma fui costretta a reprimerli entrambi.
E senza nemmeno rispondergli mi allontanai da lui, diretta verso il corridoio che mi avrebbe portata al mio obiettivo.
-Potresti aver bisogno di me.- mi gridò alle spalle -Non ce la faresti mai da sola contro esseri come quello.- mi girai a fulminarlo con lo sguardo, ma non riuscii a ribattere.
In fondo aveva ragione.
Ustengrav poteva essere insidiosa e il Corno si trovava ancor più in profondità, e non ero sicura di voler affrontare il resto del viaggio da sola. D'altra parte non mi fidavo di quell'uomo, avrebbe potuto cercare di colpirmi alle spalle, stavolta senza risparmiarmi.
-Cammina avanti.- gli dissi alla fine -Al primo passo falso stavolta ti ammazzo davvero.
-È qualcosa.- dichiarò l'uomo, incamminandosi con aria fin troppo sicura per i miei gusti -Comunque io sono Baeron.- aggiunse, facendo comparire dalla sua mano un piccolo globo di luce che iniziò ad illuminare di più la stanza -Posso conoscere il nome del Sangue di Drago?
-Iris.- risposi, senza staccare gli occhi dall'incantesimo, squadrandolo come fosse una bestia o qualcosa pronto ad attaccare piuttosto che un piccolo globo luminoso -Il mio nome è Iris.
 
Continuammo la nostra discesa senza troppi problemi. Trovammo altri draugr, ma non ci diedero molti problemi, probabilmente quello abbattuto doveva essere stato, a suo tempo, il capo di questo manipolo di guerrieri. Così la discesa verso Ustengrav fu abbastanza tranquilla se escludiamo il senso di claustrofobia che non accennava ad attenuarsi...
Comunque, riuscimmo ad uscire dal labirintico intrigo di cunicoli per arrivare ad una grande stanza.
-Vediamo un po'...- Baeron si fece avanti ed illuminò la stanza sollevando la mano per guidare il globo ed io lo aiutai con la torcia -Umh, c'è un problema.- capii immediatamente a cosa si riferiva e non riuscii a trattenere un sospiro di frustrazione.
La stanza finiva infatti in un'enorme conca piena di acqua, e non c'erano altre uscite o segni di passaggio. La strada era finita e del Corno non c'era nessuna traccia.
-Non è possibile!- esclamai -Qui non c'è niente!
-A quanto pare è stata una fatica inutile.- forse Baeron intendeva arrendersi, ma non io.
Così scesi, attenta a non cadere, le scale scivolose e scolpite nella pietra, raggiungendo il piccolo lembo di pietra, osservando la grande conca.
-Deve esserci qualcosa.- osservai attentamente la superficie dell'acqua scura, era impossibile vedere cosa ci fosse sul fondo, un motivo in più che mi fece scartare a priori la possibilità di immergermi.
-Ehi, aspetta!- esclamai, notando finalmente qualcosa.
Nascosta dalle tenebre, una leva scura e consumata dal tempo doveva attivare un meccanismo in grado di farmi andare avanti.
Ma se si fosse trattato di una trappola?
-Cosa hai trovato?- chiese il Nord, scendendo anche lui.
Notai che lo fece in maniera abbastanza goffa e mi stupii di come si fosse mosso silenziosamente prima, quando aveva cercato di prendermi alle spalle.
-Come puoi essere così rumoroso, adesso? Prima ho udito il tuo passo a malapena.
-Segreti del mestiere.
-La tua magia insulta il talento e la fatica conquistate per ottenere queste abilità.
-La mia magia è frutto di talento e fatica, Sangue di Drago, tieni a bada il tuo disprezzo.- replicò l'uomo, zittendomi, e prima che potessi ribattere avvicinò il globo luminoso alla leva -E questa?
-Immagino ci porterà avanti.- inspirai -Prega i Nove che non sia una trappola.
-Aspetta, non vorrai...?- prima che Baeron potesse finire la frase immersi la mano e tirai la leva.
In pochi attimi la stanza iniziò a tremare, soprattutto la superficie calma della conca, e mi affrettai ad indietreggiare dei pochi passi che mi furono concessi dallo spazio, esattamente come il Nord, mentre sotto i nostri occhi la superficie dell'acqua lasciava rapidamente spazio ad un corridoio di pietra conducente ad un piccolo spiazzo rotondo. Dal momento in cui questo venne a galla, il tremore svanì per lasciare spazio al silenzio che vi aveva regnato finora.
I miei occhi saettarono subito verso lo spazio rotondo in pietra dove un cofanetto faceva bella mostra di sé su un piccolo altare.
Lì, doveva trovarsi il Corno.
Gettai un'occhiata al mio compagno di viaggio, cercando qualche traccia di tranello o ostilità, ma i miei sensi di Bestia non percepivano niente di simile e sperai che avessero avuto ragione, così attraversai rapidamente ma senza abbassare la guardia il corridoio, fino ad arrivare allo scrigno.
-Finalmente...- mormorai, ma qualcosa mi colpì.
C'era un odore vivo, lì vicino, cosa improbabile visto che gli unici due esseri rimasti in vita eravamo io e Baeron, e l'odore non era certo il suo. Un terribile dubbio mi fece stringere lo stomaco in una morsa dolorosa e rapidamente aprii lo scrigno.
Era vuoto.
Esatto, era fottutamente vuoto. L'unico oggetto che vi trovai fu un biglietto che presi e lo aprii con mani tremanti.
Ero così furiosa e frustrata nel vedere tutte le mie fatiche andare a vuoto che dovetti trattenermi fortemente per non strapparlo in mille pezzi.
-Che succede?- Baeron osservò a sua volta lo scrigno incredulo mentre io leggevo, anzi, divoravo le poche righe di quel biglietto.
 
Sangue di Drago.
Ho bisogno di parlarti. Con urgenza.
Prendi l'attico alla Locanda del Gigante Addormentato, a Riverwood. Ti raggiungerò là.
-Un amico.
 
-Vuol dire che ti hanno anticipato?- chiese il Nord dopo che gli ebbi passato il biglietto, sollevando gli occhi mentre facevo profondi respiri per evitare che la Bestia si mostrasse, in tutta la sua ferocia e rabbia.
-A quanto pare è così.
-Cosa farai?
-Mi pare ovvio: quel Corno mi serve, e chiunque sia questo “amico”...giuro che se non ha una buona, anzi OTTIMA spiegazione per il suo comportamento, di lui non resteranno nemmeno le ossa.
-Portami con te, potrebbe servirti un alleato.
-Definirti alleato è una parola grossa.- feci una pausa -Cosa vuoi davvero? Oro, gloria, avventura? O magari tutti e tre?
-Diciamo che questa storia ha dei risvolti che potrebbero interessare entrambi.- spiegò senza problemi l'uomo, restituendomi il biglietto che senza troppi complimenti accartocciai nella bisaccia -Cerco qualcosa, Sangue di Drago, e non dubito che con te al mio fianco avrei maggiori possibilità di ottenerla.
-Mi hai detto tutto e niente.
-Credo più ai fatti che alle parole. Ti dimostrerò che sono degno di fiducia.- per un attimo pensai di fargli conoscere la Bestia e levarmelo di torno, poi inspirai profondamente e alzai gli occhi al cielo, non avevo tempo da perdere.
-Fa' come ti pare.- dissi alla fine, voltandogli le spalle ed incamminandomi verso l'uscita -Ma ricordati che io lavoro da sola. Se ci sarà uno scontro o qualcosa del genere te la dovrai cavare da solo.
-Certamente, non sia mai.- lasciai Ustengrav a mani vuote, frustrata e con una nuova missione sulle spalle, senza contare la miriade di domande che ancora una volta pullulavano nella mia testa.
Chi aveva scritto il biglietto?
Cosa voleva da me?
Conosceva la mia identità come Iris, oltre che come Sangue di Drago?
Era davvero un amico?
In questo nuovo turbine in cui mi ero, alla fine, volontariamente lanciata, alleati e nemici non mi era mai sembrati così confusi, così simili ed impossibili da distinguere.
Gettai un'occhiata a Baeron, mentre scioglieva uno dei cavalli dei banditi e vi saliva, imitato da me poco dopo: avevo deciso di fare affidamento su di un completo estraneo con cui mi ero prima scontrata e poi alleata per sfuggire alla morte, e dopo avermi curata si era offerto di diventare il mio nuovo compagno di avventura.
Ma non lo sarebbe mai stato. Io avevo avuto dei Fratelli di Scudo in passato e vi avevo rinunciato. Avevo rinunciato a tutto pur di scappare ed avrei continuato a farlo durante questa...missione che mi era stata affidata, ma mentre spronavo il cavallo con un colpo di briglie pensai che in fondo non era male averlo accanto: un uomo di cui non mi importava nulla, che avrei sacrificato volentieri, per cui non avrei mai pianto e che non mi sarei sentita obbligata a proteggere.
-Sei mai stato a Riverwood?- gli chiesi.
-Ovviamente.
-Allora non c'è bisogno che ti faccia strada.
-Cosa..?- prima che potesse parlare colpii di nuovo e il cavallo accelerò.
Rapidamente me lo lasciai indietro, ma altrettanto rapidamente sentii il passo della sua cavalcatura recuperare. E in poco tempo fummo di nuovo fianco a fianco, diretti verso Riverwood.
 
Note dell'Autrice
D'accordo, eccomi. In ritardo, ma eccomi.
Non sono molto soddisfatta di questo capitolo. Principalmente mi serviva per far entrare in scena un nuovo personaggio. Signori, ma soprattutto Signore, ecco a voi...Baeron.
Questo personaggio mi ronzava in testa da un bel po' e alla fine è venuto fuori. Che ne pensate? Vi incuriosisce almeno un po'?
Preparatevi per i prossimi capitoli, perché ho in mente qualche piccola sorpresa per voi :3
Ah, ringrazio tanto Afep che mi ha aiutata con le ultime righe del capitolo che proprio non riuscivo a stendere. E scusate ancora se non è venuto bene ç_ç
Mi rifarò, promesso scappa.
Ci leggiamo non appena finirò il 24 xD
Lady Phoenix

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Capitolo 25
*** Chapter XXIV- Blades ***


Chapter XXIV
Blades
 
Quando arrivammo a Riverwood era il tramonto del nono giorno di viaggio. Oramai Alba aveva lasciato posto a Primo Seme, ma le giornate non accennavano ad allungarsi o riscaldarsi, era ancora troppo presto. Eppure la visione di Riverwood coperta dalla neve mi diede un senso di pace e sollievo.
-Vuoi andare adesso?- chiese Baeron, carezzando il collo del cavallo esausto, ma io scossi la testa.
-No. Per stanotte riposiamo, ci penseremo domani.- fece una pausa.
-Andremo comunque alla locanda, non vorrai dormire a terra?
-Tu andrai alla locanda, se vuoi. Io andrò da mia madre.- lo informai.
-E mi lasceresti da solo in un'eventuale imboscata?
-Lo scrittore del messaggio non conosce l'identità del Sangue di Drago e se così non fosse non vorrebbe comunque te.- lo liquidai senza troppi problemi, legando il cavallo alla piccola stalla fuori Riverwood e lasciando una moneta al ragazzo che se ne occupava -Sei al sicuro.
-Hai pensato a tutto.
-Mi aiuta a tenermi sveglia durante i miei turni di guardia.- mentii rapidamente.
Anche se avessi potuto, in quei giorni in cui avevo viaggiato con Baeron non avevo chiuso occhio: nei turni in cui ero di guardia ero combattuta tra la diffidenza che provavo nei confronti del mio compagno e la voglia di cacciare che si stava facendo sempre più insistente, mentre quando era lui a fare la guardia io mi limitavo a chiudere gli occhi, fingendo un sonno che non provavo. Ero stanca, avevo bisogno di parlare con mia madre e di sentirmi un po' a casa.
-Molto bene. Allora raggiungimi domani mattina.- annuii -Controllerò per avere qualche indizio, ma sono sicuro che il tuo amico misterioso non si farà vedere facilmente.
-È quello che temo anch'io.- ammisi sistemandomi il mantello, storcendo il naso quando un fiocco di neve vi atterrò sopra -Se è stato in grado di uscire vivo da Ustengrav da solo deve essere un tipo da non sottovalutare.- percorremmo la strada e arrivati davanti al Gigante Addormentato mi fermai -Ci vediamo qui domattina, non fare niente di stupido.- Baeron alzò un sopracciglio.
-Con chi credi di parlare?
-Non ne ho idea. È per questo che te lo dico.- mi girai e gli feci un rapido saluto con la mano -Buona serata, Baeron.- raggiunsi casa di mia madre rapidamente e bussai.
Quando mi aprì non seppi leggere il suo sguardo.
-Ciao mamma...- chiusi gli occhi e mi ritirai pronta a ricevere un altro ceffone come quello della volta precedente, ma non arrivò niente.
Così aprii gli occhi, trovando solo uno sguardo...rassegnato, quasi.
-Entra.- mi disse solo, e lo feci.
 
-Tutto ciò non ha senso.- mormorò quando ebbi finito di raccontare dove fossi stata l'ultimo mese.
Si passò le mani sul volto.
-Non è possibile!- continuò, camminando avanti e dietro per la piccola cucina -Insomma...il Sangue di Drago?
-Senti, oramai avrai sentito parlare del drago ucciso nei pressi di Witherun, tutta Skyrim ne parla.
-Sì, ovviamente.
-Beh, sono stata io ad ucciderlo.- la vidi schiudere le labbra come se avesse voluto parlare, ma non un suono uscì dalla sua bocca.
Mi alzai in piedi ed alzai parte del bustino che indossavo, mostrando ancora i segni dell'artigliata del drago.
Quelle che per un essere umano sarebbero state ferite doloranti per me erano già cicatrici. Quattro segni che ricordavano rozzamente dei cerchi dove gli artigli avevano premuto contro la mia carne facevano bella mostra di sé, ricordo della mia prima battaglia. Non erano passate che due settimane, eppure mi sembravano anni a causa di tutte le scoperte che mi erano cadute addosso in così poco tempo.
Sameera le guardò e si avvicinò. Tese la mano lentamente, quasi avesse paura di farmi male, e sfiorò quei segni.
-Un drago...- mormorò ancora, poi mi guardò -Dovrebbero ancora essere aperte. Come...?
-Mi ha presa di striscio.- la interruppi, riabbassando l'indumento, poi le presi le mani -Ma non è questo il punto, lo capisci? Ti ho detto tutto questo, ti ho scritto quella lettera per un motivo: non sbaglierò come ho fatto due anni fa, non ti escluderò dalla mia vita, ma non ti permetterò nemmeno di ostacolare le mie scelte.
-Un'antica profezia, un drago e una missione che nemmeno i grandi guerrieri dell'antichità hanno affrontato.- replicò la Redguard -Come puoi credere a qualcosa del genere?
-Se mi avessi visto fare ciò che ho fatto per due settimane a Hrotgar Alto non diresti così. Nemmeno io volevo crederci, ma ho scoperto di poter fare cose...- inspirai -Che non credevo nemmeno potessero esistere...- allungai le mani e presi le sue, stringendole -Ho bisogno che tu mi creda, che tu mi sostenga. Ho paura.- ammisi -Ma non posso tornare indietro. E se avessi visto e provato ciò che ho provato io lo capiresti anche tu. Devo fare tutto questo da sola, ma ho bisogno di sapere che tu ci sarai quando ne avrò bisogno...- mi accorsi di provare un nodo alla gola terribilmente fastidioso, deglutii a vuoto un paio di volte per cercare di allentarlo, senza successo e sentii le mani di Sameera stringere le mie -Se...se mai crollerò, se mai cercherò di scappare ancora...ho bisogno che tu sia lì a ricordami che non sono sola, che il mio posto è qui. Perché non potrei sopportare di fuggire ancora.
Sameera mi strinse al suo petto, forte, quasi temesse di vedermi fuggire ancora. E mi godetti quell'abbraccio, l'odore che sapeva di casa e di sicurezza.
-Io sono tua madre, e per te ci sarò sempre. Ma tu devi smetterla di avere segreti con me, Iris.- la guardai, deglutendo a fatica -I sogni, la profezia, i tuoi timori...mi hai nascosto tutto. Per due anni sei scappata pur di non dirmi nulla. Capisci che così facendo ci hai rimesso solo te?
-Lo so...lo so fin troppo bene.- ribattei, e sentii gli occhi bruciare, un bruciore che non aveva niente a che fare con la Bestia, stavolta -Se avessi pensato di più prima di agire non avrei perso molte persone, non avrei perso Vilkas.- dire quelle parole fu come accettare definitivamente ciò che mi aveva detto la sera del temporale, a Whiterun -Invece ho agito senza pensare e lui non mi vuole più.- chiusi gli occhi -Quando due anni fa sono scappata credevo fosse per proteggere tutti voi, ma la verità è che avevo paura per me stessa. Avevo paura che non sarei stata in grado di affrontare un'altra perdita come...come papà, o come Kodlak.- ripresi fiato, lasciandomi cullare come una bambina -Ma alla fine ho perso comunque l'unico uomo che contasse per me.
-Iris, prova a parlare con lui. Forse...
-No.- la interruppi -Non mi perdonerà mai, me lo ha detto. Ma forse è meglio così.
-Mh?
-Ho pagato il prezzo della mia codardia, ma ora mi terrò stretto ciò che rimane.- riaprii gli occhi, ottenendo una visuale sfocata, e fui costretta a pulirmi gli occhi con la mano per tornare a vedere bene.
-Sei un essere umano, Iris...a dispetto del Sangue di Drago o qualunque altra leggenda non puoi eliminare la tua parte umana, te ne rendi conto?- un fugace mezzo sorriso mi solcò il volto a quelle parole.
Già, una parte di me era umana, ma quanto?
Ero un lupo mannaro, una Bestia nata dalla luna e dal sangue, ma ero anche il Sangue di Drago, e come mi avevano spiegato i Barbagrigia c'era l'anima di un drago, in me. Quanto era rimasto della vecchia Iris?
Quanto potevo considerarmi umana?
-Iris, mi hai capito?- tornai a guardare mia madre ed annuii di riflesso -Hai sbagliato, è vero, ma questo ti servirà. Gli errori sono le lezioni più dure, più crudeli, ma sono anche quelle che ti rimangono più impresse.- mi prese il viso tra le mani e mi baciò la fronte -Smettila di tormentarti con il senso di colpa, non ti farà riavere niente di quello che hai perso.
-Lo so.- risposi infine, inspirando -Probabilmente dovevo solo accettarlo...- restammo un po' in silenzio, finché non fu Sameera a riprendere parola.
-Quanto resterai, stavolta?
-Domani devo incontrarmi con una persona.- la informai -E subito dopo spero di riprendere il viaggio verso Hrotgar Alto e, beh...capire meglio cosa sta succedendo.- mi alzai e guardai fuori dalla finestra. In fondo alla strada di Riverwood, la Locanda si ergeva più grande rispetto agli altri edifici coperti dalla neve che cadeva da un po'.
-E cosa farai, dopo?
-Il mio dovere. Come non ho saputo fare tre anni fa.
 
Il giorno dopo la neve non cadeva più, ma un consistente strato ricopriva Riverwood di bianco, rendendola quasi un villaggio delle fiabe, di quelle che si raccontano ai bambini. Lo attraversai a passo veloce ma senza tradire alcuna fretta, non volevo attirare l'attenzione su di me in quel paesino fin troppo disposto a spettegolare, e in pochi minuti raggiunsi la Locanda del Gigante Addormentato.
Non ci ero mai entrata, le poche volte che andavo a Riverwood lo facevo solo per andare a trovare mia madre e non ne avevo mai avuto il bisogno, perciò non sapevo cosa aspettarmi. Sperai che Baeron avesse avuto più fortuna di me, ma ne dubitavo: il mio sedicente “amico” sicuramente non era uno sprovveduto e comunque non mi sarei mai fidata della parola di quell'uomo senza farmi un'idea in prima persona.
Avevo l'arco sulla schiena come arma principale, ma per sicurezza avevo nascosto una daga sotto il mantello. Sfiorai l'acciaio della lama e mi sentii abbastanza sicura, così entrai.
Subito venni accolta da un miscuglio di odori e suoni travolgente: l'odore del cibo e delle bevande si mescolava con quello delle persone che soggiornavano nella locanda, e insieme ai suoni caotici del posto creavano un'atmosfera calda ma anche soffocante.
Mi guardai rapidamente intorno e trovai Baeron al bancone che sorseggiava una bevanda che avvicinandomi riconobbi come idromele dall'odore.
-Sei mattiniera.- mi accolse quando mi sedetti accanto a lui, pur senza guardarlo.
-Tu non sei da meno. Meglio così.
-Avresti potuto svegliarmi, saresti stata la benvenut...- ricambiai il suo sorrisetto con un'occhiataccia e gli colpii lo stinco con un calcio che lo fece gemere.
-Piantala di dire idiozie...piuttosto, visto nessuno di sospetto?
-No. Ho tenuto d'occhio tutte le persone che erano qui al mio arrivo e, esclusa te, non è arrivato nessun altro.- annuii come per far cenno che avevo capito, poi sospirai.
-Ho capito, credo proprio che dovrò giocare a carte scoperte.- lo guardai -Cercherò un approccio pacifico, ma se occorresse userò la forza. Quindi finché non te lo dico io non intervenire, va bene?
-Ai vostri ordini.- alzai gli occhi al cielo, ma non risposi, poi chiamai quella che riconobbi come la locandiera grazie agli abiti e la scopa che teneva in mano per spazzare ed allontanare gli avventori che già di prima mattina erano pronti ad attaccarsi all'alcool.
Era una donna bretone di mezza età, non molto alta ma dal fisico robusto. I capelli biondi presentavano già qualche traccia di grigio e il volto era segnato dalle rughe dell'età, ma gli occhi tradivano ancora una certa forza e durezza, uno sguardo fin troppo tagliente per una locandiera...
-Sei tu la padrona?- chiesi senza mezzi termini, e quella si fermò.
-Chi altri?- ignorando il tono non proprio simpatico continuai:
-Allora mostrami l'attico, per favore.- l'espressione di distaccata noia che aveva sul volto sparì per un attimo, sostituita dalla sorpresa e l'interesse, uno scatto che le fece stringere appena la presa sul manico della scopa e che non sfuggì né ai miei occhi, né ai miei sensi di Bestia.
-Non abbiamo un attico.- replicò lei, e subito sentii la confusione e l'irritazione a quella notizia, che il mio “amico” mi avesse preso in giro? -Ma puoi comunque avere una stanza.- fece una pausa -Seguimi.- guardai Baeron che annuì con un rapido cenno del capo e con tutta la naturalezza del mondo scese dallo sgabello, ma nel farlo scostò appena il mantello per mostrarmi la spada.
Seguimmo la locandiera verso la stanza da lei indicata, approfittando del fatto che dovessi camminarle poco dietro tirai su con il naso e riconobbi il suo odore: era lo stesso che avevo sentito ad Ustengrav, vicino allo scrigno.
-Trovata.- la donna aprì la porta della stanza.
-Chiudete pure la porta.- disse, e Baeron lo fece.
-Intendi continuare la scenata per molto?- chiesi allora, e la donna fece sparire il sorriso di circostanza indossato fino a quel momento.
-Prego?
-Iris, che stai facendo?
-È lei che ci ha anticipato ad Ustengrav, Baeron.- gli dissi senza staccare gli occhi dalla bretone, poi mi rivolsi a lei -Sono qui per un motivo preciso e lo sai. Quindi smettiamola con questa farsa.- gli occhi verdi della donna si assottigliarono mentre restava in silenzio, forse valutando le mie parole, ma alla fine...
-Molto bene. Non credevo che mi avresti scoperta, la parte della locandiera ingenua mi riesce fin troppo bene.
-Vero, ma non puoi ingannare l'olfatto di una Bestia.- non espressi ad alta voce questo pensiero, e le mie mani scivolarono lungo i fianchi, sfiorando l'elsa della daga da sopra il mantello.
-Allora?
-Senza fretta, Sangue di Drago. Quel che cerchi è qui.- fece scivolare la mano in una bisaccia e vi estrasse qualcosa.
Il Corno di Jurgen Windcaller era avvolto in un panno che mi impediva di vederne i dettagli, ma la forma sotto lo straccio faceva capire cosa fosse e sia io che Baeron spalancammo gli occhi.
-È tuo e te lo restituisco...voglio solo parlare.- allungò la mano lentamente e mi porse l'oggetto, che presi rapidamente e scostai il panno per controllare.
L'odore di muffa che circondava l'oggetto confermò che era autentico e non sembrava aver subito danni. Tornai a guardare la bretone, che nel frattempo non aveva smesso di osservarmi.
-Parlare di cosa?- chiesi, alzando un sopracciglio.
-Qualcosa che potrebbe interessarti...Iris.- socchiusi la bocca per la sorpresa, ma prima che potessi parlare la donna si diresse verso l'armadio della stanza e lo aprì -Ma non qui. Preferisco non correre rischi.
-E sicuramente dentro un armadio potremmo...- mi interruppi quando il pannello interno dell'oggetto si aprì, rivelando un corridoio segreto.
-Potremo parlare, sì.- mi gettò un'occhiata dura e mi fece cenno di seguirla.
Guardai Baeron, che alzò le spalle come per dire “fai quello che vuoi”, poi la bretone: avevo tutto ciò che volevo, il Corno era in mano mia, ma cosa aveva spinto la donna ad appropriarsene per attirarmi lì?
-Potrebbe essere una trappola.- mi fece notare in un sussurro Baeron, e lo guardai con la coda dell'occhio senza voltare la testa -E se non fosse sola?
-Lo è.- lo rassicurai, dato che non sentivo alcun rumore strano provenire dal corridoio che la donna stava per imboccare.
-Come fai ad esserne sicura?
-Lo sono e basta.- feci una pausa -Io vado, te fai come ti pare.- lo sentii brontolare qualcosa, ma quando decisi di seguire la donna lui non fu da meno.
-Chiudi il pannello quando entri, ragazzino.- trattenni un sorriso quando la bretone apostrofò Baeron ragazzino, perché effettivamente rispetto a noi era molto più vecchia, vent'anni minimo di differenza, e sentii chiaramente un paio di insulti provenire dal Nord.
Quando raggiungemmo la fine del corridoio, una stanza ci accolse: non era piccolissima, ma la grande quantità di oggetti che c'era al suo interno la faceva sembrare tale, da un lato dei bauli occupavano tutta la base di una parete, alcuni erano addirittura aperti a causa della quantità spropositata di oggetti al loro interno, fatta eccezione per un tavolo dove alcune erbe ed un mortaio facevano mostra di sé. Dall'altro lato invece c'era una grande placca per armi dove si trovava qualche spada, un paio dalla forma strana, a dire il vero, e una libreria dove libri e documenti pretendevano il loro spazio quasi spingendosi fuori l'un con l'altro. Infine, al centro, una scrivania con qualche libro. L'ordine non doveva essere una priorità lì.
-Una stanza segreta?
-Esattamente.- si posizionò dietro la scrivania -Sembra che i Barbagrigia siano convinti che tu sia il Sangue di Drago...spero che abbiano ragione.
-Non mi hai ancora detto cosa vuoi, sto iniziando a perdere la pazienza.
-A chi lo dici.- sentii dire Baeron, a quanto pare la locandiera non doveva stargli simpatica, e non potevo bisimarlo.
A pelle, quella donna non ispirava nemmeno me: troppo misteriosa e sicura di sé per i miei gusti, e soprattutto non riuscivo ad immaginare cosa volesse. Senza contare la stanza segreta, il pannello dell'armadio...sentivo l'atmosfera tesa come se dovessi essere attaccata da un momento all'altro anche se, per adesso, la bretone non sembrava avere cattive intenzioni.
-Non ho fatto tutto questo per capriccio, sia ben chiaro, dovevo solo assicurarmi che non fosse tutta una trappola dei Thalmor.- alzai un sopracciglio, cosa centravano gli elfi, adesso? -Non sono tua nemica, e te l'ho dimostrato dandoti il Corno. Voglio davvero aiutarti?
-Aiutarmi?- domandai con una risatina ricca di scherno -E come?
Nemmeno io sapevo cosa dovevo fare, come poteva pretenderlo di saperlo lei?
-Se tu sei davvero il Sangue di Drago, faccio parte di un gruppo che ti cerca.- notai che il tono si era fatto più duro, ma non per questo la sua espressione era mutata in tranquillità -Che cerca quelli come te da sempre.
-Che genere di gruppo?- potevo percepire la tranquillità di Baeron, eppure ero sicura che al minimo cenno di pericolo sarebbe stato pronto alla battaglia, magari usando quelle sue lucine da mago...
-Prima di dire altro voglio assicurarmi che tu sia davvero un Sangue di Drago, devo essere sicura di potermi fidare di te.
-Come?- ero esterrefatta.
Insomma, erano tutti zelanti a sballottare il Sangue di Drago da una parte all'altra di Skyrim, per poi pretendere una prova di riconoscimento...prima i Barbagrigia e adesso quella donna. Quel siparietto iniziava a stancarmi.
-Bella faccia tosta chiamare il Sangue di Drago e sfidarlo.- disse Baeron, e la donna gli lanciò uno sguardo di fuoco, non era per niente intimorita dal nostro vantaggio numerico o dal fatto che uno di noi fosse praticamente il doppio di lei in altezza e muscolatura.
Mi chiesi quanto potesse permettersi tanto coraggio...
-Non sto sfidando nessuno, Nord.- lo apostrofò -Ma devo essere sicura di avere avanti a me la persona giusta.
-Tu chiedi prove di fiducia e sicurezze, ma ancora il motivo per cui sono qui non mi è ancora chiaro e ho detto che non voglio perdere tempo. E poi come sai il mio nome?
-E non te ne farò perdere...appartengo ad un antico ordine, Iris, un ordine che ancora ricorda ciò che tutti gli altri hanno dimenticato, ovvero che il Sangue di Drago è il più potente degli ammazzadraghi.
-Il più potente? Ne ho ucciso a malapena uno!- replicai.
-Ma hai assorbito la sua anima, non è così?
-Sì, è stato così che ho scoperto i miei poteri.
-Quindi questo significa che hai le basi della Via della Voce...il necessario per mostrarmi che dici la verità.- continuò lei girando intorno la scrivania ed appoggiandosi avanti ad essa, in modo che ci fossero solo pochi metri a separarla da me e Baeron.
Sentii la rabbia montare e respirai a fondo per evitare che la Bestia si mostrasse, ma capii che arrabbiarmi mi avrebbe causato solo problemi: era meglio seguire i passi del ballo della mia amica, per ora, per poi condurre io.
-WULD!- una parola, e i quattro metri che separavano me e la bretone vennero divorati e gemette di sorpresa quando la lama della mia daga le venne puntata alla gola.
Ora che eravamo vicine potevo sentire il suo respiro, percepirne il calore sul volto, e perfino la sudorazione aumentare: per quanto cercasse di non mostrarlo l'avevo colpita e, forse, spaventata.
-È abbastanza?- le sussurrai all'orecchio, e lei ci mise un po' a rispondere.
-Immagino di sì.- mi sentii pungere appena ed abbassai lo sguardo.
Appoggiato al mio ventre c'era un pugnale che la locandiera doveva aver estratto appena in tempo: la punta era appena in grado di causarmi danni e la lama mi toccava dalla parte piatta, dovevo aver interrotto il suo movimento a causa della mia velocità, ma la sua reazione era stata comunque rapida e sorprendente.
Così mi allontanai lentamente e riposi la daga nel fodero, fino a trovarmi accanto a Baeron, dov'ero prima.
Nonostante gli occhi tremassero, la voce e l'espressione non tradivano alcuna paura. Era ovvio che quella donna aveva passato la vita sul campo di battaglia e che non era assolutamente da sottovalutare.
-Sai usare la Via della Voce. Dimmi, quanto ci hai messo per imparare questo urlo?
-Tre giorni, donna. E se questa prova non ti basta non so cos'altro fare.
-Mi accontenterò, ho detto.- fece una pausa mentre riponeva il pugnale nella sua custodia, poi incrociò le braccia -Ti devo delle risposte, dunque. Chiedimi quello che vuoi.
-Era anche ora...- pensai, ma preferii direttamente fare le mie domande -Per cominciare dimmi chi sei e cosa vuoi da me, poi si vedrà.
-Non c'è bisogno di essere così ostili, Sangue di Drago, ti ho già dato la prova della mia buona fede. Comunque mi chiamo Delphine e sono uno degli ultimi membri delle Blade.- io non capii, ma sentii chiaramente Baeron sobbalzare.
-Le....le Blade? Stai scherzando.- la sedicente Delphine lo guardò serissima.
-Ti pare che sono un tipo che scherza?
-Volete spiegarmi?- chiesi allora -Cosa sono le Blade?
-Solo il più antico ordine di ammazzadraghi e fino a qualche tempo fa servivamo l'ammazzadraghi più potente di tutti...- fece una pausa, ma non ci misi niente a capire a chi si riferiva.
-Il Sangue di Drago...
-Esatto. Sono due secoli che cerchiamo uno scopo, precisamente dall'ultimo Imperatore Sangue di Drago. Ora che i draghi sono tornati abbiamo finalmente uno scopo: fermarli.
-Abbiamo? Senti, non so cosa ti sia messa in testa, ma non sono un'ammazzadraghi.
-Eppure a Witherun ne hai ucciso uno, stando a quel che si dice. Lo neghi?
-Beh, ecco...no. Ma non credo sarei in grado di rifarlo.
-Sei la persona che ha più possibilità in tutta Tamriel di ucciderli...e poi la situazione è più grave di quanto pensi, non possiamo stare con le mani in mano.
-Che intendi con più grave?- chiese Baeron, stranamente serio.
La storia delle Blade doveva averlo preso.
-I draghi non stanno semplicemente tornando, stanno resuscitando. In tutti questi anni non si erano trasferiti in qualche altro luogo: sono stati uccisi dai miei predecessori secoli fa.- impallidii.
-Stai scherzando? Non è possibile resuscitare, nessuno può! Persino i negromanti si limitano a controllare i corpi delle proprie vittime.
-Beh, non in questo caso. Ora sta succedendo qualcosa che li sta facendo tornare in vita, ed ho bisogno di te per fermarla, qualunque cosa sia.- fece una pausa -Sei il Sangue di Drago, cosa pensi di dover fare con i tuoi poteri? Meditare in un monastero per tutta la vita?- a dire il vero no.
Non sapevo cosa avrei dovuto fare dei miei poteri, né di quel nome in generale...dopo quasi un mese delle mie scoperte non avevo ancora chiaro cosa significasse essere il Sangue di Drago.
-Cosa ti fa credere che stiano resuscitando?- chiesi poi, e Delphine attraversò il tavolo per passare dall'altro lato ed indicarmi una mappa, facendo segno di avvicinarmi.
Lo feci.
-Il drago che hai ucciso qualche tempo fa corrispondeva alla descrizione di un drago chiamato Milmulnir, un antico nemico del mio ordine. Ho raccolto informazioni e visitato il suo tumulo a pochi giorni da Whiterun: era vuoto.- mi porse alcuni scritti e la mappa in questione a cui diedi una rapida occhiata.
Non che ci capissi molto, ma la descrizione fatta su quei documenti antichissimi corrispondeva perfettamente a quella del drago color avorio che avevo abbattuto, c'era perfino uno schizzo della creatura abbastanza fedele, anche se un po' sbiadito, ed alcune coordinate.
-Cosa avresti in mente di fare, allora? Anche se volessi aiutarti non saprei da dove cominciare.
-La prossima mossa è scoprire chi c'è dietro ai draghi. I thalmor sono la nostra pista migliore, se non sono coinvolti di sicuro sanno qualcosa.
-I Thalmor?- non ero convinta.
-Cosa centrano gli elfi adesso?
-Ulfric era a Helgen per la sua esecuzione. L'Impero aveva finalmente vinto e la guerra civile poteva dirsi conclusa. Ma, casualmente, quando l'ascia del boia sta per tagliargli la testa- a quelle parole l'immagine dell'uomo che sollevava la grande ascia sopra di me, mi fece deglutire e dovetti sforzarmi per non toccarmi la gola di riflesso -un drago interrompe tutto e la guerra ricomincia.
-E questo indebolisce ulteriormente Skyrim e l'Impero a vantaggio degli elfi.- concluse Baeron, e Delphine annuì.
-Esattamente, quindi avrebbero avuto molte ragioni per voler riportare in vita i draghi e far sì che la guerra continuasse. Loro non si accontentano del Concordato Oro Bianco. Loro vogliono vedere l'Impero distrutto e umiliato...per questo ci hanno dato la caccia per anni, a me e le altre Blade.- per un attimo la maschera impassibile che aveva cercato di mantenere si spezzò, mostrando rabbia e rancore -Il simbolo di un Impero grande, che ancora fa paura al solo ricordo...gli elfi non vogliono questo.
-Quanti ne sono rimasti, di voi?- chiesi quasi senza rendermene conto.
-Qui a Skyrim credo in due. Uno di noi è morto pochi anni fa.
-Mi dispiace.- ammisi.
-Conosciamo il nostro dovere ed i rischi che comporta. Rischi che una vera Blade è disposta a correre...- sospirò -Ma non voglio parlare di questo, non ancora, almeno. Devo saperne di più e c'è un solo modo per ottenere le informazioni che mi servono: entrare nell'Ambasciata Thalmor.- non riuscii a trattenere uno sbuffo sarcastico, ma Baeron mi anticipò.
-Andiamo, donna, chiunque sa che quel posto è più protetto della castità di una vergine, come speri di entrare?
-Ho i miei contatti, ma non è quello il punto. I Thalmor daranno un ricevimento tra una settimana ed è un'occasione troppo ghiotta per essere lasciata andare...Ma ci vuole un guerriero preparato ad affrontare ogni genere di situazione, dallo spionaggio al combattimento, un viso poco conosciuto a Skyrim e possibilmente uno che sappia il fatto suo...- non mi piacque come mi guardò, e soprattutto non mi piacquero le sue parole -Qualcuno come te.
-Cosa? Infiltrarmi tra i Thalmor? Ma...dico, mi hai vista? Sono tutto fuorché credibile. Senti, ti aiuterei volentieri, davvero, ma non credo di essere tagliata per cose del genere...
-Se hai solo la metà del talento di tuo padre sei la persona più adatta che potremmo mai avere.- quelle parole ebbero il potere di gelarmi.
-Come...che hai detto?- balbettai.
Ero davanti al tavolo, con le braccia appoggiate sul legno e il busto appena in avanti. Le mie mani strinsero il bordo senza che me ne accorgessi.
-Hai capito bene, Iris. Conoscevo bene tuo padre, Iasen. È stato una delle ultime Blade a cadere sotto gli elfi, sei anni fa. Si era nascosto bene, ma a quanto pare non abbastanza per...
-Non un'altra parola.- mi allontanai di un passo -Non può essere. Non può essere e basta. Mio padre era un cacciatore. Sapeva solo tirare con l'arco e ciò che sapeva l'ha insegnato a me. Ma non può essere come dici.
-Ah, no?
-No.
-Vuoi dire che tutti i poveracci vengono giustiziati per dei conigli, soprattutto da quando c'è Balgruuf al potere? Vuoi dire che un intero manipolo di soldati si scomoda per un contadino e la sua baracca?- Delphine non abbandonava i miei occhi, incalzandomi, spingendomi ad affrontare quella verità che non avevo mai preso in considerazione, che non riuscivo ad accettare.
-Mi vuoi dire che un uomo forte come era lui, nonostante la ferita alla gamba, non fosse in grado di fare nessun altro lavoro? Se hai un minimo della sua intelligenza allora saprai che dico la verità, e che ti è stata tenuta nascosta da sempre.
Non risposi.
All'improvviso, un ricordo riaffiorò, prepotente quanto significativo...
 
Sono rientrati prima, oggi.
Poche volte ha visto Iansen così agitato e arrabbiato. E dire che lei ha solo salutato quelle persone di passaggio, non capita mai nessuno lì, le sarebbe piaciuto fare quattro chiacchiere con quel gruppo...
Ma suo padre non ne ha voluto sapere. L'ha trascinata via sotto gli occhi increduli ed infastiditi del gruppo di Nord e l'ha riportata a casa senza nemmeno prendere una preda, poi l'ha costretta ad andare nell'altra stanza, la camera da letto, ed ha chiuso la porta.
Ma non sa del buco da lei fatto per poter spiare, lo stesso buco da dove può vedere e sentire ciò che accade tra i genitori.
-Iansen, dove vai?- lo chiama Sameera.
-Arrivo subito, sarò di ritorno tra un'ora.
-Ma che succede?
-Papà è preoccupato dagli stranieri...- pensa lei.
Ha soltanto dodici anni, ma non è stato difficile per lei notare la preoccupazione del Nord, quel lampo di paura passare negli occhi verdi. Perché non le spiega niente?
-Iansen, chi erano?
-Non ha importanza.- l'uomo si dirige verso la porta, ma prima che possa uscire Sameera si mette in mezzo, squadrando severamente l'uomo dal basso dei suoi quaranta centimetri in meno.
-Non occorre che tu lo faccia.
-Lasciami passare.
-No.
-Sameera...- accidenti, non invidia proprio la mamma, quando Iansen fa quello sguardo, così ricco di rabbia e...pericolosità, non riesce mai a sostenerlo -Fatti da parte.
-Non sei nessuno per decidere chi vive o...
-Sono un padre di famiglia, e questo è abbastanza.- Iasen prende la donna per le spalle, che cerca di fare resistenza senza risultato.
-No, non osare varcare questa porta!- lui la stringe di più, ora lottando contro la donna che cerca di liberarsi, che non smette di agitarsi tra le braccia del Nord.
-Almeno tu non odiarmi per questo.- le dice, un tono così basso che fa fatica a capire le parole -Lo faccio per te e per Iris, è l'unico modo.
-No, non è l'unico modo...- ribatte la Redguard con voce strozzata.
-Invece sì. E se anche non fosse non mi interessa: ucciderei Akatosh in persona se questo potesse assicurarmi di avervi al sicuro.- e senza darle tempo di ribattere l'uomo esce dalla casa dopo aver strappato un rapido bacio alla moglie, che una volta sola appoggia la fronte al muro e sospira.
E lei indietreggia, appoggiandosi al letto, consapevole di aver udito qualcosa che non doveva assolutamente udire.
Ma tante domande restano: cosa sta andando a fare il suo papà?
Mio padre non era crudele o solitario.
Doveva essere spaventato che ci trovassero, come alla fine era accaduto. Doveva aver vissuto nel terrore per anni finché non ha visto quegli ufficiali buttare giù la nostra porta.
-Se fosse stato il guerriero che dici non si sarebbe arreso senza lottare.
-L'ha fatto solo per evitare che tu e tua madre ci andaste di mezzo. Dopo la Firma del Concordato di Oro Bianco, le Blade si separarono. Per un po' lavorammo insieme, finché tua madre non rimase incinta. Allora decise di nascondersi con lei per evitare che i Thalmor vi trovassero, ma a quanto pare ha sottovalutato i loro agenti...- fece una pausa -Glielo avevo detto di essere più prudente.- a quel punto sentii la rabbia montare dentro.
-Vuoi dire che tu sapevi che gli stavano dando la caccia e non lo hai aiutato?!- sentii gli occhi bruciare, per un attimo temetti che la Bestia stesse per mostrarsi, ma ero ancora abbastanza lucida da trattenerla -Vuoi dire che mio padre non era altro che una vittima sacrificale per l'orgoglio degli Altmeri?
-Come lo siamo tutti noi Blade. Non potevo fare niente per lui, altrimenti la mia copertura sarebbe saltata.
-Quindi hai abbandonato un tuo compagno alla morte. Molto nobile da parte tua.- sentii la mano di Baeron sulla spalla.
-Devi calmarti.- lo guardai, ricordandomi solo in quel momento della sua presenza.
Non volevo che un estraneo sapesse quelle cose di mio padre e del mio passato, non potevo permettergli di vedermi in quello stato, così confusa e vulnerabile.
-Non dirmi di calmarmi.- strattonai la spalla per liberarmi e tornai a guardare la donna -Come puoi pretendere che io ti creda? Chi mi dice che non ti sia inventata tutto per convincermi ad aiutarti?
Delphine ci pensò un attimo, poi aprì un cassetto della scrivania e mi porse una lettera che aprii frettolosamente.
La scrittura era quella di mio padre. Era un documento risalente ad una trentina d'anni prima, mio padre allora doveva essere stato un ragazzo poco più giovane di me, eppure aveva vissuto la guerra in prima persona e in quella lettera nomi e strategia formavano un corposo elenco di traditori e traditi. Ma non era il contenuto a turbarmi, tanto quella scrittura che non vedevo da anni.
Iansen era davvero stato una Blade e io non ne avevo mai saputo niente.
Mia madre doveva sapere e mi aveva mentito.
Mi sentii tradita e presa in giro.
-Torna di sopra.- dissi poi a Baeron, con un sussurro -Devo parlare con questa donna da sola.- l'uomo fece per parlare, ma alla fine decise di non dire niente, e l'attimo dopo sentii i suoi passi risalire le scale ed aprire il pannello.
Infine, io e Delphine rimanemmo sole.
-Gli uomini che mi hanno portata a Whiterun erano imperiali.
-Ufficiali corrotti, non ne sono sorpresa. Molti si piegano ai Thalmor per proteggersi.- spiegò Delphine con una scusa.
Mi coprii il viso con le mani e camminai per un po' nella stanza. A questo punto, incastrare gli elfi e danneggiarli era diventata una questione personale. Ancora una volta la vendetta, quel veleno in grado di bruciare il mio cuore, tornava a farmi compagnia, ad animarmi e rendermi più determinata e sconsiderata. Qualche anno prima mi aveva spinta tra le braccia della licantropia, ed ora in una missione suicida con un'infima possibilità di successo.
A quel punto la curiosità di conoscere ancor più le Blade, mio padre, quel padre che credevo di conoscere bene, e indagare era una questione personale, e più mi dicevo che la vendetta e la rabbia non dovevano guidarmi, più esse mi divoravano. Certe volte credevo di essere fatta esclusivamente di furore.
-Ci aiuterai?- chiese allora Delphine.
La guardai e per un attimo provai la brutta sensazione di essere manipolata, probabilmente parlarmi di mio padre era la sua ultima carta per convincermi ad aiutare lei e il resto dell'Ordine, ma a me non piaceva farmi manovrare.
-Non lo so.- dissi -Ho bisogno di pensare...
-Non posso darti più di un giorno, devo agire in fretta, Iris. Mi capisci?- annuii con un cenno del capo.
-Domani mattina avrai la mia risposta. Ma per ora lasciami in pace.- promisi, e lei annuì.
-Torniamo di sopra, allora. Ah, ovviamente dovresti tenere questa storia per te, conto sulla tua discrezione.- non risposi nemmeno e risalii rapidamente le scale che mi avrebbero riportato alla stanza.
Mi sentivo soffocare. E avevo bisogno d'aria.
 
Quella sera non tornai a casa da mia madre.
Avevo ancora così tanta confusione e tanta rabbia in me che non me la sentivo di affrontarla, né di litigare con lei.
Cercavo di immagazzinare tutto ciò che Delphine mi aveva detto, quello che avevo scoperto, ma quella nuova realtà, l'ennesima rivelazione che ero costretta ad affrontare di petto. La mia vita sembrava una continua farsa ricca di colpi di scena, uno dietro l'altro, cos'altro poteva esserci, ancora?
Seduta su quello che doveva essere stato un tronco di un enorme sequoia oramai tagliato, me ne stavo sola con una bottiglia di birra in mano. Era oramai sera inoltrata, ma le voci delle persone nella locanda o della cittadina in generale che si preparava per la notte mi giungevano ancora chiare e rumorose, la serata si prospettava lunga.
Sorseggiai un po' di birra dalla bottiglia, non era buona come l'idromele, ma non avevo voglia di ubriacarmi, avevo bisogno di rilassarmi, ma anche di rimanere lucida. E poi non era mai un bene esagerare con l'alcool se la Bestia non aveva già sfogato i suoi istinti, poteva stimolarla anche troppo...
-Sei qui da quando sei uscita da quella stanza.- girai il volto quanto bastava per vedere Baeron raggiungermi, ma io non gli risposi e tornai a guardare avanti, un punto indefinito avanti a me -Come stai?
-Non ho voglia di parlarne, soprattutto con te.
-Mi pare giusto.- ammise, cogliendomi di sorpresa -Dopotutto non ci conosciamo che da qualche giorno...potrei ancora cercare di paralizzarti e ucciderti.- il tono con cui lo disse gli fece guadagnare una brutta occhiata da parte mia, ma questo non lo turbò più di tanto dato che sorrise -Non hai senso dell'umorismo, eh?
-Proprio no.- ribattei -Sono nervosa, va bene? Non mi va che tu abbia udito quella parte riguardo mio padre.
-Immagino, ognuno di noi dopotutto ha i propri scheletri nell'armadio, mh?- lasciai che si sedesse accanto a me, anche lui con una bottiglia di birra in mano.
-Tu non ne hai, forse?
-Eccome se ne ho. Anche troppi, direi.- prese un sorso della sua bevanda -Cosa hai deciso?
-Non lo so. Sto considerando alcuni fattori.
-Ma scommetto che la vendetta è quello più invitante.- non risposi e lui continuò -Vorrei tanto dirti che seguire la vendetta è inutile, che non ha senso, che non ti porterà altro che male, ma sprecherei solo fiato e sarei un ipocrita.
-Ipocrita?
-Quel qualcosa che sto cercando, Sangue di Drago...- mi ricordò il Nord, grattandosi distrattamente la testa -Non è un oggetto prezioso, eppure è importante per me. I grandi valori Nord possono andare a farsi fottere. Voglio la mia vendetta e l'avrò.
-Contro chi?- chiesi di riflesso, ma lui scosse la testa.
-Non voglio parlarne.
-E allora perché l'hai fatto?
-Mi sono intromesso, anche se involontariamente, nella tua vita. Mi sembrava giusto ricambiare il favore, ma niente di più.- rimasi un attimo a guardarlo senza sapere cosa rispondere, infine scossi la testa.
-Sai, sei davvero strano. E di tipi strani ne conosco davvero tanti...ma sei consapevole che non bastano due belle parole per guadagnarti la mia fiducia?
-Ho già detto che mi guadagnerò la tua fiducia con i fatti. Senti, qualsiasi cosa tu deciderai di fare io ti aiuterò, te l'ho detto. Mi hai salvato la vita ad Ustengrav e finché non saremo pari mi sentirò in debito...
-Abbiamo combattuto insieme...
-Un motivo in più per accettare: siamo un'ottima squadra.- non riuscii a trattenere un sorriso a quelle parole.
-Domattina darò la mia risposta a...quella donna. Se accetterò la sua proposta ed accetterai di seguirmi sei consapevole che c'è un'infima possibilità di uscirne vivi?
-Ho sempre amato il rischio, non sono delle orecchie a punta a spaventarmi. E poi gli elfi potrebbero avere qualche informazione in grado di interessare anche me.
-Quindi stai cogliendo l'occasione per portare avanti i tuoi scopi.- gli feci notare, prendendo un altro sorso di birra e lui sorrise.
-Gli affari sono affari dopotutto...- replicò lui.
Mi guardò per un lungo istante, poi sbuffò e porse in avanti la sua bottiglia.
-Che questo affare vada bene, allora.- ci pensai un attimo, poi gli sorrisi e lasciai che le nostre bottiglie si scontrassero appena, un tintinnio lieve nella notte.
 
Note dell'Autrice
Finalmente eccoci!
Ci ho messo quasi due settimane per scrivere questo capitolo, ma tra l'influenza e impegni vari non ho potuto procedere più velocemente. Qui una sorpresina per voi: Il padre di Iris era una Blade, esatto. Cercherò di approfondire di più la questione di questo collegamento e anche qualche flashback/documento sul passato di Iasen, spero che tutto ciò non sia risultato banale o noioso. E nel prossimo capitolo preparatevi: si va ad una festa :3
Ah, ecco qui un piccolo spiraglio su Baeron, anche lui cerca vendetta, ma verso chi? E soprattutto...perché? Non lo saprete di certo ora :3
Al prossimo capitolo gente, ovvero quando lo finirò.
Ricordate che vi adoro <3
Lady Phoenix

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Capitolo 26
*** Chapter XXV- Hide and Seek ***


Chapter XXV
Hide and Seek
 
-Odio tutto questo.- ammisi, prendendo di malavoglia la mano di Baeron che mi aiutò a scendere dal carretto -Avanti, non posso nemmeno scendere da sola!
-Dobbiamo curare la parte nei minimi dettagli, così ci ha detto Delphine.
-Io l'ammazzo, quella donna!- replicai a denti stretti, un'espressione feroce che fui costretta a placare, così come Baeron si costringeva a placare i suoi sorrisetti divertiti.
-Ricorda che hai accettato di tua spontanea volontà, sapevi a cosa andavi incontro.
-Lo so, lo so, ma sono nervosa, va bene? L'ultima volta che ho indossato una cosa del genere...d'accordo, non ho mai indossato qualcosa del genere.- ammisi.
-C'è una prima volta per tutto.
-Anche per dare fuoco ad un abito?
-Non mi pare sia il momento più adatto, mia lady.- lo guardai male.
-Non passerò mai per una lady, accidenti! La verità è che non avrei mai dovuto accettare.
-Piangere non è un comportamento adatto ad una nobile, non vorrete rovinare tutto il lavoro fatto per rendervi presentabile.- d'accordo, vedere Baeron ridersela in quel modo non mi aiutava di certo a mantenere la calma e non riuscii a trattenere un tono stizzito quando parlai.
-Beh, visto che dobbiamo entrare nel personaggio, ecco un ordine per te: sta' zitto.
-Oh, vedo che cominci ad entrare nella parte, mia lady. Potresti piacermi.
-Sono una nobile di Hammerfell e tu la mia guardia del corpo, sta' al tuo posto.
-Sai, conosco un libro interessante che iniziava con una situazione del genere...vuoi sapere come finisce?
-No.
-Peccato.- non lo avrei mai ammesso a voce alta, ma in quel momento stavo davvero invidiando il sangue freddo e l'apparente tranquillità che Baeron esibiva...me ne sarebbe occorsa davvero tanta in quella missione suicida in cui mi ero gettata, all'Ambasciata Thalmor.
 
-Sono felice che tu abbia accettato, le nostre probabilità di successo sono molte di più, ora.- dice Delphine.
Si trovano ancora nella stanza nascosta alla locanda del Gigante Addormentato.
Non è stato facile per lei prendere una decisione, ma alla fine ha accettato la proposta della Blade di indagare sugli elfi.
-Scoprire qualcosa in più su questi draghi è fondamentale...e se gli elfi centrano qualcosa mi assicurerò di ripulirli da cima a fondo.- replica lei in un tono che vuole essere sicuro, quasi impersonale, trattenendo l'ansia che già le stringe in maniera pressante la bocca dello stomaco -Il tuo piano?
-Ricordi il ricevimento di cui ti avevo accennato?- annuisce e la bretone continua -Secondo un agente che si è infiltrato nell'organizzazione, sarà pieno di gente proveniente da tutta Tamriel e basterà poco e niente per sgattaiolare via, nelle stanze interne, però...- si interruppe.
-Le stanze che ci interessano saranno sorvegliate, ovviamente.- interviene Baeron, sul viso la classica espressione indifferente, al massimo divertita, come se tutto ciò non lo riguardasse, eppure i suoi occhi sono animati da una certa fretta.
-Esattamente. Quindi non posso lasciarvi entrare disarmati. Per te, ragazzino, ho già in mente un piano che reggerà, ma per te, Iris,la cosa è diversa.- alza un sopracciglio.
-Diversa...quanto?- domanda infatti.
Delphine tace, si dirige verso un baule, lo apre e tira fuori un abito.
-Oh, no...no.
-Sì.
-Scordatelo.
-È l'unico modo, Sangue di Drago, non puoi presentarti vestita come un mercenario qualunque.
-Non ci cascheranno mai! Le vedi queste?- si indica le cicatrici sul volto, quella sulla guancia e quella sotto l'occhio -Non sono certo fatte con il carboncino, come pretendi di farmi passare per una dama quando ho queste cicatrici sulla faccia?
-Le cicatrici si possono nascondere, esattamente come le emozioni quando si è in missione.- si avvicina per studiare il suo volto, ma quando allunga una mano lei si ritrae bruscamente, guardandola storto -Per le prime non c'è problema, ma le seconde...- fa una pausa -Tutto dipenderà da quanto sarai brava a fingere.
 
-Mai stata brava a fingere...- pensai, trattenendo a stento un sospiro quando il cancello dell'Ambasciata Thalmor iniziò a farsi vedere, anticipando la costruzione scura e solenne dove stavo per entrare.
Ripassai il piano mentalmente, cercando un modo come un altro per rimanere lucida: dovevo solo entrare e confondermi tra la folla dopo aver porto i miei saluti all'Ambasciatrice, una certa Elenwen. A quel punto avrei dovuto trovare Malborn e iniziare la vera missione, ovvero trovare gli appunti della su detta ambasciatrice.
Non che Malborn mi stesse simpatico: quel bosmer aveva un carattere del cavolo, arrogante, impaziente e...
Lasciamo perdere.
 
Non è mai stata a Solitude, prima d'ora.
La città più importante di Skyrim non ha niente a che vedere con la pace di Whiterun o la desolazione di altre città come Morthal: Solitude è un cuore che pulsa, è un concentrato di suoni, colori e odori che farebbe impazzire chiunque.
Soprattutto un lupo.
Le sue narici fremono ed ogni tanto si getta la classica occhiata dietro per controllare che la coda non sia spuntata, sarebbe alquanto problematico dare spiegazioni a riguardo, ma niente, l'unica cosa che scatena quel caos è solo una brutta sensazione di trappola.
-Che ti prende?- le chiede Baeron.
-C'è troppa gente, qui.
-Non ti farai prendere da un attacco di panico, spero.
-Certo che no. Ho solo detto che non mi piacciono i luoghi affollati.- passano avanti ad una piccola folla riunita sotto un piccolo palco.
Sopra, un boia pronto a fare il suo lavoro.
-Poveraccio, quello.- mormora Baeron -Chissà cosa ha fatto...
-Non ci interessa, andiamo.- il suo tono è privo di inflessione mentre dà le spalle alla scena ed entra nella Locanda dello Skeever ammiccante.
A volte avere un udito superiore alla media rende insopportabile ogni rumore, come quello del tonfo della testa che cade nel cesto.
Si lascia alle spalle la città per concentrarsi sulla locanda, dove i suoi occhi si posano subito sulla smilza figura del Bosmer seduto in un angolo. Il suo viso è così anonimo e banale che se non avesse saputo della sua presenza e dell'importanza del suo ruolo non l'avrebbe nemmeno considerato: il viso perfetto per chi è costantemente sotto copertura.
-Malborn?- lo chiama lei, e il boccale che l'elfo intende portare alle labbra si ferma a mezz'aria, colto di sorpresa.
-Chi lo cerca?- ribatte, e sia lei che Baeron si siedono senza che lui li inviti a farlo.
-Mi manda il nostro amico comune.- i suoi occhi brillano di consapevolezza, ma la sua espressione non tradisce nulla se non...
Delusione?
-Davvero? Ha scelto te?- alza un sopracciglio, la Nord, e finalmente l'elfo si concede un sorso dal suo boccale -Spero che sappia quello che fa...
-Tieni per te i commenti. Piuttosto, il piano?- lo vede assottigliare gli occhi, uno sguardo irritato che sostiene senza problemi, e l'elfo sospira, quasi stesse parlando con una mocciosa ritardata e non con un'alleata.
E questo la fa decisamente arrabbiare.
-Allora, il piano è semplice...introdurrò di nascosto il tuo equipaggiamento all'Ambasciata Thalmor, ma non portarti dietro altro: i Thalmor non scherzano in fatto di sicurezza. Dammi quello di cui non puoi fare a meno e ti assicuro che lo avrai dal momento in cui sarai dentro, al resto dovrai pensarci tu.- dice in un sussurro così lieve che può comprendere solo grazie al sangue di Bestia.
-Pensi di poterlo fare?
-Sei sorda? Ho appena detto di sì.- stringe il pugno in un moto di rabbia che non può sfogare mordendosi il labbro e dicendosi che non è proprio il caso di litigare, non per motivi come questo.
-Molto bene, elfo: allora apri bene le tue orecchie a punta e prendi nota...
 
Il fatto di non poter avere con me le armi mi faceva sentire estremamente vulnerabile e agitata. Non mi ero portata nemmeno un pugnale, e sperai che Malborn non avesse avuto problemi a far entrare la mia roba: mi sarei sentita più al sicuro solo con un'arma in mano e non prima.
Mi imposi di ignorare tutte le catastrofiche alternative che balenarono nella mia testa se fossi stata scoperta, ma non riuscii a trattenere un sospiro ansioso che si infranse contro le mie labbra, diventando una nuvoletta di vapore.
-Calmati.- mi sussurrò Baeron, e sentii la sua mano sulla schiena -La tua paura è palese.- aumentai il passo per non sentire più quella lieve pressione.
-Sono calma.- mentii -Sarò una dama esemplare.
Beh, dal vestito sarei sicuramente passata come tale: Delphine mi aveva procurato un abito di buona fattura composto da una sottoveste di pregiata lana bianca che mi copriva persino le calzature anch'esse impeccabili e, sopra di essa, una veste di velluto verde lasciata aperta e tenuta insieme da alcuni lacci sul corpetto che mettevano in evidenza le mie curve come mai in vita mia. La pesantezza dei tessuti e le maniche larghe ma lunghe fino ai polsi mi avrebbero protetta dal freddo di Skyrim, ma avrei preferito mille volte andare in giro con la mia armatura leggera piuttosto che con quella roba pomposa.
Continuavo a ripetermi che quella che avevo visto nel riflesso di un piccolo specchio non ero io: la vecchia Iris non teneva i capelli sciolti da quando aveva quattordici anni, non aveva mai indossato niente del genere e soprattutto non avrebbe mai accettato di portare quella roba oscena sulla faccia.
Mai più.
Questo avevo stabilito una volta che la missione sarebbe terminata.
Eravamo oramai arrivati al portone, era tempo di fare il mio dovere, di fare l'ennesimo salto nel buio.
Mi avvicinai alla guardia dell'ingresso cercando di avere un'aria più sicura ed altezzosa possibile, e quella non parve insospettirsi in alcun modo.
-Vi do il benvenuto all'Ambasciata Thalmor, mia lady.- disse con tono educato ma del tutto impersonale, una frase detta e ridetta mille volte in quella serata, probabilmente -Il vostro invito, per favore.- mi porse la mano inguantata e per un attimo l'istinto di prenderla e spezzarla fu così forte che sentii un pericoloso formicolio alle mani, ricordando che erano stati gli elfi come lui ad uccidere mio padre...
Ma non lo feci.
Gli sorrisi e gli porsi la busta che Delphine mi aveva consegnato poco prima di partire, con tanto di sigillo Thalmor: non le avevo chiesto come se lo fosse procurato, ma sicuramente non potei fare a meno di pensare che quella donna era piena di risorse.
La guardia esaminò l'invito, poi mi gettò un'occhiata.
-C'è qualcosa che non va?- chiesi allora, mostrandomi esclusivamente infastidita, e non preoccupata come invece ero.
-Chi è l'uomo con voi, se posso permettermi?
-La mia guardia del corpo, che domande!- storsi appena il naso, gettando un'occhiata a Baeron che, appena dietro di me, manteneva un cipiglio indecifrabile -Non posso viaggiare senza di lui.
-L'invito è valido solo per una persona...- cominciò, ma all'improvviso vidi il suo sguardo farsi meno sospettoso e più accondiscendente, come se qualcuno l'avesse stordito.
-La mia signora non va da nessuna parte senza di me.- intervenne Baeron in un sussurro, ed abbassando lo sguardo vidi la sua mano ritrarsi sotto il mantello, circondata da una leggera aura violacea -Se dovesse succederle qualcosa l'Ambasciatrice passerebbe dei guai, e voi non lo volete, vero?
-No...certo che no.- l'elfo mi restituì l'invito e rapidamente mi affrettai a riporlo nella tasca del mantello -Passate una buona serata.
-Vi ringrazio.- replicai, e rapidamente io e Baeron ce lo lasciammo alle spalle, intento a parlare con un altro invitato.
-Sì, lo so sono in ritardo...- non sentii il resto della frase dato che ci allontanammo.
-Che cosa gli hai fatto?- sussurrai al mio compagno, che si esibì in un'alzata di spalle.
-Gli ho solo dato...una spintarella, nella direzione giusta.
-Tu ed i tuoi trucchetti non mi piacerete mai...
-Ho un serio dubbio su entrambe le cose, mia signora.- disse aprendomi la porta e facendomi segno di passare -Prego.
-Che l'Oblivion ti porti!- sussurrai entrando, e non appena la porta si chiuse fummo costretti ad indossare di nuovo le nostre maschere.
Mi guardai intorno e vidi Malborn servire bevande al bancone. Lui mi guardò e feci per raggiungerlo, ma mi fermai quando vidi l'Ambasciatrice Elenwen venirci incontro.
Trattenni il fiato quando mi accorsi che era la stessa Altmer che aveva ucciso il ladro di cavalli, a Helgen.
La donna avanzò con passo leggero, ma anche autoritario, il classico atteggiamento di chi è abituato a comandare e lo fa con piacere: il suo viso allungato e spigoloso tradiva l'avvicinarsi dell'età avanzata, eppure manteneva un bell'aspetto, con i capelli biondi, chiarissimi, che cadevano lungo le spalle e gli occhi scuri, neri, che ricordavano quelli dei predatori.
-Salute, non credo che ci conosciamo.- la sua voce era calma, ma tagliente, e per un attimo la sua faccia sparì per lasciare posto all'immagine di un serpente pronto a mordere.
Sì, rendeva proprio l'idea.
-Direi di no.- ammisi, e dovetti schiarirmi la voce per far sì che non risultasse così incerta o spaventata.
-Sono Elenwen, Ambasciatrice Thalmor presso Skyrim.- fece un piccolo gesto di saluto chinando il capo, saluto che fui costretta a ricambiare -E voi siete...?
Delphine mi aveva dato diverse indicazioni, una massa di parole di cui non ricordavo quasi niente, ma una cosa mi era rimasta impressa.
Non dare MAI il tuo vero nome. MAI.
-Sono...Asha. Di Hammerfell.- accidenti, parlare con quel tono così rigido non mi avrebbe di certo aiutata.
-Molto piacere, lady Asha. E l'uomo che è con voi?- quella puttanella curiosa...
-La mia guardia del corpo. Non posso viaggiare senza di lui.
-Capisco...beh, qui siete al sicuro, quindi lasciate pure che si goda la festa mentre facciamo quattro chiacchiere.- guardai Baeron ed annuii con un cenno del capo e lui, dopo aver fatto un piccolo inchino, si allontanò, pur non sparendo mai dalla mia visuale.
E dovetti ammettere che senza di lui mi sentii improvvisamente persa, preda delle grinfie di quella strega che avevo davanti. Ma continuai, a dispetto del mio cuore impazzito, a fare buon viso a cattivo gioco.
-Sono in imbarazzo con voi, Asha...posso chiamarvi Asha, vero?
-Ma certo...- che no!
-Bene...dicevo, sono in imbarazzo. Non conosco nulla di voi, cosa vi ha portato in questo...- fece una pausa, e la smorfietta di superiorità che le attraversò il volto mise davvero alla propria il mio falsissimo sorriso -A Skyrim?
Era ovvio che, come tutti i Thalmor, Elenwen doveva disprezzare Skyrim ed i suoi abitanti, e questo non riuscivo a tollerarlo: Skyrim era la mia terra, la terra di mio padre, una terra per cui aveva lottato e per cui era morto, e per cui stavo lottando anche io, in quel momento.
-Ecco...io...- mi imposi di scindere ciò che provavo dal resto delle mie emozioni, di rimanere lucida, ma non era facile.
La paura e la rabbia che provavo in quel momento mi rendevano poco propensa a mentire, senza contare che non sono mai stata brava a farlo...
Deglutii.
-Cosa potrebbe mai fare un'ambasciatrice a Skyrim?- ribattei con un sorriso.
-Molte cose, per questo sono curiosa di conoscervi.- mi prese sotto braccio e mi condusse tra gli invitati, e mi irrigidii nel soffocare l'istinto di scostarmi da lei e il suo odore orrendo.
Esattamente: Elenwen emanava un brutto odore, un odore di profumo pregiato, di pelle e di sangue. Il profumo serviva forse a mascherarlo ai comuni mortali, ma io non appartenevo a questa categoria, perciò l'odore del sangue e di carne bruciata, per quanto lieve, mi mise terribilmente in allarme nei confronti di quella donna, ed istintivamente voltai appena il capo verso Baeron, che mi stava ancora osservando.
L'attimo dopo lo vidi sparire tra gli invitati.
Mi affrettai a concentrarmi di nuovo su Elenwen mentre la mia mente lavorava, frenetica, nella speranza di trovare una scappatoia, maledicendo i Nove per avermi appioppato quell'elfa maledetta e sperando che smettesse di fare domande. Avevo bisogno di un diversivo, e alla svelta.
-Hammerfell è una terra in tumulto e so che la maggior parte di voi odia noi elfi...- continuò nel frattempo l'ambasciatrice ed io annuii di riflesso -Ma a quanto pare fate parte della minoranza intelligente, che ha capito chi sono i veri amici.
-G-già...
Azzannale la gola, avanti!
Ecco, ovviamente ci mancava solo la Bestia a rendere tutto più interessante.
è così piccola, non occorrerà che qualche attimo...
Inspirai profondamente.
-Qualcosa non va, Asha?
-Eh? N-no...è che sono ancora un po' stanca del viaggio.- ancora un sorriso forzato -Ma non mi sarei persa questa festa per niente al mondo.
-Sono lusingata. E ditemi...
-Signore e signori! Posso avere un attimo la vostra attenzione?- sia io che Elenwen spostammo la nostra attenzione su un tizio che, al centro della sala, barcollava palesemente ubriaco con un bicchiere tra le mani.
-Oh, no, maledetto Razelan...eppure ero stata chiara quando ho ordinato di non servirgli nulla!- l'espressione di gelido fastidio che regnò sul viso di Elenwen ebbe il potere di mettermi i brividi per un attimo, prima che tornasse a rivolgersi a me -Vogliate scusarmi, Asha. Sarò di ritorno in pochi minuti.
-Fate pure.- dissi, senza staccare gli occhi dal mio colpo di fortuna nei panni di quel Nord decisamente andato.
-Propongo un Brindisi a Elenwen, la nostra affascinante signora!
Elenwen si allontanò e subito feci altrettanto verso Malborn, ma prima che potessi raggiungerlo vidi Baeron farmi un cenno, mimando un “vai” con le labbra.
E capii che di nuovo non era stata la fortuna, ad aiutarmi.
-Ovviamente è un eufemismo! Credo sia impossibile che qualcuno la ritenga tale o comunque voglia avere un qualsivoglia coinvolgimento con lei...
Un cenno per ringraziarlo fu tutto quello che potei dedicargli prima di raggiungere Malborn al bancone. L'elfo si guardò rapidamente intorno e mi fece cenno di seguirlo verso la porta dietro il bancone, che richiuse rapidamente ma senza far rumore.
-Ma quanto ci hai messo?- mi chiese.
La sua voce tradiva la paura e l'ansia di essere scoperto, mi sarei aspettata una reazione più calma da uno che vantava tutta questa esperienza, ma non glielo dissi.
-Mi si è accollata la padrona di casa appena sono entrata, cosa dovevo fare?- replicai tra i denti, camminando a fianco a lui.
-Umph, almeno ora sei qui. Seguimi, ti porto a prendere la tua roba.- mi condusse fino alle cucine, dove trovammo una Khajiit intenta a mescolare qualcosa dentro un pentolone.
-Cosa ci fa questa donna qui, Malborn?- chiese subito, fissandomi sospettosa con i suoi occhi gialli.
-Un'ospite si sente poco bene, fatti gli affari tuoi.- l'apostrofò bruscamente l'elfo, ma quella non si lasciò intimidire.
-Non è permesso. Finiremo nei guai per questo.
-No, qualcuno finirà nei guai se per caso qualcun altro- il mio complice si preoccupò di calcare molto le ultime parole -Riferisse ad Elenwen del suo continuo masticare lo zucchero lunare...- i baffi della Khajiit fremettero e per un attimo temetti di vedere il mestolo che stringeva tra le zampe volare (non potevo nemmeno biasimarla), ma per fortuna non fu così ed abbassò gli occhi, scuotendo la testa.
-Fa' come ti pare, io non voglio averci niente a che fare con questa cosa.
-Bene.- detto questo il bosmer mi fece entrare in un'altra stanza, di cui chiuse la porta -Il tuo equipaggiamento è dentro quel baule.- aggiunse in un sussurro, indicandomi l'oggetto -C'è tutto quello che mi hai consegnato.
-Immagino che tu non verrai.- dissi con una punta di ironia, ben sapendo la risposta, e anche Malborn dovette capirlo dato che mi gettò un'occhiata ostile.
-Devo tornare al ricevimento. Buona fortuna.- fece per uscire, poi si voltò a gettarmi un'ultima occhiata -È tutto nelle tue mani.
-Sei in una botte di ferro, orecchie a punta.- replicai -O almeno spero...- aggiunsi quando la porta si chiuse alle mie spalle con tre giri di chiave.
Feci un bel respiro e rapidamente, ma con un grande senso di libertà, abbandonai il vestito per riprendere la mia corazza di cuoio e gli stivali, mi liberai della collana che indossavo e potei di nuovo legare i capelli in una coda rapida e disordinata, il minimo indispensabile perché non mi finissero avanti agli occhi, ma la parte più bella fu sicuramente trovare l'arco e le frecce, poterli toccare e maneggiare di nuovo, così come la spada.
L'acciaio che scivolava fuori dal fodero non avrebbe potuto avere un suono più dolce.
Guardai la seconda porta della stanza, quella che Malborn aveva lasciato aperta per me, poi la aprii e mi ritrovai nel cuore dell'Ambasciata: la vera missione era appena iniziata.
 
Secondo le indicazioni datemi da Delphine, lo studio di Elenwen si trovava in un edificio a parte dell'Ambasciata, quindi avrei dovuto trovare una porta che mi avrebbe permesso di accedere al cortile interno ed evitare le numerose sentinelle sparse per la struttura.
Non sarebbe stato facile, ma sperai di cavarmela grazie al passo leggero accumulato in anni di caccia. Inspirai profondamente e presi l'arco, estraendo una freccia dalla faretra pronta ad essere caricata e scoccata.
Non potevo permettermi di attirarmi addosso uno o più avversari, soprattutto se maghi come i Thalmor: Delphine era stata chiara, non sarei sopravvissuta contro di loro a viso aperto.
Iniziai ad aggirarmi, cercando di fare meno rumore possibile e cercando di cogliere ogni suono, in questo il sangue di Bestia mi avrebbe sicuramente aiutata, e infatti non ci misi molto a captare i passi di un paio di sentinelle.
Subito mi nascosi dietro una colonna, trattenendo il fiato quando li sentii avvicinarsi.
-Dici che Razelan si farà cacciare di nuovo?
-Ad ogni ricevimento è la stessa storia, non ne dubito.
-Questi Nord, sempre attaccati alla bottiglia...
-Forse è per questo che li abbiamo sconfitti in guerra.- un ringhio leggero mi uscì dalle labbra e dovetti stringere la presa sull'arco per evitare di mostrarmi e andar loro addosso, e lasciai che passassero oltre.
Non appena i loro passi si fecero più lontani mi spostai dal mio nascondiglio e mi mossi il più silenziosamente possibile per dirigermi verso un altro corridoio che sperai mi avrebbe portata alla porta in questione, e fortunatamente non incontrai altre guardie, ma poco mancò che, arrivata all'ultima stanza, uno stregone mi vedesse.
Rapidamente mi appiattii contro la parete e trattenni il fiato.
-Chi è la?- chiese.
Sentii i suoi passi farsi sempre più vicini e il mio cuore battere forte per l'ansia.
-Stai calma, devi solo prenderlo di sorpresa...l'hai già fatto.- deglutii.
Presi la spada e rapidamente la feci scivolare fuori dal fodero, riponendo la freccia ma tenendo sempre l'arco nell'altra mano mentre il Thalmor si faceva sempre più vicino.
Aspettai immobile, come mio padre mi aveva insegnato.
Io ero il cacciatore, ero una dei più grandi con il sangue animale che scorreva nelle mie vene, non c'era motivo di avere paura.
Io sono il predatore...
-Chi...?- mi sporsi quanto bastava per colpire l'elfo con l'estremità dell'arco allo stomaco, facendolo piegare per il dolore e la sorpresa.
...lui è la preda.
Quando era ancora chinato, la spada gli staccò di netto la testa dal collo. Macchiandomi l'armatura di sangue riuscii ad evitare che il corpo cadesse a terra, ma non ci riuscii per la testa, che ruzzolo a terra creando un rumore terribilmente forte.
Ma il mio avversario era morto e io no.
E sentii l'odore del sangue farmi girare la testa, tutto quel rosso davanti a me, terribilmente vicino, così tanto da poterlo sfiorare...
-No!- lasciai cadere il corpo a terra il più silenziosamente che potei, reprimendo a fatica l'impulso di addentare la pelle del collo e aspirare l'odore rugginoso del sangue.
Avevo una missione, non potevo permettere alla Bestia di comandarmi, non in quel momento. Fu con fatica che cercai la chiave della porta tra le vesti inzuppate del Thalmor, ma la trovai e mi lasciai quella visuale di morte alle spalle.
Mi ritrovai all'aria aperta e non essere più circondata dal sangue mi fece sicuramente bene, ma quel mancato assaggio aveva risvegliato la Bestia e mi feci incauta.
Due guardie mi videro.
-C'è un intruso! C'è un intrus...- una freccia trapassò senza problemi il primo elfo, ma per riprendere il secondo, che si era allontanato il cerca di aiuto, fui costretta ad usare il Thu'um.
-WULD NA!- percorsi quei metri con un respiro e gli fui addosso.
Lo feci cadere di spalle e gli spezzai il collo.
E poco mancò che andassi in frenesia, sentivo già gli occhi bruciare, probabilmente contagiati dal colore della Bestia, dall'impazienza della Bestia.
-Come hai fatto ad arrivare qui?!- mi girai appena in tempo per vedere un altro stregone venirmi incontro.
Schivai il getto elettrico che mi venne incontro, scaturito dalla sua mano, e per farlo rotolai di lato. Scoccai una freccia che puntò alla testa del Thalmor, ma quest'ultimo usò una protezione che mi ricordò lo scontro con la strega di Glenmoril, qualche anno prima.
-Scocca pure tutte le tue frecce, cagna! Non ti serviranno contro la mia magia!- mi riparai dietro un muro per evitare la fiammata che mi sfiorò la testa, ma la mia reazione fu altrettanto rapida.
-FUS RO!- non aspettandoselo, lo stregone venne sbalzato all'indietro e sbatté la testa.
Raggiungerlo ed approfittarsi del suo stordimento fu facile, così come fu facile liberarsi delle ultime tre guardie che non usavano la magia.
Elenwen aveva decisamente sopravvalutato la sua sicurezza.
Frugando nella veste dello stregone trovai una chiave, ma non seppi dire a cosa servisse. Per sicurezza la presi, rimanere intrappolata in quel luogo ostile avrebbe segnato la mia fine, poi procedetti per il giardino, lasciandomi dietro impronte sulla neve rossa.
Trovai l'alloggio personale dell'ambasciatrice e vi entrai silenziosamente e per un attimo credetti di essere sola, ma...
-Ehi!- mi girai e vidi un domestico trasportare una cassa -Chi se...?- la freccia che gli arrivò in gola gli impedì di continuare a parlare e le sue urla divennero un gorgogliare indistinto.
-Mi dispiace...- sussurrai, poi presi il pugnale che gli pendeva dalla cintura e lo finii.
Non mi piaceva uccidere, ma mi accorsi che oramai mi veniva naturale come fare le cose più semplici. Stare con i Compagni mi aveva formato anche sotto quel punto di vista, e la Bestia decisamente attutiva i sensi di colpa finché non veniva soddisfatta.
Presi il pugnale e mi allontanai, ripensando che uccidere la prima volta era stato difficile, traumatico...il mio cuore si era decisamente indurito.
Raggiunsi la stanza di Elenwen e senza troppi complimenti iniziai a mettere a soqquadro la libreria, i bauli, ma fu dentro la scrivania, sotto uno scomparto segreto che trovai ciò di cui avevo bisogno.
Erano tre piccoli libricini ed una lettera: i libri in pelle erano dei Dossier con tre nomi diversi, mentre la lettera presentava il sigillo dei Thalmor, lo stesso presente sull'invito.
Scorsi rapidamente i Dossier riguardanti tre persone: un vecchio di nome Esbern, Delphine e...
-Ulfric Manto della Tempesta?- diedi una breve occhiata al fascicolo dove appresi che Ulfric era stato catturato da giovane dai Thalmor e torturato. Successivamente gli era stato fatto credere che per colpa delle informazioni da lui prese con la forza Città Imperiale fosse caduta e di come facesse comodo la guerra civile da lui scatenata.
-Detesto ammetterlo, ma Delphine aveva ragione: gli elfi vogliono la distruzione dell'Impero, non la sua resa.- pensai, poi aprii l'ultimo documento, la lettera.
Finalmente le risposte degli elfi mi avrebbero aiutato a capire cosa mai ci fosse dietro questa storia!
Scorsi rapidamente le parole, ma più leggevo, più la rabbia e l'incredulità crescevano, finché non battei un pugno sul tavolo per non gridare di rabbia.
Niente.
Gli elfi non ne sapevano niente, anzi, sembravano alla ricerca del responsabile esattamente come me e Delphine.
Rilessi rapidamente le poche pagine dei fascicoli, ma tutti e tre dicevano le stesse cose: gli elfi erano totalmente all'oscuro riguardo la faccenda e cercavano questo Esbern, che a quanto pare doveva saperne molto più di tutti noi messi insieme.
-Si fa riferimento ad un prigioniero, qui...- riflettei, mettendo tutto dentro la bisaccia -Beh, che ci pensi Delphine, devo recuperare Baeron ed andarmene.- mi chiesi se il mio compagno fosse riuscito a scappare o almeno a nascondersi, ma non potevo fare niente, avrei dovuto studiare un piano.
Uscii dalla stanza e sentii delle voci provenire dall'esterno, e capii che uscire sarebbe stato come consegnarsi alla morte.
-Merda!- pensai, guardandomi intorno.
Vidi una porta e mi ci fiondai rapidamente, ma era chiusa.
-La chiave!- pensai, frugando nella borsa che avevo appresso, cercandola -La chiave forse...- la trovai e riuscii ad aprirla -Sì!- rapidamente scivolai oltre la porta e la richiusi.
Era buio. Le scale e l'odore mi fecero capire che si trattava del sotterraneo nominato nella lettera indirizzata ad Elenwen, dove forse avrei trovato il prigioniero.
Presi l'arco e scesi le scale piano per non farmi udire, sperando di non incontrare troppi nemici e, stranamente, ebbi fortuna: c'era solo una guardia e mi dava le spalle, intenta a parlare con qualcuno in una cella.
-N-no...basta, vi prego.
-Parla e tutto questo finirà.- presi la freccia e la incoccai, ma mi accorsi che la guardia portava l'elmo e non avrei ottenuto grandi risultati colpendola. Avrei dovuto avvicinarmi di soppiatto e colpirla da vicino.
-Akatosh, me ne devi un paio, quindi mandamela buona...- pensai, poi estrassi il pugnale e mi avvicinai.
-Non ho niente da dire!- la voce del poveretto rinchiuso rasentava la disperazione, e quel tono mi spronò a continuare il mio silenzioso assalto -Ve l'ho detto, si tratta di un errore! V-voi..
-Non vorrai farmi credere di voler ingannare i Thalmor?! Piccolo sfacciato, presto o tardi parlerai.- ora!
Con uno scatto lo afferrai e gli tirai indietro la testa quanto bastava per scoprire la gola, poi gli aprii una profonda ferita che lo mise a tacere per sempre.
Il corpo cadde con un tonfo sordo, ma il poveretto chiuso nella cella non alzò nemmeno lo sguardo, doveva essere sfinito.
Trovai le chiavi della cella addosso all'aguzzino e la aprii, e quando mi sentì avvicinarmi finalmente l'uomo parlò.
-V-ve l'ho detto...non....non so altro.
-Tranquillo, non sono qui per torturarti.- dissi, riponendo la spada.
Solo allora il prigioniero alzò lo sguardo: era legato alla parete tramite delle catene che lo costringevano a restare in piedi nonostante le forze gli mancassero, il viso era magro e segnato da cicatrici e ferite fresche, che insieme alle occhiaie tradivano un mancato risposo e nutrimento forzati a causa della prigionia.
Doveva essere un Nord a giudicare dall'altezza ed i colori chiari.
-Cosa? Ma allora chi...cosa vuoi?- quando mi chinai su di lui per liberarlo notai i suoi muscoli irrigidirsi in un moto di istintiva paura.
Dovevano essere stati crudeli con lui.
-Non c'è tempo per le spiegazioni, ora ti libero.
-Io non lo farei se fossi in voi, lady Asha.- mi girai allarmata, vedendo uno stregone Thalmor tenere una fiamma puntata contro di me -Ammetto che sono sorpreso: vestita così siete totalmente irriconoscibile.
Deglutii, ma non persi il sangue freddo.
-Non basta una fiamma per uccidermi.- lo avvertii.
-Oh, immagino. Ma vedete, non intendo uccidervi. Se adesso non vi allontanate subito dal prigioniero, sarà qualcun altro a rimetterci.- si spostò in modo che Malbor e Baeron fossero bene in vista. Un alone nero intorno ai polsi faceva capire che dovevano essere sotto l'influsso di qualche magia ed entrambi erano tenuti fermi da due guardie Thalmor.
E capii di essere in trappola.
-Allora? Gettate le chiavi e le armi, mia signora. Non voglio che nessuno si faccia male.- reprimendo a stento la rabbia e la furia ubbidii. Combattere sarebbe stato solo una causa persa, anche se con il Thu'um sarei riuscita ad aprirmi una vita Baeron e Malborn sarebbero comunque morti, e il mio senso dell'onore mi impedì di sacrificarli come avrei dovuto fare per il bene della missione.
-Molto bene. Vedo che siete un tipo ragionevole con cui parlare.- si avvicinò a me, con la mano destra continuava a mantenere vivo l'incantesimo di fuoco, mentre la sinistra si avvicinò alla mia borsa -Vi consiglio di lasciarmi prendere la borsa, poi vi condurrò nella stanza accanto per fare quattro chiacchiere.- non mi mossi mentre la mano dell'Altmer si posò sulla cinghia della borsa per sfilarla, indugiando per un istante in più sulla scollatura del seno.
Mi irrigidii ma non feci nulla.
-Molto collaborativa. Prego, precedetemi.- ubbidii e guardai i miei due compagni di sventura: Baeron anche con quella specie di corde magiche continuava a mettere paura, non so come le guardie Thalmor potessero stargli accanto senza sudare freddo sotto il suo sguardo truce, mentre Malborn era pallido come uno straccio e tremava appena.
Non potei evitare di provare pena per lui, non avrebbe dovuto finire in quella situazione.
Ci condussero nella stanza accanto alle celle, una stanza con un tavolo e diversi scaffali, molto spoglia, e costrinsero me e i miei collaboratori a sederci, di forza.
-Molto bene, lady Asha, vediamo di sbrigare questa brutta situazione in fretta. L'Ambasciatrice Elenwen arriverà tra poco, ma spero che non ci sia bisogno del tuo...tocco, per giungere alla verità. A proposito, il vostro nome?
-Asha andrà benissimo per te.- ribattei pungente, sentendo la pelle formicolare dove una delle guardie Thalmor mi premeva, all'altezza della spalla.
-Per favore, siate collaborativa, vi ho già detto che non voglio che nessuno si faccia male.
-Ho agito da sola, non capisco cosa questi due ci facciano qui.
-Vorreste forse dirmi che la vostra...guardia del corpo.- indicò Baeron che si mosse appena sulla sedia, e subito un elfo lo tenne fermo -Non sapeva nulla?- si posizionò dall'altro lato della scrivania di legno, proprio davanti a me, portando il busto in avanti.
-Per chi lavorate?
-Per chi dovrei lavorare?- replicai.
Lo stregone sbatté il pugno sul tavolo e Malborn sobbalzò.
-Stupido, non tradire la tua paura!- pensai, ma non aprii bocca -Li stai facendo divertire, gli stai dando quello che vogliono...- anche io avevo una paura immensa, ci avrebbero torturati e probabilmente uccisi se non avessi fatto qualcosa per fuggire, ma mostrarlo non avrebbe fatto altro che divertire più i miei aguzzini.
E se stavo per morire non avrei mai dato soddisfazione a quei figli di puttana, poco ma sicuro.
-Non giocate con il fuoco, Asha. Vi avverto che ora sto cercando di essere gentile con voi...
-Ah, questa è la parte gentile? Credevo fossimo ancora a livello di “particolarmente sgradevole” oppure “schifosamente irritante”.- sentii Baeron sbuffare, probabilmente per una risata, e Malborn trattenere il fiato.
-Lady Asha, mi costringete ad usare le maniere forti.- si avvicinò attraversando la scrivania, arrivando vicino al bosmer, ed io non smisi mai di guardarlo, sfidandolo apertamente -Qui non scherziamo e sono stato anche troppo paziente. Ora passerò alle maniere forti.- accadde rapidamente.
Un pugnale evocato fu la sua arma, e con quella causò la morte di Malborn tagliandogli la gola. Il tempo si fermò in quell'attimo.
Ricordo che un po' di sangue mi finì sul braccio, ricordo che Baeron trattenne il fiato, ricordo l'odore pungente della ruggine ed il sapore della rabbia che mi riempì la gola, lo sterno.
Poi la Bestia uscì.
Aprii la bocca per gridare di rabbia, ma non fu un urlo a spaventare lo stregone e i suoi sottoposti: fu un ruggito, un ruggito che mi graffiò lo sterno in maniera dolorosa quanto liberatoria.
La magia che teneva Baeron in trappola venne sciolta, probabilmente con l'attacco di paura chiunque avesse lanciato l'incantesimo aveva perso la concentrazione necessaria a mantenerlo, mentre lo stregone indietreggiò, quasi inciampando sulla lunga veste nera.
-C...cosa sei?!- alle mie spalle Baeron lanciò un incantesimo che fece urlare i soldati, ma non mi curai di vedere cosa fosse, ero del tutto presa dallo stregone, da quel bastardo che aveva ucciso un mio compagno.
Ed io avrei ucciso lui.
-Guardie!- urlò, ma nessuno l'avrebbe sentito.
I miei occhi bruciavano e le labbra pizzicavano: gli occhi dovevano essere gialli e le zanne oramai lunghe, tanto da pungere il labbro inferiore. Inoltre le mani formicolavano e le estremità delle dita iniziavano a far male.
Se non l'avessi tenuta a bada, la Bestia si sarebbe mostrata del tutto.
-S-stammi lontan...- ma non ce la feci.
Con uno scatto gli fui addosso. Rotolammo un paio di volte finché non lo feci finire sotto di me e gli affondai le zanne nella gola.
L'odore del sangue e il suo sapore mi diedero alla testa. Finalmente l'appagamento dovuto al sangue era mio, tanto che mi stordì in maniera così forte, così potente da farmi dimenticare di chi fossi o cosa stessi facendo.
E l'elfo non ebbe nemmeno il tempo di urlare...
-Iris!- la voce di Baeron fu come una secchiata d'acqua gelida.
Lui era con me, lui mi aveva vista, aveva visto la Bestia.
Mi tirai su in ginocchio di scatto e lo guardai, colpevole e turbata. Sentivo ancora le labbra che sapevano di sangue e dovevo averne la bocca sporca, perché sentivo la sensazione dell'appiccicume intorno ad essa. La sete della Bestia era stata appagata, le zanne si erano ritirate e gli occhi non bruciavano più, dovevano essere tornati del loro colore normale, ma lo sguardo tradiva ancora una certa cupidigia e un appagamento a lungo atteso.
Baeron mi guardava con paura, per la prima volta da quando lo conoscevo: gli occhi castani erano spalancati e non muoveva un muscolo, il suo sguardo contrastava terribilmente con la sua figura possente e le mani sporche di sangue, esattamente come il mio viso.
Ma lui non aveva divorato uno dei suoi nemici.
Mi alzai in piedi e, cercando di essere più naturale possibile, mi pulii la bocca con la mano, reprimendo l'istinto di leccarmi le labbra per avere altro sangue, non era proprio il caso.
-Non volevo che lo scoprissi in questo modo...- mormorai -Anzi, avrei voluto che non l'avessi proprio scoperto.
-Quindi tu sei...?- cominciò, ma non terminò la frase.
Alzai lo sguardo che avevo momentaneamente abbassato.
-Un lupo mannaro, esatto. O licantropo, se preferisci.- risposi, poi mi avvicinai alla scrivania e ripresi la mia borsa e le armi, e solo allora tornai a guardarlo.
-Sei così da sempre?
-No, non si nasce Lupi mannari.- sospirai -Ma se non ti dispiace non è il momento migliore per parlarne. Anzi, non voglio parlarne proprio. Ti darò una mano ad uscire da qui, poi non mi dovrai niente, d'accordo?- e senza aspettare la sua risposta mi diressi di nuovo verso la cella, dove il prigioniero era ancora lì, attaccato alla parete.
-Cosa è successo di là?- chiese subito, agitandosi -Dove sono gli elfi?
-È tutto a posto, gli elfi sono sistemati.- risposi, trovando la chiave delle catene e liberandolo.
L'uomo si accasciò a terra per la stanchezza e Baeron venne avanti per aiutarlo.
-Coraggio amico, siamo quasi fuori.- gli disse e quello rise appena.
-Se sono sopravvissuto fino ad ora...mi rifiuto di crepare adesso.
-Molto commovente, ma da dove usciamo?- osservai.
-Quella...botola.- il Nord indicò con un cenno del capo una botola che, in un angolo, non avevo notato -Ho visto che la usano per disfarsi dei cadaveri. Deve portare da qualche parte.- oh, grandioso.
Rimanere nell'Ambasciata ad attendere altri nemici o cadere su corpi morti.
Avevo davanti decisamente due belle ipotesi, non c'è che dire.
-Va bene, allora andiamo. Presto arriveranno i rinforzi e ne ho abbastanza di elfi, per oggi.
 
La botola ci portò in salvo e ci permise di sgattaiolare lontano da quella prigione di elfi.
Non potevo credere di essere ancora in vita e per di più avendo raggiunto il mio obiettivo: avevo appena compiuto una missione pericolosa contro gli elfi e ne ero uscita vincitrice. Ora i documenti più importanti erano in mano mia, e soprattutto avevo una pista.
 
-Mi avete salvato la vita.- il Nord che hanno aiutato a fuggire sembra un'altra persona dopo le cure di Baeron, ed è pronto a riprendere il viaggio da solo.
-Perché quegli elfi ti torturavano?- chiede la Nord, scaldando le mani vicino al fuoco.
-Credo volessero delle informazioni su un tipo...un certo Esbern.- si fa attenta, lei ha sentito questo nome, è scritto nei documenti dei Thalmor.
-Sai dov'è?
-No, è questo il punto. Ho sentito dire che si nasconde da qualche parte a Riften, ma niente di più...ah, valli a capire quei maledetti elfi!- impreca, poi torna a guardare la cacciatrice -Senti, non ho niente con me, ma se mai capitassi a Riften e avessi bisogno di me, chiedi di Etienne. Etienne Rarnis, d'accordo?
-Dubito che verrò mai a Riften, ma...va bene.- dopotutto fa sempre comodo avere qualcuno che ti deve un favore.
 
-Incredibile.- mormorò Delphine, leggendo e rileggendo i Dossiers e la lettera -Non sanno niente?
Mi trovavo ancora una volta a Riverwood, nella stanzetta segreta di Delphine. Erano oramai passati parecchi giorni dal mio furto all'ambasciata Thalmor, e al mio ritorno la Bretone aveva voluto che raccontassi la mia avventura, dettaglio per dettaglio. Ubbidii informandola anche della morte di Malborn, ma tacqui su come lo avessi vendicato. La morte del Bosmer l'aveva turbata e si era capito, ma tutto ciò che aveva avuto da dire a riguardo era stato un “fa parte del nostro lavoro...” sussurrato a denti stretti.
Impersonale ed autoritaria: quella donna era un pezzo di ghiaccio. O ancora meglio di acciaio, quello di una spada.
-Niente. È tutto ciò che ho trovato.
-Hai fatto comunque un ottimo lavoro. Tuo padre sarebbe fiero di te.- non seppi dire cosa sperasse di ottenere, ma con quelle parole Delphine non mi causò altro che fastidio, non aveva diritto di parlare di mio padre quando non aveva mosso un dito per aiutarlo -Ora sappiamo che c'è qualcuno in grado di aiutarci qui a Skyrim.
-Esbern...- mormorai, e Delphine annuì.
-Esattamente. Esbern era uno dei nostri migliori eruditi. Chi meglio di lui saprebbe dirci cosa sta accadendo?- non l'avevo mai vista così entusiasta, così contenta di avere qualcosa tra le mani, un indizio concreto.
-Come pensi di contattarlo?
-Non ne ho idea. Esbern avrà preso ogni genere di precauzione, è molto cauto, oltre che un po' matto.
-Questo non mi fa sentire meglio...- replicai, poi sospirai -Potrei farlo io.- proposi alla fine -L'uomo che abbiamo salvato all'Ambasciata mi deve un favore, potrei contattare lui e vedere cosa può fare.
-Ottima idea. Prima risolviamo questo mistero, meglio è.
Poco dopo mi congedai e, dopo aver risalito le scale, cercai subito Baeron con lo sguardo.
Lo trovai seduto in un tavolo in disparte nella locanda e lo raggiunsi. Avevo bisogno di chiarire con lui riguardo la Bestia e il Nord era stato molto criptico nella sua reazione, non capivo se mi avrebbe tradita o meno.
-Devo parlarti.- dissi senza troppi giri di parole, e lui mi indicò una sedia libera con il boccale di idromele.
-Fai pure.- mi sedetti e lo guardai negli occhi.
-Quello che hai visto all'Ambasciata Thalmor.- sussurrai -Quel...piccolo incidente...
-Hai sgozzato un elfo con i denti, Iris. Questo non è un incidente.- replicò con tono gelido, e subito sentii una certa inquietudine farmi contrarre i muscoli.
-Non divoro la gente a caso, se è questo che temi.- feci una pausa -Quando posso mi nutro di animali e se uccido persone lo faccio solo con criminali o...quello stregone. E soprattutto sono in grado di mantenere il controllo.
-Hai paura che lo dica a qualcuno o che possa cercare di ucciderti?- mi chiese lui.
-Nessuna delle due. Solo non sopporto di passare per un mostro.-feci una pausa -Ma se non vorrai più seguirmi lo capirò. Quando ho scoperto dell'esistenza dei lupi ho avuto anche io i miei dubbi...
-Toglimi solo un paio di curiosità e ti prometto che non tirerò più fuori l'argomento e farò finta di non aver visto nulla.
-Stai trattando?
-Mi pare il minimo, non capita tutti i giorni di vedere un mannaro in azione.- sbuffai.
-Cosa vuoi sapere?
-Da quanto tempo sei così?- ci pensai un po'.
-Tre anni, più o meno.
-Ti sei trasformata volontariamente?
-Sì...diciamo di sì.- la vendetta che allora aveva mosso i miei passi poteva davvero considerarsi una scelta? O piuttosto un ricatto della disperazione di allora?
-Perché?
-Vendetta, ovviamente.- risposi senza esitazione all'ultima domanda di Baeron, quasi sorridendo -Un prezzo che allora ho pagato senza troppi problemi, ma vorrei non averlo mai fatto.- feci una pausa -La licantropia è una malattia, nient'altro. Il mio maestro aveva ragione.
-Il tuo maestro?- annuii -E che fine ha fatto?
-Morto. È stato proprio per vendicare lui che ho fatto tutto questo.- sospirai -Ti ho detto anche troppo. Non voglio più sentir parlare di questo, va bene?- invece di rispondere il Nord allungò una mano fino a sfiorarmi la guancia segnata dalle cicatrici.
Quel gesto mi colse così di sorpresa che non feci niente per allontanare la sua mano.
-Sangue di Drago, lupo mannaro...cos'altro nascondi, Iris?
Veleno...e rimpianto.
Non risposi, con un gesto della mano allontanai la sua e mi alzai.
-Domani parto per Riften.- dissi -Se vuoi venire fatti trovare pronto all'alba.- lo sentii sbuffare e mi girai a guardarlo -Cosa c'è di tanto divertente?
-Oh, niente di che...stavo giusto pensando a quanto tu già non possa più fare a meno di me.
-Attento Baeron, chi gioca col fuoco prima o poi si brucia.- lo avvertii.
-Vediamo chi si brucia prima, allora, Sangue di Drago.- alzò il boccale a mo' di brindisi verso di me.
Quell'uomo non aveva paura: poteva averla provata sul momento, ma nei suoi occhi non c'era più quel sentimento che avevo visto bloccare la sua figura all'Ambasciata. Lui era semplicemente incuriosito da ciò che aveva scoperto, interessato.
E, probabilmente, disposto a tutto pur di ottenere ciò che voleva.

Note dell'Autrice
E Iris si è data alla pazza gioia a casa Thalmor, come potete vedere.
Spero che la mia versione della festa vi sia piaciuta, come potete vedere ho modificato un po' di cose: innanzitutto il vestito (per cui si ringrazia immensamente afep <3 così come per il titolo) perché quelli di Skyrim fanno pena >_>, poi ho fatto parlare un po' di più Iris e Elenwen, che anche se sul gioco è uno sgorbio venuto male ho fatto decisamente più bella, dopotutto gli elfi sono anche conosciuti per la loro bellezza, su. Ah, poi qui non è il Dovahkiin a causare il diversivo, ma il caro Baeron XD
E poi non sono mancati gli spezzoni riguardanti la Bestia con tanto di perdita del controllo e assalto finale. Insomma, ci voleva, dai. E per chiunque amasse Malborn, beh, salutatelo <3 Mi serviva una vittima e in più mi sta sulle scatole xD
E la parte finale, la reazione di Baeron spero vi abbia incuriosito e che vi sia piaciuta^^ Al prossimo capitolo.
Lady Phoenix
PS: qui il vestito di Iris
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Capitolo 27
*** Chapter XXVI- The Thieves' game ***


 
Chapter XXVI
The Thieves' game
 
-Come hai potuto?- alla fine è andata a parlare con sua madre.
Non riusciva più a tenersi tutto dentro, e anche se si è imposta di rimanere calma non riesce a placare del tutto la rabbia che ha covato nei giorni precedenti.
-Iris, ascoltami...
-No. Non c'è niente da ascoltare, mamma.- stringe i pugni -Mi hai nascosto la verità su papà, su chi fosse davvero!- inspira lentamente -Una Blade...uno dei guerrieri più potenti di tutta Tamriel.- inizia a passeggiare avanti e dietro per la stanza -Per anni mi avete accollato quella scusa del cacciare di frodo, e come una stupida ci ho creduto!
-Iris...
-C'erano tanti, troppi segnali e troppe contraddizioni, ma io, povera imbecille mi sono fidata di voi, di TE!- la Redguard la guarda con aria decisa, non sembra sentirsi in colpa davanti alle scoperte della figlia.
-L'abbiamo fatto per proteggerti, non lo capisci?- un sorriso di scherno le solca il volto, sformando la guancia con le cicatrici.
-Certo...e vedo che ci siete riusciti alla grande.- a quel punto gli occhi di Sameera si induriscono.
-Non provare a parlarmi in questo tono. Tutto ciò che abbiamo fatto l'abbiamo fatto solo per te, per noi! Tuo padre ha detto addio a tutto pur di vederti crescere e...
-E ora è morto!- le urla contro, e la donna trattiene il fiato -Gli elfi l'hanno trovato e noi non abbiamo fatto niente per aiutarlo, IO NON HO FATTO NIENTE.- sente gli occhi bruciare e proprio in quel momento Hannet fa capolino dalla camera da letto.
L'espressione è calma, ma gli occhi tradiscono la tensione che prova nel sentire un'altra Bestia lottare per venire alla luce, ma non succederà...il lupo ha già soddisfatto la sua sete di sangue.
-Non mi pento di ciò che tuo padre e io abbiamo fatto, Iris. Non aspettarti delle scuse.- si morde il labbro.
-Non mi interessano le tue scuse...ma almeno cerca di non avere segreti con me la prossima volta che mi chiedi di essere sincera.- fa una pausa, e abbassa lo sguardo -Se mi avesse trasmesso anche solo una piccola parte del suo sapere, forse a quest'ora sarebbe ancora vivo...- quando rialza gli occhi sono lucidi, ma anche con sua madre, adesso, si ostina a mettere quella barriera di orgoglio che le impedisce di sfogarsi -Non vi fidavate di me? O semplicemente non mi avete ritenuto all'altezza?
La donna scuote la testa e sospira.
-No, assolutamente. Ma Iansen aveva deciso di rinunciare al suo passato per sempre.
-Già, peccato che il suo passato non abbia voluto rinunciare a lui.- osserva con amarezza -La cosa che mi fa star peggio è che se non fosse stato per Delphine io non l'avrei mai saputo.
-Delphine...- la cattiveria con cui Sameera sputa quel nome la sorprende, attenuando un po' la rabbia per la curiosità.
-La conosci?
-Non ha importanza...- poi però la rabbia torna.
-Fai come ti pare, ostinati ancora a non dirmi niente!- la aggredisce, poi si volta per uscire dalla casa -Dormo alla Locanda, stanotte.
-Iris, aspetta...- sua madre cerca di fermarla, ma quando la sua mano le tocca il braccio, la Nord si gira e la fulmina con lo sguardo.
E nemmeno leggere il lampo di paura con cui Sameera la lascia è in grado di ammansirla.
-Iris...che ti sta succedendo?
-Lasciami in pace.- con queste parole a denti stretti la ragazza abbandona la casa.
 
Riften offriva un panorama squallido.
L'acqua che scorreva sotto la città una volta doveva essere stata importante per l'economia, ma ora era solo un fiumiciattolo grigio e stagnante. E puzzava.
La prima cosa che capii mettendo piene in città è che nessuno si fidava di nessun altro. Non appena io e Baeron varcammo le porte la gente ci gettò subito occhiate diffidenti e sospettose, e anche qualcuna avida alle nostre borse.
La maggior parte della gente a Riften era povera e qualche moneta in più poteva fare la differenza, poco importava se fosse guadagnata onestamente o rubata. E questo mi spinse a tenere ancor più gli occhi aperti.
-Come pensi di trovare quel tizio?- mi chiese Baeron.
-Chiediamo in giro. Ti pare che qualcuno non sia in grado di dirmi chi è o dove posso trovarlo?
-A Riften?
-A Riften, problemi?
-Io no, ma la gente sì.- replicò Baeron -La città è in degrado, non vedi?- mi fece notare, e tacqui per guardarmi intorno, constatando che l'uomo aveva ragione -La gente qui ha paura e non parlerà facilmente.
-Paura di cosa?
-Dei ladri, ovviamente. Che mestiere pensi che faccia il tuo amico Etienne?
-Beh...questo non cambia nulla. Se questo tizio è in città lo troveremo. E con lui troveremo Esbern.
-Umh, ora sì che parli come una vera Sangue di Drago.
-Mi prendi in giro?
-Mai e poi mai.- repressi l'istinto di mollargli una gomitata e continuai a camminare. Il miscuglio di odori a Riften rendeva impossibile seguire una singola traccia, e poi non avevo avuto occasione di memorizzare bene il suo odore, anche se ero sicura che, se l'avessi captato, avrei potuto riconoscerlo.
-Senti separiamoci, magari in due avremo più fortuna.- osservai, e il Nord annuì.
-Va bene, ma cerca di non finire nei guai mentre sono via.
-So badare a me stessa.
-Oh, sicuro. Temo per gli incauti che ti verranno incontro, infatti, non per te.- e detto questo si allontanò con un cenno della mano -Ci vediamo stasera all'Ape e il pungiglione.
Ci separammo ed iniziai a vagare per la città, senza una meta precisa, la controllai più che potei e cercai di stare lontana dall'acqua stagnante, ma alla fine dovetti incamminarmi sotto il porticato dove si accalcavano gli ingressi delle case e lì l'odore era veramente forte, credo che potesse superarlo in intensità solo la parte più bassa della città, verso la quale non intendevo dirigermi. Nessuno sembrava conoscere niente della Gilda dei Ladri, la paura rendeva le loro lingue annodate e i loro occhi lucidi di timore, e non ero stata in grado di ottenere neppure un'informazione.
Sbuffai e mi sedetti lungo una parete, borbottando qualche imprecazione.
-Non credo verrò mai a Riften...maledetto quel giorno che non ho voluto più informazioni!- mi passai una mano tra i capelli e proprio nel mentre vidi un'ombra oscurarmi.
Alzai lo sguardo: un colosso Nord con i capelli neri mi guardava dall'alto in basso tenendo le braccia incrociate. Indossava un'armatura d'acciaio ed un'ascia a due mani faceva bella mostra di sé sulla schiena.
E non sembrava amichevole.
-Sì?
-Non ti ho mai visto in città. Sei nuova?- mi alzai in piedi, ma non ottenni proprio questo gran risultato: gli arrivavo appena al torace.
-E anche se fosse?
-Devi pagare per stare qui e non avere problemi. Questa è la città di Maven Rovo Nero ed io sono il suo braccio destro. Non ti conviene metterti contro di noi.- alzai un sopracciglio ed incrociai le braccia a mia volta.
-E se non pagassi?- lo sfidai.
Quell'energumeno era lì da nemmeno un minuto e già la mia pazienza, accumulata faticosamente durante la giornata, andava già scemando.
Conoscevo di nome Maven Rovo Nero, una delle donne più influenti di Riften (e di tutta Skyrim, diciamolo), ma non bastava certo un nome per intimorirmi, anche se pronunciato da quel tizio alto tre volte me e largo altrettanto.
Egli assottigliò gli occhi.
-Dimmi un po' ragazzina, cerchi forse guai? Non mi tratterrò perché sei una donna e la Gilda dei Ladri si farà meno scrupoli di me.- a quelle parole mi feci più attenta ed indietreggiai di un passo, non per paura quanto per avere la situazione sotto controllo.
-La Gilda dei Ladri? Li...li conosci?- cercai di mantenere un tono abbastanza impaurito, quel tizio era grosso, ma non sembrava così intelligente...
O forse era semplicemente troppo sicuro di sé.
-Se non paghi lo scoprirai molto presto.- mi minacciò, e allora vidi l'ombra di un ghigno spuntare all'angolo della bocca -Mi sono stufato di parlare con te. Allora, questi soldi?- per tutta risposta presi l'arco dalla schiena e feci un ulteriore passo indietro.
-Vieni a prenderteli, scimmione.- lo apostrofai, e quello scoppiò a ridere.
-Oh, no! Ti prego, non puntarmi la tua freccia invisibile, potrei farmi del male!- mi prese in giro dal momento in cui non mi vide estrarre niente dalla faretra, ma stavolta toccò a me sorridere, un sorriso che non dovette piacergli data la smorfia che fece -Si può sapere cosa hai da rid...?- scattai in avanti.
Mi occorse fare solo un passo avanti per colpirlo. Usai l'arco per fare pressione sull'estremità rivolta verso l'alto in modo che quella che puntava al terreno lo colpisse proprio nei testicoli. Il dolore e la sorpresa lo fecero piegare in avanti e approfittando di questo momento di debolezza lo colpii di nuovo con l'arco, dritto in faccia.
Lo stordimento e il dolore lo fecero cadere a terra con le mani intente a coprirsi il punto più dolente, facendolo rotolare in maniera patetica ai miei piedi. Non contenta gli puntai il piede sullo sterno e l'arco sulla gola, tenendolo inchiodato a terra con il volto contratto in una smorfia di grande dolore e gli occhi lucidi.
-Pu...puttanella dannat...
-Ah, ah! Non è bene rivolgersi così ad una signorina!- lo bloccai, premendo di più l'arma contro il collo, facendolo gemere -E soprattutto non dovresti andare in giro a fare estorsione, stronzetto.
-C-cosa vuoi?
-Informazioni. E tu me ne darai, vero?- non gli diedi il tempo di rispondere -Bene. Cosa sai della Gilda dei Ladri?
-Succhiamelo.
-Risposta sbagliata!- calcai di più il piede sul suo sterno, tenendolo sempre incollato a terra -Quindi?
-Piano, non...non riesco a respirare.
-Più perdi tempo, più l'aria manca. Parla.
-Va bene, va bene!- lo sentii di nuovo gemere, probabilmente non si aspettava tanta forza da una alta la metà di lui...peccato non avesse considerato il fattore licantropia.
A volte la Bestia sapeva essere decisamente utile.
-N-nessuno conosce il vero covo...d-della Gilda. T-tranne chi ne fa parte, ovviamente.
-Vuoi dire che non sai niente? Eppure ti vantavi dei tuoi ottimi rapporti...guarda che se mi hai mentito ti ammazzo.- lo avvertii, e per dargli prova che non stavo scherzando feci ancor più pressione.
L'uomo trattenne grottescamente il fiato.
-N-non so dove...dove si trova! Ma posso metterti in contatto con uno dei loro membri, se vuoi.- mi feci interessata.
Quella era un'ottima notizia, sempre che fosse stata vera.
-Come faccio a fidarmi di te? Fammi qualche nome.- un ghigno di disprezzo gli solcò le labbra.
-Nemmeno per sogno. Tanto....tanto v-vale farmi ammazzare da te qui e ora.- inspirai profondamente.
-Allora facciamo così...completa il nome del nostro amico comune. Etienne...
-Rarnis! S-sì, posso...metterti in contatto con lui.
-Molto bene.- feci un passo indietro e lo liberai, permettendogli di alzarsi e tossire per riprendersi del tutto. Notai con una punta di soddisfazione che sostò a lungo sul proprio fianco prima di riuscire a sollevarsi del tutto, mi godetti il momento fino all'ultimo, senza mai riporre l'arco o abbassare la guardia.
Quando il Nord fu del tutto in piedi i suoi occhi mandavano lampi di rabbia.
-Cosa devo dire a Rarnis?
-Digli solo che Asha è venuta a riscuotere il favore, lui capirà.- o almeno lo speravo.
-Domani alla piazza del mercato, dopo la quattordicesima ora.- replicò l'uomo -E spero che ti pianti un coltello nello stomaco, maledetta mocciosa.
-Troppo gentile.- replicai, per niente colpita dal suo astio, semmai compiaciuta.
Aspettai che si allontanasse e mi incamminai a mia volta verso la taverna “L'ape e il pungiglione”, rimuginando su ciò che avevo ottenuto: quello scimmione poteva ancora mentirmi, o peggio ancora cercare di ingannarmi, mi rendevo perfettamente conto che la strada che avevo scelto di imboccare era pericolosa e forse inconcludente, ma non potevo rischiare di perdere un'occasione e brancolare nel buio. Non potevo permettermi di perdere così tanto tempo.
Avrei studiato un piano con l'aiuto di Baeron e forse, con un po' di fortuna, avremmo potuto trovare Esbern e avvicinarci ancora un po' alla soluzione di questo mistero.
Ci pensai per tutto il tragitto e alla fine entrai alla Locanda decisamente soddisfatta degli eventi.
-Oh, che sorpresa vederti sorridere.- mi accolse Baeron, seduto ad uno dei tavoli de “L'ape e il pungiglione”.
-Ne ho tutte le ragioni.- risposi, sedendomi sull'unica sedia libera del tavolo, poi abbassai la voce -Ho trovato una pista.- il Nord spalancò gli occhi.
-Cosa?- fece una pausa -Come hai fatto? Io ho girato per Riften tutto il giorno come un idiota senza riuscire a trovare niente!- raccontai brevemente dell'incontro con l'energumeno che aveva cercato di minacciarmi e notai, anche se me l'aspettavo, che Baeron non condivideva il mio entusiasmo.
-Non che io dubiti delle tue capacità di convincimento...- esordì infatti -Ma non credo che la fonte sia molto attendibile. Insomma, potrebbe essersi vantato solo per spaventarti.
-Sapeva di Rarnis. E poi anche se fosse devo comunque tentare.- replicai dopo aver preso un sorso di idromele -Credo che come fonte sia abbastanza attendibile.
-In una situazione come la tua “abbastanza” non è sufficiente.
-Hai forse altre idee?- lo guardai duramente -Senti, devo scoprire qualcosa in più su questi draghi e l'unico che può darmi una mano è questo tizio, Esbern. E forse capirò anche cosa centro in tutta questa storia.
-Vuoi dire che non lo sai?- mi chiese il Nord.
-Le leggende del Sangue di Drago sono moltissime e ognuna di essere finisce con un incontro all'ultimo sangue contro qualche creatura strana, soprattutto draghi, appunto, ma in nessuna di loro ho mai sentito parlare di resurrezione dei draghi.- sospirai e mi passai una mano tra i capelli -In caso quell'energumeno mi avesse ingannata potrei sempre cercarlo grazie al suo odore e fargliela pagare.- ci guardammo e mi resi conto, sorprendendo perfino me stessa, di aver parlato tranquillamente della Bestia con Baeron, e anche lui dovette pensarlo, perché i suoi occhi tradirono sorpresa e, perché no, compiacimento.
Deglutii e chinai lo sguardo sul mio piatto, ma il silenzio non regnò a lungo.
-È così che mi hai trovato a Ustengrav?- mi chiese, ed io annuii.
-L'odore di una creatura viva in mezzo alla morte è una traccia indelebile, per quanto ti sia impegnato a cancellarle.- gli feci notare.
-Sorprendente...- ammise, ma io scossi la testa.
-È meno strabiliante di quel che puoi credere.
-Che vuoi dire?
Che non hai mai pace quando sei come me. Che passi la notte sveglia, bramando la caccia o tormentandoti con i ricordi. Il tuo corpo non ti permette di riposare bene, ma nemmeno di crollare. Un limbo frustrante, una continua frenesia che non mi appaga mai...
-Niente. Piuttosto, non hai paura?- gli domandai.
Ci mise un po' a rispondere.
-Chiunque ne avrebbe.- disse infine -Ma non riesco a considerarti un mostro.
-Non mi hai vista trasformata, forse...- il mio tono voleva essere sarcastico, ma non lo fu la risposta del Nord.
-Il vero mostro risiede in ogni essere umano. In alcuni prende la forma del lupo, e in altri...- fece una pausa -In altri no.- mi accorsi di essere in attesa che lui continuasse, ma non lo fece e capii che non avrebbe detto altro.
Così cambiai discorso, per quanto sempre più incuriosita dal mio compagno di viaggio.
-Domani dovremo essere cauti, potremmo incappare in un inganno o in un'imboscata.
-Hai salvato la vita a quel ladro.
-E tu ti fidi della parola di un ladro?
-Effettivamente no.- fece una pausa -Se davvero Etienne Rarnis si presenterà non credo avrà cattive intenzioni. In ogni caso sarò poco lontano da te e ti terrò d'occhio. Se cercherà di fare qualcosa io me ne accorgerò.
 
Stavo girando per la piazzetta da poco più di dieci minuti quando Etienne Rarnis fece la sua comparsa. Baeron era dall'altro lato e, nonostante la zona fosse affollata a causa del mercato del pomeriggio, riusciva a vedermi discretamente bene. Ma non poteva immaginare come i ladri fossero furbi, e nemmeno io.
-Signorina, un septim per un vagabondo...
-Non ho niente.- dissi, ed era vero, non mi ero certo fidata a portare la borsa dei soldi con me, e quando mi sentii bruscamente afferrare trasalii, portando subito una mano all'arma, ma prima che potessi raggiungerla, sotto il cappuccio di quel vecchietto incurvato non trovai un viso disperato o incattivito, bensì quello sorridente di Etienne.
-Non agitatevi, lady Asha.- sobbalzai e sotto l'odore orribile di quel mantello vecchio e puzzolente riconobbi, debolmente, l'odore del Nord -Sono solo io.
-Hai rischiato di ritrovarti una pugnalata nel ventre.
-Con quale arma? Questa?- sollevò appena una mano per mostrare un pugnale, che mosse agilmente come se non avesse fatto altro nella vita.
Allarmata mi tastai il fianco destro, trovando la fondina vuota.
-Come...?
-Stai più attenta, lady, Riften non è una città per nobili.- non sapevo se essere più impressionata o infastidita dall'abilità del ladro.
Il suo passo doveva essere leggerissimo, e in più i rumori e la mia disattenzione l'avevano reso praticamente inudibile. Mi dissi che avrei dovuto prestar maggiore attenzione alla città e ciò che mi stava intorno.
-Davvero mi credi ancora una nobile?- replicai, riprendendomi il pugnale e rimettendolo nella custodia e il ladro ridacchiò.
-Volevo solo reggere il gioco.
Il sorriso sul volto lo rendeva un uomo del tutto diverso dal disperato prigioniero che avevo salvato all'Ambasciata Thalmor: certo, i suoi occhi erano ancora circondati da occhiaie e il volto presentava ancora i segni delle torture, ma la luce nei suoi occhi era diversa, tradiva una certa furbizia e, perché no, un'inclinazione subdola che mi fece scattare in allarme, dopotutto stavo sempre trattando con dei ladri.
Ah, se mi avesse visto mia madre...
-Cosa ti porta a chiedere il favore che ti dovevo così presto, eh?- mi chiese, continuando a tenere un' andatura traballante mentre muoveva un passo, allungando una mano e facendola tremare.
Vidi un gruppo di guardie camminare poco lontano da noi e ressi il suo gioco, facendo finta di frugare nella bisaccia, smettendo solo quando si furono allontanate.
-Ho bisogno di incontrare quel vecchio che cercavano gli elfi, Esbern.- vidi il sorriso sparire dal volto del ladro.
-Ti ho già detto che non sapevo niente, fuori da lì la mia versione non cambia.
-Forse tu no, ma il tuo capo sì.- feci una pausa -Una Gilda che si rispetti ha qualcuno a cui fare riferimento, no? E siete famosi in tutta Skyrim, non dirmi che non c'è nessuno con questo ruolo. E poi so' che Esbern si nasconde qui, chi meglio di voi potrebbe proteggerlo?- sapevo di giocare con il fuoco, ma dovevo essere chiara e rapida, e capii dagli occhi di Etienne che l'avevo colpito con le mie parole.
-Non è compito mio, questo. Sono i piani alti ad occuparsene.
-E allora parla con loro.
-Perché dovrebbero accettare?- giusto, perché?
-Perché se non vengono a parlare con me, sarò io ad andare da loro.- Etienne scosse la testa, ma notai che negli occhi si era insinuato, oramai, il germe del dubbio.
-Nessuno ci ha mai trovato.
-Mettimi alla prova.- feci una pausa -Avanti, ti ho salvato la vita, a quest'ora avresti potuto essere già morto.- lo vidi storcere le labbra.
-Lo so, ma...oh, accidenti a te! Senti, farò il possibile per convincere chi di dovere, ma non garantisco niente.
-Ti ringrazio, davvero.
-Sì, sì va bene...cosa devo dire?
-Di' loro che voglio Esbern e che potremmo metterci d'accordo. Il resto al momento dell'incontro.- detto questo Etienne mi diede le spalle e si dileguò.
-Aspetta, come faccio a sapere che...?- troppo tardi.
Il Nord era già sparito, inghiottito dalla folla.
Ed io l'avevo perso...
O almeno, credetti di averlo perso: quella stessa sera, infatti, alla camera dove alloggiavo, trovai sopra il comodino di legno una lettera.
Stanotte, sotto la piazza del mercato. A tre ore dall'alba.
Non portava firma, né simboli, ma non ebbi problemi a capire chi mai fosse il mandante.
E sorrisi: la mia pista si stava rivelando corretta.
 
L'odore di marcio sotto la piazza del mercato era più asfissiante che mai, dovetti davvero sforzarmi per non andarmene e mollare tutto.
-Questo odore è insopportabile.- borbottò Baeron, e non potei non fulminarlo con lo sguardo.
-E lo vieni a dire proprio a me?
-Quando sei nervosa diventi insopportabile, lo sai?
-E allora perché provochi?
-Ti pare che stia provocando?- lo avrei ammazzato una volta finita questa storia, garantito.
Sapevo che sarebbe finita in un posto del genere, ero preparata a giocare in casa loro, ma non sapevo cosa aspettarmi: come membro della Gilda dei Ladri, Etienne aveva dimostrato di essere imprevedibile ed ero sicura che gli altri non sarebbero stati da meno, ma era proprio in virtù di quella loro imprevidibilità che non sapevo come agire.
Ero armata di tutto punto e pronta ad ogni evenienza, eppure non mi sentivo tranquilla.
-Quando tutto questo finirà non voglio più sentir parlare di draghi, guerrieri o imprese per almeno un'Era.- pensai una volta raggiunto il posto.
-E ora che facciamo?
-Aspettiamo.- guardai Baeron -Mi sembra la cosa più sensata. Quando vorranno si faranno vedere.- a malincuore dovetti dargli ragione.
-Quando pensi di tornare a Hrotgar Alto?- mi chiese all'improvviso il Nord ed io, appoggiata al muro a braccia incrociate, mi esibii in un'alzata di spalle.
-Non appena avrò chiara questa storia dei draghi e delle Blade. Dopotutto sono state le prime a darmi qualche informazione concreta...oltre a dirmi di mio padre, ecco.
-Dovresti esserne orgogliosa.
-Non ci riesco.- ammisi -Avrei voluto...- mi interruppi quando sentii un rumore provenire poco dietro di noi.
-Cosa c'è?
-Zitto, non hai sentito?- Baeron scosse la testa, ma tacque lo stesso, portando una mano alla spada ed una pronta a caricare un incantesimo.
In quanto a me, presi l'arco e caricai una freccia, puntando sempre verso la fonte del rumore.
Ma non venne nessuno.
Attendemmo qualche secondo in più, ma non c'era nessuno a venirci incontro, nella notte.
-Forse l'hai immaginato.- lo guardai.
-No, ero sicura. Un passo leggerissimo, ma percepibile per me.- dissi in un sussurro, finché non lo sentii di nuovo, un chiaro rumore di passi, ma stavolta proveniva da sopra.
Alzai lo sguardo appena in tempo per vedere un'ombra calare su Baeron.
-ATTENTO!- lo avvisai.
Baeron si scansò quanto bastava per evitare il vero e proprio assalto, ma l'uomo, grosso almeno quanto lui, cercò di prenderlo alle spalle, guadagnandosi una gomitata al volto.
-Brutto bastardo...- mormorò il Nord, ma non potei seguire il resto della scena quando sentii qualcosa fischiare alle mie spalle.
Mi gettai a terra appena in tempo per evitare una freccia, ma quando voltai la testa per vedere chi me l'avesse lanciata non vidi nessuno. Eppure sentivo diversi odori nell'aria, almeno tre o quattro.
Dove erano gli altri?
Sentii un nuovo rumore alle mie spalle, vicinissimo, ed istintivamente menai l'arco per colpire un eventuale aggressore, ma il colpo andato a vuoto fece fischiare l'aria.
Non era possibile.
-Iris, scappa!- mi girai di nuovo per vedere Baeron vedersela con l'uomo che aveva cercato di prenderlo alle spalle.
-Non ti lascio q...- mi sentii afferrare da dietro, all'altezza del collo, forte.
Istintivamente agii pestando il piede del mio aggressore ed un gemito femminile mi giunse alle orecchie -FUS!- dietro di me non c'era nessuno, usare la Voce era stato istintivo, ma con profonda sorpresa vidi una figura diventare prima eterea e poi del tutto visibile in pochi attimi, quelli che bastarono per scaraventarla contro la parete vicina.
Era una figura piccola e smilza, era una donna, si capiva dalle curve del seno, ma non potevo dire altro dal momento che era del tutto coperta da un'armatura nera come la notte che ne nascondeva ogni lembo di pelle, fatta eccezione per le dita.
Estrassi la spada da terra e la puntai contro la figura, che stava cercando di alzarsi con un gemito. La spinsi a terra con il piede.
-Chi accidenti sei, tu?!- le ringhiai, furiosa.
-Non ti conviene dare le spalle alla notte.- ribatté lei, ma non capii.
-AH!- l'urlo di Baeron mi colse di sorpresa e, in barba all'avvertimento della donna da me atterrata mi girai per vederlo cadere a terra, eppure l'uomo con cui combatteva era ferito, si teneva le costole.
-Baeron!- un altro rumore.
Mi girai appena in tempo per affrontare l'agile assalto della donna vestita di nero: era molto più esile e poco più bassa di me, ma la sorpresa non mi permise di reggere il confronto e caddi a terra. Le sue mani si strinsero ancora intorno alla mia gola, alla ricerca di un punto preciso alla base del collo, capii che stava cercando di stordirmi, e le afferrai le mani per cercare di impedirglielo.
-Ti è andata male, stronza!- pensai, liberando una piccola parte dell'ira della Bestia per darmi ulteriore forza fisica.
La sentii gemere per la fatica dietro quella maschera inespressiva, e alla fine riuscii a liberarmi e ribaltai la situazione.
-Chi ti ha mandato?!- urlai, cercando di braccarla, lottando con il suo divincolarsi che alla fine mi spinse via servendosi di un calcio allo stomaco.
Gemetti e mi alzai, sempre più furiosa.
L'avrei ammazzata...
-F...- la parola del potere mi morì in gola quando un dolore acuto mi prese alla testa.
Caddi a terra con un gemito di dolore mentre il mondo galleggiava intorno a me, sfocato, e la testa pulsava dove ero stata colpita.
Poco distante da me Baeron era a terra, sperai solo privo di sensi.
-Figli...di...- feci appena in tempo a realizzare di aver trovato il terzo uomo quando il mondo divenne nero.
 
Ci misi un bel po' a riprendere i sensi.
Mossi la testa piano, trovandola ancora dolorante.
-Maledizione...- feci rapidamente mente locale e mi imposi di restare calma.
Ricordavo l'imboscata e di come io e Baeron avessimo avuto la peggio contro i nostri assalitori che, ero sicura, facevano parte della Gilda dei Ladri, o magari della Confraternita Oscura, chi poteva dirlo?
-No, non avrebbe senso, se ci avessero voluti morti io non sarei qui...-
Ma cosa aveva ancora del senso, nella mia vita?
E dov'era Baeron? L'ultima volta l'avevo visto crollare a terra, probabilmente svenuto o...
Scossi la testa ed infine aprii gli occhi, proprio mentre i miei sensi tornavano a funzionare come si deve ed un odore di chiuso e acqua sporca mi riempiva le narici.
Cercai di muovermi, ma mi accorsi che non potevo farlo: ero seduta su una sedia con le mani legate dietro la schiena in maniera così stretta da fare male.
Mi guardai rapidamente intorno: era una stanza grande con diversi bauli, forse pieni di refurtiva, ma a parte questo era del tutto spoglia, con pareti e pavimento in pietra che trasudavano umidità.
Non ci misi molto a capire che mi trovavo nelle fogne, sotto terra.
-Beh, ottima scelta per dei ratti come loro...- pensai -Ma devo uscire di qui, ora...
-Agitarti non farà altro che male, ragazza.- alzai lo sguardo, finché i miei occhi non raggiunsero la figura di un uomo appoggiato al muro.
Era vestito esattamente come la figura che avevo atterrato, ma a differenza della compagna, questo era un Nord ed era un uomo.
-Tu devi essere il cane che mi ha colpito alle spalle.- non appena lo vidi fare qualche passo verso di me cercai istintivamente di alzarmi, ovviamente senza successo -Dov'è il mio compagno?
-Frena la lingua, il silenzio in certi casi è l'opzione migliore.
-Non nel mio, Pel di carota.- lo apostrofai in virtù dei suoi capelli rossi, come la barba, che arrivavano fino alle spalle -Ti ho fatto una domanda...
-E io l'ho sentita, ma non vedo perché dovrei rispondere.- come?
Inspirai, dovevo rimanere lucida.
-Tu brutto pezzo di...
-Ragazza, se fossi in te farai la brava. Non sei in una bella situazione.
-Mi capita spesso di non trovarmi in una bella situazione, cosa dovrebbe cambiare rispetto alle altre volte?- una con più sale in zucca di me si sarebbe mostrata molto più accondiscendente, ma la situazione non mi piaceva, e in più sentirmi prigioniera rendeva la Bestia inquieta.
Si inginocchiò, chinandosi alla mia altezza: l'uomo tradiva una certa sicurezza e sicuramente doveva essere furbo, qualità che sembrava non mancare mai nelle file dei Ladri, ma la prima impressione che mi trasmise a pelle fu pura irritazione, soprattutto quel mezzo sorrisetto...
Mi chiesi se avrebbe continuato a sorridere davanti alla Bestia.
-Sei stata tu a chiedere di vederci, noi abbiamo risposto all'appello.
-Stai scherzando? Avete cercato di ammazzarci!- esclamai.
-Ammazzare? Che brutta parola, ragazza! Noi non ammazziamo nessuno, se non in casi estremi, e sicuramente non è il tuo. Ma te e il tuo amico avete voluto fare gli eroi. Volevamo solo stordirlo per avere occasione di parlare con te.
-Scrivere nel biglietto di venire da sola era troppo da principiante, vero?- invece di arrabbiarsi il ladro rise.
-Sei tu che hai voluto incontrarci. Questo gioco si fa alle nostre regole.
-Perché portarmi qui e trattarmi come una prigioniera?
-Etienne ci ha raccontato di come l'hai tirato fuori dall'Ambasciata Thalmor: nessuno avrebbe potuto uscirne vivo...
-Ma io l'ho fatto.
-Fammi finire. Uscirne vivo senza che gli elfi lo volessero.- spalancai gli occhi.
-Mi stai dando della spia?
-Nessuno esce dall'Ambasciata vivo? Tu ne esci viva. I Thalmor cercano Esbern? Tu cerchi Esbern. Qualche Thalmor passeggia nelle fogne? Tu ci contatti.
-Senti, sono coincidenze, va bene? Sono tutto fuorché un'alleata di quelle orecchie a punta. Ho solo bisogno di vedere Esbern.
-Peccato che lui non voglia vedere te, ragazza.
-Se non avete intenzione di farmi incontrare Esbern spiegami cosa ci faccio qui, allora.- l'uomo afferrò l'estremità della mia treccia, giocherellandoci ed ignorando lo sguardo assassino che gli lanciai -Ehi, giù le mani, non siamo mica amici.
-Qualcuno risponderà a delle domande, ma non saremo noi...- mi fece notare sollevando gli occhi chiari verso di me, e capii che mi avrebbero interrogata.
L'immagine dell'interrogatorio di Etienne e la mia situazione si collegarono tra loro e l'ansia per un attimo mi tolse la parola.
-...quindi fai la brava, magari con un atteggiamento meno aggressivo te la cavi meglio.- e mi diede due rapide pacche sulla guancia con la mano, scuotendomi dal mio momento di silenzio e facendomi infuriare.
-Insolente bastardo!- pensai, e rapidamente cercai di mordergli la mano, e magari staccargliela, chissà, ma l'uomo fu lesto a scansarla ed alzarsi, facendo due passi indietro.
-Come non detto...- sospirò -Beh, peggio per te. Io ho cercato solo di aiutarti. E poi dicono che i ladri non sanno essere umani.
-State sbagliando tutto!- lo avvertii, ma quello mi ignorò.
-Ehi attenti, qui abbiamo un gatto selvatico.- e avvertendo i compagni chiuse la porta alle sue spalle.
Mi guardai intorno: non c'era niente nella stanza che potesse aiutarmi nella fuga, a parte quei dannati bauli e la sedia dove ero forzatamente seduta.
Cercai di liberarmi, agitandomi per allentare le corde, ma niente da fare, ottenni solo di sfregare e probabilmente arrossare i polsi. Non avevo abbastanza forza per...
-Ma certo.- come avevo potuto non pensarci prima?
Ancora una volta la mia alleata sarebbe stata la Bestia. Dovevo solo concentrarmi per limitare la trasformazione e contenerla perché non si espandesse nel resto del corpo. Chiusi gli occhi ed iniziai a richiamarla: subito sentii la sua forza distruttiva graffiare contro il mio sterno, premere per uscire, famelica.
-Non oggi.- sussurrai -Oggi mi servo solo di te.- un familiare formicolio alle mani mi fece capire che stavo ottenendo ciò che volevo e in poco tempo i muscoli si ingrossarono, causandomi dolore, ma anche iniziando a forzare le corde.
-Avanti...- mi accorsi che la mia voce era più roca, e gli occhi bruciavano -Avanti!- le allentai quanto bastava, poi mi concentrai per fermare la trasformazione, cosa decisamente più difficile, ma l'aver soddisfatto solo pochi giorni prima la sua sete di sangue la rese più docile ed ebbi la meglio.
Una volta che le corde si furono allentate liberare le mani ed alzarmi in piedi fu facile, e soprattutto un sollievo. Ma ora dovevo uscire da lì e...
-No.- non potevo scappare -Sono troppo vicina a trovare Esbern, devo continuare.- guardai la porta, sicuramente chiusa.
Dovevo convincere quel ladro a parlare, a farmi dire dove fosse, con le buone o le cattive.
Non potevo andare allo sbaraglio contro un'intera banda capace di trucchetti incredibili, non avevo dimenticato come la donna da me colpita fosse invisibile solo fino a qualche attimo prima, avrei dovuto giocare d'astuzia, batterli al loro stesso gioco.
Senti dei passi avvicinarsi alla porta e mi rimisi seduta stando bene attenta che le corde non cadessero atterra, cercando di sembrare ancora prigioniera, appena in tempo per vedere l'uomo tornare.
-Allora le cose stanno così...- non risposi, osservandolo.
Non pareva armato a parte quel pugnale alla vita che avrei dovuto prendere per avere almeno una speranza.
-...quindi adesso niente scherzi. Chiaro?
-Cristallino.- ribattei -Chi mi interrogherà?
-Lo vedrai presto, ma stai pur certa che se non hai niente da nascondere non ci sarà niente da temere.
-Ho già detto che non sono una spia, tutto questo può essere evitato. Avanti, evitiamo che qualcuno si faccia male inutilmente.- un mezzo sorriso gli comparve sul volto, ricordandomi per un attimo quello di un predatore.
-Ragazza, non sei decisamente nella condizione di minacciare.
-Io non minaccio nessuno, ladro.- precisai -Io prometto.- scattai in avanti, cogliendolo di sorpresa.
-Com...?- mi afferrò il braccio, ma con quello ancora libero lo colpii proprio sul naso, facendolo bestemmiare e perdere la presa, poi approfittai del suo momento di vulnerabilità per cercare di rubargli il pugnale, ma ancora una volta la mano del ladro mi anticipò -Non ci pensare nemmeno!
-Ah, no?- quando cercò di torcermi il braccio assecondai la rotazione in modo che gli finissi di spalle, ma più vicina, e la mia gomitata lo centrò proprio all'altezza dello stomaco.
Bastò un piccolo sgambetto per farlo cadere a terra e puntargli il pugnale alla gola.
-Mi dispiace, ma stavolta la più furba sono stata io.- gli dissi, mentre l'uomo era costretto a tenere le mani in mostra.
-Niente male, ragazza, davvero niente male...- ammise -Ma quanto speri di andare lontano circondata dalla Gilda?
-Non intendo scappare.- lo informai, senza abbassare la guardia -Voglio proporti un accordo.
-Per fare accordi con me servono soldi, ragazza, e tu non ne hai.
-E tu come fai a saperlo?
-Ti ho perquisito molto bene, prima.- arrossii di sdegno e di imbarazzo all'idea che quel porco mi avesse toccata.
-TU COSA?!
-Quindi niente soldi, niente accordo.
-Non sei nella posizione di poter fare...
-Che sta succedendo qui?- dalla porta fecero il loro ingresso altre tre figure: una era un uomo alto che riconobbi dalla stazza come l'aggressore di Baeron, il secondo un uomo pelato e la terza...
-La donna che ho atterrato.- sì, era proprio lei.
Ora che aveva il volto scoperto, per quanto indossasse un cappuccio, potei capire che si trattava di una Dunmer, ma a differenza degli altri elfi scuri i suoi occhi erano viola, e non rossi. Presentava lineamenti molto delicati, e sembrava quasi fuori posto in quel mondo di ladri e squallore, ma avevo capito a mie spese che non era assolutamente ad sottovalutare: anzi, probabilmente era la più pericolosa di loro...
Soprattutto con quell'arco puntato contro di me.
-Allontanati da lui.
-Scocca la freccia e me lo porto nell'Oblivion.- ribattei, spingendo ancor più la lama verso la carne del Nord. Anche se rimase composto sentii chiaramente la sudorazione aumentare.
-Chi è più disposto a rischiare, ragazzina?- replicò la Dunmer senza scomporsi o distendere la corda dell'arco.
-Non tu, fidati.
-Woh, Karliah, frena! Non vorrai mica farmi sgozzare come un capretto?
-Tu non ti muovere e non accadrà.- l'elfa prese la mira ed io mi preparai ad usare il Thu'um, non sarei certo stata io a morire quella notte...
-Non farlo...- l'avvertii, con un tono che sapeva decisamente di minaccia.
L'avrebbe fatto, me lo sentivo, ero oramai sicura che la corda sarebbe stata lasciata quando vidi il suo volto farsi confuso, poi...lontano.
-Karliah?- gli occhi dell'elfa da viola divennero neri e si chinò, quasi ci fosse qualcuno di importante al suo cospetto.
-Che sta fa...?- mi distrassi.
Il nord che tenevo sotto controllo approfittò subito della mia distrazione: mi afferrò il polso e mi buttò a terra, premendomi con una mano la faccia contro il pavimento umido delle fogne e storcendo un braccio in modo che potesse bloccarmelo dietro la schiena.
-Ngh!- di fatto l'unico braccio libero era totalmente inutile, ma cercai ugualmente di fare un po' di resistenza.
-Mai abbassare la guardia con un ladro, ragazzina.
-M-maledetto figlio di puttana!- esclamai, ma quando cercai di muovermi l'uomo aumentò la torsione, facendomi gemere, lasciandomi nel mio dolore e vergogna.
Mi ero lasciata ingannare come una ragazzina.
-Ora sta' buona, micetta, che gli adulti hanno da fare.- per quanto potei lo vidi guardare Karliah, leggere una luce di comprensione nei suoi occhi chiari.
-Karliah...
-Lasciala andare, Brynjolf.
-Come?!- il pelato la guardò stralunato.
-Karliah, quella lì è un demone con la gonna, cosa...?
-Lo vuole Lei.- replicò la Dunmer, senza osare alzare il capo o muoversi dalla sua genuflessione davanti al nulla -La nostra signora è interessata a lei, vuole che le diamo una possibilità, Delvin.- il tempo sembrò fermarsi, e il mio cuore agitato fu l'unico rumore che accompagnò il gocciolare delle pareti umide.
-Andate di là.- disse l'uomo chiamato Delvin agli altri due, che ubbidirono non prima di aver ricevuto promesse di qualche spiegazione.
Spiegazione che avrei voluto tanto ascoltare a mia volta.
Cercai di approfittare di quel momento assurdo, ma Brynjolf, così l'elfa aveva chiamato il mio carceriere, non si fece cogliere impreparato.
-Spero che Nocturnal abbia un buon motivo per volere questo. Hai idea di quanto ci è voluto per...
-Non possiamo contraddirla.- gli fece notare Karliah, guardando il compagno con aria grave quando questo pronunciò il nome del Daedra.
-No, aspetta...- non ci capivo più niente.
-Cosa centra Nocturnal, adesso? Siete impazziti o strafatti di Skooma!?- intervenni, gemendo per il dolore al braccio, ma la presa non si allentò.
-E cosa dovremmo fare?- intervenne Delvin, finendo accanto all'elfa.
-Vuole...che la mettiamo alla prova.- la Dunmer fece una pausa -Vuole che le diamo la possibilità di trovare quel che cerca.- ancora quel dannato silenzio, silenzio in cui non potei fare altro che formulare teorie su teorie, cercare di capire, senza successo, cosa mai stesse accadendo in quella dannata fogna.
Karliah si avvicinò, tendendo l'arco e puntandomi la freccia così vicina tanto che la punta mi sfiorò la testa.
-Ora Brynjolf ti lascia andare, ma tu non muoverti, è chiaro?- alzò rapidamente gli occhi per fare un cenno affermativo del capo all'uomo, che lentamente mi lasciò e si mise in piedi, permettendo a me di sedermi e massaggiarmi il braccio dolorante.
E senza dire una parola i tre iniziarono a dirigersi verso la porta.
-Ehi, dove...?- feci per alzarmi.
-Ho detto non muoverti.- alla minaccia dell'elfa mi fermai, rimanendo in ginocchio, e vi rimasi finché la porta non si chiuse di nuovo dietro le loro spalle, rendendomi ancora prigioniera.
-Cazzo!- esclamai, portandomi le mani sulla testa -Cazzo!- ripetei, frustrata.
Non ci stavo capendo niente, per l'ennesima volta la mia vita era nelle mani di un'incognita: cosa centrava il principe daedrico delle tenebre, adesso?
Ci pensai: che fosse qualcosa collegato al mio essere Sangue di Drago?
Non potevo saperlo, e forse non volevo nemmeno saperlo, fatto sta che dovevo uscire di lì ed ero ancora prigioniera, ma non potevo fare molto...
-Ma almeno posso origliare.- mi avvicinai alla porta.
Fortunatamente i due ladri erano ancora oltre essa, e stavano parlando. Appoggiai l'orecchio alla porta di legno, talmente marcio che mi stupii come potesse ancora reggersi in piedi, e potei udire le voci dei tre grazie al mio udito.
Ancora una volta, la licantropia si stava rivelando vantaggiosa.
-Che significa metterla alla prova?- stava dicendo Delvin -Come, poi?
-Nocturnal non ha lasciato detto altro. Vuole solo che la mettiamo alla prova.
-Oh, fantastico! E perché non metterci dei fili e usarci come le sue marionette? Sì, dei bei fili, un paio sulla schiena e uno sul...
-Hai giurato di servire Nocturnal in questa o nell'altra vita, Brynjolf, non osare mancarle di rispetto.- il tono della Dunmer si era fatto tagliente ed autoritario, immaginai che fosse lei, tra i tre, ad avere più autorità, lì dentro.
-E va bene,va bene...ma cosa le facciamo fare, adesso?- seguì un momento di silenzio.
-Che ne dici di farle recuperare un oggetto su cui abbiamo messo gli occhi, o magari farle sfidare uno di noi?- propose lei.
-No. È una bestia, quella donna, non una damina del cazzo. Le serviremmo la prova su un piatto d'argento.- storsi le labbra, non era esattamente il modo di dire ideale per un licantropo, ma Delvin non poteva saperlo -Non hai visto come era armata o le sue cose?
-Lasciate fare a me: se Nocturnal non ci lascia istruzioni, allora giocheremo alle mie regole.
-Cosa hai in mente?
-Lo vedrete...- capii che stavano per riaprire la porta e mi affrettai ad indietreggiare, a sedermi pesantemente sulla sedia dove ero stata legata fino a poco prima.
I tre rientrarono.
-Avete deciso, signori del Fato, se sono degna di spiegazioni o...?
-Risparmia il sarcasmo.- mi avvertì Delvin, ma sembrava divertito dal mio caratteraccio -Abbiamo un'offerta per te, e se hai un po' di intelligenza in quella testa calda pensaci due volte prima di rifiutarla.
-Nessuno di noi ama gli spargimenti di sangue, perciò la risolveremo civilmente.- intervenne Brynjolf, ed io alzai un sopracciglio, perplessa.
-Cosa intendi per civilmente?- il ladro sorrise.
 
Non avrei dovuto accettare.
Tutto ciò era sbagliato, profondamente sbagliato. Incastrare qualcuno era qualcosa di impensabile nella mia testa, soprattutto se quel qualcuno era innocente, come quel Bran-Shei che stava per farsi un giro in prigione.
Eppure non avevo scelta.
Sospirai.
 
-Non lo farò mai.- dice con tono sicuro.
Delvin sbuffa.
-Avanti, hai quasi ammazzato un uomo e ora ti rifiuti di fare questo?
-Non incastrerò un innocente perché vi fa comodo.- ribatte, indignata -Piuttosto vi affronto tutti, uno per uno.- si morde il labbro.
Non potrebbe mai farcela, e soprattutto non sa cosa sia successo a Baeron, ma quei tre hanno fatto capire di saperne, a riguardo.
-No che non lo farai.- ribatte infatti Brynjolf, il più tranquillo dei tre -Avanti, è un'ottima offerta considerando i nostri piani originali, non trovi?- fa una pausa -Perciò facciamo così ragazza: tu fai questo...lavoretto per noi e in cambio sarai libera. Così come il tuo compagno.- al sentir nominare, seppur indirettamente, Baeron, i suoi occhi si spalancano appena.
-Cosa gli avete fatto?- chiede allora, ora più minacciosa.
Il Nord arriccia appena il labbro.
-Non gli abbiamo torto un capello, se è questo che temi.
-Non sono i capelli a preoccuparmi, quanto il resto.- replica lei -Se gli avete fatto del male...
-Non è stato fatto del male al tuo amico. E non gliene faremo se ci aiuterai.- il tono del ladro è accondiscendente e diplomatico, calmo e senza particolare inflessione che tradisca minaccia o ricatto.
Eppure è proprio quello che sta facendo.
Lo farà.
Non può lasciare il Nord nelle loro mani, soprattutto dopo l'aiuto che le ha offerto all'Ambasciata, e soprattutto deve riavere la sua borsa, dove dentro c'è ancora il Corno di Jurgen Windcaller. Dopo tutta la fatica fatta per recuperarlo non può assolutamente permettere che rimanga nelle mani di quei mentecatti.
-Va bene, vi aiuterò.- mormora alla fine, poi solleva lo sguardo furioso su Brynjolf -Ma non cambia il fatto che resti un grandissimo figlio di puttana.
 
Sarei stata controllata, ovviamente. A distanza potevo percepire chiaramente due o tre della Gilda, appostati nelle tenebre: ammetto che, se non fosse stato per i sensi della Bestia, non sarei mai stata in grado di percepire la loro presenza.
Erano ombre, mi seguivano mimetizzandosi con la notte, vivendo in essa.
E mi sentivo braccata, per una volta consapevole di non essere il predatore, ma una preda in caso di fuga: era frustrante.
Mi appostai lungo un muro buio per evitare il piccolo convoglio di guardie durante la ronda, rimanendo totalmente immobile per evitare che la luce delle fiamme delle torce tradisse i miei movimenti e fu solo una volta che mi distanziarono di sette o otto metri che ripresi il cammino verso il mio obiettivo: il dormitorio di Helga.
Era una squallida struttura fatta esclusivamente per i più poveri, quelli che non potevano permettersi nemmeno una stanza, per la precisione. Lì i pochi pescatori, i mendicanti e altra gente poco raccomandabile passava le notti in attesa del giorno successivo, spesso più decadente del precedente.
La consapevolezza di star per incastrare un innocente mi fece stringere lo stomaco, ma andai avanti.
La porta del dormitorio era aperta, e non appena entrai un odore sgradevole mi fece storcere il naso: odore di alcol scadente, muffa e ammasso di persone non proprio pulite.
-Avanti...una cosa veloce, dai.- cercando di mantenere un passo leggero accumulato durante gli anni di caccia mi addentrai nel dormitorio quasi del tutto buio,fatta eccezione per la pochissima luce che entrava dalle piccole finestre.
Mi muovevo piano per evitare di far rumore e sbattere contro i mobili (pochi, a dire il vero), e riuscii ad arrivare abbastanza tranquillamente alla stanza più grande che ospitava una decina di brande, metà delle quali vuote. Fortunatamente Bran-shei era l'unico elfo del gruppo.
-Almeno questo...- pensai, ma ora veniva la parte difficile.
Il dunmer dormiva su un fianco e russava appena. Mi avvicinai al piccolo comodino accanto alla branda e cercai la sua scarsella per infilarci dentro l'anello che Brynjolf mi aveva consegnato.
Avrei incastrato Bran-Shei mettendogli addosso l'anello di un altro commerciante, un gioielliere argoniano di nome Madesi che l'indomani avrebbe ricevuto una misteriosa soffiata.
-Niente sensi di colpa...- pensai, mentre cercavo, senza trovare, il borsello -Lo fai per la tua missione. Esbern per la libertà di un uomo.- aprii il cassetto, ma era così vecchio che non riuscii a tirarlo via -Avanti!- pensai, sempre più frustrata -Apri...- con uno strattone più forte riuscii ad aprirlo, ma feci anche rumore.
Mi gelai sul posto, il cuore che batteva all'impazzata. Pregai intensamente ogni divinità che mi venne in mente in quei secondi in cui sentii Bran-shei e qualche altro ospite del dormitorio agitarsi, ma alla fine ripiombò il silenzio.
Sospirai. Decisamente non ero tagliata per quella vita.
Mi portai una mano al cuore e presi qualche secondo per calmarmi, poi ispezionai il cassetto. Niente. La borsa non era lì.
-No...ti prego, no.- mi voltai a guardare l'elfo e, guarda un po'!, la borsa era proprio lì, stretta tra le braccia.
Decisamente Riften era una pessima città, pessima quasi quanto la mia situazione.
-Per i Nove, anche questa, adesso!- deglutii ed estrassi l'anello dalla scarsella che portavo con me, poi avvicinai una mano a quella del Dunmer, lentamente...ma non appena lo toccai si mosse, girandosi appena -Cazzo!- mi morsi il labbro per evitare di parlare a voce alta e strinsi i pugni reprimendo un moto di frustrazione.
Dovetti sporgermi con il busto in avanti ed avvicinai la mano alla scarsella, cercando di aprirla.
-Avanti...ci sono quasi...- riuscii finalmente a infilare l'anello nell'angolo della borsa di pelle, che nel cadervi dentro tintinnò appena contro qualcosa.
Il russare leggero dell'elfo si interruppe per un secondo, prima di riprendere tranquillo come prima.
Il mio lavoro era finito.
Più rapidamente che potei mi avviai verso la porta, ma nel passare tra due letti come poco mancò che inciampassi nel braccio di un Nord che russava alla grande e che mi bloccò la strada.
-Ma che ca...?- che Sheogorath si stesse di nuovo divertendo a giocarmi qualche scherzo?
Mi allontanai proprio mentre il Nord si rigirava di nuovo, biascicando qualcosa nel sonno e russando, così mi guardai rapidamente intorno, ora che i miei occhi si erano abituati al buio gli spostamenti si stavano rivelando più semplici, e potei facilmente trovare un'altra via per i la porta principale, e presto mi lasciai alle spalle il dormitorio per respirare l'aria più fresca, anche se non più profumata, della città.
Avevo compiuto il mio dovere, anche se a malincuore, ma ora cosa avrei dovuto fare?
Quando ero stata portata fuori dal covo della Gilda ero stata bendata e guidata fino all'esterno. Il mio naso non aveva fatto altro che confermare il luogo del covo, le fogne, ma niente di più.
Che mi avessero ingannato per farmi uscire?
No, se davvero mi credevano una spia dei Thalmor non avrebbero permesso di...
-Di qua.- mi sentii tirare il braccio e tappare la bocca da una mano quando cercai di gridare per la sorpresa, ma non ci misi molto a riconoscere l'odore di Brynjolf -Guardati sempre le spalle.- mi sussurrò, indicandomi con un cenno del capo la pattuglia di guardie che non avevo notato.
Maledizione, perdermi nei miei ragionamenti mi isolava completamente dal mondo...uno di questi giorni ne avrei pagato le conseguenze...ma non lo avrei mai ammesso a voce alta.
La pattuglia passò e subito mi liberai dalla presa del Nord, girandomi per guardarlo.
Nel buio, con la sua tenuta scura, riuscivo a vederlo a malapena.
-Ho fatto come mi avete detto. Mantieni la parola, adesso. Portami da Esbern.
-Un patto è un patto, dopotutto. Anche per me.- estrasse dalla tasca il pezzo di stoffa con cui mi aveva bendata per uscire dalla Gilda -Se non ti dispiace, mia cara...
 
Quando Brynjolf mi tolse la benda ero già nella Gilda. Lì Karliah, Delvin e altri attendevano il nostro ritorno.
-Tutto a posto.- annunciò l'uomo, con tono molto soddisfatto, quasi fosse stato lui a fare tutto il lavoro -La nostra amica qui ha il piede leggero.
-Non sono amica tua.- mi affrettai a chiarire, poi tornai a guardare l'elfa che attendeva in silenzio -Ora mi permetterai di vedere Esbern? Ho superato la tua prova, o quella di Nocturnal, non mi interessa...- Karliah mi fissò con i suoi occhi viola, profondi e taglienti, poi annuì con un cenno del capo.
-Nocturnal sapeva che avresti superato la prova, me l'ha comunicato.- disse, ed io alzai un sopracciglio -E se vuole che tu vada avanti, non sarò certo io ad impedirtelo.- si avvicinò ad un tavolo e mi porse la bisaccia e le armi, che ripresi con gioia e sollievo.
Ora, armata di tutto punto, mi sentivo un'altra persona.
Per ultimo, Karliah mi porse l'arco, ma quando feci per riprenderlo mi trattenne, in modo da potermi parlare da vicino.
-Chi sei davvero?- mi chiese allora -Cosa ha visto Nocturnal in te?
-Nessuno.- replicai -Sono solo stata un inconveniente per allietare la sua giornata.- perché erano questo i Daedra, dopotutto: principi annoiati e capricciosi che si divertivano a giocare con gli umani, ad ingannarli e legarli per sempre a loro, come era successo a me con Hircine.
-Io non credo...- lasciò l'arco in modo che potessi mettermelo in spalla -Ci rivedremo, di questo sono sicura.- sbuffai.
-Io non credo. Senza offesa, ma spero di non avere più niente a che fare con voi.- la Dunmer sorrise appena, un sorriso enigmatico e tagliente come il suo carattere.
-Lo vedremo. Sappi che ti terremo d'occhio.- detto questo si congedò.
Feci per chiedere cosa mai volesse dire quando Brynjolf mi fece cenno di seguirlo.
-Andiamo ragazza, il vecchio non si è scelto un posto facile da trovare.
 
I sotterranei del Ratway erano ancora più bui e puzzolenti del resto della fogna.
-Come accidenti fate a vivere qui?- chiesi a Brynjolf.
-Dopo un po' ci fai l'abitudine.- non sei avevi un naso come il mio.
Stava un paio di passi avanti a me e faceva luce con una torcia accesa poco prima di uscire dal covo della Gilda, guidandomi sicuro in quel labirinto di cunicoli che iniziavano a farmi provare un terribile senso di oppressione. Insieme procedemmo per qualche minuto, poi si fermò.
-Da ora in poi vai avanti tu. Al bivio prendi la destra, troverai una porta. Seguila e prosegui fino all'ultima stanza. Lì troverai Esbern.- sorrise -Buona fortuna, ragazza, te ne servirà un po' se i Thalmor sono ancora in giro...
-Aspetta un attimo.- lo fermai quando fece per allontanarsi, e lui girò il volto a guardarmi -Due cose prima di andartene. Primo, dov'è Baeron. E secondo...- gli tesi la mano -Il Corno che era nella mia borsa.- non mi era infatti sfuggita l'assenza dell'oggetto dalla mia borsa quando l'avevo tastata, ed ero sicura che il colpevole del furto fosse proprio lì, davanti a me.
Si girò di nuovo, compiaciuto.
-Ce ne hai messo di tempo, ad accorgertene.- storsi il naso, irritata, ma non dissi nulla -Comunque il tuo compagno è esattamente dove l'abbiamo lasciato, credo: fuori di qui.- spalancai gli occhi.
-COSA?!- non l'avevano preso loro? -Mi...mi stai prendendo in giro?! Voi mi avete detto che...
-Noi non abbiamo mai detto di averlo preso, sei tu che l'hai creduto...e vederti così preoccupata era divertente.- rimasi lì, come una povera scema, a guardarlo indignata e incredula.
Odiavo i ladri, in maniera profonda e sentita, e dopo quell'esperienza li avrei odiati ancora di più, ne ero sicura.
-E per quanto riguarda il Corno...- lo tirò fuori da dietro il mantello della divisa nera che indossava, porgendomelo con la mano destra, ora libera dalla torcia che, attaccata al muro, con i suoi riflessi lo faceva sembrare quasi biondo -A te.
-Sei proprio un ladro!
-Potrei arrossire d'imbarazzo con tutti questi complimenti, ragazza. Lo rivuoi o no?- sospirai, scuotendo la testa, ed allungai una mano per prenderlo, ma Brynjolf mi giocò un altro dei suoi tiri mancini.
Con l'altra mano mi attirò a sé ed i nostri volti si avvicinarono…no, non cercò di baciarmi. Si limitò ad un altro dei suoi ghigni di volpe che oramai avevo imparato a riconoscere come un suo marchio, godendo del fatto di avermi fregata di nuovo.
-Chi sei tu, ragazza?- mi chiese, negli occhi la luce di chi esamina una gemma, cercando di capire se sia vera o falsa.
-Sono nessuno. Un nessuno che semplicemente ha attirato l’attenzione giusta al momento giusto- Brynjolf scosse il capo, ma sembrava che la cosa lo divertisse.
-Nocturnal non fa mai niente a caso. Sicuramente ha visto qualcosa in te e non ti lascerà andare facilmente.- e a tal proposito, mi divincolai dalla sua stretta con uno strattone, liberandomi.
-Chi ti dice che mi farò prendere?
-Non conta quel che vuoi tu. Conta sempre quello che vogliono loro.- per un attimo, per un brevissimo attimo, le sue labbra presero una piega amara, qualcosa che mi fece per un attimo provare una sorta di empatia con lui, ma in un attimo tutto passò e lui tornò il ladro di sempre -Addio, ragazza. Ci rivedremo.
-Spero di no.- e con questo saluto ci separammo, io diretta verso la superfice, e lui come un ratto tra i vicoli del Ratway.

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Capitolo 28
*** Chapter XXVII- Ancient heritage ***


Chapter XXVII
Ancient heritage
 
Non credeva che avrebbe trovato dei Thalmor, nonostante l'avvertimento dei ladri.
Estrae la spada dal corpo dello stregone, pulendosi il rivolo di sangue con la mano, sputando il resto, nonostante quel sapore rugginoso le piaccia.
Oramai è il silenzio a fare da padrone lì, nei sotterranei del Ratway.
Si alza in piedi e ripone l'arma nel suo fodero,ignorando le mani un po' appiccicose a causa del sangue, poi sorpassa il corpo ed arriva all'ultima stanza dove, secondo le indicazioni di Brynjolf, dovrebbe trovarsi Esbern.
L'ultima porta è diversa dalle altre, marce e, a volte, scardinate: è robusta, alta, con diverse serrature in ferro ed anche uno sportellino per vedere all'esterno. È ovvio che, a differenza del resto dei poveracci che vivono in quell'inferno, l'uomo che abita in quel buco si sia chiuso lì volontariamente.
Così, anche se un po' titubante dal momento che non sa cosa aspettarsi, si avvicina alla porta e bussa.
-Sparisci!- lo sportellino si apre così rapidamente da farla sobbalzare appena ed indietreggiare per la sorpresa, ma è rapida a riprendersi, non ha fatto tutta questa strada per niente, dopotutto.
-Esbern, apri la porta.- dice, utilizzando un tono calmo ma deciso -Non sono un nemico.
Gli occhi, unica parte del corpo del vecchio visibile, si accigliano tradendo inquietudine, ma quando parla il tono non è spaventato.
-Cosa? Non sono io! Non conosco nessun Esbern...
-Va tutto bene, avanti.- insiste, facendo un passo verso la porta, ma quello la ferma.
-Non ti avvicinare!- allora si ferma, inspirando per cercare di contenere il fastidio di tutta quella scenata.
Insomma, ha anche ammazzato altri tre Thalmor per arrivare a lui!
-Mi manda Delphine.- tenta di nuovo, sperando che il nome della Blade possa aiutarla.
-Delphine?- per un attimo pare che l'uomo si stia convincendo, un lampo di sollievo nell'udire il nome della bretone passa nei suoi occhi, ma altrettanto rapidamente sparisce per tornare alla diffidenza, ed ora anche alla rabbia.
-Dunque l'avete trovata, alla fine...e da lei siete risaliti a me, lasciandomi come un topo in trappola.
-No, non è così. Sono dalla tua parte, sono...
-So benissimo chi sei e sappi che se vuoi portarmi via dovrai farlo da morto!- vecchio testardo e pazzo!
Inspira e solleva di nuovo lo sguardo, fulminando gli occhi grigi dell'uomo.
-Esbern, non ho torto un capello a Delphine...- assicura -Anzi, mi ha lasciato un messaggio pe te “ricordati il 30 della Gelata”.- non ha idea di cosa significhi, ma quelle parole che la Blade le ha lasciato per il vecchio sembrano coglierlo di sorpresa.
Ed infine tranquillizzarlo.
-Quelle parole...- lo sente sospirare appena, indeciso, combattuto, ma alla fine... -Entra, svelta. Alcuni Thalmor sono stati visti girare nel Ratway.
-Ed ora ce ne sono ancora meno.- lo rassicura, e dopo averle gettato uno sguardo rapido, l'uomo chiude lo sportellino -Ma cosa...?
-Ci vorrà solo un attimo.- la informa la sua voce da dietro la porta, e subito un rumore di serrature, lucchetti, catene copre il resto delle parole dell'uomo, che finalmente le apre la porta -Presto!
Ubbidisce e non appena entra Esbern chiude la porta alle sue spalle: attaccate al legno, innumerevoli catene e lucchetti che le fanno alzare un sopracciglio.
-Hai davvero fatto un lavoro del genere?
-Risparmia i commenti, se davvero Delphine ti ha parlato di noi allora sai da cosa siamo costretti a nasconderci.- lei annuisce con un cenno del capo, osservando l'uomo che ha davanti.
È oramai vecchio, le rughe sul viso, i capelli radi e grigi e la barba corta ma incolta lo rendono, all'apparenza, innocuo. Gli osserva le mani prive di cicatrici, mani da intellettuale e studioso, la corporatura magra, insolita in un Nord e l'uomo continua -Ma dimmi una cosa: perché ha mandato proprio te?- ci pensa un attimo, indecisa se dire la verità o meno, ma alla fine perché no?
Se davvero Esbern è l'unico in grado di far luce su questo mistero, è meglio instaurare un rapporto di fiducia con lui, per quanto le risulti difficile.
-Stando a quello che mi ha detto Delphine mi avete cercato per anni.- fa una pausa -Sono la figlia di Iansen...e il Sangue di Drago.- l'uomo spalanca gli occhi, incredulo.
Improvvisamente i suoi occhi si fanno quasi lucidi. Le mette le mani sulle spalle, una reazione così inaspettata che non riesce a scansarsi, non le passa nemmeno per la testa.
Il viso di Esbern adesso sembra quello di un'altra persona, così speranzoso e luminoso...niente a che vedere con il vecchio impaurito di prima.
-Se...se sei davvero tu allora c'è una speranza! C'è, eccome!- e ride anche, una risata che sa di sollievo, e non di allegria -E io che credevo fosse tutto finito, credevo che il nostro destino fosse oramai segnato!- e ride ancora, senza mai lasciarla, quasi aggrappandosi a lei, tanto che alla fine la ragazza cerca in qualche modo di allontanarlo, turbata da una reazione così accorata.
-Il ritorno dei draghi è così preoccupante, allora?- chiede, ora allontanandosi dal Nord, che storce la bocca.
-Draghi? Puah!- scuote la testa, poi si allontana e inizia a cercare qualcosa sopra la sudicia scrivania stracolma di libri e pergamene ammuffite -Quelli si possono uccidere. Le Balde ne hanno uccisi a centinaia quando ancora erano degli Ammazzadraghi. I draghi sono solo l'ultimo segno della Fine dei Tempi.- d'accordo, ora tutto ciò inizia ad avere dell'assurdo.
-Fine dei Tempi? Capisco che stare chiusi qui dentro non sia stato piacevole, ma non credo che le cose vadano così male...
-Apri bene gli occhi, Sangue di Drago.- l'uomo non la guarda, mentre continua a cercare e cercare -Le antiche Profezie elencano chiaramente i segni che precedono la fine dei tempi, ed io li ho visti avverarsi uno per uno.- finalmente trova quello che cerca, un libro, un vecchissimo libro con un drago sulla copertina, e glielo porge.
Sembra assurdo, ma le ricorda chiaramente il drago nero che ha attaccato Helgen.
-Alduin è tornato, come diceva la profezia.
 
-Le antiche Profezie parlano chiaro. Solo il Sangue di Drago può fermare Alduin.- ancora non riuscivo a crederci.
E così era quello il mio destino? Scontrarmi con un drago leggendario tornato chissà come ed in grado di divorare il mondo?
-Sono stufa di dire che tutto ciò ha un che di assurdo, ma non posso fare a meno di pensarlo. Potrò anche essere il Sangue di Drago, ma non conosco che un minimo dei miei poteri. E sono pur sempre un semplice umano.- feci notare alle due Blade.
Oramai avevo imparato a riconoscere la stanzetta di Delphine a memoria. Lì, io, la Bretone ed Esbern ci stavamo accordando su come agire.
Baeron non era lì con noi: nonostante le rassicurazioni che io e persino Delphine avevamo dato a Esbern, il Nord non ne aveva voluto sapere di coinvolgere qualcun altro oltre me e la sua ex compagna d'armi.
Il mago l'aveva presa bene, anche perché era ancora stordito e risentito dopo la lotta con la Gilda dei ladri: l'avevo trovato vicino all'uscita delle fogne, quasi abbracciato ad un vagabondo che puzzava di Skooma. Non era stato certo un piacevole risveglio per lui, ma per me era stato sicuramente divertente.
Avevo continuato a prenderlo in giro per la maggior parte del viaggio, anche se il clima, con Esbern al nostro fianco, era rimasto per la maggior parte serio e teso dal momento che l'anziana Blade non ne voleva sapere di fidarsi di Baeron e non c'era stato verso di smuoverlo.
-È vero, ma sei anche la nostra unica speranza.- continuò Esbern -Hai dimostrato di poter essere all'altezza del compito uccidendo quel drago nei pressi di Witherun e...
-Eravamo in trenta a combatterlo.
-Ma sei stata tu ad abbatterlo ed assorbire i suoi poteri.
-Sì, ma lui non era Alduin. E da quello che ho visto e sentito dire, questo è molto più potente.
-Altroché.- Esbern prese un libro ed iniziò a sfogliarlo -Alduin è chiamato anche Divoratore di Mondi per un motivo, ma le profezie non mentono, con i giusti mezzi ce la farai, ne sono sicuro.
-Sì, ma questi mezzi non li ha.- intervenne Delphine, intenta a lucidare la lama della sua spada.
-Sono qui per questo, Delphine.- replicò Esbern, poi sorrise -Trovato!- fece cenno ad entrambe di avvicinarci e, seppur riluttante, abbandonai il muro a cui mi ero appoggiata per posare gli occhi sul libro del Nord dove una figura occupata due pagine.
Era una mappa.
-Che cos'è?- chiese la Bretone.
-Il Tempio del Rifugio Celeste.- mormorò il vecchio, carezzando le pagine del volume -Costruito intorno ad uno accampamento Akaviri del Reach, durante la conquista di Skyrim.
-Di cosa...?- cominciai, ma lui mi zittì con un cenno della mano, proprio come si fa con una bambina impudente.
-Lì fu Eretto il Muro di Alduin, per incidere sulla pietra tutte le conoscenze sui draghi affinché si tramandassero nei secoli.
-Cosa che non è avvenuta.- osservò Delphine.
-Infatti. La sua posizione andò persa in pochi secoli, ed ho faticato davvero tanto per rimediare questo libro e ritrovarla. Ma questo è un grande passo...
-Esbern...- lo chiamò Delphine, ma quello continuò.
-Se riuscissimo ad arrivarvi...
-Esbern...
-Lì sicuramente troveremmo il modo di uscire da questa situazione. E ora che il Sangue di Drago è con noi potremo farcela!
-ESBERN!- stavolta il tono della bretone ebbe il potere di attirare l'attenzione dell'uomo -Metti da parte i tuoi ragionamenti e spiegati meglio: cos'è questo Muro di Alduin, e cosa centra con il fermare i draghi?- lui spalancò gli occhi.
-Volete dire che non ne sapete nulla?- entrambe scuotemmo la testa -Nemmeno tu?
-Ho scoperto di essere il Sangue di Drago solo da un paio di mesi, cosa pretendi?
-Per i Nove, come...ah, lasciamo perdere!- esclamò quando vide l'occhiataccia della donna, poi riprese -Il Muro di Alduin è dove le antiche Blade hanno trascritto tutto ciò che sapevano su di lui e il suo ritorno. Una parte è storia, un'altra profezia.
-Quindi potremmo capire come sconfiggerlo...- mormorò Delphine, ma io non ero convinta.
-Aspettate, non possiamo basarci su una profezia. Insomma, sappiamo tutti che non dicono mai niente di certo, potremmo esserci sbagliati. E se quel drago nero non fosse Alduin, ma un altro? Potrei provare a sconfiggerlo e...
-Iris.- mi interruppe Delphine -Capisco la tua diffidenza, ma non possiamo rischiare. Lo capisci che c'è in gioco qualcosa di più grande e che sei l'unica che può evitare la catastrofe?- sentire quelle parole mi spaventò.
-Sei il Sangue di Drago.- mi ricordò Esbern -Credevi forse che il tuo posto fosse con i Barbagrigia a terminare la tua esistenza, lontana dal mondo?
-Semplicemente non avevo idea di dovermi gettare in un'impresa del genere. Temevo qualcosa di grosso ma...non questo.- sentii una mano sulla spalla, ma non dovetti alzare lo sguardo per riconoscere l'odore di Esbern.
-Sei nata per questo. Sei stata scelta tu in tutto il mondo, i Nove ti hanno dato una missione. Significa che puoi farcela. E poi sei figlia di tuo padre, e il sangue non mente.- ancora quei riferimenti a mio padre, questo continuo evidenziare il legame che lo aveva unito alle Blade.
-Quindi andrò lì?
-Andremo lì.- mi corresse Delphine, che nel frattempo era rimasta in silenzio -Io ed Esbern verremo con te. Tu avrai bisogno del Muro per sconfiggere Alduin, ma noi lo useremo per recuperare la nostra storia.- annuii.
-Quando si parte?
-Due giorni. Il tempo di permettere ad Esbern di recuperare le forze e poi andremo.
 
-Questo viaggiare per tutta Tamriel mi sta uccidendo.- ammisi una volta fuori, sulla sponda del fiume, nella foresta vicino Riverwood.
Lanciai il sasso che tenevo in mano, che con un tonfo finì nel fiume.
-Beh, almeno stavolta abbiamo un giorno in più per riprendere le forze.- disse Baeron, leggendo un libro, steso sull'erba -È una faticaccia seguire il Dovahkiin.- bloccai il movimento del braccio a quella parola, guardandolo -Cosa c'è?
-Nessuno al di fuori dei Barbagrigia mi ha chiamata Dovahkiin...mi fa uno strano effetto.- ammisi, poi scossi la testa, un mezzo sorriso sul volto -Questa storia mi sta dando alla testa. Non credo ci farò mai l'abitudine.
-Eppure te la sei cavata bene con quei ladri, e all'Ambasciata.
-Contro Alduin sarà diverso. Lui è un drago, il più potente di tutti.
-E tu sei quella che lo sconfiggerà.- si alzò in piedi e chiuse il libro con uno scatto -Sei una leggenda, sei il sogno che per secoli ha allietato i canti e le leggende dei Nord. Devi esserne consapevole. E non sei una semplice umana, ricordatelo.
-Non sono più umana da tre anni, oramai. E forse non lo sono mai stata.- rigirai un paio di volte il sasso in mano, poi lo lanciai.
Un piccolo “pluf” e la pietra scese a fondo, sparendo nel fiume.
-Beh, non è poi così grave: gli Elfi, gli Argoniani e i Khajiit non sono proprio umani, eppure...
-Non è la stessa cosa, non guardarmi con quel sorrisetto.
-Allora smettila di ridere anche tu.- gli battei un pugno sulla spalla, non troppo forte.
-Fossi bravo con la spada come nelle parole non avresti bisogno di quei trucchetti da due soldi per cavartela.
-Stai forse mettendo in dubbio la mia abilità?
-Io non metto in dubbio niente. Senza quella magia ad Ustengrav avresti avuto la peggio.
-Questa è una sfida al mio orgoglio Nord, e nemmeno il Sangue di Drago può restare impunito.- si slacciò il mantello ed estrasse la spada dal fodero -Niente magia, niente Thu'um, niente lupo, Iris: solo spade.- una sfida?
Perché no?
Presi anche io la spada e mi misi in guardia.
-Attento, non vorrei vederti piangere per la sconfitta.- lo provocai.
-Sto aspettando.- attaccai.
Un colpo semplice e soprattutto rapido, seguito da un mio indietreggiare. Una stoccata per punzecchiarlo e mettere alla prova i suoi riflessi. Lui parò e cercò di contrattaccare, ma trovò solo il vuoto, dal momento in cui ero indietreggiata.
Poi attaccò lui, incalzandomi con un assalto, un colpo che fui costretta a parare con entrambe le mani ed indietreggiando ancora. Vedendomi in difficoltà Baeron fece un ulteriore passo avanti cercando di farmi cadere, ma io fui veloce a spostarmi per ottenere la visuale del suo fianco destro scoperto ed attaccare di nuovo.
Per parare Baeron barcollò appena.
-Sei veloce.- ammise, allontanandosi per riprendere terreno, ma non glielo permisi.
-Ho avuto un buon maestro.- replicai, senza osare pensare che era stato Vilkas ad avermi insegnato tutto sul combattimento con la spada.
 
-Stammi bene a sentire.- esordisce l'uomo, squadrandola con aria fredda dall'alto dei suoi trenta centimetri in più -Io non piaccio a te e tu non piaci a me, perciò prima imparerai, meno avremo a che fare l'un l'altra. Chiaro?
-Cristallino.
-Bene.- le lancia il bastone, che lei afferra goffamente e con un colpo di fortuna, poi lo guarda stralunata.
-Un bastone?
-Non penserai mica di iniziare con una spada vera? Non riesci nemmeno a sollevarne una. Fai almeno un paio di allenamenti prima di morire.- spalanca appena la bocca, indignata.
-Sei un illuso, ho la pelle dura, io.
-Allora fatti avanti. Parla di meno, agisci di più!- afferra il bastone con entrambe le mani, una posizione scomoda e scorretta, ma non vi bada.
Si lancia all'attacco, ma Vilkas si limita a schivare spostandosi di lato, quasi un giochetto per lui. Con quel movimento arriva fuori dalla sua portata e...
-NGH!- una botta fortissima le arriva sulla schiena e cade a terra.
Non è abituata al dolore ed è bastato quel colpo a farle vedere le stelle, a farle pulsare le ferite ancora fresche della punizione di qualche giorno prima.
-Morta.- a fatica tira su il busto, guardando Vilkas furiosa -Con una vera spada non potresti guardarmi in questo modo, novellina.
-Non chiamarmi così!- trova rapidamente il bastone e lo riprende, rialzandosi ancora dolorante, ma non meno determinata di prima -Sono...pronta.- quanto non sopporta essere guardata in quel modo, con quell'arroganza!
Gli farà vedere di cosa è capace, poco ma sicuro!
-Allora sistema la tua postura. Avvicina il bastone al corpo e piega appena la ginocchia.
-Cosa? Ma così...
-ADESSO!
 
Quasi persi la spada al colpo di Baeron, distratta dai miei stessi ricordi.
-Accidenti...- indietreggiai e dovetti spostarmi di nuovo per evitare di perdere l'arma.
-Non distrarti, non sono così debole.- gli sorrisi a mo' di scusa, e continuammo a combattere.
-Cosa pensi di fare dopo?- parai e contrattaccai.
-Dopo?
-Dopo Alduin, intendo.- parò il mio attacco ed indietreggiammo entrambi, prendendo un attimo fiato.
-Non so nemmeno se ci sarà un dopo.- gli feci notare, prima di scattare in avanti, puntando la spada all'altezza del suo fianco destro, ma all'ultimo abbassai la traiettoria, costringendo l'uomo a piegarsi appena e barcollare a causa della posizione scomoda, ma fu rapido a volgere a suo vantaggio il momento con uno sgambetto che mi fece cadere.
-Ma se ci fosse?- rotolai rapidamente via e mi rialzai, deviando la lama che Baeron intendeva puntarmi alla gola, probabilmente.
-Non ci ho pensato.- ammisi -Non riesco a pensare a niente che non sia Alduin e questa storia. Ultimamente gli eventi si sono fatti così caotici...ma non credo che rimarrò a Skyrim.- le nostre spade si incrociarono di nuovo, feci appena un po' di forza per illuderlo che cercassi di competere e non appena lo sentii mettere più pressione indietreggiai appena, ma lui non si fece sbilanciare, doveva aver capito il mio trucco.
-Dove pensi di andare?
-Ovunque. Qui non c'è posto per me.
-Potresti prendere in considerazione nuove alternative.
-Tipo?- con un mezzo giro gli arrivai alle spalle e lui si girò, così cercai di indietreggiare.
Una radice sporgente mi fece perdere l'equilibrio, spingendomi indietro, ma prima che cadessi terra il braccio di Baeron mi circondò i fianchi, impedendomi di cadere ed attirandomi sul suo petto.
Ora la sua spada mi puntava la gola, sfiorandomi la pelle con l'acciaio, ma non ero preoccupata, perché sapevo che non mi avrebbe ferita. Ero del tutto concentrata sui suoi occhi, quegli occhi che privi di inibizione, mi stavano spogliando e non combattendo. Abbassò la spada fino a lasciarla cadere sull'erba con un piccolo tonfo, e poco dopo anche la mia la seguì.
-Tipo me.- sussurrò lui.
Chinò il suo volto sul mio lentamente, quasi avesse paura di spaventarmi, e alla fine le sue labbra si posarono sulle mie. Trattenni il respiro.
Un brivido mi percorse la schiena. D'un tratto, tra le sue braccia, mi sentii del tutto vulnerabile e malleabile, e lui lo capì: delicatamente ma con fare deciso mi invitò a schiudere le labbra ed io lo assecondai, ritrovandomi a ricambiarlo, a desiderare quel contatto con foga e quasi senza accorgermene gli passai le mani tra i capelli, trattenendolo, invitandolo a continuare quel bacio.
Mi ritrovai stesa sull'erba. Il calore del corpo di Baeron, il suo respiro, tutto mi stava dando alla testa. Le sue mani, che sfacciatamente mi accarezzavano le gambe, salendo sempre più su, mi facevano sospirare come in preda alla febbre.
 
Non è mai stata così emozionata, così insicura, eppure è questo il momento più bello della sua vita. È quando, vincendo la paura del dolore e l'imbarazzo lo accoglie in sé, quando i loro corpi si uniscono del tutto.
Fa male, eppure è bello.
Non si è mai sentita così completa, non ha mai provato un tale senso si appartenenza a qualcuno. Perché lui è il primo, lui è l'unico. Lui è Vilkas.
E lei è sua.
 
Rivivere quel momento fu come una doccia gelida e realizzare che l'uomo che mi stava toccando e baciando non era Vilkas mi fece male.
-Fermati...- gli dissi, in maniera così lieve che Baeron non mi sentì, o forse volle far finta di non sentire, ma non poté ignorare quando con la mia mano fermai la sua, che stava risalendo la coscia -Fermati.- ripetei, con voce più alta, ma non meno insicura, non meno a disagio, disagio che il Nord colse e si fermò.
-Che ti prende?- mi chiese.
Si allontanò per permettermi di alzarsi e lo feci rapidamente, allontanandomi da lui per raccogliere la spada, il tutto senza guardarlo in faccia.
-Iris?
-Lasciami stare...scusami, ma non voglio.- mormorai.
Non mi ero mai sentita in quel modo.
Avevo avuto altri uomini da quando avevo lasciato Skyrim, e anche se avevo sempre pensato a lui, a Vilkas, questo non mi aveva impedito di avere rapporti con altri, mai. Eppure la situazione era diversa: ero di nuovo lì, a casa, lui era vicino e al tempo stesso lontano da me, ma io non ero disposta a lasciarlo andare, almeno non quello che provavo ancora per lui e Baeron rischiava davvero di mettere in crisi tutto questo.
In poco tempo era riuscito ad avvicinarsi, a guadagnarsi un posto nel mio cuore. Non lo amavo, non provavo per lui niente di quel che provavo per Vilkas, ma lo stimavo e sentivo che potevo anche fidarmi di lui...e poi era un uomo attraente, e sapeva come trattare il mio caratteraccio.
-Sei vergine?- la schiettezza di quella domanda non poté non causarmi fastidio, ma non c'era scherno, ironia o niente di simile nel tono di Baeron, e quando mi voltai a guardarlo il suo viso era altrettanto serio.
A vederlo con i capelli scompigliati ripensai alle effusioni che io stessa avevo interrotto e sentii una colpevole fitta di desiderio che repressi a fatica.
-No.- risposi seccamente -Solo...non mi piaci, va bene?- feci una pausa, scansandomi con un gesto frustrato i capelli dalla fronte -Non credo sia il caso e...
-Iris...- mi interruppi quando lui pronunciò il mio nome, intrappolata in un discorso senza capo né coda, ed abbassai lo sguardo finché lui non mi sollevò il mento con una mano -Se non vuoi mi sta bene, non ti costringerò a fare qualcosa contro la tua volontà.- fece una pausa -Ma non trattarmi come un ragazzino confuso, perché non lo sono. Non venirmi a dire che non ti piaccio, o che non c'è niente tra di noi sapendo di mentire.- mi allontanai dalla sua presa e lui non me lo impedì.
-È solo attrazione fisica, va bene?- gli dissi allora -Non...- mi passai una mano sul viso.
-Se è davvero solo questo cosa ti fa paura?
-Io non ho paura!- la rabbia con cui pronunciai quelle parole fu sufficiente a smentirmi, ma Baeron non replicò niente.
Si limitò a raccogliere la spada da terra e riporla nel fodero.
-Fai come credi.- mi disse -Ma almeno abbi il coraggio di ammetterlo, non c'è niente di male in...
-Non ho bisogno che tu mi faccia la predica, va bene? Lasciami in pace!- detto questo mi allontanai.
-Iris, aspetta!- lo ignorai, correndo più veloce che potei verso il bosco, allontanandomi senza guardarmi dietro.
Mi fermai solo quando non ebbi più fiato.
Appoggiai la schiena ad un albero e mi lasciai cadere lungo esso, lentamente, fino a sedermi a terra con le ginocchia al petto: non era cambiato nulla.
Avevo deciso di non scappare più, credevo che accettare definitivamente la mia missione mi avesse cambiata, mi avesse resa più coraggiosa, più disposta a rischiare, ma la verità era che la vecchia Iris, quella che aveva paura di soffrire, di scottarsi ancora una volta, era ancora lì, sotto la mia corazza, spaventata e debole.
Avrei voluto essere più forte, dimenticare Vilkas e guardare avanti, ma non ci riuscivo, non riuscivo a dimenticare cosa c'era stato tra noi, soprattutto quella notte che avevo rievocato solo pochi minuti prima, quando avevamo fatto l'amore per la prima volta...
Tirai su con il naso, rapidamente, ed inspirai con la bocca per cercare di placare il nodo alla gola che non ne voleva sapere di sciogliersi...
Ero piena di rabbia nei miei confronti, e la Bestia ringhiò appena.
Perché non lasciarla andare, per una volta?
Avevo bisogno di distrarmi, di correre solo per cacciare, non per fuggire come sempre. Per una volta sarei stata io ad usare la Bestia e non il contrario.
Mi spogliai e lasciai le mie cose vicino all'albero. Non sarei andata lontano, i miei sensi mi avevano già permesso di percepire qualche cervo e volpe, per quella notte me li sarei fatti bastare. Chiusi gli occhi e lasciai che il lupo prendesse il sopravvento, rinchiudendo le mie preoccupazioni umane nel profondo della mia mente.
Ma sarebbero, tornate, lo sapevo. Alla fine tornavano sempre, tanto che nemmeno io, lupo mannaro e Sangue di Drago, potevo sfuggirgli.
 
Il Tempio del Rifugio Celeste era stato abbandonato alla natura da secoli.
L'entrata, raggiungibile solo dopo aver percorso una caverna scura e stretta, era “protetta” da un leggero strato di ragnatele che spostai appena con un gesto schifato, ricordando i grandi ragni incontrati alla Tomba di Ysgramor, ma per fortuna nessuno di quei cosi ostacolò il nostro cammino, e potemmo ammirare le rovine di quello che,una volta, doveva essere una costruzione straordinaria: colonne altissime in pietra erano ricoperte di edera ed altre piante rampicanti che lo avvolgevano creando un bellissimo disegno che tuttavia sapeva di vecchio e desolato, così come le scale rese appena scivolose dall'umidità della zona.
Ogni tanto qualche goccia cadeva a terra da un'altezza più o meno alta, creando una melodia che al mio orecchio non sfuggì, ma non seppi dire cosa mi trasmettesse, se solennità oppure angoscia.
Nel complesso, però, rimaneva uno spettacolo bellissimo.
-Accidenti...- Baeron ed Esbern alzarono le braccia in modo che il globo luminoso che galleggiava poco sopra le loro mani potesse illuminare meglio l'ingresso del tempio, permettendo alla luce di creare contrasti più o meno forti -È immenso.- ammise il mio compagno di viaggio, ed Esbern sorrise, incantato e soddisfatto.
-E questo non è che l'ingresso, presto vedrai il vero tesoro di questo tempio.- replicò l'anziana Blade, facendo strada con Delphine.
In quei giorni di viaggio sembrava aver attutito la sua antipatia nei confronti di Baeron, ma ogni tanto gli gettava un'occhiata sospettosa e non abbassava mai la guardia...inoltre credo avesse notato la tensione che si era creata fra di noi dopo quel bacio che ci eravamo scambiati a Riverwood.
Non avevamo più affrontato l'argomento, non con Delphine ed Esbern costantemente a portata d'orecchio, ma era ovvio che la storia non fosse affatto chiusa, ma solo rimandata. Baeron non cercò più di avere approcci con me, ma ogni suo gesto tradiva il fatto che non era disposto a lasciar perdere ed una certa urgenza che, a volte, coinvolgeva persino me. Perciò era un bene che non avessimo viaggiato soli, ma mi chiesi quanto quella situazione avrebbe retto prima di crollare.
-Procediamo con cautela.- intervenne Delphine, sollevando la torcia, mentre lo sguardo si spostava da una parte all'altra -Potrebbe essere pieno di trappole.
-Ottima notizia...- mormorai, riprendendo a camminare, nella mano destra una spada, nella sinistra una torcia accesa poco prima.
Nonostante tutti e quattro avessimo a disposizione una fonte di luce, il luogo continuava ad essere particolarmente buio.
-Dove andiamo?- chiesi.
-Le scale.- Esbern mi indicò con un cenno del capo di guardare in alto e lo feci -La struttura sale verso l'alto, vedi quei corridoi in pietra? Devono sicuramente portare da qualche parte.
-L'esperto di draghi sei tu, facciamo come dici.- concessi, e la teoria del vecchio si rivelò adatta, peccato che dopo la prima rampa di scale trovammo un ostacolo: il ponte che avrebbe dovuto permetterci di passare all'altra rampa era sollevato e rendeva impossibile proseguire.
-Grandioso!- esclamai.
-Non scaldarti troppo.- mi disse Baeron, poi si chinò accanto a tre piccoli pilastri che non avevo notato.
Li sfiorò con la mano, li studiò e si alzò in piedi.
-Dobbiamo farli ruotare.
-Come?
-Ha ragione.- disse Esbern, poi indicò i tre simboli incisi sopra di essi -Il simbolo del destino- indicò un uomo incappucciato rozzamente inciso nella pietra -...della conoscenza, rappresentato da un occhio e...- toccò l'ultimo simbolo e mi guardò -Il simbolo del Sangue di Drago.- concluse, allontanando la mano dallo stilizzato teschio di drago che decorava il pilastro.
-E qual'è il simbolo giusto?- chiese Delphine, osservando il ponte sollevato.
-Cerchiamo di ragionare come i nostri antenati, cara.- le fece notare Esbern -Chi era il punto di riferimento, qual'era il loro dovere più grande?
-Proteggere il Sangue di Drago...ma certo.- ragionò Delphine, poi si avvicinò ad uno dei pilastri -Aiutatemi a spostarlo verso il teschio, sono sicura che quella è la combinazione giusta.
-E se non lo fosse?- chiese Baeron, ma la Bretone gli gettò un'occhiataccia -Come non detto, ti do una mano.- i pilastri vennero spostati ed il meccanismo scattò, facendomi trattenere il fiato.
Il ponte si abbassò.
-Ottimo, la deduzione era corretta.- Esbern diede una pacca alla vecchia pietra come fosse un suo amico di sempre -Teniamo in considerazione questo simbolo, sento che ci servirà parecchio...- quell'uomo forse non era un guerriero, ma fu solo grazie a lui che superammo le numerose trappole che il Tempio frappose tra noi ed il suo segreto, trappole mortali, insidiose, ma alla fine, eccezion fatta per qualche ferita, ce la cavammo tutti.
-Quanto mancherà per arrivare?- sussurrai tastandomi la ferita al braccio, con un leggero fiatone a causa della corsa a cui l'ultima trappola, un corridoio così burlone da restringersi a metà strada, ci aveva costretti.
-S-secondo la....mappa...- Esbern era il più affaticato di tutti, con le mani appoggiate alle ginocchia e con la schiena piegata mentre Delphine gli batteva qualche pacca sulle spalle -L-la prossima stanza...è...l'ul...ultima. Per i Nove, saranno...p-p passati minimo trent'anni...dall'ultima volta che...ho corso così!
-Coraggio vecchio mio, oramai è fatta.- lo incoraggiò Delphine, permettendogli di appoggiarsi al suo braccio -Siamo quasi arrivati.
In quanto a me frugai nella mia bisaccia e ne estrassi una pozione di cura per rimarginare la ferita. Non era molto profonda e con metà boccetta me la cavai, e quando la riposi mi trovai Baeron davanti.
-Avrei potuto curarti io.
-Non serve, ero attrezzata. Non ho bisogno che tu mi faccia da balia.- dissi con tono brusco e distante, ma senza guardarlo in faccia, e rapidamente mi allontanai da lui per rivolgermi a Delphine ed Esbern -Possiamo procedere?
-Sì.- Esbern si allontanò da Delphine, respirando più normalmente, poi indicò il corridoio che scendeva un po' in pendenza rispetto a dove ci trovavamo -Per di là, siamo oramai arrivati.- procedemmo con cautela, stanchi del viaggio e guardinghi a causa delle continue trappole, ma l'ultima stanza si mostrò a noi senza altri inconvenienti.
Era una stanza vecchia, enorme e spoglia. Persino le pareti erano spoglie di ogni ornamento o incisione a differenza del resto delle rovine da noi attraversate, gli unici ornamenti lì presenti erano una specie di piattaforma circolare incisa sul pavimento, al centro della stanza, ed un volto scavato nella pietra grande abbastanza per permettere ad una persona alta due volte Baeron di passarci senza problemi. Aveva gli occhi chiusi ed il viso rivolto appena verso il basso.
La stanza era senza uscite.
-Ed ora?- chiesi.
Feci attecchire la mia torcia con quella di Delphine, rimasta miracolosamente accesa, poi iniziai ad esaminare la stanza, tastando le pareti dove mi sembravano più o meno mosse, cercando tracce di passaggi segreti, ma niente da fare.
Eppure sentivo chiaramente una corrente d'aria fischiare, quindi la stanza doveva essere collegata a qualcos'altro, non era l'arrivo, era un passaggio.
Ma per dove?
-Umh, ma guarda un po'...- la voce di Esbern mi costrinse a voltarmi verso di lui, chino verso la piattaforma rotonda vista poco prima -Deve essere vecchissimo...
-Non toccarlo troppo, non sappiamo cosa potrebbe succedere.
-Non temere, Sangue di Drago, quest'oggetto è del tutto innocuo. Si tratta di un sigillo di Sangue che si attiva solo con una determinata persona.
-E immagino che quella persona sia io.- lo anticipai, e chissà perché non ero nemmeno sorpresa -Mi sento così importante...- aggiunsi con sarcasmo, avvicinandomi alla piattaforma.
-Sei sicura di volerlo fare?- mi chiese Baeron, ma io non gli risposi nemmeno, chinandomi vicino la piattaforma, accanto ad Esbern, che mi passò un pugnale.
-Basterà un piccolo taglio.- mi disse.
-Detto fatto.- replicai, poi con un movimento deciso mi feci un taglio diagonale sulla mano sinistra, gemendo appena quando la ferita si aprì e subito il sangue iniziò a rendere la mano appiccicosa.
Successivamente allontanai la mano dal pugnale per poi spostarla sopra la piattaforma. Strinsi il pugno in modo che qualche goccia di sangue cadesse sulla pietra: una fonte di luce partì dal centro e si espanse per tutto l'aspirale che componeva il disegno del cerchio, finché una vera e propria colonna luminosa non sembrò spezzare in due la stanza.
Mi affrettai ad allontanarmi mentre le pareti iniziavano a tremare, ma non per accogliere un pericolo: il grande volto scavato nella pietra iniziò a sollevarsi lentamente, perdendo polvere e terra accumulata in anni di stasi ed in pochi secondi un corridoio si mostrò a noi, indicandoci la via per proseguire.
-Ottimo, ottimo davvero!- esclamò Esbern, affrettandosi ad andare avanti, poi fece ricomparire il globo luminoso e diede un'occhiata al corridoio scavato rozzamente nella pietra -Beh, a te l'onore di andare per prima, Sangue di Drago.- lo guardai sorpresa e accigliata, pensando subito a qualche trappola, ma l'uomo stava sorridendo e non percepivo alcuna tensione in lui.
Mi stava semplicemente onorando, almeno secondo il suo punto di vista. Così accettai il suo invito, percorrendo il corridoio piccolo e stretto, fino ad una grande porta di pietra dove, ad una grandezza tale da occupare tutta la superficie, c'era il simbolo del Sangue di Drago, lo stesso visto su quei pilastri, nascosto in gran parte dalle stesse piante rampicanti che decoravano il resto della costruzione.
Quella porta non veniva aperta da secoli, e sarei stata io la prima a farlo.
Mi gettai un'occhiata alle spalle e vidi i miei tre compagni pronti ad agire, ma negli occhi di Delphine ed Esbern c'era un'emozione che né io né Baeron eravamo in grado di capire o condividere.
Avvicinai le mani alla superficie di pietra, gelida, e la spinsi. Stranamente non trovai molte difficoltà, mi bastò sforzare appena i muscoli per ottenere l'accesso al Tempio buio, enorme e deserto.
Tesi al massimo il mio udito per captare qualche rumore che potesse insospettirmi, ma a parte il lieve zampettare di insetti e il cadere di qualche goccia niente rompeva quel silenzio che sapeva di antico, di solenne.
A differenza degli altri passaggi e stanze, questa era enorme e soprattutto doveva sbucare fino alla superficie data la presenza di un grande portone e delle finestre che rendevano possibile osservarla senza l'aiuto di torce, così mi persi in ogni dettaglio di quel tempio immenso e vecchio: delle scale portavano ad un piano rialzato dove, al centro, un grande tavolo con fogli e libri vecchi, gran parte rovinati, giacevano ancora come erano stati abbandonati dai loro padroni. Colonne altissime e scure tenevano in piedi l'intera struttura, e diverse scalinate dovevano portare ad altre stanze e corridoi immersi nel buio.
-Finalmente, eccolo...- sussurrò Esbern, entrato subito dopo di me -Il Tempio! È tutto vero, è tutto qui!
-Le origini delle Blade...tutto è partito da questo posto.- sentii dire Delphine, e rapidamente le due Blade si separarono per osservare la zona.
-È splendido.- ammise poi Baeron, mettendosi accanto a me e facendo luce con un globo uguale a quello di Esbern.
-È vero...ed è immenso. Non credevo esistessero posti così qui a Skyrim...
-Ti stupirebbe sapere cosa Skyrim è in grado di nascondere.- replicò l'uomo, poi distolse lo sguardo -Do un'occhiata in giro.- io feci lo stesso.
Le pareti erano tutte decorate: c'erano targhe con incisi i nomi di tutte le Blade fino al momento della caduta in disuso del tempio, pezzi di stoffa sporchi che una volta dovevano essere splendidi arazzi erano stati mangiati da qualche skeever o rovinati dal tempo e l'umidità, ma una parete in particolare attirò la mia attenzione.
Era quella più illuminata dalla luce delle poche finestre presenti, ed era anche quella più grande. Da lontano non mi era possibile capire cosa ci fosse inciso, così mi avvicinai.
-È incredibile come tutto si sia conservato bene...- stava dicendo Esbern, poco più in là.
-Siamo qui per il Muro di Alduin, ricordatelo.- gli fece notare Delphine, mentre io arrivavo ai piedi dell'immensa parete da me notata.
Sembrava una storia, o comunque le figure dovevano essere collegate: sul lato sinistro alcuni draghi scolpiti in maniera perfetta e dettagliata, così come i poveri umani che, spaventati, si davano alla fuga, troneggiati dalla figura di un drago più grande e cattivo.
-Umh, vediamo un po'...- la luce dell'incantesimo di Esbern per un attimo rese l'occhio di granito del drago vivo e dovetti inspirare per placare l'attimo di soggezione scaturita al ricordare il vero Alduin -Sì, è questo...questa parte risale all'inizio del tempo, quando Alduin ed il suo culto del Drago regnavano su Skyrim.
-Un vero regno del terrore, mh?- osservai, proprio quando Baeron ci raggiungeva e forniva più luce per illuminare il muro.
-Esattamente. Infatti qui, nel pannello successivo...- ci spostammo per permettere al mago di indicare un altro pezzo del muro -Gli umani si ribellano, dando inizio a quella che fu conosciuta come Guerra dei Draghi.- mentre ci spostavamo gli uomini spaventati lasciavano spazio a feroci guerrieri in armatura, che osservai quasi rapita pensando che quei volti tutti uguali e senza nome avevano fatto ciò che io avrei dovuto fare da sola o quasi -E poi la Sconfitta di Alduin, che occupa la parte centrale del muro.- socchiusi la bocca.
Il drago era stato scolpito in caduta. Dava le spalle al terreno su cui stava per schiantarsi a terra, la bocca spalancata in un ultimo ruggito di rabbia, mentre ai suoi piedi le figure di tre umani gli urlavano contro qualcosa, probabilmente delle parole del potere a giudicare dai disegni che l'artista aveva aggiunto vicino le loro bocche di pietra.
-Ecco, qui sta cadendo. Le lingue dei Nord, i maestri della Voce, sono contro di lui.- Esbern sfiorò il muro con una mano, iniziando a leggere degli antichi segni - “Cade colui che regnò nel cielo per tutte le ere. Cade e porta con sé la disfatta della sua specie. Cade Alduin, signore del mondo, cade. Finisce l'era dei draghi, inizia l'era degli uomini”.
-Quindi l'hanno sconfitto.- osservai.
-Sì, ma come?- chiese Delphine, poi si rivolse ad Esbern.
Notai che non riusciva a staccare gli occhi dal muro, ma a differenza mia non doveva essere il contenuto ad impressionarla quanto coloro che l'avevano commissionato. I suoi occhi, per quanto conservassero una piega dura e marziale, erano lucidi.
-Siamo qui per questo, dopotutto.
-Pazienza, Delphine, pazienza: gli akaviri erano tutto, fuorché un popolo diretto. Tutto ciò che ci hanno lasciato, lo hanno fatto con simbolismi ed allegorie.
-Ma noi non abbiamo tempo!- esclamai -Sei stato tu il primo a dirlo, ricordi?
-Sì, tuttavia non possiamo bruciare il poco che abbiamo con la fretta.- replicò il vecchio, poi tornò a guardare il Muro -Questi segni...sì, è chiaro: è con questa simbologia che gli akaviri indicano un urlo.
-Un urlo...il Thu'um?
-Ha senso.- mi fece notare Baeron -Dopotutto le cronache dicono chiaramente che gli umani riuscirono a sconfiggere i draghi con la loro stessa voce.
-Ma addirittura rivoltarla contro Alduin stesso? E se fosse un'altra allegoria?
-No, ne parlano troppo.- l'uomo si concentrò e il piccolo globo che galleggiava sopra la sua mano iniziò a spostarsi, probabilmente controllato da lui -Lì, laggiù e anche qui, sotto l'ala di Alduin. Non ne avrebbero parlato così tanto se non fosse stato importante. E poi il muro è stato costruito per le future Blade...
-In modo che la conoscenza non andasse perduta. Quindi è così!- dissi, ora entusiasta.
-Frena il tuo ottimismo, Sangue di Drago.- mi fermò Delphine -Questo non è un urlo qualsiasi. Guarda.- avvicinò la torcia, in modo che il drago in caduta fosse più in evidenza -Alduin sta cadendo dal cielo. Non esiste un urlo così, in grado di abbattere un drago mentre vola.
-Solo perché tu non lo conosci non significa che non possa esistere.- le fece notare Baeron, guadagnandosi un'occhiata d'acciaio dalla Bretone -Non guardarmi così. È vero. Voi Blade sarete grandi guerrieri ed eruditi, ma c'è qualcun altro in grado di superarvi in conoscenza sulla voce.- sobbalzai a quelle parole.
-I Barbagrigia...- sussurrai, e vidi Baeron sorridere appena, soddisfatto che ci fossi arrivata.
Delphine ed Esbern si gettarono un'occhiata, poi la donna sospirò.
-Effettivamente i Barbagrigia potrebbero sapere qualcosa a riguardo.- storse la bocca -Speravo di non doverli coinvolgere.
-Ho bisogno di tutto l'aiuto possibile in questa missione, non credo sia il caso di fare la schizzinosa, mh?- feci una pausa -E poi cosa avete contro di loro?
-Punti di vista terribilmente troppo diversi per andare d'accordo.- intervenne Esbern -Sia le Blade che i Barbagrigia si occupano della formazione dei Sangue di Drago, ma secondo il loro arcaico punto di vista il “Dovahkiin”...- per la prima volta sentii quell'appellativo pronunciato con disprezzo -Dovrebbe marcire con loro per osservare la via della Voce, lontano da tutto e tutti. Sono estranei agli eventi. Non mi stupirei se loro fossero già a conoscenza del ritorno di Alduin. E poi usare la lingua dei nostri oppressori. Non va bene, per niente...- stavolta fummo io e Baeron a gettarci un'occhiata, prima che tornassi a guardare Esbern.
-Se avessero saputo qualcosa me l'avrebbero detto. Ho passato con loro quasi tre settimane, a Hrothgar Alto.
-E quante risposte ti hanno dato, nel frattempo?- incalzò l'uomo -Hai mai sentito parlare di Alduin, del suo obiettivo o del tuo ruolo nella ricomparsa dei Draghi? Credi che i Nove ti abbiano scelta per capriccio? Che il tuo titolo serva per esaltare le taverne ed i nobili? No, Iris: tu sei la nostra unica speranza di sopravvivere alla nuova apocalisse di Draghi, sei l'ultima difesa tra noi e le fauci di quel mostro. E se per questo dovrai far tremare i cieli, allora fallo! Hai il potere dei nostri carnefici, rivoltaglielo contro!- più Esbern continuava a parlare, più il tono si faceva sentito e rabbioso -La Voce non è un mezzo per venerare Kynareth, Iris, è il mezzo per uccidere quelli che un tempo furono i nostri oppressori. E secondo la filosofia di quegli eremiti, dovremmo accettare di tornare in schiavitù, nella paura, come un tempo.- si fermò, poi fece spostare il globo di luce -Guarda qui, l'ultimo pannello. Le Blade originali si inginocchiano mentre l'ultimo Sangue di Drago, tu, combatte contro Alduin alla fine dei Tempi. Tu sei questo!- toccò la figura del guerriero solitario contro Alduin, senza mai abbandonare il mio sguardo -Sei l'eredità di un ordine che ha dato tutto per permetterti di compiere il tuo Destino.
Ancora quella parola, destino...
-Parli di destino, ma la verità è che potrebbe essere tutto un caso.- gli dissi, e mi accorsi che la voce mi tremava.
-Caso? Oh, no. La profezia ha parlato chiaro.
-Ancora con questa profezia? Cosa ti fa credere che sia stia riferendo proprio a questa situaz...?
-Quando il malgoverno si insedia negli otto angoli del mondo.- mi interruppe Esbern, cominciando a recitare -Quando la Torre d'ottone cammina e il tempo viene rimodellato. Quando il tre volte benedetto fallisce e la Torre Rossa trema.- lo vidi agitare appena la mano ed il globo affievolirsi, come se stesse perdendo la concentrazione -Quando il Sovrano Sangue di Drago perde il suo trono e la Torre Bianca crolla. Quando la Torre Innevata giace separata, senza re e sanguinante.- il globo si fermò proprio accanto al muso spalancato di Alduin, e per un attimo le sue fiamme mi parvero più vive che mai -Il Divoratore del Mondo si risveglierà e la ruota poggerà sull'ultimo Sangue di Drago.
Mi accorsi di aver trattenuto il fiato per gran parte del suo discorso e che stavo tremando appena, tanto che quando Baeron appoggiò la mano sulla mia schiena, come aveva fatto fuori dall'Ambasciata Thalmor, non mi scansai.
-Calmati Esbern. Sono sicura che Iris saprà come agire.- avevo la gola secca, così mi limitai ad un cenno del capo mentre Delphine metteva una mano sulla spalla al vecchio, che non mi staccava i suoi occhi lucenti di dosso -Bene. Fortunatamente ti avevano già accettata nella loro piccola setta, altrimenti non credo che avremmo avuto molte possibilità...beh, sicuramente meno di adesso.
-Quindi immagino che non verrete a Hrotgar Alto.- lei annuì.
-Non siamo i benvenuti. E poi Esbern non potrebbe affrontare un altro viaggio con quei ritmi. Resteremo qui, nella speranza di trovare qualcosa che ci dica di più.
-L'accompagnerò io, come sempre.- intervenne Baeron, gettandomi un'occhiata che evitai, senza dire nulla -Quanto ci vuole per arrivare a Hrotgar Alto?
-Dieci giorni per arrivare a Ivarstead e almeno due per scalare la montagna. Dobbiamo sbrigarci.- risposi infine, e realizzai che, in una situazione come la nostra, quei giorni potevano essere un'eternità.
Alduin quando sarebbe ricomparso? Avrebbe raso al suolo città come aveva fatto con Helgen? Era già in azione? Quanti draghi aveva già richiamato?
All'improvviso ebbi di nuovo paura e la sensazione di non potercela fare iniziò a pesare su di me come un macigno mentre le parole della profezia recitata dalla vecchia Blade risuonava ancora nella mia testa...avrei affrontato Alduin, prima o poi, ma se volevo almeno sperare di avere una possibilità contro di lui dovevo sbrigarmi e raggiungere Hrotgar Alto e costringere i Barbagrigia a parlare.
Capii che oramai ero del tutto immersa nel vortice di quegli eventi, e che l'unico modo che avevo per sopravvivere era solo uno: lasciarsi trascinare.
 
Note dell'autrice
Bene, e anche stavolta ce l'ho fatta.
Capitolo un po'..piatto? Forse l'inizio è più interessante, ma per il resto è stato abbastanza tranquillo. Il prossimo sarà decisamente movimentato..sotto diversi punti di vista, ma non dico altro,preferisco lasciarvi nel dubbio.
Intanto sono sicura che alcuni vorranno uccidermi per le effusioni che ho fatto scambiare ad Iris e Baeron all'inizio del capitolo...o forse per la mancata consumazione, chissà XD
*fugge all'estero*
Ah, forse toglierò il bacio che Brynjolf ha rubato a Iris nell'ultimo capitolo...boh, mi convince poco xD
Per ora buona lettura, al prossimo capitolo.
Lady Phoenix

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Capitolo 29
*** Chapter XXVIII- Champions ***


Chapter XXVIII
Champions
 
Ci attaccarono di notte, sperando di coglierci impreparati.
Ma cogliere impreparato un lupo mannaro è quasi impossibile, soprattutto quando i suoi sensi sono tesi al massimo. Era il mio turno di guardia quando sentii i primi passi furtivi avvicinarsi, ma non sollevai lo sguardo dal fuoco, né feci niente per far capire di averli sentiti.
Mi limitai a chinarmi su Baeron e scuoterlo appena per una spalla, facendolo svegliare subito, il mio compagno aveva un sonno particolarmente leggero.
-È ora.- dissi solo, guardandolo, e lui annuì appena con un cenno del capo e si alzò, mentre io mi sdraiai con la spada accanto a me, pronta per essere estratta, e tesi ancora l'orecchio.
Erano almeno in sei, ma tre di loro si fermarono prima degli altri.
-Dei maghi...o degli arcieri.- ragionai, poi sollevai tre dita per indicare tre bersagli lontani.
Lui annuì appena ed in quel momento l'aria fischiò.
Scattai accanto a lui e subito una patina azzurrina scaturita dalle mani di Baeron ci protesse dalle frecce e dall'incantesimo di elettricità, che si schiantò conto di essa facendo appena barcollare il mago.
-All'attacco!
-Odio i banditi.- ringhiai prendendo l'arco ed incoccando la freccia, schiena a schiena con Baeron, che nella mano destra stringeva la spada e nella sinistra caricava un incantesimo di fuoco.
-A me invece piacciono, mi permettono di fare riscaldamento.
-Ma sentilo...- scoccai una freccia, colpendo una Bosmer armata di spada, ma fui costretta a schivare l'assalto del compagno, un Imperiale armato di due spade corte che si muoveva con molta agilità.
Indietreggiai più volte per cercare di recuperare terreno, ma il mio avversario sapeva come gestire gli scontri ravvicinati e recuperava sempre.
-Ora mi hai seccato...- pensai, parando l'ennesimo fendente, e quando sollevò il braccio per portarne un altro lo anticipai -FUS!
-Cos...?- non aspettandoselo l'Imperiale cadde all'indietro e mi affrettai a mettergli un piede sopra lo sterno, poi caricai rapidamente la freccia che gli trapassò la testa prima che potesse anche solo gemere.
-Sei morta!- mi girai, la Bosmer che poco prima avevo colpito si era gettata contro di me in un vero e proprio assalto, ma prima che potesse toccarmi una stilettata di ghiaccio le trapassò lo stomaco, e si accasciò a terra.
Poco più in là, Baeron mi lanciò un mezzo sorriso.
-Dovresti fare più attenzione.
-Avevo tutto sotto controllo!- sentii l'aria fischiare e rotolai di lato per evitare che la freccia di una Nord mi colpisse. Quando mi avvicinai notai che emanava uno strano odore.
-Veleno...- capii, poi mi affrettai a prendere un'altra freccia e scoccarla, ma la bandita fu veloce a schivare -Maledet...- un'ombra dietro di me oscurò in parte la visuale, qualcuno stava cercando di arrivarmi alle spalle.
Qualcuno di grosso.
Mi girai appena in tempo per vedere un Orco dagli occhi gialli e lucenti cercare di farmi secca con un colpo del suo martello da guerra, dovetti abbassarmi ed indietreggiare per recuperare terreno e cercare di estrarre l'arma.
-Cosa abbiamo qui?- lo guardai.
Gli orchi non avevano la pelle così chiara, né le zanne superiori così pronunciate. E poi quell'odore...
Sobbalzai.
Quell'orco era un vampiro.
Tirò su con il naso un paio di volte e scoprì i denti in un ghigno.
-Una lupa, eh?- non avevo mai incontrato una creatura simile a me, eppure così diversa, ma quell'odore dolciastro e pesante, che ricordava i fiori morti da tempo, mi mise in allarme e mi fece rabbrividire.
Gli ringhiai contro.
-Un cadavere, eh?- replicai.
-Purtroppo per te no.- menò un colpo con il martello da guerra, ma stavolta giocai a carte scoperte, spostandomi appena di lato ed afferrando l'asta del martello, richiamando la forza della Bestia -Sei forte per essere piccola.- ammise, sforzando i muscoli, mostrando una forza superiore alla mia nonostante stessi attingendo ai poteri del Lupo -Ma io lo sono di più.- spinse con più forza e mi colpì con un calcio che mi tolse il fiato, facendomi cadere all'indietro.
Mi rialzai in preda alla rabbia e con gli occhi che bruciavano.
-Bastardo!- quando gli gridai contro mi accorsi che la mia voce era più cavernosa e le zanne si stavano allungando, sentivo la Bestia premere contro lo sterno, ansiosa di affrontare un'altra creatura che potesse competere con lei.
L'orco rispose al mio ruggito ringhiandomi contro a sua volta, gli occhi che sembravano due tizzoni a contrasto con la notte.
-Fatti avanti, lupo!- mi alzai e gli corsi incontro, la trasformazione era già iniziata quando la sagoma di Baeron si frappose tra me e lui.
-Cosa stai facendo?!- mi accorsi di avergli ringhiato contro, ma l'uomo non si fece impressionare.
Quando mi guardò i suoi occhi mandavano lampi di rabbia.
-Lui è mio.- disse solo, poi si girò verso l'orco e caricò un incantesimo di fuoco tra le mani -So come trattare con quelli come te...- sussurrò, la voce incrinata, ma l'avversario non si fece impressionare, e sorrise sghembo.
-Non vedo l'ora, umano arrogante.
-Baeron che accidenti stai facendo?!- ripetei, ma non udii la sua risposta.
Una freccia mi costrinse ad allontanarmi da Baeron e concentrarmi sugli ultimi due banditi rimasti, un arciere Dunmer e una Bretone maga.
-Che razza di mostro è, quella?- sentii chiedere la bretone, caricando un nuovo incantesimo.
-Detto da una che si fa comandare da un vampiro è divertente.- replicai, mentre le zanne si allungavano ed i muscoli iniziavano a gonfiarsi -Adesso ci divertiamo...- oramai ero del tutto cosciente delle mie trasformazioni, perciò ricordo benissimo quel breve incontro come tra le cacce più esaltanti.
Le mie prede lottarono.
Prima l'arciere che mi colpì al braccio di striscio, una ferita che nella frenesia dell'assalto non sentii nemmeno: quando lo assaltai si dimenò e mi maledisse, ma alla fine riuscii a vincere e nutrire la Bestia.
Con la bretone fu più difficile: i suoi incantesimi mi costrinsero più di una volta a fermare i miei assalti, causandomi ferite lievi e una scottatura degna di nota che le feci pagare con gli interessi.
E alla fine, la mia battaglia finì.
Mi girai per seguire lo scontro di Baeron con il vampiro, ma mi accorsi che era finito e anche molto rapidamente: l'orco era infatti a terra con le ginocchia spezzate ed le braccia congelate tramite un incantesimo, mentre Baeron era in piedi, troneggiante su di lui, tremante.
-Allora? Perché non sfoderi il tuo sorrisetto, eh? Come hai fatto prima.- ero un po' lontana da loro, ma il mio udito mi permise di ascoltare molto bene e di percepire ancora quella rabbia che non gli avevo mai sentito nel tono.
-P-perché...non...n-non mi uccidi?- replicò l'orco.
Nonostante il tono tremasse a causa del dolore non c'era paura, solo rassegnazione.
-Così rapidamente? No, voi scommetto che non fate niente rapidamente.
-Sei...un pazzo.
-Un pazzo? Io? Probabilmente...- la sua mano divenne rossa, poi si chinò sul vampiro e l'appoggiò sul suo petto, facendo sfrigolare la pelle. L'odore della carne bruciata mi fece capire che aveva intenzione di dargli fuoco.
-FERMATI! BASTA, SMETTILA! UCCIDIMI TI PREGO!- Baeron non solo l'aveva sconfitto, ma lo stava torturando.
Mi affrettai a tornare alla mia forma umana e rubare un mantello ad uno dei banditi abbattuti per coprirmi prima di correre da lui.
-Baeron!- lo chiamai, ma lui non mi ascoltava, era ancora lì, ad infierire sul suo avversario.
-Non pregarmi!- gli gridò -Le tue preghiere non mi ridaranno Jorah! Non mi ridaranno mio figlio!- mi bloccai, senza parole.
-Figlio?- mi ripresi solo quando il vampiro gridò di nuovo.
-Non l'ho ucciso io, tuo figlio!
-Silenzio, tu...
-Baeron!- lo chiamai di nuovo, stavolta afferrandogli il braccio con cui manteneva l'incantesimo ed allontanandolo dall'orco -Smettila subito!- lui si divincolò e mi spinse via, forte.
-Stanne fuori, Iris!
-No, lo stai torturando!- mi alzai in piedi e gli presi il mento, costringendolo a guardarmi.
Non gli avevo mai visto quello sguardo così rabbioso e disperato.
-Finiscilo, adesso. O lo farò io, che ti piaccia o no.- per un attimo fui sicura che volesse allontanarmi di nuovo, sfogare quel lampo di rabbia che gli vidi passare negli occhi, poi, rapidamente, estrasse il pugnale dalla custodia e pose fine alla vita del vampiro che si spense con un gemito e divenne polvere.
E poi ci fu un terribile silenzio, carico di pesantezza.
Mi alzai, ma Baeron non mi imitò. Rimase inginocchiato a terra, respirando con affanno quasi avesse corso per chilometri. Mi morsi il labbro, consapevole di essere una sgradita spettatrice di un dolore che non avrebbe voluto mostrarmi.
Mi strinsi il mantello addosso, non sapendo cosa fare, finché non gli misi una mano sulla spalla, timidamente.
-È finita.- gli dissi -Avanti...- non ero mai stata brava a consolare le persone, non lo ero stata capace per Aela alla morte di Skjor, per mia madre, non ci sarei riuscita con lui, ma almeno avrei potuto stargli vicino, se avesse voluto.
-Non dovevi vedere.- disse solo.
-Lo so.- mi guardai intorno e mi avvicinai alla bisaccia che portavo con me -Senti, ti lascio qualche minuto da solo, io devo...- accennai alla bisaccia e gli abiti che vi erano all'interno, abiti da civile che avrebbero richiesto l'acquisto rapido di una nuova armatura, ma per il momento me li sarei fatti bastare.
Quando tornai vicino al nostro bivacco, Baeron sedeva davanti al fuoco in silenzio ed io lo imitai. Morivo dalla voglia di sapere di più riguardo la sua reazione, riguardo il figlio che aveva nominato, ma non osavo chiedere come lui non aveva chiesto di mio padre quando era stato il momento, non mi sarei mai permessa.
Ma a dispetto di tutte le mie previsioni fu lui a parlare:
-Sono stato sposato.- sollevai lo sguardo verso di lui, senza dire niente -Un matrimonio combinato da mio padre che accettai senza pormi troppi problemi. Ero un ragazzino e mi limitai a fare come lui diceva. Non amavo mia moglie.- i suoi occhi non si staccavano dal fuoco, e con la luce delle fiamme si schiarivano fino a sembrare dorati -Ma la rispettavo e riuscimmo a trovare un buon equilibrio come coppia...finché non nacque mio figlio, Johra.- la bocca si piegò in un sorriso nostalgico che tuttavia non coinvolse gli occhi -Lo amavo. Era la cosa più bella che avessi mai visto. Ed eravamo stati noi a crearla. Sangue del mio sangue.- dal canto mio, temendo dove la storia stesse andando a parare iniziai a sentire un nodo pressante che mi faceva trattenere il fiato, mi rendeva la bocca secca.
Impossibile parlare, o anche solo sussurrare.
-Spesso mi allontanavo da casa, lasciando con mia moglie e mio figlio un manipolo di uomini scelti ed addestrati, e ogni volta che tornavo Johra si faceva sempre più grande...per quanto possa esserlo un bimbo di appena cinque anni.- sentii il suo respiro tremare.
-E...cosa è successo?- Baeron alzò gli occhi.
Non piangeva, non erano lucidi, ma la luce che li animava se avesse potuto farlo avrebbe urlato di dolore.
 
La casa è stranamente silenziosa, quando torna.
Lo stalliere non viene a prendere il cavallo. Quel ragazzino, sicuramente starà correndo dietro le sottane della servetta, oramai lo conosce fin troppo bene.
Sorride, ma si sente inquieto.
-Bjorn!- lo chiama, dopo aver dato una pacca al suo cavallo -Dove sei? Guarda che se...- si blocca.
Il ragazzetto è lì, steso a terra con gli occhi ancora aperti e la pelle bianca, di un pallore mortale.
Sente il sangue gelare a quello spettacolo e, preso da un terribile presentimento, si dirige verso la casa, trovando altri due corpi delle guardie.
Il suo cuore perde un battito.
La porta di casa è aperta.
Prende la spada e corre verso le scale che portano tutte al piano di sopra, trovando altri corpi, e sente improvvisamente il fiatone stroncarlo, niente a che fare con la fatica.
-Anja...- chiama sua moglie, ma non risponde nessuno -ANJA!- manca un ultima porta dove guardare, la camera da letto.
Ha paura.
Un parte di lui vorrebbe scappare una volta per tutte, non aprire mai quella porta, ma il suo corpo si muove da solo, non lo ascolta, non ascolta i suoi pensieri terrorizzati.
E la porta viene aperta.
Sua moglie è riversa a terra, di spalle e con gli occhi aperti. Il collo è segnato da un morso ed il pallore del suo volto la rende eterea. L'espressione tradisce ancora la paura e la rabbia che può aver provato al momento della morte, avvenuta nel tentativo di proteggere qualcosa sotto di lei. Anja ha lottato, come una vera guerriera Nord, ha lottato fino allo stremo, ma qualcosa più potente di lei l'ha sopraffatta.
Sta fermo lì, a guardarla, non osa avvicinarsi per la paura di vedere ciò che sa già. Non può essere, non lo accetta. Nella casa deserta si sente solo il suo respiro affannato ed i suoi passi: le gambe, nonostante non voglia farlo, hanno iniziato a muoversi per conto loro, così come il suo corpo.
Li vede entrambi, sua moglie e suo figlio.
E il dolore arriva tutto insieme.
Non riconosce in quel corpicino inerme il suo bambino, eppure quella figura estranea ha gli occhi di suo figlio, i capelli di suo figlio. Quel bambino è suo figlio.
-Jorah, Jorah...- lo continua a chiamare mentre lo stringe, sussurrando il suo nome con voce rotta mentre lo culla, quasi volesse addormentarlo, ma lui è già addormentato -Per i Nove, no! Jorah!- la voce gli trema, il torace sembra dover scoppiare sotto la pressione dei battiti del cuore. Lo stringe, pentendosi subito dopo, quasi temesse di fargli male.
Non lo guarda, tiene gli occhi chiusi, non ha il coraggio di vedere di nuovo quegli occhi spenti quando, l'ultima volta che li ha visti, brillavano più del sole.
Lo tiene in braccio per ore, gli parla e gli chiede scusa, sperando che si muova, che si svegli, che lo chiami ancora papà come fa sempre quando lui torna a casa. Ma non lo farà.
Nessuno lo chiamerà più così.
 
-Erano tutti morti allo stesso modo, con un morso di vampiro.- disse -Non ero un esperto, ma non ci volle certo un genio per capirlo. Mi chiesi perché: ingordigia, puro piacere di farlo, vendetta personale...la verità era che non lo avrei mai saputo. Il loro assassino non aveva un volto, non aveva un'identità. Era un nessuno. Un nessuno che mi aveva portato via la cosa più preziosa che avevo.
 
La pira è pronta.
Non ci sono guerrieri, non ci sono i parenti al completo. Quella tragedia è sua e basta, seppellirà lui sua moglie e suo figlio, dandogli un vero funerale Nord, come si usa nella sua famiglia da generazioni.
Jorah voleva fare il guerriero, aveva già iniziato ad andare a cavallo con lui, a maneggiare una piccola spada di legno. Lo diceva sempre che sarebbe diventato un eroe, anche più forte di suo padre.
E lui gli credeva.
Fissa i due corpi vicini: Anja è sempre stata molto bella, quell'incarnato bianco potrebbe quasi donarle se non fosse per le occhiaie, per le labbra violacee, mentre Jorah sembra addormentato...forse è per questo, per aspettare che si svegli, che esita nell'avvicinare la torcia, ed è a fatica che si costringe ad affrontare la verità.
Non si sveglieranno, ed è tempo che li lasci andare.
Così avvicina le fiamme, lascia che si nutrano del legno, e solo allora recita la formula di chiusura dei funerali della sua famiglia, un'antica canzone dedicata ai morti in battaglia.
-Ecco, io vedo mio padre.- comincia -Ecco, io vedo mia madre. Vedo i miei fratelli, i miei parenti defunti.- sente la gola bruciare a causa del fumo, è troppo vicino, ma non gli importa -Mi invitano a sedere con loro nella Sala degli Eroi. Dove l'impavido può vivere per sempre...- ma Jorah non era un impavido.
Jorah non era neanche un guerriero.
Jorah era un bambino, era un ragazzino innocente. Non centrava niente con la guerra, con i conflitti, con il sangue.
Non dovrebbe dedicargli il canto degli eroi. Lui dovrebbe essere lì, tra le sue braccia.
Dovrebbe essere lì a sorridergli. A dirgli che andrà tutto bene.
Quell'assassino senza volto gli ha portato via il suo tesoro più prezioso. Non ha un colpevole su cui sfogarsi, ma lo troverà. Troverà quel carnefice in ogni vampiro che troverà sulla sua strada, d'ora in poi.
Perché la vendetta avrà un sapore dolce, prima di lasciargli il vuoto amaro.
 
-Sono passati dieci anni da allora...dieci. Ma riesco a ricordare ogni particolare.- allungò appena una mano verso il fuoco -Riesco quasi a vederli ancora, prima che le fiamme facessero il loro dovere.- rimasi senza parole, non sapevo cosa dire mentre Baeron si portò una mano al volto, coprendolo alla mia viata -Non sono i genitori che devono seppellire i figli, lo capisci?- lo capivo, ma non potevo del tutto comprendere il suo dolore e farlo mio.
Avevo perso anche io delle persone importanti, ma non ero mai stata madre, non sapevo cosa si potesse provare a perdere un figlio, fortunatamente. Ma quella storia mi lasciò un terribile senso di vuota amarezza e tristezza. Non riuscivo a smettere di guardarlo nonostante lui evitasse il mio sguardo, e pochi secondi dopo sobbalzai appena nel sentire una lacrima scorrere lungo il mio viso.
Stupita la asciugai rapidamente prima di riuscire finalmente a parlare:
-È...normale, provare tanta rabbia.- dissi, ricordando come io stessa avevo infierito sul corpo dell'Imperiale, sui Mano d'Argento rimasti in vita pochi giorni dopo la morte di Kodlak -È umano cercare vendetta, anche se non proprio giusto...- le mie parole sfumarono, non sapevo davvero cosa dire -Cosa hai fatto, dopo?
-Me ne sono andato. Non potevo più vivere in quella casa con gli spettri di Anja e Jorah a tormentarmi. Mi spostavo da una parte all'altra di Skyrim, cercavo quelli...quelli come loro e li uccidevo.- una risata amara gli sfuggì dalle labbra -Io, un vendicatore solitario che sperava di affrontare i vampiri da solo. Ma ero consapevole che nelle mie condizioni di allora non avrei avuto nessuna possibilità di uscirne vivo. Così cercai di raccogliere informazioni, ma nessuno sembrava sapere niente. C'erano così tante voci contrastanti sui vampiri, su cosa potesse o non potesse ucciderli, non sapevo a cosa credere. Per qualche mese vagai in cerca di informazioni, finché...- si interruppe.
-Finché?
 
Si sveglia al caldo.
Non se lo sa spiegare. Eppure quando è svenuto vicino quella tomba Nord era circondato dalla bufera, come ha fatto ad arrivare lì?
-Finalmente ti sei svegliato.- si tira su di scatto.
Si trova in una piccola casa e, poco lontano da lui, è seduto un elfo alto: ha i capelli molto chiari e gli occhi neri, e la pelle è particolarmente chiara.
-Dove mi trovo?
-Una piccola capanna sperduta, come quelle dei molti eremiti che vivono in queste lande.- fa per alzarsi, ma l'elfo lo anticipa -Non sforzarti, sei ancora debole. Accidenti, sei un Nord e hai quasi rischiato di morire congelato, ha un che di divertente.- forse per l'elfo, ma per lui quello è stato davvero un brutto momento, una giornata così fredda non era normale nemmeno per Skyrim, bah!
-Ma se sono quasi morto io, come hai fatto a sopravvivere e portarmi fin qui?- effettivamente l'elfo non sembra essere più giovanissimo ed è la metà di lui in muscolatura.
-Non sento freddo da un sacco di tempo, figliolo. E la mia forza è decisamente aumentata da quel giorno...- un senso di allarme lo pervade.
-Quale giorno?- l'elfo sorride, mettendo in mostra dei canini appuntiti.
-Il giorno in cui è iniziata la mia non vita.
 
-Era...un vampiro?- chiesi allora.
-Già, ma a dispetto di quel che puoi pensare, e che ho pensato anche io, non voleva farmi del male. Credo che fosse una brava persona. Ma è stato a causa di quell'elfo che ho capito cos'era un mostro.
-Ma avevi detto che non ti ha fatto del male...
-Non parlavo di lui, infatti.- replicò Baeron, guardandomi negli occhi, riprendendo a parlare solo dopo una lunga pausa -Mi ospitò per qualche giorno, affinché riprendessi le forze. Parlando, capii che quel vampiro era più vecchio di quanto volesse far credere, e doveva sapere molte cose. Quindi cercai con le buone di farmelo dire, ma non funzionò, ovviamente. Chi mai svelerebbe i suoi punti deboli ad uno sconosciuto?
-Cosa hai fatto?
-L'ho ingannato. E l'ho torturato.- schiusi la bocca per parlare, ma lui mi anticipò -Hai mai torturato un uomo, Iris?- ripensai a quando avevo infierito sul corpo morto dell'Imperiale, o lo scatto d'ira che mi aveva permesso di rompere le ginocchia a Krev Lo Scuoiatore.
Ero stata violenta, preda della rabbia, ma non avevo mai fatto del male a qualcuno in maniera lucida, perciò scossi la testa.
-Lo devi fare con calma e sangue freddo, e devi prenderti il tempo necessario.- allungò una mano verso le fiamme e muovendo appena le dita alcune lingue di fuoco si spostarono appena sopra il suo palmo, senza tuttavia bruciarlo -Devi osservare ogni reazione per capire cosa può davvero far del male al prigioniero e cosa no. Per esempio, loro temono il fuoco. Provano il doppio del dolore rispetto agli esseri umani quando vengono bruciati. Per il resto sentono lo stesso dolore quando vengono colpiti dall'acciaio o dalla magia. Se li lasci sotto la luce per troppo tempo la pelle si inizia a corrodere. Possono essere uccisi come un normale essere umano, ma sono molto più forti e resistenti. E non respirano. Non puoi soffocarli.- non osavo chiedere come avesse ottenuto tutte quelle informazioni, non volevo saperlo e sperai che non fosse lui a dirmelo, anche se in fondo la risposta aleggiava nelle sue spiegazioni apparentemente impersonali e distanti -Ho covato e covo ancora un rancore tremendo per quelli...come loro. Anche se non sono altro che vittime. Per me potrebbe essere stato chiunque ad affondare i denti nel collo di mio figlio.
 
Nonostante non abbia bisogno di respirare, il vampiro ansima.
Paura? Fatica? Dolore?
Non è importante.
-Basta davvero così poco?- si chiede, posando la lama sul vecchio tavolino.
La stanza è chiusa e odora di sangue.
Il vampiro è stato torturato per qualche giorno: i polsi sono stati trafitti per inchiodarlo a terra, e il torace lasciato scoperto dalla casacca strappata è ricoperto di graffi e ustioni di entità più o meno grave. L'ultima ustione, la più grave, non solo ha bruciato la pelle, ma ha scoperto, anche se superficialmente, le ossa. Il fuoco è ciò che gli ha causato più sofferenza.
-T-tu...sei un bastardo figlio di puttana.- mormora il vampiro, ringhiandogli contro,ma a lui non toccano le sue parole, non tocca la sofferenza che può provare.
Ha tutto ciò che gli serve.
-Come puoi...fare...questo? I-io ti ho salvato!- non risponde.
È vero, l'ha salvato.
Ma non gli importa. Le regole dell'ospitalità, del rispetto, dell'onore non contano per quelli come lui.
-Avermi salvato non cambia la tua condizione.
-L-la mia...condizione?- gli occhi dell'elfo si fanno dorati mentre in uno spasmo di rabbia gli ringhia contro.
-Di mostro.
-COME OSI?!- mentre si muove le ferite ai polsi si aprono, smorfie di dolore gli solcano il volto ora sfigurato dai tratti vampirici, ma questo non lo ferma -Come osi definirmi mostro dopo tutto questo? Chi è stato a torturare e ingannare chi l'aveva tratto in salvo? Chi ha infranto quei vincoli di onore che anche il più codardo ed infido individuo avrebbe rispettato?- lo guarda, lo lascia parlare, anche se quelle parole gli fanno male.
In quei giorni in cui il vampiro è stato sotto le sue mani non ha fatto altro che pensare a che mostro fosse, a come quelli come lui non meritassero riguardo o pietà, ad estrapolare informazioni su informazioni necessarie per la sua caccia.
Allora perché si sente così sporco?
-Dimmi, umano...- la voce dell'elfo lo riporta alla realtà, verso quei tizzoni ardenti -Chi è il vero mostro tra di noi?- sta tremando, e non di rabbia.
Quel posto ora gli fa male, lo soffoca. E si dirige verso l'uscita, ma prima il suo sguardo cade sulla torcia, unica fonte di luce nella stanza.
-Cosa vuoi fare?- gli chiede la creatura, ora con paura nella voce, mentre lui prende la torcia e fissa le fiamme, prima di spostare lo sguardo su di lui.
-Questo è per Jorah.- poi la torcia cade a terra.
Il pavimento della casa inizia a bruciare, proprio mentre lui chiude la porta alle sue spalle.
 
-L'hai...l'hai lasciato lì a bruciare?- non riuscivo a credere a ciò che avevo appena udito.
-Sì.- rispose lui senza esitazione -Ma la cosa peggiore è che non me ne sono mai pentito. Vorrei, davvero...ma non ci riesco.- chiuse la mano a pugno e le fiamme sospese poco sopra di essa si spensero -Rifarei ogni tortura che gli ho imposto, traccerei ogni cicatrice altre mille volte. Ma non posso negare che quello...quel vampiro, avesse ragione. Il vero mostro non era certo lui, tra noi.- mi guardò -Ricordi cosa ti ho risposto quando mi hai chiesto perché non ti temessi?
Il vero mostro risiede in ogni essere umano. In alcuni prende la forma del lupo, e in altri no.
Annuii.
-Ora sai il perché.- fece una pausa -Molti di voi, quelli che vengono in contatto con queste malattie, spesso non lo scelgono e si ritrovano a prendere scelte contro la loro volontà.- ripensai a tutte le volte che ero stata costretta a liberare la Bestia per non impazzire, a mangiare la carne cruda solo per sentire il sapore del sangue, a ritrovarmi con il mal di stomaco, potevo perfettamente capire di cosa stesse parlando -Ma il vero mostro è qui dentro.- si toccò appena la testa con la mano -I torturatori, gli assassini, gli stupratori non sono guidati da nessun Daedra, non hanno in sé la necessità di nutrirsi di sangue. Lo scelgono, come ho scelto io quella volta. E niente deve fare più paura di qualcuno che sceglie di far del male spontaneamente.- poi scese il silenzio, ancora, e lo mantenni per un po', ci provai.
-Mi dispiace. Per tua moglie e tuo figlio.- dissi con tono sincero -Sai, l'altro giorno stavo ripensando alla verità su mio padre, i Thalmor e le Blade...quando ho saputo la verità sul momento ammetto di aver provato un nuovo moto di vendetta, come mi era già successo con...il mio maestro. Ma alla fine la vendetta non fa che logorarti, fino a lasciarti del tutto vuoto.- sospirai -Quella volta all'Ambasciata ho agito e ucciso, ma alla fine l'ho fatto perché era necessario, e non per mio padre.- mi morsi appena il labbro inferiore -Sono stanca di provare sempre vendetta e rabbia. Tu no?
-No, purtroppo. E non credo me ne sazierò mai abbastanza. Cercherò sempre di far del male a quelli come loro.- ammise l'uomo -Mi dispiace.
-Per cosa?
-Per prima, quando ti ho spinta.
-È stata la rabbia del momento e non mi hai fatto nulla. È passato.
-Non importa...sei l'ultima persona a cui vorrei fare del male.- quella sua affermazione mi mise a disagio, ancora, e dovetti distogliere lo sguardo.
Non ero pronta, non riuscivo a capire cosa provassi davvero per lui, se rispetto e semplice attrazione oppure un sentimento più profondo che aspettava solo di essere sviluppato, ma non potei negare che quella notte ci fece avvicinare tantissimo, come mai lo eravamo stati.
 
Nella strada per Ivarstead dovemmo fare sosta a Riverwood. Avevo bisogno di una nuova armatura e presso la forgia del fabbro di Riverwood, Alvor, trovai quello che faceva per me, una corazza leggera e semplice, di cuoio e pelle, che mi avrebbe protetta senza appesantirmi in alcun modo.
Ci misi poco, il tempo di cambiarmi e riporre gli abiti di scorta nella bisaccia ed ero pronta per ripartire.
-Possiamo andare?- chiese Baeron, ed io annuii.
-Sì, l'avevo detto che sarebbe stata una cosa rapi...
-Iris!- sentire la voce di mia madre mi fece contrarre appena la mascella, avevo sperato di non incontrarla -Iris, aspetta!- continuai a camminare finché non mi afferrò il polso con entrambe le mani.
Sameera aveva appena il fiatone, doveva aver corso per raggiungermi.
-Aspetta...- ripeté, in tono sempre deciso seppur incrinato da una vena di supplica.
Non mi girai a guardarla, ma non riuscii a dirle no, così guardai Baeron.
-Aspettami, arrivo tra poco.- lui annuì e si allontanò, lasciandoci sole -Cosa vuoi?- non riuscivo ancora a guardarla.
Ci eravamo lasciate malissimo, prima che partissi per Riften, ed ero stata bene attenta a non farmi vedere da lei quei due giorni passati a Riverwood prima di cominciare il viaggio verso il Tempio delle Blade.
La verità è che la delusione provata era ancora forte. Solo il giorno prima di sapere la verità mi ero gettata tra le sue braccia aprendole il mio cuore, pentendomi di averla tenuta all'oscuro di quella storia, ma lei era stata capace di arrabbiarsi e fare altrettanto, e per questo non riuscivo a perdonarla.
-Passi a Riverwood e lo devo sapere da Alvor che sei tornata.- mi fece notare con tono calmo, ma ricco di dispiacere -Non pensi che abbia il diritto di...?
-Non volevo vederti.- la interruppi, girandomi per poterla guardare ed affrontare finalmente i suoi occhi.
-Per quella storia di tuo padre?
-Per cos'altro?
-Era una storia passata! Non volevo che ti mettessi sulle tracce dei Thalmor dopo aver saputo la verità!
-Credi davvero che l'avrei fatto?
-Non lo so!- esplose alla fine.
Mi lasciò il braccio e mi diede le spalle, allontanandosi di qualche passo ed incrociando le braccia a petto.
-Non so più cosa aspettarmi da te. Sei così cambiata...- assottigliai gli occhi, ma non dissi nulla -A volte stento a riconoscere in te la vecchia Iris.
-Mi pare ovvio. Non posso essere la stessa dopo tutto ciò che mi è accaduto, lo capisci? E quando mi sono aperta con te, ti ho confessato quel che provavo, quando ti ho detto che mi dispiaceva di essere scappata e di averti nascosto la verità sono venuta a sapere che tu non hai fatto altro! Non sei l'unica che non sa più cosa aspettarsi...- ammisi, in tono quasi stanco.
-Iris.- il tono della donna era deciso, adesso, mentre si avvicinava a me e mi metteva le mani sulle spalle, una presa forte quanto disperata, lo capii dall'affondare inconsciamente le unghie nella mia pelle -Non provare mai a dubitare del mio affetto e delle mie buone intenzioni. Sei mia figlia, darei la mia vita per proteggerti. E qualunque cosa Delphine stia facendo non le permetterò di portarti via da m...- un ruggito scosse l'aria e il sole per un attimo si oscurò.
Alzai lo sguardo. Io trattenni il respiro e mia madre gemette per il terrore.
Lo riconobbi subito: lo avevo visto solo una volta nella mia vita, circa tre mesi fa, al mio ritorno a Skyrim, quando non ero altro che una fuorilegge pronta per il ceppo, quando la parola Dovahkiin nemmeno esisteva nella mia testa, quando quelle ali nere, quegli occhi gialli ebbero il potere di farmi strisciare nel fango al solo guardarmi.
Ma in quel momento, dove ero molto più consapevole di chi fosse davvero Alduin, mi fece molta più paura. Era lì, ed io avrei dovuto affrontarlo subito, senza l'arma che avrebbe potuto annientarlo e senza l'abilità necessaria. Inoltre, sentii chiaramente le mie gambe tremare.
-Q-quello...quello è...- Sameera era preda dell'orrore, esattamente come me e il resto di Riverwood, che rapidamente cadde nel panico, un panico caotico dove le guardie cercarono disperatamente di prendere posizione e la gente si rifugiava nelle proprie case o in altri edifici se proprio non poteva fare altrimenti.
-Che sia maledetta quella poco di buono di Dibella! Dove accidenti è Delphine quando serve?!- pensai disperatamente, stringendo mia madre al petto, cercando con gli occhi Baeron, che fortunatamente trovai poco dopo e mi raggiunse.
-Iris, quello...
-Sì, è lui. È...- sentii la bocca secca e dovetti deglutire -È Alduin.
-Arcieri, colpitelo!- una pioggia di frecce si diresse verso il drago, che rispose con una fiammata, incenerendole e scatenando altre urla -Caricate di nuovo, avan...- quello che doveva essere il capitano venne schiacciato dall'enorme zampa artigliata quando la bestia atterrò e i pochi coraggiosi che avevano incoccato la seconda freccia non osarono completare il tiro.
Mentre Alduin sollevava l'imponente testa, cadde un terribile silenzio fatto di tensione e paura. Nessuno osava muoversi.
 
Dovahkiin!
 
Non capivo il draconico, ma non ci misi molto a capire che il Divoratore di Mondi era lì per il Dovahkiin, per me. Sameera e Baeron mi guardarono, la prima terrorizzata, il secondo preoccupato.
-Iris...- mi sussurrò -Ha detto Dovahkiin?- non gli risposi, continuando a guardarlo, a guardare la gente e le guardie che, terrorizzate, non sapevano cosa fare.
L'omicidio del loro capitano doveva averli mandati in panico.
 
Cèn-aik Kos Dovahkiin? Hom diin Thu'um, vist!
 
Al secondo richiamo Alduin sollevò la testa e dalle fauci si levò un'altra scia di fiamme. Sameera sobbalzò ed io la strinsi istintivamente a me.
Avevo paura. Nascosta dietro uno dei tanti piccoli edifici non riuscivo a muovere un solo passo verso quella creatura leggendaria e crudele, ma ero anche consapevole che se non avessi risposto alla sua chiamata sarebbe stata la cittadina a pagarne le conseguenze.
Dovevo andare, anche se la sola idea mi faceva rigirare lo stomaco dal terrore.
Così lasciai andare la presa su Sameera, più lentamente di quanto avrei dovuto, in realtà, e mi incamminai verso la via principale, dove il muso di Alduin squadrava la zona, famelico.
-Iris, dove vai?- Sameera fece per fermarmi, ma Baeron la intercettò e mi fece un cenno del capo -Iris, no!- non l'ascoltai.
Uscii dal mio nascondiglio proprio mentre l'ennesimo ruggito squarciava il cielo.
 
DOVAHKIIN!
 
-Sono qui!- incredibile come la mia voce riuscì a risultare sicura nonostante il cuore sembrasse scoppiare dall'ansia.
Più mi avvicinavo ad Alduin, più notavo particolari terrificanti: le zanne erano bianche e la più piccola superava il mio pugnale di cinque centimetri, gli occhi erano lucenti e ricordavano le fiamme del fuoco, un tremendo contrasto con le squame nere.
Alduin era la notte, era la tenebra. Ed io gli stavo andando incontro.
Il drago non mi staccò gli occhi di dosso mentre mi avvicinavo a lui, inclinò appena la testa di lato, studiandomi.
Una guardia cercò di fermarmi.
-Dove vai, ragazzina? Non vedi che...
-Zitto, è me che vuole.- lo guardai appena con la coda dell'occhio -Oppure vuoi pensarci tu?- l'uomo mi lasciò il braccio e fece un passo indietro, e nessun altro si frappose tra me e il drago.
Arrivai a circa tre, quattro passi da lui, un vero e proprio faccia a faccia.
Se pensavo che un suo occhio era grande quanto il mio busto mi venivano i brividi.
Mi sforzai di respirare lentamente, ma non troppo, non volevo che percepisse la paura, il terrore che la sua figura emanava, ero terrorizzata come mai lo ero stata. Come avrei mai potuto sconfiggere quel mostro? Come potevo uccidere il figlio di Akatosh?
 
Den Kos Akatosh kaal...aan avklipt Joor.
 
Sigillai le labbra in un'espressione decisa, stringendo i pugni per non indietreggiare e mantenere la mia rigida posizione.
-So che parli la mia lingua, Alduin. Non nasconderti dietro la tua.- la parte destra dei denti venne scoperta in un ghigno divertito.
-Non conosci neanche la nostra lingua...che arroganza fregiarti del titolo di Dovah!- tuonò allora con la sua voce profonda e terribile.
Sbuffò appena, e un getto di aria calda mi costrinse ad assottigliare gli occhi. Alduin continuava a studiarmi, si aspettava qualche reazione, magari una scusa per potermi attaccare? Ma che bisogno ne avrebbe avuto quando gli sarebbe bastato spalancare le fauci, o magari schiacciarmi come aveva fatto con quella povera guardia?
-Hai per caso perso la lingua, Dovahkiin? Mi deludi...
-Cosa vuoi?- gli chiesi allora -Sei qui per combattere?- una domanda ovvia, così come la risposta, eppure...
-Combattere con te? Paahlok Joor! Non avresti speranza contro di me.- si avvicinò ancora di più, così vicino da potermi specchiare nei suoi occhi gialli -Zu'u Alduin, primogenito di Akatosh, il Divoratore di Mondi...come OSI credere di avere qualche speranza contro di me?- il suo tono trasudava arroganza, Alduin era un dominatore e puntava non solo a distruggermi, ma anche a farmi pesare la sua superiorità.
-Se sei così sicuro di vincere...affrontami.- se avessi potuto mi sarei presa a pugni in faccia.
Perché la mia boccaccia non era in grado di tacere?
Sentii qualcuno trattenere il fiato, un bimbo piangere, una donna pregare.
-Affrontarti?- stavolta Alduin scoppiò in una vera e propria risata che mi fece rabbrividire ed inquietare, i miei sensi di Bestia erano di nuovo attivi, pronti a fare qualunque cosa, a gettarsi in battaglia, ma per una volta la mia parte umana non intendeva farsi da parte e la paura mi rendeva più cauta di quanto lei avesse voluto -No, Dovahkiin. Non sono qui per affrontarti. Volevo solo vedere il campione di mio padre prima che venisse distrutto.- mosse appena la zampa ed io scattai all'indietro, estraendo la spada tra le grida di sorpresa della popolazione di Riverwood, ma Alduin non mi attaccò.
Lui si librò in volo, dominando la visuale con la sua figura, senza lasciar sparire il suo ghigno, era incredibile come quel muso squamoso potesse essere così espressivo e crudele...
-Distruggermi?- urlai allora -Sembra che tu stia scappando!
-No, Joorkiin. Lascio solo che sia il mio campione ad occuparsi di te.- la terra iniziò a tremare, poco lontano da noi.
-C-cosa...?- non capivo, cosa aveva intenzione di fare Alduin?
 
Sahloknir, ziil gro dovah ulse
 
 
A quelle parole, una luce violace sembrò squarciare il cielo a metà.
 
Slen Tiid Vo!
 
Un'esplosione di terra a qualche centinaio di metri da noi scatenò una nuova ondata di panico mentre si sollevava un polverone che mi costrinse a coprirmi gli occhi con il braccio per evitare di rimanere momentaneamente accecata, e quando li riaprii un drago stava sorgendo dalla terra, scrollandosi di dosso la roccia e i resti di piante e fango.
Gli occhi del drago erano nerissimi, come quelli di Milmulnir, il primo da me ucciso, e le squame grigio scuro ricordavano le nuvole cariche di tempesta, molto frequenti a Skyrim. Non potei non pensare che non poteva esserci paragone più giusto...
Il drago si guardò intorno, curioso, insospettito, ma niente affatto spaesato o spaventato come lo ero io, come lo eravamo tutti noi, poi alzò gli occhi al cielo, verso Alduin, e iniziarono a parlare.
 
Alduin, thuri! Boaan tiid vokriiha suleyksejun kruziik?
Geh, Sahloknir, kaali mir...
 
Ignorando il tremore alle mani presi la freccia ed indietreggiai, incoccandola senza osar lasciare la presa, e qualche guardia fece lo stesso, anche se la maggior parte di loro restò a bocca aperta, paralizzati dal terrore.
-C-cosa facciamo?
-Ma è ovvio, ci difendiamo.- risposi senza staccare gli occhi di dosso ai due draghi.
-M-ma il capitano...
-Il capitano è morto, trovatene un altro, non vorrete farvi mangiare perché non sapete reagire?!- tornai a concentrarmi sulle due bestie anche quando il secondo drago si librò in volo, per quanto mai alla stessa altezza di Alduin.
 
Ful, losei Dovahkiin?
 
Quanto avrei voluto poter comprendere il draconico e capire cosa stessero dicendo! Era frustrante...
Alduin guardò prima il suo sottoposto, il drago che aveva appena resuscitato, poi guardò me.
-Sahloknir, krii daar joorre.- fece una pausa -Uccidi questi mortali.- tradusse poi, in modo che potessimo comprendere.
Il mio cuore perse un battito. Avrei dovuto lottare di nuovo.
I due draghi agirono contemporaneamente: Sahloknir, come Alduin l'aveva chiamato, puntò verso la Riverwood, mentre Alduin si allontanò verso le montagne, sparendo in pochi secondi dalla mia vista.
 
Affrontami, Dovahkiin!
 
-Iris!- mi girai di scatto.
Tra la folla intenta a scappare e le guardie che cercavano di prendere una formazione, mia madre mi stava correndo incontro, doveva essersi liberata dalla presa di Baeron.
-Mamma, vai via!- preoccupata tornai a guardare il drago grigio, che schivò con una virata delle ali il primo gruppo di frecce, poi piantò i suoi occhi neri su Sameera.
Sentii lo stomaco contorcersi dalla paura e, l'attimo successivo, una fiammata di Sahloknir si diresse contro la Redguard, che si fermò.
-WULD NA KEST!- lasciai cadere l'arco, alla velocità del vento riuscii a raggiungere mia madre e farla cadere a terra con me, schivando il getto di fuoco che rese l'aria sopra le nostre teste calda e pericolosa, stringendo a me Sameera, quasi facendole male mentre con il mio corpo la proteggevo, tremando più di lei.
Non appena la fiamma si estinse mi affrettai ad alzare lo sguardo, vedendo il drago allontanarsi per compiere un giro e tornare indietro.
-Merda!- mi alzai e mi affrettai ad aiutare mia madre per poi dirigermi con lei verso l'Emporio di Riverwood, dove un po' di gente si stava riparando.
-Resta qui e non ti muovere.
-Iris, non vorrai mica...?
-Aspetta qui, ho detto!- mi rivolsi ad un paio di guardie lì vicino -Proteggete i civili, fate in modo che chi non può combattere sia al sicuro, allontanateli se necessario!
-Chi sei per darci ordini?- mi girai, gettando un'occhiata assassina all'idiota che aveva parlato, ma prima che potessi aprir bocca per sommergerlo di insulti Baeron intervenne in mio soccorso.
-Chiudi quella bocca e dai ascolto al Sangue di Drago, idiota, è l'unica che sappia come gestire questa situazione.- l'uomo ammutolì e borbottò un paio di scuse -Bene.- poi si rivolse a me -Sai cosa fare, vero?
-Combattere, Baeron. È una bestia, e come tutte le bestie può essere ucciso, l'ho già fatto.
-Questo non mi rincuora.
-Neanche a me.- ammisi, poi incoccai la freccia puntando verso il drago non appena si fece vicino, ma mi accorsi di avere il sole contro e non potei prendere bene la mira -Il bastardo è furbo, se continua a rimanere in aria dobbiamo spostarci!- combattere un drago in volo equivaleva a suicidarsi, lo sapevo, dovevo trovare una soluzione, farlo scendere in qualche modo -Ehi!- urlai con tutto il fiato che avevo in corpo, ma dall'alto non dovevo essere che un misero puntino tra tutti gli altri, Sahloknir non mi degnò nemmeno di uno sguardo -Ora ti faccio vedere...- pensai.
Mi spostai più avanti, superando un piccolo gruppo di guardie intente a mandare la seconda ondata di frecce, poi raccolsi la mia energia e urlai:
-FUS RO!- la corrente d'aria raggiunse il drago, colpendolo in pieno petto, rallentandolo e permettendomi di attirare la sua attenzione pur senza riuscire a ferirlo, non era quello il mio obiettivo: ero consapevole che la corrente che avrebbe come minimo stordito un essere umano per un drago non doveva essere che un fastidio.
 
Haflaas Mun, Haflaas Grohiik. Aan Senkjoor Dovahkiin
 
Atterrò con un tonfo che fece appena tremare il terreno sotto i miei piedi mentre tenevo l'arco puntato contro il muso della bestia, la freccia tesa ed il braccio tremante per lo sforzo di mantenerla tale.
-Maledetta la tua lingua!- pensai, poi scoccai la freccia che il drago schivò spostando appena la testa, ma non si accorse delle guardie che armate di alcune misere corde cercarono di bloccargli le zampe.
-No, via da lì!- urlai, ma fu tutto inutile.
Sollevando una zampa il drago si liberò di due o tre guardie, mentre bruciò parte delle altre con una delle sue fiammate. L'odore di carne bruciata e di sangue iniziarono a farmi girare la testa, a stuzzicare la Bestia.
-No...- lucida, dovevo essere lucida, così digrignai i denti e caricai un'altra freccia che andò a colpire il drago, un misero graffio che lo fece solo irritare e ruggire contro di me.
Senza staccargli gli occhi di dosso riposi l'arco e presi la spada, tenendola con entrambe le mani: come era stato con Milmulnir, la tensione mi faceva appena tremare le mani, ma il mio sguardo non abbandonò mai gli occhi del drago, continuavo a ripetermi che l'avevo già fatto, che avevo la capacità di ucciderlo ed ero più forte.
Spalancò la bocca e cercò di afferrarmi con i denti, ma io mi scansai e cercai subito di colpirlo alla testa. Sahloknir si scansò e mi colpì appena con il muso squamato, buttandomi a terra.
Spalancò di nuovo la bocca per finirmi, ma io fui veloce a reagire: presi la lancia dal cadavere di una guardia accanto a me e la misi per verticale. Il drago non ci mise certo molto a spezzarla, doveva essere per lui come una spina, fastidiosa ma facile sbarazzarsi di essa, ma quei pochissimi secondi furono fondamentali per recuperare uno scudo e mettermi in posizione di guardia.
Non ero mai stata un asso a combattere sfruttando lo scudo. Njada, che invece era molto brava, non mancava mai di farmi notare la mia goffaggine e rigidità, ma in quel momento la protezione misera di quel cerchio di legno mi fece sentire più sicura e protetta.
Mi muovevo appena, cercando un punto debole, pensai di colpirlo agli occhi, ma a quella distanza poteva essere impossibile senza un diversivo o un aiuto.
Una scarica elettrica colpì il muso del drago che si girò di scatto verso Baeron, in attesa con l'incantesimo carico nella mano sinistra e la spada nella destra, il volto pallido e gli occhi lucidi dalla paura, ma ben deciso a non mollare. La reazione di Sahloknir non si fece attendere e cercò di afferrare l'uomo tra le fauci, ma un altra, dolorosa scarica lo costrinse ad indietreggiare appena quanto bastava per permettere al mago di assaltarlo e riuscire ad aprire una profonda ferita poco sopra la bocca, facendo sgorgare da essa un rivolo di sangue scuro. Il drago ruggì, furioso.
 
Joor insolente!
 
Con la zampa anteriore cercò di finire Baeron, che si scansò appena in tempo con un grido di dolore: a quelle zanne era bastato appena sfiorarlo per aprire una profonda ferita nel braccio che fece cadere a terra il mio compagno, oramai in balia della creatura, che sollevò di nuovo la zampa.
-No!- lasciai cadere lo scudo e correndo verso il drago afferrai la spada con entrambe le mani e la sollevai sopra la mia testa.
Il ruggito di dolore e rabbia di Sahloknir quando lo colpii alla zampa fece tremare perfino le alte sequoie della foresta. La lama era penetrata per metà fino all'osso. Non ero riuscita a staccargli la zampa, era troppo grossa e robusta anche per una con il sangue di Bestia nelle vene, e in più era rimasta incastrata.
-Mer...- lo strattone del drago mi fece cadere a diversi metri di distanza, cogliendomi di sorpresa e facendomi sbattere la schiena.
Per un attimo il dolore mi costrinse a restare a terra, quasi immobile, ma quando sentii il terreno vibrare mi costrinsi riprendermi, il drago si stava avvicinando con l'intenzione di finirmi.
 
Zu govey Paak vith sos, Dovahkiin!
 
Mi alzai, tremante e ancora stordita del dolore pur consapevole del pericolo e della furia del mio avversario, guardandomi intorno alla ricerca di un'arma, un rifugio, un qualcosa che potesse aiutarmi, ma non trovai niente e fui costretta a scappare, alla ricerca di un'idea che potesse farmi uscire da quella pessima situazione.
-Presto, fermatelo!- sentii qualche guardia intervenire, un intervento di pochissimi secondi che causò nuovi morti, ma anche delle ferite al drago dato l'odore di sangue che si fece sempre più pungente.
Mi gettai un'occhiata alle spalle, e vidi Sahloknir spiccare il volo per anticiparmi davanti alle mura di Riverwood.
 
Non scappare
 
Per evitare di finire tra le sue zanne svoltai rapidamente per salire dove le guardie facevano la vedetta, ma un colpo di coda del drago mi tagliò la strada. Mi protessi il volto dalle schegge, sentendone qualcuna entrare in contatto con la mia pelle, poi mi guardai intorno: la passerella in legno che sovrastava il piccolo fiume di Riverwood e la balaustra erano crollate.
Ero in trappola
Abbraccia la morte, Dovahkiin!
 
Quando la fiamma uscì dalla bocca del drago indietreggiai bruscamente coprendomi il viso con le braccia di riflesso, ma all'improvviso mi mancò il terreno sotto i piedi e caddi all'indietro con un grido di sorpresa, finendo nel fiume un attimo prima che le fiamme mi investissero in pieno, tanto che per un attimo sentii il volto scottare a così poca distanza da esse.
La ringhiera di legno crollata mi salvò dalla morte del fuoco, così diverso dall'abbraccio dell'acqua che mi accolse pochi secondi dopo. Il fiume non era poco profondo e per fortuna riuscii subito a tornare in superficie e trascinarmi fino alla riva, ma la fatica del combattimento, lo sforzo fisico e l'impatto inaspettato mi fecero arrivare alla riva del fiume fradicia e stanca.
Non riuscii ad alzarmi quando mi ritrovai il muso del drago davanti,.
Sahloknir era stanco e ferito, esattamente come me: il petto squamoso si alzava e si abbassava rapidamente, il sangue così scuro da sembrare nero lo riempiva, e gli occhi erano lucidi, l'unica differenza tra noi era il fatto che lui sarebbe sopravvissuto, io no.
Respiravo con affanno, senza smettere di fissarlo, senza chinare lo sguardo.
Le braccia mi tremavano, eppure non osai lasciarmi cadere a terra.
 
Non avresti mai potuto sconfiggere Alduin, piccola Joor...
 
Non risposi, a dispetto del fatto di essere appena uscita dal fiume avevo la bocca secca e non riuscivo a smettere di tremare.
-No!- la voce di mia madre fu un fulmine a ciel sereno che mi fece sobbalzare quando la vidi entrare nel mio campo visivo, goffamente armata di spada (probabilmente recuperata da un cadavere) e colpire il drago con un colpo privo di tecnica, dettato dalla rabbia.
Il suo volto tradiva la paura e la rabbia che provava, ma ciò che mi colpì fu la determinazione, il furore, non l'avevo mai vista così determinata e...forte.
-Non mia figlia maledetto bastardo!- tuonò di nuovo.
-Mamma, vattene via!- urlai, proprio quando il drago le ruggiva contro, spalancando le fauci.
Sameera indietreggiò, ma perse la presa sulla spada e cadde a terra, inciampando nella sua veste con un grido di sorpresa e paura.
 
Come OSI intrometterti?
 
Mi alzai, correndo verso il drago, disarmata e spinta solo dalla paura. Dovevo salvare mia madre, non mi importava di nient'altro. Il terrore di perderla come avevo già perso papà e Kodlak mi riempiva di orrore.
-NON TOCCARLA!- urlai.
Sentivo gli occhi bruciare e la rabbia montare in petto, ringhiando e graffiando lo sterno dall'interno, ma non potevo trasformarmi. Alla paura si aggiunse la frustrazione.
-NON...- non vidi arrivare il colpo di coda di Sahloknir se non all'ultimo secondo e per quanto cercai di indietreggiare non riuscii a sottrarmi all'urto.
Venni sbalzata a qualche metro di distanza, il fiato corto e gli occhi lacrimanti per il dolore alla schiena, alle gambe.
Riaprii gli occhi a fatica: Sameera era a terra, il muso del drago vicinissimo ed infuriato, pronto a ghermirla del tutto.
Mi guardai intorno e vidi una spada ad un paio di metri di distanza. Mi alzai a fatica, allungando il braccio per afferrarne l'elsa e cadere a terra di nuovo, stordita e dolorante.
 
La tua carne nutrirà la fame di Alduin!
 
Eppure agire fu facile. Mi alzai con la spada in pugno, proprio mentre il drago sollevava appena la testa, scoprendo parte della gola.
-WULD NA KEST!- sfruttai ancora la capacità del vento.
La terra sotto i miei piedi divenne solo polvere, le figure intorno a me si fecero sfocate, indistinte, i suoni si annullarono.
Mi ritrovai a pochi passi da Sahloknir e in pochissimo mi ritrovai sotto la sua testa sollevata. Il mio braccio si mosse rapido e letale, ma per i miei occhi, la mia mente ancora avvolta nell'abbraccio del Thu'um, quella scena sembrò durare un'eternità.
La lama squarciò senza pietà la gola della bestia. L'odore del sangue fu come un brusco risveglio che mi fece ringhiare di un piacere frenetico e vittorioso mentre il ruggito del drago si estinse, seguito da una botta mentre l'animale si accasciava a terra.
Rapidamente, ancora stordita dal dolore e dal brivido della caccia mi allontanai, prendendo Sameera per le spalle proprio mentre il drago esalava il suo ultimo respiro gorgogliante.
Mi guardò con i suoi occhi neri e consapevoli prima di scoprire le zanne in quello che mi parve un sorriso.
 
Hin Mul, Dovahkiin...
 
Piano, la scintilla della vita si spense, e il torace non si alzò più.
Sahloknir era caduto. Un altro alleato di Alduin giaceva morto per mano mia.
-Iris...- la voce di Sameera mi riportò alla realtà.
Mi girai e corsi ad abbracciare il corpo fragile di quella donna forte e coraggiosa che pur di salvarmi aveva abbandonato un rifugio sicuro per mettersi tra me e il drago.
Avevo tutto il corpo dolorante, diverse ferite aperte e la paura che ancora mi faceva tremare, ma la strinsi con forza, ricambiando la sua stretta.
-Sei...sei una sconsiderata.- mormorò lei, senza fiato, senza osare lasciarmi.
-Da qualcuno devo aver ripreso, no?- replicai con tono stanco, ma sorridente.
Alzai appena lo sguardo e vidi Baeron, sostenuto da uno delle guardie sopravvissute. Era ferito, ma stava bene, era vivo, e non potei non provare un grande sollievo, per questo.
Un rumore a me familiare, come il battito di un grande cuore, attirò l'attenzione.
-Il drago! Sta andando a fuoco!
-Sta bruciando tutto!- mi girai a guardare la scena, ma stavolta non ero spaventata, perché sapevo cosa sarebbe successo, e quando le fiamme consumarono la pelle di Sahloknir fino a scoprire l'osso la fonte di energia che si levò da essa mi venne incontro, avvolgendomi ancora una volta in quell'aspirale di conoscenza, isolamento e caos.
E delle nuove parole, nuovi simboli si impressero in me, mentre la conoscenza di Sahloknir diventava mia e spariva del tutto. Mi portai una mano al petto e mi girai ad affrontare gli sguardi dei sopravvissuti, finché un grido di vittoria si levò dal fondo.
Presto, il grido “Sangue di Drago” riecheggiò nella cittadina, forte e chiaro. Sapevo che non era finita, che questo non era stata che una delle tante battaglie della guerra contro Alduin, ma una parte di me non poté provare compiacimento e mi ritrovai a sperare con tutto il cuore che anche Il Caduto udisse quel grido che segnava la mia seconda vittoria contro la sua armata.
 
Frasi in draconico:
 
Cèn-aik Kos Dovahkiin? Hom diin Thu'um, vist!: dove sei dovahkiin? Non nasconderti al mio Thu'um, mostrati!
 
Den Kos Akatosh kaal...aan avklipt Joor. : Sei il campione di Akatosh...una misera mortale.
 
Sahloknir, ziil gro dovah ulse: Sahloknir, il tuo spirito di drago risorge
 
Alduin, thuri! Boaan tiid vokriiha suleyksejun kruziik?: Alduin, mio signore. Un'Era è passata, non avevi forse distrutto il potere degli antichi re?
 
Geh, Sahloknir, kaali mir...: sì, Sahloknir, mio campione...
 
Ful, losei Dovahkiin?: così questo è il Dovahkiin?
 
Haflaas Mun, Haflaas Grohiik. Aan Senkjoor Dovahkiin: mezza umana, mezza lupa. Un Dovahkiin curioso.
 
Zu govey Paak vith sos, Dovahkiin!: toglierò la tua onta con il sangue, Dovahkiin!
 
Hin Mul, Dovahkiin...: sei forte, Dovahkiin...
 
Note dell'Autrice.
FINALMENTE! Ok, ci sono, ci sono davvero! Tra università e impegni vari ci ho messo tantissimo a pubblicare questo capitolo che, lo ammetto, a me piace moltissimo xD Ed è anche bello pieno. Qui troviamo una parte della storia di Baeron (credete forse che le domande su di lui siano finite?XD) e la comparsa di Sahloknir. Sì, è posticipata e leggermente modificata per un motivo: volevo che ci fosse questo mini-confronto tra Alduin e Iris, un faccia a faccia servito per creare paura, per sottovalutare la nostra protagonista. E poi volevo dare un po' di spazio ad Alduin, rendere almeno una parte di un carattere ambizioso, orgoglioso e soprattutto dominatore, abituato ad essere il primo, il migliore. Spero di esserci riuscita. Ah, i dialoghi in draconico. Non sono del tutto corretti, lo ammetto, ho trovato un ottimo traduttore (grazie Draghina <3) e spero di averli resi interessanti.
Per i flashback su Baeron: ho studiato l'idea del poveraccio torturato perché volevo rendere l'idea che non tutti i vampiri sono malvagi, non sono i cattivi della situazione, ecco. Ci sono i bastardi che vanno uccidendo gente a caso, ma anche vittime della loro condizione, o comunque persone tranquille, ecco. E le frasi del rituale funebre che prepara per il figlio e la moglie le ho prese da “Il Tredicesimo Guerriero”, film eccezionale, ho solo modificato la parte che dice "mi invitano a sedere con loro nella Sala degli Eroi", dato che nell'originale dice "mi invitano a sedere con loro nella sala del Valhalla", che poi sarebbe la stessa cosa, non so voi, ma Sovnegarde mi ricorda troppo il Valhalla xD Dunque, che ne pensate del passato di Baeron? Del combattimento? E come si metteranno le cose?
Come solito, leggete e saprete c:
Al prossimo capitolo,
Lady Phoenix

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Capitolo 30
*** Chapter XXIX- Last Dragon's coronation ***


Chapter XXIX
Last Dragon's incoronation
 
Quando arrivammo ad Ivarstead pioveva forte, tanto che ci era impossibile vedere a più di tre o quattro metri avanti a noi, e riuscimmo a raggiungere il piccolo paesino solo grazie alle indicazioni di un paio di sfortunate guardie poste a sorvegliare l'ingresso in città.
-Maledizione, siamo sicuri che Akatosh mi abbia scelta come campione?- mormorai a denti stretti, stringendomi il mantello addosso e cercando di ignorare i diversi dolori che ancora mi accompagnavano dopo la lotta con Sahloknir, avvenuta solo tre giorni prima.
-Oh, avanti, è da quando ha iniziato a piovere che ti sento borbottare e lamentarti, e tutto per un po' di pioggia!
-Tu non puzzi di cane bagnato quando piove...- gli feci notare -E poi questi ultimi giorni sono stati terribili. Non abbiamo avuto un attimo di tregua!
-Sei tu che non hai voluto riposare a Riverwood.- mi zittì Baeron, e sospirai per calmarmi.
-Non abbiamo tempo. Non ho tempo...- gli dissi, con tono stanco -Alduin ha riportato in vita quel drago sotto i miei occhi, non posso...
-Non puoi morire, non di stenti, almeno.
-Ma devo fare tutto ciò che è in mio potere per poterlo fermare prima che faccia male a qualcun altro.- ci avvicinammo alle stalle di Ivarstead per far riposare i cavalli -E non posso pensare che un solo giorno, una sola ora avrebbe potuto fare la differenza.- una volta che il tetto della stalla ci offrì riparo Baeron scese facilmente da cavallo, mentre io esitai a muovermi.
Il fianco e la schiena mi facevano male, per non parlare dei muscoli a pezzi, scendere da cavallo si prospettava peggio che sostenere quei giorni di marcia forzata.
-Iris?
-D-dammi...dammi un momento.- sussurrai.
Mi sentivo ridicola: erano anni che non provavo tanto dolore nello stare a cavallo, da quando ero entrata nei Compagni per essere precisi, ma era anche vero che non avevo mai sottoposto il mio corpo a sforzi simili, prima d'ora.
Le lunghe cavalcate del giorno si erano alternate alle trasformazioni notturne della Bestia, che usavo per andare in esplorazione e cercare di fiutare qualche traccia di draghi, o magari di Alduin stesso. Da quando Sahloknir aveva quasi ucciso mia madre, cacciare e scovare draghi era diventata un'ossessione. Finora non avevo trovato niente, ma lo sforzo fisico impiegato aveva richiesto un prezzo: essere un lupo mannaro e il Sangue di Drago non mi rendeva immortale, né invincibile, e il mio corpo aveva sopportato anche troppo per continuare a reggere il ritmo a cui l'avevo sottoposto. Il dolore ai muscoli, alle vecchie ferite era arrivato tutto insieme, cogliendomi di sorpresa ed indebolendomi come non mai. Dovevo riposare, senza dubbio.
-Ah, per Shor!- esclamò Baeron quando capì il problema -Vieni qui, non intendo stare sotto questa pioggia un minuto di più.- non appena spostai entrambe le gambe sul fianco destro del cavallo le mani del mago mi presero per i fianchi, aiutandomi a scendere e permettendomi di appoggiarmi alle sue spalle -Visto? Non è andata poi così male.- ricambiai appena il suo sorriso, ma quando lo sentii indugiare troppo nella sua presa mi allontanai borbottando un “grazie”.
Ancora avvolti nei mantelli entrammo nella taverna, e potei tirare un sospiro di sollievo che tuttavia non durò a lungo: il posto conservava i classici odori tipici di qualunque locanda come quello del cibo cotto, dell'idromele misto a birra e quello delle persone all'interno della struttura, buono o cattivo che fosse, ma in particolar modo mi colpì un odore che conoscevo fin troppo bene...
Odore di muschio, cuoio, cane bagnato: odore di lupo.
A causa della pioggia l'odore era più pungente che mai, e per i miei sensi normalmente sopra la media non ebbi problemi a seguire quella traccia fino alla sua fonte.
I lupi erano due, ed erano seduti in un tavolo più appartato rispetto al resto della locanda: uno era un ragazzo giovane, gli occhi azzurri erano appena coperti dai capelli castani, resi spettinati e umidi dalla pioggia. Il viso presentava appena un accenno di barba e non doveva avere più di venti, ventidue anni al massimo. Il suo sguardo di spostò su di me, rapido e curioso, doveva aver fiutato il mio odore come avevo fatto io, e il suo compagno fece lo stesso.
E fu proprio nel guardare lui, l'altro, che ebbi un tuffo al cuore.
Gli occhi di Vilkas mi colpirono come uno schiaffo, come avevano già fatto a Witherun, pochi mesi prima, ma stavolta entrambi sapevamo chi avevamo davanti e forse fu peggio, fece male vedere quell'aura di sorpresa e disagio che non mi sfuggì, e mi affrettai a distogliere lo sguardo per poi procedere con Baeron verso il bancone per prendere due stanze per la notte. La stanchezza ed il dolore erano spariti per lasciare posto ad una sgradevole sensazione di disagio ed inquietudine, misti a quel dannato aumento dei battiti del cuore.
Lasciai che fosse Baeron ad occuparsi delle camere, mentre la mia mente si perdeva in un groviglio di pensieri: per l'ennesima volta dovetti ricordarmi di non essere più una ragazzina e che non potevo continuare a rimpiangerlo, a ripensare a ciò che avevo volontariamente lasciato, ma accidenti! Come potevo restargli indifferente?
Gettai un'occhiata alle mie spalle, non potei farne a meno, e quando vidi che Vilkas mi stava ancora guardando mi affrettai a riportare lo sguardo su Baeron.
-Tutto a posto.
-Ottimo...- mormorai.
-Stai bene?- mi chiese, ed io annuii.
-Sì, è solo un po' di stanchezza. Domattina starò meglio.- mi ci sarebbe voluta una bella dormita per stare davvero bene, peccato che il sangue di Bestia mi negasse quella possibilità, avrei sognato la caccia come tutte le notti da tre anni a quella parte, ma almeno l'avrei fatto in un letto comodo e con un tetto sopra la testa.
-Possiamo sempre fermarci un giorno in più. Di certo Hrotgar Alto non scappa.
-No. Domattina io inizio la scalata, e lo farò con o senza di te.- l'uomo alzò gli occhi al cielo.
-Sarà la tua maledetta testardaggine ad ucciderti, non un drago.- sbuffai, nascondendo l'accenno di una risata.
-Molto probabile. Mangiamo?- un buon pasto avrebbe sicuramente reso migliore quella serata terribile, così ci dirigemmo verso il tavolo, ma nel farlo Baeron mi passò un braccio intorno alla vita, gesto che mi colse di sorpresa -Che stai facendo?- gli chiesi infatti.
-Sembri appena in grado di reggerti in piedi.- replicò lui.
-Ce la faccio benissimo.- replicai, anche se con meno asprezza di quanto avrei voluto, poi mi allontanai e feci per sedermi, ma nel farlo un'altra fitta di dolore mi fece bloccare e digrignare i denti dal dolore.
Appoggiai le mani sul tavolo di legno e mi sedetti lentamente, in un misto di frustrazione e ansia: erano anni che non provavo quel livello di dolore, da quando mi allenavo per diventare un Compagno, ma era anche vero che non avevo mai sfruttato la Bestia così intensamente.
-Ecco cosa intendeva dire Aela quando mi avvertì che sarei potuta crollare.- pensai.
-E tu avresti voluto iniziare la scalata stanotte?- mi fece notare Baeron, sedendosi a sua volta e appoggiando sulla panca il mantello zuppo, come feci anch'io.
-Taci, è solo qualche doloretto.
-Si può sapere che concezione hai del dolore? Cos'altro deve accadere perché tu ammetta di essere a pezzi?
-Ammetterlo non cambierebbe la situazione. Alduin...
-Alduin ti ha provocato e tu l'hai sconfitto. Hai ucciso Sahloknir.
-Già, ma metà Riverwood è andata distrutta e mia madre ha rischiato di morire.- rigirai con il cucchiaio di legno un po' di zuppa -Speriamo che i Barbagrigia parlino senza fare troppe storie, non so quanto la mia pazienza potrà reggere alle loro favolette.- feci una pausa -Sono rimasta un mese a farmi istruire, a seguire i loro insegnamenti e rispettare il loro stile di vita. E non mi hanno detto che bugie, sembra che sia una moda.- bevvi un sorso di birra.
-Se non vogliono parlare, allora costringili a farlo.- alzai un sopracciglio.
-E come?
-Ricorda loro chi sei e qual'è il tuo compito, se davvero dicono di essere i maestri allora fai in modo che te lo dimostrino.
-Più facile a dirlo che a farlo, sembrano così lontani dal mondo che...- mi interruppi quando notai che lo sguardo di Baeron non era più rivolto a me, ma alle mie spalle -Cosa stai guardando?
-Il tizio che ti sta fissando da quando siamo entrati. Anche se con molta discrezione.- mi colse di sorpresa, non credevo che se ne fosse accorto, ma cercai di non dare troppo peso alla cosa, almeno esternamente.
-Lascia che guardi.- replicai infatti, cercando di mantenere un tono più indifferente possibile, ma Baeron non distoglieva lo sguardo, e l'istinto mi disse che Vilkas stava facendo altrettanto, così mi affrettai a mollare al mago un calcio che riportò la sua attenzione su di me -Smettila.- gli dissi.
-Non ho fatto nulla.
-E vedi di continuare a non farlo.- replicai, la cosa di cui avevo meno bisogno era un immotivato attacco di gelosia che non avrebbe fatto altro che confondermi ed infastidirmi.
La cena procedette tranquillamente, ma quando la locanda iniziò a svuotarsi, i miei sensi di lupo mi permisero di cogliere qualche frammento di conversazione tra i pochi tavoli rimasti, tra i quali quello di Vilkas e il ragazzo con lui.
-Falla finita, ho detto.- disse il Compagno più anziano, il suo classico tono antipatico, per capirci.
-Ho solo chiesto se è le...- un ringhio sommesso ebbe il potere di zittire il più giovane, ma solo per un momento, non sembrava un tipo da farsi intimidire facilmente -E comunque non è bella come la mia Nedylin.
-Bah...
-Sì, fai pure “bah!”, ma intanto stai guardando la tua principessa da quando è entrata.- a quelle parole, non sicura di essere la diretta interessata ma sperandolo, mi alzai, cogliendo di sorpresa Baeron.
-Che ti prende?
-Devo uscire.
-Cosa? Ma sei appena entrata.
-E allora?- mi resi conto di averlo aggredito -Ho bisogno di stare un po' per conto mio.- i muscoli mi diedero altre fitte di dolore mentre scavalcavo la panca con ben poca grazia e raggiungevo la porta, chiudendomela alle spalle.
Finalmente la pioggia era calata d'intensità, ma faceva comunque più freddo e rimpiansi di non aver preso il mantello...poi ricordai che sarebbe stato comunque inutile, era ancora zuppo per l'acquazzone di un paio d'ore prima, perciò non sarebbe cambiato nulla.
E comunque non se ne parlava proprio di rientrare.
Mi sporsi appena sotto il portico e mi appoggiai alla colonna di legno umido, alzando lo sguardo al cielo dove nuvoloni scuri coprivano il cielo notturno, quasi a voler riflettere il mio umore nero.
Avrei voluto trasformarmi di nuovo per lasciar correre la Bestia e provare l'ebbrezza della caccia, ma non osai farlo vicino un centro così trafficato come Ivarstead e soprattutto non con il mio corpo a pezzi, in grado di tremare dallo sforzo per qualsiasi piccolo movimento. Ma niente, nemmeno le ferite, potevano impedirmi di passeggiare.
Mi lasciai la città alle spalle, ignorando gli sguardi perplessi delle guardie ed i loro sussurri: le voci sulla mia identità come Sangue di Drago iniziavano a diffondersi in tutta Skyrim, e sebbene girassero molte ipotesi (tra le quali che in realtà fossi un uomo, un vero Nord come dicevano le leggende) la verità andava imponendosi, lentamente, con discrezione, ma inesorabilmente e mi era già capitato di venir osservata con aspettativa e timore.
Finalmente, approfittai di un po' di solitudine per sedermi sotto un albero le cui fronde mi avrebbero protetto dalla pioggia leggera, anche se oramai inutile, ero già fradicia.
Incrociai le braccia e, legato al mio polso, vidi il nastro di stoffa con cui di solito mi legavo i capelli, che in quel momento tenevo sciolti e disordinati a causa del viaggio e del brutto tempo, e mi ritrovai a fissarlo: ce l'avevo da anni oramai, tanto che quello che all'inizio doveva essere un marrone scuro era scolorito in diversi punti, sfilacciato e sciupato, eppure non riuscivo a separarmene, uno dei miei pochi e discreti collegamenti con Jorrvaskr, con la vita che facevo lì.
Se fossi rimasta, a quest'ora sarei stata Precursore. Avrei valutato io stessa l'entrata nel gruppo di quel giovane che accompagnava Vilkas, vederlo entrare a far parte del Circolo, avrei partecipato alla vita che avevo bramato da ragazza e forse avrei potuto stare ancora al suo fianco.
Invece il Destino, o chi per lui, aveva pensato a qualcosa di diverso per me: avevo sognato la gloria, ma non avrei mai creduto di poterne ricevere e temere una così grande.
Alzai il volto all'improvviso, percependo il suo odore, e quando Vilkas fu finalmente visibile i nostri sguardi si incrociarono, facendomi provare la classica fitta al cuore, una fitta piacevole ma dolorosa al tempo stesso.
Distolsi gli occhi rapidamente credendo che lui avrebbe fatto lo stesso e se ne sarebbe andato, perciò mi stupii quando lo sentii parlare.
-Chiacchiera troppo.- disse all'improvviso, e non ci misi molto a capire che si stava riferendo al ragazzo che lo accompagnava -È più facile frenare Farkas a mani nude che chiudergli quella dannata bocca.
-Non fa niente.- replicai in un sussurro sicura che, nonostante la distanza, Vilkas mi avrebbe sentito, poi aggiunsi -Sei venuto fin qui per dirmi questo?- lo sentii muoversi a disagio per poi rispondere con un grugnito sommesso che mi fece inevitabilmente sorridere.
Ma l'aria era pesante tra noi, il silenzio solo un telo per nascondere chissà quante parole non dette, fitto ma in procinto di squarciarsi.
Pochi secondi dopo lo sentii sospirare e presto il rumore dei suoi passi mi fece capire che aveva intenzione di allontanarsi. Ma...
-Resta.- gli dissi -Ti prego...- deglutii, a disagio nell'udire un tono che non mi apparteneva, che non sentivo da tempo e che lo colse di sorpresa, ma alla fine lo sentii fermarsi.
Sollevai lo sguardo su di lui, incapace di decifrare il suo, ma il tono di voce non fu altrettanto enigmatico: tradiva diffidenza e astio.
-Non vorrei che il tuo uomo si facesse un'idea sbagliata.- oh, sì, ovviamente non potevo tralasciare una velenosa ma leggerissima vena di sarcasmo.
-Non è il mio uomo.- replicai, quasi avessi fretta di mettere in chiaro le cose -Siamo solo compagni di viaggio e niente più.- e poi non avevo alcun motivo per giustificarmi con lui, dopotutto.
-Allora perché sento il suo odore su di te, come un marchio?- arrossii di sorpresa ed imbarazzo sotto il suo sguardo inquisitore.
In quegli ultimi giorni, Baeron si era avvicinato a me, senza fare niente in particolare, non aveva più provato a sedurmi da quella volta, eppure gli concedevo di dormirmi accanto, di sfiorarmi il braccio mentre camminavamo, spesso lo sorprendevo a guardarmi o sorridermi...e il desiderio che avevo represso per lui diventava sempre più prepotente.
Deglutii ed indurii la mia espressione.
-Passiamo molto tempo insieme, cosa pretendi? E poi non devo giustificarmi con te.- ecco, mi stavo di nuovo mettendo sulla difensiva, stavo di nuovo sbagliando tutto.
-Sei tu che mi hai chiesto di restare.- il nostro orgoglio era stata la nostra rovina, e nessuno dei due sembrava voler cambiare.
-Sei tu che mi hai chiesto di Baeron!- lo vidi storcere il naso al nome del mago, e non potei non pensare all'assurdità di quella situazione.
-Lasciamo perdere.- disse lui all'improvviso, dandomi le spalle, ma stavolta io reagii, correndo verso di lui e sorpassandolo per poterlo guardare in faccia.
-No, non lasciamo perdere.- replicai, tirando fuori tutta la faccia tosta che avevo -Dici che sono io a scappare, ma tu non sei meglio di me.- le sopracciglia scure si accigliarono, dandogli un'espressione furiosa, ma non mi lasciai intimidire -Mi parli come se ti avessi...- feci una pausa rapidissima -Come se ti avessi tradito, ma quella notte sei stato tu a dirmi di andarmene!
-Non provare a darmi la colpa, tu hai scelto di andare via!
-Ma tu non hai cercato nemmeno di fermarmi!- mi accorsi che stavo urlando -Dici che me ne sono andata, che sono scappata e che non ho avuto il coraggio di dirti nulla, ma te non ci hai nemmeno provato, non hai pensato a...- non avevo previsto la sua reazione.
Mi interruppi quando lui avanzò, prendendomi per i polsi e spingendomi verso l'albero a noi vicino, troneggiandomi con la sua stazza.
Lo scatto e la sua espressione arrabbiata mi ricordarono dolorosamente la sera in cui me n'ero andata.
-Non provare a rimproverarmi! Non ne hai diritto! Cosa avrei dovuto fare? Piangere e pregarti di rimanere? No, non l'ho fatto e non lo farò mai. Mi rifiuto di mandare nell'Oblivion il mio orgoglio per te.
-Allora vai a farti fottere insieme al tuo orgoglio, per quel che mi riguarda!- cercai di spingerlo via, ma con mia sorpresa lui oppose resistenza -Lasciami..- non lo fece.
Anzi, sentii la sua presa farsi più forte e dolorosa.
-Vilkas, mi stai facendo male!- alla mia esclamazione di dolore il Compagno allentò la presa, quasi spaventato, ma non mi lasciò andare a dispetto della mia richiesta, finché smisi di insistere e ripiombò il silenzio.
-Perché sei tornata?- mi chiese all'improvviso.
Feci per rispondere, ma non era una domanda per me, quanto per se stesso, e tacqui, lasciando che continuasse.
-Andava tutto dannatamente meglio, prima! Poi però sei riapparsa, quella volta a Whiterun...- tutte le volte che mi trovavo vicina a lui mi sentivo terribilmente piccola, quelle grandi mani che mi avevano accarezzata tante volte mentre facevamo l'amore, avrebbero potuto farmi male con la stessa facilità se solo avessero voluto.
Ma non l'avrebbero fatto. Non era tanto la rabbia quanto il dolore a guidarlo nei suoi gesti, nelle sue parole, un dolore causato da me.
-Non era mia intenzione tornare.- replicai, senza osare guardarlo, tenendo gli occhi fissi sulle punte dei miei stivali -Non...
-Lo so, l'hai già detto. Mi hai già detto che non eri tornata per me.- mi morsi il labbro inferiore con forza -Saresti rimasta lontana per sempre, se solo avessi potuto.- non era una domanda, era una constatazione -E anche adesso, hai scelto di farlo. Questa storia del Sangue di Drago non ti ha cambiata.
-L'hai detto tu.- replicai, trovando il coraggio di guardarlo e di parlare -Io ti ho perso. Non avevo motivo per cui restare, che senso avrebbe avuto?!- mi accorsi si essere esasperata, oramai, mentre attingevo a tutta la mia forza per non piangere, non davanti a lui.
Un ringhio sommesso gli sfuggì dalle labbra contratte in una smorfia, e quando mi guardo vidi passare un lampo dorate nei suoi occhi azzurri.
La Bestia in me sembrò tremare di impazienza, eccitata di trovare un altro simile, ma riuscii a reprimerla abbastanza facilmente, presa da un problema più grande e differente da lei.
-Quanto sei stupida...- disse.
Mi accorsi che si era avvicinato ancora di più, che le sue mani, ora appoggiate ai lati della mia testa sulla corteccia dell'albero, si erano fatte più vicine, braccandomi di più, ancora di più.
-È così dannatamente difficile... Tutto è difficile con te!- si stava facendo più vicino, mentre negli occhi gli leggevo un desiderio rabbioso che iniziava a coinvolgere anche me, ma non osavo muovermi.
-Non è detto...che debba essere sempre tutto difficile.- mormorai, mentre il cuore mi batteva all'impazzata.
Lo sentii venire più vicino, così tanto che la casacca da lui indossata aderì del tutto al bustino della mia armatura di cuoio. Distolsi lo sguardo, ma non feci niente per allontanare il Nord da me.
-Tu dici?- la sua voce era così lieve che la udii a malapena mentre era sempre più vicino, così tanto da poter sentire il suo respiro sul volto mentre una mano si staccò dall'albero per scansarmi appena i capelli dal collo, dalla spalla ed avvicinarvi la bocca.
Credo che in quel momento non stessi nemmeno respirando.
Piano, mi mossi. Allungai le braccia verso di lui e gli circondai la vita mentre la sua bocca si posava sulla mia pelle, facendomi rabbrividire. La pioggia che ancora continuava a cadere, lieve, doveva rendere l'aria fredda, eppure mi sentivo calda, un calore quasi insopportabile che oramai avevo imparato a riconoscere come desiderio.
-Vilkas...- mormorai contro il suo orecchio, la voce languida e sentii la sua eccitazione crescere e premere contro di me, accompagnata dal suo respiro roco.
Mi strinsi a lui ancora di più, mentre la sua bocca si schiudeva e iniziava a lambire appena, con i denti, la mia pelle. Gemetti e lo chiamai di nuovo, con più foga, più desiderio...
Fu come rivivere il giorno del nostro primo bacio, quella volta nel bosco, quando si era separato da me, credendo di avermi spaventata: Vilkas si irrigidì e mi guardò, ma lo fece in un modo che trasformò il calore piacevole che provavo in puro gelo.
-No.- disse solo, scuotendo appena la testa -No...
-Vilkas, perché?- gli chiesi, incredula, confusa e ferita.
Si liberò dalla mia presa e glielo lasciai fare senza opporre resistenza, anche se non capivo, non riuscivo a capire.
-Perché non ci casco di nuovo.- le parole che stavano per uscire dalla mia bocca si bloccarono e sentii lo stomaco contorcersi.
-Come?- chiedi, credendo di non aver capito bene -Non...che significa non ci caschi?
-Non puoi tornare e pretendere che sia tutto come prima. E anche se fosse chi mi dice che non scapperesti di nuovo? Come hai già fatto?
-Io...non ho mai preteso niente del genere.- dissi, sincera, poi strinsi i pugni -Ho già detto che non voglio più scappare, ma a quanto pare sei tu, adesso, a fuggire. E lo fai quando manca così poco per poterci avvicinare di nuovo, dicendo che...che non ci caschi.- inspirai -Ne parli come se ti stessi ingannando, come se ti avessi preso in giro. E non provare a dire che è così.- lo zittii quando fece per prendere parola -Ho sbagliato, solo i Divini sanno quanto ho sbagliato ad andarmene, a mentirti! Ho sbagliato a non dirti degli Incubi, di Olava...
-Olava?- mi interruppe -Sei andata da quella...fattucchiera?- mi chiese, l'espressione che tradiva incredulità e disprezzo.
Deglutii, ma non abbassai lo sguardo.
-Gli incubi si facevano più frequenti.- dissi solo -E sempre più veri. Ho chiesto in giro e mi hanno detto che Olava avrebbe potuto aiutarmi.
-E rivolgerti alla tua famiglia? Rivolgerti a me?- scossi la testa, senza rispondere e continuai a parlare, credendo che se mi fossi fermata non avrei più affrontato il discorso.
-Quando sono andata da lei mi ha preso la mano...e credo che già allora avesse visto il mio futuro. Un futuro dove ci sarebbero stati fuoco e sangue, un futuro che avrebbe coinvolto anche le persone a cui volevo bene. Io non potevo rischiare...- deglutii e continuai -E tu non mi avresti lasciato andare. Nessuno di voi l'avrebbe fatto.
-Certo che non l'avrei fatto!- esclamò Vilkas, tradendo un gesto di stizza ed impazienza -Non ti avrei permesso di affrontare questa cosa da sola, mai.- si passò le mani tra i capelli bagnati facendo qualche passo, cercando di calmare la rabbia che andava crescendo -Cosa ho fatto perché non ti fidassi di me?- si avvicinò all'albero più vicino e diede un pugno sulla corteccia.
Nonostante la pianta non avesse nemmeno tremato non potei fare a meno di sobbalzare tanto l'aria era carica di tensione.
-Io mi fidavo di te...- gli assicurai, avvicinandomi e mettendogli una mano sul braccio -Non ho mai dubitato di te, davvero. Non avrei mai potuto...- distolsi un attimo lo sguardo, un lampo di imbarazzo puerile che non riuscivo ancora a domare in sua presenza -Non avrei mai potuto fare l'amore con te se fosse stato altrimenti.
-Forse prima era così. Anzi, sicuramente lo era.- si allontanò da me, il braccio sfuggì alla mia presa -Ma ora è diverso.- fece una pausa -L'uomo che è con te...
-Ancora lui?- gli chiesi, ora spazientita, poi un terribile dubbio mi fece trattenere il fiato -Vilkas...dimmi che non hai fatto tutto questo per una semplice gelosia.- era una domanda pericolosa, lo sapevo, e vidi i suoi occhi brillare di nuovo di quel lampo dorato dettato dall'ira, dall'indignazione.
-Come puoi credere una cosa simile?- alzò la voce, ma non mi lasciai intimorire, avevo bisogno di fare quella domanda, di sapere la verità, anche se questo significava vederlo arrabbiato e ringhiante.
Le Bestie si agitarono, percependo l'una la rabbia o l'inquietudine dell'altra, ma quella era una questione in cui il lupo non poteva e non doveva intervenire.
-Come puoi pensare che l'abbia fatto per una ripicca quando io t...- si bloccò, di nuovo, e mi guardò, poi mi diede le spalle (ancora, di nuovo!) e si allontanò.
-Dove vai?- gli chiesi, il cuore in tumulto per quella frase non finita.
-Me ne vado.
-Finisci la frase.- gli dissi, il tono che trasudava un vero e proprio ordine mentre facevo qualche passo avanti a mia volta.
-Non ha importanza...
-Finiscila!- mi accorsi che la mia voce tradiva paura in quel momento, paura che quello sarebbe stato il nostro ultimo confronto, che se ne stava andando davvero, stavolta.
Lui non si fermò, né si girò verso di me, e dovetti deglutire per far sì che la voce risultasse comunque ferma.
-Vilkas!- gli gridai, lasciando uscire la mia paura, la mia rabbia in quel grido -Sappi solo una cosa: se non finisci quella maledetta frase sarai tu a perdermi per sempre, stavolta!- lo misi con le spalle al muro e questo lo fece finalmente voltare a guardarmi, sorpreso ed inquieto, ma non si mosse.
Restammo immobili, sotto quella dannata pioggia, per un tempo che parve infinito, poi lo vidi distogliere lo sguardo, fiero ed impassibile come sempre, e darmi di nuovo le spalle, sparendo dalla mia vita.
Il mondo mi crollò addosso.
Mi portai una mano alla bocca ed indietreggiai di nuovo, finendo con la schiena contro quello stesso albero che fino a poco prima era stato testimone di un attimo di follia e di passione repressa, e rimasi a fissare il vuoto a lungo, realizzando che ancora una volta Vilkas era stato capace di farmi del male senza nemmeno parlare. Lui era il mio punto debole, il nervo scoperto, la ferita infettata e sanguinante, che continuava a causarmi da dolore da troppo tempo.
-È l'ultima volta.- pensai, alzando il viso lentamente, chiudendo gli occhi per permettere che le piccole gocce d'acqua tra le ciglia cadessero insieme alle lacrime silenziose che non ero riuscita a trattenere -È l'ultima volta.- ripetei in un sussurro, quasi lui fosse ancora lì e potesse udirmi.
Mi asciugai gli occhi, in silenzio e priva di espressione, poi tornai alla locanda.
Avevo chiuso con Vilkas, con ciò che avevo provato e che continuavo a provare anche in quel momento. Avevo cercato di sistemare le cose, di avvicinarmi lentamente, ma stavolta era stato lui ad avermi lasciata andare.
Perciò decisi che quella sarebbe stata l'ultima volta che mi avrebbe arrecato dolore. Il mio cuore, per lui, si sarebbe chiuso.
 
Mi ero chiusa nella mia stanza, una volta tornata, e Baeron doveva aver fatto lo stesso dato che non vidi nessuno nell'atrio della taverna, e Vilkas doveva essere ancora fuori, per fortuna. Nel letto, mi rigiravo, incapace di dormire, come tutte le notti, ma stavolta non era certo colpa degli incubi di Hircine. Anche senza la maledizione della Bestia non avrei mai potuto chiudere occhio mentre l'incontro con Vilkas continuava a tormentarmi, ancora e ancora, come un coltello in una ferita aperta.
Mi tirai su di scatto e mi presi il viso tra le mani. Covavo una rabbia ed un rimpianto tali da farmi rigirare, insonne, tra quelle coperte troppo fredde, incapace di trovare riposo.
E capii cosa volevo fare.
Mi tolsi la coperta di dosso, quasi rabbiosa, poi mi alzai incurante di essere in camicia e piedi nudi ed aprii la porta della mia stanza, sbirciando. L'atrio era deserto e lo attraversai senza problemi più silenziosamente che potei, pur senza rinunciare ad un passo rapido, acquistato in anni di caccia e allenamento, e quando arrivai alla stanza di Baeron abbassai la maniglia. La porta era aperta e la spinsi senza fare rumore, ed altrettanto silenziosamente la chiusi alle mie spalle, guardando l'uomo che dormiva sul letto. La coperta gli arrivava alle spalle, le braccia stavano fuori, appoggiate alla stoffa e mi fecero capire che dormiva a torso nudo. Mi avvicinai lentamente, mordendomi appena il labbro inferiore: non avevo mai fatto una cosa del genere prima d'ora. Molte volte, durante la nostra relazione, mi ero introdotta in camera di Vilkas, ma quella era una situazione ed una vita diversa, non avrei nemmeno dovuto fare il paragone.
Allungai una mano lentamente, verso il viso disteso dal sonno, ma quando feci per sfiorargli la guancia con le dita la presa ferrea di Baeron sul mio polso mi fece sobbalzare mentre lui apriva gli occhi di scatto. Doveva avere il sonno più leggero di quel che avevo pensato.
-Iris, sei tu!- disse, sorpreso, ed io annuii.
-Mi dispiace di averti spaventato.
-Figurati.- mi lasciò il polso e tirò su il busto, mettendosi a sedere e guardandomi attentamente -È successo qualcosa?- chiese infatti dopo un po'.
Scossi la testa, a capo chino, improvvisamente vergognosa, ma la mano di lui sotto il mento mi invitò, delicatamente, ad alzare gli occhi per poterlo guardare, e finalmente parlai.
-Sono qui...- avevo improvvisamente la gola secca -Per...il nostro conto in sospeso.- non sapevo come definire quel momento che ci aveva uniti, per qualche minuto, e che avevo cercato di tenere lontano, invano.
Tutto sembrava condurre lì, tra le braccia di Baeron, un uomo che aveva dichiarato di desiderarmi e di tenere a me, un uomo che desideravo anche io, ora più che mai mentre gli parlavo con un tono basso e languido che non credevo di possedere.
Lessi la consapevolezza farsi largo nei suoi occhi, ma ancora non osò dire o fare niente.
-Baeron?- lo chiamai.
-È che...sono sorpreso.- ammise, passandosi una mano tra i capelli arruffati -Cosa ti ha fatto cambiare idea?- seppellii l'immagine di Vilkas, anzi la scacciai, ripensando alla promessa che mi ero fatta.
-Non ho più paura.- gli dissi -Voglio andare avanti. Credo...di essere pronta.- ammisi, ed era vero.
Forse non nel modo più corretto, non nel modo in cui avrebbe voluto, ma volevo davvero andare avanti e sperai che anche lui volesse, che mi volesse ancora, perché avevo un tremendo bisogno di sentirlo su di me, in me, di voler mettere da parte una ferita che mi avrebbe fatto male a lungo, ma che almeno avrebbe smesso di sanguinare.
Baeron,che mi aveva ascoltato attentamente senza nemmeno staccarmi gli occhi di dosso, mi prese delicatamente per il polso e mi fece sedere accanto a sé.
-Sappiamo entrambi che è successo qualcosa, ma non ti chiederò niente.- disse, serissimo -Non voglio solo sesso da te, ma so che stanotte non mi concederai niente di più.- mi lasciò e le sue mani mi presero il viso, sfiorandomi le labbra con il pollice della destra, un gesto che fece tremare il mio respiro -Qualunque sia la tua ferita, la guarirò con il tempo.- deglutii e afferrai con entrambe le mani la sua sinistra, inclinando appena la testa verso di essa, per averla ancora più vicina -Per ora mi sta bene, ma non mi accontenterò di averti a metà.- lo guardai a lungo, poi mi alzai in piedi, sottraendomi lentamente alla sua presa, e senza dire una parola tirai il laccio della camicia da notte, lasciando che la stoffa scorresse fino alle spalle e cadesse con il resto dell'indumento. Un piccolo tonfo, inesistente per l'udito umano, discreto per il mio, e mi ritrovai nuda avanti a lui.
Gli permisi di guardarmi come più volesse, impaziente e ansiosa davanti ai suoi occhi, del tutto vulnerabile, poi lui si allungò verso di me, prendendomi per i fianchi e posando un bacio sul mio ventre, facendomi chiudere gli occhi e piegare la testa all'indietro quando quelle labbra iniziarono a scendere più giù, disegnando la linea del corpo...
Quello fu l'inizio della notte che passammo insieme. Feci l'amore con lui con trasporto, beandomi del suo corpo nudo ed accaldato da un desiderio che mi ricoprì, caldo come il fuoco, impetuoso come un temporale. Scacciai quegli occhi azzurri che non potei fare a meno di sentire sulla mia pelle nuda, accusatori.
-Non mi interessa più di te.- pensai -Io non ho più bisogno di te.- mi concentrai su Baeron, sul fatto che non avevo mai fatto l'amore così con nessuno, prima di allora, non con questa passione, non con questa rabbia, ma mi piacque.
Mi piacque quando baciò ogni parte del mio corpo, mi piacque quando nei momenti di maggiore ed improvviso piacere gli graffiai la schiena, mi piacque quando mi misi sopra di lui e lo lasciai scivolare in me, con un gemito che trattenni mordendomi con forza il labbro inferiore.
-No.- sussurrò Baeron con voce roca, le dita affondate nella carne dei miei fianchi, mentre mi muovevo sopra di lui -Non trattenerti...- aprii gli occhi appannati dal desiderio, trovandomi ricambiata, uno sguardo così intenso e caldo che ebbe il potere di farmi rabbrividire e che mi condusse al limite in quella notte in cui chiusi il mio cuore e il mio passato dentro di me, per lasciar posto ad una passione forte quanto incerta.
Non lo amavo, non come amavo Vilkas, come avrei smesso di amare Vilkas, ma lui era diverso dagli altri: lui conosceva lati di me oscuri a gran parte del mondo, ero il Dovahkiin, ero il Sangue di Drago, ma ero anche una donna con dei segreti e dei peccati, diversi dai suoi, ma altrettanto pesanti da portare. Forse fu proprio quel piccolo spiraglio di oscurità, di errore che ci portavamo dentro a renderlo così affine, così perfetto per ricambiare i miei bisogni e desideri che per una notte mi diedero la pace che cercavo.
 
Due mesi.
Erano passati due mesi da quando avevo lasciato Hrotgar Alto, ma la serie di eventi che mi avevano coinvolta faceva sembrare quel periodo un'eternità. Al monastero era iniziata la mia storia come Dovahkiin, ma c'erano stati troppi misteri che, quelli che si ritenevano miei maestri e guide, mi avevano tenuto nascoste troppe cose e non non avrei permesso loro di farlo, questa volta.
-Come fanno a vivere qui?- mi chiese Baeron, stringendo il mantello di pelliccia addosso, ed io feci altrettanto.
-Ammetto che è peggio di quel che ricordassi.- dissi, coprendomi di più il volto con il cappuccio, avanzando davanti al mago -Possibile che qui ci sia sempre la bufera?
-Sempre?
-D'accordo, quasi sempre.- abbozzai un sorriso rapidissimo prima di tornar seria e continuare la scalata, esausta ma oramai sicura di essere vicina -Almeno nel monastero non avremo la neve negli occhi.
-E tu hai fatto questa scalata da sola?
-La prima volta è la peggio...- mi interruppi, inciampando tra la neve a causa di una pietra nascosta, ma l'intervento di Baeron evitò una rovinosa e fatale caduta.
-Stai bene?- annuii, ancora stretta a lui mentre cercavo di placare la paura che per un attimo mi aveva gelato le membra all'idea di poter cadere, poi mi scostai.
-Sì...è solo che odio questa montagna.
-Quanto manca per Hrotgar Alto?- mi chiese lui mentre riprendevamo a camminare.
-Poco...almeno spero.- sperai bene.
Un'ora dopo, la vista dell'antica struttura mi fece sospirare di sollievo e insieme a Baeron percorsi gli ultimi metri quasi di corsa, finché i portici della casa dei Barbagrigia non ci ripararono dal vento.
Tirammo un sospiro di sollievo.
-La parte difficile arriva adesso.- osservai, calandomi il cappuccio, guadagnandomi un'occhiataccia da parte del mago.
-Perché, questa era la parte facile?
-Prova a far parlare chiaramente i Barbagrigia e ne riparliamo.- misi la mano su uno dei portoni -Andiamo.- la porta si aprì cigolando, esattamente come la prima volta che ero entrata nel tempio e presto la severa e spartana struttura di Hrotgar Alto ci separò dalla tormenta che infuriava all'esterno, rinchiudendoci nell'isolata solennità della struttura.
-È incredibile...- mormorò Baeron, ma l'eco mi permise di udire bene la sua voce -Ho sentito parlare così tanto di questo posto, da bambino, ma non credevo che vi avrei mai messo piede.
-Lo so.- ammisi -Anche a me ha fatto questo effetto la prima volta che sono venuta qui, in uno dei luoghi ci cui mi parlava mio padre...- un passo leggero attirò la mia attenzione e, pochi attimi dopo, vidi i Barbagrigia comparire da un corridoio, silenziosi come spettri.
-Dovahkiin.- fu Arngeir, come solito, a prendere parola anche per gli altri, e mi accolse con un mite, stanco sorriso sul vecchio volto -Dopo quasi due lune varchi di nuovo la soglia della nostra casa. È bello saperti in vita e vittoriosa.
-Cosa vi fa pensare che abbia avuto successo, maestro?
-La tua è un'anima inquieta ed orgogliosa, Dovahkiin, non saresti mai tornata senza ciò che ti avevamo chiesto.- non nascosi la sorpresa, ma mi ripromisi di non lasciarmi intimidire o fuorviare per questo, ero lì per delle vere risposte, e stavolta non avrei fallito -Ma puoi sempre dimostrare che sbaglio: hai qui con te il Corno o no?- dalla bisaccia estrassi l'oggetto e lo porsi al vecchio, che con mano ferma lo prese, pur tradendo una certa emozione che coinvolse tutti i Barbagrigia, spingendoli a chiudersi a semicerchio intorno al Corno, ora privo del panno: l'oggetto era vecchissimo, aveva perso tutto il lucido e lo splendore che poteva aver avuto nel passato nell'abbraccio privo di pietà del tempo, e l'avrei scambiato per un oggetto comune se non fosse stato per i simboli in una strana lingua, credo draconico, che erano incisi su esso.
-Dovahkiin, la tua prova è compiuta. Hai dimostrato di essere davvero degna di questo nome. Sarai sempre la benvenuta a Hrotgar Alto e se dovessi aver bisogno di noi...
-A dir la verità sono tornata anche per questo.- lo interruppi, rapida come un serpente ad afferrare quell'occasione, e Arngeir non mi interruppe, né prese parola -Devo assolutamente apprendere un urlo.- la richiesta sembrò stupirlo.
-Molto bene, Sangue di Drago. Ma non capisco perché tu ci abbia chiesto una cosa tanto ovvia.
-Beh, maestro, questo è un urlo un po' particolare. Un urlo che già una volta è stato usato per salvare questo mondo contro un drago in particolare.- vidi la consapevolezza brillare nei suoi occhi al pari di un lampo, ma non gli diedi il tempo di aprir bocca -Sto parlando dello stesso urlo usato per sconfiggere Alduin.- Arngeir sobbalzò e gli altri tre Barbagrigia non riuscirono a trattenere esclamazioni di sgomento.
Sentii Hrotgar Alto tremare e Baeron agitarsi dietro di me, me né io né lui dicemmo niente. I tre si affrettarono a tacere e lasciarono che fosse il loro fratello portavoce a parlare anche per loro.
-Come...come fai a saperlo? Con chi hai parlato?- mi accorsi che il tono si era fatto incalzante e preoccupato.
-Ha qualche importanza?- chiesi.
-Sì. In faccende di tale serietà dobbiamo sapere da che parte stai.- assottigliai gli occhi.
-Sono state le Blade ad aiutarmi.- vidi un lampo di astio passare negli occhi del vecchio, un astio che mi colpì molto, forse perché ero così abituata a vedere i Barbagrigia estraniati dal mondo che quasi non credevo potessero provare anche loro emozioni così umane come astio o rabbia...
-Ma certo...le Blade. Sono specializzati ad immischiarsi in affari che nemmeno comprendono. La loro arroganza non conosce limiti.- io e Baeron ci scambiammo un'occhiata -Hanno sempre cercato di allontanare il Sangue di Drago dalla via della Saggezza.- fece una pausa, e gli occhi neri mi guardarono con pacato, ma profondo rimprovero -Non ti abbiamo insegnato nulla? Preferisci davvero essere uno strumento nelle mani delle Blade, che ti userebbero per i loro scopi?- stavolta fui io ad arrabbiarmi, indignarmi per le loro parole.
-Io non sono il fantoccio di nessuno, è chiaro?- sussurrai a denti stretti -Le Blade mi stanno solo aiutando, non intendo farmi manovrare. E almeno loro non hanno segreti con me.- li vidi chiaramente guardarsi e vidi anche l'ansia nei loro occhi.
Mi chiesi se non avessero guardato oltre i miei occhi, trovandovi la Bestia sempre inquieta.
-Dovahkiin, ascolta...
-No, ascoltatemi voi!- lo interruppi -Sono venuta qui, rispondendo alla vostra chiamata, piena di domande e senza una risposta che fosse UNA, accidenti! Ho accettato tutte le vostre frasi su Kynareth, sull Voce, sono stata un'allieva esemplare. Vi ho rispettato e dato fiducia, e non ho battuto ciglio alla vostra richiesta di superare anche questa prova! Quando pensavate di darmi tutte le riposte?! Se non fosse stato per le Blade non avrei nemmeno saputo il nome di Alduin, né del mio ruolo in tutto questo! Quando pensavate di dirmi che il mio scopo era abbattere il figlio di Akatosh?
-Non è così, Sangue di Drago.- disse Arngeir, ora più cupo e deciso -La Voce non è un mezzo bellico per scatenare altra violenza, né la chiave della dominazione: essa è votata al Culto di Kynareth, e nient'altro.
-La Voce è l'unica cosa che può salvare il mondo dalle fauci di quel mondo.- sentii ancora la Bestia ringhiare, accompagnando e sostenendo la mia rabbia -Se non apprendo quell'Urlo il mondo verrà divorato!
-Così sia, se è stato deciso.- la sua risposta mi lasciò basita, e anche Baeron non riuscì a trattenere un moto di sorpresa.
-Non potete dire sul serio...- sussurrai -Non potete pensarlo davvero.
-Tutto ha un fine, Dovahkiin.- mi fece notare il vecchio -Così come un inizio ed uno sviluppo. È semplicemente il ciclo a cui niente può fuggire, un ciclo che noi accettiamo senza remore, perché è nell'ordine naturale delle cose.
-Me ne fotto dell'ordine!- esclamai alla fine -Non lascerò che una lucertola gigante distrugga il mondo quando è tutta la vita che vengo forzatamente preparata a difenderlo!- non avrei lasciato che Alduin trionfasse, non dopotutto ciò che mi era accaduto: ripensai a tutti i sogni che avevo fatto, alle notti insonni, alle paura, alle scelte, alle perdite che ero stata costretta ad accettare.
No, tutto questo non poteva finire in quel mondo, non senza combattere.
-Osserva un linguaggio adeguato al luogo in cui ti trovi, Sangue di Drago...
-Non osserverò un bel niente finché voi...
 
Arnegeir, inaak faal Dovahkiin wah zey. Il ek mindok, il ek doj. Hi mindok fos wah dreh
 
Le pareti del monastero tremarono.
Una voce potente e cavernosa le scosse fin nelle fondamenta. Io e Baeron ci guardammo intorno, cercando di trovare la fonte di quelle parole. Pensai ad un altro Barbagrigia, ad uno spirito, a tutto e niente, ammetto di aver pensato anche ad Alduin, in un attimo di paura e sgomento, ma quella voce calma non avrebbe mai potuto essere quella del Caduto, mentre i Barbagrigia si inginocchiarono di scatto, tutti insieme, chinando il capo e muovendo le labbra finché quelle parole scemarono lentamente, ricordando il rombo del tuono.
Arngeir, il più anziano dei quattro, fu l'ultimo a tornare in piedi, a gettare un'occhiata ai nostri volti sgomenti.
-Cosa è stato?- chiesi, deglutendo per evitare che la voce tremasse, ma il vecchio era lontano, voltato verso i suoi silenziosi fratelli.
-Tutto è cambiato.- sussurrò, e gli altri annuirono, sul viso un'espressione grave.
-Cosa è cambiato?- chiesi di nuovo, e il vecchio si girò, squadrandomi con i suoi occhi neri.
-Sei stata convocata, Dovahkiin.
-Convocata?
-Dal nostro maestro, il capo dei Barbagrigia. Il suo nome è Paarthurnax.- non ci stavo capendo niente.
-Paarthurnax? Vuol dire che c'è un altro Barbagrigia come voi?
-Non esattamente. Egli vive isolato, lontano persino da noi, sulla Gola del Mondo, in cima alla montagna. È la nostra guida e maestro, e raramente ci parla. Per te l'ha fatto.
-E cosa significa?
-Significa che ti accettato sotto la sua ala, e che è disposto ad insegnarti e guidarti in sentieri ancora più profondi e potenti della Via della Voce, ma per questo dovrai terminare la tua preparazione qui con noi.
-Non farò niente di tutto questo se non mi insegnerete l'Urlo che vi ho chiesto.- dissi subito.
-Non possiamo, Dovahkiin, e questo per un semplice motivo.- replicò il vecchio, ergendosi in tutta la sua figura nel tradire un barlume di determinazione e orgoglio tipici della sua razza Nord, indoli che doveva aver seppellito nella sua natura di Eremita che tornavano ora, lievi ma prepotenti, deciso più che mai a non farsi intimidire da me -Noi non conosciamo quell'Urlo.- sentii il cuore sprofondare.
-Come...come sarebbe a dire che non conoscete?
-Si chiama Squarcio del Drago, ma le sue parole ci sono sconosciute. Non rimpiangiamo questa perdita, nella Via della Voce non c'è posto per Squarcio del Drago.
-E perché? Cosa c'è di così terribile in questo urlo in grado di farvi tremare tutti come ragazzini alle prime armi?
-Non è paura la nostra, quanto prudenza. Squarcio del Drago fu creato da coloro che vissero sottomessi alla crudeltà del Culto del Drago di Alduin. Hanno vissuto tutta la loro vita odiando i draghi, ed in quest'urlo hanno trasferito tutta la loro rabbia ed il loro odio.
-E allora?
-Quando apprendi un Urlo, esso penetra in te in tutto il tuo essere. In un certo senso, TU diventi l'urlo. Vuoi forse dirmi che non ti senti più forte quando la Forza Inesorabile abbatte i tuoi nemici? O non ti senti parte del vento e delle tempeste quando lo Scatto Turbinante ti permette di cavalcare le correnti?- non risposi, non trovando niente per cui ribattere -Immaginavo.- Arngeir fece una pausa -Per apprendere ed utilizzare questo Urlo, dovresti far entrare questo male in te.- rimasi un attimo in silenzio, mordendomi con forza il labbro inferiore.
-Ma se non conoscete questo Urlo, allora come farò a sconfiggere Alduin? Non potete negarmi questa possibilità.
-E non ti sarà negata. Solo Paarthurnax può rispondere a questa domanda, se decide di farlo. Non ti resta che rispondere alla sua convocazione e vedere se lui...accetta di consegnarti questo pericoloso dono.
-Perché non l'ho mai incontrato né sentito nominare quando sono rimasta con voi due mesi?
-Non era il momento per te, Dovahkiin. Paarthurnax sa quando mostrarsi e quando evitare di farlo. Se non ti ha parlato prima, significa che non eri pronta. E che non lo sei, ancora.- una smorfia gli solcò il volto, accennando ancor di più la ragnatela di rughe sul suo viso -Ma grazie alle Blade, hai domande a cui solo Paarthurnax può rispondere.
-Hai detto che Paarthurnax vive sulla cima della Montagna, ma la strada finisce qui, a Hrotgar Alto. Come faccio a raggiungerla?
-Solo coloro la cui Voce è forte può superare la barriera dei Venti che divide Paarthurnax dal resto del mondo. Ti allenerai ulteriormente con noi, ma stavolta apprenderai ancora più velocemente.
-E come?
-L'urlo che ti permetterà di proseguire si chiama Cieli Limpidi. Esso è così complesso che ognuno di noi ne conosce solo una parola ciascuno, e Maestro Borri sta ancora cercando di Padroneggiare la propria.- vidi il vecchio chinare appena il capo, poi tornai a concentrarmi su Arngeir -Persino tu impiegheresti minimo una decina d'anni per apprendere Cieli Limpidi.
-Ma...io non ho tutto questo tempo, Arnegir, lo sapete.
-Sì, ed è qui che riceverai il primo Dono di Paarthurnax. L'investitura ufficiale a Sangue di Drago.- guardai Baeron per capire cosa fosse quella novità, ma quello scosse appena la testa per indicare che ne sapeva quanto me.
-Non stupirti, il tuo compagno non può sapere. È un'antica cerimonia che i Barbagrigia eseguono, donando la conoscenza della lingua draconica a tutti i Dovahkiin che accettano la loro guida.- non credevo alle mie orecchie.
-Vuol dire che...sarò in grado di capire la lingua dei draghi?
-Non del tutto. Non sei un drago puro, Dovahkiin, il suo sangue umano rende le tue orecchie e la tua mente troppo limitate per apprendere questa lingua, per quanto superiori a tutti noi, ma in qualche modo sarai più legata al mondo dei draghi e padroneggerai ancora di più parole che altrimenti limiterebbero il tuo cammino. E tra queste, Cieli Limpidi.
-Cos'ha di tanto potente Cieli Limpidi da richiedere tanto sforzo.
-Cos'ha? Essa è in grado di placare le tempeste e tutti i venti, scosta le nuvole, la pioggia, i fulmini, tutto ciò che dal cielo potrebbe ostacolarti, tu puoi scacciarlo.- rimasi a bocca aperta, e mi riscossi solo quando l'eremita prese parola -Seguimi, Dovahkiin.
-Dove?
-Lì, al centro della stanza. La tua investitura avviene qui e ora, se sei pronta.- annuii -Bene. Allora dì al tuo compagno di restare indietro. Sarà un rito difficile, pochi sopportano la voce dei Barbagrigia senza crollare, ma ce la farai.- guardai Baeron e lui, la mano sulla mia schiena in modo da non spingermi, ma nemmeno di trattenermi, annuì appena con il capo, sulle labbra un accenno di sorriso incoraggiante, così lieve da essere quasi invisibile, poi mi voltai e mi posizionai al centro dei quattro Barbagrigia.
-Cosa mi succederà?- chiesi allora, senza riuscire a contenere una certa emozione.
-Non lo sappiamo, Dovahkiin. Non abbiamo mai subito questa cerimonia, nessuno di noi ne è degno. Ma nessuno resta più lo stesso, dopo questo passo.- chiusi gli occhi.
-Sono pronta.
Avvenne all'improvviso.
 
Lingrah krosis saraan Strundu'ul, voth nid balaan klov praan nau.
 
Una corona insanguinata è abbandonata sul pavimento. Nonostante la stanza sia scura e che l'unica luce disponibile illumini esclusivamente l'oggetto, c'è una tempesta in essa, che le fa lacrimare gli occhi e tremare di freddo. Le dita sono gelate e rigide.
 
La voce di Barbagrigia mi investì potente come una tempesta, forte e pesante come una montagna. Sentii il fiato mancare, come se l'aria si stringesse intorno a me senza riuscire ad abbattermi del tutto, ero come stretta tra due pareti che si stavano ulteriormente avvicinando.
 
Naal Thu'umu, mu ofan nii nu, Dovahkiin, naal suleyk do Kaan, naal suleyk do Shor, ahrk naal suleyk do Atmorasewuth.
 
Delle mani raccolgono la corona. Seguendo con lo sguardo quella figura, essa conduce ad un uomo il cui volto è coperto dal cappuccio, e solo le labbra si intravedono. Alle sue spalle due figure, un uomo ed una donna. La donna ricorda una sacerdotessa, la lunga veste le lascia scoperte le spalle e gli occhi, uno verde ed uno azzurro, la guardano severa. Ai suoi piedi un lupo selvatico, un cucciolo di orso, una tigre dai denti a sciabola che, placidi, attendono un suo comando, nella mano destra un'ampolla che sembra contenere gli stessi venti. L'uomo invece è un guerriero con i capelli lunghi, una grande ascia sulla schiena a numerose cicatrici. Sta a braccia incrociate, fissandola con quel cipiglio battagliero che lo rende temibile ad ogni nemico mentre i cancelli del suo regno attendono ogni guerriero valoroso. Non sono uomini normali, creature di questo mondo, l'aura divina che li circonda li rende inconfondibili. La corona viene avvicinata a lei, finché non sente sulla testa la pesantezza dell'oggetto e all'improvviso gli occhi dell'uomo con il cappuccio la abbagliano.
 
Barcollai pericolosamente, rischiando di cadere, ma resistetti.
Sollevai appena la schiena piegata da una forza che non ero in grado di contrastare mentre le voci dei maestri continuavano a far tremare Hrotgar Alto e la Montagna, o forse ero solo io a tremare, circondata da quel muro di parole e visioni.
 
Meyz nu Ysmir, Dovahsebrom. Dahmaan daar rok
 
Sente una pressione sulla schiena e si vede. Non sa come sia possibile,ma è in grado di vedere se stessa, ultima di una fila di volti che non conosce, ultima di un'intera discendenza priva del legame del sangue che arriva a lei ed alle sue ali di luce...
 
Riaprii gli occhi.
Ero inginocchiata sul pavimento di Hrotgar Alto e attorno a me la potenza della voce si stava affievolendo. I Barbagrigia avevano terminato la loro formula di iniziazione e la corrente forte che mi aveva quasi tolto il fiato e fatto barcollare andava scemando.
-Iris!- sentii la voce di Baeron avvicinarsi, ma quando fece per aiutarmi ad alzarmi lo fermai con una mano, continuando a respirare.
Infine sollevai il volto e mi alzai senza il suo aiuto guardando i quattro Eremiti, che ora stavano in silenzio.
-E qui comincia l'ultima parte del tuo addestramento, Dovahkiin.- disse Arngeir, guardandomi serio e cupo -I Barbagrigia ti doneranno le parole di Cieli Limpidi, poi il tuo cammino non ci riguarderà più. Ora puoi solo sperare che Paarthurnax abbia le risposte che cerchi.
-Lo spero anche io.- dissi.
Mi accorsi di avere la voce roca, e mi chiesi se non avessi gridato durante la cerimonia, contando anche il fatto che le tempie mi facevano male.
-Permettimi solo di darti un ultimo consiglio, Dovahkiin.- sospirò -Le Blade possono affermare di voler servire il Sangue di Drago, ma non è vero, non l'hanno mai fatto. Non permettere che le loro parole di allontanino dalla saggezza, non lasciare che facciano di te un loro mezzo.- mi accorsi che gli occhi del vecchio contenevano una preghiera, e non potei fare a meno di chiedermi a cosa fosse dovuto tanto astio -Ti prego...- e soprattutto tanta apprensione.
 
Frasi in Draconico:
Arnegeir, inaak faal Dovahkiin wah zey. Il ek mindok, il ek doj. Hi mindok fos wah dreh: Arngeir, conduci il Dovahkiin da me. Lascia che sappia, lascia che apprenda, sai cosa fare.
Lingrah krosis saraan Strundu'ul, voth nid balaan klov praan nau. : la corona tempestosa ha sofferto a lungo senza nessuno che fosse degno di indossarla.
Naal Thu'umu, mu ofan nii nu, Dovahkiin, naal suleyk do Kaan, naal suleyk do Shor, ahrk naal suleyk do Atmorasewuth.: Per il nostro respiro ora la doniamo a te nel nome di Kyne, nel nome di Shor e dell'antica Atmora.
Meyz nu Ysmir, Dovahsebrom. Dahmaan daar rok: Ora sei Ysmir, il Drago del nord. Onora questo nome
 
Note dell'autrice
si sente coro dell'alleluja Finalmente!!! finalmente, dopo più di un mese, sono riuscita ad aggiornare. Allora, il capitolo alla fine è venuto più corto del solito, ma è comunque molto ricco, come potete vedere. Pare proprio che Iris abbia deciso di dire addio a Vilkas e che, per ora, cerchi conforto tra le braccia di Baeron. E poi c'è una comparsata di un nuovo personaggio? Chi è? Tornerà? Non tornerà? Lo sapremo solo leggendo xD Poi abbiamo il dialogo con i Barbagrigia e la cerimonia (un po' rivista da me, come potete leggere. PS: Si capisce che le due figure divine sono Kyne e Shor?) ed infine la convocazione di Paarthurnax, che non vedo l'ora di scrivere *_*.
Spero che non sia venuto così male, fatemi sapere^^ Anche se sono lenta la storia non è ferma e continuerò a scrivere!
Alla prossima c:
Lady Phoenix
PS: super ringraziamento ad AFEP per i consigli e la pazienza <3

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Capitolo 31
*** Chapter XXX- Paarthurnax ***


Chapter XXX
Paarthurnax



Ha piegato Cieli Limpidi in otto giorni. È un urlo potente che non accetta di essere domato da tutti, persino a lei ha opposto resistenza.
-Un'ultima volta, Dovahkiin, ci sei quasi.- si asciuga il sudore che subito diventa brina contro la furia del vento di Hrotgar Alto.
La gola brucia ed è secca, lo sterno dolorante.
Eppure non si è mai sentita così potente, così sicura di sé.
-Ripeti le parole, Dovahkiin!
-LOK VAH KOOR!- dal momento in cui la sua voce raggiunge il vento, insinuandosi in esso, è costretta ad indietreggiare e massaggiarsi la gola mentre il potere del Thu'um si spande nell'aria, un getto di energia che sale verso l'alto per poi disperdersi nel caos.
E piano, la tempesta si placa, inghiottita e piegata dalla sua voce.
L'urlo di Borea ammutolisce, il freddo si attenua e le nuvole spariscono per lasciare spazio ad un cielo azzurro.
Cieli Limpidi è suo.


Il mio addestramento si era concluso il giorno prima, quando, alla fine, anche Cieli Limpidi aveva deciso di accettare la mia superiorità sgomberando il cielo dalle permanenti tormente che scuotevano Hrotgar Alto, ma non era stato che la fine di un breve percorso.
Sotto la guida di Arngeir e gli altri eremiti avevo anche scoperto come impiegare le parole apprese da Sahloknir, che si erano rivelate più preziose e interessanti del previsto.
Il drago, infatti, mi aveva permesso di apprendere la Forma Eterea.

-Hai ucciso un altro drago, Dovahkiin, e l'abbiamo percepito.- dice Arngeir, mentre lei si prepara per riprendere l'allenamento con i quattro vecchi.
-Sì, è vero.
-Ed ora sai cosa vogliono dire quelle parole? O le hai mai provate?
-Non le ho mai provate, ma credo che ora...ora so cosa vogliono dire.
-Quali sono le parole?
-Preferirei pronunciarle all'esterno, non so cosa potrebbe accadere se...- l'uomo scuote la testa.
-Per scatenare il potere della Voce ci vuole intenzione, Dovahkiin, le parole hanno un peso, ma tu devi essere la prima a darglielo se vuoi che funzionino.- fa una pausa -Quali sono?
-Feim Zil Gran.- risponde lei, e sente una scarica di energia pervadere il corpo anche se non accade nulla.
L'uomo annuisce.
-Traduci.
-Scomparsa. Anima. Legame?- tenta, nonostante la cerimonia sia andata a buon fine ci vuole un po' per apprendere parole che prima non riusciva nemmeno ad inquadrare.
-Quasi, Dovahkiin: Scomparsa; Spirito; Lega.
-E cosa comporta?
-Non lo immagini?- l'uomo la invita con un cenno della mano a provare.
-FEIM ZIL GRAN!- è una sensazione stranissima.
Sente una scossa fredda partire da sotto i suoi piedi ed avvolgerla completamente fino alla testa, ed all'improvviso si sente più leggera, ma sente anche Baeron quasi gridare per la sorpresa e chiamarla, ed è questo a farle aprire gli occhi: un'aura lattiginosa la circonda, circonda tutto il resto del suo corpo che ora non è niente di più che spirito.
Il suo corpo è sparito, e non può fare a meno di lasciarsi sfuggire a sua volta un'espressione di pura sorpresa mentre si osserva, non osando avvicinare troppo le mani tremanti al corpo.
-Non spaventarti, Dovahkiin.- la tranquillizza il vecchio -Niente può ferirti o farsi ferire da te in questa forma: sei puro spirito.


Forse l'unico urlo che non mi aveva creato disagio o fatica era stato la Forza Inesorabile di cui oramai ne conoscevo gran parte. Imparare il “DAH”, la Spinta, era stato come raggiungere un traguardo d'arrivo che rendeva la mia voce potente e pericolosa, la stessa onda di energia che aveva permesso ad Ulfric di fare a pezzi il Re dei Re Thorygg.
Insomma, tutto questo per dire che, finalmente, ero pronta per incontrare Paarthurnax, incontro che attendevo con ansia e, al tempo stesso, timore: non vedevo l'ora di arrivare perché speravo che il capo dei Barbagrigia potesse darmi le risposte che cercavo, ma se nemmeno lui fosse stato in grado di aiutarmi?
Non riuscivo a darmi una risposta, ed era proprio questo a rendermi inquieta.
Mi dissi che era inutile fare ipotesi e scervellarsi, dopotutto avrei conosciuto le risposte solo scalando il resto della Gola del Mondo, così scossi la testa e finii di riempire il mio zaino dove avevo riposto pochi ma utili oggetti, poi mi sistemai il mantello sulle spalle, osservando soddisfatta l'ampio cappuccio che mi avrebbe parzialmente protetta dal freddo.
-Sicura di voler andare da sola?- chiese Baeron, appoggiato allo stipite della “celletta” da me occupata negli ultimi giorni, ovviamente differente dalla sua.
Non so cosa pensassero i Barbagrigia di Baeron, durante i miei allenamenti l'avevano osservato con attenzione ed in silenzio, ma qualsiasi fosse l'idea che si erano fatti i vecchietti, erano stati silenziosamente chiari quando ci avevano affidato due stanze separate durante il nostro soggiorno al monastero: era ovvio che non avrebbero tollerato atti non consoni alla contemplazione, e li avevamo rispettati.
-Devo. Paarthurnax ha chiesto espressamente di me.
-Non ti ho chiesto cosa vuole Paarthurnax. Se vuoi che venga con te non sarà certo un vecchio in più a fermarmi.- il suo tono mi impediva di capire se stesse scherzando o meno, ma la sua espressione seria mi fece quasi sospettare che volesse davvero affrontare i quattro, o anche cinque, Barbagrigia.
-Andrò da sola.- confermai allora, un ginocchio appoggiato a terra ed uno sollevato mentre stringevo le stringhe di pelle dello zaino.
Lo sentii mugugnare, quasi una risposta affermativa.
-Stai attenta, va bene? Non sappiamo niente di lui.
-Sono tranquilla. Per quanto i Barbagrigia si siano risentiti delle mie parole, o dell'imposizione che può aver spinto Paarthurnax a convocarmi, restano miei alleati. Perché il capo del loro Ordine dovrebbe essere diverso?
-Lo so. Sono solo preoccupato.
-Non devi.- lo guardai severamente, quasi a volergli ricordare che, dopotutto, ero sempre il Sangue di Drago e che avevo affrontato cose ben peggiori che un altro vecchio più solitario degli altri.
Un mezzo sorriso solcò le labbra del mago:
-Non posso farne a meno.- si avvicinò proprio mentre io finivo di sistemare lo zaino e mi alzavo in piedi, poi mi diede un bacio sulle labbra senza che io glielo impedissi, ma non potei fare a meno di provare un po' di disagio ed abbassai lo sguardo.
-Devo andare...è ora.- dissi solo, e dopo aver annuito con appena un cenno del capo il mago mi seguì.
-Durante la cerimonia- presi parola all'improvviso -Cosa è successo?
-Perché me lo chiedi?
-Perché mi ha scombussolata. Non mi sono resa conto di niente, ma credo...di aver gridato.- ammisi, e guardando Baeron mi accorsi della sua occhiata strana -Cosa c'è?- gli chiesi infatti, preoccupata.
-Non hai gridato, Iris.- non capivo -Hai ruggito, è diverso.
Non mi aspettavo quelle parole, e non riuscii a trattenere il mio stupore.
-Ruggito? Intendi come una bestia?
-Come un Drago.- mi corresse lui -Niente di meno.

Il cortile i quattro vecchi eremiti già attendevano a confine con l'ultimo ostacolo che mi divideva dalla loro guida e, quando fui abbastanza vicina, essi si spostarono.
Una scalinata creata esclusivamente dal vento e dalla pietra era protetta da un vento talmente forte da aver aumentato la tempesta di neve che impediva di vedere oltre i primi due gradini. Il vento innaturale che isolava Paarthurnax dal resto del mondo soffiava prepotentemente un'aria gelida e minacciosa che mi spinse a stringermi addosso il mantello, mi chiesi come i Barbagrigia potessero vivere lassù con le loro tuniche umili e dall'aria consumata.
-Dovahkiin, doma Cieli Limpidi ancora una volta, poi attraversa la barriera rapidamente, prima che questa si ricomponga.- lo guardai stupita -Normalmente non accadrebbe, la tua voce è molto più potente del vento, ma questa tempesta ha una natura magica che supera persino il tuo Thu'um. Perciò non esitare una volta che Cieli Limpidi l'avrà placata, perché lei non lo farà.- annuii, e quando mi voltai a guardarlo vidi che nei suoi occhi brillava una punta di...speranza? -Che Kynareth guidi con saggezza le tue scelte.
-Vi ringrazio per l'aiuto che avete deciso di darmi, davvero.- gli dissi, sincera, guardando anche gli altri miei Maestri perché capissero che quel messaggio era anche per loro -Non ve ne pentirete.
-Lo spero, Dovahkiin. Lo spero...- detto questo Arngeir tacque.
Gettai un'ultima occhiata a Baeron prima di avanzare ulteriormente, poi puntai i piedi a terra, assottigliando gli occhi che accanto al vento avevano già iniziato a lacrimare.
Infine, presi fiato e rilasciai le parole del potere.
-LOK VAH KOOR!- accadde di nuovo.
Cieli Limpidi placò le correnti, scansando quasi rudemente la tempesta finché i miei occhi smisero di lacrimare ed il vento non sferzò più la mia pelle.
Allora feci il primo passo, lentamente, e quando vidi che non c'era nessun tipo di pericolo non mi voltai più indietro. Iniziai a correre, cercando di riempire più distanza possibile tra me e la cima irta e scoscesa della Gola del Mondo, approfittando di quegli attimi di calma prima che l'incantesimo tornasse, ma poco dopo sentii il vento che ricominciava ad alzarsi in maniera rapida e pericolosa.
-Accidenti!- avrei dovuto aspettare ancora un po' per usare Cieli Limpidi, la gola mi faceva ancora troppo male, ma non avrei potuto permettere alla tempesta di sorprendermi lungo la stretta strada della montagna, sarebbe bastato poco per buttarmi giù e farmi precipitare.
E quell'altezza mi spaventava a tal punto che non osai guardare giù...
Fortunatamente trovai una crepa nella roccia grande abbastanza per permettermi di infilarmi lì appena in tempo per trovare rifugio dalla furia del vento, ma per un terribile attimo mi sentii tirare il mantello verso l'esterno, verso il vuoto, e l'idea di cadere mi spaventò a tal punto che gridai di paura e mi appiattii contro la parete, tremando come una foglia.
La mia paura delle altezze mi colse nella sua stretta gelida e serrata, facendomi battere i denti e rimbombare il battito del cuore nelle orecchie, veloce ed impazzito.
-Coraggio...- mi dissi -Coraggio, Iris!- esclamai con voce pigolante.
Mi dissi che ero quasi arrivata, avevo quasi raggiunto Paarthurnax, lui mi avrebbe dato le risposte che cercavo, doveva farlo, e forse con il suo aiuto avrei potuto combattere Alduin e trionfare. C'era troppo in gioco, davvero troppo, per lasciarmi dominare dalla mia stessa paura.
Chiusi gli occhi e l'immagine di mia madre troneggiata da Sahloknir, il volto sfigurato dalla paura, riempì la mia mente: chi avrebbe protetto lei e il resto di Skyrim se mi fossi arresa? Chi avrebbe fermato Alduin e placato il suo appetito?
Riaprii gli occhi lentamente. Solo io avrei potuto farlo, era un mio fardello, la mia missione, ed era troppo tardi per tornare indietro.
Voltai il capo ad affrontare il vento, poi mi girai del tutto, stringendo i pugni.
Io posso farcela...
Inspirai lentamente, sentendo presto il Thu'um raccogliersi in un unico punto, scuotermi come un tuono.
Io sono il Dovahkiin.
-LOK VAH KOOR!

Alla fine, dopo l'ennesima rampa di scale, la cima della Gola del Mondo mi apparve, attesa ed agognata come un'anima davanti alle porte della Sala del Valore.
-Per Shor...- mormorai, le mani doloranti a forza di stringere i lembi del mantello -Finalmente!- tirai su con il naso e continuai ad arrancare, oramai stremata.
Usai un'ultima volta l'urlo Cieli Limpidi ed il vento si placò, permettendomi di compiere gli ultimi disperati metri una corsa arrancata che mi permise di raggiungere lo spiazzo che terminava con la cima della montagna.
La tempesta dietro di me si creò di nuovo, ma io non venni colta dal vento. Quella parte della Gola del Mondo sembrava esserne immune: era, contro ogni mia previsione, uno spiazzo piano dove una grande parete di roccia scoscesa e disomogenea creava un po' di riparo dal vento naturale che soffiava lassù, ma a parte questo era completamente vuota.
Una parete di pietra altissima, quanto il palazzo dello Jarl di Whiterun, quasi, era l'unico oggetto degno di attenzione, decorata con segni che non riuscii a riconoscere, ed era anche l'unica cosa che ci fosse lì. Per il resto solo neve e pietre.
Era deserta.
-Dov'è?- mi chiesi, sollevando la schiena del tutto e guardandomi intorno.
Notai che non c'erano nemmeno segni di passaggio umano lì, non un fuoco, una capanna, niente che potesse tradire la presenza di una vita, anche molto spartana e solitaria.
Ogni essere umano, per quanto umile e potente fosse, aveva almeno bisogno di un fuoco per non morire congelato.
Iniziai a sentirmi inquieta mentre afferravo l'arco e muovevo i primi passi avanti, incoccando anche una freccia. Notai che le dita erano un po' irrigidite dal freddo, ma non mi concentrai troppo sulla sensazione di torpore alle dita e continuai ad avanzare, ora con i sensi all'erta.
E mi accorsi, con orrore, che nell'aria c'era un vago odore rugginoso. Odore di sangue.
-Qui qualcosa non torna...- inspirai di nuovo.
Sì, era proprio sangue.
-Perché...?- ed in quel momento lo vidi.
Veloce, un'ombra passò avanti al sole e lo oscurò, spingendomi ad alzare lo sguardo: un drago stava planando sulla Gola del Mondo.
-Non è possibile!- come poteva un drago trovarsi lì, nel rifugio isolato di Paarthurnax?
E il vecchio?
-Ma certo...- era tutto chiaro.
La mancanza di rifugio, la desolazione, il sangue: quel drago doveva aver ucciso Paarthurnax.
Ma i Barbagrigia? Ne erano al corrente?
E se Paarthurnax era morto come...?
No, non dovevo farmi prendere dal panico.
Non sapevo come avrei fatto, ma dovevo assolutamente abbattere quel drago.
Tirai la corda dell'arco e scoccai la freccia che fendette l'aria, ma la creatura la evitò scartando di lato.
-Merda!- mi guardai intorno per cercare un rifugio, in quello spiazzo senza altri ripari che le rocce e quel muro ero del tutto scoperta ai suoi attacchi, ma il predatore non fece nulla se non atterrare a qualche metro da me e potei guardarlo meglio: le sue squame erano di un color grigio cenere, spento, quasi il loro colore fosse stato consumato dal corso del tempo, le zanne acuminate e pericolose come quelle di tutti gli altri suoi simili, ma non erano ugualmente lucenti, erano di un giallo opaco e molto forte, sporco.
Ma ciò che mi colpì furono due dettagli: le ali anch'esse grigie, con diversi strappi, bruciature e cicatrici sulla membrana e gli occhi di un azzurro ghiaccio, chiari e taglienti come una lama.
E fu proprio questo straordinario contrasto a farmi capire che quel drago, che pareva letteralmente divorato dal tempo tanto era vecchio, poteva essere pericoloso e potente quanto i suoi simili: se il suo corpo pareva in totale consumazione, i suoi occhi avrebbero potuto far tremare la terra.
Estrassi la spada e rimasi in attesa, ma ancora la creatura non si mosse, l'assassino del Maestro Barbagrigia non sembrava avere alcuna intenzione di attaccarmi.
-Perché non mi attacca?- mi chiesi, i muscoli tesi e la Bestia in subbuglio, le gambe erano appena piegate e pronte a qualsiasi scatto -Cosa...?
Finalmente la bestia sollevò fieramente il collo squamato.

 

Drem yol lok, Dovahkiin



Spalancai gli occhi, incredula: mi stava...salutando?
Nessun drago prima di Alduin mi aveva mai parlato, prima di attaccarmi. E quello mi stava addirittura salutando.
-È un onore, fare la tua conoscenza.- quella voce antica e primordiale mi diede i brividi, mi risultava stranamente familiare, ma mi imposi di non lasciarmi abbindolare, ed indurii il mio sguardo.
-Chi sei?- gli chiesi quindi di rimando, senza abbassare la guardia -Che ne hai fatto di Paarthurnax?
Il drago grigio inclinò il capo di lato, sbuffando appena dalle narici, scatenando una leggera nuvoletta di vapore.
-Non l'hai ancora capito?
-Capire cosa?

 

Zu'u Paarthurnax. Io sono Paarthurnax.



-P-Paarthurnax?- non credevo ai miei occhi -No...non è possibile. Paarthurnax è un uomo!- esclamai.
-Davvero? Ti hanno detto così i Barbagrigia?- il drago rispose con una risata gutturale, così profonda che pareva raschiargli l'ampio collo squamato, ed a quel punto mi zitti e rimasi a bocca semiaperta.
Effettivamente no, loro non si erano mai, mai riferiti a Paarthurnax come un umano, o come “uno di noi”. E questo spiegava il suo forzato isolamento, l'ansia di Arngeir all'idea che lo incontrassi: forse temeva che le Blade mi avessero influenzata a tal punto da spingermi ad ucciderlo...
Ma non era stato così, dopotutto?
Davanti al mio colpevole silenzio, il drago si esibì in un'altra lieve risata.
-Immagino che tu l'abbia dato per scontato, dunque. Ecco quindi la poco lungimirante, ma non meno interessante, natura umana.
Non riuscii a trovare una risposta. Sentivo che quella creatura, probabilmente l'unica della sua specie a non volermi morta, non mi avrebbe fatto del male, ma non osavo abbassare l'arma.
-Non mi aspettavo...che fossi un drago.- ammisi alla fine.
-Io sono come mi ha fatto mio padre Akatosh...come te, Dovahkiin.- fece una pausa -Ed ora dimmi: perché vieni qui, ad interrompere la mia meditazione?- deglutii, ma non mi lasciai sfuggire questa occasione.
-Devo imparare l'urlo Squarcio del Drago per sconfiggere Alduin. Tu puoi...?
-Drem, pazienza.- mi interruppe lui, chiudendo un attimo i suoi occhi chiari -Durante il primo incontro tra due Dov ci sono delle formalità da osservare. Entrambi ricevono il Thu'um dell'altro, un reciproco dono di presentazione.- la bocca si sollevò appena, scoprendo una zanna spezzata in quello che, se fosse stato umano, avrebbe potuto essere definito un sorriso -Nel tuo caso, Dovahvaas, non credo che abbia qualcosa da insegnarmi, ma sarò felice di donarti una piccola parte della mia conoscenza, che in passato non riuscisti a sopportare.- lo guardai stranita.
-Che vuoi dire?
-Lascia che ti parli, Dovahkiin, e tutto ti sarà più chiaro.- Paarthurnax sollevò la testa e gonfiò il petto -RIN MINDOK!
Una corrente di energia mi investì. Ricordò molto la stesa sensazione di quando assorbivo l'anima dei draghi, ma stavolta, insieme alla parola del potere che Paarthurnax volle donarmi, vidi qualcos'altro...
una freccia è conficcata nella zampa squamosa del drago...

...brandelli di cervo tra i denti...

...occhi di ghiaccio la guardano, la salutano...

Paarthurnax le urla contro. Il vuoto.

Aprii gli occhi e guardai quelli del drago.
Finalmente ricordavo: ricordavo come, quasi dieci anni prima, Paarthurnax mi avesse spaventata ad un livello tale da farmi rimanere senza fiato, di come mi avesse chiamata Dovahkiin nonostante stessi strisciando nel fango e nella polvere. Ricordavo quando per tanto tempo quegli eventi che seguivano il lancio della freccia e che erano rimasti, per me, un vuoto inspiegabile.
-Tu...eri tu.- sussurrai, la mano ancora sulla testa, stordita -Sei stato tu...a farmi dimenticare, anni fa. Quella volta nella foresta!
-Geh, Dovahkiin, è vero.
-Perché?- avevo vissuto anni a chiedermi cosa fosse accaduto in quel vuoto che non era mai sparito nel giorno in cui mio madre mi aveva trovato accanto ad una pozza di sangue non mia ed i resti della carcassa del cervo.
Avevamo pensato a tutto, attacco di animali, banditi, perfino uno stupro, ma non avevamo trovato ferite alcun tipo sul mio corpo, né segni di violenza. E tutti e tre, io e miei genitori, avevamo cercato di dimenticare...
-Perché non eri pronta.- la voce del drago mi riportò alla realtà, spingendomi ad alzare di nuovo gli occhi verso di lui.
Sbuffò dalle narici, emettendo leggere nuvolette di vapore a causa del fiato caldo contro il freddo della montagna.
-Quando incrociammo i nostri strah, i nostri cammini, trovai davanti a me una piccola umana che arrancava nella polvere, divorata dalla sua stessa faas. Non avresti retto la responsabilità del tuo titolo, del tuo destino, come hai dimostrato a lungo.- mi morsi il labbro, ma non dissi niente -Inoltre, il tempo della nostra conoscenza non era giunto. Speravo non giungesse mai, Dovahkiin, che Alduin non fosse mai abbastanza potente da tornare, ma è andata come è andata, purtroppo.
-E ora?- gli chiesi allora, senza potermi trattenere.
Il drago avvicinò il capo fino a non distare più che dieci centimetri dal mio corpo, proprio come aveva fatto nel nostro primo, vero incontro, ma a differenza di quella volta non piansi, non indietreggiai, non feci niente se non deglutire, dopotutto non ero mai stata così vicina al muso di un drago, se non dopo averlo dimenticato.
-Ora ho davanti a me un giovane Dovah.- drago, Paarthurnax mi aveva chiamata drago -Ma lascia che concluda le formalità. Parla, è il tuo turno.
-Ma...ma cosa dovrei dire?- ribattei, ancora stordita da quella spiegazione insufficiente quanto inattaccabile.
-Sei un Dovah, e noi Dovah comunichiamo con il Thu'um, la voce. Lascia che senta il potere della tua e che possa capire quanto vali davvero.
-Potrei...potrei ferirti.- una nuova risata scosse il predatore quando questi alzò di nuovo, fieramente, la testa.
-Sei potente, Dovahkiin, ma non macchiarti di pahlok, né di faas. Parla e ne uscirò illeso. Lascia uscire il fuoco e non compiacermi come mortale, ma come il Dovah che ti ho definito.
Il fuoco...
Capii cosa intendeva quando ripensai alla parola che mi era stata donata poco prima, con i miei ricordi rubati. Solo fino a qualche giorno prima avrei protestato, dicendo che non avrei mai e poi mai potuto sputare fuoco. Ma quel tempo era passato: avevo piegato i cieli, avevo viaggiato alla velocità del vento, avevo subito la cerimonia dei Barbagrigia. Anzi, mi accorsi di non vedere l'ora.
Dal momento in cui presi consapevolezza della parola sentii una grande fonte di calore scorrere lungo le membra, nei muscoli, come fossero fuoco liquido che riscaldava senza bruciare. Covai questa sensazione di calore, chiudendo gli occhi, finché non la sentii pulsare sotto la pelle, viva e forte.
Solo allora la lasciai uscire:
-YOL!- accadde davvero.
Dal momento in cui pronunciai quella parola, la corrente d'aria uscita dalle mie labbra si trasformò, a pochi millimetri da esse, in puro fuoco che si abbatté su Paarthurnax, una fiamma piuttosto debole, a dir la verità, ma quando il vecchio drago riaprì gli occhi che aveva chiuso all'impatto, essi brillavano di compiacimento.
-Ah...sossedov los muul. Il sangue di Drago scorre decisamente dentro di te. Era da tempo che non avevo occasione di conversare con uno della mia stirpe.- inclinò appena la testa di lato -Ma torniamo a noi, dato che non hai fatto tutta questa strada per tivaak con un vecchio dovah, no.
-Infatti.- dissi, poi mi azzardai a riporre di nuovo la domanda -Puoi insegnarmi l'urlo Squarcio del Drago?- il drago tacque a lungo mentre mi consumavo nell'attesa di quel sì che tardava ad arrivare, poi scosse la testa.
-Krosis. Purtroppo no. Non posso conoscerlo.- sentii il cuore sprofondare -La tua specie, Joorre, l'hanno creata appositamente contro la mia, i dov. Le nostre hadrimme, le nostre menti, non possono nemmeno comprenderne la natura.- a quel punto non ressi.
Mi lasciai cadere a terra in ginocchio, sulla neve, ignorando il freddo così pungente da bruciarmi i palmi, mentre cercavo di calmarmi, di placare il battito del mio cuore colmo di delusione e paura. Se Paarthurnax non conosceva l'urlo come avrei potuto apprenderlo?
-Ma se non lo conosci...come posso impararlo?- chiedi, alzando il capo, ma il drago non sembrò toccato dal mio sgomento, ne sembrava quasi incuriosito, come fosse qualcosa di nuovo e distante da lui.
-Drem. Tutto a tempo debito, Dovahkiin. Prima rispondi a questa domanda: perché vuoi apprendere Squarcio del Drago?- schiusi la bocca e mi sforzai di alzarmi in piedi mentre, incredula, rispondevo alla parola del Drago.
-P-perché devo fermare Alduin.- risposi, come fosse ovvio, ma il drago mi guardò.
-Solo per questo?- ci pensai un attimo e mi morsi il labbro inferiore, stringendomi addosso il mantello in un gesto istintivo contro il freddo.
-Non gli permetterò di distruggere questo mondo. È la mia casa, la mia terra, non ha alcun diritto di prendersela e disporne come vuole...e non voglio che tutto finisca.- lo sentii mugugnare appena.
-Pruzah. Una ragione come un'altra. In molti la pensano come te, ma non tutti. Alcuni direbbero che tutte le cose devono finire affinché inizino le successive, Dovahkiin.- ripensai alle parole dei Barbagrigia e come avessero cercato di fermarmi nell'apprendere il Thu'um, e strinsi i pugni, lasciando che Paarthurnax continuasse a parlare -Forse questo mondo è semplicemente l'Uovo del prossimo? Lein Vokiin? Vuoi impedire al prossimo mondo di nascere?- non distolsi lo sguardo da lui e, proprio come avevo fatto con i Barbagrigia, non mi lasciai trasportare da quel suo filosofeggiare colto quanto lontano dal mio modo di pensare.
-Forse hai ragione, tutte le cose devono morire perché altre debbano nascere. Ma non mi interessa, Paarthurnax.- lo guardai dritto negli occhi -Per quel che mi riguarda il nuovo mondo dovrà badare a se stesso. Finché ci sarò io questo mondo non sparirà, Alduin o non Alduin.- un nuovo sorriso scoprì le zanne spezzate e vecchie del drago.
-Paaz. Una risposta sensata. Ru Fus. Forse la tua funzione è quella di portare equilibrio tra le forze per accelerare la fine di questo mondo.- mi accigliai -Anche noi che cavalchiamo le correnti del Tempo non possiamo vedere oltre la sua fine: wuldsetiid los tahrodiis. Coloro che tentano di accelerare la fine, potrebbero posticiparla. Coloro che cercano di posticiparne la fine, potrebbero accelerarla.- vedendomi confusa, il drago chinò appena il capo squamato -Ma tu hai appagato a sufficienza la mia passione per l'oratoria, Dovahkiin. Krosis.- non sapevo cosa dire, anche se era ovvio che Paarthurnax si aspettasse che fossi io a prendere parola, ma non trovai niente da aggiungere o fare se non tirare su con il naso, infreddolita, stringendomi ancor più il mantello addosso.
Allora il drago parlò:
-Avvicinati a quella parete, Dovahkiin.- disse indicando l'immenso muro di pietra che sovrastava lo spiazzo -Ti proteggerà più dal vento, e prendi i pochi arbusti secchi che troverai per creare il fuoco. Krosis, l'ospitalità non mi compete. Erano eruvos, anni, che un Joor non veniva a farmi visita. Allora parleremo.- e lo feci. I pochissimi arbusti che trovai da quelle parti erano un po' umidicci, ma grazie al fuoco che avevo appena imparato ad evocare riuscii a far attecchire la legna e creare un piccolo fuoco protetto dai venti che mi fece recuperare un po' di sensibilità alle mani. Il drago si appollaiò sopra di essa, e rimase in silenzio finché non fui io a prendere parola.
-Paarthurnax.- quando lo chiamai i suoi occhi si spostarono rapidamente su di me, curiosi ma pazienti -Perché vivi qui? Insomma, ho visto molti altri draghi girare, io stessa ti ho visto calare nella foresta dieci anni fa.
-Geh, è vero.
-Sembri...sembri amare la compagnia degli altri esseri viventi.- constatai, e quando la bestia non mi corresse attesi la sua risposta.
-Questa è il Mohaven. La Gola del Mondo, come la chiamate voi joore. È la montagna più alta di Skyrim e la più sacra. Qui le Antiche Lingue, i primi mortali Maestri della Voce, affrontarono e sconfissero Alduin.- indicò con un lieve movimento dell'ala il muro su cui sedeva e contro il quale io stessa mi ero riparata -E' scritto tutto qui, su questa pietra.- mi spostai e sollevai gli occhi, cercando di leggere le iscrizioni in draconico, ma come appresi in quel momento capii che la cerimonia dei Barbagrigia mi permetteva solo di capire e forse parlare un po' la lingua dei Draghi, e non leggerla.
-Ma come? Con Squarcio del Drago?- chiesi.
-Sì e no.- inclinai appena il capo, tornando ad appoggiarmi alla parete e guardando il drago -Viik Nuz Ni Kron. Alduin non è stato neanche davvero sconfitto, o tu non saresti qui a cercare di...- percepii una nota di esitazione nella sua voce, che sparì com'era venuta -sconfiggerlo.- espirò di nuovo dal naso, rilasciando il suo respiro -Allora i Nord usarono Squarcio del Drago per cercare di riuscire dove mille prima di loro avevano fallito. Ma non funzionò. Ok mulaag unslaad.- alzò lo sguardo, perdendosi nei ricordi di quella battaglia in cui non riuscivo ancora a capire il suo ruolo -Fu il Kel, l'Antica Pergamena. La usarono per...- piccola pausa, ennesimo sbuffo, ma stavolta ricordò un sospiro triste -Per mandarlo alla deriva nelle correnti del tempo. Sai che cos'è un Kel?- scossi la testa, vergognandomi in quel momento della mia ignoranza che, senza Paarthurnax, avrebbe potuto essere letale.
-No. Potrò anche essere il Sangue di Drago, ma resto un cacciatore, un mercenario, Paarthurnax. Non ho mai avuto a che fare con oggetti del genere.
-Umh...immaginavo. Ti ho osservata a lungo in questi anni, per quanto ho potuto. Hai fatto molto, ma è un peccato che tu abbia disprezzato così tanto la magia quando essa ti rende quel che sei...- fece una pausa -Krosis, Dovahkiin. Il mio isolamento mi spinge a perdermi in futili Tivaak quando ne ho l'occasione. Dicevamo delle Antiche Pergamene...- annuii e mi sistemai ancor più accanto al fuoco, lasciandolo parlare -Essi sono manufatti che provengono da un altro tempo. Non esistono, ma sono sempre esistiti. Sono frammenti della creazione, e vengono usati per la divinazione, di solito. La tua stessa profezia proviene da una di esse, Dovahkiin. Racchiudono una conoscenza talmente grande che non tutti possono leggere.
-In che senso non può essere letta da tutti? Voglio dire, è solo una semplice pergamena.
-In molti ci hanno provato. E altrettanti hanno perduto qualcosa: la vista, il senno, la voglia di vivere, Dovahkiin.- deglutii spaventata.
-E io dovrei...?
-Geh. Dovrai leggere l'Antica Pergamena.
-E cosa ti fa pensare che anche io non impazzirò come gli altri che ci hanno provato?
-Loro non avevano il sangue dei draghi nelle loro vene, Dovahkiin.- mi strinsi il mantello addosso, affondando le dita nella pelliccia, senza trovare una risposta.
-A cosa dovrebbe servirmi? Questa pergamena, intendo.
-Gli antichi Nord sigillarono Alduin con essa e lo spedirono nel futuro. Oh, non volontariamente. Alcuni speravano che si fosse perduto nel tempo, che fosse sparito per sempre. Meyye.-scosse la testa -Ma io lo sapevo. Tiid bo amativ. Il tempo scorre sempre in avanti, e sapevo che sarebbe tornato. Non sapevo quando, ma ne ero certo. Così ho vissuto per migliaia dei vostri anni mortali, in attesa che tornasse.- sollevò ancora il muso, guardando la volta notturna.
Anche vecchio, ferito, spezzato dalla guerra e dal tempo, credo di non aver mai visto una creatura più fiera di Paarthurnax in quel momento.
-Quando i Nord hanno fatto questo ad Alduin il tempo è stato sconvolto. Proprio in quel punto lì.- seguii il suo sguardo fino ad un punto della distesa, ma non vidi niente di speciale o strano -Lì, proprio lì, l'Antica Pergamena venne usata per spezzare il tempo. E se tu leggessi la Pergamena potresti tornare indietro, dove il flusso si è interrotto.- socchiusi appena le labbra, capendo dove Paarthurnax volesse andare a parare, e lo anticipai.
-E apprendere l'Urlo Squarcio del Drago direttamente da coloro che l'hanno creato!- sorrisi al vecchio drago, che annuì.
-Forse non hai molta conoscenza, ma almeno l'intuito non ti manca, Dovahkiin.- ammise il drago.
-Lo prenderò come un complimento.- ribattei, poi mi alzai per poterlo guardare meglio -Ma dove la trovo un'Antica Pergamena.
-E' una bella domanda, Dovahkiin. Non lo so.- ammise -So molto poco del mondo sotto questa montagna, tu sembri sapere molte più cose di me...sei sicura che non c'è nessuno che possa aiutarti?- ci pensai un attimo, poi annuii.
-Forse...forse Esbern potrebbe aiutarmi.- ammisi, e vidi gli occhi del drago assottigliarti prima di annuire con un cenno della testa.
-E sia. Fidati del tuo istinto, Dovahkiin. Il tuo sangue ti mostrerà la via.
-Il mio sangue? Ma se non ne conosco nemmeno una piccola parte? Tu mi sopravvaluti.
-Hai percorso tutta la strada per arrivare fin qui, Dovahkiin. Non si tratta di un compito facile per un joor, nemmeno per uno dei Dovah sos, con il sangue dei draghi. Forse sei tu a non voler vedere oltre le tue spoglie umane, nonostante senta nel profondo che la tua anima non è come quella dei tuoi simili.- mosse le ali e notai che il vento si fece meno pungente, in quanto la bestia mi proteggeva con il suo stesso corpo -Riposa, adesso. Riparata così non morirai, Dovahkiin...ti aspetta un'altra impresa e una volta che avrai la Pergamena conoscerai e percepirai Squarcio del Drago dentro di te. Forse, allora, avremo una speranza. E il lavoro di Gormlaith, Felldir e Hakon non sarà stato vano.
-Chi?
-I miei amici...i primi a cui insegnai il Thu'um. Essi furono i primi ad usare Squarcio del Drago su mio fratello, su Alduin.- spalancai gli occhi.
-Alduin...tuo fratello?
-Geh. Mio fratello maggiore, primogenito di Akatosh. Lo appoggiai a lungo nella sua impresa, ma alla fine anche io mi accorsi dove la sua follia fosse arrivata. E lo tradii, schierandomi con gli umani che ti ho nominato. Non è stato facile, né indolore. Dovahkiin. Hai fratelli?- scossi la testa -No...beh, ti auguro lo stesso di non dover mai vivere un'esperienza come la mia.- lo sperai anche io.
Rimasi tutta la notte, su quella montagna, con il fuoco e quell'antico Drago come unica compagnia. Fu una delle notti più fredde della mia vita, ma anche una delle più lunghe ed interessanti. Paarthurnax mi stupiva continuamente.
Parlare con lui era un'esperienza che non aveva pari, si esprimeva in concetti che non potevo capire, in riflessioni che mi sembravano assurde, ma era anche in grado di capire il mio punto di vista, di riderne bonariamente a modo suo, perché ai suoi occhi non era altro che un cucciolo di mortale, e la mia presenza sembrò allietarlo, per quella notte.

Il giorno dopo ripresi la scalata e tornai a Ivarstead con Baeron
Alla locanda scrissi un messaggio a Delphine ed Esbern comunicando loro delle informazioni raccolte e della necessità di trovare quella pergamena. Sotto richiesta di Arngeir tacqui su Paarthurnax e la sua identità, ma anche se non l'avesse chiesto non avrei certo rivelato la natura del Capo dei Barbagrigia agli ultimi di un antico ordine di Ammazzadraghi che non avrebbero voluto sentir ragioni, non dopo il discorso che avevo sentito fare ad Esbern.
-Hai fatto la scelta migliore.- disse Baeron quando finii di spiegargli le mie ragioni sul perché avevo taciuto -Delphine ed Esbern vogliono aiutarti, poco ma sicuro, ma non sono pronti per una rivelazione del genere.- sistemai la bisaccia a terra, nella mia stanza in locanda, ed annuii.
-Precisamente. Se i Barbagrigia e le Blade hanno problemi non voglio trovarmi nella loro assurda faida, ho già abbastanza cose a cui pensare.- sospirai ed iniziai a camminare avanti e indietro per la stanza -Spero che Esbern sappia qualcosa su questa Pergamena, o non risolveremo nulla.- mi fermai, dando le spalle all'uomo, e mi passai le mani tra i capelli, sospirando -Mai qualcosa di facile, mh?- chiesi, ovviamente una domanda retorica.
-E rischiare di annoiarti?- lo sentii alzarsi dalla sedia ed avvicinarsi, ma non mi girai, né feci niente per fermarlo, finché non mi circondò la vita con i fianchi e mi attirò a sé. Una mano rafforzò la presa intorno ai miei fianchi, mentre l'altra iniziò a risalire fino a sfiorarmi il collo e la gola.
-Baeron...
-Ti voglio.- sussurrò contro il mio orecchio, per poi baciarmi il collo -Questi giorni che ti ho avuto accanto senza poterti sfiorare sono stati una tortura.- il desiderio non tardò a coinvolgere anche me, a farmi bramare ancora di più le sue attenzioni che mi erano mancate in quei giorni a Hrotgar Alto, ed i nostri respiri iniziarono a farsi pesanti, urgenti.
Mugolai di piacere quando la mano del mago dalla gola scese più giù, insinuandosi sotto la casacca, a sfiorarmi il seno e l'altra mano la imitò, armeggiando con la cintura delle braghe. Mi girai di scatto verso di lui lo baciai, passandogli le braccia intorno al collo, ricambiata con altrettanta passione ed urgenza mentre gli slacciavo la casacca, cercando di controllare l'irrefrenabile voglia di strappargliela di dosso. Mi allontanò da sé quanto bastava per afferrare, rudemente, la base della camicia che indossavo per farmela passare sopra la testa e sfilarmela. La gettò a terra e mi spinse verso il letto, che scricchiolò appena sotto il nostro peso...
Più tardi, dopo aver concluso l'atto, lasciai che mi stringesse, la mia schiena contro il suo petto. Non avrei dormito, quella notte, ma mi lasciai illudere dall'illusione che quel torpore mi avrebbe presto condotto al sonno e non alla frenetica caccia notturna di Hircine.
-Iris...- la voce di Baeron era già impastata dal sonno quando mi chiamò.
-Mh?
-La prossima volta prendiamo una sola stanza invece di pagare per fingere che non andremo più a letto insieme.- e l'unica risposta che ottenne fu una mia risata leggera.

Iris,
ciò che ci chiedi è assurdo! È impossibile trovare un'Antica Pergamena. Sono manufatti perduti da Ere e persino noi delle Blades non ne abbiamo mai vista una.
Tuttavia potrebbe esserci una possibilità.
Abbiamo delle talpe all'Accademia di Winterhold che ci hanno fatto un nome interessante: Septimus Signus. Da quel che so insegnava presso l'Accademia ed ha dedicato tutta la sua vita alle Antiche Pergamene, finendo per provare una vera e propria ossessione. Insomma, è impazzito e da anni si è ritirato presso un avamposto nei ghiacci, a Winterhold. Abbiamo ottenuto delle coordinate approssimative sulla sua posizione, ma non ti assicuro niente.
Non so come tu abbia fatto a farti coinvolgere in una storia del genere e come possa esserti davvero utile, ma voglio fidarmi di te, dopotutto sei pur sempre il Sangue di Drago.
Fai attenzione,
Esbern.


L'avamposto dove Septimus Signus si era isolato altro non era se non un buco scavato nel ghiaccio, tenuto a riparo dai gelidi venti di Winterhold solo da una porta di legno scadente e bagnato.
-Facciamo attenzione, da quanto ho letto sulla lettera questo tizio potrebbe essere mentalmente instabile.- dissi a Baeron a voce alta, cercando di sovrastare il vento che soffiava furiosamente in quella landa ghiacciata e desolata dove solo qualche grasso Horker osava avventurarsi.
-Io ce l'ho una cura per i mentalmente instabili. Si chiama Gentilezza.- replicò Baeron, accennando alla spada che gli pendeva dalla vita e guadagnandosi una mia occhiataccia -Era solo un'idea.
-Sarà sicuramente un ottimo piano B, ma per ora non intendo usufruirne.- mi avvicinai alla “porta”, sempre che così si poteva chiamare, e la tirai verso di me per aprirci un passaggio. La prima cosa che vidi era un piccolo passaggio stretto e scuro che portava ad una scala instabile. Feci cenno a Baeron di tacere e lui annuì. Scesi lungo quella scala instabile e lo feci con passo leggero, e nel mentre sentii una voce parlare una lingua che non conoscevo. Presi l'arco ed incoccai una freccia, avanzando, poi feci un cenno a Baeron di restare più nascosto, mi sarei sporta solo io, all'inizio, e continuai la discesa, una piccola stradina scivolosa che conduceva ad una zona piana, una piccola stanza: un giaciglio di paglia in un angolo, un tavolo scheggiato e che si reggeva a malapena, una libreria polverosa e piena di libri quasi sicuramente congelati e una grande porta quadrata che occupava tutta una parete, non presentava maniglie di alcun genere, sembrava composta da un complesso meccanismo che attirò la mia attenzione finché non sentii la voce della persona per cui ero venuta qui.
-I Dwemer, i Dwemer...saprai di aver raggiunto il limite solo quando...
-Septimus Signus?- l'uomo si girò, sobbalzando nell'udire la mia voce.
Una tunica sporca con il cappuccio era il suo abbigliamento, insieme ad un paio di stivali consumatissimi ed un mantello che una volta doveva essere bianco. Il volto era smunto e provato dal freddo e da una vita sicuramente difficile tra quelle mura di ghiaccio, e la barba grigia, lunga ed intrecciata, rendeva i lineamenti del viso molto più affossati. Gli occhi chiarissimi, grigi, erano infossati sotto due sopracciglia anch'esse grigie e spesse.
-E' passato molto tempo da quando qualcuno è venuto a trovare Septimus Signus...e per di più armato.- disse con voce bassa e cantilenante, quasi, lo sguardo vuoto -Sono quindi così minacciose le mie ricerche?- lo osservai a lungo, notandone il tremore, eppure non sembrava provare timore per me. Il suo odore, pungente e pesante, non trasmetteva paura, e la sorpresa era quasi assente, sembrava incuriosito da me, ma anche una certa fretta di passare oltre e tornare a ciò da cui l'avevo distolto.
Il suo sguardo era febbrile, ma al tempo stesso distratto e vivo. Un tipo che non riuscivo ad inquadrare.
-Stai...bene?- gli chiesi, perplessa.
L'uomo annuì rapidamente e tornò a concentrarsi sulle pergamene e gli alambicchi su cui stava lavorando, e ci mise un po' a rispondere, come se si fosse ricordato all'improvviso della mia presenza.
-Oh, sto bene, sto bene, starò meglio.- disse, pestando delle erbe con un mortaio -Meglio a restare all'interno della volontà entro le mura.- sollevai lo sguardo per guardare Baeron, che mi restituì uno sguardo perplesso, poi mi umettai le labbra e tornai a concentrarmi su di lui.
-Sono qui per...
-Oh, lo so perché sei qui.- disse, senza ancora voltarsi, consultando degli appunti su un vecchio libro, passandoci sopra un dito lungo e scheletrico, quasi, e tornando a lavorare -Come ho già detto, nessuno viene mai a trovarmi. Ma tu puoi essere qui solo per un motivo.
-Molto bene, eviteremo inutili giri di parole, allora.- gli feci notare -Dov'è l'Antica Pergamena?
-Qui.- replicò, ed alzai un sopracciglio.
-Cosa?
-Beh, inteso in questo piano. Mundus. Tamriel. Nei paraggi, relativamente parlando.- assottigliai gli occhi, la mia poca pazienza stava già vacillando -Su scala cosmologica parlando, tutto è vicino.
-Mi stai prendendo in giro?- gli dissi -Voglio un luogo ed un nome preciso, vecchio.- egli si girò verso di me, posando il mortaio.
-Non c'è bisogno di alzare la voce con me, ragazza.- mi assicurò, mostrando i palmi delle mani aperte verso di me, a mo' di difesa -Davvero, non c'è bisogno. Ti darò ciò che vuoi, ma non sono stupido, anche io voglio ottenere qualcosa da tutto questo.- prevedibile quanto irritante.
-Cosa vuoi?
-Lo vedi questo?- il vecchio si avvicinò, senza badare minimamente al fatto che gli puntassi una freccia contro, alla grande porta di metallo che troneggiava su quel tugurio gelato, e la sfiorò con la stessa tenerezza di un padre che carezza la testa del figlioletto piccolo -Lo vedi questo capolavoro Dwemer? All'interno c'è il loro sapere più grande.- Dwemer, il popolo perduto dei nani.
Non conoscevo niente di loro, a parte il fatto che si trattava di un'antica civiltà oramai estinta dalle grandi capacità scientifiche e magiche, e fu con sospetto che guardai quella grande porta.
-Septimus è un erudito tra gli uomini, eppure non è che un pargolo ignorante paragonato al più ottuso dei Dwemer.- sospirò, poi un tremulo sorriso gli solcò le labbra -Fortunatamente, hanno abbandonato un mezzo per leggere le Antiche Pergamene. Nelle profondità di Blackreach ne esiste ancora una. Hai mai sentito parlare di Blackreach?- scossi la testa -Oh, per i Nove! Allora avrai bisogno di una mappa, sì!- si allontanò, quasi a malincuore, da quell'aggeggio nanico e si diresse verso un baule che aprì a fatica per poi iniziare a frugarci dentro -Sorge su di un'antica Rovina Dwemer. Una città ricca di sapienza nascosta...- continuò, poi si alzò e mi porse un vecchio foglio, talmente rovinato da darmi l'impressione di sgretolarsi al solo tocco -Lì, si cela il Forte, il tuo obiettivo: la Torre di Mzark.
-E come ci arrivo, sotto terra? Mi hai preso per una talpa?- replicai, pungente, ma quello non si lascio toccare dal mio tono decisamente non amichevole.
-Alftand è il punto di scavo che ti permetterà di accedere. Esplora a fondo e poco dopo troverai Blackreach.- inspirai profondamente e presi la pergamena, poi l'occhio cadde sul un grosso involucro che il vecchio stringeva nella mano libera, quella non impegnata a porgermi la mappa.
-E quello?
-Questo è la chiave che ti permetterà di raggiungere il tuo obiettivo, ragazza, ed anche il mio.- un nuovo, malato sorriso si stese sulle labbra secche e spaccate, un sorriso in grado di farmi provare pietà e allarme -Entrambi guadagneremo da questa storia, ragazza mia! Tu la tua pergamena e io...- una pausa, i suoi occhi brillarono -la conoscenza.

 
Note dell'Autrice

Emh, salve.
*si nasconde dietro un passante per evitare pomodori, armi, incantesimi e tutto il resto*
lo so. E' una vita che non aggiorno.
Lo so, sono sparita.
E il capitolo fa pure schifo.
Odiatemi, ma non uccidetemi, ho una sessione d'esame a giugno!!!
Ora, torniamo al capitolo.
Ho dovuto apportare un po' di modifiche all'Apprendimento di Cieli Limpidi ed ho aggiunto Forma Eterea, perché...oh, beh, più in là lo vedrete muhahahha.
Paarthurnax. Il pezzo più difficile che abbia mai scritto. Adoro questo personaggio e il suo dialogo, e l'ho mantenuto per gran parte, sebbene con qualche modifica. Spero che questo capitolo, senza particolari colpi di scena e combattimenti, non sia troppo pesante e noioso. Ho evitato il pezzo dell'accademia perché sinceramente l'ho trovato solo un modo noioso di allungare il brodo, quindi Ciancio alle bande (?), si parte!
Il prossimo sarà ovviamente ambientato nella Rovina Dwemer! *_*
Speriamo bene, odio quella rovina >__>
Ringrazio tutti quelli che leggeranno, che seguiranno (ancora) e...e beh, anche chi non mi ha soppresso sul posto xD
Ah, qui sotto, ovviamente, il dizionario di draconico.
a presto!
*Scappa*
Lady Phoenix

Draconico
acquisire
Conoscenza.
Geh: sì.
Strah: cammini
faas: paura
pahlok: arroganza/presunzione
Tivaak: chiacchierare
Krosis: mi dispiace.
Hadrimme: menti
Paaz: giusto.
Ru fus: punto di equilibrio.
wuldsetiid los tahrodiis: le correnti del tempo sono pericolose.
Viik Nuz Ni Kron: sconfitto ma non piegato.
Ok mulaag unslaad: la sua forza è infinita.
Meyye: folli, schiocchi.
 

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Capitolo 32
*** Chapter XXXI- Lost cities ***


Chapter XXXI
Lost cities
 
L'ingresso di Aftland era scivoloso. Le scalette ed i ponti di legno erano resi scivolosi dalla neve e lo strato di ghiaccio che si era formato su essi, e dovemmo impiegare tutta la nostra cautela per attraversarli e giungere all'entrata nascosta della rovina.
-Non mi piace.- dichiarò Baeron, accompagnando le sue parole con nuvole di condensa che si sollevarono verso l'alto.
-Lo so, trovare i cadaveri di quella carovana non è stato...
-Non è questo.- replicò il mio compagno di viaggio, scuotendo il capo e lasciando scivolare il leggero strato di nevischio posato sui capelli lunghi -E' questo posto...è come se ci stesse attendendo, Iris. Come attendeva quei cadaveri.
-Andiamo, noi non faremo la loro fine. Siamo avventurieri esperti.
-E chi ti dice che loro non lo fossero?- mi domandò, alché girai il capo per guardarlo e gli scoccai un'occhiata spazientita.
-Loro non erano un Dovahkiin licantropo. Ti basta come rassicurazione?- una ruga accigliata si formò sulla fronte del mago, che sospirò.
-Me la farò bastare.- replicò.
Detto questo, mi girai e continuai a camminare.
Sebbene mi rifiutassi di ammetterlo a voce alta, anche io condividevo i timori di Baeron: Aftland con il suo silenzio spezzato solo dal vento gelido sembrava attenderci, minacciosa e beffarda, lontana dal flusso del tempo quasi quanto Paarthurnax mi era parso divorato da esso a prima impressione. Non riuscivo a capire cosa mi facesse fremere tanto dall'agitazione, forse i miei sensi di Bestia, forse la mia natura di Sangue di Drago, fatto sta che avrei dato qualsiasi cosa per poter tornare indietro e lasciarmi alle spalle quel posto.
Ancora una volta mi ricordai che non potevo e che c'era troppo in gioco per tornare a fare la codarda, perciò proseguii con fin troppa baldanza, finché il ponte di legno lasciò spazio al ghiaccio scricchiolante che sanciva l'inizio della nostra discesa verso il Blackreach.
-Quanto a fondo hanno scavato, i Dwemer?- mi chiesi con fare pensieroso, guardandomi intorno, arco alla mano e freccia posata su di esso pronta ad essere tesa e poi scoccata, mentre i miei sensi cercavano di captare eventuali nemici in agguato, ma non parevano essercene.
Non ero più fiduciosa: dopotutto eravamo solo alla superficie.
 
-Aftland non è che l'entrata.- spiega Septimus, mentre lei fruga nel sacco che le ha dato -Non a tutti è concesso di entrare e proseguire, ma Septimus...Septimus conosce le chiavi per aprire la serratura e scendere in profondità.- spiega, tradendo l'ennesimo ghignetto di soddisfazione mista a demenza che le fa storcere le labbra.
-Allora illuminami, Mastro delle Chiavi, come faccio ad entrare?- gli chiede, mentre la sua mano tocca qualcosa, dentro il sacco.
-Con i due oggetti per te, uno Tondo.- ed ecco una sfera comparire nella sua mano -Ed uno affilato.- osserva la sfera fatta dello stesso metallo della porta sigillata intorno a cui lavora l'uomo, ed assottiglia gli occhi.
-La forma tonda accorda, ragazza. La musica Dwemer, sommessa e delicata, è necessaria per attivare i meccanismi più complessi.- si chiede come possa un oggetto del genere creare musica ed armonia, ma non fa domande, e passa al secondo oggetto, un cubo fatto dello stesso materiale della sfera e decorato con diverse incisioni di cui ancora una volta non comprende la natura -La Forma affilata, il Dizionario, incide. Una biblioteca di conoscenza...ma vuota.- e sospira, un sospiro così tremulo da farlo sembrare in procinto di piangere.
Ma non lo fa.
Pare scuotersi da quell'attimo di ridicola pena, e riprende a parlare.
-Una volta che la Sfera ti avrà aperto la via, arriverai al Black Reach, e lì troverai la Torre di Mzark, dove sta custodita la pergamena.
-Come la riconoscerò?
-Oh, ci riuscirai...- replica il vecchio, come fosse una cosa ovvia, e prima che lei possa protestare, aggiunge -Trovala: I congegni leggeranno il sapere dell'Antica Pergamena e lo trasferiranno nel Cubo. Una volta illuminato, rimuovilo: vuol dire che il sapere è stato racchiuso.
E lei capisce:
-Quindi è questa la tua parte del bottino. Vuoi sapere cosa c'è scritto.- replica con una smorfia -A cosa ti serve l'Antica Pergamena?- chiede, e getta un'occhiata a Baeron, rapidissima, prima di tornare su quel volto consumato dal tempo e la pazzia. Alla sua domanda, l'anziano Nord pare illuminarsi, tanto da annuire e congiungere le mani dalle dita scheletriche e arcuate come zampe di ragno.
-Ooooh, che arguzia! Ingegnoso chiedere a Septimus.- e si sposta verso la porta Dwemer, toccandola con la delicatezza che si impiega con un'amante adorata -Questo scrigno Dwemer. Incanto è meraviglia.- sospira -Al suo interno si cela un cuore...- e la guarda -il cuore di un Dio. Il tuo ed il mio...qualcuno lo occultò usando il metallo dei nani, ma io...io lo aprirò ed attingerò alla sua conoscenza. Nemmeno i più complessi meccanismi Dwemer potranno resistere alla Pergamena, e lo farò.- fa una pausa, e per un attimo la diffidenza di fa largo negli occhi scuri del vecchio, facendolo assomigliare ad uno smunto avvoltoio che vede un altro animale avvicinarsi alla carcassa scelta -Questo è il mio prezzo, ragazza. Non avrai ciò che ti serve in nessun altro modo.
 
Mi ero chiesta più volte se avessi fatto bene ad accettare il suo scambio. Nemmeno quel vecchio pazzo aveva idea di cosa ci fosse oltre quella porta. E se avesse rivelato qualcosa più pericoloso persino di Alduin? Avevo forse fatto l'ennesimo patto sbagliato?
Mi morsi il labbro ed iniziai a considerare l'eventualità di uccidere Septimus una volta compreso cosa ci fosse oltre quella dannata porta, anche se l'idea mi disgustava profondamente.
Non appena svoltammo l'angolo, il ghiaccio lascio rapidamente spazio alla pietra. Io e Baeron ci ritrovammo in una grande sala dove metallo e pietra si alternavano in una spoglia quanto impeccabile armonia.
-E' incredibile.- disse Baeron, poi si avvicinò ad un tavolo sempre di pietra: quella ed il metallo, ecco quali erano gli unici materiali presenti. Di legno non c'era traccia, nemmeno ammuffito o marcio. Semplicemente non era stato necessario impiegarlo -Questa è una vera e propria miniera di storia.
-Mh?
-Guarda qui.- mi fece notare, avvicinandosi al tavolo ed afferrando una coppa antica, rigirandola -utensili, posate...tutta questa roba può valere migliaia di Septim.
-Tieni a bada il tuo lato di tombarolo, Baeron, non sei qui per questo.- l'uomo ridacchiò e poggiò di nuovo l'oggetto sul tavolo di pietra, gettandomi un'occhiata divertita che, a dispetto della situazione, ebbe il potere di sigillarmi lo stomaco per un breve attimo.
-Ancora a parlare di senso dell'onore e di non rubare ai morti?- notando la mia faccia indispettita, sbuffò -La tua missione viene prima di tutto, Iris.- mi disse, rendendo il tono più serio, poi estrasse la spada dal fodero e tese la mano in avanti, pronto a rilasciare qualche incantesimo non appena fosse stato necessario -Fai strada, sei tu ad avere la mappa.
Annuii ed estrassi la vecchia pergamena che Septimus Signus mi aveva dato, insieme ai due manufatti Dwemer, la Sfera ed il Cubo. La esaminai brevemente e gli indicai il corridoio che già si inclinava verso il basso, scendendo.
-Qui non è difficile. La strada non presenta diramazioni fino a questa grande sala.- spiegai, indicando il disegno con l'indice, poi la piegai e la sistemai nella bisaccia -Forza, proseguiamo fino a lì, poi decideremo cosa fare.
Iniziammo a camminare con cautela, i miei sensi tesi e pronti a captare ogni forma di vita. Apparentemente la rovina del popolo dei Nani era vuota e fredda come la pietra con cui era stata costruita, eppure i miei sensi di Bestia erano tesi e sentivo una strana sensazione di freddo dietro il collo, come tutte le volte che il pericolo era imminente.
Eppure nessun rumore scuoteva l'atmosfera, a parte quello del gocciolare della neve lungo le pareti di pietra, un rumore continuo e lieve che, con l'agitazione che avevo in corpo, minacciava di farmi impazzire ad ogni passo. Non riuscivo a spiegarmi il motivo di tanta agitazione, del perché i miei occhi continuassero a spostarsi freneticamente e le narici continuassero a dilatarsi per cercare odori che andassero oltre quello della muffa, almeno finché non sentii un lieve zampettare provenire dalle mie spalle.
-Attento!- dissi a denti stretti a Baeron, voltandomi di scatto con l'arco teso e la freccia già incoccata, ma quando mi girai non c'era niente.
-Iris...che ti è preso?- mi chiese il mago, con la mano sinistra già avvolta dai bagliori rossastri degli incantesimi, i nervi a fior di pelle.
-Ho sentito qualcosa...uno zampettare.
-Sei sicura? Queste rovine sono vecchie, forse è solo qualche topo o magari è solo la tua impressione.- soffiai rabbiosamente per farlo tacere, mantenendo la mia postura di combattimento, sperando che il rumore si ripetesse per permettermi di individuare la posizione di...qualunque cosa avessi udito.
Ma non avvenne.
-Baeron, io ho sentito. Il mio udito non mi ha mai tradita.- insistei, ed il mago si avvicinò a me per posare la mano sul mio braccio, invitandomi con una lieve pressione ad abbassare l'arma.
-Non dico questo.- disse con tranquillità -Dico solo che quello che hai sentito probabilmente non era pericoloso...ma terremo gli occhi aperti, più di prima, se questo ti fa stare tranquilla.- sbuffai dalle narici come un animale infastidito,ma annuii ed infine mi feci convincere ad abbassare l'arco e riprendere il cammino.
Ma quella sensazione non sparì e poco dopo quel lieve zampettare mi fece di nuovo scattare.
-Baeron, c'è qualcosa, credimi.- insistetti, guardandomi intorno, ma di nuovo il mago fu preso in contropiede.
-Iris, mi stai spaventando.- ammise -Non c'è niente,qui, cosa...?- ma stavolta, il lieve zampettare si ripeté e all'improvviso lui tacque.
Stavolta l'aveva sentito anche lui, ne ero sicura.
-Allora?- mormorai, cercando di captare da dove provenisse il rumore dato che a causa del grande eco il suono era arrivato dispersivo pur nella sua scarsità di volume.
-L'ho...- deglutì- L'ho sentito.- mormorò lui, occhi che si muovevano ovunque, esattamente come i miei -Ma dove?
-Non lo so.- ammisi -Sto cercando di capire, ma non...
-ATTENTA!- l'avvertimento di Baeron sopraggiunge un attimo prima che un'ombra informe piombasse dall'alto.
-AH!- caddi a terra sotto il peso inaspettato di...qualsiasi cosa fosse, ma riuscii a tenere tra me e la cosa l'arco in orizzontale, in modo da tenerlo abbastanza lontano.
Nel caos di quegli attimi, riuscii ad intravedere delle zampe lunghe che ricordavano quelle dei ragni e per un attimo credevo fosse uno di quegli sgorbi giganti che avevo incontrato anche alla Tomba di Ysgramor, e schifata cercai di scacciarlo con una spinta dell'arco.
Ma fu con orrore che, al cozzare dell'arma contro il corpo della creatura, sentii il suono del metallo.
-Co...?- lo osservai bene e mi accorsi che non c'erano nemmeno gli occhietti acquosi e scuri dei ragni a ricambiarmi, ma una semplice pietra rotante che iniziò a girarsi schiarirsi sempre di più, fino a rilasciare delle leggere scintille.
-BAERON!- gridai, del tutto spiazzata, e l'attimo dopo vidi una scia di magia violacea colpire in pieno il costrutto e spingerlo lontano da me con un sibilo sinistro, quasi stridulo, così potei sollevarmi su un gomito.
-Che accidenti è?- mi chiese l'uomo.
-Non ne ho idea, ma ne arriva un altro!- esclamai, indicando a Baeron un punto alle sue spalle, dove un altro di quegli aggeggi metallici ci stava raggiungendo.
-Occupati dell'altro, al nuovo arrivato ci penso io.- disse il mago, tornando a caricare un altro incantesimo, mentre io mi alzai per fronteggiare l'essere di metallo che dalle tenebre avanzò, mostrandosi alla luce.
Sì, l'aspetto continuava a ricordarmi, inquietamente, quello di un ragno, ma il suo corpo non aveva niente a che vedere con la disgustosa pelle dei ragni: era dello stesso materiale che insieme alla pietra sorreggeva le rovine, e luccicava come fosse fatto di oro, a parte un cristallo al posto di quella che avrebbe dovuto essere la testa. Cristallo che, a quanto avevo rischiosamente compreso, racchiudeva una fonte di potere che poteva essermi fatale.
-Bastardi...- mormorai con un ringhio leggero, estraendo la spada dal fodero e mettendomi in guardia -Fatti avanti...- lo invitai, rimanendo in guardia, e quella cosa non si fece attendere.
Zampettando con un'inaspettata agilità si avvicinò a me e una volta vicino compì un piccolo balzo, aprendo le zampe per cercare di chiudersi intorno al mio volto, ma io riuscii a scartare di lato e quando atterrò sollevai la spada per colpire quella pietra che poco prima si era caricata di luce.
Peccato che con le sue zampette apparentemente esili, quella cosa riuscì a bloccare la lama.
-Oh, Shor...- mormorai, ed istintivamente calciai il ragno, allontanandolo.
Mi accorsi che quei piccoli mostri avevano una grande forza nelle zampe metalliche, ma al tempo stesso erano incredibilmente leggeri, facili da spingere via quanto difficili da colpire.
-Iris!- la voce di Baeron mi giunse allarmata, e quando girai il capo verso di lui notai che era circondato da altri cinque di quei dannati ragni, che lo bersagliavano con le loro scariche elettriche minacciando di far crollare la barriera di luce biancastra che circondava la figura del mago.
Dovevo fare qualcosa e mi guardai intorno: notai un piccolo rialzo rispetto alla parete, tre metri e non più, raggiungibile attraverso delle pietre ed ancora quelle costruzioni e tubi di metallo.
Mossi un passo verso di esso, ma l'attimo dopo sentii la fredda morsa del metallo contro la mia pelle, come delle corde.
-NGH!- capii che il ragno mi aveva assaltata, e che avrei dovuto fare qualcosa.
Cercai di liberarmi, ma avevo il braccio della spada del tutto bloccato lungo il fianco, così presi il pugnale con il braccio libero, il sinistro, e fui costretta a colpire alla cieca. Fallii il primo colpo e di rimando sentii uno stridio irritato che quasi ferì il mio udito sviluppato e mi fece ringhiare di rabbia.
-Mollami!- gridai con voce roca, già sporcata dalla ferocia della Bestia, e sollevai il braccio per colpire di nuovo. Stavolta sentii la lama affondare tra le giunture del ragno e subito la presa si allentò, permettendomi di liberarmi con uno strattone e girarmi: la creatura era inanimata a terra, anche se muoveva ancora le zampe, e la pietra che doveva sostituire la testa era a pezzi a causa del mio colpo.
Era morto, eppure...
-umh?- mi accorsi di alcune scintille che si andavano formando sempre di più attorno al corpo dell'animale metallico e la sensazione di pericolo andò crescendo rapidamente -No!- iniziai ad allontanarmi e di fatto poco dopo una piccola esplosione distrusse del tutto il corpo del ragno e liberò una pioggia di scariche elettriche. Una di esse mi raggiunse e sentii un fastidioso formicolio alla gamba che mi fece ringhiare di nuovo, più forte.
Il formicolio che sentii sulle zanne mi fece capire di essere sempre più vicina a perdere il controllo, vittima dell'adrenalina, ma il grido di dolore di Baeron fece trionfare la mia parte umana e capire che non potevo più esitare. Rapidamente, priva della spada e con l'arco in spalla, riuscii a raggiungere quella posizione sopraelevata, in modo da poterlo aiutare.
-Baeron, tieni sollevata la barriera!- lo avvertii -Esplodono quando muoiono!
-Oh, ottima notizia, davvero!- esclamò il mago, che con un colpo di spada allontanò brutalmente uno dei ragni, ma permise ad un altro di colpirlo e di incrinare la barriera lattiginosa che lo proteggeva -Fai qualcosa!
-Sto già facendo!- gridai per farmi udire oltre quel frastuono -Liberati della spada.
-COSA!?- l'uomo si voltò verso di me come se fossi impazzita, ma l'ennesimo assalto da parte dei ragni incrinò ulteriormente le sue difese e gemette per lo sforzo di mantenerle elevate -Sei impazzita!?
-FIDATI DI ME!- replicai, e presi una freccia dalla faretra, poi la incoccai.
Nel mentre, il mago fece come avevo detto, si liberò della spada ed approfittò della seconda mano libera per caricare il secondo incantesimo, che liberò con un grido di frustrazione quando l'altra difesa gli andò in frantumi.
-Resisti, proteggiti con entrambe le mani!- gli gridai, e quello ubbidì.
Una forte luce bianca riempì la stanza, ingigantendo, quasi, la figura del mago ed accentuando le ombre, rendendomi quasi parte di esse mentre i ragni continuavano a bersagliare il mio compagno.
Presi la mira e poi tesi la corda dell'arco. La tesi con tutta la forza possibile, trattenendomi dal perdere il controllo e probabilmente rompere l'arco a causa della licantropia, e le mie dita sfiorarono la guancia come tante volte da quando avevo imparato ad usare quell'arma, poi assottigliai lo sguardo, infastidita dal gioco di luci ed ombre che minavano la mira e la concentrazione.
-Ancora un po'...- mormorai -Ancora un po'...- uno dei ragni saltò, puntando alla barriera di Baeron, ma ancor prima che potesse toccarla la mia freccia lo trapassò da parte a parte, facendolo cadere a terra.
Poco dopo, la piccola esplosione coinvolse altri due di quei piccoli costrutti, e Baeron fu spinto all'indietro dall'onda d'urto che derivò dalle altre due, cadendo a terra e mantenendo la concentrazione a fatica.
-Resisti!- riuscii a colpire anche un altro ragno con la seconda freccia e l'esplosione scalfì una delle due difese di Baeron, rendendolo vulnerabile.
Preoccupata per l'ultimo ragno mi affrettai ad incoccare la terza freccia, ma con mia sorpresa, non lo trovai vicino al mago, né intento ad attaccarlo.
-Dov'è?- mi chiesi, ed allentai la tensione dell'arco per potermi guardare intorno -Tutto bene? Lo vedi?- domandai a Baeron, che dovette riprendere fiato prima di alzarsi, continuando a tenere l'unica difesa rimasta alta.
-Sono vivo e questo è quello che conta. E comunque non lo vedo. Non l'hai preso?
-E' sparito prima che prendessi la mira.- ribattei, continuando a guardarmi intorno, poi inspirai l'aria due volte, rapidamente -Dannazione alla loro mancanza di odore...- poi però lo sentii.
Sentii di nuovo quell'inquietante zampettare...
e veniva dai miei piedi.
-Co...AH!- urlai di sorpresa quando il ragno di assaltò con un fischio inquitante e persi l'arco per portare le mani al viso e proteggermi, ma non bastò.
Lo spazio disponibile era poco e caddi a terra. Tre metri di altezza non sono pochi, colti alla sprovvista e senza la resistenza fisica, e quando caddi il dolore mi lasciò stordita, strappandomi un urlo di dolore acuto alla fitta che mi colse a tutto il lato destro del corpo. La testa fu l'unica cosa che si salvò dal momento che avevo sollevato le braccia per proteggermi, ma smisi di lottare mentre il ragno mi stringeva ancora nella sua presa, soffocandomi ed iniziando a caricare l'energia per l'elettricità.
Iniziai a sudare ed agitarmi, incapace di studiare una strategia migliore o di coordinare i movimenti a causa della caduta. Sapevo solo che quella cosa, qualunque cosa fosse, era dotata di un'intelligenza ed un senso del dovere tale da farsi esplodere pur di abbattermi, ed io non avevo idea di come cavarmela e continuavo ad agitarmi come una bestia nella rete del cacciatore.
Ancora una volta, fu Baeron a salvarmi, come aveva fatto altre volte. Lo sentii correre verso di me e gridare di rabbia quando colpì, con tutta la forza che aveva, il ragno con un pezzo dello stesso metallo da cui era composto, stordendolo quanto bastava per fargli allentare la presa sul mio corpo, poi lo afferrò e lo scaraventò a terra.
Prima che potesse anche solo muoversi, il mago lo trafisse con la spada e subito si immobilizzò, continuando a liberare quelle scariche sempre più forti e facendo girare in maniera frenetica la gemma sopra la sua testa.
-Sta giù!- il mago si affrettò a stendersi sopra di me, coprendomi con il corpo, e tese la mano con la barriera verso il cadavere del costrutto, che con l'ennesima piccola esplosione inondò le rovine di una luce bianca e quasi dolorosa per gli occhi, prima di farle ripiombare nel silenzio e nel buio dato che anche la difesa magica del mago era finita in pezzi a causa dell'impatto ravvicinato.
Era finita.
-B-baeron...- mormorai, sollevando una mano per sfiorargli il braccio, e gemetti di dolore.
-Ssssh.- mi zittì lui, sollevandosi per osservarmi -aspetta.- la sua luce magica quasi mi ferì gli occhi -Fammi dare un'occhiata.
-Stai bene?- gli chiesi, poi cercai di alzarmi e gemetti.
-Sta' ferma.- mi intimò, poi ringhiò -Sei caduta da un'altezza considerevole e quel bastardo ti stringeva forte con quelle zampe.- sollevai appena il capo per guardarmi le braccia: i segni delle otto zampe, dove aveva stretto, erano profondi e rossi, alcuni addirittura erano graffi doloranti, e sentivo un dolore forte su braccio, gamba e fianco dove avevo trovato impatto con il pavimento.
-Il ginocchio...- mormorai -Fa male.
-Forse è rotto.- ammise Baeron, cupo.
-No, merda!- esclamai, e reggendomi a lui mi tirai a sedere, gemendo ancora.
Ogni minimo movimento mi causava dolore e fatica.
-Posso curarti, ma farà male.- mi avvertì il mago, passandomi una mano sulla schiena per reggermi, ma io annuii a labbra sigillate.
-Fallo. Devo continuare.- sbuffò -Cosa c'è?
-sapevo che lo avresti detto.- disse, sorridendo divertito ma anche preoccupato, poi allungò una mano contro il mio volto e scostò i capelli sudati dal viso che erano sfuggiti alla treccia nel combattimento -Stringi i denti...non possiamo rischiare di attirare qualche creatura, anche se con il disastro che abbiamo causato mi stupisco che non ci siano già addosso.
-Non...rischiamo...- mormorai, poi strinsi la presa sul suo braccio -Ma stammi vicino...- sussurrai, e vidi un lampo di sorpresa passare nei suoi occhi, sorpresa che non considerai nemmeno sul momento, il dolore mi stordiva troppo e mi rendeva più incline a mostrare quel momento di conforto di cui mi ritrovai ad aver bisogno.
-D'accordo.- disse, poi la sua mano mi avvicinò, in modo che potessi appoggiare il viso contro la sua spalla -Dimmi quando sei pronta.
-Vai...- sussurrai, e l'uomo caricò l'incantesimo.
Inizialmente sentii solo un formicolio, poi la cura iniziò ad attecchire di più e sentii chiaramente le ossa del ginocchio spostarsi.
Colta alla sprovvista, gridai con forza, ma mi affrettai ad affondare il viso contro la spalla del mio compagno, chiudendo gli occhi e respirando con affanno per cercare sollievo, sollievo che non venne. Anzi, il dolore mentre le ossa si spostavano brutalmente e la pelle si riformava continuava a crescere e presto iniziai ad ansimare con rabbia, come un animale.
-Basta!- esclamai, e cercai di sottrarmi alla cura, ma lui strinse la presa su di me perché non mi scostassi, costringendomi a continuare la cura.
-Stringi i denti, stringi i denti!- ripeté, ma io scossi il capo contro il suo braccio, singhiozzando come una bambina perché estranea a quel tipo di dolore che non potevo evitare, ma tollerare per stare bene e continuare la mia missione.
Mi accorsi che stavo sudando a dispetto del freddo che regnava nelle rovine, e per quanto l'incantesimo non fosse durato più di un paio di minuti, mi parvero ore e fu immenso il sollievo con cui accolsi la sua fine.
-Ehi...- sentii la voce di Baeron, ma non alzai lo sguardo, godendomi la fine della dolorosa cura -E' finita.- mi disse, ed annuii con la testa.
-Lo so...
-Hai altri lividi e ferite minori. Lascia che curi anche quelle, faranno meno male.- sbuffai con una risatina.
-Dopo questa credo di poter superare qualsiasi cosa, sai?- ribattei, e lo sentii ridacchiare a sua volta.
-Lo so.- rispose, facendomi sobbalzare appena dalla sorpresa quando mi baciò la testa.
Sollevai la testa e lo guardai, trovando un sorriso ad attendermi. E per quanto quegli occhi mi mettessero a disagio a causa della trasparenza con cui mi guardavano, fui profondamente contenta di averlo con me.
 
Ancora non riuscivo a credere a quanto le cure di Baeron fossero incredibili. Il ginocchio che dovevo aver rotto nell'impatto era del tutto guarito, ed i dolori sul resto del corpo erano spariti.
Per quanto la magia fosse per me qualcosa di impraticabile, al dire fuori delle Parole del Potere, non potevo più negare la sua utilità. Avrei dovuto rimandare di mesi la ricerca dell'Antica Pergamena quando non avevo nemmeno un giorno da perdere, e invece ero lì, in marcia verso l'interno delle rovine.
Scendemmo ancora più in profondità e fummo costretti ad accendere le torce che avevamo portato con noi, e rimanemmo d'accordo di montare la guardia a turno e consumare qualche provvista durante la sosta che decidemmo di fare in una delle stanze.
Sì, stanze. Scendendo nelle profondità della struttura, quel che si aprì davanti a noi fu una vera e propria città fantasma che non conosceva altri materiali se non pietra e quel famoso metallo bronzeo che non avevo mai visto in superficie. Corridoi, grandi sale macchine che non osammo toccare e anche case si susseguivano sempre più in basso, silenziose, eccezion fatta per quei dannati ragni che trovammo sparsi per tutta la città del popolo Dwemer, come Signus l'aveva chiamato.
-Dovevano essere una grande civiltà.- dissi, addentando un pezzo di carne secca mentre mi guardavo intorno, e Baeron annuì.
-Dovevano essere parecchio avanti, a giudicare da quelle macchine che ci hanno attaccato.
-Credi davvero che le abbiano costruite loro?- domandai, pulendomi senza troppi complimenti la bocca con il dorso della mano.
-E chi altri?- Baeron prese un sorso dalla sua borraccia di pelle di capra -Guardati intorno. Questo posto è in rovina, ma una volta doveva essere uno splendore. Basti pensare al fatto che alcune macchine emettono ancora vapore e sorreggono la struttura. E non ricordi cosa ha detto quel vecchio pazzo? Erano un popolo evoluto e colto. Non è così inverosimile.- annuii quasi distrattamente e per un po' rimasi nei miei pensieri, rimuginando su quel popolo perduto, e lo feci finché Baeron non estrasse una boccetta dalla bisaccia, un composto di un blu acceso che mi fece storcere il naso.
-Che roba è?
-Una semplice pozione che mi aiuta a recuperare le energie. Consumare magia è faticoso quanto combattere.
-Mh, ne dubito.- replicai, e lui mi gettò un'occhiataccia -Avanti, scherzavo. Ho smesso di prendere in giro i tuoi trucchetti.- gli dissi con un sorrisetto.
-Anche perché i miei trucchetti ti sono sempre piaciuti...- pausa -Tutti.- e con un sorrisetto che mi fece arrossire, mio malgrado, bevette la pozione.
-Se non avessi dannatamente bisogno di te tutto intero ti prenderei a calci.- replicai.
-Sono sfacciatamente fortunato, allora.- dichiarò, riponendo la boccetta vuota nella bisaccia, poi estrasse la spada e la posò sulle proprie gambe -Ce la fai a fare il primo turno di guardia? Sono a pezzi.- ammise, ed io annuii.
-Anche se volessi, non potrei dormire comunque e dopo il tuo intervento sto meglio. Dormi pure, se qualcosa cercherà di entrare in questa stanza, me ne accorgerò. Ho imparato a distinguere lo zampettare di quei ragni dagli altri...rumori delle rovine.- e così feci.
Il primo turno di guardia lo passai in silenzio e con le orecchie tese, ma nemmeno una di quelle Bestie cercò di prenderci di sorpresa e potei immergermi nelle mie riflessioni. La mappa che Septimus Signus ci aveva dato era imprecisa e soprattutto incompleta, avevamo trovato molti più bivi e deviazioni di quelle segnate, e spesso le strade da prendere erano chiuse da crolli e frane che ci avevano spinto a deviare.
Il terrore di perdersi aumentava passo dopo passo, soprattutto perché l'odore della superficie si era fatto sempre più lontano fino a scomparire. Avremmo potuto rischiare di rimanere bloccati lì sotto per sempre pur di trovare quella Pergamena, e tutto per le informazioni sbocconcellate qui e lì da un vecchio solo e pazzo.
Cosa dovevo fare? Dovevo tornare indietro e cercare un modo alternativo di sconfiggere Alduin? Oppure rischiare il tutto per tutto e continuare la mia esplorazione. Più mi immergevo nelle profondità della terra alla ricerca di Blackreach, più il mondo che mi ero lasciata dietro appariva lontano e sbiadito, come se stessi svegliando da un bel sogno per affrontare la realtà scura, una realtà fatta di segreti pericolose e città perdute, scolpite nella pietra.
Non smisi di rimuginare finché Baeron non si svegliò e toccò a me riposare. E, sebbene non mi aspettassi un sonno ristoratore, chiusi gli occhi.
Inaspettatamente, sprofondai pesantemente nelle tenebre.
 
Le rovine e le mura di pietra sembrano ancora più grandi e buie, ora.
Non aveva notato quanto fossero alte e quanto lei potesse essere piccola, a confronto.
Cammina, ed è sola. E non si chiede perché, non si domanda dove possa essere il suo compagno. Come se fosse stata sempre sola.
E non è forse così?
Non ha paura del buio, ma non sa dove andare.
Cosa fare?
Un fruscio, e sobbalza.
Vede un'ombra passarle accanto, velocissimo, e subito i suoi sensi di Bestia si attivano.
Parte all'inseguimento. Non la vede mai, non sa nemmeno cosa sia, eppure sente che è lì.
È vicina, sempre più vicina, e la vuole.
Vuole raggiungerla e la cosa vuole essere raggiunta.
Lo sente...può sentirlo...
 
Meyza Daan Zey...
 
Mi tirai su di scatto e mi girai verso Baeron.
-Cosa hai detto?- mormorai, stropicciandomi un occhio con fare assonnato.
Mi stupii nel constatare che non ero nel lungo corridoio buio, ma nella stanza in cui ci eravamo accampati.
-Come?- il mago mi guardò con aria accigliata -Non ho detto niente.
-Eppure ti ho sentito parlare.
-Non ho detto una parola, Iris, posso giurartelo.- dichiarò con semplicità -Forse stavi sognando.
-Gli unici sogni che mi sono concessi sono quelli di Hircine.- ribattei, tirandomi su a sedere e massaggiandomi il collo con la mano -E lì non ho tempo di parlare.
-Cosa sogni?
-La caccia, Baeron.- spiegai, frugando nella bisaccia ed estraendone la borraccia -Sogno di rincorrere delle bestie: cervi, alci, altri predatori...qualsiasi cosa possa darmi l'ebbrezza. Corro, corro senza mai raggiungere la mia preda, ed ho un sonno così agitato da non avere mai riposo.- sospirai profondamente, dando per la prima volta voce al tormento che la maledizione di Hircine mi aveva imposto -E a volte...
 
Zu'u saraan...saraan fah lingrah tiid...
 
Sobbalzai di nuovo e mi guardai intorno.
-Hai sentito?
-Di nuovo?- tornai a guardare il mio compagno, e mi accorsi che ancora una volta non aveva sentito niente.
-Qualcuno ci sta chiamando.
-Chiamando?
 
Hi los borii...
 
Mi alzai in piedi di scatto e mi umettai le labbra.
-Andiamo.- Baeron si alzò in piedi frettolosamente.
-Cosa? Ma sei impazzita? Dove?
-Vuol dire che non senti questa voce?
-Quale voce?- lo guardai storto.
-Sento qualcosa nella mia testa, Baeron...una voce che mi parla.- chiusi un attimo gli occhi.
Quella voce parlava in draconico. Il rituale dei Barbagrigia ora mi permetteva di conoscere qualche parola di quella lingua, e concentrandomi riuscii a capire il senso di quei sussurri, anche se non capivo Chi o Cosa mi stesse chiamando.
 
Hi los het fah zey
 
E, lentamente, un'immagine iniziò a formarsi nella mia testa.
 
Sale le scale rapidamente, con il fiatone.
Una lunga scala che va salendo sempre di più, fino ad una piattaforma.
Sale ancora e ancora, bruciando gli scalini.
È vittima di una frenesia insana ma al tempo stesso appagante, come di chi raggiunge un obiettivo a lungo seguito.
 
Meyz daan zey...
 
Meyz daan zey...
 
E finalmente, la vede.
È un grande rotolo bianco, sigillato e affatto consumato dal tempo. Anzi, pare quasi brillare, tanto da spingerla a schermarsi gli occhi con una mano ed assottigliare lo sguardo. Si avvicina, ma quando allunga una mano per toccarla, non le riesce.
Una barriera si forma e la spinge all'indietro in un'esplosione di luce.
 
Siiv zey!
 
Riaprii gli occhi di scatto.
-Iris?- guardai Baeron e mi morsi il labbro inferiore con i denti.
-La Pergamena...- mormorai.
-Sì, lo so, dobbiamo trovare la Pergamena, ma...
-No, non hai capito!- lo zittii con impazienza, poi si umettai le labbra e guardai il corridoio inghiottito nelle tenebre -Lei mi sta parlando. Vuole che la trovi.
 
Immersi nel buio e solo con le nostre torce e la magia di Baeron a rischiarare l'atmosfera, continuammo a scendere in profondità. Non sapevo da quanto tempo stessimo scendendo nelle rovine. L'impossibilità di vedere l'alternanza tra giorno e notte mi aveva fatto perdere la cognizione del tempo, ma ci riposammo ancora una volta prima di trovare altre forme di vita, se così si potevamo chiamare. E di nuovo, il mio sogno mi mandò a caccia dell'Antica Pergamena, guidata dalla sua voce.
Non capivo perché stesse accadendo e sopratutto come fosse possibile una cosa del genere. Come poteva la voce di un antico manufatto riempirmi la testa e guidarmi? Ancora una volta il mio essere Dovahkiin mi rendeva spettatrice ed al tempo stesso protagonista dell'ennesima stranezza, e capii che farmi domande sarebbe stata solo una perdita di tempo. Avrei potuto chiedere a Signus una volta finita questa storia.
-Sai, con te credo di averle viste tutte.- ammise Baeron, mentre avanzavamo nelle tenebre guidati dalla sua luce magica.
-Lo dico spesso anche io.- ribattei, poi inspirai un paio di volte l'aria dalle narici -Sciogli l'incantesimo.- dissi, portando una mano alla faretra per prendere una freccia, e lui mi guardò.
-Cosa c'è stavolta?
-Sento qualcosa.
-Di nuovo quei ragni?
-No...stavolta sento un odore.- storsi le labbra e deglutii -Ed è un odore decisamente schifoso.
-Del tipo?
-Di sporco e...di vecchio.
-Ci sta seguendo uno dei Barbagrigia?
-Baeron!- lo rimproverai, e se non fossi stata così tesa sicuramente mi sarei stupita della mia stessa reazione, poi scossi la testa -E' come se...non so. È un odore che non ho mai sentito prima, non riesco ad identificarlo.- espirai -E finché non capisco con cosa diamine avremo a che fare, massima cautela.
Continuando a camminare, ci avvicinammo ad uno spazio privo delle mattonelle. Terra scura e brulla prese il posto della pietra e l'odore si fece sempre più vicino, mescolandosi insieme a quello di ingredienti alchemici, che riconobbi solo perché identico o quasi a quello dei prodotti usati da Hannet. Tenevo la mano sull'arco ed avanzavo più silenziosamente che mai, e quando sentii alcuni grugniti mi fermai.
-Dei...fermo qui.- dissi a Baeron, che come me si era appoggiato alla parete -mi sporgo per controllare.
-E se...qualsiasi cosa dovesse esserci ti vedesse?
-Lo uccideremo, come abbiamo fatto con tutte le cose che ci hanno visto qui sotto.- replicai, con tono più sicuro di quanto fossi in realtà, poi deglutii e presi un bel respiro -Fammi gli auguri.- e mi sporsi.
Mi trovai davanti ad un vero e proprio accampamento. Le tende erano montate alla meno peggio, ma soprattutto sembrano sostenute da pali di un materiale chiaro che non seppi distinguere e...un altro materiale nero. Assottigliai lo sguardo.
-Che roba è?- mi chiesi, ma soprattutto mi chiesi cosa abitasse in quel posto visto che non c'erano tracce umane.
Mi chinai a terra ed osservai delle impronte lasciate sulla terra: ricordavano molto la forma umanoide, ma erano più grandi e poggiavano soprattutto sulla pianta, sollevando appena il tallone, ed avevano dei lunghi artigli. Camminavano scalzi, senza dubbio, e con un'andatura traballante. Presi in considerazione l'idea che fosse una comunità di mannari, ma non sentivo alcun odore di animale, né avvertivo la presenza dei miei simili e quindi la scartai poco dopo.
All'improvviso, un rumore. Una specie di grugnito ed una pesante cadenza di passi che mi fece indietreggiare fino a trovare ombra dietro una delle tende, o capanne, o qualsiasi cosa fossero.
E lo vidi.
La prima cosa che saltò agli occhi fu la pelle della creatura, chiara come la neve, ma sporca a causa della poca igiene e dello stato brado, praticamente, in cui doveva vivere, poi furono le orecchie a punta ed infine gli occhi rossi. L'essere era magro, scheletrico, quasi, e vestiva di stracci. Insieme al pallore della carnagione, il tutto gli donava un'aria malaticcia e sgradevole. La bocca si chiuse ed inspirò l'aria, scoprendo una dentatura composta da denti storti e gialli.
Rimasi immobile, trattenendo persino il respiro: non avevo mai visto una cosa del genere, e sul momento mi venne istintivo scambiarlo per un elfo viste le sue orecchie a punta, ma ancora una volta mi vidi costretta a scartare la mia ipotesi: nessun elfo era così brutto e degradato, nemmeno le tribù più selvagge avrebbero permesso al loro lato selvaggio di ridurli in quel modo.
Mi guardai intorno e mi concentrai, cercando di affinare l'udito: minimo dovevano esserci una decina di quei così, e non avevo idea di come affrontarli, non sapevo nemmeno cosa fossero. Così optai per sorpassarli, semplicemente, e sperare che non ci seguissero.
Ma per prima cosa dovevo tornare da Baeron, e mi girai...trovando la creatura a pochi metri da me, intenta a guardarmi.
-Merda!- sobbalzai e mi appiccicai alla capanna, e solo allora lo notai sobbalzare ed avvicinarsi, emettendo di nuovo quei grugniti bassi e diffidenti -Co...?- lo osservai bene, notando come continuasse ad annusare l'aria e muoversi con circospezione muovendo la sua spada composta da un materiale che non riuscii ad identificare ma senza attaccarmi.
Lui mi stava cercando perché non mi vedeva, era cieco.
-Merda...- ma sembrava avere un olfatto ed un udito finissimi, in quanto, quando mi mossi, si fece più guardingo ed aggressivo. Sarebbe sicuramente avanzato verso di me se i versi gutturali di un altro di quegli esseri non lo avessero richiamato, spingendolo ad allontanarsi.
Sospirai di sollievo e, più furtivamente che potei, tornai da Baeron, notando nell'avanzare una scalinata di pietra che permetteva di allontanarsi dal villaggio, verso le gallerie.
-Allora?- mi chiese.
-Ci sono esseri viventi.- sussurrai -Ma non sono sicura possano intendere e volere.
-Che vuoi dire? Sembrano elfi, ma si comportano alla stregua di animali affamati e rabbiosi. Ergo, meglio evitare ogni contatto.
-E come pensi di fare?- mi chiese il mago, perplesso.
-C'è una scalinata che possiamo prendere e passare oltre. Anche perché è l'unica via per avanzare e non intendo andare a chiedere a loro.
-Sono armati?
-Sì, e non intendo saggiare la potenza delle loro armi.- mi umettai le labbra, poi lo guardai -Fai qualcosa per camminare più piano?
-Che?
-Avrai parecchi pregi, ma sei goffo e rumoroso, soprattutto quando cerchi di non fare rumore.- lo rimproverai, incapace di trattenere un sorriso, e lui fece schioccare la lingua contro il palato in segno di disapprovazione.
-Dopo di te, bimba. Non mi sentirai nemmeno respirare.- e caricò una luce nella mano sinistra, una luce violetta che percorse i contorni del corpo del mago fino a fermarsi ai piedi del mago e poi sparire.
E lì, iniziammo la nostra fuga.
Mi sporsi e mi guardai intorno, poi feci cenno a Baeron e iniziammo ad avanzare verso la scalinata di pietra. Arrivammo alla base e poi ci guardammo intorno. In lontananza, vidi quegli esseri continuare a fare la guardia all'accampamento, incuranti di noi.
-Andiamo.- cominciammo a salire, mantenendo la guardia altra e gettando occhiate sospettose ed ansiose alle creature che non cercarono mai di seguirci, così procedemmo più spediti. Dopo qualche minuto, potemmo tirare un sospiro di sollievo.
-Dei...è andata.
-Sei sicura che non ci stiano seguendo?
-Qui il mio olfatto ed il mio udito servono poco e niente. Rimbomba tutto e questo posto è impregnato dell'odore di quei cosi. Sembra di essere circondati.- storsi le labbra -Ora non c'è tempo da perdere, dobbiamo proseguire.
-Mh...- Baeron avanzò appena, quanto bastava per permettere alla sua luce magica di illuminare il corridoio di pietra fino ad un bivio -Dove, ora?- mi morsi il labbro inferiore con forza.
-Io...non lo so.- presi un bel respiro -La pergamena non mi ha più parlato. Non so niente. L'ultima cosa che ho visto era questo corridoio, ma ora...- ringhiai sommessamente -Proviamo ad avanzare un altro po'. Forse...- sentii l'aria fischiare -Baeron, giù!- senza pensarci mi gettai contro Baeron. La mia forza fisica, benché da licantropo, non era certo sufficiente a buttarlo giù, ma il grosso mago si lasciò atterrare, complice anche l'effetto sorpresa, e la freccia si conficcò nella parete proprio sopra di noi, dove un attimo prima c'era la testa di Baeron.
-Per Talos, che succede!?- un sommesso ringhiare anticipò la comparsa di due di quei dannati esseri dalle nostre spalle -Ci hanno seguiti!- ci alzammo in piedi mentre il nemico si avvicinava.
-Pessima cosa.- replicai, poi mi esibii in un sorrisetto -Per loro, intendo.
-Quando fai la cattivona di infima categoria mi fai quasi paura.- replicò Baeron, caricando un dardo di ghiaccio nella mano sinistra, mentre io presi l'arco ed una freccia puntando ad uno dei due elfi, se così potevo chiamarli, armato anche lui di arco.
-E non sto ancora dando il meglio.- gli assicurai con lieve ironia, e proprio in quel momento Baeron rilasciò l'incantesimo che tuttavia venne intercettato da uno dei due elfi con una barriera -A quanto pare hai un rivale.
-Non basta una difesa da due septim per considerarsi miei rivali, dolcezza.
-Montato!- scoccai la freccia, ma la creatura fu rapida a scansarsi, e rapidamente incoccò, costringendomi a fare altrettanto, mentre Baeron veniva a sua volta costretto ad alzare le difese magiche per evitare di cadere sotto le tecniche dell'avversario.
-Questi così ci sanno fare.- lo sentii ammettere a denti stretti -Lanciano incantesimi molto rapid...- digrignò i denti mentre la sfera di fuoco dell'elfo selvatico si infrangeva contro la propria barriera, mentre io mi preparai ad incoccare la seconda freccia, ma...
GRRRAWLR!
Il secondo avversario, quello che fino a poco prima era armato di arco, era avanzato rapidamente fino a me, approfittando del fatto che il compagno stesse tenendo impegnato Baeron. Mi accorsi che tutto ciò che non aveva in grazia o tecnica lo recuperava con un'incredibile agilità e scioltezza. Era in grado di spostarsi e saltare, sfruttando le piccole sporgenze della pietra o delle semplici casse ammuffite, con incredibile rapidità che in pochi attimi l'avevano condotto a me, armato di spada.
-AH!- mettere avanti a me l'arco venne spontaneo e la lama grezza della bestia spezzò in due l'arma con un rumore sordo -Merda!- istintivamente lo colpii alla faccia con l'arco, ma a parte un livido e tanta rabbia non ottenni molto e fui costretta a liberarmi dell'oggetto per cercare di prendere la spada.
-Attenta!- un attimo dopo, un dolore improvviso alla guancia mi stordì e mi fece cadere all'indietro.
Sentii il viso pulsare dove gli artigli dell'elfo bianco mi avevano graffiata e presto il sangue mi bagnò le labbra e mi inebriò i sensi, dandomi la forza di sollevarmi e ruggire contro la creatura, che non aspettandosi una reazione del genere indietreggiò scoprendo i denti, in una paura del tutto animalesca ed istintiva, non sufficiente a farla scappare, ma solo indietreggiare.
-Ti uccido...- sussurrai, ed estrassi la spada dal fodero per fronteggiarlo.
Notai che l'elfo si era fatto più guardingo, non aspettandosi una reazione così ferina da parte mia, ma non mi interessava.
Presi la spada e mi gettai contro di lui, che intercettò la lama con la propria, poi sgusciò via di lato, sulla destra, e cercò di colpirmi a fianco. Fu il mio turno indietreggiare e sollevai la lama per intercettare quella seghettata dell'altro, poi feci valere la mia superiore forza fisica. Spinsi la sua lama di lato, in modo che toccasse la terra e dopo avergli scoperto il fianco lo colpii con un calcio.
La creatura gracchiò di dolore e cercai di trapassargli il cuore, ma ancora una volta la sua agilità lo salvò e lo colpii al fianco, facendolo gridare di rabbia e dolore.
-Dannat...- con un urlo selvaggio di rabbia, l'elfo bianco lasciò cadere l'arma e si gettò contro di me con la rapidità e la ferocia di una tigre dai denti a sciabola, facendomi cadere a terra.
La creatura cercò di artigliarmi la faccia, ma io lo tenni lontano da me afferrandolo per le braccia, evitando il più possibile che le sue unghie lunghe e ricurve potessero raggiungermi la pelle.
-Iris!
-Occupati dell'altro!- urlai a Baeron, e poco dopo sentii una nuova scia di fuoco passare poco lontano da noi -Per Shor! Almeno evita che ci dia fuoco!
-Ci sto provando, ma il bastardo è svelto!- replicò il mio compagno, mentre io cercavo ancora di evitare le artigliate del mio avversario, che continuava a ringhiare ed urlare per rabbia mista al dolore della ferita.
-E allora sii più svelto di...AH!- di nuovo, un dolore lancinante mi fece chiudere gli occhi e quando li riaprii gli occhi bruciavano di rabbia, gialli come quelli della Bestia.
L'elfo bianco aveva abbandonato i tentativi di sfregiarmi la faccia ed aveva preferito graffiarmi le braccia con le sue unghie lunghe e sporche per spingermi ad allentare la presa, ma non sapeva che così facendo aveva solo peggiorato la sua situazione. Di nuovo, gli ringhiai contro e con tutta la forza che la Bestia poteva donarmi feci forza sulle braccia ferite per allontanarlo e spingerlo via con le gambe contro il suo sterno. La creatura cadde poco lontana da me e, nonostante il dolore acuto provato alle braccia, mi alzai a mia volta per recuperare la spada e correre verso di lui.
Quando l'elfo cercò di alzarsi non si accorse del mio assalto finché non fu troppo tardi. Con tutta la mia forza affondai la lama nel suo stomaco, sfogando parte della mia rabbia in un grido che aveva un ché di bestiale. Sentivo ancora gli occhi bruciare e le zanne pungere appena le labbra mentre la Bestia si beava del sangue sgorgato dalla ferita, tentata e vogliosa di nutrirsi...
GRAAAAAARWL!
Girai il capo di scatto quando vidi il secondo elfo a circa un metro di me: furioso ed urlante, egli scattò verso di me con l'intenzione di vendicare il compagno morto per mano mia, ma quando le sue mani artigliate stavano per ghermirmi, una seconda palla di fuoco lo prese in pieno e cadde brutalmente di lato, avvolto dalle fiamme.
-Finiscilo!- mi ordinò Baeron, un braccio del tutto ustionato sostenuto dall'altro, e senza farmelo ripetere strinsi la spada e raggiunsi la creatura urlante ed ustionata. La lama calò sul collo di netto e le sue grida si spensero, lasciando dietro di loro solo l'odore del sangue e della carne bruciata.
Forse fu proprio quell'odore a farmi tornare del tutto in me, paradossalmente. Sebbene la mia parte animalesca fosse attirata dalle prede, l'odore della carne cotta mi ricordava ancora quella coppia che avevo trovato con Vilkas, la madre che aveva inutilmente tentato di proteggere la sua prole...ed a quel semplice accenno a lui, all'uomo che avevo giurato di lasciarmi alle spalle, la Bestia si placò del tutto, sconfitta dalla mia parte umana.
-Iris...- sentii la voce di Baeron che mi chiamava, ma ci misi più del solito a reagire, come in uno stato di semi incoscienza.
-Stai bene?- gli chiesi, e mi avvicinai a lui.
Le nostre ferite erano più gravi: tutto il braccio sinistro del mago era coperto da una grave ustione che lo rendeva incapace persino di muoverlo senza stringere i denti, e lo stesso valeva per le mie braccia indolenzite ed appiccicose della sostanza rossa che mi aveva fatto girare la testa e permesso di reagire con violenza. Inoltre, eravamo stanchi, non avevamo riposato affatto a causa della mia impazienza nel seguire le voci della Pergamena, quanto avremmo potuto resistere?
-Sopravvivrò.- mi disse con un sorrisetto, poi controllò le mie braccia -Ma tu...?
-Sto bene.- guardai i cadaveri dei due elfi dalla pelle bianca e poi la strada da dove eravamo venuti -Dobbiamo allontanarci...non possiamo rischiare che ne arrivino altri.
-L-lo so.- l'uomo grugnì di dolore e si alzò in piedi, aiutato il più possibile da me -Dobbiamo solo avanzare, ma...da che parte?- e mi guardò.
Deglutii:
-Non ne ho idea...- ammisi -Non...scelgo io di contattarla. È lei che chiama me.- sospirai stancamente -E...ho paura di fare un solo passo.- guardai il corridoio di pietra diviso in due, incapace di decidere.
Il mio istinto sembrava lontano e spento, come se la mancanza della superficie l'avesse soffocato come quei corridoi stavano minacciando di fare con me e la mia sicurezza. Avevo paura di fare tutto, più ci inoltravamo in quel mondo sotterraneo, più i pericoli si facevano difficili e terrificanti. Cos'altro ci aspettava, sotto quelle rovine?
-Inventati qualcosa...dobbiamo trovare un riparo altrimenti non potrò curarci.- disse il mio compagno, e mi accorsi che era pallido.
Osservandolo meglio, sentii provenire da lui un odore di sangue fresco e pungente.
-Sei ferito!- esclamai, e mi sentii terribilmente in colpa per quella mia mancanza di preoccupazione nei suoi confronti, ma quello scosse la testa.
-Concentrati...- replicò a denti stretti -Io starò bene.- deglutii ancora, cercando di calmarmi, e poi chiusi gli occhi.
Appoggiai la mano sulla pietra, ignorando il tremore a causa delle ferite, e cercai di svuotare la mente, concentrandomi solo sull'Antica Pergamena, cercando di chiamarla, di attirare semplicemente la sua attenzione, qualcosa!
Tutto, purché mi mandasse un segno.
 
Faal Hilro ven
 
Strinsi gli occhi chiusi, cercando di capire le parole che mi erano appena state rivolte.
-Che significa?- mi chiesi, e rimasi in attesa con la speranza che quella voce di ripresentasse, che mi desse più informazioni, ma ovviamente niente di niente. A parte quelle tre parole la Pergamena rimase silente e non mi si rivolse più.
-Faal Hilro Ven...- mormorai a mia volta, poi aprii gli occhi ed osservai stancamente le mie braccia ferite -La Via del Cuore...
Ora il sangue non era niente di più che un liquido fastidioso ed appiccicoso che scivolava dai graffi fino alla punta delle dita...
-Mh?- osservai con attenzione il percorso di una di quelle gocce rosse, che lentamente arrivò alla punta delle dita e cadde a terra.
-Via del Cuore...- strinsi le dita a pugno e lasciai che il sangue vi si accumulasse, concentrandomi ancora su quelle linee rosse come se potessero parlarmi -Via del Cuore...- continuavo a ripeterlo, come se ogni volta che pronunciavo quelle parole una parte del mistero potesse sparire come la nebbia al sorgere di un'alba.
Finché l'intuizione venne davvero come un fulmine a ciel sereno, cogliendomi di sorpresa.
-A sinistra.- dichiarai infatti, avvicinando la mano al mio volto ed osservando il rosso che la decorava come una macabra e frettolosa pittura da guerra.
-Sei sicura?- no, affatto, non lo ero per niente, ma guardando la Mano del Cuore, la Sinistra, capii che non avevo altra pista oltre a quella disperata traccia che non venne confermata o confutata in alcun modo.
Dovevamo muoverci.
Non risposi a Baeron e mi avvicinai alla...cosa, che mi aveva assaltato. Sulla sua schiena c'era ancora, miracolosamente intatto, un arco fatto di uno strano materiale. Inclinai appena il capo e senza troppe remore lo depredai, afferrandolo e testando la robustezza della corda con un gemito.
-È l'unica pista che abbiamo.- dissi, mettendomelo a tracolla, poi mi avvinai a Baeron e gli poggiai una mano sulla schiena -Andiamo, dobbiamo trovare un riparo e riposo. Non possiamo andare avanti in queste condizioni.- mi guardò ancora con quello sguardo che mi metteva a disagio, con la sua capacità di leggermi dentro, e scappai rapidamente a quell'occhiata.
-Fai strada.- mi disse, ed io annuii senza guardarlo più negli occhi.
Non volevo che Baeron trovasse, mio malgrado, il fantasma di Vilkas a ricambiarlo.
 
Trovammo un'altra di quelle stanze scolpite nella pietra, e lì dovemmo fare sosta. Baeron aveva consumato gran parte della sua magika nello scontro inaspettato con quelle creature, ed io ero stanca e frustrata di non aver potuto divorare i corpi di quei cosi.
Inoltre, mi sentivo in colpa.
Sì, esattamente. Perché nel momento in cui avevo visto il mio compagno ferito ero stata capace, ancora una volta, di donare la mia mente allo stesso uomo che aveva deciso di lasciarmi andare. Ero frustrata all'idea che ancora avesse un potere su di me talmente grande da placare la Bestia con il suo solo ricordo.
Scossi la testa: no, non lo accettavo.
-Davvero non vuoi che dia un'occhiata alle tue ferite?- la voce di Baeron mi riportò alla realtà, ma non sollevai gli occhi su di lui, insistendo a guardare il fuoco che eravamo riusciti a creare.
-Si stanno già rimarginando.- dissi, ed era vero.
I profondi graffi avevano già smesso di sanguinare, e la Bestia stava già provvedendo a richiudere, piano, quelle ferite.
Ovviamente ci sarebbe voluto un bel po' per farli chiudere del tutto, ma non volevo che Baeron si stancasse ulteriormente per me.
-E comunque devi riprendere le energie. I tuoi incantesimi consumano parecchio.
-Non mi sembri un'esperta di magia.
-Ma sono perfettamente in grado di riconoscere la fatica.- replicai, poi mi umettai le labbra e mi stiracchiai pigramente, soffocando una smorfia di dolore quando la pelle non rimarginata dei graffi si tese -Faccio il primo turno, riposati.
-Iris...
-Mh?
-Guardami.- non mi aspettavo una richiesta così semplice ed al tempo stesso così complessa da accontentare, ma deglutii e lo feci incapace di celare la fatica -Cosa ti passa in mente?
-Niente.- lo rassicurai, scuotendo il capo -Davvero, non ho niente.
-Mh...fai come vuoi. Ma rimango sempre stupito con quale cocciutaggine ti ostini a mentirmi dopo tutti questi mesi. Credi che non ti conosca?
-C'è gente che non è stata in grado di conoscermi anche dopo anni, a quanto pare.- ribattei con una pungente amarezza, poi strinsi le labbra quando mi accorsi di aver parlato troppo.
-Tipo?- spalancai gli occhi e sbuffai quasi divertita dalla sua sfacciataggine.
-L'hai davvero chiesto?
-E mi sono anche trattenuto, era una vita che volevo chiedertelo.- rimasi zitta e gli scoccai un'occhiataccia, poi mi appoggiai alla parete e non dissi una parola, intenzionata a chiudere quel discorso ancor prima che iniziasse, ma a quanto pare Baeron non era intenzionato a lasciar perdere -Era importante?
-Non ne voglio parlare...- dissi allora, cercando di dare al mio tono un'aria dura perché recepisse il messaggio, ma lui si limitò ad ignorarlo e continuò ad insistere.
-Doveva esserlo, se eviti l'argomento come si evita un malato durante un'epidemia.
-Baeron...- lo avvertii, il tono ancor più basso e cupo.
Volevo disperatamente che la smettesse di parlare, perché più affrontavo quell'argomento, più capivo di non essere affatto pronta a parlarne con qualcuno, soprattutto con lui.
-Perché non vuoi parlarne?
-Perché tu vuoi parlarne a tutti i costi, invece?- mi stavo alterando sempre di più.
-Perché voglio capire cosa ti fa allontanare così tanto da me, nonostante tutto.
-Non sono affari che ti riguardano! Basta parlarne!
-Era per caso l'uomo incontrato ad Iv...
-ZITTO!- con un ringhio che non aveva niente di umano, mi gettai contro di lui e lo buttai a terra, facendo forza contro le sue spalle.
Forse per la ferita, forse per sua volontà, non incontrai resistenza e quando riaprii gli occhi ero sopra di lui, braccandolo come un animale bracca la preda.
-NON. PARLARMI. DI. LUI!- e con un ultimo ruggito che rimbombò per le sale di pietra, lo guardai.
Sentivo una forte corrente di rabbia scorrere nel mio corpo come un veleno, la sentivo bruciare sotto la pelle come fuoco. Volevo sfogare la mia rabbia su Baeron, su quell'indiscreto incosciente che non capiva quando era il caso di tacere. Il mio respiro affannoso era rauco come quello di un animale e sentivo chiaramente gli occhi bruciare, specchi dorati della Bestia infuriata che squadrava il mago. Il suo viso era teso, sicuramente impaurito da quell'improvvisa manifestazione di rabbia e forza ferine, ma in quegli occhi trovai anche la pena...e la consapevolezza.
-Ti ha ferito fino a tal punto?- mi chiese infatti.
E quelle parole furono come stilettate.
Sì, l'ha fatto.
Questa consapevolezza fece in modo che la furia si tramutasse in frustrazione, e la frustrazione in dolore: sì, Vilkas mi aveva ferita, mi aveva ferita dove nessuna cura o pozione avrebbe potuto porre rimedio, ed ero stata io stessa a consegnargli l'arma per farlo.
Il mio cuore ancora presentava tagli freschi a dispetto del mio tentativo di rimarginarli. Mi ero sforzata di non pensare a lui e gli eventi mi avevano aiutata, ma ogni tanto il suo ricordo, il suo fantasma tornava e mi trovava sempre impreparata, come in quel momento.
Guardai Baeron senza in realtà vederlo mentre ripercorrevo tutti i momenti che avevano segnato la nostra storia burrascosa: i nostri battibecchi, la scoperta della Licantropia, il bacio, la mia prima volta e infine quella dannata notte in cui avevo preso la decisione di andarmene e rinunciare a lui.
Faceva ancora male. Dannatamente male.
Sentii gli occhi bruciare, stavolta per le lacrime imminenti, e la vista si fece sfocata.
Capendo che stavo per piangere mi allontanai di scatto da Baeron, ma lui si tirò su altrettanto rapidamente e mi afferrò, stringendomi contro di lui.
-Lasciami!
-No.
-Lasciami, ho detto!- cercai di lottare contro la sua presa e contro i singhiozzi, ma persi entrambe le battaglie. Mi ritrovai a piangere contro il petto di Baeron come una ragazzina, sfogando quel che a parole non ero in grado di dire, liberandomi momentaneamente di un peso che gravava sul mio cuore da troppo tempo ed a cui non riuscivo a rinunciare.
-Mi dispiace...- lo sentii sussurrare, ed io scossi la testa.
-Non voglio parlarne...non voglio parlare di lui, mai più!- dissi, continuando a singhiozzare, ed il mio tono rasentava la supplica -Non farmi questo...non farmi pensare a lui, non ora...- mormorai.
E quello sfogo mi lasciò più provata dei due precedenti combattimenti affrontati. Ero una guerriera fatta e finita, oramai, avevo affrontato uomini, bestie, non morti, persino draghi ed anche mostri privi di nome, ma la battaglia contro il mio cuore mi lasciava sempre stremata e sconfitta. Non avrei mai accettato l'idea di essere pentita delle mie scelte, di essere stata ingannata da un Destino che alla fine mi aveva raggiunta e ghermita, lasciandomi tuttavia sola.
-Va bene.- allentò la presa ed iniziai ad allontanarmi, ma rapidamente Baeron mi afferrò il viso con entrambe le mani, costringendomi a guardarlo negli occhi -Ma ricorda una cosa: non c'è Lui qui con te...Io -e marcò quella parola- sono qui con te.- e prima che potessi rispondere si prese un bacio prepotente e possessivo che mi colse di sorpresa, e non reagii, ancora confusa e provata dal momento passato poco prima.
Fu un bacio rapido quanto irruento, e quando si separò mi diede le spalle.
-Perdonami.- non capii, ma non gli dissi niente e l'uomo prese il mio silenzio come un invito a continuare -Per questo. Per le domande e per il bacio...- l'ampia schiena si incurvò e respirò profondamente -Ogni volta che credo di averti finalmente vicina, sei capace di sfuggirmi come sabbia tra le dita. E questo mi fa andare fuori di testa.- iniziò a frugare nella bisaccia e ne estrasse un'altra di quelle pozioni blu, poi diede una rapida occhiata all'interno della bisaccia -Speriamo che la Pergamena sia vicina.
-Mh?
-Non ho molte scorte...un mago senza magika è inutile.
-Tu non sei inutile...- dissi banalmente, guadagnandomi un'occhiata sfuggente, ma non sapevo cos'altro dire. Ero consapevole della profondità delle sue parole, eppure non volevo toccare l'argomento.
Non ero pronta ad illudere Baeron e cercare di legarmi ulteriormente a lui, per quanto oramai mi fosse quasi indispensabile. Bastava questo a farmi paura ed arrabbiare al tempo stesso, perché ancora soffrivo per le mie ferite e lo sfogo l'aveva dimostrato.
-Stenditi, io faccio la guardia.- dissi, ma lui scosse la testa.
-Devo curarmi l'ustione, non riesco nemmeno a sollevare questo braccio. Faccio io il primo turno.- annuii.
Non avevo voglia di protestare, e mi stesi di spalle a lui per evitare di guardarlo. Chiusi gli occhi ed ovviamente non mi addormentai: ancora una volta, sognai di cacciare.
Stavolta ero nelle rovine e la gola scarna di quell'elfo bianco cedeva sotto le mie zanne...
Ma non feci in tempo a godermi il gusto del sangue, che già fu ora di aprire gli occhi.
 
La strada che avevamo imboccato ci condusse ad una porta. Era fatta con quel metallo dal colore bronzeo che ci aveva tenuto compagnia per tutta la rovina, lo stesso di quella dannata porta che aveva portato Signus alla pazzia. Il fatto che ci fosse un'unica strada mi causava un misto di sollievo ed al tempo stesso inquietudine, ma oramai ci eravamo spinti troppo a fondo per tornare indietro.
-Pronta?
-Vuoi la verità o la bugia da eroe?- ribattei a Baeron con una punta di ironia, poi inspirai e senza dire altro mi avvicinai alla porta. Notai che era socchiusa, ma a parte l'odore di quegli elfi bianchi non c'erano altre tracce di passaggio. Probabilmente quelle creature dovevano aver forzato la porta in qualche modo per attraversare il corridoio, e l'avevano fatto recentemente. Sbuffai.
-È probabile che troveremo altri di quei cosi.- dissi, cupa, e presi l'arco che avevo rubato proprio ad una di quelle creature -Come va il tuo braccio?- gli chiesi poi, senza guardarlo.
-Come nuovo, la Scuola del Recupero permette questo ed altro.
-Mh.- annuii con un cenno del capo e cautamente aprii la porta.
Oltre la porta c'erano due piccole scalinate che conducevano ad una piattaforma sopraelevata rispetto al terreno ai cui lati c'erano due nicchie: una del tutto vuota e l'altra “abitata” dalla statua di un enorme colosso dorato, alto circa tre metri, dalle fattezze umanoidi, vestito con tanto di elmo ed armatura. Il corpo presentava giunture umane, ma sembravano collegate con strani tubi ed ingranaggi che lo rendevano inquietante. Infine, cosa che mi lasciò perplessa, al centro della piattaforma, proprio tra le due piccole rampe di scale, c'era una grande balestra con tanto di dardo già incoccato. A giudicare dalla ruggine e dalla polvere sopra di essa, non era stata usata per Ere intere, come tutto ciò che avevamo trovato lì.
Non appena misi piede in quella stanza, mi accorsi che qualcosa non andava: iniziai a guardare a destra e sinistra e mi lasciai andare ad un ringhio sommesso.
-Che succede?- mi chiese Baeron.
-C'è qualcosa che non va...sento odore di sangue.- mormorai.
-Come è possibile?- avanzammo il più silenziosamente possibile, e non appena Baeron varcò la soglia, la porta si richiuse con uno scatto rumoroso che rimbombò nelle rovine e ci fece sobbalzare entrambi.
-Che accidenti hai combinato?!
-Non ho fatto niente.- si difese il mago, con tono incredibilmente pacato a dispetto della tensione che potevo notare nel suo sguardo e nei muscoli contratti -Mi gioco tutti i miei septim che è bloccata. - si avvicinò alla porta, ma non si aprì -Appunto.- espirai dalle narici.
-Sta fermo.- dissi, ed avanzai il più silenziosamente possibile verso le scale. Misi cautamente il piede sul primo gradino, ma non accadde nulla, così avanzai, avanzai fino all'ultimo scalino per trovarmi davanti ad uno spettacolo raccapricciante.
Cinque di quegli elfi dalla pelle bianca erano morti: due di loro carbonizzati, mentre due del tutto massacrati giacevano in posizioni innaturali, come fossero stati schiacciati da qualcosa. Infine, uno di loro aveva il cranio spaccato. A giudicare dalla posizione, doveva essere stato scaraventato contro la parete con grande forza.
Ma da chi?
-Baeron...- chiamai il mio compagno, che si avvicinò rapidamente e storse le labbra in una smorfia di disgusto.
-Come diamine è successo?- si chiese, guardandosi intorno -Qualche trappola?
-Non ne ho idea.- dissi, poi notai che oltre quella grande piattaforma c'era uno strano marchingegno -Vieni, voglio dare un'occhiata da vicino a...- mi interruppi quando, attraversando quello spiazzo rotondo, sentii un brutto rumore di ingranaggi che si muovono, così forte da far tremare le pareti.
-IRIS, A DESTRA!
-Cos...?- sentendo l'avvertimento di Baeron mi girai istintivamente verso la direzione da lui indicata, dove una gigantesca ombra mi aveva del tutto ricoperta: il gigantesco colosso dei Dwemer aveva appena preso vita e con un paio di passi mi aveva raggiunta.
Incredula, per un attimo sentii le mie gambe tremare e quasi credetti di svenire quando l'essere che credevo inanimato sollevò il grosso braccio e lo fece ricadere su di me, pronto a schiacciarmi.
 
Draconico:
meyz daan zey → vieni da me
Zu'u saraan...saraan fah lingrah tiid → sto aspettando...sto aspettando da tanto tempo.
Hi los borii ... → Sei vicina
Siiv zey! → trovami!
Faal Hilro ven → la via del cuore
 
 
Note dell'autrice
Salve!
Che dire?
Dopo quasi un anno, sono tornata a scrivere questa storia. L'ispirazione mi aveva abbandonata, ma ora è ritornata ed intendo continuare :) purtroppo gli aggiornamenti saranno lenti causa università e dover comunque fare i capitoli dato che non ne ho pronti, ma aggiornerò. Spero che la storia vi interessi ancora e che, soprattutto, possa continuare a piacere a coloro che l'avevano iniziata! Non mi resta che augurarvi buona lettura e, spero, al prossimo capitolo! Come solito risponderò ad eventuali recensioni al momento dell'aggiornamento, a mo' di avviso^^ Ah, i piccoli "elfi bianchi" sono ovviamente i falmer, ma dato che Iris non ne ha mai sentito parlare ho preferito usare i sinonimi, perché lo trovavo più realistico, anche se un po' "rude" e impreciso. Che dite, ci sta? Oppure è pesante? Fatemi sapere!
PS: GigaGRAZIE ad Afep che continua a sopportare i miei deliri e consigliarmi! <3
Baci!
Lady Phoenix

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Capitolo 33
*** Chapter XXXII- The wolf and the Dark ***


Chapter XXXII
The wolf and the Dark
 
La mano del costrutto si precipitò contro di me, e non sapendo cosa fare agii d'istinto, ricorrendo al potere che fino a quel momento non avevo sfruttato affatto.
-FUS RO DAH!- le parole del potere si trasformarono in una corrente che investì in pieno il centurione nanico, ma non ottenni niente da quella potenza, se non il risultato di farlo indietreggiare goffamente di un paio di passi, facendo tremare la terra ogni volta che un piede di metallo toccava la pietra.
L'impotenza della ligua draconica davanti a quel colosso non fece altro che aumentare il mio sgomento. Con un brutto rumore metallico, il centurione tornò ad avvicinarsi ed io e Baeron ci allontanammo il più possibile, totalmente incapaci di capire come buttare giù un mostro del genere, incapace di sentire dolore o fatica.
-Dobbiamo uscire da questa trappola!
-No, dobbiamo buttare giù la trappola, è diverso! E DANNATAMENTE IMPOSSIBILE!- gridai in tutta risposta a Baeron, mentre prendevo l'arco e caricavo una freccia.
L'arma rubata a quelle creature era molto più rozza, esteticamente parlando, ma era dotata di una potenza ed un'elasticità che superavano di gran lunga il mio arco in legno e gran parte di quelli che avevo maneggiato in superficie, e la freccia fischiò con potenza verso il costrutto...
Ma non appena toccò l'armatura del centurione, si limitò a rimbalzare con un piccolo tonfo metallico che la fece deviare altrove. Il tutto senza il minimo risultato.
-Cosa credevi di fare?! È un costrutto di tre metri!
-Hai altre idee?- replicai a Baeron, che subito iniziò a caricare un incantesimo elettrico nella mano destra.
Non ottenne niente di diverso: l'incantesimo al massimo abbozzò leggermente l'armatura del centurione, ma questo non sembrò danneggiarlo minimamente e l'unica cosa che ottenne fu la sua attenzione.
Il colosso iniziò a trascinarsi verso Baeron, che indietreggiò bruscamente cercando di allontanarsi dalla sua ampia portata.
-Dobbiamo trovare il nucleo!- urlò Baeron, ed io lo guardai strana.
-Il che?!
-Il coso luminoso che lo fa funzionare, va bene!?
-Non trattarmi come fossi una deficiente!
-TI PARE IL MOMENT...- il mago fu costretto a gettarsi di lato per evitare che il poderoso piede lo schiacciasse, ma perse la presa sulla spada. Istintivamente lasciai cadere l'arco e presi la mia spada, stringendola, poi mi morsi il labbro e di nuovo fui costretta ad usare il potere della voce.
-WULD!- data la corta distanza usai solo la prima parola del potere, ma lo scatto che mi portò in avanti non fu per questo meno potente. Cavalcai rapidamente quella corrente inesistente prima del mio richiamo e sollevai la lama puntando proprio alla giuntura del ginocchio.
La lama penetrò nel metallo più fino rispetto al resto dell'armatura, e sentii chiaramente parte della struttura cedere. La lama si incastrò e la gamba del centurione cedette, facendolo finire in ginocchio. Le giunture erano l'unico punto non protetto del tutto da quell'armatura di metallo bronzeo, se avessimo voluto distruggerlo avremmo dovuto farlo a pezzi.
Sbilanciata, la creatura allungò una mano verso di me per cercare di colpirmi ed io indietreggiai per evitare di finire colpita, ma non riuscii a scansarmi del tutto. Mi ritrovai a ruzzolare all'indietro priva della spada, dolorante ma almeno non ferita.
Mi sollevai con braccia tremanti e scossi la testa per riprendermi, e nel mentre vidi Baeron recuperare la spada, mentre la mia era ancora incastrata nel ginocchio del costrutto, che si rimise in piedi con movimenti lenti e scattosi.
-Iris...
-Sto bene, dobbiamo assolutamente mettere fuori uso questa cosa!
-Hai qualche idea?- il mago si avvicinò a me.
-Devo recuperare la spada.- dissi, mentre il gigante si avvicinava a noi trascinando la gamba fuori uso per metà -E poi dobbiamo trovare quel noclio...
-Nucleo.
-Quella cosa che impedirà a quell'affare di UCCIDERCI!- ringhiai.
Il centurione iniziò ad avvicinarsi a noi, ma arrivato ad un paio di metri si fermò.
-Si è...disattivato?
-Non credo proprio, attenta!- l'essere sollevò il busto metallico e girò la testa verso di noi e una nuvola di fumo ci venne gettata addosso.
Era solo fumo, eppure di riflesso ci scansammo e fu una fortuna. Infatti, nel sentire la nebbia sfiorarmi le braccia, percepii un forte dolore e l'odore di bruciato al sinistro.
Quando mi guardai, avevo la pelle ustionata.
-Oh, per Shor...- strinsi i denti e cercai Baeron con lo sguardo.
Lo trovai steso a terra, doveva essersi buttato di lato esattamente come me per evitare l'attacco. Iniziò subito a caricare una magia nella mano sinistra, una luce bianca che oramai avevo imparato a riconoscere come un incanto di difesa...e l'attimo dopo una seconda ondata di fumo bollente dal centurione lo investì in pieno, celandolo alla vista.
Il cuore perse un battito.
-NO!- gridai con tutto il fiato che avevo in gola.
All'improvviso mi sentii perduta, quella sostanza era stata capace di ustionarmi la pelle con un semplice sfiorarmi, cosa poteva essere accaduto a Baeron, se non...?
Scossi la testa: non riuscivo nemmeno a formulare l'idea che potesse essere morto in quella nebbia fatale, ma non riuscivo nemmeno a pensare diversamente. Sentii il respiro venire a mancare, così come le forze per alzarmi. La sola idea di aver perso Baeron, per di più così rapidamente, bastò per mandarmi in totale smarrimento...
-Iris, dietro di me, presto!- vederlo comparire da quella nebbia grigia fu improvviso ed inaspettato, tanto da farmi sobbalzare e, al tempo stesso, farmi provare un profondo sollievo.
-Allora stai bene!- esclamai di riflesso, incredibilmente sollevata.
Il mago aveva infatti i vestiti bruciacchiati e qualche lieve ustione sulle braccia ed una sul viso, ma la barriera magica che aveva eretto in tempo doveva averlo salvato dal morire bruciato.
-Ringrazia i miei trucchetti.- replicò con un sorrisetto soddisfatto, poi si mise avanti a me, la mano tesa in avanti per mantenere la protezione azzurrina che l'aveva salvato dalla morte del fuoco -Questa può proteggerci da quel maledetto fumo, ma per quanto riguarda i colpi non ne reggerà uno, è troppo forte.
-Se colpiamo alle gambe potremmo rallentarlo.
-Dovremmo staccarle o danneggiarle come hai fatto te. Quell'affare non sente dolore, dobbiamo menomarlo del tutto.
-Oppure trovare il necleo...e non provare a correggermi, o ti tappo la bocca!
-E' inopportuno chiederti come?
-TI AMMAZZO!- l'ennesimo getto di fumo, e di nuovo fummo costretti a separarci.
Baeron caricò una scarica elettrica più potente delle altre, tanto che quando la liberò per dirigerla verso il centurione, il mago cadde all'indietro. La saetta sfrecciò verso il braccio della macchina, tra le giunture, e con un rumore spiacevole l'arto del costrutto cadde a terra, del tutto inutilizzabile.
-Quello era un bel colpo!- esclamai.
-Miravo alla testa.- ammise il mio compagno, affaticato -Ma devo ancora lavorar...- si zittì e vidi i suoi occhi illuminarsi -Iris, guarda!- esclamò, indicandomi la cavità dove il braccio della creatura era stata rimossa.
-Cosa?
-La luce rossa, la luce che ne esce!- sì, effettivamente la vedevo, semplicemente non l'avevo considerata, molto più preoccupata nell'affrontare la grossa creatura che si stava avvicinando -Il nucleo deve trovarsi poco più giù! Dobbiamo puntare al cuore.
-Originale.- commentai, prima di essere costretta a gettarmi di lato per evitare di venir schiacciata dal braccio sano del centurione.
Avevamo localizzato il nucleo, ma il problema ora era un altro: come accidenti avremmo fatto a trapassare la corazza metallica del centurione e danneggiarlo?
-Dannati Dwemer e le loro invenzioni....- mormorai, guardandomi intorno, poi l'attenzione cadde sulla gigantesca balestra che stava lì a prendere polvere -...- alternai lo sguardo tra la creatura e l'oggetto, ed approfittando del fatto che fosse impegnata a cercare di colpire Baeron, ben protetto dalle sue barriere, corsi verso di essa.
-Cerca di tenerlo su quel punto!- gridai.
Baeron ebbe un colpo di genio, indietreggiò fino alla parete e quando il centurione cercò di colpirlo, si scansò di scatto. Il grosso braccio metallico che avrebbe dovuto schiacciarlo colpì una serie di tubi e vi rimase incastrato, rimanendo perfettamente scoperto con il torace.
-Perfetto, perfetto!- ero frenetica.
La grossa balestra era situata su un piedistallo rotondo in grado di girare, per questo iniziai a spingere perché girasse verso il mio bersaglio, ma anche con la mia forza di licantropo non fu facile: il metallo doveva essere arrugginito, in parte, e cigolò in maniera rumorosa ed inquietante, poi mi piazzai sopra la piattaforma e feci forza per poter regolare l'altezza, stringendo i denti per la fatica: stavo praticamente sudando, anche a causa dell'ansia.
-Iris, muoviti!- esclamò Baeron, vedendo che il costrutto cercava di liberarsi.
-Ci sto provando, ci sto provando!- esclamai, cercando di regolare l'arma, ma era difficile perché non avevo mai usato una balestra e in più questa qui era vecchia oltre che pesante.
-Iris!- il costrutto diede un altro strattone.
-ORA!- tirai la leva che fece partire il dardo.
Rapidamente l'oggetto infranse l'aria con un fischio, precipitandosi verso il busto della macchina, ma con nostro profondo orrore quello si liberò a cadde appena in avanti a causa della mancanza di equilibrio e degli arti danneggiati. Il dardo gli portò via la testa di scatto, decapitandolo e facendolo barcollare.
-Oh, mannaggio a quello straccione di T...- non feci nemmeno in tempo a finire la mia sentita imprecazione che la macchina si diresse ancora verso di noi.
Anche senza testa era perfettamente in grado di funzionare, probabilmente finché non avessimo distrutto il nucleo, avrebbe continuato a combattere fino alla fine, incapace di sentire dolore e fatica a differenza nostra.
-E' finita...- mormorò Baeron, ma io rifiutavo di arrendermi e ringhiai rabbiosamente.
-Decido io quando è finita, e finché quell'ammasso di metallo non stramazzerà al suolo non sarà finita!- gridai, e la mia voce rimbombò nella stanza.
Dovevo studiare un altro piano, ma la mia mente si rifiutava di collaborare ed il mostro si avvicinava.
-Oh, Kyne, dammi un segno, ti prego! Qualcosa!- pensai, disperata, e gettai un'occhiata a Baeron, pronto a caricare nuovi incantesimi, ma era ferito e per di più stanco a causa della magicka che doveva essere quasi esaurita. Dovevo trovare un modo per riuscire a distruggere quell'affare e spegnere quella macchina per sempre, o non saremmo più usciti da quelle dannatissime rovine.
Tornai a guardare il centurione senza testa, che avanzando verso di noi acquistava un'aria ancor più terribile.
Ma forse...
-Baeron, ce la fai a tenerlo impegnato un'ultima volta?- domandai.
-Purché sia quella buona.- replicò con la sua classica,lieve ironia, ma lo sguardo si mantenne incredibilmente serio, come avevo supposto doveva essere al limite -Che hai in mente?
-Fagli scendere le scale e prega ogni cosa che ti passa per la testa.- mi guardò decisamente preoccupato, e sentii un moto di frustrazione crescere in me -Ti prego, ho bisogno che ti fidi di me, non fallirò, stavolta.- strinse le labbra e sospirò, negli occhi una luce cupa e fremente.
-Hai la mia vita, Iris.- ci separammo.
Il mago riuscì ad attirare l'attenzione del centurione, che per stargli dietro e cercare di colpirlo gli caracollò appresso, scendendo le scale di pietra con l'intenzione di schiacciarlo, ma ancora una volta la barriera resse e Baeron indietreggiò lungo la porta da cui eravamo entrati, oramai bloccata.
Io ero proprio in cima alle scale, ed il costrutto poco sotto di me.
-Iris, sei saltata da una torre in testa ad un drago, puoi fare anche questo.- mi dissi, mentre abbandonata la spada stringevo in mano l'arco ed una freccia.
Deglutii, non potevo sbagliare o saremmo morti entrambi.
Perciò saltai non appena la macchina Dwemer mi passò sotto ed atterrai con poca grazia proprio sulla sua schiena robusta e metallica.
-Cazzo!- rischiai di scivolare quando barcollò sotto il mio assalto a causa degli arti danneggiati, e prima che potesse sollevare il braccio sano per afferrarmi, tesi la corda e scoccai mirando proprio al nucleo posizionato dentro il centurione, la cui luce rosso sangue era quasi accecante a quella vicinanza.
La freccia lo colpì in pieno, grazie anche alla distanza ravvicinata, e poco dopo la macchina si immobilizzò. Ci fu un attimo di stasi ed il centurione cadde a terra, mentre io sfruttai la sua caduta per saltare lontano ed evitare di finire schiacciata.
Ci fu un brutto rumore, come se l'intera struttura metallica delle rovine dovesse cadere, e si sollevò un nuvolone di polvere che accolse la caduta del guardiano.
Avevamo vinto ed eravamo vivi.
Ansimai pesantemente, stringendo a me l'arma che tante volte mi aveva salvato la vita, e per un po' il mio respiro e quello di Baeron furono gli unici rumori, poi mi lasciai cadere a terra.
-Dei...oh, non ci credo, ce l'abbiamo fatta...- mormorai, ridacchiando quasi istericamente, esausta e con la faccia nella polvere -Ce l'abbiamo fatta...- continuavo a ripetere, mentre da lontano il volto inanimato del centurione mi osservava senza vedermi davvero.
Avevo diverse ustioni sulle braccia e mi facevano male, ma ero viva. E anche Baeron, per quanto stanco e ferito. Feci forza per alzarmi e lo raggiunsi. L'uomo era scivolato lungo la parete e stava prendendo profondi respiri, probabilmente rilasciando la tensione accumulata nello scontro, ma quando si girò verso di me ridacchiò.
-Tu sei pazza...
-E non ne sono mai stata così fiera.- ribattei, chinandomi accanto a lui -Come stai?- gli chiesi, più seria.
-Posso sopravvivere...- controllò nella bisaccia -Ma mi è rimasta una sola pozione di magika. Quanto credi che manchi per arrivare alla Pergamena?- mi chiese, ma io scossi la testa.
-Non lo so...- ammisi, sospirando pesantemente,poi gettai un'occhiata alle scale, ricordandomi di quella piattaforma vista in fondo alla sala, prima che il centurione ci attaccasse -Ma spero non molto. E spero di non trovare un altro di questi cosi.
-Perché non hai usato il potere della Voce?- mi chiese allora il Mago, sollevandosi con fatica.
-Perché è faticoso.- spiegai -Più parole uso, più tempo ci vuole perché io possa usarle di nuovo. La Voce mi spinge ad usare tutta la mia energia, ed il mio corpo ne risente.- mi umettai le labbra e sollevai lo sguardo verso il soffitto di pietra -E questa discesa mi sta consumando...voglio uscire da qui.
-Lo vogliamo entrambi.- ammise Baeron, poi fece un cenno con la mano di porgergli un braccio -Vieni, ti curo le ustioni.
-No.- ribattei, poi iniziai ad allontanarmi -Non sappiamo cosa ci attende, potremmo averne bisogno in seguito.
-Sono estese e dolorose.
-Anche le tue.- ribattei, poi indurii il mio sguardo -Non sono un normale essere umano, Baeron. Probabilmente sono più resistente di tutte le tue protezioni messe insieme.- aggiunsi con involontaria arroganza, ma il mago non ribatté.
-Lo so...tu sei il Dovahkiin, dopotutto.- e chinò lo sguardo, pensieroso.
-Cosa c'è?
-Niente.- mi fece cenno di avanzare -Andiamo, voglio prendere quella dannata Pergamena.- stanca e frustrata, misi da parte la mia curiosità per risalire le scale e dirigermi verso la piattaforma che avevo visto prima.
Anche questa era stata costruita e lavorata con maestria grazie a quel metallo rosso che costruiva le rovine ed i suoi abitanti artificiali, e notai che presentava un foro dalla forma rotonda, perfetta per la sfera che mi aveva consegnato Signus.
-È ancora intatta?- mi chiese Baeron dopo avergli fato notare quel particolare.
-Speralo, o dovremmo restare qui per un bel po'.- ribattei, cupa, e non riuscii a trattenere un sospiro di sollievo quando la trovai intera -Prega Shor che non sia un'altra delle loro trappole.- e con il fiato trattenuto, posizionai l'oggetto.
Indietreggiammo di qualche passo mentre tutti gli ingranaggi della piattaforma si mettevano in funzione, sollevando piccoli sbuffi di vapore e creando un rumore che, nella sua vena metallica, risultò armonico.
-Mh?- mi accorsi infatti che, a dispetto del suo volume particolarmente alto per le mie orecchie sensibili, i meccanismi si attivavano in una sequenza tale da creare un'armonia fluida ed antica, che schiuse i suoi segreti facendo rientrare le sporgenze quanto bastava per mostrare una rampa di scale in pietra, più impolverate che mai. Poi la sfera venne “sputata” fuori dal suo buco, rotolò fino ai miei piedi e tutto tornò in silenzio.
-Beh, non potevamo sperare di meglio.- ammisi, raccogliendo l'oggetto, poi guardai il mio compagno -Sei pronto?
-ho forse altra scelta?- ribatté, la stanchezza più viva che mai sul suo volto, e mi resi conto che questa non era la sua missione, ma la mia. Lui mi stava semplicemente evitando metà del peso.
-Lo so che non conterà molto, ma...mi dispiace.
-Per cosa?
-Per averti trascinato fin qui. È...più pericoloso di quel che potessi immaginare e rischiamo di non farcela. Io devo farlo, ma tu avresti potuto rimanere in superficie e...- mi interruppi quando il mago mi prese il mento per farmi voltare verso di lui. Si chinò su di me e per un attimo credetti che volesse baciarmi di nuovo, come aveva fatto qualche ora prima, ma con mia sorpresa si limitò a gettarmi un'occhiata severa e dura.
-Iris, tu stai sottovalutando la mia volontà e sopravvalutando il tuo ascendente su di me: tu non mi hai trascinato qui giù. Io sono venuto volontariamente. Non sono un ragazzino, ho del tutto potere sulle mie decisioni. Io ho scelto di scendere qui giù e correre tutti i rischi, non hai scelto per me.- deglutii, sentendomi all'improvviso stupida e più presuntuosa che mai -Quindi non usarmi per caricare ulteriormente la tua anima di fardelli, Sangue di Drago. Sono perfettamente consapevole di rischiare la vita, ma lo faccio perché credo ne valga la pena e perché credo nella tua missione.- detto questo mi lasciò il mento e si allontanò, lasciando in me un misto di delusione e sollievo per quel bacio mancato.
 
Una volta scese le scale, Black Reach si palesò ai nostri occhi, e capimmo subito il perché di quel nome: la città dei Dwemer sorgeva su un terreno brullo e nero come la pece, e l'unica fonte di illuminazione era data da grandi funghi e piante che parevano splendere di una luce propria e bluastra che rendeva l'atmosfera del luogo quasi surreale e pacata...fin troppo, ovviamente. Il gorgogliare di un fiume era amplificato dall'eco del sottosuolo, rendendolo alle mie orecchie potente come una marcia di tamburi, e per ora era l'unico rumore presente in quella città fantasma. Le costruzioni non erano diverse da quelle incontrate fino ad ora, pietra e metallo, metallo e pietra, ma sembravano del tutto inabitate.
 
kunro angaar
 
Continuavo, nella mia mente, a ripetermi quelle parole che la Pergamena mi aveva comunicato, criptica e sussurrante come sempre, e mi guardai intorno.
-Una Torre di luce...- mormorai, guardando quelle rovine dormienti e minacciose al tempo stesso -Non dovrebbe essere troppo difficile. Qui dentro non c'è niente che sia particolarmente luminoso.
-Questo forse comporterà una maggiore difficoltà a superare gli ostacoli che ci separano da esso.
-Non mi sento meglio, sai?- feci notare a Baeron dopo la sua spiegazione, e quello sbuffò appena.
-Neanche io, se questo può consolarti.- mi morsi il labbro e poi gli feci cenno di incamminarci.
-Andiamo, sento che siamo vicini.- mormorai, e fu un sollievo che Baeron non fece domande, perché non avrei saputo spiegare quella sensazione di urgenza che andava crescendo in me, frenetica.
Iniziamo quindi a girare per la città nera, e fu con orrore che mi accorsi della presenza di quella specie di elfi bianchi armate di spade, scudi ed archi, intenti a controllare il perimetro di quella che sembrava una specie di cittadella fortificata composta da un paio di piani e, al centro di essa, un'alta torre che splendeva come un obelisco oscuro contro la luce di una gigantesca fonte di luce che pendeva dal soffitto, uno strano materiale lucido che da lontano inquadrai come vetro.
Capii immediatamente che quello era il nostro obiettivo, ed anche Baeron stando al sospiro che si lasciò sfuggire.
-Immagino che tra tutti gli edifici abbandonati e poco sorvegliati della zona, la Pergamena si trovi nell'unico dove pascolano quegli elfi, vero?- ignorando il verbo più adatto agli animali, decisamente condito da un pizzico di razzismo Nord, annuii.
-La Torre di Luce. Credo non ce ne sia una più splendente, cercando in tutto Blackreach.- mi incupii -Voglio solo quella dannata Pergamena ed uscire da qui.- sospirai -Voglio solo che tutto finisca...- aggiunsi, poi strinsi le labbra e guardai il mago -Cerchiamo di mantenere un approccio furtivo, sono troppi.- l'uomo annuì e si concentrò.
Poco dopo, una strana luce scura si avvolse intorno ai piedi di entrambi.
-Che cos'è?- chiesi, diffidente come un animale selvatico.
-Qualcosa che renderà il nostro passo più silenzioso del soffio di Sithis.- ribatté, poi fece un cenno verso la torre -Fai strada, ti copro le spalle.
 
Ci chiudemmo la porta della torre alle spalle e potemmo tirare l'ennesimo sospiro di momentaneo sollievo.
-Pullula...pullula di quei cosi, qua dentro!- sussurrò Baeron, poi gettò un'occhiata alla porta oramai chiusa -Almeno non ci hanno visto.
-No, ma troveranno il cadavere del compagno e si insospettiranno.- mormorai, ripensando al Falmer che avevamo ucciso prima che potesse dare l'allarme ai simili che si aggiravano per la cittadella, poi deglutii -Andiamo a...
 
Vis hi fraan zey, Dovahkiin?
 
Mi bloccai ed un sorriso mi solcò le labbra.
Sollevai lo sguardo verso la grande scalinata a chiocciola di cui non riuscivo a vedere la fine, se non una porticina scavata nella pietra che doveva portare all'Antica Pergamena.
-Siamo vicini!- esclamai, poi tesi al massimo i miei sensi, udito ed olfatto, ma non trovai tracce di creature vive -Non sento niente, nemmeno lo zampettare di quei ragni, stavolta. Ma non abbassiamo la guardia.
-Vuoi che vada avanti?- chiese Baeron -Posso tenere attiva la barriera, in modo da proteggerci dagli assalti frontali e tu puoi coprirmi le spalle.
-Quanta magika ti resta?- lo sentii digrignare i denti, e rispose con uno sbuffo.
-Meno di quanto vorrei.
-Allora vado io. Resta dietro di me.
-E se c'è qualcosa, lì sopra?
-Ne riparleremo, in quel caso.- e dopo questa sarcastica uscita avanzai.
A differenza della prima volta che avevo sognato la Pergamena, avanzai con cautela, stringendo l'arco e tenendo la freccia incoccata, poi arrivai proprio al limite delle scale, quanto bastava per celarmi ancora ad eventuali nemici.
-Pronti...- inspirai profondamente e saltai sulla piattaforma, freccia tesa e guardia alta, ma non trovai nessuno.
A parte io e Baeron, la torre era vuota, lasciata al proprio destino.
-Iris?
-Va tutto bene.- mormorai, abbassando l'arco, poi alzai lo sguardo.
C'era uno strano meccanismo di metallo e strane superfici che ricordavano il vetro, o magari un altro materiale più prezioso, e sembravano disposti in ordine casuale, ma della Pergamena nessuna traccia.
-Ed ora?- mi chiesi, e Baeron mi sfiorò il braccio, indicandomi un'altra, ben più piccola, rampa di scale che conduceva ad una specie di struttura sopraelevata, che dominava il resto della piattaforma dall'alto.
-Ricordi cosa ha detto Signus? La Sfera ed il Cubo. Forse lì troveremo qualcosa in grado di guidarci.- mi morsi il labbro ed annuii, ancora colpita ed un po' invidiosa della sua capacità di analizzare e ricordare, oltre che della sua istruzione molto superiore alla mia, poi mi avvicinai.
Mi trovai davanti a piccole colonne di metallo, dalla punta rotonda. Erano cinque, e sopra a quelli agli estremi c'erano due gemme luminose incastonate all'interno. Dei pulsanti.
Presi dalla bisaccia la Sfera ed il Cubo.
-Ed ora?- ci mettemmo ad esaminare quel meccanismo, finché fu ancora il mago a farmi notare la piccola apertura rotonda.
-La Sfera, Iris. Prova ad inserirla.- pregando gli Aedra di non far scattare qualche trappola, lo feci. Subito dalla sfera, seguendo il percorso delle incisioni, partirono piccole luci che resero l'oggetto pieno di ghirigori luminosi che si espansero, accompagnati di nuovo dalla musica. Una musica un po' metallica, fine, ma estremamente piacevole e semplice da memorizzare, una nenia che accompagnò lo spuntare di una sesta colonna dall'incavo vuoto e quadrato.
Poi, tutto si fermò e la musica sparì in un lento echeggiare.
-Ancora la musica...- mormorai, poi vidi l'incavo quadrato e guardai il Cubo -La sfera accorda...- mi avvicinai e non appena misi il Cubo nel foro, l'oggetto parve quasi venir spinto di forza lì. Subito i ghirigori di luci azzurre investirono anche lui e sulle tre colonne prive di gemme si crearono delle piccole aperture che rivelarono la loro presenza anche su di esse. Poi il silenzio.
Niente.
-...- espirai dalle narici, contrariata -E ora?- Baeron si avvicinò, esaminando le gemme sopra le colonne.
-Sembrano pulsanti.- notò.
-Mh?- mi avvicinai ed osservai attentamente le piccole gemme -Hai ragione.- ammisi, poi mi morsi le labbra -Sai cosa farò, vero?
-Non sarà qualcosa di prudente, senza dubbio.
-Prudenza è il mio secondo nome, Baeron, non dirmi che non te l'avevo detto!- e con quest'ultima punta di sarcasmo allungai la mano verso uno dei pulsanti.
Trattenni il fiato...ma a parte un suono leggero, come una nota di flauto, ma più metallica, non accadde nulla.
-Non era quello.- mormorai -Ma almeno non è scattata nessuna trappola.
-Ne mancano ancora cinque, dolcezza, non canterei vittoria troppo presto.- replicò, e mio malgrado fui costretta a dargli ragione.
-Tanto per cambiare, non abbiamo altra scelta.- gli feci notare, poi mi avvicinai al pulsante centrale e lo premetti.
Di nuovo, un suono più basso e nulla più.
Guardai Baeron, ma sembrava basito quanto me.
-Ma davvero?
-Non capisco nemmeno io.- ammise.
A quel punto, prememmo rapidamente gli altri pulsanti, ma a parte delle note non ottenemmo niente, nessuna Pergamena si mostrò a noi.
-Iris, forse abbiamo sbagliato.
-Non è possibile. Io...io sento che è qui. La Pergamena è un manufatto legato ai Draghi, Baeron, e posso sentirla, come...- sospirai -Non so spiegartelo. Ma fidati di me, ancora una volta.- premetti le labbra l'una contro l'altra -Ti prego...
L'uomo sospirò.
-Io mi fido di te, Iris. Io mi fido sempre di te.- replicò, quasi arrendevole -Ma siamo qui sotto da...non so, ho perso il conto. Il punto è che quel pazzo di Signus non ci ha detto nulla a come approcciarci una volta qui. Lui...- mi persi il resto del discorso.
A sentir nominare l'instabile studioso, fui colta da una sensazione di trionfo e timore. Sapevo cosa fare, o almeno credevo di saperlo, ma sperai che le sue parole fossero corrette e soprattutto sensate.
-Sì che ce l'ha detto.- replicai in un sussurro, ed il mago si zittì -Ce l'ha detto eccome!- esclamai, euforica, poi indicai il Cubo -Il Cubo incide...e la Sfera accorda. La Sfera ci ha permesso di aprire il passaggio prima, e la Sfera ha emesso una musica quando l'ho posizionata!- ero euforica ed emozionata, sentivo di aver trovato la soluzione.
-Ma quindi...
-...se ricreiamo la melodia della Sfera allora la troveremo! Troveremo la Pergamena!- non lo lasciai finire, travolgendolo nel mio entusiasmo.
Lo vidi spalancare gli occhi.
-Sì...sì, ha senso.- annuì, poi mi sorrise -Dai, proviamo.- ricreare la piccola melodia non fu difficile.
Il vero ostacolo era infatti arrivare alla Torre e inoltre i pulsanti da provare pochi, quindi trovammo la sequenza, e stavolta accadde.
Il meccanismo in metallo e vetro iniziò a cigolare, a spostarsi lentamente, dalle pareti si allontanarono due specchi e il soffitto della torre di aprì, catturando la luce artificiale dell'esterno, fino a creare un vero e proprio cono di luce che illuminò il centro della stanza. E lentamente dal pavimento si levò uno scranno di pietra dove, in un'arrugginita teca di metallo Dwemer c'era lei, l'Antica Pergamena, in una custodia di pelle.
Era fatta.
Ero così contenta che quasi mi veniva da piangere, e di nuovo guardai Baeron.
-Eccola, è lì! Per la barba di Shor, è davvero lei!- e senza aspettare mi avvicinai.
Una volta lì, sotto il cono di luce, mi sentii incredibilmente in soggezione. Quel manufatto era vecchio come il tempo, anche più dei draghi, ed io stavo per toccarlo con le mie mani, mani di una mercenaria, di una contadina, di una Bestia.
Mi sentii incredibilmente piccola ed indegna, non capivo perché non riuscivo ad allungare le mani dopo tutto quel viaggio per averla.
-Iris?- la voce di Baeron mi riscosse ed iniziai ad allungare le mani, lentamente, temendo quasi di rompere l'oggetto, che da vicino si rivelò decisamente più grande del previsto, una quarantina di centimetri in altezza, impossibile da tenere nella bisaccia.
-Ce l'ho.- mormorai, poi la guardai -La fisserò sulla schiena.- dissi, poi mi sfilai l'arco e lo tenni nella mano destra -Andiamo, voglio uscire da qui.- e in quel momento, tutto iniziò a tremare.
Lo sapevo...era stato tutto troppo, dannatamente Facile!
-Ma porc...!
-Bestemmierai fuori di qui, andiamo!- e afferrandomi la mano, Baeron mi trascinò lungo le scale.
-Aspetta, non possiamo correre così, una volta fuori...
-Una volta fuori correremo, prima o poi dovremo seminarli!- replicò.
E davvero, iniziò la nostra fuga.
Una manciata di caotici minuti di corsa. Sentivo le grida degli elfi bianchi e persino le loro scariche elettriche sfiorarmi la testa e persino uno di quei centurioni si attivò ed inizio ad inseguirci. Il peso della pergamena sulla mia schiena si fece quasi insopportabile, ma non osavo lamentarmi. Tutto quello che potevo fare era stringere furiosamente la mano di Baeron, che non mi lasciò mai.
-non possiamo scappare in eterno!- urlai, rabbrividendo quando una freccia mi sfiorò la nuca -Dobbiamo uscire da qui!
-Dove?- mi guardai intorno.
Dalle torri dei Dwemer si riversavano fuori altri di quegli esseri. Ci inseguivano e non ci avrebbero permesso di andarcene. Ma doveva, doveva esserci una via di fuga che ci avrebbe permesso di tornare verso l'esterno.
 
Bo zau...
 
Quando sentii la voce della Pergamena riempirmi la testa, per l'ennesima volta, sentii anche un brivido correre lungo la mia schiena, e per un attimo la sensazione di portarmi appresso un essere Vivo mi fece rabbrividire. Ma ancora una volta decisi di fidarmi di quella strana entità che aveva voluto che la trovassi e che voleva la portassi in superficie.
Sentivo che, in fondo, non mi avrebbe tradita perché le servivo.
-Guarda!- esclamò Baeron, e mi indicò una delle tante torri, ma seguendola con lo sguardo mi accorsi che non finiva, che la costruzione pareva bucare il soffitto roccioso, verso l'esterno -E' un'uscita!- esclamò, e sentii la sua voce tremare di sollievo.
-Come fai ad esserne sicuro?
-DEVE esserlo!- ringhiai sommessamente, troppo stanca e disperata per ribattere, e finalmente raggiungemmo quella torre. Un semplice cancello, una piattaforma ed una leva al centro, ecco cosa trovammo. Era un ascensore.
-Corri, Iris!- con un ultimo spasmo percorsi gli ultimi due metri, ma un attimo prima di mettere piede sulla superficie di pietra sentii un dolore lancinante alla spalla ed il mio grido di dolore si mescolò al ringhio della Bestia -Iris!- caddi a terra, affondando la faccia in quella terra nera e che sapeva di zolfo e muffa, sollevando lo sguardo quando vidi del rosso sporcarla.
Era sangue. La freccia di quegli esseri mi aveva trapassato la spalla.
-B-baeron...l-la...Pergamena...- sussurrai a denti stretti, non riuscendo a sollevarmi. Ero così stanca che il peso del manufatto si stava rivelando fatale.
-Non arrenderti ora, dannazione!- sentii le braccia del mago sollevarmi, e lo aiutai come potei mentre i passi del centurione facevano vibrare il pavimento e le grida ferine di quelle creature festeggiavano la vittoria di vedermi a terra.
Ancora una volta il mio istinto di sopravvivenza si rivelò disperatamente forte. Mi sollevai in ginocchio e ringhiai di frustrazione, ma non ce l'avrei mai fatta senza Baeron a guidarmi Mi appoggiai alla parete.
-T-tira la leva...- sussurrai, accasciandomi a terra.
Mi sentivo debole...troppo debole.
L'uomo si avvicinò, ma la leva era rimasta immobile da troppi anni, e non riuscì a spostarla.
-B-baeron, tira quella leva!- esclamai a denti stretti.
-Non posso, è bloccata.- lo sentivo sudare per la paura mentre le creature erano vicine, accomunate a noi da una devastante scarica di adrenalina -Non riesco a spostarla!
-D-devi farlo!- urlai, e mi accorsi che non riuscivo a sollevarmi.
Ero come intorpidita.
-M-ma cosa...?- osservai di nuovo la mia spalla, attirata da un leggero odore di erbe che si mescolava, discreto, a quello rugginoso del sangue -Veleno...è avvelenata.- sollevai con fatica un braccio ed afferrai la freccia, estraendola con un ringhio. La punta fortunatamente venne via, e lì l'odore di erbe era ancora più forte, confermando la mia ipotesi.
GRAAAAAARWL!
Erano vicini, troppo vicini. Potevo vedere le loro mani ossute cercare di passare il cancello, così come potevo vedere il centurione posizionarsi davanti alla porta e tirare indietro il capo inespressivo, mentre Baeron cercava ancora di sbloccare la leva.
Eravamo in trappola, stavamo per morire bruciati!
-BAERON!
-AAH!- e con un un grido frustrato l'uomo si gettò di peso contro la leva, tirandola.
Il meccanismo scattò e un attimo dopo che i nostri inseguitori erano spariti dalla visuale sentii le grida di dolore di quelle creature, accompagnate da un pungente odore di carne bruciata.
La salita cominciò, mai abbastanza rapidamente, ma eravamo vivi, ce l'avevamo fatta.
-Iris...c-ce l'abbiamo fatta! S-siamo salvi.- sorrisi, ma non riuscivo a muovermi.
La scarica di adrenalina doveva aver diffuso il veleno più rapidamente del previsto, e le mie braccia pendevano inermi.
-Iris...?- Baeron si chinò su di me -Oh, merda...
-V-veleno...- mormorai debolmente, poi cercai di alzarmi, ma il massimo che riuscii fu di portare le braccia in grembo -L-la freccia...
-Calma, non ti agitare. Ora ti curo...
-N-no...devi...la Pergamena. D-dobbiamo...- mi feci ancora più debole e la testa iniziò a girare -Devi andare da Signus...e poi dai Barbagrigia.- mi davo per spacciata.
Se stavo per morire, dovevo essere sicura che qualcuno avrebbe terminato la mia missione, o tutto sarebbe stato vano.
-Sta' zitta e non dire assurdità.- mi zittì, poi mi prese il viso tra le mani.
Mi specchiai nei suoi occhi arrossati e lucidi, nel suo viso pallido e ferito, nell'espressione che tradiva stanchezza, frustrazione e rabbia. Quell'uomo era stato segnato da quell'esperienza in quelle rovine, esattamente come me.
Ero contenta di averlo al mio fianco.
-Guardami, Iris...- disse, poi sollevò lo sguardo.
Non lo imitai.
-Siamo vicini alla superficie ed è giorno. Fosse l'ultima cosa che faccio, io ti curerò.- sorrisi -E' una promessa.- e con quelle ultime parole il mondo si fece pesante e scuro.
Persi i sensi.
 
-Sei sicuro che se la caverà?
In un primo momento, le voci mi giunsero ovattate e non riuscii a riconoscere il suo proprietario.
-Spero non stia pensando che non posso curare un semplice avvelenamento, ragazzo. È elementare come...-
-D'accordo, sei stato chiaro. Spera solo che le tue parole siano seguiti dai fatti, vecchio.
-Credevo che l'insopportabile tra i due fosse la ragazza, ma a quanto pare mi sbagliavo.- in risposta, sentii Baeron ringhiare sommessamente e l'uomo sobbalzare, ma quando parlò non abbandonò il tono deciso -In ogni caso, si risveglierà a momenti.
-Bene. E allora tu avrai il tuo Dizionario.- finalmente aprii gli occhi.
Il soffitto era bianco e c'era del legno marcio, così come c'era un forte odore di muffa a dispetto dell'aria fredda, pungente persino per il mio sangue Nord. Capii subito dove mi trovavo.
-S-siete...rumorosi...- mormorai, ancora stordita, e subito vidi il volto di Baeron entrare nella mia visuale, il volto appena pallido e cosparso di leggere rughe dovute alla preoccupazione.
-Per Shor, mi hai fatto preoccupare...- ammise, allungando una mano per carezzarmi il viso, e subito dopo fu la voce del vecchio ad attirare la mia attenzione.
-Questo perché sottovaluti le mie abilità, ragazzo. Ora ti sembrerò solo un vecchio pazzo, ma sono stato un docente dell'Accademia.- gli ricordò con una punta di orgoglio malcelato. Sollevai il busto e mi accorsi che mi trovavo nell'unico giaciglio della stanza.
-Sei un tipo che riserva molte sorprese.- dichiarai, gettando un'occhiata a Signus, poi a Baeron -Dagli quello che ha chiesto.- il mago mi guardò confuso ed il vecchio sembrò riprendere nuova vita in quelle decrepite ossa, fremente.
-Sì, dammi quel che ho chiesto!
-Ma Iris...
-Ci ha aiutato a trovare la Pergamena e mi ha curato.- gli feci notare, e Signus annuì rapidamente, negli occhi neri una scintilla famelica che mi fece pentire subito dopo della mia scelta onorevole ma azzardata.
-Sì, vi ho aiutato a...
-Non c'è bisogno che ripeti tutto quello che dico.- quando mi alzai, mi accorsi che le gambe erano intorpidite e che la pesantezza dovuta al veleno non era sparita -Avrai quello che hai chiesto.- Signus sorrise trionfante e guardò Baeron che stringeva ancora il sacco, ma che alla fine sbuffò e glielo porse con reticenza.
Subito le dita scheletriche dell'uomo lo artigliarono.
-Bene...ora che la ragazza è a posto potete andare.- disse, dandoci le spalle mentre frugava nel sacco e già perso nei meandri della sua avidità, e ciò fece indignare Baeron.
-Ma sei pazzo? Si è appena...
-Lascia stare.- interruppi il mio compagno, allungando una mano per zittirlo, poi lo guardai negli occhi -Andiamo via.- strinse le labbra, ma infastidita dalla sua reticenza sostenni il suo sguardo e alla fine annuì.
-Sta bene.- recuperai tutti i miei averi più la Pergamena e mi girai verso il vecchio -Grazie per l'aiuto.- dissi, mentre la strana e sgradevole sensazione di pericolo continuava a crescere in me, facendomi formicolare la nuca.
-Sì sì, prego...- mormorò quello, che rigirava il Dizionario tra le dita, ed a quel punto capii che era inutile restare e con Baeron ci dirigemmo all'esterno.
-Non è stata una buona idea.- mi fece notare -Non sappiamo cosa c'è oltre quella porta.- sospirai.
-Lo so. Ma che scelta abbiamo?
-Ucciderlo.
-Ci ha aiutato a trovare la Pergamena e mi ha salvato la vita.- gli feci notare.
-Questo non cambia il fatto che resti un pazzo instabile.
-Non tolgo vite agli innocenti, Baeron, e finché ci sarò io non lo farai nemmeno t...- e in quel momento, la terra tremò e sentii un rumore di esplosione dietro di me. Mi girai di scatto con il cuore in gola e vidi dei fasci di luce provenire dal rifugio appena abbandonato.
-Oh, no!- esclamai, poi sia io che Baeron riprendemmo a correre verso il rifugio -SIGNUS!- urlai.
Quando scostammo la scardinata porta di legno notammo che non c'era alcun segno di danno che mi sarei aspettata di trovare visto che c'era appena stata un'esplosione, e quindi mi costrinsi ad entrare.
-Signus...?- tesi l'orecchio.
-Lo senti?
-No.- tirai su con il naso -Ma sento odore di bruciato.- ci facemmo forza e scendemmo nell'antro. Non trovammo Signus, ma la porta Dwemer che per secoli era rimasta sigillata, era spalancata. Inspirai profondamente ed avanzammo.
-Signus?- l'odore di bruciato si faceva sempre più forte e decisi di tirar fuori la spada. Dal momento in cui fui davanti alla porta, sentii una sorta di formicolio farsi sempre più forte ed intollerabile: c'era qualcosa di estremamente pericoloso lì, ma non riuscivo a percepire cosa mai potesse essere.
-Iris, non andare.- mi disse Baeron -Non ci riguarda, quel vecchio non...
-Se c'è qualcosa di pericoloso intendo occuparmene subito.- ribattei.
-Sei debole.
-Meno di quanto credi.- avanzai oltre la porta trattenendo il fiato e liberandolo solo quando non successe nulla, ma bloccai Baeron non appena lo vidi avanzare -Resta fuori, se succede qualcosa devi portare l'Antica Pergamena a Hrothgar Alto.
-Stai scherzando?- ricambiai il suo sguardo pungente con uno estremamente serio ed indebolito a causa della convalescenza.
-Mai stata più seria, Baeron. Ti prego, fai come ti dico.- deglutii e mi girai verso la stanza che, fatta eccezione per un piedistallo ed un libro era del tutto vuota -Sign...?- il nome del vecchio morì in gola quando mi accorsi del mucchietto di polvere ancora fumante ai piedi del piedistallo -...- trattenni il fiato e cercai disperatamente con gli occhi la figura di quel fragile ed instabile vecchio, ma alla fine la mia teoria si rivelò esatta.
La fonte di quell'esplosione l'aveva ucciso, e tutto ciò che rimaneva di Septimus Signus giaceva ai miei piedi, fonte del forte odore di bruciato che regnava nell'antro di ghiaccio e metallo Dwemer.
-L'hai trovato?- non mi girai verso Baeron, gli occhi inchiodati a quel mucchietto di polvere che fino a pochi minuti prima era una persona.
-Quel che ne resta.- ribattei amaramente, poi mi accorsi del libro.
Doveva essere vecchissimo a giudicare dalle pagine ingiallite e dall'aria consumata che sembrava tenerlo insieme a fatica, tanto che un soffio di vento l'avrebbe distrutto. La copertina di base era in cuoio, ma toppe di diversa stoffa, dimensione e colore erano state cucite insieme per rafforzarla. Niente di più vecchio e banale, eppure sentii uno strano brivido percorrermi la schiena e farmi alzare la guardia.
Che cos'era quel libro?
Inclinai il capo e cercai di fare due più due: Septimus Signus l'aveva toccato? L'aveva letto ed era stato polverizzato? O forse non era riuscito nemmeno a sfiorarne le pagine prima di diventare polvere? E da cosa, soprattutto? Quell'oggetto era pericoloso e non doveva essere toccato, lo sapevo, eppure sentivo un irrefrenabile desiderio di aprirlo e scoprire cosa c'era scritto. Non sono mai stata una studiosa, ma in quel momento non riuscii a trovarlo innaturale o strano. Era un bisogno forte che mi fece allungare la mano tremante, stavo quasi per sfiorarne la pagina quando qualcosa in me scattò.
Sentii due occhi gialli dardeggiare su di me ed un ringhio fortissimo di minaccioso avvertimento scoppiarmi in testa e spaventata da quell'ondata di sensazioni che Hircine volle mandarmi tramite la Bestia ringhiante e stranamente spaventata, indietreggiai.
Il barlume di un grosso lupo con gli occhi gialli che aveva dominato nella mia mente era stato come una secchiata d'acqua gelida che mi aveva permesso di tornare in me ed evitare qualcosa di estremamente dannoso, ne ero certa, così ritirai la mano.
-E' morto...possiamo andare.- dissi, e sentii Baeron sospirare.
-Trovato qua...?- si interruppe e, stranita, mi girai a guardarlo.
-Cosa c'è?- mi accorsi che era immobile, la bocca aperta in una parola spezzata ed un passo teso all'avanzata, così come la mano, ma Baeron era perfettamente immobile come se l'avessero congelato.
Eppure non c'era traccia di magia, né percepivo altre figure oltre noi due.
-Baeron, cosa...?- mossi qualche passo verso di lui, ma qualcosa si sovrappose.
Un varco si aprì dal nulla, un varco nero come la pece che mi fece gridare di sorpresa ed indietreggiare bruscamente fino alla parete.
Inorridii quando vidi dei tentacoli verdastri uscire fuori da quel varco nero, insieme ad una serie di occhi gialli e privi di pupilla che si guardavano intorno pigri e bramosi. Non era umano, non era animale, non era nemmeno un drago. Era qualcosa di disgustoso che non avevo mai visto e che fece ringhiare la Bestia terrorizzata.
Tremavo e sentii gli occhi bruciare mentre le zanne sporgevano per ringhiare in un vano tentativo di liberarsi di quella presenza: ero una Figlia di Hircine, cosa poteva far tremare il mio spirito del lupo a tal punto?
Restai ad osservare immobile quella...cosa, non avrei saputo come definirla, e non osai nemmeno respirare troppo rapidamente, non sapendo che cosa aspettarmi. Cercai di prendere l'arco sulla schiena, ma la fitta di dolore alla spalla trapassata mi impedì di sollevare il braccio e gemetti di dolore. Fu allora che quel disgustoso frammento di tenebra spostò tutti i suoi occhi su di me, spalancandoli. Poche volte ho provato paura e disagio come quando gli occhi gialli del mostro si posarono sulla mia figura tremante e rabbiosa.
-Vieni più vicina...inchinati alla mia presenza.- una voce cavernosa e rauca si espanse per l'antro, ma non mi mossi.
-Chi sei?- gli domandai con la voce contratta dal tentativo di tenere a freno la Bestia.
Era come se non fossi più io a controllarla o istigarla con le mie emozioni, ma qualcun altro. Non ero io che stavo cercando di difendermi.
-Mh...- quell'essere non aveva lineamenti, né corpo o bocca, eppure sono sicura che stesse sorridendo in quel momento -Sono Hermaeus Mora...- sibilò -Signore della memoria, del vissuto, conoscitore del Non Conosciuto, scrutatore di Misteri.- impallidii e la mano che reggeva la spalla strinse la presa.
Mi trovavo davanti ad un Daedra, uno dei più oscuri e potenti. Nella mia vita avevo combattuto gli spettri di Hircine, probabilmente subito le angherie di Sheogorath e persino ottenuto il misterioso benestare di Nocturnal, ma mai e poi mai mi ero ritrovata davanti ai diretti interessati e non sapevo cosa fare. Una parte di me avrebbe dato qualsiasi cosa perché se ne andasse, un'altra voleva attaccarlo senza ritegno e infine un'altra ancora voleva assolutamente che continuasse a parlare. Ma come porsi con il signore della Memoria senza correre il rischio di diventare cenere come il mio pazzo aiutante?
-Ti ho osservato, mortale.- cominciò, poi quella massa nera iniziò ad avvicinarsi, ma non appena si mosse sentii una scarica di rabbia provenire dalla Bestia che mi spinse a chinarmi in avanti con la schiena e ringhiare ferocemente, del tutto fuori controllo per quella scarica di paura che mi passò, istigata da qualcosa di incomprensibile e potente, ed il Daedra si fermò, più per curiosità che per paura -E...credo di iniziare a capire perché Hircine ti tenga così stretta.- la sensazione di rabbia estranea non si placò, ma si mescolò ad una strana sensazione di impotenza.
Che fosse davvero Hircine a guidare la mia difesa così ferina e violenta?
-Cosa vuoi?
-Sono impressionato. Hai aiutato Signus nonostante la sua natura...obsoleta. Mi ha servito bene, ma il suo tempo era giunto.- spalancai gli occhi, incredula di come potesse parlare di una vita troncata come fosse una pezza sporca ed inutile e restai ad ascoltarlo, prigioniera delle catene della paura e della rabbia -Septimus è stato un buon anello, una chiave di ammirevole utilità per fare in modo che il mondo lo conoscesse di nuovo...ma era debole. Un corpo debole ed oramai divorato dal tempo, come accade a tutti i mortali. Una volta che la porta Dwemer si è aperta, la sua utilità era terminata ed ora...tu sarai il mio nuovo emissario. Cosa dici?
-Dico che non ti servirò mai!- ribattei con veemenza, disgustata dalla sola idea di poter avere a che fare di nuovo con un daedra e soprattutto QUEL Daedra, che dal profondo abisso agitò pigramente i tentacoli e parlò con la sua voce melliflua e profonda.
-Ma l'hai già fatto.- spalancai gli occhi -Hai attraversato le rovine e sei tornata esattamente dove volevo che tornassi. Al mio tesoro più prezioso. Sei già il mio campione, in fondo...basta solo che accetti la cosa. Apri il lib...
-NO!- ringhiai con tutta la forza che avevo in corpo e sentii i muscoli gonfiarsi come le vene del collo tanta era la rabbia di Hircine.
Per un attimo temetti che pur di dare addosso al suo ambiguo fratello mi avrebbe fatta trasformare, la sola idea mi spaventò come un cucciolo tanto che non riuscii a trattenere un guaito che venne accolto dallo stesso lupo con sufficienza. In quel momento non ero niente di più che un animale braccato e spaventato, mosso in parte da qualcosa che non ero io a provare.
-Non ti servirò...mai. Non aprirò...quel libro.- un moto di rabbia del Daedra rese l'aria soffocante e fredda, come se una lastra di ghiaccio mi stringesse la gola, e sentii il respiro mancare.
-Chi è che parla, mortale? Tu...o Hircine?- respirai con affanno, cercando di rimanere lucida e gestire la situazione, ma non era facile.
In quegli anni in cui avevo accettato il Dono del Cacciatore non era mai capitato di dover fare i conti con il suo controllo. Avevo creduto il Lupo uno spirito a sé, libero e legato solo a se stesso, ma in quel momento capii che il legame con il Daedra era più forte di quanto pensassi e che in quegli anni lui si era limitato a lasciare il laccio che ci teneva uniti semplicemente più lento, e non sciolto.
Era terribile.
-Non intendo...d-diventare come Signus. N-non...non ti servirò.- sussurrai, ed in quel momento sentii la Bestia compiacersi mentre Hermaeus Mora restava in silenzio, pensieroso e forse arrabbiato.
-Stai attenta.- mi avvertì, e sentii la minaccia sempre più forte e pressante, imminente -Molti altri prima di te mi hanno rifiutato, ma li ho ghermiti tutti.- tremai -Non mi scapperai per sempre, Sangue di Drago o meno...e nemmeno Hircine potrà influenzare la tua scelta, allora.- e con un ultimo ringhio rabbioso non mio i tentacoli verdastri si ritirarono nell'abisso e gli occhi si chiusero. Sparirono, lasciandomi finalmente sola e spaventata come poche volte in vita mia.
-...cosa?- in quel momento il tempo riprese il suo corso e Baeron si sbloccò.
Non risposi, ancora preda delle riflessioni su ciò che avevo vissuto e capito, e restai ferma contro la parete ghiacciata.
-Iris...?- sollevai lo sguardo su Baeron, sentendo gli occhi bruciare non per la Bestia, ma per le lacrime.
-Ho sbagliato tutto, Baeron...- mormorai, le mani affondate nella carne delle braccia.
Sollevai lo sguardo e mi sentii fragile ed impotente.
Ero il Sangue di Drago ed ero un giocattolo nelle mani di un Daedra.
-Ho sbagliato tutto.
 
Note dell'Autrice
Finalmente.
Finalmente!!! non ho altro da dire xD
Anche se con tempi giurassici ci sono u.u ed ecco a voi un nuovo capitolo appena sfornato. Finalmente la Pergamena si trova tra le mani di Iris e lei può tornare da Paarthurnax e apprendere finalmente Squarcio del Drago. Maaaa i problemi non finiscono mai, assolutamente. Nell'ultima parte i Daedra ci mettono ancora lo zampino (o il tentacolo, brrr...) e qui ecco arrivare un'altra delle mie modifiche. Nella mia testa la Bestia è strettamente vincolata ad Hircine come i levrieri al cacciatore, ho voluto rendere il Daedra più invadente e decisamente più “ehi, tu credi di poter fare quel che vuoi, ma 'er capoccia sono io.” Eeeee...anche questa mini faida tra lui e Mora. Insomma, dopotutto i Daedra sono capricciosi e vogliono circuire i mortali, ci sta che tra loro si litighino le anime, soprattutto se una è quella del Dovahkiin. Insomma, ecco qui y.y fatemi sapere, nel mentre grazie sempre e comunque ad Afep che si legge tutto con infinita pazienza. Grazie a tutti quelli che continuano a leggere e seguire nonostante i tempi infiniti xD
Lady Phoenix
 
Dizionario draconico:
kunro angaar: la torre di luce.
Vis hi fraan zey, dovahkiin?: puoi sentirmi, dovahkiin?
Bo zau: vai avanti
 

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