You&Me, Elfboy di esmeralda92 (/viewuser.php?uid=71176)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Orlando ***
Capitolo 2: *** Viggo ***
Capitolo 1 *** Orlando ***
Nuova Zelanda,
gennaio 2002
Ore 19.40
-Domani
a quest’ora sarò sull’aereo per casa.-
pensò ad alta voce il moro, seduto sul
bordo del letto, i gomiti piantati sulle ginocchia, le mani che
strofinano il
viso, come se, cancellando dalla vista l’immagine della
partenza, potesse
cancellare la partenza stessa. La schiena è curva e tesa. Si
piega al peso
della stanchezza di quei due lunghi anni e mezzo che ha trascorso
lontana da
casa, dal suo amato, caldo, morbido letto; era nervosa per
l’impossibilità di
sciogliere i nodi che i muscoli sembravano aver voluto formare apposta,
in uno
dei pochi momenti che poteva rilassarsi e uscire dal mondo,
dimenticarsi del
resto, abbandonato per qualche ora fuori da quella
stanza.
Tra
ventiquattro ore sarebbe stato seduto sul sedile di un volo diretto che
l’avrebbe riportato nel Kent, la sua patria. Ventiquattro ore
e sarebbe finito
tutto, un’avventura, un lungo viaggio durato due anni e
mezzo, sarebbe svanito
tutto in un momento. O forse no. Avrebbe potuto… No, doveva
tornare a casa, da
sua madre. Aveva bisogno di lei e lei di lui. Doveva tornare, era
inutile
fuggire dal proprio passato: prima o tardi torna, sempre. E fa ancora
più male.
Non voleva ritardare, ma neanche dimenticare tutto, vedere il proprio
sogno
frantumarsi in mille schegge. Lentamente si voltò verso il
letto, dove steso
v’era l’altra parte di sé,
l’unica persona che fosse riuscita a rubargli il
cuore, a dargli un senso di completezza. Era la sua metà,
ciò che gli dava la
forza di andare avanti, di superare l’astio nei confronti del
padre, forse perché
lui stesso aveva ricoperto in quel periodo tale ruolo. I suoi occhi
azzurri lo
guardavano, distanti.
-Mi
mancherai.- disse lui, per poi tendergli una mano. Orlando sorrise e la
prese,
stringendola e soffermandosi a guardare le loro mani intrecciate, per
l’ultima
volta.
-Anche
tu, Viggo.- rispose per
poi rialzare lo
sguardo e trovare le labbra dell’amante (è questo
che sono?) a pochi millimetri
di distanza. Lo baciò con amore e passione, come aveva fatto
fino a quel
momento, e bisogno, un disperato bisogno di non vedere crollato il
proprio
sogno, il proprio amore. Eppure era sempre stato chiarissimo che tra
loro altro
non ci sarebbe stato che una relazione fisica, iniziata per puro caso,
in un
uggioso pomeriggio di ottobre.
Improvvisamente
si sentì afferrare per un fianco e stendere sotto il corpo
di Viggo. Per quanto
lo amasse e desiderasse, però, non voleva essere preso, non
così, e non
l’ultima loro sera insieme, non dopo la sua freddezza. Era
cambiato dal giorno
prima, non sembrava più lo stesso. E per quanto egli fosse
certo del proprio
amore, come poteva esserlo di quello dell’altro? E
voltò il viso dall’altra
parte, verso la porta, quasi volesse improvvisamente fuggire da
lì.
-No,
Viggo.- affermò senza guardarlo negli occhi. Gli istanti che
seguirono furono
carichi di silenzio e tensione. L’inglese sentiva
perfettamente lo sguardo del
danese su di sé, ma non fece niente. Non aveva voglia di
farsi prendere da lui,
non quella volta, non più. Voleva avere un bel ricordo
dell’uomo che più gli
era stato vicino in quell’ultimo periodo. E fare sesso con
lui, a nanche un
giorno dalla partenza avrebbe complicato e reso doloroso il distacco
ancora più
di quanto, per quanto riguardava lui, già non fosse.
L’uomo
allentò la presa e pochi istanti dopo Orlando
sentì freddo: era solo, nel
letto, senza il caldo corpo di Viggo a fargli da scudo e proteggerlo
dal mondo
fuori. Sentiva l’altro rivestirsi con
tranquillità, senza fretta, e questo lo
uccise. Sarebbe stata molto più semplice e immediata una
sfuriata, che il
silenzio e la finta illusione che fosse tutto normale, che tutto
andasse bene,
mentre, era evidente, qualcosa tra loro due si era rotto,
inevitabilmente e
inesorabilmente. Si alzò a sedere nuovmente sul letto e lo
osservò per qualche
minuto, nel più totale silenzio. Lo amava, nonostante avesse
promesso a se
stesso di non farlo, di non sbagliare, almeno quella volta. In
realtà non
sapeva se fosse amore vero o solo una fortissima amicizia con
l’implicazione
del sesso. Già perché il sesso era sempre stato
un problema per lui. E ora lo
era diventato a maggior ragione. Aveva rafforzato la loro
amicizia… o forse…
l’aveva resa ancora più fragile e sottile di
quanto già non fosse.
-Viggo…?-
pronunciò in un flebile sussurro, chiedendosi se ne valesse
davvero la pena di
metterlo al corrente di ciò che provava. No, molto
probabilmente gli avrebbe
riso in faccia. Quando però incontrò il suo
sguardo, curioso e sospeso
nell’aria, l’inglese sospirò.
Meglio non litigare, non l’ultima volta che si
sarebbero visti.
-Sì?-
domandò lui guardandolo, mentre si voltava e fermandosi,
come se da ciò che
avrebbe detto, sarebbero potute cambiare le cose.
-Grazie,
per questo.-
-Grazie
a te.- mormorò per poi riprendere a vestirsi. –Tu
non ti vesti? O aspetti il
prossimo?- chiese lui con voce sarcastica e un sorriso ironico dipinto
sulle
labbra.
-Che
stai dicendo?- chiese mentre si rivestiva, o meglio cercava i vestiti
per
indossarli, sparsi per la camera.
-Beh,
l’hai sempre saputo che tra noi non c’è
stato altro che sesso. Non mi stupirei
se nel frattempo ti fossi divertito anche con qualcun altro, qui
dentro. Non ti
biasimerei, d’altronde per me non sei stato altro che la mia
piccola puttana.-
-Beh,
ovvio. Ma per stasera non ho altri clienti.- rispose lui con voce
ferma,
meravigliandosi dei propri nervi saldi. Non poteva credere a cosa
avesse detto.
Tra loro c’era sempre e solo stata attrazione fisica senza
alcun coinvolgimento
emotivo che superasse la semplice amicizia, lo sapeva.
Perché allora faceva
così male?
Vide
il biondo chinare il capo, come se le sue parole avessero potuto
ferirlo
davvero. Annuì tra se stesso, come se solo in
quell’istante avesse compreso una
verità evidente, e se ne andò chiudendo
violentemente la porta.
Orlando
rimase in camera e si rivestì. E scese in cucina a farsi un
caffè nero, amaro,
come le parole dell’uomo e come le lacrime che,sapeva,
avrebbero solcato il
proprio viso una volta che quel fottuto aereo fosse partito.
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Capitolo 2 *** Viggo ***
-Domani
a quest’ora sarò sull’aereo per casa.-
aveva mormorato Orlando, quasi come
stesse parlando a se steso, come se lui non fosse lì.
Sospirò ma rimase in
silenzio. Conosceva benissimo il dolore che quel distacco portava con
sé.
Sarebbe partito qualche giorno dopo il ragazzo, ma il conto alla
rovescia dei
giorni e delle ore che avrebbe trascorso con quella banda di scalmanati
era già
iniziato. Soprattutto quello che riguardava il giovane inglese moro.
Quel
ragazzo che aveva “adottato” fin da subito, col
quale aveva instaurato un
bellissimo rapporto dal niente, istintivamente, quasi come se fosse la
cosa più
naturale di questo mondo. Lui, con la sua spontaneità, era
riuscito a tirar
fuori il lato migliore (o peggiore, dipende dai punti di vista) di
ciascuno di
loro. E niente era così triste e doloroso come la
consapevolezza che tutto
sarebbe finito al più presto. Si soffermò a
guardarlo, ammirando quel corpo
giovane e perfetto che per tre anni era stato suo, e che presto, molto
presto,
avrebbe amato un’altra persona.
-Mi
mancherai.- si lasciò sfuggire in un sussurro tendendogli
una mano, ora che
Orlando si era voltato. Il ragazzo colse quelle parole, lo poteva
vedere nei
suoi occhi scuri che tanto l’avevano attratto da subito; e lo
guardava, forse
choedendosi cosa stesse pensando, ma il proprio sguardo era perso
altrove, in
altri sentieri, altre vie. Ripensava a loro due: c’erano
momenti in cui non
riusciva a comprendere se Orlando facesse sul serio, oppure se questo
era solo
un bello e divertente passatempo. Non lo sapeva, e molto probabilmente
non
l’avrebbe mai saputo. Non voleva chiedere, fare la parte del
vecchio
sentimentale, perché non gli si addiceva. Aveva sempre
detestato quel ruolo, e,
forse, anche perché non voleva ammettere neache a se stesso
che, per quante
volte avesse potuto ripeterselo, per lui non era solo sesso: era
rimasto
scottato e non poco da quel ragazzo, che molto probabilmente, se le
voci erano
vere, non aveva perso tempo a divertirsi anche con qualcun altro.
-Anche
tu, Viggo.- susurrò il bel moro, stringendo le loro mani
intrecciate, mentre il
danese si sporgeva su di lui per baciarlo. Sapeva che avrebbe
sbagliato, che
non avrebbe dovuto farlo o non sarebbe più riemerso dal
baratro dell’oblio in
cui stava vertiginosamente precipitando. Era stato un addio stupendo,
se può
essere stupendo un addio, quello che avevano appena finito di darsi.
Eppure
Viggo voleva ancora. Perché quando era con lui dimenticava
tutto, anche il
fatto che per entrambi quel rapporto, di qualunque natura fosse,
avrebbe avuto
una fine. Incontrò le labbra di Orlando subito, e lo
baciò, ricambiando
all’amore e alla passione del ragazzo con rinnovati
sentimenti. Perse
totalmente la cognizione del tempo e delle azioni del suo corpo. E lo
attrasse
a sé, senza smettere un secondo di baciarlo, portandolo
sotto di sé, per
sentirlo, sentire che tutto ciò che accadeva in quella
stanza era reale. Aveva
bisogno di crederlo. Fu quanto disse a un tratto Orlando, a riportarlo
alla
realtà
-No,
Viggo.- sussurrò distogliendo lo sguardo, ormai rivolto alla
porta. lo guardò
per qualche istante e in un momento tutti i suoi dubbi, quel continuo
oscillare
da un’ipotesi a un’altra si sciolsero. Non aveva
motivo di dubitare ancora, e
capì il perché: le voci di corridoio che si erano
sparse ultimamente dovevano
essere vere. Egli, evidentemente, non gli bastava più,
doveva esserci qualcun
altro che soddisfacesse i suoi bisogni… Perché
prendersela? D’altronde non
stavano insieme, non avevano mai parlato di loro con il pronome
“noi”. Era
successo una volta sola, per errore suo, e avevano litigato
pesantemente. Non
esisteva nessun “noi”, nessuno poteva avanzare
diritti sull’altro, chiamandolo
“mio”. Tra loro doveva esserci solo sesso. E per
quanto non volesse ammetterlo,
lui si era innamorato del suo “Elfboy”; questo,
ovviamente, non precludeva che
lui ricambiasse solo perché non si opponeva alle sue visite
agli orari più
improbabili. Lo facevano e poi tornavano sul set o dagli altri come se
nulla
fosse. Aveva sempre creduto che…mostrasse a lui la parte
intima di sé, che
nessun altro conosceva. E invece.. Che idiota a pensare una cosa del
genere! Si
alzò dal letto, e i dresse a raccattare i vestiti che erano
sparpagliati per la
stanza. E lentamente riprese a vestirsi. Non riusciva a rmanere
lì, con le sue
illusioni, eppure non voleva andarsene, e chiudere definitivamente la
loro
relazione, se si poteva chiamare così.
-Viggo…?-
ancora la sua voce che lo chiamava. Un sorriso amaro si dipinse sul
proprio
volto per poi voltarsi a guardarlo. Si era alzato sui gomiti e lo
guardava.
-Sì?-
chiese
con un filo di speranza nella voce. Desiderava ardentemente che gli
dicesse
ancora qualcosa, qualunque cosa, in grado di trattenerlo ancora
lì, dentro
quelle quattro mura, fuori dal mondo. -Grazie,
per questo.- rispose sorridendo.
-Grazie
a te.- ribatté guardandolo ancora qualche istante per poi
riprendere a
rivestirsi. –Tu non ti vesti? O aspetti il prossimo?- chiese
con un sorriso
sarcastico e un tono ironico nella voce. Non voleva chiudere senza la
soddisfazione di fargli intendere che sapeva. Credeva forse che fosse
uno
stupido?!
-Che
stai dicendo?- aveva chiesto mentre si rivestiva. Lui l’aveva
osservato per
qualche istante, seguendo con lo sguardo i suoi movimenti per poi
riprendersi,
con una fitta di dolore al petto, e rispondergli, mantenendo lo stesso
tono.
-Beh,
l’hai sempre saputo che tra noi non c’è
stato altro che sesso. Non mi stupirei
se nel frattempo ti fossi divertito anche con qualcun altro, qui
dentro. Non ti
biasimerei, d’altronde per me non sei stato altro che la mia
piccola puttana.- disse
lui. Non credeva a una sola parola che stava dicendo, ovviamente, ma
doveva
farlo. Se si fosse fatto odiare molto probabilmente avrebbe sofferto
meno. E
sarebbe riuscito ad andare avanti. Non lui, ma ormai non gli importava
più cosa
fosse giusto o sano per lui. Ragionava solo in termini
dell’altro. si stava
annullando a poco a poco, per lui.
-Beh,
ovvio. Ma per stasera non ho altri clienti.- aveva pronunciato con voce
ferma,
confermando così la tesi che si era formata nella sua mente
già da un po’ di
tempo. E si sentì improvvisamente ferito, svuotato di tutto.
Rivide il loro
rapporto alla luce del sole, come se solo in quel momento fosse
riemersa la
verità, come se fino ad allora avessero vissuto in una
menzogna. E chinò il
capo. Era stato lui ad essersi illuso, ad aver dimenticato
cos’erano, ovvero
tutto tranne che una coppia. Ti amo, più della mia
vita, Orlando. Ho
sbagliato, ma tutto ciò che faccio, è per te.
E
senza voltarsi indietro si diresse alla porta e uscì dalla
stanza, andando in
camera per iniziare a fare le valigie, che l’avrebbero
portato via da lì,
dall’unico ragazzo che avrebbe mai amato, dal suo amato
Elfboy.
Ringrazio di cuore tutti
coloro che hanno letto o seguito o recensito questa breve ff. So che
potrebbe non piacere per come va a finire tra loro due, sono la prima a
ribellarsi... ma volevo trovare una "giustificazione" al fatto che,
nonostante la loro perfezione assoluta insieme, Viggo e Orlie non
stiano insieme. Stessi dialoghi, precisi precisi, con una sola
differenza: POV di Viggo. Spero di aver reso bene sia lui sia Orlando.
(Ci tengo a precisare che non conosco i loro orientamenti e/o gusti
sessuali e che qusta FF è frutto della mia mente....).
Spero che vi sia piaciuto
anche questo chappy!!! Grazie a tutti! (e se voleste lasciare un
commentino.. XD sono ben accetti anche i suggerimenti e/o eventuali
critiche, che siano costruttive)
Baci
E92
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