How To Love

di Scream_Out_Loud
(/viewuser.php?uid=165149)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Il miracolo della vita ***
Capitolo 3: *** Incubi ***
Capitolo 4: *** Sono io. ***
Capitolo 5: *** Growing Up. ***
Capitolo 6: *** I Nuovi Vicini. ***
Capitolo 7: *** Fine Dei Lavori. ***
Capitolo 8: *** Una Bella Famiglia Felice. ***
Capitolo 9: *** Casa Dolce Casa. ***
Capitolo 10: *** "I'll Look After You." ***
Capitolo 11: *** Natale in Famiglia ***
Capitolo 12: *** By Your Side. ***
Capitolo 13: *** Hai un Amico in Me ***
Capitolo 14: *** Cupid Tonight ***
Capitolo 15: *** True Love Kiss. ***
Capitolo 16: *** Con te partirò ***
Capitolo 17: *** Vita Royale ***
Capitolo 18: *** True Love Never Dies. ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


how to love prologo

How To Love

Le azioni insensate di molte persone possono distruggere il cuore di una semplice ragazza, possono impedirle di amare.
Solo una persona però sarà in grado di fare capire a quella ragazza, quello che la vita le pone davanti.
Le farà capire COME SI AMA.
"Lascia il passato alle spalle El..." disse lui "vieni con me a Londra..."
"Non posso lasciare tutto così...T-tu non puoi capire...dimentica me...dimentica noi. E' stato bello... Finché è durato..." sussurrò la ragazza, con gli occhi luccicanti, ma non luccicavano di gioia, luccicavano a causa delle lacrime che le inondavano gli zigomi.
Lacrime che segnavano un'altra delusione.
Un'altra, nella sua lunga lista.
Eleanor Calder, sarà la protagonista di questa fan fiction. Spero vi piaccia :)
------------------------------------------------------------
"Vuoi tu, Louis William Tomlison, prendere Eleanor Jane Calder come tua legittima moglie, per amarla onorarla in salute e in malattia, in ricchezza e in povertà, finchè morte non vi separi?" domandò il prete.

"Lo voglio" quell'affermazione risuonò in tutta la chiesa come un grido di gioia.

“Vuoi tu, Eleanor Jane Calder, prendere Louis William Tomlison come tuo legittimo marito, per amarlo e onorarlo, in salute e in malattia, in ricchezza e in povertà, finchè morte non vi separi?" 

“Lo voglio” annunciai con gli occhi colmi di felicità. 

Una felicità che nella mia vita si presentò solo quando conobbi Louis.

La persona che mi insegnò ad amare. 

Perché dico così? beh per scoprirlo bisogna tornare indietro fino a quel freddo ottobre dell’anno 1992…

 
 

NOTA BENE:

PREMETTO CHE TUTTO QUELLO CHE RIGUARDA L’INFANZIA NARRATA NELLA STORIA NON è VERA. E’ TUTTO FRUTTO DELLA MIA FANTASIA. Ho voluto usare Eleanor Calder per questa fan fiction perché trovo che insieme a Louis formino una coppia adorabile e mi sembrava doveroso usare la sua vera ragazza al posto di una qualunque inventata. Per vedere la vera biografia, o comunque le informazioni VERE di Eleanor Calder andate qui: http://onedirection.wikia.com/wiki/Eleanor_Calder

Essendo una storia interamente inventata da me non tutto corrisponderà alla realtà, specialmente la parte che verrà raccontata sull’infanzia di El. Dal momento in cui inizierà la relazione con Louis potrete ritenere vere alcune delle informazioni, tranne quelle relazionate con il suo passato, ma prima no. Ripeto, ho semplicemente usato Eleanor perché la trovo una splendida ragazza ma NON E’ la sua vera storia(anche perché sinceramente so molto poco di lei xD) Per quanto riguarda Louis e il resto della band le informazioni si atterranno sempre alla realtà :)

E non preoccupatevi ci saranno anche tutti gli altri compontenti della band, ma arriveranno più tardi :)

Dopo avervi riempito la testa di tutte questi avvertimenti (alquanto inutili XD)…

Vi auguro una buona lettura :D

Spero vi piaccia, recensite in tante :3 un bacione!! 

~ xx Gio ♥

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Il miracolo della vita ***


how to love prologo

How To Love

Capitolo 1. 

Il miracolo della Vita.

Avete presente il miracolo della vita? Quando un pulcino viene al mondo… quando la mamma cagna da alla luce i suoi cuccioli… quando un pinguino aspetta impaziente che l’uovo che ha messo al caldo si schiuda…?

Ogni essere vivente viene messo al mondo da qualcuno, i pulcini hanno le ali forti della loro mamma chioccia che li protegge, i cuccioli ciechi hanno i due cagnoloni genitori che gli fanno da guardia e il piccolo pinguino zampettante e barbellante per il freddo polare ha il suo papà pronto a riscaldarlo. Io non avevo nessuno di loro. Ero un piccolo pulcino disperso per la fredda Inghilterra, quell’ottobre, ero un cagnolino cieco che non sapeva ancora reggersi in piedi, ero un piccolo pinguino barbellante per il freddo che quella notte portava con se. Ero stata abbandonata…

Era una fredda notte, anzi, la più fredda notte di ottobre quando la giovane Sarah mi trovò davanti al portone ciliegio dell’orfanotrofio. Sarah e Sandra gestivano l’orfanotrofio di Doncaster, Sarah era solo 21enne quando mi trovò, mentre Sandra era già avanti negli anni. Non si sapeva chi fosse stato a lasciarmi lì. Doncaster non era grande, e quindi pensarono che si trattasse di una ragazza madre, che non era abbastanza matura per poter mantenere una bambina, e per non infangare il nome della famiglia aveva deciso di liberarsene. Una donna vigliacca quanto quello che la mise incinta, mio padre doveva essere un povero morto di fame, uno stupido ragazzino che si divertiva con le ragazze e poi le lasciava, fregandosene di quello che le sue azioni conseguivano. Non li conobbi, e mai avrei voluto farlo.

Un piccolo aquilotto non si separa mai dalla madre finché, con il suo aiuto, non impara a volare alto nel cielo, a spiegare le sue ali, batterle a tempo con il vento e creare dei gioghi magici con quei volteggi delicati e danzanti che danno senso di libertà a chi solo si ritrova a guardare quell’uccello maestoso padroneggiare il cielo.

Anche se non era proprio il sogno di ogni bambino, io stavo bene nell’orfanotrofio insieme agli altri bimbi. Mi accolsero subito, come la loro sorellina. In particolare Annie e Jamie di solo qualche anno più grandi di me che volevano scegliere il mio nome. Sandra riportò l’ordine nella piccola stanza, perché le piccole litigavano con gli altri per sceglierlo.

Uno dei bambini, che in quell’ottobre aveva appena compiuto 9 anni, mi ebbe particolarmente a cuore. Si chiamava Mark. Mi faceva da fratello maggiore, e gliene sono tuttora estremamente grata. Nella culla trovarono un biberon pieno di latte, ben avvolto nelle coperte, e biglietto scritto a mano su una carta rosa. C’era scritto:  ‘Eleanor, 16 luglio 1992’ questo significava che quando mi trovarono avevo già 3 mesi e mezzo. Almeno quella vigliacca di mia madre aveva avuto l’accortezza di allattarmi fino a quando ne avevo avuto il bisogno… Aveva anche già deciso il nome, Annie però insistette per aggiungere anche il secondo nome: Jane.

Ogni maggio, all’orfanotrofio, venivano genitori per accogliere in casa loro alcuni di noi. Io e Annie cercavamo sempre di sfuggire alle presentazioni, scappavamo sulla collinetta per vedere chi veniva preso e chi veniva lasciato. Jamie venne presa subito, non aveva nemmeno 5 anni. Io e Annie decidemmo che non ci saremmo fatte adottare da nessuno, io per prima ero decisa a farlo. L’anno dopo l’adozione di Jamie, fu il turno di Mark. Ero sulla collina quando vidi Mark trascinarsi dietro la sua valigia e andare incontro al suo futuro padre. Da una parte ero felice per lui, si meritava una mamma e un papà, ma dall’altra parte ero triste perché mi avrebbe abbandonata, non avrei avuto più il mio fratellone. Non potevo non salutarlo. Corsi giù per la collina fino al casottino, inciampai in un sasso e caddi, rotolai giù mentre Annie mi rincorreva preoccupata. Non mi fermai, nonostante fossi caduta, arrivai ma troppo tardi, la macchina stava già partendo. Iniziai a rincorrere la macchina, ma sia Sarah che Sandra mi supplicarono a gran voce di fermarmi. Così con gli occhi pieni di lacrime amare tornai indietro. Non avrei mai più potuto rivedere Mark, e non l’avevo nemmeno salutato. Questo mi provocava tanto, tantissimo dolore. Un altro anno all’orfanotrofio volò, io avevo 3 anni mentre Annie 5. Quell’anno fu il suo turno, mi lasciò come avevano fatto prima Jamie e poi Mark.

“Annie mi avevi detto che saremmo rimaste qui per sempre, io e te” la implorai, piangendo incessantemente.

“IO VOGLIO UNA MAMMA E UN PAPA’ JANE! NON LO CAPISCI!?” gridò lei esasperata, piangendo quanto me.

“Ma son-”

“No Jane! Tu non sei la mia mamma! Non potrai mai esserlo!” mi spense. Io facevo la mamma e lei la figlia, anche se lei era più grande di me. Io ero quella col carattere forte, lei era debole, piangeva sempre: per un dispetto di Junior, per aver visto una lucertola, per essere stata punta da una zanzara… io dovevo proteggerla. Mi sentivo in dovere. Lei mi chiamava Jane, non Eleanor, e fu così che mi salutò, ondeggiando la mano a destra e a sinistra dai sedili posteriori di quella Rolls Royce grigia che mai più avrei dimenticato.

“Ti vorrò sempre bene Jane, troverai anche tu una mamma e un papà che ti renderanno felice” mi disse.

Mi limitai a scuotere il capo, stropicciandomi il naso e strizzando gli occhi. No non li avrei mai trovati i miei genitori Annie, la mia famiglia eravate voi dell’orfanotrofio e lo sareste sempre stati.

Il maggio successivo, venni scelta io. Tentai di non andarmene ma il signor Calder era deciso più che mai ad adottare me e soltanto me; Nessun’altro bambino dell’orfanotrofio. Sarah mi prese in un angolino e mi supplicò “Eleanor, non potrai rimanere qua in eterno…”

“Si che posso Sarah, prenderò il vostro posto e gestirò l’orfanotrofio, avete bisogno di una mano” ero una bambina sincera, e come tutti i bambini dicevo chiaramente tutto quello che pensavo.

“Tesoro…” iniziò, mentre le si inumidivano gli occhi “vai col signor Calder, è la cosa migliore per te. Non puoi scegliere, è il tuo dovere. E poi il signor Calder desiderava tanto una bambina…Come te. Farai felice una persona, non ti importa di questo?” mi domandò con qualche lacrima solitaria che solcava i lineamenti del suo viso.

“Ma io…” cercai di replicare, ma non sapendo cosa dire, per non deludere nessuno, andai a preparare la valigia col capo chino, mentre tutti i bimbi mi salutavano, contenti per me. Capii che dovevo esserlo anche io. Nonostante quella mia voglia di libertà, sapevo che avrei avuto bisogno di un papà e di una mamma, è un bisogno naturale. Non si può scegliere.

Solo ora capisco il perché di quella lacrima Sarah… Capisco che anche se mi gridavate dietro che ero una bambina pestifera mi volevate bene e me ne avreste sempre voluto. D’altronde è per quello che mi faceste adottare dal signor Calder e non da altri sprovveduti. Sappiate che ve ne vorrò sempre anche io Sarah e Sandra.

Così salii in macchina, dove trovai una donna avvenente e con un viso dolce che mi aspettava; Seduta sul sedile posteriore a braccia aperte. Era la signora Calder.

Arrivammo alla casa dei signori Calder e mi fecero entrare… era veramente bella! Grande e accogliente, mi portarono per mano fino a quella che diventò camera mia. Piccola e tutta azzurra. C’era già il lettino sistemato, la scrivania con su una bella lampadina e la seggiola con le ruote, con la quale mi divertivo a correre per tutta la casa, sbattendo a destra e a manca perché non sapevo andare diritta. La signora Calder avrebbe voluto un maschietto, ma dato che gli altri erano tutti troppo grandi, la bambina che si avvicinava di più a un maschietto ero io, vivace, solare… Il signor Calder passava serate intere a parlarmi di quello che lo aveva colpito di me quando mi vide. Mi elogiava sempre. Era proprio come un vero papà. Harold e Julie, i signori Calder, mi trattavano come se fossi la loro bambina naturale. Mi insegnarono ad andare in bicicletta e mi cantavano le canzoncine per farmi addormentare.

 

 

 

 

 

Cosa ne pensate? :D ecco il primo capitolo è un po noioso lo so, scusatemi ç__ç 
I primi saranno un po' tutti così anzi forse peggio quindi preparatevi xD poi però si risolverà tuuuttooo :D don't worry :) per chi ne avesse voglia può recensire/commentare, mi fa taaaaanto felice :) vanno bene anche le critiche, sono pronta ad accogliere qualsiasi consiglio :)

un bacio

~ xx Gio. ♥

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Incubi ***


How To Love

Capitolo 2.

Incubi.


Due anni dopo però Harold venne a mancare. Sentii che una piccola parte di me se ne andò con lui. Anche se per poco, era stato il mio papà. Era stata l’unica persona oltre a quelli dell’orfanotrofio a farmi capire quanto valevo per lui e quanto ero importante. Ci trasferimmo a Londra, in un appartamento abbastanza grande per tutte e 3. Ho detto tutte e tre, non avete capito male… Julie dava attenzioni solo ed esclusivamente a Kailee, sua figlia di due anni e mezzo. Eh si, dopo tanto tempo di attesa, Julie ebbe la sua tanto beneamata figlia. Solo che, così gioiosa di avere una figlia nata da lei, trascurò me. Con Kailee non avevo alcun tipo di problema, andavamo d’accordo proprio come due sorelle, litigavamo e facevamo pace nell’arco di due minuti. Anche se io e Kailee andavamo d’amore e d’accordo il resto però non andava per il meglio. Qualche mese dopo la scomparsa del signor Calder, la situazione in casa precipitò spaventosamente. Julie iniziò a frequentare persone poco raccomandabili e diventò un accanita fumatrice. Odiavo il fumo.
Kailee non sapendo cosa fosse, a volte imitava la madre accendendo sigarette e portandosele alle labbra, più volte si fece male mentre giocava con l’accendino. La sgridavo in quanto sorella maggiore ma non mi ascoltò mai. Dopo neanche un anno dalla morte di Harold Calder, Julie si fidanzò ‘stabilmente’ con uno di quegli energumeni pelati che frequentavano lo stesso pub della signora.
Un pessimo elemento.

Fu lì che iniziò l’incubo.


Julie usciva a fare la spesa, una passeggiata, andava al pub a bere, o andava da delle amiche e ci lasciava in casa con lui, perché si fidava. Come faceva non lo so, ma sta di fatto che quello iniziò ad approfittarsi di noi. Come la porta d’ingresso si chiudeva lui avvicinava prima Kailee e poi me. Kailee non capiva il pericolo, tentai di difenderla. Volevo fare la coraggiosa ma stavo morendo di paura dentro.

Stavamo guardando la TV comodamente sedute sul divano, quando l’energumeno si avvicinò alla mia sorellastra sussurrandole dolcemente “Vieni di là in camera che facciamo un gioco?”


Avevo solo sette anni ma non ero stupida, forse anche perchè avevo attraversato situazioni che altri bambini difficilmente avrebbero superato, e poi anche perchè, come avevo sentito dire più volte da Sarah, Sandra e il sig. Calder, ero una bambina più sveglia rispetto agli altri. Capivo dov’era il pericolo, ma Kailee no.

“Lasciala stare” dissi fulminandolo con lo sguardo. L’uomo intuii che io non ero una di quelle che con poco la si poteva raggirare. Quindi passò direttamente alle maniere forti. Mi gridò più volte di andare in camera e dato che io non gli obbedivo mi prese con la forza per il braccio, alzandomi da terra, gridai per il dolore.
Mi aggrappai alla sua spalla e gli morsi più forte che potevo il braccio ma quello nemmeno una piega. Mi lanciò in camera bruscamente e chiuse a chiave la porta.
Tornò in salotto da mia sorella e sentii le urla imploranti di mia sorella, urla di dolore, urla di paura. Paura che anche se nascondevo, avevo anche io. Cercai in giro per la camera qualcosa con cui potermi difendere, ma poi pensai che lui avrebbe potuto togliermela senza alcuna difficoltà e usarla contro di me. Quindi mi nascosi nell’armadio e controllavo la situazione dalla fessura. Sentii il giro di chiave che apriva la stanza, e che subito dopo la richiudeva. Ero finita. L’uomo iniziò a cercarmi, guardò prima sotto la scrivania poi sotto il letto e infine mi trovò rannicchiata sotto i vestiti della mia matrigna. Mi tirò fuori con la forza bruta, nonostante lottassi con tutte le mie forze ero una semplice bambina di sette anni non potevo competere con un energumeno del genere. Così iniziò un anno di sofferenza, un incubo di quelli veri. Un anno che lasciò un segno indelebile in me e in Kailee, che avevamo scoperto un mondo crudo e rude troppo presto. Non trovavamo il coraggio per denunciare il fatto ne alla polizia ne a nostra madre.

L’uomo si approfittava di noi ogni volta che Julie usciva, e per quando tornava faceva trovare tutto in ordine, metteva mia sorella stremata e senza forze nel suo letto e le rimboccava le coperte. Sentivo le sue urla, le sue inutili grida, che a quanto pare i vicini non notarono mai, e sentivo le sue unghie graffiare e stridere sul pavimento mentre l'uomo la trascinava. Sentivo tutto il dolore che provava Kailee perchè subito dopo di lei, ero io la vittima di quella bestia. Quell’anno accrebbe in me l’odio per gli uomini. L’odio per quella razza che non aveva alcun rispetto degli altri. L’odio per chi, senza alcun motivo, usava chi era più debole e poi lo gettava via. L’odio per gli uomini, l’uomo in se’, che usava la donna, la deludeva, la esponeva a delle decisioni che non era ancora in grado di prendere, come quel vigliacco che doveva essere mio padre, quello che abbandonò mia madre.

Avevo immaginato tutto quello che potesse essere successo alla mia vera madre, la madre naturale e mi diedi spiegazioni che in realtà non esistevano, spiegazioni che mi indussero a rimanere lo spirito libero che avevo sempre voluto essere.


Solo quando io avevo quasi 11 anni, Julie venne a conoscenza degli stupri a cui io e Kailee eravamo sottoposte quasi ogni giorno. Cacciò di casa l’uomo e lo denunciò alla polizia, non si fece più vedere.

Quell’incubo era finito, ma non era il solo che dovevo affrontare...

[ Continua... ]



Cosa ne pensate? :) è il secondo capitolo ed è ancora deprimente (come vi avevo anticipato xD) penso che questo sia uno dei capitoli più tristi che ho scritto (ma aspettate di vedere il prossimo) ero in lacrime quando l'ho scritto la prima volta, poi il mio computer ha deciso di eliminarmi tutta la memoria e l'ho perso, era venuto un capolavoro mentre questa parte riscritta penso sia un po penosa... Spero che vi paiccia comunque e che soprattutto questo capitolo sia riuscito ad avere un influenza positiva su di voi, poichè anche voi possiate dare una mano a qualsiasi associazione combatta queste azioni stupide, insensate, oscene che possono rovinare veramente l'infanzia di una persona. 

Lo scorso capitolo ha avuto veramente pochissime recensioni ç__ç se non vi piace ditemelo che così non spreco tempo a scrivere... Mi va bene anche un commento piccolo piccolo ma che mi faccia capire che vi piace, recensite commentate fate qualcosa ç__ç
(si sono un po demoralizzata lo so ._.)

Vi ringrazio per aver letto anche tutto qui :3
Spero di non avervi sgionfato troppo. Al prossimo capitoloooo un baciooo :)


~ xx Gio. ♥

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Sono io. ***


How To Love

Capitolo 3.

Sono io.


La scuola non andava per il meglio, non che avessi brutti voti, non era il rendimento il mio problema. Erano i compagni. Ogni volta che varcavo la soglia di quella porta la tarantella iniziava e terminava solo quando suonava la campanella che segnava la fine delle lezioni, allora in quel momento erano tutti troppo impegnati a prendermi in giro per il mio aspetto o per il fatto che fossi stata adottata, così non mi disturbavano per 5 minuti, ma non se ne andavano senza avermi fatto qualche dispetto o rivolto qualche parola velenosa.

E' incredibile quanto dei semplici bambini possano essere bastardi. Si dico così perchè è solo quella la parola adatta per definirli. L'unica amica che avevo, Mandy, mi ripeteva che lo dicevano solo perchè erano gelosi, o perchè erano loro quelli insicuri e brutti dentro, ma non ci credetti mai. Solo ora mi rendo conto di quanto potevo essere vulnerabile a quella tenera età. Ricordo come se fosse ieri quando quel teppista di Samuel portò a scuola una scatola di uova.

All'intervallo eravamo nel giardino, tutti i bambini giocavano e ridevano correndo qua e là per il cortile, io me ne stavo nel mio angolino, senza disturbare nessuno leggendo il mio libro, quando Samuel e altri tre bambini attirarono l'attenzione su me e su di loro tirando poi fuori le loro armi. Non è un esagerazione chiamare armi delle semplici uova. non lo è perchè quelle furono lo strumento della più grande umiliazione che io abbia mai subito. Ma che non si sarebbe mai più ripetuta. Iniziarono a deridermi con parole viscide: "Sei una bambina grassa e puzzi, ti lavi oppure insieme ai genitori ti ha abbandonato anche il sapone?"
"Sfigata Orfanella"
"Forse queste uova daranno un tocco di classe agli stracci che ti metti addosso"
Riesco ancora a sentire il dolore lancinante che quelle uova scaraventate sulla mia pelle provocavano, quelle parole che si scagliavano su di me come una violenta onda si infrange contro uno scoglio. Ero sola, nessuno mi difese.


Nessuno lo avrebbe mai fatto.

 


Dovevo imparare da sola a tirare fuori le unghie. Non ci riuscii, non in quel momento, i gusci sporchi si ruppero su di me, mi graffiarono la cute e mi lasciarono un appiccicolento sgocciolare lungo i miei capelli. Samuel a capo di quella baby banda di teppisti, lanciò l'uovo proprio contro il mio viso, lo schianto fu così tremendo che sembrò lo schiaffo che non ebbi mai ricevuto dai miei genitori. Non venni mai picchiata dai miei genitori adottivi per qualche guaio che avevo combinato. Ci pensarono gli altri a farmi sentire il dolore.
Ogni parola acida quel giorno fu più pesante che mai.
Ogni mio sospiro, ogni mia lacrima, quella mattina fu più amara che mai.
Quel giorno, quella mattina, mi insegnò che il rispetto bisogna guadagnarselo.
L'insolenza aveva raggiunto il limite, non volevo essere trattata così da nessuno.

La prevaricazione, l’umiliazione, l’isolamento, la cattiveria e l’abbandono…la paura e l’odio, la rabbia e la solitudine. Giornate a piangere, ore sui libri per provare a studiare, momenti in cui sapere di esistere mi sconvolgeva. Ero arrivata a meditare la morte, il suicidio, ero arrivata a meditare la fine di tutto questo male che mi circondava. Incredibile come la fiamma della mia vita si sia spenta, come l’energia dentro di me sia andata sempre più affievolendosi…fino a scomparire. Ogni giorno venivo insultata, picchiata, umiliata con la discriminazione più stupida e infantile, ma frustrante. Volevo amare, gioire o piangere come ogni ragazzo, volevo studiare e proseguire quel mio cammino verso il mio destino, volevo…ma non potevo! Non me lo permettevano. Da uomo a vittima, da vittima ad oggetto, da oggetto a niente!
Mi accusavano di essere una lecchina, di fare piacere ai maestri per poter avere voti migliori dei loro, una volta arrivarono al punto di sputarmi in faccia. Non ce la facevo più. Oggi ripenso spesso a quel giorno in cui sono entrata per la prima volta in quel cortile e mi sono seduta tra quei banchi, ancora oggi ricordo la gioia, la speranza, i sogni e i progetti…ancora oggi ricordo la depressione che mi ha assalita quando sono stata scelto dal mio persecutore! Ancora oggi…ancora oggi mi chiedo “perché?”. Perché proprio io, perché non sono riuscito a difendermi, perché non mi hanno aiutato! Ancora oggi, mi ripeto che questa è la vita e questo è uno dei tanti problemi che ci aiuta a vincere quelli che verranno.

La mia maestra sentiva benissimo quello che mi dicevano, vedeva perfettamente quanto io piangessi, e mi ascoltava quando le dicevo che tutto questo era sbagliato. Eppure, non fece assolutamente nulla. Non informò i miei genitori di quanto mi succedeva a scuola, non prese alcuna misura punitiva nei confronti degli altri ragazzi, assolutamente nulla. Neppure quando uno dei ragazzi mi picchiò con uno dei suoi libri fino a farmi piangere ed implorarlo di smettere. Non fece nulla, anzi mi disse semplicemente di smettere di piangere e di fare quello che gli altri alunni mi dicevano di fare.

Un’altra insegnante mi abbracciò mentre piangevo e si mise in piedi davanti alla mia classe urlando ai bulli di lasciarmi stare; questo però non fece altro che peggiorare la cose. Quella notte, andai a casa e ingoiai un intero flacone di pillole di sonnifero. Ma Kailee vedendomi mi fece sputare tutto, la supplicai di non dire niente a Julie.
Ogni azione, ogni parola servì per rendermi più forte. Non potevano buttarmi giù. Non di nuovo. Era ora di farsi valere, ma la forza proprio non la trovavo. Stavo seduta sulla poltroncina nello studio e piangevo, piangevo senza farmi mai vedere da nessuno. Tenni quel dolore costipato dentro me per troppo tempo. Avevo bisogno di qualcuno ma non arrivò mai. Quando Julie si sbarazzò di quell'essere immonde era già troppo tardi per poter fondare un carattere solido e forte, le scuole elementari erano finite e per fortuna, mi ero fatta le ossa.
Non avrei mai più permesso che mi trattassero come uno scendiletto, di nuovo, alle scuole medie e superiori.
Valevo molto di più, e ora lo so.

Mi mancava solo un altro problema da affrontare: La mia bulimia.
Avevo iniziato a disprezzare il dono della vita, a disprezzare ciò che ero. Ruppi ogni specchio che mi circondava, e quei vetri lacerarono la mia pelle più e più volte, ma non era niente in confronto alle cicatrici che portava il mio debole cuore. Dimagrivo vistosamente, solo dopo qualche mese Julie si accorse di come ero spaventosamente smunta e fu lì dove trovai l'ancora di salvezza. Sfogai su di lei tutti quegli anni di oppressione, tutto quel tempo di sofferenza repressa. Mi ascoltò benignamente,mi diede la sua spalla per piangere e pianse con me. Probabilmente senza di lei non avrei potuto superare quei traumi, certo rimarranno comunque indelebili dentro me. Ma da quel momento, le cose migliorarono e tutto mi sembrò molto più facile.
Avrei voluto tirare fuori la vera me prima, molto prima. Solo ora posso dimostrare al mondo, che sono state le azioni perfide della gente a fare di me quella che sono ora. Perchè questa sono io.
 
 
 
 
 

 
 
Alloraaaaa!! :D cosa ne pensateee ?? :) vi prometto che questo è l'ultimo episodio depresso che scrivo xD
Beeh per chi volesse commentareeee...... E' SEMPRE BEN ACCETTO :) ringrazio tutte quelle che mi hanno messo nei preferiti e che hanno messo la storia nelle seguite, e ringrazio tantissimo tutte quelle che commentano/recensiscono perchè mi fa capire che la storia vi interessa e vi piace :) grazieeeee ♥
Ci sentiamo al prossimo capitoloooo!!Non fatemi mancare il vostro appoggio :) confido in voi! buona estateeeee (?) :D
~ xx Gio. ♥

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Growing Up. ***


How To Love

Capitolo 4.

Growing Up.

Malgrado la nostra giovane età, divenimmo subito responsabili, o almeno io. Julie era sempre più disfatta dal fumo e dall’alcool. Ben presto ci lasciò. Avevo 16 anni, e non avevo più nessuno. Io e Kailee rimanemmo dai parenti dei Calder fino alla maggior età. Ma Kailee mi lasciò molto prima, morì dopoaver compiuto i suoi 13 anni, il motivo non si sapeva. O così dicevamo in giro. Ma in realtà sia io che sua zia Carol sapevamo che era a causa dello stesso motivo che aveva stroncato Julie, sorella di Carol, anni prima.

Iniziò a uscire con dei ragazzi delinquenti che la portarono ad andare avanti solo di droga, fumo e alcool nonostante la sua giovanissima età. Ma d’altra parte, l’alcool non fa sconti a nessuno. Giovani o vecchi, maschi o femmine, li soffoca non appena li trova pronti ad accoglierlo nel loro organismo. Morì proprio come sua madre. Io rimasi comunque con Carol fino a quando non compì i 18 anni. Frequentavo l’università, mi stavo laureando in sociologia e diritto. Per poter aiutare chi come me aveva avuto un infanzia infelice. Ogni tanto pensavo a Sarah e a Sandra, ora a Londra ero lontano da loro e non avevo più avuto loro notizie… chissà come stavano… Pensai quindi con il mio primo stipendio e il gentile aiuto di Carol di poter tornare a vivere a Doncaster. Almeno da non pesare troppo sulle sue spalle. Potei trasferirmi di nuovo nella mia città natale e continuare comunque gli studi. Come?


Era il periodo delle vacanze quando decisi di fare il trasloco. La cosa più carina che Carol fece per me fu farmi ritornare proprio nella casa del signor Calder. Da quando il mio patrigno era morto la casa non era stata abitata da nessuno e quindi aveva ancora dentro tutti i mobili che aveva a quel tempo. Ci sarebbe stata da rimodernizzarla un po' ma non era niente in confronto all’acquisto di una casa intera. La sorella della mia matrigna era una gran brava donna e non avendo alcun problema economico con le pensioni e i soldi in banca che si ritrovava, mi aiutò veramente molto. Diceva che a lei tutti quei soldi non servivano e dato che ero l’unica ‘erede’, anche se non proprio legittima, li voleva usare per aiutarmi dopo tutto quello che avevo passato.

Non la ringrazierò mai abbastanza.

Le chiesi se lei voleva venire a vivere con me ma disse che era troppo attaccata alla sua dolce Londra. Così misi in moto la mia Volkswagen Lupo, e partii alla volta di Doncaster. Il camion con i mobili nuovi sarebbe arrivato l’indomani, così avrei avuto il tempo di rimboccarmi le maniche per pulire e iniziare a imbiancare. Arrivai e iniziai a posizionare i vari scatoloni, e mi armai di scopa e paletta. Mentre pulivo un po' in casa, una donna gentilissima, che era evidentemente la mia nuova vicina di casa, mi venne ad accogliere.

“Ciao Cara… Mi chiamo Johannah abito qui accanto” mi sorrise porgendomi la mano.

“Piacere Eleanor” ricambiai il sorriso e le strinsi la mano. La donna insistette poiché io andassi a bere un the a casa sua. Pulire non mi importava più di tanto dato che avrei dovuto imbiancare nei giorni seguenti. Accettai il suo gentile invito ed entrai in casa. Era piuttosto grande, e dedussi avesse delle figlie dato che c’erano barbie sparse per casa.

Mi preparò il the poi sentii dei gridolini di sopra, aveva più di una figlia. Ritornò da me scusandosi più volte, e mentre finivamo il the chiacchierando amabilmente una bimba bionda con due bellissimi occhi

azzurri, imbrattata completamente di blu, scese le scale tenendo stretto un peluche di una giraffa e imbarazzata disse “ Mamma… Puoi venire un attimo?” La madre spalancò gli occhi alla vista della figlia, sbuffò, si scusò(per l’ennesima volta) e seguì la figlia al piano di sopra, intanto io guardavo la casa e come era sistemata per trarre spunto e vedere come regolarmi con la mia nuova, era la prima volta che avevo una casa interamente mia a cui badare e non ero proprio esperta…

Tornò di sotto un quarto d’ora più tardi “Ti prego di scusarmi infinitamente” ripeté la donna.

“Non si preoccupi” sorrisi.

“Oh ma dammi pure del tu, Eleanor” disse sorridente.

“si è fatto tardi, devo ancora iniziare a imbiancare…” spiegai.

“Vuoi dormire qua da noi? Guarda che non è un problema, Lottie ti cederà la stanza”

“No no ma figurati” cercai di replicare “non voglio sfrattare nessuno” ridacchiai.

“Ma non disturbi!! Anzi guarda te le presento subito…” mi disse gentile come sempre “Bambine scendete immediatamente!!!” gridò la donna.

Da sopra si sentì una vocina dire “Non sono stata io!!!!E’ stata Phoebe!”

Risi a quella affermazione, tutte le sorelle si danno la colpa l’una con l’altra. Mi venne un groppo in gola a pensare a me e Kailee, e a pensare che lei mi abbandonò troppo prematuramente. Cercai di non darlo a vedere e sorrisi a ognuna delle quattro bambine che scesero. Tutte bionde con degli occhi favolosamente blu, e io ho un debole per gli occhi chiari.


Stavo spesso a pensare su com’erano i miei veri genitori, pensavo a come saremmo stati se fossimo stati una vera famiglia unita, se mia madre non mi avesse abbandonata e se mio padre non avesse abbandonato lei.

Ero sicura che il mio papà avrebbe avuto gli occhi azzurri come il cielo e la mia mamma gli occhi color cioccolato, io li avevo ereditati da lei, e ero sicura che mia mamma era una gran bella ragazza, così mi piaceva pensare quando ero piccola.
Mi ero praticamente immaginata la mia famiglia naturale. E mi sarebbe un giorno piaciuto averne una.

Adoravo i bambini e mi scioglievo completamente come uno di loro piangeva o sorrideva timidamente, ma c’era un problema: Per fare una famiglia, c’era bisogno anche di un uomo, un marito. E io negli uomini non avevo più alcuna fiducia.

La donna mi presentò tutte le sue figlie “Lei è Charlotte” disse partendo dalla più grande, dedussi fosse la più grande perché era la più alta.

“Piacere chiamami Lottie” disse la ragazza, “intraprendente!” pensai.

Poi presentò l’altra biondina, con un faccino adorabile “Lei è Felicite”

“Piacere, chiamami Fizz” sorrise mostrando un sorriso dolcissimo, quanto i suoi occhi “piacere Eleanor, chiamatemi El” mi presentai a mia volta. Poi mi presentò le piccoline Daisy e Phoebe, due gemelle tenerissime!

“Loro sono Daisy e Phoebe” disse indicando ciascuna gemella. Appresi che quella tutta macchiata di blu, che era scesa prima era la piccola Phoebe. Si era cambiata, la mamma le aveva dovuto fare uno shampoo! “Eleanor si è appena trasferita nella casa di fianco per voi va bene se Eleanor rimane da noi a dormire? Deve ancora imbiancare tutta la casa” affermò la donna guardando le figlie.

“Non si preoccupi il letto c’è” cercai di replicare io.

“Ma dai cara, a noi fa piacere! Se vuoi domani ti diamo una mano a sistemare per imbiancare” propose. Era una donna intraprendente e disponibilissima. Tutte le bimbe esultarono, e le gemelle mi vennero ad abbracciare, avevano preso dalla madre poco ma sicuro. Pensare che le avevo conosciute solo da mezzo minuto!! Erano delle persone stupende, ospitali e gentili. Menomale che avevo dei vicini così, e non quelli antipatici che ti spiano quando pranzi in giardino. Andai a prendere il pigiama che non avevo ancora tolto dalla macchina. Tornai in casa e dopo poco rincasò il marito della donna.

“Papàààà!” gridarono le bimbe correndogli incontro. Assistei alla scena appoggiata allo stipite della porta, erano proprio una bella famiglia… Mi presentarono all’uomo, Mark, si chiamava come il ragazzo che all’orfanotrofio si prendeva cura di me, ma non poteva essere lui, era troppo vecchio per essere il mio Mark: L’unico uomo di cui io mi ero mai fidata oltre al signor Calder. Mangiammo tutti insieme e poi andammo a dormire. Lottie, a differenza di quanto potessi pensare, mi lasciò volentieri la camera.

Mi accoccolai nel lettuccio della ragazzina, notai che sulle pareti della camera c’erano alcuni poster di una boy band.
Ce n’erano parecchi, c’era scritto “One Direction” sapevo chi erano solo perché a Londra vedevo spesso ragazzine impazzite correre con dei cartelloni e urlare a più non posso, ma non avevo mai visto chi fossero ne tantomeno sapevo cosa cantassero.






Ed ecco che fanno la comparsa i nuovi viciniiiii :D chi saranno mai?! :D
Adoro leggere i vostri commenti/ recensioni, quindi più ce ne sono più sono felice :D
Per fortuna la parte più imponente del passato di Eleanor è passata ma aspettatevi sempre dei colpi di scena ;D diciamo che è un po una lagna e mi dispiace che questa storia sia un po più smorta della scorsa D: però spero che riusciate a seguirla fino a quando diventerà un po' più solare e allegra, cioè tra non molto :D
Un grazie di cuore a chi mi ha messo nei preferiti, nelle seguite o/e nelle ricordate! ♥

Un bacio.

~ xx Gio. ♥

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** I Nuovi Vicini. ***


How To Love

Capitolo 5.

I nuovi vicini.

Stavo spesso a pensare su com’erano i miei veri genitori, pensavo a come saremmo stati se fossimo stati una vera famiglia unita, se mia madre non mi avesse abbandonata e se mio padre non avesse abbandonato lei. Ero sicura che il mio papà avrebbe avuto gli occhi azzurri come il cielo e la mia mamma gli occhi color cioccolato, io li avevo ereditati da lei, e ero sicura che mia mamma era una grande gnocca, così mi piaceva pensare quando ero piccola. Mi ero praticamente immaginata la mia famiglia. E mi sarebbe un giorno piaciuto averne una. Adoravo i bambini e mi scioglievo completamente come uno di loro piangeva o sorrideva timidamente, ma c’era un problema. Per fare una famiglia, c’era bisogno anche di un uomo, un marito. E io negli uomini non avevo alcuna fiducia.

La donna mi presentò tutte le sue figlie “Lei è Charlotte” disse partendo dalla più grande, dedussi fosse la più grande perché era la più alta.

“Piacere chiamami Lottie” disse la ragazza, “intraprendente!” pensai.


Poi presentò l’altra biondina, con un faccino adorabile “Lei è Felicite”

“Piacere, chiamami Fizz” sorrise mostrando un sorriso dolcissimo, quanto i suoi occhi “piacere Eleanor, chiamatemi El”

Poi mi presentò le piccoline Daisy e Phoebe, due gemelle tenerissime! “Loro sono Daisy e Phoebe” disse indicando ciascuna gemella. Appresi che quella tutta macchiata di blu, che era scesa prima era la piccola Phoebe. Si era cambiata, la mamma le aveva dovuto fare uno shampoo!

“Eleanor si è appena trasferita nella casa di fianco per voi va bene se Eleanor rimane da noi a dormire? Deve ancora imbiancare tutta la casa” affermò la donna guardando le figlie.

“Non si preoccupi il letto c’è” cercai di replicare io.

“Ma dai cara, a noi fa piacere! Se vuoi domani ti diamo una mano a sistemare per imbiancare” propose.

Tutte le bimbe esultarono, e le gemelle mi vennero ad abbracciare. Pensare che le avevo conosciute solo da mezzo minuto!! Erano delle persone stupende, ospitali e gentili. Menomale che avevo dei vicini così. Andai a prendere il pigiama che non avevo ancora tolto dalla macchina. Tornai in casa e dopo poco rincasò il marito della donna.

“Papàààà!” gridarono le bimbe correndogli incontro.

Assistei alla scena appoggiata allo stipite della porta, erano proprio una bella famiglia…

Mi presentarono all’uomo, Mark, si chiamava come il ragazzo che all’orfanotrofio si prendeva cura di me, ma non poteva essere lui, era troppo vecchio per essere il mio Mark. L’unico uomo di cui io mi ero mai fidata oltre al signor Calder. Mangiammo tutti insieme e poi andammo a dormire. Lottie, a differenza di quanto potessi pensare, mi lasciò volentieri la camera. Mi accoccolai nel lettuccio della ragazzina, notai che sulle pareti della camera c’erano alcuni poster di una boy band. Ce n’erano parecchi, c’era scritto “One Direction” sapevo chi erano solo perché a Londra vedevo spesso ragazzine impazzite correre con dei cartelloni e urlare a più non posso, ma non avevo mai visto chi fossero ne tantomeno sapevo cosa cantassero.

La mattina mi svegliai, sarei voluta andare in bagno ma notai una leggera coda davanti alla porta e quindi scesi le scale per andare in cucina.

“Buongiorno El!” mi salutarono calorosamente i due coniugi mentre preparavano una colazione tipica, avevo quasi dimenticato che era sabato.

“Buongiorno Johannah, buongiorno Mark” risposi sorridente.

“Oggi arriva mio figlio con un suo amico” affermò entusiasta Johannah.

“Oh che bello, torna a casa per le vacanze?” domandai.

"Si.. Rimarrà qui fino al 5 di gennaio" rispose entusiasta.

Il marito guardò la moglie di sottecchi. Si vedeva che era orgogliosa di suo figlio, non so per cosa ma lei ne andava fiera.



Dopo una buona mezz’ora tornai in casa, finii di pulire quello che era rimasto e iniziai a coprire con dei teli, poi preparai i secchi di colore e i pennelli. Suonarono al campanello. Andai ad aprire e trovai le quattro bimbe con tanto di salopette, già utilizzate a quanto vedevo, e pennelli, pronte per darmi una mano.

“Spero ti possano aiutare” mi disse la madre “io devo preparare la casa per quegli altri due che arrivano oggi, se fanno guai dimmelo!” poi mi salutò. Mi ritrovai con quattro bambine impazienti di immergere il pennello nel secchio di colore. Non era il massimo con tutti i mobili d’epoca che c’erano in quella casa. Si prospettava una mattinata… interessante.



Per fortuna una buona parte del lavoro l’avevo già fatta. Le ordinai in fila indiana e una ad una immergevano il pennello nel colore, poi una iniziava a fare in alto e le altre la seguivano facendo le parti sotto della parete. Le feci vedere due volte come si pitturava, anche se nemmeno io ero molto professionale, e dopodiché ci dividemmo.

“Phoebe e Daisy pucciate i pennelli e passateli a Lottie e Fizz. Fizz, Lottie voi fate i profili delle porte”

In due ore demmo la prima mano nel corridoio e atrio e in salotto, nell'ora e mezza successiva invece demmo la seconda mano nelle stanze già fatte e terminammo camera mia. Non avrei mai pensato che fossero delle bambine così efficienti!! Le piccole erano le più pestifere, una di loro si appoggiò al muro e il risultato fu una schiena e il didietro completamente imbrattati di lilla. Sentii Lottie correre dietro alle piccole che volevano rendersi utili.

“Phoebe non toccare!!!” esclamò. “Phoebe metti giù quella forbice!” disse venti secondi più tardi.

“Ma volevo fare zac zac” rispose la bimba innocente. Ridevo sotto i baffi, ma allo stesso tempo ero preoccupata di quello che avrebbero potuto fare al corridoio di casa mia. L’unica cosa ‘spiacevole’ fu che le gemelle, trovati i secchi con dentro il colore rosso e verde, rispettivamente per camera mia e il salotto, decisero di fare un piccolo disegno sulla parete del corridoio. Ma non era così male dai, mi sarebbe rimasto un ricordo dell’aiuto che mi hanno dato!
A mezzogiorno e mezzo la madre venne a chiamarci tutte quante.


“Eleanor pranza con noi dai” mi esortò. Mi sarebbe piaciuto ma avevo ancora molto da fare quindi non potevo permettermi un pranzo in famiglia.

“Grazie Johannah ma penso che mangerò qualcosa veloce e ritornerò al lavoro” risposi.

Le piccole esultarono “veniamo a darti una mano anche noi!!” mentre vedevo sia Charlotte che Felicite molto stanche.

“Siete gentilissime vi ringrazio molto ma avete già fatto anche troppo, ora tocca un po' a me, sistemo la casa e poi una sera di queste venite da me a cena!” proposi.
Phoebe e Daisy rimasero un po' deluse ma poi quando le salutai con un abbraccio affettuoso, mi salutarono tutt’e due con un bacio sulla guancia. Che tenere! Felicite fece lo stesso e corse dietro alle sorelle e alla mamma, che grazie al cielo non insistette più di tanto. Charlotte invece guardava scrupolosamente la stanza.

“Grazie Lottie, senza il tuo aiuto non ce l’avrei mai fatta!” la ringraziai.

“Di niente” mi sorrise lei.

“Scusa se vi ho fatto lavorare questa mattina, avresti preferito passare la domenica in un altro modo immagino…” affermai.

“No tranquilla non avevo programmato niente, oggi doveva tornare mio fratello con Harry” disse arrossendo.
Mi sa tanto che quell’Harry le interessava in una qualche maniera… Ma d’altronde la sua età è bella per quello. Io non l’ho potuta godere appieno e mi manca molto. Tutte se ne erano andate e ora arrivava la parte più difficile. Pulire. Tolsi i vari teli in salotto e iniziai a pulire tutte le macchie di colore che c’erano sul pavimento, sugli zoccoli, sugli stipiti delle porte eccetera… Buttai tutta la roba in una stanzina che anche quando c’era il signor Calder usavamo da sgabuzzino. Riposizionai i teli in quella che sarebbe diventata la mia futura cucina, e iniziai a spennellare in giro. Prima i profili con precisione, e poi con il rullo su tutto il resto della parete e qualche pennellata sui punti dove c’erano le macchie più recidive. Non so quanto tempo fosse passato ma avevo fatto un’intera stanza da sola! Tolsi i teli e passai l’aspirapolvere (vecchissima, era ancora quella che i signori Calder tenevano nello sgabuzzino) e poi diedi una lavata per togliere le gocce maligne di colore dal pavimento. Iniziai a spennellare di bianco, senza coprire niente, nel bagno. Avrebbero tolto i sanitari vecchi a breve e quindi non mi preoccupavo di sporcare.
Quella stessa mattina arrivarono i camion con i mobili nuovi. Avrebbero montato tutto loro quindi lasciai la casa libera da ogni mio oggetto. In quello stesso istante arrivarono anche i muratori che avrebbero sistemato il controsoffitto del salotto e poi chiuso una porta al piano di sopra. C'era veramente troppa gente in quella casa, così andai in macchina e chiamai Carol.


“Eleanor! Cara come sta andando il trasloco?!” mi chiese entusiasta non appena rispose al telefono.

“Bene bene…” risposi “anche se è piuttosto faticoso” risi, e la sentii ridere di gusto anche lei dall’altro capo.

“Ti serve una mano lì?” chiese.

“Nono, ho lasciato i mobilieri a montare e i muratori a sistemare tutto il resto… Penso che tra qualche giorno avrò finito”

“Me è magnifico!” esultò lei.

“Si!” la seguii io “Ora vado a vedere cosa combinano perchè a stare fuori si gela” risi, la salutai e riattaccai. 

Entrai in casa e vidi una decina di uomini scaricare e montare tutti i mobili, iniziarono dalla mia camera così avrei potuto dormire comodamente. Nel frattempo cercai di rendermi utile. Aiutai per tutto il pomeriggio i mobilieri e per le cinque ebbero finito di montare la camera e il salotto, così potei portare dentro tutti i miei vestiti e tutti i soprammobili. Pulii di nuovo, perché era tutto sporco, e poi mi lanciai a peso morto sul divanetto rosso. “Che faticata!” pensai.
Ero esausta, però volevo fare un ultima cosa. Volevo appendere il quadro. Lo andai a tirare fuori dalla macchina, incredibile quanta roba ci possa stare in un macchinino del genere, e notai un po' di trambusto nella casa affianco, quella di Johannah. Vidi un ricciolino, che si guardava intorno, mentre un altro moro con i capelli lisci che si stava ammazzando nel portare uno scatolone. Il riccio mi notò e rimase imbambolato a fissarmi, e mi salutò con una mano.
Lo guardai perplessa mentre l’altro amico sbraitava “Harry dammi una mano!! Cosa fai lì imbambolato?!!?”
Harry era l’amico del figlio di Johannah, se mi ricordo bene… Si vede che gli ospiti erano arrivati a casa di Johannah. Ripresi a fare quello che stavo facendo. Entrai in casa, stavo per piantare il chiodo, ma non sapendo come muovermi era meglio che aspettassi qualcuno di più esperto. Nel frattempo notai una macchia, non ben coperta dal colore. Andai nello sgabuzzino a riprendere il secchio di colore e lo trascinai giù fino ad arrivare in salotto. Presi uno sgabellino e pucciai il pennello. Maledizione non ci arrivavo!


Mi misi in punta di piedi, spennellai con tanta fatica. All’improvviso però sentii dei rumori, mi voltai per vedere chi fosse ma persi l’equilibrio. Stavo per cadere rovinosamente a terra quando due braccia forti mi afferrarono da dietro.





TA DAAAAAAAAA chi sarà mai? :D
eheh io un'idea ce l'avreiiii xD
beh se vi vadi recensire fatelo che mi fa moooooooolto contenta :D scusate la mia prolungata assenza, scusatemi veramente tanto .__. spero di essermi fatta perdonare con un 'acceleramento' della storia (eh si xk questo capitolo non doveva essere così l'ungo' ma.. è venuto fuori tutti da solo :D)
grazie infinite a chi recensisce e commenta, senza di voi non fare nulla ♥
Al prossimo capitolo!!!!!
un baciooo ♥

~ xx Gio. ♥

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Fine Dei Lavori. ***


How To Love
Capitolo 6.
Fine dei Lavori.

Mi appoggiai alle due forti spalle, di quello sconosciuto giusto in tempo per non volare via e mi trovai davanti a due occhi che si potevano paragonare a un mare che si estendeva fino al lontano orizzonte, due occhi azzurri profondi come l'oceano. Penso di essermi imbambolata per un tempo interminabile ma allo stesso tempo lampante. Mi ripresi subito e mi staccai, allontanandomi dallo sconosciuto con gli occhi celesti.

“Chi sei?” lo guardai da capo a piedi, sembrava quello del poster di Lottie. Poi con la coda dell’occhio vidi le gemelle che mi guardavano preoccupate, Phoebe mi corse incontro.

“Stai bene?” mi chiese.

“Si tranquilla non mi sono fatta niente” le sorrisi.

“Menomale” rispose lei con un sorrisetto dolcissimo.

“Ma da dove siete entrate?” chiesi.

“Dalla porta sul retro” rispose Daisy “ce l’hai detto tu” disse mettendo le mani in alto.

Risi per la tenerezza di quelle bambine magnifiche, ma c’era ancora un tizio sconosciuto in casa mia. Un maschio per giunta.

“Mi vuoi dire chi sei?” chiesi di nuovo, mentre l’essere mi guardava quasi sbigottito.

“S-sono Louis, Louis Tomlison. Il fratello di … Loro” disse indicando le gemelle.

“Ah sei Louis il figlio di Johannah!” esclamai sorpresa “piacere Eleanor, ma chiamami El” dissi stringendogli la mano. Il fatto che era parte di
quella famiglia felice già mi rassicurava molto.

“Tu chiamami pure Lou” sorrise, e che sorriso, “Le mie sorelle e mia mamma erano in pensiero per te, hanno detto che non hai toccato cibo da stamattina… Le gemelle volevano venirti a chiamare ma mia madre da sole non le lasciava venire…” spiegò.

“Oh… no grazie non preoccuparti sto bene” risposi, in realtà avevo qualche giramento di testa ma avrei fatto preoccupare le piccole quindi non dissi niente.

“Ti sei trasferita qua da poco eh?” chiese. Astuto il ragazzo… -.-

“Cosa te lo fa capire?” chiesi nascondendo il sarcasmo dietro a un accenno di risata.

“Se hai bisogno di una mano ci siamo io e Harry, l’amico imbambolito che hai visto prima” rise “staremo qui fino alla fine delle vacanze di Natale” chiarì.

“No beh, le tue sorelle mi hanno aiutato molto oggi, abbiamo pitturato tutto noi qua” sorrisi soddisfatta accarezzando la testa a Phoebe che era ancora appiccicata a me.

“Questo camino c’era già..?” chiese riferendosi al caminetto in marmo rosa.

“Si… L’ho solo pulito un po'…” risposi.

“Da quando siamo venuti ad abitare qui non ho mai visto nessuno… Questa casa era abitata perché sentivo le urla di una bambina ma non ho mai conosciuto chi ci abitava”  affermò.
Risi malinconicamente (?) stavo per dirgli che quella bambina ero io ma venni preceduta da Daisy che fremeva “Lou andiamo a mangiare? Dai El vieni anche tu!” insistette.

“No grazie Daisy ma ho già mangiato da voi, sarà per la prossima volta” le sorrisi.

“Uffi…” sbuffò l’altra. Poi sotto esortazione di Louis finalmente tornarono in casa, erano tenere però insistevano tanto!

Chiusi tutte le porte, e andai a coricarmi sul letto di camera mia, l’unica stanza già terminata. Il riscaldamento ancora non c’era ed era Dicembre. Stavo letteralmente gelando, mi coprii con tre strati di coperte e mi misi addosso un plaid. Dormii come mai prima d’ora. Stavo ancora sonnecchiando quando sentii il campanello suonare più e più volte. Scesi per vedere chi fosse. Scostai la tenda della porta d'ingresso e vidi Louis con in mano un contenitore fumante. Aprii la porta e lo invitai ad entrare.

“Mia madre ha insistito, oramai dovresti sapere che non accetta i no come risposta” ridacchiò il ragazzo.

“Ma non doveva!” esclamai. Il moro mi porse la scatola e dentro trovai una porzione di pasta col sugo. Adesso ero molto più in debito con Johannah. Odiavo essere in debito con le persone. Portai il contenitore nella cucina che non era ancora pronta, mancava il gas e la corrente. Domani avrebbero attaccato tutto. Louis rabbrividì “Ma non c’è il riscaldamento qua” osservò.

“No lo attaccheranno domani” risposi mentre assaggiavo un po' di pasta.

“Vieni da noi dai” mi esortò.

“Anche tu ti ci metti” dissi guardandolo non male, malissimo. Gira e rigira, alla fine passai un’altra notte nel letto di Lottie. Guardai di nuovo i poster. Quei due tizi erano i cantanti del poster!!! “Che figura” pensai... ma la stanchezza ebbe la meglio e mi addormentai di nuovo profondamente.


Casa Tomlison: 

Casa Calder:  

Alle nove in punto di mattina mi svegliai, e di nuovo quei 5 tizi del poster erano li a fissarmi, ora con la luce che passava dalle fessure della persiana vedevo meglio. Si erano proprio loro, ma avrei fatto finta di niente anche perché non li conoscevo.

Evitai prontamente il bagno e scesi in cucina. Salutai entrambi e poi pian piano salutai sia Lottie che Fizz, che si erano svegliate 'presto'.

“Johannah devo fare qualcosa per aiutarti?” chiesi non appena ebbi finito di divorare i muffin al cioccolato.

“Non ti preoccupare cara, fai pure quello che devi” mi sorrise. Provai a insistere ancora un po', mi dispiaceva stare lì a scroccare, ma mi spedì di sopra a cambiarmi. Era domenica e quindi le bambine dormivano profondamente fino alle 10, e non solo le bambine…

Mentre salivo le scale per raggiungere la camera, vidi la porta del bagno aperta, affrettai il passo per entrarci ma dalla stanza affianco sbucò Louis che si precipitò nel bagno prima di me.

“Nooo!” mi lamentai “Per piacere Louis!! Aprimiiiiii”

“Nooo gnè gnè gnè gnè” mi canzonò lui da dentro la stanza.

“Cretino” sbuffai mettendomi ad aspettare di fianco alla porta. Lui si affacciò.

“Guarda che ti ho sentito come mi hai chiamato..” disse con fare superiore.

“E se vuoi te lo ripeto anche..” risposi acida. Poi mi lasciò libero il bagno e finalmente potei lavarmi la faccia e i denti come una persona normale. Poi andai in camera, mi cambiai e uscii di casa ringraziando infinitamente tutti quanti.

I mobilieri e i muratori erano già arrivati, volevano fare presto. Mammamia, mai vista tanta voglia di lavorare... Pensai che fosse perchè era dicembre ed eravamo vicini a Natale quindi avrebbero preferito stare a casa con la loro famiglia. Corsi ad aprire e diedi una mano a sistemare, montare e pulire. Nel frattempo arrivò sia la corrente che il gas. Finalmente si poteva stare dentro quella casa senza morire assiderati. Continuavamo a fare avanti e indietro qiundi non accesi il riscaldamento. Provai ad accendere il camino, ma senza successo, mi chiesi quanto sarebbe potuto rimanere acceso dato che non avevo nemmeno la legna. Così chiusi le altre porte delle stanze già pronte e aiutai i mobilieri nel fare dentro e fuori. Quando diedi l’ultima pulita all’ultima stanza mi brillarono gli occhi dalla gioia. Era finalmente pronto, non tutto ma quasi e quello era l’importante. Per di più quei 20 omaccioni c'avevano impiegato veramente poco, erano dei lavoratori veramente lodevoli.

La casa era così strutturata: La zona giorno (salotto cucina e sala da pranzo, compresa nella cucina) nella parte in basso della casa, mentre le camere, lo studio, e il bagno di sopra.

Un mobiliere mi avvicinò chiedendomi se dovevano portare via anche i mobili di una stanza al piano di sopra, capii a quale si riferivano.

“No!” esclamai in preda alla preoccupazione. Non volevo che toccassero nulla dello studio del signor Calder, era tutto uguale a quando stavo lì dentro con lui a giocare a carte. Era un ricordo, e doveva rimanere inalterato.

Rimaneva solo da spostare il pianoforte dalla stanza di fianco alla mia al salotto giù. E anche quella fu una bella impresa, se fosse stato per me il pianoforte sarebbe volato giù alla prima occasione. Invece con attenzione e pazienza gli uomini portarono al piano di sotto il pianoforte. Lo dovettero smontare in parte e poi lo rimontarono nel salotto. Ora si che era a posto.  

La stanza affianco alla mia era quella che il signor Calder aveva adibito come stanza musica, mi aveva insegnato un sacco di cose lì dentro e ora era spoglia, era diventata il mio armadio. Tolsero la porta e chiusero il muro. Ora era completa.

(immaginatela senza i grattacieli di sfondo xD)

Il bagno che avevo spennellato finalmente era stato messo a posto, ora c’era l’acqua e tutto il resto ed era totalmente utilizzabile, diedi una pulita ai sanitari, nuovi di pacca, e poi sistemai i miei trucchi e le varie cose nei vari contenitori che avevo sistemato.
Mi piaceva, era venuto proprio bene 

Erano praticamente le 4, l’unica pausa che avevamo fatto era per mangiare una fetta di pizza, io e tutti quegli uomini, ero un po' in soggezione ma cercai di non darlo a vedere, così decisi di rilassarmi un po' sul mio computer. Anche se non avevo finito di sistemare tutti i soprammobili un po' di riposo me lo meritavo. Intanto i lavoratori stavano attaccando le ultime cose, come il frigorifero, forno, televisione e altri elettrodomestici. Scesi in cucina non appena ebber finito e rimasi sbalordita, avevano sistemato proprio tutto!! 

Ero veramente orgogliosa del lavoro che avevamo fatto. Soprattutto nel tempo in cui l’avevamo fatto. Avevano, anzi, avevamo lavorato veramente tanto. Molto fortunatamente non dovetti sborsare nemmeno un soldo, perché i mobili di antiquariato che c’erano prima in casa e l'acconto esorbitante che aveva pagato Carol bastarono per pagare tutto il lavoro dei mobilieri e i muratori, mentre i mobili li avevamo già anticipatamente pagati. Grazie al cielo avevo Carol che sapeva come muoversi in quelle situazioni, senza di lei non ce l’avrei mai fatta.

 

 

 

Non so voi ma io mi trasferirei immediatamente a vivere da Eleanor XD adoro tutte quelle stanzeeee *w* la camera da letto è WOOW e poi il soggiorno non parliamone, come l'ho visto mi sono innamorata. Poi con quel pianoforte bianco a coda... ommioddiooo semplicemente perfetto! basta mi trasferisco U_U poi insomma anche i vicini non sono male eh ^^

Spero che vi piaccia anche questo capitolo. A me sembra un po banale sta cosa della casa, c'è... non penso che qualcuno... sia stato capace di finire il trasloco in così poco tempo, e poi in una casa così grande... c'è boh mi sembra forse un po banale.. è vero che c'erano tipo 15 lavoratori che facevano per lei però boh... A voi sembra banale? ç__ç ditemelo, apprezzerei la vostra sincerità. E' anche vero che è da ipocriti chiedere se secondo voi è banale finire un trasloco in due giorni, subito dopo che ho postato il capitolo .__. aaaaaaaa sto uscendo di testa .__. vabbè fatemi sapere :D

So che è noioso dover stare a leggere tutte le descrizioni e riuscire a capirle, o almeno, per me è così, quindi ho preferito mettervi le immagini così era più semplice :3 e poi........... cosa ne pensate?! :D Cosa succederà con Louis e Harry? :D recensiteeee :) un bacioneeeee ♥
~ xx Gio ♥

Dato che sono suonata come una campana ho sbagliato e ho postato prima l'altro capitolo .__. rigrazio infinitamente Lovely_Ghost x avermi fatto notare la sconnessione (?) tra i due capitoli. Scusatemiiiii ç__ç adesso su efp li ho sistemati ma chido ancora scusa.

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Una Bella Famiglia Felice. ***


How To Love
Capitolo 7.
Una bella famiglia felice.
 
Casa mia era pronta. Pronta nel vero senso della parola. Avevo sistemato tutto. I muratori erano stati gentilissimi e mi avevano anche aiutato a piantare i chiodi per i quadri. Ora li stavo spacchettando e li stavo mettendo su, soddisfatta del mio/nostro duro lavoro. Stavo appendendo il quadro nell'ingresso che ritraeva un pianista suonante il suo pianoforte a coda bianco, proprio come quello che avevo nel salotto. Era uno spettacolo. Lo adagiai sul chiodo, spostandolo prima lievemente a destra e poi lievemente a sinistra, mi allontanai per vedere che fosse dritto. Storsi il capo verso sinistra, ma prima che potessi parlare esprimendo il mio disappunto, qualcun'altro mi precedette.

"E' un po' storto El..." disse una voce alle mie spalle. Mi voltai seccata.

"E tu da dove diavolo sei entrato?"

"Dalla portafinestra del soggiorno" rispose sorridente.

"Chi ti ha dato il permesso di entrare a casa mia senza bussare!!" sbottai.

"Scusaaaa!" lagnò il ragazzo, poi imboccò la porta di ingresso e la richiuse dietro se'. Dopo mezzo secondo suonò il campanello.

"Ma mi prendi in giro?" risposi con il sopracciglio alzato mentre gli aprivo la porta. Louis mi sorpassò chiedendo permesso.

"Nessuno ti ha detto avanti" replicai sarcastica.

"E ma la fai ben difficile!" esclamò lui.

"Io SONO difficile" ghigniai, ripresi il quadro e lo scostai un po più a destra.

"Ora è dritto" affermò il sapientone.

"Devi smetterla di entrare in casa mia senza permesso..." sussurrai.

"Ti sento...." ribattè lui.

"LO SO CHE MI SENTI!!!!" esclamai.

"Ehm... ragazza, una camomilla non ti farebbe male sai?" disse lui sorridendo alla colica.

Sbuffai, "Cosa c'è?" chiesi.

"No volevo solo sapere se hai da fare oggi..." mormorò quasi supplicante.

"Certo che ho da fare…" ribattei "Ho appena fatto un trasloco!"

"Sempre gentile..." mormorò ancora "Non hai mangiato niente oggi, ti va se ti porto a mangiare la pizza con i miei?"

"Grazie sei gentile" mi addolcii leggermente "ma ho già mangiato la pizza oggi a mezzogiorno..."

"Allora il pesce...?" domandò nuovamente il ragazzo.

"Non posso spendere molti soldi, Louis, ti ringrazio ma-"

"Te la offro io!" mi interruppe lui.

"Non posso accettare" replicai.

"Non accetto i no come risposta" sentenziò lui di rimando.

"Certo certo..." lo liquidai io.

"Alle sette e mezza fatti trovare pronta!" esultò.

"Altrimenti?" lo provocai.

"Altrimenti le piccole ci rimarranno male, sia Phoebe che Daisy si rifiutano di venire se non ci sei anche tu" sorrise beffardo.

Mi dispiaceva fare un torto alle piccole, quindi mi arresi e accettai l'invito.
Salii in camera a prepararmi, indossai una semplice maglia larga, dei pantaloni lunghi neri e delle ballerine, non volevo essere troppo informale ma neanche troppo elegante, presi la borsetta nera e mi strinsi nel mio giubbotto di pelle imbottito. 

 
 

Puntuale come un orologio svizzero Louis, accompagnato da Phoebe, suonò a casa mia. Aprii e la piccola mi saltò letteralmente addosso.

"Usiamo la nostra macchina" mi sorrise cordiale Louis. Non appena guardai oltre vidi un grande Suv nero e sbarrai gli occhi.


"Tranquilla ci stai anche tu" mi 'rassicurò' Louis.

Mano nella mano con Phoebe arrivai alla macchina e Louis da vero gentiluomo ci aprii la portiera per farci salire. Una volta entrate trovai anche il ricciolino di oggi pomeriggio. Il Suv era veramente gigantesco. Aveva otto posti dietro e due davanti, il dietro sembrava più un grande salotto, era impressionante. Ci stavamo tutti sul serio. Mi accomodai salutando i coniugi Tomlinson che erano seduti davanti e le gemelle si sedettero ai miei lati. Di fronte avevo Louis vicino a Lottie e Harry, mentre Fizz stava nel mezzo tra Lottie e Daisy.
Mentre raggiungevamo il ristorante Louis fece le presentazioni. Conobbi il ricciolino del quale già avevo intuito il nome: Harry, Harry Styles.
Ero certa che fossero i tizi del poster di Lottie...

Arrivammo al ristorante, i camerieri ci fecero accomodare e ci sedemmo a tavola. Avevo sempre davanti Harry e Louis mentre ai lati le indimenticabili Phoebe e Daisy, mi stavano attaccate più che la colla. Erano quasi asfissianti
. Vidi Lottie sedersi vicino a Harry, arrossì visibilmente ma il riccio non se ne accorse, troppo intento a smanettare col cellulare. Tutti ridevano e scherzavano, anche io nonostante la mia testa fosse da tutt'altra parte, guardai Louis che mi sorrideva soddisfatto. Tale madre tale figlio...
Harry era simpatico, anche se aveva l'aria di un Don Giovanni, ma mi trovavo bene comunque con tutta quella grande famiglia allargata... La serata passò velocemente e per miracolo non mi addormentai nel piatto. Ero esausta.
Nel viaggio di ritorno, seppur breve, riuscii incomprensibilmente ad addormentarmi.
Mi risvegliai tra le braccia di Louis quando aprì la portiera e una vampata di vento gelido mi fece sobbalzare. Lo guardai sbigottita.

"Che stai facendo!?" dissi riprendendo 'conoscenza di me stessa'.


"Stavi dormendo così beatamente che avevamo deciso di non svegliarti e portarti in casa in braccio" cercò di giustificarsi.
Guardai gli altri all'interno della macchina e tutti acconsentirono con Louis.
Sospirai rassegnata "Grazie ma faccio da sola" cercai di rispondere il più gentilmente possibile, mi divincolai dalla sua presa e riportai i miei piedi a contatto con l’asfalto. "Grazie a tutti ragazzi!" Salutai tutti gli altri componenti della famiglia ed entrai in casa, non mi cambiai neanche. Mi gettai sul letto e il sonno ebbe il sopravvento su di me.
 
 
To Be Continued ...
 
 
 
 
Allora che ne pensate? :3 vi avviso che la situazione si smuoverà solo grazie al nostro inimitabile Boo Bear (♥) e magari con qualche aiuto da parte delle sorelline Tomlinson che come avrete già capito sono degli elementi tutti a se' xD
Io le trovo tenerissimeee *-*
Beh dicevo U_U ... So che è corto come capitolo ma spero vi piaccia comunque, fate mi sapere cosa ne pensate :) ci ho messo tanto amore per scriverlo :3 ♥
Grazie a tutte quelle che mi seguono che recensiscono ogni capitolo, che mi hanno messo nelle preferite o nelle ricordate.
Grazie Grazie Grazie ♥
Senza voi che recensite non so come farei, e grazie anke a chi mi segue ma in silenzio :) capisco che non si ha sempre il tempo di recensire o a volte anche di leggere quindi per chi ha letto tutto fino in fondo e mi ha dedicato qualche minuto in più del dovuto un
grazie di cuore ♥.
~ xx Gio. ♥

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** Casa Dolce Casa. ***


Casa Dolce Casa.

Un flebile bagliore entrante dalla finestra mi pizzicò le palpebre costringendomi involontariamente ad aprirle. Guardai l'ora sulla sveglia: le 9 e 10. Era relativamente presto quindi decisi semplicemente di cambiarmi. Adottai un look più "casalingo" e scesi a preparami la colazione. Sorseggiavo il mio caffè intenta a guardare attraverso la finestra del salotto pensando a come sistemare il giardino quando uno scampanellare selvaggio mi fece sobbalzare e rovesciare qualche goccia della bevanda sul mio maglione. Andai ad aprire, chiedendomi chi diavolo potesse essere alla mattina così presto e la mia risposta non tardò ad arrivare; Da dietro la porta sentii esclamare "Ehi El!!! sono Louis! Aprimi!"

"Cosa diavolo ci fai davanti a casa mia?! Ancora...!!”


“Volevo portarti a fare un giro per Doncaster, farti vedere un po' cosa c’è qui, così magari ti orienterai un po' meglio” sorrise cordiale, non affatto disturbato dal mio tono secco e a questo punto direi quasi maleducato. D’altronde non mi aveva fatto niente, ero io che provavo una profonda avversione per gli uomini. Lui era un uomo ed ero spinta a trattarlo come conseguenza del comportamento di quelli nei miei confronti. Lui però non ne aveva alcuna colpa, dovevo ammetterlo, e dovevo concedergli un briciolo di fiducia, per vedere se sarebbe stata malriposta o invece sarebbe stata in un sicuro rifugio. Pensai a come lo avevo trattato finora, e provai un profondo senso di colpa. Dovevo almeno dargli una piccola possibilità.

“Ah… Va bene” acconsentii, ancora non troppo convinta. Eravamo ancora sull’uscio e il freddo mi stava graffiando il viso, così lo feci accomodare.

“Mi cambio e arrivo” corsi in camera per poi indossare dei semplici pantaloni neri, un pile grigio confortevole e caldo, mentre sopra il mio inseparabile giubbotto in pelle. Scesi e trovai Louis intento a guardarsi bene intorno, come se stesse cercando qualcosa.

“Ci sono” affermai facendo capolino dal corridoio.

“Oh bene” esclamò sorpreso, estrasse le chiavi dell’auto dalla tasca e le fece dondolare per il portachiavi, per poi afferrarle saldamente in un pugno. “andiamo con la mia” spiegò, come se non fosse stato ovvio. Quando entrammo in macchina faceva freddino, passai le mani sulle rispettive braccia.

“Hai freddo?” mi chiese Louis con un espressione quasi inquieta.

No, siamo al 25 di dicembre la tua macchina non ha acceso il riscaldamento e per poco non nevica, come posso avere freddo! Non vedi che sto per mettermi in bikini!?!” pensai.

“No, non ti preoccupare è che siamo a dicembre sai…” risposi con un mezzo sorrisetto, non riuscivo a trattenermi e stavo per rispondere proprio come la vocina nella mia testa, scorbutica e impertinente, mi aveva suggerito. Il ragazzo mi rivolse un espressione quasi imbarazzata, capendo quanto era banale la domanda che aveva appena posto. Mise in moto e piano piano il tepore del riscaldamento riempì la vettura, così tanto che mi fece ritornare la sonnolenza del primo mattino. Mi appoggiai completamente allo schienale, comodo come la poltrona di casa mia, e mi lasciai cadere sul poggiatesta, voltandomi verso il finestrino.
Con i nostri respiri e la temperatura più alta che quella ambiente, il finestrino non ci impiegò molto per appannarsi e riflettere la mia immagine sfocata, passai la mano sul vetro umido e potei di nuovo osservare lo spettacolo fuori. Stavamo percorrendo Doncaster e Louis mi stava spiegando ogni dettaglio di ogni luogo, ma ascoltai solo alcune cose. Vidi che vicino a casa mia c’era il supermercato, e poco più là c’erano dei pub, mi disse che in fondo alla strada del supermercato c’era anche una discoteca, ma non mi interessava più di tanto. Non frequentavo quei posti, non dopo aver visto cosa avevano prodotto sui ‘miei cari’. Ascoltavo passivamente le spiegazioni del ragazzo quando svoltò in una strada che mi sembrava familiare, e pronunciò una parola che mi scombussolò completamente.

“…Qui c’è l’orfanotrofio di Doncaster-” Stava spiegando ma lo interruppi bruscamente.

“Dove?!?!” ma forse nella mia voce si notò una netta alterazione, che fece cambiare espressione al ragazzo, assumendone una preoccupata e inquieta. Quei suoi occhi azzurri mi scrutavano, cercando di capire cosa stavo pensando, mi dava fastidio. Non ero una persona facile da decifrare, ero complicata e lo sapevo, nessuna persona ‘comune’ poteva capirmi: ecco cosa pensavo. Nessuno poteva immaginarsi cosa c’era dietro a quella ragazza che dall’esterno sembrava così sicura e decisa, nessuno immaginava cosa avesse subito quella ragazza prima di diventare quella che si presentava ai loro occhi. Nemmeno Louis, anche se stava tentando in ogni modo di capirlo.

“C-cioè.. volevo vedere dov’è… mi piacerebbe entrarci… devo fare una cosa…” accennai.

“Vuoi adottare un bambino?” mi chiese sbigottito.

“No…” risposi perplessa “Voglio solo entrare” lo liquidai. Scesi dall’auto e mi diressi all’entrata, il ragazzo mi seguì ed entrammo in quel luogo che aveva un valore inestimabile. Vidi i bambini correre, sia nell’atrio sia nella piccola stanza-soggiorno. Mi ricordo quando a Natale stavamo tutti alla finestra a guardare i fiocchi di neve scendere incessantemente, ci consideravamo una famiglia e a Natale ci ripetevamo a vicenda che nessuno ci avrebbe divisi perché i legami della famiglia vanno oltre ogni distanza. C’era un pizzico di malinconia nell’aria che respirai in quel momento, tutto riaffiorava nella mia mente, tutte quelle sensazioni così innocenti… Guardai bene intorno a me, era tutto uguale. O quasi. Riconobbi Sarah, leggermente sciupata dall’età ma ancora sveglia e piena di vita grazie ai bambini pimpanti che le saltellavano intorno. Non appena la vidi mi si illuminarono gli occhi.

“Sarah!” esclamai. La donna si voltò e mi corse incontro proprio come feci io. La abbracciai energicamente, per risentire il profumo di quella che io chiamavo casa. Aveva ancora lo stesso profumo, lo stesso caldo e amorevole tatto che aveva 19 anni fa.
Ogni profumo e ogni cosa era vivida nella mia mente, mancava solo una cosa.

“Eleanor! Dio mio quanto sei cresciuta, che bella donna che sei diventata!” si complimentò lei.

“Sarah tu non sei cambiata per niente, sempre operosa come tanto tempo fa” sorrisi e la riabbracciai “Ma… Dov’è Sandra?” chiesi cautamente, ancora guardandomi intorno per sperare di incontrare i suoi occhi smeraldo dietro alla spessa lente dei suoi inseparabili occhiali.

“Beh vedi… E’ andata in un posto migliore” mi disse semplicemente.

“N-no…” sospirai implorante.

“E’ stato meglio per lei… non ha sofferto… Era semplicemente la sua ora…” ribadì.

Sentii gli occhi farsi umidi, la vista sfocarsi, il naso pizzicare tremendamente. Louis che ancora si guardava in giro confuso mi notò, e premurosamente arrivò accarezzandomi le spalle. Cercava il mio sguardo ma non gli permisi di vedere i miei occhi bagnarsi di lacrime amare per l’ennesima tragedia che mi aveva colpito. Era come se una delle mie mamme, mi avesse lasciato, ancora. “Non c’è mai fine alla solitudine” dissi tra me e me. Non poteva andare sempre tutto così male a me. Ma non c’è limite al peggio. In quel momento ogni mia difesa venne meno, semplicemente mi arresi. Mi arresi, avrei accettato ciò che questa miserabile vita aveva ancora da dare a una sciagurata come me.
Sentivo solo la presa forte di Louis tenermi per non lasciarmi cadere a terra, le mie ginocchia si erano fatte molli e le mie gambe instabili. Asciugai le ultime lacrime, per poi alzare la testa e guardare negli occhi Sarah per farle capire che ero una ragazza forte, la ragazza forte che loro avevano cresciuto.


What doesn't kill you makes a fighter
Footsteps even lighter
Doesn't mean I'm over cause you're gone
What doesn't kill you makes you stronger, stronger
Just me, myself and I…



“El, Tutto bene?” la voce di Louis mi riportò alla realtà, alla realtà che stavo vivendo in quel momento, lasciai il passato alle spalle. Stavolta sarebbe dovuto essere per sempre.

“S-si..” annuii, poggiando la mia mano sulla sua ancora appoggiata alla mia spalla. Mi voltai verso di lui per fargli capire che stavo bene, ma me lo ritrovai troppo vicino. Troppo. Sentivo il suo respiro sulle mie labbra, il mio stomaco si bloccò in una morsa, provocandomi sensazioni del tutto estranee. Sentii uno sfarfallio e il cuore si agitava sempre di più, come se volesse riprendere il controllo di se stesso, stufo di essere pugnalato e mai sanato. Mi allontanai non appena incontrai i suoi occhi penetranti e immensamente blu.

“Puoi aspettarmi fuori…” lo incitai. Dopo un attimo di titubanza, acconsentì e uscì. Parlai brevemente con Sarah, le spiegai in breve tutto quello che mi era successo in quegli anni difficili dopo l’orfanotrofio. In quel momento mi sentii capita come da nessun’ altro. Mi sentii accogliere, simbolicamente, dal suo cuore grande che mi confortò, e mi disse che era sempre pronto a farlo. Quella piccola conversazione mi aiutò a guardare più avanti, mi aiutò a rimarcare i tratti di me stessa a rendermi una persona viva e non più una sagoma dietro l’ombra di quello sgradevole passato.
Salutai un ultima volta Sarah e raggiunsi Louis, che mi aspettava in macchina pensieroso. Entrai, cercando di mostrare un sorriso più sincero possibile.

“Scusa…” mormorai.

“Per cosa?” chiese lui.

“Prima di tutto per come ti ho trattato fino ad ora, non volevo essere sgarbata è che sono un po'… come dire…” faticavo a trovare le parole ma Louis pensò a completare la frase per me.

“Non mi devi dare la tua fiducia così scontatamente, fai bene ad accertarti di chi la merita e chi no” quella risposta mi sorprese.

“Grazie” affermai, Grazie di cuore sul serio “E poi per la scenata di prima…”

“Non c’è bisogno che mi spieghi tutto adesso, se non ti fidi ancora abbastanza di me non sei costretta a raccontarmi quello che è successo… Probabilmente non ti conosco ancora abbastanza bene da poter capire”

Se la risposta di prima mi aveva sorpreso questa mi aveva letteralmente sbigottito. Forse aveva ragione Sarah, non tutti gli uomini sono uguali. Lo avevo giudicato male, dovevo ammetterlo. Sorrisi gratificata e poi mi lasciai andare “Tanto non te lo avrei detto lo stesso” gli feci la pernacchia. Il ragazzo era sveglio e capì al volo che non volevo rendere la situazione imbarazzante più di quanto già non fosse. L’atmosfera ora era molto più calma e rilassata, per il resto della ‘gita’ scherzammo su ogni cosa che vedevamo, un carrello della spesa, un ragazzo con i pantaloni a vita bassa, un palloncino, un cane che sembrava caduto dal quinto piano e atterrato di faccia e così via…  Dimenticai tutto quello che apparteneva al mio passato, era incredibile come potevo trovare la pace interiore solo ridendo e scherzando con un vicino di casa cretino come Louis, per fortuna avevamo lo stesso senso dell’umorismo, non quello scontato e a volte banale, ma quello che ricopriva una vasta gamma di argomenti, a volte fin sconcio o sprezzante.

Quel bel momento però dovette finire, e arrivammo davanti a casa mia.

“Grazie per avermi fatto vedere un po' il posto” lo congedai cordialmente.

“Nessun disturbo, quando hai bisogno di una mano sappi che ci sono, o meglio… Ci siamo!” disse indicando dietro di se’ la casa dalla quale uscivano correndo le gemelle.
Risi, contenuta, e dopo aver salutato le bambine e  il loro fratellone me ne andai in casa.



Il giorno dopo mi alzai di buon umore come non mai. Scesi, feci la mia colazione con tutta calma e studiai un po'... Esausta dagli studi decisi di andare e strimpellare qualche nota sul mio pianoforte bianco, ma ahimè non ero più allenata. Era da tempo che non praticavo più… Un po' delusa cercai di confortarmi con qualche dolce in frigo. Trovai solo un po' d’acqua e qualche frutto, ma in quel momento avevo una voglia matta di dolci. Ricordai all’improvviso del supermercato qui vicino, così dopo aver mangiato il mio pranzetto iperdietetico, presi il mio giubbotto e mi diressi là.



Voglio ringraziare assolutamente Lovely_Ghost per la Bio che sono riuscita a caricare nella mia pagina di EFP!! :D sono troppo felicee!! grazie mille!!! ♥
e grazie mille anche a tutte quelle che seguono la mia serie nonostante sia uno schifo immane, grazie a chi recensisce anche se non ne ha voglia e grazie a chi mi ha messo nelle preferite/seguite/ricordate. Grazie ancora.
#MassiveThankYou ♥
~ xx Scream_Out_Loud. ♥

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** "I'll Look After You." ***


how to love


"I'll look after you".

La strada da percorrere non era tanta, ma era il posto che non mi piaceva. Come avevo già notato il giorno prima, c’era un pub… troppo vicino al supermercato per i miei gusti. Gente ubriaca fradicia dalla mattina alla sera, gente che disprezzavo dal più profondo del mio essere. Notai che mentre mi avvicinavo all’entrata dell’edificio, nella strada di fronte vidi i ‘ragazzoni’ puntarmi come un topo punta il formaggio, iniziarono a fischiare e a ripetere cose assurde. Velocizzai il passo e mi rifugiai nel supermercato. Comprai le cose che mi servivano: latte, cioccolato, uova, carne, filetti e tanti tanti dolci. Pagai il tutto, e salutai la cassiera con una paresi alle mascelle. Mi chiedo come facciano a sorridere tutto il giorno… Uscii e non solo mi sorprese il cambiamento di temperatura, ma anche le stesse voci degli stessi ragazzi ciocchi che erano ancora fermi dalla parte opposta della strada a fissarmi. Presi saldamente le maniglie della borsa di plastica contenente la spesa e senza voltarmi affrettai il passo come non avevo mai fatto. Vidi con la coda dell’occhio i ragazzi darsi qualche gomitata e muoversi. Non avevo una bella sensazione. Ero quasi all’angolo della strada che portava a casa mia, ma ci mancava solo che vedessero dove abitavo così mi infilai in una via secondaria. Sentivo chiaramente le voci degli ubriaconi dietro di me che mi esortavano a fermarmi, che volevano solo parlare, che non dovevo avere paura… ma io avevo paura, eccome se ne avevo. In quell’istante mi sentii quasi potente per aver la possibilità di sfuggire a quegli ‘aggressori’ che non erano altro che uomini stupidi, una razza orribile.

Ancora nella via secondaria mi trovai a un ‘incrocio’ ma non era una di quelle vie molto frequentate, no, una via portava alla ‘zona malfamata’, le altre non sapevo dove, pensai a dove potesse essere collocata casa mia, girai a destra ancora con passo svelto e mi voltai indietro per vedere se li avevo seminati, ma mi erano ancora alle calcagna, li vidi tentennare per qualche istante ma poi ripresero la loro avanzata sbronza. Non stavo guardando dove andavo, presa com’ero dalla fifa, e andai a sbattere contro qualcuno.

“Scusa” gemetti. La persona in risposta mi chiamò per nome. Avevo già sentito quella voce.

“Harry??” chiesi sbalordita. Le voci brille di quei cinque squinternati si avvicinavano, quasi automaticamente mi coprii dietro le spalle di Harry, con la spesa che pesava.

“Che cos-” uno dei ragazzi lo afferrò per un braccio e ci mancò poco che Harry non sbattesse la testa contro il muro, ma grazie al cielo era in grado di difendersi.

Altri due si avventarono su di me, iniziai a gridare e quelli mi tapparono la bocca con le loro mani sudaticcie. Mi faceva veramente schifo ma gliele morsi, con tutta la forza che avevo. Harry cercò in una qualche maniera di allontanare quei due sbronzi che lo avevano afferrato mentre questi altri stavano addosso a me. Una sagoma da infondo alla strada sopraggiunse, con una voce familiare che, non so come, riuscì a far fuggire quei cinque squilibrati. Erano istanti che si susseguivano tanto velocemente da farmi perdere la cognizione del tempo, non so quanto fossero durati. Ero spaventata, paralizzata dal terrore, quella scena mi aveva fatto rivivere tutto quello che mi ero ripromessa di dimenticare. L’energumeno che mi afferrava… Io incapace di difendermi… Le sue mani sudaticcie su di me… Il suo alito pungente… E poi il dolore, il dolore atroce che una persona vigliacca mi aveva causato. Sentii delle mani gentili, una carezza amichevole, una voce dolce e il profumo di menta sui suoi vestiti. Sentii il suo abbraccio darmi calore in quel freddo inverno.

“Eleanor… Stai bene?” mi chiese.

“El! El…” ripeté un’altra voce, ancora più familiare. Mi sciolsi leggermente attaccandomi a quelle braccia, per poi gettarmi nel suo abbraccio affondando il viso nel suo petto, lasciandomi andare a un pianto isterico.

“Eleanor, calma è tutto finito” mi rassicurò di nuovo, accarezzandomi i capelli.

“G-grazie Harry…” mormorai.

“Vieni, ti aiutiamo…” sussurrò, poi si chinò, raccolse i sacchetti della spesa insieme a Louis e mi prese per mano. Quel gesto mi diede una scossa elettrica che quasi mi fece rinsavire, vidi quei profondi occhi verdi aspettare i miei, erano pronti lì che attendevano solo che alzassi lo sguardo. Mi avviai insieme a loro, ma staccai la mia mano da quella di Harry. Arrivammo alla macchina lussuosa dei due ragazzi e vi entrai sedendomi nei sedili posteriori assieme ai miei sacchetti. I due ragazzi si sederono davanti e poi si voltarono entrambi verso di me, il volto ancora macchiato da alcune lacrime mordaci.

“Cos’è successo?” chiese Louis.

“Mi stavano seguendo…” mormorai.

“Ubriachi…” sibilò il riccio “menomale che c’eravamo noi…”

“S-si, grazie…” bisbigliai

“Eh ma senza il mio aiuto non ce l’avresti fatta” disse con fare vanitoso Louis, che non perdeva un occasione per rendere l’atmosfera meno seria e malinconica.

Da lì i due incominciarono una conversazione allegra, cercando di coinvolgere anche me, e mi accompagnarono gentilmente a casa. Harry scese dall’auto e mi aprì la portiera. Lo ringraziai per il suo fare da gentiluomo e lui mi sorrise, come non aveva fatto fin’ora. Poi Louis interruppe la scenetta, Harry lamentando un dolore al braccio andò in casa Tomlison per farsi medicare, mentre Louis mi diede una mano con la spesa.

Sistemammo tutto in frigorifero, quando notai nel mio frigo una macchia rossa, fresca fresca: sangue.

“Che diavolo-” borbottai, mi voltai e vidi Louis che dopo aver contratto il volto in una smorfia infilò velocemente la mano in tasca.

“Tira fuori la mano dalla tasca Tomlison” gli ordinai. Vidi i pantaloni beige chiaro formare rapidamente una macchia scarlatta. Sbarrai gli occhi “Louis!! Tu sanguini!!” esclamai, come se non fosse lampante. Corsi in bagno a prendere delle garze e del disinfettante. Tornai in cucina dove Louis teneva la mano ancora serrata nella tasca, come se fosse incollata là dentro.

“Louis, togliti la giacca!” ordinai.

“No!” replicò quello, come un bambino di due anni. Ribadii il concetto più volte ma la sua risposta non cambiò.

“Mi vedo costretta a usare le maniere forti…” affermai, sul suo volto comparve un espressione spaventata. Mi avvicinai a lui e iniziai ad aprire la cerniera della giacca di plaid spesso, mentre vedevo chiaramente i suoi muscoli contrarsi, la mascella serrarsi e gli occhi guardare in punti differenti in continuazione. Aprii la giacca e tolsi prima la manica sinistra, senza difficoltà, e poi la manica destra, seguendo l’arto superiore fino a scoprire un taglio proprio nell’avambraccio destro. Solo in quel momento, quando vidi il fiume di sangue scorrere lungo il braccio, Louis allentò la forza nella mano e mi concesse di toglierla dalla tasca per poi gettare per terra la giacca e passare freneticamente dei batuffoli di cotone imbevuti di disinfettante sulla ferita. Fortunatamente non era profonda, ma il sangue usciva come da una sorgente esce l’acqua e quindi mi premurai anche di fasciarglielo con una garza. Durante tutto questo procedimento il ragazzo non disse una parola, non era mai stato così tanto taciturno da quando l’avevo conosciuto, si lamentò solo qualche volta mentre sfregavo il batuffolo troppo accanitamente sulla cute e quando stringevo troppo con la garza.

“Ecco ho finito” esultai.

“Grazie” fremette lui, senza aggiungere altro.

“Cos’hai?” mi venne spontaneo da chiedere, per un momento mi trattenni ma dopo poco glielo domandai.

“Ti piace Harry non è vero?” affermò. Così, istintivamente. Rimasi sbalordita da quella affermazione. Lui non mi conosceva e si permetteva di dire così su due piedi che a me piaceva una persona che nemmeno conoscevo. Santo cielo, suonava così irrazionale anche detto in terza persona da me.

“Senti…” esordii “tu non mi conosci. E si vede” il ragazzo alzò improvvisamente lo sguardo su di me che iniziai a muovermi con passi lenti nella cucina “altrimenti non avresti fatto un’affermazione così azzardata in un momento così inopportuno” Il ragazzo cercò di scusarsi, ma lo fermai “sappi solo che io e ‘voi uomini’”dissi facendo le virgolette in aria “non andiamo molto d’accordo, anzi, per niente…”

“Perch-…?” mi interruppe, ma io lo interruppi a mia volta.

“il perché non ti deve interessare, se avrò voglia te lo dirò… un giorno… solo, non fare affermazioni così azzardate, ok?” sentenziai seria.
Il ragazzo mi rivolse uno sguardo disarmato e parecchio confuso, ma era meglio per lui rimanere confuso piuttosto che sapere cosa mi era successo. Odiavo la carità e la pietà della gente, parlava molto ma non faceva i fatti. Era un ipocrisia che detestavo.
Mi incamminai verso il salotto e mi distesi lungo il sofà cremisi, portando una mano alla fronte. Mi sentivo leggermente calda, ma non ci diedi peso. 

Louis mi raggiunse e esclamò “Oh un pianoforte!”            

“Lo suoni?” domandai disinteressata.

“S-si…” rispose perplesso.

“Se vuoi puoi provarlo” proferii ancora ferma nella mia posizione. Lui acconsentì e si sedette davanti allo strumento. Mi voltai a pancia in giù con la testa rivolta verso il pianoforte. Il ragazzo iniziò a destreggiarsi abilmente con lo strumento, suonando velocemente i tasti bianchi e neri, intonando una melodia che conoscevo bene.

If I don't say this now I will surely break 
As I'm leaving the one I want to take 
Forgive the urgency but hurry up and wait 
My heart has started to separate

Il ragazzo mi guardò stupito quando intonai le parole di quella meravigliosa canzone, insieme alla sua voce, che riecheggiava nel salotto di casa mia.

Oh, oh… Oh, oh… Be my baby… I'll look after you

Mi lasciai cullare da quelle dolci note e senza nemmeno accorgermene mi svegliai chissà quanto tempo dopo, ancora sdraiata sul divano, ma Louis non c’era più. Vidi un biglietto lasciato sul sedile del pianoforte. L’aveva lasciato Louis

Ti sei addormentata mentre suonavo per te, ma che maleducata! Dato che dormivi come un angioletto sono uscito, non mi sembrava giusto rimanere a fissarti mentre dormivi, se hai bisogno di qualsiasi cosa chiamami, tanto sono sempre qui affianco :) non farti problemi… Ah e poi mi spiegherai chi è Mark… lo sussurravi spesso mentre dormivi…

A dopo.

Louis =)

Era incredibile quel ragazzo, riusciva sempre a strapparmi un sorriso anche dopo una giornata del genere.
Tornai in camera mia e studiai i miei appunti di sociologia, non era una materia facile, almeno per me, e per via che ero molto attenta e interessata, mi annoiai tanto che immersa nei miei pensieri più profondi poggiai la testa sulla scrivania, perdendo la cognizione del tempo. Solo quando rialzai la testa per decidermi a studiare quelle stramaledette 80 pagine, guardai l’orologio: erano già le 7… non so quanto avevo dormito quel pomeriggio, ma era veramente troppo, di solito non dormivo così tanto, si vede che quel trasloco mi aveva stravolta. Mangiai la mia cena, sola soletta. Pensai che per colmare la solitudine, che in una determinata quantità era piacevole ma quando era troppa dava una certa sensazione di nostalgia, avrei potuto invitare le bambine (Louis e Harry compresi nel termine bambine) a vedere un film, non avevo sonno, dovevo pur fare qualcosa… Poi ci ripensai però e decisi di guardarmi un film drammatico in pace, sola con i miei popcorn...

Natale si avvicinava sempre più, era il 23 dicembre e io nemmeno avevo comprato l’albero...



Heilààààà!!
Come ve la passate?! la scuola inizia tra troppo pocoooo ç__ç
vi avverto che non avrò molta possibilità di caricare una volta iniziata perchè sarò troppo impegnata con lo studio, maledizione, quindi ho pensato di fare una maratona nei giorni prima che inizia la scuola. Che ne dite?
se questo capitolo raggiunge le 8 recensioni (su efp) e 8 commenti (su youtube) la faccio :D sta a voi decidere!! E' tutto nelle vostre mani!! mi posso fidare?? :P
un baciooo. :)
~ xx Gio. ♥

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** Natale in Famiglia ***


how to love 11

Ci sono quelle mattine dove tutto ti sembra solare, ti aspetti di vedere il sole e un bel cielo blu, ma questo nella nostra Inghilterra è assai raro. Mi affacciai alla finestra e vidi i prati imbiancati e un cielo grigio polvere coprire tutta Doncaster. Nevicava, eccome se nevicava. Era uno spettacolo meraviglioso, tutto dipinto di bianco, decorato da tantissime luci in lontananza, luci di natale che ravvivavano la spenta giornata e davano al panorama un tocco natalizio assai affascinante.
Era il 24 dicembre, e lo avrei passato come tutti gli altri anni, ovvero come un giorno normale. Solo all’orfanotrofio e quando c’era il signor Calder avevo passato un Natale secondo la tradizione, ma dopo la morte del mio patrigno non c’era giorno felice. Nemmeno a natale. Mangiai frettolosamente una brioche scaldata e un bicchiere di caffelatte. Non avevo voglia della colazione della domenica.

Dopo ciò mi affrettai a fare i miei lavori di casa, spolverare i mobili, aspirare con la musica a manetta, lavare una buona parte della casa e poi relax con un buon libro sul divano: ecco la mia giornata tipo. Il libro che stavo leggendo era uno dei miei preferiti. Mi affascinavano moltissimo i gialli di Agatha Christie. Quello che stavo rileggendo era Dieci Piccoli Indiani, celeberrimo e intrigantissimo romanzo della scrittrice britannica. Ero immersa nella lettura, ma qualcosa riuscì a distrarmi: una sagoma dietro la tenda della portafinestra del salotto che bussava insistentemente. Chi sarà mai? Che domande… Aprii e davanti ai miei occhi trovai un Louis per metà assiderato che era infagottato dalla testa ai piedi, mufole, stivaloni, cuffia, sciarpa, paraorecchie e quant’altro.

“Sai… mi ricordì l’omino michelin” iniziai divertita.

“Ehi” replicò mettendo un muso adorabile, poi la sua espressione cambiò “Vediamo se ridi ancora…” aggiunse con un sorriso sornione, non feci tempo a sussultare che una gelida ma morbida palla di neve si spiaccicò su di me all’altezza del petto. Brividi ovunque, brividi per il freddo. Non mi vidi in faccia, ma deduco che fossi paonazza in viso come mi succede sempre quando mi arrabbio, tanto che il ragazzo spaventato corse ben lontano. Non me lo feci ripetere due volte, il libro poteva aspettare, tanto sapevo già come finiva, ma se voleva la guerra: che guerra fosse. (?)

Mi imbacuccai per bene anche io e uscii di casa, per trovarmi davanti uno spettacolo buffissimo: Louis stava in piedi accanto a Harry fermati da una cerchia di ragazzi e ragazze, mentre le sorelle Tomlinson giocavano a palle di neve con i loro genitori, Mark correva a destra e a manca poi si fermava e aiutava Phoebe che voleva a tutti i costi fare un pupazzo di neve, Johannah invece faceva a palle di neve con Daisy, Lottie e Fizz che non si accorsero della statuetta di neve fatta dalla sorellina e la calpestarono bellamente, se ne accorsero solo quando un acuto urlo provenne dalla bocca della bambina; ecco quello che notai quando varcai la porta di casa: tutti voltati a guardare Phoebe che isterica accusava le sorelle del misfatto. Trattenni una risata ma un sorrisetto sbucò comunque sul mio volto già raggelato dalla fredda brezza. Mi avvicinai alla famiglia felice e dopo che tutti mi ebbero salutato calorosamente e i passanti mi ebbero squadrata in un modo strano, mi misi all’opera insieme a Phobe per un bel pupazzo di neve. Giocammo fuori tutti insieme per l’intera mattinata, non sembra ma correre e saltellare in mezzo alla neve con i Moon Boot e vari altri accessori per la neve che pesano come un mattone è molto faticoso. Tanto che a mezzogiorno e mezzo, rientrammo tutti in casa Tomlinson per un pranzo in famiglia, era quasi due giorni che non mi facevo vedere e Johannah voleva che passassi il natale con loro, dato che io ero sola in casa. Vidi il loro bellissimo albero addobbato con ogni cosa possibile e immaginabile, poi però Johannah non mi lasciò nemmeno andare in casa mia per prendere il cambio.

“Nono, non ti lascio andare fradicia come sei fino in casa tua, ti presto qualcosa di mio, non se ne parla, ti prendi un accidenti se esci ancora per qualche secondo” borbottò la mamma. In effetti non aveva tutti i torti, avevo un bel naso rosso ed ero completamente fradicia, l’imbracatura non era servita molto, la neve sciolta si era insinuata nei vestiti causandomi un terribile prurito, come quando ti senti bagnaticcio e umidiccio. I capelli lunghi che si attorcigliavano intorno al collo continuavano a colare. Come me erano ridotti tutti gli altri, Harry e Louis compresi. Ovviamente dovevamo fare TUTTI la doccia… e il che era un po' un problema… chiesi a Johannah se potevo andare in casa mia a fare almeno la doccia, ma la risposta era stata la medesima di poco tempo prima. Essendo loro ospite mi fecero fare la doccia per prima, e mi preoccupai di fare veloce e di non stare sotto l’acqua un eternità com’era mia abitudine. Johannah mi prestò il suo cambio, un maglione beige con un motivo intrecciato sul davanti, e dei pantaloni grigi di una tuta. Me li appoggiò sul letto che ormai avevo deciso di condividere con Lottie, per non doverla sfrattare sempre, così poi li presi e mi diressi in bagno. Feci la mia doccia-lampo e mi infilai l’intimo, venne poi il momento di mettermi i vestiti di Johannah, mi infilai le calze bianche che mi arrivavano quasi al ginocchio e quando alzai il maglione per indossarlo mi accorsi di non aver preso con me i pantaloni. Mi infilai il maglione, che naturalmente mi andava largo. Mi sarei preoccupata se avessi avuto la taglia di una donna che aveva avuto 5 figli… Le maniche lunghe ben oltre la punta delle dita le tirai su fino al polso, mentre il termine del maglione mi cadeva lungo le coscie. Caspita se era lungo! Lo tirai ancora un lievemente in giù, poi asciugai energicamente con la salvietta i capelli e li legai in una qualche maniera non precisamente descrivibile. Aprii con cautela la porta mi sporsi per vedere se qualcuno fosse nei paraggi ma, strano a dirsi, nessuno vagava per il corridoio, erano tutti impegnati a fare chissà cosa. Così ne approfittai, in punta di piedi mi diressi verso la camera di Lottie cercando di non farmi notare in quell’aspetto poco presentabile, ma mentre camminavo furtivamente sentii un fischio e i complimenti di Harry rivolti a me che fecero balzare anche il suo compagno imbambolato sull’attenti. Mi venne spontaneo alzare un dito a caso tra le cinque della mia mano, che lo spedì diritto in un posto che non si dice (si lascia al lettore la perspicacia di quel gesto impulsivo e avventato U_U … XD).

Mi affrettai in camera e indossai anche i pantaloni della tuta, per poi scendere dove tutta la famiglia riunita stava discutendo su che gioco di società fare quella sera, era la vigilia di Natale e andava passata in famiglia.

“Giochiamo a Hotel!!” esclamò Fizz.

“Io propongo Fifa 2010 sulla Xbox” affermò Louis che si guadagnò un occhiataccia dalla madre e dalle sorelle, ma uno sguardo complice dal suo migliore amico.

“giochiamo a Uno!” propose Daisy.

“Nah è noioso” si lamentò Phoebe.

“ Perché non giochiamo a Taboo?!” suggerì Harry.

“Ma daii!” lagnò Lottie “è un gioco per i maggiori di 8 anni!” disse indicando la scatola e poi guardando le sorelle più piccole “Giochiamo a Carriere!!!” consigliò subito dopo. Guardavo la scena appoggiata al corrimano delle scale, solo quando l’atmosfera si fu calmata leggermente scesi, altrimenti mi avrebbero fatto fare da spareggio. Quando scesi, i miei due angeli custodi (le piccole Daisy e Phoebe) mi accolsero con un caldo abbraccio e dissero “Giochiamo a Carriere ti va di fare una squadra con noi?” dichiarò Daisy “Che se no non ci fanno giocare…” aggiunse Phoebe.

“Va bene dai, facciamo una squadra noi tre” le sorrisi prendendole per mano “Oh ma io questo gioco lo conosco!” esclamai contenta non appena mi presentarono davanti la scatola del gioco con il tabellone.

“Benissimo così non dobbiamo nemmeno spiegarti le regole!” enfatizzò Lottie sbrigativa. Ci sedemmo tutti attorno al tavolino sul tappeto del salotto.

<- è questo per chi non lo conoscesse :)

...2 ore e mezza dopo…

“Io vado sulla luna!!!” gridò Fizz.

“Ma non è il tuo turno! E’ il mio!! E io voglio andare a fare il cercatore d’uranio!!” obiettò Lottie.

“Dai vi prego ragazze calmatevi” le supplicò Louis. Harry era bell’e che andato, dormiva da quasi tre quarti d’ora interessato com’era al gioco. Johannah e Mark avevano dato forfè perché erano troppo stanchi, Daisy si era addormentata sopra a Harry appoggiato al divano ma col sedere per terra. Erano tenerissimi. Io & Phoebe, Fizz, Lottie e Louis eravamo ancora vispi e combattivi… anzi mi correggo: Fizz, Lottie e Phoebe erano ancora vispe. Io e Louis stavamo per cedere ma non lo davamo a vedere, cercavamo di giocare con calma e sangue freddo, le altre però la stavano prendendo come una questione personale.

“Noi decidiamo di andare a Hollywood” enunciai quando fu il nostro turno, mi scambiai un cinque con Phoebe, mentre Louis sibilò “Queste Dive…”.

Risi alla sua battuta, mentre le altre sorelle lo punzecchiarono subito “Parli tu…” disse Lottie.

“Che ci vizi sempre…” aggiunse Fizz.

“Ti voglio bene fratellone” esclamò Phoebe, con un faccino ruffiano correndo tra le braccia del fratello che non esitò a coccolarla. A quel punto anche le altre erano tentate di accorrere dal loro fratellone ma il gioco era di vitale importanza per le due ragazze, così prese a fare i conti sul loro foglietto. Quando tornò Phoebe lanciammo i dadi e arrivammo su una casella che recitava “Promozione, perché sei eccessivamente bella, guadagni 2 cuori” Phoebe eccitata disegnava altri due cuoricini nella colonna della Felicità, poi si bloccò e sbirciò di nuovo la nostra formula del successo. “Ma-ma-ma…” guardò il foglietto con gli occhioni luccicanti.

Mi avvicinai per vedere cosa l’avesse perplessa e poi contai i cuori insieme a lei e poi esclamai “Abbiamo terminato la formula del successo!!!” le battei il cinque e l’abbracciai facendola girare, ci alzammo in piedi ballando, svegliando il bell’Harry addormentato e l’altra gemella che però si riaccoccolò sul petto di quest’ultimo, che a sua volta riprese a dormire. Lottie ci guardò sconvolta, come Fizz, a causa della sconfitta subita. Phoebe le provocò e le altre due si arrabbiarono come non mai, servì Louis che le prese sotto il braccio e le lanciò a mo’ di missile sul divano, disturbando ancora Harry che seccato rinunciò all’idea di dormire. Ridemmo tutti quanti vedendo la sua espressione imbronciata. 
Decise di andare a letto, che era decisamente più comodo del bordo del divano. Si alzò e diede la buonanotte a tutti quanti. Baciò la guancia a tutte le Tomlinson, non mi aspettavo che lo facesse anche a me, mi prese dolcemente la mano e mi baciò la guancia, con una dolcezza inaudita, rimasi per un momento paralizzata e poi lo guardai molto inespressiva. Sembrò non accorgersene e dopo un occhiolino fulmineo salì in camera sua. Ero ancora basita da quello appena accaduto ma gli unici che se ne accorsero furono Lottie e Lou… Gli altri erano troppo impegnati a mettere a posto il gioco e Fizz era troppo indignata con Phoebe per darle corda mentre quella la stuzzicava. Andai in cucina chiedendo a Louis di darmi un bicchiere d’acqua, arrivammo e mi appoggiai sul bancone.

“Ok, cos’ha in mente il tuo amico?” chiesi acida.

“Ah questo non lo so…” rispose lui evidentemente turbato.

“E perché fa così il farfallone?” insistei io.

“E’ fatto così….” Mi liquidò lui.

“Beh digli pure di risparmiare le smancerie per quella facile che gli passerà davanti, perché io non sono quel tipo di ragazza…Tanto ne può avere quante ne vuole, siete famosi no?!” sbottai.

“Ah allora lo sai..?” replicò lui sorpreso.

“Vi ho riconosciuti dai poster di Lottie, altrimenti ho solo sentito parlare di voi da delle ragazzine a Londra…” risposi brusca.

“Quindi non hai mai sentito una nostra canzone?”

“No, e se siete tutti come lui non ci tengo.” Sentenziai. Lui mi versò l’acqua nel bicchiere, lo bevvi e poi me ne andai senza nemmeno dare la buona notte. Andai in camera di Lottie e mi addormentai con le gemelle da entrambi i lati, il letto di Lottie era da una piazza e mezzo quindi ci stavamo in tre, continuavo a fissare il poster chiedendomi chi fossero in realtà i One Direction: dei farfalloni adulati dalle ragazzine,come mi era parso Harry, o dei ragazzi dolci e sensibili, come aveva dimostrato di essere Louis con la sua famiglia?

Il tempo, l’avrebbe rivelato, molto presto…

 

 

Allora: preciso (per quelle che in questo momento mi vorrebbero ammazzare) che non ho niente contro Hary, è un ragazzo come un altro, però questa è la mia storia e i personaggi li dipingo io. Quindi potete scrivere anche critiche, ma che non siano sul fatto che Harry non è un farfallone perchè non mi potreste mai convincere... coomunque: non ho molto altro da dire, sono molto delusa da questa fan fiction perchè ha pochissime recensioni e pochissimi commenti, so che mi dovrei accontentare però non ci riesco ci tenevo veramente a questa storia. Se non avrà successo ... mi viene male a dirlo... ma potrei cancellarla. Anche se non è da me farlo. Beh dopo avervi giornalieramente (?) rotto le scatole vi saluto.

Ah si, per chi avesse 'Pinterest' può seguirmi? :3 sono Gio 95x http://pinterest.com/gio95x/ un bacioneeee :)

~ xx Gio. ♥

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** By Your Side. ***



"I turn off the lights and let you sleepJust close your eyes, relax and breathe in
slowly, no, don't feel lonely'cause
I'll be right here by your side...
When you're feeling lost don't give up because it's alright
when you close you're eyes i'm by your side."
- Faber Drive - By Your Side


Era già mattina. Mi alzai e non vidi le gemelle intorno a me, la stanza era spaventosamente vuota, per un momento rimasi perplessa nel trovarmi lì da sola, era tutto diverso da come l’avevamo lasciato ieri sera. Scesi con cautela le scale e arrivai al salotto dove trovai Julie che beveva la sua bottiglia di vodka.

“Finalmente sei tornata!” vociò, visibilmente brilla "c'è una persona che ti vuole vedere.."

“Eccomi, sono tornato” esclamò una voce entrando dall’ingresso. Sembrava la sua voce;

"Mark!" sperai con tutto il mio cuore.

Ritornai all'atrio, speranzosa, e vidi Lui. No. Non poteva essere tutto vero, mi rivolse un sorriso arcaico che sembrava più un ghigno. Quel ghigno. Quell' odore di alcool. Quell'odore di marcio, di volgarità, di egoismo... Non era Mark... Volevo scappare, lui mi prese per un braccio e mi scuoteva. “Tesoro noi andiamo a chiacchierare di là” chiarì sbrigativo lui a Julie, volevo gridare ma dalla mia gola non poroveniva alcun suono, mi agitai ma era più forte di me. Sentì la sua presa farsi pressante e poi scuotermi sempre più, sempre di più...

 


Daisy mi stava scuotendo freneticamente il braccio.

“Eleanor è pronta la colazione!” continuava a ripetere.

In quel momento capii che tutto quello di prima era solo un brutto, bruttissimo incubo. Avevo ancora gli occhi sbarrati e probabilmente avevo un’espressione smorta. Scesi di sotto con gli altri, che erano già seduti a tavola.

“Ehi El…” fece Harry “hai ben una brutta cera…”

“Sembra che hai visto un fantasma” aggiunse Louis.

“Beh, quasi” avrei voluto rispondere, ma evitai, per non attirare ancora di più su di me l’attenzione; non mi piaceva esserne al centro.

Mangiai con voracità la mia colazione tradizionale, poi andammo tutti quanti in salotto. Era il 25 di dicembre e le bambine contente iniziarono a scartare i regali che c'erano sotto l'albero. A ogni regalo le bambine saltellavano contente e ringraziavano i genitori. Louis ricevette più regali del normale, era il suo compleanno, così oltre che Natale festeggiarono anche i 20 anni del maggiore dei Tomlinson. Poi fu il turno di Louis, che però questa volta fu lui a dare un regalo a ciascuno dei presenti. Mi chiedevo come mai Harry non fosse a casa sua a festeggiare Natale con la sua famiglia...lui ce l' aveva... La risposta non tardò ad arrivare...

Eravamo intorno all' albero chiacchierando gioiosamente, stavano ancora dando i regali e mi sentivo quasi estranea, il mal di testa di stamattina si faceva sempre più forte e riuscivo a captare solo qualche parola ogni tanto, ma non capivo proprio quale fosse l' argomento... A un certo punto Louis pose davanti a me un pacchetto ricoperto da una carta regalo viola luccicante. Lo guardai un po' perplessa, sentivo gli occhi gonfi e pesanti, non capii cosa volesse Louis… vidi sempre più sfocato e tutti che si precipitavano su di me.

Aprii gli occhi e il salotto era vuoto, mi diressi verso l' atrio di casa Tomlinson, e da questo entrava Mark che sorridente mi abbracciava.

"Sorellina, mi sei mancata!" esclamò ospitale.

"Anche tu fratellone" risposi affettuosamente gettandomi tra le sue braccia.

"Non hai più da temere ora... Ci sono io qui con te..." affermò lui, con il suo tono amorevole.

"Grazie di tutto Mark" dissi, grata.

Sentivo delle piccole gocce scendermi lungo le tempie, non rispettavano la forza di gravità... All'improvviso la porta si spalancò, Mark scomparve e io mi ritrovai da sola contro il mio incubo.

Vidi me stessa seduta davanti a uno specchio, una scena che conoscevo troppo bene… quella bambina passava delicatamente le mani sullo specchio, ne delineava i bordi e poi repentinamente spinse lo specchio verso il basso, violentemente, causandone la completa rottura... I pezzi di vetro andavano ovunque, erano sparsi come la sabbia sulla spiaggia, ne ricoprivano la superficie. Poi quella bambina iniziò a raccoglierli, vedeva comunque il suo riflesso nel frammento e come per eliminare quello che vedeva e non le piaceva, passava con accanimento il vetro sulla parte anteriore del braccio, provocando ferite profonde. Ma le ferite più profonde, erano quelle che vi erano nel suo fragile cuore.



Aprii con fatica gli occhi ancora abbastanza gonfi e vidi le gemelle vegliare su di me come sentinelle. Non erano le sole nella stanza perché parlavano con qualcuno che non riuscivo a vedere. Come notarono la mia reazione scattarono sull'attenti.
Volevo alzare un braccio per fargli capire che stavo bene, ma non stavo affatto bene. Non avevo forza, però il gonfiore si era fatto meno assillante. Quando le bambine avvisarono il terzo della mia reazione questo si voltò e si avvicinò. Vidi chi era, e ne rimasi sorpresa. Non era Johannah, non era Harry... Era Louis che si era premurato di starmi accanto e mi aveva posato una pezza bagnata sulla fronte.

"C-cos'è successo?" chiesi con un sussurro.

"Hai la febbre molto alta" mi spiegò lui "la neve poi ha peggiorato la situazione.."

"Maledizione... Devo andare a casa" mormorai.

"No tu rimani qui fino a che non ti sei ripresa" sbottò, sembrava quasi arrabbiato. Non capivo ancora perché fosse così... Così.... Diverso. Si era
diverso dagli altri ragazzi, non era quel farfallone arrogante, non era il secchione senza eleganza, non era nemmeno il cretino senza cervello...

Era unico nel suo genere: era un fratello adorabile, un amico splendido, un ragazzo geniale, una persona sensibile e dolce come il miele... Mi ricordava tantissimo il signor Calder, con quei suoi occhi azzurri, lui mi sgridava benignamente e mi accoglieva calorosamente nel suo angolo pacifico quando non voleva vedere nessuno... eppure io, io potevo entrare nel suo piccolo angolo di paradiso, ero il suo sole di giorno e la sua luna di notte, così mi definiva, e mi faceva sempre sentire speciale come nessun altro ha mai saputo fare.
Socchiusi gli occhi affaticati e un sogno mi accolse, il sogno di una famiglia felice...

-


  

-

Da quando l' avevo vista avevo capito che era diversa dalle altre ragazze, avevo visto che era umile, era gentile e nascondeva una gracilità immane, era bellissima con quei pantaloni neri aderenti, era bellissima senza pantaloni neri, quando la vedemmo sgattaiolare in camera con addosso solo il maglione di mia madre, e anche con dei pantaloni grigi e slarghi rimaneva perfetta. Il suo volto era sempre pulito, era sempre meravigliosamente stupendo.

Aveva un sorriso sincero, magnifico...

Non era una ragazza molto espansiva, tutt' altro, pensai anche che mi odiava visto il suo comportamento nei miei confronti. Mi tramortiva ogni volta, quando i suoi occhi nocciola incontravano i miei. Mi aveva fatto stare male come non mai quando all'orfanotrofio era scoppiata in lacrime, un viso così bello sciupato da delle lacrime, mi sentii inutile quando mi chiese di aspettare fuori... Non voleva condividere i suoi sentimenti con me, non voleva farlo con nessuno, si era chiusa a guscio e chissà per quale motivo. Io dovevo conoscerla meglio, dovevo aiutare quella fragile ragazza a dare una svolta alla sua vita che sembrava così piatta e malinconica. Era dura ma ci sarei riuscito.

Continuava a ripetere il nome Mark, non penso si riferisse al mio padre adottivo, doveva essere qualcuno che l' aveva aiutata... In qualcosa...
Le mie supposizioni erano troppo vaghe, dovevo scoprire di più, volevo capire, capire cosa c'era dietro alle paure di quella ragazza che mi aveva stregato in un istante.

Ora dormiva come un angioletto, forse era meglio da addormentata che da sveglia, almeno non mi cacciava via in malomodo. Era strano come si comportava, avevo capito subito che era diversa ma non pensavo così tanto. Era un abisso dalle ultime ragazze con cui ero uscito. Specialmente dopo X-Factor, tutte quelle che mi guardavano era per il mio successo, persone che prima mi disprezzavano ora si fingevano i miei migliori amici.

Essere famosi non è poi così bello come dicono… Si è bello fare il tour, specialmente con i ragazzi che sono fantastici e oramai sono la mia famiglia, però essere famosi significa rinunciare alla libertà, alla privacy, all'opportunità di stare un po' con gli amici, non puoi fare cavolate con loro perché subito la stampa ti inquadra come il ragazzo ribelle e pericoloso e finisci sulla prima pagina di Pop Magazine con un articolo che infanga la tua reputazione. Non puoi parlare con una ragazza che quella magicamente dichiara di essere la tua fidanzata ai paparazzi invadenti. Insomma, non è un gran che.

Di tutto quello che guadagno, la maggior parte la spendo per viziare le mie sorelle e mia madre, voglio il meglio per loro e non mi cambia niente spendere soldi per loro anziché per me, anzi, sto meglio se li spendo per farle felici perché se sono felici loro allora sono felice anch'io. La cosa che però mi aveva più colpito fin ora, era che Lei mi avesse trattato come una persona qualunque anche se era a conoscenza del fatto che fossi un cantante: significava molto per me. Significava che non le interessavano i soldi, la fama, il successo la popolarità come a molte ragazze della sua età. Voleva vivere la sua pacifica vita, dopo anni di tribolazione e problemi... Era questo che più mi colpiva di lei, la sua spontaneità e il mistero riguardo al suo, a quanto sembrerebbe, tragico passato.


 

Ehilààà!!
So che il capitolo è corto ma c'è un motivo. Primo: volevo avvertirvi che dal prossimo capitolo scriverò in terza persona non più dal punto di vista di un personaggio ma come scrittore esterno e onniscente (che tocco di classe u.u xD) perchè fa più professional (mij sono andata lo so, ma è l'effetto della scuola D:)

Passiamo alle cose serie:
volevo attirare la vostra attenzione su una storia nuova di pacca, è di una mia amica che si è iscritta da pochissimo su EFP e ha iniziato a postare la sua FF. E' una storia molto bella e non banale, (è lei l'autrice di Between You And Me la One-Shot su Niall Horan) quindi per chi avesse letto Between You And Me e gli fosse piaciuta perchè non andare a leggere questa FF?? è solo all'inizio ma secondo me è già avantissimo, c'è io appena iscritta non sapevo fare tutto quello che ha fatto lei xD quindi, se avete qualche minuto vi assicuro che non sarà sprecato, specialmente se vi piace la musica e... i One Direction xD.
Cliccate il banner qua sotto per andare alla pagina :)




Poi...
dato che ho caricato una one shot, ed è il primo Crime che scrivo. Quindi vi supplico, per chi può, di andarlo a leggere e mi piacerebbe sapere cosa ne pensate. Certo ovviamente se avete tempo. Non ci sono dentro i One Direction ma è incentrata su Liam Hemsworth e Miley Cyrus... Leggendo capirete perchè ho scelto proprio loro. E poi era l'unica coppia che mi ispirava e a cui ero riuscita a trovare un'assassina. Passando al dunque... Per leggerla cliccate il banner qui sotto :D
(si vede che mi diverto a darmi alla pazza gioia con photoshop? si direi di si :D)



 

sono fusa quindi prima di sparare altre fesserie. mi dileguo. evaporo. mi smolecolo. ok basta.
ALLA PROSSIMAAAAAAAAAAAAAAAAAAAA.
~ xx Gio. ♥

Ritorna all'indice


Capitolo 13
*** Hai un Amico in Me ***



Ci sono quei giorni in cui la malinconia ti assale, ti attanaglia la nostalgia e ricordi poco piacevoli si impossessano del tuo cervello, tutto brulica nella mente e gli occhi devono subire immaginazioni fervide che si materializzano, solo per loro, davanti a essi.
Per Eleanor era una di quelle giornate. Si era svegliata con ancora un minimo senso di gonfiore agli occhi e vedeva immagini sfocate ovunque, voleva tornare nella sua casa, alla sua monotona solitudine. Le piaceva così tanto il silenzio, fino a quando però le idee non iniziavano a martellare tamburellanti nel povero cervello che si ritrovava a pensare troppe cose in uno stesso istante.
Cercò di cacciare quei sensi di colpa, quei sensi di inadeguatezza, quei sensi di stanchezza che la vita le provocava spesso. Chiese con tatto e gentilezza alla donna di poter tornare a casa, la febbre era scesa e si sentiva retoricamente meglio. Riuscì a convincere Johannah e rincasò in meno di venti minuti. Non per essere egoisti, ma anche le bambine non dovevano vederla in quello stato. Il suo aspetto era la prova tangibile della confusione che provava dentro, di certo una persona allegra non avrebbe utilizzato il suo tempo per guardare fuori dalla finestra la distesa innevata sciogliersi a causa della pioggia.
"Che schifo di tempo" pensò, subito dopo però, nel cervello che quel giorno lavorava più del solito le balenò un idea un po' bizzarra per una ragazza del suo genere. Un idea malsana e allettante per un cervello che era completamente andato a farsi friggere insieme a tutte le disgrazie passate.
Prese la macchina nonostante fosse pericoloso guidare con la neve ghiacciata sulla strada mentre la pioggia la rendeva più insidiosa e scivolosamente letale.
Decise che quella sera si sarebbe divertita avrebbe fatto le pazzie che non aveva fatto gli anni prima, per spezzare quella catena di deprimente routine che l' avvolgeva. Dall'armadio aveva scelto un vestitino corto che scendeva largo lungo le cosce svasato e pieghettato, con un velo di pizzo sopra alla base in stoffa sintetica dell' abito abbinandoci dei vertiginosi tacchi con un plateau spaventosamente alto, ma la ragazza si trovava a suo agio su quei trampoli.
Louis stava chiacchierando con la sua sorellina Lottie mentre nel frattempo discuteva con Harry che stava preparando le valigie. Vide la vicina di casa uscire avvolta da un cappotto lungo fin sotto le ginocchia e una calda sciarpa. Poi si soffermò sulle calzature della ragazza, meravigliosa ai suoi occhi, e non solo.
Portava degli insoliti tacchi alti, e questo destò la sua curiosità. Inizio a seguirla con lo sguardo, poi vide Eleanor salire sulla sua auto, si precipitò all'uscita per vederla mettere in moto la vettura e sgommare via sull'asfalto infido di quella gelida notte.
Corse alla sua propria auto e partì, senza dare spiegazioni ai parenti perplessi, e senza dire a che ora sarebbe tornato. Dopo pochi secondi, il ragazzo e il suo Land Rover blu notte scomparvero dietro la terza strada sulla sinistra.



Il locale non era affollatissimo, il che provocò una 'delusione' per Eleanor che sperava di immergersi nella massa e diventare come un minuscolo granello di sabbia su una spiaggia. Cercò subito un po' di sollievo al banco degli alcolici. Dicevano spesso che quelle bevande aiutavano, per un temporaneo lasso di tempo, a dimenticare i problemi.
«Il drink più forte che hai» ordinò al barista.
«Una ragazza sexy come te, che affoga una delusione sentimentale nell'alcool? Credimi, quel ragazzo non ti meritava...» rispose invadente l' omino al di là del bancone mentre preparava l'alcolico, flirtando spudoratamente. Quest'ultimo atteggiamento alterò ulteriormente Eleanor, che detestava i tipi arroganti e invadenti. Evitò di ribattere al barista e silenziosamente iniziò a bere il suo cocktail.
Louis fece il suo ingresso nel locale dopo aver dovuto parcheggiare lontano dall'edificio per non farsi notare troppo dalla mora, che lo avrebbe sbranato vivo, se avesse scoperto che la stava tenendo d'occhio.
Anche se c'era poca gente il casino era comunque elevatissimo e i pochi pescegatti che frequentavano quel posto facevano baccano per mille.
"Il posto adatto per mescolarsi con la massa..." pensò il ragazzo. Poi vide la sua vicina di casa proprio seduta al bancone che con gli occhi lucidi guardava la pista da ballo persa in chissà quale pensiero. "e anche il posto migliore per dimenticare..." aggiunse.
Non era normale...
Si, Louis iniziava a pensare che la ragazza non avesse tutte le rotelle al proprio posto, erano troppi i comportamenti ambigui e strani che la aveva. Non sapeva che però ben presto avrebbe capito molte, moltissime cose...
«Hey El, anche tu qua?» si avvicinò con nonchalance.
«Oh ciao... Che ci fai qui?» replicò lei.
"Bene, se l' è bevuta" pensò.
«Come mai sei venuto anche tu qui, tutto di fretta?» domandò ancora lei.
«P-perché di fretta?» balbettò.
«Beh hai dei vestiti che di solito si usano per fare i lavori in casa...»
«Ehm.. - tentennò il moro - sono venuto di corsa... perché... dovevo venire qui a salutare alcuni miei vecchi amici..»
«Oh che bello - 'esultó' El senza troppo entusiasmo - Me ne fai conoscere qualcuno?» chiese con sorriso beffardo.
«Oh.. Ehm.. Si, certo» disse guardandosi disperatamente attorno. Eleanor rise sotto i baffi.
«Pensi che non abbia visto te precipitarti fuori da casa, e la tua auto seguirmi a debita distanza fino a qui?» chiese la ragazza, guardando di sottecchi il vicino. Il ragazzo si sentí improvvisamente i muscoli imbalsamati. Tremendamente spento, scoperto, beccato, colto in flagrante.
«Allora non sei ubriaca...» affermò con voce rauca.
«Caro mio... Te lo ripeto - disse alzandosi la mora - Tu non mi conosci» sussurró a fior di pelle all'orecchio di Louis. La musica era alta, ma di certo delle potenti casse non potevano impedire a quei due di parlarsi. Non lo sapevano ancora ma i loro cuori erano più vicini di quanto mai potessero immaginare.
La ragazza bevve tutto d'un sorso il rimanente del suo drink e diresse i suoi tacchi alti in pista dove iniziò a ballare in modo provocante. Non sembrava la ragazza fragile e riservata che Louis aveva conosciuto. 

 

Quando la vide strusciarsi contro un ragazzo sconosciuto perse il senno della ragione e fregandosene di tutto quello che non riusciva a capire del carattere di Eleanor, si fiondò al centro della stanza per spintonare via lo sconosciuto e trascinare con se’ la mora.
«Andiamo a casa, ora!» sentenziò il ragazzo.
«Non ci penso neanche! Non sei nessuno per dirmi quello che devo fare!» replicò infuriata Eleanor.
«Tu non stai bene!! Non hai capito che ci tengo a te?! Non ti lascio qua a farti vedere da dei mammalucchi ubriachi!» gridò quello.
Le parole che si avventarono su Eleanor le fecero capire la grandissima cavolata che stava facendo, facendola rinsavire tutto d’un colpo e a testa bassa decise di seguire il ragazzo fuori da quel locale. Louis di primo acchito rimase sorpreso dall’umile reazione della ragazza, capì che doveva esserle scattato qualcosa dentro che l’aveva spinta ad ascoltare il suo consiglio, o forse le parole che aveva detto l’avevano compunta al cuore a tal punto da indurla ad ascoltarlo…  In ogni modo ora erano fuori da quel locale incasinato, Louis le aveva preso il giubbotto ed erano entrambi usciti da lì. Il silenzio era imbarazzante, i sospiri pesanti, i passi indecisi e trascinati. Eleanor si dirigeva verso la sua macchina e il ragazzo la seguì senza fiatare. Eleanor fece per tirare fuori le chiavi della macchina quando si ricordò di aver lasciato la borsa al bodyguard all’entrata.
«La tua borsetta…» esordì Louis.
«Si lo so, l’ho lasciata dentro» lo interruppe la ragazza, brusca, poi si pentì del tono sgarbato che aveva appena usato «S-scusa» balbettò.
«Per cosa?» chiese stupito il moro.
«Non ho motivo per trattarti male, è solo c-che…» la ragazza inspirò profondamente e poi lasciò andare un sospiro che formò una nuvoletta calda in quell’aria gelida «Vieni, facciamo una passeggiata…» propose.
«Ma la tua borsetta?» domandò Louis.
«Non penso che qualcuno tenterà di rubarla a quel bestione di un bodyguard» sogghignò la ragazza, infilando le mani nelle calde tasche del suo giubbotto.
Ora camminavano uno affianco all’altro mentre Eleanor parlava lentamente seguendo Louis, che conosceva il posto. Lui la stava guidando a un parco giochi, a quest’ora deserto. Per qualche momento Eleanor ripensò alla sua stupida decisione di raccontare tutta la sua vita a quel ragazzo… a quella popstar… si sentiva quasi violata nel raccontare i dettagli della sua vita a qualcuno, specialmente a una persona che poi non avrebbe rivisto solo qualche volta all’anno, una persona che girava il mondo e che di persone come lei poteva averne conosciute tante, ma in quel momento aveva bisogno di sfogarsi, sentiva che era l’unico modo per liberarsi di quei pesi. E Così fece, mentre parlava pensò più volte che aveva sbagliato a vuotare il sacco, si malediceva per aver aperto quella sua boccaccia, solo che non sapeva di avere appena trovato un vero amico.
 
Louis la ascoltava con attenzione mentre lei raccontava ogni dettaglio di quella vita disgraziata. Louis guardava i suoi occhi nocciola inumidirsi, guardava quel suo sguardo languido che lo scuoteva dentro, e sentiva le sue parole spezzate dal dolore, dall’amarezza, da tutti quei sentimenti negativi che avevano stravolto la sua vita. “Non se lo merita” pensava… però era incredibile quanto la vita fosse stata ingiusta con lei, non riusciva a capacitarsi di tutte quelle difficoltà che Eleanor aveva attraversato, non capiva perché proprio a lei fossero dovute capitare. Le voleva bene, troppo bene, forse anche qualcosa di più. Tutto era così diverso quando era con lei, era come se ci fossero solo loro due in quell’immenso universo. Sembrava stupido pure a se stesso pensare una cosa simile ma sapeva che era realmente così. Lui, che aveva spezzato il cuore a una ragazza per concentrarsi sulla sua carriera, ora stava provando gli stessi sentimenti che aveva provato per Hannah, ma stavolta era tutto diverso. Ci teneva a Eleanor. Non che a Hannah non tenesse, ma con El era tutto diverso, sentiva che si sarebbe legato a lei e non l’avrebbe mai lasciata andare. Stavolta non poteva permettersi di lasciare un cuore, già ripetutamente infranto, dietro al suo cammino. Era troppo fragile e lui si sentiva di doverla tenerla stretta a se. Tenerla vicino e curarla come se fosse parte di se, perché l’amava come amava le sue sorelline. Lei era per lui una sorella in più a cui badare, ma ciò non gli pesava.
«E’ stato difficile fino ad ora… Ho sempre dovuto contare su me stessa – singhiozzò la ragazza – ma adesso ho trovato delle persone speciali» concluse guardando Louis, abbozzando un sorriso. Louis portò una mano sul ginocchio della ragazza, lei poggiò la mano sopra la sua e sorrise guardando in basso, mentre morsicava leggermente il labbro inferiore.
«Amici?» chiese speranzoso il ragazzo, tentando di compiere un primo passo.
«Certo.» sorrise la ragazza gettando lentamente, con cautela, le braccia al collo del moro, che la strinse tanto forte da infondergli tutto il suo calore.
«Torniamo alla macchina? C’è freddino qui fuori non credi?» sogghignò lui.
I due si avviarono all’automobile di Eleanor. Quando lei aprì la portiera si voltò verso Louis che stava lì come per attendere una reazione da parte della mora.
«Beh allora ci vediamo domani» sorrise la ragazza.
«Non dimentichi qualcosa?» le chiese guardandola di sottecchi. La ragazza lo guardò attentamente, un po' scombussolata «E’ il 26 dicembre… due giorni fa…»
«Continuo a non capire» rispose, ancora perplessa.
«Ho 20 anni…» affermò il ragazzo.
La ragazza intuì cosa intendeva Louis ma non gliela diede vinta, non ancora.
«Bene… e io cosa centro?» ghignò.
Lui la guardò stupefatto, Eleanor mise in moto la macchina ma prima di partire tirò giù il finestrino «Buon Compleanno!» esclamò sorridente mentre sgommava via. Louis si lasciò scappare un sorriso, rimase inebetito a guardarla andare via e poi iniziò a camminare verso la sua macchina. Guidò fino a casa sua e entrò, evitando tutte le domande che i parenti gli stavano ponendo insistentemente. Si stese sul suo letto e guardò il soffitto così intensamente che si addormentò prima che qualcuno potesse salire a chiedergli spiegazioni.

  
 


Ehiiiii!!!!!
#AngoloAutrice

So che questo capitolo non è molto lungo ma ho già suddiviso gli episodi, quindi scusate ç-ç
Ci sono rimasta malissimo quando ho visto Eleanor che fuma e beve come un alcolizzata, e mi sono detta "cavolo ho sbagliato persona" non la si può abbinare per niente alla Eleanor che descrivo nella mia storia .___. EPIC FAIL ç.ç vabbè...cecherò di mettere i capitoli un po' più velocemente, quando la scuola me lo permette ._.
tra non so quanto, aggiornerò anche Payphone. non è che sono ferma con lo scrivere è che scrivo non appena c'è un tempo morto (o in certi casi un ora morta ._.) quindi sto scrivendo parecchio è solo che ci metto una vita per formattare il testo quindi nn riesco a caricare spesso ç_ç
Non ho molto da dire... Ringrazio infinitamente tutti quelli che hanno messo la mia storia nelle seguite/preferite/ricordate e soprattutto quelle ragazze che mi danno i miei piccoli grandi momenti di gioia con le loro recensioni. Grazie Grazie Grazie ♥ Spero vi piaccia anche questo capitolo, dove El si svuota finalmente e inizia a fidarsi di Louis. Fatemelo sapere con una recensioncina, anche piccola *occhi da cucciolo*

Un Bacio e alla prossima (spero presto xD)
~ xx Gio. ♥

Ritorna all'indice


Capitolo 14
*** Cupid Tonight ***



"...
You're the perfect part of me, You're the oxygen I breathe,
You're a superstar, A work of art. It's electricity...
It's a sweet romance, A spotlight dance,
Girl you shake me to my bones..."
Cupid - Daniel Powter

La mattina seguente arrivò come un soffio di brezza mattutina. Louis si stiracchiò e si posizionò a pancia in su, fissando intensamente il soffitto.
«All’improvviso l’intonaco bianco del soffitto di camera tua è diventato così interessante?» domandò una voce nella stanza. Il ragazzo si voltò di scatto, turbato.
«Ma tu non eri partito?» domandò Louis.
«No, mia madre ha avuto un imprevisto… Ha detto che ci vedremo durante l’anno…Bah… Non c’è cosa più brutta che perdere oltre al natale, anche il capodanno in famiglia» si lamentò l’altro.
«Dai Harry, non l’ha mica fatto apposta…» rispose il ragazzo.
«Si ma natale è natale…» brontolò di nuovo il riccio «Ma comunque penso che tu debba spiegarci qualche cosa…» ammiccò.
«Pervertito – dissentì il ragazzo – non è successo niente» spiegò.
«Dalla tua faccia potrei dire che l’hai baciata…»
Louis spalancò gli occhi «MA TU SEI SCEMO! – gridò – io non vado mica in giro a baciare la prima che mi capita a tiro! Come fa certa gente…» rispose.
«Intanto non sai quante gnocche che mi sono capitate a tiro…» lo schernì Harry.
«Sempre il solito…» mormorò, scuotendo il capo. Il riccio fece una smorfia, gli dava fastidio il fare moralista di Louis, perché alla fine l’unico nella band che rispettava quei valori era Niall, però si limitò a ridere di gusto e alla sua risata di accompagnò subito dopo quella di Louis, più sereno di prima.

-



Eleanor si stiracchiò nel letto, non voleva alzarsi. Per colpa della sua sbadataggine aveva lasciato la finestra aperta e la stanza era freddissima, tirò su le coperte fino a coprirsi gli occhi e la fronte, poi si limitò ad ascoltare. Il silenzio veniva squarciato dallo scroscio incessante della pioggia, e dai flebili soffi di vento gelido che riempivano la stanza.
«Piove… Strano» buffò seccata.
Quando terminò di fare colazione, la pioggia cessò. Eleanor si chiuse in stanza per riuscire a studiare il resto delle pagine che la professoressa le aveva assegnato. La noia la assaliva sempre più.


Non era una giornata interessante, così i ragazzi organizzarono una partita alla play a casa loro. Tutto filava liscio, si divertivano tutti quanti, lasciando i problemi fuori da quegli istanti magici e preziosi. Louis mentre scartava Messi alla play pensò che sarebbe stato carino chiamare Eleanor, per passare un po' di tempo insieme... Voleva conoscerla meglio, come amici si intende. Non voleva lasciarla fuori, specialmente dopo l’altra sera. Se prima era attratto da quella ragazza misteriosa, ora che il segreto era stato svelato ne era affascinato, colpito, stregato. Innamorato.
Non aveva fatto parola con nessuno del segreto, proprio come aveva giurato a Eleanor.
Così decise di andarla a chiamare, sotto lo sguardo attento delle sorelline: che non aspettavano altro.
Il ragazzo arrivò davanti al campanello.
“Suono o non suono? La chiamo o non la chiamo? Oddio cosa faccio!?!?” Automaticamente il dito del disperato Louis si posò sul campanello. Lo staccò in preda al panico, il ragazzo si torturava con pensieri stupidi: “Oddio ho suonato ho suonato? E adesso!?!? Scappo, si decisamente! … Ma perché sono così in ansia? In fondo è solo un’amica… o forse no?”
Eleanor scese ad aprire e rimase piacevolmente sorpresa nel trovare Louis, diciamo che se la aspettava quella visita, voleva passare più tempo con lui. D’altronde ieri sera l’aveva ascoltata e consolata, gli aveva fatto capire che la sua fiducia era ben risposta e lei non se ne era rammaricata affatto.
«C-ciao Eleanor…» iniziò lui un po' teso « stavamo facendo una partita alla wii a casa nostra, ti va di venire a passare il pomeriggio con noi?» sorrise timido.
«Certo con piacere!!» esclamò lei, contenta di non dover stare rinchiusa in camera a studiare. Desiderava tanto stare con tutta la famiglia Tomlinson, la famiglia felice che non aveva mai avuto, però per non essere invadente rimaneva nella sua casetta fino a che non la venivano a chiamare loro. Ora però si sentiva più libera, specialmente nei confronti di Louis. Lui le porse il braccio con fare da gentiluomo e El, dopo un attimo di esitazione, lo strinse e a braccetto si avviarono fino a casa, ridendo e scherzando come solo loro potevano fare.
Le piccole Phoebe e Daisy assistettero a tutta la scena spiando dalla finestra della cucina.
«Che teneri!» esclamò la prima.
«Sono davvero adorabili!!» aggiunse l’altra.
Lottie che dal salotto aveva udito le esclamazioni delle piccole accorse, per vedere i due ragazzi avvicinarsi alla porta d’entrata.
«Vi piacerebbe vederli insieme, come fidanzati?» domandò sorniona alle sorelle.
«Siii!!!» sorrisero ampiamente le due gemelle.
«Allora ascoltatemi attentamente…»


-


Era incredibile quanto ci avessero messo quei due a percorrere i pochi metri che distanziavano casa Tomlinson da casa Calder. Louis e Eleanor varcarono la soglia e le bambine saltarono addosso a El come sempre. La adoravano, e il fatto di farla entrare a far parte della loro famiglia le aveva messe sottosopra, non vedevano l’ora di mettere in atto il piano di Lottie. Dopo tanti saluti vari, si appostarono tutti sul divano o sul tappeto di fronte alla TV per giocare insieme. Passarono all’incirca due ore quando terminarono l’ennesima partita a Mario Sports Mix.
«Eleanor…» miagolò Phoebe «Stasera vieni con noi?»

«Dove?» domandò Eleanor curiosa.


Il piano di Charlotte Tomlinson aveva avuto inizio.

-

Per quanto Doncaster fosse una cittadina tranquilla, nessuno aveva mai raccontato a Eleanor quanto fosse animata la sera. E quella sera sarebbero tutti andati alla festa del paese che si celebrava tra natale e capodanno. Giunsero tutti e 8 alla piazza di Doncaster, tutti salutavano animatamente Johannah e Mark insieme alle gemelle e Lottie. Harry e Louis non si erano dovuti travestire, a differenza di come dovevano fare ogni volta che uscivano per andare da qualche parte. A Doncaster tutti conoscevano Louis e lo rispettavano come una persona normale, non come il cantante dei One Direction, e non ebbero problemi a farlo sentire a casa.



I sette omini sul palco, armati di chitarra, violino, flauto, pianobar, batteria, tamburelli e altri strumenti vari iniziarono a suonare.
http://www.youtube.com/watch?v=J4dagWIRd48

Eleanor guardava tutti muoversi a tempo, non conosceva il ballo ne’ tantomeno avrebbe iniziato a ballare, si considerava una vera e propria frana.

«Eleanor vieni» le sorrise Louis porgendole la mano.
«Non conosco i passi!!» gridò per farsi sentire sopra la musica.
«Te li insegno io!!» gridò lui di rimando.
«No dai, divertiti! Faccio il prossimo se riesco» sorrise stringendo a braccia conserte il cappotto color cappuccino. Il ragazzo ricambiò il sorriso e tornò dalle sorelline a danzare insieme a loro. Eleanor li guardava tutti, i componenti della famiglia Tomlinson scatenarsi ballando insieme a tutti gli altri, sembrava una di quelle danze degli anni ’70 eppure anche se non partecipava al ballo si sentiva bene, come a casa e finalmente, dopo tante amare delusioni, in pace con se stessa.
 
“…Take me out spin me around, We can laugh when we both fall down, Let's get stupid dancing with cupid tonight…”


«Che cosa?!» esclamò Lottie «Nono vai a ballare subito con Eleanor» ordinò la ragazzina lasciando li il fratello.

Mandò le piccole gemelle a esasperare la mora, per riuscire così a convincerla a ballare... Con Louis.

«Va bene, va bene» acconsentì Eleanor dopo un paio di minuti di suppliche sentite. Si avvicinò a Louis, che stava ballando una di quelle canzoni allegre e senza senso, prese per mano Eleanor e ridendo iniziarono a ballare, anche se El riuscì a stento a tenere il ritmo.

Stavano divertendosi come dei matti a imparare le varie mosse, quando lo zampino di Lottie fece la sua comparsa. Chiese ai ragazzi sul palco di suonare una canzone smielata. Poi il resto avrebbe fatto il suo corso. La canzone che misero su, dedicandosi una pausa, era "I Will Always Love You" di Whitney Houston.

«Oh... Che bella questa canzone» affermò Eleanor alzando lo sguardo verso la cupola blu notte che quella sera faceva da sovrana, socchiuse gli occhi come per sentire più vicino quella calda voce che intonava una melodia incantevole.

«Mi concede questo ballo?» chiese Louis tentando di sembrare il più gentleman possibile, ma nel suo sorriso qualcosa era diverso.

Eleanor la notò, notò la stessa scintilla negli occhi che il ragazzo aveva già la scorsa sera. Accettò l' invito e appoggiò la testa sulla spalla del ragazzo, mentre lentamente si muovevano, facendo finta di seguire la musica. Louis chiuse gli occhi per assaporare quel momento, quando li riaprì quasi sobbalzò nel trovarsi vicino Lottie che con sguardo minaccioso tentava di dirgli qualcosa con un labiale, che per Louis era incomprensibile.



Stava per finire la canzone, e i due erano ancora abbracciati, Lottie doveva fare qualcosa.

Mancava troppo poco per agire in quel breve lasso di tempo così escogitò una sorta di piano B, chiamando a raccolta le sorelline Tomlinson.

«Vado a prendere da bere...» propose El.
«No non ti preoccupare, faccio io» sorrise Louis. In meno di un minuto si allontanò, arrivando al tavolo delle bibite. Stava versando del the caldo per Eleanor quando una voce familiare lo chiamò, proveniente da dietro di se'.

«È da tanto che non ti fai vedere Louis...»

        Continua...

#AngoloAutrice:
Ehilààà finalmente mi sono fatta viva, eh si ma la scuola non mi da tregua... comunque... mi scuso enormemente per il capitolo obrobrioso che ho appena caricato ._. l'avevo scritto già da tempo, l'ho letto e riletto più volte ma la prima parte non mi convince ancora :( spero che me lo possiate passare come quasi decente, il prossimo sarà più interessante ve lo prometto :D chi è che parla con Looouuuuiiisss? ^^ indovinate :D

ah e vi chiedo di scusarmi per l'orrenda immagine col titolo del capitolo (che gioco di parole pessimo) ma photoshop non mi va più, secondo voi perchè? ho patchato il computer e scaricato alcuni programmini, ma fino all'altro giorno andava :( sono disperata, cosa posso fare? :''(
*Help Me ç.ç*

comunque voglio dare un ENORME SPAZIO TUTTO DEDICATO A QUELL'IRLANDESE MERAVIGLIOSO CHIAMATO NIALL HORAN ♥ CHE FINALMENTE SI E' FIDANZATO CON LA FANTASTICA DEMETRIA DEVONNE LOVATO!!!!!!!

DIALL!! ♥
(so che è un fotomontaggio ma sto ancora aspettando le loro foto insieme .__.)
 

CHETTENERI LOROOOOOOO *-*
Vabbè dopo aver stressato come mio solito, mi dileguo, spero di metterci un po' meno a caricare il prossimooooo :) un baciooooooo
~ xx Gio. ♥

Ritorna all'indice


Capitolo 15
*** True Love Kiss. ***




 

«Vado a prendere da bere...» propose El.
«No non ti preoccupare, faccio io» sorrise Louis. In meno di un minuto si allontanò, arrivando al tavolo delle bibite. Stava versando del the caldo per Eleanor quando una voce familiare lo chiamò, proveniente da dietro di se'.


«E' da tanto che non ti fai vedere, Louis...»

Louis si voltò di scatto, rischiando di far cadere i drink.

«Ciao Hannah» rispose freddo. Non aveva motivo di fare il distaccato con Hannah, anzi lo avrebbe dovuto fare lei dopo quello che Louis le aveva detto. Se era lì c'era un motivo ben preciso, e questo a Louis non piaceva.

«Come mai da queste parti?» chiese Hannah.

«Una piccola vacanza» replicò semplicemente lui.

La ragazza non sembrava turbata dalla vicinanza a Louis, non aveva nemmeno lo stesso atteggiamento che ha una pantera quando caccia la sua preda. Era più a caccia di ... Risposte. Le si leggeva negli occhi una tristezza profonda come l'oceano, un vuoto incolmabile e un cuore spezzato ridotto a un cumulo di cenere che viene portato via dal vento autunnale.
Guardava Louis proprio come lo guardava un anno prima e come lo guardava da quando l' aveva conosciuto: lo sguardo di un'innamorata.
Perché Hannah l' aveva veramente amato e lui aveva veramente amato lei. Però lui non l' aveva amata abbastanza. Aveva preferito la carriera e aveva lasciato da parte lei, innocente e troppo troppo malata. Malata d'amore.

«Hannah so che quello che ti ho fatto è sbagliato ma non avercela con me ti prego...Avevo bisogno di...» la supplicò Louis andando dritto al punto. Odiava quel silenzio assordante.

«Louis io non ce l'ho con te. Io non ti odio. Non potrei mai - sospirò celata da una tristezza evidentemente amara - ti va di tornare almeno amici?» domandò
speranzosa. Gli occhi azzurri luccicavano sotto la luna crescente e dietro una sottile riga di lacrime formatasi in essi. Faceva male chiamarlo amico, ma altrimenti l' avrebbe perso per sempre e non voleva. Teneva troppo a lui, per lasciarlo andare così.

«Nessun problema» sorrise, con l' azzurro dei suoi occhi riempire il cielo di quella nuvolosa e fredda notte di dicembre.

«Possiamo ballare insieme?» domandò Hannah timidamente.

«Certo» acconsentì «ma sempre come amici..» precisò Lou.

Proprio mentre arrivarono sulla "pista da ballo" il dj fece partire una canzoncina animata.

"ottimo" osservò Lottie con sguardo complice.

Eleanor aspettava vicino a una transenna nei pressi della zona allestita per il cibo e bevande varie, quando le si avvicinò Phoebe chiedendole di ballare. Stavano tutti aspettando che i vari musicisti tornassero su per mettere una nuova canzone vivace. Eleanor venne trascinata in pista da Phoebe e in seguito anche da Lottie e Daisy, poi Louis la prese per mano e la portò vicino a Hannah.

"no, non fare quello che penso che tu stia per fare" temette Lottie. E a ragione, dopo esattamente un millisecondo, Louis presentò Hannah a Eleanor.
"Diamine, perché Louis devi sempre rovinare le cose così?!" si lamentò Lottie tra se e se.

Mentre i ragazzi facevano le presentazioni partì un Petit Riens, il ballo popolare per antonomasia, quello che comporta un intreccio di personaggi a passo di danza simulando così il rincorrersi degli innamorati. Eleanor non aveva mai provato quel ballo, Louis solo una volta ogni tanto a queste feste di paese... La musica cominciò e ognuno era al suo posto, donne di fronte al loro partner schierati in fila.
Eleanor aveva davanti un uomo di età abbastanza avanzata e iniziò a seguire le stesse mosse che le altre donne compivano, si sentiva un tantino inibita ma si lasciò trasportare, d'altronde era quello ciò in cui consisteva il ballo. Prese a braccetto diversi 'cavalieri' ballava sorridendo a tutti essendo felicemente in pace con il mondo e con se stessa. Più volte le sembrò di dover finalmente prendere a braccetto Louis ma dovette aspettare ben sei cambi prima di poter cadere tra le sue braccia. Louis aveva iniziato a braccetto con Hannah, che aveva già capito chi era Eleanor e non ne era stata troppo felice. Cambiò diverse 'dame' senza però mai distogliere lo sguardo dalla radiosa Eleanor che sorrideva così spontaneamente come la vedeva solo da pochi giorni.

Il momento tanto atteso arrivò. Erano loro due. Nessun altro, non per loro.
Gli occhi si magnetizzarono come calamite, che non possono staccarsi l'una dall'altra. Attratti com'erano sbagliarono alcuni passi, ma non aveva importanza. Non in quel momento.

Lottie assisteva compiaciuta "è fatta" pensò.

Le mani unite, palmo contro palmo. Gli occhi elettrizzati, a contatto quanto le loro mani. I busti di sbieco, ma i volti perfettamente paralleli. Le dita si intrecciarono, gli sguardi più incatenati di prima si avvicinavano seguiti a ruota dal resto del corpo. La ballata terminò con un rullare di tamburi concluso da uno schiocco secco di un tamburello con piattini. Louis posò la mano destra sul fianco di Eleanor, e lei la mano sinistra sulla sua spalla. Era finito il momento magico. Si staccarono immediatamente imbarazzati, e avvamparono entrambi senza cercare di farsi notare. Ma era inutile.

 
 
«Eleanor dobbiamo andare, vai a chiamare Louis per piacere?» domandò gentile Phoebe a fine serata, verso le 23.30...

«Ehmm... Ok» tentennò, assecondando però la richiesta della piccola.

Alcuni stavano aiutando e riporre ogni cosa che era stata utilizzata, chi raccoglieva le sedie, chi puliva il palchetto, chi toglieva le tende dal palchetto... Ma in mezzo a quei quattro gatti non riuscì a individuare Louis. Le fioche luci dei lampioni illuminavano a tratti l' asfalto umidiccio ricoperto di festoni sciolti. Eleanor si guardava intorno un po' smarrita.

«Louis!» chiamò. «Scusi sa dov'è finito Louis... Louis Tomlinson?» chiese a una vecchietta che stava riordinando il banco delle bibite.

«Il piccolo Louis? L'ho visto andare di là» disse indicando un vicolo poco illuminato.

«Oh grazie - rispose - Louis!» chiamò di nuovo stretta nel giubbotto, con le braccia conserte.


Nel vicolo c'erano due ombre poco distinguibili, parlavano con voce sommessa ma animatamente, El non riuscì a distinguere le parole.

«Louis?» chiamò di nuovo con un tono di voce moderato, come se non volesse disturbare la conversazione dei due sconosciuti. Vide un ombra dissolversi, andarsene per la via opposta e dall'oscurità del vicolo spuntò Louis. Aveva una leggera ferita sopra l' occhio e un livido gigante sullo zigomo sinistro.

«Dio mio Louis che cosa ti è successo?!» esclamò preoccupata la ragazza correndogli incontro e accarezzando delicatamente le parti del viso ferite. Louis fermò le mani della ragazza prima che potessero toccare il suo volto. Le bloccò i polsi in una morsa mentre lo sguardo rimaneva fisso verso il basso. Eleanor rimase stupita dalla brusca reazione del ragazzo. Iniziando a tremare come una foglia, un po' per il freddo e un po' perchè quella situazione non era tra le sue preferite, spalancò i due grandi occhi nocciola.

«Cos'è successo Louis...?» domandò in un sussurro, cercando il suo sguardo.

«N-niente Eleanor... Non preoccuparti..» affermò lui allentando la presa e accarezzando le mani della ragazza che ora si erano poggiate sulle sue fredde gote. Alzò lo sguardo e i suoi occhi color cielo si fusero con quelli color nocciola della ragazza che lui amava più di chiunque altro. La ragazza che aveva appena difeso da due ragazzi poco seri e con brutte intenzioni, che lo avevano per di più minacciato.
Uno se n'era andato dopo poco, l' altro l'aveva sfidato e lui non si era tirato indietro.
Quei due grandi occhi azzurri la fissavano supplichevoli, erano due meravigliosi angoli di cielo che le permettevano di perdersi tra le nuvole. Non voleva distogliere lo sguardo, amava quegli occhi. Amava lui. Decise di non chiedere altro, se Louis avesse voluto gliel'avrebbe raccontato di sua volontà.

«Ti ..» sussurrò Louis, ma ritirò subito le sue intenzioni.

Quella sillaba fece sobbalzare Eleanor, che anche se non lo ammetteva a se stessa, avrebbe voluto che Louis continuasse quella piccola grande frase. Non sapeva cosa fare, il cuore diceva "buttati" ma la testa replicava "soffrirai se lo fai". Erano attimi di silenzio, lunghi, interminabili. Erano attimi riempiti solo dal battere agitato del loro cuore, all'unisono. All'improvviso, con un movimento repentino Louis portò la mano destra sulla nuca della ragazza e l' avvicinò lentamente a lui. Poggiò la sua fronte su quella di lei, dandole il tempo di scostarsi se avesse voluto.
Prima i loro respiri si fusero, poi le labbra si incontrarono in quello che tutti e due avrebbero per sempre ricordato come il bacio del vero amore.


 



#Angolo Autrice:
ehiiiiii!!! Come va mie belle brioche ripiene di nutellaaa?? :D (scusate ma ho fame)

Comunque....
Non potevo non mettere la foto di Jack e Rose dopo il ballo *-* tra l'altro era un ballo tipo quello, c'è io me lo ero immaginata un po' tipo quello che si vede in rapunzel non so se avete presente... 
io ho cercato e credo che sia il 'Petit Riens' ma vabbeh... voi come ve lo siete immaginato? vi è piaciuto?
E cosa ne pensate del bacio? Lottie avrà portato a termine il suo piano? ^^
ah e non preoccupatevi, chi temeva per quella che si è rivelata essere Hannah, è innocua ;D

la trovate noiosa? avete qualche suggerimento? :)

Per la foto finale non ne trovavo nemmeno una con una bella notte di luna piena quindi l'ho messa con il sole che tramonta e poi con la pioggia, per dare un po' l'idea ma mi sa ke nn funziona xD beh comunque spero abbia dato l'idea xD non vedo l'ora di postare il prossimo capitolo.

Vi avverto che questa serie la finirò presto perchè voglio farne una tutta originale (u.u) e spero la seguiate e la recensiate (?) anche se non sarà sui One Direction, mi sono un po' stufata di farla sempre su di loro oramai descrivo sempre le stesse cose .__. mi sento un po' monotona così ne voglio iniziare una originale, spero tanto che ci sia qualche buon anima che la legga e la recensica. comunque bando alle ciance e passiamo al sodo.
VI PIACE LITTLE THINGS?! *-* IO LA AMOOOO *-*
Un bacione a tutte quelle ke leggono e un grazie infinito alle sei che hanno recensito e le due ragazze che hanno lasciato un commentino che mi è arrivato per posta :) continuate così!! ve ne prego *.* xD

~ xx Gio. ♥

Ritorna all'indice


Capitolo 16
*** Con te partirò ***


 Capitolo 15.

We should love, not fall in love because everything that falls gets broken.
- Taylor Swift


Passarono intensi minuti sotto quella volta celeste che splendeva con le loro labbra più in contatto che mai. Quando il fiato iniziò a farsi corto, nonostante fosse un bacio dolce e casto, lentamente si allontanarono, ma ancora avidi del sapore delle labbra l'uno dell'altro. La prima a parlare fu Eleanor, la più sconcertata dei due.

«P-perché l'hai fatto?» mormorò abbassando il capo, allontanandosi e sfregando una mano contro l'altro braccio.

«Beh.. vedi...» Louis tentava di spiegare i suoi sentimenti ma come apriva la bocca nessun suono usciva, le parole gli morivano in bocca. Era questo l' effetto che Eleanor gli faceva.

Lei lo guardava con quegli occhioni grandi e dolci, incerti e ansiosi di ricevere la risposta desiderata a quella domanda tanto angosciosa. Era inutile impedire a quell' impertinente vocina pessimista nella testa di dire "hai sbagliato, visto? Solo una delle tante"

"Non era così che doveva andare" sperava Eleanor mentre dalla bocca di Louis continuava a non uscire nessun suono. Poi prese fiato, un respiro profondo e parlò.

«Ti amo Eleanor, so che potresti dire che è perché sono una viziata superstar ma ti supplico non odiarmi ho passato i giorni più belli delle mie vacanze conoscendoti e diventando tuo amico, so che così avrei potuto rovinare tutto ma non potevo non farlo-» iniziava a parlare a vanvera, non prendeva più fiato e stava visibilmente diventando paonazzo per l' ansia che aveva addosso.

«Louis» chiamò Eleanor.

«Dimmi» cercò di calmarsi lui.

«Taci» e detto questo riavvicinò le loro labbra per poter assaporarne il calore in quella fredda nottata invernale.

«Ti amo anch'io Louis.» ammise la mora, con molto sforzo. Erano parla che non aveva mai detto, parole che non le avevano mai sfiorato la mente perché non aveva mai provato quei sentimenti con nessuno, fino a quando non aveva dato a Louis l' opportunità di guadagnare la sua fiducia, e aveva superato il test brillantemente. Ora erano solo loro due.

«È meglio tornare... Gli altri ci stanno aspettando, Harry deve preparare le valigie...» sussurrò Louis con la fronte appoggiata a quella di Eleanor, mentre i loro respiri caldi formavano nuvolette di vapore nell'aria gelida e tagliente. Si avviarono a a braccetto, non come l' altra volta amichevolmente, questa volta era un braccio stretto all' altro, molto più romantico. Eleanor si chinava verso il petto di Louis, appoggiando il capo sulla sua spalla, e arrivarono alla macchina dei Tomlinson con tutti i componenti già pronti sul sedile.

Lottie li osservava con sguardo complice e soddisfatto.

«Dov'eravate?» domandarono curiose le gemelle.

«Fatevi i fatti vostri» rispose Louis facendo la pernacchia alla sorella. Prese per mano Eleanor e presero posto nei sedili dietro insieme a Harry.

Quando Eleanor tornò in camera quella sera, rimase a pensare a cosa le fosse successo in quel momento magico dopo la festa. Si chiese perché si fosse sentita così travolta da uno zoo intero nello stomaco, non solo da semplici farfalle, come mai quel sentimento non l' aveva mai sfiorata. Sapeva che quello che l' aveva investita prepotentemente era quello che la gente chiama Amore, con la A maiuscola. Non era quell'amore scontato, passionale, che travolge come una vampata e poi si spegne di colpo. Perché lo stesso tempo che ci era voluto per farlo sbocciare, quel fiore bellissimo, ci sarebbe voluto altrettanto per farlo spegnere.
Così cullata dal dolce ricordo di quegli occhi celesti e cercando ancora sulle labbra quel sapore di vaniglia si addormentò.
Per Louis fu un po' più difficile prendere sonno quella sera.

«Porca miseria, ho fatto un disastro vero?» domandava il moro sdraiato sul letto a pancia in su con le braccia conserte dietro la nuca.

«No Louis l' importante è che vi amiate» ripeté per l'ennesima volta l'amico «l' unica cosa che conta è che siate felici, e che non combinerai un casino con la band»

«Ho fatto un casino» mormorò Lou portando una mano davanti al viso scompigliando i capelli.

«Beh allora Lou chiamami quando avete parlato te e lei, io sarò a casa sul mio divano, con la mia famiglia, quindi sii discreto grazie» lo rimproverò di nuovo l'amico, chiudendo l' ultima valigia e indossando il cappotto beige.

«E tu chiamami quando arrivi, mammalucco» lo salutò andandogli incontro con una bella pacca sulla schiena di quelle che si sente lo sciaf anche al piano di sotto. Dopo congedi vari Louis che non riusciva a dormire usci nella veranda sul retro per guardare il cielo, lo stesso che quella sera aveva fatto da testimone al loro primo bacio. Quel cielo così blu, come l'oceano, così limpido, con quelle gemme scintillanti che brillavano nell'oscurità luminosa. Tornò dentro per prendere da bere ma quando si coricò sul sofà non ci fu storia che tenne, sprofondò in un piacevole sonno. Si sa, la notte porta consiglio, ed era quello di cui Louis aveva bisogno.


A partire da quel giorno tutto andò di bene in meglio, il capodanno fu meraviglioso e segnò un nuovo anno all'insegna dell'amore. Sia per Eleanor che per Louis. Ma le vacanze giunsero alla loro fine...

 

«Allora ci vediamo domani?» sorrise El dando un bacio all'angolo delle labbra di Louis.

«Ehm El... Ecco» iniziò balbettando lui.
A sentire la voce così insicura Eleanor iniziò a dubitare subito della sua scelta: aveva accettato di essere la ragazza di Louis Tomlinson.

"lo sapevo..." pensò Eleanor.

«Io tra due giorni parto... Devo tornare a Londra, per il lavoro sai la band e tutto...» mormorò.

«Lo sapevo...» iniziò a singhiozzare, cercando di nasconderli inutilmente.

«Vieni con me a Londra, ti farò conoscere i ragazzi e tutti gli altri!» esclamò come acceso da un colpo di genio.

«Louis, io ho l' università... ho la casa qua, non posso mollare tutto, chi si occuperà di casa mia? Come pagherò le spese per la casa e per vivere? Non posso...» continuò lei soffocando le lacrime in gola, continuando a ripromettersi che non avrebbe pianto, non di nuovo.

"Lo sapevo, non avrebbe fatto altro che portarmi guai, non dovevo, non avrei mai dovuto fidarmi di lui. Mai." pensava Eleanor mentre con una mano si copriva la bocca cercando di non dare a vedere gli angoli delle labbra che si incurvavano verso il basso in una smorfia di disperazione.

«Lascia il passato alle spalle El...» ribadì lui «vieni con me a Londra...»

«Non posso lasciare tutto così...T-tu non puoi capire...dimentica me...dimentica noi. E' stato bello... Finché è durato...» sussurrò la ragazza, con gli occhi luccicanti, ma non luccicavano di gioia, luccicavano a causa delle lacrime che le inondavano gli zigomi.

Lacrime che segnavano un'altra delusione.

Un'altra, nella sua lunga lista.

Fece per voltarsi e andarsene, per sempre. Louis le bloccò il polso, la girò verso di se, la avvicinò con un movimento felino posando delicatamente una mano sul suo fianco. Eleanor continuava a guardare il basso voltata dall' altra parte, sapeva che non avrebbe potuto incontrare quegli occhi celestiali senza perdere un battito, o forse di più. Sapeva che tutti i suoi sforzi sarebbero scomparsi come le foglie trascinate via dal vento, la sua forza di volontà sarebbe stata inutilmente provata, e sarebbe crollata al loro contatto.

«Eleanor Guardami» la supplicò Louis, con la voce insensibilmente piatta. Lei non si voltava, così Lou prese l’iniziativa di guardarla negli occhi, quegli occhi nocciola che amava tanto, toccandole il mento con l’indice e trascinandolo verso di se. Oppose resistenza, ma non appena i muscoli del resto del corpo si allentarono, anche il mento seguì il movimento che Louis stava cercando di fargli compiere. Gli occhi languidi intenerirono il ragazzo, lei invece era ormai in pezzi. Era per quello che non voleva innamorarsi. Perché tutto quello che cade si rompe, lei era caduta nella trappola di Amore e Amore non perdona.

«Tu non ti preoccupare, penserò a tutto io, potremo stare a Londra tutti e due, vederci regolarmente e tu continuerai gli studi» spiegò Louis tenendole il viso sollevato con l’indice piegato.

«Louis, non voglio essere un ostacolo alla tua…»

«Non lo sarai mai» sentenziò il moro prima di lasciarla finire. Stavolta però l’indice sotto il mento di Eleanor non le impedì di lasciare cadere la testa verso il basso, sconfitta. «Pensaci bene»

El Tornò nel suo appartamento. Louis aveva detto che sarebbero partiti l’indomani e che se voleva venire con lui doveva farsi trovare pronta. Se fosse partita avrebbe anticipato il ritorno a Londra, lasciato da parte la casa, ma preso in mano la sua vita. In fondo Louis non aveva torto: Doncaster, sebbene fosse casa sua, era troppo legato al passato e troppo ancorato a brutte esperienze. Mentre decideva, china sui libri, il dlin dlon del campanello la interruppe e andò a vedere chi fosse, non escludendo l’ipotesi che fosse Louis che veniva a ricordarle qualche cosa riguardo al viaggio, per convincerla a partire.

Aprì la porta e trovò una ragazza di 30 anni avanzati, che con un bigliettino giallastro in mano la guardava esterrefatta. In aggiunta, le somiglianze tra El e la signora sconosciuta non mancavano.

«E’ questa casa Calder?» domandò dopo averla fissata per qualche secondo che sembrò interminabile.

«S-si…» rispose incerta Eleanor.

«E-e tu sei… - ansimò la donna, gli occhi si riempirono di lacrime, e con il naso arrossato per il freddo iniziò a tirar su – Eleanor?»

Quel nome pronunciato dalla bocca di quella donna provocò una reazione indescrivibile in Eleanor che la guardava stizzita.

«E lei come lo sa? Cosa vuole da me?» replicò con fare circospetto, cercando di mascherare lo stupore.

«Mi chiamo Amanda, piacere» disse porgendo la mano.

Eleanor non la strinse «Cosa vuole da me?»

«Beh… penso che tu lo debba sapere, tanto lo scoprirai comunque…» esordì la donna, mentre Eleanor diventava sempre più sospettosa e a questo punto anche nervosa, da quell’importuna affermazione.

«Io non la conosco e adesso devo andare, arrivederci» ma mentre chiudeva la porta la signorina la fermò.

«figlia mia non farlo»

Esattamente in quel momento, le cadde il mondo addosso.

Non era possibile. Aveva augurato tutto il male del mondo alla donna in cui ce l’aveva portata e ora quella era lì davanti alla sua porta, che la supplicava di farla entrare, di parlare, come se fosse sua madre da sempre, come se l’avesse accudita per anni, come se lo meritasse, come se fosse una semplice chiacchierata tra madre e figlia, come se niente di tutto quello che LEI aveva passato a causa di quella stupida ragazzina adolescente con gli ormoni a mille.

«Vattene» rispose con una freddezza inaudita.

«C-come?» chiese la donna sconcertata, aspettandosi evidentemente una reazione diversa.

«Ho detto di andartene e non farti mai più vedere, rimani fuori dalla mia vita come lo sei stata per questi vent’ anni» alzò la voce.

«Ma…» cercò di obiettare «volevo rimediare» aggiunse assumendo un’espressione realmente dispiaciuta.

«Cosa vuoi rimediare? Rimedierai al tuo sbaglio? No. Non potrai. Mai. Tu non ti immagini cosa io ho dovuto sopportare per questi anni, per colpa tua e solo
solamente a causa tua. Quindi grazie, mi hai dato alla luce e te ne sei andata. Sei una. non voglio avere a che fare con gente come te. Vattene dalla mia vita, non ne fai parte.» replicò adirata Eleanor, cercando di chiudere nuovamente la porta ma inutilmente, la donna non toglieva il piede.

«Non dire così – supplicava in lacrime – dammi una possibilità»

«TU L’HAI DATA A ME?! VATTENE!» gridò furibonda, e mentre sbatteva violentemente la porta per chiuderla, imprecando contro la donna, questa si chiuse e Eleanor si poggiò ad essa lasciandosi cadere a terra e piangendo disperatamente. Con che coraggio si era presentata davanti a casa sua, la casa della sua infanzia, l’infanzia che non aveva condiviso con lei.

Era giusto che finisse così.” Sussurrò, sentendo poi alle sue spalle, dietro la porta, due voci discutere.

Louis era accorso sentendo gridare Eleanor, riconoscendo la sua voce nonostante non avesse mai udito un tono così alterato da parte di El. Quando era uscito dalla porta aveva visto Eleanor sbattere quella di casa sua violentemente davanti a una signora che la supplicava piangendo.

«Eleanor Apri!! – implorò bussando, giunto al vialetto di casa Calder, ma dopo aver sentito un secco “no” soffocato si voltò - Chi è lei?» domandò con tono minaccioso.

«S-salve, sono Amanda volevo parlare con Eleanor..» rispose la donna, cercando di sistemarsi. Era così incredibilmente simile a Eleanor che a Louis passò per la testa uan bizzarra idea, che però scacciò subito.

«In questo momento Eleanor non la vuole vedere quindi se le ha detto di andarsene se ne vada.» obiettò brusco.

«Ma io non posso andarmene» replicò quella ferma.

«Se ne vada immediatamente altrimenti chiamo la polizia!» rispose di nuovo sgarbatamente. A quell’affermazione la donna, decise di andarsene. Ma di certo non sarebbe stata lontano per molto. «Eleanor apri, se n’è andata. Per piacere» scongiurò Louis, ma non sentì nessun rumore in risposta. Niente di niente.

Corse verso il retro trovando la porta, come sempre, aperta. Entrò in casa come una furia cercando Eleanor, ma non fece neanche due passi che la trovò seduta davanti al pianoforte con la testa bassa.

«Eleanor… - la chiamò, ma lei non si voltò, - chi era quella donna?» domandò posando delicatamente le mani sulle sue spalle. All’improvviso Eleanor si mosse, per appoggiare le sue mani su quelle del ragazzo, come per supplicarlo di non andarsene.

«Era mia madre Louis…»
Certe parole escono fredde come il ghiaccio; Quelle erano un sussurro gelido che fece stizzire anche Louis, facendogli pentire di non essere stato più sgarbato con quella donna.

«Non preoccup-»

«Vengo con te a Londra.» affermò lei, poi si alzò scostando le mani di Louis, alzò il viso e sforzò un sorriso.

«E’ quello che realmente vuoi?« chiese Louis speranzoso.

«Si. Non resterò a Doncaster senza di te» asserì, rendendo il sorriso sempre meno forzato, per poi lasciarsi andare tra le braccia di un Louis gioioso che le regalò mille brividi con un bellissimo bacio, interminabile, caldo in un pomeriggio glaciale, spensierato e raggiante dopo un momento di amarezza e abbattimento.



--------
I'M SORRY THAT I'M NOT PEEERFEEECT
Chi non muore si rivede mi dicono.

Scusatemi tanto, non sono più riuscita ad aggiornare. mi dispiace veramente troppissimo.
E' tutta colpa della scuola, picchiate lei. Poi beh io ci ho messo del mio perchè mi sono riempita le giornate senza avere un buco libero nemmeno per scrivere e sul pullman, l'unico momento di relax nella mia giornata, non trovo la voglia di farlo quindi I'm so sorryy :'(
Spero che leggiate questo nuovo capitolo e immagino che faccia schifo perchè anche se l'ho letto e riletto continua a farmi schifo.
Ho il blocco dello scrittore (se mi si può defiinire scrittore e non una che scrive cose alla rinfusa) e non riesco ad andare avanti.
La storia ce l'ho ma non riesco a buttare giù le paroel adatte. voelvo fare un qualcosa di BOOOM ma si sta rivelando un fallimento :'(
Vi anticipo solo che nel prossimo capitolo (che non so quando riuscirò a postare) Eleanor conoscera tutti i ragazzi della band e conoscerà Perrie e Danielle. anche se so che adesso non sta più con Liam -.-" ma io l'avevo già in programma quindi non posso toglierla. comunque anzichè stare qui a blaterare vi lascio un po' di spazio per recensire, mi fa sempre piacere sapere cosa ne pensate e non vedo l'ora di riuscire a postare il primo capitolo della mia serie originale. Ci ho lavorando su così tanto che ho trascurato sia How To Love che Payphone ma adesso mi rimetto in riga. scusatemi tanto :(
un bacione.

~ xx Gio. ♥

Ritorna all'indice


Capitolo 17
*** Vita Royale ***


 Capitolo 16.


Il tuo cuore si trova là dove si trova il tuo tesoro.
Ed è necessario che il tuo tesoro sia ritrovato
affinché tutto ciò che hai scoperto durante il cammino
possa avere un significato.
Non perdemmo altro tempo e iniziammo a caricare le valigie nella macchina di Louis, si partiva tra venti minuti. Salutammo i tomlinson così tante volte che persi il conto, le gemelle non volevano che me ne andassi e mi tenevano strette mentre Lottie sorrideva malinconica sapendo che avrebbe dovuto aspettare altri quattro mesi prima di poter vedere di nuovo suo fratello. Rimaneva però felice perchè vedeva che Louis era contento della sua frenetica vita e lei lo era dunque per lui.
Harry andò nel panico, non trovava più la sua crema per il viso così passammo ben 10 minuti a cercare quella crema dappertutto, in ogni angolo della casa. Quando finalmente la trovammo.

«Ma che diamine ci fa la tua crema nel frigo?!» sbottò Louis

«Oooh!!! - esclamò l'altro, ricordandosi - l'avevo messa al fresco perchè si stavano dividendo i componenti!!»

Tralasciando tutti gli altri imprevisti come la borsa di Louis che si ruppe nel trascinarla, i pantaloni di Harry che si sporcarono con la crema per il viso e tutto il resto riuscimmo finalmente a partire. Entrai in macchina seguita da Harry che si trascinava dietro un beautycase color pesca

«Che ci fai con quella?» domandai mentre lui prendeva posto nei sedili di dietro.

«Curo i miei ricci» rispose lui pacato, sistemandosi comodamente.

Mi voltai con un espressione stralunata, Louis si affacciò per salutare un’ ultima volta la sua famiglia e dopodiché premette sull’acceleratore, destinazione: Londra.
Arrivammo in men che non si dica, grazie alla guida spericolata di Lou e grazie al tempo piacevole che passammo in macchina, ascoltando canzoni e cantando a squarciagola. Londra si presentò con i suoi magnifici monumenti e la sua frenetica vita urbana. Quando arrivammo nei dintorni della città Louis rallentò, permettendomi di godermi quel meraviglioso spettacolo che era la nostra capitale. Mentre Harry esclamava “Casa Dolce Casa”

Dopo aver passato varie vie popolari come la Kensington Road arrivammo nel pieno centro di Londra, dove avrei alloggiato in una suite con quel pazzo autista che mi ritrovavo di fianco.
Louis accostò davanti a un hotel lussuoso, maestosamente largo e alto. Harry si sistemava i ricci un'ultima volta e posò il beautycase nel bagagliaio, poi si aggiustò la giacca prima di scendere a mo’ di divo di Hollywood.



«Non dirmi che staremo qui» spalancai la bocca ammirando l’insegna luminosa.

«Certo, sono una star qui eh» si vantò lui, indossando gli occhiali da sole mentre scendeva dall’auto.

I facchini presero le nostre valigie mentre Louis consegnò le chiavi al parcheggiatore, entrammo alla reception e prendemmo le chiavi della stanza, la numero 356.


«Mi spiegate perché tenete su gli occhiali da sole?» inarcai un sopracciglio.

«Siamo delle superstar non possiamo girare smascherate» replicò Harry fissando attentamente lo specchio dell’ascensore che ci si apriva davanti.

«Perché le fan non vi riconoscono con gli occhiali…. no?» obiettai sarcastica io.

«Vedila così… E’ una scelta di stile» mi snobbò lui mentre premeva il pulsante con il numero del piano.

Guardai distrattamente il gesto del riccioluto, poi sgranai gli occhi e sbattei le palpebre più volte.

«Cavolo Louis!!! Ma che razza di hotel è questo?! Ha i pulsanti dell’ascensore in velluto! Santo Cielo!!» esclamai piena di stupore. Pulsanti del genere non li avevo mai visti. Lui ridacchiò vedendomi esagitata come una bambina al luna park.

«Poverina non è abituata» ghignò Harry.

«La pianti tu?» lo guardai in cagnesco.

«Eddai non litigate!» ci supplicò Louis. Alzai il collo come fanno i gatti quando sono vanitosi e Harry di nuovo fece le sue osservazioni poco carine, ma decisi di lasciare perdere perché altrimenti l’avrei potuto ferire profondamente. Finalmente il viaggio in ascensore terminò, eravamo arrivati al 10° piano. Diamine se era grande quell’hotel.
Camminammo nel corridoio alla ricerca della nostra stanza, dopo un cinque minuti passati a camminare sulla moquette in fantasia dell’albergo trovammo la nostra stanza, mentre Harry aveva quella accanto. Passammo la carta nella serratura e la porta si aprì, dentro era buio ma Louis battè le mai e una ventina di luci su un controsoffitto  color tortora si accesero e saltarono fuori ben 5 persone che non conoscevo. Louis li abbracciò tutti salutandoli calorosamente. Mentre lui li abbracciava, una ragazza con dei ricci stupendi si avvicinò a me.

«Piacere Danielle» sorrise.

«Eleanor» Ricambiai stringendole la mano.

«Ragazzi lei è Eleanor» sorrise Louis presentandomi al gruppo «Lui è Zayn» indicò un ragazzo con un ciuffo alto 10 centimetri buoni, lui tese la mano, mostrando un braccio ricoperto di tatuaggi«Lei è Perrie, la sua ragazza» lei sorrise altrettanto stringendomi la mano, aveva dei pantaloni attillati neri a vita a alta e dei tacchi massicci color viola scuro, mentre una maglietta bianca infilata nei pantaloni era coperta da un giubbotto di jeans chiaro.

«Lui invece è Niall» mi si presentò un ragazzo biondo, con una risata contagiosa e due occhi color oceano che ricordavano quelli di Louis.

«Piacere io sono sono Liam» si presentò un ragazzo con i capelli abbastanza corti sparati verso l’alto «il ragazzo di Danielle» sorrise cingendole la vita con un braccio.

«Eh beh poi Harry lo conosci già abbastanza … Bene le presentazioni sono finite!!» sorrise contento Louis riprendendo a esultare con i suoi amici.




Noi tre ragazze ci dirigemmo in 'cucina', che non era altro che un angolo bar ristretto, me la mostrarono cortesemente mentre io appoggiavo la borsa, seguendole.

«Qui per avere un bicchiere d’acqua cosa bisogna fare?» domandai perplessa. Loro risero alla mia reazione, ma poi dopo aver aperto il frigorifero con dentro ogni ben di Dio, compresa la bottiglia d’acqua, cercammo i bicchieri senza trovarne traccia. Perrie alzò la cornetta appesa sull'angolo «Ehm, si salve servono dei bicchieri. Stanza 356.» e in men che non si dica un cameriere bussò portando nella stanza due bicchieri, accorgendosi solo dopo che nella stanza eravamo ben più di due.
«Ehm.. ve ne porto altri subito» osservò sommessamente per poi scomparire dalla stanza e ricomparirvi due minuti dopo.
L’atmosfera era abbastanza tesa, lo sentivo, nessuna delle tre parlava con così naturalezza come in un gruppo di amici, ma d’altronde ci conoscevamo da cinque minuti. Gli altri erano nel salottino a vociare come degli anzianotti al bar.

«Eleanor noi domani andavamo a fare un giro per Londra, per negozi… - iniziò Danielle - ti va di venire?»

«Certo non c’è problema!» esultai io, cercando di mostrarmi socievole anche se non ero proprio così.

Silenzio di tomba, di nuovo. Non sopportavo questo silenzio, stranamente anche i ragazzi di là tacevano.

«Beh… ma allora anche voi siete cantanti come Louis e i suoi amici?» domandai cercando di iniziare una conversazione.

«Oh io no – intervenne Danielle – io sono una ballerina, l’anno scorso ballavo nel corpo di ballo di X-Factor quest’anno ho cambiato, mi hanno offerto un contratto più consistente» sorrise lei.

«Quindi hai conosciuto Liam con X-Factor?» chiesi, come se non fosse già ovvio.

«Si, è stata la mia fortuna» continuò sorridendo, si vedeva che lei e Liam erano una coppia affiatata.

«E tu.. Perrie?» chiesi rivolgendomi alla bionda che taceva e sorrideva.

«Io sono in un gruppo, le Little Mix… abbiamo vinto X-Factor un mese fa ed è stato meraviglioso« rispose eccitata lei con un sorriso che andava da orecchio a orecchio.

«Anche tu?» sgranai gli occhi incredula, erano un’intera compagnia di gente proveniente da X-Factor non ci potevo credere.

Lei rise poi domandò «non ci hai mai sentito?»

«No mi dispiace – storsi il naso – non seguo proprio il programma..» ammisi mordendomi il labbro, sentendomi come un pesce fuor d’acqua in mezzo a tutta quella gente che apparteneva allo stesso ambiente. Loro spalancarono la bocca e risero di gusto, io arrossi ma risi con loro cercando di non sentirmi troppo fuori posto.

«Non me lo sarei mai immaginata»commentò Danielle «non conoscevi Louis allora?» chiese curiosa.

«No... Abito a Doncaster di fianco a casa dei suoi, quando ho conosciuto lui e Harry non sapevo fossero parte di una band, solo dopo aver visto il poster dei One Direction, che non conoscevo, li ho riconosciuti e ho collegato le cose» mi grattai la nuca storcendo le labbra in imbarazzo. Loro risero di nuovo.

I ragazzi entrarono anche loro ridendo, e parlando di una cerimonia che non capivo bene quando fosse… Era incredibile che aria di serenità si respirava in quell’appartamento. Dopo aver chiacchierato a lungo, i ragazzi dovettero andarsene. Salutai Perrie e Danielle mentre lasciavano la stanza, ci saremmo viste domani davanti a Harrods.

Non sapevo che tipo di vita mi stesse aspettando ora ma credevo di aver finalmente trovato il mio posto. Non importava dove, non importava come, mi importava solo che ci fosse Louis, la ragione del mio sorriso.



Speaker's Cornerrrr :D
Ehilàààà!! non sono morta nemmeno stavolta per vostra sfortuna LOL.
cosa ne pensate del capitolo? :3 ci ho messo una vita per scriverlo ed è tutto ciò che mi è venuto fuori, lo so fa schifo ç.ç ma è un capitolo di passaggio che era necessario, ho cercato di buttarla un po' sul ridere ma penso sia venuta una cosa ridicolamente schifosa quindi Sorry ç.ç il prossimo sarà un po' meglio spero :D
fatemi sapere quello che pensate comunque :)
specialmente adesso che sono entrate in gioco Danielle e Eleanor...
Voglio vedere cosa la
vostra fantasia vi fa pensare che succederà :P
Ringrazio tutte le ragazze che seguono questa ff e che l'hanno messa tra le preferite o le ricordate. Grazie veramente tanto :)
Un grazie ancora più grande a tutte quelle che recensiscono perchè veramente senza di voi la storia non andrebbe avanti, io sono una gran rompiscatole e quindi ho voluto aspettare almeno le 7 recensioni... sono però contenta in fondo di come stia andando questa storia e spero di poter sul serio migliorare. Ce la facciamo per questo capitolaccio schifoso ad arrivare a 8? *occhi da cucciolo*
A proposito(anche se non centra niente xD), come sono andate le vostre vacanze? Le mie benissimo a parte l'influenza :D
Un bacione e al prossimo capitolo (possibilmente postato entro un mese)
(cercherò di farvi aspettare meno dai è il mio proposito per l'anno nuovo haha :D)

~ xx Gio. ♥

Ritorna all'indice


Capitolo 18
*** True Love Never Dies. ***



- Capitolo 17, ULTIMO CAPITOLO.

...Ricordo che pensai che erano i passi più difficili che nessuno avesse mai intrapreso. Ma erano sopratutto i passi dell'amore.

- A walk to Remember, I Passi dell'amore.


 non potevo non mettere queste foto :3

La giornata da Harrods era stata fantastica, tra Danielle e Perrie non sapevo chi avesse comprato più vestiti e scarpe. Mentre tornavamo a casa ognuna parlava della propria relazione sentimentale, sembrava più un circle time anziché una passeggiata tra amiche, nonostante tutto, riuscirono a farmi stare a mio agio.

Quando tornai all’albergo venni accolta da un Louis in pantofole e mutandoni che spaparanzato sul divano come un pascià guardava la Tv mentre mangiava patatine a tradimento. Restammo in albergo fino a che non iniziò il term all’università, allora le strade tra me e Louis si divisero. Passavo interi pomeriggi a studiare e poi intere serate a messaggiare con Louis che nonostante i suoi tanti impegni trovava sempre tempo per me, il fine settimana uscivamo e man mano che il tempo passava capivo sempre di più che Louis era la persona giusta. Era dolce e maturo ma allo stesso tempo era lo scalmanato ragazzino adolescente nonostante i suoi ventun’anni. Non riuscii a percepire il tempo passare. Era già il nostro secondo anniversario oggi. Era già passato un anno da che mi aveva baciato sotto la neve ed era già un anno che mi ero inconsciamente e gradualmente innamorata di una persona così meravigliosa. Guardavo i suoi occhi e vedevo il cielo, e mi bastava sfiorare le sue labbra per toccarlo con un dito. Morirò felice, assentivo ogni volta che lui mi abbracciava.



Le bestioline nel mio stomaco continuavano a sfarfallare senza posa, anche dopo due anni non erano ancora stanche. Pensai veramente che non potevo essere più felice di così.

I One Direction stavano riscuotendo successo mondiale, tour e album uno di seguito all’altro. Fan impazzite in ogni dove, e spesso capitava di ricevere in albergo regali, alcuni magnifici e altri imbarazzanti.

Liam e Danielle, dopo un discussione animata a causa del poco tempo che condividevano si erano lasciati per poi tornare
insieme due mesi dopo. Non potevano stare l’uno senza l’altro.

Perrie e Zayn invece proseguivano a gonfie vele, innamorati come sempre ognuno con i suoi gusti particolari avevano successo non solo con la musica ma anche in amore.



Ogni tanto Louis entrava in stanza cantando uno dei loro ultimi successi “Kiss You” e mi abbracciava avvolgendomi i fianchi da dietro. Lasciava che io inalassi il profumo del suo shampoo che sapeva di muschio bianco mentre lui assaporava avidamente la mia pelle. Adoravo la nostra relazione, vivevamo in simbiosi, l’uno necessitava l’altro per andare avanti a vivere. A volte mi sentivo quasi un parassita a vivere oramai completamente sulle sue spalle. Avevamo comprato una casa appena fuori da Londra, una villetta comoda e accogliente. Tutto quello che serviva per vivere complementariamente io e lui. Andavamo a casa a Doncaster d’estate quando non eravamo in giro per il mondo. Non avrei mai pensato che la mia vita potesse essere così un giorno. Non erano le mie ambizioni, ma potevo dire che il successo l’avevo raggiunto: era la mia felicità, la felicità che provavo grazie a Louis.


--


Oggi il giorno più importante della mia vita. Solamente oggi avrei coronato le mie non-ambizioni che però erano inaspettatamente e felicemente arrivate.

«Sei perfetta» si congratulava Perrie.

«Uno schianto, più di quanto tu lo sia normalmente» aggiungeva Danielle.

«Ragazze siete fantastiche» le abbracciai, anche se il vestito mi impediva un po' i movimenti.

«Ora tira su i tacchi e percorri la navata, Louis starà morendo» sogghignò Danielle.

«Io e Danielle andremo davanti a spargerti i petali di rosaa!!» esultò frizzante Perrie. Le altre ragazze che componevano il gruppo di Perrie erano impegnate a sistemarsi i vestiti, ma dopo qualche secondo erano in sala sedute sulle panche per assistere alla cerimonia.

Perrie e Danielle lasciarono la stanza lasciandomi sola per qualche istante. Mi guardai un ultima volta allo specchio, sorrisi involontariamente e una lacrima solcò il mio viso. Il vestito pomposo ricadeva dai miei fianchi fino a terra, il corpetto senza spalline con le rifiniture luccicanti risaltava la mia forma e mi faceva sentire come una principessa.
Sistemai la coroncina che sosteneva il velo e avvolsi intorno all’indice una ciocca dei capelli che mi coprivano le spalle, poi alzai leggermente il davanti del vestito e varcai la porta.

 

Liam mi aspettava con il braccio teso. Di solito era il padre a scortare la sposa all’altare, il mio non lo aveva voluto fare, e la meravigliosa persona che mi aveva adottata non aveva vissuto abbastanza a lungo per poterlo fare. Pensai a mia madre, alla mia madre naturale che mi aveva rigettata, pensai a Kailee, ora non erano qui, e non poterono vedere tutto questo. Non avevano potuto condividere le mie gioie, perché i dolori purtroppo li condivisero tutti, non avevano potuto vedermi crescere e non avevano mai visto la persona che stava per giurare di amarmi per tutta la vita. Mi chiesi se sarebbero state orgogliose di me, mi chiesi se avrebbero approvato, e mi chiesi cosa mi avrebbero detto, se avessero potuto, negli istanti prima di entrare nella chiesa.

Liam mi accarezzò il braccio per rassicurarmi, percorremmo la navata e mi lasciò il braccio per far si che stringessi le mani di Louis. 

La cerimonia proseguì senza intoppi, Danielle alla mia destra e Niall alla sinistra di Louis.




Harry era seduto nelle prime panche a braccetto con una nuova fidanzata. Harry, harry non aveva ancora capito cosa voleva fare dalla vita. Era giovane si, ma avrebbe dovuto essere abbastanza maturo per smetterla con certi comportamenti infantili. Voleva divertirsi, diceva lui, anche Louis disapprovava. Per questo il testimone fu Niall, il biondo irlandese che era beatamente fidanzato con quella che anche lui chiamava la donna della sua vita: Demi Lovato, la cantante americana che aveva più volte lasciato intendere di provare qualcosa per Niall, qualcosa che era più che una semplice amicizia. Erano diabetici con tutta quella loro dolcezza, ma per una ragazza che riscontrai fragile quanto me, una ragazza che aveva provato molti dei miei dolori, Niall era l’uomo ideale, come per me lo era Louis.
Mentre meditavo su tutto ciò che mi era accaduto da quando avevo conosciuto quella meraviglia di ragazzo il momento era arrivato:

"Vuoi tu, Louis William Tomlison, prendere Eleanor Jane Calder come tua legittima moglie, per amarla onorarla in salute e in malattia, in ricchezza e in povertà, finchè morte non vi separi?" domandò il prete.

"Lo voglio" quell'affermazione risuonò in tutta la chiesa come un grido di gioia.

“Vuoi tu, Eleanor Jane Calder, prendere Louis William Tomlison come tuo legittimo marito, per amarlo e onorarlo, in salute e in malattia, in ricchezza e in povertà, finchè morte non vi separi?" 

“Lo voglio” annunciai con gli occhi colmi di felicità. 

Una felicità che nella mia vita si presentò solo quando conobbi Louis.

La persona che mi insegnò ad amare. 




Tadaaaaaaaaaaaaa uccidetemi pure, mettete fine alla mia miserabile vita, so che sono in tremeeeeeeeeeeendo ritardo ma non riuscivo più a scrivere mezzo capitolo decente e infatti anche questo finale mi fa letteralmente schifo.
esatto, finale, anche per questo potete uccidermi. non avevo in programma di terminarla così presto ma non avevo più idee per continuarla, mi dispiace :( Non vi avevo nemmeno avvertito D: sono pessima lo so.

ho messo tante foto come regalo però daii D:
e queste due le ho trovate tanto tanto commoventi *.*


non è dolce Eleanorrrr?? *.* io continuo a stimarla questa ragazza, poi trovo meraviglioso il rapporto che riesce ade avere con louis. finalmente una storia seria ogni tanto. ma vabbeh tralasciamo il mio odio per i dongiovanni e proseguiamo. ah no già non c'è più da proseguire perchè non c'è più niente dopo questo capitolo ._.
al massimo potrei fare una oneshot che fa vedere la vita di Lou e El da dopo sposati, ma questo dipende (come sempre muahaha) da voi e da quanti meravigliosi commenti questo ultimo capitolo riuscirà a ottenere.
Vorrei tanto sapere cosa ne pensate, se questa storia vi è piaciuta e se no perchè. voglio i vostri consigli e i vostri suggerimenti. apprezzo anche le critiche costruttive. spero tanto di riuscire a raggiungere almeno le 10 recensioni per questo capitolo.
grazie mille a tutte le ragazze che seguono questa storia, che l'hanno messa tra le preferite/ricordate e che hanno recensito ogni capitolo fino a oggi. mi è piaciuto molto scriverla ma ora stava diventando pesante. scusatemi tanto se l'ho troncata così. so anche che il finale può essere insoddisfacente. mi dispiace davvero.

spero che seguirete la storia originale che inizierò a postare non appena avrò terminato le rimanenti storie ancora incomplete.

Si chiamerà "le cose non vanno mai come credi" ispirata a un album di Giorgia, può darsi che posterò il prologo quest'estate.
E' una storia molto importante, forse anche più di questa How To Love che aveva un significato sociale. Quella che sto scrivendo e che posterò solo quando avrò finito di scriverla (così non dovrete aspettare per i capitoli e sarà più uniforme e precisa di questa) avrà un significato che potrà toccare ognuna di voi lettirci perchè parlare di una quotidianità con la quale tutte noi facciamo i conti ogni giorno. Sarà una storia speciale perchè ho deciso di inserire alcune delle persone che mi sono state vicine da quando sono arrivata su EFP e quindi spero possa anche servire come ringraziamento a tutte queste. vi ringrazio ancora e la smetto di annoiarvi.
mi dileguoooooooooooooo. alla prossima Fan Fiction. per chi già non lo facesse, può seguire l'altra ff che ho in corso "Payphone" cliccando sulla cabina telefonica qua sotto :D


vi lascio con una foto dei ragazzi :)
 cosi almeno mi dite che siete contente, no?? :P

vi ringrazio ancora.
~ xx Gio. ♥

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=1150923