...Tell me who are...

di CelsteKiss
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Beautiful Girl ***
Capitolo 2: *** ...A Fable Night... ***



Capitolo 1
*** Beautiful Girl ***


...Tell me who are...

-Beautiful girl-

Charter one

 

La metropolitana scorreva velocemente tra i binari, tagliando il vento con la stessa precisione di un coltello. I diversi panorami si susseguivano veloci, come in un grande film di cui solo lei poteva assistere alla proiezione. Ed era bello, perché era sola. Sola circondata da gente che non conosceva, che si spintonava, si parlava e restava in silenzio. Ma infondo, quando non si conosce nessuno, si è soli.

La ragazza si mise una ciocca di capelli neri dietro l’orecchio, e messi gli occhiali, smise di contemplare il finestrino per dedicarsi ad altro.

Leggere un libro? No, lo aveva letto neanche mezz’ora fa.

Sgranocchiare qualcosa? Escluso anche questo. Non aveva fame e l’odore di chiuso le aveva fatto passare l’appetito.

Creare un dialogo con qualche persona nella metrò? Proposta bocciata in partenza. Nessuno sembrava in vena di parlare come due vecchi amici. Anzi, la tensione per l’annunciato ritardo non aveva contribuito di certo a placare gli animi.

Sprofondò nel sedile, stranamente morbido, visibilmente annoiata.

Tanto valeva fare un riposino, almeno quando sarebbe arrivata a Londra, si sarebbe potuta specchiare sulle vetrine dei costosi negozi senza sobbalzare all’indietro dallo spavento.

Si accoccolò meglio e chiuse gli occhi. Neanche il tempo di prendere sonno, che il cellulare dentro la borsa prese a squillare, disturbando i suoi neuroni con un fastidiosissimo trillo spaccatimpani, che sua sorella definiva “una suoneria appena udibile”, che infastidì tutto lo scompartimento.

Molti occhi si piantarono su di lei, indignati dalla terribile mancanza di rispetto.

“Cavolo ma dove ho messo il cellulare? Questa borsa è così grande che non riesco mai a trovare niente. Ma dove l’ho messo...”

Proprio in quel momento, un bambino iniziò a piangere, aumentando il rumore di già molto forte. Alcuni si tapparono le orecchie, mentre tante piccole goccioline di sudore imperlarono il suo viso.

“Ci mancava anche il bambino. Ma dove sarà...Ah eccolo!” pensò sollevata, quando la sua mano sfiorò il displey del telefono, sul quale lampeggiava il nome “Dylan” accompagnato da un numero.

Lo prese alla svelta e pigiò il tasto verde.

- Ciao amore, dove sei?- chiese la voce dall’altro capo del telefono.

- Oh Dylan, sei tu. La suoneria mi ha fatto prendere un infarto, e c’è mancato poco che tutte le persone presenti mi cacciassero dal vagone. Comunque sono ancora nella metrò, ma dovrebbe mancare poco per arrivare a Londra.-

- Sei sicura che questo lavoro non ti sfinirà?- chiese di nuovo, apprensivo.

- Sono felice che ti preoccupi per me, ma sai come sono fatta. Quando mi metto in testa una cosa è difficile che cambi idea...-

- Questa è una delle qualità per cui ti amo-

- Sì...lo so...- rispose, titubante, giocherellando con il ciondolo del cellulare.

“Prossima fermata, Londra centro. Si prega a tutti coloro che hanno questa fermata di prepararsi a scendere, portando con se tutti i bagagli. Sperando che il viaggio sia stato di vostro gradimento, vi auguriamo buona permanenza nella capitale” gracchiò una voce dall’alto del vagone metropolitano.

- Ti devo salutare Dylan. Ti richiamo appena posso-

- D’accordo, spero solo che non ti innamorerai di tutti i vip che dovrai intervistare-

La ragazza sorrise tristemente e chiuse l’apparecchio. Mise a tracolla la borsa e afferrò saldamente la valigia contenente tutta la sua roba. Appena le porte si aprirono, l’aria londinese fu un toccasana dopo tutte quelle ore di quell’aria insopportabilmente usata.

Si guardò intorno, e con decisione estrasse un foglietto tutto stropicciato sul quale era scritto un indirizzo.

Redazione del Times. Via...lesse velocemente, per poi appallottolarlo e rimetterlo nella tasca dell’giacchetto. Si strinse la sciarpa e partì alla volta del suo nuovo lavoro.

                                                     *     *     *

I tacchi a spillo degli stivaletti producevano uno strano rumorino camminando sopra il marciapiedi. La ragazza era vestita alla meglio, per fare una buona impressione al capo redattore e ai cittadini inglesi. Sotto il giacchetto infatti, indossava una maglia a maniche lunghe bianca a collo alto,  dove spuntava una collana di perle nere abbastanza lunga che le arrivava all’ombelico; sotto portava dei pantaloni scuri che si incastravano alla perfezione all’interno degli stivaletti color madreperla, e se non fosse stato per il fatto che nessuno avrebbe visto il suo elegante abito, almeno finché coperto dall’ampio impermeabile, era davvero molto bella.

L’unico problema e che lei non se ne rendeva conto. O meglio, lo sapeva ma era troppo occupata a fare altro per mettere in atto ciò che la Natura le aveva dato.

Così, trascinandosi dietro l’ampia valigia, camminava a testa bassa, combattendo contro il freddo della Londra mattutina, cercando di raggiungere il Times.

E quando finalmente varcò le soglie della fatidica redazione, si pettinò delicatamente i lunghi capelli neri leggermente mossi, che lei detestava, ed entrò.

- Lei è la signorina Baster?- chiese con tono professionale un’occhialuta signora dietro la scrivania, squadrandola dall’altro in basso non appena varcò la porta.

- Sì sono io. Il signor Gray dovrebbe attendermi nel suo ufficio- rispose, poggiando a terra la valigia.

- Aspetti un attimo che controllo...- le disse questa, sfogliando febbrilmente un blocco per gli appunti – Ah...eccola qui. Signorina Rachel Baster, ufficio cinque, corridoio due, la prima scala a destra. Si troverà davanti all’ufficio in un attimo-

Rachel la guardò, sconcertata. Quella donna era una macchina. In mezzo secondo le aveva detto talmente tante cose che non aveva capito assolutamente niente.

- Come scusi?...Potrebbe ripetere...-

La segretaria la guardò, alzando un sopracciglio in modo professionale, per poi voltarsi di spalle.

- Prenda l’ascensore. Al quarto piano, sempre dritto- le suggerì, controllando distrattamente alcune pratiche.

Rachel le sorrise, raccattando la borsa e dirigendosi verso l’ascensore.

- Ah...E benvenuta al Times.-

La ragazza sorrise ancora, mentre le porte dell’ascensore si chiudevano davanti a lei.

Passò alcuni minuti in silenzio, a riflettere. Aveva fatto bene ad accettare quel lavoro a Londra? Lei amava lavorare per il giornale della sua città, eppure c’era qualcosa che l’aveva spinta a partire. E faceva male ogni volta che ci pensava.

Forse l’amore non era poi tutta questa grande bellezza, si disse, appoggiando ad una parete dell’ascensore, che continuava a salire. Forse l’amore faceva più male di qualsiasi altra cosa. Per questo aveva deciso di allontanarsi da tutto, lasciandosi alle spalle Dylan, senza rimorsi. Non voleva più innamorasi. Era una cosa da adolescenti, non da donne adulte con una carriera sulle spalle.

Basta. Aveva promesso a se stessa che non si sarebbe più fatta sorprendere dall’amore, soprattutto adesso, che aveva deciso di dare una svolta alla sua vita.

Appena le porte si aprirono, capì che quello era il primo passo per tradire la sua promessa.

- Benvenuta tra noi Rachel. Io sono Gray Carrol, i tuo nuovo capo- le urlò in faccia un uomo piuttosto alto, con due enormi ma simpatici baffi, stringendole la mano con una forza inaudita, mettendoci un notevole entusiasmo.

- Molto piacere- rispose Rachel, tenendo il braccio per paura che gli si staccasse.

- Sai Rach, posso chiamarti Rach? È un bene che tua sia arrivata, perché dal tuo curriculum ho letto che hai una particolare esperienza con i personaggi famosi. E tu sai che da queste parti bazzica parecchia gente dei piani alti, a cominciare da...- disse, cercando con la mano libera un giornale sepolto sotto parecchi altri, per poi estrarlo con rapidità, indicando con l’indice la copertina -...lo straparlato e strafamoso Orlando Bloom. Bene, voglio che tu mi faccia immediatamente un’intervista su di lui. Lo troverai in settimana al party in maschera che la sua ex ha annunciato a tutto il mondo. Ti vestirai elegante e ti mescolerai tra la folla, e intanto cercherai di fargli qualche domanda. Tutto chiaro?-

- Si certo, ma...- parlò Rachel, dubbiosa.

- Beh, allora? Che fai ancora qui? Muoversi, muoversi...io ho un giornale da mandare avanti e tu- le urlò ancora, puntandole il dito contro – hai una importantissima intervista da scrivere. Fuori!-

In un attimo, Rachel si trovò fuori dall’ufficio, bagagli alla mano, con il suo primo incarico, e la certezza che all’amore, almeno per ora, non avrebbe pensato.

Ma tutti possono sbagliare.

 

Spero di aver suscitato in voi molta curiosità, perché questa ficcy riserverà parecchi colpi di scena. xxxBaCiOtTixxx by CelsteKiss

p.s: Voglio ricevere molte recensioni, così mio padre mi lascia il pc, e in + sono motivata a scrivere!!!

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Capitolo 2
*** ...A Fable Night... ***


- A fable night –

 Charter two

 

Rachel si sedette sull’ingombrante valigia, ai bordi di un marciapiede. Le cose era due. Primo, non sapeva dove fosse il suo appartamento; e secondo, aveva già il suo primo incarico tra le mani. Era emozionata, eccitata, eppure...

Eppure c’era sempre lui. Lui, che l’aveva fatta innamorare dell’idea dell’amore e che poi l’aveva abbandonata con un bacio. Lui che l’aveva fatta sentire unica e speciale come nessun altro al mondo. Lui che aveva giocato con lei e poi l’aveva messa da parte, come si fa con i giocattoli che non divertono più. Lui, lui...in tutto quello che pensava poteva vedere nitido il suo viso sorridente, che la distruggeva con quel suo fare intrigante e passionale. Rachel aveva amato. Dylan anche. Però lui aveva anche distrutto, ecco dove stava la differenza. Aveva distrutto quella fantastica idea che Rachel aveva dell’amore, triturandola e disintegrandola, rendendola polvere. E quando non si ha più l’amore, le persone si rifugiano in qualcos’altro. Negli amici, nella famiglia, nel lavoro...proprio come lei. Infondo, cercava solo di dimenticare.

Anche se, i ricordi di quella notte la tormentavano, crudeli e insaziabili di divorare la sua felicità. Chiuse gli occhi, e si abbondò ancora una volta a quei segni, che indelebili, la marcavano ancora...

Era una sera come tante. Luna, stelle, limpido cielo cristallino...insomma, una di quelle sere in cui tutto è perfetto. Rachel e Dylan camminavano, mano nella mano, restando in silenzio. All’improvviso lui si ferma, la trascina verso di se, e la bacia.

- Dylan, e questo cosa significa?- chiese Rachel, non appena scostò le labbra da quelle del ragazzo.

- Questo è il nostro ultimo bacio- freddo, coinciso, evitando di guardarla in faccia.

Rachel rise, con quel suo bellissimo sorriso, credendo che fosse uno scherzo. Andò per accarezzare una guancia del ragazzo, ma questi si allontano, scostandole il braccio.

- Dylan, se è uno scherzo, sappi che non è divertente- parlò, mettendo le mani sui fianchi.

- Non è uno scherzo. Io sto per sposarmi-

Rachel credette di svenire, perché uno strano senso di nausea l’aveva avvolta completamente. Portò la mano sulla pancia, massaggiandosela, continuando a guardare Dylan, incredula e stupita.

- Rachel...la nostra storia era stupenda...tu sei stupenda...ma davvero, non possiamo continuare ad andare avanti così- le disse, avvicinandosi.

Rachel si allontanò. Non voleva avere niente a che fare con lui. Mai più. Eppure trovò ancora la forza per parlare, tra le lacrime che cercava di trattenere.

- Chi è la puttana con la quale mi hai tradito per tutto questo tempo? Dimmelo Dylan...almeno sapere con chi ti sposerai è un mio diritto- gli ordinò, tenendo il capo chino.

- La conosci. È Sarah, la segretaria dell’ufficio di mio padre, quella che ogni tanto ti invitava a prendere un caffè al bar. Non sentirti dispiaciuta...tra di noi non poteva funzionare-

- Se tu ci avessi messo un briciolo di impegno...se tu avessi tentato. Ma no...vai dalla tua bella Sarah...sposatevi e fate tanti bambini, per poi vivere felici e contenti in una candida casetta in campagna- gli gridò contro, gesticolando forsennatamente, mentre le lacrime avevano iniziato a rigargli il viso.

Dylan tentò di abbracciarla, ma lei si scansò ancora, più brutalmente possibile. Voleva ferirlo, come lui stava ferendo lei, ma sapeva che non ce l’avrebbe mai fatta.

- Rachel...ascoltami- le dichiarò, prendendola per un braccio – Sai benissimo che io amo solo te, e che con Sarah c’è soltanto una attrazione carnale che deriva dal desiderio. Io non la amo-

Rachel gli rise in faccia. Rideva è piangeva, mentre dentro di lei, qualcosa moriva per sempre. Gli rise perché erano tutte menzogne, come tutti i ti amo e le carezze fatte a vuoto. Gli rise perché sperava di aver messo in quella risata più veleno possibile. Gli rise...perchè era distrutta e non sapeva che fare tranne ridere in faccia al suo aguzzino. Si liberò dalla presa del ragazzo, e corse via.

Poi si fermò, si voltò, per vedere quel viso un’ultima volta.

- Sei uno stronzo Dylan- quattro parole contate. Quattro parole che l’avevo uccisa dentro e che avevano sfiorato di striscio il suo carnefice. Avevano fatto più male a lei che a lui, ma ormai, tanto valeva lasciar sanguinare le ferite. Erano talmente tante che era impossibile leccarle tutte...

- Hey stai bene?- chiamò una voce dall’alto, facendole spalancare gli occhi di scatto.

- Si grazie...nessun problema-

- Beh...io non direi proprio. Stavi piangendo e ripetevi quel nome...aspetta qual era...a sì: Dylan. Sei sicura che sia tutto ok?- ripeté la voce.

- Sì...era solo- un ricordo avrebbe voluto dire, ma non ce la fece – solo un piccolo mal di testa-

- Allora posso smettere di essere preoccupata. Approposito...io mi chiamo Rebecca, la tua compagna di appartamento. Sai, ti aspettavo da circa mezz’ora, ma visto che non arrivavi sono andata a vedere al Times e ti ho trovata qui. All’inizio pensavo che avessi avuto qualche rotella fuori posto, ma vedendoti piangere ho capito che era una cosa seria. Di un po’...problemi sentimentali?-

Rachel annui con la testa.

- Non sai quanto- le disse, guardando la ragazza di fronte a lei. Era strano...si erano appena incontrate e già sentiva di poter confidare a Rebecca qualsiasi cosa. Il fatto era che quella strana ragazza ispirava fiducia da tutti i pori. Castana a dispetto delle normali ragazze britanniche, dai grandi occhi neri e dalla carnagione un po’ scura, Rachel intuii che non poteva essere inglese.

- Aspetta...so cosa stai per dirmi: Rebecca, ma tu non sei inglese vero? Me lo chiedono tutti. A dir la verità, io sono in parte giamaicana e in parte italiana, ma i miei si sono trasferiti a Londra da talmente tanto tempo che ormai mi sento una di loro...- le confessò, per poi guardarsi intorno, avvicinandosi per dirle una cosa sull’orecchio – anche se sono così spaventosamente bianche! –

Rachel scoppiò a ridere. Paragonare Rebecca alle inglesi era come paragonare la nutella al latte...

- Vieni...casa mia, o meglio, casa nostra è da questa parte- parlò, incamminandosi all’interno di una stradina, facendo strada.

Rachel la segui, prendendo i bagagli. Adesso rimaneva da pensare solo all’intervista.

                                                       *    *    *

La casa, o meglio, l’appartamento di Rebecca, era un normale appartamento da liceali squattrinati, ma arredato di buon gusto, nello strano stile italico-giamaicano che Rebecca amava tanto.

Appena Rachel varcò la soglia, un fortissimo odore di incenso le saltò al naso. Si guardò intorno e notò che la sua coinquilina aveva davvero un innato senso del gusto nell’arredare gli appartamenti. Vicino alla porta, all’ingresso, c’era una enorme statua Maya intagliata nel legno, una libreria antica piena zeppa di libri e un divano di pelle in sintonia con il tavolino di bambù. E in più le pareti erano dipinte con colori caldi, degni della Giamaica.

- Allora, immagino che il tuo capo ti abbia già affibbiato un incarico senza neanche averti dato il tempo di disfare le valigie?. Le chiese, dirigendosi in cucina – Vuoi del caffè?-

- Si grazie- rispose Rachel, sedendosi sul divano, continuando a guardarsi in giro.

- Chi dovrai intervistare?- domandò nuovamente, mentre la caffettiera aveva iniziato a fumare allegramente, ribollendo il caffè al suo interno.

- Oh...beh...Orlando Bloom-

Un fragoroso rumore di cocci infranti risuonò per tutto l’appartamento. Spaventata, Rachel si diresse in cucina, dove trovo l’amica imbambolata, che fissava un punto imprecisato del muro. Ancora più in ansia, provò a passarle una mano davanti agli occhi, senza risultato, quando all’improvviso Rebecca le afferrò il polso.

- Tu...intervisterai Orlando Bloom?- le chiese, staccando le parole, come se le mancasse l’aria.

- Sì...-

- Aspetta...fammi riprendere fiato- le disse, incominciando a respirare profondamente. Poi si fermò e la guardò – TU INTERVISTERAI ORLANDO BLOOM???- le urlò, prendendola per le spalle e scuotendola.

Rachel si lasciò scuotere ancora un po’, poi, quando Rebecca si calmò, riprese a respirare. Si massaggiò le spalle, mentre Rebecca parlava tra se e se, gesticolando.

- Perché ti sei emozionata tanto quando ti ho detto chi dovevo intervistare?-

- Oh bambina mia...ma da dove vieni? Dalla Luna? Orlando Bloom è una star internazionale, un bravissimo attore, e cosa più importante, un figo pazzesco- le disse, contando le qualità elencate sulle dita.

- Nient’altro?- domandò Rachel, scettica, spazzando i cocci delle tazzine rotte a terra.

- Nient’altro??? Rachel ma tu sei pazza? Almeno sai chi è Orlando Bloom?-

- Un personaggio famoso?- rispose, con un sorrisetto, gettando tutto nella pattumiera.

Rebecca scosse la testa, desolata.

- Tu hai bisogno di capire CHE razza di figo è Orlando- parlò decisa, spingendola verso la camera da letto.

- Hey...che fai...lasciami, non spingere-

Rebecca condusse Rachel in camera sua, chiuse la porta e con un gesto trionfale le indicò la persona ritratta nel poster a grandezza naturale attaccato ad una parete, estremamente soddisfatta.

Rachel lo guardò. Piegò la testa da un lato e poi da un altro, esaminando l’immagine.

- Quel ragazzo...Orlando Bloom...ha un sorriso stupendo...- disse, in un soffio.

- Credimi...ha anche qualcos’altro di stupendo oltre il sorriso...- esordì Rebecca, lasciando intendere una affermazione piuttosto maliziosa, che fece arrossire Rachel fino alla punta delle orecchie.

- Ma che dici Rebecca??? Possibile che pensi a queste cose?- le disse, con voce imbarazzata e stranamente acuta, voltandosi per nascondere il rossore.

La ragazza le sorrise, divertita dall’affermazione dell’amica. – Oh andiamo Rachel, sai benissimo anche tu che non siamo più delle bambine. Orlando Bloom è bellissimo, e non è che mi importi più di tanto di come abbia il sorriso...preferisco sapere come ha...Hey ma sei stupida?- gridò all’improvviso, interrompendo le sue fantasticherie per prendere al volo il cuscino che Rachel, comodamente sdraiata sul letto e più rossa di prima, le aveva lanciato.

- La vuoi smettere? Hai per caso un cervello a senso unico?-

- Precisamente- le rispose sorridendo Rebecca, gettandosi sul letto – Ma adesso pensiamo a te...- parlò, puntandole minacciosa il dito indice sul naso – a che genere di festa sei stata invitata?-

- Dice che sarà una festa in maschera...-

- Perfetto...non devi fare altro che scoprire come si vestirà Orlando!- disse vittoriosa Rebecca, battendosi il pugno sulla mano.

- Per quello non c’è problema...so già che si vestirà da principe- le rivelò Rachel, mettendosi a sedere, piegando le labbra in un sorriso.

Che purtroppo si spese alla svelta...

- Hey Rach, che hai?- la interrogò l’altra, raddrizzandosi a sua volta.

- Il vero problema è che non ho un vestito...- fece Rachel, cupa.

- Ho carina...per quello puoi stare tranquilla. Se c’è una cosa che mi riesce bene, è trovare le cose, e tanto per sapere, conosco giusto un posticino che potrebbe fare al caso nostro...- disse, pensandoci su.

- Davvero? Grazie sei un amica-

- Alt! Niente ringraziamenti. In questa storia ci sono dentro anche io, quindi mi sembra giusto aiutarti. Non fare quella faccia scettica...la mia non è semplice bontà...-

-  Ossia?- le chiese Rachel, che incominciava a divertirsi.

- Ossia tu troverai un vestito adatto per il party e mi porterai l’autografo di Orlando Bloom-

                                                          *    *    *

Rachel osservò una moltitudine di costumi all’interno del piccolo negozietto. Costumi da Carnevale, Halloween, Natale e persino uno da pollo. Rebecca al suo fianco sorrideva di fronte a tutto questo, guardando ogni tanto l’amica.

- Noi dovremmo metterci a cercare in mezzo a tutta questa roba?- chiese Rachel.

- No di certo, ma so chi ci aiuterà molto volentieri. ANNA! Sono io Rebecca. Ho qui una persona che cerca un costume per questa sera- gridò, aiutandosi con la mano per ampliare il suono.

Una testa dai capelli multicolore spuntò da un gran mucchio di vestiti, voltandosi verso le ragazze.

- Oh ciao Rebby. È una vita che non ci vediamo...e vedo che ti sei portata anche un’ospite. Presentami la tua amica-

- Anna, lei è Rachel, lavora al Times ed è la mia compagna di appartamento. Ma cosa più importante, le serve un vestito per questa sera- le disse, sorridente.

Rachel guardò con interesse la donna sulla quarantina che aveva davanti. Aveva i capelli ricci, tinti con vari colori e dei grossi occhialoni dalla montatura bianca. Per non parlare del vestito. Portava un ampia gonna dalle varie colorazioni verdastre e un maglione con impressa la bandiera inglese, troppo grande di almeno tre taglie. Pensò che il lavoro da costumista le calzava alla perfezione.

- Piacere, io sono Rachel Beret- si presentò, tendendogli la mano.

- Suvvia cara, non siamo troppo formali. Una pacca sulla spalla e meglio di qualunque stretta di mano- le disse, dandole un manata sulla spalla, entusiasta.

- Ma veniamo a te. Che genere di vestito ti serve?- le ricordò, mettendosi a sedere su uno sgangherato sgabello.

- Beh...uno da sera, possibilmente lungo e ampio, sulle tonalità molto chiare e corredato di una maschera-

- Non so se ho quello che cerchi, ma si può tentare. LORENZ porta qui alcuni abiti da sera femminili.- ordinò, al commesso, il quale arrivò nascosto da una catasta d’abiti.

- Uffa...sempre a me tocca fare i lavori sporchi, mai che sia lei a farli. E poi, c’è il rischio che mi spezzi un’unghia, e se succedesse non so proprio come farei e...oh, ma abbiamo dei clienti...Ciao gioie, io sono Lorenz, ma potete chiamarmi Lor- disse loro il ragazzo, chiaramente gay, con una vocina acuta e mielosa.

Rachel sorrise dandogli la mano.

- Oh ciao tesoro, ma lo sai che hai degli occhi fantastici? Per non parlare delle labbra, così voluminose...-

- Che c’è Lorenz, ti stai pentendo di essere diventato gay?- parlò Anna, sarcastica e divertita. Lorenz si voltò, indignato.

Rachel intanto ammirò gli abiti hai sui piedi, quando Rebecca gli diede una gomitata, lanciandole una occhiata da “visto che avevo ragione?”.

- Beh, sarà meglio che inizi a provare, o non finiremo più-

Le prove si susseguirono lente e inesorabili, ma alla fine, Rachel non aveva trovato nulla che le piacesse.

- Grazie comunque, è stato un piacere conoscervi- li salutò Rachel, varcando la porta che dava all’esterno, insieme a Rebecca, triste quanto lei.

Anna le seguì con lo sguardo, e poi, si batté la mano sulla fronte, come se all’improvviso avesse ricordato qualcosa.

- Aspettate- gli gridò, rincorrendole ad dì fuori del negozio – Rachel, devi provare ancora un ultimo abito-

Rachel guardò Rebecca, e accettò.

........................

- Stupendo- esclamò Rebecca, sgranando gli occhi.

- Molto fashion- ammise Lorenz, annuendo in segno di approvazione.

- Cara, sembra fatto apposta per te- le disse Anna, appena la vide uscire dal camerino.

Rachel avanzò ancora di qualche passo, facendo poi un giro su se stessa.

- É perfetto- mormorò lei, specchiandosi.

L’immagine riflessa era quella di una splendida ragazza, vestita con un lucente abito bianco senza spalline, con un ampia gonna bianca che svolazzava al minimo colpo di vento fatta in seta, in modo che scivolasse sulla pelle. Un paio di scarpe con il tacco ai piedi e una maschera argentata, finemente lavorata, sul volto.

I capelli, tirati elegantemente su con una crocchia, dalla quale, due ciocche ribelli, le incorniciavano gli occhi.

Rachel sorrise soddisfatta, ma anche intimidita dalla sua stessa bellezza.

- Rach, sei uno schianto- le disse Ribecca, mettendole un braccio sulle spalle.

- Conservavo quest’abito per una occasione speciale, ma ho capito che quell’occasione sei tu. Questo vestito sembra fatto apposta per te, abbine cura- parlò Anna, guardandola, quasi commossa – Approposito, di chi è il party al quale sei stata invitata?-

Rachel aprì la bocca per parlare, ma vene preceduta da Rebecca.

- La signoria è stata invitata ad un party di gala, dove indovina chi vi parteciperà? Niente di meno che il mio amatissimo Orlando-

Anna respiro affannosamente, stupita.

- Hai già in mente una tattica per avvicinarlo?- chiese la donna.

- Veramente no...-

- Oh Rachel, tu sei troppo buona, ma è qui che entra in gioco la tua arma di seduzione. Fai la misteriosa, seducilo e poi lascialo con il fiato sospeso. Gioca con lui e fallo in tuo potere-

                                                            *    *    *

Il salone era pieno di gente. Non che gli importasse tanto, dato che si trattava di tutta gente conosciuta, e per di più talmente monotona da fargli perdere la voglia di divertirsi. Si avvicinò il più lentamente possibile al tavolo delle bevande, e si servì un goccio di Martini. Sorseggiò con calma dalle graziose labbra scarlatte, continuando a guardarsi in giro.

Sbuffo, catalogando la serata come una noia mortale.

- Ciao Orly! Indovina chi sono?- urlò una detestabile vocina acuta alle sue spalle, mentre due mani andarono a coprirgli gli occhi.

Orlando si sentì più scocciato di prima. Avrebbe potuto riconoscere quella voce tra mille...

- Kate...sono felice di vederti, anche se con le tue mani davanti alla faccia mi è un po’ impossibile...- disse il ragazzo, staccandosi.

Kate lo guardò malissimo, ma il sorriso gli tornò in un lampo.

- Orly, sei vestito divinamente. Ti sta benissimo questo vestito. Ma cosa ne dici del mio...non sarà un po’ troppo corto?- domandò, passandosi le mani sulla gonna a palloncino di un suntuoso e cortissimo vestito lilla.

- Ma che dici...ti sta veramente...- incominciò, fermandosi perché rischiava di scoppiare a ridere – d’incanto...-

Kate lo guardò, sorridendo. Orlando no. Continuava a bere il suo Martini.

Poi la vide.

Entrò silenziosamente, senza che nessuno se ne accorgesse. Era bella, bellissima. Vestita d’argento, con dei lunghi veli che le svolazzavano intorno, si guardava attorno, smarrita.

- Scusa Kate, me lo terresti un secondo?- disse Orlando, mollando il bicchiere alla sua ex, che lo guardava allontanarsi boccheggiando come una stupida. Poi osservò il bicchiere, e arrabbiata, lo scagliò a terra, per poi andarsene, ancora più furiosa.

Orlando la raggiunse, ma non osò avvicinarsi. Aveva la sensazione che se lo avesse fatto, quella sarebbe scappata via.

                                                         *    *    *

Rachel voltò lentamente la testa, alla ricerca di Orlando Bloom. Poi lo vide. Tra la folla, che la osservava da lontano.

“ Gioca con lui e fallo in tuo potere” pensò, riportando alla mente le parole di Anna.

Era il momento di metterle in pratica, per l’intervista e per se stessa.

Camminò verso di lui, passandogli accanto, sfiorandogli la mano. Lui si girò, per guardarla, mentre lei già andava verso la terrazza, salendo le scale sinuosamente.

Orlando la seguì senza esitare.

Macinò sotto i suoi piedi l’infinita scalinata, finché, ansimante, la vide ancora. Più bella che mani, appoggiata alla ringhiera, di spalle, intenta a guardare il panorama.

Si spinse oltre, quando la voce di Rachel, più calda e sensuale che mai, gli parlò.

- Sapevo che mi avresti seguito- disse, senza voltarsi.

Orlando trasalì nel sentire quel tono così ovattato, morbido...rimanendo senza parole.

Lei si volse a guardarlo, e per la prima volta i loro occhi si incrociarono. Per il ragazzo fu come bere una granita in inverno. Senti freddo, ma gli occhi di lei sulla pelle gli trasmisero un brivido bollente su per la schiena, lasciandolo senza fiato.

E poi venne. Gli venne in mente perchè fu la prima cosa a cui pensò. Naturale, semplice, uscì dalla sua bocca in un soffio.

- Dimmi chi sei-

Rachel lo guardò, stupita, attraverso la maschera. Poi sorrise lievemente, portandosi un dito sulle labbra, per indicargli che doveva stare in silenzio. Dopo si avvicinò, a accarezzandogli una guancia, sfiorò le sue labbra con un bacio. Orlando sgranò gli occhi, e l’afferrò per la vita per non lasciarsela scappare. La baciò profondamente, ispezionando ogni angolo della sua bocca.

Restarono lì tutta la sera, e stranamente, Rachel si era totalmente dimenticata dell’intervista...

 

Spero ke anke questo capitolo vi sia piaciuto, e ringrazio tutti quelli ke hanno recensito e ke recensiranno, ma anche quelli ke leggono soltanto...GRAZIE 1000!!!   xxxBaCiOtTixxx

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