La trilogia dell'Angelo Nero - I - Eredità di sangue

di daemonlord89
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo - Scoperte ***
Capitolo 2: *** Capitolo primo - Un importante incarico ***
Capitolo 3: *** Capitolo secondo - Ladri pericolosi ***
Capitolo 4: *** Capitolo terzo - La partenza ***
Capitolo 5: *** Capitolo quarto - Il libro ***
Capitolo 6: *** Capitolo quinto - Verso Valarel ***
Capitolo 7: *** Capitolo sesto - Petali Neri ***
Capitolo 8: *** Capitolo settimo - Maya ***
Capitolo 9: *** Capitolo ottavo - Strade che si uniscono ***
Capitolo 10: *** Capitolo nono - La consegna ***
Capitolo 11: *** Capitolo decimo - Troppo tardi ***
Capitolo 12: *** Capitolo undicesimo - Greshen ***
Capitolo 13: *** Capitolo dodicesimo - Un'altra Landam ***
Capitolo 14: *** Capitolo tredicesimo - Battaglia ***
Capitolo 15: *** Capitolo quattordicesimo - Abisso ***
Capitolo 16: *** Epilogo - Luce ***



Capitolo 1
*** Prologo - Scoperte ***


PROLOGO
-Scoperte-

 

---Biblioteca di Landam---
---Notte---

 

Il libro si chiuse. Le sue pesanti pagine nascosero ancora una volta ciò che vi era impresso. Il tonfo generato dalla copertina rilegata in cuoio poteva benissimo essere paragonato al tonfo dei pensieri del vecchio, che premevano sul suo cuore. L'uomo si fermò a riflettere per un attimo, osservando la candela che era ancora accesa di fronte a lui. Era l'unica luce rimasta, ormai, in quella notte oscura. Gli enormi scaffali, colmi di libri risalenti ad ogni epoca, sembravano incombere su di lui come una minaccia.
Incredibile, pensò. Mai avrei immaginato un rischio tanto grande...
Qualche giorno prima il governatore di Landam, di cui era stato il precettore, gli aveva affidato un importante incarico: avrebbe dovuto cercare qualsiasi informazione relativa ad un preciso luogo, un sito archeologico non molto distante dalla cittadina. Ignorava il motivo di quella richiesta, ma aveva acconsentito volentieri, se non altro per fare un favore al suo allievo ed amico. Ora, però, capiva l'orrore che si nascondeva dietro a quel ritrovamento.
Il termine ultimo della ricerca era l'indomani, ma l'urgenza lo fece alzare di scatto dall'imponente sedia, che rovinò a terra facendolo sussultare con lo schianto.
Mentre camminava verso la porta, intravedendo la debole luce della luna, le sue mani tremavano. Dalla paura.

 

D'improvviso, un rumore alle sue spalle lo fece voltare. Dallo spazio tra due scaffali alla sua destra uscì una figura umana, di media altezza. Non riusciva a vedere nulla del suo volto, ma riconobbe chiaramente una spada sul fianco sinistro.
Oddio. Non mi sono accorto di niente. Era già qui. Già qui! Mi ha osservato mentre leggevo, sicuramente sa che cosa ho scoperto!
Afflitto da quei pensieri il vecchio si girò nuovamente, pronto a scappare, ma una seconda figura si parò di fronte a lui, bloccandolo con una forte presa sulle spalle. Il dolore lancinante lo costrinse ad inginocchiarsi, e gli fece lacrimare gli occhi.
Dunque erano due gli aggressori. Era così assorto nella lettura da non rendersi conto dell'intrusione? Brutalmente, venne raggiunto anche dal secondo uomo, lasciato alle sue spalle, che gli tappò la bocca con un panno in modo che non potesse urlare. Lo portarono a ridosso di una parete, in fondo alla biblioteca ed oltre il tavolo sul quale ancora troneggiava il pesante tomo di storia.
Mentre tremava sempre di più, sentì i passi di una terza persona. Costui non si preoccupò nemmeno di spegnere la luce; non gli importava di essere riconosciuto e, il vecchio lo sapeva, ciò poteva significare solamente una cosa.

“Ci sono segreti su cui non si dovrebbe indagare.” esordì l'uomo, chinandosi ad osservare il vecchio in faccia, con un ghigno malefico sul volto. L'anziano lo riconobbe, e nei suoi occhi si accesero lo stupore e l'incredulità di chi vuole rifiutare l'evidenza ad ogni costo. Mugugnò, e il suo aguzzino riuscì ad intuire la domanda, smorzata dal panno.
Perché?
“Perché, mi chiedi?” rispose, cominciando a camminare in cerchio come se stesse riflettendo sulla risposta da dare. Dopo qualche secondo, tornò a fissare il precettore.
“Perché è giusto così. E' tempo di cambiare il mondo. E non sarai tu ad impedircelo.”
L'ultima cosa che l'uomo vide fu lo scintillio della lama illuminata dalla candela, prima che la stessa venisse spinta in profondità nella sua gola. La morte fu rapida ed indolore.

“Ora tocca a te.” disse il capo dei tre uomini, voltandosi verso un angolo buio. Da questo sbucò una creatura che suscitò timore in entrambi i suoi compagni, che pure erano abituati alla sua vista, dato che viaggiavano da qualche tempo insieme a lei.
Si trascinava sulle due zampe posteriori, come un uomo, ma queste erano molto piccole, sproporzionate, e assumevano delle angolature quasi impossibili mentre il mostro avanzava. Il corpo era nudo, muscoloso e ricoperto da una pelle traslucida che permetteva di vedere gli organi interni. La cosa più inquietante, però, era la testa, situata alla fine di un lungo collo e simile ad un teschio, con la pelle tirata sulle ossa, le orbite vuote e la bocca senza labbra perennemente aperta.

Il capo si spostò di lato, per far passare la creatura, che si avvicinò al corpo dell'anziano. Si chinò su di esso e cominciò ad operare, emettendo il suo caratteristico verso, a metà tra l'urlo di dolore di un uomo e l'ululato di un animale feroce. Quel lamento fece gelare il sangue a tutti e tre gli uomini.
La creatura mosse le braccia ritmicamente a cerchio, mentre il cadavere si scomponeva in piccoli frammenti luminosi, che vennero assorbiti dalle fauci della creatura. In breve tempo, del morto non rimase più nulla.
La seconda fase del compito della creatura iniziò in una nube di oscurità, che la ricoprì integralmente, nascondendola alla vista. Quando il buio innaturale si dileguò, fu l'anziano precettore del governatore ad alzarsi e a voltarsi verso il capo degli assalitori.
“Ottimo lavoro, Greshen.” disse questi.
“Oh, non chiamarmi così, mi raccomando.” rispose la creatura trasformata, con la voce dell'uomo a cui aveva rubato l'identità “Ora sono Alken.”
“Giusto, meglio non fare errori.” concordò l'altro “Allora, sei pronto per la prossima fase del nostro piano?”
“Ovviamente sì.”.

 

---Theros, Regione dei Ghiacci Eterni---
---Crepuscolo---

 

I passi dei due uomini in armatura pesante risuonavano forti nei corridoi vuoti che conducevano alle stalle della fortezza. Procedevano entrambi spediti, nei limiti consentiti dal loro equipaggiamento: si trattava di divise identiche, armature in piastre di colore dorato, decorate con il simbolo che, in quel momento, vedevano ad intervalli regolari molto brevi sulle pareti del corridoio. Il Sole dei Guardiani.
“Pensi che sia vero?” chiese il più giovane dei due, ansimando leggermente.
“Ne so quanto te.” rispose l'altro “So cosa speri, è la stessa cosa che spero anch'io: un errore nei rilevamenti. Ma sai anche che i nostri maghi sono esperti, ed è raro che si sbaglino.” L'ultima frase era stata aggiunta dopo un breve silenzio, che stava ad indicare la riflessione dell'uomo circa i possibili risvolti della faccenda.

Uscirono da una doppia porta in pietra, anch'essa decorata con il Sole, accedendo ad un cortile molto vasto con degli edifici sulla loro sinistra. Si diressero subito lì, per recuperare i loro cavalli.
Lo stalliere li salutò con un cenno del capo e con un flebile sorriso, tradendo l'agitazione che anche lui provava. Tutti, alla fortezza, avevano ricevuto l'ordine di stare in allarme e di prepararsi alla battaglia, qualora i sospetti si fossero rivelati fondati.
Montando sui cavalli, l'uomo più anziano terminò il discorso iniziato all'interno, mentre spronava l'animale.
“In ogni caso, dobbiamo andare a controllare, non è possibile ignorare un rilevamento del genere.”
“Già. Dopotutto, è per questo che siamo nati, no?” rispose il compagno, con un'espressione quasi sarcastica sul volto.
Il veterano sapeva cosa significasse. Aveva provato le stesse emozioni anche lui, quando aveva la sua età. La sensazione di essere solo uno strumento.
Stando alle storie che venivano narrate all'interno della fortezza dei Guardiani, l'ordine era stato fondato secoli prima da un gruppo di maghi, che aveva avuto un ruolo importante in una qualche guerra di cui, oramai, si erano perse quasi tutte le informazioni. Da allora, un codice ferreo aveva isolato i suoi membri in quella regione gelida, lontana da tutto e da tutti.
La sede dell'ordine era composta da un villaggio di circa millecinquecento persone e da una fortezza, dove i bambini che nascevano sani e forti venivano portati in tenera età per essere sottoposti ad un duro addestramento, fisico e mentale, in vista di una possibile terribile minaccia; quel giorno, quella possibilità si stava concretizzando.

 

Mentre rimuginava su tutto quello, il veterano non si accorse quasi che erano entrati nel bosco di Kelden, una macchia d'alberi situata a sud-ovest della fortezza, né di un'importante traccia che, invece, fu prontamente notata dall'altro uomo.
“Ferren!” chiamò questi. Ferren fermò il cavallo, che si impennò con un nitrito. “Che c'è, Hayst?”
“Guarda là.”
Il guardiano volse lo sguardo nella direzione indicata dal compagno, intravedendo tra gli alberi un oggetto di legno. Si avvicinarono entrambi con circospezione, arrivando ad identificare la ruota di un carro. Il montante era spezzato, segno che la ruota era stata sbalzata via da un impatto contro un albero.

Dannazione, pensò Ferren, cosa può aver portato il conducente ad uscire dalla strada principale?
I due Guardiani smontarono da cavallo e, in silenzio, procedettero nella direzione presa dal carro, chiaramente indicata dai solchi nella neve lasciati dalle tre ruote rimaste.

Quando arrivarono ad una piccola radura naturale, poco più avanti, Ferren si gettò subito con le spalle a ridosso di un albero, indicando al compagno di fare altrettanto. Quando furono in posizione, il Guardiano indicò dietro di sé.
Hayst, voltandosi leggermente, vide che il carro aveva terminato la sua corsa in quel luogo, sbandando e capovolgendosi. Le merci che trasportava erano sparse un po' ovunque, colorando la neve delle tinte vivaci dei tessuti.
I due uomini, però, non stavano guardando quello. La loro attenzione era focalizzata su due figure, al centro della scena. Uno dei due era, con ogni probabilità, il conducente del carro. Le sue gambe erano chiaramente visibili, prive di moto proprio ma animate a scatti a causa della seconda figura, che si trovava nella linea visiva tra il torace dell'uomo e i due compagni nascosti tra gli alberi.
La creatura era china sull'uomo; la sua pelle sembrava di pietra, completamente grigia. La figura era vagamente umana, ma con lunghi artigli al termine di piedi e mani, che raschiavano neve e ghiaccio. La testa, dotata di corna ricurve, si alzava e abbassava ritmicamente. Il rumore di mascelle era inequivocabile: stava divorando il conducente.

Ferren ed Hayst si guardarono ed annuirono. Negli anni trascorsi insieme alla fortezza avevano sviluppato un legame naturale, che permetteva loro di coordinare le azioni di battaglia senza dover nemmeno parlare. Il più giovane si voltò nuovamente verso la radura e incoccò una freccia nel suo arco. Doveva essere veloce, sparare e poi sfoderare la spada. Quando il dardo colpì la pelle della creatura, questa ebbe una reazione istantanea. Si voltò verso chi gli aveva sparato, lanciando un grido terribile, acuto, e incendiandosi. Era quella l'impressione che dava, quando delle sottili pieghe nella pelle cinerea, invisibili se non dopo un'attenta analisi, cominciarono ad illuminarsi di un rosso vivo, riempiendo il mostro di striature. Dalla sua bocca spalancata guizzò una lingua puntuta, mentre si lanciava alla carica.
Nell'impeto della corsa, però, l'essere non si accorse in tempo di Ferren, che uscì dal suo nascondiglio con una rotazione, colpendolo alle gambe con lo spadone e facendolo inciampare.
Hayst, che aveva lasciato cadere l'arco ed equipaggiato la sua spada in una frazione di secondo, infilzò il mostro in corrispondenza del cuore. La creatura si agitò per qualche secondo, strillando, e poi si spense, in tutti i sensi. La pelle tornò ad essere grigia e, quando il Guardiano strattonò la spada per liberarla, l'intero corpo si sgretolò come roccia.
I due compagni si guardarono.
“Era proprio...?” chiese Hayst, lasciando in sospeso la domanda.
“Sì.”
“Cosa si può significare?”
“Non so. Spero quello che speri tu, che si sia trattato di un caso isolato, di un impulso attribuibile solo a questo esemplare, che l'ha spinto qui. Altrimenti...”

Non terminò la frase. Non ne aveva bisogno. Sapevano entrambi quali fossero le parole non dette.

Altrimenti sarebbe la fine di tutto ciò che conosciamo.

 

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Capitolo 2
*** Capitolo primo - Un importante incarico ***


CAPITOLO PRIMO
-Un incarico importante-

 

---Cittadina di Landam---
---Ora del Risveglio---

Lo squillo di tromba lo colse di sorpresa. Thomas si svegliò di soprassalto, ansante. La luce che filtrava dalle tende della sua stanza da letto rivelava che il sole non era sorto da molto. Era l'Ora del Risveglio, quando i lavoratori di Landam cominciavano a prepararsi alle loro mansioni quotidiane.
Il giovane uomo si voltò e si mise prono sul comodo letto, puntellandosi sui gomiti e passandosi entrambe le mani sul volto come a scacciare il sonno residuo.

Perché, maledizione? Perché un comunicato ufficiale proprio durante uno dei miei giorni di riposo?

La melodia che la tromba diffondeva per le vie della cittadina era un codice che imponeva a tutti coloro che facevano parte della guardia cittadina di presentarsi nella piazza centrale, un richiamo ufficiale da parte dello stesso governatore. Naturalmente l'urgenza di quei comunicati, solitamente, richiedeva la presenza di tutto il corpo delle guardie, compresi quelli che, come Thomas in quel momento, non erano di turno.
Maledicendo in silenzio il suonatore, egli si alzò e cominciò a prepararsi. Diede un'occhiata veloce allo specchio: i capelli castano chiaro, tagliati molto corti, non erano stati deformati dal sonno e non necessitavano di grande cura. Avrebbe dovuto rasarsi, ma un velo di barba sul viso, pensò, non avrebbe influenzato l'opinione della gente. Sciacquò velocemente gli occhi azzurri con acqua fredda, per eliminare ogni traccia di stanchezza, e si vestì. Indossò una camicia a scacchi bianca e blu e dei pantaloni in pelle. Non era obbligato, non essendo in servizio, a mettersi l'uniforme.

Uscendo da casa, Thomas si ritrovò nella via principale di Landam, che collegava direttamente la piazza e i cancelli occidentali. Anche a quell'ora del mattino, brulicava già di gente. Quel giorno poi, era giorno di mercato e i venditori cominciavano a montare le bancarelle lungo tutta la strada.
Coprendosi gli occhi per ripararli dal sole, si incamminò verso la piazza, in una cornice fatta di grandi edifici, quasi tutti a due piani, e di voci chiassose ed allegre.
La piazza lo accolse, come ogni volta, suscitando la sua meraviglia. Un boschetto di pini formava un cerchio attorno ad un viale acciottolato, che conduceva al centro esatto della piazza, dove un'immensa fontana, costruita perché rassomigliasse ad un insieme di draghi e pesci, spruzzava acqua per rinfrescare i cittadini.
Oltre alla fontana, al termine del viale, c'era la meta di Thomas, il palazzo del governatore.

 

Giunto nello spiazzo di fronte all'ingresso principale, la guardia vide che già molta gente si era raccolta lì, aspettando l'arrivo del governatore. Individuò un posto che gli garantiva una visuale abbastanza libera e si posizionò lì, con il petto in fuori e la testa alta.
Notò che c'erano diverse persone davanti al palazzo, persone che solo recentemente erano arrivate al villaggio. Si trattava di un gruppo di archeologi e ricercatori, chiamati a seguito della scoperta di un grande arco di pietra al sito archeologico ad ovest. Thomas intuì che il comunicato avesse qualcosa a che fare con quella scoperta.

 

Il governatore Gallin, un uomo di circa quarant'anni, ma che ne dimostrava almeno cinque in meno, aprì il portone del palazzo e tutti, compreso Thomas, lo salutarono come si conveniva, con il pugno destro alzato in corrispondenza della spalla sinistra.
L'uomo li squadrò da cima a fondo, poi annuì compiaciuto.
“Uomini!” esordì “Noto con piacere che avete risposto in maniera celere alla chiamata. Ciò che voglio comunicarvi riguarda il procedere degli scavi ad ovest.”. Thomas annuì, sorridendo; aveva indovinato.
“Come sapete, qualche settimana fa è stato rinvenuto un arco di pietra che sarebbe perfettamente intatto, se non fosse per la mancanza della pietra di volta.” guardò nella direzione di un secondo uomo, leggermente più anziano di lui, senza capelli ma con una folta barba, facendogli segno di avvicinarsi.
“Questo è il dottor Fass, il capo del gruppo di ricercatori che stiamo ospitando a Landam. Ci ha riferito, qualche giorno fa, che alcuni suoi conoscenti, appartenenti al suo stesso ordine, hanno trovato un pezzo di pietra, carica di una forte energia magica, che sembra combaciare perfettamente con l'arco in questione. Ci ha spiegato che potrebbe essere una scoperta sensazionale, riguardante una qualche civiltà dimenticata e che potrebbe offrirci delle immense opportunità.”
Il governatore si prese una pausa per controllare la reazione dei soldati, ma non notò molto entusiasmo, se non da pochi uomini sparsi qua e là. D'altronde, la guardia cittadina non era famosa per il suo interesse in archeologia.
“Ho chiesto al precettore Alken di effettuare alcune ricerche per mio conto su questa storia e, proprio stamattina, ho avuto la conferma che si tratta di un'occasione che non va assolutamente sprecata. Ho pertanto deciso di assegnare ad alcuni di voi il compito di recarsi al nord, al villaggio di Valarel, per recuperare questa pietra di volta.”
Il nome Valarel fece sussultare gli uomini schierati; si trattava di un lungo viaggio, verso il confine con una delle regioni più fredde del continente: Theros, la Regione dei Ghiacci Eterni. Normalmente un lamento del genere, seppur sommesso, sarebbe stato considerato un atto di insubordinazione, ma Gallin, sempre più simile ad un padre piuttosto che ad un governatore, liquidò la faccenda con un sorriso.
“Si facciano avanti i seguenti soldati.”
“Mekor!”
“Shaina!”
“Vigran!”
“Thomas!”
“Selene!”
Sentendo il suo nome, Thomas strinse le labbra. Aveva davvero sperato che non toccasse a lui. Fece qualche passo in avanti, andando a mettersi, assieme agli altri quattro, davanti allo schieramento, rivolto verso il governatore.
“Voi siete tra i migliori soldati di cui dispongo. So che il viaggio sarà lungo e pericoloso, ma so anche che ce la potete fare. Partirete domattina, all'alba. Al cancello nord riceverete, da un mio uomo, tutte le istruzioni necessarie.”
Il governatore strinse la mano a tutti e cinque, e poi sciolse il comizio.

 

Ci è andata male, eh?” disse Mekor, un burbero veterano di cinquant'anni suonati, levandosi l'elmo.
“Male? Non direi.” rispose Selene, una giovane donna che era stata preda degli ormoni di molti ragazzi “E' un'occasione fantastica! Potremmo vedere luoghi nuovi, conoscere un sacco di persone!”
“Ah! Ah!” rise Shaina, sorella maggiore di Selene, riconoscendo il tipico modo di fare dell'altra.
“Sono d'accordo.” convenne Vigran, ventenne atletico e di bell'aspetto, sempre pronto a mettersi in mostra in qualsiasi situazione “Un viaggio mi ci voleva proprio, inoltre. Giusto per staccare un po' dalla monotonia! E tu, Thomas, che ne pensi?”
Thomas rifletté un momento prima di dare la risposta, corrugando la fronte.
“Thomas?” incalzò Shaina.
“Mmm?” il giovane si riscosse dai suoi stessi pensieri, alzando la testa a guardare gli altri “Io eseguo gli ordini. Non sono troppo entusiasta, ma non posso rifiutare.”
L'espressione dei suoi compagni denotò la loro insoddisfazione: non era quella la risposta che si attendevano.
I cinque si diedero quindi appuntamento ai cancelli nord per l'alba del giorno successivo e tornarono alle proprie mansioni.

Thomas non tornò subito a casa. Il discorso di Gallin poteva anche sembrare normale. Un'opportunità da sfruttare, un'occasione per conoscere qualcosa su un'antica civiltà...
Ma c'era un punto del discorso non chiaro. Egli, infatti, era stato a sua volta un allievo di Alken e, come tale, era ancora in buoni rapporti con lui. Aveva incontrato il precettore solo qualche giorno prima e sapeva che l'anziano stava conducendo ricerche sull'argomento. Sapeva anche, però, che non era contento dell'andamento delle stesse. Gli aveva confidato dei timori, non era più sicuro che fosse una buona idea dare retta agli archeologi.

Com'è possibile cambiare idea così, da un giorno all'altro?
Svoltò in una via secondaria, diretto a casa di una sua grande amica.

Non poteva certo disobbedire agli ordini e, per questo, si sarebbe recato a Valarel, ma nessuno poteva impedirgli di incaricare una conoscente di svolgere indagini per
suo conto.

 

La casa di Maya, costruita praticamente al di fuori della cittadina, all'inizio delle sconfinate colline che la circondavano, era un piccolo edificio in pietra, dotato di un solo piano. Il tetto in tegole rosse e la colorazione bianca rispecchiavano perfettamente quello che era lo stile di Landam, ma l'interno era qualcosa di speciale.
Appena Thomas bussò, l'ingresso venne aperto da una misteriosa forza invisibile. Era abituato a quei trucchetti: la sua amica era una maga esperta e non esitava a mostrare le sue capacità, anche solo per divertirsi.
Immediatamente dopo aver varcato la soglia, venne investito da un'intensa miscela di forti odori, pungenti ma non sgradevoli, sprigionati dai numerosi bastoncini d'incenso posti ai lati del corridoio d'ingresso.
“Si può? Maya, sei lì” domandò la guardia.
“Certo, Thomas, vieni avanti.”
Il giovane si addentrò, accompagnato dal gelsomino, dal timo e da altri profumi sconosciuti, attraversando un passaggio ad arco gotico che conduceva nella stanza principale della casa, un salotto.
Gli affreschi di mostri, demoni ed altre creature magiche dipinti su tutte le pareti conferivano alla stanza un aspetto quasi sovrannaturale. Al centro, un tavolino in legno scuro ospitava delle candele e delle ampolle, alcune vuote, altre no.
Maya si trovava dall'altra parte del tavolo, rispetto all'ingresso. Era seduta sui suoi talloni e fissava Thomas con un sorriso.
La giovane maga era abbigliata in maniera stravagante, con un lungo mantello nero calato su una veste in cuoio tinta di rosso. Tra i lunghi capelli corvini portava degli amuleti di piume, che erano solo alcuni dei gingilli innestati in quegli abiti; amuleti e altri strumenti del genere riempivano il suo corpo.
Maya riusciva a stupire anche nel viso: i suoi occhi erano di colore diverso, uno verde ed uno blu, e amava dipingersi le labbra sottili degli stessi colori, dividendole a metà per il verticale.
La donna non era originaria di Landam, veniva dal sud, come testimoniava la sua pelle leggermente scura. Era giunta alla città qualche anno prima, affermando di essere fuggita dal suo villaggio, distrutto da una pattuglia di Kemoriani, da sempre in guerra con la sua nazione. Il governatore Gallin l'aveva accolta come imposto dai trattati diplomatici, ma nessuno dei Landesi era mai riuscito ad accettarla pienamente come una di loro, anche per via delle sue pratiche magiche. La magia aveva mille sfaccettature, mille alfabeti differenti, e divideva la gente ancor più che la religione o l'etnia. Aveva sempre vissuto in quel luogo, lontana da tutti, ma a lei stava bene così.
Thomas l'aveva aiutata ad integrarsi, migliorando leggermente la sua reputazione, pur senza fare miracoli. Lei gli era grata, ed il loro rapporto si era saldato in maniera impressionante, nonostante nessuno dei due avesse mai cercato di andare oltre l'amicizia.

“Ciao, Maya.” sorrise Thomas.
“Ciao, caro. Cosa posso fare per te?”
“Avrei un favore da chiederti.” il giovane fu invitato a sedersi, e riprese a parlare solo dopo un sorso alla bevanda speziata che gli fu offerta “Ma non sarà una cosa semplice.”
“No, non lo sarà. Lo capisco dal tuo sguardo. Ma non temere, sai che farei qualsiasi cosa per te. Dimmi pure.”
“Dovresti svolgere delle indagini per mio conto. Domani partirò per una missione affidatami da Gallin e non potrò farlo personalmente. Ho bisogno che tu tenga d'occhio i ricercatori che sono giunti a Landam per l'arco di pietra.”
“E perché, se posso chiedere?”
“Vedi, proprio l'altro giorno ho parlato con il precettore Alken. Stava svolgendo ricerche per il governatore riguardo a quella struttura. Mi ha confidato i dubbi che nutriva al riguardo, circa il pericolo che, riteneva, stavamo correndo. Oggi, però, Gallin ha affermato che proprio il vecchio ha dato la sua autorizzazione a procedere con una consegna importante. Un cambio di idea del genere è strano, non credi?”
La maga si alzò e cominciò a camminare avanti ed indietro, gesto che compiva sempre quando rifletteva.
“Sì, è strano. Credi che in qualche modo sia stato plagiato?”
“Non so cosa pensare. Non ho nessun indizio che mi suggerisca la presenza di un complotto, eppure non riesco a togliermelo dalla testa.”
“Non crucciarti” lei scosse la testa “Ti capisco appieno.
“Qual è la tua risposta, quindi?”
“Ti aiuterò, ovviamente.”
Il sorriso di Maya scaldò il cuore a Thomas, che si sentì sollevato all'idea di poter contare sull'aiuto di una maga.
“Indagherò con astuzia e, se necessario, con magia.” continuò lei “Qualsiasi cosa mi sembrerà sospetta, non esiterò a contattarti.”
“Giusto, a questo proposito...”
Non ci fu bisogno di concludere la frase. Maya si recò in un'altra stanza, dalla quale riemerse dopo un paio di minuti. Teneva le mani chiuse a pugno.
Si sedette al lato dell'amico, aprendole a rivelare due piccole pietre preziose, verdi, simili a smeraldi.
“Prendine una.” disse.
Thomas la sollevò per osservarne i riflessi alla luce delle candele. Era perfettamente liscia, senza alcuna venatura interna.
“Sono Pietre Gemelle.” spiegò lei “Vengono estratte dalle vene di un minerale piuttosto raro qui intorno, ma comune nel Paese dal quale vengo. Hanno una proprietà unica, che permette loro di condividere la struttura, esterna ed interna. E' come se, in realtà, fossero la stessa pietra in due luoghi diversi.”
“Incredibile.”
“Ah! Ah! Beh, per noi maghi del sud non lo è poi così tanto. Vedi, se io parlassi vicino a questa pietra” indicò la sua “anche la tua avvertirebbe le vibrazioni sonore, trasmettendole a te. In questo modo potremo parlarci nonostante la distanza.”
“Sei meravigliosa, Maya.” sentenziò Thomas.
“Oh, così mi fai arrossire.”
“Ora ti devo salutare, però. Mi spiace andarmene così presto, ma devo prepararmi per la partenza di domani.”
“Non preoccuparti. Ci terremo in contatto.”
Maya baciò Thomas sulla guancia e lui si congedò.

Tornare alle strade caotiche di Landam, dopo aver sostato per qualche minuto in un luogo così tranquillo e magico, fu un trauma.
Si riscosse e fece mentalmente un elenco di ciò che gli serviva. Incamminandosi verso il quartiere commerciale si ripromise di fare una visita ad Alken, quella sera. Aveva molte cose di cui discutere con lui, prima di partire.

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Capitolo 3
*** Capitolo secondo - Ladri pericolosi ***


CAPITOLO SECONDO

-Ladri pericolosi-

 

---Fortezza dei Guardiani---

---Notte---

 

Nonostante l'ora tarda c'era una grande agitazione, quella sera, alla Fortezza. Quando Ferren ed Hayst varcarono le porte che conducevano alla sala principale furono accolti da un coro di voci, una miriade di persone che chiedevano, tutte, la stessa cosa: è vero?
Nessuna di quelle persone, per il momento, ebbe risposta, poiché i due Guardiani avevano fretta di fare rapporto ai maghi. Si diressero, pertanto, al primo piano, usando le imponenti scale di pietra ai lati delle quali troneggiavano statue raffiguranti Kilan, il Dio del Freddo. In quell'occasione, sembrava che i visi scolpiti avessero mutato forma, assumendo anch'essi un'espressione di ansia per il pericolo incombente.
I due compagni attraversarono una serie di rettilinei e di curve, per giungere di fronte alla porta dell'elevatore che li avrebbe portati alla Sala della Magia, la sede del governo della fortezza.
Ci fu un forte clangore metallico quando il montacarichi venne messo in funzione, ma Ferren era troppo occupato a pensare al rapporto per badarci. Toccava a lui, in quanto membro più anziano della squadra, riferire ciò che avevano trovato.

 

La Sala della Magia era una cupola interamente costruita in vetro, posta al livello più alto della fortezza. La stanza era di forma circolare e i maghi a capo della Fortezza erano seduti su dei seggi di pietra, disposti a semicerchio nel punto più lontano dall'elevatore. Al centro della stanza, pendente dal vertice della cupola, una grossa struttura fatta di bracci meccanici e cerchi rappresentava il sistema a cui apparteneva Reevan. Era costantemente in moto, riproducendo fedelmente i movimenti reali dei pianeti.

Appena un mago intravide i due Guardiani di ritorno dalla missione affidatagli, li indicò ai compagni, che stavano discutendo animatamente. In un minuto calò il silenzio. Solo i passi di Ferren ed Hayst risuonavano nella stanza. I due compagni si portarono a qualche metro dai maghi, e si chinarono in segno di rispetto, attendendo l'ordine di sollevarsi.
“In piedi.” disse Garath, il Reggente. L'uomo, imponente a discapito della sua età, oltre sessant'anni, si avvicinò piano, scendendo le scale di pietra dei seggi. L'abito recava il simbolo dei Guardiani, il Sole, al centro del petto, inserito in una sezione di tessuto rosso che tagliava verticalmente la tunica blu. Squadrò i due con l'unico occhio buono, brillante di speranza.
“Dunque?” chiese solamente.
“Mio signore... I vostri sospetti erano fondati.”
Il commento di Ferren giuse al cuore dei maghi come una pugnalata. Nessuno fiatò, ma molti si mossero nervosamente.
Il Guardiano terminò il rapporto descrivendo con accuratezza i fatti.
“Allora bisogna agire.” sentenziò Garath, spaventato ma risoluto.
“Signore, noi...” intervenne Hayst, timidamente. Lo guardarono a lungo, per poi concedergli la parola.
“Noi pensavamo, ecco... Pensavamo potesse trattarsi di un caso... Un caso isolato...”
“Ah!” sbottò una maga, più giovane del Reggente, portandosi al fianco di quest'ultimo.
“Un caso isolato? Per il grande Kilan, quanta ignoranza!”
Hayst si voltò verso Ferren, cercando complicità. Il compagno, però, scuoteva la testa sconsolato. L'atteggiamento della maga non aveva fatto altro che confermare i suoi timori.
Fu nuovamente Garath a parlare, rimproverando la collega con uno sguardo per essere stata così scontrosa.
“Hayst, non temere. Regina è stata brusca e ha sbagliato, ti chiedo di scusarla. Purtroppo, però, nelle sue parole c'era una grande verità. Non si può trattare di un caso isolato.”
“Perché no?”
“Credo... Credo che dobbiate sapere qualcosa.”

 

Il nostro tempio nasce cinque secoli fa.” esordì Garath, cominciando la spiegazione promessa dopo aver preso fiato “Furono dei maghi a fondarlo, dei maghi appartenenti ad un importante ordine dell'antica Theros.”
“L'antica Theros?” chiese Ferren, incuriosito.
“Sì. Questa regione non è sempre stata come la vede ora, cosparsa di ghiacci perenni e adatta solo alla vita delle creature più resistenti al freddo. Un tempo il vento soffiava caldo, in primavera sbocciavano fiori ovunque, e l'acqua scorreva gioiosa nei ruscelli ora congelati.”.
Tossì, poi riprese.
“Furono proprio quei maghi a tramutare l'intera Theros in una landa ghiacciata, per proteggerla da una terribile minaccia.”
“Quelle creature?”
“Esatto, quelli che noi chiamiamo i Demoni dei Ghiacci. Non si sa molto della guerra, ma sappiamo per certo che quelle creature avevano attaccato gli antichi Therodi e li avevano decimati, riducendo il loro numero a meno di un decimo. L'unico modo che gli umani avevano per impedire l'espansione dei Demoni era imprigionarli, poiché erano rimasti in pochi per combattere.”
“E li imprigionarono nel ghiaccio?”
“Sì. Utilizzarono un incantesimo di potenza incredibile, per sconvolgere il clima di Theros e bloccare i Demoni nella tomba che, fino ad oggi, li imprigionava.”
“Il Ghiacciaio Eterno.” specificò Regina, guardando ancora in cagnesco Hayst. Si riferiva ad un lago ghiacciato con un'area di diversi chilometri nel nord del continente, a qualche chilometro dalla Fortezza.
“Giusto.” continuò Garath “Ora, dovete sapere che quell'incantesimo dipende da una struttura magica che incanala il potere del gelo, impedendo al ghiaccio di sciogliersi.”
“Comincio a capire.” affermò Ferren, sempre più terrorizzato “Se l'incantesimo dipende da questa struttura non è possibile, per un Demone solo, liberarsi. O tutti o nessuno.”
“Corretto. Probabilmente la creatura che avete incontrato era uno dei Demoni più vicini alla superficie; è solo questione di tempo, però, prima che tutti vengano liberati.”
“Quindi è successo qualcosa alla struttura?” domandò Hayst.
“E' quello che dovremo scoprire. Partiremo subito, non c'è tempo da perdere. Andate a preparare il vostro equipaggiamento per una scalata, salutate chi dovete salutare e recatevi alle stalle. Vi raggiungerò in breve.”
“Voi, Reggente Garath?” si stupì uno dei maghi che, ancora, non avevano parlato “Ma è pericoloso.”
“E io sono il mago più potente, qui dentro. No, non posso rischiare di mandare qualcuno di non abbastanza esperto. E' successo qualcosa di terribile, ed è giusto che sia io a compiere le analisi del caso.”
Si guardò intorno, notando le espressioni perplesse dei colleghi, e sorrise.
“Non preoccupatevi, non ho intenzione di morire.”

 

Qualche ora più tardi, il trio stava camminando nella notte buia, illuminata solamente dalla volta stellata. La luce non sarebbe stata sufficiente a garantire una marcia in sicurezza, ma Garath aveva evocato delle sfere magiche che rischiaravano il cammino.
Avevano attraversato la foresta di Kelden senza incontrare pericoli e si erano, successivamente, diretti a nord, verso il Ghiacciaio Eterno. Per raggiungere il lago ghiacciato dovevano prima passare attraverso un canyon che conduceva alla parete che avrebbero dovuto scalare. Il Reggente aveva confidato a Ferren ed Hayst i suoi timori al riguardo: se davvero i Demoni dei Ghiacci si stavano liberando, quel canyon sarebbe stato un luogo perfetto per un'imboscata. D'altro canto, si trattava dell'unica via per accedere al santuario dove il mago li stava conducendo.
“Da adesso” esordì Garath, voltandosi verso i compagni che lo seguivano a breve distanza “dobbiamo stare in silenzio assoluto. Solo in questo modo potremo accorgerci di rumori sospetti.”.
Il mago aveva ragione. Nella gola spirava un forte vento, che alterava tutti gli altri rumori ambientali. Se avessero anche cercato di parlarsi l'un l'altro, sarebbe stato impossibile rendersi conto di un attacco. I due Guardiani sfoderarono le armi e si disposero in modo da coprire il loro capo in entrambe le direzioni, cominciando una sorta di danza che li portava a compiere dei giri completi e a tenere sott'occhio ogni direzione.

Il canyon era lungo un paio di chilometri, ma farli controvento avrebbe richiesto un tempo non trascurabile. Ad un certo punto Garath indicò qualcosa con l'indice destro, sulla loro sinistra. Temendo l'arrivo dei Demoni, gli atri due si prepararono al combattimento, notando solo in seguito che il Reggente aveva puntato verso una spaccatura verticale nel canyon, una piccola grotta naturale che li avrebbe protetti dal gelo e dall'aria pungente. Intendeva, evidentemente, fermarsi per un attimo, per riposarsi o per parlare.
Al riparto nella piccola insenatura, tutti e tre si scrollarono la neve dagli abiti e dall'armatura.
“Ci siamo quasi ormai. Siete pronti per scalare?” chiese il mago.
I Guardiani controllarono le corde e i chiodi da rocciatore, per verificarne le condizioni. Entrambi annuirono.
“Ma voi, Reggente?” domandò Hayst, curioso “Non avete portato nulla.”
“Oh, io non ho certo bisogno di corda e chiodi” rispose lui, con un sorriso “Ho la magia dalla mia parte.”
Entrambi i compagni sapevano che cosa poteva fare la magia. L'abilità dei maghi di Theros era il controllo degli elementi, cui potevano donare forme e azione. Avrebbero potuto incenerire o congelare i nemici, ma anche sfruttare i venti per volare. Probabilmente, intendeva fare proprio quello.
“Fino alla parete sarete voi a proteggermi, ma durante la scalata sarete vulnerabili.” continuò Garath “Vi renderò dunque il favore, fluttuando e colpendo qualsiasi nemico. Mi spiace non poter fare di più ma, come sapete, lanciare magie richiede concentrazione e non vorrei trovarmi privo di potere proprio quando saremo arrivati a destinazione.”

Dopo essersi ripresi, continuarono il loro cammino. Erano giunti in vista della parete quando sentirono le prime grida. I Guardiani che avevano già incontrato un Demone riconobbero subito il suo verso, e cominciarono a guardarsi in torno spasmodicamente per individuarne l'origine. Il vento impediva di vedere chiaramente, ma intuirono la presenza di una figura alla loro destra.
“Reggente, attento!” indicò Ferren. Ora le striature rosse del Demone erano chiaramente visibili, assieme a quelle di almeno altri tre di loro, che si avvicinavano dalla stessa direzione.
Il mago aprì entrambe le braccia, guardò verso il cielo e recitò qualche parola magica. Improvvisamente, intorno a loro si creò una zona priva di vento, come se questo deviasse in modo da evitarli.
“Sarebbe troppo difficile per voi combattere nella tempesta. Terrò questa sorta di scudo per permettervi di farlo in maniera agevole!”
Grati per ciò che Garath aveva fatto, Ferren ed Hayst si prepararono al combattimento.
Il primo demone che entrò nella zona calma fu colpito da stupore per quel cambiamento climatico improvviso. La lama di Hayst gli squarciò il petto prima che potesse reagire.
Quando entrarono gli altri tre, però, erano già preparati e subito si gettarono sugli uomini, con il chiaro intento di terminare in fretta la battaglia.
Ferren parò l'artiglio di un Demone con lo scudo in metallo, ma un secondo mostro riuscì a rompere le sue difese e lo morse al bracciale destro. I suoi denti non penetrarono l'acciaio, ma sembravano dotati di una qualche energia magica per la quale il Guardiano avvertì un gelo terribile, che lo costrinse a gettare la spada a terra per riprendersi, muovendo freneticamente il braccio. Notando l'amico in difficoltà, Hayst si girò in quella direzione, dando per un attimo le spalle al Demone che stava affrontando. Colpì il mostro da dietro, all'altezza del cuore, uccidendolo sul colpo. Ferren, tenendo sotto controllo con lo scudo l'altro suo avversario, recuperò la spada, ma non colpì chi aveva davanti, restituendo invece il favore e gettandola per uccidere la creatura che Hayst aveva lasciato libera L'unico Demone rimasto li fissò entrambi, urlando per la frustrazione, poi cercò di scappare. Improvvisamente il vento riprese a soffiare violentemente, segno che il mago aveva smesso di concentrarsi sullo scudo. Una saetta di fuoco scaturì dalla sua mano e colpì il nemico, ormai troppo lontano e troppo veloce per le spade dei Guardiani.
“Abbiamo vinto! Ma, dannazione, il braccio mi fa ancora male per il gelo scaturito dal morso!” si lamentò Ferren dopo qualche secondo di silenzio, gridando per farsi sentire.
“I Demoni sono creature magiche, e come tali usano la magia in ogni attacco. Inoltre, sono dotati di una mente alveare. Avrete notato la consapevolezza della mancanza di vento dopo il passaggio del primo mostro. Ciò che impara uno lo imparano tutti. Sono avversari temibili.” ricordò il Reggente, anche se non ce n'era bisogno “Ora continuiamo, ci siamo quasi.”

 

La scalata riuscì senza problemi. I Guardiani erano addestrati a scalare con armatura fin da piccoli, e il mago non vide nemmeno un Demone. A quanto pareva, il processo di liberazione non era ancora ad uno stadio eccessivamente avanzato.
Giunti in cima al canyon, notarono delle scale scolpite nel ghiacciaio. Semisepolta dalla neve, poco più sopra, c'era una figura gigantesca.
“No.” mormorò Garath, avvicinandosi. Liberò parte della figura, rivelando un grosso essere umanoide, con la pelle in pietra. Un golem.
“Era un guardiano?” comprese Ferren.
“Sì. L'hanno distrutto. Qualcuno è stato qui. Qualcuno di molto abile.”
“La struttura?”
“Andiamo, è alla fine della scalinata.”
Salendo, trovarono altri due golem distrutti, per giungere infine ad un piccolo spiazzo circolare, che garantiva una visuale su tutto il Ghiacciaio Eterno, l'immenso lago cinto da una catena montuosa impenetrabile dove riposava il loro nemico. La vista diede ai Guardiani il senso dei secoli, e appesantì il loro cuore.
Al centro dello spiazzo troneggiava un arco di pietra, la struttura citata da Garath. La pietra di volta, però, era stata rimossa.
“No! Hanno rubato la pietra di attivazione!” gridò frustrato Garath. Si voltò verso i compagni, che però avevano solo vagamente intuito la gravità di ciò che era successo.
“Senza la pietra di volta” spiegò il mago “tutta la struttura è inutile! Chiunque abbia commesso questo furto ha interrotto un incantesimo secolare.”.
Garath si prese un attimo per riprendere fiato, dopo lo sfogo. Terminò solo dopo la frase.
“Condannandoci tutti.”

 

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Capitolo 4
*** Capitolo terzo - La partenza ***


CAPITOLO TERZO
-La partenza-

 

---Landam---
---Ora del Crepuscolo---

Il sole era ormai calato oltre le colline che circondavano la cittadina, e Thomas aveva acquistato tutto ciò che riteneva gli potesse servire per il viaggio, stipandolo a casa sua. Era per lui giunto il momento di conferire con Alken, per chiedergli del suo improvviso cambio di opinione. La casa del precettore, come quella di Maya, si trovava al di fuori del centro cittadino, verso sud ed in cima ad una collina. L'edificio era un antico mulino a vento riadattato, ormai inutilizzabile per le funzioni cui era dedicato un tempo, ma che presentava ancora la caratteristica torre con le pale per raccogliere l'energia eolica, mantenuta dal maestro per ragioni puramente estetiche.
Prima di bussare, Thomas si concesse un momento per esaminare gli scavi, visibili in lontananza. C'era molta agitazione, gli uomini correvano a destra e a sinistra, eccitati. Avevano saputo della consegna imminente e stavano preparando il campo per l'arrivo del pezzo mancante.
La guardia cittadina scosse la testa e si diresse verso la porta.

“Chi è?” chiese la voce di Alken, al di là dell'uscio.
“Sono Thomas, precettore.”
Ci fu una lunga pausa, come se l'anziano non avesse sentito. Dopodiché, lentamente, la porta si spalancò e l'inquilino squadrò Thomas da cima a fondo, come se non l'avesse mai visto.
“Tutto bene, maestro?” chiese il giovane.
“Oh, certo. Entra pure, Thomas.”

Greshen, la creatura che aveva preso il posto di Alken, non si aspettava una visita da parte di qualcuno che conosceva il precettore. Sentendo il nome Thomas aveva sondato i ricordi della persona assorbita, rintracciando alcuni frammenti di memoria riguardanti gli insegnamenti impartiti al giovane. Aveva aperto per non destare sospetti, ma sapeva che ora sarebbe incominciata la parte difficile. Non avrebbe dovuto tradirsi.
“Siediti.” lo invitò, recandosi alla dispensa.
Secondo ciò che mi dicono i ricordi di Alken, il ragazzo dovrebbe andar matto per il Kil.
“Un goccio di Kil?”. Il sorriso sul volto di Thomas rassicurò Greshen: aveva azzeccato.
Sorseggiarono lentamente il forte liquore speziato, e la creatura approfittò del silenzio per sondare quanto più possibile le sue nuove memorie.
“Cosa posso fare per te, Thomas?”
“Ecco, precettore, sono venuto per porle, sostanzialmente, una domanda.”
“Dimmi.”
Thomas spiegò la situazione, e Greshen corrugò la fronte. Dannazione, vecchio. Dunque avevi parlato con qualcuno, senza che le nostre spie lo notassero. Bravo.
“Perché, dunque,” terminò il giovane “ha cambiato idea?”
“Oh, Thomas.” esordì il finto precettore “Quei dubbi sono stati spazzati via come l'oscurità all'alba. Ho trovato un libro che spiegava per filo e per segno l'origine di quell'arco che abbiamo scavato. Vedi, si tratta semplicemente di un diario.”
“Un diario?”
“Sì. Uno strumento per registrare le memorie di uomini e civiltà intere. Pensa a quante informazioni sul passato del continente potremmo ottenere una volta completato.”
“Affascinante.” Thomas si bevve la frottola. Non aveva motivo per dubitare del suo vecchio maestro.
Poco dopo si salutarono sull'uscio, e il giovane tornò verso la cittadina.
E' fatta. Ora devo cambiare ospite, pensò Greshen.

 

Thomas tornò verso casa, con la mente in subbuglio. Le parole di Alken l'avevano convinto, ma solo in parte. Non avrebbe avuto dubbi, se non fosse stato per un errore del precettore. Lui aveva smesso di bere Kil dopo una sbronza colossale, che l'aveva portato vicino al coma etilico.
Perché non se ne era ricordato? Distrazione? O c'era qualcosa di più? Non aveva detto nulla, al momento, perché temeva che avrebbe potuto scatenare una reazione indesiderata, così come non aveva insistito di fronte alla spiegazione fornita, cosa che non era assolutamente nella sua natura curiosa.
Mentre il ragazzo rincasava, nella sua testa l'idea che il suo maestro fosse stato costretto con la forza a dire delle cose che non pensava si faceva strada violentemente.

 

---Notte---

Era ancora presto quando Thomas si svegliò. Controllando il cielo, capì che il sole era ancora lontano dal sorgere. Si mise a sedere sul letto e si strofinò gli occhi, cercando di capire che cosa lo avesse svegliato.
Improvvisamente, sentì un suono che riconobbe come la causa. L'aveva avvertito nei suoi sogni, e l'aveva turbato al punto da fargli aprire gli occhi.
Era un suono cupo, misterioso. Faceva gelare il sangue nelle vene. Era simile ad un lamento, ma unito a qualcosa di terribilmente animalesco. E veniva dalle vie dietro casa sua.
Si portò alla finestra, scostando le tende. Il dedalo di vicoli del suo quartiere, la notte, era completamente privo di illuminazione. Il luogo ideale per i ladri e gli assassini. In quel momento, però, non c'era in giro nessuno.
Aguzzando la vista, Thomas notò qualcosa di strano.
Da una delle strette vie proveniva un bagliore; si trattava di una luce posta al livello del terreno, che non avrebbe dovuto esserci. Il lamento proveniva dalla stessa direzione. Dopo qualche secondo, la luce scomparve, lasciando solo il silenzio assoluto. A Thomas gelò il sangue nelle vene e rabbrividì.

Rimase a guardare ancora un attimo, ma nulla si mosse. Coprì di nuovo il vetro con le pesanti tende e si diresse nuovamente a letto.
Riuscì per miracolo ad addormentarsi, pur essendo preda di pensieri che avrebbero intimorito il più forte e coraggioso dei guerrieri.

 

---Poco dopo l'alba---

Maya cinse forte Thomas tra le sue braccia, dispiaciuta all'idea di non poterlo vedere per diverse settimane. Non si sarebbe persa per nulla al mondo la sua partenza, e si era svegliata presto apposta per andarlo a salutare. Lei, Thomas e gli altri quattro uomini assegnati alla spedizione si trovavano oltre il cancello nord, in prossimità di una discesa lungo la collina sulla quale sorgeva Landam. L'orizzonte era appena illuminato dalla debole luce del sole.
La maga era arrivata subito dopo che le guardie avevano parlato con l'addetto del governatore, per conoscere i dettagli della spedizione.
Thomas la prese in disparte, e si diressero verso le mura. Con un cenno del capo rassicurò i suoi compagni che si sarebbe unito a loro a breve.
Quando furono soli e lontani dagli altri, Thomas riferì alcune importanti novità a Maya.
“Ieri sera” disse “sono stato da Alken. Mi ha detto che l'arco, una volta attivato, potrebbe fornirci le memorie, registrate, di un'antica civiltà. Non so se credergli o meno, ma il punto è che il suo atteggiamento mi sembrava molto strano. Non credo sia saggio parlare nuovamente con lui. Non sapresti nulla di più.”
“Capisco.” concordò Maya “Mi focalizzerò su altre cose. Tu come stai?”
“Così così. Non ho dormito granché, questa notte.”
“Agitato all'idea della partenza?”
“Anche, ma non si tratta solamente di quello. Ho... visto qualcosa. Una luce, nei vicoli dietro casa mia, accompagnata da un verso misterioso, che sicuramente non può appartenere ad un essere umano.”
“Giusto cielo!” gli occhi di Maya si sgranarono sentendo ciò che aveva detto l'amico “Una creatura?”
“Può darsi, io... Non lo so, non so più cosa pensare. Per questo mi affido a te.” concluse l'uomo, ponendo una mano sulla spalla della maga. Lei la prese e la strinse tra le sue.
“Non preoccuparti. Farò il possibile.”
Grato per quella rassicurazione, Thomas raggiunse i compagni e, saltando sul suo cavallo, prese la direzione di Valarel.

Qualche minuto dopo, Maya si stava dirigendo verso il luogo da cui aveva scelto di iniziare le indagini: il campo dei ricercatori.
Si trovava ad ovest, a mezz'ora di marcia a piedi. Giungendovi, Maya fu accolta da un frastuono di voci e musica, proveniente da tutt'intorno a lei. L'atmosfera del campo era molto allegra, rilassata. Nessuno si curò di lei.
La maga cominciò a camminare attorno al perimetro del campo, stando attenta a non attirare troppo l'attenzione, approfittando della distrazione generale. Quando fu circa a metà del sito, si sedette con la schiena appoggiata contro una roccia e cominciò a meditare.
I magi del sud del continente, come lei, avevano un modo particolare per sfruttare l'energia magica. Arrivati ad un certo punto della loro vita, una fase chiamata l'Apertura, dovevano sottoscrivere un patto con uno dei numerosi spiriti che vagavano per il deserto, un al-karish. Questo spirito avrebbe trovato nuova vita fisica, entrando nel corpo del mago ma lasciando a lui il controllo. Sarebbe stato un ospite; per ricambiare il favore, avrebbe fornito magia all'ospitante qualora costui l'avesse richiesta. Quando il mago voleva utilizzare degli incantesimi, avrebbe dovuto chiamare l'al-karish e permettergli di prendere possesso, per qualche momento, totalmente del corpo.
Maya invocò il suo spirito e, in breve, sentì la familiare sensazione di formicolio che precedeva il possesso. Se qualcuno fosse stato lì, vicino a lei, avrebbe notato che i suoi occhi, iridi e bulbi, erano diventati neri come la notte e il suo corpo, muovendosi, lasciava una leggera scia luminosa, del colore delle fiamme.

 

Ora la giovane donna vedeva con gli occhi dello spirito, e in quella condizione poteva notare particolari che agli altri esseri umani erano negati. Riuscì a proseguire lungo un percorso che la teneva lontana dagli archeologi, che continuavano a festeggiare, cantando e bevendo, sicuramente grati per la consegna che stava per giungere, continuando comunque a controllare le tende con la visione magica. Furono due le cose che notò.
In fondo al campo c'era una caverna, scavata nei piedi della collina e puntellata da travi di legno per impedire crolli. Da quella caverna proveniva un debole bagliore magico. Chiaramente, comprese Maya, proveniva dall'arco che si trovava proprio lì dentro. Che fosse magico non era una novità, dopotutto. Avrebbe potuto anche individuare la natura della magia, nei minimi particolari, in modo da capire se si trattasse realmente di un registro di memorie, ma per farlo doveva essere molto vicina all'oggetto; non sarebbe stato saggio avvicinarsi ora, mentre l'arco era controllato dalle guardie.
La seconda cosa che notò la incuriosì molto di più: si trattava di una traccia magica all'interno di una tenda, piccola e situata all'esterno del campo vero e proprio, verso il bordo che stava percorrendo lei. Con qualche altro passo si portò vicino ad essa.
Con ogni probabilità la tenda era controllata, sul davanti, ma anche da dietro era abbastanza vicina per analizzare l'aura magica. Si guardò intorno, notando che un uomo stava camminando nella sua direzione. Indossava l'armatura ed era chiaramente una delle guardie degli scavi. Probabilmente l'aveva individuata ed era curioso di sapere cosa ci facesse lì. Lei non gli diede il tempo di farlo.
Ordinò al suo al-karish di entrare nella mente della guardia, lanciando impulsi mirati a farla addormentare. Quando l'uomo rovinò a terra, godendosi qualche momento di sonno, Maya tornò a concentrarsi sulla tenda e ciò che era al suo interno.

In poco tempo riuscì a decifrare il tutto; si trattava di un codice magico che conosceva bene, un dispositivo che permetteva di comunicare a distanza, simile alle Pietre Gemelle ma composto di una colonna di un minerale blu elettrico, circondata da quattro pietre fluttuanti. Il messaggio, scritto su un foglio ed affidato al campo magico contenuto dalle pietre, veniva portato a destinazione in un baleno.
Era un sistema molto diffuso, ed ogni città abbastanza grande, come Landam, ne aveva uno. Utilizzare un oggetto magico del genere non era certo un reato, ma c'era qualcosa che non quadrava.
Perché non hanno usato la colonna di Landam? Si chiese la maga Perché sono ricorsi ad un sistema personale?
Certo, niente provava che avessero inviato messaggi pericolosi, o sconvenienti, ma il fatto era strano.

Notando la presenza di uomini all'interno della tenda, Maya usò il potere dell'al-karish per sentire i loro discorsi, rimanendo sempre nascosta.
“E del libro, che ne hai fatto?” chiese una voce.
“Tranquillo, l'ho bruciato.” rispose un secondo uomo.
“Bene. Nessuno deve sapere.”
“Nessuno saprà.”
Il discorso si chiuse lì, e la maga si maledisse per non essere riuscita a cogliere di più. Un libro era stato bruciato, ma quale libro?
Aspetta, si disse Maya, Thomas ha affermato che Alken stava conducendo ricerche per conto del governatore Gallin. Può essere che abbia trovato qualcosa in un libro e che quelle prove siano state eliminate?

Con questa domanda che le martellava nella testa, la maga riprese il controllo totale, relegando l'al-karish nella sua anima e si allontanò, scavalcando la guardia che ancora dormiva beata. Doveva parlare con il governatore.

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Capitolo 5
*** Capitolo quarto - Il libro ***


CAPITOLO QUARTO
-Il libro-

 

---Arco del Gelo---
---Alba---

“Come potremo scoprire chi è stato?” domandò Ferren, tirando un calcio ad una pietra vicino a dove si trovava “Ormai sono andati. Hanno preso ciò che serviva e sono scappati!”
I due Guardiani ed il Reggente si trovavano ancora sull'altura dove era posto l'arco di pietra magico. Garath stava controllando la struttura stessa, mentre Hayst riusciva, in qualche modo, a godersi l'alba oltre le montagne.
“Hayst, dannazione!” sbraitò il Guardiano anziano. Non riusciva a sopportare l'espressione beata sul volto del compagno.
“Eh? Che ne so io, di come facciamo a trovarli?”
“Non è questo! Come puoi stare lì impalato a guardare il sole? Stiamo per entrare in guerra contro i Demoni dei Ghiacci!”
“Ferren, sono io che non capisco te. Ora come ora non possiamo fare nulla, se non attendere ordini. E' forse un delitto trovare del bello nella natura anche in un momento come questo?”
Ferren, pian piano, cambiò espressione, rilassandosi. Dopotutto, Hayst aveva ragione. In quegli attimi, fare una cosa piuttosto che un'altra non avrebbe cambiato nulla.

Garath si voltò verso di loro.
“Ho una buona notizia.” annunciò “Chiunque abbia rimosso la pietra di volta, l'ha fatto in maniera precisa, quasi chirurgica, lasciando integro tutto il resto. Le connessioni magiche tra l'arco e la pietra sono state interrotte, ma non recise.”
“E questo cosa significa?” chiese Ferren, non capendo.
“Significa che, una volta recuperata la pietra, potremo completare nuovamente l'arco e ristabilire l'incantesimo, senza dover necessariamente eliminare fisicamente tutti i mostri.”
“Wow!” sorrise Hayst, lasciando trasparire lo scetticismo “Il problema è trovare quella pietra.”
“Giusto, ma anche per questo, forse, può esserci una soluzione. Non a caso ho scelto di venire personalmente e non mandare qualcuno al mio posto.”. Il tono di Garath era rassicurante, in fin dei conti.
Il mago Reggente slegò, da lacci in cuoio posti sulla schiena, un lungo bastone di legno, la cui sommità era decorata con l'effige di due draghi, i cui soffi di fuoco si univano nel cielo. Nessuno dei due Guardiani l'aveva mai visto.
“Un bravo mago” spiegò Garath “deve saper curiosare, imparare ed andare oltre gli insegnamenti impartiti all'Accademia frequentata. Tutte le scuole di magia di Reevan offrono opportunità interessanti. Questo bastone, che mi fu donato anni fa dall'Accademia di Mak-ta-nikh, nel lontano Est, ha un potere unico.”
Detto questo, non terminò la spiegazione a parole, preferendo passare ai fatti. Recitò qualche formula arcana, per effetto della quale il bastone si librò dalle sua mani, iniziando a fluttuare vicino all'arco di pietra. Garath terminò la formula spalancando le braccia, e un'onda d'urto scaturì dall'artefatto, colpendoli con forza. Solo il Reggente rimase in piedi, senza barcollare, poiché conosceva quell'effetto.
Quando Ferren ed Hayst si sollevarono, videro delle figure misteriose, incappucciate e, all'apparenza, luminose, correre verso di loro. Sfoderarono le armi e si prepararono a colpire, ma le figure li oltrepassarono, attraversandoli come se fossero fantasmi. Proseguirono la loro corsa verso il ciglio e si gettarono nel vuoto, scomparendo alla vista.

Mentre Hayst correva a vedere, Ferren si voltò verso il mago.
“Cos'è successo? Chi erano?”
“I ladri.” sorrise il mago.
“Ma com'è possibile?”
“E' il potere del bastone. Permette di vedere ciò che è accaduto in un tempo passato, anche se prossimo al momento dell'utilizzo. Abbiamo visto ciò che è successo qui due notti fa.”
Hayst tornò da loro.
“Incredibile! Ma io non sono riuscito a vedere nulla di preciso, i loro volti erano coperti.”
“Nemmeno io,” disse il Reggente “ma ho visto comunque qualcosa di estremamente utile, che voi non avete notato nella fretta di attaccare le apparizioni.”
Si chinò e cominciò a tracciare un segno su di una pergamena, che si era portato dietro.
Il simbolo era composto di tre cerchi concentrici, il più esterno chiuso, quelli interni aperti su due lati differenti, destra e sinistra. Al centro del cerchio più piccolo era disegnata una rosa.
“Questo simbolo” continuò Garath, mostrandolo affinché venisse interiorizzato dai Guardiani “era cucito sulle loro tuniche. Ci aiuterà a trovarli.”
“E' sicuramente un indizio molto importante, però” intervenne Ferren “io non ho mai visto un simbolo del genere.”
“Non ne dubito. E' nuovo anche per me.”
“Quindi come...?” La domanda fu interrotta da un cenno della mano del mago.
“Lo mostrerete al villaggio, interrogando più persone. Ritengo che sia impossibile per dei ladri giungere fino a qui da soli. Voi stessi avrete notato quanto nascosta fosse l'entrata della gola.”
“Un contatto al villaggio?” intuì Hayst.
“Esattamente. Qualcuno ha indicato ai ladri il luogo. Quel qualcuno, alla vista del simbolo, avrà una reazione diversa dalle altre persone. Immagino sappiate come riconoscerla.”
Non c'era bisogno di spiegare l'ultima frase. Uno degli addestramenti più duri a cui erano sottoposti i Guardiani riguardava il riconoscimento di movimenti, anche impercettibili, sul volto di chi sta mentendo. Ferren ed Hayst eccellevano nella pratica, e non avrebbero avuto alcun problema.
“Certo.” annuì il Guardiano anziano “Inizieremo non appena arrivati al villaggio.”
“No, non subito.” lo corresse Garath. Notando l'espressione incredula dei due, continuò “Dopo aver riposato qualche ora, poiché sarebbe impensabile indagare nelle vostre condizioni.”

“E inoltre,” terminò “prima di recarvi al villaggio, venite nelle mie stanze. Devo consegnarvi un oggetto che si rivelerà essenziale.”

 

---Mezzogiorno---

Ferren si alzò dal letto frastornato. Era riuscito a dormire, ma la dura prova di resistenza fisica cui era stato sottoposto il giorno e la notte precedenti l'aveva spossato. La minaccia dei Demoni, inoltre, occupava quasi esclusivamente i suoi pensieri, oscurandogli la mente ed impedendo la concentrazione totale. Si vestì in fretta, senza preoccuparsi di pettinarsi o rasarsi, per poi uscire in corridoio, dove Hayst già lo attendeva, appoggiato al muro di fronte alla porta con una gamba sola e con le braccia conserte.
“Eccoti.” disse.
“Non hai dormito?”
“Sì, ma non bene. Mi sono svegliato un paio d'ore fa e non ho più preso sonno.”
“Capisco, anch'io ho avuto il sonno agitato. Andiamo dal Reggente?”
“Andiamo.”

 

Le stanze riservate ai maghi non erano troppo diverse da quelle per i Guardiani. L'intera fortezza era costruita in maniera spartana, senza eccessive comodità.
L'unica differenza sostanziale tra i quartieri degli incantatori e quelli che ospitavano i soldati erano alcune stanze che fungevano da laboratori alchemici, dove i membri del Consiglio potevano creare pozioni e scrivere pergamene magiche. Le persone che incontrarono in quei corridoi indirizzarono a Ferren ed Hayst sguardi carichi di speranza. Sicuramente erano informate circa l'impresa che i due stavano per compiere.
La stanza del Reggente Garath era l'ultima del corridoio; la porta era costruita sulla parete di fondo e non sui lati come le altre. Ferren bussò energicamente e, dopo qualche secondo, il mago apparve sulla soglia.
“Eccovi!” esclamò.
“Siamo corsi appena svegli. Diteci tutto, Reggente.”
“Oh, non devo dirvi niente.” affermò Garath, scuotendo la testa “Devo, invece, donarvi qualcosa. Seguitemi.”

I tre si avviarono verso la cupola di vetro in cima alla torre. Non appena entrarono, Garath si diresse verso il suo seggio, sollevandolo e rivelando uno scompartimento segreto nascosto in esso. Stupiti, i due Guardiani osservarono il grande planetario muoversi al comando del mago, per abbassarsi al livello del suolo; le orbite dei pianeti si interruppero.
Il Reggente tornò da loro e li invitò ad avvicinarsi alla struttura. Si diressero tutti verso la sfera che rappresentava Reevan; Garath premette un pulsante posto sul braccio che lo collegava al sole e il pianeta si aprì in due metà, rivelando qualcosa al suo interno.
Si trattava di un libro, un grosso tomo rilegato in cuoio e con le pagine in pergamena. Sulla copertina era disegnato un arco simile a quello che avevano visto sul Ghiacciaio Eterno.
Non aveva titolo.

“Questo” spiegò il mago, rigirando il libro tra le mani “è tutto ciò che ci rimane dell'antica Theros. Molti libri, senz'ombra di dubbio, furono scritti per contenere le memorie dei suoi abitanti, ma la guerra risparmiò solamente questo.”
Detto questo, lo passò a Ferren, che lo trattò con riguardo, squadrandolo con attenzione.
“Non temete,” li rassicurò Garath “non avrete alcun problema a leggerlo. Essendo l'unica eredità di chi ci ha preceduti, è stato costantemente aggiornato, in modo da rispondere alle esigenze linguistiche di ogni generazione. Il testo che troverete sarà perfettamente comprensibile.”
“Grazie, Reggente.” Ferren ed Hayst si inchinarono, grati del dono.
“E' assolutamente essenziale che lo leggiate, perché state per intraprendere un viaggio importante che, se affrontato con le informazioni giuste, non sarà così impossibile. Fatene tesoro.”

I due Guardiani tornarono alle loro stanze, in modo da preparare l'equipaggiamento prima di dirigersi al villaggio.
Il libro degli antichi Therodi rimase a Ferren, che lo appoggiò sul comodino di fianco alla testata del letto, per indossare l'armatura senza impedimenti. Una volta che l'uomo fu pronto, il suo sguardo cadde sul tomo. La curiosità era grande; aprì la porta e notò che il compagno non era ancora arrivato.
Si sedette sul letto e aprì il volume.
Sulla prima pagina troneggiava una scritta inquietante:

Questa è l'eredità di Theros. Un'eredità scritta con il sangue degli uomini.

Colto da un brivido, Ferren continuò a leggere. Alcune note iniziali parlavano della guerra che si era combattuta, spiegando come i Demoni fossero apparsi dal nulla e avessero cominciato a mietere vittime. Alcuni passi successivi narravano della potenza di questi Demoni, troppo grande perché gli uomini potessero avere la meglio. La parte iniziale si concludeva con la spiegazione della necessità di congelare l'intera regione, per poter fermare la minaccia.
Per quanto fosse interessato, Ferren cercò informazioni più utili e si soffermò su un passaggio del capitolo successivo:

Anche se il motivo esatto rimane sconosciuto, i Demoni sono arrivati a causa nostra, senza dubbio. Abbiamo osato troppo, tirato troppo la corda per ottenere il potere, ed ora ne paghiamo le conseguenze. Gli Archi Energetici, è giusto che i nostri discendenti lo sappiano, non sono altro che la manifestazione più pura della nostra vanità, portali aperti su altre dimensioni dalle quali abbiamo prelevato energia magica, per aumentare la nostra forza. Ma chi apre troppe porte, prima o poi, finirà per aprire quella dell'Abisso stesso.

Prima che potesse continuare a leggere, Ferren udì la voce del suo compagno che lo chiamva. Era fuori dalla stanza e pronto a partire.
“Andiamo?”
“Sì, andiamo al villaggio. Dobbiamo scoprire chi sono i ladri e fermarli.”
Lo sguardo di Hayst si soffermò sul libro aperto.
“Hai letto qualcosa di interessante?”
“Estremamente interessante. Vieni, te ne parlerò mentre cavalchiamo.”


 

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Capitolo 6
*** Capitolo quinto - Verso Valarel ***


CAPITOLO QUINTO
-Verso Valarel-

 

---Rive del fiume Altera---
---Mezzogiorno---

Avevano camminato per mezza giornata buona, sotto il sole che batteva implacabile sulle loro armature. Thomas e i quattro compagni erano stremati e, per questo, decisero di fermarsi sulla riva del fiume per riposarsi un attimo, mangiare qualcosa e discutere circa il viaggio che avevano intrapreso. Avevano trovato un posto all'ombra degli alberi non lontano da un'ansa del fiume.
Mekor, dopo essersi tolto la cotta, abbandonato la spada ai piedi di un albero e sciacquato il volto, estrasse una mappa dallo zaino, che raffigurava l'intero continente.
“Venite.” chiamò gli altri. Tutti e quattro si raccolsero intorno a lui, chi seduto, chi restando in piedi. Il continente di Arasta era di forma allungata, occupava buona parte dell'Oceano Occidentale. Landam si trovava già nella parte nord del continente, e Valarel, la loro destinazione, era a cinque giorni di marcia in quella direzione. Il puntino che indicava il villaggio si trovava sul limitare di una linea tracciata in rosso, che separava la zona dei Ghiacci Eterni dal resto di Arasta.
Nessuno dei cinque era a conoscenza del motivo per cui la zona a nord fosse interamente coperta di ghiaccio, nonostante il continente non si trovasse troppo vicino ai poli; le storie che si narravano erano molte e discordanti. L'unica cosa certa è che si sarebbero trovati ad affrontare un clima piuttosto rigido, verso la fine del viaggio.

“A mio parere” disse Mekor, corrugando la fronte “ci conviene passare dalla foresta.”. Stava indicando una vasta zona boscosa a nord, che circumnavigava un grande lago.
“Giusto. Certo, così facendo allungheremo il viaggio,” concordò Shaina, annuendo “ma almeno non dovremo affrontare Kyaas.”
Il lago di Kyaas, infatti, era famoso per la pericolosità delle sue acque in cui, si diceva, vivessero creature misteriose e pericolose.
“Non sono d'accordo.” Vigran scosse il capo “Il governatore ha fatto chiaramente intuire l'urgenza della consegna. E poi, qualche creatura non sarà un problema.”
“Non sarà un problema?” sbottò Mekor, guardando il compagno con aria di scherno “Se vuoi morire, fai pure. Io, con mostri che possono affondare la tua barca, trascinarti in acqua e ucciderti con calma mentre non puoi reagire, non voglio avere nulla a che fare.”
“Mekor, siamo soldati, cavolo!” reagì Vigran, con un gesto che fece trasparire, come al solito, la sua vanità.
“Vigran non ha tutti i torti.” intervenne Thomas “Inoltre, essendo solo in cinque, potremo permetterci di utilizzare una piccola e veloce imbarcazione. Senza il peso di un possente scafo, non dovrebbe essere un problema sfuggire alle creature.”
“Selene?” chiese Vigran voltandosi verso la ragazza che ancora non aveva espresso il suo parere.
Selene, però, era voltata, non stava guardando la mappa.
“Che c'è?”
“Guardate!” indicò. Seguendo la direzione del suo dito, i quattro notarono degli uomini che si avvicinavano minacciosi, con spessi mantelli e con le armi sguainate.
“Oh, cielo.” sbuffò Mekor “Stupidi banditi.”

I sette uomini, giunti vicino alla postazione delle guardie, si disposero in modo che cinque di loro tenessero sotto tiro le vittime con le balestre, mentre due si avvicinarono per parlare.
“Oh, bene.” esordì uno dei due, chiaramente il capo. La lunga barba scura era lorda, denotando la scarsa igiene. “Chi abbiamo qui?”
“Taci!” urlò Mekor, infuriato. I banditi sussultarono, chiaramente non si aspettavano una reazione del genere “Ora cosa ci dirai? 'Se volete proseguire tranquilli il vostro viaggio dovrete pagare e bla, bla, bla'?”
Thomas e Selene si guardarono, entrambi sorridendo. Il temperamento di Mekor era spesso fonte di allegria, anche quando si trovavano tutti alla taverna di Landam; le memorabili risse che l'anziano soldato aveva scatenato lasciavano una profonda traccia nella mente di chi vi avesse assistito.
“Beh...” cominciò il capo dei fuorilegge. Non terminò la frase, poiché Mekor si lanciò su di lui a mani nude, gettandolo a terra. Non aveva la spada, quindi cominciò a prenderlo a pugni.
Gli altri quattro della spedizione approfittarono della confusione creata per attaccare a loro volta; non avevano lasciato le armi, ma dovevano stare attenti in quanto, per rinfrescarsi, anche loro si erano messi in maniche di camicia.
Shaina si fermò per prima, ingaggiando un combattimento contro l'altro dei due uomini che si erano portati più vicini. Egli era pronto e riuscì in qualche modo a parare il primo affondo. Iniziò una danza mortale. Thomas portò un colpo dall'alto verso il basso e da destra verso sinistra, disarmando un balestriere per poi colpirlo al naso con una testata. L'uomo, sanguinante, si lasciò cadere a terra.
Selene si trovò a dover schivare un dardo lanciato nella sua direzione. Rotolò in avanti in modo che il proiettile le passasse sopra e, terminando la capriola, affondò la lama nell'inguine dell'avversario, annientandolo; sarebbe morto dissanguato in qualche minuto.
Vigran fece una finta, in modo da disorientare i due soldati con balestra rimasti, indecisi su chi fosse il bersaglio del giovane. Nella confusione nessuno dei due si accorse dei fendenti. Morirono entrambi, ma uno dei due premette, in uno spasmo, il grilletto dell'arma.
Un dardo partì verso terra, e l'urlo di Mekor fece voltare immediatamente Vigran e Selene, mentre Thomas finiva il suo nemico.
Shaina ebbe la meglio sul bandito, facendo un passo indietro per evitare un affondo e portandone uno a sua volta verso il viso dell'uomo, che fu attraversato dal gelido acciaio.

Mekor si teneva stretta la gamba destra, da cui usciva del sangue: il dardo l'aveva colpito in quel punto, poco dopo che lui aveva ucciso il capo dei banditi a suon di pugni. La battaglia era vinta, ma non senza feriti.
“Maledette balestre!” sbraitò. I suoi compagni si portarono accanto a lui.
Thomas, abile nel primo soccorso, prese delle bende dallo zaino e fasciò la ferita, dopo aver rassicurato il compagno anziano che non era niente di grave.
“Niente di grave, dici?” chiese quello “Fa un male dell'inferno!”
“Lo so, ma non si infetterà e le bende aiuteranno la rimarginazione.”
Quando Mekor si alzò, barcollando, Vigran si avvicinò con un sorriso sarcastico.
“A quanto pare, la scelta di passare per il lago ora è obbligata.” sentenziò “O vuoi forse camminare attraverso tutta la foresta in queste condizioni?”
“Stupido bastardo, è colpa tua se...”

Le parole di Mekor si persero, mentre Thomas sorrideva osservando la scena. Improvvisamente, avvertì un sussurro, provenire dalla sacca di pelle dove teneva le monete... e la Pietra Gemella.
“Thomas?”
Era Maya.

 

---Landam---

 

Thomas, mi senti?”
Maya era nel salotto di casa sua, con i demoni dipinti sui muri che la guardavano minacciosi. Nessuno avrebbe mai potuto capirla, ma lei si sentiva al sicuro, tra quei guardiani inquietanti.
“Maya, eccomi.” rispose Thomas attraverso la Pietra Gemella.
“Come procede il viaggio?” chiese la maga, sinceramente preoccupata per l'amico.
“Nessun problema, a parte degli idioti che volevano derubarci! Abbiamo risolto rapidamente.”
“Meno male. Sai, vista la piega che hanno preso le cose, non riesco a non pensare che tu possa correre un grave pericolo.”
“Non preoccuparti, so badare a me stesso, e siamo in cinque. Le indagini, invece, come procedono?”
“Ti ho chiamato proprio per questo.”
La giovane aggiornò Thomas circa le scoperte fatte quella mattina al campo dei ricercatori e spiegò che, in seguito, si era recata dal governatore per fargli alcune domande. Gli aveva chiesto se sapesse in quali luoghi Alken aveva compiuto la propria ricerca. Tra tutti i punti indicati da Gallin, uno aveva attratto l'attenzione di Maya, in particolare: la grande biblioteca di Landam.
“Il libro di cui parlavano gli uomini,” concluse la maga “se davvero c'entra qualcosa con questa storia, potrebbe provenire da lì.”
“Già.” concordò Thomas “Andrai a controllare, dunque?”
“Sì, questa sera, quando ci sarà meno gente a controllare ciò che faccio io.”
“Perfetto! Tienimi aggiornato, mi raccomando!”
“Non mancherò. A presto Thomas. Ti voglio bene.”
“Anch'io.”
Maya si concesse qualche ora di riposo e meditazione, per rigenerare la sua mente dopo la possessione dell'al-karish, che la lasciava sempre spossata.

---Dopo il tramonto---

Le vie di Landam si svuotarono in fretta, quella sera. L'indomani si sarebbe celebrata una grande ricorrenza, il Giorno della Luce, in cui si ricordava la liberazione della cittadina dai dominatori Kemoriani, che in seguito avevano spostato le loro mire verso il sud, verso la terra di Maya. Le famiglie cominciavano la celebrazione la sera precedente, assistendo ad una rappresentazione teatrale nella piazza davanti al palazzo, che mostrava la battaglia combattuta. Anche in tempi normali, la maga non aveva mai partecipato, per ovvi motivi e, quella sera, a maggior ragione, la festa le tornava utile per svolgere con calma altri compiti.
La biblioteca era un edificio maestoso, al centro di una seconda piazza circolare, situata a nord-est della principale. La costruzione in pietra era stata eretta su un cerchio di ciottoli di colore più scuro, dal quale partivano altre linee identiche, a simboleggiare un immenso sole, simbolo della conoscenza. Non c'era nessuno, nemmeno un rumore.

Dannazione, pensò Maya, avvicinandosi, non ci avevo pensato. Sono tutti alla rappresentazione, quindi la biblioteca ha già chiuso.
La ragazza fece un giro attorno all'edificio, cercando qualche altro punto di accesso, ma non trovò niente.

Ok, facciamo alla mia maniera.
Lasciò che l'al-karish prendesse il comando, e lo indirizzò verso una finestra posta al primo piano. Con gli occhi dello spirito vide che attraversava il vetro, per poi voltarsi ed aprire la finestra dall'interno. Quando tornò al controllo del suo corpo, Maya cominciò a scalare il muro, assicurandosi di non essere vista da nessuno.
Felice di vedere che anche le guardie, in quella sera particolare, sembravano venire meno ai loro doveri, entrò nella biblioteca.

L'odore di polvere, carta, legno e cuoio la investì non appena mise piede nel corridoio sul quale si apriva la finestra. Era un odore familiare, amato dalla maga. Non riusciva a vedere molto, in quanto non c'era una singola torcia accesa all'interno. Accenderle avrebbe significato, però, segnalare la sua presenza, quindi si affidò ancora una volta al suo spirito, che le permise di vedere al buio, come i gatti, seppur per uno spazio ristretto. Chiuse la finestra e si inoltrò. Il corridoio, come tutti gli altri della biblioteca, era cinto da mura di libri; ad intervalli regolari erano posti dei banchi dove poter studiare i tomi. L'intero edificio era un labirinto di corridoi simili e sarebbe stato difficile intuire la strada presa da Alken.
Maya giunse davanti all'ingresso principale, intuendo che il precettore non fosse entrato certo da una finestra come lei. Chiese dunque uno sforzo ulteriore all'al-karish, ed illuminò le tracce lasciate dai visitatori, che le apparvero chiare alla vista. Impronte di diverso tipo si dirigevano in ogni direzione e lei cominciò a scartare tutte quelle che non potevano appartenere al Alken.
Troppo grandi, troppo piccole, troppo storte...
Alla fine, dopo un paio di minuti, individuò quale traccia seguire. Le impronte del precettore portavano in fondo alla sala, oltre un tavolo di studio sul quale, evidentemente, si era fermato per leggere.

 

La maga arrivò davanti alla parete di fondo. Sopra la sua testa passava uno dei corridoi superiori, restringendo notevolmente l'altezza della sala. Notò che, sulla sinistra, il corridoio continuava passando dietro ad uno degli scaffali. Non ci aveva mai fatto caso. Seguì quella pista, presa anche da Alken, come testimoniavano le orme, e giunse ad una porta di legno, piccola e per niente in tono con il maestoso ingresso principale. Era chiusa. Grazie allo spirito, passò ancora una volta dall'altra parte per sbloccare la strada.
La porta si aprì su delle scale a chiocciola che scendevano per una decina di metri, terminando in una sala sotterranea circolare, in cui erano conservati libri dal sapore molto più antico di quelli che si trovavano al piano terra. Si trattava, evidentemente, di tomi rari e preziosi, che non erano a disposizione dei normali visitatori.
Le traccie di Alken proseguivano fino ad una sezione. Evidentemente il precettore passato il dorso della mano su dei libri, prima di sceglierne uno. Le impronte erano visibili su tre libri, ma la cosa strana era che si interrompevano bruscamente, scomparendo in prossimità di un quarto, al centro di essi. Maya comprese cos'era successo. Il vecchio maestro aveva preso un libro che si trovava lì, il quale era, in seguito, stato sostituito da uno che egli non aveva toccato. Si guardò intorno, per individuare altre tracce, ma non ne vide. Il libro non era semplicemente stato spostato, era scomparso.

 

Maya represse il terribile desiderio di dare uno sguardo ad ogni libro che si trovava lì; poteva dimostrare che qualcosa era accaduto, che una prova era stata occultata. Chiuse la porta dietro agli scaffali, tornò al primo piano e si calò nelle strade, per poi serrare la finestra usando la magia.
Le indagini erano ad una svolta, ora bisognava agire.

 

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Capitolo 7
*** Capitolo sesto - Petali Neri ***


CAPITOLO SESTO
-Petali Neri-

 

---Theros, verso il Villaggio dei Guardiani---
---Primo pomeriggio---

Anche se l'ora non era tarda, il sole non riusciva ad illuminare le pianure innevate. A giudicare dal colore plumbeo del cielo e dal vento crescente, c'era una tempesta in avvicinamento. Ferren valutò che non si sarebbe abbattuta su di loro prima di sera, ma spronò comunque il suo cavallo e invitò Hayst a fare altrettanto.
Erano partiti da qualche minuto e avevano davanti una mezz'ora prima di giungere al villaggio dei Guardiani. Il villaggio non aveva un nome proprio, esattamente come la fortezza, ma vista la sua altitudine veniva comunemente chiamato il Nido, nome che richiamava le tane delle possenti aquile.
Gli zoccoli dei due cavalli pestavano il suolo ghiacciato mentre si inerpicavano su un sentiero in salita in mezzo agli alberi.

 

Portali dimensionali?” chiese Hayst, avvicinandosi al compagno in un punto in cui il sentiero si allargava abbastanza. Ferren aveva spiegato ciò che aveva trovato sul libro.
“A quanto pare.” annuì l'altro “Si tratta di una magia antica e scomparsa, oramai. Ne avevo già sentito parlare, ma come di una leggenda. I portali permettono il viaggio tra le diverse dimensioni d'esistenza, ma i Therodi avevano trovato un modo per utilizzarli in maniera di accrescere il proprio potere.”
“E i Demoni?”
“Stando alle note sul libro, potrebbero provenire proprio da una di queste dimensioni, su cui fu aperto un portale per errore.”
“Incredibile. Da secoli i Guardiani si preparano, rinunciando ad ogni forma di vita sociale, per riprendere una guerra scoppiata proprio a causa dell'avidità dei loro antenati.”
“E' sempre così, Hayst. Sempre così. Eccoci, siamo arrivati.”

Oltrepassarono il cancello in legno che delimitava l'ingresso al villaggio e smontarono dai cavalli, prendendoli per le briglie e conducendoli verso una stalla, subito sulla destra. Il proprietario accolse con piacere i due Guardiani e accettò di curare i loro destrieri senza alcun pagamento in cambio: i Guardiani, agli occhi della gente, erano persone di un rango infinitamente superiore. Ferren ed Hayst si sentirono un po' a disagio a causa di quei favori, ma non ci fu modo, per loro, di convincere lo stalliere ad accettare un compenso.
Usciti dalla stalla, decisero di cominciare le indagini alla locanda, luogo in cui erano sicuri di poter trovare più gente riunita.
La locanda del Tasso Argenteo era un locale costruito interamente in legno, con le pareti ricoperte di ogni sorta di trofeo di caccia. Sul grande camino in fondo alla sala comune troneggiava la testa di un cinghiale, i cui occhi si illuminavano per i riflessi del fuoco scoppiettante.
In un villaggio di millecinquecento abitanti, trovarne anche solo venti in un luogo solo era un'ottima cosa, anche se in qualsiasi altra città la locanda sarebbe stata giudicata vuota.
I due Guardiani cominciarono a chiedere in giro, mostrando la pergamena con il simbolo.

 

Un ragazzino di circa dodici anni era seduto ad un tavolo e sorseggiava una tisana calda, quando vide i soldati entrare. Riconobbe all'istante il loro atteggiamento e seppe che erano in cerca di qualcuno.
Eccoli, pensò.
Qualche giorno prima suo zio, un taglialegna, gli aveva affidato un compito. Qualora avesse visto dei Guardiani fare domande in giro, avrebbe dovuto avvisarlo subito. Il ragazzino sgusciò alle spalle dei due, mentre questi stavano parlando con altri avventori, dirigendosi verso la porta. Appena fuori, si diresse verso il capanno dello zio.

Ferren!” chiamò Hayst, voltandosi in direzione della porta della locanda.
“Che c'è?”
“Ho appena visto un ragazzino uscire, con fare sospetto.”
“Dannazione! Seguilo, io continuo qui in locanda.” il Guardiano si portò al centro della sala e fece appello all'attenzione di tutti gli avventori, mentre il compagno se ne andava “Attenti! Da questo momento, fino al termine dell'interrogatorio cui vi sottoporrò, è vietato a chiunque lasciare questa sala!”

 

Hayst seguì le orme del ragazzino, chiare sulla neve. Portavano fuori dal centro del villaggio, lungo un sentiero che saliva ad un livello superiore della parete. Al termine della pista battuta c'era solo una casa, un piccolo capanno in legno. Apparteneva, il Guardiano comprese, ad un boscaiolo, un taglialegna.
Si portò all'uscio e bussò, senza ricevere alcuna risposta.
Bussò ancora, e un rumore sul retro lo colpì. Erano passi che si allontanavano veloci. Girò intorno al capanno e, sul retro, vide una finestra spalancata.
Voltando il collo di scatto verso la foresta, notò la figura di un uomo che stava fuggendo tra gli alberi.

Maledizione! Il ragazzino è andato ad avvisarlo! Capì.
Senza avere il tempo di tornare a chiamare il suo compagno, Hayst si lanciò all'inseguimento. Era decisamente l'uomo che stavano cercando.

 

Indossare l'armatura mentre si correva nella foresta non era il massimo, ma il Guardiano vi era abituato e riuscì comunque a non perdere di vista l'uomo che stava inseguendo. Cercò di proseguire il più possibile in linea retta, scansando i tronchi all'ultimo in modo da non perdere tempo ad aggirarli.
Mentre correva, improvvisamente si rese conto di un particolare: con la coda dell'occhio, infatti, aveva notato un'altra figura che correva, poco lontano e sulla destra. Non era riuscito ad identificarlo chiaramente, ma aveva la terrificante certezza che si trattasse di un Demone dei Ghiacci.
“Fermo!” gridò al boscaiolo. Non ricevette risposta, mentre l'uomo continuava la sua discesa ad una velocità pericolosa.
“Fermati, dannazione! Lo vuoi capire che” si interruppe un attimo per scansare un ramo con il braccio destro “non ti farò niente? Se non smetti di correre, però, ti raggiungerà qualcos'altro, e lui non avrà pietà di te!”
Niente.

 

Dopo un minuto e più di corsa sfrenata, Hayst notò nuovamente la figura alla sua destra, distinguendo chiaramente le striature rosse. Una seconda creatura, inoltre, apparve da sinistra. Entrambe non sembravano interessate al Guardiano; probabilmente avevano individuato, nell'uomo più avanti, una preda più facile e avevano scelto di attaccare prima lui.
I due Demoni scattarono in avanti, rivelando una forza nelle gambe inimmaginabile per qualsiasi uomo. In quel momento, pur nella foga della corsa, il guerriero comprese una verità inquietante.

Non potremmo mai scappare da creature così veloci. Un combattimento, e la morte di uno dei due contendenti. Questa è l'unica strategia attuabile.

Il taglialegna era stremato; non era abituato a correre così a lungo e così veloce. Gli alberi e il sentiero erano confusi ai suoi occhi ricoperti di sudore. Si pulì rapidamente con il dorso della mano e si arrischiò a guardare se il Guardiano lo stesse ancora inseguendo. Non vide nessuna armatura, ma qualcosa di ben peggiore. Un mostro, una creatura che non riconobbe, si stava avvicinando troppo veloce perché lui avesse una speranza di fuggire.
Oh, cielo! Cos'è? Pensò. Il terrore l'aveva immobilizzato e le sue gambe non risposero al comando di spostarsi. Il mostro balzò nella sua direzione con gli artigli spianati e gridando, un grido che gelava il sangue. Prima che l'uomo potesse fare qualcosa, avvertì un violento colpo allo sterno, seguito da un freddo glaciale. Cadde a terra tra mille dolori e i suoi occhi si chiusero, mentre la bestia preparava il colpo fatale.

 

Hayst notò la scena e non rifletté due volte sul da farsi: si gettò contro il Demone con una carica e lo gettò a terra usando la spalla destra. Il mostro si schiantò contro un albero, mentre il secondo sbucava da dietro.
Il Guardiano non aveva il tempo materiale di sguainare la spada, quindi ricorse al braccio sinistro per fermarlo. Tirò un pugno al suo torace, rallentandolo quanto bastava per sfoderare un piccolo pugnale, che usava per emergenza. Piantò la lama in mezzo agli occhi della creatura, che crollò morta al suolo.
Voltandosi, vide il primo Demone che si era alzato, danneggiato ma ancora vivo. Scagliò allora il pugnale, ferendolo mortalmente. Tra spasimi e grida, anche quello si spense e tornò cenere.

Dopo aver trasportato il taglialegna svenuto al villaggio, Hayst entrò in locanda, dove Ferren lo attendeva. Il compagno si voltò stupito; il più giovane chiese di liberare un tavolo e vi adagiò l'uomo privo di sensi.
“E' stato un Demone?” chiese Ferren.
“Sì. Sono arrivati fino a qui.”
“Per Kilan!”
Il Guardiano estrasse qualcosa dal suo zaino, una boccetta contenente un liquido blu. Era una pozione di guarigione, che avrebbe infuso nuova forza vitale nel povero taglialegna. Dopo qualche secondo, egli aprì gli occhi e squadrò i due soldati.
“Cosa... Cos'è successo?”
“E' successo che sei stato attaccato da un mostro che tu stesso, con il tuo tradimento, hai contribuito a risvegliare.” affermò Hayst, senza pietà.
“C-come?”
“Guarda questo simbolo.” il giovane Guardiano mostrò la pergamena, strappandola dalle mani del compagno “Dicci tutto. Chi sono quei ladri, e dove hanno portato la pietra di volta?”
“Io...”
“Parla, stupido!” sbottò Hayst, guadagnandosi il rimprovero del compagno.
“No, Hayst. La sua è una parte importante nel crimine, ma non essenziale. Sono i ladri il vero pericolo.” Ferren si voltò verso l'uomo “Allora?”
“Sono... sono dei maghi. Si fanno chiamare i Petali Neri.” rispose quello, capendo di non avere altra scelta “Praticano la magia dimensionale e vogliono riprendere alcuni studi... Non ho ben capito cosa intendessero. Mi hanno promesso oro e potere e io ho indicato loro la strada verso il canyon.”
“Vogliono riprendere gli studi degli antichi Therodi.” sentenziò Hayst, e l'altro Guardiano annuì, prima di parlare ancora all'uomo.
“Dove sono andati? Lo sai?”

“Sì, l'ho colto da un loro discorso: hanno... Hanno detto che si sarebbero recati a Valarel.”

 

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Capitolo 8
*** Capitolo settimo - Maya ***


CAPITOLO SETTIMO
-Maya-

 

---Landam---
---Notte fonda---

Maya era appena uscita dalla biblioteca e già stava pensando a ciò che avrebbe dovuto fare l'indomani. Mentre rimuginava sulla questione, stava camminando per le strade completamente deserte e silenziose, senza curarsi di dove stesse andando.
In quel momento sentiva di aver bisogno di aiuto, nelle indagini. Finché si trattava di nascondersi ai lati del campo ed effettuare qualche ricerca magica poteva cavarsela benissimo da sola, ma, raccolte le prove del crimine commesso, avrebbe sicuramente dovuto affrontare i presunti criminali, prima o poi.
Dopo qualche minuto e molte svolte cieche, decise di recarsi, appena sveglia, dalla guardia cittadina, per richiedere una scorta che la accompagnasse dal capo degli archeologi.
In seguito alzò lo sguardo. Era ben lontana da casa, ma riconobbe subito la zona: si trovava vicino a dove abitava Thomas.

Forse il mio inconscio mi ha portato qui, pensò. Si ricordò, infatti, dell'avvistamento del suo amico, la strana luce nei vicoli che passavano sotto alla finestra della camera. Decise di dare un'occhiata, prima di tornare a casa.

I vicoli in cui Maya camminava erano un vero e proprio labirinto: tutti uguali, senza punti di riferimento, si snodavano attraverso case anonime e sconosciute. L'al-karish le permise di vedere al buio, ma ciò non la aiutava molto. Finalmente, quando stava per cedere alla frustrazione, riconobbe la finestra della camera di Thomas. Felice, fece in modo di portarsi al di sotto di essa, così da vedere le strade esattamente come le aveva viste il suo amico. Il ragazzo aveva indicato la seconda via sulla destra e fu lì che si diresse Maya. Era una via come tante altre, spoglia e del tutto priva di riferimenti. Continuava per qualche decina di metri e, infine, si perdeva in un bivio.
La maga fece appello nuovamente all'al-karish, per cercare tracce. Si illuminarono diverse impronte invisibili ad occhio nudo, e lei ne individuò alcune risalenti alla notte precedente.
Appartenevano a due individui diversi e arrivavano dal fondo della via. Notò immediatamente un primo particolare: uno dei due soggetti, quello che stava davanti, stava sicuramente correndo, una corsa scomposta, piena di terrore. Al termine della sua fuga era evidentemente inciampato, permettendo all'inseguitore di raggiungerlo.
L'altra serie di tracce, invece, era inquietante; non si trattava di orme umane, erano piccole ed artigliate. Si muovevano, inoltre, con angolazioni impossibili. Appartenevano, senza ombra di dubbio, ad una creatura soprannaturale. Allarmata, fece il percorso a ritrovo, per capire da dove questa fosse giunta.

Fu a quel punto che l'inquietudine si trasformò in terrore. Dopo un paio di svolte che la maga non registrò neppure con la mente, concentrata com'era, vide che, alla partenza, la creatura aveva altre orme.
Chiaramente aveva effettuato una trasformazione, rivelando solo in un secondo tempo la sua vera forma. Cosa ancor più sconcertante, le orme lasciate prima della mutazione erano le stesse che aveva seguito in biblioteca: le orme del precettore Alken.
Maya corse verso casa, spaventata all'idea di ciò che significava la sua scoperta: un mostro si era sostituito al vecchio maestro ed era stato lui a parlare con Gallin, autorizzando la spedizione verso Valarel. Aveva sentito parlare di creature che potevano assumere la forma di esseri umani, ma ora che sapeva che una di quelle si trovava proprio nella sua stessa cittadina, non riusciva a pensare razionalmente. Non poteva evitare di pensare a quanto difficile fosse combattere contro un nemico simile.

---Tarda mattinata---
Il capitano delle guardie, Jered Fithal, stava per fare il suo ingresso nella sala da pranzo della caserma, una vecchia sala strategica riadattata dai tempi dell'oppressione Kemoriana. Come ogni anno, nel Giorno della Luce, avrebbe festeggiato lì, insieme ai suoi uomini. Inservienti e cuochi erano in attività fin dall'alba e anche lui si era svegliato presto, per sovrintendere ai preparativi. Era contento di come era stata organizzata ed addobbata la sala e il menù, che comprendeva diverse tra le sue pietanze preferite, gli faceva venire l'acquolina in bocca.
“Capitano!” lo chiamò però una voce. Voltandosi, vide uno dei suoi sottoposti, uno dei pochi che erano rimasti di turno, correre lungo il corridoio.
“Che c'è?”
“Capitano, una donna, quella maga strana che vive fuori da Landam, ha chiesto di parlarle. Ha detto che è urgente!”
“La maga... Maya? Dannazione, non può aspettare?”
“No, signore. A quanto dice, Si tratterebbe di una questione di vita o di morte!”
“Uff... Va bene, portala nel mio studio.”

Qualche minuto dopo, la maga si sedette all'altro capo del tavolo in ebano pieno di scartoffie e documenti di Jered. Era corsa lì appena svegliatasi dal sonno agitato.
“Qual è il motivo di questo colloquio, signorina?” chiese il capitano, visibilmente irritato per quell'interruzione dei festeggiamenti.
Maya riversò le sue spiegazioni come un fiume, fermandosi solo per respirare e alla fine del discorso.
“Una cospirazione?” domandò allora Jered “Una creatura che si trasforma e prende il posto di persone? Lo sa, vero, che ciò che mi sta dicendo è abbastanza incredibile?”
“Sì, ne sono perfettamente conscia, signore. Ma so anche che si tratta della verità. Dobbiamo andare al campo, parlare con il loro capo. Facendolo, sono convinta che eviteremmo un terribile pericolo per Landam!”
L'uomo di fronte a lei, con i capelli rasati a zero e un pizzetto ben curato, corrugò la fronte mostrando le rughe che tradivano la sua età. Pensò intensamente per qualche momento, valutando la situazione. Infine, si riscosse e fissò Maya negli occhi.
“Bene, maga. Verrò con lei. Mi mostri le sue prove e poi deciderò se accompagnarla al campo.”

 

---Verso sera---
Dopo l'incontro con il capitano delle guardie, Maya non aveva abbandonato nemmeno per un minuto la visione magica conferitale dall'al-karish; solo in quel modo, infatti, avrebbe potuto individuare la creatura misteriosa al di là del suo travestimento umano. Era una tecnica che le rubava molta energia, sfinendola, ma non poteva permettersi nessun errore. Lei e Jered avevano dapprima controllato ill vicolo e poi la biblioteca. In ognuno dei due luoghi, la maga aveva fatto in modo che anche il suo accompagnatore potesse vedere ciò che aveva visto lei, trasferendogli i poteri dello spirito per qualche momento.
Jered era sinceramente preoccupato a causa di quelle rivelazioni.
“Bene, a quanto pare aveva ragione lei. E' tempo di fare una visita al campo.” aveva detto.

E così si erano diretti, assieme, verso il sito di scavi. Era tardo pomeriggio e il sole stava lasciando il posto alla sua sorella notturna; qualche stella era già visibile in cielo.
Il campo era calmo, a differenza della prima visita di Maya. Molto probabilmente la maggior parte degli archeologi si era raccolta per cenare, anche se dei colpi ritmici in lontananza rivelavano che qualcuno era ancora al lavoro nelle caverne.
La maga si guardò attentamente intorno, sempre sfruttando la vista magica, ma non individuò nessun mostro. Si sorprese rincuorata; anche se stava per andare a parlare con un probabile cospiratore, aveva il capitano delle guardie dalla sua parte e doveva affrontare un uomo, non un essere demoniaco.
Jered le fece segno di fermarsi a metà del vialetto principale, mentre lui andava a cercare il capo dell'accampamento.
Dopo qualche minuto, quando oramai il sole era scomparso del tutto ed il freddo serale cominciava a solleticarle il viso, Maya vide l'uomo tornare, sorridente.
“Ok, ho contattato il capo.” disse “Ci aspetta nella sua tenda, laggiù.”

Camminarono fino al luogo indicato, un insieme di tela e pali di legno che formava un edificio molto alto, e posto al centro dell'intero sito. Il motivo impresso su quella tenda, una serie di righe di tre colori, bianco, verde ed arancione, risvegliò in Maya un ricordo spiacevole.

Sarà una coincidenza, pensò lei.
Quando varcarono la soglia, senza doversi abbassare vista l'altezza della porta, per poco non le venne un coccolone.
Il capo dei ricercatori stava in piedi di fronte a lei, al lato opposto ed oltre un tavolo con documenti. Era anziano, sulla sessantina, con una folta barba ancora in parte castana e occhi profondi e verdi.
I suoi lineamenti duri, la sua fronte ampia e il taglio quasi a mandorla degli occhi tradivano la sua origine, confermata da un motivo tessuto sulla parete dietro di lui, che riprendeva i colori esterni ma in posizioni ben precise; si trattava di un triangolo, la cui sommità era arancione e la parte restante divisa tra bianco e verde.
Era la bandiera di Kemoria, e il capo dei ricercatori era senza dubbio un Kemoriano.


Calma, si disse Maya, mentre il respiro le accelerava, Landesi e Kemoriani sono in pace, e non tutti gli abitanti di Kemoria sono guerrafondai e conquistatori. Probabilmente è una brava persona ed ignora ciò che succede nel suo campo.
“Si sente bene?” chiese il dottor Fass, notando il suo stato.
“S-Sì...” rispose lei, incerta.
“Bene. Di cosa voleva parlarmi?”
“Ecco, io... noi... sospettiamo che nel suo campo sia in atto una cospirazione, che qualcuno abbia ucciso e sostituito Alken per autorizzare la spedizione a Valarel. Il motivo non mi è chiaro, ma ho le prove.”
“Certo.” la risposta di Fass la colpì come un pugno “Ne sono perfettamente consapevole.”
“Come?”
“La creatura che ha preso il posto di Alken si chiama Greshen, è un Doppelgänger, un demone mutaforma. E sì, abbiamo autorizzato una spedizione pericolosa per voi, in caso di esito positivo. Non abbiamo assolutamente a cuore la vostra salvezza.”
Mentre parlava, Fass si muoveva avanti e indietro. Sorrise, notando l'espressione basita sul volto di Maya.
“Ti chiederai il motivo della mia confessione.”
“Io... sì...”
“Beh, vedi,” il sorriso si trasformò in ghigno “il punto è che hai commesso un tremendo errore; non hai considerato che non siamo stati noi, di nostra spontanea volontà, a venire a Landam. Siamo stati
chiamati.
“Un contatto interno?”
“Certo. Vuoi sapere come si chiama?”
La maga non rispose, riuscì solamente ad indietreggiare, terrorizzata. Aveva intuito il nome, e ormai non poteva fare nulla.
“Jered Fithal.”
Il capitano delle guardie si era portato dietro di lei e, con forza, le infilò un pugnale tra le scapole, trapassandola da parte a parte.

Stupida. Sono stata una stupida. Fu questo l'ultimo pensiero di Maya, prima di scivolare nell'oblio.

“Sbarazzati del cadavere.” ordinò Fass “Ora come ora Greshen non può assorbirlo e lo sai bene.”
“Già. Ma ora” rispose Jered, pulendo la lama “come agiremo? Ha indagato, è arrivata fin qui ed è probabile che abbia parlato con qualcuno di importante. Non riusciremo a rimanere nell'ombra ancora a lungo.”
“Già, dobbiamo uscire allo scoperto, anche se avrei preferito evitare queste misure. Quante delle guardie di Landam sono fedeli alla nostra causa?”
“Oh, ho agito bene, ne ho convinte molte. Abbastanza perché, unite ai tuoi uomini, ci permettano di prendere possesso della città.”
“Molto bene.” Fass sorrise, con una luce sinistra negli occhi “Che inizi, dunque, la battaglia.”


 

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Capitolo 9
*** Capitolo ottavo - Strade che si uniscono ***


CAPITOLO OTTAVO

-Strade che si uniscono-

 

---Il Nido---
---Sera---

La tempesta, come previsto da Ferren, si abbatté sul piccolo villaggio all'ora di cena. Il forte vento sferzava gli alberi e le case e nessuno si azzardava a mettere piede nella tormenta. I due Guardiani erano rimasti in locanda, approfittando dell'impossibilità di riprendere il viaggio per concedersi un pasto caldo. Non avevano permesso a Grant, il taglialegna traditore, di andarsene; dovevano porgli alcune importanti domande.
L'uomo era, in fin dei conti, un codardo. Aveva cospirato contro i Guardiani ed aiutato una setta oscura, ma non oppose resistenza davanti a chi, più forte di lui, lo costringeva a parlare. Si sedettero tutti e tre ad un tavolo ed ordinarono la specialità della locanda.

“Sembri sapere un mucchio di cose su questi Petali Neri.” affermò Hayst, mentre ingoiava il primo boccone di spezzatino.
“Beh, sì. Ne faccio parte anche io.”
“Come?” intervenne Ferren.
“Sì, ne sono membro da diverso tempo. Ovviamente, un membro di un rango infinitamente basso, privato dell'accesso ai segreti più profondi custoditi dalla setta, ma pur sempre un membro.”
“Dunque non ti hanno semplicemente
corrotto.
“No, mi hanno chiesto loro di rimanere al Nido, per svolgere ricerche sugli Archi Energetici.”
Ferren sorseggiò la sua birra scura, pulendosi poi con il dorso della mano. Il fuoco scoppiettante si rifletteva nei suoi occhi, mentre pensava a ciò che era stato detto.
“Parlaci della setta.” chiese “Chi sono i suoi membri, e come agisce?”
“La setta ha ramificazioni ovunque ci sia la possibilità di trovare degli Archi. La magia dimensionale è complessa da imparare, e preferiscono usufruire della conoscenza antica. In ogni città sorta vicino ad un luogo interessante sotto questo punto di vista i Petali hanno un contatto. Il suo compito è di riferire ai superiori ogni ritrovamento ed ogni informazione utile.”
“E come fanno?”
“Abbiamo un nostro sistema di comunicazione segreto, che sfrutta un metodo brevettato ed utilizzato da molti.”
“Intendi il sistema di comunicazione a distanza presente in quasi tutte le grandi città?”
“Esatto, ma modificato in modo da utilizzare un canale sicuro, direttamente con la setta.”
“Interessante. Ce n'è uno anche al Nido, dunque?”
“No, non sarebbe passato inosservato. Il più vicino si trova a Valarel.”. Non stava mentendo, i Guardiani lo leggevano nella sua espressione.
“Ottimo. Ora finiamo di cenare, continuerai dopo.” concluse Ferren, attaccando il suo spezzatino.

 

Dopo quasi un'ora, satolli, voltarono le sedie verso il camino, riscaldandosi mentre, fuori, la nevicata rendeva impossibile anche solo vedere.
“Forza, parla.” intimò Hayst.
“Sì.” l'uomo annuì sconsolato; aveva già tradito i suoi datori di lavoro, non si sarebbe fermato. Forse, in fondo, provava vergogna per ciò che aveva fatto “Ma prima, vi prego, ditemi di quei Demoni.”
I due Guardiani spiegarono tutto, per filo e per segno, cercando di far leva sul terrore generato dal racconto.
“Cosa abbiamo fatto?” domandò, più a se stesso che agli altri, Grant.
“C'è ancora tempo per rimediare. Possiamo farcela, ma solo se ci sbrighiamo. Hai detto che sono andati a Valarel; perché?”
“Aspettano una spedizione, da una cittadina chiamata Landam, nel sud.”
“Devono recuperare la pietra di volta?”
“Sì. A Landam è stato portato alla luce un Arco e il contatto in sede ha avvisato subito il ramo Therode dei Petali. Io ero stato incaricato di cercare un percorso per raggiungere il Ghiacciaio Eterno, in modo da poterlo indicare nel momento del bisogno. In un momento, insomma, come questo.”
“Perché proprio Landam?”
“I Petali cercano la fonte di potere massima, un'energia extra-dimensionale che permetta loro di arrivare al di sopra di qualsiasi uomo. Non sono rimasti molti Archi e molti sono distrutti, quindi devono utilizzare bene le poche pietre ancora attive rimaste. A quanto pare, a Landam hanno trovato ciò che cercano.”
“Ma chi sono?” intervenne Ferren, mentre attizzava il fuoco, che si stava spegnendo. La fiamma brillò vivida nuovamente “Voglio dire, dove nasce questa setta?”
“A Kemoria.”
I due guardiani avevano sentito parlare di quella regione: un regno con brama di conquista e potere, che più volte si era scontrato con le altre nazioni a sud di Arasta. Sapevano anche, però, che da tempo erano in pace con quasi tutti, salvo alcuni regni del profondo sud.
“Kemoria? Ma non aveva rinunciato all'espansione?”
“Solo ufficialmente. I Petali Neri operano nell'ombra, nascondendosi alla vista degli altri regni, in modo da non destare alcun sospetto mentre portano a termine la loro missione.”
“Quindi stiamo parlando di una setta segreta, interna a Kemoria, che prosegue ciò che era stato iniziato decenni fa?” chiese Hayst.
“No. Non è segreta. La finanzia direttamente il governo.”

L'ultima rivelazione aveva lasciato scossi i due Guardiani. Kemoria, evidentemente, voleva prendere il possesso dell'intero continente, sfruttando una magia antica e senza curarsi delle conseguenze delle proprie azioni.
Non avrebbero potuto governare granché bene, in un mondo conquistato dai Demoni che loro stessi avevano liberato, nella loro ignoranza.
Dopo essersi congedati da Grant, cui avevano permesso di tornare a casa una volta passata la tempesta, si misero a letto. L'indomani sarebbero partiti per Valarel; dovevano a tutti i costi impedire la consegna.

---Sponde del lago Kyaas---
---Mattina---

Thomas non parlava con i suoi compagni da qualche ora; era troppo preoccupato. Maya non l'aveva ancora contattato e lui non poteva evitare di pensare al peggio.

E se le fosse successo qualcosa di grave?

Avevano cavalcato senza sosta, in modo da raggiungere il lago Kyaas in breve tempo ed ora si trovavano sulla sua riva. Vigran e Selene stavano trattando con l'incaricato del porto per ottenere un'imbarcazione a basso prezzo, mentre Mekor, ancora zoppicante, e Shaina facevano due passi sul molo per evitare il peggioramento della gamba dell'uomo.
Thomas era seduto a fissare l'acqua limpida, facendo ondeggiare avanti e indietro la gamba destra. Pesci di tutte le dimensioni fuggivano, spaventati dal movimento, per poi tornare a curiosare, ma lui non li vedeva, la sua mente era altrove. Pensò di chiamare la maga, senza attendere oltre, ma aveva paura di disturbarla in un momento importante. Non voleva essere lui la causa del suo fallimento.
“Ehi, ragazzi!” urlò Vigran, risvegliandolo “Abbiamo la barca!”

L'imbarcazione sulla quale stavano attraversando il lago era piccola ma veloce. Due uomini soli avrebbero potuto manovrarla senza problemi e c'era, comunque, tutto lo spazio perché in cinque stessero comodi. La caratteristica più interessante del natante era il sistema Xender: un nucleo magico che, una volta attivato con il tocco della mano, avrebbe permesso ad un uomo di pensare come se fosse la barca stessa e muoversi di conseguenza, guadagnando in velocità e manovrabilità.

Erano quasi a metà del lago, dove l'acqua era profonda e non permetteva di vedere attraverso.
Vigran, in un momento di pausa, aveva estratto dallo zaino tre cilindri sottili ed allungati, composti di un legno particolare, robusto ma flessibile, e li stava unendo tra loro, a formare un unico bastone lungo circa due metri.
“Cos'è?” chiese Selene.
“Una canna da pesca!” rispose il ragazzo, montando lenza, piombi ed amo.
“Hai intenzione di
pescare in queste acque?” lo richiamò Mekor, mentre aggiustava la rotta “Sei forse pazzo?”
“No, perché? Almeno mi passa un po' il tempo.”
Ignorando i borbottii del compagno più anziano, Vigran lanciò la lenza in acqua, catturando in breve tempo un piccolo bluegill.
“Ah!” rise Mekor “Grande preda!”
“Oh, ma questa non è la preda, è l'
esca. Miro a pesci grandi!”
Detto questo, montò il bluegill sull'amo e lanciò nuovamente. Persino Thomas si voltò a guardare, incuriosito. Dopo qualche momento, la canna iniziò ad inclinarsi. Felice, Vigran attese un paio di secondi e poi tirò verso di sé per ferrare.

Crack. La canna esplose in mille pezzi, lasciando solo il manico in mano al ragazzo.
“Santo cielo.” si lamentò Shaina. Mekor si portò al nucleo Xender, conscio del pericolo.
“Lo sapevo. Non dovevamo passare per il lago.” disse.

La barca correva veloce, cercando di seminare l'inseguitore. Mekor, con la coscienza della nave, riusciva a vederlo distintamente: si trattava di una sorta di pesce siluro, ma ancora più grande del normale, ricoperto di protuberanze ossee simili ad aculei e con due rudimentali braccia artigliate. Il mostro raggiunse l'imbarcazione, spintonandola e destabilizzando gli occupanti. Il guidatore, perso nel nucleo Xender, non poteva controllare i compagni, perciò si limitò a sperare che stessero bene. Scartò a destra nel momento del secondo assalto, che andò a vuoto. Ordinò dunque alla barca di colpire la creatura al fianco, nel rimettersi in posizione. Il siluro accusò il colpo e venne rallentato. L'altra sponda, fortunatamente, era vicina.
L'inseguitore tentò un nuovo attacco, che colpì la barca solamente di striscio, poi fu costretto a fermarsi perché l'acqua diventava troppo bassa per permettergli di nuotare agevolmente.

I cinque compagni di spedizione scesero a terra dopo aver ammarato. Stavano tutti bene, nessuno era ferito.
“Ehi, Mekor!” sorrise Vigran “Sei abile nella guida!”
“Sì, sì.” rispose, seccato, l'altro “Considerati fortunato se non ti spacco il naso! E' colpa tua se....”
Nuovamente la discussione, divertente agli occhi delle due donne, si perse alle orecchie di Thomas. Non aveva parlato durante tutto il viaggio e aveva appena registrato l'assalto del siluro. Non faceva che pensare a Maya.
Improvvisamente, sentì un rumore dalla tasca. Euforico, corse a prendere la Pietra Gemella, ritrovandosi, però, con solo i suoi frammenti.


Cosa? Pensò.
Dopo un minuto che sembrò un'eternità, comprese. Le Pietre condividevano la struttura interna e subivano le stesse pressioni dall'ambiente. Se la sua era andata in mille pezzi poteva significare solo una cosa: anche quella di Maya aveva subito lo stesso destino.
Comprendendo ciò che significava, Thomas si lasciò cadere in ginocchio, maledicendo il mondo e se stesso per aver convinto l'amica ad indagare.
L'urlo che il soldato lanciò esprimeva un dolore tale da lacerare anche gli animi più allegri.

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Capitolo 10
*** Capitolo nono - La consegna ***


CAPITOLO NONO
-La consegna-

 

---Sulla strada per Valarel---
---Alba---

Thomas non aveva voluto spiegare il motivo della sua disperazione ai compagni. Dopo lo sfogo sulle rive del lago era rimasto in silenzio, chiuso in un mondo cui era proibito l'accesso a chiunque. Sembrava essersi ridotto all'ombra di se stesso, un vegetale che mangia, beve e dorme giusto per sopravvivere, ma che non esiste realmente. Dopo qualche tentativo andato a vuoto, i quattro soldati avevano deciso di lasciar perdere e di aspettare che fosse lui a parlare per primo.

Ormai erano quasi arrivati a Valarel: la cosa era testimoniata, tra le altre cose, dal clima, profondamente diverso. Da un momento all'altro entrarono nella regione fredda di Arasta, nettamente in contrasto con tutto il resto. Chiazze sparse di neve apparvero all'improvviso, per lasciare quasi subito il posto ad una bianca distesa. Avevano lasciato i cavalli al molo, dall'altra parte di Kyaas, ma non ne avevano bisogno; il terreno era facilmente percorribile anche senza di essi e calcolarono che mancavano poco più di tre ore alla destinazione, anche procedendo a piedi. Erano in netto anticipo sulla tabella di marcia iniziale.

Quando il sole fu alto nel cielo varcarono le porte del villaggio, addentrandosi per la strada principale. L'ambiente era molto diverso da quello che offriva Landam e molto meno caotico: case in legno, quasi tutte composte di un solo piano, si trovavano molto distanziate tra di loro e non ammucchiate come nelle vie a cui i cinque erano abituati. In ogni caso, quella era l'idea di
grandezza che aveva la gente del nord, per la quale i villaggi piccoli erano poco più che insiemi ordinati di poche assi di legno.
“Dunque, eccoci a Valarel.” esordì Vigran, guardandosi attorno allegro “Dove dobbiamo dirigerci?”
“Mmm, che profumino!” intervenne Selene, annusando in direzione di un negozio la cui porta spalancata faceva uscire odore di mele candite “Io mi dirigo lì, altroché!”
La ragazza scomparve in fretta nel negozio, lasciando gli altri da soli. Vigran, intravedendo una possibilità per fare colpo, seguì la compagna.
“Stupidi giovani.” sentenziò acido Mekor, sputando per terra “Non pensano ad altro che a divertirsi. Siamo qui per ben altri motivi, ma sembrano non ricordarlo!”
“Beh, potremmo andare noi, no?” propose Shaina, sorridendo verso la vetrina del negozio di dolciumi, attraverso la quale vedeva Vigran offrire un vassoio stracolmo a sua sorella.
“Suppongo di sì. La nostra meta è la Società Magica Therode, che ha una sede nella zona est del villaggio. Lì ci attendono i nostri contatti.”
“Ottimo. Thomas, vieni anche tu?”
Il ragazzo alzò gli occhi verso la donna, annuendo lentamente. Voleva andare fino in fondo a quella storia il prima possibile, capire la ragione di tutto ciò che stava succedendo.

Qualche minuto dopo erano attorno ad un tavolo, con cinque altri uomini di cui non conoscevano nulla, abbigliati in maniera identica (una tunica rossa con cucito uno stemma dorato che rappresentava una stella), a sorseggiare della cioccolata calda. Quando erano arrivati alla Società, avevano informato una guardia della loro missione e, poco dopo, i cinque Valarelliani li avevano raggiunti, invitandoli in una casa situata non lontano, dove abitava uno di essi, un certo Ikha.
“Siete arrivati presto, non vi aspettavamo.” disse questi.
“Abbiamo tagliato per il lago.” spiegò Mekor.
“Audaci. Quelle acque sono pericolose.”
“Sì. Diciamo che avevo i miei motivi per evitare la foresta.” Il veterano mosse la gamba avanti e indietro, felice nel sentire che il dolore era del tutto scomparso.
“Beh, questo va tutto a nostro vantaggio.”
“Già.” intervenne Shaina, sollevando il volto che, fino a quel momento, aveva tenuto sopra la tazza di cioccolata fumante, nel tentativo di riscaldarlo “Ma ora parlateci della pietra.”
“Giusto.”

Ikha fece un cenno ad uno degli altri ricercatori, che si alzò e recuperò un grosso oggetto da sotto una panca, avvolto in un panno. A giudicare da come lo portava e dal rumore che fece quando fu appoggiato sul tavolo, doveva essere ben pesante.
Gli uomini in rosso, quindi, liberarono il contenuto dell'involucro, rivelando una pietra di volta perfettamente intatta, con un simbolo che sembrava solo un ammasso di cerchi e linee scolpito al centro.
“Ecco qua.” disse uno dei ricercatori, che era stato, in precedenza, chiamato Rannes “Questa è la pietra che dovete riportare a Landam.”
Thomas la fissò, avvertendo, nonostante la sua totale ignoranza in materia magica, una vibrazione di potere arcano nel profondo delle sue ossa. A giudicare dall'espressione dei suoi compagni, anche loro l'avevano sentita.

 

Mekor fece per allungare la mano a toccare il frammento di arco, ma fu fermato da Ikha.
“Non ti conviene.” disse questi “Il potere magico che racchiude quell'oggetto potrebbe causare gravi danni a chi non è abituato a maneggiare la magia.”
“Oh.” rispose il soldato, senza aggiungere altro.
“Avete già studiato la pietra?” chiese Thomas, rompendo il silenzio che si era creato e provocando stupore nei compagni, che sentivano la sua voce per la prima volta dopo quasi due giorni “Voglio dire, siete a conoscenza dei suoi poteri?”
I ricercatori si guardarono l'un l'altro, come se stessero decidendo che cosa rispondere. Quello sguardo fugace fu l'ennesima conferma dei sospetti del giovane: non erano certo lì per recuperare le pagine di un diario.
“No, non lo sappiamo.” negò un terzo ricercatore, un certo Jonathan “Abbiamo solo intuito l'entità della forza magica in essa contenuta, ma non la sua natura.”
“Ma a questo” intervenne Ikha, prontamente “dovrebbe averci pensato qualcuno a Landam, giusto? Altrimenti non sareste qui.”
“Sì, infatti.” concluse Thomas, evitando qualsiasi discussione. Non aveva ancora deciso che cosa fare, la sua mente era troppo confusa. Per ora, avrebbe assecondato gli eventi e preso in consegna la pietra. Sulla strada per Landam avrebbe preso una decisione, magari parlando anche con i compagni; era giusto, dovevano sapere.

Trovarono Vigran e Selene nella piazza principale, intenti a scaldarsi al sole mattutino, semisdraiati su una panchina. La ragazza fu la prima a notare i tre.
“Ehi!” chiamò “Potevate aspettarci!”
“Ah!” urlò di rimando Mekor “Non volevamo mettere fretta a voi piccioncini!”
A quel punto anche Vigran si voltò, mostrando la lingua al compagno anziano. I due si alzarono e andarono incontro agli altri.
“Avete già fatto?”
“Sì, la pietra è nel mio zaino.” informò Thomas.
“Ottimo! Allora, come ci organizziamo?”
“Beh, propongo di rimanere per la notte.” propose Shaina “La consegna è urgente, è vero, ma è da tanto che non dormiamo in un letto comodo e siamo comunque in anticipo sulle previsioni.”
“Concordo!” sorrise Selene, contenta. Il fatto che il suo essere d'accordo lasciava trasparire un'intesa con Vigran, circa il letto, non passò inosservato.

A sera erano davanti a dei piatti fumanti, seduti nella sala comune dell'unica locanda. Thomas aveva lasciato lo zaino in camera, chiudendo tutto a chiave.
“Ragazzi.” disse. Gli altri si girarono a guardarlo.
“Stavo pensando ad una cosa. Siete sicuri che stiamo facendo la cosa giusta?”
Lo sguardo interrogativo degli altri lo spinse a continuare. Bevve un sorso di birra e proseguì.
“Voglio dire, siamo stati mandati qui, nel nord, al confine con la regione dei Ghiacci Eterni, per recuperare una pietra di volta di cui non sappiamo nulla, se non che è magica. Non vi siete mai chiesti il motivo di tutto questo?”

Beh, in realtà no.” ammise Vigran “Ma perché dovrebbe esserci qualcosa di sbagliato, o di oscuro? Dopotutto, Alken ha dato la sua autorizzazione e, credo, tutti ci fidiamo del suo giudizio.”
“Sì, certo.” annuì Thomas “Ma Alken... Ecco, è giusto che sappiate una cosa.”
Il giovane spiegò ai compagni tutto ciò che doveva spiegare loro, del dialogo con Alken prima e dopo la comunicazione di Gallin, dei suoi dubbi circa la questione e del suo improvviso cambio di opinione.
“Capisco.” disse Mekor, quando il compagno ebbe finito “Effettivamente è un po' strano. Cosa vorresti fare, dunque?”
“Questo è il punto. Non ne ho idea.” ammise Thomas “Ci sto pensando da tempo, ma non riesco a prendere una decisione. Ho paura di sbagliare.”
“Posso proporre una cosa?” intervenne Shaina.
“Certo. Vi ho confessato i miei dubbi proprio per questo.”
“Ora, mentre torniamo, potremmo fermarci in un villaggio; ne ho visti diversi sulla mappa, leggermente fuori strada ma non irraggiungibili. Se troviamo un mago, potremmo fargli analizzare la pietra, per capire la verità!”
“Giusto, ottima idea!” fu entusiasta Vigran “Mi sembra semplice e logico!”
“Mmm. D'accordo, faremo così.” convenne Thomas “Ora sono stanco, scusatemi e buonanotte.”

Greshen era furioso. Aveva sentito ogni parola. Non aveva smesso di tenere d'occhio Thomas dal loro dialogo a casa di Alken. Stava diventando sempre più pericoloso e sarebbe stato difficile tenerlo sotto controllo. Da quel momento in avanti doveva intensificare la sua concentrazione, non poteva permettersi il minimo errore.
Quando Thomas si alzò dal tavolo, gli sorrise e gli augurò la buonanotte, per poi tornare a discutere del più e del meno con gli altri tre compagni.

 

 



 

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Capitolo 11
*** Capitolo decimo - Troppo tardi ***


CAPITOLO DECIMO
-Troppo tardi-

 

---Valarel---
---Il mattino successivo---

Altre persone varcarono un'altra porta del villaggio, arrivando da nord. A differenza dei landesi, Ferren e il suo compagno non persero un minuto a godersi le meraviglie gastronomiche che Valarel aveva da offrire. Quando ancora si trovavano al Nido, una seconda tempesta, nel mattino, aveva loro impedito di partire all'alba come avevano prefissato. Erano riusciti a intraprendere il cammino solo verso mezzogiorno e da quel momento avevano la terribile sensazione di essere in ritardo.
Prima di andarsene avevano contattato nuovamente Grant, il quale li aveva aggiornati sul luogo in cui sarebbe avvenuta la consegna: i Petali Neri avevano dei contatti all'interno della Società Magica Therode, una struttura di ricerca sulla magia e sui suoi possibili utilizzi.
Appena giunti a Valarel, quindi, si diressero direttamente lì, facendo leva sulla loro autorità per parlare direttamente con il capo; fortunatamente, la fama dei Guardiani li precedeva anche a quella distanza dalla Fortezza.

Il direttore della Società era piuttosto giovane, per il ruolo che ricopriva; li invitò nel suo ufficio e chiese loro in cosa avrebbe potuto essere utile. A quanto pare, doveva sbrigare qualche compito importante, perché il suo tono tradiva la fretta. Insospettiti, i due Guardiani analizzarono attentamente il suo volto e le sue movenze, scartando però l'ipotesi di una connessione con i Petali. Sicuramente la sua fretta era dovuta ad altro.
“Sapete nulla di una consegna che è avvenuta, o deve avvenire a breve? Stiamo parlando di un oggetto magico di grandi dimensioni, in pietra.” spiegò Ferren. Il direttore rifletté per un minuto e poi controllò su un grosso registro, che teneva traccia di tutti i movimenti effettuati nella Società.
“No.” disse, scuotendo la testa “Mi spiace, l'ultima consegna è stata tre mesi fa, un dispositivo di comunicazione, e la prossima non sarà che tra diverse settimane.”
“Sicuro?” intervenne Hayst.
“Assolutamente; potete controllare anche voi.” disse l'altro, voltando il registro affinché loro potessero leggerlo. Aveva ragione, su di esso non c'erano indicazioni.
D'altronde, pensò Ferren, anche se i Petali hanno contatti qui dentro non significa che utilizzino le normali vie della Società per agire. No, non arriveremo a nulla in questo modo.
“Direttore,” chiese dunque “negli ultimi giorni è successo qualcosa di strano? Anche un minimo particolare, qualcosa che ha modificato in minima parte la routine?”
“Non direi... Tranne, forse...”
“Cosa?”
“Ecco, l'unica cosa strana è stato l'arrivo di un giovane, un ragazzo di sedici o diciassette anni: ha chiesto di essere assunto come guardia in sostituzione di un nostro uomo, resosi irreperibile.”
Un contatto, senza dubbio.

Stamane, inoltre, egli si è licenziato, senza un motivo valido. Ora ho il mio bel da fare per cercare qualcuno che lo rimpiazzi.”
“Sa dove abita, il giovane?”
“Sì, ve lo mostro sulla mappa di Valarel.”

Ferren bussò alla porta della casa indicata dal direttore della Società. Aprì una donna, piuttosto avanti con l'età, forse la madre del ragazzo.
I due Guardiani chiesero di conferire con lui e la donna li fece accomodare in un'ampia sala. Poco dopo, un giovane scese delle scale che portavano al primo piano, sgranando gli occhi alla vista dei due ospiti. Corse a perdifiato sperando di riuscire ad uscire di casa, ma Hayst lo raggiunse prontamente e lo bloccò; si erano aspettati una fuga e non erano impreparati.
“Allora, credo sia giunto il momento di fare due chiacchiere, ragazzo.”

Quando il ragazzino si fu calmato, si sedettero e cominciò l'interrogatorio.
“Sei un Petalo?”
“No, lo giuro. Quelle persone mi hanno solo pagato per un lavoro.”
“Quale lavoro, esattamente?”

Dovevo farmi assumere alla Società ed aspettare degli uomini giunti da Landam. A quel punto, avrei dovuto recarmi dal mio contatto all'interno della Società stessa, un certo Ikha, ed avvisarlo del loro arrivo.”
“Senza che l'informazione arrivasse a nessun altro, giusto?”
“Sì, esatto.”
“Immaginavo. E sono arrivati, questi landesi?”
“Sì, ieri mattina, sul tardi. Come d'accordo, ho avvisato Ikha, il quale ha chiamato quattro amici e ha scortato i nuovi arrivati fino a casa sua. Il mio lavoro era completato, e secondo i patti mi sono licenziato.”
Dunque, rifletté Hayst, probabilmente nemmeno i landesi sanno la verità su ciò che sta succedendo. Sono stati attirati alla Società, in modo che la consegna della pietra avesse una parvenza di ufficialità, ma senza entrarvi e prendere contatto con essa direttamente. A quanto pare, anche loro sono vittime, pedine di questo gioco assurdo e malvagio.
“Dove abita Ikha?”
“Io non so se...”
“Diccelo!”
“Va bene, va bene! Non è lontano dalla Società e si vede anche da qui.”
Il ragazzo raggiunse la finestra, assieme ai Guardiani, ed indicò una casa che si trovava poco lontano.
“Va bene.” concluse Ferren “Hayst, andiamo, non dobbiamo perdere un secondo di più.”

 

La casa di Ikha si trovava in cima ad una collinetta, la cui sommità era raggiungibile comodamente grazie ad una scala di pietra con dei corrimano in legno. Il problema di quella via era l'eccessiva visibilità; se qualcuno fosse stato alla finestra non avrebbe potuto evitare di notare i due Guardiani in arrivo. Questi, quindi, scelsero di aggirare l'edificio e salire sulla collina dalla parte opposta, individuando un percorso che non avrebbe offerto visuale ad alcuno.
Ferren fu il primo ad arrivare in cima e percorse gli ultimi metri strisciando, per poi appoggiarsi, con le spalle al muro, sotto una finestra dalla quale giungevano delle voci. Mentre cercava di ascoltare, fece cenno ad Hayst di deviare e cercare qualche altra eventuale conversazione. Il Guardiano chiuse gli occhi e ampliò i suoi sensi per cogliere ciò che veniva detto nella stanza dietro di lui.
“Un brindisi, alla riuscita della missione!”
“Sì!”
Il “sì” venne pronunciato da diverse voci, almeno tre, giudicò Ferren.
“Ai landesi che, nella loro ignoranza, renderanno grande Kemoria!”
“Sì!”
“Alla conquista di Arasta!”
“Sì!”
L'ultimo brindisi fu accolto, oltre che dall'esultanza a parole, da scrosci di applausi.
Altro che tre, si disse il Guardiano, saranno almeno una decina.

 

Hayst aveva seguito il consiglio dell'amico, ma non aveva sentito altre voci. Una volta arrivato all'angolo della casa si fermò, ragionando sul da farsi. Sopra di lui c'era una balconata e, con un balzo, avrebbe potuto aggrapparsi ad essa e scalarla. Cominciò a trovare allettante l'idea di entrare in casa per cercare qualsiasi cosa utile che riguardasse i Petali.
Controllò attentamente che non lo vedesse nessuno e constatò con piacere che le strade, in quel punto ed in quel momento, erano deserte. Si alzò lentamente in piedi, attento a non scivolare dalla collina, e spiccò il volo fino al balcone. Si aggrappò al bordo superiore con le mani e si diede una spinta contro quello inferiore con il piede destro, generando la forza necessaria per scavalcare e ritrovarsi sul piano. L'armatura fece molto rumore, perciò si gettò subito contro il muro subito al lato della grande porta-finestra, attendendo per vedere se qualcuno l'avesse notato. Quando capì di essere al sicuro, si arrischiò a dare un'occhiata all'interno, scorgendo solo un breve corridoio che dava, alla fine, su una rampa di scale che portava nella sala principale.
Prima di partire aveva sospettato la necessità di scassinare una serratura e aveva portato con sé un grimaldello, ricordo di una vita precedente: era l'unica cosa che gli era rimasto di una storia d'amore finita male, con una ragazza che si era, in seguito, rivelata una ladra e che aveva dovuto fuggire per sempre dal Nido, per recarsi in qualche luogo lontano ed evitare così l'arresto. Prima di andarsene, la ragazza aveva anche insegnato ad Hayst come usarlo, quel grimaldello, e così un attimo dopo il Guardiano avvertì lo scatto della serratura. Si addentrò.

 

Volendo evitare a tutti i costi anche solo di avvicinarsi alla rampa di scale, il Guardiano entrò nella prima stanza a destra che vide. Si trattava di uno studio, con diversi scaffali contenenti una marea di libri. Ciò che attirò la sua attenzione, comunque, fu un tomo posto sopra ad un tavolo, con una lunga piuma nera come segnalibro. La copertina non aveva segni, per cui lo aprì alla pagina segnata. Vide una lunga tabella, con indicati diversi nomi e valori. Non riuscendo a capire nulla, tornò indietro di un paio di pagine cercando una spiegazione.

Di seguito, segnaliamo i luoghi dove abbiamo aperto i Portali. A fianco indichiamo il livello di potenziale e di rischio, entrambi individuati con i nostri precisi strumenti magici.
Dunque era un elenco degli Archi Energetici, risalente all'era antica. Contento per la sua scoperta, prese il libro e lo nascose nello zaino, per poi tornare nel corridoio. Ancora una volta non trovò nessuno; a giudicare dalle voci stavano tutti facendo baldoria al piano di sotto.

I due Guardiani si incontrarono poco dopo, ai piedi della collinetta.
“Allora?” chiese Ferren.
“Ho trovato un libro molto interessante, che indica i luoghi dove si possono trovare gli Archi dei Therodi. Possiamo visionarlo, una volta che avremo tempo.”
“Ottimo. Io, invece, ho scoperto che la consegna è già avvenuta e che i landesi, partiti questa mattina presto, sono sulla via del ritorno.”
“Maledizione! Siamo arrivati troppo tardi.”
“Sì, ma se ciò che ho sentito è vero, sono a piedi. Con i cavalli potremmo raggiungerli, se ci sbrighiamo.”
“Allora cosa stiamo aspettando?”

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Capitolo 12
*** Capitolo undicesimo - Greshen ***


CAPITOLO UNDICESIMO
-Greshen-

 

---Da qualche parte, nella foresta a sud di Valarel---
---Sera---

Thomas e i suoi compagni, poco dopo essere partiti da Valarel, avevano preso una deviazione all'interno della foresta per raggiungere uno dei villaggi indicati da Shaina sulla mappa. Erano giunti lì e avevano, con disappunto, scoperto che si trattava di quattro case in croce, sufficienti ad ospitare qualche taglialegna, un cacciatore ma, sicuramente, nessun mago. La prima tappa si era dunque rivelata un fallimento e aveva portato via buona parte della giornata ai cinque compagni. Per quel motivo, a sera, non erano ancora giunti alla sponda di Kyaas.
Avevano scelto di accamparsi in una radura non lontana dalla strada; avevano montato le tende e acceso un vivace fuoco da campo, che scaldava gli animi e sarebbe servito per tenere lontano animali e altre bestie feroci. In seguito, avevano consumato un pasto a base di carne essiccata e si erano concessi, come dessert, una delle mele candite che Selene e Vigran avevano tenuto dalla loro visita al negozio.
L'ambiente era tranquillo, ma l'eccessiva fiducia non aveva portato lontano nessun guerriero, per questo avevano organizzato dei turni di guardia: il primo sarebbe toccato a Thomas e Vigran, che si divisero per pattugliare due diverse aree, il primo verso Valarel, il secondo nell'altra direzione.

Stava per finire il turno, quando Thomas scorse qualcosa in lontananza: c'erano delle figure a cavallo che si stavano avvicinando, erano due. Il guerriero si mise in attesa. I cavalieri avevano visto il fuoco e si stavano dirigendo nella sua direzione.
“Alt, chi siete?” chiese.
“Prima di tutto, una domanda ben più importante: chi siete voi?”
“Noi? Perché dovrebbe essere importante?” Thomas scrutò nell'oscurità, ma senza riuscire ad intravedere nulla sotto l'elmo che i due portavano.
“Rispondi, per favore.”
“Siamo dei soldati di Landam.”
“Sia ringraziato Kilan! Vi abbiamo raggiunti!”

Qualche minuto dopo, i due si erano presentati al gruppo come Ferren ed Hayst, raccontando una strada storia circa una fortezza isolata sulle montagne, dove dei guerrieri venivano addestrati fin da ragazzi per fronteggiare una minaccia sconosciuta. Vigran, nel frattempo, non era ancora tornato dal suo giro di pattuglia.
“Siamo venuti ad avvertirvi.” disse quello che si chiamava Ferren, i cui occhi verdi scintillavano al fuoco “Ciò che state portando a Landam potrebbe causare la devastazione del continente.”
La rivelazione di Ferren colse solo in parte di sorpresa il gruppo, che un po' di dubbi già li aveva, come avevano discusso la sera precedente.
“Cosa sapete?”
“Dunque...”
I due Guardiani narrarono ogni particolare della vicenda, ponendo l'accento sui Kemoriani, sicuramente la minaccia più vicina e sentita da dei cittadini di Landam. Narrarono di come i Petali lavorassero per il governo di Kemoria e volessero sfruttare gli Archi Dimensionali per ottenere un potere superiore a quello di qualsiasi esercito.
“E Landam?”
“Landam è molto importante, ed ora ve ne mostrerò il motivo” disse allora Hayst, aprendo un grosso libro.
“Qui ci sono delle statistiche, relative ai portali e al loro potenziale distruttivo. Questo viene misurato in Ark; un'unità di misura a noi sconosciuta, ma non è un problema. Osservate.”
Il Guardiano indicò con il dito una serie di dati, relativi ad un numero di cittadine impressionante. A quanto pareva, quasi tutti i centri più importanti del nord di Arasta e molti di quelli a sud avevano un portale dimensionale, un tempo attivo.
A metà della lista, sottolineato, c'era il dato relativo a Landam.

Landam---Aperto? NO---Analizzato? SI---POTENZIALE 440 Ark---Rischio ELEVATO---

“440 Ark...” lesse Mekor
“E' di gran lunga il numero più elevato presente nella lista. I Kemoriani hanno trovato l'uovo di colombo; il portale più forte che potessero immaginare è ancora attivabile, utilizzando la pietra di volta.”
“Dannazione! Sapevo che c'era qualcosa di strano!” si lamentò Thomas, mentre nella sua mente venivano proiettate immagini di Kemoriani all'opera per massacrare ogni cittadino libero, usando un potere che nessuno poteva contrastare.
“Dovete restituirci la pietra rubata.” concluse Ferren.
“Certo, venite. E' nella mia tenda.”

 

Qualche minuto prima, senza che nessuno se ne accorgesse, erano osservati da una presenza minacciosa, nascosta nell'oscurità e nei cespugli. Greshen non si era perso una parola del discorso.
Ci mancavano questi cosiddetti Guardiani, pensò.
Era davvero una fortuna che lui fosse lì, che i suoi capi non si fossero fidati a mandare cinque uomini che con i Petali non avevano nulla a che vedere. Gli avevano chiesto di sostituirsi ad uno di essi e lui, quella sera stessa, aveva individuato la sua vittima: Vigran aveva fatto baldoria fino a tardi, incurante della necessità di riposare prima di un viaggio, e aveva incrociato la sua strada nei vicoli dietro casa di Thomas. Greshen, ancora trasformato nel saggio Alken, si era recato lì per tenere d'occhio il ragazzo. Un incontro fortuito, ma che aveva rappresentato una grande opportunità per il Doppelgänger. Aveva inseguito Vigran e l'aveva ucciso con un colpo ben assestato all'osso del collo, per poi assorbirne la personalità, l'aspetto e le memorie.

Quando aveva sentito arrivare i due cavalieri all'accampamento, si trovava già in zona, ma aveva preferito non farsi vedere, per poter raccogliere un maggior numero di informazioni. Ora doveva agire, non poteva permettere che i Guardiani recuperassero la pietra; avrebbe significato il fallimento di Kemoria. A metà del discorso, intuendo ciò che sarebbe successo dopo, si era diretto alla tenda di Thomas, constatando con piacere che si trovava in un angolo cieco per i suoi compagni. Con un po' di attenzione a non fare rumero, entrò e aprì lo zaino, in bella vista sopra al sacco a pelo. La pietra vibrò di energia tra le sue mani, mentre la riponeva nella sua borsa da viaggio. Guardandosi le mani, dopo l'operazione, notò che erano tornate ad essere le sue naturali, perdendo ogni traccia di aspetto umano. Evidentemente la magia della pietra era talmente potente da destabilizzare la sua abilità innata.
Poco male. Tanto ora non mi serve più.
Uscì dalla tenda poco prima che i sei uomini accanto al fuoco si alzassero e si precipitò nella foresta.

“Cos'era?” domandò Selene, indicando nella direzione della tenda.
“Maledizione!” Thomas prese a correre a perdifiato, gettando solo un rapido sguardo all'interno, sufficiente a constatare la mancanza della pietra di volta. Shaina lo superò e identificò il ladro.
“E' Vigran!”
“Vigran? Maledetto bastardo!” imprecò Mekor, cominciando a correre in mezzo agli alberi, seguito da tutti i compagni.
“Ma perché? Perché l'ha fatto?” era la voce di Selene.
“Contatti interni.” spiegò Hayst mentre correva, nettamente più veloce degli altri “E' la regola, per i Petali.”
Dopo qualche altro passo, fu chiaro che il fuggitivo li aveva seminati. Non vedendolo da nessuna parte, i sei si fermarono e Thomas si lasciò cadere in ginocchio, percuotendo la terra con il pugno destro.
“Lo ucciderò!” sbraitò.
“Ehi, guardate qua.”

Mekor stava osservando qualcosa poco più avanti, al livello del terreno. Le impronte di Vigran erano mutate. Da un momento all'altro, il piede umano aveva lasciato il posto ad un orma più ferina, dotata di artigli.
“Oh, cielo! Cosa..?” chiese Selene, sempre più inorridita.
“Sì è trasformato?”
“Doppelgänger.” capì Ferren.
“Doppel-cosa?” intervenne Shaina.
“E' un mostro, un demone. Si accenna a questa creatura in molti bestiari, ma sono molto rari. Il suo potere è quello di trasformarsi in qualsiasi essere vivente assorba.”
“Assorba?”
“Sì, uccide e immagazzina i dati relativi alla vittima con un incantesimo, che ha anche l'effetto, non da sottovalutare, di far scomparire il corpo. In questo modo, può diventare chi ha ucciso. Ha accesso alla personalità e alle memorie, ma la sua capacità di trasformazione è limitata ad una vittima per volta: per cambiare soggetto, deve rinunciare al precedente ed uccidere qualcun altro.”
“E' terribile!”
“Sì, è inquietante.” convenne Hayst “E avete avuto prova della sua pericolosità. E' praticamente impossibile riconoscerne uno senza avere a disposizione oggetti magici.”
Mekor si aggiunse al discorso, impaziente.
“Sì, sì, interessante, ma ora dobbiamo inseguirlo!”
“E come facciamo? Quando si trasforma trasforma anche tutti gli oggetti che porta, quindi non avrà l'ingombro della pietra. Inoltre, potrà assumere la forma di un qualsiasi animale, magari un uccello, per andare più veloce. Sarà impossibile tracciare la sua posizione.”
“Allora andiamo nell'unico luogo dove potrebbe essere diretto, fregandocene dell'inseguimento e cercando semplicemente di fare il più in fretta possibile.”
“A Landam, quindi?” chiese Hayst.
“A Landam.”

 

 

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Capitolo 13
*** Capitolo dodicesimo - Un'altra Landam ***


CAPITOLO DODICESIMO
-Un'altra Landam-

 

---Nei pressi di Landam---
---Mattina---

Il viaggio di ritorno era stato più agevole dell'andata; nessun mostro acquatico aveva disturbato la traversata del lago Kyaas e la barca aveva retto senza problemi l'uomo in più. I due Guardiani avevano abbandonato i cavalli, esattamente come avevano fatto i cinque di Landam tempo prima, ma ne avevano acquistati altri due una volta attraversato il lago. Il prezzo era esorbitante, ma non avevano tempo di trattare e potevano permetterseli. Per tutto il viaggio Greshen non si era fatto vedere, ma loro lo vedevano in ogni animale, ogni cervo, lupo o uccello che incontravano sul cammino. L'atmosfera era di terrore, impregnata dalla sensazione di non fare in tempo ad impedire la concretizzazione della minaccia Kemoriana.
Avevano dormito pochissimo e, stanchi e spossati, erano riusciti a raggiungere Landam in due giorni. Si trovavano nell'ultimo tratto di foresta che li separava dalla collina sulla quale troneggiava la loro casa, quando videro qualcosa, qualcosa che non avrebbero mai voluto vedere.

Con un fragore udibile a larga distanza, cinque carri stavano percorrendo il sentiero principale; ad accompagnarli c'erano diversi uomini in armatura, con il tabarro bianco, verde ed arancione ad identificarli come Kemoriani. Avendoli notati con largo anticipo, i sei compagni avevano deviato dal sentiero per non essere individuati a loro volta.
“Cosa ci fanno qui?” sussurrò Selene a Thomas, essendosi nascosta assieme a lui.
“Non so. Stanno andando nella direzione opposta a Landam, non capisco perché.”
Dopodiché, tacquero e cercarono di cogliere pezzi di conversazione.

“Primo carico, eh?” disse uno dei Kemoriani.
“Sì, un bel carico! Il governo sarà contento!” rispose un altro, che cavalcava al suo fianco.
“Ah! Ah! Ah! Ci pensi a quanti schiavi avremo, tra un po'?”
“Tutto il continente! Ah! Ah! Ah!”

“Schiavi?” ringhiò basso Mekor, non lontano da Ferren, che si girò verso di lui.
“A quanto pare, stanno portando dei landesi a Kemoria.”
“Io li ammazzo!”
“Fermo, non possiamo comprometterci.” Ma era troppo tardi. Mekor non si mosse, ma furono Thomas e Shaina ad ordinare ai cavalli di caricare fino alla strada.
“Fanculo alla compromissione!” urlò allora l'anziano soldato, spronando il suo cavallo. Dato che ormai la copertura era saltata, anche i due Guardiani si avvicinarono alla carovana, nello stesso momento in cui Selene partiva.
I Kemoriani non si aspettavano un attacco e furono colti alla sprovvista. I primi uomini caddero all'istante, sotto i colpi degli avversari, senza neppure avere il tempo di difendersi. Due di loro cominciarono a cavalcare verso Landam, estraendo gli archi e girandosi sulla sella per mirare, mostrando un'incredibile abilità. Shaina parò una delle frecce, indirizzata a lei, con lo scudo, e si lanciò all'inseguimento. Hayst la raggiunse da destra e colpì il secondo arciere con una sua freccia, facendolo cadere da cavallo.
Mekor si trovò ad affrontare un lanciere, che azzoppò il suo cavallo, facendolo rovinare al suolo. Il soldato, però, era abituato a situazioni del genere e, ancor prima di toccare terra, era già pronto ad effettuare una capriola che lo rimise in piedi; dovette, però, sacrificare spada e scudo, che lo avrebbero impacciato. Schivò il secondo colpo di lancia spostandosi su un lato e afferrò l'asta con entrambe le mani, disarcionando il cavaliere per poi finirlo con la sua stessa arma.
Thomas, guidato da una furia cieca per ciò che aveva sentito prima, si diresse verso quello che sembrava il capo della carovana, ignorando la sua lancia, che gli passò ad un passo dal cuore, mancandolo per miracolo. Portò un colpo con la spada, incanalando tutta la sua forza verso il collo scoperto dell'avversario, che venne trapassato come burro. Subito dopo, però, un altro Kemoriano lo colpì con una mazza ferrata, colpendolo sull'elmo e stordendolo. Selene, che aveva osservato la scena, chiamò Ferren per indicargliela, mentre parava i colpi di un nemico e rispondeva con le rime. Il Guardiano, finito un avversario, girò il cavallo e infilzò il Kemoriano alla schiena, mentre questo si preparava a colpire nuovamente Thomas.
Shaina, nel frattempo, aveva raggiunto l'arciere, che gettò a terra l'arma cercando freneticamente di estrarre una spada. Non ne ebbe il tempo.

I pochi Kemoriani rimasti, sopraffatti, fuggirono in ogni direzione. Non avrebbero più rappresentato un problema.
I sei compagni si trovarono nuovamente tutti insieme e, subito, aprirono il retro dei carri, rivelando un orrore indescrivibile: uomini e donne erano ammassati, legati ed imbavagliati, sporchi, senza che fosse loro riservata la minima cura. I quattro soldati di Landam riconobbero molti loro concittadini. Tutti i prigionieri furono liberati e una donna si offrì di spiegare la situazione.

“Qualche giorno fa” disse “la guardia cittadina ci ha tradito. Almeno la metà di essa, assieme ad alcuni soldati del capo dei ricercatori, ci ha attaccati e in breve hanno messo a ferro e fuoco la città.”
“No!” gridò Thomas “E Gallin?”
“Il governatore è morto. L'ha ucciso Jered Fithal.”
“Il capo delle guardie?”
“Il capo dei
traditori.
“Dannazione!” imprecò Mekor. Ferren, che si era avvicinato, scosse la testa sconsolato. I Petali avevano preso il possesso della città, non agivano più nell'ombra. Non ci sarebbe stata la possibilità di combatterli senza una battaglia aperta.

 

Ci sono guerrieri, tra di voi?” domandò Thomas ad alta voce. Qualche uomo si fece avanti; molti erano della guardia cittadina, riconobbe il ragazzo, probabilmente del ramo che non aveva ceduto alle offerte di Kemoria.
“Noi sappiamo combattere.” disse uno di questi.
“Bene. Prendete le armi e le corazze dei Kemoriani e scortate questa gente a Galvus.”
“Ma, non sarebbe meglio se dessimo una mano in città?”
“No, credetemi. Andate a Galvus e, dopo aver sistemato i profughi, chiedete di mandare l'esercito. Servirà quello, se anche avremo successo nella nostra missione.”

Solo se lo avremo, pensò, perché fallendo condanneremmo il continente.
“Sissignore!”
Gli uomini fecero come ordinato ed organizzarono le persone per la partenza. Mekor prese uno dei cavalli degli avversari in sostituzione del suo, ormai inservibile, e ripresero a cavalcare verso casa.

Non aveva alcun senso passare all'interno della città, avrebbe significato soltanto inutili battaglie e rallentamenti, perciò i sei compagni si diressero direttamente all'accampamento degli archeologi. Come avevano ipotizzato, già dalla distanza notarono moltissima gente raccolta in quel luogo, eccitata per ciò che stava per succedere. Per loro fortuna, comunque, solo pochi sembravano essere soldati, e la maggior parte era composta da semplici ricercatori.
Subito individuarono la loro preda: Jered Fithal si trovava al centro del campo, e stava parlando con una creatura misteriosa, bassa e disarticolata, che senza ombra di dubbio era Greshen, il Doppelgänger.
Spronarono i cavalli ad andare più veloci e falciarono un paio di soldati traditori che vennero loro incontro per fermarli.
“Fermi!” urlò Mekor, attirando l'attenzione di Jered e Greshen. Quest'ultimo, con una voce che sembrava trasmettersi attraverso le menti, piuttosto che nell'aria, disse “Ancora loro.”
“Ragazzi!” li salutò con scherno il capo delle guardie, allargando le braccia in un abbraccio virtuale e con un ghigno sul volto “Siete tornati! Ma potete stare tranquilli, la pietra mi è già stata consegnata!”. Indicò un gruppo di uomini che trasportavano l'oggetto con un carretto di legno, in direzione della grotta dove si trovava l'Arco.
“Maledetti! Ci avete traditi tutti!” ringhiò Thomas, roteando la spada. La tensione nell'aria aumentava e i cavalli cominciavano ad imbizzarrirsi.
“Traditi? No.” ribatté Jered, ancora più malignamente “Si può tradire solo una causa per la quale si ha combattuto. Io non sono
mai stato dalla vostra parte.”
“Figlio di...” iniziò Selene.
“Sei una vergogna per l'umanità!” si intromise sua sorella. In quel momento, Ferren ed Hayst si fecero avanti.
“Non hai idea di ciò che stai per fare! Il furto di quella pietra ha già condannato Theros, e dubito che potrete comandare in un mondo pieno di demoni!”
A quella rivelazione, non pochi si guardarono stupiti. Qualcuno, forse, dubitava.
“Ah! Idiozie! Falsità ideate in modo da fermarci! Ma non potete fermare la conquista; non potete fermare la grande Kemoria!”
“Greshen, pensaci tu.” disse, concludendo, per poi voltarsi e cominciare a camminare.
“Maledetto!” urlò Thomas “Te la farò pagare per tutto! Anche per Maya!”
Il capo delle guardie si fermò nel sentire quel nome e tornò a guardare Thomas.
“Maya? Oh, giusto, mi ha detto di riferirti che ti aspetta.”
Thomas rimase basito. Maya stava forse bene?
“E non preoccuparti, perché non può scappare; l'abbiamo inchiodata bene al letto del fiume.”

Il ruggito di Thomas sembrò quello di un demonio, mentre si lanciava all'inseguimento di Jered. Scavalcò con il cavallo gli uomini che si frapponevano tra lui e la sua preda, sordo alle urla dei compagni che gli intimavano di fermarsi. Il traditore doveva morire, e doveva farlo nella maniera più lenta e crudele.

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Capitolo 14
*** Capitolo tredicesimo - Battaglia ***


CAPITOLO TREDICESIMO
-Battaglia-

 

---Landam, campo dei ricercatori---
---Mezzogiorno---

Greshen chiamò a sé alcuni uomini, che rappresentavano tutta la forza militare presente al campo: erano otto.
“Morirai, mostro!” minacciò Mekor.
“Non credo.” disse la creatura, con quella voce oscura e spaventosa. Subito dopo, si avvolse con un manto di oscurità.
“Si sta trasformando!”
“In cosa? Nell'uccellino che ha sfruttato per arrivare a Landam?” rise Selene, cercando di sdrammatizzare.
“Stupida umana.” fu la risposta, che giunse a metà tra la mente e le orecchie “Credevi fossi così idiota da non scegliermi una forma più utile, sapendo che mi seguivate?”
La nube di oscurità crebbe sempre di più, fino a raggiungere le dimensioni di una casa. Quando si dissipò, ciò che rimase sconvolse gli animi di tutti i presenti: una creatura alta quasi quattro metri, di forma umanoide ma con lunghi braccia artigliate, che arrivavano fino a terra. Una coda terminante in un aculeo sferzava l'aria dietro di sé. Il volto era allungato, come quello di un cane, e la bocca lo occupava quasi interamente, lasciando spazio solo per due piccole narici e degli occhi, completamente neri e lucidi, posti vicino al collo. La creatura era verde, salvo per una sorta di criniera di colore nero.
“Un troll!” sbraitò spaventata Shaina.
“Ah! Ah! Ah!” rise Greshen, con la voce gutturale conferitagli dalla sua nuova identità “Un laceratore delle paludi, per essere precisi! La specie più letale!”

Fu Ferren a caricare per primo, ma non in direzione del troll. Se volevano avere anche una minima speranza di riuscire a vincere, dovevano eliminare prima i soldati, una noia che poteva rivelarsi letale in uno scontro del genere. Il primo soldato che vide parò il suo fendente con lo scudo, ma non si avvide della freccia scagliata da Hayst, accortosi del piano dell'amico, che lo raggiunse al collo uccidendolo. Il primo Guardiano continuò a cavalcare e abbatté un secondo Kemoriano, che non si aspettava di essere la vittima predestinata. Anche Mekor partì all'attacco, ma la sua carica lo portò troppo vicino al braccio del laceratore, che si sollevò a colpirlo. L'armatura attutì il colpo, altrimenti mortale, ma non impedì che il cavaliere venisse sbalzato di sella, cadendo a terra. Il troll portò un secondo attacco per finire l'avversario, ma questi riuscì a rotolare su un fianco, scansando gli artigli. Selene era già in zona e tese la mano al compagno, accogliendolo sul suo cavallo per poi fare uno slalom tra le gambe dell'enorme mostro.
Shaina travolse con la cavalcatura uno dei Kemoriani, che crollò al suolo e si prese la faccia, sanguinante, tra le mani. La donna decise che l'avrebbe finito dopo e ingaggiò battaglia con un altro soldato, armato di spadone. La lama dell'uomo ferì gravemente il cavallo al fianco, costringendo Shaina a saltare giù per evitare di essere schiacciata. Ancor prima che si rialzasse fu ferita a sua volta, da un affondo portato sotto l'ascella destra. Il dolore era lancinante e non le permetteva di usare la spada, che fu quindi passata nell'altra mano. Anche se inesperta nel combattimento mancino, Shaina riuscì ad avere la meglio sull'avversario.
Ferren, nel frattempo, era corso un po' più avanti e si stava girando per una seconda carica. Due uomini si voltarono verso di lui e lui fu colpito dalla loro stupidità: c'erano cascati ancora. Con un cenno, indicò ad Hayst uno dei due, che venne trafitto da un dardo, mentre l'altro fu ucciso da un affondo del Guardiani. Mekor, mentre Selene cavalcava, finì gli ultimi due Kemoriani con dei fendenti precisi.
Ora mancava il troll.

 

La creatura nella quale si era trasformato Greshen aprì le enormi braccia e ruggì contro il cielo, in un impeto di rabbia per la fine dei suoi compagni. La coda colpì una tenda e la squarciò, incurante di un paio di Kemoriani che si trovavano al suo interno.
Chi, dei cinque compagni, aveva ancora un cavallo, cominciò ad attuare l'unica strategia possibile; fecero muovere i cavalli in circolo attorno al troll, in modo da destabilizzarlo. Per un po' funzionò, fino a che il mostro non decise di porre fine al fastidio ricorrendo al suo enorme peso. Balzò in aria, con un'elevazione ridicola ma sufficiente a scuotere il terreno nel momento dell'atterraggio. I cavalli, senza più avere un appoggio solido, caddero.
“Argh, sta diventando monotono cadere da cavallo!” si infuriò Mekor. Come se non bastasse, quell'ultima caduta gli aveva fatto tornare il dolore alla gamba ferita dal dardo; non sapeva quando avrebbe potuto andare avanti.
Il troll afferrò uno dei cavalli, rialzatosi ed ora in fuga, lo sollevò dal terreno e lo scagliò contro Selene e Shaina, che si trovavano vicine. La più giovane si gettò a terra in tempo, ma l'altra fu colpita in pieno. La sorella udì un rumore di ossa rotte che poteva significare una sola cosa.
“No!” urlò, lanciandosi contro la creatura.
Hayst la notò e, correndo fuori dalla portata degli artigli, cominciò a bersagliare il troll con le frecce. Questo si infuriò e cominciò ad inseguirlo, mulinando la coda. Selene, che si era avvicinata a sufficienza, controllò i movimenti dell'appendice e spiccò un balzo con un tempismo perfetto, aggrappandosi ad essa. Fu sbalzata in alto, ma ricadde sulla schiena del laceratore, aggrappandosi ad essa per rimanere in equilibrio. La pelle era come carta vetrata, ma si fece forza e continuò la scalata fino ad arrivare alla testa.
Hayst sorrise, notando la compagna e smise di scagliare frecce. Il troll fu forse impressionato, perché si fermò un attimo a riflettere; in quel momento, Selene colpì con tutta la forza e infilò la lama nel cranio del mostro, per tutta la sua lunghezza. Con un terribile stridio, questo cadde morto al suolo.

Selene saltò giù in tempo per non farsi male e corse dalla sorella, immobile. Gli altri si raccolsero intorno a Greshen, che pian piano riprendeva la sua forma naturale. Prima di spirare, riuscì a sussurrare qualcosa nelle loro menti: “Ormai è fatta, comunque. Abbiamo vinto noi.”

Thomas spinse il cavallo al suo limite di resistenza, mentre gli faceva effettuare curve poco naturali in modo da evitare i ricercatori. Vedeva solo il suo obiettivo, sempre più vicino. Jered correva, ma non poteva competere con la velocità di un cavallo. Il ragazzo rimase oltremodo stupito quando, ad un passo dalla preda, fu scagliato via da una forza invisibile. Rialzandosi, scosse la tessa per riacquistare vista e udito, momentaneamente persi a causa del colpo.
“Ah! Ah! Ah!” rise Jered “Che ne pensi della mia barriera magica?”
“Ti ucciderò! Hai capito? Ti ucciderò?” fu la risposta, dopo la quale Thomas riprese l'inseguimento, ora a piedi. Arrivarono alla grotta dell'Arco e i ricercatori con il carretto vi entrarono. Il capo delle guardie annuì nella loro direzione e questi, poggiata la pietra di volta per terra, cominciarono a salmodiare, recitando formule arcane.
“Togli la barriera! Affrontami dall'uomo che non sei!”
“Oh, siamo arrabbiati? Va bene. Farò come vuoi. Fass, restringi la barriera in modo che copra solo voi.”
“Ma...” chiese il capo degli archologi.
“Fallo.”
Jered si illuminò per un attimo, segno che la barriera lo aveva attraversato.
“Ecco, ora non ho più scudo, se non la mia abilità. Iniziamo?”

Thomas si lanciò in un assalto furioso, che non lo portò da nessuna parte, se non a far cozzare più volte la spada contro l'arma del nemico, una scimitarra con l'elsa dorata.
“Non ci siamo. Non ti ho forse allenato meglio?” lo schernì Jered, aumentando la sua rabbia.
“Zitto! Non devi parlare! Hai ucciso Maya, non hai il diritto di dire niente!” Il giovane riprese ad attaccare, portando un affondo alla base dell'elmo, che fu schivato con una torsione del busto. Approfittando dell'apertura concessa dal ragazzo, Fithal gli fece uno sgambetto e quello cadde a terra.
“Ah! Ah! Ah!”
Thomas si rialzò e cercò di colpire il nemico, sbilanciandosi in avanti. Jered, che si aspettava una mossa del genere, scansò nuovamente di lato e colpì il collo del ragazzo con la scimitarra, nel punto dov'era scoperto dall'elmo.
Egli non riusciva più a rialzarsi, non riusciva più a pensare. Vide solamente il volto del traditore davanti al suo e intuì, più che sentirle, alcune parole.
“La rabbia non serve a nulla. E' un errore. Oggi l'hai imparato pagando la tua vita come prezzo.” disse, e tranciò di netto la testa di Thomas.

Poco dopo, anche i due Guardiani e le tre guardie rimanenti entrarono nella grotta, alcuni illesi, altri con ferite di lieve entità.
“Thomas...” disse Selene, con gli occhi colmi di lacrime.
“Il gioco della conquista è finito.” disse Ferren, rivolto a Jered “Dacci la pietra.”
L'ex capo delle guardie controllò i maghi e sorrise con quel ghigno malefico che gli altri erano già arrivati ad odiare.
“Finito? Oh, no. E' appena iniziato.”

Jered aprì le braccia, come in estasi, mentre dietro di lui la pietra di volta si sollevava dal suolo per andare a legarsi all'Arco, cominciando ad emanare onde di luce azzurra. Lo spazio interno all'arco si distorse, lasciando il posto ad un nulla di colore arancione, che sembrava pulsare.
“Finalmente!” esclamò il traditore “Ora il potere dimensionale sarà nostro! Noi...”
Non finì mai la frase. Dal portale appena aperto fuoriuscì qualcosa di simile ad un mastodontico tentacolo nero, che lo prese e lo portò con sé nel varco.
L'eccitazione che aveva colpito i presenti scemò in un istante e regnò il silenzio assoluto.
“Oh, cielo.” disse Hayst
“A quanto pare hanno commesso un
altro grave errore.” commentò Ferren.
“E ora?”
“Ora, a quanto pare, abbiamo un nuovo nemico. Un nemico
comune.” il Guardiano osservò con rimprovero i Kemoriani presenti “Fass, giusto? Tu mi sembri il capo della cricca.”
“S-sì.” rispose l'uomo, atterrito da ciò che aveva visto.
“Accompagnarci mi sembra il minimo, per espiare i tuoi peccati.”
“Accompagnarvi... dove?”
“Mi sembra ovvio. Dall'altra parte del portale.”

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Capitolo 15
*** Capitolo quattordicesimo - Abisso ***


CAPITOLO QUATTORDICESIMO
-Abisso-

 

---Nel nulla---

Nessuno dei sei che avevano attraversato il portale avrebbe mai potuto descrivere ciò che vedeva con esattezza. Il passaggio da un mondo all'altro era stato immediato, anche se aveva lasciato un leggero senso di nausea a tutti loro. In quel momento, stavano camminando sul nulla, senza una base solida a reggerli, eppure non cadevano. Intorno, sopra e sotto di loro, la materia arancione di cui era composto quel luogo pulsava, emettendo luci di tonalità più chiara o più scura, e rumori simili ai battiti di un cuore. Ciò che spaventava di più, comunque, erano gli infiniti tentacoli che si contorcevano in ogni direzione, l'unica cosa degna di nota in un mondo vuoto.
Mentre proseguivano con cautela, seguendo gli stessi tentacoli, gli uomini si sentivano oppressi da una forza misteriosa, una disperazione che li attanagliava sempre di più.
Dopo molto tempo, o forse dopo un attimo, non riuscivano a tenere il conto, raggiunsero l'origine dei tentacoli.

Una creatura fatta dell'oscurità più nera, con un corpo muscoloso, dotato di due possenti braccia ma interrotto a metà per lasciare spazio a quell'intrico di tentacoli, li stava osservando da due fessure poste al centro della testa di forma triangolare, che brillavano bianche in mezzo a tutto quel nero.

Libertà.
Fu la creatura a parlare. Come Greshen, non ci fu una reale vibrazione sonora.
“Cosa... sei?” chiese Fass, intimorito. Evidentemente voleva sapere per filo e per segno che cosa avevano fatto.

Cosa sono? E' importante? Va bene, ve lo dirò. Sono un conquistatore. Li avete anche voi, vero? Solo che il mio livello trascende il vostro; non miro a conquustare un solo mondo, ma tutti. Il multiverso, un giorno, sarà mio.
Non ho nome, nessuno me ne ha mai dato uno e non mi interessa averlo. Chiamatemi come volete.

“Ma questo luogo... Questo luogo doveva darci il potere...”
Ancora questa storia? Passano i secoli e non cambia nulla? Serve a qualcosa, il tempo, per voi umani?
“Cos'è successo?” intervenne Ferren.
Altri uomini, altri stupidi, mi hanno liberato.
Chissà cosa penserebbero gli esseri che hanno creato questa prigione, se sapessero che per ben due volte sono riuscito ad evadere, sempre nello stesso mondo e sempre a causa della scemenza dei suoi abitanti. Avete imparato così poco dai vostri antenati.

Hayst strinse entrambi i pugni, infuriato.
E la mia progenie, a quanto pare, calca ancora le terre a nord. Ciò mi rende felice.
“I Demoni dei ghiacci?”
Li chiamate così? Sono i miei figli. I miei soldati. Secoli fa hanno cominciato un'opera che, ora, completeranno, permettendomi di regnare su questo mondo.
Ecco cos'era successo: incuranti dell'elevato livello di rischio emerso dagli studi sul portale, alcuni antichi Therodi avevano aperto quella porta, senza sapere che si stavano condannando da soli. Erano riusciti a fermare la guerra da loro scatenata, ma pagando un'intera regione come prezzo.
“Li sconfiggeremo.”

Sconfiggerli? Non fatemi ridere. Non possono essere sconfitti. Vivono della mia essenza. Finché la mia energia li pervaderà, non potranno morire. E io sono immortale.
I due Guardiani si fissarono. Se la creatura diceva il vero, erano tutti condannati.
“Combattetelo.” disse Fass, improvvisamente determinato.
“Cosa? Ma l'hai sentito?” ribatté Mekor, indicando il mostro.
“Forse un modo c'è. Ma non deve uscire da questa dimensione. Tenete.” il mago lanciò una Pietra Gemella a Selene, che la prese al volo, senza capire cosa fosse.
“Vi manderò un messaggio, attraverso quella pietra. Non appena lo sentite, dovrete correre fuori il più veloce possibile.”
“Ma...”
“Non c'è tempo!”
La creatura, forse avvertendo un pericolo, ruggì, e tre diverse bocche scaturirono dall'oscurità che la componeva, come sbuffi consecutivi di fumo. Fass corse via e agli altri non rimase che sperare nel piano del ricercatore. La battaglia era iniziata.

La creatura d'oscurità ruggì, un suono che percorse le menti di tutti i presenti, stordendoli. Si inginocchiarono trattenendosi la testa con le mani, nella speranza di scacciare quel terribile rumore. Ferren riuscì a sollevare il capo in direzione del suo nemico, che stava cominciando a muoversi verso l'uscita, verso Reevan.
“Non andrai... Da nessuna parte!” gridò, senza sentirsi. Con un montante della spada colpì uno dei tentacoli, che si contorse subendo il colpo.

Patetico. Non hai capito? Sono immortale, non puoi recarmi dolore.
Il mostro riprese il suo andamento, lento ma costante. Uno ad uno, anche gli altri si rialzarono, pronti a combattere quella battaglia che sembrava tanto inutile.

Fass uscì dal portale e chiamò i suoi maghi a raccolta, incurante della sensazione di nausea.
“Capo! Che succede?”
“Un mostro. Una creatura d'ombra, ci ucciderà tutti. Dobbiamo fermarla.”
“Come...?”
Il capo alzò la mano, impedendo al suo interlocutore di formulare la domanda. Non aveva tempo, doveva dare ordini.
“Disponiamoci in semicerchio ed uniamo le nostre menti.”
“Un Circolo?” chiese uno dei maghi; era una pratica comune, che permetteva di unire la magia di più maghi per incanalarla e rendere più potente un incantesimo.
“Sì. Se ho capito bene, la porta non si apre su una dimensione vera, ma su un simulacro, una stanza che funge da prigione per quell'essere. Se avete letto con attenzione i tomi di magia dimensionale, sapete che uno spazio del genere può essere distrutto.”
Tutti annuirono, sapevano a cosa Fass si riferisse. Era stata teorizzata la possibilità di far collassare le dimensioni invertendo la loro magia, sfruttando il portale stesso come catalizzatore, ma per distruggere una dimensione intera sarebbe servito il potere di una divinità. Se davvero si trovavano di fronte ad una singola stanza extra-dimensionale, però, tutto cambiava; unendo le forze avrebbero potuto rendere concreta quella possibilità.
“Concentriamoci sul codice del portale ed invertiamolo. Con un po' di fortuna, la dimensione si annichilirà, garantendo la stessa sorte anche a quella creatura. Non abbiamo altre speranze.”

“E' troppo forte!” esclamò Selene, mentre veniva buttata a terra per l'ennesima volta. Nessuno dei cinque compagni rimasti era in condizioni di combattere ancora per lungo tempo, mentre sembrava che la creatura non avesse ancora subito danni.
“Non dobbiamo sconfiggerla, non cercate punti deboli!” disse Hayst, mentre si divincolava da un tentacolo che l'aveva bloccato nella sua morsa “L'obiettivo è rallentarla, capito?
Rallentarla!”
“Ricevuto!” Mekor scagliò il suo scudo in direzione del volto della creatura, che fu colpita in pieno. Il danno effettivo fu inesistente, ma la mossa ebbe la funzione di stordire per un attimo il nemico, che si fermò per qualche secondo.
“Sì! Continuate così!” intimò Ferren, lanciando a sua volta lo scudo. Altri scudi colpirono la creatura, seguiti da ogni sorta di oggetto. I tentacoli sferzavano la strana sostanza base di quella prigione, senza però riuscire a colpire.

Dannati uomini. E' tempo di finirla.
In un attimo, tutto fu buio. I cinque combattenti avevano soltanto una vaga idea di ciò che stava succedendo, ma non riuscivano a vedere nulla. D'un tratto, avvertirono una strana energia, come se la loro pelle stesse bruciando. La sensazione fu sempre più forte ed in breve furono come inghiottiti da un fuoco nero. Urlarono dal dolore; nell'agonia, però, Selene distinse alcune parole, pronunciate attraverso la Pietra Gemella che Fass le aveva affidato.
“Fuori! Ora!”
Gridò agli altri di dirigersi verso l'uscita e, senza aspettare la risposta, cominciò a correre in quella direzione. Tutto le bruciava, sapeva che non avrebbe potuto durare ancora molto. Stava morendo.
Poi, la luce. Selene rotolò nella caverna dell'Arco e, pian, piano, la sensazione di bruciare scemò. Aveva sicuramente riportato ustioni gravissime, ma era ancora cosciente e sapeva di avercela fatta. Vide altre figure uscire dal portale. Una, due, tre... Infine, la quarta. Tutti i suoi amici erano salvi. Fu questo il suo pensiero prima di abbandonarsi al dolce oblio della perdita di conoscenza.

“Collasso!” ordinò Fass, e una potente magia scaturì dalle menti e dai corpi dei maghi riuniti in Circolo. L'onda magica colpi l'arco e la luce azzurra che lo pervadeva divenne dapprima rossa, poi nera. Dei tentacoli cominciarono ad apparire, colpendo alcuni maghi con violenza mortale, ma era troppo tardi per la creatura. La luce nera dell'arco si estese al portale che racchiudeva e, un attimo dopo, tutto esplose.

Qualche ora dopo, Ferren e gli altri furono recuperati da sotto le macerie della grotta. Erano tutti vivi, ma messi malissimo; necessitavano di cure immediate. Solo Hayst, cosciente, riuscì a formulare una domanda al suo soccorritore.
“E'...?”
“Sì. E' finita.”

 

 

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Capitolo 16
*** Epilogo - Luce ***


EPILOGO
-Luce-

 


Ancora una volta la notte lasciò il posto all'alba; ancora una volta sorse il sole, a riscaldare il terreno e i cuori di Arasta.

Sorse il sole su Landam, nuovamente libera. L'esercito di Galvus era arrivato poco dopo l'esplosione della grotta, ma la battaglia, la vera battaglia, era già stata vinta. I Petali che avevano assistito alla scena, che sapevano ciò che avevano rischiato, si arresero senza fare storie. Solo alcune guardie traditrici, in città, opposero resistenza, senza però riuscire a contrastare la forza delle armate della capitale. Nessuno avrebbe mai dimenticato il sacrificio di Thomas, di Maya e di Shaina, le cui tombe erano state costruite vicine, al cimitero. Ogni giorno, Mekor e Selene andavano a pregare per le loro anime, e raccontavano loro le ultime novità. Ora Selene era diventata governatrice, e aveva giurato di proteggere l'onore e la libertà di Landam per tutto il tempo del suo regno. I cittadini erano tornati a sorridere, a vivere. Potevano nuovamente chiamare Landam “casa”.

Sorse il sole sulla Fortezza dei Guardiani, sanguinante ma non distrutta. Dopo la partenza di Ferren ed Hayst i Demoni avevano cominciato ad attaccare. I primi assalti erano stati respinti grazie alla forza congiunta dei guerrieri e dei maghi, ma in breve le creature erano diventate troppe e avevano mietuto le loro vittime. Ad un certo punto, però, i Demoni erano stati distrutti, avevano come smesso di funzionare. Tutti sapevano che era segno della vittoria dei due compagni andati al sud. Ora metà dei soldati della Fortezza piangeva la morte dell'altra metà, ma nessuno voleva abbattersi. Salutarono il ritorno dei Guardiani liberatori con grande gioia.
In pochi mesi, l'Ordine fu sciolto e i Guardiani rimasti poterono assaporare la libertà di vivere come e dove volevano.

 

Sorse il sole su Kemoria. Da un balcone al livello più alto della Roccaforte dei Draghi, un uomo guardava le strade in subbuglio. La notizia della sconfitta dei Petali era giunta, con tanto di dettagli sul portale e sulla creatura che avevano rischiato di liberare. La ribellione e la guerra civile furono inevitabili. L'uomo strinse il pugno, pieno di rabbia.
Ma non era finita.
Kemoria aveva subito ogni sorta di colpo, nella storia e si era sempre ripresa. La guerra civile sarebbe stata sedata, tutto sarebbe tornato alla normalità.

 

Quando ciò sarebbe successo, il governo Kemoriano avrebbe finalmente ottenuto il posto che gli spettava, sul trono del mondo.

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