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di NarcissaB37
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1. Morte ***
Capitolo 2: *** Chaos. ***



Capitolo 1
*** 1. Morte ***


 
 
 
 
 
 
"Per quanto  paradossale  possa sembrare, la morte dà alla vita sulla Terra tutto il suo significato profondo, il suo peso specifico, nonché il suo valore spirituale  e morale.  Il  disordine e il  caos della vita moderna,  con la sua cacofonia e bruttezza, provengono dall'incomprensione del fenomeno della morte “.                                              - Libro dei morti degli antichi Egizi.
 
Tutti hanno paura della morte. C’è chi fa il gradasso e dice che non gli interessa, c’è chi appoggia la filosofia del “carpe diem” e chi vive con la paura. Chi più, chi meno però ha il terrore della morte. Cosa c’è dopo? Esiste il paradiso e l’inferno o c’è il nulla più assoluto?  Sarebbe meraviglioso se potessimo saperlo da un qualche fantasma, per esempio. Oppure si può sempre chiederlo ad un “ritornato”se solo le persone fossero a conoscenza della loro esistenza. Vi chiederete come faccio a conoscerli. Io sono una di loro e questa è la mia storia.

 
1.  Morte
 
 
-         Mia madre stamattina era una furia solo perché mi sono alzata più tardi.. assurdo- sbuffai, consapevole di star parlando da sola. Ma tanto nessuno mi avrebbe sentito. La strada che da casa mia porta alla scuola era sempre desolata e non incontravo mai nessuno. Meglio così, almeno ero  libera di parlare da sola o canticchiare senza che nessuno mi prendesse per scema.
-         Scusami, sei Ginevra?- una voce maschile mi chiamò ed io mi girai per scoprire chi fosse.
Era un ragazzo  di cui non riuscii a capire l’età. Sicuramente non era un mio coetaneo ma non doveva essere neppure tanto più grande di me. Eppure c’era qualcosa nella sua espressione del viso, nella sua postura e ne i suoi movimenti che dava l’idea di uomo adulto.
-         Si, sono io. Ma tu chi sei? Non ti ho mai visto da queste parti….- dissi, decisamente sospetta.  Le rare persone che passavano per quella strada più o meno le conoscevo tutte, ma lui non lo avevo mai incontrato e ne ero sicura poichè era impossibile dimenticarsi di uno come lui. Non era un ragazzo bellissimo  ma aveva un qualcosa che ti portava inevitabilmente a guardarlo, come se non potessi semplicemente staccare gli occhi da lui. Forse era, pensai,  una specie di fascino magnetico.
-         E’ vero. Diciamo che non frequento molto questa zona… Io sono Dimitri. So che può sembrare strano ma devo parlarti.- disse  sorridendo in maniera gentile e che non aveva nulla di sospetto, anche se di sospetto c’era fin troppo. Poteva essere chiunque: da un agente dell’FBI a un pazzoide omicida che di lì a poco mi avrebbe ucciso, ma annuii e lo segui su una panchina poco lontano.
-         Bene.. tu sei Ginevra Mastrovaldi, nata a Roma il 3 Luglio 1994?- mi chiese, guardando in cielo.
-         Si, sono io. Ma come fai a sapere tutte queste cose su di me..?- domandai titubante.
-         Non ha importanza. Il mio unico compito adesso è annunciarti che oggi morirai.-
Ci misi un po’ di tempo ad elaborare quest’ultima sua affermazione. Sbattei più volte le palpebre e inclinai la testa di lato, come faccio sempre quando sono confusa. Recepito il messaggio non potei fare a meno di strabuzzare gli occhi e urlare – Annunciare la mia morte? Ma sei pazzo? Ma chi sei? Ma chi ti conosce? Ma poi perché dovrei morire oggi?- senza prendere un respiro tra una domanda e l’altra e non curandomi del fatto che la mia sciarpa fosse caduta per terra.
-         Per rispondere alle tue domande: Si, annunciare la tua morte. No, non sono pazzo. Sono Dimitri. Tanta gente ma non tu. Perché è stato deciso così.- mi disse inarcando un sopracciglio.
-         E’ stato deciso così? E tu che sei, il messaggero che mi annuncia che qualcuno mi ucciderà oggi? Me, una liceale comune?- dissi ridendo.
-         No, hai frainteso. Non ho mai detto che oggi qualcuno ti ucciderà. Tu semplicemente morirai. Non posso ancora spiegarti bene, ma devi solo sapere questo. Tu morirai oggi, questo sarà il tuo ultimo giorno di vita. Non mi credi, nessuno lo fa mai, ma il mio preciso scopo è di avvisarti. Non posso evitare la tua morte, e non importa che io ti dica come morirai, succederà comunque. E’ qualcosa che è stato già deciso. Comunque adesso non ha importanza. Vedi di goderti questo tuo ultimo giorno. Ci vediamo dopo.- disse, senza mai staccare gli occhi dal cielo, e finito di parlare si alzò, senza nemmeno darmi il tempo di replicare. Semplicemente se ne andò, lasciandomi confusa su quella panchina, salutandomi con un “ci vediamo dopo”. Ci saremmo rivisti? E perché? Non avevo tempo di pensare, ero in ritardo e per me tutte quelle parole erano follie di uno sconosciuto. Andai a scuola, non ci pensai più, non ne parlai nemmeno con le mie amiche e trascorsi una giornata tranquilla. Non importava cosa lui avesse detto. Non sarei morta quel giorno. Non era possibile.
 
-         Oddio oggi a scuola è stato veramente pesante, la professoressa non finiva di parlare!-
 
-         Già, è vero.. una noia terribile. Ahh no! Che scocciatura, mi è volata la sciarpa!-
 
-         Io te l’avevo detto che appoggiarla alla borsa senza nemmeno un nodo non era il metodo migliore per non farla volare. Aspetta, te la vado a prendere io!-
 
-         Ok, grazie. E non camminare così, guarda la strada!-
 
-         Si, si certo…-
 
-         Ginevra! Attenta!.-
 
 

 
 
Non sentivo niente: né un suono, né un odore, nemmeno dolore.                                               
Aprii lentamente gli occhi e cercai di sollevarmi. Mi guardai intorno. Mi trovavo in una camera, un salone forse. C’era un grande camino, tanti quadri e un divano, su cui ero seduta,molto simile a quello della casa dei miei nonni. Il camino era acceso ma non sentivo caldo, non sentivo nemmeno freddo.
-         Ben svegliata. Ci hai un messo un bel po’ ad aprire gli occhi.- mi disse una voce alla mie spalle. Era il ragazzo che avevo incontrato quella mattina, Dimitri.
-         Cos’è successo?- gli domandai.
-         Cosa ti ricordi?- mi chiese, sedendosi sul divano di fianco a me.
-         Stavo tornando da scuola, stavo con una mia amica. La sciarpa le era volata a causa di una folata di vento e io mi ero offerta di andarla a recuperare.  Mi sono chinata per prendere la sciarpa e poi la moto.. o mio dio! Sono morta!- ricordai.
-         Ma aspetta – continuai – se sono morta come è possibile che io mi trovi qui con te in questo luogo. Anzi tra altro, dove siamo?-
-         E’ complicato da spiegare. Procediamo con calma. Pronta per sapere? Questa volta mi devi credere però.- mi disse.
Io annuii e lui si sistemò meglio sul divano,pronto per parlare.
-         Tu non sei morta, ma d’altro canto non sei nemmeno viva. Sei in una specie di limbo, diciamo così. Quando il destino decide che una persona deve morire non per cause naturali, un incidente per esempio, la vittima ha una possibilità: può modificare il passato, cancellando la propria morte.
-         Mi stai dicendo che io potrei ritornare in vita?- dissi titubante, ma con un velo di speranza nel cuore.
-         Si, potresti.-
-         E come? Farò di tutto!- dissi, alzandomi dal divano di scatto.
-         Aspetta, siediti. Voglio spiegarti per bene, a quello ci arriverò dopo, va bene?-
-         Ok.-
-         Bene- disse sospirando- Quando una persona si trova nel limbo, gli appare davanti a sé un emissario, che nel tuo caso sarei io. L’emissario è un’entità neutra che non incide minimamente sulle scelte delle persone. Molti erroneamente ci definiscono dei della morte, ma noi non c’entriamo nulla con essa. Non possiamo né cambiarla, né evitarla. Di solito appariamo il giorno della morte, come ho fatto a te questa mattina, per avvisarle. Senza il nostro avviso non potrebbero accedere al limbo. Quando le persone si risvegliano, come te adesso, si trovano di fronte noi emissari che gli pongono una scelta: cercare di tornare in vita o morire definitivamente.-
-         Bhè, penso che quasi tutti scelgano la prima opzione, giusto? Perché mai si dovrebbe scegliere di morire quando hai la possibilità di cambiare il tuo destino?- 
-         Non è così scontato. A volte semplicemente non si vuole tornare indietro, e poi per molti il gioco non vale la candela.-
-         Il gioco non vale la candela? Dimitri, voglio saperlo. Cosa bisogna fare  per tornare in vita?- dissi decisa e allo stesso tempo dubbiosa, o meglio, intimorita.
-         Dovrai prendere cento anime. Ma non a delle persone a caso. Saranno cento persone che in futuro, un futuro prossimo, uccideranno una persona. Tu prenderai la loro anima prima che ciò accada.-
-         Ciò significa che io stessa ucciderò delle persone giusto?-
-         Esatto, tu ucciderai cento persone che sono madri, padri, figli. Hai a disposizione  un anno.-
-         Io non posso uccidere delle persone, mio dio! Aspetta.. un anno? E cosa succede se non ci riesco?-
-         Ovviamente non tornerai in vita, ma la cosa peggiore è che la tua anima svanirà. Ma non è tutto: anche nel caso in cui ci riuscissi, la tua anima sarà dannata. Sei cristiana, giusto? Allora, utilizzando il gergo cristiano, la tua anima andrà all’inferno.-
-         Bene, quindi qualunque cosa succeda la mia anima non farà una bella fine lo stesso. Senti un po’, ma tu lo fai sempre questo discorso così tetro?- dissi, cercando di sdrammatizzare, inutilmente.
-         Ti do 24 ore per pensarci. Al termine di esse, dovrai prendere una decisione.-
-         Cristallino come l’acqua.- mi alzai e girovagai per la stanza, ed ad un certo punto ricordai una cosa. – Ah senti ma come mai questa stanza mi ricorda tanto la casa dei miei nonni? –
-         Il limbo assume l’aspetto del luogo più caro della persona, è ovvio che te la ricordi.-
-         Ah, interessante.-
-         Ti lascio da sola, se hai bisogno di me chiamami.-
-         Chiamarti come? Anche gli emissari hanno il cellulare?-
-         No che non abbiamo il cellulare. Dì semplicemente il mio nome ed io arriverò- disse sospirando e poi sparì.
Mi sedei sul divano e in quel momento sentii tutto il peso della situazione. Ripensai a quello che mi aveva detto Dimitri. Era tutto semplicemente assurdo. Diamine, ero morta! E si, potevo tornare in vita, ma a quale prezzo? Delle persone sarebbero morte, e la mia anima avrebbe ricevuto serie conseguenze. Però desideravo così tanto tornare alla mia vita. Non avevo salutato la mia mamma, il mio papà e il mio fratellone. E c’erano così tante cose che volevo fare! Tirai un sospiro e chiusi gli occhi. Avevo ancora un po’ di tempo per pensarci.
Quando riaprii gli occhi mi chiesi se non fosse stato tutto un incubo, ma purtroppo appena riconosciuto l’ambiente in cui mi trovavo, capii che non lo era. Mi chiesi quanto tempo avessi dormito e quanto tempo fosse passato dalla mia morte. Come illuminata, decisi una cosa.                    
-         Dimitri, dove sei?-
-         Eccomi. – la sentii subito, la sua voce: proveniva dalle mie  spalle. Infatti appena mi girai lo vidi.
-         Quanto tempo è trascorso dalla mia morte?-
-         Bhè, qui il tempo è distorto, scorre più lentamente. Comunque dovrebbero essere un paio di giorni. Perché mi chiedi questo?- mi disse, guardandomi con un sopracciglio inarcato e un espressione scettica.
-         Se sono in tempo, vorrei andare al mio funerale.-



 
-         La tua è un’idea molto sciocca, fattelo dire.-
 
-         Perché dici questo? A me sembra una gran bella idea. Sfrutto il lato positivo dell’essere una specie di fantasma. Tanto non mi vedrà nessuno no?-
 
-         No, nessuno ti vedrà.-
Ci trovavamo nella chiesa del paese ad assistere al mio funerale. C’e n’era voluto di tempo per convincere Dimitri, ma alla fine lui aveva acconsentito – Sei un’umana molto strana, ma va bene. Ti ci porterò- dicendo questo.  La voce del prete mi riportò alla realtà, allontanandomi dai miei pensieri. Lo ascoltai mentre parlava di me, mi elogiava, anche se non mi conosceva. Al centro della chiesa c’era una tomba con sopra delle orchidee, i miei fiori preferiti, e una mia foto. Mi guardai intorno e vidi i miei amici, compagni di scuola, parenti vari, molte persone con cui non ero tanto legata. E poi vidi i miei genitori, e mio fratello. Mia madre piangeva appoggiandosi alla spalla di mio padre, che l’abbracciava mentre Ludovico teneva lo sguardo fisso davanti a sé e stringeva le mani in due pugni. Mi sedei su una panca e mi godetti il funerale. Ad un certo punto però i miei genitori e mio fratello andarono al microfono. Mia madre non riusciva a parlare, perciò prese la parola Ludovico.
-         In situazioni come queste si ha sempre la sensazione che le parole siano troppo vuote e che non riescano ad esprimere al meglio la persona che siamo qui a ricordare. Farò comunque un tentativo. Ginevra era una ragazza buona, che rideva sempre. A volte troppo testarda e seccante ma era una gran bella persona. Io l’amavo molto, non avrei potuto chiedere sorella migliore. Avevamo in comune tante cose, non eravamo i soliti fratelli che litigano sempre. Noi ci capivamo, ci sostenevamo l’un l’altro. E ora mi ritrovo qui, al suo funerale. Mi sembra impossibile una vita senza di lei. Non meritava di andarsene, lei doveva vivere la sua vita, doveva realizzare tutti i suoi sogni perché se lo meritava! Avrebbe dovuto avere una famiglia, dei figli, doveva sposarsi. Dio solo sa quanto la mia vita, e quella di tutti noi, adesso sarà vuota, perché lei è una di quelle persone che ti rimangono impresse, nel bene o nel male. Stammi bene sorellina, spero che tu ti diverta lassù, perché io qui non lo farò. Nemmeno un po’. – disse così, con le lacrime agli occhi e finito di parlare, ritornò a sedersi, tendendosi la mani tra i capelli.
 
Io ero scossa. Pensavo che sarebbe stato interessante vedere il mio funerale ma avevo sbagliato di grosso. Il solo pensiero di non vederli più, di non parlare più con loro mi uccideva altre mille volte e in modo più doloroso. Non poteva finire così. Lentamente mi alzai dalla sedia e uscìì. Dimitri mi seguì. Per tutto quel tempo era stato accanto a me senza però dire una parola. Camminai per tutto il viale della chiesa, finchè ad un certo punto non mi fermai.
 
-         Ho deciso, Dimitri.-
-         Qual è la tua scelta?-
-         Non mi importa se ucciderò persone, se la mia anima sarà dannata. Non mi importa di niente. Io devo provarci. Non posso semplicemente morire così sapendo quanto le persone a cui tengo soffrano. Non posso farlo. E mi dispiace che io non sia un pò più buona e meno egoista, non sai quanto. Ma non cambia il fatto che io non ho intenzione di morire- e mi girai, guardandolo negli occhi.- Ho deciso, Dimitri: Ho deciso che voglio vivere.-
-         Bene, Ginevra. Hai deciso di sfidare la sorte. Spero che non te ne pentirai. Avvicinati.-
Feci come mi disse e , dopo essermi avvicinata, con una mano mi trapassò da una parte all’altra, facendomi bloccare il respiro. Levò subito la mano, e dove mi aveva trapassato si formò un simbolo, una specie di scarabeo con un sole.
-         Da adesso in poi sei una ritornata, Ginevra. Preparati stanotte, perché domani prenderai la tua prima anima.- disse così e se ne andò.
 
 










 
Salve salvino!
Sono stata a lungo indecisa sul pubblicare questa storia o meno.. ma ho deciso di tentare! Spero che vi piaccia! Se vi va lasciate una recensione, in modo da farmi sapere in cosa migliorare! Sono una scrittrice alle prime armi. Grazie comunque per averla letta! 
Alessia.
 
 

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Capitolo 2
*** Chaos. ***







“ In principio fu Voragine. I Greci la chiamarono Chaos. Che cos’è Voragine? E’ un vuoto, un vuoto oscuro, dove niente può essere distinto. E’ un punto di caduta, di vertigine e di confusione, un precipizio senza fine, senza fondo. Si viene ghermiti da Voragine come dall’apertura di fauci immense in cui tutto può essere ingoiato e confuso in un’unica notte indistinta. In origine dunque, non esiste che Voragine, abisso cieco, notturno, sconfinato.”
-L’universo, gli dei, gli uomini. - Jeans Pierre Vernant.

 






Per tutta la mia vita ho pensato di essere una persona abbastanza gentile. Ho sempre aiutato la mamma, raramente parlavo male di qualcuno e non mi comportavo male con nessuno. Per me quello era essere gentili. Dopo essere morta mi sono dovuta ricredere. Nel momento esatto in cui ho preso la mia prima anima, ho capito di essere una persona egoista, per niente gentile o altruista. E’ vero però che quando riconosci i tuoi difetti e sai di sbagliare, è un comportamento migliore. Ma se io li riconosco, capisco che sbaglio ma continuo a farlo? E’ per questo che non sono una brava persona. Ho vista la vita scivolare fuori dalle persone. Ma ho continuato a farlo, cento volte, senza rimorsi.



2. Chaos



Ero esattamente come ieri, notai guardando allo specchio. Stessi vestiti, capelli appena lavati, il trucco sfumato come lo era il giorno prima. C’era anche il leggero arrossamento della pelle dove la mattina prima avevo schiacciato un brufolo. Sembrava che il tempo non fosse mai passato. E mentre lì dentro, in quella specie di limbo, non era passata che una notte, lì fuori la vita continuava. Tornata dal funerale avevo provato a dormire – ci eravamo fermati in una pensione del mio paese vicino alla chiesa, anche se nessuno ci aveva notati grazie ai trucchi da emissario di Dimitri - ma la voce di mio fratello e il pianto dei miei genitori non faceva che risuonarmi nella testa. Di quella notte eterna l’unico lato piacevole era stato quando, essendomi finalmente addormentata, avevo sognato una scena successa tanti anni fa. Era piccola e giocavo nella casa dei miei nonni. Tutti ridevano e mi abbracciavano. Poi però il sogno è cambiato e nel mia mente si formava l’immagine di una moto e di sangue. E così era finito il bel sogno.



-Noto che sei già sveglia. 

 -Stupito? –

-Per niente. –
Anche Dimitri era tale e quale al giorno precedente. Persino gli stessi vestiti. Indossava una maglietta nera anonima e una tuta. I capelli castani era scompigliati e la sua pelle era molto pallida. Mi rigirai verso lo specchio e iniziai a pettinarmi quella matassa di capelli rossi con le dita.

-E’ inutile che ti sistemi, tanto non ti può vedere nessuno.- disse lui ghignando.
-Si chiama amor proprio Dimitri. Ma penso che un emissario non sappia proprio cosa significhi.- risposi facendogli una smorfia.
-Abbiamo cose più importanti di cui parlare e se hai finito di pettinarti dovremmo iniziare.-
Avrei voluto rispondergli per le rime ma capii che era un argomento serio perciò preferii stare zitta.
-Oh bene, vedo che hai capito. Allora Ginevra, oggi inizia il tuo cammino come ritornata.-
-Dovrò prendere la mia prima anima giusto? –
-Esatto.-

Mi sedei sul divano. Non riuscivo a pensare al fatto che quel giorno avrei ucciso qualcuno. Ucciso non fisicamente ma spiritualmente. Avevo rimosso quel pensiero, troppo concentrata dai ricordi del funerale, che aveva condizionato tutte le mie scelte. Anche il giorno prima. Se in un primo momento ero stata fortemente indecisa, dopo essere stata nella chiesa la ragione era stata accantonata e avevo seguito l’istinto che mi diceva di provare. Ma d'altronde qualsiasi fosse stata la mia scelta, avrei dovuto subire delle conseguenze. Alcune peggiori delle altre, ma sempre conseguenze.

-Alzati, dobbiamo andare in posto . - disse Dimitri, interrompendo il flusso dei miei pensieri.
-Dove andiamo?-
Dimitri mi guardò, sorridendo in modo misterioso e disse – Andiamo a Parigi.-




Stavo ammirando per la prima volta nella mia vita la Torre Eiffel, ma non riuscivo a godermela appieno siccome ero ancora scombussolata per il viaggio, se così si può definire. 
Parigi? Non sono mai stata a Parigi. Ma come ci andiamo?-
- Ci smaterializziamo-
- Ci smaterializziamo- ripetei perplessa.
- Esatto. Non dovrai far altro che darmi le mani e io farò tutto il resto.-
- Una cosa stile Harry Potter quindi?- dissi decisamente divertita.
- Harry Potter?- mi chiese inarcando un sopracciglio.
- Cose che tu non puoi sapere.- dissi ridendo e porgendogli le mie mani.
Era stata la cosa più faticosa di questo mondo. Il giorno primo avevamo raggiunto la pensione a piedi e lui non aveva minimamente accennato alla smaterializzazione, forse pensava fosse troppo presto per me. Dopo aver fatto come mi aveva chiesto, ho sentito come se il mio corpo fosse tirato da tutte le parti e nel giro di un secondo mi sono ritrovata con il sedere all'aria sotto la Torre Eiffel. 
- Non ti preoccupare, con il tempo farai pratica.- mi aveva detto ghignando Dimitri, con tono palesemente beffeggiatorio.
Mi alzai dal muretto su cui mi ero seduta e gli andai incontro.
- Allora? Mi vuoi spiegare cosa devo fare, a chi, dove e quando? Per favore.- incrocia le braccia e iniziai a tamburellare il piede della gamba destra.
-Ti mostrerò la persona, seguimi.- disse così e iniziò a camminare. Io lo segui senza fiatare finchè non si fermò.
- Ecco è lei.- Segui la direzione del suo dito e per poco non caddi a terra dallo stupore. La persona indicata era una bambina di massimo undici anni, che stava seduta su una panchina con altri ragazzi.
- Ma è una bambina. Non può essere lei.-
- Quella bambina durante una lite, spingerà un bambino che, cadendo, sbatterà la testa e morirà.-
Iniziai a ridere istericamente e Dimitri mi guardò stranito. - E' divertente- dissi io – perchè sono convinta del fatto che hai deciso di proposito di scegliere una bambina come prima persona?-
- Una volta aver sottratto l'anima ad una persona così indifesa, le altre non ti sembreranno quasi niente. Ed è meglio che sia cosi, Ginevra.- si girò verso di me e continuò a parlare. - Hai un gran peso sulle tue spalle. Molte persone dopo averlo fatto qualche volta, impazziscono e decidono di lasciar trascorre un anno senza continuare. Perchè è difficile per voi umani. Voi pensate che sia un gioco all'inizio, ma quando vi viene sbattuta in faccia la realtà, quando vi trovate davanti alla persona, capite quanto pesante sia. Se vuoi tornare in vita, se vuoi riuscire a prendere cento anime, la tua umanità deve essere accantonata, Ginevra.-
Io ero sbalordita, sia per ciò che aveva detto e sia per il modo in cui l'avevo detto. Aveva ragione però. Avevo deciso di provarci, di sfidare la sorte e dovevo prendermi le mie responsabilità. Potevo farcela, dovevo farcela. Presi un gran respiro e feci la fatidica domanda.
- Come faccio a prendere un'anima?-
- Almeno quella parte non è difficile. Ti renderò visibile per un po', in modo che lei ti possa vedere. Poi non dovrai far altro che far combaciare le vostre fronti e aspirare. L'anima uscirà dal corpo e finirà dentro di te. La persona però non dovrà essere spaventata, altrimenti l'anima si opporrà, quindi è meglio interagire prima e non sembrare persone sospetti. Non dovrebbe essere difficile per te. Sei una ragazza giovane e hai un aspetto amichevole.-
- Una volta che l'avrò fatto che ne sarà di lei?-
- Morirà. Un corpo non può vivere senz'anima. Di lei mi occuperò io poi.-
- In che senso ti occuperai tu?-
- Farò sparire il corpo e farò in modo che il ricordo della sua esistenza venga cancellato dalle persone che la conoscevano.-
- Devo farlo adesso?-
- No, è meglio aspettare quando sarà da sola e all'aperto. Ti farò sapere io quando sarà il momento.-
-Meglio così, sono troppo stanca per farlo.- Ed era vero. Non era una stanchezza fisica, ma mentale. Tutte quelle informazioni mi avevano scombussolata e dovevo assimilarle prima di metterle in pratica.
- Dove staremo?-
-Occuperemo una stanza in un albergo. -
Non volli sapere altro ,quindi gli diedi le mani senza aggiungere niente e ci smaterializzammo. Quando aprii gli occhi mi trovavo in una camera molto bella, con un grande letto. Senza pensare mi ci buttai sopra, chiusi gli occhi e cercai di dormire.






Cercai ma non ci riusci. Avevo dormito nemmeno tre ore perchè continuavo ad avere incubi. In essi c'era una bambina che aveva l'aspetto di quella vista la mattina che stava seduta sulla panchina e mi guardava fissa negli occhi, senza battere le ciglia. Ad un certo la bambina si era alzata avanzando verso di me ma una moto, spuntata dal nulla, la investiva. Io mi avvicinavo al corpo ma non era più la bambina. Ero io. Piena di sangue, in una posizione disgustosa. Tutto però all'improvviso svaniva e sentivo solo un lacerante senso di colpa. Mi ero svegliata di soprassalto e mi ero appoggiata alla ringhiera del letto. Erano ormai dieci minuti che rimanevo così. Tutto il fardello che di giorno cercavo di ignorare, tornava a bussare imponente ogni volta che chiudevo gli occhi in una tortura senza fine.
- Dimitri.- La mia bocca si mosse da sola, rispondendo quasi ad un desiderio nascosto nella mia mente. Non volevo restare da sola e lui era l'unica persona con cui potevo parlare. Tra l'altro ero sicuro che c'era, da qualche parte, dove non potevo vederlo.
- Dimmi.- Come immaginavo rispose subito e si manifestò davanti ai miei occhi.
- Quante persone hai visto ritornare ma poi fallire e non riuscire a tornare in vita?-
-Molte, ma non perchè non sono riuscite a completare ed ottenere le cento anime. Non sono riuscite a sopportare il fardello e hanno rinunciato. Alcune di loro ne avevano prese già più della metà e sembrava andare tutto bene quando d'un tratto mi hanno detto che per loro bastava così, che era troppo difficile. -
- Chissà, magari succederà la stessa cosa con me.-
- E' una possibilità, mentirei se ti dicessi il contrario.-
- Mi chiedo se sia inutile fare tutto questo.-
- Non so rispondere a questo tuo dubbio ma ti consiglio di tenere a mente perchè lo fai. Magari sarà una motivazione sufficiente. O forse no, chissà.-
- Terrò a mente il tuo consiglio, grazie. Puoi anche andare se vuoi. - Mi guardò un' ultima volta e sparì. Presi un respiro e mi ristesi. Dovevo ripetermi mentalmente che lo stavo facendo per le persone che amavo, che dovevo farcela,che loro erano una motivazione sufficiente. Doveva esserla. Provai a dormire di nuovo. Dovevo essere informa, dopotutto sarebbe servita molta forza il giorno dopo.






- Sei pronta?-
- Evito di risponderti. - dissi rifilandogli un' occhiataccia. Eravamo in una via di Parigi, davanti ad una fermata del pullman. Lì sulla panchina c'era la bambina del giorno prima. La mia prima vittima. Dovevo andare a parlarle per creare una sorta di clima rilassato per far si che l'anima non si opponi. Se l'avessi presa di spalle per esempio, o con la forza, l'anima si sarebbe chiusa in un sistema di difesa e non sarei riuscita a prenderla. Oltre al danno anche la beffa. Non bastava il fatto che dovessi togliere l'anima ad una persona, dovevo anche parlarci e farla sentire a suo agio.
- Ricordati quanto ti ho detto. Devi fare tutto in meno di dieci minuti perchè poi arriverà il bus. E non possiamo rimandare ad un altro giorno poiché sarà oggi il giorno in cui per sbaglio ucciderà una persona e dopo sarà troppo tardi.
- Lo so.- dissi e mi incamminai. Mi sedetti sulla panchina con fare casuale e aspettai un minuto, nel quale pensì ad una strategia. Trascorso il minuto, iniziai la mia recita.
- Quanto odio prendere il pullman. E' molto più comoda la macchina.- dissi guardandola e continuai – devi sempre aspettare qui al freddo di mattina, annoiandoti.-
Lei rise – E' vero, io lo prendo tutte le mattine ed è una faticaccia.-
- Io non lo prendo mai, ma questa mattina i miei hanno deciso amorevolmente di abbandonarmi – dissi ridendo, cercando di smascherare il nervosismo.
- Mi dispiace per te. Per chi non è abituato è ancora più noioso.-
- Già, è vero. Ma tu vai alla scuola media Victor Hugo vero? Ti ho già vista da qualche parte.- dissi ricordandomi alcune informazioni generali che Dimitri mi aveva dato quella mattina. - Ti potrebbero servire per ampliare il discorso e non destare sospetti.- aveva detto ed aveva ragione.
- Si è vero.-
- Ecco dove ti avevo visto. Mio fratello va nella stessa scuola e a volte capita che io lo venga a prendere insieme ai miei genitori.- Mancavano cinque minuti, dovevo fare in fretta. Non dovevo farmi trascinare dall'ansia o sarebbe stato tutto inutile. Quando vidi cosa aveva sul braccio ebbi un'idea.
- Hai un bel braccialetto, posso vederlo da vicino?-
- Si certo.-
Mi avvicinai per vederlo. Vi era scritto Guinevere. Era la versione francese di Ginevra. Accenai un sorriso e pensai tra me e me che era proprio il destino. Quella bambina che la notte avevo sognato alternarsi con il mio aspetto, aveva anche lo stesso mio nome. Mi ricordai che mancava poco tempo e decisi che quello era il momento. Mi sollevai piano, le misi una mano sulla spalla, combaciai le due fronti e aspirai, chiudendo gli occhi. Sentì un calore nel petto e un bruciore intenso sul simbolo che mi identificava come ritornata. Quando tutto questo finì, capì che avevo preso l'anima. Solo in quel momento aprii gli occhi e vidi il suo corpo immobile diventare sempre più pallido. Riguardai il braccialetto e decisi di prenderlo, cercando di legarmelo al polso.
Dimitri mi raggiunse e mi aiutò a legarlo. E poi mi disse – Sei stata brava, Ginevra.-
Io non lo ascoltai più di tanto ma continuai a guardare il braccialetto. Lo avrei usato per ricordarmi cosa ero diventata, cosa c'era in ballo e qual'era il mio obiettivo.








- Angolo autore.
Salve a tutti! Ho postato in ritardissimo questo capitolo, ma sono stata male e con poca voglia di scrivere purtroppo. Comunque eccoci qui.
Ho chiamato il capitolo chaos perchè è la parola che caratterizza di più le sensazioni di Ginevra. Adesso è veramente tutto un chaos per lei, per tutta la durata del capitolo, ma con l'aggiunta del braccialetto lei punta a organizzare il chaos in lei, ad eliminarlo. Come nello scorso capitolo è finita la fase morte, in questo è finita la fa fase chaos.  Vedrete che i ogni capitolo ci sarà un'introduzione di Ginevra con le sue riflessioni. Più avanti capirete a che servono! Non dimenticatele :) Grazie per averlo letto! Spero che sia di vostro gradimento. Accetto, come dico sempre, sia complimenti che critiche in modo così da poter migliorare. E' la mia prima long e spero di riuscire a portarla avanti.




 

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