Voglio baciarti, ora, Keith.

di Reb2212
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Auguri, Vera! ***
Capitolo 2: *** Non è possibile. ***



Capitolo 1
*** Auguri, Vera! ***


Ciao a tutti, volevo solo dire un paio di cose: io amo scrivere, inanzitutto. Pur amando scrivere e leggere, avrei bisogno di consigli esterni. Se vi va, potete lasciare una piccola recensione, qualsiasi sia la vostra opignone o critica. Grazie di cuore a chiunque lo farà o che anche solo dà un'occhiata a ciò che ho buttato giù qui sotto. Un grande bacio, a presto. 
-Reb. 



''Ehi amore, sto arrivando, dieci minuti e sono da te.''
Scrissi velocemente il messaggio a Jack, presi il felpone appeso all'unico appendiabiti in camera mia e corsi verso la porta.
-Ciao mamma, io esco, dormo da Jack!
Gli mandai un veloce bacio all'aria e uscii di casa frettolosamente. Merda, le chiavi della macchina! Bussai freneticamente alla porta di casa e due minuti dopo mia madre mi sporse le chievi dell'auto.
-Dai vai, prima che tuo padre arrivi, sbrigati! 
Oh, la mia mammina, l'adoro. 
Accesi il mio piccolo rottame e mi inoltrai nelle strade buie di Seattle. La casa di Jack non era tanto lontana, un quarto d'ora in macchina con un po' di traffico, ma quella sera il traffico era esagerato. 
Ero partita di casa alle 20.10 e alle 20.40 ero ancora bloccata a cinque minuti da casa. Dovevo essere dieci minuti prima a casa di Jack e ancora nessuno si muoveva. Scesi dalla macchina e iniziai a contemplare tutte le altre persone che sbraitavano, fumavano sigarette o, meglio ancora, andavano al bar lì di fianco.  
Finalmente, dopo altri dieci minuti di tortura le macchine iniziarono piano piano a partire, la gente riprendeva le loro postazioni, e la situazione si fece meno pesante, nonostante si avanzava molto, anche troppo, lentamente. Arrivai da Jack alle 21.25. Era infuriato, a causa del mio cellulare morto non avevo potuto rispondere alle sue continue telefonate e neanche ai suoi messaggi.
Come se fosse colpa mia, quasi voleva rispedirmi a casa, dopo tutta la fatica che avevo fatto per arrivare lì. Era incredibilemente fuori di testa. Sembrava essersi calmato. Mi dava le spalle, a braccia conserte contemplava la parete davanti a sè. 
-Hai intenzione di rivolgermi la parola o me ne devo andare?
Gli chiesi dolcemente, cercando di far uscire il tono più zuccheroso che potessi tenere. 
Si voltò lentamente e piano mi si avvicinò, mi prese il viso tra le mani e mi baciò. Un bacio dolce che durò un'eternità. 
-Scusa. 
Mi sussurò vicino all'orecchio. Poi mi prese di nuovo il viso e sta volta con più foga, cogliendomi di sorpresa. La sua lingua entrò nella mia bocca selvaggemente e in meno di due minuti più tardi ero schiacciata contro il muro, con la sua erezione che premeva contro il mio ventre. Oh, lo adoro. Si eccita così facilmente.
Piano scese fino al collo, la giugulare e poi il petto. Piano scese fino la mia scollatura e prese tra i denti la mia canotta. Con le sue mani dolci me la tolse e la lasciò scivolare a terra e lo stesso fece con il mio reggiseno. 
Gli tolsi la sua maglietta, mi prese in braccio senza mai smettere di baciarmi e mi portò in camera da letto. Piano mi posò sulla superfice morbida delle lenzuola e mi denudò in un batter d'occhio.
-Come fai a essere cosi sexy?
Me lo ripeteva, sempre. Ogni volta che facevamo ''l'amore'' (se ancora così si può chiamare, perché ormai a me pareva più semplice sesso).
Stavamo insieme da ormai un anno, ma ormai niente più era come prima.
Quella sera facemmo sesso tutta la notte, lui sembrava insaziabile, come sempre. 
Il mattino alle 11.00 ero già bella che pronta per la festa di compleanno di mia sorella Vera. Compiva quindici anni, così tanto sognati da lei.
Jack ancora dormiva come al solito, ormai non tento più neanche di svegliarlo. Uscii di casa e chiusi piano la porta.
Entrai in un negozio di elettronica. Vera ha sempre sognato una Canon e io mi ero messa d'impegno negli ultimi anni per comprargliela. E' una ragazza sveglia e intelligente, pur avendo quattro anni in meno di me a volte è lei a darmi consigli, di qualsiasi genere.
Chiesi ad una commessa del negozio se potesse prestarmi aiuto, ma fece finta di seguirmi perché in realtà prestava più attenzione al suo cellulare che non smetteva di vibrare, infatti quello che riuscì a dirmi in un quarto d'ora sono stati una serie di ''Eh?'' ''Scusi, non capisco.'' Come se parlassi arabo. Comunque poco prima della mia crisi di nervi mi lasciò in sospeso con uno:
-Scusi, ho un urgente bisogno della toilette.
Come? Della toilette? Perché adesso quando uno serve un cliete lo può liquidare con la scusa della toilette?! Come se fossi cretina. 
Qualche minuto dopo mi sentii chiamare da una voce maschile alle mie spalle. Quando mi girai, non volevo credere ai miei occhi. Un ragazzo sui 24/25 anni dagli occhi color ghiaccio e i capelli di un biondo scuro, slanciato e con muscoli non troppo pompati, ma esaurienti mi stava chiedendo se avevo bisogno di una mano.
-Ehm.. Si, mi servirebbe una Canon. 
Mi fece vedere diversi modelli presentando ognuno con una professionalità impeccabile e con i sorrisi di cortesia da vero commesso. Commesso. Cosa ci faceva uno come lui, pronto per essere un modello Abercrombie, in un negozio di elettronica?
Quello fu il mio primo pensiero. Ero troppo concentrata sui suoi lineamenti scolpiti, per prestare attenzione a ciò che diceva. 
-Ehm, allora?
-Cosa? 
-Le ho chiesto quale vorrebbe prendere. 
Mi disse con un sorriso a dir poco.. Sexy. Probabilmente stava trattenendo una super-risata. Ero così buffa. Sembravo una tredicenne che vedeva per la prima volta il suo idolo.
Arrossii violentemente per la mia gran bella figuraccia, dalla sua espressione divertita credo proprio che, per mia sfortuna se ne accorse. 
Dopo qualche minuto di imbarazzo e sguardi fugaci puntai su un modello piuttosto carino, ma non troppo grande.
Pagai velocemente e mi avviai verso l'uscita, quando quel Dio greco mi rincorse per.. Oh no, lo scontrino.
-Oh mer.. ahm.. Grazie.
Gli sorrisi debolemente e lui ricambiò con un sorriso a 32 denti che mi fece sciogliere. Aprì la bocca per dire qualcosa, ma la voce lontana di qualcuno lo distrae.
-Keith!
-Mi reclamano. Buona giornata, signorina. 
Keith. Che bel nome.
-Anche lei e grazie ancora.
Dissi di rimando. Ma l'unica cosa che avrei voluto dire era.. Oh, voglio baciarti, ora Keith.

 
Arrivata a casa mi nascosi nella cucina che era stata messa tutta al buio apposta per poi far la sorpresa a Vera appena alzata. Come al solito verso le 13.00 fece capolinea dalla porta della cucina assonnata e, appena accese la luce, tutti uscimmo dal nascondiglio con il nostro regalo in mano e urlammo tutti all'unisono un sonoro:
''Auguri, Vera!'' 

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Capitolo 2
*** Non è possibile. ***


Era passata una settimana dal compleanno di Vera e ora ero intenta in cucina a preparare il pranzo. La sera precedente era venuto Jack avevamo avuto una discussione e lui era nervoso perché, ovviamente, la serata era finita con lui a dormire sul divano e io nel letto e sicuramente non erano quelli i suoi piani. Decisi di fare una pausa mentre aspettavo che la pentola bollisse, presi una sigaretta, andai sul balcone e iniziai a fumare, a godermi quell'attimo di pace. 
due minuti dopo Jack comparse in cucina, diede un'occhiata ai fornelli e iniziò a rompere seriamente i coglioni, per farla breve senza troppi giri di parole.
-Cazzo, entra aria chiudi 'sta porta!
La sigaretta era finita, entrai e mi rimisi ai fornelli. Nella cucina si sentiva il piacevole profumo del sugo e si godeva della luce del sole diretta che, in una mattinata come le altre, avrebbe messo di buon umore tutti. Ma non lui.
-E' pronto? Avrei un po' di fame, ce la fai a fare un po' di pasta?
Cosa pensava che fossi? La sua serva? 
Sbattei il cucchiaio di legno sporco di sugo sul ripiano della cucina e urlai un sonoro ''BASTA!'' che lo lasciò a bocca aperta.
-Senti, mi hai stufato, chiaro? Non sono la tua fottutissima serva e che cazzo! Prendi una domestica se ci tieni tanto ad essere servito e riverito! Io sono stufa, stufa! 
Con mia sorpresa rimase calmo. Si alzò e venne di fronte a me, in piedi a qualche centimetro di distanza. Mi fissava, con un'espressione che non riuscivo a comprendere.
-E' finita.
-Scusa?
-Hai capito bene, Jade. E' finita.
Jack uscì dalla cucina con passo lungo e sbatté la porta con forza, lasciandomi impietrita.
Mi accasciai a terra e piansi, a più non posso. Non poteva essere vero. Sembrava che il mondo mi fosse crollato addosso. Invece non fu così. Quell'evento, tragico in apparenza, fu la svolta.
 
 
Cinque giorni. Cinque  lunghissimi giorni da quella mattina. Jack era sparito. Marika, la mia migliore amica, era venuta a consolarmi. 
-Amore, dopotutto sapevi che presto sarebbe accaduto. Non dicevi di volerla farla finita, a volte? 
-Si, ma se fosse stato così non starei piangendo.. Mari, non so che fare. Vedo lui, ovunque. In questa stanza, per strada, in ogni bar.. E' ovunque cazzo, ovunque!
Sbottai tra le lacrime, ancora un volta. Mi misi la testa fra le mani e mi accesi un'altra sigaretta. Marika voleva che mi svagassi un po', ma  ogni posto che citava ci ero stata con lui e niente mi avrebbe aiutata.
-Porca puttana Jade! Un posto dove non c'è traccia di lui esiste?!
Oh. Eccome se c'è. 
Guardai l'orario. Le 19.10. Venti minuti e quel posto avrebbe chiuso. Presi la giacca di fretta lanciai quella di Marika sulla sua direzione la presi per un braccio e la portai velocemente in macchina.
-Dove stiamo andando?
-Un posto dove di lui non c'è traccia. 
Mi guardò male e mi rimproverò per la mia velocità una marea di volte, ma non m'importava. C'era troppo traffico, ma dovevo arrivare in tempo! 
19.25.
Scesi dalla macchina e mi avviai alle porte d'ingresso.
-Un.. Negozio di elettronica?
-Si, hai qualche spicciolo? 
Mi porse denaro quanto bastava per prendere un pacco di batterie. 
Entrai dopo essermi sistemata un po' i capelli e aver tolto dalle guance un po' di nero del mascara che era colato con le lacrime. Dalla fretta non avevo neanche pensato al mio aspetto orribile e ai miei lunghi capelli castano chiaro in disordine. Dopo aver guardato nel vetro delle porte se ero presentabile, mi fiondai dentro e andai a sbattere contro qualcosa di duro. O meglio, qualcuno. 
-Ehi! 
Alzai gli occhi e nel vedere quelli che mi ritrovavo davanti rimasi imbambolata.
Mentre mi beavo di quei bellissimi occhi grigi qualcuno mi toccò la spalla.
-Jade! Jade! Cagami, cosa ci facciamo qui?
Ecco. Ora si che sembravo davvero stupida. 
-Devo prendere delle pile per la Canon di Vera.
-Ma gliel'ha pres..
Non finì la frase perché gli pestai un piede tanto forte, da aver fatto urlare anche Hulk. 
-Ehm.. Siamo in chiusura, vuoi il pacco da due o quattro?
Mi chiese con un sorriso cordiale.
-Va bene da due, grazie. 
Gli risposi gentilmente, sorridendogli. 
Pagai e me ne stavo andando quando..
-Aspetta.. Tu sei Jade Parker?
Ma che cazzo?
-Ahm.. Si. Perché?
O mio Dio, conosceva il mio nome! Dentro di me iniziai a ballare la samba.
-L'ex fidanzata di Jack?
Di colpo da samba passò alla marcia funebre.
Abbassai lo sguardo e sussurrai un ''si'' sommesso e le lacrime mi pizzicavano gli occhi. Alzai lo sguardo per vedere se aveva altro da dire, anche se ormai non vedevo più nulla nitidamente.
-Beh, sei stata una vera stronza. Ha fatto bene a lasciarti mio cugino. Com'è stato farsi il fratello del proprio ragazzo? 
-Che cosa è andato a raccontare in giro quel figlio di puttana?! 
Urlò Marika furiosa puntandogli il dito contro, mentre io scoppiavo in un fragoroso pianto, correndo verso la macchina. 

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