Il sole e la luna

di Hoshi98
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo uno ***
Capitolo 2: *** Capitolo due ***
Capitolo 2: *** Capitolo tre ***
Capitolo 3: *** Capitolo quattro ***
Capitolo 5: *** Capitolo cinque ***
Capitolo 6: *** Capitolo sei ***
Capitolo 7: *** Capitolo sette ***
Capitolo 8: *** Capitolo otto ***
Capitolo 9: *** Capitolo nove ***
Capitolo 10: *** Capitolo dieci ***
Capitolo 11: *** Capitolo undici ***
Capitolo 12: *** Capitolo dodici ***
Capitolo 13: *** Capitolo tredici ***
Capitolo 14: *** Capitolo quattordici ***
Capitolo 15: *** Capitolo quindici ***
Capitolo 16: *** Capitolo sedici ***
Capitolo 17: *** Capitolo diciassette ***
Capitolo 18: *** Capitolo diciotto ***
Capitolo 19: *** Capitolo diciannove ***
Capitolo 20: *** Capitolo ventuno ***
Capitolo 21: *** Capitolo venti ***
Capitolo 22: *** Capitolo ventidue ***
Capitolo 23: *** capitolo ventitrè ***
Capitolo 24: *** Capitolo ventiquattro ***
Capitolo 25: *** Capitolo venticinque ***
Capitolo 26: *** Capitolo ventisei ***
Capitolo 27: *** Capitolo ventisette ***
Capitolo 28: *** Capitolo ventotto ***
Capitolo 29: *** Capitolo ventinove ***
Capitolo 30: *** Capitolo trenta ***
Capitolo 31: *** Capitolo trentuno ***
Capitolo 32: *** Capitolo trentadue ***
Capitolo 33: *** Capitolo trentatrè ***
Capitolo 34: *** trentaquattro ***
Capitolo 35: *** Capitolo trentacinque ***
Capitolo 36: *** Capitolo trentasei ***
Capitolo 37: *** Capitolo trentasette ***



Capitolo 1
*** Capitolo uno ***


Il focolare mandava bagliori ovunque.
La vecchia era seduta su uno dei tanti tronchi disposti circolarmente. Nell’aria si respirava un’atmosfera di festa.
 Una volta al mese la donna raccontava una delle sue storie. Erano nel piccolo villaggio di pescatori vicino alla costa del mare delle Sirene.
Tutti gli uomini e anche parte delle donne erano seduti sui tronchi, in riva al mare. C’erano il capo del villaggio Retin, sua moglie, suo figlio, tutti i pescatori che si occupavano di andare in mare e quelli che andavano a vendere il  pesce al mercato.
Quel giorno era il compleanno di Milo, appunto erede di Retin che ascoltava con molta attenzione; quella storia gli piaceva particolarmente.
Il fuoco emanava scintille che facevano brillare gli occhi della vecchia.
Di solito narrava delle storie popolari riguardanti pescatori.
Era la moglie di uno di loro, morto da circa due anni e viveva nella casa del padre di Milo, poiché conosceva la loro famiglia da tanto tempo, nonostante il ragazzo non conoscesse neanche il suo nome.
Quella storia narrava del re Refel e di come era scomparso. La donna sapeva che il re attuale, Kio, odiato dal popolo, poteva vederla come una traditrice, ma volle iniziare a raccontare comunque la sua storia: la storia di un re buono e del suo miglior amico, avvolta dal mistero e dalle leggende popolari.  
La vecchia cominciò a parlare:
- Ci fu un’epoca in cui il regno di Maxiria visse vent’anni sotto il comando di un re buono, egli era re Refel.-
 -Questa era finì circa diciotto anni fa. - si interrupe un attimo per aumentare l’effetto di quello che diceva su i suoi ascoltatori.
-Refel era chiamato re buono perché i suoi sudditi lo amavano e lo rispettavano. Egli era giusto e comprensivo, ma sapeva essere anche intransigente e severo.-
- Un giorno però quell’armonia si spezzò e accadde una grave disgrazia. La nave del re, mentre si dirigeva al castello dal ritorno da un viaggio con la sua famiglia; affondò. -
- Si dice non sopravvisse nessuno, infatti vennero ritrovati i corpi di tutti tranne quelli dei due gemelli figli del re. - un’altra pausa. Ora tutti pendevano dalle sue labbra.
- Non si è mai saputo cosa sia successo ai due bambini, però la leggenda dice che fossero un maschio ed una femmina e che si potessero riconoscere perché entrambi avevano sotto il palmo della mano destra una voglia a forma di luna per la bambina ed a forma di sole per il bambino. - Dopo il naufragio della nave, il migliore amico del re, un nobile di alto rango di nome Kio, prese le redini del regno con la forza e con la scusa che il Refel gli aveva sempre detto, che se per caso fosse morto, sarebbe diventato lui il sovrano del regno di Maxiria. Nessuno lo poteva contestare poiché non si possedeva il vero testamento del vecchio re che non è mai stato trovato. Egli  disse di possedere il vero  testamento, ma non l’ha mai fatto vedere a nessuno. -
Qualcuno chiese:
- C’è qualcuno che ha provato a ribellarsi a quest’abuso di potere? - si girarono tutti verso di lui.
- No, perché nonostante il malcontento serpeggi da anni nella popolazione, nessuno si è potuto ribellare ufficialmente, perché il testamento di Refel non è mai stato ritrovato, anche se si dice ne esistano alcune copie dislocate chissà dove nel regno, Kio è troppo potente, nessuno può ribellarsi senza prove certe. -
- Io non conosco altro della storia,  poiché quello che so è solo frutto della leggenda e di varie storie popolari, ma se i due figli del re sono sopravvissuti spero ritorneranno sul trono che gli spetta secondo le giuste regole dei nostri avi -
La vecchia aveva lo sguardo acceso, si emozionava sempre quando raccontava storie così importanti.
A quel punto iniziò una festa per il diciottesimo compleanno di Milo. Intonarono dei canti attorno al fuoco e venne distribuita la birra. Tutti gli uomini si ubriacarono, mentre quasi la totalità delle donne si ritirò nelle proprie case.
I compleanni erano occasioni importanti, per quelle persone che lavoravano dalla mattina alla sera ed era soprattutto una delle poche volte in cui veniva distribuita della birra.
Nonostante la madre, conoscendo il suo carattere impulsivo, gli avesse consigliato di rimanere sobrio, perché la mattina dopo sarebbe dovuto andare a vendere il pesce, Milo si ubriacò tanto che alla fine della festa dovettero trasportarlo di peso a casa sua. Al villaggio erano organizzati così: una parte dei pescatori andava in mare e gli altri si occupavano di vendere il pesce personalmente al mercato, mentre le donne lo pulivano. Il padre di Milo da giovane pescava , ma in seguito ad un incidente aveva iniziato a vendere il pesce . Milo andava in mare fin da piccolo, prima con il padre e poi da solo, ma ora Retin, per colpa di una misteriosa malattia che lo rendeva perennemente stanco, aveva deciso di ritirarsi. Il figlio prendeva il posto del padre e oltre a prendere la barca si sarebbe dovuto occupare anche della vendita del pesce.
 
 
La Luce filtrava dalle imposte delle finestre e i raggi del timido sole mattutino, svegliavano gli abitanti della casa di Ramiro il mercante.
Al secondo piano della casa c’era la camera di Zaffira, figlia del mercante.
Da poco aveva intrapreso la carriera di suo padre. Lui per un po’ aveva protestato, perché quando sua madre era in vita non sarebbe stata d’accordo, infatti pensava che il ruolo di una donna fosse di stare in casa ad occuparsi della propria famiglia. Però Ramiro non era riuscito a negarglielo, non riusciva mai a negarle nulla.
 Zaffira si iniziò a preparare. Si infilò una maglia morbida blu che terminava sugli avambracci e dei comodi pantaloni bianchi con tasche ampie fermati con una cinta di borchie d’argento.
Indossò alcuni bracciali ed anelli d’oro e si acconciò i lunghi capelli in una treccia che le arrivava sotto la vita.
Era pronta.
Scese le scale e si trovò al piano terra dove l’aspettava una ricca colazione.
Arrivò la sua ancella che gliela servì.
Suo padre era già uscito di casa da qualche ora, lui era sempre uno dei primi ad aprire la propria bancarella.
Quella era una giornata particolare, il giorno del mercato che si teneva ogni sei mesi. Solitamente veniva gente da tutta Maxiria e portava la sua mercanzia, ce n’era di tutti i tipi, si accorse di essere in ritardo; come al solito.
Mangiò tutto velocemente e uscì di casa dirigendosi verso la  Piazzadel mercato.
Brelli essendo una delle più grandi città del regno era affollatissima, la sua piazza principale era piena di mercanti venuti da tutto il regno.
Le bancarelle erano disposte senza un preciso ordine principalmente nella piazza centrale. Nelle altre invece i banchetti erano molto meno numerosi e più malfamati.
C’erano anche i più famosi venditori di schiavi, ramo del commercio che non conosceva, perché a suo padre non era mai piaciuta l’idea del commercio di esseri umani.
Quella giornata di primavera avrebbe dovuto essere come le altre , ma Zaffira sentiva che stava per succedere qualcosa, era come un presentimento insensato, ma che sapeva essere esatto.
I suoi sospetti si rivelarono azzeccati.
Mentre sistemava delle nuove stoffe da vendere su un tavolo tutte in bella mostra per invogliare gli acquirenti, si mise vicino a lei con il suo banchetto con il pesce fresco un ragazzo.
Era nuovo, di solito al suo posto si metteva una vecchia che vendeva monili particolarmente lavorati e costosi, chissà che fine aveva fatto.
Il ragazzo doveva avere più o meno la sua stessa età.
 Notò che aveva un fisico alto e robusto, quasi imponente, i capelli castani e ricci erano tagliati non troppo corti, lasciati ribelli, gli occhi erano marroni accesi, grandi e vispi. Nonostante indossasse una semplice camicia bianca morbida con le maniche tirate su e degli anonimi pantaloni marroni, notò che ostentava una certa simpatia e allegria
Fu distratta dall’arrivo di un cliente, ma intuì che lui era collegato al sospetto che aveva avuto poco prima, era strano, ma era quasi certa che fosse così.
 
 
La mattina dopo il festeggiamento Milo era spossato e con il mal di testa per la sbornia che si era preso la sera prima, ma quel giorno non poteva mancare al mercato, era un evento che succedeva due volte l’anno, il giorno prima del suo compleanno ed ovviamente, lui si era ubriacato nonostante fosse la serata sbagliata per farlo. A volte pensava che doveva ascoltare davvero da i consigli di sua madre.
Si fece forza, si infilò una camicia pulita ed uscì barcollando dalla capanna dove viveva con la famiglia.
Vide la madre fuori e la salutò, lei lo  guardò apprensiva, come per sapere come stesse dopo la sbornia, lui per orgoglio decise di fingere di stare bene ed improvvisò un sorriso tirato.
Passò oltre e si avviò al piccolo tavolo di fronte casa loro, dove tenevano tutto il pesce che doveva essere portato al mercato e lo mise in una cesta che si caricò in spalla.
Camminò attraverso il bosco nella strada che era solito fare e questo lo fece riprendere un pochino, amava quella strada piena di alberi e del profumo del bosco.
Sapeva che quel posto pullulava di criminali, ma sapeva anche che non gli avrebbero fatto nulla, perché lo conoscevano tutti,infatti  frequentavano le stesse taverne, quindi sapevano che a lui non avevano nulla da rubare e soprattutto non erano soliti fare rapine alle persone del villaggio. In quel momento probabilmente lo stavano spiando, ma lui passò tranquillo come tutti i giorni non aspettandosi di trovare nessuno.
Continuò a camminare e si ritrovò in una radura che conosceva molto bene. Era molto rilassante, si riusciva a sentire il cinguettio degli uccelli e il rumore di un ruscello che scorreva lì vicino.
Si diresse al ruscello per bere e sciacquarsi il viso tentando di attenuare il mal di testa e risvegliarsi un pochino, dopo la sbornia. Con grande fatica se ne andò da quella radura, anche se il suo corpo chiedeva di continuare a bere e di potersi sdraiare, invece che immergersi nella caotica Brelli, che era forse la città più popolata di tutto il regno di Maxiria.
Dopo qualche minuto intravide la sagoma del castello,che si stagliava sul cielo azzurro appena velato da qualche nuvola. Esso era la costruzione più alta e imponente dell’abitato, così aveva voluto re Kio, per dimostrare ancora una volta la sua potenza.
Arrivato alla porta della città la sentinella era lì per evitare eventuali attacchi dei ribelli del nord gli rivolse un occhiata stanca e non fece rimostranze quando passò, perché lo vedeva ogni mattina e poi era talmente stanca che avrebbe fatto passare anche un uomo armato.
La città di Brelli sorgeva su una collina poco dopo il bosco che aveva appena attraversato.
Le case erano disposte senza un ordine e i vicoli erano stretti e spesso pieni di criminali. Più si andava verso il centro e più le strade si facevano larghe, pulite, ma soprattutto sicure. La Piazza del mercato era posta al centro della città e da essa si accedeva al castello, che nonostante fosse abbastanza grande non poteva competere con quello gigantesco di Detri, la capitale.
 La città era praticamente divisa nella zona abitata dal ceto povero, che era quella con le case fatiscenti, poi più si andava verso il centro e più si era ricchi, fino ad arrivare alla zona del castello abitata per lo più da nobili e da ricchi mercanti.
Mentre percorreva i vicoli della città vide una vecchia ad un angolo che chiedeva l’elemosina e si ricordò della storia sentita la sera prima al villaggio. Allora gli balenò in mente un idea a cui neanche lui potava credere, fu come istintivo, un riflesso involontario, girò la sua mano destra.
Vide quello che vedeva ogni mattina da diciotto anni una voglia di forma rotonda. Prima gli era semplicemente sembrata una cosa normale, però ora che aveva sentito la storia si accorse che se ci pensava bene poteva assomigliare vagamente ad un sole.
Assorto nei suoi pensieri non si accorse di essere arrivato alla Piazza del mercato.
Si diresse verso il banchetto che utilizzava da pochi giorni.
Decise che doveva sbrigarsi e vendere subito tutto il pesce, in modo da poter tornare il prima possibile a casa e chiedere chiarimenti alla vecchia, su quello che aveva visto sulla sua mano.
Erano solo tre giorni che andava a vendere il pesce, per questo riuscì a trovare il  posto con un po’ di difficoltà. Si accorse che la bancarella ch aveva accanto non era più vuota come i giorni prima, ma c’era un ragazza graziosa.
Era magra e snella, indossava dei pantaloni di cotone ampi e bianchi ed un maglia blu acceso, era un abbigliamento piuttosto insolito per una ragazza. I capelli erano acconciati in una lunga treccia castana che le arrivava alla vita e sotto le lunghe ciglia aveva degli occhi di un marrone chiaro, che giudicò bellissimo.
Bracciali e anelli d’oro le adornavano le braccia e tintinnavano ad ogni suo movimento.
Milo si accorse che anche lei lo osservava, allora pensò che doveva parlarle, almeno per presentarsi, ma non sapeva come un povero pescatore potesse rivolgersi ad una ricca mercantessa. Per sua fortuna fu lei a iniziare.
- Buongiorno, sono Zaffira…sei nuovo di qui vero? -
 Milo constatò che doveva essere davvero molto socievole.
- Si… sono Milo - le disse stringendole la mano per presentarsi
- Ciao Milo, da dove vieni? -
- Vengo dal piccolo villaggio di pescatori sulla costa del Mare delle Sirene, a circa un’ora di cammino da qui. -  -Sbaglio o sei la figlia di Ramiro? -
Zaffira si sorprese di come fosse tanto informato.
- Si hai ragione , come fai a saperlo? Sei davvero informatissimo -
Milo ora si sentiva ancora più a disagio ora che sapeva per certo di non parlare solo con una ricca mercantessa, ma bensì con la figlia di Ramiro,uno dei mercanti più famosi del regno.
- Be… essendo un villaggio piccolo, il nostro, i pettegolezzi girano, quindi le personalità più importanti del commercio le conosciamo un po’ tutti! - in realtà le aveva mentito e si era inventato una scusa che non era neanche molto chiara.
Lei per fortuna ci cascò o almeno la diede per buona senza porsi troppe domande. Infatti la conosceva, perché uno degli uomini che aveva incontrato in una taverna ne era pazzamente innamorato, nonostante l’avesse vista una sola volta.
Dopo qualche bicchiere di troppo l’aveva descritta anche in particolari anche piuttosto volgari e lui non era di certo stato lì a fermarlo, anzi lo aveva assecondato; a Milo non andava di presentarsi come quello che vagava per le taverne a bere e a fare apprezzamenti sulle ragazze, anche se una parte di lui era così.
Continuarono la conversazione, parlando di sé e cercando di conoscersi un pochino, da buoni vicini di bancarella.
Ad un certo punto il ragazzo ebbe come un intuizione, mentre Zaffira contrattava con un uomo nel tentativo di vendergli un vaso, si accorse di qualcosa che aveva.
Era stato come prima con lui, niente più di un intuizione, forse dettata dal destino. La osservò meglio e vide sul palmo destro una voglia che assomigliava vagamente ad uno spicchio di Luna.  Non doveva crederci quella era solo una leggenda, ma dentro di lui sentiva che era tutto vero. Tutti gli indizi avrebbero avuto un senso, la sua voglia assomigliava ad una sole e la sua alla luna, inoltre la strana familiarità che aveva sentito fin da subito nei suoi confronti, non poteva essere dettata solo da una simpatia epidermica, doveva parlarle della sua ipotesi.
Infatti, una volta andato via il suo cliente la chiese bisbigliando
- Sai qualcosa sulla storia del vecchio re - quella non era certo un cosa da urlare ad alta voce, c’erano sempre bocche pronte a riferire tutto quello che sentivano, soprattutto se si trattava di cose che andavano contro il re, infatti nonostante fosse antipatico al popolo, molti pur di ottenere le sue grazie e riversare la sua ira su qualcun altro, preferivano dargli informazioni.
- So solo che prima del regno di Kio un re benvoluto dalla gente era al comando, ma poi per un motivo che ignoro lasciò il potere al re odierno. -
 -  Immaginavo. Questa è la storia finta che hanno messo in giro per giustificare l’operato del re davanti ai sudditi insoddisfatti.-
Zaffira fece una faccia sorpresa.
Allora lui le parlò di tutta la storia che gli aveva raccontato la donna la sera prima, mettendo in evidenza la parte dei due gemelli. Pensò di essere stato abbastanza chiaro, nonostante non fosse molto bravo con le parole.
- Sì,  ma questo cosa centra ora? - affermò Zaffira alla fine della storia.
Era il momento di spiegarle la sua teoria, quasi si vergognava, gli sembrava così assurdo.
-Ti ho detto questo, perché…hai presente quella voglia che hai sulla mano…-
- Non penserai che…-
- Ti prego fammi finire. - lei annuì. - Dicevo, che assomiglia ad una luna. Questo ovviamente non significa niente, ma io ne ho una nello stesso punto che assomiglia ad un sole. Allora avevo pensato che… -
Terminò lei la frase  - potremmo essere i gemelli di cui parla la leggenda. -
L’aveva detto in tono freddo, Milo non sapeva cosa pensare, appoggiava la sua ipotesi, oppure non gli credeva? 
Dopo un attimo di riflessione affermò
- Tu credi che noi siamo fratelli solo perché abbiamo una voglia sulla mano destra che assomigliano vagamente al sole e la luna… chissà quante persone ne hanno una simile e poi mi sembra strano che i nostri genitori non ci abbiano detto nulla al riguardo… -. Anche le sue argomentazioni erano valide, ma si vedeva che era riuscito ad insinuare il dubbio nella sua mente. Di certo il pescatore non si aspettava di riuscire a convincerla subito, era una ragazza riflessiva, l’aveva già capito. Pensò di tentare il tutto per tutto.
- Io non lo affermo solamente, ne sono pienamente convinto! - Non era una completa verità, lo faceva per metterla di fronte ad una certezza. Infatti davanti alla sua sicurezza anche lei sembrò pensarci un po’ di più, e questo bastò al Milo, per capire che forse sarebbe riuscito a convincerla.
Nel frattempo gli altri commercianti avevano cominciato a smontare le loro bancarelle, erano rimasti in pochi quelli ancora aperti, erano già le sei.
- Zaffira, si avvicina la sera, quindi devo andare via, prima che faccia buio. -  - Pensaci e se vuoi solo scoprire qualcosa di più su questa storia, vieni domani al villaggio e chiedi a chiunque incontri di Milo, tanto mi conoscono tutti. -  - Se non verrai saprò che non mi hai creduto e in qualche modo smetterò di pensarci, invece se verrai ti accompagnerò dalla donna che mi ha raccontato questa storia così potremo capirne qualcosa di più. -  
- Va bene… ciao. -
Lui ricambiò il saluto e si avviò al villaggio assorto nei suoi pensieri, con la sacca del pesce vuota e la consapevolezza che Zaffira sarebbe venuta, se lo sentiva, come sapeva che loro due avevano un qualche tipo di legame.
  

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Capitolo 2
*** Capitolo due ***


Quella sicurezza nell’arrivo di Zaffira del giorno precedente era sparita.
Era già tarda mattina e non si era ancora presentata, che lo avesse preso poco sul serio?
Quella notte lui aveva dormito poco, pensando a come sarebbe potuto tornare a fare la sua vita normale sapendo di essere il figlio del vecchio re e quindi legittimo erede al trono. Soprattutto pensava a Zaffira l’unica ragazza che gli avesse dato tutta quella confidenza al loro primo incontro.  Di solito lo reputavano uno spaccone capace solo di passare le serate nelle taverne. Lui in parte era davvero così, ma c’era anche un lato del suo carattere, coraggioso e ottimista che era accessibile solo a lui, perché non aveva ancora trovato un vero amico, uno con cui potersi confidare senza la paura di essere giudicato.
Dal primo approccio, Zaffira, le era sembrata diversa, non come una possibile conquista, ma come una vera amica.
Probabilmente si era illuso, ma in quella mattina mentre dava sfogo ai suoi più cupi pensieri e guardava le onde infrangersi sulle scogliere, appoggiato alla barca del padre, vide nitida la figura della ragazza venire verso di lui dalla parte opposta del mare, ovvero da Brelli.
Quando si avvicinò di più seppe con certezza che era lei.
 Si alzò e frenò l'impulso di correrle incontro per la felicità di rivederla. Questo voleva dire che gli aveva creduto.
Indossava una maglia rosa pallido, con i soliti pantaloni larghi, questa volta di un blu intenso, con una cinta di raso. Alcuni braccialetti d'oro le tintinnavano ai polsi e  portava i capelli lunghi e lisci legati in una coda. Milo pensò che sembrava una di quelle modelle scolpite nelle sculture, era stupenda, cercò di trovare una somiglianza in lui, in quel fisico così imponente, a differenza della sua gemella, così minuta. Si sentì inadeguato, ma decise di iniziare a parlare per primo
- Allora sei venuta, cominciavo a perdere la speranza! -
- Sì ho avuto dei problemi con mio padre che non voleva farmi uscire da sola, ma poi sono riuscita a convincerlo, anche se ovviamente non gli ho detto che sarei uscita dalla città, non avrebbe mai acconsentito, dice sempre che potrei incappare in qualche bandito nel bosco. -  
- Ha ragione il bosco pullula di brutti ceffi. Di certo se vedono un ricca mercantessa che passeggia da sola, potrebbero rapinarla e magari farle del male. Hai corso un grosso rischio a venire qui da sola. Ieri quando ti ho detto di incontrarci al mio villaggio non avevo pensato a quest’evenienza, sono stato uno stupido! -
- Non ho di certo bisogno della scorta per viaggiare nel bosco, stai tranquillo.  Ora penso sia meglio andare da questa vecchia signora di cui mi hai parlato, così potremmo farci spiegare bene questa storia. -
Milo notò con piacere che una volta superato il primo approccio iniziale in cui era dolce e delicata, rimaneva la prima qualità mentre la seconda veniva sostituita da un carattere coraggioso che li accomunava. Questo lo mise di buonumore mentre la accompagnava a casa sua, dove alloggiava anche la donna che gli aveva raccontato la storia.
Partendo dalla spiaggia fecero la strada che aveva fatto Zaffira  per arrivare al mare, al contrario, in modo da attraversare tutto il villaggio e dirigersi verso la casa di Milo. L'agglomerato di case di pescatori era quasi deserto, perché  tutti gli uomini erano fuori con la barca a pescare e molte donne erano al fiume per raccogliere l'acqua e lavare i vestiti.
I genitori del ragazzo erano tra queste due categorie, quindi nella casa che raggiunsero dopo dieci minuti di camminata c'era solo la vecchia.
La casa di Milo era la più grande del villaggio, costruita di solido legno con quattro stanze, ed un piccolo giardino sul retro dove la madre coltivava alcune verdure. Nonostante la sua grandezza e solidità non poteva competere con quella a due piani e ristrutturata di recente di Zaffira.
Appena si entrava c’era una stanza centrale con un solido e rustico tavolo di legno di quercia con quattro sedie ed un camino sul quale non bruciava nulla perché era primavera.
Nella stanza centrale c’erano quattro porte che portavano alla camera da letto di Milo, a quella dei suoi genitori, alla stanza per il cucito della madre, dove venivano accatastate anche le reti e fungeva anche da magazzino, e alla stanza dove dormiva la donna.
Entrarono dalla porta di quest’ultima e un inebriante profumo di erbe invase le loro narici. La vecchia era distesa su di un amaca e sembrava assopita. Milo constatò che non si era mai preoccupato della donna e non si era neanche interessato al suo nome. Per lui era solo una presenza che in cambio di vitto e alloggio puliva e sistemava la casa, in orari in cui non c’erano e mangiava sempre in camera sua, dove non si era mai chiesto cosa facesse. Provo un impulso di vergogna nei suoi confronti, ma poi decise che dovevano parlarle a tutti i costi.
- Scusatemi - le disse svegliandola . - Salve, sono Milo, figlio di Retin. -
La vecchia lo interruppe alzando una mano ed avvicinandosi a loro esponendo il suo volto alla luce che emanava il camino che anche lei aveva in camera, però il suo era acceso.
Indossava un vestito marrone che le arrivava fin sotto le caviglie, sopra di esso aveva un grembiule grigio. L’unico gioiello che possedeva era un anello da mignolo, d’oro. Il suo volto era solcato da molte rughe che dimostravano un età tra i settanta e gli ottanta anni, i suoi occhi di un colore tra il grigio e il celeste erano penetranti, un tempo doveva essere stata una donna bellissima.
Lei  disse quasi con sdegno:
- so chi sei, anche se tu non sai chi sono io e non ti è mai importato saperlo, ma ora visto che ti  sei degnato di venirmi a parlare dopo due anni di convivenza ti dirò come mi chiamo, io sono Petra. -
Milo rimase inebetito dopo il suo intervento e Zaffira preferiva ascoltare la loro conversazione in silenzio, non voleva intromettersi, la vecchia sedendosi di nuovo:
- se sei venuto qui,  però c’è un motivo, o sbaglio?  Parla ragazzo e poi lasciami riposare. -
Milo nonostante la freddezza della donna si decise a rispondere.
- Si è vero, c’è un motivo, sono venuto qui insieme con la mia amica perché la storia che ci avete raccontato due sere fa mi ha molto colpito, e ho scoperto una cosa che devo assolutamente dirvi. - - - Su avanti parla - disse Petra evidentemente ansiosa di stendersi di nuovo sulla sua amaca.
- Ho notato una strana voglia sulla mia mano destra, ed anche sulla mano sua mano proprio come avete descritto voi nella vostra storia. –
Intanto anche Zaffira si era avvicinata.
Petra rimase sconvolta, si vedeva, era rimasta come pietrificata e con gli occhi sbarrati. Si sedette, come chi teme di svenire. Mentre riprendeva il controllo di sé chiese a Milo e a Zaffira di mostrarle le mani. Una volta visti i loro palmi era decisamente più interessata.
- Come ti chiami?- chiese alla ragazza mentre si rialzava con le difficoltà dovute alla vecchiaia e si dirigeva verso una cassa che arredava la sua stanza insieme all’amaca, al camino ed un tavolo. La aprì e prese due pergamene arrotolate.
- Zaffira. -
Soffiò via la polvere da quelli che sembrava un documento e lo appoggiò sul tavolo con molta cura. Fece cenno ad i due ragazzi di avvicinarsi. L’odore di erbe che avevano sentito all’inizio si fece più forte.
 Arrivarono al tavolo e lo videro meglio nonostante fosse ancora arrotolato. Era scritto in una calligrafia fitta e frettolosa, come se fosse la brutta copia di qualcosa.
La donna abbassò involontariamente la voce:
- Questa è una copia segreta del testamento del re Refel, ovviamente non dite a nessuno che io li posseggo, altrimenti rischio la condanna a morte per tradimento. -
- Allora perché non l’avete mostrato al re? -chiese Zaffira
- Perché manca la firma di Refel e è scritto in una lingua a me sconosciuta, non potevo mostrarlo a troppe persone, a parte voi, che so che avete validi motivi per appoggiare il vecchio re, essendone i figli.-  - Guardate -
Sciolse la fragile cordicella che legava il documento e lo allargò sul tavolo, in bella vista. Entrambi i ragazzi lo osservarono attentamente. Era in una lingua che almeno per Milo era sconosciuta perché non sapeva né leggere né scrivere, a parte le cose non strettamente necessarie al suo lavoro. Neanche Zaffira lo riusciva a decifrare, nonostante sapesse leggere e scrivere, sia la lingua ufficiale del Regno di Maxiria che si parlava nella  regione centro e sud dell’isola, che l’idioma del nord, sotto il controllo di principi locali, comandati principalmente da Pirel, che era considerato il capo dei ribelli. Però quella lingua e la ricordava, l’aveva vista una volta da piccola. Allora disse
- So che lingua è, la usavano il vecchio re e la sua corte nei documenti ufficiali, se non erro si dovrebbe chiamare, appunto reale. -
- La sai decifrare? – poi aggiunse -  tanto so che Milo non sa neanche leggere, si capiva dall’espressione che ha fatto prima - disse Petra, con sarcasmo.
Milo finse una faccia leggermente imbronciata, che non riuscì a mantenere per molto tempo.
- Mi dispiace non so farlo, ma penso di conoscere qualcuno che ci può riuscirci -  - mio padre! - 

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Capitolo 2
*** Capitolo tre ***


Decisero di andare da Ramiro.
I due ragazzi e Petra uscirono dalla casa di Milo e si avviarono sulla strada della città di Brelli. Il prezioso documento era stato nascosto, opportunamente avvolti in un pezzo di stoffa grezza, in un cesto di quelli che utilizzavano per portare il pesce, però riempito di fasci d’erba. Le donne avevano tolto i loro gioielli e li avevano riposti nelle comode tasche dei pantaloni di Zaffira, che tintinnavano leggermente, anche se da fuori non si vedeva che erano piene.  La loro  preoccupazione erano i banditi, forse attraversando il bosco a quell’ora e con Zaffira che non avevano mai visto avrebbero pensato che non fossero del villaggio e li avrebbero attaccati, ma cercarono di non pensarci.
Per fortuna riuscirono ad attraversare il bosco senza fare brutti incontri
Raggiunta la città si diressero subito alla casa di Ramiro, ma non lo trovarono, perché era fuori con la sua altra figlia, per concludere alcuni affari e sarebbe tornato solo la sera.
I due ragazzi ne approfittarono per conoscersi meglio. Anziché andare da soli nella camera di Zaffira avevano preferito passeggiare sotto il  porticato del cortile interno della casa, per evitare inutili pettegolezzi.
Arrivata l’ora di pranzo si diressero alla sala da pranzo, quella riservata alla famiglia del mercante, dove Zaffira aveva ospitato Milo dicendo ai servitori che era solo un amico venuto in visita con la sua anziana nonna, non voleva far sapere a nessuno la notizia del ricongiungimento dei gemelli.
Nonostante questo lei era sicura che li stessero spiando, per essere certi poi di non avere problemi con il padrone. Aveva un bel rapporto con loro, come del resto con tutti, li conosceva per nome e ogni tanto si fermava a parlarci per chiedere come stavano, se li trattavano bene oppure informarsi sulla salute delle famiglie. Zaffira sperava davvero non dicessero niente al padre sul fatto che lei era uscita dalla città senza il suo permesso, di certo glielo avrebbe confidato, ma doveva aspettare il momento giusto.
La sala era arredata in modo abbastanza semplicemente considerando gli sfarzi del resto della casa, che erano lì solo per dimostrare la loro ricchezza quando veniva un cliente.
Al centro c’era un grande tavolo di legno, solido e dalla forma allungata. Esso era  rivestito da una tovaglia rossa semplice che riprendeva il colore delle pareti. Le sedie erano di legno liscio ed il pavimento in mattonelle di pietra di colore marroncino rossastro, levigata.
Si sedettero tutti e tre vicini e subito si presentarono i servitori, che gli portarono piatti abbastanza semplici, perché il padrone di casa non c’era e i cuochi non avevano voluto esagerare.
Terminato il pranzo, per passare un po’ il tempo in attesa di Ramiro, stabilirono di fare una passeggiata in città e Petra venne con loro. Ovviamente per evitare di incontrare pericoli, si mossero sempre nelle strade del centro città, meno caotiche, agevoli, ma soprattutto più sicure. Per terra c’erano ancora i resti del giorno precedente, pezzi di legno delle bancarelle e un’infinita di oggetti mezzi rotti che giacevano agli angoli delle strade aspettando che qualcuno che non si potesse e permettere quelli interi li raccogliesse. Era sempre così i giorni dopo mercati annuali, fino alla sera si faceva festa e i giorni seguenti si puliva la città. Milo osservò ammirato quella profusione di ricchezza, lui ci veniva solo da poche volte fino ad ora si era limitato ad andare solo nella piazza del mercato passando per le strade più povere.
Zaffira gli faceva da guida e gli spiegava a  chi appartenessero gli edifici e gli raccontava tanti aneddoti divertenti su di essi, mentre anche Petra ascoltava divertita.
- Allora quando pensava di aver trovato finalmente la formula per la giovinezza - stava raccontando quando si bloccò.
- Che è successo, dai non ci lasciare con il fiato sospeso! - Milo voleva assolutamente sapere come finiva.
- Ho sentito delle voci. -
- Io non ho… - si bloccò.  - Hai ragione, ora le ho sentite anche io, da dove vengono? -
Erano in una strada abbastanza stretta, cominciavano ad uscire dalla zona più ricca della città.
- Penso da lì, più avanti, a destra.  - disse indicando un punto della strada davanti a sé.
Si avvicinarono circospetti e finalmente le voci che urlavano si poterono distinguere chiaramente.
- Schiavo ti ho ripreso, ora ti faccio vedere io!. –
I pochi passanti che giravano per  quelle vie sembravano ignorarli, dovevano essere abituati a questo genere di cose, ma non Zaffira.
Si diresse in quella direzione istintivamente, con Milo che le veniva dietro e Petra li seguiva con più calma, intimandogli di fare attenzione, poteva esserci chiunque.
Alla fine del vicolo si apriva una piccola piazza circondata da casa povere che sembravano abbandonate.
Al centro c’erano due uomini che tenevano fermo un ragazzo che si dibatteva disperatamente, mentre un altro con un bastone lo picchiava.
I due, si precipitarono lì e Zaffira gli urlò:
- Fermatevi! Perché lo state malmenando in questo modo? - La ragazza si rivolse a quello che se la stava prendendo con il malcapitato.
Era magro e basso. Portava una camicia blu, con una tunica rossa allacciata in vita. Aveva i capelli grigi e radi, dallo sfoggio di monili d’oro sembrava molto ricco. Gli altri due erano vestiti semplicemente ed erano più giovani, sembravano i suoi due aiutanti. In quel momento l’uomo smise di bastonare il ragazzo per rivolgere la sua attenzione a Zaffira
- Questo schiavo  ha tentato di fuggire e si merita la giusta punizione, mi appartiene, quindi posso fare quello che voglio, ragazza ti conviene pensare a te stessa, anziché alle mie proprietà! - disse  il calando bastone sul ragazzo, ancora e ancora, come per far vedere la sua autorità ai tre sconosciuti. Ormai sanguinava e non si dibatteva più, aveva la testa bassa con gli occhi chiusi, era rassegnato.
Petra che sapeva come andavano queste cose strattonò delicatamente Zaffira e le fece cenno di andare via, non potevano fare nulla, a quel mercante non conveniva uccidere il ragazzo, forse si sarebbe salvato.
Zaffira però, era troppo determinata per desistere, allora raccolse tutto il suo coraggio e andò dall’uomo, fermò il braccio che brandiva il bastone, per evitare che si abbattesse un’altra volta e per attirare la sua attenzione.
 L’uomo si girò irato e per un attimo sembrò che volesse usarlo su di lei, ma Milo fece alcuni passi avanti e si mise al fianco di Zaffira pronto a difenderla, contro quell’ostinato individuo. La figura imponente del pescatore fece il dovuto effetto e attirò l’attenzione del mercante. Fece cenno ai suoi due aiutanti di mettere giù lo schiavo che si accasciò a terra privo di forze e sanguinante e diresse la sua attenzione ai due ragazzi.
Probabilmente vide un’occasione di profitto, perché disse:
- se volete potete acquistarlo, ieri non lo ha voluto comprare nessuno, così mi è rimasto solo lui, ma non aspettatevi un prezzo basso, è un guerriero, anche se ridotto così non lo sembra, vi avverto, vale molto.
Zaffira si accorse  con rammarico che non si era portata nessuna moneta con sé, ma le balenò un’idea in mente, poteva usare i suoi oggetti d’oro.
Offrì al mercante un  anello con un piccolo smeraldo incastonato. All’inizio lui non accettò, affermando ostinatamente che valeva molto di più, ma Zaffira gli fece notare le sue condizioni ed ottenne dopo varie trattative che si prolungarono per una buona mezz’ora, il ragazzo sfinito, con bisogno di cure. Si disse che era stata brava e che non aveva fatto aumentare il prezzo. Per abitudine, fece un rapido conto e calcolò che era giusto.
Il mercante se ne andò da quella piazza desolata, con il suo carretto, l’anello della ragazza e i suoi aiutanti, lasciando il ragazzo a Milo e Zaffira.
Ora lo poterono osservare, e notare che era un loro coetaneo, biondo con i capelli molto lunghi tutti aggrovigliati, aveva il viso sporco, incorniciato da una barba incolta, gli occhi verdi con sfumature azzurrine erano luminosi e bellissimi, ricordavano i colori di un prato in primavera. Il corpo, da quel che si poteva vedere dalla camicia stracciata era pieno di tagli sanguinanti e lividi, aveva un occhio nero e la bocca gli sanguinava. Il suo aspetto era orribile così conciato e capirono che dovevano portarlo a casa subito, perché nel frattempo aveva perso i sensi.  Lo riuscirono a risvegliare con un po’ d’acqua e lo riportarono sostenendolo per le braccia nella casa di Ramiro. Passando per le strade attirarono poca attenzione, perché fecero quelle laterali e in una città così caotica girava gente di tutti i tipi, quindi due ragazzi che ne sostenevano un altro ridotto piuttosto male non facevano così tanto scalpore.
Zaffira decise che ora che lo aveva comprato lo doveva portare a casa, anche solo per fargli curare le ferite, per quanto ne sapeva lei poteva avere anche qualcosa di rotto. Non sapeva come l’avrebbe presa il padre, non voleva schiavi in casa, non gli piaceva possedere la vita delle persone, inoltre quello che aveva fatto lei era ancora peggio, perché lo aveva comprato senza il suo permesso. Decisero di entrare da una porta secondaria, che dava sempre sul cortile interno, ma non affacciava sulla piazza principale.
La servitù era nel suo momento di pausa, che aveva leggermente allungato, perché mancava il padrone e Zaffira glielo concedeva. La ragazza era molto felice di non averli richiamati all’ordine, perché avrebbero detto di certo a suo padre che oltre a portare un ragazzo misterioso che doveva parlare con lui ne aveva portato un altro per di più ridotto così male.
Avevano condotto il ragazzo in una stanza per gli ospiti e Petra li aveva lasciati soli. Zaffira aveva chiamato i  suoi servitori più fidati e gli aveva fatto prendere cura dello sconosciuto. Intanto che loro lo curavano, Milo e Zaffira si sedettero nel cortile interno e cominciarono a parlare, raccontandosi le rispettive vite fino ad allora, entrambi ansiosi di conoscere l’esistenza del loro gemello.
Quando il sole stava per tramontare Milo disse
- Io devo tornare a casa altrimenti la strada nel bosco si farà troppo buia e pericolosa, quando viene tuo padre raccontagli tutto e poi domani tornerò. -
- Milo stai tranquillo abbiamo tante camere per gli ospiti, a proposito, il tempo che mio padre traduce il documento, perché ci vorrà un po’; vuoi rimanere a dormire qui a casa mia? Sarà più comodo averti qui tutti i giorni, anche nel caso servisse il tuo aiuto. -
- Non lo so… dovrei andare perlomeno ad avvertire i miei genitori ed organizzarmi per mio padre, perché dovrebbe fare lui tutto il lavoro, devo vedere, ti ringrazio comunque per l’ospitalità. -
- Milo non sarebbe meglio che tu andassi a prendere il pesce al villaggio per poi venderlo insieme alla figlia di uno dei mercanti più famosi del regno di Maxiria, di certo tu venderesti di più  e tuo         padre non dovrebbe fare nulla? –
 Milo si passò una mano tra i capelli castani e ci pensò un attimo.
Era un ottima idea gli sarebbe piaciuto stare a casa di quella ragazza così gentile ed anche saperne di più sullo sconosciuto che aveva salvato incoscientemente. 
Era assolutamente contrario a quello che aveva fatto Zaffira, sulla piazza non aveva detto niente, per non farle fare una brutta figura davanti al mercante e poi lei poteva spendere i suoi soldi come voleva, chi era lui per consigliarla, che lo conosceva da due giorni appena?  Mentre correva con i suoi pensieri non si accorse però che la ragazza lo stava fissando in attesa di una risposta allora si riscosse e disse
- va bene accetto e grazie ancora, ma devo andare  al villaggio comunque per riaccompagnare Petra e avvertire i miei genitori. -
- Petra può rimanere qui con te se per lei va bene! -
- grazie glielo dirò, ora devo andare, che comincia a farsi buio. – si vedeva che aveva fretta, allora Zaffira non lo trattenne oltre.
 - torna presto! - gli intimò mentre si era già alzato e si dirigeva verso la porta.
Per aspettare in attesa del suo ritorno o di quello del padre era andata a prendere qualcosa da leggere seduta nel cortile così pieno di pace. Entrata nella biblioteca si era meravigliata come sempre, per la quantità infinita di titoli che possedeva suo padre, ce ne erano di tutti i tipi e lei ne aveva letti almeno più della metà, confidava nello riuscire a leggerli tutti.
Scelse una storia romantica leggera, che pensava di non aver mai letto, anche se non ne era sicura.
Si diresse verso il cortile.
Il corridoio che vi conduceva era lo stesso che portava dal porticato alla piccola stanza dove avevano lasciato lo schiavo. A quel punto a Zaffira venne un’idea. Si diresse più speditamente verso la porta della stanzetta del ragazzo, si fece coraggio ed entrò, era curiosa di sapere come stava, ma soprattutto chi era quel misterioso ragazzo che avevano salvato.
 
 
La luce all’interno della camera era soffusa, poiché le imposte erano quasi del tutto abbassate. Pensando di disturbarlo mentre dormiva si girò subito, per uscire, quando sentì qualcuno chiamarla
- Salve, finalmente!  Ero curioso di parlare con voi, per ringraziarvi.-  - Siete stata così gentile, anche i vostri servitori, mi hanno dato tutto quello che mi serviva, era da tempo che non mi sistemavo come si deve. Prima era talmente malridotto che sono stato scortese e non vi ho neanche detto il mio nome, io sono Leodrian. - improvvisò un sorriso, anche se  sofferente.
- Pensavo di disturbarti, convinta che dormissi. Come stai? -
 -Niente di grave, qualche ammaccatura, ma niente di importante. -  le sorrise di nuovo per rassicurarla.
- Posso sapere il vostro nome? - disse il ragazzo cercandosi di alzare, per aprire la finestra facendo entrare la poca luce che c’era a quell’ora, ma si vedeva che faceva fatica a muoversi. La ragazza lo fermò dicendogli
- Non devi alzarti, è meglio che vado ad aprire io, comunque sono Zaffira figlia di Ramiro, non c’è bisogno che tu mi dia del voi, in fondo abbiamo praticamente la stessa età, no? -
- Va bene, ma intendi Ramiro, il mercante famoso in tutto il regno? -
 - Si proprio lui! - disse facendo entrare la luce dall’imposta.
Ora si poterono vedere a vicenda nitidamente. I servitori avevano fatto un bel lavoro. Leodrian ora era pettinato ed i lunghi e lisci capelli biondi gli ricadevano sulla schiena, perché nel frattempo si era alzato con fatica a sedere.
Si era tagliato la barba ed aveva il viso pulito, e Zaffira notò  l’affascinante eleganza nel modo di muoversi, nonostante l’occhio destro fosse nero e avesse i tagli ed ecchimosi un po’ dappertutto, ma un altro pensiero scacciò quest’ultimo dalla sua mente, aveva visto il braccialetto di ferro che contrassegnava gli schiavi.
 Forse ci si era soffermata troppo, fatto sta che Leodrian notò dove ricadeva lo sguardo della ragazza, però non disse nulla non sapendo cosa volevano fare di lui.
Zaffira si sedette ai piedi del letto.                                                                                           
- Leodrian posso chiederti una cosa? -
 - Si…dimmi -
- Ma tu precisamente…chi sei? -
Lui sorrise e cominciò a parlarle. Zaffira gli fece domande sul suo passato, come aveva fatto con Milo, ma quello del ragazzo era molto più interessante, senza nulla togliere al pescatore. Infatti il primo da quello che aveva capito era un ribelle del nord che sosteneva il vecchio re e per diventare schiavo ed arrivare fin lì doveva avere una storia interessante alle spalle, mentre il secondo era un figlio di pescatori che aveva vissuto una vita tranquilla, quasi monotona.
Leodrian era contento di rispondere alle sue domande, quella ragazza gli era molto simpatica, era ironica e colta, da questo punto di vista gli assomigliava, poi era anche molto bella…
L’entrata di Milo nella stanza li riscosse dalla loro conversazione
- Zaffira ti ho cercato dappertutto… non pensavo di trovarti qui… con lui. -
Si capiva che non si fidava ed aveva ragione, lo conoscevano da pochissimo
- ero venuto a vedere come stavi… ma vedo che non sono stato l’unico…- disse rivolto a Leodrian.
- Pensavo fossi andato al villaggio! –
- No, era troppo tardi, ho dettato una lettera a Petra in cui dico a i miei genitori che starò via per qualche settimana, ma che passerò tutte le mattine da loro, ovviamente non gli ho spiegato il motivo. L’ho consegnata ad una carovana di mercanti che andava in quella direzione, per non far preoccupare i miei genitori per un mio mancato ritorno questa sera.
Lo schiavo, era pronto a rimediare a quella situazione che per lui oltre che essere imbarazzante era anche potenzialmente pericolosa, insomma un servo appena acquistato non avrebbe fatto di certo una bella impressione se il padre della ragazza fosse venuto a sapere che lei era andata da sola nella sua stanza e gli dava già del tu, meglio fingere che gli portasse rispetto e che gli desse del voi.
- Salve io sono Leodrian, immagino anche voi siate un mio padrone, grazie ancora per avermi salvato da quel mercante senza scrupoli, posso sapere come vi chiamate. - disse rivolto a Milo.
Alzò faticosamente il braccio destro dolorante per stringergli la mano, ma il pescatore non ricambiò.
 Lo schiavo parlava  soprattutto a Zafira in cerca di aiuto. Sperava avesse capito che voleva dire ricominciando a parlare con quel tono così formale.
Lei capì al volo e stette zitta mentre l’altro ragazzo rispondeva
- Io sono Milo e vorrei sapere che ti è successo e che hai fatto per meritarti l’ira del tuo padrone precedente. Nel frattempo che aspettiamo il padre di Zaffira,  per chiarire la tua situazione, ascolterò volentieri la tua storia. - disse girandosi verso la porta
- Intanto infilati dei pantaloni mentre noi andiamo nel cortile, Zaffira puoi farglieli dare tu da qualche servitore? –
La ragazza annuì.
Milo uscì senza girarsi verso dei due ragazzi rimasti increduli per la sua freddezza.
-  È sempre così simpatico? - commentò sarcasticamente Leodrian, anche se poi si pentì subito dopo, pensando di averla offesa, ma vedendo Zaffira che sorrideva tirò un sospiro di sollievo.
Da parte sua a  Milo non era piaciuto essere stato così brusco, ma era convinto di non sapere tutto su quel ragazzo e voleva farsi assolutamente raccontare la sua storia per chiarire ogni dubbio, sentiva, che in quanto fratello di Zaffira era in dovere di proteggerla.
Nel frattempo Zaffira aveva dato indicazioni ai servitori di dare tutti i vestiti che voleva a Leodrian e aveva accelerato la sua andatura per raggiungere Milo e parlargli.
- Perché sei stato così brusco prima? Che ti ha fatto quel ragazzo? A me ha fatto una buona impressione, non mi è sembrato subdolo o comunque cattivo perché sei stato così freddo non gli hai neanche chiesto come stava! -  Milo non voleva ammettere che era geloso di lei nonostante la conoscesse da poche ore, perché era l’unica amica sincera che avesse mai avuto, quindi disse semplicemente
- Non mi fido ancora di lui. -
Il tempo di arrivare al cortile passando per quei corridoi pieni di quadri e ritratti di famiglia fu pieno di cose non dette, e quando arrivarono aspettavano con ansia Leodrian che avrebbe rotto quel silenzio e fatto dimenticare ai due il loro breve litigio.
 
Intanto lui aveva finito di vestirsi, era pronto per andare a raccontare tutta la sua storia.  Aveva avuto difficoltà per via delle ferite, prima con Zaffira aveva finto di stare bene, ma non era così. Mentre faceva con fatica la strada che gli era stata indicata, però non pensava a quello che doveva fare tra pochi secondi. Infatti nella sua mente si affollavano pensieri molto più malinconici. Infilandosi i vestiti si era ricordato del braccialetto di ferro che gli avevano messo al polso appena catturato, che contrassegnava tutti gli schiavi che non erano marchiati a fuoco come aveva visto su molti suoi compagni di disavventure.
Leodrian non sapeva cosa volevano fare di lui. Il ragazzo non riusciva a capire neanche quel sentimento profondo che provava nei  confronti di Zaffira, solo dopo averci parlato per un po’. In tutta la sua vita non gli era mai successo con nessun altra ragazza, che magari conosceva da tantissimo e in tutti i libri che aveva letto fino ad ora, e ne aveva letti tanti, lo descrivevano come amore. Non voleva e non ci doveva credere, si sarebbe messo nei guai con le sue stesse mani, ma… lei era così bella, che quasi non riusciva a crederci! Senza accorgersene, così com’era assorto nei suoi pensieri era arrivato al cortile.
 
Era un vero e proprio giardino, visto il numero di piante dai fiori colorati poste su due lati di uno spiazzo che si apriva al centro. Questo spazio era circondato da un portico con grandi archi sopra dei quali “ poggiava “ il piano superiore. Milo e Zaffira erano seduti su di un muretto che percorreva quasi tutto il portico. Leodrian li raggiunse, si sedette accanto a Milo e disse:
- Eccomi -  - volete che cominci a raccontare? -
 Milo un po’ per perdere tempo e un po’ per non arrabbiarsi ulteriormente con Zaffira  acconsentì, seppur a malincuore e con quella sensazione amara in bocca di rimandare a dopo una questione che andava chiarita assolutamente.
- Avete mai sentito parlare del re Refel? -  iniziò  lo schiavo.
I due ragazzi annuirono guardandosi a vicenda con sguardi eloquenti e sorrisero capendo di aver già fatto pace.
- Io vengo dalla regione nord del regno di Maxiria che è governata da capi locali, principalmente da re Pirel e non è sotto l’autorità del re Kio, ma è fedele alle regole del vecchio re… si può dire che…sono un ribelle, di quelli che il re vuole farvi considerare bruti del nord, che mangiano i bambini e che non sono degni di seguire le orme di re Refel. -
I due sorrisero per la disinvoltura con la quale si era descritto, in quei termini così esagerati. Era vero, Kio stava puntando anche sul fatto di far credere alla gente di andare in battaglia contro dei mostri spietati, il problema era che molti cominciavano a credergli, la guerra durava ormai da troppo tempo.
- Sono stato catturato in una battaglia. Non era la prima a cui partecipavo, ma il nostro esercito venne accerchiato. Eravamo in netta inferiorità numerica, ci avevano teso un’imboscata. Non valse a nulla l’esperienza dei nostri generali, perdemmo la battaglia. Provammo a ritirarci, alcuni ci riuscirono, compreso il re e uno dei suoi due figli, mentre dell’altro non si sa più nulla. Il resto dell’esercito venne accerchiato e ci catturarono tutti. - Si interruppe, come perso nei suoi ricordi. Era davvero una triste storia, in confronto alle vite degli altri due ragazzi, che finora erano state decisamente monotone, ma comunque felici. Lui doveva aver perso la sua famiglia e chissà da quanto era schiavo.
Continuò:
- Dove ero rimasto?... Ah, una volta catturato tentai subito di scappare, insieme ad alti miei compagni. Eravamo in cinque e tutti loro vennero uccisi nell’inseguimento. I sorveglianti allora si sfogarono con me, l’ultimo rimasto. Mi tagliarono buona parte del mignolo sinistro e aumentarono la mia sorveglianza con guardie non molto gentili. - disse mostrando il dito mutilato, gli mancava tutta la prima falange e parte della seconda. Zaffira rimase sconvolta e Milo letteralmente a bocca aperta, quel ragazzo doveva averne passate di tutti i colori dopo aver tentato di fuggire e lui forse lo aveva giudicato male. La ragazza non riusciva a capire come si potesse essere così crudeli.
- Leodrian continua sono molto curiosa di sapere cosa ti è successo dopo, a meno che non ti faccia troppo male ricordare quei brutti momenti… - si vedeva che era imbarazzata.
Il ragazzo continuò
- No non vi preoccupate, oramai sono passati. -  - Dopo mi legarono e mi caricarono su un carro con dei sacchi, insieme ad altri miei compagni. Penso dopo due giorni di viaggio arrivammo a Detri. Qui mi vendettero al mercato di schiavi. -
- Venni “acquistato” da un’anziana signora che io aiutavo a lavorare la terra e mi considerava come un figlio visto che a lei ne era rimasto solo uno che aveva ormai superato i quarant’anni.
Fu un periodo in cui non mi mancò niente, a parte la mia famiglia. Rimasi penso cinque mesi con lei, e mi disse persino che quando sarebbe terminato un anno dal mio acquisto mi avrebbe liberato, anche se questo significava toglierle una fonte di reddito. -
- Una volta però tornando dai campi la trovai morta su una sedia, quando due giorni prima mi aveva chiesto di scriverle il suo testamento sotto dettatura, visto che lei non sapeva farlo.  Avrei dovuto immaginarmi che in qualche modo se lo sentiva che avrebbe lasciato questo mondo. Io facevo parte dell’eredità che lasciava ai suoi figli, che mi vendettero insieme alla fattoria della donna. Piansi per lei, era stata molto buona con me ed io mi ci ero affezionato… - si interruppe perché era commosso a quei ricordi e si trattenne per non piangere
- Una settimana fa mi comprò quell’uomo da cui mi avete letteralmente salvato voi prima e ne approfitto per ringraziarvi ancora, senza il vostro aiuto sarei morto, ucciso da un pazzo, decisamente il padrone più strano che abbia mai conosciuto. -
Zaffira  e Milo erano stati sconvolti da quella storia, ma entrambi pensarono che quella violenza con la guerra doveva essere all’ordine del giorno. Non sapevano se raccontava loro tutta la verità, ma gli parve che poteva essere credibile. Ormai si era fatta sera e Ramiro doveva arrivare da un momento all’altro. Infatti ecco qualcuno che bussava alla porta.
Un servitore andò ad aprire ed entrò Ramiro insieme alla sorella di Zaffira, Bianca.
La nuova arrivata salutò la mercantessa con un abbraccio. Lei era davvero figlia di Ramiro e sua moglie. Era più grande di Zaffira di tre anni, infatti già partecipava a quasi tutti i viaggi che faceva il padre per lavoro.
Aveva boccoli biondi,che le arrivavano alle spalle e  occhi azzurri cielo. Era alta e snella,
raggiungeva quasi Milo e superava di certo Leodrian e la sorella.
Il carattere era opposto a Zaffira, ma quello che si notava era il suo autocontrollo e la sua serietà che riusciva mantenere  in tutte le situazioni, ed era un ottima confidente, pur apparendo a volte fredda e distaccata.
Ramiro non fece in tempo ad entrare completamente a casa che notò i due sconosciuti nel suo cortile.
Era un uomo buono, ma il suo fisico alto più della media (anche di Milo) le sue spalle larghe qualche chilo dovuto agli anni incutevano un certo timore. Guardò i due giovani con i suoi occhi scuri ed indagatori, e gli fece capire, senza parlare, che dovevano dirgli cosa ci facessero in casa sua.
Zaffira disse per salvare la situazione
- Non ti posso parlare qui davanti a tutti, vieni in camera mia e ti spiegherò tutto, anche a te Bianca.-
Milo fece per venire, ma la ragazza gli fece cenno di rimanere seduto che era meglio, infatti avrebbe potuto far arrabbiare Ramiro con il suo carattere impulsivo. Era il momento di credere in Zaffira, allora li lasciò andare, sperando che Ramiro non si arrabbiasse.
 
 
 
 
 
 
  
Vorrei scrivere un ringraziamento a tutti i temerari che sono arrivati fino a qui, ma soprattutto ai pochi ma buoni che seguono la mia storia. spero vorrete recensire e dare consigli!

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Capitolo 3
*** Capitolo quattro ***


Si preparavano per il viaggio.
Zaffira aveva raccontato tutto al padre, la storia dei gemelli e di tutto il resto. Lui incredibilmente aveva capito, e le aveva parlato di quando l’aveva trovata da piccola su una spiaggia in una cesta, senza segni distintivi o oggetti particolari ed aveva deciso di adottarla, anche perché la moglie, ormai morta da circa dieci anni, dopo aver partorito Bianca non aveva più avuto figli.
Zaffira era rimasta sconvolta dalla conferma da parte del padre di quella storia che poco prima poteva pensare che fosse falsa dicendo che era solo frutto delle fantasie di Milo.
Inoltre la sera prima avevano fatto vedere il documento a Ramiro e lui dopo averlo guardato velocemente, aveva affermato che era l’importantissimo testamento di re Refel dove era descritta la discendenza reale e quindi era la conferma che aveva davvero due figli, legittimi eredi al trono.
Certo quella era solo una copia, ma se fosse stata resa pubblica avrebbe messo di certo in imbarazzo la famiglia reale e dato nuova energia alla rivolta.
Ramiro poi non aveva aggiunto altro, perché preferiva tradurlo in privato senza il pericolo di essere spiato da persone poco fidate. Ecco il motivo di quel viaggio, si dirigevano nella casa di campagna del mercante con la scusa di una vacanza solo per la famiglia, due domestiche e un maggiordomo. Servitori fidatissimi che lavoravano da anni in quella casa, comunque anche loro non avrebbero dovuto sapere nulla del vero motivo del loro viaggio.
Zaffira aveva parlato al padre anche di Leodrian. Lui aveva approvato il fatto che lo avesse salvato. La ragazza non aveva ammesso che voleva che venisse perché le era simpatico e l’aveva incuriosita. Gli aveva detto che era ferito anche se non gravemente, quindi chiedeva di farlo venire con loro. Ramiro aveva insistito sul fatto che non lo conoscevano e quindi preferiva restasse con gli altri servi a casa, in modo che lo avrebbero magari istruito su cosa fare. Di una cosa era certo non avrebbe sprecato i suoi soldi liberandolo subito.
Dopo un po’ però grazie alla sua testardaggine e all’aiuto di Bianca che si era schierata come sempre dalla sua parte, Zaffira era riuscita a convincerlo. Ovviamente tutti erano d’accordo di non rivelargli nulla sulla storia del documento. Fino ad ora gli unici che ne erano a conoscenza erano Bianca, Zaffira, Milo, Petra e Ramiro e dovevano rimanere solo loro.
La mercantessa si era avviata soddisfatta a fare le valigie.
La mattina dopo si riunirono tutti in cortile. Leodrian si era portato un sacco con un cambio, perché non possedeva nient’altro, la stessa cosa aveva fatto Milo perché tutti i suoi pochi averi erano al villaggio.
Ai genitori non aveva raccontato niente di quella storia. Tutti avevano concordato sul fatto che una volta tradotto il documento, sarebbe venuto Ramiro di persona a spiegargli tutto, per ora loro sapevano solo che il figlio sarebbe partito, non gli aveva spiegato ne il motivo e neppure gli aveva detto quando sarebbe tornato. Fin da piccolo l’avevano sempre lasciato molto libero, infatti non avevano contestato, né fatto domande indiscrete. A tutti quelli che non sapevano il vero motivo di quel viaggio era stato detto che il pescatore era un parente povero, venuto a stare da loro per po’, nessuno aveva chiesto ulteriori informazioni, bastavano a tutti.
Bianca, si era avvicinata, per presentarsi a Milo e a Leodrian, che nonostante fosse uno schiavo era rimasto a parlare con loro. Ancora non gli facevano fare nessuno lavoro, essendo convalescente, a malapena si reggeva in piedi, figurarsi affidargli dei compiti.
- Buongiorno, sono Bianca, la sorella di Zaffira, ieri non abbiamo avuto modo di presentarci. - gli tese la mano.
Il pescatore gliela strinse - Io sono Milo. -
Lo schiavo fece la stessa cosa - Piacere Leodrian. -
Uscirono tutti e quattro insieme dalla porta principale, quella che dava sulla piazza. Qui li aspettava un carro pronto per il viaggio dove avrebbero caricato i pochi bagagli che avevano preparato in vista di una “vacanza “ di due settimane massimo. Inoltre avevano preparato alcuni cavalli, uno a persona.
Era mattina presto e c’erano poche persone che guardavano con sospetto l’improvviso viaggio del famoso mercante con la sua famiglia, ma nessuno osò fare domande. Il gruppetto uscì dalla città e prese una strada di campagna che in poco tempo li condusse dentro il bosco che continuava anche verso l’interno.
Entro un paio d’ore arrivarono in vista del piccolo villaggio di proprietà di Ramiro, dove era localizzata la sua grande casa di campagna, il posto in cui, tutti gli anni trascorrevano le vacanze estive.
Le sue terre erano amministrate da un suo uomo di fiducia, che aveva sostituito il precedente, scappato con i soldi delle tasse e non era mai stato ripreso.
I paesani salutarono i nuovi arrivati togliendosi i cappelli, mentre passavano nelle strade principali.
Il villaggio era una piccolo agglomerato di circa una ventina di case, con una strada principale. Faceva parte dei possedimenti di Ramiro, da quando da giovane aveva fatto parte della guardia personale di re Refel e dopo tre anni di ligio servizio e aver salvato la vita al sovrano in battaglia gli erano state donate quelle terre, come riconoscimento.
Entrarono in casa e i servitori cominciarono a sistemare, visto che l’edificio non veniva aperto da tanto aveva bisogno di riaprire le finestre, spazzare per terra ed occuparsi degli altri lavori domestici.
Ramiro si diresse dall’amministratore delle terre e disse che sarebbe tornato dopo pranzo. Zaffira che quando veniva d’estate era abituata a queste uscite del padre andò insieme a Bianca e a Milo fuori nel giardino dove si misero a giocare a palla, disponendo due porte con alcuni bastoncini di legno, nelle quali un giocatore calciava e l’altro doveva evitare che la palla entrasse. Vinceva chi faceva passare più volte la palla attraverso i paletti.
Leodrian invece accettò la proposta delle ragazze di andare a riposarsi, perché aveva affrontato un viaggio difficile nelle sue condizioni, dopo il pestaggio del mercante che gli aveva lasciato segni ancora evidenti sul corpo e sul viso, era mortalmente stanco.
La mattina passò ed arrivo il momento della traduzione del documento.
Ramiro vi si dedicò tutto il pomeriggio, con le due figlie.
Milo che non sapeva leggere venne esonerato da quella conversazione, la stessa cosa fu per Leodrian che non conosceva niente della storia dei gemelli e soprattutto non doveva neanche sospettare che stessero facendo qualcosa contro la legge, così come tutti gli altri servitori.
Il pescatore ne approfittò per affrontare l’argomento Zaffira che era quello che gli importava di più. - Allora, ho visto come guardi la padrona di casa, pensi di esserne innamorato? Perché se è così sarebbe un bel problema… - Disse facendoli un sorrisino furbo, era stato molto diretto, forse troppo ammise a se stesso.
Leodrian non si aspettava di certo di affrontare quest’argomento. Soprattutto non era abituato a parlare così apertamente dei suoi sentimenti, preferiva tenerli per sé, era molto riservato.
- Anche se lo fossi perché dovrei dirvelo? Ci conosciamo solo da due giorni e questa mi sembra una cosa privata - rispose bruscamente, sperando che l’altro volesse tagliare lì l’argomento imbarazzante, ma non aveva fatto i conti con la testardaggine di Milo.
- Dovresti dirmelo perché così potrei aiutarti, cominci a starmi simpatico, e poi comunque voglio assicurarmi che tipo sei. -
Leodrian si pentì di essere stato così brusco, quel ragazzo, dopo avergli salvato la vita voleva anche aiutarlo. Pensandoci meglio non era una cattiva idea.
- Va bene, lo ammetto, penso che mi piaccia un pochino, ma promettetemi di non dirglielo, non ho speranze? Cosa dovrei fare? -
- A questo non ci ho ancora pensato - disse sorridendo Milo. - Comunque puoi darmi del tu, mi sembra strano che uno della mia stessa età si rivolga a me così. -
- Allora Milo è meglio che andiamo a pranzo che ne dici? Una cosa, sai per caso se devo mangiare con i servitori, oppure nella sala normale? -
- Si ha ragione,è meglio. Comunque Zaffira mi ha spiegato che la sala è unica, possiamo andare a mangiare insieme, perché tanto Ramiro, Bianca e sua sorella non usciranno da quella stanza fino ad oggi pomeriggio. - - Andiamo! - lo esortò. Il mercante gli aveva dato il permesso di girare per la casa come volevano. Si diressero alla sala da pranzo.
Il pomeriggio trascorse e verso sera le due ragazze uscirono dalla camera dove erano state rinchiuse tutto il tempo con il padre. Erano raggianti. Avevano tradotto mezza pagina del testamento, che era un risultato formidabile, considerando la lingua nella quale era scritto il documento. Cenarono tutti insieme e Ramiro cominciò a fare conoscenza con i due ragazzi. Gli chiese da dove provenissero e fece raccontare a Leodrian perché era stato fatto schiavo.
Nonostante le storie lo avessero abbastanza convinto ancora non si fidava. Infatti in anni e anni d’attività aveva imparato a non credere solo alle parole delle persone, ma ai fatti, per questo era restio a dare confidenza agli estranei, nonostante fosse molto buono. Era questo il motivo principale per cui l’uomo non aveva fatto assistere Milo alla lettura del testamento e non gli aveva detto il luogo dove era stato messo.
La mattina dopo il mercante si diresse sempre a svolgere i suoi compiti nel villaggio. Ogni volta che tornava doveva riscuotere il denaro dei raccolti e vedere come andava la situazione economica, anche se l’uomo che amministrava le terre era uno affidabile.
Le ragazze, non essendoci il padre non avevano il testamento da tradurre, quindi gli rimaneva del tempo libero. Leodrian era migliorato, si sentiva meglio, anche se sempre dolorante.
Approfittarono dei momenti liberi per rimettere a posto la cantina della casa, facendosi aiutare dai due ragazzi Era da quando erano piccole che non ci entravano, se lo ricordavano un luogo polveroso, dove andavano con il nonno.
Qui, il padre di Ramiro, uomo dalla fervida immaginazione si inventava storie di tutti i tipi sugli oggetti più diversi che le bambine riuscivano a trovare.
Ora era diventato era ancora più polverosa, e terribilmente disordinata, dalla morte del nonno non ci andava più nessuno.
Milo si occupava di sollevare le cose più pesanti, mentre le ragazze e Leodrian, ancora convalescente le dividevano tra quelle da buttare e quelle da tenere.
C’era di tutto lì dentro, ma quello che li attirò si più fu un baule. Dentro c’erano una fionda, tre vecchie spade e uno scudo arrugginito, che erano state del nonno di Bianca e Zaffira, quando faceva il soldato.
Quando Milo le vide gli si illuminarono gli occhi. Si può dire che supplicò Leodrian di insegnargli ad usare la spada, pur mantenendo sempre quel tono di leggera superiorità, anche se i due oramai, già dal giorno precedente non erano più padrone e schiavo, ma quasi amici.
Il ragazzo acconsentì, pensando che in quei giorni non avrebbero avuto molto da fare, ma soprattutto ammise a se stesso che lui era il sempre il suo padrone e che doveva fare quello che diceva.
Il pescatore tormentò Leodrian che alla fine lo accontentò dicendogli che avrebbero iniziato quella mattina stessa, a patto di utilizzare dei bastoni e non le spade. Esse pur essendo arrugginite tagliavano comunque. Milo fece una faccia leggermente scontenta, ma non si oppose sapendo che ci avrebbe rimesso lui, considerando che non era capace a maneggiare la spada. Lo schiavo comunque precisò il fatto che si sentiva ancora molto debole, quindi disse a Milo che almeno il tempo che si riprendeva non avrebbero potuto fare allenamenti troppo lunghi.
Per quella mattina lasciarono perdere la cantina, anche se avevano già fatto un buon lavoro, l’avevano sistemata quasi per metà.
Si diressero nel giardino fiorito che si apriva di fronte alla casa. Aveva delle aiuole simili a quelle nel cortile interno del giardino cittadino, in alcuni punti però erano presenti anche alberi da frutto dove Zaffira si sedeva in estate, per leggere. Le due ragazze si sedettero appunto sotto un albero, mentre l’allievo e il maestro si prepararono in un punto dove non c’erano fiori che potessero essere calpestati.
Bianca si era occupata di trovare due bastoni e li aveva dati ai due combattenti. Leodrian per testare le capacità di Milo aveva deciso di provare a fare solo una simulazione di duello, in cui doveva solo difendersi per capire come combatteva il suo apprendista.
Appena Zaffira diede il via, Milo cominciò a menare fendenti con il bastone che Leodrian evitava facilmente senza colpire l’avversario, o senza muoversi troppo. Dopo aver inutilmente fenduto l’aria si accorse di non aver di certo fatto una bella figura davanti alle ragazze, ma soprattutto davanti a Bianca che aveva notato come lo guardava, incuriosita da quel pescatore sconosciuto, così incapace con quel bastone, ma volenteroso di imparare ad usarlo.
Quando si fermò stanco e sudato, Leodrian gli impegnò il pezzo di legno e lo disarmò in poco tempo.
- Ho capito che hai molto da imparare, prima lezione, rimani più calmo quando combatti e non farti trascinare dall’impeto del tuo carattere. - Milo era un po’ irritato dal tono di superiorità che aveva quella voce, ma si accorgeva che aveva ragione.
Leodrian continuò ad addestrare l’incapace Milo per tutta la mattina e si accorse che faceva rapidi progressi, ora almeno sapeva come impugnare quella “spada”.
Le ragazze avevano smesso ben presto di guardarli, perché si annoiavano, a quel punto si erano messe a leggere sotto un altro albero, con in sottofondo lo sbattere del legno contro legno e le esclamazioni di Leodrian che sembrava stesse insegnando qualcosa ad un bambino testardo.
Ben presto però Zaffira decise che ne aveva abbastanza di quel libro. Prese la fionda che era nel mucchio di armi insieme alle spade e allo scudo.
Aveva sempre avuto una buona mira, ma non avrebbe mai pensato di utilizzare un’ arma. La storia di Leodrian l’aveva colpita molto, finora aveva pensato alla guerra come un fatto lontano, dove l’esercito di Kio di cui non le importava molto, fronteggiava misteriosi sconosciuti, che tutti dicevano fossero bruti, anche se lo schiavo le era sembrato tutto meno che un quello.
Il ritrovamento delle armi quella mattina l’aveva fatta riflettere sul fatto che se le battaglie si fossero estese anche nei territori dove viveva lei avrebbe dovuto trovare qualcosa con cui difendersi, la fionda le era sembrata l’arma più adatta.
Allora con sorpresa della sorella cominciò a raccogliere dei sassi dal giardino, per tirarli e dei pezzi di corteccia da utilizzare come bersagli.
- Cosa fai? - le aveva chiesto Bianca sorpresa.
- Voglio provare ad utilizzare la fionda. - era stata la semplice risposta della sorella.
Si era posizionata davanti al muro del giardino e una volta messi i bersagli su un albero aveva iniziato a tirare.
Dopo qualche fallimento iniziale cominciò a prendere buona parte dei suoi bersagli. Si stava divertendo e Bianca la guardava con un sorriso sulle labbra. I ragazzi non si erano accorti di nulla e si voltarono verso di loro solo alla fine dell’allenamento.
Milo disse
- Zaffira, ma cosa stai facendo? -
- No niente, volevo provare ad utilizzare la fionda. - disse la ragazza che si girò verso di loro di scatto trattenendosi per non tirare di nuovo e rischiare di colpirli. Era sbalordito dalla sua gemella piena di talento. Leodrian le sorrise.
Era arrivata l’ora di pranzo. Il pescatore era madido di sudore e non si reggeva in piedi, mentre Leodrian era solo leggermente accalorato.
Andarono nelle rispettive stanze al piano superiore per farsi un bagno, mentre i servitori preparavano il pranzo, non sarebbe stato bello farsi trovare dal padrone di casa in quello stato. Ramiro quando arrivò aveva già pranzato, perché era stato tutta la mattina a farsi raccontare cosa fosse successo nelle sue terre da un contadino di fiducia e dalla sua famiglia.
Il padrone di casa promise alle due figlie che il giorno dopo si sarebbero dedicati interamente al testamento.
Non mantenne la sua promessa.

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Capitolo 5
*** Capitolo cinque ***


Prima di iniziare questo capitolo volevo ringraziare tutti quelli che sono arrivati a leggere fino a qui. Soprattutto vi invito a recensire, perché ho assolutamente bisogno dei vostri pareri positivi o negativi che siano. Spero vogliate accontentare questa autrice disperata e  qualunque critica è ben accetta. Buona lettura!

 

Passarono altre due settimane prima che Ramiro potesse dedicarsi al documento.
Avevano finalmente ritrovato l’amministratore precedente. Lo sventurato aveva ricevuto un processo pubblico sulla piazza.
Era stato giudicato colpevole di aver rubato i soldi del villaggio e impoverito le tasche dei paesani e di essere scappato alla cattura. Inoltre fuggendo aveva ferito un macellaio che cercava di  fermarlo.
Ramiro era stato costretto a condannarlo all’impiccagione, pena inflitta a tutti i ladri di capitali maggiori di dieci merete ( la moneta del regno), che equivaleva ai soldi per l’acquisto di un libro di poco valore. Questa legge era entrata in vigore con l’arrivo del nuovo re, diciotto anni prima, mentre re Refel faceva punire i ladri che rubavano qualcosa per la prima volta, con la prigione proporzionata a cosa avevano rubato, la seconda volta  e tutte quelle successive la pena veniva raddoppiata.
I ragazzi non avevano voluto assistere alla condanna per vari motivi.
Zaffira e Bianca erano impressionate.
Per Milo sarebbe stato indifferente, ma non voleva apparire come uno a cui piacessero queste cose, maggiormente davanti a Bianca che considerava molto bella, ma soprattutto ancora non la conosceva, era molto riservata, e di certo quella non sarebbe stato un ottimo modo per farlo. Leodrian invece, non voleva assistere, perché gli ricordava un po’ quello che era successo a lui, la schiavitù e tutto il resto, da quel momento non sopportava le condanne violente, comunque era sempre stato contro la pena di morte che gli sembrava inutile paragonata alla reclusione che poteva far tornare sulla retta via il criminale.
Ramiro aveva provato a trovare una soluzione alternativa, ma non poteva fare niente, perché altrimenti i paesani si sarebbero rivoltati contro di lui.
I due ragazzi nonostante la condanna del malcapitato che aveva gravato un po’ come un ombra sulle loro teste, erano riusciti ad allenarsi comunque e Milo era migliorato molto. Ora riusciva a difendersi e a resistere per un po’agli attacchi di Leodrian che continuava comunque a non impegnarsi seriamente.
Bianca inoltre, gli stava insegnando a leggere ed ora sapeva capire cosa c’era scritto nei messaggi più comprensibili, con le parole più facili. Nonostante fare lezioni con la ragazza fosse bello, la sua passione rimaneva imparare ad utilizzare la spada. Pensava che se mai avrebbe dovuto guidare una rivolta o diventare un guerriero, prima o poi doveva imparare a combattere; per apprendere a leggere aveva ancora tempo.
Quel giorno, una mattina di primavera Milo propose a all’amico di metterlo alla prova in un duello serio in cui si sarebbe dovuto impegnare. Nonostante la sera prima aveva piovuto e questo fosse una condizione scomoda per i duellanti, Milo fu irremovibile.
Leodrian accettò, ormai stava bene, ma decise che non si sarebbe seriamente impegnato come sperava il pescatore, era ovvio che dopo due settimane di allenamento non riuscisse a batterlo in un duello serio, questo chiaramente non glielo disse
Si disposero nel solito posto, lontano da fiori che si potessero calpestare e le due ragazze questa volta decisero di assistere allo scontro. Si misero sotto l’albero dove erano state la prima volta. Zaffira rinunciò persino ad i suoi allenamenti con la fionda.
Milo una volta impugnato il bastone cominciò a colpire Leodrian che parò abilmente i suoi colpi. Il duello continuò così, con Milo che attaccava e Leodrian che parava o schivava. Quando l’attaccante si fu stancato, Leodrian cominciò a incrociare la spada di Milo con eleganza e non impegnandosi totalmente. Il ragazzo si difendeva ostinatamente.
Continuarono così per un po’ , ma ad un certo punto ci fu una svolta che nessuno si aspettava, mentre era attaccato Milo riuscì a evitare il bastone dell’altro e usò la sua prestanza fisica per provare a vincere.
Si buttò di peso caricando con la testa e le spalle un Leodrian sconvolto e sorpreso allo stesso tempo. Quando l’avversario fu a terra Milo gli neutralizzò con una bastonata ben assestata il braccio destro con cui impugnava l’arma.
 Rimase lì un po’ interdetto su cosa fare e Leodrian ormai disarmato e a terra disse:
- Avanti su colpisci! -
Milo si decise e portando indietro il braccio sentì improvvisamente una botta al fianco. Leodrian in un attimo aveva ripeso il bastone con l’altra mano, l’aveva maneggiato con noncuranza e aveva colpito Milo al fianco per abbatterlo del tutto.
Il duello era finito il maestro aveva vinto.
Leodrian mentre  lo aiutava ad alzarsi gli disse
- Non fidarsi mai dell’avversario, se vuoi vincere, con questo abbiamo concluso le nostre
lezioni. - - comunque sei stato molto bravo! –  aggiunse con un sorriso sincero.
Milo era imbarazzato, furioso con quello schiavo e soprattutto con se stesso, questa volta, quando era a terra aveva creduto di poterlo battere, ma poi che si aspettava, che gli ordinasse di colpirlo. Era stato uno stupido.
La cosa più incredibile era stata come aveva maneggiato l’arma con la sinistra. Infatti nel regno di Kio era vietato utilizzare quella mano al suo cospetto, perché lui l’aveva persa in una battaglia da giovane e nelle scuole i bambini mancini venivano costretti ad utilizzare l’altra mano. Quindi ormai tutte le nuove generazioni erano formate da ragazzi destri.
Bianca Zaffira e Milo erano rimasti sconvolti dal modo in cui aveva maneggiato la spada lo schiavo, gli era sembrato bravissimo, anche perché tutti non avevano comunque mai partecipato ad una guerra e quindi non avevano mai visto altri guerrieri.
Un rumore di passi ed un fruscio di foglie secche interruppero i suoi pensieri. Proveniva da dietro l’albero dove erano sedute le ragazze.
Si fece avanti.
Era un uomo, che dimostrava di avere qualche anno in più di Bianca. Aveva i capelli neri corvini raccolti dietro la nuca in una codino corto. Gli occhi erano scuri e avevano una strana luce. Il nuovo arrivato era vestito completamente di nero, colore che faceva risaltare la pelle bianca, che si intravedeva solo dalle mani o dal volto dai tratti spigolosi, perché tutto il resto del corpo era coperto, nonostante il clima primaverile.
Zaffira e Bianca lo conoscevano, lo si vedeva dal modo in cui avevano reagito al suo arrivo e non gli stava evidentemente simpatico. Zaffira era letteralmente trasalita, molto di più di Bianca, meno impulsiva, che aveva mantenuto il suo autocontrollo.
Lo sconosciuto disse
- Mi presento a voi due. - disse rivolto a Leodrian e Milo - perché loro già mi conoscono, io sono Aymek figlio del re Kio -
A tutti sembrò che l’ambiente si fosse fatto più freddo. Dall’allegria e l’ilarità predente si era passato al silenzio. Leodrian ne aveva sentito parlare e conosceva la sua cattiveria e perfidia al pari del padre, ora capiva la reazione delle ragazze, solo che non riusciva a intuire cosa ci facesse a casa di Ramiro. Milo invece conosceva a  malapena il nome del re, figurarsi di suo figlio.
- Io mi sono presentato, penso che sia il vostro turno. -  aggiunse quasi irritato dal fatto che non si fossero prostrati a terra.
- Io sono Leodrian, lo schiavo di Zaffira. -
 - Io sono Milo… il cugino di Zaffira -
- Non sapevo possedessi uno schiavo, pensavo non ti piacesse averli, poi questo si rivolge a te in modo molto familiare e non sembra per niente sottomesso, dovresti educarli meglio. – disse guardando Leodrian come se fosse una sedia rotta. – Non sapevo neanche avessi un cugino, non me ne avevi mai parlato, però un po’ ti assomiglia… -
- Perché ti importa tanto come gestisco i miei schiavi.-  - si ho un cugino, è il figlio della sorella di mia madre - - comunque dimmi perché sei qui - rispose gelida  Zaffira, dopo essersi rialzata, così come Bianca, mentre ringraziava mentalmente Milo per la sua trovata, altrimenti non avrebbe saputo come giustificare la sua presenza.
- Penso tu lo sappia, perché avevo dato un termine a tuo padre, sulla proposta di matrimonio e lui aveva detto che ci avrebbe pensato e ne avrebbe parlato con te, mi sembra non l’abbia fatto. -
 - Sono un principe, non dovrei venire io da te,ma dovresti essere tu a venire a palazzo e ringraziarmi per questa fantastica opportunità che ti ho offerto. -
Milo e Leodrian iniziavano a capirci qualcosa, ma quello che intuivano non gli piaceva affatto.
Zaffira in quei giorni era stata troppo occupata con il documento sul vecchio re per pensarci, ma era vero, doveva dargli una risposta subito.
Un mese prima Aymek era venuto a casa sua, in città, per pretendere la sua mano. Lei non avendolo mai visto gli aveva detto di no, e che ci avrebbe dovuto pensare.
Questo era una affronto per un reale, essere messo ai comodi di una suddita, era forse quello il motivo per cui era venuto solo con cinque guardie probabilmente fidatissime, per evitare di ricevere una risposta negativa in pubblico. La ragazza non si spiegava quando l’avesse vista, ma ormai gli aveva proposto di sposarla e non poteva rifiutare.
Aymek continuò dicendo
- è meglio che vada a parlare con tuo padre, che di certo mi saprà spiegare meglio tutto e troveremo un accordo. -  - Ci vediamo dopo - disse dirigendosi con sicurezza verso la casa, attraversando le aiuole e calpestandole, seguito dalle sue poche guardie.
Leodrian era rimasto allibito, ma soprattutto era ferito da Zaffira, perché non glielo aveva detto. Lo si intuiva dalla sua espressione sconvolta, anche se non avrebbe voluto darlo a vedere. La ragazza poteva tranquillamente sposare chi le pareva, chi era lui per dirle che cosa fare. Ora che sapeva che era promessa sposa ad un altro avrebbe dovuto separarsi da lei o comunque accettare che lei vivesse con una persona così cattiva e spietata come si diceva, sperava almeno non fosse vero questo lato del carattere di Aymek, anche se da come si sera presentato aveva ben poco da sperare.
Milo da quel che aveva capito appoggiava pienamente Leodrian che gli stava mille volte più simpatico dell’odioso principe.
Bianca da quando aveva saputo la notizia non era mai stata d’accordo, nonostante fosse un reale e gli sarebbe convenuto dal punto di vista economico, infatti quell’uomo così cupo non lo avrebbe mai visto a vivere con la sua solare sorellina.
Inoltre anche Bianca come Milo in quella due settimane aveva conosciuto il loro schiavo ed aveva capito che gli piaceva la sorella, anche se non era sicuro ne fosse innamorato, ma comunque era certa che Zaffira non si fosse accorta di nulla, non aveva mai posseduto un grande intuito, a differenza sua che aveva già qualche storia d’amore e sapeva come si comportavano i giovani innamorati.
Mentre tutti pensavano ad un modo per rimediare a quella scomoda situazione un grido si levò dalla casa.

 

 


 

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Capitolo 6
*** Capitolo sei ***


Miei cari lettori, grazie per tutti i capitoli che avete letto finora, e ringrazio coem sempre tutti quelli che seguono o recensiscono la mia storia.



Aymek aveva scoperto tutto!
Era entrato nella stanza, quando Ramiro stava rileggendo la traduzione del documento finita e lo aveva visto. Il mercante aveva cercato di temporeggiare e di nascondere tutto in un cassetto, ma proprio a quel punto era stato peggio, perché il principe si era accorto dei movimenti nervosi dell’uomo e aveva chiesto di fargli vedere cosa aveva in mano. Ramiro non aveva potuto fare nulla ed Aymek l’aveva inevitabilmente accusato di tradimento.
 L’urlo era stato di una cameriera che vedendo il mercante che veniva fatto uscire a forza dal suo studio, stracolmo di libri, si era spaventata.
L’accusa era di tradimento e di cospirazione contro il sovrano, la condanna era la morte.
Aymek aveva radunato tutti quelli che erano in quella casa, nel giardino di fronte all’edificio e si era fatto consegnare da Ramiro i contratti d’assunzione dei servitori, per sapere chi arrestare per tradimento, infatti aveva deciso che tutti gli assunti non sarebbero stati accusati, non volendo in realtà rivelare il fatto che non aveva abbastanza guardie per poterli arrestare tutti.
Tutti i beni di Ramiro erano stati confiscati, la casa in città, la casa in campagna e tutto l’oro e le ricchezze che aveva in entrambe.
Aymek era contento, perché questo giocava in suo favore, ora poteva fare quello che voleva di Zaffira e Bianca, visto che erano le figlie di un traditore, di conseguenza il principe appariva come il gentiluomo che le aveva salvate da morte certa e che diventava il loro tutore. Ledrian era uno schiavo e quindi come tutti i beni appartenenti a Ramiro era stato confiscato ed ora era diventato di Aymek.
Zaffira era stata fatta salire su un cavallo così come Bianca ed entrambe stavano trattenendo a stento le lacrime, per tutto quello che era successo quella mattina. Bianca, però, aveva mantenuto un po’ di lucidità.
Milo, visto che non era un servitore, ma un “parente” era stato legato e caricato su un carro, per essere giudicato con l’accusa di complicità al tradimento e forse, non sarebbe stato condannato a morte, perché, secondo Aymek,  era stato Ramiro a pianificare tutto.
Sullo stesso carro era stato messo anche Leodrian, immobilizzato anche lui per evitare che scappasse, ora era di proprietà di Aymek.
Quando il viaggio cominciò, non sapevano dove erano diretti, ma sapevano soltanto che lì dentro faceva un gran caldo e che allo schiavo cominciava a far male il braccio destro, per la botta che aveva ricevuto da Milo durante il duello. Faceva talmente tanto caldo che a malapena si riusciva a respirare, figurarsi a parlare, nonostante fuori fosse primavera.
Il gruppetto si incammino e Zaffira, Bianca e Ramiro guardarono con nostalgia a quella che era stata la loro casa fino a poche ore prima, ma ora non gli era rimasto più niente.
A quella che doveva essere l’ora di cena, dai crampi allo stomaco per la fame, perché non avevano pranzato, il carro con Leodrian e Milo si fermò distante da dove si erano accampati Aymek con il resto dei soldati e  Zaffira, Ramiro e Bianca. Il carro venne finalmente aperto e poté entrare un po’ d’aria.
Le guardie diedero ai due ragazzi stanchi, sudati e con i pantaloni sporchi del fango che ci era finito sopra durante il loro duello,  da mangiare e da bere e gli sciolsero le corde, che avevano lasciato degli evidenti segni sui polsi per essere state sfregate nel tentativo di liberarsene.
Finito di mangiare li legarono di nuovo e richiusero il carro, senza fargli fare neanche due passi, o scoprire come stavano Zaffira e Bianca, che avevano fatto il viaggio a cavallo, dove si poteva almeno respirare. L’unica cosa che riuscirono a scoprire, facendo domande ai loro scorbutici carcerieri fu che erano diretti verso la città di Detri, capitale e sede del palazzo di re Kio.
La mattina dopo vennero a svegliarli due soldati di Aymek, aprendo il carro e scrollandoli in malo modo, perché nonostante tutto erano riusciti ad addormentarsi.
- Tu quello biondo, ti vuole il principe - disse una delle due guardie, quella che sembrava più grossa, indicando Leodrian.
- Facciamo venire anche l’altro potrebbe servire al principe. -
- Va bene -
Li aiutarono, si può dire che li spinsero, fuori dal carro e loro poterono respirare aria pulita e camminare con le loro gambe, anche se un po’ traballanti per la forzata immobilità.
Dopo aver camminato per qualche minuto, in silenzio, arrivarono ad una radura dove si era fermato Aymek con il suo seguito e videro Ramiro, Zaffira e Bianca appoggiati ad un albero sconsolati, malinconici e rassegnati al loro destino.
Leodrian cercò di capire se Zaffira stava bene gli sembrò di sì. Lo schiavo però, non poté continuare pensare alla salute della sua amata, perché presto dovette preoccuparsi della sua e di quella di Milo.
Venne verso di loro Aymek vestito completamente di nero come al solito e Leodrian notò distrattamente come si vedeva il distacco tra quella macchia scura e la radura fiorita e colorata che li circondava.
Il principe si rivolse allo schiavo dicendo:
- Ho deciso che la vostra permanenza nel carro termina qui, tu… Leodrian giusto… sarai il mio schiavo personale, mentre tu -  disse indicando Milo, che in parte conosceva già il suo triste destino - verrai processato come cospiratore al tradimento. -
Quelle parole non ammettevano alcuna replica, infatti Leodrian rispose per tutti e due
- Si - perché Milo era rimasto come pietrificato.
Aymek però non era contento, infatti inaspettatamente tirò indietro la mano e diede un sonoro schiaffo al suo nuovo schiavo che cadde a terra sbalordito.
- Mi devi portare rispetto, chinare la testa e chiamarmi padrone, hai capito? – esclamò in uno scatto d’ira.
Leodrian da parte sua era stanco di chiamare qualcuno così, aveva deciso di non appartenere a nessuno, quindi alzo la testa e disse
- Si… signore. -
Aymek sapeva che avrebbe dovuto dare una punizione esemplare a quell’insolente, ma stranamente non voleva, perché era l’unico, a parte suo padre, che fin da quando era piccolo si fosse opposto a lui, in fondo gli piaceva uno schiavo che fosse capace di pensare con la sua testa. Il problema era che tutti lo stavano fissando ed aspettavano una dura punizione, compresa Zaffira che pregava non fosse troppo cattivo.
Sorprendendo tutti disse
- Se ci riproverai un’altra volta ti ucciderò, ma per ora andatevi a lavare che non posso vedere qualcuno del mio seguito in questo stato -   e gli diede un calcio mentre era ancora a terra, colpendolo allo stomaco  e se ne andò.
- Simpatico… - sussurrò Leodrian.
Milo sorrise e aiutò l’amico, che sanguinava dalla bocca ed era senza fiato ad alzarsi.
Le due guardie di prima, li condussero ad un fiume lì vicino dove gli consegnarono dei vestiti molto semplici e gli sciolsero le mani ancora legate dietro la schiena dicendo
- Non vi consigliamo di scappare, altrimenti Aymek farà del male ai vostri amici, ora lavatevi e poi raggiungeteci alla radura. -
Appena furono da soli Milo disse sorridendo
- Non capisco perché  sei sempre tu quello che ribella e poi viene picchiato -   - Comunque stai bene? -
- Sì tranquillo, è che quello penso proprio di odiarlo, non volevo dargliela vinta -  disse ricambiando il sorriso e sfilandosi i vestiti sporchi come fece anche l’altro. Il pescatore pensò che quella era una strana affermazione per uno schiavo, ma da lui se lo poteva aspettare.
I due si osservarono e Leodrian notò le spalle larghe, i bicipiti e le mani ruvide del pescatore allenato a tirare su le reti piene di pesci.
- Senti Milo ti devo dire una cosa importante…- ma il pescatore non lo ascoltava. Aveva lo sguardo fisso sulla sua spalla. Fissava un tatuaggio nero che  gli sembrava rappresentasse una civetta su uno scudo.
Aveva visto simbolo uguale a quello, sul testamento di Refel.
Bianca gli aveva detto rappresentasse il consigliere del re, Pirel a cui era affidata la custodia dei due eredi al trono nel caso della morte del re, dopo la morte di Refel, il suo ex consigliere guidava la rivolta del nord. Inoltre pensò a quella voce che diceva che il figlio di uno dei capi nordici fosse stato catturato e poi ridotto in schiavitù, non voleva crederci, Leodrian aveva detto di essere un semplice soldato e lui gli aveva creduto, sperava non gli avesse mentito
Allora chiese
- Quel tatuaggio che hai sulla spalla non rappresenta il consigliere del vecchio re, Pirel? Come mai ce l’hai? -
Leodrian capì che doveva dire tutta la verità.
- Perché… io sono suo figlio - disse tutto d’un fiato. Milo che già lo aveva capito rimase impassibile e tornò a lavarsi, in quel ruscello limpido, cercando di fare l’offeso, ma non per molto, doveva capire come mai non gli era stato rivelato
- Perché non ce l’hai detto prima? -
-  Perché non potevo rivelare a dei ragazzi che mi avevano comprato da poco di essere il figlio di Pirel, potevate dirlo al re io avevo paura di quello che avrebbe fatto Kio. Con me in mano sarebbe capace di ricattare in qualche modo mio padre. Per quanto ne sapevo io voi potevate essere tranquillamente i sostenitori maggiori del re. -
Milo capì che aveva ragione e che anche lui avrebbe fatto lo stesso nei panni di Leodrian, allora rimase in silenzio e continuò a lavarsi, lo aveva già perdonato, ma  non voleva dirglielo,l’avrebbe fatto sentire un pochino in colpa, ma non troppo.
Immaginava come doveva essere lontani da casa e non sapere che fine avesse fatto la propria famiglia, inoltre costretti ad obbedire agli ordini di sconosciuti.  Però non poteva resistere a chiedergli, sempre mantenendo un fare freddo e scostante che non gli si addiceva, cosa avesse fatto dopo la battaglia, essendo uno dei personaggi più ricercati come prigioniero.
- Hai presente che ti ho detto che uno dei figli è riuscito a scappare, quello era mia fratello, mentre io rimasi con una ventina di soldati e quando ci accerchiarono ordinai ai miei di arrendersi, non avevamo speranze e io non volevo che facessero altre vittime. Io ero l’unico nobile in quel gruppo di soldati e quel giorno non indossavo nulla che mi distinguesse dagli altri, a parte ovviamente il tatuaggio, quindi diedero per scontato che io fossi uno di loro e mi vendettero. Non so se lo sai, i nobili del nord dopo che vengono catturati in battaglia vengono uccisi a differenza di tutti gli altri con cui si fanno pagare un ricco riscatto, perché vogliono eliminare a tutti i costi possibilità di continuare la rivolta. -  - Tutte le altre cose che vi ho raccontato sono vere, ma spero capirai il motivo per cui l’ho fatto. -
Capiva molto bene e l’aveva già perdonato, non riusciva proprio ad essere arrabbiato. Poi però ad un tratto l’altro ebbe una giusta intuizione.
- Scusa Milo, se sei solo un semplice pescatore cugino di Zaffira, come fai a sapere chi è Pirel e che era il consigliere di re Refel? -
Come pretendeva di raggirarlo, sapeva che era intelligente. Avrebbe potuto ingannarlo e inventarsi una cavolata, ma optò per la verità, in fondo anche l’altro gliel’aveva detta.
- Anche io ho qualche segreto da mantenere, ma devi giurarmi sulla tua vita che non dirai nulla a nessuno? -
- Certo! –
Allora Milo gli raccontò in breve tutta la storia dei gemelli. A quel punto all’altro si illuminarono gli occhi.
- Era destino che vi incontrassi, se mai riusciremo a scappare da Aymek andremo dalla mia famiglia, al nord. -
Entrambi però sapevano che scappare dal principe era una cosa tutt’altro che facile.
 
 
  

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Capitolo 7
*** Capitolo sette ***


 grazie a tutti quelli che hanno letto la mia storia, ma soprettutto a The Sand princess- Roberta Salvatore- Carlos Olivera-Akilendra- Matty98fm e Marylautner che armati di grande coraggio hanno recensito. Se passate di qua e la leggete lasciatemi i vostri pareri e le vostre critiche!


Milo e Leodrian continuarono il viaggio a cavallo, ma con le mani legate sulle briglie e due soldati che controllavano che non scappassero. Durante il tragitto attraversarono le immense pianure del sud mentre conversavano tra loro due, e a volte con Zaffira e Bianca. Insieme cercavano di non pensare al motivo di quel viaggio forzato e tentando di parlare di argomenti che riguardavano tutt’altre cose. Così trascorsero due settimane fatte di cavalcate e discorsi pieni di cose non dette mentre la loro malinconia si accentuava avvicinandosi alla capitale e le notti si fecero insonni.
Milo a volte sognava i suoi genitori e la vecchia Petra, chiedendosi se avevano saputo che erano stati arrestati. Sperò che l’anziana cantastorie avesse detto la verità ai suoi.
Leodrian invece, iniziò ad assumere i suoi nuovi compiti, che consistevano principalmente di esaudire tutte le richieste del padrone e non fare domande, mentre lui era combattuto dal desiderio di scappare, anche se comunque lo avrebbero ripreso dopo poco, e l’amore per Zaffira che lo tratteneva e diventava di giorno in giorno più forte, mentre la osservava da lontano.
Da parte sue la ragazza sembrava non accorgersi di quello che sentiva lui, ma anche lei iniziò a provare qualcosa, dal momento in cui lo schiavo riuscì a tenere testa ad Aymek; lo ammirava.
Il principe non sospettava che Leodrian amasse Zaffira, anche se ogni tanto parlavano glielo lasciava fare, perché  era sicuro che una volta arrivati a palazzo si sarebbero separati tutti  e quattro e lui l’avrebbe avuta vinta su quell’insolente e i suoi padroni- amici.
Aymek cominciò ad essere geloso della sua futura sposa solo quando arrivarono nei pressi del fiume Senter, uno dei più grandi corsi d’acqua della regione.
La mattina presto il gruppetto si fermò nei pressi di una baracca abitata dal guardiano dell’unico ponte che attraversava quell’immenso corso d’acqua. Dall’abitazione uscì un uomo magro e barbuto che fece pagare un pedaggio alla guardia che si occupava delle faccende burocratiche, così i viaggiatori poterono attraversare il ponte in pietra grigia fatto costruire dal vecchio re ed ormai diroccato in più punti. Solitamente il gruppo non pagava nulla, ma questa volta vedendo la povertà dell’abitazione, avevano deciso di rispettare le regole.
L’uomo della baracca però era ubriaco.
Mentre attraversavano il ponte si diresse verso Zaffira che cavalcava accanto a Bianca ed erano le ultime della fila perché si erano attardate a osservare il paesaggio. Le si avvicinò e la tirò giù dal cavallo con la forza. La sorella lanciò un grido, inusuale per il suo famoso autocontrollo e tutti si girarono.
Il primo ad intervenire fu Leodrian che girò il cavallo nella direzione del rumore e quando vide l’uomo che tentava di tenere ferma Zaffira a terra si precipitò da lei, scese da cavallo agilmente, nonostante l’impiccio delle corde sulle mani, e travolse il malintenzionato con tutto il peso del suo corpo e lo fece rotolare a terra insieme a lui, poi aiutato da soldati che erano intervenuti nel frattempo, se lo scrollò di dosso e riuscì ad alzarsi in piedi.
Aymek intanto aveva soccorso Zaffira che era rimasta sconvolta da quell’aggressione inaspettata da parte di un povero diavolo ubriaco. Lui non aveva esitato ad aggredirla  perché pensava di fare un torto a quel principe tanto odiato dal popolo, proprio come il padre.
Però non aveva pensato alle conseguenze.
Aymek infatti, aveva ordinato brutalmente che lo uccidessero e i soldati si erano preparati ad eseguire. Lo avevano fatto inginocchiare e gli avevano puntato una spada alla gola aspettando l’ordine del loro superiore. A quel punto dalla casa erano usciti una donna magra e due bambini vestiti di stracci che si erano inginocchiati ai piedi di Aymek
- La prego sua altezza non uccida mio marito era solo ubriaco io lo amo. Chi baderà a noi se lui muore? -
- Mi sembra da come siete vestiti e da dove abitate che fino ad ora non è stato molto bravo … uccidetelo! -  fu la risposta secca del principe.
Non servirono a nulla le ulteriori suppliche della donna. I soldati eseguirono spietatamente gli ordini e tagliarono la testa all’uomo. Aymek lasciò la moglie e i due figli che piangevano vicino al corpo dello sventurato, mentre si avviava, indifferente alle urla della donna sul ponte di pietra.
- Io ti maledico, colei che ami scapperà da te e tu morirai da solo a disprezzato da tutti! -
La sera stessa accanto al falò Aymek aveva riflettuto su quanto era accaduto e non si era pentito affatto della morte dell’uomo e non si era neanche preoccupato delle maledizioni che gli aveva lanciato la donna; non credeva a queste cose. L’unica cosa di cui cominciava a dubitare era di Leodrian. L’aveva sorpreso il modo in cui si era precipitato da Zaffira, cominciava a sospettare che ne fosse innamorato. Voleva punirlo, ma non poteva perché aveva fatto una cosa che in teoria doveva fargli piacere.
Ora si pentiva di non averlo ucciso quando ne aveva avuto l’occasione, al loro primo incontro, in fondo si capiva che era un’insolente.
Un altro problema era, che tenere testa al principe gli aveva fatto guadagnare la simpatia dei suoi pochi soldati ai quali lui non era mai andato a genio, nonostante gli fossero comunque fedeli. Allora si ripromise almeno di tenere gli occhi aperti e di affidargli più compiti possibili per distrarlo dalla sua futura moglie, doveva assolutamente starle il più lontano possibile.
 
Zaffira era rimasta sconvolta dall’aggressione che aveva ricevuto e si chiedeva perché una persona che neanche conosceva ce la potesse avere con lei tanto da saltarle addosso alla prima occasione. L’odio che provava il popolo per Aymek si rifletteva su di lei che in teoria era la sua donna, tanto che si chiese come potesse vivere al suo fianco, in futuro. Pensando al futuro si accorgeva che per lei non era affatto roseo.
In quei giorni di quel triste viaggio si rinforzò anche la sua amicizia con Milo, sempre più conquistato dalla bellissima Bianca, che lo considerava solo come un conoscente.
La sorella di Zaffira era stata promessa da Aymek a un ricco nobile del sud che in cambio avrebbe fornito dei soldi al principe per ingaggiare molti soldati utili per prepararsi all’assalto finale, con il quale si prospettava di mettere fine alla ribellione del nord che andava avanti ormai da troppo tempo.
Infatti i ribelli perdevano terreno e l’ultimo rifugio era l’Isola del Gigante, all’estremo nord dell’isola di Maxiria, dove si erano diretti, comandati da re Pirel. A lei e Bianca era stato detto da Milo che era il padre di Leodrian, appena saputo era rimasta sconvolta, ma poi aveva capito le sue motivazioni e lo aveva perdonato.
Se Aymek lo fosse venuto a sapere non avrebbe più avuto scrupoli nei confronti del figlio di Pirel e l’avrebbe ucciso senza pietà, vendicandosi di tutti quegli anni di guerra che duravano dalla sua infanzia. Leodrian gli aveva detto che veniva da una umile famiglia del nord e che era stato catturato in battaglia, come aveva raccontato all’inizio agli altri ragazzi. Il principe però cominciava a dubitare, che fosse di così umile famiglia, era troppo poco sottomesso alla sua autorità. Però ma i poteva immaginare la sua vera identità.
 
La città di Detri era la più grande della regione e sorgeva al centro di una foresta che occupava buona parte del centro del regno.
Il gruppo che seguiva il principe Aymek con soldati e prigionieri vide le vette più alte del palazzi da lontano e ognuno iniziò a pensare al proprio destino. I soldati avrebbero ricevuto la paga, Zaffira avrebbe sposato il principe e Bianca un ricco nobile più vecchio di lei di una ventina d’anni.
Ramiro sarebbe quasi sicuramente morto, egli non aveva quasi parlato per tutto il viaggio, limitandosi a fare cenni con la testa, ma principalmente era rimasto chiuso in se stesso e aveva parlato solo con le figlie, con le quali voleva godersi gli ultimi giorni.
Milo forse sarebbe stato confinato in prigione per una decina di anni oppure sarebbe morto, mentre Leodrian sarebbe diventato lo schiavo di Aymek per tutta la vita, lui era sicuro che non l’avrebbe mai affrancato. L’unico a  cercare una soluzione a quella situazione assurda, era il giovane pescatore che non voleva deprimersi, ma cercare un modo per scappare tutti insieme.
Una volta attraversate le mura della città il loro arrivo fu accolto da un gruppo di curiosi che si affacciavano dalle porte delle loro case con un fare circospetto. Si chiedevano chi fossero quegli sconosciuti che attraversavano la strada centrale che portava al castello. Aymek li aveva fatti scendere tutti da cavallo tranne Bianca e Zaffira, e gli aveva legato le mani come doveva fare come tutti i prigionieri, nonostante per tutto il viaggio li aveva fatti andare a cavallo per non impiegarci troppo. Il suo scopo era quello di umiliarli e attirare l’attenzione su di sé portando in trionfo dei traditori che aveva catturato personalmente ma la popolazione si mostrò solidale e li limitò a stare in silenzio e ad osservare il gruppetto con curiosità.
Non guardavano però il principe, bensì Ramiro, che aveva una certa fama come mercante onesto. Anche Leodrian venne osservato con curiosità da un certo numero di persone che si chiedevano chi fosse quel ragazzo dai capelli lunghi e lisci fino alla vita, così inusuali per gli uomini del centro e del sud che li portavano molto corti.
 
Il castello si ergeva imponente al centro della città , era di pietra grigia , proprio come il ponte, ma questo era più recente.  Si vedeva dalla sua grandezza che serviva a spaventare i cittadini e fargli capire il vero potere di Kio, che non accettava rivolte.
All’arrivo del principe venne aperto un ponte levatoio che permise il passaggio di lui e del suo seguito.
Passato il ponte arrivarono all’interno della cinta muraria del castello. Nel regno di Maxiria i castelli ne avevano una sola, perché i ribelli del nord contro i quali era in corso la guerra non attaccavano quasi mai i castelli, quindi l’utilizzo di varie fasce di mura risalente, ai re precedenti a Refel, era caduta in disuso e nessuno aveva pensato alla loro manutenzione, erano quasi tutte crollate o corrose dalle intemperie.
Il cortile interno conteneva le stalle, poste ai lati, gli alloggi dei soldati della guardia del re e la torre dove abitavano il sovrano e la sua famiglia. Nel periodo in cui i ribelli erano ancora forti e si combatteva anche al sud, nei castelli delle città in questo spazio c’erano gli alloggi per circa cinquecento soldati e per il popolo che si fosse dovuto rifugiare nella fortezza come ultima difesa.
Una volta condotti i cavalli nelle stalle ed i soldati nei loro alloggi venne il momento di separarsi.
Zaffira fu condotta nelle sue nuove stanze insieme a Bianca.
Milo e Ramiro vennero portati nelle segrete in attesa di essere processati e Leodrian venne condotto nelle stanze di Aymek, che sorridente e soddisfatto si avviò insieme a lui, quella volta finalmente il padre sarebbe stato fiero di lui.
  

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Capitolo 8
*** Capitolo otto ***


prima di iniziare questo capitolo ringrazio i "fedelissimi"  che ricensiscono ogni capitolo. Anche Water_wolf, che in poco tempo è riuscita a mettersi in pari leggendo tutti i capitoli. Non ho nient'altro da dire a parte consigliarvi di lasciarmi le vostre opinioni, che per me sono molto importatni per migliorare la storia. Buona lettura

Il pomeriggio di quello stesso giorno li fecero preparare per l’udienza con Kio.
Bianca a Zaffira indossavano due bellissimi vestiti porpora molto simili, Leodrian una tenuta da paggio con i colori reali azzurro ed oro, con i capelli raccolti in una crocchia simile a quelle femminili  di cui si vergognava, lui che era abituato a portarli sciolti.
Milo e Ramiro invece, avevano i vestiti del viaggio. Il pescatore aveva le mani incatenate, mentre a Ramiro era stata risparmiata questa umiliazione grazie alla sua fama alimentata dalla bontà e dal rispetto della legge, mentre Milo era un cugino povero di non si sa dove.
Kio era seduto su un trono di legno riccamente decorato e rivestito d’oro, posto su una pedana, vicino a sua moglie Ella che ne aveva uno simile al suo.
Il re era un uomo basso e muscoloso che di somigliante con il figlio aveva unicamente gli occhi e i capelli neri. Il suo viso non ispirava per niente fiducia e dimostrava perfettamente il suo carattere subdolo e crudele come affermavano tutti i racconti su di lui.  Notarono anche che aveva una mano metallica intarsiata, al posto della sinistra.
La moglie era una donna molto alta e attraente nonostante avesse da poco superato i cinquant'anni. Aveva i capelli neri con qualche filo grigio, acconciati in una semplice treccia dalla quale sfuggivano ricci ribelli, appoggiata da un lato, gli occhi azzurri grandi e buoni. Zaffira decise che la moglie di Kio le piaceva.
I prigionieri vennero annunciati da un paggio vestito più o meno come Leodrian, poi intervenne Aymek.
- Padre mentre andavo a rinnovare la mia richiesta di matrimonio a Zaffira. -  il re fece una faccia contrariata, ma il principe continuò -  ho trovato suo padre, Ramiro in possesso documenti che ho reputato potessero dimostrare il suo tradimento, quindi ho pensato fosse giusto portarli da te. - L’espressione di Kio diventò ben presto interessata, era da anni che cercava di far sparire Ramiro perché era uno dei pochi rimasti delle persone importanti che avevano avuto rapporti con Refel, avendo fatto parte in gioventù della sua guardia personale.
- Aymek sono contento che tu sia tornato, comunque è meglio che mi fai vedere tutto quando saremo in privato. -  disse il re riferendosi chiaramente a tutti i servi sui lati della sala che erano pronti a spargere pettegolezzi per tutta la città.
- Inoltre sono felice che tu abbia trovato la tua sposa. -  continuò il re sorridendo forzatamente.            - Ramiro riceverà un processo oggi stesso in cui saremo presenti io te e lui con le prove, in modo che non si potrà dire che condanno le persone in base al mio umore. Parleremo in privato del tuo matrimonio e vedrò cosa fare. Intanto vorrei sapere chi sono questi due. -  disse riferendosi a Milo e Leodrian  - lei è la sorella di Zaffira… Bianca… giusto? –  si vedeva chiaramente che voleva concludere subito l’udienza per processare Ramiro e vedere cosa aveva da dirgli il figlio.
La mercantessa fece un cenno d’assenso.
Aymek rispose indicando prima Leodrian  -  Lui era lo schiavo di Ramiro e immaginavo potesse diventare il mio visto che sa combattere, pensavo di potermi allenare con lui. – il padre rimase impassibile
- Lui invece – disse indicando Milo - l’ho portato da te perché collaborava di sua volontà al tradimento. -
Leodrian ora cercava di mantenere la calma, ma soprattutto teneva saldamente il braccio di un impulsivo Milo che sarebbe saltato addosso ad Aymek da un momento all’altro ed avrebbe peggiorato la loro situazione.
Kio si limitò ad acconsentire
- Puoi tenere lo schiavo e l’altro verrà giudicato insieme a Ramiro oggi stesso. -
Quella era l’ultima parola del re e non poteva essere contestata. Milo venne condotto nelle segrete insieme a Ramiro e non servirono a nulla le sue proteste, mentre il mercante non aveva opposto resistenza, perché conoscendo Kio capiva che non avrebbe mai cambiato idea.
 
 
Quella sera sarebbe stato il momento del processo sommario che avrebbero ricevuto Milo e Ramiro. Il giovane pescatore era finito in una cella buia dei livelli inferiori. Per lui che era abituato a stare all’aria aperta essere rinchiuso in un ambiente così angusto e umido era una sofferenza.
Però ad uccidere l’umore di Milo non era l’ambiente angusto, o l’impossibilità di muoversi più di tanto, ma la consapevolezza che Bianca sarebbe andata in sposa ad un vecchio nobile del sud, Zaffira, che era la sua gemella, avrebbe  dovuto vivere tutta la sua vita con quell’antipatico di Aymek e Leodrian gli avrebbe dovuto fare da schiavo.
Pensando a Zaffira si accorgeva che l’aveva trascinata lui in quella assurda storia dei gemelli ed era colpa sua se Ramiro era stato accusato di tradimento, gli aveva fornito lui il testamento. Mentre era in preda al senso di colpa la guardia venne da lui per condurlo dal re.
 
Era sera ed il processo era appena terminato.
Come era prevedibile Ramiro era stato condannato alla pena di morte. Non aveva potuto difendersi con nessun argomento.
La sua unica richiesta era stata quella di lasciar libera Zaffira, ma Aymek si era fermamente opposto, allora Ramiro non aveva potuto fare più nulla. Kio però non voleva che il figlio si sposasse con l’erede di un traditore, quindi aveva deciso che se la voleva non la doveva sposare, ma farne la sua amante.  Ramiro a quell’affermazione era crollato e il soldato lo aveva condotto alla sua cella sorreggendolo. Infatti in quel modo sua figlia rimaneva vincolata alla casa reale pur non ricevendo alcuna sicurezza per il suo futuro.
Il “processo” di Milo era stato più complicato. Infatti l’unico motivo per cui era stato condannato era stato che lui si trovava in quella casa non essendo un servitore e facendo parte della famiglia solo alla lontana. Ancora per sua fortuna non sapevano che era figlio di Refel, ma pensava che lo avrebbero scoperto presto, vedendo la voglia. Però si era difeso tenacemente dicendosi che se fosse riuscito a essere liberato avrebbe aiutato tutti a fuggire.
Non fu facile riuscire a condannarlo, ma alla fine il re non potendo accusarlo per nulla a parte la collaborazione al tradimento, decise che l’avrebbe rinchiuso in una cella per dieci anni. Quando Milo se ne andò rassegnato al suo destino Kio pensò di essere stato magnanimo a far vivere quel ragazzo anche se in realtà lo aveva fatto solo per poter avere un arma di ricatto con i suoi amici, che non sarebbero mai potuti scappare con lui in cella. 

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Capitolo 9
*** Capitolo nove ***


 
Quei tre giorni erano stati carichi di angoscia per i quattro ragazzi e Ramiro.
Il mercante dopo che gli era stata comunicata la notizia sul destino di sua figlia era caduto come in una sorta di apatia, stato che aveva assunto anche dopo la morte della moglie, era il suo modo di reagire alle grandi disgrazie.
Di solito si riprendeva dopo pochi giorni, ma quella volta sembrava come non sentisse nulla e mangiava a malapena. Zaffira quando la era venuto a sapere aveva ottenuto il permesso di andargli a fare visita e per un momento era sembrato tornasse in se, ma poi quando se ne era andata era piombato di nuovo nell’oblio.
Milo rimaneva scoraggiato, ma non era ancora nello stato di Ramiro, inoltre aveva fatto conoscenza con la guardia, che aveva addirittura permesso a Bianca di venirgli a fare visita una volta, visto che su di lei la sorveglianza era minore di quella di Zaffira.
Dopo la visita di Bianca, Milo sembrava essere tornato a vivere, certo lei non aveva potuto entrare nella cella, ma anche se avevano parlato cinque minuti attraverso le sbarre erano bastati a Milo per capire che lei stava bene.
Leodrian era diventato lo schiavo di Aymek ed aveva il compito di farlo allenare con la spada una volta al giorno. Per evitare di attirare l’attenzione aveva fatto vincere il principe ad ogni scontro in modo da sembrare semplicemente uno schiavo che sapeva difendersi con la spada, nonostante questo, i sospetti di Aymek nei suoi confronti erano aumentati. Comunque aveva deciso di non ucciderlo, perché nessuno dei suoi schiavi sapeva duellare così bene. Leodrian gli aveva detto che era stato nell’esercito per guadagnare qualche soldo, lui non ci aveva creduto neanche per un attimo. 
Per Zaffira e Bianca quei giorni erano stati interminabili. Non potevano uscire dalle loro stanze, che erano in comune, e in ogni momento pensavano ai loro rispettivi destini come mogli di uomini che non conoscevano per niente.
Il quarto giorno ricevettero una visita inaspettata.
 
Mentre erano nelle stanze di Zaffira e ricamavano, sentirono bussare alla porta. La ragazza andò ad aprire e si presentò davanti  al loro la regina in persona. Quando vide le loro facce  sorprese disse che doveva parlare con loro degli imminenti matrimoni. Entrambe annuirono sorprese e  la fecero entrare.
- So che non vi fidate di me perché non mi conoscete, solo che devo fare due domande a te,
Zaffira - la ragazza si sorprese che ricordasse il suo nome. 
- Tu vuoi sposare mio figlio? -
Ovviamente la prima risposta che le venne in mente era secca e senza indecisioni, lo odiava, ma poi si disse che se anche quella donna le piaceva non poteva dirglielo così apertamente, era pur sempre il principe, optò per una soluzione più diplomatica
- Perché me lo chiedete? -  
- Perché, io quando sposai il re fu un matrimonio combinato e nonostante allora amassi un altro uomo non valsero a nulla le mie proteste. Dopo due mesi scoprii che il mio fidanzato era stato ucciso per qualche motivo misterioso. Da quel giorno di circa venticinque fa non l’ho mai perdonato e non sono mai riuscita a guardarlo in faccia. Voglio solo che tu mi dica la verità. Ovviamente come tutti fuori dal palazzo non sai delle varie storie di Aymek con ragazze che si sono opposte e che lui ha convinto con la forza. Non voglio dirti di più, è pur sempre mio figlio, dimmi solo la verità. -  Zaffira capiva cosa intendeva dicendo che le aveva convinte con la forza, pensò che la regina faceva sul serio.
 - Se vi dicessi di sì cosa fareste? -
 - In teoria ci sarebbe un modo per esigere dal re qualsiasi cosa si voglia;  potresti chiedere di liberare i tuoi amici e scappare con loro, anche con il tuo schiavo, ho visto come ti guarda, non mi sembra solo un amico, anche il mio fidanzato prima di morire mi guardava così… -  Zaffira arrossì fino alla punta delle orecchie, mentre Bianca accennava un sorriso chiedendo subito dopo essere tornata seria
- E nostro padre?  -
- Non so se potrà venir liberato, ma comunque è un traditore e io sono pur sempre la moglie del re a questo dovrete pensarci voi. -  
Era vero Zaffira e Bianca lo sapevano, per il padre non ci sarebbe stata molta speranza.
- Diteci vi prego come possiamo fare? -
- È essenziale che uno di voi sappia combattere. -
Le due sorelle si guardarono, avevano pensato entrambe a Leodrian.
- Si, avevamo pensato a Leodrian. -
- Lo schiavo? -
- Si -
- Allora vado a prendere il libro sui regolamenti di corte e vi leggo il punto che mi interessa. -
 La regina uscì dalla camera, ma per fortuna ci mise poco, le due ragazze morivano dalla voglia di sapere quello che aveva da dirgli.
Quando tornò si accomodò sul letto con un polveroso libro dalla copertina bruna e dall’aria molto antica; iniziò a leggere:
 
Regola 123 dei regnanti del regno di Maxiria, da rispettare anche in caso di guerra o carestia.
Si afferma che in caso di volontà da parte di un suddito di richiedere una grazia al re, egli potrà sfidare il campione del sovrano ad un duello con le spade. La grazia non può essere la richiesta di liberazione di un prigioniero accusato di reati come furto o omicidio oppure non si può chiedere al re l’abdicazione in favore del suddito né tantomeno l’uccisione di qualcuno. Il duello può essere sostenuto da chiunque di qualsiasi classe sociale o condizione economica, anche gli schiavi possono sfidare il campione a duello , ma non possono chiedere la propria liberazione, o la liberazione di altri schiavi, solo la possibilità di fuggire. Il re dopo avergli dato due giorni di vantaggio potrà farli inseguire. Elemento fondamentale è la presenza di almeno cinque testimoni al duello.
Consigliere Uliorn di re Nafern
 

- Ragazze, il re Nafern, padre di Refel, fece scrivere questo codice dal suo consigliere, si chiama libro delle regole dei regnanti ed è l’ultima copia rimasta, sono duecento regole che vanno dalle cose più banali alla successione al trono. Questa è ancora valida, nonostante mio marito abbia cercato di distruggerle tutte. Se ne farete parola con qualcuno al di fuor dei vostri amici vi farò venire a cercare personalmente, penso capiate cosa voglia dire rendere pubblica una cosa del genere. -
Zaffira annuì. Era sbalordita cominciava di nuovo a sperare, anche per suo padre, nei reati che non potevano essere graziati non era nominato il tradimento. Se Leodrian vinceva sarebbero potuti scappare e con due giorni di vantaggio e andare lontano da Detri.
La regina continuò:
- Se accettate dovremmo dare la notizia al re e diremo che Zaffira ha trovato il libro andando in biblioteca, io non posso immischiarmi, ma patteggerò in vostro favore.  -
- Vi ringrazio maestà avete fatto molto per me non riuscirò mai a ripagarvi, però vi devo chiedere un ulteriore favore, essenziale per la riuscita di questa idea, devo riuscire a comunicare tutto a Leodrian, a Milo e a mio padre, per vedere se sono d’accordo, inoltre il combattente si dovrà allenare prima dell’incontro, devo assolutamente dirglielo. -
Quello che Zaffira non aveva detto alla regina era che voleva vedere come stavano Leodrian, il suo gemello e suo padre.
- Va bene porterò lo schiavo nelle vostre stanze domani mattina e farò arrivare un messaggio discreto ai prigionieri. -
 A Zaffira venne la voglia di abbracciarla dalla gratitudine, invece si limitò ad un << Grazie…grazie davvero -  commosso.
La regina uscì dalla camera in modo silenzioso com’era entrata e Bianca e Zaffira si guardarono sorridenti.
 C’era finalmente una speranza.


Finalmente c'è una speranza, dopo l'ultimo capitolo così triste avevo bisogno di un pò di allegria. Grazie di cuore a tutti quelli che recensiscono, o semplicemente leggono questa storia! :)
  

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Capitolo 10
*** Capitolo dieci ***


Milo quella mattina venne svegliato dalla guardia
- Ehi! Milo ho un messaggio per te -  disse il giovane bruno che gli faceva da guardia.
- Grazie Gilly -
- È da parte di una certa Bianca…sbaglio o è la ragazza che è venuta a farti visita l’altra volta… -  disse facendo l’occhiolino.
Milo arrossì e fece una faccia imbronciata.
- Non è nessuno -
- Va bene, va bene, sono o non sono il tuo carceriere potresti anche dirmele certe cose! -
- Gilly non sono in vena oggi -
La guardia fece spallucce e se ne andò chiudendosi la porta alle spalle.
Il pescatore si disse che non c’era persona meno adatta a quel ruolo del simpatico Gilly.
Aprì il foglio con una certa delicatezza, era da parte di Bianca! Finalmente servivano a qualcosa le lezioni di lettura.
Perse tutta la mattina a cercare di capire cosa ci fosse scritto e alla fine poco prima che gli venisse portato il pasto a mezzogiorno, aveva capito cosa diceva il messaggio di poche righe, tranne alcune parole troppo complicate, per fortuna lei aveva scritto una cosa semplice proprio per lui, solo che alcune cose non le capiva proprio:

Con l’aiuto della regina io e Zaffira siamo … a trovare un modo per scappare. Leodrian deve combattere contro il campione del re per … cosa vuole. Chiederà di… liberi e andremo via da qui. Oggi andiamo a parlare con il re per dirglielo. Non so come la prenderà spero…Non sappiamo se libererà Ramiro.
Bianca.

 
Era una bellissima notizia e sperava tanto che riuscissero anche a far scappare anche Ramiro. Odiava essere lì in prigione e non poter aiutare i suoi amici, anche se si accorgeva che con la diplomazia per parlare con il re non ci sapeva fare e neanche nel combattere, quindi alla fine se la sarebbero cavata anche senza di lui.
 
Anche il mercante ricevette il messaggio, più lungo e senza la parte in cui dicevano che forse per lui non c’erano speranze, quindi si rallegrò un pochino, almeno sarebbero potuti scappare.
 
Le ragazze erano andate come il giorno prima nelle stanze di Zaffira. Leodrian bussò alla camera verso l’ora di pranzo.
Indossava la solita divisa azzurra ed oro, con i capelli raccolti nella stessa crocchia che aveva cinque giorni prima. Sembrava preoccupato. Zaffira si trattenne dall’abbracciarlo, era da quando erano arrivati al castello che non lo vedeva. Chiaramente, non poteva fare niente di compromettente, perché le guardie fuori osservavano ogni suo singolo movimento.
- Cosa è successo? la regina mi ha fatto convocare perché diceva che avevate un messaggio importante per me. Sono venuto appena ho potuto Aymek non mi lascia un attimo libero. -
Zaffira gli disse indicando il letto, vicino a lei:
- Siediti, abbiamo una cosa positiva da dirti -
Leodrian sorrise.
- Ci vorrebbe proprio una bella notizia in questi giorni - abbassò la voce in un mormorio appena percettibile - Comincio a capire il popolo che odia il principe! -  
- Abbiamo trovato un modo per scappare di qui! – rispose Zaffira sempre nello stesso tono impercettibile per le guardie fuori dalla porta.
- Perfetto! Di che si tratta? -
- Ci serve il tuo aiuto -
- Non succeda che due fanciulle in difficoltà non vengano aiutate da un cavaliere come me! -  sorrise - Cosa devo fare? -
Zaffira parlò a Leodrian della triste storia sentimentale della regina e la sua idea, ma omise il punto in cui aveva citato lui e dei suoi sentimenti.
La ragazza continuò:
- Ecco perché tu dovrai combattere con il campione del re. Oggi pomeriggio io e Bianca andremo a parlare con il sovrano ed il principe e gli annunceremo la nostra decisione.
Leodrian era sbalordito e felice, c’era un problema però:
- In quanto schiavo di Aymek io, da quello che hai detto tu avrò solo una libertà parziale. Due giorni di viaggio non sono tanti per soldati sparsi per tutto il regno, penso che è meglio che io viaggi per conto mio. Comunque potremo dirigerci tutti da mio padre al nord, che di sicuro ci ospiterà e difenderà. Inoltre è da tanto che cercavo un modo per motivare i soldati ribelli ormai scoraggiati, quale metodo migliore dell’arrivo dei due figli di Refel , in carne ed ossa. -
Zaffira non aveva pensato all’eventualità che portandosi con loro lo schiavo sarebbero stati cercati per tutto il regno, ma non voleva abbandonarlo adesso che sentiva nascere in lei un sentimento più profondo dell’amicizia.
- Non se ne parla tu vieni con noi ti nasconderemo e… -
Bianca la interruppe, si era quasi dimenticata di lei:
- Leodrian ha ragione non può viaggiare con noi. Se per caso incrociamo i soldati di Kio a noi non possono farci nulla, ma con la scusa di catturare lui c’è il rischio che ci riportino tutti a palazzo. Non possiamo permettere che i due eredi di Refel non salgano sul trono con la scusa di non volersi separare da un loro amico. Come principi avete anche delle responsabilità. I soldati del nord potranno diventare il vostro esercito, che guiderete per riprendere il trono a Kio. -  poi pensando di essere stata troppo dura aggiunse
- Leodrian se la caverà vedrai! -
Lo schiavo fece un cenno di assenso e sorrise cercando di rassicurare Zaffira, era stato felice che si preoccupasse per lui. Era stato faticoso decidere di abbandonare i suoi amici per un viaggio solitario, ma capiva di aver fatto la cosa giusta, se voleva salvarli si doveva allontanare da loro. Sperava davvero di vincere contro il campione che di sicuro sarebbe stato un bravo combattente.
Zaffira tratteneva a stento le lacrime. Non voleva abbandonarlo, ma si arrabbiava ancora di più con se stessa per aver fatto la figura della bambina che faceva i capricci, mentre Bianca era stata così matura e fredda. A volte la invidiava per questa sua capacità di fare i conti escludendo i sentimenti, per questo era sempre stata un mercantessa migliore di lei, i favori per gli amici non esistevano nel loro mestiere, poi la sorella non faceva mai credito a nessuno, mentre con lei avevano dei debiti praticamente tutti, suo padre glielo diceva sempre, era troppo gentile.
- Va bene allora siamo d’accordo. Nella vostra udienza con il re chiedetegli di potermi dare almeno un’ora o due al giorno per allenarmi, è da tanto che non impugno una spada vera. Per l’arrivo alla fortezza di mio padre vi dico solo che si trova dopo le Montagne Alte, sull’isola del Gigante. In seguito se riuscirò a vincere vi darò una mappa. Il posto dove andremo deve rimanere segreto. -
- Ora penso sia ora che me ne vada. Il principe mia aspetta per gli allenamenti. Finiremo circa un’ora prima di cena, penso sia quello il momento in cui potrete chiedere l’udienza. -
Leodrian si alzò e fece un cenno di saluto a Bianca che lo guardava risoluta e Zaffira che tratteneva le lacrime.  


Cari lettori questo è il decimo capitolo, quindi direi di festeggiare ringraziando tutti quelli che leggono questa storia, perchè mi fanno sapere che c'è gente che ha il caraggio e il tempo di mettersi a leggere i miei capitoli. Ovviamente ringrazio particolarmente tutti quelli che recensiscono.
Fatemi sapere che ne pensate della soluzione per far scappare i protagonisti dal castello e dei  miei personaggi.
Un saluto, al possimo capitolo, Hoshi98

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Capitolo 11
*** Capitolo undici ***



 
Qualcuno bussò alla porta. Era tardi per un qualche messaggio da parte del principe, pensò Leodrian.
Era seduto sul letto della piccola stanza che aveva da solo in quanto schiavo personale dell’erede al trono. Era piccolissima, la percorreva tutta facendo tre passi sia per la lunghezza che per la larghezza. L’arredamento era costituito da un basso e piccolo letto di legno molto scomodo e da un baule mezzo rotto, dove lui aveva messo tutto ciò che possedeva, ovvero due cambi di abiti.  Comunque quella stanza era di grande comodità in confronto agli stanzoni comuni dove gli altri schiavi dormivano su dei mucchi di paglia.
Aprì con cura il foglio, era da parte di Zaffira, finalmente gli comunicavano come era andata l’udienza dal re. Si gustò il momento dell’apertura della busta.
 
Udienza conclusa.
Abbiamo due notizie, una buona ed una tragica.
Prima la tragica: il principe ha scoperto che io e Milo siamo gli eredi di Kio. Stavamo iniziando a parlare, quando Aymek ha avuto come un illuminazione, ha guardato la mia mano, e poi penso si sia ricordato di quella di Milo perché ha esclamato “ma hanno la voglia degli eredi di Refel” in quel momento Kio, che non è stupido ha fatto due più due. Io credevo che ci uccidesse all’istante, invece si è limitato a dire “ sentiamo cosa hanno da dirci, queste due” ( intendendo me e Bianca).
Poi c’è quella buona:
Una volta scoperto che noi siamo i figli di Refel io mi sarei data per vinta, e avrei abbandonato la sala, tanto già il fatto che non ci avesse ucciso era grandioso. Invece Bianca no.
È rimasta lì ed è riuscita a convincere il re, è stata fantastica distaccata e ragionevole!  A me il principe non sembrava d’accordo non ci crederai mai, è  lui il campione del re! Per me il sovrano si divertirà a metterti alla prova anche se sembra sicuro che vincerà Aymek io non lo sono! Forse è questo il motivo per il quale non ci ha detto nulla, nonostante la storia dei gemelli, voleva mettere alla prova suo figlio.
Abbiamo preso accordi anche per farti allenare, nonostante è stato più difficile del previsto dopo quello  che avevano scoperto.
Avrai a disposizione la sala con le armi dove potrai scegliere la tua spada e inoltre ti sarà concessa la sala degli allenamenti per le due ore dopo il pranzo, quelle in cui il principe si va a riposare, per tutto il resto del tempo sarà occupata da lui. Inoltre ti verrà affidato un ragazzo, figlio di uno schiavo di palazzo che ti aiuterà negli allenamenti. Non abbiamo potuto ottenere altro.
Inutile che ti dica che Aymek non vuole più che tu lo assista più e ha detto che si troverà un altro schiavo. Quindi hai tutto il resto della giornata libero. Puoi usarlo per andare a conoscere il tuo scudiero, si chiama Faer e dorme nello stanzone insieme agli altri schiavi. Ti saluta anche Bianca. Qualche volta verrò a trovarti, ho capito dove hai la stanza.
Zaffira

 
Leodrian era entusiasta, finalmente una speranza concreta. Anche se gli sembrava strano che Kio non avrebbe fatto niente dopo aver scoperto chi erano Zaffira e Milo, ma per il momento preferiva non pensarci.
Certo, si sentiva responsabile; se avesse perso, preferiva che Aymek lo uccidesse, non poteva sopportare di vivere tutta la vita accanto ad un infelice Zaffira sapendo che era colpa sua, se era costretta a stare con il principe.
Era curioso di conoscere il suo scudiero, decise che il giorno dopo sarebbe andato a cercarlo.
 
La mattina dopo si diresse da lui. Infilò le solite vesti da paggio, ma lasciò i capelli sciolti con sua estrema soddisfazione.
Il castello era diviso in due piani abitati, quello dei nobili e quello dei servitori. Quest’ultimi erano al secondo, perché i membri della corte erano infastiditi dalle scale, considerando che la maggior parte di loro era dedita a vizi come gli alcolici e il troppo cibo, non avevano neanche il fisico adatto a fare le scale tutti i giorni.
Leodrian si diresse dalla parte opposta dove si trovava la sua stanza. Mentre era nel corridoio lo assalì l’odore delle cucine che erano da quella parte.
Su quel piano abitavano sia servitori che schiavi, ma la sistemazione era diversa. Gli inservienti pagati alloggiavano in stanze media grandezza dove al massimo dormivano in tre su letti di legno e possedevano anche la mobilia  essenziale.
I stanzoni per gli schiavi invece erano cinque locali ampi e con grandi finestre dentro i quali venivano disposti pagliericci divisi da tende che separavano le varie famiglie; vi abitava una cinquantina di schiavi per ogni stanza.
Quando entrò la cosa che lo colpì fu l’odore.
Nonostante fossero andati tutti a lavorare, tranne quelli troppo anziani o malati per farlo, c’era odore di troppe persone stipate insieme nella stessa stanza. Osservò come i mucchi di paglia erano vicini, e ognuno aveva giusto lo spazio per un gancio o un baule mezzo rotto dove riporre il cambio di abiti.
Si diresse verso una tenda e chiese ad un uomo sdraiato con una gamba fasciata se sapesse dove si trovava un ragazzo di nome Faer
 - No, ma ho sentito il nome, perché lo cerchi. -
 Non voleva dire a tutti del suo duello contro Aymek, allora pensò di far fruttare la sua divisa da paggio.
- Mi ha detto il principe di cercarlo, sai gli ordini sono ordini. – disse fingendo di essere veramente un paggio. Quell’uomo, considerando che stava male, non doveva sapere nulla del fatto che uno schiavo aveva sfidato Aymek.
- Hai ragione, è anche per colpa degli ordini che mi è successo questo. -  e indicò la gamba.
Leodrian non voleva si dilungasse in un triste racconto del suo incidente, doveva trovare Faer prima di pranzo per potersi allenare, allora salutò l’uomo uscì dalla stanza e andò verso l’altro stanzone.
Il secondo locale era uguale al primo. Qui si fermò a chiedere ad un uomo che doveva aver superato gli ottant’anni, quindi ormai incapace di lavorare. Se ne stava seduto su una vecchia sedia di legno a fissare il vuoto. Leodrian si chiese cosa guardasse.
- Salve volevo sapere se conoscete un ragazzo di nome Faer -
Non gli rispose.
- Scusate. -  gli tocco lievemente una spalla - Mi avete sentito. -  chiese gentilmente. Cominciava a dubitare che avesse tutte le rotelle a posto.
- Ti ho sentito, non pensare che io sia sordo! – rispose a sorpresa l’uomo. Finalmente lo guardava, più che altro guardava i suoi capelli. Istintivamente se li portò indietro con un gesto della mano.
- Da giovane avevo anche io i capelli lunghi come i tuoi, poi mi hanno catturato e costretto a tagliarmeli. -  disse passandosi con tristezza una mano sulla testa ormai calva. Leodrian si chiese se si ricordava della sua prima domanda, ma poi il vecchio lo sorprese.
-  Comunque certo che conosco Faer, è mio nipote ora se non mi sbaglio dovrebbe essere alla fontana comune…-
- Grazie… - Ma le sue parole si erano perse nel vuoto, il vecchio fissava di nuovo il nulla.
Sapeva dov’era la fontana, il posto dove si lavavano gli schiavi. Era in una costruzione ai margini delle mura, lontano dalla vista dei nobili. Scendendo le scale pensò a Zaffira.
Abitava in quel piano. Chissà  cosa faceva in quel momento, e se stava pensando a lui magari in modo diverso da un amico. Sperava che Aymek l’avesse lasciata stare, considerando come si era comportata con lui, ammettendo davanti al re che voleva scappare a tutti i costi da lui.
Quasi non si accorse che era arrivato nel giardino. Era il posto dove passeggiavano i nobili. Un giardino chiuso da un muro su cui si arrampicavano rose rosse. Quel luogo ispirava calma, infatti era lì dove gli aristocratici andavano a studiare ed a rilassarsi.
Continuò a camminare, la fontana doveva essere poco lontano Leodrian cercò di passare con disinvoltura, ma si notava decisamente con i capelli così lunghi. Inoltre tra i ricchi giravano già voci sullo schiavo che aveva osato sfidare il principe e di certo la castello erano in pochi la cui descrizione corrispondesse con la sua. Cercò di ignorare i mormorii e si pentì di essere passato di lì, avrebbe potuto fare il giro da un'altra parte. Una volta raggiunta la porta l’aprì ed uscì dal giardino dei nobili.
Si trovò davanti ad una via sterrata e vide attorno a sé le mura del castello. Dopo averla percorsa per pochi metri, arrivò ad un grande edificio in legno. Da fuori sentiva delle voci e delle urla di quelle che probabilmente erano delle guardie, che intimavano di sbrigarsi.
Leodrian si ricordò che anche lui era uno schiavo, il fatto di poter andare in giro per il palazzo indisturbato glielo aveva quasi fatto dimenticare.
Aprì una porticina di legno e capì perché la chiamavano fontana.
Era un grande spazio circolare, illuminato dalla luce del giorno. Al centro però c’era una grande vasca con una bocca centrale dalla quale zampillava l’acqua. All’interno di questa specie di piscina, c’erano tutti uomini che si facevano il bagno. Visto che Leodrian non sapeva l’aspetto di Faer decise di chiedere ad una delle quattro guardie disposte su dei sgabelli agli angoli.
- Scusate cercò, per conto del principe Aymek un giovane di nome Faer. -  
- Perché cosa vuole il principe da lui? -
Usò la stessa scusa che aveva adottato con l’altro schiavo.
-  Non lo so, gli ordini non si discutono. - 
- Vero; è quello lì fuori dalla vasca -  disse indicando un angolo nascosto dove Leodrian non era andato a guardare. Era l’unico fuori dalla piscina.
Si avvicinò. Vide che aveva qualcosa in mano, un libro.
- Ciao io sono Leodrian. -
Era talmente assorto che non si era accorto di lui. Quando alzò la testa vide che era un ragazzino, non doveva avere più di quindici anni.
Gli ricordava suo fratello, stessi capelli rossi arruffati e stessi penetranti occhi di un azzurro chiarissimo, anche se i capelli di Faer erano rosso carota ed aveva delle lentiggini intorno al naso.
Indossava una camicia semplice bianca che gli stava un po’ stretta, questo faceva risaltare il fisico asciutto e longilineo, era praticamente alto quanto lui, questo lo fece sentire un po’ a disagio, non aveva mai spiccato per la sua altezza.
Abbassò il libro e lo guardò con ammirazione.
- Io sarò il vostro scudiero vero? - sembrava non ci credesse, in qualche modo lo ammirava.
- Si tranquillo - sembrò sollevato
- Infatti ero venuto qui per conoscerti, comunque possiamo darci del tu sono anche io uno schiavo, poi tu sei alto praticamente quanto me. - Sorrise, per farlo mettere a suo agio, ma non funzionò molto, l’altro arrossì.
- Se per voi… per te va bene possiamo andare subito a scegliere la spada vi accompagno io. -
- Perfetto, cosa devo dire alla guardia. -
- Volete che ci parli io? -
- Va benissimo io ti aspetto qui. -
Si diresse verso la guardia più vicina e scambiò qualche parola con lui. Il soldato sembrò d’accordo e Faer tornò tutto sorridente.
- Fatto! Possiamo andare! -
Mentre uscivano dal giardino e si inoltravano in corridoi che non conosceva Leodrian gli chiese:
- Come mai leggevi mentre gli altri si stavano lavando? -
- Be… ecco… ci danno un’ora di tempo per lavarci a settimana ed io finisco sempre prima, allora mi metto a leggere. Ho cominciato ad imparare, mio padre quando ha tempo mi insegna, riesco a leggere quasi tutte le parole, per scriverle è un po’ più complicato, ma sto imparando! Sapete, lui gestisce la biblioteca, quindi mi porta sempre qualcosa e le guardie non dicono niente.  Io una volta libero voglio saper leggere e scrivere, così potrò aprire una mia libreria, che conterrà tantissimi libri di botanica… -  disse tutto d’un fiato con occhi sognanti. Sembrava si fosse preparato il discorso.
Leodrian sorrise, non voleva deluderlo dicendo che era quasi impossibile che Aymek liberasse degli schiavi. Quel ragazzo dolce gli piaceva.
Lo guidò attraverso corridoi di cui non conosceva neanche l’esistenza, in fondo era solo da pochi giorni che stava in quel castello.
- Penso di aver incontrato tuo nonno, mi ha detto dov’eri, ma ti posso fare una domanda? -
- Certo. -  si era fatto attento
- Cosa guarda? Gli ho parlato, sembrava come se non mi sentisse… -
- Ah; me lo chiedono tutti quelli che parlano con lui… Beh… dice che fissa il tempo che passa. Questa cosa l’ha iniziata a fare dalla morte della nonna. Dice che è solo il tempo che lo separa da lei e che fra poco si ricongiungeranno… intende dire quando morirà. Quindi credo che non sta tanto bene mentalmente. Sapete l’ha amata molto, io l’ho conosciuta da piccolo, e quando è morta mi sono rimasti lui e papà, mamma è morta dandomi alla luce, quindi spero si ricongiungeranno il più tardi possibile. - Aggiunse con una sorriso triste.
Gli aveva parlato della morte della madre e della nonna con semplicità, ma Leodrian aveva capito che ne soffriva ancora molto.
Raggiunsero la sala delle armi dopo dieci minuti di camminata in quei corridoi pieni di servitori in livrea bianca e di cameriere dall’aria annoiata.
Aveva una porta imponente, in legno di quercia. All’interno la sala era abbastanza semplice. Alle pareti erano appese armi antiche, mentre quelle recenti, che venivano usate erano poste sulle rastrelliere che costellavano la sala, un po’ come gli scaffali di una biblioteca. C’erano armi di tutti i tipi, Leodrian non ne aveva mai viste così tante in un’unica sala, nonostante il palazzo dove viveva fosse grande, non aveva un’armeria così fornita.
Mentre era assorto nella contemplazione di tutte quelle armi Faer lo chiamò:
- Scusate - gli toccò una spalla - Che arma è stata scelta per il duello? -
- Vediamo… Aymek ha detto che il duello sarà con le spade, quindi mi servono due spade leggere
 e con la lama non troppo lunga. -
- Come mai due spade, se posso permettermi. -
- Quando ci alleneremo ti farò vedere. -  disse con un sorrisetto Leodrian.
 Lui di solito usava due spade una in una mano una nell’altra. Questa tecnica era stata boicottata da Kio che non voleva si utilizzasse la mano sinistra in battaglia, come lui non poteva fare. I pochissimi combattenti a farlo erano tutti del nord e ribelli, anche se si contavano sulla punta delle dita.
- Penso che sia più o meno l’ora di pranzo tra poco andiamo che ne dite? -
- Sono d’accordo. -  
  

Fatemi sapere cosa ne pensate di Faer mi raccomando ( si leggge come è scritto) :)

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Capitolo 12
*** Capitolo dodici ***


Zaffira era sorpresa che non fosse ancora venuto.
Era passata una settimana dal biglietto che aveva mandato a Leodrian e dall’udienza con il re.
La ragazza aveva visto una sola volta lo schiavo. Le guardie che Aymek aveva fatto mettere alla sua porta non la facevano uscire, se non accompagnata. Un giorno con la scusa di fare una passeggiata per rilassarsi era uscita in giardino.  Aveva fatto recapitare un messaggio sintetico a Leodrian da parte di una sua cameriera che non sapeva leggere. Questa l’aveva dato a Faer, che l’aveva consegnato allo schiavo.
Gli aveva dato appuntamento davanti alla porticina che conduceva alla fontana. Zaffira era sicura che le guardie non si sarebbero accorte di nulla, di solito quando andava in giardino la lasciavano sola. Diceva a se stessa che lo voleva incontrare solo per sapere se andavano bene gli allenamenti con Faer, ma invece voleva vederlo e basta, per poterci parlare un attimo o magari per abbracciarlo, niente di più, per dirgli che le mancava.
Si erano visti per neanche dieci minuti, in cui lui aveva potuto solo dirle che andava tutto bene e abbracciarla, ma poi lei era dovuta andare , perché altrimenti le guardie, l’avrebbero scoperta, nonostante non si curassero di lei, ogni tanto andavano a vedere se c’era ancora.
Aymek però non era ancora venuto.
Dopo l’udienza si era aspettata che piombasse nella sua camera dicendo che l’avrebbe uccisa,o comunque costretta a diventare sua con la forza, ma non era successo.
Aveva perfino iniziato a credere che avesse accettato la decisione del padre senza obbiezioni, ma si sbagliava.
Era seduta a ricamare, quando sentì qualcuno parlare con le sue guardie, e poi aprire la porta senza bussare. Capì che era lui.
- Ciao Zaffira. - disse rimanendo davanti alla uscita, quasi bloccandole ogni via di fuga.
- Salve principe - sapeva che doveva mantenere un atteggiamento distaccato, se non voleva che si facesse strane illusioni.
- Scusami se ti ho fatto aspettare una mia visita, ma in questi giorni mi sono dovuto allenare di nuovo, sai il tuo schiavo mi ha dato un po’ di problemi… quando pensi di essertene liberato ritornano. -  era ironico, ma Zaffira capì che in quello che diceva c’era un fondo di verità, sul fatto che pensava di essersi liberato di Leodrian, arrivando al castello, non immaginava si dovesse curare più di lui, ma non lo conosceva bene.
- Non vi preoccupate per me…- doveva rispondere in qualche modo, anche se era piuttosto a disagio.
- Non mi preoccupo affatto. L’unico motivo per cui sono venuto qui oggi era per dirti che non mi importa se tu mi ami o mi odi, io ti avrò lo stesso, mi sono stufato di essere gentile e di aspettarti. -- - Quindi se vuoi dire al tuo schiavo, perché mio non lo è mai stato, di rinunciare al combattimento, per me va bene, perché vincerò e se non sarà morto ci penserò io, ma tranquilla non durerà poco ti potrai gustare la sua fine, che sarà lenta e dolorosa, te lo assicuro. -  - Ora devo andare ad allenarmi. L’incontro è fissato tra una settimana, alle dieci di mattina. - -  Assisterai alla mia vittoria, che tu lo voglia o no. –
Zaffira vide la sua figura nera uscire e richiudersi la porta alle spalle, non le aveva dato tempo di parlare, il uso era stato più che altro uno sfogo. Non poté che provare un senso di sollievo, pensava che sarebbe stato peggio, invece si era solo limitato a minacciarla.
Non sarebbe ritornato, ne era certa. Il fatto che era così sicuro di vincere, però non la convinse molto, Aymek aveva fatto assistere di sicuro qualcuno agli allenamenti di Leodrian e doveva sapere che era molto bravo, anche se lei non lo aveva mai visto combattere al massimo delle sue potenzialità.
Però fu un altro pensiero ad occupare la sua mente, la fine che avrebbe fatto fare il principe a Leodrian. Pensò che lui poteva anche essere battuto e la tristezza assalì il suo cuore.
 
 
Faer era un ragazzo dolce con cui era piacevole conversare. Si allenavano insieme da parecchi giorni e il lui lo ammirava sempre di più.
Una volta gli disse che aveva sempre voluto ribellarsi al re, per riuscire a scappare come stava facendo lui. Era quello il motivo della sua ammirazione, oltre al modo in cui combatteva Leodrian. Finalmente gli aveva spiegato il motivo delle due spade, le teneva una in una mano ed una nell’altra e Faer era impressionato, non aveva mai visto nessuno farlo.
Non aveva mai avuto un allievo, certo aveva un fratello più piccolo, ma la differenza era di un anno, quindi non era la stessa cosa. Lui lo assisteva negli allenamenti, ma per tutto il resto della giornata, in cui tutti e due non dovevano fare nulla si facevano compagnia a vicenda, mentre Leodrian lo aiutava a leggere, si poteva dire che erano diventati amici.
Il ragazzo era stato sempre timido, ma stava diventando sempre più spontaneo e a volte gli dava anche del tu.
Il decimo giorno di allenamenti però si era accorto che qualcosa non andava. Faer era malinconico e distratto, non lo aveva mai visto così, solitamente era allegro a pronto a cimentarsi in qualsiasi tipo di esercizio.
- Faer ma che cos’hai? -
- Non ho niente sono solo un po’ stanco. - era teso e pensava a tutt’altre cose.
Leodrian posò le spade a terra e fece una faccia scettica.
- Non mi stai dicendo la verità, sai che a me puoi dire tutto, ti va di parlarne? -
- No davvero… tu hai altri problemi… -
Leodrian gli si avvicinò e gli appoggiò una mano sulla spalla
- Cosa è successo? -
- È tutto a posto, davvero! -  disse quasi arrabbiato, si vedeva che si stava  trattenendo, ma Leodrian capì che aveva bisogno di sfogarsi con qualcuno,anche se lui non poteva fare niente, se non capiva cosa era successo. Riprese le spade e disse 
- Allora se non è successo nulla ci continuiamo ad allenarci se per te va bene? -
Faer tirò su col naso, ma si trattenne dicendo
-  Si…è perfetto -
Non durò poi molto il suo atteggiamento trattenuto, perché dopo poco gli scese una lacrima dalla guancia. -  Nonno…nonno… -
Leodrian posò le spade e terra e lo abbracciò di slancio, lui ricambiò piangendo, aveva bisogno di sfogarsi. Tra i singhiozzi disse:
- Ora è con la nonna, sono tornati insieme vero? -  
- Certo… -  Faer lo guardò e gli fece un sorriso tirato, poi continuò a piangere abbracciandolo.  Per quel giorno gli allenamenti erano finiti.
 
 
Un altro biglietto questa volta da parte di Zaffira ed ancora più sintetico, Milo la ringraziò mentalmente, sapeva leggere, ma non biglietti elaborati come quello precedente, di cui non aveva capito tutte le parole .
Ho potuto scriverti solo ora. Udienza andata bene, tra quattro giorni combattimento. Leodrian contro Aymek che è il campione, se Leo vince ti verranno a prendere per scappare. Dopo ti diremo il piano. Zaffira
-  Milo certo che ricevi parecchi biglietti per essere un prigioniero, in effetti io non dovrei
darteli… - disse Gilly fingendosi pensoso, poi sorrise. Milo fece lo stesso.
In quei giorni si erano imparati a conoscere meglio. Milo aveva capito perché la guardia era così gentile con i carcerati.
Da ragazzo a circa diciotto anni viveva di piccoli furtarelli per strada. L’avevano catturato e era stata rinchiuso nelle prigioni,  non aveva detto cosa gli avevano fatto, sapeva solo che aveva dei complici e alla fine dopo quasi di un anno di prigionia, all’inizio del quale aveva rivelato tutti i suoi collaboratori, gli avevano proposto di fare da guardia alle prigioni.
Aveva accettato, e sapendo cosa si prova a starci, trattava bene i suoi prigionieri. Milo non voleva neanche immaginare cosa gli avessero fatto in quell’anno in carcere, sapeva che Kio faceva torturare i prigionieri per farli parlare, ma non sapeva come e non voleva , perché anche lui, in fondo era uno di loro e poteva tranquillamente usare quel “metodo” anche su di lui.


Ormai sono già avanti con i capitoli, quindi vorrei ringraziare tutti quelli che hanno letto questa storia, ma soprattutto quelli che la hanno recensita. Quindi la mia gratitudine va a Marylautner - RobertaSalvatore - Matty98fm - Akilendra - The Sand Pincess - Water _ wolf e Moni 96 e Luisa 94 per aver inserito la mia storia tra le seguite e me tra gli autori preferiti.
Senza di voi non avrei pubblicato fino a qui, e mi sarei depressa.
BUONA PASQUA! :)

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Capitolo 13
*** Capitolo tredici ***


- Non voglio! Vi prego chiedete a qualcun altro! Per me in queste settimane è stato come un fratello, avete tanti schiavi, perché proprio io? -
- Mio caro -  disse con voce suadente l’uomo in nero -  vedila come una prova di fedeltà nei miei confronti, se la superi farò un pensierino sulla tua libertà… -  mentiva però non lo diede a vedere.
- Non lo voglio fare, io gli voglio bene e lui si fida di me! -  era davvero ostinato a non cedere.
- Preferisci lui o tuo padre, non mi costringere a fare cose di cui mi pentirei! -
Il ragazzo si accorse che aveva vinto, il padre era tutto ciò che gli rimaneva.
 - Accetto… -  disse sconsolato.
- Sapevo avresti concordato con me, bravo ragazzo -  gli diede una pacca sulla spalla e lui si ritrasse istintivamente, odiava quell’uomo.
 
Era il giorno del combattimento, da cui si sarebbero decise le sorti dei ragazzi, ma anche dell’intero regno. Se Leodrian perdeva, Milo, uno dei gemelli sarebbe morto e l’altra sarebbe diventata la compagna del futuro re, Aymek. Se vinceva oltre  salvarsi i ragazzi avrebbero potuto spodestare Kio con l’aiuto dell’esercito del nord  e diventare a loro volta i sovrani, ma questo il re e il principe non lo sapevano.
Solo ora si rendeva conto dell’enormità del suo compito e quel peso quasi lo schiacciò. In cuor suo sentiva di non poter perdere, ne dipendeva il destino di tutti.
Prima del duello avrebbe dovuto stilare una lista, per precisare cosa voleva dal re, quest’ultima, andava letta prima dell’inizio dello scontro. Cominciò a scrivere, cercando di non dimenticare nulla:
 
Io, Leodrian sfido il principe Aymek, nonché campione del re a duello, per ottenere una grazia dal sovrano Kio. Chiedo umilmente al re, se la mia bravura con la spada mi permetterà di sopravvivere di:
Liberare i prigionieri Milo e Ramiro;
Far uscire definitivamente dal castello Zaffira e Bianca, figlie di Ramiro;
Sette cavalli;
La mia liberazione temporanea dalla schiavitù e quella dello schiavo Faer e suo padre.
Ringrazio umilmente suo maestà per avermi concesso la possibilità di duellare con il suo campione.
Lo schiavo Leodrian.
 

Aveva cercato di essere il più umile possibile, considerando il numero di richieste che gli stava facendo, ma soprattutto aveva finalmente trovato risposta a un problema che lo assillava da qualche giorno ormai.
Era indeciso se far liberare o meno Faer. Solo il giorno prima era arrivato ad una conclusione, era troppo affezionato a lui per lasciarlo nelle mani di Aymek, sarebbe andato a parlare con il padre, per annunciarglielo e per vedere se andava bene che affrontasse un viaggio abbastanza  pericoloso. A Faer non avrebbe detto nulla, sarebbe stata una sorpresa.
L’uomo, il bibliotecario, si era dimostrato molto riconoscente della sua proposta, alla fine infatti aveva deciso che avrebbe fatto scappare anche lui.
Non poteva lasciarlo a palazzo, a subire l’ira di Aymek.  
Di questo non aveva detto niente a Zaffira, Bianca e Milo, se lui vinceva infatti l’attendente del re avrebbe letto ad alta voce il foglio con le richieste e lo avrebbero scoperto da soli. In realtà non voleva ammettere a se stesso la possibilità che loro potessero negarglielo, allora aveva preferito non chiedere nulla e pensare di fargli una sorpresa.
Per arrivare al castello di suo padre, aveva fatto una dettagliata mappa agli altri ragazzi, dove erano indicate tutte le scorciatoie, per arrivare il prima possibile. Non vedeva l’ora di poter vincere e magari rivedere la sua famiglia. Quando era stato catturato l’aveva giudicato impossibile e aveva cercato di dimenticarli, ma ora ricominciava a sperare, anche se disse a se stesso di non correre troppo, non sapeva come sarebbe andato a finire il duello.
 
Aymek non era per niente agitato per il combattimento imminente.
Dopo la visita a Zaffira aveva capito che per averla, doveva prenderla con la forza altrimenti non sarebbe mai stata con lui.
In fondo era stato così anche tra suo padre e suo madre ed erano ancora sposati, anche se non si parlavano quasi mai.  Kio, quando Ella diceva qualcosa di sbagliato la sgridava, solo raramente veniva alle mani, anche se non si faceva scrupoli a farlo.
Fin da piccolo aveva sempre ammirato suo padre, nonostante fosse sempre stato duro con lui cercava di imitarlo in tutti i modi, per lui era il modello da seguire, l’uomo che aveva conquistato quasi tutto il regno. L’avrebbe ereditato e sarebbe stato come lui.
Poi era arrivata Zaffira e nella sua vita non esisteva che lei, aveva persino oscurato un pochino la figura del padre. Era così bella spontanea, colta, ironica, insomma, l’amava.
Per rovinare tutto ci si era messo quello schiavo, Leodrian, che non sapeva neanche da dove venisse, e ora cercava in tutti i modi di portargliela via.
La prima volta che aveva potuto ucciderlo non lo aveva fatto, semplicemente perché era riuscito a tenergli testa, quindi lo ammirava, ma ora lo avrebbe battuto ad armi pari, o quasi… per umiliarlo davanti a Zaffira e davanti a tutti. Era convinto, avrebbe vinto e poi l’avrebbe mantenuto in vita per ucciderlo molto lentamente come monito, non andava sfidata la casa reale, tantomeno lui, il principe.
 
Arrivò Faer che erano circa le otto. Appena entrato Leodrian notò che era strano. Non sembrava come il giorno della morte del nonno, da cui ormai si era ripreso, sembrava combattuto quasi che stesse per fare qualcosa contro la sua natura.
- Salve Leodrian sono venuto per portarvi ad indossare l’armatura, venite con me in armeria. - Gli dava di nuovo del voi ed aveva gli occhi cerchiati di nero di chi è rimasto sveglio tutta la notte, era sempre più strano.
- Va bene ti seguo, quindi indosserò un’armatura? - disse cercando di sorridere, nonostante fosse teso per il duello. Voleva aprire un discorso, per capire anche cosa avesse Faer.
- Più o meno, ora vedrete quando arriveremo. -
Continuava a rispondere a monosillabi, si tratteneva dal dire tutto, come la volta che era morto il nonno, ma stavolta Leodrian sentiva che era qualcosa di diverso. Pensò di lasciarlo un po’ stare e poi di chiedergli cosa fosse successo dopo il duello, ora aveva altre cose a cui pensare, cercò di concentrarsi.
 
Quella mattina vennero le guardie che di solito piantonavano la porta e le dissero che doveva andare nella stanza di Zaffira. Bianca non ne capiva il perché. Sapeva che era il giorno del duello e Leodrian era riuscito a consegnarle la mappa da seguire, infatti la stava studiando. Per fortuna aveva sentito aprire la porta ed aveva fatto in tempo ad infilare il foglio in una tasca della gonna.
Mentre cercava di calmare il cuore che batteva a mille per il rischio di essere scoperta. La condussero nella stanza di Zaffira e mentre si aspettava il peggio trovò la sorella che si provava dei vestiti.
Zaffira era al centro della stanza ed era circondata da tre ancelle che le porgevano abiti sgargianti, mentre lei li indossava scocciata. Si avvicinò alla sorella.
- Cosa è successo, perché mi hai fatto chiamare? -
Zaffira sorrise amara
- Sai che oggi c’è il duello giusto? -
- Si e questo cosa centra? -
- Dobbiamo assistere insieme al re e quindi indosseremo vesti adatte, perché dopo, quando secondo il re Aymek vincerà, il tempo di farlo sistemare e poi si celebreranno i nostri matrimoni, quindi noi dovremmo essere vestite in modo adatto. -
Bianca sorrise ironicamente.
- Perché stai ridendo. -
- Solo che… il mio matrimonio me lo immaginavo un po’ diverso, ecco tutto. -
Zaffira si avvicinò alla sorella e le sussurrò sottovoce, intorno a loro c’erano sempre le ancelle.
- Comunque non bisogna essere sicuri che vinca il principe, io sono convinta invece che trionferà Leodrian -  sorrise. Bianca si convinse sempre di più che iniziava anche lei a provare qualcosa per lo schiavo, ma i suoi pensieri vennero interrotti da un’ancella.
- Scusate, dovete provare anche voi i vestiti, il principe ha detto che dovete essere pronte entro le nove e trenta. -
Bianca non era per niente d’accordo, le sembrava superfluo sistemarsi così tanto per un uomo che non aveva mai visto e che sperava con tutto il cuore di non sposare, sembrava una farsa inutile, ma d'altronde non poteva prendersela con quella ragazza, che faceva solo il suo lavoro.
-  Si eccomi! -  la seguì per iniziare la noiosissima scelta del vestito. 


Eccomi qui un pò in ritardo, ma alla fine ho aggiornato!
Oggi mi è venuta in mente una cosa. Nonostante siamo praticamente all'inizio della storia, chi è il vostro personaggio preferito?
Fatemi sapere e per il prossimo capitolo spero di essere più puntuale! :)

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Capitolo 14
*** Capitolo quattordici ***


 
Non era una vera e propria armatura quella che doveva indossare. Consisteva semplicemente in un corpetto di cuoio e dei pantaloni dei pelle. Le armi a disposizione erano le spade. Leodrian scelse quelle con cui si era sempre allenato le sue armi leggere che avevano tanto impressionato Faer.  Non sapeva se avrebbe potuto usarle tutte e due, ma quello non era un problema.
Avrebbero usato la stanzetta di Leodrian per indossare “l’armatura”.
Poggiarono tutto sul letto di legno e lo scudiero iniziò a sistemargli il corpetto addosso. Da quando erano entrati Faer aveva svolto le sue mansioni senza  dire una parola più del necessario, questo a Leodrian sembrava sempre più strano, anche se cercava di concentrarsi sul duello e non pensare ai problemi dell’adolescente.
Iniziò a stringere i lacci del corpetto e Leodrian riusciva a sentire le sue mani rapide e sicure che dovevano averlo fatto un miliardo di altre volte.
Solo fino ad un certo punto. Ad un tratto Faer smise di stringere lacci e si fermò.
Leodrian non fece in tempo a voltarsi che sentì un dolore lancinante all’avambraccio destro. Fu istintivo, o solo frutto del suo addestramento.   
Prese il coltello dalle mani di Faer e lo colpì con un calcio nello stomaco. Mentre si piegava dal dolore cercava di prendere aria, con il braccio illeso gli diede una gomitata alla schiena che lo fece cadere in ginocchio. Prese la spada dal letto e gliela puntò alla gola ansimando.
Si osservò la ferita al braccio era un taglio lungo e profondo, ed anche molto doloroso, non sarebbe di certo morto, ma era un problema, perché tra un ora avrebbe dovuto affrontare in duello il campione del re e  immaginava fosse sua la colpa di quello che aveva fatto Faer.
Di sua iniziativa era sicuro non avrebbe fatto nulla del genere, finalmente capiva i motivi della sua stranezza. Doveva fargli qualche domanda, ma prima avrebbe dovuto fermare il sangue che continuava ad uscire dal taglio sul braccio.
- Prima di chiederti il motivo di tutto questo devo fasciarmi il braccio, quindi ti devo lasciare libero, se tenterai di uccidermi ti avverto che non sarà così facile come sembra. -
- So che così non sembra, ma io… io…non ho mai voluto ucciderti! -  rispose l’altro  tra i singhiozzi. Leodrian gli credeva, ma non voleva darlo a vedere.
- Mi spiegherai tutto dopo e poi vedrò cosa fare di te, ricordati che non ti ho ucciso solo perché una volta mi fidavo e ti consideravo un amico. -  disse sprezzante. Subito dopo si pentì, in proporzione doveva avergli fatto più male lui a parole. Vide che Faer si afflosciò distrutto dalla sua delusione, anche perché aveva pienamente ragione.
Si fasciò il braccio da solo e si accorse che non era il massimo per affrontare un duello di quella importanza, ma non voleva darla vinta al principe dicendo che non avrebbe combattuto, se era necessario sarebbe morto provandoci.
Provò ad impugnare la spada con quella mano, ma l’azione risultò troppo dolorosa, e poi la reggeva con pochissima forza, sentiva che gli sarebbe potuta cadere da un momento all’altro, avrebbe usato di certo una sola spada e questo lo avrebbe penalizzato, contro un guerriero esperto come il principe Aymek.
- Allora dimmi, come mai mi hai fatto questo? -  indicò il braccio.
Faer era seduto sul letto e si teneva la testa tra le mani piangendo sconsolato. La alzò.
- Io… io non posso dirti nulla altrimenti uccideranno mio padre. -
- Allora io sarò costretto ad uccidere te, sbaglio o mi hai provato a fare del male, sarebbe difesa personale, giusto? -
- Uccidimi, meglio che rimanere tutta la vita uno schiavo! -  si alzò e porse una spada a Leodrian.
- Io con questa devo battere il principe non uccidere il mio scudiero. -
Gli tolse la spada dalle mani sprezzante, e la rimise sul letto.
- Penso che tu me la devi la verità, sono io quello ad essere stato colpito  e ad averti risparmiato, non ti dovrebbe far sospettare che non ti voglio fare del male. –
- No! Ucciderebbero mio padre, preferisco morire per mano tua -
Leodrian notò che sotto quel velo di timidezza aveva del coraggio, si faceva uccidere per non rivelare nulla e quindi salvare suo padre, doveva volergli davvero molto bene, d’istinto pensò a Pirel, ma il dolore al braccio lo riportò alla realtà.
- Facciamo così io non ti ucciderò, in ogni caso, tu devi solo confermarmi che ti ha mandato
Aymek. -
Faer sembrò interdetto e Leodrian capì di aver ragione, ma doveva comunque avere la conferma.
- Ti prego non me lo far dire! -
Leodrian era sicuro che tanto il padre di Faer sarebbe scappato con loro.
- Io non dirò che me lo hai detto tu al principe, sarebbe inutile, ti eliminerebbe fingendo di non sapere nulla e poi ucciderebbe tuo padre inventandosi che ti ha influenzato o cose del genere. Voglio saperlo semplicemente io per regolarmi e capire se è davvero così codardo. -
- Hai  ragione è stato lui a mandarmi, mi ha detto che non dovevo ucciderti ma colpirti la mano con cui usavi la spada, io allora ho pensato che lui non sapesse della tua abilità con entrambe ed ho deciso di prenderlo in parola. - -  Mi ha minacciato, io ho provato a dirgli di non farmelo fare, di affidare questo compito ad un altro schiavo, ma ha detto che sarebbe stata una prova di fiducia da  parte mia, non voleva sentire ragioni, all’inizio ho persino pensato  di avvertirti… ma poi mi sono detto che c’era in gioco la vita di mio padre, non potevo farlo, perdonami ti prego! -
A Leodrian dispiaceva da morire per quel ragazzo, che era finito in mezzo a quell’intrigo per colpa del codardo che era Aymek. Si convinse che non c’entrava nulla, ma si accorse che non si sarebbe riuscito di nuovo a fidare come prima di lui, Aymek poteva fargli fare qualsiasi cosa. Solo allora riuscì a capacitarsi  dell’immenso potere del principe, poteva influenzare tutti ed era ovunque, sarebbe stato davvero difficile scappare definitivamente da lui.
 
 
Erano le nove e trenta.
Milo sentì il chiavistello girare nella porta, era strano non veniva mai nessuno a fargli visita e Gilly a quell’ora faceva da guardia ad altre celle.
Entrò un figura magra che indossava una lunga tunica, ma non riuscì a vederla bene perché dalla  finestrella della cella filtrava poca luce e nella cella regnava una penombra spettrale
La seguivano due guardie del carcere piuttosto robuste che si avvicinarono a lui con un fare minaccioso. Una paura sorda gli attanagliò lo stomaco, sapeva che non era per nulla di buono che quei tre erano venuti.
- Vieni con noi e non opporre resistenza. -
Milo fece un cenno d’assenso, poco convinto.
Gli legarono le mani e lo condussero fuori dalla cella, la luce lo accecò, anche se erano solo le torce ad illuminare il corridoio, era da più di due settimane che viveva nell’ombra. Lo sostennero perché era da troppo che non camminava e faceva fatica a reggersi in piedi, era sempre stato seduto.
Quando cominciò a vederci qualcosa, nonostante la luce, per lui abbagliante chiese
- Dove mi state portando? -
- Taci! -  gli intimò il tizio con la tunica che li stava seguendo.
Si inoltrarono nelle viscere della terra, verso il cuore delle prigioni e Milo si accorse che faceva sempre più caldo e si sentivano maggiormente i detenuti invocare invano di essere liberati.
Arrivarono alla fine del corridoio. C’era una porticina scura ed arrugginita, Milo calcolò che si sarebbe dovuto abbassare molto per poter passare.
Entrarono.
La stanza era completamente al buio. L’uomo con la tunica doveva conoscerla bene, perché senza vedere dove andava riuscì ad accendere la fiaccola che aveva portato con se e dare fuoco ad un braciere posto al lato del locale.
La tremula luce illuminò la piccola stanza.
Era occupata solo da un tavolaccio pieno di macchie scure e da una sedia sgangherata.
Milo constatò con orrore che avrebbero potuto fargli di tutto, erano nel luogo più buio delle carceri di re Kio, famoso per la sua crudeltà. Quando si avvicinarono al tavolo e si accorse che le macchie scure erano di sangue ebbe un tremito, l’uomo doveva essersene accorto.
- Tranquillo non farà poi così male. - esclamò con un ghigno maligno stampato sul volto ossuto e spigoloso.
Le due guardie lo misero a sedere sulla sedia e una di loro gli girò con malagrazia la mano destra, dove aveva la voglia. Lui oppose resistenza, capì che l’uomo gli avrebbe fatto qualcosa, ma si trattenne dal tremare, non voleva fargli vedere che aveva paura, si disse con un ultimo moto d’orgoglio.
Una guardia prese una torcia da chissà dove e la accese sul braciere, mentre l’altra teneva ferma la mano di Milo sul tavolo. L’uomo dal volto ossuto tirò fuori dalla bisaccia che aveva a tracolla una boccetta che conteneva un liquido verdognolo e lo cominciò a spargere sulla mano callosa di Milo, mentre mormorava una lenta litania in una lingua sconosciuta, doveva essere una specie di mago.
Il pescatore cominciò a dibattersi per cercare di liberarsi. Il mago fece un cenno alla guardia che lo teneva fermo, ed essa gli mollò un pugno alla stomaco che gli tolse il fiato, non se lo aspettava.
Probabilmente se non fosse stato provato dai giorni in carcere sarebbe riuscito a scappare da tutti e tre, ma poi comunque uno di loro era mago e lui non sapeva come comportarsi, avrebbe potuto fargli un incantesimo o qualcos’altro.
La pozione gli provocò calore alla mano, soprattutto nella zona della voglia, che cominciò a pulsare, sempre più forte, mentre diventava rossa.
Il mago mormorò a bassa voce, quasi strabiliato
- È  lui, si è lui, ne sono certo, finalmente! -
Fu come un cenno, la guardia che prima teneva la torcia gliela avvicinò alla mano, mentre il mago mormorava qualche incantesimo.
Milo sentì un dolore insopportabile, quando il soldato premette il fuoco sulla sua pelle, si trattenne dall’urlare, mentre il l’uomo salmodiava sempre più ad alta voce.
L’ultima cosa che vide prima di svenire, fu il mago che sorrideva soddisfatto. 


Vi chiedo umilmente perdono per averci messo così tanto ad aggiornare, ma capirete anche voi che il capitolo era leggermente determinante per la storia, e abbastanza sconvolgente per la trama. Perdonatemi per avervi traumatizzato, mi raccomando fatemi sapere che ne pensate, sono in crisi!
Ringrazio come sempre tutti quelli che leggono e sopratutto tutti quelli che recensiscono, senza di voi non riuscirei ad andare avanti.

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Capitolo 15
*** Capitolo quindici ***


Alla fine Faer aveva aiutato Leodrian a indossare le vesti per combattere. I due non si erano parlati molto dopo l’accaduto, lo scudiero aveva solo sistemato la fasciatura sul braccio dello schiavo e lo aveva condotto alla sala degli allenamenti che avevano utilizzato quelle settimane, era lì che si sarebbe svolto l’incontro.
Avevano sistemato delle sedie ai lati della sala, per il re, la regina, Bianca e Zaffira, nessun altro avrebbe potuto assistere.
Leodrian entrò dall’ingresso principale, con la spada già in pugno. Notò come fosse ampia la sala. Di solito entravano dall’ingresso secondario, che conduceva ad una piccola parte dell’ambiente separata dall’altra da una porta.
Quella era la parte riservata agli altri cavalieri, mentre quella più grande era  dove si allenavano il principe e il re. Aveva un soffitto ampio e alla pareti grigie erano appese delle fiaccole spente che sarebbero servite per fare luce di notte. Erano tutti già seduti e il principe lo aspettava al centro della sala, con uno sguardo carico d’odio.
Indossava dei pantaloni di cuoio neri e un’armatura nera, sopra una casacca dello stesso colore. L’unico punto di colore era la sua spada, del colore del metallo e con l’elsa lavorata, a forma di serpente. Leodrian pensò subito che quella che aveva a disposizione lui non poteva competere con la spada del principe, se avesse ricevuto un colpo troppo forte si sarebbe spezzata.
Ai lati della sedia finemente elaborata su cui c’era il re erano collocate due guardie con un’aria da combattenti veterani che lo guardavano in modo ostile.
Il re lo riscosse dalle sue osservazioni
- Benvenuto Leodrian! - esordì con finta cordialità.
Lo schiavo si inginocchio come era suo dovere fare, mentre Faer,  si andò a sistemare in piedi accanto alla sedia di Zaffira che non lo guardò neanche per quanto era presa dall’osservare Leodrian.
Pensò che non lo vedeva da almeno una settimana e gli era mancato. Quasi si vergognò di indossare quel vestito, con il quale tra poco avrebbe dovuto celebrare il suo matrimonio, con il principe,  in segreto.
Alla fine lo avrebbe sposato, ma una volta che l’erede avesse trovato una ricca nobile, avrebbe ripudiato la figlia del traditore che sarebbe dovuta  rimanere a corte come la sua donna, per soddisfarlo ogni volta che voleva. Quella notte non aveva dormito pensando a cosa le sarebbe capitato, guardava Leodrian come la sua ultima speranza di salvezza, sua e di suo padre.
Ramiro se non veniva dimostrata la sua innocenza sarebbe stato condannato a morte, visto che era colpevole, l’unico modo per salvarsi era ottenere la grazia dal re mediante la vittoria dello schiavo.
Ascoltò il paggio del sovrano che leggeva ad alta voce il foglio con le richieste di Leodrian. Osservò che il re rimaneva impassibile, alla fine fece un cenno d’assenso, pensò che comunque, a differenza di Aymek che tratteneva a stento la rabbia,  Kio aveva un suo particolare senso dell’onore.
Il paggio continuò elencando le regole del combattimento.
- Vince il primo combattente che uccide il suo avversario o lo fa cadere a terra. Ogni duellante avrà a disposizione una seconda spada che sarà posta per terra, ai lati della sala. -
Si mosse verso due spade anonime, tutti gli occhi puntati su di lui. Le sollevò da terra con fatica e le portò ai due lati della sala, una proprio davanti al re e alla regina. Continuò
- Il combattente non potrà oltrepassare questa spada. -  disse indicando quella dalla parte del re
- Ne dipende la sicurezza del sovrano, quindi per chi lo farà le due guardie saranno autorizzate ad ucciderlo all’istante. -
Zaffira vide che Leodrian si era alzato, era pronto.
Sentì il paggio esclamare:
- Che il combattimento abbia inizio! -
 
I ricordi della sua prima battaglia affiorarono, prepotenti.
Erano passati tre anni, ma la prima volta in cui aveva ucciso un uomo lo aveva segnato.
All’epoca aveva solo sedici anni e non aveva mai amato combattere, anche se fin da piccolo era stato molto portato per la guerra, aveva dei riflessi ed un’agilità innati.
Erano in una piana. Quello che gli  era rimasto impresso, era il proprio il momento dello scontro della cavalleria dei due eserciti, al quale lui aveva partecipato, in prima linea, in quanto figlio del re. Aveva a disposizione due spade che tirava fuori da una custodia sulla schiena. Il momento in cui aveva trafitto il suo primo nemico era stato terribile.
In lui era come se qualcosa si fosse spezzato. La sua anima era indecisa tra il combattere per una buona causa e accettare il sacrificio di molti giovani guerrieri, oppure seguire la propria natura e scappare da quel campo che sapeva i morte, e correre via di lì.
Alla fine aveva vinto lo spirito combattivo e aveva trafitto un ragazzino più piccolo di lui a cui si reggeva a malapena l’elmo in testa.
In fondo lui e Aymek si assomigliavano in qualcosa pensò con rammarico, entrambi erano disposti a tutto pur di compiacere i rispettivi padri.
Improvvisamente ai ricordi della prima battaglia si sovrapposero quelli dell’ultima, le facce truci che li guardavano accerchiati e il lampo di delusione che gli era sembrato di scorgere sugli occhi del padre mentre si allontanava insieme al fratello.
Un affondo di Aymek lo riportò alla realtà.
 
  

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Capitolo 16
*** Capitolo sedici ***


Per chi ha cliccato su ultimo capitolo e si è aperto questo, dovete leggere prima il precedente, mi raccomando, ne ho pubblicati due insieme :)

Parò istintivamente e cominciò a contrattaccare.
Impugnava la spada con la mano sinistra e notò che l’espressione di Kio era un attimo mutata, ma era stato freddo e pensò di essersene accorto soltanto lui.
I colpi di Aymek si susseguivano veloci e precisi, mentre lui si limitava a parare e schivare.
- Vedo che ti ho già ferito! - esclamò il principe ad un certo punto.
Leodrian si guardò un attimo il braccio colpito da Faer, aveva ripreso a sanguinare.
Preferì non commentare e cominciò ad attaccare anche lui, ma senza farsi prendere dalla rabbia, capiva che era quello l’intento di Aymek, farlo arrabbiare e stancare, visto che era già debole e poi concludere subito, per andarsi a sposare con Zaffira.
Lo schiavo invece non voleva dargliela vinta.
Cominciò ad attaccare, con la naturalezza di chi lo fa fin da quando è piccolo.
Sembrava che stesse per avere la meglio, ma ad un certo punto Aymek di riscosse e anziché indietreggiare come prima, iniziò ad attaccare a sua volta.
- Pensavi davvero stessi facendo sul serio, povero illuso! - disse il principe evidentemente compiaciuto della sua tattica.
Leodrian aveva sprecato tutte le energie per quegli attacchi, non pensando che era ferito e doveva dosare meglio la forza, aveva fatto un errore da novellino.
Ora non poteva fare altro che difendersi.
 Provò a cambiare mano per confondere Aymek e  una volta soffocati i gemiti di dolore sembrò quasi che il suo piano stesse riuscendo bene, ma poi il principe tentò un affondo audace, mirato al suo stomaco.
Lo schiavo riuscì a spostarsi, ma non quel tanto che gli serviva per non essere colpito, infatti sentì un forte dolore al fianco e un fiotto caldo di sangue gli scese lungo la gamba sinistra.
- Sono sorpreso, non pensavo avresti resistito così tanto, ma ora ti renderai conto anche tu che non hai scampo! -
Leodrian cercò di non darsi per vinto e cambiò di nuovo mano, ma ormai non sorprendeva più il suo avversario.
Ad un certo punto riuscì a schivare un colpo di Aymek ed  a colpirlo ad una gamba, sorprendendolo, gli sembrò una ferita abbastanza profonda, e si riaccese una piccola speranza mentre le forze lo abbandonavano. Pensò che avrebbe avuto bisogno dell’ottimismo di Milo in quel momento.
Forse fu proprio quello, o forse un altro brutto colpo, più doloroso del primo che ricevette alla spalla destra, che gli diede l’idea.
 Si ricordò del combattimento che aveva fatto con il pescatore mentre gli insegnava a tirar di spada, di come l’aveva sorpreso caricandolo di peso e buttandolo a terra. Era la cosa più adatta da fare, infatti per vincere bastava anche solo abbattere l’avversario. Certo, non aveva la stessa prestanza fisica di Milo, ma pensò che con le sue ultime energie e con la forza della disperazione ci sarebbe potuto riuscire. Si decise, non aveva altra scelta.
Quando Aymek tentò un affondo, schivò la spada e si buttò di peso sul principe, facendolo cadere a terra, la sua spada volò a qualche passo da lui. Cercò di soffocare un urlo di contentezza, aveva pensato davvero di non farcela.
Ora, se voleva,  poteva ucciderlo, ma sarebbe stato disonorevole farlo con un uomo a terra. Non ci credeva, aveva vinto.
Cercò di reggersi in piedi nonostante le ferite gli facessero malissimo e nonostante sentisse le forze che lo abbandonavano, doveva farlo per Zaffira.
Puntò l’arma alla gola di Aymek e guardò ansimante verso il re, come a chiedere il permesso di abbassare la spada. Il re gli fece un cenno e lui obbedì.
- Figlio mio ti puoi alzare, nonostante ti abbia sconfitto, il tuo avversario ti ha risparmiato la vita, il duello è concluso, ha vinto lo schiavo Leodrian. - disse il sovrano con un calma glaciale, non si capiva se fosse arrabbiato o meno.
Osservò Aymek che lo guardava come se lo volesse uccidere, ma poi le forze non lo ressero più e cadde in ginocchio. Sentiva ogni fibra del suo corpo dolorante per lo sforzo e il dolore alla spalla non gli dava tregua. Vide Faer correre verso di lui con uno sguardo preoccupato.
Lo aiutò ad alzarsi e gli sussurrò
- Ora ti porto da un dottore per farti curare le ferite, però tu devi rimanere cosciente capito? -
- Si… -  mormorò poco convinto.
Lo scudiero iniziò a parlargli del nonno di come gli voleva bene e di varie altre cose futili. Leodrian capiva che cercava di tenerlo sveglio, mentre lo aiutava, o meglio, lo trascinava da un medico. Provò con tutte le forze a non cedere, aggrappandosi alle parole dello scudiero, ma scivolavano via senza che lui lo volesse, poi divenne tutto buio e non sentì più nulla.
 
Zaffira quando vide che Leodrian aveva vinto non riuscì ad esultare, era troppo preoccupata per la sua salute. Appena lo scudiero lo aveva fatto uscire, per un attimo aveva osservato il pavimento macchiato con il suo sangue, ma poi Kio l’aveva riscossa dai suoi pensieri.  Aveva parlato con voce ferma e chiara, senza dare segni di essere sconvolto dalla sconfitta del figlio, che se ne stava seduto a terra, con l’aria di uno che stava covando una terribile vendetta, mentre si teneva la gamba sanguinante.
- Secondo le regole dettate da re Nafern, io ora dovrei concedere a Leodrian le cose scritte sulla sua lista. Lo ho osservato a lungo mentre combatteva e penso se le meriti…- Fece una pausa scenica e Zaffira  pensò quasi di tirare un sospiro di sollievo, ma si sbagliava  - ma ora vi spiegherò che non potrò accontentarlo in tutto. - una paura gelida attanagliò lo stomaco delle due ragazze, si guardarono, con facce preoccupate - Guardie! Fate entrare i prigionieri! - la paura divenne realtà.
Le porte che conducevano alla parte secondaria della sala si aprirono.
Prima venne avanti una guardia che sosteneva un prigioniero. Il soldato era moro e con la faccia simpatica. Accompagnava Milo.
Il ragazzo aveva i vestiti laceri, la barba lunga, e i capelli scompigliati e incrostati di chi non si lava da tanto e una vistosa fasciatura alla mano destra. Zaffira calcolò che era da più di due settimane che era in cella e si disse che non si era mai preoccupata di lui, anche se tutto sommato sembrava stare bene.
Quando si avvicinarono e la guardia e Milo si misero davanti al re, fece il suo ingresso Ramiro accompagnato dalla sua guardia.
 Sembrava pulito e con delle vesti semplici, ma intatte addosso, come se lo avessero preparato per qualcosa; un brivido gelido percorse la schiena della ragazza. Quando la vide le sorrise come per dirle che era tutto a posto e lei ricambiando il sorriso, sperando di poterci davvero credere.
Milo invece aveva un’espressione sofferente e  si teneva la mano fasciata, ma la ragazza non riusciva a intuire cosa poteva essergli successo.
Entrò un’ultima guardia che trascinava un uomo magro e allampanato, che non sembrava fosse stato in carcere.
 Si disposero tutti e tre davanti al re, e Zaffira si accorse distrattamente che una guardia usciva un attimo.
- Non potrò accontentare lo schiavo Leodrian, perché qua c’è un uomo accusato di tradimento, uno che ha tramato con lui, e l’altro il cui figlio ha cercato di uccidere il combattente vincitore, dopo aver tramato contro il re. -
Ramiro aveva avuto un tremito impercettibile, doveva aver capito che stava succedendo qualcosa di terribile. Milo invece era rimasto serio, ma dal suo viso traspariva solo determinazione, non aveva neanche più l’espressione sofferente di prima. L’altro uomo, che Zaffira non sapeva chi fosse, invece sembrava guardarsi attorno, come in cerca di qualcuno.
La ragazza, dopo aver sentito che qualcuno aveva attentato alla vita di Leodrian, capiva che c’entrava qualcosa, con la ferita che aveva sul braccio all’inizio del combattimento, ma non riusciva a collegare bene i due avvenimenti.
Presto lo avrebbe scoperto, perché dalla porta principale riemerse la guardia che era uscita prima.
Portava con sé lo scudiero di Leodrian che aveva ancora le maniche sporche di sangue, per aver medicato lo schiavo.
Portarono anche lui al cospetto del re e il ragazzo sembrò sconvolto, quando vide l’uomo allampanato. Corse ad abbracciarlo e lui ricambiò, doveva essere il padre, avevano gli stessi capelli rossi carota. Le guardie li separarono e li tennero fermi davanti al re.
- Forse sono stato troppo buono, ma ho deciso, di risparmiare uno dei prigionieri. - fece una pausa per aumentare l’effetto di quello che diceva sui suoi ascoltatori. Zaffira e Bianca confidavano riuscissero a salvare Milo o il padre,  mentre Faer sperava di riabbracciare il suo, di padre. Il ragazzo sentiva che in parte era anche colpa sua di aver eseguito li ordini di Aymek, avendo quindi condannato il padre alla morte; era disperato.
 
Visto che ho aggiornato così in ritardo mi sono detta, perchè non pubblicarne due iniseme, tanto li avevo già scritti e non mi andavadi interrompere la scena a metà. 
Che dire... fatemi sapere che ne pensate se non siete troppo sconvolti...
PS: ringrazio tutti quelli che leggono questa storia o recensiscono! :D

 
 
 
 
 
  

 

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Capitolo 17
*** Capitolo diciassette ***



 
- I prigionieri che verranno condannati a morte sono: Ramiro il mercante, nonché traditore della corona. Quest’uomo è stato trovato in possesso di documenti che erano contro di me ed attraverso di essi ha cercato di spodestarmi dal trono. - lacrime calde cominciarono a bagnare le guancie di Zaffira e Bianca che si abbracciarono, incapaci di dire nulla. Il re si girò a guardarle e sembrò quasi soddisfatto di quello che aveva fatto.
Le due sorelle rimasero sorprese, perché già piangevano anche la morte di Milo, era un possibile usurpatore al trono, ma soprattutto la cosa più pericolosa era che lui e Zaffira erano gli eredi legittimi, quindi avrebbero avuto diritto al trono; ma il re disse:
- Ho deciso di salvare Milo il pescatore, perché essere stato nella casa del traditore, non è poi così grave e ha già scontato una piccola parte della pena stando in prigione. - - Oggi però, morirà anche lo schiavo Galler, perché suo figlio, ha tentato di uccidere lo sfidante del principe e perché  egli ha complottato contro la corona. -
-Questo è tutto, ora procedete con l’esecuzione. -
Bianca nonostante il terribile dolore riuscì a pensare a Milo, era strano che il re lasciasse un possibile erede al trono libero, con la prova della sua discendenza sulla mano, ma per lei ora erano solo pensieri offuscati. Intanto le due guardie che li avevano portati andavano a prendere una spada.
La condanna per i traditori consisteva nel taglio netto della testa per mezzo appunto di una spada. Bianca tremò e cedette anche lei al dolore abbracciando più forte Zaffira, morto il padre le sarebbe rimasta solo lei.
I soldati con le spade si avvicinarono ai prigionieri che cercavano di mantenere un minimo di dignità, rimanendo seri, nonostante si vedesse che avevano paura.
 Quando il soldato fece un passo avanti nella direzione di Galler,  Faer prese coraggio:
- Vi prego vostra maestà potete concedermi di parlare con mio padre per salutarlo un’ultima volta! -  disse nel tono più umile che riusciva e fare in quel momento.
- Va bene penso che tu lo possa fare, ma solo per poco tempo. Se le figlie di Ramiro vogliono approfittare di questa occasione lo possono fare, ma sarà l’ultimo favore che vi concederò.- entrambe ringraziarono mentalmente quel ragazzo che era stato così audace.
 
Faer si alzò di slancio, appena avuto il permesso del re e si precipitò dal padre. Lo abbracciò.
- Come mai ti hanno arrestato? Cosa è successo? -
- Faer, dovevano semplicemente trovare qualcuno da accusare. - si staccò un attimo da lui - Kio ha detto che hai tentato d uccidere l’uomo al quale facevi da scudiero, come mai? -
Suo padre gli aveva sempre insegnato ad essere diretto, ma soprattutto il senso dell’onore e in quel momento gli sembrò quasi di cogliere un lampo di delusione in quegli così simili ai suoi.
- Papà, Aymek ha detto che se non avessi ferito Leodrian, ti avrebbe fatto uccidere… -
- Allora è questo il motivo vigliacco, per cui mi hanno accusato, comunque ho apprezzato il fatto che gli hai lasciato una mano con cui combattere, in qualche modo, gli se rimasto fedele. Tranquillo figliolo tu non hai colpe per quello che mi sta per succedere, quel codardo del principe… - disse abbassando la voce - Avrebbe trovato un altro modo per togliermi di mezzo. - Faer cominciò a piangere.
- Ricordati che io rimarrò sempre con te e ti veglierò sempre. Ti prego cerca in tutti  modi di scappare da qui, questo è un posto in cui le persone subdole come il principe fanno da padroni. Se l’offerta del viaggio da parte del tuo cavaliere è sempre valida sfruttala e cerca di spodestare il re, perché lui sarebbe capace di distruggere il regno di Maxiria, solo per il suo tornaconto personale. -
La voce potente del re disse - Basta, vi ho concesso anche troppo tempo!-
- Ora vai -  si vedeva che faceva una fatica enorme nel trattenere le lacrime.
- Ti voglio bene papà! -
Lo scudiero si allontanò , pensando che suo padre era ammirevole, perché nonostante la morte imminente, cercava di pensare a tutti i modi per aiutare suo figlio e mantenere un minimo di dignità, necessaria per non farsi umiliare dal sovrano.
 
Nel frattempo le due ragazze erano andate da Ramiro.
- Papà! – e lo avevano abbracciato.
Loro non avevano bisogno di molte parole, sapevano già il motivo per il quale era stato accusato.
Il fatto che avesse tradito il re era vero, perché aveva tradotto sul serio documenti contro la corona, ma erano informazioni che avrebbero dovuto essere ascoltate e in teoria il sovrano se fosse stato onesto avrebbe dovuto abdicare nei confronti dei due eredi legittimi. La situazione, però era stata ribaltata e i due ragazzi erano stati visti, uno come criminale e l’altra come la figlia del traditore. Nessuno sapeva della voglia che dimostrava la loro discendenza, a parte Kio e Aymek.
Tutti loro pensavano inoltre che una volta liberi avrebbero dovuto fomentare le truppe del nord contro l’usurpatore, ma non sapevano di quello che avevano fatto a Milo.
- Figlie mie ora ho poco tempo per parlarvi, ma voglio solo dirvi che vi voglio tanto bene e che rimarrò sempre con voi… -  continuò bisbigliando con la voce incrinata dal pianto che tratteneva a stento.
- Ringraziate anche da parte mia Leodrian, ho sbagliato a non fidarmi di lui fin da subito e tu Zaffira hai fatto molto bene a salvarlo, ma soprattutto sono contento, se un giorno gli concederai di realizzare il suo sogno di restare con te per sempre. -  in quel momento a Zaffira quello strano sentimento che provava per Leodrian le sembrò una cosa secondaria, tra pochi istanti sarebbe morto il  loro padre, quello per ora non importava molto. - Se diventerai regina insieme a Milo, io e tua madre ti sosterremo dal cielo… -  -  Tu, Bianca spero che continuerai a fare la mia attività, sei davvero portata. Ricordatevi, anche se non siete sorelle naturali, io vi o sempre amato ugualmente e vi ho sempre considerato come tali e così dovrete sempre fare tra di voi…-
Le due ragazze non erano riuscite a dire una parola, perché capivano che non ce ne era bisogno.
Lo abbracciarono forte e rimasero così fino a che la voce di Kio non li fece separare.
Andarono a sedersi mentre le due guardie si posizionavano dietro ai prigionieri. Zaffira pensò per un attimo, che se ci fosse stato Leodrian avrebbero potuto sconfiggerli e scappare.
Ramiro e Galler si misero in ginocchio, Milo rimase in piedi con gli occhi bassi.
Lo stridore delle spade che uscirono dal fodero lentamente, fece tremare i due condannati. A quel punto a Zaffira venne voglia di non guardare, ma si disse che doveva vedere quell’orrore per rispetto del padre, ma soprattutto, per capire fino a che punto di potesse spingere Kio. Aveva deciso, non sapeva come, né dove, ma avrebbe ucciso Kio e Aymek, fosse l’ultima cosa che faceva.
Sentì distante l’ordine del re
- Procedete all’esecuzione! -
Le lame si abbatterono su quei corpi rassegnati all’inevitabile e il sangue sprizzò via. Sì si disse, mentre il suo mondo le scivolava addosso un solo pensiero era chiaro, li avrebbe uccisi con le sue stesse mani e sarebbe salita sul trono. Lo doveva a suo padre e lo doveva a se stessa.
 
La regina guardava fuori dalla finestra della sua stanza i ragazzi che si allontanavano nella notte, ora di certo sarebbe arrivato Kio, che quando perdeva in qualcosa, rimaneva sempre calmo, ma poi beveva e si sfogava con lei spesso ricorrendo a picchiarla, oppure distruggeva qualche mobile che gli capitava.
 Per fortuna i servi che l’avevano vista entrare nella camera delle ragazze erano stati discreti e non avevano detto nulla al marito, in fondo ne avevano tutti paura, se l’avessero fatto, pensava che lui l’avrebbe già uccisa.
Nonostante i rischi era contenta di aver aiutato quelle due, le erano piaciute, soprattutto quella mora, le ricordava lei da giovane,quando cercava di sfuggire da Kio per tornare dal suo fidanzato; le mancava da morire, era l’unico uomo che avesse mai amato.
Sentì passi pesanti e barcollanti davanti alla porta. Qualcuno bussò, una voce impastata dall’alcol
- Apri! -
Si avvicinò alla porta e lentamente fece quello che le era stato detto, ma tutta la sua determinazione svanì quando vide il marito più ubriaco del solito. 

Eccomi ancora, in ritardo, ma alla fine ho aggiornato! Fatemi  sapere che ne pensate mi raccomando!

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Capitolo 18
*** Capitolo diciotto ***


Seconda parte
 
IN VIAGGIO
 
Ci sarà un’epoca nella quale un re morirà in un incidente.
Che aveva due figli, diceva la gente, ma il nuovo sovrano non era di questa corrente.
Dopo anni di separazione i bambini dovranno compiere una missione.
Il sole verrà con nuove armate da oriente e salverà la situazione deludente.
La luna rimasta sola, riuscirà ad affrontare la sua prova?
(Filastrocche sul futuro, libro primo capitolo due)

 
 
 
Capitolo diciotto
 
La prima cosa che sentì quando si svegliò fu il dolore, lancinante e insopportabile.
Certo in battaglia era stato ferito varie volte, ma mai in maniera così grave, da togliergli il respiro. Sentiva dolore principalmente alla spalla destra e al fianco sinistro. Gli iniziavano a tornare in mente gli ultimi attimi del duello. Non si ricordava di essere stato così male, doveva essere stata l’adrenalina ad averlo sorretto fino all’ultimo.
Aprì gli occhi lentamente, assaporando quegli ultimi secondi  prima di catapultarsi di nuovo nel mondo dei vivi. La luce lo accecò, era pieno giorno. Si trovava in quello che gli sembrava un bosco e aveva la schiena appoggiata ad un albero.
Davanti a lui c’era il suo scudiero intento a mescolare qualcosa, che pensò fosse per lui. Riuscì solo a mormorare con la voce roca:
- Faer… -
- Leodrian! Finalmente ti sei svegliato! -  gli rispose sorridendo. Un sorriso tirato con gli occhi gonfi di pianto, per la morte del padre, ma pur sempre un sorriso, doveva aver versato tante lacrime, ma ora sembrava che stesse abbastanza bene.
Cercò di ricambiare, ma quella che gli uscì assomigliava più ad una smorfia.
- Guarda, ti sto preparando un impacco da mettere sulle ferite dovrebbe diminuire il dolore, quei libri sulle erbe alla fine sono serviti a qualcosa, spero che funzioni! - lo sperava anche lui.
Una volta finito di mescolare disse:
- Ora farà un po’ male, perché devo pulire le ferite, stringi questo. - gli mise tra i denti quello che gli sembrò un bastoncino. Leodrian non immaginava come potesse essere peggio di così quindi annuì sperando solo in un eventuale sollievo.
Quando gli toccò la ferita alla spalla si trattenne a stento dall’urlare, fortunatamente per le altre fu un po’ meno doloroso.
Finito di pulirle posò lo straccio macchiato di sangue e prese quello che stava preparando in precedenza. Glielo applicò e lui provò una piacevole sensazione di fresco.
Allora, visto che si sentiva leggermente meglio con quella specie di medicina, decise di formulare la domanda che gli interessava di più.
- Zaffira… dov’è? Come sta? – chiese sempre con la voce rauca.
- Tranquillo, sta bene, lei e Bianca sono andate al fiume a farsi un bagno, Milo le ha accompagnate fino ad un certo punto, per evitare che facessero brutti incontri. -
Leodrian capiva che se si erano fermati e loro avevano avuto il tempo di fare un bagno era solo per colpa sua.
Aymek l’aveva ridotto talmente male che era difficile solo muoversi di poco, figurarsi affrontare un viaggio fino al nord. Constatò tristemente che con lui in quelle condizioni i soldati del principe li avrebbero raggiunti tra molto poco. In fondo avevano solo due giorni di vantaggio, e con la scusa di prendere lui e Faer avrebbero riportato al castello anche Zaffira, Bianca e Milo. Non poteva permetterlo. Si ripromise che gli avrebbe parlato, ormai aveva deciso di consegnarsi a principe e di far fuggire Faer, era l’unico modo per salvare tutti gli altri,  alla fine era lui quello sul quale si volesse vendicare Aymek. Era una soluzione estrema, ma per ora gli sembrava l’unica possibile via d’uscita.
Si fece coraggio e chiese con timore :
- Faer, io… sinceramente come sto? -
Lo scudiero ci pensò in attimo e cercò le parole giuste.
- Be… ti riprenderai, applicandoti tutti i giorni questo impacco di erbe le ferite dovrebbero rimarginarsi… -
- Faer te lo chiedo per favore, dimmi la verità! -
- Te l’ho detto, ti riprenderai…-
- Faer, so di stare molto male, ti prego dimmi sinceramente cosa ho? -
- Va bene… -  - Allora, la ferita che ti ho inferto io… - disse con la voce triste - Per fortuna non è molto grave, guarirà con poco. Quella al fianco è già più grave, ma con un po’ di tempo e con le giuste cure dovrebbe richiudersi. Quella che mi preoccupa di più è quella alla spalla. - -Lì la spada ha fatto molti danni, è…molto grave spero guarisca, io ho fatto il possibile, hai perso molto sangue… -
Era dispiaciuto e si sentiva in colpa, per avergli fatto la ferita al braccio che l’aveva penalizzato durante tutto il combattimento.
In quel momento arrivarono gli altri ragazzi a interromperli.
Zaffira gli sembrò bellissima, mentre lui non doveva avere un bell’aspetto, si passò la mano sul viso per stropicciarsi gli occhi.
Milo, si era lavato, dopo più di due settimane di prigione, ma la barba lunga era rimasta, e come essa anche i vestiti stracciati. Leodrian pensò che dovevano comprarsi delle vesti più ordinarie. Il pescatore sembrava un mendicante, le due sorelle che erano ancora abbigliate per il matrimonio, sembravano delle principesse che avessero sbagliato storia, mente per lui bastavano o solo i capelli a farlo notare, figurarsi ora che assomigliava a qualcuno uscito da qualche guerra finita male. Faer era l’unico che in quel gruppo sembrasse minimamente normale, e quindi si potesse confondere con la folla, nel caso in cui sarebbero dovuti scappare, cosa molto probabile visto che fuggivano dalle guardie del re.
Quando lo videro sveglio Zaffira sfoderò uno dei suoi sorrisi, ma velato di tristezza, anche lei aveva pianto come Faer.
Corse da lui, mentre Bianca e Milo la seguivano più lentamente.
- Leo! Ti sei svegliato! - - Ho temuto che non c’è l’avresti fatta! - - Non ti abbraccio , per non peggiorare la situazione, ma fidati vorrei farlo. - - Quando quel maledetto di Aymek ti ha colpito gli sarei voluta saltare addosso, così vedeva cosa succede a fare del male ai miei amici! -
Leodrian si trattenne dal dirle che se l’avrebbe abbracciato non li sarebbe importato niente del dolore, ma che avrebbe voluto farlo lui stesso. Un po’ era dispiaciuto che l’avesse definito solo un suo amico, ma pensò che era già un passo avanti da definirlo il suo schiavo, si disse che ora l’amava probabilmente di più e ora lei, anche se sembrava allegra, aveva bisogno di conforto, aveva perso suo padre da meno di un giorno.
Milo disse
- Per fortuna, anche io quando io ti ho visto così pallido mi sono detto, che se mi lasciavi chi mi avrebbe insegnato ad usare la spada, non ho mai conosciuto uno bravo quanto te! - Si vedeva che anche lui gli voleva bene.
Bianca non disse nulla, perché non c’era altro da aggiungere, poi non aveva mai avuto un grande rapporto con lui ed era piuttosto silenziosa.
- Grazie ragazzi, se non c’eravate voi sarei morto, mi avete salvato per la seconda volta! - si accorse che gli era tornata la voce e riusciva a parlare meglio anche se gli costava fatica.
- Smettila di ringraziarci, questa volta, sei tu che ci hai salvato dal principe, è il minimo che potessimo fare. -  rispose prontamente Zaffira, mentre Faer fece una faccia perplessa, lui la prima volta non c’era, ma preferì non fare domande.
Bianca superati quei primi discorsi decise di fare come al solito il punto della situazione.
- Allora;  Kio ha detto che avrebbe iniziato a contare i giorni da questa mattina. Per far capire a Leodrian che giorno è oggi, il combattimento c’è stato ieri. - Lui annuì concentrato.
- Quindi abbiamo meno di due giorni di vantaggio sui soldati del re, che hanno cavalli freschi e riposati, a differenza nostra che siamo svantaggiati. Quindi non possiamo pretendere di essere più veloci di loro. -
- Il nostro unico modo di salvarci è riuscire a non dare nell’occhio e a nasconderci. Di sicuro avranno fatto girare una nostra descrizione, anche del modo in cui siamo vestiti, così attiriamo troppa attenzione. -
Si interruppe per lasciar parlare anche gli altri. Queste erano tutte idee che frullavano nella mente di tutti i componenti del gruppo, ma lei era stata l’unica a riuscire a fare il punto della situazione. Leodrian apprezzò il fatto che non avesse detto che erano lenti per colpa sua. Avrebbe provato a stringere i denti ed affrontare il viaggio lo stesso, se non ci fosse riuscito li avrebbe lasciati e sarebbe andato per conto suo a consegnarsi ai soldati.
Visto che nessuno aveva niente da dire Bianca continuò
- Quindi avevo pensato che potremmo andare nel prossimo villaggio sulla strada che secondo la mappa di Leo dovrebbe essere Peligri che dista due ora di viaggio da qui; infatti ora dovremmo essere nel bosco dopo la città di Detri, vicino alle montagne basse, abbiamo camminato un po’ questa notte. -
- Lì potremmo comprare degli abiti e delle provviste con i miei gioielli e quelli di Zaffira. - - Poi proseguiremo verso nord, cercando di frequentare locande poco affollate e presentandoci come due famiglie di mercanti. -
- Per voi va bene? -  
Tutti annuirono, era il piano migliore che potessero fare, anche se capivano benissimo che era l’unico che avesse possibilità di riuscita, anche se molte poche.
Quella notte più che camminare era stata una marcia disperata, al buio con le due mercantesse che piangevano, Milo che cercava di essere presente a se stesso, con il dolore alla bruciatura che non gli dava tregua, ma che cercava di ignorare e Faer che conduceva sia il suo cavallo che quello di Leodrian, piangendo anche lui. Lo scudiero si sentiva così in colpa che si era praticamente nominato suo infermiere personale.
- Ah dimenticavo, ti chiami Faer giusto? -  continuò Bianca.
- Si, perché? -
- Ti volevo chiedere se potevi preparare qualcosa contro le ustioni per la mano di Milo. -
- Va bene, vieni Milo fa vedere! -
Lui era l’unico tra loro che non sapeva la storia dei due gemelli, quindi non poteva immaginare la causa della bruciatura, ma essendo molto discreto non chiese niente.
Il misterioso mago a parte la strana formula magica pronunciata, con il fuoco gli aveva fatto una brutta scottatura, non pericolosissima, ma abbastanza dolorosa. Tutto era servito a far scomparire la voglia, e questa non sarebbe ricomparsa, tranne che alla presenza di un mago molto potente, e di maghi molto potenti a Maxiria ce ne erano molti pochi.
Milo fu contentissimo che Bianca si fosse accorta dei suoi problemi con la mano, ma i suoi sentimenti nei suoi confronti erano strani.
La considerava una bellissima ragazza, ma non gli sembrava di amarla, il suo era tutt’altro sentimento da quello di Leodrian per Zaffira, ma era quello più vicino all’amore che avesse mai provato in tutta la sua vita quindi gli sembrava che lei fosse la donna adatta a lui.
I problemi erano due, che Bianca era più grande e che aveva avuto già altre storie, quindi non sapeva bene come comportarsi. Il secondo problema riguardava la sua condizione di povero pescatore, per nulla interessante, a differenza sua, bellissima mercantessa anche se non più ricca come prima. Il disagio provato nei sui confronti era simile a quello provato inizialmente per Zaffira ma poi lei si era subito messa sul suo stesso livello e aveva provato a fare amicizia, mentre alla sorella sembrava non importare molto, rimaneva piuttosto distaccata.
Faer interruppe i suoi pensieri.
- Vieni Milo ti metto questo, è contro le ustioni, ti dovrebbe dare sollievo, e la aiuta a guarire. -
- Perfetto, grazie! - Il pescatore si chiedeva dove il ragazzo prendesse tutte quelle erbe, ma sembrava che a Leodrian avessero fatto bene, quindi preferì non mettersi a discutere con l’esperto in materia.
Bianca tornò alla parola
- Io direi che possiamo iniziare ad andare. Per l’ora di pranzo dovremmo arrivare a Peligri, ora dovrebbero essere più o meno le dieci e qualcosa, abbiamo già perso abbastanza tempo. -
Tutti annuirono di nuovo, la mercantessa aveva assunto il ruolo di capo e navigatore, e andava bene, perché sembrava che sapesse come sempre quello che faceva.
Leodrian raccolse tutto il coraggio e chiamò a raccolta tutte le sue forze, ora il dolore alle ferite era quasi sopportabile, con quella cosa che gli aveva messo Faer, che aveva lasciato una macchia verde sui vestiti impolverati. Di sicuro muovendosi, sarebbero di nuovo peggiorate, ma doveva tentare di alzarsi allora chiese aiuto.
- Scusate ragazzi a me servirebbe una mano… -   Lo scudiero, nonché infermiere personale fu subito da lui. Quello era l’unico modo per muoversi, ma gli dava un forte senso di impotenza, se fossero stati attaccati o inseguiti, lui probabilmente sarebbe stato più che altro un peso per loro.


Scusate per il ritardo ad aggiornare, ma alla fine ce l'ho fatta!
La filastrocca ad inizio capitolo è stato un'ideuzza che mi è venuta all'improvviso, e non è trovata da qualche personaggio o cose simili, ma ricordatevi le parole, perchè vi serviranno tra qualche capitolo. VI chiedo come sempre di farmi sapere che ne pensate! :D

 
 
 
 
 
 
 
  

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Capitolo 19
*** Capitolo diciannove ***


 
Aymek osservava la finestra malinconico, era passata una sera da quando i ragazzi si erano allontanati dal castello.
- Quei maledetti avranno già percorso qualche chilometro di strada, mentre noi ce ne stiamo qui ad aspettare! - esclamò rivolto al suo attendente, un ragazzo sulla ventina moro, magro e alto.
- Signore…vedrete che li raggiungeremo subito con i cavalli freschi… - Per la sua incolumità non poteva di certo dire che erano potuti scappare a causa del principe che si era fatto battere.
- Sciocchezze! - disse girandosi bruscamente verso il ragazzo. - Non sappiamo neanche da che parte sono andati! -
L’attendente non sapeva che fare, quando il principe era arrabbiato era incontrollabile. L’entrata di Kio lo tirò fuori da quella brutta situazione.
- Figlio, guarda che è colpa tua che ti sei fatto battere da quello schiavo per di più ferito, quindi ora non stare a lamentarti come una femminuccia per esserti fatto scappare la tua donna. -
Evidentemente doveva aver sentito la prima parte della conversazione da fuori. Suo padre era l’unico che gli poteva parlare così, non si sarebbe fatto insultare in quel modo da nessun altro.
- Fuori! - urlò rivolto allo scudiero trattenendo a stento la rabbia.
- Padre, io te lo avevo detto che era meglio non accettare il duello e farli uccidere tutti tranne Zaffira, ora abbiamo i due gemelli del vecchio re in giro per il regno di Maxiria indisturbati. -
Esclamò quando la porta fu chiusa.
- Non mi venire a fare la predica tu ora! Io ho solo fatto rispettare la legge e ti ho anche agevolato permettendoti di far ferire il tuo avversario, non pensavo certo che mio figlio si lasciasse battere così! - -Soprattutto non tentare più di mancarmi un’altra volta di rispetto, ricordati sempre che io sono tuo padre! -
- Va bene scusa hai ragione, però come hai risolto il fatto dei gemelli che si aggirano per il regno? -
- Tranquillo, ho fatto fare da un mio mago un incantesimo potentissimo, e poi ho fatto bruciare la voglia di Milo in modo che sparisca per sempre. Così quando la mostrerà solo Zaffira nessuno crederà a lei, per dimostrare di essere figli di Refel devono essere in due e poi ricordati che il testamento del re ce lo abbiamo noi. -
- Fantastico padre, e scusa ancora per prima, devo ricordarmi che prima di parlare devo pensare a quello che dico. -
- Cerca di riposarti e far guarire quella ferita, voglio credere che sia colpa di quella che non ragioni. - Disse indicando la gamba bendata - Tra due giorni potrai andare ad inseguirli, e fargli vedere che non si sfugge a re Kio. -  e così se ne andò.
Almeno il principe aveva avuto un po’ di appoggio del padre e questo lo faceva sentire meglio, anche se capiva che sarebbe stato definitivamente bene solo quando avesse catturato i fuggitivi.
 
 
Intanto i ragazzi erano arrivati alle porte del villaggio di Peligri.
Avevano fatto entrare solo Faer, per prendere tutto quello che gli serviva per il viaggio, quando il ragazzo fosse tornato sarebbero entrati anche loro, per andare in qualche locanda a far riposare un po’ Leodrian, ma come avevano constatato prima, dovevano cambiarsi prima di andare in mezzo alla folla.
Intanto si erano seduti sotto alcuni alberi a godersi un po’ l’ombra e il fresco.
Ormai con l’estate alle porte iniziava a fare caldo verso l’ora di pranzo, ma soprattutto dopo essere stati a cavallo sotto il sole.
Leodrian si sentiva malissimo come quando si era svegliato e iniziava a pensare che essere lasciato lì a morire in pace fosse stato meglio che affrontare tutto quel dolore, solo per rallentare i suoi amici, alla cui salvezza in quel momento teneva più della sua stessa vita.
Era impossibile anche solo immaginare una giornata intera a cavallo, non ce l’avrebbe fatta ne era certo, a meno che Faer con i suoi intrugli non avesse potuto compiere un miracolo.
Proprio in quel momento il ragazzo tornò. Ci aveva messo poco.
Teneva due sacchi che immaginarono dovessero contenere i vestiti. Si avvicinò e restituì i soldi avanzati a Bianca e Zaffira.
- Sei stato veloce! - esclamò quest’ultima  - e soprattutto molto bravo con le spese, non pensavo ti avanzassero, dovevi comprare vestiti a tutti. Bianca, nonché nostra cassiera sarà fiera di te! - disse rivolgendosi alla sorella che fece un mezzo sorriso per ricambiare.
La cassiera tornò subito al punto
- È il momento di andarci a cambiare, fai vedere un po’ cosa hai preso! -
Afferrò i sacchi e li aprì. Prese un vestito con le maniche a tre quarti celeste chiaro di una stoffa poco pregiata, con una cintura di cuoio ruvido.
- Questo lo prendo io. -
- Zaffira questo è per te - disse passandole un vestito molto simile, di color rosso non troppo acceso. Infine porse a Milo una camicia anonima e dei pantaloni marroni. E fece lo stesso con Leodrian che raccolse i vestiti con un fare sofferente per quell’ennesimo movimento doloroso.
- Questi mi sembrano i più piccoli, tieni Faer! - disse lanciandoli allo scudiero.
- Io e Zaffira andiamo al fiume a cambiarci, quando torniamo poi possono andare Milo e Faer. Per voi va bene? -
- Sì -  esclamò la sorella a nome di tutti.
Poi sentirono la debole voce di Leodrian
- Guardate, io penso che se per voi va bene non mi cambierò, potrei far sfigurare Milo… -
Cercava di prenderla con un po’ di ironia, quando per lui sarebbe stato impossibile sfilarsi la camicia, muovendo la spalla.
- Non penso che le ragazze resisteranno comunque al tuo fascino - rispose il pescatore sorridendo.
Zaffira commentò guardandolo e facendo un sorriso tirato.
- hai assolutamente ragione! -
 
Il villaggio era composto da una quindicina di cassette costruite praticamente nel bosco. C’erano due taverne, poiché era un luogo di passaggio e quelle costituivano una delle poche fonti d’entrate economiche dei paesani. Scelsero quella più povera.
Era posta all’entrata del villaggio. Dall’insegna di legno consumata dalle intemperie, che si agitava al vento sembrava che quel posto si chiamasse la “ La taverna dei due draghi”.
Una volta entrati si trovarono in uno stanzone buio, nonostante fosse solo l’ora di pranzo. C’erano pochi tavoli disposti a zigzag, con gente poco raccomandabile seduta con i cappucci dei mantelli tirati su.
Le due cameriere sfrecciavano da un tavolo all’altro cercando di non dare troppa confidenza agli uomini mezzi ubriachi che tentavano di attaccare conversazione.
Al bancone stava un uomo magro dal viso scavato che dimostrava non più di una cinquantina d’anni, e guardava con fare non troppo discreto Zaffira e Bianca.
Allora  Milo si avvicinò con la sua prestanza da lottatore e gli coprì la visuale chiedendogli una stanza.
L’uomo a quel punto sembrò desistere dalla sua opera di conquista e fischiò in direzione di una delle cameriere che venne verso di loro e posò con fare affrettato il vassoio sul bancone e chiese
- Sì… - pronta a correre a qualsiasi tavolo.
- Fike puoi accompagnare i nostri ospiti alla camera numero cinque? -
- Certo, certo seguitemi - rispose rivolgendosi ai nuovi arrivati.
Impiegarono parecchio tempo ad arrivare nella camera, perché Milo dovette praticamente trascinare Leodrian che era ormai privo di forze fino alla stanza.
Una volta arrivati notarono che era più grande di quanto immaginassero, ci sarebbero entrati tutti, era meglio non prendere altre camere, per risparmiare.
La cameriera, una volta sistemato il ferito sul letto li guardò con aria curiosa, ma non fece domande, doveva essere abituata a scene molto più strane lavorando in una locanda del genere. Si limitò ad aspettare sulla porta per il pagamento senza dire nulla. 
Bianca capì al volo
- quanto viene la camera? - constatò con rammarico per le sue tasche, che in quel momento con Leodrian sdraiato sul pagliericcio avrebbe potuto chiedergli qualsiasi cifra. Per fortuna fu onesta.
- Sono dieci merete a notte -
- Perfetto, eccole - - pensiamo di rimanere solo questa notte. -  disse la mercantessa tirando fuori dal borsellino i soldi richiesti. Fortunatamente  Faer le aveva portato il resto, altrimenti pagando in oro si sarebbero sicuramente fatti notare ancora di più.
La cameriera li prese e se ne andò aggiungendo
- Ah, dimenticavo. Per il pranzo fate vedere questo. - disse porgendole un biglietto consumato. - È  tutto compreso con la camera, a parte il vino ovviamente. – Milo fece una faccia triste, ma nessuno gli diede retta.
- Bene, grazie Fike. -  la congedò Bianca entrando e chiudendo la porta.
- Ora abbiamo del  tempo per riposarci. - - Faer  per favore dai una mano a Leo. - Disse rivolgendosi a tutti. Lo scudiero annuì serio. 


Chiedo scusa per averci messo così tanto ad aggiornare, ma gli ultimi giorni di scuola si sa, sono quelli pieni di compiti in classe!
Ringrazio tutti quelli che mi recensiscono oppure che leggono le mie storie, senza di voi non sarei mai andata così avanti :)
Spero di esssere più veloce ad aggiornare, con la fine dela scuola, ma non voglio sbilanciarmi, quindi nno vi assicuro nulla.  Al prossimo capitolo.
- Hoshi98 -

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Capitolo 20
*** Capitolo ventuno ***


 
Erano passati meno di cinque giorni da quando Leodrian e Faer se ne erano andati. Ormai avevano aggirato le montagne basse passando a est, ed erano arrivati nella zona pianeggiante che precedeva le montagne alte.
Il viaggio era stato abbastanza tranquillo e non avevano incontrato praticamente nessuno.
A parte Milo che le prima volte aveva cercato di iniziare una conversazione le due sorelle erano piuttosto silenziose. Entrambe distrutte dal dolore della morte del padre e per Zaffira, anche dalla fuga di Leodrian.
Il primo giorno di viaggio senza di lui aveva pensato anche come potesse raggiungerlo, ma poi aveva capito che era inutile e poteva solo pregare.
Non aveva mai creduto che ci fosse un Dio preciso. Nel regno di Maxiria non c’era una religione ufficiale, quindi la popolazione venerava varie tipi di divinità, da culti con dei crudeli e sanguinari, che esigevano sacrifici a religioni con un Dio buono e comprensivo. Nella sua famiglia credevano tutti che ci fosse una qualche divinità che avesse creato il mondo, ma a nessuno era mai importato il nome che gli affidavano. Qualunque essere superiore ci fosse in cielo in quel momento Zaffira ci si affidò con tutto il cuore e gli chiese di risparmiare Leodrian, rivederlo,  per riabbracciarlo e dirgli che una parte del suo cuore aveva capito che forse lo amava.
Finora si erano fermati solo in qualche villaggio di poche case ed avevano dormito sempre all’aperto.  Ormai i soldati di Aymek li stavano cercando da un po’, mai il loro vantaggio era che nessuno sapeva dove erano diretti, quindi gli inseguitori non avevano una direzione precisa da prendere. L’importante era superare il valico sulle montagne alte, perché una volta al di là di esso la regione nonostante appartenesse ufficialmente al re, la gente appoggiava maggiormente i ribelli e parlava addirittura la loro lingua. Comunque al valico oltre le montagne dovevano arrivarci, quindi avevano preso delle precauzioni.
Con chiunque incontravano fingevano di essere tre fratelli che facevano i mercanti ed erano in viaggio. Se chiedevano magari dettagli su personaggi o spedizioni particolari, che conoscevano solo quelli del mestiere rispondeva Bianca che era decisamente più esperta della sorella.
Quel pomeriggio arrivarono ad una fattoria.
Un uomo sui trent’anni li accolse, in modo abbastanza caloroso, e gli offrì qualcosa da mangiare e una camera per riposarsi, senza fare domande, a tutti sembrò una benedizione.
Inoltre li invitò la sera a cena con lui, visto che la figlia e la moglie erano fuori disse che era contento di avere un po’ di compagnia.
 
- Vorrei farvi una domanda,  cosa ci fanno tre mercanti del sud oltre le montagne basse? – chiese il fattore che li aveva accolti.
- Cosa le fa pensare che siamo del sud? - rispose Bianca mantenendo il tono cordiale della conversazione, per non mostrare  che non volevano rivelargli nulla del motivo del loro viaggio.
- Lo sento dal vostro accento! -  esclamò sorridendo l’uomo. Aveva capito che non volevano che gli fossero rivolte domande, e decise che se si fossero trattenuti altri giorni si sarebbe fatto raccontare tutto, ma per ora voleva godersi la serata.
- Non importa, volevo saperlo solo perché da quando ho acquistato questa fattoria dal figlio di una vecchia signora non passa molta gente di qua. Comunque non parliamo di questo se non volete, ditemi, avete notizie di quello che succede su al nord? -
Tutti ingraziarono mentalmente quell’uomo cordiale.
- No, fino a qui però non si vedono tanto i segni della guerra. -
- Si, l’ ultimo uomo del nord che ho visto era uno schiavo che lavorava  qui prima di me. Chissà se hanno tutti i capelli così lunghi… -
Zaffira pensò immediatamente ad una cosa. Quell’uomo aveva parlato di una vecchia signora di cui il figlio aveva venduto la fattoria, nella quale lavorava uno schiavo del nord, dai capelli lunghi.
- Per caso questo schiavo di cui ha parlato aveva i capelli lunghi fino in vita e gli mancava parte del mignolo? -
- Si…mi sembra di si, mi ricordo anche che quando lo hanno venduto non mi sembrava per niente sottomesso, si sa quelli sono ribelli, non sono molto adatti ad essere schiavizzati… -
Tutti e tre si guardarono e sorrisero per la prima volta dopo giorni, sapevano tutti di chi stava parlando l’accogliente fattore.
- Cosa ho detto di  strano? – chiese l’uomo aggrottando le sopracciglia scure. Aveva notato gli sguardi d’intesa che si erano lanciati i ragazzi.
 
Leodrian era decisamente migliorato. Quando era arrivato al rifugio dei ribelli era quasi morto, dopo aver perso molto sangue e aver cavalcato anche nelle sue condizioni.
Il nascondiglio si trovava all’interno delle montagne, in grotte naturali, nelle quali avevano fatto un vero e proprio villaggio.
Per fortuna dei due nuovi arrivati, all’interno di questo paese nella roccia c’era un bravo medico, che aveva ricucito la ferita alla spalla e aveva applicato cure migliori di quelle che Faer aveva potuto trovare nel bosco. Comunque aveva affermato sicuro, che se lo scudiero non fosse intervenuto subito, il principe del nord probabilmente sarebbe già morto. Il ragazzo non poteva fare a meno di sentirsi fiero di sé stesso.
Essendosi abbastanza rimesso, Leodrian aveva deciso di spiegare bene la sua storia, ovviamente tralasciando il fatto dei gemelli del re e tutta quella parte, dicendo che si era ferito mentre combattevano per fuggire dal castello. Il capo del villaggio aveva ascoltato interessato e alla fine aveva concluso che una volta guarito lo avrebbero aiutato a tornare a casa.
Ad entrambi i viaggiatori il capo, che avevano scoperto chiamarsi  Prices, gli era sembrato un uomo assennato e coscienzioso. Prima possedeva una grande proprietà vicino al bosco di Detri, ma quest’ultima gli era stata tolta dal re, per questo si era unito alla resistenza e ben presto ne aveva preso il comando, perché tutti riconoscevano le sue doti.
Erano lì da circa sei giorni e Faer da almeno tre prendeva lezioni di botanica dall’esperto medico che curava Leodrian. Il ragazzo era affascinato dalle piante e da loro utilizzo medicinale, il medico era un uomo taciturno, ma di buon cuore era contento di insegnargli.
Entrambi erano contenti che dopo quello che avevano passato c’erano persone disposte ad aiutarli.
Quella mattina però il ragazzo non si recò dal suo nuovo maestro, bensì da Leodrian, dal quale voleva farsi raccontare, il motivo per cui erano stati risparmiati, e cosa significasse quel tatuaggio.
Il giovane era alloggiato in una capanna ai margini del villaggio, che prima era disabitata. Le uniche persone che lo visitavano erano Faer e il medico e da quando si era sentito un po’ meglio di era messo a leggere qualche libro appartenente alla comunità che gli aveva gentilmente prestato il capo villaggio.
Il ragazzo entrò nella capanna che era abbastanza presto. Leodrian era sveglio e stava leggendo qualcosa. Quando vide il suo ex scudiero entrare chiuse il libro e lo appoggiò su un tavolinetto che aveva accanto al letto di legno. Le finestre erano spalancate e entrava abbastanza luce, nonostante fossero dentro una grotta, infatti nella roccia vi era un’apertura naturale che illuminava tutti gli ambienti a giorno.
Faer si fece avanti e si mise ai piedi del letto in silenzio. Intanto anche il suo interlocutore si metteva faticosamente seduto, con la schiena appoggiata al muro. Fu lui a parlare per primo.
- Ciao Faer, so benissimo che sei qui per un motivo ben preciso, a quest’ora dovresti avere le lezioni con il tuo maestro di botanica, cosa c’è? – disse tutto d’un fiato e sulla sua barba di qualche giorno si stampò un sorrisetto furbo.
- Mi conosci troppo bene…-  - Io ho sempre cercato di farmi i fatti miei e di non fare domande, ma vorrei sapere assolutamente la spiegazione del tatuaggio che hai sulla spalla… sappi però che se è una cosa troppo importante o segreta, puoi anche non dirmi nulla, non mi arrabbierò… -
Leodrian sorrise di nuovo
- Se siamo amici deve esserci fiducia, quindi fai bene a chiedermi tutto quello che ti preoccupa e io se posso risponderò. -  - Il tatuaggio sulla spalla è il simbolo della mia famiglia. Io…sono il figlio di re Pirel. Questa civetta identifica tutti i membri appartenenti alla casata reale. Non ti ho svelato nulla prima, perché è un segreto molto importante che tu dovrai mantenere, infatti lo sanno solo Milo, Bianca e Zaffira, se vengo scoperto potrei essere arrestato ed ucciso. -
Faer era sorpreso, non se lo aspettava, ma come avevano fatto gli altri ragazzi in precedenza non lo biasimò affatto, lo faceva per salvarsi la vita.
- Manterrò il segreto, stanne certo! -  - Però ho un’ altra domanda, come sei arrivato tu nel castello di Aymek?. -
Leodrian sorrise di nuovo, questa volta la storia era più lunga. Decise di potersi fidare di Faer e gli raccontò la storia del re Refel e dei gemelli, che erano il vero motivo della permanenza al castello, dell’uccisione di Ramiro e della loro fuga. Quando parlò dell’esecuzione vide che al ragazzo sgorgava una lacrima, lì era stato ucciso anche suo padre. Finora non ne avevano ancora parlato, ma sapeva che il suo ex scudiero ne soffriva molto, ma comunque con gli altri non ne parlava quasi mai e  sembrava che fosse tutto a posto.
- Ora mi spiego parecchie cose, infatti prima mi chiedevo come mai avessero arrestato tutti i tuoi amici, mi sembrava un fatto senza spiegazione, grazie per il chiarimento, tranquillo non dirò niente a nessuno, di me ti puoi fidare, non ti tradirò un’altra volta… -
Anche quella era un altro argomento da affrontare. Leodrian sapeva che il ragazzo non avrebbe mai voluto danneggiarlo in alcun modo, e gli dispiaceva che lui soffrisse per averlo ferito prima del combattimento e si sentisse in colpa per quello che era stato obbligato a fare contro la sua volontà.
- Faer, guarda che per quello che è successo prima del duello io non ce l’ho per niente con te, sei stato costretto a farlo e oltretutto hai trovato un modo di farmi combattere lo stesso, rischiando anche tu. Quindi direi che tutti i dubbi tra di noi sono stati chiariti vero? - odiava rimanere con le questioni in sospeso.
L’altro gli restituì un grande sorriso  - Grazie di tutto! - e lo abbracciò.
- Piano, piano - 

Miei cari lettori, scusate per il ritardo, ma sono andata una settimana fuori, e mi sono dimenticata di avvertirvi.
Questo è un capitolo un pò di passaggio, fatemi sapere cosa ne pensate, mi raccomando, ringrazio in anticipo quelli che leggeranno o recensiranno, un saluto da hoshi :D

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Capitolo 21
*** Capitolo venti ***


  
Dormire era un ipotesi improbabile.
Erano tornati subito nella stanza dopo la cena.
Lui non era sceso, gli avevano portato le cose in camera. Era riuscito a mangiare e si sentiva un minimo meglio, ma sempre malissimo.
Si erano messi a letto da poco, prima avevano organizzato la marcia per l’indomani. Per sperare di seminare Aymek era troppo poco. Per le sue forze era impossibile, ormai ne era certo, infatti aveva preso una decisione, finalmente aveva un piano sensato. L’avrebbe messo in atto quando fosse stato sicuro che tutti dormissero.
Sentiva i loro respiri regolari, tranne quello di Zaffira. Infatti la ragazza piangeva sommessamente. Leodrian non potè resistere, allungò il braccio sano verso di lei e le accarezzò dolcemente i capelli,  in un modo un po’ più intimo di quello di un amico. Nel buio della camera riusciva a scorgere solo il profilo della sua schiena, ma lei quando sentì la sua mano si girò verso di lui e gli sorrise tristemente, sembrava che quella confidenza gli andasse bene.
- Andrà tutto bene – le sussurrò
- Grazie… -  mormorò prima di chiudere gli occhi e addormentarsi, vinta dalla stanchezza.
Era il momento di attuare il piano.
Sempre cercando di fare meno rumore possibile, prese la borsa dove Bianca teneva tutte le loro cose. Sapeva di trovare due fogli di carta con un pezzetto di grafite, la mercantessa se li portava sempre, quindi erano rimasti nella sua borsa.
Li prese e cominciò a scrivere, anche se all’inizio trovò difficoltà, per l’utilizzo della mano sinistra nella scrittura, poi il suo polso si abituò di nuovo e già dopo due  righe si trovò a suo agio.
 
Cari amici,
vi scrivo questa breve lettera per spiegarvi i motivi della mia improvvisa partenza.
Da quando mi sono svegliato così ridotto ho capito di essere un peso per voi, infatti se ci prenderanno, sarà solo colpa mia se vi riporteranno al castello. Inizialmente avevo pensato di consegnarmi di re, e di lasciarmi nelle sue mani. Poi ho capito che dovevo almeno provare a salvarmi la vita, quindi ho deciso di tentare la fuga. L’unico e forse ultimo favore che vi chiedo e di non venirmi a cercare, e di bruciare questa lettera o qualsiasi cosa abbiate di me, per voi io ho preso un'altra strada usciti dal castello  e non sapete più niente di me e, se mai vi prenderanno, cosa che non vi auguro,fate finta di avermi completamente dimenticato.
Un ultima cosa. Se mai dovessi salvarmi, vi raggiungerò da mio padre, dove vi ho indicato sulla mappa. Poi vi lascerò un'altra lettera per lui che non  vi farà cacciare dal castello.
Ricordate che siete stati i migliori amici che abbia mai avuto e che mi dispiace lasciarvi così, ma lo faccio per voi, perdonatemi e… mi dispiace...
 

Mentre le lacrime iniziavamo a scendergli lente sulle guance strappò il pezzo restante del foglio e vi scrisse due righe per dire al padre che era vivo e che probabilmente sarebbe tornato a casa; finalmente. Soprattutto però raccomandava i suoi amici e diceva che loro gli avrebbero raccontato la sorte del figlio.
Ora gli era avanzato solo un altro piccolo pezzo del foglio iniziale. Sapeva cosa fare. Scrisse tre righe per Zaffira, dove non le confessava ancora di amarla, ma diceva che gli sarebbe mancata particolarmente e la pregava di perdonarlo.
Una volta finite le tre lettere sistemò le prime due sul davanzale della piccola finestra, mentre quella per Zaffira accanto a lei.
Sempre nella borsa di Bianca, cercò qualche braccialetto da vendere per poter sopravvivere, solo l’indispensabile, cercando di toglierne il meno possibile a loro.
Quando gli sembrò di averne preso il necessario si fece forza. Era il momento di alzarsi, da solo. Per ora lo aveva sempre aiutato Milo, ma era arrivato il momento di farcela con le sue forze. Dopo due tentativi in cui si diede una debole spinta, alla terza volta riuscì a rimanere in piedi. Si appoggiò al muro dietro il suo pagliericcio, per non perdere l’equilibrio, cercare di trattenere le urla di dolore che provenivano da tutto il corpo e fermare le vertigini. In quel momento pensò che non avrebbe più avuto i magici antidolorifici di Faer.
Pensando allo scudiero si girò verso il suo giaciglio e vide che si stava agitando nel sonno. Proprio mentre pregò con tutto se stesso che lo scudiero non si svegliasse, quest’ultimo sembrò aprire gli occhi. Certo con quel buio era facile essersi sbagliati, ma quando il ragazzo si rizzò a sedere capì di averlo svegliato. Eppure non aveva fatto praticamente alcun rumore. Doveva avere il sonno leggerissimo.
Faer come se avesse capito non disse una parola. Si alzò senza fare il minimo rumore, si avvicinò a lui e ancora assonnato, gli sussurrò in un orecchio.
- Cosa fai? -
- Me ne vado, sono diventato solo un peso per voi, vi ho lasciato delle lettere. Ora però devo andare, altrimenti svegliamo gli altri. - rispose Leodrian sempre sussurrando.
- Vengo con te! E non voglio che tu sollevi obbiezioni. Ora sei sotto la mia responsabilità, devo riportarti vivo da Zaffira. Andiamo, prima che si sveglino. -
Il ferito non fece in tempo ad obbiettare, che già l’altro si era messo moto. Aveva preso la sua busta dei medicinali e dopo aver tolto quelli per la scottatura di Milo, se l’era caricata in spalla ,mentre con l’altra sorreggeva il peso del compagno. Una volta fatto questo si avviò verso l’uscita. Aprì lentamente la porta cercando di non far rumore e Leodrian fece in tempo a guardare dentro la stanza,verso i suoi migliori amici e verso la donna che amava, con la consapevolezza che non li avrebbe più rivisti.
 
Milo fu quello a svegliarsi per primo. Era abituato a dormire poco, e poi destarsi la mattina, per andare a pescare. Si accorse subito dell’assenza di Leodrian.  Infatti aveva il pagliericcio accanto al suo. Sconvolto si guardò attorno ancora intontito dal sonno e si accorse che mancava anche Faer.
Non c’erano dubbi se ne erano andati entrambi. Mentre cercava di dare una spiegazione a quella fuga improvvisa vide le lettere sul davanzale.
Aveva quasi imparato a leggere, forse sarebbe riuscito anche a capirle, ma decise di svegliare anche le ragazze per dargli la notizia.
Chiamò prima Bianca, che appena saputo l’accaduto disse di chiamare immediatamente la sorella.
Quando Zaffira fu sveglia la sua prima reazione fu rimanere senza parole. Il comportamento di Leodrian di quella notte, era stato strano, ma non si aspettava che il suo fosse un addio.
Il suo lato pratico le diceva che aveva fatto bene ad andarsene, in teoria li rallentava solamente, ma le urlava anche che un giovane ferito gravemente, insieme ad un ragazzino di quindici anni, per di più ricercati non sarebbero sopravvissuti per molto.
Il suo secondo pensiero fu di andare a cercarli.
Una volta espresso la sua idea venne fermata da Bianca che disse:
- Io ho letto parte della lettera e penso sia meglio che lo faccia anche tu, così capirai cosa ci vuole dire Leodrian con questa fuga. -
La sorella le fece un sorriso rassicurante mentre prendeva la lettera della sue mani.
Prese un bel respiro ed iniziò a leggerla. Riconosceva la calligrafia curata e minuta di Leodrian, anche se era leggermente tremolante e frettolosa.
Una volta conclusa quella lettura, riusciva a capire lo schiavo e i motivi che lo avevano spinto a quella fuga improvvisa ed estrema. Forse era vero, adesso non avrebbe voluto inseguirli, come al solito la sorella le aveva dato un consiglio giusto, anche se non riuscì a trattenere due lacrime che le sgorgarono lente dalle guance.
Non aveva ancora finito però con le lettere. Infatti proprio in quel momento vide quella che il ragazzo prima di uscire aveva lasciato vicino a lei. Sembrava che tutti gli altri fossero presi dall’altro foglio e da quello indirizzato al capo del nord, allora mentre Bianca li leggeva a Milo, lei fece scivolare il breve messaggio in una delle tasche della sua tunica, pensò a quanto le mancavano i suoi amati pantaloni, con le tasche larghe e la stoffa liscia.
Decise che l’avrebbe letto quella sera e di non distruggerla fino a quando non lo avesse rincontrato, qualsiasi cosa contenesse, anche sciocchezze. Restava sempre l’ultimo ricordo di Leodrian e della sua esistenza nella sua vita.
 
 
Viaggiarono per tutta la notte e si fermarono al limitare del bosco solo quando Leodrian si diede ufficialmente per vinto.
Avevano portato con se due cavalli, qualche braccialetto d’oro e le medicine necessarie. Per dormire non presero molte precauzioni, perché quando all’alba arrivarono esausti erano troppo stanchi per decidere qualsiasi cosa.
La mattina dopo si svegliarono per rimettersi in marcia. Il loro scopo era quello di arrivare alla meta prendendo strade diverse da quelle degli altri ragazzi.
Mentre Faer sistemava le loro cose per la partenza sentì un improvviso rumore alle sue spalle. Leodrian dormiva ancora, ma aprì gli occhi di scatto.
Lo scudiero si immobilizzò e guardò l’altro in cerca di un impossibile aiuto. Infatti da parte sua l’ex schiavo stava già pensando al fatto che se fossero stati soldati di Aymek, avrebbe fatto scappare l’amico. Nessuno fiatò, mentre si muovevano i cespugli vicino a loro.
Il rumore si faceva sempre più vicino. Faer cominciò a pentirsi di aver seguito Leodrian e di non averlo distolto dal suo proposito suicida.
Intanto che lui rifletteva, qualcuno uscì dal folto del bosco ed entrambi pensarono che erano i soldati e che li avevano trovati, stavolta era davvero finita.
Uscirono tre uomini. Come si aspettavano erano armati.
Nonostante possedessero armi non sembravano guardie del re. Erano vestiti poveramente e avevano le barbe incolte. Però,intimarono a Faer di stare fermo.
A quel punto quello che sembrava il più autoritario dei tre chiese:
- Chi siete? -
Quella era una domanda complicata a cui dare una risposta, e lo sapevano tutti e due. Per dire la verità avrebbero dovuto confessare di essere due schiavi sfuggiti dal castello di Aymek, ma potevano anche essere davanti ai maggiori sostenitori del re, non potevano rivelarglielo.
Faer decise di improvvisare una risposta ambigua
- Siete voi quelli che ci state puntando addosso delle armi, non dovreste essere i primi a presentarvi? Comunque sappiate che almeno noi non abbiamo intenzioni ostili - guardò significativamente Leodrian per far notare il suo stato, mentre cercava di fermare il battito del suo cuore, sorpreso anche lui di aver dato una risposta così sicura e senza apparenti tentennamenti.
- Ragazzo cercherò di sorvolare sulla tua insolenza - rispose il capo dei tre. - Se vuoi proprio sapere chi siamo io te lo dirò, ma ora siamo costretti ad uccidervi. -
Non gli diede neanche il tempo di dire  che se era in gioco la loro vita si pentiva di quella risposta insolente. Continuò
- Noi facciamo parte della guarnigione dei ribelli delle montagne basse, saremo anche meno famosi di quelli del nord, ma penso avrete sentito parlare di noi giusto? -
Annuirono entrambi. Quei ribelli, a differenza dei sudditi di re Pirel non sostenevano  del vecchio re, ma erano semplicemente in lotta con le leggi di Kio.
Le loro fila erano costituite da gente povera, o caduta in disgrazia ed erano organizzati in una resistenza solo da pochi anni. Si occupavano principalmente di rubare ora alle carovane del re, impoverire le sue casse o cercare di contrastarlo appena ne avessero avuto l’occasione.
Nessuno sapeva dove vivevano precisamente, ma era sicuro che il loro rifugio fosse nella zona delle montagne basse, nonostante i soldati del re li avessero più volte cercati.
Ora Leodrian e il suo scudiero dovevano cercare una via d’uscita da quella situazione potenzialmente pericolosa.
Come nessuno si aspettava a quel punto si udì la voce sofferente di Leodrian.
- Aspettate prima di ucciderci… dovete vedere una cosa. -
Il capo annuì scetticamente, allora il ferito chiese a Faer di abbassargli la camicia, sulla sua spalla sinistra.
- Perché mai…. - Provò ad obbiettare lo scudiero.
- Ti spiegherò tutto dopo! Ora ti prego fa quel che ti ho chiesto -
Il suo scopo era quello di mostrare ai ribelli il tatuaggio che contraddistingueva tutti i membri della casata reale del nord, lo scudo con la civetta. Appartenendo alla resistenza nordica, che aveva in amicizia i componenti di quella delle montagne basse, sperava di essere risparmiato da quegli uomini, o almeno era l’unica speranza  che gli rimaneva.
Quando videro il tatuaggio i tre ribelli rimasero evidentemente sorpresi, di certo non se lo aspettavano. Il più autoritario disse semplicemente, ritrovando l’espressione impassibile di prima
- Quando ti sarai un minimo rimesso mi spiegherai precisamente chi sei. Comunque se volevi stupirmi, beh…ci sei riuscito. -
- Ora venite, vi daremo una mano, e potrete rimanere con noi. -
Faer tirò un sospiro di sollievo e disse.
- Perfetto, grazie. -
Gli altri due diedero una mano ad alzarsi a Leodrian e tutti si diressero al loro rifugio, che per fortuna dei viaggiatori era a distanza di poche centinaia di metri da loro.
 
 
Eccomi qui, con il primo aggiornamento estivo!
Che dire, capitolo abbastanza triste, per alcuni versi, ma felice per altri. Leo si separa dai suoi amici, ma loro possono continuare più velocemente e lui alla fine è in buone mani.
Fatemi sapere che ne pensate, mi raccomando! 
Come sempre ringrazio chi legge o chi lascia un commento con dei consigli. 

Hoshi98 
  

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Capitolo 22
*** Capitolo ventidue ***


 
Dalla casa del fattore il viaggio era proseguito per altri tre giorni.
Da quando erano allo scoperto, nelle pianure non avevano ancora incontrato soldati, ma sapevano che oramai dovevano essere sulle loro tracce. Potevano però essere fieri di loro stessi. Non avevano dato nell’occhio e il viaggio procedeva abbastanza velocemente, di lì a poco sarebbero stati oltre il valico, molto difficili da scovare dopo le montagne. Il problema era affrontare almeno altri due giorni di viaggio allo scoperto, più passava il tempo, più c’erano probabilità di incontrare soldati nemici.
Era una mattina calda e soleggiata. Il loro viaggio silenzioso continuava, anche se l’umore di tutti era un po’ migliorato Milo sapeva di avere un problema.
Da quando gli avevano bruciato la voglia, non si vedeva più. Sospettava che fosse stata la formula che aveva pronunciato quella specie di mago a farla sparire, al suo posto era rimasta solo una macchia ustionata, rossa e dolorosa.
La questione della magia era complicata. Nel regno erano in pochi quelli a saperla usare, di solito erano facili incantesimi curativi o filtri che donavano chissà quali poteri per brevissimo tempo. Milo era sicuro che una volta guarita l’ustione la voglia non si sarebbe più vista, quel mago gli sembrava potente.
Se voleva fomentare una rivolta asserendo di essere il figlio di re Refel, come faceva se non poteva neanche dimostrarlo, la voglia di Zaffira da sola non diceva nulla. Ora capiva il motivo per cui il re non li aveva uccisi tutti. Perché  per lui, senza  di quella  non costituivano più un pericolo. Quell’uomo era davvero furbo.
Mentre era assorto nei suoi pensieri, Bianca avvicinò il cavallo al suo.
- Mi sembra di aver sentito dei rumori alle nostre spalle, tu hai notato qualcosa? -
- No, ma è meglio metterci al lato della strada, e nasconderci per quanto possiamo. -  rispose Milo cercando di essere lucido, poteva essere chiunque a  seguirli.
Comunicarono la notizia a Zaffira che annuì seria. Il problema principale erano i posti dove nascondersi che scarseggiavano. Gli alberi se li erano lasciati alle spalle da almeno due giorni e adesso procedevano tra le verdi colline, percorse da qualche strada come quella dove si trovavano loro. Tutti e tre decisero di dirigersi verso delle rocce che erano al lato del sentiero. Ora si sentiva chiaramente il rumore di zoccoli che si avvicinava. Le ragazze si misero dietro le rocce e Milo, fingendosi un pastore dalla barba incolta si posizionò all’altro lato della strada, con i cavalli che non potevano essere nascosti.
 Il rumore di zoccoli si fece sempre più vicino, fino a quando Milo non scorse distintamente delle sagome di cavalieri. Cercò di essere il più naturale possibile, mentre il suo cuore batteva a mille.
 
Portare solo due guardie fidate nel suo viaggio le era sembrata una buona idea. In fondo lei era la principessa guerriera di Nereval, o se preferivano delle terre sconosciute. Il suo era un viaggio di esplorazione. In fondo i loro due popoli avevano molto in comune. Nell’antichità i regnanti di Maxiria e di Nereval si diceva si fossero incontrati, e avessero stretto amicizia, ma da quel tempo lontano non c’erano stati più rapporti tra le due popolazioni.
Le caratteristiche fisiche erano praticamente uguali, quelli della sua gente avevano solamente la pelle più olivastra e i tratti più marcati.
La sua missione voleva unire i due popoli.
Quando era andata a parlare con il re Kio, dopo aver atteso un giorno per avere udienza si era sentita dire che erano sempre stati bene senza conoscere i loro vicini marittimi e poi l’aveva invitata ad uscire dal suo castello.
Lei nonostante esigesse un minimo di rispetto si era detta che se voleva unire i due popoli doveva essere accondiscendente e umile. Allora era uscita a testa alta dalla sala – era pur sempre una principessa – ed era passata nella città, mettendosi a parlare con le persone che incontrava per fare conoscenza con quelle gente. Con la lingua era riuscita a cavarsela, perché negli scritti del re che aveva  fatto incontrare i due regni, c’era un specie di dizionario, in cui lei aveva imparato le parole base, per articolare un  discorso sensato, anche se aveva avuto comunque difficoltà perché quegli scritti erano di almeno cento anni prima.
Una volta scoperte queste sue conversazioni era intervenuto il re che l’aveva cacciata dalla città.
Nonostante questa umiliazione non si era fermata nella sua opera di conoscenza di quel popolo che l’aveva accolta in modo così ostile. Questa sua ostinazione però aveva fatto arrabbiare la famiglia reale.
Ed era questo il motivo per il quale era inseguita da quella mezza dozzina di cavalieri. Lei e le sue guardie scappavano da almeno dieci minuti e ormai i loro inseguitori li stavano raggiungendo, avvantaggiati dal fatto che i cavalli della principessa erano affaticati dai giorni di viaggio.
Gli inseguitori erano dietro di loro, poteva sentire i respiri pesanti dei cavalli e girandosi notava le armi che avevano appena tirato fuori, di certo non volevano parlare.
Decise di ricorrere ad una soluzione estrema. Prese da una delle sacche della sella il suo fidato arco e le frecce.
Fin da piccola era sempre salita sui cavalli. Ormai quei bellissimi animali facevano parte della sua vita e dalla loro sella sapeva fare tutto.
Incoccò la freccia, si girò e tirò un dardo verso l’inseguitore più vicino che si accasciò sulla sella.
Fece lo stesso con altri due nemici, ma il quarto rispose uccidendo il suo compagno con l’arco e l’altra guardia venne colpita dalla spada di un assalitore che si era avvicinato. Erano rimasti in tre contro una e si accorse con rammarico che difficilmente ce l’avrebbe fatta. Sentì un dolore bruciante ad un braccio. Perfetto l’avevano anche colpita, ora ne era certa sarebbe morta.
 
Lo spettacolo che gli si parò davanti, Milo di certo non se lo aspettava.
C’era una ragazza mora dalla pelle olivastra con un vistoso taglio sul braccio che cercava di lanciare frecce dalla sella ad alcune guardie, con divise simili a quelle che aveva visto nel castello di Kio.
Mentre ripeteva se stesso che doveva ignorarli per non compromettersi, intanto inconsciamente pensava già a come dare una mano a  quella ragazza. Per lui, tutti quelli che in qualche modo combattevano contro il re dovevano essere aiutati.
Fece un rapido calcolo, con sé non aveva armi, ma intorno a lui era pieno di rocce che
potevano essere lanciate, non aveva un ottima mira, ma confidava nel fatto che almeno li avrebbe distratti, per permettere poi alla ragazza con l’arco di colpirli.
Decise di attuare il suo piano, anche perché i cavalli andavano molto veloci, quindi gli rimanevano pochi istanti.
Non ci stette tanto a pensare prese tre grosse pietre dal lato della strada e le scagliò contro gli assalitori della donna. Dall’altra parte della strada Zaffira e Bianca lo guardavano sbalordite, chiedendosi perché non li aveva semplicemente ignorati, ma Milo era fatto così, non poteva ignorare.  
I sassi colpirono solo un inseguitore sui tre rimasti. Certo non era un ottimo risultato, considerando la poca distanza e la grandezza delle pietre. Però il suo intervento era servito, infatti le guardie si girarono verso di lui permettendo alla ragazza di colpirne un altro. L’unico problema era che l’ultimo soldato veniva nella sua direzione.
Mentre si preparava al colpo che avrebbe presto ricevuto capì che non poteva opporsi, ma nemmeno per un attimo si pentì della scelta che aveva fatto, se poteva avrebbe rilanciato quelle pietre mille e mille altre volte.
Poi probabilmente fu un attimo, ma lui vide la scena al rallentatore, il soldato ebbe un fremito, una pietra non troppo grande lo aveva colpito al braccio con il quale brandiva l’arma e l’aveva fatta cadere praticamente davanti a Milo, quando se l’avesse tenuta un attimo di più gli avrebbe staccato la testa di netto.
 
La principessa, mentre pensava di essere già morta, quasi non credette ai suoi occhi quando vide il pastore al lato della strada che tirando tre grossi sassi verso le guardie che la inseguivano, ne colpiva una e distraeva le altre.
Fu sorpresa, ma riuscì subito a ritrovare la sua lucidità. Si girò e colpì con un'altra guardia con uno dei suoi terribili dardi, mandandola fuori combattimento, ma l’ultima si diresse subito verso quel giovane che l’aveva aiutata, e con dispiacere capì che non ce l’avrebbe mai fatta a incoccare una freccia e lanciarla, prima che quel soldato colpisse il suo sconosciuto aiutante. Comunque rimase con lo sguardo incollato alla scena che si svolse davanti ai suoi occhi.
Da dietro le sue spalle partì una pietra di medie dimensioni che andò a colpire il braccio armato dell’aggressore. Non perse tempo e lanciò la freccia incoccata poco prima, per poi girarsi con il dardo in una mano e nell’altra l’arco di legno.
Vide una ragazza mora molto  bella  dai capelli lunghissimi che impugnava una piccola fionda. Anche lei era pronta a colpirla. Così si guardarono, una con l’arco, l’altra con la fionda, con i muscoli tesi, pronte, se necessario a lanciare. 


nuovo capitolo!
in vacanza ormai avrete capito che ritardo è il mio secondo nome.
Comunque in questo nuovo aggiornamento inserisco un personaggio abbastanza interessante ( almeno per me) che conosceremo meglio più avanti.
Per ora sappiamo solo che è una misteriosa ragazza proveniente da Nereval un regno vicino a Maxiria. Scusate per l'improvviso cambio di scena con la quale l'ho presentata, ma non sapevo proprio come introdurla.
Se avete consigli o critiche fatemi sapere, è tutto ben accetto.
Un bacio e alla prossima

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Capitolo 23
*** capitolo ventitrè ***


- Calma ragazze! – era stato Milo a parlare.
Zaffira fu la prima ad abbassare l’arma, e così fece l’arciera sconosciuta. Nella coscienza del pescatore dopo un attimo per riprendersi dallo spavento, pian piano si era insinuata la consapevolezza di quello che era accaduto.
Aveva quasi perso la vita per salvare una sconosciuta, rischiando di mandare all’aria la missione e tutto quello che avevano passato sarebbe stato inutile solo per un suo gesto avventato. Se Zaffira non fosse intervenuta, lui non avrebbe avuto più la testa sul collo.
Questa consapevolezza lo atterrì con la potenza di un macigno, ora si stava rendendo conto di quello che era appena successo. Cercò di scacciare quei pensieri, quel che è fatto è fatto si disse.
- Direi di scendere da cavallo, e di posare le armi. – disse Zaffira con un fare acido rivolta alla sconosciuta rimasta ostinatamente in groppa al destriero. Intanto le due sorelle erano venute verso di loro e si erano messi tutti e quattro al lato della strada.
La sconosciuta si presentò.
- Io sono Elis. – disse tendendo una mano a Milo e guardando verso le altre.
- grazie per avermi salvata, mi avrebbero di sicuro uccisa.-  considerando come era stata trattata dal sovrano di quel regno, preferiva non sbandierare la sua vera identità ai quattro venti quindi si mantenne sul vago.
 - Io Milo e loro sono Zaffira e Bianca. – disse indicandole.
Nessuna delle due sorrise, mentre entrambe si limitavano a scoccare sguardi omicidi al pescatore.
Dopo qualche secondo di imbarazzante silenzio Elis disse
- Io vado ad occuparmi delle guardie ferite. - con questo tutti sapevano che intendeva ucciderle.
Appena si fu allontanata, Milo si preparò ad una conversazione difficile. Bianca iniziò:
- Come ti è saltato in mente di lanciare quei sassi, hai attirato l’attenzione delle guardie ed hai rischiato che una ti uccidesse, cosa non ti è chiaro del nascondersi! – aveva esclamato tutto d’un fiato alzando la voce e perdendo il suo  naturale autocontrollo.
- Si hai ragione non dovevo farlo… ma è stato più forte di me, sapete come sono fatto, non potevo rimanere a guardare mentre la uccidevano. - - Mi dispiace –
Si erano aspettate di essere contestate, di dire che sbagliavano a comportarsi così, ma non certo le sue scuse sincere. Si vedeva che era pentito. Neanche Bianca riuscì a rimanere impassibile davanti a Milo che appariva così dispiaciuto, infatti aggiunse borbottando:
-Comunque l’importante è che non sia successo nulla di grave. -
Milo le regalò uno dei suoi sorrisi migliori, mentre anche Zaffira si univa all’ilarità generale. 
- Mi è sembrata molto carina, hai visto come ti ha ringraziato “grazie di avermi salvata, senza di te mi avrebbero uccisa!”- disse canzonando Elis, mentre Bianca rideva silenziosamente.
- Guarda che lo ha solo detto perché senza di me sarebbe davvero morta.- disse Milo sulla difensiva, ma sempre sorridendo.
- Si ma tu dovevi vedere come ti guardava, fidati, per me un pochino le interessi, con il tuo intervento, hai fatto colpo! –
- Si Zaf ha ragione! – esclamò la sorella. Mentre l’altra non poteva fare a meno di pensare a Leodrian in quel momento così allegro, chissà lui dov’era e se era ancora vivo.
 
 
Dopo sette giorni dalla loro conversazione, era arrivata l’ora di partire. Leodrian lo sapeva, dovevano mettersi in viaggio per arrivare da suo padre, nell’Isola del Gigante, all’estremo nord di Maxiria.
Dispiaceva sia a lui che a Faer abbandonare quelle persone che li avevano ospitati per tutti i giorni di convalescenza necessari al principe. Si sentiva ancora debole e la ferita alla spalla non si era rimarginata del tutto, mentre  delle altre rimanevano piccoli tagli, ma voleva assolutamente raggiungere la sua famiglia che non vedeva da più di sei mesi, e gli mancavano da morire anche Zaffira, Milo e un pochino Bianca.
Faer da parte sua, si era trovato benissimo con i ribelli delle montagne basse, aveva appreso molto dal medico che gli insegnava l’arte medicinale, e gli si era affezionato.
A salutarli vennero tutte le persone del piccolo villaggio nella roccia, c’era il capo Prices, il medico e i ragazzi con cui lo scudiero aveva fatto amicizia; gli sarebbero mancati tutti.
Avevano fornito due cavalli freschi e delle provviste ai due viaggiatori. Era di più di quanto si potessero aspettare, con gli animali ci avrebbero messo poco, e non avrebbero dovuto fermarsi in nessun villaggio a prendere da mangiare. Leodrian offrì a quella gente così gentile, parte dei gioielli che si era portato dietro, quando si era separato dagli altri amici, ma non accettarono. Lui ripromise a se stesso, che appena ne avesse trovato il modo li avrebbe ricompensati.
 
Appena uscirono all’aria aperta il calore del sole li scaldò piacevolmente, era da troppo che erano sotto terra.
Dopo aver percorso meno di due chilometri di strada però sentirono il rumore di zoccoli e gli sbuffi di alcuni cavalli, alle loro spalle. Realizzarono che non avrebbero avuto il tempo necessario per fuggire, allora cercarono di mantenere la calma. Leodrian disse
- Faer, ci seguono cerca di essere il più naturale possibile. -
Il ragazzo annuì con un espressione chiaramente impaurita.
I cavalli erano sempre più vicini. Il principe si era girato ed aveva visto i loro inseguitori. Erano in quattro, ma non  sembravano avere a che fare con Kio, le divise non erano quelle che avevano i soldati al castello, anche se non avrebbe potuto dirlo con certezza, perchè gli uomini avevano il sole alle spalle, quindi, non riusciva a distinguerli bene.
Non ebbe bisogno di aspettare molto, presto i cavalli li affiancarono. Quello che vide però non se lo aspettava di certo.
 
Rileggendo questo capitolo mi sono accorta che è abbastanza corto, ma ora devo partire, quindi è il massimo che sono riuscita a combinare.
Fatemi sapere comunque che cosa ne pensate, la storia non verrà aggiornata per quindici giorni, ma ho già quasi pronto il capitolo dopo, appena torno spero di riuscire a pubblicarlo.
Ricordatevi che le vostre recensioni mi sono sempre di molto aiuto, spero avrete ancora volgia di scriverne!
Un saluto e buone vacanze!
Hoshi

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Capitolo 24
*** Capitolo ventiquattro ***


D’istinto Leodrian spostò la treccia bionda dietro la schiena e raddrizzò le spalle, per prepararsi ad affrontare chiunque stessero per incontrare.
Accanto a lui si era fermato un uomo. Si girò nella sua direzione e lo poté vedere chiaramente. Involontariamente si guardò la sua mano sinistra, lì dove mancava parte del mignolo.
Era stato lui a tagliarglielo.           
Si erano appena imbattuti in alcuni mercanti di schiavi.
Leodrian cercò di mantenere la sua espressione imperturbabile e guardare fisso davanti a sé, ma evidentemente all’uomo la situazione divertiva, perché esclamò:
- Guarda un po’ chi si rivede! -  - Da quanto tempo è che non ci vediamo, sei mesi? -
Faer non capiva, ma dall’espressione del suo compagno, quell’uomo non doveva portare nulla di buono. 
- Che c’è non si saluta più una vecchia conoscenza? Sei per caso arrabbiato? -
L’altro continuava a cavalcare guardando fisso davanti a sé, mentre Faer preferiva non fare domande, si disse che dopo avrebbe chiesto spiegazioni al suo compagno di viaggio.
Intanto i tre mercanti di schiavi restanti si erano messi attorno a loro.
Finalmente Leodrian si decise a controbattere
- Yero, sappiamo entrambi quello che è successo, quindi ora noi andiamo per la nostra strada e voi per la vostra. - - Vieni Faer –
Mentre lo scudiero avvicinava il cavallo al suo, impaziente di allontanarsi da quei quattro, la voce di Yero lo fermò.
- Dove andate, mi sembra scortese, lasciarci così, e io che volevo farmi una bella chiacchierata! - disse sorridendo e i suoi occhi scuri si illuminarono.
- Non abbiamo nulla da dirci e lo sai! – esclamò alterato Leodrian.
- Forse è vero, ma ora che mi viene in mente, come mai giri libero così? Se ancora schiavo  
Sbaglio?– aveva visto il braccialetto di ferro.
- Non sbagli. -
Dentro di sé penso che era finita, mentre il suo cervello cercava la scusa più plausibile da raccontargli sentì la voce di Faer, che rompeva quel silenzio teso.
- Infatti l’ho comprato al mercato di Detri due settimane fa ed ora dovrei andarlo a portare a mio padre se non vi dispiace. – disse tirando su le maniche e mostrando che lui non aveva il bracciale, essendo nato al castello, il re non gli aveva messo segni che lo distinguessero dagli uomini liberi.
Il mercante era rimasto sbalordito, aveva sperato di cogliere il suo ex schiavo, magari nel momento della fuga da qualche parte e poterlo catturare, non gli era mai piaciuta la sua arroganza.
Sarebbe stato comodo prenderlo senza pagare nulla. Ora se lo voleva, doveva passare alle maniere forti, ma sapendo che quello si sapeva difendere, decise di lasciare perdere, non ne valeva la pena.
- Vabbè, se non volete proprio averci al vostro fianco potete andare! -
I due non se lo fecero ripetere due volte, e dopo aver continuato su quella strada per meno di cinque minuti girarono al primo incrocio, avrebbero allungato un pochino, ma si sarebbero liberati di quella sgradevole compagnia.
Appena furono soli Leodrian esclamò
- Faer sei stato grande, sembravi così sicuro! -
 Il suo compagno lo interruppe troppo curioso per rispondere
- Senti Leo, chi erano quelli? –
- Erano i mercanti che mi hanno preso per primi e che mi hanno fatto questo. – disse mostrando il mignolo. – diciamo che preferisco non averci nulla a che fare. –
Con quello la conversazione era terminata. Entrambi da quell’incontro avevano capito una cosa, il loro viaggio era appena iniziato ed avrebbero potuto incontrare chiunque sulla loro strada, dovevano stare attenti.
 
Erano intorno al fuoco.
Quella scena a Milo non poté far altro che ricordare dove tutto era iniziato, da quella sera, quando aveva scoperto chi era.
Da quel momento quante cose erano cambiate, pensando alla sua vita precedente ,si accorgeva che era stata vuota. Certo, ora rischiava la vita, ma aveva amici che gli volevano bene ed uno scopo, una missione. Doveva salire sul trono che gli spettava, lo doveva fare per se stesso, per tutti quelli che si erano sacrificati per quella causa, Ramiro, per primo, ma anche Leodrian, che era stato ferito e poteva anche essere morto.
Una voce lo distrasse dai suoi pensieri.
Alzò la testa, di fronte a sé vide gli occhi neri di Elis. Le ombre del fuoco, in quella notte scura giocavano sui tratti delicati del suo viso, pensò a come era diversa dalle altre ragazze che aveva mai incontrato, lei era una guerriera.  Portava i capelli neri liscissimi tagliati all’altezza del collo, più lunghi davanti e più corti dietro. Indossava un corpetto di cuoio nero scollato, una fasciatura al braccio ferito, e dei pantaloni marroni attillati, che sottolineavano il suo fisico snello e le sue forme generose. Inoltre negli stivai alti fino al ginocchio aveva infilato un pugnale e sulla sella del suo cavallo nero come la notte, vi era il suo arco.
Nessuno di loro sapeva chi fosse e neanche dove fosse diretta, ma tra di loro, c’era un tacito accordo, non volevano sapere niente dei reciproci passati.
La voce a chiamarlo però era stata quella di Zaffira.
- Milo ci sei, ti eri incantato! -
- Si, stavo solo riflettendo un attimo… -
- Come organizziamo i turni per questa notte? – ad interromperli era stata Elis. Zaffira spostò il suoi occhi nocciola su di lei.
- Perché dovremmo fare dei turni? –
- Perché non è che di notte, vicino alle montagne alte, covo dei ribelli, sia un posto molto sicuro dove dormire. –  rispose come chi insegna qualcosa ad un bambino che non capisce.
- Si… hai ragione – ammise con rammarico la mercantessa. Finora non ci avevano pensato e si accorse di come erano stati sciocchi. Ovviamente lei non conosceva il vero motivo del loro viaggio, e magari tra qualche giorno si sarebbero separati, ma aveva avuto un ottima idea.
- Inizio io se per voi va bene, non ho mai avuto bisogno di dormire troppo. –
- Per me è perfetto, penso che intanto noi di possiamo metterci a riposare, domani sarà una lunga giornata. -
Il pescatore annuì sbadigliando, l’indomani avrebbero dovuto attraversare le montagne alte, ormai erano quasi arrivati. Però forse si sarebbero separati da Elis, e questo si accorse che gli dispiaceva.
 

 

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Capitolo 25
*** Capitolo venticinque ***


Per chi avesse aperto questo capitolo, ne ho pubblicati due insieme, quindi dovete leggere prima l'altro!



Zaffira si alzò di malavoglia.
Era stanchissima, per lei che era abituata a vivere una vita tranquilla e sedentaria quei giorni di viaggio l’avevano distrutta fisicamente e mentalmente, ma si fece forza pensando che erano quasi arrivati. In giornata avrebbero attraversato le montagne alte.
Da lì avrebbero proseguito per altri due giorni fino ad arrivare sulla costa del mare del nord, dove, presa una barca, con meno di un giorno di viaggio sarebbero arrivati sull’isola del Gigante, ultimo rifugio dei ribelli. Secondo la mappa di Leodrian il castello di suo padre si trovava sulla costa dell’isola.
Bastava mostrare la lettera che aveva scritto lui, bene custodita nella borsa di Bianca , per farsi accogliere da Pirel. Sembrava tutto così facile e lei per un attimo ci credette. Essere arrivata, che tutto sarebbe stato facile, che il destino non avrebbe avuto nulla in serbo per loro. Decise di crogiolarsi in quei pensieri felici ancora per un po’, mentre il sole ormai quasi estivo sbucava da dietro le montagne. Accanto a lei sentiva gli altri alzarsi, era tempo i rimettersi in marcia. Fece forza sulle sue gambe, che non ne volevano sapere di risalire di nuovo a cavallo.
 
La mattina passò veloce e in silenzio, erano tutti e quattro stanchi. Elis aveva chiesto se poteva viaggiare con loro, dicendo che anche lei doveva andare oltre le montagne alte. In realtà dopo che i soldati con i quali viaggiava erano morti, non aveva nessuno con cui andare, neanche un modo per ritornare a Nereval, quindi aveva preferito continuare il viaggio con loro finché avrebbe potuto, erano stati così gentili, soprattutto Milo, erano gli unici che conosceva e mai come in quel momento si era sentita sola.
Superate le montagne alte, nelle persone ci fu un radicale cambiamento, a parte il modo di portare i capelli, perché molti uomini li avevano lunghi, mutò la lingua che parlavano.
Quei territori in teoria appartenevano a Kio, i ribelli da meno di un anno, dopo aver perso un importante battaglia, erano confinati nell’isola del Gigante, ma la gente di lì parlava ancora la loro lingua.
L’unica a sapere l’idioma del nord era Zaffira, che  quindi avrebbe fatto da traduttrice per tutti.
Il paesaggio era rimasto uguale a quello prima delle montagne, ma ora dovevano stare attenti, che anche pattuglie del nord avrebbe potuto catturarli.
Decisero di avvicinarsi ad un villaggio per vedere se avevano posti  per la notte, ormai si stava già facendo buio.
Ne scorsero uno in lontananza. Il profilo delle poche casette fu uno spettacolo per i loro occhi, tutti pensarono finalmente che erano arrivati, che tra poco si sarebbero messi a riposare, quando sentirono un rumore alle loro spalle. Lo udirono tutti, perché si guardarono terrorizzati, Elis mise una mano sull’ arco e l’altra sul pugnale, Zaffira prese la fionda, Bianca  strinse a sé la borsa con la loro lettera di passaggio per il castello di Pirel. Milo fece un piccolo gesto silenzioso con la mano, voleva avvicinarsi al villaggio prima di fare brutti incontri.
Non fece in tempo a spronare il cavallo che sentì dei movimenti veloci dietro di lui e qualcosa di appuntito sulla sua schiena.
- Non muoverti – esclamò una voce maschile con un forte accento del nord.
 
 
Dopo sei giorni di viaggio, nel quale avevano forzato al massimo i loro cavalli, tra due giorni sarebbero arrivati alle montagne alte.  I risultati di quel viaggio estenuante erano stati che Leodrian era spossato dalle ferite ancora non guarite bene, ma era felice perché tra poco si sarebbero ricongiunti con gli altri ragazzi, che in teoria dovevano essere arrivati al nord, oppure in viaggio.
Decisero che per quella notte si sarebbero fermati ad una taverna, erano stanchi di dormire all’aperto e di comune  accordo si erano voluti prendere una nottata di riposo.
Quando si avvicinarono ad un villaggio scelsero il solito locale malfamato, dove nessuno avrebbe fatto domande indiscrete.
Al tavolo venne a servirli una cameriera con una profonda scollatura.
- Come posso esservi utile? – disse rivolgendo un sorrisetto a Leodrian. Lui la guardò meglio, si accorse della povertà che regnava nel piccolo ambiente fumoso, quella ragazza pensò, avrebbe voluto arrotondare lo stipendio con servizi extra per i clienti.
- Portaci del vino e qualcosa da mangiare che non sia troppo costoso. –  - grazie –  le rispose, freddo, non voleva che si facesse false speranza su di lui, nonostante con quei capelli biondi e gli occhi neri penetranti fosse molto bella, lui pensava solo a Zaffira. Lei se ne andò via ancheggiando ad un altro tavolo.
- Hai visto, come ci ha provato con te! – esclamò Faer.
- Si in effetti non mi sembra molto seria, guarda sta facendo la stessa scena anche lì. – disse indicando discretamente il tavolo di fronte a loro.
Il principe guardò meglio, gli era sembrato di scorgere qualcosa di strano.
Il tavolo era occupato da alcuni soldati, e in questo non ci sarebbe stato nulla di particolare se quei soldati non avessero avuto la divisa delle guardie di Kio.
Lo attanagliò una paura gelida, ne era certo, venivano per loro. Si mosse lento, come se avesse paura che quei soldati lo vedessero se faceva movimenti bruschi. Si tirò su il cappuccio del mantello e sussurrò a Faer.
- Quelli del tavolo qui di fronte… sono soldati di Kio. -
Il ragazzo li guardò meglio.
- Si hai ragione. -  tra le lentiggini gli si disegnò un espressione spaventata.
- Dobbiamo andarcene subito di qui. –
- Ma ci vedranno mentre ci alziamo… - provò ad obbiettare Faer.
- Se hai altre idee sono ben accette. –
Rimase in silenzio; non ne aveva.
Nel frattempo arrivò la cameriera di prima con le ordinazioni.
- Ehi voi due, cos’è quell’aria da cospiratori? -
Leodrian cercò di trovare qualcosa da dire, per giustificare il loro atteggiamento sospetto, non voleva attirare l’attenzione sulle guardie, che conoscevano la loro descrizione e li avrebbero subito scoperti. Le rivolse un sorrisetto.
- Stavamo discutendo su cosa fare questa notte, ci vuoi dare qualche consiglio tu? -
L’idea aveva funzionato perché la ragazza rispose.
- Io una mezza idea ce l’avrei. – disse abbassandosi di proposito e mostrando tutto quello che la ristretta scollatura teneva nascosto.
- Venite con me, tanto non avevate più fame vero? –
- Eccoci! –
Faer pensò che quella era un ottima scusa per allontanarsi di lì, anche se il suo stomaco brontolava.
Seguirono la donna cercando di passare il più lontano possibile dal tavolo con i soldati.
Imboccato un piccolo corridoio della casa e arrivarono davanti ad un porta di legno scuro.
La ragazza aprì con sicurezza ed al suo interno videro una decina di donne dall’aria poco vestita,  che se ne stavano sedute su dei vecchi divani.
- Questa è l’area divertimenti per gli avventori del locale. - 
Nonostante quello era stato il modo migliore per uscire dalla sala con i soldati, ora erano in grossi guai perché non potevano rifiutare le ragazze, altrimenti avrebbero destato troppi sospetti.
Rivolgendosi a Leodrian la cameriera disse.
- Se vuoi per te ci sono io, stanotte non ho nulla da fare, mentre per il tuo amichetto se lo desidera c’è qualcuno anche per la sua età. – fece l’occhiolino a Faer.
- Per me va benissimo, penso anche per Faer, vero? –
Lui annuì poco convinto, aveva quindici anni, l’idea di andare con delle prostitute non lo sfiorava minimamente.
- Ella vieni, c’è qualcuno per te! - esclamò ad alta voce, ed una ragazzina sui quattordici anni magra, con i capelli corti marroni e grandi e tristi occhi azzurri, si alzò da uno dei divani venne verso di loro.
La cameriera si rivolse di nuovo a loro, ma soprattutto a Faer.
- È la sua prima volta, siate comprensivi. -
La ragazzina gli rivolse uno sguardo impaurito.
- Andiamo in una stanza, vero? – chiese il principe.
- Certo, qui il servizio è di classe! –
Mentre percorrevano i corridoi bui, Leodrian pensava ad un modo per uscire da quella scomoda situazione.
La ragazza lo condusse in una stanza, mentre apriva un'altra porta per Faer ed Ella.


allora, avevo detto che avrei aggiornato dopo quindici giorni, ma sono partita, poi non ho potuto, quindi è passato praticamente un mese :D
per farmi perdonare ho pubblicato due capitoli, soprattutto perchè il ventiquattro è un pò di passaggio.
Leodrian e Faer sono in una situazione abbastanza imbarazzante, ma tranquilli non ci sarà nulla che sfoci nel rating arancione!

Anche Milo e gli altri non sono messi meglio, chi sarà il misterioso uomo con l'accento nordico?
fatemi sapere che ne pensate, mi siete sempre di aiuto, quindi recensite!

 

 

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Capitolo 26
*** Capitolo ventisei ***


 
Milo alzò le mani in segno di resa.
- Non ho armi!- disse rivolgendosi all’uomo alle sue spalle.
- Meglio per te, così non sarai costretto a consegnarcele. –
Elis non sembrava così convinta di lasciare le sue. Cercò di opporre resistenza, ma Milo le intimò con lo sguardo di lasciar perdere. Erano in quattro armati, non avrebbe avuto molte speranze.
L’uomo li condusse ad una piccola capanna ai margini del villaggio, dove fino a pochi istanti prima si sarebbero fermati a riposarsi.
Era disabitata. Lasciarono i cavalli fuori ed una volta entrati accesero alcune candele che erano poste sul tavolo.
Chiusero la porta, legarono le mani dietro la schiena ai quattro ragazzi e li fecero sedere su alcune sedie di fronte a loro.
Quello che aveva catturato il pescatore sembrava il capo dei quattro, nonostante fosse il più giovane, doveva avere circa la loro età.
Era alto circa quanto Milo, ma era più magro, con il fisico asciutto. Aveva i capelli corti, di un colore tra il marrone e il rosso e gli occhi di un bellissimo azzurro scuro. Nell’insieme era un bel ragazzo.
Gli altri del suo gruppo erano tre uomini tutti sulla trentina chi più chi meno. Due avevano i capelli biondi, lunghi fino alle spalle, mentre un altro li aveva neri corti. Questi ultimi avevano in mano l’arco e il pugnale di Elis, la fionda di Zaffira e anche la borsa di Bianca.
Il capo del gruppo parlò rivolto a Milo.
- Cosa ci fate in giro a quest’ora, armati e in tempo di guerra? Penso che avete qualcosa da spiegarci! – si vede che faceva fatica a parlare in quella lingua, prima di dire una parola ci pensava un po’,  i suoi compagni sembravano non capire quello che diceva.
Il pescatore non ebbe neanche il tempo di rispondere che Zaffira intervenne parlando nella lingua del nord, per fargli capire che non erano nemici.
- Cercavamo solo un posto dove stare per questa notte. -
Bianca, Milo e Elis non riuscivano a seguire quello che diceva, tranne alcune parole che erano simili in tutte e due le lingue. Per il resto il dialetto nordico aveva suoni più gutturali e la grammatica diversa.
- Dove stavate andando? Perché alcuni di voi sono armati? E soprattutto perché tu parli la nostra lingua? – disse il capo rivolgendosi a Zaffira.
- Eravamo semplicemente in viaggio e abbiamo preso delle precauzioni per poterci difendere in caso di brutti incontri, ma evidentemente non sono bastate. – si rivolgeva chiaramente al loro incontro. - Io parlo la vostra lingua perché sono una mercantessa e l’ho studiata per saperla nel caso dovessi andare a nord a commerciare. Comunque non vogliamo guai, potete tenervi le armi noi desideriamo prendere solo la nostra strada… -
L’altro non sembrava molto d’accordo.
- Vedo che non vuoi dirmi perché viaggiate, allora lo scoprirò vedendo quello che c’è in quella sacca, e poi ne discuteremo insieme davanti a re Pirel. Relar, passami la borsa. – disse rivolto all’uomo dai capelli neri, che la teneva in mano.
Lui gliela passò, ma Zaffira lo fermò parlando di nuovo nella lingua del sud, per far capire anche ai suoi compagni quello che diceva.
-  Aspetta! - - Prima c’è una cosa che devi sapere! -
Il giovane aveva parlato di Pirel, lei aveva in mente un piano folle, ma era la loro unica speranza, sperò che Bianca la capisse al volo.
- Sentiamo. – rispose l’altro nella sua stessa lingua, con la borsa in mano, pronto ad aprirla.
- Se io ti dicessi che abbiamo conosciuto Leodrian, crederesti che non siamo nemici del nord? –
A Zaffira sembrò che sul viso dell’altro si disegnasse un’ ombra di tristezza. Milo e Bianca la guardavano praticamente a bocca aperta. Elis era semplicemente perplessa.
- È impossibile, Leodrian è morto! – fu a risposta fredda dell’altro. Ne parlava come se lo conoscesse di persona e gli dispiacesse per la sua perdita.
- Invece no, se mi dai la borsa ti farò vedere una cosa. –
Le porse la borsa senza aggiungere altro, sconvolto.
- Prima però mi devi slegare le mani. -
Si alzò e le sciolse le corde.
Estrasse dalla borsa la lettera per Pirel, e gliela mostrò.
Appena la aprì e vide solamente la calligrafia gli sgorgò una lacrima.
- Che c’è?-
- Leodrian è… mio fratello. –
 
 
Faer non sapeva cosa fare. Non  era mai stato con una prostituta, né tantomeno sapeva come comportarsi in quelle situazioni.
Ella intanto, dall’altra parte della stanza si era messa di spalle e stava per sfilarsi il vestitino che la copriva fino al ginocchio.
Lui la interruppe.
- Guarda non è che dobbiamo farlo per forza, possiamo anche aspettare che quei due… finiscano- disse alludendo a Leodrian e alla cameriera. - Per te va bene? -
Che un cliente chiedesse di non fare nulla non glielo aveva mai raccontato nessuna delle donne che le avevano spiegato “il mestiere”, ma non avevano neanche mai parlato di clienti di quindici anni. Era felicissima, se fosse stato per lei, non avrebbe mai fatto quel lavoro, ma da quando un mese prima le erano morti entrambi i genitori con una misteriosa malattia, non aveva avuto molti posti dove andare, e le era venuto in mente solo quello, ma nessuno altro assumeva ragazzine di quattordici anni.
- Sei sicuro? -
- Certo! – le sorrise. – Io sono Faer, tu ti chiami Ella giusto? –
Lei lo ricambiò con uno dei suoi migliori sorrisi, di come non ne faceva dalla morte dei genitori. Lui si accorse che aveva un viso carino, con un nasino all’insù e gli occhi azzurro cielo con delle lunghissime ciglia marroni, che catturavano l’attenzione.
- Si, sono Ella. -
Gli stava simpatica, e come non avrebbe mai pensato di fare, si mise a parlare. Come primo incontro con una prostituta, doveva dire che era stato piuttosto strano.
 
Leodrian nell’altra stanza non era stato fortunato come Faer.  Appena aveva chiuso la porta la ragazza gli era praticamente saltata addosso. L’aveva fatto sdraiare sul letto e iniziato a slacciargli la camicia. Nonostante tutto la sua buona volontà ora si trovava soltanto con i pantaloni sdraiato sul letto, con la ragazza sopra di lui.
Lei gli accarezzò con le mani il fisico asciutto e gli addominali, fino ad arrivare alla fasciatura che copriva la spalla.
- Che ti è successo qui? –  gli chiese sussurrando nell’orecchio mentre lo cominciava a baciare prima sul collo, fino ad arrivare alle labbra.
In quel momento ragionare lucidamente era impossibile, con la ragazza che continuava a baciarlo, quindi si inventò una scusa abbastanza stupida.
- Sono caduto da cavallo. - 
Lei non stette a chiedere altro, mentre con l’indice gli tracciava il profilo degli addominali scendendo fino ad arrivare ai pantaloni. Quando inizio a slacciarli Leodrian capì che doveva fermarla, se non  voleva tradire Zaffira.
In quel momento una parte di lui, gli consigliava di lasciarla fare ed abbandonarsi al suo tocco delicato, le sue parole sussurrate e i baci, mentre l’altra gli diceva che doveva fermarla, se non voleva tradire la donna che amava.
Sentì pronunciare qualcosa
- Senti… io non posso farlo… - capì come in un sogno che era stato lui a parlare.
Lei si alzò di scatto, e si staccò dalle sue labbra quasi arrabbiata.
- Ami un’altra vero?
La guardò con una faccia sorpresa, come faceva a saperlo?
- Io veramente… -
Lo interruppe.
- Voi uomini innamorati siete sempre così fedeli, non vi lasciate mai andare neanche un
attimo! - - Comunque io con te non posso farlo… -
A quel punto anche lui si mise a sedere.
- Grazie… -
- Di niente, conosco il mio mestiere! –
Gli sorrise, sembrava che non gli importasse per davvero.
- Senti, ma come è questa di cui sei tanto innamorato? -
Mentre le parlava di Zaffira gli si illuminarono gli occhi.
- È bellissima, poi è colta, simpatica, solare… -
-  Va bene, va bene, ho capito, che sei proprio cotto. – - Ora rivestiti che andiamo a vedere che hanno fatto il tuo amico ed Ella, questa notte penso che non concluderò nulla. – 
In quel momento mentre uscivano dalla stanza incontrarono Faer e la ragazzina.
- Vedo che abbiamo avuto la stessa idea. -  esclamò la cameriera, ma poi aggiunse. – Io vado lavorare…sarà per un’altra volta. – e guardò Leodrian con una faccia scettica e sorridente, alla fine, pensò che aveva provato una nuova esperienza, mai nessun uomo si era rifiutato di concedersi a lei.
Quando la cameriera se ne fu andata ancheggiando. Ella rimase davanti alla porta con loro, quasi come se gli dovesse dire qualcosa, infatti esclamò dopo qualche secondo di indecisione.
- … Posso venire con voi? Non importa dove andrete, l’importante è via di qui… -                                          
Mentre Leodrian stava per rispondere che non potevano, e si stava per inventare una scusa plausibile, Faer lo interruppe.
- Certo che puoi venire, ma promettici di non fare domande. -
- Sì, si! - - Non chiederò nulla non vi preoccupate! –
Leodrian non sembrava d’accordo, ma non negò quello che aveva detto davanti ad Ella, non voleva metterlo in imbarazzo, fece un’espressione non troppo convinta e disse.
- Passiamo dal retro e usciamo, lei verrà sul tuo cavallo, ti ricordo che ne abbiamo solo due. -
Uscirono dalla porta sul retro, si incamminarono nella notte raggiungendo i cavalli e cercarono di allontanarsi più possibile da quella taverna, dove si trovavano le guardie di Kio.
 

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Capitolo 27
*** Capitolo ventisette ***


Il mare del nord era un distesa piatta, con gli scogli che facevano da cornice.
Avevano continuato il viaggio con il fratello di Leodrian, Sean, che dopo essersi convinto definitivamente che i ragazzi avevano conosciuto davvero lo schiavo, si era mostrato disponibile ad accompagnarli di persona al nord.
Sulla costa c’era un vento fresco, nonostante ormai fosse estate piena, ma d’altronde lì, il clima non era mai stato caldo.
Milo finalmente risentiva il vento ricco di salsedine increspargli i capelli, gli era mancato il mare. Certo, non era il vento caldo del mare delle Sirene nel pieno sud dell’isola, ma non vedeva una distesa d’acqua da più di un mese e si sarebbe accontentato anche di un lago.
Si abbassò a toccare la sabbia e se la fece passare tra le dita, il suo cuore urlava di gioia mentre immergeva una mano nell’acqua gelida e se la passava sulla barba e poi sul viso.
Agli altri sembravano gesti strani, ma lui si accorse di averne bisogno, era come ricongiungersi con una persona cara che non si vedeva da troppo tempo.
Dopo qualche minuto di quello strano rito Sean esclamò
- Andiamo Milo, dobbiamo cercare una barca, una volta arrivati all’Isola del Gigante di mare ne avrai quanto ne vuoi! -  e gli sorrise sorpreso da quello strano atteggiamento.
Nonostante non gli avessero raccontato nulla dei motivi del viaggio, lui si era mostrato disponibile ad aiutarli. Gli avevano detto solamente che avevano conosciuto Leodrian acquistandolo come schiavo, il resto lo avrebbero raccontato alla presenza di Pirel, ma Sean era sembrato d’accordo. Si erano raccomandati solamente che avrebbero dovuto sbrigarsi ad arrivare, perché come lui non sapeva, erano inseguiti dalle guardie di Kio.
Tra di loro c’era un rapporto abbastanza strano, tutti sapevano poco o niente dell’altro, ma si stavano simpatici e quindi convivevano pacificamente.
- Eccomi scusate ragazzi, andiamo! – sorrise anche Milo.
Salirono delle scalette per uscire dalla spiaggia, erano scesi solamente per vedere come era il mare da vicino e se era il caso di prendere il largo. Trovatisi davanti una distesa piatta,  si chiedevano già quale barca prendere.
Camminarono per un po’, fino ad arrivare ad un piccolo porto, in un villaggio sulla costa. A Milo non poté che ricordare il suo, con i suoi genitori e la presenza silenziosa della vecchia Petra, si ripromise che doveva rivederli assolutamente quando tutta quell’avventura sarebbe finita.
Sean salutò vari pescatori che conosceva e chiese ad un uomo se poteva ospitare otto persone sulla sua barca, quello acconsentì e disse che per il principe non ci sarebbe stato bisogno neanche di pagare. Sean ringraziò, abituato a quelle manifestazioni di gratitudine e salirono sull’imbarcazione, diretti al nord, quella sera sarebbero arrivati a destinazione.
 
 
Leodrian, Faer ed Ella avevano superato da poche ore le montagne alte.
Arrivarono in vista di un piccolo fiume.
- Che ne dite di fermarci per un mezz’oretta? Con questo caldo è meglio darci una rinfrescata… - esclamò Leodrian passandosi una mano sulla fronte sudata. Non voleva ammetterlo, ma era ancora molto debole.
 - Si… penso che un po’ di tempo per riposarci ci serva, che ne dici Ella? –
- Per me va benissimo! – rispose la ragazzina sorridendo felice e passandosi una mano trai capelli mossi, arruffati dal vento.
Leo si diresse con il cavallo marrone al fiume, mentre gli altri due rimanevano più indietro. Ad un certo punto sentì il galoppo dei cavalli dei  ragazzi dietro di lui. Un attimo dopo si trovò bagnato dalla testa ai piedi e dietro di lui Faer sorrideva contento con in mano una borraccia vuota, mentre Ella aveva una faccia colpevole.
- Ah si! – esclamò ridendo – Colpite un uomo di spalle! -  - Vi faccio vedere io! – disse prendendo la sua borsa con l’acqua e rovesciandola interamente addosso allo scudiero.
Questo, con i capelli color carota appiccicati al viso, scese da cavallo in un lampo e andò verso il fiume a pochi metri e riempì la bottiglia. Si girò con un sorrisetto.
- Ora tocca a me! -
Non valsero a nulla le proteste di Leo.
- No, mi arrendo, sono disarmato! -
Faer gli corse incontro implacabile e rovesciò l’acqua sia addosso a lui che a Ella, che era rimasta a godersi la scena.
Il principe dei tre era di certo il più bagnato. Si sciolse la treccia e si strizzò i capelli che gli  arrivavano fino alla vita. La ragazzina lo guardò sorpresa, non immaginava fossero così lunghi.
- Penso che questa sia una dichiarazione di guerra! -
Scese da cavallo con difficoltà e andò a riempire anche lui la borraccia.
Continuarono così per una ventina di minuti. Quello era il più bel pomeriggio che tutti avessero passato da tempo e si godettero quella mezz’ora di tranquillità. Faer e Leodrian si scordarono di e essere schiavi e inseguiti da Kio, mentre Ella si dimenticò di non avere più una famiglia e di essere scampata per poco ad una vita da prostituta.
Quando tutti decisero di asciugarsi un attimo si sdraiarono su delle rocce ai lati del fiume, e si addormentarono; quello fu il loro errore.
 
Leodrian quando si svegliò sentì qualcosa di appuntito sul petto.
Aprì gli occhi, che in pochi istanti si abituarono alla luce, non doveva aver dormito per molto, era passata si e no un’ora.
Guardò meglio, quello che aveva sul petto, era una spada.
D’istinto infilò la mano sinistra nello stivale, ma ovviamente non vi trovò quello che voleva.
- Forse cercavi questo? – disse l’uomo che reggeva l’arma mostrandogli il piccolo pugnale, che teneva per sicurezza.
Il ragazzo si mise lentamente a sedere sempre con la spada, che ora era puntata alla sua gola.
- Cosa volete da noi…soldi? -
Una volta seduto potè vedere meglio l’uomo armato. Era sulla quarantina e indossava dei vestiti semplici.
-  No, ma sappiamo entrambi che da Kio non si scappa, vero schiavo? -
Erano delle guardie del re, perfetto, tutte le fatiche che avevano fatto sarebbero andate in fumo, e questo solo per meno di due ore di distrazione.
Altri due soldati svegliarono Faer ed Ella che guardarono sorpresi verso di lui, come a vedere se potesse fare qualcosa, ma era disarmato ed aveva una spada puntata alla gola, formulare un piano era complicato.
La guardia prese una corda e cominciò a legargli le mani dietro la schiena, così come fecero le altre con i due ragazzini.
Lui si fece sfuggire un gemito di dolore, per l’insolito movimento che faceva la spalla non del tutto guarita. Il soldato allora disse
- Che cos’hai schiavo? -  e non gli diede neanche il tempo di rispondere perché con una mano sporca, spostò la camicia che indossava e scoprì parte della fasciatura.
- Oh, che ti fa male? Poverino! - - Se faccio così invece? –
Gli spostò la spalla ancora più indietro e lui sentì chiaramente la ferita tirare e una fitta di dolore; si morse il labbro. Il soldato dovette notare la sua espressione sofferente, perché sorrise compiaciuto.
Una voce dietro di lui però fece tornare subito seria la guardia.
-  Dai smettila, che dobbiamo andare! – Più che una richiesta sembrava un ordine.
Leodrian si alzò su comando del soldato e si diressero entrambi verso la voce misteriosa, mentre la sua ferita pulsava ancora dolorosamente.
L’uomo era seduto su una roccia di pietra, come quelli sulle quali si erano addormentati i ragazzi, il suo viso gli sembrò familiare. Era moro, con gli occhi scuri, non doveva avere più di ventitré anni. Gli sorrideva cordiale. Leodrian e Faer lo avevano già visto, ora ricordarono, era la guardia di Milo, Gilly.
 
 
Erano le sette, ma c’era ancora abbastanza luce.
La barca attraccò e il castello si mostrò in tutta la sua grandezza. Le truppe di Kio ancora non erano arrivate lì, quindi era un paesaggio ancora non mutato dalla guerra.
Appena Zaffira mise piede sulla spiaggia, fu come se si fosse liberata di un peso, erano arrivati finalmente a destinazione, non ci poteva credere, dopo tutta la fatica del viaggio e la continua ansia di essere raggiunti, quello sembrava quasi un sogno.
Sean sorrise vedendo le espressioni sollevate dei suoi compagni di viaggio, non sapeva perché, ma erano felicissimi di essere arrivati.
Milo era tentato di buttarsi in acqua, ma si trattenne e si disse che prima dovevano parlare con Pirel.
Il castello si ergeva su alcune scogliere che spuntavano direttamente sulla sabbia, sembrava uno di quelli delle favole, con la sua pietra nera, il cielo azzurro con poche nuvole e il mare nordico, una distesa piatta, a fare da sfondo.
C’erano dei gradini scavati nella roccia che si potevano tranquillamente percorrere. Passarono di lì e arrivarono davanti ad un grande portone con un piccolo edificio di legno dove c’erano le guardie.
Vedendo il principe li fecero entrare subito, senza fare domande.
Superarono la prima cinta di mura, con all’interno un piccolo villaggio, e la seconda, che conduceva alla fortezza vera e propria. Qui la sorveglianza era maggiore e chiesero chi erano quelli che accompagnavano Sean. Lui si mantenne sul vago dicendo che dovevano incontrare Pirel, non gli andava di dare a nessuno la notizia che Leodrian era ancora vivo, prima che al padre.
Una volta dentro prima di andarsi a fare un bagno, o semplicemente riprendersi dal viaggio decisero di chiarire la questione dei gemelli con Pirel.
Chiesero udienza al re, e visto che non aveva nessuno da ricevere li accolse subito in una piccola sala, non in quella del trono. Dopo aver saputo che c’era qualcuno con notizie del figlio, si era rifiutato di far assistere qualcun altro all’incontro.
Pirel era un uomo non troppo alto, abbastanza robusto, sulla cinquantina, con i capelli lunghi fino alle spalle, biondi e grigi sulle tempie, con gli stessi occhi azzurro intenso di Sean. A Zaffira ricordava terribilmente Leodrian.
La saletta era piccola e dentro c’erano tutti i ragazzi insieme al principe e al re, tranne Elis, che di quella storia non sapeva nulla. La prima cosa che disse il re, dopo aver fatto le dovute presentazioni, fu chiedere.
- Penso che mi dobbiate delle spiegazioni! -
Il tempo per far tradurre tutto da Zaffira, Milo fece un sorrisetto. Il re aggiunse parlando nell’idioma del sud.
- Posso anche parlare nella vostra lingua se vi va, tanto qui la conosciamo tutti! -
- Si è meglio – rispose il pescatore. 
- Allora io inizierei dal principio, prima di parlare di vostro figlio ci sono un paio di cose che dovete
sapere. –
Gli raccontarono tutta la storia dei gemelli, perchè lui era il re del nord e Leo gli aveva detto che potevano fidarsi.
Poi arrivarono al loro incontro con lui e il re gli fece molte domande.
Quando finirono Pirel si dichiarò d’accordo sul fatto di risollevare gli animi dei soldati rivelando la loro identità, però prima dovevano trovare un modo per mostrare a tutti la voglia di Milo, che per colpa di quello che gli aveva fatto il mago era sparita. Concordarono di risolvere tutti i problemi il giorno seguente.
Tutti i ragazzi tornati dal viaggio si andarono a riposare nelle loro stanze, godendosi quel momento di agognata tranquillità.
 
Eccomi qui di nuovo con un emozionante (speriamo) capitolo.
Rngrazio tutti quelli che hanno letto finora, in particolare Marylautner e Water wolf che continuano a recensirmi, nonostante siamo già avanti nella storia. ringrazio anche Roberta Salvatore, che spero recupererà i capitoli mancanti e Akilendra che spero continuerà a leggere, con tutta calma. La mia gratitudine va anche a tutti quelli che seguono o hanno inserito tra le preferite questa storia, o semplicemente hanno recensito qualche capitolo, perchè senza di voi, non sare ia arrivata fino a questo punto. :) 
Non vi annoio più e vi dico solo recensitemi, recensitemi! 
hoshi98


 

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Capitolo 28
*** Capitolo ventotto ***


 
Faer sentì qualcuno che gli toccava una spalla. Si svegliò e si girò di scatto, per quanto glielo permettevano le mani legate. Era Gilly.
- Cosa c’è? – gli chiese ancora assonnato.
- Sveglia i tuoi amici, ve ne andate! –
Detto questo gli sciolse le corde che gli legavano le mani.
- Fai piano. – si raccomandò la guardia.
Faer si massaggiò i polsi e intanto si avvicinò a Leodrian ed Ella. Per fortuna c’era la luce della luna a fargli intravedere qualcosa.
Il principe era già sveglio, non doveva avere dormito per niente, in quella posizione dolorosa, mentre la ragazza era pesantemente addormentata.
Gilly osservava quel ragazzino svegliare i suoi amici per scappare e pensava di averli aiutati solo per ribellarsi a Kio, ma in realtà doveva ammettere a se stesso che era principalmente per la loro amicizia con Milo che li faceva scappare.
Quello era il suo turno di guardia per sorvegliare i prigionieri, avrebbero dato la colpa a lui della loro fuga, doveva fingere che lo avessero in qualche modo messo fuori combattimento.
Quando tutti furono in piedi, gli si avvicinò cercando di non fare rumore e parlò al più grande dei tre, che gli disse a bassa voce:
- Grazie… sono davvero stupito… come posso ricambiare? – era sbalordito da tutta quella generosità da parte della guardia di Kio.
- Avrai modo, ne sono certo, ma per ora ricordati che mi devi un favore e quando lo rincontrerai, salutami Milo. - - Non mi ha più raccontato com’è finita con Bianca… - disse perso nei ricordi. -  - comunque adesso devi darmi un pugno. – continuò serio.
- Cosa? – chiese Leodrian stupito da tutte le cose che gli erano state dette così velocemente, ma soprattutto dall’ultima.
- Avanti, pensavi che gli altri soldati una volta svegli non si chiederanno perché vi ho fatti scappare durante il mio turno di guardia; quindi su, colpisci! –
Leodrian gli assestò quasi sorridendo un sinistro abbastanza debole, che Gilly si fece dare senza problemi.
- È tutto quello che sai fare, hai sconfitto Aymek e non riesci a darmi un pugno come si deve? - - Voi del nord siete proprio gente strana… -
Quando arrivò il secondo colpo Gilly nemmeno se ne accorse. Il dolore alla guancia destra arrivò dopo qualche secondo.
- Niente male! – disse sentendo il punto colpito gonfiarsi.
- Ora andate, che tra poco li sveglio. –
Leodrian sorrise ed annuì mentre si massaggiava la mano leggermente dolorante per il pugno appena dato.
 
Un’ora dopo Gilly, con la guancia ormai violacea, svegliò le altre tre guardie che dormivano profondamente.
- I prigionieri sono scappati! Dobbiamo inseguirli! -
I suoi compagni lo guardarono assonnati.
- Sbrighiamoci! – li esortò recitando alla perfezione e sperando di avergli dato abbastanza vantaggio.
 
Intanto i tre ragazzi galoppavano veloci nella notte.
 
 
Era da quando viveva con Ramiro non dormiva così bene.
Bianca si svegliò che erano circa le sei. Si preparò con una calma che le mancava e decise di farsi una passeggiata per il piccolo cortile del castello.
Camminò lenta per i corridoi e chiese ai pochi domestici che vedeva la strada per arrivare, cercando di farsi capire a gesti. Decise che doveva assolutamente farsi spiegare qualche parola di quella lingua da Zaffira.
Arrivò al piccolo giardino e si sedette su una panchina di ferro lavorato.
Si trovava nel piano terra della fortezza e lì si rifugiavano in tempi di pace gli abitanti del castello per trovare un po’ di tranquillità.
Aprì il libro che si era portata e si mise a leggere, con quel fantastico silenzio e il rumore lontano delle onde che si infrangevano sugli scogli agitate dal leggero vento.
Dopo una ventina di minuti di completa pace, sentì un rumore di passi che si avvicinavano. Era talmente assorta che prima non aveva sentito nulla. Alzò la testa e incontrò gli occhi azzurro intenso di Sean.
- Ciao! – le disse lui. – Vedo che anche a te piace questo giardino. -  e le sorrise sedendosi accanto a lei. In mano aveva dei pennelli, alcuni colori e una tela.
- Si è molto… rilassante -
Lui intanto aveva cominciato a mischiare i colori e osservava un albero di fronte a loro. Cominciò a tracciare una bozza del disegno e poi a dipingere. Intanto la ragazza alternava la lettura, ad osservare le mani esperte del ragazzo che tracciava sempre più sicuro il paesaggio. Bianca quando il disegno era quasi concluso esclamò
- Sei bravissimo… - e guardò estasiata il risultato, quando Sean posò il pennello.
Aveva rappresentato l’albero di fronte a loro e nonostante il disegno non fosse particolarmente elaborato, si capiva che sapeva dipingere molto bene.
- Grazie… era solo uno schizzo… la mattina ogni tanto vengo qui e dipingo. Penso che ormai avrò rappresentato ogni angolo  del giardino… sono contento che ti piaccia! -
Erano entrambi imbarazzati, per la prima volta che si trovavano da soli.
- Senti, ma hai qualche idea per la voglia di Milo… - disse Bianca cercando di intrattenere una conversazione.
- Si, mia madre sa come risolvere queste cose. Lei è una specie di maga; oggi la conoscerete… penso che vi darà di certo qualche risposta . Da quello che mi ha raccontato il tuo amico gli hanno fatto un incantesimo per far sparire la voglia. –
- Si ha detto che il “ mago” ha mormorato parole strane e poi l’ha bruciata…  non so, di magia, proprio non me ne intendo. – gli sorrise cordiale.
Continuarono a parlare per un buona mezzora, fino a quando Bianca non esclamò.
- È meglio che rientriamo, gli altri si dovrebbero essere già svegliati, saranno ormai le otto passate. -
- Si hai ragione, penso che sia ora che conosciate mia madre. –
 
Si riunirono tutti insieme nella sala del giorno prima, con la luce mattutina che entrava dalle persiane spalancate.
Pirel, appena tutti si furono seduti esclamò sorridendo cordiale e parlando nel dialetto del sud a beneficio dei suoi ospiti.
- Vedo che vi siete riposati! - - Sarete contenti di sapere che ho trovato una soluzione al problema di Milo! -  tutti sorrisero speranzosi e si sedettero a tavola. Milo si era sistemato la barba, ma non se l’era tagliata, gli piaceva, perché gli dava un’aria più matura, e sembrava più adatta ad un futuro re.
In quel momento entrò una donna nella stanza. Era magra e minuta, con i capelli rossi, pieni di treccine e perline colorate che tintinnavano ad ogni movimento.
Bianca capì che era la donna di cui le aveva parlato Sean.
La nuova arrivata esordì sorridendo.
- Piacere, sono Kira, la moglie di Pirel. – tutti si presentarono a loro volta. Quando si sedette di fronte a lei, Zaffira vide i suoi occhi verdi prato identici a quelli di Leodrian.
- Mio marito mi ha parlato del vostro problema e penso di avere una soluzione adatta! –
- Milo mi devi dire cosa è successo di preciso, in modo che io possa capire se l’uomo di cui parli ha fatto davvero un incantesimo. –
Il pescatore le raccontò per filo e per segno la brutta avventura avuta nelle prigioni di Kio con l’uomo con la tunica e cosa gli aveva fatto alla voglia.
- Dunque ha usato parole strane e mormorate, e ti ha applicato una specie di pozione… - - Da quello che mi dici dovrebbe essere un incantesimo in piena regola… e anche abbastanza potente… -
- La magia nel regno di Maxiria si fa di anno in anno meno diffusa, i ragazzi da quando c’è la guerra preferiscono arruolarsi come soldati piuttosto che affrontare un lungo addestramento da maghi, quindi gli incantesimi sono conosciuti sempre da meno persone. Siamo rimasti in pochi, e ancor meno sono i maghi potenti, ma dall’incantesimo che ti è stato fatto mi sembra che chi è stato sapeva quello che faceva… non so, preparerò un filtro che dovrebbe incanalare i miei poteri e permettermi di utilizzare la mia massima potenza. Mi dispiace, ma dovrò bruciarti di nuovo la voglia… quando guarirà la scottatura dovrebbe riapparire. –
Milo rabbrividì al ricordo del dolore che aveva provato quando il fuoco si era avvicinato alla sua pelle, ma se era l’unico modo l’avrebbe fatto.
Pirel li congedò tutti, dicendo che potevano girare come volevano nel palazzo. Anche se avrebbero rubato qualsiasi cosa sarebbe stato difficile scappare da quella fortezza sul mare, ecco perché il re era così tranquillo; non si fidava ancora di loro.
Mentre uscivano Zaffira si avvicinò a Milo dicendo con un sorriso furbo.
- Con questo cambio di stile Elis impazzirà per te! – e si indicò il mento alludendo alla sua barba.
- Smettila! – rispose sorridendo anche lui e dandole una pacca giocosa sulla spalla.
- Ammettilo che anche a te affascina un pochino, con quell’aria misteriosa! - lo stuzzicò lei.
- Sai che mi piaci solo te! – rispose lui ironicamente. Non voleva ammetterlo, ma era davvero incuriosito dalla sconosciuta.
- Sì certo!  Non cambiare discorso, sappiamo entrambi che da quando l’hai salvata con il tuo intervento eroico stravede per te! –
Il pescatore  con una piccola parte del suo cuore sperava che Zaffira avesse ragione.

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Capitolo 29
*** Capitolo ventinove ***


Erano circa le sei quando Leodrian Faer ed Ella arrivarono al porto, nell’estremo nord dell’isola.
Avevano cavalcato tutta la notte alternando il trotto al galoppo ed erano esausti.
- Ragazzi, se troviamo una barca ed attraversiamo il mare, saremo al sicuro, la giurisdizione di Kio non arriva fino all’isola del Gigante, quella appartiene a mio padre. –  il principe era pallido e profonde occhiaie scurivano i suoi occhi verdissimi. Anche gli altri non erano ridotti meglio; dovevano trovare al più presto una barca.
Leodrian si mise a parlare nel dialetto nordico con un pescatore che non riconobbe in lui il principe che tutti credevano morto. La barba incolta, il cappuccio marrone e l’aspetto trasandato, avevano funzionato.
Quando tirò fuori gli ultimi due braccialetti d’argento del loro piccolo tesoro, all’uomo si illuminarono gli occhi e si mostrò disponibilissimo ad accompagnarli.
- Andiamo! State attenti, crede che abbiamo altri soldi nascosti da qualche parte, non rimanete mai soli con nessuno dei marinai, potrebbero aggredirvi. – sussurrò nel dialetto del sud ai suoi amici.
Salirono sulla barca che era abbastanza grande, ma questa volta non cedettero al sonno e fecero dei turni di guardia.
La sera dopo arrivarono sani e salvi sull’isola.
 
Leodrian non poteva crederci. Nonostante la terribile stanchezza e il dolore alla spalla era contentissimo. Stava per rivedere la sua famiglia, la donna che amava e Milo, uno dei suoi migliori amici. Se avesse potuto, avrebbe corso. Invece dovettero arrampicarsi con i cavalli per gli scalini scavati nella roccia della scogliera.
Finalmente rivedeva la fortezza di suo padre. Solo allora si accorse davvero quanto gli era mancata.
Una volta arrivati sullo spiazzo davanti al castello, si tolse il cappuccio e si fece riconoscere dalle guardie, che felicissime gli dissero che avrebbero subito avvertito il re, ma lui rispose che voleva fargli una sorpresa. 
Mentre percorrevano i corridoi tutti i servitori salutarono Leodrian calorosamente. Dopo aver ricevuto vari abbracci da domestiche e maggiordomi e dopo essersi fatto promettere che non avrebbero rivelato la sua presenza al padre, finché non ci fosse venuto a parlare lui, si diresse nello studio di Pirel.
La stanza si trovava accanto a quella nella quale si erano riuniti gli altri ragazzi per discutere al questione di Milo quella mattina. Sapeva che lo avrebbe trovato lì nonostante fossero circa le nove e mezza di sera, quello era il suo studio e spesso veniva in compagnia della moglie, a discutere sulla guerra, o su qualsiasi altra cosa.
Dopo aver preso un respiro profondo entrò, intimando a Faer ed Ella di rimanere fuori, voleva stare solo con lui.
- Chi è? – chiese il re assonnato – No non voglio nulla Relli… -
La stanza era illuminata da poche candele e Pirel aveva gli occhi fissi su un documento, quando il figlio era entrato non aveva neanche alzato lo sguardo.
- …Papà… sono io! – gli tremava la voce e quando l’uomo lo sentì gli cadde la penna di mano e lo fissò con le lacrime che già si stavano formando agli angoli degli occhi.
- Leodrian… non ci credo sei proprio tu! Ho sognato questo momento da mesi! - - Sei tornato. – si alzò e lo abbracciò forte. Entrambi piangevano silenziosamente, non c’era bisogno di altre parole. In seguito sarebbe arrivato il momento delle spiegazioni e dei chiarimenti, ma per ora c’erano solo un padre e un figlio che non si vedevano da troppo tempo e che piangevano contenti.
 
 
Zaffira si  finì di infilare la vestaglia, quando qualcuno bussò alla sua porta. Erano le dieci passate e non immaginava chi potesse essere.
- Chi è? – chiese.
- Il re ti vuole subito e dice che è molto importante. – riconobbe la voce di Relli il maggiordomo di Pirel e gli aprì, trovandosi davanti una folta barba nera e due occhi dello stesso colore.
- Va bene. Magari mi infilo un paio di pantaloni… - rispose alludendo chiaramente alla leggera vestaglia bianca che la copriva solo fino al ginocchio ed era quasi trasparente.
- No, no, non importa va bene così! – le sorrise.
- Sicuro… insomma… devo andare dal re… non so se posso presentarmi così…-
- Sì sì! - - Andiamo! –
Zaffira mentre percorreva i corridoi, illuminati dalla debole luce delle candele cercò di pettinarsi con le dita i capelli e di sistemarsi il meglio possibile la vestaglia, mentre si chiedeva il perché di quella chiamata a quell’ora.
Quando arrivarono davanti alla studio del re. Il maggiordomo chiese.
- Possiamo? -
-Avanti, qui c’è qualcuno che freme dalla voglia di vederti! – gli rispose da dentro la voce allegra di Pirel.  Zaffira era sempre più confusa, perché era così felice? Quale era la cosa che non poteva dirgli la mattina dopo? 
Quando aprirono la porta i suoi dubbi si dissolsero e si trovò davanti la persona che si aspettava di meno in assoluto.
Entrò e Leodrian la abbracciò di slancio. Il tempo necessario a realizzare che lui era lì con lei, e poi ricambiò l’abbraccio e affondò la testa sul suo petto, iniziando a piangere dalla contentezza.
Lui la allontanò tenendole una spalla con una mano, mentre con l’altra le asciugava dolcemente le lacrime che si erano formate agli angoli degli occhi.
- Ti amo! –  disse e la baciò inaspettatamente. La baciò con passione, come se fosse l’ultima cosa che faceva, la baciò come se ne dipendesse dalla sua vita, la baciò e lei ricambiò con la stessa passione, mentre Pirel sorrideva imbarazzato facendo finta di guardare da un'altra parte. E Kira che era arrivata poco prima li guardava contenta. Le loro lingue si cercarono e una volta trovate si abbracciarono prima delicatamente poi con passione. Leodrian sentiva il corpo caldo di lei appoggiato al suo petto e una sensazione nuova e inaspettata lo colpì, non aveva mai provato nulla del genere per un’altra donna. Quando riuscì a ricollegare il cervello si staccò da lei imbarazzato.
- Scusa… non volevo… è che… -
Venne zittito da un bacio di Zaffira che gli sussurrò.
- Non devi scusarti… - e posò di nuovo le labbra sulle sue.
In quel momento la porta si aprì ed entrò Milo.
Dopo un primo momento di imbarazzo nel quale Zaffira e Leodrian si scansarono e Pirel e Kira nell’angolo della sala sorridevano sempre di più, Milo esclamò.
- Vengo chiamato alle dieci di sera, per un motivo misterioso, nell’ufficio di Pirel, e chi mi trovo davanti. - - sorrise – Un capellone che bacia mia sorella senza il mio permesso! – e si avvicinò e gli mollò uno schiaffo su una guancia, esclamando. – Questo è perché ci hai lasciati soli! – tirò indietro la mano e senza dare il tempo di reagire a Leodrian gliene diede un altro. – E questo è perché mi hai fatto preoccupare! -
Poi l’abbracciò anche lui.
- Comunque mi sei mancato! -
Pirel che si stava preoccupando per lo sfogo di Milo sorrise di nuovo contento che lui si ricongiungesse con i suoi amici.
Quando Milo si staccò dall’abbraccio con Leodrian, si accorse di come era ridotto male il suo amico. Aveva la barba sfatta, profonde occhiaie e i capelli arruffati di chi non si pettina da un po’.
La porta intanto si aprì ed entrò Sean, insieme a Bianca.
- Papà sono venuto appe…- in quel momento vide il fratello - Leodrian! Sei tornato! - si mise a correre per il breve tratto che li separava e gli saltò al collo, non lo vedeva anche lui da mesi.
- Fratellone! Sei tornato! – lo chiamava così  nonostante avessero solo un anno di differenza.
- Finalmente! –
Ad un certo punto però gli prese la mano sinistra e gli guardò il mignolo sbigottito.

Beh... diciamo che prima di pubblicare quest'ultima parte ero molto perplessa e non sono assolutamente sicura di quello che ho scritto. Quindi vi chiedo di farmi sapere cosa ne pensate, perchè sono in dubbio e anche se l'ho riletto moltisssime volte vorrei che mi segnalaste gli eventuali errori che probabilmente avrò tralasciato quindi recensite, recensite recensite! ahahahah grazie per l'attenzione.
hoshi98

- Cosa ti è successo? –
- Diciamo che quando mi hanno catturato ho avuto delle divergenze con i mercanti di schiavi… - Sean lo abbracciò più forte, immaginando tutto quello che aveva passato.
Quando quel momento di ricongiungimento si fu un attimo calmato. Bianca esclamò timida.
- Anche io sono contenta di vederti… vuoi un abbraccio? – e sorrise allargando le braccia e facendo ridere tutti, felici di essere di nuovo insieme.



 

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Capitolo 30
*** Capitolo trenta ***


Il giorno seguente decisero di fare una passeggiata a cavallo per i villaggi che sorgevano attorno alla fortezza.
Il motivo di quella escursione era più che altro per far capire alle persone fedeli a Pirel che suo figlio era tornato. Era stata un’idea approvata da tutti, magari l’arrivo del principe a palazzo avrebbe scoraggiato nuovi attacchi di Kio e dato il tempo ai soldati nordici di riprendersi.
Erano Zaffira, Milo, Bianca, Elis, Sean, Leodrian, il re, la regina e il maggiordomo Relli.  
Procedevano sicuri per le vie dei villaggi sparsi sull'isola. C'era la fortezza e e nell'interno si trovavano i paesini.
Zaffira, aveva raccontato a Bianca quello che era successo il giorno precedente con Leodrian. Le aveva detto come si erano baciati e come le fosse piaciuto. Non era il suo primo bacio, finora ne aveva dato qualcuno, ma questo era stato particolare. Si era baciata con passione, finalmente aveva sentito che era molto legata a lui, che in tutti quei giorni nei quali erano stati lontani aveva seguito la sua mancanza da morire. Se chiudeva gli occhi poteva ancora sentire il contatto delle labbra del principe sulle sue e la dolcezza del suo abbraccio. 
Mentre percorrevano le stradine dell'isola però, sembrava come se tra di loro non fosse successo nulla, Leodrian cavalcava vicino al fratello, mentre lei alternava la sua compagnia tra Bianca e Milo. 
Doveva fare chiarezza nel suo cuore e decise che avrebbe parlato con Sean che di certo era a conoscenza di quello che aveva fatto il fratello, nonostante la sera prima fossero stati visti solo da Milo, Pirel e Kira.
Approfittò di un momento nel quale Milo parlava con Leodrian e affiancò Sean, doveva assolutamente capire che cosa aveva il principe.
 Provò a prendere l'argomento alla larga.
- Ciao! -
- Ciao....come va? -
Erano imbarazzati, ma soprattutto Sean non capiva il motivo per il quale la sorella di Bianca, stesse parlando con lui.
-Senti....- disse intrecciando le mani nervosa. - Posso venire subito al dunque?..... -
Alzò gli occhi dalle sue mani e incontrò quelli azzurri intensi, e curiosi di Sean.
- Certo! - le sorrise lui.
- ti volevo parlare di tuo fratello... - lui le sorrise di nuovo con l'aria di uno che la sa lunga. -             - Immagino tu sappia del nostro.... Incontro... Di ieri sera.... –lui  annuì sempre più sorridente. 
-Oggi sembra quasi che non sia successo nulla tra di noi.... non mi ha parlato per niente e non mi ha degnata di uno sguardo… - - Tu che sei il fratello, che ne pensi? - dopo aver formulato quella domanda si sentì estremamente scema, che voleva, che lui le rispondesse, non lo conosceva neanche e si era confidata così? Aveva fatto al figura delle ragazzina insicura concluse.
- Lui è decisamente cotto di te e su questo non c'è dubbio tranquilla! –
Tanto ormai la figuraccia l’aveva fatta, decise di continuare e scoprire qualcosa di più.
- Ma hai visto come lo guardano le contadine quando passiamo! -  disse alludendo a tutte le ragazze che lavoravano nei campi o erano fuori dalle porte dei villaggi che affascinate dal principe appena tornato gli lanciavano sorrisetti accattivanti.
- Sì ma lui quelle non le pensa proprio, ha occhi solo per te, basta vedere come ti guarda, su questo non ci sono dubbi. Se lo conosco bene, ora si starà tormentando e si starà chiedendo per te cosa ha significato quello è successo ieri. Stanotte nonostante era stanco morto avrà dormito massimo due ore. – le sorrise malizioso, come faceva spesso, mostrando delle fossette sulle guance. Ora Zaffira capì perché a Bianca era tanto simpatico, era riuscito a tirarla su di morale in poco tempo.
- Grazie… spero che tu abbia ragione! –
In quel momento guardò verso Leodrian che era girato verso di lei e incontrò i suoi occhi verdi prato. Lui imbarazzato si girò. Si pensò, forse Sean aveva ragione.
 
 
Leodrian si avvicinò a Sean ed esordì subito.
- Che ti ha detto Zaffira? - - Perché guardava verso di me? -
- Ciao anche a te Leo! - - Comunque con la tua amata parlavamo del fatto che dopo ieri non le hai detto niente. Insomma l’hai baciata e poi nulla… non so come sia il vostro rapporto però forse dovresti lavorarci un po’ di più… - gli sorrise.
- Sì lo so, ma penso che lei non rifarebbe mai quello che ha fatto ieri…è stato un momento nel quale era sconvolta… -
- Io non capisco voi due che problema avete. Lei dice che a te interessano chissà quali ragazze. –
- No dille che non è vero! –
- E tu dici che lei ti ha baciato così, senza motivo! - - Mi sono stufato di fare il messaggero d’amore, voi due vi dovete parlare, vi amate, vi siete baciati, non capisco che problema c’è? –
Sean era esasperato da quei due, ma anche contento per suo fratello che finalmente aveva trovato una ragazza che amava. Inoltre, la sorella di Zaffira, Bianca, gli sembrava molto simpatica.
 
 
Si decise ad andare da lei.
Mentre stavano tornando verso la fortezza, si convinse a parlarle. La conversazione che aveva avuto poco prima con Sean lo aveva convinto a farsi avanti. Era l’unica ragazza che avesse mai amato, o per la quale avesse provato vero interesse. Con le altre frequentate precedentemente non aveva provato le stesse sensazioni.
Si avvicinò con il cavallo tormentandosi le punte dei capelli biondi e guardando in basso. Lei gli sorrise curiosa di sapere cosa volesse.
- Ciao! – esclamò imbarazzato. Non che di solito avesse problemi a parlare con lei, ma quello era un momento particolare.
- Ehi! Come va? Ti sei riposato? –
- Insomma… diciamo che questa notte non ho dormito molto… -
Zaffira sapeva bene il perché, glielo aveva detto prima Sean, ma finse di essere all’oscuro di tutto.
- Come mai? – gli disse sorridendo incoraggiante, capiva che era imbarazzato.
- … Questa notte… ho pensato a te… e a quello che è successo ieri sera… insomma per me è stata una cosa seria… per te? –
Lei le sorrise e penso attentamente a quello che stava per dire.
- Se vuoi la verità, per me… si, è stata una cosa davvero seria ieri sera… e ….  Devo ammettere che mi piaciuto. – sorrise timida.
- Anche a me! E molto! –
Entrambi non ci credevano, erano riusciti a parlarsi e ad aprirsi finalmente.
- E poi è arrivato Milo! -  aggiunse lei sorridendo. – Anche la prima volta che abbiamo parlato è arrivato lui, è sempre in mezzo in questi momenti. -
Leo si liberò in una risata, non perché avesse detto una grande battuta, ma perché ne aveva bisogno, perché si era tolto un peso, si era confessato con Zaffira e le aveva detto tutto quello che provava. E forse si, quello era uno dei momenti più felici della sua vita. Dopo mesi era tornato a casa sua, con la donna che amava, certo c’era ancora la guerra, ma non si vedevano attacchi da tempo e i combattimenti sembravano una cosa lontana. 
 
Mentre Leodrian e Zaffira si guardavano innamorati, non sentirono un rumore alle loro spalle.
Nulla di importante, un fruscio, provocato dai rami che si muovevano.
Proprio in quel momento passavano davanti ad un bosco e non era una cosa strana. Il problema era che il rumore si faceva sempre più forte. Il primo ad accorgersene fu Faer.
Il ragazzo cavalcava vicino ad Ella. Conversavano allegramente, avendo legato molto ultimamente.
Alzò la testa e drizzò le orecchie.
- Non lo senti anche tu? - le chiese improvvisamente serio.
Lei fece una faccia un attimo sorpresa e poi disse
- Si ora che me lo fai notare, si fa sempre più forte... -
Intanto anche gli altri avevano notato qualcosa di strano. In pochi istanti capirono cos' era, un rombo di zoccoli.
Pirel esclamò
-  Mi sembrano pochi cavalli e vengono al galoppo. –
Nessuno di loro era armato, quindi vedersi arrivare alcuni cavalieri che correvano contro non era di certo una bella ipotesi.
Si prepararono girandosi tutti verso il bosco.
Dopo pochi secondi uscirono due uomini a cavallo che estrassero delle spade. Si generò il panico.
Tutti cominciarono a scappare in ogni direzione, mentre i due sconosciuti inseguivano i cavalli di Leodrian e Pirel che correvano più che potevano.
Nessuno aveva notato Elis che silenziosa si era messa all’inseguimento dei guerrieri e aveva estratto due pugnali da chissà dove.
Li lanciò svelta e fece cadere da cavallo i due assalitori, mentre gli altri, una volta capito di essere fuori pericolo accorrevano verso gli uomini a terra.
Pirel scese agilmente da cavallo e si diresse dagli sconosciuti. Uno dei due era morto, mentre l’altro, colpito alla gamba era ancora vivo. Quest’ultimo quando si avvicinò il re si ritrasse con timore.
- Cosa volevate fare? - esclamò arrabbiato e con il respiro pesante Pirel.
Intanto anche tutti gli altri erano scesi da cavallo e osservavano il sovrano che parlava con lo sconosciuto.
- Non so nulla! – esclamò l’altro ansimante per via della ferita e impaurito.
Era un ragazzino sui sedici anni moro e dall’aria spaventata che probabilmente ubbidiva agli ordini del morto.
- Davvero non so niente, lui mi ha solo detto che dovevo cavalcare al suo fianco e spaventarvi. - disse indicando il suo compagno.
- Va bene, va bene. – rispose Pirel che cercava di calmarsi con quel ragazzino che non c’entrava nulla.
- Ti ha detto perché ci avete aggredito? –
Il ragazzo era occupato a estrarre il pugnale dalla gamba. Fece forza e con una smorfia di dolore lo prese in mano. Fu un’immagine abbastanza strana. Dieci persone intorno ad un cadavere e ad un ragazzino di sedici anni che si estraeva un piccolo pugnale dalla gamba e lo porgeva a Elis che lo prendeva impressionata.
- Mi ha solo detto che doveva eliminare il re del nord per conto di Kio… per il resto non so davvero nulla. Lasciatemi andare vi prego, non tornerò da Aymek! -
Pirel chiaramente non poteva lasciarlo andare, per di più era ferito. Se fosse tornato da Kio avrebbe di sicuro detto qualcosa.
- Non posso, è in gioco la sicurezza del mio regno. Vedremo cosa fare di te, andiamo al castello, per oggi siamo stati fuori abbastanza. -
Tutti concordarono con lui erano stanchi e non vedevano l’ora di andare a pranzo. Inoltre dovevano saperne di più su quello che avrebbe dovuto fare quel ragazzino. Tutti lo sentivano, si stava per scatenare qualcosa. La comparsa dei gemelli era stata la scintilla che aveva fatto riflettere Kio sull’instabilità del suo potere. Se Milo e Zaffira riuscivano ad alimentare la rivolta il trono del sovrano era seriamente in pericolo.
 
beh che dire, capitolo abbastanza di passaggio...
ringrazio come sempre tutti quelli che seguono recensiscono o semplicemente leggono la mia storia.
mi raccomando come sempre di fatemi sapere che ne pensate e segnalare eventuali errori che non ho visto :D
un bacione da hoshi98

 
 

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Capitolo 31
*** Capitolo trentuno ***


Gli eventi del giorno prima avevano fatto preoccupare Pirel.
L’arrivo del ragazzino che aveva cercato di ucciderlo gli aveva fatto pensare seriamente al fatto che la guerra era di nuovo alle porte. Ormai con Kio che aveva saputo dei gemelli, tutti erano sicuri che presto il re avrebbe fatto qualcosa. L’arrivo dei due cavalieri era stato il segnale di avvertimento che il sovrano di Maxiria si stava muovendo contro di loro.
L’intervento di Elis del giorno prima aveva fatto capire a Pirel che lei aveva qualcosa di particolare. Per ora nessuno sapeva da dove venisse, ma avevano intenzione di chiederle spiegazioni. Perché sapeva combattere e tirare con l’arco così? Dai suoi tratti non sembrava originaria di Maxiria, da dove proveniva?
 Fino a che pensavano di doversi separare a breve nessuno si era interessato. Ma ora che era al palazzo di Pirel con loro, non gli aveva detto se voleva rimanere o meno.
Milo decise di andare da lei a chiederle spiegazioni a nome di tutti. Se andavano insieme sarebbe sembrato un interrogatorio, quindi avevano chiesto un volontario e lui si  era offerto tra i sorrisetti maliziosi di Zaffira.           
Si diresse nella stanza di Elis.
Percorreva i corridoi a passo lento pensando attentamente a quello che avrebbe dovuto dire. Mentre erano in viaggio avevano preso un minimo di confidenza, ma lei era molto riservata.
Bussò alla porta di legno che conduceva alla sua piccola stanza, sperò di trovarla lì dentro, altrimenti non avrebbe saputo dove cercare.
- Avanti. – rispose lei.
- Ciao Elis…. Come va? –
- Benone, ma penso che chiedermi come sto, non sia il motivo della tua visita, giusto? –
Si dondolò sui piedi imbarazzato e poi fece un passo avanti entrando in camera e si sedette su una delle sedie della scrivania.
- È meglio che ti siedi , staremo più comodi… -
Lei lo guardò strano e si sedette titubante.
- Dimmi? -
- Senti… parlo a nome di tutti. Volevamo chiederti, chi sei veramente, insomma, una ragazza di Maxiria è difficile che sappia combattere così…Pirel ha detto che gli dispiace ma, se vuoi rimanere qui al castello devi raccontarci la verità… -
Elis poteva  inventarsi qualche scusa, ma gli erano sembrati ragazzi gentili e decise di potersi fidare. Gli raccontò del luogo dal quale veniva, Nereval e della sua gente, del fatto che erano un popolo di guerrieri, ma volevano stare in pace con Maxiria. Gli disse anche come il re Kio li aveva cacciati.
Finalmente Milo trovò un senso all’accento strano che aveva, ai suoi lineamenti così marcati e alla pelle leggermente scura.
- Deve essere davvero bello questo regno di cui mi parli! -  - Quando potrò voglio andarci. - - Da quel che mi racconti Kio come al solito si è comportato in modo molto scorbutico vedo! -
Lei gli sorrise, contenta che avesse accolto così bene la notizia.
 
Quando Elis raccontò la sua storia a Pirel, il re per prima cosa disse che se voleva l’avrebbero aiutata a tornare a casa sua.
- Quanti giorni dura un viaggio in nave per Nereval? – chiese il sovrano. C’erano tutti, di nuovo nell’ufficio di Pirel.
- Se la nave è veloce anche meno di due giorni, ma ora che ci penso non potrai andare da sola… -  - qualcuno di noi ti dovrà accompagnare… -
Zaffira sorrise verso Milo e diede di gomito a Leodrian che vide dove stava guardando e sorrise a sua volta bisbigliando qualcosa al padre. Il pescatore intanto fingeva di trovare molto interessanti le sue scarpe, per sfuggire ai loro sguardi. Pirel si mostrò un po’ indeciso su quello che aveva detto Leo e per qualche secondo ci fu un silenzio imbarazzante, ma poi il re si decise e disse.
- Milo ti va di accompagnare Elis… però non devi combinare guai e tornare subito. Kio di sicuro, anche se volesse attaccare non si farà vedere entrò due settimane quindi hai tempo di andare e tornare con calma, ti va? -
Il pescatore ci pensò su un attimo e poi disse.
- Ci sto! - - Sarà un viaggio divertente! – sorrise contento di poter partire con Elis per un altro paese.
Tutti erano contenti di aver trovato una soluzione, ma preoccupati per la guerra che ormai era alle porte.
 
Decisero di partire il giorno dopo.
L' Alba era spuntata da poco e Milo era sulla spiaggia insieme a Zaffira, che era venuta a salutarlo. Soffiava un forte vento che scompigliava i capelli ricci del pescatore e faceva sollevare la gonna della ragazza che tentava di tenerla giù con una mano. 
- Insomma alla fine te ne vai...- gli disse.
- Eh si! Vado a riportare la mia amata nel suo regno! giusto? –
- Vedo che alla fine sei riuscito a capire quanto siete carini insieme! - -Comunque penso che mi mancherai lo sai... -
- Mi mancherai anche tu sorellina! - ricambiò il sorriso. Prese la sua borsa e si avviò verso la nave. Se sarebbe rimasto qualche minuto in più si sarebbe messo a piangere o a dire frasi tragiche di addio, quindi aveva optato per una partenza dignitosa. Alla fine andava ad accompagnare Elis a casa, il viaggio durava poco e la guerra non era in corso, ma non riusciva a stare tranquillo. Scacciò quei pensieri malinconici e sfoggiò uno dei suoi sorrisi migliori mentre entrava nella nave, incontrava Elis e diceva.
- Possiamo partire! –
La ragazza aveva indossato un paio di pantaloncini cortissimi e attillati e il suo solito corpetto. Guardandola Milo esclamò.
- Farà tanto caldo dove stiamo per andare? -
Lei gli sorrise vedendo che aveva notato il suo abbigliamento.
- Beh si abbastanza… -
Milo osservò i pantaloni lunghi e le maniche della camicia che arrivavano fino ai polsi.
- Fantastico! - 
beh... che dire capitolo di passaggio, che non mi ispira particolarmente, ma d'altronde bisogna andare avanti e questi capitoli si devono pubblicare.
grazie a tutti quelli che nonostante la scarsa intensità di eventi mi farà sapere che ne pensa.
un bacione da Hoshi :D

 

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Capitolo 32
*** Capitolo trentadue ***


Rombo di tamburi fu la prima cosa che sentirono. Tamburi che scuotevano la terra e facevano vibrare il terreno, tamburi che portavano la guerra e la morte. Pochi minuti dopo videro le barche e il tempo di assimilare quello che stava succedendo e si scatenò il terrore.
Pirel dava ordini ad alta voce e intimava urlando a tutti di armarsi. La guerra stava iniziando e le navi di Kio erano il segnale del conflitto.
Non era arrivata nessuna spia a comunicare quello che stava per succedere, quindi il re aveva di certo fatto un mossa a sorpresa, finora le spie non lo avevano mai deluso. Ma in quel momento non c’era tempo di pensare a questo. Dovevano organizzare la difesa del castello in pochi minuti.
Leodrian corse in camera sua a prendere le sue due spade. Zaffira prese la fionda, per quello che poteva servire, e Bianca disse che non essendo armata preferiva dare una mano a Faer a soccorrere gli eventuali feriti in caso di attacco, insieme anche ad Ella che ultimamente non si staccava un minuto dal ragazzo. Sean sempre correndo uscì dalla sua stanza armato di quattro coltelli da lancio che infilò negli stivali  e dentro il corpetto di cuoio che aveva indossato come armatura.
Pirel dispose la difesa del castello il meglio possibile. Mise arcieri sulle mura e tutti i combattenti si riunirono nel cortile centrale nel caso in cui i soldati di Kio fossero riusciti ad abbattere le loro difese.
Per alcuni interminabili minuti osservarono le armate del re che si avvicinavano alla riva, non potevano fare niente per fermarle, non avrebbero mai potuto far partire la flotta, era troppo tardi, li avevano colti di sorpresa. In tutto erano venti navi, che minimo portavano di sicuro più soldati di quelli che avevano loro.
Il sovrano fece partire messaggeri prima dell’attacco, da un porto nascosto in un’insenatura e li mandò ai ribelli delle montagne basse, chiedendo rinforzi. Così fece anche con degli emissari via terra che erano diretti dai nobili dell’isola del Gigante, per informarli dell’attacco e far arrivare rinforzi.
Pirel si pentì di aver mandato via Milo per accompagnare Elis a casa. Mancava uno dei gemelli e sua moglie ancora non era riuscita a fare il filtro per far ricomparire la voglia. Era stato troppo incauto ed ora ne pagava le conseguenze.
 
 
Milo intanto continuava spensierato il suo viaggio non immaginando neanche cosa stesse succedendo ad i suoi amici al di là del mare.
Quando la barca arrivò sulla spiaggia  si dovette confrontare subito con il caldo tropicale che c’era a Nereval. Ben presto si trovò con la maglia zuppa di sudore e con una grande voglia di togliersela.
Elis lo condusse attraverso la foresta. Fu un percorso abbastanza lungo perché i cavalli non potevano procedere dappertutto. La sua accompagnatrice spiegò a Milo che loro utilizzavano degli animali simili agli asini che riuscivano a camminare su quel terreno accidentato.
Proseguirono attraverso una fitta foresta fino ad arrivare ad una castello in pietra grigia in parte ricoperto di muschio.
La ragazza si diresse decisa verso una specie di gong in metallo. Mentre Milo la guardava strabiliata cominciò a battere ritmicamente con un pugno generando un rumore profondo.
Il pescatore cercò di memorizzare il codice e la ragazza disse.
- Inutile che provi a impararlo, è magico, possono ricordarlo solo quelli che entrano nel castello o le persone davvero in difficoltà. – gli sorrise come se tutti quelli che entravano cercassero di memorizzarlo.
Una volta entrati si mostrò a loro un cortile pieno di fiori. Erano raccolte tutte le piante della foresta che potevano donare allegria, perché con la perenne penombra che regnava lì servivano anche a fare luce.
Su un angolo c’era una staccionata con degli strani animali. Milo immaginò fossero quelli di cui Elis gli aveva parlato.
- Ti presento gli Alderontini! – esclamò la ragazza sorridendo.
- Gli Aldero… che?
Rise di nuovo come se anche questo fosse normale per le persone che arrivavano al castello.
- Alderontini, dal re Alderonte, che li ammaestrò per la prima volta e permise al nostro popolo di svilupparsi fino a quello che è ora. -
- Adesso è tutto molto più chiaro… - scherzò Milo.
In quel momento sentirono una voce maschile che urlava.
- Principessa siete tornata, che bello riavervi qui con noi! – il pescatore non capì niente di cosa disse quell’uomo nella lingua di Nereval, ma quando andò ad abbracciare Elis intuì che le voleva bene.
Era un uomo non tropo alto sulla sessantina con i capelli brizzolati e corti. La cosa strana era che girava a torso nudo.
- Sono felicissimo, vi porto subito da vostro padre! Vi aspetta! –
La ragazza era senza parole, si staccò dal suo abbraccio e lo seguì. Milo, decise di fidarsi di lei e si diresse con loro nei tortuosi corridoi del castello in pietra.
Dopo poco arrivarono nella sala del trono. Il re e la regina vennero chiamati dall’uomo che li aveva accolti e appena entrati nella sala si precipitarono ad abbracciare la figlia contenti.
Il re era muscoloso e alto quanto Milo. Nonostante avesse più di quarant’anni aveva un fisico atletico ed anche lui era senza maglia. Alle orecchie aveva una serie di orecchini di piume e legnetti e sulle dita anelli d’osso intagliato.
La regina assomigliava molto ad Elis, stessi capelli neri e occhi profondi e stesso sguardo determinato. Il vestito però era più femminile, con la tunica verde a bretelle e i bracciali e gli anelli di legno.
- Figliola siamo contentissimi che tu sia tornata! – disse il padre - Come è andata a Maxiria? Chi è lui? -
Il pescatore capì che si riferivano a lui, perché tutti lo guardavano.
- Ehm…Elis che c’è ? – chiese alla ragazza, che lì era l’unica a parlare la sua lingua.
- Sono i miei genitori che vogliono sapere chi sei, penso che gli dovrò raccontare un paio di cosette…-
- Penso che sia meglio… -
Mentre Elis parlava il re fece cenno a Milo che poteva togliersi anche lui la maglia ormai zuppa.
Quando il pescatore mostrò il suo fisico notò che la principessa l’aveva osservato distrattamente. Al pensiero che forse lui le piacesse sorrise. Era la prima ragazza che aveva la sensazione che con lui volesse passare più tempo di una serata insieme.
Una volta terminata la lunga conversazione in Nerevaliano. Il re si rivolse a Milo parlando a stento nella sua lingua.
- Mia figlia …detto storia dei gemelli… re  Kio è molto… cattivo se vuoi io ti posso aiutare per ringraziare… -
- Elis chiedigli in che senso. – disse improvvisamente interessato Milo.
- Ha detto che vuole farti un favore e puoi chiedere quello che vuoi, purché sia in suo potere e sia una richiesta fattibile. –
La mente del pescatore la lavorava velocemente. Avrebbe potuto chiedergli qualsiasi cosa. All’inizio immaginò casse d’oro e diamanti. Ma si accorse che si sarebbe approfittato dell’offerta del re.
Penso ai suoi amici e alla guerra che sarebbe scoppiata tra poco. Anche se non sapeva che erano in pericolo, immaginava che prima o poi avrebbero avuto bisogno di risorse per combattere contro Kio. Allora formulò la sua richiesta.
- Vorrei dei soldati e prendere in prestito delle navi per portarli a Maxiria... -
Era una grande richiesta, infatti appena Elis la tradusse sbalordita il re fece un’espressione simile a quella della figlia e il pescatore pensò di aver esagerato. Ora forse gli avrebbe negato il suo aiuto.
Invece il re lo sorprese:
- Di quanti soldati hai bisogno precisamente? – chiese il sovrano con l’aiuto della traduttrice.
Milo sorrise sollevato e disse:
- Non ne voglio un numero preciso, può decidere lei. Ovviamente una volta finita la guerra con Kio torneranno in patria… - - con tutti gli onori. – gli era sembrato un discorso sensato, infatti vide che il sovrano acconsentiva e diceva qualcosa in Nerevaliano alla regina che annuì seria.
- Tu non sei normale! – gli sussurrò Elis in un orecchio mentre uscivano dalla stanza. – Io comunque ho deciso, vengo con te. Ne parlerò stasera con i miei genitori e domani partiremo. Mio padre ha detto che ti fornirà quattrocento soldati scelti, visto che in questo momento non siamo in guerra, ma ha detto anche che come minimo vuole un segno di riconoscimento se vincerete. –
- Grazie Elis! – rispose lui sorridendole raggiante.
 capitolo di passaggio! fatemi sapere che ne pensate, ringrazio soprattutto Akilendra che si è letta i dieci capitoli che le mancavano, oltre ovviamente a Mary Lautner, Roberta Salvatore e tutti queli che recensiscono o semplicemente leggono.
hohi :D

 

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Capitolo 33
*** Capitolo trentatrè ***



I soldati di Kio si limitarono a rimanere sulla spiaggia, apparentemente intenzionati a non attaccare.
Intanto nel castello l’agitazione cresceva. Era ormai sera e durante la giornata avevano avuto il tempo di organizzare difese.
Tutti giravano armati e la guardia notturna era stata intensificata.
Pirel capiva che non avevano molte speranze. Se perdevano, i ribelli del nord sarebbero stati del tutto sconfitti, per questo non contemplava per niente quell’ipotesi. Finora non aveva mai pensato alla fine del suo “regno”. Questa guerra durava da quasi venti anni e si ricordava a malapena come si viveva sotto il regno di Refel, ormai capiva che la sua era diventata una battaglia personale contro Kio, e sapeva che doveva vincerla. Per far regnare di nuovo la pace nel regno.
- Leo ricordati di dire agli arcieri di fare la guardia questa notte. -
- Gliel’ho già detto e ho sistemato tutto. Papà vatti a riposare, ci pensiamo io e Sean qui. –
Erano nell’ufficio del re e Pirel era seduto stancamente sulla sedia. Aveva il viso tirato e si vedeva che aveva bisogno di dormire.
- Sicuri ragazzi? -
Anche i suoi figli erano molto stanchi, ma si dissero che si sarebbero riposati quando la situazione fosse stata più tranquilla.
- Si tranquillo! – gli disse Sean. – Tra poco arriveranno anche Zaffira e Bianca a darci una mano. -
- Svegliatemi tra due ore, sono nella mia stanza. –
Pirel se ne andò e i ragazzi di disposero davanti ad una cartina della costa per organizzare la loro difesa.
 
- Sire è arrivato Aymek con altri soldati. -  disse lo scudiero a Kio.
- Lo hanno visto? –
- No, è venuto con delle piccole barche che dal castello non erano visibili. –
- Ne sei certo? –
- Sì il principe me lo ha confermato.-
- Perfetto, domani li attaccheremo e non si accorgeranno neanche di cosa succede. –
Lo scudiero sorrise. Il re disse:
- Pensano che non muoveremo le nostre forze e che rimarremo qui, ma la notte è lunga e noi avremo tutto il tempo di organizzare l’attacco di domattina. - - Chiama mio figlio e digli di venire da me. -
Il messaggero si congedò da lui e Kio sorrise. Questa volta li avrebbe colti di sorpresa e il nord sarebbe stato definitivamente distrutto.
 
Zaffira si svegliò di scatto. Si era addormentata nel pieno di una riunione.
Non sapeva quanto avesse dormito, ma fuori era ancora notte, quindi doveva aver fatto un breve pisolino.
Leodrian le sorrise e lei ricambiò. Da quando si erano baciati avevano parlato ben poco.
Il giorno dopo Milo era partito e neanche quella volta ne avevano avuto il tempo.
Con i soldati di Kio alle porte non sembrava mai il momento, quindi si era rassegnata a pensare a loro due quando ce ne fosse stato tempo.
- Sveglia dormigliona! - esclamò Sean interrompendo il loro scambio di sguardi.
- Vado a prendere una boccata d’aria. - disse Zaffira alzandosi assonnata.
Gli altri non dissero niente e lei lo prese per un sì.
Uscì dalla stanza. Inizialmente voleva andare nel giardino, ma poi decise che era troppo lontano, quindi era meglio affacciarsi al balcone della sua stanza.
L’aria era fresca, nonostante fosse estate. Pensò che lì al nord d’inverno dovesse fare freddissimo.
Si fermò a guardare il mare.
Vide le navi di Kio e in lontananza delle piccole barche che si avvicinavano.
Decise di tornare nello studio di Pirel, ma quando si girò il suo cervello realizzò che c’era qualcosa che non andava. Cosa ci facevano delle navi che venivano verso di loro? Le forze del re non erano già tutte lì?
Si stropicciò gli occhi e guardò di nuovo in quella direzione. Le barche erano sparite. Decise però di fidarsi del suo istinto e di avvertire comunque Leodrian Sean e Bianca.
Appena arrivata nella stanza di Pirel chiese:
- Per caso qui avete un binocolo? -
Bianca obbiettò:
- A che ti serve un binocolo? Ci sono già le guardie che controllano che non succeda nulla. -
- Devo vedere una cosa, fidatevi di me. –  non voleva farli preoccupare per niente.
Leodrian tirò fuori da un cassetto della scrivania quello che le serviva.
- Quando hai finito spiegaci cosa vuoi fare va bene? -
- Sì, sì!-
Corse alla finestra temendo che quello che aveva visto fosse sparito.
A occhio nudo le navi non si vedevano, ma usando il binocolo si distinguevano le loro ombre e l’acqua che si increspava in impercettibili onde attorno alle barche.
- Guardate! –  disse Zaffira porgendo il binocolo agli altri e mostrando quello che vedeva lei.
- Dobbiamo svegliare Pirel e avvertire la difesa!  - esclamò la ragazza.  -. Vado a dire ai soldati sulle mura di prepararsi ad un attacco questa notte o domattina.
- Io vado a svegliare mio padre! – esclamò Sean.
 
 
Aymek con le barche procedeva al buio certo di non essere visto dal castello e sorrideva.
- Che succede? Perché ride? -  gli chiese il suo scudiero.
- Perché stiamo andando a vincere la guerra. – rispose il principe con semplicità.
In quel momento dalla barca accanto a lui un soldato accese un fiammifero.
- Cosa fai! Spegni subito! – lo aggredì Aymek, sperando con tutto se stesso che nessuno l’avesse visto dal castello, ma non sapeva che in quel momento Zaffira si era affacciata per prendere una boccata d’aria.
 
Quando spuntò l’alba Milo andò subito ad avvertire il capitano della nave che potevano partire.
I soldati si erano già sistemati nelle imbarcazioni ed aspettavano solo il via di Elis.
Milo era in una nave e la ragazza nell’altra, anche se al lui era dispiaciuto non poter fare il viaggio con lei come all’andata, era necessario che entrambi dessero consigli al capitano sulla rotta, perché conoscevano il percorso per arrivare a Maxiria.
Sarebbero già tornati la sera prima, ma la principessa aveva voluto salutare suo fratello, che tornava da un viaggio prima di partire a sua volta.
La luce giocava sulle onde e creava un effetto particolare. Milo si sentì in pace, era di nuovo nel mare, stava tornando dai suoi amici e aveva con se la donna che gli interessava e la guerra era lontana.
Avvicinandosi alla costa di Maxiria però, capì subito che c’era qualcosa che non andava.
Prendendo il binocolo vide che c’erano delle navi sul mare di fronte al castello. La mente del pescatore andava in cerca di ogni possibile motivo per il quale delle imbarcazioni così grandi erano ormeggiate davanti alla fortezza di Pirel. Istintivamente disse al pilota di fermarsi e calare l’ancora, voleva prima assicurarsi che fossero amici, poi si sarebbe avvicinato.
Vedendo la nave dove si trovava Milo fermarsi, anche quella di Elis fece lo stesso.
Il pescatore cercò di dire a gesti al pilota che voleva una scialuppa per andare a vedere più da vicino di chi fossero quelle navi. All’inizio l’uomo pensò che il pescatore volesse far ripartire la nave. Milo scoraggiato si passò le mani tra i ricci castani cercando di calmarsi e maledicendosi per non aver pensato al problema della lingua. Dopo dieci minuti buoni di tentativi riuscì a farsi capire dal capitano.
Una volta calata la scialuppa in mare, si diresse a remi verso le navi.
Aveva deciso di andare da solo, per non dare nell’occhio e perché ci avrebbe messo troppo a spiegare al capitano della nave che voleva che qualcuno venisse con lui.
Remava lentamente cercando di godersi quel momento, era la prima volta che tornava in mare con una piccola barca da quando più di tre mesi prima viveva al villaggio. Una volta arrivato ad una considerevole distanza dalle navi, abbastanza da vederle ad occhio nudo si fermò cercando di capire chi ci fosse sopra.
Di certo i marinai non l’avrebbero notato, perché tutti guardavano in direzione del castello.
Osservando la nave, la prima cosa che notò fu che c'erano pochissimi uomini. Non più di dieci marinai per ogni barca non costituivano di certo un equipaggio degno di questo nome.
Dove erano finiti gli altri? Quelle navi erano amiche o nemiche? Mentre era lì da solo, queste domande rimbombavano nella sua testa. Cominciava ad essere stanco, non era più molto allenato a remare, era passato troppo tempo, da quando nel suo piccolo paese sul mare, dalla parte opposta del regno, andava a pesca con la sua barchetta.
Decise di avvicinarsi ancora poco e poi di tornare indietro. Perché si stava preoccupando tanto? Non sembrava ci fosse una battaglia in corso e quelle navi magari erano state chiamate da Pirel.
Ma, mentre stava per tornare indietro decise di dare un'ultima occhiata. Quello che vide gli fece capire che erano in pericolo.
Insieme ai marinai c'era una persona che mai si sarebbe aspettato.
Riconobbe i ricci scuri e la faccia simpatica, anche se era senza la divisa delle guardie, si chiese cosa ci facesse Gilly sulla nave, purtroppo dopo aver ragionato arrivò alla conclusione più ovvia: le navi erano di Kio.
Ad un tratto gli sembrò persino che la guardia lo avesse notato, ma comunque non lo diede a vedere e continuò a parlare normalmente con altri uomini sul ponte della nave, ma il pescatore vedeva che di tanto in tanto gli lanciava un'occhiata senza farsi notare, come a verificare che fosse ancora lì.
Dopo venti minuti di osservazioni, Milo decise di tornare indietro per consultarsi con Elis, doveva capire cosa stava succedendo e se la guerra era davvero sul punto di iniziare.
 
 Chiedo scusa per il ritardo, ma è stato un periodo che non mi sono proprio collegata al sito e le persone delle quali recensisco le storie lo sanno bene ahahha tranquilli sto arrivando da voi! 
In quanto al capitolo dopo questa assenza magari vi sareste aspettati un grande aggiornamento, ma purtroppo non è secondo me uno dei migliori. spero comunque che mi farete sapere che ne pensate, ringrazio tutti quelli che mi lasceranno un commento anche negativo, le critiche sono ben accolte.
hoshi98 :D

 
 
 
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 34
*** trentaquattro ***


                                                                    
L’alba cominciava ad illuminare timida la spiaggia.
I soldati di Kio erano schierati sotto la scogliera che spuntava davanti al mare in una posizione non visibile dalla fortezza dei ribelli, ed erano convinti che quelli dentro il castello non sapessero nulla dell’attacco imminente che li avrebbe travolti e sconfitti.
Invece da Pirel l’agitazione era tanta.
Tutti i soldati erano riuniti nel cortile centrale ed aspettavano con ansia il momento dell’attacco che sapevano sarebbe arrivato a momenti.
Leodrian attendeva con la sua armatura dal pettorale leggero, che gli dava modo di muoversi agile in battaglia, e le due spade nella custodia sulla schiena e muoveva la spalla che era stata ferita, accorgendosi che non poteva più alzare a il braccio troppo in alto o usare troppa forza. Accanto a lui c’era Sean, con l’armatura leggermente più spessa e pesante la spada in un fodero sul fianco destro, più quattro coltelli infilati nella cintura e negli stivali.
Zaffira dal canto suo aveva insistito per combattere, ma Leodrian glielo  aveva negato categoricamente, dopo aver trattato per un po’ era arrivata all’accordo che li avrebbe accompagnati solo fino al cortile del castello e che se ci fosse stata una battaglia sarebbe rimasta in disparte.
Si era portata la fionda con dei grossi sassi nelle tasche dei pantaloni attillati per sicurezza, anche se non doveva utilizzarli, si ripeté.
Faer, Bianca ed Ella rimanevano nella fortezza per curare gli eventuali feriti e sarebbero intervenuti solo nella disperata situazione in cui i soldati di Kio fossero entrati nel castello.
In quel momento di quiete, tutti  erano tesi e con i nervi a fior di pelle, pronti a giocarsi il tutto per tutto. La tensione era nell’aria e si percepiva ad ogni colpo di tosse o movimento rigido sotto le armature.
Gli arcieri ad un segnale del re si sistemarono sulle merlature del castello.
Pirel indossava una cotta di maglia che gli arrivava fino al ginocchio, bracciali e schinieri per proteggersi e un elmo intarsiato con l’immagine di una civetta, che stava per spiccare il volo. Al fianco sinistro era appeso il fodero di un rosso brunito dal quale usciva l'elsa di una spada decorata.  
In quel momento qualcuno da sopra le mura urlò:
- Li vedo, stanno superando la scogliera e vengono verso di noi, sono troppi! -
La guardia che aveva parlato venne trafitta al petto da una freccia e il sangue colò sulla cotta di maglia.
La battaglia era iniziata.
 
 
Elis e Milo, dopo aver saputo quello che il pescatore aveva scoperto avevano concordato insieme di aspettare un altro giorno prima di attraccare.
In ogni caso avevano deciso che dopo l’ora di pranzo sarebbero andati più a sud dell’isola per scendere sulla terraferma, così non sarebbero stati visti dagli uomini sulle navi di Kio.
- Che ne dici di questa situazione? -  chiese Milo alla principessa.
- Penso che i tuoi amici nel castello siano in pericolo, per quello che ne so io attaccheranno questa mattina se vogliono coglierli di sorpresa, e a meno che non li abbiano visti, cosa poco probabile, riusciranno nel loro proposito. –
Un terribile nodo si strinse sullo stomaco di Milo. Dentro la fortezza c’erano tutte le persone che amava, e non sapeva come avvertirli dell’attacco imminente, quella notte non aveva dormito cercando invano una soluzione e i risultati si potevano vedere sui suoi occhi circondati da cerchi violacei. Sperò con tutto il cuore che la buona sorte fosse dalla loro parte e che in qualche modo avessero visto le navi nemiche.
 
 
All’interno del castello regnava una calma e un ordine glaciali.
I volti da tesi si erano trasformati in determinati e non c’era più traccia di esitazione nei movimenti dei soldati tutti svolgevano il proprio lavoro con efficienza.,
Sapevano tutti che se avessero perso, tutte le loro famiglie sarebbero state massacrate e i loro beni distrutti.
In quel momento di grande responsabilità i soldati veterani eseguivano i loro ruoli con la massima concentrazione e quelli appena arrivati cercavano di guardare e apprendere il più possibile.
Gli arcieri sulle mura cominciarono a bombardare i soldati che risalivano faticosamente la scogliera dagli scalini di pietra.
Zaffira non era mai stata in una battaglia e di certo non se la immaginava così. Le poesie parlavano di cavalieri che guadagnavano la gloria sbaragliando i nemici, ma lei sentiva solo le agghiaccianti urla delle persone che risalivano la scogliera bersagliati di continuo dagli arcieri del castello che mietevano vittime ad un ritmo spaventoso. Non sapeva se essere felice perché i soldati erano suoi nemici, o tristi per tutte le famiglie che avrebbero perso un padre o un fratello.
I minuti scorrevano veloci e per il momento sembrava che gli arcieri di Pirel riuscissero ad arginare la marea di gente che cercava di attaccarli.
Qualcuno però era passato e si erano nascosti dietro gli alberi che contornavano il castello per due lati. Un’idea iniziò a farsi strada nella mente di Zaffira. Urlò per sovrastare il caos che c’era nel castello.
- Qualcuno ha un binocolo da prestarmi? – come si aspettava nessuno rispose, tutti troppo presi dalla battaglia.
Corse verso Leodrian che vedeva intento a farsi dare un arco da un maggiordomo.
-Lo sai usare? - gli chiese appena fu a portata di voce.
- Non tanto, ma posso aiutare… -rispose concentrato sull’arma.
- Mi potresti fare un favore? –
- Se posso... - disse alzando la testa e fissandola con i suoi occhi ipnotici.
- Mi dovresti prendere il binocolo di ieri… -
- A che ti serve? –
- Posso spiegarti dopo? Sappi solo che potrebbe essere importante per l’esito della battaglia. –
- Va bene torno subito! – disse correndo verso l’entrata del castello e lasciandola sola con l’arco.
Con il binocolo si sarebbe appostata sulle merlature del castello ed avrebbe osservato attentamente il bosco. Le era sembrato strano che i soldati di Kio si facessero bersagliare passando sulla scogliera, quando potevano fare il giro lungo e non rischiare così tante perdite. Lei però aveva notato una cosa che agli altri era sfuggita.
Gli uomini che risalivano faticosamente i gradini di roccia non indossavano un’armatura.
Per quello che ne conosceva lei di guerra se sapevi che gli arcieri ti avrebbero bersagliato per tutta la salita, avresti messo qualcosa per proteggerti. Era come se quelle persone fossero un diversivo, ne era certa gli altri, i veri soldati si stavano già addentrando nel bosco, al sicuro dalle gittate dei loro archi.
 
 
Aymek fissava i suoi soldati compiaciuto. Era arrivato alla conclusione che l’accensione del fiammifero a bordo della nave in qualche modo aveva fatto capire a quelli all’interno del castello la loro posizione.
L’uomo colpevole di questa mancanza era stato mandato con quelli che dovevano risalire la scogliera, e probabilmente il suo cadavere giaceva insieme agli altri sui gradini di pietra.
Quello di diversivo aveva funzionato però. A risalire la parete di roccia  erano stati mandati tutti i prigionieri e gli schiavi e in cambio, una volta in cima gli era stata promessa la libertà.
Erano rimasti in pochi di quel gruppo, mentre tutti gli altri soldati di Kio a parte quelli sulle navi, avevano già aggirato la scogliera ed erano nel bosco, pronti a tenere sotto tiro gli arcieri del castello, che ignari continuavano a guardare in direzione delle navi.
Aymek diede l’ordine di incoccare le frecce e alzò lo sguardo dove gli arcieri nemici erano appostati tranquillamente, senza essere a conoscenza della morte che si sarebbe abbattuta su di loro entro pochi istanti. In quel momento osservando attentamente gli uomini del castello ne vide uno con i capelli lunghi e marroni che impugnava un binocolo e guardava nella loro direzione.
Si fece prestare lo stesso strumento da un soldato lì vicino e quando riconobbe Zaffira sorrise in silenzio mentre chiamava il mago che aveva fatto bruciare la voglia di Milo.
Se lei era nel castello, voleva dire che era venuta insieme a Leodrian e questa volta il ragazzo non avrebbe avuto scampo.
- Sai applicare la magia alle frecce? -  chiese al mago accanto a lui.
- Chi devo colpire? – disse quest’ultimo con un sorrisetto complice.
Aymek non potè fare a meno di concedersi una breve risata liberatoria, la maggior parte dei loro problemi si stavano per risolvere.
 
Zaffira posò il binocolo con la mano tremante e si girò verso l'interno del castello urlando con quanto fiato aveva in gola. 
- Riparatevi! - al suo cenno tutti i soldati alzarono la testa e il tempo di prendere uno scudo lo sciame nero di frecce oscurarò il cielo come una nube per poi abbattersi con dei sibili letali su di loro.
Zaffira si abbassò dietro ad una merlatura, ma ad un certo punto un dolore alla spalla sinistra la stordì per un attimo. 
Quando realizzò davvero dove si trovava capì che senza scudo sarebbe morta da un momento all'altro.
Come se gli avesse letto nel pensiero la guardia accanto a lei, riparata dietro ad uno grande di legno gliene porse uno uguale.
Lo accettò senza fare domande, capendo che era di un altro soldato che non aveva avuto la sua stessa fortuna.
Una volta con la schiena sulle mura del castello e il resto del corpo accovacciato alla relativa sicurezza dello scudo, potè guardarsi la spalla. 
Una freccia l'aveva ferita di striscio e un taglio si apriva alla fine della maglia a maniche corte.
All'ombra sicura dello scudo sentiva solo il suo cuore battere all'impazzata, mentre i fuori c'erano solo frecce che seminavano morte nel castello. 

Ero convinta di aver già aggiornato ieri e avevo scritto anche un lungo angolo dell'autrice, ma a quanto pare il computeri è contro di me... vabbè, comunque ero lo stesso in ritardo, forse perchè non riesco a separarmi da questi personaggi ora che tra sette otto capitoli ci sarà l'epilogo ( devo ancora decidere bene quando). Vorrei ringraziare Mary lautner per recensirmi puntualmente e per ricordarmi sempre di aggiornare, Akilendra che ha recuperato tutti i capitoli di distacco che le mancavano ed ora mi fa sapere che ne pensa con frequenza (ho fatto una assonanza ahahah....ok faccio la seria). RIngrazio anche Roberta Salvatore che anche se ora le mancano due capitoli so (spero) che li recupererà, lo stesso vale per Water Wolf :D un ringraziamento va anche a tutti quelli che hanno messo la storia tra le seguite o le preferite, o quelli che leggono solamente.
concludo dicendovi che sarei contenta se mi faceste sapere ceh ne pensate del capitolo!
Hoshi98

 

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Capitolo 35
*** Capitolo trentacinque ***


Spazio autopubblicitario:
se non vi interessa leggere altre storie saltate la parte in blu ahahaha!
Beh niente... volevo avvertire tutti quelli che sono entrati che ho pubblicato una nuova storia che per ora ha solo due capitoli, quindi se volete, leggetela, sarei molto contenta se mi diceste che ne pensate! 
Scusate per il disturbo, buona lettura. 
Hoshi98


Leodrian era accanto al fratello nel cortile del castello,  quando la tempesta nera di frecce si abbattè su di loro in cerca di morte.
Al grido di Zaffira si guardò intorno alla ricerca di uno scudo. Ne trovò uno dall'aria resistente, buttato da un lato e con le spalle al muro si riparò sotto di esso accanto a Sean. Il fratello ebbe il tempo di dire.
- Era una trappola! Ci hanno distratti! - poi l'unico rumore che si sentì per una manciata di minuti fu il sibilo delle frecce e i lamenti di chi veniva colpito dai dardi mortali.
In quel momento quando pensavano di essere relativamente al sicuro una freccia seguì un corso innaturale prima di lato e poi verso lo scudo di Leodrian. Non ci fece caso, ma quando vide il dardo che si abbatteva su di lui cercò di spostare lo scudo, in modo da intercettarlo.
Quello deviò come dotato di vita propria. Dopo aver spostato un'altra volta lo scudo, vedendo che la freccia girava di nuovo, Leodrian non sapeva proprio cosa fare.
Il tempo di capire che sarebbe morto, Sean lanciò un coltello così preciso che mozzò di netto la punta al dardo e addosso al biondo arrivò solo un pezzo di legno che fu fermato dal corpetto imbottito.
Leodrian ripresosi dallo shock mormorò con timore.
- Magia... - Sean annuì, mentre spostava di poco lo scudo, per vedere se la pioggia di frecce era terminata.
- È finita. -
Si alzò e il fratello lo imitò . Il cortile centrale del castello era coperto dai cadaveri di chi non aveva fatto in tempo a mettersi al riparo. 
Leodrian disse solo
- Zaffira. - e si precipitò sulle mura correndo con lo scudo in mano. Raggiunte le merlature si tenne basso fino ad arrivare dove aveva visto la sua innamorata l'ultima volta. C'era qualcuno rannicchiato sotto uno scudo con diverse frecce conficcate. Spostò delicatamente il bordo e fu felice di trovarla lì. 
Appena lo vide accucciato accanto a lei si scostò il pesante fardello di legno e lo abbracciò sorridendo. 
- Avevo paura che non avessi fatto in tempo a ripararti! Ho urlato quanto più potevo, ma ero certa che non mi avessi sentito!-
Lui la strinse appoggiando la testa tra i suoi capelli, mentre a lei scendevano due lacrime solitarie.
- Sei ferita! - esclamò preoccupato appena vide il taglio sul braccio, dal quale colava sangue fresco.
- Non è niente, una freccia mi ha preso di striscio... - gli sorrise per non preoccuparlo.
Intanto li raggiunse Sean e vide che Leodrian prendeva una delle due spade per strappare un pezzo della maglia e fasciare il taglio.
- Cosa fai?
Lui indicò la ferita di Zaffira.
- Usa questa! - disse porgendogli una leggera sciarpa blu notte con delle frange.
- Dove l' hai presa una sciarpa d'estate? - chiese sorridendo la ragazza.
- È una storia lunga... - rispose misterioso Sean.
- Lui ha sempre una sciarpa. - preciso il fratello sorridendo e avvolgendola attorno al braccio della ragazza. - Non chiedermi perchè... -
Lei fece un'espressione triste ed indicò il cortile del castello.
- Andiamo a dare una mano. -
Tutti e tre si avviarono verso la devastazione che avevano lasciato le frecce di Kio.
 
- L'ha colpito? - chiese ansioso Aymek al mago.
- Principe, non so dirle se la magia ha funzionato, ma ho fatto in modo che la freccia non si fermi neanche davanti agli scudi, avrebbero dovuto rompere la punta in volo per fermarla e non è di certo una cosa facile. -
Il ragazzo si sciolse il codino nero, per poi rifarselo.
- Per oggi basta, nascondiamoci dietro gli alberi e aspettiamo che Kio aggiri la scogliera. Non voglio sprecare frecce, tanto sanno che li teniamo sotto tiro, quindi sono troppo attenti. - - Trasmetti l'ordine agli altri. - disse al mago.
- Finalmente mio padre non avrà nulla da dirmi. - mormorò quando l'uomo si fu allontanato.
 
Per Faer era la prima volta che poteva esercitare tutto quello che aveva appreso sull'arte medicinale, a parte ovviamente quando aveva curato Leodrian.
Certo lavorare con dei feriti dopo una scarica di frecce se ti trovavi lì per sbaglio poteva essere uno shock, ma lui sapeva che da grande avrebbe fatto quello. Ormai l'idea di aprire una biblioteca era stata accantonata da tempo.
Ella gli si affiancò mettendosi un ciuffo dei corti capelli castani dietro l'orecchio.
- Ci hanno detto che dobbiamo dare una mano curando i feriti meno gravi, agli altri devono pensarci i medici esperti. -
- Va bene andiamo! - le rispose lui.
Si trovavano in una grande sala del castello adibita ad infermeria.
In quel momento, mentre si dirigevano nel lato dove si trovavano i feriti meno gravi, la grande porta di legno si aprì ed entrarono Zaffira Leodrian e Sean.
Quando li vide tutti interi gli venne voglia di abbracciarli, ma poi si ricordò che era davanti anche all'altro principe e quindi non sapeva come comportarsi.
Tese la mano a Sean e si presentò
- Piacere io sono Faer. -
L'altro gli sorrise e lui si sentì sollevato mentre chiedeva a Leo:
- Perchè siete venuti qui? -
- Zaffira ha un taglio sul braccio, ma soprattutto volevo sapere il numero delle vittime. -
- Di quello me ne posso occupare io, perchè gli altri medici sono fin troppo impegnati, per la tua altra richiesta, ci sono cinquantadue morti e centotredici feriti, di cui ventiquattro in pericolo di vita. - illustrò ripetendo le cifre che ormai gli erano entrate in testa.
Dopo un attimo di silenzio Leodrian disse con la voce triste.
- Poteva andarci molto peggio. -
Tutti sapevano che aveva ragione, se Zaffira non li avesse avvertiti, la maggior parte dei soldati sarebbero morti solo per essersi trovati nel cortile del castello.
 
Milo esclamò quasi urlando con il binocolo in mano:
- Ma non possiamo andare ad aiutarli? Hai visto quante frecce gli hanno tirato! - - Avranno fatto una strage! -
Elis aspettò un attimo prima di rispondere calma:
- Cosa vorresti fare sentiamo? -
Si trovavano su una spiaggia dell'isola a circa due chilometri dal castello. Milo stava cercando di convincerla ad aiutare i soldati di Pirel, mentre tutti gli altri stavano consumando il pranzo a base di pane e formaggio che si erano portati da Nereval.
Il pescatore non sapeva cosa risponderle, voleva aiutare i suoi amici, ma capiva che se si fossero avvicinati al castello e i soldati di Kio li avessero visti si sarebbero prima sbarazzati di loro e poi avrebbero pensato a quelli nel castello.
- Non lo so... - disse sedendosi a terra e passandosi una mano sul viso. Neanche quella notte aveva dormito pensando ad una soluzione per il loro problema, ma non aveva ottenuto nulla, a parte delle profonde occhiaie.
Elis si sedette accanto a lui e gli mise una mano sulla spalla dicendo con voce dolce:
- Ora non possiamo fare niente, ma vedrai che i tuoi amici se la saranno cavata, ho conosciuto Zaffira e Bianca e mi sono sembrate due toste, poi di Leodrian mi hai raccontato tutto quello a cui è sopravvissuto e non è poco, vedrai che non si saranno fatti cogliere di sorpresa. -
- Forse hai ragione... - rispose il pescatore un minimo consolato.
- Certo che ho ragione! - gli disse sorridendo e lui ricambiò.
- Ora aspettiamo e vediamo cosa succede.-
 
Si trovavano nell'ufficio di Pirel.
C'erano il re la regina, Sean, Leodrian, Bianca e Zaffira, mentre Faer ed Ella li aspettavano fuori per avere notizie, non potendo entrare.
- Ma ne sei sicuro? È da anni che non viene utilizzato, potrebbe essere crollato in più punti, l'ultimo ad entrarci fu mio padre da giovane!- esclamò Pirel.
- È l'unico modo! - disse sconsolato Leodrian. - Non possiamo uscire dal castello, perchè ci ucciderebbero, neanche usare le navi perchè il porto è occupato. Se riusciamo a trovare i rinforzi, possiamo passare per il tunnel e portarli nel castello senza che i soldati di Kio se ne accorgano di nulla, se è crollato dovremmo pensare o ad un'altra soluzione, ma per ora questa mi sembra la più sensata e quella con più possibilità di successo. - Il principe si sedette mentre dava il tempo al padre di ragionare sulla sua idea.
Tutti erano arrivati al punto che dovevano cercare dei rinforzi, per tentare di sconfiggere i loro avversari in campo aperto, o con delle sortite. Non erano preparati per un assedio anche di media lunghezza e dai calcoli sarebbero potuti resistere per altre due settimane, massimo tre.
A questo punto Leodrian aveva proposto di utilizzare un vecchio passaggio segreto che conduceva a circa due chilometri e mezzo dal castello, che era stato costruito per evacuare la fortezza in caso di attacco.
In quel momento Pirel esclamò:
- Chi vorresti mandare? -
Leodrian non poté trattenere un sorriso constatando che aveva accettato. Si schiarì la gola e disse:
- Volevo andare io, ho proposto l'idea e me ne assumo le responsabilità, tanto in un assedio il mio aiuto non serve, non so usare l'arco e rischio solo di morire per l'inattività. -
Zaffira si agitò sulla sedia, come se non fosse d'accordo, ma non fece commenti, per non manifestare i suoi sentimenti davanti a tutti, anche se, dopo il bacio che si erano dati ormai nessuno aveva molti dubbi sul loro rapporto.
- Va bene, mi hai convinto. - Leodrian sorrise e gli sembrò come quando qualche anno prima chiedeva al padre di andare a fare un giro nel regno di Maxiria con gli amici, ma questa volta penso; c'erano vite umane di mezzo.
- Dove hai intensione di andare a chiederli questi rinforzi? -
- Nei villaggi qui vicini. Uscirò dal tunnel dietro il bosco e poi mi dirigerò verso i paesi interni, insomma abbiamo le truppe di Kio alle porte, mi dovranno pur ascoltare? -
- Spero di sì... Quando vuoi partire? -
- Domani. -
Pirel non disse nulla e il figlio capì che aveva accettato. Sean intervenne:
- Vuoi che venga con te? -
- No vado da solo, potrei incontrare qualcuno sulla strada per i villaggi e in due diamo troppo nell'occhio. -
- Va bene, come vuoi... -
Leodrian gli sorrise per rassicurarlo.
- Vedrete che tornerò con qualche aiuto! -
- Speriamo - mormorò Zaffira accanto a lui con la voce tesa.
Lui la guardò triste, perchè gli dispiaceva che non fosse d'accordo, ma poi li salutò tutti quanti dicendo:
- Vado in camera, dormo un pò perchè partirò domani all'alba. -
- Buon viaggio! - gli augurò il fratello con un sorriso di incoraggiamento, mentre Zaffira fissava per terra e Bianca non dava segni di interesse.
- Buon viaggio, e questa volta vedi di tornare presto e non farmi prendere un colpo! - gli disse il padre. memore dell'assenza del figlio per più di sei mesi.
- Sì tranquilli! - disse il principe chiudendo la porta dietro di sè e facendo un respiro profondo.
- Io devo andare, ma non ti posso dire dove, parto domani all'alba, farò il prima possibile, ci vediamo! - disse quando passò davanti a Faer ed Ella seduti su alcuni scalini di pietra.
- Cosa? - chiese il ragazzo, ma Leodrian era già lontano nel corridoio.
Il principe aveva salutato così bruscamente il suo ex scudiero, perchè se si fosse soffermato di più a pensare che forse non avrebbe rivisto i suoi cari, non era certo di riuscire a partire.
Arrivò nella sua camera e cominciò a prendere le cose per il viaggio.
Non doveva farsi riconoscere, allora decise di travestirsi da mendicante.
Prese da un baule di legno i vestiti abbastanza rovinati che aveva quando era arrivato al castello, dopo il viaggio con Faer. Erano stati lavati, ma decise che se ci avesse dormito si sarebbero stropicciati e forse sarebbe stato credibile.
Da una scatola bianca nel baule prese una barba posticcia marrone che usava da piccolo per travestirsi e a malapena ricordava di avere. Si fissò la treccia arrotolata sulla nuca e calò il cappuccio, guardandosi allo specchio.
Aveva l'aspetto di un mendicante, che si era appena fatto un bagno.
Si sdraiò sul letto togliendosi la barba e decise che avrebbe dormito così, per dare un'aria vissuta al suo travestimento. 

Ciaoooo 
Allora iniziamo dal fatto che sono in clamoroso ritardo, ma quello ormai è normale :D        
Dunque secondo me, la parte iniziale di questo capitolo è dolce e mi piacciono quando si ritrovano Leodrian e Zaffira... non so perchè...
Il finale è un pò strano.... se non avete capito qualcosa, chiedete pure io sono disponibile, tutte le recensioni sono ben accette, un saluto e grazie a chi recensirà! 
Hoshi98


 

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Capitolo 36
*** Capitolo trentasei ***


 (Spazio Autopubblicitario non leggete, se non volete finire in mezzo ad un'altra storia ahahaha) Vabbè niente volevo dirvi che ho pubblicato una nuova storia, sempre fantasy, se volete andate a dare un'occhiata, sarei molto contenta di ricevere recensioni e pareri. Scusate per il disturbo... buona lettura! :D

La sveglia di legno ticchettava irritante.
Leodrian si alzò svogliato e la spense allungando un braccio.
Si tirò su a sedere e vide allo specchio il risultato finale del suo travestimento, con i vestiti stropicciati poteva essere credibile.
Slacciò un bottone della camicia marrone e la spostò di lato, ruppe un lato del colletto, stando ben attento a nascondere il tatuaggio sulla spalla sinistra. Prese una sola spada e la mise nel fodero che nascose sotto un mantello logoro.
Prese una fiaccola, dei fiammiferi e si avviò verso l'uscita.
Arrivò nel cortile del castello. Non si fece notare dai soldati di guardia perché la missione doveva restare segreta.
In un angolo c'erano alcuni sacchi di grano accatastati.
Li spostò cercando di non far rumore e aprì la botola che c'era sotto. Scese delle scalette lentamente, ma prima richiuse l'entrata sistemando alla meglio i sacchi.
Davanti a lui di aprì una galleria buia e stretta. Pensò subito che Milo avrebbe dovuto chinare la testa per passarci, vista la sua altezza, ma per lui andava bene,
Accese la fiaccola in modo da vedere dove metteva i piedi e cercò di consolarsi pensando che se si sbrigava tra meno di un'ora sarebbe stato fuori.
 
Milo era riluttante, ad abbandonare il tepore delle coperte, ma Elis era irremovibile.
Si stagliava in piedi vestita di tutto punto davanti a lui e gli occupava la visuale. Nonostante avesse dormito a terra e nella costante preoccupazione che i suoi amici potessero essere in pericolo era riuscito finalmente a prendere sonno, ma ora la ragazza lo sovrastava e lo invitava in modo non troppo dolce ad alzarsi.
- Milo! - alzò la voce Elis per l'ennesima volta.
- Va bene, mi arrendo hai vinto, ora mi alzo. - disse più che altro per farla smettere. Pensò che quando non era arrabbiata con lui e non gli urlava contro, gli voleva bene.
Tirandosi a sedere notò che la maggior parte i soldati era in piedi. Li osservò, molti di loro non indossavano la maglietta e mostravano fisici statuari. Non che lui avesse qualcosa da invidiargli, ma aveva preferito infilarsela, appena tornato a Maxiria. Un'altra cosa che li distingueva era il modo di portare i capelli.
La maggior parte degli uomini li portava lunghi legati in treccine, mentre le donne (perché anche loro facevano i soldati) li tagliavano corti come Elis, o lunghissimi e raccolti sopra la testa con perline e mollette elaborate.
Inoltre alle orecchie, come aveva visto nel re, ma non nella sua amica, avevano tantissimi buchi, ornati da legnetti, piume, perline di legno o altri piccoli oggetti colorati di tutti i tipi.
Nell'insieme la gente di Nereval aveva un aspetto piuttosto esotico.
Milo era ancora immerso nelle sue considerazioni, quando vide degli strani movimenti da un lato dell'accampamento.
Si alzò stropicciandosi gli occhi e togliendosi gli ultimi residui di sonno, mentre si dirigeva verso la fonte di quell'agitazione.
I Nerevaliani erano raccolti in cerchio intorno a qualcosa.
Si avvicinò incuriosito e vide che non si trattava di qualcosa, anzi di qualcuno, del suo amico Leodrian.
 
Leodrian era riuscito ad attraversare la galleria alla fine. Ci aveva messo più di quanto aspettava.
In alcuni punti il muro era crollato e aveva dovuto procedere sopra i mattoni rischiando più volte di slogarsi una caviglia. L'unica nota positiva era stata che era riuscito a sporcarsi di fango tutti i vestiti e anche il viso. Adesso non doveva aver più l'aspetto pulito di quando era partito e il suo travestimento era completo.
La galleria non era crollata in nessun punto, quindi era rimasto nascosto per tutto il tragitto sotto terra.
Appena aveva potuto era uscito, aprendo una botola, in una specie di nascondiglio tra alcuni massi.
Vedendo dei soldati accampati, si era avvicinato per vedere chi fossero, ma due uomini senza maglia e con i capelli raccolti in treccine si erano avvicinati correndo da dietro e il tempo di girarsi per fronteggiarli lo avevano tramortito con un pugno allo stomaco e gli avevano legato le mani dietro la schiena conducendolo all'accampamento, ancora piegato per il dolore alla pancia.
Intorno a loro si era formata una folla di curiosi. Leodrian aveva provato a parlare con i due soldati sia nella lingua di Maxiria che in quella del nord, ma si limitavano a guardare davanti a sè, mentre la folla si infoltiva.
Tra la gente però si aprì un varco e si avvicinò una figura alta e muscolosa, ma in controluce non riusciva a distinguere i tratti dell'uomo.
- Leodrian? - chiese lo sconosciuto.
Quando il principe riconobbe la voce del suo amico Milo, la prima sensazione fu di sollievo, la seconda di curiosità, cosa ci faceva con quella specie di esercito?
- Sì sono io! -
Il pescatore si avvicinò dicendo alle guardie qualcosa in un'altra lingua che a quanto sembrava conosceva molto poco e queste lo slegarono.
- Che ci fai qui? - gli chiese mentre lo conduceva lontano dal circolo di persone ammassate a vedere chi fosse lo sconosciuto.
- Io? - rispose Leodrian sorridendo. - Tu invece, che giri con una specie di esercito? -
Milo gli rivolse uno dei suoi sorrisi migliori e Leodrian dovette ammettere a se stesso che gli era mancato, anche se non lo vedeva solo da alcuni giorni.
- Devo dire che ti devo qualche spiegazione, mettiamoci seduti.- - Ma che hai fatto? - disse Milo alludendo al  fango che lo ricopriva e alla barba finta.
Il principe si staccò la e si abbassò il cappuccio sciogliendosi i capelli.
- Non è che hai un pò d'acqua? -
- Sì, sì! - disse Milo.
In quel momento, mentre il pescatore di allontanava un attimo a prendere una borraccia, arrivò Elis, che appena vide Leodrian lo salutò con un cenno della testa e gli disse:
- Come mai sei qui? -
- Ora ve lo racconto, tranquilla. Tu invece, non dovevi tornare a Nereval? -
- Anche io te lo racconto dopo. - gli sorrise e lui pensò che, nonostante avesse occhi solo per Zaffira, considerò che con i suoi corti capelli neri, gli occhi profondi e le movenze che sottolineavano le forme generose e la vita sottile, era molto bella.
Milo tornò con la borraccia d'acqua e Leodrian la bevve avidamente. Con quella restante si tolse il fango dal viso e dalle mani.
- Allora chi comincia? - chiese il pescatore sorridendo,
- Inizio io! - rispose il suo amico accomodandosi meglio sulla sabbia.
Gli raccontò dell'attacco che c'era stato e Milo gli disse che l'aveva visto dalla spiaggia. Poi gli parlò della sua idea di prendere il tunnel per cercare nuovi rinforzi.
- E appena sono uscito da quella buia galleria ho visto il vostro accampamento, ma il tempo di girarmi e uno dei vostri soldati mi ha steso prima che capissi cosa succedeva. -
L'altro gli sorrise e cominciò con il suo racconto.
Gli parlò del suo arrivo a Nereval, del re che gli aveva permesso di chiedergli un favore e lui che aveva pensato a dei soldati. Gi disse che Elis aveva voluto accompagnarli ed erano lì da due giorni, ma solo da uno erano scesi a terra.
- Quindi non c'è bisogno che vada oltre, ho trovato i miei rinforzi! Giusto? - Milo gli sorrise contento che avrebbe potuto aiutarli.
- Elis, digli di prepararsi al viaggio, si va a combattere! -
 
- Quanto ci metterà secondo te? -
Bianca si giró verso Zaffira e raccogliendo i boccoli biondi in una coda, puntò i suoi occhi azzurri in quelli nocciola della sorella:
- Potresti smettere per un attimo di pensare a quando tornerà Leodrian? -
- È solo che da quando è stato ferito da Aymek ho sempre paura che possa succedergli qualcosa... -
- Vedrai che riuscirà a badare a se stesso! -
La sorella abbassò gli occhi non convinta.
Il sole era già alto nel cielo e quella era almeno la quinta volta che Zaffira chiedeva a Bianca qualcosa su Leodrian.
- Perchè non vi mettete insieme? - chiese diretta la bionda.
- Cosa? -
- Seriamente, lui è cotto di te e anche a te piace, quindi perchè aspettate? Insomma vi siete anche baciati, mi sorprendo che continuate ad ignorarvi! - era stata così diretta più che altro per esasperazione. Vide la sorella arrossire.
Zaffira era sorpresa della logica di Bianca e doveva ammettere che la sorella aveva ragione. Rimase senza parole, non riusciva a formulare una risposta sensata.
Un rumore metallico interruppe l'apparente calma del castello.
Poi un suono più forte come di qualcosa che si fosse aperto e più nulla.
Tutte le guardie avevano le orecchie tese e i muscoli pronti all'azione, all’improvviso i sacchi di grano accatastati in un angolo del cortile si mossero. Il soldato moro che durante la battaglia aveva dato lo scudo a Zaffira, si avvicinò con la spada sguainata.
I sacchi si spostarono definitivamente e una figura emerse da una botola.
Zaffira guardò sorpresa Milo che faceva cenno alla guardia di abbassare l'arma, anche se questa non sembrava troppo convinta.
- Tranquillo, non ti ricordi di Milo? -
La guardia si girò verso di lei è abbassò l'arma. Poi tornò a guardare il pescatore
- Scusami, ma non ho pensato che fossi tu! -
Milo uscì dalla botola e dietro di lui cominciarono a venire altri uomini.
Tra di loro Bianca vide subito Leodrian, mentre Zaffira era occupata a parlare con il gemello.
Si avvicinò alla sorella e disse:
- Guarda un po’ chi c'è! -
Lei si girò verso la botola e in mezzo a tutti quegli uomini con le treccine scorse una chioma bionda che si avvicinava. Si diresse verso di lui ignorando Milo che la prendeva in giro.
- Vai corri dal tuo amato! - esclamava a voce abbastanza alta da farsi sentire da tutti.
Quando vide Leodrian fece per abbracciarlo, le parole di Bianca l'avevano colpita, aveva capito che doveva cogliere tutte le occasioni che aveva per stargli vicino. Lui però la fermò:
- Ti avverto sono pieno di fango! - le disse con un sorriso.
Lei in cambio annullò la distanza tra di loro e lo strinse a sè, sentendo che la sostanza viscida finiva anche sui suoi vestiti.
Quando si sciolsero dall'abbraccio e Bianca li vide scoppiò a ridere.
- Siete bellissimi! - alludeva al fango che ricopriva i vestiti di entrambi.
Tornò seria:
- Penso che ci dobbiate delle spiegazioni! – esclamò parlando a nome di tutti i soldati che si trovavano nel castello, che curiosi si raccoglievano attorno a loro.
Intanto arrivarono il re e la regina e Sean chiamati da una delle guardie. Pirel disse:
- Qui che succede? -
- Adesso vi spieghiamo tutto! - gli rispose Leodrian.
Milo ed Elis che intanto si erano avvicinati raccontarono davanti a tutti del loro viaggio a Nereval. Poi disserro di essere attraccati con le navi a Maxiria e di aver incontrato Leodrian.
Il principe in cambio rese nota a chi non la conosceva la sua missione e l’esito positivo.
Quando Pirel ebbe sentito tutta la storia, disse:
- Uomini, parlo a nome mio e della regina. Pensiamo da qualche giorno a questa soluzione e crediamo sia la più adatta. Con i rinforzi che ci hanno fornito i Nerevaliani il nostro numero è aumentato e le scorte di cibo non bastano più, quindi quest'oggi ci organizzeremo e domani attaccheremo. -
Un mormorio agitato percorse le fila di tutti i soldati che si erano radunati lì.
- Dunque lucidate le spade e incoccate gli archi, domani sarà un gran giorno, ci prenderemo ciò che ci spetta, sconfiggeremo il grosso dell'esercito di Kio e marceremo verso Maxiria. Una volta lì ci uniremo ai ribelli delle montagne basse e conquisteremo Detri! - fece una pausa per far assimilare a tutti le sue parole, poi urlò.
- Chi è con me? -
Dai soldati lì riuniti ci fu un boato che scosse le fondamenta del castello.
In quel momento Milo che si univa all'urlo dei soldati capì perchè quell'uomo era riuscito a mandare avanti una ribellione per così tanto tempo, aveva la forza per trascinare una folla e l'intelligenza per guidare l'esercito.

Eccomi! Di nuovo in clamoroso ritardo, ma torno ahahhaahah 
Allora che dire, questo non è un capitolo con particolare rilievo per la trama, ma mi piace tanto la parte di Milo e Elis, non so perchè, ma sono carini secondo me...
A parte questo... spero di aggiornare più velocemente, anche se probabilmente le mie sono speranze vane. 
Ormai sapete che io sono contentissima quando mi recensite, e spero che lo farete, anche se ormai siamo quasi alla fine, magari vorrete dirmi cosa avete pensato della storia in generale... non so. Ringrazio comunque quelli, anzi quelle, che lo fanno quasi ad ogni capitolo, Roberta Salvatore, Mary Lautner, Water Wolf e Akilendra, vi mando un bacio ahahaha. 
Hoshi98

 

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Capitolo 37
*** Capitolo trentasette ***


Capitolo trentasette

Kio arrivó nel bosco e vide subito i soldati di suo figlio.
Si fece guidare da uno di loro al punto dove si era accampato il principe.
Era già pomeriggio inoltrato, ma essendo in estate c'era ancora luce.
- Padre! - lo salutò Aymek quando lo vide venire verso di lui.
- Vedo che sei riuscito a conquistare il bosco. - esclamò serio il re.
- Sì, li ho distratti facendo salire gli schiavi sulla scogliera e intanto sono entrato nel bosco aggirandola. Inoltre ho fatto fare una freccia magica dal Mago e l'ho diretta verso Leodrian, dovrebbe averlo ucciso. - 
- Che vuol dire "dovrebbe" ? - 
- Che, non ne sono sicuro, perché anche questo incantesimo ha un margine di errore...- 
- Non male... - commentò Kio.
Il ragazzo non potè evitare di pensare che finalmente il padre era fiero di lui.
- E gli schiavi sono morti tutti? -
- No, alcuni si sono salvati, ma se arrivavano in cima gli ho promesso la libertà. Sono solo in quindici, dei cento che sono saliti, ed alcuni feriti... - disse timoroso di scatenare l'ira del padre.
Questa non tardò ad arrivare, ma la manifestò come sempre in modo freddo.
- Moriranno. - disse solo prima di chiedere ad un soldato dove si trovavano.
Aymek si sedette su un tronco assaporando l'odore del bosco e pensando che poteva andargli peggio.

- Convoca i soldati nel cortile centrale. - ordinò Pirel ad una delle guardie.
- Voi venite con me. - disse con tono più dolce, che non ammetteva repliche, a tutti i ragazzi.
Si diressero verso il suo ufficio, per l'ultima riunione prima della battaglia.
Milo e Leodrian avevano avuto il tempo di cambiarsi e tutti avevano pranzato insieme parlando di quel l'idea.
La regina Kira, dopo essere stata alcuni giorni rinchiusa nel suo laboratorio ed essere uscita solo per mangiare, aveva creato il filtro che poteva far ricomparire la voglia di Milo.
- Ho quello che risolverà i tuoi problemi! - disse al pescatore, appena si furono accomodati sulle sedie.
Questa volta erano entrati anche Faer ed Ella, perchè ormai la cosa sarebbe diventata pubblica tra poco. 
- Cioè? - chiese Milo intuendo l'argomento ma non volendo iniziare a sperare.
La donna parlò a tutti di quello che era riuscita a fare e poi disse.
- Questa sera alle sette, davanti a tutti i soldati faremo riapparire la tua voglia. -
- Come? - chiese l'altro.
- Raduneremo tutti i soldati nel cortile e parleremo della vostra storia, del fatto che i gemelli di Refel sono ancora vivi, ma soprattuto che sono pronti a combattere con loro. -
- E questo gli darà la forza di lottare in evidente inferiorità numerica. - continuò il pescatore capendo che quella era una buona idea.
- Come si svolgerà la cosa? - chiese Zaffira sentendosi coinvolta.
- Per prima cosa spargerò un filtro sulla mano, che ti farà lo stesso effetto di quello che ti hanno messo prima di... Eliminarla.- disse cercando di usare un termine che non gli ricordasse l'esperienza che aveva vissuto.
- La mano ti pulserà un pochino, ma dopo circa un minuto, potremmo passare alla seconda parte. Bisognerà avvicinare il fuoco alla tua mano e bruciare il punto interessato, proprio come è successo la prima volta. -
Milo rabbrividì al ricordo del dolore che aveva provato e chiese.
- Ma è proprio necessario? -
- Mi dispiace... - rispose la donna sincera, - ma è l'unico modo... -
- Basta che la voglia ricomparirà. - la interruppe concentrato il pescatore.
- Comunque durerà solo mezz'ora, poi metterò un altro filtro che farà guarire l'ustione in qualche minuto quasi del tutto, e potrai mostrare a tutti la voglia! - cercava di incoraggiarlo sapendo che sarebbe stato difficile e doloroso per lui.
- Chi dovrebbe farlo? - chiese Milo.
- Questo non l'ho ancora deciso, puoi scegliere tu. - 
Ci pensò un attimo. C'erano Zaffira e Bianca che erano da escludere, non voleva che lo facesse neanche Elis. Faer ed Ella li conosceva poco, poi erano troppo piccoli, avrebbero potuto fargli male, c'era Sean di cui però non si fidava completamente, quindi rispose:
- Leodrian. - gli sembrava la scelta giusta, d'altronde era il suo migliore amico e si fidava, sapeva che non gli avrebbe fatto più male di quanto doveva.
- Va bene. - rispose serio l'altro, conscio della grande stima che gli stava accreditando.
- Tra quanto dovremmo fare questa cosa? - 
- Il tempo di radunare i soldati. - disse Pirel. Aveva apprezzato il coraggio di quel ragazzo, nonostante sapesse cosa si provava a farsi bruciare la mano era pronto a rifarlo.
- Direi che possiamo andare allora. - concluse atono Milo passandosi una mano sulla barba.
Zaffira notò che era la prima volta che lo vedeva così rassegnato.
Uscendo Kira si avvicinò a Leodrian.
- Ho visto che hai problemi con quella spalla. - 
Lui non negò nulla perchè era vero, ma soprattuto sapeva che non poteva nascondere nulla a sua madre.
Lei gli passò una piccola bottiglia con un tappo di sughero, che conteneva un liquido verde.
- Avevo un minuto di tempo, mentre preparavo il filtro di Milo e ho fatto questo. Dovrai metterlo sulla spalla, fasciarla e tenerla abbastanza ferma per due ore. Stasera non succederà nulla, ma domani mattina, sarà come nuova. - 
Lui le sorrise contento e l'abbracciò.
- Mamma ti ho mai detto quanto ti voglio bene? -
- Ripeterlo non ti farà di certo male... - rispose vaga sorridendo. Dopo un po' Leodrian si sciolse dall'abbraccio quando arrivó il padre.
- Me la lasci un pò? - chiese Pirel scherzando.
- No, no! - disse Kira contenta della dolcezza del figlio. 
- Mi dispiace, ma dobbiamo andare, Leodrian vai in camera a metterti quella cosa, se vuoi fatti aiutare da Sean, che tra mezz'ora iniziamo con Milo. -
- Ti lasciò mamma, vado! - aveva poco tempo, quindi prima di andare in camera sua, bussò a quella del fratello che gli aprì a torso nudo con un asciugamano e il rasoio in mano.
- Mi stava dando una sistemata. - gli disse facendo capire che non voleva che lo disturbasse.
- Mi dovresti dare una mano... - gli mostrò la boccetta ed entrò nella camera senza chiedere il permesso, d'altronde era suo fratello.

Erano tutti radunati nel cortile del castello, proprio come aveva ordinato Pirel.
Il re aveva raccontato a tutti la storia dei gemelli e aveva mostrato la voglia di Zaffira, raccontando di come quella del pescatore fosse stata cancellata e aveva spiegato che sua moglie sapeva come farla ricomparire. Tutti meravigliati guardavano Milo che era seduto su una sedia al centro di un cerchio formato da tutte quelle persone e i soldati, sia di Nereval che dei ribelli, lo fissavano.
In prima fila c'erano Zaffira, Bianca, Elis, Kira, Pirel, Faer, Ella e Sean, mentre Leodrian era accanto a lui e teneva una fiaccola in mano.
Il biondo accese un fiammifero e dette fuoco alla stoffa che ricopriva la torcia.
Milo si impose che non doveva svenire come l'altra volta, tutti lo stavano guardando.
- Mordi questo. - gli disse a bassa voce Leodrian porgendogli un pezzo di stoffa arrotolato. Erano tutti abbastanza distanti da non sentirli. 
- Fai in fretta. - rispose porgendogli la mano l'altro.
Il giovane con la chioma bionda, gli strinse il polso.
- Io vado. - esclamò Leodrian quasi a chiedergli il permesso.
Milo non rispose. 
Il suo amico avvicinò il fuoco alla sua mano e lo premette. Sentì l'odore della carne bruciata.
- Leodrian sbrigati. - grugnì il pescatore a bassa voce e continuò ad impecare per qualche secondo, il tempo che l'altro staccasse la fiaccola dalla sua mano e infilasse questa in un secchio d'acqua fredda per non far fare infezione.
- Soldati, potete fare quello che volete, tra mezz'ora mostrerò a tutti voi, che il figlio di Refel è ancora tra noi! - urlò Pirel, con il suo solito enfasi.
La folla intorno a loro urló come sempre alle parole del re.
Alcuni se ne andarono per conto loro, altri si sedettero a terra a parlare di quello che era appena successo e dell'attacco del giorno seguente.
Milo rimase seduto con la mano anche tremava stretta contro il corpo.
Kira si avvicinò silenziosa e disse al pescatore che aveva le lacrime agli occhi.
- Devi darmi la mano, così ti posso mettere questa, tra mezz'ora sarà praticamente guarita. -
Il ragazzo le porse quello che gli aveva chiesto e la donna spalmò l'unguento. 
Milo sentì subito una sensazione di fresco e il dolore si attenuò sostituito da un dolce formicolio.
- Grazie.. - mormorò ancora stordito, si sistemò meglio sulla sedia e con una manica si asciugò il sudore dalla fronte.
Leodrian si mise accanto a lui e il pescatore gli disse:
- Comunque scusa se ti ho preso a parolacce... - 
- No tranquillo, dovevi sentire me! - rispose facendo vedere il suo mignolo sinistro. - Tu in confronto sei stato educato! - 
L'altro rise, contento che ora nonostante quello che gli era costato, i gemelli di re Refel sarebbero stati conosciuti da tutti. 
Tra sè e sè indirizzò una preghiera al vero padre, sperando che lo sentisse.

- Soldati! I gemelli di Refel sono di nuovo tra noi! -
Un boato scosse le fondamenta del castello.
Pirel si avvicinò a Milo e gli sciolse la fasciatura sulla mano. Il pescatore vide con sollievo che la bruciatura era quasi guarita e sulla pelle rovinata si vedeva chiaramente la voglia a forma di sole.
Il re sollevò la mano del ragazzo in modo che tutti potessero vedere. Arrivò anche Zaffira che mostrò la sua. Alcuni soldati impallidirono e rimasero in silenzio davanti a quell’evento sconcertante. I due figli di uno dei re migliori che avessero mai avuto e per cui lottavano erano tornati guidare la rivolta.
Un uomo grassoccio si inginocchiò poggiando la sua spada davanti a sé. Molti seguirono il su gesto e in pochi minuti davanti agli occhi stupiti di Milo e Zaffira, tutti i soldati nel cortile caddero ai loro piedi con le armi davanti a loro.
Pirel decise di congedarli per dargli modo di riposarsi. 
– Potete tornare nelle vostre stanze, domani ci sarà da combattere e se vogliamo vincere ho bisogno che siate freschi e riposati. -
Lentamente la folla cominciò a sparpagliarsi per il cortile, ognuno con i suoi compiti. Il rappresentante dei Nerevaliani disse qualcosa ad Elis che comunicò al re del nord che i suoi soldati si sarebbero accampati dove potevano.

Leodrian si diresse nella sua stanza quando erano passate le nove di sera. Erano stati lui, il fratello e Pirel a decidere le strategie per il giorno seguente cenando mentre lavoravano. Era stanco morto e non vedeva l'ora di riposarsi sapendo che l’indomani lo avrebbe aspettato una giornata molto pesante. Percorse i corridoi, ansioso di tornare tra le quattro pareti sicure della sua stanza.
Quando si avvicinò sentì un rumore. Tirò fuori il pugnale dallo stivale sinistro. Non poteva essere nessuno che conosceva. Suo fratello, suo padre e Kira erano andati in altre stanze, mentre Bianca, Zaffira e Milo forse non sapevano neanche dove fosse la sua.
Tentò di regolarizzare il suo respiro mentre apriva la porta e cercava di fare meno rumore possibile. Non aveva idea di chi potesse essere, ma di certo non si aspettava di trovare Zaffira.

Zaffira quando vide Leodrian entrare con il pugnale in mano e uno sguardo minaccioso sul volto stanco, scoppiò a ridere.
Lui la riconobbe e fece una faccia offesa poggiando l'arma sul comodino.
- Cosa ci trovi di divertente? –
- No niente! - minimizzò lei, ancora con il sorriso sulle labbra.
- Posso chiederti perché sei in camera mia? –
- No. – rispose lei sempre sorridendo, questa volta maliziosamente. – Da quando ci siamo…Baciati non ne abbiamo più parlato e tu hai fatto finta di niente. – esclamò lei contenta di essersi tolta quel peso. Ci pensava da troppo tempo ormai e non gli importava se lui non fosse stato d’accordo con la loro relazione, doveva dirglielo in faccia, in modo che potesse assaporare la notizia dalle sue labbra.
Leodrian da parte sua era sconvolto da quella domanda, non ne aveva parlato perché il timore di ferirla e di farla pentire di quello che aveva fatto, era stato troppo forte.
- Io.. non ti ho detto nulla, perchè avevo paura che tu non fossi stata d’accordo e che mi avresti rifiutato…non potevo sopportarlo…- abbassò lo sguardo e si prese una delle ciocche dei lunghi capelli biondi, che aveva lasciato sciolti.
- Se non ero d’accordo perché avrei ricambiato il bacio? – chiese lei sorridendo.
- Quindi vuoi dire che se io ti facessi così? – si avvicinò e si sedette sul letto accanto a lei, le cinse le spalle e la baciò delicatamente, per poi staccare subito le labbra dalle sue – Non ti arrabbieresti. –
Lei in risposta ricambiò il bacio con più passione senza dire una parola lo strinse mentre gli mordicchiava le labbra. Poteva quasi sentire i brividi di piacere che gli provocava scendergli lungo il collo.
Leodrian intanto stava armeggiando con i bottoni del vestito di lei nel tentativo di slacciarlo mentre continuava a baciarla. Non poteva credere a quello che stava succedendo, tutta la stanchezza era improvvisamente svanita lasciando il posto ad una felicità senza pari e ad un'adrenalina travolgente.
Zaffira lasciò slacciare i suoi bottoni dal ragazzo e non poté che sentirsi a disagio quando la tunica si aprì, lasciandole il busto nudo davanti allo sguardo di Ledrian. Lui si staccò un attimo per fissarla. Era bellissima, magra e proporzionata, i capelli castani le ricadevano morbidi sulle spalle e poi giù fino alla vita. Lo fissava con un sorriso stampato sulle labbra sottili. La fece sdraiare sul letto e si appoggiò delicatamente sopra di lei, facendosi leva sui gomiti.
Dopo pochi istanti, si ritrovarono entrambi nudi sdraiati sul letto uno sopra l'altra. 
Zaffira cominciò ad accarezzare il petto del ragazzo passando le mani delicate sui muscoli definiti dei suoi addominali. Percorse con le dita la cicatrice che gli aveva procurato Aymek, sulla spalla destra e lo sentii irrigidirsi leggermente, continuò ad accarezzarlo. Passò la mano sul braccialetto di ferro da schiavo che aveva sul polso e gli disse:
- Penso che questo sia ora di toglierlo... - lui le sorrise baciandola. E poi si staccò e la guardó come a chiederle il permesso di violare la sua intimità
- Permesso accordato. - gli sussurrò Zaffira in un orecchio.
Quel gestò così sensuale lo divertì e lo eccitò insieme. Entrò delicatamente dentro di lei sentendola irrigidirsi a quel contatto estraneo. Capì che non l'aveva mai fatto e la guidò fino alla fine.
I loro corpi si unirono in un abbraccio che non gli avrebbe permesso più di separarsi. Qualsiasi cosa sarebbe successa l'indomani, alla vigilia della battaglia, loro sarebbero stati insieme per sempre.

Angolo dell'autrice che vorrebbe sotterrarsi per il tremendo ritardo:
Eh già, questo capitolo è un pieno di cose. Non determinanti per grossi cambiamenti nella trama, ma almeno per me, finalmente Leodrian e Zaffira! 
Ahahahah seriamente sono isicura su quello che ho scritto, in questo capitolo più che in altri sarei davvero contenta se mi lasciaste un commento. Sono anche contenta, per quelli che continuano a farlo, nonostante la storia sia quasi alla fine. 
(Spazio auto pubblicitario: per l'altra storia, Far far away, se volete passare anche a leggere solo il primo capitolo e farmi sapere che ne pensate sarei contentissima! )

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