BTOOOM! Il diario dell'isola

di SilverAngel
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Giorno 1 ***
Capitolo 2: *** Giorno 3 ***
Capitolo 3: *** Giorno 4 ***
Capitolo 4: *** Giorno 7 ***



Capitolo 1
*** Giorno 1 ***


Luogo: Isola X – Oceano: X

Giorno 1

Ho trovato per caso questo diario bianco sulla spiaggia, non so a chi appartenesse, ma da oggi sarà il mio tesoro più prezioso. Sopra ho trovato scritti solo degli ideogrammi incomprensibili. Ho strappato le cinque pagine usate dal precedente proprietario, o proprietaria e ho impresso il mio nome con la stessa penna che ho trovato in mezzo al diario.

Mi chiamo Angelo, è un nome con cui mi hanno spesso preso in giro a scuola e con le persone con cui uscivo in passato. Soprattutto perché il mio cognome è d’Argento. Conosco poche persone che hanno un apostrofo nel proprio cognome, e posso assicurarvi che è una maledizione. Quando si deve dire il proprio nome a qualcuno, si deve specificare che c’è l’apostrofo, per l’iscrizione in molti siti internet ho sempre avuto problemi. Anche quando dovevo semplicemente prenotare un volo in aereo ho avuto delle difficoltà, e speravo che all’agenzia viaggi potessero fare qualcosa, ma fu tutto inutile. Sono italiano, e anche se il mio sembra un nome altisonante, in realtà sono il tipico signor nessuno. Ecco perché mi trovo su quest’isola a scrivere su questo diario di seconda mano con la speranza che l’inchiostro della penna non finisca troppo presto.

Queste potrebbero essere le mie ultime, perché molto probabilmente quest’isola sarà la mia tomba. Portiamo indietro gli orologi all’inizio di tutto, anzi, ancora prima dell’inizio. Sono nato in un piccolo comune italiano, un po’ famoso per l’arte ma invivibile dal punto di vista sociale, piccolo, monotono, noioso. Un autentico fallimento di paese, in mezzo al nulla, lontano chilometri da qualsiasi città interessante. Le mie prospettive di vita non erano eccezionali, come molti nella mia stessa situazione, sarei stato un precario con un lavoro mediocre, una casa mediocre e una famiglia mediocre, finché non avrei preso una pensione mediocre morendo in un mediocre ospizio. Così decisi di passare gli ultimi anni della mia giovinezza, prima di gettarmi a capofitto sul magico e meraviglioso mondo del lavoro e delle responsabilità, sui videogiochi.

Fin da piccolo mi hanno sempre appassionato, giocavo con il vecchio Sega Master System II, adoravo le avventure del piccolo Alex Kidd integrato alla console. Poi venne la Playstation e grazie agli extracomunitari che vendevano copie pirata al mercatino avevo la possibilità di giocare con centinaia di giochi senza dover spendere cifre spropositate. Poi con la PlayStation2 ero io direttamente dalla rete che prendevo i giochi che mi piacevano, non finivo mai di appassionarmi a quel mondo virtuale che consideravo migliore, e forse anche più reale di quello vero. Quando cominciai a passare le mie giornate con i videogiochi avevo appena passato i 20 anni, iniziai su internet con i giochi di ruolo online, prima World of Warcraft e simili, come Rappelz o Lineage 2. Ma dopo qualche mese tutto quello aveva cominciato a stufarmi, anche Medal of Honor era diventato noioso, sempre a sparare, nascondersi, piazzare mine, i giocatori online poi urlavano come pazzi nei microfoni e spesso non si capivano gli ordini perché si accavallavano le voci. Ero sul punto di mollare tutto, ma il ritorno alla realtà sarebbe stato ancora peggio.

Era il natale di un anno fa, quando un mio amico mi vendette di seconda mano la sua DXBOX 720, all’epoca dell’uscita era troppo costosa e non potevo permettermela. Nello stesso periodo era anche uscito un gioco giapponese, che aveva venduto oltre tre milioni di copie in tutto il mondo, sapevo poco su questo gioco, solo che era un genere TPS, ovvero Third-Person Shooter, anche se chiamarlo sparatutto non è il termine esatto. Non esistono armi da fuoco, solo bombe chiamate BIM, è strano per un gioco sulla guerra, ma giocandoci la prima volta capii perché il titolo fosse BTOOOM!
E’ lo stesso suono che emette una bomba quando esplode, infatti nel gioco si potevano solamente usare bombe di diverso tipo e funzionavano in modo diverso. Passai dei mesi a giocare a questo stupendo gioco, ero così contento che mandai una mail di complimenti alla Tyrannos Japan, cioè la casa produttrice del videogioco. E loro mi risposero in giapponese, con traduzione inglese, che erano contenti che fossi così entusiasta del loro prodotto. Comunque sia, il gioco raggruppava tutti gli RPG con cui avevo giocato in passato senza mostri o magie, facendo intravedere solo un pizzico di fantascienza per via della strumentazione altamente tecnologica in possesso agli avatar. Come ad esempio il sonar, o radar che permette di localizzare i nemici se non sono nascosti e sono in movimento, poi con le bombe una volta trovato il bersaglio si deve riuscire a farlo saltare in aria. Si acquistano dei punteggi, soprattutto se si lavora in una squadra, o per meglio dire, Team. All’inizio giocavo da solo, gli altri utenti erano troppo forti e mi uccidevano di continuo. Stavo quasi per mollare tutto e cambiare gioco quando mi arriva un messaggio privato, un invito alla squadra italiana della mia regione, a cui serviva un altro componente con i Timer.

I Timer, come suggerisce il nome sono bombe a tempo con un margine di 10 secondi, di forma cubica, possono essere disattivate se prese in tempo e il nemico che le disattiva diventa il possessore di quel BIM, solo le bombe di un giocatore morto o quelle disattivate personalmente possono essere utilizzate dal nemico, per questo sono in pochi ad usare quelle facilmente disattivabili, e preferiscono usare i BIM Cracker, cioè delle piccole sfere con un potenziale esplosivo più basso del Timer ma che esplode all’impatto con qualsiasi oggetto o persona. Il che rende quasi impossibile la disattivazione.
Pensavo che usando i Timer rendevo il gioco più figo, ma non ero bravo ad usarli, per niente, e a volte mi sono fatto esplodere una delle bombe in mano, perché non avevo calcolato bene i tempi.

Quando ricevetti quell’invito ad unirmi ad un Party non lo credevo possibile, avevo forse il più basso profilo in tutto il gioco, ma accettai comunque. Il nostro capo mi insegnò ad usare le bombe a Timer, e imparai a tarare i secondi a 3 anziché 10, così rendeva l’esplosione più sicura e letale. In un solo mese raddoppiai il mio punteggio, accumulavo esperienza, aumentavo di agilità, destrezza e tattiche. In una guerra vera avrei ucciso da solo un intero esercito, bhe, si fa per dire. In una guerra vera non userebbero mai solamente bombe grandi come il palmo di una mano.
Persi la cognizione del tempo, avevo anche smesso di fare esercizio fisico per qualche settimana, prima mi allenavo almeno un ora al giorno fra corsa, addominali e flessioni per evitare di diventare un mollaccione obeso che gioca tutto il tempo ai videogiochi, sarebbe stato un cliché disgustoso. Eppure l’assuefazione a quel gioco mi portò a saltare anche quel poco esercizio fisico che facevo prima, non vedevo più i miei amici, anche se non penso di aver mai avuto veri amici. Li consideravo più che altro conoscenti con cui avevo una certa confidenza e continuai a giocare a BTOOOM! fino a non riconoscermi più davanti allo specchio. Ero deperito, e la pancia cominciava ad aumentare, mi sentivo sempre stanco e gli occhi mi bruciavano da morire. A volte lacrimavo apposta mentre giocavo per poterli lubrificare, ma solo quando ero in una zona sicura e nessuno poteva rintracciarmi.

Un giorno ricevetti la richiesta di un giocatore per unirsi al team dove giocavamo io e gli altri membri della squadra. Il nickname scelto da quel ragazzo mi sembrava di averlo già visto da qualche parte. Comunicando con lui con cuffie e microfono scoprii sentendo la sua voce, che era una mia vecchia conoscenza, ai tempi del liceo. Fu anche per causa sua che mi fiondai nel mondo dei videogiochi rifiutando la realtà. Accadde qualche anno prima, frequentavo il liceo vicino casa mia, così era più comodo andare e venire e conobbi questo ragazzo, gli diedi troppa confidenza, un grosso sbaglio. Giocavamo assieme ai videogiochi, eravamo due nerd patentati, parlavamo di giochi, computer, programmi, e tutta roba che le cosiddette persone “normali” trovano noiosa, stupida, poco interessante o da sfigati.
Un giorno i suoi genitori gli regalarono un bel motorino, che attirò le attenzioni dei nostri compagni di scuola, bel colore, bel modello, non male. Ma quella notorietà aveva un prezzo, cominciare ad avere una vita sociale con le persone “normali” significava anche tagliare i ponti con il passato, presto non ci furono più i pomeriggi passati a giocare, o gli intervalli dove discutevamo di computer e dei nuovi giochi usciti sul mercato. Aveva cancellato tutti i suoi avatar nei giochi online che facevamo assieme, un vero peccato, possedeva anche molti oggetti molto rari con se, alcuni glieli avevo regalati io. Oltre al danno la beffa, cominciava a ridacchiare assieme ai suoi amici ogni volta che entravo e uscivo da scuola, ero diventato l’appestato, per rendersi più simpatico raccontava anche i miei segreti e le cose che ci eravamo ripromessi di non raccontare in giro. Per fortuna era l’ultimo anno, e non vidi l’ora di lasciare quella maledetta scuola, dimenticare tutti e andare via il più lontano possibile. Di lui seppi solo che si era fidanzato prima di diplomarsi, e che la sua ragazza era rimasta incinta, solo che il figlio non era suo, ma lo aveva scoperto dopo. Immagino che anche lui se ne sia andato in depressione se ha ripreso in mano i videogiochi.

Accettai la sua richiesta di entrare nel team, oramai ero diventato molto forte e potevo prendermi dei privilegi da Master. Lo invitai ad una partita a squadre, invitando una squadra che in quel momento si trovava già li sul posto per essere i nostri nemici. Nell’arena della città assediata.
La squadra era composta da otto membri, con il mio nickname non mi aveva ancora riconosciuto, l’altra squadra aveva invece sono cinque membri. Tutto eccitato nel voler partecipare si scagliò conto i membri avversari. Rimase sorpreso quando li vide disconnettersi contemporaneamente prima di poterli colpire, infatti era solo un esca per attrarlo in un luogo isolato. Accerchiandolo con i membri della squadra cominciammo a bombardarlo usandolo come un bersaglio, nella modalità arena non si esce dal gioco fin quando il Master non certifica la vittoria, e il personaggio continua a rimanere collegato anche se il proprietario si disconnette, quindi l’avatar rimane fermo e immobile mentre viene ucciso. Non potendo disconnettersi cercò il modo di contrattaccare, ma essendo da solo contro sette poteva solo guadagnare tempo. Dopo un ora il suo avatar era morto così tante volte che la barra di vita non si ricaricava più, e da li a poco tempo sarebbe stato cancellato. Se voleva giocare di nuovo a BTOOOM! avrebbe dovuto creare un nuovo personaggio, e il suo gli era costato almeno dai sei agli otto mesi di gioco. Riattivando la comunicazione vocale sentivo attraverso le cuffie che piangeva e si disperava, chiedendo il perché di quel massacro insensato su un membro della squadra. A voce alta gli dissi che era ciò che si meritava per aver creato una squadra sua dove il giocatore più debole veniva schernito e umiliato, ricordandogli i fatti avvenuti al liceo. Riconoscendo la mia voce mi maledisse e urlando qualche scusa volendo apparire come una vittima delle circostanze, ad esempio disse che non era colpa sua, e che gli altri lo hanno costretto a darmi contro, io scollegai la comunicazione e annullai la partita. Io e i miei compagni prendemmo tutto il suo equipaggiamento e i suoi punti esperienza, fummo marchiati per una settimana con dei punti di penalità per aver ucciso un membro della squadra, un piccolo compenso per una grande vittoria interiore, la vendetta a volte è così dolce.

Quella sera stessa non volli più giocare, mi sentivo troppo bene, non mi andava di far esplodere altre bombe, volevo fare un giro per le vie del centro di BTOOOM! oltre a case normali c’erano anche palazzi e chiese, luoghi per fare delle feste, ed era più facile manovrare l’avatar all’interno della città, il joystick è sempre un po’ duro e lento durante le missioni.

Per caso capitai davanti ad una delle chiese dove si era riunita una quantità spropositata di avatar, doveva esserci qualche evento speciale. Leggendo il manifesto sulla chiesa vidi che si trattava di un matrimonio, capitava spesso che due personaggi si sposassero nel gioco, potevano condividere i punti esperienza, l’equipaggiamento sottratto ai nemici e nel caso di una penalità sarebbe stata condivisa, così risultava essere meno grave. Quello che non sanno è che non si sa sempre al 100% chi si trova dall’altra parte, la maggior parte si sposano fra uomini anche se hanno un avatar maschile e uno femminile, si può benissimo camuffare la voce infatti con qualche programma aggiuntivo. Io per fortuna non ho mai corso di questi rischi, non mi è mai interessato sposarmi con un avatar, lo trovo stupido, i videogiochi, soprattutto quelli violenti come questo non dovrebbero fare delle romanticherie del genere, non stiamo giocando con le bambole. Ma andai lo stesso al matrimonio, leggendo i nomi dello sposo e della sposa rimasi a bocca aperta, era il campione in classifica giapponese Sakamoto, e la sua compagna di squadra, la famosa Himiko, conosciuta per essere l’avatar femminile più bello di tutto BTOOOM! alla fine del matrimonio ci fu un gigantesco applauso da parte di più di diecimila avatar. Non avevo mai visto gli spalti della chiesa così pieni, gli sposi ricevettero molti regali e donazioni di punti da parte dei giocatori ammiratori. Io poco dopo dovetti uscire perché mia madre mi aveva chiamato per la cena. Dopo essermi scollegato scesi di sotto e vidi che sul tavolo c’era una lettera indirizzata a me. Pensavo che fosse pubblicità e la lasciai li dove era, la ripresi dopo cena e la portai in camera mia. Dentro c’erano più copie di una specie di contratto, l’italiano non era molto corretto, sembrava scritto da un extracomunitario, o tradotto usando il traduttore di google. La misi da parte perché sembrava una cosa assurda come le catene di san Antonio, non avevo voglia di fare stupidaggini simili, non credevo a quelle sciocchezze. Eppure l’idea mi stuzzicava, perché il mittente era giapponese. Nella lettera potevo scrivere il nome, cognome e dati personali di una persona che conoscevo, sia in amicizia che in famiglia, che desideravo potesse sparire per sempre. All’inizio mi venne in mente il mio ex amico, poi pensai a tante altre persone che mi avevano tradito in passato, ragazze che meritavano di sparire, o parenti che odiavo magari. Se avesse funzionato sarebbe stato come usare un Death Note, più o meno.

Feci una prova scrivendo il nome del mio ex amico e alcuni suoi dati personali, richiusi il tutto in una busta per spedirla all’insolito indirizzo giapponese, e con un bel po’ di francobolli la imbucai senza pensarci due volte.
Passò un mese, e da una settimana avevo già ricominciato a fare esercizio fisico. Dovevo anche ridurre la quantità di zuccheri e cibi grassi. Ero appena passato come primo nella classifica italiana di BTOOOM! e presto sarei andato in Giappone ad incontrare gli altri membri del gioco in cima alla classifica provenienti da tutto il mondo, volevo rimettermi in forma per fare bella figura, e per rappresentare al meglio il mio paese.

Era tutta una manovra pubblicitaria dell’azienda che ha prodotto il gioco, ma il viaggio e l’alloggio erano tutti a spese loro, e in più avrei avuto anche un compenso per il disturbo, adoro questi giapponesi. Peccato che fosse tutto una farsa. Non c’era nessuna presentazione dei giocatori più forti, nessun premio, nessun compenso. Una volta sull’aereo mi sono addormentato e al mio risveglio mi ritrovai assieme ad altre dieci o forse venti persone legato al sedile con delle catene. La mia mano sinistra aveva un escrescenza verde che fuoriusciva dalla pelle sotto le nocche, di forma ovale allungato, liscia come il vetro e dura come un diamante. Un intera squadra di tizi vestiti di nero e armati con delle strane pistole ci minacciavano di fare silenzio e di ascoltare. Avevano un forte accento asiatico e ripetevano sempre le stesse parole, forse neanche loro sapevano esattamente quello che dicevano, era solo per tenerci buoni e calmi. Uno di loro uscì un grande schermo che ricopriva completamente la zona della cabina di pilotaggio. Sullo schermo apparse un giapponese sorridente che sembrava stesse presentando uno spettacolo comico. Non capivamo nulla di quello che diceva, dal fondo della cabina uscì un giapponese che parlando l’italiano alla buona traduceva quello che diceva il tizio sullo schermo, per chi faceva troppo chiasso o urlava c’erano riservate delle potenti scariche elettriche, quegli infami non avevano problemi a scaricare le loro stun gun sulla faccia di quei poveretti o sui genitali.

Una volta che ci fu silenzio spiegò che stavamo partecipando ad un gioco al massacro tipo Battle Royale, dove ci dovevamo ammazzare a vicenda usando un marsupio bianco con dentro le bombe che facevano parte del nostro equipaggiamento e per lasciare l’isola avremmo dovuto collezionare sette di quei cosi verdi che avevamo impiantati nella mano uccidendo chiunque avessimo di fronte. Solo con la morte veniva via automaticamente. Era un assurdità, non potevo crederci, sembrava un BTOOOM! ma dal vivo. Pensavo di stare sognando, o meglio, un incubo, il peggiore della mia vita. Le ultime parole non furono chiare, parlava di un paracadute automatico credo, c’è ne accorgemmo quando subito dopo averci tolto le catene aprirono il portellone a bassa quota e spinsero tutti giù, chi non scendeva di propria volontà lo faceva da svenuto dopo aver ricevuto una scarica in testa. Io venni spinto da una donna che aveva inciampato sulla sua stessa figlia che gli si era aggrappata alle gambe. Mentre precipitavo tutta la vita mi è passata davanti, e sapete una cosa? Che vita noiosa.
Il paracadute si aprì automaticamente, assieme a quello di tutti gli altri, doveva esserci un qualche dispositivo che a una certa altitudine li faceva scattare, come un dispositivo d’emergenza. Da quell’altezza potevo vedere che si trattava di un isola in mezzo all’oceano, ma non saprei dire esattamente quale.

Atterrai sulla spiaggia, graffiandomi un braccio e una gamba sulla sabbia rovente e sui piccoli ciottoli ruvidi, il marsupio bianco attorno alla mia vita non si fece nemmeno un graffio, doveva essere un tessuto altamente resistente. Non riuscivo a staccare quel maledetto paracadute e il vento mi stava trascinando via, non riuscivo nemmeno a opporre molta resistenza sulla sabbia, scivolavo di continuo, alla fine sono riuscito a sganciarlo, e volò via scomparendo su una scogliera rocciosa. Non feci in tempo a fare tre passi che davanti a me cadde come una pera matura un uomo di mezz’età visibilmente molto grasso. All’impatto, il sangue fuoriuscito, schizzò tutta la mia maglia e i miei pantaloni, sembravo appena uscito da un film horror, e più che la vittima sembravo il serial killer. A quanto pare non tutti i paracadute sono affidabili, il suo meccanismo non ha funzionato. Notai che la cosa non mi lasciò turbato più di tanto, forse perché la droga che avevano usato per addormentarci era ancora in circolo, forse perché l’adrenalina non mi faceva più stupire di nulla, o forse perché era accaduto tutto così in fretta che non avevo realizzato che fosse tutto vero.
Ma era tutto vero, il sangue, le bombe, il chip verde incastonato nella mano. Tutto vero, tutto reale, da troppo tempo non assaggiavo il mondo reale, abituato al mondo virtuale, fra le sparatorie, le esplosioni, gli attacchi magici, e quelli con la spada avevo dimenticato il gusto dolce-amaro della realtà, fondendomi in un mondo tutto mio, dove qualunque cosa accadesse non poteva farmi soffrire a livello emotivo o fisico.
Un ora dopo infatti cominciai ad urlare a squarciagola, non riuscivo a smettere, piangevo e urlavo. La mandibola mi faceva malissimo, non ricordo di avere mai avuto una crisi isterica così grande e così lunga. Quando ripresi il controllo mi accorsi che ero nella stessa identica posizione di prima, non avevo fatto un passo, ed ero ricoperto di sangue con un cadavere ai miei piedi, mentre andavo via calpestai qualcosa di liscio, sotto il mio piede infatti si trovava uno di quei chip verdi. Si era staccato dalla mano del grassone e non me ne ero accorto, non so perché lo presi e me lo misi in tasca, in quel momento non pensavo a nulla, nemmeno quando mi spogliai nudo come un verme senza nessuna vergogna o imbarazzo, dirigendomi verso il mare per ripulirmi da tutto quel sangue. Ritornato sulla spiaggia mi asciugai con il telo del paracadute del tizio morto, facendolo scattare usando una pietra per rompere il dispositivo mal funzionante che gli aveva causato la morte. Poi gli presi anche il marsupio bianco, così ne avrei posseduti due, ripresi anche i miei vestiti che erano macchiati in modo irrecuperabile e mi diressi vicino ad una grotta che dava sulla scogliera poco più avanti, l’avevo notata durante il bagno.

Stesi il paracadute del tizio all’entrata, usandolo come tenda. Un rumore di aereo mi fece uscire scrutando avidamente il cielo, non so cosa mi aspettassi, aiuti, soccorsi, o magari militari che cercavano quei pazzi assassini per arrestarli con l’accusa di crimini contro l’umanità. Invece era solo un aereo carico di altri sfortunati partecipanti al gioco, questo però sembrava giapponese dalle scritte sulla fiancata. Vidi aprirsi una ventina di paracaduti, quindi sull’isola dovevamo essere più o meno quaranta in totale. Prendendo dalla tasca il chip del cadavere lo misi di fronte a me, facendo in modo che potessi vederci attraverso il sole del tramonto, creando uno strano miscuglio di colori all’interno, c’erano anche delle strane venature, tipo filamenti elettronici molto complessi, mai visto nulla del genere in vita mia.
Quando mi svegliai fra le rocce era già giorno, avevo moltissima fame e pregavo con tutto me stesso che quello del giorno prima fosse solo un orribile sogno. Ma vedendo il sole filtrare dal paracadute rosso riempiendo la caverna col suo fascio vermiglio, mi misi a piangere rannicchiato su me stesso come un bambino. Il grande Angelo d’Argento, alias Silver Angel, primo nella classifica italiana di BTOOOM! adesso era ridotto ad un poppante che frignava e voleva tornare a casa nella sua cameretta al sicuro.

Passai così anche il giorno seguente, mi vergognavo di me stesso, e avevo paura, ma non potevo farci nulla, ero paralizzato. Il ritrovamento di questo diario è avvenuto esattamente due giorni dopo il mio arrivo, lo trovai sulla spiaggia, al posto dell’uomo grasso che il mare aveva portato via con l’alta marea. Per fortuna dentro c’era una penna, altrimenti il suo unico uso sarebbe stato quello di una fastidiosa e ruvida carta igienica. Ma in quel momento non avevo assolutamente voglia di scrivere, avevo solo fame e sete, l’acqua che gocciolava  dalle stalattiti era poca e sapeva di bicarbonato di sodio. Ma sempre meglio dell’acqua salata del mare.

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Capitolo 2
*** Giorno 3 ***


Giorno 3

Affamato e assetato rovistai in tutta la caverna in cerca di qualcosa di commestibile, nei due marsupi bianchi speravo di trovare qualche sostentamento, una specie di bonus per quel gioco perverso, ma rimasi deluso dal contenuto inutile, solo otto bombe di cui ci aveva parlato il giapponese sull’aereo. Decisi di fare un giro nei dintorni seguendo la costa, così non mi sarei perso e non avrei corso troppi rischi, sula parte superiore della caverna infatti c’era uno splendido percorso scavato nella roccia in seguito ad erosione naturale, ed era raggiungibile solo da li. Quindi potevo camminare indisturbato senza che nessuno mi vedesse, e potevo nascondermi dietro le piante in caso venisse qualcuno.

Camminai per dieci minuti e già incontrai tre uomini che dalla spiaggia lanciavano sassi in mare. Li osservai incuriosito, era strano un simile passatempo in quella situazione. Dopo qualche secondo però seguì un esplosione, poi una seconda e una terza, il rimbombo risuonò per tutta la costa, e l’eco lo amplificò. Avevano gettato delle bombe in acqua? Rimasi sbalordito dalla scena. Poi li vidi andare in acqua, a recuperare tutti i pesci morti nell’esplosione, uno di loro aveva già acceso il fuoco e il profumo di quei pesci cotti alla brace arrivò alle mie narici come qualcosa di paradisiaco. Ho sempre odiato il pesce, non lo mangiavo mai a tavola e mi sono rifiutato categoricamente di mangiarlo in qualsiasi situazione. Ma dopo giorni di digiuno quel pesce era come oro prezioso, come un bicchiere d’acqua in mezzo al deserto. Lacrimavo pensando a tutto quel buon cibo e alla mia paura nell’avvicinarmi per chiederne un po’, cioè, tre tizzi che lanciano bombe come se fossero sassi mettono un po’ di soggezione, no?

Dopo qualche minuto il mio stomaco non c’è la faceva più, dovevo rischiare, feci per scendere tenendomi alle liane dei rami che scendevano fino a terra, ma prima di calarmi sentì uno degli uomini urlare di paura. Mi voltai di scatto e li vidi saltare in aria come petardi. Subito dopo fra il fuoco e il fumo vidi avvicinarsi due persone, un uomo e una donna, asiatici, di sicuro giapponesi dal modo in cui parlavano. La donna sembrava combattuta in quel gesto, ma l’uomo sembrava molto a suo agio, come se non fosse la prima volta che uccideva qualcuno, ed era anche di suo gradimento sembrava, ma la cosa più assurda era  il fatto che quell’uomo portava un camice da dottore, con tanto di tesserino sul taschino e stetoscopio al collo. Presero i loro tre chip e i loro marsupi bianchi, dopodiché si allontanarono. Stetti li almeno un ora, tenendomi la bocca, per paura che potessi urlare senza controllarmi.

Le persone erano definitivamente impazzite. Ormai il valore della vita umana era sceso al livello di quello delle zanzare o delle mosche.
Scesi stando sempre attento che non arrivasse nessuno, sulla sabbia c’erano pezzi di carne, arti e sangue dappertutto. Poco distante trovai il pesce cotto che non era ancora stato consumato. Lo mangiai vergognandomi di me stesso per un gesto tanto cinico, mi comportavo come un avvoltoio, o una iena. Ma la fame era tanta, e mentre mangiavo mi rifugiavo nei miei pensieri per evitare di dover guardare la carneficina attorno a me, ogni tanto sputacchiavo un po’ di sabbia che era attaccata lateralmente al pesce e continuavo a mangiare. Dopo che ebbi finito tutto andai a controllare le loro tasche, ora si che avevo totalmente toccato il fondo, peggio di uno sciacallo, ma loro avevano acceso il fuoco e affilato quei bastoncini, e quindi potevano avere qualcosa di utile che poteva farmi sopravvivere, vi prego, non giudicatemi.

Trovai un coltellino, era riuscito a passare il controllo all’aeroporto perché era camuffato da penna stilografica, molto ingegnoso. Poi un accendino a gas mezzo scarico, un po’ di monetine da poco valore e un cellulare scarico, per sfortuna il mio cellulare e il suo erano modelli differenti, e quindi le batterie non coincidevano. Il mio telefono si era rotto nell’impatto di atterraggio, quando ho battuto il fianco. Dal polso di una delle vittime presi uno degli orologi ancora funzionanti, vedere il tempo che passa mi da sicurezza, mi fa sentire ancora vivo. Con mia grande sorpresa trovai anche uno dei chip verdi dentro il taschino della camicia hawaiana di uno dei cadaveri. Forse hanno ucciso qualcuno, o come me avevano preso il chip da un cadavere. Non ci pensai e lo conservai, oltre al mio così ne possedevo già due, in quel momento non ero molto lucido, cercavo di conservare la sanità mentale, un semplice ragazzo non può assistere a tutto questo e tornare a casa come se nulla fosse, se un giorno dovessi tornare, passerò molti anni in terapia, sotto la prescrizione di farmaci e dormendo solo poche ore per notte per via degli incubi.

Non volevo passare tutto questo, volevo uscirne da uomo, decisi di smetterla di fare il codardo, e di reagire. I morti non vanno temuti ma rispettati, scavai con le mani una grossa buca e infilai all’interno tutte le parti del corpo, so che avrei dovuto separarle prima, ma non avevo voglia di mettermi a fare dei puzzle 3d in quel momento, volevo solo che tutto finisse brevemente.
Misi le tre teste staccate dai loro corpi in cima ai corpi accatastati. E sui loro occhi misi le monete che avevo trovato nelle loro tasche, come si usava anticamente, ricoprì il tutto con la sabbia e con i sassi che c’erano attorno. Il sole stava già calando e io avevo di nuovo fame, Con i bastoncini di legno che avevano usato per far arrostire il pesce e un laccio da scarpe, creai una croce da mettere in cima alla collinetta di sabbia della loro tomba. Non sapevo se fossero credenti, io stesso avevo smesso di credere molto tempo fa, quando ho visto che la religione era più un business, piuttosto che rinforzo spirituale e sostegno dell’anima.

Portai con me uno dei bastoncini affilati e me ne andai, scalando le liane per ritornare al piano di sopra. Quel giorno avevo scoperto un nuovo modo per pescare, ma anche un modo facile per farsi scoprire e farsi ammazzare, non avrei usato le bombe nel mio marsupio se non fosse stato estremamente necessario. Non avevo voglia di uccidere nessuno, ma non avevo nemmeno voglia di rimanere ucciso.
Trovai facilmente una soluzione a questo problema realizzando una canna da pesca di fortuna. Usai una delle corde del paracadute, e poi la legai a un robusto ramo. Non era certo un opera d’arte ma in questi casi è meglio non fare gli schizzinosi e sperare che funzioni. Raccogliendo i piccoli molluschi che rimanevano appiccicati sulle rocce della scogliera vicino alla grotta, realizzavo delle splendide esche, erano molto duri e una volta presi li dovevo spaccare con una pietra usando molta forza per aprirli. Poi prendevo la polpa interna e la spalmavo su uno dei ganci del paracadute che avevo piegato per fargli prendere la forma di un uncino. Pescavo di notte per paura di essere avvistato di giorno, in un intera nottata di pesca avevo realizzato un totale di cinque pesci. Mi sentivo molto fortunato e molto sfortunato allo stesso tempo.
Ma continuavo a ripetermi che l’importante in questi casi è sopravvivere, con ogni mezzo.

Dovetti mangiarlo crudo, il fuoco avrebbe creato del fumo, attirando potenziali nemici. Per fortuna era una stagione estiva e non faceva molto freddo la sera. Presi sonno solo quando cessò il rumore di tutte quelle forti esplosioni, non molto lontano da dove mi trovavo, si stavano massacrando come gli animali!

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Capitolo 3
*** Giorno 4 ***


Giorno 4

L’indomani mattina mi svegliai sentendo il pianto di una ragazza. Mi affacciai dalla grotta, cercando di rimanere nascosto il più possibile, mentre allungavo il braccio verso alla tenda-paracadute per scostarla, dalla mia mano venne fuori un impulso che trasformò di verde tutto ciò che avevo intorno a me e nella direzione della ragazzina la vidi una figura bianca molto dettagliata, in movimento, quando il verde finì, la figura bianca si rivelò essere proprio la ragazzina, che piangeva camminando sul bagnasciuga stropicciandosi gli occhi. A un primo impatto sembrava tutto normale, mi venne la tentazione di andarla ad aiutare,  ma poi mi accorsi che in mano teneva un cubetto nero, era di certo una bomba a timer, l’ho riconosciuta subito essendo l’unica arma di cui ero un esperto all’interno del gioco, grazie alle mie abilità quel tipo di bombe mi aveva fatto scalare la classifica italiana di BTOOOM! facendomi salire al primo posto nella classifica del mio paese. Purtroppo le sedici bombe in mio possesso erano di un tipo che non conoscevo, e non avevo intenzione di studiarle attentamente, le prime volte che feci esperimenti con bombe diverse da quelle Timer all’interno del gioco mi esplosero in mano uccidendo ripetutamente il mio avatar, stavolta sarei morto sul serio. La vidi sedersi sulla sabbia bagnata, era di certo una trappola, attirare i nemici per poi farli saltare in aria prima che si avvicinassero.

Poteva avere sui quattordici o quindici anni, ma era molto furba a quanto pare, per fortuna mi accorsi in tempo di quel BIM. La osservai per un ora, continuava a piangere molto forte, ma non ci sarei cascato, non mi sarei mai avvicinato, sotto quello sguardo innocente e quel viso carino si nascondeva di certo un assassina spietata. Era vestita con pantaloncini neri e una maglia bianca, portava i capelli neri raccolti con un cerchietto rosso. La vidi armeggiare con il suo BIM di certo qualcuno si stava avvicinando e si preparava a farlo saltare in aria. Con mia grande sorpresa invece, quella a saltare in aria fu proprio lei.

Non potevo credere ai miei occhi, un suicidio. Rimasi li fermo almeno due ore, avevo paura che qualcuno sentendo l’esplosione si avvicinasse. Non vedendo arrivare nessuno mi avvicinai con discrezione, fra le membra scarnificate c’era il volto terrorizzato di quella ragazzina a cui si era staccata la mandibola con l’esplosione Cercai il suo chip e lo trovai fra le conchiglie sulla spiaggia, era facile da individuare, luccicava come uno smeraldo al sole.

Adesso ne possedevo tre, oltre al mio, magari sarei riuscito a finire questo gioco maledetto senza dover uccidere nessuno, ma era troppo presto per cantare vittoria. Una ragazza si è appena suicidata sotto i miei occhi e io non ho potuto impedirlo, se mi fossi avvicinato magari sarei riuscito a parlare con lei, e non lo avrebbe fatto, o forse lo avrebbe fatto comunque. Ma poteva essere una trappola, non volevo rischiare. Ero troppo sotto stress, non ragionavo lucidamente, così cominciai a ripercorrere i passi della bambina per vedere da dove fosse venuta. Dopo venti minuti arrivai lungo una rientranza della foresta dell’isola, le tracce sulla sabbia si perdevano, ma non dovetti andare molto lontano, perché li vicino trovai un accampamento realizzato con rami e il paracadute come tenda, molto ingegnoso.

Cercai qualcosa dentro la tenda, ma con mia grande sorpresa trovai il cadavere di una donna morta di stenti con dei bendaggi poco professionali alla testa. Facendo due calcoli era presumibile che fosse la madre della ragazzina, magari ha battuto la testa nell’atterraggio e lei non sapendo come aiutarla ha finito per farla morire, presa dai sensi di colpa ha deciso di suicidarsi con uno dei BIM. Presi le bombe dai loro marsupi bianchi, erano rimaste tre a timer e tre Cracker. Il che significava che le avevano già usate, per questo la ragazzina ha saputo usarla su se stessa, le Cracker sono uguali a quelle del videogioco, esplodono all’impatto ma sono più deboli rispetto alle Timer. Usai un fazzoletto trovato nella tenda per coprire il volto del cadavere della madre della bambina, presi il suo chip che era rimasto appiccicato alla mano fredda e raggrinzita ma non attaccato, quindi venne via facilmente.

All’interno della tenda c’era un forte odore di feci e urina, respirai a pieni polmoni una volta fuori, e mi sbrigai a tornare alla grotta, ma prima di andarmene notai che c’era una bottiglietta di plastica piena d’acqua a pochi passi dalla tenda-paracadute. La raccolsi e dopo averla annusata per bene vidi che era effettivamente acqua fresca, non ne bevevo così tanta tutta insieme da giorni tre giorni ormai, purtroppo non sono stato parsimonioso e la finì in poco tempo, conoscevo quella  marca, e non era di certo quello il sapore a cui ero abituato, realizzai che doveva trattarsi di acqua di sorgente, il che stava a significare che li vicino doveva esserci un corso d’acqua dolce.

Perlustrai la zona per almeno un ora, avevo un fighissimo Rolex d’argento al polso che di sicuro costava quanto una BMW nuova e non avevo nessuno con cui vantarmene, potevo solo guardare il tempo passare inesorabile, attraverso le lancette di un orologio costoso, la vita a volte fa proprio schifo.

Me ne ritornai indietro sconsolato con una bottiglietta da un litro vuota come il mio stomaco. Ma prima di fare qualche passo sentì dietro di me il fragore di una piccola cascata, felice come un bambino il giorno di natale mi precipitai in direzione di quel meraviglioso suono. Dopo dieci minuti di corsa arrivai senza fiato su una pianura in mezzo alla vegetazione, c’erano delle rocce che percorrevano il bordo di quel piccolo lago dolce, mi affrettai a riempire la bottiglietta ma impaziente la lasciai vicino a me mentre con le mani portavo l’acqua alla bocca, era freddissima nonostante la calda giornata e passai un ora li davanti a immergere le mani e il viso senza però entrare completamente, volevo rinfrescarmi, non raffreddarmi, se mi ammalavo in un posto del genere sarei di sicuro morto.

Prima di andarmene volevo riempire di nuovo la bottiglia per avere una scorta dentro al mio rifugio, all’improvviso a una ventina di metri da me sentì sei rumori provenire dall’altra parte del laghetto, qualcuno si avvicinava, cominciai a muovere le dita come prima per far scattare quell’impulso che mi aveva fatto vedere la ragazzina ma non accadeva nulla, così feci il gesto di scostare la tenda e un grosso bagliore verde della durata di pochi secondi circondò l’area in cui mi trovavo facendomi distinguere una figura luminosa davanti a me che si avvicinava verso l’altro lato del laghetto. Rimasi nascosto, se era come in BTOOOM! se non mi muovevo non poteva rintracciarmi, ma vidi che si accorse che l’avevo rintracciata con il sonar della mano, o comunque capì che c’era qualcosa che non andava, perché la figura davanti a me sembrava impaurita e confusa. Venne fuori dagli alberi una splendida ragazza, aveva la pelle bianca come il latte che la faceva apparire come un fantasma, portava dei lunghi capelli rossi intrecciati in una grossa coda che sciolse mentre si dirigeva vicino l’acqua. Non riuscivo a distinguere bene il suo viso dalla distanza e dal fatto che ero ben nascosto dietro la vegetazione, ma di sicuro si guardava in torno con circospezione, mi sono chiesto come mai non usasse il sonar, era un modo migliore per vedere se c’era qualcuno nei dintorni, poi realizzai che di sicuro non era capace di farlo funzionare, o che non sapesse di averlo.

Non volevo farle del male, non volevo proprio uccidere nessuno, non sono quel tipo di persona, così la lasciai in pace pronto ad andarmene con la mia bottiglietta piena d’acqua. Non potei andare via perché la ragazza dai lunghi capelli rossi che soprannominai Red Rapunzel cominciò a spogliarsi, aveva un paio di jeans blu molto attillati e degli stivali in pelle marrone lunghi quasi fino alle ginocchia, con un piccolo tacco. Una camicia rossa lacerata in più punti e una giacca bianca visibilmente sporca.

Non sono un guardone, non mi è mai interessato vedere una ragazza che si spoglia o cose del genere, le ho sempre considerate manie da depravati, le uniche ragazze che ho visto nude dal vivo sono state quelle con cui ho avuto una relazione sessuale in passato, e si potevano contare sulle punte delle dita. Feci uno strappo alla regola solo in quell’occasione, ero stremato da giorni stressanti e demoralizzato per il futuro. Vedevo la vita in modo diverso sapendo che potevo morire in qualsiasi momento e la possibilità di vedere una ragazza bella come lei per l’ultima volta era un occasione che non volevo lasciarmi sfuggire. Continuò a guardarsi in giro mentre rimuoveva una splendida biancheria intima nera con dei merletti viola-scuro e ammirai attentamente ogni centimetro del suo splendido corpo, era alta e snella, non aveva molto seno ma era bellissimo, i suoi capezzoli erano così chiari da confondersi con la sua pelle, avevo l’istinto di andare da lei per poter toccare il suo sedere morbido e delicato e sfiorarla come si fa con una rosa delicata. Non sono mai stato molto bravo nelle relazioni, forse perché avevo un ideale troppo romantico di ragazza e la mia fissazione per i videogiochi avrebbe comunque distrutto ogni mia possibile relazione futura, ma ero comunque incantato dalla bellezza e dalla grazia che solo alcune ragazze possedevano, e vedere Red Rapunzel lavarsi con la fredda acqua del lago era una delle cose più belle che mi fossero capitate in vita mia nella situazione più brutta in cui avrei mai potuto trovarmi.

Resistetti alla tentazione di andare da lei, anche perché avrei potuto spaventarla, e sarebbe scappata via correndo nuda nella foresta, magari si sarebbe anche potuta ammalare, o in un altro caso poteva afferrare le bombe del suo marsupio bianco vicino a dove ha lasciato i vestiti e lanciarmele addosso facendomi crepare. Tutte opzioni valide ma nessuna che volessi valutare. Rimasi fermo a guardarla, come un elfo delle foreste ammira una linfa delle acque che gioca gioiosa nel suo ambiente naturale. Quando morirò, se mai qualcuno troverà questo diario spero che lo bruci dopo averlo letto e che non lo pubblichi, morirei una seconda volta per l’imbarazzo di quello che ho scritto.

Mentre pensavo a tutto questo mi accorsi che dalla sua direzione arrivava qualcuno, magari aveva fatto gruppo con dei tizi atterrati con lei sull’isola, oppure erano amici che aveva con se in aereo. Feci risonare quella specie di radar nella mano vedendo due figure che si stavano avvicinando sempre di più, in risposta ricevetti due sondate da parte loro, ma essendo fermo e nascosto non poterono individuarmi. La ragazza sentì attorno a lei gli impulsi delle nostre rispettive sonde nelle mani e si spaventò dirigendosi sui vestiti, dalla vegetazione di fronte a lei uscirono due uomini, uno era alto e molto magro, lo riconobbi subito, il mio ex amico, quello che aveva ucciso la mi vita sociale a scuola e che io avevo ucciso nel videogioco di BTOOOM! per vendetta.

L’altro era basso ma sembrava essere molto forte e muscoloso, avevo paura che potessero farle del male. In quel momento realizzai cosa era successo, la lettera che avevo spedito per far sparire il mio ex amico era servita per farlo portare qui sull’isola, e a sua volta anche lui il giorno della mia vendetta aveva usato lo stesso stratagemma per far venire me qui. Entrambi di sicuro lo abbiamo scambiato per un azione innocente che non avrebbe mai davvero fatto del male a qualcuno. Ora so che ogni nostra azione ha delle conseguenze. La ragazza si copriva il seno e le parti intime cercando di non far intravvedere nulla ai due uomini di fronte a lei, ma il mio ex amico le si avvicinò entrando in acqua la ragazza cercò di scappare venendo dalla mia parte ma venne bloccata per un polso, aveva uno spirito combattivo e per far allentare la presa si girò di scatto graffiandolo con le unghie abbastanza lunghe rigandogli il viso, avevo appena trovato un soprannome per il mio ex amico, adesso lo avrei chiamato Lo Sfregiato.

Il suo amico basso rideva a crepapelle di quella scenetta, e subito dopo lei ritornò a scappare, ma non andò molto lontana. Una volta dalla mia parte sarei uscito allo scoperto, l’avrei protetta io, avrei scagliato le Cracker su di loro per farli allontanare senza ucciderli e portarla con me dentro la grotta, ma non ebbe il tempo di venire verso di me,  il nano muscoloso aveva con se una specie di fotocamera, con cui fece una fotografia alla ragazza vidi che cominciò a volare in direzione di lei con una specie di elica stile Doraemon. Sembrava la scena di un cartone animato, realizzai solo due secondi dopo che si trattava di un BIM a ricerca personalizzata.

Uno dei BIM meno potenti che esistono perché per la maggior parte sono composti da componenti elettronici e digitali, ma ha comunque una forza esplosiva capace di uccidere una persona. Vidi la testa di quella ragazza saltare in aria come un anguria colpita da un colpo di mazza da baseball, il sangue si mescolava all’acqua e il suo corpo candido e puro era orribilmente mutilato, i suoi capelli rossi non si riuscivano a distinguere dal sangue e attorno a quella scena gli unici rumori che si udivano erano quelli dell’acqua che sgorgava dalla piccola cascata a sinistra e le risate dei due tizi che si complimentavano per la cattura della preda. Lo sfregiato prese il chip verde dalla mano della ragazza e se lo mise in tasca dopo essersi pavoneggiato infierendo sul corpo di Red Rapunzel con calci e sputi per via dello sfregio che gli aveva causato poco prima. Da quando lo conosco è sempre stato un tipo irascibile e vendicativo, per poi diventare anche un prepotente e anche un grande stronzo.

Ero arrabbiato e disgustato da quella scena, in quel momento smisi di pensare, smisi di avere paura e di essere razionale. Divenni pura illusione, come il mio avatar di BTOOOM! ormai non ero più un essere umano, tutto ciò in cui credevo era svanito, se anche una creatura così dolce e così delicata viene uccisa in un modo così barbaro da gente sconsiderata e senza scrupoli, allora non vale nemmeno la pena di vivere questo schifo di vita.

Non manovravo più il mio corpo avevo la sensazione che qualcun altro condizionasse i miei movimenti, forse è così che si sentivano i personaggi di un videogioco. Senza rifletterci nemmeno per un secondo uscì fuori dal mio nascondiglio e mi feci notare da quei due, lo sfregiato mi riconobbe quasi subito urlando il mio nome con odio, il tizio basso si affrettò a scattarmi una foto col suo BIM a ricerca, ma io coprì il mio volto con uno dei marsupi vuoti trovati prima nella tenda-paracadute e lo scagliai in aria, la bomba lo colpì provocando un forte rumore, nella zona c’era una grande eco, il marsupio non riportò molti danni effettivamente, l’ho scritto prima e lo riscrivo anche adesso, sono fatti di un tessuto davvero resistente. I due dovettero abbassarsi per evitare di essere colpiti dai frammenti vaganti e io ne approfittai per contr’attaccarli con uno dei miei Cracker, non volevo ucciderli immediatamente, volevo che soffrissero. Dopo l’esplosione mi dileguai, assicurandomi un bel vantaggio, i due mi corsero dietro.

Durante la strada persero le mie tracce e si divisero. Sotto ai piedi di uno di loro, lo sfregiato, avevo poco prima posizionato un  BIM Timer che esplodendo gli portò via un piede. L’esplosione non era molto forte perché lo avevo sotterrato come una mina calcolando i tempi in cui mi avrebbe raggiunto, il primo nella classifica nazionale italiana di BTOOOM! ora aveva estratto gli artigli, sentivo l’adrenalina scorrermi dentro le vene.
Il tizio basso sentendo l’esplosione si precipitò dall’amico aveva con se un BIM a ricerca pronto a scattarmi una bella foto, col sonar cercava di individuarmi, ma senza successo, ero ben nascosto e non mi avrebbe trovato facilmente. Avevo già tarato a tre secondi il Timer e glielo scagliai addosso arrivò dritto fra i due, lo sfregiato chiese aiuto ma il tizio basso scappò nella direzione opposta mostrandogli il dito medio, sentì un imprecazione del mio ex amico poco prima che il mio BIM lo facesse saltare per aria, non mi mancherà. Il tizio basso si dirigeva verso di me, ormai la mia posizione era stata scoperta, mi rimaneva solo un Timer e due Cracker.

Una volta arrivato dove stavo io cercò in giro stando attento a dove metteva i piedi, mossa astuta, non voleva fare la fine del nostro ex-amico. Ma io avevo già trovato un’altra posizione strategica, non si diventa il primo in classifica stando allo scoperto, conosco tutti i trucchi per mascherare la mia posizione.
Inutilmente con il suo radar cercava ancora un modo per rintracciarmi. Sentivo la sua rabbia e il suo istinto di caccia, non aveva l’aria di un giocatore di videogiochi, ma di un giovane adulto, che è sempre stato preso in giro per via della sua altezza e ha cominciato a fare body building e palestra per mettere su massa, creando una personalità dissociata e impenetrabile che lo ha portato ad avere solo nemici nella sua vita, e la caccia è il suo sfogo naturale per scaricare tutta la rabbia e l’odio per il mondo.

Vedevo come seguiva le tracce e tastava il terreno, così lo soprannominai Il Cacciatore. Non gli ci volle molto a capire la direzione in cui poteva trovarmi, e cominciò a seguire la strada che portava da me, era davvero molto bravo mi sarei complimentato con lui se fosse stato abbastanza intelligente da guardare nel foro dell’albero che si trovava al suo fianco una volta raggiunta la mia posizione, era un luogo troppo evidente. L’esplosione del mio ultimo BIM Timer gli sfregiò metà del volto e gli rese inutilizzabile il braccio destro che era completamente ustionato, mentre mi fissava con odio corsi fino alla grotta lasciando in modo visibile le mie tracce per fargliele seguire.

In poco tempo si era fasciato il braccio con lembi di camicia che aveva strappato, e coprì il volto con delle fasce prese dai vestiti dello sfregiato che aveva inumidito prima, per creare quell’assurda maschera sul suo viso fatta di tessuto e sangue. Con una pietra che aveva rotto in modo da rendere tagliente fece la punta ad un ramo raccolto da terra, aveva creato una lancia piuttosto primordiale, e scheggiando la pietra creò anche una punta che legò nella parte inferiore con un laccio da scarpe, il cacciatore era pronto per la sua preda, ma io non ero una preda, e se ne sarebbe reso conto a sue spese molto presto.

Arrivò in poco tempo nella grotta sulla scogliera, ma capendo che era una trappola si mise ad aspettare il momento buono. Preso dal dolore delle ferite e dall’impazienza cominciò a lanciare sassi all’interno della grotta. Io venni fuori allo scoperto da dietro le rocce che spuntavano poco dopo l’entrata ben nascosto dalla sua angolazione. Si sentì uno stupido per non averci pensato prima, non capivo cosa dicesse sotto tutte quelle bende sul suo viso, ma capivo che era fortemente in collera. Con la sua statura, i suoi muscoli e il suo modo di mugugnare impugnando un arma così ancestrale sembrava un documentario sull’evoluzione dell’uomo, nella fase intermedia fra la scimmia e l’australopiteco.

Corse verso di me senza vedere tutti i marsupi che portavo su un braccio, si scagliò con la sua lancia e io risposi con la mia, vedendo che anche io ero armato la roteò cercando di colpirmi con la punta di pietra, io feci lo stesso ma la mia punta era il coltellino-penna che avevo trafugato da uno dei corpi della spiaggia, lo avevo fissato sulla ex canna da pesca con lo stesso filo da lenza. Fu un combattimento breve, non riusciva a colpirmi, usavo come scudo tutti i marsupi bianchi che avevo recuperato non potendoli però scalfire con quella stupida pietra. Quindi decise di abbandonare le tecniche primitive e di passare a qualcosa di più tecnologico, gli rimaneva un solo occhio buono, ma tanto gli bastava per poter prendere la mira con il BIM a ricerca. Dopo essersi allontanato di dieci passi mi inquadrò scattando una foto del mio viso. Ero già preparato anche a quello, nel gioco è ovviamente impossibile fare ciò che ho fatto successivamente ma la mente è umana è molto ingegnosa quando si tratta di sopravvivenza.

Ero pronto, lui si trovava esattamente davanti alla bocca d’ingresso della caverna, sotto di noi c’era il mare che ruggiva investendo gli scogli con l’impetuosa forza della natura, io ero poco distante dall’ingresso e per entrambi non esisteva alcuna via di scampo, uno di noi due sarebbe dovuto morire. Il BIM si mise a volare individuando presto la mia posizione dirigendosi velocemente verso il mio viso, il cacciatore stava già pregustando la sua preda servita alla griglia. Un secondo prima che fosse abbastanza vicino sollevai lo scudo di marsupi bianchi che avevo costruito con fasce e corde di paracadute. Il cacciatore rise di quel mio patetico gesto sapeva che la bomba mi sarebbe esplosa comunque in faccia non appena il BIM avesse trovato un angolo cieco.

Quello che non aveva visto per via della distanza era la mia patente che avevo appiccicato al centro dei marsupi poco prima, il BIM vide la mia foto e si fece esplodere distruggendo la mia patente e causando una piccola onda d’urto che mi scagliò all’indietro facendomi cadere. Ero salvo, un po’ dolorante ma il mio scopo era stato raggiunto, al cacciatore erano finite le idee oltre che i BIM e fece ciò che avevo programmato non appena mi vide rialzarmi con in mano un Cracker, si infilò dentro la grotta sperando di trovare un uscita dall’altra parte, ma non andò molto lontano perché con il mio penultimo BIM mi ero assicurato di chiudere la grotta a pochi metri dall’ingresso.

Era in trappola, la preda si era trasformata nel cacciatore, l’angelo d’argento era divenuto l’angelo della morte, pronto a punire i colpevoli per i loro peccati. Scagliai il Cracker dietro di lui, pensava che lo colpissi direttamente, ma come ho detto prima non avevo assolutamente voglia di ucciderlo e basta, volevo che soffrisse per ciò che aveva fatto a quella povera ragazza e di sicuro a molti altri sull’isola. Dietro di lui c’erano i BIM che ho tolto dal mio marsupio originale e da quello dell’uomo morto di fronte a me il primo giorno del mio arrivo sull’isola.

Subito dopo mi lanciai dalla scogliera, non mi importava più di sopravvivere o morire, decisi che fosse il destino a scegliere per me. Uno scoglio poteva frantumarmi all’impatto, e le onde potevano farmi annegare nel caso fossi sopravvissuto, c’erano poche probabilità che ne sarei uscito vivo, ma non mi importava, in quel momento ero felice. Poco prima di toccare l’acqua sentì le urla del cacciatore precedute dalla forte esplosione di ben diciassette BIM saltati contemporaneamente. L’esplosione fu talmente potente che dentro l’acqua stessa sentì un gigantesco boato assordante e portando gli occhi verso il cielo mentre trattenevo il respiro vidi un bagliore luminoso di fuoco che formava una gigantesca colonna rossa.

Una volta salito in superficie le onde mi scagliarono contro le rocce sotto la rientranza del precipizio, mi attaccai a delle sporgenze e subito dopo vidi piovere rocce incandescenti dall’alto che frizzavano all’interno dell’acqua facendone evaporare un po’. Sembrava la scena dell’eruzione di un vulcano. La grotta di sopra era saltata in aria in mille pezzi. Una volta raggiunta la spiaggia vicina a nuoto risalii la scogliera per ammirare la mia opera. Era tutto distrutto e c’era fumo ovunque. Fra le macerie abbrustolite trovai il chip verde del cacciatore. Se i marsupi bianchi avevano una buona resistenza, di certo questi chip erano dieci volte più indistruttibili. Mentre scendevo presi anche il diario che avevo nascosto sotto la sabbia ai piedi di una roccia poco distante da li, così ho potuto scrivere tutto l’accaduto della giornata per poter ricordare ogni secondo imprimendolo sulla carta.

Andai a seppellire la ragazzina suicida prima che la corrente se la portasse via come era accaduto giorni fa al tizio grasso.
Poi feci lo stesso con la madre seppellendola vicino alla figlia comodamente avvolta come una mummia nel suo stesso paracadute. Infine andai dallo sfregiato e da Red Rapunzel, al primo presi i due chip, quello nei pantaloni e l’altro fra i rimasugli del corpo, e alla seconda diedi una degna sepoltura vicino al lago, rovistai nelle tasche dei suoi pantaloni per poter prendere qualcosa che potesse farmi ricordare di lei. Un portachiavi a forma di quadrifoglio, forse era irlandese, o magari era stata in gita in Irlanda. Non lo saprò mai. Prima di seppellirla gli regalai qualcosa di mio, il Rolex d’argento a cui tenevo così tanto adesso era al suo polso, avevo vendicato la vita che gli era stata strappata via in modo così indegno.

Adesso possedevo otto chip. Il mio, quello del tizio grasso, uno che ho trovato nella tasca della camicia di uno dei tre pescatori, quello della ragazzina suicida e di sua madre morta il giorno prima di stenti, quello di Red Rapunzel, quello dello sfregiato e infine quello del cacciatore. Vidi un elicottero che si avvicinava sulla spiaggia, capì che il mio turno per tornare a casa era finalmente giunto. Era stata una giornata alquanto movimentata, ma non era ancora finita. Mentre mi dirigevo all’elicottero trovai una valigia fra la vegetazione vicino alla spiaggia, dall’odore sembrava che avesse contenuto del cibo, ma erano rimaste solo delle bottiglie d’acqua vuote, cartacce che prima avvolgevano panini, rimasugli di frutta e piccoli sacchetti di sale.

La lasciai li, non mi interessava, volevo solo tornarmene a casa, quindi andai in direzione dell’elicottero. Mentre mi avvicinavo vidi una scena sconvolgente, il tizio in camice bianco e la tizia che avevo visto qualche giorno prima mentre uccidevano il trio di pescatori erano a poche decine di metri dall’elicottero, ora però il tizio non portava più il camice bianco, al suo posto portava due marsupi ai fianchi. Ma non solo, quella specie di dottore aveva anche un BIM dietro la schiena, non ho avuto il tempo di avvisare la donna. Provai a correre verso di lei ma era già stata atterrata da un gancio allo stomaco, lui si allontanò di pochi passi da lei e usò un BIM a ricerca per scattargli una foto, lei sembrava incredula e sconvolta, sul suo viso era stampato il volto di una donna tradita. Non potevo fare nulla dalla mia posizione, ero senza BIM e allo scoperto, avrebbe potuto farmi fuori in qualsiasi momento, quando la bomba volando gli andò abbastanza vicino con uno scatto alzò il suo marsupio bianco usandolo come scudo, allora non ero l’unico ad aver pensato ad un uso simile. Solo che un singolo marsupio non ha l’efficacia di cinque legati assieme formando uno scudo compatto e quindi il suo braccio sinistro saltò in aria, permettendogli però di sopravvivere, anche se orribilmente ustionata, corsi indietro per andare a prendere i sacchetti di sale che avevo visto prima nella valigia, li ruppi tutti riempiendo una delle cartacce che avvolgevano precedentemente dei sandwich e corsi dalla donna.

Il dottore aveva già preso il chip verde dalla sabbia che si era staccato quasi immediatamente dopo l’esplosione. Di sicuro doveva essere l’ultimo visto che si diresse con tranquillità verso gli uomini armati fino ai denti che facevano la guardia al mezzo di trasporto. Io ebbi il tempo di fasciare con la mia giacca il braccio sanguinante della donna mettendo prima il sale sulla ferita per fermare l’emorragia e non farla morire in quel posto dimenticato da Dio.

Ho giurato che l’avrei vendicata, ma non avevo più intenzione di uccidere nessuno. Qualcun altro lo avrebbe fatto per me, vidi che la donna stringeva nella sua mano destra il cartellino sanitario di quel medico giapponese e lo presi prima di andare via. Ora è seduto di fronte a me, non incrocia il suo sguardo con il mio nonostante io lo stia fissando mentre scrivo sul diario. Nella mia tasca ho il suo cartellino, conosco il suo nome, e sarà il prossimo che scriverò in uno dei documenti della lettera che è arrivata nei giorni precedenti alla mia cattura. Rivedrà molto presto quest’isola, glielo posso assicurare Dottor Masahito Date, è una promessa.

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Capitolo 4
*** Giorno 7 ***


Giorno 7

Non ricordo molto di quello che successe dopo la partenza dall’isola. Gli ultimi ricordi erano del tizio giapponese nel video che parlava del nostro viaggio di ritorno complimentandosi con noi per il successo mentre uno dei soldati con il microfono traduceva in italiano per me. Poi ci vennero serviti dei panini con prosciutto e formaggio e un paio di bottigliette d’acqua, li mangiai in modo vorace senza badare allo sguardo di disappunto del dottor Date che si limitò a bere da una delle sue bottigliette.

Poi il traduttore richiamò la mia attenzione facendo notare sullo schermo le fotografie della mia casa e della mia famiglia, capii cosa intendeva dire, se avessi parlato di questa “splendida” vacanza oltreoceano, la mia famiglia ci avrebbe rimesso le penne, per loro sono stato in Giappone a una conferenza di tutti i giocatori primi in classifica della propria nazione, avrei solo dovuto trovare una scusa convincente per non averli chiamati per una settimana e per il fatto che non esisteva nessun video della conferenza.

Ma a quello avrei pensato più tardi, in quel momento ero solo molto felice di essermene andato da quel luogo di morte, mentre sorvolavamo l’isola vidi ancora moltissime esplosioni, poi mi si appannò la vista e mi risvegliai nel gate dell’aeroporto da cui ero partito, a quanto pare l’acqua della bottiglietta era stata drogata.

Avevo in mano diversi souvenir giapponesi al mio fianco la valigia che avevo all’andata, non avevo più la barba e profumavo come se mi fossi fatto un bagno da poco, i vestiti che indossavo erano nuovi e sulla mia mano non c’era più il chip, anche la cicatrice sembrava essere stata richiusa chirurgicamente con estrema cura, si riusciva a notare solo in controluce, sembrava quasi un taglio da foglio di carta, rimarginato da poco.

Su uno degli anelli da portachiavi dei souvenir c’era un pezzetto di carta con su scritto RIKORDA, che stava a significare che dovevo ricordarmi di non parlare a nessuno di quello che era successo. Ora mi trovo in camera mia, ho detto alla mia famiglia che il cellulare all’atterraggio in Giappone si fosse rotto cadendomi dalle scale dell’aeroporto e non ho potuto avvisarli, non credo l’abbiano bevuta, ma erano contenti quando tornai a casa, li avevo fatti preoccupare molto.

Di quell’avventura a parte i traumi psicologici mi rimasero il portachiavi di Red Rapunzel che mantiene vivo il suo ricordo e mi impedisce di impazzire, e il cartellino di Date, che ho usato poco fa per spedire la lettera col suo nome e con i suoi dati. Quando ho spedito la lettera la prima volta sono passati sei mesi prima che io e il mio ex amico fummo trascinati sull’isola. Stavolta per fortuna nessuno scrisse il mio nome, fra sei mesi lo andranno a prendere di nuovo, e spero che gli facciano male, molto male. Spero anche che la donna a cui ha strappato via il braccio sinistro sia ancora viva, e che possa vendicarsi personalmente su di lui. Questa è l’ultima pagina del diario, è la fine.

Ma da domani ci sarà un nuovo inizio per me, ho trovato un lavoro in una fabbrica in provincia, e anche un appartamento li vicino con un affitto economico. Ho anche conosciuto tramite BTOOOM! una ragazza che abita li. Chattavamo già da qualche mese e adesso abbiamo iniziato a frequentarci come amici, sta pensando di dividere l’affitto dell’appartamento con me e di cominciare a frequentarci come coppia, e poi magari chissà.

Sarà anche un lavoro mediocre e una casa mediocre, ma è solo l’inizio. Si può sempre migliorare nella vita, come in un RPG si guadagnano punti esperienza, aumentano le proprie abilità e responsabilità, e in poco tempo si comincia far parte di un party con un'altra persona, con cui condividere questo assurdo gioco chiamato vita, e se si è abbastanza bravi si può riuscire a superarlo, continuare nuovi livelli e rendere unica la propria esistenza avendo accanto a voi una persona speciale che rende tutto ciò che avete, anche se mediocre, nelle cose più preziose dell’universo. Non smettete mai di lottare per ciò in cui credete e per ciò che amate.

Un saluto dal vostro Silver Angel!

Fine

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