Sangue Divino

di Shinmen
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Arrivo al Garden ***
Capitolo 2: *** primo giorno ***
Capitolo 3: *** Esame SeeD ***
Capitolo 4: *** Fuga ***
Capitolo 5: *** Black Soul ***
Capitolo 6: *** Desert Ghost ***
Capitolo 7: *** War Tales ***
Capitolo 8: *** Raziel ***
Capitolo 9: *** berserk and void ***
Capitolo 10: *** Tenebra ***
Capitolo 11: *** Il significato di essere un Soldato ***
Capitolo 12: *** Il Sangue di Hyne ***
Capitolo 13: *** Notte al Buio ***
Capitolo 14: *** Fuga ***
Capitolo 15: *** Factions ***
Capitolo 16: *** Il bianco Spadaccino ***
Capitolo 17: *** Dreamline ***
Capitolo 18: *** Trap ***
Capitolo 19: *** Nicotina ***
Capitolo 20: *** Remember ***
Capitolo 21: *** Due piccole sorprese ***



Capitolo 1
*** Arrivo al Garden ***


Era il pomeriggio di un giorno di fine estate. Il sole si rifletteva sul mare in una miriade di riflessi azzurri e blu, Gild smise di guardarlo e spostò lo sguardo dei suoi occhi grigi sul gruppo di case bianche e blu che, del tutto indifferenti al suo sguardo, non fecero una piega. Gli urli dei marinai e la cessazione del rollio dei motori fecero capire a Gild che la nave aveva finito con le manovre d’attracco. Si sistemò la sacca sulla spalla, si passò una mano nei capelli biondi chiarissimi e si diresse verso la scala che gli avrebbe permesso di scendere dalla nave, mentre una voce femminile informava i passeggeri che la nave era appena attraccata a Balamb attraverso gli Altoparlanti.

L’aria era fresca e c’era un tempo splendido, Gild si diresse immediatamente verso l’uscita del paese passando davanti all’auto noleggio senza degnarlo di uno sguardo, aveva speso gli ultimi soldi per il biglietto della nave. La sua non era una famiglia ricca, suo padre se ne era andato quando lui aveva cinque anni abbandonando lui e sua madre. Alister, suo padre era stato un famoso armaiolo, ma si era portato via quasi tutti i soldi guadagnati con il suo lavoro quando era partito. Di lui a Gild rimanevano solo le due Katane che portava al fianco sinistro e una fibbia che portava alla cintura con incisa sopra la figura di un leone in un balzo. Sia sua madre che lui avevano risparmiato molto perché lui potesse iscriversi al garden di Trabia. Il sogno di Gild era sempre stato quello di diventare SeeD ma sapeva che l’esame si poteva fare solo a Balamb e il viaggio costava, poi pochi mesi prima sua madre si era ammalata e non c’era stato niente da fare, a quel punto più niente lo tratteneva a Trabia, aveva venduto tutto tranne pochi effetti personali che si portava appresso nella sacca che aveva a tracolla ed era partito, era li per realizzare il suo sogno, a Trabia tra gli studenti era il migliore, era preparato e ce l’avrebbe fatta.

“Hei ragazzo!” Gild si voltò a parlare era stata una signora di mezza età, Gild la guardò con aria interrogativa, quella si avvicinò e riprese la frase “Ti stai dirigendo al garden vero?” Gild fece un cenno d’assenso “Ti sconsiglio di andare a piedi, il territorio tra qui e il garden è infestato di mostri potresti trovarti a combattere per tutto il tempo”

 “Grazie, starò attento” Gild fece per riprendere il cammino.

 “Un’altra cosa”La donna richiamò la sua attenzione “Se al garden ti capita di incontrare un ragazzo con i capelli biondi a spazzola, un tatuaggio tribale sulla guancia e che si chiama Zell Dincht, di a quello scapestrato di venire a trovare sua madre e suo fratello una volta ogni tanto, dopotutto non è che abitiamo a miglia di distanza e poi…”

“Va bene, se lo incontro lo informerò” Troncò Gild ripartendo prima che la signora Dincht potesse ripartire all’attacco.

Iniziò a camminare lungo la strada che collegava il garden al piccolo paesino, ad un tratto sentì un ronzio alle spalle che si avvicinava. Clima secco praterie e boschi…Lesmator! Si voltò lasciando cadere la sacca ed estraendo le due spade, pronto ad affrontare le due zanzare troppo cresciute che gli si pararono di fronte.

Evitò il pungiglione del primo e lo tagliò in due parti con una spada, mentre con l’altra parò l’attacco del secondo chinandosi e passandogli alle spalle, con un affondo preciso lo uccise.

A questo punto si accorse che qualcuno stava applaudendo, alzò lo sguardo e vide un ragazzo sui 18 anni, con i capelli a spazzola e un tatuaggio tribale sulla guancia se ne stava appoggiato al cofano di un auto. Questo è sicuramente il figlio di quella pazza di prima.

Si avvicinò e disse:

 “Complimenti, buongiorno, io mi chiamo…”

 “Zell Dincht” concluse Gild per lui mentesi lanciava a salvare la sua sacca prima che la pozza di sangue dei lesmator la raggiungesse.

 “Si, ma come fai tu a saperlo?”

 “Tua madre mi ha detto di riferirti di andare a trovarla più spesso, aspetta com’era l’espressione che ha usato…ha gia Scapestrato!”gli rispose Gild

 Zell accennò un sorriso “La mamma è la mamma, tu devi essere quello nuovo che viene da Trabia, mi avevano mandato a prenderti ma a quanto pare la nave è arrivata in anticipo, vieni salta su che facciamo prima” e si diresse verso l’auto.

 Dopo pochi minuti arrivarono al Garden, era gigantesco, Zell lo accompagnò nella sua nuova stanza che era stranamente singola Gild inarcò un sopracciglio “Come mai?” chiese indicando la stanza.

 “Cosa? Ha, come mai è singola intendi? Sei fortunato, con te gli studenti sono dispari e quindi ti ritrovi con una camera da Seed, non ti ci abituare però!”

 “Perché no?” Gild guardò Zell negli occhi, Zell fu costretto a distogliere i suoi intimorito dalla determinazione che trasmettevano quelli di quello strano ragazzo “Ho tutta l’intenzione di rimanere studente il minor tempo possibile”

Zell risollevò lo sguardo, quel tipo lo incuriosiva “Senti, non mi hai detto come ti chiami…”

 “Non lo hai chiesto” fece una pausa nel discorso, poi riprese in tono amichevole, lo sguardo di sfida di prima era sparito “Scusa, mi chiamo Gild Jamasay, piacere” Gli porse la mano, Zell la strinse, poi salutò e uscì dicendo che la divisa era nell’armadio e di presentarsi nella Hall dopo dieci minuti per la presentazione degli studenti che dovevano affrontare l’esame SeeD quell’anno.

 Dieci minuti dopo si trovava sull’attenti assieme ad un centinaio di altri studenti mentre una ragazza troppo gasata in un vestito giallo chiaro faceva, tra un urletto e una piroetta, l’appello. Ad uno ad uno gli studenti facevano un passo avanti quando venivano chiamati. Ma a che serve, ci hanno fatto venire qua con la divisa solo per vedere se c’eravamo tutti?

 “Bene ragazzi, ora aspetteremo il preside Cid che dirà due parole e vi spiegherà cosa dovrete affrontare quest’anno, dopo di che sarete liberi di girare fino allo scadere del coprifuoco, dopo dovrete andare nelle vostre camere.”

 Il preside arrivò poco dopo e partì con un discorso soporifero, Gild, che gia da solo faticava a restare attento per più di trenta secondi, smise di ascoltare più o meno al “Benvenuti”. Stava pensando a come sarebbe cambiata la sua vita ora che si trovava lì quando qualcuno gli toccò la spalla. Gild si girò di soprassalto e si accorse che era la ragazza che prima faceva l’appello.

 “Ehi, c’è qualcosa che non va.”

 “No, niente, tutto a posto.”

 In quel momento Gild si accorse che se n’erano già andati tutti e che era rimasto solo lui.

 La ragazza lo guardò in maniera strana poi tese la mano “Selphie Tilmit piacere. ”

 Il ragazzo la strinse pensieroso “Gild Jamasay”Dov’è che ho già sentito questo nome…si ricordò di botto Cavolo questa è la chiacchierona che prima era a trabia.

 “Da dove vieni?” La domanda prese alla sprovvista Gild che rispose senza pensare

 “Da Trabia.”Oh no, risposta errata, adesso si che sono fregato.

 “Da Trabia? Anch’io vengo da li!!! …” Selphie iniziò a martellare Gild con una valanga di domande da rimanerci seppelliti.

 “Mi dispiace ma sono davvero molto stanco, parleremo di Trabia la prossima volta.” E con questa frase si defilò senza dare il tempo a Selphie di rispondere.

Era da un po’ di tempo ormai che Gild “vagava” senza una meta precisa per il Garden, quando vide una cosa che gli mozzò il fiato, c’era un ragazzo con i capelli che gli ricadevano sulle guance e una cicatrice in mezzo agli occhi, ma Gild non badava a quello, era l’arma che portava appesa alla cintura che lo impressionò, la riconobbe subito, era il primo gunblade di quel modello che vedeva, non ci poteva credere, era un Lionheart, un arma leggendaria.

Decise che doveva assolutamente vederlo in azione e il ragazzo che lo possedeva stava andando proprio al centro di addestramento.

Gild corse in camera sua, prese le sue armi e andò al centro di addestramento; quando entrò, il ragazzo con il gunblade stava gia combattendo contro un Archesaurus, si muoveva con una velocità impressionante e combatteva usando solo la sua arma senza le magie.

L’Archesaurus attaccò il ragazzo con una codata ma quello la evitò saltando di lato, sembrava quasi che volesse solo evitare i colpi dell’avversario perché aveva già mancato tre occasioni per attaccarlo.

 “Squall, smettila di giocare e falla finita, o non faremo in tempo per la riunione.”

 Solo ora Gild si accorse della donna seduta su un sasso: indossava un vestito di pelle che le arrivava fino alle ginocchia e, appesa alla cintura, portava una frusta arrotolata; ma la cosa che lo sorprese era il nome con cui aveva chiamato il ragazzo, dunque era quello il SeeD che aveva salvato il mondo da Artemisia.

 “Ok Quistis, finisco subito.” Detto questo Squall sferrò un colpo potentissimo al mostro tagliandolo letteralmente a metà.

 Gild rimase a bocca aperta, non aveva mai visto nessuno tagliare di netto in due un Archesaurus.

 “Ehi? Tu non dovresti stare qui!” Una voce lo fece improvvisamente ritornare in se, era Squall.

 “Perché, scusa?”

 “Il centro di addestramento è vietato alle matricole che non possiedono ancora un’arma” Rispose Quistis.

 “Ma io ho un’arma, e non sono una matricola, devo fare l’esame SeeD quest’anno” disse Gild, indicando le sue spade.

 “Dimostralo” Squall lo guardò dritto negli occhi come faceva di solito per levarsi di torno gli scocciatori, con sua grande sorpresa Gild gli rispose con uno sguardo ugualmente gelido.

 “Va bene, cosa devo fare.”

 Quistis si passo la mano sulla faccia “Al solito”.

 “Sconfiggi un Archesaurus ne sta arrivando uno in questo momento.”

 Gild si mise al centro del piccolo spiazzo ad aspettare il nemico, Squall e Quistis si erano seduti su un masso lì vicino.

 “Squall, sei sicuro che non si farà del male?”

 “Non preoccuparti” Rispose Squall con gli occhi piantati su Gild Vediamo cosa sei in grado di fare.

 Un ruggito interruppe la loro conversazione, il combattimento era iniziato.

L’Archeosaurus attaccò Gild con una codata ma lui la evitò rotolando di lato e contrattaccando con un colpo di spada, che colpì il bestione in pieno petto.

 “Però, non è niente male.” Disse Quistis mentre Gild parava con le spade un tentativo di azzannarlo da parte dell’Archesaurus.

 Gild sentiva l’alito della bestia, il muso del mostro si trovava a pochi centimetri dalla sua faccia.

Scivolò sotto la sua pancia, rischiò di essere calpestato ma riuscì a colpire l’Archesaurus alla pancia sventrandolo.

Cadde a terra in mezzo dalle budella del mostro.

 “Notevole, veramente Notevole”Gild si girò e gli venne un groppo in gola, a parlare era il preside Cid in persona.

 “Squall, sapevo che ti avrei trovato qui, ero venuto a vedere perché tardavate alla riunione.”

 Nel frattempo Gild aveva trovato un equilibrio precario sul sangue del mostro e si era messo, barcollando sull’attenti.

 “Ragazzo, vedo che te la cavi già bene, qual è il tuo nome?”

 “Sono Gild Jiamasay, numero di matricola 328759 signore!” Dicendo questo Gild tentò di fare un saluto militare, ma perse l’equilibrio e cadde con un tonfo nel laghetto formato dal ruscello che scorreva nel cento di addestramento.

 “Be, volevo consigliarti di fare un bagno ma vedo che hai già provveduto da solo.” A questo tutti si misero a ridere mentre Gild riemergeva sputacchiando dall’acqua, tranne Squall che aveva lo sguardo perso nel vuoto.

 Se ne andarono tutti lasciando Gild solo. E adesso come faccio ad uscire da qui senza far ridere mezzo Garden. Ho appena bagnato la divisa, come farò domani a lezione.

 “Ehi, c’é nessuno?” A parlare era una ragazza dai capelli castani lunghi che teneva legati in una coda dietro la schiena, non indossava la divisa, aveva due desert eagle alla cintura e l’impugnatura di una spada a due mani gli spuntava da dietro la schiena.

 La ragazza guardò Gild e scoppiò a ridere ma sì zitti subito quando vide il corpo dell’Archeosaurus.

 “Lo hai ucciso tu?”

 “Si, perché. Piuttosto tu chi sei?”

 “Io sono Kartya, una studentessa del garden, ero venuta ad allenarmi…” Kartya si avvicinò allo specchio d’acqua e tese la mano a Gild “Ma forse e meglio che ti aiuti a tirarti fuori da lì” 

 Gild strinse la mano di Kartya “Grazie, io sono Gild.

 Gild e Kartya uscirono insieme dal centro di addestramento e, dopo che Gild si fu cambiato, passarono il resto della giornata insieme parlando mentre passeggiavano per il Garden fino al coprifuoco, allora si salutarono e Kartya tornò nella sua stanza.

Gild decise che non aveva sonno e, siccome l’unico edificio aperto nel Garden dopo il coprifuoco oltre al dormitorio era il centro di addestramento, prese le spade si diresse li.

Era arrivato a metà del percorso quando si accorse di una porta appena dopo il punto in cui aveva ucciso l’Archeosaurus; Gild girò la maniglia e la porta si aprì, al di là c’era una specie di terrazzo.

Da li si vedeva tutto il garden e una buona porzione di cielo stellato, Gild non sapeva perché ma l’aria di quel posto era rilassante, si appoggiò alla ringhiera e rimase a guardare il panorama mentre ricordi della sua famiglia misti alle sue aspettative per il futuro gli passavano per la mente.

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Capitolo 2
*** primo giorno ***


Gild si svegliò, gli sembrava di essere ubriaco dopo tutto quello che gli era successo il giorno prima; guardò la sveglia e gli venne un mezzo infarto, erano le otto e lui, a quest’ora, avrebbe dovuto trovarsi a lezione! Ma perché mi dovevo dimenticare di caricare la sveglia il primo giorno! Pensò mentre s’infilava in fretta la divisa del Garden, e partiva a razzo fuori della camera.

Gild si fiondò su per le scale rischiando di investire un tizio vestito da cow boy con tanto di giaccone in pelle. A settembre! Ma questo è fuori. Pensò mentre faceva di corsa il corridoio per raggiungere la sua classe, entrò sbattendo la porta.

 “Bene vedo che alla fine ha deciso di unirsi a noi, Qual è il suo nome?”il professore lo guardò da dietro gli spessi occhiali.

 “Gild Jamasay”rispose Gild con il fiatone. Direi che ho cominciato alla grande…

 “Raggiunga il suo posto”disse il professore correggendo il registro sul terminale della cattedra.

 Gild si sedette all’ultima fila, da solo, perché le coppie si erano già formate, accese il terminale e si mise comodo.

 “Buongiorno, io sono il professor Ota e sarò il vostro professore di teoria per quest’ anno” detto questo il prof. Ota si lanciò in una spiegazione teorica di come evocare le magie di terzo livello, una cosa che Gild aveva imparato da suo padre all’età di cinque anni.

 “Come sapete, l’utilizzo dei Guardian Force è stato vietato dopo che si è scoperto che chi li usava perdeva interi tratti dei suoi ricordi, quindi la magia che gli umani possono usare o paramagia è diventata ancora più importante di quanto già non fosse per chi vuole diventare SeeD…….”

 Gild si stava annoiando a morte e quindi si era messo a dare un’occhiata alle opzioni del terminale del suo banco.

Ad un tratto sullo schermo apparve un segnale “Nuovo Messaggio, controllare posta”Gild cliccò sulla casella dei messaggi e lesse:

 “Visto, ci hanno messo in classe insieme” K.F

 “Chi sei?” G.J

 “Come, non mi hai riconosciuta quando sei entrato? Guarda al secondo banco terza fila.” K.F

 Gild guardò nella direzione indicata dal messaggio e vide Kartya che lo salutava.

 “Adesso mi riconosci? Senti, ti va di vederci a pranzo?” K.F

 “Okay” G.J

In quel momento la campanella suonò per la pausa pranzo e Gild si uscì dall’aula, nella confusione aveva perso di vista Kartya. Mi aspetterà in mensa.

Gild si avviò per le scale quando, lo stesso ragazzo che aveva rischiato di investire la mattina, svoltò l’angolo correndo e prese in pieno Gild. I due rotolarono fino al successivo pianerottolo.

 “Ma allora è un vizio!” Disse il ragazzo.

 “Ti sarei molto grato se ti alzassi dal mio stomaco”Disse Gild con una voce strozzata.

 “Oh, scusa”

Il ragazzo si alzò e Gild ebbe modo di vederlo meglio: indossava una giacca pesante che gli arrivava fino ai piedi, calzava degli stivali di pelle come il resto dei vestiti, aveva gli occhi castani e i suoi capelli erano rossicci, indossava un cappello di pelle tipo cow boy.

“Scusa ancora ma adesso devo correre se no Squall mi scuoia vivo” E schizzo via.

“Bene allora è un abitudine arrivare in ritardo per te?” Gild era appena entrato nella mensa

“No, scusa è che ho avuto un incidente sulle scale”Disse Gild massaggiandosi un bernoccolo.

“Be, adesso siediti” Kartya si era messa a ridere.

 Mangiarono e rimasero a chiacchierare. Era appena entrato un ragazzo che aveva un’aria abbattuta.

 “Guarda un po’ quello”

 Gild si girò e vide il ragazzo di prima che si trascinava con le braccia a penzoloni e si dirigeva verso di loro, si lasciò cadere su una sedia.

 “Non credo di averti chiesto il nome prima, ma lo avrei fatto sicuramente se avessi saputo che frequentavi delle ragazze cosi belle; ti e ci vuoi presentare?”Kartya era arrossita

“Io mi chiamo Gild mentre lei è Kartya. Kartya, lui è…”E’ arrivato il “playboy”.

“Irvine Kynneas” prese la mano di carta e la baciò lei arrossì violentemente “Estasiato”

 “Vuoi dirmi piuttosto come mai correvi cosi sulle scale”E soprattutto perché mi hai investito.

“Ero in ritardo per la riunione d’emergenza che Squall ha indetto questa mattina”

“Qual era il motivo?”Chiese Kartya.

“Questo non te lo posso dire però centrava con l’esame Seed quindi lo scoprirete a metà anno”

Suonò la campanella e sia Gild sia Kartya si avviarono verso la classe, nel pomeriggio avevano lezione di pratica.

 “Ci siete tutti? Bene, io sono il professor Kunmon e v’insegnerò a combattere bene entro l’esame SeeD che, come sapete, sì terra a meta anno. Ora andremo in giardino per ripassare alcune tecniche di base” Kunmon sembrava tutto tranne che un professore, innanzitutto vestiva in abiti borghesi, un paio di jeans e una maglia senza maniche, gli occhi verde smeraldo e degli innaturali capelli d’argento molto lunghi.alla cintura portava oltre che ad alcuni pugnali da lancio una katana molto lunga. Gild capì da come la portava addosso che doveva essere uno spadaccino esperto.

I ragazzi seguirono il prof. fino in giardino dove iniziò a mostrare alcune posizioni d’attacco e di difesa. Gild si stava annoiando a morte ed aveva preso a guardare i lavori per il festival studentesco che si svolgevano lì vicino.

“Immagino che tu sappia gia come si usa la spada, vero?” Disse Kunmon rivolto a Gild.

Gild si svegliò dalla dormiveglia in cui era caduto. “Nel modo in cui sta spiegando lei, si” Rispose.

“A si? Vediamo come te la cavi” E mentre pronunciava questa frase Kunmon lanciò tre coltelli verso Gild che li evitò con un salto mortale all’indietro, due lo sfiorarono alle spalle strappandogli un mugugno di dolore

“Niente male, ma evita anche questo” Kunmon sfoderò la spada e menò un fendente verso Gild che lo schivò.

Gild stava estraendo le spade, quando si sentì mancare il terreno sotto i piedi e si ritrovò a terra con la katana di Kunmon puntata alla gola.

“Sei sempre il solito, cosa ti ha fatto di male quel ragazzo?” Quistis si avvicinò a Kunmon.

“Ho solo dato una lezione a questo piccolo impertinente” rispose Kunmon mentre rinfoderava la spada e aiutava Gild a rialzarsi “E’ promettente ma ha bisogno di qualche lezione in più”

Quistis guardò Gild riconoscendolo“Ragazzo lo sai che sei andato a sfidare lo spadaccino più letale del Garden”

“Adesso si!” E so anche che è matto disse Gild massaggiandosi la schiena ma Quistis si stava già allontanando.

“Bene la lezione finisce qui! Gild vai a farti disinfettare quei tagli”

 Gild si diresse verso l’infermeria Kartya gli si affiancò “Sei parecchio portato nel farti male lo sai?”

“Veramente è soltanto da quando sono qui che passo da un casino all’altro” Si fermò di botto afferrò il braccio di Kartya e si fiondò in un cespuglio trascinandosela dietro

“Ehi! Cosa cavolo ti sei messo in testa si può sapemghf…”Gild le aveva messo una mano sulla bocca.

“Shhhhhhh!”fece mentre con un dito indicava il sentiero su cui loro si trovavano poco prima, Selphie passò davanti a loro per poi scomparire dietro una curva.Gild e Kartya riuscirono dal cespuglio.

 “Fiuuuuu…per un pelo”

 “Mi vuoi spiegare il perché di questa cavolata”

 “Lascia stare, se quella mi becca non me la schiodo più di dosso, da quando ha scoperto che vengo pure io da Trabia me la trovo sempre addosso”

 Kartya si mise a ridere “va bhe playboy, vieni che ti porto in infermeria e poi da un sarto”

“Sarto?”

“Direi che ne hai bisogno visto che la tua divisa si è ridotta piuttosto male in quel cespuglio”

Gild si tolse la giacca della divisa  e la guardò aveva tre lunghi strappi sulla schiena “Fantastico…” Ho quasi voglia di stappare lo champagne…

Il resto della giornata si svolse senza grossi problemi, a parte una fuga precipitosa da Rajin, con la giacca in testa per non farsi riconoscere, visto che voleva multare Gild per aver “modificato” la divisa.

Prima di addormentarsi Gild non poté fare a meno di chiedersi come potesse l’elite militare di tutto il mondo uscire da quella gabbia di matti poi ci ripensò, con tutti i guai che gli capitavano probabilmente in futuro avrebbe avuto dei riflessi incredibili. Ha…Ha…Ha…senso dell’umorismo del cavolo. e si addormentò con questo pensiero per la testa.

 

Avviso: ho fatto un tributo a ffVII indovinate un po’ dove

 

 

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Capitolo 3
*** Esame SeeD ***


Erano passati sei mesi da quando Gild era entrato al Garden, e si era dimostrato uno di migliori studenti, almeno nella pratica.

Si svegliò presto non era riuscito a dormire per tutta la notte per l’eccitazione, il momento che aveva aspettato con ansia era finalmente arrivato, quel giorno si sarebbero svolti gli esami SeeD pratici.

Il giorno prima aveva fatto quello scritto fece una doccia veloce, si lavò i denti si mise l’uniforme. Il suo sguardo si soffermò sopra le tre strisce di azzurro chiaro che si trovavano sulla schiena della divisa (la sarta aveva finito il blù), uscì dalla stanza esi diresse verso la hall dove erano esposti i risultati del test teorico.

Gild si fermò davanti al tabellone, si fece strada tra la calca di studenti che nonostante l’ora si erano fermati a guardare e lasciò correre lo sguardo lungo l’elenco.

 Fa che sia passato, Fa che sia passato, Fa che sia passato, Fa che sia passato…

Alla fine trovò il suo nome sotto il sei e tirò un sospiro di sollievo.

“Ce l’ho fatta!”

“Già per un pelo, io ho preso otto…” Kartya stava guardando il tabellone da sopra la spalla di Gild.

“Non c’era bisogno di sottolinearlo, si sapeva che eri una secchiona”

“Gli alunni che hanno passato l’esame SeeD scritto dovranno presentarsi questo pomeriggio alle 3.30 nella hall” La voce di Quistis si sentì attraverso gli altoparlanti.

“Hei! Questo vuol dire che abbiamo il resto della mattinata libera, ti va di fare un giro a Balamb?” Chiese Kartya

“Okay, come ci andiamo?”

Lei tirò fuori dalla tasca una chiave d’auto e glie la lasciò penzolare davanti al naso “Sai, al di fuori del tuo paesino lassù al nord si usa prendere la patente, cavalcare gli Yak e fuori moda”

“Ha… ha… ha, ti sei dimenticata di dire che le caprette mi salutano e che come secondo nome faccio haidi”Rispose Gild con una voce funerea “Te l’ho gia spiegato che non ho un guil, ho speso tutto per iscrivermi qui, se non passo l’esame pratico sono fregato”

“Su dai non deprimerti, andiamo”

Il sole si rifletteva sul mare e Gild lo guardava mentre, insieme a Kartya, si dirigeva verso Balamb.

Il paesino non era molto affollato, come sempre del resto; mentre i due stavano passeggiando tranquillamente Zell usci di corsa da una casa e “travolse” Gild, i due caddero a terra in un groviglio di braccia e gambe.

“Non puoi guardare dove vai?”Ci mancava!

“Scusa non ho fatto apposta”

“Ci mancherebbe! E tu cos’hai da ridere”disse Gild riferendosi a Kartya.

“E me lo chiedi?”rispose soffocando le risate

Gild si alzò in piedi aiutato da Zell solo per essere centrato in pieno da una padella, uscita dalla stessa porta da cui arrivava Zell,che quest’ultimo aveva abilmente evitato piegandosi sulle ginocchia. L’attrezzo da cucina era stato lanciato dalla signora Dincht che ora usciva a tutta velocità sbuffando come un vaporetto e urlando in direzione del figlio “Disgraziato! Torna qui che con te non ho ancora finito!”

Zell si rivolse a Kartya “Scusate ma ho un impegno”poi ripartì a tutta velocità inseguito dalla madre.

Kartya guardò Gild “Hai intenzione di alzarti?”

“Se ne sono andati?”

“Si vai tranquillo”

Gild si rialzò in piedi “Forse è meglio che torniamo”Disse guardandosi attorno sospettoso.

“Dai piantala” gli diede una pacca sulla spalla, i due si misero a ridere, passarono il resto della mattinata a Balamb e tornarono al Garden verso le 3.00.

Una volta salutata Kartya Gild si diresse verso la sua camera e prese le due katane.

Alle 3.30 tutti gli alunni che avevano superato l’esame scritto erano sull’attenti nella hall.

Il preside si schiarì la voce e quindi iniziò a parlare.

“Bene, sarò breve, l’esame sarà svolto da sei squadre, ognuna coordinata da un SeeD. La vostra missione sarà di “ripulire” la città di Timber dalle truppe galbadiane che la hanno occupata. Come sapete Timber è diventata indipendente da poco e non ha ancora un governo stabile. Quello che non sapete e che sono ormai mesi che Galbadia tenta di rimpossessarsi della città…” Ecco cos’era la riunione di Irvine.

Dopo queste parole il preside prese ad elencare le squadre Gild si trovava nella sesta e il SeeD a loro assegnato era Squall. Gild guardò il silenzioso comandante, alla cintura gli pendeva il fodero con all’interno il Lionheart. Evvai, in squadra con mister allegria…

“Il nostro compito è di occupare la stazione di Timber e di liberarla dagli eventuali soldati che incontreremo…”Stava spiegando Squall mentre con un’auto si dirigevano a Blambam.

Nella squadra di Gild c’erano due ragazze, Marika e Han, che per tutto il tempo avevano tentato di fare un po’ di conversazione ma lui era troppo teso per rispondere alle loro domande e, d’altra parte, Squall non era un tipo molto loquace indipendentemente dallo stato d’animo.

Arrivarono al porto di Blambam e si fermarono in uno stridio di gomme davanti a un aliscafo di quelli usati per le operazioni via mare.

Salirono e subito l’aliscafo partì a tutta velocità.

Il percorso fu breve e passò in silenzio; l’aliscafo prese terra sulla spiaggia di fronte alla porta della città di Timber, fuori si sentiva già il fragore delle esplosioni.

Il portello si aprì e Gild si trovò davanti uno spettacolo affascinante e terrificante allo stesso tempo.

L’artiglieria galbadiana sparava a piena forza sulla spiaggia dalle mura della città; già molti SeeD erano a terra feriti o morti e gli altri stavano correndo verso la porta di Timber.

“Muoviti, o vuoi saltare?” La voce veniva dalla sua destra, Gild si voltò e vide Han “Squall è già avanti, dobbiamo seguirlo!”.

Insieme corsero a zig zag su per la spiaggia mentre colpi d’artiglieria scoppiavano intorno a loro; arrivarono alla porta dove si stava svolgendo una lotta furiosa fra i soldati galbadiani e gli studenti incaricati di sfondarla.

Squall era appoggiato al muro con le braccia conserte: una goccia di calma in quel mare di confusione, lo raggiunsero.

“Bene vedo che ce l’avete fatta, Gild dagli una mano o qui non ce la sbrighiamo più”.

Squall diede un comando secco e gli studenti si spostarono dalla pesante porta d’acciaio.

Gild sfoderò le spade e caricò evitando i proiettili che si piantavano a terra a pochi centimetri da lui alzando sbuffi di polvere.

Un solo colpo bastò e la porta tagliata in due crollo su se stessa; si butto all’interno seguito da tutti gli altri.

Squall gli si accostò “Ben fatto, mi ricorderò di questo quando dovrò fare rapporto al preside sull’esame.” “ Ora andiamo alla stazione ed evitate i combattimenti inutili!”.

Corsero per la via principale non incontrarono ostacoli a parte due soldati ma se ne sbarazzarono alla svelta, arrivati alla stazione la trovarono deserta.

“Ehi, questo non doveva essere un punto strategico? Allora perché è deserto?”Chiese Han.

“Già e molto strano disse Squall” Nell’aria risuonò un fischio.

“Il treno? Ma sta arrivando qui!”Disse Marika

“Cavolo, questo viene da Blambam, ma noi non avevamo chiesto rinforzi!” rispose Gild

“Non credo che siano rinforzi” Squall guardò nella direzione in cui sarebbe arrivato il treno con sguardo teso. “qui c’è qualcosa che non va, questa calma…” sembrava preoccupato “Nascondetevi!”

Si nascosero dietro dei bidoni di carburante mentre il fischio si faceva più forte a mano a mano che il treno si avvicinava; passarono lunghi attimi carichi di tensione, gli occhi di tutti erano puntati sulle rotaie, Gild accarezzo l’elsa di una delle sue spade e controllò che uscisse dal fodero senza problemi.

Il treno fece la sua comparsa, si trattava solo di una locomotiva arrugginita con la vernice scrostata, frenò con un gran stridore tossendo e sbuffando come se stesse per svenire. Ne scese uno studente del Garden con la divisa stracciata e bruciacchiata.

“Comandante Leonhart! Comandante…”

“Sono qui, cos’è successo?”Squall era emerso dal suo nascondiglio, sbucando alle spalle dello studente.

“Presto Blambam è caduta! Resiste solo la stazione, mi hanno mandato a chiedere aiuto.”

“Ma non posso portare i SeeD con me o perderemo la città.”

“I SeeD no ma noi sì”Disse Gild sbucando fuori dal suo nascondiglio. Squall lo guardò con il suo sguardo glaciale e si trovo ad incrociare il solito sguardo di Gild, forse anche più freddo del suo. Quel ragazzo gli faceva paura, in azione si trasformava, freddo e calmo quanto era isterico e iperteso normalmente.

"Voi che ne dite?” spostò il suo sguardo su Han e Marika che distolsero il loro quasi subito, cosa che gli fece tornare la sicurezza.

“Certo, siamo la tua squadra, ricordi?” Disse Han dopo un attimo di esitazione.

“Bene” Squall si voltò verso lo studente “tu vai ad avvertire il comando alla stazione televisiva, a quest’ora l’avranno presa, stai attento, siamo nelle tue mani”Poi Squall si rivolse a Gild, Marika ed Han. “Voi venite con me, torniamo a Blambam”.

Salirono sul treno e partirono, il viaggio si svolse senza problemi e arrivarono a Blambam dopo una mezz’ora circa.

“Comandante! Finalmente siete arrivato, siamo in condizioni critiche. I galbadiani ci hanno bloccati qui e si preparano ad attaccare il Garden” A parlare era uno dei pochi Seed rimasti che si erano rifugiati li, dieci in tutto.

“Al Garden non sanno niente?”Gild quasi gridò.

“No, niente, ma tu chi sei”

“Loro sono con me, sono la mia squadra dell’esame. Ora pensiamo a sfondare questo sbarramento voi attaccate in massa al mio segnale.”

“Ma…”

“Al resto pensiamo noi, voi dovete solo fare ciò che vi dico; avete dell’esplosivo?”

“Si, ma cosa ne volete fare?”

“Datemelo!”

Squall si legò l’esplosivo al plastico alla cintura e i quattro salirono sul tetto

“Han, fermati qui e, al mio segnale, scarica il fucile sui soldati, voi due prendete un po’ di esplosivo a testa e aiutatemi a piazzarlo alla base di quella torre”

“Adesso ho capito!” E sciamò Gild mentre si legava l’esplosivo alla cintura. “Vuoi tagliarli fuori dal porto in modo che non possano ricevere rinforzi e liberare la via per il Garden”

“Esatto”

Movendosi sui tetti arrivarono alla torre, dopo aver controllato che all’interno non ci fosse nessuno piazzarono l’esplosivo e poi, dopo essersi messi al riparo, Squall fece i segnali e fece saltare la torretta che crolloin una nube di vapore.

I SeeD si lanciarono fuori dalla stazione scagliandosi contro i confusi soldati di Galbadia che presi anche di mira dal fucile di Han crollarono in pochi minuti.

“Piazza pulita” disse Squall asciugandosi la fronte, lui e Gild e Marika erano saltati dal tetto e si erano uniti allo scontro, si voltò verso l’ufficiale Seed “Voi pensate ad evitare che dal porto ne arrivino altri, se sono troppi ritiratevi verso il garden, noi quattro andiamo ad organizzare la difesa; dal tetto ho visto quasi tutta la flotta galbadiana, l’attacco a Timber era un diversivo! Ah, e poi mandate qualcuno a Timber ad avvertire che ci servono dei rinforzi e …” Squall si era fermato di botto, era come di pietra.

“C’ è qualcosa che non va?” chiese il l’ufficiale visibilmente a disagio.

“R…Rinoa!” iniziò Squall che sembrava parlare più con se stesso che con il comandante “mi aveva detto che sarebbe venuta a Blambam oggi!”

“Intendete quella ragazza che abitava al garden?”disse uno dei galbadiani prigionieri.

“Proprio lei! L’ hai vista?”Squall aveva sollevato da terra il soldato prendendolo per il collo.

“Si…il com…comandante ha…det…to…di port…arla….via…adesso dovrebbe…trovarsi a…Deeling City ” rispose il soldato tra un rantolio e l’altro.

Squall scagliò il soldato a terra, passarono lunghi minuti di silenzio poi disse “Andiamo!”

“Dove?”era stato Gild a parlare.

“Al Garden, prima risolviamo questa faccenda prima potrò occuparmi di Rinoa”

Presero un auto al noleggio, non c’era anima viva in giro, probabilmente i cittadini si erano rifugiati fuori citta, si diressero a tutta velocità verso il garden. Squall andò subito in presidenza lasciando gli altri ad aspettarlo nella Hall.Gild si sedette ed incominciò ad affilare una delle sue spade.

Passarono i minuti “Ma come fai ad essere così calmo!”esclamò Han ad un tratto “Il garden potrebbe essere attaccato da un momento all’altro!”

“E noi cosa ci possiamo fare adesso?”Rispose Gild senza neanche alzare gli occhi dal suo lavoro “Fareste bene a controllare anche voi le vostre armi ”

In quel momento arrivò Zell lanciato che però non riuscì a fermarsi e cadde nella fontana con uno splash.

“Bel tuffo, beccato per l’atterraggio, ti do un sei e mezzo” disse Gild ridacchiando.

“C’è poco da ridere” Rispose Zell “ho portato una squadra di SeeD ma non ho capito bene cosa è successo.”

"Te lo spiego in due parole: l’attacco a Timber era un diversivo in realtà Galbadia aveva catturato Blambam, noi l’abbiamo liberata e adesso tutta la flotta galbadiana sta venendo qui.” Spiegò Gild “Vuoi sapere dell’altro o ti basta?”

“No grazie ho già avuto la mia dose di disgrazie” rispose Zell strizzandosi i vestiti.

In quel momento arrivò Squall, seguito da Kunmon, i tre si ritirarono da parte a parlare.

“Quanti SeeD hai portato?” chiese Squall

“Una squadra”

“Una squadra!” si lasciò sfuggire ad alta voce Squall

“Lo so, lo so, ma a Timber non Hanno voluto concedere di più, temono una trappola”

“Ma qui ci sta venendo addosso tutto l’esercito di Galbadia! Mi spieghi come faccio a respingerli con 15 SeeD scarsi” disse Squall sconsolato.

“Ci serve un piano”Disse Kunmon sedendosi sul bordo della fontana.

“Hai qualche idea?” Gli chiese Squall

“Si, una ma è veramente folle e molto pericolosa”

“Sputa” dissero gli altri in coro

“Se attaccassimo la loro ammiraglia con il Lagunarock, forse potremmo guadagnare tempo” disse Kunmon

“Attaccarli dall’alto… se riusciamo a prenderli di sorpresa potremmo costringerli ad una ritirata momentanea” mormorò Squall, poi parlò ad alta voce “Cosa né dici? Per me è buona”

"Okay, facciamolo!” disse Zell

Squall raccolse gli altri in gruppo ed iniziò a spiegare la strategia “Bene, Zell tu rimarrai qui ed organizzerai la difesa…”

“Hei! Frena! Vuoi lasciarmi qui?” lo interruppe Zell “Il Lagunarock lo so pilotare meglio io e poi tu servi quì”

“Ma… e va bene, hai ragione tu e ho cambiato idea anche sulla difesa, con te verrà solo chi se la sente, non posso ordinare loro di accollarsi un incarico così pericoloso” disse Squall.

Zell riunì i SeeD e gli studenti, spiegata la situazione disse “Bene adesso mi servono quattro volontari per questa operazione”

Ci fu un lungo silenzio poi una mano si alzò, era quella di Kunmon “Io mi offro, dopo tutto l’idea è stata mia”

“Okay, chi altri?”

“Noi” dissero Han e Marika

“Tre, me ne serve un’ altro”

Gild si guardò attorno poi alzò la mano “Vengo io” Tanto oramai sono abituato a queste situazioni assurde.

“Bene, gli altri seguiranno gli ordini del comandante Leonhart e si disporranno per la difesa in caso che Galbadia attaccasse” detto questo Zell prese da parte i quattro

“Lo sapete che rischiate grosso vero?”

“Era da un bel po’ che non mi sgranchivo, mi divertirò”disse Kunmon “Pronto Gild” e gli diede una pacca sulla spalla.

“Sempre” guardò il suo insegnante, che sorrideva con tutta la calma del mondo, rispose al sorriso. Gild era diventato il suo studente preferito, cosa che significava finire in infermeria alla fine di ogni lezione, ma alla fine ci aveva fatto l’abitudine.

“Okay, andiamo, i dettagli del piano ve li darò una volta a bordo”

Si diressero tutti verso l’Hangar dove trovava alloggio l’imponente astronave e salirono a bordo. Gild, che L’aveva vista solo in rare occasioni rimase colpito dalle sue dimensioni.

Zell si mise ai comandi del Lagunarock, pochi minuti dopo la pesante nave da battaglia decollò con un rombo assordante.

Squall vide il Lagunarock alzarsi e scosse la testa: ci doveva essere lui la sopra, come diavolo aveva fatto a farsi convincere da Zell.

Il Lagunarock fece un mezzo giro per prendere le navi nemiche alle spalle.

“Il nostro obbiettivo è l’ammiraglia, se riusciamo a prenderla le altre se la svigneranno alla svelta” spiegò Zell attraverso l’altoparlante agli altri che si trovavano nella stiva “Effettuerò un volo radente sul ponte dell’ammiraglia di Galbadia e voi dovrete, diciamo… saltare giù!”

“Cosa!” urlò Gild. Ma questo è scemo! “Secondo te cosa ci impedirà di cadere in acqua invece che atterrare sulla nave?”

“Non lo so, però… tu hai un idea migliore?”

“Be… no ma…”

“Avanti, si comincia”

Il Lagunarock, guidato da Zell, scese alla massima velocità e volò zigzagando fra le scariche di contraerea.

I cinque si trovavano ora nella sala del portellone da carico della nave.

“Pronti, apro il portello”disse Zell nella trasmittente.

“Ci siamo, è arrivato il momento della verità”disse Kunmon mentre il sorriso si allargava sopra la sua faccia.

Il portello si aprì e i quattro furono investiti da una folata di vento.

“Pronti a saltare”disse la voce di Zell dalla trasmittente “salto tra cinque – quattro – tre – due – uno … ora!”

Si buttarono fuori, Gild, sfoderate le spade, li seguì.

L’intera caduta durò poco meno di due secondi durante i quali Gild si accorse che non avrebbe centrato la nave, piantò la spada nella fiancata della nave nell’esatto momento in cui Marika si appendeva alla murata poco al di sopra di lui.

“Quanto mi secca avere ragione…”disse Gild mentre rinfoderava la seconda spada, ma non riuscì a terminare la frase che Marika scivolò dalla murata con un urlo e gli piovve addosso.

In un attimo si trovarono appesi alla spada di Gild come una catena umana.

“Accidenti, lo sapevo che sarebbe finita così!” Ma perché tutte a me?

“Dici che ci regge tutti e due?” chiese Marika.

“E io che ne so, di solito la uso per combattere, non lo mai provata come scala.”

Marika si guardò intorno. “Qua sotto c’è un oblò ma è troppo lontano e non ci arrivo”

“Ora provo a farti dondolare”

Iniziarono ad oscillare a destra e a sinistra sempre più forte, la spada ondeggiò, scricchiolò, ma non si ruppe.

Alla fine Marika si agganciò all’oblò e, con un colpo della sua frusta, ruppe il vetro ed entrò.

Gild,con un colpo di reni passò prima una gamba poi l’altra sopra il manico della spada e si lasciò penzolare allungando le braccia. Afferro le mani di marica e la guardò negli occhi. “Ce la fai a reggermi?”

“Nessun problema” Gild mollò la presa sulla spada, nello stesso momento Marika tirò con tutte le sue forze, il risultato fu che Gild travolse Marika e finirono tutte e due per terra.Gild si alzò in fretta e aiutò Marika a fare lo stesso.

“Tutto a posto?”

“Si non preoccuparti, adesso pensiamo a recuperare la tua spada”Marika tornò verso l’oblò e prese la spada di Gild usando la frusta, si voltò verso di lui e gliela porse “Ecco fatto”

Gild la prese “Grazie”

I due si guardarono attorno si trovavano in una cabina vuota sul fondo c’era un letto a castello, di fronte a loro una porta d’acciaio.

Gild e Marika si scambiarono uno sguardo d’assenso, la missione iniziava adesso.

Marika aprì piano la porta sbirciando fuori.

“Via libera, andiamo”

Gild annuì, uscirono dalla cabina e si ritrovarono in un corridoio che si allungava in entrambe le direzioni.

“E adesso che si fa?”

“E io che ne so, proviamo di qua”

il corridoio proseguì per un po’, poi i due si trovarono davanti ad una scala a pioli, dall’alto giungevano delle voci.

“Hei, Ma questi sono gli altri!”esclamò Marika.

“Andiamo”rispose Gild iniziando ad arrampicarsi sulla scala seguito da Marika.

Gild sbucò nella stanza superiore e si trovò la spada di Kunmon alla gola.

“Acc…ma che!…”iniziò Gild.

“Ha sei tu ti credevamo morto o disperso…”

“Dov’è Marika!?”lo interruppe Han preoccupata.

“Sta tranquilla è dietro di me”disse Gild mentre si issava fuori dal portello.

“cosa ci fate qui? Pensavo che foste sul ponte”chiese Gild mentre marika li raggiungeva.

“Eravamo la, infatti, ma erano in troppi e siamo riusciti a barricarci qui, per adesso si sono limitati a bloccare le uscite, non capisco… agiscono come se aspettassero qualcosa”

A Gild si gelò il sangue nelle vene questo vuol dire che siamo scampati ai soldati per un pelo.

“Be, pare che siamo bloccati, che facciamo?”chiese Han.

Passarono alcuni attimi di silenzio. Gild misurava la stanza a lunghe falcate

“Okay,ho un piano,ma prima devo scoprire esattamente in che punto della nave siamo”disse Gild rompendo il silenzio e dirigendosi verso il terminale di un computer che si trovava nella stanza iniziando a picchiettare sui tasti; dopo un po’ alla comparsa della scritta “accesso non consentito si fermo e si girò perplesso. “Qualcuno di voi è percaso un hacker?”

Fu Han a rispondere. “Non mi fregio di quel titolo, ma al garden riuscivo a leggere tutti i messaggi che venivano spediti nella mia classe sul mio terminale”Si avvicino premette tre o quattro tasti da sopra la spalla di Gild e dalla scritta scomparve il “non”.

“Hei, ce l’hai fatta!” Esclamò Gild.

“Bene vediamo un po’”Gild aveva ripreso picchiettare sui tasti. “Bene siamo proprio dove speravo”

“cioè!”Dissero gli altri.

“Esattamente sotto la cabina di comando”Rispose Gild “Marika hai ancora un po’ di esplosivo?”

“vuoi dire questo?”Marika tiro fuori due barrette dell’esplosivo usato a Blambam.

“Basterà!”Disse Gild soprappensiero.

“Basterà per cosa”Han sembrava allarmata “Non vorrai mica farci colare a picco con tutta la nave!”

“Veramente pensavo di irrompere sul ponte di comando, ma se insisti…”disse Gild sorridendo “ora piantiamola di scherzare e piazziamo l’esplosivo”.

Kunmon lo guardò. “Bene!” Si sgranchì le braccia “Ricomincia la festa!”

Gild lo guardò perplesso poi si voltò verso Han con sguardo interrogativo, lei si avvicinò e parlò a bassa voce “Qua sotto ce l’ ho trascinato io, se era per lui eravamo ancora la sopra”

I cinque si misero a lavorare di buon ritmo e in pochi minuti l’esplosivo era piazzato con tutti i fili collegati.

“Bene, ora mettetevi al riparo” disse Gild mentre si dirigeva con gli altri dietro la scrivania “adesso!”.

L’esplosivo scoppio, abbagliando tutti che subito si diressero verso il varco.

Gild usci in sala comandi e subito un soldato tentò di colpirlo con un fendente ma lui lo evitò rotolando di lato, si alzò, estrasse le spade e rispose all’attacco trafiggendolo.

Dopo si dedicò ad un secondo soldato che stava venendo verso di lui che dopo pochi incroci di lame cadde a terra con il sangue che gli spillava dal moncherino dove un tempo c’era stata una mano.

Ad un tratto ci fu una bolla di calma attorno a Gild. E adesso che diavolo sta succedendo.

Gild si guardò intorno e finalmente vide il motivo per quella calma improvvisa, i soldati avevano aperto un corridoio di spazio libero. Dentro si dirigeva verso di lui un uomo sui 25 anni con i capelli talmente biondi da sembrare bianchi, tagliati corti e una cicatrice in mezzo agli occhi azzurri, indossava un lungo impermeabile grigio ed in mano aveva un gunblade.

A dieci metri da Gild il ragazzo si fermò e alzo una mano dalla quale si sprigionarono delle fiamme rosse che si diressero verso Gild, era una Firaga.

Gild si fermo, pronunciò “Shell” e dalla sua mano emerse uno scudo di luce verde che deviò le fiamme.

“Molto bene” l’uomo misterioso si era avvicinato velocissimo e stava per calare il gunblade sul collo di Gild. “Ora morirai”

Gild scartò di lato e riuscì a schivare la lama che gli scorreva a un dito dall’orecchio, si rialzò e si mise in posizione di guardia.

“E tu chi cavolo saresti?”

“Non importa”

Con questa frase lo sconosciuto si lanciò in avanti sciabolando, Gild schivò e si preparò a contrattaccare ma sentì la sua mano sulla schiena “Ultima!”

Con un botto tremendo Gild volò letteralmente attraverso la stanza atterrando su un computer in un mare di scintille.

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Capitolo 4
*** Fuga ***


Il continuo bussare alla porta lo risvegliò “Signor Jamasay! Il preside desidera vederla, è urgente”

Aprì gli occhi e si ritrovo in una stanza del garden. Cosa cavo è successo, dove… Scattò a sedere. La nave, sono stato colpito… Si portò velocemente le mani alla schiena, rimase sorpreso quando incontrò la stoffa di una camicia.

“Signor Jamasay! Il preside ha detto che è una cosa importante!”

“Arrivo!”Rispose distratto.Signor Jamasay, per chi mi ha preso questo dipo. Si alzò e si guardò attorno: la stanza era in perfetto ordine, sopra la scrivania erano distesi due gunblade nei loro foderi, uno a due mani e uno con un impugnatura singola. Non ne aveva mai visti di così belli: Quello a due mani era completamente nero, era posato vicino al suo fodero, lungo l’impugnatura scorreva una ragnatela di intarsi d’argento, al centro della lama per tutta la sua lunghezza scorreva una fiamma rosso sangue, sull’impugnatura era intarsiato un leone nell’atto di compiere un balzo. La cosa gli sembrava famigliare ma non riusciva a ricordare… Ah, giusto era il suo marchio. Ora la sua attenzione venne attirata dal secondo Gunblade, era in tutto e per tutto simile ad un Hyperion ma sulla lama vi era inciso lo stesso leone, guardò quella lama lucente per un po’.

“Signor Jamasay!”

“Un attimo solo”Rispose, poi si decise e prese il Gunblade a una mano, lo ripose nel fodero e, fece per aprire la porta ma si bloccò quando passò di fronte allo specchio. Il suo riflesso gli pareva strano come se non dovesse essere così, per un attimo fu investito dal ricordo di un tizio con lunghi capelli argentati e gli occhi verdi che combatteva contro una miriade di soldati di Galbadia mentre da un oblò sullo sfondo si vedeva il mare. Rimase sbigottito, poi archiviò l’evento come una crisi di stress, ultimamente lavorava troppo. Andò ad aprire la porta.

“Mi dispiace, non ero vestito”Disse la prima scusa che gli passava per il cervello. “Adesso possiamo andare”

“Bene mi segua” L’uomo in uniforme lo scortò fino alla hall.

“Fermo!” Il grido seguito dal clangore di due lame che si incrociavano lo fece voltare.

Due ragazzini stavano combattendo con due gunblade, due Revolver. Erano uno biondo e uno castano, entrambi avevano gli occhi azzurri. Notò che il ragazzino biondo aveva una postura sbagliata, teneva entrambe le mani sull’impugnatura del gunblade ma, di fatto, faceva forza solo con la destra, infatti di lì a poco fu disarmato dal suo avversario. Seguendo l’istinto, come se fosse stato colpito da una rivelazione, era veramente lui, aveva perso le speranze di trovarlo,si avvicinò al ragazzino che aveva perso, si era seduto sul bordo della fontana della hall e guardava nel vuoto davanti a sé sconsolato, il vincitore se ne era già andato senza dire una parola.

Si accucciò davanti a lui mentre faceva cenno al soldato di aspettarlo per un po’.Gli porse il gunblade che si era portato dietro dalla camera.

“Tieni, prova con questo, dovrebbe andare meglio”

Il ragazzino alzò gli occhi che gli brillarono dalla contentezza quando estrasse il gunblade dal fodero e ne guardò la lama lucente.

“Chi sei?”Disse guardando il gunblade come se si stesse riferendo a quello piuttosto che a lui.

“Non ha importanza consideralo un regalo da parte di un amico, con questo dovresti riuscire a migliorare Seifer” L’interessato non rispose, gli arruffò i capelli e se ne ritornò verso il soldato. La vista cominciò ad offuscarsi poi divenne tutto nero.

Gild si svegliò, aveva un gran mal di testa e tutti i muscoli del corpo indolenziti, la sua divisa era stracciata in vari punti e aveva una vistosa fasciatura che lo avvolgeva all’altezza del petto.

Si guardò attorno, era in una stanza quadrata con le pareti di metallo, del tutto disadorna, non era solo, alla sua destra Marika era a terra svenuta.

“Bene, ti sei svegliato”Gild si voltò e vide Han appoggiata alla parete che lo guardava dall’occhio non gonfio, aveva la faccia pesta e una fasciatura sporca di sangue attorno al braccio.

Kunmon era seduto in fondo alla stanza con la schiena appoggiata alla parete, lui non aveva un graffio. “Heila!” esclamò con una voce allegra, del tutto fuori luogo

“Dove siamo? Che diavolo è successo?”Ragazzi che mal di testa.

“In quanto al dove siamo ne so quanto te, mi sono svegliata da poco, per quanto riguarda quello che è successo ci hanno catturati…”

“Siamo nella prigione del distretto D, Bell’avventura vero? A furia di fare l’insegnante mi stavo ammuffendo”Disse Kunmon con un sorrisone.

“Sulla nave, il ragazzo che mi ha colpito, hai idea di chi sia?” Cavolo questo è più andato di quello che credevo “Bella avventura vero?” Ma va al diavolo.

“Quello con l’impermeabile? E’ Seifer” Gli rispose Kunmon

“Vuoi dire il cavaliere della Strega, Mi ha quasi ammazzato! Si può sapere che razza di magia era?”

“Quella che ti ha fatto svenire era un “Ultima”, è una magia rara e, in effetti è un miracolo che tu sia ancora vivo e, tra parentesi, che non sia esplosa tutta la nave” Gli disse candidamente.

“Che non era normale l’avevo sospettato ma che fosse completamente pazzo non lo sapevo” Uno normale no…

“Be, adesso lo sai, pensiamo piuttosto a come uscire di qui”

“Giusto, dunque” Gild iniziò ad esaminare le pareti e il soffitto della stanza.

“Da li non si esce e avvitata al soffitto”disse Han seguendo lo sguardo di Gild fino alla grata d’areazione.

“Questo lo dici tu!”Gild iniziò a sfilarsi la cintura”

“Hei che ti salta in mente” Han si voltò imbarazzata.

“Calma mi serviva solo questa” Gild le mostrò la fibbia della cintura.

“E cosa te ne fai”

“Esco di qui” Gild premette l’occhio del leone cesellato sulla fibbia e con uno scatto da un lato sbucò una lama.

“Forte ne voglio una anch’io, dove l’hai comprata?” chiese Kunmon mentre Gild iniziava a svitare la grata.

“Mi dispiace ma è un modello unico” Gild stacco la grata dal soffitto “Vado a prendere le armi voi aspettami qui, quando si sveglia aggiornatela”

“Okay”

Gild si inerpicò nel condotto ma dopo pochi metri si trovò di fronte un bivio. E adesso? Va bene, ragioniamo La prigione nel deserto… Bene, L’armeria si trova allora… per di qua! Gild imboccò il condotto di destra Fortuna che al Garden mi hanno fatto studiare le piantine delle basi militari di mezzo mondo.

Gild arrivò ad una grata “Bingo! Terza grata casalinghi detersivi e armi di ogni tipo” si calò nella stanza e si mise a cercare tra gli armadi che la riempivano “Trovate” Gild si legò alla cintura le sue spade si mise in spalla il fucile di Han e a questo legò la frusta di Marika, si mise a tracolla anche la lunghissima katana di Kunmon. Guardo il buco del soffitto dal quale era arrivato “da qui non si torna” si avvicinò alla porta e sbirciò dalla grata che c’era al suo centro “due guardie” Qualcosa mi dice che la parte da agente segreto termina qui.

Gild socchiuse la porta poi di colpo le sferrò un calcio che la mandò “a fare la conoscenza” con il naso della guardia che vi stava di fronte. L’altra guardia gli si scagliò conto ma si ritrovò di colpo con l’impugnatura della spada di Gild che gli spuntava dal petto, con un rantolo cadde a terra. Ecco fatto.

“E quello chi è? Presto fate fuoco!”

Gild si tuffò di lato evitando una scarica di proiettili che si schiantarono dove era lui pochi attimi prima. “Andiamo bene” disse mentre si riparava dietro il cornicione. Ad un certo punto una strana sfera di metallo gli cadde vicino “Ma questa è…” Gild saltò dal cornicione nel vuoto mentre dietro di lui la bomba a mano esplose sfasciando l’intero corridoio. Gild si riscosse quando capì che stava cadendo attraverso il cilindro vuoto che attraversava tutta la prigione nei suoi 45 piani. O cavolo!

Squall guardò dall’oblò del Lagunarock il deserto sotto di lui Lo sapevo che andava a finire così.

“A cosa stai pensando?” Irvine si era avvicinato.

“A niente”

“Ti conosco troppo bene, probabilmente ti stai arrovellando su dei problemi insormontabili che poi risulteranno essere delle cavolate”

“Sto pensando che è solo colpa mia se quei tre ragazzini sono finiti prigionieri non avrei dovuto lasciarli andare”

“Come da copione…”

“Tu non capisci, erano solo degli studenti, ed erano sotto la mia responsabilità!”

“Adesso calmati, li stiamo andando a liberare no, e poi con loro c’è Kunmon, è matto ma il suo lavoro lo sa fare, se la staranno cavando a meraviglia”

“Obbiettivo in avvicinamento pronti per l’attacco” la voce di Zell risuonò dall’interfono.

“si comincia”Squall non rispose continuava a guardare fuori dall’oblò. Gia, si comincia…di nuovo riusciremo mai a finirla di combattere “Comincio a pensare che la storia di Radgast sia vera”

Irvine si voltò verso di lui “Quella che dice che gli uomini non potranno mai avere pace finche il fratellino cattivo di Hine sarà sulla terra? Andiamo, non starai dicendo sul serio, Radgast non è mai esistito, è come l’uomo nero o il lupo cattivo”

Squall rimase in silenzio.

“Levita!” Gild si fermò a mezz’aria, iniziò a planare verso il parapetto successivo. Aveva appena toccato terra che dalla parete risuonò un colpo fortissimo. “Che diav…” non riuscì a finire la frase che un intera sezione di parete esplose mentre il muso del Lagunarock entrava squarciando il muro. Senza sapere bene come Gild si ritrovò sopra la vetrata della cabina di pilotaggio.

Zell scoppiò a ridere “Ragazzi venite un po’ a vedere cosa o trovato”

“Piantala Zell… Aspetta un attimo ma quello è Gild”Disse Irvine

“Vi dispiace finirla e farmi scendere da qui!”Disse Gild dalla vetrata in una posizione che ricordava molto quella di un moscerino spiaccicato sul parabrezza di un auto.

Dopo che tutti furono con i piedi per terra, (letteralmente)Gild chiese “E voi tre da dove spuntate?”

“Dopo l’attacco inspiegabilmente la flotta di Galbadia se ne andata, noi siamo ripartiti subito per venire a liberarvi ma sembra che tu te la stavi già cavando da solo”

“Dove sono Han, Marika e Kunmon?”chiese Squall che fino a quel momento era rimasto in silenzio.

“Ho detto loro di aspettarmi fino a che non tornavo con le armi ma ho avuto un piccolo contrattempo”

“Prendeteli!”

“Ragazzi direi che è arrivato il contrattempo”disse Zell mentre un nutrito gruppo di guardie si lanciava verso di loro.

“Me ne occupo io, state indietro” Squall sfoderò il Lionheart, appoggiò la punta a terra tenendolo con entrambe le mani e si lanciò all’attacco mentre la lama sprigionava scintille a contatto con il pavimento.

Cuore di pietra!Squall urlò e contemporaneamente sollevò la lama menando un fendente poderoso. La lama si illuminò e il terreno di fronte a Squall si aprì iniziando a esplodere in una linea fiammeggiante fino ad arrivare al gruppo di soldati dove l’intera pavimentazione si sollevò in un esplosione abbagliante che fece tremare l’intera struttura. Quando la polvere si dissipò Squall era in piedi con il Gunblade in mano, da solo, dei soldati non rimaneva che qualche osso carbonizzato qua e là.

“Accidenti che botta” Gild era rimasto a bocca aperta.

“Andiamo” Disse Squall e i quattro si lanciarono su per le scale

Arrivarono senza altri incidenti fino al piano dove si trovavano Marika, Han e Kunmon ma trovarono la porta spalancata e la cella vuota.

“Dove cavolo sono finite?” Chiese Zell “Sei sicuro che è questa la cella?”

“E’ questa, ma in quanto a dove sono andati non ne ho la più pallida idea” Rispose Gild.

Uno stridio metallico li fece voltare, stava arrivando l’ascensore.

“Tenetevi pronti” Squall posò una mano sull’impugnatura del Gunblade.

La porta dell’ascensore si aprì e ne scesero Marika, Han e Kunmon.

“Eccovi qua, si può sapere dove eravate finite? ”

“Dopo un po’ che non arrivavi abbiamo deciso di andarcene, Han ha manomesso la serratura e siamo venuti a cercarti” Rispose Marika

“Poi c’è stata un esplosione più in basso e abbiamo deciso di venire a vedere” Continuò Han.

“Niente paura quelli eravamo noi che facevamo irruzione” Disse Zell.

“Ma bene, guarda che bella riunione” Seifer entrò dalla porta che dava sulle scale “Che peccato doverla interrompere”

Seyfer si lanciò verso Squall estraendo il Gunblade, Squall parò il colpo con il Lionheart e urlò “andate! A lui ci penso io.”

“Finalmente pareggerò il conto con te “Seyfer attaccò e le lame si incrociarono di nuovo.

“Andiamo!” Zell spinse gli altri giù per le scale, tutti corsero fino all’altro piano dove si trovarono davanti uno squadrone di soldati.

“Forza!” Zell, Gild e Maricka fecero per attaccare, mentre Irvine e Han alzarono i fucili, ma Kunmon era gia saltato in avanti e danzava distribuendo morte tra le fila dei soldati,Gild lo raggiunse giusto in tempo per vederlo in primo piano che estraeva la spada dall’ultimo soldato, quando dal piano di sopra si sentì un esplosione seguita da un urlo di dolore.

“Quella era la voce di Squall, io torno su!” Gild corse verso le scale ma Zell lo fermò.

“E’ fuori discussione, tu sei sotto la mia responsabilità e inoltre Squall sta combattendo per farci scappare quindi…”

“Quindi un cavolo!” Gild si liberò dalla stretta di Zell e si fiondò su per le scale

“E adesso?” Chiese Kunmon con il suo solito sorriso angelico da far accapponare la pelle.

“Continuiamo verso il Lagunarock, ci raggiungeranno lì, Andiamo”detto questo i cinque ripresero a scendere.

Gild correva a perdifiato su per le scale e quando sbucò sul piano dove si trovavano Squall e Seyfer vide una scena che non avrebbe mai pensato di vedere.

Squall era a terra con i vestiti bruciacchiati e una ferita alla spalla da cui il sangue, che sgorgava a fiotti, si era allargato in una piccola pozza sotto di lui. Seyfer era in piedi malfermo e gli puntava il gunblade alla gola, ma anche lui non era in ottime condizioni. Aveva una bruciatura sul petto da cui proveniva un opprimente odore di carne bruciata e uno sfregio all’altezza dell’occhio destro che si tamponava con la mano libera e dal quale usciva un flusso costante di sangue.

“Bastardo mi hai cavato l’occhio ma pagherai anche per questo”Seyfer abbatte il gunblade sulla testa di Squall che chiuse gli occhi per non vedere la sua morte ma il colpo non arrivò,li riaprì e vide che la spada di Gild lo aveva bloccato.

“Tu, piccolo verme, mi occuperò anche di te” Seifer si mise in posizione di guardia

I due avversari iniziarono a girare in tondo studiandosi, poi Seifer attaccò, le lame si incrociarono mulinando in un turbine di acciaio, i colpi si susseguivano talmente veloci che risultavano quasi impossibili da vedere.

Gild sentì il gunblade di Seifer “mordergli” la coscia ma non se ne curò, non poteva pensare a nient’altro che al duello se voleva rimanere vivo. Piano piano iniziò a indietreggiare sotto i colpi dell’avversario. Troppo veloce non riesco a stargli dietro… ed è pure ferito, sembra che non senta il dolore, quando lo ha affrontato Squall era in piena forma! Mi chiedo come abbia fatto a resistere tanto a lungo.

Seyfer si abbassò evitando un colpo di Gild, lo disarmò con due rapidi fendenti e con un calcio lo buttò a terra.

“Bene e adesso…”Seyfer si avvicinò alzando il Gunblade

Non può finire così… sentì qualcosa pungergli la schiena, come se fosse caduto sopra a qualcosa aspetta un attimo… Gild infilò la mano dietro la sua schiena e il suo pugno si serrò sull’elsa del lionheart Si!

Seifer stava per abbassare l’arma quando Gild si alzò in piedi di scatto e gli piantò il lionheart nel petto fino all’elsa.

Seyfer urlò e vomitò un grumo di sangue addosso a Gild che sfilò la lama facendolo cadere a terra e poi si trascinò verso Squall.

“Ce la fai? Dobbiamo andare” Gild tese il braccio a Squall mentre con l’altro si tamponava la ferita alla coscia.

“Ti potrei fare la stessa domanda, perché sei tornato?” Si afferrò al braccio teso di Gild.

“…Prego, non c’è di che, andiamo.” Gild si passò il braccio di Squall sopra la spalla e insieme si diressero verso la rampa delle scale.

“Ahhh…”Squall gemette, dalla ferita fuoriusciva il sangue a schizzi.

“Stai bene?” chiese Gild.

“Definisci “bene”

“Okay okay… va bene, dai che ci siamo quasi”

Continuarono a scendere, la scala sembrava non finire mai, dietro di loro una scia di sangue ne testimoniava il passaggio. Ad un certo punto a Gild si iniziò ad annebbiare la vista. Squall non si muoveva più Gild sapeva che era vivo solo per via del respiro che sentiva alla base del collo.

“Ce la fai a continuare?”gli chiese con voce debole

“Tranquillo, una dormita e sono come nuovo” rispose Squall con una voce appena udibile.

Gild si fermò e posò a terra Squall per poi sedersi al suo fianco, dalla ferita alla spalla di Squall continuava a uscire sangue mentre lui diventava sempre più pallido. Merda se continuiamo così ci rimaniamo secchi tutti e due.

“Finiamola… di prenderci in giro… Gild, vai… non posso continuare”disse Squall tra un rantolo e l’altro.

Gild sorrise debolmente al suo comandante “Negativo, signore… io non ti mollo”

“Vai…è un ordine”

Gild rimase zitto e si alzò Se la metti così si caricò Squall sulle spalle di peso e ricominciò a scendere le scale trascinando la gamba ferita.

“Dove diavolo sono finiti!?” Zell passeggiava nervosamente avanti e indietro di fronte al Lagunarock Potremmo essere attaccati da un momento all’altro e quelli si mettono a giocare Si era girato verso Irvine che si stava dedicando al suo hobby preferito, cioè stava tentando di “rimorchiare” Han e Marika ma, a giudicare dalla faccia sconsolata che aveva quando si alzò e si diresse verso Zell, era andata a finire come al solito. Kunmon giocherellava in un angolo con l’impugnatura della sua katana e il sorrisetto ebete leggermente incrinato, era la sua maniera di preoccuparsi.

“Dove sono finiti…” Iniziò Irvine

“Non lo so! Non capisco cosa possa essere successo, avrebbero dovuto gia essere qui” Scattò Zell

“Forse dovrei andare a cercarli?”

“No, gli ordini di Squall erano chiari e, per quanto ti possa sembrare strano, voglio eseguirli almeno per una volta” Senza contare che potrebbe non esserci più nessuno da andare a cercare Zell guardò l’orologio Cinque minuti, ancora cinque minuti e poi ce ne dovremmo andare, è troppo pericoloso restare qui, calma ce la faranno, ancora cinq…

“Zell!”

“Si?”

“Ti ho chiesto se hai pensato che potrebbero essere, si insomma…”

“Morti? Non ci voglio pensare, vedrai che ce la faranno”

Gild continuò a scendere, la gamba non gli faceva più male, a dir la verità era da un po’ che non la sentiva più, come Squall che gli era svenuto sulla spalla dopo aver perso troppo sangue Ancora uno sforzo, un altro passo, dai… Così si ripeteva mentre continuava a scendere arrivò ad una porta e, attraversandola, svenne.

 

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Capitolo 5
*** Black Soul ***


Lo svegliò il sole, Gild aprì gli occhi e vide che entrava da una finestra, si trovava nell’infermeria del Garden, girò la testa e vide Kartya addormentata su una sedia con la testa poggiata sul letto.

“Kartya” disse piano.

Lei aprì gli occhi e lo guardò, iniziò a piangere “Gild! Ti sei svegliato” gli si gettò al collo soffocandolo e posando il peso sulla gamba ferita di Gild.

“Aaah!” Il dolore lancinante alla gamba lo fece sobbalzare.

“Oh, scusa”Kartia si rimise in piedi.

“Cosa cavolo è successo?” Non ricordo niente.

“Ti hanno portato al garden svenuto, hai perso molto sangue, è un miracolo se sei vivo”

Gild ricordò tutto, Squall, Seifer, la battaglia.

“Squall?”

“E’ nella stanza affianco, si è svegliato ieri nonostante avesse una ferita più grave della tua”

Tre giorni dopo Gild era di nuovo in piedi, della ferita alla gamba non rimaneva più niente, la Kadowaki era rimasta molto sorpresa che non fosse rimasta nemmeno la cicatrice. Quando Kartya gli aveva detto che era stato promosso all’esame SeeD, come lei, aveva fatto i salti di gioia. Si guardò allo specchio con addosso la divisa SeeD. Gli tornò in mente lo strano sogno avuto quando si trovava nella prigione nel deserto, non si ricordava molto, solo che aveva a che fare con un gunblade, di quello si ricordava ogni particolare, la lama nera con la fiamma rossa in rilievo, non sapeva il perché ma pensava che fosse importante.

Si aggiustò il colletto della divisa e allungò la mano verso la scrivania done di solito appoggiava le spade prima di ricordarsi che le aveva lasciate vicino a dove aveva combattuto con Seifer.

Rimase un attimo a fissare la scrivania poi fece spalluccie e uscì.

Attraversò la hall, niente festa per il diploma per lui, quando c’era stato il ballo era ancora in infermeria.

Gild vide Squall che gli si avvicinava con il braccio fasciato appeso al collo.

“Siamo finiti in un gran casino” Disse Squall con la consueta faccia piatta.

Un giorno o l’altro dovrò chiedergli come fa: se dorme in un freezer oppure se quando distribuivano i sentimenti umani era andato in bagno. “Che genere di casino?”

Squall inarcò impercettibilmente un sopracciglio, il che era la sua massima espressione di sorpresa. “Siamo in guerra aperta con Galbadia” Spiegò. “e, per migliorare la situazione, pare che Seifer sia stato visto a Deling City”

“Cosa!?” Gild era incredulo. “Gli ho visto spuntare il gunblade dalla schiena!”

“Lo so, può darsi che siano solo chiacchiere ma non ne sono sicuro” Squall fissò la divisa di Gild “A proposito, congratulazioni”

“Piantala, lo so benissimo che è merito tuo, ho disubbidito a un ordine diretto, avrei dovuto essere espulso e invece, come per magia mi promuovono a SeeD”

Squall sorrise, cosa più unica che rara,in quel momento arrivò Kartya il sorriso scomparve “Devo andare…” e si allontanò.

“Perché se ne va sempre quando arrivo io? Non riesco mai a incontrarlo”

“Lascia stare, guarda là, raggiungiamo gli altri” Lo so io il perché, si chiama Rinoa e sta a più di 800 chilometri da qua” Entrambi si diressero verso Zell e Irvine che si trovavano vicino alla porta per il giardino.

“Hei Gild, Kartya congratulazioni” I due avevano raggiunto Zell e Irvine.

“Grazie”

“Adesso siete due SeeD pronti per la prima missione” Disse Zell.

Irvine si alzò in punta di piedi per vedere oltre la spalla di Zell “Scusate, ma il dovere mi chiama” e si diresse verso la ragazza piuttosto carina che era aveva adocchiato da dietro Zell.

“Dovere?” Chiese Gild osservando Irvine e la ragazza con un sorrisetto ironico.

“Si, bhe, ha delle priorità tutte sue” Irvine stava parlando con la ragazza, Gild e Zell contarono insieme. “Uno, due, tre, quattro, cinque, sei…” Irvine ricevette un sonoro schiaffone dalla ragazza, dopo averla guardata andarsene, si diresse di nuovo verso Zell e Gild con la faccia sconsolata e la mano destra sulla guancia a coprire cinque dita rosse. Arrivato vicino ai due Zell gli si rivolse “Sei secondi, questa volta ho temuto che ce la facessi” Irvine lo guardò male. Gild rincarò la dose “Non scherzare, non sono ancora pronto per la fine del mondo!” I due scoppiarono a ridere e Irvine per tutta risposta tentò di prendere a pugni i due che evitarono e ricominciarono a prenderlo per i fondelli.

“Con questa quante sono?…”Gild si poggiò la mano sulla fronte nell’imitazione di qualcuno che si sta concentrando spasmodicamente.

“Non me lo chiedere io ho perso il conto a quarantacinque” Disse Zel tra le risate mentre chinandosi evitava un pugno di Irvine.

Gild si picchiò la mano sulla fronte, dopo essersi spostato di colpo e aver mandato Irvine contro la parete, “Ma certo, come ho fatto a dimenticarmene sei arrivato a 60 ragazze, 60 tonde tonde, questo è un record bisogna festeggiare!”

La scena andò avanti per un po’, Kartya li guardava sorridendo. Al solito. E scotendo  la testa se ne andò dopo aver fatto un cenno di saluto a Gild.

“Voi tre! La piantate di fare casino o vi devo spedire a fare lezione con gli studenti” Irvine si bloccò a metà di un passo in equilibrio su un piede solo con il pugno alzato, non riuscì a mantenere l’equilibrio e crollò addosso a Zell, finirono entrambi a terra. Gild, che si era messo sull’attenti all’ arrivo di Quistis li guardò accigliato.

“Benissimo! Irvine, Zell Tre settimane di lezione insieme agli studenti! Ed entrambi dovete portare la divisa tutti dovranno sapere perché siete li…”

Gild approfittò della momentanea distrazione di Quistis per sgattaiolare in giardino, aveva bisogno di un po’ d’aria.

Si sedette su una panchina e si sbottonò la divisa SeeD. Sarà pure elegante ma è scomodissima. Pensò mentre alzava lo sguardo e accavallava le gambe svogliatamente. Si mise ad osservare gli studenti che passeggiavano a gruppetti nel giardino. Cavolo, adesso che sono SeeD le cose cominceranno a farsi serie, questa guerra poi… Strinse i pugni e scacciò l’immagine degli uomini che aveva ucciso durante l’esame che gli era balzata in mente ma non ci riuscì, allora l’affrontò alla maniera insegnatagli da suo padre. La stessa cosa che gli permetteva di essere freddo e calmo in combattimento e di uccidere senza il minimo rimorso. Chiuse gli occhi e svuotò la mente, cancellò ogni singola emozione: rancore, rabbia, rimorso, tristezza.

Quando li riaprì si trovò gli occhi verdi di Kunmon a meno di un centimetro dei suoi, ma non fece una piega, era perfettamente calmo, le emozioni si infrangevano sulla barriera mentale che aveva creato, all’interno niente.

Kunmon parlò con tono stupito. “Il vuoto… tu sai usare il vuoto, ecco come fai a mantenere la calma, chi te lo ha insegnato?”

Gild rispose con voce atona “Mio padre” Per un attimo si chiese come facesse Kunmon a conoscere quella tecnica, poi ricordò il sorrisetto ebete che aveva durante l’assalto all’ ammiraglia di Galbadia e poi durante la fuga dalla prigione, avrebbe dovuto capirlo prima. La sua bolla di calma si ruppe e tornò normale.

“Tu dove l’ hai imparato?”Gli chiese incuriosito.

Kunmon si sbracò di fianco a lui sulla panchina “E’ stato tanto tempo fa, quando combattevo per Galbadia”

“Facevi parte dell’ esercito di Galbadia?”

“Non esattamente, ero un mercenario, non un SeeD, ero assieme ad un gruppo di altri come me, forse ne hai sentito parlare ci chiamavano la Blood Brotherhood, fu il nostro capo Rage a insegnarmelo”

“Sei stato nella Blood Brotherhood! Quelli che presero Dollet in una notte!”

“Per poi perderla il giorno seguente…”Kunmon abbassò lo sguardo mentre ricordava.

“Da quello che ho sentito io fu un’ impresa, Dollet era difesa da mille SeeD oltre ai normali soldati”

“Infatti ci costò caro! Non voglio parlare di quel periodo, non è una cosa di cui mi vanto!”Scattò Kunmon.

“Scusa, non volevo” La Blood Brotherhood era stata la compagnia di mercenari che fu sconfitta assieme ai soldati di Galbadia dai SeeD durante l’esame pratico di due anni prima, quando Squall era diventato SeeD. Dei membri se ne erano salvati davvero pochi. Erano spietati, a Dollet non fecero prigionieri tra i soldati e i SeeD che si erano arresi. Li avevano uccisi senza pietà, Gild poteva capire che Kunmon non andasse fiero di averne fatto parte.

“Vieni con me, ti devo mostrare una cosa” Kunmon si alzò in piedi e iniziò a dirigersi verso l’uscita del garden, Gild lo seguì

Camminarono per mezzora, addentrandosi nel bosco a est del garden, senza dire una parola, poi Gild si accorse di dove probabilmente stavano andando, infatti di li a poco sbucarono in una radura ai piedi delle prime alture della catena montuosa che occupava la parte nord dell’ isola di Balamb. Davanti a loro nella parete rocciosa si apriva la caverna di fuoco.

“Frena Kunmon, li dentro non c’è più niente da quando Ifrit se ne andato”

Kunmon non rispose ed entrò nella Grotta, Gild sbuffò, poi lo seguì. Fecero tutto il percorso fino ad arrivare dove si trovava Ifrit una volta, Kunmon si fermò accanto ad una roccia dalla strana forma regolare.

“Gild avvicinati, guarda l’ho trovato ieri e non capivo cosa fosse” Disse Kunmon chinandosi a guardare qualcosa sulla roccia.

Gild si avvicinò e si accucciò accanto a Kunmon, inizialmente non lo vide poi notò che c’erano dei segni sopra la roccia, poi di colpo lo vide, nella roccia era scolpito un leone durante un balzò.

“Possibile che…” Si rivolse a Kunmon “Cosa ci fa qui!”

“L’ ho scoperto solo oggi, ho dato una spulciata in biblioteca tra gli archivi del garden e ho trovato un certo Alister Jamasay, ti dice qualcosa?”

“Mio padre…” Mormorò Gild mentre sfiorava con le dita il rilievo scolpito nella roccia.

“Pare che sia venuto qui per lavoro nel periodo appena successivo all’ apertura della scuola, non c’è scritto il tipo di lavoro, però pare che volle come pagamento questa grotta. Strano eh?”

Gild non rispose, stava guardando l’occhio del leone scolpito, aveva una forma conosciuta, ed era infossato invece che in rilievo, come sarebbe stato più logico.

“Possibile che…”Gild portò la mano alla cintura e velocemente sganciò la fibbia, la avvicinò all’ occhio scolpito fino a poggiarla, poi fece pressione. Con un clack la fibbia si incastrò, la roccia si divise in quattro parti che si spostarono verso l’esterno lasciando spazio ad un espositore sul quale faceva bella mostra di sé un gunblade posizionato nel suo fodero con il manico verso l’ alto.

I due lo fissarono in silenzio, poi Gild avvicinò la mano all’ impugnatura e, lentamente come se avesse paura di romperlo, la strinse. L’impugnatura aderì perfettamente alla sua mano le dita trovarono subito il loro posto. Si sentiva così bene in quella posizione, con il gunblade stretto in pugno, gli sembrava di averlo usato da sempre come se avesse ritrovato una parte di se persa da tempo immemorabile.

Liberami! Il comando arrivò potente e irresistibile. Gild ubbidì tirò verso l’alto l’impugnatura nera sfoderando il gunblade. Gild vide la lama, nera come la pece tranne che per la fiamma rossa incisa al centro con estrema maestria, aveva già visto quella lama, in sogno, adesso sapeva perché. Rimase a guardarlo come ipnotizzato per non sapeva più nemmeno lui quanto tempo, nella sua mente si susseguivano immagini di morte sempre più orribili, una goccia di sudore gli imperlò la fronte.

“Gild, tutto bene?”

La mano di Kunmon sulla sua spalla lo risvegliò, prese velocemente il fodero e vi ripose il gunblade. “Tutto bene” Disse mentre faceva scorrere le dita sulle lettere d’argento incise sul fodero che andavano a comporre il nome del Gunblade.

Black Soul: Anima Nera, il capolavoro di suo padre, Gild pensò che non avrebbe potuto trovare un nome migliore.

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Capitolo 6
*** Desert Ghost ***


Il convoglio procedeva lento in mezzo al deserto, i tre camion arrancavano sulla pista. L’acciaio brillava sotto il sole impietoso, i soldati di Galbadia sudavano dentro le loro divise mentre si guardavano attorno circospetti, c’erano stati parecchi attacchi in quella zona ultimamente. Un soldato si rivolse al capitano del convoglio.

“Nessuno in vista signore, sembra proprio che questa volta ce la faremo”

Il capitano non fece in tempo a rispondere che uno sparo, seguito subito dopo da uno sbuffo di sangue che uscì dal braccio del soldato lo fece cadere.

“CECCHINO! TUTTI AL RIPARO PRESTO!” Mentre urlava quest’ordine altri due spari misero fuori gioco i due addetti alle mitragliatrici pesanti. Il capitano e i suoi uomini saltarono giù dal camion, tutto il resto accadde in un battito di ciglia. Tutto ad un tratto si ritrovarono circondati da un gruppo di uomini in borghese.

Da dove erano sbucati fuori, il capitano si guardò freneticamente attorno, poi notò dei teli e della sabbia smossa ai bordi della pista. Erano nascosti sotto la sabbia! Gli siamo praticamente passati sopra senza accorgercene…

“Gettate le armi ed arrendetevi immediatamente” Il comando veniva da uno dei più giovani del gruppo, il capitano lo guardò negli occhi, e così era quello il loro comandante, era un soldato non vi era alcun dubbio. Cercò una via di scampo negli occhi grigi dell’avversario, non ne trovò. Con un sospiro rassegnato gettò a terra il fucile, subito imitato dai suoi sottoposti.

“Cosa avete intenzione di farci?”Chiese all’uomo dagli occhi grigi.

Quello rispose con fredda calma “Secondo gli ordini dovrei farvi prigionieri e mandarvi al comando centrale con una pattuglia di scorta, purtroppo non ho abbastanza uomini per permettermi di privarmi di una pattuglia, sempre secondo gli ordini quindi dovrei uccidervi” Un brivido freddo scese lungo la schiena del capitano galbadiano “Fortunatamente per voi capitano…” La bocca dell’uomo si allargò in un sorriso “non sono mai stato un gran che nell’ eseguire gli ordini,e quindi penso di invitarla al campo per cena” Gli porse la mano tesa, il capitano lo guardò negli occhi, poi riluttante la strinse.

Cinque minuti dopo si ritrovavano divisi sui tre camion galbadiani, i soldati galbadiani scherzavano con il gruppo di SeeD di Gild. Il capitano di Galbadia si guardava attorno allibito.

“Vi conoscete tutti?!” esclamò balzando in piedi “Questo è tradimento!”

“Si calmi, la prego, non c’è nessun tradimento” Gli disse Gild, il capitano si sedette teso.

“Lei è nuovo, ora le spiego come funzionava con il capitano Arlem, a proposito come sta?”

“Non lo so, quando sono arrivato io lui era già stato richiamato a Deeling City”

“Spero stia bene, comunque funziona come un gioco, voi avete il compito di proteggere i convogli di provviste e noi li dobbiamo catturare, fino ad adesso abbiamo vinto noi, non è mai morto nessuno, io e il suo predecessore ci rispettavamo da buoni avversari, spero sia lo stesso con voi”

Il capitano rimase in silenzio guardando Gild, sembrava tanto un tradimento, eppure quell’uomo aveva ragione, dopotutto nessuno di loro due voleva una guerra, quindi perché combattere? “D’accordo, affare fatto” Gli porse la mano, “Il mio nome è Cedric Fenwitch”

Gild strinse la mano di Cedric “Gild Jamasay, in arte desert ghost”

Cedric lo guardò scioccato, quello era desert ghost il generale fantasma, quello che riusciva a comparire e sparire come voleva in mezzo al deserto scatenando devastanti attacchi a sorpresa sulle linee di rifornimento. La spina nel fianco di Galbadia fin dall’inizio della guerra! Non riusciva a crederci, quello che aveva davanti era ancora un ragazzino, non poteva essere il motivo per cui al fronte i loro soldati morivano di fame a migliaia.

Dopo mezz’ora arrivarono all’accampamento di Gild, un piccolo gruppo di tende, recintate da una rete con in cima del filo spinato. Il gruppo di galbadiani passò la serata lì in maniera tranquilla e c’era aria di festa, alla fine della cena, Gild si alzò in piedi e invitò il capitano Cedric nella sua tenda per discutere ancora di qualche faccenda. Cedric si alzò e lo seguì, lungo il tragitto vide uno dei sui soldati scherzare con un SeeD del gruppo di Gild, inizialmente non ci fece caso, poi vide la macchia rossa alla spalla del soldato di Galbadia, quello era uno dei soldati che erano stati colpiti, eppure si muoveva normalmente, dalla ferita non fuoriusciva sangue. Si voltò di nuovo verso Gild e vide che lo stava guardando con un espressione gelida,divenne un sorriso caloroso mentre questi si avvicinava, Gild gli mise un braccio sulle spalle.

“Allora capitano, cosa c’è, qualche problema?”

“Quel solda…Arghhh” Non riuscì a finire la frase per colpa di una tremenda fitta allo stomaco, abbassò lo sguardo incredulo quando vide la mano di Gild stringere un pugnale che  sbucava dal suo stomaco, roteò gli occhi mentre la vita lasciava il suo corpo. Gild sostenne il corpo di Cedric e lo poggiò a terra dolcemente.

“Mi dispiace” Disse mentre chiudeva gli occhi del capitano. Maledetti ordini! A volte odiava il suo lavoro, Cedric era una vittima innocente, non avrebbe voluto ucciderlo, ma con la sostituzione del capitano Arlem non c’era stata scelta, aveva impiegato mesi per convincere l’intero plotone di Arlem a passare dalla loro parte. Aveva un disperato bisogno di uomini, non si ricordava nemmeno l’ultima volta che aveva ricevuto rinforzi o provviste dal comando centrale. Non perché non ce ne fossero, ma perché venivano spediti tutti agli altri battaglioni sparsi lungo il fronte. Era il generale SeeD più giovane e per questo lo trattavano come un ragazzino inesperto, poi tre mesi prima era saltato fuori questo nuovo ordine di distruggere la base d’appoggio per i rifornimenti al fronte sud galbadiano. Inutile dire che non aveva abbastanza uomini per fare qualcosa del genere, si era dovuto arrangiare, Con gli uomini di Arlem, non solo aveva abbastanza uomini per distruggerla ma, grazie alle loro divise, aveva pure un comodo biglietto d’entrata, poteva, prima di distruggerla, catturarla e svuotarla del tutto, in questo modo avrebbe dato il colpo di grazia al fronte sud, aprendo la strada all’offensiva SeeD, ma c’era bisogno di agire in fretta. Erano questi i suoi pensieri mentre indossava la divisa del capitano galbadiano, mentre dieci dei suoi uomini facevano lo stesso, non era così stupido da fidarsi del plotone di Cedric, chi tadiva una volta poteva farlo ancora. Indossò l’elmetto e salì sul camion che li avrebbe portati a destinazione. Nascose Black Soul sotto una coperta e parlò con il secondo in comando che lo ascoltava da terra.

“Ci seguirete a distanza, appena ci vedrete entrare all’interno della struttura centrale, attaccherete in massa, noi approfitteremo della confusione per farne fuori più che possiamo, dobbiamo assolutamente impedirgli di attivare il sistema di controllo dei robot da combattimento, tutto chiaro?”

“Tutto chiaro signore!”

“Bene” si voltò verso il soldato alla guida “Vai!”

Il camion partì rombando, era stato forato in vari punti per simulare un attacco, c’erano perfino alcune bruciature per simulare delle bombe. Il tragitto si svolse senza intoppi. Due ore dopo si trovavano di fronte al cancello d’entrata della base galbadiana. Una sentinella si avvicinò dal lato dove stava Gild.

“Chi siete!?”

Gild rispose con calma “Comandante Cedric Fenwitch, incaricato del trasporto provviste al fronte, siamo stati pesantemente attaccati durante il tragitto, questo camion è l’unico sopravvissuto”

“Non ce l’avete fatta nemmeno questa volta vero?” La guardia accennò un sorriso.

“Purtroppo no, abbiamo un ferito che ha bisogno di immediate cure mediche, facci entrare”

“Sissignore!” Fece un cenno all’alta guardia che si trovava dentro al gabbiotto di fianco all’entrata. Poco dopo la sbarra si alzò e il camion entrò all’interno della recinzione esterna. Il complesso era strutturato in due costruzioni, la prima era il dormitorio, situato nello stesso edificio in cui si trovava il magazzino principale, contro la recinzione est, la seconda era il centro di comando che si trovava al centro della base e si sviluppava su tre piani, al piano terra si trovava il garage con l’officina, al primo piano la sala comunicazioni, nel piano interrato si trovava la stazione controllo robot. I loro obbiettivi sarebbero stati due, fermare l’attivazione del sistema di difesa robotizzato e impedire che la base chiamasse aiuto attraverso la radio.

Il camion entrò rombando dentro al garage, i dieci saltarono giù all’unisono. Gild afferrò al volo Black Soul che uno dei suoi uomini gli lanciava e l’usò immediatamente per passare da parte a parte il meccanico che si era trovato di fronte mentre il resto della squadra faceva lo stesso con gli altri. Gild si rivolse ai suoi uomini.

“Bene, nascondete i cadaveri, cinque con me, gli altri assalteranno la stazione radio, non uccidete nessuno fino a che non siete vicini all’obbiettivo o rischiate di finire imbottigliati nei corridoi, avanti! Muoversi! Muoversi!”

Scattarono tutti come un meccanismo ben oliato, Gild aprì la porta che dava sulle scale e si fiondò di sotto seguito da quattro uomini, gli altri sei invece andarono di sopra. Dopo una corsa attraverso i corridoi arrivarono di fronte alla stanza di controllo proprio mentre fuori si udivano i primi spari, l’attacco era iniziato. Gild sfondò la porta e si buttò all’interno seguito dai suoi, la stanza era presidiata da tre guardie più due addetti ai macchinari. Si buttò sul primo addetto che morì prima ancora di aver capito che cosa era successo, parò l’attacco di una delle guardie poco prima che questa fosse trapassata da un proiettile. Il combattimento durò pochi minuti. Gild chiuse la porta e indicò un pesante schedario a due soldati.

“Spostatelo e barricate la porta!” Poi si sedette alla console di comando e iniziò a picchiettare sui tasti freneticamente, poi premette il tasto centrale “Fatto! La modalità di ingaggio dei robot è stata invertita ora attaccheranno tutti i soldati galbadiani nella base, toglietevi le divise presto!” prese il walkie tokie e ripeté l’ordine alla squadra al piano di sopra, in risposta ricevette che avevano bloccato i galbadiani prima che chiedessero aiuto. Tutto liscio come l’olio.

Non finì nemmeno il pensiero che un’ esplosione più forte delle altre sfondò il soffitto della stanza di controllo.  

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Capitolo 7
*** War Tales ***


Gild uscì tossendo dal cumulo di macerie che era diventata la stanza di controllo, si arrampicò fino al piano di sopra attraverso il soffitto divelto. Si voltò verso il piano di sotto, nessun’altro era riuscito a uscirne vivo. Che mal di testa. Si portò la mano alla nuca e toccò qualcosa di umido, tastò meglio, non c’erano ferite, si ripulì la mano sui pantaloni, non era sangue suo.

Spostò lo sguardo all’esterno della struttura, attraverso il foro provocato dall’esplosione, c’era confusione ovunque, gente che urlava,  uscì, non fece in tempo a fare due passi che un raggio laser colpì il terreno vicino a lui scagliandolo a vari metri di distanza. Si rialzò e vide il responsabile, un enorme ragno meccanico alto almeno cinque metri si stava dirigendo verso di lui, infischiandosene del numeroso gruppo di SeeD che lo bersagliava da ogni lato con magie e colpi di arma da fuoco.

Vedova Nera…autoriparante. Rafforzò la presa su Black Soul e cercò il contatto mentale, la risposta arrivò immediatamente, si sentì invadere da una scarica di energia. Accadeva sempre così quando si  metteva in contatto con il gunblade.

“Padrone” La voce roca e malvagia rimbombò nella sua testa.

“Avanti! Abbattiamo quell’ammasso di ferraglia!” Rispose, poi si scagliò in avanti verso il Robot, scartò a destra evitando una scarica di proiettili  e scagliò contro la vedova una Thundaga. Il robot non subì molti danni e continuò la sua corsa verso di lui, era arrivato a pochi metri quando un esplosione lo colpì facendolo sbandare e finire contro la parete del magazzino. Gild si voltò nella direzione da cui arrivava il volto, un uomo sui 30 anni con i capelli rossi si dirigeva correndo verso di lui, una cicatrice gli attraversava l’occhio destro deturpandolo, l’altro era di colore castano. In mano impugnava uno strano fucile con una lama sulla parte superiore della canna.

“Tutto bene signore?”

“Si, tutto a posto, grazie Serdio, ti devo una bevuta”

Il caporale Serdio Guntlet sorrise in risposta, era di molti anni maggiore del suo superiore ma aveva imparato a rispettarlo durante la guerra, Serdio era un tipo pratico, estasiano, molto capace nel suo lavoro. “Dovere signore, ma credo che prima dovremmo occuparci di quell’insettaccio troppo cresciuto”

“Tienilo sotto tiro appena esce dalle macerie, devi darmi il tempo di avvicinarmi”

“Non c’è problema, ci penso io” Si poggiò il fucile sulla spalla destra e prese di mira il cumulo di macerie che cominciava a muoversi, di li a poco la Vedova ne uscì come nuova, e venne colpita da una raffica di proiettili del fucile di Serdio.

Gild guardò il ragno A noi due bestiola. Scattò lateralmente fino ad arrivare alla parete del magazzino, saltò appena in tempo per evitare una scarica di proiettili, sfruttò la parete di rimbalzo e con un salto all’indietro si trovò in mezzo alle gambe del robot. Appena atterrato richiamò più energie possibili dal gunblade sollevò la mano aperta e le scagliò contro la vedova con tutta la violenza di cui era capace.

“Ultima!” la magia uscì dalla mano di Gild con una forza spaventosa, il ragno meccanico fu sollevato di peso da terra e scagliato contro la recinzione della base dove esplose con una luce abbagliante. Attorno a Gild la terra aveva assunto una colorazione nera e fumava, si poggiò al gunblade per sostenersi, la magia lo aveva svuotato.

“Questi sono gli ordini per il battaglione Grey 35, consegnali solo al generale Jamasay in persona, fai attenzione dovrai attraversare il territorio nemico, ti forniremo una scorta, tra due ore lanceremo un attacco al fronte per distrarli dovrete passare in quel momento, tutto chiaro!” Il generale Baker la guardava con gli occhietti cattivi filtrati dagli occhiali tondi “Contiamo su di lei Fayridail”

“Tutto chiaro signore, raggiungere il battaglione Grey 35, consegnare gli ordini e rimanere a disposizione, posso chiedere chi saranno i miei compagni di viaggio?”

“Avrai due SeeD esperti con te, Brandon Taker e Daniel Panthes, ora vai a prepararti”

Kartya fece il saluto militare e uscì. Taker e Panthes, scommetto che quel bastardo me li ha appioppati apposta. Taker e Panthes avevano “preso” sotto la loro ala Kartya fin dal primo giorno, dicevano di volerle insegnare ad essere un buon SeeD ma lei sapeva perfettamente che cosa voleva Brandon, aveva fatto il cascamorto fin dall’inizio, era il tipico bell’imbusto fallito dalla faccia di tolla, capelli neri, occhi azzurri, lei non lo sopportava.

Daniel invece lo seguiva come un ombra ovunque ma non parlava quasi mai, aveva i capelli castani e gli occhi di un inquietante colore viola, era riuscita a cavargli di bocca che era amico di Brandon fin da quando erano piccoli.

Brandon usava un Hyperion, ed era un vero maestro, cinque anni nella SeeD erano serviti a qualcosa, Daniel invece usava due guanti da combattimento non convenzionali, avevano all’altezza delle nocche dei rinforzi di metallo collegati con dei fili ad una batteria che portava legata al petto con un imbracatura, ricevere un pugno da lui era come essere colpiti da una thundaga e un carroarmato contemporaneamente.

Si diresse verso la sua tenda, si tolse la divisa e si vestì in borghese, poi uscì trascinandosi dietro la sua sacca già preparata in precedenza.

“Hei, dolcezza! Ti serve una mano?” Kartya irrigidì la schiena mentre una mano le si posava sulla schiena.  Adesso te la do io la dolcezza… Afferrò la mano di Brandon e la torse con forza mentre si voltava di scatto estraendo allo stesso tempo una delle due desert eagle  e la puntava alla testa del ragazzo.

“Chiamami così un’altra volta e non potrai parlare mai più!”Disse gelida

“Calmati dolcezza, stavo solo scherzando”disse lui ridendo

Kartya abbassò la pistola e ne appoggiò la canna al cavallo di Brandon, poi disse con voce angelica “Hai detto qualcosa? Scusa non stavo ascoltando, puoi ripetere?”

Brandon deglutì faticosamente “N-niente, non ho parlato”

“Bene” Disse Kartya con la stessa vocina rinfoderando la pistola e piazzando una ginocchiata nelle parti basse di Brandon, si voltò lasciandolo li in terra in posizione fetale. Voltandosi vide Daniel che le sorrideva, rispose al sorriso con un alzata di spalle chiedendosene il perché, presa la sacca si diresse verso il veicolo approntato per la sua missione.

Due ore dopo i tre sorpassavano il fronte non visti a bordo di una Jeep.

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Capitolo 8
*** Raziel ***


Seifer camminava lungo il corridoio senza degnare di uno sguardo, ne gli arazzi, ne i quadri appesi alle pareti. Soprapensiero si appoggiò la mano sullo stomaco, la ferita era sparita senza lasciare traccia, neanche una cicatrice. Aveva di nuovo due occhi. Adoro questi poteri… Quello stupido ragazzino penserà di essere riuscito ad uccidermi, stupido! Nessuno può uccidermi! Non sapeva il perché ma pensare alla faccia di quello stupido studente lo faceva arrabbiare. Tirò un respiro profondo e si calmò mentre usciva sulla terrazza del palazzo presidenziale. L’impatto con l’aria fredda della sera lo fece rabbrividire mentre appoggiato alla balaustra guardava Deeling City accendersi di mille luci nella notte. La mano destra frugava nella tasca dell’impermeabile alla ricerca del pacchetto di sigarette, lo trovò e lo tirò fuori. Non si era accorto dell’uomo appoggiato alla parete, dietro di lui.

L’uomo lo guardava attentamente con l’occhio sinistro del colore dell’oro, sopra al destro ricadeva la fascia nera che portava sulla fronte per sorreggere una zazzera di capelli neri che, nella notte, lanciavano riflessi blu in risposta alla luce lunare.

Il viso, incrinato da rughe e pesanti occhiaie, dimostrava un’età molto superiore a quella reale. Indossava un’armatura, anch’essa nera come la notte, la sua abitudine ad indossarla era tale che, a una prima occhiata, si sarebbe potuto scambiarla con un vestito, se non fosse stato per i riflessi metallici.

Al fianco sinistro portava una spada, dal fodero sbucava solo l’impugnatura, ma nessuno avrebbe potuto descriverla. Posarci sopra lo sguardo era impossibile, gli scivolava sopra come acqua su uno specchio. La spada era nera, di un nero talmente oscuro e buio da risolversi in mancanza di colore, più che sembrare un colore esso stesso. Osservò Seifer mentre questo si accendeva la sigaretta, poi parlò.

“Il fumo mi da fastidio” Disse con una voce profonda.

Seifer sobbalzò e la sigaretta gli cadde di sotto, imprecò prima di girarsi verso l’uomo.

“Raziel! Non mi arrivare alle spalle in questo modo!” Urlò.

Raziel si staccò dalla parete e si avvicinò a Seifer, i suoi passi non producevano il minimo rumore.

 Avvicinò la bocca all’orecchio di Seifer e disse a bassa voce “Pivello…”

La mano di Seifer corse sotto l’impermeabile e si strinse attorno all’impugnatura del gunblade.

“Cosa hai detto!”

Raziel non si mosse, si limitò a fissarlo. “Ho detto:… Pivello. Non ti sei neanche accorto che ero qui prima di te, e tu dovresti essere il comandante in capo dell’esercito di Galbadia?” Spiegò con calma.

Si voltò dando le spalle a Seifer “Ma non farmi ridere…” Fece per avviarsi verso l’interno del palazzo.

Seifer estrasse il gunblade veloce come il vento e ne appoggiò la punta alla schiena di Raziel. Questo si fermò e si voltò a guardare negli occhi Seifer, rimasero così per un lungo momento. In un attimo l’occhio di Raziel si fece spento e sfoderò la spada talmente veloce che Seifer non si accorse del movimento fino a che non si trovò con la lama nera di Raziel puntata alla gola. Il gunblade, strappato violentemente dalla mano, giaceva ora per terra.

“Come dicevo…. Non sei altro che un pivello, ti risparmierò solo perché sei Suo figlio” rinfoderò la spada ed entrò nel palazzo lasciando Seifer a stringere i pugni fino a piantarsi le unghie nei palmi dalla rabbia.

All’interno del magazzino c’era un viavai di uomini e pacchi, Serdio controllava le operazioni di caricamento per il trasporto al campo. Se ne stava in piedi con una lavagnetta nella mano sinistra e una penna dietro l’orecchio osservando attentamente la mole di pacchi più o meno grossi che gli passavano d’avanti. Ogni tanto prendeva la penna e scarabocchiava qualcosa, più spesso scattava verso qualcuno che batteva la fiacca scatenandogli in faccia un treno di aggettivi poco carini sul malcapitato e su tutta la sua famiglia, madre, padre, sorella….

Gild entrò in uno di quei momenti e, dopo la sfuriata dell’ irruento caporale, richiamò la sua attenzione.

“Come stiamo andando qui?”

“Tutto secondo la tabella di marcia signore! I camion saranno carichi entro questa sera”

“Bene, non voglio restare qui un minuto di più di quanto è necessario” Si fermò come se stesse ricordando qualcosa. “Quasi dimenticavo, ti devo una bevuta, purtroppo non abbiamo niente di alcolico, se intanto ti offro una sigaretta non ti offendi?”

“No di certo signore” rispose Serdio.

I due uscirono dal magazzino, qui Gild estrasse due sigarette da un pacchetto che teneva nella tasca dei pantaloni e ne porse una a Serdio. Dall’altra tasca tirò fuori un accendino con cui accese le due sigarette.

Si misero a fumare in silenzio, ognuno perso nei propri pensieri. Ad un tratto nella mente di Gild passò l’immagine di Kartya, non la vedeva da quando era iniziata la guerra, chissà come stava. Sul viso gli apparve un sorriso malinconico.

“Una ragazza” Disse Serdio

“Cosa?” Chiese Gild distratto

“Quel sorriso l’ ho visto parecchie volte e provato altrettante, e c’era sempre di mezzo una donna”

Gild non rispose, tirò l’ ultima boccata di fumo e buttò il mozzicone a terra “Forza! Al lavoro!” e si diresse verso il garage lasciando Serdio lì con la sua sigaretta.

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Capitolo 9
*** berserk and void ***


Brandon guidava in silenzio, il deserto scorreva sotto le gomme della Jeep. Due giorni di viaggio in più del previsto, il campo di quell’idiota di Jamasay non era dove doveva essere. Gli ultimi ordini che aveva ricevuto erano di distruggere la base galbadiana di appoggio per i rifornimenti del fronte sud, eppure nel punto prestabilito per lanciare quell’operazione non c’era niente. Probabilmente si è spostato più vicino, stupido ragazzino!In pieno deserto non avrà potuto sfruttare l’effetto sorpresa.

Si rivolse a Daniel che sedeva sul sedile di fianco a lui “Ma dove diavolo si è cacciato?” gli chiese.

Daniel rispose con un sintetico “Non lo so”

“Sei molto d’aiuto… lo sai?”

Kartya fece capolino dal sedile posteriore “Se continuiamo in questa direzione arriveremo alla base galbadiana entro sera, Gild dovrebbe averla già conquistata, forse è ancora li”

Brandon gli rispose senza voltarsi mentre seguiva la pista in mezzo al deserto “Hai molta fiducia in questo Jamasay, e lo chiami sempre per nome, cos’è? Il tuo fidanzatino dolcezza?”

Kartya arrossi e tirò una violenta pacca sul braccio di Brandon, l’auto sbandò e rischiò di finire fuori strada “Ma sei impazzita!”

“Ringrazia che stai guidando! Quando arriviamo facciamo i conti! Lo sapevi cosa succedeva se mi chiamavi ancora a quel modo!”

La faccia di Brandon divenne di un bianco latte mentre si girava lentamente verso Daniel pronunciando sottovoce “Aiuto…"


Quello rispose con un monosillabico “Scordatelo!”

Il resto del viaggio si svolse così, tra una battuta e una frecciata arrivarono in vista della base galbadiana.

“Bene, siamo arrivati final….” Brandon non fece in tempo a finire la frase che un serbatoio del carburante all’interno della base esplose colpito da un colpo di artiglieria.

“Cosa sta succedendo laggiù!”  Chiese Kartya

“Merda…” Rispose Brandon, più rivolto a se stesso che a lei, mentre premeva sull’acceleratore.

“Merda!” Disse Gild mentre parava il tentativo di infilzarlo da parte di un soldato di Galbadia e, con una rotazione a 360 gradi gli restituiva il favore aprendogli lo stomaco. I soldati di Galbadia erano sbucati dal nulla mentre loro erano ancora impegnati nelle operazioni di carico. In quella confusione non c’era stato tempo per alcuna strategia. Ogni uomo era da solo, circondato e con le spalle al muro, nella battaglia l’addestramento SeeD faceva il suo lavoro. Ogni soldato del Grey 35 si stava lentamente ritirando verso i camion, ma ognuno di loro doveva tenere a bada almeno sei soldati. Sono troppi! La verità colpì Gild in volto, erano fregati, sarebbero morti tutti li, non c’era speranza. Uccise un altro soldato mentre, dentro di lui cresceva un moto di ribellione contro quella verità, poteva anche morire li ma avrebbe venduto cara la pelle!

Veloce cercò il vuoto dentro di sé, come sempre trovò li ad aspettarlo Black Soul, richiamò a sé la coscienza del gunblade e si fuse con lui.

“AAAAHHHHHHHHH” Gild urlò mentre si lanciava nella mischia come un pazzo roteando il gunblade. I soldati galbadiani cadevano attorno a lui come mosche, il gunblade si muoveva tra le sue mani come se fosse diventato parte del suo corpo, era troppo veloce per qualsiasi avversario. Parò il colpo di un avversario, afferrò il suo braccio e tirò con violenza, la visiera dell’elmetto del soldato di Galbadia si crepò quando incontrò la fronte di Gild, questi approfittò del momento di sbigottimento per infilzarlo. Gild, all’interno della bolla di vuoto vedeva tutto, ma non riusciva a fermarsi. Continuava ad avanzare trucidando e mutilando senza sosta, i vestiti completamente macchiati di sangue, sapeva cosa era successo, era andato in berserek, l’aveva studiato al garden ma non avrebbe mai pensato di provarlo sulla sua pelle. In quel momento era invincibile, intoccabile…

“Gild alle spalle!” La voce lo riportò alla realtà, si voltò veloce ma il soldato galbadiano aveva già quasi completato il colpo, vide la lama della spada avvicinarsi come a rallentatore e piantarsi nella sua spalla facendo uscire uno schizzo si sangue. Cadde, la vista gli si stava annebbiando, il soldato stava per dargli il colpo di grazia, sollevò la spada per abbatterla su di lui…. Uno sparo, il soldato cadde a terra con un buco in testa. L’ ultima cosa che Gild vide fu il viso di Kartya chino sopra di lui, poi il buio lo avvolse.

Brandon guidò la jeep a tutta velocità verso il cancello del recinto della base, lo sfondò ed entrò con tutta l’auto. Frenò di botto e con una sgommata l’auto si fermò vicino ad un gruppo di camion, il clangore della battaglia proveniva da dietro la struttura centrale della base. Tutti e tre saltarono giù dalla jeep non appena questa si fermò. Brandon tirò fuori l’Hiprerion e iniziò a correre in direzione dei rumori, seguito da Daniel che aveva attivato la batteria, sui guanti ora dei piccoli fulmini si rincorrevano. I due svoltarono l’angolo dell’edificio e scomparvero alla vista di Kartya, li stava per seguire quando un colpo di artiglieria fece crollare buona parte della struttura impedendoglielo.

“Cavolo” Dovrò fare il giro dall’altro lato.

  Si diresse verso l’altro lato dell’edificio di corsa, con le due desert eagle in mano. Svoltò l’angolo di corsa e si trovò quasi addossò a tre soldati di Galbadia.  Sollevò la pistola nella mano destra e lasciò partire due colpi a bruciapelo che si piantarono nella testa del primo soldato. Quello cadde a terra e subito gli altri due si fecero avanti, Kartya aveva rinfoderato le pistole e estratto la spada. Non era abituata a quell’arma, non la usava quasi mai, ma si era comunque allenata abbastanza per riuscire a sopravvivere. Parò l’attacco dall’alto verso il basso del primo e, con un calcio ben assestato lo mandò per terra, Kartya lo finì immediatamente con la spada. Il secondo era uno spadaccino più esperto, iniziò una tattica di sfinimento, fatta di finte, attacchi velocissimi per poi ritirarsi subito dopo a distanza di sicurezza, in questo modo costringeva Kartya a rimanere sempre sulla difensiva. Passò qualche minuto, poi il soldato la ferì di striscio al fianco, strappandogli un brandello di maglietta. L’affondo a vuoto però lo aveva sbilanciato troppo e ora il soldato non aveva più il tempo di spostarsi per evitare il colpo di Kartya che gli si abbattè sulla testa spezzandogli il collo.

Kartya rimise a posto la spada e tirò fuori di nuovo le pistole, riprese a correre e si trovo subito nel bel mezzo della battaglia, i SeeD  erano tutti sparpagliati e divisi, circondati ognuno da un buon numero di soldati. Cominciò ad aprire il fuoco sui galbadiani, un proiettile un morto, la sua mira era sorprendente, soprattutto per le armi che usava, quasi nessuna ragazza usava una desert eagle, per via del rinculo troppo potente. Aveva quasi finito i proiettili quando sentì un urlo agghiacciante provenire dalla sua destra. Si voltò e lo vide, Gild si era lanciato urlando in mezzo ai soldati galbadiani.

“Gild!” Urlò ma lui non pareva sentire. Stupido così ti farai ammazzare! Ricaricò le pistole e si gettò nella mischia tentando di seguirlo, dopo poco si rese conto che era impossibile, era troppo veloce, dove passava lui lasciava una scia di cadaveri, non riusciva a stargli dietro. D’un tratto vide che uno dei soldati abbattuti da Gild si stava rialzando, non era morto, solo ferito. Lo vide sollevare la spada.

“Gild alle spalle!” Gli urlò, questa volta la sentì, lo vide girarsi come a rallentatore e si accorse di attimo in attimo che non avrebbe fatto in tempo. La spada si abbatte sulla spalla di Gild nello spesso momento in cui Kartya sollevava la pistola e premeva il grilletto.

Brandon e Daniel superarono l’angolo di corsa e si gettarono nella mischia uno affianco all’altro, sentirono l’esplosione ma non ci fecero caso. Brandon parò sopra la testa un colpo di un soldato che Daniel spedì a vari metri di distanza con uno dei suoi pugni elettrici, non aveva fatto molto rumore ma la divisa del soldato fumava bruciacchiata e lui non si muoveva più. Quello era il loro modo di combattere, cresciuti insieme, si conoscevano come le reciproche tasche, ad un colpo di uno seguiva quello dell’altro in un continuo scambio di ruoli che mandava in confusione l’avversario. Inutile dire che prima dell’abolizione dei G.F i loro preferiti erano Seclet e Minotauros. Al garden c’era pure chi li aveva soprannominati così.

Ad un c’erto punto un SeeD che combatteva vicino a loro lanciò un urlo che gli fece accapponare la pelle e passò loro vicino di corsa travolgendo e uccidendo chiunque gli si parasse d’avanti.

Daniel guardò Gild lanciarsi in avanti “Berserek” mormorò mentre semplicemente toccava la lama di un galbadiano per dargli una scossa di diversi volt.

Combattevano da qualche minuto quando sentirono la voce di Kartya urlare qualcosa davanti a loro e poi uno sparo. Si guardarono in viso e poi si misero a correre insieme.

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Capitolo 10
*** Tenebra ***


Seifer camminava lungo il corridoio,il rumore sordo dei passi sul marmo andava a tempo con la sua fretta. I soldati di guardia scattavano sull’attenti al suo passaggio, portando la mano destra in un rigido saluto militare. Lui non li degnava di uno sguardo, li oltrepassava lasciandoli li impettiti, sapeva bene che la magia gli impediva di rilassarsi, ma non aveva ne il tempo ne la voglia di rispondere al saluto.

Il gunblade batteva ritmicamente contro la gamba mentre voltava un angolo e vedeva, in fondo al corridoio, la sua destinazione, una pesante porta di bronzo, torchiata in acciaio, accellerò ulteriormente il passo mentre lo sguardo gli ricadeva sui due pesanti fregi rossi. Due croci,  una su ogni anta.

Il suo pensiero andò immediatamente alle altre due, uguali in tutto e per tutto, che portava sempre addosso. Così pochi sanno cosa significano realmente.

Le due guardie scattarono all’unisono bloccandogli il passo di fronte alla porta. Efficienti quanto inutili. Pensò fermandosi a fissarli. Dopo poco i due soldati si spostarono, come rispondendo ad un comando silenzioso. La porta si aprì in silenzio, Seifer oltrepassò la soglia e subito le pesanti ante si richiusero dietro di lui.

La stanza ripiombò nel buio. Era una lunga stanza rettangolare, sul lato destro, le tende di velluto rosso impedivano a quasi tutta la luce di entrare dalle immense vetrate che occupavano quasi tutta la parete. La parete di sinistra era invece un’immensa parete a specchio, che in quel momento rifletteva l’oscurità del luogo raddoppiando anche il disagio che ne derivava. Il pavimento era percorso da un lungo tappeto rosso sangue che, quando si avvicinava al lato opposto della sala, svaniva nell’oscurità; questa parte della stanza era avvolta infatti da una pesante coltre di tenebre, che sembravano, più che un effetto della scarsa illuminazione, un predatore in agguato che non aspettava altro se non di divorare il resto della stanza che, seppur debolmente, godeva della luce del mattino.

Seifer percorse tutta la stanza lungo il tappeto rosso fino a fermarsi al limite di quell’ombra così innaturale. Si abbassò, posando il ginocchi destro a terra, la mano sinistra sull’impugnatura del gunblade, lo sguardo fiso nell’ombra.

“Mi ha chiamato mio signore?”

Due tizzoni incandescenti si accesero nel buio, alla luce di quegli occhi si indovinava la sagoma di un pesante trono nell’ombra, e di una figura sbragata su di esso.

Seifer rimase rapito da quelle iridi sanguigne, rimase a fissarle per un tempo infinito, mentre crollava nell’abisso di infinita conoscenza e tremendo potere che si rifletteva in quelle pupille, fino a quando la sua coscienza fu annullata, dopo poco parlò.

“ Ho capito, sarà fatto” Detto questo si rimise in piedi e uscì dalla stanza.

Raziel osservava la ragazza attraverso la parete a specchio, erano passate diverse settimane dall’intervento, ma lei non si era ancora svegliata. La osservò con interesse, i capelli neri, che erano stati lunghi e fluenti quando era stata portata in quel luogo ora le arrivavano solamente fino alle guance, una ciocca bianca rompeva la monotonia di quel nero appena sopra la nuca, sul lato destro della testa, sopra la cicatrice.

La mano di Raziel accarezzò distrattamente la spada, non capiva l’utilità pratica di quell’esperimento, dare un così grande potere ad una strega. Sangue di Hyne. Pensò con ribrezzo. Feccia da eliminare. Non poteva negare una certa curiosità però,  chissà quale sarebbe stato l’effetto su di una strega, il suo signore di certo lo sapeva, ma se non aveva voluto confidarlo a lui, che diritto poteva mai avere di chiedere? Dopo che il suo signore gli aveva dato tanto, il potere, il controllo, la vita, quando lui non aveva più nulla.

Sorrise, il giorno dopo era quello previsto per la liberazione, dopotutto sarebbe stato divertente osservare gli effetti di una tale mina vagante. Si voltò ed uscì dalla stanza incamminandosi lungo il corridoio. Il cerchio si stringeva sempre di più attorno ai discendenti, oramai era vicino il giorno della vendetta, per il suo sire e per lui, non ci sarebbe stato scampo, per nessuno. Il sorriso, prima solo accennato ora si fece più largo fino a diventare un ghigno.

L’occhio sinistro si contrasse in uno spasmo di dolore, veloce portò le mani a quello sinistro, mentre si piegava su se stesso per il dolore.

“Arghhhhhhhh” Sibilò a denti stretti, il tempo stringeva, doveva resistere, dopo poteva anche morire ma prima doveva cancellare dalla faccia della terra quel sorriso idiota, sarebbe sopravvissuto fino ad allora. I ricordi affollarono la sua mente, il fumo, le grida, l’odore del sangue. NO! Devo controllarmi, non posso cedere, non ancora, non ancora.

Con uno sforzo di volontà si risollevò in posizione eretta e ricominciò a camminare con passo malfermo, l’occhio destro divenne spento via via che i suoi passi diventavano più sicuri. Un solo pensiero rimase nella sua mente. Un cavaliere nero non cede al dolore, ci convive, lo accetta come un fratello e lo abbraccia, lo sfrutta per i suoi fini. Un cavaliere nero controlla morte e sofferenza, e le usa come armi per distruggere i suoi nemici!

Le stesse parole che gli erano state riferite il giorno dell’investitura, il giorno in cui aveva accettato il suo destino, in cui aveva rinunciato a tutto per poter avere la sua vendetta, e l’avrebbe avuta, di questo era più che certo.

Il suo passo non tentennò più e divenne sicuro e fermo, giurò a se stesso che così lo avrebbe mantenuto fino quel giorno. I torti sarebbero stati ripagati e giustizia sarebbe stata fatta. Questo giuro, sul mio onore e sul mio sangue!

 

Nota: Mi scuso per il ritardo ho avuto un blocco, ringrazio orphen che su msn mi ci ha tirato fuori! grazie socio! è un po' corto ma non mi sentivo di aggiungere nient'altro

P.S grazie a tutti quelli che mi hanno commentato e sostenuto!

P.P.S stò scrivendo una fanfiction a 4 mani cn Orphen88, promette davvero bene, si chiama The Open War, andate a leggerla e commentateci, ci farebbe molto piacere ^^

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Capitolo 11
*** Il significato di essere un Soldato ***


premessa: La prima versione di questo capitolo era completamente diversa ma oggi mentre lo battevo al pc ho cambiato tutto. spero che piaccia! Attenzione potrebbe cambiare radicalmente la vostra visione di Kunmon,

 

 

L’uomo entrò abbattendo la porta, lo sguardo vuoto percorse la stanza in cerca di qualcosa, i capelli d’argento macchiati di sangue non suo, gli ricadevano sulle spalle.

Da fuori provenivano urla e spari. Gli occhi dell’uomo si fermarono, aveva trovato ciò che stava cercando. La donna arretrò impaurita verso il fondo della stanza. Aveva gli occhi dorati ed i capelli castano chiaro, sue lacrime gli rigavano il viso. L’uomo cominciò ad avanzare verso di lei mentre lentamente, come un automa, estraeva la lunga katana che portava al fianco. NO! FERMATI!

Un ragazzo, di si e no sedici anni si frappose tra l’uomo e sua madre. Le gambe gli tremavano, in un attimo di coraggio era saltato fuori dal nascondiglio in cui era rimasto rannicchiato fin dall’inizio della battaglia, adesso il coraggio se ne era andato, era pietrificato dalla paura davanti all’uomo. L’uomo lo fissò con il suo sguardo senza sentimenti, non vi era nulla in quegli occhi di smeraldo, nessuna emozione, nessuna pietà. Lo schizzo di sangue macchiò l’uomo in viso quando la spada si abbatté sul ragazzo, con un calcio lo allontanò. Il ragazzo tremava mentre una chiazza di sangue si allargava sotto di lui, mischiata ad un'altra di urina causata dalla paura.

Senza nemmeno pulirsi il viso l’uomo riprese ad avanzare verso la donna, il suono dei suoi passi risuonava nella testa della sua vittima. La donna lanciò un grido muto e disperato tentando di arretrare di più ma non poteva, la parete glielo impediva. L’uomo si fermò a pochi passi da lei, la donna sollevò gli occhi, le pupille dilatate dal terrore fissò la spada alzarsi sopra di lei, una goccia del sangue del figlio le cadde sulla fronte. NON FARLO! La lama scese.

“NOOOOOOOO!!!!!!!” Kunmon si alzò a sedere sul letto, il viso grondante di sudore. Portò una mano a coprirgli la fronte, ancora quell’incubo, tormento da un passato oscuro. Uscì dalle lenzuola e si alzò in piedi, ancora scosso si trascinò barcollando verso il bagno, aprì l’acqua nel rubinetto del lavandino e si sciacquò la faccia. Sollevò gli occhi a guardare il suo riflesso nello specchio. Al suo sguardo rispose una faccia tirata e due occhiaie sotto gli occhi verde acceso, ma con in bocca un irritante sorrisetto ironico. Cos’ hai da ridere? Chiese in silenzio alla faccia nello specchio, il sorriso non cambiò, era troppo abituato a portarlo, il suo schermo contro la realtà.

“Non hai il diritto di ridere!” Urlò sferrando un pugno con violenza contro la sua immagine. Sbigottito osservò la mano con il sangue che gli usciva dalle nocche gocciolando nel lavandino e lo specchio in frantumi. La sua mente da soldato prese il sopravvento, mise la mano immediatamente sotto l’acqua, sistematicamente estrasse tutte le scheggie di vetro che gli si erano conficcate nelle nocche, trattenendo mugugni di dolore. Aprì l’armadietto a fianco dello specchio e prese il rotolo di garza cominciando a medicarsi la mano con cura. Fare quei semplici gesti distoglieva il suo pensiero dall’incubo, dal suo passato.

Non voleva ricordare quel periodo, la blood brotherhood  era morta, lui ora non era più cosi! Ne sei proprio sicuro? Una vocina gli sussurrò da dentro. Non hai mai pagato per quello che hai fatto, anzi sei diventato professore al garden, un premio per cosa? Per aver fatto soffrire e causato la morte di innumerevoli persone? Avresti dovuto essere ammazzato a Dollet!

SMETTILA! Urlò mentalmente, ma in fondo era d’accordo con quella voce, la vocee della sua coscienza, non avrebbe dovuto salvarsi, doveva morire durante l’esame il contrattacco SeeD, quella sarebbe stata giustizia. Ma questo mondo non è mai stato giusto e non penso che lo diventerà nella prossima ora.

Finì di medicarsi la mano e ripose il rotolo di garza nello sportellino. Uscì dal bagno, si vestì in fretta, afferrò la katana che aveva abbandonato la sera prima sulla scrivania e se la legò al fianco. Poi aprì il cassetto della scrivania tirò fuori una bottiglia di vodka e un bicchiere, guardò l’orologio sul comodino. Le cinque, era decisamente presto per bere ma nonostante questo non si ricordava una situazione per prendersi una sbornia con i fiocchi migliore di quella.

Dieci minuti dopo abbandonava la moto presa al garage del garden e si sedeva sulla spiaggia di Balamb. La bottiglia di vodka in una mano e il bicchiere nell’altra, ci pensò su per un momento poi gettò il bicchiere dietro le spalle ed aprì la bottiglia. Guardò di fronte a sé, Il sole stava sorgendo su Balamb, la palla di fuoco saliva dal mare colorando il cielo, la cresta delle onde e la spiaggia di rosso. Alzò la bottiglia in alto come per brindare.

“Rosso come il sole, rosso come la terra, rosso come il sangue!” Si portò la bottiglia alla bocca mentre nella testa finiva il brindisi. Rosso come la fratellanza!

Se lo ricordava ancora, dopo tutti quegli anni, prese un altro sorso mentre il liquore gli scendeva in corpo scaldandogli lo stomaco. Lo avrebbe ammesso solo da ubriaco marcio o da morto ma a volte gli mancava la vita da mercenario. Per quanto sarebbe potuto sembrare strano la fratellanza era stata la sua famiglia, l’unica vera famiglia che avesse mai avuto, erano tutti fratelli, nel bene e nel male ma tutti fratelli. Ognuno di loro sarebbe morto per salvare un altro membro, erano in cinquanta. Bevve un altro sorso di vodka. Cinquanta demoni usciti dall’inferno, che da soli avevano battuto e trucidato mille SeeD. Guardò verso il garden mentre portava di nuovo la bottiglia alla bocca. Elite militare? PUAH! Un gruppo di ragazzini con un buon addestramento, ecco cos’erano. Ce ne erano voluti quattromila per riuscire a spingere loro cinquanta sulle montagne dietro Dollet e per batterli. Nessuno di loro aveva la più pallida idea di cosa significasse essere un soldato. Forse con la guerra in corso lo avrebbero scoperto.

Solamente uno tra tutti i suoi studenti aveva capito davvero cosa significava fare quel lavoro, solo uno! Loro erano assassini, potevano abbellirlo con quanti fronzoli e belle parole che volevano ma la verità non sarebbe cambiata. Il lavoro di un soldato era uccidere, farlo bene e velocemente dimostrava che eri un buon soldato. Combattere per la pace? Tutte stronzate, la pace non si poteva raggiungere ammazzando la gente. Forse ingannare se stessi fa parte della natura umana tanto quanto uccidersi a vicenda. Bevve un altro sorso dalla bottiglia. Proprio per quello il mondo avrebbe sempre avuto bisogno di loro, ci sarebbero sempre state guerre, l’uomo non poteva avere la pace, non se la meritava. La SeeD stessa era nata all’unico scopo di sterminare degli esseri viventi: Le streghe!

Come diavolo facevano a convincersi di stare dalla parte giusta? Non esiste una parte giusta! Noi ammazziamo e massacriamo allo stesso modo in cui lo fanno loro. La fratellanza non aveva mai tentato di spacciarsi per qualcosa d’altro. Solo Gild lo aveva capito, glie lo aveva visto negli occhi fin da subito, sapeva che non c’era differenza, sapeva cosa stava cercando di diventare, un assassino professionista, lo sapeva e lo accettava, esattamente come lo accettava lui. Prendersi in giro era perfettamente inutile.

Portò la bottiglia alla bocca per l’ennesimo sorso ma non scese niente, la guardò meglio e si accorse che era vuota, la gettò a lato a si sdraiò sulla sabbia, un pesante torpore lo avvolse e, mentre guardava il mare, si addormentò.

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Capitolo 12
*** Il Sangue di Hyne ***


Squall camminava avanti e indietro nervosamente, sempre lo stesso tragitto, su e giù per la stanza scura. Le braccia conserte, lo sguardo fisso a terra e la bocca impercettibilmente corrucciata. Quistis lo fissava con il suo solito sguardo duro, appoggiata alla parete, le mani dietro la schiena. Per quale motivo Edea aveva dato loro quell’appuntamento. “Alle due di notte nella vecchia stanza del supremo, non dire niente a nessuno” Rivedeva ancora il messaggio sullo schermo del computer nella sua camera. La cosa le era sembrata molto strana. Edea, non Cid, Edea… Riportò lo sguardo su Squall, inutile lambiccarsi il cervello, tra poco lo avrebbero scoperto comunque.

Squall non pensava ad Edea, non gli passava nemmeno per il cervello, li c’era solo un nome, un viso, un immagine. Rinoa…L’aveva abbandonata, di nuovo, quanto era passato? Tre, cinque mesi? Maledettissima guerra! Aveva mandato immediatamente Irvine a Deeling City per vedere la situazione dopo il rapimento, insieme a Zell. Lui avrebbe dovuto raggiungerli poco dopo, poi era scoppiato questo casino. Gli erano piovuti addosso problemi da tutte le parti: logistica, distribuzione della truppe…. E un paese in guerra tra lui e l’unica persona di cui gli importasse sul serio.

Era rimasto tagliato fuori! Questo pensava mentre il rumore dei propri tacchi sul pavimento andava sempre più somigliando ad una campana a morto nella sua testa.

Era impotente. Il comandante del garden… Sollevò lo sguardo, era arrivato ad un passo dalla parete.

“CHE IDIOTA!” Gridò sferrando un pugno al muro. Il tonfo sordosi disperse nella stanza buia. Quistis sobbalzò, lo guardò storto, poi riportò lo sguardo sul pavimento.

“Preferirei tu non usassi certe parole in mia presenza ragazzo”

Squall e quistis voltarono lo sguardo verso la voce. Edea comparve dall’ombra. I capelli sciolti le ricadevano sulle spalle coperte dal lungo vestito viola scuro, questo, avvolgendola in un manto di tenebra, si confondeva nell’oscurità circostante facendo risaltare ancora di più il pallore del volto dell’ex-strega.

“Anche se comprendo lo stato d’animo in cui ti trovi” la bocca della donna si aprì in un sorriso dolce “Ma non devi preoccuparti, non è lei ciò che Lui vuole” La voce di Edea era strana come se provenisse da una distanza infinita.

Quistis si staccò dalla parete e guardò stranita la donna. Lo sguardo di Squall rimase gelido, ma la bocca gli si aprì in una smorfia confusa quando vide meglio gli occhi dell’ex-strega. Erano completamente bianchi, senza iride, ribaltati all’indietro.

“Cos’ ha madre?  Cosa sta succedendo?” Quistis fece un passo in avanti verso Edea preoccupata, il braccio di Squall la fermò. Quistis si fermò e voltò la testa a guardarlo. La mascella dura, i muscoli del collo tesi, gli occhi azzurri, di solito più freddi dello stesso ghiaccio, ora sprizzavano rabbia e tensione verso la moglie del preside.

“Chi sei tu?” la domanda uscì dalle labbra di Squall con tono teso, nervoso, non da lui.

Edea sorrise “Davvero non lo hai capito da solo? D’accordo te lo mostrerò”

La strega piantò i suoi occhi in quelli del comandante che crollò in ginocchio sopraffatto dalla visione che aveva avuto, rimase li tremante per un attimo. Poi abbassò la testa ansante. Aveva visto l’infinito, e ne era rimasto sconvolto.

“Squall che hai!” Quistis si getto al suo fianco scotendolo per il giubbotto. La mano del comandante staccò le mani della professoressa con un gesto secco.

Poi alzò una gamba, rimanendo con un ginocchio a terra e l’altra gamba piegata ad angolo retto, il capo chino, in una posizione piena di deferenza.

“Divino” disse sollevando leggermente gli occhi.

Quistis guardò arrabbiata Edea “COSA GLI HAI FATTO!” Fece per scagliarsi sulla strega ma dopo un passo si trovò a terra in ginocchio ansante.

Non è possibile, non può essere davvero lui ……… Hyne!

“E’ possibile ragazza mia, è possibile”  La voce che proveniva ora dalla strega non aveva più nulla di umano, esplodeva nella testa dei due con tutta la sua infinita conoscenza e potere “Ascoltate ora, il vostro mondo è a una svolta, verso quale destino nemmeno io posso ancora saperlo, ma sta a voi, tra tutti proprio a voi, fare in modo che non accada il peggio….” Lo sguardo della strega, lo sguardo del Dio si impose negli occhi dei due. Rimasero li per un tempo infinito, per pochi secondi. Poi si alzarono entrambi con un cenno del capo, e si avviarono verso l’ascensore.

 

 

Zell bussò tre volte alla porta, due colpi di seguito, pausa, un altro colpo. La porta si aprì di una lama mostrando uno degli occhi di Irvine, la porta si aprì del tutto e Zell entrò nella casa. Una catapecchia abbandonata da qualche famiglia scappata dalla guerra e dagli arruolamenti forzati. Deeling city era sotto il controllo di qualcuno, lo avevano capito subito, era una città sotto dittatura, i segni erano inequivocabili, case abbandonate, legge marziale, soldati ovunque…

“Allora? Cambiato niente?” Irvine osservò Zell mentre quest’ultimo si sedeva stancamente su una poltrone sfondata alzando una nuvola di polvere.

“Tutto come prestabilito, i cambi sono sempre quelli” Zell sbadigliò sonoramente “Tutto pronto per sta notte?”

“Tutto a posto” Irvine aprì un cassetto e tirò fuori una mappa ed un apparecchio elettronico che somigliava molto ad un palmare con due spinotti che sbucavano dal retro. “Piantina del palazzo e codici d’accesso dei laboratori sotterranei, abbiamo tutto, dobbiamo solo andare, prendere Rinoa e uscire”

Zell mugugnò pensieroso in risposta, con un piede si tirò vicino un tavolino e vi poggiò sopra i piedi sprofondando nella poltrona polverosa.

“Non ti sembra tutto un po’ troppo facile? Trovare una guardia da corrompere così facilmente, poi hai visto che faccia aveva, sembrava un manichino di plastica”

“Puzza anche a me ma non possiamo fare a meno di provare, non abbiamo più tempo” Irvine spostò lo sguardo a terra “La situazione in citta continua a diventare sempre più tesa, dobbiamo agire alla svelta” Incrociò le braccia appoggiandosi alla parete. In risposta ebbe un sonoro ronfare, Zell si era addormentato, tre notti in bianco erano pesanti per tutti. Irvine trattenne una risata e si diresse verso la cucina. Aprì il frigo ed estrasse una lattina di birra, poi si sedette per berla.

Fissò lo sguardo sulla finestra. Erano stati quattro mesi d’inferno, nascosti tagliati fuori, il seed più vicino a minimi 500 km.

Gli aveva fatto male vedere la capitale del suo paese ridotta cosi, mezza deserta, soldati ovunque, non era la Deeling city che si ricordava. Poteva essere anche andato a vivere a Balamb ma quella rimaneva sempre la sua terra. Bevve un sorso dalla lattina, il liquido amaro gli scese in gola. Il viso di Selphie gli attraversò la mente, sperava stesse bene, non era mai stato lontano da lei tanto a lungo. No non ci devo pensare, Irvine concentrati sulla tua missione! Scacciò il pensiero della ragazza dalla mente come asportandolo chirurgicamente. Quella notte sarebbe finita, in un modo o nell’altro sarebbe finita. Guardò la lattina di birra, in qualche maniera sarebbe tornato da lei, a costo di attraversare il continente a piedi!

 

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Capitolo 13
*** Notte al Buio ***


Irvine correva nella notte, dietro di lui Zell lo seguiva sbadigliando ogni tanto. Scattavano di ombra in ombra. La città era buia, il coprifuoco della legge marziale era già passato da ore, soldati a gruppi o da soli erano le uniche figure che si muovevano per le vie deserte.

Irvine scattò dall’angolo di una casa con le assi inchiodate alle finestre al portico di un’altra, seguito sempre da Zell. Erano arrivati al margine della grande piazza antistante il palazzo presidenziale. I due si fermarono nell’ombra del portico, un gruppo di guardie sorvegliava il cancello principale, altre sentinelle stavano agli imbocchi delle vie che si immettevano nella piazza, due per ogni strada.

Irvine indicò un vicolo a destra del palazzo che ne costeggiava la recinzione “è la!” Bisbigliò a Zell.

Questo si sporse da sopra la spalla del primo per vedere cosa stesse indicando.

“Come ci arriviamo?” Chiese sempre a basa voce.

Irvine fece cenno all’amico di seguirlo e poi ritornò indietro nella via buia, Zell lo seguì fino ad arrivare ad una grondaia che scendeva in strada dal tetto di una casa.

“Ci arriveremo passando di qua” Disse Irvine indicandola, poi ci pose sopra le mani e, senza aspettare risposta cominciò la scalata. Zell sospirò e lo seguì.

Sbucarono entrambi sul tetto, Irvine fece un cenno a Zell e i due cominciarono a sgattaiolare tra i comignoli, nel buio, di tetto in tetto, compiendo un largo mezzo giro attorno alla piazza fino a raggiungere il tetto di una casa che si affacciava sopra al vicolo che costituiva il loro obbiettivo. A distanza di un paio di metri, la larghezza del vicolo stesso, si ergeva l’alta recinzione del palazzo presidenziale. Irvine si fermò sul ciglio del tetto a guardare al di la del muro il cortile del palazzo.

Zell gli si avvicinò e gli mise una mano sulla spalla. “E’ un bel salto”Disse guardando la recinzione.

“Già, non credo che saltare da qui sia una grande idea” Irvine aspettò la risposta dell’amico che però non venne, si voltò inarcando un sopracciglio e si trovò a fissare uno spazio vuoto dove fino a pochi istanti prima stava il SeeD biondo. Sollevò lo sguardo giusto in tempo per vedere Zell terminare la sua rincorsa e staccare in salto dal ciglio del tetto.

“Cosa diavolo fai idiota!” Troppo tardi, ormai Zell era in volo, riuscì ad aggrapparsi con le mani alla sommità della recinzione per un pelo.

Irvine tirò un sospiro di sollievo mentre Zell si trascinava sulla cima del muro mugugnando per lo sforzo. Quando finalmente riuscì ad issarsi ed a posizionarsi a cavalcioni sulla cima, si voltò a fissare Irvine.

“Adesso tocca a te” Disse con tono di sfida.

“Te lo ha mai detto nessuno che sei un cretino?” Rispose Irvine mentre con calma si sollevava in piedi dalla posizione accucciata in cui era stato fino ad allora.

“Levita!” Pronunciò. Subito la magia lo sollevò e dolcemente il cecchino passò planando di fronte a Zell salutandolo ironicamente portando la mano al cappello ed andò ad atterrare all’interno della recinzione. Non appena toccò terra si voltò ad osservare con sguardo ironico il compagno

“Ti muovi da solo o devo venirti a prendere?”

Zell alzò gli occhi al cielo tirando un sospiro esasperato, poi scavalcò la recinzione e si lasciò cadere all’interno del cortile esterno del palazzo.

“Buffone” Gli disse avvicinandosi.

Irvine lo guardò male, poi estrasse dalla tasca del giaccone un palmare, picchiettò due tasti e sullo schermo apparve la piantina del palazzo. La luce elettronica dello schermo illuminò il suo viso corrucciato mentre esaminava la mappa.

“Sul retro da quella parte, ci dovrebbe essere l’ingresso di servizio, il nostro contatto dovrebbe già essere li ad aspettarci, dovrebbe poi condurci fino ai laboratori”

Zell lo fissò corrucciato in volto. “Ci sono un po’ troppi dovrebbe nel tuo discorso secondo me”

Irvine deformò la bocca in una smorfia a metà tra un sorriso e un verso schifato. La cosa non piaceva neanche a lui. Ma quel contatto era stata l’unica cosa che avevano rimediato in quasi un anno.

 Il fatto che fosse piovuta dal cielo a quel modo faceva puzzare di trappola quella faccenda lontano un miglio. Se lo ricordava ancora, il palmare con la mappa e i turni delle guardie e il messaggio per l’incontro abbandonati fuori dalla porta. Ma d’altra parte non avevano altra possibilità se non fidarsi di questo fantomatico contatto.

“Andiamo” Si voltò e cominciò a seguire il perimetro del palazzo per raggiungerne il retro.

Zell lo seguì sbuffando, non era il suo genere una missione del genere, il muoversi senza essere individuati e facendo poco chiasso non era esattamente il suo forte. Speriamo di trovare Rinoa alla svelta e di andarcene prima che scoppi qualche casino.

Il cortile era completamente deserto, Irvine si fermò guardandosi attorno nervosamente. La cosa non gli piaceva. Scosse le spalle e sgattagliolò, con Zell appresso, dietro l’angolo fino a raggiungere la porta di servizio che era il loro obbiettivo. Arrivati li si fermarono e si guardarono in faccia. Il posto era deserto, neanche l’ombra di qualsivoglia essere vivente, tantomeno del loro contatto.

“Dove diavolo è quell’idiota?”Chiese Zell

Irvine si sistemò nervosamente il cappello sulla fronte con la mano sinistra mentre la mano destra faceva per andare sotto il giaccone alla ricerca dell’impugnatura del fucile. Il rumore meccanico del cane che scattava con un “CLICK” e il freddo della pistola appoggiata sulla nuca lo bloccarono a metà del gesto.

“Io non lo farei se fossi in te” La voce che proveniva dalle spalle di Irvine era metallica e artificiale, come se provenisse da una radio. Irvine portò le mani in alto sopra la testa.

Zell fissava la scena a pugni stretti, pronto a qualsiasi idea. Non aveva idea di chi fosse quel tizio, ne da dove fosse sbucato fuori. Pochi attimi prima non c’era. Questi indossava un paio di pantaloni neri, in tessuto sintetico, con una moltitudine di tasche. Probabilmente facevano parte di una qualche sorta di divisa insieme al giubbotto che indossava al sopra della giacca di una tuta militare anch’essa nera.

 Il giubbotto, nero come il resto, era rinforzato sul davanti da alcune piastre metalliche. Brunite per renderle invisibili al buio come il resto della divisa, quel giubbotto doveva pesare una tonnellata ma l’individuo non sembrava risentirne. Sulla spalla sinistra era agganciato, in un lungo fodero, quella che pareva essere un lungo pugnale militare.

 Il viso era totalmente ricoperto da una maschera, forse di metallo, anch’essa nera, due lenti all’altezza degli occhi fungevano da occhi mentre, all’altezza della bocca vi era una specie di reticolato di metallo circolare, come fosse una radio.Probabilmente era la causa dell’artificiosità della voce dello sconosciuto. Da sopra la spalla destra sbucava il calcio di un fucile semiautomatico che portava a tracolla.

L’oscuro individuo stava alle spalle di Irvine. Il braccio sinistro mollemente abbandonato lungo il fianco. Il destro teso, impugnava una pistola automatica dalla canna lunga, al termine di questa stava agganciato un silenziatore che andava a poggiare, con l’altra estremità, alla nuca del cecchino di Galbadia. Unica nota di colore nella sua divisa era uno strano simbolo sulla spalla destra, un pugnale insanguinato in campo blu.

“CHI DIAVOLO SEI TU!?” Zell ringhiò contro allo sconosciuto.

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Capitolo 14
*** Fuga ***


La voce di Irvine era perfettamente calma “Sei in ritardo” Disse.

Zell fissò sbigottito il militare spostare la pistola dalla testa di Irvine e riporla nel fodero che portava alla cintura.

“Sono qui da quasi mezz’ora, vi ho liberato la via”Spiegò il soldato in nero. “Siete voi ad essere in ritardo”

“Q-questo sarebbe il nostro contatto!?” Chiese Zell esasperato.

Irvine lo ignorò e si volse verso la figura oscura. “Questo scherzetto immagino fosse una piccola vendetta personale…” Cominciò sogghignando. “Non è vero Shalin?”

Il soldato scoppiò in una risata metallica da dietro la maschera. Le sue mani andarono ad armeggiare per togliersela. La risata passò da metallica a squillante mentre da sotto la maschera sbucava un viso femminile. Zell fissava sbigottito la ragazza; era bionda, con i capelli tagliati alla militare e gli occhi verdi fissavano divertiti e maliziosi Irvine.

“Come hai fatto a riconoscermi Kinneas?” Chiese.

“Non dimentico mai il tocco di una ragazza” Rispose il cecchino sistemandosi appena il cappello sulla testa. “Ne hai fatta di strada, addirittura un membro dei Klaster” Disse fissando la divisa di Shalin.

“Scusate qualcuno può spiegarmi cosa sta succedendo?” Chiese Zell ripresosi dallo shock iniziale.

Shalin fissò Zell per qualche istante, poi si voltò di nuovo verso Irvine.

“Chi è questo gallinaccio?”

Irvine scoppiò a ridere mentre Zell faceva un passo avanti teso per la rabbia. “Ma chi diavolo credi di essere!” Disse mostrando il pugno chiuso. “Se tu non fossi una ragazza…Bah lasciamo perdere” Si appoggiò con la schiena alla parete del palazzo, con le braccia conserte e lo sguardo offeso.

Irvine fissò l’amico, era davvero cambiato da quando l’aveva conosciuto. Una volta, ragazza o non ragazza, sarebbe partito alla carica compromettendo la missione. Ora invece guardalo li…Si è controllato…Incredibile a dirsi ma forse Zell era finalmente cresciuto.

“Mi vuoi rispondere o preferisci continuare a fissare il tuo amico come se fosse un archeosaurus ammaestrato?”

Irvine si riscosse e portò lo sguardo su Shalin. Lei invece non era cambiata di una virgola, era sempre il solito maschiaccio, sempre pronta a prendere in giro chiunque alla prima occasione, esattamente come quando l’aveva conosciuta, al garden di galbadia.

 “Lui è Zell Dincht, un mio collega” Disse il cecchino indicando l’amico. “Ora madam, se ci vuole gentilmente fare strada all’interno” Disse sarcastico facendo un inchino svolazzante, volutamente esagerato e indicando in maniera eloquente la porta di metallo.

Shalin sbuffò Il solito deficiente “Seguitemi” disse avvicinandosi alla porta. Picchiettò qualche tasto sulla serratura a combinazione e la porta si aprì con un clack.

La ragazza posò la mano sulla maniglia e si voltò a guardare i due seed. “Andiamo?” Disse come sfidandoli.

 

 

Il campo era in fermento. I seed stavano smontando tende e caricando i camion e i mezzi il più velocemente possibile. Il Grey 35 si preparava a lasciare la posizione, e con una certa fretta. Kartya fissava il campo in smantellamento, il suo sguardo passò pigro sulla febbrile attività che percorreva il mucchio di tende ordinate. Serdio vicino ai camion controllava su una lavagnetta gli oggetti caricati, ogni tanto estraeva una penna dalla tasca e ci scarabocchiava qualcosa sopra. La sigaretta in bocca e il fucile in spalla, sbraitava a destra e sinistra contro chiunque fosse cosi sfortunato da capitargli a tiro.

Kartya sorrise guardando il veterano, aveva preso il comando fino a quando Gild non si fosse ripreso del tutto. Scappare dalla base galbadiana era stato un inferno, meno della metà dei soldati impiegati in quella operazione ne era uscito vivo e di questi una buona metà era ferita. In qualche maniera, spronati da Serdio i seed del Grey 35 erano avanzati fino al loro generale e vi avevano fatto cerchio attorno per poi ritirarsi ordinatamente verso i mezzi e scappare a tutta velocità. Gild era rimasto svenuto per poco tempo, gia durante la fuga era cosciente e la ferita alla spalla si era rimarginata in fretta, tanto che non era stato necessario alcun punto. Si è rimarginata incredibilmente in fretta in effetti…Una ferita del genere avrebbe ucciso chiunque altro. In definitiva, l’unico problema ora era il fatto che, per la prima volta dall’inizio della guerra, Galbadia conosceva la posizione esatta di Desert’s Ghost, e questa era la spiegazione di quello che stava avvenendo sotto i suoi occhi, stavano scappando. Ritirando non scappando ma ritirando.

 “Come se una parola potesse cambiare la situazione” Sussurrò tra se e  se.

“Un guil per sapere cosa stai pensando” Brandon le si sedette accanto.

“Un guil sprecato” gli rispose Kartya.

Brandon sorrise senza guardarla. Teneva lo sguardo fisso sul campo seed. “Allora come sta il tuo bel generale?” Le chiese con espressione furba e fissandola di sottecchi.

“Se ti riferisci a Gild” Calcò bene il tono sul nome

“Sta più che bene, nonostante qualcuno cerchi di strozzargli il nome” Rispose una voce conosciuta da dietro di loro.

Kartya si voltò, Gild se ne stava li impalato, con la divisa addosso. Kartya fece per alzarsi ma Lui tese la mano come se si aspettasse qualcosa. Brandon si alzò in piedi e fissò la ragazza inarcando un sopracciglio. Poi Gild parlò.

“Le sigarette e l’accendino se non ti dispiace” Disse facendo un gesto eloquente con la mano.

“Non so di cosa tu stia parlando” Rispose la ragazza con una vocina innocente.

Gild guardò Brandon esasperato, con uno sguardo come a dire “ma fa cosi anche con te?” Poi, senza preavviso si gettò sulla ragazza, i due rotolarono a terra in una zuffa, sotto lo sguardo allibito di Brandon. Dopo poco Gild si rialzò trionfante con in mano il pacchetto di sigarette e l’accendino. Kartya si mise a sedere con una finta faccia imbronciata.

Lui sfilò una sigaretta dal pacchetto con la bocca e se l’accese. Poi fissò la ragazza mentre inalava il primo tiro. “Anche io sono felice di rivederti” sorrise. Kartya non rispose tenendo il suo finto broncio. Gild si strinse nelle spalle e si rivolse a Brandon mentre riponeva il pacchetto di sigarette nella tasca dei pantaloni.

“Non credo di conoscerti, piacere, Gild Jamasay” Gli tese la mano e quello la strinse, Brandon si sarebbe aspettato di tutto tranne che un tipo del genere.

“Brandon Taker” Rispose incerto.

Mentre ancora gli stringeva la mano Gild lanciò una mezza occhiata a Kartya. “Ti verranno le rughe se tieni quell’espressione ancora per un po’ lo sai?”

Adesso lo ammazza Brandon fissò quel pazzo suicida a cui stava stringendo la mano. Sapeva bene cosa ci si guadagnava a fare lo strafottente con Kartya. Gli si irrigidì la schiena al ricordo dell’ultima volta che l’aveva fatta arrabbiare.

Inaspettatamente Kartya stese il viso in un sorriso e si alzò in piedi travolgendo Gild in un abbraccio che aveva molto poco di femminile.

“è bello rivederti in piedi generale” Gli disse scherzosamente prima di staccarsi da lui con un sorriso furbo.

Kartya si frugò in tasca e ne estrasse la lettera che le era stato ordinato di consegnargli. Gliela porse. “Questi sono i tuoi ordini”

Gild afferrò la busta ma non la aprì, la infilò invece in una delle tasche della giacca mentre un dubbio lo assaliva, gettò a terra il mozzicone di sigaretta che aveva in bocca e ficcò la mano in tasca alla ricerca del pacchetto. La tasca era vuota.

Sollevò uno sguardo finto arrabbiato che avrebbe incenerito un blocco di ghiaccio e lo piantò su Kartya.

Quella lo fissò con uno sguardo di sfida e partì di corsa. Gild indirizzò uno scusami a Brandon prima di partire all’inseguimento.

Questo li fissò scomparire dietro l’angolo di una tenda, spiazzato si grattò pensieroso la testa con la mano destra. Cosi questo è il generale del Grey 35… “Non ci posso credere…”Mormorò. La silenziosa figura di Daniel lo affiancò

“Credici” Disse prima di ripiombare nel silenzio.

Brandon si voltò a fissare il viso dell’amico, un leggero sorriso ironico gli piegava gli angoli della bocca mentre lo fissava con i suoi occhi viola. “Va al diavolo” Gli disse ridendo mentre gli assestava una pacca sulla spalla e si dirigeva, mani in tasca e gunblade alla cintura, alla ricerca di qualcuno con cui allenarsi, improvvisamente gli era venuta voglia di menare le mani.

 

 

 

Irvine e Zell seguirono Shalin lungo un dedalo di corridoi, incontrarono poca resistenza, i pochi soldati vennero eliminati senza problemi dai tre. Erano scesi in profondità sotto la villa e ora stavano percorrendo un corridoio deserto, Shalin guidava il gruppo. La ragazza si fermò di fronte ad una porta, uguale in tutto e per tutto alle altre, era chiusa da una serratura a codice. Shalin si infilò una mano in tasca e ne estrasse uno strano apparecchio, una sorta di palmare da cui pendevano due cavi con due elettrodi. Sotto gli sguardi incuriositi di Zell e Irvine la ragazza staccò la parte con i tasti della serratura rivelando un intrico di fili, prese i due elettrodi e li infilò in due punti precisi, poi premette un tasto sul palmare e quello cominciò ad emettere dei suoni elettronici come se stesse elaborando dei dati, dopo pochi minuti la serratura si sbloccò con un click. Shalin ripose il palmare e fece un gesto eloquente ai due seed ad indicare che erano arrivati.

Irvine si avvicinò e poggiò una mano sulla porta, poi si voltò a fissare Shalin, quanto si poteva fidare? Era stata una sua amica, e forse anche qualcosa di più ma era pur sempre un soldato di Galbadia.

“è qui dentro?”

“Si, è qui che la tengono” Shalin appoggiò la mano destra al fianco “Allora ti decidi ad aprire quella porta o cosa?”

Irvine non rispose, fece un cenno d’assenso e spinse la porta, questa si aprì senza fare il minimo rumore su una stanza buia. I tre, dopo un attimo di esitazione entrarono. Per un po’ non videro niente, dopo poco però i loro occhi cominciarono ad abituarsi al buio. Davanti a loro si trovava quella che somigliava molto a una camera d’ospedale. Completamente spoglia, conteneva solo un letto, addossato alla parete di destra e vuoto, intatto come se non fosse mai stato usato, a sinistra stava invece un piccolo tavolino con due sedie, su una di queste sedeva Rinoa. All’inizio Irvine non la riconobbe, aveva i capelli che le arrivavano alle guance, in sostituzione della lunga chioma corvina che aveva l’ultima volta che l’aveva vista, inoltre una ciocca bianca sbucava in mezzo ai capelli, sulla parte destra, brillava come di luce propria, riflettendo il chiarore che entrava dal corridoio. Nonostante questo Irvine l’avrebbe comunque riconosciuta immediatamente, se non fosse stato per i suoi occhi, fissavano vuoti nella loro direzione, senza vederli.

“Rinoa!” nessuna reazione.

Preoccupati Zell e Irvine si avvicinarono alla ragazza, indossava il suo solito vestito, come se fosse pronta a partire ma non dava alcun segno di vita, nemmeno quando zell la scosse leggermente tenendola per le spalle.

“Rinoa siamo noi! Siamo qui per portarti via” Le disse.

Lei voltò appena la testa in direzione di Zell e lo fissò con uno sguardo completamente vuoto, come se stesse guardando qualcosa che solo lei poteva vedere.

“Non abbiamo tempo, portiamola fuori di qui e filiamo” Disse Irvine all’amico, che rispose con un cenno d’assenso. Rinoa non oppose alcuna resistenza ma si lasciò condurre tranquillamente dai tre.

Insieme ripercorsero il tragitto fino al cortile, non suonò nessun allarme, niente si era mosso, il palazzo giaceva in un silenzio irreale.

Non molto lontano, in una stanza buia, di fronte ad una parete di schermi, un occhio dorato era piantato su uno di essi, osservava maligno i quattro fuggire dal palazzo, un sorriso si allargò sul viso di Raziel, tutto procedeva secondo i piani.

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Capitolo 15
*** Factions ***


Il ragazzo cadde a terra mentre la sua spada volava per aria e si piantava nel terreno poco distante. Brandon si asciugò il sudore dalla fronte ed aiutò il suo avversario a rialzarsi. Erano li da un paio d’ore e oramai aveva mandato a gambe all’aria qualsiasi Seed che non fosse impegnato nello smontare il campo. Salutò il ragazzo che si raccolse la sua spada e si diresse verso una tenda massaggiandosi la schiena. Brandon si guardò attorno alla ricerca di un nuovo avversario.

 

“Non ne hai ancora abbastanza?”

 

Si voltò in direzione della voce, Gild se ne stava a braccia incrociate, seduto su una cassa, una sigaretta in bocca e il gunblade nel fodero appoggiato a terra. A quanto pare era riuscito a recuperare il pacchetto da Kartya. Brandon non sapeva perché ma quel tipo gli dava sui nervi.

 

“Vuoi provare tu?” Gli chiese con un ghigno sulla faccia, Gild era ferito, si sarebbe divertito a dargli una lezione di scherma.

 

“Perché no” Il Biondino rispose con calma e gettò la sigaretta a terra, pestandola sotto il tacco della scarpa mentre si rialzava e con la destra sfilava Black Soul dal fodero.

 

Brandon fissò incuriosito il gunblade dell’avversario. Che razza di lama è quella? Non aveva mai visto niente del genere. Comunque si strinse nelle spalle e serrò la presa sull’Hyperion,  mentre Gild si metteva in posizione.

 

I due si guardarono negli occhi per un po’ quelli attenti di Brandon si specchiavano in quelli spenti e vuoti di Gild. Ma che diav… Non riuscì a finire il pensiero, Il biondo scattò in avanti con una velocità impressionante tentando un colpo dal basso verso l’alto, Brandon lo parò con qualche difficoltà. Poi non ci fu tempo per pensare a niente. I due presero a duellare girando in tondo in un valzer di lame. I colpi si susseguivano sempre più veloci, nessuno di loro aveva mai incontrato un avversario di quel livello. Parecchi Seed si erano fermati dal loro lavoro per guardare quell’opera d’arte di scherma. Persino Serdio non sbraitava più, se ne stava a guardare con la bocca semi aperta, la sigaretta che gli penzolava da un angolo.

 

I due continuavano instancabili. Gild dentro la bolla di vuoto si chiedeva come diavolo facesse quel tipo a muoversi cosi in fretta. La stessa domanda che stava rimbalzando nella testa di Brandon dall’inizio del duello. Erano allo stesso livello.

 

Gild parò un fendente laterale, con una torsione del polso spostò il gunblade di Brandon e si aprì un varco per un fendente dal basso verso l’alto, Brandon si piegò all’indietro, la lama di Black Soul gli passò vicino al viso, ruotò su se stesso e si portò fuori portata. I due cominciarono a girare lentamente in tondo, entrambi con il fiatone.

 

Brandon si lanciò in avanti e di nuovo le lame si incrociarono sprizzando scintille. Rimasero cosi, i gunblade incrociati sopra le loro teste e i muscoli tesi nello sforzo di sopraffare l’avversario.

 

I loro occhi si incrociarono di nuovo, ed ognuno capì che non avrebbe potuto vincere, non quella volta. Abbassarono le lame contemporaneamente di fronte ad un ammutolito gruppo di seed.

Brandon piantò l’Hyoerion a terra e crollò seduto a terra con il fiato corto.

 

Gild per contro non sembrava per niente stanco, tese la mano a Brandon, che l’accettò, aiutandolo a rialzarsi.

 

“Combatti bene” gli disse una volta in piedi.

 

“Anche tu” rispose il biondo atono.

 

Il vuoto era l’unica cosa che ancora lo tenesse in piedi, se lo avesse mollato sarebbe crollato a terra sfinito, e non poteva permetterselo, non davanti ai suoi uomini.Con la stessa voce vuota diede un ordine a Serdio e il campo si rimise in attività.

 

Gild raccolse il fodero del gunblade e se ne andò in silenzio, con tutta la velocità che gli permettevano le sue gambe sfinite. Appena fu sicuro di non essere visto, lasciò che il vuoto si rompesse come una bolla di sapone. Si accasciò a terra respirando affannosamente .

 

Al diavolo… Pensò mentre riprendeva fiato. Si mise una mano in tasca distrattamente, le sue dita toccarono la busta che gli aveva dato Kartya. La tirò fuori e la guardò, era indirizzata a lui e sul retro portava il simbolo della seed. Estrasse il pugnale dal fodero e lo usò per aprire la busta. Lo ripose nel fodero.

 

La busta conteneva due fogli ripiegati. Il primo era una mappa della regione, Gild la stese sul terreno, poi aprì l’altro foglio. Lesse aggrottando la fronte, poi guardò la mappa. Fantastico…pensò sarcastico. Il Grey 35 si porti nella posizione ALFA. La suddetta posizione era ubicata dall’altro lato del deserto, oltre il fronte, e ovviamente, la lettera non spiegava in nessun modo come il reparto ci sarebbe dovuto arrivare. Come se avessimo tutti le ali qui eh? C’era un intera regione in guerra tra loro e la loro destinazione e quegli idioti gli dicevano solo di trasportare più di un migliaio di uomini al di la del fronte senza che nessuno se ne accorgesse.

 

“Una bazzecola…” si lasciò sfuggire ad alta voce acido.

 

“Brutte notizie?” Kartya gli si avvicinò e si sedette a fianco.

 

“Ottime direi” Rispose lui sarcastico “Almeno ci leviamo di qui” Le spiegò poi quali erano gli ordini.

 

“Quindi non sai come fare?” Gli chiese alla fine.

 

“No, non so come fare” Il biondo continuava a fissare la mappa con lo sguardo assorto.

 

Lei gli mise un braccio attorno alle spalle e avvicinò il viso al suo orecchio.

 

“Sono sicura che qualcosa ti verrà in mente” Gli sussurrò come se fosse il segreto più importante del mondo.

 

Poi spiazzandolo completamente gli scoccò un bacio sull’angolo della bocca. Poi si alzò e si dileguò tra le tende  del campo lasciandolo li a fissare il punto in cui era sparita.

 

Rimase cosi per un attimo, poi sbuffò scrollando le spalle, si infilò la mano in tasca alla ricerca delle sigarette ma la trovò vuota. Avrei dovuto immaginarlo … Pensò sospirando, quella ragazza lo avrebbe fatto impazzire un giorno o l’altro. Raccolse e ripiegò la mappa infilandosela di nuovo in tasca assieme alla lettera. Poi si alzò in piedi e se ne andò alla ricerca di una sigaretta.

 

 

 

 

Il garden era nel caos, studenti contro studenti, professori contro professori, in tutta l’accademia i duelli si susseguivano, sembrava di essere tornati a due anni prima quando Norg aveva tentato di rovesciare il preside, e la situazione non era del tutto dissimile.

 

Il comandante aveva dato l’annuncio poche ore prima. Il preside Cid era stato dimesso dal suo incarico, Squall ora entrava in possesso di pieni poteri, gli studenti sarebbero dovuti restare calmi e non provocare disordini.

Ovviamente la rivolta era scoppiata quasi istantaneamente. La maggior parte degli studenti tutta via si era schierata, guidata dalla professoressa Quistis affiancata dal CdD, a favore del comandante Leonheart. Una parte invece, guidata da Selphie si era schierata con il preside. Ora si combatteva in ogni parte della scuola.

 

Kunmon si trovava alle prese con quattro studenti, velocemente ne colpì uno con un pugno e lo spedì a terra, con un calcio stese il secondo, ruotando su se stesso picchiò la lama di piatto sulla tempia di un terzo studente abbattendolo. Poi pose la lama di taglio e intercettò il colpo del quarto avversario. Lo colpì al linguine con una ginocchiata e quando questi si piegò in due abbattè l’impugnatura della lama sulla sua nuca facendogli perdere conoscenza.

 

Alzò lo sguardo e vide uno studente a qualche metro da lui che stava per calare la spada su Selphie, gia impegnata con altri due ragazzi, prendendola alle spalle. Veloce lo spadaccino sfilò un pugnale da lancio dalla cintura e lo scagliò. Lo studente urlò lasciando cadere l’arma quando il pugnale si piantò nella sua mano inchiodandola alla parete.

 

Selphie si voltò attirata dall’urlo e per un attimo incrociò uno sguardo d’intesa con kunmon, che gli rispose con il solito ghigno folle.

 

Poi si ributtò nella mischia. La fazione del comandante li stava lentamente ricacciando indietro verso la mensa.

 

Combattere solo per stordire gli costava una tremenda fatica, non ci era abituato, tanto più che nessuno degli studenti che aveva incrociato si faceva problemi etici di  alcun genere. Una lama troppo vicina tagliò via una ciocca dei suoi capelli d’argento, cominciavano a diventare davvero troppi.

 

Si disimpegnò velocemente ed arretrò per una decina di metri, subito incalzato da tre avversari. Parò l’asta del primo, con un colpo di taglio la spostò e mollò una testata a chi la impugnava mandandolo a terra. Gli altri due lo stavano accerchiando. Si voltò verso quello alla sua destra che impugnava una daga nella mano destra e una spada nella sinistra, e lo caricò con una sequenza di colpi velocissimi, quando il ragazzo abbassò la guardia la guardia venne colpito sul naso dall’impugnatura della katana di Kunmon, lasciò cadere le armi portandosi le mani al viso da dove ora usciva sangue.

 

Lo spadaccino si voltò appena in tempo per parare l’attacco della ragazza alle sue spalle, portato con una lancia. Deviò la lama della lunga arma con la sua e con una piroetta si avvicinò alla studentessa sferrandole un pugno senza troppe cerimonie e mandandola a terra. Si fermò un attimo a guardarsi attorno, non ce l’avrebbero fatta, era fin troppo chiaro.

 

“Ripiegare! Ripiegare verso la mensa!” Urlò poi si lanciò verso la suddetta

 

La maggior parte degli studenti della fazione del preside lo seguì.

 

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Capitolo 16
*** Il bianco Spadaccino ***


 

La pesante saracinesca di metallo era calata prontamente dietro di loro impedendo il passaggio agli avversari.

 

Kunmon rinfoderò la spada, che stringeva ancora in pugno, e lasciò scoppiare la bolla di vuoto lasciando che la fatica gli arrivasse fin nelle ossa, il suo limite era comunque ben lontano dall'essere raggiunto, ma combattere senza colpire in modo letale era difficile, non ci era abituato. Selphie gli si avvicinò, il nunchaku appoggiato sul collo, con le due impugnature che le penzolavano sul davanti.

 

"Per ora li abbiamo tagliati fuori" disse più a se stessa che a lui.

 

Kunmon le rispose con il suo sorriso inquietante.

 

"Tra poco troveranno il modo di sfondare e allora saremo fregati" Disse lo spadaccino sorridendo e posando la mano sinistra sull'impugnatura della katana, con aria svogliata.

 

Selphie gli sorrise di rimando, era una delle poche persone al garden che non fosse a disagio con kunmon, forse perché prendeva il sorriso irritante dello strano professore per ottimismo, o forse perché era matta quanto, se non più di lui.

 

"Se sfondano li ricacceremo indietro" Si scrollò le spalle facendo tintinnare in nunchaku.

 

"Al solito insomma" Kunmon sbadigliò sonoramente e crollò a sedere a terra sbuffando.

 

Si sdraiò con le braccia incrociate dietro la testa e chiuse gli occhi.

 

"Chiamami se stiamo per morire" Le disse sbadigliando di nuovo, poco prima di addormentarsi come un sasso.

 

Selphie lo guardò per un attimo come se stesse fissando un tomberry impegnato in un tip tap, poi scosse la testa ridendo e si allontanò, girando tra gli studenti controllandone le condizioni. Quella situazione era insopportabile, cosa diavolo si era messo in testa Squall, una volta che lo avesse avuto tra le mani gli avrebbe dato una bella tirata d'orecchi, e anche a Quistis. Come evocata per magia, la voce della professoressa Treepe provenne da dietro la saracinesca.

 

"Non avete via d'uscita! Arrendetevi!"

 

Dall'interno non provenne alcuna risposta. Maledetta stupida!  Quistis sibilò stizzita.

 

"Signora?" Un seed stava a fianco a lei in attesa di ordini.

 

"Per ora lasciamo le cose come stanno, teneteli bloccati li dentro, nessuno deve uscire" Portò una mano a massaggiarsi le tempie, aveva un tremendo mal di testa.

 

"Sissignora!" Il seed scattò sull'attenti.

 

Quistis lo congedò con un gesto della mano e si avviò verso l'ascensore.

 

All'interno della mensa Kunmon, sdraiato a terra si era svegliato. Teneva una gamba piegata, l'altra accavallata sopra la prima, un braccio sotto la testa a fargli da cuscino. L'altra mano nella tasca dei pantaloni giocherellava con un cofanetto, che qualcosa quella mattina gli aveva fatto tirare fuori da sotto la mattonella sconnessa che si trovava nella sua stanza e dove aveva sepolto i suoi vecchi ricordi, dopo molti anni. Non aveva comunque nessuna intenzione di aprirlo, men che meno di usare ciò che vi era contenuto. Visto come si stavano mettendo le cose, quel qualcosa aveva perfettamente ragione.

 

La stessa strana inquietudine lo aveva spinto a preparare la sua sacca da viaggio con le sue vecchie cose la sera prima. Ora stava abbandonata sul suo letto accanto ad un più che consunto impermeabile bianco. Analizzò mentalmente la loro situazione sotto tutti i punti di vista che gli venivano in mente. Dopo qualche minuto arrivò alla conclusione che erano gia tutti morti. Il sorrisetto che aveva sempre in volto gli si allargò acquisendo la connotazione di un ghigno folle mentre si alzava in piedi.

 

Cominciò a guardarsi attorno alla ricerca di Selphie tra gli studenti, per riferirle la bella notizia della loro imminente e irreversibile morte. Lo sguardo gli cadde sul distributore delle bibite, frugò in tasca alla ricerca della chiave magnetica per poter prendere qualcosa da bere senza usare i guil. Niente da fare, doveva essergli caduta durante gli scontri. Guardò le lattine attraverso il vetro del distributore.

 

 A mali estremi... Mollò un calcio al vetro, che si incrinò. Lo colpì una seconda volta mandandolo in frantumi, poi prese una lattina e l'aprì sotto gli sguardi allibiti degli studenti che si trovavano vicini alla scena. Guardò il distributore sfasciato, un idea gli balzò in mente, piazzò lo sguardo sulla parete nord della mensa, quella dietro il distributore. Al di la di essa vi era una parte di terreno che circondava il centro di addestramento, girandogli attorno si raggiungeva il porticato che collegava il dormitorio con il corpo centrale del Garden. A mali estremi...

 

"Levatevi di li!" Gli studenti vicino alla parete ubbidirono guardandolo tramortiti.

 

Kunmon sollevò la mano destra, ci pensò per un secondo, forse non era il caso... Al diavolo!  Pensare non era mai stato il suo forte.

 

"Ultima!"

 

 

Quistis si fermò ad un passo dall'ascensore, al tremare del pavimento sotto i piedi, un rombo soffocato era piombato nella hall del garden. Ma che...

 

La mensa era invasa dalla polvere, Selphie tossi riparandosi la bocca dalla polvere. Una folata di vento spazzò via il fumo. Oh grazie a Hyne...... Un attimo...Vento nella mensa?"  Si guardò attorno, nella parete nord della sala si apriva un enorme buco. Di fronte a questo stava Kunmon con un sorriso idiota in volto e lo sguardo soddisfatto. Sel'hie lo caricò a passo di marcia.

 

"Si può sapere che diavolo hai combinato?"

 

Il professore si voltò a guardarla sorridendo.

 

"Ci ho procurato una via d'uscita" Le disse con la voce di un bambino che ne abbia appena combinata una.

 

Selphie lo fissò a bocca aperta, poi guardò il buco, poi fissò di nuovo Kunmon. Infine si scrollò nelle spalle e si rivolse agli studenti che si erano riuniti a fissare a bocca aperta lo squarcio nel muro.

 

"Bene ragazzi, usciamo di qui forza!" Sottolineò l'ultima parola con un saltino e una piroetta. Dopodiché attraversò la breccia uscendo all'esterno. Agli studenti non rimase altro che seguirla rassegnati. Kunmon rimase indietro volutamente, quando l'ultimo studente uscì attese ancora per qualche minuto.

 

Poi scattò di corsa. Doveva fare in fretta, corse a perdifiato abbracciando il vuoto per poter aumentare ancora di più la velocità. Cinque minuti dopo si trovava di fronte all'entrata del dormitorio, si gettò senza fermarsi nella zona maschile.

 

Inchiodò davanti alla sua camera. Niente chiave magnetica Ricordò all'improvviso. Sfoderò una Katana e l'abbatté sulla serratura elettronica che esplose sprizzando scintille. Entrò, sul letto stava la sua sacca, accanto a quella un vecchio impermeabile chiaro, probabilmente bianco un tempo, ingrigito e strappato e sbrindellato sulla parete destra e all'altezza delle spalle. Lo guardò per un secondo poi lo afferrò e l'indossò, poi prese la sacca e se la gettò dietro la spalla destra, reggendola per la cordicella. Uscì dalla stanza e si fiondò di nuovo nel corridoio.

 

Due seed lo videro arrivare e gli sbarrarono la strada estraendo le armi. Kunmon non rallentò, a poco meno di un metro da loro spiccò un balzo in diagonale verso destra, si diede una spinta contro il muro e scavalcò i due con una capriola atterrandogli alle spalle e ricominciando a correre scomparì dietro una curva del corridoio prima che i due seed potessero fare qualsiasi cosa.

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Capitolo 17
*** Dreamline ***


 

Il mare era calmo, piatto come una tavola, sciabordava pigramente sul bagnasciuga. Lo guardò assorto nei suoi pensieri. C' era qualcosa che non andava in quella vista, ma non avrebbe saputo dire cosa, eppure lo inquietava, come se la spiaggia, il mare, le case addossate poco dietro il muretto su cui stava seduto, non avessero dovuto esserci. Provava una sensazione di sovrapposizione

 Come se il mondo non dovesse essere cosi come lo vedeva.

 

Scosse la testa, probabilmente uno dei suoi soliti viaggi mentali, doveva piantarla di lasciare correre l'immaginazione a briglia sciolta, Cerine glie lo ripeteva sempre "Hai sempre la testa tra le nuvole..." Se avesse avuto un guil per ogni volta che aveva sentito quella frase uscire dalle sue labbra, ora sarebbe stato miliardario.

 

Decise di alzarsi, si issò in piedi sul muretto guardando ancora per un attimo la spiaggia e l'orizzonte piatto, adorava l'oceano di prima mattina, gli dava un senso di pace. Poi si voltò verso Dollet e si incammino per le vie ancora deserte. Era un ragazzo, con qualche anno in più di quelli che dimostrava. I capelli biondissimi, quasi bianchi, portati corti, e gli occhi grigi, talmente chiari da far quasi scomparire l'iride, tanto che pochi riuscivano a fissarlo negli occhi senza essere a disagio, gli davano un aria eterea, che stonava con la sua corporatura muscolosa ma che allo stesso tempo la ingentiliva.

 

Indossava un paio di pantaloni di pelle, neri come gli anfibi che portava ai piedi. Sopra indossava una maglietta azzurro chiaro e sopra di questa un giubbotto leggero, di colore rosso acceso, che portava aperto. Sulla schiena, all'interno di un grosso fodero, portava una spada dalla strana lama ricurva, come se fosse un artiglio, l'impugnatura era di acciaio brillante, smaltata d'argento, e rivestita da una fascia di pelle nera, la lama era invece rosso scuro, come se fosse fatta di rubino, affilata su entrambi i lati.

 

Camminò per le strade del paesino fino a raggiungere un portone, un insegna con rappresentati un martello e un incudine dondolava pigra nella brezza leggera. Frugò in tasca fino a tirarne fuori una pesante chiave in ottone, la infilò nella serratura e la girò, quattro mandate, come al solito. Spalancò il portone. Il negozio era piccolo e affollato, anche se era del tutto deserto. Espositori e scaffali riempivano quasi tutto lo spazio, sopra di questi facevano mostra di sé ogni tipo di arma, gunblade, pugnali, spade ad una o due mani, lance e alabarde di ogni genere.

 

Ogni arma esposta la dentro era una vera opera d'arte, finemente intarsiata e decorata con fregi in oro o argento, rifinita in ogni dettaglio, a prima vista sarebbero sembrate armi solo da appendere sopra un camino, o da mostrare agli amici per vantarsi della propria ricchezza, e questa era senza dubbio la motivazione che spingeva la maggior parte dei suoi clienti a comprare da lui, ciononostante ogni singola arma li dentro era di una precisione estrema e perfettamente bilanciata, avevano tutte lo stesso scopo primario, uccidere, ed erano forse le migliori nel loro campo al mondo. Sul fondo della stanza, a fianco al bancone, dietro al quale stavano i pezzi più rari, si apriva una porta che dava sul retro del negozio, ed è li che si diresse.

 

L'aprì con la stessa chiave, ed entrò in una stanza in penombra, era una fucina attrezzata di tutto punto, barre di metallo e lame appena abbozzate erano riunite un po' ovunque, sul fondo una fornace, un incudine, una botte di acqua e un tavolo su cui erano riposti con cura pinze ed ogni altro genere di attrezzo costituivano l'arredamento principale.

 

Si tolse il fodero con la spada e l'appoggiò alla parete, dopodiché si tolse anche il giubbotto che gettò disordinatamente sul fodero. Poi azionò l'enorme mantice appeso al soffitto mediante delle corde e puntato verso la fornace, pompò aria fino a che la brace non divenne incandescente. Afferrò una lama ancora appena accennata e la lanciò dentro la brace senza tante cerimonie. Quando divenne incandescente, senza sapere il perché infilo la mano fino al polso nei carboni ardenti e afferrò il pezzo di metallo tirandolo fuori.

 

Rimase per qualche secondo a guardarsi la mano perfettamente liscia e senza alcuna scottatura, quella strana sensazione, come se qualcosa non andasse, si fece più forte, ma allo stesso tempo sentiva che era tutto come al solito, non si era mai scottato facendo cosi e non capiva proprio perché quella mattina sentiva che la sua mano sarebbe dovuta andare in cenere.

 

Si strinse nelle spalle e cominciò a lavorare il metallo con un martello che prese dal tavolo. Dopo una mezz'ora la lama era ora più piatta e stava lentamente assumendo la forma inequivocabile di una sciabola. Si asciugò il sudore dalla fronte ma non ne trovò. Di nuovo avvertì quella sensazione,che diavolo stava succedendo? Non si ricordava di aver mai sudato in vita sua allora perché diavolo si era asciugato la fronte?

 

"Amore stai gia lavorando? Sei veramente incorreggibile" La voce femminile dal tono scherzoso lo distolse dai suoi pensieri.

 

Una giovane donna stava sulla soglia della porta della fucina. Aveva i capelli castano chiaro, quasi biondi, dai brillanti riflessi rossi, li portava sciolti a ricaderle sulle spalle, a incorniciare un bel viso dai lineamenti delicati, che attorniavano due occhi stupendi di un azzurro chiaro brillante ma che alla luce rossa della fornace brillavano di riflessi verdi e di mille altri colori. In braccio teneva un neonato, che dormiva tranquillo senza muoversi, dalla posizione in cui si trovava riusciva a vederne solo la zazzera biondo chiaro, leggermente più scuro di quello dei suoi capelli. La sensazione di sovrapposizione si fece fortissima. Si sentiva come se stesse uscendo dal suo corpo, che diavolo stava succedendo?

 

"Non avevo nient'altro di meglio da fare Cerine" Si udì rispondere, ma era come se la voce provenisse da un' enorme distanza, la vista gli si appannò e lui cadde nel buio.

 

Aprì gli occhi, si mise a sedere e si portò una mano alla testa.

 

"Ben svegliato"

 

Si voltò in direzione della voce, nell'oscurità della notte distinse il viso di Kartya che gli sorrideva, seduta dall'altro lato del cassone del camion, con la schiena appoggiata alla parete del basso rimorchio. Per un attimo ebbe ancora quella strana sensazione, ma svanì quasi subito.

 

"è ora?" Le chiese

 

"è ora generale"

 

Rispose con un cenno della testa, poi Gild si tirò in piedi e saltò giù dal camion nel buio della notte,i suoi occhi grigi si fecero d'acciaio mentre stringeva i pugni. Il mattino dopo, se tutto fosse andato secondo il piano, avrebbero visto l'alba dalla base del comando centrale seed, dall'altra parte del fronte.

 

 

Nota: chiedo scusa se è cosi corto ma davvero non potevo fare altrimenti ^^

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Capitolo 18
*** Trap ***


 

Le stelle brillavano in cielo ma le avrebbe volentieri spente se solo avesse potuto.

 

Passare il fronte con tutto il reggimento era un impresa ardua, anche in una notte buia come quella. Arrivare dall'altra parte di nascosto era fuori discussione. Con tutti quegli uomini e mezzi non ci sarebbero mai riusciti. Gild ci aveva riflettuto, parecchio, l'unica possibilità che avevano era un attacco a sorpresa, concentrato su un punto.

 

Il piano era stato studiato con precisione, l'intero squadrone si era fermato qualche chilometro a lato della pista nel deserto. Tutto era stato pianificato ma avrebbe funzionato solo se si fossero mossi con precisione e con velocità, allora con un po' di fortuna sarebbero passati senza problemi. Anche perché se qualcosa va storto questa rischia di essere l'azione militare più breve della storia.

 

Il punto in cui avevano deciso di passare era l'anello debole del fronte, era spesso appena un chilometro  e composto da tre trincee che potevano essere attraversate in quel punto da un ponte. Dal lato rivolto verso le forze Seed il passaggio era ben difeso, un pesante cancello in acciaio affiancato da due torri di guardia attrezzate con artiglieria leggera componevano le difese esterne. Dalla parte galbadiana viceversa era difeso solamente da qualche sentinella e una sbarra semovente con relativa casupola di controllo.

 

Non si aspettavano un attacco da quel lato e  quindi se tutto fosse andato come doveva sarebbero passati senza problemi.

 

Gild ripassava mentalmente il piano mentre si infilava sopra la maglietta nera una giacca senza maniche anch'essa dello stesso colore. In pochi minuti raggiunse i suoi due compagni per quell'operazione. Squadrò da capo a piedi Brandon e Daniel, non era sicuro che fossero adatti a quello scopo, li conosceva da troppo poco tempo ma d'altra parte dovevano agire in fretta e loro due si erano offerti volontari. Erano entrambi abbigliati più o meno come lui. Brandon indossava dei jeans neri, che terminavano sprofondando dentro un paio di anfibi dello stesso colore , sopra aveva una maglia a maniche lunghe nera anch'essa , sopra di questa indossava una specie di imbracatura a cui erano agganciati dei pacchetti di esplosivo al plastico, in testa portava una bandana scura che lasciava pendere dietro la schiena due lunghe strisce di tessuto.  Daniel indossava più o meno la stessa cosa con la differenza che in testa portava solo una fascia nera  che impediva ai suoi capelli di ricadergli sugli occhi, inoltre indossava l'imbracatura ad alto voltaggio che faceva parte della sua arma.

 

Gild  annui alla loro vista mentre frugava in una tasca della giacca militare, ne tirò fuori un berretto senza visiera che si calcò in testa, la luce delle stelle sui suoi capelli chiarissimi l'avrebbe reso visibile come una fiaccola se non li avesse coperti.

 

"Bene. Andiamo"

 

I tre si diressero in silenzio lungo la strada, arrivati vicino al passaggio del fronte abbandonarono la pista e continuarono ad avanzare questa volta più lenti fino a giungere di fianco al posto di blocco galbadiano.

 

La postazione era difesa da tre sentinelle più una quarta che si trovava all'interno della casupola posta sul lato destro della strada , dove si trovavano i comandi per alzare ed abbassare la sbarra.

 

Gild e Brandon scattarono come molle avventandosi sulle tre sentinelle in strada, Daniel invece corse verso la casupola. Lo scontro durò pochissimo, i galbadiani, colti completamente di sorpresa non riuscirono ad offrire la minima resistenza e in pochi secondi i quattro soldati giacevano morti a terra.

 

Daniel azionò i comandi della  sbarra facendola alzare di modo che non bloccasse più il passaggio.

 

Brandon prese parte dell'esplosivo che portava addosso e la passò a Gild.

 

"Fin qui tutto liscio, ora viene il bello"

 

"Spero solo che il tuo dannato squadrone sia puntuale o diventeremo dei colabrodo molto in fretta mio bel generale"

 

"Tu pensa a fare il tuo lavoro, loro faranno quello che devono"

 

Il gunblader sbuffò, poi entrambi, tenendosi più bassi possibili corsero fino al lato opposto del passaggio fino ad arrivare sotto le due torri  di difesa.

 

Sia Gild che Brandon cominciarono a posizionare l'esplosivo sulle due torri. Una volta completato il lavoro Brandon preparò una piccola carica e la piazzò sul cancello, non abbastanza forte da farlo crollare ma abbastanza per aprirlo di schianto.

 

"Abbiamo un minuto" Sussurrò al compagno.

 

Corsero di  nuovo fino al posto di blocco mentre un rombo si innalzava nella notte facendosi sempre più vicino.

 

"Visto?" Disse Gild

 

"Sono in orario te lo conced....."

 

Un esplosione squarciò la notte, le due torri saltarono in aria sollevando un polverone mentre crollavano su se stesse.

 

"UN MINUTO EH!?"

 

Brandon si strinse nelle spalle mentre una sirena d'allarme cominciava a risuonare lungo il tratto di fronte immediatamente vicino al passaggio.

 

Le prime pallottole cominciarono a fischiare vicino ai due costringendoli a ripiegare velocemente verso la casupola di controllo dove si trovava Daniel.

 

"Merda!" Gild prese Brandon per il collo della maglietta "Hai sbagliato ad impostare il timer razza di deficiente!"

 

"Toglimi le mani di dosso!" Con un colpo della mano Brandon si liberò dalla stretta di Gild.

 

I due si fissarono in cagnesco per un attimo poi una raffica di mitragliatrice li fece ritornare coi piedi per terra.

 

Daniel si sporse per un secondo dalla finestra della casupola.

 

"Stanno arrivando i rinforzi"

 

I tre si guardarono negli occhi per un po' poi Gild ruppe il silenzio.

 

"Tutti fuori di qui. Adesso!"

 

Uscirono nello stesso momento sulla strada preparandosi ad aprirsi un varco verso la fila di camion del Grey 35 che di li a poco sarebbero piombati a tutta velocità sul passaggio come previsto dal piano.

 

Gild falciò un galbadiano che si era fatto troppo vicino, con un rapido sguardo si accorse che la situazione non era delle migliori. I soldati galbadiani nel momento in cui i tre avevano lasciato il riparo della casupola si erano accorti che vi erano solo loro, quindi si erano fatti avanti in gruppo per eliminarli.

 

Brandon e Daniel combattevano ruotando spalla contro spalla, come erano soliti fare, ma per ogni soldato abbattuto ne comparivano altri due.

 

In pochi minuti i tre si ritrovarono schiacciati con alle spalle la casa di controllo del posto di blocco, e davanti a loro i galbadiani sembravano non finire mai.

 

Un fendente passò appena sopra la testa di Gild spazzandogli il cappello, ruotò su se stesso aprendo lo stomaco al soldato, si accorse troppo tardi della lama che stava per calargli sul capo. Alzò il gunblade per parare il colpo ma si accorse subito che non ce l'avrebbe mai fatta.

 

Il Galbadiano si bloccò a metà del movimento, da un foro in fronte scendeva un rigagnolo di sangue, crollò a terra senza un lamento. Gild alzò lo sguardo, il suo battaglione era arrivato.

 

I seed aprirono un fuoco serrato sui galbadiani di fronte ai tre. Gild, Brandon e Daniel scattarono in avanti passando come dei proiettili in mezzo al varco momentaneo.

 

Aiutati dai compagni balzarono sul camion di testa.

 

"Parti vai vai vai!!!!!" Serdio sbraitò verso il conducente che non se lo fece ripetere due volte.

 

I camion partirono a tutta velocità sgommando sullo sterrato della pista. Attraversarono il fronte come delle frecce e non rallentarono ancora fino a che non si furono portati a debita distanza.

 

 

 

                                                                      ****

 

 

Shu sedeva da sola, nella stanza silenziosa, era quasi un quarto d'ora che si rigirava quella busta tra le mani, aveva letto ciò che conteneva almeno un centinaio di volte, eppure ancora non si decideva.

 

Non voleva crederci, eppure quella lettera portava il sigillo del garden di Balamb ed era firmata dal comandante Leonheart in persona. Che diavolo può averlo spinto a dare un ordine simile? Appoggiò la lettera sulla scrivania e si alzò in piedi, cominciò a camminare su e giù per la stanza, le mani intrecciate dietro la schiena, rimuginando tra se.

 

Ed è cosi che la trovò la guardia quando aprì la porta del suo studio.

 

"Signora?"

 

Shu alzò appena lo sguardo dal pavimento. "Che c'è?"

 

"è arrivato"

 

Tirò un lungo sospiro prima di rispondere "Ho capito"  Gli ordini sono ordini in fondo.

 

Usci con il soldato chiudendosi la porta alle spalle.

 

 

 

 

Il battaglione aveva fatto il suo ingresso trionfale all'interno del perimetro del comando centrale. Gild balzò giù dal camion accolto da una folla di curiosi, evidentemente nessuno si aspettava di vederli sbucare fuori cosi.

 

Venne assaltato da una frotta di Cadetti seed che lo tempestarono di domande, li dribblò e si trovò a fianco a Kartya.  Lei lo guardò sorridendo, rispose al sorriso.

 

"Generale Jamasay, felice che sia arrivato sano e salvo"

 

La folla si aprì in due lasciando passare una Shu sorridente accompagnata da due Seed.

 

"Complimenti nessuno avrebbe scommesso un guil che ci sarebbe riuscito"

 

Gild scattò sull'attenti, subito imitato dal resto del battaglione.

 

"Generale Gild Jamasay a rapporto vice-comandante"

 

"Errato" Disse semplicemente Shu

 

I due seed scattarono in avanti immobilizzando le braccia di Gild dietro la schiena e legandole assieme con un paio di manette.

 

"Gild Jamasay, è in arresto per tradimento, le viene tolto il grado di generale, rimarrà in cella fino al momento del suo processo"

 

 

 

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Capitolo 19
*** Nicotina ***


 

Erano quasi venti minuti che stava a sentire quel gruppo di vecchi brontoloni. Erano in dieci, compreso lui, seduti attorno ad un tavolo su cui era disposta una mappa del deserto. Gli sembrava di essere li da un eternità, quel mucchio di chiacchiere senza senso gli rimbombava nelle orecchie.

Non sapeva per quanto ancora avrebbe resistito prima di gonfiare la faccia a quei bell'imbusti, tutti impettiti nelle loro belle divise, non ne poteva più.

 

Sollevò un piede e lo sbatté con violentemente sul tavolo, facendo cadere il silenzio tra i presenti. Nove paia di occhi si voltarono verso di lui, alcuni nervosi, alcuni impauriti e alcuni palesemente contrariati. Con tutta la calma del mondo posò anche il secondo piede sul tavolo, appoggiandolo sopra l'altro. Allo stesso tempo si frugò in tasca tirandone fuori il pacchetto di sigarette. Ne estrasse una con i denti e se l'accese. Inalò il fumo socchiudendo gli occhi mentre appoggiava pacchetto e accendino sul tavolo, poi tolse la sigaretta dalla bocca, tenendola tra l'indice e il medio esalò una nuvola d'argento che rimase ad aleggiare come nebbia tra i presenti.

 

Solo allora parlò.

 

"Tutte cose molto interessanti signori, davvero!"

 

Sorrise agli attoniti ascoltatori.

 

"Interessanti si.... Ma.....inutili" Allargò il suo sorriso.

 

"M-Ma comandante Almasy noi..."


Seifer zittì uno dei militari con un cenno della mano.

 

"Le basi secondarie del nemico, le sue linee di rifornimento. Sono cose che non ci riguardano"

 

Tolse i piedi dal tavolo e si sporse in avanti mentre tirava un'altra boccata di fumo, esalandola in faccia ai militari.

 

"Questo perché noi attaccheremo il fronte in un solo punto, con tutte le forze, sfonderemo e marceremo direttamente qui!"

 

Sottolineò l'ultima parola spegnendo con forza la sigaretta su un punto della mappa.

 

"Il comando centrale seed" concluse.

 

Non lasciò il tempo a nessuno di rispondere, ma raccolti pacchetto e accendino aprì la porta per uscire dalla stanza. Si bloccò sulla soglia.

"Voglio almeno ottomila uomini pronti per domattina all'alba, marciamo sul fronte entro le dodici, voglio pranzare sulle rovine della linea di difesa seed, non ammetto ritardi"

 

Detto questo uscì sbattendo la porta.

 

Strizzò gli occhi all'improvvisa luce del giorno. Erano appena le dieci del mattino e gia faceva un caldo infernale, detestava il deserto. Si tolse il pesante impermeabile grigio e se lo legò con le maniche alla vita, strusciava per terra per un buon tratto ma era sempre meglio che finirci bolliti dentro. Si stiracchiò alla luce del mattino e si accese un'altra sigaretta. Con lo sguardo percorse l'avamposto in cui si trovava, a meno di mezza giornata dal fronte, quello sarebbe stato l'ultimo giorno di calma, poi sarebbe stata la guerra. Una condizione che mi risulta molto più familiare, poco ma sicuro.

 

Sorrise al sole del mattino, appoggiò una mano sul gunblade, che sembrò fremere sotto il suo tocco, a volte gli sembrava vivo, in battaglia era come un prolungamento del suo braccio. Forse era solo la sua fantasia, dopo tutto ora che sapeva da dove arrivava era normale che ne fosse suggestionato. Sorrise, un ghigno folle, gettò a terra la sigaretta ormai ridotta ad un mozzicone ardente, sul punto di spegnersi, nella stessa condizione in cui si trovavano le vite di quei piccoli mercenari nelle loro divise, li avrebbe schiacciati come stava facendo con quella sigaretta, li avrebbe spazzati via con la potenza della macchina bellica di galbadia, non perché gli era stato ordinato, non per vendicarsi, ma solamente perché gli andava di farlo.

 

 

 

 

 

 

È mai possibile che non esista un modo per lasciare questa fogna di paese!  Irvine prese a calci una lattina spedendola a scomparire tra i flutti. Erano li da quasi due settimane, inchiodati li.

 

Guardò con odio il profilo delle navi della flotta galbadiana in lontananza. Con tutti i posti che avevano a disposizione quei maledetti microcefali dovevano porre un blocco proprio sul porto di Dollet? E ovviamente Dollet era anche l'unico posto che non fosse in guerra aperta e che avesse un collegamento con Balamb, in pratica dovevano per forza passare di li, ma non potevano farlo.

 

"Al diavolo!" imprecò.

 

Shalin spostò lo sguardo dalle onde e lo portò sul compagno. Ora indossava dei vestiti civili, un paio di jeans e una felpa viola che le andava parecchio larga, la si sarebbe potuta tranquillamente scambiare per un ragazzino fino a che non avesse aperto la bocca.

 

"Che succede? Non mi risulta che quella mattonella ti abbia insultato"

 

Irvine si riscosse alzando la testa dal selciato della strada e fissando Shalin.

 

"AH.....AH.....AH.... Molto divertente, mi perdonerai se non rido ora ma al momento sono impegnato, prometto di farlo appena ho un momento libero però"

 

"Guarda che ci conto.... Che ne dici di tornarcene alla base, tanto qui stiamo solo facendo la muffa, non troveremo nessuno con abbastanza fegato per forzare il blocco in questo fetido buco che qui la gente chiama porto"

Sconsolati e frustrati lasciarono il porto dirigendosi verso il centro e l'hotel. Salirono al secondo piano e Irvine aprì la porta di una stanza con la chiave che teneva in tasca.

 

All'interno Rinoa, seduta su una sedia fissava il mare dalla finestra, o meglio, l'avrebbe fissato se ci fosse stata una finestra, quello che stava facendo invece si poteva definire solamente con la frase "Guardare una parete completamente vuota", e vuoto era anche il suo sguardo. Nessuno miglioramento in due settimane, mangiava se veniva imboccata dormiva se veniva portata a letto e probabilmente se le avessero dato in mano il fucile di Irvine avrebbe premuto il grilletto, ma in quanto a rispondere a qualsiasi richiamo o a reagire in qualche modo che desse segno di vita intelligente all'interno di quella testa incorniciata da una chioma nera, nessun segnale.

 

Seduto ad un tavolino, con in mano un mazzo da triple triad, Zell li salutò svogliato.

 

"Trovato qualcosa al porto?" Disse mentre raccoglieva le carte e mischiava il mazzo.

 

"Nessuna novità. Qui? Successo qualcosa?" Gli rispose Irvine.

 

"Niente, anzi no aspetta, circa due ore fa ha cambiato crepa"

 

"Che?"

 

"Rinoa, invece di fissare quella grossa in basso si è concentrata su quella più sottile, la vedi? Li in alto al centro del muro"

 

Irvine sospirò. "Grandioso" Mormorò lasciandosi cadere su uno dei letti.

 

"Di questo passo non ce ne andremo mai da qui" Sospirò Shalin prendendo un'altra sedia e mettendosi di fronte a Zell.

 

"Gia, credo che saremo il caso unico di militari morti per noia" Rispose Zell mentre distribuiva le carte.

 

Soffocò un imprecazione fissando quelle che gli erano toccate.

 

"Avrei una domanda per te Shalin"

 

"Spara" Disse giocando un lesmator.

 

"Mi piacerebbe sapere di che cavolo di corpo militare fai parte" Zell giocò il suo mostro a fianco a quello di Shalin  cambiandone la fazione.

 

"Dei Klaster, è normale che tu non ne abbia mai sentito parlare, sono in pochi a sapere anche che esistano, non dovrei nemmeno parlarne ma in parole povere siamo un corpo speciale di controspionaggio, lavoriamo quasi sempre sotto copertura. Ah e prima che ti salti in mente di chiedermi per chi stiamo lavorando ora scordatelo, non posso dirtelo e per dirti la verità nemmeno lo so con esattezza"

 

Shalin giocò la sua carta ribaltando la situazione e facendo sfuggire un imprecazione a Zell.

 

"Da quello che ho capito siete un organizzazione governativa, quindi perché ci aiuti? Il tuo paese è in guerra con la seed" Giocò la sua carta lontano da quelle gia presenti.

"Prima di questo casino, quando Carway era presidente, lo eravamo, ora non lo siamo più, o almeno credo, non so per chi lavoriamo te l' ho detto" Con la sua mossa Shalin ribaltò la carta di Zell.

 

"Ultima domanda, se siete un corpo militare cosi segreto, come cavolo faceva quella sottospecie di cow-boy a conoscervi?"disse facendo un cenno verso Irvine che stava sonoramente russando a bordo del letto.

 

"Oh beh, vedi una piccola elite di studenti del garden di galbadia viene selezionata per entrare a far parte dei Klaster, lui era uno di quelli, sarebbe stato arruolato alla fine degli studi, ma poi è successo quel casino con la strega e non se ne è fatto più niente" Shalin giocò

 

"Ho vinto"

 

"Merda.... Rivincita?"

 

"Perché no"

 

 

 

 

 

 

 

Gild fissava con sguardo vuoto la parete di fronte a lui. Non riusciva a crederci, non riusciva a capacitarsene. Lo avevano arrestato, lui! Per tradimento per giunta! Aveva eseguito gli ordini, era uno dei migliori generali dell'armata, aveva appena compiuto un impresa che sarebbe finita probabilmente sui libri di tattica che gli studenti studiavano al garden e come ringraziamento che succedeva? Si ritrovava in una cella di un metro quadro a fissare una parete spoglia.  Ma grazie infinite Shu, appena esco da qui saprò come ringraziarti a dovere credimi... Pensò funereo.

 

L'immagine di lui che prendeva Shu a calci fino a consumarsi le scarpe che gli passò nella mente gli fece accennare un sorriso.

 

Era stufo, stanco morto di tutte quelle ingiustizie, lo avevano trattato come un bamboccio incapace fin dall'inizio, nonostante tutte le volte che aveva dato prova di quello che sapeva fare, e ora lo sbattevano pure in prigione. Ora ne aveva abbastanza.

 

Si alzò in piedi. Al diavolo la seed! Al diavolo il garden! Al diavolo Squall! Al diavolo galbadia! Al diavolo questa stupida guerra! Sferrò un pugno al muro di metallo ferendosi le nocche. Il gong cupo rimbombò nella minuscola cella.

 

Oh ma glie l'avrebbe fatta pagare a tutti, perché prima o poi sarebbe uscito da li e allora ci sarebbe stato da ridere, non era mai stato il tipo da lasciar correre ne tanto meno era un tipo poco vendicativo. Non sapeva come, non sapeva quando, ma qualcuno l'avrebbe pagata carissima per quel suo soggiorno forzato in quel cubo di metallo.

 

Per peggiorare il suo umore gia di per se pessimo, gli avevano tolto anche le sigarette ed era li dentro da quasi 18 ore. Se non ne fumava una alla svelta sentiva che sarebbe impazzito.

 

Squadrò arrabbiato la parete della cella dove si trovava la porta, una pesante parete a sbarre  lo divideva da un corridoio, in fondo a quello, dietro un'altra porta vi era la stanza del secondino e oltre l'esterno, nonché il suo gunblade e la sua vendetta.

 

Sapeva che lo avevano incastrato e sapeva anche che in tempo di guerra la pena per il tradimento era la morte. Non si faceva illusioni sul processo, lo avrebbero giudicato colpevole e sarebbe stato giustiziato senza troppi problemi. Doveva trovare un modo per uscire di li, e alla svelta anche.

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Capitolo 20
*** Remember ***


 

"Dov'è?"

 

Una sola parola, il comandante non ne aveva mai sprecate d'altra parte.

 

"Nel piano interrato con la vice-comandante Treepe signore"

 

"..." Squall fissò il seed da dietro la scrivania, riflettendo tra se. "Portatici"

 

"Sissignore"

 

Il comandante si alzò e seguì il seed in ascensore, dalla presidenza scesero fino al piano interrato dove un tempo soggiornava Norg. All'apertura della porta Squall uscì a passo svelto, seguito dal soldato.

 

Selphie stava in un lato della stanza, le mani legate assieme da un paio di manette, era sorvegliata da due seed, di fronte a lei stava Quistis.

 

"Andiamo, cerca di capire!"

 

"Capisco solo che tu sei una traditrice! Cosa ne avete fatto tu e Squall del preside!"

 

La ragazza si scagliò in avanti verso Quistis ma venne prontamente bloccata dai due seed che la trattennero afferrandola per le braccia.

 

Squall portò la mano destra alla fronte, al solo sentire quelle due gli era venuta un emicrania a dir poco fulminante. Si avvicinò al gruppetto e si rivolse alla seed ammanettata.

 

"Il preside sta bene, è confinato nei suoi alloggi, ed è la stessa cosa che succederà a te e ai ribelli... non sono un assassino"

 

Squall lanciò a Selphie uno sguardo raggelante facendole morire in gola qualsiasi obiezione. Era in ogni caso una delle frasi più lunghe che il comandante Leonheart avesse mai pronunciato. Quistis e i tre seed lo fissarono per un momento sorpresi. Poi Quistis si riscosse.

 

"Non avete sentito voi altri? Portatela nella sua stanza e toglietele quelle manette"

 

I tre soldati afferrarono Selphie e la trascinarono nell'ascensore, lei si lasciò portare via senza fare nulla. Negli occhi di Squill aveva visto una determinazione che di rado traspariva da lui, l'aveva vista solo un'altra volta, quando era andato a liberare Rinoa nel centro di ricerche a Esthar. È  convinto di essere nel giusto!  Realizzò d'un tratto, Squall era convinto di agire per il meglio. Il suo sguardo sbigottito rimase posato su di lui fino a quando le porte dell'ascensore non le bloccarono la vista.

 

 

Squall e Quistis rimasero da soli nella stanza. Il comandante si lasciò sfuggire un sospiro esasperato infilandosi le mani nelle tasche sei pantaloni e posando lo sguardo a terra. Sembrava come se avesse un peso enorme sulle spalle. Si voltò verso Quistis con il suo solito sguardo freddo, da cui però traspariva un velo di malinconia.

 

"Oh .. andiamo non siamo messi cosi male, la situazione al garden è stabile, abbiamo sedato la rivolta e..."

 

"Si  si lo so, hanno catturato Jamasay anche se non so per quanto ancora una cella basterà a trattenerlo"

 

"L' hanno preso? In questo caso la situazione è ancora migliore di quanto pensassi, ora dobbiamo solo finire il nostro compito e questa storia sarà solo un ricordo"

 

".......... Non riesco a togliermi dalla testa che ci sia qualcosa che non quadra in quello che stiamo facendo..." Ti rode la coscienza eh? Beh lavorare a questo modo non segue esattamente il tuo codice dell'onore non è vero?  Non sapeva perché ma nella sua testa quelle parole le pronunciava Laguna. Bah era troppo sotto pressione ultimamente. Tsk che cavolo mi succede? Devo finire quello che sto facendo dannazione!

 

"Dobbiamo farlo" Tagliò corto Quistis "Lo sai benissimo, non ci sono altre soluzioni"

 

"..." Vorrei che ci fossero, perlomeno una.

 

 

 

 

 

 

Quella maledetta troia alla fine l'aveva fatto. Se n'era andata, portandosi via il bambino, suo figlio. Ci aveva impiegato un po' per trovare il posto in cui si era andata a ficcare ma alla fine ci era riuscito. Era un bel pezzo di strada da Dollet a Centra, probabilmente aveva  paura. Non abbastanza.. Ci aveva impiegato poco meno di 4 ore per arrivare li, ora che sapeva chi era non era difficile fare cose del genere.

 

Il vento gli sputava in faccia la terra rossa che i suoi stivali calpestavano, spazzandogli i capelli biondi, lunghi fino alla vita, li aveva lasciati crescere come un tempo, facendoli danzare nell'aria calda della mattinata. L'enorme spada, che portava legata alla schiena non gli pesava minimamente. Avanzò con passo sicuro fino ad arrivare dove il terreno spoglio finiva bruscamente e si trasformava in un prato fiorito. Oltre il prato una casa, in pietra, costruita in riva al mare, poco oltre, dopo la spiaggia, un faro in rovina si stagliava dritto come una lancia contro il cielo. All'orizzonte una tempesta lontana salutava il suo sguardo con i suoi fulmini. Una tempesta ne riconosceva un'altra, anche se di diverso tipo. Sorrise a quel pensiero, poi la vide, quella maledetta bastarda, china nel prato, le dita strette attorno a un mazzo di fiori, un fiore azzurro le adornava i capelli castani.

 

Le si avvicinò in silenzio, fino a quando la sua ombra non arrivò a sovrastarla. Lei si voltò sorridendo, probabilmente credendolo un'altra persona, il sorriso le morì sulle labbra non appena riconobbe il suo volto. Il suo invece aumentò, riconoscendo la paura negli occhi di lei. Non tentò di scappare, forse aveva capito che non sarebbe servito a niente o forse ancora non si rendeva conto di cosa stava per accadere, non gli interessava. Le afferrò il collo con la mano destra e la sollevò da terra.

 

"Come andiamo Cerine? Ti trovo bene"

 

Le disse in tono colloquiale mentre aumentava leggermente ma inesorabilmente la pressione sulla sua gola. La ragazza emise un singhiozzio soffocato. Una lacrima  uscì dai suoi occhi, le scese lungo la guancia fino al mento e gocciolò sul polso di lui.

 

Si mise a ridere, stringendo la presa, d'un tratto smise e la sua espressione si fece seria.

 

"Dov'è?"

 

La ragazza rispose con un urlo strozzato, cominciando a scalciare, non erano tentativi di liberarsi, assomigliavano di più a convulsioni.

 

"è la dentro non è vero?"

 

Fece un cenno con la testa verso la casa oltre il prato fiorito.

L'urlo soffocato, carico di terrore che gli giunse in risposta gli diede la conferma che la sua supposizione era esatta. Strinse ancora di più la presa e osservò ridendo la madre di suo figlio soffocare, stando attento a non spezzarle il collo. La ragazza cominciò ad agitarsi sempre di più, stringendo convulsamente le mani attorno al suo braccio, in un debole quanto inutile tentativo di liberarsi. I suoi movimenti rallentarono sempre più fino a quando rivoltò gli occhi all'indietro e la testa crollò appoggiandosi sul suo braccio.

 

Con una risata gettò il cadavere tra i fiori. Ancora sorridendo puntò verso la casa, quella puttana aveva provato a tenerlo lontano da lui, da suo figlio. Sfondò la porta con un solo rapido calcio, rimase un attimo interdetto alla vista che gli si parò di fronte. Un bambino biondo, di circa due anni, decisamente simile a suo padre, stava seduto su un seggiolone, ad un capo del tavolo. Seduta accanto a lui stava una donna con in una mano un cucchiaio pieno e nell'altra una tazza, si era bloccata a metà del gesto dell'imboccare il bambino. Si riscosse immediatamente, mollò ciotola e cucchiaio e si parò tra lui e il bambino. Era una bella donna, giovane, alta slanciata, i capelli neri le ricadevano come una cascata scura incorniciando un viso pallido, su cui il rossetto viola spiccava coma una torcia in una stanza buia.

Indossava un vestito lungo, viola scuro, che si schiariva in basso.

 

"Non lo toccherai" Gli disse aprendo le braccia come una barriera.

 

"Spostati" Le disse lui calmo.

 

"Tu non lo toccherai nemmeno con un dito!" Gli urlò la donna.

 

Il bambino si mise a piangere.

 

Lui si bloccò, sentiva un aura magica molto forte provenire da quella donna, la fissò con nuovo interesse.

"Feccia di Hyne, sei una strega"

 

Si mise a ridere, l'espressione della donna non cambiò di un millimetro.

 

"Tu pensi sul serio di fermarmi?" La fissò con sguardo sornione. "Te ne do atto hai fegato strega, qual è il tuo nome?"

 

"Che interesse può avere uno come te nel sapere il mio nome"

 

"Mi piace sapere chi sto per uccidere"

 

La donna sorrise in gesto di sfida.

 

"Come preferisci, Il mio nome è Edea, Edea kramer"

 

Lui fece un cenno di assenso.

 

"Bene Edea, discendente di Hyne, è stato un vero dispiacere incontrarti"

 

Senza nemmeno scomporsi mandò in pezzi l'aura magica della strega contrapponendosi la sua e spedì la donna contro la parete, lei cadde a terra senza muoversi.

Si avvicinò al bambino, stava per afferrarlo quando si bloccò, voltandosi.

 

"TU!"

 

Il colpo lo sollevò da terra, lo fece passare attraverso il muro e rotolare fino alla spiaggia.

Si rialzò in piedi, i capelli scompigliati. Sorrise, questo non era previsto ma tutto sommato sarebbe stato divertente. Sfoderò la spada, il cristallo rosso della lama brillò come fuoco sotto il sole, un tuono rimbombò in lontananza. I suoi occhi si ridussero a due fessure. Sta arrivando.

 

La strega uscì dalla casa passando per lo stesso foro da cui era uscito lui, volava a pochi centimetri dal suolo, in pugno stringeva una lunga spada, dalla lama sottile, fatta di quello che pareva ghiaccio. I capelli neri le danzavano attorno in un turbinio, tra scariche di energia.

 

Gli arrivò addosso come un uragano, sollevò la spada appena in tempo per  parare il colpo. Le due lame si scontrarono con un boato assordante, la terrà tremò, rocce si innalzarono attorno a loro mentre la spiaggia veniva quasi completamente spazzata via, il terreno si innalzava in una scogliera sollevando la casa, la sabbia sotto di loro, quella poca che non era stata spazzata via, si cristallizzò in lucido vetro in pochi secondi, le due spade rimanevano incrociate sopra le loro teste.

 

Stava usando tutta la forza che aveva, ma non bastava, era ancora più forte di lui, dopo tutti questi anni, lo invase un senso di impotenza. Edea sorrise, con una voce che non era la sua pronunciò una sola parola.

 

"Addio"

 

Un esplosione di energia candida lo investì in pieno, scagliandolo lontano, poi più nulla.

 

Si svegliò di colpo, urlando. Si guardò attorno per un po' prima di ricordare. La cella, l'arresto,era stato un altro sogno. Spalancò gli occhi, le lacrime gli scesero sul viso senza che nemmeno se ne accorgesse. Questa volta ricordava ogni singolo particolare di quel sogno, quell'uomo, lo conosceva bene, era immortalato accanto a sua madre e lui bambino in una foto, nella sua camera al garden. Era suo padre.

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Capitolo 21
*** Due piccole sorprese ***


 

Il treno si fermò sbuffando e stridendo, come un vecchio con la tosse, sui binari. Kunmon aprì distrattamente un occhio, l'iride verde si posò sonnolenta sul paesaggio che si vedeva fuori dal finestrino mentre una voce, proveniente dall'interfono informava i passeggeri dell'arrivo del convoglio al confine con Galbadia. Il treno darebbe rimasto fermo per una mezzora, fino al termine dei controlli doganali dell'esercito galbadiano, controlli che erano diventati molto precisi da quando era scoppiata la guerra, gia prevedeva di dover far spulciare il contenuto della sua sacca ad una muta di soldati in divisa blu.

 

"...preghiamo i signori di rimanere ai propri posti, ci scusiamo per il disturbo e vi auguriamo un buon proseguimento di viaggio."

 

L'interfono si spense con una scarica e un click. Kunmon appoggiò un piede sul sedile di fronte a lui, aveva tutto lo scompartimento per se, nonostante il sorriso "cordiale" che aveva stampato in viso,ogni passeggero che aveva aperto la porta dello scompartimento gli aveva rivolto un sorriso nervoso e si era affrettato a cercare un altro posto.

 

Forse perché il sorriso più che farlo sembrare una persona aperta e gentile lo faceva assomigliare vagamente ad un pazzo da internamento, o forse a causa della katana, lunga quasi un metro e sessanta, che stava appoggiata al sedile di fronte a lui.

 

La porta dello scompartimento si aprì, sulla soglia stava dritto in piedi un uomo, sorreggeva, non senza una certa fatica, due grosse e voluminose valigie blu. Da dietro una di queste facevano capolino due visi di bambino, un maschio e una femmina, talmente simili da non poter dubitare che fossero gemelli. Entrambi dai capelli neri, come quelli dell'uomo, il bambino li aveva lisci, lunghi fino poco sotto le spalle, tra la cascata color ebano spiccava una treccia che gli ricadeva a lato.

 

Quelli della sorella invece cascavano disordinatamente sulle spalle in una valanga ricciuta e disordinata. Entrambi avevano il viso punteggiato di lentiggini e fissavano la katana di Kunmon con due paia di occhi spalancati, castani per il maschio e verdi per la sorella. Dietro al gruppetto composto dall'uomo e dai due bambini, più che vederla si avvertiva un'altra persona.

 

L'uomo, fissando Kunmon con i suoi occhi verdi, che si specchiavano in quelli dello spadaccino, da dietro le lenti degli occhiali facendo un cenno con la testa a comprendere l'intero scompartimento parlò.

 

"è libero?"

 

Per risposta Kunmon si alzò in piedi, con un sorriso che gli andava da un orecchio all'altro. Si avvicinò all'uomo e teatralmente gli sfilò gli occhiali dal naso, ci alitò sopra e prese a pulirli con ilò bordo della maglia, mentre l'altro lo fissava sconcertato.

 

Kunmon finì di pulire gli occhiali.

 

"Ma caro amico, ma potete anche vederlo ben da solo che è libero"

 

Pose di nuovo gli occhiali da vista dalle lenti rettangolari sul naso dell'uomo.

 

"O perlomeno dovreste riuscirci ora"

 

Concluse con un mezzo inchino come ad invitarlo ad entrare. L'uomo rimase a fissarlo come se fosse un fenomeno da baraccone, indeciso se quello strano personaggio lo stesse prendendo in giro o se, più semplicemente, fosse completamente pazzo. Dalle sue spalle provenne una risatina soffocata.

 

"Entra pure tesoro, non preoccuparti non credo sia pericoloso"

 

Kunmon sollevò la testa inarcando il sopracciglio destro. Merda, sta volta la scenetta da manicomio non ha funzionato... vorrà dire che mi toccherà fare il viaggio con questa famigliola felice...

 

Senza che il sorriso da perfetto imbecille che aveva in viso gli si incrinasse di un millimetro con una piroetta si risedette al suo posto appoggiando la katana al sedile , tenendola ferma con il piede destro. Ricominciò a fissare pigramente fuori dal finestrino non degnando di uno sguardo l'uomo che, fatto entrare il resto della famiglia all'interno dello scompartimento, si era messo a sistemare le due pesanti ed ingombranti valigie sul portapacchi che ad ogni movimento di queste scricchiolava come se dovesse spezzarsi da un momento all'altro rovesciando sui passeggeri il contenuto dei due pesantissimi oggetti che sorreggeva.

 

Lo spadaccino socchiuse gli occhi, accecato da un raggio di sole, si stava facendo tardi, ma quanto ci impiegava l'esercito a controllare un treno?

 

Sbuffando frugò in una delle tasche dell'impermeabile e ne estrasse un paio di occhiali da sole tondi dalle lenti viola. Li guardò un attimo in controluce, erano rigati e segnati un po' ovunque. Con un altro sbuffo li pulì con la maglia e li inforcò. Non diede che uno sguardo veloce alla donna che si era seduta  di fronte a lui per poi tornare a guardare fuori.

 

Ad un tratto si sentì tirare i capelli. Si voltò con un sorriso irritato, solo per trovarsi a pochi centimetri dal viso sorridente della bambina che stringeva nei pugnetti una lunga ciocca argentata.

 

"Piccolina ti dispiacerebbe lasciare la presa?" Prima che ti strozzi davanti ai tuoi...

 

Per tutta risposta la bambina, che stava in piedi sul sedile di fianco al suo, diede un forte strattone ai capelli, trascinandosi dietro la testa di Kunmon che assecondava il movimento mugugnando dal dolore.

 

"Maledetta mocc..."

 

Si morse la lingua per il dolore. Abbassò lo sguardo e si ritrovò a fissare il consanguineo della piccola peste che si divertiva a giocare al tiro alla fune con la sua chioma. Questi gli aveva appena mollato un calcio sullo stinco della gamba destra, quella che sorreggeva la katana. Non che Kunmon avrebbe spostato la gamba di un millimetro nemmeno dopo un centinaio di calci del genere, ma ciò non toglieva che facesse un male del diavolo.

 

Fu cosi che il temibile spadaccino si ritrovò in una posizione scomoda almeno quanto era ridicola. Seduto tutto proteso verso la sua sinistra per non rimanere calvo con largo anticipo sui tempi, mentre allo stesso tempo si sforzava di tenere ferma la gamba bersagliata dal ragazzino, che sopperiva alla mancanza di forza con una precisione maniacale, riusciva sempre a colpire nello stesso punto.

 

L'uomo, finito di sistemare i bagagli, si voltò e rimase interdetto per un momento alla vista dei suoi due pargoli che avevano messo K.O lo spadaccino. Poi mormorò un " mi scusi" e si affrettò per liberare Kunmon dalla sua pestifera progenie.

 

Gesto che fu interrotto da una risata squillante. Kunmon si voltò a fissare la donna seduta di fronte a lui, poiché era stata lei a ridere. I capelli castani ricci, tenuti a malapena a freno da un elastico, le cadevano disordinatamente dietro la schiena. Gli occhi dello stesso colore dei capelli ed il viso punteggiato di lentiggini, su cui si apriva un sorriso divertito.

 

"Non sei cambiato di una virgola, continui ad attirare i bambini come una calamita fratellone"

 

Kunmon sobbalzò per la sorpresa, tanto che gli occhiali gli caddero dal naso rimbalzando per terra e, cosa molto più rara, il sorriso gli si smorzò in viso, lasciando spazio ad un espressione sorpresa. Anche se la sua maschera si incrinò, fu comunque solo per un secondo, si ricompose in fretta. Afferrò la bambina per la collottola del vestito e la sollevò  portandosela vicino mentre con l'altra mano raccoglieva gli occhiali e se li rimetteva sul naso con cura. Quasi fingendo che fossero da vista se li aggiustò sul naso mentre fissava con occhio critico ed indagatore ogni minima parte del viso della bambina.

 

Questa, che teneva ancora stretta la ciocca di capelli dello spadaccino, gli sorrideva di rimando, per nulla turbata.

 

"Hai i capelli lunghi come quelli di una ragazza signore"

 

Gli disse come se stesse rivelandogli un segreto di massima sicurezza. Kunmon con un espressione del tutto abbacchiata spostò lo sguardo sul ragazzino che invece fissava, grattandosi il mento con una mano, la sua gamba destra, tentando forse di scoprire per quale arcano mistero non si fosse spostata di un millimetro sotto i suoi colpi.

 

Kunmon esasperato riportò il suo sguardo sulla donna.

 

"Dopotutto avrei dovuto immaginarlo....Potevano solo essere figli tuoi Vise"

 

La donna scoppiò a ridere in risposta.

 

"Gia immagino che sia una dote di famiglia appiccicatisi addosso"

 

"A proposito, non è che potresti riprenderti questa coppia di pesti prima che mi rendano un brutto zoppo uomo calvo?" Disse soavemente rivolgendosi alla sorella.

 

Vise rise di nuovo, poi si rivolse al marito.

 

"Rynard, caro, non è che potresti recuperare Estel e Eorin prima che mettano fuori combattimento loro zio?"

 

"ZIO!?"

 

Rynard e Kunmon fissarono intontiti la donna. L'uomo dai capelli neri si riprese per primo affettandosi a liberare lo spadaccino da quella scomoda situazione.

 

Kunmon rimase nella stessa posizione, senza muoversi di un centimetro, pareva trasformato in una statua di sale. Zio!?... Bene... Fantastico... Dopo questa direi che la fama di mercenario spietato ecc ecc... è definitivamente partita.

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