Give me love.

di Eider
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Uno. ***
Capitolo 2: *** Due. ***
Capitolo 3: *** Tre. ***
Capitolo 4: *** Quattro. ***
Capitolo 5: *** Cinque. ***
Capitolo 6: *** Sei. ***
Capitolo 7: *** Sette. ***
Capitolo 8: *** Otto. ***
Capitolo 9: *** Nove. ***
Capitolo 10: *** Dieci. ***
Capitolo 11: *** Undici. ***
Capitolo 12: *** Dodici. ***
Capitolo 13: *** Tredici. ***
Capitolo 14: *** Quattordici. ***
Capitolo 15: *** Quindici. ***
Capitolo 16: *** Sedici. ***
Capitolo 17: *** Diciassette. ***
Capitolo 18: *** Diciotto. ***
Capitolo 19: *** Diciannove. ***
Capitolo 20: *** Epilogo. ***



Capitolo 1
*** Uno. ***


 

Video Trailer.
(crediti Malley)

 

Uno.

Come nella maggior parte dei film, dopo che il protagonista, partito per chissà quanto tempo, ritorna a casa, si ritrova solitamente in una realtà completamente diversa da quella che ricorda, ed è giusto che sia così no?
Questo era quello che Emma continuava a ripetersi da quando era salita su quel maledetto aereo che dopo cinque anni, precisamente cinque anni in cui aveva studiato e si era laureata, la stava riportando nella sua "amata" Londra.
Non aveva mai rivelato a nessuno il motivo per cui era partita, chiunque le chiedesse il motivo della partenza aveva ottenuto un'unica risposta "All'estero ci sono migliori università, perciò ho deciso di studiare in Italia" Emma l'aveva ripetuta talmente tante volte che le sembrava vera perfino a se stessa.
La ragazza aveva dormito per tutto il volo e solo quando una hostess l'aveva gentilmente svegliata, una valanga di ricordi l'aveva sommersa impedendole di respirare e causandole un attacco di panico, fortunatamente era durato solo qualche minuto e nessuno se ne era accorto, aveva respirato lentamente come le aveva consigliato il dottore e si era preparata all'atterraggio.
Emma sapeva che nessuno sarebbe venuta a prenderla in aeroporto, nessuno sapeva che sarebbe tornata, nonostante fosse rimasta in contatto con molti dei suoi amici e in particolare con il fratello, l'unico famigliare rimasto, aveva preferito mantenere segreto il suo ritorno.
 
La Londra che la ragazza vedeva attraverso il finestrino del taxi le provocò un nodo allo stomaco, rimpianse di essere ritornata a casa sapendo a cosa andava incontro, ma la fine degli studi e il matrimonio imminente del fratello l'avevano costretta a ritornare a casa, forse per sempre.
Il taxi si fermò davanti la tipica casa inglese, Emma restò immobile con la mano sulla maniglia guardando la casa dal finestrino, una volta ripresasi scese dall'auto notando che il tassista aveva già recuperato le sue valige e le aveva appoggiate sul marciapiede, la ragazza si affacciò al finestrino tirando fuori alcune banconote dalla borsetta e ringraziando vide la macchina nera allontanarsi da lei.
L'ultima volta che era stata in quella casa apparteneva ad un passato che lei in questi cinque anni aveva disperatamente cercato di dimenticare, cosa che apparentemente non era riuscita a fare.
Cercò le chiavi nei meandri della sua borsa, recuperandola con fatica. Tenne la chiave stretta tra le mani cercando quasi di trasformarla in polvere, ma ovviamente così non fu, aprì le mani lentamente osservando il piccolo oggetto metallico che tanto risaltava sul rosa pallido della ragazza.
Aprì il cancelletto cigolante chiudendoselo alle spalle, si guardò in giro notando con piacere che nulla era cambiato, il prato probabilmente era stato tagliato qualche giorno prima e il roseto a destra della casa era come lo ricordava, procedendo verso la porta di casa quasi inciampò in un pietra che si trovava in mezzo al piccolo sentiero fatto di mattonelle che portava alla casa, un sorriso spuntò sul viso della ragazza, abbassandosi raccolse la pietra cercando qualcosa che con gli anni si era probabilmente sbiadito, una scritta sbiadita catturò la sua attenzione riportandola indietro a quando era ancora una bambina e giocando con il fratello aveva trovato una pietra a forma di cuore che aveva mostrato poi con orgoglio alla madre, dove la donna con premura aveva scritto la data e una piccola dedica alla sua bambina.
Emma scosse la testa cacciando una lacrima che si era fatta spazio sul suo candido viso, si abbassò poggiando delicatamente la pietra a terra e una volta in piedi si avvicinò cauta alla porta, osservò un'ultima volta la chiave per poi infilarla nella serratura girandola due volte e aprendola definitivamente.
Quello che le si presentò fu la terribile imitazione dei suoi ricordi che l'avevano accompagnata per lungo tempo, il buio regnava sovrano in quella casa, si diresse verso quello che avrebbe dovuto essere il salotto e tastando con le mani riuscì a trovare la portafinestra che aprì facendo entrare la luce nell'abitazione. Dando le spalle alla finestra si ritrovò immersa nel salotto uguale a come se lo ricordava, un enorme spazio riempito di cianfrusaglie varie con una grande tv al centro circondata da alcuni divani in pelle bianchi, diede uno sguardo alla situazione polvere notando con piacere che c'era solamente un lieve strato, allora Dave non le aveva mentito dicendole che una volta alla settimana una donna si occupava di mantenere pulita la casa.
Si concesse un breve giro della casa in cui aprì tutte le finestre permettendo alla luce del sole mattutino di entrare, al piano superiore però si bloccò davanti l'ultima porta che le rimaneva da aprire, quella più difficile. Emma respirò a fondo e facendosi forza abbassò la maniglia aprendo così la porta, guardando dritto davanti a se riuscì ad aprire la finestra che illuminò completamente la stanza lasciando vedere il letto matrimoniale che padroneggiava nella stanza, l'armadio a muro bianco, una poltrona rosso sangue accanto alla scrivania ed infine svariati quadri ed altrettante foto di famiglia, la ragazza guardò la stanza senza però guardarla veramente, le faceva ancora troppo male il ricordo di quegli anni passati nella sofferenza dove ogni giorno poteva essere l'ultimo per dirle ciò che sentiva nei suoi confronti.
 
Si sdraiò sul letto della sua vecchia stanza con ancora appesi i poster dei suoi cantanti preferiti, presto avrebbe fatto piazza pulita, sorrise guardando le foto che si trovavano sopra il letto in una specie di bacheca.
Il caminetto spento sopra il quale si trovava la sua amata e tanto desiderata tv le ricordò gli inverni passati a chiacchierare con Nora sul soffice tappeto bianco davanti al fuoco, accompagnate da una bella cioccolata calda, le venne in mente però anche la sua Milano dove aveva conosciuto tante persone fantastiche e dove ogni inverno si divertiva con Elisa, la sua coinquilina nonché migliore amica, ad inventare giochi sempre più stupidi sulla neve, pensare che adesso aveva 25 anni.
La vibrazione insistente del suo BlackBerry la costrinse ad alzarsi e a recuperarlo dalla scrivania, il nome della sua futura cognata comparve sullo schermo, la rossa schiacciò il tasto verde e si portò velocemente il telefono all'orecchio.
Una voce squillante le fece allontanare qualche secondo il telefono per poi riportarlo cauta all'orecchio "Emma!" esclamò la ragazza dall'altro capo del telefono "Quando ti deciderai a tornare a Londra?" chiese questa volta diminuendo il volume della voce e assumendo un tono triste, quella ragazza era capace di passare da una crisi di pianto isterica ad una risata acuta in meno di un secondo.
Cosa doveva dirle? Che era tornata a casa e prepararsi a sorbirsi le uscite di quella pazza isterica, a cui però voleva bene, oppure concedersi qualche giorno di relax? La seconda senza dubbio.
"Fra poco tornerò a casa, stai tranquilla Caroline." un mugolio di dissenso uscì dal telefono seguito dalla voce della ragazza a cui apparteneva "Tesoro tu hai una concezione di tempo diversa dalle persone normali." immaginava già la faccia della mora mentre pronunciava quelle parole, seguito da uno scuotimento di testa per evidenziare la sua constatazione.
"Tranquilla, prima che tu te ne accorga sarò li." mormorò Emma prima di salutare dolcemente la futura cognata e chiudere la conversazione.
 
Fortunatamente per la ragazza luce e gas erano ancora attivati, evidentemente Dave si occupava di pagare tutte le tasse, grazie al suo lavoro di avvocato se lo poteva permettere, così ebbe la possibilità di prepararsi una veloce pasta con l'unico pacchetto che aveva trovato scaduto solo da una settimana, poco male la pasta andava sempre bene.
Accese la tv per non sentire la solitudine, riempì una pentola di acqua posizionandola poi sul fornello che accese, ci aggiunse un po' di sale e aspettò che l'acqua bollisse.
Con in sottofondo le voci di qualche presentatore rovesciò una buona parte del pacco di pasta nella pentola mescolando con calma per tutti i minuti della cottura.
Una volta pronto recuperò un piatto dove ci rovesciò la pasta già scolata, sfortunatamente non trovò niente da poter mettere nella pasta perciò fu costretta a mangiarla così com'era.
Emma posò la forchetta affianco il piatto stiracchiandosi sulla sedia,un rumore attirò la sua attenzione, voltò la testa verso il suo cellulare che continuava a muoversi sul tavolo in legno, lesse il nome della sua migliore amica e con un sorriso accettò la chiamata portandoselo all'orecchio.
"Allora come stai? Sei arrivata sana e salva? Non è successo niente vero? Hai incontrato colui che non deve essere nominato?" Emma ridacchiò alle domande apprensive dell'amica.
"Elisa respira per favore." sentì il rumore dei suoi respiri che vennero però subito rimpiazzati dalla voce più calma della mora "Allora puoi rispondere alle mie domande?" Emma sbuffò poi decise di accontentarla "Sto bene, sono viva, l'aereo non è caduto in un'isola sperduta, sono a casa e no." l'ultima parola la disse con durezza, ricordando l'argomento che avrebbe dovuto assolutamente dimenticare.
"Sei sempre così pessimista mia cara Em." mormorò rassegnata la mora "Mai quanto te tesoro." rispose ridacchiando la rossa.
"Comunque sei sicura di riuscire a farcela?" Emma sapeva a cosa si riferiva, e se lo chiedeva anche lei, sarebbe riuscita a farcela? Ancora non lo sapeva.
"Spero di si." rispose con tono neutro "Em non sei obbligata a vederlo." la rossa roteò gli occhi "Come se fosse possibile." dall'altra parte della cornetta la mora camminava per la stanza preoccupata per l'amica, avrebbe tanto voluto andare con lei ma le mancava ancora qualche esame per finire tutto "Senti Em, quando ci sarà il matrimonio?" Emma ci pensò su, poi rispose non proprio sicura "Circa un mese penso." borbottò, "Bene io in due settimane dovrei finire tutto, ci vediamo presto Em." Elisa riattaccò la telefonata non lasciando neanche il tempo per un saluto, sapeva che l'amica l'avrebbe convinta in tutti i modi a restare a Milano, ma quello che non sapeva è che aveva bisogno della mora adesso più che mai.


Sono ancora qua si lo so, non ho ancora finito l'altra storia ma ieri alla una di notte mi è venuta l'ispirazione è ho scritto di getto, non vi dico gli orrori che ho visto stamattina quando ho aperto il file, non fa bene scrivere a quelle ore, nono.
Questa volta provo con una storia originale, spero solo sia di vostro gradimento, alla prossima.
Elisa.

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Capitolo 2
*** Due. ***



Due.
 
Quando Emma aprì gli occhi rimase abbagliata dalla luce emanata dal sole, si alzò a sedere guardandosi intorno cercando di capire come in una notte la sua stanza milanese avesse potuto cambiare radicalmente. Una volta che la ragazza ebbe capito di trovarsi a Londra un idea prese spazio nella sua mente, obbligandola ad alzarsi dal letto e correre con tutto il fiato in corpo fino al piano di sotto, la rossa arrivò in cucina trafelata dalla corsa cercando con lo sguardo qualche segno di vita, ma tutto ciò che vide fu il piatto abbandonato nel lavandino la sera precedente.
La sua mente le aveva giocato un brutto scherzo, eppure sapeva che tornando a casa nulla sarebbe stato facile. Ritrovata un po' di forza Emma ripercorse le scale fino alla camera da letto, si fermò sulla soglia cercando le valigie abbandonate chissà dove, sorridendo si diresse verso il letto ed inginocchiandosi tirò fuori le due valigie che erano state nascoste sotto il letto.
Guardò fuori dalla finestra osservando il tempo, il sole estivo di luglio riscaldava ogni cosa perfino la -solitamente- fredda Londra, spostò lo sguardo sulla sua valigia per cercare qualcosa da indossare, la ragazza arricciò il naso ogni qual volta le capitava in mano qualcosa di non adatto, cosa che succedeva spesso, finendo alle spalle della ragazza.
Quando finalmente sembrò aver trovato qualcosa di adatto si alzò in piedi soddisfatta, per poi accigliarsi non appena notò la montagna di vestiti che giaceva sul pavimento di legno, non era ancora pronta a riporre i suoi abiti nell'armadio così ripiegò malamente i vestiti infilandoli nuovamente nella valigia.
Dopo aver fatto una veloce doccia per scacciare il sudore ed essersi vestita, Emma si rimirò allo specchio, aggiustandosi insistentemente i capelli rosso acceso, cercò con la mano una ciocca invisibile che avrebbe dovuto arrivare sotto il seno per poi reindirizzarla a giocare con un boccolo che arrivava poco sotto le spalle, la ragazza ripensò al giorno in cui appena arrivata in Italia senza capire niente di quella strana lingua era entrata dalla prima parrucchiera avvistata, trovando per fortuna una ragazza con una conoscenza minima di inglese, Emma le aveva dato carta bianca chiudendo gli occhi per non guardare come tutto sarebbe cambiato, quando aveva aperto gli occhi si era osservata a lungo prima di capire che quella ragazza riflessa nello specchio era lei, i suoi lunghi capelli castani erano stati rimpiazzati da un taglio piuttosto corto -circa all'altezza del mento- e un rosso acceso attirava l'attenzione, aveva ringraziato pagando ed era uscita per le strade della trafficata Milano scontrandosi subito dopo con una ragazza che stava osservando il proprio riflesso nella vetrina, le due ragazze si erano guardate per qualche istante prima di scoppiare a ridere in simultanea, entrambe con una nuovo taglio -e colore- di capelli avevano deciso di prendere un caffè insieme, presto Emma scoprì che Elisa -la mora di fronte a se- stava cercando una coinquilina con cui dividere le spese e il resto, col tempo scoprirono anche di frequentare la stessa facoltà.
Emma sorrise ripensando al primo incontro con la sua amica, quando ancora tutto era così nuovo per lei.
 
Si sistemò gli occhiali da sole prima di varcare la porta di una delle caffetterie più conosciute al mondo, ma che in Italia non c'è n'era neanche l'ombra.
Sorridente si diresse ad un tavolo accanto l'enorme vetrata e si sedette composta appoggiando la borsa sulla sedia accanto, prese il menù e sempre più entusiasta lo sfogliò, come una bambina il giorno di natale, un paio di minuti dopo una giovane ragazza bionda le si avvicinò con fare esperto, le domandò cosa desiderasse guardandola di sfuggita, Emma non appena riuscì a vedere in faccia la bionda si bloccò proprio nel momento in cui stava pronunciando la sua ordinazione, la bionda in questione alzò lo sguardo annoiata dalla lentezza della rossa che intanto cercò di riprendersi e tremolante riuscì ad ordinare.
Emma rimase a fissare la cameriera fino a che non sparì dietro una porta con l'insegna che diceva "Privato.".
Ritornando con l'ordinazione la bionda non riuscì a capire cosa avesse tanto da fissare quella ragazza, che fosse lesbica? Era una soluzione. Però qualcosa le diceva che non era la prima volta che la vedeva, così prese ad osservare quella ragazza, notò i boccoli rosso fuoco ricaderle dolcemente sulle spalle, la gamba che dondolava ansiosa sotto il tavolo e le dita che battevano il tempo, non era però riuscita ancora a vederla bene in faccia, anche se quello che aveva visto non le diceva molto, quando la rossa alzò gli occhi incontrando i suoi, mancò poco che il vassoio le finì a terra, fortuna che il suo collega era passato vicino a lei al momento giusto impedendole di rovesciare tutto, si voltò verso di lui ringraziandolo ancora in trance, frettolosamente si avvicinò al tavolo dove la ragazza sorridente la stava aspettando.
"E-emma?" chiese titubante la bionda, un sorriso sincero comparve sul viso di Emma che alzandosi si avvicinò alla bionda "Ciao Nora." la bionda la guardò sconvolta, come era possibile che non avesse riconosciuto la sua migliore amica? Lasciò il vassoio sul tavolino e si catapultò tra le braccia ormai aperte della rossa.
"Mi sei mancata così tanto Emma." sussurrò ormai con le lacrime agli occhi, Emme le accarezzò dolcemente la schiena lasciando sfogare l'amica "Anche tu, Nora.".
Nora si staccò dall'abbraccio cercando di asciugarsi il viso con le dita, si guardò in giro alla ricerca di qualcosa e quando la trovò chiamò con la mano un ragazzo in divisa poco distante, quando le fu abbastanza vicino da sentirla, parlò "Pete mi puoi sostituire per un po'?" il ragazzo la guardò sorridente e annuendo tornò al lavoro mentre le due ragazze emozionate si sedevano al tavolo.
Continuavano a sorridersi, dicendo molte più cose solo attraverso lo sguardo. Guardando la tazza fumante davanti a se Nora decise di parlare "Forse è meglio che la bevi Em, non vorrei che si raffreddasse." disse tirando su con il naso, Emma sorrise e si sporse a prendere la tazza portandola poi alla bocca non prima di averci soffiato sopra.
Sorseggiò la bevanda compiaciuta, era passato troppo tempo dall'ultima volta che ne aveva bevuto uno, le era mancato, intanto la bionda continuava ad osservare l'amica completamente diversa dall'ultima volta che l'aveva vista. Non solo la parte fisica che era la prima ad essere notata ma anche le maniere, dalla diciannovenne spensierata in fase di ribellione si era trasformata in una donna apparentemente tranquilla.
Poggiò la tazza non più fumante sul tavolo, posando poi lo sguardo sulla ragazza che con gli occhi lucidi la stava osservando, Emma sorrise ricambiata subito da Nora.
"Ti sembra normale che non sappia più che dirti?" domandò Nora asciugandosi un'altra lacrima sfuggita al suo controllo, Emma ridacchiò nascondendo però dietro la risata un tono triste, perché sarebbe stato difficile recuperare cinque anni della sua vita come se niente fosse.
"Ti aiuto dai." ci pensò per qualche secondo con le dita sotto il mento, poi continuò come ispirata " Vediamo, potremmo iniziare da domande semplici." concluse soddisfatta dalla sua teoria.
Nora guardò l'amica con la testa leggermente inclinata come a sottolineare la sua confusione "Spara genio." disse infine ritornando composta.
"Per esempio, al momento sei fidanzata oppure ti vedi con qualcuno?" la bionda fece finta di pensarci poi senza farsi vedere indicò il cameriere che poco prima aveva chiamato per sostituirla, Emma seguì la direzione indicata incrociando lo sguardo con un bel ragazzo -alto non troppo muscoloso- e corti capelli scuri a spazzola, imbarazzata tornò con lo sguardo sull'amica "Pete." prese una pausa sorridendo poi continuò a parlare "Sai che sono sempre stata uno spirito libero, ma questo ragazzo mi ha preso davvero Em." la rossa notò qualcosa di nuovo nello sguardo della migliore amica, qualcosa che non vedeva da anni, troppi anni.
"Tu invece rossa?" la bionda attirò l'attenzione di Emma occupata a tornare indietro nel tempo con la mente, ci pensò su decidendo da dove iniziare. "Mi conosci, io sono più che altro un'anima solitaria, ma in questi cinque anni sono stata con tre ragazzi di cui solo con uno è durata più di un'anno. Le altre sono state molto sbrigative, direi una botta e via." la bionda guardò l'amica con la bocca aperta, quella era la stessa ragazza che per tutte le superiori era stata dietro un'idiota lasciandosi andare solo con pochi ragazzi.
"Chi sei tu e che ne hai fatto della mia Emma!" esclamò sconvolta ma allo stesso tempo divertita.
"E' cresciuta." rispose scrollando le spalle la rossa "Lo vedo." mormorò sorridente Nora.
"L'università invece?" chiese ricordandosene improvvisamente la bionda, "Mi sono laureata con il massimo dei voti, l'avresti mai detto?" esclamò entusiasta la rossa battendo le mani come una bambina, causando una sonora risata alla bionda. "Aspetta non mi ricordo la facoltà." borbottò Nora sforzandosi di ricordarsela "Fotografia." rispose sorridente la rossa.
Nora sorrise in risposta, poi posò lo sguardo sul grande orologio alle spalle di Emma, corrucciò lo sguardo dispiaciuta per poi alzarsi "Emma mi dispiace davvero ma devo tornare al lavoro." mormorò triste mentre l'amica si era già alzata per abbracciarla "Ma perché non mi hai avvisato, se avessi saputo che saresti tornata ti sarei venuta a prendere." disse la bionda staccandosi leggermente dall'abbraccio quel tanto che bastò per vederla in faccia, "Sei l'unica che lo sa, era una sorpresa." rispose tranquillamente. "E ora vai, ho il tuo numero, tranquilla mi farò sentire." la bionda scoppiò a ridere e lasciando un sonoro bacio sulla guancia della rossa scappò dietro la porta del personale.
Sorridente Emma tornò a sedere al tavolino per finire la bevanda, l'ultima goccia le ricadde nella bocca lasciandole un gusto dolce sul palato, posò la tazza sul tavolino e si alzò in piedi dirigendosi alla cassa, Pete si presentò poco dopo occupandosi del suo conto per poi salutarla cordialmente una volta finito.
 
La ragazza respirò a fondo l'aria di Londra, una volta uscita dalla caffetteria iniziò a camminare lungo la via, fermandosi ogni tanto davanti qualche vetrina per sbirciare le novità o semplicemente attirata da qualcosa, un raggio di sole l'accecò per qualche secondo, ricordandole di rimettere gli occhiali da sole.
Un lungo vestito blu attirò l'attenzione della rossa che alzando nuovamente gli occhiali sulla testa si fermò ad osservarlo, intanto all'interno del negozio alcuni ragazzi si stavano divertendo a guardare l'amico che tutto in tiro si rimirava allo specchio, la voce grottesca di uno di loro fece voltare il ragazzo nella direzione indicata, una ragazza dai capelli rosso fuoco stava guardando attentamente un vestito nella vetrina, giocando nervosamente con le mani, quel piccolo particolare portò il ragazzo a correre fuori dalla porta.
La porta del negozio si aprì, ma Emma non ci fece caso, continuò a torturarsi le mani guardando quel magnifico vestito, quando una voce conosciuta la richiamò.
"Emma?" domandò la voce sempre più vicina.
Beccata, fu l'ultima cosa che pensò prima di voltarsi ed incontrare i suoi occhi accusatori.


Ecco a voi il secondo capitolo di questa storia, so che è presto ma sto iniziando ad affezionarmici.
Chi sarà colui che ha trovato Emma?
Emma riuscirà a recuperare la vecchia amicizia di Nora? 
Taradaaan..okey.
Beene non so che altro dire, alla prossima.
Elisa.

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Capitolo 3
*** Tre. ***


Tre.

"Emma." la ragazza si girò verso la voce sentita troppo volte negli anni passati.
Incontrò degli occhi chiari così diversi dai suoi scuri, ma allo stesso tempo rassicuranti che le ricordavano casa.
Il ragazzo ormai ventisettenne guardò in attesa la ragazza, che sempre torturandosi le piccole mani si avvicinò.
"Non credi di dovermi qualche spiegazione piccola pesta." la rimproverò il moro scuotendo la testa contrariato, la ragazza abbassò lo sguardo trovando molto interessante il suo paio, ormai consumato, di allstar.
"Emma." mormorò sconfitto prendendole il viso con entrambe le mani, portandolo alla sua altezza, lei lo lasciò fare non dicendo nulla, non sapeva neanche da dove iniziare, era pronta però alla sua sfuriata.
Aprì la bocca per dire qualcosa, ma la richiuse subito vedendo alcune lacrime scorrere lungo il dolce viso di lei, staccò le mani dal suo viso per racchiuderla in un abbraccio che lasciò uscire le lacrime sempre trattenute da quella ragazza all'apparenza forte, ma in realtà molto fragile.
La ragazza si aggrappò alle spalle del moro come se fosse la sua unica ancora di salvezza, in quel momento le sembrava l'unico appiglio, sfogò le lacrime trattenute dal quel giorno di primavera in cui tutto era cambiato.
 
Il primo aprile, sembrava davvero uno scherzo di pessimo gusto, ma era invece l'inizio della fine.
Sapevano da tempo che la madre non sarebbe durata ancora per molto e questo li aveva portati a vivere ogni giorno come se fosse l'ultimo. Quella mattina tornando da scuola la neo diciassettenne Emma era arrivata a casa come il suo solito alle 14.00 puntuale, automaticamente aveva suonato il campanello aspettandosi che il padre le venisse ad aprire, ma quando per la quinta volta nessuno le rispose, il suo cervello iniziò a fantasticare sulle mille ipotesi. Ricordandosi del cellulare nella borsa si era accorta che almeno una decina di chiamate perse lampeggiavano sulla schermata.
Era corsa senza pensarci all'ospedale, con la sua bicicletta nuova di zecca, si era fiondata tra le porte scorrevoli e dopo aver quasi urlato il cognome della madre all'infermiera, aveva corso le scale arrivando nel reparto indicatole, dove seduti su delle sedie blu, il padre e il fratello in lacrime la stavano aspettando.
Il primo aprile un cancro al cervello le aveva portato via la madre.
 
Emma si staccò dall'abbraccio del fratello, portandosi le mani agli occhi e passandovi le dita lungo il contorno di questi, cercando di sistemare il trucco ormai in pessime condizioni.
Respirò a fondo concedendosi un attimo di tranquillità, poi guardò negli occhi verdi del fratello e con un sorriso tirato parlò.
"Ciao Dave." due parole semplicissime che però costarono una forza sovrumana alla ragazza.
"Emma." sospirò, non poteva sgridarla adesso nonostante fossero cinque anni che non la vedeva dal vivo e ci fossero così tante cose da dire "Perché?" domandò poi, una domanda che racchiudeva mille significati come se stesse parlando con un codice che solo la ragazza poteva comprendere.
E infatti lei comprese i troppi significati nascosti dietro quella parola, ma non aveva la forza di trovare delle risposti esaurienti per quelle domande, così rispose alla più ovvia "Avevo bisogno di riprendere confidenza con Londra, la casa, tutto. E avevo bisogno di un po' di tempo da sola." sussurrò già stanca della conversazione.
Il fratello la guardò non sapendo che dire, perché sapeva cosa voleva dire per lei tornare, trovare la casa vuota quando pochi anni prima lei l'aveva lasciata con il padre, sulla porta, in lacrime a salutarla con la mano, non sapendo che da lì a un anno la solitudine avrebbe posto fine alla sua esistenza. Emma non era mai tornata a casa, neanche per la morte del padre, ma Dave non l'aveva rimproverata, anzi pensava che fosse stata una buona idea, nonostante i parenti non avessero approvato la scelta della ragazza.
Dave spostò lo sguardo all'interno del negozio dove i suoi amici stavano osservando la scena ammiccando, evidentemente non avendo riconosciuto la sorella.
Tornò a guardare la sorella che non aveva smesso di osservarlo "Senti io adesso devo continuare le prove, stasera vieni a cena da me." prima che la rossa potesse ribattere continuò "Niente obiezioni.". Si sporse per abbracciarla e lasciarle poi un bacio fraterno sulla fronte, prima di sparire oltre la porta sussurrò qualcosa che però Emma riuscì a captare "Non andartene ancora."
Guardò il fratello raggiungere gli amici attraverso la vetrina, poi chiamando un taxi tornò a casa, decidendo che per quella giornata aveva avuto fin troppi incontri, nonostante fosse solo mezzogiorno.
 
Raggiunse la porta in ottone spingendola per aprirla ed entrare finalmente in casa, si chiuse la porta alle spalle lanciando le chiavi nella ciotola azzurra sul ripiano a destra della porta, sorpassò il piccolo portaombrelli andando nel soggiorno dove si lasciò cadere sul divano comodo, buttando contemporaneamente la borsa alla sua estremità.
Posò le mani ai lati della testa massaggiandola lentamente in modo circolare, in poche ore aveva accumulato così tanto stress da bastarle per una settimana.
Cercò con lo sguardo il telecomando, che dopo un'estenuante ricerca trovò accanto al televisore, la ragazza sbuffò scocciata con nessuna voglia di alzarsi dalla comoda posizione appena trovata, ma più i minuti passavano, più la noia prendeva il sopravvento, così con fatica si alzò raggiungendo il mobiletto su cui era poggiata la tv e di fianco un telecomando nero che spiccava in contrasto col bianco del mobile.
Guardò l'orologio rosso in alto, segnava la mezza, probabilmente a quell'ora ci sarebbe stato il telegiornale, tornò a sprofondare nel divano, questa volta con un sorriso soddisfatto perché non avrebbe più dovuto alzarsi da quel magnifico divano, schiacciò il grande tasto rosso e un rumore proveniente dalla tv rese partecipe lo spettatore della sua accensione, la solita pubblicità inutile comparve sullo schermo facendo imbronciare Emma, lei le odiava, velocemente digitò la sequenza di numeri giusta per vedere il telegiornale che l'avrebbe aggiornata sul resto del mondo.
Arrivò in tempo, la sigla era appena finita e la telecamera stava inquadrando uno dei due giornalisti, il primo un uomo, di probabilmente una quarantina d'anni, stava leggendo le prime notizie, subito dopo venne inquadrata una ragazza probabilmente della stessa età della rossa, i capelli biondi erano raccolti in una crocchia e il suo corpo era fasciato da un tallier bianco che risaltava l'abbronzatura, qualcosa però nei lineamenti della ragazza costrinse Emma a prestare attenzione sporgendosi sul bordo del divano con i gomiti appoggiati alle gambe.
Un colpo di genio se così si può dire, risvegliò la ragazza facendola alzare e correre davanti lo schermo del televisore "Non ci credo." mormorò la rossa quando in primo piano fu inquadrata Beth, la sua compagna del liceo, quella che aveva odiato con tutta se stessa fino alla nausea, la Beth che l'aveva presa di mira per gli ultimi due anni di scuola, quelli che per ogni ragazzo avrebbero dovuto essere gli anni più felici, sì felici un corno, quella vipera bionda le aveva rovinato ogni singolo giorno, obbligandola a pregare in un'improvvisa e devastante malattia che l'avrebbe costretto a non tornare per lungo tempo.
Guardò con disprezzo quel programma che aveva aspettato con ansia, ogni singolo minuto uno sbuffo usciva dalle labbra della ragazza che con le braccia incrociate al seno aveva guardato svogliatamente il programma, non seguendone neanche un pezzo.
Quella vipera le aveva distrutto l'ennesima cosa che le piaceva.
 
Come il suo solito, si era dimenticata di fare la spesa e quindi si era dovuta arrangiare con quello che era rimasto in casa, si era ripromessa di andare a fare la spesa non appena avessero aperto i negozi, vale a dire verso le tre.
Sistemando il letto aveva notato qualcosa sporgere da uno scatolone in un angolino, si era avvicinata e accovacciandosi aveva preso in mano quell'affare che risaltava, si trattava della sua prima macchina fotografica professionale, regalatele dalla madre per il suo sedicesimo compleanno.
Colta da una folle quanto bella idea, raccolse la macchina fotografica e raccattando la borsa e le chiavi uscì con un sorriso entusiasta.
Emma si trovava nel parco poco distante casa sua, dove fin da piccola passava intere giornate a dondolarsi su quelle altalene che da bambina le sembravano così alte, alcuni bambini giocavano indisturbati tra di loro, ridendo e divertendosi mentre le loro mamme stavano sedute tranquillamente sulle panchine verdi, lanciando ogni tanto qualche occhiata per controllarli.
Nella sua mente vedeva già il risultato di una possibile foto, così pian piano iniziò a scattare decine di foto a quei bambini che arrampicandosi e a volte cadendo non si accorgevano della ragazza che in lontananza stava osservando le loro vite.
Finito di scattare le foto ai piccoli, li osservò compiaciuta, immaginando la semplicità delle foto che avrebbe stampato.
La ragazza cercò poi altro a cui avrebbe scattato foto, facendo così viaggiare la sua immaginazione.
Quel qualcosa lo trovò quando in lontananza scorse una coppia che si stava baciando amorevolmente, Emma sorrise e preparandosi già a scattare le foto si avvicinò ai due senza però farsi notare, zoomando intravide il viso della mora che sorridente si avvicinava alle labbra del moro, scattò alcune foto fermandosi, poi vedendo distintamente il volto del ragazzo, spostò la macchina fotografica dal suo viso, concedendosi di guardare i due liberamente, allora aveva visto bene, era lui.
In preda all'ansia si allontanò dal parco, senza guardarsi indietro, fuori dai cancelli si appoggiò su di essi, chiudendo gli occhi e respirando a fondo, sapeva che non era finita, sapeva che quel giorno avrebbe rivisto tante persone e lei era uscita comunque di casa, stupida.

Poco prima di rientrare a casa si ricordò di passare al supermercato per la spesa, fortunatamente non ci furono brutte sorprese per la rossa, che più tranquilla tornò a casa.
Una volta a casa si ricordò di chiamare Nora, con cui organizzò un'uscita l'indomani, dopo aver sistemato la spesa si concesse un attimo di pausa per ripensare alla giornata non del tutto conclusa, mancava infatti ancora la cena a casa del fratello e della sua pazza fidanzata.


Eccomi di nuovo qua, siccome una mia amica sta male -poverina :')- ho deciso di aggiornare la storia prima del previsto, per farle un regalino.
Diciamo che questo capitolo è dedicato alle mie due fan, senza di loro non avrei continuato a scrivere probabilmente :)
Spero vi piaccia, se avete domande o qualcosa non vi convince basta chiedere.
Elisa

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Capitolo 4
*** Quattro. ***



Quattro.
 
Cinque minuti e avrebbe finalmente visto la casa del fratello, in cui si era trasferito assieme alla fidanzata tre anni prima, dopo più di sei anni insieme.
Il taxi si fermò proprio davanti alla villetta bianca, la ragazza si affacciò oltre il sedile così da poter dare le banconote al tassista, l'uomo sorrise prendendo i soldi dalle piccole mani della ragazza che subito dopo scese dall'auto.
Il fratello guardava ansioso la strada, spostando le tende dalla finestra sotto i rimproveri della fidanzata, quando vide la macchina nera fermarsi davanti casa iniziò a muoversi agitato per la stanza.
"Tesoro calmati." lo rimproverò dolcemente Caroline che intanto si era affacciata alla finestra per vedere la piccola Emma, che tanto piccola non era più.
Rimase scioccata vedendo quanto era cambiata quella ragazza, era dimagrita -non che fosse stata grassa prima- e aveva un modo completamente diverso di vestire e infine i capelli, peccato le sarebbero mancati quei lunghi capelli che tanto aveva invidiato.
"Dave, ma sei proprio sicuro che sia lei?" chiese all'ormai uomo che le stava davanti, lui corrucciò la fronte e con un movimento della mano scacciò la domanda "Certo, come puoi pensare che non sappia riconoscere mia sorella." rispose leggermente offeso.
"Chiedevo." mormorò scostando un'ultima volta le tende.
Emma raggiunse la porta impiegando qualche secondo per decidere di suonare il campanello.
"Oh mio dio, ha suonato!" Caroline fece roteare gli occhi, sembrava davvero un bambino.
"Amore, se non apri la porta non entra." Dave la guardò annuendo convinto, era rimasto con la mano sulla maniglia per troppo tempo senza fare nulla, l'abbassò aprendo così la porta.
La porta si aprì facendo vedere alla ragazza il fratello nascosto dietro, di cui intravedeva solo la testa e Caroline, Emma sorrise alla vista di quel quadretto familiare, velocemente interrotta.
Una ragazza con lunghi capelli corvini sorrideva timidamente ad Emma, che invece guardava il fratello confusa.
"Oh si, scusa cara, non vi ho presentate. Emma lei è mia sorella Jenelle, Jenelle lei è mia cognata." Caroline le presentò indicandole rispettivamente, la rossa sorrise timidamente ricambiata dalla mora.
"Tecnicamente non siamo ancora cogn.." lo sguardo di Caroline impedì Emma di finire la frase, imbarazzata la ragazza abbassò lo sguardo.
Dave osservò la scena non sapendo bene cosa fare, per fortuna Caroline sorridendo gli venne in soccorso.
"Bene adesso che vi siete presentate potete conoscervi. Intanto io e Dave andiamo a preparare la tavola. Vieni caro?" l'uomo che era rimasto a fissare le ragazze si riscosse e seguì la fidanzata annuendo.
Emma guardò la ragazza davanti a se, non sapendo cosa fare, iniziò ad osservarla notando qualcosa di strano, era sicura di aver già visto quella ragazza da qualche parte, il problema stava nel capire in cosa consistesse quel 'qualche parte'.
"Mia sorella mi ha detto che eri a studiare in Italia." ruppe il ghiaccio sorridendo apertamente.
"Sì, sono appena tornata."
Un silenzio imbarazzante regnava nel salotto.
"E tu invece, cosa hai studiato?"
"Psicologia."
"Deve essere stato pesante." mormorò Emma cercando qualcosa da dire per proseguire quell'assurda conversazione.
"Abbastanza."
"Bene."
"Bene." ripetè Jenelle.
Emma guardava ovunque tranne che davanti a se, quella ragazza non le piaceva e in più doveva capire dove l'avesse incontrata.
"Potete venire ragazze." la rossa sospirò di sollievo vedendo comparire Caroline, adesso la adorava ancora di più.
 
"Quindi avete la stessa età." disse Dave ottenendo solo un sorriso tirato da entrambe, la conversazione andava così dall'antipasto ed erano al dessert, se non fosse stato per Dave e Caroline il silenzio avrebbe regnato sovrano.
"Jen, come sta Martin?" Emma per poco non sputò l'acqua che aveva appena bevuto, le due ragazze la guardarono confuse, non capendo cose le fosse preso.
Dave invece impallidì iniziando a ricordarsi di una cosa importante.
L'unica cosa che Emma pensava era "E' solamente una stupida coincidenza." lo ripeteva quasi fosse un mantra.
Jen guardò ancora la rossa davanti a lei, poi rispose alla sorella.
"Benissimo, sai oggi eravamo al parco ed è quasi scivolato nel lago." ridacchiò tenendosi la mano davanti alla bocca per coprire i denti.
No, non era una coincidenza.
Emma imprecò nella sua mente, aveva ragione, adesso sapeva dove l'aveva vista e con chi.
Si girò verso il fratello delusa, poi con una scusa riuscì a nascondersi nel bagno al piano di sopra.
 
Bussò alla porta un paio di volte non ottenendo risposta.
"Emma." sussurrò triste, appoggiando la testa contro la porta.
"Come hai potuto!" singhiozzò tra una parola e l'altra.
"Mi sono scordato di dirtelo piccola." si sentiva una merda, perché se sua sorella stava male era solo per colpa sua.
"Te ne sei scordato! Come si fa a dimenticare una cosa così!" esclamò infuriata la ragazza, che appoggiata con la schiena alla porta cercava di non piangere.
Dave sospirò non sapendo bene cosa dire, aveva ragione lei e adesso non sapeva come rimediare.
"Emma fammi entrare."
La ragazza non rispose, continuò a piangere in silenzio, rannicchiata su se stessa.
"Em." mormorò afflitto il fratello.
Poco dopo il rumore della chiave che girava nella serratura lo fece spostare, la porta non venne del tutto aperta ma bastò a farlo passare e richiudersela una volta entrato.
Trovò la sorella rannicchiata sulla porta con lo sguardo basso.
Si accovacciò arrivando alla sua altezza, con una mano le alzò il viso vedendo le lacrime che continuavano a scendere copiose lungo le guance della ragazza, il trucco sbavato e gli occhi arrossati.
Gli si strinse il cuore a vederla in quelle condizioni, si sarebbe dato uno schiaffo volentieri ma non era il momento adatto.
Spostò la mano sulla sua guancia accarezzandola, la ragazza con una mano strinse forte quella del fratello posata sulla guancia.
Avvenne tutto velocemente, Emma si era fiondata tra le braccia del fratello che per l'impatto aveva rischiato di cadere a terra, si era seduto e l'aveva cullata tra le sue braccia accarezzandole dolcemente la testa mentre lei l'aveva nascosta nell'incavo del collo di lui.
"Scusami piccola." sussurrò tenendola stretta.
Emma non rispose, si limitò a stringerlo più forte.
 
Caroline guardava sua sorella non sapendo cosa fare, era passato già un quarto d'ora e nessuno ancora si era fatto vivo.
"Forse è meglio se.." non finì la frase che Jen annuì, invitandola ad andare a controllare.
Quando arrivò alla fine delle scale del primo piano, sentì delle voci vicine, più si avvicinava alla porta del bagno più queste erano forti.
"E' per colpa sua vero." si bloccò sentendo la voce del fidanzato.
"Non essere ridicolo." la voce di Emma le era sembrata spaventata.
"Cosa ti ha fatto Em?"
"Niente!"
Caroline si avvicinò alla porta per sentire meglio, non avrebbe voluto origliare ma non capiva cosa stesse succedendo ed era preoccupata per Emma.
"Sai che non riesci a mentire con me."
"Dave lascia stare ti prego." la sua voce era tremolante, che avesse pianto?
"No, finché non mi dirai cosa ti ha fatto!"
Dave era sempre stato un tipo tranquillo, se si arrabbiava c'era sempre un buon motivo.
"Non ha fatto niente! Questo è il problema!"
"Non capisco"
"Cavolo Dave, come fai a non capire? Sono innamorata di lui dalle superiori!"
Caroline fissò a bocca aperta la porta.
"Ma.."
"Sai ero così felice quando la sera del ballo ha deciso che ero abbastanza bella per i suoi standard e mi ha concesso l'onore di scopare con lui. Ero davvero felice quando la mattina dopo mi sono svegliata e lui era accanto a me, poi quando sono andata a lavarmi e non l'ho trovato sono stata così stupida da andarlo a cercare, ma perché l'ho fatto? Stavo scendendo al piano di sotto quando fuori dalla finestra l'ho visto che si limonava tranquillamente la sua ragazza. Mi sono sentita come una puttana, non hai idea di quanto faccia male, così mi sono rivestita e sono scappata dalla porta sul retro. Sei contento adesso?" urlò l'ultima frase prima di scoppiare a piangere ancora.
Non sapeva cosa fare, il ragazzo di sua sorella era la stessa persona che aveva fatto fuggire Emma dopo averle spezzato il cuore.
Senza che ebbe il tempo di spostarsi la porta si aprì, Emma guardò Caroline senza espressione.
"Io... non .. mi dispiace." mormorò sconfitta abbassando il volto.
Emma scrollò le spalle "Almeno non serve che ripeta tutto da capo."
"Forse è meglio che vada." continuò Emma lasciandosi alla spalle la coppia e quella casa.
 
Il giorno dopo era un sabato, giorno libero di Nora perciò non andarono da Starbucks.
Si ritrovarono in una piccola caffetteria in stile francese, nella periferia di Londra.
Emma le raccontò ogni cosa della cena, raccontandole anche il motivo che l'aveva spinta a cambiare "aria", infondo era la sua migliore amica come poteva non raccontarle la verità?
"Sono senza parole Em." Nora stava sorseggiando l'amaro caffè dalla piccola tazzina con disegnati sopra fiorellini.
"Avresti dovuto vedere la faccia di Dave o quella di Caroline." ridacchiò per sdrammatizzare la situazione.
Nora posò la tazzina sul tavolo per poi stiracchiarsi sulla sedia mentre Emma masticava soddisfatta la sua brioches alla marmellata.
"Ma poi che razza di nome è Jenelle?" domandò guardando Emma negli occhi, la rossa arricciò il naso scoppiando poi a ridere seguita dall'amica.
"Sinceramente non ne ho idea." borbottò Emma.
"Sembra la marca di un detersivo. Lavato con perlana? No con Jenelle." Nora scoppiò a ridere da sola della sua battuta mentre Emma la guardò sconvolta, non resistendo però scoppiò a ridere all'idiozia dell'amica.
Nora fu la prima a tornare seria, aveva qualcosa in mente, e quel qualcosa era parlare di colui che non doveva essere nominato.
"Tanto prima o poi avremmo dovuto parlare di lui, perciò prima lo facciamo meglio è." disse seria, aspettando che l'amica smettesse di ridere, quando Emma si ricompose era pronta ad ascoltare la bionda.
"Sei ancora innamorata di lui vero?" la rossa annuì.
"Perché te ne sei andata?"
"Non riuscivo a sapere di poterlo incontrare ogni giorno, quando ancora solo pensare a lui mi faceva venir voglia di piangere." disse guardando l'amica.
"Avrei voluto castrarlo quello stronzo, anzi avrei dovuto farlo!" brontolò sconsolata.
"Forse avresti, ma ormai è tardi e non è più difficile sapere di essere nella sua stessa città."
Nora la guardò scettica.
"Em mi stai prendendo in giro? Se ieri sera sei scoppiata a piangere quando calimero ha detto di essere la sua ragazza." la rossa sbuffò, odiava essere contraddetta anche se aveva torto.
"E pensa che dovrai sopportarla per sempre perché è la sorella di tua cognata."
"A dir la verità non è ancora mia cognata." precisò.
"Dettagli." scacciò la sua affermazione con la mano come fosse qualcosa di inutile come una cimice.
"E dimmi come farai al matrimonio? E' ovvio che se lo porterà dietro!" continuò agguerrita Nora.
"Io... verrà con me Elisa." rispose annuendo convinta.
"E sarebbe?" domandò offesa.
"Una ragazza che ho conosciuto in Italia, era la mia compagna di stanza ed è diventata mia amica."
Nora la guardò offesa, posandosi drammaticamente la mano sul cuore.
"Mi hai tradita." esclamò con troppa enfasi, troppa per essere veramente arrabbiata.
Emma scoppiò a ridere davanti a quella scenetta.
"Ma lo sai che amo solo te!" esclamò tenendole il gioco.
"Anch'io mia piccola sirenetta." Emma guardò a bocca aperta la bionda che aveva iniziato a ridere, scosse la testa, quella ragazza era una causa persa.
"Ti voglio bene Nora." mormorò poi la rossa, l'amica sorrise e con uno slancio si fiondò sull'amica che scoppiando a ridere ricambiò l'abbraccio.
"Ti voglio bene anch'io ammiratrice di colui che non deve essere nominato."
Emma le scoccò un occhiata scettica per poi riprendere a ridere assieme, dio se l'era mancata la sua migliore amica.
 

Eccomi di nuovo qua con il quarto capitolo, ci sono un po' di colpi di scena e finalmente si scopre perché Emma è partita cinque anni prima.
Spero non faccia schifo, e che vogliate almeno un po' di bene a Emma, la mia piccolina :')
Devo ringraziare la vera 'Nora' che con i suoi discorsi intelligenti mi ha aiutata a finirlo e beh bisog
na darle i crediti per la frase "Lavato con perlana? No con Jenelle".

Grazie a tutti coloro che la seguono anche se non recensiscono.
Elisa.

 

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Capitolo 5
*** Cinque. ***



Cinque.
Esattamente una settimana dopo quella disastrosa cena, Jenelle guardava la ragazza di quello strano colore di capelli, come poteva una persona sana di mente tingersi di un colore del genere?
Era quello che continuava a chiedersi la mora.
Emma era seduta o meglio sdraiata sul divanetto di colore bianco perla nella sala illuminata dove Caroline, al centro della stanza si stava facendo ritoccare per l'ennesima volta l'abito, non soddisfatta.
Jenelle guardava lo strano abbigliamento di Emma, come poteva aver messo dei jeans dello stesso colore dei suoi capelli, senza apparire "strana".
Emma sapeva di essere osservata, ma tanta era la noia per quella giornata sprecata ad annuire, che ignorava colei che non le staccava gli occhi di dosso. Ancora non sapeva se le avessero raccontato il motivo della sua uscita di scena la settimana prima, anzi sperava davvero che non l'avessero fatto.
"Secondo me qua ci vuole ancora un po' di pizzo." pensierosa la futura sposa si osservava allo specchio, non era una domanda, non serviva una risposta ma bisognava comunque annuire per assecondare ogni suo desiderio, in fondo era il suo matrimonio no?
Ed infatti la prima ad annuire convinta fu Jenelle.
Poteva già odiarla? Sì poteva.
Le due sorelle avevano iniziato a discutere sui tipi di pizzo esistenti, cosa che a Emma non interessava, si estraniò completamente da quel luogo troppo bianco per i suoi gusti, tornando indietro con la mente a quando tutto andava alla perfezione.
"Tesoro?" la rossa saltò sul divanetto per la paura, Caroline le indicava con lo sguardo il cellulare che vibrando stava rischiando di cadere.
"Sì, scusa vado un attimo fuori." prese il cellulare ormai sul bordo del tavolino e si fece strada fuori dall'edificio.
Guardò velocemente il nome lampeggiare, poi rispose.
"Dimmi che sei già in viaggio e stai per arrivare." la rossa non le diede neanche il tempo di respirare, tanta era la voglia che aveva di vederla.
"Sì." breve e concisa, la risposta le arrivò come una specie di biglietto di sola andata per Honolulu.
"Elisa, dimmi che non stai scherzando." se l'avesse presa in giro, l'avrebbe uccisa.
"Sono in taxi." rispose semplicemente l'amica.
"Dimmi dove sei." continuò la mora seria.
"Chiltern Street." sperava davvero di non stare sognando.
Sentì in sottofondo la voce dell'amica dare il nome della strada all'autista.
"Eli, sei davvero qua?"
"Sì tesoro, arrivo." la lasciò con il telefono ancora incollato all'orecchio, avrebbe rivisto la sua amica.
 
Un taxi si fermò proprio di fronte Emma, che non appena vide la figura slanciata della mora, si lanciò verso la povera vittima.
Il tassista si soffermò qualche secondo in più dopo aver posato la pesate valigia rossa, si concesse un po' del suo tempo per osservare quelle due ragazze stritolarsi, sorrise intenerito dalla scena, ma il tempo scorreva e purtroppo lui di tempo non ne aveva.
Tossicchiò per farsi notare dalla mora, Elisa si staccò sorridendo e scusandosi per l'attesa, tirò fuori un lungo portafoglio estraendo 20 sterline, che diede all'uomo.
 
Emma iniziò a saltellare entusiasta da quella sorpresa, adesso aveva le sue due migliori amiche nella stessa città, dovevano assolutamente conoscersi.
Prese le mani di Elisa costringendola a saltare davanti a persone scocciate e divertite dal loro comportamento.
"Okay Em, ho capito che sei contenta, ma per favore evita di comportante come un cane che fa le feste." immediatamente Emma smise si saltare, fermando anche la mora.
"Si, ma adesso non fare quella faccia. Su Emma non sei un cane!"
Si guardarono per qualche secondo non riuscendo a trattenere le risate, una settimana senza Elisa ed era tornata la depressa che era stata appena arrivata a Milano.
"Devi assolutamente conoscere Nora!" senza accorgersene ricominciò a saltellare entusiasta.
"Em, a cuccia!" smise nuovamente di saltare e guardò la mora con un sopracciglio alzato.
"Non sei la mia padrona." sbuffò fingendosi offesa.
Elisa le avvicinò la mano per poi portarla sulla sua testa completamente rossa, accarezzandole prima e poi spettinandole i capelli.
"Povero piccolo segugio."
Staccò la mano della "nemica" dalla sua testa, sistemandosi il più decentemente possibile i capelli.
"Segugio?" domandò poi confusa.
"Suonava bene." Elisa scrollò le spalle tranquillamente, ottenendo uno sguardo compassionevole da parte della rossa.
"Povera piccola, quanti problemini. Vedo il fumo uscirti dalle orecchie, hai il cervello fuso mia piccola pingu." Emma sorrise dolcemente dell'espressione buffa che aveva assunto la ragazza davanti a se.
"Parla lei." borbottò entrando nel negozio.
 
Le due amiche si affacciarono sulla porta, che dava sulla stanza dove Jenelle e Caroline stavano ancora discutendo.
Elisa osservava quella ragazza tutta tirata, sembrava quasi di porcellana, chiedendosi come quell'idiota avesse potuto preferire la barbie versione mora alla sua bellissima amica.
Quel ragazzo doveva avere seri problemi di vista, forse una visita dall'oculista non gli avrebbe fatto male.
"Mando un messaggio a Nora, per dirle di raggiungerci a casa e poi vado a salutare Caroline e la vipera." tirò fuori il cellulare dalla tasca e digitò velocemente il messaggio, inviandolo subito dopo.
Dopo un'ultimo sguardo ad Elisa entrò nella stanza, dirigendosi verso le due more.
Avvertendo dei passi, le due sorelle si voltarono verso Emma.
"Scusate ma Elisa, la mia amica italiana è appena arrivata. Vi dispiace se vado con lei?" Emma osservò Caroline, che molto dolcemente le sorrise e le ordinò di andare a casa con la sua amica, nonostante il supporto da parte sua, si era accorta dello sguardo severo della barbie mora.
Si sforzò di sorridere e tornò sui suoi passi, quando arrivò a pochi passi da Elisa si voltò verso Jenelle.
"Vipera." mormorò rigirandosi e proseguendo verso l'uscita.
Dentro l'ennesimo taxi le due ragazze stavano parlando degli esami più che superati della mora.
Improvvisamente Elisa cambiò argomento.
"Però simpatica la ragazza." disse ironicamente guardandola negli occhi.
"Molto vero? Sai pensavo di organizzare un pigiama party ed invitarla, così ci potevamo fare le unghie a vicenda e parlare del nostro amore, che poi è la stessa persona." borbottò tristemente.
"Però Em, non mi aspettavo che foste diventate amiche del cuore." ridendo le diede una gomitata, cercando di scacciare la tristezza che vedeva nel suo sguardo.
"Eh sì, sai siccome mi mancava una migliore amica mora, ho pensato di cercarla in lei." rispose prontamente, questa volta sorridendo.
"Pensavi che 'mua' " enfatizzò puntandosi il dito contro "non sarebbe venuta a trovarti nella bellissima Londra?".
Emma le scoccò un'occhiata divertita. "Fidarsi è bene, non fidarsi è meglio."
"Donna di poca fede." rispose Elisa portandosi una mano sul cuore come trafitta.
Scoppiarono a ridere in pochi secondi contagiando perfino il serio tassista, che invece aveva seguito i loro discorsi sconnessi non capendo niente di quella lingua a lui sconosciuta.
 
Ad aspettarle seduta sugli scalini di casa c'era Nora, che continuava a guardarsi in giro, appena le avvistò si alzò sorridente incamminandosi verso loro.
Si avvicinò tendendo la mano verso Elisa che prontamente ricambiò il gesto.
"Elisa."
"Nora."
Si stavano osservando ed Emma stava aspettando il verdetto.
Quando un sorriso sincero da parte di entrambe si manifestò sui loro volti capì che la "prova" era stata superata.
"Quindi tu sei colei che ha rapito il cuoricino della mia sirenetta eh." disse divertita Nora.
"Ho solo provato ad ammaestrare il segugio." Elisa scrollò le spalle quasi fosse stata un'impresa ardua.
"Ti capisco, è difficile da gestire. Non fa mai quello che le dici, come quando le ho detto di non innamorarsi del bel principe." si portò sconsolata, la mano al viso.
"Quanto mi dispiace Nora." mormorò portandole una mano sulla spalla, e fingendo di consolarla.
"Traditrici! Ci sento eh!" Emma sbuffò, incrociando le braccia al seno.
"Per fortuna, altrimenti AMPLIFON piccola." disse tranquillamente Nora.
Due migliori amiche coalizzate?
Non una buona idea, pensò Emma, si era scavata la fossa con le sue stesse mani.
"Entriamo, va." borbottò inserendo la chiave nella fessura e aprendola.
 
Qualche ora dopo la stavano ancora prendendo in giro, alternando momenti di serietà a momenti di pazzia pura.
"Forse non è stata una buona idea." sussurrò Emma seduta sul divano.
"Emma, Emma!" la voce entusiasta di Nora la richiamò, facendola voltare.
"Si?" chiese preoccupata.
Nora si agitò sul divano, non riuscendo a stare ferma, mentre Elisa continuava a ridere della sua espressione spaesata.
"Ti ricordi quando siamo andate in Irlanda in famiglia?" domandò non riuscendo a trattenere un gridolino.
Elisa la guardava chiedendosi cosa fosse successo di tanto "eccitante" per la bionda.
"Oddio no." sospirò rassegnata Emma, ricordando quella famosa settimana.
"Adesso dovete dirmelo." replicò seria Elisa.
Emma sospirò nuovamente, pronta al racconto romanzato della bionda.
"Allora, correva l'anno 2004.." Emma interruppe l'amica.
"Nora, non è mica una.." non ebbe il tempo di finire che fu bloccata da Elisa.
"Zitta che se no non lo racconta." l'ammonì lasciandola sbuffare.
"Come stavo dicendo" guardò Emma per assicurarsi che non la interrompesse, poi continuò." Correva l'anno 2004, all'epoca avevamo solo 17 anni e l'unico pensiero che avevamo in testa era la gita in Irlanda, una settimana lontane da casa quella volta era un sogno.
In quel periodo avevo una terribile cotta per il nostro professore di letteratura, un bellissimo ventiseienne dalla chioma bionda e occhi azzurri, tutte le ragazze che avevano un minimo di buon gusto gli sbavano dietro, ovviamente io ero tra loro. Anche se questa qua" si fermò ad indicare la rossa "non era interessata a lui, pensava ad altro. Quando scoprì che sarebbe stato uno dei professori che ci avrebbe accompagnato in gita, non ci potevo credere.
All'arrivo scoprimmo che oltre a noi due in famiglia ci sarebbe stato anche lui, Nathaniel, siccome la sua famiglia aveva dovuto rinunciare per problemi famigliari. Non immagini l'urlo che mi uscì quando lo scoprì."
Emma si voltò verso la mora che pendeva dalle labbra di Nora, incredibile.
Emma sapeva che era il suo turno di parlare, così fece, attirando l'attenzione su di lei.
"Una sera, verso la fine penso, dopo essermi fatta la doccia ero salita per tornare alla nostra camera ed andare a dormire, ma quando aprì la porta vidi il mio professore completamente sdraiato su Nora mentre continuava a tastarla e a baciarla. Ricordo di aver spalancato la bocca ed evidentemente aver fatto rumore perché entrambi si fermarono e si staccarono come scottati. Le prime parole che sentì uscire dalla bocca del professore furono 'Non è come sembra', penso di essergli scoppiata a ridere in faccia non solo per la cazzata detta ma per la faccia che aveva."
Emma terminò il suo discorso dando spazio alle risate di Elisa e qualche sguardo nostalgico di Nora.
"Sfortunatamente da quell'incontro focoso non ci parlammo più, non riusciva a guardare in faccia nessuna delle due, così appena tornate a Londra si fece trasferire." finì il racconto tristemente, la bionda.
Elisa le guardò indecisa se ridere o consolare la bionda, infine optò per la prima, non riuscendo a trattenersi.
Emma e Nora la seguirono subito.
"Voi due siete completamente fuori, sapevo delle cazzate di Em, ma tu Nora, tu sei il mio idolo." la guardò seria per un secondo richiedendo un cinque, poi scoppiò a ridere, lasciandosi andare sul divano.
"Iniziamo bene." sospirò la rossa, preparandosi al peggio, quelle due insieme erano una miscela esplosiva.


Perdonate l'enorme ritardo, ma non avevo tempo ne voglia di scrivere. Poi sono stata una settimana in gita scolastica e beh, la mia mente era occupata da quello ;)
Sono di corsa, anche di solito non so mai che dire, quindi spero vi piaccia e se lasciate una recensione mi farebbe davvero piacere, giusto per sapere se continuare a scrivere :)
Adios, Elisa.

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Capitolo 6
*** Sei. ***




Sei.
"Quindi quando è il matrimonio?" la rossa si mosse a disagio sul divano sotto lo sguardo attento delle due amiche.
"Più o meno tra tre settimane, fine luglio."
Nora assunse una posa pensierosa.
"Non puoi andarci da sola, questo è certo. E poi c'è il rischio che in queste tre settimane tu lo possa incontrare." Elisa annuì seria, appoggiando la nuova amica.
"Avete forse intenzione di farmi da guardia del corpo, per caso." chiese ironicamente Emma alle due. Il silenzio però che le rispose, le fece alzare la testa e trovare lo sguardo teso delle ragazze.
"State scherzando vero?" implorò quasi.
"Non sei ancora pronta." sentenziò Elisa.
"Si ma non potete seguirmi per sempre!" esclamò alzando le braccia e riabbassandole subito dopo.
La mora scosse la testa mentre Nora ricominciava a parlare.
"Elisa ha ragione, è troppo presto. Quindi noi ci informeremo per scoprire i suoi posti abituali e dove abita, così non rischierete di vedervi." Sorrise convinta della sua brillante idea, quando si metteva in testa qualcosa, niente e nessuno sarebbe riuscito a farle cambiare idea, questo Emma lo sapeva fin troppo bene.
"Vi prego! Non siamo in un film di spie!" si alzò in piedi fronteggiandole.
"Niente da fare, Em. Si fa come dice Nora." si alzarono in piedi, scambiandosi uno sguardo complice "Adesso noi andiamo a fare il nostro lavoro, tu non ti muovere."
Emma rimase a bocca aperta, scioccata ed irritata.
"Ma sono appena le tre del pomeriggio! Siamo in estate cavolo!" urlò alle due, che stavano ormai aprendo la porta di casa.
"Accendi l'aria condizionata." Nora concluse così il discorso lasciandola sola, in piedi in mezzo ad una stanza vuota e sudata.
 
"Ancora non ci credo che quell'idiota sia diventato il socio di una società così importante." borbottò Nora, spiando l'interno della casa davanti a se, mentre Elisa al suo fianco segnava il numero della targa.
"Che tipo era?" domandò la mora concentrata nel sapere più dettagli possibile.
"Il classico ragazzo popolare. Stronzo ma dannatamente bello. Non ero cieca di sicuro." Nora ammiccò verso Elisa, che ridacchiò.
"Ma ogni volta che vedeva Emma si illuminava, non le parlava certo, almeno non in pubblico, però aveva uno sguardo strano. Alle superiori Emma non era quella che conosci adesso, era una ragazzina timida, che cercava di non farsi notare, era bella e le persone lo sapevano, ma aveva troppa paura per credere alle parole di un ragazzo così li rifiutava tutti, uno dopo l'altro. Ma con lui è stato diverso."
La mora vide lo sguardo perso nei ricordi della bionda, avrebbe voluto essere stata anche lei accanto ad Emma, durante quel periodo.
Sapeva cosa era successo, e quindi cosa l'aveva spinta a scappare, per non rivedere ogni volta la persona che le aveva spezzato il cuore e l'aveva umiliata.
Come aveva potuto fare del male ad una persona come Emma?
"Mi fa sentire meglio sapere che Em abbia potuto contare su una persona come te."
Nora le sorrise attirandola in un abbraccio, non si conoscevano da molto, ma avendo in comune un'amica come Emma, Elisa le stava diventando sempre più simpatica.
Era come un'altra Emma.
Si staccarono dall'abbraccio col sorriso sulle labbra, poi ricominciarono a svolgere il loro loro 'lavoro'.
La porta di casa si aprì lasciandole vedere un ragazzo alto, moro, vestito in modo casual incamminarsi verso la costosa Bmw.
"Porca carota!" urlò Elisa sorpresa, venendo subito coperta dalla mano di Nora sulla bocca.
"Elisa!" la ammonì la bionda, mentre il moro stava uscendo dal vialetto.
Elisa abbassò lo sguardo dispiaciuta.
"Scusa, ma nessuno mi aveva detto che era così..così.." cercò le parole per definirlo, ma non le trovava.
"Dannatamente bello." mormorò Nora, sorridendo.
"Sì."
"Adesso capisco Emma." borbottò tra se e se facendo sorridere la bionda.
"Peccato solo che l'abbia fatta soffrire.. tanto."
 
Quel dannato cellulare non la smetteva di suonare, Emma corse veloce a prenderlo nella stanza, dove si stava caricando.
Vide il nome del fratello lampeggiare sul display.
"Ehi Dave." rispose e cercò di sembrare felice o almeno tranquilla.
"Em." mormorò invece il fratello seduto nel suo ufficio, guardando fuori dalla vetrata che dava sulla strada trafficata di Londra.
"Sto bene Dave."
"Devo crederti?" Emma sbuffò alle parole del fratello, sedendosi sul letto e incrociando le gambe, mentre giocava con il cavo del caricabatterie.
Due bambini attraversarono le strisce tenendosi per le mani, Dave osservava quei bambini, vedendo però lui e sua sorella.
"E' passata una settimana, sto bene, davvero."
"Em, sono cinque anni che fingi di stare bene!" la rossa sbarrò gli occhi, sorpresa dalle parole del fratello. Si alzò in piedi, passeggiando per la stanza nervosamente.
"Stavo bene.. prima. Non è colpa mia se quella è la sua nuova fidanzata." Dave si sentì in colpa, perché infondo aveva ragione, la sua piccola sorellina era scoppiata solo dopo aver scoperto che Jenelle e Martin erano fidanzati.
"Mi dispiace." sussurrò Dave appoggiandosi una mano sugli occhi.
Questa volta fu il turno di Emma di sentirsi in colpa.
"Dave, non volevo. Scusa." si lasciò cadere sul letto, chiudendo gli occhi, irritati dai raggi di sole.
Il silenzio dall'altra parte del telefono preoccupò sempre di più la rossa.
"Dave?"
"Non devi scusarti Em, non è colpa tua. E' solo colpa mia, lo è sempre stata."
La rossa sospirò, preparandosi alle parole che le sarebbero uscite a momenti.
"Dave, non provarci nemmeno. Non è colpa tua, non lo è mai stata. Anzi tu sei sempre stato quello che sistemava tutto, sempre e comunque. Sono io quella che è scappata, quella che non è andata al funerale del padre sapendo che lui ci sarebbe stato. Tu hai solo cercato di proteggermi e fare la cosa giusta."
"Emma.."
"Ti voglio bene David."
"Anch'io piccola."
Chiuse così la telefonata, con un senso di nostalgia, e le lacrime ormai pronte ad uscire.
Come aveva potuto rinunciare al funerale del padre? Che figlia era?
Nora ed Elisa le avevano detto di restare a casa, ma Emma non poteva, doveva uscire, doveva fare una cosa importante.
 
"Adesso dovrei girare a destra e in teoria sono arrivata." borbottò Emma al volante dell'auto appena noleggiata.
Svoltò a destra ed in lontananza vide la sua destinazione.
Parcheggiò vicino una bmw nero metallizzato e con il battito accelerato scese dall'auto.
A pochi passi dall'auto si fermò vicino un piccolo baracchino, che vendeva fiori.
Una donna sulla sessantina con un grembiule rosa le chiese gentilmente cosa desiderasse.
Allontanandosi dalla baracchina, Emma aveva in mano un mazzo di Orchidee bianche, le preferite del padre.
Oltrepassò il cancello del cimitero e si ritrovò immersa dalla tristezza.
Dave le aveva detto che la tomba si trovava verso la fine del cimitero, aveva ragione perché dopo una lunga camminata la trovò.
Aaron Morris.
Emma si inginocchiò sulla lapide per appoggiare il mazzo che portava tra le braccia.
Amato padre e marito.
Le prime lacrime scesero alla lettura di quelle poche parole, si sentiva così in colpa per averlo lasciato solo.
"Mi dispiace tanto papà." singhiozzò la rossa ancora in ginocchio sulla tomba.
Si coprì gli occhi con le mani, scossa dai singhiozzi, poi tentò di pulirsi il viso, macchiato dal trucco.
"Non avrei mai voluto lasciarti da solo, ma io.. io non potevo più restare. Spero che mi perdonerai."
Lentamente la ragazza si calmò.
"Ma adesso sono tornata, non so se resterò, ma mi era mancata Londra. Mi manchi tanto papà."
Emma si alzò in piedi non riuscendo più a restare in quel luogo, dove anche la madre era stata sepolta.
Tornò alla sua auto e mise in moto scappando di nuovo.
 
L'aveva vista, l'aveva vista veramente ,dopo cinque anni era tornata a casa.
Era rimasto nascosto dietro un albero, appena si era accorto della ragazza, inizialmente non aveva capito chi fosse, non conosceva nessuno dai capelli rossi, ma quando si era avvicinato e lei si era girata, qualcosa si era fermato.
Una volta al mese andava al cimitero, per togliere i vecchi fiori e metterne altri nuovi, li aveva appena portati via quando si era accorto di lei.
Non sapeva con certezza il motivo per cui continuava a farlo, aveva parlato solo una volta con il padre della ragazza, quando era morta la moglie, ma nonostante questo lui andava sempre al cimitero, forse perché si sentiva in qualche modo in contatto con Emma.
Capitava che a volte parlasse con Aaron, raccontandogli della sua vita e di qualche episodio passato che riguardava sempre la ragazza.
Dopo tutti questi anni, si sentiva ancora male per il modo in cui l'aveva fatta stare, perché non era sua intenzione farlo, soprattutto non a lei.
Quando quella mattina era tornato in camera e non l'aveva trovata, aveva capito subito, ed aveva urlato, eccome se aveva urlato.
Perché quella ragazza era fuori dal comune.
Martin sapeva che Emma era innamorata di lui, e l'aveva usata, non intenzionalmente, ma l'aveva fatto.
Sapeva che non avrebbe potuto resistergli, così essendo rimasto a secco di ragazze si era fiondato da lei, leggermente ubriaco e quando la mattina se l'era ritrovata accanto, con la testa appoggiata al suo petto, si era sentito una merda. Aveva usato l'unica ragazza a cui non avrebbe voluto fare niente.
Lui e i suoi ormoni del cazzo.
Le poche volte che l'aveva vista dopo quella volta, aveva cercato di starle alla larga,troppo codardo per affrontarla.
Così l'aveva allontanata ancora di più.
Non aveva saputo della sua partenza, fino a quando Nora si era presentata a casa sua insultandolo in tutti i modi possibili ed immaginabili. Inizialmente non aveva capito il perché, ma quando poco prima di andarsene gli aveva parlato, aveva capito.
"E' scappata, non tornerà più, ed è solo colpa tua." l'aveva lasciato con quelle parole, che avevano iniziato a ronzargli nella testa, come un campanello d'allarme e lì aveva capito, aveva capito che Emma era andata via, perché non aveva saputo tenere a bada gli ormoni.
Seguì la rossa fino al parcheggio,mantenendosi sempre nell'ombra.
Era sempre stata così bella?
La vide guardarsi in giro e poi aprire la portiera, salire in macchina ed uscire dal parcheggio, accelerando sempre di più.
Aveva pianto, anche lui se ne era accorto, e si era sentito male a vederla così, avrebbe voluto abbracciarla e dirle che andava tutto bene, ma non avrebbe potuto, mai più.
Il suo cellulare nella tasca vibrò, avvertendolo dell'arrivo di un messaggio.
Con calma tirò fuori quel piccolo oggetto nero che custodiva gelosamente, aprì il messaggio senza neanche guardare il mittente.
Amore, ho finito. Vieni a prendermi.
Niente per favore, oppure un potresti, no per lui qualsiasi cosa era un'ordine.
Ed anche quella sera in discoteca, quando aveva incontrato Jenelle, aveva dato retta agli ormoni.
Doveva smetterla di ascoltarli!

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Capitolo 7
*** Sette. ***




Sette.
Emma si ritrovò le sue amiche spie, proprio sulla porta di casa, con sguardo serio.
Chiedendole cosa avessero, aveva aperto la porta e le aveva fatte entrare, avevano risposto con uno scrollo di spalle, nascondendo però qualcosa.
Non aveva indagato più di tanto, non ne aveva la voglia.
Emma era corsa al piano di sopra, reclamando una doccia fredda, aveva riso e cantato a squarciagola la canzone di Florida "Wild Ones", riuscendo a farsi sentire anche dalle sue amiche.
Intanto Elisa e Nora cercavano di non far trapelare dal loro sguardo quello che avevano scoperto.
Come si conviene a due spie, avevano seguito la bmw del ragazzo, arrivando al cimitero locale.
Erano rimaste appostate nella macchina rossa della bionda, vendendo così uscire la rossa dalla macchina appena parcheggiata accanto quella del ragazzo.
L'avevano visto seguirla fuori dal cimitero, nascondendosi alla sua vista.
Era ritornata al piano terra, dopo la doccia e aveva guardato le ragazze sedute sul divano in attesa della risposta alla sua ovvia domanda.
"Beh che c'è?" domandò Nora, sistemandosi meglio sul divano e lanciando uno segnale d'aiuto alla mora.
Emma alzò il sopracciglio irritata.
"Si vede lontano un miglio che state nascondendo qualcosa." borbottò Emma incrociando le braccia al seno.
"Perché dobbiamo sempre nascondere qualcosa?"
"Perché nascondete sempre qualcosa." rispose pacata Emma, sottolineando il sempre, ottenendo dalle due ragazze un sorriso tirato.
"Nora." la richiamò Emma.
Nora cercò di esibire il suo sorriso più smielato.
"Dimmi, mia cara Em."
Emma scosse la testa, rinunciando all'impresa, erano una più testarda dell'altra.
Mentre la rossa pensava a qualcosa da dire, per cambiare argomento, la mora l'anticipò.
"Em, ti ricordi del mio amico, quello che si è trasferito a Londra l'anno scorso?"
La rossa cercò di ricordare chi fosse la persona citata, scavò nelle sue conversazioni con la mora e si illuminò ricordandosi del ragazzo.
"Liam!" esclamò alzando il dito, felice di aver ricordato il nome del ragazzo di cui Elisa era segretamente innamorata e con cui sfortunatamente non era riuscita a concludere niente per il suo studio di medicina in Inghilterra, la sua patria.
Liam era un ragazzo alto con un fisico asciutto ma muscoloso, una volta Elisa le aveva mostrato alcune foto, capelli biondo cenere e occhi color nocciola, doveva ammetterlo era davvero un bel ragazzo.
La mora diventò del colore dei capelli di Emma, annuendo timidamente sotto lo sguardo confuso della bionda.
"Scusate, ma chi è questo Liam?" Nora alternava lo sguardo dalla rossa alla mora in cerca di una risposta.
"Il ragazzo di cui è innamorata."
Se prima era rossa, adesso non si distingueva più il colore, aveva preso il cuscino accanto e ci aveva messo la testa sopra, nascondendola alle altre.
"Non è vero." la voce della mora risultò strana, perché attutita dal cuscino.
Emma e Nora intanto avevano iniziato a ridere sguaiatamente, non riuscendo più a trattenersi.
Elisa alzò la testa dal cuscino, sentendo così le risate delle amiche, che non riuscendo a smettere a si stavano rotolando sul divano con le lacrime agli occhi.
"Smettetela." brontolò Elisa.
Ma nessuna delle due si decideva a calmarsi, innervosendo così la mora.
"Non sai neanche cosa volevo dirti." continuò cercando di attirare l'attenzione di almeno una delle due, in questo caso della rossa. Il piano della mora riuscì perché la rossa tossendo si sistemò sul divano e alzò la testa nella sua direzione, mentre la bionda si asciugava le lacrime.
"Scusami Eli, cosa dovevi dirmi?" domandò ostentando un po' di serietà, facendo però ridacchiare Nora.
Elisa scoccò uno sguardo minaccioso alla bionda che tossendo riacquistò un po' di contegno.
"Volevo dirti che ci siamo sentiti e quando ha saputo che sono qui mi ha praticamente costretta ad accettare un'invito a cena." raccontò illuminandosi e addolcendo la voce.
"Quando?" domandò Nora, molto interessata.
"Stasera."
Emma e Nora si guardarono poi all'unisono parlarono.
"Cosa stai aspettando?"
"Alza le tue belle chiappetten e preparati!"continuò seria Nora.
"Ma sono appena le cinque, e noi ci vediamo solo alle otto." mormorò confusa.
"Tesoro mio, è già tardi!"
 
Elisa si sistemò un'ultima volta allo specchio, nel bagno di casa Morris, Nora aveva recuperato una gonna con motivi a fiori a vita alta e una canottiera bianca, molto semplice, dall'armadio di Emma.
Elisa aveva sorriso davanti al suo riflesso, era una bella ragazza e non aveva mai negato di esserlo. Semplicemente evitava di vantarsene.
Aveva rimesso la custodia dei trucchi nella borsa e mettendosela in spalla era uscita dal bagno per raggiungere le amiche al piano terra.
"Sei uno schianto tesoro." aveva esordito così Nora, facendo arrossire Elisa.
"Nora ha ragione, stai benissimo." Emma sorrise dolcemente all'amica.
Le tre ragazze si spostarono in cucina, Nora si sedette alla tavola mentre Emma si era avvicinata alla dispensa alla ricerca di qualcosa da mangiucchiare, Elisa invece era in piedi, leggermente agitata.
"Ti viene a prendere qui?" Domandò la rossa intenta a scegliere tra due diverse confezioni di biscotti, facendosi aiutare dalla bionda che con il mente le indicò la prima.
La mora controllò l'ora sul cellulare poi rispose agitata.
"Tra circa cinque minuti, dovrebbe essere qui." iniziò a camminare da una parte all'altra della cucina, borbottando tra se e se.
Intanto la rossa si era seduta accanto l'amica, che avvicinandosi al suo orecchio le aveva sussurrato "Non era innamorata, eh." suscitando una risata alla rossa.
Una suoneria invase la cucina.
Elisa guardò prima il cellulare poi le amiche sempre più nervosa.
"E' lui." sussurrò a nessuno in particolare.
Rimase con il telefono in mano, mentre continuava a suonare.
"Rispondi!" esclamò Nora, smuovendola.
"Ciao Liam." esordì così la sua conversazione, dopo aver finalmente schiacciato il tasto verde e aver portato il telefono all'orecchio.
"Si.. va bene, sono pronta. Arrivo." sorrise chiudendo la telefonata.
Emma e Nora la guardarono ansiose di sapere.
"E' qui fuori." disse girandosi verso di loro, subito le due si alzarono, correndo verso la finestra, spostarono la tenda vedendo un ragazzo appoggiato ad un'auto.
"Però! Hai buon gusto ragazza." commentò Nora ammiccando.
Anche Elisa si sporse a vedere quel ragazzo che le era mancato come l'aria, e sorrise a vederlo così sereno è in tutta la sua bellezza.
"Che ne dici di andare da lui, invece che stare qui a sbavare?" questa volta era stata Emma a parlare, sorridendole e incoraggiandola con la testa a raggiungerlo.
La mora non ci mise molto a seguire il consiglio dell'amica, anzi corse letteralmente fino alla porta d'entrata, dove si fermò per riprendere fiato e un minimo di contegno, ma quando una volta aperta la porta incontrò i suoi occhi nocciola, non ci pensò due volte e corse buttandosi tra le braccia del ragazzo che inizialmente fu sorpreso da quella spontaneità, ma la strinse a se poi, inspirando il profumo dei suoi capelli.
Vaniglia, nulla era cambiato quindi.
Era sempre la sua Elisa.
"Mi sei mancata pulce." le sussurrò all'orecchio.
"Anche tu babbuino." gli sussurrò di rimando.
Rimasero per molto tempo in quella posizione, persi nei ricordi, osservati dalle due ragazze ancora sulla finestra, rimaste a sognare anche loro in un incontro così.
 
"Prego signorina." le sorrise aprendole la portiera e tendendole la mano, che lei prese, stringendola col sorriso sulle labbra.
"Grazie." sussurrò poi al biondo.
Non lasciandole la mano, il ragazzo l'accompagnò dentro al ristorante che aveva prenotato qualche giorno prima.
Elisa aveva paura, paura che lui non fosse più quello di una volta, paura di non riuscire a mascherare i suoi sentimenti, paura di essere rifiutata.
Liam invece non riusciva a toglierle gli occhi di dosso, l'aveva sempre detto che era una bella ragazza e infatti aveva cercato di tenerle lontano tutti i ragazzi che le si avvicinavo troppp, fingendosi il suo ragazzo, cosa di cui lei non era a conoscenza.
L'aiutò anche a sedersi, come un vero gentiluomo, quale era sempre stato, imbarazzando però la ragazza.
Entrambi seduti uno di fronte l'altro, non riuscirono a staccarsi gli occhi di dosso, imprimendosi saldamente le loro immagini nella testa, per ricordare per sempre quel momento, che lui sapeva sarebbe stato solo l'inizio di qualcosa di nuovo e sempre desiderato.
Il cameriere si avvicinò ai due, interrompendo così quello scambio di sguardi, porse loro i menù, lasciando un sorriso speciale solo per la mora, cosa che al biondo non fece piacere.
Elisa notò la sua reazione.
"Liam, tutto bene?" lui la guardò per un attimo perso, domandandosi come fosse stato così stupido da farsi beccare.
"Mmh? Sì, sì. Tutto bene pulce." sorrise forzatamente, nascondendo la gelosia che ormai lo stava divorando.
"Ti ricordo che ti conosco dall'asilo, non sai mentire. Non a me." lei invece gli sorrise dolcemente, trattenendo una risata.
Finalmente ricambiò anche lui il sorriso, questa volta sincero.
"No, hai ragione. Ma non ti preoccupare, non è niente." una mezza verità poteva andare bene, per il momento.
Elisa lasciò cadere il discorso, domandandogli della sua vita in quel ultimo anno, raccontandogli poi a sua volta la sua vita a Milano e parlandogli di Emma.
Quando ritornò il cameriere, Liam era già pronto a sfoggiare il suo sguardo più spaventoso, cercando di allontanarlo da lei, fortunatamente il ragazzo capì che non tirava aria così si limitò a prendere le ordinazioni.
Neanche questa volta gli sguardi che si scambiarono, sfuggirono alla ragazza, che spazientita attirò la sua attenzione pronta a domandargli quale fosse il problema.
"Questa volta, non puoi dirmi che è una coincidenza." sussurrò guardandolo dritto negli occhi.
Liam sbuffò, non sapendo bene cosa fare.
Doveva confessarle tutto? O restare con quel dubbio per sempre?
Un anno non gli era bastato a capire quanto avesse bisogno di lei?
Si decise così ad almeno iniziare il discorso.
"Elisa." sospirò, prendendo coraggio.
Lei inclinò lievemente la testa in attesa.
"Non c'è nessuno che ti aspetta in Italia?" domandò incuriosendo la mora.
"No, ma perché me lo chiedi?"
Liam strinse le mani unite, cercando di calmarsi, non sapendo da dove iniziare.
"Tesoro, tutto bene?" chiese lei dolcemente, innervosendo ancora di più il ragazzo.
"Vedi.." iniziò, bloccandosi subito, non sapendo come continuare.
"Ti è mai capitato di trovarti così bene con una persona, da farti bastare un semplice sorriso o accontentarti di una amicizia, pur di non rovinare il vostro rapporto? Quella persona che quando è felice lo sei anche tu e quando è triste tu lo sei per lei."
"Non ti seguo." disse cercando di capire dove volesse arrivare.
"Quello che voglio dire è ch..." Liam venne interrotto dalla voce del cameriere che con la sua voce roca introdusse i piatti.
Un altro sguardo omicida verso quel cameriere, che d'ora in poi avrebbe odiato.
Elisa sorrise gentilmente al cameriere, poi si concentrò nuovamente su di lui.
"Mangia, che se no si raffredda, ne parliamo dopo." le sorrise lui, incoraggiandola a mangiare.
Elisa gli sorrise, iniziando a mangiare, non del tutto convinta.
 
"Ho finito!" esclamò la ragazza, posando la forchetta sul tovagliolo a destra del piatto.
Liam invece inghiottì l'ultimo boccone, deglutendo.
"Dove eravamo rimasti?" chiese schiarendosi la voce lui.
"Stavi cercando di spiegarmi cosa volevi dirmi." gli rispose lei, spronandolo a parlare.
"Si, ecco, vedi. Insomma, volevo dirti che è dalle superiori ormai che non riesco di smettere di pensare a te." disse velocemente, senza fermarsi se non quando finì la frase.
Elisa sbarrò gli occhi incredula per quella specie di dichiarazione.
Stava forse dicendo che gli piaceva?
"Ti prego di qualcosa." sussurrò lui, cercando di sorridere.
"Vuoi dire che io ti piaccio?" domandò puntandosi il dito contro.
"Beh, dire che mi piaci è poco." mormorò sorridendole imbarazzato.
Poteva essere più felice?
Elisa si alzò, camminando fino alla sua sedia, si abbassò quanto bastò per arrivare a qualche centimetro dalle sue labbra, eliminò la distanza tra di loro, spiazzandolo. Sfiorò prima dolcemente, poi con possessione quelle labbra sottili, tanto bramate.
Il ragazzo si riprese velocemente, portandola a sedersi sulle sue gambe e tenendola per la vita mentre lei passava le mani tra i suoi capelli.
Schiuse le labbra, approfondendo così il loro primo e vero bacio.
Si staccarono abbastanza da potersi sfiorare i nasi, e guardarsi negli occhi.
"Ho aspettato tutti questi anni, quando avrei potuto farlo molto tempo fa." sussurrò lui lasciandole una carezza sulla schiena.
"Io sicuramente non ti avrei rifiutato." gli disse tirandogli dolcemente una ciocca di capelli.
"Quindi ti piaccio?" domandò attirandola a se.
"Dire che mi piaci è poco." rispose provocandogli un sorriso e spingendolo a baciarla ancora.
 
"Secondo te, quei due stasera finiranno a letto?" domandò Nora sulla porta di casa Morris.
"Probabilmente si." ridacchiò la rossa con la mano sulla maniglia.
"Ho proprio bisogno di qualcuno anch'io, sono single da troppo tempo." borbottò sconsolata la bionda, tirando fuori le chiavi dell'auto.
"Tesoro, abbiamo un matrimonio." quella frase bastò per tirare su il morale della bionda, che sapeva cosa sarebbe successo, e non vedeva l'ora.
Scoccò un bacio sulla guancia della rossa prima di incamminarsi verso l'auto e salutarla con la mano, come solo una regina faceva.
Emma scoppiò a ridere ripensando allo strano saluto dell'amica.
Sia Elisa che Nora presto avrebbero avuto un ragazzo, era ora di pensare anche lei a qualcuno con cui sistemarsi.

Scusate per gli eventuali errori, ma sono di fretta e non sono riuscita a controllare.
Comunque è mio dovere ringraziare la mia "seguace" numero uno Malley, grazie tesoro!
Grazie anche a tutti quella che la seguono, anche se non commentano.
Però se commentate, non mordo mica eh :)
A presto,
Elisa.

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Capitolo 8
*** Otto. ***



Otto.
Ancora sotto le lenzuola Emma guardò l'orologio digitale a forma di rana, posto sul comodino accanto il letto, appena le nove di mattina e già qualcuno si permetteva di disturbarla.
Scostò, irritata, le lenzuola dal suo corpo sudato e in canottiera e culotte scese le scale di legno, attraversando il corridoio e arrivando così alla porta d'entrata.
Una volta aperta si trovò davanti un Elisa molto sveglia, fin troppo sveglia, con un sorriso a 32 denti e i vestiti della sera precedente, con in mano due bicchieroni fumanti provenienti dalla caffetteria dove lavorava Nora.
"Ti ho portato il caffè!" esclamò alzando i due bicchieroni e spostandola per entrare in casa, come se non fosse stata via tutta la notte.
Emma rimase sulla soglia della porta, troppo addormentata per gestire l'eccessiva felicità dell'amica.
Barcollò fino alla cucina, dove la mora aveva già preparato una fetta di pane e nutella su un piattino dove accanto era posizionato il suo amato caffè, si sedette squadrando l'amica senza proferire parola, prese il caffè finendolo in poche sorsate, poi afferrò il pane e lo divorò completamente, sotto lo sguardo entusiasta della mora, che continuava a fissarla in attesa di qualche domanda.
Emma voltò il viso verso l'amica, ancora masticando.
"Quindi com'è andata?" domandò inghiottendo la sua colazione.
"E' stata la serata più bella della mia vita." sospirò persa nei ricordi.
Ecco che iniziava pensò Emma, non che non volesse ascoltare la fiaba dell'amica, ma si era appena svegliata e non era ancora in grado di comunicare con le persone.
"Eli, ti dispiace?" domandò sperando che l'amica capisse, infondo erano più o meno cinque anni che vivevano insieme, qualcosa di Emma l'aveva capito.
Elisa sorrise e con la testa intimò alla rossa di andare.
 
"Biscottino, sono sveglia e pronta a sorbirmi la tua storia fiabesca." entrò saltellando nella cucina e si sedette vicino ad Elisa, appoggiando la testa ai palmi delle mani, salde al legno del tavolo.
Elisa guardò Emma, non riuscendo a trattenere una risata, l'era bastata una doccia fredda a riprendersi.
"Quindi cenerentola? La serata con il bel principe?" Elisa guardò scandalizzata l'amica.
"Em, non dirmi che ti sei guardata ancora 'Cenerentola'!" l'accusò puntandole un dito contro.
"E poi, non ci assomigliamo nemmeno a quei due." continuò brontolando.
Emma si finse offesa per l'accusa dell'amica, così con una mano sul cuore e un tono solenne le rispose.
"Non potrei mai, mia signora. In ogni caso, basterebbe una modifica qua e là e puff, sareste identici!" tutta la serietà era sparita non appena aveva aperto bocca, lasciando interdetta la mora, in bilico tra una risata e un pianto isterico.
"Emma che cosa hai bevuto?" domandò prendendola in giro, avendo però l'effetto contrario.
"Ho bisogno di bere, Elisa." la mora alzò un sopracciglio, cercando di seguire i continui sbalzi d'umore della rossa.
"Come mai questa uscita?"
"Tu e la tua storia d'amore mi fate venir voglia di avere un ragazzo, ma sono previdente e so come andrebbe a finire perciò mi butto subito sul bere." sembrava davvero fiera del suo ragionamento, cosa che fece ridacchiare la mora, ma dopo uno sguardo ammonitorio da parte della rossa, si fermò nascondendo la risata con la tosse.
"E allora andiamo in pub."
La rossa sbuffò "Ma devo trovarmi un lavoro."
"E allora metti insieme le due cose, vuoi bere e devi trovarti un lavoro? Cerca un lavoro in un pub."
"Sei un genio cenerella." Emma si sporse per scoccarle un sonoro bacio sulla guancia.
"Ma aspetta e il lavoro al 'Psicadelica'? Che fine ha fatto?"
Emma si rigirò la tazza tra le mani, decidendo se dirle o meno cosa fosse successo, rise tra se e decise che le avrebbe raccontato l'accaduto, spostò lo sguardo verso la mora che l'osservava in attesa di soddisfare la sua curiosità, più che legittima.
"Ti ricordi Andrea? Quel ragazzo che da tempo ci provava? Beh, alla fine gli ho dato una possibilità, infondo era simpatico e gentile. Siamo usciti e ci siamo baciati, niente di più niente di meno. Eravamo davanti al 'Psicadelica' quando questa ragazza inizia ad insultarci pesantemente e spingermi lontana da lui, io all'inizio non avevo capito ma quando lui ha iniziato a chiederle scusa e a chiamarla amore, dando la colpa a me, ho capito. La sua ragazza, o meglio fidanzata da 6 anni, era niente di meno che la figlia del mio capo e puoi immaginare come sia andata a finire."
"Non ci credo." sussurrò Elisa con le lacrime agli occhi, contagiando anche l'amica, doveva ammetterlo a distanza di tempo era una storia divertente.
La rossa si alzò dalla sedia e si diresse al cestino, posto sotto il lavello, aprì lo sportello in legno chiaro, sua mamma amava il legno,  e vi ci gettò la tazza di plastica. Si appoggiò con la schiena al mobile, girandosi a guardare l'amica, che stava cercando di ricomporsi.
"Quindi cosa hai intenzione di fare Emma?" domandò rilassandosi sulla sedia.
"Non ne ho idea." aveva così tante cose da fare, che non sapeva da dove iniziare, doveva aiutare Caroline con il matrimonio e quindi sopportare la vipera, e infine doveva smetterla di crogiolarsi nella sua disperazione e ricominciare a vivere, anche se al momento il passato non la stava di certo aiutando.
"Stasera andiamo in un pub, è deciso." Emma fu risvegliata da quella frase detta solennemente dalla mora di fronte.
"Ma sono anni che non mi ubriaco." mormorò la rossa, avendo già cambiato idea sul bere fino a star male, voleva dimenticare non vomitare l'anima.
"Allora dobbiamo rimediare, stasera usciremo e ci divertiremo. Fidati sorella."
Emma non rispose, si limitò a guardare l'amica, si doveva fidare veramente di una che l'aveva appena chiamata sorella?
Evidentemente non aveva altra scelta.
 
"Emma, muoviti!" la ragazza guardò le due amiche tutte in tiro per la serata, mentre lei aveva messo un paio di shorts colorati e una canottiera.
La stavano guardando, anzi la stavano obbligando con lo sguardo a seguirle dentro il pub.
Infine si arrese, e con passo incerto raggiunse le amiche superando insieme coloro che in una notte di stelle avevano già perso la cognizione del tempo.
Se fuori si era ritrovata a combattere con schiamazzi e commenti poco carini di persone non propriamente sobrie, dentro era peggio.
A destra si estendeva il bancone, in tutta la sua sporcizia, con decine e decine di bottiglie e bicchieri lasciati mezzi vuoti, mentre dietro alcuni ragazzi si davano da fare per sistemare tutto.
A sinistra invece c'erano i tavolini anch'essi pieni di bottiglie abbandonate e occupati da tutti i generi di persone, oltre la colonna che divideva i tavoli da una specie di pista da ballo, dove la gente ammassata cercava di ballare.
Emma era sempre più tentata di scappare, ma la presa ferrea di Nora la bloccò.
"Andiamo a prendere da bere!" urlò Elisa per farsi sentire sopra la musica, tra l'altro genere che Emma non ascoltava.
Nora riuscì a trovare uno spiraglio tra la gente che affollava il bancone, si appoggiò ad esso, evitando le chiazze di liquido indefinito e si sporse, richiamando il ragazzo rasta, che si spostava di persona in persona, cercando di soddisfare gli ordini.
Emma non sentì cosa ordinò l'amica, ma conoscendola sarebbe stato qualcosa di forte, infatti un paio di minuti dopo comparì di nuovo il ragazzo rasta con una caraffa piena fino all'orlo e tre bicchieri.
"Scusa, la mia amica cerca lavoro!" Nora indicò con il dito Emma, che non sentendo la frase appena detta, si avvicinò per chiederle cosa volesse.
Il ragazzo, o meglio Jim, come diceva la sua maglietta verde, squadrò bene la rossa prima di dare una risposta, quando sembrò soddisfatto fece segno alla rossa di avvicinarsi così da poterlo sentire.
"Hai esperienza?" le domandò alitandole sul collo, cosa che la fece rabbrividire.
"Sì, ho lavorato per tre anni in un locale." rispose la ragazza mantenendo un minimo di distanza, e imprecando mentalmente per essersi bagnata il braccio.
"Okay, senti adesso è difficile parlarne, quindi se vieni domani per le tre e mezza, vediamo cosa si può fare."
Emma annuì.
"Ma è sempre così?" domandò guardandosi intorno, una nube di fumo la colpì in faccia, un ragazzo stravacato sulla sedia stava fumando un sigaro.
Jim ridacchiò "Tranquilla, succede solo il venerdì sera." la ragazza si rassicurò, ma non troppo.
 
Un'ora dopo la caraffa era ormai vuota, e Nora si era cimentata in una sfida contro il tavolo, chi sarebbe caduto prima. Aveva attirato l'attenzione di molta della popolazione maschile del locale, inizialmente Emma aveva cercato di fermarla, ma quando l'alcol era entrato in circolo, aveva sorriso dimenticando qualsiasi cosa avesse voluto fare.
Aveva cercato Elisa, per chiederle di ballare ma quando si era girata, aveva trovato il tavolo occupato da alcuni ragazzi, traballante sui tacchi si era avvicinata a loro e con voce malferma gli aveva chiesto che fine avesse fatto la sua amica, nessuno però aveva saputo risponderle.
Una mano spuntata dal nulla, l'aveva afferrata e l'aveva trascinata in mezzo alla pista, l'ultima cosa che ricordò furono gli occhi nocciola del ragazzo.
 
La suoneria di un cellulare svegliò Emma, che ancora assonnata si rigirò nel letto, sprofondando la faccia nel cuscino, la suoneria smise si suonare poco dopo, fermata dalle mani di qualcuno.
Provò ad aprire gli occhi, ma le risultò difficile, siccome le ciglia erano attaccate per colpa del mascara rimasto, quando ci riuscì, sbatté le ciglia più volte prima di poter focalizzare la sveglia, era sabato pomeriggio, aveva dormito tutto il giorno e della sera precedente aveva vaghi ricordi.
Ricordi che si fermavano al ragazzo con gli occhi nocciola, chi fosse probabilmente non l'avrebbe saputo.
Scalciò via le lenzuola e si mise a sedere, notando con orrore che era in biancheria intima, pizzo nero.
Con timore voltò lo sguardo al lato opposto del letto, dove una sagoma dormiva indisturbata.
"Merda." esclamò la ragazza alzandosi subito in piedi ed allontanandosi il più possibile del letto, non ebbe il coraggio di guardare sotto le lenzuola, codarda che non era altro.
Non smise di controllare la sagoma, che aveva preso a muoversi, riuscì anche ad aprire la porta senza mai girarsi, aveva paura che da un momento all'altro questo si svegliasse.
Indietreggiando non si accorse dei movimenti provenienti dalla camera accanto, per questo quando si scontrò contro qualcosa saltò in aria spaventata, e portandosi le mani alla bocca guardò Liam che tentava di coprirsi i gioielli.
Lui le sorrise imbarazzato quanto lei.
"Non ci siamo ancora presentati. Io sono.." stava per togliere una mano dal posto in cui doveva stare, quando lo sguardo eloquente di Emma, lo fermò in tempo.
"Ehm, si scusa."mormorò abbassando lo sguardo.
"Farò finta di non aver visto niente e ci presenteremo quando saremo vestiti." perché anche lei dopotutto era in biancheria.
Il ragazzo annuì e corse veloce nella camera dove sicuramente si trovava Elisa.
Corse in bagno, evitando altri incontri poco graditi.
Si chiuse la porta alle spalle e ci si appoggiò un attimo, prendendo un bel respiro profondo.
Che diavolo aveva combinato ieri sera?
Non ricordava niente, sperava solo che almeno le sue amiche potessero aiutarla a colmare quel vuoto che aveva in testa.
Davanti allo specchio, mancò poco che urlò.
Un mostro, ecco quello che vedeva riflesso nello specchio, non potevano essere suoi quei capelli e quella faccia con tutto il trucco sbavato, per non parlare del rossetto che aveva assunto un coloro arancio sulle sue labbra e non solo.
Si sciacquò più volte prima di tornare al viso pulito e intatto della Emma che ricordava, per i capelli invece ci impiegò più tempo di quanto programmato, ma una volta finito, il mostro era sparito e adesso era rimasta solo una ragazza con uno sguardo molto confuso.
Prese l'asciugamano appeso al muro vicino il lavandino, si massaggiò il viso e ne respirò il profumo di pulito, lo rimise al suo posto andando alla porta che aprì poco, giusto per sbirciare in caso di un eventuale incontro spiacevole.
Zampettò fino alla sua camera, spiaccicandosi al muro una volta entrata, non aveva coraggio, non riusciva ad alzare il lenzuolo e guardare chi ci fosse sotto, fifona!
Prima si ricordò di indossare qualcosa, recuperò una maglietta extra large, con lo stemma del suo vecchio lavoro e un paio di pantaloncini corti scoloriti.
Con passo incerto arrivò al bordo del letto, un movimento dalla persona che si nascondeva la fece indietreggiare.
Respirò più volte prima di riuscire ad allungare una mano e alzare di qualche centimetro il lenzuolo.
Il sospiro di sollievo non fu nulla in confronto alla soddisfazione di vedere Nora tranquillamente addormentata nel suo letto, aveva temuto di trovarsi un maniaco.
La lasciò dormire indisturbata, quando si sarebbe svegliata avrebbero sicuramente parlato.
Scese in cucina, dove recuperò una tazza con un cane raffigurato, riscaldò il caffè avanzato e lo versò nella tazza, la bevanda bollente aiutò la ragazza a svegliarsi, ma non a ricordare.
Quando dopo aver posato la tazza sul bancone, ancora mezza piena, aprì lo sportello del frigorifero, notò qualcosa che una volta richiuso lo sportello vide nitidamente.
Un bigliettino attaccato con la calamita della bandiera inglese, stonava con i disegni di bambole e macchine appesi.
<< Sono sicuro che non ricorderai niente, ma io mi sono divertito, se ti va di vederci questo è il mio numero. xxxxxxxxxx Adam. >>
Emma rimase con il bigliettino in mano, ancora troppo scossa per reagire.
Basta, lei e l'alcol avevano chiuso.

Si, sono ancora qua. Dai, questa volta non è passato troppo tempo dall'ultima volta che ho postato, giusto?
Ah si volevo fare una precisazione, siccome la Nora della realtà quando ha letto l'ultima parte, ha pensato che abbiano fatto una cosa a tre, non vorrei che per sbaglio lo pensaste anche voi, so che voi non avete una mente impostata sulle porcate, ma lei è così quindi accettatela per come è :')
Mmm, non ho altro da dire, perciò alla prossima gente.
Elisa.

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Capitolo 9
*** Nove. ***


 

 

Nove.

"Siete proprio sicure di non ricordare niente?" domandò per la millesima volta Emma.
Nora ed Elisa, seduta su Liam, negarono ancora.
Emma sbuffò, coprendosi il viso con le mani e soffocando così un verso molto simile a quello di tarzan.
Quando Nora si era svegliata, le aveva chiesto come fosse finita a casa sua e prima di tutto appurò di non aver avuto un menage a troi con un misterioso ragazzo, Emma era scoppiata poi in una risata isterica, aveva sperato che almeno una delle due sapesse qualcosa, ma Elisa aveva il buio totale in testa come Nora, l'unico che sapeva qualcosa di più era Liam, che era spuntato dal nulla per salvare le tre donzelle ubriache. E la sua conoscenza si limitava a Nora che ballava mezza nuda sul tavolo, accerchiata da baldi giovani con gli ormoni a mille mentre Emma ed Elisa non si sa come erano finite a vomitare l'anima nel bagno del locale.
Dopo uno sguardo più che imbarazzato, Emma e Liam si erano presentati, questa volta vestiti.
"Secondo me dovresti chiamarlo." borbottò Nora soffiando sulla sua tazza fumante di caffè.
Emma si appoggiò al bancone, togliendosi le mani dal viso e posandole ai lati del suo corpo.
"E cosa gli dico? 'Scusa ma non ho idea di cosa ho combinato ieri sera, potresti aiutarmi a ricordare' Ma ti sembra?" rispose stizzita la rossa, stringendo la presa sul legno del bancone.
Elisa e Liam si scambiarono uno sguardo complice, che però venne captato dalla momentanea "cattiva".
"Cosa avete voi due da confabulare?" domandò sempre più acida.
Nora trattenne una risata, ogni qual volta Emma si ubriacava, si sentiva talmente in colpa che se la prendeva con il mondo pur di non farlo con se stessa, questo spiegava il suo comportamento acido.
Anche Elisa lo sapeva, perciò non si stupì molto della scenata.
L'unico che iniziava a spaventarsi era il povero santo, che stava stringendo sempre di più la mora seduta sulle sue gambe, con terrore? Probabilmente si, magari poteva essere anche in quel periodo.
La coppietta diabetica non rispose, così sempre più irritata Emma si avvicinò al tavolo, poggiando le mani su esso e sporgendosi leggermente vero i tre dall'altro capo.
"Non. Ho. Intenzione. Di. Chiamarlo. Chiaro?"
Nessuno osò fiatare, anche se sapevano tutti anche lei stessa, che presto o tardi avrebbe composto quel numero e chiamato Adam.
 
"Ricordati dell'colloquio con Jim!"
L'urlo di Nora le arrivò forte e chiaro sdraiata nel suo comodo divano, Lulu, la piccola Emma si era tanto appassionata al criceto della sua amichetta che aveva deciso di chiamare il suo divano Lulu, in onore della bella cricetina a chiazze bianche, sfortunatamente era morta il giorno dopo, pace all'anima sua.
Si stiracchiò su Lulu, divano di colore bianco spento, una volta aveva un bel colore acceso, a tre posti con ancora la macchia di profumo, che giocando insieme a Dave la rossa aveva rovesciato.
Mormorò qualcosa rivolta alla voce stridula dell'amica e con immensa fatica si sedette, tirò fuori il cellulare dalla tasca e controllò l'ora, ancora un'ora al colloquio.
Aveva un certo timore a tornare in quel locale, dopo ciò che poteva aver fatto al pub, di cui tra l'altro non sapeva neppure il nome.
 
Si ritrovò davanti ad un certo "Lux" in jeans e camicetta, puntuale, forse troppo,perché il pub era chiuso.
Le finestre che davano sulla strada avevano un piccolo balconcino, che Emma usò per sedersi ed aspettare qualcuno.
Una decina di minuti dopo, un ragazzo con le cuffie in testa e i capelli rasta tirati su in una coda, si stava avvicinando con un'andatura troppo rilassata per i gusti della rossa.
"Jim?" domandò incerta, aveva un vago ricordo del ragazzo che le aveva servito da bere la sera precedente, lui annuì tranquillo, togliendosi le cuffie e lasciandole intorno al collo.
"Tu devi essere la ragazza che vuole un lavoro." non era una domanda, era una semplice constatazione.
"Emma." gli tese la mano presentandosi, Jim sorrise rispondendo a quel gesto.
Jim tirò fuori dalla tasca un mazzo di chiavi, che fece tintinnare intorno all'indice, giocandoci, poi osservando scrupolosamente il mazzo zeppo di chiavi ne pescò una e la infilò nella serratura della porta, qualche secondo dopo la porta del "Lux" era aperta.
Era tutto come se lo ricordava, tranne per il fatto che di gente non c'è n'era traccia ed era tutto più pulito e profumato.
Emma si sedette su uno sgabello lungo il bancone, mentre Jim si era sistemato dietro quest'ultimo tirando fuori qualche carta.
"Ti dispiace compilare questo?"
Emma osservò il plico di fogli, o per meglio dire il contratto.
"Non dovresti farmi qualche domanda prima?" chiese incerta la ragazza con il plico tra le mani.
Jim sorrise e si riempì il bicchiere, che aveva recuperato poco prima, di acqua.
"Non so se ricordi, ma ieri mi hai raccontato la storia della tua vita."
"Oh merda." sussurrò la rossa posando il contratto sul bancone e abbassando lo sguardo su questo in imbarazzo.
"Mi dispiace, davvero." continuò alzando timidamente lo sguardo.
Jim scacciò con la mano quella serata, portandosi poi il bicchiere alle labbra.
"Non ti preoccupare, almeno adesso so tutto e quindi per me va benissimo assumerti, ma se non ti dispiace preferirei che non bevessi al lavoro." le disse sorridendo ma con un tono serio.
"Certo, certo. Ma non dovrei anche parlare con il proprietario?" domandò riportando lo sguardo sul contratto e prendendo tra le mani la penna che le aveva appena messo vicino.
"E' davanti a te."
"Oh." ecco un altra figura di merda, pensò Emma.
Jim le sorrise, ancora, Emma si accorse di quanto quel ragazzo sorridesse, avrà avuto all'incirca un paio di anni più di lei che ne aveva 25.
E aveva un bellissimo sorriso.
Una decina di minuti dopo Emma stava firmando l'ultima pagina del contratto.
Il lunedì, mercoledì e giovedì doveva lavorare dalle 9.00 alle 13.00 di mattina con pausa pranzo di 30 minuti, per quanto riguardava il sabato e venerdì avrebbe dovuto lavorare dalle 18.00 alle 21.00 una settimana si e una no.
Non sapeva esattamente il motivo che l'aveva spinta ad accettare il lavoro, forse stava pensando di restare a Londra.
 
Il pomeriggio Emma fu rapita da Caroline e dalle sue amiche, per la prima prova del vestito delle damigelle, si ritrovarono nel negozio in cui era stata precedentemente.
Si ritrovò seduta sul divanetto in mezzo a due delle cinque damigelle compresa lei, la castana a destra in jeans e t-shirt era la damigella d'onore nonché la migliore amica della sposa, Adele era il suo nome, l'aveva già incontrata molti anni prima a casa sua, quando una sera Caroline si era presentata con lei.
Poco tempo fa aveva scoperto sempre dalla futura sposa che Adele era sposata da due anni con un famoso imprenditore, sin dall'inizio aveva capito che era una persona leale e sincera, un po' come la sua Nora, magari non così esuberante.
Alla sua sinistra invece era seduta una bionda tinta con le ciocche multicolore, shorts e una maglietta con il logo di una band stampato, il suo nome era Amy, era un'amica dell'università, fuori di testa ma davvero simpatica, era fidanzata da una vita con il batterista di una band, tale Nick.
In piedi vicino alla sposa invece si presentava in tutta la sua maestosità, con un vestitino giallo canarino e i capelli corvino raccolti in un elegante chignon, la elegantissima quanto raffinata Victoria, moglie del collega di lavoro di Dave.
E infine seduta alla poltroncina, il più lontana da loro, era seduta la vipera in un vestitino rosa confetto con cintura in vita.
Lo sguardo penetrante che le riservò le fece ricordare tutto il ribrezzo che provava per quell'essere di nome Jenelle.
"Ti assicuro che da piccola era una bambina dolcissima." i suoi sortilegi contro Jenelle vennero interrotti dalla voce rilassante di Adele.
Emma si voltò presa alla sprovvista, come faceva a sapere che stava pensando alla vipera?
"Se il tuo sguardo avesse potuto uccidere, Jenelle sarebbe morta da un pezzo." rispose candidamente, come se quello che avesse appena detto fosse niente di che.
"E come mai adesso è così?" chiese Amy prendendo parte a quella conversazione che iniziava ad interessarle, anche a lei come ad altri Jenelle non era mai stata molto simpatica, anzi per niente.
"E' andata ad un scuola femminile." fu la risposta che ammutolì le due sedute sul divanetto.
"L'hanno fatta diventare una vera stronza." disse incurante di poter essere sentita dalla diretta interessata, Amy.
"Hai pienamente ragione." rispose come se niente fosse, Adele.
Lo sguardo di Emma saettava tra le due, aveva forse trovato due alleate?
"Oh tesorino, non guardarci così." disse teneramente ma con un tono divertito, la bionda, mentre Adele si tratteneva dal ridere.
"Sono anni che la sopportiamo, e ci divertiamo a tormentarla."
"Tu ti diverti." precisò Adele riprendendo l'amica sorridendo.
Prima che Amy potesse ribattere, l'attenzione delle ragazze fu catturata da una signora che portava con se cinque vestiti nascosti dal loro involucro.
Jenelle fu la prima ad alzarsi entusiasta, raggiungendo la signora che si era fermata davanti un carrello porta abiti, dove vi appese i vestiti.
Victoria si avvicinò al vestito segnato con il suo nome, fece scendere la zip ed estrasse un vestito color porpora, senza spalline che le arrivava fino al ginocchio, ricoperto di pizzo color porpora chiaro.
Emma guardò il vestito inorridita, pregando che il suo fosse diverso.
Caroline, Jenelle e Victoria,al contrario sembravano davvero felici.
Lo sguardo terrorizzato di Amy, rincuorò Emma, che come Adele avrebbe voluto bruciare quella cosa.
 
"Allora come sto?" Jenelle con la sua voce irritante apparì nella stanza, nel suo amato vestito da damigella, intanto dall'altra parte della stanza tre ragazza con il broncio e le braccia incrociate al seno osservavano la mora sorridere smagliante.
"Questo vestito è orribile." borbottò più tra se Amy.
Emma invece di rispondere continuò a farfugliare contro il vestito e Jenelle.
Adele invece era l'unica delle tre ragazze che non diceva nulla, o meglio continuava a pensare che il vestito fosse inguardabile, ma era il matrimonio della sua migliore amica e anche se sospettava che a scegliere i vestiti fossero stata Victoria e Jenelle preferiva non esporsi e dire la sua.
Per una volta avrebbe fatto un sacrificio, pur di rendere felice la sua amica.
Questo lo sapevano anche Emma e Amy, ma nulla riuscì a risollevarle l'umore così da non concentrarsi sul vestito.
Caroline si avvicinò saltellando verso le tre.
"Non è stupendo il vestito?" domandò con gli occhi luccicanti.
"Si, si" mormorò Amy non convincendo neppure se stessa, ma sembrava invece aver convinto l'ingenua Caroline.
"Sai all'inizio non pensavo che Victoria avesse ragione ma quando l'ha provato ho capito che era perfetto."
Certo perfetto su di lei, pensò Amy distogliendo lo sguardo dall'amica.
"Ancora poco più di due settimane e sarò la signora Morris." sospirò immaginando il momento del fatidico sì.
Intanto davanti all'enorme specchio della sala, Veronica si stava congratulando con Jenelle per il risultato della sua nuova dieta colorata, secondo il dietologo di Jenelle bastava mangiare un certo numero di cibi con determinati colori per restare in forma senza bisogno di ricorrere ad altro.
Jenelle si guardò allo specchio facendo svolazzare l'abito da damigella, un colore così bello che donava alla sua pelle, solo alla sua chiaramente.
"Sono sicura che quando Martin mi vedrà, impazzirà e non vedrà l'ora di portarmi a letto."
Veronica si portò una mano a coprirle la bocca, per contenere la risatina sfuggitale.
"Sei davvero fortunata, se mio marito fosse così bello, non uscirei dalla camera da letto." sospirò presa dai ricordi di una se stessa adolescente.
"Infatti è quello che facciamo." ammiccò al riflesso di Veronica, che sorrise pensando al fidanzato della mora.
Jenelle riflesse su un episodio importante, poi con fare cospiratorio si voltò verso l'amica e le intimò di avvicinarsi, poi all'orecchio le sussurrò "Sai ieri ho trovato nel suo cassettino una scatolina di Tiffany. Penso mi voglia fare la proposta." aveva gli occhi luccicanti, ma non per la possibile promessa d'amore del ragazzo, quanto per i soldi che avrebbe guadagnato con un matrimonio.
Victoria la guardò con gli occhi sbarrati, avendo avuto lo stesso pensiero, tutto si basava sui soldi per coloro che aspiravano alla salita sociale.
Quando Emma aveva implorato Caroline di togliersi il vestito, per motivi personali vale a dire 'questo vestito mi fa venire la nausea', era stata obbligata a passare davanti alla vipera e l'arpia, soprannome nuovo di zecca per Veronica, sfortunatamente aveva sentito nominare il fidanzato della mora e presa dalla curiosità, suo enorme difetto, era rimasta ad ascoltare nascondendosi dietro la tenda divisoria lì vicino.
Man mano che le due parlavano Emma aveva cercato di trattenersi dall'uscire allo scoperto e commettere un tentato omicidio, aveva pensato a tutti modi possibili per far si che quella gallina starnazzante la finisse di parlare una volta per tutte, forse un tantino drastica, ma dopo aver sentito ciò che avevano detto qualunque cosa sarebbe stata niente in confronto a ciò che realmente desiderava fare con tutta se stessa.
La parola 'Morte' le vorticava in testa da troppi minuti ormai.
Purtroppo quando la vipera si era avvicinata all'arpia non era riuscita a sentire nulla, ma dalle loro facce aveva inteso che non fosse stato nulla di buono.
Ma poi colui-che-non-deve-essere-nominato e la vipera vivevano assieme?
No! Non doveva pensarci, non erano affari suoi del resto.
In confusione Emma raggiunse, finalmente, il camerino dove si spogliò come scottata dall'abito orrendo, rivestendo così i panni della depressa e acida Emma.
Si insultava anche da sola, se non era depressione questa.
Salutò tutti frettolosamente e fuggì da quel luogo di perdizione.
Si ritrovò a casa da sola a crogiolarsi sulla sua esistenza.
Accese la tv, capitando su uno di quei programmi senza senso, una donna sulla trentina si era ritrovata a pedinare il suo ex ed essere successivamente denunciata, Emma rabbrividì immaginandosi al posto della donna, non sarebbe mai arrivata a quei livelli, infondo perché doveva deprimersi? Aveva un lavoro, le sue migliori amiche e un tetto.
Era ora di darsi una svegliata e finirla di vivere nel passato, da quando era tornata a Londra non aveva fatto altro, ma prima o poi sarebbe dovuta tornare perciò meglio tardi che mai.
Si alzò con una convinzione in testa, decisa a svolgere quel suo proposito.
Con una nuova carica recuperò il cellulare e il foglietto che aveva nascosto precedentemente nel libro con la copertina blu sulla mensola, digitò il numero sul cellulare e lo portò all'orecchio, poco prima che qualcuno rispondesse, premette il tasto rosso con fermezza.
Forse era meglio iniziare a fare le cose un passo alla volta.
 
Le due settimane successive furono intense per Emma, tra il lavoro al pub e i preparativi per il matrimonio, era riuscita a vedere il fratello pochissime volte, vedeva invece ogni giorno la vipera, che non perdeva occasione per metterla in imbarazzo davanti a tutti.
Emma stava ancora progettando un omicidio aiutata questa volta anche da Amy, aveva scoperto che quella ragazza era una forza della natura ed aveva conosciuto anche il suo fidanzato, doveva ammetterlo era davvero attraente con i jeans a sigaretta strappati, una maglietta bianca aderente che faceva risaltare i muscoli, le vans nere ai piedi e i capelli spettinati scuri come i suoi occhi, se non fosse stato fidanzato ci avrebbe sicuramente fatto un pensierino.
Anche se un pensierino poco casto lo aveva già fatto.
 
Mancavano ormai pochi giorni al matrimonio ed Emma era stranamente rilassata, Nora ed Elisa e anche Liam, che ormai era diventato una specie di cagnolino da compagnia siccome si trovava sempre in compagnia di Elisa e quindi a casa della rossa, si erano aspettati il peggio dalla ragazza, ma vederla in una calma apparente li aveva spaventati, Nora aveva ricordato ai piccioncini che prima della tempesta c'è sempre la calma e infatti aveva scommesso con Liam che entro poco Emma sarebbe scoppiata, Liam aveva dato fiducia alla rossa, anche perché non aveva molta scelta se Nora aveva già scommesso contro.
Come succedeva spesso, anche quella sera Elisa era andata a prendere Emma al lavoro, entro pochi minuti avrebbe finito il turno.
Aspettò fuori seduta sulla sporgenza della finestra, quando vide la rossa uscire dal vicolo che dava sul retro del locale.
La rossa si ravvivò i capelli, ormai sgonfi, salutò con un bacio sulla guancia la mora ed insieme si diressero alla fermata del bus.
Camminavano silenziosamente l'una accanto all'altra, passando sotto i lampioni che davano un colorito strano alla loro pelle.
"Quindi sabato è il gran giorno." interruppe il silenzio Elisa, giocando con una sua ciocca di capelli mentre intravedevano la fermata.
"Già, Caroline è stata davvero gentile ad invitare all'ultimo anche Liam." sorrise Emma lanciando uno sguardo veloce all'amica.
"Sì, fortuna che un tuo cugino di non so quale grado si fosse ammalato."
"Tanto non avrebbe avuto successo, non credo fosse chissà quale bellezza. Saranno tutte concentrate su Jack." ridacchiò Emma sedendosi sulla panchina della fermata seguita da Elisa.
"Jack?" domandò curiosa voltandosi completamente verso la rossa.
"Il migliore amico di mio fratello, lo conosco da quando sono in grado di ricordare. Avevo anche una cotta per lui." le guance della rossa si tinsero del colore dei suoi capelli, nonostante la cotta le fosse passata da tanti anni ogni qual volta vedeva il biondo non riusciva a fare a meno di arrossire.
I capelli di Jack non erano proprio biondi, erano color biondo cenere ed erano morbidi, era capitato che gli avesse accidentalmente toccati, sembravano usciti da una pubblicità per capelli.
I suoi occhi erano un misto tra azzurro e verde acqua, con qualche chiazza di giallo, quegli occhi che attiravano qualunque ragazza sana di mente.
Il rumore del motore proveniente dall'autobus interruppe il flusso di pensieri della ragazza, che assieme all'amica si alzò e si diresse al mezzo di trasporto, dopo aver timbrato il biglietto si sedettero in fondo, continuando così a parlare.
Ancora due giorni e sarebbe tutto finito.
 
 
Un'oretta fa ho avuto l'ispirazione e mi sono fiondata a scrivere.
So che ci sono errori e di questo dovete dare colpa alla mia pigrizia o meglio non rileggo il capito perché si sono pigra ma anche perché so che non mi piacerebbe (niente di quello che scrivo mi soddisfa) e finirei per abbandonare il capitolo al suo destino, nel cestino.
Detto questo, nel prossimo capitolo abbiamo il matrimonio wuhu!
Per i fan di Martin, avremo modo di vederlo, da vicino diciamo, molto vicino.
Perdonatemi ogni errore e se avete qualche domanda mi farebbe molto piacere se me la faceste e se lasciate una recensione otterrete tutto il mio amore C:
Non so più che dire (cavolo è lunga, per i miei standard)
A presto bellezze (siete donne vero?)
Molto stanca e in depressione, la vostra Elisa.

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Capitolo 10
*** Dieci. ***



Dieci.
 
"Non ci credo, ieri era solo giovedì come fa ad essere sabato?" Emma correva su è giù per la sua camera da letto in cerca del trucco, il vestito "orrendo" da damigella, le scarpe "orrende e dolorose" color prugna e la pochette grigia.
"Beh se oggi è sabato ieri era.." non riuscì a finire la frase che Emma la guardò con uno sguardo che voleva dire "prova ancora a fiatare e questo sarà l'ultimo", quando voleva Emma sapeva essere davvero dolce.
Buttò sul letto tutto ciò che era riuscita a recuperare dalla sua missione di salvataggio estrema, la sveglia quella mattina non era suonata e quando si era ritrovata un Elisa tutta tirata a lucido con il suo bellissimo vestito bianco latte, quanto lo invidiava, che si combinava perfettamente con la sua abbronzatura estiva, aveva capito che era in ritardo.
"Ho detto a Liam di passarci a prendere fra mezz'ora e Nora sta arrivando." seduta sul letto con le gambe accavallate in tutta tranquillità, Elisa seguiva i movimenti quasi maniacali dell'amica, raccogliere i capelli in una coda, infilare il vestito senza rovinarlo, truccarsi, sistemarsi i capelli facendoli diventare dei boccoli appena accennati e infilare le scarpe o meglio i trampoli.
In venti minuti Emma era riuscita a prepararsi completamente, l'unico problema era il suo pessimo umore, avrebbe dovuto svegliarsi rilassata ma qualcosa era andato storto e sapendo di dover passare una lunga giornata a contatto con persone poco gradite, il suo umore precipitò rovinosamente.
Intanto anche Nora era arrivata nel suo vestito azzurro, anch'esso bellissimo, quanto invidiava le sue amiche e i loro bellissimi vestiti.
Stavano aspettando Liam sul vialetto di casa, Elisa era seduta comodamente sui scalini mentre Emma continuava a camminare avanti e indietro e Nora l'osservava impotente.
"Basta." Nora si precipitò verso Emma prendendola per le spalle e fermandola.
"Em devi stare calma ok? Hai intenzione di farti vedere così da Dave e Caroline? Vuoi veramente farli preoccupare il giorno del loro matrimonio?" Emma abbassò lo sguardo colpevole, non voleva far preoccupare ciò che le restava della sua famiglia proprio quel giorno.
"Hai ragione, ma è difficile." sussurrò continuando a guardarsi la punta delle scarpe.
"Ci siamo noi." alzò lo sguardo e si trovò davanti le sue due migliori amiche che le sorrisero incoraggianti, annuì abbracciandole.
"Che mi sono perso donzelle?" la voce divertita di Liam spezzò quel piccolo momento di confidenze e con, questa volta, tranquillità Emma si preparò al gran giorno, in tutti i sensi.
 
"Non pensavo volessero fare le cose in.. grande." mormorò Liam alzando lo sguardo e trovandosi davanti ad una chiesa più simile ad una cattedrale.
"I genitori di Caroline sono molto ricchi."
"L'abbiamo notato." borbottò riportando lo sguardo sulle tre ragazze vicine.
"Entriamo dai." fu Emma a condurli dentro l'enorme edificio, come immaginato la chiesa era sommersa di persone, parenti e amici dello sposo a destra e quelli della sposa a sinistra.
Erano tutti vestiti molto eleganti, le sembrava di tornare al giorno in cui si era piazzata davanti al computer per vedere il matrimonio di William e Kate, l'era sembrato una fiaba, ma ora come ora non era più tanto una fiaba.
Si voltò verso i suoi amici ancora intenti a guardarsi intorno increduli.
"Ragazzi mi dispiace ma io devo andare dalla sposa, voi andate pure nella parte destra, ci vediamo a fine cerimonia." le riservarono un sorriso carico di significati ed incoraggiamento, videro Emma sparire lungo un corridoio nascosto, sperarono solo che non lo incontrasse subito come invece fecero loro.
"Oh mio dio." Elisa si portò la mano alla bocca, sbarrando gli occhi per la sorpresa.
"Beh siamo nel posto giusto." dichiarò pensando di fare una battuta Liam, capì ben presto dallo sguardo di Nora che non era il momento giusto.
"Che succede piccola?" chiese avvicinandosi alla mora ancora imbambolata, poggiandole una mano sulla spalla.
"Martin." mormorò Nora seguendo la direzione dello sguardo della mora, un ragazzo dai capelli scuri era seduto nella parte sinistra da solo, continuava a sistemarsi i capelli e a guardarsi in giro spaesato, che la stesse cercando?
"Scusate ma non capisco." era riuscito anche lui ad individuare quel ragazzo, probabilmente poco più grande di lui, ma non riusciva a capire il perché della reazione della sua ragazza.
"Lui è il Martin di Emma." era bastata quella frase ad accendere la lampadina leggermente scheggiata di Liam, adesso capiva la reazione di Elisa, tutto aveva un senso.
"La sta cercando vero?" se ci era arrivato anche lui, era evidente.
"Probabilmente si, spero solo che non riesca ad incontrarla." mormorò Elisa riprendendosi e prendendo la mano di Liam tra la sua.
"Povera Emma."
"No, povero lui, perché Emma sfogherà cinque anni in un solo colpo e penso che non sarà un bello spettacolo, almeno per lui." Liam guardò allibito Nora, vederla così sicura delle proprie parole lo fece spaventare un attimo, in futuro avrebbe fatto attenzione a non far arrabbiare ne Emma, ne Nora.
Si incamminarono verso la seconda bancata, passando così di fianco a Martin che si trovava nella terza bancata alla loro sinistra.
Nora non smise di osservarlo con occhio critico, quando Martin voltò la testa nella sua direzione attirato dalla quella sensazione che si ha quando ci si sente osservati, incontrò gli occhi gelidi della bionda che non lasciarono i suoi scuri un attimo, Martin aveva avuto sembra paura di quella ragazza e in quel momento lo sguardo di lei non voleva dire niente di buono, tornò a guardarsi le mani cercando di calmarsi.
 
Emma spalancò la porta della stanza dove si sarebbe dovuta preparare la sposa assieme alle damigelle, e siccome lei era in ritardo aveva preferito vestirsi prima.
Non si aspettava però di vedere la sua futura cognata ancora in intimo e con i capelli all'aria quando tra poco si sarebbe dovuta sposare.
"Che succede?" chiese preoccupata entrando e chiudendosi la porta alle spalle, rivolgendosi ad Amy che a braccia incrociate guardava divertita l'amica.
"Non si è ancora ripresa da ieri." sussurrò cercando di trattenersi dal scoppiare a ridere.
La sera precedente si era svolto l'addio al nubilato, dove tutte le damigelle assieme ad altre ragazze si erano ritrovate immerse in uno spettacolo riservato solo a loro in una discoteca fuori città, non ricordava nemmeno quanto avessero bevuto, ma non era poco siccome la mattina aveva faticato a svegliarsi e la sposa era ancora in quelle condizioni.
Proprio in quel momento Adele si era avvicinata alla sposa porgendole un bicchiere d'acqua e un'aspirina, mentre Jenelle cercava di sistemare i capelli della sorella in uno chignon semplice ma elegante.
Caroline fortunatamente dopo pochi minuti iniziò a riprendersi, l'aspirina aveva funzionato, e aiutata dalle sue damigelle riuscì ad infilarsi quel magnifico vestito bianco che tanto aveva sognato, come ultimo tocco la madre di Caroline, Kathrine, le sistemò il velo che la ricoprì interamente.
"Siamo tutte pronte?" domandò Veronica controllando che ogni cosa fosse al suo posto, Caroline sulla porta a braccetto con il padre pronta per partire, le damigelle invece alle sue spalle, Adele e Jenelle, Veronica e Amy ed infine Emma, tutte con un mazzo di fiori bianchi tra le mani.
Quando la marcia nuziale risuonò nella chiesa, iniziarono il tragitto verso l'altare, procedettero con calma percorrendo il tappeto rosso, svoltando l'angolo videro davanti a loro tutti gli invitati in piedi pronti ad accogliere con un sorriso la sposa, che con le lacrime agli occhi percorreva gli ultimi passi della sua libertà.
Caroline si posizionò accanto a Dave non smettendo un attimo di sorridere, cercando un contatto con la mano di lui.
Le damigelle intanto si posizionarono vicino la sposa mentre vicino allo sposo si trovavano i suoi testimoni, tra cui Emma riconobbe anche Jack che vedendola ammiccò nella sua direzione, erano anni che non si vedevano eppure avevano mantenuto quel rapporto fraterno, a cui la rossa teneva, dopo avrebbe dovuto sicuramente parlarci.
Mentre il vescovo iniziava a parlare rivolto alle persone presenti nella chiesa, Emma cercò con lo sguardo delle facce famigliari tra i primi banchi e li trovò impegnati ad osservare la coppia, non riuscì a trattenere un piccolo sorriso nel vedere suo fratello con gli occhi lucidi.
Vagò poi con lo sguardo tra gli invitati, senza cercare qualcuno in particolare, ma quando i suoi occhi vennero catturati da quegli occhi così scuri e così conosciuti, le sembrò che il suo cuore si fosse fermato per un secondo, cinque anni che non vedeva quegli occhi così da vicino, cinque anni passati ad immaginarlo, i suoi ricordi non gli rendevano giustizia, per quanto le dolesse ammetterlo era diventato ancora più bello di quanto non fosse stato prima.
E si era accorta che lui la stava fissando ancora prima di incontrare il suo sguardo, non l'aveva persa un attimo dal momento in cui l'aveva vista percorrere il piccolo corridoio diretto all'altare, non riuscendo a smettere nemmeno in quel momento, era più forte di lui, si sentiva attratto in maniera incontrollabile da quella ragazza con i capelli rosso fuoco, era come una calamita.
La ragazza tornò a guardare dritto davanti a se, interrompendo quel contatto doloroso, che non impedì però a Martin di continuare a guardarla, al cimitero era stato colto di sorpresa e non era riuscito a imprimerla a dovere nella sua mente, ma adesso aveva tutto il tempo per farlo così che se fosse sparita ancora, l'avrebbe ricordata in ogni suo minimo dettaglio, a partire dai capelli rosso fuoco continuando con il suo incarnato molto chiaro e per finire con quel vestito che le stava magnificamente, anche uno straccio le sarebbe stato bene.
Martin sapeva che ciò che stava pensando non era adatto alla sua immagine da ragazzo fidanzato ed innamorato, ma non riusciva a farne a meno, quella ragazza l'aveva stregato, ma aveva paura, paura perché sapeva che prima o poi ci sarebbe stato uno scontro tra i due e sapeva che non sarebbe stato uno dei migliori, non sapeva però quanto la ragazza era cambiata in così tanto tempo ed era questo che lo tormentava, lui si ricordava quella ragazzina timida ed impacciata che non riusciva a completare delle semplici frase quando lui era presente.
 
La cerimonia finì con lo scambio di un bacio da parte degli sposi, non appena il vescovo annunciò che lo sposo poteva baciare la sposa.
Un coro di applausi accompagnò il loro piccolo gesto d'amore, il primo di molti da coppia sposata, mano nella mano i signori Morris uscirono dalla chiesa venendo accolti da una parte degli invitati posizionati in precedenza per fare il famoso lancio del riso, un ondata di chicchi di riso ricoprì i due sposi, che con le braccia cercarono di coprirsi almeno il viso sempre sorridente.
Riuscirono a salire nell'auto bianca che li avrebbe portati a scattare alcune foto e successivamente nel lussuoso ristorante completamente a loro disposizione, dove gli invitati gli avrebbero aspettati.
 
Quando la Touran grigio metallizzato di Liam si fermò davanti a quella che a primo impatto sembrava una villa, i ragazzi pensarono di aver sbagliato indirizzo, ma vedendo altre macchine poco più avanti parcheggiarsi e persone vestite elegantemente scendere dalle auto, capirono che quello doveva essere il ristorante.
Entrando nel posto si resero conto che l'esterno non era niente in confronto all'interno, oltre la porta d'entrata ci si immergeva in una stanza enorme riempita da tavoli e decorazioni varie, mentre nella stanza accanto c'era un buffet, dalla portafinestra poi si accedeva al giardino esterno dove gli alberi erano collegati tra di loro da luci bianche formando così un cerchio dove era stata posizionata una pista da ballo e vicino un piccolo palco con degli strumenti che sarebbero stati usati dal gruppo che avrebbe fatto ballare e divertire tutti.
"Non hanno badato a spese." disse Nora sprofondando nella sedia del tavolo indicatole da un cameriere, precisamente il tavolo a nord della sala, vicino a quello principale degli sposi.
Emma annuì sedendosi accanto alla bionda assieme ad Elisa e Liam che si sedettero alla sua destra, la tavolata era per otto persone, quindi avrebbero dovuto condividere la serata con altre persone, sperando solo di non aver brutte sorprese.
Circa un'ora dopo tutti i tavolo erano stati occupati e anche gli sposi si erano fatti vivi, dopo una sessione estenuante di foto.
Due coppie occuparono i posti vuoti del loro tavolo, e quelle coppie erano fortunatamente Amy e il suo fidanzato Nick e Adele con il marito William.
Emma sospirò rilassata, per un secondo aveva davvero temuto che il destino, Caroline, le volesse fare uno brutto scherzo, questo suo comportamento venne captato da Nora che si avvicinò al suo orecchio.
"Ammettilo che ci stavi pensando." sussurrò ridacchiando per smorzare la tensione.
Emma voltò lo sguardo nella direzione dell'amica fingendo di non aver capito, Nora scosse la testa continuando a ridere.
Passarono il pranzo a ridacchiare e parlare del matrimonio con accenni a scene imbarazzati, quando gli sposi annunciarono il taglio della torta, Dave teneva la mano sopra quella della moglie stretta al coltello che in pochi secondi tagliò la prima fetta della torta sotto gli applausi e un coro di 'bacio', i due non si fecero pregare ancora perché dolcemente avvinarono i loro visi, scambiandosi un bacio zuccheroso con tanto di torta in faccia da parte della sposa.
 
Il sole calava mentre alcuni invitati uscivano in giardino, dove un gruppo giovane aveva appena iniziato a suonare, il fresco venticello aiutava a combattere il caldo estivo e così iniziarono le danze.
Con la testa appoggiata allo schienale, Emma osservava i suoi amici ballare in coppia, perfino Nora era riuscita a trovarsi un accompagnatore, che però non aveva ancora riconosciuto, sembravano affiatati mentre ballavano stretti l'uno all'altro in mezzo alla pista da ballo.
Era rimasta da sola al suo tavolo insieme a pochi altri, solo in quel momento con la visuale libera si accorse che a distanza di un tavolo un ragazzo dai capelli scuri e spettinati cercava invano di resistere alla sua fidanzata che cercava di portarlo fuori a ballare, tirandogli la mano, dopo poco il ragazzo si arrese e alzandosi sovrastò di gran lunga la mora, senza stringersi la mano come due innamorati, uscirono per ballare.
Senza rendersene conto Emma li seguì, oltrepassò la portafinestra e si sistemò poco lontano dalla pista, non perdendosi nemmeno un loro movimento.
La ragazza circondò il suo collo con le sue braccia, appoggiando il mento sul suo petto ad occhi chiusi, lui invece le circondò la vita guardandosi in giro senza interesse.
Bastò un secondo per accelerare i battiti dei due ragazzi, che a distanza mantenevano i loro sguardi incatenati, mentre il cantante iniziava a cantare con voce roca e profonda una canzone.
 
Give a little time to me, we'll burn this out,
We'll play hide and seek, to turn this around,
All I want is the taste that your lips allow,
 
Give me love like never before,
'Cause lately I've been craving more.
And it's been a while but i still feel the same,
Maybe I should let you go
 
Ballava con Jenelle ma non riusciva a togliere gli occhi da Emma e anche lei sembrava non riuscire a farlo.
Quando la canzone terminò vide Emma scappare dietro il ristorante e armato di coraggio riuscì ad inventare una scusa e seguirla.
Era seduta su una roccia che dava su un piccolo fiumiciattolo, il rumore dell'acqua riempiva quel silenzio carico di significati.
Si posizionò dietro la rossa non riuscendo ad andare avanti, era come pietrificato, da cosa poi?
"Ciao." cinque anni e l'unica cosa che sapeva dire era un semplicissimo e banalissimo ciao? Si colpì la fronte insultandosi mentalmente, sperando però che Emma gli rispondesse.
Emma non rispondeva e quel silenzio era la cosa più dolorosa, anche se niente in confronto a quello che lui le aveva fatto.
Sentì la ragazza prendere un respiro profondo e subito dopo alzarsi, quando si voltò non riuscì a non pensare a quanto fosse bella, era così vicina che bastava allungare la mano per poterla sfiorare.
"Pensi veramente di fare finta di niente?" da quanto non la sentiva parlare?
Tra le parole appena pronunciate si nascondevano cumuli di rabbia repressa, difficili da spazzare via anche con tanta forza di volontà.
"Io ..tu .." si portò una mano sulla fronte continuando però a guardarla "Non lo so Em." non si accorse di aver però appena innescato una bomba.
"Non. Chiamarmi. Em!" sputò tra i denti facendo indietreggiare il ragazzo spaventato.
"Tu non hai il diritto di chiamarmi proprio, l'unica cosa che dovresti fare è sparire per sempre!" Emma aveva appena iniziato, era un fiume in piena che non si sarebbe fermato.
"Cinque fottuti anni e non ho smesso un solo giorno di pensare a questo momento, ho pensato a ogni singola parola che avrei detto, ho pensato anche ai modo più crudeli per castrarti o semplicemente farti del male, ma niente e dico niente sarebbe stato utile a soddisfare il mio rancore verso una persona schifosa come te!"
Martin non riusciva a parlare, pietrificato dalle parole pungenti della rossa.
"Ma sai cosa mi fa più schifo? Sono io che mi faccio schifo per essere stata abbindolata da uno stronzo come te." non era ancora soddisfatta, niente forse sarebbe riuscita a colmare quella sete di vendetta.
"Io mi sento una merda per averti usata, ti giuro che non volevo, ma ero talmente ubriaco che non ho riflettuto e non sai quanto mi dispiace." aveva cercato di avvicinarsi mentre parlava, ma il suo sguardo lo riportò sui suoi passi.
"Pensi davvero che queste tue stronzate serviranno a cancellare tutto? No perché se è così, devo ricredermi, sei più idiota di quello che pensavo." sputò furiosa la rossa, con i pugni stretti lungo i fianchi.
"Io sto solo cercando di farmi perdonare!" urlò questa volta anche lui non riuscendo più a trattenersi "Sei scappata via Emma, sei fuggita da me cazzo."
"Se fossi rimasta sarebbe cambiato qualcosa?" chiese stringendo così forte il pugno di trafiggere la carne con le unghie.
Il ragazzo abbassò lo sguardo.
"Come pensavo."
Martin scattò verso la ragazza in preda alla frustrazione e rabbia mischiate insieme.
"Non provarci nemmeno, sai che se fossi rimasta tutto sarebbe stato diverso." esclamò a pochi centimetri da lei.
"Non mi hai cercata." alcune lacrime lottavano per uscire dagli occhi della rossa.
"Avevo paura cazzo, avevo paura di essere respinto, avevo paura che non mi parlassi più, che mi odiassi. Ho cercato di dimenticare, di dimenticarti, ma ho rischiato solo di peggiorare tutto. Mi sono sentito una merda per cinque anni lo capisci?" aveva la voce incrinata per la rabbia e qualcos'altro..
"Tu sei stato male? Io cosa dovrei dire eh! Mi sono svegliata e ti ho visto limonarti tranquillamente quella sciacquetta mentre io mi sentivo una sgualdrina cazzo. Hai idea di quanto mi hai fatto male? Lo sai?!" ed ecco che le prime lacrime di rabbia bagnarono il suo viso, bloccando sul nascere ogni cosa Martin avesse voluto dire.
Non poteva vederla piangere, non poteva farla stare male ancora.
"Emma.." cercò di calmarsi per non urlarle contro qualcosa di cui si sarebbe pentito, qualcosa che ancora non era sicuro di poter provare per lei.
Le appoggiò delicatamente una mano sul viso, pulendolo dalle lacrime e accarezzandola dolcemente, ma durò poco perché Emma si ritrasse come scottata.
"Non toccarmi!" urlò ferita nell'orgoglio, delusa da se stessa per avergli concesso quella piccola carezza.
"Senti Martin fai finta di non conoscermi e finiamola qui, non so più cosa dirti." borbottò Emma asciugandosi il viso.
Ma Martin non sembrava dello stesso avviso perché la prese con forza per il polso attirandola a se, incontrando il suo sguardo ferito.
"Non adesso che sei tornata."
Emma lo guardò scioccata senza capire dove volesse arrivare, guardò la sua mano stringerle il polso, cercò di divincolarsi senza riuscirsi.
Lo guardò furiosa intimandolo di lasciarla andare, ma lui non l'ascoltò attirandola ancora più vicino.
"Lasciami andare!" riuscì in qualche modo a fuggire e nello stesso secondo con tutta la forza che aveva in corpo gli lasciò sulla guancia l'impronta rossa della sua mano.
"Non pensare neanche per un secondo che io e te possiamo diventare qualcosa, scordatelo!"
Si staccò da lui piena di rabbia e di vendetta, ancora da sfogare, mentre raggiungeva gli altri incrociò lo sguardo confuso di Jenelle.
"Che succede qui?" chiese irritata alla rossa, che notò avesse gli occhi rossi, che avesse pianto?
La rossa la guardò con sguardo truce e con quattro semplici parole instaurò il dubbio alla mora.
"Chiedilo al tuo fidanzato."
Jenelle guardò Emma e poi guardò il suo fidanzato ancora di spalle.
"Amore che succede?"
Martin si girò e con voce incolore disse l'unica frase che non avrebbe mai voluto sentire dal suo fidanzato.
"Siamo stati insieme."
La lasciò da sola a rodersi il fegato cercando di capire cosa diavolo fosse successo e quando.
Emma e Martin erano stati insieme, ma cosa volesse dire con quella frase non lo poteva ancora sapere.


Non riuscivo più a finire di scriverlo!
Perdonate il ritardo ma è stato più difficile di quanto pensassi.
Per chi non sapesse la canzone che compare è Give me Love di Ed Sheeran, bellissima canzone di un bravissimo cantante inglese, grazie a lui è nata questa storia ;) (scusate per gli errori ma sono un bradipo e non ho voglia di rileggere :3)
Alla prossima!
Elisa.

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Capitolo 11
*** Undici. ***


 

Video Trailer.
(crediti Malley)

 

Undici.
 
Emma si sedette sulla sedia del tavolo numero 2, il suo, si lasciò andare sullo schienale portandosi la mano destra sulla fronte, chiudendo gli occhi.
La canzone che poco prima aveva sentito ormai stava svolgendo al termine, lasciando in lei un senso di tristezza e malinconia, aveva davvero fatto ciò che i suoi ricordi le riproponevano?
Cinque anni dopo e quel ragazzo era riuscito solo a diventare più bello anche se il carattere era rimasto lo stesso, forse era peggiorato.
Emma sbuffò sonoramente cercando di non alzarsi e rincorrerlo per finire quello che avevano iniziato, o forse voleva semplicemente picchiarlo?
Sentì lo stridio di una sedia spostata, quella vicino a lei precisamente.
"Em tutto bene?" la voce preoccupata di Nora inondò i suoi pensieri, doveva raccontarle quello che era successo, ma ancora troppo presa dall'incontro rimase a vagare tra i ricordi.
"Em?" Nora le scrollò una spalla cercando di attirare la sua attenzione, Emma aprì un occhio guardando nella sua direzione, un accenno di vita sarebbe dovuto bastare.
"Morris che ti prende?"chiese questa volta leggermente scocciata, assottigliando lo sguardo.
Emma aprì gli occhi posandoli in quelli dell'amica.
"Ho parlato con Martin."
Nora ammutolì di colpo non riuscendo a trovare qualcosa da dire, chissà cosa si erano detti, come aveva reagito Emma e come aveva reagito lui.
"Ti ho colto di sorpresa eh?" domandò retorica con un tono malinconico nella voce, si vedeva che quell'incontro le aveva prosciugato tutte le sue forze.
Nora guardò l'amica invitandola a raccontarle tutto, la rossa si raddrizzò sulla sedia e iniziò a raccontare da quando avevano incrociato gli sguardi sulla pista da ballo a quando lei era andata via dopo averlo schiaffeggiato, Nora si limitò ad annuire e prenderle la mano cercando di confortarla, aveva sperato fino all'ultimo che non si incontrassero, ma il destino aveva voluto così.
Si avvicinarono l'una all'altra per abbracciarsi spinte da un bisogno di affetto, visibile solo a chi le conosceva bene.
Quando poi si allontanarono restando però con la mano destra intrecciata, sorrisero.
"Allora chi era quel ragazzo con cui ballavi?" Emma vide le guance dell'amica tingersi di un rosso accesso, che l'avvolse completamente, la bionda abbassò lo sguardo imbarazzata, vederla così fragile intenerì Emma che si protese per alzarle il viso dolcemente.
"Qualcuno ha scaldato il tuo cuoricino o sbaglio?" ridacchiò vedendo il sorriso di Nora.
"Beh.." si bloccò torturandosi il labbro inferiore, rischiando di farlo sanguinare.
Continuava a guardare i suoi trampoli bianchi, chiusi, non riuscendo a mantenere il suo sguardo in quello di Emma perché troppo imbarazzata, era la prima volta dopo anni che Emma vedeva Nora in quelle condizioni per un ragazzo, che poi doveva ancora scoprire chi fosse.
"Dai pinguina, non farti pregare." riprovò Emma attirando la sua attenzione.
Nora rialzò lo sguardo e qualcosa in esso fece capire ad Emma che non lo avrebbe riabbassato.
"Stavo parlando con tuo fratello quando questo ragazzo, devi vederlo sembra un angelo, si avvicina tutto sorridente e mi chiede se voglio ballare, allora guardo tuo fratello che annuisce, mi ha preso la mano e mi ha portata sulla pista da ballo. Per tutto il tempo mi ha sussurrato cose dolcissime, sono un peperone vero?" chiese prendendo fiato dopo aver parlato a raffica.
Emma annuì ridacchiando, cosa c'entrava suo fratello in tutto questo?
"Ma come si chiama?"
"Jack."
Emma guardò oltre l'amica dove l'unico Jack che conosceva stava parlando con Dave, Nora seguì la sua direzione e la sentì attraverso la presa della mano, irrigidirsi.
Tornò a guardare l'amica e capì.
"Non ci credo! Ti piace Jack!" lasciò la presa sulla sua mano, iniziando ad agitare le mani come una bambina che aveva appena ricevuto il regalo che voleva.
Nora alzò un sopracciglio non capendo l'improvviso entusiasmo della rossa, che avesse bevuto per dimenticare?
Probabile.
"Sì Em, ti ho detto che si chiama Jack."
"Ma no, lui è Jack il migliore amico di mio fratello, ti ricordo del Jack di cui ti parlavo?"
Ed ecco che la lampadina di Nora si accese.
"Sei una pessima migliore amica." sbraitò offesa Nora, puntandole l'indice contro il petto, Emma sbarrò gli occhi sorpresa da quella reazione, non le sembrava di aver detto qualcosa di sbagliato.
"Perché diavolo non me lo hai mai presentato?! Si vede lontano un miglio che è un dio del sesso!" borbottò rimettendo il braccio sopra le sue gambe e scuotendo la testa mentre Emma iniziava a ridere convulsamente, lasciandosi andare alle lacrime.
"Cosa ridi tu, mollusco dai capelli rossi." borbottò offesa.
Emma placò la risata per qualche secondo mentre una lacrima nera come il suo eyeliner scendeva lungo la sua guancia, guardò Nora spalancando gli occhi chiari.
"Mollusco dai capelli rossi?" domandò alzando un sopracciglio e fermando la lacrima poco sotto il mento prima che le cadesse sul vestito, era già orrendo senza aver bisogno di una macchia nera.
"Sì." recitò con voce da bambina la parte della ragazza offesa, cercando di non scoppiare a ridere in faccia alla rossa.
"Ah si?" Emma si avvicinò all'amica che serrando le labbra per non ridere si allontanava man mano che la rossa eliminava le distanze, quando Emma le fu abbastanza vicina, Nora si alzò dalla sedia correndo verso l'uscita dove una signora anziana stava entrando con calma, questa venne malamente colpita al braccio e se non fosse stato per i riflessi pronti della rossa sarebbe caduta al suolo, la signora iniziò ad urlare qualche maledizione verso la bionda che ormai rossa dalle risate andò a scontrarsi con qualcun altro.
Si fermò, o meglio fu fermata dal petto muscoloso del biondino che continuava ad osservarla malizioso.
Alzando lo sguardo Nora si accorse di essersi scontrata con il suo cavaliere.
Si scostò dal ragazzo in imbarazzo, non riuscendo a mantenere lo sguardo fisso nel suo.
"Sc-scusa non ti avevo visto" borbottò sperando di non essere sentita, lei la ragazza dal cuore di ghiaccio, colei che non si lasciava andare con nessuno appartenente al genere maschile, colei che aveva sempre la risposta pronta a qualsiasi affermazione era rimasta senza parole davanti ad un ragazzo, o meglio uomo, qualsiasi. Quella doveva essere sicuramente una sua copia, non poteva essere Nora, e di questo se n'era anche accorta Emma, che dopo essere riuscita a scappare dalla vecchietta indemoniata aveva seguito la scia di persone brontolanti che si era lasciata dietro l'amica, e ora vedeva come lo sguardo divertito di Jack non riusciva ad incontrata quello imbarazzato dell'amica. Quando poi la mano di lui si posò sulla sua spalla, Nora alzò finalmente lo sguardo, perdendosi dentro i magnifici occhi acqua-marina di lui.
Jack scrutò bene la ragazza prima di parlare "Tutto bene Nora?" domandò inclinando lievemente la testa, come per accentuare il fatto che la stesse controllando.
La ragazza annuì timidamente, muovendo nervosamente le mani unite in una stretta ferrea.
In quel momento Emma decise di andare in soccorso della sua migliore amica, perciò quando si parò accanto alla bionda, non fu una sorpresa per questa, quanto invece lo fu per Jack di fronte, ma da buon fratello acquisito qual era, in qualche secondo fu davanti Emma a stringerla tra le sue muscolose braccia, nonostante il matrimonio fosse iniziato da molto, i due non avevano avuto la possibilità di incontrarsi e scambiarsi due parole.
Rimasero stretti in quell'abbraccio sotto lo sguardo tenero di Nora, Jack si staccò dalla rossa, lasciandole però un braccio intorno alla vita, stringendola così a se.
"Nora questa è Emma." sorrise presentando la sua 'sorellina' alla ragazza che aveva conosciuto poco prima, quando vide però che le due non si scambiavano cenni di saluto, ma ridevano, le guardò spaesato da quello strano comportamento.
Emma alzò lo sguardo per incrociare quello di Jack, sempre più confuso. "Veramente Nora è la mia migliore amica, da più o meno quando vado all'asilo, troglodita."
Jack aprì la bocca un paio di volte prima di parlare.
"Ma guarda tu che stronza che sei piccoletta, conoscevi per tutto questo tempo questa bellezza e me l'hai tenuta nascosta." brontolò staccandole il braccio intorno alla sua vita e rilasciandolo penzolare lungo il fianco.
Emma roteò gli occhi, sbuffando.
"Mi sembra di averlo già sentito dire." borbottò infine lanciando uno sguardo alla sua amica.
Presto o tardi quei due avrebbero combinato qualcosa.
 
Quando la sera tardi o la mattina presto -dipende dai punti di vista- Liam le riaccompagnò a casa, le tre ragazze con più alcol del dovuto in circolo, riuscirono grazie all'aiuto del povero mal capitato ad entrare in casa Morris.
Emma e Elisa si erano aggrappate rispettivamente al braccio destro e sinistro del ragazzo, mentre Nora alle loro spalle inciampava ogni due secondi cadendo a terra, scatenando così le risate delle ragazze e uno sbuffo disperato da parte di Liam.
Liam era riuscito ad aprire la porta di casa con non poca fatica, aveva chiesto almeno una decina di volte dove fossero le chiavi, ma lo sguardo perso nel vuoto della rossa non lo aveva certamente aiutato, una volta capito che avrebbe dovuto cercarsele da solo nella pochette, era riuscite a trovarle subito.
Aveva lasciato entrare Emma ed Elisa in casa sperando che non cadessero a terra, come invece continuava a fare Nora, guardò un ultima volta le due che camminando si scontrarono non riuscendo a trattenere le risate, tornò indietro e raggiunse la bionda, che per la millesima volta tentava di rialzarsi senza però riuscirci. Con uno sbuffo la ragazza si tolse quei tacchi infernali emettendo un sospiro di sollievo, tentò ancora di alzarsi questa volta riuscendoci grazie alla mano spuntata dal nulla di qualcuno che non riconobbe subito.
Sgranò gli occhi verdi un paio di volte prima di riconoscere il ragazzo davanti a se. "Sei Liam vero?" domandò non proprio sicura che quello davanti a se non fosse un maniaco psicotico, che voleva ucciderla.
Il ragazzo sospirò recuperando le sue scarpe e trascinandola in casa "Sì, sono io."
Nora avrebbe voluto rispondere qualcosa, ma non ebbe la forza di parlare, così seguì il ragazzo al piano di sopra fino alla prima stanza che trovò, senza pensarci troppo corse verso il letto buttandocisi di peso, non accorgendosi delle persone che si trovavano sotto di lei.
 
Sedute una di fronte all'altra, Emma ed Elisa bevevano avidamente il caffè al caramello che le avrebbe svegliate. Poche ore prima quando avevano aperte gli occhi, si erano ritrovate con Nora sdraiata comodamente su di loro e il famoso mal di testa post sbornia che premeva nelle loro testoline.
Una volta sveglia Nora si era ricordata del turno domenicale alla caffetteria e siccome l'unica provvista di un mezzo di trasporto era la rossa, aveva deciso di portarsele appresso, promettendole una colazione gratis.
Entrate nel locale, Nora era corsa verso la porta di servizio per cambiarsi ed iniziare il turno, Emma ed Elisa invece con calma estenuante si erano sedute sul tavolino più distanziato dagli altri, il chiacchiericcio non aiutava certo a farle passare il mal di testa, nonostante avessero preso un paio di aspirine.
"Credo di aver fatto qualcosa per cui mio fratello voglia uccidermi." iniziò il discorso, accennando ad un flash appena avuto.
Elisa alzò lo sguardo dalla sua tazza ormai vuota, e lo posò sulla rossa, che pensierosa giocava con il bordo della tazza. La mora rispolverò i vagi ricordi della serata, rivedendo il momento in cui una Emma euforica aveva recuperato una foto dalla sua pochette e correndo verso il palchetto, si era fatta spazio tra la band e impugnando il microfono come un'arma a doppio taglio aveva attirato l'attenzione degli invitati descrivendo nei dettagli la fotografia che aveva in mano, che rappresentava un diciottenne David con codine e rossetto rosso acceso, Emma era poi scesa dal palco mostrandola a chiunque le capitasse davanti, quando poi il fratello aveva visto la foto era sbiancato e aveva cercato poi di strappargliela di mano. Qui finivano i suoi ricordi.
Elisa ridacchiò per poi rispondere con un sorriso all'amica.
"Direi che probabilmente vorrà disconoscerti." come risposta ottenne uno sguardo confuso da parte della rossa.
 
Con un tonfo Nora si sedette sulla sedia rimasta al tavolino, si portò le mani sulle tempie, massaggiandole.
"Mai e dico mai più bere prima di lavorare." borbottò incrociando le braccia sul tavolino e appoggiandoci la testa sopra.
Emma le accarezzò dolcemente la testa per poi alzare lo sguardo ed incontrare quello di Pete, il ragazzo che quando aveva rincontrato Nora, aveva scoperto stesse dietro la sua amica.
"Nora, ma tu e Pete?" continuò ad osservarlo, finché lui non distolse lo sguardo come scottato, ricordava che Nora fosse davvero presa da lui, allora perché il giorno prima sembrava potesse scappare per Las Vegas con Jack?
Nora borbottò qualcosa di incomprensibile.
"Tesoro non ti sentiamo." le disse dolcemente Elisa, toccandole il braccio.
Nora alzò la testa, incrociando i suoi occhi stanchi con quelli delle amiche. "Mi ha preso in giro, è uno stronzo! Aveva già la ragazza e intanto ci provava con me, l'ho scoperto per caso quando ho visto un messaggio. Non ci parliamo da allora."
"Qua ci starebbe bene una bella castrazione." mormorò Emma cercando lo sguardo del ragazzo, che però non trovò.
"Decisamente." annuì convinta la mora.
La campanella suonò, avvisando l'arrivo di nuova clientela, siccome le ragazze si erano rifugiate lontane da occhi indiscreti, avevano la possibilità di vedere chi entrava ma non di essere viste, e questo le giocò a favore perché coloro che entrarono erano certamente le ultime persone che avrebbero voluto vedere.
Jenelle in testa, camminava spedita verso il bancone mentre alle sue spalle Martin con le mani in tasca, sembrava stesse andando al patibolo.
Voltò il capo vero la finestra, dove una coppietta si stava allegramente ficcando la lingua in bocca, disgustata vagò con lo sguardo lungo il locale, ritrovando gli occhi del ragazzo, che con un braccio appoggiato al bancone non perdeva un suo movimento.
Una volta al bancone Martin aveva riconosciuto subito quel colore di capelli inconfondibile, e quando la ragazza si era girata non aveva resistito e le aveva sorriso, come Martin si aspettava la rossa spalancò la bocca presa in contro piede, subito dopo la richiuse voltandosi verso Nora.
Jenelle gli sventolò una mano davanti il viso.
"Amore mi hai sentita?" domandò con voce squillante, dio quanto odiava la sua voce.
Martin scosse la testa, chiedendo alla ragazza di ripetergli la domanda.
Irritata Jenelle ricominciò a parlare del matrimonio, di quanto quella Emma le fosse sembrata una sciacquetta, di questo e quell'altro. Quando aveva rincontrato Jenelle dopo l'incontro con Emma, i due avevano litigato, Jenelle gli aveva fatto presente che la sua ragazza era lei e non la tinta, per finire con un 'Se la vedi ancora ti lascio in bianco per sempre'.
Forse Adam aveva ragione quando gli diceva di lasciarla una volta per tutte, l'unica cosa in cui era brava era il sesso, e sicuramente Martin poteva trovarne di meglio, come Emma per esempio.
Uscendo dal locale prese una decisione importante, come prima cosa avrebbe lasciato una volta per tutte Jenelle e dopo avrebbe riconquistato Emma.
Con il sorriso stampato si diresse verso la porta, lanciando un'ultima occhiata alla rossa.
 

Eccomi con un nuovo capitolo, spero vi sia piaciuto!
(scusate per gli errori, ma vado di fretta.)
Elisa.

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Capitolo 12
*** Dodici. ***


 
Video Trailer.
(crediti Malley)

 

 


Dodici.

"Ciao..non so se ti ricorderai di me, sono Emma, mi hai lasciato un biglietto con su scritto di chiamarti e c'era il tuo numero, quindi.. dio quanto è imbarazzante. Io non mi ricordo niente. Però ecco.. se.. se ti va di non so, andare a prendere qualcosa richiamami." Il giovane dai capelli color grano ghignò divertito ascoltando il messaggio in segreteria da parte di quella strana ragazza, i suoi occhi saettarono da un tasto all'altro della tastiera illuminata, scrisse un messaggio al suo amico, invitandolo a prendere un caffè, non vedendo l'ora di raccontargli quella piccola rivincita. Avrebbe chiamato la rossa focosa, in tutti i sensi, e l'avrebbe invitata a bere qualcosa, non vedendo l'ora di rinfrescarle la memoria.
Dall'altra parte della città Emma continuava a darsi dell'idiota, non avrebbe dovuto chiamarlo e non avrebbe dovuto rendersi ridicola come invece aveva fatto. Gettò il cellulare con forza sul letto, sperando non cadesse. Sprofondò con il viso sul cuscino e vi intrufolò le mani sotto, alla ricerca di un po' di fresco.
L'incessante vibrare del suo cellulare a contatto con la sua gamba, costrinse Emma ad alzarsi da quella comoda posizione, quando prese il suo BlackBerry in mano notò subito il nome impresso sullo schermo. Emma aveva paura di rispondere, per cosa dirgli poi, continuava a pensare che fosse stato davvero stupido da parte sua chiamarlo e lasciargli quel messaggio.
Perché l'aveva fatto?
"Pronto?" con esitazione aveva premuto il bottone verde, pentendosene l'istante dopo.
"Emma giusto?" domandò con voce sicura e profonda, quello che doveva essere Adam.
"Sì.. sì, sono io." perché doveva sempre cacciarsi in queste situazioni, avrebbe potuto passare la mattinata a ingozzarsi di gelato davanti al ventilatore mentre alla tv trasmettevano i soliti film romantici con il "vissero per sempre felici e contenti".
"Ho ascoltato il messaggio in segreteria e mi farebbe piacere se potessimo incontrarti, così ti aiuterei a ricordare." non sapeva perché, ma Emma si immaginò il ragazzo ammiccare alla fine del discorso. Con chi diavolo aveva a che fare?
"Se ti va bene possiamo vederci fra un oretta davanti il centro commerciale." continuò Adam con fare professionale e distaccato.
"Va bene." riuscì appena a sussurrare quelle due parole che il "tu.. tu.." arrivò forte e chiaro alle sue orecchie.
 
"Sicura di voler andare da sola?" Elisa era seduta sul bordo del letto, da dove continuava ad osservare criticamente ogni mossa di Emma, o meglio ogni vestito che estraeva dall'armadio. Dopo vari sbuffi indicò ad Emma una maglia a righe e un paio di jeans chiari.
"Tengo il tuo numero tra le chiamate rapide, tranquilla." borbottò Emma saltellando per infilarsi i jeans più stretti del previsto.
"Sarebbe meglio se avessi la polizia tra le chiamate rapide, metti conto che io non ti risponda e questo inizia a squartarti viva!" continuò a gesticolare preoccupata per l'amica, non si fidava per niente di quel tizio. Emma lanciò uno sguardo scioccato all'amica, riuscendo finalmente ad allacciare il bottone. Rilasciò un respiro profondo, che aveva trattenuto per allacciare quel maledetto bottone d'oro, e tornò a guardare Elisa ancora seduta sul letto torturarsi le mani dall'agitazione.
"Tesoro non essere così pessimista, è solo un'uscita, rilassati. Quella agitata dovrei essere io!" si posizionò davanti alla mora e le posò le mani sulle spalle, parlandole lentamente ma in modo da farsi capire.
Elisa guardò l'amica per un tempo indefinito poi si limitò ad annuire, ma non prima di averle chiesto ancora una volta se fosse davvero sicura.
 
Emma rimase in piedi davanti l'entrata del centro commerciale con sguardo circospetto, cercando di individuare il fantomatico Adam, di cui ricordava solo gli occhi marroni.
Solo quando un tocco sulla sua spalla la fece voltare, rincontrò l'unica cosa che ricordava di quella sera. Rimase abbagliata dalla bellezza disarmante di quel ragazzo, i capelli color del grano erano corti ma abbastanza lunghi da poterci passare le mani, Adam portava il ciuffo all'indietro con un effetto naturale, era sorprendentemente bello quel ragazzo.
"Ciao." sussurrò Adam con il sorriso sulle labbra, riscuotendola dalla perlustrazione del suo corpo perfetto.
"Adam?" domandò non proprio sicura di essere davanti a lui.
Il ragazzo sorrise e con un gesto delle mani si indicò il suo corpo in tutta la sua altezza. "In carne ed ossa." altro sorriso disarmante.
Emma annuì imbarazzata iniziando a giocherellare con le mani, suo vizio di quando era nervosa.
Lui continuò a sfoggiare i suoi denti bianchi, avrebbe potuto rappresentare una marca di dentifricio.
"Ti va di andare a bere qualcosa?" domandò indicandole con la mano il bar poco lontano da loro, Emma si limitò ad annuire seguendolo nel locale.
"Quindi tu non ti ricordi niente?" iniziò rompendo il ghiaccio, non smettendo di lanciarle occhiate maliziose.
Che quella sera avessero fatto qualcosa?
"No, decisamente... Non è che.. che abbiamo fatto qualcosa?" domandò incerta, avendo paura di una sua reazione.
Adam si sistemò meglio sulla sedia, avvicinandosi al viso della ragazza, le sorrise tranquillo negando con la testa.
Emma sospirò, sentendo di essersi tolta un peso.
"Ho capito subito che fossi ubriaca, non sono quel tipo di persona." le disse serio, Emma non poteva sapere se le avesse detto la verità o le avesse mentito, ma sperò davvero che non fosse stata una bugia.
"Mmh, grazie.."
Adam sorrise cercando di prenderle la mano, lasciata libera sul tavolo, istintivamente la ragazza ritrasse la mano, facendolo allontanare.
"Scusa.. ma, io.. ecco.." Emma non sapeva cosa dire, quella che aveva avuto era stata una reazione immediata, non riusciva a lasciarsi andare con Adam, non riusciva a fidarsi di uno sconosciuto, il che era un bene.
Il biondo cercò di sorridere, ma l'unica cosa che gli uscì fu una smorfia, nessuna ragazza gli aveva mai negato un contatto e questo lo fece solo innervosire. Nessuna ragazza sana di mente lo avrebbe rifiutato.
Ma Emma era tutto fuorché sana di mente, la sua mente era occupata da una sola persona e anche se la ragazza si ostinava a negare l'evidenza, nel profondo sapeva che non avrebbe mai potuto lasciarlo andare, infondo era il suo primo amore.
Nell'ora che seguì Adam cercò di apprendere più informazioni possibili da Emma, ma con estrema difficoltà. Emma non era una ragazza aperta e aveva capito fin da subito che non si fidava di lui, perciò le raccontò del suo lavoro in una famosa società di computer, che era riuscito ad ottenere tramite un suo amico, le parlò delle sue esperienze e dei momenti più divertenti passati, riuscendo finalmente a farla ridere.
"E' stato bello rivederti Emma." le disse alzandosi in piedi e raggiungendola per darle un abbraccio, impacciata la ragazza ricambiò.
"Si anche per me." borbottò Emma, non sapendo dove mettere le mani. Si staccò pochi secondi dopo in imbarazzo, si sistemò la borsa a tracolla e salutò Adam con un frettoloso a presto.
C'era qualcosa in lui che non la convinceva, il problema rimaneva cosa.
 
Emma aprì la portiera della sua nuova Toyota Prius bianca, acquistata pochi giorni prima, dopo aver dato dentro l'auto che aveva noleggiato, sprofondando nel sedile di pelle nero. Lanciò la borsetta a sinistra, sul sedile del passeggero, ancora non si era riabituata a guidare da quella parte.
Rimase qualche minuto con gli occhi chiusi, pensando a tutto ciò che le era successo da quando aveva messo piede sul suolo inglese, era davvero passato solo un mese?
Si sporse verso la borsa alla ricerca del cellulare, quando lo trovò cercò nelle chiamate recenti il nome dell'amica e senza esitazione premette il pulsante verde.
"Stai bene? Devo chiamare la polizia o mandare Liam a pestarlo?" ebbene sì, aveva avuto il coraggio di chiamare Elisa sapendo di essere prossima ad un interrogatorio.
"Tutto bene capo." rispose solamente stiracchiando i piedi, stando attenta a non premere i pedali anche se l'auto non era stata ancora accesa. Si portò una mano in viso, facendola scivolare lungo l'occhio sinistro per poi portarla sul volante.
Sentì la voce ovattata dell'amica, che aveva coperto il microfono, rassicurare il ragazzo dicendogli che non doveva picchiare nessuno o assumere sicari.
"Esci con noi stasera?" le domandò questa volta con voce calma e rilassata, doveva essere stata davvero preoccupata.
Emma ci pensò su, poi si ricordò di essere stata invitata a cena dal fratello e sua cognata, appena tornati dalla luna di miele.
"Sono a cena da Dave e Carol."
"Va bene, ci vediamo tra poco cocorita!" la rossa ridacchiò rimettendo a posto il cellulare.
Mise poi in moto l'auto e con una sola manovra uscì dal parcheggio, infilandosi nel traffico pomeridiano di Londra.
 
"Sei così sexy abbronzato, fratellone." lo prese in giro entrando i casa Morris e fiondandosi tra le braccia scure e muscolose del fratello, che ridacchiando la cullò contro il suo petto.
Ad assistere la scena sullo stipite della porta della cucina c'era la signora Morris, con sguardo assorto. Quando li vedeva insieme non riusciva a trattenere un dolce sorriso, nessuno ci riusciva.
Caroline si rigirò la fede d'oro intorno all'anulare, continuando a guardare incantata i due fratelli.
"Ma io sono sempre sexy pulce." disse lui a testa alta, ricevendo un pizzicotto sul fianco da parte della sorella.
"Mi sei mancato puzzone." sussurrò strofinando il naso sulla t-shirt del fratello, che sapeva di lui. Dave rafforzò la stretta intorno alla sua vita, appoggiando il mento sulla testa della rossa, chiudendo gli occhi.
"Anche tu, anche tu."
"E a me niente?" domandò Carolina facendo la finta offesa.
Emma allora si staccò dall'abbraccio del fratello e corse ad abbracciare in modalità orso, la stretta vita della cognata, che per poco non cadde a terra, fortuna che era appoggiata allo stipite.
"Mi sei mancata anche tu cognata."
Caroline sbarrò gli occhi sorpresa e fece finta di scacciare una lacrima dal viso. "Quanto ho aspettato questo momento!" esclamò teatralmente.
 
Mentre la coppia a tavola raccontava ad Emma delle immersioni subacquee alle Hawaii e delle avventure disastrose vissute in quella settimana e mezza, il campanello di casa suonò. Sia Caroline che Dave si guardarono sorpresi, chiedendosi reciprocamente se stessero aspettando qualcuno.
Caroline si alzò andando a vedere chi stesse interrompendo la loro cena, Emma sentì il rumore della porta aprirsi e la voce preoccupata di Caroline.
"Je-Jen che ci fai qui?" nello sentire quel nome Emma si immobilizzò, non poteva essere vero.
Alzò lo sguardo incontrando quello del fratello, che rispecchiava la sua stessa emozione, terrore.
"Ho saputo da mamma che siete tornati, e abbiamo voluti farvi una sorpresa."
Quel abbiamo la spaventò a morte, non era possibile!
Si mosse irrequieta sulla sedia, guardò in giro e studiò ogni possibile via di fuga.
"Emma non fare niente di stupido." furono le uniche parole che udì prima di sentire la voce della vipera in cucina.
"Oh.. non sapevo aveste ospiti." come se fosse realmente dispiaciuta. Emma strinse la mano destra in un pugno, riuscendo a conficcare le unghie nella carne.
Caroline incrociò il suo sguardo per un secondo, riuscì a percepire il suo dispiacere.
Merda.
La vide apparecchiare per due, un posto accanto a lei e uno a capotavola, pregò con tutto il cuore che la vipera si sedette vicino a lei.
Almeno un desiderio venne esaudito, figurarsi se dopo aver scoperto la "storia" tra lei e Martin li avrebbe lasciati sedere vicini.
Dal loro arrivo Emma aveva smesso di parlare, rinunciando ad intervenire perché interrotta sempre dalla vipera, si era limitata a mangiare e fare finta di non sentire lo sguardo insistente di lui.
Poco dopo la fine del dessert la vipera e Martin si erano allontanati, portando via con se l'elettricità che emanavano, non quella che preannunciava un bacio, ma quella di una bella litigata. Ciò rese felice la rossa e da quanto capì, anche il fratello.
Giocherellò con le dita sul tavolo, lanciando qualche sguardo fugace al fratello di fronte, che fissava l'orologio a muro, Caroline invece era appoggiata sul bancone a braccia incrociate, il silenzio che regnava nella cucina lasciava sentire le urla proveniente dal piano di sopra.
Emma avrebbe volute sorridere, ma siccome la vipera era la sorella di sua cognata cercò di contenere la sua felicità.
Dei passi risuonarono sulle scale e le due voci si udirono forti e chiare.
"Non ti azzardare ad insultarla! Tu non sai niente, niente!" un sonoro ceffone ruppe il silenzio, la rossa avrebbe voluto affacciarsi dalla cucina per spiare la scena, ma aveva paura di creare ancora più confusione, perché era palese di chi stessero parlando.
"Sei un bastardo! Hai passato la serata a fissarla cazzo! E adesso osi anche difendere quella stronza?!" 'stronza a chi?' pensò Emma non trattenendo una smorfia.
"Sono io la tua fidanzata!" per qualche secondo regnò il silenzio, poi uno sbuffo e ancora rumore.
"La mia fidanzata? Ma scherziamo?"
"E allora quella scatolina di Tiffany per chi è? Per lei? E' così?! Mi ha tradito?" seguirono altri rumori che non riuscì a comprendere.
"Aspetta.. hai guardato nel mio cassetto! Dio Jenelle.." Martin sospirò come stanco di quella situazione, poi continuò.
"Era un regalo per mia madre e no non ti ho tradito, ma tu non sei la mia fidanzata ne la mia ragazza. E' finita, devi accettarlo."
"Mi stai lasciando per lei vero?!" urlò in preda ad un attacco isterico, dio se avrebbe voluto filmarla.
"Sì.." non sentì più voci, solo il rumore di una porta aprirsi e poi sbattere violentemente.
Qualche secondo dopo apparve un Martin stremato, con uno sguardo spento.
Si passò una mano sui capelli scendendo sulla nuca, dove la lasciò. Abbassò lo sguardo imbarazzato.
"Mi dispiace davvero, non avrei voluto causare tutto questo trambusto. Scusate ancora. Grazie per la cena." si massaggiò la base della nuca e con un abbozzo di sorriso sparì dalla loro vista, lasciando solo la scia di profumo che Emma conosceva.
Vederlo in quello stato aveva risvegliato qualcosa in Emma, qualcosa che l'aveva quasi portata ad abbracciarlo e rassicurarlo.
 
Smontò dall'auto parcheggiata davanti casa sua. Subito dopo l'uscita di scena di Martin si era congedata anche lei, non riuscendo a subire i loro sguardi.
Raggiunse il cancelletto e alzando la mano destra che stringeva la chiave dell'auto, la chiuse, il bip l'assicurò di aver premuto il pulsante della chiusura.
Quando alzò la testa, Emma sgranò gli occhi sorpresa. Davanti la porta, seduto sui gradini di pietra si trovava Martin, che vedendola si alzò in piedi, spolverandosi i jeans scuri.
Si trovarono faccia a faccia ancora, ma questa volta tutta la rabbia della ragazza era sparita, non c'era nulla se non sorpresa.
"Cosa ci fai qui?" mormorò non distogliendo lo sguardo da quello penetrante di lui.
"Dovevo parlarti."
Emma non disse nulla, aspettò che lui continuasse, iniziò però a torturarsi le mani come di consuetudine.
"Voglio un'altra occasione." semplice e diretto. La ragazza assorbì quelle parole immediatamente, non riuscendo e non sapendo rispondere.
Cosa doveva dire?
"Io.. non lo so." rispose infine staccando le mani e lasciandole ricadere lungo i fianchi, abbassò lo sguardo, puntandolo sulle sue ballerine stile marinara.
"Mi aspettavo un no secco, quindi è già un successo." ridacchiò, cercando di mascherare la tensione.
"Non mi arrenderò Emma Morris, finché non sarai mia. Questa volta non manderò tutto a puttane." continuò poi serio. La mano che aveva tenuto fino quel momento dietro la schiena rivelò una rosa bianca, che le mise tra le mani.
"L'ho presa nel giardino di Caroline, non dirle niente o mi ucciderà. A presto Em." la sorpassò sfiorandole il braccio, causandole dei brividi lungo tutta la schiena.
Erano anni che nessuno le provocava quei brividi.
Emma rimase ferma con la rosa bianca in mano, che si portò poi davanti al viso, sotto il naso per inspirarne l'odore.
Cosa avrebbe dovuto fare adesso?

Ebbene sì, dopo più di un mese sono riuscita ad aggiornare. Imploro il vostro perdono per non aver aggiornato, ma mi ero bloccata e non riuscivo ad andare avanti in nessun modo, poi alla una di notte ho sentito il bisogno di scrivere e alle tre e sedici ho finito. Quindi se trovate errori, date la colpa all'ora lol.
Mi erano mancati Emma e Martin, dico sul serio, e ancora più Emma e Dave :')
Spero di aggiornare presto (ahahah), quindi ci si vede gente. Adioss.
Elisa.

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Capitolo 13
*** Tredici. ***


 
Tredici.
 
L'unico rumore presente in quella casa alle due del pomeriggio era quello del ventilatore posizionato davanti le due ragazze sdraiate a pancia all'aria sui due divani del soggiorno, l'avevano bloccato così che non potesse girare e disperdere quel poco d'aria che creava in giro.
L'ennesima goccia di sudore finì nella scollatura di Emma, tenendo gli occhi chiusi tirò un lembo della canottiera fradicia per asciugare la goccia. Elisa invece continuava a sbuffare da almeno un'ora, senza sosta, irritando la rossa. Intanto al telegiornale annunciavano lo strano aumento di temperatura.
Ma davvero?
Per loro poi era facile, avevano l'aria condizionata mentre nella vecchia casa era già tanto se erano riuscite a trovare un ventilatore risalente alla prima guerra mondiale.
"Basta!" Emma aprì gli occhi e si tirò a sedere spinta da un'idea, spostò lo sguardo sulla sua amica che grondante di sudore aprì un occhio per studiarla.
Emma si passò una mano sulla fronte, asciugando le goccioline che si ostinavano a caderle lungo il viso finendo ancora nella scollatura. Elisa invece mugugnò qualcosa di insensato tirandosi anche lei a sedere e guardandosi in giro spaesata.
"Ho avuto un'idea." Elisa si voltò verso l'amica in attesa di un illuminazione.
"Andremo in piscina."
"Sarà pieno di gente." borbottò la mora stiracchiandosi e lanciando un occhiata alla rossa che fece una smorfia contrariata.
"Preferisci morire di caldo?" si guardarono per qualche secondo, poi Elisa scosse la testa.
"Non hai scelta tesoruccio."
Elisa alzò gli occhi mentre Emma si alzava dal divano e raggiungeva il tavolino dove c'era il suo cellulare. Digitò qualche tastino per poi portarselo al orecchio.
"Cocò?" Cocò era il soprannome che fin da piccola Emma usava con Nora, aveva una strana mania per i soprannomi più strani e uno dei più comuni che usava sulla bionda era cocorita, che con gli anni era stato abbreviato in Cocò.
"Sì, stiamo morendo di caldo anche noi, per questo andremo in piscina!" gesticolò un po' con la mano libera entusiasta per poi afflosciarsi tristemente.
"Perché non stai urlando dalla felicità?"
"Tampax Cocò!"
"Sì, ma questo non vuol dire che tu non possa usarli no?" Elisa sapeva che l'amica aveva un pessimo rapporto con i tampax, piccolo incidente del passato che l'aveva traumatizzata, così li evitava come la peste.
"Ti passiamo a prendere tra 20 minuti. Adìos." lanciò il telefono sul divano per poi girarsi verso la mora ancora rincoglionita.
"Cosa aspetti, un miracolo? Alza le chiappe e vatti a cambiare, su fila!" sventolò la mano nella direzione dell'amica, intimandole di muoversi.
Elisa si alzò svogliatamente ma vedendo poi lo sguardo assassino dell'amica decise di darsi una mossa e correre su per le scale verso la sua stanza.
 
Quindici minuti dopo Emma parcheggiò sotto il condominio dove abitava Nora, secondo la bionda risaliva alla prima guerra mondiale, alcuni buchi sospetti riempivano la facciata principale e le mattonelle scure erano l'unica cosa che rimaneva del colore originale, ma per una venticinquenne che lavorava in una caffetteria andava più che bene.
Emma tirò fuori dalla borsa abbandonata sul sedile del passeggero, il suo cellulare, che usò per fare uno squillo all'amica. Pochi secondi dopo vide Nora uscire a passo svelto dal portone di casa, portava con se una sacca enorme, probabilmente il doppio del suo peso, correva verso l'auto un po' sbilenca, colpa della sacca. Elisa riuscì a recuperare la borsa della rossa pochi secondi prima che Nora vi si buttasse sopra.
"Tutte pronte?" esclamò entusiasta Emma, che schiacciò sull'acceleratore quasi fosse ad una gara d'auto. Elisa vide nello specchietto retrovisore il sorriso diabolico di Emma, cosa aveva in mente quella ragazza?
 
Dopo aver trovato tre sdrai vicini, le tre ragazze si spogliarono e iniziarono a ricoprirsi il corpo di crema solare. Siccome Elisa e Nora erano parecchio abbronzate non ebbero bisogno di una protezione particolarmente alta, al contrario di Emma che era riuscita a recuperare una crema protezione 50.
"Scherzi vero?" domandò Elisa con ancora il tubetto di crema in mano, sgranando gli occhi.
"Ma non la vedi? Sembra la sposa cadavere!" rispose ridacchiando Nora, impegnata a spalmarsi la crema sul viso, attenta a non lasciare tracce bianche.
Emma scoccò un occhiataccia alla bionda che continuando a ridere le chiese di aiutarla a spalmarle la schiena sulla spalla.
"Te lo scordi." fu la risposta di Emma ancora offesa.
Fortunatamente Elisa le venne in soccorso, facendosi promettere di essere aiutata a sua volta, rimanendo solo Emma, che le guardò con uno sguardo da cucciolo, il labbro inferiore sporgente e una faccina triste che commosse l'animo sensibile di Elisa.
"Come fai a resistere ad una faccina così carina?" domandò la mora alla bionda. Nora guardò Elisa impegnata a spalmare quintali di crema sulla schiena di Emma.
"Anni e anni di esperienza." rispose distendendosi a schiena in giù sullo sdraio e stiracchiando le braccia.
Il silenzio creatosi dopo che le ragazze avevano iniziato a prendere il sole, venne interrotto da una di loro.
"Ieri è successa una cosa.."
Senza pensarci Nora si tirò a sedere e guardò l'amica in cerca di scoop, Elisa si limitò a girare la testa verso l'amica, al centro, e aprire gli occhi.
"Giusto, devi raccontarci di quel Adam!" continuò poi ricordandosene improvvisamente.
"Mmm, giusto. Beh non è successo granché con lui, non abbiamo parlato molto, mi ha solo detto che si è accorto subito dello stato in cui ero ridotta e che non mi ha fatto niente, però non so era.. strano." ripensò allo sguardo di lui, subito dopo che aveva rifiutato un contatto con lui, aveva contratto la mascella e aveva cercato di sorridere, non riuscendoci, per un attimo l'aveva spaventata, ma nonostante questo era stato davvero gentile anche in una situazione imbarazzante come quella.
"Strano eh? In che senso?" domandò Elisa questa volta con più interesse, si era perfino seduta. La mattina Elisa aveva provato ad estorcerle notizie, ma Emma non aveva voluto dire niente, aveva preferito aspettare che fossero state insieme.
Emma rimase in silenzio cercando le parole giuste da dire, non trovandole.
"Non lo so, era strano."
"Così ci aiuti molto eh." borbottò Nora tirandosi su gli occhiali da sole, per far si che non ne rimanesse il segno.
"Comunque sia non era questo che volevo dire." con quella frase l'attenzione delle due amiche fu ben più che attirata, si sporsero verso Emma, con i gomiti appoggiati alle ginocchia.
Emma ridacchiò nervosa.
"Ieri sono andata a cena da Dave e Caroline, e la vipera si è presentata con Martin.." Emma venne bloccata improvvisamente da Nora, che con una mano sulla bocca e la voce sgomenta disse. "Lo hai chiamato per nome! Questa cosa è grave, grave dico!" Elisa la guardò con gli occhi sbarrati, annuendo alle parole di Nora.
"Sì, beh.. dicevo, allora sono arrivati e durante tutta la cena lui continuava a fissarmi e tutti se ne sono accorti così ad un certo punto sono spariti al piano di sopra e hanno iniziato a litigare. Abbiamo sentito tutto, si sono lasciati e in pratica la colpa è mia." finalmente Emma respirò, durante il racconto aveva parlato così veloce che non era riuscita a respirare, si guardò intorno vedendo solo le bocche spalancate delle amiche.
"OH MIO DIO!" furono le uniche parole che Emma sentì, mentre Elisa rimase in silenzio, sconvolta.
"Adesso arriva la notiziona." sussurrò prima di continuare a parlare. "Quando sono arrivata a casa, me lo sono trovata davanti la porta con una rosa, ha detto che vuole un'altra occasione, che non si arrenderà. Adesso non so davvero cosa fare." sospirò finendo il suo breve resoconto, lasciandosi andare sullo sdraio, chiuse gli occhi e aspettò in una reazione normale da almeno una delle due.
"Non ci credo." sentì sussurrare.
"Non ci credo." ripetè Nora, scuotendo il capo in confusione.
"E invece."
"Non ci credo."
"Nora, ti sei inceppata per caso?"
Finalmente Nora alzò lo sguardo, vacuo, verso le due ragazze poco distanti da lei, normalmente quella più scioccata sarebbe dovuta essere Emma, ma per uno strano scherzo del destino era invece Nora.
Emma non si capacitava di questa sua reazione, e non era l'unica, si alzò pronta per sedersi accanto all'amica. Una volta seduta le posò una mano sulla spalla e la richiamò dolcemente.
"Tesoro, che ti prende?"
Nessuna risposta.
Emma le scosse la spalla, questa volta con più enfasi.
"Nora?"
La bionda scosse la stessa, riprendendosi da quel momento di qualcosa non definito, si voltò verso Emma incontrando i suoi occhi scuri, facendo comparire sul suo volto un sorriso amaro.
"Stai bene?" domandò preoccupata Emma, accarezzandole la mano, afferrata pochi istanti prima.
Intanto Elisa seduta e con i gomiti appoggiati sulle ginocchia, osservava da spettatore la scena davanti ai suoi occhi, qualcosa le diceva che erano cose che risalivano a prima, quando lei ancora non esisteva nella vita della rossa.
"Ho paura." fu l'ammissione di Nora, seguita da un sonoro sbuffo e il suo prendersi il viso tra le mani. Emma rimase ad osservare la mano dell'amica che prima era stretta nella sua, scivolare dalla presa e congiungersi all'altra mano di Nora sul viso.
"Paura?"
"Paura."
Così non la stava aiutando però.
"Nora, spiegati!"
"Se cederai, se tornerai con lui, se ti farà soffrire. Se qualcosa di brutto succederà. Tu scapperai."
Si tolte le mani dal viso e si soffermò a guardare una pozza d'acqua causata dal tuffo di un bambino, poco lontano da loro.
"Non posso permettermi di perderti ancora."
"Lo odio." continuò non riuscendo a guadare Emma, che invece era rimasta impietrita nella sua postazione, non pensava di aver causato tanto dolore alla sua migliore amica, almeno lo sperava.
Costrinse Nora a voltarsi e l'attirò in un abbraccio che sapeva di parole non dette, di scuse appena sussurrate e promesse.
"Qualunque cosa succeda con lui o chiunque altro, non scapperò. Non me ne vado."
"Non me ne vado." sussurrò ancora nell'orecchio di Nora.
Niente lacrime.
Un solo sorriso dopo l'abbraccio bastò ad appianare la situazione.
 
"Però adesso devi dirci cosa vuoi fare."
Dopo circa un'ora di sole e acqua, Elisa si era ricordata la cosa più importante.
"Esatto." concordò Nora, bevendo avidamente dalla sua bottiglietta di acqua.
Emma chiuse gli occhi, rivendendo Martin davanti casa sua e sentendone ancora il suo profumo.
"Non ne ho idea." disse infine.
"Questo è lo spirito giusto." completò il discorso Nora, scatenando l'ilarità delle amiche.
 
"Ma quello non è Jack?" sentendo quel nome, Nora scattò a sedere come una molla, si guardò in giro con apprensione, non riuscendo a trovare la fonte della sua ansia da nessuna parte, si voltò poi verso Elisa, che aveva dato l'allarme poco prima.
"Dove?!"
Elisa ridacchiò divertita, poi con il dito indicò il bordo della piscina, dove un attraente Jack stava chiacchierando amabilmente con il bagnino di turno.
Nora riuscì finalmente a scovare il suo "dio del sesso", non riuscendo però a trattenere un sospiro.
Velocemente tirò fuori dalla borsa uno specchio, con cui cercò di rendersi quantomeno presentabile, essendo priva di trucco.
"Sei bellissima, vai." la incoraggiò sorridente Emma, che non si era persa un secondo di quella frenesia.
"Su cosa aspetti?" insistette Elisa, muovendo la mano in direzione del belloccio.
"Dite?" domandò insicura.
Insicura, questa si che era una novità per Nora.
Forse perché Jack era un'uomo ed era più grande di lei, ma neanche tanto infondo.
Nora si alzò, sistemandosi i capelli e il costume bianco, perfetto per la sua pelle abbronzata, mise gli occhiali da sole e con studiata nonchalance passò nel punto esatto in cui si trovava Jack, che ovviamente non poté non fare a meno di notarla, Nora non passava di certo inosservata.
"Nora?" la voce incerta, fermò la camminata di Nora, che mascherando un sorriso vincente tornò sui suoi passi.
"Jack? Oh, ciao, non ti avevo visto." pessima attrice, ma Jack ancora imbambolato non se ne accorse, al contrario del bagnino che ridendosela si congedò con un "buona fortuna.".
Jack si issò sul bordo, facendo leva sui muscoli delle braccia, riuscendo ad uscire dalla piscina e fronteggiare così la bionda.
Il ragazzo si sporse verso Nora per salutarla con un bacio sulla guancia, che si rivelò in un vorrei-baciarti-ma-non-posso-così-ti-bacio-vicino-le-labbra.
Uno più perso dell'altro, si sorrisero non dicendo nulla.
Poverini, pensò Emma osservandoli.
"Cosa ci fai qui?" domanda sbagliata.
"Cosa vuoi che ci faccia in piscina?" rispose ridendo la bionda.
"Giusto." mormorò in imbarazzo.
Ma lui non era quello che con le donne ci sapeva fare?
"Quindi.. con chi sei?" riprovò Jack.
Tenace il ragazzo.
"Emma ed Elisa."
Sentendo il nome della "sorellina" sembrò finalmente risvegliarsi.
"Oh la piccolina è qua?"
"Sì, siamo sedute là, vieni?" Nora sorrise, invitandolo alla loro postazione.
Quando Jack vide Emma, non riuscì a trattenere un sorriso, era dal matrimonio che non vedeva quella piccola peste.
La rossa si alzò, pronta a fiondarsi tra le sue braccia e approfittandone, riuscì a parlargli.
"Ma voi non eravate già usciti insieme?" gli sussurrò all'orecchio, così che solo lui la sentisse.
"Sì."
"E allora mi dici cosa cazzo stai combinando, troglodita?" l'ultima parola non riuscì a non urlarla, fu più forte di lei.
Jack la strinse più forte a se, mostrando un sorriso di circostanza a Nora ed Elisa, che li osservavano curiose.
"Non urlare idiota." sibilò al suo orecchio
"Non so cosa mi prende." continuò poi.
"Io lo so." terminò così l'abbraccio e anche il suo discorso, lasciandolo confuso.
Ben fatta Emma.
Jack salutò anche Elisa, che ricambiò con un cenno della mano, poi tornò ad occuparsi della sua bella, che era rimasta in piedi a guardarlo. La prese per mano e la allontanò quel poco che bastava per non essere uditi.
"Non so davvero come fare con te." borbottò tenendo stretta la mano di lei, che per tutta risposta la ritirò per incrociare le braccia al seno, offesa.
Un classico.
"Non è mica colpa mia se con le donne non ci sai fare, la tua fama deve essere solo una montatura." rispose altezzosa.
Questo fu sufficiente a smuovere qualcosa nel cervellino bacato di Jack.
"Io ci so fare con le donne!" rispose punto nel vivo.
Nora fece per controbattere, non riuscendoci.
"Ma tu ragazzina, tu mi sfuggi." sospirò con un abbozzo di sorriso, un sorriso condiviso anche da Nora.
"Ma io non vado da nessuna parte." replicò finalmente divertita.
"Hai capito cosa voglio dire."
"Sì ho capito."
Nora gli si avvicinò, posandogli una mano sul viso e facendo incontrare le loro labbra.
Non fu di certo la prima volta, e neanche la seconda, forse neanche la terza.
Si staccarono giusto il tempo di prendere aria, che ripresero più voraci di prima, sotto gli occhi invidiosi di molti.
Jack si staccò per primo, guardò negli occhi verdi della ragazza e sorrise, un sorriso disarmante, che poteva farti sciogliere in pochi secondi.
"Quindi posso invitarti ad una cena stasera?" domandò sapendo già la risposta, che non tardò ad arrivare quando Nora annuì.
"Però è una cena di lavoro, quindi se vuoi puoi portarti dietro le tue amiche." un'altra risposta positiva da parte della bionda.
"Bene, quindi a dopo ragazzina."
Nora chiuse gli occhi pronta ad un ultimo bacio, ma quando non sentì le labbra di lui posarsi sulle sue, aprì gli occhi vedendolo ridacchiare per la figura di cacca appena fatta.
Le fece un cenno con la mano e ancora ridendo si allontanò, non abbastanza però da non udire lo "Stronzo" provenire da Nora.
Jack scosse la testa, allontanandosi definitivamente dalla visuale della ragazza, che con un sorriso tornò dalle sue amiche, annunciando l'imminente cena e quindi il bisogno urgente di un restauro.
Proprio un'idiota come quello doveva capitarle.
Sorridendo preparò la borsa, non riuscendo a non pensare ad un certo "dio del sesso.".


Sono le tre passate, quindi perdonerete ogni mio errore, vero?
Scusate per il ritardo, davvero, non volevo.
Ma non riuscivo a scrivere (nemmeno adesso se è per questo), e non sapevo nemmeno dove andare a parare.
Le olimpiadi mi hanno dato ispirazione (?), okey non lo so.
Mamma, questo è per te! (ma anche no)
Scusate sto scrivendo cose senza senso, fate finta di niente, e godetevi la storia.
Con tanto amore, 
Elisa.


Ultima cosa prima di andare!
Ho iniziato una nuova storia, ma non per questo trascurerò GML, però se andaste a darle un occhiata, mi farebbe davvero piacere :)


 
We Got Married.

C'è un nuovo programma che sta destando scalpore, "We Got Married" è il suo nome. Due celebrità vengono scelte per condividere una vita matrimoniale, virtuale, ma nessuna delle due conosce l'altra, almeno non fino al momento del primo incontro. Sarà veramente tutto come le persone lo vedono attraverso i loro televisori? O il dietro le quinte porterà delle sorprese? 
Il leader della band più famosa insieme all'attrice del momento, cosa succederà?
Quando la finzione diventa realtà.

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Capitolo 14
*** Quattordici. ***



Quattordici.
 
L'entrata trionfale di Jack accompagnato dalla bellissima Nora, fu fermata da un solo sguardo a colui che in piedi non riusciva a fare a meno di guardare oltre le spalle di Jack, con una faccia pressoché sorpresa.
Jack sentì solo un imprecazione e dei passi allontanarsi, e di Emma non c'era più traccia.
"Mi ha incastrata, me lo sento!" per l'ennesima volta Elisa fu costretta a sorbirsi le lamentele di Emma, bloccate ormai da più di dieci minuti nel bagno del ristorante dove si erano trovati per l'appuntamento/cena di lavoro di Nora, che probabilmente si stava chiedendo che fine avessero fatto le due, e non sarebbe stata l'unica.
Sfortunatamente per Emma, avevano scoperto troppo tardi che la cena di lavoro comprendeva che la compagnia di Jack avesse un colloquio con la compagnia della famiglia di Martin, ovviamente facendo parte dei soci si era presentato, ed era quando una Emma sorridente per la battuta di Liam si era girata e aveva visto Martin che erano iniziati i problemi, si era rifiutata di partecipare alla cena e con una scusa si era nascosta in bagno, fortunatamente Elisa aveva appoggiato la scusa ed era corsa in bagno per sostenerla.
Elisa roteò gli occhi all'ultima lamentela dell'amica, Emma si ostinava ad incolpare Jake, ma quel povero ragazzo non era a conoscenza di tutta la storia, perciò era impossibile che ne fosse il responsabile, ma questo ovviamente non era arrivato ad Emma, nonostante Elisa l'avesse ripetuto molte volte. Mentre Emma borbottava parole sconnesse allo specchio, Elisa pensava al suo ragazzo nell'altra stanza e ai gesti e alle parole che avrebbero potuto scambiarsi se non fosse corsa dietro all'amica, ovunque sembrava meglio che stare lì.
"Lo sai che stai facendo una figuraccia restando qua dentro, vero?"
"Ma poi da cosa ti nascondi?" si appoggiò al muro e osservò Emma voltarsi a rilento, neanche si fosse trattato di un film dell'orrore, aveva forse detto qualcosa di sbagliato?
"Da cosa mi nascondo? Da chi semmai!" forse era un tantino suscettibile.
Elisa sospirò portandosi le braccia al petto, guardò il viso dell'amica, tornata a specchiarsi, riflesso nello specchio.
"Em, non è la prima volta che parlate da quando sei tornata."
"E' proprio questo il problema, da quando l'ho trovato davanti casa, non abbiamo parlato, non saprei cosa dire. A dir la verità non so neanche di cosa ho paura." Emma abbassò lo sguardo, poi aprì il rubinetto e si diede una rinfrescata al viso. Elisa le passò alcuni pezzi di carta e le sorrise dolcemente, quando finì di asciugarsi Emma non riuscì a fare a meno di buttarsi tra le braccia dell'amica e chiudere gli occhi, svuotando la mente per qualche secondo.
"Ci siamo noi qua, non ti preoccupare, andrà tutto bene." la rossa annuì non staccandosi però da quell'abbraccio, che in un momento così delicato le sembrava una protezione.
 
Nora tirò fuori il cellulare per l'ennesima volta, controllando l'ora, era passato troppo tempo da quando quelle due si erano rifugiate in bagno, e la bionda stava iniziando a preoccuparsi.
Scambiò un occhiata con Liam, anche lui in ansia, forse più per Emma che per la sua ragazza, ormai si era affezionato anche lui alla rossa e non sembrava più turbato dai suoi rapidi cambi d'umore.
Proprio quando Nora decise di andarle a recuperare, la chioma rossa, raggruppata in una treccia a lato, comparve con a seguito la mora. In silenzio, si sedettero una vicina a Nora e l'altra vicina a Liam, fortunatamente nessun altro sembrò essersi accorto della loro assenza, tranne ovviamente colui che aveva causato la catastrofe, come sempre.
Nora si girò alla sua destra dove il posto che fino a poco prima era rimasto vuoto, ora era stato occupato da Emma. Aspettò che anche l'amica si voltasse e quando lo fece le mimò con le labbra "Stai bene?", ottenendo un piccolo accenno di sorriso come risposta, le bastò.
Emma finalmente ebbe l'occasione di guardarsi in giro, notando molte persone a lei sconosciute, Jack seduto alla sinistra di Nora, discuteva di affari, concedendosi ogni tanto una risata, la bionda invece continuava ad ammirarlo soddisfatta, sicuramente avere un'uomo come lui al proprio fianco era un bell'affare. Elisa e Liam invece parlottavano tra di loro e ogni tanto intarattenevano discussioni con la coppia seduta difronte, ed infine vide Martin seduto dall'altra parte della tavolo, poco lontano da lei, che bevendo del vino non perdeva occasione per osservarla, senza però dire una parola, alla ragazza quella scena ricordò tanto la cena a casa del fratello, dove però quel suo guardarla aveva portato alla rottura con la vipera. Emma distolse lo sguardo, non riuscendo più a sopportare quello di lui, che però continuò, non serviva accertarsene perché la ragazza sentiva la pressione di quello sguardo su di lei. Si concentrò sul cibo nel suo piatto, appena portato dal giovane cameriere, non sapeva con precisione cosa fosse, sembrava però qualcosa di sofisticato, Emma scrollò le spalle e cautamente, dopo essersi armata di forchetta e coltello, iniziò a tagliare e una volta terminato si portò il pezzetto di carne cosparso di qualcosa non identificato al naso.
Sperò davvero che nessuno l'avesse vista, così velocemente infilò la carne in bocca, mentre masticava si guardò in giro, decidendo la sorte della sua cena, infine scelse di dargli una possibilità continuando a mangiare in silenzio, sempre osservata.
E fu al dolce, dopo aver passato la serata a chiacchierare e fare conoscenza sempre sotto lo sguardo di Martin, che decise di uscire a prendere un po' d'aria, stanca del suo atteggiamento.
Una volta fuori trovò una panca di pietra, dove si sedette, prese poi la borsa e qualche secondo dopo tirò fuori un pacchetto di sigarette. Emma non era solita fumare, se lo faceva era solo in momenti di tensione, in cui solo il tabacco riusciva a darle qualche sollievo, sebbene temporaneo.
Prese una sigaretta e con l'accendino nascosto nel pacchetto, riuscì ad accenderla.
Un sospiro si sollievo le uscì una volta inspirato ed espirato il fumo, accavallò le gambe e si perse ad osservare ciò che la circondava, auto che andavano e venivano, persone che si incontravano e si abbracciavano, baciavano, bambini che piangevano volendo andare a casa, tutto questo l'aiutò a dimenticarsi per un solo istante il motivo per cui era fuggita, domandandosi perfino come sarebbe stato tornare a Milano.
"Non mi è mai piaciuto vederti fumare." la voce calda e profonda di Martin, risvegliò la ragazza da quello stato di pace e calma che era riuscita a crearsi.
Emma non alzò lo sguardo, ma sentì il ragazzo spostarsi per sedersi accanto a lei.
"Tu però potevi fumare no?" domandò la ragazza continuando a fumare, tentando di rilassarsi.
"Io ho smesso." disse con voce seria, per poi continuare. "Per te."
"Non ti ho mai chiesto di farlo." rispose pungente la ragazza, guardandolo finalmente negli occhi.
"No, ma hai sempre detto che non ti piaceva vedermi fumare, eppure adesso la situazione si è capovolta." Martin abbozzò un sorriso, spento quasi subito dalle parole che susseguirono.
"Sì, per colpa tua."
Martin abbassò lo sguardo, colpevole.
Sapeva di aver sbagliato molte volte nella sua vita, e per questo motivo ancora adesso ne pagava le conseguenze, ma il suo rimpianto più grande era rimasto certamente Emma. Ancora non ricordava bene come erano andate le cose, forse a causa del dopo sbornia, sapeva solo di essere rientrato in casa e di aver trovato il letto vuoto, si era seduto e si era coperto il volto con le mani, trattenendo a stento un urlo, che invece aveva rilasciato poco dopo, rimanendo senza voce. Era stato in quel momento che aveva capito di tenere a quella ragazza, un po' tardi perché pochi giorni dopo lei era scomparsa.
"Non credo che le mie scuse serviranno a molto, no?"
"Per niente." disse Emma, finendo finalmente la sigaretta, buttandola a terra e schiacciandola con il piede con un movimento circolare.
"Emma.." provò ad iniziare un discorso, un discorso senza fine però.
"No, non dire niente." Emma si alzò in piedi, come colpita da una scossa, fronteggiandolo.
"Io non so cosa tu voglia da me.." vide Martin provare a dire qualcosa ma lo fermò sbuffando. "Okay, forse so cosa tu voglia da me, ma non succederà. Io e te non staremo insieme, non siamo mai stati insieme e mai lo staremo." sentenziò fiera di aver mantenuto serietà nel suo discorso, che però non sembrò colpirlo come sperato.
"Perché non mi dai una seconda possibilità? Chiunque la merita!" Emma iniziò a mordicchiarsi il labbro, infondo aveva ragione, ma no! Doveva rimanere della sua idea, il problema era come fargli capire che non c'era speranza.
Poi la ragazza trovò il modo.
"Ho un ragazzo, Martin." vide la sua mascella contrarsi e sul viso comparire una smorfia.
"Non ti credo." disse, ma la sua voce dura e il pugno stretto, dicevano il contrario.
"Non sono affari tuoi, ma non vedo come farti capire di starmi lontano. Si chiama Adam, se vuoi saperlo, e non voglio lasciarlo, lo amo." okay, forse aveva un po' esagerato, ma sembrò funzionare, perché Martin si alzò in piedi superandola di un paio di centimetri in altezza e arrivandole molto vicino, troppo vicino.
"Non è vero." sussurrò pieno di rabbia, e tristezza e delusione.
Poi successe l'inevitabile, Martin la baciò, prima lentamente, poi sempre con più foga, con una mano aggrappata al suo fianco e con l'altra appoggiata sul suo collo. Emma inizialmente non reagì, rimase con gli occhi sbarrati per la sorpresa, ma più il bacio continuava, meno lei aveva coscienza di ciò che stava succedendo, perciò chiuse gli occhi e si lasciò andare a quel bacio, che le ricordava il liceo, le serate passate a chiacchierare sotto il portico di casa, e il loro primo bacio, la stessa sera in cui tutto era iniziato e allo stesso tempo finito, aveva sempre lo stesso sapore, e dio lui sì che sapeva baciare. Si lasciò trasportare dalle emozioni e dal momento, dimenticandosi ogni cosa, si aggrappò con tutta la forza che possedeva, alla giacca del ragazzo stringendolo per non lasciarlo più andare. La lingua di lui entrò prepotentemente nella sua bocca, non sapendo però che non ci sarebbe stato nessun ostacolo, Emma era più che consenziente, quasi affamata di lui.
Passarono minuti interminabili dove Martin ed Emma erano sempre più aggrappati l'uno all'altra e persi nella passione del momento, poi tutto finì.
Qualcosa riscosse la ragazza, qualcosa che le ricordò cosa stava facendo e con chi.
Si staccò da lui, completamente rossa in viso e sconvolta da se stessa.
"T-tu.. tu, non dovevi. Non dovevi." disse indietreggiando ancora incapace di assimilare l'accaduto.
"Lo volevi Em, lo volevi con tutta te stessa e lo sai. Hai forse paura di cosa dirà il tuo Adam?" ed ecco che la voce fredda e dura ritornò.
"Ti avevo già detto di non chiamarmi così!" urlò ormai, sull'orlo delle lacrime.
Martin cercò di prenderle la mano, ma prima di poterci almeno provare lei era già scappata, di nuovo.
 
Per tutti i giorni seguenti all'incidente, Emma aveva continuato a ricevere chiamate e messaggi da Martin, senza mai rispondere e allo stesso tempo aveva preso una decisione, dare una possibilità ad Adam, infondo era bello e simpatico, magari un po' strano a volte, ma sembrava andarle bene, poi lui l'aveva riempita di messaggi dolci e divertenti e non aveva saputo resistere, così la sera avrebbero avuto un vero e proprio appuntamento.
Sfortunatamente Emma avrebbe potuto contare solo sull'aiuto di Nora per vestirsi, siccome quello era il giorno in cui Elisa e Liam festeggiavano il loro primo mese come coppia, Emma si bloccò con l'asciugamano avvolto al corpo rendendosi conto di quanto veloce era passato il tempo, fino a un mese fa era in Italia a domandarsi se sarebbe mai tornata a casa e adesso a Londra si chiedeva se sarebbe davvero restata.
Il bussare alla porta del bagno, costrinse la rossa ad uscire, trovandosi davanti il viso preoccupato di Nora.
"Tutto bene? Non uscivi più." spiegò con una scrollata di spalle il motivo per cui aveva bussato.
"Non ti preoccupare, stavo solo pensando." disse entrando in camera da letto e avvicinandosi all'armadio, cercando la biancheria.
"A cosa?" domandò Nora sedendosi sul bordo del letto e accavallando le gambe, osservando l'amica scegliere attentamente cosa indossare.
"Se tornare o meno a Milano."
Nora sussultò al suono di quelle parole, ricordando immediatamente il vuoto provato durante l'assenza dell'amica, si alzò andando ad abbracciare Emma da dietro, appoggiando la testa sulla spalla dell'amica.
"So che suonerà egoista da parte mia, ma non mi lasciare di nuovo, ti prego, non se è per Martin."
Emma sospirò, portando le mani a stringere quelle di Nora, sulla sua vita.
"Questa volta non c'entra, ma era solo un pensiero, non ti preoccupare." sussurrò accarezzandola dolcemente.
 
"Cocò? Non so cosa mettermi." brontolò la ragazza in piedi in biancheria, davanti il suo armadio aperto. L'amica si posizionò accanto alla ragazza e con sguardo assorto iniziò a scartare vestiti uno dopo l'altro, poi si illuminò e si voltò con espressione concentrata.
"Ma almeno ti ha detto dove andate?"
"No?" rispose Emma con un sorriso tirato.
"Questo è l'importante." ironizzò Nora sorridendo dopo aver trovato un paio di jeans neri, li guardò insistentemente per qualche secondo poi li consegno alla rossa.
Emma scrollò le spalle divertita infilandosi i jeans, saltellando per riuscire a chiuderli. Nora le fece segno con l'indice di fare una giravolta e una volta tornata al punto di partenza vide la bionda annuire soddisfatta.
"Avevo proprio ragione, ti fanno un bel culo. Adam cadrà ai tuoi piedi sicuramente oppure proverà a strizzarti le chiappette."
Emma la guardò fingendosi scandalizzata, urlando il suo nome.
"Come se qualcuno non l'avesse mai fatto." borbottò Nora continuando la sua ricerca come se niente fosse.
La rossa scosse la testa aspettando che l'amica le trovasse qualcosa da indossare.
"Ecco qua." l'amica le rifilò una camicetta bianca trasparente, svolazzante e molto sottile, neanche ricordava di averla comprata.
Emma la guardò con circospezione.
"Sicura che vada bene?"
"Certo, l'importante è che hai il reggiseno nero, e ce l'hai."
"Sicura?"
"Sì! Questa è la moda londinese cara mia." disse Nora fingendo superiorità, trattenendo a stento le risate.
"Se lo dici tu." mormorò lanciandole un occhiata scettica, prima di infilarsi la camicia.
Una volta abbottonata si guardò allo specchio, dietro di lei Nora annuiva sempre più soddisfatta del suo lavoro, e alla fine anche Emma dovette darle ragione, non era per niente male, forse era perfino sexy.
"Ora mancano solo le scarpe." la bionda si passò la mano sotto il mento pensierosa quando la voce di Emma le fece alzare la testa.
"So io cosa ci serve!" esclamò entusiasta correndo verso il letto, dove da sotto recuperò la sua valigia ormai impolverata, dentro ci aveva lasciato solo poche cose, quelle che usava poco. Si inginocchiò aprendola e estraendo un paio di ballerine nere con le borchie sulla punta. Si alzò e le infilò ai piedi, ammirandole entusiasta.
Quando le aveva comprate era una giornata fredda e piovosa nella capitale della moda italiana, si era fermata davanti una vetrina pochi giorni dopo la disavventura con Andrea e il conseguente licenziamento, quando le aveva viste se ne era subito innamorata, sfortunatamente non le aveva usate poi molto, e adesso che finalmente ne aveva l'occasione era più che contenta.
"Vedo che finalmente qualcuno ha preso lezioni di stile." commentò Nora guardandola dalla testa ai piedi, le si avvicinò e le riavvivò i capelli mossi, sistemandole poi l'orlo della camicia e sbottonando i primi due bottoni.
"Stai per caso dicendo che mi vestivo male?" domandò Emma preparandosi all'attacco.
"Buona tigre, non mettermi in bocca cose che non ho detto." ridacchiò invece Nora allontanandosi di qualche passo e annuendo alla visione dell'amica.
"E' sicuro, questo ragazzo cadrà ai tuoi piedi." sentenziò la bionda andando a sedersi sul letto mentre Emma riempiva la piccola borsa a tracolla che avrebbe usato.
"A che ora ti viene a prendere?"
Emma controllò l'ora sul cellulare, ma prima che potesse rispondere il campanello di casa suonò, guardò terrorizzata Nora che ricambiò con uno sguardo divertito.
"Adesso." sussurrò uscendo di corsa dalla camera con la borsa in spalle, corse giù per le scale arrivando sfinita davanti alla porta, si sistemò un attimo davanti al piccolo specchio sopra il mobiletto delle chiavi, prese un respiro e finalmente aprì la porta.
"Ciao!" il viso sorridente di Adam fu la prima cose che vide prima di sentire le labbra di lui a contatto con le sue guance.
"Ciao a te." rispose cercando di non sembrare in imbarazzo come invece era.
"Andiamo." continuò oltrepassando la porta e chiudendosela alle spalle non prima di aver scorto i pollici alzati di Nora.
 
Adam da vero gentiluomo le aprì la portiera facendola scendere, durante il tragitto avevano parlato del più e del meno cercando di conoscersi, scoprendo cose di loro che non avrebbero mai immaginato. Le aveva anche rivelato di volerla portare ad un ristorante giapponese, ed Emma aveva quindi confessato di non averci mai messo piedi, motivo in più per andarci aveva detto Adam.
Adam le tese la mano aiutandola a scendere, nonostante Emma avrebbe potuto farcela benissimo da sola, il gesto venne però apprezzato infatti la ragazza gli concesse un sorriso più che sincero assieme ad una stretta dolce alla mano.
Ora Emma poteva vedere il ristorante in cui avrebbero cenato, l'unica cosa che faceva capire che fosse giapponese era l'insegna illuminata, che diceva a caratteri cubitali "Ristorante Giapponese." più chiaro di così.
Dentro Adam si fermò un attimo al bancone dove parlò con il cameriere che li condusse poi al loro tavolo. Non c'erano tutte le decorazioni tipiche del Giappone che si era aspettata, il colore predominante invece era il nero e il bianco e sembrava proprio essere un ristorante di lusso. Vennero accompagnati fino al tavolo infondo il locale, quello più isolato rispetto agli altri, un piccolo tavolo in legno laccato di nero con al centro una candela.
Prima che potesse sedersi, Adam le tirò indietro la sedia per aiutarla ricevendo un timido grazie, quando poi anche lui si sedette, si scambiarono degli sguardi divertiti.
"Non pensavo fossi così.. mmm cavaliere?" disse Emma giocherellando con le bacchette, per la prima volta.
Sarebbe stata un impresa ardua magiare.
"E invece sono proprio così." sorrise lui vedendola giocare, sembrava così tenera ed indifesa, per un istante si sentì terribilmente in colpa, ma poi quella sensazione sparì.
Un paio di minuti dopo riapparì il cameriere, che gli consegnò i menù, e sfortunatamente per la ragazza erano solo in giapponese, sfogliò il menù un paio di minuti sperando di trovare qualcosa scritto in una lingua a lei comprensibile.
Alzò poi lo sguardo terrorizzato cercando quello del suo accompagnatore, che avendo capito il problema sorrise tranquillo.
"Non ti preoccupare, ordino io. Ti fidi?"
Bella domanda, quella fatidica, si fidava veramente di lui?
Forse si, forse no, ma in ogni caso per un po' di pesce non sarebbe morta.
Annuì distogliendo lo sguardo, sperando che lui lo traducesse come timidezza e non come mancata fiducia.
In ogni caso avrebbe dovuto guadagnarla.
Il cameriere tornò prendendo le ordinazioni, l'unica cosa che capì fu che avrebbe mangiato pesce, che novità.
Quando le venne servito il piatto, l'unica cosa che vide furono strane forme di pesce crudo, proprio lei che non amava il pesce, ma non si era sentita di rivelargli quel piccolo dettaglio insignificante.
Prese in mano le bacchette con diffidenza impiegando un po' di tempo per capire come tenerle in mano senza farle cadere a terra. Una volta capito il meccanismo per tenerle era il momento di capire come usarle, sarebbe stata un impresa da titani, infatti fece un paio di gaffe rischiando di far cadere il cibo sulla sua camicia bianca, facendo però ridere Adam, che al contrario di lei sembrava aver mangiato più volte in quel luogo, per questo lui decise che era arrivato il momento per insegnarle come mangiare.
Stranamente riuscì nella sua impresa perché poco dopo Emma riuscì a prendere il suo primo boccone, rischiò quasi di lanciare un urletto dalla felicità, riuscendo a trattenersi.
Masticò quella cosa che avrebbe dovuto essere pesce trattenendo a stento una faccia schifata, il pesce non era decisamente qualcosa che le piaceva, ma si sforzò e buttò giù il boccone prendendone altri sempre più piccoli non masticandoli neanche per non sentirle il gusto. Finì poco meno della metà esordendo con un "Sono sazia." posando le bacchette accanto il piatto.
Adam alzò lo sguardo dal suo piatto, praticamente vuoto, leggermente confuso.
"Non hai fame?"
"Mi tengo a dieta." Emma ridacchiò celando il suo odio per il pesce.
"Ma se stai benissimo e poi il pesce fa bene."
"Tranquillo, sto bene così."
"Se lo dici tu." borbottò lui mettendo le bacchette nel piatto ormai vuoto.
"Non pensavo fossi una di quelle che tengono alla linea." iniziò il discorso sorprendendola.
Infatti non lo era, pensò Emma.
"Non mi vorrà nessuno se divento un barile." cercò di buttarla sul ridere, anche se non sembrò funzionare più di tanto.
Adam fissò il suo sguardo in quello della ragazza, rendendola in imbarazzo.
"Sei bellissima come sei." mise la mano sopra quella della ragazza, stringendola nella sua.
"Grazie." bisbigliò la rossa tentando di non ritirare la mano, per un riflesso automatico, era un po' che non si trovava a che fare con i ragazzi.
 
La serata finì, per fortuna della ragazza che non riusciva più a tollerare il pesce, da quel momento avrebbe abolito il pesce dalla sua vita, assolutamente e forse un giorno o l'altro gli avrebbe confessato il suo rigetto al pesce.
La riaccompagnò a casa e durante tutto il tragitto le tenne la mano, sentendo i brividi per quel contatto. Questa volta non riuscì ad aprirle la porta, perché lei lo precedette, ma una volta davanti la porta di casa si sporse per lasciarle un piccolo bacio a fior di labbra, cosa che fece sorridere Emma.
Lo salutò con la mano vedendo la sua macchina partire ed entrò in casa ritrovandosi immersa nel silenzio, si ricordò poi di dover buttare via la spazzatura così prese il sacco e uscì nuovamente di casa, percorrendo il piccolo vialetto fino al cancelletto.
Quando si voltò Martin la stava aspettando.
"Chissà perché, ma mi aspettavo di vederti." mormorò non abbastanza piano da non farsi sentire.
Martin si appoggiò al muretto aspettando che la ragazza si avvicinasse, come invece non fece, Emma rimase ferma nella sua posizione aspettando una spiegazione.
"Stavo venendo a parlarti, ma ho visto che eri impegnata, così lui deve essere il famoso Adam." sputò quelle parole impregnate di veleno e dolore.
"Non sono affari che ti riguardando." quelle parole lo ferirono, anche lei se ne accorse, sentendosi in colpa ma non mostrandolo.
"Invece sì!" urlò Martin pieno di rabbia, arrivandole a pochi passi.
"Sentiamo, spiegami perché!" urlò anche lei, stanca di quella situazione.
"Perché.. "
"Perché sei sempre sul punto di dirmi qualcosa?!" Emma si agitò, esasperata, davvero non sapeva più che fare con lui.
Martin sembrò animarsi, come scottato, arrivandole a un centimetro dal viso.
"Perché sei così stupida?!"
Emma si allontanò delusa e offesa.
"Stupida?! Come osi!"
"Sì, perché sei l'unica che non ha ancora capito che sono fottutamente innamorato di te, cazzo!"
le urlò in faccia, indietreggiando poi, dopo essersi reso conto di ciò che aveva appena detto.
Emma rimase senza parole non sapendo cosa dire.
"M-mi ami?"


Questa volta non so che dire, quindi vi lascerò solo con i link della mia nuova storia.
 

We Got Married.

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Capitolo 15
*** Quindici. ***



Quindici.

Il campanello continuava a suonare da un paio di minuti, era mezzanotte passata e Caroline era pronta a urlare in faccia a chiunque si fosse trovata davanti. Guardò dallo spioncino vedendo la figura della cognata, iniziò a preoccuparsi così si affrettò ad aprire.
Non si era aspettata però di trovarla in lacrime, completamente fradicia, per la pioggia estiva e con il trucco nero colato sul viso.
La invitò ad entrare chiudendosi la porta alle spalle, Emma restò immobile senza dire una parola, cosa le era successo da renderla in quello stato?
La donna decise di correre a chiamare il marito, rimasto in cucina a sistemare.
Quando Dave vide la moglie corrergli incontro non ebbe il tempo per chiederle chi fosse stato alla porta che lo afferrò per il braccio trascinandolo con se.
"Che succede?"
Non ottenne risposta, perché proprio in quel momento vide la sorella e vide le condizioni in cui si trovava, appena lei incrociò il suo sguardo si fiondò tra le sue braccia ricominciando a piangere.
Caroline li lasciò soli, capendo il bisogno della ragazza del marito.
Dave strinse forte la sorellina, cullandola tra le sue braccia e accarezzandole dolcemente la schiena,
"Che succede piccolina?"
"Martin." fu appena un sussurro ma Dave riuscì comunque a captarlo. Intensificò la stretta, lasciandosi andare ad una rabbia cieca.
"Cosa ha fatto?" pronunciò quelle tre parole con una tale rabbia da riuscire quasi a spaventare la sorella.
"Mi ama." bisbigliò la ragazza continuando a piangere con il volto nascosto nella maglia del fratello, non aveva il coraggio di alzare lo sguardo.
Dave capì.
Si limitò a sussurrarle di stare tranquilla per poi accompagnarla al piano di sopra e portarla nella camera degli ospiti, dove si sdraiarono uno di fronte l'altra, stretti in un abbraccio e con le fronti a contatto. Emma si addormentò poco dopo con ancora le lacrime agli occhi, accompagnata dalle parole dolci del fratello.
 
Aprì gli occhi ritrovandosi in un letto vuoto, sicuramente non il suo. Cosa era successo la notte prima?
Si ricordava di Martin e di ciò che le aveva detto, le aveva confessato di essere innamorato di lei e dopo che la ragazza aveva chiesto conferma lui le aveva detto che aveva capito ormai da tempo di esserlo e di non essere riuscito a trattenersi dal confessarlo. Emma non aveva detto una parola, era rimasta ferma immobile guardandolo negli occhi, solo quando si era accorta di non avere più nessuno davanti a se, si era resa conto di essere rimasta sola, Martin era sparito.
Emma si stropicciò gli occhi, ricordandosi troppo tardi di essere andata a dormire ancora truccata. Imprecò sottovoce e andò a tastarsi le tasche alla ricerca del suo telefono, una volta trovato vi guardò l'ora, notando che fossero passate le due del pomeriggio, sicuramente Nora ed Elisa erano preoccupate. Aprendo la cartella dei messaggi, Emma ebbe paura di trovare un suo messaggio, ma fortunatamente o sfortunatamente non trovò niente se non i messaggi delle amiche. Per un solo secondo aveva sperato di vedere un suo messaggio o magari trovare una chiamata persa, qualsiasi cosa pur di essere certa che non fosse stato tutto solo un sogno.
Emma ricordava ancora quando anni prima Martin e lei si erano scambiati i numeri grazie all'aiuto di Beth, una loro amica in comune, Emma aveva passato i successivi giorni attaccata al telefono in attesa di un messaggio, e ogni volta era stata costretta a cancellare un semplice ciao, pur di non sembrare una stupida ragazzina innamorata. Ci erano voluti ben due lunghi anni per far si che Martin le scrivesse per puro caso gli auguri di Natale, aveva subito capito che fosse stato solo uno dei tanti messaggi inoltrati, ma per lei era stato quasi un sogno. Appena l'ultimo anno di scuola i due avevano iniziato a rivolgersi la parola ed essere qualcosa di simile alla parola "amici".
Ed ora la storia si ripeteva, ma forse questa volta era lei a dover fare il primo passo, il problema era trovare il coraggio di farlo.
L'apertura della porta e la seguente comparsa di Nora bloccarono i ricordi di Emma. Si ritrovò schiacciata sul materasso con sopra l'amica, in un tentativo mal riuscito di abbraccio, con la coda dell'occhio vide il fratello appoggiato allo stipite della porta che le guardava sorridendo.
"Se è vero quello che mi ha detto il tuo fratellone molto hot, sei una stupida." Nora le sussurrò nell'orecchio non spostandosi di un centimetro.
"Ma che?" non ebbe il tempo di dire niente perché la bionda si era già alzata e con un sorriso che la diceva lunga, l'aveva lasciata sola con il fratello.
 
"Tutto bene piccolina?" la ragazza sussultò vedendo il fratello al suo fianco, guardarla teneramente, però con quella piccola sfumatura di preoccupazione che scalpitava nel suo sguardo, non si era accorta del suo spostamento.
Emma annuì ancora scossa dalle parole dell'amica.
"Non sembra."
Due parole che bastarono per risvegliarla da quell'intorpidimento.
Emma scattò in piedi riuscendo finalmente a realizzare che quell'idiota le aveva veramente detto di amarla.
Martin l'amava!
Si voltò verso il fratello, che spaventato la guardava con un sopracciglio inarcato, lanciandogli un occhiata che Dave non seppe decifrare, era forse rabbia quella che vedeva?
Non ebbe il tempo di chiedere spiegazioni, che Emma era già sparita.
 
L'istante prima di suonare il campanello Emma si pentì amaramente di essere arrivata fin lì.
Imprecò un paio di volte sottovoce prima di vedere la porta aprirsi.
"Ma... che?"
Per la prima volta nella sua vita Martin Owen rimase senza parole, lui che aveva sempre saputo cosa dire era rimasto ammutolito, nessuno sapeva sconvolgerlo come quella ragazza.
"Em.. Emma" si affrettò a correggere in tempo per evitare di scatenare ancora una volta l'ira della rossa, che si limitò a lanciargli un'occhiata diffidente.
"Vuoi.. entrare?" domandò con ancora la mano sulla porta e con un punto interrogativo che avrebbe potuto ricoprire tutto il suo viso. Non sapeva cosa fare e non era da lui.
Aveva immaginato un urlo, uno schiaffo, tutto tranne un impassibile "Sì." da parte di Emma.
Si era spostato giusto in tempo per lasciarla passare, ancora sotto shock si era chiuso la porta alle spalle e aveva seguito Emma su per le scale fino a raggiungere la sua stanza.
Una volta entrata nella stanza Emma non poté fare a meno di ricordare ogni singolo dettaglio di quella notte, perché diavolo era andata in camera sua?
Semplice, perché lo voleva.
Senza aspettare un invito da parte del ragazzo ad accomodarsi come fosse a casa sua, sapendo che non sarebbe certamente arrivato, decise di sedersi sul letto, sprofondando nel materasso troppo morbido. Emma cercò con tutte le sue forze di non guardarsi in giro e ci riuscì fino a quando non lo vide comparire sulla porta, era fermo in piedi con le mani nelle tasche dei jeans, aveva lo sguardo basso e un ricciolo continuava a ricadergli sugli occhi, Martin lo scacciò malamente con la mano, per poi riportarla in tasca, decidendosi a guardarla negli occhi.
Emma giocò un po' con il lenzuolo azzurro cielo, prima di farsi forza e si alzarsi avvicinandosi a lui. Si prese il tempo per osservare i suoi lineamenti, i suoi occhi e i suoi capelli riccioluti che aveva lasciato ormai crescere, ricordava ancora tutte le volte in cui gli aveva ripetuto di tagliarsi i capelli, dicendogli quanto odiasse i ragazzi con i capelli lunghi, anche se lui le sarebbe piaciuto comunque.
Emma sorrise, questa volta non aveva voglia di arrabbiarsi, aveva urlato fin troppo. Martin al contrario la guardò come si guarda qualcuno che si sta preparando all'attacco, rimase nella sua posizione pronto a scattare.
Ma non servì, perché sentì dopo tanto tempo la voce rilassata e pacata di Emma, quella che aveva conosciuto anni prima.
"Perché adesso?" bastarono quelle due parole a far rilassare completamente Martin, che con sguardo confuso non smetteva di guardarla senza aver paura di una sua sfuriata.
"Perché so che ti sto perdendo."
Un altro sorriso spuntò sul viso della ragazza che si avvicinò maggiormente al ragazzo, Emma allungò la propria mano fino a raggiungere la guancia ruvida per via della barba di lui, sentì il respiro di Martin trattenuto, liberarsi con un sospiro, Martin chiuse gli occhi e portò la propria mano su quella di Emma ancora sulla propria guancia.
"Dio, quanto mi sei mancata Em." un piccolo brivido le percorse la schiena al sentir pronunciare quelle parole, certamente non gli era indifferente.
Non disse niente, si limitò a staccare la mano dalla sua guancia, non aspettandosi però che lui non staccasse la presa dalla sua mano. Emma guardò le loro mani intrecciarsi lentamente e con diffidenza, anni prima avrebbe sussultato e si sarebbe imbarazzata per un contatto del genere, ora invece sembrava quasi un gesto normale.
"Quando ti sei accorto di.."
"Di amarti?" completò lui la frase, aumentando la stretta sulla mano. Fissò gli occhi in quelli di Emma, cercando di non scordare ciò che voleva dire, anche se quello era l'effetto che gli facevano gli occhi della ragazza.
"Probabilmente poco dopo che te ne sei andata. Sentivo la tua mancanza, ma pensavo di poterti dimenticare e ci ho provato, ma tu eri sempre lì, anche quando pensavo di averti dimenticata mi bastava soffermarmi a pensare per qualche secondo che tu tornavi prepotente al centro dei miei pensieri. E non sai quante volte ho pregato Nora di darmi il tuo numero o la tua e-mail, sapevo solo che eri in Italia per studiare, sono arrivato anche a pensare di andare in Italia per cercarti, ma per dirti cosa poi? Non sapevo neanche da dove iniziare, perciò ogni volta mi ripetevo che era inutile che tu sicuramente eri andata avanti e così dovevo fare anch'io."
"Ed è lì che hai incontrato la vipera." mormorò Emma abbassando lo sguardo, non riuscì a vederlo in faccia ma dalla risata che sentì, capì di essere stata sentita, infatti poco dopo Martin con la mano libera le alzò il viso riportandolo alla sua altezza.
"La vipera sarebbe Jenelle?" domandò Martin con uno sguardo divertito, ancora con una mano intrecciata a quella di lei e l'altra mano sotto il mento di Emma.
Emma roteò gli occhi, scatenando una risata a Martin, non riusciva ancora a sentire quel nome senza fare una smorfia e roteare gli occhi scocciata, proprio non riusciva a trattenersi.
"Sei gelosa." dichiarò più serio Martin, spostando la mano dal mento alla sua guancia.
"Certo che no! E' puro odio a prima vista." borbottò contrariata, non perdendosi il sorriso sempre più ampio di lui.
"Ad ogni modo, come stavo dicendo prima che tu mi interrompessi, si ho conosciuto Jenelle, ma non è durata molto perché poi sei comparsa tu. Non avevo idea che tu fossi tornata, infatti quando ti ho vista in cimitero mi è preso un colpo.."
"Aspetta. Cosa hai detto?" Emma lo guardò sconvolta non riuscendo a capire, intanto Martin tolse la sua mano dalla guancia di lei, passando lungo il braccio per arrivare alla sua mano e stringerla.
"Ho detto che ti ho visto in cimitero."
"Cosa ci facevi lì?"
"Ero venuto a trovare tuo papà come sempre da quando è morto.."
"Co-cosa?" Emma era sempre più confusa, e vedendo lo sguardo di Martin vagare per la stanza strinse più forte la sua mano, costringendolo a voltarsi e darle una spiegazione.
Martin sospirò.
"Quando tuo padre è morto sono andato al funerale, speravo di vederti, ma non c'eri e ho pensato che fosse stato per colpa mia, mi sono sentito in colpa così da quel momento ho iniziato ad andare a trovare la tomba di tuo padre, mi sembrava un modo per starti più accanto."
"Non ci credo." sussurrò Emma incapace di accettare quella nuova rivelazione, se avesse raccontato la verità come avrebbe potuto negargli una seconda possibilità, dopotutto quello che aveva fatto in sua assenza, anche se la colpa era sua.
"Perché dovrei mentirti Emma?"
Già, perché avrebbe dovuto mentirle?
Grazie a quella confessione o forse semplicemente perché era così che sarebbe dovuta andare, Emma staccò le mani da quelle di lui per poterle aggrappare ai sui riccioli quando avvicinato il viso aveva eliminato la distanza con un bacio, un piccolo sfioramento di labbra che poco dopo diventò qualcosa di più profondo e coinvolgente.
Inizialmente Martin era rimasto sorpreso da quel gesto avventato, ma ormai non si stupiva più di nulla. Aveva subito messo le mani sui fianchi di Emma, attirandola al suo corpo, completamente in balia dei suoi baci.
Martin non perse tempo e subito approfondì quel bacio desiderato da troppo ormai, nonostante l'avesse baciata solo pochi giorni prima non era rimasto soddisfatto, voleva di più, voleva non essere interrotto e voleva che lei desiderasse quel bacio tanto quanto lo desiderava lui.
Senza interrompere il bacio si spostarono impercettibilmente sul letto, Martin la sdraiò dolcemente e tenendosi sui gomiti si poggiò su di lei.
Martin si staccò dalle labbra e poggiò la fronte su quella di Emma, si fissarono negli occhi per minuti che sembrarono interminabili, poi con un sorriso lui scese verso il collo della ragazza, dandole piccoli baci scendendo verso il basso. Quando arrivò alla camicetta sentì le mani di Emma rialzargli il volto, Martin si aspettò un rimprovero, ma l'unica cosa che vide fu il sorriso della ragazza.
"Non pensare che ti perdonerò così facilmente." ridacchiò Emma lasciandogli un sonoro bacio sulle labbra.
"Quindi hai cambiato idea?" domandò portando una ciocca di capelli rossi dietro l'orecchio di Emma, lasciandole una carezza sul viso.
"Secondo te?"
"Direi di si." un altro bacio a fior di labbra.
Emma portò le sue mani ai capelli di Martin, stringendo forte alcune ciocche, costringendolo a scontrare le loro fronti.
"Perspicace."
Velocemente Martin azzerò le distanze fiondandosi sulla bocca di Emma, che sorridendo lo strinse maggiormente a se.
 
Sdraiati sul letto Martin ed Emma, passarono il tempo a parlare, raccontandosi tutto ciò che in quei cinque anni avevano perso, cercando di racchiudere in quel poco tempo insieme tutti i passaggi più essenziali, omettendo ovviamente tutte le storie avute.
Emma aveva deciso dopo tanto, forse troppo, tempo di dargli una seconda possibilità.
Martin teneva un braccio intorno le spalle di Emma, che rannicchiata su un fianco aveva la testa appoggiata al suo petto e una mano ad accarezzare il petto di lui, con movimenti circolari.
Tutto un tratto Martin le chiese una cosa che aveva rimosso dalla testa, un discorso pericoloso per lei.
"E quel Adam?" Emma smise di accarezzare il petto di Martin, bloccandosi con la mano intenta a disegnare l'ennesimo cerchio. Ed ora?
"Beh... ecco... vedi.. io ti ho come dire..mentito?"
Martin le lanciò un occhiata piuttosto confusa.
"Cosa stai cercando di dire?"
"Sto cercando di dirti che ho un po' alterato la realtà, ecco."
"Emma?"
La ragazza sbuffò ed incrociò le braccia al seno irritata per la sua giustificata curiosità, infondo si erano rotolati tra le lenzuola per una mezz'oretta abbondante.
"E' solo uno con cui mi frequentavo."
Già, e adesso cosa avrebbe raccontato ad Adam? Che lo aveva "tradito" tornando con il ragazzo di cui era sempre stata innamorata?
Decisamente no.
Martin le lanciò un occhiataccia, evidentemente non soddisfatto della risposta.
"Quindi mi hai mentito."
"Non proprio." mormorò Emma mordicchiandosi il labbro inferiore nervosamente, districò le braccia dalla loro posizione, si voltò e portò una mano nei capelli di lui, mentre Martin la stringeva a se.
"Ecco, mmmh, vedila così, era una specie di previsione del futuro." abbozzò un sorriso, sperando in una piccola risata da parte sua, ma l'espressione corrucciata che vide sul suo volto le fece sparire il sorriso.
"Non mi piace questo futuro." sussurrò invece Martin, chiudendo gli occhi, non lasciandosi esaminare da lei.
"Perché?" un'altra carezza al viso.
"Perché non ci sono."
Emma sorrise teneramente a quella piccola dichiarazione, l'ennesima che le aveva fatto Martin, prima o poi avrebbe dovuto pareggiare i conti, ma non era ancora pronta a rivelargli di amarlo, anche se palese, infondo era ancora arrabbiata e delusa e ferita.
"Le cose sono cambiate Martin, adesso sono qui con te, se non te ne fossi reso conto."
Martin aprì gli occhi e annuendo l'attirò nuovamente a se, per lasciarle un casto bacio.
 
"Io adesso dovrei andare a casa a prepararmi per il lavoro. Ci sentiamo dopo okay?"
Martin ed Emma erano sulla porta di casa, abbracciati.
Per la quarta volta o forse più, Emma fu costretta a ripetere la stessa frase, troppo impegnata dalle labbra di lui, e con un inesistente forza di volontà.
"Martin.. veramente.. devo.. andare." tra un bacio e l'altro la ragazza riuscì a mormorare poche parole, che però vennero percepite dal ragazzo.
Quando Martin iniziò a tentare di dissuaderla dall'andare al lavoro, il campanello bloccò sul nascere qualunque sua frase.
Si staccarono controvoglia affaticati e con il bisogno di prendere molta aria, Martin lanciò un occhiata contrariata alla porta pregando che chiunque li avesse interrotti se ne andasse in quel paesino che conosceva sicuramente. Emma invece si limitò a indicargli con un gesto del capo la porta, gesto che Martin interpretò come "Apri la porta così possiamo continuare."
Fece come le aveva suggerito la rossa e sporse ad abbassare la maniglia e aprire di conseguenza la porta.
Grande errore.
Fuori dalla porta un ragazzo biondo con le mani in tasca giocava a calciare un sassolino, alzò lo sguardo solo quando il rumore della porta lo spaventò. Mormorò un 'ciao' a Martin, che nello stesso momento si ricordò dell'appuntamento con l'amico, era solo colpa di Emma se se n'era dimenticato, solo colpa delle sue labbra morbide e carnose e.. Martin scosse la testa, cacciando dalla mente quei pensieri che lo avrebbero invogliato solo a sbatterla sul muro e continuare a baciarla fino a toglierle il respiro.
"Ehi amico. Scusa mi ero completamente dimenticato, ma ero impegnato." l'occhiolino che susseguì fece comprendere ad Adam il tipo di impegno, il biondino ridacchiò facendosi spazio per entrare, spostando di lato Martin, non accorgendosi però della presenza dietro la stazza muscolosa del moro.
Emma vide la scena a rallentatore, quello che sarebbe dovuto essere l'amico di Martin, li sorpassò senza accorgersi della sua presenza, ma lei si era accorta di lui, eccome se l'aveva fatto.
Aveva ancora i vestiti della sera precedente.
Trattenne a stento un grido quando lo riconobbe.
"Allora come è andata la serata con la rossa focosa?" Martin intanto all'oscuro di tutto era rimasto nella sua posizione aspettando il momento giusto per rivelargli la notizia.
Adam si fermò poco più avanti rispondendo senza girarsi, limitandosi a guardare le foto appese al muro.
"Non ne hai idea, è una cosa quella ragazza, che non saprei descrivere. Tu invece con Em-"
Poco prima di riuscire a pronunciare il nome della ragazza, Adam si voltò vedendola finalmente, siccome Martin si era messo di fianco la rossa.
"Cazzo." sussurrò a denti stretti il biondino.
"Come hai potuto fargli questo!" le parole dure e piene di rabbia di Emma risuonarono nel corridoio di casa Owen.
"Adesso ricordo perché mi sembrava di conoscerti, non era per la sbronza."
Adam non ebbe il coraggio di rispondere, si limitò ad abbassare lo sguardo colpevole. Al contrario di Martin che alzò sempre di più lo sguardo tentando di capire cosa diavolo stesse succedendo, cercò lo sguardo di Emma trovando solo rabbia e delusione, quando poi cercò quello di Adam non lo trovò, e fu in quel momento che Martin capì.
"Non dirmi che.. No, non ci credo. Non può essere. Adam dimmi che non è quello che penso."
"Adam!"
Guidato dalla rabbia Martin si fiondò contro quello che sarebbe dovuto essere il suo migliore amico prendendolo per il colletto della maglia, ottenendo finalmente la sua attenzione.
"Rispondimi cazzo!"
Emma senza parole provò ad avvicinarsi, preoccupata nonostante tutto per entrambi, erano sempre stati migliori amici loro due, questo se lo ricordava bene.
"Sì, sì, sì! E' esattamente come pensi tu!" urlò Adam togliendosi quell'aria confusa dal volto e reagendo, spingendo via Martin da se.
"Sapevo che era lei, era questo che volevi sapere eh?!"
Adam le lanciò una breve occhiata, costringendola ad abbassare lo sguardo per la sua intensità. Martin invece guardò il ragazzo davanti a suoi occhi scioccato.
"Perché." disse solo, racchiudendo in una parola tutto ciò che gli vorticava nella testa.
"Perché ho giurato di vendicarmi quando tu ti sei scopato la mia ragazza! Porca puttana! Sapevi che l'amavo. Ti ho odiato da quel momento e ho aspettato ogni fottutissimo giorno il momento giusto per vendicarmi. Per tua fortuna la ragazzina non è una facile." sputò quelle parole con tanto di quell'odio che Martin indietreggiò, solo quando si rese conto completamente di quello che aveva detto, si fiondò nuovamente sul ragazzo, questa volta però assestandogli un pugno in pieno viso.
Emma alle loro spalle soffocò un urlo, terrorizzata dalle conseguenze.
"Come hai potuto figlio di puttana! Tu sapevi tutto fin dall'inizio e mi hai preso per il culo tutto questo tempo. E l'unica puttana della situazione e quella che si definiva la tua ragazza, ma che non ha esitato un attimo a implorarmi di scoparla, mentre ero completamente devastato!"
Adam non parlò, sentiva solo un dolore atroce all'occhio e alla tempia e con la vista leggermente sfocata vide Martin caricare con il braccio per un'altro colpo, che avrebbe potuto assestare se non fosse stato per la mano di Emma a bloccarlo.
"Lascialo andare." sussurrò la ragazza al suo orecchio, sentendo i muscoli delle braccia rilassarsi solo con la sua voce. Martin si fece da parte e senza dire niente gli intimò di andarsene e non tornare più, Adam senza pensarci un attimo fuggì da quella casa, chiudendosi con un tonfo la porta alle spalle.
Il ragazzo chiuse gli occhi, nello stesso momento Emma si avvicinò al suo corpo stringendolo forte a se, Martin abbassò il capo sulla spalla della ragazza lasciandosi andare alle sue carezze.
"Andrà tutto bene, vedrai. Ci sono io adesso e non ho intenzione di andarmene."
"Non mi lasciare." sussurrò lui stringendola in una morsa.
"Non vado da nessuna parte, non più."

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Capitolo 16
*** Sedici. ***



Sedici.
 
"Emma hai preso tu il mio vestitino azzurro, quello in pizzo?" Elisa aprì la porta della camera della rossa trovandosi in una situazione alquanto imbarazzante, infatti sdraiati sul letto c'erano Emma e Martin con solo la biancheria intima. Martin rotolò al fianco di Emma, alzando la mano in un cenno di saluto mormorando un ciao divertito, mentre Emma cercava imbarazzata di coprirsi.
"Come se non ti avessi già vista mezza nuda." borbottò Elisa rimanendo sulla porta con le braccia incrociate, aspettando una risposta alla sua domanda, evidentemente doveva tenerci veramente tanto a quel vestito.
"Ciao anche a te barbone."
Martin soffocò una risata, quando due settimane prima avevano raccontato agli amici di Emma quanto era successo, in particolare il fatto che loro due stessero insieme, cosa che aveva lasciato non poco sorprese Elisa e Nora e che stranamente non aveva sconvolto Liam che aveva scoperto essere il ragazzo della mora, una delle prime cose che aveva sentito uscire dalle labbra della mora era stato "Sembri un barbone, dovresti tagliarti i capelli e raderti la barba sai?", una ragazza piuttosto diretta aveva compreso, Martin era semplicemente scoppiato a ridere rispondendo con un presto.
Quando invece lo stesso giorno Emma lo aveva presentato al fratello e Caroline come suo "uomo", Martin aveva sudato davvero molto, Dave non si era risparmiato infatti un occhiataccia seguita da una minaccia implicita, espressa meglio con un gesto a mo' di coltello lungo il collo, il senso era sicuramente "Prova a farla soffrire e ti uccido."
Simpatico.
Martin aveva provato a sorridere, mascherando il terrore che invece Emma aveva subito notato, lanciando uno sguardo furioso al fratello che aveva scrollato le spalle incurante.
"Non ci sbarazzeremo facilmente di te, vero?" aveva sussurrato Dave, colpito subito dopo da una gomitata nello stomaco dalla moglie.
Emma aveva preso la mano di Martin, l'aveva stretta forte cercando di tranquillizzarlo.
Nella stanza della rossa, Elisa ancora sulla porta aspettava che qualcuno si degnasse di risponderle, sbuffò e si diresse verso l'armadio dove poco dopo ne uscì con le mani piene di vestitini.
Si voltò verso Emma ancora nascosta dal lenzuolo, "Non trovo il mio vestito, quindi mi prendo i tuoi, e grazie per l'aiuto." uscì dalla stanza come una furia, mentre Martin cercava di non ridere e non farla arrabbiare ancora di più.
"Emma tutto bene?" Martin si tirò su, appoggiandosi alla testiera del letto, con la testa voltata in direzione di Emma.
"Em?"
"Piccola?"
Emma si rilassò lasciandosi andare ad un sorriso rivolto solo a lui, appoggiò la testa sul cuscino chiudendo gli occhi.
"A cosa pensi?" Martin si era mosso verso la rossa, sdraiandosi sul fianco, con la testa appoggiata sulla mano.
A cosa pensava?
Bella domanda, c'erano così tanti pensieri che le vorticavano in testa, che non sapeva da dove iniziare, ma c'è n'era uno fisso e di quello era sicura, voleva dirgli di amarlo, ma non riusciva mai a trovare il momento giusto e quello sicuramente non lo era.
"Al fatto che forse qualcuno dovrebbe bussare prima di entrare." disse aprendo gli occhi, quando lo vide vicino a se sorrise e allungò le mani attirandolo sopra di lei.
"Forse tu dovresti imparare a chiudere la porta a chiave." le lasciò un bacio sulla fronte, portando le mani sul viso della ragazza, schiacciandola così sotto il suo peso.
"Martin cavolo!" Emma cercò inutilmente di spostarlo, ma gli anni di Martin spesi in palestra avevano sicuramente dato i loro frutti. Iniziò a tirargli pugni sul petto causandogli solo una sonora risata.
"Ma quanto sei tenera quando fai così." rise prendendole le guance e tirando, quasi fosse una bambina, il broncio che mise Emma aumentò la sua risata, spostandolo finalmente dall'altro lato del letto, liberando Emma.
Emma sbuffo e girò la testa incrociando lo sguardo divertito di Martin, gli accarezzò una guancia e sorrise mentre lui chiudeva gli occhi.
"Che ne dici di uscire da qui? Siamo rinchiusi qua da troppo tempo ormai." Martin aprì gli occhi, la fissò per qualche secondo poi annuì.
"Forse, hai ragione."
"Io ho sempre ragione!"
Martin scoppiò a ridere alzandosi dal letto e trascinando con se una svogliata Emma.
"Non hai appena detto che volevi uscire?" Emma brontolò qualcosa, andando poi a finire tra le braccia del suo uomo.
"Sei così morbido e profumato." la ragazza mormorò quelle parole con le labbra appoggiate al suo petto, Martin infatti venne scosso da brividi lungo tutta la schiena a causa di quella vicinanza, si scostò un secondo dalla ragazza per guardarla con un sopracciglio alzato.
"Stai forse dicendo che ho la ciccia? No, perché faccio palestra sai, e penso si veda."
Emma alzò lo sguardo incontrando quello di lui, scosse la testa e sorrise.
"Sei peggio di me." non aggiunse altro, si limitò a lasciargli un bacio a stampo e dirigersi verso l'armadio alla ricerca di qualcosa di comodo da indossare in una calda giornata di fine agosto.
 
Non appena Emma scese le scale riconobbe immediatamente la voce di Nora sovrastare quella di Elisa, la rossa sorrise immediatamente chiedendosi però dove fosse finito Martin, eppure le aveva detto che l'avrebbe aspettata giù.
Svoltò a destra raggiungendo il soggiorno dove trovò subito Martin, schiacciato sul divano tra la bionda e la mora, il suo sguardo disperato vagava nel vuoto e non appena si accorse della sua presenza tentò di alzarsi per raggiungerla, ma sfortunatamente per lui Nora si accorse della presenza di Emma ancor prima, gli piazzò il braccio davanti il petto lanciandogli un occhiataccia ammonitrice, che lo costrinse a sedersi, sprofondando nuovamente nel divano, mentre Elisa cercava di non mostrarsi troppo divertita dalla scena.
"Sei già stato troppo con lei." mormorò tra i denti Nora, facendogli segno di no con il ditino, così che solo lui potesse sentire, Emma non si accorse di quello scambio di parole, ma Elisa si, decifrando il labiale.
Era davvero comica questa situazione, per lei.
Nora corse incontro ad Emma, stringendola in un abbraccio dondolante, che Emma ricambiò ridacchiando. Si staccarono di qualche centimetro, con ancore le mani strette l'una all'altra e con un sorriso sulle labbra, Nora osservò la rossa dalla testa ai piedi con un sorriso malizioso.
"Vedo che sei dimagrita." Nora la strinse di uno in un abbraccio e una volta staccatasi definitivamente annuì alla sua affermazione, Emma invece non rispose, si limitò a guardarla seria per qualche secondo, per poi scoppiarle a ridere in faccia, rischiando di sputacchiarle addosso.
Nora si scostò schifata, pulendosi con i palmi il viso pulito, mentre Emma continuava a ridere.
"Vedo che ti diverti mia cara Emma." disse la bionda incrociando le braccia al petto con un sopracciglio alzato, la rossa intanto si era calmata, aspettando la prossima cavolata dell'amica.
"Con tutta l'attività fisica che hai fatto in queste due settimane posso capire." infatti, arrivò subito dopo.
Nora lanciò un occhiata a Martin, che le sorrise divertito, poi tornò a guardare verso Emma, che continuava a scambiarsi occhiate con il moro.
"Però non chiudetevi in camera e basta eh? E la prossima volta avvisate la poverina!" fece una pausa per indicare la poverina in questione, che sorrideva per niente in imbarazzo a tutti.
Emma si diede della stupida, in quei momenti non si era certo preoccupata della sua amica, si imbarazzò pensando alle cose che aveva probabilmente sentito, ma quando tornò ad osservarla la vide ridere ad una battuta di Martin sicuramente per sdrammatizzare la situazione, Emma sorrise vedendoli ridere tranquilli, il barbone e la ragazza senza peli sulla lingua, come l'aveva amichevolmente soprannominata Martin.
Nel mentre Emma continuava con i suoi ragionamenti, Nora si diresse verso il divano da due, accanto a dove erano seduti Martin ed Elisa e si sedette accavallando le gambe, Emma scosse la testa e la raggiunse, accavallando anche lei le gambe.
"Quindi dato che siete vestiti e non siete più in camera, suppongo vi siate presi una pausa no?"
Emma e Martin si scambiarono uno sguardo languido, per poi tornare a guardare Nora, non si era persa niente, non ci sarebbe riuscita neanche volendo, scosse la testa rendendosi conto di non aver ricevuto una risposta.
"Diciamo di si.. Vi va di fare una cena a sei?"
"Non lo so.. noi.. ecco.." Emma gesticolò con le mani in cerca di una risposta, se fosse dipeso da lei avrebbe accettato subito, ma Martin sembrava ancora un po' intimidito dalla bionda, e non se la sentiva di accettare senza prima parlarne con lui.
"Per noi va bene." l'attenzione si focalizzò su Martin che sorrideva tranquillamente, infondendo fiducia attraverso lo sguardo ad Emma, che sorrise riconoscente.
Nora quindi si voltò verso Emma, che acconsentì con la testa, la bionda sorrise e batté le mani felice come una bambina, ricevendo gli sguardi preoccupati dei presenti.
Una suoneria nota inondò la stanza ed immediatamente Emma si voltò verso Elisa, vedendola recuperare il telefono e sorridere leggendovi il nome, si alzò dal divano scusandosi e rifugiandosi in cucina, sentirono solo la sua voce cambiare e diventare dolce non appena pronunciò la parola amore.
"E così siamo rimasti noi tre, come ai vecchi tempi." mormorò Nora allargando le braccia e con un sorriso che non portava niente di buono e di questo se ne accorse anche Martin, che deglutì preoccupato.
Emma pensò velocemente a qualche modo per fermare la furia dell'amica e l'unica cosa che le venne in mente fu Jack, che tra l'altro non vedeva da un po'.
"Nora, perché non mi racconti come va con Jack?"
Improvvisamente il viso della bionda si illuminò e sul suo volto comparve un sorriso timido, una Nora completamente diversa da quella di qualche attimo prima, e di questo Martin ne fu ancora più spaventato, si dimenticò completamente del massacro che nella sua mente aveva progettato di infliggere al ragazzo.
"Le cose vanno benissimo, è bellissimo, dolcissimo, bravissimo e .." Emma la fermò prima continuasse a dire più del necessario.
"Va bene, abbiamo capito. Altro?"
"Ogni volta che penso a lui dovrei cambiarmi gli slip." disse Nora con lo sguardo sognante.
"Nora!" urlò Emma scandalizzata mentre Martin scoppiò a ridere di gusto.
"Ma cosa! Era una metafora.."
"Una metafora del cazzo."
"Appunto."
Emma le lasciò uno schiaffo sul braccio, Martin invece si sdraiò sul divano non riuscendo a respirare dal troppo ridere.
"Sei senza speranze Nora." borbottò Emma guardando Martin divincolarsi in cerca d'aria, la ragazza scosse la testa non sapendo più dove guardare.
"Si ma dovresti vederlo, lui è.."
"No! Ferma! Per me lui è come Dave, non voglio sapere!" Emma si mise le mani davanti agli occhi scuotendo la testa, ma era troppo tardi, perché la sua immaginazione stava già viaggiando a ruota libera.
In quel momento rientrò Elisa, che vedendo quei tre, ognuno perso nel suo mondo scosse la testa sconsolata, fortuna che esisteva ancora una persona sana di mente in quel gruppo, e quella era certamente lei, così pensava almeno.
"Nora scusa, ma mi puoi portare da Liam, ha detto che ha bisogno di parlarmi e io non ho ancora capito come guidare dalla parte opposta senza uccidere qualcuno." Elisa sospirò rassegnata, ci aveva provato più volte, Liam le aveva insegnato con calma tutto quello che c'era da sapere per adattarsi, siccome ci era passato anche lui, ma non c'era stato verso, Elisa era una causa persa, aveva rischiato più volte di uccidere Toby il bulldog del ragazzo e una volta era andata a sbattere contro una pianta nel giardino, Liam a quel punto si era arreso e le aveva detto di farsi l'abbonamento al bus.
"Tutto bene tra di voi?" chiese Emma preoccupata per l'amica, resistendo all'impulso di ridere per la questione della guida.
"Sì, tranquilla, deve darmi una buona notizia, almeno penso, in ogni caso ti aggiorno stasera." Elisa le sorrise aspettando che Nora si alzasse e l'accompagnasse da Liam sul tragitto per casa.
Poco prima di andarsene, Nora, si fermò sulla soglia del soggiorno guardando in direzione dei due.
"Stasera alle 8 da Gianni, guai a voi se non ci siete."
Sorrise poi salutandoli con un ciao accompagnato dalla voce di Elisa, che gli urlava di fare i bravi, facendoli sorridere.
Emma si alzò raggiungendo Martin, che si era finalmente ripreso dopo l'uscita di Nora, si sedette sulle sue gambe, lasciandogli un bacio a stampo sulle labbra.
"Che ne dici di uscire a fare un po' di shopping?"mormorò appoggiando la testa sulla sua spalla.
"Shopping?" Martin la guardò con la fronte aggrottata, poco entusiasta.
"Ma si dai, ti compri anche tu qualcosa, o hai intenzione di girare sempre con la stessa maglia?"
"Guarda che ho vestiti a casa."
"Si, ma quante volte sei passato a casa tua in queste ultime settimane?"
Martin ci pensò su, poi sospirò.
"Va bene, hai ragione andiamo dai."
Emma sorrise felice lasciandogli un altro bacio e scappando verso la porta di casa.
 
Emma si fermò davanti l'ennesima vetrina, trascinando con se Martin, che con un sonoro sbuffo la raggiunse. Questa volta si trattava di borse, di tutti colori, taglie e grandezze.
La rossa guardò sognante tutto quel ben di dio, tirando verso di se il moro, che alzò gli occhi al cielo.
"Hai visto quanto è bella?" domandò Emma con il sorriso stampato sul volto, non staccando gli occhi dalla vetrina.
"E' forse un modo carino per chiedermi di comprarti una borsa?"
Emma si voltò immediatamente, incrociando lo sguardo divertito di Martin, sbatté le ciglia un paio di volte e si avvicinò al suo petto.
"Lo faresti davvero?" Martin scoppiò a ridere per il modo con cui la rossa continuava a guardarlo e per la vocina da bambina che aveva adottato.
"Andiamo dai." le lasciò un bacio sulla fronte, prendendole poi la mano ed entrando nel negozio.
Non l'avesse mai fatto.
Gli occhi di Emma si dilatarono per la meraviglia non appena vide le centinaia di borse esposte, altro che quella decina in vetrina.
"Merda." sussurrò Martin seguendola con le borse in mano, come un cagnolino lungo il negozio.
Mentre Emma era completamente assorta da una borsa nera con le borchie, Martin sentì una voce conosciuta chiamarlo, si girò trovandosi sotto gli occhi una ragazza bassina dai capelli corti e castani e un paio di occhi color acqua-marina, fissarlo sorridente.
Non ebbe il tempo di dire o fare qualcosa che subito la ragazza gli saltò addosso, attaccandosi come una piovra e come c'era da aspettarselo, Emma si voltò alla ricerca di Martin proprio in quel momento trovandolo con la castana in braccio.
Emma camminò verso da lui come una furia, lanciando sguardi assassini alla ragazza che continuava a non volersi staccare.
"Scusa?!" esclamò con tono più che irritato una volta arrivata abbastanza vicina ai due.
La ragazza in questione si staccò finalmente, un po' contraria per l'interruzione, guardò Emma per qualche secondo, assottigliando perfino lo sguardo, quando poi un sorriso le comparve sulle labbra, riservando lo stesso trattamento di Martin, fiondandosi addosso ad una Emma ignara, sotto lo sguardo divertito di Martin.
Emma cercò lo sguardo del moro, chiedendo aiuto, ma l'unica cosa che vide, fu lui che scrollò le spalle indifferente.
Dopo quell'imbarazzante quanto strano abbraccio, la ragazza si scostò, Emma cercò di associare quel volto a qualche sua amica del passato, non riuscendo a venirne a capo, non aveva idea di chi fosse, mentre la ragazza sembrava sapere esattamente chi fossero.
"Chi l'avrebbe mai detto, voi due insieme eh?" la ragazza sospirò portandosi le mani sulle guance entusiasta, sembrando una bambina a cui era stato esaudito un desiderio.
Martin si avvicinò ad Emma, posandole un braccio intorno alle spalle, stringendola a se.
"Già, a volte succedono cose che non ti aspetteresti mai, ma le persone crescono." la ragazza annuì, guardandoli con gli occhi lucidi per l'emozione.
"Ho sempre sperato di vedervi insieme un giorno, mi sembra Natale!" esclamò non riuscendo a trattenere la sua felicità, spaventando però Emma, che alzò lo sguardo verso Martin, sperando che le dicesse chi fosse, ma niente, lui guardava la ragazza come si guarda una sorellina.
"Mio fratello mi ha detto che eri diventata ancora più bella, Em, ha proprio ragione il mio fratellone." e solo in quel momento Emma capì, infatti l'unica cosa che all'inizio l'aveva attirata erano stati i suoi occhi, dello stesso colore del fratello, come aveva fatto ad essere così cieca, era la sorellina di Jack, Sophie.
"Oh mio dio, sei tu Sophie?!" esclamò Emma portandosi la mano davanti alla bocca, sorpresa.
Martin al suo fianco ridacchiò, certo che ce ne aveva messo di tempo per riconoscerla.
"Ma che fine hanno fatto i tuoi bellissimi e lunghissimi capelli biondi? Non ti avevo riconosciuta!"
Sophie abbassò lo sguardo, muovendo il piede imbarazzata.
"Volevo cambiare e così eccomi qua." sorrise impacciata rialzando lo sguardo.
Emma si staccò da Martin e tornò verso Sophie, per stringerla in un vero abbraccio.
"Sei cresciuta così tanto Sof." mormorò lasciandole un bacio sulla testa, come fosse sua sorella, perché alla fine era così, così come Jack.
Si staccarono guardandosi per un po' negli occhi, per poi scoppiare a ridere.
"Allora vi siete finalmente dichiarati il vostro amore?" chiese innocentemente scatenando l'imbarazzo di Emma, che abbassò lo sguardo fissandolo sulle sue bellissime ballerine nere.
Martin invece annuì fiero di se, nonostante Emma non gli avesse ancora dette le famose paroline, sapeva quali erano i suoi sentimenti, che gli dimostrava con ogni piccolo gesto, di cui il più grande era stato perdonarlo dandogli un'altra occasione.
Sophie guardò Emma preoccupata.
"Ho forse detto qualcosa di sbagliato?"
Emma alzò lo sguardo abbozzando un sorriso.
"Ma no tranquilla, è che.."
"E' una timidona che non ha coraggio di dirmi ti amo, ma non importa perché io lo so." come al solito Martin le venne in soccorso, stringendole la vita e lasciandole un bacio sui capelli.
Sophie annuì.
"Si però dopo tutto quello che le hai fatto passare, posso anche capirla!"
"Adesso sei anche dalla sua parte?"
"Sempre stata." dichiarò fiera Sophie, alzando la testa. Martin si staccò da Emma andando in contro alla ragazza, che gli sfuggì ridendo, venendo poi inseguita dal moro.
"Vieni qui piccola peste!"
Quando entrambi tornarono da Emma, sfiniti e dopo aver attirato l'attenzione di tutti nel negozio, la rossa convinse Martin a comprarle la borsa indicatogli, lasciando Emma e Sophie da sole.
"Ma tu lo ami?"
"Sì."
Non ci fu bisogno di aggiungere altro, perché entrambe sorrisero capendosi.
"Sai che stasera siamo a cena con tuo fratello e la tua futura cognata?"
Sophie sgranò gli occhi.
"Nora? Dio, l'adoro, l'ho sempre adorata quella donna, pensa quanto si è arrabbiato Jack quando gli ho detto che la conoscevo già, non mi ha parlato per una settimana." Sophie scoppiò a ridere contagiando anche Emma, vedendosi Jack completamente fuori di testa dopo averlo saputo.
"Per cosa ridete ragazze?" Martin spuntò alle spalle di Emma, con una borsa di cartone in mano, Emma ci sbirciò dentro, intravedendo il suo nuovo amore, sorrise e gli scoccò un bacio sulla guancia.
"Solo un bacetto sulla guancia?" domandò offeso, Emma sorrise e si alzò sulle punte dandogli un lungo bacio sulle labbra, se non ci fosse stata tutta quella gente avrebbero continuato e approfondito il bacio, ma c'era una persona in particolare che li fissava con insistenza.
Un gridolino uscì dalla bocca di Sophie, costringendoli a staccarsi.
"Adesso so cosa si prova quando la tua coppia preferita si mette insieme." sospirò ancora e alzò gli occhi al cielo, mentre i due si guardarono preoccupati.
"L'abbiamo persa." borbottò Martin.
"Decisamente."
 
"Sapevo che saremmo arrivati in ritardo! Oh mio dio, adesso ci ucciderà!"
"Non ti preoccupare non è niente di che, solo qualche minuto.."
"Solo qualche minuto? Scherzi?!"
Emma si voltò verso Martin, impegnato a parcheggiare e ad impazzire preoccupato per la furia di Nora.
"Amore, rilassati andrà tutto bene."
Emma si rese conto troppo tardi di ciò che aveva detto, e se lui si fosse imbarazzato? E se fosse stato troppo presto?
Ma Martin si limitò a rilassarsi e a voltarsi verso di lei con un sorriso indecifrabile sul volto.
"Ho sentito bene vero?"
Emma annuì timidamente, sentendo improvvisamente le labbra di Martin premere sulle sue con forza, ma senza farle male, si staccò per qualche secondo sistemandole una ciocca di capelli dietro l'orecchio.
"Ti amo." sussurrò guardandola negli occhi, tornando a baciarla.
Emma però si staccò da lui, vedendo sorpresa e paura nel suo sguardo.
"Ti amo anch'io." bastarono quelle parole per far sorridere completamente Martin, fiondandosi nuovamente sulla bocca della ragazza con impeto e amore.
Emma sorrise sulle labbra di lui, prima di schiuderle lasciandolo approfondire il bacio nel parcheggio del ristorante.
 
 

Avrei potuto aspettare domani, sarebbero stati due mesi esatti, ma penso di avervi fatto attendere abbastanza no?
Quindi ecco qui il tanto atteso capitolo! 
Ellie.

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Capitolo 17
*** Diciassette. ***



Diciassette.

Emma uscì dall'auto un po' stordita, mosse la testa a destra e sinistra cercando la presenza di qualcuno, una volta assicuratasi di essere sola si sistemò il vestitino bianco di pizzo, che durante il "piccolo contrattempo" in auto, si era alzato più del dovuto. 
Guardò alla sua sinistra vedendo Martin abbottonarsi la camicia, non avevano fatto niente di che, ma presi dal momento avevano fatto vagare le mano sul corpo dell'altro.
"Siamo in ritardo." mormorò più a se stesso, che verso la sua ragazza, Martin continuava a guardare l'orologio, lanciando qualche occhiata preoccupata verso Emma, poco dopo la rossa lo raggiunse, gli afferrò la mano e lo trascinò con se verso il ristorante.
Dentro, il caos regnava sovrano, tra urla di bambini e genitori che sovrastavano la musica, non era il classico ristorante raffinato, come si capiva certamente da una prima occhiata, era più che altro un locale alla mano per famiglie e ragazzi, molto terra terra.
Verso la fine della prima sala scorsero la mano di Nora sventolare, indicandogli la loro posizione.
A capotavola erano seduti, da una parte Liam e dall'altra Jack, impegnati in una profonda e probabilmente inutile conversazione, alla destra invece, sedute vicine, stavano Nora ed Elisa, ognuna vicino il proprio uomo. 
Entrambe guardavano nella direzione della coppia con sguardo malizioso, e i due non ebbero neppure il tempo di sedersi, che Nora partì all'attacco.
"Questa volta dove vi siete appartati?" parlò con il sorriso stampato sul volto, ammiccando.
Emma alzò gli occhi al soffitto, sentendo al suo fianco, Martin, lasciarsi andare ad una risata, la rossa tornò con lo sguardo su di lui, scoccandogli un occhiataccia.
"Non è succ.." provò ad iniziare una sentenza, sedendosi a tavola, ma non ebbe il tempo di completarla, sovrastata dalla voce di Martin.
"In macchina." disse tranquillamente, portando il braccio intorno le spalle della rossa, che in quel momento di rosso non aveva solamente i capelli.
Emma gli tirò una gomitata nello stomaco, guardandolo con sguardo assassino, certo che se ogni volta doveva smascherarli non c'era più divertimento, anche se probabilmente avrebbe raccontato alle amiche tutto.
"Amore, sai che lo si fa per scherzare." le rispose lui, stringendola a se, mentre la rossa cercava di allontanarsi, facendo l'offesa.
"Ragazzi fermi!" urlò con le mani in aria, Nora, la quale sembrava appena uscita da un film di serial killer psicopatici, tutti gli occhi si posarono su di lei, vedendola agitare le mani e continuare ad indicare Martin ed Emma, iniziarono a preoccuparsi.
"L'ha chiamata amore!" esclamò finalmente, ottenendo nessun entusiasmo da parte dei ragazzi, che tornando a ignorarla, ricominciarono dove erano rimasti, e scucendo un sussulto da parte della mora al suo fianco, che si aprì automaticamente in un sorriso diabetico.
Emma e Martin si limitarono a scuotere la testa rassegnati.
"Continuerà ad urlare per ogni cosa che ci diremo o faremo, vero?" Emma annuì, poggiando la mano sulla sua coscia dove pochi secondi prima, in automatico, Martin aveva tolto il braccio dalle spalle della ragazza spaventato dalla bionda, poggiando quindi il palmo sulla coscia.
Martin voltò il palmo verso l'alto, intrecciando le dita con quelle di Emma.
"Forse preferivo la Nora che mi odiava." mormorò pensiero, ottenendo immediatamente uno sguardo scettico da parte di Emma.
"No, meglio di no."
E ovviamente, Nora ed Elisa non avevano perso un istante di quella conversazione, notando anche come le loro mani si erano nascoste sotto il tavolo, pensando di sfuggirle.
"Ingenui." borbottò Nora, vedendo il cameriere arrivare.
 
"Oh mio dio ti ricordi di David?"
"Ti prego non farmici pensare, ricordo solo tutta la saliva che lasciva ogni volta che ci baciavamo, ho resistito una settimana!" Nora rabbrividì al solo pensiero, quel ragazzino davvero carino, per cui a quindici anni si era presa una cotta, non era altro che un distributore di saliva.
"Em ti ricordi di quello che ti correva dietro in terza?"
"La proboscide?"
"Sì! Lui! Aspetta come si chiamava?"
"Matt!"
"Giusto! Ogni volta che rivedo la scena di lui che prova a baciarti e non ci riesce perché il suo naso enorme glielo impedisce, mi fa morire dal ridere!" e infatti la bionda scoppiò a ridere, portando indietro la testa, annaspando in cerca d'aria.
Fu seguita a ruota dalla tavolata, che immaginandosi la scena, non riuscì proprio a trattenersi, anche Emma, che nonostante l'imbarazzo provato durante l'episodio, si lasciò andare ad una risata contagiosa.
Da quando avevano iniziato il secondo giro di birra e/o vino, le risate avevano percosso la tavolata, lasciando scemare la tensione, facendo si che iniziassero a rinvagare il passato, un bicchiere dopo l'altro.
"Non.. riesco... a... respirare." provò a dire Nora, tra una risata e l'altra, mentre sentiva sul suo viso delle lacrime calde scenderle lungo le guance; Elisa invece tentava di smettere di ridere facendosi aria con le mani, inutilmente.
Liam era l'unico che riuscì a calmarsi, ma non appena alzò lo sguardo, incrociando quello di Jack, in lacrime, non resistette all'impulso di scoppiare a ridere un'altra volta.
Emma come Jack e Nora, stava piangendo dalle troppe risate, appoggiata allo schienale cercava invano di fermarsi una volta per tutte, ma quando le sembrava di esserci riuscita sentiva le risate degli altri e ricominciava a ridere.
Era un circolo vizioso, che si fermò solo qualche minuto dopo, quando l'ossigeno stava per esaurire.
"Non penso di ricordarmi l'ultima volta in cui ho riso così tanto." esclamò Jack, rilassandosi sullo schienale, lanciando un occhiata alla sua ragazza, intenta a cercare qualcosa nella borsetta.
"Sono nella tua stessa situazione." disse Martin passandosi una mano sugli occhi.
"Ah si Jack, abbiamo visto tua sorella questo pomeriggio."
Jack si voltò verso Emma, guardandola per niente sorpreso, sbuffò ed iniziò a parlare.
"Lo so, mi ha parlato di voi per due ore al telefono. Due ore! Ma ti rendi conto, come se non lo sapessi poi." borbottò le ultime parole quasi a se stesso, sembrava davvero esausto, Sophie lo distruggeva, gli toglieva ogni energia, ma nonostante questo lui si prendeva cura di lei, pur avendo due genitori presenti ed amorevoli, chissà come sarebbe stato con un figlio?
Lo schioccare di dita, la interruppe dai suoi pensieri, scosse impercettibilmente la testa e si trovò davanti agli occhi la faccia di Nora, che sportasi dal suo posto aveva voluto risvegliarla, sperando anche un po' di spaventarla, non riuscendo però nella sua idea; tornò a sedersi sbuffando ed incrociando le braccia irritata, certo che quel vino le stava dando alla testa e non solo a lei.
"E se vi trovassimo un nome, come si fa con le coppie famose?"
"Come Brandgelina dici?"
Elisa annuì entusiasta, arricchendo il tutto con il battito delle mani.
"Chi sarà la nostra cavia?" mormorò la mora, guardandosi in giro, certamente non lei e Liam, quindi la scelta ricadeva su le altre due coppie, poggiò le sue iridi scure su quelle del medesimo colore di Emma.
Aveva scelto.
"La sirenetta e il barbone!" urlò indicando i due, che con sguardi smarriti la fissarono.
"Ma sta parlando di un nuovo cartone animato della disney?" chiese Jack, sporgendosi verso Nora, che vedendo il suo sguardo serio, annuì, non lasciandosi scappare un sorriso divertito.
"Martin ed Emma... vediamo cosa si può fare." Elisa si portò l'indice e il pollice sotto il mento, in un chiaro invito agli altri a fare lo stesso.
"MartinEmma!" esclamò Liam entusiasta, entusiasmo che svanì nel secondo in cui sia Nora che Elisa lo guardarono truci, accompagnate da Jack che scuotendo la testa, mormorava "No, non ci siamo Liam." e poi si avvicinava a Nora chiedendole di cosa stessero parlando.
"Emmartin."
"Martinma."
"Emmama."
"Tinemma."
"Tinma."
"Tina!"
Martin vide le ragazze guardarlo con quell'aria truce, rivolta anche all'amico, abbassò lo sguardo terrorizzato, eppure questa ricerca l'aveva conquistato.
"Ci sono!" urlò improvvisamente Jack, l'unico che fino a poco prima sembrava non aver capito, gli sguardi si posarono su di lui, non aspettandosi però nulla di concreto.
"Spara."
"Martemma."
Nora ed Elisa si lanciarono un'occhiata, che solo loro riuscirono a decifrare, poi Nora gli si avvicinò scoccandogli un bacio sulla guancia.
"Ho sempre detto che sei un genio, tesoro!"
"E Martemma sia." dichiarò quasi solenne Emma, sapendo però che non l'avrebbe mai usato in futuro.
"Continuiamo?" chiese con entusiasmo Jack, guardando da una parte all'altra del tavolo.
"Non è che perché adesso ne hai azzeccata una, sei diventato un genio, eh." disse Emma con tono divertito, suscitando l'ira del biondo, che la mandò bellamente a quel paese.
"Che palle di te.." borbottò prendendo un altro sorso di vino.
In quel momento sia Elisa che Liam si scambiarono un occhiata complice, Liam annuì invitandola a parlare.
"Ehm.. ragazzi c'è qualcosa che vorrei dirvi."
"Oh mio dio sei incinta." esclamò tutto d'un fiato Nora, portandosi le mani alla bocca.
Elisa la guardò scocciata, per essere stata interrotta e per aver detto una idiozia delle sue.
"No." rispose telegrafica, cercando di riprendere il discorso.
"Stai per morire!" esclamò questa volta Jack, con gli occhi sgranati.
Liam strappò un pezzo di carta e glielo lanciò in faccia, centrandolo.
"Non dirlo mai più." sibilò, non ottenendo risposta.
Certo che Nora e Jack erano fatti l'uno per l'altra.
"Stavo dicendo.." Elisa si interruppe guardandosi in giro, come alla ricerca di una conferma per continuare senza interruzioni.
".. mi trasferisco." disse finalmente con un sorriso timido rivolto a tutti e nessuno in particolare.
Emma dilatò gli occhi incredula, Nora e Jack si mordevano il labbro cercando di reprimere un commento, Martin la guardava confuso ed infine Liam sorrideva.
"Torni in Italia?" chiese timidamente Emma.
“Ma no! Cosa stai dicendo?”
Elisa sorrise e prese la mano di Liam appoggiata al tavolo.
“Mi ha chiesto di andare a vivere insieme.”
Pochi secondi dopo e scoppiò il delirio, Nora fu la prima ad alzarsi e ad abbracciare la mora, subito dopo Emma la raggiunse aggiungendosi all'abbraccio, accompagnato da urletti striduli ed eccitati, mentre i ragazzi, una volta in piedi e raggiunto Liam, si limitarono a congratularsi dandogli una pacca sulla spalla.
“Mi mancherai piccolina.” le sussurrò Emma nel orecchio della ragazza.
“Anche tu.” ricambiò Elisa sorridendole, sotto lo sguardo addolcito di Nora.
In quel momento nella sala accanto, la sala da ballo, si sentirono le note di una nota canzone dance, subito le ragazze si scambiarono uno sguardo complice, correndo verso la sala da cui proveniva la musica.
I ragazzi guardarono allibiti la scena, decidendo se seguirle o meno, intanto le tre amiche iniziarono a scatenarsi, lasciandosi ogni problema alle spalle. 
“Ehi.”
Qualcuno picchiettò sulla spalla della rossa, attirando la sua attenzione, seppure per breve, perché la ragazza gli lanciò un occhiata infastidita, tornando a divertirsi con le amiche.
“Ehi rossa.” continuò imperterrito il ragazzo, non volendola lasciare in pace. 
Emma si voltò ancora una volta, infastidita, lo guardò scocciata, attendendo la domanda.
“Ti va di ballare?” chiese ammiccando, pensando di aver finalmente fatto colpo.
Emma fece per annuire, vedendo sul volto del ragazzo apparire un sorriso strafottente, quando subito dopo scosse la testa dicendogli un no secco.
Tornò a girarsi verso le sue amiche, pregando che quel ragazzo comprendesse cosa un due di picche volesse dire.
Quando poi qualcuno le sfiorò un fianco, Emma si voltò sfinita.
“Ti ho detto di sparire!”
Il volto corrucciato di Martin le si presentò davanti agli occhi.
“Amore scusa, ma c’era questo tizio che continuava a tartassarmi e pensavo fossi ancora lui.” Disse tutto d’un fiato agganciandogli le braccia al collo. 
Martin irrigidì impercettibilmente la mascella, stringendo la vita della ragazza e portandola ad avvicinarsi al suo corpo, nel frattempo la musica era cambiata e da una melodia dance, si era passati ad una lenta.
Martin ed Emma iniziarono a ballare, ciondolandosi sul posto. 
Emma poggiò la testa sul petto di lui, inspirandone l’odore, che tanto amava, Martin le lasciò un bacio sui capelli, incrociando le mani intorno alla vita della ragazza.
La coppia si estraniò completamente dal resto, non accorgendosi per questo motivo del cambiamento, infatti la musica era tornata ad essere di tipo dance e solo loro rimanevano persi nel loro mondo, continuando a ciondolarsi in mezzo ad una calca di persone.
Subito fuori il ristorante, sei ragazzi continuavano a ridere e scherzare del più e del meno.
Una corrente d’aria fresca aveva rinfrescato la serata calda dei sei giovani, ma nonostante la bella sensazione, i vestitini estivi non riuscivano nel intento di proteggere le ragazze dal freddo, per questo motivo erano strette ai loro uomini. 
“È ora di andare, altrimenti domani Jim mi uccide.” mormorò Emma chiudendo gli occhi, distrutta.
“Hai ragione, io sono stanca morta.” disse Elisa cercando di tenere gli occhi aperti.
Si salutarono leggermente intontiti, dirigendosi poi ognuno verso la propria auto.
Nel momento in cui Emma chiuse gli occhi dopo essere sprofondata nel sedile di pelle nera, si addormentò, e solo quando la voce bassa di Martin la chiamò, tentò di aprire gli occhi inutilmente, perché qualche secondo dopo li richiuse, non riuscendo a tenerli aperti, sentì solo la portiera del suo lato aprirsi e due mani calde alzarla dal sedile.
Emma appoggiò la testa sulla spalla si Martin, addormentandosi nuovamente.
 
Un rumore insistente ed irritante costrinse la ragazza a muoversi e a cercare alla cieca sul comodino, la causa di tutto quel baccano. Quando sentì sotto le sue dita il vibrare del cellulare aprì un occhio imprecando verso chiunque fosse stata quella personcina dolce, che l'aveva disturbata alle... sgranò gli occhi rendendosi conto che fossero solo le quattro del mattino.
Chi diavolo aveva avuto la bella idea di chiamarla alle quattro del mattino!
Schiacciò a caso un tasto, sperando di aver centrato il tasto verde.
Emma borbottò qualcosa che sembrò somigliare ad un "pronto.", ma neppure lei n'era tanto sicura.
"Emma!" esclamò la voce metallica proveniente da telefono, una voce che somigliava terribilmente a quella del fratello, che fosse successo qualcosa?
Immediatamente Emma si alzò a sedere stropicciandosi gli occhi con la mano libera, il terrore l'aveva svegliata.
"Dave tutto bene?"
"Emma... tu... Caroline... merda!"
La ragazza sgranò gli occhi non riuscendo a capire nulla da quella sottospecie di discorso senza senso.
"Dave datti una calmata se no non capisco!"
"Caroline... tanta paura."
"Caroline sta male?"
"Dave!"
Il fratello non rispose, aumentando l'agitazione della ragazza, che urlando aveva svegliato anche Martin.
"Ho paura Em."
"Merda David! Sto iniziando seriamente a preoccuparmi!"
Martin si sollevò appoggiando i gomiti al materasso, guardò la ragazza con un sopracciglio inarcato, non riuscendo a comprendere la conversazione, cosa che neppure la ragazza riusciva a fare.
"Caroline è incinta." sussurrò Dave infine.
Emma rimase a bocca aperta per qualche secondo, rendendosi conto di ciò che il fratello avrebbe detto.
Questo voleva dire solo una cosa, tra nove mesi sarebbe diventata zia!
"Dave mi hai fatto preoccupare, perché non l'hai detto subito!"
"Sono paralizzato dalla felicità, ma allo stesso tempo me la sto facendo addosso dalla paura."
"Hai paura di non essere un buon padre?"
"Esatto."
Emma sospirò passandosi una mano tra i capelli, intanto Martin sentendo l'ultimo straccio di conversazione aveva finalmente compreso, e con un sorriso si era nuovamente sdraiato, però sulle gambe della ragazza, che subito aveva iniziato a giocare con alcune ciocche di capelli, gesto che la rilassava.
"David Morris, tu sei sempre stato per me come un padre, ti sei sempre preso cura di me nel bene e nel male, anche a chilometri di distanza e quando tutto sembrava perduto. Sono più che sicura che sarai un padre meraviglioso, e maschio o femmina che sia, tuo figlio sarà un bambino fortunato con un padre come te e con una madre come Caroline."
Emma sentì il fratello tirare su con il naso e rispondere con voce leggermente incrinata.
"Grazie sorellina, non so come farei senza di te e senza i tuoi consigli."
"Ah, e scusa per l'ora, ma avevo davvero bisogno di parlarti."
"Non ti preoccupare, ricordati che sarò sempre al tuo fianco."
"Anch'io Emma, anch'io."
"Ti voglio bene Dave."
"Ti voglio bene anch'io piccola."
Emma poggiò il telefono sopra il comodino, abbassando lo sguardo verso Martin, che ad occhi chiusi disegnava figure senza senso sulla pelle scoperta della ragazza, Emma continuò a giocare con le sue ciocche quando poi sentì la voce roca di lui.
"Pensi mai al futuro?"
"Sì, certo. Perché lo chiedi?"
"Mi riferisco ad una famiglia."
"Lo so."
"Con me intendo."
Emma sussultò, certo che aveva pensato ad costituire una famiglia con lui, ma questo era successo quando era ancora una ragazzina innamorata, non che adesso fosse cambiata poi molto, semplicemente non era più una ragazzina, ma era ancora innamorata.
"Non lo so." rispose infine, senza mentire.
"Tu non la vedi come una cosa seria."
"Martin cosa stai dicendo?" il ragazzo in questione alzò finalmente lo sguardo, posandolo su quello di Emma, che confusa l'osservava.
"Sto dicendo che tu hai paura di essere lasciata, ancora."
"No.. io." non ebbe il tempo di proseguire, perché lo fece lui, alzandosi a sedere, arrivando all'altezza della rossa.
"Emma io ti amo e dopo tutto quello che ho passato per stare con te, non penso nemmeno un secondo a lasciarti, io voglio vivere con te, voglio sposarmi e avere dei figli. Certo secondo me è presto, ma ciò non toglie che io voglia queste cose."
Emma non seppe che dire, lo guardò con occhi sgranati al sentire quella confessione, ancora più importante di un ti amo, che in quel momento sembrava banale, eppure quelle cose le voleva anche lei, ma come aveva detto Martin, lei aveva paura che da un momento all'altro lui se ne andasse.
"Come non te ne vai tu, non me ne vado io Em. Non ti lascio." continuò prendendole il volto tra le mani, poggiando la fronte contro quella di Emma.
"Ora dormiamo okay?" Emma annuì sdraiandosi accanto a lui, stringendolo in un abbraccio pieno di domande, domande a cui aveva trovato risposta.
Poco prima di addormentarsi Emma decise di dire qualcosa che le ronzava ormai da qualche minuti, sin dalla fine del discorso del ragazzo.
"Ho sempre sognato di avere una famiglia con te, di invecchiare insieme, ma questo fino a quasi un mese fa mi sembrava un sogno, e per me è difficile abituarmi a questo, perché per me questo sembra tanto un sogno, un sogno da cui non mi voglio più svegliare."
"Ma questa è la realtà, e io non vado da nessuna parte."
"Lo so. Ti amo."
"Anch'io Em, adesso però è meglio se dormi, eh?"
Emma annuì contro il suo petto, lasciandogli un bacio caldo su di esso, prima di cadere tra le braccia di morfeo.


No, non è un miraggio! ;)
Vi avviso che ci stiamo avvicinando alla fine!
Ellie.

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Capitolo 18
*** Diciotto. ***



Diciotto.

"E-e-em."
"Nora? Stai bene?"
"N-n-no."
"Ma stai piangendo?!"
"Nora!"
"Mi ha lasciata.."
"Stai scherzando spero!"
"Ti sembra che stia scherzando Emma? Sto piangendo cazzo!"
"Porca paletta!"
"Ti dispiace se ci sentiamo più tardi? Devo riprendermi.."
"Sì, sì. Chiamami appena vuoi!"
Emma chiuse la telefonata sdraiandosi sul letto, dove si era seduta poco prima, sospirando e imprecando mentalmente contro quell'idiota.
Le avrebbe sentite, questo era poco ma sicuro.
Stupidi uomini.
"Amore tutto bene?" la voce roca di Martin, da poco svegliato dal suo riposino dovuto ad un noiosissimo film, le arrivò dritta alle orecchie, voltò la testa vedendolo avvicinarsi e sdraiarsi accanto a lei, iniziando a giocare con le ciocche dei suoi capelli.
"Prova a lasciarmi e ti stacco le palle."
Martin si bloccò bruscamente, rimanendo con una ciocca in mano, sbarrò gli occhi, cercando lo sguardo della ragazza.
"Che ti prende?"
"Jack ha lasciato Nora."
Improvvisamente Martin scoppiò a ridere, prendendosi uno schiaffo da Emma, che lo guardava scioccata, come poteva ridere in una situazione del genere.
"Non c'è niente da ridere, idiota!"
Martin cercò di calmarsi, massaggiandosi contemporaneamente la parte lesa.
"Oggi è il primo d'aprile." disse infine, ottenendo il silenzio assoluto da parte della rossa.
"L'ammazzo quella ragazza." sussurrò decisamente arrabbiata, notando solo ora di come l'amica fosse passata dal non riuscire a parlare per il pianto, all'urlarle tranquillamente come se niente fosse in pochi secondi.
Martin ricominciò a ridere, risata dovuta allo sguardo assassino della rossa e il broncio che aveva messo su.
"Su, vieni qua." disse stringendola in un abbraccio, che servì a far spuntare un sorriso sul volto imbronciato della ragazza, strofinò il naso sul petto di Martin e alzò la testa lasciandogli un bacio sulle labbra
"Mi aiuterai a vendicarmi vero?"
Martin annuì, ricambiando il bacio e sorridendo sulle labbra di lei.
"Martin?"
"Mmh?"
"Era davvero così noioso il film?" domandò con voce dispiaciuta, il ragazzo scosse la testa stringendola di più tra le sue braccia.
 
Emma si piazzò davanti la porta con un sorriso piuttosto evidente, puntò l'indice in direzione del campanello, che suonò divertita sentendo la canzoncina che ne derivò, una novità del momento.
La porta si spalancò e Caroline in tuta e capelli raccolti e ricrescita la accolsero assieme un sorriso amorevole, la rossa tentò di abbracciarla, ma la pancia ingombrante fu davvero problematica, si staccò da quel semi abbraccio posando una mano sul pancione, ormai era questione di giorni, infatti la scadenza era già stata superata.
La bambina, sì, siccome Caroline era impazzita per decidere i colori della cameretta e vestitini aveva obbligato, o meglio minacciato, il ginecologo di rivelarle il sesso del bambino, e con immensa gioia avevano avuto la bella notizia, Emma ricordò ancora dell'espressione addolorata di Martin quando l'aveva saputo, accompagnata da un "Un'altra Morris in famiglia, siamo fregati.".
Simpaticone.
"Ti prego fallo smettere!" urlò Dave comparendo in corridoio, con le mani a coprire le orecchie e un espressione sofferente sul volto, Emma ridacchiò divertita da quella situazione surreale.
Dave si riferiva alla musichetta irritante che Caroline aveva deciso di installare ogni qual volta qualcuno suonasse il campanello, una sua voglia aveva detto, ma secondo il modesto parere di Emma, la cognata si divertita a vedere soffrire il fratello, e non era l'unica, per questo motivo Emma continuava a suonarlo ogni volta ne avesse la possibilità.
"Vi siete coalizzate, ammettetelo!" continuò andando a spegnere il campanello, tirando un sospiro di sollievo una volta fatto.
"Sono circondato da donne, come farò con la piccola? Perché Martin non c'è?"
"Deve lavorare."
"Ho bisogno di lui." sussurrò l'uomo, passandosi la mano tra i capelli.
"Non eri tu quello che non lo sopportava?" domandò Emma alzando un sopracciglio sospettosa.
"Ho cambiato idea." borbottò ritirandosi in soggiorno, lontano dalle grinfie delle due.
Emma e Caroline si lanciarono un occhiata complice, facendo trasparire il loro divertimento.
"Vieni, andiamo in cucina, ho appena sfornato un nuovo dolce."
Emma annuì più che felice di seguirla, in quei nove mesi la ragazza aveva messo sicuramente troppi chili, dovuti ai sperimenti culinari della cognata, e l'estate si stava avvicinando, avrebbe dovuto iniziare a mettersi a dieta, nonostante il movimento fisico che faceva..
Caroline si diresse lentamente verso il bancone, dove appoggiata sul ripiano faceva la sua bella figura una torta ricoperta di cioccolato.
Emma si sedette al tavolo, guardando il dolce tra le mani della cognata, con gli occhi a cuoricino, doveva mettersi a dieta, eppure non riusciva a dire di no. Alzò lo sguardo rivolgendolo a Caroline, che sorrise teneramente.
"Perché mi fai questo Carol?"
Caroline scoppiò a ridere sedendosi anche lei a tavola, tagliando due fette da distribuire sui piattini posizionati in precedenza, sapeva che almeno una volta alla settimana la piccola Emma le faceva visita, la donna era pronta ad ogni evenienza infatti.
"Ma tesoro mio, sei così magra."
Emma sgranò gli occhi, fissandola a bocca aperta con il pezzo di torta fermo in aria.
"Sei diventata come la nonna!" esclamò sconvolta.
"Oh mio dio, hai ragione." sussurrò portandosi una mano sulla bocca.
"Che faccio adesso?" continuò Caroline preoccupata.
"Non lo so?"
Le due continuarono a scambiarsi sguardi indecifrabili per qualche minuti, dimenticandosi anche della torta.
"Che succede qua? C'è troppo silenzio.." Caroline ed Emma si voltarono verso Dave appena entrato nella stanza, si bloccò immediatamente spaventato dagli sguardi delle due.
"Tutto bene?" domandò alternando lo sguardo da una all'altra.
"Sono diventata come tua nonna, amore."
Dave alzò il sopracciglio evidentemente confuso, aspettò che la moglie proseguisse.
"Sono una balena, e parlo come una nonna." ed ecco che le lacrime iniziarono il loro percorso lungo le guance, imbrattando di nero il viso della donna, Dave sospirò avanzando verso Caroline, l'abbracciò da dietro baciandole la guancia e sussurrandole quanto l'amasse e quanto fosse bella, come faceva ogni volta che aveva una crisi ormonale, ben presto la donna smise di piangere lasciandosi andare ad un sorriso appena abbozzato, stringendo le mani del marito.
Emma osservò la scena con il sorriso stampato sulle labbra, vederli così le scaldava il cuore rendendola davvero felice per il suo fratellone.
Eppure non provò gelosia come aveva inizialmente pensato, era tranquilla, perché ciò che aveva con Martin era esattamente quello che voleva e quello di cui aveva bisogno, nulla di più, almeno per il momento, certo, nessuno parlava di matrimonio, però doveva ammettere di averci pensato qualche volta, si era vista col vestito bianco a passeggiare lungo la navata, vedendo davanti a se solo lo sguardo pieno di amore di lui.
Ma questo rimaneva solo un suo piccolo segreto.
 
Una settimana dopo, esattamente alle due del pomeriggio ricevette la tanto attesa chiamata da parte del fratello, le acque si erano rotte.
Chiamò immediatamente Martin al lavoro, dicendogli di raggiungerla in ospedale.
Una decina di minuti dopo Martin arrivò trafelato nella sala d'attesa, dove Emma, Adele, Amy e il fidanzato Nick, erano seduti, il ragazzo salutò con un cenno del capo per poi andare a sedersi vicino Emma, leggermente in ansia, le prese la mano intrecciandola alla sua, infondendole un po' di tranquillità, tranquillità che venne interrotta dal arrivo dei genitori di Caroline seguiti dalla Vipera.
Emma si immobilizzò sulla sedia, stritolando la mano di Martin, che a differenza della sua ragazza dimostrò indifferenza, Jenelle dal canto suo lanciò un occhiata sufficiente a Martin per poi squadrare Emma da cima a fondo finendo con una smorfia.
Jenelle non aveva perdonato Martin per averla mollata, soprattutto per averla mollata per quella sgualdrina da quattro soldi, era il suo uomo e se l'era fatta portare via da sotto il naso, ma non aveva intenzione di riprenderselo, uno come lui che aveva scelto una come lei non valeva la pena.
Per tutta la durata del parto nessuno disse una parola, ci furono solo alcuni spostamenti, come Amy che andò a prendere il caffè per se e Nick, oppure come Adele che scappò un paio di volte in bagno.
Finalmente Dave uscì dalla sala parto, accompagnato da alcune infermiere che portarono una addormentata Caroline nella sua stanza, abbassò la mascherina blu, mostrando il suo sorriso radioso e cercando di nascondere qualche piccola lacrima di felicità.
"Si chiama Emily." sussurrò quasi non riuscendo a parlare.
La prima a muoversi fu Emma, che staccatasi da Martin, corse verso il fratello, saltandogli al collo, scatenandogli una piccola risata.
"Sono zia."
"Sono papà." mormorò incredulo, stringendo forte la sorellina.
Emma si staccò da quella morsa con le lacrime agli occhi, con calma tutti si alzarono pronti a congratularsi con il neo papà, perfino la fredda Jenelle aveva dimostrato la sua felicità abbracciandolo e lasciandosi sfuggire qualche lacrima.
 
Caroline si svegliò sentendo il pianto di un bambino, o meglio una bambina, la sua, aprì gli occhi vedendo Dave camminare su e giù per la stanza con in braccio la piccola, cercando di calmarla, canticchiava una canzoncina giocando con il ditino del neonato.
Si voltò verso la donna accorgendosi solo in quel momento del suo risveglio, sorridendole si avvicinò al letto per lasciarle un bacio sulla fronte.
"Guarda, la mamma si è svegliata." sussurrò alla piccola che aveva smesso di piangere, delicatamente la posò nelle braccia della madre, che non riuscendo a trattenersi iniziò un pianto silenzioso, ma con il sorriso stampato sul volto, sussurrando alla piccolina.
Alzò poi lo sguardo, puntandolo sul marito.
"Ti amo."
"Ti amo anch'io." sorrise l'uomo riprendendo a giocare con la manina della piccola.
 
La prima cosa che fece una volta uscita dal ospedale, fu quella di avvisare le amiche della novità, quella con la reazione migliore ovviamente fu Nora, che ancora la telefono urlò la notizia a Jack, di cui Emma sentì la voce entusiasta.
Emma non aveva ancora avuto l'occasione di vendicarsi, ma c'era tempo, di questo non doveva preoccuparsi.
Caroline invece sarebbe stata dimessa dal ospedale entro tre giorni insieme ad Emily.
Entrò a casa ritrovandosi Martin ad aspettarla seduto sul primo scalino, senza dire nulla si sedette accanto a lui prendendogli la mano ed intrecciandola con la sua, come aveva fatto lui poche ore prima in ospedale, qualcosa non andava e Emma lo vedeva nella postura di Martin.
"Amore?"
Martin non alzò lo sguardo, in compenso le strinse la mano.
"Mio padre vuole che vada a dirigere l'azienda in Russia. Sai abbiamo fatto degli investimenti là, e il mercato va piuttosto bene."
Emma appoggiò la testa sulla spalla di Martin, ricambiando la stretta sulla mano.
"Gli ho detto che se lo può scordare, abbiamo litigato e mi ha cacciato di casa e tolto dall'azienda. Adesso non ho una casa, ne un lavoro, l'unica cosa che mi rimane sei tu." alzò finalmente lo sguardo incrociandolo con quello di Emma, sciolse le loro mani, per portare il braccio a circondarle le spalle stringendola sempre più forte, quasi con la paura di vederla sparire.
"Una casa c'è, ed è questa, in fin dei conti trascorrevi più tempo qua che a casa, quindi considerala come tua, per quanto riguarda il lavoro non ti preoccupare, con la tua tenacia troverai di sicuro qualcosa."
"Grazie." sussurrò poco prima di baciarla.
 
"Ma guardala, non è un amore?"
"Sei uguale al tuo papà, lo sai piccolina?"
Emma con in braccio la piccola Emily, continuava a divertirsi sperimentando la sua posizione di zia, ormai innamorata della sua nipotina, sotto lo sguardo divertito di Martin e Dave.
Emily aveva fatto colpo su tutti, se solo ci fossero stati i genitori di Emma e Dave a vederla.
"Quindi tu e mia sorella fate sul serio, eh?" Martin voltò immediatamente la testa verso il moro seduto accanto, annuì automaticamente senza bisogno di pensarci.
"Lo sai che sono cambiato." mormorò Martin non accennando a distaccare lo sguardo, Dave continuò a guardarlo per un po', quando poi con uno sbuffo si arrese voltando il capo in direzione della sorella.
"Sì, hai ragione, ma permettimi di preoccuparmi per lei. Se lei ha deciso di darti una seconda possibilità posso farlo anch'io, ma non provare neppure per un secondo a farla soffrire o questa volta non la passerai liscia.
Martin rabbrividì spaventato, ma in cuor suo sapeva che non l'avrebbe fatta soffrire, almeno non volontariamente.
"Sarò io il primo a farmi male, non ti preoccupare." sussurrò pensieroso, tornando a volgere lo sguardo alla rossa, ancora impegnata a giocare con la nipotina, chissà come sarebbe stata la loro di bambina..
 
Poco prima di andarsene, Emma, si ricordò di un dettaglio che aveva taciuto a Martin, si bloccò richiamando la sua attenzione.
"Stasera siamo a cena a casa si Elisa e Liam, ci sarebbero dovuti stare anche gli altri due, ma siccome sono due idioti, da quello che ho capito hanno litigato, saremo solo noi quattro."
"E' brutto dire che non ne sono stupito?"
"Per niente." ridacchiò Emma, contagiando anche lui, lo prese per mano e lo trascinò fuori salutando i proprietari di casa.
 
Non appena Elisa sentì il rumore del campanello, si sistemò il vestito nero indossato per l'occasione, andando ad aprire alla porta. Accolse la coppia con un abbraccio, conducendoli nel salotto, dicendogli che la cena sarebbe stata pronta a minuti. Tornò in cucina vedendo il proprio uomo all'opera, infatti Elisa era negata in cucina, più ci provava e più distruggeva ogni cosa, così Liam da ragazzo saggio quale era, aveva deciso di occuparsi lui dei pasti, lasciando alla mora i lavoro domestici, ma nonostante questo era sempre rimproverato per il non aiutare, così oltre a cucinare era costretto ad aiutarla con i lavori.
Elisa sorrise vedendolo con il grembiule tutto impegnato a non rovinare nulla, avrebbe voluto abbracciarlo o dargli un bacio, ma sapeva che lo avrebbe disturbato, rischiando di rovinare il faticoso lavoro che stava facendo, perciò si limitò a richiamarlo chiedendogli se avesse bisogno di aiuto, Liam negò senza proferire parola, così la ragazza si limitò a tornare dagli ospiti, intrattenendoli con risate e semplici chiacchierate fino al momento in cui Liam avrebbe finito.
Liam apparì in salotto senza grembiule e con le mani libere dai guanti, andò a salutare Martin ed Emma, dando una pacca sulla spalla al primo e abbracciando la seconda, era quasi passato un anno da quando aveva conosciuto quella marmaglia di gente e quindi da quando stava insieme ad Elisa, la sua Elisa. Le sorrise posandole la mano sulla schiena, vedendo la ragazza illuminarsi in un sorriso amorevole e sporgersi sulle punte per lasciargli un bacio a fior di labbra, veloce ma intenso come ogni loro bacio, si amavano e avevano aspettato tanto a dirselo, che quando era successo avevano passato tutta la notte a far l'amore insaziabili di quelle emozioni.
 
"E' vero quello che ho sentito?" Emma alzò lo sguardo con un espressione innocente, masticando un boccone di carne, verso l'amica, che a sua volta la osservava tranquilla.
"Cofa?" chiese continuando a masticare, ingoiò poi la carne pulendosi la bocca con il tovagliolo.
"Torni in Italia?"
Martin per poco non si strozzò con il polpettone, tossì battendo la mano sul petto aiutando il cibo a scendere, intanto Emma aveva iniziato a battere anche lei la mano sulla sua schiena vedendolo in difficoltà. Il ragazzo una volta salvo voltò il busto e la testa alla sua destra inespressivo, non l'avrebbe mai lasciato, vero?
"Amore tranquillo." Emma gli sorrise accarezzandogli la guancia ruvida, Martin sembrò rilassarsi sotto il tocco della ragazza, ma rimase sempre sull'attenti, aspettandosi di tutto.
"Veramente era una sorpresa.." continuò Emma, "..ma qualcuno.." si bloccò lanciando un'occhiataccia ad Elisa che sorrise mortificata, "l'ha rovinata."
"Quale sarebbe la sorpresa?"
"Avevo pensato di passare l'estate in Italia, pensavo ti sarebbe piaciuto." disse timidamente, abbassando lo sguardo imbarazzata e smettendo di accarezzargli la guancia.
Martin sorrise, sporgendosi per lasciarle un bacio sulla guancia.
"Certo che mi fa piacere, quindi quando si parte?"
"A Luglio." rispose la ragazza con il sorriso stampato sul volto, un sorriso che non voleva andarsene, Martin le prese la mano incrociandola con la propria, sotto lo sguardo attendo di Elisa, che da brava pettegola non si era persa niente, e la prima cosa che avrebbe fatto sarebbe stata quella di ridire ogni singola parola e gesto a Nora, seguito da qualche urletto di entrambe.
Liam osservò Elisa, vedendo quello sguardo cospiratorio, scosse la testa immaginando il resoconto dettagliato che avrebbe dovuto subire la sua vittima, tornò con lo sguardo sulla coppia che tornata a guardarli, sorrideva tranquilla e rilassata.
Ricominciarono a chiacchierare, evitando di accennare al discorso, anche se Elisa fremeva dalla voglia di farlo, chiunque se ne sarebbe accorto, ed era solo questione di tempo.
Si alzarono da tavola a mezzanotte passata, un po' brilli a causa dell'alcol, tutti tranne Martin che avrebbe dovuto guidare, nel compenso si divertita ad osservare le due amiche urlare e ridacchiare in modo più sciolto, si salutarono sulla porta promettendosi di incontrarsi presto.
Nel momento in cui Emma si sedette sul sedile crollò in un sonno profondo, che fu interrotto solo una volta arrivati a casa, ma non completamente, così Martin fu costretto a prenderla in braccio e portarla dentro casa.
Elisa invece una volta chiusa la porta iniziò a ridere sguaiatamente senza motivo, correndo poi verso il salotto.
"Nora, per fortuna sei ancora sveglia!" urlò la ragazza facendo segno di silenzio al muro davanti se, Liam scosse la testa andandole a preparare un'aspirina.

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Capitolo 19
*** Diciannove. ***



Diciannove.

Stesso aereo, volo diverso.
Solo un anno prima, Emma, aveva preso un aereo che l'aveva riportata a casa, costringendola ad affrontare il suo passato, dandole l'occasione di ricominciare da capo, e ora si trovava nuovamente seduta su un aereo diretta verso quella che per cinque anni aveva considerato casa condividendola con Elisa, ma non era sola, perché accanto a se aveva Martin, che terrorizzato le stringeva la mano, finendo quasi per stritolarla.
Martin aveva sempre temuto di volare, per questo motivo durante la gita dell'ultimo anno, Emma aveva saputo del suo fingersi malato, tutto pur di non affrontare quella paura.
Solo pochi giorni prima della partenza Martin aveva iniziato a cambiare idea, tirando fuori scuse su scuse fino ad ad arrivare ad implorarla, ma niente aveva fatto cambiare idea alla ragazza che lo aveva rassicurato dicendogli che sarebbe andato tutto per il meglio.
Emma guardò il profilo del ragazzo, notando quanto fosse teso e di come il suo sguardo vagasse ovunque senza mai soffermarsi in un punto preciso, gli strinse la mano attirando finalmente la sua attenzione, Martin la guardò come se avesse appena visto un fantasma, era davvero impaurito e questo intenerì la ragazza che staccò le loro mani intrecciate, per poi prendergli il volto tra le mani e fissare gli occhi scuri di lui intensamente.
"Amore va tutto bene. Ci sono io qui okay?" la ragazza abbozzò un sorriso, inclinando leggermente la testa, cercando di rendersi più credibile, Martin invece rimase immobile per qualche secondo finché sospirò arrendendosi allo sguardo della ragazza.
"Lo so, lo so, ma ho paura. Mi dai un bacino almeno?" sussurrò mostrandole il faccino più dolce che riuscì a fare in quel momento di paura.
Emma sorrise teneramente, sporgendosi sulle labbra del ragazzo, lasciandogli un semplice bacio, nulla a che vedere con quelli che erano solito scambiarsi, per questo motivo quando si staccò vide il viso di Martin imbronciarsi, assomigliando sempre di più ad un bambino.
"Cosa dovrebbe essere questo?"
"Un bacio." rispose la ragazza staccando le mani dal suo viso, per riprendergli la mano.
"Stai scherzando vero?" continuò imperterrito, deciso a non arrendersi, nello stesso momento venne trasmesso l'annuncio, per i passeggeri, di allacciarsi le cinture, annuncio che solo Emma udì, fortunatamente Martin appena salito si era ostinato a voler allacciarsi la cintura dicendo che prevenire è meglio che curare.
Prima che il ragazzo potesse rendersi conto del movimento, Emma, si tuffò su di lui baciandolo con quanto più trasporto riuscisse a metterci, Martin inizialmente ne fu sorpreso, ma non ci mise molto a riprendersi, ricambiando il bacio con il sorriso sul volto.
Staccandosi, a Martin cadde lo sguardo sul finestrino aperto alle spalle di Emma, guardò le nuvole circondare l'ala dell'aereo, rimanendo a bocca aperta, perdendo la paura che lo aveva terrorizzato poco prima, tutto grazie alla sua Emma, che accorgendosi della direzione presa dal suo sguardo, si girò seguendola.
"Bello vero?" domandò la ragazza ammirando la vista, che la prima volta sei anni prima l'aveva liberata da un enorme peso.
Martin si limitò ad annuire completamente immerso con lo sguardo fuori dal finestrino, sapeva di non essere visto, ma non riusciva a trovare le parole, finalmente era riuscito a superare la sua paura e questo lo sconvolgeva.
"Felice?" Martin scosse la testa riprendendosi, certo che era felice, e il sorriso che nacque sul suo volto lo dimostrò.
"Bene, adesso sarà meglio che dormiamo un po'." disse sorridendogli e accarezzandogli la guancia ora finalmente liscia, con la mano libera.
Il ragazzo sorrise facendole segno di appoggiarsi alla sua spalla, suggerimento che Emma non aspettò molto per prenderlo alla lettera.
 
Scendendo dall'aereo, Emma, alzò le braccia stiracchiandosi, imitata da molti dei passeggeri di quel volo, ruotò il collo alla ricerca di Martin, che spaesato guardava il pavimento quasi fosse un lingotto d'oro, sembrava che da un momento all'altro si sarebbe inginocchiato per venerarlo, Emma non riuscì a trattenersi, scoppiando a ridere per la scena tragi-comica.
Gli tese la mano ancora ridendo, mano che venne afferrata prontamente dal ragazzo, nonostante lo sguardo imbronciato.
Seguirono la massa di persone, di tutti i tipi, che li precedeva conducendoli verso il nastro del ritiro bagagli, Martin non aveva idea di cosa fare, infatti guardò preoccupato Emma, che da esperta quale era, lo condusse in prossimità del nastro, dopo aver adocchiato le loro valigie si fece dare una mano dal ragazzo per recuperarle, pesanti qual'erano.
Camminando verso l'uscita, Emma si bloccò davanti il bar dell'aeroporto, ricordandosi di non aver fatto colazione quella mattina, accertandosene sentendo un brontolio proveniente dallo stomaco, istintivamente si coprì la pancia lanciando un'occhiata verso Martin, che avendo sentito il rumore le sorrise divertito.
"Hai fame?" ridacchiò posandole il braccio intorno le spalle, Emma roteò gli occhi tornando con lo sguardo al bar, rivolto in particolare alle brioches in bella vista.
"Secondo te?!" rispose sbuffando, incamminandosi dentro il bar.
Si sedettero in uno dei tavolini in fondo al bar, aspettando l'arrivo del cameriere passarono il tempo a stuzzicarsi, fingendo di arrabbiarsi per poi sbuffare e ridacchiare, continuando a torturarsi con battutine allusive e il nemico per eccellenza della rossa, il solletico.
Al cameriere ordinarono tre brioches, due alla marmellata ed una alla crema, oltre a due cappuccini. Quando Emma aveva sentito Martin ordinare due brioches non si era sorpresa più di tanto, infatti il ragazzo era solito mangiare come un maiale e non ingrassare neppure di un grammo, cosa che se avrebbe fatto lei, in quel momento sarebbe stata un barile; aveva fatto una fatica immane per perdere i chili che aveva guadagnato con i dolcetti di Caroline, era stata costretta ad andare in palestra con Martin, dovendo subire i continui sguardi maliziosi e la bava colante delle donne di mezza età e ragazzine che si mangiavano vivo il suo uomo, senza poter far nulla per fermarle.
Si era promessa di evitare i dolci per molto tempo, ma sapeva che la sua promessa sarebbe stata infranta sul nascere, come poteva non mangiare dolci quando avrebbe passato due mesi in Italia?
Il cameriere ritornò con le loro ordinazioni, lanciando uno sguardo perplesso verso Martin, che nel frattempo aveva iniziato a divorare la sua brioches numero uno; Emma invece con calma aveva iniziato a mangiare la sua, tenendo sempre aggiornata la situazione zucchero a velo intorno le labbra, cosa che invece lui non fece, sporcandosi tutto il contorno delle labbra, continuando però a non badare a quel "piccolo" dettaglio.
"Aspetta che ti pulisco." Emma tirò su i capelli in una coda, prima di prendere un tovagliolo e pulirlo, Martin invece si grattò i capelli leggermente imbarazzato.
Nello stesso momento due ragazze, probabilmente sui diciassette anni entrarono nel bar, e non appena videro il ragazzo si bloccarono con la bocca aperta, scambiandosi un occhiata decisero di sedersi poco lontano dalla coppia, li osservarono, o meglio fecero una radiografia a Martin partendo dai capelli corti riccioluti, passando per i muscoli che si intravedevano dalla maglietta maniche corte, arrivando alle gambe abbronzate.
Emma si accorse delle due ragazze, del loro sguardo insistente e della bava che rischiava di colare da un momento all'altro, trattenne a stento una risata, per loro fortuna Martin era troppo concentrato sul cibo per accorgersi di loro.
"Ma non potresti mangiare con calma? Non te la ruba nessuno la brioches." brontolò Emma, finendo la sua brioches e controllando di non essersi sporcato come il bambino li vicino, Martin le rispose con qualche mormorio, non prestandole più di tanto attenzione.
"Mio dio hai visto quanto è figo quello?"
"Zitta che ci sentono!"
"Ma sono inglesi, non li hai sentiti?"
"Ah si? Non me n'ero accorta."
"Idiota. Secondo te quanti anni ha?"
"Una ventina?"
 
"Cosa ho detto io, scusa?"
"Aspetta perché la rossa ci sta fissando?"
"Dici che capisce?"
"Naa, è impossibile, non possiamo essere così sfigate."
"Evidentemente è il loro giorno sfortunato." disse Emma rivolta alle ragazze, ma guardando Martin, che ovviamente la guardò con un sopracciglio alzato, non avendo capito niente.
Subito dopo aver sentito la frase detta da Emma le due ragazze si guardarono con gli occhi spalancati sussurrando qualche parola "molto fine" e scappando fuori dal locale imbarazzate, lasciando il cameriere con in mano il vassoio con le loro ordinazioni, a bocca aperta, brontolò poi tornò al bancone prendendosi la brioches delle ragazze.
"Em, che combini?" Martin, sempre con il sopracciglio alzato, la osservava leggermente divertito, nonostante il suo concentrarsi sul cibo si era accorto dello sguardo assassino della rossa verso quelle povere ragazzine, e quando dopo aver pronunciato quella frase in italiano le due erano scappate, aveva capito che era stata colpa sua.
"Niente." disse la ragazza con il sorriso più falso che potesse mostrare, Martin non rispose, limitandosi a fissarla, Emma allora sbuffò roteando lo sguardo.
"Potrei aver sentito dei discorsi in particolare centrati su di te, e averle fatto capire che potevo capirle benissimo." sottolineò l'ultima parola con un sorriso sadico.
Martin scoppiò a ridere, appoggiandosi con la schiena al muro, mentre Emma spostava lo sguardo da una parte all'altra del locale fingendo indifferenza.
"Sempre la solita."
 
Dopo aver preso un taxi avevano raggiunto l'hotel, facendo il check in e portando i bagagli nella stanza, si erano fatti una doccia, separatamente, per colpa del troppo caldo e finendo con il cambiarsi con abiti adatti alla temperatura, a cui lui non era per niente abituato; Emma finì col indossare un vestitino a fiori che le arrivava sopra il ginocchio sistemandosi la borsa a tracolla e sciogliendo i capelli che le arrivano poco sotto le spalle, recuperò i suoi nuovi occhiali da sole e seguì Martin fuori dalla stanza, pronti per visitare Milano, la sua città.
Emma si fermò in mezzo al marciapiede, proprio sotto un palazzo di color rosso scuro, lo guardò sorridendo, facendo riemergere tutti i ricordi di quei cinque anni, come fosse ieri, Martin l'affiancò osservando anche lui il palazzo, non vedendoci però niente più di una vecchia casa.
"Questa era casa mia."
Rimasero entrambi in silenzio per qualche secondo, una persa nei ricordi e l'altro impegnato a riflettere, fu lui infine a spezzare il silenzio.
"Ti manca?" domandò leggermente preoccupato, Emma ruotò di poco la testa incontrando il suo sguardo, gli sorrise lievemente per poi tornare a guardare davanti a se.
"Solo i ricordi che contiene."
Rimasero ancora qualche secondo fermi, fino a quando Emma decise che era ora di muoversi, gli tese la mano, sorridendogli apertamente.
"Vieni, ti faccio vedere il Duomo."
 
Erano rimasti a Milano due giorni, tra caldo afoso e shopping sfrenato da parte della ragazza e non solo, la prossima tappa sarebbe stata la capitale, città che Emma non era ancora riuscita a visitare nei cinque anni in cui aveva abitato in Italia, dovuto allo studio.
A Milano aveva passato il tempo fotografando ogni cosa le capitasse sotto il naso, ma ricontrollando le foto si era ben presto accorta che il soggetto principale della maggior parte delle foto era Martin, un riflesso involontario; quando il ragazzo se n'era accorto era scoppiato a ridere e successivamente aveva iniziato a scattarle foto da ogni angolazione giustificandosi con la carenza di foto della rossa; infine i due avevano stipulato un compromesso scattandosi foto assieme, assicurandosi di non avere mai una faccia seria.
 
Passeggiando per Roma da veri turisti, Emma, si sentì tremendamente osservata, continuava ad osservare le espressione delle persone che le stavano accanto, quando Martin se ne accorse le strinse la mano, cercando di attirare la sua attenzione.
"Continuano a fissarmi." disse riportando lo sguardo lontano dal suo, se non si pensava al terrore provato dalla ragazza, la situazione poteva sembrare quasi comica, ed era così che stava vivendo il momento Martin. Preoccupato per la sua donna iniziò a cercare il motivo dello sguardo dei passanti, perché facendoci caso, Emma aveva ragione, la guardavano e una volta sorpassata ridacchiavano, ispezionò la ragazza da cima a fondo, accorgendosi di un dettaglio, abbastanza visibile, di cui prima non aveva fatto caso.
"Amore?"
Emma mormorò qualcosa ruotando il collo nella sua direzione.
"Prima in bar, ti sei rovesciata il the per caso?" la ragazza inclinò la testa, in un momento di riflessione, poi sbarrò gli occhi e abbassò lo sguardo verso i suoi pantaloncini corti, rialzò lo sguardo, mettendosi la mano davanti la bocca completamente in imbarazzo.
"Sì, sembra che te la sia fatta addosso." scoppiò a ridere il ragazzo, venendo subito fulminato dallo sguardo adirato di lei.
"Aiutami, cazzo!" urlò lei furibonda andandosi a nascondere dietro Martin, abbracciandogli la vita.
"Pensi di camminare così?"
"Qualcosa in contrario?" domandò sospettosa, sbucando con la testa da dietro la sua schiena.
"Ma figurati, io sto benissimo." rispose Martin sorridendole e prendendole le mani che intrecciò alle sue.
Non fu affatto facile camminare in quel modo verso l'albergo, continuavano a dondolare e cercare di non cadere, attirando nuovamente lo sguardo dei passanti, che questa volta invece di deriderli, sospiravano invidiandoli.
Non sembrò possibile, ma il tempo trascorso nella capitale non sembrò finire mai, e non per le bellezze della città, ma per i continui disastri che causavano, ad altri e a se stessi, come quella volta che Emma involontariamente aveva pestato la coda di un cucciolo di Labrador sdraiato a terra, il cane si era alzato di colpo abbaiando e scappando, non sarebbe stato un problema se non fosse attaccato alla sedia della padrona, successe tutto in pochi secondi, il cane corse trascinando la sedia con se e facendo quindi cadere la donna, che si aggrappò al tavolo cercando di non cadere; sfortunatamente a cadere furono lei e il tavolo e il marito che non sapeva se ridere o piangere, Emma da parte sua se l'era data a gambe pochi istanti dopo seguita da Martin, che aveva rischiato di inciampare nello scalino del locale.
Un disastro insomma.
 
L'ultima tappa fu la Sardegna, affittarono un appartamento poco distante dalla spiaggia, dove avrebbero trascorso le vacanze fino agli inizi di settembre, quando il lavoro sarebbe ricominciato e in particolare per festeggiare con gli amici il compleanno del ragazzo, ne avrebbe compiuti 28, un età che gli metteva tristezza e lo spingeva o meglio la sua famiglia e amici, a mettere su famiglia, eppure lui aveva già Emma, era lei la sua famiglia, ma sapeva cosa gli altri volevano da lui.
Il punto era cosa voleva lui.
Il primo giorno in cui erano andati in spiaggia, Martin era rimasto con i piedi fissi a terra e con uno sguardo da pesce lesso, non aveva mai visto dal vivo una spiaggia del genere e averla a pochi metri dal suo naso gli sembrava un traguardo, Emma invece vedendolo in quello stato catatonico era scoppiata a ridergli in faccia, trascinandolo poi verso la cabina del bagnino, dove come scritto sul cartello, si poteva noleggiare ombrellone e sdraio.
Emma sorrise gentilmente al ragazzo, molto più piccolo di lei, essendo l'unica a poter comunicare con lui.
Dopo aver pagato Marco il bagnino, come aveva detto di chiamarsi leggermente in imbarazzo e forse in soggezione per lo sguardo scettico di Martin, li aveva condotti in prima fila verso gli ombrelloni azzurri, prese due sdraio passandoli a Martin e andandosene poi, salutando con un cenno della mano.
Martin sistemò gli asciugamani sugli sdraio, posizionati vicini, per poi togliersi finalmente la canottiera, mostrando il fisico scolpito da anni di palestra, Emma era rimasta a fissarlo per tutto il tempo, nonostante l'avesse visto più volte nudo che con i vestiti addosso, non riusciva a fare a meno di guardarlo attratta.
Martin ovviamente se ne accorse lanciandole un sorriso malizioso che diceva tutto e niente.
Adorava quelle attenzioni da parte di Emma.
Continuò ad osservarla aspettando il momento in cui anche lei finalmente si sarebbe tolta quel vestitino colorato, quando poi la vide alzare le braccia si avvicinò subito dandole una mano a velocizzare il tutto, appoggiò il vestito vicino alla sua maglia e si allontanò di poco, abbastanza però da osservare il corpo della ragazza, un corpo che Emma aveva sudato per avere, eppure nonostante tutti i dolci era riuscita a far sparire tutto, si sentiva piuttosto soddisfatta, e lo sguardo del ragazzo lo confermava.
Martin le afferrò un fianco, schiacciandola contro il suo petto, Emma scoppiò a ridere divertita, venendo però interrotta dalle labbra di lui, sorrise automaticamente contro la sua bocca iniziando a giocare.
 
"Em sai di essere bianca vero?"
La ragazza sdraiata comodamente a pancia in giù sopra lo sdraio, girò la testa socchiudendo gli occhi, Martin sdraiato con le braccia dietro la testa la guardava preoccupato.
"Non è una novità, quindi direi di si." borbottò sospirando.
"Era un modo carino per chiederti se volevi che ti mettessi la crema."
Emma aprì la bocca, rendendosene conto solo in quel momento, scoppiò a ridere della sua ingenuità; annuì poi sorridendogli mortificata per non aver capito subito, non appena sentì le mani di lui si rilassò, chiudendo nuovamente gli occhi, finendo quasi per addormentarsi.
"Em?"
"Mmh.." sussurrò Emma riprendendo a malapena i sensi.
"Stavi dormendo?" chiese guardandola alzarsi a sedere scettico, Emma scosse la testa prendendo il tubetto di crema, spremendolo sulla mano, incrociò le gambe così da potersi sistemare più vicino, iniziò poi a spalmare la crema, divertendosi a fargli il solletico nei suoi punti più sensibili.
"Adesso possiamo andare in acqua?" domandò lui una volta che Emma ebbe finito, voltando la testa e mostrandole lo sguardo più dolce che riuscisse a fare, ottenendo il risultato di farla sorridere teneramente e annuire alzandosi per prima.
Martin non aspettava altro da quando erano arrivati in spiaggia, quasi mezz'ora prima, eppure non aveva voluto disturbarla vedendola così a sua agio e rilassata, ma una volta entrambi in piedi camminarono mano nella mano verso l'acqua, poco lontano, acqua limpida e calda come si resero conto dopo averci messo piede dentro.
Martin iniziò a correre verso la parte più profonda, quella con meno persone, Emma invece si mosse lentamente guardandosi in giro, circondata da coppie, famiglie, bambini e ragazzini, eppure anche lei aveva un bambino di cui occuparsi, un po' cresciuto, ma sempre con l'animo da bambino, infatti appena gli si avvicinò, Martin iniziò a schizzarle l'acqua addosso, non lasciandole nemmeno il tempo per chiudere gli occhi e contraccambiare.
"Martin!" urlò Emma passandosi la dita sugli occhi, cercando di vederci qualcosa, sentì la sua risata e poi si sentì sollevare, quando finalmente riuscì ad aprire gli occhi si trovò in braccio al ragazzo, con la testa sul suo petto, guardò l'espressione del ragazzo, non vedendoci niente di buono, infatti sul suo volto svettava un espressione sadica.
"Non. Ci. Provare." sibilò a denti stretti, troppo tardi perché qualche secondo dopo venne scaraventata in acqua, riuscendo solo a tapparsi il naso in tempo.
Riemersa, Emma, iniziò la sua vendetta, schizzandogli quanta più acqua possibile e saltandogli addosso nel tentativo di sommergerlo, tentativo che dopo vari sforzi riuscì a completare, riuscendo anche ad afferrargli le braccia impedendogli di tapparsi il naso; aspettò qualche secondo prima di liberarlo, Martin riemerse tossendo per l'acqua inghiottita e con gli occhi arrossati, si portò i capelli all'indietro e guardò divertito Emma, che con le braccia incrociate l'osservava imbronciata.
"Non farlo più." sussurrò la ragazza vedendolo avvicinarsi ed abbracciarla, continuando a sorridere sornione.
"Su, non prendertela, Em."
Emma roteò lo sguardo per poi sorridergli divertita, sporgendosi a dargli un bacio.
 
Una settimana dopo, Emma e Martin, seduti in un ristorante che dava sulla spiaggia, continuava a parlare dello strano signore che avevano incontrato quella mattina al supermercato, quel uomo di mezza età li aveva seguiti per tutte le corsie, e una volta raggiunti aveva insistito, dicendo di ridargli la borsa, che secondo lui gli avevano rubato, dopo una lunga discussione e una lotta per tenersi la borsa della spesa, una donna era venuta a portarlo via, scusandosi per il marito, al che i due erano scoppiati a ridere senza sapere cosa dire.
"Penso di non aver mai riso così tanto." Emma annuì alle parole del ragazzo, cercando di non scoppiare nuovamente a ridere.
Guardò puoi la sua mano appoggiata sul tavolo, notando quanto si fosse abbronzata in una sola settimana e con lei Martin, che in quel momento seguì la direzione dello sguardo della ragazza.
"Quasi non ti riconosco così abbronzata."
"Spiritoso." rispose Emma sbuffando.
"Dai amore, non prendertela."
"Si, si lo so. Non posso prendermela per niente." disse mettendo il broncio.
"Non ci provare, non oggi." le disse serio, vedendola distendere l'espressione, sciogliendosi in un sorriso.
"Hai ragione."
 
Dopo cena Martin decisa di portarla sulla spiaggia, scesero gli scalini di marmo e prima di mettere piede sulla sabbia si tolsero le scarpe, tenendole nella mano libera, mentre l'altra era occupata a stringere quella dell'amato.
Arrivati sul bagnasciuga lui si tolse la giacca jeans e la mise a terra, così da non sporcare il vestito di Emma.
Si sedettero nello stesso momento, quasi sbilanciandosi, Emma si portò le ginocchia al petto, circondandole con le braccia, appoggiò la testa sulle braccia e guardò la luna risplendere sull'acqua.
Martin appoggiò la testa sulla spalla della ragazza, circondandole la vita, guardò anche lui come lei il riflesso della luna.
Si persero nei loro pensieri non riuscendo a decidere se parlare o rimanere in quel silenzio carico di significati.
"Cosa sarebbe successo se non ti avessi dato un'altra possibilità?" domandò poi Emma, interrompendo il silenzio, rimanendo sempre con lo sguardo puntato sull'acqua.
"Non lo so.. Forse avrei continuato a stressarti, forse no."
"Ci penso sempre sai, a cosa sarebbe successo, dove sarei adesso, dove saresti tu."
"E a quale conclusione sei arrivata?"
"Non vorrei essere da nessuna parte, se non con te. Non so come ho fatto a stare così tanti anni senza sarti vicina."
Martin a quelle parole intensificò la stretta sulla ragazza, guardando finalmente verso di lei, vide il suo profilo illuminato, e vide un sorriso spuntarle sul volto, un sorriso sincero.
"Non mi sembra vero che sia già passato un anno."
"Magari sto solo sognando." mormorò Emma abbassando il tono di voce, cercando di non farsi sentire, speranza vana.
"Non ti ho sopportata per tutto questo tempo, per poi sentirmi dire che è tutto un sogno."
Emma girò la testa verso Martin, scoppiandogli a ridere in faccia.
"Martin, lo sai che riesci a rovinare anche i momenti più romantici con le tue stronzate?"
Il ragazzo annuì quasi fosse fiero di se, Emma continuò a ridacchiare lasciandogli poi un bacio sulla fronte.
"Che ne dici di fare un bagno?" Martin sbarrò gli occhi alla sua richiesta.
"Cosa ho fatto? Stai diventando come me."
"Idiota." gli rispose dandogli uno schiaffetto sulla gamba.
Emma si alzò in piedi, tendendogli la mano, Martin scosse la testa prendendole la mano e alzandosi di conseguenza, la vide sfilarsi l'abito e rimanere in biancheria intima, gli sorrise maliziosa immergendosi nel mare cristallino, non aspettò poi molto prima di togliersi maglietta e jeans e seguirla.
Fronte contro fronte, in mezzo al mare, rimasero con gli sguardi incatenati prima di sorridere e lasciarsi andare dove nessuno li avrebbe visti, dove niente li avrebbe fermati, in una notte dove l'unica cosa che volevano era quello di darsi amore.


E così siamo arrivati alla fine, questo è l'ultimo capitolo.
Sono ancora sconvolta da me stessa, non pensavo di riuscirla a finire. lol
Ma non disperate! (e chi si dispera) Per voi ho in serbo ancora l'epilogo e dopo potrò ritenerla definitivamente completa. :')
Spero vi siate affezzionate almeno un pochino ai personaggi, perché io l'ho fatto e ormai penso solo a cosa potrebbero fare, e non è normale!
Anyway l'epilogo sarà pubblicato fra un po', devo solo iniziare a scriverlo. ;)
Dopo mi dedicherò a pieno a We Got Married e forse ci sarà una nuova storia, ma forse, è solo un progetto.
Uao, non ho mai scritto così tanto, deve essere un miracolo infatti.
A presto con l'epilogo gente!
With love Ellie.

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Capitolo 20
*** Epilogo. ***


 

Epilogo.

Il campanello suonò per la quarta volta, portandola ad una crisi isterica.
Stava preparando il pranzo per nove persone senza aiuto, e l'unica cosa che gli aveva chiesto era quella di aprire quella stramaledetta porta, ma ovviamente lui non l'aveva ascoltata, o forse non la voleva sentire perché si era rifugiato da qualche parte sapendo del nervosismo di lei mischiato al'inizio di quel dolce periodo del mese, un'accoppiata perfetta.
Gli urlò per l'ennesima volta, sentendo il campanello suonare ancora, non potendo lasciare la cucina, non in quel momento.
Sentì il rumore delle sue scarpe, correre verso la porta, e poi il silenzio venne spazzato via da una moltitudine di voci concitate, e auguri che si perdevano tra le più banali conversazioni.
Passi pesanti si diressero verso di lei, due mani forti le strinsero i fianchi accompagnate da una risata divertita.
"Scommetto che stai meditando l'omicidio di ogni essere vivente." le sussurrò all'orecchio sempre più divertito.
"Tu sei un essere vivente, quindi sto meditando di uccidere anche te, dici questo?"
Lui fece per pensarci poi le diede un pizzicotto nel fianco, rischiando di farla tagliare con il coltello che aveva in mano.
"Sorellina, sempre la solita." dichiarò infine togliendole di mano il coltello e girandola, così da averla davanti gli occhi, le sorrise teneramente attirandola in un abbraccio.
Emma poggiò il mento sulla sua spalla, sorridendo a Caroline, che dallo stipite della porta aveva osservato tutta la scena.
Si staccò dal fratello, andando a salutare e farle gli auguri di Natale, e chiedendosi il motivo per cui avesse deciso di svolgere il pranzo proprio a casa sua, alle spalle della donna intravide Nora e Jack chiacchierare con Martin, mentre la piccola Emily seguiva quel povero cucciolo che Emma e Martin avevano adottato poche settimane prima, Lilo si chiamava il piccolo Yorkshire, una palla di pelo nera e marronicina.
Il campanello suonò nuovamente e bastò uno sguardo ad un Martin impegnato a conversare per capire che sarebbe stata lei quella che avrebbe dovuto aprire la porta.
"Ci penso io, adesso rilassati o ucciderai qualcuno." le disse sorridendo Caroline, riferendosi alla cucina, rimproverando poco dopo il marito per aver iniziato a mangiucchiare.
"Perché tutti pensano che voglia uccidere qualcuno?" borbottò camminando lungo il corridoio e fermandosi davanti allo specchio, dandosi un'ultima controllata e togliendosi la farina dalla maglia.
Aprì la porta e subito Elisa le fu addosso, indietreggiarono dondolando e abbracciandosi, mentre il povero Liam coperto da una fila di pacchi, li reggeva a malapena e questi gli coprivano la vista, infatti fu costretto a sporgere la testa spesso per vedere dove andare, sotto la guida di Elisa.
"Buon Natale anche a voi." sussurrò la rossa ridendo
 
Nel frattempo Nora e Jack andarono a soccorrere Liam, che secondo Jack si sarebbe inginocchiato da un momento all'altro solo per ringraziarli, in soggiorno rimasero solo Martin e la piccola Emily che seduta sul divano, dondolava le gambe ancora troppo corte per toccare il pavimento, la piccola continuava a sbuffare giocando con il suo vestitino rosso a pallini, mentre il suo sguardo vagava alla ricerca di Lilo.
"Zio?" la vocina sottile della piccola lo portò ad avvicinarsi a lei e ad inginocchiarsi al suo cospetto.
"Dimmi tesoro." le rispose scostandole una ciocca di capelli dal viso, Emily sorrise mostrando il buco tra i dentini davanti, intenerendolo ancora di più.
"Voglio un fratellino, ma mamma dice che è presto, così papà ha detto che tu e la zia dovete farmi un cuginetto."
Martin spalancò gli occhi incredulo, Dave e la sua fissazione per diventare zio.
"Tesoro, la zia ed io siamo giovani."
"Ma papà dice che siete vecchi."
Martin fece per ribattere, ma si limitò a scuotere la testa rassegnato.
Diede un bacio sui capelli alla piccola e la appoggiò a terra, dove pochi secondi dopo la vide finire tra le braccia di Nora.
"La prossima volta vedi di non nasconderti, altrimenti rimani in bianco per un mese."
Martin voltò il capo trovandosi Emma davanti agli occhi, teneva le braccia incrociate ed aveva un sopracciglio inarcato, lui abbozzò un sorriso, provando poi ad avvicinarsi ma venendo subito respinto dalla mano della ragazza, fece qualche passo indietro sbuffando.
"Non mi stavo nascondendo." borbottò mettendo il broncio, intenerendo di conseguenza Emma, che si costrinse a non avvicinarsi e abbracciarlo.
"Martin.."
"Emma.."
"Finiscila."
"Finiscila."
"Non fare il bambino."
"Non fare il bambino."
"Non ripetere quello che dico!"
"Non ripetere quello che dico."
Emma assottigliò lo sguardo e con passo svelto gli arrivò a qualche centimetro di distanza e gli puntò l'indice contro il petto.
"Hai finito?"
"Sì." Martin abbassò lo sguardo intimidito dalla rossa.
"Bravo bambino." mormorò sorridendo divertita e lasciandogli una carezza sui capelli.
Era proprio un bambino.
Nora nel frattempo aveva osservato tutta la scena, accompagnata dalla piccolina aggrappata al suo collo, li avevano visti litigare, ridere ed infine darsi un bacio. Ancora non credeva che avevano resistito tutti questi anni, avevano passato un periodo orribile, periodo in cui Emma era stata tentata di chiudere tutto con lui, e buttare al vento tutta la fatica che avevano sprecato per ritrovarsi e ricominciare da capo, e tutto ciò era stato causato dal padre di Martin, che aveva ostacolato fin dal primo momento la loro relazione, sostenendo che Emma fosse la causa della sua rovina, non capendo che fosse proprio il contrario. Fortunatamente Martin era riuscito a farla ragionare e per il bene del loro rapporto aveva chiuso i legami con il padre, riducendosi alla madre che al contrario dell'ex marito aveva da sempre amato Emma, quando ancora aveva i capelli castani e lunghi ed era solo una ragazzina insicura.
"La zia e lo zio sono trani."
"Strani tesoro." la corresse teneramente Nora.
"E' quello che ho detto, trani."
Nora sorrise scuotendo la testa.
Emily iniziò a muoversi, allungando le braccia verso le sue spalle, quando Nora si voltò si trovò davanti Dave, che con un sorriso allungava le braccia e prendeva la sua bambina.
Dave le diede un bacio sui capelli scuri, ricambiato da una stretta intorno al collo.
"Tesoro fai vedere a Nora quanti anni hai."
Emily nascose per un attimo il viso nella camicia del papà per poi girarsi verso la bionda e sorridere eccitata, mostrano con le ditina il numero quattro.
"Sono grande vito?"
"Sì, sei grandissima." le rispose Nora sorridendo e giocando con il pollice della piccola.
Mentre Nora continuava a giocare con la piccola, Dave diede un'occhiata in giro, vedendo la sorella fare facce strane a Martin, che rideva della rossa.
"Quando si deciderà a darsi una mossa quell'idiota?"
Nora alzò lo sguardo confuso, non capendo di chi stesse parlando, quando poi seguì la direzione del suo sguardo capì, scrollò le spalle e tornò a giocare con Emily, che richiedeva la sua attenzione.
"Spero per lui che si dia una mossa, o gli farò un discorsetto." borbottò la bionda con un ghigno sul viso, pregustandosi quel momento.
"Staremo a vedere."
 
"Su gente, tutti a tavola!" Emma mosse le braccia in modo da indirizzare tutti verso il salotto, poi aiutata da Caroline portò i piatti in tavola.
Quando Emma consegnò il piatto ad Emily, la piccola osservò la mano della zia, notando solo in quel momento qualcosa che nessuno aveva visto, le prese la mano sentendola sussultare e iniziò ad osservare quella cosa brillante al suo anulare.
"E' nuovo zia? Assomiglia a quello della mamma.." mormorò la piccola pensierosa, zittendo di colpo Elisa che seduta vicino alla bambina l'aveva ascoltata distrattamente, ma abbastanza per capire.
Posò lo sguardo sulla mano della rossa, notando quello che Emily prima di tutti aveva trovato, un anello con diamante, semplice e non vistoso, alzò poi lo sguardo vedendola mordersi le labbra nervosamente e abbozzare un sorriso di scuse per non aver rivelato niente.
"Non dirmi che.." iniziò non riuscendo a credere a ciò che vedeva.
"Oh mio dio, il barbone si è deciso!" sussurrò a voce troppo alta, proprio in quel momento qualcun altro si era voltato alla ricerca di Emma, domandandosi il motivo per cui ci stesse mettendo così tanto a distribuire i piatti, quando incontrarono l'espressione sorpresa di Elisa e il sorriso timido di Emma, capirono tutti.
"Non ci credo."
"Non è uno scherzo, vero?"
"Finalmente!"
"Come è successo?"
"Quando?"
Martin scambiò un occhiata con Emma, mimandole un "Tranquilla.", che la rilassò immediatamente. Si alzò in piedi e raggiunse la fidanzata mettendole un braccio intorno la vita, attirandola a se.
"Da come avrete capito ci sposeremo, è successo circa una settimana fa e aspettavamo oggi a dirvelo, sapendo che saremmo stati tutti insieme. E no non abbiamo deciso nessuna data." finito il suo breve discorso, Martin respirò, non se n'era accorto, aveva trattenuto il respiro per tutto il tempo, tanto era nervoso.
Emma gli sorrise teneramente, accarezzandogli il palmo della mano, che aveva appoggiato sul suo fianco.
Subito dopo sentirono il rumore delle sedie spostarsi e i loro amici e parenti avvicinarsi e congratularsi, il primo ad arrivare fu Dave che aveva abbracciato Martin, stringendolo in una morsa più che in un abbraccio, sussurrandogli quanto fosse contento e che in quel modo poteva risparmiarsi una bella ramanzina, facendo ovviamente sospirare per la soddisfazione, Martin; Dave poi aveva abbracciato la sorella e le aveva dato un bacio sui capelli, dicendole quanto i loro genitori sarebbero stati fieri di lei, facendole cadere qualche lacrima di felicità.
Liam, si limitò ad abbracciare Emma e dare una pacca amichevole sulla schiena di Martin, congratulandosi, Jack fece lo stesso, aggiungendo però qualche commento idiota, Nora ed Elisa si fiondarono contemporaneamente sulla rossa, che per poco non finì a terra, portandosi dietro anche il fidanzato, quando poi toccò a Martin, Elisa gli scompigliò i capelli, finalmente più corti, quasi fosse un cucciolo, Nora poi gli diede un pugno sul petto, abbracciandolo e sussurrandogli di non fare cazzate, o lo avrebbe castrato. Infine toccò a Caroline che accarezzò le guance di Emma, togliendole quelle lacrime che erano scese prima e stringendola tra le sue braccia, felice per lei, abbracciò anche Martin, che le sorrise riconoscente.
Emily si girò sulla sedia a guardare tutti quegli adulti che si abbracciavano e ridevano e piangevano, cosa era successo lei ancora non l'aveva capito, aveva solo visto che la zia aveva un nuovo anello, niente di così sconvolgente, ma loro non sembravano pensarla così, saltò giù e si diresse verso il gruppo, essendo piccola riuscì a farsi spazio, arrivando proprio davanti gli zii.
Guardò ancora una volta tutti quanti, con il sopracciglio alzato, poi posò lo sguardo sugli zii, che si tenevano per mano.
"Devo abbracciarvi anch'io?" domandò facendo ridere tutti quanti, non capendone il motivo.
Emma e Martin si abbassarono contemporaneamente per poi abbracciarla.
"Lo zio e la zia si sposano, amore." si staccò e guardò con circospezione il padre, poi sorrise felice, battendo le mani.
"Oh che bello! Avrò un cuginetto!"
I due impallidirono, scambiandosi uno sguardo spaventato, mentre gli altri scoppiarono nuovamente a ridere, per l'ingenuità della bambina.
 
Dopo l'annuncio aveva finalmente preso il via il pranzo di Natale, dove l'argomento principale era stato ovviamente il matrimonio, c'erano stati Dave e Caroline che avevano dato consigli su qualunque cosa, essendo loro sposati da quasi cinque anni, Nora ed Elisa che avevano continuato a proporre date a caso e Jack e Liam che avevano sofferto in silenzio per Martin.
Alla fine del pranzo Emily era corsa sotto l'albero, pronta a scartare dopo il permesso dei genitori, i suoi regali, con molto calma invece gli altri si erano andati a sedere sui divani liberi. Mentre Emily batteva le mani aprendo i regali, Lilo riapparì abbaiando e scodinzolando verso la piccolina.
Martin sprofondò nel divano, mise il braccio sullo schienale dove era appoggiata Emma ed aspettò che lei appoggiasse la testa sulla sua spalla, cosa che fece pochi secondi dopo, infatti questa era diventata ormai un'abitudine.
"Va tutto bene amore?" Martin iniziò ad accarezzarle gli ormai lunghi capelli rossi, la donna mormorò qualcosa annuendo e sporgendosi con le labbra, in attesa di un bacio che non esitò ad arrivare, fortunatamente nessuno sembrò essersene accorto, i due non avevano mai amato molto dimostrare il loro amore in pubblico, nonostante qualche volta fosse capitato.
"Vorresti avere dei figli?" gli chiese giocando con il bottone del maglione di lui, Martin si irrigidì pensando ovviamente al peggio, smise di carezzarle i capelli e la fissò finché lei non alzò lo sguardo, incrociando il suo.
"Sei incinta?" sussurrò preoccupato.
Emma sbuffò scuotendo la testa.
"Certo che no Martin. Sai che prendo la pillola."
Lui sospirò rilassato, ricominciando ad accarezzarle i capelli, venendo però interrotto dal suo spostamento, infatti Emma aveva alzato la testa, così da poter parlare guardandolo negli occhi.
"Non vuoi avere figli?" domandò con una nota delusa nella voce.
"Ma cosa dici, certo che voglio dei figli.."
"Ma?"
Martin non rispose, cambiò la direzione dello sguardo, puntandolo su Nora e Jack che chiacchieravano con Liam, mentre Elisa giocava con Lilo, ed Emily seduta sulle ginocchia del padre giocava con la sua nuova barbie, osservata dalla madre.
"Non li vuoi con me?" sussurrò l'ultima parola, facendolo voltare velocemente, le posò le mani sul viso, guardandola dritto negli occhi.
"Non dire cazzate amore. Non pensarci neanche per scherzo."
"E allora cos'è?"
"Ho paura." disse togliendole le mani dal viso e lasciandole ricadere sulle ginocchia, questa volta fu Emma a prendergli il volto tra le mani, ordinandolo di guardarla.
"Pensi che non abbia paura? Pensi di essere l'unico? Amore, ci sono passati tutti, guarda Caroline e mio fratello, non ti ricordi quanto erano spaventati? E adesso sono così felici. Io voglio crearmi una famiglia con te, voglio dei figli e lo voglio solo con te." finì il discorso sorridendogli e lasciandogli una carezza sulla guancia liscia.
"Se stiamo insieme andrà tutto bene, lo sai vero?" continuò Emma più sicura, dopo aver visto l'espressione rilassata di Martin.
"Lo so, lo so."
"Bene." mormorò Emma dandogli un bacio sulla guancia.
 
"Aprite i regali!" esclamò eccitata Nora, portando ad ognuno il proprio regalo, o la propria pila di regali.
Elisa ed Emma si scambiarono un occhiata divertita ed aprirono i propri regali.
"Cosa dovrebbe essere.. Dave?" Martin alzò in aria, così che tutti lo potessero vedere, un libro con titolo "I pregi del matrimonio."
Dave sorrise imbarazzato, ricevendo uno schiaffo sul braccio da parte della moglie, che come capirono gli altri, non era a conoscenza del regalo.
"Beh.. non avevo idea che ti fossi deciso.. così pensavo di darti.. come dire.. una spintarella?"
Emma guardò suo fratello sospirando e scuotendo la testa, sembrava lui quello più felice dalla proposta di Martin, quando sarebbe dovuta essere lei, ma con suo fratello era sempre stato così.
"Grazie?" chiese Martin appoggiando il libro accanto a se e lasciandosi andare ad una risata liberatoria.
"Dave, ho paura di aprire il tuo regalo."
"Anch'io."
"Idem."
Altri ancora annuirono alla frase della rossa.
"Caroline!" esclamò Dave vedendo la moglie annuire tranquillamente.
"Che c'è? E' vero tesoro." gli rispose sorridendo e strizzando una guanciotta piena ad Emily, che si scostò brontolando.
Dave sbuffò buttandosi sullo schienale e mettendo su il broncio.
Elisa baciò Liam nell'aprire il suo regalo, Emma non riuscì a vedere cosa fosse, ma dalla reazione sembrò qualcosa di importante, Nora invece si bloccò scartando un regalo, sbarrò gli occhi e fece per portarsi una mano alla bocca, ma poco prima di arrivare alle labbra si fermò lanciando uno sguardo preoccupato ad Jack, che annuì semplicemente.
Nora si alzò e si diresse con calma fuori dalla stanza, Emma la vide correre non appena fu fuori dalla visuale dei presenti, cercò lo sguardo di Jack, che si strinse nelle spalle non volendo parlare, eppure era sicura che lui sapesse.
Quando Nora tornò sembrò pallida e stanca e non appena si sedette, si appoggiò a Jack, che la cullò tra le sue braccia, premuroso.
Passarono il resto della serata a raccontarsi aneddoti divertenti, o a ricordare momenti che una volta erano stati imbarazzanti, ma che in quel momento facevano solo ridere.
Emily si addormentò tra le braccia di Caroline, e poco dopo i genitori decisero che fosse ora di andare a casa, consiglio che seguirono anche le altre coppie, dicendo che fosse il momento per i padroni di casa di festeggiare la proposta.
Li accompagnarono sulla soglia di casa, salutandosi e organizzandosi per incontrarsi al più presto, non a casa loro, cosa che fece ridere Nora, ma non Emma.
Quando Jack e Nora, gli ultimi, raggiunsero l'auto e li salutarono con la mano, Emma e Martin rientrarono in casa sentendo l'abbaiare insistente di Lilo, Martin lo prese tra le braccia iniziando ad accarezzarlo, poi osservò Emma pensieroso.
"Dici che Nora sia incinta?"
Emma rimase sorpresa nel vedere che non fosse stata l'unica a notare qualcosa di sospetto.
"Molto probabile." rispose sorridendo e sporgendosi a dare un bacio sulla testolina del cucciolo.
"Lui si ed io no?" borbottò Martin, fingendosi offeso, Emma rise e si sporse a dargli un bacio a stampo, bacio che le venne negato perché lui si spostò. Lo guardò offesa, aspettando una spiegazione.
"Hai baciato il cane, prima ti lavi e poi possiamo fare quello che vuoi." le rispose ammiccando ed iniziando a scappare con il cane ancora tra le braccia, quando si accorse dello sguardo assassino di lei.
"Scappa, scappa. Tanto ti prendo idiota!".
Emma iniziò a rincorrerlo con il sorriso sulle labbra, non era esattamente quello che aveva sempre sognato fin da bambina, non c'era nessuno principe con il cavallo bianco e nessun castello, eppure lei era così felice, che non riusciva a vedere una vita migliore di quella che stava già vivendo. Lo amava e lui amava lei, e presto sarebbero diventati marito e moglie, non poteva desiderare nient'altro. Finalmente ogni cosa era al suo posto e anche se sentiva la mancanza della sua famiglia, sapeva di averne una tutta sua, su cui contare.


Finalmente sono riuscita a finire l'epilogo! Un applauso per me! (uno solo eh)
Ero bloccata da non so nemmeno quanto, ma penso di aver capito il problema, penso di non aver voluto lasciare andare Martin ed Emma e tutti gli altri e sapevo che finendolo sarebbe finito tutto e devo ancora decidere se sono felice o meno. lol
Ad ogni modo, volevo ringraziare tutti, tutti quelli che hanno seguito la storia fino alla fine, coloro che hanno commentato ecc.
Poi vorrei ringraziare Em, che anche se è una brutta persona ( i love you) e non caga più la storia ed efp, le voglio bene e la ringrazio per avermi aiutato fin dall'inizio con la storia e poi vorrei ringraziare Momo, che mi ha stressata fino a costringermi a scrivere e finire. 
Detto questo, spero che la storia vi sia piaciuta e che come a me, anche a voi mancheranno i personaggi.
Grazie ancora e spero di ritrovarvi nell'altra storia che è in corso We Got Married. e forse prossimamente pubblicherò una nuova storia, ma non è ancora sicuro.

P.S: Ho creato con una mia amica un gruppo per le nostre storie, con spoiler e altro ;)
Keep falling in and out of love.

A presto!
With love Ellie.
 

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