If I give my heart to you ...

di beatlestone62
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo I ***
Capitolo 2: *** Capitolo II ***



Capitolo 1
*** Capitolo I ***


Liverpool, 14 Febbraio 1958.
 
Sarebbe stato un giorno movimentato, come tutti gli anni. I fidanzatini andavano in giro mano nella mano, li vedevi seduti sulle panchine ... Per loro quello era un giorno speciale. Anche per me lo era, a dir la verità. Ebbene sì, ora avevo quindici anni. Fortunatamente quest'anno il mio compleanno cadeva di sabato; almeno avrei potuto fare un giretto in città con Eleanor, la mia migliore amica.
Mi decisi a scendere le scale che portavano in cucina; avrei voluto restare a dormire ancora un po', ma dovevo salutare i miei genitori che quella domenica avrebbero lavorato lo stesso; papà lavorava in un negozio di dischi: il proprietario del negozio dice che tenere aperto a San Valentino è una fortuna. Mamma invece era un'infermiera all'ospedale della città, e quel giorno era di turno. "Buongiorno, tesoro!" Entrambi mi corsero incontro e mi abbracciarono, riempiendomi di baci. "Quindici anni non si fanno mica tutti i giorni, eh!". Mi accompagnarono in salotto, dove trovai un pacchetto gigante. Cercando di non rompere la carta a pois, lo aprii. "NOOOO!!" Urlai meravigliata. Non ci potevo credere: un giradischi tutto mio! Notai che sotto c'era ancora qualcosa che spuntava. Scostai il giradischi e di nuovo urlai di gioia: "Il nuovo disco di Elvis!!". Corsi ad abbracciare i miei genitori: ero così entusiasta! Papà mi aiutò a portare il giradischi sulla credenza del salotto. "Per ora lo lasciamo qui," mi disse "poi, se vorrai, ti aiuterò a portarlo in camera tua". Poi mi salutarono e, di nuovo, mi augurarono un buon compleanno. 
Non avevo niente da fare, allora telefonai a Eleanor, sperando che fosse in casa. 
"Pronto, signora Blackwood, c'è Eleanor, per favore?"
"Certo, cara, te la chiamo subito. El, è per te!". Dopo qualche secondo d'attesa sentii un urlo di gioia.
"BUON COMPLEANNO!! Tanti auguri a te, tanti auguri a te, tanti auguri a Marylin, tanti auguri a te!"
"Grazie!" Dissi ridendo. "Vuoi sapere cosa mi hanno regalato mamma e papà?"
"Vai, spara!"
"Un giradischi e ... IL NUOVO DISCO DI ELVIS!" A quelle parole si mise ad urlare di sorpresa e di felicità, e si fece promettere che gliel'avrei prestato.
"Ascolta," mi disse "questa sera al Cavern suona un nuovo gruppo, di cui ora non ricordo il nome. Ti andrebbe di andarci con me?"
"Dio, sarebbe fantastico! Ma come faccio a dirlo ai miei? Mi risponderebbero che sono troppo giovane per il Cavern ...!"
"Perchè ti devi sempre complicare la vita?! Non glielo dici! E adesso passo da casa tua, preparati, andiamo a prendere un vestito per questa serata ..." Così dicendo riattaccò, e io rimasi lì con la bocca aperta: Sarei andata per la prima volta al Cavern!
Nel giro di dieci minuti ero già fuori di casa, e El arrivò poco dopo.
Da mezz'ora cercavamo un negozio che ci ispirasse, ma nessuno sembrava soddisfare le nostre esigenze, fino a quando ... 
"Marylin!" Mi bloccò El.
"Sì?" Risposi distrattamente. 
"Guarda!" Così dicendo mi trascinò dentro un negozio. 
Luci soffuse. Su ogni parete c'erano ritratti di ogni genere; riconobbi il mio idolo Marylin Monroe (che portava inoltre il mio stesso nome), Chuck Berry, Elvis Presley e Audrey Hepburn. Sembrava una boutique di alto livello ...
"Buongiorno, ragazze. Serve aiuto?". Una donna sulla cinquantina, capelli biondi cotonati, rossetto rosso e finto neo appena sopra le labbra.
"Ehm, noi ... Stavamo cercando un vestito per una serata in un locale. Quello che avevo in mente io era un vestito con la gonna a ruota a pois, ma se non ..."
"Cerchiamo subito". La donna iniziò a camminare spedita finchè non si fermò davanti ad un armadio e mi chiese che taglia portavo. 
"Ecco a te. Questa è una 42". Mi mostrò un vestito nero a pois rosa con la vita bassa e dei larghi spallini.
"Ehm ... E' bellissimo, però non è proprio quello che cercavo, insomma ... Mi sarebbe 
piaciuto bianco e nero, con la vita più alta e degli spallini un po' più sottili."
A queste parole la donna ricominciò a camminare, fermandosi poco più avanti e mostrandomi un vestito bianco a pois neri, con la vita segnata da un nastro e la gonna a ruota, abbinato ad un leggero coprispalle. Ne rimasi incantata, e poco dopo ero già nel camerino a provarlo.
"Io invece cercavo ... Ecco, la mia idea era quella di un tubino stretto nero, anch'io porto la 42 ...". 
Quindi Eleanor si sistemò nel camerino accanto al mio. Intanto avevo deciso di comprare il vestito: costava ben 53 sterline, ma ne valeva la pena. Eleanor comprò il tubino nero che aveva provato. Appena uscite dal negozio, visto che si era fatto tardi, cercammo un bar per mangiare un panino. In giro c'erano un sacco di coppie che si tenevano per mano, e confesso che in certi momenti io ed El ci sentimmo po' in imbarazzo in mezzo a tutta quella gente ...
Per le cinque tornammo entrambe a casa per prepararci. Per il trucco scelsi un po' di eyeliner e un rossetto forte (che 'rubai' a mia mamma). Legai le ciocche di capelli davanti con delle forcine, mentre quelle dietro le lasciai sciolte. Poi venne il momento di mettere il vestito nuovo. 
Quando fui pronta, prima di uscire mi diedi uno sguardo allo specchio: ero totalmente diversa da prima! El arrivò, puntuale come un orologio, alle otto e mezza. Il Cavern apriva proprio a quell'ora, quindi eravamo giusto in tempo. El sapeva bene dov'era e conosceva tutto il personale: il padrone, Lewis O'Connor, era uno stretto amico della sua famiglia. Non era troppo lontano da casa, perciò ci mettemmo sì e no dieci minuti a raggiungerlo a piedi. Mathew Street, numero 10. C’era un’insegna rossa con scritto ‘The Cavern Club’.
In teoria i minori di sedici anni non avrebbero potuto entrare, ma El aveva il permesso, e pertanto anche le amiche che portava con se.
“Signorine, che ci fate qui a quest’ora?! Il locale non è ancora aperto … E poi quanti anni avete?”
“Mr. Houston! Non si ricorda di me?!”. Il portinaio esitò un attimo.
“Oh, ma certo! Vai pure, Eleanor.” Ci scambiammo uno sguardo vittorioso, poi entrammo. 

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Capitolo 2
*** Capitolo II ***


CAPITOLO II
 
Il locale era poco illuminato. Solo pochi faretti provenienti dall’alto lasciavano intravedere le pareti rocciose del corridoio che portava al luogo dove la nuova band si sarebbe esibita. Il locale non era molto ampio, a dir la verità, ma era molto profondo. Uscendo dal lungo corridoio ci si trovava alla destra un grande bancone con le bibite, e alla sinistra il locale in tutta la sua profondità. Sul palco c’erano quattro ragazzi che provavano e accordavano i loro strumenti. Probabilmente erano loro la ‘nuova band’.
El si avvicinò, e salì sul palco mediante una scaletta laterale, mentre io la seguivo. Sfortunatamente inciampai e caddi a terra, facendo un terribile baccano. Uno dei ragazzi saltò giù dal palco e corse da me, mentre Eleanor e gli altri ridevano apertamente.
“Tutto bene?” disse porgendomi la mano. Io l’afferrai e mi rimisi in piedi. I miei occhi incrociarono i suoi, e solo in quel momento mi accorsi di quanto fosse bello. Aveva gli occhi verde scuro, come una foresta, i capelli castani e delle sopracciglia perfette. Rimasi a bocca aperta per parecchi secondi, ma poi furono le risate di El a risvegliarmi.
“Ehm … sì, grazie …”. Lui sorrise, e tenendomi per mano mi riportò sul palco.
“Piacere, io sono Paul, Paul McCartney”
“Marylin Whitefield, piacere mio”
“Vieni, ti presento gli altri.” Mi disse con dolcezza. “Lui è George, il chitarrista, laggiù alla batteria c’è Pete, e questo è John.” Quest’ultimo si inchinò e mi baciò la mano.
“Bonjour, mademoiselle.” Io sorrisi, timida.
Intanto Eleanor aveva già fatto conoscenza con i ragazzi, e stava animando un’interessante conversazione con George a proposito dei pezzi che avrebbero suonato la sera stessa.
“Marylin, mi passeresti quel cavo lì?”
“Questo?”
“No, quello in parte …”
“Questo qui?”
“Sì, brava, me lo metti nell’amplificatore?” Cercando di non inciampare nel groviglio di fili che c’era sul palco mi avvicinai all’amplificatore più grande, indicatomi da Paul. Cercai un buco dove mettere il cavo, poi lo inserii. Un rumore fortissimo ci fece spaventare, e un filo si impigliò nelle mie scarpe, facendo cadere a terra un microfono. Mi portai la meno alla bocca: ero proprio un disastro!
Tra scherzi e risate si fecero le otto e mezza, e cominciarono ad arrivare ragazzi e ragazze, fino a riempire il locare. Alcune erano truccate talmente tanto da sembrare finte e innaturali. Io ed El eravamo circa a metà locale, ma nonostante questo riuscivamo a vedere abbastanza bene i ragazzi.
Scoprimmo che cantavano e suonavano divinamente, e Paul mi sembrava quello che si impegnava di più. Suonarono Johnny B. Goode, Love Me Tender, Pretty Woman, Roll Over Beethoven … e tante altre.
Verso mezzanotte Pete, il batterista, si avvicinò al microfono per fare un annuncio.
“Adesso preghiamo tutti i ragazzi di andarsi a bere una birra, mentre le ragazze possono restare.”
Io ed El ci scambiammo uno sguardo incuriosito. Quando tutti i ragazzi, pur protestando, se ne furono andati, Pete continuò. “Bene, vi sarete chieste come mai abbiamo ‘cacciato’ i vostri ragazzi. Ebbene, in occasione di San Valentino abbiamo preparato un giochetto … Ora lanceremo quattro cuori tra il pubblico, ognuno con scritto il nome di uno di noi. Le fortunate che lo prenderanno dovranno salire sul palco per ricevere … un bacio dal ragazzo scritto sul cuore.” A quelle parole tutte si meravigliarono ed esultarono. I ragazzi tirarono fuori dalla tasca un cuore rosso di stoffa con scritto il proprio nome, poi se li scambiarono per non farci capire da chi saremmo state baciate.
“ Tre … due … uno … VIA!!” I ragazzi lanciarono in aria i cuori di stoffa. Bene, sapevo benissimo la fortuna non stava dalla mia parte, però, forse istintivamente, tentai lo stesso. Alzai le braccia, ma molte ragazze, vuoi per l’età, vuoi per gli altissimi tacchi che portavano nei piedi, mi superavano.
‘Non ce la farò mai’, pensavo. ‘Ci saranno cento persone qui dentro, e solo quattro prenderanno il cuore. Di sicuro non sarò una di quelle’. E fu così che, immersa nei miei pensieri, mi ritrovai per le mani un morbido cuore rosso di stoffa. ‘Oh, che carino.’, pensai sorridendo. Mi portai una mano alla bocca per sbadigliare; si stava facendo tardi …
“Ehi!!” C’erano le mani di almeno una ventina di ragazze che mi stavano addosso. Solo allora mi accorsi di quello che avevo in mano. Un morbido cuore rosso di stoffa …In fretta posai lo sguardo sull’oggetto fra le mie mani: ‘Paul’.
Cercai di aprirmi una strada verso il palco, ma tantissime ragazze che mi stavano addosso per cercare di rubarmi il cuore non mi lasciavano passare. Diedi uno sguardo al palco: Paul non c’era più. Era in mezzo al pubblico, anche lui tentava di raggiungermi. ‘Come fa a sapere che ho il cuore con il suo nome?!’
Quando si avvicinò, il cuore, quello vero, cominciò a battermi forte. Allungò le braccia e …
 
 
 

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