Banchetto di Luna

di Sabu_chan
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Il Banchetto del Serpente ***
Capitolo 2: *** L'arroganza del Serpente ***



Capitolo 1
*** Il Banchetto del Serpente ***


Banchetto di luna
A Slayers Fanfiction by Sabu-chan




Il Banchetto del Serpente

 
 

«C-cosa? Vuoi che ti parli di lei?!»
 
 
 
Andiamo con ordine.
Stavamo attraversando un villaggio nella zona meridionale della regione di Saillune, in cerca di un tesoro inestimabile che avrebbe reso non poco felici me e i miei compagni di viaggio, riempiendo i nostri impavidi spiriti avventurieri e saziato i nostri desideri più interni.
Sì, in poche parole una locanda con vitto e alloggio, ma in quel momento soprattutto la parte del vitto.
«Lina, forse ci converrebbe cacciare un orso nella foresta…» «Taci, zuccone. Il mio cuore di fanciulla da per certo che troveremo un tavolo libero nel giro di subito.» e le mie parole rispecchiavano benissimo il mio stato d’animo, così Gourry preferì tacere e mettersi a cercare un posto nelle vicinanze. Probabilmente i miei occhi ridotti a fessure, e soprattutto la tonalità che aveva assunto la mia voce, dovevano aver convinto lo spadaccino a non azzardarsi a proporre qualcosa che implicasse l’uscire dalla cittadina.
Gli altri nostri compagni di viaggio, la principessa Amelia e la chimera Zelgadiss, preferirono tacere e non menzionare le parole cibo e pazienza nella stessa frase.
Stavano un po’ più indietro rispetto a noi. Sempre più spesso. Anzi, da un certo periodo erano costantemente in disparte. Divertente.
Comunque il mio interesse per i loro sfioramenti del tutto casuali non rientrava più di tanto nelle mie priorità. Giusto all’altezza del petto, uno sfrigolio di interiora e il loro suono sordo mi ricordava che la cosiddetta “soglia minima di sopportazione Inverse” stava per avvicinarsi. E no, non è un buon segno.
Nel villaggio si stava tenendo una festa dedicata al solstizio d’estate. Erano all’ordine del giorno bancarelle, giochi di strada, teatrini e aste pubbliche. Ogni venditore esponeva la propria merce aprendo la vetrina del negozio, vendendo dall’interno, o ingombrando la strada con piccole costruzioni in legno.
E tante, tante leccornie in vendita.
Quale era il problema, dite? Semplice: si trattava, tra le altre cose, di una meta molto rinomata per i nobili e ricconi della capitale. Inutile dire che avevano la priorità su tutto, il passaggio libero per strada con la loro scorta, il primo posto nella fila alle bancarelle, i manicaretti più delicati…
«Sto per impazzire!- sbraitai calpestando il terreno con forza- Ok, ok, la festa è bella quanto volete, ma non possono aver davvero riservato tutti i locali a quei tizi con la puzza sotto il naso!»
Gourry sorrise. «Su con la vita, Lina! Appena troviamo un posto libero, ci potremo abbuffare di cibo…- no, non lo dire…- Basterà avere un po’ di pazienza!»
 
D’accordo, lo ammetto: sparare un paio di Fireballs in mezzo alla folla, arrostendo un gruppo di bancarelle, non è stata una buona idea.
Oh, e quella dozzina di servitori di quei cinque cialtroni con il naso incipriato.
Ah, e il loro cavallo.
Insomma, una ragazza ha bisogno di soddisfare le proprie esigenze in breve tempo e, sì, quel prurito alle mani stava diventando insopportabile. Almeno me l’ero levato, no? Ok, ok! Smettetela, va bene?
Il caos creatosi aveva richiamato l’attenzione delle guardie, o meglio, dei cavalieri personali di quei famosi cinque sventurati che stavano per caso sulla rotta dei miei incantesimi. Gli sguardi che mi lanciarono erano piuttosto eloquenti.
«C’è un errore, davvero, non sono stata io…» cercai di difendermi sfoggiando il migliore dei miei sorrisi. Cosa che non fecero loro, e ciò mi costrinse a dispiegare le labbra e spalancare i miei adorabili occhioni (ogni tanto serve averli così grandi, come mi dicono spesso) lievemente inumiditi.
Una delle guardie mi si avvicinò e puntò l’alabarda in mia direzione, cosa che mi fece scattare nella posa “fanciulla intimidita da uomo grande e grosso”. «Allora come spieghi quel fumo tra le mani?»
Ah.
Effettivamente, avevo dato un po’ troppo sfogo alla mia indole frustrata e un residuo di magia del fuoco ancora stanziava tra le mie dita, creando dei piccoli fiotti di fumo.
«Il mio cavallo!»
«La mia tunica!»
«Le mie crocchette di cinghiale!»
Due braccia per ognuna delle mie mi trattennero improvvisamente. Amelia da una parte e Gourry dall’altra. Zelgadiss ben in disparte, coprendosi il volto di fronte alla folla che ci stava osservando. Neanche il tempo di far notare a quei fanfaroni che almeno loro avevano avuto la fortuna di possedere tutto ciò che avevano elencato!
Ovviamente, glielo avrei fatto notare a modo mio, e i miei amici sapevano bene come intendessi farlo.
«Vi chiediamo scusa! E’ stato davvero un incidente!- intervenne la principessa, continuando a far forza sul mio braccio pronto a scattare- La nostra amica ha… Ecco… Gourry? Zell?!»
Guardò i due uomini sperando che completassero la frase per conto suo, evidentemente trovare una scusa valida al mio essere spontanea doveva costarle molto sforzo.
«Lei è un po’ toccata, quindi è normale che reagisca in modo così sproposiAUGH!!» il mio gomito dritto al suo mento terminò la frase in sua vece.
«Uh, dunque, se le cose stanno così…» «Le cose stanno così UN CORNO!» esclamai per niente divertita in direzione di uno dei nobili, ancora intento a spolverarsi la delicata veste. L’altro braccio era ancora intrappolato da Amelia, ma mi sarebbe bastata la voce e una mano sola per…
Già, una mano sola, posta davanti al mio naso. Le dita dalla pelle rocciosa di Zelgadiss mi fermarono per tempo. «Vogliate perdonare l’atto avventato della nostra compagna. Ripagheremo i danni…»
Oh? Un gesto altruista da parte della quella musona di una chimera? Avevo davvero sentito della compassione venir fuori dalle sue parole così ferme e precise?
Piegò il braccio facendo un cenno ad Amelia, che lasciò gradualmente la presa su di me. Abbassò lo sguardo e con esso anche la sua mano, che… afferrò il mio polso e mi strattonò in avanti.
«Essendo lei la causa dello scompiglio, abbiate cura delle mansioni che potrebbe svolgere per risarcirvi.»
 
Anche volendo, non potevo proprio lanciare un incantesimo di fuoco in quel momento.
Le mie mani avrebbero preferito affondare in una pentola di pasta filante, di quella che ti preparano nelle terre al di là della barriera, condita con quel fantastico sugo e polpette di daino in accompagnamento, ma tutto ciò che quella pentola conteneva era lordura, acqua e sapone.
Provate a immaginare la maga più abile del mondo ridotta a lavapiatti per conto di alcuni lamentosi proprietari, la cui locanda era andata in parte distrutta e in parte ripagata dal sigillo reale di Amelia. Avere una principessa tra i conoscenti è sempre un buon affare, specie se poi diventa tua amica, e da amica a ragionevole volenterosa. Forse suo padre non sarebbe stato d’accordo, ma cosa vuole che sia per lui, prossimo candidato al trono di Saillune, sborsare un centinaio di monete d’oro? Suvvia.
Fortunatamente, l’aver passato buona parte della mia infanzia sola in casa con mia sorella, a causa dei viaggi di lavoro che portavano lontano i nostri genitori, era servito ad imparare al meglio le mansioni casalinghe. Non ci volle molto per terminate il lavaggio di almeno metà dei piatti in una decina di minuti. Salvo il padrone della locanda che, con sorriso sornione sotto i baffi ancora abbrustoliti, li trovava ancora “troppo poco splendenti” e mi obbligava a ripassarli.
Sbuffai sonoramente. «Quanto vorrei poter partecipare all’asta pubblica di questa serata…» e quanto vorrei aver avuto una gemella che mi sostituisse per il resto del tempo. Effettivamente… NO. Non volevo nemmeno pensarci.
Anche se, a dirla tutta, la possibilità che mi era venuta in mente sarebbe stata così servizievole e caritatevole da accettare.
Già immaginavo quanti artefatti magici sarebbero stati messi al bando, magari qualche bel libro proibito spacciato per ricettario d’epoca, una manciata di pietre apparentemente senza valore, delle statuette con… magari basta con le statuette, non si sa mai che contengano talismani considerati utili per richiamare qualche signore dei demoni. Decisamente basta.
Poi sovveniva l’idea dei miei compagni di viaggio, belli accomodati attorno a un tavolo all’aperto, a gustarsi una bevanda rinfrescante in barba alla torbida serata estiva. Il biondino agitato come un moccioso per tutta la folla in festa, ma con il costante dubbio di cosa stia accadendo. La chimera grondante liquidi corporei pur di restare nascosta alla vista dei paesani, sorseggiare lentamente e con eleganza una tazza di caffè, magari seduto a fianco della principessa… «Amelia?! Cosa ci fai tu qui?!»
Il lavabo in cui stavo lavando i piatti era posto di fronte a una finestra, aperta sulla notte scura. La stanza era illuminata esclusivamente da un lume interno e dico che era già tanto se distinguevo una scodella da un pentolino. In questo scenario, vedo due grandi occhi blu semi-nascosti dai ciuffi scuri, fissarmi direttamente dall’altra parte del vetro, mentre una mano sventolava per farsi notare.
Mi guardai alle spalle, constatando che il padrone della locanda non era presente. Aprii la finestra e mormorai: «Sei impazzita? Rischi di farmi prendere un collasso! Se poi il vecchio nota che sto parlando con qualcuno, mi aumenta la mole di lavoro!»
La principessa sorrise in tutta risposta, ponendosi un dito sulle labbra. Frequentare un certo prete-demone le aveva regalato vizi irritanti. «Zelgadiss e Gourry stanno inscenando una lamentela sul servizio con il padrone, di sotto. Così sei libera della sua guardia e puoi venire alla festa con noi!»
Sussultai.
Amelia, stai veramente compiendo un’azione così meschina?
Che ne è stato dell’assetata di giustizia, per la quale portare a termine anche il più faticoso degli incarichi era un dovere morale al di sopra di ogni diletto? Eppure non l’avevo colpita con i miei incantesimi, quel pomeriggio!
«Cosa ti spinge ad aiutarmi a infrangere la mia punizione, mh? – mi avvicinai assottigliando gli occhi – E poi, passi quel tonto di Gourry, spiegami cosa è venuto in mente a Zelgadiss. A lui, proprio lui che mi ha consegnata oggi stesso in pasto ai pescecani.»
La sua prima reazione fu il panico totale. «L-Lina-san, Zell ha semplicemente riflettuto su quanto sia stato ingiusto aver reagito così oggi… per quanto avesse puramente ragione…» «PREGO?» «Nulla, nulla davvero! – proseguì impacciata – La ragione non la so con precisione, però ecco… mi ha mandata a prenderti e… visto che me l’ha chiesto…»
Sospirai, asciugandomi una mano nel grembiule (a fiorellini rosa e bordi verdi, ma immagino non desideravate saperlo veramente) per poggiargliela sulla testa e scompigliarle i capelli. «Sì, certo, visto che te l’ha chiesto lui ti sei fatta coinvolgere.»
Sorvolai il suo rossore divampante e le farneticazioni imbarazzate che ne seguirono, mi prodigai invece a levarmi di dosso quell’orrore e rimettere in sesto le vesti, per poi scavalcare con affascinante maestria il piccolo davanzale della finestra. Feci l’occhiolino alla principessa. «Andiamo!»
 
Raggiungemmo la piazza centrale in cui si teneva la famosa asta. Dire che tutta la popolazione era lì radunata sarebbe stato falso: i cittadini di almeno tre paesi stavano ammucchiati l’uno addosso all’altro come se ci fosse stato un annuncio pubblico reale! E considerando che buona parte di essi erano effettivamente nobili, non sarei stata sorpresa di sentire qualche pettegolezzo interessante.
Diedi una rapida occhiata e notai che buona parte era formata da comuni contadini e commercianti. Pochi i maghi o presunti tali sgomitavano per assistere all’evento. Un ottimo segno, se fossero spuntati degli oggetti magici sarebbe stato semplice accaparrarseli.
Le prime file erano occupate da panche di legno, inutile dire da chi erano occupate, e tutti gli altri in piedi in semicerchio attorno a un palco.
L’annunciatore fece un cenno alla folla animata e ne seguì il silenzio. «Come di consueto, anche quest’anno daremo il via al Banchetto di Luna, dove saranno messi in vendita alcuni oggetti particolari al miglior offerente!»
Udii alcuni mormorare qualcosa come “si, certo” e “come no” del tutto ironici. Evidentemente era chiaro che queste particolarità sarebbero finite in mano a chi aveva il borsello largo e pieno. Per esempio i tizi in prima fila.
Mi avvicinai all’orecchio di Amelia. «Credi che tuo padre si arrabbierebbe molto se gli chiedessimo un eventuale prestito…?»
Lo sguardo che ricevetti in risposta diceva molto più di mille parole. Traducibile in “tanto sarebbe inutile farti desistere dall’approfittarne, vero?”. Hey, sono figlia di commercianti, la mia indole va soddisfatta in qualche modo!
Il primo oggetto messo al bando era una sfera di cristallo, descritta come l’immancabile compagno per qualsiasi strega rintanata nel profondo della boscaglia… come dire, se siete avvenenti fattucchiere, comprate, comprate!
Il mormorio si fece un po’ più insistente. In pochi erano convinti del vero valore di quella palla trasparente ma, come si suol dire, il pacchiano va a toccare esattamente dove deve e una nobildonna in seconda fila alzò eccitata la mano inguantata. I suoi servitori applaudirono mestamente il gesto avventato, condendo il tutto con sorrisi sforzati ma che facevano tanto piacere all’acquirente. Gli altri aristocratici non fecero una piega, la maggior parte uomini, e scossero la testa per denotare la loro (voluta) sconfitta.
Ecco, se posso permettermi una piccola nota, detesto questo genere di spettacolo. Sapete, mi fa venire la pelle d’oca assistere alla farsa di quegli altezzosi sangue blu in occasioni mondane. E, se mi è ancora concesso, so recitare cento volte meglio.
Il secondo oggetto era un libro piuttosto rovinato, dalla copertina spessa e decorata, con alcuni fogli che uscivano dal blocco. «Si dice che questo testo sia stato la fonte di ispirazione per il mago Tarasco, il famoso creatore dello scambio di anime e corpi, bandito dall’ordine per i suoi esperimenti sugli esser- oh, ma c’è un signore laggiù che sta già facendo un’offerta!»
Il banditore indicò in mia direzione e andai lievemente in panico. Avevo effettivamente il braccio alzato, ma piegato dietro la nuca per mettermi apposto il colletto e… dannazione, voleva forse dire che vestita con la mia tunica rosa sembravo ancora un ragazzo?!
«Il prezzo di partenza è cinquanta monete d’oro!» e all’idea di sborsarle per non aver mai avanzato un’offerta mi fece impanicare del tutto.
«Settanta.»
La voce che rispose alle mie spalle era famigliare e, sì, Zelgadiss stava proprio alle mie spalle con il braccio alzato.
Rilasciai un sospiro di sollievo, sorridendogli. «Per fortuna sei tu l’offerente. Sai, tutti quei soldi per un libro stracciato…»
«Taci e dimmi quanto potrebbe valere, secondo te.» troncò lui in modo tagliente e serio. Riportai lo sguardo al volume in questione, considerando il suo aspetto esteriore poco invitante e le ragnatele che pendevano da un angolo.
«Onestamente non gli darei nemmeno trenta monete di rame.» «Lina, qui non stiamo commerciando normalmente, si tratta di rilanciare. – rispose secco e, sentendo che qualcuno aveva avanzato novanta monete, gridò – Centoventi!»
Un brivido freddo mi percorse la schiena. «Sei impazzito?! Con quei soldi puoi pagarti un viaggio andata e ritorno nell’arcipelago Croman e cercare testi sacri lì!»
La chimera rimase impassibile per un attimo, per poi abbassare lievemente il braccio. «Credi… che valga almeno centocinquanta, massimo duecento monete?»
«Ovviamente no! …ma se quanto dice quel tizio è vero, il mago Tarasco aveva effettivamente ideato delle manipolazioni tali da creare pseudo-chimere. – feci una pausa riflettendo – Se si tratta veramente di quel testo, per te sarebbe di immenso aiuto o almeno spero.»
Tra la folla, nessuno sembrava intenzionato a rilanciare. L’annunciatore iniziò a contare alla rovescia tenendo per buono l’ultima offerta del mio amico, almeno finchè un uomo bardato di nero non alzò a sua volta la mano, rilanciando di altre trenta monete d’oro. Zelgadiss non se lo fece ripetere e riprovò, alzando il prezzo al massimo che gli avevo consigliato.
Duecento monete d’oro.
Voglio dire, voi forse non avete presente quanto lui sia ossessionato dalla sua cura, benché il suo aspetto attuale gli dia un che di affascinante. Soprattutto agli occhi di qualcuna. E’ pronto a vendere un braccio per riavere il suo benedetto corpo alla normalità, anche se ormai si trattava di una questione di orgoglio.
Alla fine della seconda asta, Zelgadiss si avviò al palco e si portò via Mister Duecentomonetedoro, felice come un bambino a cui avevano regalato un orsacchiotto nuovo. Bè, mai giudicare un libro dalla copertina, ma sicuramente aveva tutto meno che del “nuovo”.
Ne seguirono nell’ordine: un mantello con cappa del terribile Ivan di Elmekia; uno scrigno di porcellana della baronessa deceduta un centinaio di anni fa di Dils; un frammento del ghiacciolo che ricopriva il saggio Lei Magnus (che, si scoprì, non era altro che un cristallo lavorato…); un ulteriore testo di magia tramandato nella famiglia Ruth di Saillune (che attirò nuovamente l’attenzione e le tasche della chimera, con principessa festante al suo fianco). Al termine della prima serie di aste, un diamante con sigillo magico, uno di quelli ottenibili grazie a un po’ di pergamene e tanta pazienza. Modestamente, ne so qualcosa.
Dopo quella noiosa trafila di oggetti di dubbio valore, ci fu una breve pausa per permettere a quei oh così tanto stanchi nobili di riprendere fiato, dopo un pressante tira e molla per acquistare il manufatto più ridicolo.
Durante quei momenti ci aveva raggiunto anche Gourry, armato di un pacco di dolciumi freschi di bancarella, che videro la loro fine in brevissimo tempo. «Lina, se ti ingozzi in quel modo rischi che ti venga mal di stomaco… - disse con un mezzo sorriso, con il suo solito fare da fratello maggiore – Oh, sei piena di briciole di biscotto qui davanti!»
E quello, per quanto poteva essere un gesto da fratellone, non era proprio il caso che si azzardasse a farlo. «Non sono una mocciosa, lasciami mangiare in pace!» risposi seccata, allontanando con la mano la sua che si stava pericolosamente avvicinando dove non doveva osare avvicinarsi.
«Uff, come sei permalosa… hey, non finirti tutti i biscotti alla vaniglia!» si lamentò, proprio mentre ne addentavo una manciata in un sol boccone. «Foffo tarfi, fei fento!» intendendo dire che era troppo tardi ed era lento, ma la mia mente era totalmente proiettata sul riempire lo stomaco piuttosto che parlare correttamente.
La folla si era leggermente diradata, alcuni avevano seguito il nostro esempio acquistando cibarie e bevande, in attesa della seconda fase dell’asta. Banchetto di Luna non era un eufemismo, in fondo, visto che si stava davvero avvicinando l’ora del riposo, con la luna alta in cielo e quella che definirei una riunione di voci e allegria, proprio come a una grande tavolata.
«Dicono che la seconda serie di aste sarà anche quella più interessante. – disse Zelgadiss, suonando totalmente distaccato e invece assorto nella lettura del suo acquisto. Duecentomonetedoro.- Ho sentito che, solitamente, vengono proposti oggetti realmente appartenuti a gente famosa, ma ci saranno anche cianfrusaglie ridicole.»
«Quanto ridicole?» chiesi, ponderando se fosse il caso di perdere ancora tempo o meno.
La chimera girò pagina, avvicinando di più il tomo al viso. Il suo sguardo si rabbuiò. «Abbastanza.- tagliò corto, per poi alzare gli occhi a me – Ti ricordi di Miwan e la sua ricetta per cucinare carne di drago?»
All’idea di vedere un pezzetto di Philia nel piatto, mi salì la nausea. Mi sarebbe salita comunque, a dire il vero. «Sì.»
«Il suo coltello.»
«Capisco. E… stasera?»
«No. – chiuse il volume dopo aver piegato l’angolo della pagina – L’anno scorso. Settecentoquaranta monete.»
«D’ORO?!» sbraitai. Pazzesco, qualcuno aveva avuto il coraggio di sborsare così tanto per un pezzo di metallo senza alcun valore di mercato?
Zelgadiss sorrise, socchiudendo gli occhi. «D’argento.»
Un lieve sospiro scivolò fuori dalle mie labbra. Era comunque spropositato, ma sempre meglio che fossero state d’argento. Davvero, mi chiedo con quale scusa l’abbiano venduto. “L’arma che affettò il mostruoso drago di lago e diede vita al famoso piatto della zona, non riuscirete più a farne a meno!” o qualcosa del genere. Ne sono sicura.
Un suono di campanella risuonò improvvisamente e la gente si riunì nuovamente attorno al palco, richiamando effettivamente molte più persone di prima. Zelgadiss rimase nelle retrovie a consultare ancora e ancora il suo libro (duecentomonetedoro!), mentre io e Amelia fummo spinte in avanti, con Gourry al seguito ancora intenzionato a rubarmi il cibo da lui stesso regalato.
«Lina, non essere crudele, almeno un dolcetto…» piagnucolò, il che gli si addiceva benissimo per carattere ma vedere un bel biondone con la lacrimuccia e il labbro tremulo era quasi raccapricciante.
Affondai la mano nel sacchetto e tirai fuori una decina di caramelle. Sorrisi, per poi offrirgliene solo due con suo grande disappunto, dato che le altre raggiunsero la mia bocca prima che potesse replicare. «Sei un animale senza cuore.»
Ecco, quella era una grossa offesa.
Cercai di voltarmi e assestargli un pugno nel ventre per riflesso ma, non solo la folla, qualcosa mi fermò.
Qualcosa che avevo sentito.
«…ed ecco a voi la mise appartenuta a una celebre maga oscura, che fronteggiò miriade di nemici durante le sue avventure. Come potete notare, per la donna era importante un look aggressivo e intimidatorio, composto da poche parti di pelle nera che lasciavano spazio a tutto il resto della sua pelle.
Signori e signore, comincia qui l’asta per il costume della grande Naga del Serpente Bianco!»

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Capitolo 2
*** L'arroganza del Serpente ***


Banchetto di luna
A Slayers Fanfiction by Sabu-chan




L'arroganza del Serpente

 
 

Un.

Dannato.

Secondo.

 

Un.

Altro.

Secondo.

 

«COSA, NAGA?!»

E sì, la fonte di questo grido al di sopra del mormorio incuriosito della folla ero io.

Seriamente, la fermezza mentale che avrei dovuto mantenere in quel momento giocava a nascondino.

Non era un gioco divertente.

«Wow, quella tizia doveva avere un gran coraggio a indossare una cosa simile...»

«CE LO AVEVA!» strepitai senza curarmi del piccolo cerchio vuoto che si era formato attorno a me, mentre il mio amico spadaccino stava ammirando pensieroso quello che, piuttosto restia, definivo costume.

Effettivamente si potrebbe dire lo fosse: non avrei mai pensato né desiderato che quella donna diventasse famosa per questo o quello, ma sicuramente il suo modo di vestire sarebbe stato ricordato nei secoli a venire. Voglio dire, non si vede tutti i giorni una maga avvenente, e con un fascino che non è solo discreto, abbigliarsi con un tanga dalle doppie stringhe e un coprispalle, con annesso reggiseno, il tutto in avvolgente pelle nera. Tu la vedi e pensi “questa tizia lavorerà in qualche locale malfamato” oppure “non mi interessa chi sia e cosa faccia, wow che bomba!”.

Aver viaggiato per diversi anni con una che richiamava simili commenti non ha mai aiutato la mia autostima.

Ma torniamo a noi...

Continuando a ripetermi quanto fosse impossibile ciò che stava avvenendo, non feci troppo caso a lasciarmi andare qualche commento ad alta voce. «Chi diavolo avrebbe... cioè, ma lei allora... tutto ciò non ha senso.»

«Lina-san, che ti prende?» chiese la principessa al mio fianco, toccandomi il braccio. Evidentemente non aveva capito quanto fossi, diciamo, scossa dall'evento e rabbrividii, ritirando il braccio immediatamente.

«Tu non puoi capire. Quel costume, quella donna, sono tornati per vendicarsi di m-» ma mi fermai subito, notando che anche Zelgadiss si era riunito a noi, osservando con mano al mento in direzione del palco. Non era stato annunciato un formulario di tecniche antiche contro l'esfoliazione della pelle, cosa diavolo era venuto a fare? Dannazione!

«E' un oggetto magico? - domandò la chimera, senza nascondere un certo divertimento – E' curioso come tu ti stia agitando tanto. C'è forse qualche legame tra quel costume e il tuo orgoglio?»

Volevo replicare qualcosa di cattivo, altamente cattivo. Lo volevo davvero, ma non era serata per lasciarmi parlare a volontà, poiché il banditore riprese ad elogiare la proprietaria originale del costume. «Grandi furono le battaglie che Naga del Serpente Bianco affrontò, spodestando malvagie creature tra isole e villaggi minacciati nel loro quieto vivere. La sua fama è nota nelle regioni del nord, dove le venne perfino dedicata una statua all'onore!»

«Balle! - urlai paonazza, non curandomi degli astanti che avevano ripreso a mormorare nei miei confronti, come se fossi una pazza esagitata che non sa quello che dice. Oh, se sapevo bene cosa dicevo, e avevo tutta l'intenzione di farlo sapere anche all'annunciatore, facendomi spazio a forza tra i partecipanti, piazzandomi in una delle prime file con le braccia incrociate al petto.

Le guardie personali dei nobili mi si pararono davanti. Potevo sbarazzarmi di loro in un battito di ciglia, ma ciò avrebbe aggravato la posizione che mi ero conquistata quel pomeriggio, quindi rimasi semplicemente a fissare con estremo risentimento il banditore.

Si accorse di me, ma preferì proseguire con l'annuncio. «L-leggende narrano che riuscì perfino a ribaltare le sorti di uno scontro tra golem, riportando la serenità tra due comunità in lotta da decenni...» «AH AH AH!» replicai sarcasticamente, sentendomi pulsare una vena in fronte, pericolosamente vicina all'esplodere.

Da quella posizione più o meno privilegiata, potevo udire i commenti stizziti degli aristocratici. Già, non era un bel vedere per i loro occhi altolocati, molto più avvezzi a pizzi e trine, lustrini e bardature, non certo a una veste così pacchiana e provocante. Le signore storsero il naso più volte, anche se nel mio cuore di innocente fanciulla sentivo che avrebbero desiderato provare quella roba, più per il gusto di vestirsi allo stile “maga oscura” che altro. O forse sbagliavo.

Lanciai un'occhiata alle retrovie e vidi l'orrore dipinto sul volto di Amelia, con le mani davanti alla bocca semiaperta, nella speranza che non combinassi qualche guaio. Bè, grazie per la fiducia.

A compensare quell'assurdo quadretto, Zelgadiss e Gourry sembravano presi da una concitata discussione, che purtroppo non potevo udire. Il biondo annuiva con le mani appoggiate ai fianchi, la chimera indicava prima me e poi il costume, sorridendo a occhi socchiusi in quel modo irritante che tanto gli piaceva usare. Dopo un altro movimento di labbra, forse un commento al costume visto che lo stava indicando, Gourry si fece scappare un lungo fischio di ammirazione. Ne seguì una gomitata imbarazzata di Amelia alla chimera, che continuò a ridersela.

Adoro i miei compagni. Così pieni di comprensione.

Non potevo dar loro tutti i torti, non conoscendo la storia dietro a tutto questo. Certo potevano evitare di aumentare il volume delle loro risate, sopra a quelle di tutta la folla, quando a sentire il prezzo di partenza la mia reazione fu: «Voi osereste vendere questa oscenità a partire da t-t-t-t-t-... vi rendete conto di quanti costumi simili si possano confezionare con TRECENTO MONETE D'ORO?!»

D'accordo, l'asta era nota anche per le sue assurdità, ma c'erano cose che superavano il limite di inspiegabile e buon senso.

«Signorina, lei in prima fila, si calmi. - mi canzonò il banditore, indicandomi e attirando così lo sguardo di tutti su di me, come se grazie alla mia esternazione non fossi già abbastanza in vista. - C'è qualcosa che non la convince di questo formidabile oggetto?»

«Soprattutto la parte del “formidabile”. - replicai, trattenendo a stento la mia irritazione stringendo lo schienale di una delle sedie davanti a me, con sommo fastidio del suo occupante – Che fine ha fatto questa Naga di cui tanto decantate le doti?»

L'uomo alzò le spalle, sorridendo e scuotendo il capo. «Pare che qui abbiamo una possibile acquirente...»

Io. Comprare quell'affare. A quel prezzo. Ah ah.

Mi fece cenno di avvicinarmi al palco, scuotendo la mano in direzione delle guardie perchè mi lasciassero il passaggio. Quelle si spostarono e improvvisamente sentii accentuarsi l'attenzione su di me, come se mi avessero sparato addosso un Lightning appositamente per rendermi più visibile a tutti, proprio tutti. Un pizzicore al naso e un forte calore alle guance mi fecero capire che era troppo tardi.

«Il costume ci è stato consegnato direttamente dal regno di Dils, dove sembra ci sia stata l'ultimo avvistamento di Naga del Serpente Bianco.»

...l'ultimo?

«Comunque, le persone che l'hanno ritrovato hanno generosamente donato questo prezioso capo nel momento stesso in cui è stato rinvenuto. Un gesto nobile, quanto a mio avviso troppo frettoloso. Non hanno considerato il valore infuso tra le sue candide pieghe...»

Uhm. Se avessi spiegato che non si trattava di negligenza da principianti, ma di buonsenso nel voler vedere sparire quella roba, forse ne sarebbe sorto un caso diplomatico. Preferii tacere anche su quelle “candide pieghe”, notando una nota di languore nelle parole dell'annunciatore.

Ciò, però, non spiegava ancora non tanto il dove ma il perchè fosse stato trovato.

Vedendomi pensierosa, il banditore pronunciò un'ultima, pericolosa frase.

«Cosa le succede, signorina? Il costume non la convince? Oppure... - fece una pausa, osservandomi da capo a piedi, aggrottando la fronte e rivolgendomi un sorriso compassionevole – Oppure vorrebbe essere stata lei ad indossare questo costume? Sempre che se lo possa permettere...»

A quelle parole, feci una scelta tanto spontanea quanto audace.

 

«Tu sei pazza. Sei la più pazza tra le pazze.» commentò Amelia, scuotendo la testa, mentre io e il gruppo camminavamo in direzione contraria alla piazza dell'asta.

Ero stata tassativa: nessuno, tanto meno una chimera lamentosa, sarebbe stato un minuto di più ad assistere ad altre aste, che fossero di grande valore o no, che si trattasse di vita o di morte. Specie se non ci tenevano alla loro, di morte.

«Era davvero il caso di fare tutta quella scenata?» chiese lo spadaccino, grattandosi la testa per poi portare la mano al sacchetto di dolci che, hey, fino a qualche momento prima mi apparteneva.

Sì, era stato davvero il caso. Non bastava aver stravolto le mie gesta eroiche passate per vendere qualcosa di assolutamente irrilevante, ma anche tirare in ballo argomenti che mi toccavano ancor più nel profondo... insomma, se avete imparato a conoscermi, sapete benissimo che qualsiasi veste mi calzerebbe a pennello e farmi notare l'assoluto falso contrario meritava una reazione altrettanto sentita.

«Dì la verità, Lina. - questa volta fu il turno di Zelgadiss, che fingeva disinteresse per mascherare il suo divertimento – Non è che vuoi indossarlo veramente, quell'abito?»

«Credo che la domanda corretta sia “non è che voglio veramente rifilarti un Mono Volt su per il didietro”, eh, Zell?»

La mia risposta, accompagnata da un'occhiata eloquente, fece parzialmente il suo corso, zittendo la chimera da un lato e facendolo continuare a ridere con il viso voltato dalla parte opposta alla mia. Era già qualcosa.

Strinsi al petto il pacco in cui avevano avvolto accuratamente il costume di Naga, per cui avevo speso una cifra che non starò qui a citare. Me la ricorderà Philionel, quando tornerò a Saillune a saldare il conto, se tornerò. Il mio interesse principale, in quel momento, era trovare una ragione concreta al perchè avevo azzardato un'offerta così spropositata, quando quel costume mi ricordava molti più fatti irritanti che piacevoli.

Lanciai un'occhiata a Gourry. «Si può sapere cos'avevate da confabulare, voi due, mentre ero davanti al palco?»

Al biondo fu necessario un momento, seppur breve, per far sbattere tra i loro i neuroni gelatinosi che fuggivano al controllo del suo cervello, per poi rispondermi: «Oh, niente di così rilevante... io e Zell cercavamo di immaginare chi potesse indossare un costume del genere e... bè.»

«...bè?» lo incalzai, stringendo la carta del pacco immaginando fosse la sua carne sotto le mie unghie. Il pensiero deve essere passato anche nella sua candida mente, visto che pose le mani davanti a sé in difesa. «Nulla davvero, Lina! E' che molto probabilmente si trattava di... una donna molto formosa. Ecco... così!» ed emulò due forme sferiche all'altezza dei fianchi. Due grandi forme sferiche.

Al suo fianco, sempre guardando altrove, la chimera fece il gesto di altre due sfere, all'altezza del petto. Un po' più grosse di quelle formate da Gourry.

Zelgadiss rise sarcastico, seguito da una candida risatina di Gourry.

Anche io risi.

 

Ero seduta su un tronco marcio abbandonato tra l'erba alta, su di una collina solitaria al limite del villaggio. La luna illuminava con bianca gentilezza i miei capelli ramati e le spalle leggermente abbronzate, che si mostravano oltre le maniche raccolte della casacca rosata con bordi azzurri. Una figura solitaria che apprezzava il fresco venticello notturno, lontana dal calore della gente ammucchiata in città, con la viva speranza di trovare il giusto riposo dopo tanta fatica mentale.

Un bel quadretto, certo, se non fosse stato che le mani mi dolevano ancora dopo aver tentato di prendere a pugni il corpo duro di Zelgadiss e aver cozzato contro la corazza di Gourry. Fortunatamente gli innocui incantesimi che avevo lanciato subito dopo non ebbero riflessi sui miei arti.

Aggiungendo, tra l'altro, che l'esplosione che ne seguì richiamò nuovamente le guardie cittadine, che riconobbero in me la criminale di quella stessa giornata. E un certo locandiere, che passava di lì per puro caso, che sbraitò ritrovandomi (finalmente?) fuori dalla sua cucina.

Ah, la luna e la sua bianca luce riflessa avevano davvero qualcosa di molto romantico, sola e lontana dal polverone sollevato da una decina di persone che ti corre dietro con intenzioni tutt'altro che amichevoli.

Quel pacco mi faceva ancora compagnia.

Mi arresi e, dopo aver sbuffato, presi a scartarlo per rivelarne il contenuto. La vista non mi aveva affatto tradita, si trattava davvero di quello che sembrava e avrei preferito non sembrasse, ovvero il costume della mia vecchia compagna di avventure.

La pelle nera era lievemente consumata sui bordi, ma era ancora tirato a lucido e sarebbe stato usufruibile per un altro decennio. Non che mi fosse mai interessato osservarlo da vicino, anzi, più stavo lontano da lui e la sua proprietaria e più il mio umore migliorava. Ora che lo avevo tra le mani, dovevo ammettere che il materiale con cui era stato confezionato era davvero di prima qualità, oserei dire acquistato da qualche mercante facoltoso che vendeva stoffe ad alte cariche sociali.

«E' davvero magnifico...» commentai tra me e me.

Un mh-mh di approvazione provenne improvvisamente dalle mie spalle e ciò mi fece accapponare la pelle. «Si, al di là dell'audacia del taglio, sembra molto pregiato.» annui più volte la principessa Amelia, chinata verso di me con le mani sulle ginocchia.

La ragazza scavalcò il tronco su cui ero seduta e si accomodò al mio fianco, avvicinando il viso al pezzo del costume che tenevo in mano, nel particolare quello inferiore. Era abbastanza imbarazzante farsi beccare in farneticazioni ammirate mentre reggevo delle mutande altrui appena comprate, manco fossi una pervertita. Davvero, non lo sono. Davvero!

Le sorprese non finirono con la sua comparsa e il suo insolito interesse per il mio acquisto. «Lina-san, perchè ti sei agitata tanto quando l'hanno messo all'asta?»

Sapevo benissimo che la principessa non avrebbe avuto il cattivo gusto di fare paragoni arditi come i nostri due amici, ma ciò non aiutava comunque a trovare una risposta tra il sincero e l'evasivo. «Diciamo che... mi ricorda una persona.»

«Davvero? - chiese divertita, portandosi una mano alla bocca per coprire le sue labbra piegate all'insù – Era una donna, giusto? Mi parli di lei?»

«C-cosa? Vuoi che ti parli di Naga?!» e, se non si è capito, intendevo proprio evitare l'argomento con l'intonazione che la mia voce aveva assunto.

Amelia fece spallucce, dondolando poi le gambe e accarezzando i fili d'erba con la punta dei calzari. «Non parli spesso delle tue avventure passate. Anzi, a dire il vero sappiamo ben poco di cosa hai fatto e con chi, se non quando un evento te ne fa parlare direttamente. - abbassò lo sguardo corrucciato, per poi alzarlo e incrociare il mio – Non vuoi confidarti con me?»

Diamine, resistere ai suoi occhioni azzurri pieni di richiesta di affetto e sete di giustizia, in questo caso nei confronti di un'amicizia lunga diversi anni, è sempre stato troppo difficile anche per una dura come me. Ha sempre saputo toccare tasti fin troppo remoti del mio carattere, grazie o a causa della sua spontaneità e ingenuità. Una ragazzina da accontentare in cambio di tanto spassionato bene.

Appoggiai le mani al tronco, volgendo lo sguardo al cielo stellato e socchiudendo gli occhi.

Vediamo, da cosa potevo iniziare...

 

Ovunque andassi, lei mi era attaccata alle costole, un po' come un neo di enormi dimensioni.

In proposito a questo paragone, era sì scura di capelli, di veste e mantello, ed era molto più alta di me. Non ho mai saputo la sua età precisa, ma azzarderei avessimo almeno cinque, sei anni di differenza. Una donna, più che una ragazza, appiccicata costantemente a una ragazzina che si era già fatta un nome nel continente.

Cosa volesse da me lo metteva in chiaro ad ogni incontro e scontro: essere la mia più grande rivale, ribaltare la mia fama e dimostrarmi quanto il suo potenziale fosse più grande rispetto al mio. E tante altre chiacchiere, tra le quali ricordare le mie misure rispetto alle sue e mettersi in mostra per indebolire il mio orgoglio. Inutile dire che faceva tutto il contrario, rafforzando di volta in volta la convinzione che non era altro che una grande cialtrona.

«Lo era veramente?»

No, mi costa ammetterlo ma non lo era. Aveva effettivamente dalla sua un'enorme riserva di potere magico, che però usava a casaccio senza preoccuparsi delle conseguenze. Inoltre sapeva essere aggraziata e propensa ai discorsi più importanti, specialmente se si trattava di somme di denaro e pasti. Su questo andavamo molto d'accordo.

Salvo, ovviamente, che decidesse deliberatamente di passare a me ogni pagamento, fosse di un pranzo o della conseguenza di una situazione da lei stessa creata.

Ci siamo scontrate così tante volte che non ne ho tenuto il conto. La nostra era più una relazione di odio che di serena convivenza. Se stavo dalla parte del bianco, lei doveva prendere le parti del nero e così via, il tutto per portare avanti la sua teoria dell'acerrima rivale.

Senza dimenticare il suo terribile modo di fare...

«C'entra qualcosa con quel costume?»

Pfff, il suo modo di vestire era l'ultimo dei problemi.

Come ti ho già detto, voleva assolutamente mettersi in mostra per abbattere il mio ego. Accompagnava il tutto da una terribile risata, così insopportabile da far scappare le anziane a pregare agli altari dei paesi, in modo che gli dei mandassero via quel demonio dai loro villaggi.

Mh, forse dovrei omettere che, in tali occasioni, ci mettevo anche del mio a fomentare l'immagine di spiriti maligni... ma ero giovane, giustificabilissima, ho fatto degli errori. E con loro c'era lei, il mio sbaglio più grande, il non averla abbandonata per strada prima del dovuto.

«E alla fine l'hai fatto?»

Certo che no, sono una buon'anima in fondo. Ho sempre sopportato, anche quando riprendevo il cammino da sola e lei si ripresentava come una zecca affezionata alla sua vittima canina. Non l'ho abbandonata. Non l'ho mai fatto.

Non l'ho mai fatto.

«E non hai mai considerato che forse lei aveva bisogno di te?»

Per cosa? Per rafforzare le sue convinzioni venute dal nulla?

No, lo escludo categoricamente. Era completamente pazza, benchè raramente tirasse fuori un briciolo di senso e in determinati combattimenti ci capivamo senza dire nulla. Un po' come con Gourry adesso.

D'accordo, con lei era molto diverso, chiamalo intuito femminile o come vuoi. Faceva di testa sua e non comprendeva il limite da imporre alle sue azioni sfrontate ma, quando era in pericolo quella che si dice la “pace”, allora tirava fuori la ragione e collaboravamo in maniera impeccabile.

Forse...

Forse aveva bisogno di me.

Non so per quale motivo, però. Ragionando a mente lucida, dopo così tanti anni, immagino desiderasse essere riconosciuta da me, probabilmente tutte le sue provocazioni erano atte a questo, a mostrarsi ai miei occhi, ad essere accettata. Ma non l'ho mai fatto.

«Lina-san, non è che lei in realtà ti piaceva?»

A-aspetta, in che senso lo stai chiedendo?

Bè, non posso negare che avesse i suoi lati positivi. Te l'ho detto, sapeva farci quando e se voleva, o se proprio la situazione non le poneva altre strade. Aveva anche il suo dannato fascino, avvolta in questo ridicolo costume, ma ciò non...

Oh, d'accordo, smettila di guardarmi così!

Sì, mi piaceva! Mi piaceva averla attorno, mi piaceva che mi desse così tanto fastidio quanto mi piaceva farla saltare in aria quando attentava alla mia pazienza. Mi piaceva dividere con lei i miei pasti, anche se l'esperienza mi ha insegnato a non offrire mai più se non sicura del pagamento ed evitare di avere un tesoro in comune con qualcun altro.

Mi piaceva, segretamente, vedere la gente attorno a noi rabbrividire e scappare al sol sentire la sua risata spacca timpani, anche se appunto non piaceva troppo alle mie orecchie. Mi piaceva stupirmi degli incantesimi complessi di cui era padrona e quelli che lei stessa aveva ideato, di cui molti erano incompleti e completi disastri.

Mi piaceva averla al mio fianco quando il combattimento si metteva male e mi piaceva, dannazione, il suo modo strampalato di risolvere i casi, anche se molte volte erano colpi di fortuna e non di fine strategia.

Mi piaceva il suo non preoccuparsi di nulla e nessuno, la sua ferma sicurezza in sé stessa, il suo totale menefreghismo e il suo orgoglio incrollabile, che mi irritava fino alla punta dei capelli ma che in realtà invidiavo.

Mi piaceva, sì, mi piaceva averla come compagna di viaggio.

Anzi, mi piaceva essere la sua compagna di viaggio.

Mi piaceva...

 

Senza accorgermene, stavo stringendo al petto quel costume e il resto del pacchetto, fissando il vuoto.

Ad essere precisi, percepivo un certo fastidio alle narici e un lieve bruciore agli occhi.

«Lina-san...» disse dolcemente Amelia, avvolgendomi le spalle con un braccio, appoggiando il capo sulla mia spalla. Era stata ad ascoltare senza repliche il mio monologo, ponendo di tanto in tanto delle domande spontanee che mi aiutarono a proseguire il racconto. Non era prevista una mia reazione, non era affatto prevista.

Sbuffai, scuotendo il capo e senza lasciare la presa delle mie mani sul costume. «Amelia, mi manca.»

La principessa strusciò i capelli contro il mio braccio, per poi alzare il capo e guardare verso il nulla come me. «Lo capisco, Lina-san. Anche a me manca una persona e non so che fine abbia fatto. - il suo tono si abbassò, diventando quasi un sussurro – Non so cosa darei per sapere se è ancora viva da qualche parte.»

Uhm, il discorso non si faceva dei più allegri.

Sapevo benissimo che aveva una sorella maggiore, scappata tempo addietro dopo un grave fatto avvenuto a corte, e se ne erano perse le tracce. Me ne parlava sporadicamente, e quando lo faceva assumeva un'espressione nostalgica, addolorata.

Lasciai la presa sul costume e lo posai sulle mie gambe, ricambiando l'abbraccio. «Hey, da qualche parte delle due si staranno divertendo alla faccia nostra, magari tracannando del brandy in una locanda e ridendo come sceme! Non dovremmo preoccuparci più di tanto, sono persone adulte e vaccinate! O almeno spero...»

La principessa si fece sfuggire una risata sommessa, decisamente più sollevata rispetto al tono di poco prima. Passammo ancora un po' di tempo assieme immaginando la mia Naga e sua sorella a combinarne di cotte e di crude in giro per il mondo, assieme, evocando enormi golem insensati e urlando come signorine di buona famiglia davanti a un gruppo di banditi, come si confà a una ragazza proveniente dalla famiglia reale e non abituata al vivere mondano.

Forse chissà, Naga era riuscita a edificare un piccolo regno tutto suo, con quell'esercito di suoi cloni e la sua copia benevola nella carica di ministro dell'educazione. Un brivido percorse la mia schiena quando raccontai questa fantasia ad Amelia, che in tutta risposta si mise a ridere come se non ci fosse un domani.

A notte ormai inoltrata, decidemmo di raggiungere i nostri amici, che avevano pensato bene di non prendere stanza nella stessa locanda in cui, ipoteticamente, avrei dovuto lavorare per ripagare i danni causati. Si trovava molto più distante, dalla parte opposta della cittadina e di dove ci trovavamo noi.

Il Banchetto di Luna era terminato da diverso tempo, infatti le strade erano sgombre dei partecipanti che eri erano già rintanati nelle loro case, mentre delle bancarelle rimanevano solo gli scheletri di legno senza la merce esposta. Gli conveniva, dopo avermi privata del mio rifornimento giornaliero per far spazio ai nobili in visita.

Sgusciammo nella sala di entrata della nostra locanda, evitando di scambiare qualsiasi considerazione sulla tarda ora con il proprietario, fiondandoci in punta di piedi al primo piano dove ci attendevano le nostre stanze. Bussammo alla camera dei ragazzi, dove un assonnato biondino ci consegnò le chiavi che avevano tenuto da parte per noi, per poi strisciare nuovamente in direzione del suo letto.

«Oh, a proposito, Lina-san! - mi interpellò improvvisamente Amelia, prima di entrate nella sua stanza – Avrei ancora un dubbio che vorrei chiederti.»

Mi avvicinai a lei, per evitare che le nostre voci rimbombassero troppo nel largo corridoio. «Di che si tratta?»

«Hai menzionato delle copie di questa Naga... in che senso aveva delle copie?» chiese candidamente. Non che l'argomento si potesse esaurire in poche parole prima di andare a dormire, tentai ugualmente di essere esauriente: «Diciamo che un mago da strapazzo decise di creare un esercito di miei cloni, ma finì per farlo con lei. Poi, avrai sicuramente sentito parlare dello Shadow Reflector, ecco, è stata creata una copia sia mia che di Naga ma con carattere opposto al nostro.»

La principessa annuì pensierosa, portandosi una mano al mento e abbassando lo sguardo. Aspettai che mi dicesse che ero stata chiara e potevo andare nella mia stanza, purtroppo non era quella la sua intenzione e mi rispose solo dopo qualche lungo e noioso minuto.

«Quindi...» iniziò, tenendo sempre lo sguardo basso.

«Quindi...» la incalzai.

«Anche quelle copie erano vestite nello stesso modo di quella Naga, giusto?»

«Oh si, è stato terribile vedere dieci di lei vestite con q... uesto... costume...»

«Allora potrebbe appartenere a una qualsiasi di loro e non proprio e lei.»

Deglutii.

Non che il ragionamento fosse errato ma...

«E poi – proseguì, senza curarsi del mio improvviso irrigidimento e gli occhi spalancati – ha anche una copia opposta di carattere a lei, se ho capito bene.»

«A... a-ha...»

Mi sorrise, battendo tra di loro le mani come se avesse risolto un grande, terribile arcano.

«Allora è probabile che quella copia si sia vergognata così tanto di questo costume e l'abbia abbandonato appena possibile!»

 

Non so cosa mi aveva fatto passare per la testa che Naga avesse fatto una fine terribile.

Non so nemmeno perchè mi fosse venuto in mente che avesse voluto abbandonare il suo marchio di fabbrica.

E, inoltre, non so cosa mi avesse trattenuta dall'urlare a squarciagola e dare fuoco al mio acquisto.

Quella teoria, detta in modo così candido e gentile, con quegli occhi che trasudavano energia positiva da far venire le carie anche a un vecchio che porta una dentiera di porcellana, era molto più esatta di tutti i preconcetti che avevo avuto non appena vidi il costume all'asta.

L'idea di quanto avevo speso per una copia dell'abito originale della mia vecchia compagna mi aveva fatta piangere amaramente.

Sì, un po' per nostalgia.

Sì, soprattutto per la somma che mi sarebbe stata decurtata una volta tornata a Saillune.

 

Ah, scordatevelo.

Non vi dirò mai quanto sono stata disposta a sborsare per avere qualcosa che appartenesse a quella sfornatrice di risate.

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