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Lista capitoli: Capitolo 1: *** Capitolo 1: Risveglio *** Capitolo 2: *** Capitolo 2: Non Odiarmi *** Capitolo 3: *** Capitolo 3: Un Campioncino tra le Cento Torri *** Capitolo 4: *** Capitolo 4: Un Nuovo Colpo *** Capitolo 5: *** Capitolo 5: Il Bene più Prezioso che C'è *** Capitolo 6: *** Capitolo 6: Il Bene più Prezioso che C'è (parte seconda) *** Capitolo 7: *** Capitolo 7: La Tigre Ammansita *** Capitolo 8: *** Capitolo 8: Crudele Realtà *** Capitolo 9: *** Capitolo 9: Reality *** Capitolo 10: *** Capitolo 10: La Teoria del Caos *** Capitolo 11: *** Capitolo 11: Dopo il Funerale *** Capitolo 12: *** Capitolo 12: Il Portafoglio di Benji *** Capitolo 13: *** Capitolo 13: Il Dono di Nozze *** Capitolo 14: *** Capitolo 14 ***
Era una mattina soleggiata di metà Ottobre. Il
sole batteva nella stanza del reparto Rianimazione, camera singola, in cui
giacevano il corpo pallido di un ragazzo di sedici, forse diciassette anni, con
gli occhi chiusi, attaccato ad alcuni macchinari che lo tenevano in vita, ed una
ragazza, che si era addormentata con la testa accanto alla mano del
ragazzo.
Le
lacrime che spuntavano dai suoi occhi e le si erano fermate sulle gote,
brillavano che diamanti, alla brillante luce solare.
Ad un tratto, il ragazzo mosse leggermente le
palpebre, poi, lentamente, aprì gli occhi e si guardò
attorno.
Oliver
Hutton, Martedì 15 Ottobre ore 9:38 AM
Apro gli occhi. Le mie palpebre.
Le sento terribilmente pesanti,
quasi non riesco a tenerle su.
Bianco, vedo un soffitto bianco, sopra la mia
testa. Riesco a sentire dei suoni, i suoni dei macchinari che mi hanno tenuto in
vita da… da quanto tempo sarà che mi trovo qui? Per quanto sono rimasto privo di
sensi? Da quel che ne so, potrebbero essere venti minuti come venti
anni.
Mi fa male la testa, la sento pulsare
violentemente, soprattutto se tento di pensare o di ricordare quel giorno, che
per le mie percezioni è oggi, ma per il resto del mondo chissà.
Ricordo… ricordo il sole che splendeva forte,
ricordo che doveva essere il primo pomeriggio di primavera, il cane ferito in
mezzo alla strada, poi… poi… c’era Patty… poi… poi… no, non ricordo più nulla.
Aspetta, c’è anche un forte suono, una via di mezzo tra un fischio ed un boato.
Non riuscirei a ricordare di più anche se lo volessi.
Forse, con il tempo, riuscirò a diradare la
nebbia che avvolge i miei pensieri e ricordare gli eventi, ma ora non ci riesco
proprio.
Oh, ma qui c’è Patty! Dorme, dorme al mio fianco. Chissà
per quanto tempo ha vegliato al mio capezzale? Forse, se riuscirò a parlare,
glielo chiederò. Chissà cosa farà quando si accorgerà che mi sono svegliato! Ma
non voglio svegliarla, sarebbe ingiusto da parte mia. Spero solo che si svegli
presto, non so per quanto riuscirò a restare cosciente.
Patty dormiva ancora, con la testa appoggiata sul letto,
quando sentì qualcosa sfiorarle i capelli e pensò che fosse solo un sogno. Si
passò distrattamente, ancora addormentata, la mano tra i capelli, poi sentì che
aveva urtato qualcosa di solido e caldo, che si mosse al suo contatto.
Lo scostò distrattamente e riappoggiò la mano
sulla coperta.
All’improvviso fu come se un fulmine,
all’improvviso, gli avesse snebbiato la mente, e spalancò gli occhi di scatto,
rendendosi conto che ciò poteva significare solo una cosa.
Sollevò di scatto la testa e guardò gli occhi
scuri che, dolci, grandi ed espressivi, la fissavano.
Holly sorrise, e fu allora che Patty, fuori di sé
dalla gioia, afferrò la sua mano e cominciò a piangere dalla gioia. Finalmente
il suo Holly si era svegliato dal coma, e lei era al settimo
cielo.
I violenti e rumorosi singhiozzi da cui era
scossa Patty richiamarono l’attenzione di un’infermiera, che all’istante,
rendendosi conto dell’accaduto, andò a chiamare un medico.
Patricia
Gatsby, Martedì 15 Ottobre ore 9:42 AM
E’ da quando mi sono svegliata che piango! Come sono
felice! Finalmente si è svegliato! Ho avuto così tanta paura di perderlo per
sempre! Che spavento quando ho visto quel camion sopraggiungere!
E’ stato più forte di me, correre verso quel
cagnolino ferito, lì in mezzo alla strada, senza guardare se qualcuno passasse.
Sono stata una sciocca! Quel colosso di metallo era terrificante, sembrava un
mostro, così rapido e gigantesco! Chissà se l’autista era ubriaco? O forse
è stata la paura a spingerlo ad accelerare invece che frenare, per poi scappare
a gran velocità? Io so solo che non c’erano segni di frenate sull’asfalto. Da
quel che mi hanno detto, perlomeno.
Ricordo solo fino a qualche secondo prima
dell’impatto, quando ho sentito Holly spingere me e il cane verso il
marciapiede. Ho battuto la testa e perso i sensi, ma mi è stato raccontato che
Holly è stato preso in pieno ed una ruota gli è passata su una gamba. Mi hanno
detto che era in frantumi, quando l’hanno portato qui.
Quanto tempo è passato! Pensare che quella era
una giornata d’Aprile! Quasi sei mesi in coma, solo per salvarmi da quella mia
sciocca imprudenza. Troverò mai le parole per ringraziarlo abbastanza?
L’importante ora è che si sia svegliato e stia meglio.
Pochi minuti dopo la notizia, Patty fu costretta a
lasciare la stanza di Holly, così decise di comunicare a tutte le persone più
vicine a Holly che si era finalmente svegliato.
La prima persona che chiamò fu Mark Lenders, che
per puro caso si trovava in città in quei giorni.
La reception dell’albergo gli passò la camera in
cui alloggiava Mark, che, per sfortuna di Patty, dormiva della
grossa.
Ci volle parecchio prima che Mark si decidesse ad
alzarsi e rispondere al telefono.
"Pronto? Qui parla Mark Lenders" disse
l’attaccante della Toho, con la voce impastata dal sonno.
"Salve Mark. Sono Patty. Telefono dall’ospedale.
Holly si è svegliato pochi minuti fa."
"Oh, mi fa molto piacere" disse Mark con tono
poco convinto.
Nonostante la notizia gli facesse molto piacere,
non gradì il fatto di essere stato svegliato così presto dalla
ragazza.
"Verrai a trovarlo, visto che ti trovi in città?"
chiese la ragazza, sorpresa dal poco calore espresso da
Mark.
Mark bofonchiò un “verrò più tardi, quando avrò
un po’ di tempo”, poi, stanco, riagganciò senza neanche salutare, immergendosi
di nuovo nel letto e rimettendosi a dormire (NdA: il
solito!).
In seguito Patty telefonò a Tom, che giocava nel
settore giovanile di una squadra italiana.
Patty era talmente felice che non le passò
minimamente per l’anticamera del cervello che se lì erano quasi le dieci del
mattino, da Tom dovevano essere quasi le due di notte.
Ad occhi chiusi, cercò la lampada, poi spinse
l’interruttore e alzò la cornetta del telefono.
"P… pronto?" disse Tom, con gli occhi quasi
incollati e la voce roca a causa del sonno.
"Tom, sono io, Patty!"
"Ciao Patty. Lo sai che ora è qui in
Italia?"
Patty ci pensò un attimo, poi
disse:
"Lo sai che non sono un asso con il fuso
orario."
"Te lo dico io, allora. Sono esattamente le 1: 54
di notte. Spero che questa tua telefonata notturna sia stata fatta per qualche
motivo molto più che valido, visto che per di più domani devo giocare una
partita."
Patty arrossì come un peperone, poi
disse:
"Scusa Tom, ma non potevo aspettare. E’ una
notizia troppo grossa. Holly si è svegliato! Holly si è svegliato non più di
quindici minuti fa."
In quel momento Tom si svegliò completamente e
balzò giù dal letto.
"Dici sul serio?"
"Non potrei mai scherzare su una cosa del
genere."
"E quando è stato?"
"Te l’ho già detto. Circa quindici minuti fa.
Verrai a fargli visita? Lo so che è un viaggio lunghissimo,
ma…"
"Arriverò il prima possibile, non
preoccuparti."
"Tom, mi sto chiedendo una
cosa."
"Spara."
"Sei in ritiro con la squadra a casa
tua?"
"Il nostro albergo si è allagato e non abbiamo
trovato niente libero, così, visto che la casa che ho comprato è abbastanza
vicina allo stadio ed è bella spaziosa ci siamo piazzati qui per il ritiro. Sai
che domani giocherò con la prima squadra? Pensa, giocherò con i mitici Gardoni,
Magnani e Porter" disse Tom, parlando a voce altissima.
"Sono tutti a dormire lì?"
"Sì."
"E dormono?"
Tom si voltò lentamente verso gli altri, che per
la maggior parte lo fissavano con gli occhi semichiusi, ma l’aria molto
adirata.
"Patty, credo che dovremmo chiudere la
discussione. Qui, se continuo a parlare, mi fanno nero."
"Un’ultima domanda Tom . Ma in che razza di casa
vivi?"
"E va bene! Lo ammetto. Non possiedo una vera
casa. Abito in un vecchio negozio e affitto letti a chi
capita."
"Grazie per l’informazione, Tom. Ci vediamo
presto!"
"Sì. Ciao Patty."
Appena Tom ebbe riagganciato, una quindicina di
cuscini volarono verso di lui, colpendolo in pieno.
La persona che Patty chiamò in seguito fu Benji,
e neanche questa volta pensò che al massimo ad Amburgo potevano essere le due e
mezza di notte.
Una voce assonnata ma dal palese tono irato,
tuonò un “Pronto?” da far gelare il sangue nelle vene.
"P… pronto Benjamin? Sono io,
Patty."
"Patty chi?" tuonò nuovamente la
voce.
"Ma come Patty chi? Patricia
Gatsby."
"Mmm…?"
"Benji, ma non mi riconosci? Sono Patty! Hai
presente il Giappone? La New
Team? Holly in
coma?"
"Oh, ora capisco tutto! Tu stai cercando Benjamin Price,
il portiere della prima squadra! Io sono Benjamin Kerk, il portiere della
squadra Primavera. Non sai cosa è successo?"
"No!"
"E’ con la prima squadra a Tokyo, per
un’amichevole."
"Benji è qui in Giappone?"
"Esattamente."
"Ma perché non me l’avrebbe
detto?"
"Magari per farvi una sorpresa, Patty?" disse una
voce alle sue spalle.
Patty si voltò e davanti a sé trovo Benji,
cresciuto di una buona ventina di centimetri e diventato molto più muscoloso in
quegli anni.
"Benji! Che bella
sorpresa!"
"Anche a me fa piacere rivederti Patty. Ma perché
mai sei al telefono con l’Europa? E’ successo per caso
qualcosa?"
"Sì…"
"Ehi, Patty. Ci sei ancora?" chiese il ragazzo
dall’Europa.
"Oh, scusami Benjamin! E’ che è appena arrivato
Benji Price."
"Puoi farmi un favore, giacché mi hai svegliato a
quest’ora assurda?"
"Certamente."
"La partita com’è
finita?"
"Benji, Benjamin Kerk mi ha
pregato di chiederti com’è finita la partita" disse Patty, voltandosi verso
Benji.
"Annunciagli che qui sono
soltanto le dieci del mattino e che inoltre la partita è stata rimandata a
domani."
"Mi dispiace, ma la partita
doveva essere giocata più tardi, ma ha subito un ritardo di circa ventiquattro
ore."
"Ti ringrazio ugualmente,
Patty. Ora mi rimetterò a dormire, in ogni modo. Sai, sono le tre di notte
qui."
"Oh, scusami tanto."
"Di niente. Ciao Patty."
"Ciao Benjamin" disse Patty,
riagganciando.
Subito dopo si gettò addosso
a Benji, facendolo vacillare, e, ricominciando a piangere, disse:
"Si è svegliato! Holly si è
svegliato pochi minuti fa. E’ cosciente e mi ha riconosciuta!"
Benji rimase a bocca
spalancata per la sorpresa, poi disse:
"Qual è la stanza?"
"Ti accompagno io" disse la
ragazza, conducendo il giovane portiere alla stanza del suo amico.
"Hai cercato di metterti in
contatto con qualcun altro oltre me?"
"Sì ho già avvertito qualcun
altro, ma sono soltanto Mark e Tom"
"Quando chiamerai gli
altri?"
"Dopo averti condotto da
Holly, così potrete stare un po’ insieme e farvi quattro chiacchiere."
"Può parlare?"
"No, ma pensa al lato
positivo: hai trovato qualcuno che può ascoltarti in silenzio e non interverrà
mai nella discussione. Che cosa vuoi di meglio?" disse scherzosamente Patty,
poi, allegramente, prese Benji sottobraccio e si diressero verso la stanza in
cui giaceva Holly.
Il medico di Holly, vedendo la
ragazza accompagnata da Benji disse:
"Signorina Gatsby, se è
possibile vorrei parlarle un momento, in privato, delle condizioni di salute del
suo amico."
"Non si preoccupi di lui.
Questo è un carissimo amico d’Oliver, e qualunque cosa lei possa dire a me, può
dirle liberamente anche a lui. Le presento Benjamin Price, amico di vecchia data
d’Oliver. Anche lui è un giocatore di calcio, gioca a calcio in una squadra
europea."
"Ah,
Benjamin Price! Ho
sentito già parlare di lei, ed in termini molto lusinghieri, signor Price."
"Grazie per i
complimenti."
"Allora ragazzi, dovete
sapere in primo luogo che il vostro amico non è ancora completamente fuori
pericolo. Certo, il fatto che si sia svegliato dal coma rende molto più rosea la
situazione, ma dobbiamo essere ancora molto cauti sulle diagnosi. Per quanto
riguarda la sua gamba, la situazione è più chiara, ma non certo migliore. Voi
sapete benissimo che era in frantumi quando lo portarono qui e che la
ricostruzione è stata molto lunga e difficile, ma abbiamo avuto successo, per
cui a livello osseo non abbiamo particolari preoccupazioni. Il fatto è che non
sappiamo bene se i legamenti e i muscoli di quella gamba potranno tornare ad
essere abbastanza elastici e robusti per affrontare nuovamente un’attività
agonistica faticosa che li stanca molto, proprio come il calcio."
Patty, distrutta da quelle
parole, si sentì improvvisamente svuotata e, come se perdesse le forze un po’
alla volta, scivolò lentamente a terra e scoppiò a piangere. Non riusciva
proprio ad immaginare né Holly senza il calcio, né tantomeno il calcio senza
Holly.
Patricia
Gatsby 15 Ottobre 10:21 AM
In questo momento
sto piangendo dal dolore. Holly quasi sicuramente ha perso la cosa a cui tiene
di più al mondo, solo per la mia imprudenza. Che sciocca che sono
stata!
I
medici sembrano ottimisti, sostengono che ha buonissime possibilità di tornare
completamente alla normalità, ma io non ci credo. Dopo quello che ho scoperto
oggi, mi dispiace, ma non posso crederci.
Perché, perché quel camion doveva passare proprio in quel momento? E perché,
invece di passare sopra la sua gamba invece che alla mia? Perché proprio lui
doveva rischiare di rimanere zoppo, mentre io sono ancora in grado di correre?
Come potremo farlo, ad annunciargli che molto probabilmente la sua carriera da
calciatore finisce qui? Chi sarà ad avere il coraggio di dirgli di dimenticare
il calcio giocato, proprio ora che manca un anno e mezzo al Mondiale nel nostro
paese? Mi si spezza il cuore al solo pensiero. Se solo potessimo fare qualcosa…
io darei qualsiasi cosa, addirittura la mia vita, se questo potesse evitargli di
soffrire!
Benjamin
Price, 15 Ottobre 10:22 AM
Perché, quando una
persona è al culmine della felicità, deve esserci sempre qualcosa o qualcuno
pronto a rovinare tutto? Io e Patty eravamo al culmine della felicità, fino a
qualche secondo fa, a festeggiare, finalmente, il risveglio di Holly, ed ora
siamo qui, infelici per il fatto che molto probabilmente ha perso per sempre il
suo sogno più grande. Manca relativamente poco all’inizio del Mondiale. Se anche
Oliver ce la facesse a tornare a giocare a calcio, riuscirebbe a tornare ad
altissimi livelli per allora? Distrutti noi e distrutto lui per questa notizia.
Per ora, credo che potremo accantonare l’argomento, ed il dottore è legato dal
segreto professionale, per cui non credo che annuncerà che Holly rischia di
finire qui la sua carriera da calciatore, ma un giorno dovremo affrontare il
fatto, e sarà difficile rivelarlo al diretto interessato. Holly, io prego Dio
che ti faccia guarire completamente e che il tuo, anzi, il nostro sogno, quello
di diventare campioni mondiali, possa diventare realtà.
"Avanti Patty, cerca di ricomporti.
Non vorrai mica che Holly ti veda in questo stato, con quell’aria da funerale e
gli occhi rossi dal pianto? Per il momento lui deve stare il più calmo possibile
e non deve sapere che rischi ci sono, ma se ti presenti davanti a lui in queste
condizioni…" disse Benjy, che cercava di rincuorare la ragazza, ancora
accasciata sul pavimento del corridoio.
"Lo so perfettamente cosa è
bene o no per Holly, che cosa credi? Ma avevo bisogno di sfogarmi. Sono stata
io… sono stata io a condannarlo ad una vita d’insoddisfazione e rimpianto, e mi
sento colpevole, non lo capisci?" disse Patty, che era a dir poco disperata.
"E che sia ancora vivo non
t’importa? Holly è un ragazzo intelligente e non ti potrebbe mai incolpare di
essere la causa di una probabile fine della sua carriera calcistica."
"Infatti, ma io mi sento
responsabile allo stesso modo. E lui, un giorno o l’altro, me lo
rinfaccerà."
"Ma non dire certe cavolate,
Patty. Sentimi bene, Holly non si pentirà mai di ciò che ha fatto per te quel 24
Aprile, e sai perché?"
Patty scosse la testa.
"Lui ti vuole bene e in quel
momento si è accorto che senza di te, per lui non sarebbe valsa la pena vivere.
Ecco qual è stato il motivo che l’ha spinto a farsi investire da quel camion al
posto tuo."
"Per favore Benjy, non
parlare come uno di quei romanzi rosa che trovi in edicola a poco prezzo. Lo sai
perfettamente che quello è stata solo una reazione dettata dall’istinto, e non
un gesto premeditato. Sono una sua cara amica da anni, ma nulla di più" disse
Patty, che era diventata rossa come un peperone, poi si alzò e si diresse verso
la stanza.
"Sarà come dice lei, ma io
ho i miei dubbi" si disse Benjy, seguendo la ragazza nella stanza.
"Holly, sei sveglio?" chiese
con voce molto bassa Patty, entrando con cautela nella sua stanza.
Holly aprì gli occhi.
"Sono felice che tu sia
sveglio, perché ho qui una grandissima sorpresa per te. Guarda un po’ chi è
venuto a farti visita, stamattina?" disse Patty, facendo entrare Benjy.
Gli occhi di Holly
brillarono dalla felicità.
"Salve Holly! Ti vedo
abbastanza bene, amico mio. Pensavo peggio. Ma… Patty! Che stai facendo? Perché
ti sei di nuovo messa a piangere?" chiese Benjy, vedendo in un angolo la
ragazza, che piangeva nuovamente.
La ragazza non poteva fare a
meno di piangere, nel vedere Holly felice e soprattutto sveglio, dopo tutti quei
giorni che aveva passato a vegliarlo, giorno e notte, senza lasciarlo solo per
più di mezz’ora, tenendo la sua mano nella sua e parlandogli
ininterrottamente.
Holly, vedendo le lacrime,
le fece cenno di avvicinarsi al letto.
Lei obbedì all’istante,
accostandosi e sedendosi al suo fianco.
Holly, faticosamente, alzò
la mano e, con un dito, asciugò una sua lacrima, poi si schiarì un po’ la voce,
con tono basso e roco, e non senza moltissima fatica, riuscì a dire:
"Non devi piangere più per
me, Patty. Ora sto bene e molto presto, appena uscirò da qui, andremo tutti
insieme a fare una bella passeggiata e disputare una partita di calcio
all’ultimo sangue."
Un po’ commossa dalle parole
che le aveva detto per incoraggiarla, un po’ intristita dall’amara realtà delle
cose, si appoggiò sulla mano di Holly e riprese a piangere, più a dirotto di
prima, mentre Holly la guardava sorridendo e Benjy sogghignava divertito,
pensando alle parole dette poco prima da Patty, ossia che Holly l’avrebbe
considerata responsabile, e a quel quadretto felice.
Sentendosi in grande
imbarazzo, il ragazzo prese la scusa di andare a telefonare agli altri, per
lasciarli un po’ da soli. In fondo, dopo tutto quello che avevano dovuto
passare, gli sembrava giusto che si godessero a fondo quel momento d’idillio e
felicità. Ormai sapeva che la dura realtà li avrebbe raggiunti di nuovo tra non
molto, e momenti del genere sarebbero stati più unici che rari, durante la dura
riabilitazione che avrebbe dovuto fare Holly.
Oliver
Hutton, 15 Ottobre 10:35 AM
Di nuovo
insieme. Non riesco neanche a ricordare quando sia cominciato tutto ciò, so solo
che Patty è al mio fianco in ogni momento importante della mia vita. Deve
volermi davvero molto bene, mentre io in troppi casi sono stato davvero troppo
freddo. Dovrò sdebitarmi il prima possibile nei suoi confronti. Patty, sempre
così dolce, disponibile e comprensiva, sei il mio angelo custode, ed io non
merito di essere protetto da un angelo di così grande bontà. Non mi basterebbero
due vite per ringraziarla di tutto il bene che mi ha fatto, ma in un modo o
nell’altro dovrò farcela utilizzando solo questa.
Nonostante le parole del dottore,
Benjy era certo al cento per cento che Holly si sarebbe ripreso completamente,
soprattutto ora che lo aveva visto parlare per rincuorare Patty.
"Ha trovato la forza di
parlarle, nonostante non abbia parlato per mesi e fosse ancora molto debole. La
sua forza di volontà è grandissima, e sono certo che questo avrà gran peso nel
suo processo di guarigione" si disse, mentre si dirigeva di nuovo verso i
telefoni.
La prima persona che cercò
di contattare fu Bruce Arper.
Una voce femminile
disse:
"Sì? Qui casa Arper, chi
parla?"
Deve
essere certamente la madre di Bruce si disse Benjy.
"Signora Arper, sono
Benjamin Price. Si ricorda di me?"
"Benjamin Price hai detto?
Ah, Benjy! Tu eri il portiere della prima New Team, non è vero?"
"Esattamente signora Arper.
Vorrei poter parlare con Bruce."
"Mi dispiace Benjamin, ma
Bruce non è in casa. E’ andato a disputare una partitella d’allenamento insieme
ad altri giocatori della vecchia New Team. Sono al solito campo
d’allenamento."
"Grazie per l’informazione
signora Arper."
"Vuoi che gli dia un tuo
messaggio?"
"No, visto che sono in città
passerò io da loro. Ma visto che ci sono do anche a lei la notizia: Oliver
Hutton si è finalmente svegliato dal coma."
"Ma è una notizia
fantastica, Benjamin! Ma quando è successo?"
"Dovevano essere suppergiù
le nove e mezza di questa mattina. C’era Patty insieme a lui, in quel
momento."
"Sono molto felice per sia
per Patty che per Holly. Benjamin, spero di poterti rivedere presto."
"Se n’avrò la possibilità
passerò certamente a salutarla, signora Arper."
"Arrivederci Benjamin."
"Arrivederci a lei."
Bene, ed una è fatta! si disse Benjamin dopo aver riattaccato e dirigendosi
verso la hall per farsi prestare qualche elenco telefonico, per trovare i numeri
di telefono di Julian Ross e Philiph Challagan.
Il primo a cui telefonò fu
Julian.
Dopo un paio di squilli, Amy
rispose.
"Pronto?"
"Pronto. Mi chiamo Benjamin
Price. Desidererei parlare con Julian Ross."
"Oh, ma che sorpresa Benjy!
Non mi riconosci? Sono io, Amy!"
"Ciao Amy. E’ da tanto che
non ci si sentiva, eh?"
"Da parecchio, è vero."
"Dove ti trovi? Dallo
squillo, non sembrava un’intercontinentale."
"Infatti non sono in
Germania. Mi trovo qui in Giappone."
"Come mai?"
"Una partita amichevole con
una squadra di Tokyo."
"E quando?"
"Domani sera."
"Come mai hai chiamato?"
"Ho una notizia
stratosferica per voi due. Per piacere, va a chiamare anche Julian. E’ davvero
una grande notizia."
"Va bene, Benjamin. Attendi
in linea" disse Amy, appoggiando la cornetta sul mobile del telefono.
Un paio di minuti dopo Benjy
sentì un click, tipico segnale dell’inserimento della viva voce.
"Salve Benjamin. Mi fa
piacere sentirti nuovamente."
"Lo stesso vale per me,
Julian."
"Allora, Amy mi ha detto che
devi darci una notizia stratosferica. Avanti, sputa il rospo."
"Ebbene ragazzi, dovete
sapere che il nostro caro amico Oliver Hutton si è svegliato dal coma."
"Sì è svegliato dal coma? E
quando?"
"Più o meno un’oretta fa, da
quel che ha detto Patty."
"Ti ha contattato lei?"
"No, mi trovavo lì per caso,
ed ho trovato Patty intenta a fare il giro di telefonate per avvertirci
tutti."
"Un vero e proprio colpo di
fortuna."
"Sì, puoi ben dirlo."
"Benjy, come sta Patty?"
chiese Amy, che fino a quel momento era rimasta in silenzio.
"Puoi ben immaginare che è
al culmine della felicità. Era con lui quando ha riaperto gli occhi."
"Hai altre notizie sulla sua
salute?" chiese Julian.
"No, non ne so niente" mentì
Benjy.
"In fondo l’importante è che
stia bene" disse Amy.
"Già. Scusate ragazzi se mi
congedo così in fretta, ma devo avvertire anche Philip Challagan, poi devo
andare a cercare i vecchi giocatori della New Team e soprattutto la famiglia di
Holly. Credo che Patty non abbia pensato ad avvertirli, per la gioia
dell’evento."
"Ok. Ci sentiamo presto
Benjy" disse Julian.
"Arrivederci Benjy" gli fece
eco Amy.
"A presto ragazzi" disse
Benjy, poi riappese.
Ok, ed ora telefoniamo a Philip si disse Benjy, cercando il numero sull’elenco
telefonico.
Compose il numero ed
attese.
Dopo una decina di squilli,
s’inserì la segreteria telefonica.
'Qui parla la segreteria
telefonica della famiglia Challagan. Ci dispiace, ma al momento non è in casa.
Vi preghiamo di lasciare un messaggio oppure telefonare nuovamente più
tardi.'
Accidenti! si
disse Benjy.
"Philip, sono Benjamin
Price, ti ricordi di me? Comunque sia volevo informarti che finalmente Oliver
Hutton si è svegliato dal coma" disse Benjy, prima di riagganciare.
Benjy, dopo aver ripreso un
po’ di fiato, compose il numero telefonico della famiglia Hutton.
Immediatamente Benjy
ricevette la risposta della madre di Holly.
"Pronto, qui parla la
signora Maggie Hutton. Chi è che parla?"
"Signora Hutton, è un
piacere risentirla! Sono
Benjy Price."
"Benjy! Ma che bella sorpresa! Qual buon vento ti porta a
telefonare qui a casa? Sai che Holly…"
"Le ho telefonato proprio
per Holly, signora Hutton. Deve sapere che sono passato qui in ospedale
stamattina e ho saputo da Patty, oltre ad averlo visto con i miei stessi occhi,
che Holly si è svegliato."
"Holly… il mio Holly… si è
svegliato?!" disse la signora Hutton, cominciando a piangere.
"Sì, stamattina alle nove e
mezza circa."
"Vengo subito! Vengo
subito!"
"Non crede che dovrebbe
avvertire anche suo marito?"
"Oh sì, hai ragione tu. Ci
vediamo più tardi lì."
"Certamente, signora Hutton.
Ora la lascio. Devo andare ad avvertire Bruce e gli altri" disse Benjy, e
riattaccò.
Benjy ricordava
perfettamente i luoghi della sua infanzia e sapeva bene quanto il campo fosse
distante dall’ospedale.
Sono circa decina di chilometri. Potrei anche chiamare un taxi ma oggi non ho
fatto allenamento ed una corsetta mi farà sicuramente bene si disse Benjy, cominciando a
dirigersi in quella direzione.
In meno di mezz’ora, giunse
ai margini di quel campo che risvegliava in lui tantissimi ricordi.
Si rivede, poco più che
bambino, mentre, scorbutico, litigava con tutti i ragazzi che gli si paravano
davanti e si vantava di essere il miglior portiere della città; poi Holly e quel
rocambolesco goal; ed infine, si rivedeva insieme ad Holly e Tom durante il
primo torneo della New Team.
I ragazzi della vecchia New
Team erano così concentrati che si accorsero di Benjy solo quando il pallone,
impazzito, volo ad alta velocità nella sua direzione e lui, con un balzo felino,
l’aveva fermato come se la palla fosse stata tirata da un bambino di due
anni.
In un primo momento i
ragazzi, che avevano il sole negli occhi, non riconobbero Benjy in quell’oscura
figura, poi, quando si diresse verso di loro, Bruce sorrise ed esclamò:
"Ehi, ma quello è Benjy! Ehi
Benjy, che cosa ci fai qui? Non sapevamo che saresti passato da qui."
"Sapevate della mia partita,
allora."
"Sì, eravamo intenzionati a
venire a vederti domani sera. Allora, ti ripeto la domanda, qual buon vento ti
porta qui?"
"Ero qui per farvi una
sorpresa e magari dare quattro tiri al pallone" disse sorridendo Benjy.
Tutti i ragazzi si
rabbuiarono all’improvviso, e Benjy n’intese immediatamente il motivo: pensavano
a Holly.
"Ehi ragazzi, come mai
quelle facce lunghe?"
"E non l’immagini?" disse
Bob Denver.
"E’ per Holly. Tutti noi
vorremmo tornare a giocare a calcio con lui- disse Ted Carter."
"O, almeno, ci piacerebbe
che si svegliasse da quel maledetto coma. Insomma, sono sei mesi che è rinchiuso
in quella stanza e non da minimi cenni di ripresa. Ci piacerebbe moltissimo
dirgli quanto ci manca e quanto vorremmo stare in sua compagnia e aiutarlo"
disse Bruce.
"Allora andate a dirglielo.
Vedrete, sono sicuro che ne sarà felice" disse Benjy con naturalezza.
"Benjy, sei sicuro di
sentirti bene?" chiese Bruce.
"Certo. Non mi sono mai
meglio di oggi! Andiamo tutti insieme da lui, e parlategli. Sono sicuro che
sfodererà uno dei suoi soliti sorrisi incoraggianti" disse Benjy,
sorridendo.
I ragazzi guardavano Benjy
con gli occhi sgranati. Non capivano se scherzasse o parlasse seriamente.
"Ragazzi, ma ve lo devo
spiegare come a dei bambini dell’asilo nido? Holly si è svegliato."
Dopo quelle parole erano
sempre più stupiti, poi, Bruce gridò “Evviva” saltellando e facendo capriole per
tutto il campo, seguito a ruota dagli altri, tutti felici all’inverosimile.
Dopo il festeggiamento
generale, i ragazzi, di comune accordo, decisero di correre fino
all’ospedale.
New Team campione di
Giappone per tre anni consecutivi 15 Ottobre 11:39
Non posso ancora
crederci! Siamo qui, per la strada, a correre tutti insieme verso l’ospedale
dove il giocatore che più a dato a questa squadra in quel fantasmagorico
triennio è ricoverato da mesi, per salutarlo di nuovo. Non ci sembra vero! Non
crediamo che nessuno di noi riuscirà a connettere, se non quando oggi diventerà
ieri ed il presente sarà diventato passato. Questo bellissimo, fantastico
presente, che ci ha reso il più grande calciatore che il Giappone abbia mai
conosciuto, conosca e conoscerà.
Purtroppo erano troppo numerosi per
entrare tutti insieme nella stanza, ma un paio alla volta potevano, ed ognuno di
loro fece felice Holly, mentre Patty, stanca morta, dormiva con la testa
appoggiata al letto. Nessuno, vedendo l’espressione serena del suo viso, ebbe il
coraggio di svegliarla per farla spostare da lì.
Durante il giorno moltissime
persone si alternarono al capezzale di Holly, che la maggior parte del tempo
dormiva come un sasso, così come Patty, che si svegliò soltanto verso le sei del
pomeriggio.
Tra i molti visitatori che
andarono da Holly, vi furono anche Mark Lenders, Julian Ross, Amy, Philip
Challagan, Jenny, Danny Mellow ed Ed Warner.
Mark
Lenders, 15 Ottobre 5:05 PM
Finalmente potremo affrontarci di nuovo,
Hutton.
Sono passati dei mesi dalla nostra ultima sfida, ma presto ci sfideremo di
nuovo, e sarò io a vincere, questa volta! Di nuovo noi due, l’uno di fronte
all’altro, su un verde campo di calcio.
Vedrai, mi farò trovare in forma, e tu non potrai avere scampo, neanche se fossi
nella forma migliore.
Non riuscirai a battermi un’altra volta, non te lo permetterò. Ti giuro che ti
straccerò, Oliver Hutton.
Danny
Mellow 15 Ottobre 5:11 PM
Ancora
rimugino sulle parole di Mark, quando mi annunciò che molto probabilmente non
avremmo mai più rivisto Oliver Hutton in vita, ed ora mi sento molto sollevato.
Avevo paura che le parole di Mark potessero rivelarsi profetiche. Gli è capitato
molto spesso di dire qualcosa ed indovinare, ma per fortuna stavolta si è
sbagliato.
Non vedo l’ora di poter rivedere una lotta tra il falco e la tigre. Se la
meritano entrambi, una nuova sfida.
Ed
Warner 15 Ottobre 5:12 PM
La
notizia che apparve sei mesi fa, su tutti i giornali nazionali e anche su
qualche quotidiano straniero, apparve quella notizia a titoli cubitali. Ricordo
benissimo tutti i titoli che furono scritti sul caso: “Incidente Stradale:
Gravissimo Promessa del Calcio Giapponese”, “Oliver Hutton in Fin di Vita”, “Per
Salvare l’Amica, Holly Hutton Rischia la Vita”, “ Toccata e fuga di un
Folle Camionista: Grave il Giovane Hutton”, “ Tenta di Salvare Cagnolino ma un
Camion Rischia d’Investirla e il suo Migliore Amico si Getta per Salvarla.
Gravissimo Giovane Calciatore”.
Per fortuna si è ripreso. Certo, dormiva profondamente quando io, Mark e Danny
l’abbiamo visto, ma dalla sua espressione e soprattutto quella di Patty, si è
capito che il peggio è passato.
Philip
Challagan, 15 Ottobre 6:34 PM
Lo so che non dovrei
dire questa cosa proprio oggi, ma sono stato felice come una pasqua da quando ho
saputo che Jenny sarebbe arrivata questa mattina dagli Stati Uniti. Era dal
giorno di quella corsa a perdifiato verso l’aeroporto che non la vedevo, e sono
rimasto senza fiato quando è apparsa. Bellissima, stupenda, fantastica, sono
state le uniche parole che occupavano la mia mente in quel momento. Credo che
non avrei saputo neanche rispondere alla domanda “che cos’è una palla?” in quel
momento. Ma credo d’aver fatto anche la figura del pesce lesso, perché mi pare
che qualcuno, passandomi vicino, abbia detto “Ma non le vedi le mosche che ti
ronzano in bocca?” “ Chiudi quella bocca, se no ti si sloga la mascella”, oppure
“ Ma che cosa ti prende?Stai per caso avendo un’apparizione mistica?”, ma la
frase che mi ha colpito di più è stata “Non lasciartela scappare! Una così bella
la trovi ogni centomila, se non ogni milione!”. Fatto sta che è stata Greace a
spingermi verso Jenny, visto che ero rimasto impalato e rigido come un baccalà
in quel momento. Quando mi ha sorriso, mi sono sentito sciogliere,mi sentivo
come su una nuvoletta rosa, ho visto attorno a me esplodere fuochi artificiali a
non finire, ho addirittura sentito suonare delle campane. Una dea come Venere in
confronto sarebbe parsa una vecchia strega incartapecorita.
La cosa che ha migliorato ancora di più la giornata è stata proprio la notizia
del risveglio di Holly. L’ho visto bene, se penso che è stato in coma per sei
mesi. E’ riuscito perfino ad alzare una mano per salutarci, visto che insieme a
me c’erano anche Patty, Jenny, Amy e Julian, e per fortuna che abbiamo
incontrato Julian all’entrata, oppure Jenny ed io saremmo stati cacciati a calci
dal reparto. In fondo l’orario delle visite era finito.
Spero che possa tornare presto ad allenarsi. Mi piacerebbe moltissimo poter
giocare insieme a lui.E’ stato stratosferico nelle ultime due competizioni, ma
stavolta è tutto diverso. Oramai siamo la Nazionale
Giapponese Under18 e la cosa si fa molto seria. Rappresenteremo
ufficialmente la nostra nazione, molto presto potremmo entrare nel giro della
Nazionale maggiore, e, come se questo non bastasse, giocheremo in una delle
nazioni con il campionato di calcio più bello del mondo, la splendida Svezia. Ma
per fare bella figura avremo bisogno anche di lui. Spero tantissimo che tu ci
sia, Oliver.
Julian
Ross, 15 Ottobre 6:43 PM
Per una volta tanto,
la mia conoscenza di medici e dottori vari ha dato i suoi frutti. Se non fosse
stato per la celebrità che ho negli ospedali, Amy, Philip, Jenny ed io non
saremmo mai potuti andare a fare visita a Holly tutti insieme fuori dall’orario
di visita.
Non vedo l’ora di poterlo incontrare di nuovo su un campo di calcio, ma
soprattutto, non vedo l’ora che lo dimettano o perlomeno lo portino via dal
reparto Rianimazione.
L’ho visto abbastanza bene (NdJ:lo so, è una frase fatta) per ciò che gli è
accaduto. Posso affermare di capire come si debba sentire Oliver in questo
momento, in fondo anche io ho avuto un’esperienza del genere, anche se lui ha
avuto problemi diversi dai miei. Io ho trovato la forza di reagire, e sono
sicuro che anche Holly guarirà presto.
Credo che anche la povera Patty non debba sentirsi bene. Ho notato che, mentre
Philip ed io chiacchieravamo un po’ di calcio, Amy e Jenny facevano cerchio
attorno a lei, e mi pareva molto abbattuta, mentre parlava. Credo proprio che si
senta in colpa per l’incidente. In fondo, è per salvarle la vita che Holly si è
gettata contro quel camion. Quel ragazzo è proprio addormentato nei confronti di
Patty, ma ha avuto un grandissimo coraggio quel giorno. Patty è profondamente
innamorata di lui da parecchi anni, e lui ha sempre visto solo e soltanto il
pallone da calcio, non accorgendosi dei sentimenti che lei nutriva, poi, un
giorno come un altro, lo vedi gettarsi sotto un camion allo scopo di
proteggerla.
Com’è strana la vita, certe volte! La gente capisce quanto realmente tenga ad
una persona solo quando è sul punto di perderla! Certo, io mi sono accorto
dell’amore che Amy nutriva per me quel giorno, proprio durante la partita contro
Holly. Desiderava che lui mi lasciasse campo libero, pur di farmi felice e non
farmi stare male. Cara, dolce Amy, come potrei fare se non ci fossi tu a
rischiarare le mie giornate?
Chissà cosa sarà passato per la mente di Holly in quel momento… che sia stato
amore? O soltanto una profonda amicizia l’ha spinto a proteggerla spingendosi
così all’estremo delle sue possibilità? Fatto sta che deve provare un
grandissimo affetto nei suoi confronti per arrivare a gettarsi per lei sotto un
camion. Quando Holly si sentirà meglio, credo che glielo
chiederò.
Naturalmente se si ricorderà cosa è accaduto. Ho sentito parlare molto spesso di
persone che perdono completamente o parzialmente la memoria dopo dei traumi alla
testa. Speriamo proprio che non sia il suo caso! Tutti i ricordi delle nostre
sfide internazionali e non, sono cose molto preziose per Holly. Ah, come vorrei
che sei mesi fa non fosse accaduto nulla!
Amy, 15
Ottobre 6:52 PM
So che è davvero
ingiusto dire questo, ma credo che tra i due, chi sta più male è la povera
Patty. Non l’ha detto apertamente, ma sia io sia Jenny, dalle sue parole e dal
suo sguardo, abbiamo capito che si sente responsabile dell’incidente. Credo che
anche Julian abbia intuito qualcosa. Lui ha molto fiuto per cose del genere. In
effetti, lui è molto bravo a capire i sentimenti delle persone, al contrario di
Holly, sfortunatamente per Patty. Certe volte mi sembra fatto proprio di coccio!
Non riesce a capire quanto Patty lo ami, per di più si vede palesemente che lei
sarebbe capace di buttarsi sotto un camion per lui. Che brutta battuta che ho
appena fatto! Proprio fuori luogo! In ogni modo, per ora l’importante è che
Holly si sia svegliato e stia meglio. Speriamo che possa tornare a giocare a
calcio. Julian ci rimarrebbe molto male se fosse così, per non parlare di Patty,
che credo potrebbe anche fare una follia.
Jenny,
15 Ottobre 7:04 PM
Distrutta. E’ l’unico aggettivo che potrebbe accompagnare
al nome di Patty in questo momento. L’ultima volta che l’ho vista, qualche anno
fa, era allegra, solare e sprizzava energia da tutti i pori, mentre ora sembra
una mummia, priva d’energia e molto triste. Pochi secondi in sua compagnia e ho
captato che c’era qualcosa che non andava in lei. Doveva essere felice per il
risveglio di Holly, ed in effetti sembrava felice, ma si notava che era soltanto
una maschera per nascondere la sua infelicità, la sua angoscia e la sua
preoccupazione. Deve avere un segreto, questo è poco ma sicuro, ma ora basta
parlare di cose spiacevoli. Voglio ripensare a Philip ed alla sua accoglienza
all’aeroporto. Non mi aspettavo una reazione del genere. Sembrava una statua di
marmo, lì fermo, bello come un bronzo di Riace. E’ diventato ancora più bello,
alto e muscoloso, ma i suoi occhi sono sempre gli stessi, gli occhi pieni di
determinazione con cui si è scontrato contro la New
Team, ai tempi dell’ultimo anno delle scuole
medie.
Chissà se ha ancora la mia fascetta? Holly, non si sa come, riuscì a
sfilargliela con una pallonata. Spero che l’abbia ancora con sé. Sarebbe segno
certo che non mi ha dimenticata e che, forse, non mi considera soltanto una
semplice amica. Oh, come vorrei che pensasse a me come più di
un’amica!
Erano circa le sette della sera,
quando Patty e Benjy uscirono nel corridoio del reparto.
Sollevata, alla fine della
giornata, Patty sospirò, poi si rivolse a Benjy, che era tornato per salutare
Holly dopo una breve visita a casa della signora Arper, dove oltretutto s’era
rimpinzato d’ogni buon manicaretto della donna, grande esperta nell’arte
culinaria.
"Allora domani giocherai la
partita e poi tornerai in Germania, vero?"
"Sì, non posso fermarmi di
più. Mi dispiace dovervi lasciare così presto, ma credo che da domani avrete
compagnia."
"Cosa vorresti dire?"
"Che se conosco bene il buon
vecchio Tom, ve lo ritroverete tra i piedi molto, molto presto."
"Dici?"
"Dico."
"Allora, arrivederci Benjy.
Spero di poterti rivedere molto presto."
"Arrivederci" disse Benjy,
stampandole un bacio sulla guancia, prima di andarsene lungo il corridoio.
"Bene Holly - disse Patty,
rientrando nella stanza – Anche stasera resterò io a farti un po’ di
compagnia."
Holly aprì gli occhi e la
guardò intensamente.
"Patty, perché non butti giù
la maschera? Ce l’hai scritto in faccia che c’è qualcosa che non va."
Patty abbassò lo sguardo a
terra, poi si sedette e disse:
"No, non c’è niente. E’
solo… è solo che sono molto felice che tu stia bene. Tutto qua."
"Non posso crederci."
"Non riesci a credere che io
sia felice per te?"
"No, non a questo. Non
riesco a credere che sia tutto qui. Sento che c’è qualcosa che non va."
"Non dovresti stancarti con
certe fantasie. Devi solo pensare a riposarti e a stare bene."
Holly la fissò negli occhi,
e vide che erano lucidi.
"Patty, perché non vuoi
dirmi cosa hai?" chiese Holly.
"Holly, io non è che non
voglio angustiarti con i miei problemi" disse Patty, cominciando a piangere.
"Patty, ti senti forse
colpevole per il mio incidente?"
La ragazza trasalì.
"Allora è così. Tu ti senti
responsabile. Ti dico solo una cosa: non devi, perché non è così."
"Invece lo è. E’ stata tutta
colpa mia."
"No, ti sbagli" disse
Holly.
" E’ così invece. E’ proprio
così!" disse Patty prima di scappare a gran velocità fuori della stanza.
Holly non poté fare altro
che guardarla allontanarsi, prima di chiudere gli occhi e addormentarsi,
stremato.
Patty tornò nella stanza di
Holly quando erano scoccate ormai le undici. Si sedette nuovamente al fianco
dell’amico, poi scoppiò di nuovo a piangere a dirotto.
Patricia
Gatsby 15 Ottobre 11:04 PM
C’è mancato davvero
pochissimo. Ho rischiato di dirgli tutta la verità. Mi guardava con quei suoi
occhi, così pieni di curiosità e compassione! Voleva aiutarmi a liberarmi da
questo peso, ed io stavo quasi per farlo. L’ho fatto anche stancare, questa
sera. Non avrei dovuto cercare d’intavolare un discorso. E’ ancora troppo debole
per parlare così a lungo. Ho sbagliato, come al mio solito. Io sbaglio sempre
tutto! Sono una vera e propria catastrofe. Forse… forse dovrei vagliare
seriamente la possibilità di lasciarmi tutto e tutti alle spalle e sparire dalla
vita di Holly. Io … io sono soltanto la causa dei suoi guai. Holly, ti chiedo
perdono. Io non merito la tua amicizia.
Tom arrivò il pomeriggio seguente,
dopo un lungo ed estenuante viaggio, durante il quale non aveva chiuso
occhio.
Patty era andata a prendersi
qualcosa di fresco da bere, quando davanti a lei apparve un ragazzo alto e
muscoloso. La forma fisica era cambiata, ma quei capelli di quella tonalità
chiarissima di castano, gli occhi limpidi e splendenti ed il volto angelico,
erano inconfondibili: quel ragazzo non poteva essere altri che l’amico del cuore
di Holly, Tom Backer.
"Tom!" esclamò Patty,
correndo verso di lui.
"Patty!" disse lui,
abbracciando la cara amica.
"Come sono felice di
rivederti!"
"Anch’io lo sono."
"Vogliamo andare subito da
tu sai chi?"
"E me lo chiedi?"
"E’ nervoso da stamattina.
Aveva paura che non arrivassi mai. Come mai sei arrivato così tardi?"
"Tardi? Guarda che dovevo
giocare quella partita nel pomeriggio, e tra fuso orario e viaggio, direi che
c’ho messo davvero poco!"
"Va bene, va bene! Non ti
scaldare. Questa è la sua stanza."
"Tom!" esclamò Holly, con
voce più forte del giorno prima.
"Ehilà, come va campione. Ti
senti meglio?"
Holly annuì.
"Non può parlare molto -
spiegò Patty - Ah, Holly, ti saluto. Tra poco verrà tua madre. Ci vediamo
domattina, d’accordo?"
"Guarda che io da qui non mi
posso spostare."
Scoppiarono tutti e tre a
ridere fino alle lacrime, poi Patty salutò i ragazzi e se n’andò.
Pochi secondi dopo Tom, con
tono scherzoso disse:
"Bene bene. Adesso capisco
tutto."
Holly lo guardò con aria
interrogativa.
"Sai cosa capisco? Come mai
tu ti sia gettato sotto quel camion. In fondo, se non riesci a trovare la forza
per dirmi un sì, ma ne trovi per fare una battuta per Patty, il quadro si fa
chiaro. Tu, mio caro Holly, sei innamorato cotto della nostra carissima
Patty."
Holly arrossì come un
peperone e cominciò a boccheggiare.
"Ehi, non farti prendere una
crisi d’asma, Holly! Capita a tutti di innamorarsi, almeno una volta nella vita.
E dopotutto, era più che naturale che le tue attenzioni andassero ad un angelo
del focolare come Patty. Mi sembra che abbia abbandonato quelle maniere forti
che la contraddistinguevano negli anni scorsi, e poi, è cresciuta molto. E’
diventata davvero una gran bellezza. Mozzafiato, direi. 'Belle femme', come
direbbe Pierre le Blanc oppure 'bella
muchacha', se
lo chiedessi al mio amico Ignaçio De Cerva."
Holly sorrise.
"Io mi domando come tu
ancora non ci abbia provato con lei" chiese Tom a bruciapelo.
Holly sembrò di nuovo sul
punto di morire asfissiato.
"Ehi, non reagire così."
"Patty è soltanto un’amica
per me, e non potrei mai, e ripeto mai, provare ad approfondire il nostro
rapporto" disse Holly.
Purtroppo Holly non sapeva
che madornale errore aveva fatto. Patty aveva dimenticato la lattina d’aranciata
nella stanza di Holly ed era tornata indietro, poi, da dietro la porta della
stanza, aveva sentito i complimenti di Tom e aveva compreso che parlavano di
lei. Purtroppo anche le parole di Holly l’avevano raggiunta, e rimase ferita da
quelle parole così dure.
Patricia
Gatsby 16 Ottobre 5:29 PM
Mai. Lui ha detto
che non si potrà mai innamorare di me! Ha detto che non mi potrà mai amare! E io
che lo amo tanto! Si vede che gli do tantissimo fastidio, se non mi vuole tra i
piedi. Non tornerò mai più, Holly, non preoccuparti. Io non ti starò più tra i
piedi. Patricia Gatsby non ti darà più fastidio. Dimentica il suo nome. No, non
potrai mai dimenticare il nome della persona che ti ha distrutto la vita. Mi
odierai per sempre, ed io non te ne farò una colpa, perché la ragione sarebbe
dalla tua parte.
Patty, disperata, scappò via, senza
ascoltare la fine del discorso.
Infatti Holly, dopo una
piccola pausa, disse:
"Ho paura che lei possa non
ricambiare i miei sentimenti, e mi darebbe grandissimo dolore se la nostra
amicizia venisse compromessa dai miei sentimenti nei suoi confronti. Io… io
bisogno di lei. Ormai sono Patty-dipendente e senza di lei, sento che sarei come
un guscio vuoto. Lei mi conosce benissimo, mi è stata sempre accanto, in ognuno
dei momenti importanti che ho vissuto. Se non ci fosse più lei, anche una grande
parte della mia anima e della mia vita se ne andrebbero insieme a lei."
"Tu, in parole povere, mi
stai dicendo che la ami, ma per non perderla ti terrai tutto dentro. Ho capito
bene?"
"Sì."
"In effetti così non la
perderesti, ma non credi che un giorno o l’altro dovrai confessarle ciò che
provi?"
"Spero di non doverlo mai
fare. Il suo rifiuto sarebbe insopportabile per me. Credo che potrei addirittura
morirne dal dolore."
"Holly, perché parli come
uno di quei pessimistici libri da donne? Non ti è mai passato per l’anticamera
del cervello che forse anche lei possa provare per te gli stessi
sentimenti?"
Holly scosse la testa.
"Sappi che io non lo so, ma
se fossi in te mi butterei."
"Lo escludo categoricamente.
Scusami Tom, ma vorrei riposare un po’. Sono davvero molto stanco."
"Non c’è problema. Io ancora
devo abituarmi al fuso orario, per cui anch’io sono stanchissimo. Ci vediamo
domattina."
"Ciao Tom" disse Holly prima
di chiudere gli occhi.
Tom
Backer, 16 Ottobre 6:21 PM
E’ stata una
grandissima emozione, per me, rivedere Holly finalmente in stato
cosciente.
Appena l’ho saputo, ho fatto l’impossibile per arrivare il prima possibile, e ci
sono riuscito anche senza perdere il mio esordio in serie A. Più tardi
telefonerò a Marco per farmi dire che voti ho preso. Speriamo che non mi abbiano
lasciato senza voto. In fondo ho giocato sì per soli venti minuti, ma ho anche
fatto un goal, quindi credo di meritarmi un voto numerico.
E’ stata dura correre all’aeroporto subito dopo la partita ed avrò cambiato tre
o quattro aerei di quelli a breve distanza e costosissimi, prima di arrivare
finalmente qui, ma sono felice che i miei sforzi non siano stati
vani.
E’ stato lo spettacolo più bello che io abbia mai visto. Certo, Holly non poteva
sforzarsi troppo per parlare, ma sapere che è quasi fuori pericolo mi rende la
persona più felice del mondo. Il mio migliore amico è vivo, ed è soltanto questo
che conta.
Quando Mark mi ha chiamato, mi è preso un colpo. Non riuscivo a credere alle mie
orecchie, sei mesi fa, quando mi telefonò. A dir la verità, non è che sia stato
molto facile recepire ciò che diceva. Non sono molto sveglio alle sette del
mattino, visto che di solito mi alzo alle dieci.
Sono passati sei mesi, sei lunghissimi mesi da quella mattina, e finalmente sta
bene. Sono proprio felice per lui, e anche per Patty. In fondo, se Holly
migliora, anche Patty sta meglio.
Patty, nonostante si fosse
ripromessa di non andare mai più da Holly, continuò a fargli visita ogni volta
che n’aveva il tempo.
***
Nota
dell'Autrice:
Bene, e così finisce questo primo capitolo. Lunghetto, non è vero? Forse avrò
esagerato, soprattutto se contiamo che la prima giornata trascorre nel corso di
“sole” 17 pagine Word (circa), di cui una dozzina solo per le prime tre ore (non
mi vorrete per caso linciare, vero?).
Vorrei fare un paio di chiarimenti su questa storia:
-
questo dovrebbe essere il seguito della storia dalla fine del terzo campionato
vinto dalla New Team, ed è ambientato un paio d’anni dopo.
-
ho cambiato la trama del manga e dell’anime, lo so, ma per rendere la trama più
verosimile, era d’obbligo farlo.
-
non ricordo perfettamente quanto abbiamo i ragazzi nella serie che
la
Mediaset manderà in onda prossimamente (o perlomeno così hanno
affermato nel sito ufficiale di Italia1) (quella in cui compare Rob Denton Aoi,
per intenderci), per cui ho fatto conto che Holly ha l’incidente all’età di
circa 16 anni e mezzo, così come la maggior parte degli altri.
-
ho cambiato la località del Mondiale Under18 per motivi che verranno chiariti in
seguito, ma vi dico che per farlo mi erano strettamente necessari immensi
boschi, e l’Italia ormai non è più molto ricca di luoghi del
genere.
"Allora dottore, oggi posso alzarmi dal letto?" chiese Oliver al
medico che era venuto a visitarlo. Quest’ultimo aveva appena finito di
valutare lo stato di salute del giovane campione di calcio. Reputava
soddisfacente la ripresa così rapida di quel ragazzo, ma il fatto che volesse
alzarsi non lo convinceva moltissimo. Era ancora insicuro sulle
condizioni della gamba del ragazzo e voleva attendere che stesse meglio prima di
sottoporlo ai vari esami diagnostici e il fatto che i polmoni di Holly fossero
ancora così deboli era per lui un ulteriore segnale che il ragazzo dovesse
riposare ancora per qualche giorno. Oramai erano passate più di due
settimane dal giorno in cui si era svegliato dal coma ed era naturale che Holly
fosse smanioso di poter tornare in piedi, uscire da quell’ospedale e giocare a
calcio, questo lo capiva anche lui, ma nel Giuramento d’Ippocrate aveva giurato
di salvaguardare la salute dei suoi pazienti, e, proprio per questo motivo, non
poteva cedere alle insistenti pressioni del giovane campione di
calcio. "Oliver! Ma quante volte dovrò dirtelo! Sei ancora in
osservazione, qui in terapia intensiva. Come puoi pretendere di chiederci se
puoi alzarti in piedi? E’ a dir poco una follia" disse esasperato il medico,
guardando il ragazzo che stava disteso sul candido letto. "Ma io mi
sento molto meglio!" protestò vivacemente il ragazzo, anche se gli causava molto
affaticamento protestare in quel modo. In fondo era ancora molto
debole. "Oliver, il medico che ti cura sono io, e ti dico che puoi
dimenticare il fatto di camminare per almeno un’altra settimana, se non per più.
Sono stato abbastanza chiaro? Ma guardati! Non riesci neanche a parlare senza
provare affaticamento. Devi avere pazienza, Oliver, se vuoi riprenderti al
meglio. Vedrai, se smetti di farne un’ossessione starai meglio ed il tempo
passerà molto più velocemente. Tu vuoi riprenderti al meglio, non è vero? Allora
devi metterti il cuore in pace e avere un po’ di pazienza" disse il dottore, con
la massima serietà e la massima severità di cui era capace.
"Chiarissimo" disse con tono piatto il ragazzo, demoralizzato da quelle parole
secche e lapidarie. Era terribilmente triste di non poter sentire
sotto i suoi piedi il prato verde, l’odore inebriante dell’erba appena tagliata
e del gesso fresco, i cori dei tifosi, l’aria tra i capelli mentre era in corsa
verso la porta, ma soprattutto, si sentiva menomato senza il suo fedele pallone
al piede. "Dai, Oliver, non fare così solo per questo motivo! Lo sai
perfettamente che farebbe piacere anche a me se tu fossi abbastanza in forze per
poter camminare, ma ancora non è così, quindi devi arrenderti ai fatti" disse il
medico, cercando di tirarlo un po’ su di morale, ma il ragazzo ormai non era più
di buon umore, e l’ennesima negazione del permesso di alzarsi in piedi lo fece
innervosire e cadere in uno stato di gran tensione nervosa.
Oliver
Hutton, 31 Ottobre ore 9:03 AM Uffa! Non ne posso più di stare
in questo letto senza poter muovere un muscolo. Sto molto meglio! E le fratture
si sono già saldate da un pezzo! Perché non vuole che mi alzi? Solo perché ho un
po’ di fiatone quando parlo? Certo, ha ragione dicendo che sono ancora
debolissimo, ma non è giusto farmi stare come una mummia in questo letto. Sembra
strano, ma prima dell’incidente non avrei mai pensato che andare in bagno con le
mie gambe fosse una cosa di così grande bellezza. Se solo lo potessi fare
adesso! Sono stanco di stare in questo letto! Io voglio alzarmi e giocare a
calcio! Perché nessuno capisce che io non resisto più! Nessuno, nessuno, nessuno
lo capisce! Solo chi gioca a calcio ed ha passato gravi problemi di salute,
potrebbe capirmi!
In quel momento, il medico ed Holly
sentirono bussare alla porta. All’unisono dissero che si poteva
entrare. Sull’uscio apparve Patty, con il naso e le guance arrossate
dal freddo vento che spazzava la città in quel periodo. Era anomalo per quel
periodo dell’anno, pensò Holly. "Buongiorno, dottore. Buongiorno
Holly" disse Patty, sfilandosi la sciarpa di lana rossa che le avvolgeva il
collo, il berretto multicolore che indossava e la giacca a vento di colore verde
acido. Holly notò che sotto la giacca indossava la divisa scolastica e che aveva
portato la sua cartella con sé, segno che o aveva deciso di saltare la scuola,
oppure a scuola era successo qualcosa che aveva interrotto le lezioni.
Il medico salutò i due ragazzi con un rapido cenno di mano e li lasciò soli
nella stanza. Appena fu uscito, Patty andò a sedersi sulla solita
sedia, che ormai occupava dal giorno in cui era potuta andare da lui.
"Patty, dimmi, cos’è accaduto?" disse Holly, innervosito.
"Cosa?" "Hai la cartella con te, e poi indossi la divisa scolastica"
rispose, con freddezza, Holly. "Sì. Sono una sciocca, non è vero? Mi
ero dimenticata che oggi c’è ponte per le vacanze" disse Patty, cercando di non
pensare allo stano tono di voce di Holly, di solito allegro e solare.
"Ah, già. Oggi è l’ultimo giorno d’Ottobre. Domani è il primo di Novembre e non
c’è scuola fino al tre" disse Holly, sempre più cupo e contrito nel pensare al
tempo che passava. "A dir la verità, hanno deciso di fare la
disinfestazione dalle zecche. Prima di lunedì prossimo non se ne parla di andare
a scuola" disse Patty, molto imbarazzata e stupita dalle parole di Holly. La
freddezza con cui le parlava la trafiggeva il cuore come una gelida spada
affilata. "Dovrò aspettarmi molte visite?" disse Holly, non pensando
minimamente alle parole appena pronunciate. Il gran nervosismo che lo scuoteva
intimamente si sentiva chiaramente nella sua voce, e la faceva vibrare di forte
nervosismo e stato d’esasperazione. Non lo fece volontariamente, ma il risultato
fu comunque devastante. Patty rimase colpita da quelle parole, dette
così a bruciapelo. Holly voleva forse dirle che non la voleva sempre attorno? In
fondo, erano anni che gli ronzava attorno, in qualsiasi momento, sia che fosse
buono che fosse brutto, e forse lui si era stancato di questo fatto e voleva
fargli capire che non era più persona gradita. In fondo, il suo tono nervoso e
freddo era una prova molto più che evidente che non era ben accetta in quella
stanza. L’atmosfera era diventata insostenibile, e lo capiva, così prese fiato
e: "La… mia presenza… t’infastidisce? Se vuoi… me ne vado subito"
disse Patty, con voce tremante e occhi sgranati, arretrando in fretta fino alla
porta, per poi appoggiarsi ad essa. "Ma no Patty! Che cosa hai capito?
Io non volevo…" cercò di dire Holly, ma prima che potesse finire di parlare, la
ragazza aveva spalancato la porta e s’era precipitata nel
corridoio.
Patty, ferita nell’animo, corse lungo i corridoi,
piangendo e tremando come una foglia. Patricia Gatsby, 31
Ottobre ore 9:14 AM Io… sono solo un fastidio per lui. Non vuole
che stia insieme a lui. Ed io che pensavo che gli facesse piacere! Che sciocca!
Che sciocca sono stata! Io non sono niente per lui. Lui… lui vuole che io me ne
stia lontana da lui, ed io lo farò, se è ciò che lui desidera. Per lui farei di
tutto, potrei morire se lui me lo chiedesse, allora perché non vivere senza di
lui? Io desidero solo che sia felice. Niente di più! Niente di più! Nulla
più!
Amare lacrime rigavano il volto di Patty, mentre correva
lungo il corridoio, ma la sua fuga non durò a lungo. Patty scivolò sul pavimento
lucidato con la cera e cadde a terra, battendo con forza il volto. Il naso
cominciò a sanguinarle copiosamente, ma lei non voleva farci caso. Patty si mise
a sedere, poi si appoggiò contro il muro e continuò a piangere copiosamente,
mentre sangue e lacrime si mescolavano e le sporcavano i vestiti.
Stava ancora piangendo quando una voce disse: "Patty, finalmente ti ho
trovata!" Patty riconobbe immediatamente la voce, e si voltò in
direzione della voce. Appoggiato al muro, con la faccia pallida ed appoggiato ad
un sostegno con relativa flebo, stava Holly. Patty rimase per un
attimo senza fiato, poi, vedendolo vacillare pericolosamente, andò da lui,
ricominciando a piangere. "Che ti sei fatta al naso? Come mai
sanguina?" "Niente di grave, sono scivolata ed ho battuto il naso.
Ehi, ma tu stai cercando di svincolare! Ora mi toccherà farti una ramanzina! Sei
uno sciocco, caro mio! Ma cosa t’è passato per la mente! Dai, appoggiati a me,
stupidottero che non sei altro. Ma come t’è saltato per la mente d’inseguirmi
per i corridoi? Tu dovresti essere a letto a riposarti, senza preoccupazioni,
non qui" disse Patty, sorreggendolo e conducendolo verso la sua
stanza. "Hai finito d’insultare? Ora te lo spiego. Il fatto è che… è
che io non voglio che tu te ne vada via. C’è stato un malinteso e non volevo…
perderti… per una sciocchezza… del… genere, per un malinteso… insomma" disse
Holly, prima di perdere conoscenza. Patty, sentendolo abbandonarsi e
capendo che non poteva riuscire a sostenerlo ancora per molto, tentò di
attutirgli la caduta. La flebo, cadendo a terra, si frantumò e sparse il suo
contenuto sul pavimento, mentre Patty, con tutte le sue forze, lo portò verso
una sedia a rotelle e ve lo fece sedere, per poi trasportarlo fino alla sua
stanza, dopo di che, utilizzando le ultime forze rimaste, lo mise a letto.
Stanca, si accasciò sulla sedia.
Patricia Gatsby, 31
Ottobre ore 9:30 AM Nonostante lui non avesse il permesso del
medico per alzarsi dal letto, e soprattutto non ci riuscisse, è venuto
ugualmente a cercarmi, perciò è palese che ci tiene alla mia amicizia. Ma allora
perché prima mi ha trattata in quel modo? Perché ha pronunciato quelle parole, e
a quel modo? Che si fosse innervosito a causa di un’altra negazione del permesso
di alzarsi? E’ probabile, in fondo lui è un tipo molto impaziente e questo l’ha
messo talmente di cattivo umore da farlo parlare a quel modo. In fondo, devo
cercare di capirlo. Lui, solo in questo letto per la maggior parte della
giornata, immobilizzato, e con grandi dubbi se potrà più tornare quello dei
vecchi tempi.
"Su quel letto dovevo starci io, non tu,
Holly. Dovevo essere io a fare questa fine. Quando saprai la verità, mi odierai
con tutta l’anima, e non ti biasimerò per questo fatto. Io… ero io quella che
doveva rischiare di non poter più camminare, non tu! Non tu! Non eri tu quello
che doveva vedere tutti i suoi sogni frantumarsi in un colpo solo" sussurrò con
voce rotta Patty, anche se era troppo triste e malinconica per
piangere. "Allora, è questa la verità?" Patty alzò il capo,
incontrando lo sguardo di Holly, triste e sconsolato, ma soprattutto,
rabbioso. "Dimmelo Patty. E’ questa la verità? Io… non potrò mai più
camminare?" "Holly, mi dispiace." "Da quanto lo
sapevi?" "Due settimane." "Da quella mattina?"
"Sì. Il medico l’ha detto a me e a Benji." "Perché non me l’hai detto,
Patty? Io mi fidavo di te. Perché non me l’avete rivelato prima? Perché mi hai
fatto illudere per tutto questo tempo?! Perché? Perché? PERCHE’?!" gridò Holly,
furioso. Patty era inorridita davanti a quella scena e tremava come un
foglia. "RISPONDIMI PATTY!" ruggì Holly, fuori di sé. "Era
per il tuo bene!" gridò. "No Patty, era per il tuo. Era per tenerti
buona la coscienza." "No, non è vero!" "Sì che lo è,
Patty." "No." "Sì, Patty. Era solo per evitare quello che
sta accadendo adesso! Per evitare che io ti dicessi che rimarrò menomato per
tutta la vita! Che io ti accusassi di aver fatto finire la mia carriera da
calciatore!" "Questo è un colpo basso, Oliver. Non ti ha costretto
nessuno, quel giorno, a gettarti sotto quel camion." Holly rimase in
silenzio. "Puoi pensare ciò che vuoi, ma avrei preferito finire io
sotto quel camion, piuttosto che tu. Ed ora, scusami, ma me ne vado" e così
dicendo, uscì dalla stanza, sbattendo la porta. Holly, a quel punto,
rimasto da solo, scoppiò in un pianto disperato. Ma non piangeva per la sua
gamba, o perlomeno, non soltanto per quella, ma piangeva per la fine della sua
splendida amicizia con Patty.
Oliver Hutton, 31 Ottobre ore
9:59 AM Ma perché sono stato così idiota! Perché me la sono presa con
lei! Lei mi è stata sempre accanto, e nessuno sa meglio di lei quanto io abbia
sofferto in questo periodo. Perché sono stato così sciocco ad aggredirla in quel
modo così disdicevole. Aveva ragione lei, nessuno mi ha costretto a gettarmi
sotto quel camion. Rifacciargli il fatto che io sono qui per averle salvato la
vita è stata davvero la peggiore cosa che io potessi fare. Ma perché sono stato
così stupido? Ora l’ho persa, ho perso per sempre la persona più cara che io
avessi al mondo. Io… io … ho perso la persona che amo.
Mentre Patty sbatteva in faccia ad Holly la porta, già si era pentita di
aver reagito con troppa veemenza nei suoi confronti. In fondo, era
naturale che non la prendesse nel migliore dei modi, e se l’era anche immaginato
che Holly potesse accusarla d’essere la responsabile della sua situazione, solo
che non aveva mai voluto credere a quella sua fantasia.
Patricia
Gatsby, 31 Ottobre ore 9:59 AM Perché, perché non gli ho detto
tutto sin dal primo momento? Perché dovevo perdere il mio grande amore solo per
una stupida verità nascosta! Dovevo rivelargliela prima la verità! Lui mi
avrebbe disprezzato, ma non sarebbe mai arrivato ad odiarmi, come invece mi ha
dimostrato oggi. Io ho distrutto la cosa più cara che avessi al mondo, la mia
amicizia con Holly. Perché, perché doveva finire in questo modo! Io lo amo, ma
non gli ho mai detto chiaramente quello che provavo, ed ora me lo dovrò tenere
dentro per tutta la vita, la mia nuova vita senza Holly, la vita più vuota che
io possa immaginare. Holly, spero di sbagliarmi, ma questo è proprio un
addio.
Patty scappava rapidamente per le strade, senza
guardare dove andava, troppo scossa per avere una meta precisa. La
ragazza si fermò solo quando, giunta la notte ormai da parecchie ore, si accorse
d’essere ancora sporca di sangue e soprattutto, infreddolita, visto che per la
foga e per evitare che Holly la vedesse piangere dopo la loro accesa
discussione, aveva lasciato il cappotto, la sciarpa e il cappello in camera del
ragazzo. Patty, triste e sconsolata, finalmente si diresse verso casa
sua.
***
Holly, neanche quella notte, era riuscito a chiudere
occhio. Non riusciva a dormire bene dal giorno in cui aveva aggredito
furiosamente Patty e lei se n’era andata. Non l’aveva più vista da
allora, ed ormai era tornato a casa da un mesetto. Aveva finto di essere
sorpreso quando gli avevano detto ufficialmente la diagnosi, ormai data quasi
per sicura, che non avrebbe mai più potuto camminare normalmente, e, per ironia
della sorte, due giorni dopo il litigio. Vedendolo in quello stato depressivo, i
suoi avevano chiesto aiuto ad uno psichiatra, che aveva consigliato loro di
esaudire qualsiasi cosa che potesse renderlo un po’ più allegro. Holly
aveva chiesto ai suoi di poter vivere un po’ da solo e loro gli avevano
improvvisato un piccolo appartamento sul tetto del garage [NdA: avete presente
Fonzie in “Happy Days”?].
Oliver Hutton 12 Febbraio ore
4:58 AM Sono passati parecchi mesi dal nostro litigio, e da allora non
ho più rivisto Patty. Chissà cosa starà facendo… Mi manca da impazzire! Non
è venuta a riprendermi all’ospedale quando sono stato dimesso, e pensare
che persino Tom e Benjy sono venuti! Patty! Patty! Ma perché non torni! Io… io
senza di te non mi sento più vivo! Mi sento vuoto, solo, disperato! Ora sono
qui, in quest’appartamento ricavato sopra al garage di papà, per cercare
d’essere indipendente, ma la mia è soltanto un’utopia. Ormai sono zoppo, e lo
resterò certamente per tutto il resto della mia vita.La mia triste, inutile
vita, in cui sono riuscito a rovinare l’unica cosa bella che poteva
rimanermi.
***
Patty si era appena chiusa nel bagno e osservava con
sguardo vacuo il tubetto di plastica arancione che aveva in mano, appena
svuotata del suo contenuto, oltre una trentina di pastiglie del sonnifero più
potente che era riuscita a rubare dalla farmacia dell’ospedale, che stringeva
con forza nel pugno. Era stato facile infinocchiarli, dicendogli del cappotto,
della sciarpa e del cappello lasciati in camera di Holly un paio di giorni
prima, e mentre loro erano distratti, lei si era intrufolata ed aveva preso il
sonnifero più potente che era riuscita a trovare. Quello stesso giorno avrebbe
voluto compiere il gesto folle, ma non era riuscita a trovare il coraggio
necessario per farlo, soprattutto perché, all’ultimo momento, si era aggrappata
all’idea che la diagnosi del medico non era certa. Aveva tenuto con sé il
tubetto di sonniferi soltanto perché non poteva certo riconsegnarlo
all’ospedale, ma non voleva neanche gettarlo nella spazzatura, così l’aveva
conservato, ben nascosto in una nicchia del muro, che aveva trovato quando aveva
cinque anni e dove conservava tutti suoi più cari averi. Quando, un
paio di sere prima, sua madre gli aveva dato la notizia che Holly non sarebbe
mai più potuto essere quello che era prima dell’incidente, Patty era caduta in
un baratro di depressione, ed aveva riportato alla luce il tubetto di sonniferi,
decidendo di farla finita il pomeriggio del quattordici febbraio, il giorno
degli innamorati, quando i suoi sarebbero partiti e fosse stata sicura che
avessero già telefonato, per non rischiare di essere scoperta e salvata. Gli
infermieri non s’erano accorti di nulla, ed ora lei era lì, completamente
ubriaca, ma straordinariamente lucida e cosciente delle sue azioni, mentre
l’acqua, che scendeva dal rubinetto trasbordava dal bicchiere appoggiato sulla
maiolica bianca. I suoi genitori, erano partiti, quella mattina, per
una seconda luna di miele, insieme ai signori Hutton, e non sarebbero ritornati
a casa prima d’altre due settimane abbondanti.
Patricia Gatsby 14
Febbraio ore 5:38 PM Eccomi qua. Mamma e papà sono arrivati e
telefoneranno dopodomani, ma nessuno gli risponderà. Tra pochi minuti, la mia
vita avrà termine. Patricia Gatsby finirà di ammorbare questo mondo con la sua
inutile presenza e tutti i guai che porta con sé.Ha distrutto la vita della
persona che meno se lo meritava a questo mondo, ed ora pagherà con la vita la
sua stupidità ed imprudenza. La sua paura di saldare il conto con Oliver Hutton
non riuscirà a fermare il suo senso di colpa. L’unica cosa che può farlo, è la
fredda morte. Addio mamma, addio papà, addio Holly, addio amici,addio mondo.
Forse ne soffrirete per un po’ di tempo per la mia morte, ma d’ora in avanti, i
vostri guai diminuiranno e sarete molto più felici. Soprattutto tu, Oliver
Hutton, sarai molto più felice.
Aveva scritto anche una
lettera, per quando qualcuno avesse ritrovato il suo corpo senza vita, e l’aveva
lasciata sul tavolo della cucina, in modo che fosse ben visibile da chiunque
entrasse.
Per chiunque sia il primo/a ad entrare in casa e leggere
questa mia lettera d’addio: Io non so chi sarà a ritrovare il mio
corpo senza vita, ma questa lettera è destinata a tutte le persone che hanno
conosciuto questa piaga mortale che di nome fa Patricia Gatsby. Sappiate che ho
deciso io di morire, e l’ho fatto per pagare il mio debito nei confronti
d’Oliver Hutton. Caro Holly, ho distrutto la tua vita a causa della
mia stupidità ed imprudenza, e non ti biasimo se tu, nei miei confronti, provi
solo odio e rancore, ma sappi che mi dispiace e preferisco morire, piuttosto che
vederti soffrire e sapere che tutto ciò sarebbe dovuto toccare a me. Non sono
mai riuscita a dirtelo, ma per me, tu sei la persona più importante. Io ti
voglio bene, Oliver Hutton, e spero che un giorno riuscirai a perdonare quella
sciocca ragazza che ha infranto tutti i tuoi sogni di gloria. Cari
mamma e papà, cercate di capirmi. Mi pesa troppo tutto questo e non voglio più
vivere. Vi chiedo perdono per il mio gesto disperato, ma proprio none ce la
faccio Cari amici, a voi dico soltanto addio. Addio, addio a
tutti Patricia Gatsby
Patty, assumendo
un’aria decisa, strinse ancora più forte le pastiglie, se le cacciò in bocca e,
rapidamente, le mandò giù con l’acqua contenuta nel bicchiere, poi chiuse il
rubinetto e, con il tubetto dei sonniferi ancora in mano, si recò in salotto e,
forzando lo sportello della credenza dei liquori di suo padre, prese una
bottiglia di whisky molto forte e beve una lunga sorsata, tentando di togliersi
dalla bocca quel saporaccio. Aveva appena ingollato una successiva,
lunga sorsata di liquore, quando la sua vista cominciò ad annebbiarsi e i sensi
ad attenuarsi repentinamente. Lo stato confusionale in cui si stava
addentrando la sua mente, le fece rilassare i muscoli del braccio e versarsi
addosso gran parte del contenuto della bottiglia. Patty sorrise mestamente al
pensiero della fine della sua vita, così vicina, poi la testa cominciò a sentire
la testa leggera, fino a perdere il controllo delle sue azioni e dei suoi
pensieri. Patty udì a malapena il suono del campanello dell’ingresso,
ma si mosse ugualmente verso la porta per aprire.
Oliver Hutton 14
Febbraio ore 5:43 PM Ormai non posso più tirarmi indietro. Ho
suonato, ed ora devo affrontare questa spinosa questione con Patty. Non posso
resistere di più. Devo chiarire le mie parole, o potrei pentirmene per il resto
della mia vita. Oh, eccola che viene ad aprire la
porta.
Quando aprì la porta, Holly si rese immediatamente
conto che Patty non doveva stare affatto bene. Patty aveva lo sguardo
fisso nel vuoto, un sorriso triste dipinto in volto ed emanava un inequivocabile
odore d’alcool, ma la cosa che colpì immediatamente la sua attenzione era il
tubetto di sonniferi che le cadde di mano e ruzzolò verso di lui, quando la
ragazza aprì la porta. Holly, nonostante fosse molto doloroso per lui
chinarsi, raccolse il tubetto e lesse l’etichetta. Il ragazzo guardò
terrorizzato la ragazza che aveva di fronte, poi disse, con voce
tremante: "Tu… non avrai fatto… ciò che penso… vero?" La
ragazza parve notarlo solo allora e disse: "Salve Holly. Sei venuto a
prendermi l’anima, allora? Avevi paura che non pagassi il debito? Non
preoccuparti, il debito verrà pagato tra pochi minuti. Puoi sederti ed
attendere." Poi la ragazza sorrise nuovamente, cominciò a vacillare e
le palpebre diedero segno di cedimento. Holly l’afferrò per un braccio
e, con forza, la trascinò nel bagno. "Ho sonno" sussurrò
lei. "No, non devi dormire Patty, hai capito?" disse Holly.
"Ma io non resisto. Ho tanto, tanto sonno. Solo pochi secondi di sonno, poi mi
sveglio." Patty stava chiudendo gli occhi, ma Holly glielo impedì,
schiaffeggiandola con delicatezza. "Lasciami dormire" disse Patty, ma
ormai erano nel bagno. Holly la fece inginocchiare sulla vasca,
bloccandola con un gomito, poi le infilò un dito in gola, cercando di farla
vomitare, mentre con l’altra mano, prese la prolunga del rubinetto e aprì
l’acqua fredda, cercando di mantenerla sveglia. Quando a Holly sembrò
che avesse ormai svuotato lo stomaco, la lasciò andare. Patty, ancora
inginocchiata sulla vasca, sussurrò un “Grazie Holly”, poi, priva di forze, si
addormentò di botto. Holly, quasi sollevato, le avvolse i capelli
bagnatissimi con un asciugamano, poi la prese in braccio e la mise sul
letto. Aveva i vestiti lordi di vomito e alcool di vario genere, ed
ormai tendevano ad emanare un odore tutt’altro che gradevole. C’era solo una
cosa che poteva fare, e per mantenere il segreto su quella faccenda, doveva
farla da solo: doveva cambiarle i vestiti. Arrossendo dall’imbarazzo
dalla punta dei piedi fino alla radice dei capelli, Holly prese una felpa di
pile, azzurro cielo, ed un paio di pantaloni rossi, larghi e comodi, in
velluto. Con delicatezza e cercando di guardarla il meno possibile,
Holly le sfilò la maglietta, scoprendo con immenso sollievo, che sotto aveva
almeno il reggiseno. Infilò la maglia senza sbirciare più del dovuto, poi passò
al pezzo di sotto. Per prima cosa le sfilò le scarpe, sporche anche loro, poi le
tolse i jeans che indossava in quel momento. La lunga felpa gli impediva di
guardare troppo, ma riuscì a notare ugualmente le mutandine della ragazza.
Quando quel momento di grande imbarazzo finì, Holly la mise a letto,
riboccandole amorevolmente le coperte, si sedette sul bordo del letto e rimase a
guardarla, con un sorriso triste mentre un’unica lacrima di sollievo gli solcava
il volto.
Oliver Hutton 14 Febbraio ore 6:17 PM
Che spavento! Per un attimo ho temuto di perderla. Di nuovo. Per fortuna che ho
visto quel documentario di Pronto Soccorso, ieri sera, piuttosto che quel film
con Karl Kramer. Ora per fortuna riposa tranquilla. Ma prima, quando mi ha
aperto la porta, mi sono sentito mancare. Era a dir poco distrutta. E cosa
volevano dire quelle parole sconnesse che mi ha detto? Io non so cosa
significassero quelle parole, ma una cosa è certa: io non me n’andrò ora che
Patty ha bisogno di me, neanche se mi dovesse cacciare a calci. Lei non è in
grado di stare da sola, come me in quei lunghi mesi.
Holly, dopo
un paio d’ore d’attesa, sentì un leggero languore allo stomaco, e si diresse con
passo malfermo verso la cucina a prendere qualcosa da mettere sotto i
denti. Passando davanti al tavolo, la sua attenzione, per caso, venne
attratta dalla lettera di Patty. Holly, incuriosito, prese in mano la
lettera, intuendo immediatamente di che tipo di lettera si dovesse trattare, si
mise a sedere su una sedia e la lesse da capo a coda più e più volte,
soffermandosi soprattutto sul punto in cui Patty si rivolgeva a lui, in cui si
vedeva che l’inchiostro era sbavato, di sicuro a causa del pianto che doveva
aver accompagnato i suoi pensieri mentre scriveva. Più leggeva quel
punto, più comprendeva quale profondo malessere pesasse sul cuore di
Patty.
Oliver Hutton 14 Febbraio ore 8:37 PM Oh
Patty! Ora capisco il significato di quelle parole e comprendo che il mio errore
di quel maledetto giorno è più grande di quello che potessi immaginare.
Perdonami, perdonami, Patty. Perdona questo sciocco ragazzo che non riesce a
tenere a bada i suoi nervi. Che stupido sono stato! Solo ora riesco a capire a
pieno quanto bene tu mi voglia. Se tu fossi morta, non me lo sarei mai potuto
perdonare, ma per fortuna sono arrivato in tempo e ti giuro che rimedierò
all’errore fatto.
Holly, preoccupato e triste a causa della
dolorosa scoperta, rimase al capezzale di Patty per tutta la notte e per tutto
il giorno seguente, senza chiudere occhio neanche per un minuto, ma nella notte
tra il secondo ed il terzo giorno, Holly si addormentò profondamente, troppo
affaticato per resistere oltre.
Patricia Gatsby 16 Febbraio
ore 6:59 AM Com’è possibile?Mi sono svegliata! Ma, io sono ancora
viva? Ma… cosa è successo? Come mai sono ancora su questa terra? Chi è che mi ha
salvato?Come mai l’ha fatto? Non ha letto la mia lettera? Io voglio morire! Non
voglio più vivere, se Holly rimarrà zoppo! Oh, ma lui è qui! Lui è qui! E se… se
fosse stato lui a salvarmi? No, impossibile. Lui mi odia. Sicuramente staranno
facendo dei turni per controllarmi, e lui è qui solo perché obbligato.
Certamente c’è qualcun altro in casa con noi, e lui è qui per
caso.
Calde lacrime le rigavano il viso, impossibili da
frenare neanche se l’avesse desiderato. Patty si voltò dall’altra
parte del letto, per non vedere il volto di Holly, e continuò a piangere
silenziosamente e cercando di singhiozzare il meno possibile, per non
svegliarlo. Pochi minuti dopo, Holly si destò a sua volta.
Oliver Hutton 16 Febbraio ore 7:08 AM Patty dorme ancora?
Chissà se si è svegliata, mentre dormivo? Che cosa le dirò? Come farò a
chiarirmi? E cosa le dorò a proposito dell’altro ieri? Oh, ma che m’importa! Io
le parlerò con il cuore e basta! Ehi, ma non sta dormendo! Oppure sta
singhiozzando nel sonno?
"Patty, sei sveglia?"
Patty, presa in contropiede, sobbalzò. Holly si alzò e zoppicò verso
l’altra sponda del letto. "Ti ho svegliata io? Se è così, mi dispiace
Patty" disse, mentre si sedeva, rivolgendole uno sguardo preoccupato.
Patty lo fissò, poi scosse la testa. "Ero già sveglia."
"Come stai?" chiese, rivolgendogli uno sguardo da dolce cucciolo.
"Bene" sussurrò Patty, anche se un po’ reticente a rispondere. "Mi fa
piacere" disse Holly, sorridendo sollevato. "E tu?" "Io? Me
la cavo abbastanza bene." "Fa piacere anche a me" disse Patty, con
aria triste. "Ehi, Patty, cosa c’è?" chiese Holly, accarezzandole una
guancia con la punta delle dita. A quel punto, Patty lo guardò negli
occhi, poi scoppiò nuovamente in lacrime, e, singhiozzando, disse:
"Dove sono gli altri?" "Cosa?" "E’ inutile che tu finga. Chi
è che ti ha costretto a venire qui per stare al mio capezzale?"
"Nessuno." "Non ci credo. Io… non ci credo più, dopo quel
giorno." "Te lo giuro Patty. Nessuno sa che sono qui."
"Allora chi è stato? Chi è stato a farlo?" "A salvarti, intendi
dire?" "Sì." "Sono stato io." "Non credo neanche a
questo. Tu non sei mai venuto a casa mia dal giorno dell’incidente."
"Ma è la verità, Patty." "Come puoi illuderti che io ci creda? Sono
mesi che non ci vediamo né ci rivolgiamo la parola." "Lo so, e mi
dispiace molto di questo." "No, non ti dispiace affatto, Holly. Tu mi
odi, e non te ne voglio a male per questo. Hai avuto ragione a non volermi mai
più vedere. Anch’io mi odio, perché mai non dovresti tu?" "Io non ti
odio, Patty" esclamò Holly. "Sì, invece. TU MI ODI! TU MI ODI PER VIA
DELL’INCIDENTE! IO TI HO ROVINATO LA VITA!" A quel punto, Holly si
chinò su di lei e la strinse a sé, spasmodicamente, per fargli capire quanto si
sbagliasse. "Io non ti odio, Patty. Non posso odiarti."
"Potresti diventare un ottimo attore. Sei davvero bravo a recitare."
"Smettila di dire sciocchezze. Non sono mai stato più sincero che in questo
momento." "Oliver Hutton, non esagerare! Non mi merito quello che mi
stai facendo! Va bene farmela pagare, ma smettila con questa pagliacciata. Ho
già tentato di saldare i conti, ma qualche idiota mi ha impedito di portare a
compimento la mia missione. Non preoccuparti. Molto presto non sarò più di
questo mondo e finalmente saremo pari" disse furiosa Patty, staccandosi con
forza da Holly e scendendo dall’altra parte del letto. Holly, ormai
fuori di sé, l’afferrò con violenza per il polso e le diede un poderoso
ceffone. "Sciocca ragazza! Come puoi parlare con tanta leggerezza di
ammazzarti? Non ti rendi conto che è il peggior errore che puoi fare, toglierti
la vita? Tu non lo ricordi, ma io lo so benissimo in che stato eri, l’altro
ieri! Ti ho visto io, con il volto stravolto e zuppa d’alcool! Ti ho visto, in
stato confusionale, mentre scivolavi nell’oblio e parlavi senza capire cosa
dicevi né se aveva un senso! Ho… ho avuto paura di perderti! Perché non capisci
che io ti voglio bene sinceramente?" disse Holly, furibondo. "Allora
perché mi hai attaccato in quel modo quel giorno?" ribattè lei, ferita
nell’intimo. "Ero stressato, nervoso, stanco di stare a letto, e la
tua notizia mi ha fatto sentire inutile! Come pretendevi che mi comportassi,
Patty? Che saltellassi per tutta la stanza dalla gioia?" ribattè Holly, sempre
più risentito. Patty rimase zitta per un attimo, in piedi di fronte al
ragazzo, che nel frattempo aveva mollato la presa, guardando il pavimento, poi,
con voce simile ad un flebile sussurro, disse: "Magari un po’ di
comprensione." Poi alzò il volto, e disse: "Come pensi che
mi sia sentita io, quando mi sono svegliata all’ospedale, quasi un anno fa,
scoprendo che tu eri in coma a causa mia? Ho avuto paura anche io di perderti!
Tu, bianco come un cencio, in quel letto, ed io che ti parlavo, sperando sempre
che ti svegliassi da un momento all’altro. Per te forse sono stati pochi
istanti, ma per me era un’eternità, Holly. Un’eternità in cui ero sola con un
unico pensiero: è colpa mia se lui è lì." Patty aveva pronunciato le
ultime parole piangendo. Holly afferrò la mano di Patty e la tirò a
sedere sul letto. Poi si sedette e, abbracciandola, disse: "Patty, non
è colpa tua. Non sei stata tu a chiedermi di gettarmi sotto quel camion, quel
giorno." "Ma l’hai fatto per proteggermi dalla mia stessa
imprudenza." "Se l’ho fatto, è perché tu per me sei molto
importante." "No, è stato solo istinto" disse Patty, tentando si
sfuggire allo sguardo magnetico di Holly. Holly scosse il
capo. "Non è stato istinto. Io VOLEVO salvarti. La tua vita è molto
più importante di uno stupido gioco." "Stupido gioco?! Holly, il
calcio è sempre stata la tua vita!" "Lo era prima di allora. Ma io
quel giorno ho preso la mia decisione: ho preferito avere accanto a me la mia
più cara amica, piuttosto che il pallone da calcio. Il pallone che si fora può
essere sostituito, ma una persona che ti vuole un bene dell’anima no. Quella è
una cosa insostituibile. Patty, tu mi sei stata sempre accanto: mi hai aiutato
durante gli allenamenti, mi hai incitato ed incoraggiato, mi hai persino curato
quando ne ho avuto bisogno. Non dimenticherò mai quei giorni del terzo
campionato disputato con la New Team. Tu sei persino riuscita a convincere il
dottore ed il mister a mandarmi in campo nonostante le mie precarie condizioni
di salute. Tu avresti preferito che mi fermassi e venissi sostituito, ma mi hai
aiutato ugualmente." Patty era sorpresa da quelle parole, poi sorrise
e si strinse ancora di più a Holly. "Holly, come ho potuto dubitare
delle tue parole, poco fa? Sono davvero una sciocca. Hai ragione."
"No, eri solo diventata nervosa a causa di un evento inaspettato."
"Quale?" "Se mi permetti un tono un po’ più allegro, sei tu quella che
s’è scolata non so quante bottiglie di birra e vino abbandonate in cucina, oltre
al whisky, e il tubetto di sonniferi." "Ah, quello intendi. Sì, ero
sconvolta. Poi, la tua presenza…beh, mi ha fatto sentire a disagio."
"Lo capisco, Patty. Ah, ho letto la tua lettera." "L’hai letta?" disse
Patty, staccandosi da lui all’improvviso. "Sì. Mi dispiace che tu
abbia versato tante lacrime a causa mia." "Anche tu, ora, stai male a
causa mia. Ma sono felice di sapere che sono importante per te - disse Patty,
sorridendo – Permetti che controlli il ginocchio? Magari posso rifarti la
fasciatura. Aspetta, ma ora che ci faccio caso, prima hai detto che sei venuto
qui l’altro ieri. Ma oggi è per caso il 16 Febbraio?" "Sì."
"I tuoi non ti avranno telefonato?" "Ho lasciato loro un messaggio. Ho
inventato una scusa per non farmi trovare in casa." "Oliver Hutton che
mente ai suoi genitori e sta a casa di una ragazza! Questa sì che è una novità.
Allora, posso controllare il ginocchio?" Holly sorrise ed
annuì. Patty, con mano esperta a causa dei vari corsi che aveva fatto
in quegli anni, tastò la gamba di Holly in più punti, con un lieve sorriso sulle
labbra. Holly la osservava e ripensava a quanto apparisse forte ma in
realtà potesse essere fragile. "Patty, devo dire una cosa. Perdonami
se le mie parole potrebbero sconvolgerti, ma ora che ho rischiato di perderti,
non voglio che accada qualcosa e tu non sappia questa cosa. Patty, tu sei la
persona più importante della mia vita, e sono stato molto male a causa del
nostro litigio." "Anche tu, per me, sei molto importante, Holly. Il
resto, lo sai meglio tu di me. Dovevo essere orripilante – disse Patty, senza
alzare lo sguardo dalla gamba - Te la dispiace fare quattro passi qui nella
stanza?" "Sì" disse Holly, alzandosi e camminando. "Ti muovi
molto meglio di quanto mi aspettavo" disse Patty. "Mi spaventavi -
ammise Holly - Sì, due giorni fa, intendo. Non eri te stessa, in
quell’occasione." "Non ero più me stessa da tanto tempo."
"Anche io non sono più me stesso, e molto probabilmente, non lo sarò più neanche
in futuro" sussurrò Holly. "No, tu sei lo stesso di prima, e lo sarai
di nuovo." "Tu… hai mai perso la speranza per la mia
guarigione?" Patty scosse il capo. "No. Certo, più passa il
tempo più mi sento demoralizzata e la paura aumenta, ma non perderò mai la
speranza, soprattutto ora che ho visto la tua gamba. Tu sei molto forte, ed ho
l’assoluta certezza che ce la puoi fare." "Neanche io voglio smettere
di sperare, Patty." "Tu non dovevi saperlo, non ancora. Non ricordo se
te l’ho mai detto, ma era un ordine del dottore, quello di tenerti all’oscuro di
tutto. Mi dispiace molto… sì, insomma, non avertelo detto prima." "Non
importa Patty. Sul serio." "Importa, invece. Tu avevi il diritto di
sapere tutto sin dall’inizio." "Non essere sciocca. Temevate tutti per
la mia salute." "Sì, anche questo. Ma io avevo soprattutto paura che
tu mi odiassi per questo e per l’incidente." "Patty, so che non dovrei
chiedertelo, ma… mi aiuteresti a tornare ad essere me stesso?" Patty
sembrò non comprendere a pieno, ma disse: "Vuoi che ti aiuti a tornare
sui campi di calcio?" "Esattamente." Patty sorrise ed
annuì. "Grazie. Grazie mille, Patty" disse Holly, che non si era
accorta di aver afferrato con forza la mano di Patty e di stringerla sempre di
più, mentre rispondeva al sorriso dell’amica.
Patricia
Gatsby 16 Febbraio ore 8:09 AM Siamo tornati amici,
finalmente. Avevo così tanta paura che mi odiasse, che non ho pensato neanche al
fatto che l’affetto per una persona non scompare mai completamente. Holly mi
vuole molto bene. Chissà cosa mi voleva dire? Sembrava molto importante, ma
allora perché non mi ha detto niente del genere? Possibile che fosse solo la sua
richiesta d’aiuto? Sì, doveva essere per questo, anche se non capisco
l’importanza capitale che gli dava. Boh, i ragazzi sono sempre così
complessi! Oliver Hutton 16 Febbraio ore 8:10 AM Sono
un idiota! Perché non sono riuscito a rivelarle i miei veri sentimenti? Perché,
ogni volta che mi guarda con quegli occhi, così puri e pieni d’affetto, la
lingua mi si paralizza o riesco a dire solo qualche cosa d’inutile? Io ho paura
di ferirla o destabilizzarla con le mie parole. Ora più che mai, devo cercare di
crearle attorno un’atmosfera serena e senza troppe variazioni traumatiche. I
miei sentimenti possono aspettare.
"Andiamo a mangiare
qualcosa, Holly? Io… avrei un leggero languorino" disse, arrossendo un
po’. "Ci credo!" disse ridendo Holly. I due, fianco a
fianco, si diressero nella cucina. Patty si stupì che fosse tutto così
ordinato, ma incontrando il sorriso di Holly, comprese che doveva essere stato
lui. "Troppo gentile, Holly." Holly sorrise, poi
disse: "Vado ai fornelli a prepararti qualcosa." "Non se ne
parla! Tu devi riposarti. Non puoi stare troppo in piedi. Il ginocchio guarirà,
ma ci vorrà ancora molto tempo. Ora siediti, che la colazione te la preparerò
io." "Grazie." "E di cosa? Tu hai fatto molto di
più." "In effetti, sì. Infilarti un dito in gola per farti svuotare lo
stomaco non è stata un’impresa semplice." "Holly."
"Sì?" "Vuoi che lo svuoti di nuovo?" "Perché?" "Ti
pare che parlare di una cosa del genere prima di mangiare sia una cosa molto
sensata? A me fa venire la nausea al solo pensiero." "Mannaggia! Avrei
dovuto parlarti di certe cose, allora." "Spiritoso!" disse, facendo
una smorfia, dandogli uno scappellotto e voltandosi, atteggiandosi ad
offesa. "Dai Patty! Stavo scherzando!" "Anch’io" disse
Patty, con un sorriso radioso in volto, poi si mise a preparare la
colazione. Holly si sedette al tavolo.
Oliver Hutton 16
Febbraio ore 8:13 AM Mi sembra di vivere in una specie di strano
sogno. Patty ed io sembriamo quasi marito e moglie. Lei che prepara la
colazione, ed io, seduto al tavolo. Ci manca solo il quotidiano. Sono così
felice che Patty stia già così meglio! Patty, così forte, eppure così fragile.
Mi piacerebbe così tanto poterle esprimere tutto l’amore che provo per
lei! Patricia Gatsby 16 Febbraio ore 8:14 AM Sembriamo
usciti da una pubblicità della famiglia perfetta! Se soltanto lui mi volesse
bene quanto gliene voglio io… Amore mio, perché non riesci a capire quanto
affetto provo per te? Holly, come vorrei che gli eventi dell’ultimo anno
venissero spazzati via, cancellati dalla lavagna della nostra vita. Il mondo si
è fatto improvvisamente più inospitale, o forse, a noi sembrava più sicuro,
prima. Holly, grazie di esistere e di essere al mio
fianco.
"Eccoti qua una sostanziosa colazione" disse Patty,
porgendo al ragazzo pancetta, uova sode e tramezzini. "Patty, non sono
mica un lupo!" "E a me non pensi? Io sono due giorni che non mangio,
ed ora mi voglio rifare della fame arretrata." "Più che giusto" disse
Holly, sorridendo divertito. Dopo aver spazzolato tutto nel più
completo silenzio, Patty si alzò da tavola e, dopo aver sparecchiato, raggiunse
Holly, che si era seduto sul divano. La finestra che dava sul cortile
era sulla strada del salotto, e Patty, passando davanti a questa, per la prima
volta, notò che sulle corde del bucato c’erano stesi gli abiti che aveva
indossato due giorni prima, e, a rigore di logica, qualcuno le aveva tolto di
dosso i vestiti sporchi e l’aveva rivestita. Ripensando alle parole di Holly,
poi, si rese conto che nessun altro, se non lui, poteva averlo fatto.
Sorpresa e rossa come un peperone guardò Holly, che, non comprese cosa volesse
dire. "C’è qualcosa che non va, Patty?" "No, niente di
niente, Oliver. Ah, certo, a parte quei vestiti stesi sulle corde del bucato"
disse Patty, sempre rossa in volto ma senza staccare gli occhi da quelli di
Holly. Comprendendo cosa volesse dire Patty con quelle parole, Holly
arrossì a sua volta e si morse il labbro inferiore. "Holly, devi dirmi
qualcosa?" chiese Patty, mettendolo sulle spine. "Mica potevo
lasciarti con i vestiti che avevi! Ricordi, eri sporca di vomito ed alcool! E
mica potevo dire a qualcuno dei vicini che avevi tentato il suicidio!
L’avrebbero detto ai tuoi genitori, e si sarebbero preoccupati parecchio per
te!" disse con veemenza, fissando il pavimento con estremo interesse.
Patty lo guardò un po’ imbarazzata, poi disse: "Non importa. Mi fido
di te, Holly. E se anche avessi guardato, mica è la prima volta che vedevi roba
del genere!" Holly arrossì violentemente a quelle parole, sempre più
imbarazzato.
Patricia Gatsby 16 Febbraio ore 8:27
AM Che imbarazzo! E poi quella sottospecie di battuta! Forse non sarei
dovuta essere così diretta. Holly era già tanto imbarazzato per conto suo, ed io
ho peggiorato ancora di più la situazione. Povero Holly, mi fa tanta tenerezza
vederlo così… indifeso e spaesato. Sembra una muleta, così rosso in
volto.
Oliver Hutton 16 Febbraio ore 8:27 AM
Complimenti Oliver Hutton! Povevi essere un po’ più nervoso, mentre le parlavi
di quell’argomento, così magari la mettevi ancora di più in imbarazzo. Le hai
fatto capire che m’era caduto l’occhio da qualche parte in cui non doveva. Ma
perché sono così imbranato?!
"Holly, scusami se ti ho messo in
imbarazzo. Non volevo essere così caustica, ma non l’ho fatto di proposito.
Pensavo solo… che tu avrebbe fatto bene riderci sopra, almeno un po’" disse
Patty. "Credo che il maggiore imbarazzo l’abbia provato tu.
"Diciamo che non sarà senza strascichi psicologici per nessuno dei due. Insomma,
non è una cosa che capita tutti i giorni fare ciò che hai fatto" disse Patty,
arrossendo violentemente, così come Holly. "Non lo è neanche salvare
la vita ad una persona per ben due volte nell’arco di un anno, ora che ci penso"
disse Patty. Involontariamente, Holly le passò un braccio attorno alle
spalle e disse: "Per una persona importante, questo ed
altro." "Hai messo a repentaglio la tua vita per me, Holly. Te ne sarò
grata in eterno" disse Patty, sorridendo e abbandonando il capo contro la sua
spalla. "Anche io" disse Holly, sfiorandole la guancia con la punta
delle dita. "Per cosa?" "Per essere stata al mio fianco per
tanti anni, incoraggiandomi e senza mai rinfacciarmi niente." "Ero la
manager della tua squadra." "Ma dopo? Dopo quel giorno, allo stesso
modo, mi sei stata accanto, anche quando ero in Brasile." "Ma io non
sono mai venuta in Brasile, Holly. Certo, ci telefonavamo una volta a settimana,
ma non mi pare una presenza così costante." "Tu eri sempre con me. Nei
miei pensieri, intendo dire - disse Holly, guardandola negli occhi - E poi, in
ospedale. Tu sei sempre stata con me anche lì. Non so se sarei mai riuscito a
riemergere da quel baratro senza aggrapparmi al pensiero che tu mi stavi
aspettando."
Patricia Gatsby 16 Febbraio ore 8:32
AM Ma cosa sta facendo? Mi sta facendo… una dichiarazione d’amore? No,
impossibile! Non Oliver Hutton, il mio migliore amico. Non quel ragazzo che non
si è mai accorto quanto lo amassi. E se… se anche lui si fosse innamorato di me?
Il cuore mi batte forte e mi manca il respiro! Oh Holly!
Oliver Hutton 16 Febbraio ore 8:32 AM Ecco, l’ho
fatto. Le ho espresso i miei sentimenti. Spero solo di non averla destabilizzata
con le mie parole. E se lei non corrispondesse. Mi sento le gambe molli come
gelatina e la lingua non me la sento più, ma ormai il dado è tratto. O la va, o
la spacca.
Patty non poteva staccare i suoi occhi da quelli di
Holly. Patty, cercando di togliersi da quella situazione, deglutì più
volte poi, preso coraggio, gli parlò. "Holly, le tue parole sono state
bellissime" disse Patty, sorridendogli con molto nervosismo. "Te le ho
dette in tutta sincerità, Patty. Non voglio avere conti in sospeso, ora che
conosco la fragilità della vita." "Non essere così pessimista. La vita
non è tutta dolore." In quel momento il telefono squillò.
Patty si alzò e si diresse al telefono. "Pronto?" "Ciao
Patty. Sono io." "Oh, ciao mamma!" "Come stai?"
"Benissimo, mamma." "Senti, Patty, non è che hai visto Holly in giro?
Maggie lo sta cercando da un paio di giorni, ma a casa loro non risponde nessuno
ed ha cominciato a preoccuparsi parecchio." "Dille che è
qui." La madre di Patty parlò a bassa voce, rivolta certamente agli
altri, riuniti certamente in quella stanza. "E’ lì? - chiese la madre
- E da quanto?" "E’ venuto il giorno della vostra partenza."
Di nuovo la madre di Patty bisbigliò. Sentì un brusio dall’altra parte
della cornetta. "Ed è stato lì tutti quei giorni?" chiese la madre di
Patty, con tono che lasciava trasparire sospetto. "Sì. C’è per caso
qualche problema?" "Basta che stiate attenti e prendiate tutte le
precauzioni…" Patty divenne rossa come un peperone.
"MAMMA!!!!! MA COSA STAI DICENDO?! NON E’ SUCCESSO NIENTE DEL GENERE! MA PER CHI
CI HAI PRESO!? NON CREDERAI MICA CHE IN VOSTRA ASSENZA…" "Patty,
calmati. In fondo siete grandi abbastanza e lo capiamo. Ti ho solo raccomandato
di…" "MAMMA! NOI SIAMO SOLTANTO AMICI! MA PER CHI CI HAI PRESO! NON CI
CONOSCI?" "Sì, lo so che siete tutt’e due così impacciati,
ma…" "SIAMO A-M-I-C-I, CHIARO?" "Allora, nel caso vi venisse
una voglia del genere…" "Mamma, chiudi immediatamente l’argomento. Non
succede nulla di nulla del genere" disse Patty, voltandosi verso Holly, che la
guardava stupito. "Mi preoccupavo solo per la vostra vita. Se tu
dovessi per caso rimanere incinta, sai perfettamente a cosa andreste incontro.
Lo sai, un bambino non è una bambola con cui giocare…" "MAMMA! NON
C’E’ NESSUNO SFONDO SESSUALE NELLA NOSTRA CONVIVENZA! SONO STATA ABBASTANZA
CHIARA!" gridò Patty, infuriata. A quel punto Holly divenne porpora e
cominciò a tossire, come se gli fosse andato qualcosa per traverso, mentre con
occhi sgranati guardava Patty, rossa in volto più di lui, che stringeva la
cornetta così forte da avere le nocche bianche, mentre i suoi occhi assassini
fissavano la tastiera, come se volesse fonderla con la sola forza del
pensiero. "Scusa cara, ma sai, ormai siete cresciuti…" A
quel punto, Patty non resistette più e riagganciò, poi guardò Holly e, presa da
un’ondata di rabbia, si gettò di corsa verso le scale. "Patty, dove…"
stava dicendo Holly, quando il telefono squillò nuovamente. Holly
decise che avrebbe parlato con Patty più tardi, e rispose, ben sapendo che erano
i loro genitori. "Pronto?" "Oh, ma sei tu, Holly. Che
piacere sentirti!" disse la madre di Patty. "Fa piacere anche a
me." "Allora Holly, come vanno lì le cose?" "A gonfie vele.
Sa, Patty mi ha chiesto di tenerle compagnia durante la vostra assenza. Aveva
paura che qualche malintenzionato potesse fare irruzione in casa. Sa, con i
tempi che corrono…" mentì Holly.
Oliver Hutton 16 Febbraio
ore 8:38 AM Se dicessi alla madre di Patty cosa è successo due giorni
fa, le prenderebbe un colpo. Devo mantenere il segreto su questa vicenda. Se
diventasse pubblica, le darebbero della matta e la rimpinzerebbero di
pscicofarmaci, e questo proprio non se lo merita. Il suo è stato soltanto un
momento di sconforto, niente di più. Ha sofferto molto, ed altra sofferenza non
l’aiuterebbe di certo. Ho dovuto per forza mentire. Spero solo che nessuno venga
mai a conoscenza del nostro segreto.
"Oh, ora capisco.
Chiedile scusa da parte nostra per le nostre imbarazzanti
insinuazioni." "Lo farò." "Ti passo tua madre."
"Grazie." "Pronto, Holly?" "Ciao mamma!" "Come
sono felice di sentirti! Ma perché non ci avete avvertiti!" "Non ci
abbiamo pensato, tutto qua." "Sono stata preoccupata" disse Maggie
Hutton, in tono di rimprovero ma dal quale traspariva anche sollievo.
"Lo sai, so cavarmela da sola." "Stateci bene. Ciao Holly, e saluta
Patty da parte mia." "Lo farò. Ciao mamma." Dopo aver
riagganciato, Holly si diresse di sopra. Trovò Patty sul letto,
piangente. Si sedette sul bordo del letto, poi si chinò su di lei e
cominciò ad accarezzarle con dolcezza, i capelli. "Grazie Holly. Sai
essere molto dolce" sussurrò Patty, con il viso ancora affondato nel
cuscino. "Mai quanto te." "No, io sono un maschiaccio, e
soprattutto, sono troppo suscettibile. Dovevo immaginarmi che pensassero a male.
Non si fidano per niente di me." "Non ti avrebbero lasciata mai qui da
sola, se non si fidassero di te e non sapessero che sei una ragazza con la testa
sopra le spalle." "Non mi avrebbero fatto neanche quelle
domande." "Avanti Patty. Sola a casa, con un ragazzo… chiunque
penserebbe a quello che hanno pensato loro." Patty si voltò verso di
lui. "Perché sei ancora qui? Dovresti andare a scuola. Ho saputo che
ti hanno iscritto ad un istituto privato." "E tu? Non vai al
liceo?" "No. Non me la sento ancora di affrontare la gente."
"Ed io non me la sento a lasciarti da sola." "Non ti fidi?"
"Certo che mi fido." "Allora mi lasceresti da sola." "No,
hai ancora bisogno di me." "Io sto bene." "Fino a quando non
sarai pronta per tornare in mezzo alla gente, io non ti abbandonerò. Tu l’hai
fatto con me, ed io ora lo farò con te." "E’ solo per
questo?" Holly, a quel punto, la prese in braccio e la mise a sedere
per terra. "Ehi, cosa ti prende?" "Voglio che tu mi guardi
negli occhi" disse, scivolando anche lui sul pavimento.
"Dimmi." "Patty, io non pretendo di sapere cosa passa per la tua
testa, ma se sbaglio ad interpretare ciò che senti, mi dispiace, ma io devo
parlarti, e spero che nulla riesca ad interromperci, ora. Patty, tu mi vuoi
bene, vero?" "Sì." "Quanto?" Dopo qualche istante
di silenzio, Patty disse: "Non ci sono parole che possano
esprimerlo." "Anche per me è la stessa cosa. E scusami, se farò una
qualche cavolata da qui a pochi istanti." Holly, prima che potesse
capire cosa intendeva, le sfiorò le labbra con un timido e rapido
bacio.
Oliver Hutton 16 Febbraio ore 8:42 AM
Ecco, l’ho fatto. Ora devo vedere come reagisce, ma perlomeno l’ha fatto. Ho
finalmente espresso i miei sentimenti.
Patricia Gatsby 16
Febbraio ore 8:42 AM Lui… mi ha baciata! Oliver Hutton è
innamorato di me! Che sia questa la cosa che sta cercando di dirmi da
stamattina? In effetti, è molto probabile che lo sia. Oppure è solo un modo per
tirarmi su, dopo quella discussione con la mamma? Ma a che stupidaggini sto
pensando! No, lui è troppo sincero per fare una cosa del genere come
scacciapensieri.
Patty, arrossita, lo fissava con aria
stupita, ancora incredula per l’accaduto. Lentamente, si portò le dita alle
labbra, mentre Holly stava davanti a lei, a sguardo basso.
"Patty?" "Sì Holly?" "Scusami." "Per… il
bacio?" "Sì. Non sapevo come esprimere i miei sentimenti, se non in
questo modo." "Allora tu…" "Sì Patty. Per me, tu sei ben più
di un’amica. Io sono innamorato di te, Patty. Sei importante." "Me ne
hai dato la prova più volte, in questo periodo." "E tu Patty? Sia
chiaro, non mi aspetto niente da te, ma vorrei sapere se tu provi le stesse cose
per me oppure no." Patty si alzò in piedi e si diresse verso la
porta.
Patricia Gatsby 16 Febbraio ore 8:43
AM Povero Holly! Quasi sicuramente si sentirò a pezzi, ma voglio
essere un po’ originale. Gli farò credere tutt’altra cosa di ciò che provo, per
poi coglierlo in contropiede. Sì, lo farò sentire come un cane bastonato, ma
sarà soltanto per pochi secondi.
Si fermò sullo stipite e guardò
Holly. Lui, rassegnato, si era voltato verso il letto.
Oliver Hutton 16 Febbraio ore 8:43 AM Lo dovevo
sapere! Forse lei, un tempo, mi amava. Tante volte Bruce ha fatto quelle
battutine su me e Patty, ma io non ho voluto mai accettare la verità, forse per
paura, forse perché ero troppo sciocco per accettare questi sentimenti, o forse
perché non volevo pensare a nient’altro che il calcio. Ben mi sta. Lei mi ha
respinto, ed io non devo impuntarmi. Io l’amerò sempre, anche nel caso molto
probabile che lei dovesse stare assieme ad un altro.
Un
sorriso affiorò sul volto di Patty, che chiuse la porta, rimanendo nella
stanza. Holly non si era girato per guardare e lei, di soppiatto, si
avvicinò a lui, poi gli passò le braccia attorno al collo, aderendo con il corpo
alla schiena del ragazzo e appoggiando il capo sulla sua spalla. Holly
sobbalzò, sorpreso, ma, nel giro di un attimo, si rilassò di nuovo e si voltò a
guardarla. Il suo sorriso, dolce e carico d’amore, fece svanire ogni
suo dubbio. "Patty, ma allora…" "Sì. E da un bel
pezzo." "Ce ne hai impiegato di tempo per capire cosa provassi per te.
Stavo perdendo la speranza." "Anche tu, comunque, non sei stato
esattamente un razzo. Avanti, dimmi da quando tempo è che provi dei sentimenti
diversi dall’amicizia nei miei confronti, Oliver Hutton." "Dal terzo
campionato della New Team, io credo."
Patricia Gatsby 16
Febbraio ore 8:44 AM Come dal terzo campionato? Ma sono passati
quasi due anni da allora! Ed io, così convinta che lui non potesse mai
accorgersi di me, mi sono messa i paraocchi e non ho voluto vedere la verità.
Perché, in quei suoi occhi, non mi sono mai accorta che c’era la luce
dell’amore. Neanche quel giorno mi sono accorta del suo amore. Oh, Holly,
perdonami se non ho avuto fiducia in te e nel tuo cuore. Perdona questa
sciocca.
Patty fu sinceramente sorpresa di averci impiegato
così tanto tempo per capirlo, ma, ripensando a quanto tempo avesse impiegato
Holly, scoppiò a ridere di gusto. Era troppo comico! "Perché ridi? I
miei sentimenti sono davvero così ridicoli per te?" disse Holly, sentendosi
preso in giro dalla reazione della ragazza. "No no, non sono affatto
ridicoli. Tutt’altro, sono la cosa più seria che io abbia mai sentito. Il fatto
è che adesso mi hai appena tolto una curiosità e sto ridendo con me
stessa." "Che curiosità?" "Ho scoperto che tra noi due, sono
io, allora, la veterana, in fatto di struggimento sentimentale."
"Perché? Tu da quando tempo è?" "Io dal primo campionato della
NewTeam." "Cosa?!" "Sì, proprio così."
Oliver
Hutton 16 Febbraio 8:46 AM Ma allora sono proprio cieco! Sono
passati sette anni, oramai, ed io non mi sono mai accorto di nulla? Certo, la
sua presenza al mio fianco era costante, ma non pensavo che fosse per amore.
Oppure non volevo proprio ammettere che qualcuno potesse amarmi, se non i miei
genitori?
"E’ da più tempo che io volevo fare una cosa."
"E quale?" Patty voltò il viso del ragazzo verso di lei e lo baciò. La
risposta di Holly fu più passionale di quello che la ragazza si aspettava, ma
questo non voleva dire che la cosa le desse fastidio. Al contrario, anche lei
cominciò ad aumentare la passionalità del bacio. Quando si staccarono,
Holly si voltò e si alzò. Lei lo guardò, stupita, e si alzò, ma prima
che potesse spiccicare parola, si ritrovò nuovamente tra le sue braccia. Lui
l’abbracciava con forza, come se non riuscisse a staccarsi per più di molto
tempo. Patty lo guardò in volto e notò che lui stava
piangendo. "Cosa ti succede Holly?" "Patty, non mi
lasciare." "Cosa?" "Non lasciarmi mai più." "Ma
cosa stai dicendo?" "Non riuscirei più a vivere, senza di
te." "Neanche io." "Lo so, Patty. Me l’hai già provato fin
troppo, che non sopporteresti una vita senza di me." "Anche tu, Holly,
non fare più questi atti eroici per me." "L’ho fatto per
te." "Perché sono la tua migliore amica?" "Lo sai, il
perché." "E’ già, lo so. Ma ancora non riesco a crederlo. E se fosse
tutto un sogno?" "Allora è il sogno più bello che abbia mai fatto. E
con la compagnia migliore che potessi trovare." "Tu mi lusinghi,
Oliver Hutton." "E tu mi onori, Patricia Gatsby, con la tua sola
presenza al mio fianco." I due si guardarono di nuovo negli occhi, poi
si scambiarono un nuovo, lunghissimo bacio.
Capitolo 3 *** Capitolo 3: Un Campioncino tra le Cento Torri ***
Capitolo 3:
Un
campioncino sotto le 100 torri
Il sole
scintillava nel cielo terso della città d’Ascoli Piceno, mentre un ragazzo, con
un gran borsone in spalla, con il marchio della società di calcio della città,
si stava dirigendo lungo il viale alberato in direzione del centro storico. I
suoi corti capelli castano chiaro, resi più scuri dall’acqua che li impregnava,
gli occhi neri, i lineamenti delicati e soprattutto la sua carnagione così
rosea, non tradivano l’origine nipponica del ragazzo, che, con passo sicuro e un
gran sorriso stampato volto, era completamente assorto nei suoi allegri
pensieri.
Tom Becker, 27
Gennaio ore 1:03 PM
Che stanchezza!
Oggi il mister Trappippi [NdA: i miei
allenatori preferiti fusi in uno solo!] ci ha fatto veramente sudare! Sono
davvero stanco morto. Non me la sento neanche di tornarmene a casa, tanto alle
tre dobbiamo ricominciare! Quasi quasi vado a prendermi un panino al bar che sta
vicino al battistero, invece di andare fino alla pizzeria. Certo che sto
prendendo davvero gusto a mangiare gli insaccati italiani! Il gusto della cucina
italiana è completamente diverso da quella giapponese, e devo ammettere che
hanno proprio ragione a dire che la cucina italiana è la migliore del mondo. E
dire che parlano tutti delle società del Nord Italia come le migliori! Certo,
non dico che sono stato male alla Martines Carsos [NdA: se ci fosse una
squadra con questo nome non lo so. Chiedo scusa a chiunque possa prenderla a
male, per qualsiasi motivo], ma qui al Centro è tutt’un'altra cosa. Certo,
saranno lontane le grandi piazze,a parte quella romana ed il Perugina, ma
giocare in una squadra di Serie B è ugualmente una grand’emozione. Inoltre
Ascoli Piceno è una città ricca d’arte ed immersa nel verde, a due passi sia dal
mare che dalla montagna. Sono soddisfatto che mi abbiano prestato per il resto
della stagione. In pochi giorni ho conosciuto un sacco di persone, soprattutto
ragazzi della mia età, tutte simpatiche e molto gentili. Trovo anche il tempo
per frequentare un istituto superiore nei pressi del campo d’allenamento, cinque
giorni alla settimana, se la sera mi trattengo un po’ di più al campo. Devo dire
che il presidente è stato molto gentile a permettermi questo, e sono grato anche
al mio preside per il permesso di un’assenza giustificata direttamente da lui,
un giorno alla settimana, cambiandolo ogni settimana per non perdere sempre le
stesse ore di lezione. Riesco a seguire abbastanza bene le lezioni, nonostante
l’italiano sia una lingua davvero ostica, e questo lo devo soprattutto a
Martina, la mia compagna di banco. E’ stata lei ad aiutarmi a migliorare la mia
pronuncia e a presentarmi a tutti gli altri compagni, con la sua gioia di vivere
e simpatia. Lei è sempre molto gentile nei miei confronti, sia dal punto di
vista scolastico che non, al contrario che con gli altri. Non dico che sia
sgarbata, al contrario, è molto spesso pronta ad aiutare gli altri, anche a
costo di rimetterci lei stessa, ma è anche molto lunatica, e se è sotto
pressione o se si è svegliata con la luna storta… Dio ce ne liberi, si trasforma
in un essere feroce che risponde male a tutti! Non mi stupirei se un giorno o
l’altro cominciasse anche ad emettere fumo dalle orecchie e sputare fuoco. Mi fa
molto piacere che venga spesso al campo a vedere gli allenamenti della squadra.
Sembra quasi Patty sotto questo punto di vista. Io non so come faccia ad essere
sempre così preparata se trascorre gran parte della giornata al campo! E’
impossibile non notarla, con quella chioma biondo-rossiccio che brilla anche nei
giorni di pioggia e quella voce che grida all’impazzata. Credo che il mister, un
giorno o l’altro, la prenderà per il collo e la strozzerà come un’anatra.
Tifosissima della mia ex squadra, diventa un tornado se solo toccano Gardoni. Mi
stupisco che non sia in galera per omicidio, visto che la sua amica Francesca la
stuzzica tutti i giorni. Quasi quasi torno indietro e aspetto che finiscano le
lezioni, tanto mancano solo una ventina di minuti, così le chiedo se si ferma a
pranzo con me e mi spiega che cosa hanno fatto stamattina in classe. Chissà se
si è scontrata di nuovo con il professor Tommasi… Certo che se frenasse la
lingua, sarebbe meglio. Un giorno o l’altro potrebbe esagerare, e non so se ci
sarà da ridere, quel giorno.
Tom, stanco, si
sedette su una panchina, accanto ad una fontana, attendendo la compagna di
classe.
Assetato, prese
la bottiglietta che portava con sé agli allenamenti e la riempì d’acqua
fresca.
Stava bevendo,
quando sentì una risata. Di fronte a lui, stavano due penetranti occhi
grigio-verdi. Sorpreso, Tom si spostò all’indietro, perse l’equilibrio e cadde
sull’erba appena spuntata nel prato retrostante la panchina, versandosi addosso
tutta l’acqua contenuta dalla bottiglia.
"Direi che ti
ho proprio spaventato" esclamò la ragazza che si era parata di fronte a Tom,
sorridendo, chinandosi in avanti con le mani dietro alla schiena e voltando la
testa di lato.
I suoi capelli,
di un biondo tendente al rosso fuoco, brillavano sotto la luce del sole di
gennaio, mentre il sorriso le arrivava da orecchio a orecchio.
"Non ridere
Marty. Mi sono fatto male" disse Tom, sedendosi sull’erba, mentre si spazzolava
con una mano la felpa azzurro cielo, bagnata fradicia.
"Ma non
raccontarmi baggianate, Tom! Hai subito contrasti peggiori durante gli
allenamenti" disse la ragazza, sempre sorridendo, porgendogli una
mano.
Tom accettò
l’aiuto e si rialzò in piedi.
"Andiamo a
mangiare un boccone insieme?" le chiese.
"Ok Tom. Tanto
avevo intenzione di restare a guardare gli allenamenti" rispose
allegramente.
"Andiamo?"
"Aspetta un
attimo" disse lei, dando delle vigorose pacche al fondoschiena del
centrocampista.
Lui arrossì
fino alla radice dei capelli.
"Martina… cosa
stai facendo?" disse Tom, imbarazzatissimo.
"Vuoi andare in
giro con i jeans sporchi d’erba e terra? Se vuoi lanciare una moda nuova, fai
pure, ma credevo che ti avrebbe fatto piacere andare in giro per Ascoli senza
che tutti ti additino come un fenomeno da baraccone ed un ragazzo privo
d’igiene."
Tom, arrossì,
ancora più imbarazzato, poi prese il suo borsone e si diresse al bar con
l’amica, che nel frattempo rideva come una pazza, ripensando all’aria
imbarazzata di Tom.
Tom Becker, 27
Gennaio ore 1:34 PM
Che figuraccia
che ho fatto! Sei proprio un idiota, Tom Becker. Secondo te una bella ragazza
come quella, che ti vuole dare delle pacche sul fondoschiena, te le dà mentre un
sacco di compagni di classe stanno passando di fronte a voi? La sua spontaneità
è disarmante, certe volte. Faccio spesso fatica a non fare figuracce quando sono
in sua compagnia. Ha un caratteraccio unico nel suo genere, eppure sento
qualcosa di molto forte nei sui confronti, che sconfina dall’amicizia. Che sia
questo l’amore? L’apprezzare completamente una persona nonostante i suoi
difetti? Desiderare di stare in sua compagnia ogni istante del giorno? Che mi
sia realmente innamorato di Martina?
Martina Maroni, 27 Gennaio ore 1:34
PM
Certo che Tom è
proprio comico! Prima non si era neanche accorto che stavo di fronte a lui! Poi,
che caduta ridicola! E quella faccia poi… si credeva chissà che cosa! Secondo
lui, io ci proverei così spudoratamente davanti ad un centinaio di persone. Devo
ammettere, però, che ci proverei sul serio. In fondo Tom riunisce in sé bellezza
e carattere. Sa essere molto forte, eppure è di una dolcezza unica nel suo
genere. E’ una persona splendida, anche se forse lui non se n’è mai reso conto.
Non lo si potrebbe definire se non con il termine “ragazzo speciale”. In fondo,
per sopportare una con un caratteraccio come il mio, ci vuole più che una
pazienza da santo! Ehi, ma cosa sto dicendo?! No, non voglio più innamorarmi, e
di lui meno che mai. Io non voglio più soffrire, mai più. Quando si stringe una
relazione ci sono immancabilmente delle promesse che vengono spezzate, ed io non
voglio più sentire quelle promesse, non voglio più vederle diventare realtà.
Voglio solo vivere con le mie forze, senza far del male a
nessuno.
In capo a pochi minuti
i due ragazzi erano seduti all’interno del bar, sorseggiando una bibita a testa
e con un bel pezzo di pizza fumante dentro un piatto di cartone.
Era un locale
piccolo ma pulito, con pochi tavoli, ben riscaldato.
In quel momento
c’erano solo loro due nel locale e potevano parlare senza essere ascoltati da
nessuno, se non il proprietario, che, in ogni caso, dopo averli serviti, si era
ritirato a sonnecchiare nel retrobottega.
"Allora Marty,
cosa avete combinato oggi in classe?" chiese Tom.
"Non ti sei
perso nulla di particolare."
"Nemmeno
durante la lezione di Tommasi?"
"No. Ha fatto
il solito errore della morte d’Umberto I, comunque."
"E tu, come al
solito, hai corretto, giusto?"
"Come al
solito."
"Sei
incorreggibile. E se un giorno lui se la prendesse con te per questi tuoi modi
così confidenziali?"
"No, lui è un
simpaticone che sa stare allo scherzo."
"Sarà…" disse
Tom con tono poco convinto.
"Non ti fidi
delle mie qualità di mediazione, campione?" chiese sorridendo, mentre si
allungava oltre il tavolo, verso di lui, e gli dava un amichevole buffetto sulla
punta del naso.
Tom ridacchiò,
mentre lei si appoggiava con i gomiti sul tavolo e appoggiava la testa tra le
mani, come se volesse studiarlo più attentamente.
"Ehi, che cosa
ti prende?" chiese Tom.
"Stavo pensando
che se vorrai farti crescere un bel paio di baffi dovrai attendere ancora
parecchio, sbarbatello."
"Ma sentila"
disse Tom, piccato.
"Non te la
prendere, Tommino" disse Martina, passandogli delicatamente una mano sulla
guancia.
"E …e ora cosa
fai, Martina?" chiese Tom, indietreggiando come se si fosse scottato, molto
imbarazzato dal gesto tanto aperto della ragazza.
Tom
Becker 27 Gennaio 2:07 PM
Ma… ma cosa sta
facendo? Oh mio Dio! Ci sta provando! Allora io… io le piaccio sul serio! Ho
deciso, non voglio fare lo stesso errore di Holly. Lei mi piace e devo
dirglielo.
" Testo le possibilità
di una rapida crescita di una leggera peluria."
"Martina!"
"Ma cosa
credevi?"
Martina Maroni 27
Gennaio 2:08 PM
Lui… lui
credeva che ci stessi provando! Forse è vero, ma involontariamente! Ma quella
reazione… preferisce essere mio amico. Non mi prende neanche in considerazione
come una ragazza, ma come una specie di ragazzo con sembianze femminili. E’
stato come se la mia mano gli avesse ustionato il volto, quando l’ho toccato,
quindi non dovrei avere problemi. Ma quasi quasi, lo prendo un po’ in giro. Mi
fingerò incavolata.
"Ecco… Io…"
"Immaginavi
male" disse Martina, sulla difensiva, per nascondere i suoi veri
sentimenti.
"Mi dispiace di
aver immaginato ciò che ho immaginato. So che non avrei mai dovuto
farlo."
"E perché
mai?"
"Perché sei la
mia migliore amica ed un pensiero del genere non dovrei averlo nei tuoi
confronti."
Martina Maroni 27
Gennaio ore 2:10 PM
E’ no! Così
esagera! Ora mi sono incazzata sul serio! Ma che si scusa a fare! Certo che
proprio non ci sa fare con le ragazze!
"E cosa sarei io
allora? Un essere di puro spirito intoccabile?"
"Non
fraintendere, Martina."
"Non ho
frainteso un bel niente" disse la ragazza, scattando in piedi.
Tom comprese la
situazione di grave stallo in cui si trovavano ed agì d’istinto, afferrandola
per un polso.
"Devi
ascoltarmi!"
"No! Non osare
toccarmi! Non sono mai stata più umiliata in vita mia! Non voglio mai più
vederti in vita mia, Tom Becker!" disse la ragazza, fuori di sé, liberandosi con
uno strattone dalla sua stretta e fuggendo fuori dal locale.
Tom Becker 27
Gennaio 2:16 PM
Ecco qua! Ho
combinato un bel guaio! Adesso lei mi odia! Mannaggia alla mia
lingua!
Martina,
disperata, scappava per le vie della città in preda alle lacrime, sconvolta dai
suoi pensieri.
Martina Maroni 27
Gennaio 2:16 PM
Lo odio! Io
odio quel ragazzo! Io non sono che un amico per lui! Non mi considera neanche
una femmina! Come ha potuto farmi questo! Io pensavo che mi volesse bene! Non lo
volevo ammettere neanche a me stessa, ma mi fidavo di lui, pensavo che non mi
avrebbe mai potuto ferire, e invece… lui è come tutti gli altri, è come Marco!
Anche lui potrebbe farmi delle promesse e poi spezzarle! O potrei fare in modo
io che non le porti a termine! Non voglio, non voglio innamorarmi mai più! Non
voglio più essere delusa, dopo aver puntato tutto su una persona! Non voglio più
farlo, e non lo farò! Ma perché, se non voglio più innamorarmi, mi sento offesa
nell’intimo da lui? Perché sto scappando? Perché sto piangendo se lui non mi
considera una papabile ragazza? Perché i miei sentimenti sono così contrastanti
e così intricati? Io… non so più nulla! Non so più chi io sia! Non so più cosa
voglio! Perché non riesco neanche più ad ascoltarmi? Basta! Basta! Non voglio
pensarci. Non voglio più! Non voglio più!
Stava correndo lungo
il Lungo Castellano, quando si rese conto che era inseguita.
Non si voltò
neppure: sapeva per certo che era Tom.
Martina
accellerò ancora di più. Sapeva che non avrebbe resistito per molto, ma se fosse
riuscita ad arrivare alla vecchia cartiera papale e quindi sul livello del
torrente Castellano, avrebbe avuto il vantaggio di conoscere la zona molto
meglio di Tom, e quindi più possibilità di seminarlo o perlomeno riuscire a
nascondersi fino a quando non avrebbe rinunciato.
Tom, che aveva
impiegato qualche secondo prima di partire all’inseguimento della ragazza, ora
stava cercando di risparmiare le energie, ben sapendo che Martina voleva
portarlo in un terreno che le era più congeniale.
Martina scese a
spron battuto la ripida strada che portava al vecchio edificio ristrutturato,
rischiando un paio di volte di cadere e rompersi l’osso del collo, poi prese il
largo sentiero che costeggiava il fiume, dirigendosi in direzione delle
montagne.
Con rapidità attraverso lo strano ponte, per metà
formato da una stretta ma robusta lamina di metallo, simile ad una grondaia,
mentre per l’altra, ossia per la metà che portava dal grande blocco cilindrico
di cemento fino all’altra riva, fatto da larghe assi di legno, abbastanza
instabili. Non era un ponte attraversabile molto rapidamente per chi non vi era
abituato, ma non per Martina. In fondo, era da quando era una bambina che andava
lì, ad esplorare il territorio e fare il bagno.
Sempre spingendosi al massimo, seguì il sentiero,
ora fattosi più molto stretto, e con un agile balzo atterrò sul basso muretto,
per poi lanciarsi oltre e continuare a seguire il sentiero, sfrecciando a busto
chinato sotto il vecchio albero caduto, fino alla pozza d’acqua dove d’estate
aveva fatto e continuava a fare il bagno e tuffarsi.
Tom, anche se a fatica, riusciva a inseguirla, e fu
seriamente preoccupato nel vederla arrampicarsi sulla ripida scarpata,
nonostante avesse notato che nella terra erano stati abbozzati dei primitivi
fori per i piedi.
La scarpata, formata da un accumulo di terra al
fianco di un muro che, a occhio e croce, poteva anche essere d’origine romana,
portava sino in cima a quella specie di diga, poi offriva due possibilità:
attraversare il fiume in equilibrio sul muro, con la possibilità di cadere a
capofitto nella pozza sottostante, oppure continuare per il
sentiero.
Martina, nonostante fosse allo stremo delle forze,
decise di continuare per il sentiero, visto anche il fatto che il giorno prima
aveva piovuto ed ora il fiume scorreva limaccioso e pieno di detriti come
piccoli arbusti e rami d’albero.
In quel punto il sentiero digradava, dopo una breve
discesa, in un prato, delimitato a destra da un’alta parete di roccia calcarea e
a sinistra dalla fitta vegetazione, composta d’alte canne e alberi vari,
inframmezzati da rovi, oltre la quale scorreva il corso d’acqua.
Si voltò per controllare se Tom la seguisse ancora e
si rese conto che era molto più vicino di quello che sperava.
Spinta ormai solo dalla disperazione, Martina corse
lungo il sentiero fino ad arrivare ad un bivio, dove prese lo stretto sentiero
più discosto.
Sapeva che era cieco e talmente stretto che a fatica
sarebbe riuscita a passarci una persona alla volta, ma da lì avrebbe potuto
tuffarsi in acqua per passare dall’altra parte, visto che c’era una pozza
d’acqua abbastanza profonda, oppure gettarsi tra l’erba alta e gli asparagi
selvatici e cercare di raggiungere l’altra riva senza bagnarsi troppo. Il suo
unico problema poteva essere un vecchio canale abbandonato, che calava a picco
sulla pozza d’acqua dalla parete rocciosa, che in quel punto curvava verso il
sud, ma non voleva pensarci. Lei aveva deciso per la via umida.
Stava per tuffarsi quando si rese conto che doveva
cercare di seminarlo nascondendosi e non scappando, così si gettò tra l’erba
alta che costeggiava il sentiero e, molto lentamente, cominciò a strisciare, con
estrema prudenza, verso il canale.
Tom, giungendo alla fine del sentiero, si guardò
attorno, cercando con lo sguardo di rintracciare la ragazza.
Intanto Martina strisciava verso il canale. Avrebbe
potuto aggirarlo, ma sarebbe stata allo scoperto per troppo tempo, e lui
l’avrebbe notata certamente, mentre se avesse attraversato il canale sul piccolo
ponticello arrugginito, certo, avrebbe corso il rischio di cadere e farsi molto
male, ma in pochi secondi sarebbe stata di nuovo al riparo tra
l’erba.
Giunta alla recinzione, Martina passò per
un’apertura di questa poi, in fretta, attraversò il malconcio ponte.
Sotto il suo peso, il ponte cominciò a
scricchiolare, poi, di schianto, cedette alla pressione.
Martina sentì il terreno mancarle sotto i piedi e
gridò.
Tom, che stava tornando da dove era venuto,
immediatamente si voltò, e vide una forma umana scivolare a gran velocità dentro
il canale prosciugato, per poi cadere di schianto nella pozza d’acqua
sottostante.
"Martina!" gridò, gettandosi in acqua senza la
minima esitazione, mentre vedeva la sagoma dell’amica affondare sempre
più.
Il ragazzo prese fiato e s’immerse.
Quando Tom tornò in superficie, teneva stretta a sé
la ragazza, svenuta.
Tornato a riva, la portò sin sul prato che
costeggiava il sentiero principale, per controllare le sue
condizioni.
A parte parecchie abrasioni abbastanza profonde ed
un grosso bernoccolo sulla tempia, non aveva subito danni.
"Ehi, Martina, mi senti?" disse Tom, scotendola per
le spalle.
Sentendo che si stava riprendendo, le passò un
braccio attorno alle spalle e la fece appoggiare a lui.
La ragazza, piano, riaprì gli occhi, poi si voltò di
lato per sputare l’acqua che aveva inghiottito.
"Tom, mi dispiace" sussurrò, dopo essersi accasciata
di nuovo contro di lui.
"Non pensarci ora. L’importante è che tu stia
bene."
Martina annuì, poi lo guardò con gli occhi
umidi.
"Sono una sciocca, vero?"
Tom scosse il capo.
"No, sono stato io lo sciocco. Ti ho trattato come
se tu non fossi la bella ragazza che sei. So che non riuscirò mai a capirti, ma
questa cosa l’ho capita. Tu non volevi essere considerata una che ci provava, ma
scusandomi ho negato il tuo essere una ragazza."
"Ho davvero fatto questo?"
"Se ho capito bene quello che passa per la testa di
una ragazza, credo proprio di sì, Martina."
"Ah. Che stupidaggine che ho fatto."
"Non importa."
"Sei troppo buono con me."
"Ma io ti voglio bene! Perché mi dovrei comportare
diversamente?"
"Tu… mi vuoi bene?" chiese Martina, irrigidendosi.
Non voleva sentire quelle parole. Le suonavano troppo come una
promessa.
"Sì."
"Come puoi volere bene ad una come me?" disse la
ragazza, con energia.
"Perché sei fantastica."
"No, sono soltanto una con un pessimo carattere"
disse lei.
"Non hai un pessimo carattere. Sei speciale, tutto
qua, e come tutte le persone speciali, risulti molto spesso
incompresa."
Le parole dette dal ragazzo la colpirono in pieno.
Con voce bassa disse:
"Come fai?"
"A fare cosa?"
"A sapere sempre che cosa dire o che cosa
fare."
"No, io non so sempre cosa fare e dire."
"A me sembra di sì. Tom, che ore sono?"
"Non preoccuparti per l’orario."
"Ma i tuoi allenamenti?"
"Non fa niente."
"Il mister ti lincerà."
"Non importa. Piuttosto, credo che dovrò portarti al
Pronto Soccorso."
"Dai, non esagerare Tom, non mi sono fatta
niente.
"Lo vedremo subito. Ce la fai a camminare?" disse
Tom, che fino a quel momento l’aveva sostenuta.
Lei sembrava non essersi accorta di questo fatto,
seppure si fosse riappoggiata a lui di sua spontanea volontà, appoggiandogli il
capo su una spalla, alcuni minuti prima.
Tom Becker 27 Gennaio ore 2:59 PM
Che bella sensazione sentirla contro di me. E’ stato
fantastico. Comunque, ha fatto davvero un volo pauroso da quel canale! Chissà
cosa le è preso, per spingerla a fuggire come se avessi la lebbra. Non può
essere stato solo il non averla considerata una ragazza. Credo che mi nasconda
qualche cosa. Ma cosa? Cosa può averla spinta a fuggire da me? E la sua reazione
quando le ho detto che le voglio bene, ora che ci penso, non sembrava molto
positiva? Possibile che io non gli interessi? Ma certo! E’ per questo: mi sta
chiudendo ogni porta per farmi capire che non è a me che è interessata. Ma
allora perché viene agli allenamenti? Forse per vedere qualcuno che gli
interessa?Certamente non me ne ha parlato perché mi sarebbe potuta sfuggire
qualche parola con il diretto interessato. Certo che sono proprio tardo! E’
innamorata di qualcun altro.
Martina Maroni 27 Gennaio ore 2:59
PM
Sentirlo contro la mia schiena, che emozione! Certo
che se questo è un premio per ripagarmi dell’incidente, n’è valsa la pena! E’
stato così premuroso come me… ma cosa sto facendo?! Lui ha detto di volermi
bene, ma posso fidarmi di lui? E se mentisse? Se lui fosse come Marco, o anche
peggiore? Marco era una cotta, ma quello che provo per Tom è diverso… non potrei
mai accettare di essere tradita da lui. Non riuscirei a sopportare la
scorrettezza da una persona a cui voglio bene come a lui.
Martina, lentamente, si alzò in piedi, ma si rimise subito
giù.
"Cosa succede?"
"Fa male la gamba sinistra."
"Credo che un po’ d’acqua fredda sarebbe una mano
santa."
"Lo penso anche io."
"Andiamo al fiume."
"Ma come faccio ad arrivarci?"
Senza una parola, Tom la prese in
braccio.
Martina, imbarazzata, disse:
"Lasciami immediatamente! Toglimi quelle mani di
dosso!"
"Ehi, ma che ti prende? Non puoi camminare, allora
ti porto io. C’è qualcosa di male?"
"No, nulla."
"Non è che per caso ti vergogni di me?"
"Ma che razza di cretinate vai dicendo!"
"Allora cosa c’è che non va? Dai, non fare la
bambina."
Martina si arrese e, docilmente, si fece portare al
fiume e farsi mettere a sedere sul muretto che delimitava lo stretto
sentiero.
Tom, sfilatosi un calzettone dal borsone, che aveva
portato con sè, lo bagnò nel fiume e, con cautela, cominciò a passarlo sulle
escoriazioni della ragazza che, nonostante fosse recalcitrante, lo lasciò fare
senza opporsi, ma non gli rivolse la parola fino a quando lui
l’apostrofò.
"Senti, che ti piaccia o no, io ti porto al Pronto
Soccorso, almeno così ti medicheranno."
"No, non preoccuparti."
"Allora ti riporto a casa tua e ti do una rimessa in
sesto."
"Perché?"
"Lascia almeno che ti fasci le ferite, Martina.
Camminando potrebbero riaprirsi."
"Ma mica casa mia è qua sotto! Hai detto che non
posso camminare, giusto?"
"Sì, ma portandoti a spalla…"
"Rischieremo di cadere giù, alla rupe che sta sulla
pozza della diga."
"Allora passeremo a guado sulla diga. Ho notato che
l’acqua è bassissima in quel punto."
"Ma poi come faremo?"
"Ci penseremo lì. Di certo non posso lasciarti qua
sotto o lasciarti camminare con le tue gambe fino al centro storico, tanto più
che devi anche prendere il pullman per arrivare a casa."
"Che cocciuto che sei!"
"Almeno quanto te."
"E va bene. Andiamo a casa mi Certo che faremo
davvero una bella figura in centro, bagnati fradici."
"E tu, sopra le mie spalle?"
"Non ci avevo pensato" disse la ragazza, scoppiando
a ridere.
Tom decise che era il momento giusto per
trasportarla a casa, così se la caricò in spalla.
Il ritorno al centro storico fu molto più lento
dell’andata. I due non si rivolsero una parola, e solo quando arrivarono nei
pressi di Piazza Arringo [NdA: o Piazza dell’Arengo, se
vogliamo chiamarla con un nome più ufficioso] Tom si accorse che Martina non
gli aveva parlato perché si era addormentata.
Il ragazzo, sorridendo, andò all’edicola a comprare
tre biglietti dell’autobus e con
quel mezzo di trasporto la riportò a casa.
***
La madre di Martina, vedendo la figlia addormentata
e ferita sulle spalle dell’amico, sbiancò.
In silenzio accompagnò il ragazzo nella stanza della
figlia per metterla a letto e contattò il dottore.
Dopo questo, la donna fece cenno al ragazzo di
accomodarsi e preparò un the al giovane.
"Tom, figliuolo, cosa è accaduto?"
"Abbiamo litigato e lei è scappata come una
forsennata sul sentiero che costeggia il Castellano."
"Non dirmi che è caduta giù dalla diga?"
"No, ma è scivolata giù per il canale vuoto sotto la
superstrada. Ha ceduto il ponticello."
"E come sta? Sai, Martina mi ha detto che sei un
esperto in campo del Pronto Soccorso."
"Solo qualche escoriazione. Per fortuna, non ho
riscontrato fratture."
"E quel bernoccolo?"
"Ha battuto la testa ed ha perso conoscenza, prima
di cadere in acqua."
"Oh santo cielo! E’ così da quando è
caduta?"
"No, si è addormentata mentre la trasportavo in
centro."
"Certo che è stata proprio una sciagurata. Gliel’ho
sempre detto che rischiava di farsi male."
"E’ stata solo la sfortuna che il ponticello abbia
ceduto."
"La sua fortuna è stata che tu ci fossi. Le hai
salvato la vita."
"Non l’avrebbe fatto se io non l’avessi
offesa."
"Offesa? In che modo?"
"Come dire, io le ho fatto capire che non la
considero una ragazza, o almeno credo."
"Cosa le hai detto?"
"Niente, lei sembrava che ci stesse provando con me,
ed io mi sono ritratto. Lei mi ha chiesto il perché e le ho detto che non avrei
neanche dovuto pensare ad una cosa del genere perché è la mia migliore amica"
disse Tom, un po’ reticente, mentre la carnagione del volto, prima quasi
pallida, diventava purpurea fin sulla punta delle orecchie.
Non farci caso, mia figlia è permalosa, ma
soprattutto molto diffidente verso l’amore.
Tom Becker 27 Gennaio ore 4:24 PM
E così Martina ha un segreto che riguarda la sua
vita sentimentale. Non posso credere che si tenga tutto dentro. Non avrei mai
pensato che soffrisse, sotto quel volto sempre sorridente.
"Se non sono indiscreto, perché?"
"Questo dovrà decidere lei, se raccontartelo o no,
ma fintanto ti dico che è stata molto dura per lei."
"Capisco, signora Maroni. Mi scusi per la domanda,
ma vorrei tanto poter aiutare sua figlia."
"Sei davvero molto gentile nei suoi confronti. Sai,
credo che lei ti consideri il suo unico amico."
"Ma no! Sua figlia ne ha a bizzeffe
d’amici."
"No, per lei sono solo conoscenti, e di questo ne
sono più che certa. Non ha mai legato molto."
"Eppure è sempre circondata da persone."
"Sì, ma hanno tutti uno solo scopo. Loro vogliono la
sua fiducia solo perché hanno bisogno di lei, e poi buttarla come un calzino
sudicio. Tu la conosci da poco, ma per lei è sempre stato così. Lei può sembrare
così forte, ma in fondo al cuore molto fragile."
"Non mostra mai questo lato."
"No, credo che abbia paura che mostrarsi debole
possa esserle fatale."
Tom Becker 27 Gennaio ore 4:43 PM
Io… non avevo mai guardato Martina in questa
prospettiva. Lei non è sempre quella che mostra. Lei appare l’esatto opposto di
quello che è. Mi dispiace molto averla ferita.
***
La forte amicizia tra Martina e Tom, dopo quel pomeriggio,
non fu più la stessa.
Rimasero compagni di banco, ma un po’ tutti si
resero conto che non parlavano più tanto spesso come un tempo e, alcuni che
avevano visto i due ragazzi insieme il 27 Gennaio e Martina tornare a scuola in
giorno dopo con delle vistose fasciature, pensavano che il santarellino, come
chiamavano Tom per la sua condotta impeccabile, avesse provato a forzare la
vergine immacolata, ossia il nome con cui chiamavano Martina a causa dei vari
rifiuti verso moltissimi ragazzi interessati a lei, fino alle botte.
Quelle voci erano del tutto infondate, ma la storia
continuava a circolare e ben presto tutte le ragazze lanciavano occhiate di puro
odio nei confronti di Tom, al contrario dei ragazzi, che gli facevano
l’occhiolino e approvavano quello, secondo la storia, aveva fatto.
Diversamente andava per Martina: tutti i ragazzi le
rivolgevano frasi di scherno. Lanciavano frasi come: “Dai, dagliela, se no
ti fa nera”; “ Puttana, con lui sì e con me no?”; “ Ha fatto bene quello a farti
passare i bollenti spiriti”; “Allora per stasera? Facciamo una botta e via e
porto la frusta?”; “ Sei anche tu per il sadomaso, allora”.
Tom n’era dispiaciuto, ma sapeva che standole
accanto avrebbe peggiorato la situazione, così decise di cambiare posto il
lunedì successivo al derby contro la Sambenedettese, per evitare
che continuassero a prenderla di mira come se fosse una puttana. Il sabato
mattina lui aveva l’allenamento, ma decise di lasciare una busta con una breve
lettera per spiegargli cosa avrebbe fatto due giorni dopo ed un biglietto per la
partita, così entrò in classe, le lasciò un foglio sotto il banco e se
n’andò.
***
Appena arrivata, Martina mise sotto il banco
le sue cose e sentì la busta di carta. La stava aprendo, quando il professore
entrò in classe. Decise di attendere fino all’intervallo.
Martina addentò il panino, da sola nell’aula, mentre
apriva la busta lasciata sotto il suo banco. Dalla busta uscirono un foglio di
carta con la parte inferiore strappata ed un biglietto per il derby contro
la
Sambenedettese, confermandole il sospetto che la busta fosse
stata lasciata da Tom.
Cara Martina,
per favore, non odiarmi, ma da lunedì io cambierò
posto.
Mi metterò a sedere accanto a Yuri, che ti piaccia o
no.
Forse non lo accetterai, ma lo faccio per il tuo bene, con
la speranza che i nostri compagni la smettano di farti del
male.
Se desideri parlarmi e chiarire questa situazione,
vieni alla partita che giocherò domani.
Il biglietto te lo do io,
E’ nella busta.
Mi farebbe molto piacere poter tornare a chiacchierare
Come prima e chiarire tutta
Questa brutta situazione.
Non ho neppure capito bene cosa
Si sia incrinato nella nostra amicizia.
Per favore, fammi capire e spiegare .
Spero che ci vedremo domani pomeriggio
Il tuo amico, Thomas Becker
Martina Maroni 22
Febbraio ore 10:43 AM
E così ora mi vuole abbandonare? Lo so che lo fa per
il mio bene, ma non voglio! Preferisco ascoltare quelle malelingue, piuttosto
che perdere il mio più caro amico. Devo dirglielo, e lo farò domani pomeriggio.
So che è pericoloso, soprattutto durante questo derby, ma devo andare. Devo
dirgli tutto prima che cambi posto.
***
Martina giunse allo stadio tre ore prima che
la partita cominciasse, timorosa dei tafferugli che erano solite combinare le
due tifoserie ad ogni derby.
Mancava un’ora e mezza al fischio d’inizio quando,
accanto a lei, venne a sedersi Romina, sua compagna di classe appassionata di
calcio.
"Ciao Martina! Ma che sorpresa trovarti qui allo
stadio" disse la ragazza, scostando una ciocca dei suoi lunghi capelli neri e
ricciuti, dagli suoi occhi, di colore verde spento.
"Salve Romina" disse la ragazza, a denti stretti,
abbozzando un sorriso di circostanza.
"Allora è vero! Non puoi più negarlo!" disse Romina,
guardando il biglietto che la ragazza aveva in mano, timbrato come entrata
gratuita.
"Che cosa?"
"Che te la fai con quel santarello di Tom Becker. E
noi che pensavamo che fosse recchione!"
"Ma che diavolo stai dicendo?"
"Il biglietto parla da solo. Solo un calciatore può
avertelo dato."
"E che c’entra con Tom?"
"Se te l’ha regalato è perché voleva che fossi qui.
Quindi è certo che c’è del tenero, e dopo gli ultimi eventi, è certamente una
questione di sesso quello che vi lega, con tanto di pratiche
sadomaso."
Martina non ci vide più e, impulsivamente, le diede
un pugno sul naso, facendola sanguinare copiosamente.
"PUTTANA! - gridò Romina – TU SEI SOLTANTO UNA
SPORCA PUTTANELLA!"
"QUI SE C’E’ UNA PUTTANA, SEI TU, ROMINA" disse
Martina furiosa, andandosene dallo stadio e sedendosi lì di fronte, aspettando
che uscisse.
Sapeva che l’attesa sarebbe stata lunga, ma doveva
parlargli, ma dentro allo stadio non voleva più mettere piede.
Fu l’allenatore Trappippi a toglierla
dall’incertezza. Arrivato in macchina un’ora prima del fischio d’inizio, aveva
visto la ragazza.
"Che ci fai tu qui, megafono dalla chioma lucente?
E’ da qualche giorno che non ti vedo più urlare sugli spalti. Hai per caso
litigato con Tom? Sembra giù di corda, negli ultimi giorni" esordì
l’uomo.
"Nulla d’irreparabile" disse la ragazza.
"Ti ha dato un biglietto per la partita,
vero?"
"Sì, ma non mi va di rientrare. Ho litigato con
un’idiota."
"Ma qui non è consigliabile stare. Sai cosa
accadrebbe se le due tifoserie s’incontrassero."
"Sì, me l’immagino."
"Perché non vieni in panchina, allora?"
"Dice sul serio?"
"Certamente. Sei o non sei la nostra tifosa numero
uno?"
"Troppo gentile da parte vostra."
"Sai, ragazza, mi sono mancate le tue grida, in
questi giorni" ammise Trappippi, mentre le passava un braccio sulla spalla e
l’accompagnava in campo, verso la panchina.
"Oggi biglietto di primissima fila, e non si
discute, chiaro?" disse l’allenatore, quando notò l’espressione di stupore di
Martina.
"Grazie" disse la ragazza, con gli occhi che le
brillavano dalla gioia.
"Aspettiamo qui. I ragazzi arriveranno a minuti e
verranno a fare un po’ di riscaldamento."
La ragazza annuì e si sedette accanto all’uomo,
ridendo come un’idiota, dalla gran gioia che provava.
Pochi minuti dopo, Tom arrivò, e lei notò
immediatamente che stava allungando il collo e girando la testa, in cerca di
Martina tra le ampie ali di folla, non immaginando minimamente che la ragazza si
potesse trovare seduta in panchina, che si teneva la pancia dalle
risate.
Trappippi notò l’ilarità di Martina e la folle
ricerca di Tom e disse:
"Becker, guarda che la tua bella ti sta aspettando
qui, e si sta facendo anche una grassa risata."
Tom guardò verso la panchina e rimase sorpreso nel
vedere una massa di capelli biondi, che mandavano attorno riflessi rosso fuoco,
che si scuoteva al ritmo delle risate.
"Martina! Ma…ma che ci fai sulla
panchina?"
"L’ho invitata io qui" disse Trappippi, provocando
un moto di stupore generale. Non era un segreto che, a Trappippi, Martina non
fosse molto simpatica, anzi, la trovasse fastidiosa.
"La ringrazio ancora, signor Trappippi" disse
Martina, alzandosi in piedi, visto che era riuscita a calmare l’eccesso di
riso.
"Non c’è di che. Ma tu mi dovresti fare un favore"
disse l’uomo, facendole cenno di avvicinarsi.
"Dica."
"Dovrai parlare con Tom e tentare di risolvere i
vostri problemi. Oggi ho bisogno di lui a pieno regime, ma non lo è da poco
prima della fine di Gennaio, l’unico giorno in cui mancò ad un
allenamento."
"Quando?"
"Adesso."
"Va bene. Chiarirò tutto" disse la ragazza,
annuendo.
"Tom Becker, segui immediatamente la tua
massaggiatrice personale. Oggi ti preparerai insieme a lei" sbraitò
Trappippi.
Sia Tom che Martina rimasero sorpresi dalle parole e
la ragazza non poté fare a meno di dare uno scappellotto all’allenatore, prima
di andare in uno stanzino vicino agli spogliatoi in compagnia di
Tom.
Il ragazzo si sedette su una panca.
"No, stenditi a pancia in giù" disse immediatamente
Martina.
"Perché?"
"Così faccio ciò che devo fare."
"Ma il mister stava scherzando."
"Vero, ma la partita è vera, ed eliminando la
tensione potrai giocare meglio."
Il ragazzo fece come le aveva detto e subito lei si
diede da fare, massaggiandogli i polpacci, le caviglie e i piedi, seduta sui
talloni, dietro di lui.
Rimasero in silenzio qualche minuto, poi lui
disse:
"Accidenti! Non sapevo che tu fossi così
brava!"
"Non sai nulla di me."
"E’ vero. Io non so nulla della vera
te."
"Chi indendi?"
"La ragazza che ha sofferto per amore."
"Te l’ha raccontato mia madre?"
"Lei mi ha detto solo che questo era il problema, ma
sulla storia non ha detto nulla. Dice che è compito tuo e puoi decidere se
raccontarmi o no quella storia che ti ha fatto tanto male."
I ragazzi rimasero in silenzio per qualche altro
minuto, poi:
"Accidenti, certo che hai fatto un volo…" disse
Tom.
"Non pensavo che cedesse."
"Ma se mi hai raccontato che d’estate stai sempre
qua!"
"No, alla diga!"
"Ma conoscevi quel posto!"
"Certo, ma non bene" rimbeccò lei.
"Sei stata un’imprudente."
"Tu potevi anche non offendermi."
"Se è per ciò che ho detto e fatto, ho più o meno
capito il perché, ma la tua reazione è stata molto più che
spropositata."
"Tu mi stavi inseguendo, e non volevo che mi
raggiungessi."
"Ma hai rischiato di farti molto male."
"E allora?"
"Sei stata un’incosciente."
"E tu dovresti capire."
"Senti, io ho capito di aver ferito i tuoi
sentimenti con le mie parole. Insomma, sei una ragazza così bella ed
affascinante, forte e determinata, che non pensavo ti potessero scalfire le mie
parole. Ma voglio che tu mi capisca: sei la mia migliore amica ed io non voglio
provarci con te perché ho paura di perderti. E tu? Tu non provi niente per
me?"
Martina rimase in silenzio.
"Allora, mi puoi spiegare il perché di quella
reazione? Perché sei scappata in quel modo?"
"Perché… perché… non lo so. Anzi, lo so, ma non
posso, Tom. Io non voglio più soffrire."
"Soffrire? Spiegati, per piacere."
"Io… io … oh, Tom, mi sento una sciocca a dirlo, ma
è una decisione ponderata e cosciente. Io ho deciso di non innamorarmi mai
più."
"Non si può comandare al cuore."
"Io voglio farlo. Non voglio soffrire di
nuovo."
"Eppure tu stai soffrendo di nuovo."
"Hai ragione, ma… io voglio tentare."
" Te lo chiederò ora, poi non tirerò mai più fuori
questa faccenda, a meno che tu non lo voglia. Io devo sapere: che cosa provi per
me, Martina? Per favore, dimmelo sinceramente" disse Tom, posizionandosi di
fronte a lei e guardandola intensamente negli occhi.
"Io…"
"Sì?"
Martina Maroni 10 Febbraio ore 2:51
PM
Quegli occhi. In quegli occhi non c’è nient’altro
che affetto, un fortissimo affetto nei miei confronti. E significa che lui mi
ama con tutto il cuore, se è vero che gli occhi ne sono gli specchi. Ed io? Io
cosa provo? Perché ho fatto una cazzata del genere?Perché, se non perché quelle
parole mi avessero ferita così a fondo nel cuore? E’ inutile negarlo, io provo
la stessa cosa per lui. In me alberga l’Amore da molto tempo, ma non ho mai
voluto ammetterlo a me stessa. Io amo Tom, qualsiasi cosa voglia fare la mia
parte cosciente. Io… io non posso vivere con questo peso. Lui mi ha salvato, ha
fatto così tanto per me, ed io mi sono comportata da idiota. No, non posso
negarlo. Io lo amo, e amore significa fiducia. Amo di lui la sua dolcezza, il
suo coraggio, la sua forza, sia la sua bellezza esteriore che quella interiore.
Per lui provo un sentimento talmente forte che non può essere piegato per sempre
ad apparire come amicizia. Non posso reprimere i miei sentimenti. No, non posso
farlo ancora. Devo essere sincera con lui. Mentire mi farebbe solo sentire
peggio, ma forse,se glielo svelassi, il dolore passerebbe. Lo farò. Non ho più
niente da perdere, ora come ora.
"Tom, io…"
"Martina, se non te la senti non sei costretta a
rispondere alla mia domanda. Dico davvero."
"No, voglio farlo, sia per te che per me stessa.
Tom, tu per me sei la persona più preziosa che potessi sperare di trovare. Io mi
fido di te, e so che non potresti mai ferirmi di proposito, come non l’hai fatto
al bar. Mi dispiace aver frainteso le tue parole e le tue reazioni."
"Sono felice che mi abbia detto cosa provi per me,
con sincerità" disse il ragazzo, con aria delusa.
"No, aspetta Tom, fammi finire. Io ho sofferto molto
l’ultima volta che mi sono innamorata. Mi sono state fatte promesse mai
mantenute, per questo io ne ho sofferto moltissimo e avevo deciso di chiudere
definitivamente il mio cuore a quel sentimento chiamato amore. Non me la sentivo
di soffrire di nuovo, capisci? Ma ciò non ha più importanza. Tu sei riuscito a
farmi capire che non tutti tradiscono la fiducia altrui. Mi hai fatto capire che
cosa significa amare. Tom, io mi sono innamorata di te, ma non volevo ammetterlo
a me stessa perché avevo paura che anche tu mi avresti fatto promesse che poi
non avresti mantenuto."
"Ma perché?"
"Tu sei un calciatore semi professionista, per di
più d’origine giapponese. Avevo paura che tu potessi andartene e dimenticarti di
me."
"No, io non potrei mai dimenticarmi di te, anche se
dovessi andare a giocare a Timbuctù."
"Ora lo so, ma prima avevo paura a fidarmi delle tue
parole."
"Ehi Tom, è ora di andarsi a cambiare per entrare in
campo" disse un suo compagno, che finalmente l’aveva scovato.
"Arrivo!" disse Tom, alzandosi in piedi. Guardò
Martina, su cui non aveva posato mai lo sguardo durante quella
conversazione.
"Io ti amo, e nessuna potrà mai prendere il tuo
posto nel mio cuore" disse Tom, sorridendole.
"Ti credo" sussurrò Martina, annuendo.
Prima di allontanarsi, Tom le porse una mano e
l’aiutò ad alzarsi, per poi abbracciarla teneramente.
"Corri, o si farà tardi" disse Martina, staccandosi
con un sorriso.
"A dopo" disse Tom, allontanandosi verso lo
spogliatoio.
"Tom, questa maglietta è per te, e sei obbligato a
mettertela, visto gli eventi che sono accaduti e che abbiamo scoperto grazie al
caro Monera" dissero in coro i suoi compagni, lanciandogli una maglietta bianca
con una scritta rossa al centro, fatta con una bomboletta spray.
Martina, dopo la dichiarazione, si era seduta
accanto all’allenatore e guardava la partita, sorpresa dall’energia ed allo
stesso tempo grazia con cui si muoveva Tom, superiore a prima.
"Ti sei accorta anche tu che oggi sprizza energia da
tutti i pori, non è vero?" disse Trappippi.
"Sì. Oggi finalmente è sereno."
"Chiarito tutto?"
"Sì. Ora è tutto a posto. Esattamente come
prima."
"Io direi, molto meglio di prima."
In quel momento Tom stava correndo sulla fascia.
Improvvisamente si accentrò e da fuori area tirò una cannonata. Il bolide aveva
una tale potenza ed una tale velocità che il portiere rimase impietrito mentre
la palla s’insaccava alle sue spalle.
Tom corse sotto la curva e si alzò la maglia,
mostrando una maglietta con su scritto in grande: “MEGAFONO UMANO, TI AMO…”, poi
il ragazzo le diede le spalle e le mostrò il seguito, scritto in una calligrafia
più minuta “…MA GRIDA UN PO’ PIU’ PIANO, O CI SPACCHERAI I TIMPANI”.
Martina scoppiò a ridere, mentre tutti guardavano
sorpresi la stranissima dedica sulla maglia del giovane
centrocampista.
solo una breve
precisazione: in questo capitolo la vicenda salta dal Giappone, all’Italia ed
alla Francia, quindi gli orari sono dati tramite i fusi orari locali, supponendo
che in Giappone ci sia un solo fuso orario e che la Francia e l’Italia dovrebbero avere
lo stesso fuso orario. Non ho molte certezze,vi avverto, ma dovrebbe essere
così. Se avessi errato, per favore, qualcuno mi segnali questo mio
errore.
***
Patty se
ne stava stesa sull’erba in giardino, a rilassarsi un po’, avvolta in una
coperta multicolore in morbido pile. Quel giorno non era andata a scuola. Si era
sentita male durante la notte, ma per fortuna Holly era stato al suo fianco e
l’aveva convinta a restare a casa, per rimettersi un po’. A lui Patty non
l’aveva rivelato, ma spesso di notte sognava l’incidente stradale, il litigio e,
soprattutto, vari stralci di quel 14 febbraio. Non riusciva a riconoscere in
quell’essere tanto depresso e deciso all’autodistruzione, la ragazza che era
stata fino a un anno prima. Sapeva che sarebbe cambiata e che era naturale, ma
quella cosa la sconvolgeva, ora che ci aveva riflettuto, e, intimamente, aveva
paura di quella parte di se stessa, che prima non sapeva neppure di avere. Ma,
per fortuna, si ripeteva sempre, c’era Holly, e il peso di quella che lei
chiamava “il mio lato folle e disturbato” era meno gravoso, con il ragazzo al
suo fianco.
Lo stesso giorno della telefonata dei loro
genitori, Holly aveva deciso di sistemarsi a casa di Patty, supponendo che fosse
ancora scossa dagli eventi. In fondo, era meglio per entrambi vivere in due,
dividendo le spese e avendo la reciproca compagnia dell’altro e la cosa pareva
funzionare bene, anche grazie al profondo legame sentimentale che li legava
l’uno all’altra [NdA: non ancora quello! Quello nei prossimi capitoli, ma
moooooooooolto prossimi].
Erano passate due settimane da quel 16 Febbraio e
alle prime ore del giorno seguente, il 2 Marzo, sarebbero tornati a casa i loro
genitori, naturalmente se non vi fossero stati dei
ritardi.
Patricia Gatsby 1 Marzo ore 2:40
PM
Stasera dovrebbero rientrare in Giappone i nostri
genitori. Strano, ma la cosa mi dispiace un po’. In fondo, io ed Holly ce la
stiamo cavando bene insieme. Lui è… così leale e servizievole. Inoltre, durante
la nostra convivenza ho notato che cammina sempre meglio e con meno sforzo. Mi
sbaglierò, ma secondo me Holly per guarire aveva bisogno di una bell’iniezione
di fiducia. Chissà Maggie e Micheal come saranno felici quando lo scopriranno!
Io sono sicura che, se continua così, il suo sogno di diventare un calciatore
professionista potrebbe ancora realizzarsi. Come sarebbe felice, se ai mondiali
potesse giocare anche lui… e sarei davvero felice anche io.
In
quel preciso istante, Patty decise che era stanca di stare all’aria aperta, così
prese la decisione di andare a vedere un po’ di televisione in
salotto.
Si avvolse nella coperta, s’accoccolò in un
angolo del divano, poi prese il telecomando, ed accese la
televisione.
Appena l’apparecchio fu entrato in funzione, si
rese conto che c’era qualcosa che non andava, da qualche parte nel mondo. Il
canale, che aveva scelto casualmente, trasmetteva un telegiornale, dove
scorrevano spaventose immagini di un incidente aereo.
Una voce di una giornalista, che non si trovava
sul luogo del triste evento, stava dicendo:
“… catastrofe si è verificata nel sud della
Francia alle 6:30 del mattino, orario locale, le 1:30 del Giappone. L’aereo,
partito da Varsavia alle ore 5:30 ora locale, le 4:30 francesi, ed era diretto a
Tokyo, dove sarebbe giunto alle ore 3:00 del 2 Marzo, stava facendo scalo sulla
pista di Marsiglia, quando una mancata discesa del carrello ha causato la
tragedia. L’aereo ha perso il controllo ed è roteato sulla pista fino ad andarsi
a schiantare contro un altro aereo, per fortuna ancora vuoto. L’impatto ha
causato un incendio ed una conseguente esplosione dei velivoli. Tutte le persone
a bordo sono decedute. Il ministero degli esteri francese ha appena comunicato
in redazione che sull’aereo erano presenti anche dei passeggeri giapponesi,
forse quattro”
Patty era rimasta impietrita di fronte a quella
notizia, mentre silenziose lacrime di dolore le solcavano il
volto.
Sapeva perfettamente quali erano le quattro
vittime giapponesi. I suoi genitori, insieme a quelli di Holly, dovevano tornare
da Varsavia, con un aereo che doveva fare scalo a Marsiglia, Caracas e Sidney,
perché era un volo più conveniente di altri, diretti, e doveva essere partito
all’incirca alla stessa ora dell’aereo che in quello stesso momento,
carbonizzato e squarciato, giaceva su quella pista a circa 1100 kilometri di
distanza da quella casa di Fujisawa, baciata dal sole ma nella quale era scesa
un’ombra cupa di disperazione.
Nonostante si ostinasse a non voler credere alla
conclusione a cui era giunto il suo raziocinio, quello in cui viaggiavano i loro
genitori doveva essere per forza lo stesso aereo che si era schiantato a
Marsiglia. Era impossibile che due aerei partissero insieme, seguendo lo stesso
itinerario, tanto meno avere anche lo stesso itinerario, non essendo un volo
diretto.
Patricia Gatsby, 1 Marzo ore 2:45
PM
No, non posso crederci! Io non posso credere che
sia vero! Non voglio! Non voglio che la sua… la NOSTRA vita venga di nuovo spezzata!
Non posso accettare quello che dice quel telegiornale! In fondo, posso anche
aver preso il volo successivo per un qualche motivo. Magari Maggie si è sentita
male e torneranno domani. Oppure ho sbagliato giorno. Ma perché sto cercando di
ingannarmi! Devo accettare il fatto di essere… un’orfana, così come Holly. Ma
perché proprio adesso? Perché proprio a noi una cosa del genere! Ci eravamo
appena ripresi da quella storia di un anno fa! Io ancora non mi sento bene per
quella sciocchezza che ho fatto! Ed ora questa nuova tegola in testa. Ma perché
la vita è così crudele nei nostri confronti? Perché? PERCHE’?
Adesso piangeva come una fontana, e, senza rendersene
conto, si diresse verso la credenza dei liquori di suo padre, riparata alla meno
peggio da Holly, e prese una bottiglia di whisky.
Fece roteare il liquido ambrato nella bottiglia,
come ipnotizzata, poi strinse gli occhi in due fessure e, con rabbia, scagliò la
bottiglia contro il muro, riducendola in frantumi, che si sparsero come
proiettili impazziti per la stanza, ferendole le braccia, con cui si stava
riparando il volto, per riflesso involontario al pericolo.
Camminò sui vetri, ferendosi anche i piedi nudi,
per raggiungere il telefono e chiamare Holly.
Patty, anche se in stato di shock e non si
rendesse perfettamente di cosa stesse facendo, prese in mano la cornetta e
compose il numero dell’istituto in cui studiava Holly.
"Pronto? Qui l’Istituto Nashikada" disse la voce
di una donna, con voce chiara e cristallina.
"Buongiorno. Vorrei parlare con Oliver Hutton"
disse la ragazza, con tono malfermo.
"Sì, non si preoccupi."
"La classe…"
"Non si preoccupi, Holly è una celebrità e
sappiamo tutti quale classe frequenta e qual è il suo orario. Chi devo dire che
desidera parlargli?"
"Patty. Lui sa chi sono" disse Patty, con tono
distaccato, mentre guardava il suo stesso sangue, che aveva lasciato qualche
macchia sul candido pavimento di granito e sul divano.
All’altoparlante situato in ognuna delle
aule dell’istituto, la voce femminile che aveva risposto a Patty, disse, con
voce chiara:
"Il signor Hutton in portineria. Ripeto, il
signor Hutton in portineria. C’è una telefonata per lui."
Holly alzò la testa, stupito, poi si alzò,
lentamente e con qualche lieve incertezza, in piedi.
"Professoressa Kinik, posso andare?" chiese il
ragazzo, con il solito tono cortese e pacato.
"Va pure, Hutton" disse la professoressa, senza
neppure degnarlo di uno sguardo, troppo impegnata a leggere una circolare, che
era arrivata in aula alcuni secondi prima.
Lungo il corridoio, Holly, mentre procedeva
zoppicando, rifletteva, curioso, a chi e per quale motivo, voleva parlare con
lui.
Oliver Hutton 1 Marzo ore 2:49
PM
Chissà chi mi vuole parlare. Non deve essere una
cosa da poco, se mi hanno telefonato qui a scuola. Che cosa vorranno mai da me.
E se fosse Patty, che si sente di nuovo male? Chissà! Comunque, è inutile farsi
tutte queste domande, tra poco tutto sarà chiaro.
"E’
la signorina Patty" disse la portinaia, vedendo Holly avvicinarsi alla sua
scrivania.
"Grazie Marcy."
Patty stava attendendo in linea da un paio di
minuti, quando Holly rispose alla chiamata.
"Patty, cosa è accaduto?" chiese Holly, con un
tono di voce palesemente preoccupato.
Quelle poche parole avevano avuto su di lei lo
stesso effetto che avrebbe avuto una secchiata d’acqua ghiacciata su una persona
addormentata. Fu come se si svegliasse e, perfettamente in grado d’intendere e
di volere, parlò.
"Holly, non è una cosa che si può dire per
telefono. Dovresti tornare a casa immediatamente."
"Ora?"
"Sì."
"Ma… cosa mi devi dire, Patty? Non puoi aspettare
che io esca da scuola? Manca solo un’ora e tra un’ora e mezza al massimo sarò lì
a casa. Non puoi proprio aspettare?"
Incontrollate, copiose lacrime ricominciarono a
scorrere sul volto della ragazza, mentre un nodo le stringeva la gola. Patty
cominciò a singhiozzare nel giro di tre secondi.
Ci fu silenzio da ambo le parti fino a quando un
singhiozzo piuttosto violento fece intuire al ragazzo che Patty stava
piangendo.
"Patty, ma tu stai
piangendo!"
"Holly, torna a casa subito, per
favore."
"Ti senti male?"
"No! Non mi sento male!"
"Patty, spiegati."
"Holly, per favore, torna a casa. Torna a casa"
disse Patty, scivolando sul pavimento come uno straccio, per poi rannicchiarsi
con la faccia a terra, tra i pezzi di tagliente vetro.
Holly, comprendendo quanto la situazione potesse
essere seria, disse:
"Arrivo subito. Mi raccomando, niente pazzie,
siamo intesi?"
"Sì, non farò pazzie. Non devi preoccuparti per
questo" sussurrò Patty, con tono fiacco.
Holly riappese, poi disse, in fretta, disse alla
segretaria:
"Marcy, devo assolutamente andare a casa. Deve
essere accaduto qualcosa di molto grave."
"L’ho notato, prima, dalla voce che aveva la tua
amica. Mi sembrava piuttosto scossa."
"Lo era."
"Va pure, Oliver. In fondo, uno strappo alla
regola si può anche fare."
"Non avrà delle grane per
questo?"
"Non preoccuparti. Corri a
casa."
Con un po’ di triste umorismo, il ragazzo
disse:
"Meglio se chiamo un taxi. Se corro sulle mie
gambe, non arrivo neanche al primo angolo senza cadere a
terra."
"Ti accompagnerò io" disse la donna, prendendo le
chiavi della sua macchina dalla borsa.
"Ma…"
"Non preoccuparti. E’ un’emergenza. Il preside
capirà certamente - disse la donna sorridendo - E se non lo dovesse capire…
amen. Andrò a lavorare alla panetteria di mia cugina
Lucy."
Holly arrivò a casa nel giro di una decina di
minuti.
"Marcy, se lo desideri puoi entrare in casa"
disse Holly appena dopo essere sceso dalla macchina.
"No Holly, devo tornare immediatamente a scuola.
A domani, semmai" disse Marcy, ripartendo.
Holly trovò Patty in uno stato pietoso, distesa e
tremante sul pavimento coperto di schegge di vetro, con le mani ancora strette
sulla cornetta e lo sguardo perso nel vuoto, mentre alla televisione passavano
ancora le tristi immagini di un disastro aereo.
"Patty, cos’è accaduto?" disse Holly,
sollevandola in piedi.
Nessuna risposta e appena la sua presa si fece
più debole, la ragazza scivolò di nuovo a terra.
Holly, allora, la prese in braccio e la mise sul
divano e recuperò la coperta, che era a qualche metro di distanza. Dopo questo,
si sedette accanto a lei, passò la coperta sulle spalle di entrambi e
l’abbraccio, coprendo interamente entrambi e facendole appoggiare la testa sulla
sua spalla.
Fu allora che Patty sembrò svegliarsi da uno
stato di trance, perché ebbe un sussulto, poi lo guardò stranita, come se non
avesse notato che era entrato in casa già da qualche
minuto.
La ragazza disse, in un
sussurro:
"L’hai già sentito?"
"Cosa?"
"Guarda" disse piano la ragazza, accennando al
televisore.
Holly guardò il teleschermo, ma non riusciva a
comprendere quale fosse il nesso tra l’incidente e loro.
La giornalista giapponese, fuori campo, ad un
tratto, riprese a parlare.
“Notizia dell’ultima ora, ci sono stati appena
resi noti i nomi delle vittime del nostro paese. Ringraziamo il personale
dell’Aeroporto di Varsavia per la gentile collaborazione. Possiamo confermare il
numero di quattro vittime giapponesi. Si tratta di Arthur Gatsby e sua moglie
Samatha e di Micheal Hutton e sua moglie Maggie. Ehi Jack, ma questi ultimi non
sono forse i genitori d’Oliver Hutton, la celebre stella nascente del calcio
nipponico, che ha avuto un incidente stradale più o meno un anno
fa?”
A quelle parole, Holly si sentì morire dentro.
Sia i suoi genitori che quelli di Patty erano… morti in quello spaventoso
incidente aereo che, a rallentatore, attraversa il
teleschermo.
I suoi occhi scuri si riempirono di lacrime,
mentre la sua testa si abbandonava sopra a quella di Patty, e l’abbraccio di
entrambi si faceva spasmodico e saldo come l’acciaio.
Oliver Hutton, 2 Marzo ore 3:04
PM
Orfano. Sono rimasto… orfano. Ed anche Patty lo
è. Siamo rimasti soli al mondo. Non abbiamo più i nostri genitori su cui
contare. Io ho soltanto lei, e lei ha soltanto me, ora, e non voglio tradire la
sua gran fiducia nei miei confronti. Io resterò al suo fianco, succeda quel che
succeda. In un istante abbiamo perso tutto ciò che era importante nella nostra
vita. E per Patty non è neppure la prima volta. Adesso ho definitivamente preso
la mia decisione: abbandonerò la scuola e andrò a lavorare, per provvedere al
nostro sostentamento. Saremo come sposati e nessuno ci potrà mai più
separare.
"Holly…"
disse piano Patty, distogliendolo dai suoi pensieri.
"Sì?"
"Posso piangere sulla tua spalla?
Io…"
Prima che la ragazza potesse finire la frase,
Holly l’aveva stretta a sé con forza ancora maggiore e piangeva su di lei, così
come lei, e i due, stretti in quell’abbraccio, sentirono ognuno la presenza
dell’altro, la consistenza di un'altra persona a cui volevano bene, l’unica con
cui potevano condividere l’acuto dolore che provavano in quel momento, chiusi in
una sorta d’invisibile bozzolo di dolore e lacrime, isolati dal mondo
intero.
Così, stretti l’uno all’altra, caddero in uno
stato di torpore, fino a addormentarsi, sempre piangendo.
Non sentirono neanche il telefono, che cominciò a
squillare frequentemente da lì a dieci minuti, mentre il citofono venne messo
d’assedio da lì a quattro ore, visto che curiosi e giornalisti giungevano da
tutte le parti, nel tentativo d’intervistare la ragazza, visto che a casa Hutton
nessuno rispondeva.
Bruce stava facendo un provino per la squadra del
Kazudo, a Takasaki, ed era comodamente spaparanzato su una sedia di un bar,
quando un uomo disse al proprietario di accendere il
televisore.
Sullo schermo apparvero i rottami fumanti di un
aereo e, su un pennone, sventolava una bandiera francese.
Bruce Harper 2 Marzo ore 5:03
PM
Un altro disastro aereo. Ce ne sono stati già altri tre
nell’ultimo anno, ma fa sempre un pessimo effetto.
Improvvisamente la voce di un giornalista
disse:
"E’ pronto il servizio. Ve lo
mandiamo."
Sullo schermo apparve Holly che correva lungo il
campo di calcio, al tempo del primo campionato della New Team. Improvvisamente
alla sua immagine, gioiosa, venne affiancata quella del padre e della madre, che
lo incitavano dalle tribune, insieme a Roberto Sedinho
"Oliver Hutton, stella nascente del calcio
mondiale, in queste scene era felice. Sono passati cinque anni da allora, e, da
un anno a questa parte, la sua felicità è stata distrutta, prima da un tragico
incidente stradale, in cui il ragazzo è caduto in coma per sei mesi,
risvegliandosi solo nell’ottobre scorso, che ha compromesso per sempre la sua
carriera agonistica, ed ora questo nuovo colpo. Un nuovo, brutto colpo per il
suo equilibrio psichico, come per quello della ragazza che è considerata sua
tifosa più sfegatata - sullo schermo l’immagine di Holly che correva era ora
affiancata da quella di Patty, che con foga sventolava una bandiera, gridando a
squarciagola inni d’incoraggiamento per la New Team – Patricia Gatsby, coetanea
d’Oliver Hutton e manager della squadra della New Team nello stesso periodo in
cui giocava Hutton. E, macabra coincidenza, lei è la stessa ragazza per la quale
Oliver Hutton è stato investito."
La linea tornò in diretta dalla Francia, dove un
inviato stava intervistando un controllore di volo, che, in francese, stava
spiegando la dinamica dell’accaduto, avendolo visto dalla torre di
controllo.
Dopo l’intervista, la linea tornò in studio, dove
il giornalista continuò a parlare dell’incidente.
"Una notizia dell’ultima ora: non siamo ancora
riusciti a metterci in contatto Oliver Hutton, per intervistarlo" disse il
giornalista, a cui era stato passato un foglio con la
notizia.
"Sciacalli! - sibilò un uomo dalla barba bianca e
i capelli brizzolati, piuttosto corpulento - Intervistare adesso quei poveri
ragazzi! Hanno appena perso i genitori e loro pensano solo al loro stupido
telegiornale. Che bastardi che sono, dico bene ragazzo?"
Bruce era a dir poco gelato dalla notizia, e non
aveva notato che l’uomo s’era rivolto a lui.
Non poteva credere che in un momento una nuova
sciagura aveva colpito Holly, ed ora c’era anche Patty, che già era molto giù di
morale per l’incidente di Holly e per quel misterioso trentuno ottobre. Nessuno
dei loro amici sapeva che cosa avesse spinto i due a non vedersi più, né
tantomeno che avevano fatto la pace ed ora abitavano nella stessa casa. Queste
cose, Holly non le aveva volute raccontare a nessuno, tranne che a Tom, il suo
amico più fidato e, soprattutto, il meno pettegolo della compagnia della
Nazionale.
Bruce Harper 2 Marzo ore 5:07
PM
Non c’è che dire, per quei due piove sul bagnato.
Ma perché la fortuna è cieca mentre la sfortuna ha la vista di un falco?
Avrebbero entrambi bisogno di pace, e invece si trovano a dover affrontare anche
quest’ostacolo. Poveretti! Se soltanto tornasse tutto come prima di quel
trentuno ottobre… cosa sia accaduto tra di loro non lo so, ma è tutto cambiato
da allora, e questo non mi piace per niente. Si sono separati ed ora, in questo
momento difficile, ce la faranno a riallacciare i rapporti, già così rovinati
dal silenzio per oltre quattro mesi? Poveretti, i miei cari amici! Perché la
loro vita è stata così terribilmente colpita, per l’ennesima volta? Perché
proprio loro?
Bruce
decise di telefonare a casa di Holly, visto che il numero di Patty non lo
ricordava, ma non rispose nessuno.
"Ehi, ragazzo, perché non mi rispondi?" gridò
l’uomo dalla barba bianca che gli aveva rivolto la parola.
"Sì?"
"Cosa ne pensi di quei
due?"
"Che devo andare da loro."
"Ma cosa stai dicendo?"
"Sono dei miei amici."
"Potevi dirlo prima! Salta sulla mia jeep. Voglio
sapere anche io come stanno quei due ragazzi."
"Grazie mille!" esclamò Bruce, stringendogli la
mano.
"Qual è il tuo nome?"
"Bruce. Sono Bruce Harper. Ed il
vostro?"
"Sono Patrick Horance Tzunoshi, ma puoi chiamarmi
Raiden. Era così che ero conosciuto sul ring, quando combattevo per aggiudicarmi
il titolo mondiale dei pesi massimi."
"E’ stato un gran campione di pugilato, il nostro
Raiden Tzunoshi. Peccato che poi si ruppe un legamento del braccio" disse il
barista, dando una pacca sulla schiena all’anziano uomo.
"Mi da un po’ fastidio parlarne" disse
Raiden.
"Scusa Raiden, mi è
sfuggito."
"Comunque, ragazzo, sono ancora forte come un
leone. Te lo posso assicurare. Ero il migliore."
"Lo so. Mio padre mi ha parlato spesso di Raiden
Tzunoshi. Guardava i suoi match quando era bambino e voleva diventare un
campione come lei, ma la vita non ha voluto così."
"Cosa fa, ora?"
"Gestisce uno stabilimento termale di sua
proprietà."
"Credo che ci farò una capatina, stasera. C’è
posto per me?"
"Anche due, se mio padre scoprisse chi è
lei."
"Sei un giocatore di calcio?" chiese, notando che
il ragazzo si stava caricando in spalla il borsone.
"Sì."
"Hai giocato con quell’Oliver
Hutton?"
"Sì, per tre anni."
"Facevi parte della New Team,
allora."
"Esatto."
"Andiamo, allora. Devi andare dal tuo amico"
disse l’uomo, facendo l’occhiolino a Bruce, mentre gli indicava con il capo la
sua grossa jeep rosso fuoco.
Tom stava sorseggiando un cappuccino in compagnia
di Martina, attendendo novità da parte di Paola Rossi e Romano Angelici, loro
rappresentanti di classe, per sapere se quel giorno si salava1 oppure
no.
Il gestore del locale aveva la radio accesa e
stava ascoltando il radiogiornale delle otto.
“Tragedia aerea a Marsiglia. Un aereo passeggeri
si è schiantato sulla pista d’atterraggio dell’aereoporto della città. Hanno
perso la vita centrotrentanove persone, ossia tutte le persone a bordo. L’aereo
ha perso il controllo, andandosi a schiantare contro un altro aereo,
fortunatamente vuoto. I due velivoli hanno preso fuoco e sono esplosi, non
lasciando scampo ai possibili passeggeri sopravvissuti. Presto avremo degli
aggiornamenti. Ed ora passiamo ad un'altra notizia: il presidente
del…”
"Che brutto modo di morire" disse Martina, prima
di sorseggiare un po’ del suo cappuccino.
"Già" disse Tom, pensando al suo caro amico
Holly, che la settimana prima gli aveva spedito una lettera, che aveva ricevuto
la sera precedente.
"Chissà cosa mi avrà scritto?" si disse, aprendo
la busta di posta aerea ed estraendo un foglio di carta da lettere
bianco.
23 febbraio
Carissimo Tom,
Come va la vita? Io sto molto meglio. Sai, ho
finalmente fatto pace con Patty ed ora, visto che i nostri genitori
staranno via fino ai primi giorni di Marzo, vivo con lei. Devi sapere che
finalmente mi sono deciso a dichiararmi e sai cosa ho scoperto? Che erano
già parecchi anni che lei era innamorata di me! Pensare che non me n’ero
neppure accorto! Credo proprio che le gomitate maliziose di Bruce fossero
un segnale che lui sapesse qualcosa che io ignoravo. Sono sicuro che anche
tu te n’eri accorto, non è vero Tom? A proposito, a te come va la sfera
amorosa? Mi hai scritto che ti sei messo insieme a quella ragazza, si
chiama Martina, giusto? Sono molto felice che finalmente tu abbia trovato
il tipo giusto per te. Io sono pazzo di Patty.
E’ solo una settimana che conviviamo (questa
parola mi fa un certo effetto) ma sappi che non ho fatto nulla di ciò che
potrebbe pensare Bruce, con la sua fervida immaginazione. Io ne sono
innamorato e per questo non voglio forzarla a fare cose di cui si potrebbe
pentire. Mi raccomando, il fatto che mi sono messo con Patty e che viviamo
insieme. Se gli altri lo sapessero non avremmo più un momento di pace. Sai
come sono maliziosi Bruce e Benjy, peggio di due pettegole. Come va il
calcio? Sarai sorpreso della domanda, ma ho deciso di passare sopra a
tutto e ricominciare ad interessarmi di quello che prima era l’unico amore
della mia vita. Inoltre, ,secondo Patty, la mia gamba potrebbe tornare
quella di prima, ed in effetti mi pare che migliori ogni giorno di più. Se
mi allenerò con impegno, tra qualche mese ci rivedremo al campionato
mondiale. Ora ti lascio ai tuoi impegni e, soprattutto, al tuo grande
affetto italiano. Casomai facciamo anche a scambio di foto. Sono proprio
curioso di vedere com’è la ragazza del mio migliore amico!
Tanti Saluti
Il tuo carissimo amico,
Holly Hutton
"Si è svegliato!" esclamò Tom, rivolto a
Martina.
"Chi?"
"Holly."
"Il tuo amico di Fujisawa?"
"Esatto. Si è finalmente dichiarato a
Patty."
"E allora?"
"Erano quasi sei anni che la povera Patty
stravedeva per Holly e lui non se n’è mai reso conto."
"Me è stupido?"
"Diciamo che non è una cima in certe
cose."
"Ha parlato il grande Tom Stranamore!" disse la
ragazza, ridendo.
"Megy, non mi prendere in
giro!"
"E tu non chiamarmi Megy!! disse Martina, anche
se rideva sotto i baffi per quel soprannome che tutti gli avevano appioppato
dopo la partita del dieci Febbraio, a causa della definizione di “Megafono
Umano”.
"Dai, tanto lo so che ti piace parecchio questa
situazione del “Megafono Umano”! Adesso sei anche una celebrità! Ti chiedono
anche l’autografo, per strada, manco fossi me!"
"Hai ragione. Non mi sarei mai sognata di essere
fermata per strada da sconosciuti che mi chiamano “Megy, fammi un autografo”. A
proposito, sai che ieri il Corriere Piceno mi ha chiesto un’intervista? [NdA:
non mi pare che in zona esista un giornale del genere. Se c’è, chiedo scusa
perché non l’ho mai sentito nominare].
"Cosa ho fatto! Ho creato un
mostro!"
Uno scappellotto lo raggiunse alla nuca proprio
quando Paola e Romano entrarono nel locale, annunciando che quel giorno si
salava in massa.
"Chissà cosa starà combinando Holly in questo
momento?" disse a mezza voce Tom, prima di alzarsi e seguire i tre fuori dal
locale, verso una mattina che si prospettava faticosa, dato che, nonostante la
salata scolastica, sarebbe andato ad allenarsi con la squadra, seguito dalla
onnipresente Martina, ora più attiva che mai, dato che ora faceva anche da
assistente al mister Trappippi, scatenando le frequenti ire
dell’allenatore.
Mark Lenders guardava il mare in tempesta,
assorto nei suoi pensieri, con un pesante pallone da calcio tra i piedi, che,
nudi, poggiavano sulla ghiaia aguzza della asperità su cui si
trovava.
Si era ritirato in un paesino isolato per qualche
tempo e in quel momento non sapeva cosa stava accadendo a Fujisawa. Non
l’avrebbe mai ammesso ad anima viva, ma stava attraversando un momento di crisi,
sin dal giorno in cui gli era giunta all’orecchio la notizia che Holly non
sarebbe mai più potuto tornare a giocare sui campi da calcio, e questa sua fuga
dal mondo del calcio provava il suo profondo stato di
turbamento.
Quella sera si sarebbe dovuta giocare la
partita d’andata per i quarti della Champions League tra Amburgo e Marsiglia
[NdA: ma guarda tu che combinazione!] e Benji si era alzato presto quella
mattina, per fare una corsetta d’allenamento per il parco della città francese
[NdA: vi direte “Ma come fa questo a stare sempre nel posto giusto al momento
giusto? E’ forse un portiere con doti di chiaroveggenza? Oppure è uno che ha il
potere psichico di fare accadere qualcosa ogni volta che tocca terra?Nd***: ehi,
MysticMoon, adesso che fai? Cominci a sclerale? Oppure è il Bacardi che ti fa
questo effetto?NdA: no! Nd***: allora è che sei proprio una demente!NdA:
Risposta esatta! Dieci punti a…Nd***:taglia corto! A parte il fatto che io
voglio mantenere l’anonimato. Non li vedi i tre asterischi al posto del mio
nome, MysticMoon? NdA:Ok! Stop al delirio folle].
Stava sul limitare del parco, a riposarsi un po’
prima di riprendere la corsa, quando vide diverse ambulanze che, a sirene
spiegate, correvano lungo la strada di maggior importanza della città,
inframmezzate da autobotti dei pompieri e automobili della polizia, che si
dirigevano verso il più vicino svincolo per l’autostrada che correva da
Marsiglia a Tolone.
Benji Price 2 Marzo ore 6:55
AM
Chissà cosa sarà mai
successo? Non mi pare che in zona ci siano incendi o incidenti in zona. Cosa
potrebbe mai essere accaduto da spingere tutti questi mezzi a postarsi insieme?
Deve essere davvero una cosa grossa e molto distante, se non si vede fumo
all’orizzonte. Che sia accaduto qualcosa nelle campagne oppure all’aereoporto?
Che ci sia stato… no, non devo essere così catastrofico. Una cosa è essere
pessimista, ma questo sarebbe un po’ troppo anche per il mio pessimismo più
cupo. Non dovrei pensare sempre al peggio.
La risposta ai suoi interrogativi, Benji l’ebbe a
colazione, quando il proprietario del locale arrivo agitando le braccia mentre
accendeva il televisore, dove si vedeva una scena raccapricciante, girata da un
videoamatore. Si vedeva un aeroplano che atterrava, ma si notava che del fumo
usciva dal punto dove, di norma, doveva vedersi il carrello scendere. Dopo
quell’istante le immagini erano concitate, ma si vedeva perfettamente che, dopo
l’impatto, l’aereo si dirigeva verso un altro aeroplano e dallo scontro si aveva
un incendio ed una conseguente esplosione dei velivoli.
Con sguardo attonito, Benji ripensò a ciò che
aveva pensato quella mattina. Aveva immaginato che potesse anche essere un
disastro aereo, ma si era dato solo del troppo pessimista. Il telecronista
parlava in francese e, se non ci fosse stato il massaggiatore dei portieri,
d’origini francesi, non avrebbero capito nulla di ciò che stava dicendo il
giornalista.
"Poveretti!" disse ad un tratto Benjamin Kerk,
diventato riserva di Benji da circa due mesi.
"E’ proprio vero" ammise Karl Menneck, un
discreto attaccante di origine polacca, dai capelli neri e gli occhi castani,
dall’aria sempre seria- Una vera e propria disgrazia, per quelle povere persone.
Saranno morti molti miei compatrioti, in quell’incidente.
"Terrificante - disse con tono serio Benji Price,
addentando un grosso tramezzino al prosciutto, pomodoro e mozzarella -
Stamattina ho visto quante forze dell’ordine si sono mobilitate. Deve essere
stato un gran macello, all’aeroporto, e credo che la faccenda continuerà per
ancora per un bel po’ di tempo. Ci sono stati troppi incidenti aerei in questi
ultimi tempi, e sicuramente indagheranno a fondo su questo nuovo
caso."
Jenny, Amy, Julian e Philip erano fuori a fare
una scampagnata. Jenny era tornata per le vacanze di Pasqua e gli altri tre
avevano deciso di non andare a scuola, per fare un pic-nic alle pendici del
monte Fuji.
Liberi e spensierati, stavano facendo una partita
a calcio ragazzi contro ragazze e la squadra formata da Amy e Jenny, contro
tutti i pronostici, stavano battendo i due ragazzi. Il fatto era che entrambe le
ragazze indossavano un’ampia gonna e, nello scartare i ragazzi, queste
svolazzavano a destra e a manca, portando i ragazzi a distogliere lo sguardo,
imbarazzati come ladri, mentre le due ridacchiavano e scartavano i loro
avversari.
Quando, stanchi, caddero a pancia all’aria
sull’erba fresca, si misero a godersi i caldi raggi
solari.
Per l’immensa felicità dei due ragazzi, Amy e
Jenny si avvicinarono ai giovani calciatori e s’accoccolarono accanto a
loro.
"Secondo voi come se la starà passando Holly, in
questo momento?" chiese Julian, d’impulso.
"Un mesetto fa si è fatto sentire per telefono.
Era molto giù, ma non mi ha detto il perché" intervenne
Amy.
"E’ chiaro come il sole - disse Philip, chiudendo
gli occhi – E’ triste per il litigio con Patty."
"In effetti, Tom mi ha riferito che quei due non
si parlano dall’ultimo giorno d’Ottobre" intervenne
Julian.
"Mi dispiace molto per Patty - sussurrò Jenny –
Deve sentirsi in colpa per ciò che è accaduto dall’aprile
scorso."
"Sì, lo sospetto anch’io" disse
Julian.
"Era distrutta, e forse ha ceduto" ammise
Amy.
"O forse, è accaduto una cosa che appare
impossibile, almeno ai miei occhi" disse Philip.
"Cosa?" esclamò Amy.
"A Holly sono saltati i nervi" disse
Philip.
"Se così fosse, potrebbe aver detto cose che non
pensava" ammise Julian, masticando un filo d’erba.
"Esatto" concordò Philip.
"Stai insinuando che Holly l’abbia incolpata di
quell’incidente?" chiese Amy con tono scioccato.
Era amica di Holly da parecchi anni, e non poteva
credere che lui potesse fare una cosa simile.
"Sì e no" disse Philip.
"Cosa vuoi dire?" chiese
Amy.
"Non so, ma secondo me non l’ha incolpata
dell’incidente" disse Philip, con l’aria di una persona sicura al cento per
cento di quello che stava dicendo.
"E se c’entrasse un segreto?" disse piano
Jenny.
"Un segreto?" chiese Philip,
incuriosito.
"Qualcosa che magari Patty sapeva e Holly
no."
"A cosa stai pensando, Jenny?" chiese Philip,
sempre più incuriosito.
"Al fatto che forse Patty sapesse che Holly non
avrebbe mai più potuto giocare a calcio."
"No. Patty glielo avrebbe detto subito! Non credo
che potesse tenergli nascosta una cosa del genere. Per Holly, Patty è come un
libro aperto. Gli racconta tutto" disse Philip.
"E se fosse stato il medico a dirle di non
svelare niente a Holly e lui, dopo averlo scoperto, avesse saputo che lei
gliel’aveva tenuto nascosto per un periodo di tempo? Magari Patty l’aveva
scoperto prima che si svegliasse dal coma, oppure poco tempo dopo. In fondo, era
il 2 novembre quando il dottore ha dato la sua diagnosi a Holly, e quelle due
settimane, per Holly, devono essere state certamente lunghe come
l’eternità."
"La tua ipotesi è plausibile, Jenny – ammise
Julian – A volte capita che i medici facciano cose del genere. E’ per non
peggiorare le condizioni psichiche del paziente, se molto
debilitato."
"Mi dispiace molto che non si rivolgano più la
parola. Formavano davvero una bella coppia" disse piano
Amy.
"E’ stata un angelo custode, per lui" disse
Jenny.
Julian e Philip sorrisero
divertiti.
Anche le loro manager, come Patty, erano state i
loro angeli custodi, negli anni del campionato delle scuole
medie.
"E voi due? Anche voi avete fatto i nostri angeli
custodi" dissero all’unisono i giovani campioni.
Le ragazze arrossirono, poi si accoccolarono
sempre di più ai loro ragazzi, che sorrisero.
Poi tutti e quattro chiusero gli occhi, per
godersi a pieno il calore del sole primaverile, ignari della situazione che si
era creata attorno alle case di Patricia Gatsby e Oliver
Hutton.
"Allora Bruce, tua madre cucina
bene?"
"Da leccarsi i baffi,
Raiden."
"Mi fa molto piacere!"
"Non riesco ad immaginare la faccia di mio padre
quando ti vedrà!"
"Credi che mi chiederà un
autografo?"
"No… Te ne chiederà almeno un centinaio, senza
contare una grossa foto con dedica da appendere nelle
reception!"
"Non credo di aver mai subito un comportamento
simile neanche quando ero una vera celebrità!" esclamò ridendo
l’uomo.
Anche Bruce riuscì a ridere. Il suo motto era “
Anche nelle situazioni peggiori, sorridi”, e ne stava dando una prova in quello
stesso momento.
La casa di Patty era assediata dai giornalisti,
che suonavano al campanello e picchiavano ai vetri, mentre i due ragazzi
dormivano come sassi, troppo scossi e affaticati.
Erano così giovani, eppure le prove che stavano
affrontando erano dei fardelli talmente pesanti da riuscire a schiantare persino
un elefante.
Improvvisamente, tutti i mass media presenti nei
pressi della casa si ammutolirono, mentre un uomo dalla carnagione olivastra,
che aveva sugli occhi un paio d’occhiali da sole, si avvicinava alla casa di
Patty con passo sicuro.
Erano passati anni dall’ultima volta che quella
persona aveva messo piede in quella città, ma tutti lo avevano riconosciuto, ed
il pallone che aveva tra i piedi n’era una prova
tangibile.
Suonò il campanello, ma nessuno andò alla porta
ad aprirgli, visto che i ragazzi erano ancora
addormentati.
"Holly! Patty! Ehi, Holly sei
lì? Ragazzi mi sentite? Ragazzi, sono io.
Roberto. Holly! Patty!" si mise a gridare lo straniero, incurante delle
telecamere che lo riprendevano e dei telecronisti che commentavano le sue
gesta.
Patty fu la prima a svegliarsi. Immediatamente la
ragazza si accorse che era il tramonto e che c’era un gran casino, a causa del
telefono che squillava ininterrottamente e delle numerose voci che sentivano
parlare e gridare fuori dall’abitazione.
"Holly! Patty!" gridò ancora Roberto, e questa
volta Patty fu in grado di sentire il richiamo del vecchio allenatore di
Holly.
Per un attimo Patty credette di essersela
immaginata, quella voce, ma un nuovo richiamo le fece comprendere che quella era
la realtà, e soprattutto quale era adesso la loro realtà.
Trattenne le lacrime e andò ad aprire la porta.
All’istante Patty venne accecata da decine di flash, e solo il pronto intervento
del brasiliano, che la spinse in casa con modi piuttosto, riuscì ad evitare
troppe foto e, soprattutto, troppe domande.
Patty c’impiegò un minuto buono prima di
riacquistare completamente la vista e mettere a fuoco, l’immagine di Roberto,
che, come un cospiratore, apriva un piccolo spiraglio nelle tendine della sala
ed osservava l’orda di giornalisti che assediavano la
casa.
"Bentornato Roberto" sussurrò la ragazza, prima
di abbracciare l’ex campione del Brasile.
"Vorrei che fosse stato per circostanze benigne,
Patty."
"Lo vorrei anche io."
"Cosa ci fai qui? Non sai
che…"
"Sì, lo so. Per fortuna volevo farvi una sorpresa
e mi trovavo a Tokyo quando ho ricevuto la notizia."
"Vuoi vedere Holly?"
"Dov’è?"
"E’ sotto quella coperta, sul divano" disse
Patty.
"E’ distrutto, vero?"
"Sì. Lo siamo entrambi."
"Cosa è successo?" disse, accennando alle schegge
di vetro che c’erano sul pavimento e la macchia d’odoroso
liquore.
"Diciamo che mi sono saltati i
nervi."
Roberto la guardò, stupito.
"Volevi forse farti una
bevuta?"
"Lo ammetto, ne ho avuto la tentazione, ma mi
sono resa conto che non sarebbe servito a nulla e la rabbia ha preso il
sopravvento. Mi sono sentita così… impotente… e debole."
"Capisco perfettamente, Patty. Quando morì mia
madre, mi sentii esattamente come te."
"Svegliamo Holly?"
"No, lascialo dormire."
"Se non ti dispiace, vado a fargli
compagnia."
Di nuovo Roberto le rivolse uno sguardo stupito,
poi sorrise con aria sorniona ed annuì.
Patty gli fece un sorriso stiracchiato, poi si
ficcò sotto la coperta ed abbracciò di nuovo Holly, cadendo nuovamente in un
profondo sonno senza sogni.
Roberto li guardò, e sorrise con aria
comprensiva. Patty era una ragazza forte, lo aveva sempre saputo, ed anche
adesso sembrava possedere molta forza, abbastanza per condividerne una parte
anche con Holly.
***
Nota
dell'Autrice:
piaciuto questo quarto capitolo? Lo so, li sto
facendo soffrire come cani, e sembra che capitino tutte a loro, ma serve per
portare al finale. No, non vi lascerò troppo presto con questa storia, visto che
la sua ideazione sarà davvero molto lunga, dato che voglio mantenere uno
standard di lunghezza abbastanza buono, ossia almeno oltre le quindici pagine a
capitolo, e farò di tutto per mantenermi su questa lunghezza. Vi sarete chiesti
“E Bruce con il pugile che c’entravano in questo capitolo?”. La risposta è un
po’ sciocca: per la lettera di Tom avevo bisogno di una pagina intera di Word,
dato che la volevo fare precisa sul mio pc, per cui o allungavo da qualche parte
oppure accorciavo, sempre di una mezza pagina di Word, quindi… diciamo che
Raiden s’è introdotto per forza nella storia e forse non sarà presente solo in
questo e nel prossimo capitolo, visto che è un buon personaggio.
Una cosa: in questa nota vorrei parlare per un
attimo del termine “salare” dato che, poco tempo fa, mi sono trovata davanti ad
almeno quaranta modi di indicare il fatto di saltare una giornata scolastica. Mi
pareva abbastanza “nazionale”, ma non essendo certa che tutti lo comprendessero,
credo che sia stato saggio spiegare il verbo.
Capitolo 5 *** Capitolo 5: Il Bene più Prezioso che C'è ***
Capitolo 5:
Il bene più
prezioso che c'è
(parte
prima)
Nota
dell'Autrice:
allora, chiedo scusa per il piccolo errore di
giorno fatto nel capitolo precedente. In quello tutto si svolge il primo di
marzo, e non tra il primo ed il secondo giorno di Marzo.
***
Il telefono
dell’albergo in cui alloggiava la squadra dell’Amburgo squillò quando i ragazzi
della squadra avevano appena finito di fare pranzo e stavano per ritirarsi nelle
loro stanze.
Benji, con altri due suoi compagni, stava
passando di fronte al bancone della portineria, quando videro il mister parlare
con il direttore.
Incuriosito, si avvicinò.
"Oh, Price, proprio te cercavamo. C’è una
telefonata dal Giappone. Un certo Bruce Harper."
Benjamin Price 1 Marzo ore 1:03 PM
Bruce?! Chissà cosa vuole Bruce da me? Che sia
successo qualcosa d’importante? Certamente non sarebbe riuscito a contattarmi,
se non avesse urgenza di dirmi qualcosa. Speriamo che non siano brutte notizie…
Ma cosa vado mai a pensare! Perché sono sempre così tremendamente
pessimista!
"Pronto?"
"Ciao Benji, sono io,
Bruce."
"Oh, che peccato! Pensavo la regina Elisabetta
che mi voleva fare baronetto" disse sarcasticamente Benji.
"Non scherzare. Qui la cosa è molto
seria."
"Cosa è successo?" facendosi scuro in
volto.
"Dovresti saperlo meglio di me, dato che sei tu
quello in città."
"Cosa vuoi dire? E cosa c’entra adesso
Marsiglia?"
"Che…"
"L’aereo, non è vero?" lo precedette il
portiere.
"Sì."
"Chi?"
"I genitori di Holly e
Patty."
La gola si seccò al portiere, al ricordo
dell’ultima volta che aveva visto quelle quattro persone in vita, qualche mese
prima.
"E’ terribile."
"Sì, terribile" confermò
Bruce.
"E come stanno loro due?"
"Non lo so. Provo a telefonare da Holly, ma
nessuno risponde."
"Ci credo. Sarà certamente assediato dai
giornalisti. In fondo, Holly è una mezza celebrità."
"Come se la caveranno, tutti e due, ora che sono
orfani?"
"Lavoreranno."
"Credi che Holly lo possa
fare?"
"Troveranno entrambi il modo di cavarsela, non
preoccuparti. Sono entrambi delle persone forti. Supereranno anche
quest’avversità."
"Speriamo… Senti, non è che tu potresti
contattare qualcuno? Io ho provato a telefonare a Tom, ma non mi risponde
nessuno."
"A casa?"
"Sì."
"Bruce, non pensi ad una
cosa?"
"Ossia?"
"Che Tom sarà ancora a scuola oppure
all’allenamento. Inoltre mi ha detto che di solito mangia fuori
casa."
"Sai come rintracciarlo?"
"Certamente. Ho il suo numero di cellulare. Lo
contatterò appena possibile."
"Ora non puoi?"
"Ho il telefono di sopra."
"Ok. Allora… arrivederci, Benji. Verrai alla
funzione, vero?"
"Non mancherò. Dillo pure a
Holly."
"Va bene. A presto" disse il ragazzo,
riattaccando.
Tom e Martina, dopo essere usciti
dall’allenamento prima del solito, si erano accordati per andare a prendere
qualcosa da mangiare ad una pizzeria al taglio e mangiare su una
panchina.
Mentre percorrevano le strade della città, fianco
a fianco, però, incontravano molti sguardi incuriositi, come se avessero
qualcosa che non andava.
Fu un bambino biondo e grassoccio, di circa tre
anni, che camminava in compagnia della madre, a farglielo
capire.
"Spoccaccione! Non si tene la bottega
aperta."
Tom arrossì come un peperone, mentre Martina
rideva come una pazza nel vedere Tom, con le orecchie rosso fiamma, armeggiare
goffamente con quella zip capricciosa.
"E non ridere!" sbottò lui, mentre la ragazza era
ormai piegata in due dal dolore al ventre provocato dal troppo ridere, mentre
irrefrenabili lacrime di divertimento le solcavano il
volto.
"Non è affatto divertente, Megafono Umano" disse
lui, ben sapendo che avrebbe scatenato la furia omicida della
ragazza.
"Come osi! - sbottò lei – E poi, soltanto un
idiota non saprebbe chiudere una zip! Lascia fare a me."
Un Tom al culmine dell’imbarazzo boccheggio, nel
tentativo di negare alla ragazza di chiudergli la lampo come se fosse un bambino
delle elementari [NdA: e non credo solo per quello!], ma Martina si
oppose, prese la zip tra le dita e diede un energico strattone verso
l’alto.
Forse troppo energico, dato che la cerniera lampo
rimase nella mano di una sconvolta Martina, mentre Tom, con gli occhi grandi
come piattini da caffè, fissava la colpevole.
"Ci ho messo un po’ troppa energia, vero?" chiese
con voce sottile la ragazza, facendo qualche passo indietro, terrorizzata dal
fatto che vedeva Tom cominciare a sbuffare come un toro che si prepara ad
attaccare, cosa mai accaduta con lei prima di allora.
Nessuna risposta.
"Ti senti bene?" sussurrò la ragazza,
allontanandosi sempre di più da Tom.
Ancora nessuna risposta.
"Tom?"
"TI AMMAZZO!" gridò Tom, furente, lanciandosi
contro la ragazza, che scappò via a gambe levate, nuovamente in direzione del
luogo dove era fuggita poco più di un mese prima.
Questa volta, però, Tom sapeva dove andava e come
era fatto il terreno, quindi, con rapidità, l’afferrò sul ponticello, prima che
potesse gettarsi a rotta di collo per lo stretto sentiero che costeggiava il
Castellano.
"PRESA!" esclamò lui, afferrandola per un polso,
ma perdendo irreparabilmente l’equilibrio.
Tom oscillò pericolosamente sul ponticello,
pensando solo a tenere salda la sua presa sul polso di Martina, ma uno strattone
in avanti della sua ragazza lo fece sbilanciare ulteriormente e cadere
rumorosamente in acqua, trascinandosi dietro una recalcitrante
Martina.
Per fortuna l’acqua era molto bassa, ma questo
non impedì ai due di finire bagnati fradici e infreddoliti, l’una sopra
all’altro.
"Tom…"
"Sì?" disse il ragazzo, a cui i bollenti spiriti
erano passati [NdA: e direi! L’acqua era gelata!
:-P].
"Se volevi farti una nuotata, potevamo andare più
in là! E, magari, a maggio o giugno!"
"Scusami, Martina" disse Tom, sinceramente
dispiaciuto per averle fatto fare quel bagno fuori
programma.
"Sono stata io a combinare il
guaio."
"Ma io non me la sarei dovuta
prendere."
"E’ colpa mia."
"No, è mia!"
"No, mia!"
"Martina, ma ti rendi conto che stiamo litigando
di nuovo? E, colmo dei colmi, lo stiamo facendo per decidere chi di noi due
abbia la colpa del nostro litigio precedente?"
"Strana come cosa, vero?" disse lei, fresca
fresca.
"Tu sei sempre strana!" disse lui, trattenendosi
dal ridere, mentre scuoteva la testa rassegnato.
"Ha parlato Mister Normalità, che mi dedica un
goal allo stadio chiamandomi Megafono Umano!"
"Non è colpa mia se hai una voce così
forte!"
"Ho una voce bellissima!" disse lei,
indignata.
"Ma su questo non ho dubbi. La tua voce è musica
per le mie orecchie.
"Adesso non fare il lecchino, oppure potresti
spingermi a torturarti" disse lei, avvicinando il volto a quello di Tom, con uno
dei suoi sorrisi poco raccomandabili dipinto in volto.
"Cosa hai intenzione di fare, Martina Maroni?
Approfittarti di questo povero calciatore a mollo?"
"Chissà. O magari, pizzicarlo fino a quando non
mi molla questa cappero di polso, che comincia a farmi
male."
"E dove si troverebbe?"
"Magari sotto la tua
schiena?"
"Ah" disse lui, liberandole il
polso.
"Bene, e adesso… tortura!" disse lei, cominciando
a fare solletico al centrocampista, che, impotente, rideva come un pazzo e si
contorceva, cercando di spostarsi da sotto la ragazza.
Tanto tentò di liberarsi che
alla fine riuscì a togliersela di dosso e a capovolgere la situazione.
"Adesso chi è il capo?" disse
lui, dopo averla bloccata sotto di lui con il peso del proprio corpo.
"Sì, sì, lo so. Il capo sei
tu, Tom. A proposito, proprio belle le mutande a palloni da calcio" disse lei,
che aveva notato che durante la caduta i jeans del ragazzo si erano anche
strappati.
Tom arrossì di nuovo, poi un
improvviso pensiero gli attraversò il cervello come un fulmine.
Tom Becker
1 Marzo ore 13:46 PM
Cosa
cappero sto facendo? Se qualcuno ci vedesse, certamente fraintenderebbe.
Insomma, un ragazzo ed una ragazza, bagnati fradici, l’uno sopra all’altra, non
è esattamente una situazione convenzionale né tantomeno è una situazione poco
fraintendibile. Se qualcuno ci vedesse…
Immediatamente Tom
si tolse di dosso alla ragazza e l’aiutò a mettersi a sedere nell’acqua, poi la
prese in braccio e la portò fuori dal corso c’acqua, facendola sedere sul
cemento del ponticello, per poi affiancarla.
"Sei bagnata fradicia" disse
piano lui.
"Ma dai! Non ci avevo fatto
caso!"
"Se avessi qualcosa
d’asciutto, te lo darei.
"Un po’ d’acqua non ha mai
fatto male a nessuno."
"A parte forse prendersi una
polmonite?"
"Forse" disse lei,
sorridendo.
"Non scherzare. Mi preoccupo
seriamente per la tua salute."
"Non dovresti preoccuparti,
invece."
"L’acqua è gelida."
"Ma io sono di tempra
forte."
"Ah, questo lo so. Ma mi
preoccupo ugualmente."
"Io mi preoccupo più che
altro per il fatto che tu non possa di certo andare il giro con i pantaloni
rotti."
"E allora?"
"Non mi conosci? Io sono
pronta a tutto."
"Cosa? Puoi tradurre le tue
parole anche per i comuni terrestri?!"
La ragazza non rispose, ma si
cavò di tasca una minuta scatolina metallica.
"Cosa sarebbe?"
"Guarda!" disse lei,
aprendogliela sotto il naso.
"Ma… è una scatolina con ago
e filo. Non vorrai mica…"
"Senti, bello mio, o ti cucio
i lembi dei pantaloni insieme e poi tu lo tagli quando arrivi a casa, oppure
giri per Ascoli con le mutande a palloni da calcio in bella mostra. A te la
decisione, Tom Becker" disse Martina con un tono che sottoindendeva l’ordine di
prepararsi al rammendo dei pantaloni, che lui volesse oppure no.
"Devo proprio?"
"E’ una tua decisione. Puoi
anche non seguire il mio saggio consiglio" disse Martina con l’aria di una che
voleva anche aggiungere “ma se non lo farai, me la pagherai cara”.
"E va bene! Ma attenta a non
pungermi!"
"Con tutto il sospensorio,
sarai ben protetto."
"Ma io ora non lo
indosso!"
"Ma la borsa ce l’hai, e so
che te lo metti regolarmente."
"Ma sai tutti i fatti miei,
Martina? Va bene che stiamo insieme e dai una mano al mister, ma questo non ti
autorizza a frugare tra le mie cose!" disse lui, arrossendo violentemente.
"Scusa Tom, ma chi credi che
te l’abbia lasciato in portineria, dopo che te l’eri dimenticato, la settimana
scorsa?"
"Ma non potevi sapere che era
mio!"
"Quanti Tom ci sono in
squadra?"
"Ma non c’era scritto il mio
nome."
"Tu non ce l’hai scritto, ma
Renzi non era della tua stessa opinione, e ha fatto una cosa giusta, una volta
tanto."
Tom divenne rosso fuoco, per
l’ennesima volta, mentre ringhiava un “Se l’acchiappo…”
"Per non offendere il tuo
orgoglio di maschietto, mi potrai bendare e portare dove non ti possa vedere,
ok?"
"Volevi pure guardare? -
disse lui, sorridendole da dietro, mentre toglieva la maglietta bagnata dalla
borsa e la bendava - Non ti sposterò da qui, ma non cercare di sbirciarmi,
ok?"
"Va bene, capo."
Tom stava per andare
dall’altra parte del ponte, dove c’era una vegetazione abbastanza fitta da
nasconderlo, quando decise che doveva pur ringraziare Martina in qualche modo,
così le posò una mano sotto il mento e le fece voltare il volto, poi le sfiorò
le labbra con un bacio delicato, che, dato il fatto che la ragazza rispondeva
con passione, divenne sempre più appassionato, poi si allontanò, lasciandola con
il sorriso in volto.
Tom fu di ritorno in pochi
secondi e tolse la benda alla ragazza, che lo guardò con malizia.
"Ma tu non sai baciarmi senza
usare trucchi?"
"Oh, ma così è molto più
divertente!"
La ragazza sorrise, poi prese
ago e filo ed, in pochi minuti, non senza alcuni gridi di dolore da parte di
Martina che si pungeva con l’ago, dove prima c’era una cerniera lampo ora c’era
un’intricata foresta di filo bianco, in forte contrasto con i blue jeans del
ragazzo.
"Ma tu non avevi del filo
blu?"
"No, solo bianco. In fondo,
devo rattoppare calzettoni e calzoncini bianchi, all’allenamento."
"Cambiando argomento… tremi
come una foglia. Marty, sei sicura di non sentire freddo?"
"Ma ricominci! Io sto
benissimo!
"Almeno permettimi questa
cosa" disse il ragazzo, abbracciandola con fare protettivo.
"Tom, mi viene quasi voglia
di morderti" disse Martina, stringendosi contro di lui, al calduccio.
"Come mai?"
"Sei un ragazzo troppo
dolce!"
"Grazie, fiamma della mia
vita" sussurrò lui, appoggiando la testa tra i lunghi capelli bagnati della
ragazza.
"Ho un ragazzo davvero
galante, e guarda io come lo tratto! Sono una cafona, certe volte."
"Non m’importa come mi
tratti. Io so cosa tu voglia dire. Sono ormai diventato un buon dizionario di
Martinese-Italiano."
"Il mio vocabolario umano"
disse lei, sorridendo.
"Per sempre, sarò il tuo
vocabolario. E ti giuro che non ti lascerò mai."
"No, non dirlo" disse lei,
slegandosi dall’abbraccio e arretrando, come se l’avesse schiaffeggiata.
"No, Martina, voglio dirlo,
perché è la verità. Con il pensiero, io sarò con te per sempre. Non ti
dimenticherò mai, per nessuna ragione al mondo. Te lo giuro sulla mia stessa
vita."
"No, non giurare."
"Lo faccio, invece. Io ti
amo, Martina. Per me sei la persona più importante del mondo."
"Oh, Tom! Come fai ad essere
così?"
"Così come?"
"Così convincente. Io…"
"Lo so che tu non riesci mai
a fidarti completamente delle persone, Martina, ed hai paura che le mie promesse
vengano spezzati, ma non è così. Tu sei tutto, per me, e farebbe male a me
quanto a te, se le mie promesse non potessero essere mantenute. Ma se dovesse
accadere, io lotterò con tutte le mie forze, per impedirlo."
"Io farei lo stesso,
Tom."
"Lo so, e ci credo."
"Sei davvero molto innamorato
di me, Tom, per sopportarmi."
"Sei più importante della mia
stessa vita."
"E del calcio?"
"Certo. Più importante anche
del calcio."
La ragazza, come segno che
gli credeva, appoggiò nuovamente la testa sulla sua spalla e l’abbracciò.
"Come non si può non amare
una persona come te, Tom?" sussurrò la ragazza, sorridendo.
Nessuno dei due, in tutto
quel tempo, si era accorto che c’era un altro paio di occhi a guardarli e di
orecchie a sentirli. E quegli occhi non esprimevano nulla di buono, brucianti e
pieni di lacrime di gelosia.
"Me la pagherai, sporca
puttanella d’una Martina Maroni! Oh, se me la pagherai! E anche il tuo amichetto
Tom Becker verrà punito per ciò che sta facendo con te! Tutti e due capirete!
Non si scherza mai con me!" sibilò la persona nascosta, mentre fissava quei due
giovani, prima uniti in un bacio ed ora stretti in un inequivocabile abbraccio
d’amore.
All’improvviso, il cellulare
di Tom, anche se bagnato fradicio, cominciò a squillare debolmente.
Era Benji.
"Tom?"
"Ciao Benji! Qual buon
vento?"
"Un pessimo vento, purtroppo.
Ho delle brutte notizie."
"Dimmi."
"Hai sentito la notizia
dell’aereo schiantato a Marsiglia?"
"Sì."
"Sai chi c’era
all’interno?"
"No. Chi?"
"I genitori di Patty e
Holly."
"Oh mio Dio! Non può
essere!"
"E’ la verità,
purtroppo."
"Sai come stanno?"
"No. A me l’ha detto Bruce
che c’erano anche i loro genitori tra le vittime e non ha potuto
contattarli."
"Sai quando ci saranno i
funerali?"
"No. Appena lo saprò, te lo
farò sapere. Magari anche di persona."
"Grazie mille, Benji."
"Io direi di partire il prima
possibile."
"E quando?"
"Per te va bene se prendessi
l’aereo che stasera alle nove parte da Parigi e fa scalo anche a Roma?"
"Per me andrebbe bene. Ma non
so a Martina."
"E chi è?"
"Te lo spiego in aereo.
Aspetta che glielo chiedo."
"Cosa devi chiedermi, Tom?"
chiese la ragazza che, dato che Tom e Benji avevano parlato in giapponese, non
aveva capito un’acca della discussione che avevano avuto, tranne un “Aspetta che
glielo chiedo” pronunciato in lingua inglese.
"Ci sono brutte notizie. I
genitori del mio amico Holly sono morti in quell’incidente aereo."
"Oh, ma è terribile!"
"Devo andare in Giappone con
Benji. Mi chiedevo se volevi venire anche tu insieme a noi."
"E perché?"
"Così potresti aiutarci anche
a consolare Patty. Sai, anche i suoi erano sull’aereo che è precipitato a
Marsiglia. E poi, non me la sento di lasciarti qui per non so quanto tempo."
"Mi chiedo come farai quando
sarai in ritiro per i mondiali. Comunque la mia risposta è sì. Verrò con te e
con il tuo amico Benji. Così potrò anche conoscere i tuoi amici giapponesi."
"Benji, verrà anche Martina.
A te non da disturbo, vero?"
"Certo che no. Ci vediamo
stasera alle undici, allora" disse il portiere e riagganciò.
"Come facciamo con
Trappippi?" chiese immediatamente Tom.
"Tu non farti problemi per
lui, ma va a casa tua a preparare le valigie e, per favore, contatta anche mia
madre e dille che ti seguirò in Giappone."
"Ti lascerà venire?"
"Se sono con te, di
certo."
"Come fai a dirlo con
certezza?"
"Tom, ci credi se ti dicessi
che ci manca poco che mia madre ti eriga un altare come santo protettore?"
Dopo un momento di
scombussolamento, in cui vide la sua ragazza allontanarsi di corsa, disse:
"Va bene. Ma tu che farai?"
le chiese.
"Vado a parlare con
Trappippi!" disse lei, senza girarsi a guardarlo in faccia, prima di sparire
dietro l’angolo a tutta velocità.
Tom sbiancò, ma non poteva
farci nulla. Conosceva bene Martina e la sua cocciutaggine. Sapeva che nulla e
nessuno l’avrebbe potuta fermare. Neppure un Trappippi in versione
assassina.
Sospirò, poi si diresse verso
casa sua, pronto a fare ciò che la ragazza gli aveva ordinato.
"Cosa vuoi dire con “Tom deve
partire immediatamente”?" chiese Trappippi, sulla soglia di casa sua, dove la
ragazza era andata a cercarlo.
"E’ un’emergenza, mister, e
so che lei non gli negherà questo favore."
"Spiegati meglio,
Martina."
"I genitori di due cari amici
di Tom sono morti in un incidente aereo, stamattina, a Marsiglia."
"Sono morti in
quell’incidente?"
"Esattamente."
"Allora digli di partire il
più presto possibile. Ha il mio permesso. E scommetto che anche la mia
assistente mi abbandonerà per seguire il suo centrocampista preferito in
Giappone, esatto?"
"Esatto."
"Andate pure, ragazzi. Ma,
per favore, tentate di tornare per la partita contro la capolista."
"Ok! E tantissime grazie! Sei
il mio mister preferito, Trappippozzo caro!" esclamò Martina, saltando al collo
del mister e stampandogli un grosso bacio umido sulla guancia rubiconda, prima
di saltare sull’albero che dava sulla cucina e, dopo essere scivolata giù dal
tronco come una scimmia, scappare verso la fermata dell’autobus a velocità
razzo.
"Trappippozzo caro?" si
chiese lo sconvolto allenatore, guardando con gli occhi sgranati la ragazza dai
capelli rossi che bagnata fradicia si era presentata a casa sua e, per attirare
la sua attenzione, si era introdotta nella cucina arrampicandosi su un albero e
passando per la finestra aperta del bagno, in cui lui aveva appena finito di
farsi la doccia.
Erano le prime luci dell’alba
quando il giovane Oliver Hutton aprì gli occhi su un nuovo giorno, il suo primo
giorno da orfano. Ed anche il primo della ragazza che si stringeva a lui sotto
quella coperta che si erano gettati sulle spalle il pomeriggio precedente.
Immediatamente il ragazzo
ripensò al giorno precedente e incontrollate lacrime gli bagnarono i suoi occhi
scuri.
Oliver
Hutton 2 Marzo ore 4:59 AM
Se
loro fossero ancora vivi, a quest’ora forse sarebbero già qui e ci avrebbero
svegliato per salutarci. Magari ieri sera io e Patty avremmo visto un film e ci
saremmo addormentati comunque sotto questa stessa coperta, su questo stesso
divano, ma, almeno, noi saremmo stati felici, e non scossi per una perdita di
così ingente portata.
Fece per alzarsi,
ma la mano di Patty stringeva con forza la sua maglia e, vedendola così calma e
serena, non ebbe il coraggio di destarla e riportarla alla crudele realtà.
Un sorriso triste apparve sul volto
del ragazzo, mentre osservava meglio il volto e le braccia di Patty, segnati da
minuscole ferite. Notando che erano presenti alcune schegge nei tagli, con tutta
la delicatezza possibile, cercò di toglierle. La cosa non era semplice, dato che
non poteva muoversi troppo senza rischiare di svegliarla. Difatti, poco dopo,
Patty aprì gli occhi e guardò il ragazzo che, colto di sorpresa, arrossì.
Patricia
Gatsby 2 Marzo ore 5:03 AM
Ma
cosa stava facendo? Mi stava sfiorando il viso. Ah, forse c’erano ancora delle
schegge di vetro. E’ probabile. Ho proprio ridotto quella bottiglia ad un
ammasso di schegge. E poi, ho anche macchiato il pavimento. Chissà cosa dirà la
mamma quando… Ma cosa sto dicendo! Lei non tornerà mai più! Non ci saranno mai
più lei e papà a sgridarmi! E neppure per Holly! Nessuno dei nostri genitori
tornerà mai più a casa. Siamo soli! Siamo soli! Non abbiamo più i genitori!
Siamo orfani e forse ci spediranno in una qualche casa per ragazzi orfani fino a
quando non compiremo i diciotto anni d’età. Sarà per poco, ma non credo che
resisterei molto in un postaccio del genere. Io… non sono un uccellino da
mettere in gabbia. Non ce la faccio a stare ferma e a farmi comandare a
bacchetta da una persona che ti rinfaccia il fatto che sei soltanto un peso per
lei e che dovrei ringraziare il buon cuore dello stato. No, io non voglio fare
quella disgustosa fine! Non voglio! Voglio restare a casa mia, a potermi
disperare come voglio e, soprattutto, essere chi mi pare!
Lei lo guardò negli occhi,
poi le lacrime le annebbiarono la vista ed il ragazzo, impulsivamente, abbracciò
con forza la ragazza prima che scoppiassero entrambi a di piangere
rumorosamente.
"Holly… è venuto ad aiutarci"
disse Patty, con voce sottile, dopo quella crisi di pianto così dolorosa.
"Chi?" chiese lui
incuriosito.
Oliver
Hutton 2 Marzo ore 5:14 AM
Chi sarà mai arrivato
di così speciale? Sembra che la sua presenza sollevi almeno un pochino Patty.
Chi sarà mai venuto? Magari lei ieri si è svegliata, mentre io ho continuato a
dormire come un sasso.
"Presto lo vedrai" disse la ragazza,
alzandosi e stiracchiando le membra, indolenzite dalla notte passata sul
divano.
Anche Holly si alzò, ma una
fitta lancinante al ginocchio, che gli fece vedere tutte le stelle del
firmamento, lo fece rischiare di cadere a terra. Fortunatamente la ragazza aveva
una buona prontezza di riflessi e riuscì a sostenerlo fino a farlo sedere
nuovamente sul divano. C’era di nuovo una luce nei suoi occhi, e questa era
dovuta al fatto che Holly avesse bisogno di aiuto con quella maledetta gamba che
non ne voleva sapere di guarire completamente.
Si mise a sedere sui talloni,
sul pavimento e, senza parlare, sollevò la gamba dei pantaloni del ragazzo fino
al ginocchio e cominciò a tastare il ginocchio del ragazzo con aria seria,
provocando in lui sussulti di dolore anche al tocco più delicato che poteva.
Quando la ragazza gli disse
di muovere il ginocchio in avanti, il ragazzo obbedì, ma una nuova fitta lo fece
gridare con tutto il fiato che aveva in corpo, tanto che Patty, per farlo
smettere, gli tappò la bocca con una mano.
"Ci hai dormito sopra, Holly.
Questa è la mia diagnosi. Dovresti cercare di muoverlo a poco a poco e con
calma. Credo che sia consigliabile che tu, per oggi, usi le stampelle."
"Cosa?!"
"Vuoi o non vuoi guarire?"
chiese lei, con aria severa.
"Credo proprio che il nostro
prode numero dieci non voglia mai più sentir parlare di quegli aggeggi malefici
per il resto della sua vita, figurarsi prenderli in mano un'altra volta. Dico
bene, Holly?" disse Roberto, entrando nella stanza, con gli occhi impastati dal
sonno ma un sorriso smagliante in volto.
"Roberto! Sei tu! Eri tu la
persona di cui parlava Patty!" disse il ragazzo balzando in piedi.
In un attimo Patty lo afferrò
per la collottola e riuscì a sorreggerlo, dato che una nuova fitta rischiava di
farlo cadere a terra.
"Ciao Holly. Accidenti, non
ti vedo in gran forma - disse l’uomo, avvicinandosi ai due ragazzi, poi si
abbassò fino a sfiorare un orecchio del ragazzo e gli sussurrò maliziosamente -
Per fortuna che hai accanto l’angelo del focolare. Davvero un’ottima
scelta."
Il ragazzo avvampò per la
vergogna, poi guardò bene il suo vecchio allenatore, che in quel momento non
portava gli occhiali.
"Faccio fatica a
riconoscerti, Roberto" disse Holly.
"Come mai?"
Patty, comprendendo cosa
intendesse dire il ragazzo, sogghignò.
"Gli occhiali."
"Cosa c’entrano?"
"Senza occhiali non sembri
tu."
Holly e Patty scoppiarono a
ridere, almeno per un attimo, in quel triste giorno, felici almeno d’avere
qualcuno su cui contare.
[NdA:
d’ora in avanti, quando chiunque di loro parlerà con Martina (tranne Tom), o
******* (personaggio top secret che molto presto avrà un nome e una fisionomia)
(tranne Benji), sarà in inglese e loro risponderanno nella stessa lingua ma,
visto che sarebbe un po’ scomodo esprimermi in lingua e tradurre… vi prego
d’immaginare soltanto che parlino in inglese.]
"Ehi, Tom! Sono qui!" gridò Benji,
sventolando una mano dal terzo sedile della corsia destra dell’aereo.
Il ragazzo gli fece un cenno
con la mano poi, seguito prontamente dalla fedele Martina, si avvicinò a lui,
che gli fece cenno di sedersi in due dei tre sedili liberi accanto a lui.
"Benji, permetti che ti
presenti Martina Maroni" disse Tom, accennando alla ragazza che era accanto a
lui.
"Piacere - disse il portiere,
alzandosi in piedi e ricambiando la vigorosa stretta di mano della ragazza – Io
sono Benjamin Price, ma tu, come tutti gli amici, puoi chiamarmi Benji."
Benjamin
Price 2 Marzo ore 00:02 AM
Accidenti a Tom! E questa bellezza qua da dove l’ha tirata fuori? E’ uno
schianto, per la miseria!
"Io sono Martina, come avrai già
capito dalla presentazione che ha fatto Tom. Felice di conoscerti, Benji."
"E saresti…"
"Lei è la mia ragazza, Benji"
disse Tom, passando una mano attorno alla vita della ragazza con fare
protettivo, mentre arrossiva come un pomodoro e Martina rideva divertita.
Benjamin
Price 2 Marzo ore 00:02 AM
Porco cane! Me lo dovevo immaginare che fosse la sua ragazza. Ma è proprio
bella, non posso negarla. E dalle poche che ha pronunciato, sembra anche una
tipa piuttosto spiritosa. Ah, mi dispiace, mio caro Tom, ma d’ora in poi credo
proprio che saremo acerrimi rivali. Un bocconcino così gustoso non te lo lascio,
senza aver prima combattuto.
"Non sapevo che avessi trovato
qualcuno, Tom" disse Benji, sorridendo stupito all’amico.
"Ah, ma tu non sai neppure
che Holly e Patty stanno insieme!" disse Tom, sorridendo.
"Cosa cosa cosa?" chiese
Benji, sempre più stupito, guardando con aria ebete il suo vecchio amico.
Benjamin
Price 2 Marzo ore 00:03 AM
Alleluia! Finalmente Oliver s’è dato una mossa con quella poveretta di Patty.
Era ora!
"Hai sentito benissimo, Benji. Holly
e Patty stanno insieme."
"E da quando?"
"Sono due settimane,
oramai."
"Ma se non si parlavano
più!"
"Hanno fatto pace,
evidentemente."
"E come mai non lo
sapevo?"
"Holly conosce bene tutti noi
nel giro della nazionale, e sa come siete fatti tu e Bruce."
"Giusta osservazione" disse
Benji, sedendosi, come avevano già fatto Tom e la sua compagna.
"Benji?" disse Martina.
"Sì?"
"Mi racconteresti qualcosa
del passato di Tom?"
"Certamente Martina!"
"E’ sempre stato un po’
goffo?"
"Tom goffo? No, non lo è mai
stato."
"Strano. Con me è sempre
destinato a fare il pagliaccio."
Benji, che sedeva nel sedile
più esterno, fissò prima la ragazza che sedeva accanto a lui, poi il ragazzo
imbarazzato che fissava ostinatamente il vetro.
"Non t’immaginavo goffo,
Tom."
"E’ una sua impressione"
disse lui, contrito.
La ragazza capì che Tom se
l’era preso, così l’abbracciò da dietro e lo tirò indietro, fino a quando non se
lo trovò con la testa appoggiata alle gambe.
"Scusami, se ho detto
qualcosa di male" disse la ragazza, con la faccia triste.
"Mi hai definito un
pagliaccio goffo" disse lui, imitando l’atteggiamento di un bambino offeso.
"Scusami tanto."
"Non basta."
"Cosa posso fare per farmi
perdonare?"
"Io ce l’avrei un’idea."
"E quale?"
"Se mi molli te lo dico"
disse lui.
Immediatamente Martina lo
liberò dall’abbraccio, lasciandolo tornare seduto composto.
"Guardami negli occhi."
"Tutto qua?"
"E abbracciami bene,
Marty."
La ragazza sorrise con
dolcezza, poi si strinse con forza contro Tom, che ricambiò la calorosa stretta,
e lo baciò con passione, sotto lo sguardo di un imbarazzatissimo, oltre che
gelosissimo, Benji, che li fissava come due alieni, incapace persino di
distogliere lo sguardo dai due.
Benjamin
Price 2 Marzo ore 00:07 AM
Ma
Tom vuole mettere alla prova la mia pazienza? Certo, lui non sa che dal primo
istante in cui l’ho vista, ho provato attrazione per questa stramba tipa, ma
baciarla così, sotto i miei occhi… non è leale! E se continuano così…. Aaaahhhh!
Che rabbia mi fa, vederli insieme e in così tenere effusioni! Quanto vorrei
essere io quello torturato da questa ragazza! E’ troppo bella, allegra e arguta,
per lasciarla nelle mani di un manichino come Tom. Ah, Martina Maroni, molto
presto ti dimenticherai di quel beccamorto di un centrocampista!
"Ragazzi, credo che vi convenga allacciare le
cinture di sicurezza. Stiamo per decollare" disse Benji, dopo un po’,
nascondendo a stento una nota di profonda gelosia.
I due si slegarono da
quell’abbraccio e fecero come il portiere dell’Amburgo aveva detto loro.
"Sarà così per tutto il
viaggio, Tom?" chiese Benji, sperando che la risposta fosse negativa.
Il centrocampista arrossì,
poi disse:
"Non preoccuparti, ma sappi
che sarà un viaggio molto lungo e molto allegro."
"Come mai?"
"Riesce a mettere tutti in
imbarazzo con i suoi modi."
"A proposito, Tom, te li sei
cambiato i pantaloni?" chiese Martina, con una sbalorditiva innocenza.
Il ragazzo passò rapidamente
dal rosso carminio dell’imbarazzo al bianco candido del terrore.
"No" sussurrò, poi abbassò lo
sguardo sulla bianca cucitura che svettava dal cavallo dei suoi pantaloni fino
al retro.
"E bravo il pollo!" esclamò
Martina, cominciando a ridere.
"E i miei pantaloni sono
tutti nella valigia!"
"Tanto, pure se si spezza la
cucitura, hai il sospensorio no? Posso sempre rifarla, se vuoi."
"Ehm… mi spiegate cosa state
dicendo, in modo che capisca cosa c’entrano un sospensorio con un fantomatico
lavoro di taglio e cucito sul cavallo dei tuoi pantaloni?" chiese Benji,
continuando a nascondere il suo disappunto per il legame molto forte che legava
Martina a Tom.
"Oggi gli ho rotto la
cerniera dei pantaloni, che si era incastrata, in piazza; sono scappata per
salvarmi ma lui mi ha acchiappata su un ponticello e siamo caduti in acqua, dove
la cerniera si è rotta del tutto e si sono strappati i jeans; io gli ho
rattoppato i jeans come potevo poi hai telefonato tu e ci siamo fatti prendere
dalla fretta. Credo che questo sia un resoconto breve ma abbastanza
soddisfacente della situazione dei suoi pantaloni" disse Martina, parlando come
una mitragliatrice in piena attività.
"Ma non respiri mai?" chiese
Benji, scoppiato al ridere nel sentire a quale velocità parlava la ragazza.
"Ti abituerai" disse Tom, che
nel frattempo era arrossito.
"E cosa c’entra il
sospensorio?"
"Se l’è messo per evitare che
nel rammendo gli facessi del male" disse cristallina Martina.
Fu a quel punto che Benji
scoppiò a ridere come un pazzo, incurante degli sguardi che gli altri
passeggeri, assonnati, che lo guardavano con aria omicida, data l’ora tarda.
"Martina, sei troppo forte! –
esclamò il portiere – Raccontami ancora che cosa fa Tom in Italia."
Fu così che Martina gli
raccontò per filo e per segno il modo in cui Tom si era dichiarato quel dieci
febbraio e la trovata dei suoi compagni, la mitica maglia con la scritta di
spray rosso “Megafono Umano ti amo… ma grida un po’ più piano, o ci spaccherai i
timpani”.
"L’hai ancora quella maglia,
Tom?" chiese Benji, interessato.
"No. Scomparve, dopo quella
partita, e non l’ho mai più vista" disse Tom, accarezzando i capelli di Martina,
la cui testa, piano piano, era scivolata sulla sua spalla.
"Te la saresti messa anche la
partita successiva?" gli chiese il portiere.
"Non so. Ma è stata molto
importante per noi e mi sarebbe piaciuto tenerla come ricordo."
Guardò la sua ragazza e vide
che aveva in faccia un sorriso colpevole.
"Ce l’hai tu, non è vero,
Martina?"
"Era dedicata a me!"
"Non me l’avevi mai
detto."
"E tu non me l’avevi mai
chiesto."
"Ma come hai fatto? Insomma,
me la sono tolta per andare a fare la doccia e dopo… non c’era più" disse Tom,
pronunciando con un tono tra il trasognato e il terrorizzato le ultime tre
parole.
"Io mica mi vergogno!"
"Vuoi dire che…?" chiese Tom,
con voce sempre più strozzata, ridotta quasi a un sibilo.
!Stavate tutti sotto la
doccia! Mica sono scema ad entrare mentre vi state cambiando o sbirciare mentre
vi stavate facendo la doccia! Lo so che voi ragazzi avete un fragile orgoglio
mascolino da difendere. Scusate, ragazzi, chiudo gli occhi solo per un… attimo"
disse Martina.
Poi chiuse gli occhi e, nel
giro di pochi secondi, il respiro di lei si fece lento e regolare.
Era crollata come una pera
cotta.
Tom sorrise, continuando ad
accarezzarle con dolcezza i capelli.
Benjamin Price 2
Marzo ore 01:23 AM
Che
ragazza straordinaria! E’ fantastica! Ed è ormai chiarissimo nella mia testa:
sono a dir poco geloso della fortuna che ha avuto Tom, a trovare una ragazza del
genere, in giro per il mondo. E, può starne certo, non lascerò portarmi via un
gioiello del genere senza aver lottato. Io VOGLIO che quella ragazza molli Tom e
si metta con me. Sarà mia. Oh, ma continua ad accarezzarla? Ma me lo fa apposta,
allora. Vuole forse farmi ardere dalla rabbia? Oh, Benji, ma che razza di
discorsi stai facendo! Stai pianificando con rabbia di rubare la ragazza ad uno
dei tuoi amici più cari e cominci a non sopportare l’idea che il loro rapporto
possa essere più solido del tuo desiderio di averla per te. Come stai cadendo in
basso, Benjamin Price!
"Sembra quasi un angelo sceso sulla
terra, quando dorme. Vedi Benji, cosa subisco io tutti i giorni? La mia piccola
peste una ne pensa e centomila ne fa. Ma è tanto dolce!" disse Tom, dopo qualche
minuto di silenzio.
"Si vede che la ami davvero
molto."
"Farei di tutto per lei."
"Il vostro non è il piatto
rapporto di coppia tipico dei ragazzi moderni. Siete, allo stesso tempo, amici,
fratelli e fidanzati. Ed è una bella cosa. Che la noia non s’infiltri nel vostro
rapporto."
Benjamin
Price 2 Marzo 01:29 AM
Quanto sei falso, Benji! Tu aspetti soltanto che questa idea si avveri, e non il
contrario.
"Non la lascerei mai sola. Mi chiedo come ho
fatto senza di lei, tutto questo tempo. E’ come se fosse una parte del mio io,
persa da tanto tempo e finalmente ritrovata. Quanto amo il suo solo esistere!"
disse il centrocampista, lanciando uno sguardo affettuoso alla ragazza
addormentata.
"Anche lei ti ama
immensamente."
"Lo so."
"Come va la carriera?"
"Bene. Anche troppo."
"Cosa vuoi dire?"
"Che mi cercano molti grandi
club di serie A."
"Non è una buona cosa?"
"No, ora che c’è lei."
"Capirà."
"No, non credo."
"Ma dovrà accettarlo."
"Neppure questo farà."
"Allora cosa?"
"Quello che ha fatto anche
questa volta. Mollerà tutto per potermi seguire fino in capo al mondo."
"Ne sei sicuro?"
"No. Ma se lei non lo farà,
lo farò io."
"Saresti disposto a lasciare
il mondo del calcio soltanto per non lasciarla ad aspettarti?"
"Esattamente."
"Non te lo lascerà fare, se
ti ama davvero."
"Neppure io dovrei lasciarla
fare, se la mettessimo su questo piano."
"Sei proprio cotto, Tom."
"Non voglio deluderla. Non
voglio spezzare la promessa di restare per sempre con lei."
"Sono promesse che si fanno,
Tom. Tutti possiamo romperle."
"Ma io non lo voglio fare. E’
troppo importante per me. Non voglio deluderla."
"Credo che se ti clonassero,
tutte le ragazze del mondo farebbero la fila per avere una tua copia. Non credo
che n’esistano molti, di ragazzi leali e capaci di sacrificio come te, Tom."
"Adesso smettila con i
complimenti, Benji. Mi fai pensare a male! Io, comunque, amo solo la mia
Martina."
"Su questo non avevo
dubbi."
Benjamin
Price 2 Marzo ore 01:31 AM
Purtroppo non posso fare leva su questo. Tom è troppo innamorato di questa
ragazza.
"Non avrei mai immaginato di poter
voler bene così tanto ad una persona."
"Lo so, è una cosa
incredibile."
"Che cosa nascondi, Benjamin
Price?"
????????? 2 Marzo ore
01:32 AM
Oh
no! Si è accorto che ci sono! E ora cosa faccio? Uscire o restare qui dietro? E
Benji? Se la prenderà se esco solo ora? Mi aveva detto di stare accanto a lui ma
ho preferito stare qui. No, non posso uscire allo scoperto. Ma che dico! Mi ha
già scoperto questo ragazzo. Credo proprio che dovrò affrontare gli amici di
Benji, prima o poi, quindi è meglio ora, dato che questo qua ha scoperto che
sono qui e nascosta. Spero solo che Benji non mi odi. Non riuscirei a sopportare
la vita, sapendo che per me lui prova odio. E’ troppo importante il suo
sostegno, per vincere la mia battaglia.
"Sì, hai ragione, ragazzo. Lui sta
nascondendo qualcosa, su questo aereo. E’ me, che Benjamin nasconde" disse una
ragazza, dietro di loro, con voce sottile e quasi dispiaciuta.
Capelli cortissimi e lisciati
con il gel, di un biondo talmente chiaro da sembrare argento filato ed occhi
grigi e brillanti facevano bella mostra sul volto affilato di una ragazza più o
meno della loro età.
"Tom, ho il piacere di
presentarti Colette" disse il portiere, sorridendo alla nuova venuta.
Benjamin
Price 2 Marzo ore 01:33 AM
Finalmente si è decisa ad uscire da là dietro! Certe volte è davvero una
sciocca. Aveva paura di fare conoscenza con loro, ma, in fondo, è naturale. E’
molto timida.
Tom Becker 2 Marzo ore 01:33 AM
Ma…. Ma è una ragazza! E se conosce
Benji, si vede che è in sua compagnia. Che sia la sua ragazza? O lo è, oppure
non so proprio spiegarmi che diavolo ci faccia su quest’aereo. E poi, lo
scorbutico Benji che si porta in aereo una ragazza? E’ una cosa incredibile. Se
Holly lo sapesse, credo che il poveretto sverrebbe dalla
sorpresa.
Il ragazzo guardò il suo amico
portiere, poi la ragazza, e di nuovo Benji, poi scoppiò a ridere così forte che
riuscì a svegliare Martina, che gli lanciò un acuto sguardo assassino.
"Piacere. Il mio nome è
Colette Montgomery" disse la ragazza con un timido sorriso sulle labbra,
porgendo la mano ossuta verso Martina e Tom.
"Io sono Tom Becker" disse
Tom, sfoderando uno dei suoi abituali sorrisi smaglianti.
"Il mio nome è Martina
Maroni" disse la ragazza, stringendo con calore la mano della ragazza.
"Tu sei un vecchio compagno
di squadra di Benji, vero?" chiese lei, timidamente.
"Sì. Senti, il posto accanto
a Benji è libero. Perché non ti siedi lì?"
La ragazza arrossì e scosse
la testa.
"Dai, non essere timida"
l’incoraggiò Martina, con gentilezza ed un sorriso dolce in volto.
"Posso davvero, Benji?"
chiese la ragazza.
Colette
Montgomery 2 Marzo 01:35 AM
Ma
che razza di domanda gli faccio? Mi aveva detto lui di sedermi lì, ed io prima
ho rifiutato! Però, sarà ancora della stessa opinione?
Il portiere annuì e il volto della
ragazza s’illuminò mentre si metteva a sedere tra il portiere, che le aveva
ceduto il posto, e la ragazza italiana.
Era molto magra ed alta quasi
quanto Benji, e, con la carnagione pallida, gli occhi grigi ed i capelli
biondissimi, sembrava quasi un elfo, se non fosse stato per quel sorriso che la
illuminava.
"Allora, Colette, raccontaci
di te" l’incalzò Martina, appoggiandole una mano sulla spalla.
"Che dire? Mi chiamo Colette
Montgomery, ho sedici anni e abito ad Amburgo. Sono la figlia del presidente
dell’Amburgo Calcio."
"E questo spiega dove vi
siete incontrati" disse Martina.
"Parrebbe, ma non è così -
disse Colette, con un po’ d’imbarazzo – E’ stato all’ospedale che io ho
conosciuto Benji."
"All’ospedale?"
"Sì. Sapete, io ho sofferto
d’anoressia, per un periodo" disse cristallina la ragazza, con un sorriso triste
in volto.
Martina e Tom rimasero
interdetti da quella candida dichiarazione: non era cosa da tutti ammettere a se
stessi e agli altri di avere dei disturbi alimentari di quella gravità,
tantomeno a delle persone appena conosciute.
Colette
Montgomery 2 Marzo ore 01:36 AM
Ma…
io… ho raccontato il mio segreto senza neanche rendermene conto. Sono felice,
però. Sento che di loro mi posso fidare, e forse è stato il mio istinto a
spingermi ad essere completamente sincera nei loro riguardi. Sì, credo di aver
fatto bene a dire la verità e racconterò loro tutta la mia storia senza omettere
un solo avvenimento. Lo sento, loro mi sono amici, ed amici come non se ne
trovano molto facilmente.
Benjamin
Price 2 Marzo ore 01:36 AM
L’ha ammesso candidamente davanti a degli estranei! E’ quasi incredibile che
l’abbia fatto. Forse si fida di loro perché Tom è anche amico mio. E magari la
schiettezza di Martina ha facilitato le cose. Sono contento, però, che si sia
fidata di loro.
"Benji era venuto a controllo da un celebre
ortopedico, dato che aveva avuto un lieve infortunio in allenamento, e per il
corridoio incontrò mio padre, che stava male per me. Lui cercò di consolarlo e
mio padre gli raccontò tutto ciò che mi era successo. Ero svenuta in classe,
quel giorno, e lui si sentiva responsabile del mio malessere, pensando che
l’avessi fatto perché mi sentivo trascurata. Sapete, mia madre mi abbandonò a
lui quando avevo sette anni, per andare a lavorare a Praga in un’importante
industria di moda. Da quel momento i loro rapporti si sono raffreddati fino al
divorzio, quando avevo nove anni, e lei decise che non avrebbe mai più voluto
rivedermi. Io non la presi molto bene e decisi che avrei riacquistato il suo
amore assomigliando alle cose più care che aveva al mondo, le sue modelle dalla
linea perfetta. Lo so, sono stata una sciocca a fare ciò che ho fatto, ma in un
primo momento io credevo veramente che questo gesto avrebbe potuto aiutarmi ad
avere nuovamente l’amore di mia madre. Ma dopo quel giorno, ho capito di aver
sbagliato, e, grazie a Benji e mio padre, essendo solo loro a conoscenza della
mia malattia, sono uscita da quel baratro e lentamente mi sto riprendendo. Non
sono ancora del tutto fuori, ma sono a buon punto. Sapete, Benji mi è stato
sempre accanto, durante le sedute dal nutrizionista e dallo psichiatra."
"Allora, da quanto è che
state insieme?" chiese Martina.
Colette arrossì
violentemente, mentre Benji cominciò a boccheggiare come un pesce fuor
d’acqua.
"Noi non stiamo insieme! -
disse Colette, con veemenza – Sono venuta con lui perché ho sempre sognato di
andare in Giappone e Benji è stato d’accordo al portarmi con lui."
"Per una volta tanto, hai
toppato, Martina" disse Tom, vedendo l’espressione delusa della sua ragazza.
"Lo so, che non è per un
viaggio di piacere che andate lì, ma Benji ha accettato ugualmente di portarmi
con sé ed ha convinto anche me stessa che era un’occasione da non perdere"
continuò, con voce debole, la giovane tedesca.
"Vedrai, nonostante tutto
riuscirai a divertirti" disse Tom, nel tentativo di sollevarle il morale.
"Un funerale resta sempre un
funerale" rispose Colette, con gli occhi lucidi.
"Dai, Colette, non piangere.
Non devi" disse Benji, facendola appoggiare alla sua spalla, con non poco
imbarazzo.
Benjamin Price 2
Marzo ore 01:41 AM
Eccola di nuovo, quella sensazione. E’ un forte calore, ed è capace di
trasmettermelo soltanto Colette. E’ un affetto talmente grande… ma sarà amore?
No, il mio deve essere affetto fraterno, e non amore. Non posso essermi
innamorato di lei.
Tom e Martina si guardarono, sul punto
scoppiare a ridere nel vedere la faccia di Benji, seria come sempre ma diventata
un unico colore con il suo inseparabile cappellino rosso.
"Testa Dura, credi che sia
ora di dormire?" chiese Martina.
"Dico di sì, Megy."
"NON OSARE CHIAMARMI MEGY [NdMartina: tanto più che dopo mi s’infuria anche
la
Mentina!]!" disse la ragazza, offesa ma con un mezzo
sorriso sulle labbra, dando uno scappellotto a Tom.
"Hai ragione, Megafono
Umano!"
"Tom!"
"Ma è vero!"
"Adesso non farmi la solita
sceneggiata da lecchino patentato su quanto la mia voce forte ti piaccia, perché
da oggi in poi si cambia, caro mio! Non ci casco più nella tua trappola."
"Ma come? Non vuoi che ti
faccia ancora i complimenti sulla tua voce melodiosa come un usignolo."
"Non attacca!"
"Ma io non sto facendo
lecchinaggio!"
"Ah no? Stai soltanto oliando
gli ingranaggi che fanno spostare i sedili in avanti e indietro, allora."
Quest’ultima battuta fece
azzittire Tom, che in compenso si mise a fare la faccia da cane bastonato,
guardando negli occhi la ragazza con un’aria talmente mogia da spezzare il
cuore.
Cercò di resistere, ma era
troppo dolce l’aria assunta da Tom, così la ragazza battè un pugno sulla gamba
per stizza, poi disse:
"E’ sleale, però, puntare
sulla pietà, Tom."
"Mi perdoni?" disse,
mantenendo la stessa aria derelitta.
"Sì, Tom" sospirò la ragazza,
prima di abbracciare il suo ragazzo ed essere ricambiata.
Colette, nel frattempo, li
aveva visti ed era arrossita, sentendosi indiscreta, poi Benji le aveva
appoggiato una mano sulla spalla, scosso la testa e sorriso dolcemente,
facendole cenno che, come aveva notato, quei due erano delle persone davvero
speciali per quanto riguardava il loro rapporto di coppia, ma alla ragazza non
sfuggi una strana luce negli occhi del portiere. Una luce che le faceva male più
di mille coltelli.
Colette
Montgomery 2 Marzo ore 01:46 AM
Lo
sguardo di Benji… è così strano, ed ho anche capito cosa nasconde. Quella strana
luce che li illumina è quella emanata una gelosia fortissima nei confronti di
Tom. Non ci sono dubbi. A Benji piace Martina. Purtroppo.
"Sicuramente sei stata con le cuffie
per quasi tutto il tempo, vero?" le chiese il portiere.
"Sì. Non volevo ascoltare le
vostre conversazioni."
"Sei sempre la solita, dolce
ragazza che tenta di lasciare agli altri la massima libertà e riservatezza"
disse, sempre sorridendo, il ragazzo, scompigliandole i capelli con una
mano.
Benjamin
Price 2 Marzo ore 01:47 AM
Non
c’è che dire. Martina è una bomba d’allegria e simpatia, ma Colette è la ragazza
più dolce che io abbia mai conosciuto. Prima d’incontrare Martina, pensavo di
dichiararmi a Colette, ma ora non ne sono più molto sicuro. Devo soppesare tutti
i pro e i contro delle due ragazze, ma non ora. Prima di farlo devo conoscere
meglio Martina e vedere come si comporta Colette insieme agli altri. Come
faccio, però, a scegliere una di loro due!
"E’ buon educazione" rispose la tedesca.
"Non avevo dubbi in
proposito. Non fare caso a loro. Sono innamorati pazzi. E, come avrai notato, lo
sono nel vero senso della parola."
La ragazza sorrise, poi fece
uno sbadiglio mastodontico.
"Ti conviene seguire il loro
esempio" disse Benji, accennando a Tom e Martina, che, quasi sicuramente per
caso, data l’estrema timidezza di Tom, si erano addormentati stretti
nell’abbraccio.
Colette colse al volo che
Benji intendeva dire il dormire, così appoggiò la testa contro il sedile e
chiuse gli occhi, così come fece il portiere.
Era passato qualche minuto
quando Benji riprese la parola.
"Colette, stai dormendo?"
"Non ancora."
"Sei felice?"
"No. Mi dispiace molto per i
tuoi amici."
"Ma se non fosse per quello,
come saresti?"
"Al settimo cielo. Ho sempre
sognato di visitare il Giappone."
"Ed ora realizzerai questo
sogno. Per qualche giorno resteremo lì e tu potrai fare la turista per quanto
vorrai. E avrai anche una guida d’eccezione, per la grand’occasione."
"E chi?"
"Ma me, naturalmente."
"Ti … ti ringrazio Benjamin"
disse la ragazza, avvampando di piacere.
"Come mai sei diventata
rossa?"
"E’ che sei sempre così
gentile con me ed i tuoi amici… così diverso da come appari in campo…"
"Non amo esprimere le mie
emozioni quando sono circondato di persone che conosco solo marginalmente."
"Sei stato molto spigliato
con loro. Non ti avevo mai visto così."
"Tom è un mio grande amico e
la sua ragazza è davvero molto simpatica, anche se mi sembra un uragano."
"E’ allegra e spigliata. Una
dote che io non ho. Sono sempre così goffa…"
"La timidezza non è un
difetto, Colette."
"Ma non è neppure un pregio,
in certe occasioni."
"Ma ti sei trovata a tuo agio
con loro?"
"Sì. Sono dei bravi
ragazzi."
"Sono molto più che bravi
ragazzi. Sono dei veri amici."
"E tra loro si vogliono molto
bene. Si sentono importanti l’uno per l’altra, ma non come semplici innamorati.
Sono molto di più, lo sento. Chissà se un giorno potrò mai avere un rapporto del
genere, con una persona… ma non credo. Sono troppo chiusa per una cosa del
genere."
"Io credo che invece ce la
faresti. Dovresti solo avere più fiducia in te stessa, e tutto andrebbe nella
direzione che desideri."
"Dici, Benji?"
"Certamente."
"E tu? Vorresti avere con una
persona un rapporto come il loro?"
"Sì, mi piacerebbe, ma non
con una come Martina. E’ un ciclone e se tutte le ragazze fossero così… povero
mondo! Tutti noi ragazzi ci ritroveremmo al manicomio. E’ a questo che servono
le ragazze come te, Colette. A soddisfare le richieste dei ragazzi che amano in
una ragazza non la spigliatezza, ma la dolcezza di maniere."
"E tu?"
"Io cosa?"
"Non sei un tipo da
tornado?"
"Ma per carità! Non voglio
finire scemo nel giro di una settimana!"
"Allora quale tipo
preferisci?"
"Una ragazza dolce, pacata e
calma, come la neve che a volte ti capita di vedere all’alba. Immacolata e
intatta, senza nessuna impronta sulla sua superficie, eppure con il fascino
donatole dalle prime luci, con quel gioco di tonalità calde e fredde che
t’incanta."
"E’ davvero una bellissima
frase, Benji."
"Grazie, Colette."
"Allora tu vorresti una
ragazza calma?"
"Sì. Sono già tanto
turbolento per conto mio…"
Colette sorrise, e lo stesso
fece Benji.
"Dici che è ora di dormire?"
chiese il portiere.
"Credo che sia
auspicabile."
"Che ore sono?"
"Le due e tre minuti del due
Marzo."
"Allora saremo lì che il tuo
orologio segnerà le undici del mattino."
"Già, ma laggiù saranno come
minimo le sette di sera."
"Prepariamoci all’effetto
jet-lag."
"Già" disse la ragazza,
chiudendo di nuovo gli occhi.
"Buonanotte Colette."
"Buonanotte Benji."
Colette
Montgomery 2 Marzo ore 02:04 AM
Lo
so, Benjamin mi ha mentito su Martina. Credo che gli piaccia molto, nonostante
non l’abbia riempita esattamente di lodi. Ma perché mi fa questo? Io non
pretendo di essere la sua ragazza, e non pretendo nessun rapporto amoroso con
lui, ma almeno dimostrarsi mio amico sincero e dirmi apertamente a cosa pensa.
Anche se la verità potrebbe ferirmi più delle sue omissioni e delle sue
bugie.
Benjamin Price 2 Marzo ore
02:04 AM
Io…
cosa devo fare? Sono molto attratto da Martina, anzi, sono morbosamente attratto
da Martina, ma, parlando con Colette e tentando di nascondere il mio interesse
per quell’italiana, mi sono reso davvero conto che per lei è solo una questione
d’attrazione fisica e di desiderio d’emulazione per le gesta di Tom e Holly, che
quei difetti che ho elencato a Colette sono veri e che è la verità quella che le
ho detto. Era tutta verità quella che le ho detto. Ora sarà solo il tempo a
darmi conferma di queste mie emozioni contrastanti, anche se, credo che con
Martina potrebbe essere solo una questione d’attrazione, mentre con Colette...
come andrebbe se ci provassi con Colette? Ah, ma che razza di confusione ho in
testa! Non ci capisco più niente!
Il portiere riaprì
un poco gli occhi, osservando la tedesca a cui aveva dedicato tanto tempo in
quegli ultimi tempi ed era entrata in punta di piedi nel suo cuore, e
l’italiana, piombata nella sua vita come un tornado ed entrata nel suo cuore
come un panzer, spazzando via ogni certezza sui sentimenti che provava per la
filiforme tedesca. Sì, era indubbiamente la situazione più spinosa in cui si
fosse mai cacciato in vita sua.
"Allora Raiden… hai dormito
bene?" chiese Bruce, entrando piano nella stanza dell’uomo.
"Sì, a parte… lui – disse,
accennando all’uomo, il padre di Bruce, che dormiva abbracciato ai suoi
pantaloni – E’ stato tutta la notte a ripetere e a parlare. Persino nel sonno
ripeteva il mio nome!"
"Te l’ho detto che è un tuo
gran fan!"
"Non ne ho più dubbi su
questo fatto."
"Ti ha fatto firmare qualche
altro autografo?"
"Sì."
"E dove? Non mi pare che ci
siano dei pezzi di carta in giro per la stanza. Cosa ti ha fatto
autografare?"
"Vediamo un po’…. Apri la
finestra e capirai."
Il ragazzo fece come gli era
stato detto e rimase senza fiato nel vedere che attorno a lui le pareti ed il
pavimento erano tappezzati di firme, oltre naturalmente al futon in cui Raiden
aveva dormito.
"Tuo padre ha detto che d’ora
in poi questa sarà la stanza Raiden, dove nessuno più dormirà e verrà eretto un
altare votivo dopo la mia morte. Quando l’ha detto, ho fatto corna e bicorna,
toccando ferro. E’ un tipo di scaramanzia che ho imparato in uno dei miei
numerosi viaggi. Mi pare che quella di questo genere sia in uso in Italia o giù
di lì."
Bruce era sbiancato ed aveva
gli occhi sgranati, nel sentire fino a che punto il padre ammirasse
quell’uomo.
"E’ completamente pazzo!"
"Ah, me ne sono accorto"
concordò Raiden, guardando il padre di Bruce dormire avvinghiato come una cozza
ai suoi pantaloni, con un’espressione di profonda beatitudine in volto.
"Gli dirò di non esagerare.
E’ davvero troppo ossessionato dalla tua persona!"
"No no! Mi fa piacere il modo
in cui mi ammira ma diciamo che è troppo…"
"Appiccicoso, giusto?"
"Parole sante, Bruce. Sai,
credo che stasera me n’andrò a casa. Per carità, tuo padre è una gran brava
persona, ma mi sembra un po’ troppo appiccicoso ed ossessionato da me."
Detto questo i due si
diressero nella cucina, dove la signora Harper li aspettava a tavola.
Aveva preparato una colazione
degna di un re, con pancetta affumicata, uova sode e riso bianco.
"Prego, signor Raiden, si
accomodi pure. Finchè resterà qui, sarà nostro ospite e avrà sempre lauti pasti.
Anzi, ho un’idea migliore. Signor Raiden, lei vive da solo, non è vero?"
"Sì."
"Allora perché non si
stabilisce qui. Le giuro che sarà sempre soddisfatto del servizio."
Fianco a fianco l’uomo e il
ragazzo si sedettero attorno al tavolo.
Raiden, in un attimo in cui
la donna non li osservava, sussurrò rapidamente all’orecchio di Bruce:
"Senti Bruce, puoi
dimenticare le parole che ho appena detto?"
Lui annuì e sorrise,
divertito.
Oramai era giunta l’ora
di fare colazione e, mentre Roberto si dedicava alla cucina, preparando qualche
panino ripieno e un po’ di succo d’arancia per i due ragazzi che da quasi
ventiquattro ore non toccavano cibo, Holly e Patty, in religioso silenzio, si
dedicavano alla riabilitazione della gamba del ragazzo, nel tentativo di non
pensare troppo alla crudele realtà che li circondava e che, molto presto,
avrebbero dovuto affrontare.
Oliver
Hutton 2 Marzo ore 08:47 AM
Non
ho il coraggio di pronunciare una singola parola. Ho paura di rompere questo
fragile equilibrio che si è instaurato tra noi. Se parlassi, forse nella sua
mente tornerebbero ad affacciarsi quelle maledette immagini di ieri, ed io non
voglio che soffra ancora. Devo proteggerla. Forse non posso certo salvarla da
tutto il dolore che le sta provocando questa situazione, ma posso ugualmente
tentare di alleviare almeno in parte il suo patimento.
"Holly…"
Il sussurro quasi
impercettibile di Patty giunse alle orecchie del ragazzo, strappandolo
bruscamente dai suoi pensieri.
"Sì?"
"Perché sei così
silenzioso?"
"Non lo so" rispose lui, con
semplicità.
"Ti va di parlare?"
"A te va?"
"Io… io… non lo so. Vorrei
tanto parlare ma… ma poi non ho più le parole. E’ come se scomparissero dalla
mia mente, per proteggermi. Come se parlarne, riaprisse la ferita."
"Ti capisco. Anche io provo
la stessa cosa."
"Cosa faremo, adesso? Cosa ne
sarà di noi?"
"Che vuoi dire?"
"Dove vivremo? Lo stato ci
lascerà essere indipendenti? Oppure verremo mandati in una casa famiglia oppure
in un istituto? Se così fosse, ci separeranno, non è vero Holly?" disse Patty,
continuando a fissare la gamba del ragazzo, per nascondere le lacrime.
Holly rimase interdetto,
fissando la testa bruna della sua ragazza e la fasciatura che gli stava
facendo.
Improvvisamente, vide
apparire macchie più scure sulla candida stoffa.
Patty stava piangendo.
"Io non permetterò a nessuno,
di portarti via, Patty. Io e te resteremo insieme per sempre, hai capito?"
"Holly…"
"Venderò la casa dei miei
genitori e con quei soldi riusciremo a tirare avanti per un po’. E io andrò
anche a lavorare. Vedrai, Patty, noi ce la faremo a restare insieme. Niente e
nessuno potrà mai separarci, perché finchè i nostri cuori saranno uniti dagli
stessi sentimenti non saremo mai senza l’altro [NdA: lo
so, questa frase è tremendamente sdolcinata]."
"Andrò io a lavorare. Tu devi
solo pensare a far guarire la tua gamba" disse Patty, con sicurezza, mentre
alzava lo sguardo sul ragazzo e si asciugava gli occhi con una manica.
"Nessuno di voi lavorerà,
ragazzi, e neppure verrete separati" disse Roberto, entrando nella stanza con un
grosso piatto pieno di panini.
"Cosa vuoi dire, Roberto?"
chiese Holly.
"Che andrò io a lavorare,
essendo il tuo tutore fino ai diciotto anni d’età, Holly. Avevo fatto domanda
per il posto di allenatore della New Team, qualche tempo fa, ed ero venuto qui
proprio per prendere servizio, a partire da lunedì prossimo."
"Cosa?" sussurrò Holly,
stupito.
"Sono il nuovo
allenatore."
"No, intendeva dire quella
prima" intervenne la ragazza, anticipando Oliver.
"Holly, tuo padre ha svolto
tutte le pratiche prima che io partissi per il Brasile, quando tu eri ancora un
undicenne molto promettente. Io sono il tuo tutore legale e sarai sotto la mia
tutela fino alla maggiore età."
"E Patty?"
"Certo, se ci fosse la firma
di un qualche parente… ma in fondo è quasi maggiorenne…"
"Cosa?" chiesero all’unisono
i ragazzi.
"C’è un modo per cui non
venga affidata ad un istituto oppure a dei parenti, oltre a non essere
dipendente dallo stato, ma non so se andrebbe bene. E poi, è una cosa molto
seria…"
"Cosa vuoi dire, Roberto?
Sputa il rospo" disse Patty.
"Lo vuoi proprio sapere?"
"Sì."
"Dovreste sposarvi."
Patty, con lo sguardo
stralunato, passava ripetutamente da Roberto a Holly, il quale, bianco come un
cencio, lo guardava a bocca spalancata.
"Ehi, siete stati voi a voler
sapere questo metodo!"
Lo sguardo dei ragazzi rimase
uguale.
"Ehi, vi siete
incantati?"
"Matrimonio?" sussurrò
Holly.
"Sì."
"Non è una buona pensata"
intervenne la ragazza, scatenando il disappunto del suo ragazzo.
Oliver
Hutton 2 Marzo ore 09:07 AM
Patty… non… vorrebbe… sposarmi? No, non è possibile. Non può avermi detto così a
bruciapelo una cosa del genere. Io vorrei tanto, invece. Ma perché non vorrebbe
farlo? Cosa la spinge a dire di no? Insomma, lei mi ama, giusto? Allora perché
non dovremmo coronare il nostro sogno d’amore con il matrimonio? Cosa c’è di
sbagliato nello sposarsi? In fondo, siamo già conviventi. Cosa ci costerebbe a
fare un passo in più? Ha forse paura che io non la ami abbastanza perché ancora
non l’abbiamo fatto? No, Patty non è una tipa del genere. Oppure lo è? Che sia
questa nostra timidezza nel rendere il nostro rapporto da platonico ad intimo a
farla desistere dallo sposarmi?
Roberto, vedendo la faccia ancora più scioccata
del suo pupillo, fece cenno a Patty di seguirlo nell’altra stanza.
"Patty, ho la sensazione che
Holly c’è rimasto un po’ male da questo tuo rifiuto al matrimonio."
"L’ho notato anche io e non
capisco perché mai."
"Credo che lui fosse
favorevole."
"Dici?"
"Dico di sì."
"Ma io non volevo che ci
restasse male."
"Perché hai subito detto di
no, allora?"
"Roberto, siamo ancora troppo
giovani per il matrimonio ed io non mi sento pronta a questo. Abbiamo soltanto
diciassette anni e stiamo insieme da sole due settimane. Inoltre, non potrei mai
sposarmi adesso. Vorrei attendere ancora qualche tempo. Il nostro rapporto è
ancora acerbo e non vorrei metterlo alla prova in questo modo. Per questo ho
detto no."
"La definizione acerbo mi fa
capire che ancora non siete diventati, come si suol dire, amanti."
Patty, a quelle parole,
divenne rossa come un peperone e guardò il brasiliano con due occhi che parevano
tizzoni ardenti.
"Calma, non attaccare" disse
lui, tirandosi indietro e scotendo le mani, come per allontanare la ragazza.
"Ma come osi farmi una
domanda del genere, Roberto?! E’ una cosa molto intima e personale!"
"No, vero?" disse lui, come
se fosse la cosa più innocente del mondo.
"No" disse piano lei,
tirando un sospiro ma lanciando all’allenatore un eloquente sguardo di
fiele.
Patricia
Gatsby 2 Marzo ore 09:12 AM
Ma guarda tu questo qua che razza di domande mi
viene a fare! La prossima volta che lo fa, giuro che lo porto dal
tassidermista.
"Credo che il tuo ragazzo voglia delle
spiegazioni, però" disse Roberto, accennando alla porta, dove era appena apparso
Holly, che per tenersi in piedi si reggeva allo stipite della porta.
"Holly! Ma sei matto? Ti ho
detto che devi stare fermo e seduto" disse lei, prendendolo per un braccio e
aiutandolo a tornare nel salotto per mettersi a sedere sul divano.
Roberto, da dietro, li
fermò.
"Patty, credo che sia meglio
trasportarlo di sopra. La colazione ve la verrò a portare più tardi."
Così i due ragazzi, con non
poca fatica, si recarono al piano superiore, dove Holly fu messo a sedere sul
letto, imitato subito dopo da Patty.
A parte quell’esclamazione
di Patty, i due non si erano mai rivolti la parola dalla discussione con
Roberto.
Fu Patty quella a prendere
l’iniziativa, notando che il ragazzo non accennava ad aprire bocca.
"Cosa ti è dispiaciuto,
Holly, di ciò che ho detto? Spiegami in che modo le mie parole ti avrebbero
ferito. E’ forse stato il modo in cui l’ho detto?"
"No."
"Allora cosa?"
"La rapidità con cui hai
risposto. Hai scartato subito l’idea e non hai chiesto cosa ne pensassi io."
"Perché tu vorresti…?"
"No!"
"Allora?"
"L’hai detto con talmente
tanta fretta… e poi…"
"Poi cosa?"
"Perché no?"
"Cosa?!"
"Perché non farlo, se ci
separerebbero in caso contrario?"
"Mi sposeresti solo per
farmi restare qui?"
"Sì!"
"Io non accetterei,
però."
"E perché?"
"Perché…ecco…"
"Non mi ami?" chiese lui,
terrorizzato.
"Holly, se io non ti amassi,
non credi che ti avrei lasciato perdere già da un bel pezzo?"
"Allora perché?"
"Holly, io voglio sposarmi
per amore, quando mi sentirò pronta, e non perché una stupida carta dice che se
non ci sposassimo, io dovrei andarmene da questa casa e lasciare tutte le
persone care che ho in questa città. Non lo farei, Holly, sia per me, che per
te."
"Ma perché? Tu mi ami! L’hai
appena detto!" gridò lui, infuriato.
"Sono ancora troppo giovane
per mettere su famiglia! Non mi sento pronta a diventare tua moglie."
"Eppure conviviamo da
due settimane e sembriamo una coppia di giovani sposini! Perché non rendere
quest’illusione, una realtà?"
"Non me la sento, Holly. Non
me la sento proprio di sposarmi con te, in questo momento della mia vita" disse
lei, con voce stanca.
"Ma perché no?"
"Sono in lutto, pezzo di
cretino! E lo sei anche tu, ma pare che a te non importi nulla di ciò che è
accaduto ieri! - esplose, furiosa, la ragazza – Ho perso tutta la mia
famiglia!"
"Cosa c’entra?" chiese
Holly, infuriato anche lui per il fatto che la ragazza avesse tirato fuori
l’argomento.
"Certo che sei proprio
tardo! Come tutte le ragazze innamorate, io sognavo il nostro matrimonio, e ci
vedevo sempre in compagnia dei miei e dei tuoi genitori, uniti in un abbraccio,
nella foto più importante di tutti, quella che avremmo tenuto sulla credenza e
fatto vedere ai nostri figli prima ed ai nipotini poi. Dammi il tempo di
accettare questa nuova realtà, Oliver Hutton! Dammi il tempo di rifarmi dei
sogni! Dammi il tempo di rendermi conto di cosa sarà la mia vita d’ora in poi!
Fammi rimettere a posto i cocci del mio cuore in frantumi! E se non vuoi,
andatevene, tu e Roberto, e non tornare mai più. Andate a casa tua e lasciatemi
vivere, lasciatemi piangere, lasciatemi mostrare il mio dolore! Vattene via,
Oliver Hutton e non tornare mai più, se non vuoi accettare la mia reazione e la
mia decisione di non sposarti, per ora."
Patty era arrivata ad un
punto di tensione talmente alto che le lacrime non avrebbero tardato a scorrerle
per le guance, così fece per andarsene, ma una mano si posò sulla sua prima che
potesse muovere un muscolo, e la strinse con una forza a lei sconosciuta.
"Lasciami! - sibilò la
ragazza – Non voglio parlare con te, per il momento. Dammi tempo."
"Ho capito, sai" disse lui,
con serietà.
"Cosa avresti capito?"
"Che non mi ami."
"Vai a farti fottere" disse
lei, stremata.
"Questa n’è una prova."
"Non fare l’idiota,
Holly."
"No Patty, sei tu a fare
l’idiota."
"Non osare offendermi,
Oliver Hutton."
"Di certo non mi prendo
degli insulti senza rispondere altrettanto."
"Mi spingi tu a farti
questo. Non mi capisci."
"Sei tu a non capirmi!"
"E quando mai non avrei
capito?"
"Non capisci quanto bene io
ti voglia. Non capisci che io ti amo talmente tanto che vorrei arrivare fino a
un certo punto, pur di rendere ancora più saldo il nostro rapporto? Io non sono
una statua, Patty. Sono un uomo ed ho i miei bisogni, eppure non ti ho mai
forzata a fare nulla che tu non volessi fare. Sai cosa ho deciso, Patty? Lo sai
cosa ho deciso di fare, pur di non ferire i tuoi sentimenti? Io ho deciso di
aspettarti. Ti aspetterò fino alla fine del tempo, se è necessario. Piuttosto
che andare con un’altra ragazza, resterei vergine per tutta la vita. Voglio che
la mia prima volta sia con te, così come tutte le altre volte in cui farò
l’amore. Io voglio solo e soltanto te, Patricia Gatsby. Ecco cosa tu non riesci
a capire. Non riesci a capire quanto amore io provi nei tuoi riguardi, perché
non te ne sei mai accorta di questo, non è vero Patty?"
"Tu vorresti…" chiese una
Patty sconvolta.
"Sì, con tutto il cuore, lo
vorrei, ma non te l’ho mai detto perché te lo leggo negli occhi che non sei
ancora pronta."
Patty, stupita e rossa come
un’aragosta, lo guardò [NdA: io non ci trovo nulla di
così eclatante! E’ umano pure lui, no?].
Patricia
Gatsby 2 Marzo ore 9:36 AM
Lui… vorrebbe… ed io… oh… ma… io… Holly vuole… Lui… che ha sempre pensato al
calcio… oppure no… In effetti però… lui ha avuto molto tempo libero… magari… ma
in fondo è normale…. Ha ragione lui… È pur sempre un essere vivente con i suoi
desideri e bisogni… andiamo anche per i diciotto anni, dopo tutto… ma io voglio?
No…. Io non sono pronta… sono ancora così immatura ed infantile… e non mi sento
all’altezza… sarò abbastanza per lui? Io… no, non posso farlo, ora… non me la
sento… e lui se n’è accorto da un pezzo… sono stata ingiusta nei suoi confronti.
L’ho trattato male, quando lui da me voleva una semplice risposta, per dissipare
i dubbi. Devo cercare di spiegarmi. Devo cercare di fargli capire che cosa
volevo dire.
"Scusami, Holly, non avrei mai dovuto dire che
non riesci a capire quello che provo. Sono stata ingiusta nei tuoi
confronti."
"No Patty, sono stato io a
sbagliare. Tu non te la senti di sposarmi, in un momento di lutto, ed io non
avrei mai dovuto prendermela così tanto. Avrei dovuto capire quello che ti
faceva soffrire t’impediva di accettare la mia proposta. Scusami, se ti ho
accusata di non amarmi, ma… ecco… Ero fuori di me e non sapevo cosa dicevo."
"Anche io. Ti ho persino
cacciato di casa!"
"Non fa nulla, Patty.
L’importante, per me, è aver fatto la pace."
"Holly?"
"Sì?"
"Pensavi davvero quello che
dicevi prima?"
"Cosa?"
"Che tu… si, insomma… che
vuoi… che vuoi fare l’amore… con me?"
"Mai stato più serio in vita
mia."
"Sei tanto, tanto caro,
Holly. Ti amo tantissimo!" disse Patty, gettandogli le braccia al collo.
"Cosa ho fatto di speciale?"
chiese lui, mezzo affogato dall’abbraccio della sua ragazza.
"Sei proprio speciale! Un
altro ragazzo sarebbe andato altrove a cercare ciò che voleva, mentre tu mi hai
appena detto che vuoi che la tua prima volta sia soltanto con me. Ti amo, Holly.
Io non posso dirti che questo. Io ti amo da impazzire, Holly. Non ti abbandonerò
mai e insieme ce la faremo a superare ogni avversità, anche la peggiore. Holly,
ti giuro sul mio onore che io farò tutto ciò che mi è concesso per farti tornare
a calcare i campi di calcio ai massimi livelli. Io ho fatto danno, ed io
rimedierò" disse Patty, sciogliendo il boccheggiante Holly da quell’abbraccio
stritolatore.
"Tu non hai fatto nessun
danno, Patty."
"Sì, invece. Io sono stata
l’incosciente e tu ci hai rimesso sei mesi di vita, sei mesi in cui tu hai
lottato contro la morte. Io non posso certo cancellare il passato, ma riuscirò a
farti avere nuovamente un futuro da gran giocatore, Holly. Ce la metterò tutta e
ci riuscirò" disse Patty, stringendo i pugni e sorridendo convinta al ragazzo,
poi si alzò dal letto.
"Dove vai?"
"Guarda che dopo una
rivelazione del genere, io di stare da sola con te in una stanza dotata anche
solo di pavimento, non mi fido più" disse scherzando la ragazza, dando una
sferzata di capelli.
"Patty!"
esclamò Holly.
"Scherzavo, scioccone! - disse lei per risposta, tornando
verso di lui e baciandolo a fior di labbra – Vado di sotto a prendere la nostra
colazione, se no per mangiare dovremo aspettare il pranzo, e, sinceramente, non
credo che il mio stomaco abbia tanta resistenza."
"Roberto non aveva detto che
sarebbe salito lui da noi?"
"Credo che, dopo aver
sentito le nostre orribili urla, ci abbia rinunciato. Pensava che magari ci
saremmo sbranati a vicenda, riducendo a zero le spese per il nostro
mantenimento."
Holly la fissò con aria
sconvolta, poi sorrise e, visto che la ragazza gli stava di fronte, le abbracciò
la vita ed affondò il volto nel suo ventre.
"…Holly, stai bene?" chiese
lei, fissandolo.
"Non lasciarmi mai,
Patty."
"Cosa?"
"Non lasciarmi mai. Ho
bisogno di te come dell’aria."
"Non ti lascerò solo, Holly.
Non preoccuparti. Ma ora, lasciami andare di sotto, che ho molta fame."
In quello stesso momento lo
stomaco della ragazza si fece sentire, scatenando l’ilarità di Holly, che si
staccò, e l’imbarazzo di Patty che, rossa come un peperone, corse in direzione
della cucina, con il risultato di mancare uno scalino e rotolare fino al pian
terreno.
"Ehi, Patty, tutto bene?"
chiese, preoccupato, Roberto.
"Sì, a parte un paio di
centinaia d’ossa rotte, altre quattro o cinque incrinate e un paio d’emorragie
interne."
"Ah, mi preoccupavo!"
"Patty, tutto ok?" chiese
Holly, sporgendosi dal corrimano.
"Sì, non preoccuparti."
"Sei sicura?" chiese lui,
dubbioso, sporgendosi ulteriormente.
"Sì, ti ho detto."
"Sicura sicura?" continuò
lui, sporgendosi anche troppo dal corrimano e perdendo l’equilibrio.
"HOLLY! - strillò
terrorizzata Patty, mentre vedeva il ragazzo cadere giù - Roberto, fa
qualcosa!"
L’uomo per fortuna era a un
paio di metri e riuscì a posizionarsi sotto il ragazzo, nel tentativo di
prenderlo al volo.
La ragazza, in preda al
panico, chiuse gli occhi e se li coprì con le palme delle mani, attendendo il
colpo sordo che avrebbe fatto il suo ragazzo spiaccicandosi contro il pavimento,
ma ciò non accadde. O, almeno, non era un rumore sordo ma una frase del
brasiliano.
"Porco cane ladro! Holly,
togliti subito di mezzo! Non sei mica una leggiadra piuma d’oca!"
La ragazza, timidamente aprì
gli occhi e aprì uno spiraglio tra le mani, per guardare com’era andato il
salvataggio.
Non ci trovò niente da
ridere nel vedere il suo ragazzo, a pancia in giù, svenuto e con un sottile filo
di sangue dalla labbra, sulla schiena del suo vecchio allenatore, che imprecava
e gli intimava di andarsene prima che decidesse di sodomizzarlo o
torturarlo.
"Holly, ti senti bene?"
chiese la ragazza, in pena, trascinando via il ragazzo dalla schiena di
Roberto.
Lui lentamente aprì gli
occhi e disse:
"Bene, ma la mia lingua non
tanto."
Patty sollevò un
sopracciglio, poi disse:
"Non ti fa male
nient’altro?"
"Nulla. Roberto è davvero un
ottimo materasso."
"Grazie per il complimento,
Holly" disse lui, con tono che non lasciava intendere nulla di buono.
"Ok, se non ti sei fatto
nient’altro, posso farlo."
"Cosa?"
"GRIDARTI CHE SEI UN
CRETINO! MI HAI FATTO PRENDERE UN COLPO E CI RIDI SOPRA! E SE NON CI FOSSE STATO
ROBERTO? IO ALL’OBITORIO COME TI CI PORTAVO! NON SEI MICA UNA LEGGIADRA FARFALLA
INCONSISTENTE ED INCORPOREA, OLIVER HUTTON! A PARTE IL FATTO CHE SE TU FOSSI
MORTO… AH, COME SONO INFURIATA!"
"Obitorio? Ho fatto cadute
peggiori!"
"Holly, ti sei leggermente
accorto che sei caduto da almeno sei metri e stai bene come un fiore appena
annaffiato?"
"Erano sei metri?"
"Sì che lo erano! Te lo
confermo io" disse Roberto, mentre si stirava la schiena indolenzita.
"Non c’avevo fatto
caso."
"A parte il fatto che dovevi
startene a letto…"
"Patty, ma non abbiamo già
litigato abbastanza, per oggi?"
"Vero. Credo che per oggi
possa bastare. Allora, continuiamo domani la litigata, oppure il secondo round è
destinato ad un altro giorno? - chiese Roberto, massaggiandosi ancora la spina
dorsale – E ora, voi due, andate a fare colazione, capito?"
I due ragazzi guardarono il
brasiliano, di solito calmo e pacato, che ora li guardava, furente e dolorante,
e capirono che la scelta migliore era quella di lasciarlo stare per un po’,
oppure sarebbe letteralmente esploso.
I ragazzi, in silenzio,
consumarono la colazione, poi Patty portò di nuovo Holly al piano superiore e,
chiudendo a chiave dall’esterno, lo segregò nella sua stanza ed andò ad
occuparsi di Roberto, che nel frattempo si era steso sul suo letto, continuando
a massaggiarsi la schiena.
"Ti fa molto male, Roberto?"
chiese con dolcezza la ragazza, facendo capolino dalla porta.
"Abbastanza."
"Dai, ci penso io.
Posso?"
"Te ne sarei grato."
La ragazza sorrise e, dopo
aver preso un tubetto di crema contro le contusioni, fece togliere la camicia a
Roberto e, massaggiandogli la schiena, gli spalmò addosso la crema.
"Allora, avete parlato?"
"Sì."
"Com’è andata?"
"Ci siamo chiariti."
"Ha capito?"
"Sì, ed anche io ho
capito."
"Cosa vuoi dire?"
"Che anche io non capivo
qualcosa. Non avevo mai capito fino a che punto lui mi voglia bene."
"La cosa si va interessante.
Racconta."
"Cosa dovrei dire? Lui non
aveva capito che ora come ora non me la sento di sposarmi, ed io non avevo
capito che lui … beh, che desiderava che la nostra relazione non fosse soltanto
platonica."
"Certo che la botta in testa
gli ha fatto proprio aprire gli occhi!"
"No. Forse non è stata la
botta. E’ stata la paura di potermi perdere a fargli quest’effetto."
"Cosa intendi dire,
Patty?"
"Voglio dire che un paio di
giorni prima che lui si dichiarasse, io avevo tentato di suicidarmi."
"Cosa?"
"E’ la verità. E’ stato
Holly a salvarmi la vita, quel giorno. Mi ero ubriacata e imbottita di
sonniferi."
"Ma come hai potuto farlo,
Patty?"
"Ero terribilmente giù di
morale, dal giorno in cui Holly mi aveva cacciato dall’ospedale, dopo che scoprì
che erano già due settimane che sapevo il fatto che forse non sarebbe mai più
potuto tornare a giocare a calcio. Io non gliel’avevo detto perché era stato il
medico in persona a chiedermi di tacere, dato che c’erano ancora possibilità di
ripresa, ma lui lo scoprì e mi odiò per questo. Non ci siamo visti per dei
mesi."
"Quando vi siete
rivisti?"
"Il giorno del tentativo di
suicidio, il quattordici di Febbraio."
"Il giorno di san
Valentino?"
"Sì."
"L’avevi chiamato?"
"No. Lo fece di sua
spontanea volontà. E fu una fortuna."
"E’ da allora che abita
qui?"
"Sì. Ha avuto paura che
potessi cadere di nuovo in depressione."
"E tu?"
"Credo che fosse stata solo
una fase. Anche adesso, che il dolore per la perdita dei nostri genitori è così
fresco, non mi sento così triste come nei giorni in cui sapevo che Holly mi
odiava."
"Sono felice che tu la stia
prendendo non troppo male."
"Cerco di farmi forza."
"Allora, come è andata,
poi?"
"Holly mi ha salvato la vita
e, il sedici di febbraio ci siamo dichiarati. Sai, dormii fino a quel
giorno."
"Dovevi aver preso davvero
parecchio sonnifero."
"Sì, ne avevo preso
moltissimo ed avevo bevuto anche parecchio."
"Stavi proprio male."
"Sì. Mi sentivo in colpa per
il fatto che Holly avesse perso la carriera che da sempre aveva sognato."
"Lui non te l’avrebbe mai
rinfacciato."
"Era furioso, ed entrambi
abbiamo detto cose non vere."
"Patty, non per cambiare
argomento… Ma sei proprio sicura che Holly sia al sicuro, di sopra?"
"Sicurissima, Roberto."
"Come fai ad avere tanta
sicurezza?"
"L’ho chiuso a chiave in
camera sua."
"Ah, allora quello che sta
con la schiena contro finestra è un suo sosia appeso a testa in giù. Oppure quel
ragazzo oggi ha proprio deciso di fare l’acrobata e ha tentato la fuga con i
lenzuoli come i carcerati e c’è rimasto appiccato per una gamba alla
finestra."
La ragazza, con aria
indemoniata, guardò verso la finestra, dove si vedeva l’ombra di qualcuno che si
agitava, penzolando a capo in giù.
"La prossima volta lo metto
in gabbia!" sibilò Patty, uscendo di corsa dalla stanza per uscire fuori a
recuperare quel salame appeso di Holly, adesso nel vero senso della parola.
I giornalisti, vedendo
Holly, si erano ammassati su di lui e, senza pensare minimamente a farlo
scendere, lo stavano intasando di domande, e quasi non si accorsero di Patty,
che, con passo marziale ed aria assassina, si faceva spazio fra i giornalisti,
fino a raggiungerlo.
Senza una parola e con la
delicatezza di un orso, la ragazza tirò le lenzuola fino a stracciarle e, dopo
aver liberato la caviglia di Holly, che si era impigliata ed aveva causato la
posizione a mo di salciccia della promessa del calcio giapponese, lo fece
appoggiare alla sua spalla e lo accompagnò a casa, sempre mantenendo il silenzio
più assoluto.
"Ehi! Lo stavamo
intervistando!" protestò un giornalista, afferrando la ragazza per un
braccio.
Il sangue gli si gelò nelle
vene, quando vide lo sguardo furibondo che la ragazza gli rivolse.
"Lei non intervista proprio
nessuno. Come tutti i giornalisti riuniti qui attorno, è pregato di andarsene.
Io e Holly non abbiamo nulla da dire, sono stata abbastanza chiara?"
"Ma noi stiamo solo facendo
il nostro lavoro!"
"Noi non rilasciamo
interviste, le ho detto. Per caso parlo arabo?" disse, furiosa Patty, poi portò
Holly in casa, senza degnare di uno sguardo i giornalisti che la fissavano,
chiedendosi se quella fosse la padrona di casa e cosa ci facesse il giovane
Hutton lì.
"La prossima volta invece
che in camera ti chiudo in gabbia e butto via la chiave, Holly" gli sibilò
Patty, mettendolo a sedere sul divano.
"Scusami, ma…"
"Non fa niente, ma ora
promettimi che starai buono e fermo, va bene? Io mi devo occupare anche di
Roberto, se non ti dispiace tanto" disse Patty, poi gli voltò le spalle e tornò
di là.
"Tutto a posto?"
"Credo di sì, ma sono solo
le dieci del mattino e già mi sento distrutta."
"Posso immaginarlo" disse,
sorridendo, il brasiliano.
Capitolo 6 *** Capitolo 6: Il Bene più Prezioso che C'è (parte seconda) ***
Capitolo 6:
Il bene più prezioso che
c'è
(parte seconda)
Avviso
Importante:
d’ora in
poi questa fanfiction
è
dedicata,
ad una
persona molto vicina a me
che ha
sofferto e soffre ancora molto.
Io non
posso fare altro che pensare a te,
scrivendo questa
fanfiction.
Non
avrei mai pensato che potesse
Accadere
davvero una tragedia del genere,
anche se
so cosa significa
perdere
una persona cara
all’improvviso
e
quanto
la vita possa
essere
fragile.
Sappi
che ti voglio bene e
che sono
sempre stata sincera.
Potrai
sempre contare su di me,
in ogni
momento,
perché
ora siamo ancora più legate l’una all’altra.
Fatti
forza, sorella di sventura,
perché
io sono al tuo fianco
e non
voglio più lasciarti sola.
Nota
dell'Autrice:
lo so, lo so, non avrei dovuto
interrompere lì il capitolo, ma era davvero troppo lungo, se non lo avessi
scaglionato in più parti. Non so se questa sarà l’ultima parte di questo lungo
capitolo, ma spero che vi piaccia ugualmente, questo strano capitolo, molto, ma
molto lungo, e che perdoniate se, almeno in questa fanfiction, sono a dir poco
prolissa.
***
"E’ questa la casa della tua amica, Bruce?"
chiese Raiden, accennando alla casa con giardino che era alla loro sinistra, del
tutto simile ad un’altra qualsiasi e comune casa
giapponese.
"Sì. Quella è la casa di
Patty."
"Pensavo ci fossero più giornalisti, in giro"
continuò l’uomo, accennando ai tre furgoni delle più importanti televisioni
parcheggiati sulla carreggiata opposta e i cinque giornalisti che, con aria
piuttosto infuriata, attendevano che qualcuno uscisse da quella
casa.
"Lo pensavo anche io, a dire il
vero."
I due lasciarono l’automezzo a pochi metri dalla
casa, poi, senza degnare di uno sguardo i giornalisti, andarono alla
porta.
"Aspettate! - tuonò lo stesso giornalista con cui
Patty aveva parlato poco prima - Che ci fate qui?"
"Vado a trovare il mio amico" disse, neutro,
Bruce, continuando a camminare come se nulla fosse.
A quelle parole, i giornalisti si accalcarono
attorno a Raiden e Bruce, ma, prima che potessero dirgli altro, la porta della
casa di Patty si spalancò e la furiosa ragazza ne uscì, armata di
ramazza.
"Toglietevi di mezzo!" gridò, facendo
rabbrividire di terrore i giornalisti, che si ritirarono quasi tutti. Quasi
tutti perché il solito giornalista era ancora fermo lì, stavolta pronto ad
affrontare la ragazza, che, come una furia, dopo aver mollato la ramazza con
stizza, afferrò per un braccio i due e fece per tornarsene in casa, se non fosse
stato per la mano del giornalista, che l’aveva afferrata per il colletto della
maglia.
Il momento in cui quell’uomo dette uno strattone
a Patty e quello in cui un poderoso pugno lo colpì al naso fu
unico.
Patty guardò stupita l’anziano uomo che aveva
dato un pugno al giornalista, poi gli sorrise e li accompagnò in casa, lasciando
sul selciato il giornalista, con il naso sanguinante.
"Buongiorno - esordì l’uomo, mentre entrava in
casa, porgendo la mano alla ragazza dai capelli bruni - Io sono Patrick Horance
Tzunoshi, ma puoi semplicemente chiamarmi Raiden."
"Era un pugile" specificò Bruce,
sorridendo.
"Questo spiega come abbia messo al tappeto quel
giornalista. E’ stato davvero fantastico. Quello lì è una vera e propria
sanguisuga" disse Patty, stringendogli la mano.
"Come stai?" chiese l’uomo.
"Potrebbe anche andare peggio" disse Patty,
sospirando.
"E Holly dov’è?" chiese
Bruce.
"Spero non sul tetto a fare equilibrismo" disse,
acida, Patty.
"No, non preoccuparti, sono sul divano" disse
Holly, dall’altra stanza.
"Accomodatevi pure. Scusate, ma io devo andare ad
assistere un malato."
"E chi?" le chiese Bruce.
"Roberto."
"Roberto è qui?" le chiese
Bruce.
"Sì. Con la schiena a pezzi, ma ci sono" disse
l’uomo, camminando verso il gruppetto.
"Vai immediatamente di là!" ordinò
Patty.
"Va bene, ma tu tieni d’occhio il tuo
ragazzo."
"Cosa cosa cosa?! Il TUO ragazzo?! Holly è il TUO
ragazzo?! Per la miseria, Patty! Ce l’avete fatta finalmente!" esclamò Bruce,
correndo come un forsennato dall’amico, mentre Holly e Patty cambiavano colore e
Raiden ed il brasiliano se la ridevano.
Holly era seduto sul divano, con la gamba
sostenuta da una sedia.
"Cosa è successo, Holly?" chiese Bruce, notando
le escoriazioni sul giovane calciatore.
"Glielo racconto io o glielo racconti tu?"
chiese, furiosa, Patty.
Holly, imbarazzato, si strinse nelle spalle e si
fece piccolo piccolo, aumentando la curiosità dei nuovi
arrivati.
"Ho capito, Holly, glielo racconto io. Dovete
sapere che questo pazzo, che, per la cronaca, oggi ha delle noie con la gamba,
prima è caduto dal piano superiore, cadendo per fortuna sulla schiena di Roberto
poi, tanto per combinare altri guai, ha pensato bene di evadere per finestra
dalla stanza usando una fune di lenzuola, con il risultato di rimanere appeso a
capo in giù dalla finestra, in balia di quegli sciacalli di giornalisti,
soprattutto quello che tu, Raiden, hai messo al tappeto" disse Patty, con
rapidità impressionante.
I due scoppiarono a ridere fragorosamente,
vedendo il ragazzo che cercava di rendersi invisibile, apparendo sempre più
imbarazzato di fronte allo sguardo inferocito della sua
ragazza.
"Però… - aggiunse Patty, sospirando – Io non
dovevo chiuderlo a chiave in camera, l’ammetto."
"L’hai chiuso a chiave in
camera?"
"Sì, per evitare che scendesse dalle scale senza
che ci fosse qualcuno nei paraggi per aiutarlo. Sapete, stanotte ha dormito con
la gamba in una pessima posizione, per questo oggi gli causa parecchio dolore"
spiegò Patty con calma, per poi sedersi con naturalezza accanto al suo ragazzo e
facendo cenno anche ai due ospiti di accomodarsi.
Holly, timidamente e con falsa noncuranza,
appoggiò il braccio sulla sponda del divano, tentando una riappacificazione con
la sua ragazza, ma non si aspettava che lei si appoggiasse immediatamente a lui,
sorridendo pacificamente, come se nulla fosse accaduto.
"Vedo che vi siete riappacificati" disse Bruce,
ghignando come una iena, mentre Holly se n’infischiava altamente delle allusioni
dell’amico e di tutto il resto: aveva appoggiato la sua mano sulla sua spalla ed
affondato il volto nella soffice e profumata capigliatura della sua
girlfriend.
"Credo che non ti senta" sussurrò Raiden a Bruce,
poi il ragazzo gli fece cenno di seguirlo e solo quando furono fuori dalla
portata dell’udito dei due piccioncini, si espresse.
"Non stanno poi tanto male,
Raiden."
"Ancora non se ne rendono conto. Sarà la
quotidianità a farli soffrire più di tutto il resto" disse l’anziano pugile, con
saggezza.
"Dici?"
"Sì. Sarà lo svegliarsi ogni mattina senza
rivedere più il sorriso delle loro madri, la mancanza di consigli e gelosie
paterne, il fatto di non sentire più le loro voci, a far loro del male. Fidati,
io… ho una certa esperienza nel campo."
Il ragazzo lo guardò
titubante.
"Sai, la mia nipotina, che viveva con me e mia
moglie, è affogata quando non aveva neppure cinque anni. Eravamo in vacanza in
Finlandia, dove abitavano i suoi nonni paterni, e cadde giù dal traghetto. Sai,
non riuscirono neppure a ritrovare il suo corpo. Adesso, avrebbe dovuto avere
più o meno la tua età" disse l’uomo, tradendo dolore dalla
voce.
"Mi dispiace per te, Raiden. E tua moglie come la
prese?"
"Morì di crepacuore due settimane dopo. Voleva
molto bene alla nostra Sylvia."
"Si chiamava Sylvia?"
"Sì. Fu suo padre Herik a volere che si chiamasse
come sua nonna, colei che fece incontrare lui e mia unica figlia
Shimone."
"Shimone? Non è un nome
comune."
"E’ vero. Vedi, io sono per metà olandese e
desideravo che dal nome si notasse che lei non aveva tutto il sangue di origine
giapponese, così io e mia moglie ci accordammo per chiamarla per metà con un
nome europeo, Simone, e metà con un nome nipponico, Shizune. Il risultato è
stato questo Shimone, che le calzava a pennello."
"Cosa faceva sua figlia?" continuò Bruce, vedendo
che all’uomo faceva piacere poter parlare della sua
famiglia.
"Era infermiera. Si occupava della nonna di
Herik, mandata qui per delle visite specialistiche dal dottor Hishizaku. E’
stato un luminare noto in tutto il mondo, nel campo
oncologico."
"Per questo, lei è stata colei che li ha fatti
incontrare."
"Esatto. Purtroppo lei morì prima del loro
matrimonio e, amareggiati per questo, decisero che la loro prima figlia si
sarebbe chiamata come la bisnonna che non avrebbero mai potuto conoscere.
Purtroppo, Shimone e Herik morirono in un incidente stradale, lasciandoci in
custodia Sylvia, che aveva appena compiuto due anni, ed in seguito… accadde
quello che ti ho già detto. Nel giro di due settimane, persi sia la mia adorata
nipotina che mia moglie."
"Vuoi dire che da allora vivi
solo?"
"Sì."
"Allora, se per te va bene, puoi restare a vivere
da noi."
"Oh, Bruce, non vorrei
disturbare…"
"Disturbare? Sarà mio padre a disturbare te,
piuttosto."
Raiden rise, poi sospirò:
"Va bene. Mi piazzerò a casa
tua."
"Solo una condizione?"
"Quale?"
"Che glielo dici tu a mio
padre."
"Perché?"
"Hai visto che mio padre è piuttosto
corpulento?"
"E allora?"
"Quello si metterà a saltare e abbracciare tutto
quello che gli capiterà a tiro. Non vorrei essere stritolato o pestato.
Rischierei di finire in anticipo la mia carriera da
calciatore."
"A proposito… sei stato
preso?"
"Non credo. Ma non ho problemi. Proverò di nuovo
ad entrare nel Fujisawa."
"Quante volte hai già
provato?"
"Due."
"Vedrai che alla terza ce la
farai."
"Speriamo… non vorrei arrivare agli ottant’anni e
cercare ancora una squadra disposta ad ingaggiarmi!"
Nel frattempo, alla stazione di Fujisawa, i
quattro ragazzi che il giorno precedente avevano fatto una scampagnata, si
stavano organizzando per prendere un treno. Il fatto era che, cullati dalla
sottile brezza e il calore del sole marzolino, si erano addormentati e solo al
tramonto si erano accorti di essersi assopiti, così avevano deciso di passare la
notte in un piccolo albergo e tornare alle rispettive città il giorno
dopo.
Fu alla stazione che la triste novella li
raggiunse.
Julian era andato in edicola, seguito a ruota da
tutti gli altri, per comprare un giornale sul calcio, quando l’occhio di Philip
cadde sui titoli dei quotidiani.
“Grave incidente aereo. Morti quattro
giapponesi”; “Morti quattro giapponesi di Fujisawa durante atterraggio a
Marsiglia” dicevano le testate, e, dato che per il treno che i ragazzi
dovevano prendere sarebbe passato soltanto tre ore dopo, Philiph decise di
acquistare un quotidiano locale per informarsi.
Fu solo quando furono tutti e quattro seduti e
Philip si mise a sfogliare il giornale di calcio assieme a Julian, che Amy notò
le foto di Holly e Patty, in un angolo della prima pagina.
"Ehi, cosa ci fanno qua sopra le foto di Patty e
Oliver? Cosa c’entrano loro due con tutta questa brutta storia?" si chiese la
ragazza, poi lesse il titolo che stava sopra la foto.
"Oh mio Dio! No… non è possibile" sussurrò, dando
una gomitata a Jenny, per richiamarne l’attenzione.
"Cosa succede, Amy?" chiese la
ragazza.
La biondina si limitò ad indicarle il titolo
dell’articolo, troppo shoccata per poter parlare.
"Per la miseria! Philip! Philip! Guarda qua!
Svelto! Anche tu, Julian! Guardate cosa è successo!"
I due ragazzi, richiamati dalla voce di Jenny,
resa acuta dal dolore, si avvicinarono alle ragazze.
"Che suc…" stava dicendo Julian, ma le parole gli
si gelarono in gola, leggendo il titolo del piccolo paragrafo “Morti i
genitori d’Oliver Hutton e della sua migliore amica”.
Il “baronetto del calcio” guardò la sua Amy,
rimasta con gli occhi fissi sulla foto di quel loro caro amico e della ragazza a
cui tanto si era affezionata per l’affinità che le legava: il fatto di servire e
amare, fin quasi ad annullarsi, il capitano della propria
squadra.
"Amy, andiamo" disse, con voce ferma, Julian,
prendendo con delicatezza la mano della sua ragazza.
"Veniamo anche noi, vero Jenny?" disse
Philip.
La ragazza annuì e si alzò in piedi, seguendo il
suo Philip alla ricerca di un taxi, mentre Julian cercava di scuotere Amy dallo
stato di trance in cui sembrava essere caduta la ragazza.
"Amy, tutto bene?" sussurrò il
ragazzo.
"No - sussurrò lei con tono trasognato – Come può
andare bene qualcosa? Come, Julian?"
"Lo so, ma non devi crollare. Devi farlo per
aiutare Patty e Holly a superare questo brutto momento."
"Lo so… Ma… ma è così
difficile!"
"E’ difficile, ma dobbiamo aiutarli a superare
quest’ostacolo con il nostro appoggio. E le lacrime non servono a questo scopo,
Amy. Capisci cosa ti sto dicendo, non è vero?"
"Sì, hai perfettamente ragione, Julian" disse la
ragazza, passandosi una manica sugli occhi, come se volesse liberarsi dei
residui di un sonno in cui non era mai caduta, per poi alzarsi e seguire il suo
capitano verso l’uscita, dove Jenny e Philip li aspettavano su un
taxi.
Holly e Patty, ora da soli, avevano ripreso a
piangere.
Ad entrambi, era balenata nella mente un’immagine
diversa eppure identica: due foto, la prima, quella di Holly, posta sopra un
cassettone in camera da letto dei suoi genitori; la seconda alla loro destra,
sulla credenza di mogano, entrambe incorniciate in argento e legate da un solo
sentimento: l’immenso amore che provavano quell’uomo e quella
donna.
"Patty…" sussurrò
Holly.
"Sì?"
"Ti giuro… io ti giuro che tornerò a giocare a
calcio e che vincerò la Coppa del Mondo."
"Ne sono sicura. E io ti sarò sempre, sempre al
tuo fianco e ti sosterrò, se ne avrai bisogno, Holly."
"Credi che possa farcela per i
Mondiali?"
"Non sono tra due anni?"
"Sì."
"Allora sono certa che ce la
farai."
"Roberto mi aiuterà, vero?"
"Questo è scontato."
"Sai quanto avremo, dopo quei
Mondiali?"
"Sì. Quasi venti."
"Credi che saremo sposati per
allora?"
"Non lo so. Questo dipende da molte
variabili."
"Lo so. Grazie per la tua
sincerità."
"Holly…"
"Sì?"
"Mi mancano tanto!" disse la ragazza, con voce
rotta, stringendosi ancora di più al suo ragazzo.
"Anche a me, Patty. Anche a
me."
"Non li voglio far
soffrire."
"Chi?"
"Quelli… quelli che ci sono accanto in questo
momento e ci vogliono bene. Se piango, li faccio
soffrire."
"Se ne hai voglia, devi farlo, Patty. Nessuno si
aspetta che tu non pianga e non sia male per quello che è
successo."
"Ma… ma tu sei più forte di
me."
"Al contrario. Io sono più debole di te, perché
non ho il coraggio di dire quello che mi porto dentro e di esprimere i miei
sentimenti."
"Ma cosa dici? Non è vero."
"Sì che è vero. Non so esprimere ciò che provo,
se non si tratta di calcio, e quando lo faccio… sbaglio
sempre."
Patty si rese immediatamente conto che stava
accennando a quel maledetto giorno di fine Ottobre e si fece forza, sollevando
il volto dal ragazzo.
"Holly, non ne parliamo più, ok? E’ stato
soltanto un momento d’estremo dolore, e poi… era la verità,
quindi…"
"No, non erano parole
vere."
"Erano parole dette con rabbia. Le più vere di
tutte. Ma per me, non hanno più importanza. So che ti è dispiaciuto aver detto
quelle parole e voglio che anche tu dimentichi quelle parole, come ho fatto io.
Non ti porto alcun rancore, e quelle parole per me hanno perso qualsiasi
significato. Erano solo il mostrare per quello che erano le tue emozioni.
[(NdA: un po’ cervellotico e illogico, come ragionamento? Per riassumere,
dato che non sempre il corso dei pensieri è troppo lineare…) (Nd****:
soprattutto il corso dei TUOI di pensieri) (NdA: zitto tu! Stavo dicendo che, in
parole povere, lei sa che quelle parole erano vere e lo perdona) (Nd****: e
queste poche parole le dovevi far diventare un enigma degno della Sfinge?
Secondo me, tu stai male) (NdA: guarda che poi io canto con tu sai chi, e se
canto…. Tu sei nei guai fino al collo) (Nd****: ok, mi arrendo) (NdA: bravo
cagnolino) (Nd****: raga, non sono un cane) (NdA: allora come mai mi lecchi i
piedi?) (Nd****: megera!) (NdA: lasciami continuare!)]
"Sei grande, Patty" sussurrò lui, sorridendo, per
poi baciarla con estrema dolcezza.
Oliver Hutton, 2 Marzo ore 11:04
AM
Dio, quanto la amo! Non so più se riuscirei a
sopravvivere, senza averla al mio fianco. Come farei, senza Patty che si prende
cura di me? Come ho fatto a vivere senza di lei, in questi mesi? No, la verità è
che io non ho vissuto, in quel periodo, ma sono solo sopravvissuto. Come ho mai
potuto farle del male e non trovare mai il coraggio di parlarle con il cuore in
mano, svelarle i miei sentimenti o soltanto dirle quanto sia importante nella
mia vita, la sua presenza? Come ho fatto ad ignorare un angelo del genere per
tutto quel tempo che lei mi è stata accanto e non avere il coraggio di
spiccicare una sola parola, pronunciare una singola sillaba di quei sentimenti.
Quale calore e forza riesco a trovare in lei. Sembra fragile, eppure è molto più
forte di quanto si possa pensare.
"Patty, non sai quanto ti amo" le sussurrò Holly
ad un orecchio, slegandosi, solo per un istante, da quel dolce
bacio.
Quel bacio, che per Holly era stato un bacio
qualunque, ebbe per Patty l’effetto di una scossa. Aveva finalmente
compreso.
"Ehi… ma… davanti alla loro casa non c’è
nessuno!" esclamò Philip, scendendo dal taxi e vedendo che, molto stranamente,
non vi erano giornalisti appostati di fronte alla casa di Patty [NdA: e
certo! Dopo quello che ha fatto Raiden a quel poveretto, anche gli ultimi
temerari che avevano resistito a Patty, se la sono data letteralmente a
gambe!].
"Ma dove saranno? Insomma, siamo già passati
davanti a casa di Holly, e neanche lì non c’era anima viva. Cosa può essere mai
successo a loro?" chiese Julian, che nel frattempo era sceso anche lui dal taxi,
seguito a ruota da Jenny, che sorreggeva una distrutta
Amy.
Fu proprio la ragazza dai capelli più chiari a
notare il particolare che li avrebbe spinti a restare lì e pagare la corsa a
quel tassista che li aveva trasportati per le vie della cittadina.
"C’è una luce, in casa" disse, indicando la luce
che filtrava dalla finestra della camera di Roberto.
"Allora qualcuno ci sarà - disse Philip, mollando
nella mano del tassista i soldi necessari e una lauta mancia – E tenga pure il
resto, buon uomo. E’ per la sua cortesia."
L’uomo, in cenno di rispetto, sfiorò la tesa del
suo cappello, poi ripartì, lasciando i quattro sul
marciapiede.
"Su, avviamoci" disse Philip, facendo strada agli
altri tre.
In pochi istanti i quattro furono davanti alla
porta, e stavano per bussare, se dall’interno non fosse arrivato Bruce, che li
aveva notati da una finestra, a fare gli onori di casa.
"Da chi l’avete saputo?" chiese il ragazzo,
appena aperta la porta.
"I giornali. Abbiamo letto i titoli stamattina.
Eravamo alla stazione di Fujisawa" disse semplicemente
Julian.
"Entrate pure. Vi faccio strada io, non
preoccupatevi. Sono di là, in salotto" disse Bruce, facendo strada ai quattro
visitatori verso il salotto, dove Holly e Patty, per puro caso, si stavano
ancora baciando.
I quattro nuovi arrivati rimasero sbalorditi nel
vede il ragazzo che aveva detto per anni ed anni che il pallone era il suo
migliore amico, baciare la sua ex manager, la ragazza a cui aveva salvato la
vita quasi un anno prima, e, per di più, il giorno dopo un grave
lutto.
"Vi faccio notare che un grave shock può fare
brutti scherzi a chiunque - disse Bruce, sarcasticamente – Compreso far
svegliare il ragazzo che ha portato la New Team alla vittoria del
campionato nazionale tre anni di fila e che non si è mai accorto di quanto
tenesse a lui la sua manager."
"Sì, ho notato, Bruce. Ho notato" disse Philip,
con tono trasognato, per poi scoppiare a ridere come un matto, seguito a ruota
da Julian, Jenny e Amy.
Mark Lenders, mentre nella sua città si stava
consumando la tragedia di Holly e Patty, si allenava a calcio in una radura
piuttosto appartata del bosco, ignaro di tutto, sotto gli occhi attenti della
giovane alta e piuttosto muscolosa, dai cortissimi capelli fulvi e gli occhi
neri come le tenebre, che, con aria attenta e piuttosto critica, osservava quel
ragazzo giunto dal nulla una fredda mattina di novembre e che le aveva chiesto
accoglienza a casa sua, non potendo permettersi una stanza d’albergo,
soprattutto dato che non poteva dare un tempo definito alla sua permanenza in
quel suo sperduto paese. Quanto tempo era trascorso… e quanti eventi avevano
segnato entrambi…
Holly e Patty guardarono i loro amici,
imbarazzatissimi per la situazione in cui i quattro li avevano
trovati.
Holly cominciò a boccheggiare, nel tentativo di
spiegare, ma Julian fu più rapido di lui.
"Inutile negare l’evidenza, Oliver. Ormai abbiamo
scoperto tutto. A quando le nozze?"
Holly sorrise, imbarazzato, mentre Patty, con
tutto il sangue freddo di cui era capace, disse:
"Il prima possibile. Comunque, prima che Holly
ritorni a giocare. Sempre che lui sia d’accordo."
Holly smise di respirare, nel sentire quelle
parole, guardando Patty come se fosse diventata calva
all’improvviso.
"Che c’è, Holly? Non ti senti
bene?"
Il ragazzo non rispose, continuando a guardare la
sua ragazza con aria a dir poco stralunata.
"Vuoi parlare con me in privato,
vero?"
Lui annuì.
"Scusateci, andiamo un attimo al piano di sopra.
Credo di dover parlare con lui."
"Io ne ho l’assoluta certezza" disse Bruce,
accennando alla faccia a dir poco stranita di Holly.
Holly, arrivato di sopra non si sa neanche come,
fissava Patty con aria interrogativa.
Il ragazzo fece per parlare, ma fu preceduto
dalla ragazza.
"No, Holly, non dire niente. Mi renderesti tutto
ancora più difficile. Io… io ho finalmente capito una cosa. Sì, è vero che i
cadaveri dei nostri genitori sono ancora caldi, ma…. ma ho capito che devo
rifarmi una vita. Il prima possibile. Io… io ti amo, Holly, e farei qualsiasi
cosa per te. Ma questa volta sarai tu a dover fare una cosa per
me."
"Dimmi pure, Patty" sussurrò il
ragazzo.
"Dovresti… dovresti…"
"… sposare te?"
Patty arrossì, imbarazzata.
"Sì. Lo so che prima ho detto di no,
ma…"
"No, non devi spiegarti, Patty. Non devi. E’ una
tua decisione, e puoi cambiare opinione quante volte ti pare e piace. Basta che
tu mi dia un preavviso di almeno un mese, se non mi vuoi più
sposare."
"E per sposarti?"
"Prendo il telefono e chiamo il prete
all’istante? Sai com’è, per evitare che tu cambi idea…"
La ragazza non potè fare a meno di ridere,
nonostante avesse gli occhi inumiditi dalle lacrime.
"Adesso, senza scherzare – disse Holly – Sei
proprio sicura di volerlo fare? Insomma, stiamo insieme da così poco
tempo…"
"Non certo per colpa mia."
"Ma non è neppure colpa
mia."
"Pareggio?"
"Non sono abituato a
pareggiare."
"Ah, lo so. Il signorino le vince
tutte."
"No, non tutte" disse Holly, abbassando gli
occhi.
Patty aveva avvertito la nota di tristezza della
sua voce e comprese che cosa intendesse dire.
Con piglio caparbio, disse:
"Ehi, non fare scherzi, ok? Tu tornerai a giocare
a calcio. Dovessi correre tutto il tempo dietro di te per calciarti come il
pallone che tanto adori, tu sarai di nuovo Oliver Hutton, stella del calcio
nipponico e aspirante vincitore del prossimo campionato mondiale e della Scarpa
d’Oro. Hai capito bene, Holly, oppure devo ripetertelo?"
Oliver Hutton 2 Marzo ore 11:18
AM
Sbaglio o è piuttosto irritata? Forse… Forse
non vuole che mi deprima in questo modo. Ma certo che non vuole che mi deprima!
Che cretino che sono! Certo che però il dottore è stato chiaro sul fatto che,
dal punto di vista muscolare e dei legamenti, la mia gamba non è più la stessa
di un tempo. Come può Patty essere certa che potrò tornare a giocare? E’ forse
un medico? Certo è che lei abbia molta esperienza in questo genere di cose, ma
da qui al saperne più di un medico…. Lei non può neppure immaginare le mie vere
condizioni. Erano settimane che non ci vedevamo, e lei subito si è messa a dire
che io posso guarire! Lo fa certamente per mettersi l’anima in
pace!
"Scusami se sono stata così brusca, Holly, ma non
ce la faccio a vederti in queste condizioni. Tu, che sei sempre stato il tipo
più allegro ed ottimista che io abbia mai conosciuto, non puoi arrenderti in
questo modo" disse la ragazza, abbassando lo sguardo.
"Ecco, brava! Scusati sempre dopo che il danno è
già fatto. Il dottore ha detto che non potrò mai più giocare a calcio! Cosa ne
puoi sapere tu, più del dottore? Come pretendi di essere più esperta di un
medico?! Ma tu non capisci di quanto io mi senta male ad essere menomato e che
il sentirti ripetere che devo avere fiducia e che guarirò mi fa sentire solo
peggio?! Sappi che tu non puoi…"
Holly comprese troppo tardi di aver sbagliato ad
aggredirla in quel modo.
La sua ragazza soffriva almeno quanto lui della
menomazione che lo affliggeva e, allo stesso modo in cui lui ancora si sentiva
colpevole per il furioso litigio all’ospedale, lei si sentiva ancora in colpa
per l’incidente accaduto quasi un anno prima.
"Patty…"
La ragazza non emise neppure un singolo suono. Si
limitò a prendere la porta ed andarsene.
Oliver Hutton / Patricia Gatsby 2
Marzo ore 11:20 AM
Mi odia! Adesso mio odia! Mi
odia!
Patty,
nonostante in quella stanza si fosse trattenuta, non riuscì ad arrivare al piano
di sotto senza essere sull’orlo delle lacrime.
Mai avrebbe immaginato che Holly potesse farle
male in quel modo e, senza pensarci, andò in cucina e fece finta di guardare
nella credenza e nel frigorifero, celando così il rumore che fece nel prendere
dal cassetto una valigetta di metallo in cui suo padre, poliziotto, tra le altre
cose, custodiva la pistola d’ordinanza, per poi dire, rivolta a coloro che erano
seduti nel salotto:
"Ragazzi, io vado a comprare un po’ di roba da
mettere sotto i denti, dato che mi sono accorta di avere la dispensa vuota. Non
preoccupatevi, torno immediatamente. Intanto voi fate come se foste a casa
vostra."
Senza attendere la risposta dei suoi ospiti, la
ragazza uscì di casa, con la ventiquatt’ore sotto braccio, ma, appena uscita di
casa, non si negò un sorriso a dir poco diabolico.
Poi scappò, di corsa, sotto il cielo plumbeo di
quel Marzo, diretta verso l’ospedale dove era stato curato
Holly.
"Lo so! Sono un emerito testa di cazzo!" gridò
Holly, frustrato, appena sentì la porta scricchiolare, segno che qualcuno si
stava introducendo nella stanza.
"Non pensavo che conoscessi termini del genere,
Oliver. Soprattutto, poi, se qualcuno viene quassù per non lasciarti
completamente solo" disse Philip, con aria divertita entrando nella stanza,
seguito a ruota da Julian, Roberto, Raiden, Amy, Jenny e
Bruce.
"Non so cosa tu le abbia fatto, ma devo dire che
l’hai fatta grossa per l’ennesima volta, Oliver - disse Roberto, sospirando – Ma
è possibile che con lei tu non ne faccia una giusta?"
"Cosa vi ha raccontato
Patty?"
"Nulla. Ma il tuo grido era piuttosto chiaro che
le hai fatto qualcosa di non molto positivo" disse Bruce.
"Volete sapere cosa è accaduto,
vero?"
"Direi!" esclamò Julian.
"Volevi chiederle qualcosa da mangiare molto
particolare e lei l’ha presa male, vero?" gli chiese
Jenny.
"Deve essere così. Non sarebbe mai uscita di casa
così in fretta, se non fosse stato per questo" continuò
Amy.
"Cosa? Patty è uscita?"
"Sì, circa mezz’ora fa. E’ passata per la cucina,
dove ha frugato per qualche minuto nella credenza, poi è uscita. Come mai aveva
tutta quella fretta, Oliver?" chiese Philip.
"In cucina?! Ha frugato nella credenza?! Oh no,
Patty! Non puoi avermi fatto questo! Non puoi averlo fatto davvero! Non puoi!"
esclamò Holly, catapultandosi giù per le scale, diretto verso la cucina e il
cassetto dove sapeva che si trovava la pistola del padre della
ragazza.
Era stato il terzo o quarto giorno di convivenza
che lei gli aveva mostrato il luogo in cui si trovava
l’arma.
Gli aveva anche chiesto espressamente di
impedirle di impugnarla, qualsiasi fosse stata la situazione. Gli aveva
confidato che aveva piuttosto timore di quell’arma, ma che anche, una volta, le
era passato per la testa di farla finita usando proprio
quell’arma.
Rapidamente, Holly aprì il cassetto e ne rovesciò
il contenuto sul pavimento, disperato, senza badare al rumore che faceva e agli
sguardi sorpresi che i suoi ospiti gli rivolgevano, ammutoliti dalla reazione
talmente impulsiva e sconclusionata del ragazzo.
Il suo rovistare era spasmodico e non si accorse
neppure di essere in lacrime, nel vedere che, senza ombra di dubbio, la scatola
che la conteneva non era più al suo posto.
"Cosa succede?" chiese Roberto, l’unico ad avere
il coraggio di rivolgergli la parola, nel vederlo lì, con gli occhi fissi in
quel cassetto, ormai svuotato completamente del suo
contenuto.
Il ragazzo sembrò riscosso dalle sue parole e,
senza esitazione, si lanciò all’inseguimento della sua ragazza. Nessuno dei
presenti capì che cosa fosse accaduto.
Oliver Hutton 2 Marzo ore 12:03
AM
Patty, giuro che se mi fai un’altra volta una cazzata
come quella di due settimane fa, io non ti perdono. Ma cosa sto dicendo! Per la
miseria! Patty vuole suicidarsi ed io riesco ancora a pensare a quello che le
farò quando la troverò?! Ma come posso pensare cose del genere!
Patty! Patty! PATTY!!!
Patty, non mi puoi morire in questo
modo! Patty! Non fare cazzate, Patty! Ti supplico, Patty! Non posso vivere senza
di te! Patty!
"Ma che gli sarà preso?" chiese
Julian.
"Sinceramente, non so dirtelo, ma dall’aria,
sembrava davvero parecchio preoccupato per Patty. Chissà che cosa ha combinato
questa volta?" disse Philip.
"Per far infuriare Patty, però, non è che ci
voglia poi molto. Dovevate vedere che scapaccioni, quando era la manager della
New Team…" disse Bruce, rabbrividendo al solo pensiero.
"Ah, me la ricordo! - intervenne Roberto, ridendo
– Vi ricordate che tornado era? Sembrava sempre sul punto di picchiare qualcuno.
Una volta per poco non mi spellava!"
"Me in particolar modo, voleva fare nera - disse
Amy – Non sopportava che parlassi con Holly perché pensava potessi essere
d’intralcio alla loro storia. Almeno fino a quando non le dissi chiaro e tondo
che a me non piaceva Oliver Hutton, ma Julian Ross."
"Aspettate un attimo – disse Raiden – Voi state
dicendo che anche lei è stata una manager della squadra di calcio in cui giocava
lui?"
"Lo ero anche io" disse Jenny,
arrossendo.
"Non farci caso, Raiden. Il detto dice 'i grandi
uomini sono sempre affiancati da grandi donne', ma per loro vale il detto 'i
grandi calciatori in erba sono sempre affiancati dalle loro
manager'."
I presenti scoppiarono a ridere, ignari di tutti
i problemi e, soprattutto, dell’imminente arrivo dei quattro ragazzi proveniente
dall’Europa.
Intanto, all’ospedale…
"Dottore, c’è una signorina che la cerca" disse
un’infermiera, entrando nello studio del primario d’ortopedia, il medico che
aveva operato la gamba di Holly e lo stesso che aveva comunicato al giovane la
ferale notizia della fine della sua carriera agonistica.
"La faccia entrare. Di chi si
tratta?"
"La ragazza che è stata per sei mesi in Terapia
Intensiva, al capezzale di quel giovane finito sotto il camion. Mi pare che
fosse un calciatore molto giovane di nome Oliver Hitton."
"La signorina Patricia
Gatsby?"
"Sì. Credo che sia questo il suo
nome."
"Dille pure che è la benvenuta e che può
accomodarsi. Vado a prendere le carte del suo amico ed
arrivo."
"Per la miseria! Adesso ha iniziato anche a
piovere forte!" imprecò Holly, mentre correva come una freccia per le strade
della città, bagnandosi di conseguenza come un pulcino.
Non si accorgeva neppure, a causa della
preoccupazione, che stava filando come il vento, allo stesso modo in cui
s’involava verso la porta ai tempi degli allenamenti del San
Paulo.
Oliver Hutton, in preda al terrore, non si
rendeva neppure conto che, forse, quella determinazione, che aveva
inconsciamente perso il giorno del litigio con Patty, era la vera chiave per una
sua completa guarigione dal drammatico incidente che aveva
avuto.
"Signorina Gatsby?"
"Sì?" disse la ragazza, che nel frattempo si era
accomodata su una sedia, appoggiando ad un lato la valigetta contenente l’arma
letale, pronta per essere utilizzata.
Holly, non sapendo dove potesse essere andata
Patty, si diresse verso l’ospedale più vicino, quello in cui era stato
ricoverato per più di sette mesi, sperando di non trovarla lì, con un proiettile
conficcato nel cervello.
"Allora di cosa voleva parlarmi, signorina
Gatsby?"
"Vorrei fare un piccolo esperimento. Lei si
presterebbe a fare… Diciamo da cavia, dottore?"
"E di che genere d’esperimento si
tratta?"
Senza dire una parola, la ragazza estrasse dalla
valigetta la pistola appartenuta al padre, e l’appoggiò sul
tavolo.
Come in stato d’ipnosi, con il volto dal quale
non trasparivano emozioni di sorta, la giovane donna rimirava la fredda linea
della pistola. L’aveva vista moltissime volte, quando suo padre la infilava
nella fondina, eppure solo in quel momento si accorgeva di quanto potesse essere
aggraziata la linea di quell’arma, di quanta lucentezza possedesse il metallo di
quello strumento di morte, di quanto fatale potesse rivelarsi, con un singolo
gesto.
Sorrise tristemente, poi l’impugnò e la puntò
verso il medico, come se volesse sparare.
"Cosa?! Patty è qui?"
"Sì. Adesso la signorina Gatsby è con il dottore.
Forse doveva dargli qualcosa di molto importante. Non tutti arrivano qui con una
cassetta di metallo" disse l’infermiera.
Holly, in preda al più puro panico, entrò nella
stanza come un fulmine, scoprendo Patty che puntava la pistola contro il volto
del suo medico, che la fissava con gli occhi sgranati, mentre molti rivoletti di
sudore freddo gli scorrevano sul volto e sul collo.
Holly, come un fulmine, fu sulla ragazza e la
disarmò, stando però attento a non farle del male.
Fu allora, quando l’ebbe disarmata, che Patty
scoppiò a ridere come una pazza, non riuscendo più a controllare
l’ilarità.
"Ti senti bene, Patty?" chiese il medico, che era
stupito dell’accaduto almeno quanto il ragazzo, che, per lo shock, l’aveva
lasciata andare ed ora la fissava, a dir poco sbigottito.
"Benissimo! Mai sentita più felice,
dottore!"
"Patty, tu gli stavi puntando contro una pistola!
E adesso ridi come una pazza, per questo?"
"Qui servono un paio di precisazioni. La prima, è
che la pistola è scarica; la seconda… ma l’ha visto, dottore? Sono settimane che
ne sono convinta, e questa è la prova che ho ragione!"
Solo allora il medico si rese conto della
fluidità dei movimenti delle gambe del ragazzo, durante la corsa per la
stanza.
"Non so cosa dirti, Patricia Gatsby. Sei a dir
poco geniale. Ma come sapevi che sarebbe arrivato proprio adesso,
qui?"
"Mi sono messa d’accordo con la sua infermiera,
mentre lei era di là a prendere i referti di Holly."
"In parole povere saresti rimasta a guardare la
pistola fino a quando lui non fosse arrivato?"
!Esatto. Mi dispiace averla fatta spaventare, e
mi dispiace aver fatto prendere un coccolone anche a te, Holly, ma era l’unico
modo che avevo per mostrare al dottore che tu hai ottime possibilità di guarire.
E, naturalmente, dovevo dimostrarlo anche a te."
"Non è che me lo potresti dire chiaro e tondo,
quello che hai fatto? Sai, da solo non riesco ad arrivarci" disse il ragazzo,
che ancora non aveva capito nulla di quello che aveva escogitato la sua
ragazza.
"Dimmi un po’, Oliver Hutton, da quanto tempo era
che non correvi a quel modo? Come, ad esempio, se ti stessi involando sulla
fascia, pronto per dare l’assist per un sicuro goal?"
Il ragazzo si mise a riflettere, comprendendo
rapidamente che cosa la sua ragazza stesse dicendo: lui aveva corso! E non era
stata una corsa di quelle che aveva fatto da qualche mese a quella parte. Era
stata una vera corsa, una corsa degna del grande Oliver Hutton dei vecchi tempi.
Il vero Holly Hutton. Era la corsa del futuro campione della nazionale
giapponese, non la corsa di una persona che sarebbe rimasta zoppa per tutta la
vita.
Più il suo ragazzo sbiancava, comprendendo cosa
avesse voluto dirgli con quelle parole, più Patty si sganasciava dalle risate,
così come il medico, anche se era ancora alquanto sconvolto per il fatto che la
dolce ragazza con cui aveva stabilito uno pseudo-rapporto d’amicizia, durante
tutti quei mesi in ospedale, gli avesse puntato contro una
pistola.
Impulsivamente, il ragazzo abbracciò la sua folle
ragazza e la sollevò tra le sue braccia, facendola volteggiare in aria, mentre
lacrime di gioia solcavano i volti di entrambi i giovani.
"Sei pazza! - continuava a ripetergli il ragazzo
– Sei completamente uscita di testa, ragazza mia. Ma come t’è saltato in mente
di fare tutto questo per provarmi la validità delle tue
tesi?"
"Tu mi avresti creduto?" continuava lei a
chiedergli, sorridendogli.
"Certo che no!" era la sua risposta, poi le
proponeva di nuovo la sua domanda, ricevendo sempre la medesima
risposta.
Passarono cinque minuti buoni a dire le stesse
cose. Fu il medico ad interrompere il loro idillio.
Si schiarì la gola, poi
disse:
"Questo l’abbiamo capito. Grazie tante per averlo
precisato."
I due arrossirono,
imbarazzati.
"Ci scusi - disse Holly – ci siamo lasciati
prendere un po’ la mano. A dire il vero, un bel po’."
"Ci perdoni. Soprattutto me. Lo so, ho sbagliato
a fare quel che ho fatto, ma ero a dir poco disperata."
"Lo capisco, non preoccuparti. Anche io ho avuto
a che fare con questo testone, Patty."
"In fondo, però, è tanto
caro."
"Sbaglio o mi sono perso qualche
puntata?"
"Direi proprio di sì, dottore - disse Holly,
sorridendo – Sempre che la storia in torni indietro a causa di qualche parole
detta ma non pensata seriamente."
Aggiungendo queste parole guardò Patty con aria
speranzosa.
"Scusami, Patty, se non ti ho creduto. Sono stato
anche ingiusto, nei tuoi confronti. Ogni tanto non connetto il cervello, quando
parlo."
"Capita a tutti. E poi, io ho ne ho fatte di
peggio. Ehm… Holly, potresti accompagnarmi dalla polizia?"
"Guarda, signorina Gatsby, che io non ho mica
intenzione di denunciarti."
"Oh, lo so. Ma io non posso più tenere in casa
quest’arma. Devo restituirla alla Polizia. Quando muore il poliziotto, la sua
arma deve essere restituita. E’ questa la prassi."
Dette quelle parole, gli occhi della ragazza si
colmarono improvvisamente di lacrime e Holly prontamente l’abbracciò, conscio
anche lui di quanto male facesse il sorridere e poi ripensare in quale triste
realtà si è stati sballottati all’improvviso, dal destino
maligno.
La gioia del momento era stata spazzata via
all’improvviso da quel violento ritorno alla realtà.
"Cosa è accaduto?" chiese il medico, vedendo il
dolore che traspariva dai volti dei ragazzi.
"Non ha saputo dell’incidente aereo di
Marsiglia?" rispose Holly.
"No. Quando?
"E’ successo tutto ieri mattina" sussurrò Patty,
con la voce rotta dal pianto, continuando a nascondere il volto contro la
maglietta, già abbastanza bagnata, del suo ragazzo.
"Ho dovuto operare un uomo per parecchie ore, poi
mi sono addormentato in una stanza vuota ed ho iniziato un nuovo turno. Non ho
notizie dal mondo dall’altro ieri, a sera."
"I nostri genitori sono morti in quell’incidente"
disse Holly, abbassando lo sguardo sulla ragazza.
"Cosa?"
"Erano andati a fare una seconda luna di miele,
ma l’aereo ha avuto un incidente all’aeroporto di Marsiglia. Sono morti tutti,
equipaggio e passeggeri" disse il ragazzo.
"Vi faccio le mie più sentite condoglianze,
ragazzi. Mi dispiace davvero molto per voi."
"Grazie, dottore. Ora, se non le dispiace,
portiamo l’arma alla polizia poi torniamo a casa" disse il ragazzo,
accompagnando, con il solo tocco, la sua ragazza fuori dallo studio, dopo aver
afferrato con una mano la valigetta di metallo e la pistola del padre di
Patty.
"Non credo che sia una buona idea portarla fuori
dalla valigetta" disse il medico, togliendo il tutto di mano al ragazzo e, in
seguito, mettere l’arma all’interno della valigetta.
"Adesso va meglio. E… le mie più sincere
condoglianze, ragazzi. Mi dispiace molto, per voi."
Holly stiracchiò un pallido sorriso, poi, con
Patty ancora stretta a lui, si diresse verso la centrale di polizia, dove i due
giovani vennero trattati con ogni gentilezza possibile.
Quando furono di ritorno a casa, erano circa le
due del pomeriggio, ed entrambi erano stanchi e con gli occhi
arrossati.
"Alla buon ora! - esclamò Bruce, spalancando la
porta – Cominciavamo a preoccuparci! No, non dovete dire niente. Amy e Jenny
hanno anche preparato il vostro pranzo. E’ in caldo, nel forno. No, non dovete
dire niente. Il vostro compito è mangiare e riposarvi."
Il sorriso che Patty gli rivolse valeva più di
mille parole, e Bruce lo capì.
Dopo il pranzo Holly e Patty, stremati dalle
molteplici emozioni provate, decisero di andare a dormire nelle rispettive
stanze,lasciando soli nel salotto Raiden, Bruce, Julian, Philip, Amy e
Jenny.
"Secondo voi cosa è successo stamattina?" chiese
Amy, preoccupata per l’espressione a dir poco strana che Patty e Holly avevano
da quando erano rientrati in casa.
"Non ne ho la più pallida idea - ammise, con
estrema sincerità, Roberto – Conosco bene Holly, ma non l’ho mai visto così …
enigmatico. Non era lo stesso ragazzo di poco prima."
"Dal giorno dell’incidente Holly è cambiato
molto. L’ho visto molto più maturo, eppure, oggi ho visto Holly ulteriormente
cambiato. Deve essere accaduto qualcosa, nelle ultime tre settimane. Forse il
fatto che si sia messo insieme a Patty?" disse Bruce, con aria
pensosa.
"Può darsi, ma secondo me è tutt’altra faccenda.
Pensa quanto deve essere scosso! Ha appena perso i suoi genitori, ed è
perfettamente normale che soffra e che appaia cambiato, Bruce" disse
Julian.
"No. A me non sembra questo il cambiamento" disse
Philip.
"E allora cosa c’è che noi non sappiamo? Quale
segreto nasconde Holly?" disse Jenny.
"Voi non sapete una cosa. Io non posso
rivelarvela. Vi basti solo sapere che Patty non è stata molto bene, da quando ha
litigato con Holly, quel maledetto giorno d’Ottobre."
"Cosa vuoi dire, Roberto?" chiese
Julian.
"Holly è seriamente preoccupato per Patty?" disse
Amy.
Il brasiliano annuì.
"Ma cosa può essere accaduto di tanto terribile -
sussurrò Jenny – da indurre Holly a controllare Patty? A meno che…. Roberto, ti
prego, non mentire. Patty ha tentato di fare una sciocchezza, vero? Io… avevo
letto questa intenzione nei suoi occhi, il giorno in cui Holly si sveglio, ma…
Ma non riuscivo a crederci! Roberto, dicci qualcosa!"
Il brasiliano si morse il labbro inferiore,
incapace di nascondere quell’informazione ai ragazzi e all’anziano uomo, e gli
altri compresero che la ragazza aveva indovinato quello che nascondeva
Roberto.
"Cosa ha fatto?" chiese Amy, in un
soffio.
"Non dovrei essere io a dirvelo, ma … Patty, due
settimane fa, ha tentato di suicidarsi."
I presenti allibirono a quella
rivelazione.
"Ma… come…" balbettò Bruce.
"Si è ubriacata di brutto ed ha ingollato una
dose massiccia di sonniferi. Se Holly non fosse stato qui… ora Patty sarebbe
morta. Mi ha rivelato che è stato lui a salvarle la vita. E’ stato solo un caso,
che lui fosse venuto in questa casa. Forse voleva parlarle di ciò che
accadde."
"Ma … come…. perché…"
"Philip, il senso di colpa di Patty era enorme.
Odiava il fatto di aver strappato ad Holly la sua carriera. E di non averglielo
detto subito. Il medico ha rivelato a lei, il giorno in cui lui si è svegliato
dal coma, che Holly non aveva molte possibilità di salvare la sua carriera. Il
litigio che ebbero ad Ottobre fu proprio a causa di questo segreto che Patty
custodiva. Non so come, ma Holly deve aver scoperto che Patty lo sapeva e deve
essersela presa con lei. Credo anche che siano volate parole piuttosto grosse
tra quei due."
"Che brutta faccenda! E ora, questo nuovo dramma.
Come farà Patty a sopravvivere, ora?" chiese Amy, in lacrime, così come
Jenny.
"Ho Holly, e sono sicura che lui guarirà
completamente. Questo mi dà la forza di andare avanti" disse la ragazza, facendo
la sua comparsa sulla porta.
"Patty!" esclamarono in
coro.
"Sai che non avevi il diritto di raccontare ciò
che accadde il quattordici di Febbraio, vero Roberto?"
"Patty…"
"Era un segreto. Io mi fidavo di te!" disse la
ragazza, scotendo il capo.
"Avevamo il diritto di saperlo, Patty – disse
Raiden – E’ meglio, così potremmo aiutarti meglio."
"E come? Spedendomi da uno psichiatra? Abbiamo
già abbastanza spese, grazie tante."
"Ma…" cercò di parlare
Julian.
"Ma un corno! Voi non dovevate sapere nulla. Era
un segreto tra me, Roberto e Holly. Nessun altro doveva
saperlo!"
Detto questo, la ragazza fece per andarsene, ma
furono Amy e Jenny a fermarla, con le loro parole.
"Noi ti vogliamo bene."
"Lo so, ed è per questo che non dovevate sapere.
Non dovevate soffrire ulteriormente, per me" sussurrò
Patty.
"E’ questo, allora?" esclamò
Bruce.
"Tu non volevi… farci preoccupare?" sussurrò
Amy.
"Esattamente - disse Holly, entrando anche lui –
E’ per questo che abbiamo taciuto, ragazzi."
Il ragazzo si avvicinò alla sua Patty,
abbracciandola con dolcezza.
"Holly…"
"Sì?"
"Hanno il diritto di sapere di questa
mattina."
"Lo so, piccola peste. Vogliamo raccontargli
anche questa?"
"Direi di sì. Un bel colpo massiccio in una volta
sola e via!" sussurrò la ragazza, ridacchiando debolmente.
"Ti amo immensamente, angelo mio" disse il
ragazzo, chinandosi per sussurrarle quelle parole
all’orecchio.
"Sei così dolce, certe volte" disse lei,
sorridendo e affondando ancora di più nel suo abbraccio.
Fu Bruce, che si schiariva rumorosamente la voce,
a rompere l’idillio tra i due giovani piccioncini.
"Ehm, ragazzi… non è che potreste risparmiarci la
scena 'un grande amore e niente più'?"
Patty e Holly presero colore per l’imbarazzo, poi
si fecero coraggio e sciolsero il loro abbraccio.
I due ragazzi, imbarazzati, si misero a sedere
tra Julian e Philip, poi la ragazza si schiarì la voce.
"Ebbene…- iniziò la ragazza – Dovete sapere che
tutta questa surreale faccenda ha avuto inizio questa
mattina…"
[NdA: non vorrete veramente che racconti da capo tutto
quello che è accaduto in questi due capitoli? E’ stata già una battaglia
scriverlo nel minimo spazio possibile! Quindi fate finta che qui ci sia un bel
racconto che dura un intero pomeriggio. Perché proprio un intero
pomeriggio?]
Fianco a
fianco, i quattro ragazzi provenienti dall’Europa scesero dalla scaletta
dell’aeroporto di Tokyo ma man mano che si erano avvicinati al Giappone la gioia
e spensieratezza erano state rimpiazzate dalla tristezza del motivo per cui si
trovavano lì.
Senza la traccia di un sorriso, passarono il
check-in, recuperarono i loro bagagli e chiamarono un taxi per andare alla
stazione, stipandosi alla meglio all’interno della
vettura.
Benji era seduto sul sedile anteriore, essendo il
più robusto, mentre Martina sedeva tra Colette e Tom, ed i tre erano stipati lì
dietro come le sardine in una scatoletta di latta.
Nonostante la tristezza che aveva nel cuore fosse
molta, la giovane tedesca non potè fare a meno di rimanere affascinata dalla
scintillante città che appariva davanti ai suoi occhi.
"E’ bellissimo!" sussurrò piano la ragazza, in
inglese.
Martina, che non aveva proferito parola fino ad
allora, si voltò anche lei verso la metropoli e rimase a bocca aperta. Abitando
ad Ascoli Piceno e non essendo mai stata in una gran città, non aveva idea di
quanto potesse essere bello vedere un centro abitato di quelle dimensioni dal
vivo.
"E’ una visione fantastica!" esclamò la ragazza
nella sua lingua madre.
"Cosa ha detto, Tom?" chiese
Benji.
"Che le piace molto" rispose Tom, guardando,
anche lui strabiliato, nonostante l’avesse vista già parecchie volte vista, la
visione che aveva scatenato la gioia nell’animo delle ragazze
europee.
"Ha ragione. Anche se per me rappresentano casa e
le ho viste moltissime volte, le città giapponesi in notturna hanno un loro
fascino particolare" concordò, sorridendo, il portiere.
"Certo che è strano! - esclamò Martina, tornata,
almeno per un po’, in vena di sorridere - Io mi sento come se dovessi fare la
prima colazione o al massimo pranzo, invece qui è già l’ora di
cena!"
"Esatto" le confermò Tom.
"E poi, ora che ci penso, ci sarà da andare a
dormire, tra qualche ora. Ma noi ci siamo svegliati poco più di due ore
fa!"
"Hai ragione anche su questo" disse Tom, non
riuscendo ancora a comprendere dove volesse arrivare
Martina.
"Tom, dove andremo, appena arrivati a Fujisawa? A
casa di Holly o di Patty?"
"Non so neppure a che ora arriveremo, comunque
credo che sia consigliabile andare da Patty."
"E come mai?" disse Benji, voltandosi verso
l’amico.
"Io non credo che Holly lascerebbe sola Patty in
un momento del genere."
"E con ciò? Patty non potrebbe essere andata da
lui?"
"Hai ragione, ma ho come la sensazione che Holly
non sia a casa sua. Chiamalo sesto senso, se vuoi, ma sono certo che Holly è da
Patty e non il contrario."
"Martina, ti abbiamo mandato in Italia un
calciatore e al ritorno ce lo trasformi in un veggente?" chiese Benji,
ridendo.
"Queste facoltà non le ha certo acquisite in
Italia. Deve essere l’aria di casa a fargli quest’effetto. Di solito non si
accorge neppure se una ragazza è interessata a lui e cosa sta
dicendo."
"Certo, se non si mettesse a parlare come
la Sibilla,
magari capirei anche cosa voglia dire" disse Tom,
sorridendo.
"Quanto gli voglio bene! - esclamò Martina –
L’insulto, e lui non reagisce che con un sorriso!"
Colette, nel frattempo, sorrideva, vedendoli
sorridere un po’.
Colette Montgomery 2 Marzo ore 7:43
PM
Come sono gioiosi, insieme. Io non riesco ad
essere così neppure quando sono di buon umore, figurarsi ora. E’ inutile credere
di poter essere come loro oppure una di loro. Non ci riuscirò mai. Mi sento così
inadeguata in loro compagnia! Loro sono così diversi da me! E Benji… è così
felice con loro. Non l’avevo mai visto fare battute così di gusto. Al massimo fa
le sue solite battutine acide. Ed è così amichevole con loro. Ad Amburgo,
invece, è soprannominato “l’Orso” a causa del suo essere taciturno e
scostante.
"Va tutto bene, Colette?" le chiese Benji,
notando che non aveva un’espressione felice.
"Sì, non preoccuparti, Benji. Tutto bene. Sul
serio."
Il portiere la fissò, dubbioso, poi il suo volto
si distese in un largo sorriso e le diede un delicato buffetto sul
naso.
Intanto Martina si era praticamente accasciata
sul povero Tom, coprendogli bocca e naso con la sua chioma e provocando
solletico al centrocampista, che si contorceva e sputacchiava sotto il dolce
peso della sua ragazza.
"Ma che cappero stai facendo?" le chiese in
italiano, sputacchiando i capelli della ragazza.
"Mi rilasso e guardo il
panorama."
"Sì, ma mi stai addosso."
"E allora?" chiese lei, chinando la testa
all’indietro fino a riuscire a guardarlo in faccia e guardandolo con aria
interrogativa.
"Saresti un po’ fastidiosa, così
messa."
"E perché?"
"Mi stai praticamente facendo mangiare i tuoi
capelli."
"Saporiti?"
"Martina!"
"E dai, stavo scherzando."
"Ma stai ancora qua?"
"Devo proprio spostarmi?" chiese lei, facendo
l’aria disperata.
"Direi."
"Sicuro?"
"Sì."
"Sicuro sicuro?"
"Sì."
"Sicuro sicuro sicuro?"
"Sei forse diventata sorda?!" disse lui, con una
punta d’irritazione.
"Ah, mi tratti così? - chiese lei, infuriata,
balzando su come una molla - Voglio il divorzio!"
Tom, spaventato dalla fulminea reazione di
Martina, riuscì solo a balbettare, a mezza voce:
"Ehm… ma noi non siamo
sposati."
"Dettagli irrilevanti!" disse lei, non potendosi
trattenere dal fargli un enorme sorrisone [NdA: avete presente quello che
ogni tanto facevano fare ad Antonio Baldes della vecchia edizione di Saranno
Famosi (ora ribattezzato Amici di Maria de Filippi)e ci mettevano l’effetto
sonoro dello scintillio?Tipo quello].
"Sai che sei strana?" disse lui, stupito dal
repentino cambiamento di comportamento di Martina, nonostante oramai avesse
fatto l’abitudine al suo modo di fare disarmante.
"E’ in senso
dispregiativo?"
"Mai."
"Allora l’accetto con piacere, detto da te" disse
lei, gettandosi di nuovo a peso morto sopra di lui.
"Siamo punto e a capo?"
"Esatto."
"Ma…"
"Lo sai no? Tu puoi vincere contro tutti, ma non
contro la sottoscritta."
"Ah, lo so benissimo,
oramai."
"Ehm, ragazzi… - disse Benji che, come Colette,
che nel frattempo si era raggomitolata in un angolo del sedile posteriore, li
guardava con aria a dir poco traumatizzata – Ma… tra voi è così tutti i giorni?
Dico … il fare i contorsionisti nei taxi."
"Diciamo che siamo molto, ma molto affiatati e ci
divertiamo moltissimo insieme. E poi, Tom è il mio dolce e tenero bambolotto con
gli scarpini ai piedi" disse candidamente Martina.
Benji guardò Tom come a volergli dire “ Ma come
fai a stare insieme a un elemento del genere? E’ completamente fusa!”, ma il
centrocampista sorrise e guardò Martina con immenso amore.
Benji, nonostante i tentativi di trattenersi,
scoppiò a ridere, mentre Martina lo guardava male, avendo compreso che il
portiere aveva qualcosa da ridire sul modo in cui faceva le coccole a
Tom.
Colette, vedendo lo sguardo assassino che la
ragazza rivolgeva a Benji, comprese che n’avrebbe viste di cotte e di crude, in
futuro, in compagnia di quella strana ragazza venuta dall’Italia, mentre Benji
continuava ad essere sempre più titubante su cosa provasse per quella strana
ragazza. Nessuno dei due fidanzati si era accorto che il portiere aveva celato i
suoi veri sentimenti, ossia una bruciante gelosia, sotto la sua immancabile
faccia tosta, mentre Colette, avendo ormai compreso la complessa mente di
Benjamin Price, sapeva perfettamente che dietro a quegli occhi neri si
nascondeva un essere che, se soltanto lo avesse desiderato, avrebbe potuto
distruggere il mondo.
Dopo il lungo racconto di Patty e Holly, in cui i
ragazzi avevano rivelato ogni minimo dettaglio di tutta la storia di quell’anno,
il gruppetto si era riunito per cenare nella sala da
pranzo.
Erano quasi le dieci, piuttosto tardi, dato che
le ragazze avevano avuto qualche piccolo problema in cucina, e la fame di Holly
faceva già sentire la sua possente voce, quando finalmente il pasto arrivò a
tavola.
Si trattava di un menù cinese, composto da riso
alla cantonese [NdA: ammazza quant’è buono!!!!!!!] e nuvolette ai gamberi
[NdA: buonissime! Ed è tanto detto da me, che non amo per nulla i
gamberi!], il tutto accompagnato da una deliziosa salsina in agrodolce
[NdA: mi faccio venire fame da sola!], piuttosto scarno ma dall’ottimo
gusto.
Fu proprio mentre stavano assaporando gli ultimi
bocconi del loro pasto, che un vociare continuo e un ridere incontrollabile
richiamarono la loro attenzione.
Non ci misero molto per capire che i suoni
provenivano dal giardino di fronte alla casa.
I convitati si guardarono reciprocamente,
cercando d’immaginare chi potesse mai essere a quell’ora. Erano quasi le
undici!
Tutti si avvicinarono alla porta e tesero le
orecchie per ascoltare cosa stesse accadendo là fuori.
Sembrava quasi una battaglia verbale in una
lingua straniera, inframezzata qua e là da qualche risata.
"Non è inglese" sussurrò
Jenny.
"No, non sembra neppure a me che lo sia" confermò
Julian.
"Secondo me è francese" disse
Bruce.
"Quanto sei ignorante, Bruce! - sibilò Patty –
Questo a me sembra italiano. Anzi, ne sono certa."
"Italiano? Ma allora deve essere …" sussurrò
Holly, spalancando la porta e mostrando a tutti la scena di una ragazza dai
capelli biondo-rossicci sulla schiena di un Tom che sembrava non essere
dispiaciuto, anzi, sembrava essere piacevolmente
soddisfatto.
Dietro a loro due c’erano due persone all’ombra,
entrambe alte, ma molto differenti nella struttura fisica.
Tutti i presenti rimasero a lungo a fissare il
centrocampista e la bella ragazza sulle sue spalle, sbigottiti dalla naturalezza
con cui quei due esprimevano i loro più intimi sentimenti.
"Ehi, ciao Holly!" salutò Benji, facendosi avanti
e facendo cenno alla sua amica tedesca di seguirlo. Lei era un po’ titubante, ma
sapeva che doveva farlo, così affiancò il portiere che, come segno
d’approvazione, le passò un braccio attorno alla vita, facendola
avvampare.
"Ciao Holly!" esclamò Tom, continuando a ridere,
mentre la sua adorata Martina scendeva dalle sue spalle e sfoderava il suo
sorriso più radioso, posizionandosi alla sua sinistra.
I quattro si avvicinarono alla porta, fino a
portarsi di fronte a Holly, che ancora non aveva aperto
bocca.
"Ehi, Holly, come stai?" chiese, piano,
Tom.
Fu allora che il giovane scoppiò in lacrime e si
accasciò sul suo migliore amico, in preda ai singhiozzi.
Tom sorrise amaramente, mentre Martina cercò il
suo sguardo, come se gli occhi di Tom potessero dirle come comportarsi, ed
infatti fu come se il giovane l’avesse incoraggiata.
"Piacere - disse l’italiana, facendo l’inchino –
Il mio nome è Martina Maroni. Sono venuta qui dall’Italia con
Tom."
Patty la fissò e sorrise, per poi abbracciarla
fraternamente, come se la conoscesse da molti anni.
"Mi dispiace molto fare la tua conoscenza in un
momento così triste, Patricia Gatsby. Le mie più vive condoglianze" sussurrò
l’italiana, accarezzando la chioma bruna della ragazza.
"Ti ringrazio, Martina."
"Tu chi sei?" chiese Jenny, alla tedesca che
affiancava il vecchio portiere della New Team.
"Io… io sono Colette Montgomery. Sono la figlia
del presidente dell’Amburgo Calcio" disse, imbarazzata la
ragazza.
"Ah, il capo ti ha messo dietro una spia di
grosso calibro, vero Benji?" chiese Bruce, ridacchiando.
Fu una pessima idea, dato che nel giro di un
secondo Bruce si trovò a penzolare dal braccio del portiere, che lo fissava con
aria a dir poco demoniaca.
"Frena la lingua, stupido che non sei altro!"
sibilò il giovane, facendo impallidire l’altro.
"Ehi, calmo Benji" disse Philip, forzando il
braccio del portiere, nel tentativo di liberare il povero Bruce da quella presa
d’acciaio, ma senza successo.
"Stava solo scherzando, Benji. Io… non me la sono
presa, ma per favore, fallo scendere" sussurrò la ragazza, posandogli una mano
sul braccio.
Quell’unico contatto fece immediatamente
abbassare il braccio fino a quando Bruce non si trovò di nuovo con i piedi per
terra e senza più la mano che lo stringeva per il colletto della
maglia.
I presenti, zitti e impotenti, avevano osservato
la rapida reazione del portiere dell’Amburgo, che arrossi come una liceale nel
trovarsi al centro dell’attenzione per quel gesto.
"Cosa avete da guardare?" sbottò,
imbarazzato.
"Nulla nulla!" disse Bruce, allontanandosi dal
suo manesco amico prima che potessero di nuovo salirgli alle labbra parole che
avrebbero potuto provocarne altri scatti d’ira.
"Che ne dite di rientrare in casa, ragazzi?"
disse Roberto, facendo cenno ai nuovi arrivati di entrare.
Tutti seguirono il consiglio di Roberto e, giunti
nel salotto, si accomodarono alla meglio sul divano e sulle sedie, che i baldi
giovini andarono a recuperare dalla sala da pranzo e, nel giro di un paio di
minuti, si erano tutti sistemati.
Sul divano stavano Holly, Patty, Tom, con Martina
sulle ginocchia, mentre accanto a loro, in ordine orario, stavano Roberto,
Bruce, Raiden, Julian, Amy, Jenny, Philip, Benji e
Colette.
"Lei deve essere la tua ragazza, vero Tom?" disse
Holly, sorridendo.
"Sì. Lei è Martina."
"Adesso me la devi raccontare, la storia. Mi
avevi scritto che me l’avresti raccontata appena ci saremmo visti, ed ora sei
qui."
"Posso raccontartela, ma non so fino a che
punto."
"Perché?"
"Perché la sua ragazza non sta mai zitta più di
tre secondi!" intervenne Benji, rimediandosi un’occhiata bieca da parte di
Martina ed una non certo amichevole di Tom.
"Ehi, guardate Tom!- esclamò Bruce, ridendo come
un pazzo – E’ andato in bestia per la prima volta in vita
sua!"
"E fa bene! – esclamò Martina, ridendo – Nessuno
deve dire cose malevole sul mio conto. Vero Tom?"
I ragazzi rimasero sorpresi dalla sorprendente
naturalezza con cui la ragazza diceva cose del genere.
"Lo tieni al lazo, eh Martina? - disse Patty,
sorridendole – Credo che tu abbia molte cose da insegnarmi, sul come trattare i
ragazzi..."
"Patty, noi ragazze dobbiamo sempre tenerli sulle
spine questi ragazzi, altrimenti si prendono troppe libertà e diventano
indisciplinati e incapaci di difenderci dai pericoli della
vita."
"Eh che siamo, cani?" chiese
Bruce.
"Tu no di sicuro, scimmia" lo azzittì Patty,
facendo scoppiare tutti a ridere.
Tutti tranne Colette che, imbarazzata, si
guardava intorno.
"Qualcosa non va, Colette?" chiese Amy,
sorridendo alla pallida tedesca.
"No, va tutto bene. Davvero" disse la timida
ragazza, arrossendo violentemente.
"Ti senti un po’ spaesata,
vero?"
"Sì, un po’. Mi dispiace essere arrivata a
disturbare in un momento così delicato, in cui gli amici si
riuniscono…"
"Non devi preoccuparti, Colette. Ci fa piacere
averti qui con noi" disse Holly, con sincerità.
"Non devi sentirti di troppo - le disse Jenny,
sorridendo – Noi ci fidiamo delle azioni di Benji. Non ti avrebbe mai portato
qui se non avessero prima di tutti vagliato i pro e i
contro."
"Tu dovresti sapere meglio di noi come sono le
maniere di Benji" disse Bruce, rischiando nuovamente di essere picchiato dal
portiere dell’Amburgo.
Questa volta anche Colette si unì alla risata del
gruppo, divertita dalla battuta di Bruce.
Bruce Harper 2 Marzo ore 11:24
PM
La ragazza che Benji ha portato dalla Germania
è davvero carina. Chissà se sta insieme a Benji… beh, dalla reazione del nostro
caro portiere sembrerebbe di sì, eppure non mi sembra. Certo, lei è molto timida
e quindi potrebbe esserci stato un chiarimento tra loro, magari non vogliono far
trasparire i loro sentimenti in pubblico… beh, ma questo non toglie che la pupa
sia davvero carina ed abbia un carattere che mi piace. Certo che se quei due
fossero una coppia sarebbero come il giorno e la notte. Lei è così calma e
posata… mentre lui è un buzzurro di prima categoria. Il brutto è che non posso
manco chiederglielo, in primo luogo perché Benji mi ammazzerebbe, sia nel caso
fosse la sua ragazza sia che fosse il contrario, inoltre, lei è talmente timida
che scapperebbe, se solo tentassi di rivolgerle una singola parola. Chissà come
potrei fare per avvicinarla…. Ah, che rompicapo! Ma una soluzione la troverò.
Devo trovarla. Pensando ad altro… certo che Tom s’è trovato una bella gatta da
pelare! Quella lì non è una ragazza! E’ un vulcano! Possibile che si sia messo
con quella pazza di sua spontanea volontà? Deve essere completamente pazzo!
Quella non mi sembra una tipa con tutte le rotelle al posto giusto. Sempre che
le rotelle le abbia. Ma come fa a piacergli una tipa così?! E’ …. È così
strana!
***
Note dell'Autrice:
lo so, sembrano strane tutte queste risate in un
momento del genere, ma, credetemi, per esperienza personale molto recente, è
proprio così che va a finire quando dal lutto sono colpiti degli adolescenti.
Bene, adesso vi lascio e mi scuso ancora per essere stata così
prolissa.
Tornando alla fanfiction … spero che mi
perdonerete se lascio qui il capitolo, ma farli troppo lunghi non mi pare molto
giusto.
NdA: piccolo salto indietro nel tempo, in questo
capitolo. E, naturalmente, la trama sarà un po’ riadattata all’atmosfera della
fanfiction e ad i fatti accaduti in essa(Nd****:diciamo pure che cambierà quasi
del tutto) discosta dalla storia originale. Sappiate che la mia vena drammatica
è solo al principio, quindi…
Capitolo
Contenente
Scene dal
Contenuto
Forte
Il ragazzo dai capelli corvini osservava, assorto,
l’immensa potenza delle onde che s’infrangevano sulla scogliera. Lui era lì, a
picco sul mare, sotto quel violento acquazzone da cui non tentava neppure di
difendersi. Un suo minimo errore, l’avrebbe portato allo sfracellarsi sulle
viscide pietre sottostanti, e dopo un volo del genere sarebbe stato difficile
tornarne vivo, soprattutto con il mare in tempesta, come in quel momento, quando
le onde sono in grado di sollevarti e ucciderti con il loro eterno moto contro
quella muraglia naturale. L’idea non era allettante, eppure, nei momenti di
tristezza, Mark Lenders aveva avuto una volta la tentazione di andare all’altro
mondo. Era accaduto quando, molto piccolo, aveva perso il padre, che amava con
tutto il cuore, e, arrivato alla ferrovia, aveva deciso di farsi mettere sotto
da un treno. Era stato grazie all’enorme affetto che provava nei confronti di
sua madre e i suoi fratellini, che quel giorno non aveva compiuto il folle
gesto. Erano trascorsi diversi anni da allora, e mai, dopo quel giorno, il
pensiero del suicidio l’aveva sfiorato. Aveva imparato che la vita era un dono
troppo prezioso per gettarla via e che valeva la pena viverla, nonostante gli
ostacoli che la vita ti metteva davanti. Ma questo non gli impediva di soffrire.
Ora, a picco sul mare di quella sperduta isoletta del nord-est del Giappone, si
sentiva un po’ meno oppresso dalla vita e dalla notizia, shoccante, che i
giornali gli avevano dato. Holly Hutton aveva finito la sua carriera da
calciatore, ed con la sua carriera, sembrava essersi esaurita anche la carica
vitale del ragazzo. Era andato a trovarlo, due giorni prima, e il vederlo su
quel letto, pallido e demotivato, nonostante mai e poi mai si sarebbe sognato di
ammetterlo, faceva stare molto male la punta di diamante dell’istituto Toho.
Adesso che il suo rivale, l’unico che Mark Lenders considerava alla sua altezza,
era ridotto all’ombra di se stesso, il giovane aveva deciso di staccare dal
mondo del calcio e da tutto ciò che lo poteva portare a pensare ad esso. Certo,
non aveva rinunciato a portare con sé il suo fido pallone, ma nulla più. Nessuno
sapeva dove fosse andato, ma sapeva che non si sarebbero preoccupati, data la
sua tendenzaall’allontanarsi da
loro, nei momenti di sconvolgimento emotivo. Aveva deciso di portare con sé il
minimo indispensabile d’abbigliamento e una modesta cifra, dato che, per
sfogarsi, avrebbe cercato lavoro in quel paese sperduto ed avrebbe in seguito
inviato il denaro guadagnato a sua madre.
Stava lì, rimirando il mare, quando notò una figura,
qualche metro più in là, osservare, come lui, l’affascinante potenza dell’oceano
in tempesta. Era indubbiamente una ragazza, dai capelli fulvi corti fin sotto
alle orecchie, che in quel momento erano mossi dalle forti folate di vento che
spazzano quella fredda costa. Doveva essere una sua coetanea o giù di lì,
dall’età che dimostrava esteriormente. La giovane indossava una tipica divisa
scolastica, con camicia bianca a maniche lunghe, coperta parzialmente da una
giacca dotata dello stemma bianco e rosso della sua scuola, che era di colore
blu scuro, ossia la stessa tonalità della gonna a pieghe che le arrivava fino al
ginocchio. Indossava anche i tipici calzettoni di spugna, che però ora aveva
arrotolato alle caviglie, poco sopra ai mocassini di pelle. Con la mano destra
teneva una cartella marrone, segno che si stava recando a scuola, mentre nella
sinistra, aiutandosi anche con una spalla, aveva un ombrello
multicolore.
Il
solo incontrarla con lo sguardo, fece scendere un brivido sulla schiena. Si
vedeva che il suo umore non era dei migliori. Stava lì, ferma, ad osservare quel
perpetuo movimento, ma i suoi occhi sembravano non percepire nulla di tutto ciò,
come se nulla avesse importanza e nulla accadesse attorno a
lei.
Come guidato da una forza soprannaturale, il ragazzo si
avvicinò, attratto da quella misteriosa figura e fu davvero una grande fortuna,
dato che la ragazza, all’improvviso, scomparve dalla sua vista, come inghiottita
dalle rocce, e solo grazie all’istinto felino del giovane, che riuscì ad
afferrarla per un polso e tirarla su, che non fece la stessa fine del suo
ombrello.
-
Tutto a posto?- chiese lui, prima di gettarsi a terra, ansimante, appena fu
certo che la ragazza fosse al sicuro sulla terraferma.
Lei
non rispose alla domanda, ma guardò, con aria stupita, colui che le aveva
salvato la vita pochi istanti prima.
Certamente lui non poteva immaginare quello che aveva
fatto per lei in quegli istanti di mortale pericolo, eppure, aveva fatto molto
di più di quello che pensava.
Maki Akamine 4
Novembreore 7:48
AM
Chi è questo ragazzo? Perché
mi ha salvato? Cosa l’ha spinto ad avvicinarsi a me? Solo un istante di ritardo
e… e io sarei morta. Lui mi ha salvato la vita, e non solo… che sia stato il
destino a farci incontrare? Cosa può significare questo? Che sia lui la persona
che stavo aspettando? Oh, come vorrei che fosse vero! Se fosse davvero lui… io
sarei molto più al sicuro.
-
Ehi, ci sei?- chiese lui, sventolandole una mano di fronte agli
occhi.
Fu
solo allora che lei sembrò rendersi conto che il ragazzo dai capelli corvini
stava parlando con lei.
-
Sì?
-
Ho detto, ti senti bene? Non è che ti sei fatta male?
-
No no. Tutto ok.
-
Ah, per fortuna- disse lui, tirando un sospiro di sollievo. Nonostante non
l’avrebbe ammesso neppure sotto minaccia di morte, aveva avuto una fifa blu che
quella ragazza si fosse ferita, durante la caduta, fortunatamente interrotta dal
suo intervento.
-
Tu… chi sei?- chiese la ragazza, guardandolo attentamente. Non le pareva di aver
mai visto quel tizio in giro. Eppure il paese era piccolo ed era difficile non
conoscere tutti perlomeno di vista.
-
Il mio nome è Mark Lenders.
-
Io sono Maki. Maki Akamine. Non ti ho mai visto in giro, prima d’ora. Sei nuovo
della zona, vero?
Il
giovane annuì, osservandola meglio e constatando che effettivamente doveva
essere una sua coetanea.
-
Cosa ti ha portato qui, Lenders?- chiese, mentre si
rialzava.
-
Nulla di particolare. Volevo solo restare un po’ lontano dal mio
ambiente.
-
Come mai?
-
Troppa tensione- disse, vago, il ragazzo.
-
Dove stai di casa?- chiese Maki, mente si spolverava gli abiti, umidi e un po’
infangati.
-
Dove abito?
-
No. Dove alloggi, da queste parti?
- A
dire il vero non lo so ancora. Sono appena arrivato.
Una
nuova luce si accese negli occhi di Maki, a quelle parole.
-
Hai intenzione di trattenerti per molto?
-
Non lo so. Dipende dal fatto di trovare o no un lavoro.
-
Posso offrirti io un posto, Lenders. Io e mio padre abitiamo in una fattoria ed
abbiamo bisogno di un paio di braccia in più.
-
Mi stai proponendo di venire a lavorare per te?
- Certamente. C’è qualcosa di
strano? Insomma, noi abbiamo bisogno di un aiuto e tu vuoi un lavoro.
Semplicissimo.
Il ragazzo guardò stupito la
ragazza di cui conosceva soltanto il nome. Ricordava ancora i giorni in cui la
gente lo guardava male per il suo abbigliamento sciatto, i capelli scarmigliati
e l’espressione seria. Sentiva su di lui gli sguardi disgustati delle donne e
quelli di disapprovazione degli uomini, udiva le risate degli altri bambini e,
spesso, i sassi che quelli più grandi gli lanciavano. Tutto ciò accadeva quando
aveva le mani impegnate, che fosse una cassa di bottiglie, cartone oppure quando
era in presenza dei suoi fratelli e della madre, in modo tale che in un modo o
nell’altro fosse frenato.
Sorrise alla ragazza dai capelli
fulvi, cosa che sbalordì più se stesso che la ragazza, per poi seguirla lungo la
strada che conduceva all’abitazione.
Rimasero in silenzio per venti
minuti, ossia fino a quando Makivoltò in una stradina secondaria edaprì il primo
cancello. Era uno cancello di legno ormai vecchio, dipinto con della vernice
bianca, ormai scrostata. Cigolò, al tocco della ragazza, segno che i cardini non
erano stati neppure oliati. Ai lati c’erano un paio di stretti campi: sulla
destra erano piantati degli alberi di melo, che portavano ancora il prezioso
carico sulle loro fronde, mentre a sinistra c’erano una mezza dozzina di stretti
filari di viti, piuttosto malconce, una ventina di ulivi e, più avanti, un lungo
campo completamente ricoperto di erbacce. Di fronte a loro, un centinaio di
metri più avanti, si stagliava una piccola casa affiancata da un pagliaio di
esigue dimensioni ed un capanno in lamiera, palesemente arrugginito. Tra la casa
e il capanno si vedevano sventolare delle lenzuola.
- Questa è casa mia, Mark- disse
Maki, sforzandosi di sorridere – Lo so, non è esattamente un posto da sogno, ma
non è malaccio. Sempre meglio che non avere un tetto sopra la testa, in
fondo.
- Io sono sempre stato convinto che
basti il calore di una famiglia, per rendere una casa cadente uguale al più
ricco dei palazzi.
Mark Lenders 4 Novembreore 8:10 AM
Ma… cosa m’è venuto in
mente? Da quando in qua parlo come quel signorino di Julian Ross! Mi sa che
l’infortunio di Hutton mi ha fatto male più di quanto pensassi. O sarà la
pioggia a farmi questo effetto? Certo, quello che ho detto non è sbagliato, ma
ciò che papà e mamma mi hanno insegnato, ma… ma non l’avevo mai detto con parole
del genere! Come mai, invece, adesso ho parlato in un modo così poco “da me”? E
se fosse per Maki che l’ho fatto, per fare bella impressione su di lei? Ma cosa
mi passa per la testa! Io non sono quel genere di persona! Hutton è così, non
io. Io non mi butterei mai sotto un camion, rischiando di ammazzarmi, soltanto
per salvare una ragazza imbranata e completamente scriteriata come quella Patty.
Va bene che nemmeno Holly è tanto normale, con la sua filosofia “la vita è un
pallone da calcio”…
- Devi avere una famiglia molto
unita- sussurrò Maki, abbassando lo sguardo, come se si vergognasse.
- Sì. Voglio molto bene a mia madre
ed i miei fratellini. Per questo cerco di non pesare troppo sulle spalle di mia
madre, durante la mia assenza. Non voglio che soffrano qualche patimento a causa
mia- rispose lui, con il sorriso sulle labbra, che comunque svanì all’istante
appena vide gli occhi bassi di Maki.
- Non sei felice con i tuoi
genitori ed i tuoi fratelli e sorelle?
- Io sono figlia unica- fu la
laconica risposta di Maki.
Lei continuò a camminare e si fermò
soltanto quando la grande e forte mano di Mark le cinse il polso.
Mark Lenders 4 Novembre ore 8:10
AM
Cosa mi
nasconde? Che cosa la turba in questo modo? Sono state forse le mie parole a
ferirla? Devo assolutamente chiederglielo. Cosa posso aver detto di tanto
sbagliato? Che cosa?
Maki Akamine
4 Novembre ore 8:10 AM
Ma cosa gli prende?
Perché ha fatto così? Che voglia sapere qualcosa? Io… io non voglio parlare con
lui di questo. Il fatto che non abbia nominato il padre può significare che ha
abbandonato la famiglia oppure è morto… Quelle parole sulla casa… erano parole
che venivano dal cuore, emozioni provate sulla propria pelle… ma perché ha
lasciato quella gioia per quest’isola? Cosa può averlo spinto ad allontanarsi da
casa, con poche cose e voglia di lavorare?
- Maki, ho forse detto qualcosa di
sbagliato?- chiese, portandosi davanti a lei per guardarla negli occhi.
- No, Mark- fu la risposta data
dalla ragazza.
- Ti vedo turbata. Cosa ho detto di
sbagliato?
- Nulla, te l’assicuro. E’ solo
che… mio padre non è più felice da quando mia madre è morta.
- Mi dispiace. Quando è
accaduto?
- Tre anni fa. Una brutta
polmonite.
- Mi dispiace. So cosa provi.
- Non devi angustiarti, Mark.
I due fecero solo qualche passo,
poi fu Maki a fermarsi.
- Anche tuo padre è morto?
- Sì, ma da quasi undici anni. Ebbe
un incidente sul luogo di lavoro. E’ caduto da un’impalcatura, rompendosi una
paio di costole. Un frammento aveva perforato un polmone, ma sarebbe guarito, se
non avesse deciso di non dirci nulla e continuare a lavorare per poterci
crescere. E’ peggiorato, ma non ha mai abbandonato il posto di lavoro. E’ morto
lì, sotto i miei occhi. E’ da quel giorno che mi prendo cura della mia
famiglia.
- Mi dispiace immensamente,
Mark.
Bonariamente, il ragazzo le passò
una mano tra i capelli.
- E’ il passato, Maki Akamine.
Adesso a me importa soltanto il presente.
Detto questo ripresero a camminare,
silenziosi.
Solo di fronte alla porta della
casa, in legno, Maki fermò il ragazzo con un gesto della mano.
- Gli parlo io.
Detto questo, entrò in casa,
lasciando il ragazzo fuori, sotto la cadente tettoia, ad attendere un suo
cenno.
Con le dita incrociate, la giovane
percorse il corridoio che conduceva alla cucina. Sapeva che suo padre era lì dal
brusio provocato dalla televisione. Non era affatto tranquilla, in quel
momento.
Maki Akamine 4 Novembre 8:17 AM
Forse avrei dovuto avvertire Mark del pessimo carattere di
papà e della sua gelosia nei miei confronti. Non gli ho neppure detto che papà
non sa neppure di questa mia iniziativa e che l’unica volta che gliene ho
parlato mi ha fatto un occhio nero… Speriamo solo che non mi faccia fare una
brutta figura.
Maki entrò nella stanza e si guardò
attorno, per vedere dove si trovasse il padre. Lo trovò sulla cadente poltrona,
davanti alla televisione in bianco e nero, l’unica che potevano permettersi da
quando avevano venduto quella a colori per comperare le medicine per Kyoko
Akamine.
Guardava con aria assente il
teleschermo. I suoi occhi, cerulei, erano fissi sullo schermo, e non sembrava
aver notato il ritorno a casa della figlia. I pochi capelli che erano rimasti
sul suo capo erano grigi e unti, segno di poca igiene, e la pelle, giallastra,
raggrinzita e scagliosa, era lo specchio del suo precario stato di salute. Sulla
sua canottiera, unta e macchiata, poggiava un piatto con un hamburger, mentre a
terra erano gettate una dozzina di lattine di birra.
Maki sospirò, poi si fece coraggio
e si schiarì la gola, attirando su di sé l’attenzione del genitore.
- Cosa ci fai tu già in casa a
quest’ora?- chiese, con tono astioso – Lo sai che non ti mando a scuola per
divertimento. Se vuoi lasciarla, dillo subito e non farmi più sprecare dei
soldi. Sono stato chiaro?
L’uomo guardò la camicia e la gonna
della figlia, entrambi bagnati e sporchi, e storse la bocca.
-E cosa ha quella divisa? Dove sei
stata? Se ti sei andata a farti scopare da qualcuno giuro che ti rompo le
ossa.
Maki si fece piccola piccola udendo
quelle parole. Ai tempi di Kyoko, lui non si sarebbe mai sognato di parlarle
così.
- No, papà. Ho avuto un piccolo
incidente, ma sto bene- rispose lei, per poi prendere il coraggio a due mani e
continuare – Senti, papà, ti ho portato l’aiuto per la fattoria. E’ un
ragazzo…
- Un ragazzo?!- sbraitò lui,
saltando in piedi con aria minacciosa, mentre Maki indietreggiava fino a
sbattere contro il tavolo.
- S… sì. Lui… cerca alloggio ed io
gli ho proposto… di stare da noi e lavorare.
- Sei impazzita?- continuò lui,
avvicinandosi alla ragazza, che istintivamente si allontanava da quell’uomo.
- Io… io pensavo…
- Se tu avessi pensato, non avresti
detto a questo tizio che cercavamo aiuto e lo avremmo alloggiato. E come l’hai
conosciuto, sentiamo.
- Lui… mi ha salvato la vita. Sono
scivolata giù dalla scogliera.
- E cosa ci facevi sulla scogliera,
signorina? La scuola non è vicino alla scogliera.
- Lo so, ma… volevo vedere il mare-
continuò Maki, ad occhi bassi.
Suo padre, in momenti come quello,
la spaventava.
L’uomo guardò la figlia ormai
diciassettenne. Assomigliava come una goccia d’acqua alla sua povera madre, e
questo, soprattutto quando era ubriaco, lo rendeva morbosamente protettivo nei
confronti della ragazza fino all’arrivare a farle del male lui stesso.
- Vai a dire a quel tipo che non se
ne fa niente- fu la sua lapidaria battuta.
- Ma…
- Niente ma, sono stato chiaro?
- Ma Mark ha bisogno d’aiuto! Lui
ha aiutato me, poco fa, ed io…
- Sta zitta!- gridò, colpendola con
uno pugno.
La violenza del colpo la fece
capitombolare a terra.
Le lacrime le rigavano il volto,
mentre andava alla porta, dove l’attendeva Mark.
- Senti Mark…- fece lei, mostrando
solo parzialmente il volto, da uno spiraglio della porta- Non possiamo
permettercelo. Mi dispiace.
Dopo queste parole chiuse la porta,
sbalordendo il giovane.
- Non preoccuparti- fece lui,
sforzandosi di sorridere- Ci vedremo in giro.
Detto questo si allontanò dalla
casa, anche se le lacrime di Maki, il fatto che lo avesse liquidato con quella
fretta e le grida che erano giunte al suo orecchio lo avevano insospettito.
Era passata ormai più di una
settimana e Maki, di Mark, non sapeva nulla. Aveva sentito perfettamente le
parole rivoltele, da dietro quella porta, ma da quel momento lui sembrava essere
svanito e lei, impegnata con la scuola e con il suo lavoro di cameriera, nella
birreria più malfamata della cittadina, non aveva più avuto occasione
d’incontrarlo.
Erano le nove di sera quando il suo
cuore si fermò: nella sala era appena entrato Mark Lenders.
Appariva più stanco che mai,
pallido come un cencio, con la solita canotta blu, lisa e sporca di terra e
fango, gli occhi infossati ed i capelli sudati. Sulle mani, che teneva strette
allo stomaco, aveva delle fasciature, che arrivavano fino al gomito ed una
fasciatura sulla testa. Erano tutte insanguinate.
- Cosa ti è successo, Mark?-
esclamò, avvicinandosi a lui.
Lui la guardò indagatore e lei
sorrise, tra sé e sé. Era difficile riconoscerla, con la parrucca nera e le
lenti a contatto verdi, mentre indossava una stretta camicia bianca con una
scollatura piuttosto profonda, risaltata dal colletto di pizzo,corpetto piuttosto
stretto, che sosteneva ed esaltava le sue grazie femminili ed i pantaloni neri
molto aderenti. Se a questo si aggiungeva anche il fatto che si fosse truccata
in modo piuttosto pesante, cosa insolita per lei, nessuno sarebbe stato in grado
di riconoscerla.
Se l’avesse vista suo padre
l’avrebbe di certo ammazzata di botte, per questo evitava di farsi riconoscere
dagli avventori della birreria, che avrebbero potuto raccontare quale ambiente
la ragazza frequentasse la sera, quando lui si addormentava sulla poltrona,
troppo sbronzo per accorgersene.
- Chi… chi sei? Ti conosco?
- Sì. Non preoccuparti. Vieni con
me- fece lei e, senza pensarci due volte, gli fece passare sulle sue spalle un
braccio.
Lui la guardò attentamente, fino a
quando non sussurrò:
- No, non può essere…
- Non sbagli, Lenders - fu la secca
risposta della ragazza, che faceva fatica ad aiutare il ragazzo a camminare.
- Dove… dove mi stai portando?
- Alla capanna abbandonata su,
sulla montagna. Lì non ci abita nessuno da secoli, ma nessuno la vuole. Troppo
cadente e terra troppo sassosa intorno. Lì potrai stare fino a quando non starai
bene.
Il silenzio cadde tra i due e durò
fino a quando Maki, dopo aver spalancato la porta, fece sdraiare il ragazzo
ferito su una vecchia branda.
Con estrema delicatezza, tentò di
sfilare la maglia al giovane.
- Co… cosa vuoi fare?- chiese lui,
stringendo i denti. Si vedeva che doveva provare un grande dolore.
- Controllare cosa ti fa male e,
dato che hai le mani lì, sono sicura che lì c’è una ferita che ti da molto
fastidio.
- Non… non potresti fare nulla. Tu
non sei un dottore.
- Senti, non sarò un medico, ma la
figlia di uno di loro. Ho dato più volte una mano a mio padre durante qualche
operazione, almeno prima che smettesse. Fidati di me, Mark Lenders, e ti
assicuro che starai subito molto meglio- fece lei, a occhi bassi, continuando
nella sua opera.
Mark si lasciò maneggiare più
facilmente, dopo aver sentito che il padre di Maki era un medico e lei doveva
saperne almeno qualcosa di medicina.
Ciò che la ragazza vide non le
piacque per niente: all’altezza dello stomaco aveva uno squarcio piuttosto
recente, molto gonfio e che trasudava pus.
- Penso proprio che tu abbia
un’infezione, Mark. Devo portare qui immediatamente mio padre o perlomeno la sua
borsa. Lì cisarà certamente qualcosa di utile per curare le tue ferite.
Detto questo la ragazza svanì di
nuovo, lasciando l’attaccante del Toho completamente solo in quella fredda
abitazione.
Completamente dimentica del suo
abbigliamento e del suo volto, entrambi considerati dal genitore poco innocenti,
Maki entrò in casa come un tornado e si recò subito nella sua stanza,
spalancando le ante dell’armadio che stava proprio di fronte alla porta.
Dall’armadio estrasse la valigetta da medico del padre, oggetto che l’uomo, dopo
la morte della moglie, aveva gettato nella spazzatura e la ragazza aveva
recuperato.
Quel trambusto ebbe l’effetto
sperato: il signor Akamine, sentendo quel rumore, si era alzato ed era entrato
nella stanza della ragazza, accendendo la luce.
Fu estremamente sorpreso nel
trovarsi di fronte una giovane donna dai capelli neri e gli occhi verdi, vestita
come una cameriera della birreria, che frugava con foga nell’armadio di sua
figlia.
- Chi sei tu? Cosa ci fai in camera
di mia figlia? Che cosa stai cercando, sporca ladra? Soldi?- gridò l’uomo, con
fare minaccioso, entrando a grandi passi nella stanza, mentre la ragazza
istintivamente si appiattiva contro il muro. Era bianca cadaverica e tremava
come una foglia.
Maki Akamine 11 Novembreore 00:03 AM
Accidenti! Non ho pensato
a papà! Se si accorge che sono io mi ammazza! Ma anche se non si accorgesse che
sono io lo farebbe! Oh mio Dio, ha l’aria furiosa! Come faccio a scamparla? Come
posso fare? Se… se si accorge che sono io potrebbe costringermi a lasciare
morire Mark, oltre che ammazzarmi di botte! Che brutta situazione!
Il signor Akamine continuava ad
osservare attentamente la sconosciuta. Non gli sembrava che fosse una delle
amiche di Maki e, in qualsiasi caso, non sembrava molto educato frugare tra la
roba altrui.
Eppure quelle movenze, quegli
atteggiamenti, quello sguardo gli sembravano piuttosto familiari. Certo, aveva
la mente fortemente annebbiata dall’alcool, ma quella ragazza sembrava muoversi
come sua figlia quando la redarguiva.
- Maki! Sei tu?- sibilò tra i
denti, attendendo la reazione della ragazza, che non si fece attendere.
La giovane strinse con maggiore
forza la borsa che aveva con sé e divenne ancora più pallida. Non c’era dubbio:
nonostante il trucco e gli abiti che la facevano apparire più grande, nonostante
la parrucca e le lenti a contatto colorate, quella era proprio sua figlia
Maki!
- Sporca puttana!- gridò l’uomo
avventandosi contro di lei e colpendola con un pugno alla mascella.
Maki, terrorizzata, cercò rifugio
in un angolo della stanza e si coprì la testa con le mani, mentre le lacrime
scorrevano ininterrotte sulle sue guance.
- E’ questa la tua riconoscenza per
quello che faccio per te, Maki Akamine? Vai a fare la sgualdrina alla birreria
giù un paese? Vai a svergognare il buon nome della nostra famiglia in questo
modo?- gridò, afferrandola per un braccio, torcendoglielo e sbattendola contro
la specchiera, incurante del male che potesse fare alla figlia.
- Guardati!- ordinò lui, colpendola
con un calcio, mentre lei continuava a tenere la testa bassa e le braccia su di
essa per coprirsi- Guardati, troia che non sei altro! Guardati allo
specchio!
Maki sollevò leggermente il capo,
guardandosi. Ormai la parrucca era caduta e le lacrime avevano rovinato il
trucco. Le lenti a contatto dovevano essere cadute e il sangue che usciva dalla
sua bocca macchiava la camicia, che il padre considerava così peccaminosa.
Soltanto l’aderente corpetto nero era rimasto al suo posto, continuando ad
esaltare il seno della ragazza.
- Vai a mettere in mostra il culo e
le tette come la più volgare delle puttane? Sei un’ingrata! Una giuda!
Sgualdrina! Guarda cosa succede se salta un bottone! Guarda cosa succede,
Maki!
Maki chiuse gli occhi ed attese la
punizione che il padre aveva intenzione di infliggere.
Dopo un lungo rapporto, l’uomo
continuò ad approfittare del corpo della ragazza in molti modi, poi, stanco, si
lasciò andare sul suo corpo martoriato dalle percosse e dalla violenza sessuale
e s’addormentò come un sasso, abbracciandola.
La ragazza si destò poco dopo, con
un grande dolore all’addome ed uno ancora più grande nel cuore. L’unica persona
che avesse al mondo l’aveva ingannata. Prima le aveva fatto credere che fosse
ubriaco per evitare che si ribellasse e poi l’aveva violentata rivelandole che
lei in realtà non era sua figlia. Lei era figlia dalla violenza subita dalla
madre in un vicolo di Tokyo. Con fatica riuscì a liberarsi dell’ormai patrigno
senza svegliarlo. Si accorse soltanto dopo quel momento i polsi erano liberi,
magari perché liberati dallo stesso uomo.
In silenzio, Maki si lavò, cercando
di portare via con il sangue e il seme del padre anche le lacrime amare e la
vergogna che, le sembrava, inzaccherasse tutto il suo essere. Dato che non
avevano uno specchio nel bagno, dovette rivestirsi di fronte allo stesso
specchio che aveva visto il patrigno iniziare la sua messa in scena
dell’allucinazione per farla sua, rabbrividendo ad ogni fitta che salita dal suo
addome. Constatò che il padre non era stato davvero avaro di “cure” per lei:
l’occhio destro era semichiuso e tumefatto, così come il naso e la mascella, sul
suo collo si vedevano i segni lasciati dalle avide labbra del padre durante il
rapporto, le gambe erano segnate dai lividi. Non osava constatare come fosse
ridotta sotto i jeans e la maglietta che aveva indossato, soprattutto dato che
sentiva il seno gonfio e dolorante e, come aveva notato mentre s’infilava il
reggiseno, perdeva anche sangue, che le macchiava la biancheria.
Dopo di ciò, Maki prese con sé
qualcosa da mangiare ed un paio di vestiti, oltre a delle coperte. Aveva deciso
che il suo patrigno, al risveglio, non l’avrebbe trovata a casa, soprattutto
dopo quella violenta dimostrazione di forza e la crudeltà con cui l’aveva
trattata mentre la violentava come se non fosse mai stato suo padre. Decise che
sarebbe stata con Mark nella capanna, d’ora in avanti. Di certo non voleva
continuare a vivere con quell’uomo violento che era il suo patrigno, soprattutto
dopo che lui, cosciente delle proprie azioni, come aveva dimostrato nel
riconoscerla, l’avesse costretta a farse sesso con lui. Aveva deciso: quel
bastardo non aveva mai avuto una figlia propria né la figliastra sarebbe
diventata la sua schiava da picchiare e violentare a suo piacimento.
Mark aveva la febbre alta, quando
Maki finalmente tornò alla capanna.
- Scusami Mark- sussurrò, in
lacrime, al giovane addormentato, la cui fronte bruciava di febbre e
ansimava.
Disinfettò le lesioni e gli cambiò
le fasciature, constatando che erano fatte davvero bene, poi si occupò del
taglio purulento sul suo stomaco. Lo trattò con della polvere di penicillina,
poi, stanca, prese le coperte, si coricò accanto a lui, nonostante il terrore la
scuotesse da capo a piedi nel giacere accanto ad un uomo, e coprì entrambi.
Stanca com’era, si addormentò all’istante, ma le lacrime continuavano a scorrere
sul suo volto anche nel sonno, agitato, nel quale riviveva quei tragici
momenti.
Il sole appena sorto illuminò la
stanza e l’uomo che, nudo, guardava lo stato in cui aveva ridotto la stanza dal
riflesso di uno specchio. Era sbronzo quando l’aveva fatto, eppure ricordava
ogni istante del terrificante scorrere degli eventi di pochi ore prima. Le
lacrime rigavano il suo volto mentre si voltava verso il letto, ancora sporco
del sangue verginale di Maki e la vedeva piangere mentre abusava di lei. Si odiò
per ciò che aveva fatto alla ragazza innocente. Non solo l’aveva picchiata a
sangue, come era fin troppo spesso capitato negli ultimi anni, ma le aveva
strappato con l’inganno la verginità, con violenza e cattiveria allo stato puro,
godendo di quella vista e delle sensazioni che gli donava la figliastra. Aveva
fatto sesso con lei legandole i polsi dietro la schiena e bloccandola con il suo
peso, oltre che con la balla dell’allucinazione e la proverbiale fiducia della
figlia. Lui aveva abusato della figlia di cui si vergognava ma che aveva anche
amato con tutto il cuore. E adesso, lo sapeva, aveva rovinato tutto.
Irreparabilmente. La sua rabbiarepressa e gelosia, che avevano formato un
cocktail fatale con l’alcool che aveva in circolo, avevano distrutto sia la sua
vita che quella della giovane figliastra. Il suo lato animale aveva distrutto
completamente il loro rapporto, portandolo da quello padre e figlia a quello
uomo e donna, anzi, animale e ragazza innocente. Mai l’avrebbe perdonato, lo
sapeva bene. Come sua moglie non aveva mai perdonato gli uomini che l’avevano
violentata, concependo Maki con quel gesto di brutale violenza e devozione ad un
oscuro signore, nel quale avevano bevuto il suo sangue dal corpo inerme e giunti
fin quasi ad ucciderla, con quegli affilati coltelli con i quali l’avevano
trafitta.
In un certo senso non sopportava il
fatto che tre bastardi, con qualche manciata di minuti ed un rituale satanico
piuttosto macabro, avessero fatto ciò che lui, in un totale di quindici anni di
tentativi, non era riuscito a fare, e di conseguenza il suo affetto per Maki era
sempre stato offuscato da questo fatto, in particolar modo in quel periodo,
quando l’alcool avevano acuito i suoi peggiori sentimenti ed i difetti. La
picchiava perché era figlia della violenza ed aveva avuto il coraggio di farle
violenza proprio perché in lei vedeva i suoi fallimenti ed il simbolo di Satana,
incarnato in quella ragazza nata in un rituale dedicato proprio a questa
divinità. Lui voleva farla pagare cara ai fallimenti, e così aveva umiliato i
fallimenti rappresentati in Maki, in cui si riflettevano i tre sconosciuti e la
moglie che era stata incapace di sottrarsi a quell’aggressione e a quel
trattamento.
Adesso, però, che la sbronza era
passata, si rendeva conto che il suo gesto aveva un significato particolare: era
diventato come coloro che avevano aggredito la moglie, con l’aggravante che lui
avesse tradito la fiducia dell’unica persona che ancora sembrava provare affetto
per lui.
Con coraggio, nudo com’era, scese
nel capanno e prese un pezzo di corda. Soltanto quel gesto estremo avrebbe
lavato l’onta che aveva macchiato la sua famiglia. Gli piangeva il cuore
lasciare sola Maki, ma sapeva anche che lei sarebbe stata felice nel saperlo
morto e sepolto, dopo quella sera di follia.
Fissò la corda sul lampadario della
cucina, salendo su una sedia e, dopo aver fatto il cappio, se l’infilò al collo
e si lasciò penzolare nel vuoto, colpendo la sedia con un calcio. L’ultima serie
d’immagini che si parò davanti ai suoi occhi ebbe inizio con quella della moglie
Kyoko, nuda e piangente, distesa sull’asfalto di un lurido vicolo dietro ad un
pub malfamato, che con la sua luce intermittente fluorescente illuminava il
corpo della donna, posto all’interno di un cerchio disegnato sull’asfalto e
contenente strani simboli, segno di un rituale satanico. Vide le braccia coperte
di ecchimosi, legate dietro la schiena; le gambe, divaricate, segnate da mille
ferite; la bocca, dal quale scendeva un rivolo di sangue, bloccata dal nastro
isolante; l’uomo che la domava, spingendosi in lei, con le grida strozzate dal
bavaglio, mentre gli altri, eccitati quanto colui che stava penetrando in lei,
succhiavano furiosamente il sangue che fuoriusciva dai capezzoli tagliati, apice
di due dei tre tagli, volti a creare una specie di triangolo rovesciato che
congiungevano la punta dei capezzoli tra loro e con il pube. Improvvisamente i
tre si calcavano sulla testa un cappuccio nero e, preso un coltello affilato,
tracciarono tre rette perpendicolari all’interno del triangolo e, giunti nel
punto in cui si incontrarono, affondarono i coltelli fino al manico. Il tutto
sotto lo sguardo implacabile di una telecamera, che filmava l’orrido atto da
setta oscura. Improvvisamente quest’immagine veniva sostituita alla sua con
Maki, che nel giro di un istante svaniva, lasciando l’immagine della moglie,
coperta solo da uno svolazzante telo bianco, che maternamente stringeva al petto
la figlia, coperta anch’essa da un telo immacolato. Entrambe, illuminate da una
luce bluastra, piangevano disperate, poi, eteree, svanivano in un buio
impossibile da rischiarare. Il buio di una fredda morte per soffocamento lo
avvolse e trascinò via, senza lasciare il minimo di fiato per pronunciare la
parola “Perdonatemi”, che gli morì sulle labbra.
Il cadavere del padre “incestuoso”
fu rinvenuto soltanto qualche giorno prima di Natale, dopo oltre un mese dalla
morte, dal parroco del paese, che si chiedeva come mai Maki
non andasse più a scuola né si fosse più fatta vedere in giro.
Maki aprì lentamente gli occhi,
trovandosi a guardare quelli scuri del ragazzo ferito.
Non parlava, ma i suoi occhi
sembravano esprimere mille emozioni, prima fra tutte una gran compassione.
- Cosa ti è successo, Mark?- chiese
lei, con fatica.
- Brutto incontro. Ho trovato
lavoro in un cantiere, ma sono in nero. E’ stato lì che mi sono tagliato.
Stavamo trasportando un pezzo di lamiera molto affilata, sono inciampato e mi
sono ferito. E tu, Maki? Chi ti ha fatto questo?-sussurrò lui, sfiorandole
l’occhio destro, tumefatto.
- Sono caduta anche io.
- Sui pugni di tuo padre?- chiese
lui, scettico.
A malincuore, Maki annuì.
- Avrei dovuto capirlo prima che
quella volta ti nascondevi perché ti aveva picchiato. Ho sentito le grida dalla
porta, quel giorno. Che bastardo!
- Già… un bastardo- singhiozzò.
- Se potessi, verrei io a dargli
una lezione. Come ha osato picchiarti in questo modo? Voleva per caso
ammazzarti?
- No… non voglio più pensarci… non
voglio più vedere quell’uomo in vita mia… lui… lui per me è morto!
Quando la mano di lui toccò la sua
testa, Maki sentì un brivido di terrore attraversarla da capo a piedi, e
l’adrenalina salì di nuovo quando, con delicatezza, fece appoggiare contro di
lui la fronte.
- Piangi pure, Maki- sussurrò lui –
Sfogati. Non aver paura di esprimere il tuo dolore. E non aver paura di me. Io
non ti farò mai del male.
Maki, al suono di quelle parole, si
sentì riscaldare il cuore. Lasciò andare la sua anima, che si sfogò con grosse
lacrime e singhiozzò fino a quando non si assopì di nuovo, così come il ragazzo
che tentava di consolarla.
La convivenza tra Maki e Mark si
rivelò fruttuosa: Mark decise di non tornare a lavorare al cantiere, dedicandosi
al fitto bosco che circondava la casa, mentre a Maki, non avendo più la divisa
da lavoro e gli accessori per nascondersi, non restava che dedicarsi alla
raccolta di frutti selvatici ed erbe officinali, come le aveva insegnato la
madre quando era soltanto una bambina.
Nonostante la stagione inoltrata,
Maki riusciva sempre a trovare qualcosa di utile in quei boschi, cosa che a Mark
non dispiaceva affatto. La ragazza cucinava piuttosto bene, nonostante la
materia prima fosse piuttosto scarsa. Certo, mangiavano pochissimo, ma erano
felici e sereni, oltre che in buona compagnia.
Mark, che poteva farsi vedere in
giro senza rischiare di essere pestato da un padre furioso, qualche tempo dopo
il loro insediamento nella catapecchia, vendette della legna e qualche frutto
per una zappa, un’ascia ed un piccone, in previsione dell’attività invernale che
avrebbero dovuto compiere.
Stava tornando verso casa quando
vide, in una vetrina, una collanina formata da una cordicella in nylon, nera, ed
un piccolo ciondolo a forma di stella, con un brillantino al centro. Costava
poco meno dei pochi yen che gli erano avanzati per l’acquisto degli attrezzi e,
impulsivamente, entrò e la comprò.
Fu mentre usciva che udì la
discussione tra due donne e seppe che nulla sarebbe stato più come prima.
- Lo immaginavo. Appena si è
accorto che la figlia era scappata di casa… era naturale che lo facesse.
- Povero diavolo! Quella Maki è
sempre stata un problema! Una ragazza strana e solitaria, come sua madre, del
resto.
A quelle parole il giovane si
nascose dietro un angolo, per origliare la conversazione delle donne.
- Ma non sai niente? L’hanno
trovato impiccato nella stanza della figlia e dal letto… si direbbe che quel
tipo amava moltissimo la figlia.
- Tutti i genitori amano i
figli
- Ma non molti in quel senso.
- In che senso, Yumi?
- In senso fisico, Hitomi. Hanno
trovato tracce di sperma sul letto ed il sangue verginale della figlia. Il tutto
era in una stanza che non sembrava esattamente in ordine.
- Vuoi dire che…
- Esatto, quello ha fatto sesso con
sua figlia, si dice che l’abbia addirittura violentata, dato lo stato della
stanza e gli abiti strappati di Maki, e poi se n’è pentito. Magari l’ha anche
ammazzata, fatta a pezzi e nascosta da qualche parte. Fortunatamente adesso
quell’elemento non può più fare del male a nessuno. Ha persino scritto una
lettera di perdono indirizzata alla figlia, ma non credo che sia vero che fosse
pentito. Come si fa a fare una cosa del genere alla propria figlia?
- Ma come, non lo sai? Kyoko Akamine fu violentata
da tre uomini quando andò a vivere a Tokyo nel periodo di crisi del loro
matrimonio. Maki deve essere nata da quell’incontro, secondo qualcuno. Non
assomigliava per nulla a lui ed ho sentito dire da Maya Suguri che quando la
vecchia Nanami Honda faceva l’infermiera per il dottor Sumiyoshi ha letto sulla
sua cartella clinica che era sterile.
- Dici sul serio? Ecco perché la
ragazza è sempre stata l’immagine vivente della madre, infatti.
- Eppure ha anche dei tratti diversi. Magari quelli
del padre biologico.
- Ma chi potrà essere?
- Se è nata da quell’incontro, un tossicodipendente
che ha costretto con la forza la nostra vecchia amica a fare sesso con lui e con
i suoi degni compari.
- Ma Maki non lo sapeva che
quell’uomo non era il padre?
- Penso di no. Kyoko mi disse, qualche anno fa, che
avrebbe aspettato i diciotto anni prima di dirglielo.Pensava che non
avrebbe potuto comprendere.
- Chissà se adesso lo sa chi era in
realtà quel bastardo del padre. Forse crede di essere stata violentata dal
padre…
- Se
fossi in lei, non m’importerebbe molto se a sbattermi su un letto e costringermi
a fare sesso fosse mio padre o uno sconosciuto. L’ha violentata, punto e
basta.
- Anche questo è vero.
- Yumi, io preferisco chiedermi
dove si trovi lei, piuttosto. Si dice che fosse lei la cameriera della birreria,
quella svanita una sera con un ragazzo forestiero ferito. Quella deve essere
stata la sera della violenza, a giudicare dalla data. E se anche quel ragazzo
avesse partecipato? Se Soichiro avesse organizzato una specie di festino
orgiastico con quel ragazzo?
- Hai troppa fantasia, Hitomi.
Comunque quel giorno anche lui sembra essere svanito nel nulla. Non mi stupirei
se fosse trovato morto su in montagna. Dicevano che doveva essersi fatto male di
brutto.
- Va bene, ma torniamo
all’argomento principale: dov’è adesso quella povera ragazza? Se è vero che il
padre ha approfittato di lei… ma sei sicura che non l’abbia fatto di sua
spontanea volontà? Dico, il sesso con il padre.
- Di certo non c’è nulla, se non
una camicia strappata ed un bottone dei pantaloni che può essere saltato anche
da solo, oltre che i segni di colluttazione. Ho sentito dire che l’avesse
addirittura legata.
- E come fanno a dirlo?
- Hanno trovato delle tracce sui
legacci del corpetto.
- E con questo?
- I legacci non erano al loro
posto, ma sul letto. Magari le ha bloccato i polsi o le caviglie per evitare che
si opponesse.
- Che uomo perverso!
- Si dice in giro che gli Hasegawa,
che abitano parecchio più in giù, abbiano sentito un grido di Maki, quella
notte. Magari è stato quando lui l’ha deflorata. Si diceva in giro che fosse
diventato violento ma non pensavo fino a questo punto. Tu immaginavi che il
marito di Kyoko potesse arrivare a fare questo? Se gli Hasegawa hanno sentito
davvero quello che hanno detto… deve essere stato qualcosa di molto doloroso e
violento, soprattutto per una ragazza al suo primo rapporto.
- Prima Maki mi faceva pena, ma
adesso… adesso me ne fa ancora di più. Vivere con un tipo del genere, come
magari la picchiava regolarmente e le concedeva come unico svago l’andare a
scuola… eppure mi domando, se è vero che Maki faceva la cameriera giù alla
birreria, come mai il padre non l’ha mai impedito? Me lo ricordo come un tipo
piuttosto geloso sia della moglie che della bambina e quello non è certamente il
luogo più indicato per un’adolescente.
- Magari non lo sapeva. E, magari,
quella sera l’ha scoperto e, picchiandola, s’è fatto prendere troppo la mano. Si
dice che la camicia era strappata.
Mark preferì andare via, giunto a
questo punto. Lo disgustava ciò che aveva appena udito sulla ragazza con la
quale viveva.
Mark
Lenders23
Dicembre ore 11:54 AM
Maki…la mia piccola Maki
è stata…lei è stata… violentata! O per la miseria!Ma… ma allora quel
giorno lui non solo l’ha picchiata ma anche… oh mio Dio! Che abominio! Avrei
dovuto capirlo subito che non era soltanto per le botte che non voleva che la
toccassi! Avrei dovuto intuire qualcosa dal suo atteggiamento fin troppo
guardingo. Povera, povera Maki! Lei è stata…è stata violentata dall’uomo che
credeva suo padre… che cosa orribile! E adesso lui è… è morto. Si è impiccato
per la vergogna. Quasi mi fa pena, oltre che ribrezzo! Possibile che abbia fatto
alla figliastra una cosa del genere? E perché Maki non me ne ha parlato? Aveva
paura che potessi andare lì ad ammazzarlo? Conoscendomi, sa che lo avrei fatto.
Inoltre, penso che si vergogni anche profondamente del fatto. Povera Maki,
picchiata e violentata dall’uomo che ha sempre creduto essere suo padre. Mi
viene la nausea al solo pensiero… ma come si può? Devo tornare immediatamente da
lei ed avvertirla del padre. Non le farà piacere, ma deve saperlo. Deve sapere
che quell’uomo mostruoso ha fatto una brutta fine. Certo, non curerà mai questa
ferita, ma almeno non avrà più paura di rivederlo in giro… ma come ha potuto
farlo? Ha cresciuto una ragazza… l’ha trattata sempre come una figlia,
nonostante lui sapesse benissimo che non lo era e poi… poi si approfitta di lei.
Se hanno visto… quel sangue, deve essere stata di certo la prima volta, a meno
che… a meno che lui non si fosse mai spinto fino a quel punto con lei. Che
rabbia! Accidenti! Lo odio per averla ferita in quel modo! E mi odio per non
essere stato in grado di riconoscere le sue movenze.
Mark Lenders, sconvolto, corse
verso la casa che divideva con Maki ed entrò come un fulmine, scoprendo che
colei che cercava era seduta accanto al fuoco, con le braccia attorno alle
ginocchia, persa nei suoi pensieri.
Si sedette accanto a lei e Maki si
voltò verso di lui, sorridendo.
Ormai ogni segno delle percosse
subite nella notte tra il 10 e l’11 novembre era svanito e lei, lentamente,
sembrava aver ripreso anche un po’ di sicurezza. Sembrava quasi un piccolo
passerotto infreddolito, pensò Mark.
- Maki…
- Sì?
- Odio girare attorno ai problemi,
quindi ti dico subito che in città ho sentito delle brutte notizie. Eventi che
ti riguardano.
Maki abbassò lo sguardo.
- Mio padre mi cerca, vero? Sa che
siamo qui? Ti ha visto?- chiese, rapida e con voce rotta dalla paura.
- No. Tuo padre non ti cerca.
- E allora cosa…- fece lei, alzando
il capo per guardare gli occhi del ragazzo, nel quale era riflesso un grande
dolore.
- E’ morto.
- Fatto bene- fu la frettolosa e
gelida risposta della ragazza. Troppo frettolosa per essere detta con il
cuore.
Mark le sollevò il mento con una
mano, scoprendo il volto rigato di lacrime della ragazza, e le depose un bacio
sul naso, stupendola e facendole spalancare gli occhi, raggiungendo così lo
scopo che Mark si era prefissato.
- Maki, guardami negli occhi-
sussurrò – Lui si è suicidato. Si è tolto la vita il giorno stesso in cui sei
scappata di casa, a quanto pare. Si dice che si vergognasse immensamente di ciò
che ti ha fatto quella notte.
- Vuoi dire che la gente sa che
lui…
Mark annuì, poi prese coraggio.
- Mi dispiace per ciò che hai
passato. Tu non fossi tornata a casa a prendere la valigetta da medico di tuo
padre, non ti avrebbe mai visto vestita da cameriera e forse non sarebbe
accaduto nulla.
- Non darti colpe che non hai.
Prima o poi l’avrebbe scoperto ed io sarei stata comunque picchiata.
- Maki, so cosa ti ha fatto. Tutti
al paese sanno che lui ti ha…tutti sanno che lui ha abusato di te.
Maki arrossì furiosamente e
nuovamente sentì su di sé le sudice mani dell’uomo che le percorrevano in lungo
e in largo il corpo, il suo grosso membro strapparle via con violenza
l’innocenza, i gemiti eccitati dell’uomo che si mescolavano con i suoi
singhiozzi misti al piacere, poi il calore al suo interno ed il nulla.
Rabbrividì violentemente, completamente persa nel terrore e Mark,
istintivamente, andò a prendere una coperta e gliela mise sulle spalle.
Gli occhi della ragazza, riportata
alla realtà dal calore della coperta e del gesto affettuoso di Mark, si
riempirono di lacrime, per poi si posarsi sul voltodel ragazzo un po’
chiuso ma sensibile che le aveva salvato la vita. Le sembrava impossibile che
non fossero trascorsi neppure due mesi dal loro primo incontro.
- Mark… .sussurrò lei, con voce
rotta.
- Dimmi.
- Cosa ne pensi adesso di me,
adesso?
- In che senso?
- Io… io ho fatto sesso con mio
padre.
- Ma non è stato di tua
volontà.
- No, ma… ma io l’ho lasciato fare
all’inizio…
- Maki, volevi fare sesso con tuo
padre?
- No! Ma… ma non ho avuto la forza
di dirglielo. Lui… lui diceva di vedere mia madre… mi faceva pena… credevo che
non mentisse…
- Cosa vuoi dire?
- Che lui mi toccava ma si
rivolgeva a me come se fossi mia madre.
- Lo credeva davvero?
- No, non penso. Prima di… prima
di…
- Non dirlo, se non vuoi, Maki.
- Devo affrontarlo, Mark. Prima di…
prima di penetrare in me, lui ha parlato riconoscendomi, parlandomi del fatto
che non fossi sua figlia e che voleva… voleva fare di nuovo ciò che aveva fatto,
ogni sera- singhiozzò.
- L’hanno detto anche quelle donne,
infatti.
- Cosa?
- Che non era il tuo padre
biologico.
- E’ vero, ma… ma lui era l’unico
padre che io abbia mai conosciuto. Mi voleva bene come se fossi figlia sua. Se
mamma non fosse morta e lui non fosse diventato alcolizzato, forse non l’avrebbe
mai fatto.
- Maki, posso domandarti come… come
sei arrivata a quello?
Maki arrossì furiosamente, poi gli
fece cenno di stendersi sul pavimento, supino. Lei si coricò al suo fianco,
appoggiando il capo nell’incavo del suo braccio e una mano sul suo torace.
Chiuse gli occhi, poi iniziò a parlare.
Allibito, Mark guardava il
fagottino tremante e piangente che si sfogava con lui, dopo un mese e mezzo di
segreto e, mosso a compassione, l’abbracciò con tutta la forza che aveva, per
farle coraggio.
Rimasero in silenzio qualche
minuto, poi Mark non potè più attendere e fece la sua domanda.
- Lui… lui ha avuto persino il
coraggio di legarti le mani? Che uomo orribile! Come ha potuto farti questo?-
sussurrò.
- Io… non lo so. Non aveva mai
fatto qualcosa del genere, prima. E’… è stato completamente inaspettato, il suo
gesto. Dio, come mi sento sporca! Lui… lui mi toccava come se fossi un oggetto
da distruggere, come se non fossi la figlia che ha cresciuto per quasi
diciassette anni. E’ stato orribile. Per un attimo, ho persino desiderato che tu
non mi avessi mai salvato da quella caduta.
Le lacrime scorrevano copiose sul
suo volto, bagnando la maglia del ragazzo e liberando tutto il dolore che
sentiva ancora in cuore. Sobbalzò quando Mark, che già l’abbracciava, iniziò ad
accarezzarle i capelli e le sussurrò:
- Ti giuro che nessuno più potrà
farti del male, Maki Akamine. Nessuno ti tratterà più in quel modo.
Lei sollevò il capo, guardando
negli occhi quel ragazzo arrivato da chissà dove e pieno di misteri.
- Tu quindi… non mi disprezzi.
- Affatto. Sei una ragazza molto,
molto dolce, Maki. Sei unache ha un grande carattere ed un cuore delle
stesse dimensioni. Sei determinata e caparbia,non ti lasci mai piegare da
nessuno. Non importa ciò che tuo padre ti ha fatto, perché non sei stata tu a
volerlo e sei stata costretta. E non importa neppure che il tuo corpo reagisse
ai suoi gesti, perché è naturale.
- Tu… tu…
- Maki, io…- fece lui, mettendosi a
sedere, trasportando con se la ragazza, che ancora teneva tra le braccia.
Tolse una mano da Maki e frugò
nella tasca per qualche minuto.
- Oggi, prima di sentire quello che
hanno detto, ti ho comprato un regalo. Non è nulla di particolare e non sentirti
obbligata a ricambiare. E’ un pensierino che voglio donarti, ora più che mai.
Dovevo dartelo tra qualche giorno, ma mi rendo conto che è meglio farlo
adesso.
Dalla tasca emerse un piccolo
pacchetto, incartato con della semplice carta marrone.
Maki lo scartò in fretta, a dir
poco curiosa, e quando trovò di fronte a sé quel regalo ebbe un sussulto: il
ciondolo era uguale a quello che lei aveva messo al collo di sua madre prima che
la seppellissero.
- Mark… è bellissimo!- sussurrò,
commossa.
Mark Lenders, la tigre della Toho
School, sorrise apertamente. Non un sorriso sardonico o uno di quei sorrisi a
mezza bocca, che era solito fare ai suoi fratellini o alla madre, ma un vero,
grande sorriso apparve sul suo volto ed i suoi occhi brillavano di nuova luce.
Il vedere Maki felice e sinceramente commossa lo faceva sentire bene, in pace
con il mondo. Improvvisamente si rese conto che non aveva pensato al calcio per
molti giorni, troppi, se davvero era questa la sua vita. Per un istante il
pensiero di lasciare quel luogo attraversò il suo cervello, ma fu subito
soppresso dal pensiero di dover lasciare Maki sola.
Era talmente immerso nei suoi
pensieri dal non accorgersi che la ragazza si era avvicinata a lui. Timidamente,
posò sulla sua guancia un bacio, che fece arrossire come una scolaretta
l’attaccante della nazionale.
- Grazie mille, Mark- sussurrò lei-
Per ripagarti voglio prepararti un pranzetto con i fiocchi e controfiocchi.
Detto questo, fece per alzarsi, ma
inciampò nei suoi stessi piedi, rischiando di finire a terra e farsi male. Tra
lei e il pavimento si frappose Mark Lenders, che cadde riverso a terra, con la
ragazza sopra.
Imbarazzati, i due si guardarono a
lungo, timorosi di respirare e di muoversi. Sembravano aver stabilito un
contatto visivo che nessuno dei due desiderava rompere, una specie di barriera
in cui si sentivano a loro agio.
- Maki…- sussurrò lui, guardando il
volto imporporato della ragazza.
- Vuoi che mi tolga?- chiese
lei.
Istintivamente lui scosse la
testa.
- Perché no?
- Non lo so. Tu vuoi toglierti?
- No.
- E perché?
- Non lo so neppure io. Mi sento
bene, però.
- Anche io mi sento bene.
- Mark…
- Sì?
- Non mi sento completa, però. Cosa
posso fare?
- Segui ciò che il tuo cuore ti
dice di fare e non sbaglierai.
- Allora… perdonami in anticipo, se
quello che sto per fare non ti piacerà, Mark Lenders, ma il mio cuore mi ordina
questo, adesso.
La ragazza, incapace di resistere,
posò le sue labbra su quelle del ragazzo. Percepì una scossa elettrica, a quel
contatto. Era qualcosa di diverso dalle violente scosse provate ogni volta in
cui il padre affondava il suo membro in lei, scosse che al solo pensiero le
facevano salire un conato di vomito su per la gola. Questa era delicata e dolce,
non debole ma neppure forte, qualcosa che emanava calore e serenità. Le
sensazioni aumentarono un istante dopo, quando Mark ricambiò il timido bacio
della ragazza, stringendo le braccia attorno alla sua schiena.
Adesso che si erano trovati
completamente, sapevano di essere inseparabili, legati da un sentimento che per
il giovane Lenders esisteva soltanto nei confronti della madre e dei
fratellini.
Finalmente capiva come
mai
Oliver Hutton si fosse gettato in mezzo a una strada, sotto
quello stramaledetto camion, per salvare la vita a Patty. Sapeva cosa aveva
spinto la ragazza a stare al fianco del suo capitano per mesi e mesi, senza mai
arrendersi e trascorrendo con lui tutto il tempo possibile e anche quei momenti
in cui non avrebbe potuto passare il suo tempo con lui.
Quel pensiero ruppe l’incanto,
costringendolo a fermarsi. Non aveva sicuramente ritrovato la serenità adatta
per accettare il fatto che il suo rivale numero uno non potesse più giocare, ma
ne aveva abbastanza per tornare ad allenarsi. Ma per farlo, sarebbe dovuto
andare come minimo dal suo vecchio maestro, il mister che l’aveva allenato ai
tempi del Muppet, in un isola vicina.
- Maki… so che ti parrà molto
sfacciato da parte mia ma… vuoi venire con me sull’isola di Kitabana?
La ragazza annuì.
- Io qui non ho più nulla e non
voglio più tornare al villaggio, che per me adesso rappresenta soltanto brutti
momenti. Verrò con te, Mark. Ma prima dovrai dirmi chi sei in realtà. Tu adesso di me
sai tutto.
- Hai perfettamente ragione, Maki.
Io sono Mark Lenders, attaccante e numero nove della nazionale giapponese di
calcio. Sono venuti fin qui per trovare un po’ di pace, ritrovare me stesso dopo
il gravissimo incidente che il mio rivale numero uno ha subito. Ho perso lo
stimolo, da quando ho scoperto che lui non potrà mai più giocare a calcio.
Questo è il motivo per cui sono venuto a rifugiarmi qui, lontano dai mass media
e dalla mondanità, ad annegare, in un luogo in cui potevo essere almeno meno
noto che nel resto del Giappone, tutti i miei brutti pensieri nel lavoro
manuale. Ecco, adesso sai tutto, Maki. Sei libera di odiarmi, se lo
desideri.
- Cosa vuoi dire?
- Che ti ho costretta a vivere qui,
in totale povertà, quando avrei potuto fare molto di più per te.
Lei sorrise e scosse la testa.
- Non importa, Mark. Tu desideravi
vivere per un po’ in questo modo ed io sono d’accordo con la tua determinazione
a farlo. A me non importano minimamente i soldi, ma il poter stare insieme a te.
Non m’importa dove vuoi andare né cosa vuoi fare, l’importante, per me, è sapere
che ci sei e che sarai sempre al mio fianco, magari anche soltanto
spiritualmente. Questo a me importa, di Mark Lenders, non se è un calciatore
famoso o un muratore che lavora in nero.
- Adesso capisco davvero molte
cose- rispose Mark, con un sorriso.
- Cosa?
- Maki, voglio raccontarti una
storia.
- Aspetta un attimo- disse Maki,
recuperando la coperta e stendendosi di nuovo accanto a lui, sotto la
coperta.
- E’ la storia di Oliver Hutton, il
calciomane più sfegatato del Giappone e mio ex compagno della nazionale
giapponese, e di quella pazza ragazza di Patricia Gatsby, sua tifosa numero uno
e manager della squadra. Tutto ebbe inizio qualche anno fa, quando… - iniziò
lui, mentre la ragazza, delicatamente, si accoccolava contro di lui, facendolo
arrossire nuovamente.
Mark si fece inviare dalla madre
una modesta somma di denaro, necessaria giusto per i due biglietti del
traghetto, e, nel giro di ventiquattro ore, si trovavano entrambi sul battello
che li avrebbe portati a Kitabana, da mister Turner, dove Mark avrebbe ripreso
ad allenarsi seriamente e a cercare un nuovo stimolo per tornare dai suoi
compagni della nazionale, tra le cui file non si sarebbe più trovato Oliver
Hutton.
Se qualcuno dei mass media avesse
visto come Mark si comportava nei confronti di Maki avrebbero avuto molto da
scrivere, a partire dal titolo, che sarebbe suonato più o meno come:
La Tigre Ammansita.
NdA: mi
scuso moltissimo con tutti quelli che hanno seguito la fanfiction per questo
lungo stop, dovuto a motivi personali. Questa fanfiction è quella che prediligo
e mi è costato molto allontanarmene, ma non potevo fare altrimenti. Spero di
poter tornare ad aggiornare con un ritmo più costante. La storia di Holly e
Patty riprenderà nel capitolo 8, dal titolo “Crudele Realtà” e, per la sicura
gioia di uno di voi lettori, tornerà anche la storia tra Tom e Martina,
quest’ultima più scoppiettante che mai.
NdA:
scusate immensamente, carissimi lettori di Life, per questo lunghissimo stop.
Da questo capitolo si ritorna a casa Gatsby, la sera dopo l’arrivo di Martina,
Tom, Benji e Colette. Ah, ragazzi, mi sono presa la “piccola” libertà di
eliminare il fratello di Holly, scomodo per la trama della storia (oh, non è
che è morto pure lui, soltanto che non è mai nato!).
Quando
la mattina successiva Roberto andò in camera di Patty, dove erano alloggiate
anche Jenny, Amy, Colette e Martina, per controllare le ragazze, si trovò
davanti ad una scena molto dolce ed un po’ equivoca: Patty e Holly, beati,
l’uno nelle braccia dell’altra, riposavano sul letto, mentre appoggiati di
schiena al letto stavano Julian e Philip, che cingevano con un braccio le
rispettive compagne. Colette era su una poltrona di vimini, con Benji come
materasso, ma di Martina e Tom non c’era neanche l’ombra. All’appello mancava
anche Bruce, che però aveva visto dormire in compagnia di Raiden, nella stanza
che teoricamente avrebbe dovuto occupare tutta la componente maschile della
compagnia.
Roberto Sedinho 3 Marzoore 6:04 AM
Oh no! Dove sarà adesso quel tornado di ragazza? Ieri
sera per poco esco pazzo, con quella ragazza in giro. E adesso lei e il suo
degno compare scompaiono dalla stanza in cui, almeno teoricamente, dovrebbero
trovarsi. Chissà che fine avranno fatto? Certo che sono tremendamente teneri,
sia loro che quei due! Ma, per il tempo che resteranno qui a dormire, dovranno
stare in stanze separate. Non vorrei ritrovarmi a dare ricovero anche a un
branco di ragazze madri con relativi ragazzi al seguito, rischiando anche il
linciaggio dalle rispettive madri.
Lo
sguardo di Roberto vagò di nuovo per la stanza, sperando di vedere una traccia
della ragazza dai capelli rossicci, ma non la vide da nessuna parte, così
sospirò e uscì dalla stanza, sperando che non si fosse cacciata nei guai.
Conosceva l’indole pacifica e calma di Tom, ma, perlomeno da quanto aveva visto
e sentito la sera prima, pareva l’italiana riusciva a trascinarlo in situazioni
al limite dell’assurdo.
Di
certo Roberto Sedinho non immaginava che la folle Martina Maroni aveva avuto
l’idea di andare a guardare le stelle sul letto, trascinando anche il riluttante
Tom, e, dopo circa un’ora passata sdraiati sulle tegole, si erano addormentati
là sopra, nonostante la notte fosse piuttosto fredda, l’una tra le braccia
dell’altro.
Il
primo a svegliarsi fu Tom che, intontito, guardò prima il cielo che lentamente
stava schiarendo e la bella ragazza che ronfava tra le sue braccia, la ragazza
che, sapeva,sarebbe stata capace di
seguirlo fino ai confini del mondo ed anche oltre, se il suo ragazzo glielo
avesse chiesto. I suoi capelli, illuminati dal primo sole, mandavano dei
magnifici riflessi rosso-dorati, ed il sorriso che aveva sulle labbra gli
scaldava il cuore. Certo, Martina Maroni era una ragazza forte che sprizzava
energia da tutti i pori, forse un po’ fuori dal normale ideale di ragazza, ma
possedeva in sé anche un punto debole, una parte del suo cuore, nascosta a
tutti, nella quale qualcuno le aveva inferto una ferita che la faceva soffrire
ancora e della quale Tom non conosceva nulla, un’incrinatura nella sua
sicurezza e giovialità, quasi come se fosse un pezzo di puzzle che qualcuno le
aveva strappato e cercava di nascondere a tutti.
Delicatamente,
iniziò a passarle una mano tra la folta chioma, sorridendo a quella
straordinaria ragazza che riposava al suo fianco.
Tom Becker 3 Marzoore 6:29 AM
Quanto è bella! Non solo fisicamente, ma anche
spiritualmente. Nessuno sembra comprendere la sua complicata psiche. Neppure io
la capisco completamente, ma una cosa penso di saperla: lei fa tutto alla
ricerca della felicità. Che sia la sua o quella altrui non importa, ma lei è
volta sempre alla felicità. Ancora non è completamente felice, lo sento, ed io
voglio impegnarmi per donarle ciò che desidera. Io la amo, non ci sono dubbi. E
lei? Lei è così affascinante, dolce, premurosa, allegra… ma mi ama? Come io non
l’ho mai detto, almeno a voce, lei neppure l’ha fatto. Mi dimostra un immenso
affetto ma… questo è amore?Lo so,
dovrei smetterla di pensarlo… e dovrei smettere anche didarle retta ed esaudire i suoi capricci più
strampalati, dato che fa “un po’” freddino qui fuori. Me lo dice sempre
Trappippi che la sua compagnia mi carica in campo ma mi rende anche piuttosto
pittoresco, se non del tutto strambo fuori! Ma come posso non accontentarla? E’
così convincente…
Martina
Maroni 3 Marzoore 6:31 AM
E’ talmente immerso nei suoi pensieri che non si accorge
neppure che non dormo! Quanto è dolce, però. Come farò quando lui se ne andrà
via? Crede che non sappia che l’Ascoli ha ricevuto parecchie richieste da parte
di altre squadre, oltre, naturalmente, alla chiamata della sua ex squadra? Lo
so che molto presto mi abbandonerà. Tom, tu dovrai lasciarmi e ti dimenticherai
di me, eppure non posso fare a meno di aggrapparmi a te, quasi come se per me
la tua presenza sia diventata essenziale per l’esistenza. Cosa farò quando andrò
allo stadio e la maglia numero undici la vedrò sulle spalle di un altro? Cosa
farò quando agli allenamenti non potrò più gridare il tuo nome, rendendo sordi
Trappippi ed i tuoi compagni? Cosa ne sarà di me senza Thomas Becker? Come farò
se in un unico momento svanissero il mio fratellone iperprotettivo, il mio
buffo amico del cuore, il mio più intimo confidente e, soprattutto, come farò
senza il dolce centrocampista che ha fatto gol nel mio cuore? Come farò? L’ho
visto ieri, insieme a tutti i suoi vecchi amici. Lui è felice qui con loro,
nonostante il pessimo momento. Ha degli amici ed amiche molto simpatici,
gioviali ed io, un’italiana, potrei rovinare tutto. Mi sento come se dovessi
portarlo via da loro, se lo legassi ad una promessa, ma non posso neppure
rinunciare a lui. Ormai è troppo importante per me.
Tom fu sconvolto dalla vista delle lacrime di Martina, che
rigavano il suo volto sorridente. Possibile che con quel sorriso nascondesse le
sue vere emozioni? Che qualcosa, in quel momento, la stesse sconvolgendo a tal
punto da far sciogliere persino la sua irreprensibile corazza di ragazza forte
ed indipendente?
- Martina, stai bene?
Lei scosse la testa.
- Cosa c’è? Cosa ti turba?
- Il pensiero di un giovane giocatore di calcio giapponese
che è richiesto da molte squadre, ha tanti amici al suo fianco ed una ragazza
di troppo che potrebbe tarpargli le ali e allontanarlo dagli amici perché la
sua patria è a migliaia di chilometri dal paese d’origine di lui- rispose,
aprendo gli occhi ma senza guardarlo, mentre un sospiro le sfuggiva dalle
labbra.
- Pensi che tu, per me, sia un ostacolo?
- Sì, perché lo sono. Io sono italiana, abitante di una
città non certo piccola, ma una piazza del calcio non certo importante come
quelle di Roma, Torino e Milano, non importante come i club di calcio
sudamericani o europei. Non posso tenerti lontano dal tuo amato calcio. E
neppure dai tuoi amici. Io non posso pretendere che tu rinunci a tutto questo
per me.
- Martina, non definirti come ciò che non sei. Tu non
sarai mai un ostacolo per me. A me non interessa dove gioco, ma divertirmi
mentre lo faccio. Non posso essere un giocatore di calcio che non si diverte. E
sai quando mi diverto?
- Quando?
- Quando guardo in panchina e ti vedo gridare per me,
magari con il cappello e la sciarpa al collo, vedere che tu tieni a me. Se tu
sei con me, io mi diverto sempre. E per quanto riguarda gli amici… Benji sta in
Germania e Holly, se si riprenderà, verrà in Europa con Patty, posso giocarmi
tutto quello che ho su questo. Avrò i miei più cari amici molto più vicini che
se giocassi qui. Poi ci saranno i ritiri per rivederci. Inoltre, non sarò mai
lontano da loro finchè sarò in contatto con Holly e potrò telefonare a Benji.
Un’amicizia non si basa sulle distanze.
- Ma non vorresti giocare in una grande squadra, Tom?
- Non posso mentirti. Mi piacerebbe poter giocare di nuovo
in un grande club, ma non adesso. Ho ancora tanto da imparare da Trappippi.
- Ma quando non avrai più nulla da imparare?
- Allora mi dedicherò all’Ascoli. Diverrò la sua bandiera,
se è necessario, e lo porterò in serie A. Così potrò giocare contro i grandi
club e non saremo costretti a separarci. Io non posso lasciarti, lo sai. Ho
promesso.
Le lacrime continuarono a scorrere lungo le sue guance,
irrefrenabili.
- Tom… perché fai ciò per me?
- E’ scritto sulla tua maglia, Megafono Umano- rispose,
asciugandole una lacrima dalla guancia.
Martina, per la prima volta in quella giornata, lo guardò
negli occhi.
- Cosa vuoi dire?
- Che ti amo- sussurrò, baciandola dolcemente.
- Come puoi amare una come me?- chiese tra le lacrime.
- Sei speciale. Tu illumini la mia giornata, sai farmi
ridere quando ne ho bisogno, sfogare se ne ho voglia, mi liberi dalla mia
innata timidezza e sai spronarmi a dare il massimo con un solo sguardo. Io amo
di te la tua forza, la tua allegria, anche la tua caparbietà e lo strano senso
dell’umorismo che possiedi, perché senza non saresti la stupenda ragazza che
sei. Non posso fare a meno di volerti bene e di prometterti mari e monti. Io
voglio donarti tutto ciò che desideri, vederti sorridere ogni giorno, voglio
che tu sia la persona più felice di questo mondo, capisci?
Vedendo ancora le lacrime rigarle il volto Tom non capì
che non era dolore il suo, ma sollievo, la gioia di sentire che qualcuno al
mondo le voleva un bene tale da arrivare al sacrificarsi per lei.
- Io non ti merito, Tom- sussurrò, chiudendo nuovamente
gli occhi – Sei sempre così dolce nei miei confronti… vorrei poterti dimostrare
quanto tengo a te senza apparire scontata o troppo melensa. Io…
Un dito di Tom la bloccò.
- Non dire nulla. Quando sarà il momento il cuore saprà
che cosa farti dire e come farti agire, capito?
Lei sorrise ed annuì. Aveva capito che Tom non le avrebbe
mai rinfacciato nulla, anche se fosse stato costretto a lasciare andare il
treno del successo. E comprese anche che doveva impedirgli di compiere questo
sacrificio.
La prima a svegliarsi fu Colette, svegliata dal rumore
della porta che si chiudeva.
Intontita, si guardò intorno qualche istante, prima di
ricordare come mai si trovasse lì, addormentata sul portiere della sua squadra,
in una stanza piena di ragazzi e ragazze, che dormivano gli uni sugli altri.
Colette Montgomery 3
Marzoore 6:08 AM
Sono tra persone che non conosco, eppure… io non mi
sento fuori posto. Loro mi hanno trattato come una di loro, con naturalezza e
tranquillità, come se mi conoscessero dalla vita. Persino Benji mi sembra
diverso da quando è ad Amburgo. E’ vero che mi ha detto che non gli piace
comportarsi naturalmente con i suoi compagni di squadra, ma vedendolo tra gli
amici sembra quasi un altro Benji. Chissà cosa prova per Martina… Lei, si vede
perfettamente, è legatissima a Tom, ed è ricambiata con la stessa intensità, ma
non so se questo potrà fermare i suoi piani.
Guardò attentamente la stanza della ragazza, sorridendo
alla vista di Holly e Patty che, nonostante il dolore che avevano nel cuore,
nel sonno riuscivano a sorridere. Sapeva che non avrebbe potuto comprendere il
loro dolore, ma lei sapeva cosa significasse non poter più vedere uno dei
genitori, anche se, naturalmente, quella distanza era stata una precisa volontà
di sua madre.
Ripensare alla madre la faceva sentire sempre
tremendamente sola. Aveva nove anni quando aveva visto per l’ultima volta la
madre. Ricordava perfettamente quel giorno, al “Grand Hotel” di Milano. Lei e
suo padre erano andati lì per seguire una sfilata della madre, la più
importante dell’anno, e lì la madre sarebbe andata ad incontrarli, per cenare
tutti assieme.
Aveva stentato a riconoscere la rubiconda madre nell’eterea
bellezza che, con passo sicuro, si avvicinava a loro. Due anni prima, quando
era andata via, era un’alta donna, leggermente in soprappeso, che di solito
indossava jeans e maglietta, entrambi di almeno un paio di taglie più grandi,
eternamente sorridente, con i capelli biondo platino, come quelli della figlia,
lasciati sciolti e gli occhi azzurro ghiaccio, che sprizzavano energia, mentre
la donna che si avvicinava a loro con passo fermo era una pallida silfide,
fasciata da un abito argenteo, che sotto la luce dei lampadari brillava di
mille riflessi cangianti, con i capelli raccolti in un elegante chignon, la
bocca, velata da un sottile filo di rossetto di una tinta fredda di rosa,
ridotta ad una rigida fessura e gli occhi, color del ghiaccio, privi di
qualsiasi luce, esaltati da un ombretto argenteo ed il mascara.
Lei si era slanciata tra le sue braccia, ma la donna
l’aveva ignorata, avvicinandosi al marito e porgendogli la mano, che lui
galantemente baciò.
- E’ un piacere rivederti, Maria.
- Bando ai convenevoli, Vincent. Andiamo a cena, così
potremo sbrigarci a firmare le carte e renderlo ufficiale.
- Io speravo che avremmo potuto parlare.
- Il tempo delle parole è finito. Ormai non provo più
nulla per te. E’ già tanto se ti ho concesso trenta minuti per questa insulsa
cena.
- Non vuoi ripensarci?
- No.
- Neppure per Colette? Cosa le dirò?
- La verità- fece lei, gettandole un’occhiata con la coda
dell’occhio- Che i suoi genitori non si amano più e che sono davvero troppo
impegnata per essere stilista e madre, quindi rinuncio alla patria potesta. Io
non ho tempo da perdere con i bambini, neppure se sono figli miei.
- Come puoi dirlo? E’ pur sempre tua figlia!
- Un peso, ecco cosa è. E’ una bambina grassoccia e con le
gambe corte. Non voglio più vedermela davanti. Io non ho più una figlia e,
quando avrò firmato quelle carte, non avrò neppure più un marito. E, dato che
hai perso tutto questo tempo, dammi una penna, così firmiamo. Devo tornare
subito dalle mie modelle.
Sul momento non aveva capito cosa stesse accadendo, poi,
quando aveva visto la madre andarsene, aveva fatto per rincorrerla, ma la
donna, con voce stizzita, guardò la bambina sorridente e disse:
- Colette, tu non sei più mia figlia, adesso. Vattene. Non
voglio vederti vicino a me mai più, capito?
A quelle parole, ricordò, era scoppiata a piangere e aveva
cercato di abbracciarla, ma una guardia del corpo della donna, impietosita,
l’aveva presa in braccio e consegnata al padre, che guardava l’esile figura
dell’ormai ex moglie con aria depressa.
A quel punto Colette chiuse di nuovo gli occhi, cadendo
nuovamente tra le braccia di Morfeo.
Patty fu svegliata da un lieve movimento accanto a sé ed
aprì gli occhi. Holly era sveglio e, tentando di non svegliarla, cercava di
scendere dal letto.
Patty sorrise al suo capitano e, silenziosa, scese dal
letto e lo aiutò a scendere, facendolo quasi gridare per la sorpresa quando la
vide apparire davanti a lui, con la mano tesa per aiutarlo a mettersi in piedi.
- Holly, so dove vuoi andare- sussurrò lei, sorridendo.
- Come?
- Ti conosco. E’ tutto pronto.
Gli occhi di Holly brillarono nel vedere la ragazza del
suo cuore accucciarsi a terra ed estrarre da sotto il letto un borsone, che si
mise a tracolla.
Patricia Gatsby 3 Marzoore 06:17 AM
Crede che non sappia che da quando si è ritrovato in
grado di correre come una freccia, la sua voglia di allenarsi èdecuplicata? Ho preparato tutto ieri, in
segreto, quando mi credeva addormentata. Ho messo tutto il necessario e adesso
è pronto per tornare ad allenarsi. Non è certo il giorno più indicato, ma è
anche vero che il tempo scorre veloce e dobbiamo sbrigarci a farlo tornare
l’Oliver Hutton di un tempo. Bene, Patty, da oggi torni ad essere la manager
del capitano.
Oliver Hutton 3 Marzoore 06:07 AM
Come fa a leggermi dentro così bene? Si aspettava che
oggi volessi tornare ad allenarmi ed ha già preparato tutto. Mi sembra di
essere tornato ai tempi della New Team, quando lei era sempre al mio fianco,
sfacchinando tra il campo e gli spogliatoi ed aspettando sempre che finissi gli
allenamenti, soltanto per darmi un asciugamano pulito con cui asciugarmi la
fronte. Come avrei fatto senza di lei?
- Vogliamo andare?- sussurrò Patty, passando un braccio di
Holly sulle sue spalle, per aiutarlo a scendere le scale.
Nonostante l’imbarazzo, accettò l’aiuto offertogli da
Patty, assaporando quel dolce momento con tutto il cuore, cosa che anche Patty
faceva, e a malincuore, arrivati al piano terra, si separarono.
- Sei pronto capitano?- chiese Patty, guardando il suo
ragazzo uscire dallo spogliatoio del vecchio campetto comunale, con indosso la
sua divisa della New Team, che, a quanto sembrava, gli stava ancora a pennello,
cosa di cui si stupì.
Il sorriso sul volto di Patty ebbe l’effetto di fargli
capire tutto: doveva essere stata lei a sistemarla per fare in modo che potesse
indossarla di nuovo nonostante il tempo passato dall’ultima volta.
Il ragazzo si avvicinò alla ragazza, che indossava un paio
di shorts neri, piuttosto attillati, ed una maglietta bianca lunga, che per
comodità aveva annodato poco sopra l’ombelico, in modo che fosse larga ma non
l’intralciasse nei movimenti. I lunghi capelli scuri erano legati in una coda
alta, che poi aveva piegato contro la testa e legato alla base della stessa,
riducendo sensibilmente la massa di capelli in movimento, che avrebbero potuto
interferire con i suoi movimenti ed infastidire Holly in un probabile scontro
di gioco. Sapeva che per far riprendere Holly avrebbe dovuto partecipare
attivamente e prontamente al moto del giovane calciatore.
- Patty…- fece Holly, comprendendo solo in quel momento
l’utilità del suo abbigliamento molto sportivo.
- Sì, Holly?
- Come mai ti sei vestita… così?
- Per aiutarti. Dovrai superare anche qualche blocco
psicologico, dopotutto, e avere un avversario ti aiuterà a superarli.
- Ma io sono… come dire…
- Un campione?- fece lei, con aria scettica.
- In effetti….
- Ma tu devi ricominciare da capo, non dimenticarlo. Devi
iniziare con un avversario relativamente facile.
- Cosa vuoi dire con “relativamente facile”?
- Lo vedrai, Oliver Hutton- rispose, con un sorriso
sornione che non faceva presagire nulla di buono.
La ragazza prese la palla dal borsone e la lanciò nel
campo.
- Vediamo come va il controllo di palla, signor Campione-
fece lei, con tono di sfida.
Holly immediatamente si lanciò verso la palla ed iniziò a
correre lungo il campo, ma improvvisamente la palla non era più tra i piedi, ma
un paio di metri più in là, dove i suoi piedi, fuori allenamento, l’avevano
spedita.
- Uhm… dobbiamo fare un mucchio di roba, io e te- fece
Patty, recuperando la palla con i piedi e lanciandola verso Holly, che non
riuscì ad agganciare non per colpa del lancio della ragazza, piuttosto preciso.
Lo sguardo che Holly rivolse alla ragazza era di puro
stupore: non riusciva a credere che Patty potesse aver fatto un passaggio così
preciso!
Oliver Hutton 3 Marzo ore
06:24 AM
Ma… ma è stata proprio Patty a farlo? Ma… ma come ha
fatto? Non mi ha mai detto di essere così brava nei passaggi… anzi, non mi
aveva mai detto di cavarsela così in campo calcistico! Ma dove ha imparato a
farlo?
Patricia Gatsby 3 Marzo ore
06:24 AM
Poverino! Mi sa che l’ho scioccato! Non immagina
minimamente che abbia imparato a giocare proprio guardando giocare lui e gli
altri! Se non avessi osservato attentamente i loro movimenti a quest’ora non me
la caverei così.
- Come mai quella faccia? Vuoi essere l’unico a saper
giocare a calcio in questa città? Su, adesso muoviti ed iniziamo con i passaggi
tra me e te. Hai ancora molto da recuperare, in quanto a controllo di palla, ed
il tempo stringe, per tua sfortuna- fu l’entusiastico incoraggiamento di Patty,
che a stento si tratteneva dal ridere alla vista del volto stupito di Holly.
Holly fece come gli era stato detto ed iniziò a fare dei
passaggi, molto lenti, tra lui e Patty, sperando con tutto il cuore di potersi
riprendere alla svelta il posto di capitano del San Paulo e della Nazionale
Giapponese, ma allo stesso tempo domandandosi dove e come Patty avesse imparato
a giocare a calcio. Non era certo al suo livello come preparazione, ma, pensò,
sarebbe riuscita a saltare un avversario del calibro di Bruce, con un pizzico
di fortuna.
- Patty…- fece lui, mentre cominciava a prendere il ritmo
dei passaggi- Chi ti ha insegnato a giocare così?
- Come chi mi ha insegnato a giocare? Ma tu, ovviamente-
fece lei, tranquilla, senza staccare gli occhi dal giovane.
- Io? Ma… come…
- È bastato osservarti mentre ti allenavi e copiare i tuoi
movimenti. Sono stata così tanti pomeriggi a seguirti nei tuoi allenamenti,
straordinari e non, che ho cominciato a capire e ricordare i movimenti che
facevi. Mi sono allenata ogni giorno, mentre eri in Brasile, e anche mentre
stavi male ho continuato a lavorare. Sapevo che saresti tornato il mio Oliver
Hutton, il calciomane indefesso e volevo farti una sorpresa- fece lei,
abbassando il capo ed arrossendo un po’ mentre pronunciava l’ultima parte,
perché si era resa conto di aver esagerato un po’.
- Dici sul serio, Patty?- fece lui, imitando nel colorito
delle gote la ragazza che gli stava di fronte.
Lei annuì, continuando a passare la palla, per poi
sorridere e tornare a guardare in volto il ragazzo.
- Certo, non sarò mai in grado di fare una rovesciata, ma
con la palla a terra non penso di essere poi troppo male. Sai, nessuno sa che
io gioco così. Bruce e gli altri mi avrebbero preso in giro, se avessero
saputo.
- Mi piacerebbe molto poterti far vedere ciò che ho
imparato al San Paulo, invece che certi concetti base- fece lui, rattristato
dal fatto che Patty potesse mostrargli i suoi progressi mentre lui no.
- Presto mi potrai far vedere tutto quanto. Tornerai come
nuovo ed anche meglio. Te lo giuro Holly. Io starò qui con te fino a quando non
sarai di nuovo il campione che sei sempre stato.
Holly guardò la ragazza, stupito. Nei suoi occhi nocciola
si vedeva l’ombra delle lacrime ma bruciava anche una forza che lui conosceva
sin troppo bene, dimostrata anche dalla sua bocca, ridotta ad una fessura
stretta ed i pugni che stringeva con forza.
Per un attimo rivide in lei la piccola Patricia Gatsby, allora
undicenne, quella forte ragazzina che andava in giro indossando l’uniforme
maschile, che, con aria assassina, guardava gli avversari che osavano fargli
fallo, tanto da tentare più volte di scendere in campo per fare giustizia con
le sue stesse mani, alla cui immagine si sovrappose una Patty più recente,
stavolta quattordicenne, che, tra le lacrime che le portava l’immensa
preoccupazione per il suo stato di salute, lottava al suo fianco per farlo
tornare in campo nonostante la reticenza del suo medico.
Lentamente, si avvicinò alla ragazza e l’abbracciò con
molta tenerezza, lasciando che la ragazza potesse appoggiare il volto contro la
sua forte spalla. Sapeva che era uno dei momenti in cui si faceva sommergere
nuovamente dal senso di colpa per quel maledetto incidente.
- Io ce la metterò tutta, Patty- sussurrò lui, aspirando
con calma il profumo della sua capigliatura mentre l’accarezzava lentamente –
Non mollerò mai, hai capito? Ma tu non devi lasciarti andare, mi capisci Patty?
Non devi avere più pensieri del genere, capito? Lo sai che cosa penso di questi
sensi di colpa.
Sentì Patty singhiozzare sommessamente contro di lui, per
alzare di nuovo il volto, passarsi un braccio sul volto per asciugare gli occhi
dalle lacrime che non aveva versato e guardarlo con intensità. Sapeva che aveva
ragione ed ormai quel discorso lo avevano fatto decine di volte.
- Continuiamo?- sussurrò lei.
Il radioso sorriso del suo Holly e il lasciarla andare
rispose al posto della sua voce, così la ragazza recuperò il pallone e ricominciò
a fare i passaggi con il ragazzo, con rinnovata energia.
Quando Raiden si svegliò notò che Bruce non era al suo
fianco ma alla finestra, a fissare con aria assorta il cielo azzurro.
- Qualcosa non va, Bruce?- chiese l’uomo, accomodandosi
accanto al ragazzo dai capelli scuri.
- Pensavo a tutta questa situazione, Raiden.
- Cosa intendi dire?
- Che tutti, intorno a me, stanno crescendo, viaggiano,
evolvono… mentre io sono fermo dove ero qualche tempo fa. Tom adesso gioca in
Italia, è corteggiato da parecchie squadre ed ha una ragazza un po’ matta ma
bella come il sole; Benji è considerato uno dei migliori portieri d’Europa ed
ha al suo fianco una ragazza delicata e a modo, di cui è più geloso della sua
stessa vita; Roberto è tornato dal Brasile ed allenerà la New Team; Julian e
Philip hanno trovato lavoro e le ragazze che sempre li hanno affiancati non li
hanno abbandonati; per non dimenticare Patty e Holly… loro in un anno hanno
visto la vita capovolgersi completamente. Come è possibile che io non riesca ad
evolvere come loro? Io ancora dipendo dai miei genitori.
- Non dire così, Bruce. Tu stai cercando di entrare in una
squadra di calcio e questo significa che desideri lavorare. Per il resto, ossia
il campo sentimentale, non dovresti farti certi problemi. Quando sarà il
momento troverai chi ti starà a fianco per la vita.
Bruce guardò l’uomo saggio che gli stava a fianco e pensò
anche al dolore che poteva covare sotto il sorriso radioso che mostrava. Figlio
e nuora morti in un incidente stradale, una nipotina caduta in mare ed una
moglie morta di dolore soltanto due settimane dopo, ed ora solo al mondo. Provò
improvvisamente un moto di grande affetto per quell’uomo, quasi fosse una
specie di nonno, e l’abbracciò con forza, come non aveva mai potuto fare con
suo nonno, morto prima che lui nascesse.
Non una parola fu pronunciata mentre quell’abbraccio
sanciva lo stringersi di un legame sempre più forte tra i due,che fino a qualche giorno prima non si erano
neppure mai visti ed ora si trovavano a vivere una realtà drammatica non loro.
Il pallone da calcio sfrecciò piuttosto rapido in
direzione del palo alla destra della ragazza e Patty, lesta, si gettò per
tentare di fermarne la corsa. Non era certamente uno dei migliori tiri di
Holly, dato che era palese che sarebbe finita fuori, ma in quanto ad energia
non era scarso come la ragazza si aspettava da qualcuno che non calciava più
una palla da diversi mesi ed aveva subito un intervento di ricostruzione quasi
totale dell’ossatura dell’intera gamba sinistra.
Holly la vide letteralmente volare in direzione della
palla, rapida ed aggraziata come una pantera, e deviarne la traiettoria con un
pugno, per poi ruzzolare a terra, finendo a pancia in giù sul prato.
Holly immediatamente le fu accanto, preoccupato per le sue
condizioni, ma lei, senza scomporsi, si sedette, spazzò via terra ed erba dai
vestiti e, accettando l’aiuto della mano tesa di Holly, si rimise in piedi.
- Holly, sei stato grandioso!- esclamò lei, donandogli un
immenso sorriso mentre, troppo euforica per trattenersi, gli gettava le braccia
al collo- Non mi aspettavo che ancora avessi un tiro del genere! Se già va così
bene la potenza, sono certa che anche il controllo tornerà quello di un tempo.
Oliver Hutton 3 Marzo ore
07:25 AM
Il suo sorriso… come ho fatto a sopravvivere senza
vederlo per più di tre mesi? Come ho fatto senza di lei in quel periodo? E’
così dolce… e bella. Quando sorride è come se l’aria intorno s’illuminasse ed i
suoi occhi divenissero luce pura, in grado di donarmi nuova forza.
Guidato dal puro istinto, Holly le passò le braccia
attorno alla vita e pose le sue labbra su quelle della ragazza con estrema
dolcezza, quasi volesse ringraziarla con quel gesto per tutto ciò che lei aveva
fatto per lui.
- Come mai tutto questo?- sussurrò lei, sorridendo.
- Ti amo. Basta per giustificarmi?
- Penso di sì, ma non dobbiamo battere la fiacca, per cui
lasciamo le coccole per stasera e torniamo ad allenarci, ok?
La luce che i suoi occhi emanavano era troppo forte perché
Holly avesse la forza di opporsi al suo volere, così prese la palla e tornò sul
dischetto del rigore, pronto a lanciare nuovamente la palla alla ragazza tra i
pali.
Quando Benji si svegliò per poco non ebbe un colpo
apoplettico. Colette dormiva ancora in braccio a lui, con la testa appoggiata
alla sua spalla, raggomitolata in posizione fetale. Ciò che lo fece sobbalzare
fu una lacrima rimasta intrappolata in un ciglio e il fatto che fosse così
contratta, come se cercasse un po’ di calore da quel contatto.
Benjamin Price 3 Marzoore 07:12 AM
Cosa succede? Perché Colette sembra così triste? Cosa
può averla ferita? E’ imbarazzata dal fatto di essere qui come turista? No, non
penso. Certo, non era spigliata come con Tom e Martina, ma sembrava trovarsi
bene con loro. Che sia qualche sogno che l’ha fatta soffrire? Un incubo?
Con fare affettuoso, abbandonò la testa in direzione della
sua ed abbracciò la tedesca, che a quel contatto sembrò rilassarsi, sorridendo
e accoccolandosi ancora di più contro di lui, si spostò verso di lui. Fu durante
questo movimento che le sue labbra sfiorarono inavvertitamente ed in modo a
malapena percettibile quelle di Benji, che immediatamente smise di respirare al
contatto. Sentiva mozzarsi il respiro in gola ed il cuore, all’improvviso,
aveva iniziato a battere talmente forte che sembrava sul punto di esplodere.
Mai in vita sua aveva provato un’emozione del genere, men
che meno a causa di un semplice tocco di labbra sulle sue! Fin troppe volte le
fan gli erano saltate addosso per baciarlo o anche andare oltre, ma nessuna era
riuscita a suscitare emozioni tanto forti in lui come Colette in quel momento.
Era stato qualcosa di estremamente coinvolgente, la sensazione più intensa dei
suoi diciassette anni di vita, e gli era stata donata proprio da quella ragazza,
la più tranquilla e pacata che conoscesse, con il gesto più innocente di questo
mondo.
I suoi occhi si posarono su quella figura esile, sulla
ragazza dai capelli chiari e con occhi simili al mercurio, al momento celati
dalle palpebre. Ricordava ancora la prima volta che l’aveva vista, al suo
arrivo al campo della società.
Lunghissimi capelli biondi, tenuti stretti in una lunga
coda che ricadeva sulla spalla sinistra, ed aria un po’ spaurita, stava seduta
su una panchina accanto ad una limousine e, probabilmente, attendeva il padre.
Stava scrutando con i suoi grandi occhi tutto ciò che la
circondava, quando si era soffermata sul giovane giapponese che stava
ricambiando il suo sguardo, incuriosito da tutto ciò che lo circondava.
Lui aveva salutato toccando la tesa del cappello, poi era
stato chiamato da Freddy ed era andato da lui, che voleva presentarlo
all’allenatore.
Improvvisamente, vide le palpebre della ragazza iniziare a
sollevarsi, sino a quando gli occhi di Colette, spalancati, incrociarono i
suoi, mentre un sorriso faceva capolino sul suo volto pallido.
- Buongiorno Benji.
- Buongiorno Colette. Dormito bene?
- Sì, soprattutto grazie a te. Sei stato davvero molto
gentile. Tu non sarai riuscito a chiudere occhio, immagino.
- Affatto. Sei talmente leggera che non ti sentivo
neppure. Vogliamo alzarci?
- Sì.
I due rimasero fermi, in attesa.
- Hai ripensato?- chiese Benji, sorridendo.
- No.
- E allora come mai non ti alzi?
- Magari se mi lasci andare… -rispose lei, ridendo
nervosamente.
Colette Montgomery/
Beniamine Price
3 Marzoore 07:21 AM
Che imbarazzo! Questa non me la potevo risparmiare?
Solo in quell’istante il giovane si accorse di stringere
ancora a se la giovane e, arrossendo, la lasciò andare.
In quel momento anche le due rimanenti coppiette ripresero
vita, stiracchiandosi e sbadigliando rumorosamente.
Steso sul campo di calcio, con le braccia sotto la testa e
gli occhi chiusi, Oliver Hutton si stava riposando dopo le fatiche
dell’allenamento mattutino, concentrandosi sul fresco venticello che spirava
sulla città, il profumo dell’erba ed i giochi di luce che il sole faceva sulle
sue palpebre.
Era a dir poco stanco, dopo tutto ciò che i due avevano
fatto quella mattina: prima i passaggi, che erano andati piuttosto male; poi i
tiri che, nonostante l’imprecisione, sembravano essere ancora piuttosto
potenti.
Ma ciò che l’aveva stancato di più era stata la sorpresa
di trovarsi a fare quei passaggi con Patty edaffrontarla come portiere, soprattutto quando aveva visto un paio di
parate piuttosto buone.
Oliver Hutton 3 Marzoore 08:01 AM
Accidenti… non mi sarei mai immaginato che Patty fosse
in grado di giocare. Sì, in questi anni l’ho davvero sottovalutata in campo
sportivo. Mai mi sarei immaginato che lei fosse in grado di giocare contro di
me e parare un paio di tiri. Non erano i miei tiri migliori, ma accidenti, non
erano neppure così scarsi. Ha delle capacità nascoste che non mi sarei mai
immaginato. Non mi aveva mai parlato di queste sue capacità. Mai. Magari perché
sapeva che avrei finito la carriera, a partire da ottobre… ma perché prima non
mi ha mai rivelato tutto questo? Cosa l’ha spinta a nascondermelo? Che si
vergognasse di questo? E se è così, perché?
I suoi pensieri furono interrotti dal contatto di qualcosa
di freddo contro la sua calda fronte sudata. Immediatamente aprì gli occhi,
trovandosi ad incontrare quelli della ragazza, che sorrideva.
Con calma, si mise a sedere accanto a lui e posò sul suo
stomaco un involto piuttosto leggero ma discretamente voluminoso, mentre al suo
fianco deponeva due bottiglie d’acqua ed un paio di lattine di limonata.
- Polpette di riso. Le ho preparate ieri sera- spiegò
Patty al ragazzo che, incuriosito, la guardava.
- Ma…
- Dormivate tutti. Ne ho preparate anche per la colazione
degli altri, non preoccuparti Holly. Queste sono tutte per me e per te.
Holly si sedette, si stiracchiò con calma ed infine aprì
l’involto, dove trovòuna dozzina di
polpette.
- Devi rimetterti in forze, per tornare un campione-
spiegò lei, vedendo l’espressione famelica di Holly, che già pregustavala colazione che la sua ragazza gli aveva
preparato - Non so se ho esagerato, ma ho pensato che potessi avere molta fame,
dato che non sei più troppo allenato.
Mise tra se e la ragazza la colazione ed iniziarono a
banchettare, sbafandosi tutto ciò che la ragazza aveva portato.
Alla fine del pasto, Patty guardò Holly, notando il riso
che gli era rimasto incollato al volto.
Svelta, gli passò una salvietta sul volto, pulendolo dal
cibo che lui aveva fagocitato con tanta fretta, poi balzò in piedi ed andò a
gettare via l’immondizia, mentre lui, ripresosi dalla sorpresa, si alzò in
piedi e recuperò il pallone.
Tutti attorno al tavolo della cucina, gli ospiti di Holly
e Patty gustavano l’abbondante quantità di polpette di riso che la padrona di
casa aveva gentilmente preparato per la loro colazione.
Colette sedeva tra Amy e Jenny, proprio di fronte al
portiere, che però sembrava piuttosto restio anche solo a guardarla, quasi
fosse arrabbiato con lei per un qualche motivo a lei oscuro.
Dal canto suo, Benjamin Price non riusciva a guardare la
giovane tedesca, sia per la figura fatta poco prima che per le emozioni che la
presenza di Colette suscitava in lui, dopo quell’involontario contatto.
Colette Montgomery 3
Marzoore 08:06 AM
Ma cosa gli prende, stamattina? Che sia stata la
figuraccia di prima a farlo inquietare? Mi sembra un po’ eccessivo, il suo
torcersi le mani, per essere soltanto un fatto di imbarazzo per una battuta. Ho
forse fatto qualcosa di male che l’ha fatto inquietare? Se è così, sarebbe più
corretto dirmelo, invece che continuare ad evitare di guardarmi e sembrare
un’anima in pena. Ma non devo prendermela. Certamente se non mi guarda devo
aver fatto qualcosa, e di conseguenza il suo modo di fare è colpa mia, e non
sua. Penso che cercherò di spiegarmi, più tardi.
Benjamin Price 3 Marzoore 08:07 AM
Mi sento un emerito cretino. Perché non riesco più a
guardarla in faccia? Insomma, è stata lei a baciarmi. Se quello si potesse
chiamare bacio, naturalmente. E’ stato un incidente, devo stamparmelo in mente.
IN-CI-DEN-TE. Un
semplice, innocuo ed innocente incidente, nulla di più. Quello non era nulla…
beh, tanto nulla no, se mi ha fatto quell’effetto. Ma non era niente in senso
fisico…oh! Mi fa male alla testa pensare troppo! Come faccio? Cosa faccio?
Cosa… ah!
La gomitata che Bruce gli rifilò tra le costole fece
tornare finalmente Benjamin Price sulla terra, scoprendo che Roberto stava
uscendo fuori dalla stanza di gran carriera, mentre tutti gli altri si erano
affacciati alla finestra, per osservare qualcosa che, a quanto pareva, aveva
attratto la loro attenzione.
Silenziosi come due gatti, Martina e Tom tentarono si
scendere dal tetto usando la grondaia come scala, sperando di non fare troppa
confusione. Sfortuna volle che all’altezza della finestra del primo piano,
Martina, che scendeva per seconda, scivolasse e si aggrappasse alla schiena di
Tom, facendo così perdere l’equilibrio anche a lui. La coppia capitombolò, per
loro fortuna, in un cespuglio, ma il baccano causato dalla loro disavventura
non passò inosservata.
In meno di dieci secondi le teste di Colette, Benji,
Bruce, Raiden, Amy, Jenny, Philip e Julian erano apparse alla finestra e un
paio di secondi dopo un Roberto Sedinho in versione “massiccio e incazzato” era
di fronte a loro e li guardava con l’aria di chi volesse fulminarli con lo
sguardo.
Martina sfoderò il suo sorriso più innocente, nel vano
tentativo di far svanire la rabbia che ribolliva nelle vene dell’allenatore, ma
non riuscì a variare l’aria omicida dipinta sul volto del brasiliano.
- DOVE SIETE STATI FINO AD ORA, RAZZA DI SCRITERIATI?-
tuonò l’uomo, facendo rabbrividire anche la coraggiosa Martina, che si fece
piccola piccola nel cespuglio, nel vano tentativo di svanire sotto quelle
fronde o, magari, sotto il terriccio umido che le stava gelando il
fondoschiena. Lo stesso valeva per lo spaurito Tom, che le era seduto accanto.
Martina, timidamente, indicò il tetto e la grondaia,
leggermente danneggiata, che ancora dondolava per la loro bravata, poi si
spinse verso il muro, cosciente che Roberto sarebbe diventato ancora più
furioso di quanto già non lo fosse in quel momento.
Quando lo sguardo del brasiliano tornò su i due
malcapitati sembrava essere appena uscito dal carnevale cinese: i capelli
scarmigliati; la bocca aperta, ferma in una specie di smorfia ferina; gli
occhiali per terra, lasciando così perfettamente visibili i suoi occhi, con
grandi pupille dilatate e iniettati di sangue; tutti i muscoli di volto e collo
contratti ed una suono gorgogliante e gutturale che saliva lento ma costante
dalla sua gola, quasi fosse una pentola a pressione con la valvola otturata,
pronta ad esplodere.
Tutti i presenti si portarono le mani alle orecchie,
sperando di non subire danni permanenti all’udito per le imminenti grida di
Roberto.
Fu Alan Crocker a notarli. Stava facendo una corsa e si
trovava proprio accanto al campo di calcio comunale. Non aveva fretta, così si
fermò per un istante a guadare quel vecchio campo, sede di vecchi ricordi e
luogo in cui per la prima volta aveva incontrato Oliver Hutton, entusiasta
undicenne che aveva sfidato Benjamin Price per il dominio di quel rettangolo di
terra.
La sua sorpresa fu immensa, quando vide Oliver in campo,
con la sua vecchia divisa, calciare la palla in direzione di una ragazza tra i
pali, che sembrava essere piuttosto brava in quel ruolo. Dovette avvicinarsi
per riconoscere una grintosa Patty in tenuta sportiva nel portiere che stava
affrontando l’ormai ex stella del San Paulo.
- Ehilà, guarda chi c’è! Ciao Alan!- esclamò Patty,
salutando con la mano l’allibito ex portiere della New Team, che passava
ripetutamente, con lo sguardo, da Holly a Patty e viceversa, sconvolto.
- Ciao Alan! Come stai? C’è per caso qualcosa che non va?-
chiese il giovane dai capelli corvini, notando lo stupore del portiere.
- Holly, ma tu stai… giocando!- sussurrò lui, di rimando.
- E’ questo che ti stupisce, Alan?- chiese la sua lei,
sorridendo amabilmente al vecchio compagno.
- Sì, dato che sono mesi che dicono che lui non mai più
giocare a calcio ed invece, per quanto ho visto, non mi sembra affatto vero.
- E’ una lunga storia, Alan- rispose Patty, asciugandosi
in sudore con una mano e sbuffando, piuttosto affaticata- Alan, che ne dici di
aiutare Holly con i tiri in porta, per un po’? Sai, sono leggermente stanca e
fuori allenamento.
- Fuori allenamento non lo sembravi proprio, Patty, ma ti
sostituisco volentieri tra i pali. Voglio vedere se riesco a parare qualcuno di
quei tiri. Ai vecchi tempi non ci riuscivo quasi mai.
Patty, sollevata, si sedette sulla panchina, luogo che le
era molto più congeniale che il campo, ed osservò i due giovani allenarsi, come
se i vecchi tempi fossero tornati e la New Team si preparasse al campionato
nazionale.
Quel ricordo fece riaffiorare nella mente di Patty un nuovo
pensiero, il ricordo di due delle prime pagine di qualche mese prima. La prima
annunciava la fine della carriera di Oliver Hutton, mentre la seconda
l’ennesima scomparsa di quella persona che veniva definito da molti giornalisti
“la prima donna del calcio giovanile giapponese” ossia quella di Mark Lenders,
svanito nel nulla qualche giorno dopo l’annuncio della fine della carriera
agonistica di Holly.
Patricia Gatsby 3 Marzo ore
08:27 AM
Chissà dove sarà adesso Mark… nessuno ha più saputo
nulla e se fosse tornato la notizia sarebbe su tutti i giornali. Chissà come
mai è scappato… Che sia per Holly? No, poco probabile. Uno come lui non si
lascerebbe mai scoraggiare da una cosa del genere… o forse sì? Possibile? Certo
che è svanito qualche giorno dopo l’annuncio di Holly, quindi collima almeno
sul piano temporale…
I suoi pensieri furono interrotti da un grido di pura
gioia emesso da Holly, che stava correndo nella sua direzione.
Patty fece a malapena in tempo a notare Alan, che giaceva
supino sull’erba ed il pallone che giaceva all’interno della porta, prima che
lui la sollevasse dalla panchina e si mettesse a piroettare con lei in braccio,
con gli occhi bagnati dalle lacrime e un radioso sorriso dipinto sul volto.
Patty non potè fare a meno di sorridere, felice per la sua
gioia. Aveva atteso talmente tanto per vedere di nuovo Holly mandare quella
sfera in porta… certo, sapeva che doveva trattarsi di un caso fortuito, ma
almeno adesso lui aveva uno stimolo in più per andare avanti, per guarire dal
dolore che presto avrebbero di nuovo dovuto affrontare. Un dolore che presto
avrebbe preso la forma di quattro bare coperte dalla bandiera giapponese.
Improvvisamente caddero sull’erba, ma non importava.
Volevano soltanto ridere e gioire di quel momento, rotolando sull’erba.
- Come sarebbe a dire spariti?- sbraitò Roberto, mentre un
terrorizzato Bruce, a testa china, attendeva la morte.
Dopo la gran lavata di capo di Tom e Martina, i ragazzi
avevano setacciato l’intera casa alla ricerca di Patty e Holly, ma era stato
tutto vano. Dei due, all’interno della casa e nel giardino, non ve n’era
traccia.
Avevano deciso di tirare a sorte chi avrebbe comunicato la
notizia all’allenatore e il caso aveva voluto che fosse Bruce l’agnello
sacrificale che avrebbe affrontato l’ira funesta dell’uomo.
- No, Roberto. Non si trovano da nessuna parte- confermò
Raiden, frapponendosi nel frattempo tra l’uomo ed il ragazzo, quasi volesse
difenderlo da un possibile attacco di furia del brasiliano.
- Forza, muoviamoci. Dobbiamo cercarli- fece lui, voltando
le spalle all’intero gruppo di giovani, che lo guardavano incuriositi.
Roberto Sedino 3 Marzo08:22 AM
Accidenti a loro! Ma perché questi ragazzi vogliono
proprio farmi impazzire! Prima quei due funamboli sul tetto, che se avessero
avuto più sfortuna si sarebbero potuti rompere l’osso del collo, ed ora Patty e
Holly che svaniscono nel nulla. Speriamo solo che non ci sia qualche
giornalista sciacallo a dargli fastidio. Certo che con la lezioncina data da
Raiden a quel tizio, è assai improbabile che qualcuno li infastidisca di nuovo.
Speriamo per il meglio…
Colette guardò gli altri con aria interrogativa, imitata
contemporaneamente da Martina. Nessuna delle due aveva capito una parola,
essendo stata l’intera discussione pronunciata in perfetto giapponese,
soprattutto non avevano compreso cosa Raiden, con voce calma, avesse detto al
brasiliano.
Martina, timidamente, tirò una manica di Tom e fece un
gesto che stava a significare che non aveva capito nulla del discorso
dell’uomo.
- A quanto sembra Raiden riesce ad evitare le sue furie-
sussurrò Tom alla ragazza, azzittendosi non appena l’uomo aveva voltato lo
sguardo verso il gruppo.
Il gruppo stava camminando lungo la strada che portava
alla loro scuola. Ormai erano giunti all’ultimo anno di frequenza delle scuole
superiori e volevano andare a controllare come se la cavassero i componenti
della squadra delle medie. La loro era solamente curiosità, dato che da quando
Holly se n’era andato la squadra si era al massimo qualificata per la fase finale
ma senza mai superare il primo incontro. C’erano troppe squadre con migliori
giocatori che competevano contro di loro, prima fra tutte quella della Toho
School, rinomata per il suo club di calcio.
Erano passati da un po’ i tempi della coppia d’oro Hutton-Becker
e della “saracinesca” Price, e dovevano ammettere di provare molta nostalgia di
quei tempi. Dopo l’incidente occorso a Holly, inoltre, avevano abbandonato la
squadra delle superiori e continuato a giocare da soli, ma senza entusiasmo,
solo per tenersi in forma.
Fatto sta che, mentre transitavano lì accanto, videro Alan
Crocker steso tra i pali e un groviglio di braccia e gambe carambolare
sull’erba.
- Ehilà Alan!- salutò Bob Denver, scendendo la scalinata
dietro alla porta, seguito a ruota dagli altri amici.
- Ciao ragazzi! Avete visto?
- Cosa?- chiese Paul Diamond.
- Il gol!
- Sì, quel tizio ti ha fatto gol. E con ciò? Se non ci
fosse stato Bob ne avresti prese a carrellate anche durante l’ultimo campionato
delle scuole medie- fece Ted Carter, ridendo e trascinando con sé anche gli
altri.
- Tu al posto degli occhi hai le fette di prosciutto, Ted?
Anche se adesso si sta rotolando sull’erba con Patty, quello è Holly!
Gli occhi di tutti volarono ai due ragazzi che,
finalmente, si erano accorti di essere osservati e si erano rialzati.
Un boato di pura gioia invase l’aria circostante, tanto da
attirare l’attenzione di un altro gruppo di persone, che stavano iniziando a
setacciare la città appunto per rintracciare quei due giovani.
- Holly! Patty! Ecco dove eravate andati a cacciarvi!-
ruggì Roberto, gettandosi a rotta di collo verso il campo, mentre gli altri lo
seguivano con maggior calma ed usufruendo di una scalinata.
- Roberto!- gridò il giovane, praticamente volando tra le
braccia del suo tutore a dir poco furibondo- Ce l’ho fatta Roberto! Ce l’ho
fatta!
Oliver Hutton 3 Marzo ore
08:32 AM
Io… non posso fare a meno di piangere! So che dovrei
ridere, ma non riesco ad esprimere al meglio i miei sentimenti se non adesso.
Tutti questi mesi… tutti i dolori… tutte le sciagure… e adesso mi sembra tutto
risolto. O, almeno, mi sembra tutto diverso, mi appare tutto sotto un’ottica
diversa, come se fosse importante solo quella sfera andata in rete quasi per
caso. Sono forse egoista pensando solo a quel pallone? Non mi sento così,
eppure mi sembra di esserlo… eppure il calcio è importante. Sento che è
importantissimo, vitale. Lo è sempre stato ed ora sotto un certo aspetto è
ridimensionato… eppure sento ancora questo attaccamento al pallone, come se lui
fosse il mondo, quando si trova tra i miei piedi. Il pallone…Patty… il mio
lutto… l’incidente… quanto è cambiata la mia vita in quest’anno! Come sono
cambiato anche io, interiormente e nella mia visione delle persone! Patty mi è
sempre sembrata fortissima, eppure non lo è. Per quel maledetto senso di colpa…
se solo penso che due settimane fa avrei potuto perderla… cosa ne sarebbe stato
di me, se fossi andato a trovarla il quindici? O, addirittura, se le avessi
riferito la notizia il giorno dell’incidente? Cosa ne sarebbe stato di me se la
mia Patty fosse morta quel giorno di San Valentino? Sarei riuscito a tornare
dal pallone? Sarei sopravvissuto a questi molteplici dolori concentrati in un
unico giorno? Eppure il pallone resta importante… la mia ottica è così confusa…
tutto è importante, lo so, ma a cosa dovrei dare la priorità? Al mio dolore?
No, a questo no, perché Patty ha bisogno di me. Al pallone? Lui deve comunque
avere una parte importante, se no come potrei mantenere anche Patty… oh, quanto
sono sciocco. La mia priorità è Patty, di sicuro. Tutto ciò che faccio è in
relazione a lei. E’ lei la mia priorità ed il mio amore più grande. Persino il
calcio è passato in secondo piano, ricordi Holly? Per lei anche il tuo migliore
amico, il pallone, poteva andare a farsi fottere. L’importante era Patty, che
potesse sorriderti di nuovo, che gioisse con te, che stesse bene, anche a
rischio di ogni tuo avere, anche a rischio della tua stessa vita. Non
importavano le conseguenze. L’importante era che Patty stesse bene. Ecco la mia
gioia più grande. Io vivo per lei e la mia gioia non è solo scaturita dal fatto
che abbia segnato, ma che sia stato grazie al suo aiuto che sono tornato sul
campo, che soltanto grazie alle sue trovate geniali che io ho scoperto di poter
guarire e tornare a giocare. Le devo molto, per questo, e devo dimostrarle
tutta la mia gratitudine per essere sempre stata con me, da quando sono
arrivato a Fujisawa e durante quei mesi all’ospedale. Quanto devo al mio
angelo. Quanta gratitudine e gioia è presente nel mio cuore, in questo momento.
Patricia Gatsby, cosa avrei fatto senza di te? Se non ti avessi mai conosciuta,
come sarebbe andata la mia vita? Sarei stato già un campione a livello
internazionale? Oppure sarei rimasto qui, in Giappone, fenomeno incompreso? Se
sono qui è grazie a lei e a tutti coloro che mi hanno aiutato e sostenuto in
questi anni, in primis Roberto, che mi ha portato con lui in Brasile come
promesso… chissà come starà Pepè, a proposito? Sono mesi che non so come stia e
come vadano le cose laggiù. Certo che anche io, a parte con Tom, ho tranciato i
ponti. Ogni mio amico mi ricordava troppo qualcosa che pensavo di aver perso
per sempre e che ho potuto ritrovare solo grazie a lei, la ragazza che amo.
Adesso, per tutti quelli che mi vogliono bene, ed in particolar modo per Patty,
devo tornare l’Oliver Hutton campione. Devo, per pagare il mio debito nei suoi
confronti.
Roberto fissò il suo piangente pupillo, non capendo che
cosa fosse preso ad Holly per piangere in quel modo. Che fossero lacrime di
gioia l’aveva intuito, ma non gli sembrava del tutto normale piangere in quel
modo.
- Holly, cos’hai?- chiese, calmato dalle lacrime.
- Roberto… ce l’ho fatta. Lo vedi? Vedi quel pallone? L’ho
tirato io. Sono stato io a fare gol. Ho superato Alan!- singhiozzò il
campioncino, sbalordendo l’allenatore, a cui per lo stupore perse gli occhiali,
che caddero a terra, mentre il suo volto perdeva rapidamente colore.
- Tu…- fece lui, sgranando gli occhi, mentre si chinava a
raccogliere gli occhiali, sperando con quel gesto di calmarsi almeno un po’,
dato che, si rese conto, stava addirittura tremando e piangendo per l’emozione.
- Cosa gli prende adesso?- chiese Bruce a Ted, che
sembrava emozionato quanto l’ex giocatore carioca.
- Holly ha fatto gol- rispose Alan, che era il più calmo
del gruppo, essendosi già ripreso dallo shock iniziale del vedere Holly
giocare.
- Holly… che cosa?- fece Bruce, fissando sbigottito la
scena tra il campione in erba, aggrappato al collo del carioca che recuperava
gli occhiali dall’erba nel tentativo di non mostrare la sua emozione.
Gli altri, sbigottiti quanto Bruce, fissavano le due
figure avvinte e una terza, poco discosta, che indossava abiti sportivi e non
aveva paura di essere commossa per la bellezza di quella scena di gioia.
Patricia Gatsby 3 Marzoore 08:32 AM
E’ strano… mi sento come se il tempo si fosse fermato.
Qui, tra di noi, si è formata una specie di bolla temporale in cui nessuno può
penetrare. Un luogo in cui ha importanza unicamente il presente, un presente di
gioia e felicità, dove ha solo importanza la gioia straripante di un gruppo di
amici per il ritorno alla vita di un altro, per vedere che l’inizio del ritorno
è diventato presente e che presto sarà completato questo ritorno. Se solo
questo istante potesse durare in eterno… Se solo la nostra realtà non fosse
così oscura… se solo.. se solo… quanti se esistono… se solo non fossi stata
così imprudente, quel giorno… se solo non avessi confessato tutto a Holly
credendolo svenuto… se solo lui non mi avesse salvato la vita… se solo lui non
mi avesse baciato… se solo io non l’avessi mai conosciuto… se solo quell’aereo
non fosse mai andato a schiantarsi… se… se… soltanto se… la realtà ne è
dominata, eppure non contano mai quanto una realtà, un’affermazione, una
tangibile prova di una concreta concezione… quante domande… quante risposte mai
ottenute… quante possibili vite…
Roberto, ricompostosi, fece cenno al suo ex allievo di
andare dai suoi compagni a festeggiare questo evento, mentre lui, alla
chetichella, si avvicinò a Patty e le fece cenno di seguirlo negli spogliatoi.
- Ti ringrazio, Patricia Gatsby- sussurrò Roberto, appena
Patty ebbe chiuso alle sue spalle la porta metallica – Non so come tu abbia
fatto, ma l’hai fatto nascere una seconda volta. Ti devo molto.
La giovane arrossì, sentendo quelle parole. Non avrebbe
mai immaginato certe parole dette nei suoi confronti.
- Patty, ascolta bene ciò che ti dico, perché è molto
importante. Hai visto bene come gioca Holly?
- Certamente.
- Come ti sembra?
- Il controllo di palla è un po’ carente, ma è normale
dopo un intervento del genere e con i muscoli fuori forma, ma la potenza non è
affatto male.
- Ce la può fare per i mondiali?
- Lui vorrebbe farcela.
- Tu come la pensi?
- Ce la può fare. Ha un anno per tornare in forma perfetta
e ce la farà di sicuro, Roberto. Ne sono certa.
- Dovrà allenarsi molto?
- Per ora no. Non deve strafare, o rischia un infortunio
muscolare.
- Ma ce la farà, giusto?
- Roberto, parla chiaro. Ho capito che punti a qualcosa,
quindi sputa il rospo e smettila di girarci intorno.
- Posso annunciarlo alla stampa?
- Certo che no! Holly ha già avuto troppa pubblicità in
questo periodo. Almeno secondo me, non dovresti farlo.
- Holly sarà d’accordo?
- Non voglio che abbia pressioni. Se esagera potrebbe
rischiare, capisci?
- Allora… niente stampa.
- Chiedi a Holly qual è la sua opinione, se proprio vuoi
una fonte certa, ma credo che sarà d’accordo con me sul fatto di evitare la
stampa, almeno finché sarà possibile. Già sarà una baraonda durante i funerali,
se poi scoprissero che Holly Hutton è tornato a giocare a calcio… hai già
provato sulla tua pelle l’impatto che potrebbe avere sul pubblico una cosa del
genere.
- Sì, ma…
- Niente ma, Roberto. Holly non ha bisogno di altra
pubblicità. Dagli tempo di migliorare e fai passare questo brutto momento, poi
potrai anche noleggiare un aereo e scriverlo in cielo, se vorrai. Ma ora non
puoi, Roberto, capisci?
- Scusami, ma… sono davvero felice.
- Anche io lo sono.
- Lo immagino. Ma… come hai fatto?
- Scusa tanto, ma ieri ti abbiamo raccontato quello che è
successo, no?
- Sì, ma così presto…
- Era inaspettato, lo so. Persino io mi stupisco che abbia
segnato già dopo il primo allenamento, ma in fondo è di Holly che stiamo
parlando, no? Lui è sempre stato un fenomeno del calcio.
- I progressi saranno così costanti?
- Certo che no, purtroppo, ma sa anche lui che quello di
stamattina è stato soltanto un caso, non preoccuparti. Certo, la pazienza non è
mai stata una delle sue doti, ma riuscirà a superare anche questo.
- Dico per l’ennesima volta che lui è un ragazzo davvero
fortunato, ad avere al suo fianco una ragazza come te.
Patty sorrise all’uomo, poi, insieme, tornarono al campo
di calcio, dove Holly li attendeva assieme a tutti gli altri, seduto sull’erba.
- Ehi, dove eravate andati a cacciarvi?- chiese non appena
i due si accomodarono accanto a lui.
- Roberto doveva chiedermi un parere.
- Su cosa, Roberto?
- Il fatto di avvertire i mass media di questo tuo
ritorno, Holly.
- Come mai l’hai chiesto a lei prima che a me?
- Perché è lei che è la responsabile del tuo completo
ritorno in campo e volevo sapere qualcosa su quanto ci metterai e come i mass
media avrebbero potuto influenzare il tuo recupero.
- E tu cosa hai detto, Patty?
- Che sono assolutamente contraria a questo, ma che la
scelta finale doveva essere tua. In fondo, è il tuo, di ritorno, ed io non ho
potere decisionale su questo argomento- rispose la giovane, con calma.
- Quindi pensi che possa essere dannoso.
- Sì.
- Va bene anche a me, la tua decisione, Patty. Fai sempre
tutto per il mio bene. Mi fido della tua decisione.
- Tu avresti voluto annunciarlo, Holly?
- Conoscendolo, vorrebbe gridarlo ai quattro venti!-
intervenne Benji, ridendo, mentre Holly si grattava la testa, imbarazzato.
- Mi pare naturale, no?- intervenne Martina – Insomma,
anche io farei lo stesso.
- Ma tu sei un caso diverso- intervenne Tom – Sei spesso
molto plateale, mentre il nostro Holly…
- Parla Mr. Maglia
“Ti-Amo-Megafono-Umano-ma-grida-un-po’-più-piano-o-ci-spaccherai-i timpani!”.
Quello non era plateale, vero Thomas Becker?- fece lei, con aria piccata e nel
contempo compiaciuta.
- Ma quella mica l’ho preparata io!
- Ma in compenso l’hai indossata e mostrata ad uno stadio
gremito.
- Mi hanno costretto! Non avevo scelta!
- C’è sempre una scelta, Tom- fece lei, seria.
- Ehi, ragazzi, calma…- fece Bruce, tentando di smorzare
la tensione, ma Benji lo fermò ed gli sussurrò ad un orecchio:
- Aspetta un paio di altre battute a testa e vedrai.
- Tom, allora? Rispondi! La volevi indossare oppure no? Desideravi
davvero dirmi quelle parole?
- Certo che volevo! A parte quella parte del megafono
umano e dello spaccare i timpani, naturalmente.
- Allora che male c’era nella maglietta?
- Nessuno. Però avrei voluto dirtelo in modo più
romantico, tutto qui…- rispose lui, arrossendo, mentre lei sorrideva
dolcemente, felice per quelle parole.
- Scommessa vinta, Bruce- disse Benji, ridacchiando mentre
guardava lo sbigottito Harper che fissava con gli occhi fuori dalle orbite il
sorriso della ragazza dai capelli di fiamma e la dolcezza con cui accarezzava
la guancia del suo ragazzo.
Benjamin Price 03 Marzoore 08:44 AM
Accidentaccio però! Ogni volta che la vedo in teneri
atteggiamenti con lui mi sale il sangue alla testa. Possibile che sia così
geloso e che quella matta mi piaccia? Certo, fisicamente non è male, ma in
quanto a carattere… invece Colette è così bella e dolce, così calma e delicata…
e poi, quello… come può avere una tale importanza per me un semplice bacio, per
di più casuale e involontario… Ma è stato così coinvolgente… oh, Colette o
Martina? Martina o Colette? Distruggere la mia amicizia con Tom per una ragazza
bella ma psicopatica oppure distruggere la mia amicizia con Colette? E se lei
ricambiasse? Ma cosa sto pensando! Colette non ha in mente certe cose, poco ma
sicuro. Ma come faccio a saperlo? E se sbagliassi? E se lei fosse innamorata di
qualcun altro? Certo, non me l’ha rivelato, ma mica sono il suo padre
confessore! Non è costretta a dirmi tutto. Oh, ma perché mi trovo in una
situazione del genere! Prima di partire per l’Italia pensavo a Colette come una
dolce sorellina da proteggere, ma adesso… possibile che in una manciata di ore
sia cambiato tutto e sia diventato così complicato e, per di più, del tutto
fuori luogo per gli eventi di questo luogo?
- Benji, qualcosa non va?- chiese con voce flebile
Colette, notando comunque l’aria incantata con la quale il portiere osservasse
la coppietta.
Colette Montgomery 03
Marzoore 8:44 AM
La ama. Non ci sono dubbi. Ecco il perché del suo
comportamento. La notte gli avrà certamente fatto capire che Martina Maroni è
la ragazza che vuole avere al suo fianco e che io non sono ciò che vuole. In
fondo, è un bene che abbia deciso chi lui desideri amare. Almeno non mi farò
più stupide illusioni sul suo conto. Non sarò mai nulla più che un’amica, per
lui, o, al massimo, sarò la sua piccola e stupida sorellina malata di mente, un
peso per il suo amore.
-Uh? Stavi dicendo qualcosa Colette?- chiese il portiere,
tornando alla realtà ed alla ragazza che era al suo fianco.
- No, nulla- rispose, mostrando un sorriso smagliante, la
ragazza, mentre il suo cuore si spezzava in mille piccoli frammenti per
quell’affetto che, a quanto pareva, non sarebbe mai stato ricambiato.
Erano a malapena passate le dieci di sera quando il
campanello a casa Gatsby suonò.
Patty subito andò ad aprire, trovandosi davanti la signora
Harper ed una ragazza che non aveva mai visto in vita sua.
Non appena il donnone la vide, l’abbracciò e scoppiò a
piangere, singhiozzando e gridando il suo dolore, mentre la giovane stava in
disparte, guardando il pavimento con aria piuttosto interessata.
- Signora Harper, come mai qui a quest’ora?- chiese Patty,
mezzo soffocata dall’abbraccio caloroso della donna.
- Sono qui per vedere Raiden. Anzi, è questa ragazzina che
lo vuole vedere.
- Prego, entrate- fece Patty, accompagnandole nel salotto,
dove tutti erano seduti a chiacchierare.
La giovane aveva lunghi capelli castano chiaro, trattenuti
da un elastico, con grandi occhi verde smeraldo e labbra carnose. Poteva essere
sua coetanea, nonostante le curve del suo corpo fossero nascoste sotto una
grande T-shirt rossa, scolorita e sporca, e jeans altrettanto luridi e stinti.
Ai piedi un paio di consumate scarpe da ginnastica ed un cappello giallo,
calcato sulla testa, completavano il suo sciatto abbigliamento. L’aria spaurita
e il guardarsi attorno nervosamente, mentre si torturava le mani, denotavano la
grande tensione che doveva avere nel cuore.
****** ****** 03 Marzoore 10:07 PM
Ecco, è il momento. Presto lo rivedrò. Ma come reagirà?
Mi riconoscerà? Sarà felice di vedermi? E se mi fossi sbagliata? Se ciò che ho
sentito non fosse vero? Se avessi fatto tutta questa strada per nulla? Comunque
ormai non posso più tornare indietro. Almeno devo vedere quell’uomo che si
chiama Terence Horance Tzunoshi. Devo sapere la verità. Devo farlo.
Tutti i presenti furono sorpresi di vedere le tre donne
varcare la soglia della stanza.
- Mamma! Cosa ci fai qui!- esclamò Bruce, balzando in
piedi.
La donna stava per parlare quando un’altra persona balzò
in piedi, facendo cadere la sedia all’indietro per il rapido movimento, e fissò
incredulo il volto della ragazza dai capelli castani.
Tutti si voltarono verso di lui, che sapevano molto pacato
e saggio, non aveva mai reagito in quel modo, così prontamente e con un tale
nervosismo, neppure quando aveva steso quel giornalista.
- Sei mio nonno?- chiese la ragazza d’impulso, rompendo il
silenzio che si era creato in quegli istanti.
L’uomo continuò a guardarla, incredulo.
I tratti del viso, i capelli e gli occhi erano quelli
della sua bambina da adolescente, la sua Shimone ai tempi delle superiori.
- Sylvia… sei davvero tu, bambina mia?- sussurrò, incapace
di trattenere oltre le grosse lacrime che straripavano dai suoi occhi.
- Nonno… sei tu! Sei tu! Nonno, non sai quanto ti ho
cercato!- gridò la ragazza, slanciandosi tra le braccia dell’uomo, anche lei in
lacrime.
- Mamma, ma… chi è?
- Dice di chiamarsi Sylvia Holler e di essere la nipote di
Raiden, figlia di Herik Holler e Shimone Tzunoshi.
- La nipotina caduta in mare… è lei la figlia della sua
unica figlia - sussurrò Bruce, trasognato, guardando quell’uomo per il quale
provava un immenso affetto sorridere e piangere, felice, mentre stringeva a sé
la nipote ritrovata.
NdA: ebbene sì, anche questo capitolo è concluso. E
ancora il funerale non ha avuto luogo. Lo so, la sto tirando per le lunghe.
Spero di riuscirci per il prossimo capitolo, a concludere questa parentesi, se
no… dovrete avere ancora pazienza.
In questo capitolo
sono presenti varie frasi che contengono espressioni scurrili e potenzialmente
offensive.
Raiden e sua nipote rimasero abbracciati per qualche
minuto, sotto lo sguardo stupito di buona parte degli spettatori.
Soltanto Bruce, che sapeva del modo in cui la famiglia di
Raiden fosse andata a rotoli, poteva sapere quanto sentimento fosse presente in
quel momento nei cuori di nonno e nipote che dopo quasi quindici anni si erano
ritrovati.
Bruce Harper03 Marzoore 10:09 PM
Aveva detto che era morta in mare. Chissà come ha fatto
a sopravvivere? E dove sarà stata in tutti questi anni? Come mai sarà tornata
proprio adesso? Da come è conciata, sembra aver viaggiato parecchio. Che sia
arrivata qui dall’Europa?
Terence Horance Tzunoshi 03
Marzoore 10:09 PM
Grazie, chiunque tu sia. Grazie per avermi permesso di
rivedere la mia bambina. Non ho mai creduto davvero in qualche entità
sovrannaturale, ma dopo oggi… io credo in tutto. Credo in ogni cosa, perché
avere di nuovo la mia piccola Sylvia davanti a me è un vero miracolo.
Sylvia Holler 03 Marzoore 10:09 PM
Finalmente l’ho trovato! Allora era vero. Era tutto
maledettamente vero. Io ho un nonno materno. E non sono nata in Svezia, ma qui,
in Giappone. E quelli… oh, amo ancora quei dolci nonni, ma non posso perdonarli
di avermi nascosto tutto sulla parte materna della mia famiglia, sul conto
deimiei genitori e dei nonni. Da
quanto hanno detto, è stato quest’uomo, Terence Horance Tzunoshi a far
promettere loro di non rivelarmelo, ma la loro opposizione al mio viaggio mi
sembra molto strana. Erano irremovibili, come se stessero nascondendo qualcosa.
E se avessero mentito su questo?E come
mai lui è così felice di vedermi, se è stato davvero lui a non volermi più con
sè? Mi hanno raccontato che è stato lui a cacciarmi e dire loro di nascondere
tutto, ma io… io non posso credere che quest’uomo l’abbia fatto. E’ troppo
felice nel rivedermi, per essere ciò che loro mi hanno descritto. Devo
assolutamente scoprire la verità.
- Potremmo parlare in privato?- chiese la ragazza,
staccandosi dall’uomo. Non le piaceva stare tra tutta quella gente, a parlare
di argomenti molto delicati.
- Certamente. Di là sarete più comodi e, se avrete fame o
sete, potrete rifocillarvi- rispose Patty, alzandosi in piedi ed indicando la
cucina ai due- Ma non sarebbe meglio che prima ti riposi un po’ oppure fai una
doccia? Devi aver viaggiamo molto per arrivare qui in Giappone, vero?
Sylvia Holler 03 Marzoore 10:10 PM
Com’è gentile questa ragazza! Una perfetta padrona di
casa. Sebbene non mi conosca mi sta trattando come se sapesse perfettamente chi
sono. Sono… sono commossa da questa cortesia. Possibile che esistano persone
del genere? Questa ragazza ha appena perso i genitori eppure sembra… felice.
Come è possibile? Sono… sono felice di essere qui con questa gente ed il nonno.
Patricia Gatsby 03
Marzoore 10:10 PM
Deve sentirsi in tremendo imbarazzo. E’ giusto che
faccia tutto il possibile per metterla a proprio agio.
- Grazie mille, signorina Gatsby. Accetto volentieri la
sua cortese ospitalità- fece la ragazza, inchinandosi, sia per cortesia sia per
celare i lucciconi che le erano apparsi agli angoli degli occhi.
- Non c’è di che, ma non chiamarmi signorina Gatsby. E’
troppo formale. Per gli amici sono solo Patty. E tu, conoscendo Raiden, rientri
a pieno titolo nella categoria- fece lei, sfoderando un sorriso incoraggiante
alla ragazza straniera, che sembrava un po’ intimidita dalla gran massa di
gente che la circondava ed ancora un po’ commossa per l’abbraccio con il nonno.
- Seguimi, ti faccio strada e ti preparo qualche vestito
della tua misura. Spero che ti fermerai anche tu qui con noi per la notte.
- Veramente… ecco, io non vorrei disturbare…
- Nessun disturbo. Sul serio- fece lei, continuando a
sorridere alla straniera.
- Ma io…
- Resta pure, Sylvia. Non preoccuparti per il conto alla
pensione. Tanto poi verrete ad alloggiare lì, tu e tuo nonno- fece la signora
Harper, togliendo alla ragazza anche l’unico appiglio per lasciare quella casa.
- Se è così… va bene. Ti ringrazio immensamente, Patty.
Il radioso sorriso sul volto della giovane dai capelli
chiari fece capire alla padrona di casa che il suo trattamento aveva avuto
effetto e, facendole cenno con il capo, l’accompagnò al piano superiore.
Raiden, nel frattempo, si diresse verso la sua sedia e la
rialzò, per poi sedersi. Sul suo volto erano chiari i segni dei forti
sentimenti che aveva provato mentre stringeva a sé la nipote ritrovata.
- Raiden… chi era?- chiese Holly, dopo qualche minuto di
silenzio, esponendo all’uomo la domanda che tutti avevano nel cervello sin dal
momento in cui l’uomo aveva stretto a sé quella sconosciuta.
- Mia nipote Sylvia, a quanto pare- rispose lui, con voce
fioca ed un tono vicino al trasognato.
- Capisco…- fece Holly, anche se il suo lasciare in
sospeso la frase indicava insoddisfazione per la spiegazione.
- Io credevo che fosse morta. Cadde in mare, tanti anni
fa, e pensavo che fosse affogata. Nessuno avvertì me o mia moglie del fatto che
fosse sopravvissuta. Non sapevo nulla fino a qualche minuto fa.
- Allora è proprio come immaginavo- fece Bruce, attirando
su di sé l’attenzione di tutti gli altri.
- Tu lo sapevi, Bruce?
Alla domanda di Tom, il giovane annuì, per poi tornare con
lo sguardo all’uomo che, in quel momento, gli appariva come quello più felice
del mondo. Sorrise all’uomo, poi disse:
- Sono davvero felice che tu abbia ritrovato la tua
famiglia, Raiden.
- Già… la mia famiglia… ma senza di te, mio giovane amico,
tutto ciò non sarebbe accaduto. Non so ancora come abbia fatto ad arrivare qui
né come abbia saputo che mi trovavo in questa casa, ma sono troppo felice per
soffermarmi in questo momento su facezie simili.
Le lacrime agli angoli degli occhi scuri dell’uomo
lasciavano intendere quanta felicità stesse provando il suo vecchio cuore in
quel momento.
Il silenzio regnò per qualche minuto, fino a quando non
squillò il telefono e Roberto si alzò, spostando rumorosamente la sedia sulla
quale era accomodato per prendere in mano la cornetta.
Il colorito del brasiliano si smorzò non appena udì la
voce dall’altra parte dell’apparecchio ed era praticamente cinereo quando
chiamò Holly alla cornetta.
- Pronto?
- Parlo con il signor Oliver Hutton?- chiese una voce
profonda.
- Sì, sono io.
- Benissimo. Sono il dottor Keitaro Koshino, del
dipartimento statale di medicina legale della prefettura di Tokyo.
Holly perse colore al sentire quella voce. Cosa poteva
volere una persona simile da lui e a quell’ora della sera?
- Signor Hutton- continuò l’uomo, interpretando come
comprensione il silenzio di tomba che giungeva da casa Gatsby- Devo richiedere
la vostra presenza e quella della signorina Patricia Gatsby qui nel mio ufficio
domattina alle ore 9 per il riconoscimento delle salme di coloro che dovrebbero
essere i vostri genitori.
Non una parola fuoriuscì dalle labbra del giovane, così
l’uomo si sentì in dovere di indagare su questo strano silenzio.
- Signor Hutton, si sente bene?
Il ragazzo sembrò svegliarsi da un profondo sonno, tanto
da sobbalzare quando quel suono giunse al suo orecchio.
- Sì, ci saremo. Buona serata- disse, frettoloso,
riagganciando e muovendosi per tornare della stanza.
Fu un rumore di passi leggeri a richiamare la sua
attenzione. Patty stava scendendo dalle scale e appena lo vide sorrise, ignara
che la mattina dopo avrebbe dovuto identificare dei cadaveri.
Gli occhi di Holly, pieni di lacrime, si posarono per un
istante su quella ragazza vestita con una lunga maglietta gialla con stampato
sopra un cuore e jeans, poi si allontanarono da lei, quasi avessero paura di
contaminare quella pura, spontanea gioia, con l’onta di una crudele realtà.
Oliver Hutton3 Marzoore 10:23 PM
Con quale coraggio posso spegnere quel suo sorriso?
Perché devo comunicarle che domani rivedrà i suoi? Come posso dirle ciò che
accadrà domattina? Ma perché proprio a noi doveva accadere tutto ciò? Non
potevamo vivere una vita come quella di altri, una vita tranquilla e felice,
con una famiglia completa ed unita. Io forse soffro meno di lei, per quanto
riguarda la mancanza del padre. Io il mio l’ho sì amato, ma lo vedevo talmente
poco che la sua assenza quasi non la noto, a differenza di quello della mamma…
ma Patty ha sempre avuto con sé i genitori che l’amavano ed aiutavano in ogni
singolo istante. Perché proprio adesso, che la ferita sembrava iniziare a
rimarginarsi almeno un pochino, dovevano chiederci una cosa simile? Non bastava
dover organizzare il funerale?
Patty aveva sentito il telefono e sentendo che Holly era
desiderato all’apparecchio, non appena aveva finito di fornire gli abiti a
Sylvia, era andata sulle scale a controllare ed aveva visto il suo ragazzo
impallidire e, mentre lei scendeva le scale sorridendo, non aveva potuto fare a
meno di notare che l’aveva guardata per un attimo per poi allontanare lo sguardo
da lei, nascondendole gli occhi che, lei aveva notato, erano pieni di dolore
profondo, qualcosa che sembrava aver privato di qualsiasi energia il giovane.
Patricia Gatsby 03
Marzoore 10:23 PM
Cosa sta succedendo? Cosa mi nascondi Holly? Perché i
tuoi occhi se ne sono andati tanto in fretta? Perché stai nascondendo le
lacrime evitando di guardarmi? Chi era al telefono, Holly? Quali cattive
notizie ci ha recato questa volta quell’apparecchio? Perché mi stai nascondendo
i tuoi sentimenti, Holly?
Oliver Hutton vide la ragazza avvicinarsi a lui con calma
ma ne intuì le preoccupazioni. Nonostante la giovane sorridesse, nei suoi occhi
non vi era gioia, ma una profonda preoccupazione che sembrava celare dietro
spesse e oscure nubi la fiamma che bruciava sempre nei suoi occhi.
Conscio che non poteva nasconderle nulla, le prese una
mano poi, con il capo, le fece cenno di seguirlo in cucina e, dopo esservi
giunti, fuori, sulla veranda.
Solo in quel luogo di massima privacy Holly lasciò la
candida estremità di lei per sedersi sul dondolo acquistato l’estate precedente
dai signori Gatsby, imitato subito dopo dalla sua ragazza.
- Holly, chi era al telefono?- chiese la ragazza, con
calma.
- Un medico legale. Domattina dobbiamo andare a Tokyo per…
per il riconoscimento dei cadaveri.
Holly vide Patty impallidire a quelle parole e mordersi il
labbro inferiore, ma non versò neanche una lacrima. Anzi, sorrise amabilmente
al giovane.
- Non dovresti prenderla così male. In fondo, sapevamo che
poteva presentarsi anche questa eventualità.
Holly guardò sbalordito la ragazza che gli stava accanto,
conscio che quel sorriso celava qualcos’altro.
Oliver Hutton03 Marzoore 10:25 PM
Perché mi sta mentendo? Come mai non vuole che veda ciò
che prova? Per caso non si fida ancora di me?
Patricia Gatsby03 Marzoore 10:25 PM
Non vorrei fare così… mi sento morire all’idea di
vedere i loro cadaveri, ma devo mostrarmi forte per lui. Sta già soffrendo
abbastanza, senza che io lo angosci ancora di più. Devo essere forte anche per
lui, una volta tanto. Non devo piangere né disperarmi, domani. Devo essere
forte come lo è stato lui.
- Patty… allora… rientriamo?- chiese il ragazzo, dopo aver
lasciato trascorrere un po’ di tempo in silenzio.
- No. Preferisco restare qui. C’è quiete, qualcosa che in
casa a quanto pare è diventata un’utopia- sussurrò Patty, accennando con il
capo alla casa, nella quale in quel momento risuonavano il ruggito
dell’inferocito portiere dell’Amburgo e lerisate dell’italiana, che a quanto pare aveva escogitato qualcosa per
far infuriare Benji.
- E’ bello però sentire questo rumore. E’ vita.
- Già, vita… qualcosa che le persone che rivedremo domani
non hanno più.
- Lo so che sei triste, anche se non vuoi mostrarlo,
Patty.
Le parole di Holly fuoriuscirono dalle sue labbra in
fretta, prima che il suo cervello potesse mandare un comando cosciente al
giovane.
- Sì, lo sono, Holly, hai ragione, ma so che dobbiamo
andare avanti e non voglio cadere di nuovo nella depressione. Non dobbiamo mai
dimenticarci di questo, Holly. Noi dobbiamo vivere anche senza di loro. Così
come tu avresti dovuto vivere senza di me, se il mio suicidio fosse andato a
buon fine.
Le ultime parole di Patty furono come scaglie di ghiaccio
che s’infilzavano nel cuore di Holly, risvegliando in lui i terribili ricordi
dell’ultimo giorno di San Valentino che avevano trascorso insieme.
- Sai Holly, mi rendo conto solo adesso di quanto potesse
essere egoistico il mio gesto. Tu avresti sofferto se fossi morta, non saresti
di certo stato felice di sapere che l’avevo fatto per pagare il mio debito nei
tuoi confronti. Sono stata una sciocca a pensare che ciò potesse renderti
felice o soddisfarti. Il mio era solo un modo per sfuggire ai sensi di colpa
che mi stavano consumando. Mi spiace averti fatto vedere una scena simile. Mi
sono comportata davvero da idiota. E se tu non ci fossi stato, a quest’ora non
sarei più qui a vedere quanta gioia c’è nel mondo, non avrei mai potuto vedere
Sylvia e Raiden tornare insieme né la gioia negli occhi di Tom quando guarda
quell’uragano della sua ragazza e neanche il modo in cui Benji protegge la sua
amica tedesca. Ti devo la vita, Oliver Hutton. Mi hai salvato la vita per ben
due volte ed io non ho fatto altro che procurarti problemi. Ma ti prometto che
farò tutto ciò che è nelle mie facoltà per aiutarti e rendere meno pesante
questo fardello, Holly.
La risposta del calciatore fu rapida: rapì le labbra della
ragazza in un bacio e l’abbracciò con tutta la forza che aveva, mentre dai suoi
occhi scendevano fiumi e fiumi di lacrime, espressione del mare di emozioni che
si scuotevano in lui.
Nel frattempo, nell’abitazione, rimbombavano le grida
furibonde di Benjamin Price, che cercava di acciuffare Martina Maroni, che
correva per il piano inferiore come una forsennata, ridendosela della grossa.
- Tu! Maledetta di un’italiana! Rendimi immediatamente il
cappello!- gridava il portiere, con gli occhi iniettati di sangue.
Martina, tenendo fermo in testa il cappello del giovane,
rideva come una pazza.
- Allora tu rimangiati tutto quello che hai detto su di
me!
- Cosa avrei detto di male?
- A parte che sono una folle psicopatica, una stupida e
maledetta italiana, una belva disumana e, soprattutto, un Megafono Umano?
- Ma se è la verità? E poi Megafono Umano ti ci chiama
anche il tuo perfetto ragazzo!
- Ma lui ha il mio permesso ed è il mio ragazzo!- ribattè
lei, continuando a ridere.
Benji stava ancora correndo quando lei, nel corridoio,
inchiodò all’improvviso e si abbassò.Il cappello le era sfuggito di mano e lei era fermata di botto per poter
raccogliere il prezioso oggetto.
L’impatto fu inevitabile: lui, ancora in corsa, andò a
sbattere contro la ragazza, che era chinata, e, piroettando in aria, cadde
sulla schiena dall’altra parte, colpendo con un piede il corrimano della scala,
mentre Martina cadde a terra a faccia in giù, prendendo un forte colpo al mento
ed al naso, oltre che un poderoso calcio ai reni.
Il grido di dolore di Benji e Martina chiamò tutti nel
corridoio, eccezion fatta di Sylvia, che era ancora sotto la doccia, e i due
orfani che, immersi nel loro mondo, non percepirono i suoni che provenivano
dall’interno.
Il primo a giungere sul luogo dell’impatto fu Roberto,
seguito a ruota dal resto dei compagni, che trovarono il portiere steso sulla
schiena, con il piede sinistro tirato al petto, e la ragazza rannicchiata a
terra, con il sangue che colava sul pavimento ed una mano sulla schiena.
- Cosa è successo stavolta?- chiese il brasiliano,
fissando quelle due teste calde con aria assassina.
- Mi ha rubato il cappello- sibilò Benjamin Price,
piccato, mentre iniziava a massaggiarsi il piede leso- C’è mancato poco che me
lo rompessi, razza di deficiente.
- Ammetto di aver sbagliato- fece lei, rivolgendo uno
sguardo al portiere- ma era solo uno scherzetto innocente. Non c’era bisogno di
investirmi con tutta la tua mole, razza di bisonte giapponese.
- Su, andiamo di sopra- disse Tom, prendendo la sua
ragazza per un braccio per sollevarla da terra.
- Va bene- rispose la giovane, finalmente calma, mentre si
alzava faticosamente dal terreno, lanciando poi sul calciatore dell’Amburgo il
cappello incriminato- Forse preferivi pestarlo, grande eroe?
Detto questo fu letteralmente tirata via dal suo ragazzo,
aiutato anche da Bruce, Jenny e Philip, mentre gli altri cercavano di tenere
inchiodato al pavimento il portiere che, dopo quell’ennesima frecciata, aveva
dipinta sul volto l’espressione di un folle assassino.
Benjamin Price/Martina
Maroni 03 Marzoore 10:28 PM
Ma vai un po’a
cagare, idiota che non sei altro! Persone imbecilli come te è meglio perderle
che trovarle.
- Potevi risparmiartela quella provocazione- disse Tom,
calmo come al solito, mentre aiutava la ragazza a fermare l’emorragia al naso,
chiusi nella stanza occupata dalle ragazze, dato anche il fatto che Sylvia si
trovava ancora sotto la doccia, ignara della situazione delicata che si stava
creando in quell’ambiente- Io Benji lo conosco bene. Sono certo che prima o poi
te la farà pagare amaramente.
- Sai che paura!- fece lei, per poi soffiare di nuovo con
il naso nell’asciugamano che Tom le aveva procurato- Io quello lo stendo quando
mi pare e piace.
- Non cercare grane. Benji è uno tosto.
- Uffa! Ma io volevo solo scherzare un pochino!- sbottò
Martina, guardando imbronciata il suo ragazzo.
- Con lui è meglio non scherzare. E comunque… ti sta bene
che ti sia fatta male. Almeno adesso capirai che può essere pericoloso
scherzare troppo con il fuoco. Su, adesso fammi vedere la schiena.
Martina, non senza un attimo di esitazione, si stese sul
letto ed alzò la maglia, mostrando al suo ragazzo un livido nero-bluastro
dall’aria poco rassicurante poco sotto le ultime costole, proprio accanto alla
colonna vertebrale.
- Sei stata fortunata a non esserti fatta nulla di serio.
Avrebbe potuto romperti un osso, con un colpo simile- fece lui, prendendo dal
borsone da allenamento di Patty ed Holly la crema per trattare le contusioni.
Con mano esperta, prese la crema e iniziò a passarla, con
un movimento circolare, sull’area offesa, notando quanto potesse far male dalla
tensione della schiena della ragazza e un suo gemito a stento soffocato.
- Per stasera è meglio se resti qui a riposarti. Ti terrò
compagnia io per un po’, ok?
- Se non ti spiace, vorrei restare sola per un po’.
- Nessun problema- rispose Tom, andandosene.
Fu solo quando sentì la porta chiudersi alle sue spalle
che Martina scoppiò a piangere, incapace di resistere oltre al dolore che
custodiva nel cuore e che, da quando c’era Tom, riusciva a nascondere sempre
meno.
Tra le copiose lacrime che le appannavano la vista, le
sembrò di rivedere una ragazzina uguale a lei, di qualche anno più giovane,
rannicchiata in un angolo di una stanza buia, a piangere.
- Sii più allegra! Devi essere felice! Lui non tornerà mai
se sei sempre triste!- singhiozzava, con un braccio sugli occhi, mentre
abbandonata accanto a lei stava una foto che la ritraeva assieme ad un suo
coetaneo dai capelli scuri.
La ragazza scivolò nel sonno rapidamente, mentre quelle
immagini le vorticavanosempre più
rapide davanti agli occhi, ricordi di un difficile passato che l’aveva già
distrutta una volta e che, adesso che si era scoperta innamorata di Tom,
sembrava voler tornare alla riscossa a tutti i costi.
Si era già addormentata quando Tom entrò nella stanza, per
avvertirla che avevano intenzione di andare a fare una passeggiata.
Le lacrime che bagnavano il cuscino ed il volto della
ragazza non sfuggirono al centrocampista dell’Ascoli, che subito fu al suo
fianco.
Tom Becker03 Marzoore 10:58 PM
Continuo a non capirla. Cosa c’è che non va? Cosa la fa
soffrire in questo modo? Possibile che voglia nascondermi ancora qualcosa? O è
soltanto il timore di essere d’intralcio per la mia carriera a farla soffrire
in questo modo? Non capisco cosa la spinga a tenersi tutto dentro. Martina,
perché nascondi a tutti, anche a te stessa, il tuo vero io?
Silenzioso, scivolò accanto a lei e l’abbracciò, sperando
che il suo calore potesse lenire il dolore che le stava rovinando il riposo,
scivolando anche lui nelle braccia di Morfeo.
Al piano di sotto, Colette era intenta a imparare da
Roberto ed Amy la difficile arte del medicare le contusioni.
Osservava rapita il modo in cui Roberto massaggiava il
piede del portiere con la crema lenitiva, mentre la ragazza dai capelli fulvi
controllava come stese la colonna vertebrale della vittima.
Era talmente assorta nei suoi pensieri che non si
accorgeva neanche del modo in cui Benji la guardava con grande affetto,
sentendosi bene in sua compagnia per la prima volta dopo quel bacio.
Benjamin Price03 Marzoore 10:31 PM
Com’è carina quando è assorta nei suoi pensieri. Non so
come faccio ad essere attratto da quel maschiaccio. E’ di certo molto bella… ma
dentro è strana. Mentre lei è così bella sia dentro che fuori. Però… lei ètroppo dolce per un tipo come me. Potrei
proteggerla da tutti, certo, ma non da me stesso. Io potrei farle del male e
non accorgermene minimamente. Ma è così pura e candida. Quel paragone è
azzeccato: lei è proprio come la neve del primo mattino, candida e intatta,
affascinante e quieta, tanto bella quanto delicata. Ed io sono troppo rozzo per
desiderare di affiancarmi ad una creatura simile.
- Vuoi provare tu, Colette?- chiese Roberto – Io dovrei
andare a prendere del ghiaccio e qualcosa per steccargli questo piede. Non
penso che sia rotto ma vorrei che lo muovesse il meno possibile.
Le gote della tedesca divennero immediatamente color
porpora e subito il suo sguardo volò al volto del portiere, che per risposta le
sorrise ed annuì.
Sylvia Holler scese circa un’ora dopo essere arrivata,
indossando una camicia verde chiaro e un paio di blue jeans e con i capelli
legati in una coda di cavallo da un elastico rosso, e subito si diresse nel
salotto dove trovò soltanto il nonno ad attenderla, seduto sul morbido divano.
- Gli altri sono usciti a fare una passeggiata per darci
la possibilità di parlare con tutta calma. Siediti accanto a me.
In perfetto silenzio, la ragazza si accomodò accanto a
lui, per poi partire con la domanda che più le premeva.
- Tu… tu sei
Terence Horance Tzunoshi?
- Sì, sono io.
- E sei anche mio nonno?
- Penso di sì, ma non conosco ancora il tuo nome per
intero.
- Io sono Sylvia. Sylvia Erika Mariko Holler.
- Sì, sei mia nipote. Figlia di mia figlia Shimone
Tzunoshi e di Herik Holler.
- Come mai non ti ho mai incontrato?
- Non so cosa sia accaduto. Tua nonna ed io ti abbiamo
vista cadere in acqua in Svezia, quando avevi soltanto un paio d’anni.
Credevamo che fossi morta, altrimenti ti avremmo fatta cercare per più tempo,
piccola.
- Quindi è una menzogna il fatto che tu mi abbia cacciata.
- Esatto. Ti amavamo come se fossi nostra figlia e tua
nonna è stata talmente male quando ti credevamo morta che è stata uccisa dal
dolore in pochissimo tempo.
- Posso fidarmi di te?
- Sì. E’ la verità.
- Allora perché i miei nonni paterni mi hanno detto che tu
non mi volevi più tra i piedi e mi avevi affidata a loro? Perché hanno mentito
così spudoratamente?
- Non lo so, ma ti giuro che mai e poi mai io ti avrei
allontanata da me. Eri la luce dei miei occhi, dopo la morte dei tuoi genitori.
Sylvia Holler03 Marzoore11:03 PM
Questa è la prova. Nonno e nonna mi hanno mentito tutto
questo tempo sul conto di nonno Raiden. Lui mi voleva bene e loro… loro mi
hanno strappato a lui ed hanno fatto morire la nonna dal dolore! Come posso
perdonare persone simili? Come posso voler bene a certa gentaglia? Li detesto
con tutto il cuore! Sono stati dei bastardi! Perché mi hanno portata via in
quel modo orribile? Perché hanno fatto così tanto male ai genitori della mia
povera mamma? Io… io non voglio più avere a che fare con persone simili. Voglio
restare qui con loro. Non lascerò che quei bastardi mi riportino in Svezia.
Voglio restare con l’unica persona che mi ama davvero, senza condizioni e senza
limiti. Voglio vivere con nonno Raiden.
- Quindi loro mentivano. Li odio! Ecco perché non volevano
che venissi qui a parlarti! Non volevano che scoprissi che negli ultimi
quattordici anni mi hanno ingannato e raccontato solo frottole!
Sylvia si alzò dal divano come una furia e, armeggiando
freneticamente con la maniglia della finestra, cercò di uscire dalla stanza.
Vi era quasi riuscita quando il nonno, che si era
avvicinato molto lentamente alla nipote disperata, l’abbracciò da dietro nel
tentativo di calmarla.
- Sylvia… non devi odiarli. Ti hanno raccontato delle
bugie ma non per questo devi odiarli. Sono certo che in questi anni ti hanno
trattato bene quanto avrei fatto io e ti hanno amata come una figlia. Tu sei
figlia di tutti noi, bambina mia, perché sei parte dei figli che tanto amavamo
e che abbiamo perso troppo presto. Devi capire quanto abbiano sofferto loro,
quando hanno saputo che il figlio si sarebbe stabilito qui e, dopo la loro
morte, che tu non saresti stata affidata a loro. Devono aver sofferto molto, e
questo li ha spinti a compiere un gesto simile. Non devi odiarli per averti
amato troppo, Sylvia, ma dovresti essere grata a loro per l’amore che hanno
dimostrato nei tuoi confronti. Non ti spingo a contattarli stasera stessa,
piccola mia, ma dovrai farlo e decidere con chi stare.
- Io ho già scelto, nonno. Voglio restare con te. Non
voglio più avere a che fare con loro. Non li voglio più vedere neanche in
fotografia. Hanno mentito ogni giorno. Ogni minuto hanno vissuto con il rimorso
di aver lasciato la nonna morire di crepacuore ma non se ne sono mai curati. Io
li odio, nonno, e non capisco come tu possa essere così comprensivo nei loro
confronti.
- Capisco il loro amore nei tuoi confronti e mi metto nei
loro panni. Capisco cosa devono aver provato, per questo accetto che abbiano
fatto ciò. Forse anche io sarei stato capace di fare altrettanto, se addolorato
come loro.
Gli occhi verdi di Sylvia si rivolsero a quelli del nonno,
poi si chiusero, lasciando che le lacrime scorressero sul volto della sedicenne
che tanta strada aveva fatto per ritrovare il ramo materno della sua famiglia.
Le sorprese per coloro che erano usciti non furono poche.
Sin dalla strada notarono che le luci in salotto erano
ancora accese, nonostante la tarda ora, così, per rientrare in casa, il gruppo
decise di passare per la porta di servizio che dava sulla cucina, e sotto la
veranda trovarono Patty e Holly profondamente addormentati sul dondolo. Holly
riposava con la testa appoggiata sulle sue ginocchia, mentre Patty aveva una
mano destra tra i suoi capelli e la testa, chinata a sinistra, appoggiata
all’altra, quasi la ragazza si stesse concentrando.
Sdraiato sul letto, con una borsa del ghiaccio sul piede e
una buona dose di crema per trattare le contusioni sulla povera schiena
dolorante, Benji vegliava sul riposo di Colette con la coda dell’occhio.
La tedesca, che si era prestata per restare a fargli
compagnia, aveva letto per lui fino a quando non era stata vinta dal sonno e si
era assopita sulla sedia, con il libro in grembo e la testa reclinata di lato.
E l’ultima sorpresa fu il trovare Tom e Martina nella
stanza delle ragazze, profondamente addormentati.
Con una scrollata di spalle, coloro che erano ancora
svegli, si accomodarono in salotto, su delle coperte o nei sacco a pelo, e
attesero con pazienza che la notte passasse
(NdA: e qui è d’obbligo la nota: facciamo un piccolo
saltino indietro nel tempo e nello spazio per vedere come se la cava qualcuno
di nostra conoscenza. E’ da un po’ che non lo vedevamo all’opera con un pallone
tra i piedi…)
Il sole non era molto caldo in quella soleggiata giornata
di Marzo ma non per questo l’alto calciatore dalla pelle abbronzata non sudava.
Erano già quattro ore che si allenava, quella mattina, e
doveva ammettere di essere davvero esausto.
Usare un pallone da quasi quattro chilogrammi era già
faticoso, ma i pesi che il suo allenatore, Jeff Turner, gli aveva fatto
applicare alle caviglie rendevano tutto molto più complesso e faticoso, tanto
che Maki, che aveva trovato lavoro come aiuto inserviente all’interno della
scuola calcio, appena poteva sfuggiva dalla sorveglianza della superiore e
andava da lui per aiutarlo a superare meglio la fatica con piccoli interventi,
come un massaggio alle articolazioni indolenzite oppure portandogli qualcosa da
mettere sotto i denti.
Sapeva che nonostante lui non volesse ammetterlo, per lui
era estremamente faticoso allenarsi e lavorare part-time come addetto alla cura
dei campi di allenamento, lavoro al quale puntualmente partecipava anche Maki,
soprattutto da quando la madre di Mark aveva iniziato a scrivere lettere per
entrambi e mandato una foto sua e dei tre fratellini di Mark, che la ragazza
custodiva gelosamente in una cornice di plastica posta sul tavolo del locale
che l’istituto aveva concesso ai due, ossia una stanza inutilizzata del capanno
per le attrezzature.
Desiderava ardentemente donare a quella donna ed ai suoi
tre figli parte del ricavato del suo lavoro, nonostante ancora non avesse
trovato il modo per rivelarlo a Mark, che di certo non avrebbe accettato il suo
denaro.
Stanco, si gettò sull’erba ed in men che non si dica la
ragazza dalla chioma fulva fu al suo fianco, con una piccola busta in una mano
e due lattine di birra nell’altra.
- Ho pensato di venire a vedere come stavi. Ci stai dando
dentro, Mark, ma non pensi sia più salutare riposarti un po’?
- Non preoccuparti Maki. Io sono forte, e lo sai bene- fu
la risposta del calciatore che, steso sulla fresca erba, aveva chiuso gli occhi
ed assaporava il lieve calore del sole sulle membra indolenzite.
- Lo so benissimo che sei forte, Mark, ma resti un essere
umano e quella caviglia gonfia non mi convince affatto- fu la secca risposta di
lei, che gattonò fino all’articolazione che, arrossata, spuntava dalle logore
scarpette da calcio indossate senza calzini.
Sfilò la scarpa dal piede e, staccata la plastica che
univa le due lattine, le pose ai due lati.
- Sono fredde!- squittì il cannoniere, che comunque
dimostrava sollievo per il refrigerio donatogli.
- Se no non le avrei messe lì. E adesso tirati su e
mangia, se no si raffredda- fece lei, passandogli una scatola di ramen
confezionato di fresco che, tra le mani del giovane, scottava.
- L’avevano appena preparato- spiegò, passando al compagno
le bacchette ed una confezione con quattro polpette di riso.
- Grazie mille Maki- sussurrò, prima di gettarsi a
capofitto sul pasto.
Maki Akamine02 Marzoore12:34 AM
Quanto mi fa piacere essergli utile... Lui si prende
cura di me con talmente tanto affetto… non che lo dimostri in modo plateale, ma
lo vedo dai suoi occhi e dai suoi gesti quando siamo soli che mi vuole bene. E’
giusto che io ricambi questo affetto aiutandolo. Lui mi ha sostenuta ed aiutata
in molte occasioni. E poi… è talmente dolce quando mangia! Sembra non aver mai
visto una scodella di ramen in vita sua! Mi fa piacere che il suo appetito sia
abbondante. Significa che brucia molta energia per allenarsi. Speso solo che
non esageri con questi esercizi o rischia di spezzarsi una gamba di questo
passo. Lo vedo che soffre quando colpisce la palla. Io lo aiuterò in tutti i
modi per evitare che si faccia del male.
Mark
Lenders 02 Marzo ore12:34 AM
Maki… quanto sei dolce! Capisco Oliver e il suo
splendido rapporto con Patty solo adesso che trascorro questi giorni in tua
compagnia. Mi piaci fisicamente e caratterialmente. Solo una ragazza molto
forte avrebbe reagito come te a certi eventi. Sei molto forte ed allo stesso
tempo sei la dolcezza fatta persona. Ti voglio bene Maki. Grazie per tutto ciò
che fai. Mi curi e sostieni, mi sfami ed aiuti nei momenti in cui sono troppo
stanco per muovere un muscolo, nonostante anche tu lavori con impegno e molto a
lungo. Un giorno ripagherò questo tuo impegno, te lo prometto. Un giorno
tornerò a Tokyo e tu sarai al mio fianco. Ti donerei anche la luna, se il tuo
desiderio fosse di possederla. Mia preziosa Maki, voglio che tu sia felice.
I due mangiavano da qualche minuto quando un affannato
Jeff Turner, stranamente sobrio, li raggiunse.
Aveva corso fino a lì ed in mano stringeva un giornale.
- Cosa succede Mister?- chiese, guardando il suo
allenatore che, pallido, ora era piegato sulle ginocchia per riprendere fiato.
- Guarda- riuscì a dire, gettando ai piedi del suo
calciatore un giornale nazionale con una grossa foto di un aereo in fiamme in
prima pagina.
- Cosa significa?
- I genitori di Oliver Hutton e della sua amica… hai
presente quell’esaltata che gridava alle partite con quella bandiera ridicola…-
disse Turner, intercalando agli spezzoni di frasi un profondo respiro- sono
morti.
- Morti?! I genitori di Holly sono morti?
Maki posò una mano su quella del compagno, che nel
frattempo sembrava impietrito dalla notizia.
Mark
Lenders02 Marzoore 12:41 AM
Non posso ignorare tutto questo! Devo andare da lui!
Devo andare da lui! Devo andare da lui!
Mark guardò Maki, poi il suo mister, che annuì.
- Il battello parte il cinque, alle sei del mattino. I
biglietti sono già nella vostra stanza. Ho già parlato con il preside e vi ha
accordato un permesso di quattro giorni, anche di più se mi informate con
qualche ora di preavviso.
- Perché possiamo partire così tardi?
- Mark, l’ultimo battello è partito ieri mattina. Lo sai
che passa ogni cinque giorni.
Il cannoniere annuì, poi tornò a mangiare.
- Io vado con lui. Se quella megera della Nobushi mi
scopre…
Lui si limitò ad annuire svogliatamente, ma lei non se la
prese e lo lasciò nuovamente solo con i suoi pensieri, sapendo che la sua forza
non sarebbe venuta a mancare in un momento del genere.
(NdA: torniamo al “presente”, e più precisamente a
Tokyo…)
Tokyo, ore 07:22 AM
Mano nella mano, Patty e Holly stavano fermi, guardando
quel piccolo aereo da dove, lo sapevano, sarebbero state scaricate quattro bare
coperte dalla bandiera giapponese, che contenevano i miseri resti dei loro
genitori.
Erano stati portati all’aeroporto dal fido Roberto, che
era qualche passo dietro di loro, lontano dai ragazzi che attendevano le salme
dei genitori.
Oliver guardò per un istante la ragazza al suo fianco. I
capelli scuri erano mossi dalla brezza che spirava da est ad ovest, che
creavano una specie di lucida aura attorno al viso pallido. Dai suoi occhi
scuri scivolavano giù lacrime piccole ma frequenti, che bagnavano a tratti
quelle guance pallide.
Le strinse la mano in segno di sostegno, ma i suoi occhi
rimasero fissi sul velivolo e sul suo carico.
Patricia Gatsby04 Marzoore 7:27 AM
Come vorrei poter mandare indietro le lancette del
tempo… Vorrei avessero potuto vivere la nostra felicità, il nostro amore,
vedere il nostro matrimonio e poi i nipotini… ora invece sono solo resti di un
incendio, morti in un momento di gioia, proprio mentre tornavano a casa da noi.
E Holly è così protettivo nei miei confronti… ma è naturale. Sono arrivata a
fare una pazzia e potrei rifarla. Ha ragione ad aver paura di me. Sono
pericolosa sia per me stessa che per gli altri. Forse dovrei farmi curare da
qualcuno… ma non abbiamo il denaro per farlo. Dobbiamo assolutamente vendere
una delle case ed io devo cercare lavoro per mantenerci. Di certo non posso
permettere che lui si accolli anche questa responsabilità, soprattutto in
questo momento così delicato. Sta guarendo, se vede, ma non deve dedicarsi ad
altro che al calcio se vuole farcela e non sarò di certo io quella che lo
distrarrà.
Roberto
Sedinho 04 Marzoore 07:27 AM
Holly Hutton, adesso devi mostrarti forte. Aiutarla a
superare il colpo e tornare di nuovo il grande calciatore che eri. Solo in
questo modo potrai aiutarla a guarire da questa ferita interna. Speriamo che tu
riesca a migliorare in fretta… E’ egoistico dirlo, ma voglio rivedere il magico
tocco di quell’undicenne minuto e sorridente che chiamava amico il fedele
pallone. Voglio rivedere la rovesciata e le punizioni, i tiri ad effetto e
quelli di potenza, il colpo di tacco e quello di testa. Voglio rivedere la
stella del calcio giapponese.Grazie mille Patty. Sono sicuro che senza di te
lui non sarebbe mai tornato a sorridere e non sarebbe mai riuscito a toccare di
nuovo la palla. Grazie mille, Patricia Gatsby. Un giorno o l’altro ti giuro che
mi sdebiterò.
Oliver Hutton 04 Marzoore 07:27 AM
Patty… quanto vorrei risparmiarti questo dolore…ma non
posso farlo. Soffro anche io, nonostante il mio desiderio di nasconderlo. Io
desidero immensamente che tu sia felice con me e sono certo che pian piano,
insieme, riusciremo a superare anche questo dolore. Ti voglio bene Patty.
Con un gesto molto semplice, la mano di Patty sfiorò il volto
del suo ragazzo e fece in modo che la guardasse.
- Non vergognarti di piangere. E’ normale- sussurrò lei.
Oliver Hutton 04 Marzoore 07:28 AM
Questi
grandi occhi sinceri… la sua voce calma… laforza che trasmette nella sua apparente fragilità… Neanche ti accorgi di
quanto sei bella. Grazie mille Patty! Grazie di esistere!
Il calciatore abbracciò la sua lei con forza ma lei non
fiatò. Ricambiò con tenerezza la stretta di Holly e iniziò ad accarezzargli i
capelli. Il calciatore singhiozzava contro la sua spalla con forza, quasi
avesse dentro un enorme peso di cui liberarsi e che lei, con la sua calma e
discrezione, era riuscita a sciogliere. Dal canto suo, Patty piangeva in
silenzio e con calma, in un modo che alcuni definirebbero “maturo”. Non un suono,
solo grandi lacrime di dolore che scivolavano lungo le sue gote. Solo dolore
puro che fuoriusciva direttamente dal suo cuore. Un cuore che, di nuovo, aveva
rimesso in sesto alla meglio, attaccando i pezzi di quel mosaico complesso in
modo che la struttura fosse solida e pronta ad affrontare un nuovo dolore.
Sin dalle prime ore del mattino da casa Gatsby
fuoriuscivano suoni a dir poco spaventosi.
Urla
e grida in italiano, inglese tedesco e giapponese avevano svegliato tutti
quella mattina e gli autori non erano altri che Martina Maroni e Benjamin
Price.
La
furia della sera prima non si era ancora placata e adesso il portiere, con al
braccio una terrorizzata Colette, stava guardando con occhi di brace l’italiana
che aveva avuto la pessima idea di attaccarlo verbalmente per l’ennesima volta.
-
Tu, brutta italiana che non sei altro! Tornatene al tuo paese e lasciaci in
pace! Qui siamo a lutto!
- E
tu non portarti dietro il Touring Club!
-
Come osi dire questo in sua presenza! Non provare più ad offendere Colette, o
ne pagherai le conseguenze!- grugnì il giapponese, pronto a balzare alla gola
della ragazza dalla quale era fisicamente attratto.
-
Per favore, smettetela…- sussurrò Colette, con voce rotta dal pianto.
-
Io non la smetto. Questa straniera ti ha offesa!
-
Di certo sono più educata di te!
-
Non credo proprio. Hai l’educazione di un orango!
- E
tu quella di un babbuino! Anzi, di un gorilla. E gli assomigli anche, ad un
grosso gorilla puzzolente!
-
Come osi dirmi certe cose, piccola oca con i capelli dal colore assurdo! Sembri
essere caduta in un barattolo di vernice! E poi il modo in cui li hai… sei per
caso stata spedita dentro un semaforo da qualcuno che non voleva più vederti?
-
Cretino che non sei altro! Ti faccio vedere io…
Raiden
guardava la scena da lontano, pronto ad intervenire nel caso ve ne fosse la
necessità.
Al
suo fianco stava Sylvia, che non staccava gli occhi dall’anziano parente.
Sylvia
Holler 04 Marzoore 08:34 AM
Mi sembra così strano… sono ospite a casa di una ragazza
che ha appena perso i genitori e ne sta organizzando il funerale, assieme a un
gruppo di ragazzi giapponesi e non che litigano da mattina a sera, un uomo di
colore e ilnonno che, secondo i nonni
paterni, era quello che mi aveva cacciata di casa quando ero molto piccola. Non
so neanche come comportarmi con loro… sono molto gentili ma capisco pochissimo
quando parlano in giapponese o in italiano e soltanto un po’ di più se lo fanno
in inglese. Gli unici che capisco sono la ragazza tedesca e il portiere. E non
so neanche come comportarmi con il nonno. E’ quasi uno sconosciuto per me, ma
mi vuole talmente tanto bene… come è strana la vita! Non so neanche come
ringraziare quelle ragazze che hanno preparato la nostra colazione... Quando
torneranno lo farò certamente, anche se ancora non so in quale lingua.
Mannaggia a me e alla mia testaccia dura! Avrei dovuto studiare di più
l’inglese! E poi… c’è quel buffo ragazzo che sta sempre accanto al nonno. Da
quel che ho capito si chiama Bruce… certo che è proprio strano quando ride.
Come adesso. Spalanca la bocca e ride di gola. Ho quasi la sensazione che prima
o poi ingoierà una mosca ridendo in questo modo! Non è molto bello, ma sembra
simpatico. E poi la sua famiglia si è dimostrata molto gentile nei miei
confronti. E’ bello sentire l’amore di questi perfetti sconosciuti. Sono felice
di essere qui con loro. La mia vita cambierà radicalmente.
-
Ridi anche tu per il litigio di quei due?- le chiese Raiden, sorridendo alla
nipote.
Sylvia
si scoprì ridacchiante di fronte a quelle sfuriate tra Benji e Martina.
-
Sì. Ma fanno sempre così?
-
No… hanno fatto anche di peggio ieri sera- disse Bruce, sorridendo alla nuova
arrivata dall’altra parte dell’ex pugile- Benji è sempre stato piuttosto
irritabile ma Martina... è straordinario come Tom riesca a sopportare una
ragazza simile. E’ irruenta e con la delicatezza di un bulldozer, oltre ad
avere quella voce decisamente troppo alta. E’ assordante.
-
Io la trovo gradevole. La voce intendo.
-
Sei abituata a sentire le sirene?
Sylvia
gli fece la linguaccia ma non riuscì a trattenere molto quell’espressione e
sorrise con dolcezza al giapponese, che si trovò spiazzato da un’espressione
tanto dolce ed abbassò gli occhi sulle sue fette biscottate con la marmellata.
Raiden
scoppiò a ridere di fronte alla faccia stralunata del ragazzo, mentre lei lo
guardava interrogativa, non capendo che cosa fosse preso al nuovo amico.
Horance Tsunoshi 04
Marzoore 08:39 AM
Ahi ahi ahi! Bruce è bello che cotto! Un sorriso e Sylvia
l’ha conquistato. Sono felice. E’ un bravo ragazzo e se a Sylvia fosse
simpatico, sarei felicissimo di vederli insieme. Solo che non so che cosa possa
pensare Sylvia… Bruce è simpatico ma di certo non è molto carino. Ha il naso
come quello di un pugile. Magari sono state tutte le pallonate che ha preso in
piena faccia! Ma resta il fatto che lui non è carino come lo sono Julian,
Holly, Benji, Tom o Philip.
Fu
il rumore di vetri rotti a spingerli ad alzarsi da tavola e vedere che cosa
fosse accaduto nell’altra stanza.
Colette
cercava in tutti i modi di fermare i due litiganti, ma non c’era riuscita. Tra
i due stavano per volare parole grosse quando lei si era messa tra di loro e
Martina, poco gentilmente, l’aveva spinta via, verso il divano. Era stato a
quel punto che Benji aveva perso il lume della ragione e tentato di colpire la
ragazza.
Benjamin Price 04 Marzoore 08:35 AM
Come si è azzardata a dire e fare tutto questo a Colette?
Sporca italiana, te la farò pagare cara! Altro che bella ragazza… questa è una
stronza di prima categoria. Ma adesso le farò passare io la voglia di parlare
male di Colette e stuzzicare un portiere del mio calibro. E’ ora di farla
finita con questa storia. Voglio darle una lezione che ricorderà finché vivrà.
Preparatibella mia. Ha inizio la tua
esecuzione
Un
brivido corse lungo la spina dorsale di Martina quando guardò il portiere.
Aveva gli occhi di un assassino.
Martina Maroni 04 Marzoore 08:35
AM
Accidenti! Si è incazzato a morte! Meglio così! Mi
serviva proprio una bella scazzottata. Speriamo solo che lei non si metta di
nuovo in mezzo. Credo che se la toccherò un’altra volta il portiere qui
presente mi manderà all’altro mondo. Accipicchia, ma perché mi sono cacciata in
una situazione simile? Come mi è saltato in mente di far imbestialire un
colosso simile. Oh, se Tom fosse stato sveglio mi avrebbe fermata, ma lui dorme
ancora… maledetta la mia lingua lunga!
Dopo
aver schivato una serie di colpi, Martina decise che era ora di reagire.
Si
stavano battendo da un paio di minuti quando Colette aveva avuto il pessimo
tempismo di frapporsi nuovamente tra loro e la tedesca era stata colpita da un
sinistro degno di un pugile professionista dell’italiana, finì per colpire la
credenza ed infrangere il vetro di una delle ante con il gomito destro.
Benjamin Price 04 Marzoore 08:38
AM
Colette!
Oh mio Dio! E’ ferita! Sta perdendo del sangue.
Martina Maroni 04 Marzoore 08:38 AM
No… non può essere successo… non posso aver fatto questo…
non di nuovo… non posso! Non posso averlo fatto di nuovo! Come ho potuto? Sono
davvero quel tipo di cattiva ragazza? Sono davvero come mi ha detto lui? Sono
davvero quel pessimo elemento? Come? Come? COME?
Quando
il gruppo entrò nella stanza Benji era accanto all’amica, che, pallida come
sempre, stringeva i denti sostenendo il gomito sanguinante. La tremante
Martina, invece, era in lacrime di fronte alla finestra e guardava terrorizzata
il sangue che usciva dalla ferita della tedesca.
-
Maledetta italiana!- gridò Benji, guardandola con occhi iniettati di odio- Come
hai potuto farle una cosa del genere!
-
Non volevo…- sussurrò, portando le mani al volto mentre gli altri correvano a
soccorrere la sedicenne.
Solo
Tom, sveglia dal baccano causato dall’evento, era distante da loro e guardava
Martina con occhi dispiaciuti.
Fece
per avvicinarsi, ma lei fu più rapida. Corse in direzione della porta e, nel
corridoio, si diresse verso l’ingresso e fuggì via da quella casa, luogo in cui
aveva compiuto nuovamente un misfatto.
Tom
fece per inseguirla, ma poi posò gli occhi su Colette, ora tra le braccia di
Benji, e comprese che era meglio che Martina restasse sola per un po’. Aveva
bisogno di assorbire l’impatto del suo gesto e trovare il coraggio di guardarli
di nuovo in faccia. Non immaginava che per lei quell’evento era più
traumatizzante di quanto potesse immaginare. Non sapeva cosa era accaduto a
Martina prima del suo arrivo. Non sapeva che era tutto collegato.
-
Mi sembra piuttosto grave- disse Benji, osservando il gomito trafitto
dell’amica- Io la porto al Pronto Soccorso.
Tutti
si fecero da parte mentre Benji passava, ma non Tom, che rimaneva fermo sulla
porta d’ingresso, dando le spalle al portiere e alla ragazza che lui
trasportava.
-
Spostati Tom. Dobbiamo passare- disse, gelido.
Il
centrocampista si spostò senza una parola ma guardò Benji con aria dispiaciuta.
-
Mi dispiace…- disse all’amico.
-
Mettile la museruola, piuttosto. Quella è pazza. Te lo dico da un sacco di
giorni, Tom. Lasciala perdere.
-
Nonostante il suo gesto, Martina rimane la ragazza di cui sono innamorato e
sono certo che non ha colpito Colette di proposito.
-
Di proposito oppure no, ha ferito Colette. Mi basta questo per odiarla.
Detto
questo il portiere uscì come una furia e sbattè la porta in faccia all’ex
compagno di squadra.
Patty
e Holly, affiancati da Roberto, stavano di fronte al ministro dei trasporti,
Kaede Nagashima, mandata in rappresentanza dello stato per l’arrivo delle salme
dei coniugi Hutton e Gatsby.
-
Mi spiace moltissimo per i vostri genitori- disse la donna, stringendo prima la
mano di Holly e poi quella di Patty- Vi assicuro che l’intero Giappone vi è
accanto in questo momento di difficoltà, ragazzi.
Detto
questo, il ministro e la delegazione si allontanarono dal piccolo gruppo.
Roberto
guardò i volti dei due orfani poi passò un braccio attorno alle spalle di
ognuno e disse:
-
Dobbiamo andare a firmare qualche documento per la consegna dei corpi poi
dobbiamo partire per Fujisawa e organizzare… se volete, posso farlo io per voi.
Non c’è alcun problema.
-
No. Ce la caveremo. Vero Holly?
Il
ragazzo guardò la ragazza per la quale aveva rischiato la vita e sorrise.
-
Sì. Insieme ce la faremo.
-
Sei stata davvero molto coraggiosa- disse Benji sorridendo alla ragazza dai
capelli chiarissimi.
Erano
all’interno di una stanza del Pronto Soccorso e stavano attendendo la
documentazione necessaria per lasciare la struttura ospedaliera.
Fortunatamente
li avevano fatti passare immediatamente per via dell’emorragia e adesso, dopo
averle fatto diverse radiografie, estratto i vetri e messo una serie di punti
al gomito, Colette stava visibilmente meglio e, aiutata da Benji, stava
indossando il tutore che avrebbe dovuto sostenere il suo braccio per un paio di
settimane.
-
Non ho fatto nulla di speciale- disse, tenendo lo sguardo basso mentre lui,
dietro, le aggiustava il tutore.
-
Nessuna persona l’avrebbe fatto per me. Mi guardano e poi si dicono “ma chi lo
riuscirebbe a mettere KO un tipo come quello?”, così preferiscono darsela a
gambe, lontano dai miei pugni.
-
Si vede che non ti conoscono.
-
Perché dici così?
-
Io non scapperei mai di fronte a te, neanche nel momento di maggiore collera-
fece lei, arrossendo- Insomma… so che sei un ragazzo giusto, un tipo che non
mena le mani senza un ottimo motivo. Inoltre… io so non mi faresti del male. Me
l’hai ampiamente dimostrato. Si vede benissimo che ci tieni alla mia incolumità
e non vuoi che qualcuno mi faccia del male.
Benji
si sentì avvampare a sua volta. Era stato davvero così cristallino? Aveva
davvero dimostrato di tenere a lei in un modo così palese?
-
Sai…- continuò la tedesca- quando oggi Martina ha detto quella cattiveria sul
mio conto ho creduto che volessi ucciderla.
-
Non nominarla neanche quella stronza. Guarda come ti ha conciata- disse,
indicando il livido nerastro che si stava allargando sotto il suo occhio
sinistro.
-
Non attaccarla così duramente. Non è poi così grave…
-
Ma ti ha fatta del male- fu la secca risposta del portiere.
-
E’ stato un incidente, Benji. Poteva capitare a chiunque.
-
Non le perdono di averti fatto del male.
Colette
annuì, sapendo perfettamente che il portiere era davvero furioso e niente
sarebbe riuscito a smuoverlo dalle sue intenzioni.
-
Va bene- sussurrò lei, scendendo dal lettino in modo tale da sentire come il
tutore le avrebbe limitato i movimenti.
Colette Montgomery 04 Marzoore
10:26 AM
Io non me la sento di odiarla come fa lui. E’ stato un
caso che io finissi contro quella credenza e mi facessi male. Ahi! Certo che fa
male! Ma non devo mostrarlo. Benji è già talmente preoccupato… litigare con
Martina non deve piacergli molto, a giudicare dalla faccia. Sembra quasi
triste… sì, deve essere dispiaciuto per il battibecco con Martina. Certo che
lei ha esagerato. Come fa a trovare così tanti motivi per litigare? E poi
perché prende di mira soltanto Benji? Che voglia attirare la sua attenzione su
di sé? No, ma cosa sto pensando! Lei è la ragazza di Tom e sembrano molto
affiatati. E’ impossibile! O forse sì? E’ possibile che anche lei si sia
accorta del modo in cui lui la guardava e che abbia deciso di giocare con lui
ed i suoi sentimenti? Possibile che Martina sia così falsa? Oh, ma cosa sto
pensando! Sono davvero una stupida. E…gelosa? Possibile che io sia gelosa di lei, con quel suo carattere tutto
strano e le sue maniere ben poco femminili? No, sono gelosa della sua bellezza,
di quello strano mix di mistero e luce che la avvolge e la rende appetibile ai
ragazzi, ecco di che cosa sono gelosa. Insomma, lei non è una specie di maxi
stuzzicadenti piatto e pallido. Ha i colori del sole e della salute mentre io…
io sono solo una che è a malapena uscita dall’anoressia, abbandonata dalla
madre e innamorata di un ragazzo che non mi guarderà mai con occhi differenti
da quelli di un apprensivo fratello maggiore. E’ questa la realtà. Lui mi
considera una sorellina da proteggere, non certo una papabile ragazza con cui
uscire o andare al cinema. Io sono solo una fragile ragazza che gli è stata
affidata dal presidente del suo club per farle fare un viaggio e liberarla per
un po’ dall’opprimente clima familiare, soprattutto ora che lui ha trovato una
nuova donna da amare.
-
Colette… qualcosa non va?- le chiese il portiere, che aveva notato le lacrime
che inavvertitamente la tedesca si era lasciata sfuggire.
Lo
guardò sorpresa, poi si asciugò il fretta il volto e sorrise:
-
Non è nulla.
-
Colette, non dimenticare che se vuoi parlare di qualcosa, io sono sempre pronto
ad ascoltarti. Come hai detto tu, ci tengo alla tua incolumità ma allo stesso
modo desidero vederti felice. Sai… anche ieri mattina stavi piangendo,
naturalmente nel sonno, e questo mi preoccupa. Cosa succede? Sono stato per
caso io a farti soffrire? Perché se è così… mi dispiace averti fatta soffrire e
vorrei ovviare in qualche modo.
Colette
sorrise.
-
No, non è affatto colpa tua.
-
Allora di chi è? Di Martina?
-
No. Non è sua. La colpa è di me stessa e delle mie incertezze. Sono solo
pensieri sciocchi, non farci caso.
Benjamin Price 04 Marzoore 10:27
AM
Se non vuole parlarne non la costringerò a farlo.
Speriamo solo che non sia qualcosa di grave…
Il
silenzio cadde tra i due ragazzi e solo il medico che portò loro la
documentazione del Pronto Soccorso fu in grado di rompere quell’imbarazzante
parentesi di mutismo.
-
Basta! Io vado a cercarla- sbottò Tom, guardando l’orologio che oramai segnava
l’una passata- E’ uscita da più di quattro ore. Non è normale.
Erano
tutti seduti in salotto, dove Colette occupava il divano con Benji e Sylvia.
Gli
altri guardarono Colette, poi Benji ed infine Tom. Se la prima sembrava
imbarazzata ed il secondo aveva lo sguardo da belva indemoniata, Tom era triste
e palesemente nervoso.
-
Aiutiamolo- disse Bruce- Che cosa stiamo aspettando? Dividiamoci in gruppo e
andiamo a cercarla. E’ un’italiana in una città giapponese. Per quanto ne
sappiamo, potrebbe essersi persa.
- A
me non importa. Che torni a casa da sola quella figlia di puttana. Se fosse per
me, potrebbe anche andare a buttarsi giù da un ponte. Non m’importa minimamente
di dove diavolo sia andata a cacciarsi quella bastarda.
Naturalmente
il parere contrario veniva dall’infuriato Benji, che adesso aveva la mano
sinistra di Colette sul braccio e gli occhi glaciali della tedesca puntati su
di lui in segno di rimprovero.
Tom,
il pacato e calmo Tom, guardò con disprezzo il portiere, poi si alzò ed uscì
dalla casa sbattendo la porta.
-
Non ho mai visto Tom così incavolato- disse Bruce alla sbalordita Sylvia- Ma ha
ragione. Hai esagerato Benji. Persino Colette non ce l’ha con Martina. Perché
tu, invece, fai tutto questo polverone?
-
Non se se ricordi che Colette ha dovuto mettersi quaranta punti e dovrà portare
il tutore per altre due settimane. E le è andata bene. Per quanto ne so,
avrebbe potuto ammazzarla con un pugno simile. E’ una sconsiderata e non
intendo cambiare opinione. Non voglio più vederla.
Raiden
e tutti i ragazzi, tranne Colette e Benji, si organizzarono in gruppi di
ricerca e, lasciati a casa Amy e Julian ad attendere Patty, Holly e Roberto,
uscirono alla ricerca dell’italiana.
Quando
Holly e Patty giunsero a casa, trovarono gli abitanti tutti in fermento.
Colette
era sul sofà, con un livido in volto ed un tutore a sorreggerle il braccio
destro e Benji era al suo fianco, che squadrava tutto e tutti con aria truce;
la credenza aveva un anta dal vetro rotto e insanguinato, con vetri, cocci e
schegge sul pavimento; in cucina c’erano soltanto Ami e Julian, seduti al
tavolo.
-
Cosa è successo in salotto?- chiese Holly.
-
Martina e Benji si sono presi a pugni. E di mezzo c’è andata Colette. Le hanno
messo quaranta punti e dovrà portare il tutore per una settimana. In compenso
Martina è scappata e non sappiamo dove sia andata a finire. Gli altri sono
fuori a cercarla mentre noi restiamo qui ad aspettarla e difenderla.
-
Difenderla?- chiese Patty.
-
Sì- fu la risposta di Amy- Benji la vuole squartare. E’ stata lei acolpire Colette con il pugno che le ha fatto
colpire la credenza.
-
Benji non è tipo da esagerare.
-
Infatti, ma per Colette è diverso- fece Julian, facendo l’occhiolino ai due per
far intuire cosa rendesse diversa la situazione- Holly, quell’italiana e Benji
non vanno assolutamente d’accordo.
-
Cosa vuoi che faccia? Cacciare uno dei due?
-
No. Ma tu devi iniziare l’allenamento. Porta Benji con te il più possibile. Lo
stesso farà Tom con Martina. Lui crede che Martina non stia bene per qualche
ragione. Ha paura che ci sia molto di più.
I
due annuirono, poi si sedettero sulle sedie.
-
Roberto arriverà tra un paio d’ore con le bare. Dovremo liberare il salotto. E’
l’unica stanza che può contenerle tutte e quattro e nella quale avanzi anche un
po’ di spazio. Ma adesso non me la sento. Soprattutto con Benji in quello
stato- fece Patty, passandosi una mano sugli occhi.
-
Ci penseremo noi. Voi due riposatevi. Anzi, vi prepariamo il pranzo.
La
gentile proposta di Amy le fece guadagnare un sorriso da parte dei due orfani,
grati all’amica per l’aiuto che, assieme a Jenny, stava fornendo a Patty sia
sul piano psicologico che su quello pratico.
Oliver Hutton 04 Marzoore 02:43 PM
Che guaio! Colette ferita, Benji infuriato e
l’imprevedibile Martina in piena fuga. E dobbiamo anche organizzare i funerali.
Eh sì, saranno giorni davvero molto pesanti per me e Patty.
Patricia
Gatsby 04 Marzoore 02:43 PM
Martina, perché l’hai fatto? Cosa ti ha spinto ad
arrivare alle mani con Benji? Che cosa ti passava per la testa?
Martina
Maroni correva da ore per le vie, piangendo disperata. L’immagine di Colette
ferita era stampata nella sua mente e non voleva togliersi dai suoi occhi. Era
troppo. Non poteva più stare con loro.
Martina Maroniore02:08 PM
Come ho potuto? Come? Anche l’altra volta… anche quella
volta è stato lo stesso. Io volevo solo scherzare. Non volevo farle del male.
Non volevo che andasse a finire così. Non era mia intenzione ferirla.
Intanto
la pioggia iniziò a scendere dal cielo, prima lenta e rada, poi sempre più
forte e fitta, fino a tramutarsi in un vero e proprio temporale.
Stanca
e bagnata, Martina si sedette su un altalena in un parco giochi, con lo sguardo
perso nel vuoto e le lacrime che si mescolavano alla pioggia e rimase lì per
diversi minuti, incurante del tempo che scorreva e della pioggia che diveniva
sempre più violenta.
Fu
una mano a svegliarla dai suoi pensieri.
Guardò
chi l’avesse disturbata ed incontrò gli occhi castani di Tom, il quale, in
lacrime, si era messo accanto a lei.
Neanche
lui aveva qualcosa per ripararsi dall’acqua ma non sembrava essere disturbato
dalla pioggia. Era concentrato su di lei e sulla disperazione che traspariva
dai suoi occhi sotto forma di lacrime.
-
Non volevo deluderti- sussurrò.
-
Lo so che non l’hai fatto di proposito.
-
E’ meglio che torni in Italia…
- Non
dire sciocchezze…
- E
non è tutto. Tom, tu sei un ragazzo stupendo ed io ti amo moltissimo… ma non
può funzionare tra noi. Dimenticati di me. Cambierò scuola e tu non mi vedrai
più. Presto sarai di nuovo felice, magari in una squadra di maggior prestigio.
E con una ragazza migliore al tuo fianco.
-
Tu sei la migliore.
-
Io ho la fedina sporca. Ti rovinerei la vita.
-
Solo per quell’incidente?
Martina
puntò i suoi grandi occhi nei suoi e, furiosa, disse:
-
Tu non sai niente di me! Tu non sai quello che è accaduto! Tu mi conosci da
pochi mesi, Tom, e non sai quello che ho fatto. Non sai che bambina ero né che
ragazzina ero qualche anno fa. Tu non sai nulla del mio passato.
-
Allora dimmelo tu.
-
No. Non posso.
-
Perché no?
-
Non posso farlo. Mi odieresti.
-
Ho il diritto di saperlo.
-
Questa è la fine del nostro discorso. Adesso ti ho riferito tutto ciò che avevo
da dirti. Addio Tom.
Detto
questo, la ragazza fuggì via, lasciando Tom sotto la pioggia, sbigottito e
disperato allo stesso tempo.
Tom Becker 04 Marzoore 03:27 PM
Martina… cosa ti è successo? Che cosa mi nascondi? Perché
mi hai trattato in questo modo? Vuoi davvero che tra noi finisca così? Non
puoi! Non puoi farlo! NON PUOI LASCIARMI IN QUESTO MODO! Non puoi lasciarmi per
colpa di Benji! Non puoi farlo! NON PUOI FARMI QUESTO!
Il
grido di Tom si levò nell’aria e fu udito anche dall’italiana, ma non si fece
intenerire. Doveva andarsene dal Giappone. Per il bene di Tom, lei doveva
lasciarlo. Il suo problema più impellente era quello di trovare il denaro per
tornare in Europa. A malincuore si diresse verso casa Gatsby per recuperare i
suoi bagagli.
La
porta di casa Gatsby si aprì con un colpo che fece sussultare tutti i presenti
in cucina, poi si udirono passi rapidi per il corridoio ed il grido di Colette.
Holly,
Patty, Amy e Julian si precipitarono in salotto e videro Tom seduto sopra a
Benji, con una mano alla gola del portiere e l’altra chiusa a pugno, che calava
aritmicamente sul volto dello sbalordito Benji.
-
Tu!- gridava Tom, in preda alla furia cieca- Tu me l’hai portata via! E’ stata
tutta colpa tua! Sei stato tu a farle del male! E’ tutta colpa tua se lei mi ha
lasciato! Sei stato tu a farlo, Benji! Ti odio!
Holly
e Julian, sbalorditi, corsero da Benji per portare via l’infuriato centrocampista,
ma solo quando intervennero Patty e Amy riuscirono a permettere al portiere di
alzarsi e prepararsi ad attaccare il centrocampista.
-
Ma cosa ti salta in mente?- ringhiò il tedesco, pulendo il sangue che macchiava
il suo mento.
-
L’hai fatta andare via! Martina vuole tornare in Italia solo per colpa tua! Mi
ha lasciato per colpa tua, Benjamin Price!
Fece
per dargli un altro pugno quando una persona si parò a difesa di Benji e prese
il colpo per lui: era Martina, bagnata fradicia e con gli occhi gonfi, che lo
guardava con aria dispiaciuta dal pavimento.
-
Non è per lui che lo faccio- disse, alzandosi in piedi.
-
Allora perché? Che cosa significa?
-
Mi odieresti. Anzi, tutti voi mi odiereste se ve lo dicessi.
-
Posso parlarti?
La
voce sottile di Colette sorprese tutti. Con calma si avvicinò ed inginocchiò
accanto alla ragazza.
-
Io non ho avuto paura di esporre il mio problema perché sono consapevole di
essere tra amici. Capisci? Nonostante io mi vergognassi di ciò che avevo fatto,
loro mi hanno accettata per ciò che sono e non mi hanno giudicata. Tu stessa
sei stata molto socievole sin dal nostro primo incontro. Non puoi proprio dirci
perché stai così male?
Martina Maroni 04 Marzoore 03:34
PM
Come? Come può essere così gentile nei miei confronti? Io
le ho fatto del male ma lei mi vuole ancora bene. E’ mia amica nonostante le
mie parole offensive. Sì, ha ragione lei. Devo dirlo. Devo confessare il mio
reato più grave e far luce su questo mistero. E’ loro diritto sapere. Tom…
spero solo che grazie a questo racconto tu capirai come io potrei nuocere alla
tua carriera. Avevo quasi rimosso quell’evento, ma oggi tutto è tornato vivo ed
attuale. Sono pronta a confessare il mio crimine.
-
Come puoi dire una cosa simile a me, quella che ti ha fatto del male?
- Sei
mia amica, ricordi?
Martina
sorrise a Colette, poi si alzò.
-
Vi racconterò tutto. Ma non sarà un bel racconto.
Martina
prese il fiato poi iniziò.
-
E’ iniziato tutto quando avevo tredici anni. Mi sono innamorata di un ragazzo
di un paio d’anni più grande. Stavamo insieme da un anno quando lui mi disse
che aveva deciso che dopo il diploma del terzo anno avrebbe lasciato la scuola.
Non sarebbe andato a lavorare, però. Lui aveva scelto l’esercito ma era ancora
indeciso per via di me. Eravamo molto innamorati. Io non volevo che se ne
andasse e glielo dicevo spesso. Questo ha portato al logoramento del nostro
rapporto, tanto che alla fine ci lasciammo. Io ero furiosa perché ero ancora
innamorata di lui. Un giorno di marzo, mentre facevo la babysitter a sua sorella,
litigammo selvaggiamente ed inavvertitamente colpii sua sorella. Lei finì in
mezzo alla strada e fu investita. L’impatto le è stato fatale e lui non mi ha
mai perdonata. Anzi, ora è in riformatorio proprio perché, per vendicarsi, lui
ha tentato di uccidermi per quello che ho fatto. Ma aveva ragione a volerlo
fare. Io ho ucciso quella bambina. Ecco di che cosa ho paura. Sono
un’assassina.
-
Avevi paura di essere odiata da noi?- chiese Patty.
Martina
annuì, mentre le ragazze la guardavano con affetto.
Benji
si avvicinò a lei con aria truce.
-
Non sprecherei anni preziosi della mia carriera per uccidere una mosca come te,
Martina Maroni- fece Benji, nascondendo a stento un lieve sorriso- Credo che
sia meglio perdonare il tuo gesto non intenzionale, ma ricordati di non osare
più insultare Colette, sono stato chiaro?
Martina
annuì, poi lasciò che gli altri la abbracciassero.
L’unico
a non farlo fu Tom.
Martina
si avvicinò a lui e, preso il ragazzo per mano, lo portò al piano di sopra, in
una stanza per avere un po’ di privacy.
-
Tu hai paura che io possa lasciarti e questo, unito all’incidente con Colette,
ti ha fatto tornare in mente questa storia?- fece lui non appena la porta fu
chiusa.
-
Sì.
-
Dovevi dirmelo.
-
Non volevo essere un peso. Ho già rovinato una vita con i miei capricci.
-
Martina, quel tizio la vita se l’è rovinata da solo. Tu non hai colpa.
-
Ho ucciso una bambina.
-
Eri tu stessa poco più di una bambina e non l’hai spinta sotto quell’auto di
proposito. E’ stato un incidente.
-
Ma la bambina è morta!
-
Colette però non è morta. Lei sta bene e prestissimo starà meglio.
-
L’ho ferita.
-
Non volevi farlo. Non essere così severa con te stessa.
-
Devo esserla. Ho sbagliato e devo pagare il fio.
-
No. Devi tornare a vivere e a fidarti di chi ti vuole bene. Per prima cosa devi
rimangiarti ciò che hai detto al parco sul fatto che la nostra storia è finita.
Non devi dire mai più che vuoi lasciarmi per il tuo passato. Io ti amerei anche
se fossi un gerarca nazista. Sei la mia Martina e non importa il tuo passato
senza di me, ma la vita insieme. Ti amo.
-
Anche io ti amo. Oh Tom!
Abbracciò
con forza il centrocampista e si baciarono tra le lacrime. Pian piano i baci si
fecero sempre più roventi e desiderosi. Caddero sul letto con dolcezza e, tra
carezze e baci, fecero per la prima volta l’amore.
Capitolo 10 *** Capitolo 10: La Teoria del Caos ***
Capitolo 10
Capitolo 10
La Teoria
Del Caos
Nota dell’autrice: finalmente siamo arrivati al
capitolo in cui si svolgerà il funerale e, direte voi lettori, era ora. Non è da tutti scrivere capitoli interi di attesa ad un funerale.
Ah, naturalmente mi scuso per i ritardi astronomici che,
ammetto, ormai sono un’abitudine per questa fanfiction.
-
Zia Kat!- esclamò Patty,
correndo verso la donna appena scesa dal taxi.
Una
donna dai lunghi capelli rossi era appena scesa dal mezzo e stava scaricando i bagagli quando la nipote l’aveva notata dalla finestra
del salotto.
Bruce guardò con attenzione la donna alla quale Patty
si stava stringendo. Era una donna sulla trentina, alta e
sottile, con lunghissimi capelli rosso fiamma e occhiali scuri. Il lungo
vestito rosso che indossava era in netto contrasto con il nero completo
indossato dalla nipote e dalla maggior parte dei presenti.
Le
due donne, mano nella mano, percorsero il breve
tragitto che separava la cancellata dalla porta d’ingresso, aiutate dal
solerte tassista che trasportava il bagaglio della donna.
Dopo
aver pagato all’uomo la cifra dovuta, la donna seguì la nipote nel
salotto gremito di ragazzi, dando loro l’occasione di notare altri
particolari del suo aspetto, come le lunghe dita con le unghie colorate dello
stesso rosso e la presenza di una smagliatura sulle calze nere.
-
Ragazzi- dissePatty- Vorrei
presentarvi la sorella minore di mio padre, KatherineGatsby.Lei è una giornalista per il Times e
lavora a Londra. Zia Katherine, questi sono i miei
amici più cari. Loro abitano con Roberto, Holly
e me, almeno per questo delicato periodo. Non t’infastidisce, vero zia?
La
donna annuì poi sorrise e, con grazia, si sfilò gli occhiali da
sole. I grandi occhi blu, illuminati da un sorriso disarmante, lasciarono senza
fiato più di un esponente del sesso maschile.
-
Sono felice di conoscervi, ragazzi- disse la donna,
con un forte accento inglese- Sono felice di fare la vostra conoscenza.
Nonostante i nostri incontri siano molto limitati, mia nipote
mi ha parlato spesso di voi.
Katherine sorrise in direzione di Holly, che
arrossì di fronte allo splendido sorriso della zia della
sua Patty.
-
Tu devi essere OliverHutton- disse la donna, prendendo la mano destra di Holly tra le sue- Ti ringrazio infinitamente per aver
salvato mia nipote. Spero che adesso che non puoi più giocare a pallone
ti decida presto ad accorgerti che lei ti muore dietro da
quando era un maschiaccio.
La
schiettezza fece scoppiare a ridere i presenti, facendo
passare i diretti interessati dal colorito normale al viola acceso.
-
Si sono già dati una mossa, signora Gatsby- disseBruce,
ridacchiando come un pazzo.
-
Come osi?!- disse lei, guardando con aria assassina
colui che aveva parlato- Come puoi chiamarmi signora?! Vedi per caso qualche
stupido anello sul mio anulare sinistro, ragazzo impertinente?
Lo
stupore gelò l’auditorio e solo una fragorosa risata di Katherine riuscì a scioglierlo e far ridacchiare
qualcun altro, tra cui spiccava l’immancabile Martina.
-
Scherzavo, piccoletto! Mamma mia come sei suscettibile! Tesoro, non mi avevi detto che uno dei tuoi amici era un ragazzo bassino con un pessimo senso dell’umorismo. Non
sarà per caso quel piccolo rompiscatole di BruceHarper? Come avrete capito la sottoscritta non è sposata ed è anche piuttosto suscettibile a
chi la chiama signora. Per voi sono la signorina Katherine
o, se preferite, semplicemente Kat. Non sopporto che
mi si chiami “signora” e, soprattutto, non
dovrete mai chiamarmi “Kathy”. Trovo
sciocchi e poco simpatici i diminutivi troppo vezzosi o i nomignoli cretini,
quindi non osate rivolgervi a me con parole del genere ed andremo perfettamente
d’accordo.
Patty guardò allarmata la zia, poi rivolse
uno sguardo al volto rosso di Bruce, che sembrava
tutt’altro che divertito dalle battute pungenti della zia.
Patricia Gatsby
05 Marzoore
08:32 AM
Forse avrei dovuto fare un discorsetto
a zia Kat prima di farla entrare. E’ qui da
pochi secondi e già ha messo in imbarazzo me, Holly
e Bruce. Lo so che le piace molto mettere in
imbarazzo gli intervistati, che il suo carattere è a dir poco
particolare ed ha un fiuto fin troppo raffinato per lo scoop…
ma non vorrei che si facesse troppe idee sbagliate sul nostro conto o
che vi costruisse sopra una complicatissima trama da romanzo. Con la fantasia
che ha, potrebbe immaginare che in questa casa accada
chissà cosa. Per non parlare della sua esagerata schiettezza ed i
commenti pungenti che è solita fare. Speriamo
che si trattenga dal farli… e che resti qui il meno possibile.Già
siamo parecchio incasinati e non vorrei che la sua
presenza rendesse la situazione ancora più instabile.
BruceHarper05 Marzoore 08:32 AM
Ed io che pensavo di aver conosciuto la persona più
pazza del mondo quandoTom
ha presentato quella svitata della sua ragazza! Questa è addirittura
peggio! E pensare che è addirittura imparentata
con Patty! E poi come si
permette? Mi ha chiamato piccoletto! Io non sono un piccoletto! No, non mi piacciono affatto le persone di questo genere. Almeno
Martina è quasi sempre coerente con se stessa.
La
donna sorrise ai ragazzi, osservandoli uno alla volta.
Katherine Gatsby 05 Marzoore08:32 AM
La
mia cara nipotina… è un po’ sciupata ma
è probabile che sia dovuto al lutto. Per il resto sembra a posto. Il suo
ragazzo sembra simpatico e non è neanche male. Muscoli e sorriso sulle
labbra. Sì, ha scelto bene, anche se deve essere
parecchio tonto per capire che la mia piccola Patty
gli correva dietro dalla quinta elementare. E
se la usasse solo come surrogato della palla? Niente palla allora passiamo alle bocce… ah, ma che discorsi sto facendo?!
Sto pensando a mia nipote che si fa usare come un fazzoletto di carta da un
fissato con il pallone! E’ ancora molto giovane… certo che è
anche cresciuta molto e non sembra affatto una tavola
da surf, lui è un ragazzo con gli ormoni in subbuglio, non hanno
più il controllo di un adulto… e se dormissero nella stessa
stanza? E se avessero già fatto sesso? E SE MIA
NIPOTE FOSSE INCINTA DI QUEL CALCIATORE AZZOPPATO!!!!
Ma cosa diavolo vado a pensare! Lei non è
stupida… e poi io sono una zia moderna che ha avuto la sua prima
esperienza a quattordici anni. Non posso biasimarla se per caso volesse darsi alle attività del letto. Voglio solo
assicurarmi che prenda le dovute precauzioni. Questi calciatori spesso usano
sostanze stupefacenti e si iniettano sostanze proibite
con delle siringhe che si passano da mano a mano. Potrebbe essere sieropositivo
o addirittura un malato di AIDS. Avranno fatto certi
controlli nell’ospedale in cui era ricoverato? E
se non li avessero fatti? Mia nipote rischia molto avendo una relazione con
lui. Sì, devo proprio farle un discorsetto
sulla pillola e sul preservativo.
Certo che, ora che li guardo meglio, gli amici di
mia nipote sono davvero vari. Alcune sono addirittura occidentali.
Quella
dai capelli rossicci mi è già simpatica. Sa stare allo scherzo, o
almeno sembra così, e sprizza felicità da tutti i pori, anche se
quel naso schiacciato la rende un po’ bruttina. Una rinoplastica la
farebbe diventare una ragazza stupenda. Certo che adesso la suabellezza
èsmorzata da quel palo
telefonico che a malapena respira che le stringe la mano. Mai visto un
diciassettenne così ingessato. E’ carino fisicamente, ma non
sembra davvero umano, con quel sorrisetto idiota
stampato in faccia. Quella biondina accanto a quel
muro di muscoli dall’espressione di pietra, invece, sarebbe una ragazza
carina se avesse qualche chilo in più e si facesse una bella plastica a
quelle tettine davvero esigue. Altro che coppa di
champagne! Quelle starebbero comodamente in una solatazzina da caffè! Inoltre
quell’energumeno che le sta accanto l’hanno
messo lì per trattenerla in caso tiri vento. Magari si è fatta
male perché la tramontana l’ha spinta contro
qualche muro. Il tappetto dalla faccia
scimmiesca che non sa stare allo scherzo non mi piace
per niente. Sembra poco sveglio e quando ride o si irrita
diventa talmente brutto che sarebbe meglio non incontrarlo in una strada poco
illuminata. Quei due spilungoni che stringono a loro le ragazze più
composte che abbia mai visto mi sembrano svegli ma…
non so, non mi convincono al cento per cento. Sembrano anche loro piuttosto
ingessati e magari non hanno il coraggio di toccare quelle due ragazze graziose
che hanno accanto. Certo, non sono delle grandi bellezze, ma in certi casi
è necessario sapersi accontentare. Laragazza che sta appiccicata al
vecchietto non mi piace. Che stiano insieme? Ma no! Mia nipote non prenderebbe
mai in casa un vecchio pervertito con la sua eccitante lolita proveniente
dall’ovest. Mi pare di aver osservato tutti…ah, dimenticavo quel fenomeno da
circo che ancora non si è tolto gli occhiali da sole e sembra incazzato quanto il muro di muscoli. Che
non mi voglia qui? Io sono venuta a prendermi mia nipote e onorare la memoria
di mio fratello, nulla di più. Certo che mi guarda male… se non sapessi che è impossibile direi che è un
maniaco che si nasconde qui perché ricercato dalla polizia per
aggressione. O magari uno che si diverte a guardare i giovani fare sesso… ma cosa diavolo mi viene in mente?! Va bene che
sono una giornalista, ma non per questo devo immaginare che in casa del mio
defunto fratello sia stato allestito un bordello! Certo che l’immagine sarebbe proprio quella. Due uomini, sei ragazzi e sei ragazze che abitano nella stessa casa, anche se si
tratta solo di una situazione temporanea, sono quantomeno sospetti. Se invece anche io restassi qui… sì, la
situazione potrebbe normalizzarsi. Peccato che io lavori a Londra…
vorrà dire che sarà Patty
a stabilirsi da me. Sarà doloroso lasciare questa casa e il suo ragazzo
un po’ tonto, ma dovrà farlo. Io ho una vita a Londra, e non posso
certo modificarla solo perché devo prendermi cura della mia nipotina
quasi adulta. Tra un anno, se vorrà, potrà tornare in questa
casa, ma fino ad allora dovrà stare da me. Non
so come farò a dirglielo… ma dovrò farlo e dovrà
accettarlo senza fare inutili scenate. Nulla potrebbe trattenermi in Giappone
per più di due settimane. Non esiste nulla che potrebbe farmi
abbandonare carriera e successo per restare in una cittadina da cui sono scappata quando avevo solo quindici anni.
Benjamin Price 05 Marzoore 08:32 AM
Questa donna deve essere simpatica…
ma non mi piace il modo in cui ci sta studiando con lo sguardo. Sembra
un entomologo davanti ad una nuova specie di farfalla. Speriamo che non ci
siano problemi…
-
Zia, sarai stanca. Il volo da Londra deve essere stato faticoso. Vieni con me-
disse Patty, prendendo per
mano l’alta zia e conducendola al piano superiore, verso la stanza da
letto a lei assegnata.
-
Zia Kat, sei pregata di non fraintendere la
situazione- disse Patty, decisa, non appena la porta
della stanza si chiuse alle sue spalle- Ti conosco
bene e so cosa stai pensando adesso, quindi ti chiedo di parlare con me prima
di fare domande sciocche o ferire i miei amici con la tua curiosità. Lo
so che lo fai per il mio bene, ma io faccio questo perché voglio
difendere i miei amici, quindi devi fare a me tutte le domande che vorresti
fare a loro ed evitare di avere delle conferme dai diretti interessati.
La donna sorrise alla giovane, riconoscendo la sua stessa
determinazione nella figlia del fratello.
-
Va bene Patty- disse, sedendosi sul letto e facendo
cenno alla nipote di fare altrettanto- Affronterò questo discorso mentre mi cambio, così non sprecherò
tempo prezioso. Allora… fino a che punto ti sei spinta con quel bel
ragazzo che hai?
La
domanda era stata formulata con tranquillità e Patty, nonostante l’imbarazzo per l’argomento
affrontato dalla zia, non arrossì.
Patricia Gatsby
05 Marzoore
08:35 AM
Adesso si balla… speriamo solo che non si sia fatta
troppe fantasie…
Katherine
Gatsby 05 Marzoore 08:35 AM
E’ giunto il momento della
verità.
-Soltanto fino ai semplici
baci, zia. Abbiamo deciso di comune accordo di aspettare prima di andare oltre.
-Ne sono felice. Potrebbe
essere malato…
-Oliver non è malato.
-Ha fatto delle analisi del
sangue recentemente?
-Lui ci tiene alla salute e
le ultime analisi gli sono state fatte un paio di mesi fa.
-Fa uso di sostanze
stupefacenti?
-No.
-In passato ha usato certa
roba?
-No, non lo farebbe mai perché,
come ti ho già detto, è un ragazzo che cura molto la sua salute.
-Ti ha mai forzata
a fare cose che non volevi?
-Holly non mi farebbe mai
pressione su certi argomenti. Lui mi rispetta- dissePatty, indignata di fronte alle insinuazioni della zia.
-Va bene. Per quanto riguarda
il tuo ragazzo abbiamo finito. Adesso le domande sugli altri. Patty, chi è quel vecchietto?
-Un amico di Bruce.
-Piuttosto vecchiotto come
amico.
-Sarà in là con
gli anni, maRaiden ci aiuta
moltissimo. Senza di lui saremmo ancora assediati dai giornalisti.
-Va bene. E
chi è quel tizio con gli occhiali da sole?
-Roberto Sedinho,
allenatore di Holly ai tempi delle elementari.
E’ tornato qui per svolgere quel lavoro per la nuova
New Team.
-E’ sposato?
-No.
-Fidanzato?
-No.
-Convivente?
-No, non ha relazioni con
l’altro sesso.
-E’ gay.
-No! E’ single. Un banalissimo uomo eterosessuale che non ha legami
con l’altro sesso e che vive sotto questo tetto con noi in quanto tutore
di Holly fino alla maggiore età.
-Capisco…
Ha mai
fatto pressione su di te o sulle tue amiche?
-Roberto non ci farebbe mai
del male, zia! E’ una persona dai sani principi. Forse è un
po’ ossessionato dal pallone, ma non ha mai fatto del male ad una mosca e
di certo non farebbe del male a noi!
-E il vecchio ha rapporti con
la ragazzina che abbracciava? Si è trovato un’amichetta davvero
giovane. Per caso la paga?
-Zia, tu sei ripugnante!
-Ho indovinato?- chiese lei,
sfoderando un sorriso smagliante.
-Sei troppo
maliziosa,
Kat! Sylvia è la nipote di Raiden!
-Sembra europea.
-Lo è.
-Come fa ad essere sua
nipote?
Patty scosse la testa e sospirò, guardando la donna che faceva delle
domande maliziose con l’aria da innocente pecorella.
Patricia Gatsby
05 Marzoore
08:41 AM
Ma che razza di fantasia ha! Pensa male di tutti quanti! Va bene essere curiosi
e fantasiosi… ma qui stiamo sfiorando il ridicolo! Tra poco mi
chiederà anche i certificati di nascita, tutti i documentie le cartelle
mediche sin dalla prima visita della madre dal ginecologo!
KatherineGatsby 05 Marzoore 08:41 AM
Ti ho per
caso messa in imbarazzo, nipotina? Stai inventando una bugia per coprire
qualche scandalosa storia di prostituzione? Che la figlia di quest’uomo abbia fatto il
mestiere lungo i marciapiedi di Amsterdam o Parigi o Vienna, restando incinta
di un uomo dal pessimo passato, magari un serial killer o un drogato? E se
quella ragazzina fosse malata di AIDS? E’
pallida… E se anche la storia della nipote fosse
una bufala e quella ragazzina, insieme alla mia Patty
e agli altri, sia una lavoratrice di questa casa di appuntamenti? Uhm… il
tizio con gli occhiali ha l’aria sospetta…
-Zia, conosco quella faccia e
sappi che non sto mentendo. Sylvia è nata dalla figlia e da un europeo.
-Cosa ci fa qui?
-Si è trasferita in
Giappone.
-Come mai non sta con i suoi
genitori?
-Sono morti
quando era piccola.
-Capisco… il nonno si
prende cura della piccola orfanella…E chi è la ragazza dai
capelli rossi?
-Martina, la fidanzata di Tom.
-E’ straniera?
-Italiana.
-E’ incinta?
-No!- disse Patty, scandalizzata-E mi stupisco di te, zia Kat! Un po’ di grasso sulle ossa non significa che
una è in stato interessante!
-Qualcuna di loro è
incinta?
-No.
-Chi è la biondina alta alta?
-Un’amica di Benji.
-Ha l’aria
familiare…
-Impossibile- disse
immediatamente Patty.
-Come mai quel bestione che
sembrava la sua guardia del corpo sembrava
intenzionato ad uccidermi con lo sguardo?
-E’ normale che ti
guardi così. E’ la sua espressione naturale.
-Sono soddisfatta- disse la
donna, sfilando la sottile camicia di seta, ultimo indumento che non fosse intimo- Sono felice che tu abbia voluto difendere i
tuoi amici. Mi ricordi tanto mio fratello.
-Strano… papà diceva che assomigliavo più a te che a lui.
- No,
non mi assomigli affatto. Io sono
più carina- disse la donna, facendo la linguaccia alla nipote.
- Ma io ho accalappiato il più bel calciatore del
Giappone. Un ragazzo forte, gentile, incredibilmente bello e dolcissimo.
- La
mia diagnosi è: pazza d’amore. E questo
non va bene, soprattutto per una futura residente di Londra.
Detto
questo, la donna uscì dalla stanza indossando solo il completo intimo.
Patty nascose il volto tra le mani e sospirò. Comprese allora che la
miccia era stata accesa e presto la bomba sarebbe
esplosa.
I
ragazzi non parlarono: il volto distrutto di Patty
fece intuire loro che era meglio non rivolgerle la
parola per almeno un paio d’ore.
Amy,
seduta in poltrona, si alzò in fretta, lasciando che la ragazza vi si
buttasse sopra a peso morto mentre tutti, Holly escluso, uscivano dalla stanza per darle un po’
di tranquillità, stato impossibile per un gruppo così numeroso.
Holly si avvicinò alla ragazza con circospezione, sperando che non lo
uccidesse per il solo fatto che respirasse troppo rumorosamente.
OliverHutton05 Marzoore 08:47 AM
Patty… mia piccola Patty, chi è
quella donna? Perché questa persona ti mette
tanto a disagio? Non mi hai mai parlato di lei, tranne un paio di accenni. Come mai per te è così dura avere
a che fare con quella donna? Sì, l’ho visto anche io che è strana… strana quanto Martina, ok, ma pur sempre un essere umano con cui condividi il DNA.
Cosa ti fa del male?
Patricia Gatsby05 Marzoore 08:47 AM
Holly… non mi guardare così. Non guardarmi
come se aspettassi che io ti spieghi cosa è la zia Katherine.
Perché non capisci? Perché non ti rendi
conto che quella donna è… è simpatica sì…
ma è quella che potrebbe dividerci. Non capisci che è lei
la zia che ha la mia tutela? Non capisci che se lei vorrà, io
dovrò andarmene a Londra? Io non voglio! Non voglio lasciarti! Vorrei
che tutto questo fosse solo un brutto sogno. Non voglio lasciarti andare! Non
voglio! Lei mi vuole strappare da questo luogo e da te! Io non voglio
andarmene!
Patty lo guardò torva, senza dire una parola, fino a
quando i suoi occhi si riempirono di grandi lacrime ed il ragazzo si
gettò su di lei, stringendola con grande affetto.
Patty si strinse a lui con tutta la sua forza, sperando che quel momento
fosse eterno e che la zia non decidesse di portarla via, se lei non lo
desiderava.
Colette
e Benji, dopo aver preso un maglione a testa,
uscirono per la strada, decisi a fare una piccola passeggiata per lasciare un
po’ di intimità ai ragazzi che ben presto
avrebbero dato l’ultimo saluto a coloro che avevano dato loro la vita.
Colette
camminava alla sua sinistra e il portiere aveva appoggiato la sua grande mano sulla sua schiena, quasi desiderasse guidarla ed
essere pronto per proteggerla.
- Sei davvero molto buona- disse il ragazzo, guardando
l’amica.
- Ti
ringrazio infinitamente per le tue belle parole, ma non ho fatto nulla di
speciale perdonando Martina. Il dolore che prova è già
abbastanza.
-
Sono fortunato ad avere un’amica come te.
-
Sbagli. Sono io ad essere fortunata ad avere un amico
come te. Non so come avrei fatto se non ci fossi stato
tu a sostenermi.
- Non credo di essere così importante come dici. Ieri tu piangevi ed io
l’ho capito cosa significava.
-
Sbagli.
Benji, si parò rapidamente davanti a lei e le prese
il volto tra le mani, sbalordendo la giovane, che arrossì violentemente.
-
Dimmelo di nuovo ma questa volta guardami negli occhi. Sono stato io a farti
del male, Colette?
-
No.
-
Allora cosa ti è successo? Anche l’altra
mattina, prima di svegliarti, piangevi nel sonno. Sono preoccupato per te.
-
Vuoi la verità?
BenjaminPrice annuì.
- Sono
io il problema. E’ tutta la mia vita ad essere un problema. Il mio essere stata incapace di tenermi una madre, il mio
essere stata malata ed il mio contare troppo su mio padre e su di te sono i
motivi per cui mi preoccupo.
-
Tu potrai sempre contare su di me. Sarò sempre
al tuo fianco…
-
Almeno fino a quando non sceglierai una nuova squadra. Poi te ne andrai e finiremo per sentirci solo per sms a Natale e Pasqua.
-
Sbagli. Io resterò sempre all’Amburgo.
- Ma poi? Quando la tua carriera
finirà, tu tornerai qui.
-
Potrei anche restare in Germania.
- Ma non sarebbe la stessa cosa.
- Perché?
-
Perché un giorno o l’altro troverai una
donna che amerai con tutto il cuore e sarai ricambiato. Allora io sarò
un ostacolo tra voi, qualcosa che vorrai rimuovere al più presto. Come
del resto sta facendo mio padre.
- Cosa vuoi dire?
- Si
risposa. Mio padre ha trovato una donna da amare, una persona semplice e
gentile che rimpiazzerà mia madre nel suo cuore. E
per evitare problemi con la sua figlia sedicenne e complessata mi ha mandato
qui con te, lontana dalla donna del suo cuore e dal suo nuovo matrimonio.
-
Non lo sapevo. Ma non capisco cosa c’entri con
me.
-
Un giorno anche tu te ne andrai, magari con la bella e
brillante Martina Maroni che mangi con gli occhi da
quando siamo partiti dall’Italia ed io… io mi sento male al solo
pensiero di perdere la tua amicizia e il tuo appoggio.
Colette Montgomery05 Marzoore 09:04 AM
Oh mio Dio! Cosa mi è
saltato in mente! Io… perché l’ho fatto? Perché mi
sono esposta così tanto?
Benjamin Price05 Marzoore 09:04 AM
Colette… dolce e cara Colette,
come ho potuto ferirti in questo modo? Lo so benissimo che mi leggi dentro ed
hai visto come guardavo Martina in questi giorni. E’ stato palese per te.
E questo ti ha fatto male perché conti molto su
di me, soprattutto in un momento simile. Certo, io non lo sapevo che tuo padre
aveva fatto questo, ma avrei dovuto capire quanto
fossi importante per te. Hai paura che tutti scelgano un’altra invece che
te. In fondo è ciò che è accaduto: tua madre ha scelto la
moda, tuo padre una nuova moglie, ed io… io stavo
scegliendo Martina.
- Anche
tu sei molto importante per me Colette. Sei molto importante.
- Ti ringrazio per queste
belle parole, Benji. Ma sappiamo tutti
e due che finirà tutto. La nostra amicizia finirà e quella
ad uscirne ferita sarò io. Non voglio legarti a me usando le mie
debolezze come un cappio… ma essere amici
prevede anche l’essere sinceri l’uno con l’altra. Ed io non potevo nasconderti tutto questo. Non sono riuscita
a tenermelo dentro e mi sto già pentendo di avertelo detto…
- Colette, adesso calmati.
Sono stato cieco a non vedere quanto tu potessi starci
male. Mi dispiace.
- Ehi, ma quello lì
è Price! Vieni Maki, ti
voglio presentare il più grande rompiscatole
della nazionale giapponese.
Benji lasciò andare immediatamente Colette, imbarazzato
e confuso per la sua reazione, e si voltò nella direzione da cui
proveniva la voce.
Un giovane con un paio di
jeans blu scuro ed una maglia nera attillata si avvicinava a loro, seguito a
breve distanza da una ragazza dai capelli fulvi che le arrivavano
alle spalle che indossava un lungo vestito nero. Entrambi avevano
in mano dei piccoli bagagli.
- Che
mi venisse un colpo! MarkLenders!
- Ciao Price.
Sono arrivato il prima possibile- disse il giovane,
avvicinandosi per stringere la mano all’avversario di grandi partite e
scomodo compagno di Nazionale.
- Sono felice di vederti, Lenders, e sono certo che anche Oliver
sarà felicissimo di vederti. Dove ti sei nascosto per tutti questi mesi?
- Si è allenato
moltissimo- rispose la ragazza al suo fianco- Mark adesso è il miglior cannoniere che la nostra
nazionale abbia mai avuto. Piacere, io sono MakiAkamine.
Benji sorrise e strinse la mano della ragazza che sorrideva
amichevolmente, mentre Mark guardava con affetto la
ragazza che l’affiancava.
MarkLenders05 Marzoore 09:07 AM
Non mi sono mai sentito così prima d’ora.
Una volta, se fosse capitato, mi sarei vergognato oppure avrei fatto il duro,
ma adesso… sono felice di avere una donna come Maki al mio fianco. Lei… oh, come posso esprimere
ciò che è lei per me. Sono innamorato. Tanto innamorato che trovo gradevole Benjamin Price
solo perché sono in sua compagnia. Maki, sei
davvero la luce che indica la mia strada. A proposito di
batticuore vari… chi sarà quella bella ragazza accanto a Price.
Ha una bellezza nordica e sembrava in grande
confidenza con Price, almeno fino a poco fa. Che sia
la sua ragazza? No, troppo carina e fragile per un carro armato come Price.
Benjamin Price05 Marzoore 09:07 AM
Chi è questa ragazza? E
cosa ci fa con Mark? Non ditemi
che io e Bruce siamo rimasti gli unici due single
della compagnia… No, è impossibile che una ragazza così
carina e cordiale sia la ragazza di quel buzzurro di Lenders.
Certo che poteva arrivare un pochino più
tardi… adesso come trovo il coraggio di parlare nuovamente di certe cose
con Colette? Io non capisco più nulla! Devo fare qualcosa! Qualcosa di avventato o di pazzo o… non so più cosa
fare!
Colette Montgomery05 Marzoore 09:07 AM
Lenders… non è il giocatore
sbruffone che Benji ha tentato di picchiare qualche
tempo fa? Sì, credo proprio che sia lui.
Chissà come sarebbe andata a finire con Benji,
se lui non fosse arrivato… cosa mi avrebbe detto? Avrebbe continuato? Oppure sarebbe finito tutto così? Beh, siamo amici. Cosa mi aspettavo di più. Io ne sono innamorata ma lui ha occhi per tante tranne che per
me… forse anche per quella ragazza bella e sicura che affianca questo
calciatore.
MakiAkamine05 Marzoore 09:07 AM
Che ragazzo simpatico! E
pensare che Mark me l’ha dipinto come un orso!
Mi sembrava sì un orso con questa ragazza, ma uno di quelli di peluche,
grande e coccolone! Credo proprio che Mark
li abbia interrotti. E’ una bella ragazza e sembra anche una tipa
dolce. Sono proprio una bella coppia.
- Price, chi è questa
splendida ragazza che ti accompagna?- chiese Mark,sorridendo mentre porgeva la mano a una imbarazzatissima
Colette Montgomery- Io sono MarkLenders
e lei è la mia ragazza, MakiAkamine.
Benji intercettò lo sguardo terrorizzato di Colette
e subito le fu accanto e, con fare possessivo, la strinse a sé.
- Che
cattive maniere Price! Guarda non me la mangio mica!
Le ho solo chiesto quale fosse il suo nome.
Colette sentì la
stretta di Benji farsi più possessiva, poi
percepì il lungo respiro che il ragazzo stava prendendo.
- Non l’ho fatto
perché pensavo che tu le potessi fare del male, te l’assicuro Lenders-rispose Benji, vergognandosi
dell’eccessiva possessività dimostrata
nei confronti dell’amica.
- Lei è Colette
Montgomery. E’ la mia ragazza ma è ancora
un po’ intimidita e non capisce molto bene la nostra lingua. Non lo fa
per cattiveria.
Alle parole“è la mia
ragazza” Colette divenne ancora più paonazza e per un attimo ebbe
l’impressione di non essere più salda come prima sulle proprie
gambe.
Benjamin Price05 Marzoore 09:08 AM
Ecco, ho fatto una nuova ed immensa cavolata, e
stavolta a pagarne le conseguenze sarà Colette. Dovrei andare a
sotterrarmi o fustigarmi. Adesso sarò io a farle del male. Mi dispiace ma… no, non posso sfigurare davanti a Lenders. Lo so che le sto facendo del malee che il mio
è solo stupido egoismo ma… no, non posso sfigurare davanti a Lenders. Non posso proprio. Le spiegherò la
situazione più tardi. Sempre che mi regga il gioco o non mi odi per
questo.
Colette Montgomery05 Marzoore 09:08 AM
Benji… cosa ti salta in mente! Perché lo fai? Perché
dici certe cose? Certo, mi fa piacere… ma
è una finzione. E’ tutto finto. Ma io
capisco che ti serve che io reciti questa parte e sono tua amica. Ti
aiuterò anche questa volta. E non sarà l’ultima
perché mi conosco e sento che per te farei di tutto, anche negare tutto
ciò in cui credo.
- Molto piacere, Colette-
fece Mark, stringendo finalmente la mano di quella
che pochi secondi prima era diventata la ragazza di BenjaminPrice.
- Piacere mio, signor Lenders.
- Che
formalità! Chiamaci pure Maki e Mark. Io e il tuo Benji ci conosciamo da anni! Non sono sempre state rose e
fiori… ma non ci siamo mai uccisi a vicenda, e questo è già
molto, credimi.
Colette rise nervosamente.
- Cosa
ti è successo al braccio?- chiese Maki.
- E’
una lunga storia- disse Colette- Ve la racconteremo strada facendo.
Benji guardò Colette con aria preoccupata, ma lei
non incontrò il suo sguardo e, allontanatasi da lui, si mise al fianco
di Maki.
Colette Montgomery05 Marzoore 09:09 AM
Non voglio metterti in imbarazzo con il mio
comportamento impacciato. Sii felice e speriamo che ripartano presto e non
raccontino a nessuno quello che sembra essere accaduto tra noi. Non sopporterei
che quel BruceHarper tiprenda in giro,
Benji! Sono certa che non l’hai
fatto per fini egoistici.
- Goooooooooooooooooooooooooooooollllllllllllllll!
Ottimo Tom! Sei il migliore del mondo! Vai
così! Sei fantastico!
Il grido di Martina Maroni risuonò nuovamente per il campo di calcio,
fermando per l’ennesima volta il gioco.
- Senti Tom-
disse Bruce, avvicinandosi minaccioso al
centrocampista che aveva appena segnato- Le soluzioni
sono tre: o la smetti di giocare o le dici di stare zitta o vado da lei e la
strangolo con queste mani. Pensavo che scherzassi con la storia del megafono
umano!
I ragazzi erano andati a
giocare a calcio e per la stradaTom
si era preoccupati di avvertire gli altri della “leggiadra voce”
che lo accompagnava quando giocava a calcio. Lui ormai si era abituato o, come
aveva detto Julian alla prima interruzione, aveva
subito una precoce perforazione del timpano, ma per gli altri era impossibile
giocare con una sirena che partiva alla minima azione di Tom.
Tom corse a bordo campo, dove Martina sedeva assieme agli
ormai storditi Raiden, Sylvia, Amy
e Jenny.
- Martina, tesoro…
- Ok.
Abbasso il volume.
- Grazie.
- Non mi paghi?
Il dolce sorriso che Martina
gli rivolgeva ogni volta che desiderava una piccola dose d’affetto lo
stregava ogni volta.
Baciò dolcemente la
sua compagna poi corse via, seguito dalla sua Martina
con lo sguardo.
(NdA: e
finalmente c’è questo benedetto funerale! Non ne potevate
più, vero? Ah, sarà una normale cerimonia occidentale e, mi
spiace dirvelo… io non ne so molto di riti funebri, quindi verrà
fuori qualcosa di poco convenzionale)
La piccola chiesa era gremita
di gente.
Holly e Patty sedevano al primo
banco, alla sinistra delle bare dei genitori, tra Roberto e Katherine,
mentre gli altri sedevano dietro di loro, in gruppi da quattro.
Patricia Gatsby05 Marzoore 03:40 PM
Mamma… Papà… mi mancherete tantissimo.
Vi voglio bene e non voglio disobbedire a voi… ma
non voglio vivere a Londra con la zia Kat. Fate in modo che lei capisca che non c’è niente di
male qui. Non voglio lasciarla sola… ma
questa è casa mia, il mio mondo. Non può strapparmi dalla mia
vita.
OliverHutton05 Marzoore 03:40 PM
Mamma, mia carissima mamma, ti ho
fatta piangere tanto e quando sono andato in Brasile ti ho spezzato il cuore.
Mi dispiace averti ferita. Mi dispiace immensamente. E tu,
papà… mi mancherai, nonostante le tue lunghe assenze per me sono
sempre state la normalità. Addio. Addio a
entrambi.
KatherineGatsby05 Marzoore 03:40 PM
Fratellone… proteggerò la tua piccola
Patty da ogni pericolo. Entro una settimana saremo a
Londra. La tua casa è diventata un covo di ragazzi e ragazze che
certamente praticano il sesso non protetto e magari
fanno anche orge. No, non lascerò che Patty
viva in queste condizioni.
Roberto Sedino05 Marzoore 03:40 PM
Questa donna non mi piace… sento che nasconde
qualcosa. Ho paura che Patty sia in pericolo.
- Fratelli- esordì il parroco- siamo qui riuniti per dare
l’estremo saluto ai nostri fratelli, scomparsi in un luogo lontano, e per
confortare i loro figli, Oliver e Patricia. Preghiamo
per la loro pace e perché dall’alto veglino sui cari che hanno
lasciato in questo triste mondo. Signore, accoglili nella valle della gioia a
cui tutti tendiamo.
Iniziò la lettura
delle Sacre Scritture ed in seguito il lungo sermone sull’importanza
della vita.
Martina Maroni05 Marzoore 03:43 PM
La vita… che senso ha avuto la mia vita fino ad
ora? Ho ucciso una bambina, fatto del male a una
persona a cui volevo un bene dell’anima, ferito una ragazza d’oro e
legato a me un ragazzo troppo buono per essere vero. Sono solo buona a impedire agli altri di essere felice. Sono solo un peso
per il mondo. Eppure tanti soffrirebbero se io
perdessi la vita. Cosa significa? Perché io mi
sento così inutile mentre tanta gente mi ama? Perché mi sento così strana?
Sylvia Holler05 Marzoore 03:44 PM
Nonno… quanto mi sento bene… Mi fa piacere
essere qui, anche se sento la mancanza degli altri nonni. Dovrei perdonarli per
ciò che mi hanno fatto? Sono stata tanto
male… perché mi hanno nascosto la verità? Perché tutto questo mistero? Perché
non mi hanno detto chiaro e tondo che mio nonno non era quell’orco
che descrivevano? Io volevo tanto bene a loro due… di cosa avevano paura?
Che li amassi di meno? Perché
non hanno avuto fiducia in me? Perché?
Benjamin Price05 Marzoore 03:43 PM
Mia dolce Colette…
perdonami se ti sto facendo del male soltanto per il mio egoismo. Io sono
davvero innamorato di te… sei l’unica che con un tocco di labbra mi
abbia donato una gamma di emozioni così
intense. Sei tutto per me. Tutto. Non vorrei ferirti ma… ma lo sto facendo. Me ne vergogno. La mia vita
sarà solo un mucchio di menzogne se non ti svelerò la
verità sui miei sentimenti. Non so ancora quando
riuscirò a farlo e se tu continuerai a volermi bene quando ti
dirò quello che provo per te… ma non posso concepire una vita di
menzogna, soprattutto se sei tu quella a cui sto raccontando un mare di bugie.
Ti prego, perdonami.
Colette Montgomery05 Marzoore 03:47 PM
Benji, perché sei così serio?
Ti stai già pentendo di quello che hai fatto stamattina? Oppure mi sto comportando in modo poco appropriato? Non
voglio che tu sia in imbarazzo perché sono imbranata
all’ennesima potenza. Devo essere più credibile… più
rilassata e meno timida. Devo farcela per il tuo bene.
TomBecker05 Marzoore 03:45 PM
Martina… la mia vita sei tu. Ho tentato di
nasconderlo prima di quel giorno di gennaio ma era
destino che prima o poi mi rendessi conto di quanto tu fossi importante. Sei la
luce dei miei occhi ed è per questo che non ti
lascerò mai più sola. Non soffrirai mai più, piccola mia.
MakiAkamine05 Marzoore 03:44 PM
Mark… ti sono vicina e resterò
con te per sempre. Sei la mia casa, l’unica persona al mondo che mi ami
ancora. Non so cosa fare quando non sei con me. Mamma, sono sicura che sei stata tu a mandarmelo e ti ringrazio. E’ il dono
più grande che la vita mi abbia mai fatto?
RaidenTsunoshi05 Marzoore 03:46 PM
La mia piccola Sylvia è con
me. Non ho più niente da chiedere alla vita se non una fine
dignitosa e il ricongiungimento con i miei cari. Mi basta tutto questo per
essere felice di ciò che ho.
MarkLenders05 Marzoore 03:48 PM
La mia vita è stata dura e ancora ho molto da
imparare, ma sono certo che non sarà mai una vita sprecata. Io amo la
mamma ed i fratellini. Amo Maki e voglio bene anche a
Ed, al mister e Danny.
Ringrazio il destino perché la mia vita, per quanto dura, non è
stata vuota. Il mio obiettivo si rinnoverà in eterno. Avrò sempre
qualcuno di cui curarmi e una nuova meta da raggiungere. Non mi lascerò
più abbattere dal destino ma lotterò per
migliorare la mia condizione. La vita con Maki mi ha
insegnato questo. Grazie Maki. Grazie mamma e
papà. Grazie vita mia.
Il ciliegio sotto il quale erano stati seppelliti i coniugi Hutton
e Gatsby aveva appena messo i germogli e già
qualche fiore si era dischiuso.
L’inizio di quel
ciliegio coincideva con la fine di una vita e lì, sotto i suoi rami, due
ragazzi dai capelli scuri, salutarono per l’ultima volta le persone che
avevano dato loro la vita.
- Addio- sussurrò Patty, lasciando cadere un’ultima rosa sulla terra
ancora smossa- Vi ameremo in eterno.
NdA: ci ho messo mesi e mesi…
ma finalmente sono tornata. Ormai questi capitoli hanno una
gestazione lunga come quella per un bambino… Ok,
vi saluto. Bye Bye
NdA: ci voleva anche un
capitolo per dopo questa cerimonia, no? Non preoccupatevi, dopo questo basta
con la questione funerale. E’ già durata abbastanza, non trovate? Ah, anche qui
la cronologia è un optional (nel senso che ho messo brani di diversi momenti
affiancati e non in ordine cronologico).
Patty e Holly rientrarono in
casa quando il sole stava per tramontare.
Nell’abitazione c’era un gran
fermento per le prossime partenze.
I primi a lasciare il gruppo
sarebbero stati Julian, Amy, Philip e Jenny, che avrebbero preso il treno di lì
a tre ore, così adesso le due ragazze stavano cucinando l’ultimo pasto della
loro permanenza.
Martina e Colette, essendo la
prima imbranata e la seconda ferita, non erano con loro a cucinare: Colette,
era nel salotto assieme a tutti i ragazzi, escluso Tom, che si trovavano fuori
per una nuova passeggiata durante la quale dovevano scambiare qualche parola in
privato.
Dagli occhi gonfi ed
arrossati, i presenti intuirono che era meglio lasciarli andare a riposare
almeno fino all’ora di cena.
Roberto, steso sul suo letto,
stava pensando al nuovo adulto che si era unito a lui nel ruolo di guida per i
due adolescenti.
Roberto Sedinho 05 Marzo ore 06:57 PM
No, non mi fido. Quella
donna non mi convince neanche un po’. Vuole portare via Patty, ne sono certo.
Lo so che è sua nipote, ma la vita di quella ragazza è qui, accanto al ragazzo
che ama e nei tranquilli luoghi della sua infanzia, non in una grande e
chiassosa metropoli come Londra. No, devo trovare qualche modo per impedire che
Patty venga portata via dalla zia. Ma quale? L’unico possibile sarebbe… ma come
posso proporre a Patty e Holly di farlo solo per impedire la separazione? E
Patty starebbe male per aver aggirato l’autorità della zia. E’ inutile pensare
senza agire. Devo andarle a parlare assolutamente e chiarire le cose.
Sospirò, poi si tirò a sedere
e, deciso, si diresse verso la porta.
Raiden giaceva sul suo futon
a pancia all’aria, ascoltando il suono del vento che muoveva le fronde dell’albero
vicino alla finestra.
Dopo tanti anni di dolore,
finalmente si sentiva bene e felice di ciò che aveva. Quello era stato un
giorno triste per gli occupanti della casa, questo era vero, ma sembrava che
fosse un giorno qualsiasi dato il lieve ciarlare che sentiva venire dal salotto
e dalla cucina.
Non viveva in una casa piena
di vita da molto tempo e nonostante il volume fosse un pochino sopra le righe,
lasciava che quelle voci si mescolassero con il vento, creando una melodia che
lui identificava come “il canto della vita”, una voce che portava in alto il
cuore, lontano dai dolori terreni e più vicino alla spiritualità.
Raiden Tsunoshi 05 Marzo ore 06:57 PM
Il canto della vita è
stupendo. Tutti parlano mentre il vento muove le foglie, creando questa
splendida melodia. La vita mi ha restituito la mia piccola Sylvia, luce degli
occhi di mia figlia, ed ora ho anche una nuova famiglia. Sì, resteremo dagli
Harper. Mi vogliono bene e a Sylvia farà bene stare con un ragazzo più o meno
suo coetaneo. Naturalmente dovrò iscriverla a scuola e fare tante altre cose…
ma sono felice. La mia vita ha finalmente ritrovato il suo senso.
La tedesca indossava ancora
il completo grigio che aveva portato per la cerimonia, formato da gonna di lino
lunga fino al ginocchio e camicia dello stesso tessuto, il tutto corredato da
una sottile catenina d’argento e gli stivali neri fino al polpaccio.
Benji, nonostante la serietà
della cerimonia, non aveva potuto fare a meno di ammirare la bellezza di quella
che aveva spacciato per la sua ragazza in presenza di Mark Lenders. Quella sera
gli sembrava ancora più bella del solito.
Lui quella sera indossava un
paio di blue jeans scoloriti e una maglia a maniche corte blu scuro con sopra
una felpa azzurra dotata di chiusura lampo.
Stavano camminando da quasi
un quarto d’ora ed ancora non si erano rivolti la parola né guardati,
imbarazzati per i fatti di quella mattina.
Colette Montgomery 05 Marzo ore 07:11 PM
Benji, come mai mi hai
invitata a seguirti? Avevi detto che dovevamo parlare ma ancora tu non hai
aperto bocca? C’è forse qualcosa che ti turba? Che sia ciò che è accaduto
stamattina? Vuoi parlarmi di questo?
Benjamin Price 05 Marzo ore 07:11 PM
Colette… non so cosa mi
abbia spinto a farlo, ma stasera voglio chiarire tutto. Desidero che tu sappia
la verità e che tu viva una serata di pura gioia. Voglio farti vedere tutti i
luoghi più belli di Fujisawa. Voglio che tu sia felice. Non importa se mi dirai
di no o se mi odierai… sarò felice di essere insultato da te. Puoi calpestarmi
quanto vuoi, trafiggermi con delle lance o buttarmi sotto un rullo compressore,
se ciò potesse farti sentire meglio. Io desidero ripagarti per ciò che fai e
che hai fatto per me.
Benji si schiarì la gola,
attirando su di sé l’attenzione di Colette.
- Senti… ti andrebbe di
andare a mangiare fuori stasera? Non ho voglia di passare l’ennesima serata con
tutta quella gente. Ti va di stare un po’ da soli? Forse ti aiuterà anche a
sentirti meglio.
Lo sguardo di Colette
esprimeva tutto lo stupore che provava per quell’improvviso invito e per un
attimo Benji ebbe il timore di aver sbagliato ad invitarla per mangiare da soli
proprio in un giorno tanto particolare.
Colette Montgomery 05 Marzo ore 07:12 PM
Vuole andare a cena con
me? Cosa significa? Che la cosa di cui mi deve parlare sia più seria del
previsto? E se non c’entrasse nulla ciò che è accaduto questa mattina? Se fosse
una scusa per parlarmi di altro? Che abbia parlato con qualcuno in Germania?
Oppure… cosa può spingerlo a invitarmi a cena? Possibile che sia solo per fare
quattro chiacchiere amichevoli? Se rispondo di no lui ci resterà malissimo. No,
non posso deluderlo, soprattutto data la sua estrema gentilezza.
Benjamin Price 05 Marzo ore 07:12 PM
Ecco, ho fatto un errore!
Dopo la figura di stamattina e la menzogna a Maki e Mark è naturale che lei non
ne voglia più sapere di me. Sono solo uno stupido indeciso che non è in grado
di capire i propri sentimenti e che si dimostra molto attratto da persone
affascinanti ed energiche. Se solo Colette capisse che io non voglio la
volubile fiamma al mio fianco, ma il candido manto di neve ancora intatta…
Voglio farti capire che io ci tengo a te oltre ogni limite immaginabile.
La giovane, sorridendo, annuì,
spazzando via ogni timore dal volto di Benji.
Roberto entrò nella stanza
della donna senza neanche bussare, trovandosi davanti a Katherine Gatsby
davanti allo specchio, con le mani incrociate dietro alla nuca, intenta a
controllare se sulle sue snellissime cosce c’erano i primi segni della
cellulite o che sui suoi preziosissimi fianchi non ci fosse un filo di grasso o
segno del tempo che passava.
Per la sorpresa i suoi
proverbiali occhiali scuri caddero a terra, svelando i suoi occhi grigi alla
donna.
Roberto Sedinho 05 Marzo ore 07:00 PM
Merda! Ma perché, tra
tutti i pessimi momenti che potevo scegliere, dovevo arrivare mentre si
specchia con indosso solo l’intimo? Certo che è davvero bella! Guarda che bel
davanzale! E che culo sodo! Ehi, ma a cosa vado a pensare! Sono qui per
questioni della massima serietà, non per guardare la zia di Patty in mutande.
Però è bella… Roberto! Datti un contegno. Può essere anche la più bella donna
che tu abbia mai visto… può essere quella con la miglior combinazione
Culo/Tette… e anche quella con il sorriso più candido… ma da qui a fare
pensieri su di lei… pensieri che mi fanno girare la testa e dimenticare che
sono qui per discutere di Holly e Patty… Holly e Patty… Holly… e Patty… mamma
mia quanto è bella… pensa a Jeff Turner in mutande… pensa a Jeff Turner in
mutande… Oh mio Dio! Potevo scegliere almeno Clifford Yuma! Ma sto pensando a
uomini in mutande? Mamma mia! Roberto, torna serio per la miseria! Non fare
inutili viaggi mentali!
Katherine Gatsby 05 Marzo ore 07:00 PM
Eccolo qua il porco! Cosa
vorrà fare adesso? Meglio che faccia finta di essere a mio agio e sperare che
se ne vada subito o che non provi a fare nulla di sciocco mentre tutti i
ragazzi sono in casa. Oppure per loro è l’abitudine? Certo che mi sta fissando
con aria allupata… sono bella e questo lo so… e non mi dispiace che lui mi
ammiri… ma cosa sto dicendo?! E’ un pazzo, un maniaco che spia le donne mentre
si cambiano! Certo che senza occhiali sta meglio!
Si voltò verso di lui e, con
estrema tranquillità, gli fece cenno di chiudere la porta dietro di sé.
- Lo fai anche con le
ragazze?- chiese, continuando ad esaminarsi.
- Cosa?
- Entrare in stanza senza
bussare. Chissà quante volte hai visto mia nipote o le altre ragazze mentre si
cambiavano.
- Kat…
- Signorina Gatsby-
puntualizzò, voltandosi per esaminare anche i glutei.
- Signorina Gatsby, io non
farei mai una cosa simile.
- E non la farà mai più. Sa
che potrei denunciarla per la sua intrusione nella mia stanza?
- Ora non esageri. Non
immaginavo che lei fosse in biancheria intima, altrimenti avrei bussato prima
di entrare.
- Lascerò correre per questa
volta… mi dica, cosa l’ha spinta ad introdursi nella mia camera con così poco
garbo?
Roberto si dimenticò
immediatamente dell’imbarazzo.
- Sono qui per chiederle,
signorina Gatsby, se lei è il tutore di Patty.
- Sì. Sono l’unica zia di
Patricia e la sua parente più prossima.
- Cosa farà con lei?
- Partiremo tra qualche
giorno, giusto il tempo di convincerla a lasciare la responsabilità della
vendita della casa ad una brava agenzia immobiliare e organizzare il trasporto
del minimo necessario a Londra. Il mio appartamento è molto piccolo e posso
trovarne uno più grande, ma mai abbastanza grande per contenere tutte queste
cianfrusaglie.
Roberto Sedinho 05 Marzo ore 07:01 PM
Che donna spregevole! Lo sapevo
che aveva in mente qualcosa!
- Quelle che lei considera
cianfrusaglie sono le uniche cose che legano Patty ai suoi genitori. No, lei
non se ne andrà da qui.
- Mi sta sfidando?
- No. Sto cercando di fare il
meglio per quella splendida ragazza.
- Complimenti audaci su una
minorenne?
- Lei, signorina, deve essere
ossessionata dal sesso! Come può dare ad ogni mia parola un significato tanto
basso? Io ammiro Patty ma non la sfiorerei neanche con un dito.
- E il suo protetto?
- Non siamo qui per parlare dei
rapporti tra Oliver e Patricia, ma per discutere sul futuro di quella ragazza
che ha tanto sofferto e lottato per riuscire a stare assieme al ragazzo che ama
da sei lunghi anni.
- Cosa vuole dire con
“sofferto”?
- Smettiamola con questo
“voi”. Mi dispiace essere io a dirtelo, Katherine, ma tua nipote ha tentato il
suicidio, tre settimane fa, perché aveva paura che Holly potesse odiarla per
sempre. Se lui non fosse arrivato avresti trovato un cadavere ad attenderti. E’
stata male e solo grazie a Holly lei sta meglio ed è riuscita a superare questi
momenti. E lo stesso vale per Holly. Tua nipote gli ha donato una nuova
speranza di vita e ha fatto in modo che lui si rendesse conto che può tornare a
giocare a calcio e realizzare il suo sogno nel cassetto. Tu non puoi separarli.
Sono legati in modo indissolubile e li uccideresti se li allontanassi l’uno
dall’altra.
L’uomo cadde in ginocchio e
si prostrò ai piedi della donna, che lo osservava con aria sconvolta.
Katherine Gatsby 05 Marzo ore 07:04 PM
Patty… la mia piccola,
coraggiosa Patty… ha rischiato di morire per il dolore causatole dalla
lontananza da quel calciatore zoppo? E quel ragazzo sarà di nuovo la stella del
Giappone grazie alla mia piccola? E’ così? Ed io che pensavo a qualcosa di così
basso e carnale… il loro non è un legame basato sul corpo, ma sull’anima. No,
ha ragione quest’uomo. Non posso essere la causa di nuovo dolore per mia
nipote. Non posso farle questo.
- Ti supplico, Katherine
Gatsby, non dividerli di nuovo.
La donna si accovacciò accanto
all’uomo e sorrise. Un sorriso sincero di una donna con gli occhi pieni di
lacrime.
- Non lo farò. Non sapevo
quanto fossero legati mia nipote e quel ragazzo, altrimenti non ci avrei
neanche pensato. Non la porterò a Londra con me.
Roberto sorrise e gettò le
braccia al collo della donna, che strinse a sua volta l’uomo venuto dal
Brasile.
- Holly… stai dormendo?
La voce di Patty spinse il
ragazzo ad aprire gli occhi e guardare la ragazza che lo sovrastava. Lei si era
sdraiata sul letto mentre lui aveva preferito riposare sul freddo pavimento,
quasi sperando che la bassa temperatura lo aiutasse a rendergli un po’
dell’energia spesa in una giornata ricca di eventi.
- No.
- Senti freddo?
- No.
- Vuoi sdraiarti sul letto?
- No. Sto meglio qui.
- Va bene.
Holly guardò il volto triste
della ragazza. Anche così, con gli occhi arrossati e il lieve trucco sfatto, la
trovava bellissima. I lisci capelli le incorniciavano il volto come cortine di
scura seta e quei suoi occhi, in quel momento arrossati per il grande pianto,
erano per lui stelle di rara bellezza.
In quelle ore era stata molto
forte: aveva stretto la sua mano con forza ed aveva pianto, questo era vero, ma
non c’erano state scene di grave isteria ed il dolore non era riuscito a farla
crollare neanche quando avevano finito di mettere la terra sulla buca che
conteneva le bare dei suoi genitori. Aveva sentito uno o due commenti positivi
su quella ragazza dai pantaloni neri e la maglietta di lana grigia, che si
stringeva con forza nella leggera giacca di jeans e si sentiva orgoglioso del
suo perfetto contegno. Era stata molto coraggiosa ma sembrava non essersene
neanche accorta.
Oliver Hutton 05 Marzo ore 07:25 PM
Patty, sei più forte di
quanto credi. Tu non hai bisogno di me. Sei stata sempre forte e non sai
neanche di esserlo. Sei stata talmente forte da non arrenderti davanti a questa
vita che bastardamente sta tentando di distruggere ogni nostro sogno.
Nonostante quella sciocchezza di tre settimane fa mi abbia fatto ridimensionare
la mia visione della tua forza, io credo ancora che tu sia una ragazza forte e
non puoi lasciarti andare. Non puoi farlo tu e neanche io posso farlo.
- Dobbiamo andare avanti. Non
possiamo arrenderci. Dobbiamo restare insieme e lottare per il futuro. Loro non
vorrebbero che buttassimo alle ortiche tutta la nostra vita perché loro non ci
sono più.
Patty annuì, rincuorata dal
fatto che almeno uno di loro due avesse la forza per sostenere l’altro nei
momenti di sconforto come quello, quando erano soli in una stanza buia, in piena
crisi per la recente sepoltura e con la testa pesante per i pensieri tristi ed
il simultaneo richiamo della vita.
Patricia Gatsby 05 Marzo ore 07:27 PM
Sei il mio sostegno in
questo inferno e di questo ti ringrazio. Non sarò mai più sola, adesso, perché
so che tu sarai sempre qui al mio fianco. Che sia questa la debolezza
dell’amore? Che questo mio bisogno di te, questa dipendenza quasi morbosa, sia
ciò che distrugge coloro che soffrono per amore? Che sia questa breccia la
causa del mio desiderio di suicidio? Io ho tentato di farla finita non perché
ero depressa, distrutta dalla responsabilità, ma perché sentivo che tu non
saresti mai tornato da me e che quindi sentivo di non avere più l’unico
appiglio da cui dipendevo completamente?
La grande pizza margherita a
forma di cuore che il cameriere aveva portato al loro tavolo stupì non poco i
due ragazzi.
- Ve la manda il proprietario
del locale- spiegò il cameriere, tornando da loro con un brocca di vino rosso
ed una di acqua- Ha detto che non gli capita spesso di ospitare celebrità come
il grande Benjamin Price, uno dei più giovani portieri professionisti della
Bundesliga, soprattutto se in compagnia di una così bella ragazza. Più tardi
verrà qui per sapere come vi trovate e fare una bella foto. Sempre che a voi ed
alla vostra compagna non dispiaccia di essere la prima coppia vip del nostro
muro delle celebrità.
Benjamin Price 05 Marzo ore 07:37 PM
Mio Dio! Ed io che volevo
solo trascorrere una serata tranquilla e priva di tensioni amorose con Colette…
Ok, le volevo parlare di ciò che c’è tra noi in un ambiente tranquillo e
davanti a una pizza… ma non in un ristorante con un proprietario patito di
calcio che chiede autografi e tenta di organizzarci la cena! Uffa! Chissà come
si sente lei in questo momento. Sorride ma si vede che questa storia la mette
in imbarazzo.
Colette sorrise nervosamente
al cameriere, con le guance rosse per l’imbarazzo che sentiva crescere in lei
più guardava il giovane davanti a lei e quell’enorme pizza dalla singolare
forma.
Colette Montgomery 05 Marzo ore 07:37 PM
Che imbarazzo! Io non sono
la sua fidanzata. Certo, lo vorrei… ma di certo non glielo dirò. Anche lui
sembra disturbato da questo, ma più che imbarazzato mi sembra irritato per ciò
che è accaduto. Sono certa che non se la prenderebbe mai con me… ma se lo
facesse? No, sono certa di no. Ma è così nervoso… non ha mai amato la celebrità
e questa uscita del proprietario è stata la peggiore possibile. Lo vedo… è
molto nervoso. Ed è solo colpa mia se sta così. Deve essersi preoccupata per
come mi sentivo e deciso di portarmi un po’ a spasso per farmi svagare o per
farmi pensare meno alla mia spalla. Oh, mi dispiace Benji. Mi dispiace tanto!
- Colette, non preoccuparti-
le disse Benji, improvvisamente apparso al suo fianco- Ci penso io.
Il giovane, sorridendo,
tagliò la pizza in pezzi, permettendo così a Colette di servirsi in modo
autonomo, senza dover chiedere aiuto a lui, poi le versò un po’ di vino e
dell’acqua nel bicchiere.
- Questa è una serata e
possiamo fare un piccolo strappo alla regola- le disse quando incontrò il suo
sguardo sorpreso- Stasera sei mia ospite e devi essere servita come se fossi
una regina.
Colette Montgomery 05 Marzo ore 07:41 PM
Benji… sei dolcissimo. Sei
irritato eppure nascondi i tuoi sentimenti perché sai che mi farebbe stare
male.
Benjamin Price 05 Marzo ore 07:41 PM
Sei splendida. Se non
avessi paura della tua reazione ti bacerei qui, davanti a tutti, incurante dei
fotografi e dei rompiscatole di qualsiasi genere. Sì, mi sono innamorato di te.
Ho scelto la neve.
Il dolce sorriso di Colette
fece improvvisamente arrossire il portiere, che passò al suo posto e iniziò a
mangiare, cercando di nascondere la dolce reazione che quella ragazza suscitava
in lui.
Katherine presero da parte la
sua ragazza subito dopo cena e la portò fuori, sulla veranda, per discutere
loro di ciò che aveva deciso per loro.
- Patty, io ti voglio molto
bene e vorrei portarti con me a Londra- esordì, vedendo subito il pallore
invadere il volto della ragazza- Ma sono certa che tu non voglia seguirmi in
Inghilterra, così ho scelto cosa fare.
- Resterai a Londra?
- No. Ora ho cose più
importanti a cui pensare. Questa casa è grande ed, se davvero tu vuoi vivere
sotto lo stesso tetto di Roberto e Oliver, io lo accetto. Ma ad una condizione,
ossia che viva anche io con voi. Ne abbiamo già parlato e troviamo che due
salari siano meglio di uno, soprattutto se continuerete gli studi.
- Andrò io a lavorare-
intervenne Patty.
- No. Il tuo posto non è
dietro un bancone di supermercato. Devi studiare e laurearti. Ne hai le
potenzialità e non voglio che tu le sprechi. Io potrò collaborare per il
giornale come corrispondente estera e, se non dovesse funzionare, potrei
trovare un impiego qui. Sarà meno di ciò che guadagno a Londra… ma i soldi non
fanno la felicità. Staremo insieme come una famiglia o quasi.
- Grazie zia. So che ti costa
molto lasciare la tua vita.
- Oh, che sarà mai! Perdo
solo una festa vip ogni tre giorni… interviste con i migliori attori di
Hollywood… cercare di infiltrarmi a Buckingam Palace… i negozi più alla moda
del mondo… sì, credo che sia una scelta vantaggiosa.
Patty abbracciò la donna con
forza, felice per ciò che era accaduto.
Katherine Gatsby 05 Marzo ore 08:06 PM
Patty, per te rinuncio a
molto, ma non posso fare altrimenti. Voglio che tu stia bene ed ho capito che
questo è l’unico posto in cui tu possa stare. Spero solo di non litigare troppo
con quel brasiliano dall’occhio lungo. Ho notato che sembrava aver apprezzato
la visione di poco fa. Va bene che sono una bella donna e che spesso mi hanno
fatto apprezzamenti anche pesanti… ma cavoli! Sembrava pronto a togliermi di
dosso anche le ultime cose che avevo addosso! Ammetto che mi ha fatto venire i
brividi. Mi sembra una brava persona ma non mi è piaciuto affatto il modo in
cui mi guardava… ma a cosa sto pensando in un momento simile?! Dovrei dedicare
tutta la mia attenzione a mio nipote, non a quel tizio che porta gli occhiali
scuri anche quando dorme. Ma prima, quando gli sono caduti… devo ammettere che
ha gli occhi di un colore poco comune. Ma sto ancora pensando a quel maiale!
Patricia Gatsby 05 Marzo ore 08:06 PM
Non ci separeranno… io e
Holly potremo stare assieme… sono così felice! Mi dispiace che zia debba
sacrificarsi ma sono troppo felice! Devo dirlo subito a Holly! Sarà felicissimo
anche lui!
Patty si sciolse
dall’abbraccio della zia in pochi minuti e corse immediatamente in casa per
avvertire il ragazzo.
- Ma guarda quanto è bella la
sua ragazza, signor Price! Certo che lei se le sa scegliere proprio bene le
donne! Ha un sorriso splendido e due occhi che brillano come stelle! Come è
fortunato!
Colette, per nulla
tranquilla, rideva vedendo Benji diventare di tutti i colori mentre quell’uomo,
un tipo di mezz’età ed il ventre prominente che si era presentato come il
proprietario di quel locale, stringeva con forza la mano del portiere e lo
guardava adorante, quasi fosse un dio sceso in terra.
- Non mi perdo una sua
partita, signor Price, e sono onorato di averla nel mio modesto ristorante. Lo
sa che la TV la ingrassa? E’ molto più magro da vivo. L’espressione imbronciata
che ha è ormai leggenda. Signorina, ma il suo fidanzato ha sempre questa
espressione?
Colette smise di ridere
all’istante.
Non aveva l’aspetto di un
uomo malvagio, con quella sua testa coperta solo sulla nuca da una scura
capigliatura e la pelle dai toni europei. I tratti del volto, oltre agli occhi
ed i capelli scuri, notò Colette, sembravano mediterranei, greco o al massimo
italiano. Se a questo si aggiungeva quel sorriso un po’ sbilenco e l’aria da
pacioccone, ne veniva fuori il ritratto di un simpatico ristoratore che, dopo
quel breve scambio di parole, si stava dimostrando un po’ troppo invadente.
Colette ci pensò un pochino,
poi sorrise.
- No. Benjamin è una persona
con un sorriso fantastico.
Benji divenne immediatamente
rosso e perse la sua espressione piuttosto disturbata per dedicare un sorriso a
quella dolce ragazza.
Colette Montgomery 05 Marzo ore 08:24 PM
Non posso dire che lui ha
sempre l’aria così severa perché non è vero. Con me ha sorriso più volte ed il
suo volto è dolcissimo quando lo fa. E’ un ragazzo d’oro e, nonostante
quest’impiccione sia divertente, non posso stare al suo gioco. No, lui è una
persona con uno stupendo sorriso e devo dire la verità.
Benjamin Price 05 Marzo ore 08:24 PM
Dolcissima Colette, sei
magnifica.
- Dice davvero? Allora
facciamo una bella foto con il sorridente Benjamin Price e questa bellissima
ragazza.
L’uomo rubicondo indirizzò il
suo sorriso migliore in direzione di Colette.
Luca Antonioli 05 Marzo ore 08:25 PM
Se questa ragazza riesce a
farlo sorridere, ci vorrà poco per convincerlo a farsi fotografare con lei e
firmare la foto. Certo che sembrano un elefante e una farfalla. Lei è così
delicata… mentre lui potrebbe atterrare un grizzly con un pugno. Fanno un
effetto strano assieme ma sono ben assortiti. Credo proprio che la loro foto mi
frutterà un bel gruzzolo! Che ingenui che sono questi ragazzetti! Sono
sicurissimo che accetteranno di farsi fotografare assieme e allora…
- Posso farvi una foto?
Benji guardò Colette, poi le
tese la mano, invitandola ad alzarsi.
L’uomo, felice, fece strada
fino alla parete in legno e li fece posizionare davanti a questa.
- Benissimo- disse l’uomo-
Adesso, signor Price, passi una mano attorno al fianco della sua fidanzata e
sorridete.
Benji, senza esitazione, fece
ciò che l’uomo aveva detto, stringendo a sé con delicatezza la tedesca.
Il volto le si imporporò
lievemente ma cercò di apparire rilassata mentre l’uomo scattava qualche foto
con la sua Polaroid.
Luca Antonioli 05 Marzo ore 08:27 PM
Se questa foto la
vendessi, potrei farci un bel po’ di quattrini. Fingersi un fan è stato un vero
colpo di genio! Al costo di una pizza… io faccio uno scoop con tutte le O
maiuscole. Chissà quanto mi pagheranno… un bel po’, essendo questo ragazzo una
star internazionale. Sì, credo proprio di aver concluso un ottimo affare.
Benjamin Price 05 Marzo ore 08:27 PM
Credo che Colette si stia
vergognando. E’ tutto il giorno che la spaccio come mia fidanzata ed in effetti
non si è ancora lamentata… ma lei è sempre così dolce e disponibile… non credo
che sia in grado di dirmi no. Non voglio costringerla a fare ciò che non vuole
e lei potrebbe ribellarsi… ma non lo fa. E’ troppo buona con me. No, io non merito
una ragazza come questa e lei non può rovinarsi la vita per un tipo del mio
stampo. Assolutamente no. Io ti amo, Colette, ma non voglio rovinarti la
reputazione e la vita soltanto perché sono uno sciocco egoista. Questa foto
potrebbe fare il giro del mondo e causarti guai con tuo padre. No, non posso
proprio permetterlo.
Colette Montgomery 05 Marzo ore 08:27 PM
Benji è stato così dolce
con me questa sera… E’ bello sentirsi apprezzata da lui. Sembra quasi vedermi
davvero come la sua ragazza. Ma so che questa è solo una farsa. Sono una messa
in scena che gli è sfuggita di mano.
L’uomo aveva appena preso in
mano le foto quando Benjamin lasciò andare Colette e si avvicinò a lui con
passo marziale.
- Posso avere le foto che ha
scattato? Ho cambiato idea e vorrei conservarle per me e per la mia amica,
tranne una, in cui compariremo io e lei, la firmerò e lascerò qui, dove potrà
vantarsi di avermi ospitato.
L’uomo impallidì.
Luca Antonioli 05 Marzo ore 08:27 PM
Come mai questo
cambiamento improvviso. Che abbia capito l’inganno? Accidentaccio! E adesso
come faccio? Conviene obbedire.
L’uomo gli porse le tre foto
che aveva fatto al giovane, che ne fece due in piccoli pezzi che poi gettò per
terra.
Colette lo guardò incredula.
Colette Montgomery 05 Marzo ore 08:28 PM
Perché getta le nostre
foto? Cosa sta facendo? Cosa gli sarà venuto in mente? Benji… perché l’hai
fatto? Non vuoi farti fotografare con me? Potevi dirmerlo, accidenti! Potevi
parlarne chiaramente! Non dovevi ferirmi in questo modo. Lo so che non potrò
mai avere il tuo cuore e che sono soltanto un’amica pesante e sempre triste… ma
potevi dirmi che non volevi farti vedere in giro con me. Avrei capito. Credi
che non avrei potuto capire come ti sentivi? Lo so benissimo che non volevi
vedermi al tuo fianco perché sono solo un problema, un peso per te. Io sono un
peso per tutti. Per la mamma… per papà… e adesso anche per te. Sono solo
un’inutile anoressica che spera di essere amata per quello che è ma sa che non
vi riuscirà mai! Ecco cosa sono io!
Colette sentì le sue gambe
muoversi guidate da una forza superiore, la sua disperazione, e con passo
controllato si avvicinò alla porta del locale ed uscì.
Solo allora, quando fu
all’aperto, iniziò a correre alla cieca, ignara della direzione presa. L’importante
è che si allontanasse da lui, riuscire a trovare un luogo dove avrebbe potuto
piangere e disperarsi senza che Benji le fosse accanto per lenire un dolore che
era stato lui stesso a causarle.
Benji, nel frattempo, si era
seduto ad un tavolo e stava parlando con il proprietario.
- Non voglio che la foto mia
e di questa ragazza vadano a finire sui rotocalchi rosa. E’ importante.
- Ammetto di averlo pensato,
signor Price. Il locale non va un granché bene, come avrà certamente notato. Un
po’ di soldi mi avrebbero fatto comodo… ma sono un uomo felicemente sposato da
ventidue anni con una donna per la quale ho fatto salti mortali e capisco
quanto lei possa tenere a quella ragazza… ma dov’è andata?
Benji impallidì e si voltò.
Solo allora vide che Colette
era sparita.
Benjamin Price 05 Marzo ore 08:32 PM
Mamma mia! Colette! Dove
sta Colette? Che stupido che sono stato! Deve aver frainteso. Sono stato
un’idiota! Lei è molto sensibile e può aver capito una cosa per un’altra.
Senza parlare, Benji corse
via, seguito con lo sguardo dal ristoratore che, sospirando, tornò in cucina..
Senza preavviso, Holly si
trovò con Patty che gli passava le braccia attorno al collo, con grosse lacrime
che rotolavano lungo le sue gote e un sorriso smagliante dipinto in volto.
- Cosa succede?- chiese,
sorpreso dalla reazione della sua ragazza, che stava manifestando tutto il suo
affetto per lui davanti a tutti gli ospiti della sua casa, che stavano
salutando i partenti.
- La zia Kat resta- sussurrò-
Non me ne vado io. Resta lei.
Holly si liberò dal suo
abbraccio e la guardò negli occhi, sorridendo per la lieta notizia che aveva
appena dato la sua adorata Patty.
- Davvero?
La ragazza annuì ed
immediatamente si trovò rapita dalle labbra di Holly, che esprimeva davanti a
tutti l’immensa gioia che provava.
Roberto si voltò verso la
donna che aveva appena fatto il suo ingresso nella stanza e le sorrise.
Roberto Sedinho 05 Marzo ore 08:12 PM
Grazie, Katherine. Mi
impegnerò per esserti d’aiuto e per evitare di trovarti in altre situazioni
imbarazzanti. Certo che sarebbe bello dare una nuova sbirciata ad argomenti del
genere… Che argomenti… Ma che sto facendo? Non posso avere pensieri così poco
casti verso la zia della fidanzata del mio figlioccio. Ok, Holly non è il mio
figlioccio ma è sotto la mia tutela. Io non posso vivere sotto lo stesso tetto
di una donna che mi fa venire in mente certe cose! E’ contro natura! E potrebbe
rendere le cose molto difficili. Inoltre… è bella ed ha un cuore, questo sì, ma
ha anche difetti a bizzeffe e in certi momenti è fin troppo controllata… Ma
perché penso a lei, maledizione! Pensa a Jeff Turner in mutande… Pensa a Jeff
Turner in mutande…
Katherine Gatsby 05 Marzo ore 08:12 PM
Roberto, non l’ho fatto di
certo per te, ma per la mia bambina. Sarà dura superare questo periodo… ma devo
farlo. Ora Patty è una mia responsabilità. Inoltre… qui potrò controllarla da
vicino. Ok, ammetto che Roberto ha sia degli occhi bellissimi che un sorriso
bianchissimo… ma non significa che ti piaccia, Katherin Gatsby. No, lui è un
uomo e non può piacerti un essere di quella specie, soprattutto se di quel
colore. No, toglitelo dalla testa.
Nota dell’autrice sul pensiero espresso qui
sopra:
Questa nota è messa qui per evitare le
polemiche tanto care a noi italiani.
L’affermazione di Katherine sulla pelle di
Roberto può apparire razzista e sotto un certo punto di vista lo è, lo so, ma
ha delle ragioni che verranno spiegate nei prossimi capitoli, quindi evitate di
fare polemiche perché tutte le affermazioni hanno un loro scopo e un loro
significato che, come in questo caso, è nascosto.
Vi assicuro che non c’è volontà da parte mia
di offendere una qualsiasi etnia.
Spero di essere stata abbastanza chiara e mi
scuso se l’affermazione offende qualcuno.
Non è mia intenzione farlo e lo capirete
appena leggerete il capitolo in questione.
Questa affermazione non ha valenza razzista
ma vi si nasconde un altro messaggio che ancora non siete in grado di cogliere.
Benjamin Price 05 Marzo ore 10:21 PM
Idiota! Sei solo uno
stupido idiota! Colette è chissà dove, sola e in lacrime, in una città che non
conosce. E’ solo colpa tua! Solo tua! Come puoi essere stato così stupido! Come
puoi aver fatto questo alla creatura più bella del mondo, la neve all’alba che
hai detto di preferire all’uragano? Come puoi aver ferito quella ragazza che
dicevi di amare. No, non ne sei degno, Benjamin Price. Non meriti l’affetto di
quella ragazza. E forse, in questo momento, lei starà pensando con dolore ai
momenti passati con quel buono a nulla di Benji Price, il portiere dell’Amburgo
dal cuore di ghiaccio! Colette dove sei? Dove sei, piccolina?
Il gruppo stava tornando
dalla stazione quando videro Benji seduto su una panchina, piegato su se stesso
e con il volto tra le mani.
- Benji, cosa succede?- chiese
Tom, sedendosi accanto all’amico.
Lui non rispose, continuando
a nascondere il volto tra le mani che tante volte avevano afferrato una palla
impossibile diretta a una porta di calcio ma che non erano state in grado di
trattenere l’unica cosa che sembrava aver senso per lui in quel momento.
Anche alla fioca luce di un
lampione distante era possibile notare il gonfiore e rossore di quegli occhi
umidi- Non impicciatevi! E’ affare mio! Tornatevene a casa e non rompete i
ciglioni!
Detto questo, corse via,
lasciando sbalordita l’intera compagnia.
Tom Becker 05 Marzo ore 10:23 PM
Cosa sarà successo?
Sembrava sconvolto! E dove si trova Colette? Non era con lui?
Patricia Gatsby 05 Marzo ore 10:23 PM
E’ successo qualcosa, me
lo sento.
Mark Lenders 05 Marzo ore 10:23 PM
Non ho mai visto Price
piangere. Deve essere per via della sua ragazza. Avranno litigato… certo che
l’ha messo KO. Lo capisco.
Colette correva da diverso
tempo, incapace di orientarsi in quella città invasa dalle tenebre, accecata
dalle lacrime e dai mille pensieri che le vorticavano nella mente, idee che
facevano impallidire il buio di quella notte senza luna.
Era già inciampata più volte
e ormai i suoi bei vestiti erano coperti di polvere ed aveva le ginocchia e i
palmi delle mani scorticati.
Colette Montgomery 05 Marzo ore 10:57 PM
Sono sola! Non ho nessuno!
Pensavo che Benji mi volesse bene… invece sbagliavo! Ho sbagliato tutto.
Nessuno vuole stare con me. Tutti se ne vanno quando io comincio a sperare che
la cosa possa essere permanente. Benji mi ha illusa. Non volevo crederci… ma è
stato più forte di me. Ti ho creduto Benjamin! Ho creduto a quella menzogna
della relazione e a quelle belle parole che mi hai detto stamattina. Credevo di
essere importante per te e invece… tu non vuoi neanche vedermi in foto! Non
vuoi che la gente veda che eri in mia compagnia! Perché mi hai fatto questo?
Perché? Sono davvero così inutile? Sono per caso una persona talmente debole
che questa mia caratteristica si vede anche in una fotografia appesa al muro di
un ristorante semideserto? Ha ragione. Io sono soltanto una debole ragazzina
che nessuno vuole avere tra i piedi. Mamma… tu mi hai cacciata! Io ti volevo
bene e tu mi hai fatta portare via! Hai rinunciato a me perché ero un ostacolo
per la tua vita! E papà… lui vuole stare tranquillo e per questo mi ha mandato
qui con Benji. Non vuole una figlia iperdepressa che gironzola per casa mentre
lui si diverte con la sua nuova fiamma. Sono felice per lui… la merita un po’
di gioia… ma a me non resta nessuno! Sono sola. Anche tu mi hai lasciata per
qualcun altro. Ve ne siete andati tutti quanti! Mi avete lasciata sola! Ma non
posso restare qui. Non posso proprio farlo. Devo andarmene da questo posto.
Colette inciampò nuovamente e
cadde a terra.
Sconsolata, si sedette ed
osservò il ginocchio destro insanguinato. Grosse lacrime le pungevano gli
angoli degli occhi ma le tratteneva. Non voleva piangere né attirare
l’attenzione dei pochi passanti, così si tirò su e continuò la sua corsa senza
meta, stanca e dolorante.
Si fermò solo quando vide
davanti a lei un telefono pubblico.
Con le lacrime agli occhi,
compose il numero del centralino.
- Centralino, mi dica.
- Vorrei addebitare una
chiamata al signor Charles Montgomery, Beethoven Strasse, Amburgo.
- Una chiamata in Germania?
- Sì.
- Chi è lei?
- Colette Montgomery. Sono
sua figlia. Per favore- disse Colette, trattenendo a malapena un singhiozzo- E’
importante.
Capitolo 12 *** Capitolo 12: Il Portafoglio di Benji ***
Disclaimer:
Disclaimer
Scrivo questa brevissima
disclaimer per esprimere la mia delusione per il comportamento di alcuni utenti
di questo fandom. Non è mia intenzione fare i nomi né delle vittime né dei
carnefici. Ogni utente sa se è pulito oppure sporco e non sarò io a fare da
coscienza per quelli tra voi che si sono dimostrati dalla parte del torto.
Colgo l’occasione in questa
sede e proprio oggi perché so che altri lanceranno questo messaggio in questo
giorno.
Il plagio è un atto
spregevole e prima o poi verrà a galla e sarà punito dall’amministrazione, in
questo fandom rappresentato dalla persona di Alex_kami con i suoi collaboratori
e le sue collaboratrici.
Non ci saranno sconti.
In nessun caso.
I plagi verranno studiati e
giudicati dalle persone preposte a questo compito e questi risultati verranno
comunicati all’autorità competente che ne darà l’avallo.
Se desiderate che il
personaggio di un’altra fanfiction venga inserito nella vostra perché non
provate a chiedere all’autore se vi concede i credits? Quanto vi costa? Non
penso che una domanda simile, per essere formulata, impegni più di cinque
minuti del vostro tempo. Invece di compiere un atto scorretto che potrebbe
costarvi molto caro perché non fare la cosa alla luce del sole e chiedere il
permesso? Io mi sarei sentita lusingata.
Purtroppo qualcuno preferisce
la via più semplice e più scorretta.
Ragazzi, fate come volete ma
poi non lamentatevi se poi le conseguenze saranno quelle che saranno perché
come le mettete voi le emozioni per creare una storia (un minimo di
coinvolgimento l’avrete, no?) le mettiamo anche noi. Ciò che rubate non sono
quattro caratteri scritti nero su bianco in un sito di fanfiction ma le
emozioni degli autori della storia che plagiate e questo non è ammissibile. Non
avremo alcun diritto concreto sui personaggi presi in prestito dall’autore e
neanche su quelli originali ma cavoli, quelli sono stati creati da noi! Abbiamo
dei diritti morali su quei personaggi e NON è accettabile che qualche furbetto
rubi certe cose, rubi le emozioni e le esperienze di una persona!
Io metto delle vere emozioni
nella mia storia e lo stesso fanno Alex_kami, Scandros, Luxy, Mentina,
Sakura_chan, Momo_chan e tantissime altre persone che sono su EFP o che lo
erano e se ne sono andate per non vedere più la loro vita stravolta e
spiattellata su pagine di qualche cretino che si credeva furbo quando invece
feriva solo i sentimenti di un altro essere umano.
Per questo io sono contro
questo comportamento molto scorretto e, per quanto possibile, aiuterò coloro
che si occupano di questa sezione a risolvere il problema.
Siete avvertiti, furbetti.
Colgo l’occasione anche per
promuovere il contest di Melanto.
Per maggiori informazioni
potete andare sul forum. E’ nella sezione concorsi di fanfic.
Adesso vi lascio alla lettura.
14 Ottobre 2006
MysticMoon
Capitolo 12
Capitolo 12
Il Portafoglio
Di Benji
Il telefono dell’ufficio di
Charles Montgomery suonò insistentemente, costringendo la trafelata segretaria
a rispondere.
- Hello. Questo è l’ufficio
del presidente dell’Amburgo Football Club, il signor Charles Montgomery. Al
momento il signor Montgomery è in riunione. Sono la sua segretaria, Edith
Stein.
- Ho in linea una ragazza di
nome Colette Montgomery da Fujisawa, Giappone. La chiamata a carico del
destinarlo. Posso inoltrarla? Ha detto che è urgente.
La donna sorrise.
- Certamente. Parlerò io con
la ragazza.
Edith Stein 05 Marzo ore 15:03 PM
Chissà cosa vorrà quella
ragazzina! Non se ne poteva stare buona buona in Giappone con quel ragazzetto
grezzo e sempre incazzato? Insomma, domenica ci sposiamo! Non può stare qui! E’
una tale piattola… Speriamo che non chieda soldi… Quelli sono importantissimi
nella relazione tra me ed il mio futuro marito.
- Pronto Colette? Sono Edith.
Colette Montgomery 05 Marzo ore 23:03 PM
No, non lei! Non lei! Io
volevo parlare con papà, non con la sua futura moglie. Ma non posso
riattaccare. Devo per forza affrontarla.
- Ciao Edith- disse, cercando
di calmarsi – Ho bisogno di denaro. Voglio tornare ad Amburgo immediatamente.
. Come mai? Mi sembravi
contentissima di partire.
- Non ho più motivo di
restare qui.
- Il tuo ritorno è previsto
tra una settimana e tu tornerai la settimana prossima, non prima. Tuo padre non
ha soldi da buttare per un futile capriccio.
- Il mio non è un capriccio-
sbottò lei.
- E’ un capriccio. Ci vediamo
la settimana prossima, Colette. Divertiti in Giappone e non fare più sprecare
soldi a tuo padre. Saluterò Charles da parte tua e gli riferirò di questo tuo
insulso capriccio.
Detto questo la donna
riappese e sorrise. Se c’era una cosa che non avrebbe fatto, era proprio
riferire al suo futuro marito che l’adorata figlia, quella che lui chiamava
“luce dei miei occhi”, aveva telefonato.
Edith Stein 05 Marzo ore 15:05 PM
Piccola mia, quanto sei
sciocca! Credi davvero che riferirò al papino che sei nei guai? No. Niente mi
separerà da Charles. Almeno fino a quando non sarò la signora Montgomery. Sarà
allora che potrò lasciarti il tuo papà, Colette. Un padre sul lastrico e con il
cuore a pezzi, certo, ma sempre un padre.
Colette guardò la cornetta
per qualche istante, poi scivolò sul pavimento della cabina telefonica e si
coprì il volto con le mani, versando qualche lacrima di rabbia.
Colette Montgomery 05 Marzo ore 23:06 PM
Tenta ancora di tenermi
lontana da papà. E ci riesce, purtroppo. Io non posso restare qui. Devo
trovarmi un posto dove andare e guadagnare qualche soldo per partire. Non posso
aspettare fino alla partenza di Benji. No, lui non voglio vederlo neanche in
fotografia. Devo muovermi. Devo tornare in Germania, costi quello che costi.
La giovane si rialzò in
fretta ed tornò a camminare lungo quelle strade che le apparivano uguali ed
infinite.
Benjamin Price fu trovato da
Martina sul dondolo della veranda.
Aveva gli abiti sporchi di
polvere ed il viso segnato da quella che riconobbe come disperazione. Furono
soprattutto le occhiaie scure che gli cerchiavano gli occhi del calciatore.
Martina Maroni 06 Marzo ore 07:43 AM
Cosa diavolo è successo?
Dove sta Colette? E che ci fa qui l’energumeno, ridotto a uno straccio e tutto
sporco?
Con decisione, Martina scosse
il giovane.
Non ci volle molto. Benji
saltò su quasi subito, mostrando alla ragazza che i suoi occhi erano iniettati
di sangue.
Lentamente, Benji si tirò a
sedere e guardò la ragazza che l’aveva svegliato.
Aveva cercato Colette fino
alle sei passate poi, sfinito, si era gettato su quel morbido giaciglio e si
era addormentato.
- Cosa è successo tra te e
Colette?- chiese Martina, serissima, guardandolo negli occhi- E non provare a
inventare storie perché non credo più alle favole da parecchio tempo, signor
Price.
Lui rimase in silenzio,
sentendo le lacrime tornare a premere agli angoli degli occhi.
Benjamin Price 06 Marzo ore 07:45 AM
Come faccio a dirle che
non so dove si trova Colette? E perché dovrei confidarmi con questa ragazza?
Prima la trovavo attraente ma adesso non più. Io voglio Colette! Mi sono
innamorato di lei e non vedo altre. Colette… dove sei andata a finire? Ti
prego, torna da me, Colette!
Martina Maroni 06 Marzo ore 07:45 AM
E’ in lacrime! Cosa è
successo a Colette? Ho quasi paura di ciò che potrebbe dirmi. Cosa ti opprime,
Price?
Colette aprì gli occhi lentamente,
ferita dalla luce del primo sole e dal freddo che si era insinuato nelle sue
ossa.
Si tirò su appoggiando le
mani sull’erba e guardò il riparo sotto il quale si era rifugiata. Dovevano
essere passate le due di notte quando, stremata, era scesa giù per una
scalinata e si era trovata su un prato che costeggiava un corso d’acqua
incanalato. Era stato sotto un ponte che lei si era accoccolata, in posizione
fetale e con la schiena a contatto con il muro di cemento.
Si era spostata di poco dal
muro, giusto qualche centimetro che le aveva permesso di girarsi verso di esso
con il volto.
Colette Montgomery 06 Marzo ore 06:59 AM
Cosa sto facendo… non
posso vivere come una vagabonda per tornare a casa. Forse potrei chiedere aiuto
ai ragazzi… se trovassi lavoro, di certo non otterrei il denaro necessario
prima del ritorno programmato. Sì, andrò da loro e chiederò in prestito del
denaro. Farò di tutto per avere quel po’ di soldi che mi permetteranno di
allontanarmi da una persona che mi disprezza così profondamente.
Colette si alzò in piedi e
guardò le sue ginocchia doloranti.
- Credo che chiederò loro
anche qualche cerotto- aggiunse ad alta voce, iniziando la ricerca della casa.
- Questo è tutto.
Con quelle parole Benji
concluse il racconto della serie di errori che aveva fatto nei confronti di
Colette.
Martina, seduta al suo
fianco, guardava assorta il volto bagnato di lacrime del portiere.
Martina Maroni 06 Marzo ore 08:10 AM
Poverino! Certo che ne ha
fatte di belle a quella povera ragazza! Colette doveva essere distrutta quando
lui ha strappato le foto. E la storia dell’essere il suo ragazzo… ma è davvero
così cieco da non capire che Colette aveva una gran bella cotta per lui? No,
non è possibile che non se ne sia accorto.
Benjamin Price 06 Marzo ore 08:10 AM
Perché l’ho capito solo
dopo che lei poteva essere ferita dalla mia reazione? Perché non ho capito
quanto male le potevo fare? Lei mi voleva bene, contava su di me! Ed io, da
vero idiota, l’ho fatta scappare e lei è sola per Fujisawa, sola e
infreddolita, con la spalla ferita e il desiderio di sparire.
Benji si alzò all’improvviso,
facendo sobbalzare Martina.
- Devo andare a cercarla.
Detto questo, si diresse
verso il cancello ma l’italiana lo seguì ed afferrò il grosso polso del
portiere, fermandolo.
- Cosa vuoi?
- Vengo con te. Non puoi
cercarla da solo.
- Smamma, Martina. Ti ho
raccontato tutto ma resti qui. E’ una questione tra me e Colette, sono stato
chiaro?
Con una dolcezza che non gli
era propria, Benji abbracciò l’italiana, grato che in quella situazione lei
fosse al suo fianco.
Colette Montgomery 06 Marzo ore 08:12 AM
Stronzo! Sei solo uno
stronzo, Benjamin Price! Solo uno stronzo! Lo sapevo! Lo sapevo sin dall’inizio
che non dovevo credere alle tue parole! Lei ti piace! Martina ti piace
tantissimo, talmente tanto che l’abbracci davanti alla casa nel quale alloggia
con il suo attuale ragazzo! Sei uno stronzo, Benjamin! Sei solo un giapponese
egoista che si è preso gioco di me e dei miei sentimenti. D’ora in poi la
smetterai di prenderti gioco del mio cuore. Sono stanca.
Martina vide un movimento
sulla strada e riconobbe Colette, impietrita, che li guardava con aria
sbigottita.
Immediatamente si liberò
della stretta del giocatore e corse da lei, lasciandolo senza una parola.
- Colette, non è come pensi.
Io…
- Stanne fuori, Maroni. Non
sono questioni che ti riguardano, quindi ti pregherei di entrare in casa e non
uscirne fino a quando non verrò da te ad avvertirti o lascerò questa proprietà.
Muoviti.
Martina Maroni 06 Marzo ore 08:12 AM
Oh oh! Se Colette usa
questo tono deve essere davvero fuori di sé.
Martina tornò in casa in
fretta, lasciando Colette ad affrontare Benji, che non si era mosso da dove si
trovava, quasi pietrificato dal gelo di quegli occhi grigi e quelle labbra
ridotte ad una rigida fessura.
Era sporca e spettinata, con
le ginocchia sbucciate e le mani coperte di polvere, eppure non gli era mai
sembrata più bella di quel giorno.
La ragazza si avvicinò a lui
con passo marziale, fermandosi solo quando fu a meno di un metro da lui.
- Ti odio, Benjamin Price.
A quelle parole il giovane
cadde in ginocchio davanti a lei, guardandola negli occhi con aria disperata.
Benjamin Price 06 Marzo ore 08:14 AM
Il cuore mi scoppia di
gioia eppure si è appena spezzato. La mia Colette mi odia. Hai giocato troppo
con lei e adesso si è stancata di essere un pupazzo nelle tue mani. E’ forte
più che mai… eppure sembra così fragile! Come faccio a farle capire quanto
amore provo per lei? Come fosso riconquistare la sua fiducia, qualcosa che
sembrava inesauribile? Come posso farmi perdonare?
- Cosa ti prende? Non ti
reggi in piedi?
- Forse anche per questo, ma
no. Mi inginocchio davanti a te e chiedo il tuo perdono. Ti chiedo di darmi
un’altra possibilità.
- E perché dovrei concederti
una nuova possibilità? Per farmi strappare nuovamente il cuore grazie a delle
foto? O per umiliarmi facendomi passare per la tua ragazza muta e cretina? O
magari per vederti baciare la ragazza che ti attrae? No. Sono stufa. Non voglio
più vederti. Benjamin Price, d’ora in poi noi due saremo due estranei, sono
stata chiara?
- No!- gridò Benji, alzandosi
in piedi e prendendola per i polsi.
- Lasciami- ringhiò- O ti
denuncio per percosse.
- Non posso. Come tu non puoi
perdonarmi, io non posso permetterti di zittirmi.
- Ti odio, Benj!- gridò.
- Io ti amo Colette-
sussurrò, lasciandole andare i polsi – Mi dispiace averti fatto del male.
Volevo una scusa per stare con te. Volevo avere la possibilità di amarti senza
forzarti a ricambiare.
Colette cercò la menzogna nei
suoi occhi, scoprendovi però solo una grande commozione ed il dolore di un
cuore ferito e calpestato da parole grandi e pesanti. Non sembrava essere in
malafede.
Colette Montgomery 06 Marzo ore 08:15 AM
No! Non posso credergli!
Non posso crederci! No, non posso fidarmi di lui! Mi farà male di nuovo ed io
potrei non riprendermi più da questo. Non posso permettergli di fare breccia
nel mio cuore proprio adesso che ho detto addio al mio sogno di stare con lui!
Non posso cedere… ma sembra sincero!
Benji vide grandi lacrime
riempire gli occhi di Colette e tese la mano per asciugarle, ma questa si
ritrasse e, voltate le spalle, tornò verso la strada.
Benjamin Price 06 Marzo ore 08:15 AM
No, stavolta non ti faccio
scappare! Non posso perderti di nuovo!
Benji le si parò davanti,
bloccandole l’uscita dal giardino.
- Lasciami passare.
- No. Ti ho cercata tutta la
notte e non ti faccio andare via.
- Non puoi costringermi.
- Ti prego… sei la persona
più importante per me.
- Balle!
- Non è vero! Quando mi hai
baciato io... non so cosa era ma non ho mai provato nulla di simile prima di
quel giorno. E’ stata l’esperienza più intensa di tutta la mia vita.
- Mi hai baciata?!
Colette Montgomery 06 Marzo ore 08:16 AM
E questa da dove esce? Lui
avrebbe baciato me? Ma è diventato pazzo? Oppure… mi ha rubato un bacio. Lui ha
rubato il mio primo bacio!
- Tu, sporco maiale… non
voglio mai più vederti! Voglio tornare in Germania e dimenticarmi di te,
mostro!
Benjamin Price 06 Marzo ore 08:16 AM
Mi odia… lei mi odia… Non
posso fare altro che aiutarla ad allontanarsi da me. Morirò, lo so, ma non
posso fare altrimenti.
- Tieni il mio portafogli-
disse, porgendolo alla bionda- Ci sono dentro abbastanza soldi per tornare in
Germania. Io mi farò spedire dei soldi da mio padre. Sono dollari, quindi non
avrai problemi a farteli cambiare all’aeroporto.
Colette prese l’oggetto che
lui le porgeva, poi voltò le spalle e si allontanò senza rivolgergli la parola.
Colette Montgomery 06 Marzo ore 08:18 AM
Ben ti sta! Maiale! Mi hai
rubato l’innocenza ed anche il primo bacio! Sono felice che tu stia male! Sono
felice… talmente tanto… che piango per la gioia! Il mio è un pianto di gioia, Benjamin
Price!
- Signorina, sono 300$.
La ragazza guardò l’oggetto
donatole dal ragazzo. Era un portafoglio di semplice stoffa, con una
comunissima chiusura a strappo.
L’aprì, pronta a prendere le
banconote lasciate da Benji, e il respiro le morì in gola: davanti a lei, sotto
una sottile membrana di plastica trasparente, c’era una foto scattata con una
Polaroid, la stessa foto che aveva visto strappare a Benji.
- Non le hai strappate
tutte…- sussurrò- Allora eri sincero. Tu eri sincero, Benji… Sei sincero!
Tra le lacrime di dolore si
accese un sorriso radioso e la ragazza si voltò e corse nella direzione dalla
quale era venuta, lasciando l’uomo con il biglietto in mano e l’espressione di
disapprovazione dipinta sul volto.
Benji era in giardino, seduto
sugli scalini che portavano alla veranda.
Aveva le mani tra i capelli e
piangeva disperatamente.
Tutti in casa si erano
avvicinati a lui ma nessuno era riuscito a farlo smettere di disperarsi o era
riuscito a fargli mangiare qualcosa per il pranzo.
Vide a malapena un’ombra
avvicinarsi e quando sentì quella mano sfiorargli i capelli scostò con
decisione la testa.
Non voleva essere compatito.
Colette aveva scelto e lui doveva accettare ciò che lei aveva deciso.
La mano si posò nuovamente
sul suo capo e lui di nuovo si spostò.
Quando la mano lo toccò per
la terza volta, il suo lato violento ebbe il sopravvento e strinse con
decisione il polso che, al tatto, appariva sottile e appartenente ad una
persona di sesso femminile.
- Lo so che non vuoi farmi
del male e non volevi farlo neanche in questi giorni. So che non l’hai fatto
apposta.
Una voce dolce come il miele
accarezzò le sue orecchie e lo spinse a guardare colei che aveva parlato.
Colette era in piedi davanti
a lui e sorrideva con dolcezza.
Benji si alzò in piedi e
lasciò andare il polso di lei.
- Benji, ho trovato una di
quelle foto nel tuo portafoglio. Ho capito che hai strappato quelle foto per un
motivo che io non posso capire, ma sappi che mi sono sentita malissimo quando
l’hai fatto. Ho creduto che anche tu ti eri stufato di me. Io so di essere
pesante e lagnosa e so anche che non è facile essermi amico perché sono
problematica e tremendamente insicura, che sono una fragile buona a nulla…
- Ehi- disse lui,
sollevandole il mento mentre un lieve sorriso incurvava gli angoli della sua
bocca- smettila di offenderti. Tu non sei nulla di questo. Non sei pesante
perché a me fa piacere stare in tua compagnia. Non sei lagnosa o problematica
perché ti lamenti solo in casi di grave disagio. E soprattutto non sei debole.
Una persona debole non ammetterebbe davanti a tante persone sconosciute di
essere stata anoressica. Colette, tu sei uscita dal tunnel dell’anoressia ed io
ero al tuo fianco perché tuo padre mi aveva pregato di farlo, ma dopo un solo
incontro io non l’ho più fatto per lui. L’ho fatto per te, perché mi sono
sentito a mio agio in tua compagnia, e non solo perché sei una ragazza molto
bella. Era la tua anima a legarmi a te.
- Sono bellissime parole,
Benji, ed io ti credo.
Benjamin Price 06 Marzo ore 01:49 PM
Sei tornata la mia
Colette… i tuoi occhi sono così belli quando sei felice e la tua voce è musica.
Sono stato uno stupido e adesso devo parlare chiaro e farle capire quanto tengo
a lei.
Il giovane prese una mano di
Colette tra le sue e se la portò alle labbra.
- Se non fossi stato così
stupido, forse non ti saresti mai fatta male ma non avrei mai capito quanto io
conti per te e quanto tu fossi importante per me. Ho passato una notte da
incubo per cercarti e quando ti ho visto così rabbiosa... Colette, mi sono
sentito morire quando hai detto di odiarmi.
Colette sorrise dolcemente.
Colette Montgomery 06 Marzo ore 01:49 PM
Ti credo e voglio farti
capire che per me sei importante quanto io lo sono per te. E voglio sapere cosa
aveva di speciale quel bacio che non ricordo. Non so se me l’hai rubato o cosa
è accaduto quel giorno, ma io voglio sapere come mai l’hai considerato così
importante.L’hai definita l’esperienza
più intensa di tutta la tua vita e desidero sapere se sarà anche per me così.
- Non ricordo quel bacio-
sussurrò, guardandolo fisso negli occhi per controllarne la reazione- Puoi
ricordarmi come è stato?
Benji, al culmine della
felicità, prese Colette per la vita e vorticò per il giardino con la ragazza
tra le braccia, stringendola a sé come se fosse l’oggetto più prezioso di
questo mondo.
Caddero a terra sorridendo e
Colette, contrariamente alla sua natura, scelse di prendere l’iniziativa.
Lui le stava accarezzando la
guancia quando lei, che si trovava sopra di lui per ovvie ragioni di peso, si
chinò su di lui e lo baciò.
Colette Montgomery 06 Marzo ore 01:52 PM
Le stelle… un’esplosione…
una supernova… la luce in fondo al più oscuro dei tunnel… amore. Questo è
l’amore.
Benjamin Price 06 Marzo ore 01:52 PM
Neve… mia candida e pura
neve… intatta neve che all’alba risplendi e infondi pace e serenità… io sarò il
gelo che ti conserverà intatta e ti proteggerà dal fuoco della vita. Nessuno
potrà farti del male finchè io sarò con te.
Dalla finestra del salotto,
un nutrito gruppetto di persone osservava la scena che stavano vivendo i due.
Tutti sorridevano, felici che anche quello strappo fosse stato finalmente
ricucito.
NdA:
andiamo avanti con la storia di Colette e Benji dedicando loro un nuovo
capitolo.
L’aereoporto
di Tokyo era praticamente vuoto a quell’ora di notte. Solo due persone si
aggiravano in quelle grandi sale, trascinando dietro di loro un pesante
bagaglio.
Avevano
salutato gli amici subito dopo la cena, quando avevano annunciato il loro
intento di tornare immediatamente in Germania. Avevano già preparato i bagagli
e rivenduto i loro biglietti, mutandoli in biglietti per l’aereo per
Dusseldorf delle ore 02:25 della notte.
Avrebbero
dovuto prendere un paio di treni per arrivare in città ma sarebbero arrivati in
Germania almeno dodici ore prima delle nozze e quindi avrebbero avuto molto
tempo per arrivare ad Amburgo, cambiarsi e partecipare alla cerimonia.
Colette
guardò il volto serio del calciatore di cui era innamorata e gli strinse di più
la mano, per fargli sentire che gli era accanto.
Benjamin Price 07 Marzo ore 01:54 AM
Piccola
Colette, hai paura che io possa soffrire per il distacco dal Giappone? Ormai
sono abituato a vivere lontano da qui. E’ la mia terra di origine, questo è
vero, ma l’ho lasciata quando ero poco più che un bambino e soffro molto meno
di allora. Mi preoccupo soprattutto per la reazione di tuo padre. Non sa che
stai tornando e quella Edith non mi piace un granchè. Secondo me fai benissimo
a voler partecipare alle loro nozze. Non so se hai intenzione di fermarle o no,
ma io sarò con te per sostenerti.
Colette Montgomery 07 Marzo ore 01:54 AM
Benji,
non so se hai capito o se approverai quello che ho intenzione di fare, ma spero
che sarai in grado di perdonarmi. Quello che non mi perdonerà sarà mio padre.
Sono certa che mi sbatterà fuori di casa, sia che la sposi o che mi dia retta.
Gli rovinerò la vita, così come gliel’ha rovinata la mamma, ma sarà per una
buona causa. Edith non mi sembra la donna dolce e buona che spesso mi ha
descritto. Mi sembra più legata ai suoi soldi che a sua figlia. Non vorrei che
fosse solo un’arrampicatrice sociale, una di quelle donne che sposano uomini
ricchi e importanti per poi divorziare e rubare tutti i suoi soldi. Papà
potrebbe soffrire anche se non mi opponessi alle sue nozze. Di sicuro non
capirà come mi sento e non capirà cosa mi spinge a diffidare di quella donna.
Cosa posso fare per lui? Cosa? Ti prego Benji, aiutami tu a non sbagliare.
- Non
devi essere troppo tesa, oppure sull’aereo non dormirai e arriverai stanca
morta in Germania. Ricordati che poi dobbiamo partire per Amburgo, arrivare a
casa tua e a casa mia per metterci qualcosa di adatto alla cerimonia e correre
in chiesa. Arriveremo lì più o meno all’una di notte e prima delle due non
potremo andare in stazione a prendere il treno. Il matrimonio è alle quattro,
vero?
- Sì.
Se non avessi rovinato il vestito…
- Non
è il momento di piangere sul latte versato. Ormai è accaduto. Abbiamo un buon
margine di tempo. Possiamo fare tutto con calma.
Colette
annuì e sorrise lievemente, ma il suo umore non era migliorato.
La
stanza veniva lentamente sommersa dalla dorata luce del primo sole quando una
delle due figure avvolte tra le lenzuola del grande letto matrimoniale si
sollevò e, con passo pesante, si diresse verso il bagno interno.
Charles
Montgomery osservò con attenzione la propria immagine riflessa nello specchio:
il gran giorno era appena iniziato e lui voleva che fosse tutto perfetto.
I
suoi occhi, fortunatamente, non avevano risentito del poco sonno e con un getto
d’acqua e un buon caffè tutto sarebbe potuto andare per il meglio.
Passò
stancamente una mano sul capo, coperto da una massa di capelli scuri che da
qualche tempo si stavano diradando sulla fronte, allargandola. No, quel fatto
era negativo, ma non poteva ovviare al problema in poche ore.
Fece
qualche smorfia, sperando di individuare un qualsiasi segno dell’allegra
nottata trascorsa in compagnia della bionda segretaria, ma nulla era rimasto
sul suo volto.
Sapeva
che era di malaugurio vedere la sua donna prima delle nozze, ma non aveva
saputo resistere alla donna che da qualche giorno si era trasferita sotto il
suo stesso tetto. Tornato dalla festa di addio al celibato ubriaco come non
mai, era entrato nella sua stanza e l’aveva convinta a passare la notte insieme
nonostante la tradizione.
Adesso
lei giaceva di là, ancora tra le braccia di Morfeo. Era supina, con i capelli
ricciuti sparsi sul cuscino e il corpo avvolto parzialmente da un lenzuolo di
seta rosa.
-
Come sei bella, amore mio- sussurrò al suo orecchio, piegandosi sul corpo della
sua futura sposa- Adesso vado di là, prima che vengano a svegliarti per
indossare l’abito e dare gli ultimi ritocchi.
La
donna mugolò, voltandosi dall’altra parte mentre lui sfiorava la sua gota con
le labbra.
Charles
Montgomery sorrise e lasciò la stanza, felice come non mai.
Non
si accorse neanche dell’occhio ceruleo che, completamente aperto, ne spiava i
movimenti.
Edith Stein 07 Marzo ore 06:02 AM
Per
fortuna che presto questa farsa sarà finita… non mi piace quando quello
scimmione mi tocca. E non sopporto quella lagna di sua figlia. Povera piccola
scioccherella… presto avrò distrutto il tuo papino, avrò tanti soldi ed anche
la mia vendetta. Tra poco più di dodici ore Charles Montgomery firmerà la sua
condanna.
Colette
e Benji si guardarono attorno in cerca di un taxi.
Un
ritardo del taxi a Dusseldorf aveva fatto perdere loro il treno diretto e solo
grazie alla puntualità dei diversi treni che avevano dovuto cambiare erano
giunti ad Amburgo entro le due del pomeriggio, poco più di quattro ore prima
della cerimonia.
Un
taxi guidato da un uomo con bianchi baffi a spazzola si fermò accanto a loro.
-
Dove vi porto, ragazzi?- chiese sbadigliando.
-
Karl August Strasse, il numero 24- disse Benji.
-
Benissimo- disse l’uomo, voltandosi per osservare la coppia con esasperante
lentezza, quasi non volesse sforzarsi troppo per trasportare due adolescenti.
Solo
allora riconobbe Benjamin Price e sgranò gli occhi, ora perfettamente sveglio.
-
Volo, signor Price- disse, ingranando la marcia e lanciandosi veloce tra le
auto del grande viale.
Benjamin Price 07 Marzo ore 01:58 PM
Non
sono mai stato così felice di essere celebre. Spero solo che Colette non se la
prenda troppo se prima passiamo da me. Il suo abito migliore è da buttare ed è
meglio che non passi da casa prima delle nozze. Faremo prima comprando qualcosa
di nuovo e presentandoci in chiesa per la cerimonia.
Colette Montgomery 07 Marzo ore 01:58 PM
Benji…
se tu sapessi cosa sto per fare… no, Edith non mi piace affatto e devo fermare
questo matrimonio ad ogni costo. Spero solo che si sbrighi a cambiarsi. Devo
arrivare a casa prima che papà esca. Non posso intervenire davanti a tutta
quella gente. Papà subirebbe un’umiliazione pubblica ed io sarei tacciata come
ragazzina viziata che non accetta che il padre si rifaccia una famiglia. Certo,
lo so che è giusto che papà si trovi un’altra donna e sia felice… ma Edith è
Edith! Quella donna vuole soltanto i suoi soldi! Vuole allontanarmi da lui per
renderlo più vulnerabile. Ho paura che papà stia per fare un altro grave
errore. Papà, ti prego, non sposare quella donnaccia! Non uscire di casa prima
del mio arrivo!
-
Colette, mi hai sentito?- chiese Benji, sventolandole una mano davanti agli
occhi per attirare la sua attenzione- Ti stavo chiedendo se per te va bene se passiamo
da me e poi andiamo a comprare l’abito per te.
-
Ho avuto un’altra idea. Perché non mi vieni a prendere davanti al cancello di casa
mia alle quattro? Tu va pure a casa e preparati per la cerimonia. Io mi faccio
accompagnare a casa da questo gentile tassista e mi metterò qualcosa
all’altezza. Va bene?
Benji
annuì ed estrasse il portafoglio dalla tasca.
Colette
sorrise nel rivedere quella foto che le aveva fatto capire tante cose. Di certo
quello era stato il giorno più bello che avesse mai vissuto, nonostante
l’inizio fosse stato piuttosto burrascoso. In quelle ore aveva versato tante
lacrime ma quella brutta situazione l’aveva aiutata a capire quanto tenesse a
Benji e con quanto affetto i suoi sentimenti fossero ricambiati. Ridacchiò
dentro di sé mentre si vedeva attaccare Martina e con Benji con una forza che non
sapeva di possedere.
-
Sono cento euro- le disse il portiere, porgendole una banconota - Credo che
basti sia per la mia parte di corsa che per la tua.
-
Non devi darmi dei soldi. Pagherà mio padre.
-
Lascia che gli faccia risparmiare dei soldi. Non ho neanche acquistato un
regalo per il suo matrimonio.
Lo
guardò pensierosa.
Colette Montgomery 07 Marzo ore 02:06 PM
Non
voglio accettare questi soldi! Già Benji è stato tanto gentile da assecondarmi
nel mio desiderio di tornare a casa senza sapere che ho intenzione di rovinare
il suo matrimonio, figurarsi se posso accettare i suoi soldi… ma se non
trovassi papà in casa sarebbero necessari. Di certo Edith non mi darebbe un
centesimo. Già sarà incavolata nera vedendomi presenziare alle nozze… se le
chiedessi dei soldi potrebbe ammazzarmi! E se sapesse quali sono le mie
intenzioni sarebbe capace di sputare fuoco dalla bocca e iniziare a girarmi su
uno spiedo dell’Inferno. Devo accettare questo denaro. Sono sicura che troverò
papà ancora a casa ma devo assolutamente accettare questo denaro. Sì, lo
accetterò.
Colette
sorrise ed accettò la banconota.
Nel
giro di altri cinque minuti la macchina si fermò davanti allo stabile in cui
abitava il portiere dell’Amburgo.
Senza
degnare della minima attenzione le persone che la salutavano affettuosamente,
Colette salì su per la scalinata in marmo rosa e, giunta di fronte alla stanza
in cui alloggiava quella che presto sarebbe diventata la sua matrigna, entrò
senza neanche bussare.
Aveva
scelto di lottare per salvare suo padre e adesso stava mettendo in pratica ogni
sua intenzione varcando la soglia che la separava dalla donna.
Le
sghignazzanti Hilda e Linde si voltarono verso la ragazza trasandata, stupite
che l’odiata figliastra dell’amica si trovasse in quel palazzo, vestita da
viaggio e con l’aria tutt’altro che mite.
Dalla
nuvola di chiffon bianco che era il suo abito, Edith Stein squadrò la futura
figliastra ma non si scompose.
-
Sei già tornata, Colette?- chiese, spostando un ricciolo biondo dal viso per
poter guardare la ragazza negli occhi.
La
freddezza di Edith non era un mistero per le sue starnazzanti amiche quindi la
donna non si preoccupò di nascondersi dietro un muro di falsa gentilezza.
- Sì,
Edith, sono qui e vorrei parlare a quattr’occhi con mio padre prima delle
nozze, se non ti dispiace. Tu sai dove posso trovarlo?
- Tuo
padre è già in chiesa, ma puoi parlare con me. Hilda, Linde, andate pure di
sotto ad assaggiare qualche stuzzichino. Lo sapete come sono questi italiani…
non vorrei che avessero speziato troppo la salsa per le tartine.
Le
rosse colleghe di Edith obbedirono ed immediatamente la temperatura nella
stanza scese ancora di più.
- Edith,
io devo parlare con mio padre- scandì Colette.
- Ed
io ti ho detto di parlarne con me. In fondo stai per diventare mia figlia.
Colette
storse la bocca in un’espressione amara.
-
Cosa significa quella espressione, signorinella?
-
Io non sarò mai tua figlia, Edith Stein. Mia madre è stata orrenda come
genitrice, mi ha abbandonata quando ero una bambina e mi ha fatto capire
chiaramente che se non ero una modella della sua scuderia non ero nessuno. Quella
donna ha distrutto la vita di mio padre, gli ha fatto soffrire le pene
dell’inferno. Ma nonostante tutto questo resta sempre la mia unica madre.
-
E’ per questo che adesso ci sono io, mia cara. Io riporterò la gioia nella vita
di tuo padre. Sapessi quanto lo amo..
-
Tu ami i suoi soldi, Edith, non la sua persona. Prova a negarlo.
-
Mi ferisci, Colette! Io provo un sentimento sincero per tuo padre.
- Tu
lo provi per il suo portafogli. Ma credi che non abbia visto che non t’importa
assolutamente nulla di lui? Mi credi tanto cieca da non vedere il tuo disprezzo
per me perché allontano mio padre da te? Non sono una sciocca e non sono una
bambina, Edith. Per questo non permetterò che una segretaria a caccia di soldi
lo incastri e lo distrugga di nuovo.
Gli
occhi di Edith si accesero.
Afferrata
la ragazza per il braccio lesionato, le fece colpire l’anta dell’armadio a
muro, in quel momento spalancato e, dopo averla spinta in malo modo
all’interno, chiuse a chiave la ragazza.
-
Tu non rovinerai i miei piani, ragazzina!
Detto
questo uscì dalla stanza con passo imperioso.
Edith Stein 07 Marzo ore 03:57 PM
Porca
miseria! Quella piaga aveva intenzione di usare la sua influenza sul padre per
mandare a monte le nozze. Piccola intrigante che non è altro! Se riuscisse a
parlare con il padre non so come andrebbe a finire. Meglio che se ne stia lì
fino al sì. Io voglio quei soldi e non mollerò così facilmente!
Benji
guardò preoccupato l’orologio da polso. Erano quasi le cinque ma di Colette non
c’era ombra ed ormai tutti erano usciti di casa. L’unica auto che era ancora
parcheggiata di fronte alla scalinata della villa era quella della sposa.
Benjamin Price 07 Marzo ore 04:58 PM
Ma
dove cavolo è finita Colette? Possibile che già andata in chiesa con il padre e
non mi abbia avvertito? No, non lo farebbe mai. Ma allora dove è andata a
cacciarsi? Tra un’ora inizia la cerimonia.
Benjamin
Price prese coraggio e suonò al campanello.
Colette
colpì di nuovo la porta con una spallata ma questa, di solidissimo noce, non
diede segno di aver subito danni dall’urto con il corpo leggero della ragazza.
Adesso
le facevano male entrambe le spalle e non sembrava che fosse destino uscire da
quella prigione in cui si era introdotta da sola.
Colette Montgomery 07 Marzo ore 04:18 PM
Mi
sono fregata con le mie stesse mani. Ma perché ho parlato così chiaro con
Edith? Possibile che quando avrei dovuto tacere non ho saputo fare altro che
dar fiato alle trombe e finire in un armadio a muro dal quale non posso uscire
se non dopo che mio padre sarà sposato con quella donnaccia? Lei lo spennerà e
lo lascerà depresso più di prima ed io non posso fare altro che lasciare che
questo avvenga. Ma perché ho parlato! Sto sempre zitta, no? Perché adesso
invece ho questa parlantina? E perché ho parlato così tanto con quella larva
succhiasoldi! Se soltanto qualcuno potesse aiutarmi ad uscire da qui…
Si
fece spazio per l’ennesima volta sul fondo dell’armadio, spostando scatole di
scarpe, vestiti dal fortissimo profumo e biancheria intima piuttosto succinta
appena lavata, ed iniziò a dare calci e pugni alle ante, cercando ancora di
aprire quella trappola infernale o, nella peggiore delle ipotesi, fare a pezzi
le scarpe dagli acuminati tacchi di Edith, che stava usando per l’operazione
come una sorta di piccone.
Il
maggiordomo stava sbarrando la strada ad un irritatissimo Benjamin quando un
rumore infernale venne dal piano superiore e spinse la maggior parte dei
domestici ad andare a controllare.
La
sorpresa dei presenti fu grande nel vedere l’armadio della futura padrona
scosso dai colpi ed un occupante che, a giudicare dalla voce, era la signorina
Colette che si esibiva in un a performance che comprendeva un colorito vocabolario
di epiteti degni di uno scaricatore di porto piuttosto sboccato.
Sul
pavimento c’erano molte schegge dell’armadio, prezioso dono del signor Charles
alla futura moglie e dall’apertura che si era creata nel legno fuoriuscivano
dei tacchi e quella che sembrava l’asta dell’appendiabiti.
-
Qualcuno vuole aprire quest’orrendo armadio o devo rompere un’altra
preziosissima statuina di cristallo della beneamata signorina Edith Stein,
detta anche la più sporca puttana presente sulla faccia della terra?
Benji
accorse subito, aprendo l’armadio e trovando una Colette ben lontana dalla
solita ragazza solare e timida a cui era abituato. I capelli biondi erano
incollati al cranio dal sudore che la bagnava completamente ed i suoi occhi
erano iniettati di sangue. Solo quando aveva intenzione di uccidere Martina
possedeva quello stesso piglio deciso.
-
Andiamo a rompere le ossa a quella troia!- ringhiò, uscendo dall’armadio mentre
cercava di togliersi di dosso le schegge di legno ed il sangue che le bagnava
le mani martoriate da quell’ardua lotta.
Benji
si fece da parte e lo stesso fecero gli altri.
Erano
ormai seduti nel taxi quando lo stesso maggiordomo che aveva fermato Benji
porse ai ragazzi dei vestiti ed un paio di scarpe, facendo finalmente notare a
Colette di avere ai piedi solo i calzini.
Benjamin,
voltato verso l’esterno, non guardava ciò che Colette stava facendo con i
vestiti. Sapeva quanto le ragazze fossero pudiche e per questo non osava
neanche lanciare uno sguardo alla ragazza di pessimo umore che viaggiava al suo
fianco.
Benjamin Price 07 Marzo ore 05:28 PM
Mamma
mia, ha l’aria feroce! Ma cosa cavolo sarà successo? Che ci faceva rinchiusa in
un armadio? E perché ce l’ha tanto con Edith? Che voglia impedire al padre di
sposarsi è ormai lampante… ma cosa avrà mai detto a quella donna? Non so cosa
voglia fare, ma non mi piace per niente questa faccenda. Non vorrei che
restasse ferita da suo padre o che lui reagisca male… Io, dal canto mio, non
posso fare altro che appoggiarla in tutto e per tutto. Glielo devo e credo sia
la cosa più giusta da fare. Certo che poteva anche cambiarsi in casa invece che
qui, in mezzo al traffico… ma soprattutto qui vicino a me! Ma non si rende
conto di essere una tentazione? Ok, adesso ha altro a cui pensare ma io non
posso fare altro che immaginare ed essere tentato. Mi pare più che naturale,
no? Insomma, io sono un uomo e lei è una gran bella ragazza che si sta
cambiando a pochi centimetri da me. Ma perché non sono in grado di evitare di
pensare a lei in questi termini in una situazione simile? Sono orribile.
Colette Montgomery 07 Marzo ore 05:39 PM
Quella
sporca puttana me la pagherà! Ah, se me la pagherà… Le farò ingoiare tutto quel
suo ego a suon di calci! La farò pentire di avermi chiuso in quello
stramaledetto armadio e di avermi sfidata! Io salverò mio padre da questo
matrimonio di convenienza, fosse questa l’ultima cosa che faccio in vita mia!
Non permetterò a un’altra donna di spezzargli il cuore! MAI! Ma riuscirò a
salvarlo? Arriverò in tempo?
-
Credi che arriveremo in tempo?
Le
prime parole pronunciate da Colette da quando erano usciti di casa ebbero su
Benji l’effetto di una fucilata.
Si
sforzò di non voltarsi, sentendo ancora il frusciare della stoffa sulla pelle
di lei, e, preso fiato, rispose.
-
Non so. La cappella è molto fuori città e con questo traffico non ce la faremo
prima di un’altra ora, se non oltre.
-
Quindi ho perso.
-
Certo che no! Non devi arrenderti. Non so cosa abbia spinto Edith a farti
questo ma tu non devi mollare. Ce la faremo a salvare tuo padre da quella
donna. Non la sposerà senza la tua approvazione. Ti ama troppo per farti
questo.
-
Ma ama anche lei. Chi sceglierà?
-
Sceglierà te. Sono assolutamente sicuro che non ascolterà neanche una parola di
Edith.
-
Vorrei avere la tua stessa sicurezza.
-
Non ti fidi di tuo padre?
-
Vuoi la verità? No. Prima ha sposato una donna che dopo neanche dieci anni di
nozze l’ha abbandonato rinunciando a qualsiasi diritto sulla figlia solo perché
non poteva permettersi di avere lui e la bambina intorno. E adesso cerca di
sposare una donna che disprezza la figlia e vuole soltanto i suoi soldi. Non mi
pare che abbia molto fiuto con le donne.
-
Non sei un tantino troppo severa nei suoi confronti?
-
No. Sono obiettiva.
-
Obiettiva ma severa.
-
Non diresti la stessa cosa se conoscessi mio padre. Benjamin, tu non hai mai
avuto questi problemi.
-
No, di certo non posso capire tutto questo, Colette- rispose lui, con tono
risentito ma senza guardare la ragazza- Io sono stato molto più fortunato di te
su questo versante della mia vita: so che faccia hanno i miei genitori perché
ogni Natale mi mandano un bel mazzetto di soldi corredato di foto. Questo mi
crea ben altri problemi, come ad esempio sentirmi sottovalutato dai miei e
molto solo, ma di certo non ho questi problemi, dato che di me se ne
infischiano altamente.
Colette Montgomery 07 Marzo ore 05:44 PM
E
brava Colette! Se volevi che lui ti odiasse ci sei riuscita alla grande! Lo sai
perfettamente come è la sua situazione ma tu no! La delicatezza l’hai buttata
nella pattumiera e gli hai fatto del male. Quanto sono stronza! Non avrei mai
dovuto dire una cattiveria simile alla persona che penso di amare.
Benjamin Price 07 Marzo ore 05:44 PM
Quanto
sei cretino, Benjamin! Lei ti parla dei suoi problemi e tu non sai stare zitto
per una cosuccia detta mentre è sconvolta? Sei davvero un pirla. Complimenti
vivissimi, signor Price: lei ha vinto il Mongolino d’Oro. Altro che Pallone
d’Oro! Questo lo vincono solo i coglioni più coglioni della categoria “homo
insapiens”. Se fossi in Colette come minimo mi sputerei in un occhio.
Dopo
qualche minuto di silenzio, Colette spinse Benji a guardarla e, preso coraggio,
parlò.
- Mi
dispiace. Sono stata davvero indelicata.
-
E’ anche colpa mia. Tu mi hai fatto del male tentando di escludermi, questo è
vero, ma non avrei dovuto reagire in quel modo. Tu sei molto preoccupata per la
felicità di tuo padre ed io lo capisco, ma ti stavo semplicemente spronando a
fidarti di più del suo giudizio. E’ pur sempre l’uomo che ti ha cresciuta,
Colette, quindi non può essere così sprovveduto come lo dipingi.
Colette
annuì ma non era per nulla convinta.
Il
prete stava per pronunciare la formula finale della cerimonia quando il pesante
portone fu spalancato e una ragazza con un lungo abito verde acqua entrò nella
chiesa con passo rapido, seguita a ruota da un ragazzo in giacca e cravatta.
I
presenti si voltarono per osservare la coppia arrivata in grande ritardo e non
fu necessaria più di una manciata di secondi per riconoscere nei ritardatari la
figlia dello sposo ed il portiere titolare dell’Amburgo.
-
Papà, non sposare quella donna!- ordinò Colette quando si trovò davanti agli
sposi.
L’uomo
si stupì di trovarsi davanti alla figlia. Non si aspettava che tornasse dal
Giappone per il matrimonio e non immaginava che potesse presentarsi davanti a
lui con gli occhi iniettati di sangue e le mani ferite.
Un
brusio si diffuse immediatamente per la chiesa mentre la sposa, livida di
rabbia, guardava la ragazza che le stava rovinando l’occasione della sua vita
ed il suo prestante accompagnatore, che sembrava più la sua guardia del corpo
che un amico.
Edith Stein 07 Marzo ore 06:59 PM
Che
razza di puttanella! Quella ragazza me la pagherà cara se non riuscirò a
mettere il cappio al collo del suo paparino! C’ero quasi riuscita… Maledetta
Colette Montgomery, maledetto Benjamin Price e maledetta Micaela Schulz! Giuro
che gliela farò pagare se mi rovina le nozze!
Charles
Montgomery, senza perdere la calma, fece avvicinare il prete e, dopo aver
sussurrato qualche parola al suo orecchio, fece cenno ai ragazzi e alla moglie
di seguirlo in sagrestia.
-
Colette- esordì l’uomo con fermezza- Come mai ti opponi al mio matrimonio?
Gli
occhi della ragazza lo supplicavano mentre pronunciava il suo accorato appello.
-
Papà, non puoi sposare una donna che punta solo al tuo conto in banca. Edith è
perfida. Non ti ama e non vuole che io intralci la sua vita perché è cosciente
che io potrei rovinarla. Mi ha chiuso dentro l’armadio della sua stanza pur di
non farmi venire qui ad impedirti di sbagliare.
Charles
Montgomery sorrise.
- Sono
felice che tu sia preoccupata per me.
- Allora
non la sposerai?
Il
volto di Edith si fece livido.
- Piccola,
mi fa piacere ma non devi preoccuparti. Edith mi ama ed io amo lei.
Edith Stein 07 Marzo ore 07:01 PM
Cosa
cosa cosa? Quel coglione ci è davvero cascato? Ed io che mi ero sforzata tanto
per evitare che la vedesse!
- Non
è vero!
- Colette…
- Signor
Montgomery, è la verità.
L’uomo
guardò il ragazzo che aveva parlato con aria furibonda.
-
Tu non c’entri, Benjamin Price.
-
Non essere ingiusto papà! Benji mi ha aiutata a…
-
Colette, so bene quanto ti abbia aiutato questo ragazzo perché sono stato io a
chiedergli di farlo ma non voglio che un mio dipendente si intrometta in una
questione che riguarda solo la famiglia.
Benjamin
strinse i pugni ma non parlò.
Benjamin Price 07 Marzo ore 07:02 PM
Se
resto qui potrei solo complicare le cose tra Colette e suo padre. E’ meglio che
me ne vada e lasci Colette, Edith e Charles da soli. In fondo ha ragione. Io sono
il ragazzo di Colette ma non faccio parte della loro famiglia e se faccio
incavolare Charles non solo non ne farò mai parte ma potrei essere costretto a
trasferirmi non appena inizia il calciomercato, cosa che io non voglio fare.
- Allora
vi lascio soli.
- No!
Colette
si aggrappò al braccio di Benji e lo pregò con lo sguardo di non lasciarla da
sola mentre, per la prima volta in vita sua, sfidava apertamente la volontà del
padre.
Benji
annuì.
-
Signore, ho il diritto di essere qui.
Lo
sguardo di fuoco di Charles e quello raggiante di Edith si puntarono sul suo
volto.
Poi
tutto crollò.
-
Fuori di qui- sibilò Charles Montgomery.
-
No papà.
-
Colette…
-
No papà, niente “Colette…”. Io voglio che il mio ragazzo resti e lui resterà.
Lo
sguardo di Charles si fece ancora più furibondo e Benji ebbe l’impressione che
in breve avrebbe visto la vena sul collo iniziare a pulsare.
-
Dovevo immaginarmelo. Ecco perché sei stato tanto disponibile. Persino portarla
in Giappone per un funerale… non solo si è fatta male ma l’hai anche circuita!
Bastardo di un portiere!
Benji
non vide neanche il pugno che lo colpì alla mascella e lo fece indietreggiare.
-
Non avvicinarti mai più a mia figlia!
Colette,
tra l’allibito e il furioso, barcollò in direzione di Benji e, nonostante sapesse
quanto il padre potesse soffrire per ciò che stava facendo, si strinse al
ragazzo e guardò il padre con aria di sfida.
-
Come hai osato…
-
Come osi tu! Un calciatore, Colette! Un calciatore giapponese, per giunta.
Benji
lo guardò furente.
-
Cosa ha contro i giapponesi?
-
Contro i giapponesi nulla, ma contro i calciatori giapponesi molto. Non avete
mai vinto una competizione importante e non vincerete mai perché non avete il
calcio nel sangue come i sudamericani o gli europei.
Ormai
Benji non ci vedeva più per la grande rabbia che covava dentro.
-
Mi pare di essermi guadagnato il mio stipendio, presidente.
-
Come poteva fare qualsiasi altro giocatore europeo e con meno problemi alle
mani, Benjamin Price. E adesso fuori dalla mia vita e da quella della mia
famiglia. Colette, andiamo. Dobbiamo concludere la cerimonia.
L’uomo,
sconcertato, vide la figlia guardare il portiere per poi lasciarlo andare e
sorridere amaramente.
-
Tu vai pure a sposarti. Io non accetterò mai questa unione e non ti perdonerò
per come hai trattato Benji.
-
Tu sei mia figlia!
-
Non più.
Lo
sguardo di Benji era più che sconcertato ma lei gli rispose con un sorriso che
le illuminava il volto. I suoi occhi brillavano di gioia mista a dolore mentre
osservava il suo Benji.
- Io
non voglio più averti come padre.
Detto
questo prese per mano il ragazzo e lo guidò verso la porta.
-
Se provi a uscire da questa stanza non avrai più un centesimo da me e tu… tu
considerati pure già ceduto.
Colette,
trattenendo a stento le lacrime, rispose.
-
Io non ho mai voluto il tuo denaro, papà. Il tuo amore è stato l’unico sostegno
che ho avuto in questi anni ma adesso… adesso non ti riconosco. Mi neghi il tuo
amore paterno opponendoti alla mia relazione con Benji e mi deludi sposando
quella donna contro il mio consenso. Se ti scuserai con Benji adesso io sarò
ancora tua figlia ma se non lo fai… considerami morta.
Detto
questo attese qualche istante.
Colette Montgomery 07 Marzo ore 07:10 PM
Papà,
ti prego, non deludermi. Io ti voglio molto bene ma non posso vivere con quella
donna e non posso accettare che tu discrimini Benjamin perché la sua patria non
è blasonata nello sport quanto lo è la Germania. Ti prego, non costringermi a buttarti fuori dalla mia vita e impedirti di
riappropriarti dei tuoi diritti su di me. Se non parlerai io… io chiederò a
Benji ciò che è importante per la mia indipendenza da te e non potrò mai
tornare indietro. Mai più tornerò ad essere la bambina che hai cresciuto!
Vedeva
le lacrime negli occhi di suo padre, poi la mano di Edith sulla sua spalla lo
spinse a distogliere lo sguardo dalla figlia e pronunciare le parole che
spezzarono il cuore a quella che fino a un’ora prima considerava la sua bambina.
-
Non mi scuserò mai.
-
Allora addio.
Con
queste parole Colette Montgomery uscì, seguita da un Benjamin Price che era
stato poco più che un figurante in quello scontro che aveva diviso un padre e
una figlia.
Un
gran brusio si diffuse per la sala mentre i ragazzi lasciavano mestamente la
chiesa e gli sposi tornavano sull’altare per completare la cerimonia.
Come
una diga distrutta da una piena, la forza di Colette andò in mille pezzi
quando, messo piede nel taxi, sentì che adesso solo il ragazzo che sedeva al
suo fianco era l’unico porto sicuro.
L’abbracciò
e pianse per diversi minuti mentre l’auto tornava verso la città, singhiozzando
il nome di suo padre ed il nome di lui.
-
Colette- esordì il ragazzo non appena i suoi singhiozzi si furono fatti più
rari- Hai sacrificato la tua famiglia per difendere le tue idee ma soprattutto
per difendere me. Io merito davvero di avere una persona così buona al mio
fianco? Se potessi farei qualsiasi cosa per aiutarti. Qualunque cosa tu mi
chiederai, io la farò.
Colette
singhiozzò, poi sussurrò una parola quasi incomprensibile.
Benji
dovette chiederle tre volte quale fosse la parola che stava pronunciando.
Solo
allora divenne bianco carta.
Si
sarebbe aspettato di tutto tranne che una cosa simile.
Vi
ho lasciati con il fiato sospeso nello scorso capitolo, vero?Vi ho lasciati un
“tantino” troppo tempo con il fiato in sospeso? Sì? Volete sapere cosa ha detto
Colette a Benji, non è vero? Ma ne siete davvero sicuri? Sapete perché ve lo
chiedo? Perché era mia intenzione tornare in Giappone e lasciarvi un altro
pochino in ansia…un anno… forse un anno e mezzo… magari anche un pochino di
più… Sto scherzando! Si torna in Giappone, questo sì, ma vi prometto che per la
fine di questo capitolo avrete notizie dalla Germania, ok? Vi lascio al
quattordicesimo capitolo di Life.
Quando
Roberto, Oliver e Patty tornarono a casa trovarono, come era solito da tre
settimane a quella parte, un forte odore di bruciato e le scatole del cibo
ordinato da Katherine sparse sul tavolino della cucina.
La
donna, con un appariscente grembiule giallo canarino indosso ed i lunghi
capelli trattenuti da un mollettone scarlatto, era seduta al tavolo e, come
accadeva ogni giorno da quando aveva iniziato a vivere in quella casa, aveva un
diavolo per capello e l’espressione di chi medita seriamente di eliminare tutti
gli altri componenti della famiglia con il coltello che stringe tra le mani con
forza eccessiva.
Il
piatto del giorno, che aveva bruciato anche quella volta, sarebbe dovuto essere
riso in bianco come primo e carne alla griglia ed insalata per secondo, quindi
aveva ordinato del cibo che a suo giudizio era una pietanza equivalente.
Il
marchio di Mac Donald’s fece immaginare all’allenatore che la donna, anche quel
giorno, aveva ripiegato su qualche pietanza occidentale dall’apporto di grassi
paragonabile a quello di un vassoio di ciambelle strafritte che aveva
assaggiato quando, calciatore professionista ma ancora sconosciuto, aveva giocato
in Francia una partita amichevole con la squadra del Lione. Una sola di quelle
aveva avuto l’effetto di mandarlo al bagno per tre giorni e lo stesso accadeva
ogni volta che Katherine Gatsby gli propinava qualcosa che veniva da quel tipo
di locale.
Roberto
si lasciò cadere stancamente su una sedia e guardò i ragazzi che, allegri,
scherzavano e chiacchieravano.
Era
trascorso a malapena un mese dalla morte dei loro genitori ma avevano reagito e
adesso sembravano quasi tornati ad essere dei normali ragazzi, degli
adolescenti che si preoccupano di problemi proporzionati alla loro età.
Sbuffò
e guardò la porta attraverso la quale sarebbe uscita a momenti la sua
convivente, tanto bella quanto stressante.
Roberto Sedinho, 06 Aprile ore 01:35 PM
Ma
perché non capisce che quelle schifezze mi distruggono l’intestino? Che ci
provi gusto nel vedermi correre al bagno e imprecare contro tutte le divinità
di questo mondo? Non si rende conto che quella spazzatura che lei chiama cibo a
me distrugge le budella? Ah, ma oggi non gliela faccio passare liscia! Porca
miseria, io ho bisogno di mangiare! Alleno Holly e la squadra, mica faccio un
lavoro di ufficio! Ho bisogno di nutrirmi, non di fare una dieta
disintossicante! Capisco che non sappia neanche accendere un fiammifero senza
l’intervento della Guardia Nazionale ma potrebbe comprare qualcosa di un
pochino più sano! Per la miseria, anche un pollo allo spiedo coperto di
maionese sarebbe più sano di quella… quella robaccia da fast-food.
Katherine Gatsby, 06 Aprile ore 01:35 PM
Quel
brasiliano non lo sopporto più. Ogni volta che compro qualcosa lo guarda con
quella sua aria schifata. Ma perché non resta lui a cucinare, se è tanto bravo?
Ma no! Lui deve dare quattro calci a quel pallone sporco di fango e erba ed
insegnarlo a tanti bambini che crederanno di diventare tutti come il loro eroe
Oliver Hutton. Non sanno che forse non arriveranno neanche a giocare un torneo
regionale. Ma loro ci credono e Roberto racconta loro quelle panzane sul
pallone che è un amico e del vivere con il pallone. Questo vivere con il
pallone è servito ad una sola cosa: sporcare questa casa che io, la grande
giornalista Katherine Gatsby deve pulire più volte al giorno. Ma chi me l’ha
fatto fare a restare in questo buco di Giappone quando la mia carriera era così
sfolgorante da accecare tanti altri reporter uomini! Ed io cosa faccio? Mi
faccio bloccare qui dalla cottarella che mia nipote ha per un ex campione della
nazionale juniores del Giappone che adesso è quasi zoppo e deve allenarsi con i
bambini per rimettersi in forma. Ok, la guarigione c’è stata ma quel ragazzo
potrà ritrovare la forma in meno di un anno e dimostrarsi all’altezza della
maglia nipponica? Mi fa piacere che sia sopravvissuto e che adesso stia molto
meglio, per carità, ma io sono incatenata qua da mia nipote che non vuole
separarsi da lui. Forse dovrei portarla via con l’inganno e costringerla a
vivere con me a Londra. Io starei molto meglio e non vedrei il brutto muso di
questo… questo sporco brasiliano che tra poco infilzo con il coltello se non la
smette di fissarmi come se fossi coperta di compost da capo a piedi! Non lo
sopporto più! Non dice nulla ma lo vedo da come mi guarda che non approva il
modo in cui tiro avanti questa casa! E’ soltanto… soltanto un ex calciatore con
problemi alla retina con cui devo condividere questa casa fino a quando alla
mia piccola Patty non passa l’infatuazione per il calciatore e si decide a
passare al tennista o al cestista… o magari a qualche rampollo di una facoltosa
famiglia inglese o un attore con una barca di soldi. Se così fosse sì che
potrei fare davvero dei soldi! Io farei un articolo strepitoso e mia nipote
l’affare di una vita! Case, automobili, titoli… Quanti soldi farebbe
divorziando da uno di quei tipi! Ah, se solo…
Un
colpo sul braccio la fece sussultare.
Sua
nipote la guardava con aria seria ed indicava la porta sulla quale stava
Roberto.
Aveva
in mano un vassoio che conteneva i resti carbonizzati di quelli che dovevano
essere gli hamburger.
-
Katherine- disse Roberto, cercando di modulare la voce mentre il ragazzo,
afferrata Patty per un braccio, la spingeva fuori dalla stanza per evitarle il
lancio di oggetti tra i due contendenti- Perché invece di stare con la testa
tra le nuvole non pensi al pranzo? Oggi hai bruciato persino le schifezze che
hai comperato.
-
Schifezze che ho comperato?
-
Sì, Katherine. Vedi questo vassoio? Conteneva alimenti così ricchi di grassi
che avrei potuto spremerli e lucidarci tutti i palloni della squadra.
Katherine
lo guardò malissimo e stava per attaccare quando la porta d’ingresso si chiuse
con un lieve scatto.
-
Hai visto cosa hai combinato? I ragazzi sono usciti perché tu ti sei messo a
fare questa stupida scenata contro quello che io preparo per nutrirli.
-
Li prepara il fast food, vorrai dire! Tutto ciò che cucini finisce nello
stomaco della stessa persona: il cane dei vicini che mi domandano spesso che
cosa abbia il loro cuccioletto da lamentarsi. Mica lo sanno che quella povera
bestia ha ingurgitato alimenti più cancerogeni delle mele che crescono nei
campi abbandonati di Chernobyl!
-
Come ti permetti, razza di cafone che non sei altro!
-
A chi hai dato del cafone, Miss Puzza-Sotto-il-Naso?
-
Tu… buzzurro! Sei solo un brasiliano selvaggio e idiota che gioca con un
pallone perché non è in grado di fare altro!
-
Ehi bella, non offendere, chiaro? Rimangiati immediatamente quell’insulto
oppure…
-
Oppure cosa, Roberto?
La
donna si avvicinò a lui a grandi falcate e lui lasciò cadere il vassoio a
terra, facendo poi altrettanto.
Adesso
erano l’uno di fronte all’altra e si guardavano con tale forza che avrebbero
comodamente sciolto un iceberg.
-
Ti odio- sibilò- E porterò via mia nipote da qui.
-
Usi ancora Patricia come un’arma, Katherine? Lo sai che non ti perdonerebbe mai
una cosa simile.
-
Lo so. Ma farei di tutto per allontanarmi da un uomo di colore che mi guarda
con quella faccia schifata.
Detto
questo la donna girò sui tacchi e, attraversata la sala, salì in camera sua,
lasciando Roberto a sbollire al piano di sotto.
Roberto Sedinho 06 Marzo ore 01:48 PM
Che
razza di stronza! Ogni volta che non le va bene qualcosa tira fuori la solita
storia di tornarsene a Londra e portare via Patty. Ma non si rende conto che se
lo facesse la ucciderebbe? Quella ragazza ha dedicato una vita intera a Oliver
e quel gesto estremo è la prova della disperazione che alberga nel suo cuore
quando è costretta a stare lontana da lui. Perché non capisce che dobbiamo
sopportarci a vicenda per amore dei ragazzi che dobbiamo crescere insieme? Loro
non hanno più dei genitori e siamo noi ad avere questa responsabilità adesso.
Perché non capisce che facendo così li destabilizziamo ancora di più? Perché
quel suo cervellino di moccio non arriva a questa conclusione così banale? Ok,
io forse sono stato troppo brusco con lei e l’ho ferita nell’orgoglio… ma
cavoli! Non si è mai vista una donna più imbranata di lei ai fornelli. Non è
neanche in grado di fare un uovo sodo! Chissà come faceva a vivere da sola a
Londra? Magari andava a mangiare al ristorante ogni giorno. O forse aveva una cuoca…
certo, una giornalista di successo deve sicuramente aver avuto una governante
che le puliva casa mentre lei lavorava. Che sia ingiusto farle vivere una vita
simile? Forse ho pensato troppo ai ragazzi quando avrei dovuto pensare un po’
anche a lei. Sono stato molto egoista a riversare su di lei così tante
responsabilità. Insomma, era una donna in carriera e di punto in bianco si
ritrova a fare la regina della casa senza neanche capire come è finita in
queste condizioni. Forse dovrebbe prendere seriamente in considerazione l’idea
di tornare a Londra con sua nipote e lasciarla tornare solo quando sarà
maggiorenne e libera di scegliere dove e con chi vivere. Devo parlarle e
chiederle scusa per tutto. Forse la colpa non è tutta sua se le cose vanno in
questo modo.
Patricia
strinse i pugni. Oliver era già uscito dalla casa mentre lei era andata di
sopra a prendere il borsone poi, curiosa di sapere come andavano le cose e al
tempo stesso desiderosa di prendere qualcosa da mangiare per sé e per Oliver,
si era cautamente avvicinata alla porta che dava sul salotto, sentendo la
minaccia della zia e, qualche istante dopo, la sua uscita di scena.
Uscì
furente dalla porta di servizio.
Katherine
Gatsby piangeva riversa sul grande letto che si era fatta mandare da Londra
appositamente per restare in quella casa con la nipote. Pur di stare con lei
aveva speso un capitale per far trasportare in Giappone buona parte della
mobilia di Londra e venduto l’appartamento che aveva scelto con tanta
pignoleria quando, appena ventitreenne aveva messo piede in quella grande
città.
Guardò
con gli occhi velati di lacrime la grande cassettiera in ciliegio con le foto
delle amiche e degli amici londinesi, persone che da quando era partita non si
erano più fatte sentire in alcun modo; lo specchio sul quale Jordan Frost, noto
divo di Hollywood, aveva scritto un falso numero di telefono per scaricarla; il
letto che aveva visto una straordinaria performance live di Josh Spanner,
cantante dei BoomerShake, con la sua “Sono ubriaco e tu sei una stronza”.
A
Londra non le era rimasto nulla, lo sapeva, e non aveva affatto intenzione di
portare sua nipote in quei luoghi ma per ricattare Roberto avrebbe usato
qualsiasi mezzo, anche il più subdolo.
Katherine Gatsby, 06 Aprile ore 01:44 PM
Sono
una sciocca a piangere per quella sfuriata! Lui ha perfettamente ragione a
criticare la mia cucina ed il mio modo di fare le faccende domestiche. Loro
sono calciatori ed è normale che debbano allenarsi e mangiare sano. D’ora in
poi mi impegnerò di più e riuscirò a fare qualcosa di commestibile. Sissignore!
Ho scritto tanti articoli di successo e superato ostacoli che pensavo essere
insormontabili. Io ce la farò anche questa volta o non mi chiamo più Katherine
Gatsby. Sì, devo chiedere scusa a Roberto per il mio sfogo e per quella
minaccia ed impegnarmi di più per il bene e la felicità di mia nipote. Non
posso fare altrimenti. Oltretutto ho offeso pesantemente Roberto e questo non è
giusto. Non mi piace sentirmi così colpevole. Non è colpa di Roberto se quel
porco ha fatto quel che ha fatto. Non è colpa di tutte le persone con la pelle
di quel colore e devo smetterla di essere razzista solo per quello.
Katherine
si mise a sedere e andò alla cassettiera, dove frugò fino a trovare il diario
in cui aveva riposto quel segreto per tanti anni. Aprì il piccolo quaderno,
ormai usurato dal tempo, alla pagina che la interessava e si sentì uno schifo
per come aveva trattato Roberto.
18/07/19xx
Caro
diario,
oggi
Gonzalo mi ha chiesto se voglio posare per lui per qualche foto. Io ho
accettato, mi piace tantissimo farmi fotografare! Ha detto che domani verrà a
prendermi con la sua moto e andremo in montagna per farci qualche foto sui
prati. A me piace tantissimo la montagna e sicuramente mi ha invitata lì perché
si è ricordato quello che gli ho detto. Sono tanto felice, carissimo diario, e
sono convinta che questo calciatore sarà il mio futuro marito. Ho già
pianificato tutto. Vivremo in una casa a San Paolo, lui giocherà per la squadra
della città mentre io starò a casa a badare ai nostri tre bambini e alle nostre
due bambine. Naturalmente saranno tutti bravissimi a giocare a calcio, proprio
come il loro papà. Gonzalo non mi ha ancora baciata ma sono sicura che accadrà
molto presto e allora sarà bellissimo. Sono così…
Katherine
chiuse di botto il diario e lo gettò via.
Gonzalo
Torres, giocatore brasiliano di diciotto anni, l’aveva portata in montagna tre
giorni dopo che aveva scritto quella pagina ed aveva scelto un luogo così
isolato non perché avesse ricordato qualche discussione di quella ragazzina di
tredici anni. L’aveva portata in quella baita con intenzioni molto più intime
di un semplice bacio e la fortuna di Katherine era che quel giovane uomo avesse
deciso prima di farle delle foto molto spinte, costringendola a posare per lui
sotto la minaccia di un coltello. Sarebbe arrivato ad altro se lei non fosse
riuscita a scappare da quella baita con uno stratagemma e rifugiarsi tra i
boschi, tremante e con poco abbigliamento indosso ma fisicamente integra. Aveva
persino pensato che avrebbe potuto denunciarlo ma la minaccia di mostrare ai
suoi parenti quelle foto l’aveva fatta desistere ed il suo aguzzino non si era
più fatto vedere né sentire. O, perlomeno, lei non ne aveva più saputo nulla di
lui e di quelle foto di contenuto pedopornografico fino a quando, durante
un’inchiesta sul traffico di minori fatta due anni prima, non aveva visto
quelle stesse foto nel computer di un anonimo londinese, foto che portavano la
firma di un tale di nome Lorenzo Mariano Montero, cittadino brasiliano ma
residente a Glasgow, che adesso marciva nelle carceri del Regno Unito per
violenza carnale su almeno otto ragazzine tra gli otto e i quindici anni. Si
era sentita da schifo quando, all’uscita del tribunale il giorno della
condanna, vide Sarah Blunt, nove anni appena, che trasaliva ogni volta che una
persona la sfiorava ma che aveva trovato il coraggio, in un angolino del suo
esile corpo di bambina, di denunciare l’uomo. Lei non aveva avuto la stessa
forza nonostante tutti in casa dicessero che era sempre stata una persona molto
forte che non mollava mai e che lottava sempre contro le ingiustizie.
Sentì
il cuore saltarle in gola quando qualcuno bussò alla porta della sua stanza.
Con
lentezza, la porta si aprì e Roberto entrò nella stanza, trovando la donna
seduta sul letto, con gli occhi gonfi ed un quaderno consunto tra le mani.
-
Se è un brutto momento me ne vado- disse il brasiliano cortesemente, colpito
dal fatto che quella donna così tosta fosse in lacrime per una semplice
discussione.
La
donna scosse il capo.
Non
voleva farsi vedere in quel modo da quello che considerava il suo “convivente
nemico” ma di certo non poteva fargli capire che era sconvolta.
-
Entra pure, Roberto.
L’uomo,
vedendola provata per la prima volta da quando era in quella casa, decise di
darle tempo. Non voleva farlo mentre era in lacrime, forse proprio a causa sua.
Preferiva che si calmasse prima di fare la scelta che riteneva essere la più
giusta.
-
Katherine, vorrei parlare con te della questione di cui mi hai parlato poco fa
e non mi pare il caso di discuterne mentre sei in questo stato. Ti aspetto in
salotto. Prenditi pure tutto il tempo che vuoi.
Roberto Sedinho 06 Aprile ore 01:52 PM
Accidenti,
non l’ho mai vista in quello stato? Che il mio commento l’abbia ferita più di
quanto pensassi? Ma perché? Insomma, non mi pare di essere stato più odioso di
altre volte. E quella è una donna tosta, una che non si metterebbe mai a
piagnucolare per una cavolata come quella? Chissà che cosa le è preso… E se
fosse nostalgia della sua vita? Possibilissimo, dato che ha espresso il
desiderio di tornare da dove è venuta. Sì, devo aiutarla a tornare a Londra.
Sarà più facile per entrambi e lei sarà certamente più felice tornando a casa
sua.
Katherine Gatsby 06 Aprile ore 01:52 PM
Accidentaccio
a queste lacrime! Adesso quel brasiliano penserà che stavo piangendo per lui
quando in realtà c’è molto altro. Non piango mica per questo problema con lui.
Devo ricompormi alla svelta e andare a vedere che cosa vuole adesso. Spero non
voglia crearmi altri problemi… non è così pessimo come vuole sembrare ma in
certi momenti è di una pesantezza indiscutibile.
-
Aspetta!
La
voce di Katherine lo fermò.
-
Non mi piace discutere animatamente con persone che non sono completamente
padrone di se stesse.
-
Sto bene.
-
Katherine, stavi piangendo.
-
Non preoccuparti. Non piangevo per te.
Roberto
si fece serio.
-
Non mentirmi.
-
E’ vero- disse alzandosi dal suo letto e avvicinandosi al brasiliano- Non è a
causa tua se piangevo. E’… è che mi manca una vita qui. Mi manca il mio lavoro…
mi manca Londra… mi mancano i miei amici… mi manca persino lo smog, Roberto! E’
la nostalgia di casa che mi fa piangere. E’ anche vero che questo tuo
atteggiamento non mi aiuta…
-
Il mio atteggiamento?
-
Mi aggredisci ogni volta che faccio un errore.
-
Sei una donna, per la miseria! E stai tutto il giorno in casa! Cosa pretendi?
Che io torni a casa stanco e sorrida vedendo che non solo non sei stata in
grado di cucinare ma ci passi schifezze da fast food carbonizzate o quasi?
-
Lo so che è un problema ma ce la sto mettendo tutta, Roberto! Io ero una donna
in carriera fino a un mese fa e devo imparare molto della cura della casa. A
Londra avevo una donna delle pulizie e molti ristoranti tra cui scegliere… qui
non è la stessa cosa e mi sto adattando. Lentamente ma mi sto adattando. Patty
mi ha insegnato a fare gli onigiri ma fino a quando non verranno bene non posso
certo farveli mangiare!
-
Ma non avevi detto di voler andartene?
-
Ero furiosa e lo sai.
-
Perdonata. Anche per l’insulto razzista.
-
Mi spiace per quello- disse Katherine abbassando gli occhi- Vorrei essere in
grado di spiegarti come mai l’ho detto ma questa è una questione molto delicata
di cui preferirei non parlare.
L’uomo
annuì e porse la mano alla donna.
-
Andiamo in cucina a preparare qualcosa?
La
donna annuì e, docile, seguì l’uomo.
Patty
era sconvolta da quanto aveva sentito dire da sua zia e da Roberto.
Patricia Gatsby 06 Aprile ore 02:32 PM
Porca
miseria! Lei mi aveva promesso che avremmo vissuto qui! Aveva giurato di aver
abbandonato quel suo lavoro a Londra e invece quale è la verità? Non ha smesso
e adesso vuole tornarsene in quella città e portarmi via da Oliver. Ma se crede
che sarà così facile si sbaglia di grosso! Nossignore, io a Londra non ci vado
neanche morta! Me ne andrò via da questo posto. Scapperò lontano da lei fino a
quando non sarò maggiorenne e potrò vivere con Oliver. Non ho alcuna intenzione
di lasciare il Giappone. Ma Holly vorrà venire con me? No, lui deve giocare a
calcio, allenarsi e rimettersi in forma per i mondiali. Non può certo scappare
con me. Ma se cercherà di fermarmi lo dovrò portare per forza con me! Speriamo
che capisca che non ho intenzione di fare… per scappare avrò bisogno di un
mezzo di trasporto… di certo sono esclusi i mezzi pubblici e non posso scappare
in bicicletta… come posso fare? Uno motociclo o un’automobile farebbero al caso
mio… ma quelli non crescono sugli alberi. E poi sarebbe un furto… sono disposta
a rubare qualcosa pur di stare con Oliver?
Holly
guardò la sua ragazza che, le mani infilate nelle tasche della giacca di jeans,
lo precedeva di qualche passo. Aveva l’aria assorta e non voleva disturbarla
tuttavia temeva che ci fosse qualcosa che non andasse in lei. Non sapeva cosa
era accaduto quando lei era rientrata in casa per prendere l’indumento per
difendersi dal vento pungente di quel nuvoloso pomeriggio di aprile, ma se
c’era qualcosa che capiva era che qualunque cosa fosse accaduta l’aveva
irritata non poco. Non era da lei stare lontana ed in silenzio, con l’aria
assente e quella piccola ruga che si formava all’angolo dell’occhio sinistro,
segno che qualunque fosse il suo pensiero non era qualcosa di bello.
-
Patty- la chiamò Oliver, fermandosi.
La
ragazza, persa nei suoi pensieri, continuò a camminare. Era concentrata sui
suoi pensieri e non riusciva a sentire alcun rumore, figurarsi la voce del suo
ragazzo preoccupato.
Holly
fu costretto a fermarla fisicamente per farsi ascoltare.
Accelerando
il passo, la superò e si parò di fronte a lei, posandole le mani sulle spalle
per rendere più palese il suo intento di parlarle.
La
ragazza sembrò riscuotersi ma la sua espressione non migliorò molto. I suoi
occhi, assenti fino a qualche minuto prima, adesso dimostrava che c’era
qualcosa che non andava. C’era una luce che a Holly piaceva davvero poco.
Sembrava tristezza ma non debolezza. E non era neanche la forza che aveva
dimostrato nei giorni che avevano preceduto il funerale. Quella era una forza
che bruciava, alimentata da qualcosa che non comprendeva ma che lo inquietava.
-
Patty, cosa non va?- chiese.
-
Nulla.
-
Non è vero- rispose lui con calma- Sei preoccupata e si vede. Per favore, dimmi
che cosa c’è.
Patricia Gatsby 06 Aprile ore 03:21 PM
Che
tempismo, bello! Ti sei svegliato tutto di botto?
Patty
si morse la lingua per evitare che questo suo pensiero fosse espresso. Non
voleva dirgli una cattiveria simile solo perché era irritata e preoccupata,
quindi cercò una via di fuga per quella situazione.
Patricia Gatsby 06 Aprile ore 03:22 PM
Oliver,
di certo non posso farti partecipe di ciò che ho sentito dire dai nostri
tutori. Mia zia vuole tornare a Londra e Roberto ci sta praticamente buttando
fuori da casa mia. Sono troppo furiosa e sono certa che tu capiresti, ma allo
stesso tempo non ti opporresti alla decisione di Roberto. Tu vuoi troppo bene a
quell’uomo per opporti ed io non posso permettermi di avere te contro. Voglio
andarmene da questa topaia e lo farò, con o senza il tuo aiuto, ma non posso
permettermi di essere ostacolata da te quindi preferisco farti soffrire
piuttosto che essere bloccata da te. Nossignore, io non ne posso più di quei
due e di questa situazione, quindi se non la smuovono loro la smuovo io ed a
mio modo. Farò qualcosa di eclatante e me ne andrò da quella casa, non importa
se con o senza di te, Oliver. Mi mancherai ma non posso metterti al corrente
delle mie intenzioni.
-
Holly, ti ripeto che non c’è nulla che non vada, quindi evita di fare certe
domande e goditi la passeggiata.
Oliver Hutton 06 Aprile 03:22 PM
Ma
cosa le prende? Perché non vuole parlarne? Cosa può essere così terribile da
spingerla a mentirmi in questo modo? Perché non si fida di me? Crede che non
sia in grado di mantenere un segreto? Oppure è qualcosa che mi riguarda,
qualcosa che mi potrebbe ferire e di cui non vuole parlarmi? Che abbia sentito
Roberto parlare di me a sua zia? Che Roberto abbia parlato male di me? E se
invece fosse stata sua zia? Se sua zia avesse parlato di me come un ragazzo
sciocco che insegue insulsi sogni di gloria invece che lavorare e guadagnare
del denaro per la nostra futura vita insieme? Che mi disprezzi? Oppure… e se
Patty le avesse parlato di quella questione? Se le avesse riferito della
questione… “S-E-S-S-O”? Quella donna è già molto fantasiosa senza che Patty le
racconti anche questo… non oso immaginare cosa potrebbe pensare di me! Potrebbe
anche portare via la mia Patty per paura che possa saltarle addosso mentre
tutti dormono e approfittare di lei! No, Patty non l’avrebbe mai fatto… ma se
costretta? E se decidesse di nuovo di portarla via? No, non potrei
permetterglielo… ma Roberto sarebbe d’accordo ed io sono sotto la sua tutela e
minorenne… la mia opinione non varrebbe nulla senza Roberto. E se lui fosse
d’accordo con Katherine? Se volesse liberarsi di lei al punto tale da cacciare
Patty e sua zia dalla loro stessa casa? Ma cosa vado mai a pensare! Non può
essere questo e non si potrebbe mai arrivare a certe conseguenze. Ci hanno
promesso di non separarci e Roberto non si rimangerebbe mai la parola data. Non
so cosa preoccupi Patty ma spero che prima o poi si decida ad aprirsi.
Holly,
preso dai suoi pensieri, la vide a malapena scartare di lato e correre verso
l’abitazione dall’altra parte della strada.
Patty
aveva visto la via di fuga e di certo non se la sarebbe fatta scappare.
Aveva
adocchiato un allegro vecchietto che trotterellava verso l’interno della sua
casa lasciando la portiera dell’utilitaria aperta.
Cosciente
che forse l’uomo potesse aver lasciato le chiavi nel quadro Patricia Gatsby si
fece coraggio ed iniziò a correre in quella direzione, lasciando di stucco il
suo accompagnatore e sperando che la sorpresa lo paralizzasse il tempo
necessario per permetterle di partire sgommando in una direzione sconosciuta,
verso l’ignoto di un destino tracciato dalla disperazione.
Patty
si sedette al posto di guida e mise in moto, compiendo immediatamente una
inversione a U pigiando sull’accelleratore.
Oliver,
trafelato, riuscì a malapena ad aprire la portiera e issarsi sul veicolo.
-
Patty, cosa diavolo…- disse prima che la ragazza gli desse una manata in pieno
volto per allontanarlo da sé.
Fu
questione di un istante: guidato dalla forza di gravità dovuta alla violenta
manovra, Oliver colpì il vetro della portiera al suo fianco con la testa e in
un istante fu nel mondo dei sogni.
La
ragazza non si curò di quello che era accaduto. Era preoccupata ma in un
momento simile non poteva certo permettersi quel lusso. Il pensiero di rubare
un’auto era una cosa, l’averne appena rubata una era tutt’altro paio di
maniche!
Colpì
con il palmo il pirolo posto sulla portiera alla sua destra e la chiusura
centralizzata bloccò automaticamente tutti gli sportelli.
Patricia Gatsby 06 Aprile ore 03:26 PM
Porca
miseria!
L’ho
fatto.
Ho
rubato.
Ho
rubato un’auto.
Ho
rubato un’auto a un vecchietto.
Ho
rubato un’auto a un vecchietto ed io non ho ancora la patente.
Per
non dimenticare il fatto che ho coinvolto in un furto quello che era la stella
della nazionale giovanile, appena ripresosi da un pessimo infortunio e di certo
non in forma… ah, e adesso l’ho appena steso. Oh merda! Ho rapito Oliver
Hutton! Prima lo faccio investire da un camion e adesso lo sequestro…penso che
la prossima volta dovrò tentare di affogarlo inavvertitamente in qualche fiume.
Ma
che cosa diavolo sto pensando?! Ho commesso un furto e Holly è sul sedile
accanto perché messo fuori combattimento da una sportellata in fronte! Roberto
e zia Kath si infurieranno… no, non si infurieranno… cercheranno semplicemente
di mettermi in un tritarifiuti dopo avermi gonfiata come un dirigibile…
Lo
strombazzare di un clacson fece tornare Patty sulla terra appena in tempo per
accelerare e sfrecciare attraverso un incrocio senza dare la precedenza a un
grosso camion, tagliandogli la strada.
Patricia Gatsby 06 Aprile ore 03:26 PM
Ho
la netta sensazione che sia meglio pensare dopo a ciò che ho fatto. Se lo
ammazzo i giapponesi non mi perdoneranno mai…
La
donna guardò con aria accigliata la ciotola di riso che aveva appena cucinato
con l’ausilio di Roberto.
Era
incerta se aggiungere o meno quel miscuglio parzialmente carbonizzato di carne,
uova e piselli che aveva preparato di sua iniziativa, quella che aveva definito
“una frittata”.
Roberto,
alle sue spalle, ridacchiava.
Si
era divertito a tormentare la donna facendole cucinare qualcosa di
semplicissimo e adesso era curioso di sapere che sapore avesse quel cibo
dall’aspetto non certo invitante.
-
O la va o la spacca- sibilò Katherine prendendo un pezzo di quel composto
dall’aspetto orrendo con le bacchette e portandolo alle labbra.
L’espressione
che si dipinse sul volto della donna fece ridere con vigore Roberto: sembrava
avesse ingoiato spazzatura e vermi.
-
Buono?
-
Prova ad assaggiare.
-
No, grazie. Preferisco evitare una corsa all’ospedale per intossicazione
alimentare.
La
donna annuì e gettò il tutto nella spazzatura.
-
Sono un disastro- disse abbandonandosi su una sedia.
-
Piano piano imparerai.
-
Spero prima della prossima era glaciale.
Roberto
la guardò e sorrise nel tentativo di incoraggiarla.
Katherine Gatsby 06 Aprile ore 04:18 PM
Cosa
avrà da fissarmi? Ho il volto sporco? Oppure la mia faccia sta diventando verde
a macchie viola? Sono una frana, maledizione! Possibile che non sia capace di
cucinare un uovo al tegamino senza creare un alimento potenzialmente letale?
Eppure sono una donna, maledizione! Ce l’avrò nel DNA il gene della cucina, no?
Magari nascosto ma deve esserci… o no? E se io non avessi questo gene? Magari
sono completamente negata ai fornelli proprio perché non sono geneticamente
preparata a cucinare… No, devo ammettere con me stessa che sono stata una
sfaticata che non ha mai voluto imparare a cucinare e adesso sono nei guai,
quindi adesso devo alzarmi ed impegnarmi per creare una cena degna di questo
nome a Roberto e ai ragazzi! Sissignore, per stasera le mie pietanze non saranno
più delle armi!
Katherine
Gatsby balzò in piedi e si mise nuovamente davanti alla stufa, pronta a
cominciare di nuovo con i suoi esperimenti.
Roberto Sedinho 06 Aprile ore 04:18 PM
Questa
donna mi stupisce ogni giorno di più. Prima è forte e volitiva mentre qualche
minuto dopo si abbatte per un fallimento ed ora è di nuovo in piedi. L’ho vista
essere più tenace di un mastino in caso di necessità, sa rispondere a tono ed
il suo carattere in generale non è dei più facili… ma poco fa mi è sembrata
così fragile e dolce… Che strana donna è questa. E’… particolare, e con le
persone particolari non ci si annoia proprio mai. Speriamo solo che la prossima
volta non cerchi di rifilare a me quella porcheria!
L’uomo
si mise nuovamente al fianco della donna per aiutarla a superare le sue
difficoltà e sperando che fosse in grado di creare qualcosa di commestibile
prima che i ragazzi tornassero a casa.
Patty
guidava da ormai due ore, usando come meglio poteva le sue poche conoscenze
degli autoveicoli. Conosceva le basi e suo padre una volta le aveva permesso di
spostare la loro auto di un paio di metri ma questo non era abbastanza per
renderla una pilota capace di guidare nelle ipertrafficate strade principali
quindi aveva optato per una larga strada provinciale. Questo prima che, non
sapeva come, si fosse ritrovata in uno sperduta strada non trafficata e
costeggiata solo da campi ormai sepolti dalle sterpaglie.
Accostò
l’auto al ciglio della strada e si guardò attorno. Non c’era un’anima in quel
luogo e vedeva già le prime avvisaglie dell’imminente tramonto, periodo che le
avrebbe causato problemi visto che non aveva la più pallida idea di come
accendere i fari e di quale differenza ci fosse tra abbaglianti e
anabbaglianti.
Holly
giaceva ancora sul sedile accanto al suo. Proprio al centro della fronte, in
quel momento pigiata contro il vetro, era spuntato un grosso livido
nero-violaceo e la ragazza iniziava a credere di averlo mandato nuovamente in
coma.
Gli
appoggiò una mano sul braccio sinistro e questa fu immediatamente ghermita da
quella del ragazzo. Solo allora si accorse che fingeva: Oliver era
perfettamente cosciente e, ora che la guardava, nei suoi occhi leggeva
rimprovero.
Patricia Gatsby 06 Aprile ore 06:04 PM
Non
ti biasimo per questo sguardo, Oliver. Ho fatto una cazzata pazzesca, ti ho
fatto del male e messo nei guai. E’ naturale che tu adesso mi odi ed io non te
ne farò una colpa se non vorrai più vedermi… ma io l’ho fatto anche per te. Se
sono fuggita è perché non voglio che la zia mi porti a Londra. Io non voglio
andarmene, Oliver, e se l’unico modo è fuggire fuggirò. Se sarà necessario fare
documenti falsi li farò e se dovrò fare qualcosa di molto sciocco lo farò.
Anche a costo della via io resterò qui con te. Io ti amo troppo per accettarlo.
Se
Oliver aveva intenzione di farle una solenne ramanzina ci ripensò.
In
pochi istanti vide le lacrime scivolare lungo le sue guance. Prima erano
soltanto piccole perle che le bagnavano le gote ma presto divennero rapide e
pesanti gocce che le inondavano il viso e scivolavano fino al colletto della
giacca di jeans che indossava, inumidendolo.
Vedeva
i muscoli della sua bocca lottare furiosamente per evitare che le labbra si
dischiudessero ed un singhiozzo si facesse udire e si stava tormentando le mani
con forza, affondando nella carne le dita e le corte unghie, quasi come se
questi gesti potessero impedire alla paura di impossessarsi di lei.
Oliver Hutton 06 Aprile ore 06:06 PM
Patty,
ma perché hai fatto una cazzata simile? Che cosa significa? Che cosa mi nascondi?
L’hai fatto per provare nuove esperienze o c’è qualcosa di diverso sotto? Cosa
non mi dici, Patricia? Che cosa c’è di così grave? Perché di sicuro c’è
qualcosa che non va ed io voglio capire che cosa ti ha spinta a fare una
cavolata simile. Io amo tutto di te… ma non capisco questa tua fuga in auto.
Non capisco che cosa ti ha spinta a fare una scelta simile… Se mi guardi così
mi fai sentire peggio
-
Patty…
Nessuna
risposta.
-
Tesoro…
Neanche
allora la ragazza rispose.
-
Patricia…
-
Smettila! Smettila immediatamente!
La
ragazza schizzò fuori dalla vettura e Oliver la imitò all’istante ma non aveva
fatto i conti con il campo accanto a lui. Patty si era accostata talmente tanto
che il ragazzo non toccò il rigido asfalto o la terra battuta al lato della strada
ma lo sconnesso dislivello. Prima che potesse rendersi conto di aver sbagliato
a fare i suoi calcoli era capitombolato tra la terra inumidita dalle recenti
foglie e le verdi piantine appena spuntate.
-
Patty!- gridò.
Nessuno
rispose mentre lui si tirava su e cercava di liberarsi del fango che gli
inzaccherava i pantaloni.
Con
lo sguardo studiò lo spazio circostante mentre il sole continuava la sua
inarrestabile discesa verso le colline alla sua destra. Di Patty non era
rimasta alcuna traccia.
Katherine
guardò con aria preoccupata l’orologio della cucina.
Erano
passate da un pezzo le undici e dei ragazzi ancora nessuna traccia. Certo,
erano grandi abbastanza per badare a loro stessi ma era davvero strano che non
fossero ancora di ritorno. Qualche volta era capitato che andassero a mangiare
fuori ma avevano sempre avvisato entro le otto.
Lanciò
un’occhiata a Roberto, disteso sul divano. Il brasiliano, come spesso capitava,
si era assopito davanti al televisore acceso e adesso, raggomitolato su un
fianco, russava della grossa.
Sorrise.
Non amava affatto quel brasiliano rompiscatole che la criticava alla prima
occasione ma doveva ammettere che quella sera era stato più sopportabile del
solito.
Il
riso appena troppo cotto e la frittata era molto frammentata ma il sapore era
accettabile e una pacca sulla schiena dell’uomo l’aveva rassicurata almeno un
pochino.
Con
delicatezza recuperò dal pavimento la coperta che avevano sistemato in quella
posizione per casi analoghi a quello e la depose sull’uomo.
-
Grazie Katherine- sussurrò nel sonno l’uomo.
-
Prego.
Prese
una coperta per lei e, avvoltasi in questa, si sedette sul pavimento,
all’altezza della testa dell’uomo. Quella era la posizione migliore per
rispondere al telefono in caso i ragazzi avessero cercato di contattarli.
Patty
corse a lungo, incapace di fermarsi.
Patricia Gatsby 06 Aprile ore 07:38 PM
Perché
diavolo corro? Non sarebbe meglio affrontare la situazione con Oliver? No, non
mi pare assolutamente il momento adatto. Sono stata sciocca e avventata ma non
mi hanno dato la possibilità di scegliere, maledizione! Io voglio restare in
Giappone e con Holly… ed è per questo che l’ho abbandonato in una campagna
sconosciuta, in un’automobile rubata, in una fredda sera di Aprile… nulla di
meglio, senza ombra di dubbio. Ma cosa diavolo mi sto dicendo? Sembro una di
quelle sceme che si fa la ramanzina da sola… che io sia una persona così? E se
fossi impazzita? In effetti non è da tutti minacciare un tizio con una pistola
per spingere al limite una terza persona… ma neanche lì avevo scelta… oppure
sì? Sto impazzendo, questo è chiaro. Con il giudice mi appellerò alla semi
infermità mentale… o forse a quella completa? In effetti tanto sana di mente
non posso essere. Sto correndo alla cieca in una direzione ignota di un luogo
sconosciuto e isolatissimo… e se non fossi così sola come penso? E se Oliver
avesse bisogno di me? Cosa potrei fare per lui se sono qua? Che cazzata che ho
fatto… cosa è stato?
Patty
si bloccò. Alla sua sinistra aveva sentito un rumore sospetto. Tra le piante
c’era qualcosa e questo qualcosa stava correndo rapidamente verso di lei.
Terrorizzata
la ragazza indietreggiò e, voltatasi, riprese la sua folle corsa tra la buia
campagna mentre il cane usciva dal cespuglio, lo annusava e si liberava su quello,
ignaro di aver terrorizzato una ragazza di città.
Oliver,
raggomitolato all’interno dell’auto fredda, attendeva con ansia il ritorno di
Patricia. Era uscita dal veicolo da quasi tre ore e lui iniziava davvero ad
essere spaventato. Non aveva una torcia quindi non poteva uscire a cercarla né
il fare luce con i fari dell’auto sarebbe stato utile ed avrebbe solo sprecato
della preziosa batteria.
Batteva
i denti, stretto nella sua giacca e con lo stomaco ancora vuoto.
Si
era svegliato quando l’auto era ancora in moto ma nella sua memoria era tutto
così annebbiato e la testa gli doleva così tanto che era scivolato nuovamente
in uno stato di lieve incoscienza fino a quando Patricia non aveva accostato.
L’assenza
di movimento l’aveva scosso e, più riposato, era stato in grado di ricordare
che era salito su un auto in corsa rubata dalla sua fidanzata. Per questo
quando si era avvicinata l’aveva afferrata con quella che adesso gli sembrava
una forza eccessiva. Quando l’aveva guardato gli occhi di Patty erano pieni di
paura incontrollabile ed era stato per questa tensione che era fuggita a gambe
levate.
Chiuse
gli occhi per ricacciare indietro le lacrime poi, passato al posto di guida,
fece una preghiera ad ogni divinità del genere umano e si mise al volante senza
aver mai provato neanche le macchine dell’autoscontro.
In
un’abitazione di Fujisawa un uomo e una donna dormivano nel salotto della casa
che dividevano con i ragazzi a loro affidati un mese prima, ignari che non
fossero in città né che avessero tra le mani un’auto rubata.
Sulle
prime tutto quello che Patty sentì fu un grande sferragliare poi qualcosa di
enorme apparve nel suo campo visivo e delle luci si accesero, accecandola.
Si
portò una mano al volto e riuscì a intravvedere tra le dita qualcosa di grosso,
scuro e ormai troppo vicino perché potesse spostarsi.
L’automobile
che aveva rubato qualche ora prima e alla cui guida, a giudicare dal casino che
il motore sofferente faceva, c’era il suo ragazzo completamente digiuno di
guida la stava per investire.
Chiuse
gli occhi ed attese l’impatto.
Holly
non riusciva a capire perché quell’auto facesse tutto quell’assordante rumore
di metallo piegato ma si accontentava.
Non
aveva mai guidato in vita sua e il fatto di riuscire ad andare avanti e in
linea retta lo riempiva di orgoglio.
Incoraggiato
dalla crescente familiarità con il veicolo iniziò a trafficare con i bottoni e
le levette in cerca di quello che avrebbe acceso i fari.
Dopo
aver acceso il climatizzatore ed averlo spento quando si era reso conto di gelare,
dopo messo in moto i tergicristalli del parabrezza e del lunotto posteriore,
dopo averli puliti con il getto d’acqua e persino infilato un dito
nell’accendisigari, Oliver riuscì ad accendere il riscaldamento, la radio e, in
ultimo, gli abbaglianti.
Fu
allora che vide Patty a pochi metri da lui, proprio nel punto in cui
l’automobile si sarebbe trovata di lì a tre secondi.
Pigiò
il freno e pregò tutti i santi che l’auto non la colpisse.
Patty
non sapeva come fosse accaduto ma soltanto che non era stata esattamente lei a
reagire in quel modo ma qualcosa nel suo cervello, una forza superiore che la
spinse a gettarsi sull’asfalto e sperare che Holly avesse il polso fermo.
L’auto
le passò sopra, sfregando il fondo contro la sua schiena coperta dalla giacca ma
senza ferirla.
L’auto
la sovrastava quando finalmente si fermò e Holly uscì di gran carriera gridando
come un ossesso il suo nome.
Patricia Gatsby 06 Aprile ore 07:38 PM
Porca
puttana ladra! Ho messo sotto Patty! Patty, dove diavolo sei finita! Patty,
porca miseria, dove sei! L’ho ammazzata! L’ho ammazzata! L’ho sicuramente
ammazzata! Patty! Dove sei? PATTY!
Patricia
vedeva i piedi di Oliver muoversi a pochi centimetri da lei ma non riusciva a
muoversi.
Non
era ferita ma piuttosto confusa.
Allungò
la mano verso di lui e, faticosamente, afferrò la sua caviglia.
Il
grido di puro terrore che riecheggiò tra quei campi fu agghiacciante ed era una
fortuna che nessuno vi abitasse perché avrebbe gelato agli abitanti il sangue
nelle vene. Era un verso di puro terrore.
Il
cuore di Holly, che in un decimo di secondo era salito a mezza altezza tra la
bocca e polmoni, batteva all’impazzata mentre quella cosa calda che si era
avviluppata attorno alla sua caviglia sembrava risalire su.
In
realtà Patty, sentendo il grido, aveva deciso di uscire dal suo nascondiglio ma
era faticoso uscire da sotto un’automobile quindi stava facendo perno sulla sua
gamba per tirarsi fuori da quell’infuocata trappola.
Holly,
impietrito, lasciava che lo strambo animale che l’aveva colto alle spalle
smettesse di salire su di lui, incapace di spostarsi né di fare altro.
-
Oliver Hutton- sbottò Patty, tirandosi faticosamente via- mi aiuteresti a
uscire da qui sotto invece di fare il palo, per favore?
Il
ragazzo si riscosse all’istante. Si chinò sulla ragazza ed in un attimo Patty
si trovò tra le sue braccia, stretta in un abbraccio da spezzare le ossa, con i
piedi che penzolavano nel vuoto ed il capo appoggiato alla sua spalla.
-
Credevo di averti ammazzata- sussurrò mentre la deponeva sul sedile posteriore
del veicolo per poi accomodarsi al suo fianco- Ho avuto paura di averti uccisa
con questa stramaledettissima automobile. Ho avuto tantissima paura.
Patricia Gatsby 06 Aprile ore 07:41 PM
Cavolo…
non mi abituerò mai a vedere un uomo disperarsi ma non piangere. Perché non
versare qualche lacrimuccia innocente invece che distruggersi dentro per
evitare che esca fuori? Io sono stata al suo posto e ho pianto per mesi e mesi
al suo fianco, attendendo il suo risveglio.
-
Ti sei fatta male- osservò indicando i palmi scorticati per il colpo subito
quando si era gettata sotto l’auto e quando si era tirata fuori.
-
Non è niente- disse Patty massaggiandosi le mani doloranti.
Se
non avesse saputo che Holly avrebbe avuto una crisi isterica avrebbe anche
potuto dirgli che probabilmente si era scorticata anche le ginocchia.
-
Non abbiamo dell’acqua?
La
ragazza scosse il capo. Aveva guidato a lungo come se avesse il diavolo alle
calcagna, persa nei suoi tristi pensieri, figurarsi se aveva pensato a qualcosa
di banale come comprare dell’acqua e del cibo!
-
Dobbiamo pulirle.
-
Sono inezie.
-
Ma dobbiamo pulirle ugualmente. Adesso mi metto al posto di guida e…
Patty
sorrise con aria pericolosa e lo fermò posando una mano sulla sua.
-
Oliver, tu prova a prendere di nuovo in mano quel volante ed io ti spezzo i
braccini, chiaro?
-
Perché?
-
Perché non ne sei capace?
-
Era la prima volta e a me pare di essermela cavata egregiamente!- ribattè
piccato il calciatore.
-
Soltanto tu puoi considerare “guidare in modo egregio” far fare alla macchina
tutto quel casino senza insospettirti.
-
Certo che mi sono insospettito ma ho controllato tutto quanto ed era ok!
-
Non penso.
-
Quindi tu sai quale era il problema- disse, poi aggiunse- E magari sei stata tu
a causarlo, vero?
-
Holly, c’era tutto quello stramaledetto sferragliare perché l’automobile aveva
il freno a mano tirato.
Il
ragazzo divenne paonazzo e, docile, si accomodò sul sedile passeggero, accanto
a quello sul quale si posizionò la ragazza qualche secondo dopo.
Oliver Hutton 06 Aprile ore 07:44 PM
Questa
volta lo devo proprio dire: che figura di merda!
Il
telefono squillò per tre volte prima che Roberto, assonnato, afferrasse la
cornetta.
-
Pronto?- disse prima di sbadigliare.
-
Parlo con il tutore legale del signor Hutton Oliver? Sono il commissario
Shinohara della stazione di polizia di Fujisawa.
L’uomo
si svegliò completamente.
-
Cosa è successo?
-
E’ presto detto: a quanto pare il suo ragazzo è stato visto rubare un’auto
assieme ad una ragazza dai capelli scuri che è stata identificata come Patricia
Gatsby.
-
Hanno fatto cosa?- scandì Roberto, scotendo con una mano la donna dai capelli
rossi che dormiva con la schiena appoggiata al divano.
-
Ha capito bene. La ragazza è balzata nell’auto di un pensionato e il suo
ragazzo l’ha seguita subito dopo. Non sappiamo dove siano andati ma si suppone
si trovino nel raggio di 200 Km da qui.
-
Sta scherzando.
-
Purtroppo no. Non sappiamo dove si siano andati a cacciare. A quanto pare hanno
preso strade poco trafficate.
Katherine
guardò l’uomo con aria assonnata.
-
Chi guidava il veicolo?
-
La ragazza.
-
Tua nipote è figlia del diavolo- sibilò Roberto dopo aver coperto la cornetta
con una mano per non farsi sentire.
Questo
bastò per portare alla realtà anche la rossa.
-
Cosa è mia nipote?
Roberto
le fece cenno con la mano di attendere.
-
Commissario Shinohara, io e la signorina Gatsby arriveremo subito.
-
Buona serata- disse l’uomo riagganciando.
-
A tra poco.
Roberto Sedinho 07 Aprile ore 00:08 PM
Porca
puzzola impestata! Ma quella ragazza non riesce a non creare problemi? Prima il
camion, poi il tentato suicidio e gli alcolici. Pensavo avesse toccato il fondo
con il falso attentato e invece no! Rubiamo un’auto, Oliver! Diamoci alla pazza
gioia! Proviamo nuove emozioni! Giuro che appena metto le mani addosso a quei
novelli Bonnie e Clyde gli faccio vedere tutte le stelle! Ma come le è saltato
in mente di compiere un furto?! Va bene, forse avevano le loro buone ragioni
per farlo… ma questo non li giustifica affatto!
Roberto
riagganciò e guardò la donna con la quale aveva trascorso il pomeriggio.
Stava
per parlarle con tono irritato ma non lo fece. Anche appena sveglia era una
gran bellezza, questo non poteva non influenzarlo, soprattutto ad una distanza
talmente ravvicinata: i capelli di fiamma, scompigliati, le incorniciavano il
volto pallido, chiazzato da qualche piccola lentiggine, sul quale spiccavano
occhi blu, ora semichiusi per il sonno, e labbra carnose e rosee che sembravano
chiedere di essere baciate.
Roberto Sedinho 07 Aprile ore 00:09 PM
Cavolo,
sarà una frana in cucina ma è davvero una bella donna. Se non fosse così
terribile a livello caratteriale avrei anche potuto farci un pensierino sopra…
ma il suo carattere è orrido quindi proprio no.
Tossicchiò
per allontanare il suo pensiero non attinente al caso che doveva esporle e la
guardò dritta in volto.
-
Per farla breve… tua nipote ha rubato un’auto e Holly le è andata dietro. Non
so quali fossero le loro intenzioni ma sembrano svaniti nel nulla. Dobbiamo
andare in commissariato per saperne di più.
-
Puoi ripetere?
-
Patty e Holly sono on the road su un’auto rubata a un anziano signore e non
sanno dove si siano cacciati.
-
Hanno rubato un auto?! E perché?
Si
mise a sedere e, tesale una mano, l’aiutò a sollevarsi.
Le
mani le bruciavano, lo stomaco le brontolava e le occhi le si stavano
inesorabilmente chiudendo. Troppe emozioni in un giorno solo avevano esaurito
tutte le sue energie e adesso, stanca ed affamata, stava lottando faticosamente
per non cedere.
-
Patty, che ne dici di fare una pausa?
-
Non possiamo mica fermarci in mezzo al nulla.
-
Ma non puoi continuare a guidare. Sei stanca e si vede.
La
ragazza frenò e, sbuffando, si voltò verso di lui.
-
Vorresti guidare tu?
Annuì.
-
Seguirai le mie indicazioni?
-
Guarda che tu non hai la patente.
-
Ma ho maggiore esperienza di te e, ci tengo a ricordartelo, fino a qui sono
stata io a portare l’automobile e non mi pare ci siano state catastrofi come
guidare con il freno a mano tirato e senza luce in una strada non illuminata.
Oliver
divenne paonazzo.
Oliver Hutton 06 Aprile ore 08:56 PM
Riuscirà
mai a dimenticare la mia pessima performance al volante? Certo, ha ragione… e
non ha citato il fatto che per poco la ammazzo…Ma non ha il diritto di
trattarmi come un povero deficiente! Era la prima volta che guidavo, per la
miseria, e l’ho fatto solo per venire a cercarla! E poi è stata lei a
imbarcarmi in quest’azione criminale senza spiegarmi quale è il motivo!
Patricia Gatsby 06 Aprile ore 08:56 PM
Forse
sono stata un pochino troppo dura con lui… Probabilmente non aveva mai guidato
in vita sua ed io, nervosa, scarico la mia frustrazione su di lui umiliandolo…
E non devo scordarmi che l’ho praticamente sequestrato e costretto a essere mio
complice in questo furto… ma che altro potevo fare se non scappare nel
tentativo di stare lontana da mia zia fino al momento in cui sarei diventata
maggiorenne?Io non voglio andare in Europa! Non ci voglio andare!
Oliver
fece un colpetto di tosse per attirare l’attenzione su di lui e, pronto a dirne
quattro a Patty riguardo il suo pessimo comportamento, prese fiato per
attaccarla ma non riuscì a farlo.
Nonostante
fosse buio pesto e l’unica fonte di luce fosse il fioco bagliore della luna
Holly notò che stava piangendo.
-
Patty… io…
-
Scusami! Scusami tanto!- ululò gettandogli le braccia al collo- Mia zia vuole
tornare a Londra ed io non voglio andare con lei!
Fu
dura per Holly concentrarsi sulle sue parole. Non capitava raramente che Patty
si avvicinasse così tanto a lui ma non era normale che all’improvviso Patty
riuscisse ad annebbiargli la mente con un solo abbraccio. Era innamorato di
lei, questo era innegabile, e i suoi ormoni avevano già dato prova di non
essere in letargo eppure c’era qualcosa di diverso. Non sapeva se era l’adrenalina
a fargli quello scherzo, la stanchezza per la pessima giornata appena trascorsa
o l’ovattata intimità di quell’abitacolo ma si sentiva improvvisamente… uomo.
-
Non lo permetterò. Non ti porteranno via dal Giappone. Te lo giuro sulla
memoria dei miei genitori, Patricia.
-
Grazie. Grazie mille. Ma non potremo farci nulla se ci ritroveranno.
-
Fai guidare me e nessuno ci raggiungerà mai.
Patty
annuì e, cambiato sedile, chiuse gli occhi.
Quando
Holly, qualche ora più tardi, si fermò Patricia si svegliò e rimase senza
fiato.
Erano
in un centro abitato dalle dimensioni spaventose, tutto luci e insegne.
-
Oliver… cosa succede?
Senza
una parola lui la trascinò all’esterno.
-
Holly… non capisco.
-
Tua zia e Roberto non potranno separarci. Basta qualche minuto e non potranno
più farci nulla.
Patty
lo seguì, sempre più preoccupata.
Quel
posto era sì luminoso ma non sembrava affatto tranquillo: lungo le vie c’erano
ragazze dalla divisa da scolaretta provvista di gonna vertiginosamente corta,
altre dagli abiti così ridotti da sembrare in costume da bagno o seminude;
alcune erano a braccetto con uomini che avrebbero potuto essere come minimo i
loro padri mentre altre erano in compagnia di altri uomini o altre donne;
qualcuna fumava, altre bevevano e Patty vide di sfuggita persino una ragazza
che, accasciata contro il muro di un vicolo tra due love hotel, si iniettava in
vena una qualche droga.
Istintivamente
si strinse ancora di più a Oliver, cercando di non guardare altro che il
lastricato.
Alzò
gli occhi solo quando Oliver si fermò di fronte a quella che sembrava una
cappella.
Patricia
capì subito che cosa intendeva fare.
-
Stai scherzando?!
-
Non lo saprà nessuno se non nel caso vogliano dividerci.
-
Io non posso sposarmi, te l’ho già detto.
Oliver
si fermò.
-
Se lo facciamo non ti chiederò nulla di… di quello che tu sai fino a quando non
ci sposeremo per bene ma ti prego, in nome del nostro futuro come coppia, di
fare questa cosa.
-
Ma non possiamo sposarci per questo motivo. Sarebbe squallido.
-
Squallido? Tu pensi che il volerti sposare per non perderti sia squallido?
-
Forse ho sbagliato termine… ma io voglio sposarmi per amore.
Oliver Hutton 07 Aprile ore 00:43 PM
Perché
non riesce a capire? Io mi voglio sposare perché ci amiamo! Non voglio farlo
solo per farla restare qui. Io la amo e mi voglio sposare qui, dove nessuno può
fermarci, proprio perché così nessuno potrà separarci. Io non riesco a
immaginare di vivere nuovamente senza di lei. Io… io amo Patricia. La amo.
Perché non riesce a capire che il mio è amore? Perché?
La
ragazza sentì tremare la mano di Oliver ed alzò gli occhi su di lui. Aveva
l’aria di chi era finito sotto un tir.
Patricia Gatsby 07 Aprile ore 00:43 PM
Perché
non riesce a capire? Io mi voglio sposare perché ci amiamo! Non voglio farlo
solo per restare qui. Io non voglio farlo soffrire… ma ho paura che sposarci in
questo modo possa essere un errore. E se un giorno ci pentissimo di esserci
sposati nel quartiere più squallido di questa città? Il matrimonio dovrebbe
essere il giorno perfetto, quello più bello della vita, quello da raccontare ai
figli… non il risultato di una notte brava né un espediente per sottrarci alla
tutela dei nostri tutori… Sarebbe sbagliato farlo in questo modo. Sì, sarebbe
sbagliato come… come rubare un’automobile e renderlo partecipe del mio furto.
Sentì
la mano di Holly fermarsi e stringersi attorno alla sua con forza tale da farle
male.
-
Non mi ami?
La
domanda fattale da Oliver le gelò il sangue nelle vene.
-
Non dirlo neanche per scherzo! Certo che io sono innamorata di te!
-
Non è la stessa cosa. Io ti amo Patty, ma tu ami me?
-
Certo che ti amo- rispose la ragazza, poi aggiunse- E mi pare di avertelo
ampiamente dimostrato.
-
Allora quale è il problema? Ti prego, Patty…
La
ragazza guardò attentamente degli occhi scuri ed espressivi e sospirò.
-
Ma sarà legale?
-
Non so neanche se riusciremo a farcela… ma dobbiamo provare. Non posso lasciare
che ti porti via senza fare nulla.
Patricia
annuì e Holly, fattosi coraggio almeno quanto la sua compagna, la guidò all’interno.
Katherine
immaginava già da qualche minuto che presto il suo compagno di tortura sarebbe
finito con le chiappe a terra.
Il
commissario Shinohara aveva loro riferito che i ragazzi erano stati visti
salire sulla vettura ma che per il momento non avevano ancora idea della
direzione che avevano preso. Aveva anche spiegato loro i problemi che avrebbero
avuto i ragazzi una volta che fossero stati riacciuffati, tra cui una possibile
sanzione disciplinare in caso di rientro nella squadra nazionale, poi era
uscito.
Era
stato allora che l’ex calciatore aveva iniziato a mostrare segni di nervosismo.
Erano trascorsi appena un paio di minuti che già si dimenava, sospirava, si
mordicchiava unghie e dita, torturava barbaramente i braccioli della comoda
poltrona su cui era accomodato e i biglietti da visita del commissario.
Katherine ridacchiò quando, dopo aver lanciato un’occhiata alle dita ormai
sanguinanti, lo vide masticare la penna che l’uomo aveva dato loro per firmare
il verbale.
-
Roberto…
L’uomo
si voltò nella sua direzione. Aveva l’aria di una persona sull’orlo di una
crisi di nervi.
-
Sì?
-
Non credi sia meglio stare calmi?
-
Io sono calmo. Calmissimo. Vedrai quando tua nipote mi capita tra le mani… sarò
così calmo che più calmo non si può. Così calmo che neanche con il test del DNA
potrebbero identificarla.
Katherine
annuì.
Katherine Gatsby 07 Aprile ore 00:52 PM
Questa
volta ha proprio ragione, devo ammetterlo. Non è colpa di Oliver, visto che da
quanto ha detto il proprietario è stata lei a prendere l’auto e lui l’ha
seguita… Spero non ci siano conseguenze per quel ragazzo. Chissà perché Patty
ha fatto una stupidaggine simile… non è da lei fare certe bravate. Che voglia
attirare la nostra attenzione? E perché in questo modo? Che cosa è che turba
mia nipote in questo modo? E se quel ragazzo le avesse fatto del male? E se
fosse… Sempre sola con quel calciatore… Potrebbe anche essere accaduto! La
virtù della mia nipotina… E se fosse incinta? E se lui non volesse il bambino?
E se… e se io fossi partita per la tangente e saltata di palo in frasca come
faccio al mio solito? Sì, decisamente l’ultima. Katherine, ricordati di avere
fiducia. Fiducia. Fi-du-cia. Fiducia. Sì, devo fidarmi di Patty, di Holly e
anche di Roberto. Devo chiedergli conferma dei miei sospetti.
-
Roberto, tu credi che i nostri protetti possano fare sesso non protetto durante
le pause dell’allenamento?
La
risposta di Roberto rimase impressa nella plastica della penna: un profondo
solco dal quale sgorgò dell’inchiostro nero che sporcò la sua bocca.
-
Era solo un’ipotesi… magari sono scappati perché pensavano che non avremmo
accettato il bambino.
Nonostante
il saporaccio dell’inchiostro gli facesse venire la nausea e pensasse che forse
era tossico Roberto non mosse un muscolo.
Roberto Sedinho 07 Aprile ore 00:54 PM
No…
non è possibile… non Holly… e poi Patty era così contraria… dopo matrimonio…
matrimonio a quell’età e senza il consenso dei tutori… li sposerebbe solo un
pazzo nel quartiere più malfamato di Tokyo… No, è impossibile che accada una
cosa simile! I-m-p-o-s-s-i-b-i-l-e! M-a-i!
-
No- biascicò- Patty non accetterebbe mai di farlo senza prima essersi sposata,
lo sai.
La
donna annuì e lì la conversazione cadde.
Un’ora
più tardi il commissario Shinohara entrò nella stanza come un turbine.
-
Hanno trovato la macchina a Tokyo. Li stanno cercando.
I
due tirarono un sospiro di sollievo.
-
E dove esattamente?
-
A Kabukicho.
Roberto Sedinho 07 Aprile ore 00:54 PM
Oh
merda!
Roberto
si alzò con il massimo della dignità concessa dall’incresciosa situazione e
cadde rovinosamente a terra.
-
Teoricamente sono le madri quelle preoccupate se le loro figlie vanno a
Kabukicho. Sa, i love hotel… le notti brave… le gravidanze indesiderate… Di
solito le mamme preferirebbero che le figlie arrivassero illibate al
matrimonio.
-
Ah, io non mi preoccupo del sesso prematrimoniale- disse sfilando davanti a
Roberto con un sorriso omicida dipinto sul suo bel volto- Il qui presente
Roberto Sedinho mi ha assicurato che prima di andare al love hotel mia nipote
si sposerà con il suo ragazzo nonché compagno di fuga. Quindi il frutto dei
loro lombi nascerà all’interno del matrimonio. Civile o religioso non importa,
magari concepito in una squallida stanza di un hotel pieno di prostitute… ma
sarà un bambino con due genitori minorenni legalmente sposati in un qualche
schifoso posto di una periferia malfamata e corrotta. Grazie per avermi fatta
sentire meglio, Roberto.
La
donna uscì dalla stanza con passo marziale, lasciando gli uomini da soli.
-
Che bambola!- sussurrò Shinohara.
-
Che casino!- rispose l’uomo sporco di inchiostro ancora seduto sul pavimento.
Patty
guardò nuovamente l’uomo di tipo caucasico che indossava un completo di
lustrini di un viola talmente acceso da far male agli occhi.
I
capelli scuri impomatati e i baffi arricciati color del fuoco davano una
impressione davvero poco clericale a quello che teoricamente doveva essere un
ministro della chiesa cattolica ma che con quel sorriso falso dipinto in volto
sembrava piuttosto Lucifero senza corna e piedi caprini.
-
Allora signorina, vuoi tu prendere questo bietolone qui accanto come tuo
legittimo sposo entro il secolo?
Patricia
abbassò gli occhi. Aveva detto a Holly che l’avrebbe fatto ma sposarsi davanti
a quel tizio vestito in modo assurdo e che la trattava in maniera così sgarbata
si sentiva a dir poco mortificata!
-
Ti dai una mossa? Io mi voglio sposare prima che mi si rompano le acque e di
questo passo partorirò qui per terra.
La
ragazza in chiaro stato interessante che aveva accettato di farle da testimone
le rifilò una gomitata. Viste le dimensioni del suo ventre Patty non aveva
problemi a credere che avrebbe potuto capitare una cosa simile.
-
Scusami… - sussurrò ad occhi bassi.
-
Allora, ti vuoi sposare con questo tizio sì o no?
Lo
sgarbato prelato l’afferrò per la spalla e scosse.
-
Sì, lo voglio- sussurrò la ragazza tra le lacrime.
-
Alla buon’ora, cocca!- esultò l’uomo- E tu, vuoi prendere questa frignona come
tua legittima sposa in modo tale di potertela spassare con lei senza che i
genitori possano dirvi nulla?
Patty
impallidì e Oliver, già livido di rabbia, afferrò l’uomo per il colletto.
-
Chiedile immediatamente scusa o ti faccio ingoiare le scarpe.
L’uomo
era più basso e più leggero di lui quindi fu facile sollevarlo da terra per
puntualizzare meglio la sua affermazione.
-
Scu…sa…mi… cattivo… cattivo Don Carlo…
Oliver
lo lasciò andare.
-
Io vorrei prendere in sposa la qui presente Patrica Gatsby… ma non qui e non
stanotte. Voglio che abbia un matrimonio da favola e non un incubo simile.
-
Vorrei prendere a calci i vostri culetti pallidi, ragazzini, ma smammate prima
che qualcuno abbia le doglie.
-
O che qualcuno scopra che stava per sposare due minorenni.
-
Prova a dirlo a qualcuno ed io te la farò pagare- disse, estraendo da una tasca
del completo qualche centimetro di una lama dall’aria molto pericolosa- Quindi
adesso sei pregato di andartene e di portarti via la tua troietta.
Oliver
avrebbe voluto rispondergli per le rime ma decise di non farsi ripetere due
volte l’avvertimento del prelato dall’aria pericolosa. Afferrata Patty per un
braccio uscì dalla sala in cui aveva cercato di proteggere la donna che amava e
dove aveva rischiato di umiliarla nel modo peggiore che potesse trovare.
Oliver
e Patricia, seduti sulla fredda panca metallica della loro cella, aspettavano
con il cuore in gola l’arrivo dei loro tutori.
Patty,
inconsolabile, aveva il volto affondato nella maglietta del suo compagno e
piangeva tutte le lacrime che aveva a disposizione mentre Oliver cercava di
confortarla stringendola a sé.
Oliver Hutton 07 Aprile ore 03:06 PM
Ok,
questa volta Roberto mi scuoia vivo… Ci hanno presi in un quartiere di Tokyo a
dir poco equivoco. Forse sarebbe stato peggio se ci fossimo sposati… come
minimo mi avrebbe ammazzato. Certo, forse Patty sarebbe arrivata prima… Ma
come mi è saltato in mente di tentare di sposarmi in un posto simile e con un
prelato simile? Non permetterò che la porti a Londra, poco ma sicuro. La
sposerò in modo consono, con una vera cerimonia da favola per farmi perdonare
di quello schifo di pseudo matrimonio.
Patricia Gatsby 07 Aprile ore 03:06 PM
Oliver…
finirò in galera a Londra… mi chiuderanno in cima alla Torre di Londra… zia mi
rinchiuderà in quel suo appartamento e non uscirò mai più. Perderò la mia vita…
i miei amici… e marcirò in galera per furto d’auto. Io non voglio! Non voglio!
Voglio la mia vita, maledizione! Voglio vivere con Oliver, sposarmi, avere dei
figli e vivere la MIA vita come voglio, maledizione! Io non voglio Londra né
nessun altro posto che non sia casa mia con Oliver!
-
Le tue lacrime di coccodrillo non mi incantano, Patricia.
La
ragazza alzò gli occhi sulla donna che si stava avvicinando alle sbarre con
passo marziale. Katherine Gatsby, perfetta sui suoi tacchi a spillo vertiginosi
e elegantissima con il suo completo rosso, era a pochi metri da loro.
-
Io a Londra non ci vengo manco morta!
Il
grido di pura rabbia uscito dalle labbra di Patty la fece rabbrividire. In
quegli occhi arrossati c’erano rabbia, rancore, delusione e odio, sentimenti
che la donna credeva non potessero appartenere alla sua adorabile e dolcissima
nipote.
-
Se ti sei stancata di me vattene pure! Io da casa mia non mi muovo e tu non
puoi costringermi ad andarmene! Se non vai d’accordo con Roberto vattene ma non
distruggere la mia vita!
Il
commissario Shinohara, Roberto e Katherine studiarono con attenzione quella
specie di belva strillante che Oliver tratteneva a stento sulla panca della
cella.
-
Signorina, perché non mi ha riferito che voleva portare la ragazza all’estero?
La
donna non si mosse: fissava imbambolata sua nipote chiedendosi perché pensasse
che volesse portarla via.
-
Non hai neanche il coraggio di rispondere a quel poliziotto?- ringhiò la
nipote.
-
Io non so di cosa tu stia parlando.
L’ammissione
della donna era pura, innocente, e ciò fece svanire immediatamente la rabbia di
Patty.
-
Cosa?! L’hai detto tu oggi mentre litigavi con Roberto! Hai detto che avresti
fatto di tutto per allontanarti da lui, anche distruggere la mia vita.
Katherine
abbassò gli occhi.
-
Ero furibonda… avrei detto di tutto pur di fargli del male…
-
E mi hai usata, vero?
Annuì.
-
Ed io che ci ho creduto! Ho rubato un’auto pur di non venire a Londra con te! E
per poco non mi sposo in uno squallido quartiere a luci rosse pur di impedirti
di avere il controllo della mia vita! Ti rendi conto di quante cazzate ho fatto
pur di poter restare in Giappone, zia?
Katherine Gatsby 07 Aprile ore 03:06 PM
Cavolo…
sono stata io a fare questo casino. Se non fossi stata così impulsiva Patty non
si sarebbe sentita messa alle strette e costretta a fare una pazzia. Sono
davvero pessima come tutrice.
-
Scusami… non immaginavo neanche che tu potessi aver sentito quella brutta
discussione. Mi dispiace.
-
Dispiace anche a me… mi sono rovinata la vita per aver ascoltato la vostra
conversazione. Non è colpa tua. Nessuno mi ha costretta a farlo, dopotutto.
Detto
questo tornò a singhiozzare contro Oliver e i tre se ne andarono. Non era stato
necessario parlare per far capire a Katherine e Roberto che Shinohara aveva
bisogno di discutere della situazione con loro.
Katherine
e Roberto, seduti l’uno accanto all’altra sulla panca della fredda cella, non
si rivolgevano la parola da quando si erano accollati la colpa del furto
dell’automobile di fronte al vecchietto a cui i ragazzi l’avevano rubata, il
quale aveva accettato di ritirare la denuncia purché i ragazzi e i tutori
facessero una notte di carcere.
Era
per quel motivo che adesso si trovavano lì, chiusi in una cella, mentre i loro
ragazzi dormivano nei loro letti. La donna dai capelli rossi si mise le mani
tra i capelli e sbuffò, lanciando un’occhiata al suo compagno di prigionia.
Stranamente sembrava tranquillo e rilassato, le mani dietro la testa per non
doverla posare a diretto contatto con il cemento della parete retrostante e le
gambe distese. Guardava un punto del soffitto che alla donna non diceva nulla.
Katherine Gatsby 08 Aprile ore 01:56 AM
Chissà
che cosa diavolo sta pensando quest’uomo? Che si sia pentito di aver coperto la
bravata di Patricia? Oppure sta pensando al suo pupillo che è stato
praticamente rapito da mia nipote? Giuro, quei ragazzi un giorno o l’altro ci
faranno morire di crepacuore! Eppure non posso fare a meno di voler bene a quei
due birbanti.
-
Non li scuoierò, se è di questo che ti preoccupi. In fondo siamo stati noi a
spingerli a fare una cosa simile. Anzi, sei stata tu a spingere tua nipote a
fare una cosa simile ed io ho messo sopra il carico.
Katherine
sorrise al sentire quelle parole.
-
Avranno una punizione da qui al giorno del Mai- aggiunse- Ma non credo sia
consigliabile tartassarli troppo. Li abbiamo messi sotto pressione ed era
naturale che reagissero impulsivamente.
-
Mi dispiace averti messo in questo guaio. Se avessi saputo cucinare Patty non
sarebbe stata così disperata dal rubare.
-
Se io avessi chiuso questa mia boccaccia non avresti detto certe cose e Patty
non si sarebbe spaventata. Abbiamo colpa entrambi, Kate, e forse il più
colpevole sono stato io, sempre pronto a buttarti giù.
-
Nessuno mi hai mai chiamata Kate.
-
Suona bene. E ti sta d’incanto.
-
Kate… mi piace.
L’uomo
chiuse gli occhi e la donna fece altrettanto, appoggiandosi a lui per stare più
comoda.
-
Non stai esagerando?
-
Siamo tutori. Abituiamoci ad andare d’accordo.
-
Andare d’accordo non è metterti a dormire addosso a me.
-
Cominciamo da qui.
-
E perché?
-
Perché sei comodo.
La
donna sorrise e Roberto non poté fare a meno di imitarla, per poi passarle una
coperta per ripararsi dal freddo pungente di quella cella.
-
Sai che sei una donna bellissima?- sussurrò.
-
Me l’hanno detto in molti.
-
Sai di avere anche un pessimo carattere?
-
Lo so. Ma neanche tu sei uno zuccherino.
-
Sai che non ti sopporto?
-
Neanche io.
-
E sei una pessima cuoca.
Katherine
si tirò su e lo fissò negli occhi.
-
Tu sei un rompiscatole di prima categoria! Per una volta tanto che andavamo
quasi d’accordo…
Roberto
non seppe mai cosa avrebbe voluto dire perché la donna, di punto in bianco, si
bloccò e lo baciò con un trasporto tale da confondergli la mente abbastanza da
fargli dimenticare i litigi e la sua pessima cucina. Quella donna piacente lo
stava baciando. Cosa gli importava di cose futili come il fatto che si
trovassero in una cella e che avessero litigato fino a qualche secondo prima?
Era qualcosa di bello, lei sembrava piuttosto decisa a continuare e lui poteva
anche procrastinare i pensieri ad un altro momento meno denso di impegni.
Un
urlo disumano squarciò la quiete di un tranquillo mattino di aprile in quella
che era ormai diventata casa Gatsby-Sedinho-Hutton.
Patty
si portò le mani al volto e coprì gli occhi, sperando che ciò che si trovava
davanti a lei svanisse al più presto.
Si
era svegliata molto presto quella mattina e voleva fare una doccia in santa
pace.
Aveva
sentito l’acqua scrosciare ma, visto che non aveva avuto risposta, aveva aperto
la porta credendo che non ci fosse nessuno.
Patrica Gatsby 15 Aprile ore 06:29 AM
Che
sbadati Holly e Roberto! Scommetto che ieri sera erano talmente stanchi da
lasciare aperta l’acqua. Certo che è un bello spreco! Più tardi tirerò le
orecchie a entrambi i calciatori, sissignore.
Sfilò
rapidamente ogni capo di abbigliamento che aveva indossato per la notte, si
avvolse in un asciugamano lilla ed aprì la tenda dietro la quale scrosciava
l’acqua.
L’ultima
cosa che Patty si aspettava di vedere era una coppia avvinghiata nel vano
doccia, entrambi con aria sbalordita e molto intimi, a giudicare dalla
posizione dei corpi nello stretto spazio.
Patty
chiuse immediatamente la tendina.
Non
era cosa da tutti i giorni trovare la propria zia in dolce compagnia nel vano
doccia ma non si trattava neanche di un evento così significativo.
Del
resto non era neanche così eclatante trovare l’allenatore del proprio ragazzo
nella medesima condizione.
Il
vero problema era che se sommate le cose avevano dello straordinario e se si
considerava anche la loro palese antipatia era paragonabile allo stupore che
avrebbe potuto provare trovando un passerotto che discuteva della filosofia di
Nietzsche con il grosso gatto tigrato che aveva come unico desiderio quello di
stroncare la sua esistenza.
In
pochi minuti nella stanza apparve anche un Oliver Hutton appena buttato giù dal
letto. Aveva gli occhi semichiusi e la t-shirt con cui dormiva era storta.
Sbadigliando, Holly si tirò su i boxer dal motivo a palloni di calcio e guardò
Patty.
-
Cosa succede?
Patty
indicò la tenda che aveva prontamente chiuso dopo aver scoperto la coppia che
si nascondeva all’interno del vano doccia.
Katherine
Gatsby e Roberto Sedino si prepararono ad essere nuovamente osservati mentre
erano intenti nelle intime effusioni che ormai andavano avanti da un paio di
settimane e che avevano tanto faticosamente tenute nascoste ai due adolescenti
con cui dividevano la casa. Patty sembrava molto tranquilla e decisa ad andare
avanti con certe idee ma era consigliabile non far capire loro cosa accadeva
sotto le lenzuola. O, come aveva detto una sera Katherine ad un assonnato
Roberto, farli restare all’oscuro di quanto fosse bello condividere certi
momenti della giornata con la persona amata.
Holly
guardò l’uomo e la donna con aria assonnata poi chiuse la tenda con la stessa
flemma con la quale l’aveva aperta ed osservato i due personaggi avvinghiati
nel vano doccia.
Patricia Gatsby 15 Aprile ore 06:31 AM
O
non si sente bene o si tratta di cecità temporanea. Ha appena visto mia zia e
Roberto nel vano doccia! Nudi! E anche piuttosto impegnati, direi! Ma pensa che
si stiano lavando la schiena a vicenda? No. Lui a certe cose pensa. E’ un
sedicenne non ancora sessualmente attivo ma che sa di cosa si tratta. Non so se
ha mai visto un porno in vita sua ma ormai in ogni film si vedono scene simili…
dovrebbe saperlo. Insomma, lui non vede solo il pallone come una volta e almeno
una volta DEVE aver visto qualcosa del genere, soprattutto dopo quella
discussione tra noi sulla questione della castità. Non capisce che quei due
stanno facendo sesso nella doccia?
Si
mise davanti a Patty e con la stessa aria assonnata con la quale aveva studiato
i due guardò la sua ragazza.
-
Quella è tua zia- disse, indicando la tenda chiusa dietro la quale i due si
guardavano, imbarazzati e preoccupati per la reazione dei ragazzi.
Patty
annuì.
-
E quello che sta lì dentro con lei è il mio tutore.
La
ragazza annuì di nuovo.
-
E sono nella doccia a quest’ora del mattino.
-
Esatto.
-
Nudi.
-
Sì.
-
Insieme.
-
Non capisco dove tu voglia arrivare, Oliver.
-
E fanno sesso.
-
Lo facevano quando io li ho beccati.
-
Capisco.
Il
ragazzo annuì e, sospirando, uscì dalla stanza, seguito da vicino dalla sua
ragazza, preoccupata per quella reazione così controllata a quell’inaspettata
novità.
-
Holly, ti senti bene?- gli chiese, fermandolo prima che iniziasse a scendere al
piano di sotto.
Il
ragazzo scosse il capo e solo allora, quando potè guardarlo nuovamente dritto
in volto, Patty si accorse di quanto poteva essere imbarazzato per la
situazione.
-
Cazzo- disse, sedendosi sul primo gradino- E’ stato imbarazzante come beccare i
propri genitori.
-
Già.
-
Tu lo sapevi?
Patricia
scosse il capo.
-
Io pensavo che si odiassero a vicenda- ammise la ragazza, accomodandosi accanto
a lui con calma, per evitare che Holly potesse scovare qualcosa sotto il grande
asciugamano che indossava.
Holly
appoggiò la testa sulla sua spalla nuda, solleticandole il collo con i capelli.
-
Non me lo sarei mai aspettato da loro. E tu?
-
Te l’ho già detto, Holly, il fatto che stiano insieme mi coglie del tutto
impreparata. Non pensavo che sarebbero mai andati d’accordo invece… invece
sembrano aver trovato una bella intesa.
Holly
piegò appena la testa, in modo da poter incontrare gli occhi della sua
coinquilina e compagna.
-
A me quella sembrava più di una bella intesa. Mi sembrava più… come dire… un
bel rapporto.
Patty
arrossì.
-
Non farmi ripensare a ciò che ho visto, Holly. Tu li hai visti fermi ma quando
sono arrivata io erano in piena attività.
Holly
sorrise in un modo che Patty non aveva mai visto. Nei suoi occhi così innocenti
adesso c’era una luce diversa, molto distante da quella che appare negli occhi
di un bambino che gioca a pallone e chiama amico la sfera bicromatica che
rotola tra i suoi piedi. Era qualcosa di molto maturo e magnetico.
-
Posso immaginare ciò che hai visto. Sai, devo ammettere che un po’ li invidio…
-
Non ti capisco- disse Patty, nervosa e tutt’altro che all’oscuro del motivo
dell’invidia di Oliver.
-
Li invidio perché condividono quel momento di intimità. Deve essere bello
diventare un tutt’uno con la persona per la quale provi fortissimi sentimenti.
Eppure la mia invidia si ferma lì e da quando abbiamo fatto quella discussione
ho iniziato anche a pensare ad un’altra cosa.
-
Ossia?
-
Se è così bello quando lo si fa quando si vuole, pensa cosa diventa quando c’è
l’attesa del momento, il sapere che un giorno sarà così anche per noi ma che
non è ancora accaduto per farne un evento ancora più speciale. Celebrare in un
modo così completo la nostra unione davanti al mondo è il tuo sogno e penso che
potrebbe diventare un po’ anche il mio.
Detto
questo il ragazzo si alzò in piedi, lasciando seduta la sua ragazza.
-
Penso che quei due abbiano finito. Va pure a farti la tua doccia mentre io
preparo la colazione per quattro. Ho la sensazione che dovremo parlare di
alcune regole con i nostri tutori tipo i luoghi off limits per le loro
effusioni.
Patty
annuì ma solo quando lui entrò in cucina si alzò. Non voleva staccare gli occhi
dal ragazzo che non solo aveva accettato questo suo desiderio di purezza fino
al matrimonio ma che la lodava per quella scelta che a lui costava non poco in
autocontrollo.
Sentì
il suo cuore esplodere di gioia e a fatica trattenne le lacrime di commozione
che continuavano a salire ai suoi occhi nonostante la sua ferma volontà di
ricacciarle indietro.
Patty
e Oliver avevano appena finito di definire aree “sex-free” ogni locale della
casa ad eccezione delle stanze dei due amanti quando il clacson del postino
richiamò la loro attenzione.
Sapevano
che quando faceva così era perché era arrivata posta aerea quindi i ragazzi si
precipitarono alla cassetta della posta, dove tra un paio di pubblicità ed una
bolletta spiccava, bianca al centro e con i bordi colorati, una lettera
dall’Europa.
-
E’ di Colette! Non ci speravo più!
Patty
strinse al petto l’attesa missiva per qualche istante poi aprì rapidamente la
lettera inviatale da un paese dal nome impronunciabile. Sapendo che Colette
abitava ad Amburgo si stupiva di quella strana località riportata sul timbro
postale. Aveva sentito dire che il contratto di Benji con l’Amburgo era stato
bruscamente rescisso ed era preoccupata per la neonata relazione del portiere
con la figlia del presidente, soprattutto perché sospettava che gli eventi
fossero connessi.
Carissima Patricia,
come stai? Holly migliora?
E la convivenza tra il signor Roberto e la signorina Katherine? Spero che la
loro intesa sia migliorata.
Nel caso la notizia non
fosse arrivata lì in Giappone, cosa assai improbabile, informo te e tutti gli
altri ragazzi che Benji non è più un giocatore della squadra di mio padre.
Il quindici marzo ha
rescisso il contratto e adesso siamo in viaggio per l’Europa in cerca di un
nuovo ingaggio.
Esatto, hai letto bene.
Siamo.
Di sicuro in Giappone non
sapete nulla di tutto ciò, quindi vi spiego tutto.
Il sette marzo io ho
interrotto la cerimonia che avrebbe unito in matrimonio mio padre Charles con
la sua segretaria Edith Stein, una donna interessata soltanto al suo denaro.
Purtroppo ho fallito.
Mio padre, nonostante le
mie parole contro Edith, si è sposato. E non è finita qui. Ha preso a male
parole Benji e mi ha imposto di lasciarlo stare.
E’ stato davvero ingiusto
nei suoi e nei miei confronti ed è per questo che ho dato l’addio a mio padre e
ora seguo Benjamin per l’Europa. Ho rinunciato al mio denaro ed ho acquisito il
cognome di mio marito.
Esatto, hai nuovamente
letto bene.
Colei che ti sta scrivendo
è la signora Colette Price.
Grazie al caro Freddy
siamo riusciti ad organizzare tutto e, in una piccola chiesa della Svizzera, un
vecchio sacerdote un po’ sordo ci ha uniti in matrimonio.
La faccia di Benjamin era
un vero disastro quando gli ho fatto la proposta.
Esatto.
La proposta di matrimonio
l’ha fatta la sottoscritta.
Ci crederesti che la
timida Colette Montgomery potesse fare una proposta di nozze?
Eppure l’ho fatto e Benji…
lui è diventato di mille colori prima di chiedermi se avevo svuotato la conca
dell’acqua santa o avevo rubato di nascosto il vino dalla sagrestia. Ed io che
non ero mai stata più seria di così! Per fortuna lui ha capito e accettato!
Così adesso sono una donna
regolarmente sposata e nessuno potrà mai separarmi dal mio amato Benjamin.
Sono così felice!
E che luna di miele stiamo
facendo! Abbiamo già visitato Roma, Milano e Firenze in Italia, Losanna e
Ginevra in Svizzera, Parigi e Marsiglia in Francia e Berlino. Ancora non ha
preso una decisione perché mancano il Portogallo e la Spagna.
Nel caso in cui non riesca
ad essere soddisfatto delle condizioni delle squadre europee opterà per il
campionato sudamericano o per quello giapponese.
A me non importa cosa
sceglierà. La mia casa è lui e dovunque lui vada io sarà al suo fianco per
sostenerlo e aiutarlo. Fino a quando mio padre non mi ha imposto di scegliere
tra lui e Benjamin non avevo capito quanto potesse essere importante il nostro
sentimento. Ora lo so e sono felice di aver scelto Benji.
Se sarà possibile verremo
a trovarvi in estate.
Per ora un saluto speciale
da
Colette Price
Ex Montgomery
La
ragazza porse al suo compagno la lettera e la foto allegata.
-
Sono davvero poco originali- disse fingendo sdegno.
Oliver
rise di gusto nel leggere quella lettera. Come diceva una celebre pubblicità,
molte cose avevano un prezzo… ma tra queste non c’era il vedere la faccia color
porpora Benjamin Price che posava per la foto del suo matrimonio!
Note
dell’Autrice:per questo
particolare capitolo devo aggiungere un ringraziamento speciale a Luxy.
La
sua fan fiction “I Gatti non sono Cani” mi ha ispirata fortemente e senza di
questa forse non avrei mai ambientato in una cella una sola scena di Life,
figurarsi una scena simile! Se quella scena vi è piaciuta ringraziate lei e la
sua impareggiabile bravura per avermi fatto sognare.
Se
non si fosse capito Kabuchicho è un quartiere piuttosto malfamato di Tokyo.
Ah,
e vi assicuro che l’istinto di sopravvivenza può davvero spingere una persona a
fare ciò che ha fatto Patty.