La trilogia dell'Angelo Nero - II - La Maschera della Notte

di daemonlord89
(/viewuser.php?uid=308001)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo - Volti ***
Capitolo 2: *** Capitolo primo - Un piano d'attacco ***
Capitolo 3: *** Capitolo secondo - Lo scontro ***
Capitolo 4: *** Capitolo terzo - Intrusione ***
Capitolo 5: *** Capitolo quarto - Il Karshim ***
Capitolo 6: *** Capitolo quinto - Il Circolo degli Angeli ***
Capitolo 7: *** Capitolo sesto - La biblioteca sepolta ***
Capitolo 8: *** Capitolo settimo - Rivelazioni ***
Capitolo 9: *** Capitolo ottavo - Magia dimenticata ***
Capitolo 10: *** Capitolo nono - Cinque secoli ***
Capitolo 11: *** Capitolo decimo - L'ingresso ***
Capitolo 12: *** Capitolo undicesimo - La verità sulla creazione ***
Capitolo 13: *** Capitolo dodicesimo - Il massacro dei Divini ***
Capitolo 14: *** Capitolo tredicesimo - Il potere dell'odio ***
Capitolo 15: *** Capitolo quattordicesimo - La negazione del sole ***
Capitolo 16: *** Epilogo - L'Angelo Nero ***



Capitolo 1
*** Prologo - Volti ***


PROLOGO
-Volti-

 

---Roccaforte dei Draghi, sala dei troni---

Le immense arcate della sala incombevano sull'uomo, adagiato sul trono. Lo stile architettonico gotico, un tempo amato, ora sembrava chiudere le pareti intorno a lui. Il respiro era affannoso e le mani gli tremavano leggermente. Sintomi dell'età avanzata, avrebbe detto qualunque medico. Ma lui sapeva che c'era ben altro, dietro. Da tempo temeva quel momento.

Rumori di battaglia lo indussero a voltare il capo verso una grande vetrata, situata non lontano, alla sua destra. Non aveva bisogno di aprire la finestra e uscire sul balcone, per sapere cosa stesse succedendo. Da ormai due anni infuriava la guerra civile. Un tempo era stato convinto che si sarebbe risolta in niente, ma le sue aspettative erano state tradite. In quei due anni aveva visto palazzi e monumenti crollare sotto la furia dell'onda ribelle, che solo a sento poteva essere contenuta dai soldati dell'esercito. All'inizio, erano i ribelli ad essere confinati in poche aree; ora, la situazione si era ribaltata. Il governo e i suoi soldati avevano ancora il controllo delle zone più importanti della capitale, ma numericamente erano ridotti all'osso. La fine sembrava essere vicina, ma la resa non era un'eventualità da prendere in considerazione.

In lontananza si aprì e si richiuse la porta che dava sulla sala. Il tonfo dei quaranta chili di legno e ferro rimbombò tra le colonne, mentre l'uomo sul trono notava una figura, vestita esattamente come lui, avanzare nella navata centrale.

“Lord Bereth.” lo salutò, chinando il capo. L'altro imitò il gesto.
“Lord Krass.”
“Cosa ti porta qui?” domandò Krass, alzandosi dal seggio per sgranchirsi la schiena. Il viso dell'altro reggente era segnato da un dolore simile al suo, gli occhi sottili adombrati. I due sguardi si incontrarono.
“Credo tu lo sappia bene.” disse Bereth.
“Non manca più molto tempo, vero?”
“No.”
“E la Maschera?”
“Vieni, guarda con i tuoi occhi.”

I due percorsero scalinate e corridoi, fino ad arrivare in una sala sotterranea, una cripta ornata di raffigurazioni e rilievi di draghi e mostri leggendari. La pianta della camera assomigliava ad un sole. Uno dei raggi era il corridoio d'ingresso, gli altri mostravano, affrescate, scene di un'era antica e dimenticata. Al centro della cripta, però, si trovava l'oggetto più importante: un piccolo scrigno, che poteva facilmente essere preso con le mani unite. Bereth si avvicinò ad esso e lo aprì, in modo che Krass potesse vedere. Al suo interno, il Lord vide una maschera, la rappresentazione di un uomo senza tratti somatici, completamente bianca. La maschera era danneggiata e certi punti erano ridotti in polvere.
“Il tempo è scarso, davvero.” commentò Krass.
“Domani terremo un consiglio.” informò l'altro “La guerra continua e, a breve, potremmo non essere più in grado di proseguirla.”
“Dobbiamo trovare qualcuno che ci succeda.

---Piazza della Nuova Vita---

La piazza era gremita di gente. L'atmosfera era rilassata e allegra; alcuni uomini e donne improvvisavano balli e canti, mentre Emerick, l'oste del Boccale Stracolmo, spillava e serviva birra gratis a chiunque la richiedesse. La gente lì raccolta, i ribelli che stavano sbaragliando le ultime linee difensive del governo, avevano due motivi per festeggiare: il primo era la distruzione di un avamposto militare governativo, avvenuta qualche ora prima, che aveva aperto una breccia nella capitale, la quale avrebbe permesso ai soldati di assaltare i quartieri nobiliari. Il secondo era l'arrivo di un nuovo uomo, che si era inserito tra le fila della ribellione e che era subito stato nominato generale.

“Ehi, Thalia!” chiamò un ragazzo di ventidue anni, alto e magro, cercando di attirare l'attenzione dell'amica che si stava facendo strada tra la folla verso il palco.
“Che c'è, Franc?” rispose lei, voltandosi. I suoi occhi azzurri, incorniciati da una massa di capelli castani che le scendeva solo fino alle spalle, lo cercavano. Ci mise un attimo ad individuarlo nella massa di gente.
“Aspettami, per l'amor di Maat!”
“Sei lento!” rise lei, continuando a sgusciare tra un uomo e l'altro.
“Uff.” si lamentò Franc, riuscendo infine a raggiungerla.
Si trovavano davanti ad una casa e Thalia indicò il tetto con un sorriso. Entrambi erano svelti ed agili, perciò non ebbero problemi ad arrampicarsi. Da lassù, la vista sul palco era invidiabile. Franc, comunque, dovette inforcare gli occhiali che aveva tenuto nascosti per evitare di perderli in mezzo alla folla o durante la scalata.

Un uomo era appena giunto sul palco ed era stato accolto con un'ovazione. Tutti battevano le mani e brindavano in suo onore, mentre lui si godeva il bagno di folla aprendo le braccia in un gesto teatrale. Sul suo viso giovane ma segnato dalle battaglie spiccava un enorme sorriso. Annuì compiaciuto e il ciuffo nero di capelli più lunghi, in cima alla testa quasi rasata ondeggiò.


Mentre un annunciatore elencava i dettagli delle operazioni andate a buon fine negli ultimi giorni, Franc e Thalia si concentrarono su quel nuovo arrivato.
“Ha un volto conosciuto.” disse il ragazzo. L'amica si girò e soffocò una risata. Franc la guardò interrogativo.
“Per forza!” spiegò lei “L'avrai visto un milione di volte, su un milione di libri!”
“Ah, ecco!” si ricordò l'amico, dandosi una pacca in fronte “E' quell'eroe, vero? Quello che viene dal nord, e che ha avuto un ruolo centrale nella storia di quella cittadina... Come si chiamava?”
“Landam. Si chiamava Landam.” disse Thalia “E sì, è proprio lui. Hayst M'auget. L'uomo che ci porterà alla vittoria.”


 

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Capitolo primo - Un piano d'attacco ***


CAPITOLO PRIMO
-Un piano d'attacco-

 

---Caserma del quartiere est di Makrath-

Dalla finestra della sua stanza Hayst poteva vedere il cortile della caserma: un tempo quel luogo era una delle sedi della guardia cittadina della capitale di Kemoria, ma da tempo era diventata la base dei ribelli, che l'avevano espugnata nelle prime fasi della guerra civile e l'avevano reclamata. La caserma era in realtà un complesso di quattro edifici, disposti come i lati di un quadrato attorno al cortile dove si tenevano le sessioni di addestramento. Alla sera, inoltre, si mangiava lì, tutti assieme. Ormai era tardi e gli addetti stavano finendo di sparecchiare, mentre gli ultimi fuochi si spegnevano. Il ragazzo, ormai vicino ai trent'anni, si stirò la schiena e sbadigliò sonoramente.

Due anni prima, assieme al suo grande amico Ferren e ad alcuni uomini conosciuti quasi per caso, aveva partecipato a quella che sarebbe stata ricordata come una delle operazioni più importanti ai fini della salvezza del continente. Kemoria aveva rinvenuto un antico arco di pietra, in realtà un portale dimensionale creato dagli antichi, e voleva utilizzarlo per assorbire il potere di un altro piano d'esistenza, in modo da rendere invincibile il suo esercito. Ciò, però, avrebbe portato a qualcosa di ben peggiore della semplice dittatura. Il portale, infatti, si apriva su una prigione extra-dimensionale, costruita da chissà quali creature per contenere un'entità oscura, un conquistatore di dimensioni. Già in passato questo era stato liberato e aveva generato, come sua progenie, un esercito di demoni che stavano conquistando l'intero continente di Arasta. I demoni erano stati fermati grazie ad un incantesimo che li aveva imprigionati nel ghiaccio, ma che dipendeva a sua volta da un arco dimensionale. Per aprire la prigione, Kemoria aveva sfruttato una setta più o meno segreta, i Petali Neri, che aveva il compito di recuperare una pietra di attivazione, trafugandola dall'arco del ghiaccio, al nord, e disattivando in questo modo l'incantesimo, per portarla a Landam. In un solo colpo, rischiavano di liberare i demoni e il loro signore. Fortunatamente erano riusciti a fermare il processo appena in tempo, grazie anche all'aiuto di uno dei capi dei Petali, il professor Fass, che, rendendosi conto dell'errore che aveva commesso, decise di lanciare un incantesimo per far collassare la prigione dimensionale, distruggendo il conquistatore. I demoni, al nord, privati dell'essenza del loro comandante, avevano semplicemente
smesso di funzionare.

Hayst e Ferren facevano parte dell'ordine dei Guardiani, fondato per vigilare sull'arco del ghiaccio e impedire il ritorno dei demoni. L'ordine, in seguito agli avvenimenti di Landam, era stato sciolto ed ogni Guardiano era stato finalmente libero di vivere la vita secondo la propria volontà. I due amici erano rimasti in contatto per un periodo di tre mesi, al termine del quale Hayst aveva preso una decisione avventata ma che covava da anni; si era recato in una città portuale e aveva preso la prima nave disponibile per il continente di Shai, ad est. Lì aveva esplorato un mondo sconosciuto, aveva preso contatto con molta gente e si era anche fidanzato con un'indigena, Amina. Era riuscito a dimenticarsi del dolore e delle pene sofferte. Alla fine, però, anche in quel continente erano giunte le notizie della guerra che si stava combattendo a Kemoria. Hayst si trovò ad un bivio: accettare di vivere la nuova vita senza pensare al passato o tuffarsi in esso per mettere a posto ciò che ancora poteva essere messo a posto. La fidanzata voleva che restasse con lei, che si sposassero, ma alla fine lui aveva deciso di tornare su Arasta. Aveva preso contatti con i ribelli ed ora era lì, a capo dell'esercito. Comprendeva bene le motivazioni che avevano spinto i rivoluzionari kemoriani a nominarlo generale; si aspettavano molto da uno che, come lui, aveva fama di eroe.
L'ex-Guardiano strinse i pugni.
Non devo deluderli.

Poco dopo, uscì in un corridoio illuminato da alcune torce, poste sulle pareti ad intervalli regolari. Doveva recarsi nella sala delle strategie, allestita al piano inferiore, per decidere un piano d'azione da seguire nei giorni successivi. La struttura della caserma era semplice ma funzionale, in modo da agevolare i soldati durante le emergenze. Le scale erano enormi, potevano sopportare il passaggio di cinque uomini posti uno di fianco all'altro, e si trovavano davvero ovunque. Non c'era mai una sola scala per accedere ad una sezione. Prima che potesse imboccarne una, comunque, fu costretto a girarsi, udendo delle voci concitate provenire da uno dei dormitori accanto.
“Eh, merda?” riuscì a cogliere. Un altra voce rispose, ma non capì ciò che disse.
Spalancando la porta, notò due uomini, uno in piedi a l'altro a terra, seduto e puntellato con i polsi. Quello in piedi era piuttosto robusto, con la testa rasata a zero e tatuata di bianco, verde ed arancione, i colori di Kemoria. L'altro, più magro, aveva una rada barba, che denotava la sua giovane età, rossa come i capelli.
“Che succede qui?” esordì Hayst, fermando la lite. L'omaccione si voltò e lo squadrò in cagnesco.
“Oh, è arrivato il cazzo di paladino.”
“Ehi, ragazzo, non ti permetto di parlarmi in questo modo!”
L'altro ringhiò. Probabilmente per dire che aveva capito.
“Allora, cos'è questa storia?”
“Questo sbarbatello stava rubando le medicine dal magazzino per le risorse!”
“Ti prego!” piagnucolò l'altro, strisciando verso Hayst “L'ho fatto per mia sorella! Sta molto male!”
“Non importa!” tuonò il pelato “Le medicine sono razionate, capito? Razionate!”
“Ma...”
“Zitti tutti!” sbraitò Hayst, seccato “Spiegatemi bene e con calma la situazione.”
A quanto pareva, la sorella del ragazzino aveva contratto una grave forma di febbre, che la stava portando alla morte. Secondo lui, con le medicine che stava rubando avrebbero potuto salvarla. L'altro, però, che si rivelò essere uno degli addetti al razionamento, era di opinione contraria. Secondo lui non c'erano speranze. Hayst riflettè a lungo e poi parlò.
“Dai le medicine al ragazzo.”
“Ma come...?”
“Stiamo combattendo per i nostri diritti, giusto? Quale diritto è più importante di quello alla vita? Dai le medicine al ragazzo.”
“Grazie, grazie, generale!” si inchinò l'altro. L'addetto se ne andò borbottando.
“Stupido paladino del cazzo.”
Hayst stava per rispondergli, ma il ragazzo lo fermò
“Lasci perdere, signore. E' una testa calda. Non otterrebbe nulla discutendo con lui.”
“Mmm. Come si chiama?”
“Geral. Geral Saint'Ame.”
“Grazie. Ora va.” concluse il generale, dando una pacca sulla spalla all'altro.

Qualche minuto dopo, si trovava nella sala strategica. La stanza era ampia e vuota, poiché non doveva contenere nulla di più di qualche mappa e un grande tavolo dove consultarle. Rhiz Gordon, un altro comandante dei ribelli, srotolò una grande pergamena, che mostrava la pianta della città. Molte zone erano segnate con un pennello, alcune in blu ed altre in rosso. Le prime rappresentavano i territori dei ribelli, le altre quelli ancora in mano al governo. La situazione era rosea, ma a sentire i soldati, le zone della città non ancora conquistate erano quelle meglio protette.
“Grazie alla nostra azione di stanotte,” disse Rhiz, puntando il dito verso una strada molto grande che portava fino ad un edificio che sembrava immenso “abbiamo aperto una strada verso il più grande ospedale di Makrath. Lì dentro ci sono provviste e medicinali.”
“Capisco.” annuì Hayst, intravedendo un piano “Se riuscissimo a requisirli, non solo daremmo un vantaggio al nostro esercito, ma infliggeremmo un duro colpo al nemico.”
“Esatto. Dobbiamo decidere come agire.”
“Un assalto frontale non ci porterà da nessuna parte, dovremo agire su due fronti. Un gruppo attaccherà da qui.” indicò la strada principale “Un gruppo consistente, in modo da tenere occupati i soldati. L'altro” si prese un attimo per pensare, al termine del quale individuò un vicolo che, passando dietro ad un complesso abitativo, portava a ridosso della parete est dell'ospedale “si introdurrà da qui. Comanderò io il secondo gruppo. Elimineremo eventuali resistenze interne, prenderemo ciò che dobbiamo prendere e vi daremo un segnale quando sarà il momento di ritirarvi.”
“Ritirarci?” Gordon sembrò sorpreso.
“Non ha senso combattere fino alla morte, se può essere evitato. Infliggeremo il colpo e poi torneremo qui, per riorganizzarci.”
I comandanti ribelli approvarono il piano con entusiasmo; avrebbero attaccato due giorni dopo. Infine si salutarono, pronti per andare a dormire.

Mentre Hayst camminava in direzione del suo appartamento, cominciò a pensare a chi chiamare a formare il suo gruppo d'assalto. Doveva controllare un po' in giro, ma di un nome era sicuro. Doveva dargli una lezione e voleva tenere fede ad un vecchio detto: tieniti stretti gli amici, ma ancor di più i nemici.

, pensò, sorridendo, Geral Saint'Ame verrà con me.





 

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Capitolo secondo - Lo scontro ***


CAPITOLO SECONDO
-Lo scontro-

 

---Vie di Makrath---

Il sole brillava, riflettendosi sulle armature e sugli scudi dei soldati ribelli che avanzavano per una delle vie principali della capitale, che partiva direttamente dalla caserma. Non avevano un equipaggiamento ufficiale, come l'esercito del governo, ma erano riusciti a recuperare abbastanza armi e corazze per preparare alla battaglia una notevole quantità di persone.
Era una giornata calda e il comandante Gordon si asciugò il sudore dalla fronte. Si trovava in testa ad una colonna di uomini, con a fianco il suo secondo, un esperta arciera di nome Silla, che aveva prestato servizio nell'esercito di Kemoria prima di abbracciare la causa dei ribelli. Inizialmente in molti avevano sollevato dei dubbi sulla sua fedeltà, ma ormai si trovava con loro da più di un anno e tutti si erano convinti della sua buona fede.
“Allora, qual è il piano?” disse lei, avvicinandosi al superiore.
“Il nostro obiettivo è creare un diversivo, un assalto che permetta alla squadra del generale M'auget di infiltrarsi nell'ospedale. Non dobbiamo combattere rischiando troppo, è sufficiente tenere occupati i nemici.”
“Bene, ma più teste cadono, più vicini ancora saremo alla vittoria.” sentenziò Silla., una semplice constatazione dei fatti. A volte, la freddezza di quella donna sulla trentina, che emergeva dall'espressione, dalle parole e, soprattutto, dai suoi occhi di ghiaccio, spaventava Rhiz.
“Mi apposterò con i cecchini sui tetti di questi edifici.” continuò lei, studiando la mappa e indicando delle case mentre camminava “Cominceremo a bersagliare i nemici. Voi farete il resto.”
Gordon annuì e, in silenzio, continuarono a camminare. Erano quasi arrivati.

Sull'altro fronte, il capitano Tallag dell'esercito regolare di Kemoria era nervoso. Era da tempo assegnato all'ospedale e aveva saputo dell'attacco all'avamposto di qualche giorno prima; era assolutamente convinto che, a breve, i ribelli sarebbero arrivati lì. Il suo compito era gravoso, anche perché sapeva che l'ospedale non ospitava solamente medicine e rifornimenti, ma anche qualcos'altro. Qualcosa che non sarebbe mai dovuto cadere in mano nemica.
Dopo aver ricevuto la notizia della distruzione dell'avamposto aveva costretto i suoi uomini a turni massacranti, in modo da avere più uomini possibili pronti a rispondere ad un attacco. Aveva anche chiesto rinforzi al governo, ma gli erano stati rifiutati: i Lord ritenevano il numero di guardie sufficiente e non potevano permettersi di sguarnire altri punti strategici della capitale.
Tallag non dormiva da più di ventiquattro ore e riusciva a non perdere la concentrazione solo grazie all'assunzione di Sheress, un'erba contenente sostanze eccitanti. Stava camminando nervosamente tra le barricate erette a protezione dell'ospedale. Ogni pochi minuti chiedeva ai presenti se tutto andasse bene.
Stava parlando con un soldato piuttosto giovane quando dall'alto, dal tetto dell'ospedale, cadde qualcosa di grosso e pesante, mancando entrambi per un soffio. Sconvolto, si accorse che si trattava di un suo arciere, colpito da un dardo le cui piume portavano i colori di Kemoria. Le sue mani cominciarono a tremare. Erano arrivati.

“Ai posti difensivi! Arcieri, individuate i cecchini nemici e fateli fuori!” sbraitò, mentre con i soldati si riparava dietro le palizzate in legno. Prima che tutti fossero al riparo, altri due arcieri furono freddati.

Silla si era appostata su un tetto piuttosto lontano dall'ospedale, sfruttando la copertura offerta da un camino. Era stata lei a colpire il primo arciere, dando il segnale di attacco ai suoi uomini. Altre frecce partirono e due andarono a segno, colpendo dei nemici in punti vitali e uccidendoli sul colpo. Mentre si concentrava per mirare, con la coda dell'occhio vide il contingente guidato da Rhiz avanzare per le strade, come concordato. Sarebbe stato un diversivo nel diversivo; i cecchini ribelli avrebbero tenuto occupati gli arcieri nemici e, ogni tanto, avrebbero scagliato qualche freccia verso il basso, in modo da spaventare i fanti e costringerli dietro le barricate. In quel modo, l'assalto da terra avrebbe colto l'esercito governativo di sorpresa.
Un proiettile nemico le passò accanto, schiantandosi contro le tegole. Erano stati individuati e il nemico era passato al contrattacco.

Rhiz era eccitato. Non vedeva l'ora di infliggere un duro colpo ai maledetti soldati del governo. Il diversivo si Silla aveva funzionato; mentre si avvicinavano all'ospedale, notò che i nemici si erano barricati per paura della pioggia di frecce. Ordinò la carica e godette nel vedere le espressioni dei primi soldati che sbirciarono al di là delle palizzate. I ribelli li colpirono come un'onda anomala. Alcuni uomini di Gordon, tuttavia, furono bersagliati dagli arcieri nemici, che scelsero di esporsi al tiro di Silla per mietere qualche vittima e alleggerire il contingente.

Tallag aveva visto l'orda di ribelli cominciare la carica lungo la strada. Aveva sussultato e urlato ordini a casaccio. Non sapeva nemmeno che cosa, esattamente, avesse detto. Un suo uomo lo guardò basito, in attesa di istruzioni più precise.
“Come ti chiami?”
“Malden, signore.”
“Malden, sei appena aumentato di grado.” disse il capitano, per poi fuggire all'interno dell'ospedale.

Il ragazzo che era stato promosso scosse la testa, meravigliandosi della codardia del suo superiore. Scrollando le spalle, intimò ai soldati di uscire dai ripari e caricare a loro volta.

Rhiz si trovò di fronte ad un uomo maturo, sicuramente un veterano della guerra, che gli diede da subito filo da torcere. Parava ogni colpo e rispondeva in maniera veloce e precisa, con affondi della sua spada corta. Il comandante ribelle capì che doveva trovare un modo per disimpegnarsi da quello scontro, che gli avrebbe portato via troppo tempo e troppe energie. Si chinò per evitare l'ennesimo colpo dell'avversario e lo scaraventò via con lo scudo, sfruttando la spinta conferitagli dalla sua posizione. Vedendo l'avversario perdersi nel mare di combattenti, cambiò subito direzione e puntò ad un soldato più giovane ed inesperto. Questi stava scambiandosi colpi con un ribelle e non si accorse dell'arrivo di Gordon finché lui non lo colpì alla gola con la lama, uccidendolo sul colpo.

Silla, dopo qualche decina di minuti, si concesse un attimo di respiro dietro al camino, per osservare la situazione. I ribelli stavano facendo un ottimo lavoro, ma numericamente erano inferiori ai nemici. A quanto pareva, però, l'ansia provocata dall'attacco di tre notti prima aveva avuto un pesante impatto sul morale dei governativi, che combattevano come sbarbati alla prima battaglia. Volse poi lo sguardo ai suoi cecchini, notando che cinque di loro avevano perso la vita a causa dei dardi nemici. Gli arcieri del governo, comunque, erano rimasti in pochi, al punto che scelsero di interrompere il combattimento per darsi alla fuga. La donna si concesse un sorriso maligno.

Malden si trovava nelle retrovie della mischia. La situazione stava precipitando, ma non potevano permettersi di perdere quella zona della città. Fece l'unica cosa che gli venne in mente in quel momento; chiamò rinforzi dall'interno dell'edificio, dov'era stanziato circa un centinaio di soldati. Non poteva immaginare l'entità dell'errore che aveva commesso, ignorando l'esistenza della
terza squadra ribelle d'assalto.

Rhiz Gordon freddò altri soldati, perse il conto di quanti, e riuscì ad udire chiaramente la richiesta del comandante nemico.

Ottimo, pensò. Era proprio a quel punto che volevano arrivare. Chiamando gente dall'ospedale, i soldati del governo si erano condannati da soli.
Prima di continuare a combattere, pregò silenziosamente che il piano di Hayst riuscisse.

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Capitolo terzo - Intrusione ***


CAPITOLO TERZO
-Intrusione-

 

---Nei pressi dell'ospedale---

Hayst, alla fine, aveva scelto solamente tre compagni che lo accompagnassero in quella missione. Oltre a Geral che non era stato, ovviamente, entusiasta della cosa, aveva individuato due ragazzi sulla ventina, un certo Franc e una certa Thalia, che, a sentire i ribelli, erano dotati di eccezionali velocità e furtività: esattamente ciò che serviva per una missione di quel tipo. Avevano seguito la colonna di ribelli designata all'assalto diversivo per un tratto, poi i quattro si erano staccati dal gruppo per entrare nel dedalo di vicoli che li avrebbe portati a ridosso del muro dal quale volevano accedere alla struttura.
Quando stavano per svoltare nell'ultima via, Hayst li fermò con un cenno della mano e, parlando a bassa voce, ricapitolò il piano.
“Dunque,” disse “come ci è stato confermato dai nostri esploratori, una piccola finestra è posta a circa due metri e mezzo di altezza: sarà quello il nostro ingresso. Il problema è la presenza di guardie. Non possiamo entrare se non siamo sicuri di non incappare in qualcuno.”
“Qui entriamo in gioco io e Thalia, giusto?” chiese Franc, lasciando trasparire l'orgoglio per essere stato scelto. Oltre ad essere abili a sgattaiolare sui tetti e tra i nemici, i due compagni avevano anche delle conoscenze magiche, non molto avanzate ma sufficienti a garantire una posizione di vantaggio.
“Esatto.” confermò Hayst “Andrete su quei tetti” indicò “E farete il possibile per liberarci la strada con la magia. L'importante è che non facciate rumore. Tutto chiaro?”
“Certo!” rispose Thalia, annuendo vigorosamente. I due si guardarono ed entrarono nel vicolo per eseguire gli ordini.
Notando l'espressione di Geral, Hayst lo guardò negli occhi.
“Qual è il problema?”
“Nessuno.”
“Non è vero.”
“Nessuno, ho detto! Cazzo!”
“Ti conviene evitare stupidaggini. Da questa missione dipende molto.”
“Sì, sì. Lo so.” E lo sapeva davvero. Hayst glielo lesse negli occhi neri come la pece. Conosceva il suo ruolo e l'importanza della missione. Era un bastardo, un violento, ma non li avrebbe traditi.

Franc e Thalia si erano divisi e avevano scalato due tetti ai lati opposti della strada. Da lì potevano sentire i rumori di battaglia provenire dalla via principale, un centinaio di metri più in là. Stando attenti a non fare il minimo rumore, cosa che usciva perfettamente ad entrambi, saltellarono da un tetto all'altro fino a portarsi il più vicino possibile all'ospedale.
Non c'era da meravigliarsi che fossero così abili nelle attività che, notoriamente, erano riservate ai ladri. Entrambi venivano dalla strada, cresciuti in famiglie che non avevano nemmeno i soldi per comprarsi da mangiare e che erano costrette a rubare. Ce n'erano davvero tante, a Makrath e a Kemoria in generale. Il governo sfruttava il popolo in ogni modo e con ogni mezzo. Durante una rissa nata per la spartizione di un bottino alimentare, i genitori di Franc erano stati brutalmente uccisi e lui, dopo essere scappato, era stato costretto a trovare una famiglia che lo adottasse. Era così diventato il fratellastro di Thalia, anche se nessuno dei due aveva mai visto l'altro come un parente. Era nato subito un grande affetto tra di loro. Il nonno della ragazza era un mago, discretamente potente, così loro due avevano potuto imparare ad utilizzare l'energia magica per i loro scopi ladreschi, diventando ancora più abili. Purtroppo, l'anziano mago era morto prima di aver loro insegnato i veri segreti della magia, così l'istruzione non era mai stata completata.
Con l'arrivo della guerra civile, entrambi avevano deciso di unirsi ai ribelli, perché credevano fermamente nella possibilità di cambiamento, e ora si trovavano lì, per fare la loro parte in quella battaglia.

I due amici arrivarono alla distanza giusta per osservare dalla finestra senza essere visti. Nascosti, scrutarono attentamente fino a che, dopo che i loro occhi si furono abituati, notarono due figure umane ferme all'interno dell'edificio: due guardie.
Si guardarono ed annuirono, armeggiando con le sacche di cuoio che avevano legate al fianco per estrarre un oggetto.
I maghi di Reevan hanno diversi metodi per lanciare incantesimi, differenti a seconda del luogo di origine. Gli incantatori del sud di Arasta, ad esempio, dovevano sfruttare il potere degli spiriti del deserto, mentre nell'estremo Nord si parla di magia naturale, indicando la capacità di usare energia in maniera del tutto automatica e slegata da qualsiasi catalizzatore. I maghi di Kemoria, invece, usano dei piccoli diamanti, con il potere di amplificare i pensieri e manifestare la volontà degli utilizzatori. Erano due diamanti quelli che Thalia e Franc estrassero dalla sacca.
I due ragazzi non volevano fare del male a nessuno, perciò scelsero un incantesimo del sonno; si concentrarono fino a che non sentirono il legame tra la loro mente e il diamante. La loro vista si estese al di là della normale percezione e, in un attimo, fu come se si trovassero all'interno dell'ospedale, vicino alle guardie. Spinsero oltre la concentrazione e si focalizzarono sulle connessioni neurali delle guardie, agendo in modo da mandarle nel mondo dei sogni. Quando i due uomini caddero a terra con un tonfo, i due giovani maghi eseguirono un'ultima operazione, aprendo la finestra dall'interno, per poi riacquistare pian piano il pieno controllo del loro corpo, intorpidito dall'uso della magia.

“E' fatta.” annunciò Thalia, tornando da Hayst e Geral, i quali non si parlavano, un silenzio che lasciava intendere che avevano discusso.
“Ottimo.” sentenziò il comandante “Ora dobbiamo entrare.”
Si recarono tutti e quattro al di sotto della finestra e Geral gettò una corda. In lontananza, i rumori di battaglia continuavano ad echeggiare.
Hayst si arrampicò per primo; due anni prima si era già introdotto in una casa in quella maniera, nel villaggio di Valarel, e l'aveva fatto indossando l'armatura. Quella volta vestiva solamente abiti leggeri, così da non essere in nessun modo impacciato. L'unica protezione che lui e i suoi tre uomini avevano era un giustacuore in cuoio. Dopo circa un minuto, anche Geral, per ultimo, entrò nell'ospedale, e in silenzio cominciarono ad esplorarlo.

Il primo piano era costituito da un'enorme cornice in pietra, che si attaccava ad una scalinata verso il piano inferiore e copriva l'intero perimetro. Ad intervalli regolari erano poste delle colonne in pietra e c'erano porte a destra e a sinistra. Non sapendo che cosa fare, i quattro optarono per aprire la prima a destra. Cautamente, Franc spalancò l'uscio, tenendosi a ridosso del muro per non essere visto. Da dietro una colonna, Hayst sbirciò, notando che la porta dava su un balcone esterno. Anche lì c'erano due guardie, voltate di spalle. Guardò verso Geral e gli fece segno di occuparsene. L'omone scrollò le spalle, sbuffando, e si alzò. Hayst lo vide impugnare la mazza ferrata che aveva portato dietro un attimo prima che varcasse la soglia.
Geral aveva una sua personale idea dello stordire le guardie: diede dei colpetti sulla spalla di quella a sinistra come per chiamarla e, quando questa si girò, le fracassò il cranio con un colpo diretto. Il rumore fece voltare anche l'altro uomo. Cambiando rapidamente impugnatura, il ribelle descrisse un arco nell'aria fino alla sommità del capo del secondo nemico, che esplose in uno schizzo di sangue ed ossa. Finito il lavoro, tornò dagli altri e si sfregò le mani. Un ottimo lavoro, no? Disse tra sé.

“Intendevo stordirle, non ucciderle!” disse a bassa voce Hayst, infuriato.
“Bah. Non vedo il problema. Erano con il governo.”
“Eseguivano gli ordini! Non si tratta di una battaglia campale, la nostra! Dovremmo evitare di mietere vittime, se possibile!”
“Eseguivano gli ordini? E questo secondo te li giustifica? Cazzo, se la divisa che portano non è un motivo sufficientemente valido, allora lo è la loro idiozia!”
“Geral, io...”
“Ehi!” si intromise Franc “Non dovremmo continuare la missione?”
“Sì, hai ragione.” annuì M'auget “Andiamo. Per questa volta lascerò correre. Ma non finisce qui.”

 

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Capitolo quarto - Il Karshim ***


CAPITOLO QUARTO
-Il Karshim-

 

---Ospedale di Makrath---

Tallag camminava nervosamente. Nel delirio della paura, amplificato dall'erba Sheress, aveva ben chiara solo una cosa: nessun ribelle avrebbe dovuto accedere alla stanza sotterranea segreta. Quando era stato scelto come capitano del contingente a guardia dell'ospedale, quella era la prima direttiva che gli era stata data. Non sapeva nemmeno di cosa si trattasse, che cosa quelle porte celassero, ma le avrebbe difese strenuamente. Aveva portato con sé tre uomini ed erano scesi al livello più basso della struttura. Davanti a loro, una porta in pietra a due battenti, alta più di tre metri, nascondeva qualcosa di oscuro e caro ai reggenti di Kemoria. La doppia porta recava un grande simbolo, in rilievo; una linea partiva da una base a sinistra, per formare un'asola quasi immediatamente sopra e terminare allo stesso livello, ma a destra. All'interno dell'asola, perfettamente al centro, c'era una sfera perfetta. Il tutto era coronato da quattro linee curve, piccole, all'altezza dell'incrocio dei due tratti.
Tallag conosceva quel simbolo, ne aveva sentito parlare e aveva anche letto qualcosa in un libro della biblioteca di suo padre, perciò non aveva dubbi sull'importanza della sala segreta.
Il Karshim, pensò, mentre lo guardava.
Il simbolo più antico di Reevan.

“Allora, dove sono le vostre provviste?”
Hayst stava interrogando una guardia, che avevano catturato e portato in una delle stanze che in tempi di pace avrebbero accolto i pazienti. Ora, naturalmente era vuota: i letti non avevano nemmeno il materasso e si riducevano a basi in legno, tutte perfettamente uguali. L'uomo era legato e tenuto sotto tiro da Geral, che ogni tanto faceva saltare la mazza ferrata, per ricordare alla guardia che non le sarebbe convenuto gridare.
“Non potete farci questo! Le provviste ci servono!”
“Così come servono a noi. Che cosa strana, eh, la guerra?”
“Senza di esse saremo...”
Costretti ad arrendervi.” terminò Hayst per lui “Non vogliamo farvi morire di fame, solo accelerare il corso degli eventi. Guardati intorno, ragazzo. La guerra dura da due anni, la capitale è devastata. Ha senso continuare a combattere? Dovete arrendervi, siete in svantaggio, non prolungate inutilmente le vostre sofferenze.”
Le sue parole sembrarono colpire il giovane legato, che abbassò gli occhi.
“Dicci dove sono le provviste, e la guerra finirà in fretta. Anzi, ti dirò di più: unisciti alla nostra causa.”
“Io...”
Seguì un silenzio pressoché totale, rotto solamente da fruscii e schiocchi del legno.
“Dall'altra parte del cortile.” spiegò il soldato “Attraversate il porticato e troverete una colonna con disegnata, piccola, la bandiera di Kemoria. La potete spostare, dietro c'è una porta che conduce al magazzino.”
“Ottimo.” annuì Hayst “E l'altra proposta? L'accetti?”
“No.”
“Come preferisci. Franc, rimettigli il bavaglio.”
La guardia si dimenò per un poco, ma alla fine si arrese e lasciò fare al ribelle. Lo lasciarono lì, in attesa dell'arrivo di un compagno che lo trovasse.

Il cortile era molto grande, ma del tutto sguarnito. A quanto pareva, il comandante dell'esercito di Makrath aveva chiamato fuori i soldati rimasti nell'edificio, per tenere testa all'assalto di Rhiz Gordon. Era esattamente ciò che Hayst M'auget voleva. L'ex-Guardiano ordinò ai compagni di dividersi e perlustrare in silenzio la corte, per accertarsi di essere soli. La prudenza non era mai troppa, ma quando si ritrovarono dall'altro lato, nessuno aveva niente da riferire.
L'unica cosa che avevano visto era un grande pozzo e un affresco lungo tutta la parete destra, che raffigurava una scelta svoltasi proprio in quel cortile, una benedizione dei malati da parte di un chierico.
La colonna che la guardia aveva descritto si muoveva davvero. Con un po' di fatica, Geral e Hayst riuscirono a spostarla, rivelando la porta celata dietro di essa. Thalia si concentrò per scassinarla con la magia. Dopo un sonoro click, l'uscio si aprì sul magazzino.

Ovunque erano stipate provviste, alimentari e mediche, organizzate su diversi scaffali enormi. C'era davvero di che sfamare un reggimento, lì dentro.
“Come cazzo facciamo a prenderle tutte?” chiese Geral, a bocca aperta.
“Eh, eh.” ridacchiò Franc.
“Cosa? Cosa cazzo hai da ridere?”
“Ehi, calmati. Rido perché non è un problema la quantità di roba.”
“Mmm?”
“Guarda qui.” estrasse una borsa di cuoio, ripiegata su se stessa, da una tasca dei pantaloni.
“La magia” spiegò “compie miracoli. Questa fusciacca è, nonostante l'apparenza, senza fondo.”
“Cosa?”
“Sì, praticamente viene sfruttato il principio secondo il quale...”
“Sì, sì. Non capirei niente neanche se me lo spiegassi cento volte! Fa vedere un po'!”
Con un sorriso, il giovane mago prese un grosso prosciutto e lo fece passare dalla stretta apertura della borsa. Questa riuscì a contenerlo tutto, senza modificare le sue dimensioni o il suo peso. Hayst fu sorpreso quanto Geral, e Thalia godette un po' del loro stupore. Franc si fermò un attimo, giusto il tempo di ammirare il sorriso dell'amica, alla cui bellezza non si sarebbe mai abituato realmente, per poi continuare e far sparire nella borsa magica il resto delle provviste.
Uscirono e fecero per andarsene, quando Thalia li fermò.
“Aspettate, guardate lì.”

La ragazza aveva indicato il grande affresco.
“Cosa c'è?” domandò Hayst, cercando di capire.
“La mano del chierico.”
“Sta benedicendo...”
“L'altra mano.”
Controllando con più attenzione, si accorsero tutti di un particolare che a prima vista era passato inosservato. La mano che il chierico non usava per benedire, seminascosta dalla tunica, aveva il dito puntato verso il pozzo.
“Credete voglia dire qualcosa?”
“Non saprei, mi sembra strano un particolare del genere, però...”
“Stiamo perdendo tempo.” sentenziò Geral.
“E se invece è qualcosa di importante? Se il pozzo cela un mistero?” ipotizzò Franc.
“Vediamo. Ma facciamo in fretta, Rhiz starà avendo il suo bel da fare. Non facciamolo attendere troppo.”
Si avvicinarono al pozzo e guardarono al suo interno. Era asciutto e nell'oscurità, ad Hayst sembrò di vedere qualcosa si particolare, come se il fondo non fosse chiuso, ma si aprisse in realtà su un corridoio.
Prese una moneta per verificare, e la lasciò cadere in modo che rimbalzasse contro la parete, per entrare nel supposto corridoio. Il tintinnio confermò i suoi sospetti, allontanandosi sotto di loro.
“C'è un corridoio.”
“Wow, e come scendiamo?” chiese Geral, scettico.
“Con le scale.” Hayst indico dei pioli in ferro piantati nella pietra, che conducevano verso il fondo.
“Stiamo davvero per entrare in un cazzo di pozzo, senza sapere nemmeno se c'è davvero qualcosa da trovare?”
“Dobbiamo considerare ogni possibilità. Ogni scoperta potrebbe rappresentare un vantaggio per i ribelli.” spiegò il generale.
“Uff. E va bene!”
Thalia e Franc erano entusiasti, a differenza del grosso guerriero. Furono i primi a mettere piede sulla scala.

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Capitolo quinto - Il Circolo degli Angeli ***


CAPITOLO QUINTO
-Il Circolo degli Angeli-

 

---Sotterranei dell'ospedale---

Il tintinnio della moneta sulla pietra fu come il rombo di un tuono, per coloro che si trovavano al di sotto del pozzo. Tallig si irrigidì all'istante e cominciò a tremare, senza riuscire a controllarsi.
Sono qui, sono qui, sono qui...
Era quasi un mantra. Nonostante la paura, non commise l'errore di annunciare la sua presenza, ma fece dei segni con le mani in modo da preparare i soldati che erano con lui. Uno di essi si pose al suo fianco, in prima linea, mentre gli altri si prepararono a scagliare frecce. Rimasero perfettamente immobili e perfettamente in silenzio, in attesa degli intrusi.

Franc si voltò dopo essere sceso dalla scala, ma non riusciva a vedere molto, a causa dell'oscurità. Gli sembrava, però, che al termine del corridoio ci fosse una debole luce, probabilmente prodotta da qualche torcia a muro. Si grattò il mento, ragionando sul da farsi, e chiese consiglio alla sua amica, che arrivò poco dopo di lui.
“Ci conviene dare uno sguardo prima di addentrarci, no?”
“Già, lo penso anch'io.”
Isolandosi, i due maghi focalizzarono l'attenzione nel diamante e spinsero la loro coscienza al di là del mondo terreno, muovendosi all'interno della dimensione magica. Lì, poterono controllare, non visti, il corridoio che si apriva davanti a loro.
La loro mente arrivò dalla parte opposta e subito notarono i quattro soldati che si preparavano a riceverli. Loro, per fortuna, avevano lo stesso problema di visuale nell'oscurità, e non potevano attaccare finché i ribelli non fossero stati alla loro portata.
“Abbiamo un problema” disse Franc, tornando nel suo mondo.

---Strade di Makrath---

Il combattimento andava avanti da diverse decine di minuti, anche se nessuno avrebbe potuto dire con esattezza quanti. Inizialmente Rhiz e i suoi uomini erano riusciti ad infliggere un duro colpo ai governativi, sfruttando l'effetto sorpresa, ma, con l'arrivo dei rinforzi dall'interno dell'ospedale, le cose si erano fatte più difficili. Gli arcieri non tiravano più, segno che l'azione di Silla era stata un successo, ma il numero di soldati nemici era aumentato a sproposito, rendendo la battaglia complessa e pericolosa.

Silla, nel frattempo, si era riunita con i suoi cecchini su un unico tetto. Se l'erano cavata bene, tutto sommato, ma dieci uomini erano periti sotto i colpi nemici. In qualsiasi guerra, un numero di vittime pari a quello non avrebbe suscitato nessuno scalpore, ma lei era fatta così: non poteva evitare di vedere gli uomini e le donne, dietro le cifre, e stava male per ognuno di loro. Dopo aver eliminato i tiratori nemici, non potevano fare molto. Tirare a casaccio nella mischia avrebbe significato rischiare di colpire gli alleati, cosa che, assolutamente, doveva essere evitata. Il loro compito, ora, si limitava al coprire la ritirata di Rhiz, una volta che il generale M'auget avesse dato il segnale.
Speriamo solo che si sbrighi, pensò, mordendosi il labbro inferiore.

-Sotterranei---

“Quattro soldati?” sussurrò Hayst, cercando di non farsi sentire.
“Sì, due guerrieri e due arcieri.”
“Potete fare qualcosa con la magia?”
“Poco o nulla.” Thalia scosse la testa. Il problema dell'utilizzo del diamante risiedeva nella grande concentrazione ed energia richieste. Dopo aver lanciato qualche incantesimo, i maghi avevano bisogno di riposarsi per recuperare le forze. Loro due, giovani ed inesperti, non possedevano una grande resistenza.
“Va bene, non preoccupatevi. E' tempo di tirare fuori le balestre.”
“Ho un'idea.” intervenne Geral, puntando lo sguardo verso un grosso masso, situato sul fondo del pozzo.
“Cosa vuoi fare?”
“Quei coglioni non si accorgeranno che si tratta di un sasso” disse l'altro, sollevandolo “e spareranno i primi dardi. Sarà il nostro biglietto d'ingresso.”
Hayst sorrise, intuendo l'idea di Geral.

Poco dopo, stavano correndo in direzione della luce, cercando di fare più rumore possibile. Geral scagliò il masso in avanti, che rotolò sul pavimento in pietra. Delle urla confermarono i loro sospetti. I soldati non si erano accorti di cosa in realtà stava arrivando e rilasciarono, nella fretta, la corda degli archi. Le frecce saettarono nel buio e si schiantarono contro la dura pietra, dando ai ribelli il tempo di agire. Hayst mirò ad uno dei due arcieri con la sua balestra, mentre Franc faceva lo stesso con l'altro. Il primo morì all'istante, colpito alla testa, mentre l'altro fu ferito solamente di striscio, ma fu costretto ad abbandonare l'arco.
Tenendoli sotto tiro, Hayst decise di optare per la diplomazia.
“Uno di voi è morto.” disse indicando “Ma voi potete sopravvivere. Andatevene e lasciateci campo libero.”
“Ah!” rise quello che sembrava il comandande. Il tremore e gli occhi spalancati lasciavano intendere l'utilizzo di qualche droga “Mai! Soldati, attaccate!”
Beh, ci ho provato, pensò Hayst.

Un nuovo colpo di balestra uccise il secondo arciere, mentre Geral impegnava entrambi i soldati rimasti con la mazza. Riuscì a parare due colpi e a portarne uno, azzoppando il compagno di quello che aveva parlato. Non riuscì, però, a dare il colpo di grazia, fermato da un fendente del comandante. Thalia e Franc, non abituati agli scontri diretti, si nascosero poco distante, attendendo un'apertura per sparare. Hayst si unì al combattimento.

Tallag era reso più forte e resistente dalla Sheress, ma il suo soldato non era più in condizioni di combattere egregiamente e lui si trovava ad affrontare due avversari. Sapeva di avere i minuti contati, mentre indietreggiava verso la porta. Portava colpi a casaccio, ogni tanto sentiva il clangore del metallo contro la pietra, ogni tanto non sentiva nulla. Prima di essere passato a fil di lama, pregò di aver almeno ferito il suo avversario.
Ho fallito.

“Dannazione!” imprecò Geral, tenendosi il braccio sinistro, che perdeva sangue copiosamente “Cazzo! Merda! Stupido bastardo!”
“Calma, calma! Fa vedere.” Hayst controllò la ferita. Il comandante nemico era riuscito a penetrare in profondità. Geral doveva ringraziare che fosse sotto effetto di stupefacenti, altrimenti, probabilmente, non sarebbe stato ancora lì. La battaglia era vinta, ma dovevano curare la ferita al più presto, o avrebbe rappresentato un serio problema.
Franc armeggiò con alcune bende e medicine, mentre Hayst e Thalia controllavano il simbolo inciso sulla porta.


“Di cosa si tratta?” chiese l'ex-Guardiano.
“Ho letto di questo simbolo.” spiegò la ragazza, eccitata “E' il Karshim. Si tratta del simbolo più antico di tutta Reevan. Il suo significato è andato perduto nel tempo, ma lo si può trovare in quasi tutti i siti archeologici risalenti a più di diecimila anni fa.”
“Diecimila?”
“Sì, so che sembra assurdo, ma è così. A quel tempo non c'erano umani, su Reevan, eppure qualcuno ha scolpito quei simboli. Gli studiosi concordano sul fatto che non è sbagliato ritenerli simboli impressi dagli Dei stessi. Per questo motivo, il Karshim viene anche chiamato il Simbolo della Creazione.
“Affascinante.” Hayst si era avvicinato al portone e aveva spinto, constatando che era aperto.
“Geral?” chiamò. L'omone si alzò da terra, ancora dolorante. Il sangue, almeno, aveva smesso di scorrere.
“Ci sono. Cazzo, che male.”
“Bene. Signori, stiamo per entrare.”

La stanza era enorme, di pietra. Non assomigliava minimamente all'ospedale, né per materiali né per tecnica di costruzione. Una selva di colonne proteggeva una zona centrale più ampia e libera, dove si trovava un tavolo circolare, del diametro di almeno tre metri. Sul tavolo, scolpita nella pietra, c'era la mappa di Reevan. I continenti erano riprodotti alla perfezione, anche se alcune differenze nella disposizione di laghi e catene montuose tradivano l'origine antica di quella scultura.
“E questi?” domandò Franc, i cui occhi luccicavano per il piacere della scoperta. Aveva notato, come tutti, una grande incongruenza. In punti precisi dei continenti si ergevano, sulla mappa, delle strutture immense; i quattro ribelli potevano solamente immaginare quanto avrebbero dovuto essere alte, in realtà. Erano disposte perfettamente in cerchio, secondo uno schema regolare. Sembravano dei pilastri, spezzati in più punti, che comunque rimanevano in piedi senza crollare al suolo, probabilmente sostenuti da una qualche magia. A circondarli, degli anelli anch'essi fluttuanti, forse l'origine dell'incantesimo. In cima all'ultimo pezzo di pilastro c'era la figura di un umanoide. Era differente per ogni pilastro, ma tutte avevano due particolari in comune: erano dotate di ali, come quelle delle aquile e guardavano verso un unico punto, circa al centro della mappa. Lì, però, non c'era nulla.

---Roccaforte dei Draghi---

I Lord reggenti di Kemoria erano raccolti in una sala immensa, ancora più grande di quella del trono. Si erano riuniti in consiglio per trovare un successore, quando un uomo, un servo, irruppe nella stanza. Infuriati, tutti si girarono verso di lui. Con un filo di voce, egli disse:
“Ha parlato. La Maschera ha parlato.”

Due minuti dopo, i Lord erano raccolti nella cripta, attorno allo scrigno aperto. La Maschera sembrava fissarli. Nessuno di loro aveva mai ricevuto un messaggio da essa, era un evento eccezionale. La voce della Maschera era come un sussurro, che si insinuava nelle menti di chi la ascoltava.
Non affannatevi a cercare altri Custodi. E' tempo, per me, di rinascere.
“Rinascere? Volete forse dire...” iniziò uno dei reggenti.
E' giunta una persona, in città. Avverto la sua presenza, chiara come il sole. Nelle sue vene scorre sangue angelico, la sua anima è l'ultima di una stirpe antica come la mia.
Millenni di attesa sono stati finalmente ripagati. Non affannatevi, dunque, a cercare altri Custodi per sostituirvi. Ho bisogno di lui. Solo di lui.

Portatemelo, e calcherò nuovamente il suolo di Reevan.

 

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Capitolo sesto - La biblioteca sepolta ***


CAPITOLO SESTO
-La biblioteca sepolta-

 

---Sotterranei dell'ospedale---

Hayst stava completando l'ennesimo giro intorno alla scultura. Era affascinato dai particolare che l'autore dell'opera era riuscito a foggiare. Le ali degli esseri in piedi sui pilastri erano perfette, si potevano riconoscere le singole piume.
Franc si stava dedicando al riconoscimento dei luoghi in cui quei giganteschi monoliti sorgevano. Segnò alcune località su un foglio di pergamena e si bloccò all'improvviso quando si accorse che anche lì, a Kemoria, ce n'era uno.
“Si trova qui, nella capitale.” disse. Gli altri lo raggiunsero e controllarono a loro volta la posizione del pilastro. Geral annuì.
“Cazzo se è vero.”
“Ma dove? Voglio dire, una struttura del genere non dovrebbe passare inosservata!”
“Può anche essere che sia stata distrutta.” propose Hayst, scrollando le spalle “Per quanto ne sappiamo, la mappa potrebbe risalire agli albori del tempo.”
“Già...”
“Ragazzi!” chiamò Thalia, che stava indagando altrove, cercava qualunque cosa potesse essere utile sui muri della stanza. Si trovava, in quel momento, di fronte ad una delle colonne.
“Che succede?” chiese Franc.
“Questa sezione circolare della colonna si può spostare!”
“Mmm.” rifletté Hayst.
“Che facciamo, comandante?”
“Sarebbe meglio non rischiare, ma non avremo un'altra occasione di tornare quaggiù, se non tra molto tempo.”
“Provo a girarla un po'?”
“Sì.”
La sezione si mosse avanti e indietro, ma poco e a fatica. A giudicare dal rumore prodotto, era da secoli che non veniva smossa. Geral scansò la ragazza e si stirò i muscoli, pronto a dare prova della sua forza. Anche lui, comunque, non fu sufficiente.
“Porca puttana! Non si muove!”

Ci dev'essere un modo...” Il comandante M'auget cominciò a vagare per la stanza, finché non individuò un altra sezione rotabile, su una colonna posta in linea retta con la prima.
“Ecco!” disse “Proviamo a spingere insieme, al mio via!”
Le sezione ruotarono molto più facilmente, probabilmente erano legate da qualche meccanismo. Dopo aver compiuto un giro completo, si fermarono.
Un rumore di pietra che stride su pietra riempì la sala, rimbombando come un tuono. Il pavimento tremò e i quattro ribelli furono, per un attimo, convinti che il soffitto gli sarebbe caduto addosso.

 

Sopravvissero.
Quando il rumore e il terremoto cessarono, ora la parete in fondo alla stanza, rispetto alla porta, si era aperta, girando su se stessa. Dall'altra parte si intravedeva un corridoio.
“Wow.” fu il commento di Franc, mentre si avvicinava.
“Che facciamo, capo?” domandò Geral, equipaggiando la mazza.
“Esploriamo. Ma do a tutti dieci minuti di tempo. Raggiunto l'ultimatum, dobbiamo tornare fuori. Rhiz starà imprecando.”

---Di fronte all'ospedale---

“Per l'amor di Maat, dove sei finito, Hayst?” imprecò Rhiz Gordon, mentre freddava l'ennesimo soldato. Era stanco e, come lui, lo erano tutti i suoi uomini. La battaglia non stava andando bene, stavano subendo troppe perdite. Era quasi tentato di annunciare la ritirata senza aspettare il segnale del generale M'auget. Non riusciva a credere che potesse volerci così tanto, quindi prese una decisione. Arretrando mentre parava i colpi di un nemico, si portò con le spalle contro quelle di un suo uomo. Senza voltarsi, parlò.
“Fai il giro. Vai a vedere dove sono finiti gli altri!”
Il ribelle annuì e si sganciò dal combattimento, prendendo la via verso sud.

---Sotterranei---

I passi risuonavano nel corridoio deserto. Hayst e i suoi tre compagni si inoltrarono in un percorso umido e freddo, che li condusse nel cuore della terra, scendendo per un dislivello di qualche decina di metri.
Quando sbucarono dall'altra parte, rimasero meravigliati. Entrarono in una seconda sala sotterranea, che un tempo era protetta da delle enormi porte, le quali, ora, si trovavano per terra, scardinate dal tempo.
La stanza era alta, più che larga, rettangolare. Al centro c'erano dei lunghi tavoli della stessa forma, mentre i lati erano pieni di scaffali, in pietra, dove era contenuta un'infinità di libri. A giudicare dalle loro condizioni, dovevano essere antichi quanto quel luogo.
Franc sospirò di stupore, mentre Thalia si catapultò in avanti per dare un'occhiata al dorso dei tomi, nella speranza di leggere qualche titolo.
“Dove siamo?” chiese Hayst, ben sapendo che non avrebbe ottenuto alcuna risposta soddisfacente.
“Guarda quanti libri!” esclamò la giovane maga, saltellando per l'eccitazione “Avete idea del tesoro che abbiamo trovato?”
“Bella merda.” commentò Geral, incrociando le braccia e appoggiandosi al muro “Carta. Wow.”
“In questa carta” lo ammonì Hayst “potrebbero celarsi informazioni importantissime, magari anche qualcosa su quei pilastri. Ricordati che la conoscenza è forse l'arma più forte, in guerra..”
“Wow. Sarà, ma io opto comunque per la mazza.”
“Ah, cosa parlo a fare con te? Franc, Thalia, riuscite a prenderne qualcuno senza che si distrugga?”
I due ragazzi stavano già controllando le condizioni dei volumi. Ne individuarono alcuni messi leggermente meglio di altri, ma scossero comunque la testa.
“Purtroppo è molto rischioso. Potremmo salvarne qualcuno usando la magia per restaurarlo, ma il processo ci sposserà e non potremo lanciare altri incantesimi almeno fino a domani. Che facciamo?”
“Fatelo.” ordinò M'auget “Sono energie ben spese. D'altronde, dopo che avremo recuperato i libri, potremo tornare a casa.”
“Sissignore!” annuirono i due all'unisono.

Dopo qualche minuto, stavano calandosi dalla finestra dalla quale erano entrati. Geral rovinò addosso ad un uomo che si trovava lì sotto.
“Che cazzo?” esclamò, preparandosi a combattere. Subito, però, lo riconobbe come un ribelle.
“Porca puttana, Jester! Mi hai fatto prendere un colpo!”
“E invece tu me l'hai dato con le tue chiappe, il colpo!” rispose l'altro, massaggiandosi la testa.
“Cosa c'è, soldato?” chiese Hayst.
“Mi ha mandato il comandante Gordon, per vedere se tutto procedesse secondo i piani.”
“Tutto fatto, ragazzo.” annuì il generale “Ordina la ritirata. Si torna a casa.”

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Capitolo settimo - Rivelazioni ***


CAPITOLO SETTIMO
-Rivelazioni-

 

---Base dei ribelli---

Il ritorno alla base non era stato tra i più felici: avevano contato le perdite subite e avevano capito di aver perso un terzo del contingente che era stato impegnato in combattimento. I corpi erano stati sepolti con metodo e meticolosità dai compagni, abili in quel lavoro come solo chi ha perso tanti amici può essere.
In seguito, però, gli animi si erano riaccesi, alla notizia della riuscita missione. Ci fu una grande festa, nella corte, a base di cibo ed alcool. Per una volta, potevano permettersi quello spreco di risorse. Avevano inflitto un duro colpo all'esercito del governo e, a parer di molti, era solo questione di tempo prima della sua resa.

Thalia si stava esibendo in una danza sul palco e Franc la osservava da lontano, innamorato delle sue movenze e, forse, non sono di quelle. Ormai stava arrivando ad ammettere anche a se stesso ciò che molti avevano già capito, ma dubitava di riuscire a trovare il coraggio per dichiararsi.
Girando la testa, notò che il generale M'auget non aveva di quei problemi. Attorniato da belle ragazze, giunte a complimentarsi con lui per l'azione militare di quella giornata, riusciva ad intrattenerle tutte con la sua parlantina e ad affascinarle con il suo modo di fare.
Franc sorrise quando vide Hayst alzarsi e portare nell'edificio, sicuramente in camera, ben due di quelle donne, cingendo loro i fianchi con le mani. Avrebbe voluto possedere un minimo di quella sicurezza.

Tornando a osservare il palco, sussultò ed indietreggiò di qualche passo, strisciando sul fondoschiena. Non si aspettava di vedere il viso di Thalia a mezzo centimetro dal suo. Lei rise forte e cominciò a saltellare battendo le mani, felice per lo scherzo riuscito.
“Cavolo, Thalia! Mi hai fatto prendere un colpo!” protestò il ragazzo. L'amica si sedette accanto a lui e appoggiò la testa sulla sua spalla. Dopo un minuto di assoluto terrore, Franc riuscì ad allungare il suo braccio per stringerla a sé.
Rimasero per qualche tempo bloccati lì e il giovane notò ben più di un'occhiata ammiccante da parte dei compagni ribelli.
Proprio quando cominciava ad abituarsi a quella dolce sensazione, Thalia sembrò aver recuperato la vitalità e tornò a sedersi normalmente, senza smettere di guardare il fratello adottivo.
“Non vedo l'ora di leggere quei libri! Che ne dici se andiamo a dare un'occhiata subito?”
Era esattamente ciò che Franc stava per dire, ma lui non si stupì più di tanto; non era certo la prima volta che sembravano pensare con la stessa testa. Annuì e si alzarono.
Almeno due decine di teste li seguirono sorridendo, mentre si allontanavano verso la caserma.

Geral scolò la quarta birra. Non aveva parlato molto da quando era tornato. Un po' di stanchezza, aveva detto, ma dentro di sé sapeva che era qualcosa di diverso. Stare accanto al generale, ascoltare i suoi consigli e seguire la sua linea d'azione, gli stava aprendo gli occhi. Forse, si disse, sono stato io il vero coglione, per tutto questo tempo.
Guardò la mazza. Non uccidere se si può evitare, aveva detto Hayst. Non si era mai posto quel problema. Il nemico era cattivo e doveva morire. Ma poi avevano parlato con il ragazzo legato ed imbavagliato. Durante quel breve scambio di frasi Geral aveva capito che, a volte, anche i soldati nemici erano degli esseri umani e non, semplicemente, tacche sul manico della sua arma.
Si alzò e si diresse verso la sua stanza, ignorando i richiami degli amici che lo invitavano ad unirsi a loro per una partita a carte.

Thalia e Franc si trovarono nella stanza di lei. I libri che avevano salvato grazie alla magia erano impilati sul comodino. Erano una decina e nessuno dei due aveva idea di cosa avrebbero potuto trovarci, in quanto non avevano nemmeno provato ad aprirli.
“Thalia...” chiamò Franc, fermandola mentre si dirigeva verso i tomi. Lei si voltò.
“Sì?”
“Io...” il ragazzo non seppe continuare. Dannazione, come posso rimanere concentrato se non glielo dico? Non capirei la metà di ciò che c'è scritto su quei libri.
“Tu?” lo incalzò lei, ridacchiando.
“Volevo... Cioè... Devo...”
Lei si avvicinò pericolosamente, con uno svolazzare di riccioli castani, i suoi occhi puntati in quelli dell'amico. Le sue mani si appoggiarono alle guance.
“Non ce la farai mai, vero, a dirlo?” disse, prima di appoggiare le sue labbra a quelle di Franc.
I libri avrebbero atteso un po' di più.

---Tempo dopo---

Sistemandosi gli occhiali sul volto ancora rosso e sudato, Franc prese il primo volume. Thalia non si preoccupò di vestirsi e lo raggiunse.
“Ora sei concentrato?” scherzò.
“Beh, più o meno!” rise lui, guardando il corpo statuario della ragazza privo di veli.
“Se vuoi mi rivesto...”
“No, no! Va benissimo così!”
Risero insieme e, poi, cominciarono a lavorare sul serio.

“Santo cielo...” fu il primo commento di Franc, a lettura terminata “E' una miniera di informazioni!Thalia, abbiamo fatto il colpaccio!”
“Concordo.” annuì lei, incredula.
Davanti a loro avevano spiegato una mappa di Makrath, trovata all'interno di uno dei libri. La pianta risaliva a secoli prima, ma la struttura della città non era molto diversa. La Roccaforte dei Draghi si trovava nello stesso punto. Una linea rossa era tracciata attorno ad essa, indicata come la Grande Barriera.
Entrambi sapevano cosa significasse. Era stato impossibile, per i ribelli, accedere direttamente a quell'edificio per un assalto frontale. Una forza magica impediva a chiunque non fosse autorizzato dai Lord Reggenti di avvicinarsi. Per quel motivo in due anni l'esercito rivoluzionario aveva cercato di colpire obiettivi secondari in modo da minare le fondamenta di Kemoria pezzo per pezzo. Con le informazioni reperibili in quella mappa, però, forse era tempo di una svolta. Colorata di blu, una linea collegava la Roccaforte con un punto piuttosto anonimo della pianura fuori dalle mura.
Via di fuga.

“Ti rendi conto?” domandò eccitato Franc “Una via di fuga! Se da lì i Reggenti escono, noi potremmo entrare! Potremmo porre fine alla guerra!”
“Sì!” Thalia esultò con lui, abbracciandolo più forte che poté.
“Dobbiamo dirlo subito al generale M'auget!” propose il ragazzo.
“No, aspetta! E gli altri libri?”
Franc ragionò per un attimo, poi decise di dare ragione alla sua amata. Solo aprendo il primo avevano trovato qualcosa che avrebbe potuto mutare le sorti del conflitto. Poteva solo immaginare i segreti che racchiudevano gli altri.

Ripresero a leggere, senza però essere minimamente preparati a ciò che scoprirono.

 

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** Capitolo ottavo - Magia dimenticata ***


CAPITOLO OTTAVO
-Magia dimenticata-

 

---Caserma---

Thalia si mise le mani nei capelli, senza riuscire a staccare gli occhi dal libro che aveva davanti. Dopo aver visionato assieme la mappa di Makrath, i due ribelli avevano deciso di dividersi il compito e di cercare tutte le possibili informazioni utili. La ragazza aveva adocchiato un tomo intitolato “Le basi della magia” e aveva cominciato a sfogliarlo, sicura che non avrebbe trovato nulla di completamente sconosciuto. Si dovette ricredere.
“Franc.”
“Aspetta, sto...”
“Franc, guarda qui.”
L'amante appoggiò il suo libro con le pagine rivolte verso il basso, in modo da non perdere il segno e si accostò a Thalia.
Lei gli indicò con il dito alcune figure, che riproducevano uomini e donne intenti a lanciare incantesimi. Ad ogni figura era associata una descrizione breve e la formula mentale.

“Cosa c'è?” chiese Franc, non capendo subito.
“Guarda, cavolo! Ti sembrano cose normali?”
Il ragazzo controllò meglio, soffermandosi anche e soprattutto sulle descrizioni.
Parlare con gli animali, dislocamento del corpo,inversione di gravità...
“Ma cosa?”
“E' incredibile, vero?” la giovane si girò per guardare l'altro negli occhi.
“Più che incredibile, assurdo! Di cosa si tratta, di magia a livelli estremi?”
“No! Leggi il titolo! Sono le basi della magia!”
“Non ci credo. Tuo nonno ce le ha insegnate, le basi della magia, non sono queste! Questi incantesimi non esistono!”
“E c'è di più. Guarda qui.” Thalia girò le pagine fino ad arrivare al punto desiderato.
Un'illustrazione a doppia pagina raffigurava uno di quei pilastri che avevano visto nei sotterranei dell'ospedale. Era disegnato in orizzontale e ogni sua parte era descritta nei minimi dettagli. I nomi dei singoli componenti erano molto complessi e, in quel momento, Franc non aveva voglia di memorizzarli. Ciò che colpì la sua attenzione fu una didascalia sotto all'immagine.

La magia deriva dai Pilastri, un Pilastro per ogni tipo di magia. Sono la manifestazione della volontà divina di dare al nostro mondo qualcosa di più di una semplice esistenza.

I due si guardarono, corrugando la fronte.
“Cosa sta dicendo l'autore? Che diavoleria è questa?”
“Appunto, è ciò che dico anche io! I Pilastri? Non ha senso?”
Franc si sfregò la mano sul viso come per svegliarsi da uno stato di dormiveglia. Chiuse poi gli occhi e cercò di focalizzare le informazioni. Lui sapeva, come sapeva qualsiasi mago di Reevan, che la magia ha bisogno di catalizzatori per essere utilizzata, ma nessuno aveva mai parlato di pilastri.

“Non ha senso. La magia non deriva da nessun pilastro.”
“Già. Almeno ora.”
“Come?”
Thalia sorrise.
“Non dimenticare che abbiamo a che fare con un libro molto antico. E se un tempo la magia fosse stata diversa?”
“Un diverso modo di utilizzare la magia... Un metodo dimenticato e perso nelle maree del tempo...” Franc era affascinato.
“Guarda anche questo.” disse la ragazza.

L'energia del Pilastro si può facilmente avvertire durante la meditazione. E' un esercizio basilare, che richiede solamente la volontà di essere collegati al Pilastro stesso tramite un legame mentale. La delicata vibrazione dell'energia non dovrebbe tardare a farsi sentire.

“Proviamo.” disse Franc, serio. L'amata lo guardò stupita.
“Come?”
“Davvero, proviamo! Sembra semplice, no? Magari è ancora possibile effettuare il collegamento!”
“Mmm. Va bene. Chi va per primo?”
“Io!” esclamò il giovane, eccitato.
Cominciò a respirare e a cacciare tutti i pensieri. Pian piano, riuscì ad isolarsi dal mondo esterno, come faceva sempre prima di utilizzare un incantesimo. Arrivato al punto chiamato il nulla, il momento in cui la mente è completamente vuota, cominciò a chiamare il Pilastro, cercando di stabilire un collegamento.
In breve, riuscì a sentire qualcosa, un'energia che si stava avvicinando.

Thalia vide Franc scuotersi in preda alle convulsioni, mentre cadeva a terra gridando.
Spaventata, si avvicinò a lui cercando di calmarlo. Lui continuava ad urlare.
La porta si spalancò ed entro il comandante Gordon, domandando che cosa stesse succedendo.
La giovane maga stava singhiozzando e riuscì solamente ad indicare l'amato per terra.
“Dannazione!” imprecò Rhiz “Vado a chiamare un guaritore!”
“Faccia presto!”

In una decina di minuti, il guaritore era arrivato, assieme a Rhiz e ad Hayst, che era stato avvertito. Aveva lanciato un incantesimo di cura per stabilizzare la condizione di Franc e ora il ragazzo si stava riprendendo. Aveva vomitato sangue ma, a detta del medico, non aveva subito lesioni agli organi interni.
Aspettarono tutti, silenziosamente, finché Franc non aprì gli occhi. Subito Thalia fece per baciarlo, ma fu tirata indietro dal guaritore.
“No.” disse questi “Non adesso, lascia che si riprenda!”
Passarono altri minuti, e Franc parlò.
“Aah...”
“Franc, cos'è successo?” domandò il generale M'auget, serio.
“Cos'hai visto?” intervenne Thalia, con gli occhi lucidi.
“L'energia dei Pilastri...” iniziò il ragazzo. Hayst guardò la maga come per chiedere una spiegazione, ma questa gli fece cenno di attendere con la mano.
“E' ancora presente, ma... non è... pura.”
“Cosa intendi?”
“E' stata... corrotta... Mi ha respinto...”
Thalia si portò la mano alla bocca. Quell'antico metodo apriva ancora una via alla magia, una via alternativa a quella che conoscevano, ma portava ad un'energia oscura. Eppure non era ciò che era descritto nel libro.

Cosa poteva significare tutto ciò?




 

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** Capitolo nono - Cinque secoli ***


CAPITOLO NONO
-Cinque secoli-

 

---Caserma, infermeria---

Dopo due giorni Franc si era quasi del tutto ripreso. Riusciva a parlare liberamente e anche a mangiare qualcosa. A sentire lui, aveva una voglia matta di alzarsi dal letto sul quale l'avevano confinato.
Thalia era sempre accanto a lui e, ogni giorno, Hayst veniva a fargli visita. Il ragazzo aveva spiegato al generale che cosa avevano trovato sul libro e il motivo, quindi, del suo tentativo di connessione magica.

“Una magia antica... Questo mi fa suonare un campanello.” disse Hayst, mentre camminava per la stanza “Più o meno è ciò che è successo due anni fa.”
“Non credo.” disse Thalia, scuotendo la testa.
“Come?”
“Vede, generale, due anni fa si è dovuto scontrare con una setta che praticava un tipo di magia che non veniva praticato da qualche secolo. Qui andiamo indietro di millenni e non si tratta di una semplice pratica: è come se le basi stesse della magia fossero state sconvolte. Come se la magia intera non potesse essere più utilizzata come prima.”
“E com'è possibile?”
“Non saprei.” si scusò la ragazza “Non siamo maghi esperti, quindi né io né Franc ne abbiamo idea.”
“E le figure sui pilastri? Il libro ne parla, per caso?”
“No, generale.” fu Franc a parlare “Mentre ero qui ho letto quel tomo da cima a fondo, ma non ho trovato informazioni al riguardo.”
“Dannazione.”
“Però forse...”
“Cosa?”
“Ecco, in fondo al volume è citata un'Accademia: la Torre Magica di Kales. Si tratta di un'importante scuola di magia, tuttora esistente. Il libro è stato scritto da uno dei Maestri. Forse alla Torre qualcuno potrebbe dirci qualcosa di più.”
“Già. E' un'idea. Per il resto, altre informazioni interessanti?”

“Guardi.” Thalia mostrò la mappa con il cunicolo segnato. Ad Hayst si illuminarono gli occhi.
“Grandioso!” disse lui “Questo ci garantirà un vantaggio incredibile! Corro subito ad organizzare...”
“Aspetti.”
“Sì? C'è altro?”
“Sì, ed è molto importante. Ci invita a riflettere su ciò che vogliamo fare.”
“Mostramelo.”
La giovane maga prese un altro libro, aprendolo ad una pagina precisa. Poi, dalle sue tasche, tirò fuori un foglio spiegazzato, per appoggiarlo sul tomo aperto.
Hayst controllò con attenzione. La pagina sul libro riportava un censimento di Makrath, mentre il foglio era la copia di un editto piuttosto recente, che riguardava alcune tasse sull'agricoltura. Il censimento era vecchio di cinque secoli. Eppure...

“La scrittura.” commentò il generale, stupito dalla rivelazione. Non ci potevano essere dubbi, la mano era la stessa: era un'unica persona ad aver stilato l'una e l'altra pagina. La firma, circondata dal sigillo di Kemoria, era Thaniss.
“Già.” annuì Thalia “Thaniss da una parte e Thaniss dall'altra. La scrittura è identica, eppure ci sono cinquecento anni di differenza.”
“E Thaniss è un Reggente, giusto?”
“Giusto.” confermò Franc.
“E' in vita da cinque secoli?”
“Così pare. Non credo sia molto elevata la probabilità di trovare due persone che scrivano
esattamente allo stesso modo.”
“Santo cielo...”
“I Lord reggenti hanno un segreto, a quanto pare. Un segreto inquietante.”

Hayst cominciò a riflettere sul da farsi. La scoperta del tunnel segreto era una grande opportunità, ma non poteva ignorare gli scenari oscuri che l'analisi dei due documenti apriva. Che cosa stavano per affrontare? E in tutto questo, che cosa c'entravano i Pilastri? Erano in qualche modo collegati?
Erano davvero troppe domande, ma sapeva che non avrebbe mai trovato una risposta aspettando.
Dovevano agire.
“Bene.” disse “Ho deciso.”

Il giorno seguente i capi dei ribelli si trovavano nella sala delle strategie, con la mappa trovata da Franc e Thalia spiegata sul tavolo.
Rhiz e Silla erano entusiasti della scoperta.
“Organizzeremo due squadre, che dovranno agire simultaneamente.” stava dicendo Hayst “Una delle due sarà comandata da me e avrà il compito di infiltrarsi in questo tunnel segreto. L'altra, più esigua, dovrà recarsi alla Torre di Kales per scoprire qualcosa di più sui Pilastri e sulla magia perduta. Voglio che Franc e Thalia ne facciano parte.”
“Bene, andrò con loro.” disse Silla.
“E io verrò con te, Hayst.” annunciò il comandante Gordon.
“Ottimo. Le due squadre comunicheranno con delle Pietre Gemelle. Ho visto che ne avete alcune in magazzino. Saranno il nostro modo per tenerci in contatto. Partiremo domattina. Cominciamo a prepararci.”


Qualche ora dopo, le squadre erano state formate. Una cinquantina di soldati avrebbe assaltato la Roccaforte dei Draghi, mentre solo dieci, compresi Franc, Thalia e Silla, sarebbero partiti alla volta della Torre.
Soddisfatto dalle scelte, il generale M'auget fece per tornare in camera, in maniera da riposarsi in vista della partenza.
In un corridoio trovo Geral, che lo salutò.
“Generale!”
“Sì, Geral?”
“Ecco, io... Oh, cazzo, insomma, posso venire con lei?”
“Con me? Nel tunnel?”
“Esatto.”
Hayst riflettè per qualche secondo, poi annuì.
“Va bene, un uomo in più ci farà comodo, ma non fare cazzate. Dovrai seguire i miei ordini, ok?”
“D'accordo.”
“Bene. Come mai questa decisione?”
“Ho i miei motivi.”
Per il generale fu sufficiente. Sapeva che non avrebbe potuto cavargli molto di più.
Si salutarono.

L'indomani avrebbe avuto inizio la missione più importante per i ribelli.




 

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** Capitolo decimo - L'ingresso ***


CAPITOLO DECIMO
-L'ingresso-

 

---Cortile della caserma---

“E' tutto chiaro?” urlò Hayst dal palco, mentre guardava negli occhi la massa di soldati che si era raccolta nella corte.
“Sì!” risposero all'unisono i ribelli.
Prima della partenza si erano trovati lì in modo da rivedere bene il piano. Le due diverse squadre avrebbero marciato assieme fino ad un certo punto, per poi dividersi a qualche chilometro da Makrath. Lì Franc, Thalia e i loro compagni avrebbero continuato lungo le pianure, a nord, per raggiungere la Torre, mentre Hayst, Gordon, Geral e il loro plotone avrebbero cercato l'ingresso del tunnel segreto. Secondo quanto era segnato sulla mappa, questo avrebbe dovuto trovarsi all'interno di una grotta naturale, in un piccolo bosco.
Soddisfatto dalla reazione e dall'alto livello del morale dei soldati, il generale M'auget annuì e sorrise. Si mise l'elmo, aperto sul davanti, e alzò la spada.
“Andiamo, ribelli!”

Quando la colonna di uomini uscì dalle porte della città, seguendo una strada che si snodava esclusivamente nel territorio ribelle, fu salutata da applausi e lanci di fiori. La notizia si era sparsa in fretta e tutti i volti che li osservavano, dalle case e dai balconi, erano illuminati di speranza. L'idea che la guerra potesse terminare a breve aveva fatto tornare loro la voglia di vivere.
Solo Hayst era cupo, anche se cercava di non darlo a vedere. Non poteva fare a meno di ripensare alla firma di Thaniss.
Non aveva detto nulla di quello, per non spaventare i soldati. Ora doveva solo sperare di condurli da qualche parte che non fosse il macello.

---Roccaforte dei Draghi---

Lord Bereth camminava lungo i corridoi che portavano alla sala del trono. Aveva ricevuto la notizia da un messaggero ed ora doveva condividerla con gli altri Reggenti. Spalancò le porte e vide i suoi colleghi seduti sugli scranni. Si voltarono verso di lui.
“Lord Bereth” disse uno, alzandosi. Era Thaniss.
“Miei amati e stimati colleghi, porto notizie.”
“Tu?” intervenne un secondo Reggente, lord Emil “Non è compito da Reggenti.”
“Vista l'importanza della notizia, mi ritengo in dovere di sostituirmi al messaggero.”
“Parla, dunque.” i lord erano interessati.

“I ribelli sono penetrati nei sotterranei dell'ospedale. Hanno raggiunto la biblioteca e recuperato alcuni libri.” fece una pausa “Ora alcuni di loro sono usciti dalla città, si dirigono verso il bosco dov'è nascosto l'ingresso segreto alla Roccaforte.”
I lord si guardarono e cominciarono a parlare concitatamente.
Uno di loro intimò il silenzio e si portò al centro del circolo di troni. Lord Bereth respirò profondamente prima di parlare.
“Proprio come volevamo.”

“Secondo la volontà della Maschera della Notte.” fu la risposta.

---Pianura di Vindlen---

“Ci siamo, ci dividiamo qui.”
Avevano marciato per un'ora buona, spediti e senza pause. Il sole bruciava, ma non riusciva ad incupire l'umore dei soldati. Si trovavano nel bosco indicato sulla carta e l'ombra garantita dalle chiome degli alberi concesse loro un po' di fresco. Molti si tolsero l'armatura e si dissetarono.
Hayst raggiunse Franc e Thalia.

“Franc, come ti senti?” chiese.
“Bene! Prima di dimettermi i medici mi hanno dato alcune medicine per lenire il dolore residuo. Sto da favola!”
“Ottimo.” sorrise il generale “Allora, quanto ci metterete a raggiungere la Torre?”
“Secondo i nostri calcoli, a scanso di errori, dovremmo essere là entro la notte.”
“Bene. Allora ci avviserete quando sarete entrati nella scuola. Fino ad allora noi attenderemo qui, dando solo un'occhiata all'interno della caverna.”
“Perfetto. Generale...” iniziò Thalia. Hayst si voltò verso di lei.
“Riguardo a quella cosa...”
“Non preoccuparti. Staremo attenti.”
La ragazza annuì, facendosi bastare quella risposta.

I due gruppi si divisero e Hayst chiamò Rhiz e Geral con sé, per esplorare la cavità rocciosa.
L'umidità era piuttosto fastidiosa, ma nessuno dei tre ci fece caso. Proseguirono per un tratto lungo un tunnel che sembrava l'interno di un gigantesco verme, senza trovare nulla di interessante, salvo qualche erba che cresceva sulle pareti e qualche insetto luminoso. Il silenzio regnava sovrano, interrotto solo dai loro passi.

Al termine della cavità sbucarono in un antro molto più grande, in grado di contenere, in altezza, anche uno sventratore di palude. Stalattiti e stalagmiti rendevano la caverna simile ad una bocca con denti affilati. L'unica particolarità della grotta era scalpellata sulla parete di fondo.
Hayst e Geral riconobbero il simbolo, si trattava del Karshim.
“Anche qui...” commentò saint'Ame.
“Sì. D'altronde, pare che tutto sia collegato a questo simbolo.”
“E ora?” domandò il comandante Gordon.
“Cerchiamo di aprire la porta.”

Tentarono di spingere la parete, ma senza successo. Hayst ricordò come avevano aperto la porta della biblioteca, qualche giorno prima. Ordinò ai compagni di cercare sezioni mobili nelle stalagmiti.
“Ecco! Guardate qui!” chiamò Rhiz. La parte superiore di una formazione di roccia poteva ruotare.
“Perfetto, ora ce ne serve un'altra.”
La trovarono, ma era su una stalattite. Sarebbe stato difficile, anche se non impossibile, ruotarla.
Hayst e Geral si misero d'impegno finché, con un fragore di roccia e metallo, la parete in fondo ruotò su se stessa.
Un altro tunnel, più buio della notte.

Avevano trovato l'ingresso, ora dovevano solamente aspettare.

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** Capitolo undicesimo - La verità sulla creazione ***


CAPITOLO UNDICESIMO
-La verità sulla creazione-

 

---Keress---

La sera stava scendendo, e il buio ghermiva Reevan con i suoi artigli. Il cielo non era sereno e la notte sarebbe risultata ancora più scura, senza luna.
Il gruppo di persone era guidato da una luce magica, evocata da Thalia. In lontananza vedevano la Torre di Keress, un'alta struttura, che raggiungeva i venti metri. Era chiaramente visibile grazie all'alone luminoso emanato da una sfera magica che si trovava in cima ad essa, che brillava di ogni colore. Sembrava un gomitolo di lana dove i fili erano costituiti da simboli e parole. Pareva che fosse una fonte autonoma di potere magico, un gigantesco catalizzatore sfruttato dai Maestri della Torre.

Camminarono fino a che non vennero fermati da due guardie, in armatura bianca. Una di loro allungò la mano destra e si avvicinò; era una donna, come l'altra.
“Alt! Chi arriva a quest'ora con dei soldati a Keress?”
“Veniamo da Makrath. Siamo degli esponenti delle forze ribelli.” replicò Silla, cercando di essere il più disponibile e accomodante possibile “Questi ragazzi” continuò, indicando Franc e Thalia “desiderano discutere con uno dei Maestri riguardo a ciò che hanno trovato in un antico libro. I soldati servono da scorta, per i pericoli del viaggio.”
La donna in armatura annuì, soddisfatta.
“Molto bene. Sarete accolti tra le mura della Torre. Attenderete in una sala il ricevimento da parte del Maestro. Chiedete di qualcuno in particolare?”
“No.” intervenne Thalia “Ma preferiremmo uno dei più preparati in materia storica.”
“D'accordo. Seguitemi, dunque.”

Li stiparono in una sala decisamente troppo piccola, non pronta ad accogliere così tanti visitatori assieme. Per quel motivo, alcuni soldati scelsero di uscire e passeggiare per i corridoi. La Torre aveva qualcosa di opprimente. I soffitti, a discapito delle impressioni esterne, erano molto bassi e le torce magiche non bastavano ad illuminare bene gli stretti passaggi e le ampie sale di cui la torre si componeva. Si respirava un'aria di antico e misterioso.
La ciliegina sulla torta di quel mistero era la totale assenza di scale. Per spostarsi tra un piano e l'altro della torre, infatti, si utilizzavano alcuni simboli magici che, disegnati sul terreno, all'occorrenza potevano diventare solidi e sollevare le persone, come degli ascensori. Il primo contatto con uno di quei trasporti fu alquanto esilarante. Una buona risata aveva riscosso gli animi dei ribelli.

Franc e Thalia erano seduti ad un tavolo, intenti ad esaminare nuovamente tutti i libri. Silla prese al Pietra Gemella dalla tasca e contattò Hayst, per informarlo del loro arrivo alla Torre. Il generale fu felice di sapere che stavano tutti bene e disse che avrebbe subito preparato gli uomini ad entrare.
Non appena la comandante dei ribelli ebbe finito di parlare, un uomo sulla settantina entrò nella stanza, con uno sventolare della lunga tunica bianca che portava. I suoi occhi erano neri come la notte e il naso aquilino gli conferiva un aspetto inquietante. La sua voce, per contro, era sicura e dolce.
“Buonasera a tutti.” disse “Sono il Maestro Alseth.”
“Salve, Maestro.” risposero all'unisono Franc e Thalia, chinando il capo. Un sorriso da parte del nuovo arrivato fece capire che non era necessario riverire in quel modo.
“In cosa posso esservi utile?”

---Biblioteca di Keress---

Qualche minuto dopo si trovavano in un altra stanza. Era la stanza che si trovava al cuore della struttura, una biblioteca che aveva poco da invidiare a quella che avevano trovato nei sotterranei di Makrath. Alseth li aveva condotti lì, in modo che potessero cercare tutte le informazioni di cui avevano bisogno.
“Dunque mi chiedete che cosa sono, o che cosa erano, i Pilastri...” stava dicendo, mentre raccoglieva un volume. Lo gettò tra le braccia di Silla “Lì troverete la conferma di ciò che vi sto dicendo.”
Scese dalla scala che aveva usato per raggiungere lo scaffale e si portò ad una lavagna, sulla quale disegnò il Karshim.
“Sapete cos'è questo?”
“Sì. Il Karshim, il Simbolo della Creazione.”
“Sapete, però, cosa significa?”
Silenzio.
“Immaginavo. Bene, vi posso dire che non è sbagliato chiamarlo il Simbolo della Creazione. Rappresenta proprio quello.”
Gli altri, stupiti, rimasero in silenzio e ascoltarono.
“Il cerchio in mezzo è Reevan, mentre l'anello esterno rappresenta il Thyr. Si tratta di una sostanza che noi definiremmo divina, un'energia che pervade l'universo. Questa energia contiene un insieme di forze, da quella della vita a quella della morte, da quella dell'ordine a quella del caos. Insomma, tutto e l'opposto di tutto, senza però annullarsi. E', insomma, l'energia della Creazione. Il nostro mondo nasce da questa.”
“Affascinante...” commentò Thalia, mentre stringeva forte la mano di Franc.
“Ora, però, è bene capire come nasce. L'energia da sola non ha il potere di creare mondi, ma lo fa attraverso delle emanazioni, dei frammenti senzienti. Questi frammenti sono quelli che noi definiamo gli Angeli.”
Il pensiero dei due giovani maghi corse alla scultura nel pozzo. Tutte le figure umanoidi avevano delle ali. Erano Angeli?
“Gli Angeli sono gli esecutori del potere dormiente del Thyr. Grazie a loro, l'energia della Creazione si concretizza, genera mondi. Ovviamente, come avrete capito, Reevan non è l'unico pianeta ad essere nato in questo modo. I nostri astronomi lo possono confermare.”
Alseth cancellò il Karshim e disegnò, allora, un Pilastro.

“Cos'è questo? Mi avete chiesto. Questo è un collegamento tra il Thyr e Reevan. Si chiama Pilastro di Thyr. Il primo compito degli Angeli è quello di piantare queste strutture magiche nel substrato dell'universo e attirarvi l'energia divina. Attorno ad essi si formano le terre, i mari. Si forma la vita. Sono davvero i Pilastri che reggono il mondo. Un Pilastro per ogni Angelo.”
“E qual è il collegamento tra i Pilastri e la magia?” domandò Franc.
“Un tempo la magia poteva essere lanciata attraverso un collegamento tra la mente del mago e uno dei Pilastri, senza intermediari. L'uomo prendeva e plasmava il Thyr, poiché gli era concesso farlo da parte degli Angeli. La magia era molto più potente, perché non vincolata a dei catalizzatori. Si potevano lanciare incantesimi che oggi sembrerebbero incredibili.”
I due amanti annuirono, capendo a cosa si stesse riferendo.
“Il tempo della magia libera, però, è ormai finito. Oggi non possiamo più sfruttare direttamente il Thyr, ma siamo costretti ad utilizzare dei catalizzatori, dei filtri che, però, hanno anche l'effetto di indebolire il flusso energetico che ci arriva dai Pilastri. La magia, quindi, è molto più debole che in passato.”

“E come mai?”
Alseth si sedette ad un tavolo e incrociò le mani.
“Ve lo racconterò. La storia che sentirete è la storia del periodo più oscuro di Reevan. La storia dell'Angelo Nero.”

Ritorna all'indice


Capitolo 13
*** Capitolo dodicesimo - Il massacro dei Divini ***


CAPITOLO DODICESIMO
-Il massacro dei Divini-

 

---Biblioteca della Torre di Keress---

“Gli Angeli creati dal Thyr erano tredici.” disse Alseth, mentre camminava, controllando nel frattempo i tomi che Franc e Thalia avevano portato alla Torre.
“Ognuno di questi Angeli aveva il potere di generare i Pilastri e il mondo intorno ad essi. Ognuno di loro aveva il dono di creare la vita. Tranne uno.”
Le candele tremolarono, come a sottolineare quell'ultima frase.

“Il tredicesimo Angelo aveva un compito ben più particolare. La sua zona d'influenza non sarebbe stata una parte della vita, ma il Regno della Morte. I testi riportano la sua designazione come Angelo della Morte o Guardiano dei Defunti. Il suo nome era Nyphar.”
Alseth prese una pausa, si sedette, controllò alcuni fogli e ne porse uno agli astanti. Conteneva una lista di nomi, i nomi degli Angeli. Notarono che molti di essi erano simili a quelli con cui chiamavano i loro dei. A quel punto, a Thalia sorse un dubbio che non poteva aspettare per essere chiarito.
“Mi scusi, Maestro.” intervenne.
“Dimmi, ragazza.”
“Ma se sono gli Angeli ad aver creato il mondo, gli dei che conosciamo che ruolo hanno avuto?”
“Gli dei sono gli Angeli. Non dipendendo più da loro come un tempo, la memoria della creazione originale si è perduta, ma ha lasciato tracce nella religione attuale. Per questo molti dei non sono altro che Angeli con il nome storpiato. Alcuni altri nomi, invece, sono scomparsi dal tempo.”
“Capisco. Grazie, continui pure.”

“Nyphar aveva un solo compito: vegliare sul canale che attraversano le anime quando il corpo muore, per garantire loro un viaggio tranquillo e una seconda esistenza senza problemi. Per secoli, forse millenni, continuò a fare ciò che doveva, ma l'invidia cominciava a crescere in lui.
Vedeva gli altri dodici Angeli riveriti, venerati. Vedeva che continuavano a creare vita e a bearsi del mondo che avevano generato. Lui, invece, era temuto, odiato. Nessuno ama la morte.”
“Invidia?” domandò Silla, trovando strano associare quell'emozione ad un essere divino.
“Invidia, certo. Noi deriviamo dagli Angeli, ci hanno creato a loro immagine e somiglianza. Noi odiamo, siamo invidiosi. E' del tutto naturale pensare che emozioni simili esistessero anche tra loro.”
“Interessante.”
“Bene. Nyphar era invidioso, dicevo. Voleva anche lui il suo posto nel mondo, come i compagni, ma gli era stato negato. Chiese di poter cambiare, di poter prendere il posto di qualcuno degli altri, ma la sua richiesta fu respinta. Allora l'odio lo accecò. Si decise a prendere con la forza ciò che gli era stato negato. Iniziò quello che viene ricordato come il massacro dei Divini.”

 

Il... massacro...” balbettò Franc, comprendendo la tragicità di quello che Alseth stava per dire.
“Sì. Decise di uccidere tutti gli altri Angeli, per poi appropriarsi dei Pilastri. Riuscì nel suo intento e, uno ad uno, gli Angeli caddero. Corruppe i Pilastri di Thyr, rendendoli inservibili agli uomini che non lo veneravano. Il mondo precipitò nel caos. Ma un Angelo, l'Angelo della determinazione e della guerra, riuscì a fermare Nyphar. Era l'ultimo Angelo che mancava, l'ultimo baluardo tra il mondo e la sua distruzione. Riuscì ad uccidere l'Angelo Nero nello stesso momento in cui questo uccideva lui.”
“Quindi un Pilastro è ancora intatto?” domandò Thalia.
“Sì. Uno solo. Ma nessuno è mai riuscito a scoprire dove si trovi. L'informazione è andata perduta, ma forse è meglio così. Con il tempo, abbiamo imparato ad usare incantesimi in maniera diversa e il mondo ha nuovamente trovato un equilibrio.”
“E l'Angelo Nero? La sua influenza è ancora presente...”
“Sì. Purtroppo qualcosa non deve aver funzionato perfettamente. L'Angelo Nero, in qualche modo, si è mantenuto in vita, o quantomeno continua ad esistere.”
“Quindi se qualcuno lo venerasse potrebbe...”
“Potrebbe usare l'antica magia, senza problemi. E credo che sia già avvenuto.”
“Come?” domandò Silla, saltando sulla sedia.
“Ho visionato la mappa presente nei tomi che mi avete portato. Osservate.”

Alseth prese la mappa in cui era indicato il passaggio segreto, recitò una formula e questa scomparve.
“Cosa...?” chiese allora Franc.
“Oggi noi possiamo, attraverso i catalizzatori, creare delle illusioni di oggetti. Un tempo, senza freni, si potevano creare oggetti fisici. La mappa che avete trovato è questo. Una creazione magica.”
“Una... Oh, no! Quand'è stata fatta?”
“La magia che irradiava era molto recente.”
“No! No!” gridò Thalia, voltandosi verso Silla “Chiama Hayst, digli di tornare indietro!”
“Ma...”
“Sbrigati! Non capisci? Li hanno attirati là dentro! I Reggenti hanno fatto in modo di farci trovare quella mappa! Sono seguaci dell'Angelo Nero!”
La consapevolezza accese gli occhi della donna comandante, che subito trafficò per cercare la Pietra Gemella.

“Ma perché? Perché l'hanno fatto?” chiese Franc, incredulo.
“Guarda perché!” la ragazza indicò la lista degli Angeli.

L'ultimo Angelo segnato, l'Angelo che aveva ucciso Nyphar, si chiamava Maugeth.
“Si pronuncia come...”
“Sì. E' Hayst che vogliono.”

---Roccaforte dei Draghi---

I Lord Reggenti erano raccolti attorno alla Maschera della Notte.
“Sono entrati, Signore.”
Bene.
“Sono in molti. Circa cinquanta soldati.”
Non sarà un problema. Per millenni mi sono trattenuto, cercando di preservarmi, ma ora non ne ho più motivo. Il discendente del traditore è qui, un'anima divina, un corpo nel quale rinascere. Userete il mio potere alla massima forza. Avrete abilità straordinarie e non ammetto errori.
“No, Signore. Non la deluderemo.”

Perfetto. Per quanto riguarda il plotone, se ne occuperanno i miei servi. Quegli stolti si accorgeranno presto che può esistere qualcosa di più buio della notte.

 

Ritorna all'indice


Capitolo 14
*** Capitolo tredicesimo - Il potere dell'odio ***


CAPITOLO TREDICESIMO
-Il potere dell'odio-

 

---Keress---

“Non rispondono!” gridò Silla, agitata.
“Come?” chiese Thalia.
“E' come se la Pietra Gemella abbia smesso di funzionare, non capisco! Non vibra, non raggiunge Hayst!”
“Dannazione! Li hanno anche tagliati fuori dal mondo. Dobbiamo raggiungerli, avvertirli!”
“Sì.” concluse Franc “Sperando di fare in tempo.”

---Passaggio sotterraneo---

“Dannazione!” imprecò Hayst.
“Che succede?” domandò Rhiz, avvicinandosi a lui. Erano entrati nel passaggio segreto non appena erano stati avvisati da Silla dell'arrivo del gruppo a Keress e avevano cominciato a seguire l'unico corridoio presente. Intorno a loro, le mura erano affrescate con scene di battaglia, che ritraevano le stesse figure alate della scultura dell'ospedale. I disegni avevano il potere di abbattere gli animi dei soldati. Nessuno di loro aveva parlato fino a quel momento, facendo calare un silenzio innaturale. Solo i passi sulla fredda pietra risuonavano.

“Ho sentito, per un attimo, la voce di Silla.” spiegò il generale M'auget, con la Pietra Gemella in mano “Ma ora non avverto più nulla.”
“Vediamo.” Gordon la prese in mano e cominciò a squadrarla. Non era danneggiata, ma anche lui non sentiva nulla. Probabilmente c'era lo zampino di qualche incantesimo inibitore.
“Non saprei. Sembra che il suo potere sia bloccato.” disse.
“Perfetto, siamo tagliati fuori?” intervenne Geral, che aveva seguito il discorso.
“Pare di sì.”
“Cazzo.”

Non potendo contattare Silla, Hayst decise che l'unica cosa da fare sarebbe stata tornare indietro. Magari, uscendo nella caverna, avrebbe potuto stabilire una comunicazione. Ordinò ai soldati di retrocedere. Quando arrivarono di fronte alla porta d'ingresso, però, questa era chiusa.
“Ok, niente panico. Probabilmente è una chiusura automatica. Cerchiamo un meccanismo.” disse il generale.
Cercarono a lungo, ma non trovarono nulla.
“Non c'è niente qui!” gridò uno dei soldati. Gli uomini cominciavano ad agitarsi, consci del fatto di essere intrappolati in quel luogo.
Uno di loro iniziò a tremare vistosamente, le lacrime agli occhi.
“No... no... moriremo tutti...” farfugliava.
Prima che qualcuno potesse rassicurarlo, spalancò le palpebre e sembrò restare senza fiato. Una fitta nebbia nera si condensò intorno a lui e scomparve al suo interno.
L'urlo dell'uomo lacerò l'aria, mentre questi cadeva a terra e sembrava scosso da una forte elettricità. Il suo grido scemò in una silenziosa richiesta di aiuto, i suoi occhi divennero vitrei.
Sconvolti, alcuni dei ribelli arretrarono in preda al panico. In breve, tutti furono avvolti dalla stessa nebbia, che cominciò a massacrarli, uno dopo l'altro.
Il panico era generale.

“Svelti, pensate a qualcosa di bello!” sbraitò Geral. Il suo ordine sembrava del tutto fuori luogo.
“E' importante, in fretta, concentratevi su qualcosa di diverso dal dolore e dalla paura! Anche solo su un pezzo della vostra armatura, su un affresco, ma per l'amor di Maat, smettete di pensare alla morte!”
In breve, uno ad uno, gli uomini seguirono l'ordine, pur ritenendolo stupido. La nebbia scomparve.
“Cos'è successo?” domandò Hayst a Geral, che sembrava conoscere quel fenomeno.
“Gemn.”
“Gemn?”
“Sì. Si tratta di creature dell'ombra. Ne ho letto su alcuni libri, credevo fossero solo leggende. Sono simili agli spettri, ma si tratta di odio puro.”

Cosa intendi?” chiese allora Rhiz, mentre controllava lo stato di uno dei cadaveri. Sembrava svuotato di ogni esistenza.
“Quando un uomo muore, il suo odio, se è forte, può rimanere legato al mondo e diventare senziente. I Gemn sono questo, odio condensato. Possono disgregare l'anima stessa delle loro vittime, com'è avvenuto ora. Per entrare, però, hanno bisogno di una porta. Questa porta è la paura, la disperazione, il dolore. Senza queste emozioni i Gemn non possono attaccare.”
“E non c'è altro modo per evitarli?”
“No. Sono immortali ed invincibili.”
“Bello.” commentò sarcasticamente Hayst “Ok, uomini, si continua. Continuate a pensare a qualcosa di bello, continuate ad allontanare la paura.”

---Roccaforte dei Draghi---

I Lord reggenti erano raccolti intorno ad una bacinella riempita d'acqua. Al suo interno, lo specchio liquido mostrava immagini di ciò che stava avvenendo nel passaggio sotterraneo. I Lord avevano visto i Gemn agire e massacrare almeno metà del plotone. Erano compiaciuti.

“Eccellente.” disse Lord Taniss “Ma possiamo fare di meglio.”
Osservarono, mentre i ribelli avanzavano nella direzione della cripta della Roccaforte. Attesero il momento giusto, prima di sferrare il loro attacco.
“Sembrano topi in gabbia.” rise Lord Bereth.
“Sì.” concordò Taniss “E quale elemento migliore del fuoco, per uccidere i topi?”
I Lord si concentrarono, formarono un circolo di magia e scagliarono il loro potere attraverso la bacinella, verso il passaggio. Gioirono nel vedere le fiamme scatenarsi e avvolgere quei soldati ignari. In breve, ne rimasero solo un pugno. Quelli che non erano stati bruciati avevano perso l'anima grazie al secondo assalto dei Gemn.
“Può bastare?”
“Sì. Lasciamo che qualcuno di loro racconti ciò che ha visto.”
La risata dei Lord reggenti echeggiò nella cripta.

---Passaggio sotterraneo---

Le fiamme erano divampate all'improvviso, dal nulla. Poi, erano giunti i Gemn, per finire il lavoro. Hayst controllò la situazione, notando che solo quattro uomini dei cinquanta che aveva portato con sé erano ancora vivi. Geral ansimava al suo fianco, con diversi ustioni. Rhiz era morto.
“Maledizione!” gridò. In un attimo, tutto gli fu chiaro.
“Geral.” chiamò “Riesci ad alzarti?”
“Sì, generale. Almeno credo. Ah, cazzo.” l'uomo si sollevò sulla gambe malferme.
“Geral, scappa. Porta con te questi uomini e fuggi da qui.”
“Ma...”
“E' me che vogliono. Non ti fermeranno.”
“Come puoi dirlo?”
“Guardami! Le fiamme non mi hanno toccato e i Gemn non mi stanno attaccando. Eppure io provo dolore, capisci? Ho deluso tutti, vi ho attirati in una trappola mortale. Sono straziato dal dolore, eppure ancora vivo. Vai, Geral. Mettiti in salvo.”
“Generale...”
“Vai. Non farmelo ripetere.”
Saint'Ame, allora, abbracciò Hayst. Gli promise che avrebbe fatto di tutto per portare i ribelli alla vittoria. Lo ringraziò per avergli fatto aprire la mente, per avergli fatto cambiare idea.

Hayst rimase solo. Rivolse un ultimo saluto a Rhiz Gordon, pregando per la sua anima; si rivolse poi alla fine del corridoio. Una porta di pietra a due battenti era l'ultimo ostacolo che lo separava dal suo destino.

 

Ritorna all'indice


Capitolo 15
*** Capitolo quattordicesimo - La negazione del sole ***


CAPITOLO QUATTORDICESIMO
-La negazione del sole-

 

---Cripta della Roccaforte dei Draghi---

Hayst non sapeva che cosa avrebbe potuto aspettarlo, oltre quella porta. Una volta che l'ebbe spalancata, si trovò di fronte ad un corridoio del tutto simile a quello in cui si trovava, ma che conduceva, dopo qualche decina di metri, ad una stanza circolare, probabilmente il centro dei sotterranei della Roccaforte. L'ex-Guardiano vide immediatamente gli uomini, i Lord reggenti. Lo stavano aspettando ed erano voltati tutti nella sua direzione.
Sguainò la spada, anche se sapeva che gli sarebbe servita a poco. La magia di cui erano dotati quegli uomini era troppo forte, come aveva avuto modo di notare.

Si avvicinò, misurando i passi. Avvertiva una forte vibrazione, un'energia magica devastante, che lo riportò a due anni prima, quando aveva varcato il portale per la prigione del Conquistatore di dimensioni. Eppure allora era con i suoi amici e compagni. Ora era solo.

I cinque Lord reggenti lo accolsero con un sorriso stampato sul viso, una contrazione delle labbra secche che sembrava più un presagio di morte che un benvenuto.
Il dolore fu immediato. Non appena mise piede in quella strana stanza circolare, dove non c'era nulla se non un tavolo con uno scrigno, fu costretto ad inginocchiarsi, spinto da una forza invisibile che sembrava volergli frantumare le ossa. Urlò.
Riuscì ad alzare la testa in tempo per vedere qualcosa che si sollevava dallo scrigno al centro del tavolo. Era una maschera, una maschera priva di connotati, bianca e semidistrutta. Stava fluttuando e si portò vicino a lui. Hayst sentì una voce provenire da quella maschera.

E così, ci incontriamo di nuovo.
Fu come un pugno allo stomaco. La forza magica che lo attanagliava costrinse Hayst ad abbassare il capo e chiudere gli occhi. In un attimo, una serie infinita di immagini gli attraversò la mente. Vide una battaglia, la vide attraverso gli occhi di uno dei due combattenti. Si trovava sospeso in aria, ad un'altezza incredibile dal suolo. Davanti a sé aveva quella maschera, ma indossata da un essere con grandi ali più scure della notte, e vestito con una lunga tunica dello stesso colore. Sentì il dolore attraversarlo quando questo mostro lo colpì, nella visione.
Tornò al mondo reale.

“Chi... diavolo... sei?” chiese, riuscendo a parlare a stento.
L'hai visto, vero? In cuor tuo sai chi sono. Sono colui che fu fermato dal tuo antenato maledetto, Maugeth.
“Non capisco...”
No, certo. Che stupido che sono stato. Avrai sangue divino, ma sei pur sempre un debole uomo.
I Lord reggenti cominciarono a stringere un cerchio intorno ad Hayst. Lui non riusciva a muoversi, anche se tentò più volte di farlo per respingerli.
Allora lascia che ti spieghi tutto. Lascia che ti spieghi come, un tempo, ero vicino al conseguimento del mio obiettivo, della mia vendetta nei confronti di chi mi aveva negato la possibilità di creare la vita, confinandomi in un regno di morte. Ero così vicino, ma il capostipite della tua famiglia, il maledetto Angelo della determinazione, riuscì ad uccidermi.
Le informazioni che la maschera stava dando ad Hayst non avevano senso, per il generale, a livello conscio. Eppure, sapeva che tutto ciò che quell'essere stava dicendo era vero. Lo sentiva, un retaggio di ciò che era stato prima di essere Hayst. La memoria dei suoi antenati.
Distrusse il mio corpo, ma non fece in tempo a distruggere la mia coscienza, la mia essenza. La preservai, legando la mia anima alla maschera che portavo, la Maschera della Notte. Solo in questo modo riuscii a non fuggire dal mondo. Eppure, anche questo non bastava. Avevo costantemente bisogno di energia, per sopravvivere. Presi i primi Custodi, poi i secondi, i terzi e così via. Io donavo una vita di secoli a loro, e la loro energia mi permetteva di non disgregarmi.

Nel delirio del dolore, Hayst comprese la verità sulla presunta immortalità dei Lord reggenti. Erano dunque loro i Custodi di cui la maschera parlava.
Millenni. Per millenni ho atteso questo momento, perché sapevo che solo attraverso il corpo di un Divino avrei potuto rinascere. Per un immortale come me l'attesa di qualche millennio non è nulla ed è servita solo ad aumentare l'odio che provo per Reevan e i suoi abitanti; e ora, finalmente, è giunto il momento della mia rinascita. Attraverso te.

“No, bastardo! Aaaaargh!” gridò Hayst. La sua mente venne trasportata in un mondo di oscurità, che risucchiò tutto tranne la maschera, che continuava a fissarlo.
Chi sei tu?

Sono Hays.... Aaaah! No!”
Non tentare di resistermi. Non ce la farai, il mio potere è immensamente grande. Chi sei tu?
“Io... Aaaah.”
Le fitte di dolore erano impressionanti ed Hayst si ritrovò a strisciare per terra.
Non ti permetterò di morire, ma il dolore aumenterà sempre, all'infinito, finché non mi dirai ciò che sei.
Fu allora che Hayst si arrese.

“Sono... l'oscurità che avvolgerà... il mondo.” disse, mentre le parole gli venivano suggerite da una forza oscura che cresceva nella sua mente e nella sua anima.
Bravo.
“Sono la... negazione... del sole.”
Sì! Sì!
“Aaaaaaaaargh!”

Il corpo di Hayst aprì gli occhi. Respirava a fatica. Vide i Custodi, svuotati da ogni essenza vitale. Avevano svolto il loro compito ed ora non servivano più. Si trascinò, debole per il processo subito, fino alla bacinella d'acqua, accanto alla quale era caduta la Maschera della Notte. Si specchiò nel liquido. Non era più Hayst. I lineamenti erano cambiati ed erano diventati una mera ombra dell'uomo che era prima.

Sorrise. Prese la maschera e la indossò, alzandosi.
Concluse il mantra che Hayst aveva iniziato poco prima.

“Sono l'Angelo Nero, e vivo ancora.”

Ritorna all'indice


Capitolo 16
*** Epilogo - L'Angelo Nero ***


EPILOGO
-L'Angelo Nero-

 

Quando Franc, Thalia e Silla arrivarono alla caverna dov'era celato il passaggio segreto vi trovarono solamente Geral e pochi altri uomini, unici sopravvissuti di una catastrofe. Chiesero di Hayst, ma nessuno poteva sapere con certezza che cosa fosse successo. Il loro cuore era gonfio di rabbia e paura. Ora avevano quantomeno intuito chi era il loro vero nemico, ma non riuscivano ad immaginare come avrebbero potuto contrastarlo. Sapevano ancora troppo poco, troppe domande non avevano ancora trovato una risposta.
Tornarono a Kemoria, privati di qualcosa che andava ben oltre il loro generale o i loro uomini.

L'esercito che fino a poco prima faceva capo ai Lord reggenti si trovava di fronte a lui, schierato in maniera impeccabile a riempire il grande cortile. Nyphar si compiacque e sorrise, dietro la sua maschera. Un sorriso carico di malignità. Pregustava il momento della vendetta, ma doveva ancora recuperare le forze. Avrebbe sfruttato quell'esercito ancora per un po', come aveva fatto per secoli attraverso la voce dei governatori. Annuì, squadrando ogni singolo viso. Non vi trovò paura e ne fu felice. Non poteva permettersi di avere dei deboli sotto di sé.
No, i deboli dovevano morire, dovevano sopravvivere solo i più forti, abili e resistenti.
“Kemoria, andiamo.” disse, dispiegando due immense ali corvine.
Sperava con tutto il suo cuore corrotto che ci fosse qualche ribelle a spiare quel ritrovo. Sperava che le sue orecchie si colmassero di quel grido trionfale, che i suoi occhi fissassero quelle piume. Piume nere come il futuro.
Il futuro di un mondo senza speranza.

Da qualche parte, nascosto dalle montagne, un uomo uscì sul balcone di pietra del tempio. Lui sapeva la verità, sapeva il motivo per cui era lì. Sapeva anche che, presto, l'Angelo Nero sarebbe arrivato. Aveva avvertito la sua presenza, l'oscurità crescente. Seppe, in quel preciso momento, che nei prossimi giorni sarebbe successo quanto di peggio gli abitanti di Reevan avessero mai potuto immaginare. Sospirò, triste e spaventato allo stesso tempo. Si voltò e varcò le porte che davano all'interno.
Attendendo il momento in cui il destino del mondo sarebbe stato deciso.

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=1626797