Moonacre, years later

di I_love_books
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Ritorno a Moonacre ***
Capitolo 3: *** Nella torre ***
Capitolo 4: *** Andato via ***
Capitolo 5: *** Presi ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


1 Prologo

 

Un attimo dopo il leone nero e l'unicorno bianco scesero dalla scogliera e si tuffarono nelle acque profonde del mare.

L'intero gruppo rimase in silenzio per parecchi minuti.

Poi, Coeur de Noir si schiarì la voce e si rivolse al futuro genero, Benjamin e alla figlia Loveday -Beh, da come stanno le cose credo…che dovremo decidere il luogo dove organizzare il matrimonio…che ne dite?-.

I due giovani si abbracciarono, felici. Lo era anche Maria, che li guardava sorridendo.

Non si accorse che Robin, il braccio del padre pesantemente appoggiato sulle sue spalle, la fissava insistentemente.

Solo tre giorni dopo, una delle stanze meglio tenute del palazzo dei Merryweather, era stata preparata e sistemata per essere utilizzata come cappella, dove si sarebbero sposati Loveday e Benjamin .

Gli sposi percorsero l'intera strada di raso che li portava all'altare.

Dopo la cerimonia ci furono i festeggiamenti, che durarono l'intera giornata.

Sia i Merryweather che i De Noir sembravano essere a loro perfetto agio ed entrambe le famiglie si congratularono con la nuova coppia

Per tutto il tempo Robin non aveva tolto gli occhi di dosso dalla Principessa della Luna, perso nei suoi pensieri.

Verso il calare del sole, Maria entrò nella sala del piano, spalancando la porta. Era stanca, nonostante la serenità del giorno, doveva sedersi, un minuto sarebbe bastato.

Per l'occasione il solito lenzuolo che copriva lo strumento era stato lavato e inspessito per non far udire agli invitati le note che suonava da solo. Infatti la camera era avvolta dal più completo silenzio.

La ragazza odiava il silenzio, lo trovava opprimente, le ricordava terribilmente la cella dove era stata rinchiusa, nella fortezza dei De Noir. Si avvicinò e buttò a terra il tessuto, sollevando una nube di polvere. Si iniziava già a sentire la triste melodia impregnata di magia, tipica di quella casa. Aprì lo sportello…ed ecco i tasti muoversi in sincronia.

Sinceramente non le andava molto di suonare, così si sedette sul davanzale e stette ad ascoltare per un po' la musica.

Una voce familiare la fece voltare. -Principessa…Come mai qui tutta sola? Di là si sta ancora facendo festa, non credi ti stiano cercando?- il ragazzo si fece avanti, sogghignando, le braccia incrociate al petto.

Si era trovato un nascondiglio dietro la porta, aspettando il momento giusto per uscirne.

-Buonasera, Robin. Preoccupato per me, forse?- disse lei, con un mezzo sorriso.

-No…solo curioso di sapere perché una ragazzina come te se ne stia qui una stanza co…Aspetta…Da dove viene questa musica?-

-Il piano- rispose semplicemente, con un'alzata di spalle.

-Il che cosa? Che hai detto?- no, proprio non riusciva a capire. Il piano?

-Sì, vieni- e gli indicò lo sgabello -Siediti lì-.

E incominciò a capire. Vide i tasti dotati di vita propria suonare. Aveva gli occhi sbarrati.

-Ma…ma come è-è p-possibile?…Non…-.

Era assolutamente divertita dalla sua sorpresa. Trattenne un risolino.

Si risedette davanti alla finestra e fissò la luna, oramai tornata piccola, affiorare nel cielo

-È strano, vero?- chiese infine -Aver fatto di tutto per avere una vita normale e poi…-

-E poi?-

-E poi vedere che bastava così poco per arrivarci…- non sapeva bene come spiegarselo. Era un ragionamento complicato per lei.

Robin si alzò e si mise a passeggiare per la sala, le mani nelle tasche, l'aria apparentemente indifferente. -Beh, almeno ora è finita…Ah, comunque…ti…chiedo perdono per aver…insomma…per averti trattata male, ecco…A…a cominciare dall'aggressione ai vostri cancelli e…-

-Robin! Sbaglio o quelle che mi sono giunte alle orecchie sono scuse? Sul serio, non posso crederci…- disse lei con fare canzonatorio.

-Ah ah, davvero molto divertente, Principessa- ghignò lui, sottolineando l'ultima parola. Fece un inchino irriverente, che la fece ridere.

Il ragazzo si appoggiò con noncuranza alla parete, a pochi centimetri da Maria, che lo guardò -Resterai qui a Moonacre per sempre?- domandò.

D'improvviso si fece scuro in volto -No. No, voglio andarmene di qui, condurre una vita tutta mia. Vedi, la foresta è la mia casa, ma mi sono stufato di stare in questa valle così noiosa e senza attrattive.-

-Quindi che cosa farai?- si era intristita nel pensare che non gli piacesse stare lì con lei.

-Ti rapirò e ti porterò con me, che domande- rispose sorridendo.

-Dai, non fare lo sciocco!- esclamò lei, arrossendo.

In quell'istante la porta si aprì ed entrò Digweed, ansimante -Signorina Merryweather, signor De Noir…vi…Vi stanno aspettando di…n-nell'altra stanza…- e se ne andò, correndo in maniera molto buffa.

-E quello da dove sbuca fuori?- domandò sbigottito Robin.

-Ehm…lui è Digweed, il domestico di casa. Forse…È-è meglio se ritorniamo, ora…Andiamo…-

Lui la seguì.

Tutte e due le famiglie si erano radunate e stavano discutendo tra loro, creando un fastidioso brusio.

Ad un certo punto, la voce di Sir Benjamin si levò chiara tra quelle degli invitati -Mi rincresce davvero molto, signori, ma non c'è altra possibilità, siamo stati costretti a farlo, e inoltre…

-Ma…Benjamin…Sei davvero sicuro che non ci sia altro modo?- lo interruppe Loveday, con un'espressione mesta sul viso.

-Loveday, mi dispiace tantissimo, ma deve andare così…-

-Deve andare così cosa, esattamente?- chiese Maria. Quando la videro, tutti abbassarono lo sguardo e fecero finta di niente. Lei non se ne curò. -Zio? Zio Benjamin?-

-Nulla, mia cara, nulla.- e la questione sembrava finita lì.

Coeur De Noir, poi, disse -A questo punto noi…Sì, noi dovremmo tornare, che ne dite?- e ci furono mormorii di assenso -Bene…allora noi andiamo. Tanti auguri agli sposi!- gridò infine, seguito a ruota dalle altre persone della sua casata -Vieni, figliolo…-

Robin sembrava piuttosto riluttante su questo punto -Ma…Padre…non dovremmo…-

-No…andiamo, coraggio.- ribatté secco e lo trascinò fuori dalla sala per un orecchio.

Maria rise alla vista del grande cacciatore piegato su se stesso, che gridava -Ahi!…Padre, fate male!…Ahi!…-.

Attese che tutti se ne fossero andati, poi chiese -Zio, potrei andare a salutarli?-

Lui sembrò pensarci un attimo, così le disse -Siamo d'accordo. Puoi andare, ma torna presto, dovremo dirti una cosa importante.

La ragazza rispose con un sorriso, poi corse fuori.

-Non lo accetterà mai, lo sai, sì?- Loveday si rivolse al marito.

-Non abbiamo altra scelta- concluse lui.

 

Uscì in giardino e si guardò intorno. Non vide nessuno.

Non potevano essersene già andati…

Decise di salire su di un albero. Da lì poteva vedere bene dove fossero.

E infatti ecco i due De Noir camminare al limitare della foresta, uno al fianco dell'altro.

Scese dalla pianta e corse, andandogli dietro silenziosamente.

Purtroppo pestò un ramo, producendo un rumorosissimo crac.

Spaventata, si nascose dietro un albero.

Robin si fermò -Padre…credo di essermi dimenticato una cosa da queste parti…Posso…-

-Sì…vai pure. La strada tanto la conosci…- e si allontanò.

Il ragazzo aspettò che che se ne fosse andato per non sentirlo, e fece qualche cauto passo verso l'albero dove era Maria.

-Allora, Merryweather…come mai da queste parti?-

-Ciao- la sua testa fece capolino -Volevo…ecco, io…volevo salutarti, non…non ne avevo avuto l'occasione, quindi…-

Lui la abbracciò, felice, anche se non sapeva perché.

Quando si separarono Robin le diede una pacca sul braccio -Dovresti andare ora, è tardi. Principessa, i miei rispetti.- e si inchinò di nuovo.

-Allora, buonanotte- e gli diede un bacio sulla guancia. Uscì dal bosco.

L'altro era rimasto senza parole, paralizzato, con la bocca spalancata.

-Sogni d'oro, Principessa- sussurrò.

 

Al Merryweather Manor, venti minuti dopo, Maria era stesa sul suo letto, disperata e singhiozzante.

Non poteva, non voleva crederci

Maria, ascolta...- aveva detto lo zio -Mi dispiace davvero tanto di darti questa notizia. Domani ti recherai a Londra, in una scuola formativa che ha scelto per te la signorina Heliotrope. Dovrai...dovrai rimanerci per qualche anno, solo al fine di completare la tua istruzione. Sai che la signorina non può più darti lezioni private a causa del suo stato di malattia. È per questo che dovrai trasferirti nel collegio di st. Catherine. Tranquilla, sarà per poco tempo, e poi potrai tornare qui.-

-Ma...ma...- aveva provato a ribattere.

-Te l'ho detto, non c'è altro modo-

 

 


 

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Capitolo 2
*** Ritorno a Moonacre ***


Ritorno a Moonacre


Si svegliò di soprassalto, la fronte imperlata di sudore.

Che incubo terrificante.
Si trovava in un campo, a cavallo, quando ad un certo punto si era avvicinato un uomo, facendola cadere, poi, il buio.

Le sue compagne di stanza, Lizanne e Isabel, dormivano ancora profondamente.
Si mise il viso tra le mani, respirando rapidamente. No, era solo un incubo, non doveva preoccuparsi.
Bussarono alla porta -Ragazze, sbrigatevi. Vi aspettiamo giù- ecco, quella era la loro sveglia quotidiana.

Guardò le altre stiracchiarsi e sbadigliare.
Isabel prese la parola -Ehi…sapete che giorno è oggi?-
-No, quale?- le chiese Lizanne, assonnata.
-È il giorno in cui ce ne andiamo, sciocchina che non sei altro, è finita la scuola!- esclamò, tutta contenta.
Maria dal principio non aveva capito molto bene -Perdonami, ma…che cosa hai detto?- poi si rese conto… -Davvero? Non posso crederci! Rivedrò la mia famiglia, finalmente!- stava scoppiando di felicità.

Erano passati ben sei anni da quando se ne era andata così bruscamente da Moonacre.
Certo, manteneva stretti i contatti con i suoi zii, si scrivevano una-due volte al mese, ma non era mai riuscita ad avere notizie di Robin.
Le sembrava molto strano che Benjamin e Loveday, o almeno Benjamin, si rifiutassero di parlarne nelle loro lettere. Per questo il ragazzo le mancava tanto.

Quel giorno, comunque, era il primo compleanno del suo cuginetto Maurice ed era stata invitata al Merryweather Manor per il pomeriggio.

Si alzò di scatto e iniziò a preparare le sue cose. Non erano molte, ma non doveva dimenticarsi nulla. Prima che partisse, la signorina Heliotrope le aveva preparato una lista, molto utile a dire il vero. La consultò e in meno di dieci minuti la sua valigia era pronta.
-Beh, ragazze…è stato davvero fantastico conoscervi- e strinse la mano ad entrambe le due -ora…ora devo andare…salutatemi tutte le altre. Spero potremo scriverci qualche giorno…-
E chiuse la porta, sbattendola. Corse giù per le scale, scontrandosi almeno con una decina di persone e salutando chiunque incontrava. Arrivò alla porta d'ingresso, dove ad aspettarla c'era…

-Marmaduke! Che bello rivederti! Come…come…Ohh!…-
Accanto al cuoco c'era un magnifico cavallo nero, sellato, un purosangue di razza.
-È bellissimo, non è vero?- domandò l'omino.
Lei era senza parole -A…Io…Sì, è davvero stupendo…Come si chiama?-
-Vede, signorina Maria, il suo nome è Enigma. Lo ha mandato suo zio per la strada di ritorno…Sempre che lei voglia venire, è chiaro…- disse, con falsa aria scettica -Ma certo, certo che voglio venire!- esclamò Maria.
-Allora è perfetto. Io…Beh…- balbettò, guardando l'immenso animale
-Marmaduke! Non mi dirai che hai paura di un piccolo e carino cavallino innocente, vero?-
Lui tentò invano di dire -Ma no…Ma no, cosa…cosa ve lo fa pensare…È…è assurdo, no…-
La ragazza lo squadrò con aria indagatrice.
-…Sì, d'accordo…Io…io ho il terrore dei cavalli per…per quanto possano essere belli…Quindi…I-io v-vi attenderò direttamente a Moonacre…A-arrivederci, eh…- e sparì.

Ridacchiando tra sé e sé, Maria montò.
Da quanto tempo non cavalcava, le era mancata tantissimo quella attività, il sentire il vento tra i capelli, la sensazione di libertà, la strada libera davanti a sé…
Per l'occasione aveva indossato dei pantaloni da fantino, per stare più comoda, infatti non aveva la gonna.
Chissà cosa le avrebbe detto la signorina Heliotrope al riguardo…


Percorrere le stradine londinesi a cavallo si era rivelato più difficile di quanto credesse.
Innanzitutto c'era un traffico di carrozze inimmaginabile.
E poi…Quell'essere guardata da tutti…neanche fosse una ricercata.
Comunque ora stava uscendo dalla città.

Sentì all'improvviso un sommesso galoppare e poi degli urli -Prendetelo! Ladro! Acciuffatelo!-
Non fece neanche in tempo a girarsi che venne travolta da un altro cavallo e da un altro cavaliere, che si stavano via via allontanando.
Sulla sella aveva appoggiato una borsa che scoppiava di monete d'oro.

La ragazza sussurrò -Ladro- e passò all'inseguimento.
Il bandito, intanto, sembrava essersi accorto di essere pedinato, così spronò il cavallo ad andare più veloce, ma lei non lo perse d'occhio.
Presero una strada che portava proprio a Moonacre.
Dopo un po' riuscirono ad intravedere la casa di Sir Benjamin.

In quel momento, l'uomo le gridò -Vattene, ragazzina, non mi seccare!-
L'altra, in tutta risposta -E tu restituisci quello che non è tuo!-
Il cavallo del ladro si fermò e Maria poté vederlo in faccia.
Non era molto più grande di lei, forse di qualche anno. Aveva il viso segnato da alcune cicatrici, la più grande sullo zigomo sinistro.
Era soltanto un ragazzo -Beh? Che cosa vuoi, si può sapere? Perché mi stavi seguendo?- e scese dalla sella -Eh? Avanti, dimmelo…- e si avvicinò ad Enigma – E di chi è questo animaletto? Non mi dirai mica che è tuo, vero? Quanta bellezza sprecata, non trovi? E…-
-Vattene. Torna a Londra e restituisci quel denaro, altrimenti…- provò ad ammonirlo.
-Altrimenti cosa? Cosa farai? Lo andrai a dire a mamma e papà? Eh?-
Le si riempirono gli occhi di lacrime -Smettila! Sei solamente un ladro, tu…Tu non meriti…-
Lui si era accorto di averla ferita -A-aspetta, io…-
-Sai cosa ti dico? Portateli a casa, tutti quei soldi, sai a chi può importare di te…-
-Basta! Ora basta!- e le mollò un ceffone talmente forte da farla cadere a terra.

Enigma nitrì, spaventato. Si era imbizzarrito ora, era difficile farlo calmare.
Maria urlò, ancora sdraiata sul sentiero. Aveva paura, poteva rimanere schiacciata sotto il peso e gli zoccoli dell'animale -Aiutami, ti prego, aiutami!-
Il ragazzo esitò, indeciso sul da farsi. Poi le allungò un braccio e la tirò su, di peso.

Un attimo dopo il cavallo era già legato ad un albero.
-E-ehi…Mi…mi dispiace, non…non volevo, io…- provò a dire lui, ma l'altra gli voltò le spalle -Devo andare ora, non ho tempo per le tue scuse- disse con disprezzo.
Lui le si parò davanti, bloccandole la strada, le braccia conserte -Ah, no, non ora…dimmi almeno dove sei diretta…no?-
-A Moonacre…sono stata chiamata da lì…-
-Moonacre? Interessante…Era la mia casa, una volta…- sembrava rivolgersi più a se stesso che a lei.

-Beh…Ci si vede…- disse lei, approfittando della sua distrazione e corse, montando su Enigma -Vai, bello, vai- aggiunse sottovoce.
Al galoppo passò accanto al destriero del ragazzo, afferrando in un sol colpo la borsa d'oro e mettendosela a tracolla. Lo salutò con la mano -Grazie mille, credo…credo che li riporterò io…-
-Ehi!…Torna qui immediatamente, strega…sono i miei soldi…Ridammeli!…- e sellò il più velocemente possibile e le andò dietro. Maria lo seminò in meno di un minuto, lasciandolo nella parte più fitta della foresta. Tutti i Merryweather sapevano cavalcare egregiamente, non lo avrebbe mai dimenticato.

Ridendo come una matta, arrivò ai cancelli di Moonacre.
-Aspetta qui- disse al cavallo. E scese.
Non fece neanche in tempo a bussare che le aprì Digweed, un sorriso stampato in faccia -S-signorina Merryweather…Che…che piacere v-vederla…C-come è andato il viaggio?…E…- continuò per un po' a riempirla di domande.
D'un tratto Benjamin arrivò alle spalle del domestico, seguito da Loveday.
Quest'ultima teneva in braccio un fantolino addormentato.
-Maurice! Che…che carino, è…- non sapeva cosa dire. Quel minuscolo bimbo con il pollice in bocca era suo cugino?
-Vieni, Maria, entra- la invitò lo zio.

La villa aveva un aspetto totalmente diverso. I muri non erano più cadenti, non si riusciva a vedere neanche una crepa. In più erano stati rinnovati tutti i mobili. Non c'erano più stanze vuote o tristi. Tutte avevano almeno (la ragazza sapeva che era opera di Loveday) cinque vasi di fiori bianchi, rosa, rossi, di ogni colore…La casa era immersa nei profumi più dolci che si potessero immaginare.

-Maria!- era la signorina Heliotrope, che si era affacciata dall'uscio della porta.
-Signorina! Che bello rivederla!- si abbracciarono strette, felici.


Si era fatta sera e Maria aveva riavuto la sua camera. Era rimasta nello stesso modo in cui l'aveva lasciata. Si guardò intorno, sorridendo.
Lo sguardo le cadde sul vetro della finestra.
Una figura scura camminava lentamente sul prato.
Volle scendere a controllare.


Nel giardino c'era in effetti un ragazzo.
Si sentiva stanco, aveva camminato fino ad allora. Si sedette, il nastro blu in mano.
Non era da lui, ma scoppiò a piangere.
Era davvero questa la vita che voleva? Da ricercato? Se l'era scelta o gli era toccata?
Sentì dei fruscii e si girò. Una persona stava venendo verso di lui. Era una donna, una ragazza.
-Ehilà?…C'è…c'è qualcuno lì?…- sì, era una ragazza.
Con un balzo si alzò e provò ad indietreggiare, ma inciampò nella radice di un albero.
Non si rese nemmeno conto di sbattere la nuca, né di sentire il sangue colargli sul collo, né, tantomeno, di udire un urlo. La vista gli si annebbiò.
L'ultima cosa che sentì furono due piccole mani afferrarlo per le spalle e scuoterlo lievemente…

-Robin?-


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Capitolo 3
*** Nella torre ***


Da questo momento in poi cercherò di aggiornare una volta a settimana.

Così… almeno per mantenere una certa regolarità

Grazie alle persone che recensiscono e anche a quelle che leggono soltanto

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Nella torre

 

Aveva caldo, non riusciva a respirare.

Socchiuse di poco le palpebre…e un fiotto di luce lo accecò, facendogli venire il mal di testa.

Provò ad alzare un braccio…e gli prese un crampo.

Aspettandosi di tutto allora, provò a muovere la mano…e sentì che qualcosa di morbido e liscio stava tra le sue dita. Qualcosa di piccolo, di…familiare, in un certo senso…

Riprovò ad aprire gli occhi e tentò di abituarsi alla luce che filtrava attraverso la tenda, ma con scarso successo.

La mano (ecco cos'era) dentro la sua si mosse veloce e sfuggì dalla sua debolissima presa.

Subito dopo sentì qualcosa di bagnato e gocciolante sulla fronte, e poi dei passi, dal rumore sempre più flebile.

Non ce la faceva più. Aveva bisogno di sapere.

Spalancò gli occhi e si guardò intorno.

Era in una stanza bianca e avorio, con il soffitto dipinto: un cielo blu, senza stelle, era sopra di lui.

Era stato disteso su un letto, accanto al quale era poggiato un secchio pieno di una strana acqua rossa. Che fosse…?

Si toccò la fronte, poi la nuca.

L'ultimo ricordo che aveva riguardava una brutta caduta all'indietro.

Doveva aver perso parecchio sangue. Da incidenti come quello non se ne usciva spesso vivi…

Si concentrò sul paesaggio che si riusciva ad intravedere dalle finestre. Era davvero in alto, almeno venticinque metri di altezza da terra.

Si tirò su, a sedere, e si sostenne sulla testiera del letto.

In quell'istante la porta si aprì piano con uno scricchiolio.

-Tu? Che ci fai tu qui…Ma…- balbettò il ragazzo, esterrefatto.

L'altra sorrise, un solo angolo della bocca tirato su. Un'espressione decisamente derisoria, per lui, che già se ne intendeva molto.

-Ora non fiatare, chiaro? Devo metterti questa- gli disse, con un intero rotolo di garze in mano, senza abbandonare il suo strano sorridere.

Qualche minuto dopo, Robin si ritrovò la testa completamente bendata.

-A-aspetta, perché l-lo h-hai…- la cosa non quadrava.

-Ero in debito con te- rispose semplicemente la ragazzina, con un'alzata di spalle. Poi iniziò ad alimentare il fuoco.

-N-non avevo notato c-che ci fosse u-un caminetto…È b-bello q-qui…-

Stavolta il mezzo ghigno che era sul viso di lei si trasformò in un vero sorriso, ma non lo diede a vedere. -Come mai eri qui da queste parti? Non dicevi che volevi andartene di qua…-

-Beh, sì, ecco…Ehi, ma tu come?…come…E poi perché dovresti essere in debito con me?- era sinceramente perplesso. Solo una persona, tra tutte quelle che aveva incontrato, poteva ritenersi debitrice…

Improvvisamente si sentì un grido -Maria!…Scendi…-

Lei si morse il labbro e arrossì. Poi corse fuori.

-No, aspetta…Fermati!…Non…-

Ma la sentì scendere per le scale.

Non passarono che dieci minuti, che ritornò, ma questa volta non doveva dire altro che -Non uscire di qui, per nessun motivo- e lui si ritrovò ad annuire. Ora sapeva dov'era. E doveva ascoltarla.

 

Di sotto, intanto, erano tutti riuniti attorno al tavolo per il pranzo.

Maurice era seduto, tutto contento, su una sedia rialzata e lo zio Benjamin, aiutato provvidenzialmente dalla signorina Heliotrope, era lì vicino ad imboccarlo.

Loveday, Digweed e Marmaduke stavano parlando -Non lo so, signora Merryweather…lei crede che sia salutevole?…Per lei, intendo…-

-Ma certo, Digweed, che discorsi sono? Non può mica succedere il finimondo per una volta, no?-

-Di…cosa state parlando, voi?…- Maria si intromise nella conversazione.

-Di una gita che faremo questo pomeriggio- le rispose Loveday, anticipando le proteste del domestico.

-Fantastico! Non vedo alcun impedimento, Digweed, perché dovrebbe essere pericoloso?- chiese.

Digweed sembrava nervoso -Signorina, è perché nei boschi si aggira un fuorilegge, una possibile minaccia per la vostra incolumità, e…-

-La mia incolumità? In che senso, non capisco…-

Loveday e Benjamin si scambiarono delle occhiate, poi, lo zio si schiarì la voce e iniziò -Vedi, mia cara, il giorno in cui te ne andasti c'era una persona che non sapeva della tua imminente partenza. Quella persona era Robin, il figlio di Coeur de Noir. Lui…non ha mai accettato questo fatto. Da lì è iniziato il suo vagabondare. Se ne è andato da casa sua ed è venuto a Londra, dove eri tu, non mi è mai stato chiaro il motivo. Poi…si è fatto una vita tutta sua e…-

Le ultime parole le ricordavano terribilmente quelle usate dal ragazzo, l'ultima volta che si erano visti. Le era parso incredibilmente triste.

-Ehm…zio…Voi lo perdonereste?- domandò con esitazione Maria, anche se sapeva come avrebbe risposto. Infatti l'uomo le disse -No, ci ha fatto troppo male, a cominciare da Loveday- la quale fissò insistentemente il pavimento in marmo.

-Io…torno subito…- e corse, precipitandosi su per la torre.

Le scale non le erano mai sembrate così tante.

Quando arrivò in cima vide il ritratto della Prima Principessa della Luna immancabilmente appeso alla parete. Sorrise, in ricordo alla sua ultima avventura a Moonacre.

Poi, all'improvviso, si riscosse dai suoi pensieri ed entrò nella sua camera.

Robin non si accorse che lei fosse entrata e continuò a giocherellare con un nastro blu.

Con soli tre passi gli si piazzò davanti -Come hai potuto ridurti così?- sembrava quasi un'accusa.

Il ragazzo non alzò lo sguardo. Sospirò, storcendo la bocca -Ehi, calma, calma, non è che ci vada così matto per la mia vita. Oramai è andata. E poi, come hai detto tu, chissà a chi può importare di me, giusto?-

-A me!- gli urlò contro, spaventandolo a tal punto da costringerlo a guardarla in faccia.

-Sì a me, De Noir, a me importa della disgustosa vita che conduci da sei anni. A me importa di quello che sei diventato, di come tu sia stato trattato, ma soprattutto mio caro, a me importa del fatto che tu possa pensare di non poterci fare niente, quando non è affatto vero.-

Per tutta la sua sfuriata lui si era aggrappato al copriletto, terrorizzato. -Ed è per questo che ti aiuterò a tornare una persona normale.- aggiunse infine.

-C-che? Una persona normale? Io? Oh no, assolutamente no. Non capisci che io sono un emarginato, che nessuno della famiglia, sia mia che tua, non vuole avere più niente a che fare con me? È impossibile…- sì, era vero. Non ci sperava più. Normalità, amore, affetto, queste parole non avevano alcun significato -Li ho delusi-.
Una lacrima gli scese lenta, seguendo il tratto della sua cicatrice, e gli arrivò al mento.

La ragazza la seguì con gli occhi, sentendosi in colpa.

-Perché lo hai fatto, perché sei scappato?- gli chiese, tutto d'un soffio.

-E tu perché te ne sei andata?- le domandò lui, per tutta risposta, lo sguardo duro, severo -Perché sei stata via per tutto questo tempo? Cosa ti ha fatto partire?-

Maria prese uno sgabello e vi si sedette, proprio di fronte al ragazzo. Si grattò il naso -Ecco…io non volevo tornare a Londra, abito qui adesso, ma dovevo finire gli studi da un'altra parte…così, in meno di poche ore mi sono ritrovata in una scuola qualunque, buia e triste, soprattutto senza poterti avvertire. Mi…mi sei mancato, Robin, davvero…-

Non credeva alle proprie orecchie. Sul serio lo aveva detto?

-Sul serio?- e la vide arrossire.

-Beh, sì…e tanto…Ehi, comunque tocca a te darmi la tua risposta. Perché sei scappato?- ripeté, tentando di cambiare argomento.

Fu il turno di Robin a cambiare colore -Perché…insomma…Perché non avevo alcun motivo per rimanere lì. O-ogni mio scopo di v-vita se ne e-era andato c-con te e…- ma si interruppe quando vide i suoi occhi sbarrati di sorpresa.

-Senti…lascia perdere, va bene? Ora è-è meglio che me ne vada, ti…ti ho rubato già troppo tempo, ti sei messa nei guai per colpa mia…- e provò ad alzarsi dal letto, ma lei lo fece sdraiare nuovamente con una spinta della mano. Era, ovviamente, troppo debole per fare resistenza.

-Ah no, non ci pensare nemmeno, De Noir, sei quasi morto dissanguato e vorresti rimetterti in piedi? Roba da matti!- finì con il mormorare, le mani nei capelli -No, tu rimani qui…e non voglio sentire scuse, sono stata chiara? Adesso io scendo un attimo…torno subito…-

-Come vuoi tu, Principessa…- bisbigliò, quando la porta era già chiusa.

Poi chiuse gli occhi, sorridendo al solo pensiero di non esserle indifferente. 

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Capitolo 4
*** Andato via ***


Secondo voi tre settimane di confisca del computer sono punibili a norma di legge? Dal mio punto di vista SÌ!!!

Cavolo ho dovuto perfino approfittare di due giorni di influenza per rimettermi (o almeno cercare) in pari con la storia.

Uccidetemi appena potete, avete la mia autorizzazione.

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Andato via

 

-Dobbiamo decidere come agire…non puoi rimanere così per sempre…ma come?…- era da più di mezz'ora che camminava in tondo per la stanza e a Robin era venuto il mal di testa.

-Sì sì, d'accordo, mi ridarai una vita migliore e te ne sarò sempre debitore, le solite formalità…ora vuoi calmarti un attimo?- le gridò infine e lei, incredibilmente, si fermò, guardandolo sorpresa, la testa inclinata -De Noir, ma che maniere sono queste?-.

Sospirando le disse -Voglio solo dirti che fino ad ora non abbiamo combinato nulla. E poi guardami, sto bene adesso, posso anche andarmene. Dimentica la faccenda e fai come se non fosse successo niente- questa volta quando si alzò si resse bene in equilibrio sulle proprie gambe.

Si tolse la benda dalla fronte e fece per aprire la porta -Fermati-.

Maria aveva parlato senza voltarsi -Non vorrai mica fare un'entrata trionfale giù di sotto, vero? Va bene, va bene, ti aiuterò ad uscire- e gli venne incontro -Ma non fiatare, chiaro?-

-Cristallino- e si esibì in uno dei suoi soliti inchini.

Scesero dalla torre insieme, tenendosi per mano, come due bambini che hanno appena fatto pace.

Quando arrivarono alla fine della rampa di scale sentirono una voce -…Maria…Potresti venire qui un attimo?-.

La ragazza si morse un labbro -Accidenti, è lo zio…Tu resta qui dietro, non deve vederti…- e l'altro annuì.

-Cosa c'è zio Benjamin, come mai mi volevate?- chiese.

-Avevo intenzione di chiederti, mia cara, il perché del tuo trascorrere tutta la giornata in camera tua quando potresti stare insieme a tuo cugino, alla signori…-

No, doveva evitare che salisse le scale prima che loro due uscissero -Mi dispiace davvero tanto, zio, è solo che oggi non mi sento molto bene e preferirei stare a riposo. In questo momento mi sento meglio, ma avrei bisogno di uscire in giardino per prendere una boccata d'aria. Posso…-

-Oh, ma sicuramente. È ovvio che…si puoi uscire. È anche una bella giornata…- e si allontanò canticchiando, le mani dietro la schiena.

-Certo che il marito di mia sorella è l'individuo più strano che abbia mai incontrato. Non che avessi dei dubbi, questo no, però…- commentò Robin, le mani nelle tasche.

Maria notò che non li aveva chiamati per nome -A-andiamo?-

-Eh? Ah sì. Sì, andiamo- le rispose distrattamente.

Di corsa, sempre guardandosi le spalle, alla fine superarono il grande portone di noce all'ingresso e si rivelò loro l'incredibile parco di Moonacre.

-Accidenti. È-è…Bellissimo- farfugliò meravigliato, mentre fissava tutto quel verde. Era senza parole.

Sorridendo tristemente, la ragazza disse -Beh, ora che stai bene non hai più bisogno di me. Io…-

Lui si girò e la guardò profondamente negli occhi -Sì?-

-…E-ecco, f-forse è m-meglio che riporti indietro i-il denaro c-che hai rubato a Londra- se la cavò per poco, anche se le parve infinitamente deluso.

-Ah sì, certo…Hai ragione…Ehi, ehm…mi dispiace per…-

-Mi prometti che cercherai di farti una vita nuova?- arrivò al punto lei, con sguardo severo.

A Robin mancavano le parole. Non ci sarebbe mai riuscito, ma non poteva dire di no alla sua piccola Principessa della Luna, così le mentì -…D'accordo, lo farò…-

-Oh, grazie!…- l'altra gli si fiondò addosso, stringendolo a sé quasi senza rendersene conto.

Entrambi arrossirono come papaveri, lo notarono subito quando si separarono. Ad un certo punto Maria si schiarì la voce -…Sai che voglio questo da te solo perché tu sia felice, vero?-

Lui non rispose. Sarebbe stato solo più da idioti. E poi come faceva a non fargli tenerezza quella ragazzina così energica e così ingenua? Si limitò a fare un cenno della testa, seguito da un'alzata di spalle.

-…Signorina Merryweather…- si sentì in lontananza.

“No, non Digweed, non ora…Rimani…non gli rispondere…” pensò lei confusa -Devo andare…- gli disse Robin sussurrando.

“No…Fermalo, avanti…” tentava di convincersi -V-va bene…- “Che diavolo stai facendo? Lo lasci andare così…?” e si girò dall'altra parte, la mano sotto il mento.

Mentre era immersa nei suoi pensieri, indecisa se restare, il ragazzo l'aveva fissata leggermente sorpreso, poi aveva sorriso e sussurrato un piccolo “Ciao”, per poi prendere la strada della foresta.

-…Ti prego, non lasciar…- quando si voltò non lo vide più -No…No no…NO!- urlò disperata.

Non le ressero più le gambe, cadde pesantemente in ginocchio sul prato, continuando a piangere senza tregua. Dopo poco tempo svenne, ormai rimasta senza ossigeno, con la testa dolorante che le pulsava…

Da lontano, al sicuro degli alberi, Robin aveva gli occhi umidi.

Si disse che era meglio per entrambi solo per convincersi di non volerla.

Continuò a ripeterselo anche quando vide quel…Merryweather prenderla in braccio e portarla dentro.

-…Ehi! Idiota, girati!- sentì una voce alle sue spalle -Ma che fai, ti piangi addosso?- gli chiese ridendo come un cretino, seguito a ruota dagli altri della banda.

Trattieniti…trattienitinonRISPONDERE! Sei in minoranza, ricordateloprovò a calmarsi -Bill, Cedric, Ian, Hugo- disse a mo' di saluto -E comunque- continuò asciugandosi le lacrime superficiali con una manica -Non stavo piangendo, prima ero stato colpito sugli occhi, è per questo che sono bagnati-

I ragazzi si scambiarono occhiate complici -Sì, d'accordo, noi ti crediamo- disse Ian a nome di tutti, ghignandogli in faccia.

-Come mai non ti sei fatto vedere ultimamente, Robin?- chiese qualcuno nel buio, facendo impallidire il ragazzo.

 

-…Ecco, vedi, si sta riprendendo, che ti avevo detto?…- che ronzio fastidioso…

-…Non so…credi stia bene?- no, erano voci.

-…Z-zio B-Benjamin?- chiese, aprendo gli occhi.

-Maria!- le rispose Loveday -Come ti senti?-

Decisamente non sapeva cosa rispondere. Optò per la verità -Male anzi, malissimo. Mi sta scoppiando la testa-.

-Ma insomma, cosa ti succede, si può sapere?-

Odiava quando qualcuno le metteva fretta. Specialmente lo zio.

A questo pensò Loveday -Benjamin? Potresti uscire, per cortesia?- non era una richiesta, era un ordine.

Lui la guardò, palesemente offeso, poi aprì la porta e se ne andò.

La donna attese qualche secondo, poi iniziò senza preamboli -Allora, Maria, cosa ti turba?-

Lei, che non se l'aspettava, riuscì solo a produrre balbettii -M-ma niente, Loveday, c-cosa dici? Io…niente…-

-Credo di aver capito, piccola…Pene di cuore, forse?- le domandò, sorridendo dolcemente.

-No!- le rispose prontamente Maria, forse troppo.

Loveday non la ascoltò -Allora? Chi è? Lo conosco per caso?-

In quel momento, solo in quel momento, la ragazza si rese conto che la sorella di Robin era la persona davanti a lei. Non doveva assolutamente dirgli nulla. -No, non lo conosci, ma lo dimenticherò presto, vedrai.-

L'altra scosse la testa, rassegnata. Questi giovani d'oggi…

 

Le settimane successive Maria rimase mogia e silenziosa. Non voleva parlare con nessuno, nemmeno la signorina Heliotrope riusciva a cavarle qualche parola, o almeno a farla uscire dalla sua stanza.

Tutti gli abitanti di Moonacre Manor vennero travolti della tristezza del componente della famiglia. L'intera villa sembrava essere ritornata alla solitudine di un tempo, quando solo Marmaduke cercava di tirare su il morale altrui con le sue continue apparizioni.

 

Quel giorno, poi, la ragazza si era chiusa a chiave nella sua camera, non voleva che entrasse nessuno. Aveva bisogno di restare sola.

Improvvisamente sentì dei piccoli mugolii provenire dall'esterno. Decise di andare a vedere solo per un momento.

Socchiuse di poco la porta e il suo sguardo cadde sulla rampa di scale, dove una testina bionda si agitava moltissimo.

-Maurice! Cosa ci fai qui, piccoletto mio?- lo prese in braccio e lo portò sul suo letto.

Il bimbo, tutto contento, rideva e diceva continuamente -Ma…MaìaMaìa-.

-Io vorrei proprio sapere come ci sei arrivato fin quassù…- gli disse ridacchiando.

-Credo di avere la risposta, mia cara- si fece avanti Benjamin, serio -C'entra lui, vero? Quel…Quel De Noir, Robin?- solo pronunciare quel nome gli infondeva ribrezzo profondo. Doveva però, per il bene di sua nipote, affrontare quell'argomento -Cosa ti ha fatto? Dimmelo, per piacere.-

Maria preferiva di gran lunga il metodo molto più femminile di Loveday nel farsi rivelare i più oscuri segreti adolescenziali, ma almeno quello dello zio era più incisivo, più veloce e meno doloroso. Morivi immediatamente, insomma.

-Zio…davvero, non mi ha fatto niente, è solo che…ecco…-

-Quando lo hai visto?- incalzò lui -Desidererei tanto saperlo- e la incitò con un cenno della testa.

Un po' intimorita sotto lo sguardo autorevole di Benjamin, Maria gli raccontò del loro incontro sulla strada per Moonacre, di quello che si erano detti e di quando lei lo aveva trovato mezzo morto al limitare della foresta. L'altro assunse un'espressione molto contrariata quando la nipote gli parlò di come gli era stata vicino in quella stessa stanza, aspettando che si svegliasse. Poi di come avesse voluto che Robin ritornasse la persona ignorante e beffarda, ma almeno libera, di sempre.

Quando arrivarono al momento in cui se ne andò, la ragazza non resse e si gettò sul petto dello zio, singhiozzando al solo ricordo, rendendole impossibile continuare.

Ovviamente non abituato a tanta confidenza da parte di Maria, l'uomo le accarezzò goffamente la testa.

-Lo ami?- 

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Capitolo 5
*** Presi ***


Presi

 

La nipote lo guardò, gli occhi spalancati -Eh…Zio, io…Cosa? Ma che…Cosa ti è venuto in mente? Ma no…Sul serio io dovrei…No, zio Benjamin, no, davvero…-

L'uomo le lanciò un'occhiata scettica e indagatrice allo stesso tempo, che mise Maria in soggezione.

La ragazza si fermò a guardare il cugino ridere a bocca aperta per qualche attimo. Poi sospirò e scosse il capo -Sì, lo amo da morire-

Lui si lasciò sfuggire un sorriso di soddisfazione, che dovette cancellare subito per non peggiorare la delicata situazione in cui si era cacciato -Maria, ascoltami per favore. È chiaro che questa…ehm…faccenda ti faccia soffrire. Ma non è certo questo il modo di affrontarla. Tu…Tu sei una Merryweather, accidenti!- in quel punto alzò la voce. Che sua nipote fosse debole come lui lo era stato anni prima? La prese per le spalle e le fece alzare la testa per farsi guardare negli occhi -Lo so che è difficile. In più, di quel ragazzo io non mi fido. Purtroppo so anche che l'amore è cieco- e le sorrise -Non voglio ostacolarti, voglio soltanto che tu esca di qui e che lo vada a cercare. Mi sono spiegato? Ve…- ma venne soffocato da una Maria con le guance rigate di lacrime, che lo abbracciò talmente stretto da impedirgli di respirare -…Dicevo che verrò con te. Non vuoi mica che ti lasci da sola in quella foresta, vero?-

-Tranquilla, non lo dirò a Loveday- aggiunse Benjamin con aria complice e le fece l'occhiolino.

L'altra annuì.

Intanto si era fatto buio.

 

Per colpa della sua caduta e del tempo rimasto in convalescenza, lontano dalla base, era stato punito passando l'intera notte sotto la fitta pioggia autunnale, con il rischio di prendersi una malattia che gli avrebbe reso la vita ancora più difficile.

Il capo, Ryan, il fuorilegge più giovane, solo trentun anni, con la più alta taglia sulla propria testa di tutta l'Inghilterra, non aveva mai avuto buon occhio per lui, forse per la sua scarsa età ed esperienza.

Aveva deciso di far entrare Robin nel gruppo unicamente per i propri scopi. Il ragazzo aveva un'ottima memoria e gli era indispensabile per orientarsi nella foresta. E comunque, poteva usarlo come esca o diversivo in caso di pericolo, così da garantire la fuga sicura del resto della banda.

Questo Robin lo sapeva bene. Si era reso conto che i suoi desideri non si erano realizzati con la libertà che voleva tempo addietro, ma per andare via era troppo tardi, così cercava di passare più tempo possibile lontano dagli altri.

Quando ci riusciva, specialmente di notte, saliva sul più alto albero che riusciva a trovare e volgeva il suo sguardo verso Moonacre. I suoi occhi vagavano sulla torre per riportargli quella gioia perduta, vedendo la luce dalla finestra di Maria.

Appeso ad un ramo, poi, restava a guardare per tutta la notte la piccola e pallida luna affiorare tra le nuvole.

Nei suoi sogni, nei suoi pensieri, perfino nelle stelle, vedeva la sua piccola principessa sorridergli e quel ricordo gli faceva terribilmente male, perché sapeva che per il bene di Maria dovevano essere lontani. Sarebbe stata solamente in pericolo con lui.

Era necessario dimenticarla del tutto per smettere di soffrire.

Ma come poteva…

 

-Tranquilla cara, torneremo presto, è solo per ripercorrere i ricordi che legano me e Maria alla foresta. E poi passeremo anche dai De Noir, è da parecchio che non vedo tuo padre …Un salutino e poi ritorneremo, non ti preoccupare…-

Dalla faccia della moglie, Benjamin capì di non avere la sua totale fiducia, quindi guardò in modo eloquente la nipote, in disperata ricerca di aiuto.

-Ma sì, Loveday, cosa vuoi che ci accada?- domandò allora la ragazza con il fiato sospeso.

Dopo un'attesa interminabile, la donna, gli occhi ridotti a fessure, disse loro -Non mi state forse nascondendo qualcosa, voi due?- i quali cominciarono a sudare freddo. Maria incrociò le dita dietro la schiena mentre rispondeva un debole -No, figurati-.

La videro incrociare le braccia, segno inequivocabile di attenta riflessione, ma alla fine sorrise -D'accordo, ho deciso di fidarmi di voi. Benjamin- chiamò -Stalle vicino- aggiunse, alludendo all'altra.

Le due donne si abbracciarono.

Salutati da tutti gli abitanti di Moonacre, compreso Maurice, Maria e lo zio imboccarono la strada del bosco pieno di alberi secolari.

-Chissà che cosa avevano intenzione di fare…Lei cosa dice, signora Merryweather?- chiese Marmaduke.

-Non lo so, sono confusa. Ho l'impressione che accada loro qualcosa di pericoloso…Credete che abbia fatto bene a farli partire?

 

-Allora, da che parte andiamo, zio?- non che la foresta la spaventasse, ma aveva l'impressione di girare in tondo e, sinceramente, le stava venendo l'ansia.

-Ecco…vediamo…Ma sì, potremo trovare un punto in alto e orientarci con il sole…- rifletté ad alta voce l'uomo guardandosi intorno alla ricerca di qualche albero o altura.

-Il problema è che non sappiamo dove andare. Non dovevamo pensarci prima…?- provò a dire lei, ma Benjamin la tranquillizzò -No, forse la cosa migliore è andare in quella direzione, tu cosa dici?- e senza aspettare risposta prese la sua strada.

Non passò molto tempo che sentirono dei rumori di rami e fronde dietro di loro. Reagirono d'istinto e si misero spalla contro spalla, per evitare di essere presi di sorpresa -Che succede?- bisbigliò.

-Aspetta…- le disse lui -Vado a vedere- e fece qualche passo su un ripido sentiero in salita.

Ancora fruscii e un uomo apparve da dietro un albero -Zio, attento!- gli gridò.

Benjamin si spostò appena in tempo per evitare il proiettile partito dall'arma che quell'individuo teneva in mano.

La ragazza si gettò addosso al malvivente e lo atterrò, impedendogli di sparare ancora e con un calcio allontanò la pistola di almeno due metri, in modo che l'altro non ci potesse arrivare.

-Fermo- disse piano a causa della fatica, tenendogli stretto il collo con un braccio -Non…muoverti…non…- ma quello, molto più grande e robusto di lei, con uno strattone la fece cadere, costringendola con le mani dietro la schiena -Non mi pare che tu sia in grado di minacciare a questo punto, no?- le sussurrò all'orecchio.

Maria, inorridita, riconobbe quella voce -Tu?-.

E pareva averla riconosciuta anche lui, che sbiancò -No, ma…come…come puoi…?-

-Allora…vediamo un po' chi è venuto oggi nel nostro territorio…- disse all'improvviso qualcuno ad alta voce, avvicinandosi.

Mentre aveva i polsi bloccati aveva pensato soltanto a liberarsi, ma non aveva notato che un altro gruppo di persone era entrato nella radura, erano cinque, tutti ragazzi, che tenevano fermo un Merryweather agitatissimo ed infuriato -Lasciatemi! Lasciatemi, ho detto! Maria!-.

-E questo qui chi sarebbe?- chiese divertito uno dei banditi, soffocando una risata.

Dopo aver smesso di dimenarsi, Benjamin li guardò con un disprezzo che neanche la nipote gli aveva visto prima in viso -Non oso rispondervi per non macchiare di disonore il buon nome della mia famiglia, signore, e ora liberateci!-

-Oh oh, vedo che vuole le maniere forti…peccato…- lo guardò con aria truce l'altro, scrocchiandosi rumorosamente le nocche.

-Ehi, Cedric, stai calmo- parlò quello che sembrava il più anziano, comodamente seduto su un masso -Non vedi che abbiamo un ospite speciale oggi? Avanti, taglia la sua corda. Ah, e anche quella della ragazza…-

In meno di un attimo entrambi furono liberi, anche se a Maria non piaceva quell'uomo, le era sembrato troppo gentile per essere a capo di un gruppo di delinquenti spietati.

Ma in quel momento, lei non pensava da chi fosse attorniata, a quale sorte le potesse capitare, se Loveday era in pensiero per loro…

No. L'unica persona di cui, in quel momento, le importava era Robin De Noir.

Quello stesso Robin, che un tempo le aveva promesso di cambiare, di cui lei si era fidata, che pensava ogni notte, di cui si era innamorata…Era lì, insieme ad una cerchia di sconosciuti, che volevano solo farle del male.

Le veniva da piangere, ma decise che non gli avrebbe dato questa soddisfazione. Non ora.

Attese, imponendosi di non guardare alla sua sinistra, dove quel traditore senza cuore ostentava uno sguardo perennemente basso.

-Ditemi…chi siete e da dove venite?- domandò tranquillamente il capo.

Lo zio sembrava rincuorato dalla cortesia di chi gli aveva rivolto la parola, quindi rispose -Io sono Benjamin Merryweather, padrone della Valle di Moonacre, e lei è mia nipote Maria…-

-La Principessa della Luna?- lo interruppe subito l'altro, alzandosi e facendo qualche passo verso la ragazza, arrivando a pochi centimetri dal suo viso -Ho sentito molto parlare di te, Maria Merryweather…- intanto Robin alzò la testa e serrò la mascella. Fiutò il pericolo che incombeva e si tenne pronto, mentre la rabbia si faceva strada dentro di lui.

-Dicono che tu ci abbia salvati dalla Maledizione della Luna, è così?-

Lei lo guardò con superiorità, poi chiuse gli occhi e tacque. Avrebbe solo peggiorato le cose. Meglio il silenzio.

-Beh?- la incalzò Ryan, facendo apparire sul suo volto uno strano sorriso -Cos'è, hai perso la lingua?- continuò, trasformando la sua espressione in un ghigno agghiacciante. Furioso, Robin strinse i pugni fino allo spasimo.

-Sai…- riprese, tornando a sorridere -Il…tuo cognome mi…ricorda qualcosa…Tu cosa dici, Bill?- chiese al suo braccio destro, che fece una risatina provocatorio -Oh sì, capo…-

-Tuo padre, George, era un brav'uomo, davvero…Ma sai, la buona sorte gira prima per qualcuno e poi per qualcun altro…È la vita. O forse sarebbe meglio la morte…-

-Che vuoi dire?- chiese Maria, avida di sapere.

-Sai perché c'è una taglia sulla mia testa? Tempo fa…facciamo sei anni, ti sta bene?…Ecco, fui condannato per omicidio, ma scappai e mi rifugiai da queste parti, non nella foresta, era troppo rischioso. Non mi trovarono mai. E sai qual è la cosa più divertente? Che di quel morto, sei anni dopo, ho incontrato la figlia e il fratello…-

-NO!- quell'urlo le uscì di bocca prima che potesse riflettere, ma qualcuno la anticipò.

Con uno scatto fulmineo, Robin afferrò la gola di Ryan e lo sbatté a terra tra le foglie, gridando -Assassino!-. Quando vide altre lacrime scendere sulle guance della sua Principessa aveva perso la ragione. Non doveva più versarne altre per causa sua.

-E-ehi, R-Robin, m-ma che t-ti prende?- balbettò quello, che di sicuro non se lo aspettava -Meriteresti qualcosa di molto peggiore della morte, dannato- gli disse l'altro, continuando a stringere le mani attorno al suo collo.

-Robin, no! Non lo fare! Non vorrai diventare come lui, vero?- lo fermò lei, inginocchiandosi vicino, facendolo voltare.

Purtroppo quell'attimo di distrazione fu fatale. Il criminale si liberò, anche i suoi seguaci lo aiutarono e immobilizzarono il ribelle.

-Legateli, tutti quanti, specialmente il sovvertitore- ordinò Ryan, ansimando -Penserò a loro più tardi. Lei no, chissà, potrebbe tornarmi utile…- aggiunse, alludendo alla ragazza.

-Non ti avvicinare!- sbraitò il giovane De Noir, già imprigionato ai piedi di una quercia.

-Oh, taci un po', fammi questo favore. Tornando a noi…Devo dire che mi piaci, Maria, sei testarda e determinata allo stesso tempo. Questa è una dote assolutamente da apprezzare in una donna…- e le mise una mano sulla schiena.

-Lasciami stare, cretino!- e gli tirò uno schiaffo, che gli lasciò il segno rosso delle sue cinque dita.

Malgrado il dolore, lui sorrise come prima e, con totale indifferenza, la prese per i vestiti e la spinse contro l'albero dove stava Robin, facendola cadere sul terreno umido. Perse i sensi di lì a poco.

-Questa la pagherai, è una promessa- sibilò tra i denti il ragazzo.

-Oh, allora devo preoccuparmi- gli rispose Ryan ghignando, suscitando l'ilarità tra i ragazzi, che risero a crepapelle.  

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