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di VeraNora
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** We All Go a Little Mad Sometimes - Dal Wickery Bridge a casa. ***
Capitolo 2: *** My Brother's Keeper - Senza interruzioni. ***
Capitolo 3: *** We’ll Always Have Bourbon Street - Un simpatico gentleman. ***
Capitolo 4: *** O Come, All Ye Faithful - La notte prima del risveglio. ***
Capitolo 5: *** After School Special - La cosa più vera di tutta la mia vita. ***
Capitolo 6: *** Catch Me If You Can - Mi credi? ***
Capitolo 7: *** A View To A Kill - Never Let Me Go. ***
Capitolo 8: *** Into The Wild - Che farai tu? ***
Capitolo 9: *** Down The Rabbit Hole - Nessuna replica ***
Capitolo 10: *** Stand By Me - Requiem. ***



Capitolo 1
*** We All Go a Little Mad Sometimes - Dal Wickery Bridge a casa. ***


Lo spettro di Connor l’aveva logorata al punto da convincerla a farla finita. Damon la fissava terrorizzato, aveva provato a fermarla, ma qualcosa dentro di lei l’aveva spinta a sfuggirgli. Sentiva dentro si sé che era sbagliato dare retta alla voce della sua vittima, ma non poteva farne a meno, da qualche parte, dentro lei, qualcosa la spingeva a dare retta a quell’allucinazione. Si sentiva una spettatrice passiva di un dramma che le toglieva il respiro. Non si sentiva capace di reagire, avrebbe voluto ma non poteva.
Quegli occhi di ghiaccio stagliati in un viso teso, duro, pietrificato, la fissavano e bruciavano dentro lei, ma lo stesso Elena non era in grado di fare quello che lui chiedeva.
All’improvviso tutto cessò. Fu ricatapultata nel suo corpo, padrona della sua testa e delle sue azioni. Guardò di nuovo verso quegli occhi che continuavano ad indagarla, tremanti di paura
«Se n’è andato»
Disse lei, lui annuì
«Va tutto bene»
Le rispose. Elena non ebbe il tempo di sentire il sollievo di quella situazione, il sole stava sorgendo e lei aveva gettato il suo anello nel fiume. I primi flebili raggi di sole lambirono la sua pelle facendola sfrigolare come bacon in padella. Una nuova ondata di terrore colse i due vampiri
«Damon…»
Disse lei quasi in tono di supplica, il vampiro si voltò a guardare l’alba assassina e non ebbe il tempo di pensare a niente. Si mosse in base ad un solo istinto: salvare Elena.
Usò la sua velocità da vampiro per avvinghiarsi a lei e buttarsi dal ponte, in acqua, al riparo da quella luce killer.
Durante il volo Elena svenne, spossata da una giornata in preda alla cattiveria di allucinazioni che si mettevano in bocca parole che lei stessa aveva faticato tanto a nascondere sotto il tappeto. Damon rimase cosciente, l’acqua gelida abbracciò il loro tuffo accompagnandoli delicatamente verso il fondale.
Il vampiro non mollò la presa sulla sua Elena finché non si assicurò che fosse in una zona d’ombra.
Si guardò intorno, il fondale sabbioso del fiume si era mosso creando una specie di nebbiolina, mentre imprecava nella sua testa tentò di non perdere la calma, se avesse mosso ancora di più la sabbia non avrebbe più ritrovato l’anello di Elena, e di certo non avrebbe passato tutto il giorno dentro al fiume in attesa che la notte mettesse al sicuro la ragazza.
Lanciò un ultimo sguardo ad Elena che giaceva fluttuante in fondo al fiume e pensò con dolore alla notte in cui perse la vita, pensò a quanto bella fosse anche nella morte, poi, improvvisa e tagliente, arrivò la rabbia: se ci fosse stato lui quella notte sul ponte lei non sarebbe morta, non avrebbe dovuto affrontare la transizione, avrebbe ancora avuto la possibilità di vivere la sua vita da umana, non avrebbe ucciso nessun cacciatore subendone la maledizione.
Si era ripromesso di non pensare più in quel modo, si era giurato di non fare più il gioco dei “se”, ma osservando Elena in quello stato non poté farne a meno. Si staccò da quell’astio e tornò alla sua missione di recupero dell’anello. Tentò di restare il più immobile possibile mentre scrutava la sabbia che si stava riassettando sperando di cogliere uno scintillio.
Al contrario di ogni sua missione, questa fu semplice. Infatti, quasi come se qualcuno avesse ascoltato la disperazione delle intenzioni di Damon, un timido bagliore attirò la sua attenzione, si avvicinò piano sperando fosse l’anello diurno di Elena e quando constatò che si trattava, effettivamente, del gioiello una scarica di sollievo lo attraversò. Raccolse il prezioso con cura e tornò nel punto d’ombra dove aveva lasciato Elena, le prese una mano rimettendole quello schermo contro il sole assassino.
Prese Elena tra le braccia e, non senza difficoltà, uscì dal fiume.
La ragazza continuava a restare svenuta, inerme tra quelle possenti braccia.
Damon la guardò e la sua mente corse alla prima volta che l’aveva salvata. Sembravano passati secoli, ed invece era un anno appena: in quell’occasione lei scappava da Stefan, dall’idea che l’avesse scelta perché uguale a Katherine, la donna che li aveva portati tutti ad incrociare così le proprie vite.
«La devo smettere di farmi prendere dai ricordi oggi…»
Disse a bassa voce, lasciandosi sfuggire un mezzo sorriso, poi scostò una ciocca di capelli appiccicata dall’acqua sulla faccia di Elena, se la sistemò meglio in braccio e si diresse verso la macchina. Adagiò Elena sul sedile posteriore e guidò verso casa di lei, durante il tragitto continuò a lanciare occhiate allo specchietto retrovisore, appositamente puntato su Elena, sperano si svegliasse, ma lei continuò a dormire.
Arrivati a casa se la caricò di nuovo in braccio e raggiunse il portico, aprì la porta con la chiave che oramai era sua ed entrò. La casa era vuota, ancora non era tornato nessuno. Portò Elena in camera sua e la mise nel letto. Aveva ancora vestiti e capelli umidi, anche lui era fradicio. La guardò a lungo prima di prendere coraggio. Aveva, in un certo senso, già visto quel corpo nudo, in fondo Elena era la doppleganger di Katherine, due gocce d’acqua… eppure.
Aprì il cassetto della biancheria e prese due pezzi a caso, poi cercò un pigiama e sorrise quando le sue mani si posarono su quello che Elena indossava la notte in cui lui gli aveva aperto il cuore
«Quanta fatica sprecata a farle dimenticare tutto… ora è un vampiro, ora lo sa…»
Disse scartando l’indumento. Non avrebbe vestito Elena come quella volta, era stufo delle ripetizioni.
Tornò da lei sperando si fosse svegliata, ancora non voleva fare quello che doveva, non era così che si era immaginato di poterne esplorare il corpo. Ma la bella addormentata non dava cenni di ripresa.
Damon si fece coraggio e le sfilò via la maglia e la canottiera che le si appiccicavano umide alla pelle, con una tovaglia da bagno le tamponò la pelle e poi si chinò a sfilarle gli stivali. Si rimise in piedi e si forzò a non guardare quel corpo mezzo nudo, indugiò un attimo prima di sbottonarle i jeans, poi glieli sfilò via e si ritrovò a sperare Elena non si svegliasse proprio in quel momento. Non successe.
Di nuovo tamponò la pelle umida e poi, cercando di mantenere la sua attenzione fissa sui contorni, le girò intorno e sollevandola la adagiò contro il suo petto. I capelli lunghi e bagnati di Elena si appiccicavano alle mani di Damon che tentava di liberarle la schiena per slacciare il reggiseno
«Chi lo avrebbe mai detto… a Damon Salvatore tremano le mani mentre slaccia un reggiseno!»
Cercando di avere meno contatto possibile con la pelle di Elena le infilò il reggiseno asciutto che aveva preso dal cassetto e restandole dietro fece lo stesso con la maglia del pigiama. Si alzò e tornò in posizione frontale ad Elena e decise che non avrebbe fatto lo stesso con gli slip
«Il bello di essere un vampiro è che non rischi il raffeddore!»
Quindi si limitò ad infilarle i pantaloni che, inevitabilmente, si inumidirono.
Raccolse i vestiti umidi da terra e li portò nel cesto della biancheria sporca, tornò da Elena e cercò di asciugarle un po’ i capelli, quando finì la sistemò sotto le coperte e la guardò dormire
«Ok… direi che è il momento di pensare a me»
Si disse staccandosi dal petto la camicia ancora umida. Scese in salotto ed ancora non era tornato nessuno, guardò sul cellulare, ma nessuno aveva chiamato. Pensò se farlo lui, ma decise che non aveva niente da dire. Andò in macchina e guardò nel portabagagli
«Ah-ha! Essere un vampiro, significa avere sempre un ricambio a portata di mano!»
Prese il borsone dentro cui aveva buttato qualche t-shirt ed un paio di jeans e lanciò uno sguardo verso la finestra della camera di Elena “chissà se si è svegliata” pensò “sono stufo di parlare da solo e voglio sapere come sta”. Quasi come se quei pensieri gli facessero male, tornò in casa ed entrò in camera di Elena per vedere come stava: dormiva.
Andò in bagno e si cambiò, sentì un rumore e nel profondo sperò non fosse nessuno, non voleva ancora separarsi da quel momento solo suo.
Uscì dal bagno, Elena continuava a dormire, il rumore proveniva dal fruscio delle tende della finestra aperta. La guardò dormire trattenendosi dalla voglia di toccarle il viso, accarezzarle il collo… baciarle le labbra socchiuse. Sospirò al pensiero che non si sarebbe mai liberato di quell’amore, nemmeno di fronte all’ennesimo rifiuto.
«Dovrò fare i conti con il fatto che sarai per sempre la mia vita, suppongo»
Le disse a bassa voce, temendo di svegliarla, temendo lei potesse sentirlo.
Indugiò ancora un po’ sul quel viso così bello e poi andò a trovare posto sul muretto della finestra che dava sulla sua auto. Si sedette in attesa di sentirla svegliare mentre si osservava le mani che per poco e per caso avevano sfiorato la nudità di quella donna che gli aveva stracciato l’anima. Desiderò per un istante essere di nuovo quello sfacciato ragazzo che era appena arrivato in città, quello che aveva provato a farsi baciare da Elena provando a soggiogarla, ignaro della sua collana alla verbena. Quello che avrebbe usato tutti pur di ottenere ciò che voleva, quello che non si sarebbe fatto problemi ad approfittare di una Elena inerme…
idiota!” pensò all’improvviso “non sei mai stato quel tipo di uomo, ti piace pensarlo, ma allora, come ora, avresti fatto le stesse cose… non  prenderti in giro!”. Sorrise, era così abituato a fingersi qualcun altro, che non riusciva ad essere più sé stesso nemmeno nella sua testa, si girò ad osservare Elena e proprio in quel momento lei iniziò a ridestarsi. Era finita la sua pausa con lei, si tornava alla realtà, lei si osservò la mano mentre lui affermava la sua presenza
 «L’ho ripescato dal fiume per te. Piccolo suggerimento: i vampiri odiano nuotare!»

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Capitolo 2
*** My Brother's Keeper - Senza interruzioni. ***


«Avrei voluto ballare con te oggi»
Disse Elena abbassando lo sguardo e facendosi sfuggire un timido sorriso.
Damon la osservò silenzioso. Era stata una dura giornata per tutti, ma per lei di più. Era seduta lì, su quel divano, con in mano un bicchiere di Wiskey che lei odiava, travolta da un destino che si era fatto beffe di lei. Non solo era diventata il suo incubo peggiore, ma la sua paura più grande stava diventando realtà: Jeremy era appena diventato il suo nemico numero uno, un cacciatore.
Cercò nella sua testa qualcosa da dire, ma nemmeno una delle sue battute gli venne in soccorso, tutto quello a cui riusciva a pensare era che aveva voglia di cancellarle quel velo di tristezza dagli occhi, voleva solo stringerla e prometterle che sarebbe andato tutto bene… ma non poteva, non era solito dire bugie.
Poi, il galantuomo del 1864 si fece avanti ed agì per lui. Posò il suo drink sul tavolo e fece lo stesso con quello di Elena prendendoglielo dalle mani, lei osservò stranita, poi Damon si alzò in piedi e le tese una mano per invitarla a ballare. Elena guardò prima lui, poi la sua mano e si sentì tentata, il vampiro le sorrise candidamente e lei pensò “ma sì, al diavolo tutti i problemi”, si aggrappò a quell’invito e si fece condurre verso lo spazio tra il divano ed il camino. Mentre si avvicinava al centro del tappeto, Damon sentì un principio di pentimento farsi strada in lui, non era abituato a mostrare quel lato di sé e le uniche volte che si era lasciato andare lo aveva fatto con persone che non avrebbero potuto raccontarlo in giro: Rose, Andie, Alaric. Il problema non era che Elena vedesse il suo lato un po’ più tenero, oramai aveva accettato di non aver  più  maschere con lei, bensì che si ritrovasse a non essere in grado di gestirla tra le sue braccia. La sua mente corse veloce a quella mattina, quando lei, in un filo di fiato, aveva sputato fuori una verità che lo aveva spiazzato, confuso, sorpreso. La ragione della rottura tra Stefan ed Elena era lui, Damon, il fratello cattivo. Ma in che senso? Perché ora? Cosa voleva dire? Tutte domande che avrebbe voluto farle, ma non quella sera, non in quel momento, voleva solo ballare.
Si girò verso di lei che lo aveva seguito silenziosa, sorridente. La guardò un solo secondo prima di distogliere lo sguardo, voleva avere la forza di non baciarla, voleva starle lontano pur standole così vicino.
Guardò la sua mano ed attese che lei gliela prendesse, Elena lo guardò ed una scossa di malizia le fece tremare gli angoli della bocca, si sorprese a non sentirsi imbarazzata anche se un po’ tesa, sentì che anche lui era un fascio di nervi e questo la rasserenò “Damon Salvatore allora si imbarazza per qualcosa” pensò.
Poi i due iniziarono a muoversi lenti, da un piede all’altro ruotando lentamente, per un istante furono occhi negli occhi, poi Elena poggiò la sua testa alla guancia del vampiro e chiuse gli occhi. Non c’era musica ma solo il crepitio del fuoco nel camino ad accompagnare la loro danza. Per la prima volta in tutta la giornata Elena si sentì al sicuro, protetta… amata. Damon cercava con tutte le sue forze di rimanere vigile, cosciente, ma il profumo dei suoi capelli lo inebriava tentandolo a lasciarsi andare, ma non poteva, non voleva. Non si sarebbe mai perdonato di rovinare quel momento con la sua impulsività. Aveva imparato la lezione con Elena, non importava quante volte lei si dimostrava totalmente indirizzata a lui, lei avrebbe sempre scelto Stefan. Anche se quel «Tu!» continuava a rimbalzargli in testa, non avrebbe fatto niente prima di chiarire con lei, prima di farle dire quel che voleva sentirsi dire. Ma la tentazione stava diventando troppo forte, il corpo di lei aderente al suo, l’odore della sua pelle, la seta dei suoi capelli… Damon doveva liberarsene per riprendere il controllo, decise di farle fare una piroetta, la staccò da sé e la fece volteggiare, si beò della sua bellezza ed attese il suo ritorno. Elena sentì il mondo vacillare nell’esatto istante in cui lui la separò da quell’abbraccio, roteò lenta e quando riprese contatto con quel volto che la guardava timido e sorridente decise che non avrebbe resistito un minuto in più. Voleva Damon, voleva le sue braccia intorno, voleva il suo odore addosso. Mosse un solo passo verso di lui e con la mano sinistra si agganciò alla sua spalla  sorprendendolo con un bacio. Come se avesse toccato un pulsante di spegnimento tutto nei loro corpi si sciolse, i nervi delle spalle di Damon fluirono sotto i polpastrelli di Elena e lei stessa sentì ogni osso liquefarsi.
Damon assaporò quel bacio inebriandosene e perdendo la capacità di capire cosa stesse succedendo. Il bacio si fece più profondo, le mani di lei scorsero dal collo sulle spalle, poi di nuovo fin nei capelli fino a tornare sul petto. Ogni colpo di lingua dava ad Elena una scossa, era benzina sul fuoco e prima di capire anche lei cosa stesse accadendo spinse Damon contro una parete scaraventando via un mobile. Damon spalancò le braccia totalmente in balìa di quella donna che era stata il suo tormento per troppo tempo, lei lo baciò con veemenza e lui piano, piano tornò ad essere più presente, più cosciente, la strinse di nuovo a sé affondando le dita sulla sua schiena, Elena passò frenetica le mani sul suo petto e sentì l’ostacolo della stoffa “Basta! Niente ostacoli stasera” e seguendo la foga di questo pensiero strappò via la camicia al vampiro che la guardò accendendosi di desiderio, ancora un bacio e le mani di lei a scivolare sulla pelle di lui nuda, esposta, gli fecero riprendere il comando, strinse le mani sui fianchi di lei e piroettarono in un nuovo passo a due verso il camino. Elena cercò un appiglio lungo la parete e sollevò la gamba sinistra fin sopra l’anca di Damon, agganciandolo e smascherando il piacere di lui.
Damon fece scorrere la mano destra sulla coscia tonica di Elena e con la sinistra le cinse la vita, lei, finalmente salda in quella presa, lasciò la parete ed affondò le dita nei capelli corvini di lui, annegando in quel mare di baci.
All’improvviso un pensiero liquido si spanse nella testa di Damon “Amico! Vacci piano! Non vorrai ritrovarti con una ragazza in lacrime nel letto vero?
Già… Damon doveva rallentare il ritmo, se avesse lasciato che il suo desiderio prendesse il sopravvento si sarebbe ritrovato con il solito  muro sbattuto in faccia. Non era la prima volta che Elena gli si lanciava addosso, ed anche quella volta a Denver era teoricamente libera dal legame con Stefan, eppure…
Eppure era tornata da lui, con lui.
ma lei ha rotto con lui per te! Non è come quella volta” una voce a lui sconosciuta, quella dell’ottimismo, iniziò a ripetere, ma una voce ben più familiare ribatté “è esattamente come quella volta, in più ora è un vampiro, è spinta solo da sentimenti e sensi amplificati… domani mattina anche il senso di colpa varrà il doppio! Non rischiare! Tirati indietro!
E mentre il corpo di lei si muoveva a ritmo col suo riuscì a staccarsi da quel bacio
«Elena…»
Sussurrò
«Andiamo in camera tua?»
Disse lei ansimante, con il viso rosso di piacere, Damon provò a dire qualcosa ma riusciva solo a vedere il desiderio nei suoi occhi e a sentire il suo esplodere nel basso ventre. Di nuovo fu travolto da quel senso d’ubriachezza che mandò al diavolo le voci nella sua testa e muovendosi con la velocità da vampiro, si spinsero su tutte le pareti finché non giunsero in camera da letto. Appena varcata la soglia smisero di usufruire della velocità e cominciarono a fare tutto con lentezza.
Elena lasciò scivolare giù la camicia di Damon priva di quasi tutti i bottoni, lui le sganciò la cintura elastica che cadde con un tonfo pesante della fibbia accanto ai piedi di lei, si baciarono piano, lentamente mentre Elena si tirava giù la zip laterale del vestito, Damon le afferrò i bordi della gonna e la tirò su, sfilandole i vestito da sopra la testa, lei lo guardò senza imbarazzo accogliendo un nuovo bacio. Elena armeggiò con  i bottoni dei Jeans di Damon ma fu lui a liberarsene mentre lei tornò ad esplorare le spalle di lui.
Quando furono sufficientemente nudi lei lo spinse sul letto e, come poco prima sulla parete, Damon cadde sul materasso a braccia spalancate, inerme ed in estasi.
Continuarono a baciarsi e scoprirsi con le labbra, con le mani, con gli occhi, si ritrovarono a fare l’amore senza sapere quando avessero cominciato ma avvertendo con ogni fibra del loro essere il momento in cui finirono. Elena, che si trovava sopra Damon, gli scivolò di fianco stremata, soddisfatta. Guardò il volto arrossato e sconvolto di lui prima di sentire la pesantezza di quella che sembrava una vita passata a sfuggire quel momento, fare pressione sulle sue palpebre, il sonno fu quasi subitaneo, Damon restò sveglio qualche minuto in più, ancora incapace di realizzare quanto fosse successo ma con una sola ed unica convinzione, che espresse articolando una frase muta
«La mia Elena»
Poi chiuse i suoi occhi di cielo sul viso sereno della donna che amava e che finalmente l’aveva amato.

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Capitolo 3
*** We’ll Always Have Bourbon Street - Un simpatico gentleman. ***


«Elena?»
Disse Damon in un misto tra paura e speranza.
Avevano fatto l’amore quella notte e poco prima di cedere al desiderio una voce nella sua testa lo aveva avvertito del pericolo, gli aveva pronosticato quel risveglio, ma lui non voleva crederci, non poteva.
Si erano addormentati quasi subito, non avevano avuto il tempo di parlare, di chiedersi… ed ora lui aveva aperto i suoi grandi occhi celesti su un letto vuoto, gettò una rapida occhiata all’orologio sperando l’assenza fosse giustificata dall’ora, ma era presto, non ancora le 8,15.
Con un dolce sollievo per lui, lei sbucò dal bagno
 
Si era svegliata prima di lui, forse mezz’ora. Lo aveva guardato dormire, nudo, sereno. Lo osservò silenziosa senza poter smettere di pensare alla notte passata insieme, si portò due dita sulla bocca ripensando a quanti baci si erano dati, in quanti punti. Sentì un’emozione esploderle nel petto, non riusciva a smettere di sorridere, temendo di svegliarlo si alzò pianissimo, recuperò il suo intimo e lo indossò, accanto al vestito che indossava la sera prima c’era la camicia di Damon, quella che gli aveva strappato in preda alla passione, la raccolse e se la portò in viso, respirò quell’odore così familiare ed in quel momento, tanto nuovo. Se la mise addosso e sorrise accorgendosi di poterla abbottonare solo in punto, poi andò in bagno, esitò un attimo prima di piazzarsi di fronte allo specchio, non era pronta a vedersi, era un po’ spaventata, come se la notte d’amore con Damon l’avesse cambiata. Prese coraggio ed avanzò di fronte al lavabo ma tenendo gli occhi bassi. Si aggrappò ai bordi del lavello e tirò un gran respiro poi sollevò lo sguardo. Effettivamente la notte con Damon l’aveva cambiata, ma non come temeva lei. Era sempre lei ma c’era qualcosa di nuovo, qualcosa che non vedeva da tempo. L’ultima volta che aveva visto quella luce nei suoi occhi, l’ultima volta che trovò il suo sorriso così naturale era stato in un’altra vita, tanto tempo fa. I suoi genitori erano vivi, i vampiri erano solo favole ed il suo amico d’infanzia le aveva appena dato il primo vero bacio.
Sì, Elena si sentiva come quella ragazzina che assapora una prima esperienza.
«Damon…»
Disse pianissimo, e poi continuò a ripeterselo in testa. Lei era stata con Damon!
Pensò a quante volte era scappata da quell’attrazione, pensò a tutte le battute che aveva fatto lui a riguardo e a tutte le volte che ne aveva sentito decantare le doti da altre donne. Le odiò tutte in un lampo di una strana gelosia. Damon era suo, solo suo!
Una ruga profonda le solcò la fronte, il pensiero di Damon con altre donne le stava rovinando l’estasi, quando un pensiero giunse in suo soccorso “non ne ha amata nessuna!”
Sì, perché Elena non aveva fatto sesso con lui quella notte, no… si erano amati, dolcemente, lentamente, fino all’apice del piacere. Lui era stato delicato e forte, ed in quel modo d’amare Elena lo aveva riconosciuto. Il sorriso tornò a scoppiarle in faccia quando il suo udito da vampiro si attivò e sentì Damon muoversi nel letto, tornò verso la stanza e lo trovò a guardarsi intorno un po’ smarrito prima di chiamarla per nome
 
«Hey»
Disse lei sostenendosi allo stipite della porta
«Hey…»
Rispose lui con la voce ancora un po’ impastata dal sonno ma con una lieve nota di sollievo rispetto al tono usato nel chiamarla poco prima. Mossa da quella sensazione di ingenua contentezza si diresse verso il letto e usando gli enormi cuscini alla base dello stesso, saltò nel materasso planando morbida accanto a Damon.
Lui la osservò sistemarsi accanto a lui dopo quel balzo che la fece apparire ai suoi occhi in tutta la sua giovane vitalità e se ne innamorò ancora di più, ormai aveva smesso di ritenerlo impossibile. La ammirò in tutto il suo splendore e la sua mente riusciva solo a pensare a quanto bella fosse con solo la sua camicia addosso, iniziò a giocare con la stoffa passando le dita nei punti in cui erano saltati i bottoni
«Pensavo te ne fossi andata»
Le disse senza guardala in viso, sentiva una specie di imbarazzo crescergli dentro e si rifiutava di dargli una spiegazione
«No, non devo andare a scuola ancora per ...»
Disse lei in tono scherzoso guardandosi il polso dove immaginava un orologio
«… 20 minuti fa »
Concluse abbassando la voce e girandosi a dargli un bacio. Lui ancora con gli occhi chiusi si prese quel bacio assaporandolo come fosse il primo sorso di caffè.
Damon mugugnò continuando a tenere gli occhi bassi e a giocare con le asole della camicia, Elena lo guardava curiosa, c’era qualcosa di nuovo nel suo viso, qualcosa che non aveva mai visto prima
«Cos’è quella faccia?»
Gli chiese
«Quale faccia?»
Rispose lui mentre tratteneva un sorriso, finalmente trovò il coraggio di guardarla e ringraziò di non aver bisogno d’aria perché la bellezza di quel viso lo avrebbe letteralmente lasciato senza fiato
«Questa faccia!»
Insisté lei sorridendo.  Damon sapeva esattamente a cosa si riferiva, sentiva la spiegazione bruciargli in gola. Quel senso di imbarazzo era dovuto al fatto che era nudo, non dei vestiti, ma di tutte quelle corazze che nei secoli aveva imparato ad indossare per preservare quel che restava di lui. Sì, era nudo come mai lo era stato… forse una sola volta con Katherine, ma aveva ormai capito che non c’era niente che accomunasse quel che provava per Elena alla sua antenata. Niente. Anche la notte appena trasmessa, pensò intensamente alla sua ‘prima volta’ con Katherine, ma non c’era paragone, no. Quella volta non si trovò a voler soffocare l’emozione, quella volta non si sentì stupido per la voglia di dire quello che stava per dire ad Elena… quella volta non era…
«Sono felice!»
Disse roteando gli occhi e sorridendo timido, indifeso. Si vergognò nell’istante stesso in cui lo disse ma al contempo si sentì libero come mai in tutta la sua esistenza. Elena lo guardò meravigliata, quel viso che si era ritrovata a scrutare più volte di quante non potesse ammetterne gli sembrava così nuovo sciolto in quella felicità che lei condivideva. Sentì l’onda delle emozioni spingerla verso quel viso, il suo nuovo polo magnetico, lo baciò mentre lui la tirava a sé. Facendo perno su un gomito Elena si spinse sopra Damon e la poca stoffa che separava i loro corpi non fu sufficiente a mascherare il desiderio di lui.
Come la sera precedente, baci, mani e occhi precedettero l’unione carnale che sopraggiunse con naturalezza. Come se non avessero fatto altro per tutta la vita, i loro corpi si riconobbero, si incastrarono ed iniziarono a seguire un ritmo tutto loro. Elena e Damon dondolavano senza fiato l’uno nell’altra fino a raggiungere insieme la cima di quel monte di piacere, lei fu trascinata da un oceano di emozioni e si arpionò alla schiena di lui. Sentì la carne squarciarsi sotto la pressione delle unghie, il piacere ed il dolce dolore delle ferite sulla schiena esplosero insieme in Damon che aprì gli occhi sul viso di lei in perfetta sintonia con lui, si unirono fino all’ultimo sospiro arrivando all’estasi nel medesimo istante.
Lui si abbandonò su di lei mentre i graffi sulla schiena si rimarginavano, Elena si inebriò del piacere del dolce peso di lui addosso. Dopo qualche istante il vampiro rotolò sulla schiena e rimase a fissare il soffitto, lei aspettò qualche istante prima di azzardare una mossa, si sentiva percorsa da una serie di scosse elettriche e non voleva tremare davanti a lui
«Credo tu sia definitivamente in ritardo per la scuola…»
Disse lui tornando a guardare lei che sbottò a ridere girandosi verso di lui a sua volta
«Tanto avevo matematica la prima ora…»
Rispose ridendo
«Beh, non prenderla a male… ma non ti farebbe male una lezione in più!»
La canzonò lui aprendo il suo viso in un sorriso che lo trasfigurò ancora, Elena sorrise, prese un cuscino e glielo tirò in faccia, non per la battuta ma per interrompere quella visione che l’avrebbe incollata al letto per sempre. Damon non ebbe il tempo di togliersi il cuscino dal viso che lei era sgusciata via dal letto con la velocità da vampiro. Si alzò a sedere su letto sentendo di aver in faccia un sorriso idiota, scosse la testa ed andò in bagno a sciacquarsi, evitò accuratamente lo specchio, non avrebbe sopportato la sua faccia così sfacciatamente felice. Si sarebbe preso in giro per sempre ma non riusciva a fare a meno di pensare a lei, a quello che era successo… due volte!
Si girò di spalle e diede un’occhiata alla schiena, i graffi erano completamente guariti ma c’erano segni di sangue ancora e senza accorgersene cascò nel tranello di guardarsi allo specchio. Guardò il suo viso e stentò a riconoscersi, c’era una luce nei suoi occhi che lo spaventò e non riusciva ad impedirsi di sorridere
«Già… un idiota… me ne farò una ragione»
Si disse
«Hai detto qualcosa?»
Elena era tornata, si era cambiata ed aveva legato i capelli
«Hai davvero intenzione di andare a scuola eh?»
Gli disse lui ridendo
«E tu non hai intenzione di uscire di casa»
Rispose lei abbassando lo sguardo sul suo corpo ancora nudo e si morse il labbro inferiore. Damon sorrise malizioso e si avvicinò piano a lei
«Vuoi farmi compagnia?»
Le chiese con voce suadente, lei gli mise una mano sul petto
«A-ah… non tentarmi… devo andare a scuola»
Disse lei nello stesso tono
«Fammi vestire e ti accompagno…»
«Non sono una bambina»
Lo interruppe lei
«… ti accompagno alla porta…»
Finì lui, poi aggiunse
«Tu non sarai una bambina, ma io sono un gentiluomo…»
Lei sorrise
«Lo sto scoprendo…»
Disse lei ridendo ed andò via. Damon corse a vestirsi e la raggiunse sulle scale
«Hai fatto in fretta»
Disse lei
«Sono bello di mio, non devo anche perdere tempo a mettermi in ghingheri»
Rispose lui mentre scendevano l’ultimo gradino, risero insieme mentre imboccavano il corridoio, Damon vide la borsa di Elena e la indicò
«Borsa!»
«Presa!»

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Capitolo 4
*** O Come, All Ye Faithful - La notte prima del risveglio. ***


Elena aprì gli occhi meravigliandosi d’essere riuscita ad addormentarsi, si voltò piano e trovò il viso di Damon ancora profondamente addormentato a pochi centimetri dal suo. Il sole, ormai alto, lo illuminava completamente e lei lo osservò attentamente e desiderò per un istante che il mondo si fermasse in quel momento, con lei che lo contemplava dormire e lui che appariva sereno. La sua mente viaggiò a qualche ora prima, quando Damon era tornato dal suo viaggio con Stefan.
 
Era stata una giornata iniziata nel migliore dei modi e finita nel peggiore.
Ad Elena sembrava passato un secolo da quel risveglio, da quei baci, da quella felicità. Era uscita di casa per andare a scuola ed era tornata che stava vivendo un inferno, un altro.
Era stanca di lagnarsi, era stanca di fare la vittima ma… diavolo! Ogni volta ce n’era una!
La prima volta che fece l’amore con Stefan non ebbe il tempo di godersi il momento, scoprì d’essere la copia spiccicata di Katherine. Certo, quello fu un ostacolo facile da superare, con Katherine avevano in comune solo l’aspetto, nient’altro da spartire con quella stronza manipolatrice… ma questa volta? L’ostacolo sembrava davvero insuperabile: il sire bond.
Elena aveva scoperto di essere asservita a Damon, il suo sangue l’aveva creata ed una sorta di legame mistico avrebbe dovuto farla sentire devota a lui. Ma Tyler era stato chiaro
«Il sire bond ha effetto sulle azioni, non sui sentimenti»
Ma allora perché Damon non voleva crederle? Perché non voleva sentirle dire che lei sapeva cosa provava?
Ed era così! Per la prima volta in tutta la sua esistenza era sicura! Sicura di quel che provava, sicura di chi voleva…
 
Era riuscita a far desistere il vampiro, il suo sire, dall’allontanarla. Era tornato dal suo viaggio a New Orleans senza un modo per spezzare il legame, ma lei lo aveva capito, lo conosceva… sapeva cosa stava per fare, lo aveva supplicato, lo aveva pregato di non farlo, di non allontanarla.
Lui era sbottato, in un impeto di rabbia aveva vomitato fuori il suo disappunto
«Io non voglio fare questo, Elena! Io non sono il bravo ragazzo, ricordi? Sono quello egoista. Mi prendo quello che voglio, faccio quello che voglio! Mento a mio fratello, mi innamoro della sua ragazza, io non faccio la cosa giusta!»
Damon si era bloccato, nella sua testa riecheggiava l’immagine della sua faccia felice, riusciva solo a pensare che voleva tornare indietro nel tempo, in quel momento e spaccare lo specchio, spaccarsi da solo la faccia perché si era concesso di crederci, di crederci di nuovo… lui non meritava la felicità, lo aveva capito da tempo, ma si era concesso di esserlo di nuovo, meritava quell’ennesimo calcio… ma Elena no. Lei non doveva pagare per i suoi errori
«Ma devo fare la cosa giusta per te…»
Continuò mentre dalla sua voce si dissolveva la rabbia, restava solo la rassegnazione.
Elena gli aveva preso la mano e se l’era poggiata sul petto chiedendogli se fosse sbagliato quel che sentiva, se riteneva sbagliata la scossa elettrica che suscitava il solo sfiorarsi, poi gli aveva messo una maso sul viso porgendogli la stessa domanda
«Questo ti sembra sbagliato?»
E Damon, sotto quel tocco, smise d’essere ghiaccio e tornò a fluire come acqua.
No, non gli sembrava sbagliato, non lo sentiva sbagliato… ma lui non era asservito, lui era libero di sentire e pensare quel che voleva. Elena lo guardava decisa e con gli occhi umidi, non si sarebbe arresa, non avrebbe rinunciato a quelle sensazioni perché il destino si era messo di nuovo in mezzo.
Lei non si sentiva asservita, non si sentiva legata… tutt’altro.
Per la prima volta da tempo aveva sentito d’essere libera, completamente libera. Quelle fughe intestine dal tocco di Damon, dal suo sguardo, dal giudizio degli altri, dal proprio giudizio… aveva fermato la sua corsa e si era lasciata abbracciare ed ora… ora era lui che voleva scappare via.
Lui che si era definito così tante volte “l’egoista” che aveva perso il suo significato originario. Nella sua testa Damon prendeva a pugni puntualmente quella parte di sé che avanzava, di tanto in tanto, a ricordargli che poteva prendere in giro tutti pur di ricordarsi chi era davvero. Di fronte alle suppliche di Elena, però, non fu in grado di zittire quella voce, non di nuovo. Quegli occhi neri e lucidi gli bruciavano nel petto, era testarda, non l’avrebbe convinta… e non voleva convincerla. Si sentiva così debole e così stanco
 
Amico, lasciala andare… non te la meriti e lei merita di meglio… lo sai tu, lo sanno gli altri e lo sa lei! Lasciala andare
Disse la voce che aveva provato a farlo desistere dal portare avanti tutto questo, la stessa che lo aveva avvertito delle sciagure in arrivo
Ma non lo vedi? Non lo capisci? Può solo finire male… per te, per lei, per tutti! Pensa a Stefan… pensa a quanto gongolerà quando la riavrà indietro, non permetterti di avere più cose del dovuto di cui pentirti, mandala via ora!
Sull’onda di questo pensiero Damon aprì la bocca, ma Elena si mise in punta di piedi e gliela tappò con un bacio
«Damon… ti prego… possiamo parlarne un po’ prima?»
Chiese lei dolcemente, tornando a poggiare i talloni sul pavimento, lui restò in silenzio ancora un po’… non riusciva a dirle di no, non voleva dirle di no, doveva però
«Cosa ti costa? Fallo per me!»
Chiese lei… e Damon non era in grado di non esaudire ogni suo desiderio. Poco tempo prima, mentre ancora tentavano di riportare indietro Stefan dal baratro lui glielo aveva detto «farò tutto quello che mi chiederai di fare, Elena» ed era così, era sempre stato così, non poteva cambiare ora… ora che era lei che avrebbe fatto tutto quello che lui chiedeva.
«Elena… ti prego…»
Disse lui stanco
«No, Damon! Non ci sto! Non voglio! È successo tutto troppo in fretta, ci serve del tempo… solo un po’ di tempo…»
Disse lei decisa
«E poi cosa? Io ti mando via e tu vivi la tua vita mentre io…»
«E poi ti farò capire che non c’è vita per me se non con te! Ma non lo capisci? Non è il sire bond che mi ha portata da te!»
«Ne sei sicura?»
«E tu?»
Rispose lei con quel tono di sfida che usava solo con lui, da sempre. In quel breve battibecco si era sentito di nuovo sé stesso, si era ricordato per un breve attimo di loro due prima di tutto questo. Gli servì per trovare la lucidità, sospirò e poi le disse
«Vai a casa, a dormire… ne riparliamo domani…»
«È un ordine? »
Chiese lei sprezzante, Damon la guardò confuso poi capì, si ricordò del problema
«No! Non essere stupida…»
«Mi tratti da stupida!»
Rispose lei stizzita. Il vampiro mosse la bocca per dire qualcosa ma nessuna parola uscì fuori. Si avvicinò piano a lei, le diede un bacio tenere sulla fronte, le augurò la buona notte e se ne andò in camera. Elena restò qualche minuto ferma a cercare di mettere a tacere tutta una miriade di sensazioni e pensieri che iniziarono a fare la lotta dentro di lei nel preciso istante in cui lui andò in camera sua. Guardò verso l’uscita ponderando se fosse o meno il caso di andarsene, poi una sola ed unica certezza le indurì il viso e si precipitò in camera di Damon, lui era seduto sul letto con la testa china
«Speravo cambiassi idea»
Disse lui sollevando solo lo sguardo
«Qualunque cosa sia, non lo affronterai da solo… se questo sarà un problema… sarà un problema anche mio, lo affronteremo insieme!»
Quasi urlò lei
«Elena…»
Fece lui con voce flebile, non si sentiva in grado di discutere
«Non te lo sto chiedendo, Damon! Ti sto dicendo quello che succederà! Noi ne parleremo fino alla nausea e poi affronteremo insieme la cosa!»
Sentenziò lei. Damon rimase in silenzio a guardarla, aveva una marea di cose da dire ma tutte avrebbero potuto diventare ordini e lui non si sentiva più libero di parlare con lei
«Ok…»
Disse quasi esasperato lui. Elena sorrise e si avvicinò al letto, lui poggiò la sua fronte contro il suo ventre e lei mise la mano destra sulla nuca di lui e quella sinistra sulla testa, quasi a volerlo proteggere, restarono così per qualche minuto, poi lui disse con la voce soffocata dalla posizione in cui era
«Affrontiamo la cosa?»
Lei annui e staccandosi da lui cercò il contatto con i suoi occhi sollevandogli  il viso con le mani
«Sì»
Si sedette accanto a lui e si guardarono senza sapere esattamente cosa dire, poi lei disse
«Tyler mi ha detto…»
«Ti rendi conto che non è la stessa cosa tra ibridi e vampiri, sì?»
La interruppe lui, lei scosse la testa e disse
«Ok, allora dimmi tu cosa sai…»
Damon si trovò spiazzato, l’unica cosa che ricordava con la chiacchierata con Nandi era che non c’era modo di spezzare il sire bond, ma solo di aggirarlo
«La verità è che non ne so niente nemmeno io… quella strega ha detto qualcosa, ma ero troppo sconvolto per darle retta… e poi le streghe non sono affidabili»
«Non tutte… Bonnie lo è»
«Pfff… ti prego… l’ultima volta che mi sono affidato a lei stavo per finire arrosto…»
«Damon… è passato del tempo e mi pare si sia fatta perdonare…»
«Sì, scusa… non volevo prendermela con lei… lo so che non è lei quella sbagliata»
Elena corrugò la fronte
«C…cosa significa?»
Damon la guardò un po’ imbarazzato
«Beh… non sono proprio il massimo della rettitudine no? Voglio dire… anche io mi sarei preso in giro ordendo un piano alternativo per farmi fuori»
«Non sei più quella persona»
Disse lei candidamente, Damon si sentì sciogliere il cuore
«Sarò sempre quella persona Elena… capisci perché…»
E lasciò la frase in sospeso, lei ci pensò su e poi capì cosa avrebbe voluto dire
«Per questo non mi credi? Per questo non puoi credere che siano sentimenti reali i miei? Perché sei tu?»
Damon non rispose a parole ma la sua espressione fu più che eloquente
«Ascoltami Damon… potrai fare la parte dello strafottente con chiunque, ma io so! Ok? Io lo so! Non mi illudo tu sia diventato un santo, ma so che dietro ogni tua azione c’è dell’altro… ci sono io…»
Il vampiro la guardò incapace di dire niente, Elena si avvicinò e mise una gamba sulle sue, gli prese il viso e lo condusse verso le sue labbra, lo baciò teneramente, poi la passione si spalancò insieme alle loro bocche. Damon le cinse la vita e la spinse a sedere su di lui, lei chiuse le braccia dietro la sua testa e sentì le mani di lui risalirle la schiena, lui si lasciò cadere sul letto e poi rotolò sopra di lei invertendo la posizione, poggiò le mani sul materasso e fece leva sulle stesse staccandosi da quel vortice di passione
«Elena… no…»
Lei lo guardava languida con le mani ancora attaccate al suo viso
«Non me lo stai chiedendo tu... »
Disse lei, lui scosse la testa stordito dalla propria voglia
«Lo so… ma non è giusto… finché non ne verremo a capo, non è giusto…»
Elena staccò le mani dal viso di Damon e se le portò in fronte
«E come dovremmo uscirne?»
«Beh… c’è la cura no? Se la troviamo tu torni umana ed il sire bond si spezza…»
Nel dirlo la testa di Damon volò verso una zona d’ombra in cui c’era una paura che ghignava
Esatto amico! Lei tornerà umana… tornerà da Stefan!
Elena si accorse dell’espressione preoccupata del vampiro
«Cosa?»
Chiese, ma lui non rispose, si liberò delle gambe di lei intorno alla vita e si sdraiò accanto a lei
«Nulla…»
«Damon…»
«Elena…»
Si guardarono in silenzio, lui non era ancora pronto a condividere la sua paura, quella paura, con lei. Lei non riusciva nemmeno ad immaginare lui potesse temere una cosa del genere.
Parlarono ancora un po’ sul come fare con Jeremy, su come gestire Klaus, e senza rendersene conto si addormentarono.
 
Ora lei lo guardava dormire e sentì una voglia improvvisa di baciarlo, iniziò a sorridere al pensiero.
Lui iniziò  a svegliarsi qualche istante dopo che lei si era girata a guardarlo, non aveva ancora il coraggio di aprire gli occhi, non aveva ancora voglia di realizzare che non si era trattato di un terribile incubo, percepì gli occhi di lei addosso, ma ancora non aprì i suoi, non era pronto a dire addio alla speranza che fosse tutto nella sua testa, cercò di allontanare quel malessere con una battuta
«Sarebbe molto più divertente se fossimo stati nudi»
«È colpa tua, non mia!»
Rispose lei scherzosa.

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Capitolo 5
*** After School Special - La cosa più vera di tutta la mia vita. ***


Elena tornò a casa. Una casa vuota da troppo tempo ormai.
Jeremy era al lago con Damon, ad imparare a lottare, ad imparare come uccidere vampiri per poter completare il tatuaggio, per poter arrivare alla cura, per poter porre fine a quell’inferno.
Gettò le chiavi nel cestino vicino alla porta, lasciò lo zaino accanto all’appendiabiti e salì in camera. Si sedette sul letto e si tolse le scarpe. Incrociò le gambe sul materasso e con le mani abbandonate sulle caviglie si guardò intorno. Guardò quella stanza ed in ogni angolo iniziò a vedere un pezzo di vita, di una vita lontana anni luce. Non fu come quando ricordò la ‘confessione’ di Damon, non erano ricordi cancellati quelli che immaginava. Un susseguirsi di immagini che si collegarono tra l’oro spontneamente: guardò la mensola dei libri che una volta Stefan aveva divelto nel tentativo di resisterle, era il periodo in cui era ricaduto nel vizio del sangue, per colpa sua, lei lo aveva nutrito dopo che gli altri vampiri lo avevano torturato. Quella volta chiamò Damon per farsi aiutare, lui notò subito il disastro… ed ecco l’altra immagine: Damon sdraiato sul letto mentre giocava con il suo orsacchiotto, ultimo frammento di una fanciullezza ormai sbiadita. Prese il peluche tra le mani e partì un’altra immagine: lei e Stefan che si baciavano e lui che si sfilava il giocattolo da sotto la testa e lo lanciava via… o era un sogno? Sì, era stato un sogno, il suo primo sogno spinto … e come era andato a finire quel sogno? Stefan si era trasformato in Damon. Ed ecco che la mente corse veloce a quel risveglio sul petto del maggiore dei Salvatore: stava sognando forse, non ricordava cosa ma ricordava la battuta di lui, insinuò che stesse sognando di lui
«Ecco spiegata la bava
Le aveva detto nel suo tono sexy, e lei lo aveva colpito sulla pancia, piano.
Sorrise, pensò a tutta la sua vita da quando i vampiri erano entrati a farne parte e, che le piacesse o meno, tutto quello che aveva fatto portava da una sola persona… Damon.
Anche l’amare Stefan. Era entrato nella sua vita che ne aveva bisogno. In quel bisogno era riuscita a superare le piccole bugie che lui le aveva man mano rifilato: il suo essere un vampiro, Katherine, il suo oscuro passato.
Elena aveva superato tutto per stare con Stefan, aveva accettato tutto. Ed ora? Cosa era successo? Era possibile che fosse tutto svanito? Ci pensò attentamente e non riuscì a darsi una risposta… l’unica cosa a cui riuscì a pensare fu che in una notte di tanto tempo prima, uno sconosciuto l’aveva spinta a pretendere un amore che la consumasse, a volere la passione, a sognare l’avventura e, perché no, a vivere con un pizzico di pericolo. Uno sconosciuto che le aveva augurato di ottenere tutto quello che voleva dalla vita e poi le aveva fatto dimenticare il suo volto. Pensò se senza quella notte le cose sarebbero andate nello stesso modo…  di certo si sarebbe innamorata di Stefan, del nuovo e misterioso ragazzo… ma avrebbe accettato il pericolo e l’avventura che lo stare con un vampiro le avrebbe sicuramente procurato? Senza ‘quel’ Damon, avrebbe accettato di continuare ad amare Stefan? Senza quel Damon avrebbe riconosciuto il pericolo e l’avventura come cose che desiderava? E senza Damon, sarebbe riuscita a capire che essere consumate da una persona era il principio stesso dell’amore? Tutte domande che sarebbero rimaste irrisolte… ma in quel mare di dubbi, galleggiavano sicure alcune certezze.
Aveva amato Stefan, lo amava ancora, come aveva detto durante quel crudele gioco a Rebekah, lo avrebbe sempre amato… ma non ne era più innamorata.
Il soggiogamento era servito per farglielo capire o per farglielo ammettere?
Elena era sempre sfuggita da certe ‘verità’, non era brava ad ammettere subito quello che sentiva, soprattutto se di mezzo c’era l’ombra della ‘cosa giusta da fare’, e Damon non era mai stato ‘la cosa giusta’. Quando uno Stefan ancora in gioco le aveva chiesto di guardarlo negli occhi e dirgli che non provava niente per Damon, non era stata in grado di accontentarlo. Non ci era riuscita… peggio, non era riuscita ad essere sincera. Ma a chi stava dicendo una bugia? A lui o a sé stessa? Con chi doveva mantenere le apparenze? Chi doveva convincere che si stava comportando bene?
Quando anche Damon le chiese chiarezza lei non fu in grado di dire la verità nemmeno a lui. Eppure poco prima lo aveva baciato, gli si era lanciata addosso… cosa l’aveva spinta? Era un esperimento il suo? Cosa voleva provare? Che si trattava solo di attrazione fisica? Che un bacio non le avrebbe incendiato lo stomaco obnubilandole la mente? Che non avrebbe perso la cognizione, riuscendo a finirla lì?
Che bell’esperimento! Non fosse stato per Jeremy… pensò a quella volta, in quel motel e capì…
Lo aveva già capito quel pomeriggio, a scuola, ma ora la verità gli esplose in testa forte e potente.
Ora c’era solo un problema… era bloccata lì, lontana dall’uomo a cui voleva dire la verità, senza essere padrona del suo corpo. Non poteva attendere il suo ritorno, non poteva attendere la fine di quella storia, doveva farglielo sapere, voleva farglielo sapere… sperava di convincerlo.
Poi di nuovo il gioco dei ricordi cominciò a proiettare immagini e ricordò quella volta che si era addormentata con Damon a due centimetri dal naso, pensò alla sicurezza con cui chiuse gli occhi e all’assoluta mancanza di imbarazzo che c’era… anzi… pensò al discorso che precedette il suo sonno, alle parole che aveva rivolto al vampiro parlando della possibilità di recuperare Stefan dal baratro
«Alla fine dei giochi, credo sarai tu quello che lo convincerà a tornare indietro… non sarà perché ama me… sarà perché ama te»
L’amore fraterno… ed ecco un altro tasto dolente. Caroline aveva spifferato a Stefan che lei e Damon erano stati a letto insieme… non era riuscita a parlarle nel caos di quella giornata ma si convinse che fu meglio così. Se le avesse detto qualcosa, presa dal livore, avrebbe mandato all’aria la loro amicizia. Lontana dalla rabbia capì che quella era Caroline Forbes, la sua amica d’infanzia, incapace di tenere un segreto dai tempi dei tempi.
Non era arrabbiata con lei, era ferita, dispiaciuta… avrebbe voluto poter essere lei a parlare con Stefan. Ma il danno era stato fatto, doveva dire anche questo a Damon.
Si rimise le scarpe e scese giù in cucina, guardò le chiavi della macchina, appese insieme alle altre, le guardò intensamente e desiderò poter riuscire a prenderle e salire in macchina. Ci provò con tutta sé stessa, ma il suo corpo non reagì. I suoi piedi si piantarono in terra e le sue braccia stavano rigide lungo il corpo.
Voleva ma non poteva. Il sire bond funzionava così, agiva sulle azioni, non sui sentimenti. Mai come in quell’istante ne ebbe prova, il suo unico desiderio era andare da Damon ma lui le aveva ordinato di stargli lontana. Il sire le aveva detto che quello l’avrebbe reso felice, con il volto sofferente. Qualcosa dentro di lei la bloccava. Elena avrebbe voluto avere Damon davanti per fargli vedere quanto non contasse niente il sire bond, quanto poco avesse a che fare con i suoi sentimenti, con il suo volere.  E di nuovo si sentì impotente.
«Fantastico!»
Esclamò con rabbia, quello stallo le stava facendo venire i nervi, la cosa peggiore era che la rabbia stava per rovinare tutto. Si arrese a cercare di prendere le chiavi e fece un profondo respiro, non avendo bisogno lei di aria si mise a ridere
«Già, Elena… sei un vampiro! Ricordatelo!»
Si disse prendendosi in giro. Si guardò intorno e decise di fare quello che, oramai da una settimana, era il suo unico modo di parlare con Damon. L’avrebbe chiamato, lui non avrebbe risposto e lei gli avrebbe lasciato un messaggio in segreteria… ma non poteva questa volta, già odiava doverlo  fare per telefono, ma addirittura lasciare uno squallido messaggio in segreteria, no!  Lo avrebbe chiamato finché non si fosse deciso a risponderle, tutt’al più avrebbe chiamato Jeremy e se lo sarebbe fatto passare, o Matt… qualsiasi cosa pur di potergli almeno parlare.
Uscì in veranda e si avvolse in una coperta, più per abitudine, in quanto i vampiri non sentono freddo.
Si sedette e pensò a cosa dire… compose il numero e attese.
Al terzo squillo la voce di Damon interruppe l’attesa
«Spero la tua giornata sia andata meglio della mia… le probabilità giocano a tuo favore»
Disse lui
«Stefan sa tutto di noi»
Disse lei. Prima la brutta notizia, poi… 

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Capitolo 6
*** Catch Me If You Can - Mi credi? ***


Elena aprì la porta e vedendo Damon la tensione che le aveva attanagliato lo stomaco per tutta la giornate si sciolse. Quando era salita su quella macchina per andare al lago, aveva immaginato una miriade di scenari e tutti prevedevano baci e abbracci, in nessuna aveva supposto altri grattacapi. Doveva aspettarselo, niente andava mai come previsto.
«Che ti è successo? Stai bene?»
Gli chiese mettendogli le mani sulle spalle, Damon era teso, nervoso
«Kol… ecco cosa è successo»
Rispose lui poggiando una mano su quella di Elena. La ragazza si tranquillizzò un attimo
«Grazie al cielo ne siete usciti entrambi… se Kol avesse preso Jeremy»
Disse lei cercando di cacciare dalla sua mente le brutte immagini che si stavano creando. Appena Damon sentì nominare Jeremy una specie di istinto primordiale settò i suoi pensieri.
Qualcosa di estraneo lo relegò in fondo a sé stesso e lì attese, spettatore inerme di quel che stava succedendo. Quando si sentì anche parlare, una specie di terrore remoto iniziò a tarlargli la testa
«È qui? Voglio solo parlargli velocemente»
« È al Grill, voleva controllare Matt»
Rispose candidamente Elena
«Beh… è meglio che vada a scusarmi, sono stato… sono stato duro con lui oggi»
Disse qualcuno utilizzando la voce di Damon mentre lui assisteva passivo da qualche parte. Elena annuì e si sentì profondamente colpita da quella richiesta, quasi le scappò un sorriso, il pensiero che il suo Damon potesse voler chiedere scusa a suo fratello le piacque, le fece pensare che qualcosa di buono, in fondo, c’era
«Fammi prendere la giacca, vengo con te»
Gli disse continuando a sorridere
No! No! Elena! No!” gridava qualcuno da dentro la testa di Damon, ma quell’urlo moriva muto, inespresso.
Elena rientrò un attimo e fu subito da lui, sorrise di nuovo
«Cosa?»
Fece la persona che usava il corpo e la voce di Damon
«Niente… è solo che…»
Disse lei
«Che?»
«Tu? Che chiedi scusa a Jeremy?»
Damon la guardò inclinando la testa da un lato
Elena fermami! Ti prego! Fermami!” ancora un grido muto
«Beh… dovrei chiedere scusa anche a te»
Elena corrugò la fronte dubbiosa
«Non era così che mi aspettavo di accoglierti»
Disse Damon, tornato in sé ma completamente immemore di quanto accaduto fino a poco prima
«Non si può dire che non mi avevi  avvertita… ma…»
Fece lei, poi proseguì
«Klaus, Damon? Sul serio?»
Damon roteò gli occhi ed espirò
«Ci siamo… lo so! Lo so! Non avrei dovuto. Mi sono fatto beffe di Stefan e solo ora capisco che…»
Elena lo guardava interrogativa
«Quando Klaus decide, Klaus fa… ho pensato che così avrei limitato i danni»
Elena si fermò
«Far uccidere persone innocenti ti sembra limitare i danni?»
Disse con un lieve cenno d’accusa. Damon recepì quelle parole come gettate addosso con violenza, si sentiva in colpa e vedere il disappunto negli occhi di Elena era insopportabile
«Ascolta, Damon… non ti volevo accusare… ma… è che mi sembra tutto così assurdo»
«Lo so… ma credimi, Klaus non avrebbe accettato un no come risposta. Mi avrebbe strappato via il cuore in uno schiocco di dita e poi Jeremy sarebbe rimasto solo, indifeso»
Al solo nominare Jeremy, un nuovo flash offuscò la mente di Damon, fu una frazione di secondo ma Elena lo notò
«Che c’è?»
Chiese mettendogli una mano sul viso, Damon scosse la testa e sorrise
«Niente… le torture di Kol mi hanno indebolito… niente che una sacca di sangue non possa mettere a posto… o una persona…»
Fece guardandosi intorno
«Damon!»
Disse lei risoluta, il vampiro si aprì in un sorriso sincero, gli fece quasi male tanto scoppiò improvviso, aveva dimenticato quanto fosse carina con quell’espressione
«Sto scherzando… sto solo scherzando»
Disse avvicinandosi e dandole un bacio tenero a fior di labbra, non ebbe il tempo di godere del momento che una parola gli piombò in testa causandogli dolore fisico: sire bond.
Si staccò da Elena e cercò di camuffare quel disagio, inutilmente
«Damon…»
Disse dolcemente lei
«Lo so… lo so…»
Fece lui
«Dai, sbrighiamoci…»
Continuò girandosi e proseguendo verso la macchina. Elena lo seguì ed appena entrata nell’abitacolo disse
«Lo sai che non potremo evitare il discorso per sempre, vero?»
Sì, Damon lo sapeva, ma sapeva anche che non voleva e non poteva farsi ricogliere impreparato.
Quel ‘ti amo’ era arrivato così inaspettato ed improvviso che non fu in grado di resistere dal dirle di raggiungerlo. La gioia gli aveva annebbiato nuovamente il cervello mettendo in secondo piano il contesto in cui la stava invitando… o forse lo sapeva?
Nel profondo il vampiro non voleva concedersi di credere alle parole di Elena, anche se lei le aveva definite “la cosa più vera di tutta la sua esistenza”. Qualcosa di inconscio si mosse in Damon spingendolo a cancellare l’ordine di farla stare lontana per metterla di fronte all’evidenza delle cose: lei aveva detto di amare l’uomo che non si era opposto a Klaus ed alla sua carneficina.
Sì, certo, avevano appena chiarito che non c’era possibilità di dire di no… ma Damon si sentiva comunque in difetto. Ed il sire bond, oh! Il sire bond. Quel mostro tentacolare che gli avviluppava ogni pensiero. Ed ora lei era lì, pronta a riprendere da dove avevano lasciato
«Elena… non prenderla a male… ma vorrei davvero discuterne quando…»
«Quando tutto questo sarà finito?»
Finì lei per lui. Damon annuì e mise la macchina in accensione
«Ma tu almeno mi credi?»
Chiese lei improvvisamente. Damon frenò quel brivido lungo la schiena e si obbligo a tacere
«Quello che pensavo»
Disse lei con un tono dispiaciuto
«Elena, è complicato… però ti basti sapere che farò di tutto per ottenere quella dannata cura…»
«Di tutto?»
Chiese lei
«Di tutto»
Ribadì in tono greve lui. Il resto del viaggio lo passarono in silenzio, arrivati al Grill, Elena lo fermò un attimo prima di entrare, si mise sulle punte e lo baciò
«E questo per cos’era?»
Chiese lui con gli occhi chiusi cercando di prolungare quella sensazione
«Potrai non volerne parlare fino a quando questo inferno non sarà finito, ma resta quel che ho detto e se non posso farlo con le parole, te lo ribadirò con i fatti»
Disse lei tornando ‘a terra’. Damon aprì gli occhi e la guardò serio, desiderò d’avere qualcosa da dire ma non riuscì a pensare a nulla. Entrarono  e subito videro Matt
«Non hai mai una serata libera?»
Gli chiese Damon
«Ho preso due giorni di ferie per aiutarti alla casa sul lago, ricordi? Sono stato quasi ucciso…»
Rispose Matt un po’ scosso dal vederlo sano e salvo
«Dov’è Jeremy?»
Chiese qualcuno al posto di Damon, ma sempre utilizzando la sua voce
« È  nel retro credo»
Rispose Matt. “Stupido, insignificante calciatore di palle! Non dirmelo! Stai zitto” urlò Damon, quello vero, di nuovo relegato da qualche parte mentre quello che aveva preso possesso di lui si dirigeva verso il retro.
Elena rimase un attimo indietro ad assicurarsi che l’amico stesse bene
«Va tutto bene fra voi due?»
«Sì, nonostante tutto»
Rispose Matt, in fondo, in fondo, era grato al vampiro per aver salvato l’amico.
Damon arrivò al bancone e dal fondo del locale spuntò Jeremy, il ragazzo ebbe un guizzo di sollievo nel vederlo, ma fu subito cancellato dall’espressione che assunse il vampiro.
Infatti, chiunque stesse guidando il corpo di Damon, si lasciò totalmente prendere dall’istinto della caccia ed appena avvistata la preda tutto nel vampiro iniziò a connettersi con i fluidi di Jeremy. L’unico odore che sentiva era quello della sua pelle, l’unico rumore quello del battito del suo cuore… riuscì perfino ad immaginare il sapore del suo sangue e la bocca gli si inumidì.
Vene profonde iniziarono a formicolare intorno a quegli occhi di solito trasparenti come cristalli, ma in quel momento iniettati di sangue. Jeremy avvertì il pericolo e scappò via mentre Damon avanzò deciso senza curarsi degli ostacoli
«Damon!»
La voce di Elena squarciò il buio che stava inghiottendo il vampiro, quello vero, quello intrappolato sotto una coltre di istinti che non riusciva a controllare. Si girò e la vide lì
«Stai bene? Che sta succedendo?»
Lo guardava preoccupata. Si attaccò a quello sguardo e fece forza con tutto sé stesso per emergere di nuovo, quando finalmente rivestì il suo corpo tutto gli fu più chiaro: Kol lo aveva soggiogato affinché uccidesse Jeremy. Il suo corpo, seppur di nuovo con lui al comando, si mosse ad inseguire il fratellino di Elena. Entrò nella stanza dove era sparito poco prima, la ragazza lo seguì
«Damon, che problema hai?»
Chiese lei preoccupata
«È stato Kol»
Disse lui quasi senza voce mentre ispezionava la stanza in cerca di ‘tracce’
«Deve avermi soggiogato. Se dovessi trovare Jeremy… lo ucciderò»
E prima di poter pensare a come resistere, il passaggio lasciato aperto da Jeremy, richiamò Damon facendo perno su quell’istinto primario alla base dell’essere vampiro: la caccia. 

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Capitolo 7
*** A View To A Kill - Never Let Me Go. ***


Dedicato a Chiara, buon compleanno  <3


Damon aprì con rabbia i cassetti, tirando fuori indumenti a caso lanciandoli sul borsone aperto.
Non appena il tatuaggio di Jeremy si era rivelato la distrazione aveva preso il sopravvento sulla rabbia, ma ora, lontano da tutto, era ricominciata a montare, come aveva osato Stefan dire una cosa del genere? Come si era permesso di insinuare una tale meschinità?
Amico, non prenderti in giro… lo sai come ha fatto, in fondo si tratta di te
Disse quell’odiosissima voce. Rimase immobile, perso in un vortice di pensieri a cui non riusciva a dare chiarezza, quando la porta di camera sua si aprì.
Fece capolino l’ultima persona che si sarebbe aspettato o che avrebbe sperato di vedere: Elena
«Si può?»
Chiese lei, Damon scrollò le spalle e lei entrò
«Ciao…»
Disse lei avvicinandosi
«Che ci fai qui?»
Disse lui indietreggiando un po’, impercettibilmente, lei se ne accorse e si fermò, non voleva metterlo sulla difensiva
«Volevo solo vederti… sapere come stai…»
Disse dolcemente, Damon indurì il viso ed ingoiò un po’ di rabbia
«Sto bene, non ti preoccupare…»
«Non avresti dovuto colpirlo…»
Iniziò lei, il vampiro però sentì il tappo di quella rabbia che stava cercando di soffocare, saltare via, le diede le spalle e cercò di misurare il tono in cui le disse
«E perché no? Avresti voluto farlo anche tu… ammettilo!»
Elena fu colpita da quelle parole
«No, Damon! Non capisci? Io non avrei voluto colpirlo… proprio per niente!»
Damon si voltò a guardarla e nei suoi occhi di ghiaccio divampava un incendio di rabbia, Elena lo scrutò cercando di capire se fosse sicuro avvicinarsi, cercare un contatto, ma era troppo rigido, decise di usare solo le parole per il momento
«Damon… io non ero arrabbiata, o ferita… non lo avrei colpito, ha detto quel che ha detto perché è ferito»
Damon sembrò sciogliersi un po’, ma solo un po’, dentro si sentiva ancora arrabbiato
«Elena, non capisci vero?»
«Evidentemente no, spiegami!»
Disse lei tranquillamente
«Lui ha insinuato che…»
«Lo so cosa ha insinuato, Damon…»
Lo interruppe lei, poi proseguì
«Ma non è così. Lo sai tu, lo sa lui e lo so io. Perché sei arrabbiato?»
Damon non rispose, abbassò lo sguardo e cercò con tutte le sue forze di non dire quello che stava pensando. Elena più in sintonia con lui di quanto non fosse mai stata, carpì quei pensieri e disse
«Perché tu lo sai che non è così, vero? »
Damon rimase a fissare il pavimento, lei decise di sfidare il linguaggio corporeo di lui e si avvicinò. Come previsto sotto il tocco delle sue mani, il vampiro si divincolò, ma con poca convinzione. Elena riprovò a riprendergli il viso tra le mani e  quando ebbe quegli occhi di cielo fissi nei propri disse
«Devi smetterla con questa storia. Il sire bond non c’entra niente con la notte più bella della mia vita. Il sire bond non ha guidato i miei passi, i miei baci… il mio corpo. Ero io, Damon! Ti volevo io! Io! Tu non mi hai chiesto niente, sono stata io a prendere!»
Damon iniziò a sentire un po’ di quella rabbia sfumare
«È  andato a letto con Rebekah, nemmeno questo ti ha toccata?»
Disse lui senza polemica
«Lo hai fatto anche tu»
Rispose lei
«Questo non migliora la situazione»
Disse lui sottraendosi alle sue mani
«Che vuoi dire?»
Chiese confusa Elena
«Non devo ricordartela io la tua reazione»
Rispose dirigendosi verso il letto
«A maggior ragione, Damon…»
«Non capisci, Elena? È il sire bond! Senza quello avresti dato di matto! Il tuo ex che va a letto con il diavolo! Andiamo!»
Disse lui esasperato, Elena pensò a quelle parole e pensò a quando si trovò davanti Damon e Rebekah ancora sconvolti dalla notte di sesso. Sentì la rabbia vorticarle nello stomaco e ricordò quanto avesse desiderato di poter prendere a schiaffi Damon che si comportava come se non avesse fatto niente di male. Ed era così. Non stavano insieme, lei lo aveva allontanato, lo aveva ferito e lui era andato a letto con un’altra. Eppure Elena si era sentita in diritto, per qualche istante, di doverlo prendere a schiaffi. Pensando a questo trovò la serenità necessaria per rispondergli
«Damon… non dirò che non mi ha fatto male sapere di Stefan e Rebekah… perché non è così»
Il vampiro assunse un’espressione di consapevolezza ma la ragazza continuò
«Rebekah mi ha uccisa, è a causa sua se siamo finiti tutti in questo casino… e voglio bene a Stefan, gliene vorrò sempre. Io gli ho spezzato il cuore, io ho fatto l’amore con te, io non gli ho detto di noi due… non ho alcun diritto di giudicarlo, non ho alcuna voglia di giudicarlo… anche se resto preoccupata, anche se non sopporto Rebekah. Non è il sire bond, sono io, sempre io. Io amo te, Damon… lo vuoi capire?»
Quell’ultima frase fece in Damon il solito effetto: una scarica elettrica iniziale, per poi lasciare posto ad un dolore strano, latente. Elena si avvicinò di nuovo a Damon e gli prese una mano, lui non si ritrasse questa volta, era stanco, spossato. Combattere gli altri, combattere sé stesso ed ora combattere Elena? Non ce la faceva più
«Siamo ad un passo dalla cura, Bonnie e Caroline si occuperanno di Shane domani all’alba, Stefan è con  Rebekah e Jeremy sta dormendo in una stanza qui a fianco»
«Jeremy è qui?»
Chiese Damon
«Sì, abbiamo preparato le cose e siamo tornati qui, non lo avrei lasciato da solo a casa…»
«Significa che passerai la notte qui?»
«Significa che passerò la notte con te»
Fece lei decisa, il vampiro nemmeno provò a ribattere, si limitò a guardarla cercando di resistere all’impulso di baciarla e farla sua, poi sul suo viso comparve un sorriso
«Cosa?»
Chiese lei
«Pensavo che sei stata forte»
Disse lui
«Quando?»
«Oggi, ieri… in tutto questo tempo»
Elena poggiò le mani sui fianchi di Damon
«Lo dici solo perché non mi hai vista, ho pianto per quasi tutto il tempo»
«Ah! Idiozie… ti conosco da tanto e l’Elena di un tempo non sarebbe riuscita a far fuori un potentissimo originale e intrappolare il più cattivo dei cattivi»
Elena arrossì un po’ e poggiò la testa sul petto di Damon
«Non sono molto orgogliosa di aver ucciso Kol…»
«Ma era necessario»
Disse lui, poi le sollevò il viso e guardandola negli occhi aggiunse
«Era il solo modo»
Elena annuì
«Lo so…»
Mentre nella sua testa si faceva spazio una nuova consapevolezza: aveva agito come avrebbe agito Damon.
Pensò a quelle lontane, ma sempre valide, parole che Damon le rivolse tempo prima e che tanto l’avevano spaventata «Io sceglierò per sempre te».
A quel tempo non era in grado di capire come fosse possibile anche solo pensare di sacrificare qualcuno per la salvezza di un altro, ma quel giorno Elena si era ritrovata a decidere chi sacrificare per salvare l’unica sua ragione di vita: Jeremy.
Damon era ancora a due centimetri dal suo viso e lei moriva dalla voglia di baciarlo, ma quei pensieri l’avevano scossa, non si era mai messa nelle condizioni di capire le ragioni di Damon fino in fondo, ed ora si sentiva così vicina a lui che il pensiero di venire, nuovamente, respinta da lui era insopportabile. Chiuse gli occhi e disse
«Ti prego, Damon, non respingermi»
E poi si allungò a baciarlo. Damon esaudì la sua preghiera e si avvinghiò a lei e a quel bacio cancellando quella lunga settimana di problemi. La voce di Stefan arrivò come una freccia a piantarsi nella testa del vampiro «Fino ad ora lo hai usato piuttosto bene il sire bond, vero?»
Provò a non dargli retta, voleva solo esaudire le richieste di Elena, ma non ci riuscì a lungo, la staccò da se e la guardò dispiaciuto, Elena gli sorrise
«Solo stanotte, ancora una volta…»
Damon cercò la forza dentro di sé per non buttarla nel letto e farla sua
«Ti prego»
Disse ancora lei abbassando la voce e facendo scorrere le mani sul petto di lui, il vampiro socchiuse gli occhi completamente disperso nelle vibrazioni che quel tocco gli causava, strinse le mani sulle braccia di lei sperando di fermarla o di incitarla, non lo sapeva, non capiva più niente poi Elena si fermò, si sentì all’improvviso di forzarlo a fare qualcosa che non voleva, di nuovo si sentì in sintonia con il suo modo di pensare e rabbrividì al pensiero che mentre lei sarebbe stata esaudita, lui avrebbe amato con il tarlo del dubbio, logorato da un senso di colpa nel caso in cui fosse stato tutto causa del sire bond. Lei era sicura non fosse così, era certa di amarlo e di volerlo amare perché era quello che sentiva, ma non aveva modo di convincerlo. Solo dopo aver preso la cura sarebbe potuta tornare da lui dandogli la certezza che non stavano facendo nulla di sbagliato
«Prenderò quella cura»
Disse improvvisamente lei
«Spezzerò questo dannato legame e ti dimostrerò che quello che provo è reale!»
Parlava con voce sicura ma gli occhi le si inumidirono lo stesso, poi continuò
«Mi spiace averti messo nella condizione di dovermi resistere… ma una cosa la puoi fare… stringimi forte per tutta la notte, fammi dormire con te, stammi vicino…»
Damon la strinse forte e disse
«Non potrei lasciarti andare nemmeno se lo volessi… non ci sono riuscito prima… non ci riuscirò mai!»

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Capitolo 8
*** Into The Wild - Che farai tu? ***


Dopo la notte passata finalmente insieme Damon ed Elena si preparano in silenzio a partire per chissà dove alla ricerca della cura. Damon non si fidava di Shane, ma era l’unico a sapere dove andare, lo sceriffo Forbes lo aveva rilasciato per farlo partire con loro.
Li avrebbe condotti su un’isola, aveva detto. Elena cercava di non pensarci troppo, ma l’agitazione era tanta. La possibilità di tornare ad essere umana, la possibilità di avere la sua vita indietro, mentre pensava a queste cose qualcuno bussò alla porta della camera di Damon
«Hey… siete pronti? Gli altri ci aspettano di sotto»
Disse Jeremy con gli occhi ancora pesanti di sonno, Damon annuì e scesero.
Nel salotto di casa Salvatore c’erano quasi tutti: Stefan, Rebekah, Bonnie e Shane
«Sarà meglio che tu non ci abbia presi in giro professore, o potrebbe essere stato il tuo ultimo scherzo»
Disse Damon avvicinandosi
«Ancora minacce… vedo che certe cose non cambiano, una certezza!»
Rispose spiritato Shane
«Hai detto bene, una certezza… come le tasse e la morte… almeno per voi miseri mortali»
Rispose Damon, pentendosi subito di aver pronunciato quelle parole, in fondo tutti stavano andando alla ricerca di una cura all’immortalità, anche lui. Qualcosa nello strano sorriso di Shane lo inquietò, come se avesse appena scoperto un punto debole, ma la sua preoccupazione era Elena, si voltò a cercarla per vedere come aveva reagito lei, ma la ragazza era distratta a parlare con Bonnie e Jeremy. Si sentì sollevato.
Il gruppo partì, la direzione era un’isola della Nuova Scotia, l’avrebbero raggiunta sui gommoni. Stefan, Rebekah, Bonnie e Jeremy salirono sul primo gommone, Shane, Elena e Damon sull’altro
«Sarà il caso di fare un viaggio soli con lui?»
Chiese Elena al vampiro
«Tieni vicini gli amici ed ancor più vicino i nemici, giusto?»
Rispose lui
«Adesso Shane è un nostro nemico?»
Ribatté lei
«Elena, non mi fido di lui, lo voglio solo tenere sotto controllo»
E le accarezzò il viso sorridendo, cercando di nascondere dei pensieri oscuri.
Elena si spinse la guancia sulla mano di Damon quasi a voler imprimere la sensazione del suo tocco sulla pelle. Dal momento in cui la cura era diventata una possibilità iniziò a covare il timore che Damon non la volesse. Fremeva dalla voglia di chiederglielo, ma temeva si sarebbe chiuso a riccio e lei non voleva fargli pressione alcuna. Aveva ormai capito che la paura del vampiro era che, una volta tornata umana, i suoi sentimenti per lui sarebbero cambiati. Lei era certa che questo non sarebbe accaduto, ma se gli avesse chiesto di prendere la cura, lui avrebbe potuto prendere anche quella richiesta come qualcosa dettata dal sire bond. Notò nello sguardo di Damon qualcosa e si incupì, lui, accorgendosene, accantonò i suoi problemi e cercò di apparire sereno.
Salirono sui gommoni e partirono. Shane si posizionò alla guida, mentre Damon si sedette in fondo, Elena si posizionò tra le sue gambe, poggiando la testa sul ginocchio destro del vampiro. A lui venne istintivo accarezzarle i capelli e lei chiuse gli occhi godendosi quel contatto tanto agognato.
Ma Damon tornò ai suoi pensieri oscuri e ringraziò il cielo che Elena non potesse osservargli il volto: una maschera di tensione e sospetto.
Cosa diavolo stai combinando?”
la solita voce, fastidiosa e troppe volte profetica
in che guaio ti stai cacciando? Non la senti la puzza di bruciato? Una cura! Una cura per cosa? E tu la prenderai? Se dovesse davvero esistere, la prenderai o aspetterai di sapere se la tua ragazza ti ama davvero? Avanti, amico, pensaci bene! Lo sai benissimo che non avrai niente. Lei tornerà umana, si renderà conto di quel che ha fatto e tu resterai per l’eternità l’illuso numero uno! In che guaio ti sei cacciato?”
Damon era logorato da quella voce, quando un’altra, più rara, si mise a fare da contrappunto
Smettila! La cura è per lei! Lui la ama, e lei vuole tornare umana!
Vuole? Davvero? Glielo ha mai chiesto o si è solo incaponito a spezzare il sire bond?
Cosa c’entra il sire bond adesso? Non è solo quello
Andiamo! Non prendetevi in giro! È solo quello! Non può vivere senza sapere se quell’amore è reale o solo una bugia dettata dal suo sangue nelle sue vene, non può morire macerato da questo dubbio!”
Ed anche fosse? Quale sarebbe il problema? Se anche lui volesse sapere solo la verità, non se la merita?”
Ah! Questa è bella! Meritarsi la verità? Lui non merita niente, lo sa, men che meno la verità
Cosa ne sai tu di quel che merita lui?
Ne so abbastanza per dire che per uno che ha passato metà della sua esistenza a fingersi qualcuno che non è, agendo di conseguenza pur di mantenere la facciata, non si merita nessuna verità
Damon stava impazzendo. Tutti quei pensieri che gli vorticavano in testa, tutte quelle voci che bisticciavano tra di loro, avrebbe voluto mettere tutto a tacere, e basta, poi Elena sollevò la testo e si girò a guardarlo, lui se ne accorse appena in tempo e cercò di assumere un’espressione normale, lei gli sorrise
«Va tutto bene?»
Gli chiese, Damon annuì
«Lo sai che non mi piace l’acqua»
Rispose lui
«E nemmeno il nostro capitano…»
Aggiunse. Elena guardò Shane, poi si sollevò piano e si sedette accanto a Damon prendendogli la mano e poggiando la testa sulla sua spalla
«È la nostra sola possibilità di arrivare a quella cura, poi lo consegneremo alla polizia, ci libereremo di lui… per ora ne abbiamo bisogno »
«Lo so, lo so… ma comunque lo terrò d’occhio»
Disse lui
«Sei preoccupato?»
«Per cosa in particolare?»
Elena scrollò le spalle
«In generale»
«Io sono sempre preoccupato, Elena… è quando non lo sono che succedono i peggiori casini»
Disse lui cercando, per la seconda volta in una sola mattinata, di rimangiarsi le ultime parole, ma la ragazza non sembrò impensierirsi, anzi, sorrise
«Non puoi avere sempre tutto sotto controllo, Damon… a volte le cose succedono e basta»
Damon le strinse la mano ed accostò la sua testa a quella di lei, appoggiata alla sua spalla
«E tu? Sei preoccupata?»
Elena ci pensò su un attimo e poi disse
«Sono terrorizzata, infastidita, ansiosa… ma non preoccupata…»
«Suppongo il fastidio sia dovuto ad una sventola bionda che viaggia sull’altro gommone, eh?»
Disse Damon scherzosamente, Elena sbuffò
«Non riesco ancora a credere che sia qui…»
«Hey…»
La interruppe lui
«Ricorda, siamo un team. Dobbiamo restare uniti, almeno finché non troviamo la cura, dopo, come io mi libererò di quel pazzo tu non dovrai più preoccuparti di lei»
Elena annuì e gli lasciò la mano per aggrapparsi al suo braccio, poi sospirò
«Manca poco!»
Urlò Shane senza girarsi, ed Elena inghiottì la domanda che stava per fare a Damon.
Pochi minuti dopo il professore spense il motore e si prepararono a sbarcare.
L’ora della verità si avvicinava.

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Capitolo 9
*** Down The Rabbit Hole - Nessuna replica ***


Shane, Bonnie e Jeremy erano spariti e di Damon nessuna traccia
Non può essersene andato, non mi avrebbe mai lasciata qui… deve essergli successo qualcosa
Pensò Elena mentre camminava nervosamente di fronte alla baita.
Stefan e Rebekah tornarono dal breve giro di perlustrazione fatto
«Allora?»
Chiese ansiosa
«Nessuna traccia di Shane o di Bonnie…»
Disse Stefan
«E Damon? Niente anche di lui?»
Chiese sempre più preoccupata. Stefan abbassò lo sguardo e Rebekah fece una faccia strana
«Cosa? Che avete scoperto?»
Sefan aspettò ancora qualche istante e poi disse
«Ci sono dei segni di lotta… crediamo qualcuno lo abbia aggredito e…»
Elena tentò di non farsi sopraffare dal terrore
«E? Cosa? Stefan!»
Rebekah intervenne
«Calmati! Pensiamo qualcuno lo abbia rapito…»
Elena cercò di restare calma, iniziò a dirsi che non poteva essergli successo niente, in fondo era Damon!
«Che facciamo? Voglio dire, non possiamo andarcene e non sappiamo da dove iniziare a cercare»
Chiese ai due vampiri, l’originale rispose
«Dobbiamo provare a contattare qualcuno a Mystic Falls»
«E come? Hai sentito che ha detto Shane, non prendono i cellulari»
Disse Stefan
«Ed ancora ci fidiamo di quello che dice Shane?»
Rispose stizzita Rebekah
«Ha ragione lei, Stefan. Proviamo a tornare sulla spiaggia, magari lì c’è più linea…»
Fece Elena prendendo lo zaino
«Elena, aspetta!»
Cercò di fermarla Stefan
«No, Stefan! Non abbiamo tempo! Mio fratello è sparito insieme alla mia migliore amica, rapiti da quel pazzo che abbiamo seguito come degli idioti, e Damon è stato preso da chissà chi…»
«Magari è con loro»
Azzardò Stefan cercando di farla calmare
«Lo voglio sperare, Stefan! Se sapessi che è li a proteggerli sarei un po’ più calma… ma non so niente e la nostra unica possibilità è raggiungere telefonicamente Caroline»
Disse lei nel suo tono più calmo
«Caroline?»
Chiese il vampiro, ma Elena schizzò via, verso la spiaggia, con la velocità da vampiro.
Una serie infinita di pensieri le ribollivano in testa: Jeremy, Bonnie, la cura, Damon.
Non riusciva a dare priorità a nessuno in particolare, ma la paura di non sapere che fine avesse fatto Jeremy  le gelava il sangue. Si ritrovò a desiderare che Damon fosse con lui. Nonostante le parole di fuoco che le aveva detto, sentiva che non le pensava seriamente, almeno non tutte
Ed io so quale parte è reale
Pensò amaramente «Quello non sono io, Elena, quello è Stefan. Un tempo mi mancava essere umano… ora non riesco ad immaginare niente di più miserabile al mondo»
No, non lo pensa davvero… non può pensare che essere un umano sia così orribile… perché questo vorrebbe dire che troverebbe me orribile
Quest’idea la stava logorando dentro dall’istante in cui quelle parole uscirono dalla bocca dell’uomo che amava, che era sicura di amare… ma che non le credeva. Ora, a due passi dalla cura, lui la stava allontanando
Sì, lo ha detto perché voleva allontanarmi… è tipico di Damon… non lo pensava sul serio!
Cercò di rassicurarsi
E se invece diceva sul serio? Questo cosa significherebbe? Davvero mi farebbe tornare umana per lasciarmi, incapace di amare un essere così miserabile?
La paura iniziò ad attanagliarla, frenò la sua corsa e sentì il suo corpo tremare, tirò un pugno contro un albero abbattendolo. Guardò l’arbusto crollare e si fissò la mano, le ferite si rimarginarono in fretta e per una frazione di secondo provò un brivido strano, un brivido che aveva già sentito alla festa di halloween, quando andò con Damon per imparare a nutrirsi. Già allora quella sensazione di libertà e potenza la spaventò. Tornata a casa crollò piangendo tra le braccia di Stefan dicendogli che non poteva sopportare di sentirsi in quel modo, ma non fu n grado di spiegare ‘come’.
Ed ora, di nuovo, quella sensazione. Non ne era spaventata, ma si impedì di pensarci oltre, non era il momento. Riprese a correre verso la spiaggia ma ancora le parole di Damon tornarono a farle compagnia
«Quello non sono io, quello è Stefan»
E come una scintilla nel buio, la mente di Elena si illuminò, trovando un senso alle quelle parole.
Come aveva fatto a non capire? Come aveva potuto dubitare?
Damon era spaventato, temeva la cura, ne avevano anche parlato, lui temeva che una volta tornata umana, una volta spezzato il sire bond, lei avrebbe smesso d’amarlo. E quelle parole, quel dichiararsi diverso da Stefan… come aveva fatto a non capire?
Elena gli aveva proposto una vita normale, una vita che aveva più volte detto di voler condividere con Stefan. Come aveva potuto essere tanto stupida? Come aveva potuto non capire che in quel modo stava solo alimentando le paure di Damon?
Con quella proposta, fatta col cuore in mano, aveva spinto Damon a pensare che quel che lei cercava era una replica di Stefan. Si arrabbiò ancora di più con sé stessa, avrebbe solo voluto trovarlo e chiarire, dirgli che non aveva capito il senso. Ma il vampiro era sparito, erano tutti spariti.
E di nuovo le preoccupazioni iniziarono a vorticarle in testa senza sosta, senza pace.
Arrivò alla spiaggia, sulla sabbia c’erano orme confuse, qualcun altro doveva essere arrivato dopo di loro.
Si voltò a cercare Stefan e Rebekah, ma i due ancora non si vedevano, sperò si sbrigassero, intanto tirò fuori il cellulare e cominciò a cercare un punto in cui prendesse la linea.
Dopo qualche istante arrivarono anche i due ritardatari proprio quando sul led del cellulare comparve una tacca
«Prende! In questo punto prende!»
Urlò ai due che si avvicinarono in fretta, compose il numero di Caroline e la chiamò aggiornandola su quanto accaduto
«Dimmi che non stai dicendo sul serio»
Disse l’amica che si trovava nel suo salotto, insieme ad un Klaus prigioniero della magia di Bonnie
«Vorrei fosse così…»
Rispose Elena.

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Capitolo 10
*** Stand By Me - Requiem. ***


«Elena? Sono April… Young. Cercavo Jeremy e sul cellulare parte subito la segreteria»
La voce dall’altra parte del telefono attese, mentre quelle parole entrarono in testa ad Elena spazzando via quella nebbia che le stava offuscando la mente da molte ore
«Jeremy non può venire al telefono adesso, non è…»
Iniziò a rispondere lei, ma si bloccò. Si rese conto di non sapere cosa dire, avrebbe dovuto inventare una scusa… una scusa perché Jeremy non poteva rispondere al telefono… era morto
«Mi spiace. È morto»
Sputò fuori quella verità, incapace di trattenerla ancora dentro, aveva bisogno di liberarsi di quella parola: morto, quasi come se a dirla l’avrebbe allontanata da sé. Ma la parola tornò indietro, o forse non era mai uscita. Elena posò il ricevitore e deglutì. Quella verità solo detta non le bastava. Si girò passando accanto a Stefan e Damon e salì in camera del fratello, la porta era aperta. La decisione con cui salì le scale, l’abbandonò  nell’istante in cui l’immagine di una coperta celeste che ricopriva un corpo le si parò davanti. Sentì i piedi farsi pesanti ed un enorme vuoto iniziò a spandersi nel suo stomaco. Avanzò lentamente cercando di ritardare sé stessa, ma non ci sarebbe stato tempo a sufficienza a prepararla. Osservò la sagoma sotto la coperta  con quel colore così infantile, e cercò di non pensare al contrasto con la stazza di un uomo adulto che ne muoveva le pieghe
Jeremy è un ragazzino, un bambino…
Pensò una parte di lei in qualche posto lontano. Elena allungò la mano tremante per scoprire il viso che si celava sotto quell’ultimo strato di fanciullezza. Un terrore sempre più forte iniziò a fondersi con la sua carne e le sue ossa, e quando la sua mano aderì alla testa le venne istintivo far partire una carezza, ma durò solo un attimo, un ultimo tentativo di non accettare la realtà, poi le sue dita si chiusero su un lembo di stoffa sollevandola. I primi ciuffi ribelli di quei capelli che per un periodo, in una vita che lei non ricordava neanche più di aver vissuto, furono lunghi e spettinati, spuntarono causando nella ragazza un’esplosione di dolore, ma ancora sopportabile, ancora non era la verità.
Continuò a tirare la coperta scoprendo il viso di un bambino, bianco, gelido, sereno.
Migliaia di invisibili spilli si conficcarono in ogni centimetro del suo corpo, sentì qualcosa squarciarsi in lei, nella testa, nel petto, nello stomaco. Fu investita da una serie interminabile di pensieri, imbottigliati da qualche parte, nascosti fino a poco prima.
Lasciò la coperta ed indietreggiò cercando di allontanarsi da quella visione, da quella realtà
«Elena?»
La chiamò Damon, salito a controllarla. Lei si voltò di scatto e cercò nel volto del vampiro un ultima speranza, un ultima bugia, ma quegli occhi di ghiaccio, così espressivi, non le avrebbero mai potuto mentire
«È  morto… è morto! Damon… è morto… e lo è stato per tutto questo tempo… ed io… Oh mio dio!»
Si mise una mano sulla bocca quasi a volersi censurare, come se dicendo la verità ad alta voce, avrebbe reso tutto più reale. Si voltò a guardare ancora il corpo esanime
«Posso sentirne l’odore… »
Ogni suo senso tornò a funzionare all’istante, soprattutto l’olfatto.
L’odore del corpo in via di decomposizione di Jeremy le si appiccicò addosso come plastica squagliata
«Da quanto tempo puzza così?»
Chiese più a sé stessa che a Damon.
Da quanto tempo si stava sottraendo alla realtà? Da quanto tempo stava negando?
«Ehi, parla con me… Posso aiutarti»
Disse Damon cercando un appiglio, un pretesto per fare qualcosa…
Ma cosa? Avrebbe dovuto usare il sire bond, era quello il piano. Ma come? Come avrebbe potuto impedire alla sua Elena di soffrire?
«Come? Come puoi aiutarmi? Come? Lui è…»
Gli urlò. Improvvisamente sentì il bisogno di fare ordine, di avere un piano. Spinse indietro il dolore, tutti quei pensieri, cercò una scappatoia dalla verità. Si allontanò mentalmente da tutto
«Ok… ok, dobbiamo… noi dobbiamo occuparci del suo corpo. Portalo di sotto»
«Non dovremmo…»
Provò a dire Damon ma lei lo interruppe, non poteva permettersi di perdere tempo e farsi raggiungere di nuovo da quella situazione
«Portalo solo di sotto, per favore»
Disse risoluta uscendo da quella stanza, scappando da quell’odore, voltando le spalle a quell’incubo. Damon si scansò lasciandola passare e rimase solo con Jeremy.
Restò immobile sulla soglia un secondo prima di avanzare, pensò alla prima volta che era entrato in quella camera.
 
Jeremy era accovacciato nel letto, stringeva un cuscino e piangeva stremato dal dolore. Aveva visto Vicky, la ragazza che amava, morirle davanti dopo aver tentato di uccidere lui ed Elena. La colpa era di Damon, era stato lui a trasformare la ragazza in vampiro, convinto, stupidamente, di poterle regalare una felicità che lui per primo non aveva trovato nella sua condizione. La trasformò pensando di destinarla ad una vita migliore dimenticando di aver maledetto la sua, ogni giorno, per 150 anni.
«Ascoltami attentamente Jer, Vicky è andata via, avete discusso e tu hai capito che il meglio per te è vivere lontano da lei, non soffrirai più. Tu hai la tua vita a cui pensare, la scuola, gli amici, l’arte. Il tuo unico desiderio da domani sarà cercare di vivere al meglio. Conoscerai nuove persone, ti innamorerai di una ragazza per bene e farai di tutto per ottenere ottimi voti a scuola. Ti meriti una vita migliore e farai di tutto per ottenerla»
Gli disse soggiogandolo.
 
Tutta fatica sprecata, il dolore di Jeremy non sparì, ma restò raggomitolato in fondo alla sua anima senza nemmeno una spiegazione
«Senti, so che pensi di averlo cancellato… ma è ancora lì, anche se non riesco a ricordare perché, sento un vuoto dentro. Mi sento solo, e cancellarmi i ricordi non farà sparire questa sensazione. Non cancellerà quello che c’è davvero di sbagliato»
Gli aveva detto Jeremy più avanti, quando aveva scoperto tutta la verità, Damon si scusò, ammise di aver sbagliato, concesse a quel ragazzino l’unica cosa che aveva da offrirgli: il suo pentimento.
Fu quello il momento in cui il vampiro iniziò a desiderare di essere una persona migliore, ma non lo ammise mai, né a sé stesso, né agli altri.
Ci fu un altro tentativo, più avanti, di allontanarlo da quella vita folle, ma la calamita che era Mystic Falls, lo aveva riportato indietro, a lottare con un male più grande di lui, più grande di tutti.
Damon osservò il cadavere di quel ragazzo che, nell’ultima settimana, aveva dovuto affrontare delle prove non adatte alla sua età, quel ragazzo che, seppur a denti stretti, era riuscito a guadagnarsi delle scuse da parte del vampiro, era riuscito ad ottenerne il rispetto e, anche se mai detto ad alta voce, l’affetto.
Damon gli aveva fatto da balìa, da confidente e da maestro, si erano costruiti un rapporto tutto loro, Jeremy  aveva anche cominciato a condividerne l’umorismo, pungente, irriverente… ed ora era tutto perso.
Il vampiro arrivò al letto e si chinò a prenderlo, prima però fece una cosa approfittando dell’assoluta solitudine: gli accarezzò la testa.
Un gesto che, insieme all’abbraccio dato a Bonnie poche ore prima, disintegrava l’ultimo strato di quella barriera anti-dolore che il vampiro aveva imparato ad usare per difendersi
«Mi dispiace ragazzone… non sono stato in grado di proteggerti… di proteggervi…»
Disse pianissimo, si chinò e lo sollevò. Non fece assolutamente nessuna fatica a livello fisico, ma mai nella sua esistenza da essere soprannaturale, sentì così tanto il peso di un cadavere.
Provò a sorridere immaginandosi visto dall’esterno: un uomo con in braccio un bambino troppo cresciuto, ma sentì solo un urgente bisogno di piangere. Non lo fece, si trattenne, ma non riuscì ad impedirsi di immaginare la morte di Stefan. Il fratello con cui aveva passato più tempo a farsi la guerra che a cercare la pace, il fratello che era sempre stato un rivale sotto ogni punto di vista: famiglia, amici, amore.
Nonostante tutto, però,  era l’unica famiglia che aveva, l’unico vero legame con la sua vita da umano. La sola idea di poterlo perdere lo fece tremare di terrore e di colpo capì…
Scese al piano di sotto mentre Elena correva veloce verso il suo punto di non ritorno
«Ok, immagino che dovremo farlo alla vecchia maniera»
Disse a Stefan e Caroline
«Fare cosa?»
Chiese preoccupata l’amica a Stefan
«Metti il corpo sul divano»
Ordinò Elena a Damon, e si diresse a cercare qualcosa con cui bruciare quel dolore. 

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