Love In New York

di lafilledeEris
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 15: *** Capitolo 14 ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Mi sono lasciata convincere così eccomi qua.  La mia prima long Kurtbastian. Non  è tutta farina del mio sacco.  L’input è arrivato guardando questo video, quindi il,prompt e l’idea generale nasce da questa meraviglia di cui io mi sono innamorata.
C’è chi mi ha sostenuto. A partire da Silvia ( la mia piccola dolce beta, poverina non sa in che guaio si è messa. I love u, sweet heart) , a Dalila che  è  stata la mia spacciatrice ufficiale di video, ebbene sì se ho visto quel made è colpa sua) e Vale, che in questi giorni mi ha dovuta sopportare, se non è affetto questo, ti adoro tesro. Ma non dimentico tutte le Pinguste, che per qualche strana ragione vedono in me del buono, sia come persona che come autrice. Vi adoro.
Detto questo, ci vediamo sotto per alcune precisazioni.
 
 
 
 
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Prologo
Track#1 We’re Golden
Artist: Mika
 

 
 
Crac. 
Questo è il rumore di un cuore che si spezza. E lo fa, lasciando andare al vento i suoi frammenti, troppo leggeri e malati.
“Kurt, ti ho tradito”.
Le parole riempiono l’aria. Kurt si sente mancare. 
Quei grandi occhi nocciola diventano il suo più grande incubo e Central Park diventa il posto perfetto per un omicidio. Quello del sentimento che lo lega a Blaine.
Le luci diventano soffuse e iniziano a farsi meno definite. Dannate lacrime. Dannati sentimenti. Dannato cuore.
“È Sebastian?” Kurt sente freddo, ha la vista appannata e il naso che cola. 
Ma è questo a cui si da peso quando quello che credevi l’amore della tua vita – lo stesso con cui correvi per i corridoi della scuola e ti faceva vivere sogni adolescenziali e ti amava nonostante gli eccessivi strati di abiti?- ti dice che ha preferito un altro ragazzo a te?*
Kurt vorrebbe urlare con tutta la voce che ha. Oppure se non avesse una coscienza troppo ingombrante forse prenderebbe a pugni Blaine. 
Chissà se il male fisico è equiparabile al suo malessere emotivo.
Odia le frasi di circostanza, quelle che non sanno di nulla se non di amaro e provocano ribrezzo al solo sentirle pronunciare. Ma il male maggiore è inferto dalle labbra che pronunciano quelle parole. 
Kurt ricorda che quando le baciava – e non esisteva nessun dolore – erano morbide. Ora probabilmente sanno di carta vetrata: quanto sangue scorrerebbe se provasse a baciarlo? 
“Kurt” chiama a gran voce Blaine.
“Kurt” Ma lui non vuole ascoltare…

“Kurt!” 
Il ragazzo chiamato in causa aprì gli occhi di scatto. Certo, Rachel Berry di prima mattina non era un bello spettacolo. 
“Mh…” No, non voleva alzarsi. In quel momento, con quei postumi da incubo, il letto gli sembrava l’unico posto al mondo in cui sarebbe voluto stare.
Finché Rachel non trovo opportuno sollevargli le coperte di scatto e scoprirlo.
“Rise and shine!”**
“Rachel, sappi che ti odio!” 
La ragazza si lanciò a peso morto sull’amico, abbracciandolo forte.
In quell’ultimo periodo Hummel si era rivelato poco incline alle dimostrazioni d’affetto e in tutto quel casino di emozioni represse e rimosse, in qualche modo, vi era andato di mezzo anche il rapporto con la sua migliore amica. Lei ormai stava con Brody – Finn sembrava un ricordo abbastanza sbiadito a sentire i rumori che provenivano dalla camera da letto quando il ragazzo restava a dormire e Kurt era quasi sicuro che non si mettessero a spostare i mobili nel cuore della notte –, andava alla NYADA , aveva trovato il suo equilibrio newyorkese, insomma.
Lui invece era in un limbo. Aveva realizzato il suo sogno a metà. Lavorava per Vogue.com , nulla di male o di strano, ma si sentiva ancora incompleto. Perché lavorare per un giornale – se pur famoso – non ti faceva arrivare a calcare il palco di Broadway.
Lui voleva cantare. E farlo sotto la doccia non contava, le bollicine non sono validi spettatori. E Rachel che picchia contro la porta intimandogli a gran voce di muovere il culo non era per niente un giudice obiettivo.
“Rach” disse a fatica, sotto il peso della ragazza “a Brody piacerà pure che tu stia sopra, ma addosso a me pesi un po’ troppo.”
“Kurt Hummel!” gli pizzicò una guancia, mentre le guance le si imporporavano “Ti proibisco di fare commenti sulla mia vita sessuale!” continuò a stare stesa su Kurt, incurante della necessità dell’amico di prendere aria.
“Uh, hai ragione!” iniziò lui, riuscendo a farsi spazio per poter almeno muovere le mani “Ti prego! Di più! Continua!” la scimmiottò. Fu solo allora che la Berry si alzò indignata e strinse le braccia la petto.
“Non credevo che l’astinenza dal sesso di avesse portato al voyerismo! Da quanto ascolti ciò che facciamo io e Brody!”
“Da quando è impossibile non sentirvi, dato che le mura sono praticamente di cartone!” la voce venne un po’ soffocata, dato che aveva nascosto il viso sotto il cuscino.
“Hummel! Questa è guerra!” 
Il povero Kurt, oh se solo avesse spostato il cuscino, avrebbe evitato la tragedia che di lì a poco sarebbe accaduta.
Un dolore atroce lo colpì dritto all’inguine e gli fece mancare il fiato, più del cuscino che gli comprimeva il viso. Iniziò a sbracciarsi cercando di attirare l’attenzione dell’amica, che si mise un po’ a capire che stava rischiando di perdere il suo migliore amico. Nonché colui che pagava l’altra metà dell’affitto.
“Kurt?”domandò quando l’amico smise di muoversi. “Oh mio dio!” spostò il cuscino, facendo finalmente respirare l’amico, ormai di un colorito tendente al violaceo.
Rachel iniziò a schiaffeggiarlo e a fargli la respirazione bocca a bocca, fin quando non venne spinta dall’altra parte del letto.
“Rachel ma che diamine stai facendo?!” Entrambi avevano gli occhi sbarrati e Kurt provava un certo senso di nausea dovuto forse al dolore provato poco prima.
No, senza ombra di dubbio era colpa del bacio.
“Come ti salta in mente?” urlò con la voce più alta di un’ottava, in barba alle dicerie sulla protezione che i cantanti devono riservare la loro voce.
“Volevo aiutarti! Poi per quello a cui ti servono adesso! E non è un commento omofobo il mio, i miei papà sono gay***” sbottò Rachel, alzandosi frettolosa dal letto e correndo verso la porta per darsi alla fuga.
Quella giornata non era per niente iniziata col piede giusto. Aveva fatto un incubo – lo stesso da mesi, che poi tanto incubo non era – aveva baciato Rachel Berry (sì, a lui non importava che fosse per salvargli la vita, anche se ci aveva quasi rimesso gli attributi)…
Ok, necessitava del bagno.
 
 
***
 
 
Vogue.com.
Un edificio immenso, uffici tutti ben sistemati anche nel loro disordine, riempiti di gente griffata sino alle mutande che ti squadrava dall’alto verso il basso, storcendo il naso davanti ad ogni cosa. Tutto quello sbrilluccicare di paillettes e lustrini, quel viavai frenetico di persone, quell’odore di profumo pesante che si mischiava ad altro profumo, e poi ad un altro ancora. Le modelle che gironzolavano per i vari servizi infagottate nelle loro vestaglie.
Dio, Kurt amava tutto di quel mondo. Si sentiva come un ago che veniva usato per rammendare le mutandine in seta di una qualsiasi modella. Ma, ehi, quelle erano pur sempre mutandine in seta e sarebbero finite sulle pagine di una delle riviste più vendute al mondo. Anche un ago può fare la differenza quando prima di un servizio si scuce un vestito.
E poi lui sarebbe stato un ago fashion. Sempre e comunque.
In quel momento era seduto fuori dalla redazione ad aspettare Isabelle Wright.
In quel mondo di pescecani, assetati e disposti a strapparti una mano a morsi pur di avere l’ultimo paio di Jimmy Cho, lei era un po’ come Nemo****. Gli anni trascorsi a lavorare l’avevano in qualche modo segnata, parlavano chiaro le rughe d’espressione attorno agli occhi e più leggere intorno alle labbra.
Ma era questo di lei che affascinava Kurt, non si nascondeva dietro un bisturi ma faceva del suo essere una specie di bandiera. 
E poi era bellissima quando sorrideva, aveva un modo affabile e materno.
“Kurt!” richiamò la sua attenzione dall’uscio dell’ufficio. Come evocata fece la sua apparizione Isabelle, perfetta e con la grazia innata che la contraddistinse agli occhi di Kurt fin dai tempi del loro primo incontro, durante il primo colloquio.
Lui si diresse verso la stanza, sorridendole amichevolmente, sapendo che lei avrebbe ricambiato.
Cosa che infatti fece.
Tutto questo lo faceva sentire a suo agio con quella donna.
“Kurt” iniziò lei “mi devi aiutare” sospirò pesantemente, poggiandosi di peso contro la scrivania.
“Se posso…” 
Del resto, non era la prima volta che accorreva in soccorso di Isabelle, era successo quando aveva iniziato lo stage, perché non ora che ormai faceva parte di un ingranaggio ben oleato?
Isabelle gli mostrò quelle che dovevano essere le idee proposte dallo staff. Come definire qualcosa del genere? Fanno acqua da tutte le parti? Sono un po’ sopravvalutate? Sono da rivedere, ma sono buone? 
“Beh, ecco…”
Fanno schifo?
“Non mentire ti prego!” lo supplicò. Lui deglutì vistosamente, cercando le parole adatte.
“Isabelle” tentò “io mi ricordo i suoi primi numeri come capo redattore, erano pieni di brio, charme, erano freschi, sempre nuovi e mai banali. Credo che…”
“Tutto questo è sparito!” agitò le mani in aria Isabelle “Pff!” chiuse i pugni, facendo vibrare nell’aria la manica dell’abito in pizzo sangallo.
Ecco, erano questi i momenti in cui Isabelle Wright era l’anima buona del mondo della moda. E se lei fosse stata Nemo, lui sarebbe voluto essere la Dory che partiva per cercarla.
Quei grandi occhi chiari erano troppo sinceri per un mondo infido come quello dell’editoria della moda. Ma lei non solo stava a galla in quell’oceano, ma ci nuotava perfettamente.
“Io credo ancora che lei abbia delle ottime idee!” affermò serio Kurt.
“Kurt, guardati” sussurrò piano Isabelle, scrutando Kurt che la osservava con tanto d’occhi. “Tu sei giovane, sei pieno di aspirazioni. E se ho capito che tipo sei, la NYADA sarà solo l’ennesimo sogno che rincorri non perché tu cambi capriccio con la stessa frequenza con cui una ragazza cambia i suoi abiti, ma perché divori ciò che ti circonda. Il mondo intero è troppo piccolo per Kurt Hummel. Quindi ragazzo mio, non hai bisogno che ti dica di non fossilizzarti su Vogue.com perché tu stesso, sotto quell’adorabile ciuffo perfettamente pettinato” al ragazzo venne spontaneo alzare gli occhi verso l’alto “hai così tante idee che hanno bisogno di realizzarsi. Tu non sei come me alla tua età, sei meglio.”
“Ma lei può ancora fare qualcosa!” riprese la parola Kurt. “Lei non ha finito le idee, devo solo capire quale direzione queste devono prendere. Vuole che queste prendano il controllo? Glielo lasci fare, l’istinto la maggior parte delle volte è la miglior soluzione.
“Ora capisci perché ti ho scelto? Tu fai quello che vuoi, lotti sino alla fine.”
“Può farlo anche lei e se necessario, io le darò una mano.”
Isabelle mise una mano sulla spalla di Kurt, abbassandosi per guardarlo negli occhi.
“Ora vai a casa, riposati. Domani abbiamo una montagna di lavoro da fare”.
 
 
 
***

 
 
“Nessuno può mettere Baby in un angolo”.
Dio, quanto era figo Patrick Swayze? 
Sì, ok Kurt stava guardando – per la millesima volta - “Dirty Dancing”* per puro sadismo, annegando i suoi dispiaceri nei pop corn al caramello, mentre i suoi ormoni ballavano la macarena davanti a quel ben di Dio. Ma almeno beveva Diet Coke.*****
Era rannicchiato – per quanto la sua altezza glielo consentisse- in un angolo del divano con addosso una vecchia felpa dei Giants di Finn (chissà se si fosse accorto che era sparita dal suo armadio) – dei pantaloni in pile e in faccia aveva spalmato una crema al cetriolo. Quella era la vera ragione per cui non si era ritrovato in una valle di lacrime. Oramai, da quando non stava più con B- Colui- Che – Non –Deve- Essere- Nominato lo guardava ogni volta che si sentiva depresso. Quello era il colpo di grazia.
In quel momento invidiava Jennifer Grey. Anche perché lui aveva due cose che lei non poteva più avere: la giovinezza e i soldi spesi dal chirurgo.
Ad un tratto sentì aprirsi la porta di casa.
Rachel comparve bianca come un cencio, pallida e tremante, ad un passo dallo scoppiare a piangere.
Kurt si alzò di scatto dal divano e le corse in contro. 
“Rachel che succede?” 
La ragazza gli porse una busta. Non riusciva a spiccicare parola. Ecco, aveva persino iniziato a piangere.
Quando il ragazzo lesse il mittente, dovette sedersi.
NYADA.
“Ti prego, aprila” piagnucolò la ragazza.
In quel momento poco gli importava delle buone maniere. Il ragazzo strappò l’involucro e aprì il contenuto.
Il resto non gli interessava, saltò subito al puntò in cui sapeva di trovare l’esito.
“Mi hanno preso”.
Kurt Hummel in quel momento ebbe solo una certezza: certe volte non sempre perdere una battaglia significa perdere la guerra, ecco perché non bisogna mai deporre le armi.
 
 
 
* Due citazioni doverose che hanno segnato la fine della storia Klaine ( sappiate che sto ancora piangendo ç_ç Sì, come ship canon sono Klainer, d’oh!)
**Non so perché, ma sentivo il bisogno di mettere questa frase e in italiano non mi piaceva, indi ragion per cui (?) l’ho lasciata originale. Prima che lo diciate, sì è una frase di Lea.
***Siccome non ci facciamo mancare nulla, la citazione di Miss Berry è necessaria.
****Io amo Nemo e sì, sono un po’ (tanto ) Dory “P.SHERMAN,  42 WALLABE WAY, SIDNEY!”
***** La scena è ripresa dalla 1x01 di “New Girl” telefilm che all’inizio mi piaceva molto. La protagonista viene lasciata dal ragazzo e inizia a guardare “Dirty Dancing” a ripetizione. Ovviamente è una citazione anche la frase “Nessuno può mettere Baby in un angolo”.
 
 
I’m Here
*si nasconde nel suo angolino e agita bandiera bianca*
Non odiatemi vi prego ç_ç  Allora andiamo con ordine. Kurt e Blaine si sono già lasciati ç_ç, Kurt vive a New York e lavora per Vogue. Ecco ancora non abbiamo visto Sebastian… Arriverà, eccome se arriverà… MUAHAHAHAHAH *risata malefica*  va beh c’è il video, zero effetto sorpresa. Ora sono triste.Comunque, ogni capitolo avrà una canzone. Qui ho scelto Mika, perché secondo me rendeva l’idea..
Che altro dire? Nulla, se non  di dirmi la vostra qualora lo vogliate.

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 ***


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Capitolo 1
Track#2 Hall Of Fame
Artist: The Script feat. Will.i.am
 

 


Kurt aveva bisogno di sedersi.
Ma non fece in tempo, perché crollò sulle ginocchia schiantandosi sul legno del pavimento. Sentiva le guance bagnarsi, sotto le lacrime. Rachel lo abbracciava e lo stringeva a sé.
“Ce l’hai fatta” gli ripeteva come una cantilena, accarezzandogli i capelli. E Kurt continuava a piangere. Il peso dei nostri sogni il più delle volte ci travolge, soprattutto quando si realizzano. Poi subentra la paura, i se, i ma e i forse. C’è chi è davvero bravo e allora costruisce uno spesso muro fra questi e il proprio cuore. Ma non era il caso di Kurt. Lui, che viveva di sogni e lottava per realizzarli, in quel momento era crollato. Si trovava fra le braccia della sua migliore amica. Quelle lacrime – copiose, ribelli e agognate – erano la metafora del suo sogno. Perché fa più danni un sogno realizzato che un sogno infranto.
“E se fallisco?” singhiozzò “ Se mi buttano fuori dopo il primo giorno?”
La Berry lo strinse di più al petto.
“Non dire sciocchezze. Tu sei una diva” calcò sull’ultima parola. “ Hai il cuore di Tina Turner e la mente di Lady Gaga. Hai “Wicked” nel sangue e profumi dei più grandi teatri. Kurt Hummel tu l’arte ce l’hai negli occhi, nel cuore e nella mente.”
“Rachel, io ho paura” Tirò su col naso, mentre si stringeva ancora di più a lei.
Fu allora che lo allontanò da sé, lo prese per mano e lo portò davanti alla grande finestra che dava sulla città, illuminata per la notte.
“Lo vedi questo?” indicò ciò che sotto di loro si estendeva in miscuglio di luci, suoni, odori, profumi e persone. “Un giorno tutto questo sarà tuo”.*
Kurt rise tirando su col naso e tamponando gli occhi lucidi con la manica della felpa.
“Questa l’ho già sentita, Mufasa!”
Rachel sorrise raggiante e gli mise le mani sulle spalle.
“Kurt io so quanto tu sia dotato e talentuoso. Ora sta a te capire che il mondo deve conoscere la tua voce.”
Il ragazzo riuscì a sorridere più sereno.
“Hai ragione. La NYADA ha bisogno di Kurt Hummel!”
“Il mondo ha bisogno di dive!” affermò seria Rachel.
“E tu non puoi fare tutto da sola!” la prese in giro.
In fondo è questo che serve nella vita: un complice. Qualcuno che ti stia accanto anche quando sei insopportabile, quando finisci la scatola di Kleenex, quando anche l’ultimo capo d’abbigliamento che hai comprato non ti soddisfa più.
Ma anche quando l’unico accessorio che ti dona è il sorriso. Perché si sa che le lacrime non vanno di moda, né con il sole, né con la pioggia.
Quest’anno la governeremo noi la scuola!”**
Piccolo appunto per Kurt: mai far esaltare Rachel Berry.
All’improvviso Rachel si fece più seria e si voltò verso l’amico.
“Kurt devi farmi una promessa” Gli occhi di lui si spalancarono stupiti. “Qualunque cosa ti faccia dubitare di te e ti metterà in difficoltà, tu verrai da me. Io ci sarò, qualunque cosa succeda.”
Era questa la Rachel di cui Kurt si era innamorato, metaforicamente parlando. Nonostante le ambizioni, i momenti di autocelebrazione dietro quei grandi occhi scuri, velati da troppo trucco.
Era lì, la piccola Rachel Barbra Berry. Con gli occhi sinceri e un sorriso fanciullesco. E un cuore buono.
Kurt tornò a guardare fuori. In qualche modo voleva sentirsi parte di quel mondo. Di quelle luci, di quel frastuono, di quei profumi. Lui voleva essere tutte quelle cose.
Era finito il tempo di piangersi addosso e farsi domande inutili. Quello era il momento in cui si sarebbe tirato su le maniche, avrebbe stretto i denti e combattuto per quello in cui credeva: la propria voce.
Kurt non aveva scintillanti armature, non credeva più nei principi azzurri e sapeva che il mondo, là fuori, sapeva essere davvero bastardo. Ma sapeva che cantando, e solo in questo modo, avrebbe trovato la forza di combattere. Lo aveva fatto al tempo del liceo, avrebbe continuato a farlo alla NYADA.
Avere un sogno, quando hai chi ti ama accanto, resta comunque difficile, ma sembra meno impossibile. Perché hai chi stringe i denti con te, hai chi piange e chi gioisce con te, hai chi rafforza la presa quando vorresti mollare.
E se in quel momento Rachel gli stava poggiata al petto, usandolo come cuscino – piccola, adorabile nana Streisand-, quello in qualche modo era il segnale per fargli capire che lei ci sarebbe sempre stata.
Quando a Lima preparava la sua valigia, Kurt non sapeva bene cosa metterci. Non perché non ci stesse nulla, per via dello spazio che occupavano i sogni – quelli li custodiva gelosamente in una cappelliera e un po’ anche nel cuore – ma perché non sapeva bene cosa portare con sé, quanto tempo sarebbe rimasto nella Grande Mela. Aveva agito d’istinto e aveva preso con sé i suoi spartiti. Tutti i libri di canto che aveva.
E la foto di sua madre.






“Papà mi hanno preso”. Kurt tremava, mentre lo diceva. In qualche modo aveva ancora paura che non fosse vero.
Silenzio dall’altra parte del ricevitore. Poi un pianto rotto dai singhiozzi. L’unica volta in cui suo padre aveva pianto era stato per il funerale di sua madre. E anche quella volta, fu solo una lacrima a sfuggire. Non perché Burt pensava che piangere non fosse da uomo, ma perché in fondo piangere non gli avrebbe ridato indietro sua moglie, quella stessa donna che si era spenta col sorriso sulle labbra, stringendo accanto a sé gli uomini della sua vita.
“Kurt, sai credo che anche lei sia fiera di te” sussurrò Burt.
“E starà ridendo di te” sorrise dolcemente Kurt.
Burt tirò su col naso.
“Quando inizi le lezioni?”
“Lunedì” Kurt si sedette per terra, incrociando le gambe all’indiana.
“Fatti valere, bambino mio!”
Perché per Burt era così: Kurt sarebbe stato sempre il suo bambino, quello che per lui non è mai stato strano o diverso, nemmeno quando rispetto ai suoi coetanei che guardavano il football suo figlio sfogliava le riviste di moda con le marche più improbabili.
“Ti abbraccio da lontano” disse Kurt.
“E quanto forte stringi?” domandò Burt
“Tanto da farti mancare il fiato”.
Il rapporto padre/figlio sembrava essere sempre delicato. Non c’erano abbracci negati, né parole non dette. Ma delle volte la chiarezza – tipica di Kurt – e l’irruenza - di Burt – portavano ad alcuni scontri.
Eppure tutto spariva quando Burt tornava da Kurt, che dopo le liti solitamente faceva partire Lady Gaga a tutto volume dallo stereo in camera sua, con una tazza di cioccolata e marshmallow motivo per cui Kurt lo rimproverava per le troppe calorie. Che poi però ingurgitava. E poi si disperava perché la mattina dopo avrebbe dovuto fare mezzora in più di cyclette.
Era il loro segno di pace.
“Quanto bene c’è in una tazza di cioccolata?” chiedeva Kurt alla mamma. “Tante quante sono le bricioline che compongono la polverina che versiamo nel latte” gli rispondeva.
A quel punto un piccolo Kurt di appena sette anni capiva che la sua mamma e il suo papà gli volevano davvero bene.
E andando avanti con gli anni era cresciuto con una convinzione: ogni volta che cantava, sua madre cantava con lui. Lo sentiva in ogni nota, in ogni scala, in ogni testo.
Kurt ricordava sua madre come un sogno, ma l’unica cosa che aveva impressa in mente era la sua voce.
“Preparati una cioccolata calda, rilassati”.
“Lo farò!” rispose allegro Kurt.
“Promesso?”
“Lo giuro!”
Riattaccarono contemporaneamente e Kurt si distese per terra, trovandosi a fissare il soffitto. Fin da piccolo gli piaceva cercare le piccole crepe. I dettagli – anche il più piccolo - gli faceva pensare che ognuna di quelle piccole spaccature poteva trovarsi nel suo cuore. Ecco perché esisteva la cioccolata, per curare le crepe del cuore.




Un urlo squarciò il silenzio dell’appartamento.
“Kurt!” Rachel corse in bagno, pensando che fosse successo qualcosa di grave all’amico. Quando arrivò trovò il ragazzo in piedi davanti allo specchio che boccheggiava, indicandosi il viso.
“Mi spieghi che cavolo succede?”
“Un…”
“Un cosa Kurt?” urlò la Berry.
“Un…” ritentò senza riuscirci.
“Parla dannazione!” sbottò irata.
“Un brufolo” esalò in un unico fiato, agitando frenetico le braccia, con gli occhi sbarrati dal terrore. “ Dovrò andare al primo giorno alla NYADA con un brufolo che sembra un cratere su Marte! Fra poco la NASA vorrà sapere se c’è vita sulla mia faccia!”
“Tu, checca isterica!” puntò il dito contro il petto del ragazzo “Mi hai fatto credere ti fosse successo qualcosa di grave! Ti odio, sappilo!”
“Ma questo è grave!” sbraitò il soprano, alzando la voce.
Così Kurt Hummel si trovava in ritardo, ancora in vestaglia, con la faccia imbrattata di crema alla banana a lottare contro un brufolo gigantesco.
E come se non bastasse, dal nulla comparve Brody con addosso solo un paio di boxer azzurri. Si può considerare vestito uno che addosso ha solo le mutande?
“Kurt a cos’è la crema?” domandò curioso. Kurt corrucciò le sopracciglia.
“Banana, perché?”
Al che Brody allungò l’indice sulla guancia dell’altro e prelevò un po’ di crema.
“Mh, buona! In effetti, ho un certo languorino” sorridendo uscì dal bagno sotto lo sguardo sbigottito degli altri due. Kurt aveva sempre avuto dubbi su quel ragazzo. Ma avere delle certezze delle volte fa accapponare la pelle. Brody Weston era un tipo non solo strano stile Brittany S. Pierce, ma addirittura a livello di Lord Tubbington. E lui era un gatto, fumava e faceva parte di una gang.
Rachel sembrava rassegnata: abitava con una profumeria ambulante con l’allarme sempre inserito e con un modello di Abercrombie.
Chi dei due fosse il male minore non è dato sapere.


La NYADA era come il liceo. Né più, né meno. Quello che gli si presentò, una volta varcata la soglia della scuola, lo stupì che in qualche modo si era ritrovato in una versione più ampliata delle superiori.
C’erano i gruppi delle ballerine – le ribelli sulle punte -, i cantanti – gli egocentrici che vivevano in gruppo per non morire di solitudine -; quelli del corso di scenografia – che per sentirsi più in contatto col loro essere artisti giravano sempre imbrattati di vernice di ogni colore.
Gruppi.
Tutto si riduceva a dei gruppi. Ecco cosa perseguitava Kurt. E la cosa peggiore era che anche alla NYADA rischiavi di finire nell’oblio se finivi nel gruppo sbagliato.
Qualcosa attirò la sua attenzione.
Adam’s Apples.
La NYADA aveva un Glee Club? E, domanda da un milione di dollari, come era visto all’interno della scuola? Lo avrebbe portato ad una certa morte sociale oppure gli avrebbe dato il posto che meritava nella scuola dopo anni passati a prendere granitate in faccia?
Troppe domande.
Si guardava attorno, un po’ come Bambi dopo la morte della madre.
“Ehi!” Qualcuno cercò di attirare la sua attenzione.
Quando Kurt si girò un ragazzo biondo con degli spettacolari occhi verdi lo stava guardando, sorridendogli smagliante.
“Quello” disse indicando il manifesto “ sono io e quelle sono le mie mele”.
Kurt gli sorrise, porgendo la mano.
“Piacere, Adam delle mele. Io sono Kurt, Kurt Hummel.”
Aveva un sorriso così adorabile. Delle piccole fossette si formavano ai lati della bocca…
Stop. Hummel, imponiti contegno.
Non poteva cadere di nuovo al turbine di dolore al marshmallow, lacrime al pop corn e maratone di “90210” per guardare Grant Gustin che appariva in tutta la sua figaggine.***
“Sai sono sicuro che ti troverai bene se ti unirai a noi. C’è Lucas che è un bravissimo body percussioner, Sebastian che è un bravissimo solista” Inizialmente non diede peso alla serie di nomi, vittima di quelle fossette. “e poi c’è Matthew, dottissimo contralto.”
Poi realizzò. Un nome. Un solo nome può farti collassare al suolo e farti passare a miglior vita.
Sebastian. Quanti Sebastian potevano esistere nello Stato di New York e erano iscritti nella sua stessa scuola? Il fato non poteva essere stato così bastardo. Non poteva avergli tirato anche questo tiro mancino.
“Oh, eccolo!” esclamò Adam, voltandosi di lato. “Kurt, lui è…”
“Sebastian.” In quel momento Hummel si sentì mancare. Era praticamente in apnea.
“Kurt” ghignò l’altro.
Kurt Hummel, la NYADA ti manda il tuo personale comitato di accoglienza.
Benvenuto nella giungla, dolcezza.****
 
 
*citazione dal “Re Leone”, uno dei miei cartoni animati preferiti
**citazione da “Grease”, delle Pink Ladies, che sono tipo delle gran fighe per me. U.U
*** scusate ma ho dovuto farlo XD
**** Citazione da “Welcome to the Jungle” dei Guns ‘n Roses.
 
I’m here
Un piccolo regalino per voi. E per me. Ebbene sì, dal prossimo capitolo Sebastian sarò tuuuutto nostro.
 Ho preso un po’ spunto dall’episodio “Diva” perché per me Kurt è davvero un diva con la d maiuscola e meritava il suo momento. Colgo l'occasione per ringraziare Chiara88 per il bellissimo banner. Non ci credo ancora che LINY ha il proprio *^*
Detto questo, spero che il capitolo vi piaccia.
Ancora grazie a Silvietta per il betaggio.

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Capitolo 3
*** Capitolo 2 ***


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Capitolo 2

 

 

 

 

Track#3 Who's Laughing Now

Artist: Jessie J.

 

 

 

 

E così voi due vi conoscete?”
Carino e perspicace il ragazzo.
Adam spostava lo sguardo da Kurt a Sebastian e viceversa.
“Ci provava col mio ragazzo” sputò fra i denti Kurt, stampandosi in faccia il suo peggior sorriso forzato.
“Ex ragazzo, a quanto dicono delle voci di corridoio” precisò l'altro.
Kurt strabuzzò gli occhi.
“Ma chi sei, Gossip Girl?*”
Davvero, non riusciva a crederci. Erano mesi che non vedeva Sebastian, non aveva avuto sue notizie – non che fosse interessato ad averle-, eppure lui si era tenuto aggiornato.
Difficile capirne il motivo (davvero, che cosa poteva importare a Sebastian?), l'utilità e pure che l'importanza che poteva dare a quella notizia.
“Vorresti tornare a Lima e provarci con Blaine?” la buttò lì Kurt.
“Vorresti che stessi qui a provarci con te?”
“Ti piacerebbe!” ringhiò Kurt.
“Oh, andiamo. Sono quasi sicuro che non ti dispiacerebbe” ghignò l'altro.
“Non scherzare!”
In tutto quello scambio di battute Adam era rimasto in silenzio ad osservarli. C'era come elettricità nell'aria. Non riusciva a capire se quella di Kurt fosse rabbia trattenuta a stento, ma Sebastian era tutta un'altra storia. Lui con Kurt stava giocando. Stava tirando troppo la corda e non aveva paura di esagerare. Quando una persona si comporta così, o è davvero stupida e quindi non capisce che sta vendendo cara la pelle (perché sì, Kurt si stava davvero alterando); oppure sa bene a cosa va incontro perché sa che la pelle a rischio non è la sua.
Smythe era in bilico, oscillava con perfetta maestria sul quel confine. E il povero Kurt non aveva capito in che guaio si stava cacciando.
“E così adesso alla NYADA accettano proprio tutti”.
Smythe non lo stava squadrando, no. Lo stava facendo a pezzi con la forza del pensiero.
“Dovevo immaginarmi che dietro quella puzza di profumo dozzinale da uomo che pensa di non dover chiedere mai ci fossi tu”. Kurt non voleva dargliela vinta. Non poteva dargli la soddisfazione di lasciargli l'ultima parola.
“A pensarci bene stamattina sentivo puzza di tessuto sintetico che sapeva di sudore di perdente, non capisco cosa ci faccia tu qui”.
Chi potesse vincere quella guerra fatta di lingue affilate e unghie sguainate era difficile da capire.
“Io invece mi chiedevo quando tu decida di andartene”.
“Sì pensavo di tornare in Francia...”
“Io parlavo della savana, Timon! E per la cronaca c'è chi riesce ad ottenere ciò che vuole senza che papà paghi”.**
Senza saperlo Kurt aveva sparato sulla croce rossa. Numero dei feriti: imprecisato.
“Io so qual è la verità”.
“Ti prego illuminami”.
“Tu sei geloso, geloso marcio. Non sei ancora riuscito a capire perché abbia scelto Blaine a te”.
Sebastian appariva tanto sicuro di sé, eppure dentro, beh solo lui sapeva come stesse in realtà.
“Non scherzare, non mi farei mai toccare da te, Vivian***. E a titolo informativo quel biondo ti sbatte un po'.”
“Hummel, non sai fare le battute! E rimane ancora un mistero perché tu sia qui”.
“Perché sono più bravo di te, raggiungo note che tu puoi solo sognare”.
“E' perché sei una donna”.
Solite battute. Soliti discorsi. Ma alle spalle cosa si è lasciato Sebastian?
“Oh, dovresti chiedere a Blaine. Lui può confermarti il contrario”.
Per la prima volta Kurt parlava di Blaine usando il suo nome. E faceva dell'ironia. E sorrideva.
“Voi e il vostro sesso monogamo. Siete tremendamente noiosi.”
“Ti prego raccontami di quanto redditizia ed entusiasmante sia la vita da shampista.”
“Di sicuro molto più della vostra alla Stanlio e Olio****. Ti prego, raccontami quanto è eccitante parlare del sesso degli unicorni”.
“Hai ragione, è più divertente prendere qualche malattia venerea dall'Edward Lewi***** di turno.”
“Non scherzare! Io ci sto attento. Non dovresti parlare a sproposito riguardo a cose che non sai. Non sono uno sprovveduto come qualcuno di mia conoscenza”.
“A differenza tua, io posso fidarmi della persona che viene a letto con me.”
“Ti puoi fidare a tal punto che mentre tu stai preparando le valigie per venire qui, lui stava già riscaldando il letto di un altro.”
Quello non era Dan Humphrey, era Jessica Fletcher con ciuffo gellato.******
“Per me questa conversazione finisce qui. Ti chiedo il favore di evitarmi quando mi vedi in giro per la scuola, considerami invisibile. Io farò lo stesso.”
Per qualche strana ragione, nonostante l'ultima uscita fosse abbastanza di pessimo gusto, Kurt era riuscito a sorridere. Pronunciare il nome del suo ex ragazzo non faceva più male. O meglio ora doleva poteva fa male una ferita che si rimargina. Gli era piaciuto ritrovare un po' del suo passato, in quel battibecco. Sapeva di Lima Bean, sapeva di Glee Club, sapeva di scontri per contendersi Micheal.
Ma era meglio, perché quelli erano i nuovi Kurt e Sebastian. Ad essere onesti, lui sapeva che Smythe non gli sarebbe mai stato lontano, si divertiva troppo a prenderlo in giro. E quel gioco per lui era casa.
Aveva trovato la sua casa nella Grande Mela.
Quell'anno alla NYADA, fra Adam, le mele, Sebastian, Rachel e Brody, sarebbe stato un anno interessante.

 

 

 

 

 

Funny Girls. Les Miserables. Evita. West Side Story.
Tutti musical che hanno segnato la storia. Kurt li amava, li adorava e venerava. Li guardava per ore mentre fuori veniva giù il diluvio universale, e lui si rifugiava sotto la sua coperta in piles a quadretti – la stessa che aveva dall'età di dieci anni -, si preparava la sua tazza di camomilla e si sedeva comodamente sul divano.
Davvero, li amava.
Ma in quel momento avrebbe voluto che qualcuno facesse smettere Rachel di cantare tutto il suo repertorio. In quaranta minuti - sì, questo era il concetto di Rachel di “faccio in fretta” e di “ sono in ritardo devo muovermi” - aveva dato il meglio (e il peggio, sì, decisamente il peggio) di se stessa.
“Rachel Barbra Berry!” sbatté la mano contro la porta, cercando di attirare l'attenzione dell'amica (in quel momento, in un raptus di follia avrebbe potuto metter in dubbio qualsiasi loro eventuale legame).
“Kurt, ho quasi finito!” rispose l'altra come se nulla fosse. Fu forse quella tranquillità a far imbestialire di più il ragazzo.
“Rachel te lo giuro, se non muovi quel tuo culo basso e lo porti fuori dal nostro bagno entro un minuto, giuro che sfondo la porta.”
Kurt Hummel in quel momento stava sbraitando contro una porta. Urlava e diceva parolacce ad una porta. Lui non diceva parolacce e non aveva mai dato segni di squilibrio. Lui era una persona equilibrata, giusta e ragionevole.
Vero?
Per lui in quel momento tutte quelle belle cose potevano andare a farsi benedire. Lui voleva il bagno.
Il suo regno per un bagno!*******
E nonostante avesse la convinzione che avrebbe fatto volentieri a meno di una corona (gli avrebbe abbassato il ciuffo) ed essere la nuova Elisabetta non facesse per lui, lui doveva riuscire ad entrare in bagno.
“Kurt, calmati!”
Calmati, un par di palle!
Oh no, di nuovo parolacce.

Rachel in quel momento riusciva a tirare fuori il peggio dell'amico. Diventava volgare, maleducato e sboccato.
In quel momento Brody si affacciò dalla camera che divideva con la ragazza e si guardava attorno, quasi impaurito.
Ok, ad essere onesti se si fosse visto dall'esterno persino Kurt avrebbe avuto paura di se stesso.
Aveva i capelli tutti spettinati, un colorito pallido e insano, delle occhiaie che sembravano l'ombra che Peter Pan perde prima di conoscere Wendy e ancora il pigiama addosso.
“Kurt” sussurrò Brody. Hummel a sentirsi chiamare in quel modo arrossì vistosamente, irrigidendosi e sgranando gli occhi. “Siamo in orario per andare a lezione” gli sorrise, mentre usciva dalla camera, mostrando il suo fisico. Le cose erano due; o quel ragazzo si trovava molto a suo agio col proprio corpo, oppure non conosceva né pigiami, né tute per stare in casa.
Come pretendeva di tranquillizzarlo così?
“Devi stare tranquillo” riprese.
Santa Ciccone, come faceva a stare calmo?
Brody Weston era la personificazione del male. Carino, simpatico, atletico.
Sull'intelligenza ci si poteva lavorare.
“Piccolo Kurt” gli stampò un bacio fra i capelli mentre gli teneva il viso fra le mani.
No, ok. Era meglio farlo stare zitto. Nessuno è perfetto. Anche se hai la carrozzeria di una Porsche.
Nel frattempo Rachel non era ancora uscita dal bagno. Kurt buttò un ultimo sguardo affranto alle sue spalle, sospirando rassegnato.
“Provo a parlarci” tentò Brody. L'altro fece spallucce. Quello per lui significava due cose: o la sua coinquilina si sarebbe trattenuta molto di più in bagno (in quel momento Kurt si maledì per non aver mai badato a quanto tempo ci impiegasse Brody, e subito si mandò mentalmente a quel paese da solo), oppure realmente quell'omone in mutande era la soluzione ai suoi problemi.
Quando lo vide aprire dietro la porta pregò tutti i santi -Madonna, Santa Gaga, Louis Vuitton - affinché l'aiutassero.
Quando dopo poco li vide entrambi uscire dal bagno, tirò un sospiro di sollievo.
Anche se temeva ancora di vedere come Rachel avesse lasciato il bagno. Non era proprio ordinata...
“Ehm...” tentò Kurt, schiarendosi la voce.
“Kurt, ora il bagno è libero. Contento?” lo prese in giro Rachel mentre se ne stava attaccata al suo nuovo ragazzo come una donna disperata alle sue Donna Karan l'ultimo giorno di saldi.
Questo fece salire il sangue al cervello, nonostante fosse riuscito a fatica (Brody che ti bacia, anche se in maniera innocente, di sicuro non ti aiuta a rilassarti), quella fu la goccia che fece traboccare il vaso.
“Ascoltami bene, Berry!” partì a passo di carica verso l'altra “Non osare prendermi più per il culo!” Parolacce. Di nuovo. “Ogni mattina è sempre la solita storia. Tu che occupi il bagno per un tempo indefinito, finisci l'acqua calda, ti lavi i capelli e lasci le tue extension sul piatto della doccia. Davvero, non ti sopporto più.”
“Kurt!”
“Kurt, un cazzo! Questa convivenza sta diventando un Inferno da quando hai vinto allo showcase d'inverno. Ho cercato di passarci sopra anche perché poi sono entrato pure io alla NYADA e capisco l'impegno che ci metti, ma davvero, basta.”
“Kurt, tu sei geloso ma...” provò Rachel.
Il ragazzo a quelle parole sgranò gli occhi. Stentava a crederci. Lui. Geloso.
“Io non sono geloso di te! Io sono più bravo di te!”
“Kurt!” Rachel non si aspettava una reazione simile.
“Vuoi sapere perché sono più bravo di te? Perché ai tempi di Defying Gravity ti feci vincere.”
Boom.
Una bomba avrebbe fatto meno danni, meno vittime e avrebbe sparso meno sangue.
“Non può essere vero” sussurrò Rachel con filo di voce. “Non puoi averlo fatto veramente.”
“L'ho fatto. Ma non per te, per mio padre. Avevo pensato che per lui sarebbe stato troppo da affrontare e per me ha già fatto tanto. Perché sì, cara la mia Rachel, al contrario di come la pensi tu, il mondo non gira attorno a te. Sorpresa! Prendi appunti.”
Gli occhi di Rachel si inumidirono e divennero più scuri.
“Ma io, io ho costruito tutta la mia carriera su quell'esibizione. Ho iniziato a credere in me, grazie a quell'esibizione!”
Quell'appartamento divenne ad un tratto troppo stretto per quella valle di lacrime.
“Benvenuta nella realtà, dove non tutto il mondo è come lo vorresti” dichiarò lapidario Kurt, mentre la guardava ancora furente. Non riusciva a dispiacersi per tutto quello. Non poteva.
La sua amica sapeva essere buona, gentile e disponibile. Ma era pur sempre Rachel Berry. Quella che viveva nel suo mondo, in cui tutti indossavano maglioni con gli animali e avevano un naso che faceva apparire il suo alla francese. A sua immagine e somiglianza. Ma purtroppo bisogna scendere dal proprio piedistallo ogni tanto.
Delle volte il compito spetta proprio a chi non lo dovrebbe mai fare.
Gli amici rimangono tali anche in situazioni come questa?
“Ragazzi! Io ho la soluzione ai vostri problemi!”
Gli altri due si girarono guardandolo con sguardi interrogativi. Rachel tirò su col naso facendogli cenno di continuare, Kurt fece una specie di grugnito gesticolando con le mani buttate al cielo, ormai fuori controllo.
“Delirio di Mezzanotte!” spiegò.
“Ti prego, non essere troppo chiaro!” farfugliò Kurt, buttandosi a peso morto sul divano, mentre Rachel si rannicchiava sul tappeto.
“Due volte l'anno uno studente ne sfida un altro. La sfida rimane segreta al corpo insegnanti, intanto gli studenti decretano chi è il vincitore e chi il perdente. Quest'ultimo verrà tacciato di ignominia per il resto dell'anno, non potrà più girare tranquillamente per la scuola.”
Kurt a quelle parole si drizzò in piedi – un po' per l'idea della sfida, un po' per aver sentito Brody usare parole come quelle (non credeva potessero essere comprese nel suo dizionario) - Rachel era scattata sull'attenti.
Hummel si girò verso Rachel, la guardava come un gatto osserva la sua pallina di lana preferita.
Nessuno poteva presagire le cose che di lì a poco sarebbero accadute.
“Rachel, ti sfido al Delirio di Mezzanotte”.
Persino il ritardo di quella mattina passò in secondo piano.
Povera piccola Rachel Berry. Sarebbe diventata il sollazzo di una sera per Kurt Hummel.

 

 

 

 

Quest'anno il Delirio di Mezzanotte è stato vinto da....”
Il minuto di silenzio più lungo nella storia della NYADA. Tutti pendevano dalle labbra di Brody, a cui spettava dichiarare il vincitore.
Kurt però sapeva come sarebbe andata a finire. Ne aveva la certezza. Aveva cantato come poche volte in vita sua. Sì, questo non gli faceva onore. Era solo una gara fra studenti, eppure lui voleva vincerla. Per una volta voleva potersi vantare di una sua vittoria. Voleva sentire come suonasse la sua voce quando veniva acclamata. Che rumore facesse il suo nome gridato da un coro.
“Kurt Hummel!”
In quel momento si sentì felice. In quell'istante c'era solo lui che si sentiva realizzato. Sorrideva come non succedeva da mesi, come non credeva più di essere capace. Come non faceva più da mesi. Forse avrebbe dovuto essere triste per l'espressione abbattuta di Rachel, che cercava conforto fra le braccia del suo Ken misogino, sarebbe dovuto andare da lei ed abbracciarla come succedeva da quattro anni a quella parte. Eppure sapeva che non sarebbe stato onesto.
Per una volta voleva essere egoista e pensare a se stesso.
Quando tutti stavano uscendo dalla stanza in cui si erano radunati, successe qualcosa però.
“Aspettate un attimo!”
Una voce, dal fondo della sala, attirò l'attenzione di tutti i presenti.
“Voglio sfidare Hummel!”
Sebastian. Come nel peggiore degli incubi.
“Ma...” iniziò Brody.
“Poche storie Weston, so che si può fare. Mi sono informato, il vincitore del Delirio può essere sfidato la stessa notte”.
E Kurt scoprì che non si voleva tirare indietro. Non voleva chinare la testa e tirarsene fuori come un codardo. Si sentiva infervorato e, per una volta, pieno di sé. E Dio, era una sensazione stranissima.
“Io ci sto” disse posizionandosi davanti al suo avversario.
“Che canzone hai scelto?” s'informò Brody.
“Suspicious Mind, di...”
“Elvis” concluse Kurt per lui.
“Bene, allora signori sistematevi” disse Brody indicando ai due sfidanti le loro posizioni. “Una strofa a testa. Vince chi riceve più applausi silenziosi. Comincia Sebastian in quanto ha sfidato Kurt.” Detto questo fece partire la base.

We’re caught in a trap
I can’t walk out
Because I love you too much baby

Why can’t you see
What you’re doing to me
When you don’t believe a word I say?

Sebastian era a suo agio con la canzone. La conosceva, era sua. L'aveva fatta sua. Plasmata su di lui. Era sicuro e non traspariva alcuna esitazione. Non era uno scimmiottare o ridicolizzare il suo.
Era fare il Re a modo suo.
Ma Kurt aveva il tempo di temere tutto questo? Purtroppo no. Poteva solo buttarsi.

We can’t go on together
With suspicious minds
And we can’t build our dreams
On suspicious minds

So, if an old friend I know
Drops by to say hello
Would I still see suspicion in your eyes?

E la prima parte era andata. Eppure in cuor suo Hummel sapeva di aver vacillato. Non aveva per nulla sentito il pezzo. Forse doveva iniziare ad avere paura di se stesso?

Here we go again
Asking where I’ve been
You can’t see these tears are real
I’m crying

We can’t go on together
With suspicious minds
And we can’t build our dreams
On suspicious minds

Fu allora che Kurt iniziò a crollare internamente. Sebastian su quel pezzo era più bravo di lui, che non era mai stato in grado di capire Elvis e quindi di cantarlo. Ci sono delle volte in cui le nostre certezze vacillano. Come una nota stonata quand'è troppo alta e non riusciamo a raggiungerla. O quando è troppo bassa.
Il morale di Kurt era più basso di quella nota.

Oh, let our love survive
Or dry the tears from your eyes
Let’s don’t let a good thing die

When honey, you know
I’ve never lied to you
Mmm yeah, yeah

Ma Kurt non volle mollare e cantò. E quel buio – il salto non era ancora finito – lo inghiottiva, ma non gli faceva toccare il fondo.

We’re caught in a trap
I can’t walk out
Because I love you too much baby

Why can’t you see
What you’re doing to me
When you don’t believe a word I say?

Con l'ultima strofa Sebastian aveva dominato nettamente la situazione. E Kurt dovette prenderne atto.
“Signore e signori...”
Kurt in cuor suo ammise la sconfitta ancor prima di aver saputo il risultato. Sebastian lo aveva battuto. Non c'era stata storia, aveva scelto un pezzo che potesse metterlo in difficoltà.
“...Abbiamo un nuovo vincitore, Sebastian Smythe!”
Appunto. L'illusione è una grande stronza, pensò Kurt, ma tanto di cappello al suo avversario.
Si avvicinò a congratularsi con lui – ok, non lo aveva fatto con Rachel, ma mica lui si era comportato da matto come lei! - e gli tese la mano.
“Sei stato bravo” disse Kurt, guardandolo dritto negli occhi.
“Lo so, Elvis mi viene particolarmente bene”.
Modesto.
“Sei stato davvero bravo, ammetto di esserci rimasto un po' male, ma essendo oggettivo sì, posso dire che non sei proprio da buttare come Elvis” ammise Kurt.
“E non hai ancora visto il mio movimento di bacino!” Bas gli fece l'occhiolino.
“E non ci tengo a vederlo” affermò uno schifato Kurt davanti a quell'affermazione. “Perché pensi sempre al sesso?”
“Chi ha parlato di sesso?” fece finta di nulla l'altro.
“Smythe, non osare insultare la mia intelligenza.”
“Non ci proverei mai!” gli sorrise beffardo.
“Ora devo andare, Rachel e Brody mi staranno aspettando per tornare a casa. Ci si vede, Sebastian!”
“Un'ultima cosa” lo bloccò quest'ultimo e Kurt non capì cosa lo avesse spinto a trattenerlo ancora.
“CSI” disse sorridendo, Kurt fece un'espressione interrogativa in viso. “Stamattina mi hai detto che sembro Gossip Girl, ma io preferisco CSI.********”
Per qualche strana ragione Kurt non poté non scoppiare a ridere.

 

 

 

 

Quando tornò a casa Kurt dovette affrontare ben altri problemi, capì che doveva parlare con Rachel così si recò in camera sua.
“E' permesso?” si affacciò in camera della ragazza che lo guardò appena e poi tornò con la testa sul cuscino.
“Ok, non c'è bisogno che parli, basta che ascolti. So come ti sei sentita dopo che ti ho sconfitta al Delirio. Perché ho provato la stessa cosa dopo che mi ha battuto Sebastian. Entrambi abbiamo avuto l'illusione di essere arrivati, che quello fosse il massimo. Lascia che ti dica quello che ho capito io oggi. Noi non dobbiamo avere limiti, perché sono questi che fanno di noi delle persone orribili. Ci fanno sentire pieni di noi, tronfi e saccenti. Se invece prendessimo tutto ciò che ci arriva come un sfida continua non avremmo mai limiti, anzi saremo spronati a fare sempre di più. Io ti voglio bene e so che tu sei meglio di così. Quindi, ti prego, ti supplico, prova a dare il meglio di te in ciò che davvero conta, giuro che io ti starò accanto.”
A quelle parole Rachel si alzò.
“Anche io ti voglio bene. So di essere stata intrattabile ultimamente.”
“Puoi dirlo forte!” la ragazza lo pizzicò.
“Ahio!” protestò lui.
“Te lo meriti!” esclamò ridendo la Berry.
Ad un tratto bussarono alla porta. Andarono insieme ad aprire e si trovarono davanti...
“Sebastian?”
“Avete un posto in più?”
Il loft di casa HummelBerryWeston inizia davvero a farsi troppo piccolo. Ci sarà ancora spazio per aggiungere un nome al campanello?

 

 

*Sì, la citazione a un telefilm che amavo ( e che ho mollato a metà) andava fatta.

** Ennesima citazione dal Re Leone. Se non si fosse capito AMO quel cartone.

*** Vivian è il nome del personaggio impersonato da Julia Roberts in “Pretty Woman”

**** Da piccola i film di Stanlio e Olio mi facevano morire dal ridere. Mi ricordano i miei pomeriggi con mio padre.

***** Edward è il personaggio maschile che Richard Gere interpreta in “Pretty Woman”

****** “La signora in giallo”. Gran donna a mio parere, uno dei personaggi più belli nella storia dei libri/telefilm gialli.

******* “Il mio regno per cavallo” è la citazione originale, presa dal “Riccardo III” di Shakespeare.

********Immagino Sebastian che fa grandi maratone di Csi, non so perché.

********Nessuno poteva presagire le cose che di lì a poco sarebbero accadute. (la citazione potteriana è di rigore)

 

 

I'm here.

Sono le 10:04 del mattino. Sono reduce dallo studio e dalle votazioni, ma sentivo il bisogno di aggiornare. Volevo far entrare in scena Sebastian, perché non vedevo l'ora di entrare nel vivo. Sto amando questa storia. LA AMO. Mi sto divertendo come poche volte in vita mia a scrivere. Non vi dico a che livelli di pazzi io sia arrivata mentre scrivevo. Ho riso come una disperata durante il battibecco iniziale.

Passiamo alla canzone del Delirio. Lo so, non ha senso passare da Jessie J a Elvis, però non riesco a non amarli. Per chi volesse questa è la canzone originale. Non c'è storia. Però boh, mi piaceva l'idea di questo stacco. E poi ho questa immagine di Sebastian che canta Elvis, che a parer mio è una delle cose più sexy che esistano.

Detto questo, se si va ditemi che ne pensate.

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Capitolo 4
*** Capitolo 3 ***


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Capitolo 3

 

Track#4 So What
Artist:Pink

 
Un silenzio imbarazzante era sceso nell'appartamento.
Tre paia di occhi guardavano Sebastian, tutti accomunati dalla stessa espressione stupita stampata in viso. Nello sbigottimento generale fu Kurt a prendere la parola.
“Ciao Sebastian. Arrivederci Sebastian!” e chiuse la porta, senza dargli il tempo di replicare.
“Kurt, per favore!” si sentì dall'altra parte della porta.
“No!” 
“Ragazzi, che facciamo?” sussurrò Rachel, come se alla porta ci fosse It che chiede loro di giocare con lui.
“Io potrei esserne geloso” proferì funereo Brody.
“E perché mai?” Kurt lo guardava con il sopracciglio alzato.
“È più figo di me!” protestò il più alto. Ok, c’era qualcosa che non andava in quel ragazzo. 
“Tu…tu…” iniziò furente Hummel. Non sapeva nemmeno come descrivere Brody. Era il declino del genere maschile: la quantità di materia grigia era inversamente proporzionale a ciò che teneva nelle mutande. Meno male che Rachel poteva tenere alto il quoziente intellettivo della coppia. Lei avrebbe tenuto alto il morale, lui... Sì, insomma ci siamo capiti.
“Ti si è incantato il disco?” Quella voce era a pochi centimetri da lui. La sentiva sulla nuca e gli faceva drizzare i capelli.
Kurt teneva la bocca spalancata e sbatteva in maniera convulsa le palpebre.
“Ti prego, chiudi la bocca. Non mi interessa saperne la capienza. Anche perché non credo ci stia qualcosa che vada oltre una penna biro.”
Rachel spostava lo sguardo dalla porta a Smythe, che beffardo gli mostrò un mazzo di chiavi.
“Siete troppo prevedibili.”
“No, Sebastian. Tu sei un impiccione, ecco tutto” cantilenò Kurt.
“Ora sono triste” sospirò rassegnato Brody, abbassando le spalle e incassando la testa fra di esse.
“Cosa vuoi da noi?” domandò Rachel in preda ad una crisi di nervi.
Kurt, intanto lo guardava, aspettando il momento giusto per coglierlo di sorpresa caricarlo in spalla e portarlo fuori da casa.
“Devo chiedervi un favore” sussurrò Bas, tanto che nessuno dei tre davanti a lui lo sentì.
“Come?” domandò Kurt.
“Hummel, non farmelo ripetere!”
“Ti giuro, non l’ho capito!”
Sebastian alzò gli occhi al cielo, domandandosi quanto potesse essere disperato e se fosse davvero necessario. Avrebbe sempre trovato un posto libero sotto a qualche ponte. All'improvviso gli parve la cosa migliore da fare.
“Mi serve un posto in cui stare per stanotte, il mio coinquilino ha detto che gli serve la casa. Non vorrai davvero lasciarmi in pasto ad un banale sesso eterosessuale?” Smythe aveva un’espressione sconvolta mentre supplicava Kurt.
“E perché dovrei aiutarti?” lo guardò incrociando le braccia al petto, mentre alza il sopracciglio.
“Per solidarietà gay?” tentò Bas.
Era davvero l’ultima spiaggia? Magari quel famoso posto sotto il ponte era ancora libero.
“Scusa?” Hummel spalancò la bocca, stupito. Questa era proprio l’ultima cosa che si sarebbe aspettato. Sebastian Smythe che gli chiedeva alloggio. Era per una sola notte. Ma non sapeva di potercela fare. “ Tu!” gli puntò il dito contro “Lanciatore di granite a tradimento ai fidanzati altrui!”
“Ex!” puntualizzò l’altro.
“Taci! Dobbiamo consultarci!” richiamò Rachel e Brody a sé.
“Allora che facciamo?” domandò Rachel.
“Io la mia l’ho detta” spiegò serio Brody. Kurt lo squadrò, dal basso verso l’alto. Davvero, doveva ringraziare la mancanza di materia grigia.
“Ti ho chiamato come appendice di Rachel. Non hai diritto di voto” precisò l’altro.
“Kurt!” lo riprese la ragazza.
“Che c’è?” rispose con fare innocente. “E’ praticamente un abusivo in questa casa!”
Rachel sbuffò sonoramente.
“Rach!” piagnucolò Weston, rannicchiandosi alla ragazza. Ora si stava veramente rasentando la follia. Davvero. Un ragazzo di quasi due metri che cerca conforto in un tappo di ragazza di un metro e cinquantacinque. 
Quando si dice “Tira più un pelo di…” No! Kurt Hummel queste cose non le avrebbe mai pensate. Mai! Un po’ perché gli faceva senso, un po’ perché non voleva litigare nuovamente con la sua migliore amica. Bisogna trovare una soluzione.
“Ascoltate” iniziò “lo facciamo stare qui solo per stanotte, in fondo è questo che ci ha chiesto.”
“Kurt, tu sei troppo buono” soffiò Rachel, ad Hummel venne spontaneo guardare Weston e sospirò.
“Lo so” Dopo si girò verso Sebastian, che nel frattempo aveva già occupato il divano. “Sebastian, puoi stare qui. Ma questo” indicò il mobile “è il posto per te. Non userai nessuna camera. Nessuna, chiaro?”
Sebastian alzò le mani in segno di resa.
“Non ti aspetterai che dorma con te?” fece una piccola smorfia “L’unico di cui potrei occupare il letto è eterosessuale e occupato con una nana nasona. Dio, il mondo sa essere davvero ingiusto.”
Sebastian si era alzato e guardava in giro incuriosito, come per studiare.
“Vado a prenderti le coperte” disse Kurt “aspetta qui”.
Quando il ragazzo sparì in camera e si mise a cercare la biancheria per fare il letto. 
“Mi piace qui, sai?”
Essere presi alla sprovvista mentre si cerca di non far cadere nulla di ciò che si tiene in mano.
“Sebastian! Urlò con la voce attutita dalle coperte “Cosa non ti è chiaro di aspetta qui” calcò sull'ultima parte della frase.
“Andiamo, ho mai fatto quello che mi dicono?”
Touchè .
“Almeno, mi dai una mano o ti diverti a tendermi agguati?”
“Hummel, sei maleducato! Io sono un ospite!”
“No, tu sei un intruso! Ora muovi quelle chiappe per qualcosa che non sia flirtare allo Scandals!”
“Non lo farei mai, non c’è il tuo fidanzato con cui provarci” ghignò l’altro.
“Sebastian, dormi con un occhio aperto stanotte. Lo dico per te.” 
Quella fu una lunga notte per tutti. Kurt continuava a rigirarsi nel letto, consapevole che la sola presenza di Sebastian lo stava davvero mettendo alla prova.
Sebastian non dormiva. È così che va, del resto: un segreto porta via Morfeo.
 
 
 
 
“Sebastian, no!”
“Dai Kurt, cinque minuti” protestò il più alto. 
“No.”
Andava avanti così da circa quindici minuti. Sebastian voleva vedere lo sport e Kurt non glielo permetteva.
“Ti prego! Sono i Patriots, Kurt!”* si lamentò.
“No! Voglio sentire le news da E!” Era irremovibile. 
“Dio, sei così stereotipato! Ma riuscirò a convertirti!”
Kurt gli lanciò un cuscino, che Sebastian schivò per un pelo.
“Per la cronaca, ora chi è la checca isterica? Dio, stai correndo dietro ai fondoschiena dei giocatori di football! Per cortesia, taci adesso.”
“Io non sono una checca isterica, sono un uomo che è stato privato del suo diritto di seguire la sua squadra” protestò.
“Fai ricorso al quinto emendamento, ma adesso chiudi quella ciabatta”. Kurt mosse la mano verso Bas come a voler scacciare una mosca.
“Cosa? Ma sei scemo? Ma sai almeno a cosa serve quell'emendamento?” 
“Lo dicono sempre in Law&Order”. Kurt fece spallucce.
“Ecco, lascia fare a chi ne capisce di queste cose. Adesso se permetti, voglio vedere almeno gli ultimi minuti del telegiornale sportivo.”
Kurt non aveva idea di cosa volesse dire mettersi contro un tifoso. L’unico con cui aveva avuto a che fare era stato suo padre e quando c’erano le partite, lui preferiva starsene in camera sua.
Così non si accorse di Sebastian che si avvicinava.
“AH!” urlò preso alla sprovvista, mentre veniva sollevato di peso da Smythe che a quanto pareva, stava reclamando il suo posto nel divano. Così, in quel momento, Kurt si era ritrovato schiacciato contro il bracciolo del divano e la testa di Sebastian sulle cosce che lo sfruttava come cuscino ed era riuscito a rubargli il telecomando.
“Sebastian, hai tre secondi. Giuro che se non ti sposti ti buttò giù. Uno”
Sebastian lo ignorava.
“Due”
Continuava a fare finta di nulla. Non lo aveva preso sul serio.
“Tre” 
Kurt spinse l’altro ragazzo, sentendosi tirare la maglietta all'ultimo momento. Fu così che si trovò sopra Sebastian, a cavalcioni su di lui.
E il bastardo ghignava. Lo sfotteva. 
Questo lo fece imbestialire e gli venne spontaneo morderlo. Faceva così con Blaine. 
Quei ricordi sbiaditi – che aveva voluto che sbiadissero – tornarono indietro come un boomerang e lo colpirono in pieno stomaco. Tutti i momenti passati a scherzare sul divano di casa Hummel, le finte litigate, i bronci fatti per ottenere le coccole. Kurt aveva preso il vizio di mordere Blaine quando per giocare faceva finta di baciarlo e lo puniva per averlo preso in giro.
Hummel si scostò. Cosa aveva fatto? Perché lo aveva fatto? 
Era questo il peso dei ricordi? Farsi prendere la mano dall'abitudine e cercare in maniera involontaria qualcosa che non esisteva più. 
Un cuore umano pesa trecento grammi. Kurt, in quel momento, avrebbe voluto che la bilancia mentisse e gli dicesse che lui non possedeva quel peso dentro di sé. 
“Vai via Sebastian, ricordi era solo per una notte?” sussurrò dandogli le spalle.
“Kurt” cercò di avvicinarsi.
Kurt si girò di scatto.
“Per favore”. Aveva gli occhi lucidi e più azzurri. Sebastian dovette arrendersi. 
Solo per una notte.
 
 
 
Kurt quella sera voleva dimenticare. Dimenticarsi di tutti e tutto. 
Blaine.
Sebastian.

Era per quel motivo che aveva chiesto a Rachel di lasciargli casa libera e trascinarsi dietro il suo fidanzato (poteva definirlo così?).
Ed era la stesa ragione per cui in quel momento si trovava imprigionato fra la porta di casa e Adam.
Lui stava bene. Voleva stare bene. Per quella notte non voleva nessuno che non fosse Adam.
Lo sapeva, era come usarlo per i suoi scopi. Era sbagliato, ingiusto e da approfittatore. Ma in quel momento scoprì che non gliene fregava nulla. Proprio niente. Lo facevano tutti. Poteva farlo anche lui, si era detto.
“Tutto bene?” sussurrò il biondo sulle sue labbra. Kurt annuì e tornò a cercare le labbra dell’altro. 
Non voleva parlare, perché se lo avesse fatto avrebbe vomitato. 
Nell'ultimo periodo, per lui, parlare di se stesso era diventato come buttare tutto fuori, voleva eliminare se stesso – quello che riusciva a salvare- da ciò che era andato distrutto.
Smetti di pensare. 
Aggredì le labbra di Adam.
Smetti di pensare.
Cercò la cintura dell’altro, liberandola dal primo passante.
Smetti di pensare.
“Kurt” sorrise contro il suo orecchio “non credi che prima dovremmo entrare in casa. Tecnicamente questo sarebbe atto osceno in luogo pubblico”.
Kurt sbuffò, girandosi verso la porta. E cercò di aprirla, mentre Adam continuava a tenerlo stretto fra le sue braccia e a dargli piccoli baci sulla nuca.
La chiave scattò nella serratura e quando la porta si aprì svelò il buio più totale.
Se Kurt avesse voluto un po’ di romanticismo avrebbe preparato delle candele, sistemato la musica.
Ma non voleva quello per il momento. Anche Kurt Hummel poteva ridursi a volere un semplice scambio di carni, saliva e liquidi? 
Forse sì.
Voleva stringersi a lui. Ma non c’era calore.
Forse no.
“Ciao Kurt”.
Al sentire quella voce si bloccò. Quando accese la luce ebbe la conferma di ciò che temeva di più. Perché sì, si sarebbe tanto voluto sbagliare
“Che ci fa lui qui?” domandò scettico Adam, tenendo ancora una mano sul fianco di Kurt.
“Non lo so” rispose titubante, cercando lo sguardo di Adam.
“La chiave da sotto lo zerbino”. La voce di Sebastian era impastata dall'alcool. “ Vi avevo detto di toglierla”
“Forse è il caso che vada” spiegò Adam.
Kurt mimò uno “Scusa” con le labbra, l’altro gli sorrise debolmente. 
“Ci vediamo domani” sussurrò, prima di stampargli un bacio a fior di labbra.
Dopo che Adam se ne fu andato via, Kurt si avvicinò con fare incerto al divano.
“Certo che è davvero un bel tipo” biascicò Sebastian.
“Sebastian, perché sei tornato?” domandò mentre allontanava la bottiglia il più possibile.
“Ti ho mentito”. A quelle parole Kurt corrucciò le sopracciglia.
“Prego?” 
“Il mio coinquilino mi ha buttato fuori di casa. Dice che non vuole un frocio per casa. E mio padre non vuole più spendere soldi per i miei capricci.” Dopo di che si sporse per cercare di recuperare la bottiglia, ma rischiò di cadere in avanti, se non fosse per Kurt che lo prese al volo, stringendo un braccio intorno alla pancia.
“Prima mi mordi e poi mi salvi?” 
Sebastian aveva un pessimo colorito. Era pallido e non si reggeva tanto in piedi.
“Non farmene pentire!” protestò Kurt. “Senti, stai qui sul divano come l’altra notte. Poi domani mattina vedremo che fare. Sono stanco e vorrei andare a letto.”
Quando Kurt fece per andarsene, si sentì trattenuto per il polso.
“Mi racconti una storia?”** gli domandò Sebastian, cercando quegli occhi azzurri in mezza alla nebbia di una bottiglia di vino.
Kurt scosse la testa, non voleva dare ascolto ai suoi deliri da ubriaco.
“Ti prego”.
Era sfuggito dalle labbra di Sebastian. Che fosse merito di un bicchiere di troppo, che fosse il risultato di troppo dolore che lo aveva portato ad implodere, Kurt non riuscì a dirgli di no. Si sedette ai piedi del divano e prendendo un respiro profondo cominciò.
“C’era una volta una mangusta”
“Era figa questa mangusta?” lo interruppe Sebastian.
“Sì, lo era” sbuffò Kurt. “ Comunque c’era una volta una mangusta un po’ egocentrica a cui piacevano tantissimo le altre manguste…”
“E le altre manguste gli andavano dietro?” domandò curioso Bas.
“Sì, Sebastian. Tutte le manguste morivano dietro di lui. Allora dicevo, c’era una volta una mangusta un po’ egocentrica a cui piacevano tantissimo le altre manguste. Lui faceva strage di cuori…”
Mentre raccontava Kurt abbassò gli occhi sul ragazzo steso sul divano. Si era addormentato. Piccolo bambino viziato. Dopo si sentì un po’ in colpa per quel pensiero. 
Sebastian era solo. 
Per un attimo Kurt sorrise all'idea che per quella sera avrebbe voluto stare in dolce compagnia con Adam, invece aveva finito per fare da baby sitter a Sebastian. La vita è davvero strana. 
Ma in fondo ha le sue ragioni per toglierti qualcosa e darti altro.
In quel momento a Kurt, aveva deciso di regalare una mangusta e di farla accampare sul suo divano.
 
 
 
 
*Grant Gustin tifa Giants, credo gli verrebbe tipo una sincope a leggere di Sebastian che tifa Patriots.
** Mi sono ispirata ad un’autrice di Kurtbastian che adoro , non ché la prima che ho iniziato a seguire RenoLover, qualunque cosa leggiate di suo non si può non amare. Questaè la storia, btw.
 
I’m here
Eccomi col nuovo aggiornamento. Eh, non so bene cosa pensare di questo capitolo . Certo è che mi ha fatto dannare. Però quanto è bello scrivere le liti nel loft, io boh, me ne sono tipo innamorata.
 Sì, sono quella strana che si diverte a scrivere di liti e far diventare angst le scene divertenti.
Amatemi per questo.
 Bene, ho finito con gli sproloqui, quindi vi lascio. Ho un po’ di telefilm in arretrato. Maledetto studio.
N.
Angolo della pubblicità.
Prima di lasciarvi del tutto vi consiglio questa storia : Lie To Me di Oneisnone. Merita veramente. Passate da lei e  ve ne innamorerete.

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Capitolo 5
*** Capitolo 4 ***


Capitolo 4
 
 
 
Track#5 Silver Lining
Artist:Jessie J
 

 
 
Era passata una settimana da quando Sebastian aveva messo pianta stabile in casa Hummel–Berry–Weston. Se si potesse aggiungere Smythe al campanello era ancora un mistero.
Quella mattina qualcosa turbava la quiete dell’appartamento.
“Sebastian!”
Ah, Rachel Barbra Berry. Dono del cielo. O disgrazia, dipende dai punti di vista.
“Rachel, quando capirai che io sono gay!”
Smythe si apprestava a schivare con abile gesto un’arma impropria –alias ciabatta– lanciatagli da Rachel.
“Ma aprendo la porta del bagno, mi hai comunque vista nuda!” protestò la ragazza.
“Ti prego, adesso devo disinfettarmi gli occhi con l’acqua santa! Mi vanno a fuoco, secondo te chi sta peggio fra noi due?”
“Sebastian ero nuda! Nuda!” tentò lei.
“Berry cosa non ti è chiaro della parola gay! Gay! Gay!”
“I miei papà sono…”
“Gay, lo sappiamo, nana! E per la cronaca quello che dovrebbe preoccuparsi è il tuo ragazzo.”
Rachel grugnì, quello che sembrò un “vai a farti benedire”.
“Berry, sia chiaro non sei per niente il mio tipo!” le rise dietro l’ex Usignolo.
“Già, se non hai qualcosa che penzola fra le gambe puoi dormire con tutti e due gli occhi chiusi!” si sentì dire da dietro la porta della camera di Kurt, poco dopo questo si affacciò in accappatoio.
“Hummel anche tu puoi stare tranquillo!”
“Sai cosa penso, Sebastian?” iniziò Kurt.
“Spara!”
“Arriverà il momento in cui quel tuo animo da mangusta recalcitrante ti si rivolterà contro!”
“Mai vista una mangusta fare il filo ad un pinguino!”
“Perché i pinguini sono più carini! Ci sarà un motivo per cui fanno più peluche a forma di pinguino che a forma di mangusta!”
“I pinguini perdono tempo a spanciarsi sui ghiacciai, ecco perché la gente riesce ad immortalarli; le manguste passano più tempo a…”
“Cosa fanno le manguste?” s’intromise Brody, che usciva dalla camera che divideva con Rachel. Ancora in mutande. Ma per quel ragazzo era perennemente l’otto marzo?
“Se vuoi te lo mostro” ghignò Sebastian, allungando la mano verso Brody. “Ahia!”
Rachel aveva assestato una manata sul collo scoperto del ragazzo quando aveva sentito quelle parole.
“Rach, che cosa voleva dire?” Ecco come un omone di un metro e novanta può ridursi a cucciolo indifeso. Ah, beata innocenza. Ignoranza. Dettagli, insomma.
“La mia offerta è sempre valida”. Sebastian fece l’occhiolino, mentre una Rachel sempre più imbufalita lo minacciava con la spazzola per lavare la schiena.
“Rachel, cosa stai facendo?” domandò perplesso Kurt.
“Non la vedi? Cerca di tenere intatto la dote del suo principe. Come se dopo tutto questo tempo fosse possibile rubare qualcosa di usurato”.
“Sebastian, tu non hai di meglio da fare che provarci con Brody?” domandò perplesso Kurt.
Questo scosse la testa.
“Mica sono come te! Mi spieghi perché dopo tutto questo tempo sotto lo stesso tetto, non ci hai ancora provato?”
Kurt alzò gli occhi al cielo.
“Per prima cosa è etero, per dire, eh” contò con le dita “Secondo è il ragazzo, fidanzato, va beh chiamalo come vuoi, di una delle mie migliori amiche.”
“Mai sentito parlare di pressing psicologico?”
“Per Dio, Sebastian perché devi ridurti ad essere un morto di…” Si bloccò all’istante. Capì e scoppiò a ridere.
“Cosa? Hummel perché stai ridendo di me?” lo guardò interrogativo.
L’altro incrociò le braccia al petto e lo squadrò dall’alto verso il basso.
“Da quanto non stai con nessuno?”
“Non sono fatti tuoi!”
Hummel scoppiò a ridere, tenendosi la pancia.
“Da tutto questo tempo?”
“Kurt, non hai nulla da fare?” protestò Sebastian.
“No, trovo più divertente farmi i fatti tuoi”.
Kurt poggiò i gomiti sull'isola della cucina, mettendo le mani a coppa e sistemandovi sopra il mento.
“Sei una vecchia zitella pettegola!”
Sebastian incrociò le braccia al petto, mettendo un piccolo broncio.
“Io ci tengo ad essere aggiornato” spiegò semplicemente Kurt.
“Da quando ti interessa la mia vita sessuale?”
“Da quando posso sbeffeggiarti sull'argomento”.
“Perfido!”
Sebastian si sedette sul tavolo e prese a giocare con una mela. Si era assorto per un attimo nei suoi pensieri, finché un cuscino non lo colpì in pieno viso.
Alzò lo sguardo e vide Kurt e Rachel ghignare. I suoi coinquilini – stentava ancora a crederci – erano davvero delle pessime persone. Sospettava che ci sarebbe stato parecchio da divertirsi.
“Volete la guerra?” tuonò in tono fintamente irritato. “E guerra sia!”
Brody corse a cercare riparo da Rachel.
Sebastian si armò di cuscino e si accucciò dietro il puff color caramello che si trovava in una parte del grande salone.
“Sebastian lascia stare quel puff!” si lamentò Kurt.
“E perché mai?”
“Perché ci tengo!”
“A maggior ragione! Prenderò il puff in ostaggio”.
“Ti odio” grugnì Hummel, mentre Rachel lanciava un cuscino – che sarebbe dovuto finire addosso a Bas – proprio sulla caffettiera che si trovava sul piano cottura.
“Berry, hai toppato! Eppure dovrebbe essere il tuo ragazzo quello con problemi di vista per colpa...” Non si seppe mai quale fosse la causa dei problemi di vista di Brody dato che venne interrotto. Kurt gli era letteralmente piombato addosso di peso.
“Ti avevo detto di allontanarti dal mio puff!”
“Hummel, occhio a come ti muovi!” tentò Sebastian, deglutendo a vuoto. Kurt era sopra di lui e lo guardava beffardo.
“Smythe” lo apostrofò “devi stare attento a ciò che fai. Quello è il mio puff preferito!”
In tutto questo Kurt era rimasto ancora sopra di lui. Non si era mosso. Gli stava parlando e stava a cavalcioni su di lui. Che fine aveva fatto il Kurt impacciato di Lima, Ohio?
Ma i suoi pensieri vennero interrotti dal ragazzo che si sollevava prestando attenzione (sia ringraziato il cielo!) e gli porgeva la mano per fare altrettanto.
Quando si sollevò guardandosi attorno vide Rachel e Brody che scherzavano fra di loro, lei aveva incrociato lo sguardo e gli aveva sorriso.
Sebastian provò una sensazione strana all'altezza dello stomaco. Non seppe bene come qualificarla, sapeva di averla già provata altre volte. Eppure era come nuova.
Erano solo quattro mura. Ma poteva ritenerla casa? Questo e altri dubbi si svegliavano in lui. Ed era strano, lui non aveva mai dubbi. Solo infinite certezze. Che però sparirono, davanti al sorriso di persone che mai avrebbe pensato potessero sorridergli.
 
 
 
 
 
Kurt era sovrappensiero. Era intento a cucinare e canticchiava. Aveva lo stesso motivetto in testa da più di quindici minuti ma quello che lo tormentava era che non riusciva a ricordare quale fosse la canzone. Detestava quando gli succedeva così: più si imponeva di cambiare canzone (insomma ne conosceva a bizzeffe), più quel ritornello irritante gli tornava alla mente. Diede un colpo secco col coltello e tagliò di netto la carota che, da povera malcapitata qual era, si era trovata sul tagliere.
La carota sbagliata al momento sbagliato.
“...Everybody Want to be a cat.”[1] Kurt si fermò di colpo, col coltello a mezz'aria e la bocca semi spalancata.
“Kurt, due domande: la prima, perché canticchi gli Aristogatti, è un ripiego per Cats, vivi ancora il tuo lutto per la cancellazione dello show a Broadway?; seconda: perché hai un coltello in mano e hai appena decapitato una carota?”
“Ehm...” Kurt poggiò il coltello sul piano della cucina e si voltò dall'altro. “Come fai a conoscere la canzone che stavo canticchiando?” E di cui non ricordavo il testo. Ok, questo non era il caso di dirlo.
“Kurt, sai ho avuto un'infanzia anche io. Guardavo i cartoni con la mia tata, Rosario[2]” spiegò Sebastian “Una tipa strana, ma apposto”.
“Hai avuto un'infanzia?” lo prese in giro Kurt. “Credevo che fossi nato di sedici anni, viziato a strafottente”.
“Io mi domando come tua madre abbia potuto partorire un pinguino” ribatté l'altro.
Kurt gonfiò le guance indispettito.
“Sebastian Smythe! Io non sono un pinguino! Ritira ciò che hai detto!”
“Mai!”
E Kurt scatenò l'inferno, lanciando una manciata di farina che gli sarebbe servita per fare la sfoglia del tortino di verdure.
Scoppiò a ridere vedendo la faccia sconvolta di Sebastian che boccheggiava, cercando di levarsi la farina dagli occhi.
“Kurt!”
“Sebastian!” lo prese in giro.
“Oh, vuoi la guerra?”
Un ghigno comparve sulle labbra di Smythe.
Oh, oh.
Kurt capì di essersi messo nei guai.
L'altro si bagnò la mani, chiudendole a coppa, sotto il flusso d'acqua del lavandino, si voltò verso Kurt e gli lanciò il liquido nonostante questo tentò di fuggire per evitarlo. Ma il peggio arrivò quando Smythe prese il pacco della farina.
“No!” sussurrò Kurt. “No!”
Gli venne fuori una vocina stridula, come ogni volta in cui era in ansia, o capiva di aver fatto un errore.
Sebastian lo stava sfidando con lo sguardo.
“Non lo faresti” tentò Hummel.
“Questo lo dici tu!”
E fu un attimo. Kurt mise le braccia davanti al viso e si ritrovò il cardigan in lana pieno di farina.
“Sei ancora troppo pulito per i miei gusti!”
“Cosa?” urlò Kurt “Stai scherzando, vero?” abbassò lo sguardo intento a capire l'entità del danno.
Grave errore. Gravissimo. Mai abbassare lo sguardo con Sebastian Smythe.
Il malcapitato Kurt non si rese conto che l'altro ragazzo si era spostato alle sue spalle. O meglio, se ne accorse quando sentì un braccio imprigionargli il busto.
“Sebastian!” gridò mozzando una risata, sentendosi stringere e poi la sua vista venne oscurata dalla mano che andò a ricoprirgli il viso di farina.
Kurt era sconvolto. Come aveva osato? Gli aveva rovinato il maglione e adesso stava mandando a farsi benedire i suoi trattamenti di bellezza.
No, davvero. Doveva dirgliene quattro.
“Sebastian...” E realizzò: di essere pieno di farina, di essere avvolto nell'abbraccio di Sebastian. Di stare bene in quella situazione. Stava ridendo di gusto, di quelle risate che ti lasciano col mal di pancia e le lacrime agli occhi. Era una sensazione che gli era mancata. Perché ormai gli capitavano di rado situazioni simili. Non gli era successo nemmeno con Adam, nonostante quest'ultimo provasse in tutti i modi a fare del suo meglio.
Sebastian si ritrovò a ridere, mentre teneva Kurt fra le sue braccia. Eppure era consapevole di una cosa: in quel gesto non c'era malizia. Stringeva un ragazzo senza secondi fini. Perché tutto questo non gli suonava fuori luogo? Perché si sentiva bene e non gli importava che in tutta quella situazione potesse sembrare ridicolo?
“Ragazzi, cos'è...Oh!” Rachel li fissava con un sopracciglio alzato, cercando di districarsi in quel groviglio di braccia, farina e lana nel quale erano legati i due ragazzi.
Brody continuava a tenere la bocca aperta, formando una “o”.
“Mi sa che abbiamo interrotto qualcosa” sussurrò.
Sebastian lasciò andare Kurt, che aveva assunto un colorito rosso accesso, visibile sotto la farina, che variava al fucsia e poi tornava al rosso pomodoro.
“Preparavo la cena” cercò di spiegare Kurt, scuotendo le braccia vigorosamente, evitando di guardare l'amica negli occhi.
“E io lo aiutavo” Sebastian gli arrivò in soccorso.
“Mh...” Rachel incrociò le braccia al petto, spostando lo sguardo fra i due ragazzi davanti a lei. “Meglio se ordiniamo la cena col take away”.
 
 
 
 
 
 
 
Quello era uno di quei momenti il cui racconto sarebbe dovuto iniziare con una frase tipo “era una notte buia e tempestosa”[3]. Fuori sentiva il vento soffiare forte, con il gelo di Gennaio che non concedeva sconti a nessuno. Kurt si strinse maggiormente la coperta addosso, rannicchiandosi portando le ginocchia al petto e facendo combaciare i piedi l'uno all'altro per farli riscaldare.
In realtà c'era dell'altro dietro al suo sonno turbato. Da qualche giorno o giù di lì, gli sembrava di sentire un pianto sommesso, quasi contenuto.
La prima notte non vi aveva dato peso – troppo pigro per abbandonare il suo letto caldo- ; la seconda notte pensava si trattasse di qualcuno per strada – ad esempio qualcuno che aveva ricevuto una delusione, non riusciva a non immaginarsi una scena non in stile Hollywood-; la terza notte capì che proveniva da casa sua e pensò a Rachel – e qui le cose erano due: o aveva litigato con Brody, oppure questo l'aveva resa felice; a quel pensiero era rabbrividito ed era quasi sicuro di aver avuto un incubo in cui trovava la coppia in atteggiamenti intimi. Voleva venire a capo della situazione, anche a rischio della sua sanità mentale. Insomma, era troppo curioso. Doveva levarsi il dubbio.
Prese il coraggio a due mani e si alzò dal letto. Come copertura avrebbe usato il volersi fare una tazza di latte.
Quando entrò in soggiorno sentì distintamente dei singhiozzi. E quando capì da dove provenivano si stupì.
Era Sebastian. Lo vedeva nelle penombra, con il viso rivolto verso l'interno del divano, le spalle scosse dai singhiozzi contenuti.
“Sebastian?” chiamò piano, dopo essersi avvicinato al divano.
L'altro, al sentirsi chiamare, si portò le mani al viso cercando – immaginò Kurt, intuendolo dai movimenti - che si stesse asciugando le lacrime.
“Dimmi” disse senza però voltarsi.
“Tutto bene?” tentò Kurt, pentendosene all'istante. Aveva appena beccato Sebastian Smythe a piangere sul suo divano e gli chiedeva se andava tutto bene. Geniale. Come se si aspettasse che potesse dirgli la verità.
“Sì”. Appunto.
Bisogna trovare una strategia. Kurt doveva aguzzare l'ingegno.
“Sebastian” ritentò, dopo essersi avvicinato al divano e accucciatosi sui talloni. “Mi sto facendo una tazza di latte, mi fai compagnia?”
Sebastian tirò su col naso, prima di sollevarsi e fare forza sui gomiti per sedersi.
Quando guardò Kurt aveva gli occhi gonfi e rossi. Il verde dell'iride pareva distrutto da un dolore che si spargeva per tutto il viso. La tristezza era l'ombra che oscurava il verde cristallino che solitamente caratterizzava lo sguardo sbarazzino del ragazzo.
Distrutto ma non rotto.[4]
Kurt vi vide tanta delicatezza in tutta quella scena. Si sentì quello forte e quindi capì di dover infondere all'altro quella sicurezza.
Gli tese la mano, aspettando paziente che l'altro la prendesse. Cosa che avvenne.
Si sistemarono in cucina, attorno all'isola, Sebastian si sedette sull'alto sgabello, mentre Kurt si apprestava a mettere nel forno a microonde le due tazze di latte, preso dal frigo, affianco al piano cottura.
Kurt capì che se voleva che Sebastian parlasse con lui, doveva fare il primo passo e rivelarsi per primo. Una sorta di “do ut des”[5] , fatto di piccoli passi.
Kurt gli porse la tazza, e poi dopo aver posato la sua vi mise i soliti tre cucchiai di Nesquik.
“Sai” iniziò “ mia madre mi preparava latte e cioccolato quando ero triste. Diceva che poteva risolvere tutti i problemi”.
Se li ricordava bene quei giorni – quelli della malattia, gli ultimi i più atroci perché i più vissuti da lui che aveva solo otto anni, e i meno vissuti da sua madre - aveva bevuto tanto latte al cioccolato. Ma i problemi non erano passati, anzi aumentavano e gravavano sulle piccole spalle gracili. Kurt non aveva mai smesso di bere latte al cioccolato.
“Quando lo bevo è come se lei fosse ancora qui” spiegò con un sorriso dolce sulle labbra.
E Sebastian capì: salti tu, salto io.
“Io invece bevevo thè e biscotti” iniziò incerto “me li preparava Rosario, poi facevamo grandi maratone di cartoni animati e telenovelas”.
“Mi pare di avertela già sentita nominare, o sbaglio?”
Sebastian scosse la testa.
“Non sbagli, ne ho parlato prima che scoppiasse il finimondo” ridacchiò “Era la mia tata, lo è stata per anni. Tipa strana, era un donnone di ottanta chili con grosse spalle e la carnagione olivastra, con un forte accento messicano. Incuteva un certo timore se non la si conosceva, quando invece era un delle persone più buone al mondo. Praticamente mi ha cresciuto lei, perché i miei erano sempre in giro per lavoro”.
A Kurt venne facile immaginarsi un Sebastian in miniatura che si districava fra telenovelas e cartoni animati. Un principio di fanboy. Gli scappò una risata.
“Perché ridi?” domandò Sebastian corrucciando le sopracciglia. Kurt scosse la testa. 
“È che mi immagino te da piccolo in pigiama. Non ti ci vedo a fare il bravo bambino”. Kurt storse il naso fintamente dubbioso.
“Ehi!” protestò Sebastian “io sono bravo!”
“Quando dormi, forse nemmeno!” lo prese in giro.
Si ritrovarono a ridere, parlando un po' a turno, un po' accavallandosi. Se c'erano momenti di silenzio non erano sintomo d'imbarazzo, ma servivano a raccogliere le idee.
Si erano spostati dagli sgabelli al divano, per stare più comodi. Il primo a crollare era stato Sebastian. Kurt non aveva la forza per muoversi quindi prese il plaid dallo schienale del divano, stendendosi accanto all'altro. Gli venne spontaneo mettergli un braccio intorno – un po' per comodità, un po' perché capì che con quel gesto poteva far capire tante cose a Sebastian.
In quel momento ebbe una conferma: tutti hanno bisogno di qualcuno.[6]
 
 
 
 
[1] citazione originale da “Gli Aristogatti” in italiano sarebbe “Tutti voglion fare jazz”.
[2] Era la cameriera in “Will e Grace”.
[3]Nel racconto  “Paul Clifford” di Edward Bulwer-Lytton
[4] dal libro secondo della saga “La confraternita del pugnale nero”
[5]io do affinché tu dia
[6] da “November Rain” dei Guns ‘n Roses.
 
 
 
 
 
I’m here.
Ok,  questo capitol è stato abbastanza difficile da scrivere, ma alla fine ci sono riuscita. Per quanto riguarda le citazioni, bej credo di aver dato il peggio e il meglio di me ( forse più il peggio #LOL). Confesso che mi sono divertita un sacco!
Detto questo, alla prossima!

 
 

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Capitolo 6
*** Capitolo 5 ***


Capitolo 5

Track#6 Pompei 
Artist: Bastille

I put your picture away
Sat down and cried today
I can't look at you
While I'm lying next to her
I put your picture away
Sat down and cried today
I can't look at you
While I'm lying next to her [1]



Sebastian in quel momento aprì gli occhi. Era stato svegliato da Sheryl Crow? Cercò un attimo di riprendersi, girandosi su un fianco ma prese male le misure e ruzzolò per terra, battendo i gomiti sul parquet. Non ebbe la forza di girarsi e continuò a stare prono sul pavimento, ancora troppo intontito dal sonno, non diede peso al naso schiacciato per terra che iniziava a far male. 
“Buongiorno” si sentì dire. Kurt Hummel era davvero la prima persona che doveva vedere la mattina? 
Beh, o lui, o il barbone con cui avrebbe diviso una delle panchine di Central Park. Era strano dirlo, ma era meglio Hummel.
Sebastian si fece forza e si alzò da terra.
“Dormito bene?” domandò Kurt, mentre gli porgeva una grande tazza di caffè americano. Sebastian si portò una mano fra i capelli scompigliati dal cuscino e arricciò il naso.
“Non c'è un espresso italiano?” tentò beccandosi un'occhiata torva da Kurt che ignorò per rispondere alla domanda che gli aveva posto prima. “Sì, dai non mi lamento anche se il divano è un po' scomodo.” Prese posto su quello che ormai era il suo sgabello. Era assorto nei suoi pensieri. Kurt lo aveva notato al quinto giro a vuoto che faceva fare al cucchiaino dentro la tazza senza toccare il caffè.
“Avanti, spara”. Sebastian si destò dai suoi pensieri.
“Cosa? Io non...”
“Sebastian di questo passo farai evaporare il caffè” lo indicò con un piccolo cenno del mento. Allora sospirò pesantemente e cercò di iniziare il discorso.
“Stanotte mi sono svegliato, saranno state le quattro e...” Si bloccò. Poi trovò nuovamente coraggio.
“Noi eravamo vicini e...”
“No, non è successo nulla, se è questo che ti interessa. Abbiamo solo dormito” disse tranquillamente Kurt.
“Sicuro?”
Hummel sbuffò.
“Sì, Sebastian. Non eravamo ubriachi, non ho corretto il tuo latte al cioccolato mentre eri distratto perché volevo portarti a letto. Io” si indicò “queste cose non le faccio”.
“Ma eravamo abbracciati”.
“Sì, lo so. L'ho fatto per una questione di spazio. Non avevo voglia di spostarmi sino alla mia camera. Ti muovi un sacco nel sonno, sai?” Kurt stava cercando di allentare la tensione. Bas l'aveva capito. 
“Vuol dire che non ero stanco abbastanza” fece l'occhiolino malizioso. 
Kurt alzò le mani in segno di resa.
“Ok, hai vinto”. Bas ridacchiò all'espressione di Kurt. 
“Ma prima stavi canticchiando...”
“Picture”.
“Quella della Crow con Kid Rock?”
“Esatto! L'ho sentita stamattina mentre correvo nel parco”.
“Mh io preferisco All summer long. Anche se al posto di quelle ragazze in bikini ci avrei messo dei ragazzi, insomma i maschi del sud sono così...”
“Sebastian, hai reso l'idea” lo frenò Kurt.
“Dio, Hummel sei così pudico!”
“Sono riservato, è diverso!”
“Suora!”
“Non mi piace parlare sempre di sesso” spiegò serio Kurt.
“Da quanto non vai a letto con qualcuno?”
A quella parole le guance di Kurt si accesero di un colorito più roseo rispetto al solito.
“Non sono affari tuoi!”
“Da tutto questo tempo?”
“Lo sapevo che qualsiasi cosa io dica con te mi si rivolta contro”.
Sebastian lo guardò con un'espressione fintamente angelica stampata su quella faccia da schiaffi.
“Senti Kurt, mi piace divertirmi, non voglio una relazione seria al momento. Sto bene solo.” 
“Sì, ma non hai mai pensato che là fuori, da qualche parte, c'è qualcuno per te?”
Sebastian fece spallucce.
“Non l'ho ancora trovato, e non voglio passare il mio tempo a cercarlo. Quando arriverà magari lo capirò”.
“L'amore non ti picchietta la spalla...”
“Eppure a te ha stretto la mano sulle scale della Dalton.” Kurt a quelle parole spalancò gli occhi. “Me lo ha raccontato Blaine. So come vi siete conosciuti e so come è finita. Me lo ha raccontato al telefono, mentre piangeva dopo la vostra rottura. Lui ti amava davvero”.
Kurt si rabbuiò e abbassò lo sguardo. Sebastian andò a cercare la mano dell'altro. “Kurt, ho parlato con lui tante di quelle volte, tu eri sempre nei suoi pensieri. Ma purtroppo anche Blaine è un uomo e ha ceduto. Non sono cose che mi riguardano, ma posso dire che quando vi siete messi insieme eravate piccoli. Il primo amore non sempre è quello che dura per tutta la vita. Le persone cambiano e purtroppo c'è chi delude”.
Kurt aveva liberato la mano dalla prese di Sebastian e gli aveva voltato le spalle. L'altro si alzò dallo sgabello aggirando il piano che li divideva. Se avesse fatto qualche altro passo sarebbe riuscito ad abbracciarlo. Ma Sebastian Smythe non faceva gesti simili: lui fuggiva dopo il sesso, non baciava sulle labbra e non si concedeva le coccole le smancerie post sesso. Scosse la testa, guardò Kurt un'ultima volta prima di chiudersi in bagno. Quando si chiuse la porta alle spalle era solo. Fu allora che scoppiò in un pianto rabbioso e incontrollato.





Kurt doveva levarsi quella canzone dalla testa. E l'unico modo era cantarla sino alla sfinimento. Era arrivato prima nell'aula canto in cui si incontravano le Apples e aveva approfittato per ritagliarsi un momento per sé.

Livin' my life in a slow hell
Different girl every night
At the hotel
I ain't seen the sunshine in
Three damn days
Been fuelin' up on cocaine and whiskey
Wish I had a good girl to miss me
Lord I wonder if I'll ever
Change my ways

Ad un tratto un'altra voce si unì a lui.

I called you last night in the hotel
Everyone knows
But they won't tell
But their half-hearted smiles
Tell me somethin' just ain't right
I've been waitin' on you for a long time
Fuelin' up on heartaches and cheap wine
I ain't heard from you in three damn nights

Poggiato contro lo stipite della porta c'era Adam che lo guardava con un sorriso bellissimo sulle labbra.

I put your picture away
Sat down and cried today
I can't look at you
While I'm lying next to her
I put your picture away
Sat down and cried today
I can't look at you
While I'm lying next to her

Quando il biondo si avvicinò a lui gli prese entrambe la mani e le strinse delicatamente. Erano occhi negli occhi quando una terza persona si unì a loro.

Put your picture away
Sat down and cried today
I can't look at you
While I'm lying next to her
I put your picture away
Sat down and cried today
I can't look at you
While I'm lying next to her

Sebastian era entrato a grandi passi nella stanza. Spostava lo sguardo da Adam a Kurt e viceversa. Quest'ultimo non riuscì ad interpretare gli sguardi che lanciava al biondo ma capì che non prometteva nulla di buono.
Avrebbe voluto chiederglielo alla fine della performance ma quando si guardò attorno vide che il resto del gruppo era entrato in aula e quello non era il momento più adatto.
“Sei stato bravo, Kurt!” gli disse Adam mentre gli altri applaudivano lo strano terzetto.
Kurt stava per ringraziarlo quando fra lui e Adam s'intromise Sebastian.
“Kurt è sempre bravo!” Il ragazzo chiamato in causa rimase un po' sbalordito da quell'intromissione. Sebastian non gli diede il tempo di rivolgergli la parola e se ne andò, raggiungendo gli altri ragazzi del gruppo per iniziare le prove.






Kurt era riuscito a ritagliarsi un momento tutto per sé, dopo una giornata – l'ennesima – in cui si era diviso fra la NYADA e Vogue.com. Era appena finito Ellen Show che quella sera aveva intervistato Maggie Smith[2].
Lui amava quella donna. Era un esempio di forza e grazia , era come tutte le donne avrebbero dovuto essere: cazzuta. Aveva sconfitto il cancro al seno mentre girava “Harry Potter”, ma non si era fermata. The show must go on aveva detto e aveva portato a termine le riprese. 
Mentre era assorto nei suoi pensieri Kurt faceva zapping col telecomando. Stavano dando la replica dell'ultimo “Peter Pan”.
Peccato che fosse già iniziato, da parecchio anche.
“Se tu fossi in me sarei brutto!” aveva esclamato Peter. Ma Hook aveva ribattuto prontamente ed i poveri Giaani e Mihele, insieme ad altri bimbi sperduti erano in balia dei pirati senza nessuno che li guidasse.
“Oh, guarda... c'è qualcuno accanto a lei... si chiama... lo sposo” aveva esclamato Uncino e... Sebastian?
“Da quanto sei qui?” domandò Kurt voltandosi.
“Tanto da sorbirmi tutta la storia del ditale” mimò due dita in bocca.
“Dai, quella scena è romantica” esclamò Kurt.
“No, quelle scene sono fatte per prendere per il culo! Andiamo, Wendy che preferisce fare la donna di casa, piuttosto che solcare i sette mari?”
“Sebastian è una cosa normale, visto il periodo in cui la storia è stata scritta, non è proprio recente.”
“1902” disse Sebastian “Lo so. Ma una storia come questa avrebbe potuto rivoluzionare il mondo. Che so Peter alla fine mollava Wendy e fuggiva con Hook a fare sesso selvaggio su un'isola deserta. Insomma Jason Isaacs[3] è un gran figo!
“Sebastian!” lo riprese Kurt mentre si alzava dal divano “è una storia per bambini”.
“Ecco perché poi crescono male! Li si illude che tutto possa essere come ballare fra le stelle” e prese la mano di Kurt e l'altra la mise sul suo fianco. “Forse è per questo che Wendy finisce per piangere lacrime amare quando Peter la lascia tornare a casa e crescere. Ecco perché preferisco Hook. Lui non fa false promesse”.
Kurt ascoltava il discorso di Bas – in un universo parallelo in cui Wendy si struggeva perché Peter era fuggito con Hook e per colmare la mancanza aveva preso la sua ciurma - cercava di capire chi era fra loro ad interpretare i vari ruoli. Si guardavano, studiandosi attentamente.
“Sebastian, io credo che...” Ma venne bloccato sul nascere da qualcuno che bussava.
“Non guardare me” disse Sebastian alzando le mani in segno di difesa “non ho invitato nessuno”. Andarono insieme ad aprire la porta.
“Ciao, mio piccolo unicorno! Uh, cosa ci fa con
te un usignolo?”




[1] Picture di Sheryl Crow e Kid Rock.

[2] Chris ha rivelato in un'intervista che adorava l'attrice.

[3] l'attore che interpreta Uncino.

 

 

 

I'm here.

Saaaalve! Eccomi finalmente con un nuovo capitolo Allora, la storia della Smith è vera. Sia che Colfer l'adori, sia la battuta che ha detto dopo aver scoperto la malattia.

Per quanto riguarda Seb che perde la testa per Jason... quella sono io! L'ho amato anche nei panni di Lucius Malfoy *_*

Comunque, avete idea di chi sia alla porta? Dai vi ho reso le cose facili XD

Alla prossima!

 

N.

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Capitolo 7
*** Capitolo 6 ***


Capitolo 6

Track#7 Fire With fire
Artist:Scissor Sister

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Brittany?”
Kurt guardava la ragazza davanti a sé con sguardo stralunato, mentre lei gli sorrideva continuando a rimanere sull’uscio della porta tenendo stretta la valigia.
“Ci mancava solo la pazza!” esclamò Sebastian, beccandosi una gomitata dritta nelle costole dal ragazzo accanto a lui. Kurt si spostò per farla entrare, ancora un po’ spiazzato da quell’arrivo improvviso.
“Sebastian, prendi la valigia di Brittany”
“Perché devo farlo io?” esclamò questo sentendosi chiamato in causa.
“Perché altrimenti stanotte quel divano te lo scordi” Kurt gli fece un sorriso finto quanto una banconota da tre dollari, fu molto convincente però: Sebastian nonostante sbuffasse imprecando contro bionde un po’ sceme, portò la valigia in casa.
Kurt stringeva forte a sé l’amica, sentendo questa ricambiare. Era bello avere un po’ di Lima lì con lui, era come accorciare le distanze, divorare chilometri e riuscire a respirare aria di casa.
Stava comodo fra le braccia di Brittany. Non lo avrebbe mai confessato ad alta voce, ma casa sua – non quella vera e propria che divideva con suo padre, Carol e Finn, ma il liceo, il Lima Bean, il Bel Grissino: tutti posti che quando frequentava suscitavano in lui una certa inquietudine visto ciò che poteva succedergli se mai avesse incontrato qualche persona un po’ (tanto) ottusa- gli mancava. Era strano e per certi versi stupido pensarla così, ma si sa che casa è anche quel posto che può regalarti qualche dolore. Ma è questo che ti fortifica quando hai accanto chi ti ama.
Prese la mano della ragazza e la strinse fra le sue. Le sorrise d’un sorriso sincero e buono, perché con lei non si poteva fare altrimenti. La fece sedere sul divano.
Si prese un momento per guardarla. Desiderò poterlo fare con tutti i suoi vecchi amici, avere lì uno di loro gli fece desiderare di poterli abbracciare tutti.
Sebastian osservava la scena, dopo aver poggiato la valigia in camera di Kurt. Era strano: si sentì in più e fuori posto. Vedere quei due che si abbracciavano e si scambiavano sguardi pieni di fraterna amicizia gli diede un senso di solitudine. Sentiva spesso Nick, Jeff e tutti gli altri Usignoli. Ma non era la stessa cosa. Kurt non era la stessa cosa. Nonostante delle volte fosse un petulante rompiscatole, con le persone che gli stavano davvero a cuore dava tutto sé stesso.
Sebastian non sarebbe mai stato in grado di fare altrettanto.
“Kurt, devi darmi una mano” iniziò la bionda, facendo comparire un piccolo broncio sulle labbra.
Quest’ultimo corrugò la fronte, stupito.
“Che succede?”
“Sono incinta, devo trovare San e dirglielo. Lord Tubbington” disse mostrando il gatto obeso che teneva stretto “mi ha detto che l’avrei trovata a New York”.
Sebastian che in quel momento stava bevendo, iniziò a tossire a causa dell’acqua che gli andò di traverso; Kurt iniziò a boccheggiare senza riuscire a proferire parola. Lui che restava senza parole: bastava davvero questo per farlo zittire? Santa GaGa! Questa era una novità.
Hummel cercò di ridarsi contegno, non poteva non investigare su quanto era accaduto a Brittany.
“Ma come…ehm… è successo?”
“Oh Dio!” esclamò Sebastian che sembrava essersi ripreso “vuoi davvero farti spiegare come funziona il sesso etero?” Aveva una faccia schifata mentre prendeva posto davanti a Brittany, sedendosi sul tappeto.
“Avanti bionda!” si beccò un’occhiata in tralice da Kurt “Brittany!” si corresse “sai chi è il padre?”
“Certo che lo sa!” esordì Kurt “so che adesso stai con Sam” si rivolse alla ragazza cercando conferme.
Che non arrivarono, vista la faccia perplessa della ragazza.
“Stavo con Sam, ma l’ho lasciato” fece spallucce “Il bambino è di Santana”.
A quelle parole Sebastian si batté teatralmente la mano contro la fronte; Kurt spalancò la bocca, non riuscendo a dissimulare lo stupore per l’affermazione dell’amica.
C’era davvero tanta innocenza in Brittany, il che poteva essere un bene. Ma in questo caso non lo era, nella maniera più assoluta. 
“Non l’ha detto davvero?” la indicò Sebastian, cercando conferme da Kurt, che sembrava dover assimilare ancora la notizia. Scosse il capo in maniera vigorosa.
“Brit, senti” cercò di misurare le parole “dobbiamo parlare in maniera chiara. Il bambino non può essere di Santana perché, beh ecco vedi…”
Quali erano le parole giuste in un’occasione come quella? Non voleva assolutamente ferire i sentimenti dell’amica.
“Hummel, ti prego, spiegaci come è possibile che Brittany sia rimasta incinta di Santana, che a meno che non sia un…”
“Sebastian, chiudi quella ciabatta!” lo rimproverò.
“Io so che il bambino è di Santana” sussurrò Brittany “perché volevamo dei bambini. E questo ci aiuterà a tornare insieme. Mi ha messo incinta quando mi ha baciato il giorno che ci siamo lasciate, ne sono sicura”. Aveva gli occhi lucidi, tirò su col naso, mentre una lacrima fuggiva via lungo la pallida guancia. “Diceva che sarebbero stati belli come me e furbi come lei”.
“Grazie al cielo non il contrario” sussurrò Sebastian, che però si beccò una pantofola in pieno stomaco da parte di Kurt.
“Sta’ zitto!”
Smythe alzò gli occhi al cielo. Quella situazione stava diventando esasperante. Dovevano davvero farle credere che quella faccenda potesse reggersi in piedi?
“Kurt, dobbiamo parlare” richiamò l’attenzione dell’altro.
“Ma…”
“Adesso!” così dicendo si alzò da terra prendendo il ragazzo per un polso, sino ad arrivare in camera sua.
“Senti, con te sarò chiaro: quella è convinta di essere incinta. Di una donna.” Rimarcò sull’ultima parte per rimarcarne la stranezza e l’insensatezza.
Kurt incrociò le braccia al petto, guardando serio Sebastian.
“Non c’è bisogno che tu me lo dica, lo so da me”.
“Ma allora…” Ok, adesso Sebastian non capiva davvero nulla.
“Non sarò io a dire la verità a Brittany, né tu. Sarà Santana che dovrà affrontare il problema, a tempo debito. Quindi finché Brit avrà bisogno del mio aiuto, lo avrà.”
“Ma sai quanto me che è sbagliato”.
“Sebastian lascia che ti illumini un attimo: ci sono tante cose sbagliate al mondo, eppure le facciamo lo stesso”.
“Quindi che farai? Dirai alla tua amica un sacco di balle?”
“Sì, se necessario. Non sono nessuno per cambiare Brittany e distruggere ciò in cui crede. Pensa che quel bambino sia frutto del suo amore con Santana? Bene, continuerà a crederlo.”
“Perché…”
“Perché Brittany è l’unica cosa bella che Santana aveva, anzi ha. Loro torneranno insieme perché è così che deve andare”.
Sebastian continuava a non capire Kurt: combatteva per quelle due ragazze come se lo stesse facendo per se stesso, si ostinava a dire che dovessero stare insieme.
“Kurt, questa non è la tua battaglia, non ti ridarà indietro ciò che hai perso”.
Hummel si avvicinò a muso duro a Sebastian.
“Non so di cosa tu stia parlando”.
“Sì che lo sai”.
Ora che erano vicini – troppo vicini, perché quando riesci a distinguere le sfumature nell’iride dell’altro (verde e azzurro che si perdono) e si trova la propria- era una sfida persa da entrambi: l’amore (che sia il nostro o quello di qualcun altro) non fa né vinti, né vincitori, ma solo cuori che battono e si disperdono.
“Io non ho perso niente, finché ho ancora me stesso”.
“Tu sei l’ombra di te stesso”.
Quello fece scattare nel ragazzo un senso di rivalsa che lo svegliò: lui non dormiva, era ben sveglio, il suo cuore lo era, il suo cervello lo era. Kurt era lì in quel momento, vivo e vissuto, ad un passo dalle labbra di Sebastian.
Fu quella vicinanza – il richiamo di quella pelle più scura, di quelle labbra definite- che lo spinse ad un gesto irruento e per niente pensato. Spinse le labbra contro quelle di Sebastian.
Non voleva essere gentile, né pacato. Aveva bisogno – fisico, mentale, fisiologico, carnale – di metterlo a tacere.
Non gli importava se Sebastian lo avrebbe respinto (o forse sì?) perché intanto lui voleva spegnere il cervello. Non voleva pensare più a niente. E se Sebastian voleva privarlo della sua distrazione (Brittany, accidenti era ancora in salotto e di certo al loro ritorno non sarebbe stata meno incinta), lui sarebbe diventato la sua.
Sebastian non si staccò da quel bacio. Eppure era strano: Kurt, quello più pacato, assennato e tranquillo non lo avrebbe mai baciato. Ma erano cambiate troppe cose. Davanti non aveva più il Kurt che aveva conosciuto anni addietro. Fu allora che capì che doveva tirarsi indietro. Gli diede un piccolo bacio a stampo e si allontanò.
Quello che trovò quando riaprì gli occhi lo lasciò stupito: il Kurt, quello con la faccia da pinguino e lo sguardo buono, era lì davanti a lui.
Che casino. In che guaio si stavano cacciando?
“Kurt” gli accarezzò la guancia “Brittany” indicò col mento l’uscita della camera. L’altro aveva abbassato lo sguardo, nascondendosi da lui. Non seppe bene perché, ma gli venne istintivo abbracciarlo.
Lui e Kurt non avevano troppa confidenza. Tralasciando le confessioni in stile “la mia vita fa schifo” fatte davanti ad una tazza di latte caldo, le battaglie in cucina, Kurt che gli faceva da balia mentre era mezzo (ok, del tutto) sbronzo. No, in effetti. Erano più che in un rapporto confidenziale.
Sebastian si accorse di camminare su un filo sospeso a metri da terra.
Sentì la mano che si bagnava a contatto con la guancia di Kurt. Stava piangendo. Lacrime amare, che sapevano di dolore. Forse Kurt dopo che aveva rotto con Blaine non aveva mai davvero pianto. Perché se stai male, degli occhi lucidi non servono a nulla. Solo dopo che resti senza fiato, con i polmoni che hanno bisogno d’aria, il naso rosso e gli occhi gonfi che fanno male. Quello è un pianto che ti libera.
Poggiò la sua fronte contro quella di Kurt.
“Ehi, Hummel che fai piangi?” gli sorrise dolce. Kurt tirò su col naso.
“No!” rispose prontamente. Ecco, questo era il Kurt che gli piaceva: quello che avrebbe fatto di tutto per non dargliela vinta, quello che lo affrontava a muso duro.
“Andiamo da Brittany” propose Kurt, cercando di far tornare alla normalità.
Quando tornarono in salotto trovarono la bionda stesa per terra che giocava (Kurt negò che stesse parlando quando Sebastian glielo fece notare) con Lord Tubbington.
“Brit, vieni è tardi e domani dobbiamo alzarci presto” la richiamò Kurt. Lei non si oppose, caricandosi il gatto obeso (- Non mi sta fissando - si ripeteva Sebastian, rimasto un passo indietro rispetto ai due amici) su una spalla e prendendo con la mano libera quella dell’amico accanto a sé.
Kurt le sorrise gentile. Non era un sorriso forzato o di circostanza, notò Sebastian. Era bello, di quelli che puoi rivolgere solo a chi ti sta davvero a cuore.
Quando entrarono in camera Brittany si buttò di peso sul letto, mentre il gatto gironzolava libero per la stanza.
“Kurt” disse lei tenendo gli occhi chiusi “ domani troveremo Santana, secondo te?”
Il ragazzo incrociò lo sguardo di Sebastian, che gli fece un segno di assenso col capo.
“Certo che la troveremo!” rispose forse calando un po’ troppo la mano sul tono euforico.
“Sai” la ragazza si toccò la pancia “sono convinta che questo bambino sarà felice quanto me di incontrare la sua mamma”.
“Ma anche tu sei la sua mamma!”
Kurt si stava mettendo il pigiama, noncurante del fatto che Sebastian fosse ancora in camera con loro. Questo gli sorrise quando incrociarono gli sguardi.
“Ha ragione Kurt!” intervenne. “Questo bambino avrà due mamme fortissime”.
Era strano per entrambi: dopo quel bacio (Kurt aveva baciato Sebastian, vero?) era una situazione alquanto sopra le righe. Sebastian stava dando man forte al ragazzo che lo aveva baciato e da cui si era allontanato. Se fosse stato qualcun altro probabilmente non gliene sarebbe importato nulla, ma negare quanto l’altro avesse fatto per lui sino a quel momento sarebbe stato da veri ingrati. Così il loro rapporto stava cambiando?
“Io penso che San sarà la mamma forte” Brit si era sollevata quando Kurt le aveva lanciato una vecchia felpa che non usava più. “Lei è quella più saggia. Mi aiuta con la colazione che delle volte è così difficile per me. Mi diceva sempre che non sarei dovuta mai cambiare, perché le piacevo così, io per lei ero perfetta. Inizio a credere che non lo pensi più”.
“Indossala” le disse “ Sì, ma il bimbo…”
“O la bimba” precisò Bas, trovando lo sguardo incuriosito di Kurt che riprese il discorso.
“Avrà bisogno di una mamma che gli farà le coccole”.
“Ma San gliele farà!” precisò la bionda, dopo essere sbucata dalla vecchia felpa sdrucita dei Patriots.
“Ehi! La mia felpa!” iniziò a protestare Sebastian.
“Così impari ad usarmi come lavandaia!” rispose piccato Kurt. “Comunque Brit ha ragione. Santana sarà un’ottima madre.”
“Finché non tirerà fuori lo spirito di Lima Height” scimmiottò Bas.
“Sebastian?” Kurt lo guardò piegando un po’ la testa.
“Sì?”
“Divano!” alzò il braccio indicando oltre il muro.
“Non mi dai il bacio de…”
Un cuscino lo colpì in pieno viso. No, quella sera Sebastian Smythe aveva già ricevuto la sua dose di baci.

 

 

 

I’m here.
Ok, mi sono fatta prendere la mano. Il bacio – tecnicamente – sarebbe dovuto arrivare dopo.
Ma non lo so, boh questi due hanno avuto la meglio, quindi eccoci qui: a sbrodolare su un pinguino e una mangusta.
Mi è piaciuto parecchio scrivere questo capitolo. Le interazione Sebastian/ Brit mi fanno morire.
Bene, se volete ditemi la vostra.
N.

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Capitolo 8
*** Capitolo 7 ***


ATTENZIONE:CAPITOLO DA BETARE

Ai periodi no, perché un giorno sputeremo contro il cielo

e saremo noi a far piovere;

A chi combatte col cuore,

anche quando questo sanguina.

A mia nonna,

perché anche se adesso si sta spegnendo

arderà per sempre;

A chi mi sopporta,

mi strappa un sorriso fra le lacrime.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Capitolo 7

 

Track#8 Wide Awake

Artist: Katy Perry

 

 

 

 

 

 

Kurt aveva la testa di Brittany poggiata sulle ginocchia, intento ad accarezzarle i folti capelli biondi.

E così tu credi davvero che il bambino possa essere di Santana?” domandava curiosa Rachel, mentre massaggiava i piedi della bionda.

Quest'ultima voltò lo sguardo in fondo al divano, osservandola stupita.

I bambini nascono per amore, giusto?” La Berry corrucciò le sopracciglia. “Beh, io sono nata perché i miei genitori si amavano, la cicogna li ha sentiti e si è poggiata sulla loro grondaia. Così, anche se ci stavamo lasciando, quel giorno in aula canto, una cicogna ha sentito che io e San ci amavamo tanto così ha deciso che avremmo avuto un piccolo unicorno tutto nostro. Dal nostro bacio è arrivata questa creaturina”. Si sfiorò la pancia, appena arrotondata. Rachel non potè non sorridere a quella parole. Anche se quando aveva appreso la notizia, aveva boccheggiato per dieci minuti e cercava di rimettere insieme le informazioni che Brit le aveva dato.

Nonostante questo, anche Rachel aveva dato il suo appoggio alla ragazza. La loro amicizia era strana – loro erano strani- eppure nulla li avrebbe distolti dal loro farsi forza a vicenda.

Sebastian era seduto sul piano in marmo della cucina ed osservava la scena curioso. Sia Hummel che la nana nasona sapevano la verità, eppure non avrebbero mai rovinato l'idea romantica – all'inizio avrebbe detto psicotica, ma sapeva che Kurt sarebbe arrivato a prenderlo a calci se solo avesse provato a dire una cosa simile alla sua amica- che Brittany aveva della sua gravidanza.

In quel momento Kurt alzò gli occhi verso di lui e gli sorrise. Non fu un momento d'imbarazzo. Si ritrovò a sorridere. Era stato semplice ricambiare quel gesto. Niente battutine, né smorfie. Un sorriso. Perché capisci il valore di un sorriso quando quello sul tuo viso diventa fiacco, mentre quello sulle facce delle persone che ti circondano – ok, questo era davvero strano lui aveva accanto Hummel – è più vivo che mai. E allora ti ricordi come si fa: arricci il naso, lasci che i lati delle labbra salgano su uno alla volta. Ed è facile. Non è faticoso, perché la fatica la lasci ai grandi gesti.

In quel momento capì che doveva fare qualcosa. Qualunque cosa per vedere più sorrisi.

Ebbene sì, Sebastian Smythe stava imparando che i piccoli gesti hanno un peso: quello di un cuore che batte per l'emozione. O quello di un bambino che devo venire al mondo. Quel bambino avrebbe conosciuto la sua mamma.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Stasera si esce!” esordì Sebastian, entrando in casa e defilandosi in bagno. Passò davanti a Kurt, che in quel momento stava per entrare al posto di Smythe, che gli chiuse la porta in faccia.

Così, il nostro adorato pinguino aveva visto il suo grazioso nasino alla francese, spiaccicato in maniera poco elegante contro il legno della porta.

Sebastian, fammi en..” stava sbraitando, quando ad un tratto venne trascinato all'interno da una mano che strinse il suo polso.

Quando fu dentro il piccolo bagno si accorse di un dettaglio: lui era incastrato fra Sebastian e la porta.

Ma proprio vicini, eh!

Kurt, ora devi promettermi un cosa” sussurrò il ragazzo più alto.

Vicini.

Kurt deglutì a vuoto, cercando di prendere aria.

Non seppe perché, ma in quel momento riuscì solo a concentrarsi sui grandi occhi verdi davanti a lui ( Shakespeare diceva che la gelosia è un mostro dagli occhi verdi, per Kurt, in quel momento nessun mostro avrebbe potuto essere paragonato a Sebastian), riuscendo a distinguere ogni neo, lentiggine e imperfezione ( no, non potevano essercene) su quel viso allungato, corrucciato in un'espressione seria.

Respirare a fondo sarebbe stato deleterio. Arrendersi a quella pelle sarebbe stato nocivo. Fu per quella ragione che impose alle proprie braccia di stare lunghe distese per i fianchi, evitando che la mani salissero a cercare il contatto con il viso.

Per lui c'era Blaine, giusto? O forse era come aggrapparsi ad un ricordo? E Kurt aveva imparato che chi vive di ricordi, vive a metà.

Così decise di sorridergli.

Sebastian, perché mi hai rapito?” sussurrò.

Non ti ho rapito!” spiegò semplicemente “ è che non voglio che la pinguina bionda” occhiata torva da parte di Kurt- che Seb ebbe la prontezza di ignorare- “Continui a rubarmi il mio angolo sul divano. Stamattina il gatto obeso era comodamente steso su di me e...”

Sebastian, vai al dunque!” lo bloccò Kurt.

Smythe sospirò pesantemente.

So dove trovare Sha- quee- ra![1]” spiegò semplicemente.

Ma perché ti ostini a chiamarla così?”

Scherzo!” Sebastian alzò la mani in segno di resa.

Ma come hai fatto a trovarla? Insomma New York non è Lima”.

Ho le mie conoscenze”.

In quel momento Kurt si ricordò perché lui e il ragazzo davanti a sé erano incompatibili. Non esistevano yin e yang.[2] Perché i due elementi alla fine trovano il loro equilibrio. Ma Kurt e Sebastian, loro avevano solo caos. Fuori, dentro e attorno. Loro erano caos: Kurt non era ancora uscito del tutto da una relazione finita male; Sebastian non voleva un relazione seria.

Hummel decise di ignorare la fitta al petto.

E sono affidabili?”

Ehi!”S'imbronciò Smythe.

Chiedevo!”

Di nuovo al punto di partenza: dubbi, ombre, perplessità. Che fine avessero fatto i Kurt e Sebastian della notte sul divano, della chiacchierata delle quattro del mattino era un mistero.

Non dubitare mai delle mie doti persuasive!” esclamò Sebastian, andando a poggiarsi contro la vasca da bagno, prendendo una sigaretta e l'accendino dalla tasca posteriore dei jeans.

Freddo. Di nuovo. Come quella notte. Come sempre.

Perché nessuno cambia e se vuoi cambiarlo non tieni abbastanza a lui.

Fu il turno di Kurt di alzare le mani insegno di resa.

Non voglio sapere altro!” La sua espressione schifata fu eloquente, più delle parole poco carine che gli vennero in mente per apostrofare Sebastian.

Dì alla nana...”

A Rachel e Brittany” lo rimbeccò Kurt.

Comunque, dì loro di prepararsi, ma non dirgli dove andiamo”.

Kurt fece spallucce.

Anche perché non ne ho la più pallida idea.”

 

 

 

 

 

E in quel momento Kurt capì che di essere il gay sbagliato nel gaybar sbagliato.

Ma che ci facciamo qui?” Rachel si guardava attorno quasi impaurita, stringendosi – artigliando – il braccio di Kurt.

In effetti quel posto era alquanto inquietante: era un incrocio fra il Coyote Ugly e una scena del Rocky Horror.

Un posto tranquillo, se sei Lady Gaga in cerca di una serata tranquilla, o Brian Kinney[3] in cerca di emozioni forti per una serata diversa.

Mentre Kurt si guardava attorno cercando anche solo una velata parvenza di tranquillità in quella serata nata male perché organizzata da Sebastian – dubitava fortemente che non ci fosse un secondo fine in qualcosa pianificato dal ragazzo – la notò. Eccola lì : una chioma corvina che si muoveva a ritmo di una musica country remixata malissimo con qualche base techno.

Santana Diabla Lopez.

Oddio!” squittì Rachel, mentre una sosia di Barbra Streisand le passava affianco, per poi cingerle le spalle e trascinarla via.

No, Kurt non si sarebbe mai messo contro un armadio a quattro ante in cui poteva starci tutto il suo guardaroba, accessori compresi.

Anche perché sicuramente gli avrebbe potuto incutere troppo timore con la sua mole smisurata, giusto?

Salutò una compagna che lasciò il campo di battaglia troppo presto.

San!” urlò Brittany, aggrappandosi al collo di Kurt e cercando la mano di Sebastian a pochi passi da loro.

Aspetta!” disse Smythe “ Ho un'idea”.

Sparì anche lui, inghiottito dalla folla.

Fantastico, grandioso, esilarante.

Davvero qualcuno doveva volergli male...

Salve” disse una voce al microfono. No, un attimo: non era una voce a caso.

Era Sebastian.

Kurt e Brittany si voltarono verso il bancone in legno intarsiato, dove il ragazzo era salito.

Stasera sono qui con una persona” riprese “Brittany? Puoi salire sul bancone?”

La bionda si girò verso Kurt indicandosi. Lui l'abbracciò e le stampò un piccolo bacio sulla guancia.

Vai!” la spinse sino ad accompagnarla ai piedi di Sebastian che le porse la mano. Questo allontanò il microfono dalle labbra. “Ho scelto la canzone, ora devi fare tu il resto” le disse. La bionda annuì, raggiante. La base partì e Sebastian abbracciò Brittany.

 

 

I got sunshine,
On a cloudy day.
When it’s cold outside,
I’ve got the month of may.
I guess you’d say,
What can make me feel this way?

 

 

Kurt guardò la scena stupito. Non era possibile che Sebastian Smythe fosse riuscito in quell'impresa. Eppure in quel momento era accanto a Brittany a cantare “My girl”[4], davanti a tutti.

Accanto a lui comparve Rachel che cantava insieme a Barbra. Quella sera di sicuro se la sarebbero ricordata.

Kurt, dovresti andare anche tu!” gli disse Rachel.

Perché?”

E' anche merito tuo, ci hai trascinate qui. E se non lo avessi fatto ora non avremmo questo” indicò un punto fra la folla. Santana guardava Brittany con occhi lucidi, le labbra rosse dal pianto, mentre veniva consolata da Tina Turner.

 

 

My girl, my girl, my girl.
Talkin’ ’bout my girl.
My girl!

I’ve got so much honey,
The bees envy me.
I’ve got a sweeter song,
Than the birds in the trees.
Well, I guess you’d say,
What can make me feel this way?

 

 

 

Cantò Sebastian mentre portava Brittany davanti a Santana. Erano sguardi d'amore dimenticati i loro problemi. Perché quando ami qualcuno non puoi dimenticarlo, forse ci provi, cominci dalle piccole cose: gesti, parole, profumi.

Ma quella sera nessuno avrebbe sofferto.

 

 

 

My girl, my girl, my girl.
Talkin’ ’bout my girl.
My girl!

 

 

 

 

Cantava a gran voce Brittany, fregandosene un po' dell'intonazione. Lei voleva solo riavere indietro la sua San. Fu intercettando quegli sguardi che Kurt si avvicinò al bancone.

Kurt, che fai?” domandò curioso Sebastian, che si era abbassato per potergli parlare.

Per Brittany, giusto?”

Per Brittany e Santana” lo corresse Sebastian, porgendogli la mano per aiutarlo.

 

 

I don’t need no money,
Fortune or fame.
I got all the riches baby,
One man can claim.
Well, I guess you’d say,
What can make me feel this way?

 

Kurt cantava, quando si accorse di tenere ancora per mano Sebastian. Liberò la mano, il più gentilmente possibile, cercando Brittany per abbracciarla.

Smythe gli sorrise comunque, lasciandolo andare.

 

 

 

My girl, my girl, my girl.
Talkin’ ’bout my girl.
My girl!

I got sunshine on a cloudy day with my girl.
I’ve even got the month of may with my girl”.

 

 

Quando la canzone finì scesero dal bancone, attorniati da persone che applaudivano.

Santana era accanto a loro, quando scesero e Brittany la strinse a sé più forte che poteva.

Perché lo avete fatto?” domandò l'ispanica.

E' stata un'idea di Sebastian!” disse Kurt.

Mh” si voltò verso di lui “ E perché lo avresti fatto, usignolo?”

Perché voglio liberarmi di quel gatto grasso e rompipalle” spiegò semplicemente.

Lord Tubbington non è grasso, è nel suo peso forma!” protestò Brit “Diglielo San!” fece un piccolo broncio.

Tesoro, abbiamo tempo da recuperare non voglio sprecare fiato con lui. Vieni con me”.

Devo dirti un sacco di cose!” esultò l'altra.

Non sai quante disse fra sé Sebastian.

Quando si voltarono Santana sillabò con il labbiale un “grazie” nella loro direzione. Alla fine Rachel era sparita con Barbra e Tina, in qualche meandro del club.

Erano solo lui e Sebastian.

E così alla fine anche tu sei capace di buone azioni!”

Ehi, sono stato nei boy scout!”

Questo non è una garanzia!” protestò Kurt.

Senti, Kurt, io non sono buono come te...[5]” iniziò Sebastian. E le parole vennero a mancare. Ci furono pochi secondi solo di sguardi.

Infatti sei meglio” gli sussurrò Kurt prima di baciarlo. Lì davanti a tutti. Ma il mondo in quel momento stava tutto nelle mani di Kurt che stringevano il viso di Sebastian.

Era la sensazione più strana che avessero ma provato: era un pugno nello stomaco, erano le farfalle nello stomaco. Era essere diversi, ma attirarsi a vicenda.

Perché alla fine erano yin e yang. Bianco e nero. Perché essere due poli opposti, non sempre è un male.

Kurt” sussurrò Sebastian prima di baciarlo a sua volta.

Avere un futuro non significa dimenticare un passato, solo segnarsi la lezione.

Quando presero a baciarsi capirono entrambi di aver trovato la soluzione ad un problema.

Stanotte non dormo sul divano, vero?”

 

 

 

[1] è il nome con cui Sebastian chiama Santana

[2] ripresi dalla disciplina orientale

[3] personaggio del telefilm Queer as Folk

[4] questa è la canzone

[5] gay è l'acronimo di good as you, quindi buono come te.

 

 

I' m here

Oggi non ero molto in vena di aggiornare, poi però ho cambiato idea. Sapete perché? Sono entrata su efp, nella parte delle statistiche e lì ho capito che era la cosa giusta da fare. Per le 65 persone che seguono la storia, per chi ha lasciato 30 recensioni, per le 8 che hanno messo la storia fra le preferite, per le 7 che la tengono fra le ricordate. Quello mi ha fatto capire che DOVEVO aggiornare. Per voi.

So che forse il capitolo non è proprio all'altezza della situazione, avrei potuto fare meglio e no, non voglio cercare la vostra pietà, sono solo onesta: ve lo devo. Come vi devo il mio sorriso ultimamente. Non è un buon periodo per me, chi mi conosce sa di che parlo. Ma scrivere credo sia la migliore medicina per me al momento, quindi è ciò che faccio. Non lo faccio sempre al meglio, ma lo faccio per quelle adorabili persone che nonostante tutto si ostinano a credere che io sia brava.

Quindi questo capitolo è per voi. Non per me.

 

N.

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Capitolo 9
*** Capitolo 8 ***


Attenzione: capitolo non betato

 

Happy b-day, Mads.

 

 

 

 

 

Capitolo 8

 

 

 

 

Track#9 Just give me a reason

Artist: P!nk feat. Nate Ruess

 

 

 

 

 

 

Sebastian in quel momento – quello in cui si trovava incastrato fra il materasso e Kurt- ebbe la perfetta percezione di tutto: della pelle sotto le sue dita, di quanto si stessero entrando a vicenda nelle carni: lui col suo membro, Sebastian con le unghie, senza perdere mai il contatto. Da quando si erano privati dei vestiti era come se tutto fosse scivolato via, fuori dalla finestra, fuori dal mondo. In quella terra senza nome o precisa collocazione fatta di lenzuola, baci, labbra morse a sangue, erano sudditi e sovrani.

Per una volta – la prima – Sebastian volle che fosse l'altro a fare tutto. Così Kurt stava sopra di lui e lo guidava negli ansiti.

Si guardavano negli occhi, Kurt si era imposto: non lo avrebbe mai voluto se non avesse potuto guardarlo in faccia mentre lo faceva suo.

Sebastian teneva le gambe sulle spalle di Kurt e gli stringeva i polsi per non sobbalzare ad ogni spinta.

Sebastian” sussurrò Kurt”Se vuoi possiamo cambiare cioè...” Aveva il fiatone, gli occhi lucidi resi più scuri dal piacere, le labbra rosse consumate dai baci.

Kurt, giuro che se ti fermi ora te lo rinfaccerò a vita”.

Cosa?Oh, no!” ridacchiò Kurt. Anche in un momento quello riuscivano a litigare?

Davvero, c'era qualcosa di sbagliato in loro.

Seb rafforzò la presa ad un spinta più profonda. I polsi dell'altro non sembravano poi tanto fini o delicati in quel momento.

Kurt non era né fragile, né insicuro mentre gli accarezzava possessivo le caviglie, senza mai perdere il contatto visivo. Era bello si disse Sebastian sentendolo dentro di sé, farsi spazio, esigendolo come se volesse impregnarlo delle immagini, delle sensazioni del ricordo di quel momento.

Sarebbe stato un crimine chiudere gli occhi in quel momento, anche con l'orgasmo che minacciava di arrivare prima del previsto.

Da quanto stavano lì?

Non sapevano quanto tempo fosse passato da quando erano tornati a casa.

Ad entrambi importava capire solo quanto ne avevano ancora a disposizione.

Tutto il tempo del mondo.

Kurt” sussurrò Sebastian mordendosi il labbro sino a sentire il gusto ferroso bagnargli la lingua.

Non ti azzardare a venire!” protestò Kurt, cercando la mani dell'altro e stringendole incastrando le dita fra loro. “Quando te lo dico io, ok? Voglio che veniamo insieme”.

Ti prego, Kurt!” si lamentò l'altro.

Quando lo dico io” scandì le parole con spinte sicure. Baciò le ossa sporgenti delle caviglie prima di aumentare nuovamente le spinte. “Adesso”.

E Sebastian non se lo fece ripetere due volte.

Inondò col proprio seme la pancia di Kurt, mentre sentiva il momento preciso in cui anche lui si lasciava andare.

I muscoli si rilassarono, la presa delle mani si allentò. Tutte le loro energie erano concentrate in un unico punto: quello in cui Kurt e Sebastian si incontravano. Non era una mera questione di bacini o di liquidi... dovevano capire, qualunque cosa fosse.

Quando tutto finì, Kurt abbassò le gambe di Sebastian lungo i propri fianchi, per poi stendersi addosso al ragazzo.

Per Sebastian era tutto così strano. E ci fu una cosa che lo spaventò: Kurt era abituato a tutto questo. Alle coccole dopo il sesso, allo stare abbracciati, al...

Kurt Elisabeth Hummel!”

Alle ispaniche pazze che entravano in camera senza bussare? Alle nane da giardino abbinate? Ai gatti in sovrappeso che si spanciavano sui letti, mentre una bionda gli correva dietro e finiva in mezzo a loro ancora nudi?

Santana!” squittì Kurt mentre si nascondeva completamente sotto le coperte.

Giuro che se non porti fuori da lì il tuo viso che checca isterica ti trascino di peso in salotto. Dobbiamo parlare”.

Kurt io ci ho provato” piagnucolò la Berry mentre si accasciava addosso a Santana, ma lei è ispanica” esclamò isterica “e io sono bianca, bianca!”

Barbra, qui ha ragione. Quindi adesso lei va a ficcare il suo enorme naso da qualche altra parte. Brit vai con lei”.

Ma San...”

Adesso”.

Così rimasero solo in tre.

Incinta?” sbraitò Santana “Vi prego ditemi che non ne sapevate nulla e che avete fatto tutto questo, solo per vederci di nuovo insieme. Solo per questo”.

San, noi...” tentò Kurt.

Voi non avete idea di cosa io abbia passato, voi...”alzò le mani in segno di resa. “Lasciamo perdere”.

Uscì dalla stanza in silenzio. Per la prima volta da quando Kurt conosceva Santana la vide tenere lo sguardo basso. Fece per alzarsi, ma Seb lo bloccò.

E' colpa mia, vado io”.

Si rivestì più velocemente che potè, senza indossare nemmeno le scarpe.

 

 

 

 

 

Sebastian corse dietro a Santana finché non riuscì a bloccarla nel bel mezzo della hole del palazzo. La trattenne per il polso, anche quando cercò di liberarsi strattonando forte.

Da stronzo a stronza, perché stai facendo questo a Brittany?”

Da stronza a stronzo, perché stai facendo tutto questo a Kurt?”

Silenzio da parte di entrambi. Possibile che Santana fosse il suo alter ego femminile? Gli teneva testa e rispondeva per le rime. Che avesse trovato pane per i suoi denti?

Non si parla di noi, adesso.”

Da quando esiste un voi?”
Cos'è un noi? Un tenersi la mano, un guardarsi e capirsi senza aprir bocca, finire a letto insieme dopo aver passato la serata in un locale gay?

Quest'ultimo magari era da rivalutare....

Senti non cambiare argomento. Si parla di te e Brittany. Perché stai scappando?”

Io non...”

Ho smosso mezzo mondo per trovarti. Hai ragione, te la stai solo dando a gambe”.

Magari alla fine lei non era davvero così coraggiosa e caparbia come dava a vedere.

Nemmeno tu lo sei, vero Sebastian?

Se qui c'è qualcuno che mi deve spiegazioni, quelli siete voi: sapevate del bambino e...”

E cosa? Te l'ha detto Brittany, era la cosa più logica. Kurt la pensa come me, persino Rachel è d'accordo con noi”.

Lascia che ti dica una cosa. Vuoi la verità? Vuoi sapere perché vorrei andarmene? Perché non ho dato a Brit quello che invece Sam senza sapere le ha dato. Perché sì, vorrei che quel bambino fosse nostro. Solo nostro”.

Lascia che ti dica una cosa: i figli sono di chi li cresce non necessariamente di chi li mette al mondo. Questo bambino sarà fortunatissimo”.

Verità. Da soppesare sulla bilancia della vita: un bambino che non è tuo. Ma che vorresti davvero che lo fosse.

Santana si tolse la felpa di Lousville che indossava e gliela porse. Sebastian non capì e lo guardò aggrottando le sopracciglia.

Ti prego, vestiti. Avrai pur detto una cosa molto saggia, ma sei comunque troppo nudo”.

Quando Sebastian abbassò lo sguardo si accorse di essere nel bel mezzo dell'ingresso del palazzo, con solo un paio di boxer addosso- oh, ecco spiegato il freddo!-, al che prese la felpa e la indossò.

Grazie”. Era stranamente facile sorriderle. Sebastian non sapeva se trovarlo inquietante o interessante. In entrambi i casi era strano. Quando Santana si sporse verso di lui e lo strinse a sé.

Sicuramente il calore che Bas sentì in quel momento era solo merito della felpa.

Bugiardo.

Non era certo per quell'abbraccio. Non era certo come quella mattina presto in cui si era svegliato e aveva trovato il viso di Kurt accanto al suo e aveva perso venti minuti buoni a fissarlo. Sebastian fece l'unica cosa che seppe essere giusta. L'abbracciò, accarezzandole i capelli corvini.

Non c'era malizia: lui non piaceva a lei e viceversa. Non in quel senso perlomeno. Ma magari sarebbe stato interessante capire quanto di se stesso ci fosse nell'ispanica.

Per che cos'era questo?”.

Per tutto”.

 

 

 

Santana e Sebastian tornarono al piano di sopra con un sorriso a trentadue denti.

C'era una cosa che la povera Santana non sapeva: quando uno Smythe si mette in testa una cosa, quella ottiene.

Kurt!” chiamò a gran voce “Dove sei?”

In camera con Brit!”

Un ghigno si disegnò sulle labbra di Sebastian.

Cara San, dovresti star attenta alle persone che prendono a cuore la tua situazione...

Un attimo, sto cercando una cosa che Lord Tubbington ha perso!”
“Può aiutarle Santana!” si girò verso la ragazza che acconsentì con un cenno del capo. “Vieni, devo chiederti una cosa” si fece più insistente Sebastian.

Arrivo, arrivo”.

E fu un attimo: quando Kurt uscì dalla camera, Santana vi entrò e...

E ora parlerete”.

Sebastian chiuse la porta con un colpo secco.

Smythe, sei una testa di cazzo!” urlò l'ispanica battendo i pugni contro il legno.

Anziché perdere tempo a urlare contro di me, dì a Brittany quello che hai detto a me”.

No!”.

Lopez, che problemi hai?”. Sebastian stava davvero perdendo la pazienza:a che era servito tutto il discorso di poco prima?

Io non ho problemi”.

Allora parla con Brittany e dille le stesse cose che hai detto a me” insistette Smythe, finchè ad un tratto non sentì un”San” sussurrato da parte di Brittany. Ok, forse qualcosa stava accadendo, almeno qualcuno in quella camera aveva capito che era arrivato il momento di agire. E ne fu stupito che fosse proprio la bionda quella persona.

Seb ma se loro stanno lì dentro, noi che facciamo?” domandò curioso Kurt, mentre con le braccia incrociate al petto e il capo piegato e fissare la porta cercare ancora di capire come avesse fatto.

Oh andiamo non ci vorrà troppo” spiegò l'altro.

Tu dici?” Hummel era perplesso, conosceva la gravità della situazione e sapeva che non sarebbero uscite troppo presto dalla camera.

Hai ragione...divano?” propose scherzosamente Seb “ Possiamo collaudarlo!”
“Sul divano? In mezzo al salotto? E vuoi stare di nuovo sotto?” lo prese in giro Kurt.

Stanotte ti farò cambiare idea!” protestò l'altro, andando ad abbracciarlo, mentre si buttava di peso, sul morbido dei cuscini, portando con sé il più basso.“Non importa dove, voglio solo far sparire quel sorriso idiota dal tuo viso da pinguino arrapato”.

I pinguini non hanno un'espressione del genere” lo rimbeccò Hummel andando a mordergli la guancia.

Allora dobbiamo cambiare animale” sentenziò serio Smythe, mentre gli accarezzava piano la schiena.

Sebastian, posso chiederti una cosa?” Kurt si era fatto più serio improvvisamente. Quella vicinanza aveva come innestato in lui una serie di dubbi. Come se da quel contatto nascessero problemi insormontabili.

Dimmi”.

Cosa siamo noi?”

Possiamo essere qualunque cosa tu voglia. Posso essere chiunque tu vuoi che io sia.[1] Perché siamo noi. Tu ed io”.

Sebastian gli prese il viso fra le mani. Perché lui da quel contatto voleva trarne solo giovamento: voleva infondergli tranquillità, fargli capire che non esisteva nulla che potesse mettersi fra loro. Anche se non sapevano bene ancora cosa fosse loro.

Ma...”

Kurt, tu pensi troppo”.

E' che voglio capire quello che è successo stanotte” precisò Kurt.

E io che credevo che fossi stato chiarissimo, perché per me lo sei stato” ghignò malizioso Seb. Kurt alzò gli occhi al cielo, poggiando il mento sul petto dell'altro che lo teneva fra le sue gambe.

Dai, lo sai cosa voglio dire. È stato sesso o...” tentò.

Vuoi la verità? Non lo so, ancora. Perché non mi era mai successo di svegliarmi la mattina nello stesso posto in cui mi ero addormentato durante la notte. Io non sono abituato a tutto questo. Io sono sempre stato quello che si rivestiva dopo il sesso, che scappava prima che facesse giorno”.

E si sentì improvvisamente sporco per Kurt, troppo poco, non all'altezza. Eccoli: i dubbi che tornavano, che lo tartassavano martellandogli le tempie per prendere il sopravvento e buttarlo giù come il vento che butta giù un castello di carte.

Ma con me lo hai fatto alla luce del giorno. E vuoi la verità? Eri bellissimo mentre ti facevo mio” gli rivelò Kurt, baciandogli leggero il mento.

Io non sono di nessuno”. Parole sbagliate?

Tu non appartieni nemmeno a te stesso” gli disse Kurt. Ma era sereno, non aveva un tormento interiore, sintomo di una bugia.

Ma sai, vorrei veramente essere di qualcuno. Il fatto di non appartenermi renderebbe tutto più facile nel donarmi” cercò di spiegarsi, misurando le parole.

Ma tu sei stato con altri ragazzi”.

Kurt, ho detto donarmi, non darmi”.

E stanotte...”

Credo di essermi donato. È che ho paura, Kurt. Sì, ho paura. Perché non sono abbastanza, non sono Blaine”. Rivelazioni che sono macigni. E che restano tali ma mutano dalla fredda pietra al leggero zucchero a velo.

Infatti, sei Sebastian. Non ti permetterò di farti abbattere da un fantasma. Lotti per gli altri, ma non per te stesso. Sebastian, guardami: non siamo più ragazzini. Siamo cresciuti, cambiati e sicuramente migliorati. Non torneremo indietro, quindi ora te lo chiedo: cosa siamo?”

 

 

[1] citazione da The O.C

 

 

 

I'm here

 

Aggiornamento lampo, lo so. È che ci tenevo a scrivere questo capitolo: è stato il più difficile e insieme il più bello. Perché in qualche modo c'è tanto di entrambi.

Pink e Nate rendevano l'idea con questa canzone e poi è stata scelta dalla mia piccolina. Luh, grazie davvero. Stavo in crisi. #LOL Tu dirai “Come sempre”, è che c'ho una certa età. XD

Rifaccio gli auguri a Mads. Happy b-day babe.

Ho detto tutto.

Alla prossima.

N.

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Capitolo 10
*** Capitolo 9 ***


ATTENZIONE: CAPITOLO NON BETATO
 
 

Capitolo 9
 
 
Track#10:Baby Come Home
Artist: Scissor Sister

 
 
 
In “Appuntamento da sogno”, Topher Grace correva dietro a Kate Bosworth e le confessava tutto il suo amore con il bellissimo discorso sui vari tipi di sorriso che lei ha. In “Dawson Creek” , Katie Holmes si arrampicava su una ripida scaletta sfidando la sorte tutte le volte, pur di stare con James Van Der Beek. 
Ma purtroppo queste cose succedono solo nei film.  La realtà sapeva essere una grande stronza.  Questo Kurt lo aveva imparato a sue spese. Sebastian lo aveva lasciato, steso sul divano a farsi mille domande. Eppure su una cosa aveva una certezza:sarebbe tornato. Per qualche strana ragione, quella fuga era la cosa giusta in quel momento. Glielo aveva detto chiaramente: lui non era pronto a tutto quello che gli stava accadendo. Era tutto nuovo, tutto diverso. Anche Sebastian Smythe aveva paura. Non tanto paura di ciò che stava accadendo magari, quando paura di sé stesso.
In cuor suo – in mezzo a tutta quella nebbia fatta di dubbi, perplessità, ansia ( e una punta di delusione, dovette ammetterlo)- sapeva che lasciar andare Sebastian era giusto. O meglio, era ciò che andava fatto. Se fosse giusto o sbagliato, solo il tempo avrebbe saputo dirlo. Se fosse stato sbagliato non sarebbe più entrati insieme dalla porta dell’appartamento.
Non avrebbero più fatto le lotte con la farina. Niente più risate o presse n giro.
Kurt stava male a stare da solo, rannicchiato sul divano con Lord Tubbington sulle sue gambe che si lasciava lisciare il pelo.
Stare soli ha dei pro e dei contro, e nonostante Kurt in quel momento di inquietudine ci vedesse solo dei contro, comprese che forse non era l’unico a stare male.  Perché lui si lasciava vincere dalla tristezza di un quasi rifiuto ( non ancora accertato, forse in dubbio), ma Sebastian combatteva contro se stesso. Contro tutto ciò che in quegli anni era stato. Non si può combattere contro se stessi, contro il proprio essere. Kurt lo sapeva bene. Ci sono delle volte in cui i sentimenti non bastano e la ragione deve dire la sua: questo serve a percepire quanto noi siamo noi stessi, oppure siamo solo il riflesso di qualcosa di peggiore. Come il concedersi a troppi ragazzi e ritrovarsi legato ad uno solo.
Sebastian era stato con tanti ragazzi, Kurt lo sapeva bene. Non voleva nascondersi dietro a un dito.
Quando sentì una mano sulla sua spalla, Kurt sussultò.
“Kurt, posso parlarti?” Rachel gli stava davanti, con lo sguardo serio e un’espressione cupa in volto. Le prese la mano che teneva sulla sua spalla e con un cenno affermativo del capo, gli si sedette accanto.
Rachel tirò un lungo sospiro affranto.
“Ti prego, mi stai angosciando. Parla” la esortò Kurt.
“Abbiamo un problema…”
“Oddio, sei incinta!” esclamò Kurt, saltando quasi sul divano, mentre un Lord Tubbington avvilito dallo scatto improvviso scappava, per quanto la sua mole lo permettesse.
“Kurt!” gli mise una mano sulla bocca. “No! Cosa te lo fa pensare?” Rachel sgranò gli occhi con fare stupito.  “Devo parlarti di un problema serio”.
“Ripeto:se incinta?”
“Kurt, smettila e fammi parlare”.
Il ragazzo, fece un cenno con la mano per farla continuare.
“Ho capito che fra te e Sebastian sta succedendo qualcosa…” Minuto di pausa, quasi cercasse di soppesare le parole. Quanto può essere difficoltoso essere sinceri con qualcuno a cui si vuole bene?
La verità, delle volte ha un prezzo: quello di un cuore spezzato, un abbraccio negato anche da parte di chi amiamo di più.
“Rachel, no” la bloccò lui “ti prego, non farlo” l’anticipò il ragazzo. “So cosa stai per dire e ti impedirò di farlo”.
“Lui non ti merita” tentò lei, “Lui non è…”
“Non ci provare” ringhiò Kurt, stringendo i pugni, dopo aver allontanato le mani di Rachel dalle proprie. “Non dire quel nome”.
“Perché?” si lamentò Rachel.
“Perché lui adesso non c’è, non c’è più.  Non ci sarà mai più per me”.
“Ma lo ami ancora. Kurt, tu e lui eravate anime gemelle, siete destinati a stare insieme…”
“Non credi che se così fosse lui non mi avrebbe tradito?”
“Capita a tutti di sbagliare!” spiegò Rachel.
“Non sbagli se ami qualcuno; non finisci a letto con un altro se ami qualcuno; non cerchi un altro ragazzo se ciò di cui hai bisogno lo hai già.”
“Ma sei partito!” sbottò Rachel “lo hai lasciato solo!”
“Cosa avrei dovuto fare? Hai ragione, meglio come avete fatto tu e Finn, sarebbe stato giusto rompere. Peccato che io ci credessi davvero nella nostra storia”.
“Io e Finn ci credevamo!” sbottò Rachel, mentre si alzava dal divano per prendere le distanze. “ Io e lui ci amavamo. Forse ci amiamo ancora”.
“E’ per questo che ora stai con Brody?” la schernì Kurt. Non voleva essere cattivo, ma vi era stato costretto. Rachel non poteva farlo tornare nell’aspirale di dolore in cui era caduto dopo la rottura con Blaine. Non adesso che si stava riprendendo, non ora che accanto a sé aveva qualcuno.
Sebastian.
Un nuovo inizio.
“Kurt, lui non potrà mai capirti…” riprese la Berry.
“Tu non mi capisci adesso. Hai sempre detto di volere la mia felicità, eppure eccoci a litigare perché tu credi di sapere quale sia per me. Dimmi chi sbaglia fra noi due: io che cerco la mia , oppure tu che vivi del riflesso della tua?”
“Io non vivo…”
“Tu, Rachel stai mettendo due piedi in una scarpa con la faccenda di Finn e Brody. Non sai nemmeno con chi stai dei due!” sbottò Kurt.
“Io sto con Brody!”
“Ma io so che pensi ancora a Finn! Brody è solo una consolazione! Non sai nemmeno dove sia, adesso!Mio fratello ti ha lasciata, lui ha fatto la cosa giusta!” le urlò Kurt.
Litigare con Rachel era sempre un dolore atroce. In quel momento la loro amicizia non esisteva: c’erano solo due ragazzi che credevano di conoscersi e si costruivano bugie a vicenda.
Ferire chi ci sta accanto sembra la cosa più facile, quando è la nostra felicità ad essere minata. Si diventa egoisti per necessità: quella di difendere il nostro cuore, che prima avremmo donato senza problemi a quelle stesse persone che poi si scoprono essere la causa del nostro dolore.
 
 
 
 
 
 
 
Santana in quel momento seppe che stava facendo la cosa giusta. Ebbene sì, anche Santana Diabla Lopez aveva un cuore e con grande sorpresa di tutti, questo batteva!
Per qualche strana ragione voleva aiutare Kurt e Sebastian a fare qualche passo avanti nella loro qualunque –cosa-sia ( testuali parole di Kurt).
Averlo trovato a coccolare Lord Tubbington dopo la litigata con Rachel ( ecco, avrebbe dovuto farci due chiacchiere, il suo comportamento stava prendendo una piega per nulla promettente), l’aveva spinta a voler fare qualcosa.  Lui e Sebastian l’avevano aiutata con Brittany, quindi in qualche modo, sentiva di dover spronare i due ad un avvicinamento.
Perché anche lei, sotto tutto quel “ ti faccio vedere come fanno vedere a Lima Height”, aveva qualcosa che si avvicinava ad un animo buono. Il suo era…wanky [1], ecco. Un qualcosa di solo suo, particolare.
Sentiva la mano di Kurt stretta forte alla sua, come la prima volta che avevano messo piede al “Dirty Pleasure”[2], non si era ancora abituato a quell’ambiente.
Quando individuò Sebastian, Santana lasciò andare la mano dell’amico, che al sentir venir meno la sua mano le lanciò uno sguardo disperato.
“Torno subito” spiegò velocemente, quando ad una tratto incrociò una Cher che sembrava molto rassicurante. “prenditi cura del mio amico” le disse, prima di venire inghiottita dalla folla in pista.
“San…” tentò disperatamente Kurt, come ultima chance. Dannazione, l’ispanica non si faceva impietosire da nulla.
“Ciao dolcezza” lo salutò candido quell’omone con parrucca nera e pesante eyeliner sugli occhi.
Kurt sgranò gli occhi, incredulo.
“Dovresti essere Cher?”
“L’unica e sola!” s’indicò l’altra, volgendo le mani verso il basso. “Dimmi zucchero, perché la tua amica ti avrebbe lasciato qui da solo?”
Kurt fece spallucce, non riuscendo a capire ancora bene il gesto dell’amica. Una cosa era sicura: non si sarebbe smosso di mezzo centimetro.
“Sei troppo buono per stare in un posto come questo” gli disse sorridendo la drag queen. “ Si vede che sei buono”.
Kurt sgranò gli occhi, rimanendo stupito da quelle parole.
“E dimmi, hai trascinato le tue grazie al Dirty solo per un maschio[3]?” domandò curiosa.
“Cosa?” Kurt agitò le mani in segno di diniego. “No, no! Non sono qui per un ragazzo!”
“Eppure, sono sicura che ci sia qualcuno che ti fa battere il cuore”. Cher gli fece l’occhiolino, ammiccando.
“Potrebbe…” spiegò sfuggevole Kurt.
“Le possibilità sono le basi della certezza, sta solo a  noi capire quali mantenere tali o farle diventare sicurezze”.
Kurt rimase perplesso a quelle parole: una sconosciuta era riuscita capire ciò a cui lui ( e tantomeno Sebastian) non riuscivano nemmeno a sfiorare con la mente.
“Diciamo che c’è qualcosa” ammise sincero Kurt.
“Ma questo qualcosa…” Cher fece un movimento con le mani, come a cercare le parole giuste.
“Non sforzarti, nessuno sa bene cosa sia” snocciolò il ragazzo.
“E’ questo che ci frega: vogliamo sempre capire, definire , etichettare” iniziò Cher “guarda me:  mi chiamano  drag queen, quando in realtà tale non mi sento. Sono solo una persona che stasera voleva sentirsi Cher, così le è bastato indossare una parrucca, un abito e truccarsi. Domani forse sarò qualcun altro, ma sarò chi vorrò io. Non permettere alle etichette di bloccarti.”
Kurt le sorrise: in quel momento capì ciò che forse Sebastian tentava di dirgli dal principio.
Ma era servita Cher ( dio, faceva così strano!) per capirlo.
 
 
 
 
Santana Lopez era una persona buona: non nel senso lato del termine, più nello stile delle Lima Height, ma comunque buona.  Per quella ragione si trovava davanti Sebastian che da circa dieci minuti la squadrava, come capire bene cosa dire o fare. La Lopez era l’antiSmythe. O meglio, era colei che riusciva a tenergli testa, che si era presa la briga di scoprire parecchie cose sul conto del ragazzo ( questo avevo compreso anche frugare fra le sue cose, non che per lei fosse stato un problema, insomma era cresciuta a pane e CSI , non badava a certe sottigliezze), così aveva scoperto che Grant era interessato ad un posto da barista che si era liberato nello stesso locale in cui lei lavorava.
“Senti Lopez, io ancora non ho capito perché lo fai…”
“Perché Kurt è come un fratello per me, nonostante la pelle da Casper e la sua strana fissazione per i trattamenti di bellezza, è quello che per me si avvicina di più ad una famiglia. E giuro sui miei pon pon di Cheerios che se lo farai soffrire ti torcerò sino all’ultimo ciuffo di capelli, e non ti basterà proteggerti il sedere con le mani, per evitare i miei calci.  Ma devo essere onesta: lui con te è felice, non capisco come, ma lo è. Quindi Smythe, tratta bene Kurt, perché se lui pensa che tu possa renderlo felice, io lo appoggerò.”
“Grazie?” domandò perplesso Sebastian.
“Non ringraziarmi, le tue chiappe sono ancora a rischio. Piuttosto, vai a ballare con lui.”
“ Ci puoi giurare!”esclamò e  prima di fuggire a cercare Kurt, gli venne spontaneo sporgersi verso Santana , cogliendola alla sprovvista, e stamparle un bacio in fronte.
“Smythe, non farlo mai più!”
“Scusa, l’adrenalina!” spiegò lui.
“Povero Kurt, allora!”
 
 
 
 Quando Sebastian trovò Kurt il dj suonava  “Heart of glass” di Blondie. Loro sapevano che i loro, di cuori, erano fatti di carne, sangue e dubbi. Ma che vita se è non si tenta se pur col dubbio?
A Kurt venne spontaneo canticchiare quel motivetto.
We coulda made it cruising, yeah Yeah, riding high on love's true bluish light[4]”
“Perché sei qui?”
Stare l’uno davanti all’altro era come ritrovarsi davanti ad uno specchio: non puoi permettere che si rompa se tieni al tuo cuore.
“Perché voglio ballare con te. Solo con te, e so che lo vuoi anche tu. Sebastian, non permetterò al passato di giocare col mio futuro, ma tu devi promettermi che in questo futuro ci sarai. Devo saperlo. E perché mi ha trascinato Santana. Diabla, sapeva di trovarti qui: deve essere merito del suo terzo occhio messicano”.
Seabstian sorrise a quelle parole e gli porse la mano. Riavere la percezione di loro stessi – delle loro differenze, delle loro somiglianze, dei pregi e dei difetti-dava come un senso d’equilibrio. Non era precario come credevano. Bastava viverlo ed era perfetto.
“Ci sarò. Nonostante i miei difetti, i miei problemi, i miei vizi. E vuoi sapere perché? Perché voglio essere la causa del tuo sorriso sulle labbra, voglio essere il motivo per cui ridi sino ad avere le lacrime, voglio essere l’unica causa dei tuoi gemiti. Voglio svegliarmi la mattina e trovarmi accanto te; voglio litigare per il bagno; voglio sfidarti alla NYADA.  Voglio te, nonostante non creda ancora di meritarmelo. Devo ricordarmi di ringraziare Lopez”.
“Balla con te, stanotte” gli susssurrò Kurt a pochi centimetri di distanza, tenendo le braccia attorno al collo di Smythe.
“Tutte le notti che vorrai”.
“ Stasera ho capito che finché siamo io e te non mi importa sapere cosa siamo”spiegò serio Kurt.
“Ho sempre saputo che tu fossi quello saggio fra i due, come ci sei arrivato?” domandò curioso Sebastian.
“ Me lo ha detto Cher!”
 
[1]  parola inventata da Naya.
 [2] riadattamento di Guilty Pleasure
[3] riadattamento di “ Hai trascinato la tu grazie al mare per un maschio” di Rizzo, da Grease
[4] questa è la canzone.
 
I’m  here.
Eccomi, qui! Finalmente il capitolo ha visto la luce, ancora non ci credo. È stato abbastanza difficoltoso, in quanto avevo le idee abbastanza confuse sul da farsi.
Ma passiamo alle cose serie… CHER! Dio, ho amato il pezzo, sarà che la adoro come artista quindi inserirla ( ok, passatela XD) nel capitolo mi ha emozionato. Spero davvero che il capitolo sia stato di vostro gradimento.
 N.

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Capitolo 11
*** Capitolo 10 ***


ATTENZIONE: CAPITOLO NON BETATO
 
 
 

Capitolo 10
 
 
 
 
Track#11 Happy Ending
 
Artist: Mika

 
 
 
“Ti prego!”
“No!”
Questo approfondito scambio di opinioni  fra Kurt e Sebastian andava avanti da circa una ventina di minuti.
Sebastian voleva che Kurt gli cantasse “You are my sunshine”[1], quella mattina infatti gliela aveva sentita canticchiare mentre gli preparava la colazione, poco prima di tornare a letto da lui.
“Dai!” ritentò Sebastian. “Solo il ritornello!”
“Così puoi prendermi in giro?” domandò Kurt, alzando il viso dal petto dell’altro,per fargli una smorfia buffa che lo fece ridere di cuore.
“Non lo fare mai!” ghignò Sebastian, cercando di contenere una risata.
“Sei perfido!” Kurt gli diede uno schiaffo leggero al costato, prima di tornare a stendersi su Sebastian. “Solo una volta?” domandò titubante.
“ Una e basta” rispose serio Sebastian. Allora Kurt si sollevò dalla posizione in cui si trovava e si posizionò a cavalcioni su di lui. Lo guardò negli occhi, per studiarne i lineamenti, e gli parve strano: lui quella canzone non l’aveva cantata davvero pensando a Bas, ma in quel momento seppe che nulla accade per caso.  Era riuscito davvero a trovare il suo sole personale e stava fra le sue braccia, perfetto incastro di corpi – magari per parlare d’anime era ancora presto- che stanno sospesi fra canzoni da dedicare e che non canteranno mai ad alta voce davanti ad un pubblico.
“You are my sunshine 
My only sunshine 
You make me happy 
When skies are grey 
You'll never know dear 
How much I love you 
Please don't take my sunshine away”.

Non è stato difficile” sentenziò Sebastian, prima di dare un piccolo bacio sul mento dell’altro, che fece spallucce per poi poggiargli la sua testa contro il petto, come prima.
Quello che Kurt non avrebbe mai ammesso era che , in realtà, per lui quel gesto era stato strano. Perché esiste una sottile differenza fra “cantare” e “cantare per qualcuno”. E lui, purtroppo, conservava ancora vivo il ricordo di troppe canzoni dedicate a chi per lui non c’era più.
“Kurt?”
“Mh?”
“ Ti prego, parla! Non sembri nemmeno tu quando stai in silenzio. Dì qualcosa, qualunque cosa”.
“Mangusta, non angosciarti tanto per me” disse sollevandosi all'altezza del viso di Sebastian.
La verità era che in quei silenzi lui si trovava a suo agio. Si erano già detti tutto ciò che dovevano dirsi – Grazie Cher!- ed i timori che prima lo assillavano si erano affievoliti. E lui stava bene, dopo tanto tempo. Le parole delle volte sono davvero di troppo, i silenzi possono colmare domande che la coscienza ci pone, ma che non hanno bisogno di risposte immediate, solo di comprensione, che arriva col tempo.
“A chi hai dato della mangusta?” scherzò Sebastian, mentre con un colpo di reni ribaltava le posizioni.
Kurt ridacchiò, dopo essere stato colto alla sprovvista, cercando di sollevare il collo nel tentativo di vendicarsi di Sebastian con un piccolo morso sulla spalla.
“Non ci provare!” lo bloccò Sebastian, andando a  cercare il suo collo per riempirlo di baci. “Ti meriti una punizione” sussurrò al suo orecchio, facendolo ridere. Fu un dolce tortura, le labbra segnavano docili percorsi ancora da imparare a memoria, ma parevano ben disposte ad apprendere.
In quel momento Sebastian capì che non avrebbe mai potuto fare a meno di tutto ciò che in quel momento stava vivendo.  Spesso la vita ti da una sola possibilità: vivere il presente, bisogna solo capire che il momento perfetto non esiste, esiste solo la persona perfetta con cui viverlo.
E lo capisci quando senti il cuore dell’altro che corre veloce, i battiti che aumentano.
Ma si sa che c’è anche chi ha un tempismo totalmente sbagliato. Questo lo si capì, quando nel bel mezzo dell’azione vennero interrotti da un bussare insistente alla porta della camera.
“Kurt, so che sei  dentro con Sebastian a fare le vostre cosacce, apri subito la porta, è urgente”.
Ma quella ragazza s’impegnava a bloccarli in quei momenti?
“Santana!” sussurrò rassegnato Sebastian, coprendosi il viso col cuscino. Dopo un po’ arrivò Brittany, con Lord Tubbington che la seguiva a ruota, per quanto la sua mole  glielo consentisse.
“Dobbiamo chiedervi un favore!” iniziò seria Santana.
Kurt continuava a guardare l’amica, mentre aiutava il gatto a salire sul letto. A guardarle bene, in loro qualcosa di strano c’era: entrambe indossavano un impermeabile beige, gli occhi erano nascosti da grandi occhiali scuri e i capelli raccolti in un borsalino.
“Dovete fare da baby sitter a Lord Tubbington” sussurrò Brittany, mentre saliva sul letto muovendosi a carponi.
“Perché sussurri?” rispose a sua volta a bassa voce Kurt.
“ Perché in missione si sussurra per non farsi scoprire dal nemico” spiegò seria la bionda, mentre continuava a tener un tono di voce basso.
“Per i nemici?” domandò Kurt.
“Esatto!” esultò Brittany, finché San non le mise una mano davanti alla bocca.
“Alla faccia della copertura” biascicò Sebastian, mentre accarezzava Lord T. , andato a sistemarsi nell’incavo fra il braccio e il costato e iniziava a fare le fusa, lasciandosi fare i grattini sulla testa.
“Perché T. non viene con voi?” domandò curioso Kurt.
“Ha detto che a lui gli impermeabili non donano e che questa volta saremmo dovute andare in missione senza di lui”. Brit fece spallucce, come a dimostrare, che un gatto normalmente va in missione ( ancora bisognava capire che tipo di missione fosse quella che comprendeva un gatto come spia) e si rifiuta quando l’abbigliamento non gli piace. Tutto nella norma, quando inizi a vivere con Brittany S. Pierce.
“Ti prego Santana, dimmi che dietro tutto questo c’è una motivazione seria”. Sebastian sperava davvero che tutto quel trambusto avesse  una valida ragione, per interrompere ciò che stava facendo – o che stava per fare –, doveva esserci per forza.
“E se ti dicessi che ho trovato il modo di liberarci di Big Jim?” disse l’ispanica, mentre toglieva gli occhiali da sole e guardava seria la coppia di ragazzi.
Kurt sussultò coprendosi la bocca, spalancando gli occhi.
“No Kurt, nessuno morirà” alzò gli occhi al cielo. “Almeno credo. Devo solo non far venire fuori…”
“Lo spirito delle Lima Height” cantilenò Sebastian.
“San” Brittany, attirò la sua attenzione tirandole la manica dell’impermeabile, per poi indicare l’orologio da muro appeso in camera di Kurt.
“Hai ragione Brit, dobbiamo andare”, si rimise gli occhiali e fece per uscire dalla stanza, quando si voltò di nuovo verso i ragazzi. “Mi raccomando col gatto”.
Ecco, quella era l’influenza di Brittany. Decisamente.
 
 
Brody Weston era un gigolò. Si vendeva alle donne come un manzo alle fiere di bestiame del vecchio West. Non solo aveva dimenticato cosa significasse stare seriamente con qualcuno. Aveva proprio rimosso cosa volesse dire stare con qualcuno. Rachel non sapeva della sua seconda vita, non avrebbe mai dovuto scoprirlo. Perché nonostante continuasse a negare, l’idea di concedersi a qualche sconosciuta ( e perché no, anche a qualche sconosciuto) dopo un primo momento non sembrava più così intelligente. Soprattutto quando davanti a lui si trovava un’ispanica arrabbiata e una bionda furente che parlava spagnolo.
“ Tu devi sparire dalla vita di Rachel”. Santana guardava Brody con ribrezzo, come fosse la cosa più meschina di questo mondo.
Niente e nessuno poteva far del male alla famiglia che con tanta fatica si era costruita e che l’aveva accettata.  Perché se non ci fossero stati Kurt e Rachel, lei probabilmente sarebbe stata una persona orribile, il che era alquanto strano visto il suo carattere abbastanza acceso e cosa la portasse a fare. Il fatto era che se quella specie di bambola gonfiabile a ore avesse fatto soffrire Rachel, lei avrebbe dovuto raccogliere i cocci del cuore della Berry. Non c’era niente di più angosciante che sapere che un membro della tua famiglia soffre, inevitabilmente finisci anche tu a soffrire con lui e allora capisci che condividere il dolore in quel momento non serve, lo aumenta a dismisura.
“E’ qui che ti sbagli, Santana”  sussurrò Brody. Teneva lo sguardo basso e  scrutava il pavimento, come a cercare risposte più esaurienti.
A quelle parole, Santana e Brittany scattarono in avanti per piazzarsi a pochi centimetri.
“Sappi che mi fai schifo” sputò Santana, fra i denti, puntandogli un dito contro il petto. “Tu non meriti di stare con Rachel, anche se è petulante e logorroica è una delle persone a cui tengo di più”.
“Non ti permetteremo di oscurare la sua stella, Ken” sentenziò Brit, dando manforte alla sua ragazza.
“Voi non capite, io con questo lavoro posso fare ciò che voglio: mi mantengo e…”
“E tradisci Rachel” ringhiò Santana, allungando le mani al colletto della camicia di Brody e avvicinandosi al suo volto. “Tu devi sparire dalla sua vita, ha di meglio a cui pensare.”
“Ma io la amo” sussurrò Brody.
“Hai una strana concezione d’amore. E lascia che ti dica che è abbastanza contorta, e io di cose contorte me ne intendo. Quindi, o esci dalla vita di Rachel con le buone maniere, oppure ti porto io a calci” spiegò glaciale,lasciandolo andare.
“Deve essere lei a scegliere!” protestò Brody.
“Non esiste” lo bloccò sul nascere la Lopez “Lei non ti dirà mai di no, perché per qualche strana ragione ci vede del buono in te. Io ci ho sempre visto del marcio, ecco perché ti dico che tu devi stare lontano da lei. Sappi che verrò a sapere se proverai ad avvicinarti. Sarà allora che dovrai davvero preoccuparti”.
Brittany scrutava seria il ragazzo. Forse per la prima volta in vita sua, aveva capito la serietà della questione.
Brody si sentì come oppresso da tutta quella situazione, in ciò che faceva c’era del marcio, lo sapeva, ma nulla che avrebbe mai potuto ledere Rachel. Aveva imparato quanto lei fosse speciale per lui ed ora la stava perdendo, per un guaio combinato con le sue stesse mani.
Sospirò, rassegnato prima di prendere la parola.
“Ok, ma concedetemi un’ultima telefonata. Voglio almeno salutarla”.
“No” rispose secca Santana.
“San, lasciamoglielo fare” la bloccò Brittany “Dopo sparirai, devi giurarlo Teddy Bear”. Brody a quel punto non poté non fare ciò che gli era stato imposto.
Così Brody Weston uscì per sempre dalla vita di Rachel Berry.
 
 
“Tub, qui! Vieni qui!”
E così anche Sebastian Smythe era finito nel “Tubbington- Tunnel”, un posto in cui i gatti erano i capi supremi, facevano parte di una gang ed erano documentati su Scientology. Il ragazzo cercava l’animale dopo aver avuto col suddetto un'accesa discussione sul football.  Insomma, aveva capito che non sarebbe stato facile tifare Patriots in quella casa, con il micio che tifava Giants.
“Sebastian, lascialo in pace!” protestò Kurt, steso sul tappeto a guardare Ellen, sorseggiando una tisana alle rose che aveva preparato anche per il gatto.
E così si erano davvero ritrovati a fare i cat sitters.
“Kurt, non esiste! Quel gatto deve assolutamente tifare Patriots, non esiste che qualcuno che tifa Giants viva sotto il mio stesso tetto!” spiegò con fare serio.
“Hai ragione  sarebbe una vera tragedia!” lo prese in giro Kurt, colpendosi la fronte con un gesto eclatante.
Sebastian riuscì ad acchiappare Lord Tubbington e iniziò ad accarezzarlo fra le orecchie.
“Riuscirò a convertirti” gli disse portandolo all’altezza del suo viso. “Fosse l’ultima cosa che faccio”.
“Comunque dobbiamo ancora capire perché Santana e Brittany non hanno voluto dirci nulla di ciò che dovevano fare”, Kurt cercò di attirare l’attenzione di Sebastian su un argomento più serio.
Sebastian fece spallucce.
“Doveva essere una questione piuttosto seria se hanno lasciato il loro fedele scudiero qui” rifletté Sebastian.
Mentre cercava di venire a capo di quel mistero, il telefono di Kurt squillò.
“San…come? Santana non urlare e soprattutto non parlare in spagnolo, non capisco una parola di quello che dici. Calmati, per favore”.
Sebastian guardava Kurt con fare stupito.
“Ti prego, dimmi che stai scherzando” continuò Kurt. “Brutto stronzo, maiale che non è altro!” sbottò.
Ok, quando Kurt diceva le parolacce non era mai un buon segno. Insomma, non è che non si arrabbiasse mai, ma se arrivava a dire certe cose doveva esserci una buona ragione.
“Spiego tutto io a Sebastian” disse poco prima di riattaccare. “Ciao, ciao”.
Smythe gli fece un cenno col capo, sapendo di avere un’espressione interrogativa in volto.
“Pare che abbiamo perso un coinquilino”  spiegò Kurt andando a sedersi accanto a Sebastian e poggiando la testa contro la sua spalla, iniziando anche lui ad accarezzare Lord Tubbington, che parve bearsi di tutte quelle attenzioni. Gli raccontò ciò che Santana gli aveva detto al telefono e divenne triste. Lui e Rachel avevano litigato, ma non poteva non essere in pensiero per l’amica – da ormai una vita -, chissà come l’avrebbe presa.
“Hai capito Weston”, fischiò alla fine della frase Sebastian.
“Che ne pensi?” domandò curioso, Kurt.
“Beh, di sicuro non è stata una mossa intelligente. Insomma, avrebbe potuto fare altri lavori se davvero voleva mantenersi e senza tradire Rachel. Perché sì, anche per me quello è tradimento, sai?”
“E io che credevo che lo avresti difeso”.
“Sarebbe stato troppo anche  per me”.
“Quindi tu non avresti mai…” Kurt cercò le parole giuste, ma sembrarono non arrivare.  Ci sono cose di cui non è facile parlare apertamente e soprattutto bisogna curarsi dei sentimenti altrui. Per qualche strana ragione, Kurt pensò che quando Sebastian faceva un piccolo passo per raccontarsi, lui dovesse farne uno indietro per lasciarlo fare.
Era andargli incontro senza tendere la mano, ma aspettando che fosse lui stesso a prenderla.
Sebastian scosse la testa.
“Sono stato con tante persone, ma mai ho pensato di arrivare a tanto, anche quando mio padre mi aveva appena tagliato i fondi. Ho preferito cercare un lavoro pulito e onesto come quello al Dirty”.
Kurt alza la testa e si sporge verso di lui.
“Stai cambiando Sebastian, sai?” lo guarda dritto negli occhi, come a fargli capire che in realtà non ha bisogno di risposte. Lui sa. Ed entrambi capiscono che se così non fosse stato non ci sarebbe stato nulla fra loro. Qualunque cosa fosse, era speciale.
 
 
 
 
[1] Questa è la canzone citata.
 
I’m here
Eccoci finalmente col nuovo capitolo. Sinceramente non so che dirne, forse a tratti è un po’ piatto, lo ammetto. Ho avuto parecchie difficoltà a scriverlo perché, pur avendo bene in mente le idee, non riuscivo a scriverle come avrei voluto, così mi sono ritrovata a scrivere e cancellare il tutto un paio di volte. E non sono del tutto soddisfatta, ma tant’è. Mi stava prendendo troppo male. Spero in un vostro giudizio, magari per capire se sono riuscita un po’ a rendere l’dea della situazione.
Alla prossima,
Nico.

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Capitolo 12
*** Capitolo 11 ***


ATTENZIONE: CAPITOLO NON BETATO
 
 

Capitolo 11
 
 
 
Track#12 Cosmic Love

Artist:Florence + The Machine

 
 
Gli amori estivi finiscono per i motivi più disparati, ma di solito hanno tutti un elemento in comune: sono stelle cadenti, un attimo di splendore luminoso nel cielo, un lampo fugace di eternità che in un istante svanisce.

Il professore fermò l’immagine sul video e riprese a spiegare.
Kurt tirò su col naso, ringraziando ogni santo – Gaga,Madonna, Micheal Jackson -  che l’aula fosse in penombra.  “The Notebook” era uno dei suoi film preferiti e quando il docente di cinema aveva annunciato che lo avrebbero visto ne era rimasto molto felice.  Quanto si sbagliava.
Perché Kurt Hummel sapeva che effetto gli faceva quel film. Cataste di Kleenex, confezioni di macarons svuotate e occhi rossi e gonfi. Purtroppo c’era chi non riusciva ad apprezzare la bellezza delle cose. Infatti, se Kurt approfittava dell’oscurità dell’aula per nascondere le proprie lacrime, Sebastian ne approfittava per recuperare le ore di sonno perse la notte precedente.
Quando Kurt si accorse di cosa Sebastian stesse facendo, provò ad attirare la sua attenzione.
Dopo vari tentativi, rivelatisi buchi nell’acqua, decise che per svegliare Sebastian servivano le maniere forti. Così da persona matura qual’era si sporse verso il banco di Sebastian e lo pizzicò sul fianco. Al che lui sussultò, prima di voltarsi verso Kurt e lanciargli uno sguardo torvo.
“Che cavolo fai?”  si lamentò Sebastian, nascondendo di nuovo il viso fra le braccia incrociate sul banco.
“Come fai a dormire mentre si guarda un film del genere?” bisbigliò Kurt, con lo sguardo corrucciato.
Sebastian rimase a guardarlo per un attimo. In qualche modo, rimaneva sempre attaccato all’idea romantica dell’amore. Nonostante le delusioni del passato, i dubbi del presente ( e qui si sentì particolarmente colpevole, lui e il suo qualunque cosa fosse)  e i forse del futuro, Kurt sognava una storia d’amore da film.
Sebastian fece spallucce, chinandosi in avanti per poggiare poi il mento sul banco.
“Non puoi non rispondere” si lamentò Kurt, mettendo un piccolo broncio.
“Vuoi davvero che ti risponda?” Sebastian spalancò gli occhi stupito. “ Vuoi che ti dica che detesto che lui passi anni ad aspettare lei solo per una stupida casa, come se tutto fosse legato ad un oggetto, a qualcosa che prima o poi crollerà”.
“ E a cosa dobbiamo badare, allora?” domandò curioso, Kurt.
Sebastian gli tese la mano, sorridendogli.
“Se verrai con me te lo dirò”.
“Non possiamo fuggire dalla lezione!” gli fece notare l’altro.
In fondo era giusto capitasse così: Kurt era la parte razionale e coscienziosa fra i due, Sebastian era istinto. 
Non si poteva mai anticipare cosa potesse succedere fra i due, ma si sapeva che non c’era pericolo: avevano capito che vivere e viversi era un rischio. Ma entrambi volevano viversi.
“ Dove andiamo?” domandò curioso, mentre si abbassavano per sgattaiolare fuori dalla stanza. Sebastian gli fece cenno di fare silenzio. Uscirono dall’uscita laterale dell’aula per non dare troppo nell’occhio.
Quando furono fuori, tirarono un sospiro di sollievo.
“Ti voglio portare in un posto” disse serio Sebastian, tirando a sé Kurt, a cui venne spontaneo cercare appoggio al suo petto.  Gli venne spontaneo arrossire, a quel gesto Sebastian sorrise. Eccolo, il suo pinguino. L’adorabile ragazzo con cui amava litigare e fare pace. Lo prese per mano e si misero a correre per i corridoi della NYADA.
Kurt sentiva il cuore battere. Gli venne spontaneo pensare ad un’altra corsa, un altro sorriso. E si sentì colpevole quando Sebastian gli sorrise. Fu in quel momento che Kurt capì che non poteva permettere che un ricordo ( perché è questo quello che succede quando lasci scappare una persona, fai sì che questa diventi un ricordo, solo un posto in più nella tua mente) si mettesse fra lui e Sebastian. Nessun muro avrebbe dovuto costruirsi e seminare dolore, non quando si erano finalmente trovati.
Strizzò forte gli occhi. Doveva bastare per rimuovere il dolore. Si concentrò sulla stretta di Sebastian. Non era come quando facevano sesso – o l’amore -, non era un contatto profondo. Eppure era più intimo. Quando stringi la mano ad una persona a cui sei legato intimamente trovi un legame e un significato in ogni gesto, anche piccolo.
Quando arrivarono sulla terrazza della scuola, Kurt si sentì mancare il respiro. Si sentiva forte, libero e consapevole di ciò che gli stava accadendo: stava sul tetto del mondo – il suo – con la persona che in quel momento gli stava accanto.
New York si estendeva maestosa sotto i loro occhi. Avrebbe dovuto avere  paura della Grande Mela, ma da quella posizione, con Sebastian accanto sentiva di poterla fare fuori con un morso, quella mela.
Si voltò verso Sebastian e gli sorrise, gettandosi al suo collo. Il primo nascose  il volto nell’incavo del collo di Kurt.
Stare in silenzio, abbracciati non era un gesto eclatante, ma Kurt aveva capito una cosa: quando i grandi gesti deludono, ripieghi sui piccoli perché in questi risiede il vero significato di un amore. Quello fatto di respiri mozzati e nasi che sfiorano, privarsi di grandi gesti non fa venir meno il valore di un sentimento.
“Perché mi hai portato qui?” domandò curioso Kurt, strofinando il naso contro il collo di Sebastian, cercando riparo nel suo abbraccio.
La presa di Sebastian si fece più ferrea.  Era come se volesse legarsi a lui. Ma non serviva, loro erano già legati. Non da fili, né sentimenti. Era il loro cuore, il loro essere liberi, su quel terrazzo.
Dalla prima notte passata insieme non era passata un’ eternità: solo il tempo necessario per capire. Conoscersi è un percorso lungo e tortuoso in cui scegli di buttarti a capofitto o di andare con calma. Il loro era un perfetto equilibrio. Loro erano equilibrio. Tutto stava in una mano, quella che si stringevano a vicenda.
 Non si erano mai detti apertamente i loro sentimenti, ma vivendo insieme qualcosa era successo. Tutto si riassumeva in notti passate abbracciati, in sorrisi a fiori di labbra, in scherzi e battute.  Non è facile aprirsi con qualcuno, ma l0 si deva fare se si vuole vivere sino in fondo.
“Voglio cantare per te” spiegò Sebastian, tenendo lo sguardo basso.
“Sebastian, guardami” disse Kurt, prendendogli il mento per sollevarlo. “ Tu non abbassi mai lo sguardo” gli fece notare “Quello solitamente sono io”.
“ Ma stavolta è difficile”.
“Non è mai facile, lo sai tu e lo so io. Siamo noi, e questo basta a definirci. Questo lo abbiamo capito”.
“Kurt tu sei così coraggioso, io sono…”
“Sebastian” l’anticipò l’altro “questo è abbastanza. Credi davvero che per accettarti abbia cercato un perché? Ora ti chiedo solo di cantare”.
Smythe gli sorrise, non era naturale, era spontaneo: nel secondo caso era facile perché iniziava a far parte della sua natura.
“Grazie, checca” gli stampò un bacio fra i capelli ed iniziò a cantare, ridendo mentre guardava l’altro arricciare il naso.

Sometimes it's like someone tooh a knife baby
Edgy and dull and cut a six-inch valley
Through the middle of my soul
At night I wake up with the sheets soaking wet
And a freight train running through the middle of my head
Only you can cool my desire
I'm on fire” [1]
 
Quando Sebastian finì di cantare, si trovò davanti un Kurt con gli occhi lucidi, un piccolo sorriso sulle labbra e il naso arricciato.
Non lo avrebbe detto ad anima viva ma lui non riusciva a stare senza quel sorriso. Quelle labbra non erano solo da baciare o pensare a quello che avevano fatto fra le lenzuola. Era bello pensare alle loro chiacchiere, alle loro risate,  alle loro canzoni.
Sebastian non era bravo a parole, tolte le frecciatine che si scambiava con Kurt,  quando si parlava di sentimenti. Ecco perché cantava.
Cantare era il suo modo – il loro – per comprendere se stessi e comprendersi a vicenda.
“Ehi” Sebastian si sedette sul pavimento in cemento e prese la mano di Kurt facendolo sedere fra le sue gambe, quando provò a sedersi davanti a lui.  Smythe posò il mento sulla spalla di Kurt e respirò profondamente.
“Mi è piaciuta la canzone” commentò Kurt. “ Da quanto ascolti Springteen?”
“Avevo otto anni, trovai un vecchio vinile di mio padre. Credo che quello sia stato unno dei motivi per cui ho iniziato a cantare”.
“Ricordami di regalarti i jeans che indossa in “Born in USA” ridacchiò Kurt.
“Con il mio fisico me li posso permettere” precisò Sebastian.
“Come sei modesto” Kurt si sporse all’indietro cercando la guancia di Sebastian, sfregando il naso contro la barba incolta.
“ E’ per questo che ti piaccio!”  la presa si rafforzò e Sebastian si stese, portando con sé Kurt. 
“Fra le varie cose” ridacchiò l’altro.
“Anche perché sono sexy?”
“Forse…”
“Kurt!” lo riprese Sebastian, sentitosi toccato nel vivo.
Ma Hummel lo bloccò sul nascere e lo baciò. Fu un bacio leggero, perché alla fine era pur sempre lui, non era irruente e indelicato.
Kurt si staccò un po’ e lo guardo negli occhi.
“Perché mi hai portato qui?”
“Venivo qui quando volevo stare solo, quando mio padre mia ha buttato fuori di casa e non sapevo dove andare”.
“E quindi…” tentò Kurt.
“Voglio che tu sappia dove vado quando sparirò un giorno”.
“Perché vuoi che ti trovi?” Kurt non riusciva a capire.
“Perché non vorrei? Io so dove trovarti”.
Tutto cambiò quando fu Sebastian a dare il ritmo al bacio per zittire Kurt. Era un richiamo di lingue , denti e labbra. Era rubarsi più baci possibili.
Non era la quantità di pelle scoperta, ma il tocco sugli abiti. Era volersi spogliare eppure sentire che nonostante i vestiti loro erano comunque pronti a donarsi.
“Kurt, andiamo a casa”.
 E non ci fu bisogno d’altro.
 
 
[1] Pezzo di “I’m on fire” di Bruce Springteen
 
I’m here
Ci ho messo un po’, ma ce l’ho fatta.  Lo so, è un capitolo di passaggio, avrei dovuto scrivere altro, ma ho preferito dare un momento di pace ai due prima di… Oddio! Non voglio pensarci ancora ç_ç mi prende male solo l’idea.
Quuuindi da quanto abbiamo capito, entrambi hanno fatto un passo avanti. Apprezziamo i piccoli gesti. <3
Se volete dite la vostra.
Alla prossima,
Nico.

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Capitolo 13
*** Capitolo 12 ***


ATTENZIONE: CAPITOLO NON BETATO.
 

Capitolo 12
 
 
Track#13 Cough Syrup
Artist Young The Giant

 
 
 
 
 
Sebastian guardava Kurt dall’alto, seduto a cavalcioni, sopra di lui. L’altro si mordeva le labbra, trattenendo a stento i gemiti, mentre Sebastian si prendeva cura della sua erezione. Era bello vedere cosa riuscisse a suscitare in lui.
Non c’era nulla di volgare o troppo spinto: era prendersi cura a vicenda l’uno dell’altro. Era curare ferite invisibili, ma non per questo meno profonde. Stare pelle contro pelle, far sfregare i loro bacini, non era semplicemente fare sesso. Se lo ripeteva come un mantra Sebastian, mentre si chinava per cercare rifugio nell’incavo del collo di Kurt.
 Era in quel momento che riusciva a carpirne il vero odore: quello della pelle coperta da un velo di sudore causato dall’eccitazione, l’alito che sapeva di pop corn e birra che Sebastian era riuscito a fargli bere mentre guardavano Pulp Fiction la sera prima.
 Sono questi i momenti in cui capisci quanto ti importa di una persona.
“Sebastian” lo chiamò Kurt, andando a scompigliargli i capelli. Era bello con le guance arrossate e gli occhi languidi di piacere. Bas si sollevò per guardarlo in viso. Al che, Kurt si puntellò sui gomiti allungando il collo per cercarne le labbra con le proprie.
Era pieno giorno, la luce del sole inondava la stanza, ma era bello farlo così: se fosse stato notte avrebbero perso la perfezione del momento. Dal colore degli occhi di Kurt, alle labbra rosse di Sebastian, a come la luce infrangendosi sui loro corpi componeva un gioco d’ombre.
 I sensi saranno anche sopravvalutati, ma esistono situazioni in cui, se ne fossimo privi, perderemo la bellezza dell’attimo.
“ Ti voglio dentro di me” sussurrò Kurt, mentre accarezzava piano la guancia di Sebastian con il palmo della mano, godendo della sensazione della barba appena accennata.
Sebastian si sollevò leggermente per dare a Kurt la possibilità di voltarsi. Quando quest’ultimo cambiò posizione, Sebastian iniziò seminare un percorso fatto di baci, lappate e pelle arrossata a causa dei morsi leggeri, lungo la pallida schiena.
Se non avesse conosciuto Kurt, avrebbe persino avuto paura di sfiorarlo, sembrava così fragile con quella carnagione così nivea.
 Ma non era così: quello era lo stesso ragazzo che lo aveva fatto suo la prima volta che  erano stati insieme.
Erano cambiate un po’ di cose da quella volta. Si erano definiti nella loro indefinizione. Erano Kurt e Sebastian, l’eccezione alla regola degli opposti che avevano scoperto di somigliarsi.
Sebastian era dentro Kurt , non involucro anonimo e vuoto  ( come altri erano stati in precedenza) ma corpo caldo e accogliente di cui aveva la perfetta percezione ( dalla pelle soda sotto le dita allo spazio che occupava dentro di lui ) e di cui non voleva lasciar andare nulla.
Sebastian fece calare la mano lungo lo stomaco di Kurt , andando a vezzeggiare la pelle più scura e sensibile dei testicoli. A questo gesto il ragazzo non riuscì a trattenere un gemito più sonoro.
“Voglio che tu venga per me”sussurrò Sebastian contro l’ orecchio di Kurt, prima di mordicchiarne il lobo, continuando a tenere la mano lungo la lunghezza.
Kurt non se lo fece ripetere due volte, si lasciò andare nella mano di Sebastian, crollando quando sentì che anche Sebastian era venuto.
Sebastian si spostò di poco dalla posizione, continuando a tenere la gamba sinistra sul bacino di Kurt, che allungò la mano posandola sulle labbra dell’altro seguendone i contorni con l’indice.
“E’ stato bello”.
“Come ogni volta” gli sorrise malizioso in risposta Sebastian, guadagnandosi uno schiaffetto sulla spalla.
“Perché devi rovinare il momento?” protestò Kurt.
Sebastian fece spallucce, chiudendo gli occhi, lasciandosi trascinare dalla stanchezza post orgasmo. Finché qualcosa non attirò la sua attenzione.
“Kurt?”
Ebbe come risposta un mugugnare indefinito, segno che anche l’altro stava per addormentarsi.
“ Ma non eri quello fissato con la depilazione?”
“Sebastian, che cavolo stai facendo?” biascicò  l’altro, scalciando a vuoto mentre sembrava non ascoltarlo.
“Ho come il sospetto che ci sia qualcun altro in questo letto”. Sebastian liberò Kurt dal peso della gamba e si sporse verso i piedi del letto, dove un rigonfiamento sospetto sotto le lenzuola lo incuriosì. Alzò di scatto il lenzuolo.
“Sebastian”sbraitò Kurt, arrabbiandosi ancora di più quando vide che l’altro non lo aveva minimamente considerato. Quando seguì lo sguardo di Sebastian  capì la sua sorpresa.
“Brittany!” chiamò, mentre ricopriva entrambi. La porta si spalancò, rivelando la bionda che finì per terra, sotto il peso di Santana, poggiata contro la sua schiena con tutto il peso.
Ecco cosa succede a vivere con una che crede che i gatti parlino e che tu sia un unicorno.  Ti ritrovi con le persone che origliano le tue conversazioni ( insomma, sono conversazioni anche quelle!) e animali che spuntano dai letti. Un po’ come i mostri di quando si è bambini.
 
Lord Tubbington cercava di arrampicarsi sul letto, mentre dava alcune zampate al rigonfiamento che sotto le lenzuola pareva avesse iniziato a tremare.
Quando Sebastian cacciò la mano sotto le lenzuola , risentì la presenza di qualcosa di peloso che portato allo scoperto si rivelò…
“Muffin!” esultò felice, Brittany.
“Quel coso ha un nome?” Sebastian squadrò la piccola palla di pelo nero e tremante, che teneva le orecchie basse davanti agli oocchi.
“Oddio, che carino!” squittì Kurt prendendo il coniglio fra le mani e stringendolo al petto.
“Dimmi che scherzi!”
Sebastian non poteva credere ai suoi occhi, Kurt era d’accordo con Brittany.
“Non ti lamentare uccellino. Come io ho accettato di tenere Lord Tubbington, tu puoi fare uno sforzo. Te lo chiedo per favore: se ci dividiamo i compiti sarà più facile per tutti.”.
Kurt lo scrutava coi suoi grandi occhi chiari.
“Lo teniamo?” gli fece gli occhi dolci, sbattendo più volte le lunghe ciglia, facendo sporgere il labbro inferiore.
“Dai Seb, non è carino?” disse prendendo la bestiola e accoccolandola al suo petto.
“Senti Sebastian, noi abbiamo già Lord Tubbington, ma Britt vuole comunque tenere quella palla di pelo, quindi veniamo subito ad un accordo.  Noi ci teniamo il gatto, voi vi pendete cura del coniglio”.
Bas fissò lo sguardo da cucciolo dell’altro ragazzo. Aveva fin troppo ascendente su di lui. Sospirò pesantemente, ormai rassegnato.
“E  va bene”. Kurt gli saltò a collo , dopo aver posato Muffin che si avvicinava ad un Tub sempre più guardingo.
“Grazie” gli diede un bacio a stampo, per poi strofinare il naso contro il suo.
Sebastian si voltò verso la due ragazze con fare indeciso.
“Noi dovremmo vestirci”.
“Oh, andiamo” commentò Santana “io sono lesbica, Brittany è incinta. Non c’è niente…”
Sebastian alzò l’indice verso la porta.
“Adesso”.
 
 
 
Kurt giocava con Lord Tubbington , mentre Sebastian cercava di far indossare a Muffin un berretto dei Patriots.
Ad un tratto, alzò lo sguardo verso Kurt. Sembrava sorridere, cioè sorrideva effettivamente ma c’era qualcosa di diverso.
 Da quando Rachel era tornata a Lima per qualche giorno, i due non si erano più sentiti.
Sebastian sapeva quanto Kurt ci stesse male. Era la sua migliore amica , l’unica che lo avesse mai davvero capito per quanto riguardava seguire i propri sogni di gloria e sempre spronato.
Con la Berry era partito parte del sorriso del ragazzo.
Avrebbe voluto fare qualcosa per mettere a posto le cose.
Non voleva intromettersi , conoscendo Kurt l’avrebbe presa come un’intrusione in un rapporto solo suo. Era ancora assorto nei suoi pensieri quando bussarono alla porta.
Sebastian non vide subito chi potesse essere ma capì  che fosse qualcuno di importante perché Kurt era scoppiato in lacrime.
“Figliolo” sentì dire.
Burt Hummel aveva varcato la soglia di casa, tenendo fra le braccia il figlio che gli si era gettato addosso nella foga del momento.
Alle spalle dei due, Rachel faceva il suo ritorno a casa.
Era strana e quando aveva incrociato lo sguardo di Sebastian, aveva voltato il viso, preoccupandosi solo dell’abbraccio fra Burt e Kurt.
In quel momento Sebastian si sentì di troppo.
“Papà, ma che ci fai qui?”
Burt si guardò attorno finché non si trovò davanti Smythe.
“Sono venuto a trovarti, non sei felice di vedere il tuo vecchio?”
Kurt sgranò gli occhi.
“Certo che sono contento ma…”
“Burt, lui è Sebastian” s’intromise Rachel, squadrando il ragazzo con sufficienza.
Ecco, quello fu un segno: Sebastian era di troppo.  In uno spazio troppo piccolo, lui era il prescelto per essere tagliato fuori. Gli venne spontaneo pensare quando Kurt gli avrebbe domandato di fare le valigie e quanto lui avrebbe impiegato ad impacchettare le sue cose.
Gli si aprirono vari scenari davanti agli occhi: lui che tornava con la coda fra le gambe da suo padre, Kurt che continuava la sua vita.
Tutto come prima.
“Rachel perché sei tornata? Domandò di colpo Kurt, come realizzando che qualcosa sfuggiva al suo controllo. Lui non aveva dimenticato la loro ultima litigata. Non aveva scordato le parole con cui lo aveva apostrofato, parlando del suo rapporto con Sebastian. Gli fece male il ricordo del rifiuto dimostrato da Rachel. Se lei era sua amica perché ostacolava la sua felicità? Studiò la scena: Burt tendeva la mano a Sebastian che sembrava teso.
Lo fiancheggiò , liberando suo padre dall’abbraccio, andando a cingere il fianco di Sebastian.
Rachel continuava a tacere, sembrava godere nel vedere Sebastian in difficoltà.
“Ti prego, Rachel smettila!” sbottò Kurt, ormai furioso “Hai ancora in mente ciò che ci siamo detti l’ultima volta? Io me lo ricordo bene”.
“No Kurt, non ho cambiato idea, continuo a pensare che tu stia sbagliando, che questa non sia la tua felicità”.
“Senti, figliolo…” provò Burt, Kurt sbarrò gli occhi voltandosi di scatto verso il padre.
“Non l’hai fatto, dimmi che non l’hai fatto”.
Sebastian non riusciva a capire bene, ma un dubbio lo attanagliava: in tutto questo poteva esserci solo l’ombra fin troppo presente – quasi corporea- di Blaine.
Ecco perché si sentiva in più, il moro era un presenza costante nella vita di Kurt. Era stato così e lo sarebbe stato anche in futuro. Lui era solo una parentesi,un breve cenno di qualcosa di diverso.
Ma Blaine era ciò che Kurt cercava, che aveva cercato in lui ( ora se ne stava rendendo conto) e non poteva trovare.
“Kurt” disse ad un tratto, stringendogli la mano. Forse per l’ultima volta. Fu per quel motivo che strinse più che poteva: era come imprimersi la pelle del ragazzo sulla sua.
Ora che stava per perderlo – quello in cui si trovò a far fronte ad un muro di dolore e rifiuto – capì che era giusto lasciarlo andare. Erano Kurt e Blaine, prova tangibile di un amore.
Anche Sebastian Smythe depose le armi: l’attimo prima di sentire scricchiolare il proprio cuore. Di lì a poco sarebbe andato in frantumi.
Bussarono nuovamente alla porta, Kurt andò ad aprire.
“Pacco per Kurt Hummel!”
Nessuno lo sentì, eppure accadde: un tonfo sordo, il rumore di qualcosa di rotto. I pezzi erano ovunque. Il rumore non smetteva di rimbombare nelle orecchie di Sebastian.
Sarebbe calato il sipario su di lui?
 
 
 
 
I’m here
Eccomi, finalmente. Sono le 22:51, io ho praticamente passato il pomeriggio in giro e gli occhi mi si chiudono da soli a causa dell’allergia e della stanchezza. Maledetta primavera! No, non sto cantando e non mi importa quanto ci metto ad innamorarmi.
 Sono giorni un po’ così ultimamente, ma non badate a me che anzi, devo farmi perdonare l’aggiornamento un po’ in ritardo. Piuttosto parliamo del ritorno di Rachel e dell’arrivo di Burt. Secondo voi come si comporterà Blaine?
Il mio cuoricino mentre scrivevo si è spezzato sul finale. Ho dovuto farlo per la storia, purtroppo non c’è gusto a leggere solo cose positive e senza alcun risvolto. Credo che nel prossimo capitolo avremmo molto da leggere, insomma ci saranno nuove conoscenze e qualche ritorno.
Che ne pensate di Muffin, comunque? Io ho amato scrivere il pezzo dell’arrivo di quella bestiola.
Sarà divertente vedere Tub e Muffin insieme!
Per la cronaca, ho scritto il pezzo smut durante la lezione di Criminologia. Mentre la prof spiegava il rapporto criminalità/ immigrazione ( so almeno cosa abbiamo fatto LOL), io scrivevo allegramente una scena di sesso, che popi è stata letta dalla mia compagna di banco, con successive domande “Ma come fanno?”  e fu così che divenne una lezione di anatomia.
Detto questo, per stasera abbandono la nave.
Notte, stelle belle.

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Capitolo 14
*** Capitolo 13 ***


ATTENZIONE: CAPITOLO NON BETATO.
 

Capitolo 13
 
 
Track#14 It Will Rain
Artist Bruno Mars

 
 
Avere o non avere qualcosa per cui combattere, mentre davanti a lui vi era Blaine, rendeva tutto più complicato per Kurt. L’unica ragione per cui si sarebbe potuto opporsi a quell’intrusione da parte del suo ex ragazzo aveva varcato la soglia di casa senza degnarlo di uno sguardo. Lo aveva salutato, con la mani nelle tasche, nascondendovi insieme anche il dolore. Così Sebastian se ne era andato. Aveva detto che sarebbe tornato, ma Kurt in cuor suo sapeva che mentiva. Non lo aveva guardato in faccia, mentre si voltava verso la porta e non lo degnava di un saluto.
Kurt si ripeteva che non faceva male, non poteva fargliene più di quanto non avesse fatto lasciandolo lì da solo, in balia di Blaine, suo padre e Rachel.
“Kurt” lo chiamò Brittany, andando a mettersi al suo fianco, mentre teneva  Muffin fra le mani. “Non essere triste” gli disse.  E Kurt non ce la fece, si sentì colare a picco.
Diede le spalle ai tre e si voltò come a cercare, sperando e credendoci davvero, che fra la folla avrebbe trovato Sebastian e sarebbe riuscito a convincerlo a tornare a casa.
Ma quando si voltò trovò di nuovo lo sguardo scuro di Burt e Rachel, Brittany che lo studiava affranta e Blaine che gli sorrideva.
E lui ad ogni sorriso moriva dentro. Sempre di più, sino a sentire le vene prosciugarsi e i battiti rallentare. Perché Kurt era troppo buono, troppo onesto e non si capacitava di una cosa: per fare del bene agli altri tralasciava se stesso. Combatteva per gli altri, ma si era arreso per sé.
Sebastian gli aveva insegnato  che dentro di lui c’era una forza incredibile: l’avevano scoperta insieme. Mano nella mano. Corpo nel corpo.
Perché? Perché gli facevano tutto questo?
“Sono felice di essere qui” disse Blaine, tendendo debolmente la mano verso Kurt, che cercava di prendere le distanze. Il moro era ignaro di ciò che fosse successo poco prima del suo arrivo, non aveva badato all’espressione scura sul volto di Sebastian.
Era stato troppo preso dal suo gesto romantico – e inutile, di lì a poco lo avrebbe scoperto-  per curarsi persino delle reazioni di Kurt.
Tutto era chiaro nella sua mente: avrebbe riconquistato Kurt.
Perché pensava che tutto fosse rimasto immutato e che ogni cosa sarebbe tornata come prima di quella sera. Quella che aveva cambiato le vite di tutti loro.
Quello che Blaine non poteva sapere era che la vita di Kurt il vero cambiamento l’aveva avuto la sua prima mattina alla NYADA.
Quel momento , fra tutti, si era rivelato il momento in cui era stato solo Kurt. L’incontro con Sebastian, analizzato a posteriori, si era dimostrato essere quello in cui per essere in due, non è necessario rinunciare a noi stessi.
Anche perché non si era ancora capito bene cosa fossero.  A quel pensiero, Kurt tremò. Ma allora perché continuava a crederci?
Davanti a sé aveva il suo passato: doloroso, inquietante e logorante.  Ma era l’unica certezza che aveva.  Forse avrebbe dovuto confidare nelle seconde possibilità, in fondo non si negano a nessuno.
“Blaine” gli sorrise, cercando di fargli capire che il suo palese malumore non era dovuto a lui. Non aveva colpa, in tutto quello che suo padre e Rachel avevano organizzato. “Ti trovo bene”.
Le parole di circostanza ci aiutano a venir fuori dalle situazioni più imbarazzanti. È il dolore che la falsità di queste portano a farci vivere con la menzogna.
Kurt ricordava ogni momento passato con Blaine, che fosse il cercare di costruirne di nuovi a risollevarlo?  Lui e Sebastian non erano nulla – che arriva quando una porta si chiude senza cercare le parole giuste – perché non avevano definito nulla. In quel momento quelle indecisioni pesarono come macigni nel petto di Kurt, che cercava un motivo valido per lasciar andare Sebastian.
E non perché “se ami qualcuno, lascialo libero”. Loro non si amavano.
Invece, un tempo vi era stato un Kurt e Blaine. E si amavano.
Il suo petto in quel momento era immobile: gli mancava il respiro, la forza – e forza un po’ di quell’alito di vita lo aveva lasciato chiudendosi alle spalle quella dannata porta.
“Kurt” tentò Burt, cercando di richiamare l’attenzione del figlio “noi ce ne andiamo, vi lasciamo soli”.
“Io non vado da nessuna parte!” protestò Brittany, quando intercettò lo sguardo allusivo e il cenno del capo dell’uomo. “Santana sa che sono qui. E non lascerò Kurt da solo, una volta che  Blaine se ne sarà andato. Lui se ne va sempre, e poi Kurt sta male”.
Brittany, con la sua innocenza, aveva innescato in Kurt un processo a ritroso: rottura- Central Park -“Ti prego, devi andare s New York”- “Ti amo, nonostante tutti gli strati di tessuto”- “Non hai notato che non indosso la divisa della Dalton?”- “Tu mi emozioni”- “”Sai come prendo il caffè?” – “Sono Blaine”.
È buffo come tutto sia accomunato da un fattore determinante: tutto inizia con un sorriso, una stretta di mano– su delle scale- e finisce fra le lacrime che lasciano l’amaro in bocca e deformano le labbra.
Brittany parve davvero cosciente che di lì a poco avrebbe raccolto i cocci del cuore di Kurt. Lo sapeva: da quell’incontro il suo amico ne sarebbe uscito distrutto. E lei odiava vedere il suo unicorno piangere. Si mise fra Kurt e Blaine, guardando il ragazzo davanti a sé con fare serio.
“Dovresti andartene”
Blaine la guardò stranito.
“Brittany, ma…”
“Ora. Non piaci a me, né a Muffin”. Il coniglio in quel momento si nascose dietro le lunghe orecchie, come ad esprimere il suo tacito dissenso.
Così Brittany S. Pierce diede il suo caloroso benvenuto a Blaine Anderson nella Grande Mela.
 
 
 
“Madre de dios, Smythe sei un cretino!”
“Micetto, sei stato un po’ fifone, ad essere onesti”
“La tua è una di quelle storie per cui artisti pagherebbero oro per vivere una situazione come la tua e poterci scrivere una canzone sopra”.
Come si era ritrovato a farsi fare la paternale da Cher, Tina Turner e Santana Lopez era ancora un mistero.
Non voleva ascoltarle, dare peso a ciò che dicevano. Lui non aveva sbagliato, perché lui non sbagliava mai. Non aveva abbandonato Kurt, lo aveva lasciato con Blaine e tanti saluti.
Era giusto così: si erano divertiti, avevano fatto del gran sesso. Ma tutto era finito lì. Lo sapevano entrambi. C’era stata chiarezza da subito.
Sebastian prese a strofinare con vigore i bicchieri con cui stava trafficando. Dovevano essere puliti bene.
“Oggi ci sarà un sacco di gente al locale, dobbiamo sistemare tutto”.
Aveva preso a pulire in maniera meticolosa ogni singolo bicchiere posato sulla mensola in vetro del  retro del bancone.  Voleva concentrarsi su quello. Perché se avesse permesso ai pensieri di varcare la soglia del suo cervello – e del suo cuore, a se stesso poteva ammetterlo- si sarebbe ritrovato a pensare a Kurt. Che in quel momento era con Blaine.
E chissà, quel tappo di sughero imbrattato di gel, era riuscito a circuirlo. E Kurt aveva ceduto. Non perché fosse debole. No, anzi Kurt era fortissimo.
Era solo che loro erano Kurt e Blaine: l’amore di una vita.
Si morse freneticamente il labbro. Non doveva pensarci.
“Sebastian,prenditi una pausa” lo rimbeccò Santana, saltando il bancone e strappandogli il bicchiere e lo straccio dalle mani.
“Ehi!”
Santana gli fece un cenno del capo.
Sebastian sapeva che si stava incazzando. E lui voleva vederla incazzata, voleva avere qualcuno con cui sfogarsi. E forse voleva persino fare a botte. Tutto pur di non sentire il rumore sordo del suo cuore che batteva, quando non aveva più una valida ragione pera farlo.
Le si avvicinò minaccioso.
“Sebastian, so cosa stai facendo. No, non risponderò alle tue provocazioni”.
“Oh, la piccola lesbica incazzata che gioca a fare la pacifista”.
“Sebastian…”
“Ti sei rammollita da quando hai scoperto che il delfino biondo ti renderà madre giochi a…”
Un dolore, come una legnata data in modo secco, raggiunse il suo zigomo facendogli voltare la faccia.
“Te lo sei cercato” ringhiò Santana, prendendolo per il colletto della polo blu del locale. “Non provare più a fare la testa di cazzo con me”. Lo mollò, facendogli sbattere i reni contro il bordo del bancone.
Sebastian si toccò la guancia col palmo della mano. Ora sentiva meno dolore. Il petto – quello squarcio invisibile quanto profondo –faceva meno male.
C’era la guancia che andava a fuoco. E il cuore che batteva frenetico.
Lui voleva sentire dolore. Perché altrimenti avrebbe iniziato a pensare a Kurt.
Che poi, alla fine lui a Kurt ci pensava sempre.
Non perché fosse innamorato – bugiardo- , ma perché lui l’amore, quello vero, forse non l’aveva ancora trovato.
Non stava fra lenzuola sudate, fra un battibecco prima di fare l’am- sesso ( sì, ecco era solo quello) e il cercarsi per vedere chi dovesse preparare la colazione, stava nel giocare a carta, forbice, sasso  per edere chi avrebbe lavato i piatti.
Affatto.
Bugiardo.
Lui a quelle cose non ci badava. Non era tipo da smancerie. Lui era più tipo da “Vieni o te ne vai? O vieni e poi te ne vai? O vieni e rimani?”. [1]
Aveva imparato a non confidare nell’happy ending. Non perché non lo meritasse, solo perché a furia di correrci dietro ti stanchi.
 
“Io non ti ho insegnato queste cose” sentì dire dal limitare della porta di servizio, accanto al bagno.
Non poteva essere.
“Anche se  non te lo meriti e sei un coglione colossale, sono riuscita a trovare Rosario, New York sarà anche grandissima ma un’ispanica che al mercato malmena il fruttivendolo con un mazzo di carote non passa inosservata. Doveva essere una sorpresa perché mi sembrava giusto che la conoscesse anche Kurt. No, non fare quella faccia, non è Voldemort” scoccandogli un’occhiata torva che bloccò l’alzata al cielo degli occhi di Smythe.
Sebastian si avvicinò a Rosario. La guardò titubante.
Si sentì di nuovo bambino: col muso sporco di cioccolata, le mani nelle tasche dei pantaloni e gli occhi bassi e colpevoli.
A Sebastian piaceva Rosario, ma odiava deluderla. Venne distolto dai suoi pensieri, quando uno schiaffo non meno pesante di quello di Santana lo colpì alla spalla.
Alzò lo sguardo da terra e capì che era ora per Rosario non era più un bambino.
“Io” provò a dire.
“Sebastian, no. Lasciami parlare.  Sei cresciuto, ma per me sarai sempre il mio bambino. Ma stavolta te lo devo dire: sei spento. Ti sei arreso. Il vecchio Sebastian non lo avrebbe mai permesso. Eppure , hai una ragione per cui combattere. La tua amica mi ha raccontato del ragazzo dagli occhi color del cielo di cui ti sei innamorato”.
“Io non sono innamorato!” protestò l’altro, beccandosi una manata in pieno collo.
“Non mentire!”
“Ma io…”
“Signorino. Sarai cresciuto ma riesco ancora a metterti sulle ginocchia per darti gli sculaccioni se voglio”.
Sebastian s’incurvò leggermente, quasi a nascondere parte del collo fra le spalle.
“Ti conosco, e so quanto sai essere emotivo. Ti ho visto piangere per un bacio negato da tuo padre ed emozionarti per una sera sul divano con tua madre, passata a guardare “La carica dei 101”. Ti ho visto piangere per il tuo primo amore. Ti ho visto sorridere per il tuo primo bacio. E so che adesso, dietro quella maschera c’è un Sebastian che soffre. I tuoi occhi non mi hanno mai mentito. Il verde dei tuoi occhi non mi ha mai tradito”.
Sebastian scosse la testa.
“Ora è diverso, Rosario. Ho imparato a non soffrire”.
“E dimmi, a che prezzo? Che rumore fa il dolore? Bambino mio” disse la donna allungando una mano verso la guancia del ragazzo “ non lasciarti spegnere dagli eventi,. Sii più forte di loro”.
“Ma io sono forte”.
“Allora perché piangi?”
Fu in quel momento che Rosario raccolse dalla guancia di Sebastian una lacrima. Era solitaria, isolata e la prima dopo tanti anni.
Anche Sebastian Smythe sapeva piangere.
 
[1] Citazione da Brian Kenney. Scusate ma dovevo professare il mio amore imperituro per uno degli uomini più fighi del mondo.
 
 
E non lo so, m’è presa malissimo. È dalla notte dei tempi che non aggiorno e questo mi fa sentire una persona orribile. Soprattutto se poi torno con roba simile. Lo so che mi odiate.
Ma io vi amo, davvero. Detto questo, che altro? Ah sì, credo davvero che nel prossimo capitolo… No, non è il caso davvero. Fooorse ci sarà ancora un po’ di angst. Forse. Manca qualcosa come sei capitoli alla fine. Possiamo farcela.
Ora vi abbandono.
Nico aka Unicorn Mama.
 

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Capitolo 15
*** Capitolo 14 ***


ATTENZIONE: CAPITOLO NON BETATO.
 

Capitolo 14
 
 
Track#15 Home
Artist Michael Bublè

 







Sebastian quella sera era stato praticamente portato vi di peso dal locale. Era l’ombra di stesso. Così in quel momento si ritrovava con capo poggiato contro le cosce di Rosario, mentre questa gli accarezzava i capelli.  Aveva dimenticato cosa significasse avere un abbraccio di consolazione – lui aveva avuto solo gli abbracci di Kurt- e in quel momento ricordò come fosse stare fra la braccia di una madre.
“Rosario” chiamò il ragazzo, continuando a tenere gli occhi chiusi.
“Dimmi”. La donna continuava ad accarezzargli i capelli. Fin da piccolo quel gesto lo aveva sempre tranquillizzato.
“Secondo te mi ama?”
“Tu gli hai mai detto che lo ami?”
Sebastian ci pensò su: non avevano mai detto cosa fossero loro. Non erano mai esistito un vero e proprio legame. Perché se l’erano imposti. Perché definire il tutto sarebbe stato come capire cosa fossero. E lui non voleva capire. Sì, era stata solo colpa sua e della sua testardaggine.
“Secondo te lo amo?”
“Cosa dice il tuo cuore?” domandò la donna, andando a sfiorare il petto del ragazzo.
Sospirò pesantemente e cercò le risposte che voleva.
I suoi battiti ora erano regolari. Gli piacque ascoltarli e per un attimo pregò che potessero dargli davvero la risposta che cercava.
“Dimmi” iniziò la donna “ di che colore ha gli occhi il giovane Kurt?”
Sebastian non capì mai il vero significato della domanda di Rosario e decise di ignorarla.
“Ho sonno” tentò.
“Sarà quel sonno che ti riporterà da lui?”
 E Sebastian avrebbe voluto,davvero.
“Lui starà sempre con Blaine”.
“E tu sarai sempre con lui”.
Le emozioni il più delle volte ingannano. Ci fuorviano e fanno di noi degli esseri umani. Il resto del tempo lo passiamo ad essere carne, sangue e ossa. Ma vivendo d’emozioni tutto cambia. E Sebastian per la prima volta aveva vissuto. Con gli occhi di Kurt aveva scrutato il suo mondo. E aveva amato riuscire  a farlo.
“Secondo te cambierebbe qualcosa?”
Sebastian guardava Rosario dal basso: gli era sempre piaciuta. La sua carnagione scura, la spalle un po’larghe, le braccia con cui quando era piccolo lo cullava. Il suo profumo sapeva di spezie. Era buono, non pungente o troppo dolce.
Gli piaceva sparire fra le braccia della donna, gli ricordava gli orsi femmina dei documentari  che guardava da piccolo la domenica mattina dentro al suo pigiama di Spider Man mentre Rosario gli preparava la colazione.
Ad un tratto squillò il telefono.
“Sebastian se non risponderai sai meglio di me che cosa accadrà…”
Il ragazzo spostò lo sguardo dal cellulare a Rosario, incerto sul da farsi.
“Vuoi dimenticare il colore dei suoi occhi?”
Ne “Il mago di Oz” – che aveva visto con Kurt, che poi si era addormentato sulla sua spalla a metà film – viene detta una cosa a proposito dell’amore.
I cuori non saranno mai una cosa pratica finché non ne inventeranno di infrangibili.
A pensarci bene per il suo non c’era più niente da fare. Era andato distrutto.
Ora poteva ammetterlo: aveva avuto il suo momento di felicità ed era svanito.
Non aveva più niente da perdere.
“Pronto?”
“Mangusta, apri questa diamine di porta o ti faccio rimpiangere il cucciolo di pinguino”.
“Kurt?”
 “Sì, sono fuori da questa porta, per Dio!”
“Perché?”
“Vuoi davvero che te lo dica per  telefono?”
Sebastian si fiondò alla porta e fu allora che capì. Capì che gli era mancato, comprese cosa fossero. E si maledì per essere stato tanto stupido e ottuso. Vederlo davanti a se, gli fece capire tante cose.
Comprese quanto Kurt ormai gli fosse entrato nella pelle, capì quanto il loro fosse amore e non solo sesso, si ritrovò a pensare che lui quegli occhi non se li sarebbe mai dimenticati.  Quanto  gli sarebbe costato ammettere tutte queste cose?
Imprevedibilmente fu Kurt a prendere la parola. Era serio e contrito, mentre  cercava le parole giuste. Quando iniziò sembrò quasi scoppiare.
“Vuoi sapere qual è la verità sul tuo conto? Sei un fifone, non hai un briciolo di coraggio, neanche quello semplice e istintivo di riconoscere che a questo mondo ci si innamora, che si deve appartenere a qualcuno, perché questa è la sola maniera di poter essere felici. Tu ti consideri uno spirito libero, un essere selvaggio e temi che qualcuno voglia rinchiuderti in una gabbia. E sai che ti dico? Che la gabbia te la sei già costruita con le tue mani ed è una gabbia dalla quale non uscirai, in qualunque parte del mondo tu cerchi di fuggire, perché non importa dove tu corra, finirai sempre per imbatterti in te stesso”.[1]
Era paonazzo, con gli  occhi accessi da un a forza misteriosa e lo stava fronteggiando.
“Cosa vuoi che ti dica?” rispose Sebastian, cercando la risposta che attendeva fa tempo.
“Vuoi che sia il primo a dirti ti amo? Allora, ti amo Sebastian. Vuoi che ti dica che non ho mai accettato il fatto che tu non volessi dirmi se stavamo o meno insieme? Sono furioso per quella faccenda.  Vuoi che ti dica che non tornerò da Blaine? Non lo farò, vecchio testone, perché amo te. Solo te.”
In quel momento i dubbi sparirono: erano Kurt e Sebastian. Perché esisteva un loro. Dopo tanta fatica erano finalmente arrivati ad un punto. Capire ciò che l’amore è per noi sta nel capire cosa noi siamo per l’amore. Per Sebastian, l’amore aveva grandi occhi chiari, un ciuffo ribelle e arrossiva ancora dopo aver fatto l’amore – loro che non avevano mai fatto sesso, ma solo l’amore- e aveva avuto il coraggio si fare i conti coi suoi sentimenti sin da subito.
Quando il ritmo coincide con il battito del nostro cuore, come quando incontri una persona, di cui per ragioni misteriose, non puoi più fare a meno.
Non si può che seguire una persona che si accorda col tuo cuore. [2]
E loro due erano stati ritmo e battito l’uno dell’altro.  Avevano imparato il rumore dei rispettivi cuori prima ancora di imparare di cosa sapessero le loro labbra. Il cuore è sottovalutato: dicono che spesso tragga in inganno, dicono che sia traditore.
Ma il cuore il più delle volte è ciò che ci guida. Se contassimo solo sul cervello saremmo solo scienza e non capiremo una cosa importante : il dolore è come un cuore che va fuori tempo. Quello della persona a ci facciamo del male.  È il solo modo per non ripetere più gli errori.
Sebastian guardò Kurt dritto negli occhi per poi afferrarlo a stringerlo a sé per trovare rifugio nell’incavo del suo collo
“Ho imparato una cosa con te : amare significa non dover dire mai mi dispiace [3]. Kurt, io ti amo. L’ho imparato quando ho visto come hai reagito davanti a Blaine a casa nostra. ”
 Si avvicinarono lentamente. Un passo per volta. Era strano: erano finiti a letto insieme, eppure in quel momento ebbero come la sensazione  di essere stati distanti – troppo distanti – sia fisicamente che a livello emotivo. La distanza, il freddo di quei momenti sembrava ancora aleggiare un po’ su di loro. I ricordi vivevano in loro: erano in Sebastian che gli porgeva la mano, aspettando un gesto di Kurt. Erano in Kurt con gli occhi lucidi.
Erano loro che volevano ritrovarsi. Non per forza, né per dovere. Solo per amore. Ora potevano dirlo. E non pesava.
Kurt prese la mano di Sebastian.
“Mamma diceva sempre: devi gettare il passato dietro di te prima di andare avanti”.[4] Kurt tese l’altra mano a cercare la guancia di Sebastian, e quando la trovò, provò una sensazione strana. Era come un flashback, ritrovarsi a contatto di nuovo con lui non era strano. Era bello e capiva quanto gli fosse mancato.  Alla fine si erano trovati. O meglio, Kurt aveva trovato Sebastian. Magari lui lo aspettava da una vita, magari nona aveva avuto il coraggio di ammetterlo. Ma alla fine era lì. Nessuno era scappato. Non c’erano state fughe strategiche dai sentimenti. Solo un volersi recuperare.  “Sebastian, vuoi essere il mio futuro?”
Il ragazzo lo scrutò, andando a cercare con la propria la mano che Kurt teneva sulla sua guancia.
Sì, Kurt. Sì che lo voglio. Se vuoi che io sia  il tuo.Adoro il fatto che tu abbia freddo quando fuori ci sono venticinque gradi. Adoro il fatto che ci metti un’ora e mezzo per ordinare un panino. Adoro la piccola ruga che ti si forma sul naso quando mi guardi come se fossi matto. Adoro il fatto che dopo aver passato una giornata con te, possa ancora sentire il tuo profumo sui miei vestiti. E adoro il fatto che tu sia l’ultima persona con la quale voglio parlare prima di addormentarmi la notte. Non è che mi senta solo, e non c’entra il fatto che sia Capodanno. Sono venuto qui stasera perché quando ti rendi conto che vuoi passare il resto della tua vita con una persona, vuoi che il resto inizi il prima possibile.”[5]
Il tempo ci da una lezione importante: tutto passa, tutto scorre, ma niente – assolutamente nulla – della persona che amiamo ci lascia indifferenti. Riusciremo sempre a ricordare la prima volta che si è fatto l’amore, il primo bacio, le abitudini l’uno dell’altro.  Il tempo non riesce a portare via ciò che noi custodiremo gelosamente fra il cuore e il cervello.  Forse porterà via un po’ del colore che animava quei momenti, ma nulla potrà far vacillare un sentimento quando è puro. Quando si ama non si seguono le lancette di un vecchio orologio: siamo noi ad essere il tempo stesso con i nostri battiti cardiaci, il nostro battito di ciglia, il nostro stringere la vita per i fianchi e farla nostra, piuttosto che lasciarsi trasportare.
Kurt in quel momento ricordò ogni dettaglio di quei giorni insieme e capì non che non gli avesse apprezzati, ma quanto gli erano mancati. Lui di quei momenti non avrebbe saputo più farne  a meno.
“Mi ricordo che una mattina mi sono svegliato all’alba con dentro un grande senso di aspettativa. Hai presente, no? Lo conosci? E mi ricordo di aver pensato: ecco, questo deve essere il preludio della felicità. Questo è solo l’inizio, e d’ora in poi crescerà sempre di più. Non mi ha sfiorato l’idea che non fosse il preludio. Era quella, la felicità. Era quello, il momento. Era quello.”[6] Quando Kurt pronunciò quelle parole si ritrovò catapultato nei ricordi. Le mattine in cui si era svegliato abbracciato a Sebastian, il tempo perso a disegnare mappe di mondi immaginari sui suoi nei. “Io ho capito che non poteva essere finita. Non lascerò che il passato si metta fra di noi”.
Quel noi sulle sue labbra suonava così bene che Sebastian volle imprimersi il momento sulle sue, così strinse Kurt  e ne cercò la bocca. Fu un bacio lento, che serviva a riconoscersi e ritrovarsi. Perché sì, si erano persi. Ma così fu bello ritrovarsi. Era tornare a casa in un mondo che sa di labbra rosse e umide, di labbra morse e vezzeggiate. Di labbra amate.
“Sì,non era finita,e non è finita neanche ora….”[7] Sussurrò Smythe, poggiando la fronte contro quella di Kurt, stringendo il collo e accarezzandone la nuca.
“Quando ami qualcuno ami tutto di questa persona, funziona così. E allora devi amare ogni cosa di me, non solo le cose buone, ma anche quelle cattive, le cose che trovi adorabili e quelle che non ti sembrano tanto adorabili.”[8] Avrebbero imparato a convivere con tutto questo? Era un mistero. Ma sapevano che tutto va costruito giorno per giorno e la loro storia non sarebbe stata da meno.  Avrebbe faticato, non sarebbero mancate le litigate. Ma tutti sanno che gli amori rose e fiori non danno ciò che un amore vissuto può dare: la certezza di tornare sempre a casa. Anche se casa non sono quattro mura, ma le braccia della persona che ami. Casa non sono delle lenzuola a caso, ma sono quelle che la mattina si rassetta insieme, anche se uno dei due sbuffa perché troppo pigro. Casa sono le abitudini, come il caffè dopo pranzo. Casa è giocare a “carta, forbice, sasso per vedere chi lava i piatti.
Tutti noi meritiamo di tornare a casa, anche se ogni tanto capita di perdersi.
Kurt e Sebastian avevano trovato il loro rifugio, l’uno negli occhi dell’altro.
“Vieni a casa con me, Sebastian”
“E’ tutta la vita che cerco una casa” sussurrò il più alto, nascondendo il naso fra il collo e la spalla di Kurt.
“Credo che tu l’abbia trovata, piccolo mio”.
Quando Sebastian sollevò lo sguardo trovò Rosario che gli sorrideva.
“Sei cresciuto, ma sei sempre lo stesso. Hai bisogno di qualcuno che ti ami. Che lo faccia davvero. Ora saprai sempre dove trovarmi. E dovresti ringraziare la tua amica Santana, credo che ti voglia molto bene”.
Kurt gli mise una mano sul fianco, come a spronarlo.
“Abbiamo tante cose da sistemare”.
“Lo faremo insieme?”
“Insieme”.
 


 
 
 
 
 
 
 
 
[1] citazione da “Colazione da Tiffany”
[2] citazione da “Canone inverso”
[3] citazione da “Love Story”
[4] citazione da  Forrest Gump
[5] citazione da dal film d’amore “Harry ti presento Sally “
[6] Tratto dal film: “The hours”
[7] Citazione da “Le pagine della nostra vita”
[8]Frase dal film “Appuntamento con L’amore”
 
I’m here
 
È finita. Lo so, avevo detto che sarebbe durata di più, ma ieri mi sono riguardata il video a cui è ispirata e davvero non da altri spunti.  Credo sia giusto finirla qui, per evitare di scrivere qualcosa che possa arrivare a detestare e non mi soddisfi più. Questo capitolo mi è piaciuto perché ho potuto mette in mezzo una delle cose che mi appassiona di più: il cinema. Ho amato mettere in mezzo e far dire a Kurt e Sebastian tutte queste cose.
 Questa storia mi ha fatta penare. È iniziato tutto a Febbraio e finisce ora, a Giugno. Sono stati cinque mesi intensi, ho conosciuto gente fantastica e mi sono confrontata con tanti pareri. Quindi ora arriva la parte che amo di più, i ringraziamenti.
Alla mia beta, Silvia ( honey, lo so che tornerai prima o poi).
A Luh, la mia piccola rossa.
A Ele, che mi cita Mickey di Shameless ( ti mando anche si mandi a quel paese <3).
A Pi, che mi ha adottata. Love ya, daddy ( anche se ti rovino i finali).
A Vals, piccolo unicorno dagli occhi buoni.
A Vale, che ha il sorriso più bello del mondo.
Ai duecento chilometri che mi separano da casa.
Ai miei ritorni a casa, quelli che mi fanno piangere ogni volta che preparo la valigia.
Ai miei genitori, cuori buoni e pazienti che hanno una figlia troppo sognatrice.
A mia sorella, piccola fonte d’ispirazione.
A chi ha avuto la pazienza di arrivare sino a qui.
Grazie.
 

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