Pieces of us

di Alex_Andria
(/viewuser.php?uid=240464)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Neri come l'onice ***
Capitolo 2: *** L'amante di una notte ***
Capitolo 3: *** Fine di una brillante carriera ***
Capitolo 4: *** Il sangue caldo del Sud ***
Capitolo 5: *** Rivelazioni ***
Capitolo 6: *** Come un dolce di zucchero ***



Capitolo 1
*** Neri come l'onice ***


A Gareth.
Amami quando lo merito meno,
 perché sarà quando ne ho più bisogno.
[Caio Valerio Catullo]

 
 
 
Il peso del braccio di Alexandria sul suo petto lo svegliò. Aprì lentamente gli occhi. Era già mattina?
Forse, visto il leggero chiarore che filtrava dalle spesse tende della sua camera nella residenza cittadina della Reggenza di Salimarr, ma non aveva nessuna voglia di alzarsi.
Non con lei addormentata al suo fianco.
Aveva i lunghi capelli castani sparsi morbidamente sul cuscino, l’espressione serena, le labbra carnose leggermente dischiuse.
Il corpo era abbandonato nell’abbraccio confortante del sonno. Alexandria non riusciva a stare ferma neanche mentre dormiva.
Era solita intrecciare le gambe alle sue, spesso dormiva rannicchiata sul suo petto, altre volte, come adesso, lo cercava con le mani e finiva per abbracciarlo.
Lei nemmeno se ne accorgeva. La mattina Gareth si svegliava sempre con lei addosso e questo lo faceva impazzire d’amore e desiderio.
Il petto di Alexandria si sollevò improvvisamente, impegnato in un respiro più profondo.
Gareth la osservò e non potè fare a meno di sorridere: quella ragazzina era riuscita a incastrarlo, facendogli dismettere i panni da rubacuore incallito e rinnegare la gloriosa carriera di sciupafemmine che si era con molta perseveranza costruito insieme al fedele compagno d’avventure , sentimentali e non d’armi, Bryce, la sua spalla come amava definirsi lui stesso.
Alexandria si mosse, girandosi in posizione supina e liberandogli il petto da quel dolce peso.
Il nastro che chiudeva la scollatura della camicia da notte le si era allentato e i suoi movimenti notturni avevano fatto il resto, così Gareth si trovò davanti ai seni di Alexandria che si erano ribellati alla costrizione della leggera stoffa della camicia, offrendosi alla sua vista. Percorse con un dito quella pelle morbida non riuscendo a resistere dal disegnare un cerchietto attorno all’areola del capezzolo, salendo verso la spalla e poi sul collo e sul mento fermandosi solo sulle labbra dischiuse, accarezzandole con le dita.
Gli venne voglia di baciarle ma Alexandria dormiva ancora profondamente e non voleva svegliarla, non ancora.
Le accarezzò con molta delicatezza i contorni del viso, la punta del naso, ogni piccola lentiggine che le adornava il volto, rendendolo unico e bellissimo.
Quando arrivò agli occhi si fermò di scatto. Quegli occhi neri l’avevano catturato irrimediabilmente fin dalla prima volta che si erano posati su di lui.
Le accarezzò i capelli e si perse in quel ricordo, uno dei tanti che la riguardavano, incisi ormai in modo indelebile nella sua memoria.

Quella sera era uscito a far baldoria con Ross e  Bryce, gli amici di sempre.
A notte fonda  avevano deciso di andare alla Cittadella alla ricerca di cibo e vino e si erano infilati in una taverna piena di avventori, molti dei quali erano studenti.
Ricordò di aver intravisto anche dei volti a lui familiari, Cain Blackmore della linea di sangue Blackmore e l'ex tribuno degli studenti Jeremy Addison.
Il primo era circondato da donzelle che evidentemente e consapevolmente erano attratte dal fascino pericoloso del redivivo, il secondo era impegnato in una discussione
forense con un gruppo di studenti anziani.
Prese posto a un tavolo con Bryce e Ross in attesa di essere servito ma non fece in tempo a sedersi che una sensazione stranissima gli provocò uno spasmo improvviso
alla bocca dello stomaco, sentì di essere osservato, come se qualcuno lo stesse fissando da dietro le spalle e ne sentisse lo sguardo puntato addosso.
Si girò verso quello sguardo e trovò due occhi colore dell’onice che lo fissavano imbambolati.
Gareth era abituato agli sguardi che le donne gli lanciavano, sguardi voluttuosi che lui non disdegnava di ricambiare e che erano il preludio a un gioco di intese
che finiva sempre con la vittima sedotta e abbandonata.
Il suo fascino svampito e disarmante faceva cadere le signore ai suoi piedi come frutta matura e questo era stato sempre il suo modo di fare,
nessuna lo aveva mai interessato tanto da volersi legare a una sola donna. Nessuna fino ad allora.

- Chi è?- Gareth si rivolse a Bryce che guardò la ragazza verso cui puntavano gli occhi di Gar e sorrise di rimando, dandogli una pacca sulla spalla.
-Non è roba per te, mio caro amico!- Rise, versandogli il vino che nel frattempo un servo aveva portato al loro tavolo.
-Tieni, consolati con questo e cerca un’altra preda su cui concentrare le tue attenzioni. Quella non è adatta a te.-
Gareth prese il bicchiere che Bryce gli porgeva bevendo e continuando a guardare la ragazza di soppiatto.
-Perché? Cosa c’è in me che non va?-
-Io la conosco…- Si intromise Ross, adocchiando la ragazza che nel frattempo, sentendosi al centro dei loro discorsi, si era messa a parlare fitto fitto
con altre due ragazze che l’accompagnavano.
-Oh, Ross! Ecco un buon buon motivo per cui non mi pento di averti portato con noi- Gareth posò il bicchiere avvicinando la sedia a quella di Ross con fare cospiratorio.
-Dimmi chi è.-
-E’ la cugina  di Sophia Blackmore. Si chiama…- Ross si massaggiò la fronte con le dita cercando di ricordare il nome della fanciulla quando Bryce gli venne in soccorso.
-Si chiama Alexandria, è una Mayfield ed è anche la cugina di Gabriel Stuart-Sinclair. Ecco perché avere un’avventura con lei non è davvero una buona idea, Gar!-
Una Mayfield!
Gareth si voltò di scatto nell’ansiosa ricerca di quegli ammalianti occhi neri e senza neppure accorgersene si ritrovò a sussurrare il suo nome.
-Alexandria…-

- Lo sai che succede se pronunci il mio nome in quel modo!-  Alexandria gli sorrise stiracchiandosi mollemente contro di lui.
- Sei sveglia?- La sua voce non nascondeva il desiderio con cui gli occhi la stavano guardando e le sue mani rivelarono completamente le sue intenzioni.
- Ora sì! – Alexandria gli infilò le dita tra i capelli tirandolo a sé, sfiorandogli le labbra con le sue.
L’ultima cosa che Gareth vide prima di sprofondare dentro di lei furono i suoi occhi neri come l’onice,
quegli occhi magnetici che come quella pietra preziosa avevano il potere di risucchiare tutto nel loro abisso di oscurità.


Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** L'amante di una notte ***


Al mio Gareth.

... e da allora sono perchè tu sei,
e da allora sei, sono e siamo, 
e per amore sarò, sarai, saremo.

- Pablo Neruda

 
-Gli passerà, gli è sempre passata.-
- Ma guardalo, sembra un ebete.-
- Non è una novità che lo sembri.-
-Stai scherzando, Bryce? Non fa altro che parlare di lei.
Per strada fissa tutte nella speranza di trovarla tra la folla, rifiuta di venire ad ubriacarsi con me e non va a donne da quella sera in cui l’ha vista alla taverna.-
Ross scosse il capo preoccupato. Le teste dei due si girarono all’unisono verso Gareth che, sprofondato su una poltrona dello studio della residenza cittadina della Reggenza di Aldenor, era intensamente impegnato a guardare un dipinto che ritraeva un antenato dei Vandenberg.
-Che diavolo significa che non è andato più a donne da quella sera?- Bryce prese sottobraccio Ross parlandogli sottovoce all’orecchio.
-Quello che ho detto, Bryce! Vuoi che ti faccia un disegnino?-
- No, grazie! Le tue nature morte non mi interessano.-
Bryce sghignazzò mentre Ross lo fulminò con lo sguardo.
-Stasera c’è una festa al Borgo di Altieres, potremmo convincerlo a venire con noi.-
-Hai detto la parolina magica, Ross!- Lo sguardo di Bryce sembrò illuminarsi.
-Davvero? Quale parolina? –Ross lo guardò confuso.
-Sei davvero più tonto di lui!- Rise indicando Gareth che nel frattempo si era alzato per guardare il quadro più da vicino.
-Altieres - Bryce scandì le lettere della parola come si fa con quelli che hanno difficoltà di comprendonio.
-Oh! Non ci avevo pensato! E’ vero, Alexandria viene da Altieres.
Che diavolo sta combinando con quel quadro?-
Gareth alla fine aveva deciso di togliere il quadro dal muro poggiandolo a terra e ora sembrava studiare con attenzione il chiodo piantato nell’intonaco.
-Non lo so, ma se ti chiede un martello ti proibisco di darglielo!-
  


                        *     *    *     *    *  


Il Borgo di Altieres era come se l’era immaginato.
Fioriere stracolme di fiori a ogni finestra, balconi ornati da ghirigori e decorazioni intricate, colori caldi che ricordavano il clima di quella terra bagnata dal mare e baciata dal sole tutto l’anno. Bryce e Ross non avevano faticato molto a convincerlo a seguirli.
Per molti giorni aveva combattuto una battaglia con sé stesso: da una parte continuare ad essere lo stesso di sempre, l’amante di una notte che non voleva legami, dall’altra seguire il suo istinto che lo portava irrimediabilmente verso quella ragazza incontrata in una taverna, una notte come tante.

Quegli occhi neri come l’onice li sognava la notte, sognava di accarezzare quei lunghi capelli fatti di fili di seta, di sfiorare quella pelle
morbida come il velluto, di baciare quelle labbra rosse come ciliegie mature. Sembrava stregato. Non gli era mai successo prima.
Le donne non gli erano mai mancate, eppure adesso non sentiva alcun interesse per nessuna che non fosse Alexandria.
Alexandria…

Sperava di incontrarla quella sera al Borgo.
Aveva pensato molte volte di andare al Collegio di Altieres per poterla vedere ma la sua presenza da quelle parti non sarebbe passata inosservata e lui non voleva esporsi. Bryce lo aveva avvertito sulle parentele della ragazza e la sua fama di donnaiolo mal si accordava con le sue intenzioni. Volere Alexandria significava essere un altro Gareth, il che gli procurava una certa inquietudine.

-Sei pensieroso- Disse Bryce prendendolo per un braccio.
-Vieni, Ross ci sta aspettando vicino alle bancarelle dei dolci.-
Si fecero largo tra la folla che animava la piazza cercando di raggiungerne il bordo pieno di bancarelle che esponevano la loro merce.
Le feste al Borgo di Altieres erano sempre molto allegre, piene di gente che beveva e mangiava e ballava.
Un’orchestrina strimpellava delle canzonette che tutti sembravano conoscere perché le cantavano mentre si agitavano battendo i piedi all’unisono. Una specie di marea umana danzante gli venne addosso separandolo dalla stretta di Bryce che scomparve, sommerso dalla calca.
Cercò di orientarsi quando due braccia gli cinsero il collo e due labbra calde si appropriarono delle sue, baciandole.

Gareth rimase imbambolato, subendo quel bacio tanto improvviso quanto inaspettato.
- E’ passato molto tempo dall’ultima volta, Gareth.-
La voce familiare lo fece sobbalzare mentre,come una cascata, tutti i ricordi legati a quel modo di pronunciare il suo nome si riversarono nella sua mente.
-Hule!- Gareth se la scrollò di dosso e la guardò in malo modo.
-Che ci fai qui?-
-Potrei chiederti la stessa cosa. Non ricordavo tu fossi tipo da feste di piazza.-
Hule Jansen era una bella donna, più grande di lui. Aveva lunghi capelli neri e gli occhi di un azzurro acceso, simile al cielo estivo senza nemmeno una nuvola. Indossava un abito che metteva in evidenza le sue curve, senza farla sembrare volgare.
Era elegante ma qualcosa nel suo modo di fare la rendeva diversa dalle altre donne, più matura o più vissuta forse.
-Neanche io ti ricordavo amante di feste del genere.-
Gareth sorrise mellifluo, calcando la voce sulla parola amante.
Le tolse le braccia dal collo e gliele sistemò lungo i fianchi, cercando di mettere una certa distanza tra lei e lui.
- Adoro le feste da ballo e adoro ballare. Ma tu lo sai, visto che ti ho fatto da maestra.- Hule rise premendo il corpo contro il suo.
-Fammi ballare, Gar… In ricordo dei vecchi tempi.-
Senza aspettare che Gareth le rispondesse, Hule gli prese le mani facendosi cingere i fianchi e iniziò a muoversi seguendo la musica.
Gareth non potè fare a meno di assecondarla e si ritrovò in mezzo alla piazza a ballare con quella che una volta era stata la sua amante.

Non era quella  la donna che avrebbe voluto stringere tra le braccia.
Quel ballo lo catapultò dolorosamente  nel passato, quel passato che aveva deciso di dimenticare,che lo aveva portato a essere
quello che era, un amante di una notte che non voleva legami.

Fu allora che li sentì di nuovo, puntati violentemente su di lui.
Quegli occhi …
Alexandria li stava guardando ballare. Guardava le mani di Hule che gli cingevano il collo, le sue mani che le stringevano i fianchi,
il loro corpi stretti l’uno all’altro. E si sentì bruciare.
Quando i loro sguardi si incrociarono Gareth capì. Anche lei stava bruciando per lui.
Alexandria strinse i pugni, lo guardò per l’ultima volta negli occhi e poi si voltò, sparendo in mezzo alla folla.
Fu come se gli avessero dato un pugno in piena faccia.
- Alexandria…- Sussurrò piano.
Quel nome semplicemente sussurrato divenne un grido quasi disperato.
Gareth si gettò istintivamente tra la gente che ballava,  prendendo a spallate chiunque gli impedisse di raggiungerla.
Arrivò trafelato davanti a una piccola piazza con una fontana al centro. La folla della festa era scomparsa.
Appoggiò le mani sulle ginocchia cercando di riprendere fiato.
- Gareth…-
Non ebbe bisogno di alzare gli occhi per sapere a chi appartenesse quella voce.
-Alexandria…-


Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Fine di una brillante carriera ***


Sempre a te, amore mio...
Omnia vincit amor et nos cedamus amori
Publio Virgilio Marone  (Bucoliche, X, 69)

-Gareth Phebus Eldrige-
Quella voce sembrava simile a una miriade di campanellini tintinnanti che risuonarono all’unisono nella sua testa.
- Che io conosca il Duca della Chiave non è strano, che voi conosciate me è, invece, un bel mistero.-
Alexandria sorrise a Gareth che nel frattempo si era raddrizzato, anche se aveva ancora il fiatone, dopo la corsa tra le viuzze del Borgo di Altieres all’inseguimento di quella ragazza che ormai, ne era convinto, l’aveva davvero stregato.
Quando lei lo aveva chiamato per nome gli era venuto naturale risponderle, chiamandola a sua volta e capì di essere in svantaggio con lei, cosa questa davvero insolita per lui.

-E perché mai, Lady Mayfield? Avete parenti illustri e questo fa di voi una fanciulla in vista.-
Gareth la fissò col suo solito sguardo da conquistatore e le si avvicinò con le peggiori intenzioni del mondo.
Era intenzionato a scoprire se quello che sentiva per lei era solo attrazione fisica o se il suo strano modo di comportarsi da quando l’aveva vista era dettato da un sentimento più profondo, qualcosa che era sopito dentro di lui da molto tempo e che pensava non si sarebbe più risvegliato.
Alexandria si strinse nelle spalle, decisamente in imbarazzo, forse per via della sua vicinanza, pensò Gareth con un piccolo moto di esultanza.
Non gli era indifferente e questo lo spinse ad avvicinarsi ancora di più a lei.

-Vi riferite alla protetta del vostro caro amico Bryce Vandemberg o al mio amato cuginetto Gabriel?-
Si sistemò una ciocca di capelli e lo guardò dritto negli occhi, cercando di non sembrare intimorita da quegli occhi verdi puntati su di lei.
-Mi riferisco a entrambi, Milady.- Gareth le si fece ancora più vicino.
Poteva sentire il calore del suo corpo e il rumore del suo respiro accelerato. Il profumo di muschio e ambra che l’avvolgeva gli fece girare la testa per un attimo.
Alexandria fece rapidamente un passo indietro e gli voltò bruscamente le spalle, dirigendosi verso la fontana.
Quando si voltò per guardarlo sembrava tranquilla, come se quella piccola distanza che lei aveva messo tra loro due l’avesse rimessa a suo agio.

- Stavate cercando un po’ d’aria, Milord? Le stradine di Altieres si somigliano tutte. Se volete tornare alla festa prima che si faccia troppo tardi dovreste muovervi, altrimenti rischiate di non trovare più nessuno ad attendervi.-
- Le feste in piazza non mi sono mai piaciute, Alexandria.-
Gareth fece finta di nulla e le si affiancò con molta cautela porgendole il braccio, quasi temendo di vederla scappare via da lui.
-Tuttavia temo che il labirinto delle vie del tuo Borgo mi farebbe passare qui tutta la notte e direi che mi piacerebbe trascorrerla in modo più proficuo.- 
Le sorrise ammiccando e aspettò con ansia che lei gli prendesse il braccio.

Le guance di Alexandria si imporporarono per il repentino passaggio al tu e lui sorrise ancora di più, vedendo quale effetto le provocasse solo con una semplice parola.
-Non lo metto in dubbio, Gareth. La tua fidanzata starà impazzendo: una notte senza di te potrebbe segnarla per sempre.-
Gareth si irrigidì, non perché lei gli avesse risposto a tono,dandogli a sua volta del tu, ma per l’accenno alla presenza di quella che Alexandria credeva fosse la sua fidanzata ma che in realtà altro non era che la sua amante di un tempo passato e dimenticato.
Fino a quella sera, per lo meno.

-Non ho nessuna fidanzata, Alexandria.-
Lei lo guardò sgranando gli occhi, stupita.
-Oh…Avrei giurato di averti visto ballare con una bella donna dai capelli corvini che ti teneva avvinghiato e ti baciava.-
Gareth capì che lei non avrebbe voluto parlargli così, perché Alexandria istintivamente si portò una mano alla bocca come se le parole le fossero uscite senza controllo.
-Non era la mia fidanzata.-Disse Gareth, gelido. Abbassò il braccio che le porgeva rimanendo immobile, ritto al suo fianco.

-Oh, è vero… effettivamente è normale baciare una donna in quel modo se non è la tua fidanzata.-
Alexandria parlò con un accento di ironia nella voce, nell’evidente tentativo di provocarlo.
-Non lo è. Vorresti che lo fosse?-
I suoi occhi saettarono su di lei e ne colsero ancora il rossore nelle guance, ma dubitava che stavolta si trattasse di imbarazzo, piuttosto era rabbia e ciò era evidente anche da come stesse stringendo i pugni.
La sua espressione era simile a quando l’aveva guardato per l’ultima volta prima di perdersi tra la folla della piazza, subito dopo che Hule l’aveva baciato.

Decise di approfittare della sua reazione prendendola per un braccio, tirandola a sé.
- O magari vorresti essere tu al suo posto?-
Quella ragazzina riusciva a suscitare in lui le emozioni più contrastanti. Lo attirava come una calamita, sentiva di volerla ma ne era allo stesso tempo spaventato. E lo irritava, fastidiosamente.
-Al suo posto oppure facendo a turno con lei?-
Alexandria finì tra le sue braccia e non fece nulla per respingerlo.
Lo fissò stringendo gli occhi come se volesse leggergli dentro, fargli dire quello che non aveva mai rivelato a nessun’altra.
Invece lui sorrise e la strinse a sè.

-Sono libero come l’aria, Milady! Un fringuello che vola libero senza nessun legame.-
- I fringuelli mi piacciono ma per i cervi e le loro corna nutro una vera e propria antipatia.-
Gareth si irrigidì ma non lasciò la presa su di lei.
-Quella donna per me è morta, morta!-
Le parole gli uscirono con prepotenza, la mascella serrata nell’atto di trattenere la rabbia mista a disperazione che gli aveva investito il petto, asserragliandogli il respiro, gli occhi, che solitamente gli brillavano come due smeraldi, cupi come fondi di bottiglie di vetro vuote.
Il tono in cui pronunciò quelle parole non ammetteva repliche.

E Alexandria non replicò.
Non capì mai come le sue labbra finirono su quelle di lei, né come le sue mani si intrecciarono ai suoi capelli, né come lei lo abbracciò cingendogli i fianchi.
Si baciarono a lungo, assaggiandosi e assaporandosi, come se volessero placare la fame che li divorava,come se solo il contatto tra di loro, delle loro bocche,
delle loro mani sui loro corpi, potesse salvarli da un destino di infelicità e disperazione.
Quel bacio fu l’inizio della fine della gloriosa carriera di donnaiolo del pluridecorato amante Gareth Phoebus Eldrige.

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Il sangue caldo del Sud ***


                                                                                                                                                                                                                                                                                              
                                                                                                                                                                                                                                                                                             

A Gareth.


“Perché dove sono stato con te
si va solo con te, attraverso te.”


Pedro Solinas
 

                                                                                                                                                                                                                                                                           






-Ahi, stai attenta! Quello era il mio piede.-
-Non è un piede è una pagnotta del forno di mastro Lisander.-
-Caroline, la tua lingua potrebbe starci dentro a quella pagnotta, tanto è lunga.-
-Smetti di darmi gomitate, Fay! Sei tu che hai la grazia di un elefante.-
-Ha parlato la farfalla! Ogni volta che andiamo da mastro Levolier a prendere le pozioni e gli oli, secondo te, perché è un fulmine a mettere via le boccette?
Perchè le protegge da te, mia cara.-
-Volete stare zitte, voi due? Potevate restare in camera se avevate intenzione di litigare tutto il tempo.-
Alexandria sbuffò, visibilmente irritata. Guardò le cugine che continuavano a beccarsi come due galline in un pollaio e si pentì amaramente
di averle portate con sé. Si erano nascoste in mezzo ai cespugli che fitti circondavano la residenza cittadina della Reggenza di Aldenor. 
Era un ottimo posto da dove poter osservare, senza essere viste, complice anche l’oscurità della notte.
Non dovevano trovarsi lì e, in realtà, Alexandria voleva fare l’appostamento da sola ma aveva fatto l’imperdonabile errore di accennare le sue intenzioni
alle cugine, le quali avevano pensato che non potevano assolutamente lasciarla da sola ad affrontare quell’impresa perigliosa.
Certo, volevano aiutare lei e non avevano minimamente considerato che, accompagnandola,  avrebbero potuto godere della vista
di  Axel Vandemberg e di suo fratello Bryce.
Sull’eventuale presenza di  Gareth Eldrige, che era poi la ragione che le aveva spinte a mimetizzarsi tra le foglie, non avevano fatto alcun commento.
Quando lei lo aveva nominato si erano limitate a spalancare la bocca e a guardarla maliziose, scambiandosi occhiate d’intesa l’una con l’altra.

Alexandria non aveva raccontato molto sul suo incontro con il bel Duca della Chiave, rimanendo  sul vago.
Non aveva detto che si erano guardati come se non fossero due estranei ma come se lo spazio che li divideva fosse una tortura, come se
sentisse di dover trattenere il suo corpo che altrimenti si sarebbe ritrovato avvinghiato a quello di lui in un batter d’occhio, incurante di tutto e tutti.
Non aveva raccontato loro del bacio alla festa del Borgo di Altieres, di come si fosse ritrovata stretta tra le sue braccia, le labbra calde e morbide di lui sulle sue, di come il suo nome sussurrato appena l’avesse fatta fremere di desiderio e di come avesse sofferto al pensiero che quelle labbra avevano poco prima baciato un’altra donna e lo avrebbero rifatto ancora e ancora.

Era bastato solo nominare Gareth per far scattare nella testolina delle cugine le macchinazioni più assurde.
Alexandria da sempre era la più posata delle tre Mayfield. Raramente si intrometteva nei discorsi di Caroline e Fayette sui ragazzi:
Fay si innamorava una volta al giorno e Carol era solita usare la sua bellezza per fare conquiste e così entrambe erano spesso accompagnate
da giovanotti aitanti e vogliosi di  ottenere i loro favori.
Tranne Sandria. Lei le guardava spesso con aria di superiorità, come se l’amore  fosse un sentimento che rende stupidi e lei ne fosse immune.
Le cugine le dicevano che era acida e che per questo nessun ragazzo l’avrebbe mai corteggiata, dicevano che lei li intimoriva e che,
sebbene fosse la più bella delle tre, il suo caratteraccio non le avrebbe mai fatto trovare il principe azzurro.
Per lei il principe delle favole non era poi così desiderabile, in fondo a lui era toccato baciare la Bella Addormentata, davvero un’impresa ardua la sua!
Lei, invece, si sentiva come la principessa a cui sarebbe toccato baciare il rospo. Così aveva deciso che le favole non facevano per lei.
Tutto questo prima di Gareth. Lui era riuscito a fare breccia nel suo cuore  anche se, in verità, non riusciva a capire come avesse fatto:
era tutto quello che non avrebbe voluto, bello da far tremare i polsi, desiderabile fino allo sfinimento, conteso da tutte.
Le ragazze sospiravano alla sua vista, sciogliendosi in gridolini estasiati se lui ricambiava il loro sguardo.
Sorrideva a tutte e tutte cadevano nella sua rete di seduzione. E anche lei non aveva fatto eccezione.

Gareth era stato il primo ragazzo che aveva nominato alle cugine e il fatto che fosse anche il Duca della Chiave,
erede della Reggenza di Salimarr e molto vicino ai Vandemberg, aveva talmente infervorato Caroline e Fayette che non era riuscita
in alcun modo a impedire loro di seguirla quella notte. Lei, in realtà, voleva solo rivedere Gareth senza che lui la vedesse.
Non dopo che lo aveva spintonato via mentre la baciava nella piazza, non dopo che gli aveva tirato un manrovescio in pieno volto così che
mollasse la presa su di lei, lasciandolo attonito a carezzarsi la guancia dolorante, mentre lei fuggiva via come se fosse inseguita da un demone del Presidio.

- Dovresti esserci grata per averti accompagnato, invece di sbuffare e fare la risentita. Stare nascoste in mezzo a dei cespugli nel cuore della notte
non è cosa da ragazze della buona società di Altieres.-
Fay decise di fare una tregua con Caroline, rivolgendo le sue attenzioni ad Alexandria, la quale la guardò stringendo gli occhi,
per nulla contenta del tono della cugina.
-Sei tu che hai voluto accompagnarmi, non te l’ho chiesto io. Sono sicura che per Bryce Vandemberg faresti questo ed altro, Fay.-
- Bryce non la guarderebbe nemmeno se costretto da un incantamento.-
Caroline scoppiò a ridere e Fay le diede una leggera spinta che la fece cadere sul sedere.
-Voi due ci farete scoprire! Smettetela subito!
-Su, Alex… Non c’è nessuno… Magari ti sei sbagliata e non verranno  qui, stanotte.- Caroline si sistemò, accovacciandosi sulle ginocchia accanto a lei, ignorando la sorella che le faceva ancora la linguaccia.
-Non mi sbaglio. Ho sentito Julian e Jordan che si vantavano con Sophia di essere stati invitati anche loro a Palazzo Vandemberg per una cena stasera.
Ci saranno tutti.-
-Tutti?- Anche al buio Caroline e Alexandria videro luccicare gli occhi di Fay in preda all’eccitazione. Non ebbero bisogno di mettersi d’accordo e con un movimento rapido la colpirono ognuna su una spalla, facendola rotolare a terra.
-Sei senza speranza, Fayette!- Caroline la aiutò a sedersi e in quel momento sentirono delle voci provenire dall’entrata del Palazzo.

L’enorme portone si era spalancato e tre figure si stagliavano contro la luce che proveniva dall’androne principesco.
Sulle scalinate di marmo bianco  si delinearono le ombre dei tre che parlavano e ridevano.
Alexandria riconobbe subito una delle voci e quella risata iniziò a rimbombarle in testa mentre il cuore le martellava nel petto.
-Oddio, il principe Bryce! Come vorrei che le sue mani toccassero me come toccano le sue rose.-
-Fay, stai zitta! Riesci a capire chi è l’altro, Alex?- Caroline spinse fuori la testa dal cespuglio per osservare meglio ma Gareth le copriva la visuale.
Anche Alexandria si affacciò tra i cespugli, aguzzando la vista.
Stava per parlare quando un grido disumano la atterrì, facendola saltare fuori dai cespugli insieme a Caroline.
Le ci volle un po’ per capire che a urlare era stata Fay .
La ragazza, in preda al panico, saltellava terrorizzata indicando col dito qualcosa di imprecisato, continuando a gridare che l’aveva toccata.
Alexandria chiuse gli occhi e imprecò a denti stretti nel tipico dialetto di Altieres. Quando li riaprì, lui era lì e la osservava con un ghigno divertito sul volto,
gli occhi verdi accesi dalla curiosità. Assieme a lui, Axel e Bryce Vandemberg non sembravano tanto divertiti, quanto piuttosto irritati.

- Bryce, Axel, ho l’onore di presentarvi la deliziosa Alexandria Mayfield, piacevolmente accompagnata da...?-
Alla domanda di Gareth rispose prontamente Caroline che, ripresasi in fretta dall’imbarazzo , si era lisciata le gonne facendo una leggera reverenza.
-Caroline Mayfield, milord! E lei è mia sorella Fayette.- Disse indicando con la mano Fay che aveva smesso di saltare e il cui viso tondo aveva assunto
il colore delle fragole mature.
-Eravate, per caso, nascoste in mezzo ai cespugli?-
La voce morbida di Bryce fece completamente sciogliere la piccola Fayette che dovette aggrapparsi alla sorella per non cadere a terra,
tramortita da tanta bellezza.
Axel sorrise, pur cercando di mantenere una certa serietà.
-Non è un po’ tardi per andare in giro da sole, signorine? Dovreste essere al sicuro nelle vostre stanze, a dormire e non a passeggio.-

Incapace di muoversi, Alexandria aveva lo sguardo incatenato a quello di Gareth, il quale si mosse rapido verso di lei fino a sfiorarla col suo corpo.
-Ci rivediamo, Alexandria.-
Si toccò la guancia dove lei lo aveva colpito la sera prima, sorridendole sghembo.
Alex capì che quel sorriso era la causa di molti mancamenti tra le ragazze della Vecchia Capitale ma lei non sarebbe caduta in quella trappola, non di nuovo
e non quella sera. Essere stata scoperta a spiarlo era già sufficientemente imbarazzante da non dover aggiungere anche lo svenimento causato dal fascino irresistibile del Duca della Chiave. Prese aria, mostrandosi sicura di sé e gli sorrise a sua volta, senza sottrarsi alla sua vicinanza.
-Pare di sì, Gareth. Ti trovo bene dall’ultima volta, l’aria del Borgo di Altieres è un toccasana formidabile.-
-Più di uno schiaffo ben assestato, senza dubbio, milady!
Alex subì il colpo ma si riprese in fretta. Gli mise le mani sul petto coi palmi aperti e gli sorrise serafica.
-Vi è andata fin troppo bene, milord! Non gradisco essere baciata a tradimento.- Così dicendo lo spinse via, mandandolo a sbattere contro Bryce
che lo fermò col suo corpo.
-Hai trovato pane per i tuoi denti, stavolta, Gareth! La fanciulla ha il sangue caldo del Sud che le scorre nelle vene.- Sussurrò Bryce all’orecchio di Gareth, ridacchiando,  prima di rimetterlo in equilibrio sulle sue gambe.
-Ti assicuro che di caldo non c’è solo il suo sangue in questo momento.- Gli rispose Gareth, fulminando Alexandria con lo sguardo.

-Suvvia, Gareth! Hai dimenticato come si trattano le signore?
Pensiamo piuttosto a farle tornare sane e salve al Collegio di Altieres. Faccio preparare subito una carrozza.-
Axel si girò, allontanandosi in direzione del palazzo, mentre Bryce si avvicinava a Carol e a Fay con fare divertito.
-Siete davvero delle ragazze strane, voi Mayfield. Che ci facevate in mezzo a dei cespugli in piena notte?-
-Ehm, ci siamo solo perse, milord. Le strade di notte sembrano tutte uguali.-
Caroline sorrise sfoderando tutto il suo fascino con l’intento di sembrare credibile e di salvare almeno il salvabile, cosa di cui dubitava profondamente.
-La carrozza vi accompagnerà al Collegio.- Disse Gareth rivolgendosi alle sorelle Mayfield.- Non te però!-
Prese Alexandria per un braccio abbassandosi su di lei fino a sfiorarle la fronte con le labbra. –Tu verrai con me!-
Senza dire altro la trascinò con sé verso le stalle, scomparendo alla vista di Bryce e delle ragazze, lasciandoli  di stucco, la confusione e la meraviglia
dipinte sui loro volti.

Alexandria tentò di divincolarsi ma la stretta di Gareth le impediva ogni resistenza.
-Si può sapere dove mi stai portando? Lasciami andare subito!-
Gareth non le rispose e lei si ritrovò in sella a un cavallo, le forti braccia di Gareth che la circondavano tenendo le redini mentre galoppavano nel dedalo
di una miriade di viuzze a lei sconosciute.
Quando si fermarono il panorama era cambiato. Le case di mattoni a due piani tipiche della città avevano lasciato il posto agli alberi della campagna.
La periferia della Vecchia Capitale si stagliava dietro di loro come un animale addormentato. Sembrava respirare tranquillo, inconsapevole del pericolo
che il Presidio rappresentava a un passo da lui.
Ma lì, in aperta campagna, tutto sembrava intangibile, il suo Collegio, le sue cugine, il Borgo di Altieres.
C’erano solo loro due e il respiro affannato del cavallo che sbuffava  dopo la lunga corsa.

- Adesso siamo abbastanza lontani.- Gareth scese da cavallo tendendole le mani per prenderla in braccio.
Doveva solo farla scendere, invece la tenne lì, stretta a lui, il corpo premuto contro il suo.
-Abbastanza lontani per cosa? Mi hai rapito, te ne rendi conto?-
Gareth le scostò una ciocca ribelle dalla fronte, prendendole il viso tra le mani.
-Siamo pari, allora. Tu hai rapito me!-
Quando la baciò, l’unica cosa che le impedì di cadere fu la morsa di carne e ossa in cui Gareth la teneva stretta, mentre il sangue le pulsava impazzito
nelle vene, facendole perdere il senso della realtà. Doveva allontanarlo, doveva schiaffeggiarlo di nuovo.
Ma non lo fece e Gareth la baciò a lungo, facendo scorrere le mani sulla sua schiena, tenendole la testa premuta contro la sua, senza farla respirare,
togliendole ogni briciola di volontà.
Erano talmente presi l’uno dall’altra che non si accorsero dei tuoni che come dei tamburi tribali accompagnavano i loro baci, preceduti dalla luce
abbagliante dei lampi. Il cavallo si sollevò sulle zampe,nitrendo imbizzarrito, lasciandoli in balia del temporale che si era scatenato sulle loro teste.
-Corri!-
Gareth la prese per mano e corse nella pioggia.
Alexandria aveva il vestito appesantito dall’acqua e i capelli appiccicati al volto che  le impedivano di vedere dove andava.
Ma a lei non importava. Se avesse potuto scegliere un posto dove stare in quel momento avrebbe scelto quello, una tempesta in mezzo al nulla della campagna. Perché era lì che c’era anche Gareth.


Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Rivelazioni ***


Ho sognato un mondo dove tu non c'eri...

e aveva perso ogni colore...ogni forma...ogni poesia...

Ho sognato un mondo dove tu non c'eri e c'era solo il buio

e il freddo gelido di una finestra aperta quando fuori nevica e c'è la brina

Ho sognato un mondo dove tu non c'eri e io non esistevo...

F.R.
 

Questa è per te. Buon Compleanno.





-Corri!-
La voce di Gareth si perdeva nello scroscio della pioggia che cadeva sempre più fitta, coperta anche dal rimbombare dei tuoni.
Si trovavano nel bel mezzo di un tipico temporale primaverile,tanto improvviso quanto violento.
Alexandria teneva stretta la mano di Gareth che la tirava, correndo alla cieca tra gli alberi e i cespugli. Lei non vedeva nulla, aveva il fiatone, era zuppa dalla testa ai piedi.
La sua unica preoccupazione era non cadere e tenere quella mano più forte che poteva, come se da quello dipendesse la sua sopravvivenza.
Le parve di correre  da ore, le gambe non la reggevano più, il fango le aveva insudiciato le gonne che le pesavano il triplo e la facevano faticare il doppio.
-Resisti, siamo quasi arrivati!-
Gareth si fermò per controllare che stesse bene e le indicò un casolare che lei riuscì a vedere solo perché un lampo aveva illuminato il cielo nero, rendendone visibile la sagoma poco lontano da loro.
Quando arrivarono, Alexandria sapeva che ormai non c’era un centimetro del suo corpo che non fosse bagnato.
Gareth le lasciò la mano e lei rabbrividì stringendosi le braccia intorno al corpo, cercando di procurarsi un calore che non sarebbe arrivato, perché quella mano gliel’aveva portato via.
Con una spallata Gareth aprì la porta e le fece strada dentro quello che si rivelò essere poco più di un capanno.
Alexandria lo seguì, desiderosa solo di sottrarsi alla pioggia che ancora cadeva incessante. Un lampo illuminò la stanza e lei capì che il capanno era disabitato.
 Intravide un camino e la figura di Gareth china che armeggiava con dei ciocchi di legno. Lo sentì imprecare parecchie volte, almeno dal tono pensò che fossero imprecazioni, dato che le aveva pronunciate in una lingua che lei non conosceva, sicuramente il dialetto di Salimarr, la sua terra natale.
Forse in quello che aveva sentito dire delle sue scarse abilità manuali c’era un fondo di verità.

Dopo un po’ di tentativi, Gareth riuscì ad accendere il fuoco e una dolce luce arancione illuminò il capanno, mostrandolo interamente agli occhi di Alexandria. C’erano parecchi arnesi appesi alle pareti, un tavolo e delle sedie sulla parete più lunga  e delle pelli di animali ammassate in un angolo.
-E’ un capanno da caccia, Alexandria.- disse Gareth evidentemente leggendole in faccia la domanda.
- Non che io sia un cacciatore, sai. Lo conosco per via di mio fratello Stephen.
Non pensavo che l’avermi trascinato qui per uno dei suoi folli esperimenti, alla fine mi sarebbe servito. Dovrò mandargli un biglietto di ringraziamento.
“Fratello, grazie alle tue stramberie, ho trovato riparo in una notte buia e tempestosa, portando al sicuro la ragazza più bella che io abbia mai visto.”-
Alexandria lo guardò. La luce del camino rendeva i suoi lineamenti delicati ancora più attraenti. Gareth era bello, nel vero senso del termine.
Biondo e occhi verdi, alto e prestante, un vero adone. Il sogno di parecchie fanciulle.

Il giorno in cui Gareth era diventato Duca della Chiave, uno sciame di scolare lo aspettava per avere il tradizionale bacio del Duca. Lei ricordava l’eccitazione delle amiche. Dicevano che se l’avessero baciato avrebbero avuto tutto ciò che avevano mai desiderato al mondo.
Ricordava anche che, mentre loro correvano dal nuovo Duca per avere il bacio, lei era rimasta appoggiata a una colonna del portico dello Studium coi libri stretti al petto. Non riuscì a vederlo quel giorno, completamente circondato dai membri del suo Ordine e da una nuvola di fanciulle, ma pensò che qualcuna delle sue amiche era sicuramente riuscita ad avere quel bacio tanto agognato. Con somma gioia anche del Duca, il quale doveva essere stato ben contento di sacrificarsi per onorare la tradizione.
E ora Gareth era lì, davanti a lei.
Lo vide scompigliarsi i capelli biondi che la pioggia gli aveva appiccicato sulla fronte con un gesto che per lui doveva essere del tutto naturale ma che a lei sembrò molto sensuale. Gli occhi verdi erano fissi su di lei e la squadravano.
Si rese conto che doveva sembrargli un mostro, bagnata dalla testa ai piedi e con le vesti tutte infangate.
- Ti prenderai un malanno se non ti asciughi- Gareth si portò le mani al petto e iniziò ad aprire la camicia, lasciando intravedere la pelle ricoperta da gocce di pioggia.
Per tutti i santi di Altieres!  Gareth si stava spogliando davanti a lei.

Per un istante Alexandria riuscì a pensare lucidamente.
-Che diavolo stai facendo?- gli disse quando la camicia finì appesa su una sedia accostata al camino e Gareth era passato ai lacci dei pantaloni.
-Mi sto spogliando, mi pare evidente-
-Non puoi spogliarti-
-Perché no? Ho freddo e non voglio rischiare d’ammalarmi. Dovresti spogliarti anche tu.-
Alexandria sentì montare la rabbia dentro di lei. Realizzò in quel momento che se si trovava in quella situazione ambigua era solo colpa di Gareth.
Lui l’aveva trascinata in quel casolare sperduto nella campagna. Era colpa sua se lui le stava di fronte bellissimo,
a torso nudo e con lo sguardo più innocente del mondo puntato su di lei.
Prese quanto più aria poteva e gli ringhò contro, avvicinandosi pericolosamente a lui, puntandogli il dito sul petto.
-Che diavolo ti è saltato in mente di trascinarmi in questa situazione?-
-Non capisco perché ti arrabbi tanto. Siamo sani e salvi e al coperto, il che è quasi un miracolo visto con chi ti trovi. Ma, come vedi, è andata bene, sei al sicuro qui.-
-Al sicuro? Guardati intorno...guarda dove siamo finiti, guarda...-
La voce le morì in gola quando lo sguardo le cadde sul corpo seminudo di Gareth.
Lui si guardò e scoppiò a ridere, vedendo il rossore delle sue guance e la sua espressione inferocita e smise di slacciarsi i pantaloni.
-Cosa c’è? Non hai mai visto un uomo nudo? Non hai un centinaio di cugini?
Uno di loro avrai dovuto vederlo di certo.- Gareth sogghignò muovendosi lentamente dietro di lei, costringendola ad avvicinarsi al camino.

-Tu non sei mio cugino...-
Alexandria sobbalzò mentre Gareth le metteva le mani sul collo, slacciandole delicatamente i nastri del vestito inzuppato di acqua.
-Se ti ammalassi non potrei mai perdonarmelo!-
-E’ quello che dici a ogni fanciulla che trascini in un casolare sperduto nella campagna?- Alexandria si allontanò da lui e gli sorrise a sua volta.
-Meglio un malanno che diventare la tua prossima vittima.-
Sentiva una forte attrazione per Gareth ma sapeva anche di non essere il tipo da una notte e via. Lui era esperto, il suo passato ne era la prova,
lei era solo una delle tante e questo non le piaceva.
Gareth prese una delle pelli gettate in un angolo della stanza usandola come un tappeto e si sedette di fronte al camino.
- Sarà una lunga notte- disse voltandosi a guardarla.- Vieni a sederti davanti al fuoco, prometto di non mangiarti.-
Le tese la mano ma Alexandria la ignorò, sedendosi accanto a lui. Il calore del camino la riscaldava ma i vestiti zuppi le davano parecchio fastidio.
Pensò a quanto sarebbe stato meglio levarseli e asciugarsi al fuoco. Meglio per i vestiti e meglio per la sua salute ma di certo non meglio per lei.
-Chi era quella?- Le parole le uscirono di bocca senza neppure accorgersene.
Quel viso le era balenato in testa, quei lunghi capelli corvini e quegli occhi azzurri così diversi dai suoi che erano profondi e neri.
E quelle labbra carnose che baciavano quelle di Gareth.

-Perché ti interessa tanto?-
Lo sguardo di Gareth era perso nelle fiamme del camino che danzavano davanti a loro.
-Hai detto che non è la tua fidanzata-
-Non lo è, infatti.-
-Allora chi è?- Perché voleva sapere con tanta insistenza chi fosse la donna che aveva visto baciarlo alla festa al Borgo? Era gelosa? Oh, lo era.
Era gelosa di quel bacio e di quello che c’era tra di loro o di quello che c’era stato.
Perché Gareth le aveva detto che era libero e quella donna per lui era morta.
Ma chissà perché, lei non ci credeva.
-Era una donna che ha fatto parte delle mia vita tanto tempo fa. Un ricordo del passato.-
-Non sembra un bel ricordo per te.-
-Non più.- Gareth si voltò a guardarla negli occhi.- Saperlo cambierebbe qualcosa tra di noi? Ti spoglieresti?-
L’espressione sgomenta di Alexandria lo fece sorridere.
-Hai paura di me!-
-Non ho paura di te.- Si affrettò a rispondergli gesticolando con le mani davanti al viso. –Ho paura ...di me!-
Stavolta fu Gareth a essere sbalordito.

-Facciamo un patto. Tu rispondi a una mia domanda e io ti parlerò di quella donna.-
-Facciamo così: tu mi dirai cosa è stata per te quella donna e io risponderò alla tua domanda.-
-Dovresti far parte della Societas di Diritto. Sei davvero subdola.- Le sorrise scostandole una ciocca di capelli dalla fronte.-Va bene. Comincio io.
Il suo nome è Hule Jansen. L’ho conosciuta a un ballo al Palazzo della Reggenza di Salimarr. Era un’amica, diciamo così, di famiglia. Suo marito era amico di mio padre.
- La donna che ti ha baciato è sposata e suo marito è amico di tuo padre?- Alexandria scattò indietro, guardando Gareth allibita.
-E’ vedova. Lo era anche quando la frequentavo io. Ero solo un ragazzo all’epoca.
 A lei piaceva la mia compagnia e a me piaceva la sua.  Le donne mi sono sempre piaciute.-
Gareth distolse lo sguardo da lei sentendosi a disagio per quella confessione.
-Mi insegnò molte cose, sulle donne e su cosa le faccia felici, su come sedurle e su come conquistarle.
Mi insegnò anche a ballare.- Un sorriso amaro spuntò sulle labbra di Gareth,
 come se quello fosse l’unico insegnamento che da lei avrebbe voluto ricevere.
-Ma presto capii che non volevo essere il suo giocattolo, buono solo a compiacerla in tutto. E allora la lasciai. Venni qui e mi gettai tutto alle spalle.
Non la rividi più, fino alla sera al Borgo.-
Alexandria vide il suo volto irrigidirsi, la mascella serrata in una smorfia di dolore.
Raccontarle di quella donna non doveva essere stato facile per lui. Eppure con lei si era aperto, le aveva rivelato ciò che neanche il suo migliore amico poteva sapere, ciò che celava nel suo cuore e che forse era il motivo che lo spingeva a comportarsi così con le donne. Ma non con lei.
-Tocca a te ora rispondere.-

La voce calda di lui la distolse dai suoi pensieri. Si concentrò sulle fiamme del camino che ardevano e si preparò alla domanda di Gareth per lei.
-Chiedi pure, anche se dubito che la mia vita sia interessante come la tua. Sono solo una ragazza di Altieres con un centinaio di cugini.-
-No, non sei solo una ragazza di Altieres per me...-
Gareth le prese la mano tra le sue e Alexandria puntò i suoi occhi in quelli verdi di lui.
-Perché ti interessa tanto sapere di Hule? Sei semplicemente curiosa o c’è dell’altro?-
-Sei stato sincero con me, lo sarò anch’io con te.
Sei il Duca della Chiave, hai amici importanti, sei sempre circondato da tante fanciulle, non passi inosservato.
La tua reputazione parla per te. Non sei esattamente quello che i miei genitori, tipico esempio della mentalità del sud, definirebbero un ragazzo da sposare. Né io sono il tipo da condividere ciò che amo con qualcuno. Eppure da quando ti ho visto non riesco a non guardarti.-
-Hai fatto un riassunto interessante della mia vita. Eppure una cosa in comune tra di noi c’è. Neanche io riesco a non guardare te.-
Nell’attimo esatto in cui lo disse le prese il volto tra le mani e la baciò.
Alexandria sentì le morbide labbra di Gareth premute sulle sue e improvvisamente il freddo, che gli indumenti bagnati le avevano fatto patire
fino a quel momento, scomparve.
Pensò che forse le sue amiche avevano ragione, che un bacio del Duca della Chiave era tutto ciò che si poteva desiderare.
Ma solo perché non avevano avuto il resto tra le braccia.
E quel resto era davvero tutto ciò che lei poteva desiderare.

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Come un dolce di zucchero ***


A Gareth,
che mi ama e mi sopporta.
Tu sei tutto per me.
Questo racconto non l’avrei scritto se 
non sentissi quello che sento per te.

                                                                                                 
Questo racconto è nato l’8 Novembre 2012 in seno a un discorso tra me e l’allora mio fidanzato Gareth Eldrige nel GdR di Black Friars.Questo è il risultato delle mie fantasie su quell'argomento.
E’ quello che mi piace chiamare una Garalex, Gareth Eldrige e Alexandria Mayfield.    

                                                                                                                 *      *     *                                                                                                                                   

                                                                                   
La luce filtrava dalle imposte semiaperte illuminando debolmente la camera da letto del Collegio di Altieres che divideva con le cugine Caroline e Fayette.
Le ragazze non c’erano, adesso era da sola… completamente  sola…
Non era voluta ritornare a casa per le vacanze con loro e ormai, ne era convinta, aveva fatto la cosa giusta.
Si girò nel letto infilando le mani sotto al cuscino, la mente che vagava, i pensieri che correvano veloci. Chiuse gli occhi sentendolo arrivare.
“Ecco, ci siamo”
Cercò di deglutire ma la sensazione che la prese alla bocca dello stomaco la costrinse ad alzarsi a metà letto abbracciandosi forte.
Rimase immobile aspettando che passasse, contava mentalmente i secondi aspettando che andasse  meglio, ma non andava meglio…
Si alzò più in fretta che potè ma si bloccò aggrappandosi alla testata del letto e vomitò.
Prese un asciugamano bagnato tamponandosi la fronte e si asciugò la bocca guardandosi allo specchio, pallida, due macchie nere a cerchiarle gli occhi, piccoli segni rossi sulle guance.
“Davvero orribile!”
 Storse la bocca mentre si riavviava i capelli, lo sguardo rivolto allo specchio, ma quello che vi vedeva riflesso non era il suo viso.
Le braccia di Gareth la stringevano, le sue mani le accarezzavano i fianchi nudi , la sua bocca la baciava e lui si muoveva lento dentro di lei.
Adorava baciarlo, passargli le mani tra i capelli, accarezzargli le guance morbide appena rasate, perdersi in quegli splendidi occhi verdi che la fissavano rapiti e stringersi a lui mentre si spingeva piano dentro di lei.
Piano, una , due, dieci volte…e ogni volta si sentiva morire e poi rinascere…
Si portò le mani sulla pancia accarezzandosi piano senza neanche accorgersene, come se fosse la cosa più naturale del mondo e forse lo era per quelle come lei.
Non potè fare a meno di sorridere chiudendo gli occhi e ricacciando indietro le lacrime
“Non devo!”
Si lavò e si vestì con cura ripetendo continuamente a se stessa che tutto sarebbe andato per il meglio, tutto si sarebbe sistemato.
“Capirà”.

Lui era già lì, bellissimo coi capelli biondi spettinati, un mezzo sorriso sulle labbra, gli occhi fissi su di lei come a voler accompagnare ogni suo passo verso di lui, la feluca in una mano, l’altra tesa verso di lei.
-Alexandria.-
Quel nome detto da lui aveva un suono dolce e sensuale, sapeva dell’effetto che aveva su di lei ogni volta che la chiamava col suo nome per intero e non Alex o Sandria,come facevano tutti, e ne sapeva approfittare.
La tirò a sè stringendole la vita con un braccio.
-Alexandria…- Le sussurrò piano all’orecchio tenendola stretta a sé. E poi  la baciò.


Lei non si mosse, non lo abbracciò, non gli rispose, si abbandonò a quel bacio come fosse l’ultimo che le fosse concesso dargli.
Gareth si scostò da lei per guardarla negli occhi, come se un piccolo presentimento volesse metterlo in guardia. Le sistemò una ciocca di capelli che insisteva a coprirle gli occhi e le sorrise rassicurante.
-Cos’hai?-
La prima volta fu mentre si trovava a lezione, due settimane prima delle vacanze. Caroline le aveva detto che probabilmente aveva mangiato troppi dolci di zucchero. Rise mentre le diceva che se non fosse stata attenta sarebbe diventata anche lei come uno di quei dolci di cui andava tanto golosa.
“Tonda come un dolce di zucchero!”
Si scostò da lui e abbassò gli occhi, non riusciva a guardarlo.
Nella sua testa quella scena era passata un milione di volte, aveva cercato le parole giuste da dirgli e le aveva ripetute all’infinito.
Voleva dirglielo, quelle parole erano lì, sulla punta della lingua, pronte a essere pronunciate, terribili o meravigliose non lo sapeva ancora.
“Cambierà tutto”
Gareth continuava a fissarla, sentiva i suoi occhi trapassarla, magnetici e interrogativi. Era un libro aperto per lui, conosceva tutto di lei, anche i suoi silenzi erano discorsi interminabili che lui sapeva ascoltare e interpretare.
All’improvviso le prese il viso tra le mani obbligandola ad alzarlo verso di lui.
- Guardami.-
Aprì gli  occhi.
I vestiti le stavano più stretti, il corsetto iniziava ad infastidirla, aveva fame delle cose più strane, un dolce e delle acciughe, un’arancia e della liquirizia.
La immaginava con le sue lentiggini e i capelli biondi, gli occhi di Gareth e la sua bocca carnosa.
Sarebbe stata bellissima, dolce e testarda, impaziente e intelligente.
Deglutì guardandolo negli occhi, non c’era altro modo, non ne conosceva un altro migliore per dirglielo.
Rimase a fissarlo ancora un po’ cercando di memorizzare ogni singolo tratto del suo viso, il naso diritto e la mascella dura, l’espressione che adesso si era fatta nervosa e preoccupata.
“ E se non volesse … e se mi lasciasse?”
La prese per le spalle quasi con rabbia, possibile avesse capito? La tenne ferma senza mai staccare gli occhi dai suoi.
-Dimmelo.-
Era stato Stephen a confermarglielo alla Misericordia, una di quelle mattine in cui aveva vomitato anche l’anima e Caroline l’aveva convinta a farsi vedere pensando si trattasse di una forte indigestione. E lo era davvero, per Carol, un’indigestione.
Non lo aveva detto a nessuno e Stephen,dal canto suo, non ne sembrava stupito ne’ tanto meno l’aveva messa in imbarazzo, giudicandola.
 Era rimasto professionale, come se non fosse suo fratello Gareth il responsabile dell’indigestione.
-Sei incinta.-
Passò una settimana chiusa in camera aspettando l’inizio delle vacanze per restare da sola.
Neanche Gareth sospettava niente, attribuendo la sua stanchezza allo studio e le sue stranezze alimentari a quel fastidioso malessere che le aveva lasciato l’indigestione.
-Dimmelo.-
Ora la sua voce si era alzata di tono e la strattonava per le spalle. Gli occhi gli brillavano di un verde acceso e la mascella era serrata in una linea dura come se stesse trattenendo la rabbia.
Aprì la bocca per rispondergli ma il suono non usciva, relegato nella sua testa dove in realtà lei stava gridando nel tentativo di farsi sentire da lui senza dover parlare.
Ma Gareth non poteva sentirla.
Allora gli prese una mano, non sapeva nemmeno come le fosse venuto, e se la mise sul grembo, coprendola con entrambe le sue.
Non gli disse niente, rimase a guardarlo con gli occhi lucidi e il battito del cuore accelerato.
-Alexandria.-
Era un sussurro il suo nome, dolce come il miele, morbido come il velluto e le accarezzava le orecchie, entrandole dentro, scorrendole nel sangue fino a raggiungere il cuore.
Gareth rimase immobile, la mano appoggiata al suo ventre, gli occhi fissi su di lei.
-Sei…sicura?-
Il modo in cui lei lo guardò fu la tacita risposta alla sua domanda. Il suo sguardo si rabbuiò mentre una lacrima scese a solcarle una guancia piena di lentiggini. Pensò che le ginocchia le dovessero essere cedute perché non sentiva più il terreno sotto i piedi, ma poi si accorse che Gareth l’aveva sollevata da terra per stringerla a sé.
La fece volteggiare tra le sue braccia tenendole la testa premuta sulla sua spalla con una mano, mentre con l’altra la teneva stretta per la schiena.
Poi si fermò e rimase così, abbracciandola  senza parlare, accarezzandole  dolcemente i capelli, baciandole piano il collo, sussurrandole parole dolci.
-Ti amo.-
Quelle due parole cominciarono a vorticarle in testa trascinando con sé settimane di dubbi e preoccupazioni, in cui più volte si era fatta prendere dallo sconforto e dalla disperazione.
Gareth continuava a tenerla stretta quasi temesse potesse rompersi o scomparire.
Lei si scostò da lui per guardarlo. La sua espressione era dolce, un lieve sorriso gli increspava le labbra. Sembrava tutto così irreale, come se stesse assistendo a una scena i cui protagonisti erano due personaggi del tutto simili a loro, ma non erano loro.
Eppure quella era lei e Gareth ora le stava davanti con aria dubbiosa, come se le avesse letto nel pensiero, percependo le sue perplessità.
La tirò a sé sistemandole una ciocca di capelli dietro all’orecchio.
-Avrà le tue lentiggini e i miei capelli biondi e i miei occhi e la tua bocca e sarà bellissima, dolce e testarda, impaziente e intelligente.-
Allora lei scoppiò a ridere, sciogliendosi finalmente in un pianto liberatore.
Si  aggrappò al suo petto mentre i singhiozzi le impedivano di parlare e le lacrime scendevano copiose bagnandole il viso. Pianse  tutte le lacrime che aveva trattenuto in quelle settimane inzuppando la camicia di Gareth che continuava a tenerla stretta accarezzandole la schiena con le dita. Mentre il cuore di Gareth pulsava nelle sue orecchie, stretta in quell’abbraccio protettivo e consolatore, sapeva che non sarebbe più stata sola e che
tutto sarebbe stato diverso.  Solo una cosa pensava non sarebbe cambiata mai: Gareth e quello che provava per lui e il suo amore per lei, per loro adesso.
Alzò il viso ancora bagnato di lacrime e lo guardò come se fosse la prima volta dopo una lunga assenza, divorandolo con lo sguardo e senza fiato lo baciò con tutta la forza che aveva.
-Ti amo.-


 
Grazie a Justin, mio doppio Parabatai, che chatta con me anche quando gli bruciano gli occhi.



Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=1628117