Gekies

di VittoriaBlueMoon
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Vryheid ***
Capitolo 2: *** Skande ***
Capitolo 3: *** Sorelle ***
Capitolo 4: *** Dalla regina ***
Capitolo 5: *** Il ladro ***
Capitolo 6: *** Il Consiglio dei Saggi ***
Capitolo 7: *** In carcere ***
Capitolo 8: *** Sentimenti contrastanti ***
Capitolo 9: *** Pynlike dood ***
Capitolo 10: *** Schiavi del destino ***
Capitolo 11: *** Madre ***
Capitolo 12: *** Nyvee ***
Capitolo 13: *** L'Ordine del Loto ***
Capitolo 14: *** Pensieri ***
Capitolo 15: *** Visione ***
Capitolo 16: *** Nebbia nera ***
Capitolo 17: *** Kwadardige ***
Capitolo 18: *** Hoogste e Bayah ***
Capitolo 19: *** L'orgoglio di Vryheid ***
Capitolo 20: *** I poteri di Hoogste ***



Capitolo 1
*** Vryheid ***


Mi chiamo Vryheid Kalija.
Tra tre mesi compirò quattordici anni.
Quattordici, non quindici. Ho l'età sbagliata
Comunque, tra tre mesi dovrò scendere in un’arena e combattere contro la mia acerrima nemica.
Non mi ha mai fatto niente di male, no.
Ma se una di noi due non morirà, quel giorno, il mondo perderà il suo equilibrio.
Il mio mondo si chiama Aarde, che significa “terra” nella lingua dei miei antenati, gli Spiriti Tribali.
Questi Spiriti più o meno un paio di ere fa, secolo più secolo meno, hanno stretto un patto con gli Einde, gli Spiriti dell’ordine e della fine.
Hanno stabilito che ogni cento anni le Gekies, le Prescelte, devono sfidarsi fino alla morte per sigillare l’equilibrio di Aarde.
Io sono una delle Gekies.
Non mi hanno dato possibilità di scelta.
“Tu sei la Gekies della Luce”, mi hanno detto, appena ho cominciato a parlare.
Bene, certo.
Non ho potuto dire “No, mi dispiace, la mia agenda è fitta di impegni per i prossimi quindici anni”.
Non ho potuto decidere.
Sono stata creata apposta per essere una specie di macchina da guerra.
Sono il frutto di una selezione genetica.
I miei genitori? Non so chi siano.
Penso che a nessuna Gekies sia mai stato detto.
Saranno di sicuro due membri della nobiltà degli Helder.
Mia madre potrebbe benissimo essere la regina, e mio padre il re. Non  ne sono certa, e non lo sarò mai.
Non so bene come funzioni, questa cosa delle Gekies.
E penso che non saprò mai nemmeno questo.
Insomma, è un po’ difficile trovare qualcuno che abbia visto coi suoi occhi l’ultimo scontro delle Gekies.
Ma da quello che ho capito, che vinca io, la Prescelta degli Helder, o che vinca la Prescelta degli Okkulte, non cambierà niente.
E’ un continuo scontro tra Luce e Ombra, giusto per mantenere il mondo in equilibrio.
E’ ovvio, dovrebbe vincere sempre la Luce. Devo vincere io.
Nessuno vuole che vinca la Gekies dell’Ombra.
Tranne gli Okkulte, ovviamente.
Non so come potrei spezzare l’equilibrio, ma se ci fosse il modo, lo farei.
Insomma, perché Aarde deve vivere nell’equilibrio?
Perché non può dominare la Luce?
Sarebbe tutto più semplice: non esisterebbe tutto ciò che l’Ombra porta con sé.
Ma gli Spiriti Tribali e gli Einde hanno deciso per i loro discendenti, per noi e per gli Okkulte: l’equilibrio è meglio.
Sì, certo. Come no.
Farò la mia parte per andare verso un mondo dominato dalla Luce. Vincerò.
Non ho trascorso tutti questi anni logorata dal bruciante desiderio della vittoria, per morire il giorno del mio quindicesimo compleanno.
Che senso avrebbe?
Vincerò. Ne sono sicura.
Sono più forte della Gekies dell’Ombra, sicuramente.
L’Ombra non batterà la Luce. Non quest’anno, almeno.
Non ho voluto sapere niente dell’altra Gekies, non so nemmeno come si chiama. Sarà molto più facile ucciderla senza pietà, se per me è una completa estranea.
Se ci penso, mi rendo conto che non vedo l’ora che arrivi quel giorno.
Dopo potrò cominciare una vita nuova, avere una famiglia, un sacco di amici. Sarò famosa, una volta che avrò battuto la Gekies dell’Ombra.
Ho sognato moltissime volte l’Arena, in questi giorni. So solo che si trova nel Prato di Mezzo.
Il Prato di Mezzo è un terreno neutro che appartiene a tutti i popoli di Aarde, senza distinzioni.
Le terre degli Helder sono da una parte, a Sud, e le terre degli Okkulte dall’altra, a Nord.
Le leggende raccontano che gli Spirti Tribali e gli Einde abbiano creato il Prato di Mezzo proprio perché i Menslike potessero costruirvi l’Arena.
I Menslike siamo noi: sia gli Helder che gli Okkulte sono Menslike, ovvero gli eredi degli umani. Siamo una specie evoluta, superiore a quella umana. I Menslike sono in grado di manipolare la natura e quelli più dotati riescono anche a creare nuove forme naturali, senza il bisogno di quelle già esistenti. Io sono una Menslike dotata, molto dotata.
Gli umani si sono rifugiati nella parte est di Aarde, dove abitano tutt’ora. I due popoli Menslike non hanno mai contatti con loro.
Il vero mistero di Aarde sono le terre a Ovest: nessuno sa cosa ci sia. Nessuno si è mai avventurato in quelle terre. Non interessano a nessuno, perché probabilmente non le abita alcun essere vivente.
Forse qualche umano si è stabilito là, ma agli Helder e agli Okkulte non interessa.
I nostri popoli sono già abbastanza occupati.
La maggiore occupazione dei Manslike è quella di cercare i vrugte.
I vrugte sono frutti degli alberi che hanno più di due secoli.
Tutta la popolazione è coinvolta nella ricerca dei vrugte, perché, per far sì che la nostra Gekies sia più forte, bisogna trovarne più degli Okkulte.
Il motivo è semplice: i vrugte vengono dati ai due Manslike scelti per essere i genitori della Gekies, che devono nutrirsi di questi frutti il più possibile prima di accoppiarsi per concepire la Prescelta.
La forza e le doti della Gekies dipendono soprattutto da questo, ma anche dai poteri dei genitori.
Per questo i vrugte sono così importanti. L’anno in cui le Gekies si sfidano è chiamato anno del Geluk, che significa “felicità”.
Nell’anno del Geluk, infatti, alla popolazione è concessa una pausa dalla ricerca dei vrugte, che riprenderà l’anno successivo. Tutto il popolo è coinvolto tranne, ovviamente, i nobili.
Non hanno mai voglia di fare un bel niente, quelli.
Io sono vissuta a palazzo, allenandomi duramente dodici ore al giorno da quando ho due anni.
A due anni ho preso in mano una spada per la prima volta. Ormai è naturale avere la mia spada con me: non averla sarebbe come andare in giro senza vestiti. Non lo sopporterei.
La migliore amica che ho è Mirya, la mia allenatrice.
Oltre che a essere mia amica, per me è anche una madre e una sorella: non ho avuto molti contatti con l’esterno, da quando sono nata. Vivo in un'ala del castello dove abitiamo solo io, Mirya e un paio di cortigiane che non vedo quasi mai. Fanno le pulizie quando io mi alleno, preparano i pasti, e basta.
Se non avessi Mirya, sarei completamente sola: sono sicura che lei mi conosce meglio di mia madre. Mirya dice sempre che sono molto bella, e forse è così.
Mi piacciono i miei capelli biondissimi, i miei occhi verde acqua intenso e le lunghe ciglia che sembrano dorate. Sono alta, forse un po’ troppo magra, e ho le gambe molto lunghe, che mi conferiscono un’agilità molto utile in combattimento.
Ormai sono arrivata a essere più brava di Mirya anche se, in effetti, lei ha solo qualche anno più di me. Mirya mi ripete sempre che ama il significato del mio nome.
Vryheid significa “libertà”.
Già.
Io sono Vryheid Kalija, la Gekies della Luce, e il mio nome significa “libertà”.
E non vedo l’ora di massacrare la mia avversaria nell’arena.

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Capitolo 2
*** Skande ***


Mi chiamo Skande Nogholov.
Tra due mesi compirò quindici anni.
Sono la Gekies dell'Ombra, anche se non vorrei esserlo, ma a nessuno importa.
Sono la Gekies lo stesso, e devo battere la mia avversaria.
Devo ucciderla. Non vorrei farlo, ma non ho scelta. Se io dico di no, non la trovano un’altra Gekies.
E io, comunque, non posso dire di no.
Non so nemmeno il perché. Perché non ho scelta?
Nessuno me l’ha detto, questo.
Mi hanno detto “Skande, sei la Gekies dell’Ombra. Devi uccidere la tua nemica. Hai capito?”
Io probabilmente ho annuito.
Non mi hanno chiesto “Vuoi essere la Gekies dell’Ombra?”
No. Io devo esserlo. E basta. Non so se riuscirò a ucciderla. Mi hanno detto che la mia avversaria si chiama Vryheid, “libertà”.
Certo, libertà. Non so come abbiano avuto il coraggio di darle un nome del genere, gli Helder.
Sanno benissimo che anche se lei vincerà, non ci sarà nessuna libertà.
Non succederà niente. La popolazione dovrà aspettare altri cento anni, senza nessun cambiamento.
Anzi, forse una cosa cambierà. O io o Vryheid saremo morte.
Probabilmente morirò io. La mia avversaria è molto forte. Dicono che sappia maneggiare la spada come se fosse una parte di lei.
Io non sono così brava con le armi. Il mio vero punto di forza è la magia.
I Saggi hanno detto che una Gekies dotata quanto me non la vedevano da un millennio.
Posso creare qualunque cosa con pochissima difficoltà, e manipolare le forme di natura già esistenti per me è come respirare.
I Saggi pensano che vincerò io, anche se ho qualche dubbio in proposito.
Noi Okkulte abbiamo un vantaggio, grazie ai Saggi.
Non esistono persone così longeve nella comunità Helder. Il Primo Saggio si chiama Alobhar Kan.
E’ stato lui, mille ottocento anni fa, ad inventare la formula dell’immortalità.
Non è una vera e propria immortalità, ma i Saggi vivono molto, molto più a lungo di noi.
In un secolo invecchiano solo di un anno.
Alobhar Kan è anche il re degli Okkulte, e la regina, Lajila Kan, è l’unica femmina che fa parte dei Saggi.
Potrebbero essere loro i miei genitori, anche se nessuno me ne ha mai dato la conferma.
Odio la mia vita. Non ho certezze, non ho niente.
Non desidero vincere. Non potrei mai desiderarlo, sapendo che se io vinco, Vryheid morirà.
Non so cosa farò nell’arena. Forse non riuscirò a ucciderla, e allora morirò io. Forse l’istinto di sopravvivenza avrà la meglio.
E’ così brutto essere la Gekies...è come se sprecassi la prima parte della tua vita.
E forse non potrai vivere ancora, dopo il giorno dello scontro.
Perché è toccato a me? Non lo so.
Non so niente di niente, non ho sicurezze.
L’unica sicurezza è...beh, in fondo, non c’è.
Quale certezza ho?
Mi sento così triste, a pensare che la mia vita vale così poco.
Se esistesse un commerciante di vite, la mia verrebbe valutata meno di un bracciale di bronzo.
Non mi va bene che sia così, per niente. Ma è fuori discussione ribellarmi.
Non ho speranze e, anche se riuscissi a scappare, dove andrei?
A Est, dagli umani?
A Ovest, nelle terre sconosciute?
No, assolutamente. Vorrei che ci fosse un modo per non dover scendere nell’Arena...ma non penso che esista.
Forse potrei anche vincere.
Ma devo riuscire a resistere per tutta la durata del combattimento.
Le Gekies devono scendere nell’Arena il giorno in cui cade la metà esatta dell’anno del Geluk.
E non possono uscire finchè una di loro non muore.
I Saggi, durante una delle mie lezioni, mi hanno detto che cinquecento anni fa, due Gekies hanno combattuto per un mese senza mai potersi fermare.
La sola idea che possa capitare anche a me mi terrorizza. Un mese.
Probabilmente dopo un tempo così lungo io e Vryheid non moriremmo nella lotta, ma soccomberemmo alla fame e alla sete.
L’unica cosa, anzi, l’unica persona che posso definire positiva, nella mia insulsa vita, è Darren.
Ha due anni più di me, ed è il mio allenatore, oltre che migliore amico.
Vorrei che tra di noi ci fosse qualcosa di più, oltre l’amicizia.
L’ho sempre sognato. Ma non sopporterei l’idea di amarlo e sentirmi amata per poi morire.
Gli spezzerei il cuore.
Se sopravviverò, quel giorno, forse noi due potremo avere un futuro.
Ma per adesso, il mio futuro è come un pacco regalo.
Il giorno del mio compleanno dovrò aprirlo.
Spero che non ci sia una bomba.

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Capitolo 3
*** Sorelle ***


Sentii bussare alla porta. Mugolai.
Che ora era?  “Speriamo che non sia uno di quei maledetti allenamenti notturni”.
Cercai di calciare via il lenzuolo, senza successo. Mi ero attorcigliata tra le coperte durante la notte.
Ero decisa a rimanere con la testa sotto il cuscino. Se non rispondevo, forse Mirya mi avrebbe lasciato in pace.
Non fu così. Anzi, cominciò a bussare con più insistenza.
Mi alzai, inciampai nel tappeto e caddi per terra.
Aprii la porta. Ovviamente, era Mirya.
-Che ore sono?- chiesi – ti prego, lasciami dormire –
Mirya non perse tempo a lanciarmi un’occhiataccia o a rimproverarmi.
Entrò e chiuse la porta.
Mi accorsi che era sudata e aveva il fiato corto, come se avesse corso.
I suoi capelli rosso fuoco erano imperlati di sudore e si appiccicavano alle tempie.
-Cosa c’è? Che ore sono? – ripetei.
-Non importa, adesso- Mirya mi guardò. Era preoccupata.
-E’ successo qualcosa?-
Mirya era strana, angosciata, come se qualcosa la turbasse.
-Oh, Vryheid, non vorrebbero che tu lo sapessi, ma...-
-Calma, calma. Chi non vuole che io sappia cosa?-
-Il re, la regina, e i membri del Consiglio. Non vogliono che io te lo dica-
-Stai calma, parla più lentamente. Cos’è che non dovrei sapere?-
-Abbassa la voce, Vryheid. Siediti, e ascoltami-
Mi sedetti e presi a mordermi le unghie. Lo facevo sempre quando ero nervosa.
-Promettimi che non urlerai, capito? Promettimi che rimarrai calma-
-Beh...sì. Certo-
Cosa doveva dirmi di così importante da aver paura che io urlassi?
-Skande è tua sorella-
-Skande? Chi è Skande?-
Ma nel momento stesso in cui lo stavo chiedendo, capii.
Skande era la Gekies dell’Ombra.
Stavo per venire meno alla mia promessa, ma Mirya, fulminea, mi tappò la bocca con la mano.
Mia. Sorella.
Avevo il respiro accelerato, e mi sembrava che il cuore volesse uscirmi dal petto.
Mia sorella, mia sorella, mia sorella.
C’era un piccolissimo problema.
Non potevo uccidere mia sorella.
 
                                                      ***
Mi svegliarono dei rumori che venivano dal corridoio.
Passi frettolosi. Mi sedetti sul letto, vigile. Sapevo che non c’era alcun pericolo, ma...
Creai una piccola finestra spaziale. La aprii solo un poco, quel tanto che bastava per vedere Darren che correva verso la mia stanza, guardandosi alle spalle.
Poco dopo lo sentii bussare.
Mi alzai velocemente e corsi verso la porta. Aprii.
-Darren-
-Skande-
Arrossii. Era buio, fortunatamente.
-C’è qualche problema?- chiesi
- No...beh, più o meno-
Potevo leggere la preoccupazione nei suoi occhi, anche se li vedevo a malapena.
-Che c’è, Darren? – chiesi ancora – hanno trovato qualche umano che cerca di entrare nelle nostre terre?-
-Eh? No, no. E’ una cosa che riguarda te-
-Cosa?-
-Devo parlarti-
Il cuore di Skande prese a battere furiosamente.
“Non sono proprio capace di controllarmi. – pensò – Non vuole parlarmi in quel senso. Oppure sì?”
-Cosa mi devi dire, Darren?-
-Non dovrei farlo, in realtà...ma mi sentirei in colpa se non te lo dicessi. Promettimi di rimanere calma, però-
-Sì, sì-
-Vryheid è tua sorella-
Persi l’equilibrio e caddi all’indietro. Darren mi prese poco prima che battessi la testa contro lo spigolo del letto.
-Che cosa?-
Respiravo così velocemente che mi mancava il fiato.
No, no, no.
Non sarei riuscita a ucciderla, ne ero sicura.
Anche senza sapere che era mia sorella ero decisa a evitare di ammazzarla, ma adesso...come avrei fatto?
-Com’è possibile? Darren, ti prego. Ti prego, dimmi che è uno scherzo-
-Non lo è, Skande. Mi dispiace. Vorrei tanto aiutarti-
Stetti zitta. Non sapevo cosa fare. Ero disperata, e Darren lo sapeva.
Mi prese tra le braccia e passò le dita nei miei capelli neri.
Era così confortante poter poggiare la testa sul suo petto, e pensare che sarebbe andato tutto bene, anche se sapevo che non era così.
Raddrizzai la schiena e lo guardai negli occhi.
Le sue iridi erano nere, e le distinguevo a malapena nel buio pesto.
-Hai degli occhi bellissimi – disse Darren – sono così...verdi-
Non sapevo cosa stesse succedendo.
Era come se nell’aria, tra di noi, ci fosse una barriera fragile, sottilissima.
E io avevo solo voglia di buttarla giù...
-Darren, io...-
Lui mise le mani sulle mie guance, delicatamente.
Prima che potessi accorgermene, le sue labbra premevano contro le mie, in un modo così dolce, così naturale, che all’inizio non me ne accorsi nemmeno.
Non volevo che quel momento finisse.
Non doveva finire.
Mai, mai, nella mia vita, mi ero sentita così bene, così leggera, senza problemi...senza uno scontro imminente contro mia sorella.
Ci staccammo.
Lo guardai.
Lui guardò me.
Riprendemmo a baciarci.

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Capitolo 4
*** Dalla regina ***


Mi svegliai con un forte mal di testa, quella mattina.
Non ricordavo esattamente cosa fosse successo quella notte.
L’ultima immagine che avevo in mente era...oh. No.
Io e Darren.
“Vryheid è tua sorella”.
La mia vita era diventata peggiore di prima in una sola notte. Adesso ero sicura che avrei spezzato il cuore a Darren.
Non potevo uccidere mia sorella, proprio non potevo.
Sarei dovuta morire io. Per forza.
Non volevo morire. Ma c’era un’altra soluzione? No, no.
Oppure sì? Potevo controllare. Negli Annali di Aarde erano segnati con cura gli avvenimenti più importanti degli ultimi milleottocento anni. E quindi, ovviamente, tutti gli scontri delle Gekies.
In quel momento, scoprii quanto potesse essere forte la speranza.
La mia era una situazione disperata, e ne ero pienamente consapevole.
Ma...ma non mi ero rassegnata ad abbandonare Darren, ora che tra noi c’era qualcosa, o a rischiare di uccidere mia sorella. Mia sorella.
Quelle due parole mi suonavano così strane...
Quando Darren me l’aveva detto, in qualche modo, io avevo accettato che fosse così.
Come se, dentro di me, l’avessi sempre saputo.
Non gli avevo chiesto spiegazioni. O forse sì? Non me ne ricordavo.
Già, Darren.
Probabilmente, con quel bacio, avevo combinato un bel casino.
O forse no.
In  verità avevo semplicemente paura. Paura di essermelo sognato, paura che lui negasse quello che c’era stato tra di noi.
Paura.
A pensarci bene, ho sempre vissuto nella paura, per quel giorno fatidico che è sempre stato un’ombra sulla mia vita, impedendomi di essere pienamente felice.
Quel bacio – il mio primo bacio, ovviamente – era stato così bello che stentavo a credere di essere stata io, Skande, ad aver vissuto quel momento.
E adesso...se non trovavo il modo di evitare lo scontro, c’erano due alternative.
O facevo soffrire Darren, o sceglievo di vivere per sempre con la morte di mia sorella sulla coscienza.
Dovevo almeno provare a trovare un’alternativa.
Indossai la divisa di pelle nera, la mantella, e uscii.
Benchè fossimo a metà marzo, faceva freddo. Molto freddo.
Probabilmente a Kalibe, la capitale delle terre Helder, si moriva dal caldo.
Ma qui, a Senejeva, nelle terre Okkulte, dovevo cercare di controllare il tremito dovuto al freddo e, forse, a qualche emozione di troppo.
La biblioteca Okkulte si trovava nel centro della città.
Feci tutta la strada un po’ camminando, un po’ correndo.
Mi costringevo disperatamente a credere che ci fosse una speranza, che avrei trovato la soluzione.
La ricerca degli Annali fu alquanto ardua. Non volevo chiedere informazioni alla bibliotecaria: probabilmente mi avrebbe riconosciuto, e nessuno doveva sapere delle mie ricerche.
Quando, finalmente, lo adocchiai nella sezione più trascurata della biblioteca, mi sedetti a un tavolo lontano da tutti gli altri, in disparte.
Bene.
Avevo davanti un tomo che racchiudeva milleottocento anni di storia, e poche ore per cercare ciò che mi serviva, sperando che nessuno si accorgesse della mia assenza.
 
                                                   ***
Era quasi l’ora della chiusura. Avevo sfogliato quasi mille anni di storia senza trovare niente di utile.
E poi, ecco.
Ecco quello che mi serviva.
 
Annali di Aarde – Senejeva, capitale delle terre Okkulte
29 giugno, 10° anno del Geluk
Pherydia Khali, la Gekies del popolo Helder, è stata esentata dal duellare con Kalyba Maori, Gekies del popolo Okkulte.
I Due Consigli si sono riuniti in via straordinaria per decidere come procedere.
Si è deciso che Pherydia Khali sceglierà un’erede della sua famiglia, a cui trasmetterà tutti i suoi poteri.
 
Alobhar Kan
 
Chiusi con forza il libro.
C’ero andata così vicino.
Perché Pherydia Khali era stata esentata dal combattimento?
Dovevo trovare qualcuno che mi potesse rispondere. I Saggi l’avrebbero sicuramente fatto, ma si sarebbero insospettiti.
C’era un’unica soluzione, anche se era una pazzia.
Una vera pazzia.
Dovevo ottenere udienza dalla regina, Lajila Kan.
Si diceva che fosse impazzita dopo tutti quegli anni di immortalità, unica donna dei Saggi, senza quasi avere contatti con l’esterno...e aveva un debole per me.
Bene. Non mi restava che inviare una richiesta all’ancella personale della regina, e attendere la risposta.
 
                                                                    ***
 
Camminavo con passo deciso lungo il corridoio.
Se avessi esitato, ero sicura che avrei girato i tacchi e sarei tornata indietro.
Okay. Era stata una pazzia. Dovevo essere completamente pazza.
Ma era la mia unica speranza.
Due paggi mi aprirono il pesante portone di quercia.
Entrai.
La regina era distesa sulla chaise longue di velluto rosso che si trovava su una pedana rialzata al fondo della sala.
-Avanti, Prescelta-
Avanzai fino al fondo del salone e salii sulla pedana.
-Accomodati- disse, indicando una sedia di fronte alla chaise longue.
Mi sedetti e mi schiarii la voce.
-Mia regina, io...-
-Chiama Lajila, tesoro-
-Come desidera. Lajila, io sono qua perché, studiando alcuni antichi scritti, un particolare ha attirato la mia attenzione-
-Di cosa si tratta?-
La regina si fece improvvisamente attenta.
I suoi occhi erano spenti, velati, il suo viso pallido, anche se non dimostrava più di trent’anni.
Mi faceva così pena...
-Di una parte degli Annali di Aarde. C’è scritto, in data 29 giugno  del 10° anno del Geluk, che la Gekies della Luce Pherybia Khali venne esentata dal combattimento. Vorrei sapere il perché-
-Capisco, Skande-
Sussultai. Che sciocca che ero stata.
La regina avrà anche avuto la mente un po’ annebbiata, ma non era così stupida da non sospettare niente. Sospirai.
-Per piacere, mia...Lajila. Suo marito non deve saperlo-
La regina scoppiò a ridere.
-Oh, cara, Alobhar non lo saprà. Io e lui non siamo più marito e moglie ormai da tempo-
Non mi sentii tranquillizzata. Per niente. Ma ormai, tanto valeva arrivare fino in fondo.
-Allora lei...mi risponderà?-
-Certo – disse – Pherydia venne esentata dal combattere perché era incinta-
Il respiro mi si bloccò.
Pherydia era incinta. Come potevo io...non potevo, non potevo.
Mi ripetevo che era una cosa impossibile, anche se un’idea completamente folle già si stava già insinuando nella mia testa.
La regina continuò a parlare.
-Secondo le leggi sacre di Aarde, che tutti i popoli di questo mondo devono rispettare, è vietato sacrificare una creatura innocente: gli Spiriti Einde non lo vorrebbero. Perciò Pherydia scelse come erede sua sorella, e le trasmise tutti i suoi poteri-
Il silenzio nell’aria era talmente pesante da risultare insostenibile.
-Mi prometti che non commetterai sciocchezze, tesoro?- disse la regina.
Sospirai.
-No. Non posso prometterlo-
Angolo dell'autrice
Beh, allora, questo è il primo "Angolo dell'autrice" che scrivo.
Volevo dire alcune cose riguardo a questo capitolo.
Avete visto che il terzo capitolo è stato narrato per metà da Vryheid e per metà da Skande.
Questo capitolo si incentra totalmente su Skande perchè racconta il primo avvenimento veramente importante della storia.
So che forse qualcuna rimarrà delusa, ma (come avete visto) non ho parlato di Darren.
Dovrete aspettare ancora due capitoli per rivederlo, perchè il prossimo capitolo sarà tutto di Vryheid.
Spero di non avervi deluso con questo capitolo :),
ci vediamo nel prossimo.

P.S. Grazie a FherEyala e LailaOsquin per aver recensito. Ho già due affezionate lettrici (?), wow *w*

VittoriaBlueMoon

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Capitolo 5
*** Il ladro ***


Mi svegliai con la testa che pulsava, quasi volesse esplodermi.
Mirya non c’era.
Quanto avrei avuto bisogno di lei, in quel momento...
Non ebbi tempo di pensare a dove potesse essere, perchè il dolore alla testa era insopportabile;mi decisi a cercare un’aspirina.
Era uno dei pochi medicinali che sia i Manslike che gli umani potevano prendere.
La maggior parte dei nostri farmaci erano troppo potenti per quella razza inferiore.
Mi ricordavo di averne un blister, da qualche parte, ma non riuscivo a capire dove. Avrei potuto usare i miei poteri, ma il dolore sarebbe aumentato.
Rovistai nei vestiti sparsi sul pavimento, aumentando il disordine della mia stanza.
Rovesciai una pila di libri di storia, buttai all’aria gli appunti del corso di incantesimi, ma dell’aspirina non c’era traccia. E non sapevo dov’era Mirya.
Decisi che andare a comprarla sarebbe stata la decisione migliore.
Mi vestii in fretta, con dei pantaloni di pelle e una camicia non eccessivamente sporca.
Indossai gli anfibi, afferrai due argenti da un cassetto, ed ero pronta.
Affrontare l’afa di Kalibe, vestiti come me, è un’impresa.
Ma mi rifiutavo di mettere uno di quegli orribili vestiti che indossavano le mie coetanee, e poi il mal di testa annullava la sensazione di caldo opprimente.
La farmacia si trovava verso la periferia della città, a due passi dai quartieri più malfamati.
Di solito non ci andavo io di persona, incaricavo un servitore, ma quel giorno avevo un bisogno disperato di distrarmi.
Dal mal di testa, ma soprattutto dalla consapevolezza che Skande era mia sorella.
Cercavo di cacciare quell’informazione in un angolino della mia testa ogni volta che ci pensavo, ma non mi riusciva molto bene.
Mi concentrai sulla stradina lastricata, sperando che questo mi impedisse di pensare a quella notizia che si affacciava prepotente nella mia mente.
Funzionò, almeno un poco.
Bfinchè non andai a sbattere contro qualcuno.
Non mi accorsi di niente finchè non fui sbalzata per terra dall’urto.
Della frutta mi cadde addosso.
Sollevai lo sguardo.
Sopra di me c’era un ragazzo dai capelli rossi, alto, muscoloso, che cercava di trattenere con le mani il cibo che non mi aveva fatto cadere addosso.
Il suo respiro era molto accelerato, come se avesse corso. Era tutto sudato.
Sentii dei passi dietro di lui, in lontananza, ma non riuscii a vedere a chi appartenevano perché la sua stazza mi copriva la visuale.
Mi diede una mano, io mi alzai in piedi.
-Fermo! Prendiamoli, quella è una sua complice!-
Perfetto. Un ladro.
Ci scambiammo un’occhiata e cominciammo a correre.
In realtà non sapevo perché io stavo correndo.
Mi bastava fermarmi, dire chi ero, avrebbero sicuramente capito che non avevo rubato niente. O forse no? Forse, ormai, non mi avrebbero più creduto.
Mi ero messa a correre anch’io, proprio come una ladra. Perché diavolo l’avevo fatto?
Non lo so. Probabilmente avevo solo voglia di commettere qualcosa di stupido. Di farmi sgridare da Mirya, e magari anche dalla regina, come sempre quando disobbedivo alle regole.
Avevo semplicemente voglia di riuscire a sentire di nuovo la vita come se fosse mia.
Perché avevo la sensazione che stesse scivolando via dal mio controllo, e questo non mi piaceva.
Il mal di testa aumentava, ma continuavo a correre. Non potevo fermarmi, adesso.
Il ragazzo svoltò tutto ad un tratto in un vicoletto secondario, e io me ne accorsi all’ultimo.
Gli anfibi slittarono sulla stradina, e rischiai di cadere.
Il ragazzo mi afferrò per un braccio, impedendomi di scivolare.
-Grazie- dissi
-Muoviti- borbottò lui.
Aveva già cominciato a salire una scala di legno appoggiata al muro di una delle povere abitazioni lì intorno, lentamente.
Il bottino che aveva tra le braccia lo ostacolava.
Mi affrettai verso la scala. Sentivo dei rumori dietro di me e, quando mi girai, vidi un soldato che correva verso di noi.
Mi misi a correre anch’io. Stavo salendo i primi pioli della scala, quando sentii che qualcuno mi afferrava la gamba.
Mi girai e gli diedi un calcio in pieno petto.
Sentii il tonfo della sua testa contro la strada. Era stato un volo di appena un metro, non poteva essersi fatto male.
Non persi tempo a constatarlo.
Il ragazzo mi aspettava sul tetto. Cominciammo a correre sui tetti delle casupole, rischiando di scivolare, rischiando di cadere nello spazio tra un’abitazione e l’altra.
Ci fermammo dopo un bel po’, quando fummo certi di averli seminati.
Oltre al soldato che avevo buttato giù dalla scala ce n’era un altro, e con lui un uomo, probabilmente il negoziante che aveva subito il furto.
Guardai il ragazzo.
Il sudore gli scendeva copioso sul viso coperto di lentiggini, e gli appiccicava i riccioli rossi.
Io non dovevo essere in uno stato migliore.
I suoi occhi grigi non tradivano alcuna paura. Probabilmente era abituato a quel genere di cose.
-Chi sei?- mi chiese.
-Nessuno-
-Va bene, Nessuno. Come sei fatto ?-
-Come...sono fatta?-
-Sì. Sono cieco, non te ne sei accorta?-
No. Non me ne ero accorta.
-Certo. Ma queste cose non si chiedono a una ragazza-
-Sei una ragazza?- la voce del ladro era stupita.
-Tu riesci a seminare due soldati attraverso questo labirinto di vicoli e non a capire che sono una ragazza?-
-Beh, di solito sento del profumo. O il fruscio della gonna. O il ticchettio delle scarpe. - disse -Ma tu puzzi. E indossi i pantaloni. E gli anfibi-
Non avrei dovuto sentirmi offesa, ma non ero dell’umore per essere comparata a un ragazzo, in quel momento. Mi sentivo particolarmente irritabile. Ero particolarmente irritabile, soprattutto perché la mia testa non voleva smettere di far male.
-Vaffanculo- dissi.
E scappai via.
-Sei la Gekies, vero?- mi gridò dietro il ragazzo.
Non mi voltai.



Angolo dell'autrice
L'unica cosa che volevo dire su questo capitolo è che l'ho scritto di getto ma sono abbastanza soddisfatta di come è venuto.
Segnalatemi gli errori e fatemi sapere se lo siete anche voi ;)

VittoriaBlueMoon

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Capitolo 6
*** Il Consiglio dei Saggi ***


Lajila si affacciò alla finestra, scostando appena le tende.
La giovane Gekies camminava a passo risoluto lungo il viale principale del giardino.
“Povera bambina” pensò Lajila.
Era tutto così ingiusto...sapeva che Skande doveva essere disperata, se era venuta a parlarle.
Probabilmente era colpa di Darren. Le aveva detto che lei e l’altra Gekies erano sorelle.
“Meno male – pensò Lajila – che alla riunione non ho detto la cosa più importante”.
Sospirò. Le sembrava di vedersi quando, quasi duemila anni prima, era toccato a lei combattere nell’Arena del Prato di Mezzo.
Già. Lajila era stata la prima Gekies dell’Ombra. Aveva vinto. E poi aveva sposato Alobhar, credendo di amarlo. Non era così. Non era mai stato così, ma Lajila era troppo giovane e ingenua per capirlo, a quindici anni.
E adesso sarebbe stato inammissibile lasciarlo: Alobhar avrebbe dovuto ascoltare il popolo che, davanti all’infrazione delle leggi primordiali che quel gesto avrebbe rappresentato, avrebbe dovuto esiliarla. E Lajila dove sarebbe andata?
E poi, non odiava suo marito, no. Non poteva amarlo, ma le faceva estremamente pena.
Lui aveva bisogno di lei. Chi era stato ad inventare la formula della quasi-immortalità?
Non certo Alobhar.
Chi era stato a predire la grande siccità di un millennio prima?
Non suo marito.
Era lei, Lajila, che reggeva il regno. Lei era la mente, quella che tutti credevano pazza, quando in realtà non lo era.
Ma se il popolo avesse scoperto i suoi poteri e la sua vera natura, sarebbe scoppiata una ribellione.
Perciò era Alobhar quello che partecipava alle riunioni coi rappresentanti del popolo, era Alobhar quello che parlava alla gente.
Lajila se ne stava dietro le quinte, a dirgli cosa fare, come parlare, ad organizzare strategie quando serviva.
Quanto avrebbe voluto aiutare la giovane Gekies...i suoi poteri di preveggenza le facevano presagire che sarebbe successo qualcosa a Skande. Lei l’aveva avvertita o, almeno, ci aveva provato.
Ma non poteva cambiare il destino.
Era tremendo sapere prima degli altri cosa sarebbe successo, chi sarebbe morto, e non poter impedire lo svolgere degli eventi.
Ed era l’unica a poterlo fare: la preveggenza non era un dono che un Menslike potesse possedere.
E infatti Lajila non era una Menslike.
Era una Waar.
I Waar erano una delle molteplici razze che abitavano le terre ad Ovest.
Lajila era stata portata via dalla sua famiglia a quindici anni, senza che nessuno le spiegasse il perché. Non ci era voluto molto per capirlo: gli Okkulte avevano bisogno che la loro razza diventasse più forte, più dotata.
E lo era diventata.
Lajila aveva avuto molti figli e figlie, nel corso di quei duemila anni.
Li aveva visti invecchiare molto più velocemente di lei e morire, a uno a uno.
Non se li ricordava più tutti, ormai.
Ancora dodici dei suoi figli erano ancora in vita.
Xander, Liza, Dorothy, Kemal, i più vecchi, che presto avrebbe visto morire.
Maryja, Alì e Daniel, che le avevano dato moltissimi nipoti, di cui nemmeno conosceva i nomi.
Zura, Nya, Charles e Edward, che stavano per diplomarsi. Erano così giovani, eppure così dotati...del resto, erano suoi figli.
E poi c’era Nyvee.
Aveva solo cinque anni, eppure era una bambina molto intelligente.
Lajila aveva constatato, con immensa tristezza, che il dono della preveggenza stava cominciando ad affiorare anche in Nyvee.
Avrebbe dovuto tenerla nascosta: a differenza degli altri, non avrebbe potuto avere una vita normale.
Lajila serrò gli occhi per impedire che le lacrime le rigassero il volto.
Quando pensava ai suoi figli la assaliva una profonda malinconia. Lei voleva a quei ragazzi – o a quelle ragazze, a quelle donne e quegli uomini che spesso apparivano più vecchi di lei - un bene immenso.
Ma nessuno di loro poteva voler bene a lei, perché nessuno di loro sapeva che lei fosse la loro madre.
A Nyvee sarebbe stato detto tra poco. Tanto lei era condannata a una vita reclusa all’interno del palazzo, senza mai avere contatti col popolo.
Lajila aveva sempre trovato tutto ciò profondamente ingiusto.
Profondamente insensato. Ma se tutti i suoi figli avessero saputo chi erano i loro genitori avrebbero rivendicato dei diritti, una parte dell’eredità.
E sarebbe stato un problema per lei e Alobhar.
Ma quell’anno, qualcosa sarebbe cambiato. L’aria era satura di una strana energia scoppiettante, che poteva esplodere da un momento all’altro. E Lajila era l’unica del suo popolo a poterla vedere.
Le Gekies erano sorelle. Non era mai accaduto niente del genere.
E Lajila sapeva cosa sarebbe successo, anche se era restia a comunicarlo agli altri membri del Consiglio.
Quell’anno, il patto tra gli Spiriti Tribali e gli Einde sarebbe saltato.
L’Equilibrio si sarebbe spezzato.
 
                                                                ***
Alobhar prese posto per un ultimo, lentamente, con fare solenne.
Il sedile di mogano intagliato a lui riservato si trovava al fondo della sala, accanto a quello di Lajila.
I posti degli altri Saggi del Consiglio erano raggruppati in cerchio.
Qualche volta, per le decisioni meno importanti, si riunivano coi saggi anche dei comuni Menslike. Ma non quel giorno.
In quel momento erano venti in tutto, venti persone a cui, quasi due millenni prima, era stato donato il privilegio della longevità.
Il Consiglio era l’unico organo politico degli Okkulte.
Durante le riunioni si discuteva sulle decisioni che ogni membro proponeva, e poi si votava.
Il voto del re e della regina aveva un valore particolare: se entrambi erano d’accordo con la maggioranza dei Saggi, veniva adottata la proposta di questa parte, ed era così anche se tutt’e due i regnanti condividevano l’opinione della minoranza dei Saggi.
Se il re e la regina avevano due pareri diversi, veniva adottata la decisione della maggioranza.
-Dichiaro aperta l’odierna riunione del Consiglio dei Saggi- dichiarò Alobhar, con la sua voce profonda – siamo qui oggi perché la mia consorte, la regina Lajila, deve fare un importante annuncio a tutti noi-
Lajila respirò profondamente e si alzò in piedi. In realtà non avrebbe voluto rivelare ciò che aveva visto nelle sue visioni ai Saggi, alcuni dei quali erano ambiziosi e assetati di potere.
Ma che scelta aveva? Se l’Equilibrio fosse stato infranto non ci sarebbe più stata speranza per nessuno.
-Voi tutti sapete del mio particolare dono – esordì – e negli ultimi tempi mi sono giunte alcune premonizioni a dir poco straordinarie. E terrificanti. Eventi che mai il nostro mondo ha dovuto affrontare stanno per sconvolgere la vita di Aarde e dei suoi abitanti-
I Saggi la guardavano, ansiosi di scoprire cosa avesse da dire.
-Come già sapete, le Gekies di quest’anno sono sorelle. Quello che non sapete, è che questo metterà in grave pericolo l’Equilibrio. Se una di loro vincerà, il nostro mondo non resterà immutato. Se vincerà Skande, la nostra Gekies, l’Ombra trionferà. Se vincerà la Gekies degli Helder...trionferà la luce-
Mormorii confusi attraversarono la sala.
Alobhar si girò verso la moglie, confuso.
-Com’è possibile che...?- le sussurrò.
-Purtroppo è così, Alobhar. Purtroppo è così-
Alobhar scosse impercettibilmente la testa, poi invitò i Saggi a zittirsi.
Dyan si alzò. Era uno dei Saggi che più aspiravano al potere e al controllo assoluto.
-Bene! Sottoporremo ad allenamenti speciali la Gekies. Se vincerà, noi avremo l’assoluto controllo di Aarde-
“E questo sarebbe un Saggio – pensò Lajila – che cosa avevo in mente, quando ho suggerito ad Alobhar di dargli il filtro della longevità?”
Alobhar si schiarì la voce.
-Dyan, non so se tu sei pienamente consapevole delle tue parole. Se il sacro Equilibrio si infrangerà, salterà il patto che gli Spiriti Tribali hanno stretto con gli Einde. Significherebbe sfidare le divinità supreme di questo universo-
-Mia regina – disse Talibe, uno dei membri veramente saggi del Consiglio – com’è potuto accadere tutto questo? Non abbiamo forse onorato le sacre leggi dei nostri dei? Perché loro dovrebbero volere che l’Equilibrio si infranga?-
-Gli dei non vogliono questo, Talibe. – disse Lajila – Qualcosa di oscuro si agita nell’aria, e nemmeno io posso dirvi cos’è-
-Dobbiamo impedire che le Gekies si sfidino- dichiarò Kubar.
-Ma questo vorrebbe dire violare il patto sacro – ribatté Talibe.
Lajila sospirò. Kubar e Talibe avevano entrambi ragione, maledettamente ragione.
-Sta succedendo qualcosa che va oltre la nostra comprensione. Quello di cui sono certa è che gli dei non vogliono la nostra distruzione. C’è una forza malvagia, e molto potente, che desidera ardentemente spezzare l’Equilibrio-
-Mia regina – disse Kyo – c’è un’unica speranza di riuscire a comprendere fino in fondo questa faccenda. Il vostro popolo natale potrebbe darci la risposta, forse-
Ecco. Lajila sapeva che, se non quel giorno, qualcuno prima o poi l’avrebbe proposto.
E anche lei sapeva che mandare una spedizione nelle terre dell’Ovest, dai Waar, era l’ultima speranza. Ma conosceva il suo popolo. I Waar non avevano mai visto di buon occhio i Menslike.
-Potrebbe, certo, ma credo proprio che nessun Menslike riuscirebbe mai ad arrivare nelle terre dei Waar. Sono un popolo estremamente diffidente e sanguinario. Sarebbe troppo pericoloso per chiunque di noi avventurarsi in quelle terre-
Alobhar prese la parola.
-Ascoltate. Ho prestato attenzione a tutte le vostre parole. Vi prego di essere rapidi nella votazione-
I Saggi annuirono.
-Mandare una spedizione nelle terre dei Waar. Votate-
I Saggi votarono.
Due sfere di energia, una verde e una rossa, si formarono al centro della sala.
Quella verde era di poco più grossa.
Poi fu la volta di Alobhar e Lajila.
La sfera rossa si ingrandì un poco, così come quella verde.
Il re aveva votato “sì”, la regina “no”.
-Bene – disse Alobhar – invieremo una spedizione di Menslike nelle terre dell’Ovest-
Alcuni dei Saggi lo guardarono contrariati. Altri annuirono convinti.
-Consultare il Consiglio degli Helder in merito a questa faccenda. Votate-
I Saggi votarono.
La sfera verde era visibilmente più grande di quella rossa. Sia il re che le regina approvarono la decisione della maggioranza.
-Informare la Gekies di ciò che abbiamo discusso in questa riunione. Votate-
Il voto della maggioranza fu “no”.
La regina votò per il “sì”, il re per il “no”.
-Bene. Dichiaro sciolta questa riunione del Consiglio. Contatterò al più presto i regnanti di Kalibe per organizzare una riunione dei Due Consigli –
I Saggi si alzarono e, uno a uno, lasciarono la sala.
-Alobhar, sai che gli uomini della spedizione non torneranno vivi-
-Cosa vuoi che faccia, Lajila? Lo sai che questa è l’unica speranza. Se nemmeno tu con i tuoi poteri riesci a capirci qualcosa, gli unici che possono darci la risposta sono i regnanti del tuo popolo. Non voglio deludere la mia gente-
-E...la Gekies? Credi davvero che non dovrei dirglielo?-
-Che senso avrebbe? Nessuno. Finchè non risolviamo questa faccenda, Skande Nhogolov deve credere di essere una normalissima Gekies. Ci siamo capiti, Lajila?-
-Certo, Alobhar-
Il re lasciò la sala.
Lajila sorrise. Un sorriso che esprimeva soprattutto pena, pena per suo marito.
Non gli aveva promesso  che non avrebbe detto niente a Skande. 





Angolo dell'autrice
Spero che questo capitolo vi piaccia, so che è un po' barboso però introduce due elementi importanti: la regina, che sarà un personaggio abbastanza importante, e il fatto dell'Equilibrio che verrà spezzato se le Gekies si sfideranno ma anche se non lo faranno.
Ho incasinato non poco le cose xD
So che Darren non c'è nemmeno qua, dispiace anche a me, ma Darren per ora è una faccenda di secondo piano *Darren piange (?)*
Mi sa che dovrete aspettare qualche mese (qualche mese nella storia, tranquille) perchè ricompaia.
Non ho idea di che cosa metterò nel prossimo capitolo, siate pronte a tutto xD
Beh, fatemi notare gli errori, mi raccomando.

Ci vediamo nel prossimo capitolo,
VittoriaBlueMoon

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Capitolo 7
*** In carcere ***


Una ragazza dai capelli neri, corti e scalati, con un ciuffo ribelle sulla fronte, era davanti a me.
I suoi occhi verdi brillavano nella semi oscurità.
Non l’avevo mai vista in vita mia, ma sapevo chi era.
Skande.
-Vryheid, devi essere pronta. Scapperemo quel giorno, hai capito? Promettimi che sarai pronta-
Annuii.
 
Mi svegliai e mi massaggiai la testa. Quel sogno si ripeteva uguale da un paio di notti, e mi faceva diventare irritabile. Molto irritabile.
Non avevo voglia di aprire gli occhi e di scoprire che ore fossero.
Poi sentii bussare. Uffa. Mirya.
Mi alzai e aprii la porta.
Mirya aveva i capelli rosso fuoco acconciati in una treccia, il suo volto pallido era serio.
-Vryheid, l’hai fatta grossa-
La guardai, incredula.
-Non fare la stupida. Come...come hai potuto farlo?-
-Ma che cosa?-
Mirya sbuffò.
-Sbrigati. Vestiti e seguimi-
Ero stupita e, anche se non l’avrei mai ammesso, spaventata. Non avevo mai visto Mirya così.
Cos’avevo fatto? Forse avevano scoperto la fuga col ladro, ma non mi sembrava così grave.
Ubbidii. Protestare non sarebbe servito a niente, e lo sapevo.
Mirya cominciò a camminare con passo veloce lungo i corridoi, e dopo un po’ capii dove mi stava portando.
Dalla regina.
Quando facevo qualcosa di veramente grave, oltre la ramanzina di Mirya dovevo sorbirmi anche quella della regina.
-Cos’è successo? Mirya, ti prego, dimmi cos’ho fatto-
-Oh, Vryheid- disse lei, scuotendo la testa.
Spinse il portone e mi fece entrare nello studio privato della moglie del re.
La regina Kahla era seduta dietro all’imponente scrivania sul fondo della sala.
Mirya mi spinse a camminare verso di lei.
-Vryheid-
La regina sollevo lo sguardo e appoggiò gli occhiali sul piano della scrivania.
Stava lavorando ad alcune carte.
-Salve, mia regina-
-Siediti- mi intimò, col suo tono glaciale.
Mi sedetti.
-Senti, Vryheid – cominciò, intrecciando le mani – non negare la tua colpa. Renderà tutto più facile, va bene?-
-Ma io non ho fatto niente!-
-Ecco, bambina, è proprio questo che intendo. Vorrei tanto sapere perché l’hai fatto...-
-Perché ho fatto cosa?-
-Stai negando di aver ucciso un soldato della guardia reale, ieri mattina?-
Deglutii.
Oddio.
Il soldato.
Com’era possibile? L’avevo spinto giù da un metro scarso.
Non potevo averlo ucciso.
-E che mi dici di quel tuo amico, quel ladruncolo?-
-Lui non ha fatto niente. Sono stata io-
-Ammetti di averlo ucciso, allora-
-Sì, ma...è stato un incidente-
-Un incidente- la regina tamburellò le dita sul piano della scrivania.
-Senti. Capisco che tu sei la Gekies. Capisco che questa inetta della tua istitutrice ti ha scaricato un bel po’ di tensione addosso, comunicandoti che la Gekies dell’Ombra è tua sorella. Ma ciò che hai fatto è inammissibile-
-Ma io non volevo! Quel ragazzo è andato a sbattere contro di me, mi è caduta della frutta addosso, l’ho raccolta e mi sono messa a correre con lui...e poi il soldato mi ha preso per una gamba, e io gli ho dato un calcio. E’ caduto da mezzo metro, non avrei mai pensato di ucciderlo!-
Ok, non era stato mezzo metro, ma non faceva molta differenza.
-Quel ragazzo è in carcere, in attesa della pena di morte. E tu, ragazzina...ascoltami bene. Un giorno, quando io sarò morta, probabilmente sarai tu a regnare sugli Helder. Un sovrano non può permettersi sciocchezze. Ed è meglio che tu cominci a capirlo-
In prigione. Quel ragazzo era in prigione.
Per colpa mia e di una mia stupidaggine. Solo mia.
-Ma lui non ha fatto niente! L’ho ucciso io, io! Mettete me in prigione-
-Non dire sciocchezze. Tu sei la Gekies. Lui è un ladro e un assassino. Ma stai tranquilla. Non resterai impunita-
-Io vi servo, vero? Ma non combatterò! Non contro mia sorella! Non se i regnanti di questo popolo sbattono in prigione persone innocenti!-
La regina sospirò.
-Ti credevo più intelligente, Vryheid. Non importa. Mirya, portala via-
Mi alzai dalla sedia, e cominciai a gridare.
Mirya mi trascinò via.
-Qual è la vostra idea di “intelligenza? Eh? Non combatterò! Non sarò la Gekies!- urlavo, mentre Mirya tentava di tapparmi la bocca con la mano. La morsi, e continuai a strepitare.
Mi condusse in camera mia.
Pronunciò un incantesimo e delle sbarre comparvero ad oscurare quasi completamente la visuale della finestra.
-Mi dispiace, Vryheid- disse, mentre chiudeva la porta. La sentii pronunciare un altro incantesimo.
-Ti volevo bene – urlai – fai schifo, sei una traditrice! Non potete rinchiudermi! Non combatterò, non sarò la Gekies, e allora vedrete!-
Presto le mie grida si trasformarono in singhiozzi disperati.
Mi buttai sul letto e riempii il cuscino di lacrime, come una bambina.
Non ero mai stata forte veramente.
Ero solo brava a far credere agli altri di esserlo.


Angolo dell'Autrice
Non penso che vi sareste aspettate questo, eh?
Come capitolo è un po' corto, ma il prossimo sarà più lungo.
Inoltre faremo probabilmente un salto di qualche mese, e ciò significa...Darren!!!
Yuppie!
Non ho altro da dire quindi ci vediamo nel prossimo capitolo :)

VittoriaBlueMoon

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Capitolo 8
*** Sentimenti contrastanti ***


Due mesi dopo.
 
8.
Camminavo con passo svelto lungo il corridoio.
Davanti a me c’era il portone della sala della regina.
I due paggi posizionati ai lati dell’entrata aprirono la porta.
La regina mi aspettava sulla pedana  al fondo della sala, in piedi.
Mi avvicinai.
-Benvenuta, bambina- disse. Le sorrisi. In quei due mesi, dopo il nostro incontro, tra di noi si era creato qualcosa, un legame: era stata quanto di più simile a una madre avessi mai avuto.
-Mia regina, io...-
-Lo so, Skande, lo so-
Sospirai. Certo, sapeva perché ero lì. Il suo potere psichico e di preveggenza era fortissimo: i messaggi che aveva mandato a Vryheid erano sicuramente arrivati. Il problema probabilmente era che mia sorella non riusciva a interpretarli...
-Sdraiati- mi intimò Lajila.
Mi sdraiai sulla chaise longue, supina.
-Sicura di volerlo sapere?-
-Sì-
Lajila chiuse gli occhi, aprì i palmi delle mani e le tenne sospese a qualche centimetro dal mio corpo.
Cominciò a recitare una litania lenta, di cui non comprendevo le parole.
Sentivo l’energia irradiarsi nel suo corpo e confluire nelle mani, come se potessi vederla.
Mosse le mani avanti e indietro più volte, lentamente.
Ad un certo punto le ritrasse e si massaggiò le tempie.
-Posso alzarmi?- chiesi.
-Sì-
Ci fu qualche momento di silenzio.
-Allora?-
La regina mi guardò dritta negli occhi.
-Sei incinta- disse, e sorrise. Non avevo mai visto un sorriso così bello in vita mia.
L’abbracciai, felice.
-Oh, bambina, non dovrai combattere tua sorella!-
Mi sedetti sulla chaise longue.
Il mio primo sentimento era stata la felicità, ma ora dentro di me si agitavano tante sensazioni, in disaccordo tra loro.
E poi pensai a Darren. Già, Darren. Come avrei fatto a dirglielo?
-E l’Equilibrio? Questo significa che l’Equilibrio sarà salvo?-
L’espressione di Lajila si rabbuiò.
-Non lo so, Skande. Non lo so-
-Ma...se le due Gekies sorelle non si sfideranno, non succederà niente, giusto?-
-In teoria sì. Ma c’è qualcosa, qualche entità oscura, che vuole a tutti i costi spezzare l’Equilibrio. Troverà un altro modo-
Silenzio.
Avvertii uno strano tono nelle parole della regina. Come se non mi stesse dicendo tutto...
-Cosa c’è?- chiesi.
Lajila sospirò.
-Cosa c’è di così importante che io non lo possa sapere?-
La regina sospirò nuovamente.
-Nessuno lo sa. Nemmeno i Saggi. Nemmeno il re. Solo io. Vorrei condividere questo peso, Skande, ma tu non sei la persona più adatta-
-Perché?-
-Perché ti ferirei. Non voglio rovinarti questo momento, bambina-
La guardai, con gli occhi supplicanti.
-Voglio saperlo, e ora. Se qualcosa deve ferirmi, meglio che mi prepari in anticipo-
Lajila mi fissò, gli occhi verdi spalancati.
-Sei sicura?-
-Sì-
Lei chiuse un attimo gli occhi.
-L’essere che vuole spezzare l’Equilibrio è legato a voi, in qualche modo. Non so perché, ma voi, tu e Vryheid, gli servite. Ha bisogno del vostro sangue-
-Del nostro...sangue?-
-Non sai quanto sia difficile per me non poterlo spiegare, bambina. Ma se non riuscirà a farvi sfidare, troverà un altro modo-
Sospirai.
Lo sapevo: niente sarebbe mai andato per il verso giusto.
-Scapperemo. Andremo nella tua terra...non sarebbe la soluzione migliore?-
Lajila scosse la testa.
-E’ la soluzione migliore, ma non definitiva. L’entità che trama nell’ombra per spezzare l’Equilibrio ci troverà. Non so cosa sia, ma è come un dio, e come i nostri dei può osservarci continuamente-
Chiusi gli occhi. Non sapevo perché, ma stavo per piangere.
Lajila se ne accorse e mi abbracciò
-Bambina...andrà tutto bene. Andremo dai Waar, va bene? Ci diranno cosa fare, ne sono certa. Stai tranquilla. Ora hai cose più importanti a cui pensare: Darren è all’Accademia, se non sbaglio. Vuoi che ti accompagni?-
-No- dissi – posso andarci da sola-
La regina mi diede un bacio sulla fronte e mi accarezzò la guancia.
-Sii forte, bambina- mi disse, mentre io mi dirigevo verso il portone.
 
                                                                 ***
Quando fui furori dal giardino reale inspirai a pieni polmoni l’aria fresca del mattino.
Cercavo di non pensare alle varie entità oscure che gravavano sul mio destino: volevo solo correre da Darren e dirgli che saremmo diventati genitori.
E così feci: mi sembrava di volare, mentre sfrecciavo lungo la strada che portava all’Accademia.
Darren lavorava come insegnante, istruiva gli apprendisti soldati.
Da quando ci eravamo fidanzati ero stata un paio di volte a trovarlo sul lavoro, perciò sapevo dove trovarlo.
Ignorai i soldati, che tentavano di sbarrarmi la strada dicendo:
-Non può entrare nel campo da combattimento durante l’allenamento!-
Ero inarrestabile.
C’era un gruppetto di aspiranti soldati che si allenavano, ma il loro maestro non era Darren.
Doveva aver finito il turno.
Uscii dal cortile e fermai il primo soldato che mi capitò a tiro.
-Dov’è Darren Medina?-
-E tu chi saresti?- chiese quello.
-La sua ragazza. Mi dici dov’è?-
-Nel suo studio. Vuoi che ti accompagni?-
-No. So dov’è-
Corsi per il corridoio, svoltai a destra e salii una rampa di scale.
Lo studio di Darren era il penultimo in fondo al corridoio.
Bussai, ma non mi rispose nessuno.
Attesi, poi bussai con più insistenza.
Dato che Darren non veniva ad aprire, spinsi la maniglia.
Era aperto.
Spalancai la porta, e il sorriso mi morì sulle labbra.
C’era Darren, e c’era una ragazza, bionda, e si stavano baciando.
Si stavano baciando.
Rimasi impietrita, senza nemmeno accorgermi che stavo trattenendo il fiato.
Darren alzò un attimo lo sguardo e mi vide.
Sentivo le lacrime che spingevano per uscire.
Mi girai e corsi via.
-Skande! Ti prego!-
Mi corse dietro, ma io ero più veloce.
Continuai a correre senza meta,  correvo e basta, come se potessi lasciarmi tutto alle spalle, come se non fosse successo niente.
Sapevo che non era così, ma non mi importava.
Volevo scappare, volevo tornare indietro nel tempo, volevo non aver baciato Darren quella notte in cui mi aveva detto che Vryheid era mia sorella.
Volevo...volevo sprofondare negli abissi e non emergere mai più.
Volevo piangere, ma non potevo, lì in mezzo alla strada.
Presi la prima decisione lucida degli ultimi cinque minuti.
Mi misi a correre verso il palazzo reale. 



Angolo dell'autrice
Spero che Laila non mi ucciderà per quello che Darren ha fatto xD
E scusatemi per il titolo penoso del capitolo,ma non mi veniva niente di meglio.
Non sono molto convinta di questo capitolo, ma...a voi la parola :)

VittoriaBlueMoon

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Capitolo 9
*** Pynlike dood ***


Erano due mesi che stavo chiusa nella mia stanza.
I pasti arrivavano dalla cucina tramite una finestra temporale.
Non vedevo nessuno.
Non mi allenavo più.
Cercavo di non farne una colpa a Mirya. Probabilmente la regina l’aveva licenziata, dopo aver scoperto che mi aveva riferito che Skande è mia sorella.
Già, Skande.
Continuavo a sognarla, e cominciavo a pensare che non fosse una coincidenza.
Doveva essere un incantesimo che non conoscevo, o qualcosa del genere.
Volevo scappare, sapevo di poterlo fare.
Gli incantesimi con cui Mirya aveva messo le sbarre alla finestra e sigillato la porta non erano poi così tanto potenti, e io ero più forte di lei.
Però c’era una cosa che, in qualche modo, mi tratteneva, che mi aveva trattenuto per due mesi.
Il ragazzo dai capelli rossi, il ladro.
Mi sembrava in qualche modo ingiusto lasciarlo ad aspettare la pena di morte, mentre io scappavo.
Ma sapevo di non poter fare altrimenti: non sarei riuscita a penetrare nei sotterranei inosservata.
O forse sì?
Non potevo rischiare, se volevo scappare, ma...quel ragazzo mi tratteneva.
Era come se avessi dovuto liberarlo, e sapevo che se non l’avessi fatto, non sarei scappata.
Ma sapevo anche che se ci avessi provato avrei potuto peggiorare molto le cose.
Non ero innamorata di lui, sarebbe stato impossibile. Non sapevo nemmeno come si chiamava.
Era più come una sorta di...intesa che si era creata fra noi, quel giorno. O forse ero solo io a pensarlo.
Comunque fosse, ero stata io a farlo finire in prigione. Se non avessi ucciso il soldato...un ladruncolo non avrebbe fatto certo molto scalpore, e lui se la sarebbe cavata.
Era stata colpa mia.
Che strano. Nella mia vita ho sempre pagato solo io per le azioni che ho commesso.
E adesso, per la prima volta, non è più così.
Lo libererò, o almeno, ci proverò. Tanto lui è condannato a morte comunque: le cose potrebbero mettersi peggio solo per me.
E non possono uccidermi: io sono la Gekies.
Vorrei che tutto non fosse così ingiusto, vorrei non essere sola.
Vorrei essere cresciuta con mia sorella, vorrei che lei in questo momento fosse qui con me.
A volte mi accordo di essere così debole, e lo sono, ma ho imparato che non devo mostrarmi debole. Non ho mai potuto, e non ho mai avuto nessuno con cui valesse la pena mostrarmi per come sono. Mirya non è mai stata così vicino a me da confidarmi con lei...
E adesso?
Adesso voglio veramente scappare?
Sì. Sì, lo voglio.
Mi infilai dei pantaloni di pelle, una camicia e i miei inseparabili anfibi.
Presi una borsa di cuoio che non avevo mai usato in vita mia, ci ficcai dentro dei vestiti di ricambio, il mantello, una borraccia, il libro degli incantesimi, gli avanzi del pranzo.
Mi bastò concentrarmi un attimo per sciogliere l’incantesimo con cui Mirya aveva sigillato la porta.
Giunta sulla soglia, mi girai, e osservai la stanza.
Non c’era niente che sentissi veramente mio in quel posto.
Sgusciai nel corridoio, appiattendomi contro le pareti, anche se non ce n’era bisogno.
Fu facile non farmi vedere dalle due guardie all’entrata delle segrete: per periodi così brevi riuscivo a mantenere un incantesimo di invisibilità decente.
Setacciai le celle, quasi tutte vuote, fino a che non trovai quella del ladro.
Era disteso sulla rozza panca di legno coperta di paglia, gli occhi rivolti verso il soffitto.
Per un attimo mi chiesi se non avesse una famiglia, qualcuno che era preoccupato per lui e che avrebbe dato la sua stessa vita per quella di quel ragazzo.
“Probabilmente no – mi dissi – ma in fondo, io sono come lui. Al re e alla regina importa di me solo perché sono la Gekies”
Quando il ragazzo mi vide – o meglio, mi percepì – si sedette sulla branda e aggrottò le sopracciglia.
-Shh- gli dissi, portando un dito alle labbra.
Armeggiai per un po’ con la serratura, e, con l’aiuto di qualche magia, questa cedette.
La porta si aprì cigolando.
-Vieni fuori. Seguimi e stai zitto-
Lui uscì. Fissai per un attimo i suoi occhi opachi, poi diedi una sbirciatina dalla parte da cui ero venuta. Non c’era nessuno.
-Vieni-
Mi mossi lentamente, cercando di fare il minor rumore possibile. Vedevo le guardie, ferme davanti alla porta.
Mancava qualche metro all’uscita, quando avvertii uno spostamento d’aria. Aria gelida, che poteva significare una cosa sola. Mi diedi della stupida: era stato troppo facile.
-Vieni!Svelto!- gridai, senza preoccuparmi delle guardie. Erano il problema minore, in quel momento.
Ci mettemmo a correre dalla parte opposta, ma era troppo tardi.
La figura minuta della regina Khala si stagliava davanti  a noi. Quello che provai fu terrore, puro e semplice. Avvertivo qualcosa in lei che non mi piaceva. Qualcosa di oscuro.
Scosse la testa.
-No, Vryheid. Così non va-
Una sfera d’energia si stava creando nelle sue mani. Non poteva veramente farlo. Non poteva uccidermi. Non solo perché ero la Gekies, ma perché avrebbe violato tutte le leggi, sia religiose che politiche, di Aarde.
Ma mi sbagliavo.
Poteva e, soprattutto, voleva farlo.
-Pynlike dood- disse.
Un sorriso maligno si dipinse sul suo volto.
Fu l’ultima cosa che vidi prima che l’energia mortale che aveva scatenato si riversasse su di me.
Avrei dovuto resistere.
Avrei potuto resistere.
Non l’avevo fatto per un semplice motivo.
Prima di uccidermi, la regina si era trasformata in una ragazza molto, troppo simile a me.
Si era trasformata in Skande.



Angolo dell'autrice
So che sono scomparsa per un po', ma ero da mia nonna, poi ho invitato delle mie amiche, poi sono tornata dalle vacanze e...beh, adesso ho finalmente pubblicato il capitolo.
Spero che vi piaccia, recensite e fatemi notare gli errori.
E' scritto un po' di fretta, quindi potrei aver fatto qualche casino -.-
Ci vediamo nel prossimo capitolo con Skande,
VittoriaBlueMoon

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Capitolo 10
*** Schiavi del destino ***


La regina si svegliò di soprassalto.
Spalancò gli occhi all’improvviso, preoccupata dalla visione che aveva appena avuto.
Le tende bianche ondeggiavano come fantasmi nella penombra nella stanza, dandole un’aria spettrale.
Lajila si alzò e si vestì velocemente, abbinando a casaccio corpetto e gonna.
Skande avrebbe avuto bisogno del suo aiuto, quella notte.
Ma prima c’era una cosa che doveva fare.
Si sedette alla scrivania e tirò fuori un foglio, l’inchiostro e la penna.
 
                                                       ***
Bussavano alla porta con insistenza. Non sapevo esattamente cosa c’era dietro la porta, ma avevo paura.
Non volevo, non dovevo, aprire quella porta.
 
Mi svegliai e aprii gli occhi.
Avevo il respiro accelerato e il cuore a mille.
La casa, quella in cui una settimana prima avevo dormito con Darren, era silenziosa.
Stetti un attimo in ascolto, e poi me ne accorsi.
Il silenzio era rotto da un solo, odioso, rumore.
Quello di una mano che batteva sul portone di legno.
Avevo paura: sapevo di non dover aprire quella porta. Non volevo nemmeno scendere le scale, ma in fondo era stato solo un sogno.
Indossai gli anfibi e corsi di sotto.
La persona che stava bussando doveva essere disperata, continuava a percuotere il portone, quasi sperando che cedesse.
Cercai di farmi forza.
In fondo, sapevo difendermi.
Preparai  un incantesimo di attacco: una sfera d’energia si formò nel palmo della mia mano destra.
Se fosse stato un visitatore indesiderato, quell’incantesimo sarebbe bastato a stordirlo.
Feci girare il pomello.
Riuscivo a distinguere la figura che si trovava sull’uscio perché quella notte la luna era sufficientemente luminosa.
Era un ragazzo, alto e imponente, con le spalle larghe. Aveva i capelli arruffati, e stringeva tra le braccia una persona più minuta, probabilmente una ragazza.
-Fammi entrare. Ti prego-
Io non dissi niente. La sfera d’attacco si spense.
-Ti prego, fammi entrare. Sta morendo. Ti prego-
Gli feci un cenno, e lui entrò. Non so cosa mi stesse passando per la testa, ma non volevo negargli il mio aiuto.
Adagiò la ragazza sul divano.
-Sei Skande Nhogolov?- mi chiese
-Sì-
-Dimmi che mi puoi aiutare. Continuava a ripetere il tuo nome. Io non sapevo chi eri, ma gli ubriachi che ho incontrato per la strada sì. Tutti sanno chi è la Gekies-
Rimasi stordita dalle sue parole. Perché quella ragazza conosceva il mio nome?
Poi un lampo mi attraversò la mente. Non poteva essere lei. Lei era a chilometri e chilometri di distanza, dalla parte opposta di Aarde.
-Chi è? Come si chiama?-
-Si chiama Vryheid. Vryheid Kalija-
“Fa che non sia lei – pensavo – fa che non sia lei”.
E invece era lei. Me ne accorsi subito. Mi somigliava così tanto...
Mi dovetti sedere. La testa mi girava, e avevo la nausea.
Presi un bel respiro, e tentai invano di calmarmi. Non dovevo pensare a cosa era successo e come, dovevo aiutarla.
Mi girai verso il ragazzo.
-Che cosa è successo?-
-Lei voleva liberarmi, ma la regina è arrivata e ha tentato di ucciderla, ma lei non è morta, e io non sapevo dove andare, e quando siamo entrati nelle terre Okkulte lei continuava a dire “Skande, Skande Nhogolov, Skande” e io...-
-Cos’è successo? – urlai – quale incantesimo le hanno fatto?-
Il ragazzo era costernato.
-Pynlike dood- sussurrò, con un filo di voce.
Mi girai verso di lei. Respirava con irregolarità, e continuava a ripetere ossessivamente il mio nome.
Le strinsi la mano.
-Sono qui, Vryheid. Sono qui-
Deglutii. Avevo paura, una paura assurda di non riuscire a salvarla.
Come poteva essere ancora viva, dopo quell’incantesimo? Non lo sapevo e, in fondo, non mi importava. Volevo solo salvarla.
-Vinnige genesing- dissi. Il suo respiro si regolarizzò un poco, ma sapevo che quell’incantesimo non sarebbe bastato.
La magia che avevano lanciato contro di lei le stava lacerando l’anima, non il corpo.
-Volledige wedergeboorte-
No. Non andava bene nemmeno così.
Ma come avrei fatto?
Era uno degli incantesimi più potenti che conoscevo, e già aveva prosciugato gran parte delle mie energie.
Poi sentii bussare alla porta.
-Vai a vedere chi è- sbraitai, in direzione del ragazzo.
Ero nervosa, troppo nervosa, e speravo che non si presentasse l’ennesima brutta sorpresa della nottata.
Pochi secondi dopo, Lajila fece la sua apparizione nella stanza.
Era vestita con un corpetto rosso e una gonna blu, e i capelli sciolti le ricadevano arruffati sulle spalle.
Mi buttai tra le sue braccia.
-Hai già tentato con qualche incantesimo?- mi chiese
-Sì, ma...non è successo niente nemmeno con la rigenerazione-
-La rigenerazione? Oh, bambina, ti stancherai troppo. Lascia che provi io-
Si avvicinò a Vryheid.
Mi fidavo immensamente di lei, ma avevo paura che non riuscisse a salvarla.
-Amper asemhaling-
L’incantesimo che più si avvicinava alla risuscitazione.
Il respiro di Vryheid divenne regolare. Per un attimo, sperai che si sarebbe risvegliata.
Ma non successe.
Lajila si accasciò su una poltrona, esausta.
Le portai dell’acqua.
-Non è morta, e non morirà. Ma non è viva- disse
Non dissi niente. E cosa avrei dovuto dire? Sapevo benissimo che per riportarla alla vita, bisognava dare qualcosa in cambio. Un’altra vita.
-Potrei farlo, sai. Potrei riportarla in vita- disse la regina
La guardai negli occhi.
-No. Non puoi pensare di...no. Non lasciarmi da sola. Troveremo un altro modo-
E io sapevo che un altro modo non esisteva. Era una scelta ingiusta, e Lajila stava proponendo a me di scegliere.
O la sua vita, o quella di Vryheid.
-La mia vita vale ben poco, ormai- disse
-Non dire questo. Non è vero. Ti prego, non lasciarmi sola- ripetei
Scosse la testa.
-Se tu non vuoi non lo farò. Ma tu e Vryheid siete importanti per la vita di Aarde, e il sacrificio della mia vita non sarebbe poi così grande-
Avrei dovuto dire di sì.
Lei sapeva cosa sarebbe successo, ma le volevo bene.
Era l’unica persona a cui avessi voluto bene che non mi aveva ancora tradita.
E poi, ovviamente, c’era il bambino. Come l’avrei allevato senza di lei? Io non ne sapevo niente.
Sarei stata un disastro.
Mi sedetti sul divano, i gomiti sulle ginocchia.
Mi presi la testa tra le mani e sospirai.
Cosa dovevo fare?
Il ragazzo si sedette poco distante da me. Mi ero completamente dimenticata di lui.
Alzai la testa.
-Scusa – dissi – non volevo trattarti così...-
Lui sorrise.
-Hai molto in comune con Vryheid. Il nostro primo incontro è finito con un vaffanculo-
Lo guardai.
-Come ti chiami?-
-William-
-Solo William?-
Lui alzò le spalle.
-Non ricordo il mio cognome. Mia madre è morta quando ero piccolo-
-Mi dispiace-
-Non vuoi sapere come siamo arrivati qui?-
-No. Non adesso, ti prego-
Lui annuì.
Lajila dormiva sulla poltrona, e anche io ero piuttosto stanca.
Ma non potevo dormire.
Una – o forse due? – ore dopo, Lajila si svegliò.
Io non avevo chiuso occhio, e William dormiva beato accanto a me.
-Skande-            
-Sì?-
-Succederà comunque. Io darò la mia vita per tua sorella, che tu lo voglia o no. Magari non sarà oggi, ma succederà comunque-
-Perché?-
Lei scosse la testa.
-Non lo so. Ma è così che deve essere. Forse tu mi dirai di sì tra un mese, forse di più. Ma prima o poi lo farai. Perché non adesso, Skande?-
-Perché io ho ancora bisogno di te-
-Puoi farcela benissimo da sola. E poi non sarai veramente sola...Vryheid sarà con te-
-Sì, ma io non le voglio bene come a te. Non ancora, almeno. E se noi non riuscissimo a volerci bene? Io sarei sola. Non ho una madre, un padre. Darren mi ha tradita. Ho solo te, Lajila-
Lei sospirò.
-Hai più parenti di quanti tu non creda- disse
Non feci domande: sapevo che sarebbe stato inutile.
Ero triste, immensamente triste. Nessuno mi costringeva ad andare avanti, a essere forte...in fondo, forse, lo facevo solo per il bambino.
Lui, o lei, si meritava una vita felice, e io avevo il dovere di dargliela.
E forse il sacrificio di Lajila sarebbe servito a qualcosa.
-Sarà meglio per te e per tuo figlio. Tu e Vryheid andrete dal mio popolo, dai Waar, e loro vi daranno protezione. E Vryheid starà con te. Se ci sarà una guerra da combattere, non la combatterai da sola-
-Perché non puoi venire tu con me?-
-Non ti servirei a niente. Non sembra, ma ho quasi duemila anni-
Nel profondo, sapevo che Lajila aveva ragione. Se doveva succedere comunque, perché non adesso? Era vero che avevo ancora bisogno di lei, ma rimandare non sarebbe servito a nulla.
Mi dava così fastidio pensare alla sua morte così, perché doveva succedere, perchè qualcun altro aveva deciso per tutti ancora prima della nostra nascita.
Mi alzai in piedi. Ero stufa, stanca, arrabbiata.
-No, no e poi no. Mi dispiace tanto, ma io non sono la pedina di nessuno. Di nessuno , va bene? Nemmeno di vari destini e entità oscure che se la sono prese con me. Tu non morirai. Non per Vryheid-
-Non è così che funziona-
-Funziona come voglio io. E’ mia questa vita-
William si era svegliato e mi osservava. Probabilmente mi credeva una pazza isterica, ma poco importava. Avrei voluto vedere lui.
-Siamo schiavi del destino, Skande-
-No, no, no!- urlai
Ero stanca, stanchissima e triste, e nervosa, e non ce la facevo più.
Prima di riuscire a trattenere le lacrime stavo piangendo, e Lajila tentava invano di consolarmi.




Angolo dell'autrice
Capitolo un po' più lungo del solito, forse, ma succede una cosa importante, che è....*tadaa*(?)...le storie di Skande e Vryheid si incrociano!
Anche se Vryheid non si può definire viva -.-"
Mi sono passate molte cose abbastanza...strane, diciamo, per la testa, mentre scrivevo questo capitolo...
tipo quando ho scritto della mezza scena isterica di Skande sono morta dal ridere a immaginare William che la guardava a occhi sbarrati, tipo o.O
Recensite e...al prossimo capitolo *w*
VittoriaBlueMoon

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Capitolo 11
*** Madre ***


Intorno a me c’era tanto fuoco, e io bruciavo.
La mia anima, la mia memoria, tutto quello che possedevo, si stava disintegrando.
Non riuscivo più ad aggrapparmi a niente, se non al nome di Skande.
Continuavo a ripeterlo, ancora e ancora, nell’attesa che di me rimanesse solo quel sacco vuoto che sarebbe diventato il mio corpo.
Tentavo di tenere insieme i brandelli del mio spirito, ma era troppo difficile.
Stavo svanendo.
Volevo essere salvata, e non riuscivo a capire perché mi lasciavano bruciare.
Non riuscivo più a provare nulla pensando che presto non sarei più esistita.
C’era solo il vuoto che si faceva strada dentro di me, implacabile. Dovevo essere riportata indietro, volevo essere riportata indietro.
Non sentivo dolore, non sentivo niente, e non trovavo che fosse terribile.
Era rimasto ben poco di me.
 
                                                               ***
Lajila prese Skande tra le braccia e la portò di sopra, nel suo letto.
Le rimboccò le coperte e le diede una carezza, stando attenta a non svegliarla.
Poi scese di sotto.
William sonnecchiava disteso sul divano.
-Ragazzo, sveglia- disse
William trasalì sentendo quella voce sconosciuta.
-Ascoltami bene. Vryheid deve vivere, e io posso sacrificarmi per lei. Vryheid e Skande devono andare avanti: loro saranno la luce di Aarde. Ma c’è una cosa che loro due devono avere. Si trova nel palazzo reale, dentro il secondo cassetto a destra della mia scrivania. Hai capito? Devi assicurarti che guardino in quel cassetto-
-Sì-
Lajila si girò verso Vryheid e fece un respiro profondo.
 
Lajila
Lo faccio per lei, per Skande.
Anche se lei non lo sa.
Skande e Vryheid sono destinate a qualcosa di grande, e io lo so.
Si faranno forza l’un l’altra, affronteranno insieme la guerra che verrà.
Cos’è la mia vita, in cambio della sopravvivenza di Aarde? Nulla.
Anch’io ho paura della morte. Ma ho più paura di vivere per sempre col rimorso di non aver salvato Vryheid quando potevo.
La sua anima sta andando in pezzi, e prima o poi sarà troppo tardi.
Sto per tradire Skande, e ne sono consapevole. Le avevo promesso che non mi sarei sacrificata se lei non fosse stata d’accordo, e mi dispiace.
E’ questo che penso, mentre stendo le mani sul corpo di Vryheid e dico Tarug na die lewe.
Mi dispiace, Skande.
 
                                                       ***
Mi dispiace, Skande.
La voce di Lajila rimbombò nel mio cervello con tanta forza che balzai a sedere sul letto.
Mi ci volle un istante per capire quello che stava succedendo.
Mi precipitai giù per le scale, cadi, mi rialzai, corsi giù più in fretta che potevo.
Ma era troppo tardi.
Lajila era distesa ai piedi del divano su cui giaceva Vryheid.
Il suo respiro era così flebile tanto che sembrava fosse già morta.
Mi sedettio al suo fianco e le strinsi la mano.
Le lacrime cominciarono a scendere prima che io potessi soltanto pensare di trattenerle. E perché avrei dovuto farlo?
-Perché l’hai fatto?-
Lei sorrise. Il suo sorriso era così bello...
-Voglio morire io. Lascia morire me-
Lei scosse la testa stancamente.
-Mi dispiace, Skande – disse, con voce tremante – ma va bene così. Nel secondo cassetto della mia scrivania, nel palazzo reale. Troverai una cosa. E’ per te, e per Vryheid-
Dovevo trattenere il fiato per reprimere i singhiozzi.
-Ricorda, bambina. Non devi mai essere una pedina del destino-
Le si mozzò il respiro.
Era morta.
Quello che si stava facendo strada nel mio cuore era più che dolore, era una forza devastante che mi lacerava piano piano dall’interno.
Prima di potermene rendere conto stavo vomitando sul pavimento, con William che mi teneva la testa.
Urlavo il nome di Lajila, quello di Vryheid, quello di Darren.
Urlavo e vomitavo e basta.
Non mi ero mai sentita così male in vita mia.
Mi sembrava di vomitare ogni volta un pezzetto di anima, e questo faceva male.
Era come se qualcuno mi colpisse lo stomaco ripetutamente, senza lasciarmi tregua.
Era come cadere all’infinito, senza che il vuoto alla stomaco si alleviasse.
Era orribile.
Pensavo di morire anch’io.
Era come precipitare nell’oblio, senza niente a cui potersi appigliare.
E infatti io non avevo più niente, se non il bambino.
Quando mi svegliai nel mio letto, dopo non so quanto tempo, l’unico pensiero a tenermi ancorato alla vita era il bambino.
 
                                                        ***
Non avevamo avuto il coraggio di aprirla per tutto il tragitto.
Adesso, seduta sul divano, con William da una parte e Vryheid dall’altra, dovevo farlo per forza.
Una lettera.
Il contenuto del secondo cassetto a destra della scrivania era una lettera.
Strinsi la mano di Vryheid. La conoscevo da appena un giorno, ma qualcosa mi legava a lei.
Era l’unica che poteva capirmi.
Aprii la busta con cautela.
La carta delicata aveva l’inconfondibile odore dolce di Lajila. Non sapevo se ce l’avrei fatta ad arrivare al fondo senza piangere.
 
Care bambine,
se state leggendo questa lettera è perché, molto probabilmente, sono morta.
Avete bisogno di conoscere più elementi possibili sul vostro passato, ma io non posso dirvi tutto.
Voi due sarete la salvezza di Aarde, e di questo sono sicura.
Mi dispiace di avervi lasciato sole ad affrontare gli eventi che verranno, ma so di aver fatto la cosa giusta.
Mettetevi subito in viaggio verso le terre dei Waar.
State attente, perché anche il Consiglio dei Saggi ha deciso di inviare una spedizione in quelle terre.
Appena sarà giunta la notizia della fuga di Vryheid, le porte d’accesso e d’uscita alle terre degli Okkulte saranno chiuse.
Portate al mio popolo questa lettera, e loro vi accoglieranno.
Vi prego di portare con voi mia figlia Nyvee. E’ una bambina molto piccola ma intelligente, con dei grandi poteri. Vi sarà utile, e qui a palazzo non potrebbe restare.
Infine, devo dirvi una cosa.
Mi dispiace non avertelo comunicato di persona, Skande, ma se l’avessi saputo ti saresti sacrificata al posto mio, e non potevo permetterlo.
Sono vostra madre.
E so che, in fondo ai vostri cuori, sapete che è così. Vi ho voluto, e vi voglio, un bene immenso, nutro per voi un amore che solo una madre può nutrire per le proprie figlie.
Vorrei tanto dirvi chi è vostro padre, ma non mi è concesso.
Ricordate, figlie mie.
Non siate mai pedine del destino.
 
Lajila
 
 
In una sola notte, io e Vryheid avevamo ritrovato una sorella e perso nostra madre per sempre.



Angolo dell'autrice
Oks. Penso che sarete rimaste o.O
Già. Non me l'aspettavo nemmeno io xD
Il prossimo capitolo sarà un po' più tranquillo, e farò parlare Vryheid, le dedico troppe poche attenzioni *poverina*.
E introdurrò il personaggio di Nyvee. Non ho ancora scritto niente su di lei, ma già la amo *w*
Al prossimo capitolo,

VittoriaBlueMoon


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Capitolo 12
*** Nyvee ***


Stringevo ancora la mano di Skande quando mi svegliai.
Lei era addormentata accanto a me.
Avrei voluto parlarle, ma sarebbe stato crudele svegliarla.
Lajila era morta due giorni prima, e nessuna di noi due era riuscita a dormire, da allora.
Ma per Skande doveva essere molto peggio. Lei l’aveva conosciuta, le voleva bene.
E Lajila, nostra madre, si era sacrificata per me.
Non sarebbe mai successo se la regina Khala non avesse tentato di uccidermi. E non capivo ancora perché l’avesse fatto.
Che era una strega l’avevo sempre saputo, ma infrangere le leggi sacre per me...non aveva senso.
E poi com’era possibile che la regina degli Okkulte fosse anche mia madre? Io appartengo al popolo degli Helder.
Ci sono troppe domande, e parlarne con qualcuno mi aiuterebbe.
Ma non sono sicura che Skande ne voglia parlare. Lei ha anche il bambino a cui pensare.
Abbiamo deciso che oggi andremo a prendere Nyvee. L’occorrente per il viaggio è pronto, dobbiamo solo recuperare nostra sorella, sorellastra o quel che è, e partire.
William vuole venire con noi, anche perché non avrebbe altro posto dove andare.
Mentre penso a tutto le cose che sono cambiate nel giro di qualche mese, stringo più forte la mano di mia sorella.
Adesso che è vicino a me, una presenza concreta su cui posso fare affidamento, riesco veramente a considerarla mia sorella.
Ci assomigliamo tanto, la forma del nostro viso è praticamente identica, così come la posizione degli occhi, e l’altezza, e la corporatura.
Io però ho i capelli biondi e mossi, che mi arrivano alla schiena.
Skande ha i capelli neri, corti e scalati con un ciuffo ribelle che le cade continuamente sulla fronte.
Lei ha gli occhi verde intenso, uguali a quelli di Lajila.
I miei sono un po’ più chiari sul verde-azzurro.
In mezzo a tutto quello che ci è successo, l’unica cosa che può considerarsi felice è il bambino.
Anche se mio nipote è figlio di uno schifoso traditore, non posso non volergli bene.
Assorta com’ero nei miei pensieri, non mi accorsi nemmeno che Skande era sveglia.
-Tutto bene?- chiesi. Che domanda sciocca. Come poteva andare tutto bene? Ma dovevamo almeno fingere che fosse così.
-Sì-
-Hai dormito-
-Ero stanca-
L’abbracciai. Era così bello sentire il calore del suo corpo vicino al mio, che sarei rimasta per sempre così.
-Dobbiamo andare a prendere Nyvee- disse
-Già-
Ci vestimmo in fretta, con abiti comodi. Io indossai, come al solito, dei pantaloni di pelle, una camicia, e i miei inseparabili anfibi.
Anche Skande si vestì con un abbigliamento simile al mio.
Mentre camminavamo verso il palazzo reale eravamo molto preoccupate: nessuno sapeva della morte di Lajila, nemmeno il re.
Quando arrivammo, io mi misi ad aspettare davanti al cancello.
Skande entrò.
 
                                                                   ***
Quando ero andata a prendere la lettera non mi aveva visto nessuno, perciò non avevo dovuto dare spiegazioni.
Ma portare via Nyvee non sarebbe stato così semplice. O forse sì? Lo speravo.
Con un incantesimo di persuasione riuscii a farmi dire da un’ancella dove si trovava la stanza di Nyvee.
Quando pensai di averla trovata, bussai.
-Avanti-
Per un attimo ebbi paura di aver sbagliato stanza. La voce che aveva pronunciato quella parola era incredibilmente seria, adulta.
Poi mi feci coraggio e abbassai la maniglia.
C’era una bambina seduta sul bordo del letto nel centro della stanza, e mi osservava.
Non sembrava stupita.
Aveva i capelli di un biondo chiarissimo, così chiaro da sembrare bianco, e la pelle pallidissima.
I suoi occhi erano grigio-argento, luminosi e indagatori.
Aveva un viso incredibilmente serio, eppure era così piccola...
-Ti aspettavo- disse
-Cosa? Tu hai...-
-I poteri di mia madre-
-Lei mi ha chiesto di portarti con me. Vuoi venire?-
-Ho scelta, forse?-
No, probabilmente no. Come me, del resto.
Le tesi una mano.
-Mi chiamo Skande Nhogolov-
Nhogolov. Era un cognome falso, lo era sempre stato. Tutte le Gekies, probabilmente, hanno sempre avuto cognomi falsi.
-Nyvee Kan-
-Quanti anni hai?-
-Cinque-
-Sei molto matura per la tua età-
Già. Troppo matura. Aveva solo...cinque anni. Ma una cosa del genere, pensata da me, non aveva molto senso. Io a cinque anni ero già più brava della maggior parte degli apprendisti guerrieri.
-Andiamo- disse Nyvee, aggrottando la fronte.
La seguii fuori dalla stanza. Non riuscivo a credere che fosse una bambina così piccola.
Arrivammo a casa senza problemi.
William ci aspettava con le borse pronte.
Quando arrivammo alla porta Ovest di Senejeva, ci accorgemmo subito di una cosa.
Un gruppo di soldati – saranno stati una decina – stavano finendo di chiudere il portone con un lucchetto gigantesco.
Vryheid sospirò.
-Non ci voleva-
Sospirai anch’io. E adesso?
-Posso tenerli immobilizzati per un paio di minuti. Ma dovete fare in fretta- disse Nyvee
La guardai negli occhi. Non dubitavo che fosse capace di farlo, ma...sembrava così fragile.
-Sei sicura? – chiesi – Saranno almeno dieci soldati...-
Lei alzò le spalle.
-Dieci? Solo?-
Sorrise. Provai una fitta al cuore così grande che per poco non perdetti l’equilibrio.
Il suo sorriso era identico a quello di Lajila.
Deglutii e scacciai il pensiero.
-Va bene, allora-
Informai Skande e William.
Nyvee fece un respiro profondo e si portò le dita alle tempie.
Noi tre corremmo verso il portone.
-Lascia fare a noi- disse Vryheid
-Sono perfettamente in grado di aiutarvi- protestai, indignata, ma li lasciai fare.
Mentre Vryheid e William armeggiavano col lucchetto, osservai Nyvee.
Il suo viso serio era contratto, e il sudore le imperlava la fronte.
Faceva respiri profondi, irregolari.
I soldati erano rigidi, immobili. Quella bambina aveva un potere immenso.
Io non sarei mai stata capace di evocare un incantesimo del genere.
Se Lajila era potente, Nyvee lo era molto di più. Non avevo mai visto un potere psichico sviluppato in questo modo in una bambina così piccola.
-Mi arrendo – disse William – Libera di aiutare tua sorella, Skande-
Mi avvicinai al portone, passando la mano sulla superficie.
L’energia dell’incantesimo che vi avevano imposto scorreva nel legno, sotto il palmo della mia mano. Riuscivo a sentirla.
-C’è un incantesimo- dissi – ma finchè non sappiamo quale, non possiamo scioglierlo-
-Veloci, non ce la faccio più- disse Nyvee, dietro di noi.
-Lot portaal- provai.
-Toglietevi- disse William, da dietro di noi.
Corse verso il portone con la spada che aveva preso da uno dei soldati.
Alzò l’arma sopra le spalle e diede un colpo alla catena. La spada rimbalzò, e lui venne sbalzato all’indietro.
-Mmm – disse- mi sa che dovrete vedervela voi con le vostre magie-
-L’incantesimo con cui ho aperto la porta della mia stanza – disse Vryheid – posso provare-
-Die loting van kragtige-
Uno scricchiolio, e la porta si aprì.
Ma Nyvee non riusciva più a sostenere l’incantesimo.
E ci ritrovammo con dieci soldati intorno che ci osservavano stupiti. Ma non sarebbero rimasti così per molto.
William si caricò una Nyvee mezza svenuta sulle spalle e cominciammo a correre fuori da Senejeva, verso il bosco Vervloek, prima che i soldati potessero accorgersene.




Angolo dell'autrice
So che non è un capitolo meraviglioso, ma pezzi del genere ci vogliono, se no la storia sarebbe un casino.
Io, personalmente, adoro la prima parte di questo capitolo e adoro Nyvee.
No, davvero.
Non chiedetemi perchè.
E non chiedetemi nemmeno perchè dico sempre "in questo capitolo farò parlare Vryheid" e poi lo faccio solo per un pezzettino.
Non lo so. Per qualche motivo alla fine è sempre Skande che racconta u.u


Ringraziamenti
Allora, veramente, mi commuovo. Vi adoro, lettori *w*
 
Grazie a

1 - Babykikokikka [Contatta]

che ha inserito la storia nelle preferite;

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1 - Babykikokikka [Contatta]
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Babykikkokikka, FherEyala e LailaOsquin, che hanno recensito;

Al prossimo capitolo,
VittoriaBlueMoon

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Capitolo 13
*** L'Ordine del Loto ***


I rumori del bosco frusciavano intorno a me, delicati.
C’era la neve. Non avevo mai visto la neve, a Kalibe.
Riuscivo quasi a sentire i fiocchi candidi che si depositavano sullo spesso strato nevoso.
Ero seduta su un masso in mezzo alla radura. Eravamo accampati poco lontano, sotto la sporgenza di una roccia enorme.
Avevo gli occhi chiusi.
Cercavo di captare ogni movimento intorno a me, ogni suono, ogni fiocco di neve che si posava sui miei capelli.
Sentii dei passi leggeri dietro di me; mi girai.
Nyvee, che si mimetizzava quasi perfettamente in mezzo alla neve, avanzava verso di me.
-Sembri una ninfa dei boschi- dissi, impulsivamente. Era vero, del resto.
Lei mi guardò un attimo, corrucciata.
-Oh, no. – disse, seria – Loro sono molto più belle-
Sorrise. Amavo il sorriso di quella bambina.
Le sorrisi anch’io.
-Trovato niente?- chiesi.
-No. Il bosco è deserto, in questo periodo. Ci sono poche speranze di trovare qualche animale selvatico-
Sospirai.
-Le provviste dureranno al massimo una settimana-
-Lo so. Vedrai che troveremo un posto dove procurarci del cibo-
Era strano che fosse Nyvee a rassicurare me. Io ero la Gekies della luce, ero forte...e lei aveva cinque anni.
-Posso chiederti una cosa, Nyvee?-
Lei alzò le spalle. Lo presi per un sì.
-Tu puoi...controllare i tuoi poteri?-
Nyvee si incupì.
-Sì-
-Vuol dire che...neanche nostra madre ne era capace-
-Già- disse, amareggiata.
Mi voltò le spalle e se ne andò.
 
                                                       ***
Hoog osservava la pianura dal colle su cui si erano accampati.
I suoi compagni dell'Ordine del Loto aspettavano ordini.
Il bosco si estendeva ai due lati del sentiero, ma non sapeva se le Gekies fossero fuggite verso la parte Est o quella Ovest.
Le terre dei Waar si trovavano nella parte Est delle Terre Sconosciute, ma le due Gekies erano fuggite in fretta e furia da Senejeva, quindi era possibile che non avessero preso la strada giusta.
-Metgesel- disse.
-Sì, maestro Hoog?-
-Sien ti ha portato notizie?-
Il grosso rapace appollaiato sul braccio del suo compagno arruffò le penne, come a voler dire “Sì, certo”.
-Sì. Ci sono segni di attività umana nella parte Est del bosco Vervloek-
-Sono le Gekies?-
-Sien non le ha potute vedere con chiarezza-
Hoog sospirò.
-Heldersiende? Hai visto qualcosa nelle tue visioni?-
-Non ne sono sicura, maestro Hoog. Potrebbero anche non essere le Gekies-
-Allora? Che direzione prendiamo, maestro?- chiese Vuur, con la sua tipica foga.
-Placa il tuo animo, allievo- disse Hoog.
“Pensa – si disse – nessuno può dirmi con sicurezza che siano le Gekies. Ma chi altro può trovarsi nel bosco Vervloek in questo periodo dell’anno?”
Fece un respiro profondo, sperando che quella che aveva preso fosse la decisione giusta.
-Verso Est, compagni- proclamò Hoog, mentre spronava il suo meraviglioso destriero bianco a galoppare verso il bosco.
 
                                                                ***
Mi svegliai nel buio della notte.
L’unica luce proveniva dai tizzoni ardenti, unico residuo del fuoco della sera prima.
Skande e Vryheid erano addormentate vicine, e Nyvee era poco distante da loro.
Il sacco a pelo non teneva abbastanza caldo, con la neve. Stavo gelando.
Sfregai le mani tra di loro per cercare di far riprendere sensibilità alla mie dita infreddolite..
Facendo piano, per non svegliare le tre sorelle addormentate, cercai a tentoni la mia borsa di pelle, per recuperare la giacca.
Anche così, il calore non era sufficiente.
Mi tirai su il sacco a pelo, in modo da poter stare seduto contro la roccia.
Osservai Skande e Vryheid, la loro stretta di mano nel sonno. Avrei voluto io un legame così con qualcuno...e invece non avevo nessuno.
Certo, volevo bene a Skande e Vryheid, ma forse più per pietà che per affetto.
Loro erano state sfortunate, certo, ma io non ero da meno.
Nessuno sapeva cosa mi era successo anni e anni prima, quando mia madre, prima di sparire, aveva imposto un incantesimo ai miei occhi: io sarei stato cieco, per sempre.
Ma qualcosa era andato storto, e così io posso vedere solo dal tramonto all'alba.
Adesso, a distanza di tanto tempo, vorrei sapere perchè mia madre ha fatto una cosa del genere.
Mi misi a osservare i carboni incandescenti del focolare, e quando volsi di nuovo lo sguardo verso Vryheid e Skande, mi accorsi che Vryheid era sveglia e mi osservava.
Si alzò dal sacco a pelo e venne a sedersi accanto a me.
-Non hai freddo?- le chiesi.
Lei alzò le spalle.
-Un po’. Non sono abituata a questo tempo-
Nemmeno io c’ero abituato, ma le cedetti la mia giacca.
-Grazie-
-Anche se ti vesti come un maschio, resti sempre una ragazza-
Pensavo che mi rispondesse con un vaffanculo.
-Già- rispose invece.
Ci fu un attimo di silenzio.
-Grazie per avermi salvato- disse.
Fu come se con quelle poche parole mi avesse acceso il cuore, in qualche modo.
Scossi la testa impercettibilmente: che pensiero stupido!
-Sei tu che hai salvato me-
Il silenzio, imbarazzante e fastidioso, scese tra di noi.
Dopo un tempo che mi parve infinito, Vryheid parlò.
-Mi sei stato subito simpatico, quel giorno che siamo scappati insieme-
-Già. Anche tu, anche se mi hai mandato a fanculo-
Sorrisi. Pensavo di aver dimenticato come si facesse.
Di nuovo il silenzio si intromise nella nostra conversazione, ma questa volta volevo essere io a spezzarlo.
Le cinsi le spalle con un braccio, e lei non si staccò da me.
-Vryheid...-
-Sì?-
Non risposi.
Lei mi prese il viso tra le mani e premette le sue labbra contro le mie.
Non pensavo più a niente.
Non volevo ammetterlo, nemmeno a me stesso, ma l'avevo amata dal primo momento che le avevo rivolto la parola. Avevo desiderato così tanto baciarla, in quella settimana in cui avevo viaggiato con lei incosciente verso Senejeva, ma non mi era sembrato giusto.
Adesso era lei a volerlo.
Volevo solo abbandonarmi a quel bacio, che io stesso avevo desiderato darle, ma non avevo avuto il coraggio di farlo.

Angolo dell'autrice
Eh, già. William e Vryheid. 
Ditemi che ne pensate di questa coppia *w*
E...ho inserito dei nuovi personaggi, che per ora resteranno "misteriosi". Vi dico solo che l'ispirazione per crearli mi è venuta guardando il cartone "L'ultimo dominatore dell'aria" con mia sorella -.-" 
Domani ricomincia la scuola -.- , quindi non so quanto tempo avrò per postare nuovi capitoli. Penso che l'aggiornamento rallenterà un po', ma non smetterò per niente al mondo di scrivere questa storia.
L'adoro troppo xD 
A presto (speriamo),
VittoriaBlueMoon

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Capitolo 14
*** Pensieri ***


Mi svegliai presto, doveva essere l’alba.
Avevo freddo, ma volevo sgranchirmi le gambe. Sgusciai fuori dal sacco a pelo e cercai la mia bisaccia. Notai che Vryheid e William erano addormentati vicini, abbracciati sul sacco a pelo di William.
Sorrisi stancamente, poi mi incamminai verso la radura dove, quella mattina, avevo parlato con Vryheid, e mi sedetti sul grosso masso al centro, osservando l’alba.
Piccole screziature rosate e aranciate guizzavano all’orizzonte come piccoli pesci, incorniciando il sole nascente, un sole che emanava una pallida, tenue, luce.
Mi dispiaceva di essermi arrabbiata con Vryheid, quella mattina, ma mi dava fastidio parlare di certe cose.
Io sapevo controllare i miei poteri.
E non solo quelli.
Io sapevo controllare tutto.
Ero...non capivo nemmeno io cos’ero.
Un mostro, o qualcosa del genere. Potevo fare qualunque cosa con la forza del pensiero.
Non avevo ancora trovato un limite ai miei poteri, e non volevo provarci.
Se non l’avessi trovato mi sarei sentita veramente un mostro.
Nemmeno mia madre aveva capito fino a dove potevo spingermi: credeva che fossi come lei.
Ma io non sono come lei: sono molto di più.
So fare cose incredibili soltanto...immaginandole, desiderandole intensamente.
“Wense kom waar vroeër of later”, dice un detto antichissimo, che risale ai tempi degli Spiriti Tribali: “I desideri prima o poi si avverano”.
Già. Nel mio caso, forse, è fin troppo vero.
Non so da dove vengano i miei poteri. Sono figlia di Lajila, è vero, ma mio padre è Alobhar.
E comunque Lajila aveva dei poteri inferiori ai miei.
Quando era in vita, almeno.
Sembrerebbe che la morte di mia madre non mi abbia provocato dolore, ma non è così, come può essere così?
Mi sento vuota dentro, non ho più niente. Lei era l’unica persona che davvero mi volesse bene.
E la cosa più brutta, in mezzo a tutto questo, è che io lo sapevo. Sapevo come, quando e perché sarebbe successo. Eppure non ho potuto impedirlo lo stesso.
E’ terribile sapere sempre prima degli altri quello che succederà, e non capisci cosa significa finchè non lo provi. La maggior parte delle volte provo a bloccare le visioni, ma non posso farlo per troppo tempo, se non voglio che mi scoppi la testa.
Sono costretta a farle fluire nella mia mente, senza poterle arrestare, dovendo guardare per forza. Sono obbligata a sapere chi morirà, chi avrà fortuna, chi no. Con me le sorprese non funzionano. Vorrei che la mia vita fosse diversa. Mi immagino come sarebbe se Lajila fosse ancora viva. Sarei con lei, in questo momento? Crescerei felice, come una bambina normale?
Non lo so. In fondo, io non sono una bambina normale, non lo sarò mai.
Una sbirciatina al mio destino, e saprò se sono destinata ad andare fino alle terre dei Waar o no. E’ così semplice, per me.
Non mi ribellerò mai al destino. C’è davvero la possibilità di ribellarsi? No, no.
Qualunque azione da noi commessa era già scritta, e noi, per un motivo o per l’altro, faremo sempre quello che il destino vuole, è inevitabile.
Desidero profondamente di potermi ribellare al fato, ma ci riuscirò davvero, prima o poi?
Beh, in fondo “Wense kom waar vroeër of later”.
Speriamo.
 
                                                         ***
Hoogste accarezzava ritmicamente il manto bianco di Vinnige, cercando di concentrarsi.
Doveva trovare le Gekies, ma non sapeva come. Sien, il miglior osservatore che avesse a disposizione, non le aveva viste con sicurezza, e Heldersiende aveva delle visioni confuse. Vuur non poteva essergli d’aiuto in alcun modo, col suo caratteraccio.
E lui? Hoogste avrebbe potuto usare i suoi poteri, lo sapeva, ma non voleva farlo.
Per il capo dell’Ordine del Loto, utilizzare il suo dono richiedeva un prezzo altissimo, e non aveva senso pagarlo solo per trovare le Gekies.
Ormai erano accampati nella parte Est del bosco Vervloek, tanto valeva tentare.
-Tutto bene, maestro?-
Heldersiende si era svegliata.
Hoogste si girò e le sorrise.
-Certo-
E invece non era affatto così. Stavano ritardando di troppo tempo il compimento della loro missione.
-Mi dispiace di non essere utile con le mie visioni- disse la ragazza.
Hoogste scosse la testa.
-Non è un problema, Heldersiende-
Quei ragazzi, tutti e tre, erano come figli, per lui. Erano la sua unica famiglia, e lui lo era per loro.
Avevano offerto la loro vita al dio Lotus, uno dei dieci Spiriti Tribali, gli dei di Aarde.
Lo Spirito comunicava loro le missioni che dovevano compiere attraverso Hoogste, il capo dell’Ordine. E loro obbedivano: erano stati scelti tra tanti, erano la mano del dio su  Aarde.
Questa volta, Lotus voleva una cosa...diversa. E Hoogste sapeva che il suo dovere era portare a termine la missione.
 
                                                            ***
Aprii gli occhi lentamente e sussultai quando mi accorsi di essere sdraiata vicino a William.
Mi tirai su in fretta, e vidi Nyvee che mi osservava, rannicchiata nel suo sacco a pelo.
-Da quant’è che sei sveglia?- chiesi.
-Non lo so. Sono andata a fare una passeggiata-
-Ah-
Silenzio.
-Mi dispiace di essermela presa con te, ieri-
-Non fa niente. Dispiace a me di essere stata indelicata-
Silenzio, di nuovo.
-Vieni qua, Nyvee- dissi.
Lei mi guardò dubbiosa, poi sgattaiolò fuori dal sacco a pelo e si accovacciò accanto a me.
Presi a passarle le dita tra i capelli, lentamente. I suoi capelli biondissimi erano morbidi, del tutto privi di nodi.
-Hai dei capelli bellissimi- le dissi.
-Mia mamma me li pettinava tutte le sere-
Per un momento, dopo quelle parole, mi sembrò una normalissima bambina di cinque anni.
-Mi dispiace che sia morta-
-Già. Anche a me- rispose, con un po’ d’amarezza. In fondo, io non le avevo veramente voluto bene, ma lei sì.
-Mi dispiace davvero, Nyvee-
Lei sospirò.
-Lo so. Lo so-
Si girò verso di me e la guardai negli occhi. I suoi occhi grigi risplendevano di una luce meravigliosamente argentata.
La abbracciai, tenendola stretta contro il mio petto.
-Mi dispiace tanto, Nyvee. Mi dispiace-
Lei si lasciò stringere e mi strinse la mano.
-Siete la mia famiglia, ora-
-Già. E tu, Skande e William siete la mia-
Nyvee sorrise maliziosamente.
-William, eh?-
-Shh. Volevo...volevo parlarne con Skande, prima che con te-
-Io so tutto, però-
-Già. Quindi sai anche che ci siamo baciati-
Nyvee alzò le spalle.
-Sì-
-Lui è così...è così dolce, Nyvee-
-Te ne sei innamorata dalla prima volta che l’hai visto-
Sospirai.
-Sì, piccolo genio-
Nyvee sorrise.
-Ti voglio bene, Vryheid-


Angolo dell'autrice
Come avete visto a causa di scuola e sport (soprattutto sport, per adesso) ci metto di più ad aggiornare.
Cercherò comunque di scrivere almeno un capitolo ogni week-end.
Parlando del capitolo, beh...boh. xD
Insomma, è un capitolo un po' "di passaggio", per non dire inutile u.u
Però si capisce qualcosa di più su Nyvee e sull'Ordine del Loto.
Oks, non so che titolo metterci. Quindi adesso ci penso, non preoccupatevi se sarà *bleah*.
....!!! idea!!! 
Intitolerò questo capitolo "Pensieri". Insomma, i pensieri di Nyvee e quelli di Hoogste. 
So che faccio pena coi titoli, ma in fase di revisione penso che alcuni li cambierò.
Al prossimo capitolo,
VittoriaBlueMoon

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Capitolo 15
*** Visione ***


La vedevamo davanti a noi, non molto chiaramente, ma sapevamo con certezza cos’era.
Dopo una estenuante settimana di cammino, la barriera che divideva il mondo dei Menslike dalle Terre dell’Ovest era a meno di dieci metri da noi..
Era una barriera sottile, increspata dalle energie magiche che la attraversavano, creando correnti multicolore.
-Bene. Eccoci- dissi, scostandomi il ciuffo dalla fronte.
-Già. Eccoci- disse Vryheid.
La verità era che nessuno di noi sapeva cosa dovevamo fare. Attraversare la barriera, certo. Ma come? Poteva essere solo una semplice linea divisoria, ma anche una difesa di alta potenza.
E non era il caso di rischiare di finire bruciacchiati o inceneriti o liquefatti o sbriciolati.
-Nyvee?- chiesi, speranzosa.
Lei mugolò.
-Okay-
Si portò le dita alle tempie e si concentrò. Chiuse gli occhi, per riaprirli poco dopo.
-Barriera elettrica. – disse –  Quelle correnti magiche contengono una forza pari a quella di tutti i temporali di questo mondo messi insieme-
Bene. Perfetto. Sarebbe stato troppo facile se fosse stata una semplicissima linea divisoria o una barriera di scarsa potenza, ma probabilmente avevamo già avuto troppa fortuna.
-Cos’altro riesci a vedere? Riusciremo a passare?-
-Sì – disse. Poi aggrottò la fronte – ma non riesco a vedere in che modo. Non mi era mai capitato prima-
Sospirai.
-Riusciremo a passare. – dissi – Bene. Quindi in qualche modo ci riusciremo-
-Sì, Skande, ma come?- Vryheid mi puntò gli occhi addosso, inclinando leggermente la testa.
-Non lo so. – sospirai – Non lo so-
-Forse è meglio che ci riposiamo un po’. Domani decideremo cosa fare, vi va?- disse William.
Stava già allestendo un focolare con qualche sasso che aveva trovato lì intorno.
Alzai le spalle. In fondo, volevo solo riposarmi. Ero stanchissima, avevamo camminato quasi senza fermarci per una settimana.
Estrassi il mio sacco a pelo dalla borsa e lo stesi per terra. Mi ci sdraiai sopra.
Intorno a me Vryheid, Nyvee e William si affaccendavano per preparare il focolare. Mi lasciavano fare quello che volevo solo perché ero incinta, ma non mi piaceva usarla come scusa per non fare niente. In quel momento però ero veramente stanca, a malapena avevo la forza di pensare.
Di pensare al bambino, soprattutto. Ce l’avevo sempre in mente, non potevo farne a meno. Era la cosa più importante della mia vita, il mio desiderio più grande era dargli una vita felice. Lo, o la, amavo. Più di me stessa.
Ero stanchissima. Cullata dal pensiero di quel piccolo essere che portavo in grembo, mi addormentai.
 
                                                             ***
Il sudore mi imperlava la fronte mentre cercavo di mantenere la concentrazione per spostare un masso con la forza della telecinesi.
Aprii un attimo gli occhi, giusto per vedere che il sasso era nella posizione giusta. Lasciai che la concentrazione si affievolisse piano piano. Il sasso si posò sul terreno con un lieve tonfo.
Osservai soddisfatta l’accampamento: quattro grosse rocce erano disposte in cerchio intorno al focolare che William e Vryheid stavano ancora sistemando. Skande era sdraiata nel suo sacco a pelo, gli occhi chiusi. Dormiva.
-Avete finito?-
-Quasi- mi rispose Vryheid
Mi sedetti su uno dei massi, che io stessa avevo spostato, e raccolsi le gambe al petto.
La testa mi doleva intensamente, avevo impedito alle visioni di presentarsi per troppo tempo.
Mi concentrai, in modo da riuscire a entrare nella mia mente e rimuovere il blocco grazie al quale le visioni mi lasciavano in pace per brevi periodi di tempo.
Ma non c’era niente da vedere.
Assolutamente nulla. Vuoto. La mia testa, per la prima volta in vita mia, era...vuota.
Per me la mancanza della visioni era come non avere aria. Feci un respiro profondo, ma non riuscivo proprio a calmarmi.
E poi, come un lampo, come un pesce guizzante, una visione schizzò rapida nella mia testa, confondendo tutto quello che avevo intorno.
 
                                                               ***
Sabbia. Sabbia nera, a perdita d’occhio. Sabbia tra i piedi.
La mia mano stringeva qualcosa di caldo e morbido, la mano di qualcuno che non riuscivo a vedere.
-Non mi lasciare, Nyvee, ti prego-
-No, Towenaar. Non potrei mai-
Camminavamo, io e il mio compagno, per quella landa desolata. E basta. Per tanto, tanto tempo, non feci altro che stringere la sua mano e camminare.
-Non mi lasciare, Nyvee-
-No, piccolo, non lo farò-
-Non mi lasciare, Nyvee- disse ancora lui, piagnucolando.
-Lo sai che non ti lascerò-
-Non mi lasciare, Nyvee! Ti prego, Nyvee!-
-Sono qua! Sono qua con te!-
-Nyvee, non mi lasciare! Mi vogliono portare via, Nyvee!-
-Chi? Chi ti vuole portare via?-
-Nyvee! Nyvee! Ti prego, Nyvee, non mi lasciare!-
-Towenaar? Dove sei, Towenaar? Non ti lascerò! Sono qua! Towenaar!-
Silenzio. La mia mano non stringeva più niente.
 
                                                                             ***
La luce pallida dell’alba filtrava attraverso le mie palpebre come una lama. Spalancai gli occhi, spaventata.
Sentivo ancora la sabbia intorno a me. Sentivo ancora la mano di Towenaar nella mia, le sue urla spaventate. L’avevo lasciato lì da solo. Avevo lasciato che lo portassero via, anche se gli avevo promesso che non l’avrei mai fatto.
Ma avevo lasciato chi?
Scossi la testa, tentando invano di calmarmi. Prima l’assenza delle visioni. Ora questo.
Cosa mi stava succedendo?
Ero acciambellata sulla roccia fredda. Mi accorsi che tremavo, e strisciai fino alla mia borsa per prendere il sacco a pelo. Presi anche un pezzo di focaccia e lo feci scaldare col calore dei tizzoni ardenti, unico residuo del  fuoco della sera prima.
Mentre addentavo a piccoli morsi la focaccia, cercai di concentrarmi sull’ambiente che mi circondava per non pensare alla visione, ma fu inutile. Il bosco di querce che si trovava alle nostre spalle non riusciva a distrarmi da quell’inquietante visione.
Non mi era mai successo nulla di simile, le cose che avevo visto avevano un significato oscuro, che non sapevo come interpretare. Le mie visioni erano sempre state chiare, limpide, e invece questa...era qualcosa di diverso, qualcosa di brutto. Respirai profondamente, più volte, ma non riuscivo a calmarmi. Avevo paura, una paura tremenda di quello che sarebbe successo.
Ero abituata a saper controllare il mio futuro, e adesso non era più così. Volevo essere una bambina normale, lo desideravo con tutto il cuore, ma non potevo permetterlo. Per le mie sorelle, per mio, o mia, nipote. E per me.
Assorta nei miei pensieri, non mi accorsi di quel guizzo di nebbia nera che solcava il cielo, rapido.
Quando ne compresi la natura, era già troppo tardi.



Angolo dell'autrice
Lo so, sono vergognosa u.u
E' da un po' di tempo che non posto capitolo -.-", ma è come se la scuola mi togliesse l'ispirazione, e il weekend non sempre posso dedicarmi alla scrittura.
Questo è ancora un capitolo in cui non succede un cavolo xD, ma nel prossimo vedrete taaanta azione. Spero. 
Beh, non so che dirvi, se non di abituarvi ad aggiornamente molto più distanziati da prima.
Al prossimo capitolo,
VittoriaBlueMoon 

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Capitolo 16
*** Nebbia nera ***


Scattai in piedi, maledicendomi per non essermene accorta prima.
-Skande!-
Una ragazza alta e sottile come un giunco, con una cascata di capelli neri e aggrovigliati, teneva Skande con un coltello contro il collo, la lama a contatto con la pelle della sua gola.
Vryheid si era svegliata, impugnava la spada. Si alzò e si mise in piedi, accanto a me. William la seguì, senza capire bene cosa stesse succedendo.
-Giù. Mettetele giù, o le taglio la gola-
William scagliò la spada per terra, lontano da lui. Vryheid la posò delicatamente sul terreno, ai suoi piedi.
-Dalle un calcio- disse la ragazza.
Vryheid esitò, poi obbedì.
-Chi sei? Cosa vuoi da noi?- chiese Vryheid. Stava cercando di tenere a freno la voce e l’istinto, per evitare che quella pazza facesse del male a Skande.
-Mi conosci, Vryheid. Mi conosci fin troppo bene-
Mi portai le dita alle tempie, lentamente. Dovevo fare qualcosa.
-Non provarci, piccolo mostro! – gridò la ragazza – Non ci provare, o la uccido!-
Strinsi i pugni. Non potevamo rischiare, aveva in mano la vita di Skande e di suo figlio.
-Cosa. Vuoi- ringhiò Vryheid. Era sul piede di guerra, non sarebbe riuscita a controllarsi ancora per molto.
-Voglio il bambino. Non la ucciderò, ma dovrà venire con me. Voglio quel bambino-
-Che cosa vuoi, tu?-
Mi avvicinai a Vryheid e le conficcai le unghie nel polso. Lei si girò verso di me, incenerendomi con lo sguardo, ma non continuò a parlare.
Un sorriso beffardo si dipinse sul volto della ragazza.
-No- disse Vryheid, con calma.
-No?- disse la ragazza, premendo il coltello contro la gola di Skande – Se lei muore,  io il bambino me lo prendo lo stesso-
Un rivolo di sangue. Skande ha gli occhi chiusi, mormora qualcosa a fior di labbra. Sta pregando? Non lo so.
Vryheid inspira. So che vorrebbe prendere la spada e centrare la ragazza nel cuore, ma sa che prima che la spada la raggiunga, lei avrebbe già ucciso Skande.
Ho lo sguardo fisso sulla ragazza. A un tratto geme e molla la presa, Skande cade a terra. La ragazza ha un pugnale piantato nel dorso della mano. Guardo Vryheid, che si è precipitata a soccorrere Skande. No, non è stata lei. William.
Ansima, ancora stupito da quello che ha appena fatto. Ma non c’è tempo di stupirsi.
La ragazza è a terra, ha eretto una barriera magica attorno a sé. A occhio e croce, mi sembra abbastanza potente.
Skande si è rialzata da terra. Cerca una spada nella sua borsa, la impugna.
La ragazza si rialza.
-Bene. Quattro contro uno-. Sorride. O è pazza, o noi siamo veramente in pericolo. Qualche secondo dopo, verifico che la seconda ipotesi è quella giusta.
La ragazza si trasforma di nuovo in uno sbuffo di nebbia nera, schizza alle spalle di Vryheid, la ferisce di striscio a un braccio.
Lei ringhia, si gira, la lama affonda nel fianco della ragazza. Sangue, tanto sangue, ma lei non soffre.
Che cos’è quell’essere? Non una Menslike sicuramente.
Mi porto le dita alle tempie, appena in tempo. La ragazza si porta dietro a William, sta per colpirlo, quando uno dei massi dell’accampamento le vola addosso. Lei cade, ma si rialza.
Non so cosa fare. Non so davvero cosa fare.
Guardo Skande, ha ricominciato la litania. Solo adesso comprendo cosa sta facendo. Non sta affatto pregando. Devo solo darle tempo.
Mi concentro. Devo trovare qualcosa che distragga la nostra nemica.
Porto le dita alle tempie. Forza, Nyvee, forza.
Fulmini all’orizzonte, nel cielo. Guizzano con potenza, rispondono al mio richiamo. Mi obbediscono. Sento la pioggia sulla pelle, ma non sono stata io a chiamarla. Vryheid.
Due fulmini, poi quattro, poi dieci, si concentrano sull’esile figura della ragazza dai capelli neri. Il suo corpo viene scosso da un terremoto di elettricità, la pioggia la affoga.
Ritiro i fulmini solo per un attimo, solo per tirare il fiato, ma so che dovrò colpire ancora, e ancora.
Ed è questo che faccio. Quello che Skande vuole fare può funzionare, devo solo darle il tempo.
William può fare ben poco, sta vicino a Skande.
Io e Vryheid stiamo dando tutto quello che possiamo. La ragazza è sopraffatta dai nostri attacchi, non le lasciamo un attimo per respirare.
Evoco altri fulmini, li chiamo, li modello con le mie mani, impartisco loro gli ordini.
Si scaricano sulla ragazza, ancora e ancora, finchè lei non cade a terra. Vryheid smette di attaccare. Anch’io. E’ morta?
No. Si rialza. Com’è possibile?
Sono pronta per richiamare a me la forza di altri fulmini, quando guardo nella direzione di Skande. E’ pronta.
La ragazza è spiazzata. Sa che sta per succedere qualcosa – se no perché avremmo smesso di attaccarla? – ma non capisce cosa. E questa volta è lei ad accorgersi troppo tardi di ciò che sta succedendo.
Skande è a pochi metri da lei, le braccia tese.
-Enigste lug-
Grida. Il mondo ascolta il suo grido. La sua energia si rimescola, cresce, esplode, dritta contro la ragazza che ci ha attaccato. E’ implacabile.
La ragazza cade a terra, non può essere sopravvissuta.
Non si rialza, infatti. Corro al fianco di Skande, che si è accasciata a terra. Ha lanciato l’incantesimo più potente che un normale Menslike possa usare.
Ansima, non riesce a parlare. Non avrei dovuto permetterle di farlo, ma era l’unico modo. La ragazza teneva d’occhio me e Vryheid, se ne sarebbe accorta se avessimo provato a lanciare l’incantesimo.
-Skande. Skande. Skande-
Cerco di calmarmi, ma non ci riesco. Sto piangendo. Solo ora mi accorgo di quanta paura avevo di perderla.
-Ti giuro che non succederà più. E’ stata colpa mia, mi dispiace. Ti giuro, non lascerò più che qualcuno ti faccia del male-
-Sono io che devo proteggere te- mi dice. Sorride.
La abbraccio.
Qualcuno ci circonda con le braccia, è Vryheid. Siamo sorelle, noi tre. Non possiamo farcela se non siamo insieme. Lo capisco solo adesso, ma la cosa che importa è che ci siamo, tutte e tre. Che stiamo bene.
Espiro. Inspiro. Va tutto bene. Siamo quasi arrivati alla nostra destinazione.
Mi stacco dell’abbraccio. Vedo William in disparte, lontano da noi. Lo guardo negli occhi, come per rimproverarlo.
Lui si avvicina lentamente. Vryheid si alza e lo abbraccia. Si baciano.
Skande mi guarda, gli occhi sgranati, io le sorrido, e sorride anche lei. Non riesco a togliermi il sorriso dalle labbra, non ci riesco proprio. Non dopo essere sopravvissuta all’attacco di quella specie di mostro indistruttibile, insieme alle mie sorelle, insieme a mio nipote, insieme a William. Sono felice, nient’altro.
Ma è incredibile come in poche frazioni di secondo le cose possano cambiare.
Un guizzo di nebbia nera, e la ragazza si materializza dietro a Skande. La fa alzare.
Diventano un tutt’uno, un unico spiraglio di nebbia che scompare nel cielo.
Non c’è vento, regna il silenzio, rotto da una voce che solo io riesco a sentire.
-Nyvee! Nyvee! Ti prego, Nyvee, non mi lasciare!-
-Towenaar? Dove sei, Towenaar? Non ti lascerò! Sono qua! Towenaar!-
Niente. Silenzio.
Towenaar. Ho lasciato che lo portassero via.
Solo adesso capisco chi è.



Angolo dell'autrice
Sarete stupiti/e che abbia aggiornato così presto. Già, lo sono anch'io, ma oggi sono stata male e addio scuola xD
Quindi ho scritto un altro capitolo, questo. Non posso dire che non succede un cavolo, perchè succedono un bel po' di cose. Anzi una sola cosa, ma molto importante.
*Chi è curioso di sapere chi è la ragazza misteriosa alzi la mano*
VittoriaBlueMoon alza la mano. No, scherzo, so già chi sarà quella ragazza *muahahahah* però mentre scrivevo il capitolo ho improvvisato molte cose. Giusto per dirne una, quando Nyvee capisce che Skande si sta preparando per qualcosa e sa che deve darle tempo, beh, io non avevo idea di cosa far fare a Skande una volta che Nyvee avesse tenuto impegnata la nemica per il tempo sufficiente.
Vorrei anche nomiare i pronostici(?) delle affezionate lettrici su questa storia.
Beh, Laila, per questa volta non ci hai azzeccato, il jackpot se lo aggiudiga FherEyala!
Okay, meglio che la smetta xD
Al prossimo capitolo,
VittoriaBlueMoon

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Capitolo 17
*** Kwadardige ***


Il vento è nero, l’aria che corre troppo veloce perché io possa respirarla è nera.

Non ho la forza per dibattermi, non ce la faccio. L’incantesimo ha prosciugato gran parte delle mie energie. Mi sembra di essere dentro un tornado, non vedo niente, non sento niente. L’unica cosa che percepisco è la mano della ragazza, che stringe con forza il mio polso.

Il fischio del vento è distante da me, coperto da chissà quanta di quella strana nebbia nera.

Silenzio, e il vento che ulula lontano, per molto tempo.

Poi una botta, così forte da togliermi il fiato. Sono distesa a terra, non riesco a mettere a fuoco niente, la testa gira.

Sopra di me c’è una figura alta e sottile, con una massa di capelli neri.

Il suo volto è segnato da un sorriso storto, una specie di ghigno trionfante.

-Ti ho presa, Gekies-

-Non avrai mai mio figlio-

-Lo vedremo-

Tossii. Gocce di sangue sporcarono il pavimento e i miei pantaloni. Mi passai il palmo sulla bocca e guardai la mia mano: sangue.

Tossii ancora, e ancora. Il sangue schizzava sul pavimento.

La ragazza sorrideva, impassibile.

-Anche se morirai, il tuo bambino sarà mio lo stesso-

-Non è possibile-

-Io posso fare molte cose, Gekies. Molte più di quanto tu possa immaginare-

Mi gira le spalle e se ne va.

Non riesco a mettere a fuoco niente, ho solo una grande nausea, vomito.

Poi ricomincio a tossire, sputando sangue. Mi sembra quasi di non sentire il dolore che pervade ogni singola cellula del mio corpo. Ho solo una tremenda paura, paura che il bambino non ce la faccia.

Io non sono importante, è lui, o lei, che quella ragazza psicopatica vuole. E un motivo ci deve essere. Mi sdraio sul pavimento di roccia fredda, ma devo tirarmi su a intervalli di poco tempo per tossire. Dopo quelle che sembrano ore, ho già perso molto sangue, forse troppo, e non capisco perché. Probabilmente è un effetto dell’incantesimo, che, tra l’altro, non è servito a niente. Sono qui lo stesso, a vomitare sangue su un pavimento di pietra, e la vita di mio figlio è in pericolo.

Sto pensando di mettermi a gridare, quando la ragazza compare nella  stanza. Io sono inginocchiata, piegata in due dal dolore, e cerco di ricompormi, ma non mi riesce bene.

-Allora, Gekies. Ti sei stufata di soffrire?-

-No-

-No? Non farmi ridere, lo so che ci tieni a tuo figlio. E alle tue sorelle-

-Le mie sorelle? Non mettere in mezzo anche loro, essere schifoso!-

Una risata sprezzante risuonò sulle pareti di pietra.

-Tu e le tue sorelle siete state coinvolte in questa faccenda ancora prima di nascere-

-Troveranno altre due Gekies! L’Equilibrio non verrà spezzato!-

La ragazza rise di nuovo.

-Non ne sai niente, vero? Non è solo questo, Gekies, c’è molto, molto di più!-

Vorrei incenerirla con lo sguardo, ma ho a malapena la forza di guardarla negli occhi.

-Prendi me! Mio figlio non c’entra niente, sono io la Gekies-

So che lei non vuole me, ma il mio bambino, però non posso lasciare nulla di intentato.

-Sai benissimo anche tu che è colui che porti in grembo che mi interessa. Se mi consegnerai il bambino senza storie, Gekies, forse ti sarà risparmiata la vita-

Stringo i pugni. Non ho nessuna intenzione di darle mio figlio, ma è meglio che me ne stia zitta, per ora.

-Che maleducata, non mi sono nemmeno presentata. Io sono Khala-

Mi tende una mano con quel sorriso beffardo stampato in faccia. Io non ho nessuna intenzione di stringere la sua mano, e comunque sto troppo male per farlo.

-Come vuoi. Tra un po’ ti porteranno del cibo: non vogliamo certo che il nostro principino muoia di fame!-

Mi strizza l’occhio ed esce.

Dopo un po’ mi portano davvero da mangiare, ma il mio stomaco non ne vuole sapere di trattenere qualcosa: vomito tutto. Cerco almeno di bere, ma la spossatezza rimane. Non so cosa fare, però so qual è il mio obiettivo: mio figlio deve vivere.

 

                                                            ***

-Heldersiende!-

Spronai Vinnige a tornare indietro. Heldersiende era caduta per terra, su un fianco. Il suo cavallo, Kastaaing, le dava dei colpetti col muso. Quando smontai da cavallo, si allontanò.

Vuur era già inginocchiato al fianco di Heldersiende.

-Cos’è successo?- chiesi.

-Non lo so, maestro Hoogste- mi rispose Vuur-  Vi stavamo raggiungendo, quando è caduta-

Adesso anche Metgesel era accanto a noi, con Sien appollaiata su una spalla.

Heldersiende respirava regolarmente, come se stesse dormendo.

-Che cos’ha, maestro?- chiese Metgesel.

Non risposi: non lo sapevo.

Poi, all’improvviso, Heldersiende aprì gli occhi e si mise seduta con un movimento velocissimo.

-Hanno preso Skande! E’ a Kwadardige!-

-Kwadardige? Sei sicura, Heldersiende?-

-Sì, maestro. Kwadardige! Kwadardige!-

Heldersiende era molto scossa. La presi in braccio e la distesi sopra Vinnige, la testa sulla criniera della mia cavalla.

-Verso Kwadardige, amici!- dissi, mentre montavo a mio volta in sella.

-Ma, maestro...- sussurrò Vuur.

-Niente ma. Il nostro dio ci ha assegnato una missione, ed è nostro dovere portarla a termine-

 

                                                        ***

Kwadardige si percepiva nell’aria. Kwadardige, l’invisibile fortezza dell’Ombra più oscura, la dimora del Male puro, il cancro di Aarde.

Pochi ne conoscevano l’esistenza, e ancor meno erano quelli che conoscevano i nomi di coloro che abitavano quel castello infernale. Ma nessuno di loro sapeva quale fosse l’obiettivo degli esseri oscuri di Kwadardige, nemmeno Hoogste, il privilegiato dal dio Lotus, al quale era stato rivelato tutto quello che il dio sapeva, o quasi: esistevano informazioni che nemmeno agli dei era dato rivelare. Mai nessuno avrebbe osato cercare di attaccare in qualche modo le forze oscure che abitavano la fortezza; ma adesso i Cavalieri dell’Ordine del Loto dovevano fare qualcosa.

La Gekies  e suo figlio erano stati rapiti dagli esseri malvagi, erano a Kwadardige, e l’Ordine del Loto aveva una missione  da compiere.

Hoogste smontò da cavallo agilmente e prese il mantello dalla bisaccia. Anche se non potevano vederla, Kwadardige era  una presenza tangibile nell’aria, e faceva freddo.

A pochi metri dietro di loro c’era il bosco, con l’erba verde ricoperta di neve sciolta; dove erano accampati, invece, c’erano solo pietre e terra nera: anche la natura percepiva la presenza oscura di Kwadardige.

Hoogste scrutava l’aria: sapeva che la fortezza oscura era là, da qualche parte, sospesa nel cielo. E sapeva anche che per raggiungerla avrebbe dovuto usare il suo potere, quel potere che fin dalla nascita lo aveva reso un mostro ripudiato dal mondo intero.  

Metgesel, Heldersiende e Vuur aspettavano silenziosi dietro di lui; si fidavano del loro maestro e aspettavano la sua decisione.

Hoogste si girò verso i suoi allievi.

-Benvenuti a Kwadardige- disse.

I tre lo guardarono perplessi.

-Io non vedo niente, maestro- disse Vuur

-Nemmeno io- concordò Metgesel

-Io sì. C’è qualcosa di oscuro e pericoloso nell’aria, e può essere solo Kwadardige- disse Heldersiende.

Hoogste annuì.

-Proprio così-

-Come faremo a entrare nella fortezza?- chiese Metgesel

Il viso di Hoogste si rabbuiò.

-Procuratemi il necessario per usare il mio potere-


Angolo dell'autrice
So che ho una bella faccia tosta ad aggiornare di nuovo dopo così tanto tempo, ma davvero non ce l'ho fatta. Non per il tempo, perchè il tempo si trova sempre, ma non avevo più l'ispirazione per scrivere. Io scrivo di getto, senza una scaletta, quindi scrivo solo quando mi viene qualche lampo di genio per continuare. E, boh, questo è il nuovo capitolo. 
Mi dispiace molto di essere scomparsa per così tanto tempo, vi prometto che cercherò di aggiornare più frequentemente.

VittoriaBlueMoon

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Capitolo 18
*** Hoogste e Bayah ***


Ero seduto in mezzo alla radura di terra scura, a gambe incrociate, con gli occhi chiusi. Pensavo a quello che avremmo trovato una volta dentro Kwadardige, ma soprattutto chi avrei trovato.
L’ultima volta che ero stato nella fortezza oscura, non era andata molto bene. Ero scappato dalle creature malefiche che la abitavano, ma non prima di essere stato al loro servizio per molto, molto tempo. Custodivo un segreto che nessuno conosceva, nemmeno i ragazzi. Per lungo tempo, Kwadardige era stata la mia casa.
Ricordo ancora tutto, come se fosse ieri. Ricordo la mia stanza, il Maestro Oscuro, ma soprattutto ricordo lei. Bayah.
Ricordo i suoi capelli di fuoco, i suoi occhi color smeraldo, la sua spontaneità. Ma ricordo anche la malvagità che si celava sotto quell’ingenuità da bambina. E, anche se sono passati moltissimi anni, non posso impedire che il mio cuore frema quando penso a lei.
Ma cerco di non pensarci, perché se penso a Bayah penso al Maestro Oscuro, e a tutte le spaventose creature che abitano la fortezza.
Mi hanno usato, approfittando del mio enorme potere, e non posso fare a meno di sentirmi in colpa per questo ancora adesso. Anche se ero solo un ragazzo, anche se alla fine ho capito, non potrò mai sentirmi di nuovo degno di Aarde, dopo tutto il male che ho fatto a questo mondo. E anche se non so quale sia lo scopo del Maestro Oscuro e delle sue creature, so che è qualcosa di grosso, un piano che è più vecchio persino di me.
Mi sembra ancora di sentirla, la voce sibilante del Maestro...
 
-Vieni qua, Hoogste-
La pallida luce che filtrava dalla minuscola finestra gettava un alone evanescente sulla spettrale figura del Maestro.
Io ero sull’uscio, a pochi passi dalla sua scrivania; quello studio era un ambiente angusto, stretto e col soffitto altissimo, che ti faceva sembrare un uccellino in trappola. Ed era proprio come mi sentivo io, ad appena otto anni.
Camminai lentamente fino alla spartana scrivania che si trovava al centro della stanza e mi sedetti davanti al Maestro.
-Abbiamo una missione per te-
-Oh. Altri Betekelwe ribelli, Maestro?-
Il Maestro storse il naso.
-No. Quei folletti troppo cresciuti non ci daranno fastidio per un po’-
 
Certo. Avevo distrutto la loro capitale, Vanelwe, solo una settimana prima, senza nemmeno chiedermi il perché. E del resto come potevo sapere che i Betekelwe erano un popolo pacifico che non aveva mai dato nessun tipo di problema? Come potevo sapere che la ribellione era solo una scusa per convincermi a distruggere la loro città? Nessuno mi aveva mai parlato delle Terre dell’Ovest e dei popoli che le abitavano. La civiltà dei Betekelwe era ricca e fiorente, e adesso, grazie a me, sono ridotti a poche centinaia di individui che vivono in villaggi isolati. E anche se so che a otto anni non potevo sapere niente di tutto questo, mi sento in colpa, e temo di essere davvero un mostro. Chi altro avrebbe distrutto un’intera città con uomini, donne, bambini, se non un mostro? Mi fidavo del Maestro, perché lui era stato come un padre per me. E mi ero messo al servizio del dio Lotus per riscattarmi, e dimostrare ad Aarde , e soprattutto agli abitanti delle Terre dell’Ovest, che non sono un mostro. E devo fare qualcosa di davvero grande per dimostrarglielo. I quattro popoli delle Terre dell’Ovest non mi darebbero mai ascolto se mi presentassi per scusarmi. Sono tra i pochi che conoscono quali popoli abitano le Terre dell’Ovest: i Waar, gli stregoni guerrieri; gli Sjarme, che traggono i loro poteri dai quattro elementi; i Kry, umani privilegiati che possiedono doti fisiche innate, per cui sono grandi guerrieri; e poi, il popolo dei Betekelwe, esseri eterei che traggono i loro poteri dalla natura. Io ho distrutto gran parte del loro popolo, anni e anni fa. Con Bayah. Ricordo che aveva la mia stessa età, ma quando si ha a che fare con creature come lei e il Maestro, mai niente è come sembra. Non lo ammetterei mai, non voglio ammetterlo nemmeno a me stesso, ma io ero innamorato di una creatura di Kwadardige: ero innamorato di Bayah.
 
Fuoco. Il palazzo del Consiglio Betekelwe bruciava, così come tutta la città. Io e Bayah eravamo lì, nella piazza principale, due bambini apparentemente innocenti, due esseri apparentemente umani e indifesi. Non eravamo nè innocenti, nè umani, nè indifesi.
Bayah battè le mani in modo infantile, saltellando.
-Il maestro sarà contento, Hoog-
Io sorrisi debolmente.
-Già-
-Qualcosa non va, Hoog?-
Bayah mi guardò coi suoi occhi dolci e sinceri.
-No, certo che no-
Lei sorrise.
-Che ne dici, ci divertiamo un po' prima di tornare a casa?-
Sorrisi.
Bayah cominciò a correre lungo la via in fiamme che partiva dalla piazza principale, e io la seguii, cercando di correre più veloce.
-Hoog, sei lento!-
Si girò per farmi una pernacchia. Anche se era così piccola e innocente, sembrava una dea, la fiera dea del fuoco nel suo regno, coi capelli rossi al vento.
Aumentai la velocità, cercando di raggiungerla, ma era più veloce di me.
Ad un tratto, una donna Betekelwe che stringeva tra le bracci un neonato spuntò da un'insignificante viuzza laterale.
Bayah fissò su di lei i suoi folgoranti occhi verde smeraldo, senza più una traccia della sua innocenza infantile. Poi sorrise, tornando la bambina spensierata di sempre. La donna Betekelwe era rimasta in mezzo alla strada.
-Cosa ci fai qui, bambina?- le chiese.
Bayah fece una smorfia.
-Muori, stupida- disse.
Le bastò puntarle un dito contro, che la donna crollò a terra contorcendosi. Il bambino cadde sopra al corpo della madre e si mise a piangere disperatamente. Dopo pochi secondi, la donna smise di muoversi. Era morta.
-Il bambino non sopravviverà- constatai con voce piatta.
Il volto di Bayah venne illuminato da un sorriso felice.
-Lo so, Hoog-
E ricominciò a correre lungo la strada, incurante del fuoco che bruciava le case intorno a lei.
Respiravo a fatica a causa della corsa e dell'aria piena di fumo quando arrivammo alla porta d'uscita della città.
-Torniamo a casa?- chiesi.
-Okay-
Bayah fischiò.
All'inizio non successe niente, poi un rumore di zampe che pestavano il terreno cominciò ad udirsi in lontananza.
Poco dopo un gigantesco cane nero, uno Swarhond, era davanti a noi, e leccava delicatamente il viso di Bayah con la sua enorme lingua.
-Ehi, Trou-
La bestia si girò verso di me e prese a leccarmi.
-Basta, basta! - gridai- Dai, Trou, basta!-
Il cane smise di leccarmi e uggiolò, girando la testa verso Bayah, che gli accarezzò la testa.
-L'hai offeso, Hoog- disse Bayah sorridendo.
-Dai, andiamo-
Saltai in groppa a Trou e Bayah montò davanti a me.
-A casa, Trou-
Il cane cominciò a correre verso il bosco, sempre più veloce, finchè le sue zampe non toccarono più la terra.
-Bravo, decollo fantastico questa volta- disse Bayah.
Trou abbaiò. Il suo verso eccheggiò nel cielo.
Mentre ci dirigevamo verso Kwadardige, mi girai solo una volta verso la città in fiamme dei Betekelwe.
 
Ricordo ancora molto bene quel giorno, come se fosse ieri. E ricordo Trou, che nella sua mostruosità era probabilmente la creatura più dolce di tutta Kwadardige. Chissà che fine ha fatto, se esiste ancora. E Bayah? Dov’è Bayah, ora? Non dubito che sia ancora viva e vegeta, ma forse non è più a Kwadardige. Forse in questo preciso momento è in giro per Aarde, a seminare terrore e morte nelle terre di qualche essere innocente. E forse è meglio così, perché non riuscirei mai ad uccidere Bayah se me la trovassi davanti. Anche se so che è un essere malefico, non posso evitare di pensare a lei con dolcezza, non posso evitare che il ricordo del suo viso sia un ricordo piacevole. Era una creatura dalla perfidia gelida nascosta sotto le spoglie di un essere meraviglioso, infantile e innocente.
Vengo distolto dalle mie riflessioni su Kwadardige da dei passi dietro di me.
-Abbiamo trovato quello che le serve, maestro-



Angolo dell'autrice
Questo capitolo è molto corto ma ho preferito farvi aspettare di meno e pubblicare un capitolo più corto.
Beh, ecco svelato qualche elemento sul nostro misterioso Hoogste...
Recensite e fatemi sapere ;)
Nel prossimo capitolo vorrei tornare a Vryheid, Nyvee e William, ma alla fine la storia fa quello che vuole e di quello che penso io se ne frega xD 
Okay, alla prossima
VittoriaBlueMoon

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Capitolo 19
*** L'orgoglio di Vryheid ***


-Pronti?-
-Sì. Vai-
Nyvee si portò le dita alle tempie e chiuse gli occhi. Stava facendo uno sforzo enorme ma apparentemente sembrava rilassata. Io e William, che la osservavamo preoccupati, sapevamo che stava attingendo l’energia necessaria dai meandri della sua straordinaria mente.
Distolsi lo sguardo da Nyvee e lo fissai davanti a me, sulla barriera. Le correnti magiche che increspavano l’aria formando un muro compatto guizzavano come impazzite, tentando di resistere a Nyvee. Una bambina così piccola e all’apparenza fragile stava fronteggiando una forza ben più grande di lei, una barriera lunga chilometri e chilometri che i popoli delle Terre dell’Ovest insieme avevano eretto a difesa del loro territorio. Ma Nyvee poteva vincere.
Le correnti magiche della barriera vacillarono, scomparirono e di nuovo tornarono a scorrere veloci...e poi ci fu un esplosione di luce, luce bianca infuocata che lambiva la barriera corrodendola lentamente. Il varco era abbastanza grande per passare, ormai. Io, William e Nyvee corremmo attraverso il fascio di luce accecante, e all’improvviso eravamo dall’altra parte. Nelle Terre dell’Ovest.
La barriera era spessa una ventina di centimetri al massimo, ma, arrivati dall’altra parte, scoprimmo che il paesaggio era completamente diverso. Niente più radure di erba verde alternate ad alberi spogli delle loro foglie: davanti a noi non riuscivamo a vedere altro che pini e abeti carichi di neve, senza spiazzi liberi.
-E adesso?- chiese William
-E adesso niente, si cammina- risposi.
-Non sappiamo dove si trovi il territorio dei Waar. Nemmeno coi miei poteri riesco a individuarlo, è nascosto troppo bene-
-Non importa. Cominciamo ad uscire dal bosco, poi lo troveremo. Quando possono essere estese le Terre dell’Ovest?-
Nyvee scosse la testa. Comincia a darmi davvero sui nervi, con quel suo atteggiamento saccente. Lei ha cinque anni, io quattordici. E io non mi faccio impartire ordini da una bambina, per quanto intelligente possa essere.
-Ci perderemo, Vryheid! Non puoi sempre fare le cose come capitano!-
Ecco. Ho la forte tentazione di ucciderla.
-Qua  comando io, capito? Non me ne frega niente dei tuoi poteri e tutto il resto, comando io!-
-Skande non vorrebbe che ci perdessimo, sarebbe tutto inutile! Se mettessi da parte il tuo orgoglio, una volta tanto, forse potresti combinare qualcosa di buono!-
Inspirai profondamente per evitare di ammazzarla all’istante.
-Dai, calmatevi. Non c’è nessuna fretta, decidiamo con calma- tentò di intromettersi William, peggiorando solo la situazione.
-Io non combino mai niente di buono, vero? E tu, che con quei tuoi cavolo di poteri non sei riuscita ad impedire che una psicopatica portasse via Skande? Tu fai sempre la cosa giusta, vero?-
Forse ho esagerato, ma ormai quello che ho detto ho detto. Dovrei rimangiarmi tutto, ma non ce la faccio. Forse Nyvee un po’ ha ragione. E’ tutta colpa del mio orgoglio.
Nyvee chiusee gli occhi, lacrime silenziose rigarono il suo volto. Non volevo, davvero. Ma ce l’ho fatta. Sono riuscita a farla piangere, lei che era sempre forte. E si incolpava già abbastanza per il rapimento di Skande. Non dovevo dirle quelle cose, non dovevo, ma ormai l’ho fatto.
-Va bene, allora. Io vado avanti da sola. Sappi solo che non verrò a cercarti quando ti sarai persa nelle Terre dell’Ovest. Addio, Vryheid-
Afferrò la sua borsa, che aveva posato per terra, e si incamminò decisa attraverso gli alberi, verso est.
Tentai di chiamarla.
-Nyvee, aspetta...-
Ma lei non si girò. Camminava a testa bassa in mezzo agli alberi carichi di neve, senza nessuna intenzione di guardare indietro.
Rimasi per un po’ a osservare la sua minuta figura allontanarsi, poi l’orgoglio prevalse.
-Che faccia come vuole. Noi andiamo verso ovest-
William era rimasto a fissare il punto in cui Nyvee era scomparsa, con gli occhi inespressivi.
-Vryheid, non può farcela da sola-
-Lei invece pensa di potercela fare benissimo. Non è più un nostro problema-
Cominciai a camminare attraverso gli alberi, ma William non si muoveva.
-Cosa vuoi fare, te ne vai anche tu?-
Lui scosse la testa e mi raggiunse.
Cominciammo a camminare in silenzio, passo dopo passo, ora dopo ora, e stava calando la sera.
Stendemmo i sacchi a pelo su un mucchio di aghi di pino, ma faceva freddo lo stesso. Accesi un piccolo fuoco con un semplice incantesimo, ma continuavamo a gelare, anche abbracciati stretti l’uno all’altra.
Guardai William, mi sembrava che i suoi occhi fossero improvvisamente diventati color nocciola. Scossi la testa: probabilmente il buio quasi completo che stava calando su di noi giocava brutti scherzi alla mia vista.
Sbadigliai, ero veramente stanca. Nonostante il freddo, in pochi secondi ero già addormentata.
 
                                                      ***
Non riuscivo ad addormentarmi, faceva troppo freddo. Mi sedetti e mi avvicinai al fuoco, sperando di scaldarmi almeno un po’. Quando il mio corpo ebbe immagazzinato un po’ di calore, mi avvicinai di nuovo a Vryheid. Non ho mai dormito durante il viaggio, passo le notti a osservarla, dato che posso farlo solo di notte. Per qualche strano sortilegio, durante il giorno sono completamente cieco, mentre durante la notte ci vedo perfettamente. E’ in questo modo che ho imparato a muovermi così bene per le strade di Kalibe, percorrendole durante la notte, quando ho a disposizione tutti i sensi. Vryheid è così perfetta, coi capelli biondi sciolti sulle spalle e gli occhi chiusi, sembra un angelo quando dorme. E per me lo è anche quando è sveglia, ma ha sbagliato a comportarsi così con Nyvee, perché lei aveva ragione: Vryheid non è capace a mettere da parte l’orgoglio. Adesso non so cosa ci succederà, perché probabilmente non riusciremo mai ad arrivare dai Waar. Non ho il coraggio di dirglielo, però, perché so che si arrabbierebbe...
Proprio mentre penso a queste cose, Vryheid si sveglia.
-Cosa stai facendo?-
-Niente, osservavo il fuoco...-
Cosa ho appena detto? Oh, no. Osservavo.
-Osservavi? Ma tu non puoi vedere-
-Infatti, mi sono sbagliato...mi stavo solo riscaldando un po’, tutto qua-
All’improvviso Vryheid mi afferrò il viso tra le mani.
-Guardami. Tu puoi vedermi, vero?-
-No, come ti viene in mente?-
-Non lo so, forse sono pazza, ma i tuoi occhi hanno un colore diverso dopo il tramonto-
-Che cosa? Non è vero-
Nella mano di Vryheid si stava formando un piccolo fuocherello, che lei avvicinò al mio viso. Io lo ritrassi, ma era troppo tardi.
-Non sono pazza- sussurrò – cosa sei?-
Sospirai. Ormai aveva capito.
-Non lo so nemmeno io. Posso vedere solo di notte-
-Perché non me l’hai detto subito?-
-Avevo paura che mi credessi strano-
-Tu non sei strano, sei speciale. Mi sono divertita con te, la prima volta che ci siamo incontrati. Non mi ero mai divertita così tanto in tutta la mia vita. E poi non sono riuscita ad abbandonarti in prigione. C’era qualcosa di speciale in te, e sono ancora sicura che ci sia. Se no perché mi avresti portato fino da Skande, camminando ininterrottamente per una settimana?-
-Perché continuavi a ripetere il suo nome-
-Certo. E poi?-
-Forse anch’io ho visto qualcosa di speciale in te. E poi, tu mi avevi salvato. Ci siamo salvati a vicenda-
-Quindi siamo pari?-
Sorrisi, poi tornai serio.
-No, assolutamente. Tu mi hai tolto il cuore dal petto, mi hai ucciso. E questo è assolutamente sleale-
Sorrise.
La baciai con sicurezza, non come la prima volta, con più passione, deciso, senza più paura di sentirmi rifiutato. La abbracciai stretta, perché non volevo perderla, perché l’unica cosa che volevo i quel momento era stare con lei, assaporando il profumo della sua pelle e il meraviglioso colore dei suoi occhi, fino a che l’alba non mi avesse tolto la capacità di vedere.



Angolo dell'autrice
E meno male che volevo postare il capitolo prima di Natale -.-"
La scusa questa volta è che il 23 e il 24 sono stata male e dal 26 a ieri non avevo internet. Vabbè, lasciamo stare.
Allora, in questo capitolo c'è stata una bella litigata tra Nyvee e Vryheid, che quindi si sono divise. E poi ho spiegato un po' il personaggio di William, comunque in fase di revisione aggiungerò nei vari capitoli qualche caratteristica a questo personaggio.
Se riuscite recensite (ho fatto la rima *w*) anche se non me lo merito xP
Non vi prometto niente sulla data di pubblicazione (?) del prossimo capitolo, perchè potrebbe essere domani come la settimana prossima come tra due settimane come tra più di due settimane....çç No dai, cerco di stare entro le due settimane.
Alla prossima,
ViBlueMoon

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Capitolo 20
*** I poteri di Hoogste ***


Fa freddo, tanto freddo, un freddo che penetra fin nelle mie ossa e che, insieme al dolore, mi rende incapace quasi di pensare. Sto male, malissimo. Ormai è una settimana che sono qua chiusa in una cella di pietra, senza riuscire a mangiare, e non capisco perché non sono ancora morta. Lo so che Khala e chiunque altro sia dietro a tutto questo stanno aspettando che io ceda dallo sfinimento o muoia, ma io non posso né cedere né morire. Non finchè non sono certa che mio figlio sarà al sicuro. Vorrei solo trovare il modo di uscire di qui, ma non so neanche dove sono. Potrei anche essere in un castello sospeso tra le nuvole, ma non ne ho la certezza, e nella mia cella non ci sono finestre. Devo trovare per forza una via d’uscita, perché presto morirò di freddo, o di fame, o per l’indebolimento provocato dall’incantesimo, o per tutti e tre insieme.
Non voglio morire qua dentro...e non voglio nemmeno che mio figlio nasca in questo posto orribile. Che cosa ha fatto lui di male per meritarsi me come madre? Niente.
Sono sdraiata a terra, supina. Osservo il soffitto, cercando di tenere a bada quel dolore che dopo una settimana non mi ha ancora abbandonato. Ho paura che la disperazione prenda il sopravvento...non voglio lasciarmi sopraffare, ma sento che presto succederà. Spero che qualcuno venga a salvarmi, perché da sola non posso farcela.
 
                                                             ***
Il ragazzo mi fissa con gli occhi che esprimono tutto il suo terrore, mentre Vuur lo tiene immobilizzato nella sua stretta d’acciaio. I miei allievi hanno scelto alla perfezione la vittima da sacrificare per utilizzare il mio potere, e spero che altrettanto validi siano i ragazzi stipati all’interno della gabbia chiusa con un grosso lucchetto. Odio dover fare questo, uccidere esseri innocenti per poter usare il mio potere, ma questa volta non posso evitarlo. Il sacrificio di questo ragazzo e degli altri cinque nella gabbia ci servirà per entrare a Kwadardige, per trovare la Gekies e poi fuggire senza che il Maestro Oscuro se ne accorga, e questa sarà la cosa più difficile. Anche se sembra che il mio potere sia illimitato e che possa contrastare qualunque cosa, ho motivo di pensare che l’energia del Maestro Oscuro sia ancora più grande e al di là di ogni cosa...deve aver venduto il suo spirito a uno dei sei Spiriti Tribali Oscuri, o qualcosa del genere.
Il ragazzo sta cercando di scappare con tutte le sue forze, ma Vuur è più forte di lui. Mi sento un vero mostro, un essere abominevole, quando compio atti del genere, anche se adesso ho messo i miei poteri al servizio del bene.
-Come ti chiami, ragazzo?-
Lui continua a dimenarsi, e non mi risponde.
-Come ti chiami?- grido.
Lui si spaventa e si gira verso di me.
-Hilias-
-Mi dispiace, Hilias. Ti prometto, in nome del dio Lotus, che sarà lui stesso ad accoglierti nell’aldilà-
-Nell’aldilà? Cosa...cosa mi volete fare?-
Stendo un braccio e poggio la mano sulla sua testa. Vuur lo immobilizza ancora più saldamente. Chiudo gli occhi, in modo da potermi concentrare completamente. Lascio che l’energia fluisca liberamente, senza ostacoli, il mio pericoloso potere è a briglia sciolta.
L’energia raggiunge la mia mano, la avvolge con la sua forza malefica, e fa il suo dovere. Mentre io prosciugo rapidamente la sua vita, il ragazzo prima chiude gli occhi, poi piano piano si indebolisce, finchè non cade a terra. Rimane solo il suo corpo, un sacco vuoto senza più anima né energia.
Le mie cellule adesso sono impregnate anche dell’energia vitale del ragazzo, ora sono onnipotente, posso decidere qualunque cosa...o quasi. I miei poteri hanno dei limiti: la volontà degli dei, a cui anche io devo sottostare, e la forza oscura di Kwadardige. Perciò non posso desiderare che la Gekies sia qui, davanti a me. Non so nemmeno se riuscirò a traportare me e i miei allievi nella fortezza, ma ci devo provare.
-Io, i miei compagni e la gabbia. A Kwadardige-
E succede la magia. In qualche modo i nostri corpi si scompongono, diventato un unico turbine fluente che viola le comuni dimensioni dello spazio. E in un attimo, siamo a Kwadardige.
Il buio più completo ci avvolge, finchè i nostri occhi non si abituano all’oscurità.
Ci organizziamo velocemente, ognuno di noi sa cosa deve fare.  Heldersiende fissa per pochi attimi i ragazzi nella gabbia. Le loro labbra si chiudono contemporaneamente, adesso non possono più parlare. A Heldersiende questo incantesimo è costato molta fatica, ma non possiamo permettere che ci scoprano. Apro la gabbia, e prosciugo l’energia del primo ragazzo.
-Voglio sapere dove si trova la cella della Gekies-
Nella mia mente si disegna, chiara e semplice, la strada per raggiungere la cella. Non è tanto lontano dall’angusto corridoio dove ci troviamo. Comincio a camminare con passo sicuro, e gli altri mi seguono. Dopo aver svoltato infinite volte e essere scesi e salite per una moltitudine di scale, ci troviamo davanti al corridoio su cui si affacciano le celle.
-Metgesel, Vuur, restate qui-
Trascino uno dei ragazzi che Vuur è riuscito a portare fino a qui punzecchiandoli con la spada, e mi dirigo verso le celle con Heldersiende. La cella giusta è la quarta. Percorriamo velocemente il corridoio fino quasi al fondo. Sul nero muro compatto si affaccia una porta alta appena come un uomo. Uccido il ragazzo che ho portato con me.
-Voglio che la porta si apra-
Non si sente nessun rumore, ma la porta si apre un poco.
-Entra tu, Heldersiende-
Lei è stupita. Non credeva che le avrei assegnato un compito così importante. Annuisce, poi apre la porta e entra.
 
                                                                ***
La Gekies è sdraiata per terra, sta fissando il soffitto. A mala pena si accorge della mia presenza, ma appena avverte i miei passi sul pavimento scatta a sedere, trattenendo una smorfia di dolore.
-Stai calma- le dico.
-Chi sei tu? Dov’è Khala?- domanda, a voce un po’ troppo alta.
-Io non sono una creatura di Kwadardige! Sono un’amica, ok? Vogliamo portarti fuori di qui-
Mi squadra con sospetto, ma spero che mi creda. Del resto, che motivo avrebbero il Maestro Oscuro o i suoi seguaci di raccontarle una cosa del genere?
-Ti prego. Abbiamo poco tempo, devi fidarti di me. Ti porteremo in salvo-
Tossisce, e una miriade di spruzzi di sangue macchiano il pavimento.
-Stai male?-
Lei chiude gli occhi.
-Perché dovrei fidarmi?- chiede, ignorando la mia domanda.
Non lo so, nemmeno io mi fiderei, ma lei è disperata. Farebbe qualsiasi cosa per andarsene, almeno penso.
-Siamo l’unica opportunità che hai di uscire da qui. Vuoi andartene, vero?-
Lei annuisce, ma so che non basterà per indurla a fidarsi.
-Riesci a percepire i miei poteri? A capire che non voglio farti del male?-
Lei scuote la testa. Com’è possibile? Ho solo un modo per capire perché non riesce nemmeno a percepire i miei poteri e , forse, per indurla a venire con me. Leggerle nella mente.
Mi ci vuole poco tempo, e in un attimo so tutto quello che Hoogste non mi aveva detto, o che forse non sapeva neppure lui. Adesso so che Nyvee e William hanno aiutato lei e sua sorella, so della battaglia e dell’incantesimo che ha lanciato, e soprattutto so che è incinta e che darebbe qualsiasi cosa per salvare suo figlio. Tiene a lui più della sua stessa vita.
-Vuoi salvare tuo figlio, e per farlo devi fidarti di me. Ti prego, seguimi-
Lei mi guarda stupita, poi, forse vinta dalla disperazione, annuisce. La prendo per i fianchi e la aiuto ad alzarsi, accorgendomi che a mala pena regge il suo peso. Mette una mano sulla mia spalla e zoppica fuori appoggiata a me. Muoviamo appena un passo fuori dalla cella, prima che io mi accorga che davanti a me ci sono Hoogste e una donna con i capelli rossi e lo sguardo di fuoco. Entrambi si girano verso di noi, e io mi sento cedere sotto la malvagità di quegli occhi di brace.

Angolo dell'autrice
Mi scuso con tutti voi per l'enorme ritardo. Sarò sincera, ma nell'ultimo periodo più che il tempo non ho trovato la voglia di dedicarmi alla storia. Ogni volta che aprivo il file non mi veniva l'idea giusta per continuare, ma adesso finalmente ce l'ho fatta. Mi dispiace moltissimo avervi fatto aspettare così tanto, forse dovrei smettere di pubblicare finchè la storia non sarà finita...
Non vi chiedo di recensire, perchè non me lo merito. 
Al prossimo capitolo (sperando di non farvi più attendere troppo),
ViBlueMoon

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