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di Notperfect
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Hello Los Angeles! ***
Capitolo 2: *** Nice to meet you, Bieber ***
Capitolo 3: *** This is my past ***
Capitolo 4: *** Nice shit! ***
Capitolo 5: *** I hate you...and goodnight! ***
Capitolo 6: *** Our song ***
Capitolo 7: *** Finally I got an ice-cream! ***
Capitolo 8: *** Everything about you ***
Capitolo 9: *** I hate that I love every thought of you ***
Capitolo 10: *** Weakness ***
Capitolo 11: *** There's nothing like us ***
Capitolo 12: *** Happy b-day to me! ***
Capitolo 13: *** Can you feel the love? ***
Capitolo 14: *** Happiness ***
Capitolo 15: *** I think I love you ***
Capitolo 16: *** Lost ***
Capitolo 17: *** I shouldn't fall in love ***
Capitolo 18: *** Broken harted-girl ***
Capitolo 19: *** I just want you ***
Capitolo 20: *** I still love you ***
Capitolo 21: *** You'll be mine forever ***
Capitolo 22: *** You'll be my prince ***



Capitolo 1
*** Hello Los Angeles! ***


Hello Los Angeles!

 Finalmente il mio sogno si sta coronando e un aereo per Los Angeles mi aspetta all'aeroporto della periferia del New Jersey. 
Trascorrerò l'intera estate nella famosa 'Academy of arts' proprio al centro della grande città, situata a sole sei ore da New York. 
Roba da non crederci! 
E pensare che provengo da una famiglia di impiegati statali! 
Devo dire che la musica è sempre stata la mia più grande amica. La musica è qualcosa che mi da gioia, noia e libertà. Mi dà sensazioni contrastanti che mi rendono propizia all'amarla. Io vivo per la musica. 
Suono il pianoforte e la chitarra e grazie ai miei cinque anni al conservatorio del New Jersey ho ottenuto una borsa di studio.  
-Mi raccomando, chiamaci appena arrivi!-. È mia madre. È preoccupata più di quando papà si operò al naso. 
Be', lì non c'era molto per cui preoccuparsi. 
-Si mamma-. 
-Jenny, non fare danni e non parlare con i ragazzi!-. Si raccomanda papà.
Sorrido. -Sarà difficile ma posso farcela-. 
Ridacchia, venendomi incontro, così come mamma. 
Ci diamo un ultimo abbraccio prima che io salga sul taxi che mi porterà all'aereoporto.  
Non so cosa sia giusto fare in queste circostanze con persone che non ho mai visto. Insomma, potreste avere delle facce di culo incredibili e conoscere tutti i miei segreti. Non voglio che delle facce di culo sappiano perfettamente cosa mi succede, ma questa volta potrei fare un'eccezione. 
Mi chiamo Jennifer, Jenny per i miei familiari, Jen per gli amici. Vivo in New Jersey e no, non sono una parente di quelli di Jershey Shore quindi non contante sul ricevere un loro autografo. 
La mia è una vita molto normale. La mia più grande passione è la musica, seguita dai modelli di Hollister e il cibo. 
Dio quanto amo il cibo! Mi fa sentire così bene e la pizza italiana è senza dubbio il mio pasto preferito. 
Mio padre lavora come impiegato in un'azienda farmaceutica; mia madre è un insegnante alle scuole elementari della zona. 
Fanno di tutto per mandare avanti la nostra famiglia e soprattutto per dimenticare la tragedia avuta in passato. Ma non voglio parlarne, non ora. Non mi fido ancora di voi. 
 
-I gentili passeggeri sono pregati di scogliere le loro cinture di sicurezza e scendere dal bordo dell'aereo-. 
La voce meccanizzata dell'hostes, mi fa trasalire dal lungo sonno che avevo intrapreso a circa cinque minuti dal decollo.  
Ecco, ora sapete che non soffro di insonnia. 
Scesa dall'aereo, una navetta trasporta tutti passeggeri, me compresa, all'interno dell'aeroporto. 
Wow. 
È immenso; rispetto a quello in New Jersey è il quadruplo. 
Mi guardo intorno, estasiata. 
L'unica cosa che riesco a dire è Wow, di nuovo.
Mi dirigo verso l'uscita e, fischiando, riesco ad attirare l'attenzione di un taxi. 
-Dove la porto, signorina?-. Chiede il tassista dai baffi lunghi e curati e un berretto che copre la sua testa calva. 
Mi sa tanto di Jack e Rose sul Titanic e Mi vien voglia di rispondere 'Su una stella', ma mi rendo conto che il tassista è decisamente troppo brutto e rozzo per essere paragonato a Leonardo Di Caprio, la cui origine non ci è ancora nota. Alcuni dicono che discenda da due italiani, altri da tedeschi. 
A mio parere lui discende dal cielo sul negozio di Hollister essendo un incrocio tra una divinità greca e un modello super sexy. 
-All'Academy of arts-. Rispondo sorridendogli. 
Dopo alcuni minuti -quindici-, l'autista parcheggia l'auto di fronte ad un immenso edificio color pesca ornato da dettagli in panna e grigio topo. 
Vi è un cancello in ferro nero e un giardino enorme che possiede aiuole e fiori di ogni genere. 
Il tassista mi aiuta a scendere e a scaricare i bagagli. Lo ringrazio e lo pago; dopodiché con un gesto col cappello, si dilegua lasciandomi sola ad ammirare quella scuola che tanto volevo frequentare. 
Avviandomi verso l'interno dell'edificio mi sento a casa. Sento sottofondi musicali e voci superbe provenire da ogni finestra e questo mi rallegra. 
Entro e vedo circa altri trenta ragazzi e ragazze che come me sono al loro primo anno in questa accademia. Anche loro sono qui per il mio stesso motivo e stanno aspettando che la governante della scuola assegni loro le camere. Così, mi appoggio al bancone della hall accanto ad altre ragazze iniziando a fare conoscenza. 
-Ciao!-. Esclamo. 
Sono sempre stata allegra e molto socievole se questa ragazza mi conoscesse non si stupirebbe della mia esuberanza. 
-Ehi-. Saluta, sorridendo cordialmente. 
-Sono Jen-. Porgo la mano al gruppetto di ragazze che mi trovo di fronte. 
La stringono una per una, sorridendo. 
Be', almeno sono cordiali. 
-Emily-. Dice una ragazza dai lunghi capelli neri ed occhi dello stesso colore. 
-Io sono Ashley-. Ha una chitarra in mano e subito penso che forse seguiremo gli stessi corsi. 
-Allison-. 
Sono tutte molto belle, alte, slanciate. Troppo belle, troppo alte, troppo slanciate. Troppo perfette. 
-Sei di Los Angeles?-. Mi chiede una di loro. Ashley, se non sbaglio. 
-No, New Jersey. E voi?-. 
-Io del Texas-. Risponde Allison. 
Wow, il Texas. Non penavo venissero persone anche da lì. 
-Io del Quantico-. È Emily. 
-Be', io di Los Angeles-. Mi dice infine Ashley. -Penso che sia l'unica della scuola ad essere di qui-. 
Tutt'e quattro ridiamo. 
Dopo qualche minuto passato a chiacchierare, la governante dell'Accademia, che si presenta come la signora Anderson, inizia ad annunciare i numeri delle camere in cui alloggeremo noi alunni. 
Ashley e Allison sono capitate nella stessa stanza. Sono felice per loro. 
Emily è in camera con una certa Rosalie. Sembra simpatica. 
Termina la lista, accorgendomi che non sono stata ancora nominata. 
Mentre tutti si dirigono verso le loro camere con i loro nuovi coinquilini, io mi dirigo verso la signora Anderson chiedendole spiegazioni. 
-Sono desolata signorina Parker. Penso ci siano stati degli errori durante l'iscrizione. Controllo subito-.
Come si direbbe che ci sono degli errori! Sapevo che qualcosa sarebbe andato storto. In ciò che faccio c'è sempre qualcosa che non va. Come quando vado al mare e dimentico di mettermi la crema solare e alla fine della giornata mi ritrovo rossa come un pomodoro. Dannazione, sono sedici anni che vado al mare e puntualmente faccio sempre lo stesso errore. 
Annuisco solamente, sorridendole sforzata mente. 
Stronza, penso tra me e me. 
La vedo mentre cerca il mio cognome sul database del computer della scuola. Quando fa una smorfia strana, capisco che l'ha trovato. 
-Signorina Parker, non so come sia potuto accadere ma lei è stata registrata come un...ragazzo-. Spiega, decisamente imbarazzata. 
-Cosa?-. 
-Be', chiaramente è stato un errore del computer ma lei risulta essere di sesso maschile. Mi dispiace, dovrà ritornare in New Jersey e riprovare il prossimo anno in quanto non abbiamo stanze a disposizione nel dormitorio femminile-. 
-No!-. Sbotto improvvisamente come se qualcuno mi abbia dato un pungo nello stomaco. 
Fa un'espressione confusa, abbassando gli occhiali sul naso e aguzzando la vista verso di me. 
-Senta, dovrà esserci una soluzione perchè dopo cinque anni di conservatorio non può aspettarsi che io me ne ritorni in quella merda di stato così facilmente!-. 
Sembra attonita dal mio linguaggio, come dire, scurrile. 
Ci penso su qualche secondo, indugiando e sussultando quando mi viene in mente un'idea. 
-Senta, signora Anderson, se fossi stata realmente un ragazzo, ci sarebbe stata una stanza per me, giusto?-. Le chiedo speranzosa. 
Lei annuisce, incuriosita dal mio giro di parole. 
-Bene, quindi c'è ancora una stanza libera tra quelle dei...be', dei ragazzi-. 
-Si, ma non penso sia oppor...-.
-Bene, qual'è il numero della stanza?-. La interrompo, sforzando un sorriso falso a trentadue denti. 
-Signorina Parker, non dica sciocchezze! I suoi genitori saranno sicuramente contrari a ciò-. 
-Oh, andiamo! Senta io la pago, i miei genitori la pagano! Loro non sapranno mai nulla di questo, glielo prometto. E se pensa che mentire a delle persone che non vedrà mai dal vivo le possa stare sulla coscienza, be' non si preoccupi. So cosa si prova ad avere il senso di colpa e , si fidi di me, passa-. 
Spero di essere stata convivente perché frequentare questa scuola è davvero il mio sogno da cinque anni e se questa vecchia bisbetica rifiuta la mia offerta la mando a rimurginare sul latte versato della Casa Bianca, a Washington, con un calcio a...
-Va bene-. Dice poi un po' incerta. -Ma alla condizione che i suoi genitori non sappiamo nulla e la mia reputazione non ci vada di mezzo, signorina Parker-. 
Oh, è così facile abbindolare le persone a Los Angeles? Basta mettere a rischio la loro reputazione e il gioco è fatto. 
-Grazie mille, non la deluderò!-. L'abbraccio, stringendola forte. 
Mi allontano e la vedo riprendere fiato, mentre si sistema la piega della gonna. 
-Adesso l'accompagnerò nella sua stanza Parker-. Inizia a camminare ed io la seguo. -Il suo coinquilino è più grande di lei, spero non sia un problema-. 
-No, certo che no!-. 
Spero solamente che non sia brutto, che non puzzi, che non guardi porno, che non abbia poster di Megan Fox e che non scorreggi o russi durante la notte. 
-Bene. È qui già da tre anni. Ci ha procurato un bel po' di problemi in questi anni, ma tutto sommato è un buon alunno. Si chiama Justin Bieber, le piacerà-.

Oh, lo spero.




Spero che questo capitolo vi sai piacuto e che vi abbia
almeno un po' incuriosite! Fatemi sapere cosa ne pensate perchè
ho molte idee e mi piacerebbe se voi mi motivaste!
Continuo non appena questo capitolo riceve qualche recensione, in meno di una settimana!
Ho iniziato una nuova ff, questo è il link:
http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1837653&i=1
Mi farebbe piacere se mi diceste cosa ne pensate!

Un bacio, notperfect. <3

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Capitolo 2
*** Nice to meet you, Bieber ***


 Nice to meet you, Bieber

-Justin, questa è la tua nuova coinquilina-. Detto questo, la signora Anderson si dilegua chiudendo la porta alle mie spalle. 
Il ragazzo, Justin, è volto verso la finestra, strimpellando una chitarra e non si è girato verso di noi neanche quando la signora Anderson ha aperto bocca. 
È strano, davvero. 
O è solamente un gran maleducato. 
-Ehm, ciao-. Sussurro imbarazzata. 
Dopo pochi secondi si alza e si sfila la maglietta. 
Cosa? La maglietta? 
Oh. Mio. Dio. 
Quello è un essere umano o è frutto della mia fantasia? 
Altro che che Leonardo Di Caprio, è Zeus sceso in terra direttamente dall'antichità. 
Si volta verso di me, mostrandomi la sua tartaruga e i suoi bicipiti...e tricipidi e quatricipidi e quinticipidi e...
Oddio, non mi sono ancora presentata!
-Io sono Jennifer...ehm Jenny...no, Jen...insomma, be' Jennif...-. 
-Woah!-. Esclama divertito. -Calmati bimba! Respira, conta fino a dieci e parla-. 
-Se ti mettessi la maglietta, sarebbe d'aiuto-. Puntualizzo infastidita. 
Alza un sopracciglio sorridendo lievemente. 
-Oh, quindi è questo il tuo problema?-. Indica la sua...be' cos'è? Una tartaruga? O lo stomaco di una statua che rappresenta un eroe greco?
-No, n-non esattamente...-. 
La sua risata mi interrompe, iniziando a far accrescere in me la stizza nei suoi confronti. 
Lo guardo con fare superbo e superiore. Lui lo nota. 
-Cosa c'è, Jennifer, Jenny, Jen?-. Chiede divertito, enfatizzando i tre nomi. 
-Nulla-. Appoggio i due borsoni su quello che dovrebbe essere il mio letto, aprendoli. -Non era nei miei progetti andare d'accordo con il mio coinquilino, quindi mi sta bene questa situazione-. Dico, cerando di convincere più me stessa che lui. 
-Be', nella mia mente ti avevo immaginato come un ragazzo, ma mi stai bene anche tu-. Dice in tono di ripicca nei miei confronti, con un pizzico di menefreghismo. 
-Si, lo so. C'è stato un errore durante l'iscrizione e...-. 
-Non mi interessa la tua patetica storia-. Mi interrompe. -Sappi solamente che potresti avere dei...problemi-. Ride. 
-Che tipo di problema?-. 
-Del tipo sessuale-. 
-Cosa?-. Sobbalzo, attonita. 
Ride rumorosamente, mostrando la perfezione del suo sorriso.
Solo ora noto i suoi occhi così...profondi?
No, Jennifer, no! 
Sono di un banale marroncino, tendente al miele circondato da scaglie più scure e chiare che si alternano. 
Certo, occhi senza luminosità o espressione, certo. 
-Dico solamente che non mi interessa se adesso condividiamo una camera, io scopo quando voglio e con chi voglio-. 
-Be', a me non interessa-. 
-Dovrebbe-. 
-E perchè?-. 
-Potresti restare incinta-. Dice scherzando. 
Sgrano gli occhi, tirando le maniche della felpa verso il basso. 
Justin fa una smorfia strana, avvicinandosi. -Non penserai davvero che fossi serio?-. Domanda divertito. 
-N-no!-. 
-Insomma, io non andrei mai a letto con te...-. 
Sospiro. 
-...non senza un contraccettivo-. 
Irrigidisco la mascella, iniziando a mordermi il labbro inferiore. 
Nonostante sia così bello e sexy è dannatamente irritante. 
-Senti...-. Inizio prendendo coraggio e schiarendomi la voce. -...puoi almeno far finta di convivere pacificamente con me? Non mi interessa del rapporto che potremmo avere, possiamo anche evitarci continuamente e non rivolgerci la parola. Mi basta poter usare il bagno, dormire beatamente e guardare la tv quando trasmettono 'Al passo con le Kardashian'-. 
Ride ingentemente, sdraiandosi sul suo letto. 
Ha ancora il petto nudo e, alzando le braccia portandole dietro la nuca, posso scovare i suoi muscoli che quasi scoppiano. 
Oh, andiamo! Dio sa che ho un debole per i ragazzi palestrati. Ma vedo che non se ne importa minimamente della mia sanità mentale in quanto il mio coinquilino non è goffo, né brutto. È semplicemente...il contrario. 
-Cosa c'è da ridere?-. Domando.
-Tu-. 
-Non è divertente. Smettila. Non mi sembra di essere un pagliaccio o un fenomeno da circo-. 
Sta per dire qualcosa. So già cosa vuole dire. 
-Oh, non ci provare-. Lo ammonisco, indicandolo. 
Lui ride di nuovo, portandosi una mano sullo stomaco. 
-Sei irritante-. Commento. 
Si riprende, ricomponendosi. -Si, l'ho già sentito dire-. 
Rotolo gli occhi, sbuffando. 
-Woah!-. Urla. 
-Che c'è?-. 
-Non fare ciò che hai appena fatto, non roteare gli occhi o sbuffare-. 
-A me non interessa ciò che vuoi che faccia o meno-.
-Fai in modo che ti interessi, allora-. 
-Non rientra nei miei progetti-. 
-Fai in modo che ci entri-. 
-No!-. 
-Si!-. 
-No!-. 
Oh, per me potremmo andare avanti fino a tarda ora se ho una tartaruga del genere nella visuale. 
-Si!-. Esclamo. 
La mia esclamazione tende a diminuire quando lo vedo alzarsi e avvicinarsi al mio viso. 
Appoggia le mani sui miei fianchi, accarezzandoli. 
Oh.Mio.Dio. 
Aveva ragione quando ha detto che sarei rimasta incinta...con il suo sguardo.
-Facciamo che hai detto 'si' prima che lo dicessi io, okay?-. Sussurra. 
Ma cosa diavolo fa?
Forse lavora in un call center di gigolò. 
Rabbrividisco e penso che lui se ne sia accorto perchè ride sulla mia guancia, per poi allontanarsi. 
-Vaffanculo-. Sbotto, ritornando a disfare le valige. 
Ride, accendendo il suo iPod e portandosi le cuffie alle orecchie. 
Che idiota!
Un sexy idiota. 
 
 
Sono circa le sei del pomeriggio e ho appena finito di sistemare i miei indumenti nella parte di armadio che mi spetta. 
Mi volto verso Justin lo vedo respirare regolarmente con la bocca semi aperta. Dorme, che bello!
Mi soffermo sul suo petto nudo con gli occhi, salendo poi verso il viso. Ha dei lineamenti perfetti. Bocca carnosa, naso all'insù, occhi grandi. 
Il cellulare squilla. È mia madre. 
Maledizione, ho dimenticato di chiamarla! 
-Mamma!-. Rispondo pimpante al cellulare. 
-Santo Cielo, Jenny! Avevi detto che mi avresti chiamata! Sono stata in pensiero per te tutto il giorno. Ho pensato alle cose più impensabili-. 
-Ma sono qui, sana e salva. E poi di fatto non sono ancora passate ventiquattro ore-. 
-Già-. Sospira e penso che si sia finalmente calmata. -Allora, com'è la scuola?-. 
-È immensa. Ci sono molte stanze, aule...è fantastico qui!-. 
La sento ridacchiare e immagino le sue iridi verdi sorridere di gioia mentre le poche rughe, che le sono spuntate accanto agli occhi, si dilagano.
A quell'immagine sorrido, dirigendomi verso il bagno. 
Alle otto ci sarà la cena e vorrei darmi una sciacquata prima di conoscere i miei nuovi compagni. 
-E la tua coinquilina? Com'è?-. 
Già, la coinquilina. 
-Uhm, è...okay-. 
-Jenny?-. Cantilena. -So che c'è qualcosa che non va-. 
Chiudo la porta alle mie spalle, guardando la mia immagine riflessa nello specchio del bagno. 
-Riguarda la tua coinquilina?-. Aggiunge. 
-Ehm...si. È francese. Sai come sono i francesi: irritanti e vanitosi-.  Rispondo su due piedi con la sciocchezza più assurda che la mia mente potesse creare.
Ride.
-Be', vedrai che in tre mesi riuscirai ad instaurare un bel rapporto con lei-. 
-Lo spero. Ora devo andare, tra circa due ore ho la cena quindi devo prepararmi-. 
-Certo, sicuro-. 
-Mamma, non cercare di imitare il linguaggio di noi giovani-. 
-Noi?-. Ripete divertita. -Anche io lo sono. Io sono giovane, Jenny!-. 
-Certo, come vuoi-. 
La saluto, riattaccando. 
Do un grande sospiro e chiudo la porta a chiave. Accendo la doccia e inizio a spogliarmi mentre il vapore dell'acqua calda appanna lo specchio, oscurando la mia visuale. 
Entro in doccia ed esco qualche minuto più tardi. 
Indosso la biancheria e appendo l'accapodoio al gancio dietro la porta. 
Esco dal bagno dirigendomi verso l'armadio. Devo scegliere cosa indossare per la ce...
-Wow-. Una voce roca, impastata dal sonno arriva alle mie orecchie.
Sgrano gli occhi, il cuore perde un battito e trattengo il respiro. 
Per un minuto ho dimenticato di essere a Los Angeles in un accademia con un coinquilino di sesso opposto molto irritante. 
Mi blocco, girandomi verso di lui. 
-Chiudi gli occhi-. Gli intimo, puntandogli un dito contro. 
-Non se ne parla-. 
-Dannazione chiudi quei cazzo di occhi!-. 
-No!-. 
Infuriata, mi giro verso l'armadio e solo dopo mi rendo conto di avergli dato una chiara visuole del mio fondoschiena. Ma non mi interessa più di tanto. 
-Sei così irritante!-. Sbotto. 
-Sei così sexy!-. Ribatte. 
-Sei così...-. Cosa?
Ha detto che sono sexy? Io? 
Jenny dal New Jersey? Davvero? 
Non so se sia serio o meno, ma non badando ai miei pensieri mi chiudo nuovamente in bagno, sbattendo rumorosamente la porta. 
-Ehi, piccola, non arrabiarti-. Lo sento urlare dall'altro lato della porta. 
-Non chiamarmi così-. 
-Va bene, Jennifer Jenny Jen!-. Marca in tono umoristico gli ultimi tre nomi. 
Che odio! 
Esco dal bagno con indosso uno short e un maglioncino color corallo. Certo, i due capi sono molto contraddittori tra di loro ma in New Jersey è così che ci vestiamo. 
Lascio sciolti i capelli e passo del mascara sulle ciglia già  lunghe. 
Justin mi squadra da capo a piede e posso giurare di vederlo sorridere compiaciuto. 
Mi abbasso verso i cassetti dell'armadio, sistemando della biancheria intima che mi è sfuggita precedentemente. 
Lo sento alzarsi dal letto e stiracchiassi. Sento dei passi verso non so dove e dopo qualche secondo anche la sua voce. 
-Non sei niente male-. Dice. 
Mi blocco di colpo, smettendo di muovere le mani tra la biancheria. 
-L'ho già sentito dire-. Cerco quasi di imitare il suo modo di parlare con quella stupido accento del nord, ripetendo la frase detta da lui qualche ora fa.
Ride rumorosamente. -Be', questa me la meritavo-. 
Sorrido anche io, non facendoglielo notare. 
 Mi volto e lo vedo mentre inizia a togliersi i calzini e i pantaloni. 
Mi alzo in piedi, sedendomi sul letto, dando a vedere che non mi interessa minimamente del suo cor...di quel ben di Dio!
Mette la mano sui suoi boxer, ma io lo fermo. 
-N-non vorrai m-mica toglierti le mutande qui?-. Chiedo imbarazzata, confusa e meravigliata al tempo stesso. 
Alza gli occhi su di me, sorridendo maliziosamente. 
Abbassa di nuovo lo sguardo e si dirige verso il bagno. 
-No. So che sarà dura, ma per questo dovrai aspettare, piccola-.
 
 
Passo la serata cenando, in compagnia di Ashley, Emily e Allison, le ragazze incontrate questo pomeriggio e Rosalie, la coinquilina di Emily. 
Sono simpatiche e non fanno altro che chiedermi di Justin, il mio coinquilino irritante. 
-Oh, andiamo! È impossibile che non ne sei attratta!-. Esclama Allison e sembra sul punto di una crisi epilettica. 
-No, davvero! È odioso. È così convinto del suo ego che non fa caso a cosa succede attorno a lui. È il primo giorno in veste di sua coinquilina e già non ne posso più-.
Ridono e per poco non si strozzano. 
-Be', sei fortunata a condividere la stanza con un ragazzo-. Commenta Emily. 
-Soprattuto se si tratta di quel tipo, Justin-. Aggiunge Rosalie. -Ho sentito dire da alcune ragazze che sono qui da molto tempo, che è uno molto prestato ed esperto a...be' a letto!-. 
-Davvero?-. Chiede stupita la mora. 
-Esatto! E so anche che è molto scontroso e burbero e i genitori lo mandano qui solo per non subirlo l'intera estate-. 
-Ma ha diciotto anni-. Ribatto convinta e confusa al tempo stesso. 
-Be', la sua è una situazione familiare strana, allora-. 
Tutte ridiamo mentre Justin passa accanto al nostro tavolo seguito da una scia di altri tre ragazzi alti quanto lui e muscolosi quanto la sua metà. 
Lo guardo, i nostri sguardi si incrociano ed io mi sento sul punto di svenire. 
Cosa? No! 
Perchè dovrei svenire in sua presenza?!
Primo: svenire in pubblico sarebbe troppo imbarazzante. 
Secondo: lui non ha il potere di farmi perdere i sensi. 
...credo. 
Mi sorpassa, sfiorandomi di proposito la spalla e si siede ad un tavolo poco distante dal nostro. 
Abbasso lo sguardo sul mio piatto, trattenendo un sorriso. 
Perchè diavolo adesso mi vien da ridere? 
Los Angeles mi porta ad avere sbalzi d'umore strani e improvvisi. 
-Sbaglio o vi siete inviati sguardi di fuoco?-. Domanda Emily fintamente incosciente. 
Boccheggio, scoppiando a ridere seguita dalle altre. 
La mia risposta è decisamente positiva. 
 
Ritorno in camera dopo aver speso qualche parola con le ragazze e aver conosciuto dei ragazzi che frequentano quest'istituto da molto tempo. Penso si chiamassero Nick e Luke. Non ricordo. 
Per il corridoio del dormitorio, incontro dei ragazzi semi nudi, alcuni solo coperti da un'asciugamano.  
Metto una mano sopra gli occhi e sento i ragazzi sghignazzare. Che idioti. 
Be', essere l'unica ragazza in un dormitorio maschile che ospita circa quaranta stanze, non è così male se questo è il prezzo da pagare.
-Ehi, vuoi farti un giro nella mia camera?-. Domanda divertito un ragazzo in asciugamano. 
Arriccio il naso, facendolo ridere. 
Lo sorpasso trovandomi un'altra schiera di ragazzi, alcuni in boxer e altri in asciugamano. 
-Ragazzina, stai con noi stasera-. Ridono. 
Ma Vaffanculo. 
Ho per caso scritto 'ridete' sulla fronte come nei talk show al posto di 'applaudite'? 
Sto per rispondere a quella massa di capre quando mi sento tirare per un braccio, sentendomi trascinata di qualche passo. 
Mi volto e vedo Justin con sguardo un po' infuriato. Ha la mascella contratta e la bocca chiusa in una linea sottile. 
-Justin, c-cosa s-stai facendo?-. Balbetto confusa. 
Che idiota. 
Mi ignora, voltandosi verso quei ragazzi che guardano la scena non perdendosene un secondo. 
-Non dovete avvicinarvi a lei. E l'unica stanza che visiterà stasera sarà la mia dato che la condividiamo-. Urla. 
Si volta nuovamente e trascinandomi per lo stesso braccio mi porta in camera. 
-Justin cosa ti è preso?-. Chiedo confusa chiudendo la porta alle mie spalle. -Quei ragazzi non stavamo facendo niente di male e...-. 
-Risparmiami la ramanzina-. Mi interrompe brusco e poi ricordo le parole di Rosalie. 
-Non è una ramanzina-. 
-A me sembra di si-. 
-Be' ti sbagli. Sai com'è, sbagliare è umano!-. 
-Cosa stai insinuando?-. Domanda infastidito e compiaciuto al tempo stesso, togliendosi la maglietta. 
Dio mio, di nuovo loro: gli addominali. 
Tento di trattenermi e di regolarmi ma puntualmente il mio sguardo cade su quei muscoli scolpiti. 
-Stai dicendo che mi do delle arie?-. Chiede. 
Ingoio la saliva. -Si-. Annuisco, riuscendo a guardarlo negli occhi. 
Sorride, tirandomi la maglietta addosso. 
-Justin!-. Lo rimprovero. -Che diavolo fai!-. 
-Niente!-. Si butta sul letto con un salto teatrale, sprofondando tra le coperte. -È morbido!-. 
È solo la mia impressione, o sta cercando di cambiare discorso? 
-Provalo!-. Suggerisce con l'aria di un bambino al luna park. 
Lo guardo confusa e stranita. Cos'è questo atteggiamento?
-Oh andiamo!-. Esclama. -Lasciati andare!-. 
Lasciarsi andare è la cosa che mi riesce di meno. Ho sempre il controllo di tutto e di tutti. La mia camera e le mie cose sono sempre in ordine così come le cose da fare durante la giornata. Alcune volte mi scrivo dei bigliettini e in terza media ho cercato di avere un agenda ma richiedeva troppo tempo e impegno e ho lasciato perdere. Penso che quello sia stato il mio primo atto di trasgressione: lasciar perdere qualcosa che avevo iniziato. 
-Jennifer Jenny Jen!-. La voce di Justin mi porta alla realtà. -Sembri nello stesso stadio di quando Alice mise piede nel Paese delle Meraviglie per la prima volta!-. 
Scuoto la testa, riprendendomi. -Eh?-. 
-Chupa!-. 
Alzo un sopracciglio mentre lui inizia a ridere rumorosamente. 
-Non pensavo fossi così infantile-. 
-Non pensavo fossi così idiota-. 
-Da cosa prende spunto questa considerazione?-. 
-Non saprei. Da te e dai tuoi modi di fare da...idiota-. 
-Tu sei idiota!-. Ribatto convinta. 
-Non sono io quello che si è presentato con tre nomi-. 
Boccheggio, non sapendo cosa dire. 
Be', in effetti è vero. 
Questo pomeriggio ho decisamente fatto una brutta figura...da idiota, ecco. 
Lo ignoro, chiudendomi in bagno. Esco con indosso il pigiama. 
È un semplice pigiama il cui pantalone è largo a righe bianche e azzurre e la maglia è una canotta stretta azzurra, che richiama le strisce del pezzo di sotto. 
-Speravo ti cambiassi davanti a me-. Sospira.
-Non sei divertente-.
-Bel pigiama-. Commenta, squadrandomi, ignorando ciò che ho detto.
-Lo so-. 
-Woah!-. Ride. -Da dove viene tutta questa sicurezza?!-. 
-Dal New Jersey!-. 
-Prevedibile-. Attacca. 
-Squallido-. 
-Banale-. 
-Egocentrico-. 
-Lunatica-. 
-Vanitoso-. 
-Cosa? Egocentrico e vanitoso?Io? Davvero?-. Domanda scioccato. 
Annuisco, mettendomi sotto le coperte. 
Justin si chiude in bagno, indossando il suo pigiama che consiste in un boxer più grande del normale. 
Wow. 
-T-tu dormi così?-. Chiedo indicandolo, dosando le parole. 
Ride. -Ti da fastidio?-. Si sdraia portando le braccia alla nuca. -No, aspetta! Non rispondermi, non mi importerebbe una tua risposta perchè non cambierei il mio modo di dormire-. 
-Oh, ma a me non dispiace-. 
Si alza di sbotto, voltandosi verso di me. -Jennifer Jenny Jen! Hai appena detto ciò che ho appena sentito?-. 
Non riesco a trattenere una risata e imbarazzata mi volto dall'altro lato. -Buonanotte!-. Esclamo evidentemente irritata e divertita. 







  Forse è un po’ lungo come secondo capitolo, ma spero
che vi sia piaciuto. Sarei felice di sapere cosa ne pensate
di questo capitolo e della storia in generale.
Ho già l’intera storia pronta ed è piena di colpi di scena
e momenti molto romantici, imbarazzanti e tesi tra i due protagonisti,
Justin e Jennifer Jenny Jen!
Grazie a chi ha recensito il primo capitol e a chi ha messo questa
ff tra le seguite, le preferite o le ricordate. Grazie mille!
Aggiornerò non appena questo capitolo riceverà qualche recensione!
Un bacio, notperfect. <3 J


 

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Capitolo 3
*** This is my past ***


This is my past

Sono passate due settimane da quando sono in questa scuola dell'arte. 
Mi piace da morire e se non fosse per il mio odioso coinquilino, l'amerei più della torta al cioccolato della zia Katy. 
Le chiamate mattutine, pomeridiane e serali della mamma e della nonna non mancano mai, ogni giorno non dimenticano mai di farlo. Sono stressanti. 
Dopo aver passato l'intera mattinata tra le lezioni di piano e quelle di chitarra, mi dirigo nel dormitorio femminile da Rosalie ed Emily. In questi quindici giorni abbiamo molto legato noi tre e anche Ashley ed Allison sono sempre in nostra compagina. 
Per la strada incontro la signora Anderson. 
-Salve signora Anderson-. La saluto, sorridendo. 
-Signorina Parker, proprio lei cercavo!-. Ricambia il sorriso, mettendo una mano dietro la mia schiena e trascinandomi in un angolo appartato con delicatezza. 
-Mi dica-. 
-Be', volevo solamente sapere come va la convivenza con il suo coinquilino, Justin Bieber-.
-Oh...-. Sussulto. -Alla grande!-. Esclamo, forzando un sorriso. 
-Ne è sicura?-. 
-Si, perchè?-. 
-Uhm, vede...in questi ultimi giorni ci arrivano lamentele da gran parte della componente femminile della scuola e quindi pensavo che desse fastidio anche a lei. O che la importunasse-. 
Sorrido, pensando a quanto sia idiota Justin ad andare in giro chiedendo a qualsiasi ragazza se le vada di andare a letto con lui. 
-Non si preoccupi, signora Anderson. Con me è un vero gentiluomo-. Certo, come no. 
-Ne sono contenta!-. Esclama pimpante. -Sono felice che stia cambiando. Non sa quante ce ne ha fatte passare in passato!-. Si passa una mano tra i capelli perfettamente pettinati, spettinandoli. 
Sorrido e mi allontano, salutandola.  
Entro all'interno del dormitorio femminile e sento profumo di lavanda e vaniglia, fragola e cioccolato. 
Il massimo degli odori che si possono sentire in quello maschile è la puzza di sudore e quello del dopobarba. 
Pensandoci però, corpi semi nudi maschili che passano da una stanza all'altra come se niente fosse, non è male. 
-Jen! Sei venuta, finalmente. Stavamo aspettando solo te-. Mi accoglie Rosalie, chiudendo la porta della stanza che condivide con Emily. 
-La signorina Anderson mi ha fermata lungo il corridoio, mi dispiace-. Spiego, sedendomi sul letto accanto ad Emily. 
Rosalie prende un cestino di tessuto ricamato pieno di smalti e lo posa sul letto; una scatola contenente ogni tipo di composti di maschere facciali estetiche e la poggia sul comodino. 
-Bene, iniziamo-. Esclama, battendo le mani in due colpi secchi. 
 
 
Quando ritorno in camera, non c'è nessuna traccia di Justin. 
Avvicinandomi al bagno sento le gocce dell'acqua della doccia cadere a terra e da ciò deduco che in realtà quell'idiota è in bagno. 
Maledizione. 
Pensavo avessi la stanza libera , tutta per me per rinfrescarmi. 
Dopo qualche minuto Justin esce con indosso un asciugamano bianco, che copre solamente, ehm, il suo gioiello, ecco. 
-Perchè non ti vesti in bagno, dannazione?!-. Sbotto, coprendomi gli occhi con le mani. 
Lo sento ridacchiare,  mentre con un altro asciugamano, palpa i capelli per assorbire l'acqua e lasciarli umidi. 
-Alcune pagherebbero per essere al tuo posto e tu ti lamenti?-. Domanda ironicamente, divertito. 
-Chiudi la bocca e vestiti-. 
-No...-. 
-Sbrigati!-. 
-No, davvero. Non posso. Questo pomeriggio sono andato in spiaggia e non ho usato la crema solare ed ora mi ritrovo con la schiena bruciata. Fa male-. Spiega. 
-E quindi?-. Domando confusa, notando che ha la mia stessa dimenticanza della crema solare. 
-Be', che domande Jennifer Jenny Jen!-. Esclama, ricordando ancora una volta il modo stupido in cui mi sono presentata due settimane fa. È da tutto questo tempo che mi chiama in questo modo. -Devi spalmarmi della crema sulla schiena che calmi il fastidio-.
Sgrano gli occhi. -Cosa? Non se ne parla. Io n-non voglio t-toccarti-. Affermo disgustata, facendolo ridere. 
-Devi farlo, bimba. Sei l'unica-. 
-So che sono unica, ma non penso sia necessario che faccia una cosa del genere-. 
-Aspetta. Sei imbarazzata?-. Chiede ridendo. -Hai paura di diventare rossa davanti al sottoscritto?-. Ride rumorosamente, accasciandosi all'indietro. 
-No!-. 
-Invece si. Ti intimidisco, ammettilo!-.
-Non è vero!-. Prendo una pausa, sospirando. -Dammi questa maledetta crema-. 
Mi lancia un tubetto giallo e verde ed io l'afferro al volo. 
Solo spalmando la crema sulla sua schiena riluttante, smetterà di prendermi in giro. In fondo non sarà così male...credo. 
-Vai piano, piccola-. Si siede ed io mi posiziono dietro di lui, alzata sul letto con le ginocchia.
-Detto in questo modo sembra che stiamo facendo sesso-. Commento. 
-Non ti ho detto di parlarmi dei tuoi sogni erotici-. 
Roteo gli occhi, aprendo il cubetto di crema. Ne metto un po' sulla mano e poi inizio a spalmare. 
La sua pelle è calda e morbida anche se un po' raggrinzita per il sole di questo pomeriggio. 
Di fronte a noi c'è uno specchio a figura intera e se alzassi lo sguardo potrei vedere le nostre figure vicine, quasi adiacenti. Ma risparmio questo spettacolo nauseante, non alzando mai lo sguardo. 
Di soppiatto però, noto che lui è con lo sguardo fisso sullo specchio, osservando la mia figura dietro di lui. 
Spero di non arrossire come mio solito. 
Ho indosso un legghins e una maglietta abbastanza larga ma corta la quale, mentre spalmo la crema, lascia scoperta una parte della mia pancia. È un abbigliamento che uso sempre quando ritorno in camera e non ho nulla da fare.
Esatto: è una situazione abbastanza imbarazzante.
-Ti sto toccando-. Affermo disgustata, come se stessi elaborando la vicenda e convincendo me stessa della realtà della situazione. -Che schifo-. Aggiungo. 
Justin si lascia scappare una risata melodiosa, avanzando verso il basso. 
-Non muoverti!-. Lo ammonisco. -Potrei farti più male di quanto già tu ne stia provando-. 
-E da quando ti interessa della mia salute?-. 
-Da mai-. Rispondo acida. -Voglio solamente evitare di sentirti urlare o imprecare. Mi interessa dei miei timpani, non della tua salute. È diverso-. 
-Sei così antipatica!-. Sbuffa. 
-Anche tu-. 
-Bene-. 
-Bene-. 
Finisco di spalmare la crema in tutte le zone della schiena e con un gesto secco e impreciso al tempo stesso sposto i miei capelli indietro, facendo il possibile per non imprimerli della crema residua sulle mie dita.
-Fatto!-. Annuncio. -È già tanto se non mi paghi!-. 
-Passa la notte nel mio letto e poi sarai tu a voler pagare me-. Dice divertito con un sorriso malizioso in volto. 
Parliamo tramite lo specchio, guardando i nostri riflessi. 
-Possibile che pensi solo al sesso? Sei prevedibile-. 
-Sono un diciottenne che non può trascorrere l'intera estate liberamente perchè i proprio genitori non si fidano di lui, cosa vuoi aspettarti?-. Mi domanda, ridendo. 
A quelle sue parole, non dico più niente. 
Quella sua confessione indiretta del rapporto contorto che ha con i genitori, mi ha un po' meravigliata. Non pensavo che ne parlasse così facilmente come se fosse una barzelletta.
Scendo dal suo letto e vado in bagno, lavandomi. 
Con il pigiama indosso esco e vado sotto le coperte del mio letto. 
Questo è decisamente il momento della giornata che preferisco: chiudo gli occhi e non sento Justin parlare.
-Sei così acida-. 
Come non detto. Ho parlato troppo presto. 
-Cosa? Adesso cosa centra?-. Chiedo confusa, alzandomi su di un braccio e girandoli verso di lui. 
-La tua stupidità centra sempre-. 
-Tu sei stupido!-. 
-Tu di più-. 
Sembriamo dei bambini di otto anni. 
Possibile che sia così infantile?
-Te la do vinta, contenta bimba?-. Chiede cantilenando. 
Sbuffo, roteando gli occhi.-Sei così irritante-. 
-Non permetto a delle bambine viziate di parlarmi in questo modo, sei fortunata sai-. 
Cosa? Adesso è arrivato al limite. 
-Non sono viziata e neanche una bimba. Non sai cosa ho passato nella mia vita, anche se breve. Quindi non penso tu abbia il diritto di parlarmi in questo modo, ne ho abbastanza!-. 
-Woah!-. Esclama meravigliato e divertito. -Hai cacciato gli artigli? E cosa avresti passato di così terribile da negarmi il diritto di parlarmi come mi pare?-. 
-Non voglio dirtelo-. 
-Oh, andiamo! Non puoi negarmi anche il diritto di sapere cosa ti è successo!-. 
Non dico nulla, ritornando a stendermi e a girarmi dall'altra parte del letto. 
-Non vuoi dirmelo perchè è una cosa inutile. È ovvio che è insignificante, come ogni altra cosa che ti riguar...-. 
-Pensi davvero che la morte di un fratello sia insignifante?-. Lo interrompo con tutta la frustrazione, la rabbia e la sofferenza che ho in corpo. 
Ecco, l'ho detto. Ora lo sa lui e anche voi.
-Pensi ancora che sia inutile come ogni cosa che mi riguarda?-. Domando arrabbiata, ripetendo le sue stesse parole. -Anzi, non dirmelo. Buonanotte-. 
Spengo la luce e mi volto nuovamente dal lato opposto al suo. 
Chiudo gli occhi e sento scendere una lacrima sulla guancia. 
Vai all'inferno, Justin Bieber. 
 
 
Max aveva solamente cinque anni quand'è morto. Io ne avevo sette. 
Sono circa dieci anni che convivo con il dolore e la sofferenza di una perdita ingiusta. 
Lui non doveva morire. Non doveva lasciarmi. 
Seppure fossi molto piccola, capivo cosa accadeva attorno a me e avevo capito che Max era morto perchè si era sporto troppo dal balcone di casa. Non c'era stato nulla per poterlo salvare. L'impatto con l'asfalto della strada era stato talmente forte che aveva rotto circa il trenta percento del suo cranio e tre costole. Era morto sul colpo. Almeno non aveva sofferto. 
A soffrire eravamo stati io e la mia famiglia. 
Tutti cademmo in depressione. Non ridevamo più, non parlavamo più e non mangiavamo più. Avevamo perso tutti i contatti con i nostri amici , vicini e parenti. 
All'età di otto anni iniziai a sognare Max tutte le notte e puntualmente mi risvegliavo con le lacrime agli occhi ogni mattina. 
I miei genitori mi portarono da uno psicologo e così iniziai nuovamente a vivere. 
Con il passare del tempo ritornai stabile e anzi iniziavo a convivere con quel dolore atroce che ben presto si trasformò in una specie di convivenza con lo spirito di mio fratello. Fingevo di stare in sua compagnia e parlavo e agivo come se lui avesse potuto reagire alle mie parole e alle mie azioni. 
Ci fu un periodo in cui i miei genitori iniziarono a darsi la colpa di tutto e furono sul punto del divorzio ma, ripensandoci, decisero di lasciar perdere perchè non volevano che io soffrissi ancora di più. 
Avevano ragione, io soffrivo ma tenevo tutto dentro.






Okay, spero che con questo capitolo non abbia deluso le vostro aspettative.
vi dico solamente che dopo questa confessione, tutto ritornerà come prima. Il loro rapporto sarà quasi lo stesso.
Quasi. Certamente ci saranno molti colpi di scena e, be', fatemi sapere cosa ne pensate!
Continuo non appena questo capitolo raggiunge cinque recensioni.
Un bacio, notperfect.

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Capitolo 4
*** Nice shit! ***


 Nice shit!

Sono così infuriata con lui per aver fatto in modo che dicessi quel segreto che tengo sempre dentro, che non riesco neanche a guardarlo negli occhi. 
Ci stiamo vestendo allo stesso tempo e ogni volta che me lo ritrovo di fronte, cambio direzione o abbasso lo sguardo. 
-Puoi guardarmi per favore?-. Mi chiede improvvisamente, strattonandomi un braccio. 
Non gli rispondo, tengo lo sguardo basso e la bocca chiusa in una linea sottile. 
-Mi dispiace per...be' per ciò che hai passato e mi dispiace per aver detto quelle cose-. Si scusa, imbarazzato. 
Penso sia una cosa che non abbia mai fatto perchè la sua voce sta decisamente combattendo una battaglia contro l'orgoglio. 
-Okay-. Dico, fredda e indifferente. 
Mi libero dalla sua presa e ritorno allo specchio per finire di truccarmi. 
-Oggi i miei corsi sono sospesi perchè stanotte degli uomini hanno cercato di rubare alcuni strumenti che usiamo noi di solito...quindi non ho lezione. Ti va di farmi compagnia?-. Mi chiede ed io quasi perdo un battito. 
Cosa? Ho sentito bene?
-Non esisti solo tu, io ho lezione-. 
La cosa che noto di più nelle nostre usuali conversazioni è che non usiamo mai i nostri rispettivi nomi. Lui usa nomignoli ed io non lo nomino per niente. 
-Potresti dire che non ti senti bene-. Suggerisce, appoggiandosi al muro e guardandomi dallo specchio. 
-Perchè dovrei farlo?-. 
-Perchè...perchè sei l'unica a cui posso chiederlo-. 
Non è una risposta. Ma okay. 
-Sono l'unica per molte cose, vero? Per offendere, per spalmare la crema, per farti compagnia...e la lista potrebbe continuare includendo cose che potrebbero essere del tipo: 'essere il cestino della spazzatura' o ancora 'essere usata come stura lavandino'-. Poso il mascara nella mia trousse e la porto in bagno, riponendola nel cassetto. 
-Oh, andiamo! Io non sapevo che ti fosse successa una cosa del genere. Non l'avrei mai immaginato, sul serio! Mi dispiace molto. Potremmo parlarne-. 
-Non voglio parlare di questo con te, io non ti sopporto-. 
-Io invece voglio farlo-. 
-Fare cosa?-. 
-Parlarti-. 
Lo guardo confusa e stupita. 
Di cosa vuole parlarmi? 
 
Ho deciso di seguire il suo suggerimento e ho detto alla signora Anderson che avevo problemi con l'intestino. 
Oh, avete capito. 
-Mi dispiace per tuo fratello-. Sussurra, sedendosi accanto al letto sul letto. 
-Anche a me-. 
-Com'è successo?-. Chiede. 
Gli racconto l'intera vicenda, partendo dai fatti e finendo con i sentimenti che provai in quel periodo. 
-...la mia acidità, il mio modo di fare e il mio menefreghismo sono solamente dei metodi per nascondere con una maschera le mie emozioni. Non voglio che gli altri guardandomi pensino che ci sia stato qualcosa che abbia influenzato in modo negativo la mia vita passata. Non voglio fare pena a nessuno-. Concludo, torturandomi le dita. 
Justin annuisce, risultando comprensivo e stranamente premuroso. 
-Io non provo pena per te-. Commenta. 
-Lo so. Tu mi odi e non so il perchè!-. 
-Io non ti odio. Non è mai come sembra in ciò che faccio-. 
Lo guardo confusa, intimandogli con lo sguardo di continuare il suo discorso.
-Io ero diverso da quello che sono adesso. Ero sempre in giro e all'età di quindici anni ho iniziato a frequentare brutte compagnie. Ho iniziato a drogarmi. Ho rischiato di morire per overdose a sedici anni e dopo il coma l'unica cosa che mi ha esternato dalla realtà e mi ha allontanato da quel mondo è stata la musica. Me ne stavo in camera pomeriggi interi strimpellando la mia chitarra e sentendo musica. Penso che la musica sia stata la mia cura e continua ad esserlo-. 
-Io...io non lo sapevo-. 
Scrolla le spalle, sorridendo. -Non è un tuo problema. È per questo che i miei genitori mi chiudono qui dentro ogni estate. Non si fidano di me e sanno che la musica mi tiene lontano dalle brutte cose-. 
-Ma tu hai diciotto anni, potresti perfettamente fare ciò che vuoi. Con questo non voglio dirti che devi drogarti ma che puoi fare musica e stare lontano dalle cattive compagnie anche al di fuori di qui-. 
-Sono io che non oppongo resistenza. A me piace stare qui. Insomma...guardami! Faccio sesso tutte le sere, mangio gratis e suono la chitarra-. 
Sorrido, abbassando lo sguardo.
Passano alcuni minuti di silenzio. 
Mi stendo sul letto, lui fa lo stesso sul suo. 
-Quando prima hai detto che la musica è stata la tua cura...-. Inizio a parlare, attirando la sua attenzione. -...mi sono sentita come te. Non sto dicendo che mi sento un ragazzo o che puzzo-. 
Ride. -Io non puzzo!-. 
-Tralasciamo quest'argomento-. Dico divertita. -Stavo dicendo...mi sono sentita come te perché dopo la morte di Max, ho iniziato a pensare che non ci fosse via d'uscita per quel male atroce. Pensavo di morire per il dolore di una perdita. Pensavo che la sua assenza mi avrebbe consumata fino a scomparire. Ma mi sbagliavo. Con la musica ho ritrovato la pace in me stessa, ho iniziato a sognare di nuovo e soprattutto a vivere la mia vita. La musica mi ha aiutata parecchio-. 
Mi sorride, inviandomi uno sguardo di compassione e comprensione.
Apprezzo il suo comportamento, davvero. 
Qualcuno bussa alla porta. 
Mi alzo e accolgo una signora Anderson abbastanza preoccupata. 
-Signorina Parker non sa quanto mi sono preoccupata quando ho ricevuto la sua chiamata. Come si sente? Va tutto bene? Ha preso ciò che le ho detto di bere?-. Parte come un razzo con le sue domande a raffica. 
-Si, signora Anderson. Sto già meglio-. Sforzo un sorriso, facendola entrare in camera. 
 -Spero che il suo coinquilino la stia aiutando e sia di supporto-. Manda un'occhiata severa a Justin che ricambia sorridendo. 
-Certo, mi ha aiutata questa mattina quando non avevo neanche le forze per alzarmi dal letto-. 
-Bene, mi fa piacere. Non vorrei che la trattasse male quando non è nel massimo della forma-. Aggiunge con fare teatrale. 
-Certo che no!-. La assecondo, accompagnandola nuovamente alla porta.  -Grazie per la visita-. 
-Mi faccia sapere se si sente di nuovo male e spero vivamente che domani si riprenda, Parker-. 
-Senz'altro-. Le sorrido un'ultima volta, chiudendo la porta. 
-L'hai chiaramente cacciata fuori!-. Nota Justin divertito. 
-La sua voce mi irrita. È più irritante della tua presenza!-. 
-Mi fa piacere che sei già ritornata quella di sempre-. 
Non dico nulla, dopodiché alzo lo sguardo verso di lui e lo guardo speranzoso. -Promettimi che non mi considererai come una vittima da ora in poi e che continuerai a parlarmi come fai sempre-. 
Sbuffa, roteando gli occhi. -Non c'è bisogno che lo prometta, bimba!-. 
 
Passo il resto del pomeriggio in camera di Emily e Rosalie. Quando ritorno in camera noto con grande sorpresa che Justin sta già dormendo ma, vedendo il caos che regna, capisco che una ragazza è appena passata per il suo letto. 
Sento un senso di delusione e di rabbia crescere nel mio stomaco e non ne conosco il motivo. 
Bella merda.










Scusate per i possibili errori\orrori, ma non ho riletto.
So che forse lo trovate un po' noioso e corto ma il prossimo sarà lungo
e soprattutto ci sarà uno dei tanti colpi di scena di questa storia!
Voglio solamente dirvi che siete F-A-N-T-A-S-T-I-C-H-E! Avevo chiesto
cinque recensione e me ne ritrovo sette! Grazie mille!
Grazie anche a chi ha messo tra le preferite, le ricordate o le seguite questa storia...
mi gratifica molto tutto ciò.
Se entro stasera o domani mattina questo capitolo raggiune almeno sette recensioni, posterò il prossimo!
Grazie ancora una volta!
Un bacio, notperfect. <33

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Capitolo 5
*** I hate you...and goodnight! ***


I hate you...and goodnight.

La sveglia suona. Mi alzo a mezzo busto, spegnendola. Segna le 6:45. 
Che palle. 
Mi stiracchio e sbadiglio. Mi alzo e vado in bagno, lavandomi. 
Quando esco sono solo in biancheria ma questa volta Justin sta dormendo sul serio. Lo capisco dalla faccia da pesce lesso che sfoggia in questo momento. Per poco non scende della bava dalla sua bocca aperta. 
È quasi un mese in sua compagnia e già sto avendo dei pensierini poco casti sul suo conto.
Ma cosa diamine sto blaterando?!
Io lo odio! È irritante. 
Per undici notti di fila ha portato in camera diverse ragazze, scopandosele come un impossessato. 
Poi, nei giorni successivi, le ha portate a intervalli di quattro notti.
Naturalmente mentre lui eseguiva il suo servizietto, io ero in camera di Emily e Rosalie, nel dormitorio femminile.
È solo estremamente bello e in questi ultimi giorni, al contrario di un po' di tempo fa, non ho avuto il desiderio di baciarlo. 
Indosso un jeans e una di quelle maglie extralarge che comprano le donne incinte. Be', mi piace vestire largo e coprire le mie forme perché sono troppo prosperose. Davvero troppo. 
-Justin-. Lo chiamo a voce semi alta. 
Niente, non risponde. 
Se non si sveglia adesso, rischierà di fare tardi a lezione. 
-Justin!-. Lo richiamo, urlando. 
Lo vedo che scatta a mezzo busto, aprendo gli occhi di scatto. 
Rido rumorosamente a questa scena mentre lui, chiaramente infastidito, si rimette sdraiato. 
-Qual'è il tuo problema, bimba!?-. Sbotta assonnato. 
-Se non ti svegli, farai tardi-. Gli ricordo, ignorando la sua domanda. 
-Vaffanculo-. 
-Fai come vuoi-. Apro la porta e la sbatto alle mie spalle, uscendo dalla camera. 
Non so ancora il perchè, ma ogni volta in cui vedevo entrare una ragazza diversa  in camera ogni sera, mi si chiudeva lo stomaco e iniziavo a sudare. 
Di solito quando sono nervosa reagisco in questo modo. Ma perchè ero nervosa in quelle occasioni? Che motivo ne avevo? 
Justin è solamente il mio coinquilino. Sexy coinquilino. 
Dopo aver fatto colazione con Allison, ci dirigiamo al corso di chitarra che frequentiamo insieme. È bello condividere questa passione con una persona come Allison. È molto simpatica, aperta e allegra. È comprensiva e sorride sempre. Mi mette di buon umore ogni giorno. 
-Allora? Come va con Justin?-. Chiede mentre accorda la sua chitarra. 
-Mh, è okay-. 
-Cosa significa 'okay'?-. 
-Non lo so. So solo che lo odio, mi irrita ed è fastidioso-. 
Ride, mostrando i suoi denti perfetti. 
-É solamente un mese di convivenza!Siete peggio di mio padre e mia madre nello stesso appartamento per un anno.E loro non sono ancora divorziati-. 
Sorrido e mi meraviglio del fatto che lei scherzi così facilmente su cose che a me stanno molto a cuore. 
Se i miei genitori dovessero divorziare un giorno -e spero che non capiti mai-, sarei persa. Insomma...sarebbe la fine della mia felicità perchè loro sono la mia famiglia e se in una famiglia non c'è unità, amore e affetto, non penso possa essere considerata tale. 
-Spero che le cose si aggiustino. Insomma... litigate in continuazione-. Aggiunge. 
-I nostri non sono litigi-. Prendo una pausa, pensandoci su. -Ci critichiamo a vicenda per ogni cosa che facciamo, ci attacchiamo in continuazione e ci punzecchiamo in ogni momento opportuno-. 
-Nel Texas lo chiamiamo litigare-. Ironizza ed io rido. 
Passate le due ore di lezione di chitarra, mi dirigo al piano di sotto per seguire quella di pianoforte in compagnia di Rosalie e Ashley. 
Non appena il signor McCallister, l'insegnante di piano, entra in aula,tutti smettono di parlare e nessuno emette alcun rumore. 
Pft matricole, avrebbe detto Justin. 
Cosa? Adesso inizio anche ad avere il tempo di pensare a cosa Justin avrebbe detto in determinate circostanze?!
Questa è bella, Jennifer Jenny Jen! 
No, anche la vocina nella mia mente inizia a chiamarmi col nome che usa Justin. 
Aspetta, non esiste nessuna vocina. 
Sono solo e solamente io che parlo con me stessa. 
Questo vuol dire che io uso lo stesso nome che Justin usa per chiamarmi.
Basta, non ne posso più. 
Non faccio altro che pensare alla canzone che ho cantato con lui. È stato sicuramente il giorno più bello trascorso qui dentro.  
Per non parlare del suo atteggiamento strano nei giorni seguenti. Continuava ad evitarmi e dire cose senza senso su ciò che facevo o dicevo. Non abbiamo parlato molto perchè l'imbarazzo ha fatto il suo lavoro, ma ho capito che c'era qualcosa che non andava nel sul comportamento. Come se fosse arrabbiato per qualcosa, o frustrato. 
Penso che stia iniziando a provare qualcosa per lui perchè in questi giorni in cui non abbiamo parlato, mi sono sentita orribile. Era come se mi mancasse la sua voce e la sua presenza costantemente fastidiosa. È strano, è maledettamente strano e soprattuto sbagliato ma non posso dire al mio cuore cosa fare. 
Detto in questo modo sembro una trentenne in crisi di astinenza alla fine degli anni ottanta. 
Rimane solamente che mi faccia un tatuaggio con su scritto in cinese 'Non si comanda al cuore' e poi posso fare concorrenza a Brooke di Beautiful che con questa scusa si è scopata un'intera generazione.
Lui e quei suoi addominali scolpiti perfetti!
In un mese l'ho visto più volte a petto nudo, che con indosso una maglietta. E la mia mente perversa ha affidato dei nomignoli alle sue parti del corpo.
Si può essere cosí idioti?
-Jennifer Jenny Jen!-. Quella voce, quel nomignolo odioso. 
Cosa diavolo sta succ...
-Ho assegnato dei nomignoli alle tue parti del corpo!-. Sbotto improvvisamente, trasalendo. 
-Cosa?-. 
Cosa? Ero così immersa nei miei pensieri che non mi sono accorta della fine della lezione? E , cosa ancora più strana, ho appena detto cose alquanto imbarazzanti a Justin. 
-N-niente-. Balbetto. 
-Hai appena detto che hai assegnato dei nomi alle...-. 
-No!-. Lo interrompo. -Non ho detto proprio niente. E tu...tu cosa ci fai qui?-. 
-Niente. Ho visto l'aula vuota e solo tu seduta su di una sedia. Ho pensato che fossi sul punto di morire perchè sembravi nell'aldilà...poi ho scoperto a malincuore che sei ancora viva-.
Sbuffo. -Vaffanculo-. 
Mi alzo, prendo gli spartiti e mi dirigo verso l'uscita dell'aula.  
Penso sia la prima conversazione sensata che abbiamo da circa una settimana. Immaginate quelle senza senso!
-Si può sapere cosa ci facevi da sola qui dentro?-. Mi chiede seguendomi. 
-Stavo...stavo ricopiando degli appunti-. Si, certo. Gli appunti sulla storia del tuo corpo. 
Sarebbe tipo: 'A dieci anni mi sono iscritto in palestra. A quindici ho iniziato ad avere gli addominali sulla pancia. A sedici avevo una vera e propria tartaruga. A diciotto mi ritrovo ad essere un dio del sesso con i quinticipidi'. 
-Oookay-. Sembra stranito dalla mia reazione improvvisa, ma continua a seguirmi. -Puoi per favore rallentare?-. 
-Perchè?-. 
-Perchè mi metti ansia in questo modo-. 
-Be', a me non interessa...quindi faccio ciò che voglio-. 
Mi raggiunge, strattonandomi un braccio. Mi ferma e mi gira verso di lui. 
Non siamo mai stati così vicini. Tranne quando l'altra sera sono inciampata distrattamente sulle sue scarpe e mi ha aiutata ad alzarmi. Naturalmente perchè le sue povere Nike si sarebbero rovinate.
-Che sta succedendo?-. Domanda. 
I nostri sguardi non sono mai stati così uniti. 
-Niente-. Abbasso gli occhi. Se lo guardassi negli occhi non riuscirei a mentire o, peggio, lo bacerei. 
-Non mentirmi-. 
-Non lo sto facendo-. 
Afferra il mio mento in modo tale che sono costretta a guardarlo negli occhi. 
-Piccola-. Sussurra. -Cosa c'è che non va?-. 
Indugio, perdendomi nei suoi occhi color miele. Prenderei cento chili pur di tuffarmi li dentro e nuotare tra il miele. -Da quando ti interessa sapere cosa c'è che non va in me?-. 
Si stacca da me, confuso. -Vaffanculo, Jen-. 
Jen? Nessun altro nomignolo? Solo Jen? Strano. 
-Sto solo cercando di essere gentile-. Aggiunge.
-Be' non te l'ho chiesto, quindi non farlo-. 
Mi scruta ancora per un po', sorpreso dalle mie parole. 
In effetti neanche io so il motivo di questa mia reazione improvvisa e strana. 
-Come vuoi-. Si allontana, voltandosi dalla parte opposta e lasciandomi sola. 
Complimenti Jennifer, sei un mito. 
 
 
Ritorno in camera dopo cena e vedo Justin sdraiato sul suo letto con le cuffie alle orecchie. Questa sera non l'ho visto in mensa, chissà perché non ha cenato. 
Con fare imbarazzato, chiudo la porta e poso la borsa e alcuni spartiti sulla scrivania. 
Resto in piedi per qualche istante, guardandolo. 
Non so cosa fare, ma un impulso mi dice che forse è meglio se gli dica qualcosa. 
-Justin-. Lo chiamo ma è un gesto talmente stupido che per poco non mi prendo a schiaffi da sola.
È ovvio che non mi risponde: non mi sente se ha la musica ad alto volume che pompa nelle sue orecchie. 
Mi avvicino e lo scuoto lievemente.
Apre gli occhi impaurito e poi la sua espressione diventa più quieta quando vede il mio volto. 
Trattengo una risata per la sua reazione esagerata. 
-Che c'è?-. Chiede infastidito ed io mi maledico mentalmente per aver avuto l'idea di chiamarlo. 
-Ehm...volevo scusarmi per prima, quindi...scusa se ti ho risposto così male quand'eravamo in corridoio. Ero ancora scossa per cosa stavo pensando e ho riversato il nervosismo e la rabbia su di te e...-. 
-Ho capito-. Sorride. -Accetto le tue scuse ma non rompermi le palle come al solito con le tue storie noiose-. 
Sto per ribattere, poi però decido solamente di annuire e sfoggiare un mezzo triste sorriso. 
Mi volto e mi dirigo verso la scrivania per prendere il cellulare dalla borsa.
Oggi non ho chiamato mia madre e sicuramente adesso si starà preoccupando.
Digito il suo numero ma Justin irrompe nella quiete della stanza. 
-Che stai facendo?-. Chiede, spegnendo l'iPod e rizzandosi a mezzo busto. 
-Chiamo mia madre. Vuole sapere sempre tutto-. 
Nel frattempo la voce registrata della compagnia telefonica di mia madre mi avvisa che al momento non é raggiungibile. 
-Non è raggiungibile-. Dico tra me e me, posando il cellulare sulla scrivania. 
-Sei fortunata ad avere dei genitori così-. Commenta. 
-Così come?-. 
-Be', così...presenti e premurosi. Mia madre non è in grado neanche di cucinare, figurati se è in grado di stare in casa e di interessarsi a tenere unita la famiglia! Mio padre non sa neanche i miei sogni, le attività che svolgo, se gioco a calcio o suono la chitarra. Mi mandano in questa scuola solo per comodità e non sanno neanche cosa ci vengo a fare-. Spiega con sguardo pensieroso e turbato, come se faccia fatica a ricordare le parole da pronunciare.
Sto in silenzio, senza dire nulla. Non saprei cosa dire e la spontaneità e la fiducia con cui mi sta raccontando queste vicende, rende la situazione ancora più strana per me. 
-Mi dispiace...-. Sussurro. 
Sorride sghembo. -Non devi dispiacerti, non è un tuo problema-. 
-Be', mi dispiace lo stesso-. 
Scrolla le spalle, voltando lo sguardo altrove. -Sei fortunata ad avere una famiglia del genere. Io non ho mai avuto il senso di unità familiare nei miei principi. Non mi é mai stato insegnato-. 
-Sono convita che abbia avuto una bella infanzia, Justin-. 
-Ti sbagli. Mia madre e mio padre litigavano in continuazione e alcune volte li ho sentiti dire che era colpa mia se i loro rapporti erano peggiorati. Era dalla mia nascita che avevano iniziato a peggiorare e io ero stato semplicemente un errore, un preservativo dimenticato, ecco. Volevano divorziare e non vedersi mai più ma non l'hanno fatto-. 
-Non l'hanno fatto per te, perché volevano che non soffrissi-. 
Sorride tristemente. -Ti sbagli di nuovo. Mio padre è un noto dottore della zona in cui vivo, o meglio vivevo, e i nostri vicini e i suoi clienti abituali avevano, come tutt'ora, una grande stima nei suoi confronti e ovviamente lui non poteva mettere a rischio la sua reputazione e il suo prestigio da medico per un divorzio. Capisci?-. 
Annuisco dispiaciuta, abbassando lo sguardo. 
-Per loro non sono stato altro che un peso, un bambino da avere in casa solo perché la legge lo stabiliva-. 
Restiamo in silenzio, ognuno con lo sguardo rivolto lontano dall'altro. 
-Come già sai, anche la mia famiglia ha avuto molti problemi ma siamo riusciti ad andare avanti-. Dico, pensando di essere d'aiuto in qualche modo. 
-Tu non capisci-. Scuote la testa. -La mia non può neanche essere considerata una famiglia! Non c'è amore, né affetto, né unità. Siamo semplicemente cinque persone sotto un unico tetto-. 
-Oh, quindi hai dei fratelli-. Constato, stupita che non me l'abbia mai detto. 
-Si. Un fratello e una sorella. Sono più piccoli di me ma mi danno la forza necessaria ad andare avanti. Se ho smesso di drogarmi, è stato sicuramente grazie all'amore che provo nei loro riguardi-. 
Non conoscevo questo lato affettuoso e debole di Justin.
 Certo, mi ha già raccontato della storia della droga e di ciò che ha passato, ma mai entrando così nei dettagli e spiegando così chiaramente le sue emozioni.
 Ed è bello sapere che nutre amore e affetto non solo per il perizoma di una sgualdrina. 
Da un grande sospiro, alzandosi dal letto. -Bene, vado in bagno-. 
Ecco, ci risiamo. 
Succede sempre così: dopo aver parlato seriamente, sentiti più uniti e in sintonia, guardato negli occhi al lungo, lui si chiude nel suo guscio e non riesce ad esternare più le sue emozioni con me. 
Evita persino il contatto con i miei occhi o addirittura il suono della mia voce.
Finge che io non esista e questo mi rattrista perché non può essere possibile che un minuto prima mi dice anche il suo segreto più nascosto e quello dopo non mi conosce neppure.
Sospiro, accendendo la tv. 
Justin esce dal bagno qualche minuto dopo, sdraiandosi nuovamente sul suo letto. 
Sono indecisa se parlare o meno; alla fine decido di seguire il cuore. 
-Justin...-. Lo chiamo flebilmente. 
Volge lo sguardo su di me distrattamente. -Mh?-. 
-Non cominciare ad evitarmi-. 
-Cosa vuoi dire?-. Chiede confuso. 
-Intendo dire che non devi comportarti in questo modo. Non devi chiuderti in te stesso ogni volta che mi confessi i tuoi sentimenti e le tue emozioni. A me dispiace quando agisci in questo modo, é come se ti pentissi di avermi detto delle determinate cose-. Spiego, chiaramente intimidita. -Mi dici cose che penso siano molto significative per te e poi mi eviti. Addirittura non mi guardi e non mi parli. Voglio solamente dirti che non devi sentirti in colpa quando mi dici ciò che provi o senti, io non ti giudico, non lo farei mai sotto questo aspetto-. Detto questo, mi alzo e vado in bagno. 
Cavolo, non ho mai fatto un discorso così lungo e importante ad una persona. 
Il massimo é stato al giorno del ringraziamento di circa sei anni fa quando mi scusai con il tacchino sul tavolo per averlo quasi mangiato. 
Mi sciacquo la faccia e guardo il mio riflesso nello specchio. 
Perché mi sento così strana? É come se abbia fatto la cosa giusta ma al tempo stesso sbagliata. É strano. 
Indosso il pigiama e ritorno da Justin. Mi infilo sotto le coperte, evitando il sul sguardo. 
In effetti adesso sono io che non lo guardo e non gli parlo.
-Jenny...-. Mi chiama, voltandosi verso di me. Io faccio altrettanto. 
Aspetta...Jenny? Così mi chiamano solamente i miei genitori e per di più lui mi chiama sempre con nomignoli idioti. 
-Dimmi-. 
-Mi dispiace-. 
-Ti dispiace?-. Ripeto sbalordita. -Per cosa?-. 
-Mi dispiace per il mio modo di fare da idiota. Capisco che ci stai male quando ti evito in qualsiasi modo mi é possibile, ma sono fatto così. Non ho mai avuto il coraggio di parlare delle mie emozioni e quando l'ho fatto con te per la prima volta, mi sono sentito come tradito da me stesso. Era come se avessi abbandonato una parte di me stesso, quella orgogliosa e senza scrupoli-. 
-Non fa male cambiare, Justin. Se tieni tutto dentro, fa male-. 
-Lo so, ma é nella mia natura non descrivere il mio stato d'animo-. 
-Be' allora mi fa piacere che tu l'abbia fatto con me ma, ti scongiuro, non sentirti in obbligo di evitarmi questa volta-. 
Annuisce, sospirando. Dopo qualche secondo, fa una strana smorfia. -Bimba!-. Eccolo di nuovo. 
Come non detto, il mio discorso non ha funzionato.
D'altronde nessuno dei miei discorsi ha mai funzionato.
Basta pensare che ho mangiato quel tacchino sei anni fa dopo tutte le mie scuse e i sensi di colpa. 
Roteo gli occhi e lui sorride. -Bimba...-. Ripete. -...vieni qui-. Sbatte le mani sul letto su cui giace, indicandomi di raggiungerlo. 
Trattengo il respiro, stupita. -Perché vuoi che venga vicino a te?-. 
-Ho paura del buio-. Dice in tono scherzoso, ridendo.
Nascondo il mio stupore e lo raggiungo. 
Mi fa spazio accanto a lui ed io mi stendo, portando le coperte fino al mio collo. 
-Ti ho già detto che non sei niente male per essere una sedicenne del New Jersey?-. Domanda divertito. 
Roteo gli occhi. -Si e non sei l'unico che lo pensa-. 
-Non fare la modesta-. Ironizza. -...e non iniziare a darti delle arie perché ti ho fatto un complimento-. 
-I tuoi non sono mai complimenti. Sei semplicemente irritante-. Mi guardo le unghie, imbarazzata. 
Stare in questa posizione mi intimidisce, ma non é male.
Sorride e sento il suo respiro sulla mia testa. Lui é più alto di me.
-Immagino che l'ultimo complimento che hai ricevuto tu, é stato quando Tutankhamon ha compiuto diciotto anni-. Esclamo. 
Ride rumorosamente e sento il suo torace abbassarsi e alzarsi continuamente accanto al mio corpo, congelato per l'emozione. 
-Questa mi è piaciuta-. Afferma. -Ma devo dirti a malincuore che ti sbagli. Ricevo complimenti ogni notte. Non so se mi spiego-. 
-Quello che le ragazze ti dicono quando siete a letto mezzi nudi, proviene dal piacere che lei sta provando. Non sono veri complimenti e se anche lo fossero, non sono per la tua persona ma per le tue prestazioni-. 
-Woah! Non ne sarei così sicuro. Se vuoi, puoi provarci stanotte-. 
-Non ci tengo-. Sto per alzarmi quando mi blocca per un braccio. 
-Sto scherzando, piccola-. Ride.
Io non voglio andare in ospedale stanotte, sul serio, ma Justin sembra intenzionato a mandarmi lì con tutte le carte che ha a sua disposizione. 
Mi posiziono nuovamente accanto a lui, pregandomi mentalmente di non tremare. 
Passano alcuni secondi di silenzio, devo dire molto imbarazzanti. 
-Justin...-. Lo chiamo, sussurrando. 
-Cosa c'è?-. 
-Ho fame-. 
-Hai fame? A quest'ora?-. 
-Si. Ho voglia di una pizza-. 
-Cosa? Una pizza? Dove la prendiamo adesso una pizza?-. 
-Non lo so. Se non troveremo una pizza, mangerò qualcos'altro. Ma ho fame-. 
-È quasi mezzanotte, non mi sembra il caso-. 
-Dici cose senza senso! Allora perché si chiama spuntino di mezzanotte?-. Chiedo e lui ride di gusto. 
Ah, che suono armonioso. 
-Primo: una pizza non è un semplice spuntino. Secondo: a quest'ora non possiamo uscire dalle nostre camere. Terzo: non puoi fare uno spuntino di mezzanotte-. 
Per l'amor del cielo! Sentirgli dire che non devo fare uno spuntino è come sentire qualcuno bestemmiare. È peccato, è un reato mortale dire una cosa del genere. 
-Se non posso fare spuntini di mezzanotte, perché c'è una luce nel frigo che permette di vedere quand'è buio?-. Domando in tono ovvio.
Justin ride rumorosamente e sento il suo respiro irregolare far abbassare e alzare il suo petto che è quasi unito al mio. 
-Sei così idiota!-. 
-Non sono idiota, sono solamente affamata-. Prendo una pausa. -Oh, andiamo Justin! Ho fame, usciamo di qui, facciamo uno strappo alla regola e andiamo a mangiare in mensa-. 
-Sei impazzita? Ho sonno e non ho fame, non capisco perché dovrei farlo-. 
-Perchè te lo sto chiedendo-. 
-No, non se ne parla-. 
-Ti odio!-. Esclamo, mettendo le braccia incrociate sul petto. -Pensi di saper fare altre cose oltre demoralizzarmi e abolire le mie idee?-. 
-Intendi tipo dormire?-. 
Sbuffo, girandomi dall'altro lato, dandogli le spalle. 
-Ecco, come volevo-. Afferma divertito. 
-Buonanotte, ti odio-. Mi stringo le coperte attorno al corpo, facendo dei movimenti un po' goffi e maldestri.
Ride. -Ti odio anch'io e...-. Mette un braccio attorno al mio busto, stringendomi a sé. -...buonanotte-. Sprofonda la testa nei miei capelli ed io sento una morsa allo stomaco. 
Bene, ora é una cosa confermata: le barelle dell'ospedale di Los Angeles avranno la mia sagoma incisa sopra al più presto, ma non per mancanza di cibo; piuttosto di ossigeno.







 Goodmorning!
Inizio col dire ‘Buona Domenica!’ e GRAZIE per le
recensioni e i messaggi in posta! Non sapete quanto mi rende felice
leggere le vostre parole…mi motivano a scrivere questa storia.
Come promesso ecco il capitolo 6. Spero vi sia piaciuto…
Penso che tra due capitoli ci sarà finalmente un avvicinamento molto
intimo tra i due protagonisti ma non voglio anticiparvi nulla!
Continuate a recensire e seguire questa storia! Grazie ancora.
Un bacio, notperfect. <3

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Capitolo 6
*** Our song ***


Our song

 I giorni all'Academy Of Arts passano troppo in fretta. Sul serio. 
Sembra che l'estate qui finisca in anticipo di due mesi.
È la terza settimana che sono qui e il mio coinquilino non ha fatto altro che rivelarsi secondo il carattere che avevo schematizzato per lui in precedenza: irritante. 
Dire che lo trovo fastidioso, è poco. 
Non abbiamo più accennato di quel giorno in cui ci siamo confessati quei segreti. 
È stato strano per me parlare di una cosa così significativa con una persona che odio profondamente. Ed è stato strano anche il fatto che lui si sia aperto con me, anche se successivamente ha cercato di evitarmi, forse per l'imbarazzo.
Dire che Justin è carino, è una cosa assurda. 
Lui è tremendamente sexy, non carino. 
È bello, affascinante, attraente, muscoloso, possente, meraviglioso, splend...
-Jennifer Jenny Jen!-. 
Scatto spaesata, smettendola di affondare la mano nell'acqua della vasca e poi farla risalire. 
-Si?-. Urlo dal bagno. 
-Sono trenta minuti che sei lì dentro. Sarò costretto a chiamare la guardia costiera se non esci in tre secondi-. Dall'intensità della sua voce capisco che è proprio vicino, appoggiato alla porta che da nel bagno. 
-Io esco quando mi pare e piace. Aspetta!-. 
-Woah!-. Esclama. -Calmati bimba, e fai ciò che ti ho detto-. 
-Bieber, non mi dai ordini. Sono più di venti giorni che sto provando a fartelo entrare in testa-. 
-E sono circa venti giorni che ti dico che non devi chiamarmi in questo modo!-. 
Lo chiamo sempre tramite il suo cognome perché mi risulta più facile e chiamandolo 'Justin' sarebbe troppo formale e intimo; noi non abbiamo ancora un rapporto del genere. 
-Intendi Bieber?-. Chiedo, divertita. 
-Esatto!-. 
-Uhm, d'accordo Bieber-. 
Lo sento sbattere con i pugni sulla porta per la rabbia. Io rido, naturalmente. 
-Comunque sbrigati! Devo fare una cosa tra circa un'ora-. Spiega e sembra infuriato. 
-Bieber a me puoi dire che devi fare sesso con una ragazza. Ormai mi ci sono abituata-. 
In effetti ne porta una quasi ogni sera. 
-Ti sbagli, la signora Anderson ha detto che vuole parlarmi. E poi se non volessi fartelo sapere, non sarebbero problemi tuoi-.
Non lo rispondo e aspetto che si allontani dalla porta per iniziare ad asciugarmi. 
Ma niente, non sento passi farsi meno fitti. 
Dopo qualche secondo decido di uscire dalla vasca. Sto posizionando l'asciugamano attorno al mio corpo, quando la porta si apre. 
Sobbalzo, affrettando i miei movimenti e attorciglio l'asciugamano in modo trasandato. 
-Che diavolo ti salta in mente!?-. Esclamo infuriata. 
Lo vedo ridere sghembo, avvicinandosi.  Sembra quasi che sia intento a raggiungermi e a baciarmi e inizio a sudare per il nervosismo e l'agitazione. 
Se mi bacia, muoio. Questo è poco ma  sicuro. 
Mi schiva e si riflette nello specchio. 
Emetto un sospiro di sollievo ma anche di delusione.
Oh, andiamo! Avrebbe potuto baciarmi! Avrei ricordato questo giorno come il giorno in cui sono andata per la prima volta in un ospedale di Los Angeles. 
-Ti avevo detto tre secondi, Jennifer Jenny Jen! Tre. Tu hai impiegato più tempo e sono stato costretto ad entrare-. 
Avrei dovuto chiudere la porta a chiave, lo sapevo! Ma pensavo che dati i ventuno giorni trascorsi insieme, lui sapesse che non sarebbe dovuto entrare senza bussare! 
Questo ragazzo mi manda nel pallone, davvero. Nel senso che mi riempie i coglioni e poi li fa scoppiare, per poi rigonfiarli come palloncini. 
-Esci fuori di qui!-. Gli indico la porta ma lui continua a guardarsi allo specchio. -Esci!-.
-No-. Risponde secco. -Devo lavarmi-. 
-Oh, davvero?-. Domando ironizzando. 
Annuisce, voltandosi verso di me. -Se non vuoi proprio uscire da qui, possiamo sempre farci una doccia insieme, per me non ci sono problemi-. Sogghigna. 
-Per me si, ciao-. Saluto acida. 
Sto per uscire dal bagno, quando mi ferma per un braccio. Mi sembra di aver già vissuto questa scena, dejavù. 
Mi gira verso di lui. 
Sono costretta ad alzare gli occhi data la mia statura e la sua. Lui è troppo alta ed io troppo, be' non troppo alta, ecco. 
-Stavo scherzando, bimba. Non volevo farti arrabbiare-. Sussurra, accarezzando il mio braccio bagnato. 
Trattengo il respiro, stupita del suo comportamento. Cosa sta facendo? Certamente non finirà bene...per me. 
-Allora pensa prima di parlare. Cosa che non fai quasi mai. Dovresti frequentare dei corsi serali dove viene insegnato a pensare. A te serve-. Sorrido forzatamente. 
Anche lui fa altrettanto ma il suo sorriso di sicuro non è come il mio. Il mio è paragonabile a quello di un opossum. Il suo a quello di un dio Greco. Penso che abbiate capito che penso che sia un dio sceso in terra e lo vedeste anche voi, penserete la stessa cosa.
-Non essere così antipatica, mi sono scusato-. 
-No, tu non ti sei scusato. Hai solo ammesso ciò che hai fatto-. Lo correggo. 
Perchè non mi lascio mai andare e faccio ciò che è più semplice, invece di puntualizzare sempre tutto?
Quanto mi odio! 
Aspetta...io odio Justin Bieber, non me stessa. 
Rotea gli occhi, facendo una strana smorfia. -Come sei perfettina e melodrammatica!-. 
Sbuffo, svincolandomi dalla sua presa e chiudendo la porta alle mie spalle. 
Non so cosa mi sia preso, ma quando Justin si è avvicinato a me più di quanto mai abbia fatto, mi sono sentita venire meno. 
Non è normale, perché è un normale essere vivente e non può causarmi questi sintomi improvvisamente. In realtà è circa da due settimane che rischio di perdere i sensi in quanto i suoi addominali non sono mai coperti da una maglietta. 
Mi asciugo e mi vesto, iniziando poi a sistemare la camera. 
Questa mattina non ho sentito la sveglia, così ora devo mettere in ordine la camera, alle sei del pomeriggio!
Riordino la mia parte di stanza, lasciando disordinata quella di Justin.  Mi siedo sul letto e poi ho l'impulso di alzarmi e di fare anche il suo letto, disfatto da giorni. 
Ecco, ci risiamo! Ho le manie di persecuzione dell'ordine e del pulito. 
Odio il caos, odio il disordine, odio Justin. 
Okay, questo non centra. 
Trovo un perizoma ficcato sotto il cuscino. 
Faccio una smorfia strana e sapendo che non è mio, lo prendo con gli estremi delle dita e lo appoggio sul comodino accanto al letto. 
Justin esce dal bagno proprio nel momento in cui mi capita tra le mani un preservativo.
Emetto uno strano verso e, con una smorfia in viso disgustata, lo butto per l'aria. 
Justin ride ed io mi accorgo che è appena uscito dal bagno con indosso solo un'asciugamano e con un'altra si strizza i capelli. 
-Sei carina a sistemare le mie cose-. Commenta, avvicinandosi. 
Perché inizio a respirare affannosamente ogni volta che fa qualche passo verso di me?
-Non l'ho fatto per te, ma per me. Odio vedere il tuo letto sempre disfatto e i tuoi vestiti per la stanza-. 
-Be', grazie-. Mi stampa un bacio sulla guancia e poi si allontana verso la poltrona nell'angolo della stanza. 
Mi ha appena dato un bacio. 
Oh. Mio. Dio. 
Seppure sulla guancia, è stato un bacio 
Calmati, Jennifer. Riprendi a respirare e a battere le palpebre. 
-P-prego-. Balbetto. 
Scuoto la testa, risalendo. Lo vedo mentre da sotto l'asciugamano si infila i boxer e poi una maglietta. 
Dio quant'è bello!...il pavimento! Si, il pavimento. È davvero attraente quella macchia sulla moquette. 
-Penso che questo appartenga a una delle tante fortunate-. Dico, indicandogli il perizoma sul comodino. 
Sorride, indossando i pantaloni. 
-Li conservi come trofei?-. Chiedo ironica, più acida che mai. 
Ride rumorosamente. -Per essere una sedicenne del New Jersey, non sei niente male-. 
-Lo so, Bieber, lo so-. Rispondo in modo teatrale. 
Lui ride ed io muoio. O almeno, sono prossima a morire. 
Si avvicina, guardandomi intensamente negli occhi. 
Questa volta mi bacia, davvero. Ne sono sicura. Prima è stato un bacio sulla guancia, ora deve essere per forza sulle labbra. 
Mi ci gioco le biglie di nonna Path che mi ha regalato prima di partire, dicendo che mi avrebbero portato fortuna. 
Certo, fortuna a trovare un coinquilino irritante. 
-A dopo-. Appoggia le mani sotto il mio mento, afferrandolo. Mi regala un bacio sulla guancia e poi esce dalla stanza. 
Dannazione, devo continuare a tenere quelle biglie maledette!
 
Scendo al piano di sotto, propensa ad andare nel dormitorio femminile per uscire con Allison e Rosalie. Ashley e Emily sono entrambe dall'estetista a farsi la manicure. Che spreco di denaro e di tempo!
Mi incammino silenziosamente, giocando con lo schermo del mio cellulare quando mi imbatto contro qualcuno. 
-Oh, scusa-. Sussurra, mettendo le mani sulle mie spalle. 
-Non è niente, Nick-.
È Nick, il ragazzo incontrato durante le prime sere al campus. 
-Ehm, come stai?-. Chiede, speranzoso e imbarazzato di una mia risposta. 
-Bene, credo. Tu?-. 
-Non mi lamento-. 
Sorridiamo, guardandoci negli occhi. 
È strano come riesca a guardare Nick negli occhi così facilmente mentre non riesco a tenere lo sguardo fisso in quello di Bieber per un secondo. 
-Ti va di prendere un gelato?-. Domanda. -Non ci sono lezioni adesso e abbiamo il coprifuoco tra qualche ora. Che ne dici?-. 
-Ehm...-. Ci penso su. Che ho da perdere? In fondo Nick è molto carino e gentile con me. Non mi ha mai regalato perizomi e non mi chiama 'bimba' o 'piccola' in continuazione. O peggio ancora, 'Jennifer Jenny Jen'. 
-Va bene. Però devo cambiarmi, non posso uscire così-. Indico il mio vestiario, davvero troppo misero. -Scendo tra qualche minuto-. 
-Ti aspetto nella Hall-. 
Ci congediamo.
Salgo nuovamente al piano di sopra e prendo le chiavi della camera quando sento la melodia di una chitarra e una voce profonda e armoniosa provenire dall'interno. 
Con mia grande sorpresa vedo Justin, appoggiato al capezzale del letto che strimpella una chitarra, intonando una canzone. 
Si blocca non appena mi vede. -Ciao bimba-. Saluta. 
-Bieber-. Faccio un cenno con il capo e con la mano. 
Inizio a frugare tra i miei vestiti per trovare quello giusto da indossare per 'l'appuntamento' con Nick. 
-Sei di poche parole-. Commenta. -Come mai?-.
Mugugno qualcosa non dicendo niente che lui possa capire. 
-Non parlo la tua lingua. In New Jersey parlate in questo modo?-. 
Non rispondo, continuando a rovistare tra i miei vestiti. 
-Ho sempre pensato che tu fossi un'asociale!-. Esclama. -Ed ora ne ho la conferma-. 
-Non sono asociale-. 
-Oh, stai parlando!-. Sbotta fintamente sorpreso. 
Quant'è irritante!
-E non sono asociale! Evito solamente di parlarti perché finirei per prenderti a calci o dirti parole poco caste-. 
-Quindi cosa saresti?-. 
-Mh...Io direi altruista-. 
Ride rumorosamente. -Sei così cretina!-.
-Chiudi la bocca, per la miseria!-. Esclamo. 
-Woah! Cos'è questo linguaggio nei miei confronti?-. 
-Quello che meriti-. 
Sono di spalle quindi non so esattamente cosa sta facendo ma sento il rumore dei suoi piedi toccare terra e lo scricchiolio del letto. Si sarà sicuramente alzato. 
Lo sento avanzare verso di me e poi sedersi sul mio letto. 
Sta per dire qualcosa ma l'arrivo di un messaggio fa vibrare il suo cellulare. Sospira e alzandosi nuovamente dal letto, raggiunge la scrivania e prende il cellulare. 
Improvvisamente lo sento ridere e mi volto verso di lui sconvolta. -Cosa succede?-. 
-Una ragazza mi ha inviato un messaggio...direi strano-. Ride. 
-Del tipo?-. 
-Bimba, mi stai chiedendo indirettamente di leggertelo? Sei gelosa e vuoi sapere cosa pensano di me le altre ragazze?-. 
-Neanche morta! Ora leggi il messaggio!-. 
Sorride, abbassando lo sguardo sul cellulare. -Il messaggio dice: 'Io ti ho dato prati di viole e tu solo cemento armato'-. 
Alza lo sguardo, trattenendo una risata. 
Cerco di rimanere seria, ma anche io scoppio a ridere. 
-Vorrei sapere cosa passa per la testa di questa ragazza!-. Esclama, parlando più a se stesso che a me. 
-Forse nella sua mente lei è una fioraia e tu un muratore-. 
Mi guarda facendo una strana smorfia per poi ridere ingentemente. Vedo i suoi occhi farsi più luminosi e al tempo stesso allungarsi e chiudersi. I suoi zigomi si innalzano e si crea una fossetta accanto alla bocca. 
Metterei un dito lì dentro e gli farei il solletico, ma il mio buon senso mi dice che non è una buona idea e così non lo faccio. 
-Perchè ti ha inviato un messaggio del genere?-. Domando.
-Abbiamo solamente scopato per tre notti di fila qualche mese fa e adesso mi rompe i coglioni-. 
Adieu finesse.
-Be', lasciala sognare che un giorno potreste scopare insieme un'altra volta!-. Esclamo con tono umoristico. 
-Perchè perdere tempo a sognare se la realtà è più interessante?-. 
-Non direi-. 
-Cosa?-. 
-Alcune volte è meglio sognare e stare chiusi nel proprio mondo, anziché affrontare la realtà. Ne ho la certezza e ne sono la prova vivente-. 
-Per esempio?-. 
-Per esempio far finta di avere accanto una persona che in realtà non c'è, arreca molta felicità più di quanto qualsiasi altra cosa possa regalare-. 
Sta per ribattere, poi sta zitto e credo che abbia capito a chi e a cosa mi riferisco. 
Anche voi, vero?
Prendo un vestito e mi posiziono davanti allo specchio a figura intera, poggiandolo sul mio corpo.
Ritorno nuovamente all'armadio, accovacciandomi. 
-Perchè vai avanti e indietro con abiti differenti?-. Chiede confuso. 
Che domande! -Perchè non mi soddisfa nessuno-. 
-Non pensavo fossi così complessata!-. 
-Non sono complessata-. 
-Tutte le ragazze lo sono-. 
-Be', ti sbagli. Io sono diversa-. 
Ride. -Sotto quale punto di vista?-. 
-Ti faccio un esempio-. Prendo una pausa, voltandomi verso di lui. -Le ragazze normali si guardano allo specchio, si vedono grasse, smettono di mangiare; non possono stare senza cibo così ritornano a mangiare e quando si guardano di nuovo allo specchio iniziano nuovamente a non mangiare. È sempre lo stesso ciclo-.
-E tu? Cos'hai di diverso?-. Mi interrompe compiaciuto con un sorriso sghembo e espressione interessata in volto. 
-Be', arrivata alla fase in cui mi guardo allo specchio e mi vedo grassa, non smetto di mangiare. Per rassegnarmi del mio aspetto fisico vado in cucina e mangio del gelato-. 
-E qual'è il tuo metodo diverso per non cadere in depressione?-. 
-Il mio piano è quello di evitare specchi, macchine fotografiche e bilance-.
Ride rumorosamente ed io, trattenendo un sorriso, mi giro verso l'armadio.
-E quindi se dovessi mai cadere in depressione, inizieresti a tagliarti?-.
-Al massimo mi taglierei una bella fetta di torta!-. 
Ride. -Pensi solo al cibo! Pensi che sappia fare qualcos'altro oltre a mangiare?-. 
-Intendi tipo dormire?-. 
Alza un sopracciglio. -Non fare la spiritosa con me, mi irriti-.
-Io sono spiritosa per natura e irritante solo in tua presenza-.
Sta per dire qualcosa, bofonchiando. Poi decide di stare zitto e fare rumore iniziando a saltare sul letto facendolo cigolare. 
-La smetti?-. Sbotto infastidita.
-Allora? Devi uscire con le tue oche-amiche?-. Chiede scocciato, evitando le mie parole.
-No, e non sono oche-. 
-Allora cosa devi fare?-. 
-Niente-. Rispondo in fretta. 
-Piccola mi nascondi qualcosa?-. 
-Non devi chiamarmi piccola!-. Sbotto infuriata, alzandomi in piedi e dirigendomi verso lo specchio per posizionare il capo preso sul mio corpo. -E poi ci siamo sempre nascosti tutto, adesso qual'è il problema?-. 
-Uhm, nessuno. Ma voglio saperlo-. Ammette, sdraiandosi sul mio letto, portando le mani dietro la nuca come è suo solito fare. 
-Be', non voglio dirtelo-. Ritorno all'armadio, gettandoci dentro l'abito preso poco prima. Non è adatto all'occasione, così inizio a cercarne un altro.
-Oh, andiamo bimba! Non tenermi sulle spine. Aspetta-. Prende una pausa. -Vai per caso al luna park? Insomma è li che vanno quelli della tua età, giusto?-. 
Prendo un bel sospiro, pregando me stessa mentalmente di non dire brutte parole. -No-. 
-E allora dove vai?-. 
-Non la smetterai fin quando non te lo dirò, vero?-. Mi volto verso di lui con aria esausta in volto. 
-Esatto-. 
-Sei irritante-. Bofonchio sottovoce. 
-Cosa?-. 
-Niente, niente-. Prendo una pausa, ritornando a guardare tra i vestiti. Nick sarà esausto di aspettare. Sono già dieci minuti che è solo nella Hall. -Vado in giro...con Nick Adams-. 
Non dice niente e smette di creare qualsiasi rumore. Per un attimo penso che stia collassando poi mi giro e mi abbatto notando che respira ancora. 
-Non dici niente? Hai insistito perchè lo sapessi e adesso non commenti neanche? Pensavo dicessi una delle tue battutine-. Confesso, annoiata. 
Il ragazzo non reagisce, mi guarda solamente, così prendo una semplice maglia, uno short e degli stivaletti e mi dirigo in bagno per cambiarmi. 
Quando rientro in stanza, Justin è nella medesima posizione di quando l'ho lasciato solo. 
Mi sembra strano, troppo strano questo suo comportamento.
Avrei scommesso le mie biglie che avrebbe detto una battuta squallida su quel ragazzo. Invece no, non è successo. 
Si, avete capito: cerco in tutti i modi di liberarmi di quelle biglie porta fortuna, perchè non mi portano esattamente fortuna, solo sfiga. 
Prendo la borsa e mi dirigo verso la porta della stanza. -Allora vado, ci vediamo dopo. Se porti qualche ragazza, accertati che si riprenda la mutanda; usa un preservativo perchè non ti voglio male fino al punto di rischiare che diventi padre a diciotto anni e soprattuto non fatelo sul mio letto! Se è vergine, le coperte e le lenzuola si sporcheranno ed io non voglio farle lavare dalla signora Anderson con la scusa del ciclo, okay?-. 
Mi sorride. È un sorriso sincero, non malizioso o divertito, non sghembo e menefreghista. 
Arrossisco, così mi volto verso la porta e sto per chiuderla. 
-Bimba!-. Mi chiama. -Non andare con quell'idiota-. 
 
Mi fermo sulla porta e blocco tutti i miei movimenti. 
Ho perso circa la metà dei battiti del cuore che dovrebbero avvenire in un minuto e ho sentito crearsi un nodo allo stomaco che sale su, fino alla gola, quando mi volto verso di lui. 
Ha un espressione seria, nessun sorrisetto odioso stampato su quel viso troppo perfetto. 
-C-cosa?-. Balbetto. 
Sono girata verso la porta con il busto e con il viso sono rivolta verso di lui. Sono così confusa e stupita che se vedessi Micael Jackson in persona risuscitare dall'oltretomba, rimarrei impassibile. 
-Hai sentito, non farmelo ripetere-. Evita il mio sguardo e abbassa il tono di voce, chiaramente imbarazzato. 
Trattengo un sorriso, felice di vederlo finalmente reagire in modo spontaneo. 
-P-perchè?-. Perchè diavolo balbetto?! 
Indugia qualche secondo, dopodiché alza gli occhi su di me, serio. -Odio quel tipo-. 
Oh, ecco. Avrei scommesso le biglie della nonna Path che non si trattava di me, ma di lui. Naturalmente odia Nick, e non il fatto che esca con me. 
Bene. 
-E quindi?-. Domando, aspettandomi una risposta così convincente da riuscire a fermarmi. 
Anche se dubito che Nick sia ancora giù ad aspettarmi. 
-Quindi non andare...-. Abbassa lo sguardo, prendendo una pausa. -...e poi ho...ho i decimi di febbre!-. 
Cosa?
-Già, ho i decimi di febbre e non voglio che se la mia temperatura si alzi, stia solo. Ho bisogno di qualcuno che mi aiuti in caso non avessi forze-. Spiega e sembra che prima di parlare elabori le sue parole, come se voglia convincermi con una falsa scusa. 
Alzo un sopracciglio, dubbiosa. -Davvero, Bieber?-. 
Annuisce sorridendo, mettendosi sotto le coperte del mio letto, tossendo. 
Certo, a chi vuole darla a bere?
-Okay-. Sussurro, sospirando. 
-Okay?-. Ripete stupito e sembra riprendersi entusiasta. -Cioè...-. Tossisce. -Okay. Grazie-. 
Poso la borsa e il cellulare sulla sedia accanto al televisore. -Avviso Nick che non vado e risalgo-. 
Annuisce ed io esco dalla camera. 
È strano. Lui è strano. La situazione è strana. Tutto è strano. 
Scendo al piano di sotto e con mia sorpresa Nick è ancora seduto sulla poltrona della Hall, aspettandomi. 
Poverino, mi sento in colpa per la sua attesa. 
Immagino la sua faccia e il suo umore quando gli dirò che non posso andare con lui questo pomeriggio. 
-Oh, finalmente!-. Si alza, avvicinandosi. 
-Ehm, Nick...-. 
-Cosa?-. 
-Io, be' ecco...io non posso uscire adesso con te. Mi dispiace, sarà per la prossima volta-. 
-Perchè?-. 
-Perchè Justin ha la febbre e non riesce neanche a...respirare-. Davvero? 
Be', devo esagerare per essere credibile. 
-Oh...-. Sussulta. -Certo, Justin-. Sorride tristemente, prendendo una sigaretta dalla tasca del suo cappotto. 
-Scusami, ti ho fatto aspettare tutto questo tempo e adesso...-. 
-Non c'è nessun problema, Jen. Non fa niente-. Sorride. 
Sono una iena. Peggio di una iena!
Mi faccio schifo da sola. 
Sorrido, congedandomi. 
Ritornata in camera, chiudo la porta alle mie spalle con un brutto presentimento. Non so cosa accadrà l'intero pomeriggio con un Justin più rompi-palle del solito. Preferirei nuotare in pieno inverno nel Mar Nero, ma non mi sembra il caso lasciarlo solo con l'influenza. 
Anche se non sono sicura che ce l'abbia. 
-Gliel'hai detto?-. Chiede, curioso. 
-Si-. 
-E cos'ha detto?-. Ride maliziosamente, divertito in anticipo per la risposta che darò. 
-Stai ridendo perché ho rifiutato il suo invito?-. Sgrano gli occhi. 
Continua a ridere e capisco che la sua è idiozia naturale, non è la febbre che lo rende così cretino. 
-Se vuoi metterla così-. Scrolla le spalle. -E poi non hai rifiutato il suo invito, hai solamente preferito me a lui-. 
-Cosa?-. Sobbalzo, stizzita. -Io non ho scelto di passare il pomeriggio con te!-. Ribatto convinta, sedendomi sulla poltrona di fronte al letto su cui Justin giace. 
-Allora cos'hai fatto esattamente?-. 
-Mi sono solamente sentita costretta a non andare con lui, tutto qua. Se tu avessi avuto un malore ed io non ci fossi stata, avrei avuto i sensi di colpa. Anche se pagherei per vederti perdere i sensi-. 
-Questo non accadrà mai-. 
-Oh, andiamo! Tu perdi i sensi ogni volta che scopi con qualcuna-. Commento, alzando i piedi e le gambe sul bracciolo della poltrona. 
-Bimba, sono io che faccio perdere i sensi, non il contrario-. 
-Falla finita!-. Gli tiro un cuscino in faccia, che lui afferra e rilancia. 
-Ed ora cosa vuoi fare?-. Domanda. 
-Non so, decidi tu. Sei tu quello malato-. 
-Ammalato, piccola. Non malato-. Corregge. 
-No, tu sei malato. Non ammalato. Sei malato mentale-. Senza offesa per chi lo è davvero, eh! 
Alza un sopracciglio, alzandosi e venendomi incontro. 
Cosa vuole fare? -Cosa vuoi fare?-. Domando confusa. 
-Niente, voglio prendere la mia chitarra-. 
Oh, certo la chitarra! È appoggiata proprio accanto a me, alla sedia. 
La prende e si siede sul letto, sdraiandosi. 
-Sei isterica alcune volte!-. Commenta. 
Cosa? E questo cosa c'entra?
-Isterica? Io?-. 
-Esatto-. 
-No, non lo sono-. 
-Ogni mattina cerchi di disegnanti due linee perfette sugli occhi e poi pretendi che io non ti consideri un'isterica?-. 
Prendo un bel respiro, sperando che non dica brutte parole.
Non penso che abbia veramente la febbre, ma lascerò correre questa volta. Non voglio polemizzare, com'è mio solito. 
-Suoni la chitarra, giusto?-. Chiede. 
-Giusto-. 
Sono circa tre settimane che sono qui e lui non sa ancora quale strumento suono? Questa è la considerazione che un ragazzo ha nei confronti di una bella coinquilina come me! Bene. 
Abbassa lo sguardo sulla sua chitarra, iniziando a suonare una melodia che ho già sentito. 
'With you', di Chris Brown. 
Dire che amo questa canzone, è dire poco. 
-I need you, I gotta see you and there’s hearts all over the world tonight, said there’s hearts all over the world tonigh-. La intono distrattamente con lo sguardo fisso sulle mie scarpe. 
La musica continua ad invadere la stanza ed io non mi rendo conto che sto chiaramente esternando i miei sentimenti con questa canzone. 
Sento un'altra voce più scura, roca, profonda e soprattuto maschile. Alzo lo sguardo verso Justin e nello stesso momento lui fa lo stesso. 
Dejavù. 
Ecco, un'altra volta. Ci risiamo. 
Quegli occhi, quei maledetti occhi!
-...‘Cause if you ever let me go,I would die so I won’t run.I don’t need another woman, I just need you or nothing ‘cause if I got that then I’ll be straight. Baby you’re the best part of my day-. Intona. 
Non avrei mai pensato che avesse una voce così...perfetta. 
Insomma...l'ho già sentito strimpellare la sua chitarra e cantare sottovoce qualche strofa, ma non così, in questo modo. 
Vedo la vena sulla sua fronte quasi scoppiare e il suo collo fare movimenti strani, come fosse attraversato da un serpente, mentre muove a ritmo la testa.
È così sfrontato mentre canta; sembra stia parlando direttamente con me, a cuore aperto. O è solamente la mia impressione. 
Certo, é la mia impressione. Sicuro. 
Smette di muovere le dita sulle corde della chitarra e smette di cantare.
Restiamo a guardarci negli occhi ancora per qualche istante, dopodiché imbarazzata abbasso lo sguardo mente lui si volta alla sua destra. 
Arrossisco immediatamente e di soppiatto lo vedo fare una smorfia strana. 
-I-Io vado in bagno-. Dice. 
Si alza e si dirige in bagno, chiudendo rumorosamente la porta alle sue spalle. 
Guardo un punto indefinito nel vuoto, ancora scioccata da questa strana situazione. 
Sinceramente non so perché ci siamo comportati in questo modo in questa circostanza. È stato ambiguo. 
Quando esce dal bagno, accende la televisione e inizia a girare i vari canali televisivi senza molto interesse. 
Guardando la tv, passiamo l'intero pomeriggio durante il quale nessuno dei due dice o fa qualcosa nei confronti dell'altro. 
 
Sono le dieci di sera. Mi chiudo in bagno e indosso il pigiama. Ritorno in camera da letto e vedo Justin sdraiato sul suo letto con i boxer che usa solitamente per dormire. 
Non mi soffermo sul suo corpo come faccio quasi ogni sera, troppo imbarazzata per ciò che è successo qualche ora prima. 
Ripensandoci mi viene una specie di crisi interna. È stato come se ci fossimo dedicati quella canzone a vicenda. Almeno è stato ciò che ho sentito io in quel momento. 
Spengo le luci e mi volto dal lato opposto a quello di Justin, che invece ha le mani dietro la nuca e guarda il soffitto. Sembra spaesato e sembra che stia pensando a qualcosa che causa in lui una strana reazione in quanto ha i lineamenti induriti. 
-Justin...-. Sussurro, trovando il coraggio in me stessa di chiamarlo. 
Spero che risponda. -Justin...-. Ripeto. 
-Mmh?-. Mugugna. 
-Ti...ti ho svegliato?-. 
-No-. 
È troppo freddo e distaccato. Non è malizioso e divertito come di solito parla con me. Mi sento quasi il cuore in gola.
-Hai davvero l'influenza?-. Chiedo. 
Nessuna risposta. 
-Sai che so che non hai la febbre, vero?-. 
Nessuna risposta. 
Sospiro. C'ho provato. 
Aspetta, l'ho appena chiamato Justin? Lui è solo Bieber. 
-Buonanotte, Justin-. 


 




 Spero che questo capitolo sia abbastanza lungo e che vi sia piaciuto!
Molte di voi mi hanno chiesto se mi fossi ispirata alla prima puntata di ‘Zack e Cody sul ponte di comando’.
Mi dispiace deludervi, ma no.
In realtà mi è successa la stessa cosa quest’estate in un college a Londra ma,
sfortunatamente, hanno subito liberato per me una camera nel dormitorio femminile
e l’amore tra me e il mio probabile coinquilino non è sbocciato come invece è accaduto a Jenny e
Justin. Anyway, vorrei farvi vedere la ragazza che nella mia mente è Jenny, la posterò nel prossimo capitolo.
GRAZIE a tutte le ragazze che hanno recensito e messo tra le preferite, ricordate o seguite
questa storia. Mi fa piacere che aumentiate ogni giorno di più!
WARNING!: Continuo dopo dieci recensioni, GRAZIE in anticipo! (potrei continuare anche entro stasera
se raggiungessi quel numero di recension!)
Un bacio, notperfect. <3





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Capitolo 7
*** Finally I got an ice-cream! ***


Finally I got an ice-cream!

-Bieber...-. Lo chiamo sottovoce, sperando che si svegli e che togli il suo braccio dalla mia vita. Non ho fatto altro che sudare tutta la notte perché eravamo troppo vicini, troppo l'uno su l'altra. -Justin-. Ritento. 
-Mmh-. 
-Justin devi svegliarti-. 
-Perché? Che ore sono?-. Mugugna, stringendo la presa sulla mia vita e sprofondando ancora di più la testa tra i miei capelli. 
-Le sette del mattino-. 
-E allora? Le lezioni iniziano alle nove meno un quarto-. 
-Lo so, ma tu mi stai soffocando-. 
Ride e sento il suo fiato sul mio collo. -Ancora dieci minuti piccola. Questa posizione è comoda-. 
-Solo per te. Mi sento come una sardina in una scatola. Ti prego, scostati-. 
A queste mie parole, Justin mi abbraccia ancora di più. 
Santo cielo, solo Dio sa quanto mi piaccia sentire impressi sul mio corpo i suoi addominali, ma mi sento di venire meno: mi manca l'aria.
-Sei così odiosa e fastidiosa-. Commenta. 
-Tu sei peggio, fidati. Adesso alzati-. 
Sbuffa e si gira dall'altro lato, dandomi la possibilità di alzarmi dal suo letto. 
Ah, finalmente. 
-Grazie!-. Esclamo in tono ironico. 
Dal canto suo, stringe a se le coperte e sembra quasi sia rinchiuso in un bozzolo. 
Non cambierà mai, ne sono sicura. 
Vado in bagno e mi faccio una doccia. Indosso la biancheria e i vestiti che ho preso precedentemente dal mio armadio. 
Pronta e profumata, esco dal bagno e inizio a sistemare le mie cose lasciate per la stanza, anche se gli oggetti personali di Justin ricoprono quasi ogni angolo della casa. 
Quest'ultimo si rizza a mezzo busto e si stiracchia. Fa un enorme sbadiglio e inizia ad osservare la scena attorno a se distrattamente. 
-Perché non ti lasci un po' andare? Sei sempre così ordinata, così pignola-. La sua voce irrompe nel silenzio della stanza, attirando la mia attenzione su di lui. 
-Non ci riesco-. 
-Tu non ci provi neanche. Dovresti far finta che tutto attorno a te non abbia importanza, come se tu non abbia più il controllo di nulla e deve piacerti. Non devi sempre star li a puntualizzare ogni cosa e a far si che tutto sia ordinato e pulito. Sembri mia nonna-. 
-Non mi interessa l'impressione che hai di me-. 
-E non dire sempre che non ti interessa nulla che io dico! So che non è così-. 
-Be', fino a prova contraria anche tu non prendi mai in considerazione ciò che ti dico-. Ripongo della biancheria pulita nel cassetto, dirigendomi poi verso una maglietta lasciata sulla poltrona la scorsa sera.
-Ti sbagli-. 
Mi giro verso di lui, alzando un sopracciglio. -Davvero?-. 
Si lascia scappare una risata al quanto rumorosa, accasciando la testa all'indietro. 
-Come non detto-. Esclamo divertita. 
-Quello che voglio dirti é che dovresti prendere meno in considerazione tutto ciò che accade-. 
-Ad esempio?-. Domando acida.
-Ad esempio...adesso, anziché ordinare la camera, potresti dormire con me-. 
-Non ci tengo. Ho già passato un'intera notte vicino al tuo corpo viscido-. 
-Non scherzare, so che ti é piaciuto-. 
-Non abbiamo fatto sesso, Bieber-. 
-Lo so, ma faccio uno strano effetto alle ragazze anche solo sfiorandole-. 
-Esatto, una sensazione allo stomaco-. Lo assecondo divertita. 
-Ma non fraintendere, è qualcosa di più eccitante delle farfalle nello stomaco...-. 
-Già, tipo vomito-. 
Mi guarda alzando un sopracciglio. -Ti ho già detto che ti odio?-. 
Annuisco, ridendo a trentadue denti.
-Vuoi dire che non dormiresti più accanto a me?-. Domanda abbattuto.
-Esatto!-. 
-Non ti credo-. 
-Dovresti. È la verità!-. 
-Ne dubito-. 
Scrollo le spalle, ritornando a sistemare. 
-Ecco, vedi?-. Domanda. -Stai di nuovo facendo ciò che stavi facendo due secondi fa. Smettila! Lasciati andare!-. Esclama scocciato. 
-Non so farlo, okay? Non so lasciarmi andare. Sono puntuale e ordinata, non vedo cosa c'è di male. Per me mangiare verdure in scatola é una pura trasgressione se si pensa a quanto concime e colorante ci sono all'interno! Sono così, non c'è modo per cambiare e se a te non sta bene, a me non interessa. D'altronde hai detto tu che non mi interessa mai ciò che dici-. Finisco il mio discorso molto idiota, prendendo un grande respiro. Ho parlato così velocemente che adesso mi manca l'aria. 
Mi guarda meravigliato, non accennando a fare alcun movimento. 
-Scusami, io non volev...-. 
-Non fa niente-. Mi interrompe. -Ma se non c'è modo per cui tu possa cambiare il tuo carattere di merda, la prossima volta non venirmi a dire che non è sbagliato cambiare. Non ci crederò più-. Detto questo, si alza e si chiude in bagno, sbattendo con forza la porta alle sue spalle. 
Resto immobile per qualche istante, ripensando alle parole che mi ha appena detto. 
In effetti non ha tutti i torti ed io mi rendo conto che sono così cretina che non potrei fare concorrenza neanche a Mr. Bean perché lo supero di gran lunga. 
Prima che possa uscire dal bagno, esco dalla camera con l'intenzione di andare a svegliare Allison e Ashley. Non voglio vederlo, non adesso, non dopo ciò che è appena successo.
 
Dopo le lezioni giornaliere, mi dirigo verso la hall della scuola. Non ho soldi sul cellulare così sarò costretta a chiamare la mia famiglia con il telefono fisso della scuola. 
Non parlo con Justin da questa mattina. Non c'era in mensa a colazione e a pranzo l'ho visto di sfuggita mentre si sedeva accanto al suo solito gruppo di amici. È strano che non mi abbia mai presentato i suoi amici. Io gli ho presentato Ashley, Allison e Emily ma dopo qualche secondo mi ha detto che le detestava perché si davano troppe arie. 
Cosa assolutamente non vera.
Sono ragazze con la testa sulle spalle, gentili e simpatiche. 
Affretto il passo verso la Hall, scontrandomi con qualcosa, o meglio, qualcuno. 
-Scusami, non volevo venirti addosso-. Si scusa, ponendo le mani verso di me. 
-Non fa niente, non mi hai urtato di proposito...spero-. 
Ride, accasciandosi a terra e recuperando alcuni dei miei spartiti che sono caduti durante lo scontro fisico. 
Me li porge sorridendo. -Mi dispiace incontrarci sempre in questo modo. Ogni volta ci scontriamo-. 
-È tutto okay, Nick. Sul serio-. 
-Ti sei fatta male?-. 
-No, non direi. Non sono così debole da provare dolore in seguito ad un urto così leggero-.
-Hai ragione-. Sorride, abbassando lo sguardo. 
Sembra imbarazzato. 
-Se non sbaglio, io e te abbiamo un appuntamento mancato-. Dice, schiarendosi la voce e dondolandosi sui piedi, evidentemente imbarazzato. 
-Ehm, si-. 
-Che ne dici se rimediamo adesso?-.  
-Adesso? Per me va bene. Devo solo fare una telefonata, poi andiamo-. Sorrido e lui ricambia. 
Mi avvicino al bancone della hall, seguito da Nick che per questione di privacy si accosta alla porta di ingresso lasciandomi la possibilità di parlare tranquillamente con mia madre. 
-Mamma!-. Esclamo pimpante. 
-Tesoro, come stai oggi? Ieri non mi hai chiamata, mi sono preoccupata-. 
-Ho provato a farlo ma eri irraggiungibile. Comunque sto bene-. 
-Come va con la coinquilina?-. Domanda curiosa. 
-Ehm, va tutto alla grande. Abbiamo legato di più ed ora è molto più simpatica con me-. 
-Hai visto? Cosa ti avevo detto?!-. Chiede divertita e soddisfatta. -Non mi hai ancora detto come si chiama-. 
-Oh, giusto. Si chiama, uhm, Lily!-. 
Si, Lily e il vagabondo. Justin é il vagabondo, naturalmente. 
-Non avevi detto che era francese? Lily non mi sembra un nome francese-. 
-Si, lo è! E poi lei ha origini inglesi e ha ereditato il nome dalla sua trisavola che viveva non so dove in Inghilterra-.
-Mh, storia interessante. Chissà come si chiama sua madre!-. 
Oh, quindi se l'è bevuta? Ed è anche interessata alla storia? 
Bene, sono un genio delle improvvisazioni. 
-Ora devo staccare, ti richiamo domani-. La informo, guardando verso Nick e sorridendogli. Lui ricambia. 
-Cosa devi fare, Jenny?-. 
-Vado in giro per i negozi con Lily-. 
-Oh, fate anche shopping insieme. Ne sono felice!-. 
Certo, mamma. 
-Ehm, okay. Ciao, a domani!-. 
Chiudo la chiamata, voltandomi verso Nick. 
-Scusami, era mia madre. Vuole che la chiami ogni giorno-. Spiego. 
-Certo, capisco. Anche io sarei in pensiero se mia figlia fosse migliaia di miglia lontana da me e fosse così bella-. 
Arrossisco, abbassando lo sguardo. 
Che carino. 
Be', Justin é sexy. 
Maledizione, sta sempre in mezzo a tutto ciò che dico e penso. Devo smetterla, seriamente.
-Bimba!-. 
Addirittura sento la sua voce ovunque. Mi sta facendo il lavaggio del cervello quell'idiota. 
-Bimba!-. 
No, non può essere. La voce è troppo intensa e vicina e capisco che non è frutto della mia immaginazione. 
Mi giro verso di lui, guardandolo sorpresa e infastidita al tempo stesso e con lo sguardo gli intimo di andarsene. 
-Bimba! Ti stavo cercando-. Esclama, mettendo una mano sulla spalla di Nick, che a quel suo gesto sobbalza sorpreso. -Ciao Nick, ci sei anche tu. Non ti avevo notato-. 
Si certo, come no. 
-Cosa vuoi?-. Chiedo torva. 
-Oh, niente di importante. E voi? Cosa state facendo qui da soli?-. 
-Non sono affar...-.
-Stavamo per andare a prendere un gelato insieme-. Mi interrompe Nick ed io lo guardo confusa. 
Cosa gli dice il cervello? 
Che idiota! 
-Da soli?-. Domanda Justin, aguzzando la vista verso di noi. 
-Esatto, quindi tu non sei invitato. Ciao!-. Prendo per un braccio Nick, trasportandolo verso la porta d'ingresso. 
-Aspetta, bimba!-. Urla ed io mi giro verso di lui, annoiata. 
-Che c'è ancora?-. 
Giuro che questa volta non starò ai suoi ordini e non crederò a nessuna delle sue parole. Non posso risparmiare di nuovo un gelato gratis, per la miseria! 
-Il tubo del lavandino del nostro bagno si è rotto, così la nostra stanza è fradicia-. Scrolla le spalle, guardandosi attorno. 
-Cosa?-. Alzo un sopracciglio. -Sei serio?-. 
Annuisce, mettendo le mani nelle tasche dei suoi jeans. 
Indugio qualche istante, dopodiché mi giro verso Nick e gli sorrido flebilmente. 
Mi avvicino a Justin, arrabbiata. -É un altro dei tuoi scherzi?-. Sussurro, affinché Nick non mi senta. 
-No, é la verità. Se non vuoi credermi, vieni a vedere con i tuoi occhi-. 
Sembra sincero, eppure c'è qualcosa in lui che non mi convince al cento per cento. 
Guardo Nick, poi di nuovo Justin. 
Sospiro. -Okay, ti credo. Andiamo in stanza-. 
Justin sorride soddisfatto mentre io mi volto verso Nick e gli vado incontro. 
-Ehm, si vede che non è destino andare a mangiare un gelato insieme. Scusami, devo andare ad accertarmi che la mia roba sia asciutta e che la stanza non sia sul punto di sprofondare-. 
Nick sorride, abbassando lo sguardo e poi lo rialza su di me. -Non c'è problema. Forse la prossima volta ci andrà bene-. 
Rido, andando verso Justin. 
-Ti odio-. Bofonchio. 
-Lo so-. 
È la persona più odiosa, fastidiosa, irritante e antipatica che abbia mai conosciuto in vita mia. Eppure di fatto, per la seconda volta, ho preferito lui ad un altro ragazzo. 
-Spero che non sia uno scherzo, Justin!-. Gli intimo, mentre ci avviamo a passo svelto in camera. 
-Non lo é, però non c'è niente che possiamo fare io e te. Dovremmo aspettare in un aula fino a stasera mentre l'idraulico fa il suo dovere-. 
-Cosa? Allora potevo perfettamente andare con Nick-. 
-Non dire sciocchezze. Quel ragazzo è un idiota, si vede a un miglio di distanza-. 
-Sarà pure un idiota, ma sa come trattare una ragazza, cosa che tu non sei in grado di fare-. 
-Stronzate-. Sputa tra i denti. 
-Si, certo, stronzate-. Ripeto.
Arriviamo fuori la nostra camera e noto che c'è la signora Anderson all'interno e riesco a vederla perché la porta è aperta. 
Attirando la sua attenzione, la signora Anderson si avvicina a noi. -Ragazzi, sarà questione di un'oretta, se non di meno. Dopodiché potrete ritornare in stanza. Per ora fate ciò che vi pare, ma rispettate il coprifuoco, mi raccomando-. 
-Ma i miei vestiti?Sono davvero fradici?-. Chiedo, alludendo alle parole di Justin. 
-No, per niente. Il guasto è stato subito individuato e c'è acqua solo in una piccola zona del bagno. Non preoccupatevi-. 
Mi giro verso Justin infuriata, vedendolo sorridere malizioso. 
Mi ha mentito, come al solito. 
Salutiamo la signora Anderson, allontanandoci dalla nostra stanza. 
-Sei un idiota! Mi hai detto una bugia!-. Gli do un colpo sulla spalla, infuriata. 
Lui sorride, mettendo un braccio attorno al mio collo stringendomi a lui. Quasi non respiro. 
-Togli le tue mani sporche da me!-. Urlo, cercando di svincolare dalla sua stretta.
-Oh, andiamo, bimba! Non essere infantile!-. 
-Io non sono infantile. Reagisco di conseguenza! Se tu mi menti, io non ti sopporto-. 
-Tu non mi sopporti a prescindere, figurati se questo inconveniente può farti cambiare idea-. Ammorbidisce la presa, lasciando comunque il braccio sul mio collo.
Io non mi lamento.
-Sei così irritante!-. Sbuffo, incrociando le mani al petto. 
-Si, me l'hai già detto-. 
-E ho nuovamente snobbato Nick. Che figura!-. Esclamo dispiaciuta. 
-Non ci perdi niente. È così un tale perdente!-. 
-Oh, certo. Perché tu sei l'unico ragazzo decente sulla faccia della terra!-. Dico con fare teatrale, facendolo ridere. 
-Non pensavo dovesse essere ancora una volta ribadito-.
Emetto uno strano verso per tenermi dentro le cattive e brutte parole che vorrei urlargli contro. Justin ride di nuovo, aprendo la porta della mensa non appena vi siamo davanti. 
A quest'ora é vuota, così ci sediamo su una delle tante sedie occupate da nessuno. 
-E adesso? Che facciamo?-. Chiedo, sedendomi e mettendo una gamba sull'altra. 
-Aspettiamo-. 
Sbuffo, prendendo una ciocca di capelli e iniziando ad attorcigliarla attorno all'indice 
-Perchè non vai dalle tue amiche oche se ti scocci qui?-. Chiede divertito. 
-Per l'ennesima volta: non sono oche. E adesso sono in giro per Los Angeles chissà dove-. Appoggio un gomito sul tavolo, sospirando. 
-Non essere triste, bimba!-. Accarezza la mia guancia con l'indice.
Mi scosto, facendolo sorridere. 
-Come mai mi parli, adesso?-. Chiedo, alludendo alla conversazione fatta questa mattina.
Scrolla le spalle. -Non so. Iniziavi a mancarmi-. 
Sgrano gli occhi. -Sei un idiota!-. 
-Io ti dico che mi mancavi, e tu rispondi chiamandomi idiota? Non è carino, bimba-. 
-Non chiamarmi 'bimba', mi irrita-. 
-Allora lo farò più spesso-. Sorride a trentadue denti. 
-Quanto vorrei darti un pugno e far cadere uno alla volta i tuoi denti!-.
-Woah! Non esagerare. Non riusciresti mai ad avere il coraggio e la forza per farlo-. 
-Vuoi scommettere?-. 
-No, grazie. Non scommetto con le bimbe del New Jersey!-. 
-Ho sedici anni, non dieci. E tra un po' ne compio diciassette!-. 
-Oh, diventerai una donna a tutti gli effetti allora!-. Esclama con tono ironico e scherzoso. 
Sospiro, rassegnandomi mentalmente che davvero non ci sarà mai fine al fastidio che mi arreca.
-Sei di poche parole e insulti, come mai?-. Domanda incuriosito. 
-Quando una ragazza è in silenzio significa che potrebbe essere stanca, pensare ad altro, stare per esplodere, voler un abbraccio, star cadendo a pezzi o star piangendo dentro-. Spiego gesticolando. 
-E a te cosa sta succedendo adesso?-. 
-Mh, niente di tutto questo. Mi rompi solamente le palle e il fastidio che mi arrechi mi toglie le parole di bocca-. 
-Non è un mio problema. Anzi, non sai quanto mi rende felice sapere che mi odi, è un motivo più per vivere la mia meravigliosa e appagante vita-. 
-Ti ho già detto che mi irriti?-. 
-Circa un miliardo di volte-.
Passano alcuni minuti di silenzio, in cui si sente solamente il ticchettio delle dita di Justin che picchiano a ritmo sul tavolo. 
-Allora...-. Sbotta improvvisamente, alzando lo sguardo su di me. -...Nick ti ha chiesto nuovamente di andare a prendere un gelato insieme-. 
-Cosa non ti è stato chiaro?-. 
-Non essere acida. Dico solo che è uno sfigato con il cervello pari a quello di un procione in prognosi riservata-. 
Trattengo un sorriso, abbassando lo sguardo. -Perchè lo giudichi in questo modo? Non mi sembra così male, a differenza tua-. 
-In primo luogo, non porterei mai una ragazza a mangiare un gelato. Che razza di scherzo sarebbe? Insomma, è come se volesse portarti al luna park. Be', pensandoci...tu sei una bimba, quindi non aveva tutti in torti-.
-Qual'è il secondo punto?-. Lo interrompo, per non sentirlo parlare di quanto io sia idiota e 'bimba'. 
-In secondo luogo, non è affascinante quanto me e immagino che non ha mai fatto del buon sesso con molte ragazze-. 
Roteo gli occhi. -Un ragazzo non è  considerato uomo secondo il numero di ragazze che si porta a letto ogni settimana. Questo é un metodo per classificare degli idioti che soffrono perennemente di un disturbo mentale e fisico il cui nome ancora non è stato scelto. Si sta decidendo tra 'Justin' e 'Bieber'-. Sorrido, innalzando le spalle. 
-Tralasciando la tua stupidaggine, io odio quel ragazzo-. 
-Io odio te! E poi Nick non ti ha fatto nulla di male, ti sta sulle palle per motivi sconosciuti-. Scuoto la testa, pensierosa. 
-Solo perché ti ha sfiorato un braccio, dovrei rompergli il naso-. Si lascia scappare da bocca con un tono di voce menefreghista e distratto. 
Cosa? -C-cosa?-. Balbetto, sorpresa dalle sue parole.
Guarda altrove. -Niente, non pensarci-. 
 
Certo, come se fosse facile non pensare a quelle parole! 
Stiamo ritornando in camera in silenzio quando improvvisamente una voce stridula e acuta chiama Justin.
Quest'ultimo rotea gli occhi e mi fa cenno di fermarmi. Così faccio. 
Entrambi ci voltiamo verso la voce a me sconosciuta, scorgendo una ragazza bassa ma molto in forma dai capelli ricci e neri. 
Ha gli occhi di un verde smeraldo intenso e devo dire che è molto bella. 
Troppo direi. 
-Justin, ti stavo cercando!-. Annuncia, mettendo una mano sul petto del nominato. 
Immediatamente si crea un nodo allo stomaco e sembra quasi che mi manchi il respiro. 
Non dovrebbe toccarlo ne sfiorarlo. 
É il mio coinquilino, non il suo.
-Eccomi qui. Cosa vuoi, Ebonee?-. 
-Mh, niente. In realtà volevo solo stare con te ma vedo che sei già in compagnia di un'altra-. Mi lancia uno sguardo torvo e infastidito, per poi ritornare a guardare Justin. 
-Lei non è 'un'altra'. È Jennifer, la mia coinquilina-. 
Ebonee alza un sopracciglio. -Si, come vuoi. Allora, hai da fare adesso?-.
Santo Cielo, non ho mai visto una ragazza così sfacciata e vogliosa di sesso in tutta la mia vita! 
Il nodo allo stomaco sale fino alla gola con il presentimento e il terrore che Justin la assecondi.
Non voglio che stia con un'altra ragazza, io voglio che venga in camera con me e inizi a chiamarmi con i nomignoli che di solito mi attribuisce. 
-In realtà si. Se non ti dispiace, dobbiamo andare-. Sorride, affermandomi per un braccio e trascinandomi verso la nostra camera. 
Cammina in fretta ed io quasi non riesco a stare al suo passo. Non dico e non faccio nulla fin quando non arriviamo dinnanzi la porta della nostra camera. 
-Justin, calmati. Mi fai male così-. Mi lamento. 
In effetti ha la presa sul mio braccio molto forte, quasi mi ferma la circolazione del sangue. 
Apre la porta e la sbatte prepotentemente, avviandosi verso il suo letto per poi sdraiarsi sopra e portarsi le mani sul viso, strofinandole. 
-Che ti prende?-. Domando. 
Non mi da alcuna risposta, così ritento. -Non ti senti bene?-. 
-Sto benissimo!-. Urla infuriato, rizzandosi a mezzo busto. 
Faccio una strana smorfia a questa sua strana e burbera reazione. 
-Smettila di farmi sempre le stesse domande, mi dai fastidio!-. Aggiunge stizzito, gesticolando. 
-Be' scusa se mi preoccupo-. 
-Non ti ho chiesto di farlo!-. 
-É questo che fanno gli amici, si preoccupano l'uno dell'altro ma da come ti comporti capisco chiaramente che non sai neanche cosa significa 'amicizia'. Ti interessa solo del sesso. Allora vai all'inferno tu e le tue belle ragazze-. 
-Pensi sempre di sapere tutto. Non capisci un cazzo, sei insopportabile. Tu e le tue domande idiote!-. 
-Io non capisco? Tu sei pazzo!-. Esclamo furibonda e incredula delle sue parole. -Non voglio perdere altro tempo con te. Ti auguro di scopare fino all'esaurimento-. Detto questo, esco nuovamente dalla stanza. 
Sono fermamente convinta che adesso chiamerà quella Ebonee e le chiederà di passare l'intera nottata con lui. 
Ovviamente lei accetterà. 
Furiosa, mi incammino verso la Hall. 
Aspetterò un po' li e poi ritornerò in camera; voglio aspettare che si addormenti, così non sentirò più la sua voce odiosa. 
Ho solamente cercato di essere un'amica; volevo mostrarmi gentile e disponibile ma adesso capisco che non è in grado di avere altre amicizie al di fuori di quelle che ha con i corpi delle ragazze di cui non sa neanche il nome o l'età. 
Mi siedo su una poltrona. 
La hall è deserta e l'orologio segna le sette di sera. 
Non é tardi ma gli studenti a quest'ora sono tutti in mensa a cenare. 
Qui si cena all'ora dei polli  e devo dire che alcune ragazze sanno fare molto bene la parte delle galline in calore. 
Guardo al di fuori della finestra, appoggiando un gomito sul bracciolo della poltrona e la mano sotto il mento. 
C'è ancora il sole e quasi mi vien voglia di uscire e andare a prendere un gelato. 
Sento dei passi avvicinarsi ma non mi volto per scoprire chi è. Continuo a guardare fuori fin quando qualcuno si siede sulla poltrona di fronte alla mia. 
Mi giro, incontrando due meravigliosi occhi color miele che naturalmente ho già visto.
-Che vuoi?-. Sbotto scontrosa e irascibile. 
-Devi ritornare in camera e poi è ora di cena-. 
-E quindi? Io non capisco e non so niente di niente, perché mi stai parlando? Pensavo parlassi solo con persone altolocate-. 
-Non fare la bambina-. 
-Mi chiami 'bimba' e poi non devo fare la bambina? Ti odio-. 
-Ti odio anche io ma adesso ritorna in camera-. 
-No!-. Esclamo burbera.-In realtà volevo chiamare Nick e andare a mangiare un gelato. In fondo avevamo un appuntamento-. 
-Quindi vuoi passare del tempo con Nick? Ti piace...-.
-No! Voglio solo un gelato-. 
-Allora ti accompagno io in gelateria-. Afferma deciso e determinato.
Sospiro, torturandomi il labbro inferiore. Perché si comporta in questo modo? Lo odio, davvero! 
-Hai detto che non mi sopporti e mi trovi irritante, perché dovresti accompagnarmi?-. 
-Perchè voglio farlo. Andiamo-. Si alza in piedi, avviandosi verso l'uscita. 
Lo guardo stranita e confusa mentre cammina. 
Cosa diavolo sta succedendo? 
È la mia impressione o non vuole per davvero che non chiami Nick? 
-Andiamo?!-. Esclama e sembra aver perso la pazienza. 
Mi alzo e lo raggiungo. 
Ci avviamo in silenzio verso la gelateria a pochi isolati da li. 
Fa così caldo che mi spoglierei e farei un bagno nuda nell'oceano. 
Devo dire che il comportamento di Justin è davvero strano. Addirittura più del solito.
Arrivati fuori la gelateria ornata dall'insegna "Monkey's ice-creams" -nome molto originale-, apre la porta facendomi strada. 
È diventato un gentiluomo da una notte all'altra?
-Salve-. Saluta pimpante un ragazzo di circa vent'anni dall'altro lato del bancone. -Cosa desiderate? Questi sono i gusti tra cui potete scegliere-. Indica la vetrinetta piena di vaschette di gelato di ogni genere. 
-Per me vaniglia e pistacchio-. Dice Justin, indicando la vetrina. 
Il ragazzo annuisce, preparando il gelato che Justin ha ordinato. 
-E per te, dolcezza?-. Chiede, aguzzando la vista verso di me, sorridendo. 
-Mh-. Ci penso su. Sono indecisa tra due gusti, poi decido di prendere nocciola e kinder. 
-Bene, sono due dollari-. Annuncia il ragazzo. 
Justin estrae dalla tasca dei jeans due dollari e glieli porge. 
-Grazie e arrivederci!-. 
Usciamo dalla gelateria e iniziamo a camminare per la strada, mangiando il gelato. 
-Ti piace?-. Mi chiede, indicando ciò che ho tra le mani. 
-Si, grazie per aver pagato-. 
-Desideravi avere un gelato gratis. Ora ne hai uno-. 
Abbasso lo sguardo, chiaramente imbarazzata. 
Da quando ricorda i minimi particolari di un mio discorso?
Stiamo in silenzio per qualche minuto, dopodiché Justin fa il primo passo. 
-Senti, mi dispiace per prima, okay? Non volevo Parlarti in quel modo ma vedere Ebonee mi ha messo di cattivo umore-. 
-Perchè? Era la tua ragazza e ha fatto qualcosa che non doveva?-. 
-No! Cosa ti fa pensare che è stata la mia ragazza!?-. 
-Non lo so, era solo una domanda...per curiosità-. 
-Non avrò una ragazza se non metto la testa a posto. E penso che non avrò la ragazza per un bel po'-. 
-Se fossi nei panni della tua futura fidanzata, mi darei fuoco già da questo momento-. 
Ride, sedendosi su un gradino di un negozio chiuso. 
Mi fermo, restando in piedi di fronte a lui, continuando a mangiare tranquillamente il mio gelato. 
-Io sono del parere che si può essere felici in una relazione, ma non serve una relazione per essere felice-. Afferma.
-Sono d'accordo-. 
-Sei d'accordo?-. Ripete scioccato. -Davvero?-. 
Annuisco, sorridendo. 
-E tu? Hai un fidanzato in New Jersey?-. Chiede in tono scherzoso. 
-Non esattamente. E poi non mi piace essere dipendente da qualcuno. Odio chi mi sta sempre col fiato sul collo e chi segue ogni mio minimo spostamento-. 
-Sembra che stai descrivendo un agente della CIA-. 
-Il mio ex era una cosa del genere-. 
-Che tipo era?-. 
-Era molto dolce all'inizio. Fiori, cioccolatini. D'un tratto ha iniziato ad essere più esigente e, sembra strano dirlo, severo. Voleva che rispettassi i suoi orari per andare a dormire e, secondo lui, non dovevo più uscire con le mie amiche. Dovevo segregarmi in casa e addirittura voleva che non andassi alle cene di famiglia. A me piaceva molto, così non mi accorgevo di questo suo cambiamento e anche quando me ne accorsi, lo vidi come un atto di gelosia. Ma col tempo divenne anche violento e a quel punto decisi di troncare i rapporti con lui-. 
-E cosa successe?-.  
-Iniziò a mandarmi messaggi ogni giorno a tutte le ore. Una sera ricevetti trentotto chiamate in due minuti. Ma so che si è trasferito nel South Carolina e non mi contatta più in nessun modo-. 
Stiamo in silenzio per qualche istante. 
Ogni volta che sto con lui e non litighiamo o ci punzecchiamo, finisco sempre per confessargli qualcosa. 
-Se fossi il tuo ragazzo, anche io vorrei vederti ogni giorno a tutte le ore!-. Sussurra. 
Cosa? Sgrano gli occhi, pietrificata. 
-Eh?-. 
-Si, insomma...vorrei tanto vederti e portarti in posti orrendi!-. Esclama divertito, ridendo. 
-Sei sempre il solito idiota!-.
Si ricompone e smette di ridere, schiarendosi la voce. -Seriamente. io non diventerei mai violento con una ragazza-. Dice, più a se stesso che a me. -Insomma, come si fa a dare anche uno schiaffo leggero ad una...be', ad una come te!-. Mi indica. -Sembri sul punto di spezzarti anche adesso e mi chiedo dove metti tutto quel cibo che ingurgiti-. 
-Non sono così magra! Detto in questo modo sembro una bambina del terzo mondo-. 
-Non lo sei ma ci sei quasi a raggiungere quel livello-. 
-Be', prima non ero così...così magra-. Confesso. -All'età di dieci anni i miei compagni di classe dicevano che ero troppo grassa e che non avrei mai avuto un fidanzato se avessi continuato a mangiare. Presi sul serio le loro parole e smisi di toccare cibo. Non mangiavo più a pranzo, né a cena. I miei genitori mi portarono nuovamente da uno psicologo e anche da un nutrizionista e così incominciai nuovamente a mangiare. Ma non come in passato. Cercavo sempre di mangiare il minimo indispensabile per non perdere i sensi e svenire-. 
-Oh...-. Sussulta. -M-mi dispiace-. 
-Non è niente-. Scrollo le spalle. -È accaduto in passato. E adesso, se hai notato, mangio come una dannata-. 
-Certo che l'ho notato!-. Esclama divertito. 
Rido, abbassando lo sguardo. -Dico solo che una persona, prima di diagnosticarsi bassa autostima o depressione, debba prima accertarsi di non essere circondata da stupidi-. 
-Mh, sono d'accordo. Quindi prima che diventi depresso, levati di torno-. Dice scherzoso, alzandosi e scansandomi.
Roteo gli occhi, gettando in un bidone il fazzoletto del gelato che ho ormai inghiottito e digerito.
Ritorniamo a scuola, chiudendoci in camera. 
Con 'chiudendoci in camera' non intendo ciò che potrebbe intendersi. 
-Vado a fare una doccia-. Afferma, avanzando verso il bagno. 
-No!-. Lo blocco con un braccio. -Voglio farla prima io-. 
-Ma l'ho detto prima io!-. 
-E quindi? A me non interessa. Voglio lavarmi per prima-. 
-Ma lo farò prima io-. Svincola dalla mia presa ed apre la porta del bagno. 
Mi catapulto nuovamente dinnanzi a lui, ostacolandogli il passaggio. 
-Vado a lavarmi prima io-. Affermo decisa. 
-Non se ne parla!-. 
-Oh, andiamo! Puzzeresti comunque-. 
-Io non puzzo! E adesso fammi passare-. 
-No-. 
-Come vuoi-. Mi spinge verso l'interno chiudendo la porta alle sue spalle. -Se non vuoi andartene, ci laveremo insieme-. 
Si sfila la maglia e accende l'acqua della doccia affinché si riscaldi. 
-Cosa? No!-. Ribatto determinata e confusa al tempo stesso.
Ormai stare davanti a lui mentre é mezzo nudo, non mi causa nessun effetto... Così almeno credo. 
-Perchè si fa sempre quello che dici tu?-. Incrocio le braccia al petto e faccio una strana espressione imbronciata. 
-Sembri quasi dolce. Adesso spogliati-. 
Sgrano gli occhi. -Non ci tengo, ciao-. 
Esco dal bagno e lo sento sghignazzare. 
Che odio! 
In fondo, pensandoci, non sarebbe stata male come idea. 
Oh, Smettila Jenny!







 Avrei voluto aggiornare tra qualche giorno ma
non vedevo l'ora di sapere cosa ne pensavate di questa storia!
Sono felicissima che piaccia e che molte di voi lascino una recensione...
Spero di non avervi deluse con questo capitolo e che soprattutto
recensiate questo capitolo...
Questa è la ragazza a cui mi ispiro, Jenny, che in realtà è Aurora Mohn.
Io la trovo bellissima, e voi?




Poco bella, insomma...
Anyway...vi mando un bacio!
Un bacio, notperfect. <3 :)

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Capitolo 8
*** Everything about you ***


Everything about you

 -Sono sicuro che quando sei in New Jersey sei una di quelle ragazze di chiesa che seguono sempre le regole dei propri genitori-. Afferma convinto mentre rovista tra le sue magliette. 
-Certo, come no-. Mi siedo sulla poltrona, esausta.
 Sono appena tornata dalle lezioni e sono state davvero intense. 
-Ci giocherei i miei risparmi su questo-. Aggiunge divertito e sicuro.
-Fino a prova contraria, non sono stata io quella che non ha voluto uscire di qui e andare in mensa a mangiare due notti fa-. 
-E quello tu lo chiami strappo alla regola? Era un'idea stupida e se anche l'avessimo fatto non ci sarebbe successo nulla di grave. Non correvamo tanto pericolo quindi non era uno strappo alla regola-. 
Sbuffo, roteando gli occhi. -Capovolgi sempre la situazione a tuo vantaggio, ti odio-. 
-Sai dirmi solo questo? Continui a ripetere che mi odi, sei fastidiosa.-.
-E comunque non sono mai stata una ragazza tranquilla e rispettosa come dici tu-. Dico, ignorando le parole dette da lui. 
-E quali sono stati i tuoi atti di ribellione?-. Chiede, enfatizzando le ultime parole.  
-Be', per esempio due anni fa ho imbrattato la casa dei vicini con della colla per le unghie-. 
-E perché?-. 
-Perchè il loro cane era fastidioso e in quel modo, stando sempre in giardino, si sarebbe incollato a qualcosa e non avrebbe più dato fastidio-. 
-Sei un idiota-. 
-Al primo anno di superiori ho iniziato a non fregarmene più dello studio. Lo trovavo così noioso. I miei genitori mi davano una punizione ogni fine settimana per i cattivi voti che prendevo, mentre la mia insegnante di matematica diceva che non studiavo perché avevo il fidanzato-. 
-Era vero?-. 
-Certo che no! Non studiavo perché mi si rompevano le palle e un giorno le dissi che il mio fidanzato era un attore ed era attaccato alla parete. Si chiamava Leonardo Di Caprio-. 
-E lei?-. 
-Mi mandò in presidenza e furono convocati i miei genitori per il mio comportamento e anche per il mio profitto. Ma dopo quell'episodio ho deciso di smettere di fare la 'cattiva ragazza' perché se avessi continuato, i miei genitori mi avrebbero proibito di toccare il pianoforte o la chitarra. Ed io non avrei resistito a lungo-.  
Annuisce ridendo, infilandosi una maglietta bianca semplice con scollo a V. 
-Sei così stupida-. Scuote la testa, compiaciuto. 
-Non sono stupida! Tu lo sei!-. 
Continua a ridere pensando alle mie parole. 
Sono davvero così simpatica? 
-Smettila di ridere, mi sento come se fossi un clown-. Confesso stizzita. 
-Non hai tutti i torti!-. 
Sforzo un sorriso. -Divertente! Sei così spassoso che passerei pomeriggi interi con te solo per raccontarti le vicende di una vita. Ma ho di meglio da fare-. 
-Oh, ne sono convinto!-. Prende una pausa. -Aspetta. Vita?! Tu hai solo sedici anni, non potresti raccontarmi le vicende di una vita-. Marca le ultime parole, sghignazzando. 
-Justin, tu hai solo diciotto anni ed io tra quattro giorni ne compio diciassette-. Ci penso su qualche istante. -Tu quando sei nato?-. 
-Perchè? Vuoi inviarmi un regalo tramite posta?-. 
-No, voglio solo scoprire quanti anni e mesi di differenza abbiamo-. 
Sbuffa. -Il primo marzo millenovecentonovantaquattro-. 
Mh, quindi la frase 'La perfezione non esiste' ha smesso di avere importanza il 1 marzo 1994. Interessante.
Faccio i calcoli mentalmente. -Quindi abbiamo un anno, quattro mesi e tre giorni di differenza-. 
-Fammi indovinare, il tuo compleanno è...il quattro luglio!-. 
-Esatto-. 
Sembriamo degli idioti. 
Sul serio. 
Vado in bagno e mi rinfresco il viso, gettando dell'acqua fredda su di esso. 
Non gli ho chiesto di raccontargli della sua adolescenza perché so che non è stata facile. Non posso fargli una domanda del genere e sentirmi rispondere che si divertiva facendosi di ecstasy. 
Esco dal bagno e mi sdraio sul letto. 
Inizio ad osservare Justin mentre si muove da un punto all'altro della camera. 
Io penso che sia uno dei ragazzi più belli che abbia mai visto e conosciuto in tutta la mia vita. 
Davvero.
Mi piacciono i suoi occhi, il suo sorriso, le sue labbra, i suoi capelli, il suo sguardo, la sua camminata, il suo modo di fare, il modo in cui mi guarda e mi parla, la sua voce, il suo umore, il suo carattere bipolare, il suo tatto e il suo corpo. 
Ah be', non è così male!
-Cosa fai? Mi studi?-. Mi chiede divertito mentre si siede sul suo letto.
-Cosa? No!-. 
-Come vuoi!-. Scrolla le spalle, ridendo sghembo. 
-Davvero, non ti stavo guardando!-. Ripeto. 
-Ho capito, non fa niente- 
Divertito, si alza dal letto e si dirige verso la porta, aprendola.
-Dove vai?-. Chiedo curiosa. 
-Da quando ti interessa cosa faccio?-. 
-Oh, andiamo! Dimmelo!-. 
-E se non volessi?-. 
Sbuffo, scocciata. -Be' non dirmelo. Ciao!-. Mi volto dall'altro lato del letto e sento la porta richiudersi.
Dire che lo odio, è oltraggioso! 
Io voglio vederlo su una ghigliottina mentre un uomo...
Ehi! Cosa succede?
Sento la mia guancia diventare più umida quando delle labbra morbide e grosse vi si posizionano sopra delicatamente. 
Mi giro, vedendo Justin accovacciato su di me. 
-C-Che diavolo t-ti prende?-. Balbetto. 
Ritorna ad avere una posizione eretta, guardandomi dall'alto verso il basso. 
-Avevo voglia di darti un bacio-. Scrolla le spalle, sorridendo. 
-Be', non puoi far...-. 
Prima che possa terminare la frase, con un gesto secco e veloce posa le sue labbra sulle mie, facendole combaciare.
Inizialmente sento il contatto tra le mie labbra e le sue, successivamente la sua lingua cerca di farsi spazio ed io, inconsciamente, le apro il passaggio. 
Non esito, non mi lamento e non reagisco. O meglio, reagisco al bacio. 
È un ottimo baciatore e non ho mai avuto dubbi su questo.
Poggia una mano sul mio fianco e l'altra sotto il mio mento. 
Mi sporgo verso di lui, rizzandomi a mezzo busto. Gli metto una mano tra i capelli e lo stringo forte a me.
È come se volessi questo bacio da moltissimo tempo. 
L'ho desiderato, l'ho sognato. 
E, per qualche strana ragione, non mi staccherei mai più dalle sue labbra. 
Lentamente si siede accanto a me; afferra le mie gambe e le posiziona ai lati del suo bacino e, mettendo una mano dietro la mia schiena, mi spinge verso di lui. 
Si allontana di qualche millimetro dal mio viso e si sfila la maglietta. 
Cosa? No, non pos...
Ritorna a baciarmi, mettendo le sue mani sulla mia t-shirt e inizia ad alzare lentamente i bordi.
Me la sfila, smettendo di baciarmi. Continua a guardarmi negli occhi ma non noto nessun sorriso sghembo o malizioso, solo due occhi sinceri che mi scrutano speranzosi. 
Davanti a lui non sento l'esigenza di coprirmi nonostante sia senza maglietta. Anzi, sento uno strano bisogno di togliermi il resto dei vestiti che indosso. 
Avanza verso di me e, baciandomi, mi sdraia completamente sul letto. 
Sento un nodo formarsi in gola e dei crampi invadere lo stomaco quando realizzo che è steso completamente su di me. 
Quasi non riesco a respirare e non so se per la foga del bacio o perché l'idea che siamo spalmati l'uno sull'altra mi manda in tilt. 
Apre la cerniera dei miei jeans ed io rabbrividisco. 
Me li abbassa fino alle ginocchia e inizia a sfilarsi i suoi pantaloni. 
-Justin...-. Sussurro flebilmente sull'incavo del suo collo mentre è intento a baciarmi il collo. -Io...io..-. 
-Jen, so che sei vergine-. Ansima. -Se vuoi che mi fermi, dillo-. 
Prendo un respiro profondo. Questa è una di quelle situazioni in cui si fa fatica a scegliere tra 'si' e 'no' che sono le risposte più brevi in assoluto. 
Ci penso su mentre continua a baciarmi e a mordermi il collo e il resto del corpo. 
Dopodiché, scelgo di fare ciò che penso sia indispensabile per la mia felicità.
Metto la mano sul suo petto e lo stringo a me. 
Lo sento sorridere sul mio petto mentre inizia a baciarlo. -Non sai quanto ho desiderato questo momento-. 
 
Il mattino seguente mi sveglio confusa e spaesata. 
Mi guardo attorno e vedo Justin accanto a me, con un braccio attorno al mio corpo, dormire beatamente coperto dal lenzuolo fino al bacino. 
Il suo braccio copre il mio seno mentre le lenzuola sono posizionate fino alla mia vita. 
Sgrano gli occhi a questa scena, prendendo un grande respiro. 
Devo stare calma e non succederà nulla di grave. 
Sposto lentamente il suo braccio e  mi alzo. 
Completamente nuda mi dirigo in bagno, chiudendo a chiave la porta. 
Mi guardo allo specchio e vedo delle macchie rosse sul collo e sul seno. 
Oh. Mio. Dio. 
Cosa diavolo ho fatto?! 
Devo respirare regolarmente. 
Ho solamente fatto del semplice sesso con Justin. 
Per lui sarà stata una cosa normale, solita routine. 
Accendo la doccia e, non appena le gocce calde solcano il mio corpo, le scene di questa notte mi ritornano in mente. 
Rabbrividisco, nonostante l'acqua sia calda; metto le mani sul mio viso, strofinandolo. 
Non voglio ricordare quelle scene! Sono come una pugnalata al cuore e allo stomaco. Mi sento quasi in colpa e non ne capisco in motivo. 
In fondo ho quasi diciassette anni, non è così sbagliato aver fatto sesso. 
Anzi, è comunque arrivata l'ora e il momento di farlo. 
Pensandoci, ciò che mi turba non é l'aver fatto sesso, ma la persona con cui l'ho fatto. 
È stato tutto così improvviso, così strano. Sono bastati i suoi occhi ed io mi sono concessa a lui come se niente fosse. 
Eppure so che l'ho desiderato ardentemente anche prima di quel momento. 
Mi asciugo e mi vesto senza fare rumore per non svegliare Justin. Sarebbe imbarazzante essere in stanza con lui dopo ciò che è successo. 
Truccatami, esco dalla stanza e mi dirigo da Emily e Rosalie. Non so se raccontare loro tutto o far finta che non sia successo niente. 
Penso che la seconda opzione sia la migliore. 
 
Dopo le estenuanti cinque ore di lezione, a ora di pranzo io e Ashley ci dirigiamo in mensa. 
È piena e gli unici posti che troviamo sono solo accanto al bancone dov'è disposta la frutta in vari cesti. 
Ci sediamo e iniziamo a mangiare. 
-Quell'assolo in La era davvero facile, non è vero?-. Chiede Ashley, afferrando un boccone di pasta al forno dalla sua forchetta. 
-Si-. Rispondo distratta. 
-E il signor Forester è molto disponibile. Cerca sempre di aiutarci in tutto-. 
Il signor Forester è il nostro insegnante di chitarra. È un uomo sulla cinquantina dai folti capelli bianchi e lunghi baffi del medesimo colore. Nonostante l'età ha già i sintomi della vecchiaia e, sinceramente, non vorrei essere nei suoi panni. Ma é molto gentile e premuroso con noi alunni e tutti lo vogliono bene, persino io. 
Annuisco, toccando con la forchetta la basta nel piatto, senza mangiarla. 
È strano che non stia mangiando, di solito lo faccio con piacere e senza esitazione. 
-Non hai fame?-. Domanda Ashley, indicando il mio vassoio. 
-Ehm, non tanto-. 
-Come mai?-. 
Che domanda è? Non ho fame perché non ho fame! -Mh, forse perché ho mangiato molto a colazione questa mattina-. 
-Oh, be' se non lo mangi, lo faccio io-. Esclama divertita, prendendo il mio piatto e appoggiandolo sul suo vassoio. 
Sorrido, abbassando lo sguardo sulle mie unghie. Improvvisamente anche le mie unghie poco curate sono diventate interessanti e utili per togliermi dalla mente quelle immagini di me e Justin che mi irritano. 
-Guarda: c'è il tuo coinquilino-. Ashley indica con lo sguardo in direzione dell'estremità del banco della frutta. 
Alzo lo sguardo e vedo Justin intento a chiacchierare con una ragazza il cui viso mi è molto familiare. 
Mi si illumina la lampadina improvvisamente: Ebonee.
Sento i liquidi nel mio stomaco unirsi e creare un unico miscuglio. Parallelamente, il respiro diventa più affannato e la vista si offusca. Devo trattenermi dal non piangere e dal non gettare in aria il tavolo su cui Ashley sta mangiando. 
Li vedo dirsi delle cose e poi sorridere. 
Giuro che adesso vado da loro e li impicco. 
-Qualcosa non va?-. Chiede Ashley, riportandomi alla realtà. 
-Cosa?-. Mi volto verso di lei poi abbasso lo sguardo. -Ehm, no niente. Possiamo andare adesso?-. 
-Certo-. Risponde stranita dal mio comportamento. 
Ci alziamo e ci dirigiamo verso l'uscita, mentre Ashley parla animatamente di un negozio di abbigliamento che ha scoperto qui a Los Angeles, gesticolando. 
Con la coda dell'occhio, noto che Justin ha rivolto lo sguardo su di me mentre parla distrattamente con Ebonee.
Chiudo gli occhi per la stizza, per poi riaprirli e rispondere alle idiozie che sta dicendo Ashley, fingendo che non mi sia accorta di lui o che non sia turbata. 
Cosa assolutamente falsa. 
Andiamo fuori in cortile perché Ashley vuole fumare una sigaretta. 
Ci sediamo su di un gradino e inizio a muovere le gambe come una bambina. 
-Me ne dai una?-. Le domando improvvisamente indicando il pacchetto di sigarette che ha in mano. 
-Da quando fumi?-. 
-Da adesso-. Sfilo una sigaretta dal pacchetto e l'accendo, portandola alla bocca. 
-Jenny, c'è qualcosa che non va? Sei strana oggi-. Afferma stranita, buttando fuori una nuvola di fumo. 
Prima che possa rispondere, qualcuno interrompe la nostra conversazione. 
Alzo lo sguardo e vedo Justin intento ad osservarmi. 
Dio mio, alla luce del sole è ancora più sexy. 
Ha un occhio semi chiuso per i raggi solari che lo infastidiscono ma, a differenza di un qualsiasi essere umano, lui non sembra goffo; anzi, tutt'altro. 
-Puoi andartene?-. Si rivolge a Ashley senza un minimo di educazione e gentilezza.
La ragazza, rivolgendomi uno sguardo preoccupato, si alza facendo ciò che Justin le ha chiesto di fare. 
Si siede accanto a me, prendendo il posto di Ashley. 
-Che vuoi?-. Chiedo burbera. 
-Da quando fumi?-. 
-Ti ho fatto una domanda, è scorretto rispondere con un'altra domanda-. 
-A me non interessa ciò che pensi, dovresti saperlo-. 
-Fino a ieri sera ti interessava il mio parere. Hai aspettato che dicessi di si prima di continuare il tuo lavoro-. Dico acida, aspirando nicotina dalla sigaretta per poi liberarla sotto forma di fumo.
-Che diavolo stai blaterando?-. Urla furioso. -Fanculo, Jen. Sei sempre la solita ragazzina scontrosa e acida-. 
Si alza in piedi e con un gesto secco e veloce mi strappa dalle mani la sigaretta, gettandola a terra per poi calpestarla con un piede. 
-Che cazzo fai?!-. Sbotto infuriata. 
-Non puoi fumare, sei una ragazzina-. 
-Per l'ennesima volta: non sono una ragazzina! Ho quasi la tua stessa età, comprendi?-. Chiedo con ovvietà come se stia parlando ad un ebete. -E poi...-. Riprendo. -...sono abbastanza grande per fare sesso con te e troppo piccola per fumare? Non ti sopporto, io ti odio!-. 
Mi alzo e sto per andarmene quando mi afferra un braccio e mi gira verso di lui. 
-Mi fai male-. Dico tra i denti. 
Allenta la presa sul mio braccio senza però lasciarlo. 
-Che diamine ti prende? Cos'è cambiato in una mattinata?-. Domanda arrabbiato ma con tono basso e placato. 
Il suo sguardo è furioso e confuso al tempo stesso e i suoi lineamenti sono induriti. 
So che posso dirgli cosa c'è che non va e perché reagisco in questo modo. 
In fondo, in questo mese inconsciamente gli ho raccontato la mia vita. Le situazione sgradevoli del passato, le vicende di una vita. 
Lui sa tutto di me e involontariamente io mi sono fidata di lui.
-Tutto. E adesso lasciami-. Svincolo dalla sua presa e mi allontano da lui, massaggiando il mio braccio. 
-Qual'è il tuo problema?!-. Domanda stizzito. 
Non rispondo. 
Mi volto e inizio ad andare verso l'interno della scuola a passo svelto. 
-Sei una bambina, questo è il tuo problema!-. Aggiunge, rispondendo da solo alla sua domanda.
No, questo è troppo. 
Mi giro nuovamente e mi avvicino. -Io non sono una bambina!-. Urlo. -Tu sei infantile ed egocentrico. Pensi che tutto ti sia dovuto e che tutto sia sotto il tuo controllo. Non è così, okay? E se stanotte hai avuto l'impressione che io fossi sotto il tuo controllo, ti sbagliavi di grosso. Io ti odio, ti è chiaro?-. 
Senza dire niente, afferra prepotentemente il mio viso e poggia le sue labbra sulle mie. 
È un bacio diverso dal primo.
È più forzato, più violento. Come se abbia paura che io scappi dalla sua presa. 
Mi allontano, dando dei colpetti sul suo petto e il suo stomaco.
Wow, sono duri.
-Non devi toccarmi! Tocca Ebonee, se vuoi!-. Esclamo arrabbiata. 
Sorride sghembo. -Oh,quindi è questo il problema. Mi hai visto parlare con lei in mensa! È stata dura, ma alla fine ho scoperto cosa ti turba-. 
-Non c'è nulla da ridere-. Ribatto. -Ma non dovrei arrabbiarmi, né stupirmi del tuo comportamento. Hai avuto la tua scopata giornaliera e adesso sei in pace con te stesso. Come ci si sente ad aver scopato anche con la propria coinquilina, la sedicenne del New Jersey?-. 
Fa un espressione strana. 
Si rabbuia in volto e sembra spaesato. -Cosa cazzo stai dicendo?-. 
-La verità!-. Urlo, allargando le braccia. -Avrei dovuto immaginare che c'era un doppio fine al tuo comportamento. Ora puoi aggiungermi alla lista, ma, mi dispiace, non posso darti la mia mutanda come premio di riconoscimento-. 
-Smettila di dire stronzate!-. 
-Non sono stronzate, è solamente la verità!-. 
-Questa non è la verità-. Mi afferra i polsi con le rispettive mani e li stringe forte, quasi mi si blocca il sangue. -Tu dici solo stupidaggini-. Sibila. 
-Allora lasciami andare e lascia la presa sui miei polsi-. Lo guardo negli occhi e sono costretta ad alzare la testa di qualche grado per poter vedere meglio i suoi occhi dannatamente belli e seducenti. 
Indugia qualche secondo, dopodiché fa come gli ho chiesto. 
Mi massaggio i polsi e mi avvio verso la porta d'entrata della scuola.
-Vuoi sapere perché ieri ti ho baciata?-. Urla. 
Mi fermo di sbotto ma non mi giro verso di lui. 
Il fatto che io stia ferma, lo intima a continuare. 
Sento i suoi passi farsi più fitti e quando parla capisco che non è molto distante da me. 
-Ti ho baciata perché non ho mai avuto la voglia e il desiderio di stare con qualcuno come accade quando sono in tua compagnia. Tu mi fai sentire come nessun'altra sa fare-. Detto questo, mi schiva ed entra dentro, lasciandomi sola e confusa.










 Okaaaay, spero non vi abbia deluse con questo capitolo!
Vi avevo detto che ci sarebbero stati colpi di scena improvvisi,
e be’, eccone uno! Questo è l’avvicinamento intimo di cui vi parlavo!
Spero vivamente che vi sia piaciuto e che continuiate a seguire questa storia.
Personalmente questo è uno dei miei capitoli preferiti e proprio
per questo vorrei sapere cosa ne pensate e se vi è piaciuto!
Aggiornerò non appena questo capitolo riceverà qualche recensione!
Un bacio, notperfect. <33

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Capitolo 9
*** I hate that I love every thought of you ***


 I hate that I love every tought of you

-Maledizione!-. Sibilo tra i denti, dando un piccolo calcio ad una delle porte che vi sono nel corridoio. 
Quella specie di dichiarazione fatta poc'anzi da Justin mi irrita più di quanto di solito mi chiama con vari nomignoli stupidi. 
Le sue parole mi hanno lasciata sconvolta, senza parole. 
Cosa significa che lo faccio sentire come nessun'altra sa fare? 
Cioè, grammaticalmente e letteralmente capisco perfettamente ma il concetto e il pensiero che vogliono esprimere è troppo forte e grande affinché lo afferri, perché mi è arrivato dritto al cuore lasciando da parte la testa e il cervello. 
Ripenso alla domanda che poco prima mi ha posto, facendomi imbestialire. 
Il mio problema non è solo Ebonee. Quella ragazza non la sopporto e non l'apprezzerò neanche in futuro, ma vederla parlare con lui ha creato in me delle reazioni a catena che hanno portato allo scoppio del mio stato d'animo. 
Il mio principale problema è lui. 
Il mio problema è il modo in cui mi guarda. 
Il mio problema è il modo con cui mi parla. 
Il mio problema è il modo in cui mi ha completamente conquistata, nonostante io affermi continuamente di odiarlo.
E forse è anche vero. 
Sono le sei del pomeriggio e davvero non so cosa fare. 
Non saprei se ritornare in camera o aspettare che si addormenti ma penso che sia da immaturi e da bambini evitarlo.
Anche se la scelta più conveniente per me e per lui sarebbe non guardarci né parlarci per il resto dei giorni che passeremo insieme. 
Ma come ho detto, è la più conveniente, non quella più giusta. 
Penso che sia necessario avere un chiarimento eppure non ho neanche il coraggio di respirare la sua stessa aria in questo momento. 
Dovrei dirgli ciò che provo una volta per tutte ma il problema è che io ho le idee confuse. Non conosco neanche io quali sono i sentimenti e le emozioni che provo nei suoi riguardi. 
È tutto così confuso, così strano, così sbagliato. 
Mi avvio verso la mia camera, o meglio, nostra, mia e di Justin. 
Non so quale sarà la sua reazione quando tornerò in camera e soprattutto la mia. 
Non so se sarò in grado di dire o fare qualcosa o almeno di salutarlo. 
Sarà difficile convivere con lui dati gli avvenimenti. 
-Signorina Parker!-. La signora Anderson mi chiama e sono costretta a girarmi verso di lei. 
-Mi dica tutto-. 
Devo cercare di mostrarmi carina e disponibile. Non voglio che qualcuno sospetti di qualcosa e, conoscendo il carattere della signora Anderson, si preoccuperebbe a morte se capisse che ci fosse qualcosa che non va. 
-Volevo felicemente informarla che due ragazze hanno lasciato la scuola questa mattina così c'è una camera disponibile nel dormitorio femminile-. 
-Oh...-. Sussulto. 
Neanche a farlo di proposito, nello stesso giorno in cui c'è un grande imbarazzo tra me e Justin, vengo informata che posso allontanarmi da lui. 
-Potrà fare le valige e trasferirsi nella sua nuova camera anche questa sera stessa-. Sorride. 
-Ehm, okay-. 
-Bene, quando sarà pronta l'aspetto nel mio ufficio, così le dirò il numero della stanza e le consegnerò le chiavi. Spero non sia un problema per lei stare in una stanza da sola, ma ho pensato che sarebbe stato meglio avere una camera tutta per lei che condividerla con un individuo come Justin Bieber-. 
Mh, avrei dei dubbi a proposito. 
-Certo-. Sorrido spasmodica. -Sono d'accordo!-. 
-Bene, a dopo-. Si congeda, dandomi le spalle e avviandosi verso il suo ufficio che si trova al piano di sotto. 
In effetti un mese trascorso con Justin come coinquilina, è abbastanza. E dopo ciò che è successo penso sia un miracolo la liberazione di una stanza nel dormitorio femminile. 
È come se anche Dio non volesse far accrescere tra me e Bieber la tensione e l'imbarazzo che vigerà sicuramente tra noi due in questi giorni. 
Apro la porta della stanza e con grande sorpresa la trovo vuota. 
Guardo l'orologio: sono le sei e trenta.
È strano che Justin non sia qui. 
Inizio a liberare l'armadio dai miei vestiti, mettendoli sul letto per poi sistemarli nella mia valigia rosa pesca. L'ha scelta mamma, è il suo colore preferito. Io lo odio. 
Verso le sette e un quarto circa ho finito di preparare completamente i miei bagagli. 
Decido di aspettare ancora un po', sperando che Justin ritorni per dirgli di persona del cambio di stanza. 
Appoggio la valigia a terra accanto la poltrona e mi siedo su di essa. 
Ogni due minuti circa guardo l'orologio, pregando che il tempo non avanzi mentre Justin non è qui. 
Mi sdraio sul letto e senza accorgermene mi addormento.
 
-Parker!-. Urla una voce stridula e conosciuta dall'altro lato della porta. -Parker!-. Sento bussare alla porta. 
Mi sveglio improvvisamente, scattando in piedi. 
-Justin-. Sussurro tra me e me. 
Avanzo verso la porta e quando la apro, la signor Anderson mi fissa preoccupata e infuriata al tempo stesso. 
Che incubo. 
-Signorina Parker, la sto aspettando da circa due ore e mezzo. Ho pensato le fosse successo qualcosa di grave così sono venuta a controllare. Va tutto bene?-. 
-Si, tutto bene-. Rispondo, strofinandomi gli occhi con le mani, assonnata. -Mi sono addormentata, mi dispiace-. 
-Bene, ha preparato le sue cose come le ho detto?-. 
Annuisco, sbadigliando ancora una volta. 
-Allora le prenda e mi segua-. 
Faccio come mi dice, così prendo la valigia e il borsone in mano e inizio a seguire ogni suo passo. 
Attraversato l'intero corridoio, ci infiltriamo in quello del dormitorio femminile. 
Percorriamo metà corridoio, dopodiché giriamo a destra e infine a sinistra. 
La penultima porta di quest'ala del dormitorio è la mia stanza. 
Mh, ottimo direi: isolata dal resto del mondo, troppo lontana dal dormitorio maschile, troppo lontana da Justin. 
Anche le camere di Ashley e Allison ed Emily e Rosalie sono distanti dalla mia. 
Questo non ci voleva, sul serio. 
-Ecco a lei-. Apre la porta con le chiavi e mi lascia libero il passaggio. -Spero si trovi bene da sola-. 
Mi guardo attorno. 
È simile a quella che ho condiviso con Justin fino a qualche ora fa, solo più rosa e luminosa. 
-Le lascio disfare i bagagli. Buonanotte-. Saluta, uscendo dalla camera. 
Mi getto sul letto a peso morto, strofinando le mie mani sul mio viso. 
Sono esausta, confusa e arrabbiata. Cos'altro potrebbe succedermi per peggiorare il mio umore? 
Penso al fatto che Justin fino a qualche minuto fa non era ancora tornato in camera. 
È strano che non fosse ritornato in camera. Di solito prima di cena è sempre sdraiato sul suo letto con le braccia dietro la nuca mentre fissa il soffitto, ascoltando la musica del suo iPod. 
Sorrido a quest'immagine trovando finalmente la forza di alzarmi e iniziare a disfare i bagagli. 
 
Il mattino successivo scendo in mensa con l'intenzione di fare una ricca colazione a base di cereali ipercalorici che mi diano l'energia giusta per affrontare Justin. 
Esatto: voglio andare da lui e chiarire la situazione e magari scusarmi per il mio comportamento da idiota del giorno precedente. 
-Pensavo te ne fossi andata-. Una voce roca, profonda e familiare mi fa trasalire mentre sto versando i cereali in una tazza. 
Mi volto verso di lui e incontro i suoi occhi ammaliatori. 
Quanto darei per guardarli ogni attimo della giornata! 
Non mi stancherei mai di ammirarli. 
-Ti sbagliavi-. Dico neutra. 
-Allora cos'è successo? Adesso dormi in giardino come i cani?-. 
-Mi fa piacere che abbia sempre il tuo solito senso dell'umorismo che mi è gradito come una mazza da baseball ficcata su per il culo...-. 
-Grazie per il complimento, tu sei sempre gentilissima e fine-. 
-Comunque sia, mi sono trasferita. La signora Anderson mi ha comunicato ieri sera che una camera nel dormitorio femminile si era liberata, così mi ha detto che sarebbe stato meglio se ci fossi andata-. 
-E tu hai accettato? Così? Su due piedi?-. 
-Non era una cosa su cui pensarci molto tempo. Sono una ragazza e ho bisogno dei miei spazi-.
-Non voglio fare nessuna battuta sull'ultima affermazione che hai detto, ma posso dirti che io ti davo tutti gli spazi di cui avevi bisogno-. 
-Non capisci. Non sai di quali spazi sto parlando. Non potresti-. 
-Allora spiegami, illuminami!-. Allarga le braccia, attirando l'attenzione di alcuni studenti. 
-Non mi sembra il caso di urlare e litigare qui e in questo momento-. 
-Vuoi prendere un appuntamento per farlo? Per me non ci sono problemi ma voglio che mi spieghi perché hai voluto accettare la proposta della signora Anderson!-. Sbotta infuriato e stizzito. 
-Io non devo dirti proprio niente! Ho voluto farlo, tutto qui. Mi sembrava la cosa giusta da fare e...-. 
-Justin!-. Quella voce, quella maledetta voce da oca ossigenata e cotonata rimbomba nelle mie orecchie. 
Nello stesso momento io e Justin ci voltiamo verso Ebonee, la quale si avvicina a Justin senza degnarmi di uno sguardo. 
-Come stai?-. Gli chiede, accarezzandogli il viso. 
Justin volge lo sguardo altrove, cerando di evitare quello di Ebonee e anche il mio. 
Sembra scocciato e intimorito al tempo stesso da lei, eppure non ne capisco il motivo. 
-Alla grande-. Le risponde, mettendo le mani sul suo bacino, allontanandola. 
-Che ne dici se ci incontriamo di nuovo in camera mia? Stanotte mi sono divertita parecchio e le lamentele della mia compagna di stanza sono state più che eccitanti!-. 
Sgrano gli occhi e sento il flusso d'aria e di sangue nel mio corpo cessare allo stesso tempo. 
"Di nuovo"?
"Stanotte"?
Tutto si collega ed io capisco quanto sono stata stupida e idiota ad esserci cascata: Justin non è rientrato presto ieri sera perché era impegnato con Ebonee e i suoi giochi erotici. 
Nonostante l'odio nei suoi confronti sia cresciuto, parallelamente sento una fitta al cuore e allo stomaco, come se sia appena stata pugnalata alle spalle. 
-Non penso sia una buona idea-. Dice Justin, che tenta di fare centro nei miei occhi con i suoi. 
Ho lo sguardo basso, prossimo a versare lacrime. 
Sento gli occhi pizzicarmi e la vista offuscarsi, ma devo mantenere duro e rendermi forte almeno davanti a lui. 
-Perchè?-. Chiede civettuola la sgualdrina. 
Prima di sentire la risposta dell'idiota, decido di posare il vassoio su di un tavolo qualsiasi e uscire velocemente dalla mensa. 
Non voglio più sentirlo, non voglio più vederlo, non voglio più parlargli. 
-Jennifer!-. Justin mi chiama e sento i suoi passi farsi più fitti, capendo che sta correndo. -Jen!-. 
Non mi fermo e non rispondo. Continuo a camminare fin quando mi afferra l'orlo della maglia e fa in modo che mi giri verso di lui. 
-Lasciami! Finirai per strappare la maglia!-. Mi lamento. 
-Tu fermati, ed io non ti strappo la maglia-. 
-Ma chi diavolo sei tu per dirmi cosa devo fare e non devo fare? Chi sei per dettare ordini e condizioni? Chi sei per darmi regole?-. Urlo esasperata, cacciando la frustrazione che ho in corpo. 
-Sta' calma! Ti chiedo solo questo, per favore-. Appoggia le sua mani sui miei fianchi, accarezzandoli come se voglia acquietarmi.
Guardo i suoi occhi e subito smetto di agitarmi. 
-Che c'è? Cosa vuoi adesso da me?-. Domando scontrosa e burbera.
-Voglio solamente che mi ascolti, okay?-. 
Alzo un sopracciglio, posando lo sguardo altrove. 
Se lo guardassi negli occhi, finirei per dirgli addirittura che mi manca la sua presenza fastidiosa e costante. 
-Sono a tutt'orecchi!-. Allargo le braccia in segno di resa. 
-Io...-. Si passa una mano tra i capelli, prendendo un grande respiro. -Io...-. 
Passa quasi un minuto in cui bofonchia qualcosa senza dire qualcosa completamente sensato.
Ho perso la pazienza, sul serio. 
Non voglio scoppiare in lacrime davanti a lui perché ha fatto sesso con Ebonee. 
-Buonanotte Justin, poi ti chiamo!-. Esclamo ironica, voltandomi dall'altro lato e iniziando a camminare a passo svelto. 
Una lacrima scende sulla mia guancia e subito mi rendo conto di essere arrossita in maniera eccessiva. 
Penso sia la terza volta in cui piango da quando ho superato i test dallo psicologo che mi ha aiutata a superare la morte di Max, mio fratello. 
Ma la cosa che mi fa più arrabbiare è che sto piangendo per un idiota che mi irrita al solo pensiero di averlo accanto. 
È strano come sia passata dal chiamarlo 'Bieber' a 'Justin' in poco tempo e soprattutto senza rendermene conto.
È come se in uno schiocco di dita il nostro rapporto sia diventato da distaccato e formale a intimo e informale. 
-Bimba, fermati!-. La voce di Justin mi fa trasalire. 
Al suono di questo nomignolo divento ancora più rossa di quanto già lo sia, girandomi evidentemente infuriata verso di lui. 
Gli vado incontro camminando a passo svelto, intenzionata a massacrarlo -nel senso figurativo della parola-. 
-Non chiamarmi così, maledizione! Non ne hai il diritto!-. Esclamo furibonda, dandogli dei colpi sul suo torace che a lui sembreranno sicuramente inferiore al dolore che potrebbe procurare una piuma. 
Mi afferra le mani per ripararsi. -Devo laurearmi per chiamarti con questo nome? C'è bisogno di un attestato o un documento scritto e approvato dal governo?-. 
-Sta' zitto, io ti odio!-. 
-Tu non mi dai la possibilità di parlare-. 
-Non penso che dandotela le cose cambierebbero. So come stanno le cose: avevi bisogno di una botta di sesso e non avendo voglia di uscire dalla tua camera, mi hai trascinata nel tuo circolo di prostitute!-. Urlo e penso di sembrare una pazza appena uscita da un manicomio criminale. -...e comunque non c'è nulla da cambiare. La situazione sarà sempre la stessa: io e te non ci rivolgeremo la parola, tantomeno lo sguardo-. 
-Ti sbagli-. 
-Oh, dimenticavo che tu sai sempre quand'è giusto e sbagliato. Sei un oracolo vivente, non è così?-. 
-Smettila di fare la bambina, mi sembra di avertelo detto già altre volte-.
-Esattamente, ma non è servito un granché dato che continui a chiamarmi con questo stupido nomignolo!-. 
-Ti chiamo in questo modo perché ti comporti in questo modo. Io non ti capisco, sul serio!-.
-Io non capisco te, la cosa è reciproca. Non preoccuparti, non sentirti solo-. Sforzo un sorriso, incrociando le braccia al petto. 
-Mi infastidisci quanto un mal di testa, Jenny-. 
-Allora non parlarmi più. Non voglio avere nulla a che fare con qualcuno che mi giudica in questo modo-. 
-Io non ti giudico-. 
-Tu lo fai sempre, Justin. Commenti sempre ogni cosa che faccio. È nella tua natura rompere i coglioni-.
Resta in silenzio per qualche istante per poi scuotere la testa, tenendo lo sguardo basso. -Tu non capisci-. 
-Cosa non capisco? Se magari me lo spiegassi, potrei darti degli ottimi consigli su quale psicologo frequentare-. 
-Smettila di dire cazzate e ascoltami-. 
-Mi sembra che qualche minuto fa l'unica cosa che hai detto è stato 'Io'. Perché naturalmente conti solo tu nella tua mente contorta e malata-. 
-Smettila di parlare, cazzo!-. Urla imbestialito. 
Non l'ho mai visto così arrabbiato, quasi scoppia la vena che ha sulla fronte e vedo i bicipiti sotto la maglietta che si muovono ritmicamente. 
Trattengo il respiro, sorpresa e intimorita. 
-Finalmente-. Sospira, riferendosi al mio silenzio. -Andiamo in camera, non voglio parlarne qui-. Mi afferra un braccio e mi trascina fino alla sua camera che non è più mia. 
Chiude la porta e rimane su quel punto per un po', mentre io mi posiziono davanti a lui, incrociando le braccia al petto. 
-Dimmi tutto-. Esclamo scocciata. 
Volge lo sguardo altrove, cercando di non incontrare mai i miei occhi. 
Odio quando fa così. 
-Sei una sedicenne esaltata e idiota del New Jersey, che non sopporto minimamente...-. Inizia, evitando il mio sguardo.
Oh, che dolce. 
-...io non ti sopporto, davvero. Quando mi guardi io vorrei solamente prenderti a calci e ridurti in polvere-. 
-Sei dolce a dirmelo-. Dico ironica. 
Ignora le mie parole, riprendendo il suo discorso. -Ogni volta che vai in bagno, ci rimani dentro per ore e quando devo lavarmi devo aspettare fino allo sfinimento. E quando esci pulita e profumata vorrei semplicemente gettarti in un bidone della spazzatura e sporcarti i vestiti-. 
Spero non si sia fatto di droga, anche se da come si sta mettendo la situazione, capisco che forse la droga non è l'unica cosa di cui ha fatto uso. 
-...hai la mania di mettere tutto in ordine. Sei ostinata dal vedere tutto pulito e sistemato. Sotto questo aspetto mi ricordi una nonnetta che non ha nulla da fare dalla mattina alla sera e passa il tempo pulendo-.
Cosa? Una nonnetta? Io? 
Oh, spero non dica sul serio o....
-Ma non avrei mai pensato di finire per amare ogni singola cosa che mi infastidiva così tanto di te, e che continua ad infastidirmi!-. 
Amare?  
Ha davvero detto la parola che inizia con la A?
-Sei solo una bimba che cerca di comportarsi come una donna. Ma a me vai bene così come sei-. 
Io non penso di poter andare avanti. 
Finirei per svenire. 
-Senza volerlo ho conosciuto tutti i tuoi punti deboli, i tuoi modi di fare e i momenti in cui arrossisci. Non sono così distratto da non accorgermi quando diventi rossa alla vista dei miei addominali... Non ti sto dicendo che non devi più farlo, sei carina quando lo fai e sembri quasi una ragazza normale-. 
C'è un tasto per spegnerlo?
-...E tu conosci quasi tutto di me, Jenny. Tu sai cos'ho provato e vissuto in passato e cosa mi ha spinto a farlo. Ti ho detto tutto e spero che hai imparato a conoscermi per ciò che sono davvero, e non per quello che mi ostino ad essere-.
-Tu mi eviti e ti chiudi dentro quando mi confessi alcune cose e non conosco nemmeno un tuo amico! Come puoi pensare che io sia convinta di conoscerti?-. Lo interrompo. 
-Io non ho mai avuto il coraggio di dire cos'ho passato quando mi drogavo a nessuno. Il fatto che abbia avuto l'impulso e la fiducia di dirtelo mi hanno imbarazzato e intimorito-. Spiega. -E non conosci nessun mio amico perché io non ho amici, e se anche ne avessi alcuni, inizierebbero ad avere un tipo di rapporto con te ed io non vorrei mai che accadesse perché ne sarei geloso-. 
Cosa? L'ha davvero detto?
Apro la bocca con l'intenzione di dirgli qualcosa ma la mia fantasia è al limite e non so davvero cosa dire. 
-Io penso...di provare... qualcosa per te-. Afferma imbarazzato, dosando le parole. 
Trattengo il respiro.
-...ma non so se riuscirei a far sviluppare i miei sentimenti. L'amore è per i deboli-. 
Ha parlato d'amore? 
L'amore? 
Quella parola? 
Indugio qualche secondo sulle sue parole, dopodiché alzo lo sguardo su di lui. -Allora io voglio essere un debole, Justin-.
Sta per ribattere, quando decide di non dire niente e ritornare a fissare un punto indefinito del vuoto. 
Io faccio altrettanto. 
Stiamo in silenzio per un po', fin quando il coraggio decide di farmi visita.
-Io ti odio, okay?-. Affermo distrattamente. 
-Oh...-. Sussulta acidamente divertito. -Mi fa piacere che me lo ripeta nuovamente anche adesso-. 
-Puoi chiudere quella cavolo di bocca?-. 
Alza le braccia ed io capisco che posso proseguire il mio discorso senza essere nuovamente interrotta.
-Io odio il tuo viso, odio la tua bocca, i tuoi occhi, il tuo naso, il tuo corpo...-. Gesticolo, indicando il suo corpo con isteria. -...odio il tuo carattere, le tue battute perennemente fastidiose, la tua voce irritante, il tuo modo di camminare, di parlare e di muovere il corpo. Alcune volte odio anche il fatto che tu respiri-. 
Mi guarda sconvolto dalle mie affermazioni. 
Si avvicina di qualche passo ed io rimango immobile guardando ogni suo minimo movimento. 
Do piccoli morsi alle labbra e sbuffo prepotentemente quando finalmente mi giro verso di lui.
Ci stiamo guardando dritto negli occhi. 
I suoi sono così profondi e intensi che mi ricordano quelli di uno scoiattolo in difficoltà. 
È dolce e attraente al tempo stesso. Lo coccolerei e scoperei nello stesso momento.
-Ma...-. Riprendo imbarazzata. -...ma più di tutto odio il fatto che amo stare con te-. Sospiro. -...che sono completamente dipendente da te-. E dai tuoi quinticipidi, aggiungo mentalmente.
 








 Non sapete quanto sono triste…oggi hanno sorteggiato le
20 fortunate ragazze che potranno incontrare Justin e naturalmente io non
sono una di loro. Ho pianto tutto il giorno, sembrerà stupido, ma è cosi.
Qualcuna di voi ha vinto o partecipato?
Inoltre non ho fatto altro che pensare al fatto che Justin ieri
sia andato in ospedale per l'attacco d'asma sul palco..
Guardando quel video mi sono sentita male io stessa.
E il video in cui attacca quel paparazzo. .
L'hanno criticato tutti per questo, ma lui aveva le sue valide ragioni.
Io lo sosterrò sempre e mi dispiace tantissimo sapere che sta affrontando queso periodo così...travagliato.
Tuttavia…questo è il capitolo. Spero vi sia piaciuto. Fatemelo sapere tramite
una recensione!
Aggiornerò non appena questo capitolo riceverà qualche recensione.
Alla prossima, notperfect.
Un bacio! <33






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Capitolo 10
*** Weakness ***


Weakness

Lo vedo mentre mi osserva pensieroso, stupito e meravigliato al tempo stesso. 
Penso che non avrebbe mai immaginato che gli dicessi una cosa del genere. 
E se devo dirla tutta, anch'io sono impressionata da me stessa e da ciò che ho appena detto. 
Non ho mai avuto un coraggio così ampio e non ho mai confessato una cosa del genere a nessun ragazzo.
Tirare fuori i miei sentimenti non è stata una cosa facile, ma ne sono felice perché finalmente riesco a respirare aria pura in giro. 
È come se abbia eliminato dal mio corpo un enorme peso ed ora posso tornare a respirare regolarmente. 
-Il nostro non è amore, Justin-. Sussurro flebile, alzando lo sguardo su di lui. 
Anch'egli fa la stessa cosa e i nostri sguardi si ritrovano in uno come già è successo altre volte. 
-...e se anche lo fosse, non siamo deboli. Voler bene ad una persona che non sei tu, non è da deboli. Anzi, dimostra che riesci a provare sentimenti...cosa strana per uno come te-. Aggiungo. 
Passano alcuni minuti di silenzio. 
Justin non accenna a fare nulla, neanche a dire una parola e sembra quasi che fa fatica a respirare. 
I minuti scorrono e non succede un bel niente. 
Bene, se ha intenzione di interpretare il ragazzo duro e orgoglioso, non sono problemi miei. 
Non voglio stare ai suoi comodi. 
Scuoto la testa delusa dal suo comportamento infantile. 
Esco dalla camera sbattendo la porta prepotentemente. 
Sento una lacrima scendere sulla mia guancia rossa per l'imbarazzo e soprattutto per la rabbia che provo nei suoi e nei miei confronti. 
Non avrei dovuto dirgli quelle cose. 
Non avrei dovuto confessargli ciò che realmente provo per lui.
Eppure l'ho trovato indispensabile. 
A passo svelto raggiungo la fine del corridoio che si trova a circa quattro stanze da quella di Justin.
Raggiungo la mia camera e mi getto a peso morto sul letto. 
Tutto ciò che devo fare, è chiudere gli occhi e liberare la mia mente. 
Non ho bisogno di Justin. 
Non ho bisogno di nessuno.
Sono forte e passerà anche questa. 
 
Mh, essere forte non è mai stato il mio forte
Anche essere sinceri non lo è mai stato. 
Il mattino seguente mi sveglio con un forte mal di testa e quando mi guardo allo specchio del bagno, inizio a ricordare ciò che è successo con Justin. 
Mi lavo e mi vesto e quando mi presento alle varie lezioni mi mostro allegra e pimpante.
Certo, come no. 
A pranzo vedo Justin in mensa mentre pranza con tre ragazzi che vedo quasi sempre in sua compagnia. 
Non gli rivolgo lo sguardo né la parola e anche lui fa la stessa cosa. 
Bene, se è così che vuole continuare ad agire, lo farò anche io. 
Dopo aver pranzato dico alle quattro ragazze che mi assenterò qualche secondo per andare in bagno. 
Devo fare pipì, eh!
Prima di aprire la porta del bagno pubblico della scuola, una mano afferra il mio braccio, girandomi verso quell'individuo sconosciuto. 
-Che fai? Adesso mi segui anche in bagno?-. Chiedo acida. 
-Non fare la stronza, bimba-. 
-Non chiamarmi in questo modo-. 
-Tu non irritarmi-. 
-Sei tu che hai la tua lurida mano sul mio braccio, non il contrario-. Indico il mio braccio con la mano libera e lui segue la direzione con lo sguardo. 
Prima che possa dire qualcos'altro che possa offenderlo, sento le sue labbra sulle mie e le sua mani stringere i miei fianchi. 
Sento una scarica di adrenalina in tutto il corpo e una miriade di crampi invadermi lo stomaco. 
Inizialmente ricambio il bacio, successivamente inizio ad avere strani sensi di colpa. 
-Allontanati-. Dico sulla sua bocca mentre cerco di spingerlo via con le mani. -Justin, lasciami stare-. 
Si stacca dal mio corpo, guardandomi con un'espressione indecifrabile in volto. 
-Non farlo mai più-. Gli intimo, ricomponendomi. 
-Come se tu non l'avessi voluto-. 
-Io...io non l'ho voluto e non vorrò mai un tuo bacio-. 
-Uhm, avrei dei dubbi a riguardo-. 
-Non sono affari miei se hai dei dubbi o meno. A me basta solamente non vederti più-. 
-Vorrei crederti, bimba. Ma non posso-. 
-Dovresti-. 
-Come potrei crederti quando dici che non vuoi più vedermi se hai fatto sesso per la prima volta con me?!-. 
Trattengo il respiro, scioccata dalla spontaneità con cui ha detto una cosa del genere. 
Alzo un sopracciglio, arrabbiata. -Dimenticherò ogni cosa, se sarà necessario-. 
-Non penso tu ne sia capace-. 
-Ti sbagli-. 
-Nah-. Fa una smorfia. -Sai che non sbaglio mai-. 
-No, so che tu credi di non sbagliare mai. È la tua convinzione che ti rende così idiota-. 
-Non direi di essere convinto, piuttosto sicuro delle mie idee e affermazioni-. 
-E cosa cambia dall'essere convinto?-. 
-Che è sempre vero ciò che dico. Insomma quando si è convinti, si ha solo l'idea e la presunzione di aver detto la cosa giusta. Quando si è sicuri di se stessi si ha la certezza di aver detto la cosa giusta e quella certezza è affermata anche dal tuo comportamento, Jenny-. Spiega. 
Scuoto la testa, fintamente divertita. -Sei così ottuso-. 
Ride sghembo e compiaciuto. 
-Non voglio perdere altro tempo con te-. Affermo. -Sono stanca di questi incontri idioti con persone idiote. Io ti odio e non voglio più avere nulla a che fare con te-. 
-Ieri sera non pensavi le stesse cose. Ieri sera eri una debole, ricordi?-. Domanda, riferendosi a ciò che ho detto riguardo la debolezza e l'amore. 
Questo vuol dire che lui prova amore nei miei riguardi?
La mia espressione si rabbuia e lo guardo triste, delusa e disorientata al tempo stesso. 
Non dico niente, sento solamente la rabbia e la delusione crescere e prima che inizi a piangere davanti a Justin, mi volto dall'altro lato e mi avvio verso il corridoio del dormitorio femminile.
Alla foce della hall, mi imbatto contro qualcuno. 
Dannazione, non è possibile che vado a sbattere sempre contro la stessa persona. 
-Scusa, Nick-. Dico, abbassando lo sguardo al pavimento. 
-C'è qualcosa che non va? Perché stai piangendo?-. Appoggia entrambe le mani ai lati del mio viso, alzandolo delicatamente. 
Incontro i suoi occhi verdi, preoccupati e spaesati. 
-Non c'è nulla che non va. Sto bene-. Sforzo un sorriso, restando ferma. 
-Non negare l'evidenza, Jen. Che ti è successo?-. Chiede speranzoso che io risponda. 
-Ehi!-. La voce di Justin infuriata e burbera, desta l'attenzione di Nick su di lui. -Che diamine stai facendo?-. 
Justin si avvicina, spingendo Nick. 
Afferra il mio braccio e con il suo mi stringe a sé. 
Sento una strana energia in me, una scarica elettrica invadere il mio corpo e una grandissima voglia di piangere tra le sue braccia. 
Vorrei staccarmi da lui, ma non ci riesco. 
È come se una calamita mi trattenga lì e che non abbia la forza nelle gambe e nei piedi per camminare via da lì. 
-Che ti prende, amico? Le ho solamente chiesto cosa c'è che non va-. Ribatte Nick sulle difensive. 
-No, tu l'hai toccata-.
-Io l'ho vista piangere e ho avuto l'istinto di farlo-. 
-Be', calma i tuoi istinti la prossima volta-. 
Nick lo guarda confuso. -Ma cosa diavolo stai dicendo? Io non le ho fatto nulla e anche se avessi fatto qualcosa non capisco perché a te dovrebbe interessare. Te la stai prendendo così tanto per qualcosa di stupido-.
Justin toglie il suo braccio dalla mia spalla, avvicinandosi di qualche passo a Nick. 
Sento lo stomaco attorcigliarsi con il presentimento che Justin faccia qualcosa di sbagliato. 
-Sai cosa invece non capisco io?-. Domanda Justin torvo. -Non capisco perché tu sia ancora qui a parlarmi quando avresti dovuto filare via qualche minuto fa, o meglio ancora, non avresti dovuto avvicinarti neppure di un centimetro a lei-. 
Nick sposta il suo sguardo da me a Justin. 
Sembra confuso e lo capisco. 
In fondo il comportamento di Justin è strano anche per me. 
Lui è strano sempre. 
-Non sapevo che Jennifer fosse la tua ragazza, Bieber-. Ribatte convinto Nick e sembra aver acquistato il coraggio e la fiducia in se stesso. 
-Pensavi male. La prossima volta conta fino a dieci prima di aprire quella tua stupida bocca-.
Nick sta per ribattere, poi decide di stare zitto e andarsene. 
Justin rimane a fissare la sagoma di Nick scomparire dopodiché abbassa lo sguardo e si gira verso di me. 
Tenta di non guardarmi dritto negli occhi ed è evidentemente imbarazzato.
Io mantengo lo sguardo sulle mie scarpe e le mani unite come una bambina davanti al bancone di caramelle, indecisa su quale gusto di liquirizie scegliere. 
Con la coda dell'occhio lo vedo mentre si passa una mano tra i capelli e rotea gli occhi. 
Indossa una canottiera bianca e vedo i suoi muscoli addirittura dalla mia postazione. 
È assurdo...sul serio!
E poi ha detto a Nick che sono la sua ragazza!
Improvvisamente mi passa accanto e, prendendomi per mano, mi trascina con lui fino in camera sua. 
Chiude la porta alle sue spalle e si sdraia sul suo letto. 
Cosa? È cretino? 
Aspetta, conosco già la risposta. 
-Che ti è saltato in mente?-. Domando infuriata e meravigliata al tempo stesso. 
È come se la timidezza e la calma mi abbiano abbandonata e abbiano lasciato il posto ad emozioni troppo contraddittorie tra di loro. 
-Non avresti dovuto dire quelle cose a Nick!-. Aggiungo. 
-E tu non avresti dovuto piangere!-. Urla imbestialito. 
Sgrano gli occhi, impaurita e confusa dalla sua reazione. 
Ho già notato in precedenza che ha strani cambiamenti d'umore ma non pensavo riuscisse a diventare una bestia furiosa in un secondo. 
-Stavo piangendo a causa tua, Justin!-.  
-Non pensavo fossi così fragile-. Esclama in tono menefreghista e da finto dispiaciuto. 
-Hai detto tu che sono debole. Ora perché ti meravigli se piango?-. 
Essere debole per Justin vuol dire essere capace di amare.
Sto chiaramente affermando di amarlo. 
Non può essere possibile. 
Non deve essere possibile. 
Io non posso amarlo, sono solamente attratta da lui. 
Nient'altro.
-Io ero solamente geloso, okay?-. Sbotta improvvisamente, alzandosi dal letto e venendomi incontro. -Mi sono sentito in dovere di allontanarlo da te perché non aveva il diritto di toccarti.Non pensavo che essere gelosi fosse un reato. Dovresti sapere che la gelosia è segno che una persona vuole davvero bene ad un'altra persona e ha paura di perd...-.Prende una pausa, dopodiché scuote la testa.-Lascia stare, non pensarci-. 
Si gira e inizia a camminare verso la finestra. 
Si appoggia al davanzale, incrociando le braccia e dalla sua espressione capisco che è esausto e turbato. 
-Devi smetterla di agire in questo modo-. Dico a mezza voce, intimidita. 
-Quale modo?-. 
-Quale modo?!-. Ripeto. -Il modo in cui in qualunque situazione mi prendi per un braccio e inizi a parlarmi come se niente fosse. Ho imparato a conoscere anche il tuo tatto e riuscirei a riconoscerti anche se mi prendessi per un braccio e avessi il volto coperto-. Sbuffo. -Sono stanca di tutto questo. Alcune volte non vorrei mai essere venuta qui. Avrei preferito restare in New Jersey e non aver convinto la signora Anderson a farmi stare qui con un coinquilino di sesso opposto. Non avrei mai voluto incontrarti-.
Justin resta in silenzio per un po' e credo che stia elaborando le mie parole perché lo vedo pensieroso e turbato mentre osserva un punto indefinito nel vuoto. 
-Come non detto-. Sospiro, alludendo al suo silenzio. 
Ecco che ci risiamo con il suo non dire una parola e stare immobile senza accennare di essere ancora vivo. 
Mi alzo e mi dirigo verso la porta, aprendola e sbattendola prepotentemente. 
Se avessi continuato il conservatorio in New Jersey, tutto questo non sarebbe mai successo. 
Odio essere venuta qui. 
Odio questa scuola. 
Odio Justin Bieber. 
-Piccola-. Justin piomba alle mie spalle, affermandomi per un braccio. 
Sposto il mio sguardo sul mio braccio, insinuandogli di togliere la sua mano da esso. 
Sorride alla mia reazione. -Questa è l'ultima volta in cui ti trascinerò per un braccio-.
Sto per dire qualcosa ma le sue parole mi lasciano stecchita. 
Anche il modo in cui le ha pronunciate mi fanno riflettere. 
Forse è serio, forse non sta scherzando. 
E forse è la prima volta in tutta la sua vita che parla in questo modo ad una ragazza. 
Mi trascina in camera sua, chiudendo la porta.
-Che cosa c'è adesso? Cosa c'è che non va?-. Chiedo mettendo le mani sul bacino. 
-Ecco, quando mi fai una domanda del genere cosa potrei dirti!?-. Esclama. -Intendo...come posso dirti che sei tutto ciò che voglio? Io non posso risponderti in questo modo ogni volta che mi chiedi cosa c'è che non va o cosa succede!-. 
Sgrano gli occhi, allibita dalla sua sincerità. -L'hai appena fatto-. Sussurro. -Ma io sono stanca di aspettare per qualcosa che non accadrà mai-. Sento gli occhi pizzicarmi e prego mentalmente me stessa di non versare una lacrima. 
Sussulta alle mie parole, quasi come siano state delle pugnalate al cuore. 
-Non dovrai più aspettare, Jenny-. Mi prende una mano, accarezzandola. 
Rabbrividisco a quel suo gesto e penso che lui se ne sia accorto perché si allontana da me e si passa una mano tra i capelli, guardando altrove.
-Hai detto che non avresti mai voluto incontrarmi. Di cosa avresti bisogno, allora?-. Domanda improvvisamente, allargando le braccia.
Indugio sulle sue parole, stupita della sua domanda e del sue comportamento. -Ho bisogno di qualcuno che abbia...abbia bisogno di me. Esatto, qualcuno che non sprechi neanche un secondo della sua giornata per non rendermi felice. Io ho bisogno di qualcuno che mi accetti così come sono-. 
-Ti basta sapere che ho...ho la n-necessità di...di averti accanto? Ho bisogno...di te-. 
-Tu hai bisogno di me?-. Ripeto meravigliata. -Davvero?-. 
-Io credo...be', credo di si-. Prende una pausa. -Insomma se vuoi che sia così, farò in modo che accada. Sarò la tua ombra se sarai sola e il tuo cuscino se avrai bisogno di un abbraccio e se...-. 
-Justin-. Lo interrompo. 
Aguzza la vista verso di me e posso dire che sembra molto imbarazzato. -Mh?-. 
-...io voglio solamente che tu sia te stesso. Io voglio che tu sia l'irritante e odioso coinquilino di sempre e nessun altro-. 
Abbasso lo sguardo, torturandomi il labbro inferiore. 
Passano alcuni minuti di silenzio alquanto imbarazzanti. 
È difficile per due persone come me e Justin esternare i propri sentimenti. 
Siamo troppo orgogliosi e il nostro carattere non è poi così diverso. 
Sotto alcuni punti di vista siamo esattamente la stessa persona...l'unica eccezione è che lui è un ragazzo e potrebbe puzzare. 
Si schiarisce la voce, alzando lo sguardo su di me.  -È sera, potresti dormire qui-. Scrolla le spalle, guardandosi attorno. 
-Non mi sembra il cas...-. 
-Non intendo fare sesso-. Mi interrompe. -Intendo dormire insieme sotto le coperte, nel mio letto...le tue mani sul mio petto e le mie braccia attorno al tuo corpo-. 
Trattengo il respiro, meravigliata dalle sue parole. 
Sento il sangue bollire ad una temperatura altissima e le mani tremare e sudare contemporaneamente. 
-Che...Che ne dici?-. Chiede dosando le parole, imbarazzato e intimidito. 
Volgo lo sguardo altrove, evidentemente sul punto di una crisi nervosa.
-Potrei fare questo sacrificio-. Sospiro annuendo. 
Sorride. -Non essere modesta...e non cominciare a dire stronzate-. 
Rido e lo vedo mentre si avvicina e mi trascina con lui sul letto. 
Mi stampa un bacio sulla fronte e poi sulle labbra. 
-Penso sia la prima volta in cui dormo con una ragazza senza farci sesso-. Afferma. -Aspetta...tu non sei una ragazza, sei una bimba, quindi non conta-.
Gli do un misero pugno sul petto e lo sento ridere sul mio collo. Rimaniamo avvolti l'uno nell'altro fino al mattino successivo. 









 
What’s uppp?
Sono ritornata con il capitolo…spero vi sia piaciuto!
Avrete capito che mi piace farli litigare e, ovviamente, i litigi
tra Jenny e Justin non terminano qui! Anzi questi sono solo i primi
di una lunga serie!
Spero che questo capitolo non vi abbia annoiato e che continuerete a seguire
recensire la storia! Grazie mille a chi recensisce, mette tra le preferite, le ricordate o le
seguite questa fan fiction! Siete stupende!
La scorsa volta ero triste per via del sorteggio del meet&great con Justin…
Non potreste mai immaginare cos’ha fatto mio padre!
Aveva comprato i biglietti per il concerto già da qualche mese ma mi ha
sempre detto che non mi avrebbe portata al concerto. Ieri quando sono tornata da scuola
ho trovato tre biglietti in camera…potete immaginare la mia reazione e soprattutto
l’emozione che ho provato!
Dopo avervi annoiate con la storia della mia vita, vi mando tanti baci!
Notperfect. <3

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Capitolo 11
*** There's nothing like us ***


There's nothing like us

 -Jennifer...-. 
Sento un sussurro debole e il respiro di Justin sul mio collo. 
-Jenny...-. 
Sembra che stia facendo sesso orale mentre dormo. È figo.
-Bimba!-. 
Un urlo secco e acuto invade le mie orecchie. 
Mi alzo a mezzo busto di sbotto e allargo le braccia come se voglia difendermi da qualcosa. 
La mia mano destra colpisce qualcosa di molle al mio fianco, ovvero il viso di Justin.
-Dannazione!-. Esclama, alzandosi dal letto e, coprendo il punto colpito con le mani, si accascia a terra nell'angolo della stanza. 
-Justin, scusa...io non volevo farlo-. Dico sulle difensive. 
Spero seriamente che il suo bel faccino non ci rimetta. 
È troppo perfetto, non può rovinarsi. 
Anche se, pensandoci, sarebbe bello da ammirare anche con un graffio. 
Lo raggiungo e mi accascio sul pavimento di fronte a lui, sostenuta dalle ginocchia.
-Sei un idiota!-. Sbotta dolorante. -Perchè fai cose senza senso?-. 
-Non l'ho fatto di proposito!-. 
-Be' l'hai fatto comunque! Chi farebbe una cosa del genere appena sveglio? Solo tu, Jenny!-.
Trattengo una risata, avvicinandomi di più al suo viso. -Non è una ferita. Esce solo un po' di sangue-. 
Sposto la sua mano dalla sua bocca e palpo lievemente la zona che circonda il sangue. 
-Mi fai male-. Sibila.
-Non fare la bambina capricciosa-. 
-Semmai il bambino capriccioso-. 
-No, Justin. Le femminucce si lamentano in questo modo-. 
-Ma mi hai fatto male!-. 
-Non l'ho fatto di proposito e poi è un punto minuscolo da cui esce del sangue-.
-Quindi non morirò dissanguato. Ne è sicura, signorina Parker?-. Domanda ironicamente preoccupato, come se stia recitando in una fiction di medici in corsia. 
Roteo gli occhi. -Sei il diciottenne più idiota e infantile che abbia mai conosciuto-. 
-Dovresti sapere che tu sei la sedicenne più fastidiosa che io abbia mai conosciuto-. 
-Bene, allora siamo pari-. 
Alza la mano affinché batta il cinque con la mia. 
Che idiota. 
Schiaffo prepotentemente la mia mano sulla sua e mentre la sto tirando indietro, la stringe alla sua e incrocia le sue dita con le mie. 
Sento una fitta allo stomaco dileguarsi quando alzo lo sguardo e incontro i suoi occhi per cui farei follie. 
È così bello. 
Meno male che non potete vederlo, ve ne innamorereste ed io non sarei d'accordo con questo. 
Mentre ci teniamo ancora per mano, mi accovaccio su di lui e avvicino pericolosamente il mio viso al suo. 
Sfioro le sue labbra mentre Justin, con un gesto secco e al tempo stesso delicato, mi spinge sulle sue labbra afferrando la mia nuca. 
Il suo sapore mi invade la bocca così come il resto del corpo. 
Sento per qualche istante il sapore del sangue, ma dopo un po' scompare.
Lo bacerei per ore intere, sfiorando i suoi addominali perfetti. 
Unisco poi anche l'altra mano alla sua e i nostri corpi combaciano come due pezzi di puzzle. 
Mi stacco dal suo viso e, ricomponendomi, mi alzo in fretta, evidentemente imbarazzata. 
Nonostante ci siamo confessati molte cose riguardanti i nostri sentimenti, l'atmosfera tra noi è ancora abbastanza imbarazzante e soprattuto indecifrabile. 
Non so cosa costituiamo io e Justin insieme. 
So solo che mi sento persa se non ho la certezza di averlo al mio fianco. 
È strano che io provi questo nei suoi confronti perché è passato solo un mese da quando ci siamo conosciuti. Ma ha saputo 'conquistarmi' in poco tempo.
-Che ore sono?-. Domanda, schiarendosi la voce più volte. 
Guardo la sveglia sul comodino, sgranando gli occhi. -Le otto e mezza-. 
-Cazzo, non ce la faremo ad arrivare in orario alle lezioni-. Esclama alzandosi e prendendo dei pantaloni dalla sedia per poi infilarseli. 
-Non ci sono più i miei vestiti qui. Come diavolo faccio?!-. 
-Metti i tuoi jeans che indossavi ieri...ti darò una mia maglietta-. 
Annuisco, andando in bagno per darmi una rinfrescata. 
Mi guardo allo specchio e noto che senza trucco sono davvero oscena. 
Scuoto la testa, liberando la mia mente dalla mia immagine obbrobriosa. 
-Tieni-. Justin entra in bagno, lanciandomi una maglietta. 
L'afferro e la infilo. 
È una semplice maglia bianca con un disegno di una gheisha sullo sfondo.
Justin mi guarda, accennando un sorriso compiaciuto. -Stai bene con questa maglietta-. 
-Non prendermi in giro. È di qualche taglia più grande della mia e sembro più grassa di quello che già sono-. 
-Non è vero. Stai bene-. 
-Ti pagano per dire stronzate o sei un tuttofare?-. 
Ride, uscendo dal bagno per finire di prepararsi. 
Alle nove meno dieci usciamo dalla camera e a passo svelto ci dirigiamo verso le aule. 
-È tutta colpa tua-. Dico furiosa mentre cammino. 
-Cosa? E perché?-. 
-Perchè tu hai avuto l'idea di dormire insieme. Se fossi stata nella mia stanza avrei sentito la mia sveglia-. 
-Non iniziare a rompermi le palle, Jen-.
-Tu me le rompi in continuazione!-. Prendo una pausa, fermandomi davanti ad una porta. -Questa è la mia classe. Ciao, ti auguro di avere una giornata infernale-. 
Mi volto verso l'aula e metto la mano sulla maniglia della porta quando Justin afferra il mio bacino e mi lascia un bacio sull'incavo del collo. 
-Brutta giornata anche a te, bimba-. 
Detto questo, raggiunge l'aula in fondo al corridoio, scomparendo. 
 
-Quindi domani è il tuo compleanno?-. Domanda per l'ennesima volta Rosalie. 
Annuisco, sedendomi ad uno dei tavoli liberi della mensa. 
-Cos'hai intenzione di fare?-. 
-Cosa intendi?-. 
-Hai intenzione di festeggiare?-. Chiede. 
-Uhm, non direi. Non mi sembra il caso-. 
-Oh, a me si! Dovresti uscire e divertirti per Los Angeles. Ogni teenager vorrebbe farlo se si trovasse in una città come questa-. 
Be', in fondo non ha torto. 
Chi non vorrebbe festeggiare il proprio compleanno a Los Angeles? 
Solo un idiota. 
-Ehi, poi hai chiarito con il tuo coinquilino? Ashley mi ha detto che l'altro giorno vi ha interrotte improvvisamente e poi ti ha vista dare un calcio ad una porta-. Dice, bevendo un sorso d'acqua e guardandomi curiosa. 
-Ehm...si, tutto bene. Non era nulla di grave e comunque non è più il mio coinquilino-.
-Oh, giusto. Cos'era successo?-. 
-Ehm, aveva detto che per quella sera non dovevo entrare in camera perché avrebbe portato una ragazza. Ed io l'ho presa male perché quella era anche la mia camera-. 
Mh, suona convincente. 
-Oh, capisco-. Beve un altro sorso d'acqua, dopodiché fa una strana smorfia. -Parlando del diavolo, spuntano le corna-. Dice divertita indicando Justin seduto al tavolo di fronte al nostro con altri tre ragazzi e una ragazza, Ebonee. 
Possibile che in un mese non abbia conosciuto i ragazzi con cui sta di solito? 
Tra l'altro, uno di loro è molto carino.
Mi volto verso il suo tavolo e vedo Ebonee mentre si struscia sulle sua gambe, dandogli piccoli baci sulla guancia. 
Sento il polpettone salirmi in gola e la rabbia crescere a livelli incredibili. 
Che cazzo gli dice la testa? 
Non può farmi sentire amata e un secondo dopo sta toccando il corpo di un'altra ragazza.
-Sono sicura che tra voi due, prima o poi nascerà qualcosa-. Afferma convinta Rosalie, ridendo maliziosamente. 
-Mh, non penso proprio-. Sorrido amaramente, abbassando lo sguardo sul mio piatto. 
 
Dopo pranzo dico a Rosalie di aspettarmi nella hall per andare a fare shopping. 
Voglio comprare un vestito e sfoggiarlo domani per il mio compleanno. 
Voglio divertirmi e lasciarmi andare e se Justin vuole giocare in questo modo, anch'io lo farò. 
Chiederò a Nick di uscire e farò in modo che Justin assista. 
-Bimba!-. La voce dell'idiota mi intima di fermarmi, così faccio. 
Mi volto verso di lui, guardandolo scocciata e disgustata.
-Dove stai andando?-. Mi chiede sorridendo. 
Alzo un sopracciglio. -A fare in culo. Conosci questo posto? Dovrei mandartici ogni tanto. Anzi, lo faccio adesso-. 
-Che cazzo stai dicendo?-. Aggrotta la fronte, evidentemente confuso. 
Stronzo. 
-Oh, niente. Ti sto solo consigliando un posto da visitare-. Rispondo distrattamente, con fare da menefreghista. 
-Che ti prende?-. 
-Ti ho detto che non è successo niente. Adesso devo andare in camera a prepararmi-. Sorrido. -Se non ti dispiace-. Alzo una mano in segno di saluto, girandomi dall'altro lato. 
Sento i suoi passi farsi più fitti verso di me, fin quando non lo vedo davanti agli occhi mentre mi ostacola il passaggio. 
-Togliti da qui-. Gli intimo infastidita. 
-No-. 
-Che ti dice il cervello?-. 
-Farei la stessa domanda anche a te, Jenny!-. 
-Non chiamarmi Jenny!-. 
-Io faccio ciò che voglio-. 
-Oh, davvero? Da quando? Non lo sapevo...-. 
-Da sempre, Jenny. Se non sbaglio l'altra sera avevo voglia di scoparti, e l'ho fatto. Non è così?-. 
La mia espressione si rabbuia e sento un battito mancare al movimento del cuore. 
Ingoio la saliva e senza dire nulla, proseguo il mio cammino, scansandolo. 
Justin rimane lì in silenzio senza fare nulla. 
È come se anche lui si sia reso conto della cosa che ha appena detto. 
Spero capisca quanto sia stronzo e quando io lo odi.
 
Durante l'intero pomeriggio non faccio altro che pensare alle parole di Justin e all'espressione sghemba che aveva in volto mentre le pronunciava.
Aveva davvero fatto sesso con me perché aveva bisogno di una botta di sesso giornaliera. 
Eppure le sue parole mi avevano manipolata e quasi ho iniziato a pensare finalmente che provava davvero qualcosa per me. 
Sembrava così sincero. 
Neanche i mille vestiti provati nei vari camerini dei negozi più in di Los Angeles mi hanno distratta. 
Mi guardo allo specchio e vedo la ragazza cretina che è cascata nella trappola di uno stronzo patentato. 
-Allora compri questo?-. Mi chiede Rosalie, indicando un vestito color corallo appoggiato sul bancone del negozio. 
-Si-. Annuisco, sorridendo forzatamente. 
-Bene-. 
Ci avviamo alla cassa e la commessa ci mostra il conto. 
Ritorno in camera con una busta contenente un vestito, delle scarpe e del blush. 
Ho finito il mio qualche giorno fa e senza non posso vivere.
Sistemo la roba nell'armadio per poi farmi una doccia e mettermi a letto.
Regolo la sveglia affinché l'indomani suoni alle otto del mattino e spengo la luce.
Nel momento in cui sto per chiudere gli occhi, qualcuno bussa alla porta. 
Sbuffo, riaccendendo la luce e alzandomi dal letto. 
Chi sarà a quest'ora? 
Sono le undici di sera...a quest'ora tutti dovrebbero essere nelle proprie camere. 
Dovrebbero, appunto. 
Apro la porta e in una fazione di secondo Justin si infila in camera, chiudendo la porta lentamente senza far rumore. 
Mi intima di fare silenzio ed io, seppure ho l'impulso di urlargli un miliardo di parolacce, eseguo il suo ordine. 
-Che cosa vuoi?-. Domando, incrociando le braccia al petto. -Sei fuori oltre il coprifuoco. Rischi l'espulsione-. 
-Non mi ha visto nessuno e se abbassi la voce riuscirò a scamparla-. 
Sbuffo. -Che vuoi?-. Ripeto.
-Spiegazioni-. 
-Oh, io non devo darti nessuna spiegazione. Tu piuttosto...me ne hai già date abbastanza-. Dico, riferendomi alle parole di quel pomeriggio. 
-Hai capito male, Jen. Non era quello che volevo dire-. 
-E cosa volevi dire? Non penso che si può essere così stupidi da dire una cosa per un'altra-. 
-Be', io lo sono, okay? Non volevo dirti quelle cose. Ero solamente infastidito dal fatto che tu mi respingessi in quel modo senza motivo ed io sono orgoglioso. -troppo, direi-, e avevo solamente bisogno di rinfacciarti qualcosa che ti avrebbe ferita-. 
-È questo il punto, Justin!-. 
-Quale sarebbe? Non ti seguo-. 
-Il punto è che tu avresti voluto ferirmi solo perché non riuscivi ad accettare qualcosa. Tu non dovresti volere una cosa del genere. Anzi, al contrario, dovresti fare in modo che non accada mai-. 
-Ma noi non siamo fidanzati, Jenny-. 
Sussulto. -Lo so, ma non dovresti comunque-. Sussurro flebile e delusa.
-Io non la penso così-.
-Quindi stai dicendo che per essere felice devi farmi stare male in qualsiasi modo ti è possibile?-. 
-N-no-. Balbetta confuso e spaesato. -Non intendevo dire questo-. 
-Be' penso che tu debba davvero prendere in considerazione la mia proposta di frequentare corsi serali perché dici cose contraddittorie l'una dall'altra-. 
Sospira, appoggiandosi all'orlo della scrivania. 
-Puoi andartene adesso-. Sbuffo infastidita e scocciata. 
-Non voglio andarmene, non prima di scoprire perché ti sei comportata in quel modo oggi pomeriggio-.
-E se non volessi dirtelo?!-.
-Sarebbero problemi tuoi. Sai quanto posso essere fastidioso-. 
Roteo gli occhi. -Facciamo una cosa-. Esclamo annoiata. -Pensa su ciò che hai fatto oggi, rifletti. Quando capisci perché ho reagito in quel modo, mi chiami. Nel frattempo dormo-. Sorrido con isteria, sdraiandomi sul letto. 
-Non ti seguo-. 
-Lo immaginavo...tu non capisci mai-. 
-Sei tu che non ti spieghi-. 
-Io non devo fare un bel niente, Justin. Sai che ti dico? Esci dalla mia camera, non voglio avere più nulla a che fare con te-. 
-Mi sembra di aver già vissuto questa scena-. Sorride malizioso. 
-Me ne sbatto altamente. Adesso lascia la mia stanza-. Indìco la porta ma lui non accenna neanche a seguire con gli occhi la direzione indicatagli. 
-Ti ho già ribadito che non me ne vado fin quando non mi dirai il motivo del tuo comportamento-. 
Sbuffo. -Vuoi davvero saperlo?-. 
Annuisce. 
-Bene. Mi sono comportata in quel modo perché la troia di Ebonee in mensa ti si strusciava addosso. Io non sopporto tutto questo, e se per te la situazione in cui noi ci troviamo è normale...allora sono io che sto impazzendo pian piano-.
-Ebonee-. Ripete, scuotendo la testa. -Avrei dovuto immaginarlo-. 
-Troppo tardi-. 
-Non è mai troppo tardi, bimba-. 
-Io dico che è così-.
-E perché ne sei così convinta?-. 
-Perchè non ci sarà più nulla tra di noi. Abbiamo scopato, bene. Non fa niente, cercherò di dimenticarlo anche perché per te è stata la solita routine di base. Devo confessarti che per me non lo è stato. È stato bello e...significativo. Me ne farò una ragione. In fondo tra due mesi io ritornerò in New jersey e non ci vedremo più. Quando ritornerò a casa forse penserò che sarebbe stato meglio se non ti avessi incontrato, ma adesso ne sono felice perché, andiamo, ho fatto sesso per la prima volta! È stato figo-. Concludo esaltata. 
Justin mi guarda confuso. -Non dire cazzate. Non è stata routine di base per me quella notte, te l'ho già detto-. 
-Allora cos'è stato?-. 
Posa lo sguardo altrove e si passa una mano tra i capelli e la lingua sul labbro inferiore. -Non lo so-. 
-Be', io lo so e non penso tu possa vantartene. Adesso devo dormire perché domani devo svegliarmi presto. Buonanotte e grazie per la visita-. Sorrido, avvicinandomi e cercando di spingerlo. 
Nonostante metta tutte le mie forze nella spinta, lui resta immobile, con le braccia incrociate, appoggiato alla scrivania.
-Jenny, è uno sforzo inutile-. Ride sghembo. 
-C'ho provato-. Alzo le mani in segno di resa. 
Lui ride. 
-Non ridere, Justin. Non c'è nulla da ridere-. Lo riprendo infuriata. 
-Io ti trovo buffa, quindi rido-. 
-Allora fallo al di fuori della mia stanza. La visuale del tuo sorriso mi irrita-. 
-Sono molte le cose che ti irritano di me, Jen. Dovresti smetterla di dirmelo ogni volta che ci incontriamo-.
-Io trovo necessario farlo ogni volta-.
Si avvicina e, ignorando le mie parole, posa le mani sui miei fianchi e mi spinge verso di lui. 
Mi lascia un bacio sull'incavo del collo ed io chiudo gli occhi, estasiata a quel contatto.
-Jen...-. Sussurra con la testa appoggiata al mio collo. -...penso di non aver provato una cosa simile con nessun'altra. È strano per me perché non sono mai stato così legato ad una ragazza-. 
Metto le mani sul suo petto e lo respingo via. 
Prendo un respiro profondo mentre lo vedo guardarmi confuso. 
-Che succede?-. Domanda spaesato e torvo al tempo stesso. 
-Succede che non sta succedendo niente di quello che dovrebbe succedere-. Esclamo frustrata, passandomi una mano trai lunghi capelli. 
-Cosa? Spiegati-. 
-Non c'è nulla da spiegare Justin-. Sospiro. -Semplicemente non dire cose come queste, non dire che stai bene quando sei con me perché io ci crederò e andrò a letto sorridendo stasera pensando alle cose carine che mi dici mentre mi baci. È successo anche l'altra volta e ci sono rimasta di merda. Non voglio che accada ancora perché non voglio essere stupida e credere alle tue parole-. 
-Cosa stai...-. 
-Mi abbindolerai con le tue parole...-. Lo interrompo. -...e finiremo a letto insieme. Se è questo che vuoi, hai sbagliato persona, Justin-. 
Sento gli occhi pizzicarmi e il cuore battere a mille. 
Ho avuto un gran coraggio a dirgli come stanno realmente le cose. 
O almeno come penso che stiano.
-Hai detto una miriade di stronzate-. Afferma non togliendomi gli occhi di dosso. 
-È semplicemente ciò che penso e di fatto è sempre quello che succede-. 
-Non è vero-. 
-Stai negando di essere andato a letto con Ebonee la sera dopo la nostra...ehm, scopata?-. 
-No! Ma non è stato così, come lo descrivi tu...e la nostra non è stata una scopata...-. 
-E allora cos'è stato?-. 
-Non lo so-. Risponde, dosando le parole. 
-Ecco, non sai mai niente. Non sappiamo mai niente-. Sospiro, alzando lo sguardo su di lui. -Noi cosa siamo, Justin?-. 
Sussulta alle mie parole, come se gliele abbia dette senza preavviso e lui non se l'aspettava. 
Ma è una domanda che non posso evitare. 
Io penso di provare qualcosa più grande dell'amicizia per lui, anche se tra me e lui non c'è mai stata amicizia. 
Penso sia stato un rapporto di amore e odio sin dall'inizio e adesso, a circa un mese dal nostro primo incontro, non sono ancora in grado di descrivere e dare un nome al nostro rapporto. 
-Non lo so, Jennifer. Non so cosa siamo-. Scuote la testa per poi alzare gli occhi su di me. -So solo che non c'è nulla come me e te...insieme-. 
Sussulto a queste parole e per un attimo penso di essere stata tele trasportata in un'altra dimensione e Justin sia stato solo frutto della mia fantasia. 
Ma lui è ancora davanti a me mentre, imbarazzato passa la lingua sul suo labbro inferiore. 
-Insomma...-. Riprende. -Siamo sempre l'uno contro l'altra e abbiamo sempre qualcosa da rimproverarci a vicenda ma penso che il nostro sia uno dei rapporti più belli che io abbia mai avuto con qualcuno-. 
-Stai dicendo che ti piace litigare?-. 
-No, solo che mi piace il momento in cui facciamo pace. È bello vedere come improvvisamente ti addolcisci e diventi rossa in viso, diventando stranamente goffa-. 
Guardo altrove intimidita e sento le guance andare a fuoco. 
Spero di non essere arrossita. 
-Ecco, come adesso!-. Esclama, indicandomi. 
Troppo tardi, Jenny. 
Si avvicina e appoggia le sue mani sul mio viso, strofinandole leggermente e delicatamente.
Sento il suo profumo inebriarmi le narici e il suo tatto mi rilassa. 
-Se non l'hai capito...-. Si schiarisce la voce. -...tocca a te dire qualcosa-. 
Abbasso lo sguardo e sorrido. 
Con la coda dell'occhio vedo sorridere anche lui e subito penso che pagherei per vederlo sorridere in quel modo ogni secondo della mia giornata. 
È uno spettacolo meraviglioso. 
-Non c'è nulla che io possa dire, Justin-. Sussurro. -Solo i fatti potrebbero dimostrare cosa provo in questo momento-. 
-E cosa provi adesso?-. Un sorriso  sincero si increspa sul suo viso.
Senza assumere alcuna espressione in volto, appoggio le mie labbra sulle sue. 
Cinge la mia vita con le sue mani e mi trascina sul letto, facendomi sedere sulle sue ginocchia. 
-Sai Jenny...-. Un bacio sul collo. -...ti sottovalutavo-. Un altro bacio. -...oltre ad essere irritante...-. Bacio. -...sei anche sexy-. Un altro ancora. 
Sorrido sui suoi capelli, prendendo il suo viso tra le mani e, dopo aver osservato per un istante i suoi occhi, torno a baciarlo. 
Penso faremo qualcosa di poco legale stanotte.





 Habemus Papam.
No, okay.
Come avrete capito per questo capitolo mi
sono ispirata a Nothing Like Us di Justin Bieber, ovviamente.
Spero che non vi abbia deluse né annoiate e che
recensiate questo capitolo. Vorrei sapere cosa ne pensate e se
vale la pena leggere questa storia!
Aggiorno non appena questo capitolo riceverà recensioni!
Un bacio, notperfect. <3
Ps. Chi va al concerto? Potremmo conoscerci!


 

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Capitolo 12
*** Happy b-day to me! ***


Happy b-day to me!

-Bimba...-.
Sento un sussurro dolce e basso e il respiro di Justin sulla mia guancia. 
Apro gli occhi lentamente ritrovandomi davanti ad uno spettacolo meraviglioso: due occhi color miele mi scrutano dolcemente dall'alto. 
Sorride e mette in mostra la sua dentatura perfetta mentre una fossetta si crea al lato della bocca. 
Non posso fare altro che morire dentro e sorridere, facendo finta che tanta perfezione e tanta bellezza non abbiano alcun effetto su di me. 
-Ciao-. Dico con la voce ancora impastata dal sonno. 
-Ciao-. Ricambia il saluto, stampandomi un bacio sulla fronte. 
Mi sembra di essere in paradiso. 
Sul serio.
-Che ore sono?-. Chiedo, strofinandomi gli occhi. 
-Le sei e mezzo del mattino-. 
-E perché sei già sveglio?-.
-Non lo so, non riuscivo a dormire stanotte-. 
-Oh...-. Sussulto. -Sai cos'è oggi, vero?-. Mi alzo a mezzo busto inviandogli un'occhiata severa. 
Se non sa che oggi compio gli anni, lo concio per bene!
Gliel'avrò ripetuto almeno un miliardo di volte nell'ultimo mese. 
-Mh, non saprei...-. Sorride. -Forse è Natale-. 
-Divertente, Justin. Siamo a luglio, dovrai aspettare altri cinque mesi per festeggiare il Natale. E poi oggi è qualcosa di più importante-. 
-Esiste qualcosa più importante del Natale?-. 
-Ehm, non direi. Oggi è un giorno simile-. 
-Non so proprio a cosa ti riferisci-. Scuote la testa, fintamente pensieroso e quasi gli scappa un ghigno. 
-Justin...-. Esclamo. -Fammi gli auguri, adesso!-. Gli ordino divertita e infuriata al tempo stesso. 
-Oh, quindi parlavi dell'epifania!-. 
Alzo un sopracciglio, evidentemente infastidita e compiaciuta. 
Mi alzo dal letto e gli lancio un cuscino addosso. -Sei un idiota-. 
Ride rumorosamente sedendosi sull'orlo del letto. Poggia le sue mani sui miei fianchi e mi spinge verso di sé. 
-Scherzavo-. Scrolla le spalle per poi farmi sedere sulle sue ginocchia. -Non ti trovo irritante fino al punto di paragonarti ad una...befana-.
-Scherza di meno la prossima volta-. 
-D'accordo-. 
Mi da un bacio sulla guancia e poi sull'incavo del collo. 
Passano alcuni istanti di silenzio fin quando decido di parlare. 
-Ehm...-. Incrocio le braccia al petto. -C'è qualcosa che vorresti dirmi?-. 
Sorride. -Buon compleanno, bimba!-. 
Roteo gli occhi, sbuffando. 
Mi attira a se e stampa un bacio sulle mie labbra. 
-Non devi chiamarmi così! Ho diciassette anni adesso-. Mi lamento, staccandomi da lui. 
-Non penso che le tue lamentele funzionino, bimba. Non so se riuscirò a smettere di chiamarti in questo modo-. 
-Non capisco davvero cosa ci trovi di divertente nel chiamarmi 'bimba'-. 
-Tutto. La tua faccia imbronciata e la tua reazione infastidita...e poi tu mi dai l'impressione di una piccola e sexy bimba-. 
-So che sono sexy, Justin. Non c'è bisogno che tu lo dica-. Scrollo le spalle, sorridendo. 
Mi alzo e mi dirigo verso il bagno. 
-Ehi, non farti complimenti da sola!-. Esclama divertito. 
-Tu lo fai in continuazione!-. 
-Ma io posso farlo-. 
-Allora posso farlo anch'io-. 
Chiudo la porta del bagno, ritrovandomi a fissare il mio riflesso nello specchio. 
Mi avvicino e appoggio le mani sul bordo del lavandino. Sospiro pesantemente e l'unica cosa che posso dirmi è 'Cazzo, ho fatto sesso con Justin Bieber, il più voluto e desiderato di tutta Los Angeles'. 
Certo, come no. 
Le uniche ragazze che potrebbero essere attratte da Justin sono le galline psicopatiche che frequentano questa scuola. 
Naturalmente io sono l'unica eccezione, non c'è bisogno di ribadirlo ogni volta che ne ho l'occasione. 
Eppure sono stata nel suo stesso letto già due volte.
Faccio una doccia e quando esco dal bagno sono solo in biancheria. 
-Non mi stai chiedendo di chiudere gli occhi?-. Esclama divertito e fintamente sorpreso. 
Alzo un sopracciglio mentre vado verso l'armadio. -Sono stanca di ripetertelo. Tanto non lo fai mai!-.
-In fondo in due giorni ho esplorato ogni parte del tuo corpo-. 
Non ricordarmelo!
Non dico nulla. 
Prendo una maglietta e dei jeans dall'armadio e me li infilo. 
-Piccola, ti sei arrabbiata?-. Mi chiede, avvicinandosi. 
-No. Perché dovrei esserlo?-. 
Scrolla le spalle, andando in bagno. 
Certo che sono arrabbiata! 
In realtà sono furiosa, imbestialita e infuriata con me stessa, non ho resistito al suo fascino, mi sono lasciata influenzare dai suoi modi di fare così perfetti. 
Esce dal bagno indossando i vestiti della sera precedente. 
-Andiamo?-. Domanda, sorridendo. 
-Andiamo-. 
Ci dirigiamo verso la mensa per fare colazione e come al solito Ebonee è seduta al tavolo dove Justin siede di solito con tre ragazzi.
-Justin!-. Ebonee fa cenno a Justin di raggiungerla.
Justin mi guarda per poi sorridermi. 
Mi prende per mano e mi trascina fino al suo solito tavolo. 
-Ragazzi-. Fa cenno col capo ai tre ragazzi seduti lì, mentre evita completamente Ebonee. 
Un po' mi fa pena, povera ragazza. 
-Perchè vi tenete per mano?-. Chiede uno di loro guardando confuso prima me e poi Justin. 
Justin bofonchia per qualche secondo dopodiché volge lo sguardo su di me. 
Ci guardiamo negli occhi e in un attimo ci lasciamo la mano.
Imbarazzato si schiarisce la voce. -Volevo presentarvi Jennifer, la mia coinquilina-. 
-Ex coinquilina-. Correggo. 
-Ciao, Jennifer!-. Esclama un ragazzo dai capelli  biondi riuniti in una cresta. -Sono Ryan-. 
-Lil, piacere di conoscerti-. Ha la carnagione scura ed ha un paio di occhiali che si scuriscono al sole. 
-Chaz-. Ha un sorriso davvero cordiale. È carino. 
Stringo la mano ad ognuno di loro, sorridendo. 
Penso di aver dato l'impressione di un ebete. Ho un sorriso stampato sul volto che farebbe concorrenza anche a quello di Justin quando guarda una sfilata di Victoria's Secrets. 
In realtà in occasioni del genere Justin si alzerebbe dal divano con molta fatica per problemi, ehm, tecnici. 
-A me non la presenti?-. La voce stridula di quella troietta mi invade le orecchie e quasi mi si rompono i timpani. 
Non le hanno mai detto che dovrebbe accertarsi di avere delle autentiche corde vocali anziché una tromba?
-Se proprio insisti...-. 
-Sono Jennifer-. Interrompo Justin e sorridendo stringo la mano ad Ebonee. 
Quest'ultima me la stringe con fare superbo mentre Justin mi guarda sospetto e sorpreso. 
-Ebonee-. Dice per poi ritornare a sedersi composta. 
Ci sediamo al tavolo e c'è un silenzio tombale che Justin decide di rompere. 
-Sapete, oggi è il compleanno di Jenny!-. Esclama pimpante. 
Sorrido e abbasso lo sguardo, intimidita. 
-Oh, davvero?-. Domanda Ryan. -Auguri!-. 
-Quanti anni compi?-. Chiede Lil. 
-Diciassette-. 
-Oh, sei piccola!-. 
Sgrano gli occhi, facendo ridere Justin. 
Penso sia un morbo che ha contagiato tutto il branco degli amici di Justin quello di definirmi 'piccola' o 'bimba'. 
-Esatto, è una bimba-. Aggiunge Justin ridendo. 
-Non sono una bimba, Justin!-. Mi lamento divertita. 
-Si, lo sei!-. 
-Ma ne abbiamo parlato e a diciassette anni compiuti non lo sarei più stata-. 
-Pensavo di averti detto che avrei continuato a chiamarti in questo modo! Non dire cose che non ho mai detto-. 
-Be', se non l'hai detto prima, dillo ora!-. 
-No, io...-. 
-Woah!-. Esclama Chaz. -Calmatevi-. 
-Già, sembrate due adulti sposati che litigano per chi deve portare fuori la spazzatura-. Aggiunge Lil.
Sto per ribattere per poi decidere di tacere e continuare a mangiare.
Justin si gira verso di me sorridendo e anch'io faccio altrettanto. 
Da quando siamo diventati così patetici?
Chaz inizia a parlare di una partita di basket finita male per i Lakers. 
Seguono alcuni commenti da parte dei quattro ragazzi mentre Ebonee stranamente resta in silenzio, consumando la sua colazione. 
Penso che Justin mi abbia presentato i suoi 'amici' per ciò che gli ho detto l'altra volta. 
È stato carino da parte sua. 
-Allora...-. Sbotta improvvisamente Ebonee e dalla sua espressione posso capire che sta per dire qualcosa di poco pertinente. -...voi due siete solo amici?-. Si rivolge a me e Justin.
Ecco, come non detto. 
Sento lo stomaco ritorcersi e il cibo bloccarsi in gola. 
Tossisco, per poi bere un sorso d'acqua. 
-Siete solo amici?-. Ripete. 
-S-si-. Risponde immediatamente Justin. -...solo amici-. 
Le ultime parole sono un sussurro e mentre le pronuncia si volta verso di me e velocemente ritorna a guardare Ebonee. 
Ingoio la saliva e sento le mani sudare, il cuore battere forte e le pareti dello stomaco sbattere l'una contro l'altra. 
-Già, solo amici-. Annuisco sorridendo. 
Sento la mia dignità finire giù per lo scarico del mio stato d'animo. 
Dire che sono felice è come dire che Taylor Lautner è uno scherzo della natura. 
 
Dopo le lezioni io e Rosalie ci avviamo verso la mensa parlando di ciò che faremo questo pomeriggio e questa sera per festeggiare il mio compleanno. 
-Io opterei per quel pub alla fine della strada che abbiamo scoperto l'altro giorno-. Dice allegramente. 
-Ehm, pensavo fosse un club di spogliarelliste-. 
Ride. -Sei un'ingenua, Jen-. 
-Ci sono sempre ragazze mezze nude li fuori. È questa l'impressione che ho avuto!-.
-Allora potremmo andare in giro per Los Angeles e quando avremmo trovato un locale che possa soddisfarti, entriamo. Che ne dici?-.
-Uhm, sono d'accordo!-. 
-Bene, è deciso. Vado ad avvisare Ashley, Emily e Allison-. 
Svolta a destra verso la sua camera mentre io proseguo dritto verso la mia. 
-Jennifer!-. Una voce familiare mi chiama ed io sono costretta a girarmi. 
-Nick!-. Sorrido. -Come va?-. 
-Bene-. Sospira, fermandosi a qualche centimetro da me. -Ho saputo che oggi è il tuo compleanno-. 
-Esatto. Sono una diciassettenne adesso-. 
-Già...be' volevo augurarti un buon compleanno-. 
-Grazie, sei stato carino-. Sorrido come un'imbecille, abbassando lo sguardo sulle mie scarpe. 
Potrei anche aver vissuto diciassette anni fino ad ora ma i miei modi di fare sono ancora quelli di una bambina di sei anni al suo primo giorno di scuola. 
-Non c'è di che. Dove andrete tu e Justin?-. 
-Cosa? Io e Justin?-. Sgrano gli occhi e per poco mi affogo con la saliva. 
-Si, tu e...Justin. State insieme, no?-. 
Prima che possa rispondere con 'si' o 'no', il nominato entra in scena. 
Possibile che Justin sia sempre con me durante le situazioni meno opportune?
È come se lo attirassi durante i momenti più imbarazzanti della giornata. 
-Ciao Nick-. Esclama, facendo un cenno col capo e affiancandomi. 
-Le stavo solamente facendo gli auguri per il suo compleanno, mantengo anche le distanze-. Scherza Nick. 
-Sono contento che hai ottime capacità di apprendimento. Mi stupisci, Adams-. 
-Di' meno stronzate, Justin. Sarà meglio per entrambi-. 
-Questa sarebbe una minaccia?-. Ride rumorosamente. 
-No, solo un avvertimento. E se non ti dispiace, Jennifer stava per rispondere alla mia domanda-. Nick posa lo sguardo su di me. 
Lo guardo spaesata e sorridente al tempo stesso e sembra quasi che stia per avere una crisi isterica. 
-Ehm...-. Bofonchio. -Non andiamo da nessuna parte, io e Justin. In fondo siamo solo amici e preferisco stare con altre persone-. Spiego. -Conosci Allison, Ashley, Rosalie e Emily, giusto?-. 
Nick annuisce. 
-Bene, se vuoi puoi unirti a noi stasera-. 
-Non saprei. In realtà domani ho un aereo per Boston. Ritorno a casa per tre giorni per il compleanno di mia sorella-. 
-Oh...-. Sussulto interessata. -Non fa niente. Potremmo festeggiare al tuo ritorno-. Sorrido a trentadue denti. 
Justin osserva la scena disorientato e confuso e sembra essere anche un po' infuriato. 
-Ora devo andare-. Annuncio. -Ci vediamo in giro-. 
Nick mi abbraccia ed io ricambio. 
Non appena Nick svolta l'angolo, scomparendo, mi volto verso Justin. 
-Oh, ciao Justin!-. Saluto felice. -Non avevo notato ci fossi anche tu. Sai com'è, non mi saluti mai quando entri in un un mio discorso con un mio amico-. 
Scuote la testa, confuso. -Che ti è saltato in mente?-. 
-Cosa intendi?-. Inizio a camminare verso la mia camera e lui segue ogni mio passo. 
-Tutto! Hai detto quelle cose a Nick e per di più l'hai anche abbracciato! Dovrai disinfettarti prima di darmi un bacio-. 
-Oh ma non accadrà-. 
-C-cosa? Che vuoi dire?-. 
-Che non ti darò un bacio-. Dico con ovvietà aprendo la porta della mia stanza. 
Justin entra con fare arrabbiato e spontaneo. 
-Oh, entra pure Justin-. Esclamo, gettandomi sul letto. 
-Perché?-. Chiede, ignorando le mie parole. 
-Perchè gli amici non si scambiano saliva da un momento all'altro-. 
-Ma...-. Bofonchia per poi azzittirsi. 
Scrollo le spalle facendo una strana smorfia. 
Se vuole comportarsi come se di me non se ne importi nulla, allora giocherò il suo stesso gioco.
Anzi,sarò più brava di lui a muovere le pedine e riuscirò a fare scacco matto. 
-Dovrei prepararmi per stasera, puoi uscire di qui?-. Chiedo, indicandogli la porta. 
-Fammi capire: sono solo un amico per te?-. Mi domanda, ignorando le mie parole. 
-Justin l'hai affermato questa mattina davanti ai tuoi amici. Non ricordi? Ora soffri anche di amnesia? È grave alla tua età-. 
-Non parlare a vanvera, mi infastidisci-. Prende una pausa. -E comunque l'ho detto solo perché non ero sicuro di ciò che siamo, Jenny-. 
-E adesso lo sei? Anzi, non dirmelo. Non mi interessa. Non sono il tuo burattino, non puoi farmi agire maneggiando dei fili-. 
-Cosa?-. 
-Tu ti comporti come se io vivessi solo per te. Non è così. Non faccio determinate cose solo perché vuoi che le faccia. In fondo ci conosciamo solo da un mese e qualche giorno!-. 
-E con questo cosa vuoi dire?-. 
-Voglio dire che non sto ai tuoi cambiamenti di umore e di idee. Se a colazione hai detto che siamo amici, lo siamo e lo saremo. Non c'è molto altro da spiegare. Ora esci dalla mia stanza-. Mi alzo dal letto e inizio a prendere della biancheria pulita dal cassetto. 
-Sei impossibile, Jenny. Sul serio. Sei la persona più lunatica che abbia mai conosciuto!-. 
-Non penso tu sia nelle giuste condizioni per giudicarmi-. 
-Bene, perché sono stanco di tutto questo! Sono stanco di vederti arrabbiata ogni secondo perché non ti sta bene ciò che faccio o dico-. Sbuffa. -Divertiti stasera-. 
Esce dalla stanza, sbattendo la porta con forza. 
Scacco matto, Jennifer!
Resto pietrificata tanto da non essere in grado neanche di sbattere le palpebre. 
Non avrei mai pensato che potesse reagire in questo modo. 
Anche perché fino a due minuti fa ero convinta di avere ragione. 
Ma ho imparato che lui è un gran manipolatore in grado di capovolgere sempre la situazione a suo favore. 
Entro in doccia e mentre le gocce solcano il mio corpo sento addirittura i sensi di colpa. Indosso il vestito acquistato con Rosalie il giorno precedente e raggiungo la Hall dove ho appuntamento con le ragazze. 
 
Passiamo l'intero pomeriggio per i negozi di Los Angeles fino alle nove e un quarto circa. 
-Entriamo qui!-. Suggerisce Allison, indicando un pub ornato da un'insegna con su scritto 'Heaven'. 
Tutte siamo d'accordo. 
Entriamo e ci sediamo su delle poltrone bianche in pelle che circondano un tavolino in vetro. 
Ordiniamo da bere e Rosalie ed Emily non fanno altro che urlare alle persone che è il mio compleanno. 
È imbarazzante. 
Ad un certo punto della serata decidiamo di andare a ballare in pista. 
Vedo le ragazze ridere e divertirsi e anche io cerco di farlo, ma non ci riesco. 
Dovrei essere la ragazza più felice del mondo in questo momento ma non è così. 
Sento che Justin dovrebbe essere qui ma, nonostante lo cerchi con lo sguardo, non scorgo i suoi occhi caramellati da nessuna parte.  
Improvvisamente mi fermo e porto le ragazze in un angolo appartato. 
-Che succede?-. Esclama preoccupata Emily. 
-Già, che succede, Jennifer?-. Urla Allison. Penso sia ubriaca. 
-Io...io devo ritornare al campus-. Annuncio con preoccupazione, confusione e frustrazione negli occhi. 
-Cosa?-. Sbotta Ashley. -Perchè?-. 
-Perchè ho bisogno di...fare una cosa. Devo fare una cosa-. 
-Ma è il tuo compleanno!-. Sottolinea Emily. 
-Già, è il tuo compleanno-. Segue Allison, ubriaca. 
-Lo so. Mi dispiace. Continuate a divertirvi. Ci vediamo domani mattina...e non fate tardi, la signora Anderson ci ha concesso di stare fuori fino alla mezza-. 
-D'accordo-. Sbuffano. 
Detto questo, raggiungo l'uscita del locale e corro verso la scuola che è a pochi isolati da lì. 
Sfilo le scarpe e le mantengo con le mani mentre salgo le scale fino a raggiungere il dormitorio maschile. 
La camera di Justin è la quarta del corridoio e in pochi secondi sono già lì fuori. 
Busso più volte e prepotentemente. 
-Chi diavolo è?!-. Sento la voce di Justin farsi più vicina fin quando la porta si apre. 
Apro la bocca per dire qualcosa ma le parole mi muoiono in gola, come se d'un tratto avessi perso il coraggio e la codardia mi avesse invasa in un secondo. 
Sgrana gli occhi e mi guarda confuso. -Che ci fai qui?-. 
-Io...-. Sbuffo. 
Cosa devo dirgli? 
Che ho pensato a lui per tutta la serata?
Che voglio baciarlo giusto in questo momento?
-...tu?-. Justin aguzza la vista verso di me, incrociando le braccia al petto e appoggiandosi allo stipite della porta. -Dovresti continuare la frase...nel caso non lo sapessi-. 
Sorrido lievemente, abbassando lo sguardo e contorcendomi le dita. 
Ritorno a guardarlo e questa volta trovo il coraggio che mi ha abbandonata qualche minuto fa. 
-È il mio compleanno, compio diciassette anni e avrei voluto festeggiarlo nel migliore dei modi...-. 
-Sei uscita con le tue oche-amiche. Cos'altro vuoi di più?-. 
-Non interrompermi-. 
Alza le mani in segno di resa ritornando poi ad intrecciarle al petto. 
Schiarisco la voce, intimidita. -Stavo dicendo...è il mio compleanno e voglio passarlo nel migliore dei modi con chi voglio, con persone con cui amo stare. E tu sei una di quelle. In realtà sei l'unico-. Spiego. 
Do un grande sospiro. -Ecco, l'ho detto...io...mi dispiace per ciò che è successo prima. Non dovrei arrabbiarmi così spesso ma...ma io non riesco a non farlo. Mi infastidisce sapere che non provi ciò che provo io nei tuoi confronti-. 
-E tu cosa provi?-. 
-Io...io non lo so di preciso. Io mi sono affezionata a te più di quanto avessi creduto possibile e non penso di voler essere solo una tua amica, Justin. Questo non significa che voglia darmi fuoco, certo...ma...-. Sospiro e lui sorride intenerito e divertito. -...Tu sei il ragazzo più bello, affascinante e irritante che abbia mai conosciuto durante la mia breve vita...-. Dico, marcando l'aggettivo 'breve', facendolo sorridere. -...e spero che tutto questo basti per farmi perdonare perché mi sto sentendo davvero in imbarazzo e potrei arrossire da un momento all'altro. Inoltre non ho mai detto una cosa del genere a nessuno e il mio orgoglio si è appena frantumato, quindi...-. 
-Mi stai facendo venire mal di testa, Jenny-. Mi interrompe. -Chiudi la bocca, dannazione-. Esclama. 
In un secondo trovo le sue labbra incollate alle mie e una sensazione di piacere invadermi lo stomaco. 
Si stacca, per poi guardare l'ora sul suo orologio. -Considerando che sono le undici e mezza, abbiamo solo mezz'ora per trovare una torta e delle candeline-.
Trattengo per un attimo il respiro dopodiché afferro una sua mano e lo trascino, correndo, verso l'uscita della scuola. 
Arriviamo fuori un bar che sta per chiudere. 
Entriamo velocemente e Justin compra un dolcetto avvolto in della carta rosa e azzurra. 
Ci sediamo su un muretto poco distante dal negozio. 
Dinnanzi a noi si estende un panorama meraviglioso dominato dal mare e dalle palme che tratteggiano la spiaggia. 
Poggia una candelina gialla sulla panna che è sulla punta del dolce e l'accende. 
-Esprimi un desiderio-. Alza lo sguardo su di me, sorridendomi e avvicinando il dolcetto al mio viso. 
Ricambio il suo sorriso. 
Chiudo gli occhi e soffio la candela. -Fatto-. 
Dividiamo il dolcetto in due parti e lo mangiamo. 
Passano alcuni minuti di silenzio. 
-Grazie-. Sussurro, voltandomi verso di lui. 
-Per cosa?-. Sorride, confuso. 
-Per aver reso questo compleanno il più bello di tutti-.
Lo vedo trattenere il respiro per poi sospirare e sorridere. 
Scuote la testa, divertito.
-Perchè ridi?-. Chiedo. 
-Penso al discorso che mi hai fatto prima, fuori la mia stanza-. 
Arrossisco e per l'imbarazzo copro il mio viso con le mani. 
-Non devi imbarazzarti!-. Esclama allegro, dando alla mia spalla una piccola spinta con la mano. -È stato carino. Sembravi dolce-. 
-Io sono dolce-. 
-Mh, avrei dei dubbi a riguardo. Ma devo dire che hai dei momenti di dolcezza e normalità alcune volte-. 
Alzo un sopracciglio, infastidito. -Perchè devi rovinare un momento del genere?-. 
-È nella mia natura rompere le palle, ricordi?-. 
Annuisco e rido, seguito da lui. 
Guardo l'orologio. -È mezzanotte e venti. È meglio rientrare-. 
-Andiamo!-. Esclama pimpante alzandosi in piedi. 
Appoggia un braccio sulla mia spalla e, stringendomi a se, raggiungiamo la scuola. 
Non è stato solamente il compleanno più bello che abbia mai festeggiato ma anche il giorno più bello che abbia mai trascorso.










 Hellooooo!
Spero che questo capitolo vi sia piaciuto!
Scusate se ho aspettato tutto questo tempo prima di
pubblicarlo…insomma, non è da me!
Però mi aspettavo più recensioni…spero che non vi stia
man mano annoiando!
Anyway…continuo non appena questo capitolo riceverà
mooolte recensioni! Cioè…almeno 10.
Un bacio, notperfect. <3

 

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Capitolo 13
*** Can you feel the love? ***


Can you feel the love?

 -Jenny...-. 
Sento sussurrare il mio nome dolcemente mentre una mano accarezza la mia guancia, facendomi gemere. 
Una risata flebile risuona armoniosamente nelle mie orecchie e decido di aprire gli occhi. 
-Che succede?-. Chiedo con la voce impastata dal sonno, aguzzando la vista verso Justin. 
Rimane a fissarmi per qualche secondo, dopodiché apre bocca. -Stavi dormendo?-. 
Alzo un sopracciglio, strofinandomi gli occhi con le mani. -Mi prendi in giro?-. 
Ride. -Sul serio...non sembrava stessi dormendo-. 
-No, infatti! Ero sveglia e montavo un elefante ma tu non te ne sei accorto-. Dico acida. 
-Anche la notte sei così odiosa?!-. 
-Non c'è un orario in cui la mia acidità viene fuori-. 
-Hai ragione, tu sei irritante sempre-. 
Mette le mani dietro la sua nuca e guarda il soffitto. 
È stata una sua idea dormire insieme in camera mia e devo dire che è la sua prima giusta idea. 
Non abbiamo fatto nulla stanotte, abbiamo solamente dormito insieme come due notti fa. 
È bello sentire il suo braccio stringere attorno alla mia vita e il suo respiro sul mio collo. 
Per fortuna non russa. 
Sbuffo evitando le sue parole e guardo la sveglia. 
Segna le tre del mattino.
-Perché mi hai svegliata?-. Domando, girandomi verso di lui.
-Stavo pensando-. 
-A cosa?-. 
-A quello che mi hai detto prima quando hai bussato alla porta della mia camera-. 
-E quindi?-. 
Scrolla le spalle. -Non lo so-. Sospira. -Hai detto che ti infastidisce sapere che io non provo la stessa cosa che provi tu nei miei confronti-. 
-Esatto-. Lo assecondo intimidita. 
-Be'...-. Fa una pausa, guardando costantemente il soffitto. -...non è vero-. 
-Cosa vuoi dire?-.
-Voglio dire che ti sbagli quando pensi che io non provi nulla nei tuoi confronti. Se non provassi nulla non starei qui nel tuo letto senza far nulla o non ti avrei seguita fino alla scogliera per spegnere le candeline-. 
Trattengo il respiro, meravigliata dalle sue parole. 
Non so cosa dire, cosa fare. 
È strano sentirlo parlare in tono serio e abbastanza sincero. 
Certo, mi ha già detto una serie di cose 'dolci' sul nostro rapporto, ma ha sempre puntato ad ironizzare ogni parola. 
-E tu cosa provi per me?-. Domando in un sussurro, abbastanza imbarazzata da ritornare a guardare davanti a me. 
Non riesco a guardarlo negli occhi, non adesso. 
-Te l'ho già detto, Jenny-. 
-No, non è vero. Mi hai detto che ti piace stare in mia compagnia e che provi qualcosa per me, senza specificare cosa-. 
-E non ti basta?-. 
-Non direi-. 
Con la coda dell'occhio lo vedo sorridere. 
-Quindi vuoi sapere cosa sento quando sto con te?-. Chiede divertito, rizzandosi a mezzo busto e voltandosi verso di me. 
Annuisco, appoggiando la schiena al capezzale del letto. 
-Sentiamo-. Dico in tono teatrale, unendo le mani sul davanti. 
Ride ed io muoio. 
-Sembra che debba difendermi da qualcosa con una scusa plausibile. Smettila di vedere film polizieschi-. Mi rimprovera compiaciuto. 
-Quanto ancora devo aspettare?-. 
-Si, si...come vuoi!-. Alza le mani in aria in segno di scuse, permettendomi di ammirare ancora una volta i suoi bicipiti. 
Volge lo sguardo su ciò che ha davanti e così passano alcuni istanti di silenzio. 
Improvvisamente si gira verso di me, sorridendo. -Vuoi sapere cosa provo per te?-. Domanda nuovamente, sghignazzando. 
-Esattamente-. Scrollo le spalle apparendo seria in volto. 
-Okay...-. Sospira, volgendo lo sguardo altrove. -Quando sto con te sento il desiderio di baciarti, ma non lo faccio mai perché so che reagiresti male. Sento anche la necessità di non lasciarti mai, non voglio mai starti lontano ma non ne capisco il motivo. E quando litighiamo capisco che ho bisogno di te perché mi manchi e non parlarti mi...rattrista. È una sensazione strana da spiegare, è come se mi mancasse una parte di me, della mia giornata-. Si gira verso di me. -Contenta adesso?-.
Sussulto. -S-Si-. 
Ritorna a sdraiarsi accanto a me portando nuovamente le mani alla nuca. 
-Justin...-. Lo chiamo. 
-Mh?-. 
-Perché non mi hai guardata negli occhi mentre mi dicevi quelle cose?-. 
-Non lo so-. 
-Perché pensi ancora che tutto questo sia per deboli, non è vero?-. 
Non dice nulla e non accenna ad agire. 
Sbuffo, mettendomi a cavalcioni su di lui. 
Spalanca gli occhi, sorpreso dal mio gesto. 
-Cosa stai facendo?-. Domanda confuso. 
Trattengo una risata. -Niente, voglio solo guardarti negli occhi e parlarti dato che tu non hai il coraggio di farlo-. 
-Io non sono un codardo, Jenny-. 
-E allora perché eviti il mio sguardo?-.
-Non sto evitando il tuo sguardo-. 
-Si, lo stai facendo-. Afferro il suo viso e lo giro affinché mi guardi negli occhi. 
Mi scruta confuso e imbarazzato. 
-Justin...-. Sospiro. -Perché agisci in questo modo? Sei così irritante!-. 
-Sei tu quella che sta sopra di me, non il contrario-. 
-Come se a te non piacesse!-. 
-Stai dicendo che vorresti eccitarmi?-.
Irritata, alzo una gamba per ritornare a sdraiarmi. 
-Sto scherzando-. Afferra il mio bacino e mi appoggia nuovamente sul suo corpo. 
Incrocio le braccia al petto e faccio una strana espressione imbronciata. 
-Justin, sono seria! Devi smetterla di pensare che tutto questo sia ridicolo e che l'amore sia per i deboli-. 
-Hai detto 'amore'?-. Domanda compiaciuto. 
-No...cioè, si. Non volevo dire questo, solo che...-. 
-Jen-. Mi interrompe. -È tutto okay-. Sorride, massaggiando le mie gambe con le rispettive mani. 
Volgo lo sguardo altrove, imbarazzata. 
Spero di non essere arrossita. 
Sospira. -Jenny so cosa stai cercando di dirmi e so anche che per te è difficile dirmelo, ma...-. 
-Ma?-. 
-Non lo so, Jen. Io non riuscirei a dirti 'ti amo' guardandoti negli occhi. In realtà penso che non sarei in grado di farlo neanche ad occhi chiusi-. 
Sussulto alle sue parole. 
Ti amo? 
-Io non pretendo che tu mi dica una cosa del genere, Justin! È impossibile che tu mi ami conoscendomi solo da poco più di un mese. Dico solo che dovresti essere più sincero con i tuoi sentimenti-. 
-I maschi non sono bravi a farlo, alcune volte non lo fanno affatto-. 
-Ecco. Appunto, Justin. I maschi, non gli uomini-. 
Detto questo, do un piccolo schiaffo sul suo petto per poi alzarmi e andare in bagno. 
Quando esco, mi getto a peso morto sul letto parallelo a quello di Justin.
Si rizza a mezzo busto, confuso. -Che fai? Perché non vieni accanto a me?-. 
-Diventa uomo e poi ne riparliamo-. 
Scoppia a ridere rumorosamente e, non riuscendo a trattenermi, rido anche io. 
-Sono seria Justin!-. Esclamo. 
-Ma stai ridendo, perdi la credibilità in questo modo!-. Scherza. 
Non rispondo. 
Sbuffo e mi giro dall'altro lato dandogli le spalle. 
-Sei seria?-. Domanda divertito, rompendo il silenzio. 
-Mai stata più seria!-. 
-Neanche più stupida!-. 
Mi giro verso di lui con uno scatto, lanciandogli uno sguardo severo e arrabbiato.
-Scherzavo!-. Alza le mani, fintamente triste. 
Ritorno a girarmi dall'altro lato, non dicendo più una parola. 
Dopo alcuni minuti Justin inizia a fischiettare dei motivetti di canzoni a me sconosciute. 
-Puoi smetterla!?-. Sbotto infastidita. 
Continua a fischiettare, ignorandomi. 
-Smettila!-. Gli intimo infuriata. 
Fischia ancora non degnandomi di una parola né tantomeno esegue il mio ordine.
-Non riesco a dormire!-. Urlo. 
Smette di fischiare, lasciando la stanza in silenzio. 
Sospiro. 
Finalmente! 
Non ne potevo più. 
Chiudo gli occhi con la certezza di poter finalmente dormire in santa pace. 
Dopo qualche minuto sento improvvisamente qualcuno togliermi le coperte di dosso per poi rimetterle, come se si sia sdraiato accanto a me.
Un braccio circonda la mia vita e una gamba si intreccia con le mie. 
Mi giro verso Justin, trovando i suoi occhi, la sua bocca e il suo naso a pochi millimetri di distanza.
-Che stai facendo?-. Chiedo spaesata e divertita al tempo stesso. 
-Hai detto che non riuscivi a dormire-. 
-Quindi? Cosa c'entra?-. 
-Non riuscivi a dormire perché non eri nel mio letto accanto a me. Così sono venuto io-. 
Lo guardo severo ma, non riuscendo ad essere seria, sorrido.
Mi stringe a se ancora di più tanto da non farmi respirare e mi stampa una serie di baci sul collo e sul braccio destro. 
-Ora puoi dormire in pace-. Sussurra dolcemente.
Sorrido non facendoglielo notare. 
Chiudo gli occhi ma dopo qualche secondo non sto ancora dormendo. 
-Justin...-. Lo chiamo. 
-Mh?-.
-Tu...t-tu vuoi stare con me adesso?-.
-Certo che voglio stare con te adesso. Dove altro potrei stare?-. 
-No, io dicevo stare...come...cioè, non so...Metterci insieme?-.
Sento le guance andare a fuoco e lo stomaco ritorcersi. 
Sto per morire, seriamente. 
E se non rispondesse!? 
E se si alzasse e se ne andasse lasciandomi sola?
E se mi abbandonasse proprio adesso?
Ride. -Sei proprio una bimba!-. Esclama divertito, stringendo la sua presa sul mio corpo. 
Mi volta verso di lui per poi regalarmi un bacio lungo e intenso che sfocia più tardi in qualcosa di più passionale.
Penso che la sua risposta sia un si.
 
 
Due giorni dopo mi ritrovo a camminare da sola per il dormitorio maschile in cerca della nuova camera di Justin. 
I molteplici guasti al bagno che si erano presentati già quando anch'io alloggiavo in quella camera, hanno convinto la signora Anderson a cambiare stanza a Justin. 
Ed ora sto gironzolando da più di cinque minuti in cerca della stanza 222.
Vedo una porta aprirsi e dopo un po' Nick esce da lì. 
Lo saluto sbracciandomi delicatamente mentre lo vedo avvicinarsi. 
Oh cazzo, che palle. 
-Ehi, Jen! Come va?-. Domanda allegramente, abbracciandomi superficialmente. 
-Ciao Nick. Direi bene. E a te?-.
-Mh, sto bene-. 
-Com'è andato il compleanno di tua sorella?-.
Non mi interessa minimamente ma è meglio mostrarmi gentile e disponibile. 
-Bene. Non sapeva che ritornassi per il suo compleanno così è come se fossi stato il suo regalo-. Sorride. 
Quant'è noioso. 
-Sono contenta!-. Certo, come una bambina ad un funerale. 
-E il tuo compleanno com'è stato?-. Domanda. 
-Mh, penso sia stato il migliore della mia vita-. Prendo una pausa. -Mi sono divertita parecchio-. 
-Oh, avrei voluto esserci anch'io-. 
-Sarà per il prossimo anno, allora!-. 
-Già-. Quale anno?
-In quale pub siete state tu e le altre ragazze?-. 
-Ehm, quello sul...-. 
Lo scricchiolio di una porta mi interrompe ed io mi giro verso la mia destra trovando Justin con il boxer che di solito utilizza per dormire mentre si passa una mano sugli occhi, assonnato. 
Oh, ecco la stanza 222.
Bofonchio qualche parola, imbarazzata, per poi voltarmi verso Nick. 
-Quello sulla sessantesima, a pochi isolati da qui-. 
-Oh, capisco. Ciao Justin!-. Sorride in sua direzione. 
Justin si limita ad avvicinarsi a me e a trascinarmi con un braccio verso di lui. 
-Nick cosa non ti è stato chiaro nell'espressione 'Non avresti dovuto avvicinarti minimamente a lei'?-. Domanda Justin burbero e torvo, alludendo alla discussione avuta circa tre giorni fa.
Nick sussulta, guardando prima me e poi Justin. -Le ho solo chiesto come stava!-. 
-Be', non farlo. A lei non interessa come stai tu. Ti sembra per caso interessata a te?-. 
-No, ma...-. 
-Bene. Ora puoi andartene in camera tua a vedere film porno-. 
-Mi hai rotto le palle!-. Sbotta improvvisamente Nick. -Non ho fatto niente di sbagliato e non accusarmi di qualcosa che non sai per certo-. 
-A me girano i coglioni ogni volta che ti vedo. Come vuoi risolvere questa situazione, Nick?-. 
-Vorrei solamente sapere il motivo per cui tu non mi sopporti!-. 
-Il motivo non esiste. Sei un perdente e questo mi basta a non sopportarti-. 
-Perdente?-. Si lascia scappare una risata provocatoria. -Non sono io che indosso boxer più grandi di quello che contengono-. 
Sgrano gli occhi, allibita dal coraggio che ha avuto nel fare un affronto del genere a Justin. 
Quest'ultimo sembra sul punto di uccidere Nick, che lo guarda superbo. 
-Cosa cazzo hai detto?-. Justin fa un passo avanti in procinto di mettergli le mani al collo. 
-Woah!-. Esclamo, ponendomi tra gli addominali di Justin e Nick. -Penso che adesso possa bastare-.
Justin guarda Nick e poi me e sembra che si sia calmato. 
Il suo respiro diventa nuovamente regolare e non ansima più. 
-Prega solamente che la prossima volta ci sia nuovamente lei, Nick, perchè non mi ostacolerà nessuno a metterti le mani al collo-. Sbotta minaccioso Justin, afferrando nuovamente il mio braccio e ponendomi al suo fianco. 
In questi ultimi due giorni ho visto un lato di Justin che non conoscevo. 
Quello possessivo e geloso. 
Sinceramente non mi dispiace e so anche che non esagererà in futuro come invece a me è già successo. 
-È una minaccia?-. Chiede Nick. 
-Considerala come vuoi tu. Tieni solo a mente le mie parole-. 
Detto questo mi trascina in camera, sbattendo prepotentemente la porta. 
-Perchè cazzo stavi parlando con quell'idiota?-. Urla infuriato, gesticolando animatamente. 
-Mi ha fermata e mi ha chiesto come stavo. Non mi ha detto più niente-. Mi difendo, preoccupata. 
-Perchè sempre lui?! Devi smetterla di parlargli-. 
-Non penso che se qualche ragazza di tua vecchia conoscenza ti fermi e ti chieda come stai, tu le volti le spalle e prosegui per la tua strada!-. 
-Si, invece!-. 
-Non dire stronzate-.
-Comunque sia, ti avevo già detto che non dovevi parlare con quel tipo-. 
-L'avevi detto anche a lui, ma ha continuato a farlo e...-. 
-Ora vi proteggete a vicenda?-. 
Sgrano gli occhi, sorpresa. -Cosa? Che diavolo stai dicendo? Spara meno cazzate-. 
-Tu spari cazzate, Jenny. Non io!-. 
-Oh.Mio.Dio-. Esclamo. -Sono shoccata. Seriamente. Hai bevuto? Sei caduto battendo la testa? Ti prego, dimmi che le stronzate che stai dicendo sono solo una conseguenza!-. 
-Mi dispiace deluderti, ma no. Sono in me, sono cosciente e vedo benissimo-. 
-Ecco, cos'hai visto allora?-. 
-Ho visto te e quel perdente parlare-. 
-Bene. Ma non mi sembra di avergli detto che darei la vita per lui o che lo amo da impazzire!-. 
-Lo so ma...-. Prende una pausa. -Vedo come ti guarda e come ti parla. Capisco che vorrebbe che tra te e lui nascesse qualcosa...ed io non sopporto tutto questo! Odio il fatto che qualcuno ti guardi con desiderio-.
-Desiderio?-. Ripeto compiaciuta e allibita al tempo stesso. 
-Si, Jen. Chaz mi ha detto che fa commenti poco casti su di te. Mi da fastidio, capisci?-. 
-Poco casti? Davvero?-. 
-Si, davvero! Adesso smettila di ripetere quello che dico-. 
-Scusa!-. Alzo le braccia in segno di scusa con fare teatrale. -Justin, tu dovresti sapere che da parte mia non c'è alcun interesse per lui. Perchè ti scaldi cosí tanto?-. 
-Non lo so! Mi da fastidio che magari un giorno...-. 
-Aspetta-. Lo interrompo divertita. -Stai dicendo che un giorno io potrei ricambiare i suoi sentimenti?-. 
-Si-. 
Rido rumorosamente, appoggiandomi alla scrivania. -Sei serio?-. 
-Direi-. Scrolla le spalle, non accennando alcun sorriso. 
Fa sul serio. 
-Spero che stia scherzando, veramente! Non posso credere che tu pensi una cosa del genere!-. 
-Basta, non voglio più parlarne-. Si passa una mano sul viso e poi sui capelli. 
-Come vuoi-. 
Vado verso il suo letto e mi ci butto sopra con la grazia di un elefante in una cristalliera. 
-Sei delicatissima, te l'ho mai detto?-. Domanda. 
-Sempre, mi amor!-. 
-Da quando parli spagnolo?-. 
-Da mai. Conosco solo queste due parole-. 
Ride, sdraiandosi accanto a me. 
Con un braccio lo spingo, facendolo cadere dal letto. 
-Che ti dice il cervello?-. Sbotta infastidito ma non infuriato. 
Rido solamente e non rispondo. 
-Sei cosí idiota!-. Sbuffa alzandosi. 
Si accovaccia verso di me e sembra sul punto di darmi un bacio quando posa una mano sotto le mie gambe e con l'altra mi sorregge sotto la nuca. 
Mi ritrovo cosí sospesa in aria, sorretta dalle braccia di Justin che va verso il bagno. 
-Mettimi giù!-. Urlo ridendo. 
-Non se ne parla. Devi pagare per ciò che hai fatto!-. 
Prima che possa dire qualcosa, accende l'acqua della doccia e mi ci mette sotto mentre lui resta con la schiena ricurva verso il lato opposto alla doccia.
Ride rumorosamente mentre io mi sbraccio come una dannata. 
Riesco a mettere i piedi a terra e mentre mi ricompongo, Justin scappa verso il letto. 
-Justin!-. Urlo mentre lo raggiungo. 
-Sei sexy in questo modo-. 
-Chiudi quella tua fottutissima bocca!-. 
Salto sulle sue spalle, abbracciandolo forte come fossi un koala e lui un albero. 
-Maledizione!-. Sbotta infastidito e divertito. -Mi hai bagnato tutto!-. 
-Esattamente. È ciò che meriti!-. 
Mi stacco dalla sua schiena e vado in bagno con l'intento di asciugarmi. 
-Jenny!-. Mi chiama, urlando. 
Quando mi volto lo trovo dietro di me mezzo nudo. 
Non dovrei sentire la saliva seccarsi in gola e gli occhi dilatarsi in quanto l'ho già visto seminudo più volte ma col petto umido è spettacolare. 
Sembra pronto a fare un servizio fotografico.
-Justin...-. Seguito, ingoiando la saliva. 
-Siamo entrambi bagnati quindi mi chiedevo se ti andava di fare la doccia insieme-. Ride, scrollando le spalle. 
Trattengo il respiro e anche un sorriso. 
-Puoi smetterla di guardare qui...-. Indica i suoi addominali. -...e guardarmi negli occhi?-. Domanda leggermente infastidito. 
Scuoto la testa. -Non voglio fare la doccia con te!-. 
-Cosa? Perchè?-. 
-Perchè non ti sopporto!-. 
-Non dire stupidaggini e non fare la bambina!-. 
-Io non voglio comunque condividere lo spazio in una doccia con te-. 
-Si certo, come no!-. Mi prende nuovamente in braccio e mi porta sotto l'acqua della doccia.
-Ti spoglio io o lo fai tu?-. Chiede malizioso. 
-Sei un idiota!-. Urlo. -E comunque mi spoglio da sola!-. 
Sfilo la maglietta, poi il jeans, rimanendo in intimo. 
Justin mi osserva non dicendo una parola...sembra essere perso con lo sguardo e con la mente. 
Sono davvero cosí brutta?
Improvvisamente fa un piccolo movimento con la testa, come se l'avesse leggermente scossa e alza lo sguardo su di me. 
-Sei bellissima, Jenny-. Sussurra con sguardo intenso e respiro regolare. -Dico sul serio-. 
-Non prendermi in giro-. Abbasso lo sguardo, triste. 
-Non ti sto prendendo in giro. Ti sto dicendo ció che penso-.
Scuoto la testa, guardando altrove. 
Sento gli occhi pizzicarmi e non ne capisco il motivo. 
Non c'è ragione per cui piangere eppure ne sento il bisogno. 
-Jen...che succede?-. Domanda Justin preoccupato e stranito, appoggiando una mano sul mio bacino e avvicinandomi a lui. 
Si appoggia con la schiena al muro della doccia ed io sono praticamente incollata a lui, mentre il getto d'acqua è a pochi millimetri distante da noi. 
-Niente, è tutto okay-. Accenno un piccolo sorriso ma una lacrima mi tradisce, scorrendo lungo la guancia. 
-Perchè piangi?-. Chiede eccessivamente preoccupato, accarezzando il mio viso. 
-Non sto piangendo. Era una goccia d'acqua della doccia-. 
-Jenny...non dirmi bugie. Perchè stai per piangere?-. 
Scrollo le spalle. -Non lo so-. 
-Sei cosí tenera. Vieni qui-. Detto questo, mi abbraccia forte; cosí forte che quasi non riesco a respirare. 
-Adesso mi dici perchè stai piangendo?-. 
Chiudo gli occhi, stringendolo più forte. -Vuoi davvero saperlo?-. 
-Si-. 
-Perchè?-. 
-Perchè non mi piace vederti piangere, mi infastidisce sapere che c'è qualcosa che ti turba-. 
Sussulto alle sue parole, sorridendo lievemente. 
-Allora?-. Domanda. 
-Piango perchè non mi piaccio-. 
-Cosa?-. 
-Non amo il mio corpo né il mio viso e il fatto che tu mi abbia fatto quel complimento mi ha ricordato quanto invece io non lo sia. Non sono bella, Justin. Lo so-. 
-Che diamine stai dicendo?-. 
-Quello che hai appena sentito-. 
-Tu sei splendida, Jenny-. 
-Sono brutta, Justin. Non nel senso letterario della parola, spero. Ma lo sono. Sono brutta perchè mi sento sempre inferiore a tutti, sempre incapace e inadatta a quasi tutte le situazioni in cui mi trovo. Mi sento sempre quella diversa, quella senza qualcuno che tenga a lei per davvero. Non mi piaccio e mai accadrà-. 
Passano alcuni secondi di silenzio, alla fine dei quali Justin afferra gli estremi delle mie spalle e mi allontana di qualche centimetro in modo tale da poterci guardare negli occhi. 
-Sei un idiota!-. Afferma serio in volto. -Hai detto una miriade di cazzate, una dietro l'altra. Può sembrare scontato e banale che lo dica, ma tu sei la ragazza più bella che abbia mai conosciuto. Sia dentro che fuori. E non capisco perchè tu ti faccia cosí tanti complessi-. 
-Non sono complessata, Justin. Te l'ho già detto in passato. Non mi faccio tanti problemi sul mio aspetto fisico ed esteriore perchè mi sono rassegnata. So che non sarò mai bella come altre ragazze e so che non sarò mai abbastanza per nessuno-.
-Smettila!-. Sbotta improvvisamente. -Non voglio sentirti dire cose del genere. Mi irriti più del solito. E sai che non sarai mai sola con me al tuo fianco-. 
-Tu non capisci come ci si sente. Non potresti-. 
-Spiegamelo, allora-. 
-Ti sei mai sdraiato sul tuo letto solo per piangere nel bel mezzo della notte perchè non ti sei mai sentito bello o bravo abbastanza? Contando tutti i tuoi difetti e sentendoti peggio pensando a te stessa...sentendoti semplicemente troppo brutta e...sola!?-. 
Mi asciugo una lacrima, voltando lo sguardo altrove. 
Non riesco a guardarlo negli occhi. 
Mi guarda spaesato e confuso, passando da un occhio all'altro velocemente. 
-Jenny io...-. Trattiene il respiro. -...io non pensavo ti sentissi cosí-. 
-So fingere-. Scrollo le spalle, sorridendo tristemente.
-Be' non devi più farlo. Non devi più fingere e soprattutto non devi sentirti brutta o non all'altezza. Tu sei fantastica e nessuno potrebbe negarlo-.
-Tutti mi hanno detto il contrario in passato-.
-Sicuramente erano degli imbecilli o stavano scherzando-. 
-Non scherzavano-. 
-Comunque sia, devi dimenticare tutto e ricominciare guardandoti allo specchio e pensare alle mie parole. Tu sei di una bellezza unica, non badare agli altri-. 
-E se tu stessi mentendo in questo momento?-. 
-Dubiti di me? Davvero?-. 
-N-no ma...-. 
-Nessun ma! Jenny voglio che tu la smetta di pensare che tu sia brutta. Tu sei esattamente il contrario. Alcune vorrebbero essere come te!-. 
-Non è vero-. 
-Lo giuro! Ho sentito dire che ti invidiano tutte le galline, come le chiami tu, della scuola-. Scherza. 
-Smettila-. Gli do un colpetto sul petto, accennando un sorriso. 
-Stai sorridendo, vedi? E sei ancora più bella-. 
-Non dirlo, per favore-. 
-No, Jenny. Io te lo ripeteró all'infinito, fin quando anche tu ne sarai convinta-. 
-Allora passerà tutta la vita-. 
-Mh, un motivo in più per stare con te per sempre-.
Sussulto, stupita dalle sue parole.
-Grazie-. Sussurro. 
-Non devi ringraziarmi-. 
-Si invece, perchè non merito tutti questi complimenti e tutte queste attenzioni. Io non...-. 
-No, Jen!-. Mi interrompe. -Tu non meriti di sentirti inferiore agli altri. Saprò farti cambiare idea, vedrai-. 
Sto per dire qualcosa, poi decido di non dire nulla e di stare zitta, scrutando i suoi occhi color miele straboccanti di passione. 
-Non pensarci più, okay?-. Domanda.
Annuisco, abbassando lo sguardo. 
-Bene, adesso laviamoci!-. Sorride, dandomi un bacio sulla fronte e poi sulle labbra. 
Mi spinge verso il centro della doccia in modo tale che il getto d'acqua ci bagni. 
Continua a baciarmi e lentamente con le mani accarezza i miei fianchi e scende fino ai glutei, afferrandoli con delicatezza. 
Sobbalzo a quel gesto ma lui continua a baciarmi. 
Mi sfila gli slip e successivamente anche il reggiseno. 
Accarezza ancora per un po' il mio corpo per poi allontanarsi e uscire dalla doccia improvvisamente. 
Confusa, finisco di lavarmi e quando, asciutta, ritorno in camera da letto, lo vedo steso sul letto con le braccia detro la nuca mentre osserva il soffitto. 
Ha ancora i capelli umidi ed è in box. 
-Justin...-. Lo chiamo sussurrando. -Che ti è preso?-. 
Volge lo sguardo verso di me, facendo cenno di raggiungerlo. -Vieni vicino a me-. 
Mi sdraio accanto a lui, stringendomi al suo corpo. 
-Che ti è preso?-. Ripeto. 
-Non lo so, ma mentre eravamo in doccia ho pensato che non era giusto quello che stavamo per fare. Era come se andassi contro ciò che ti avevo detto qualche minuto prima. Tu hai bisogno di sentirti bella e in pace con te stessa e quello non ti avrebbe servita-. Confessa senza un minimo di imbarazzo. 
-Oh...-. Sussurro. -Io voglio che tu non pensi a ciò che ti ho detto, anzi che lo dimentichi! Non voglio che tu abbia un altro peso-. 
-Tu non sei un peso per me. Tutt'altro-. 
Stiamo in silenzio per qualche secondo, dopodiché Justin prende un grande respiro. 
-È difficile per me dirtelo e spiegartelo, ma è strano ciò che io provo per te-. Dice improvvisamente. -Insomma, non ho mai avuto i sentimenti che provo per te per nessun'altra ragazza. Penso te l'abbia già detto, ma voglio ripetertelo perché meriti di sentire queste cose-. 
-Non devi sentirti in dovere di farmi complimenti o dirmi cose dolci per ciò che ti ho confessato prima. Non voglio che tu adesso ti comporti come se io fossi una vittima e provassi pietà-. 
-Non è cosí. Io voglio solo farti capire che ti sbagli. Tutto qua-. 
Sospiro, chiudendo gli occhi. 
-Perchè me l'hai detto se non vuoi essere aiutata?-. Domanda confuso. 
-Non è una malattia, non ho bisogno di aiuto. E te l'ho detto perché di te mi fido, so che tu non mi giudichi-.
-Sono felice che tu lo pensi-. 
-Io sono felice che tu sia qui-. 
Lo sento trattenere il respiro. 
Si volta verso di me e, stringendomi a sé, inizia a baciarmi. 
-Facciamo un gioco!-. Sbotta improvvisamente, alzandosi in piedi. 
-Cosa?-.
-Giochiamo a nascondino. Ti va?-. 
-Stai scherzando?-. 
-No, dico sul serio. È sempre stato il mio gioco preferito da piccolo-. 
-Okay. È strano ma okay-. 
Sorride. -Bene, tu conti fino a dieci e devi trovarmi. Quando poi mi trovi, devi darmi un bacio cosí lungo e passionale che ci staccheremo domani mattina-.
-E se non ti trovo?-. 
-E se non mi trovi, sono dietro la porta!-. 
 
 
 
 
 
Ciao a tutte!
Non posso credere che domani è il 23 marzo.
Non dormo da tre notti pensando che domani sera sarò a pochi metri da lui.
Qualcuna di voi va al concerto?
Comunque…parlando del capitolo vorrei solamente dirvi
che nell’ultima parte, dove Jenny confessa di non sentirsi a proprio
agio con se stessa, ho un po’ messo a nudo le mie emozioni, ciò che provo e
ciò che sento. Quindi questo è un capitolo più mio che mai e spero che vi sia piaciuto e
che mi diciate cosa ne pensate.
Sembra che il rapporto tra Jenny e Justin stia migliorando, sono sempre più dolci.
Ma tutto questo non durerà molto in quanto la situazione si complicherà…ma non
voglio accennarvi nulla.
Grazie a tutte!
Continuo non appena questo capitolo riceverà recensioni.
Un bacio, notperfect. <33

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Capitolo 14
*** Happiness ***


 Happiness

Sono passate due settimane da quel giorno.
Non abbiamo più parlato di quell'argomento ma svariate volte Justin mi ha fatto capire che il suo intento era sempre e ancora quello di riuscire nella sua missione: far in modo che io accettassi me stessa.
Sono stati quindici giorni strani per me e Justin in quanto il nostro rapporto è strano.
Siamo stati quasi sempre insieme e lui, stranamente, non si è interessato a niente oltre a me e alla musica. 
Neanche ai suoi amici!
È sempre irritante e burbero, ma è dolce e premuroso con me alcune volte.
Abbiamo litigato circa quattro volte in questi giorni per motivi stupidissimi ma a fine giornata è riuscito sempre a farsi perdonare. 
Quando invece ero io a sbagliare, passavano anche giorni perchè il mio orgoglio prendeva sopravvento su tutto ma, devo dire, che mi mancava e non riuscivo a stargli lontano.
Dopo un lungo pomeriggio di shopping sfrenato con Allison e Rosalie, ritorno in stanza sfinita. 
Appoggio accanto al letto i miei acquisti per poi precipitarmi sul letto, stanchissima. 
Chiudo gli occhi, sospirado. 
Vorrei recuperare le ore di sonno perduto in questi giorni. 
Ho passato notti insonni...penso avrete capito il motivo per cui compaiono delle occhiaie sul mio volto. 
-Jen...-. Sento qualcuno bussare alla porta, battendo dei piccoli colpi. 
Apro gli occhi di scatto e sbuffando mi dirigo verso la porta. 
Quando la apro, Justin entra precipitosamente in stanza, chiudendo freneticamente la porta alle sue spalle. 
Si fionda sulle mie labbra e, circondando il mio corpo con le sue braccia, mi trascina fino al letto. 
Cadiamo su di esso e continuiamo a baciarci per qualche minuto spalmati l'uno sull'altra. 
-Justin...-. Sussurro, girando la testa dal lato opposto al viso di Justin. -Staccati-. 
Continua ad accarezzarmi e a baciarmi il collo. 
Sembra impazzito. 
Forse lo è per davvero. 
-Justin...-. Urlo scocciata. 
Il nominato si sdraia accanto a me, smettendo di avere un contatto fisico con me ad eccezione di quello con il mio braccio. 
-Che c'è?-. Domanda. 
-C'è che sei entrato in camera mia senza che io ti dessi il permesso e mi hai prosciugato improvvisamente tutta la saliva che avevo in gola e in bocca in un secondo. Ti sembra normale?-. 
Ride. -Oh, andiamo bimba! Lasciati andare!-. 
Bimba? Era da tanto che non mi chiamava così. 
-Io mi sono lasciata andare ma tu corri troppo!-. Mi lamento. 
-Non è vero e...aspetta! Non hai protestato?-. 
-Protestato cosa?-. 
-Ti ho chiamata bimba, Jenny. Tu non ti sei arrabbiata-.
Sospiro. -Be', tu sopporti tante cose di me...anche io non daró peso ad alcune cose che odio di te-. 
-Hai ragione...sei insopportabile eppure sono in una stessa stanza con te in questo momento-. 
Alzo un sopracciglio, infastidita.
Justin lo nota e, sorridendo, si alza a mezzo busto e accovacciandosi verso di me, mi riempie le guance di baci. 
Rido, allontanandolo con le mani. 
-Non c'è nulla in te che non va, Jenny. Non c'è niente per cui io debba sopportarti. E anche se ci fosse, non mi interesserebbe-. Scrolla le spalle, rimanendo serio in volto. -E mi dispiacerebbe se tu fossi costretta a convivere con qualcosa che non ti piace di me-. 
-Non c'è nulla che non mi piace in te. O meglio, c'è qualcosa, ma questo qualcosa contribuisce a far  aumentare il bene che ti voglio-. 
-Quindi mi vuoi bene?-. 
-Esatto...-. Rispondo imbarazzata.
-E cos'è che non ti piace di me?-. 
-Il fatto che io mi sia...ehm...-. 
-Tu cosa?-. 
-...che io sia rimasta...ehm...enfatizzata, ecco, dal tuo fascino-. Dico in tono ironico, sorridendo. 
Mi lancia un cuscino, divertito. 
-Comunque...-. Esclamo, alzandomi in piedi e resto ferma davanti a lui. -Non mi chiedi dove sono stata questo pomeriggio?-. 
Ride. -Dove sei stata questo pomeriggio?-. Cantilena, mettendo le mani dietro la sua nuca e mantenendo lo sguardo fisso su di me. 
-Per i negozi di Los Angeles-. Rispondo esaltata. 
Sorride. -Oh, bello. Sono felice per te-. 
-Dovresti chiedermi: 'Cos'hai comprato, Jennifer?'-. 
-Oh, giusto. Cos'hai comprato?-. 
-Bene...ho comprato un paio di shorts...-. Mi avvicino alle buste lasciate accanto al letto per poi tirare fuori un paio di pantaloncini.
-Carini-. Commenta, ridendo. -Poi?-. 
-Poi questa gonna-. Gli mostro un altro capo. -E queste maglie-. Prendo dalle buste circa sei magliette, facendogliele vedere una ad una. 
-Mmh...-. 
-Cosa c'è?-. Domando. -Non ti piacciono?-. 
-No, solo che quegli short sono troppo corti, quindi li riporterei indietro al negozio-. Spiega, facendomi sorridere. -Anche la gonna! Sarebbe un peccato averla nell'armadio e non usarla mai, non credi?-. 
-Chi ti ha detto che non la userei?-. 
-Io!-. 
-E perchè?-. 
-Perchè no-. 
-Justin!-. Urlo in tono canzonatorio. -Sei gel...-. 
-No, certo che no! Dico solo che, conoscendoti, non ti piacerebbe se qualche ragazzo ti guardasse le gambe, giusto?-. 
Sorrido. -No, Justin: dispiacerebbe a te-.
-Stai dicendo che vuoi che gli altri ti guardino?-. 
-No, sto dicendo che mi piacerebbe se tu lo facessi-. Rispondo.
Da quando sono cosí sfrontata e sfacciata?
Sgrana gli occhi, trattenendo una risata. -Addirittura?-. 
-Addirittura-. Scrollo le spalle, menefreghista. 
Ripongo nell'armadio gli shorts e la gonna e quando sto per piegare le maglie, mi volto verso di lui. -Non hai detto nulla riguardo le magliette. Non ti piacciono neanche le magliette?-. 
-Uhm...si, mi piacciono. Ma ti preferisco senza-. 
Alzo un sopracciglio infastidita, mentre lui sghignazza compiaciuto. 
-Quindi non ti piace nulla di ció che ho comprato?-. Domando divertita. 
-Ehm, no-. 
-È stata una perdita di tempo, allora!-. 
-Esatto...magari la prossima volta ti accompagno io cosí comprerai abiti adeguati-. 
-Adeguati a chi? Ad una suora?-. 
-Esattamente!-. Esclama ironicamente. 
Passano alcuni minuti di silenzio dopodiché Justin si alza dal letto, raggiungendomi accanto all'armadio. 
Mi circonda la vita, sorprendendomi alle spalle e lascia una serie di baci lungo il collo e le spalle. -Penso sia ora di cena-. Sussurra tra un bacio e l'altro. 
-Allora andiamo in mensa-. 
-Ti svelo prima un segreto-. 
-Anch'io devo confessarti una cosa!-. 
-Cosa?-. Domanda di scatto. 
Sorrido. -Prima tu-. 
-No, tu!-. 
-No, prima tu!-. 
-Jenny, sai come va a finire...-. 
Sbuffo. -Okay...-.
-Quindi? Di cosa si tratta-. 
-Be', ecco...sono una modella di Victoria's Secrets ma è un segreto...neanche Victoria ne è a conoscenza quindi non parlarne con nessuno, okay?-. 
Mi da una piccola spinta, ridendo. -Che idiota!-. 
Rido anche io. -Oh, andiamo! È la verità! Ora tocca a te!-.
-Il mio segreto è che pensavo che magari sarebbe meglio se restassimo qui in camera, che ne dici? In fondo un pasto saltato non porta alla morte-.
-Questo è un segreto? Speravo in qualcosa di più emozionante-. 
-Mi dispiace aver deluso le tue aspettative e le tue speranze...-.
-Io invece penso che sia meglio andare a mangiare. Il cibo è uno dei miei piú grandi amori-. 
-Quanti amori hai?-. 
-Parecchi-. Scherzo. 
-Il primo sono io, scommetto-. 
-Non scommettere. Sai che le scommesse non sono il tuo forte-. 
-Mi stai dicendo che non sono il tuo più grande amore?-. 
-Da quando si tratta d'amore tra me e te?-. 
Non risponde. 
Resta in silenzio e senza dire una parola, si allontana da me. 
Si siede sul letto e inizia a mettersi le scarpe che si è sfilato prima. 
Anche io non accenno a dire nulla. 
Se non parla lui, perchè devo farlo io?
Quando si alza dal letto, si avvia verso la porta, aprendola. 
-Andiamo?!-. Si gira verso di me, aspettandomi sull'uscio. 
-Ehm, si-. 
Lo raggiungo e insieme ci avviamo  in mensa. 
È strano il suo comportamento. 
Pensavo capisse che stessi scherzando. 
Io non parlavo d'amore cosí come sapevo perfettamente che lui non lo stesse facendo. 
Odio quando agisce in questo modo, quando si chiude in se stesso e inizia ad evitarmi. 
È un lato del suo carattere che per certi versi non mi piace ma, come ho detto prima, ció che lo rende così affascinante è proprio la serie dei suoi difetti più grandi. 
In fondo le cose 'cattive' mi hanno sempre attratta e affascinata. 
Prima che Justin poggi la mano sulla maniglia della porta della mensa, trattengo il suo braccio. 
Mi guarda stranito e confuso. -Jen...?!-. Articola in tono interrogativo. 
-Justin...a me dispiace quando dico cose che non dovrei dire, mettendoti in difficoltà-. 
-Ti riferisci a quello che è appena successo?-. 
-Si-. 
Sospira, mettendo una mano sotto il mio mento. -Jenny, non è niente-.
-Sicuro? Perchè se ti avesse infastidito, io...-. 
-Ehi, è tutto okay-. Mi interrompe, sorridendo. -...e devi smetterla di scusarti per tutto, anche per le cose più stupide e insignificanti-. 
-Non è insignificante-. 
-Si, lo è. Non sono infastidito e tu non dovresti essere dispiaciuta-. 
-Be', io lo s...-. 
-Ripeto: non dovresti essere dispiaciuta. Non è nulla di grave o di importante. Abbiamo solo parlato a vanvera-. Sorride, regalandomi un bacio sulla guancia e poi sulle labbra. -Adesso andiamo a mangiare-. 
Annuisco sorridendo, ma dentro sono amareggiata e delusa non so per quale stupido motivo. 
Entriamo in mensa e ci sediamo ad un tavolo vuoto. 
Ultimamente siamo sempre solo io e lui. 
È come se stare con lui mi facesse dimenticare delle altre persone che mi circondano. 
Siamo in un mondo solo nostro fatto di dolcezza e contrasti al tempo stesso. 
Il nostro rapporto, come ho già detto in precedenza, è molto strano. 
Passiamo da un momento di tenerezza a uno di rabbia, a uno di  scuse e un altro ancora di offese reciproche. 
Detto in questo modo, potrebbe far sembrare alle persone che il nostro non è un rapporto da invidiare. 
In realtà è la relazione più bella che abbia mai avuto con qualcuno in tutta la mia vita. 
Forse perchè è qualcosa di nuovo e quindi mi sembra assolutamente perfetto...so solo che mi piace, e vorrei che questa sensazione non finisse mai. 
Ed è proprio questo ciò che mi spaventa. 
Improvvisamente Ebonee si avvicina al nostro tavolo e stampando un bacio sulla guancia di Justin, si siede accanto a lui. 
Guardo allibita e stralunata la scena mentre Justin guarda confuso prima me e poi Ebonee. 
-Che diavolo hai fatto?-. Urlo, rivolgendomi ad Ebonee. 
La gallina mi guarda stravolta. -Come prego?-. 
Questa vocina stridula e acuta mi irrita più di quanto faccia Justin quando mi chiama 'bimba'. 
-Sbaglio, o hai avuto un contatto fisico con Justin?-. 
-Si, e quindi?-. 
-E quindi?-. Ripeto sconvolta e infuriata. -Quindi non avresti dovuto farlo-. 
-Perchè, non siete mica fidanzati?-. 
-Devo dirti a malincuore che ti sbagli e che si, lo siamo. Adesso allontanati da lui e non azzardarti a mettere le tue luride mani -che chissà cos'hanno toccato- sul corpo del mio ragazzo-. Sbotto infastidita, sibilando le ultime parole. 
-Voi cosa?-. Domanda spaesata e disgustata al tempo stesso. -Justin, dille che si sbaglia!-. Si volta verso Justin, accarezzandogli il petto. 
Adesso ne ho abbastanza. 
Mi alzo improvvisamente in piedi, accovacciandomi verso il tavolo e quindi verso di lei. 
Alcuni studenti si girano verso di me ma la maggior parte non mi nota neppure. 
-Ho detto che devi togliere le tue mani dal suo corpo-. Scandisco bene le parole, infuriata. -Hai problemi di comprendonio?-. 
Justin assiste alla scena sconvolto ma allo stesso tempo sembra divertito e spaesato sul da farsi. 
-Ebonee, vattene da qui-. Dice Justin, prendendo le mani della ragazza e posandole sul tavolo. 
Ebonee lo guarda disorientata e triste. -Cosa? Quindi è vero?-. 
-Si e farai meglio ad alzarti da quella sedia e a mantenere le distanze dal mio fidanzato-. Marco l'ultima parola, infastidendola. 
So che Justin non è un oggetto e non dovrei fare una cosa del genere affinché una sgualdrina lo lasci in pace, ma mi esalta parecchio vederla in difficoltà e soprattutto amareggiata. 
Ebonee guarda prima me e poi Justin per poi alzarsi e andarsene senza dire una parola. 
-Ora puoi sederti e mangiare-. Dice Justin trattenendo una risata. 
Ci penso su qualche secondo. -No, voglio andarmene in camera-. 
-Ma è ora di cena!-.
-Be' non ho fame. Tu mangia, io mi avvio in camera-. 
Prima che possa dire qualcosa, mi dirigo verso l'uscita della mensa e proseguo fino alla mia stanza. 
Mi getto a peso morto sul letto, chiudendo gli occhi per la stanchezza e la frustrazione. 
Mi sono sentita parecchio stressata quando ho detto quelle cose ad Ebonee perché mi sono resa conto di quanto tengo a Justin. 
Insomma voglio stare con lui a tutti i costi tanto da scatenare quasi una rissa!
La cosa che però mi ha dato fastidio è stata che Justin non ha detto nulla mentre io e Ebonee discutevamo e addirittura riusciva a stento a trattenere le risate. 
Circa trenta minuti dopo, Justin bussa alla porta. 
-Cosa ci fai qui?-. Domando annoiata. 
-Il tono in cui mi hai detto che ti saresti avviata in stanza, mi ha fatto capire che mi avresti aspettato-. 
-Oh...-. Sussulto. -Be', allora la prossima volta sarò più brava nel trasmettere il vero messaggio delle mie parole e spero che tu lo recepisca-. 
-Perché cazzo stai dicendo cose senza senso adesso?-. 
-Oh, così adesso dico anche cose senza senso? Sei molto gentile, te l'hanno mai detto?-. 
-Mh, mi hanno fatto complimenti migliori-. 
-Bene, buon per te!-. 
Vado in bagno per farmi una doccia. 
Accendo la doccia e rimango in intimo fin quando la porta si spalanca improvvisamente. 
-Non puoi andartene mentre stiamo discutendo!-. Ribatte convinto Justin, allargando le braccia. 
-E a me quanto può interessare che tu pensi una cosa del genere?-. 
-Parecchio dato che passerò la notte qui-. 
-Cosa ti lascia pensare che io voglio una cosa del genere?-. 
-I tuoi occhi-. 
-Da quando sai leggere gli occhi?-. 
-Non so leggere gli occhi, io so leggere solo i tuoi occhi-. 
-Oh, ma falla finita! Ora cosa leggi nei miei occhi?-. Chiedo ironicamente. -Anzi, te lo dico io: esci dal bagno devo lavarmi e tu non puoi restare qui. Ecco cosa dicono-. 
-Dannazione Jenny! Che cazzo ti prende adesso?-. Sbotta infuriato. 
-Devo lavarmi e ho bisogno di privacy, tutto qua!-. 
-Non dirmi stronzate. Cosa cazzo succede adesso nella tua piccola testa di cazzo?-. 
-Niente. Non succede un bel niente!-. 
-Be', non sembra-. Prende una pausa, sospirando. -Ebonee ti ha messo di cattivo umore?-. Domanda e sembra essersi calmato. 
-Si!-. 
-Ed io perché devo pagarne le conseguenze?-. 
-Perché sei la causa di tutto questo!-. 
-Allora dovresti allontanarti da me, non pensi?-. 
-Davvero vorresti una cosa del genere?-. Domando delusa e speranzosa al tempo stesso. 
-Certo che no! Ma se continui così, giuro che ti mando da un buon massaggiatore che ti calmi i nervi-. 
-Oh, che gentile. Grazie!-. Esclamo in tono umoristico. 
-Jenny, per favore, puoi calmarti, sdraiarti sul letto e parlarmi di cosa diavolo succede in te?-.
-Justin non succede nulla-. 
-Non dire stronzate!-. 
-Ma è la veritá! Voglio solamente rinfrescarmi-. 
-Bene. Mi prometti che dopo ne parliamo?-. 
-Uhm...-. Indugio qualche secondo. -Io invece pensavo che sarebbe meglio se andassi in camera tua stanotte. In fondo se la signora Anderson ci scopre, saremo nella merda-. 
-Da quando ti interessa della signora Anderson?-. 
-Da...-. Mi blocco. -Non sono affari tuoi e adesso esci!-. 
-Jenny è affare mio!-. 
-Non è vero!-. 
-Si!-. 
-E perchè è un tuo affare?-. 
-Perché tu sei mio affare. Tu sei l'unica persona di cui devo avere tutto sotto controllo-. Spiega stizzito. 
-Quindi per te sono una specie di prodotto commerciale che se non funziona bene, rispedisci al mittente?-. 
Sgrana gli occhi, stupito e confuso. -Cosa? Pensi davvero che io ti consideri in questo modo?-. 
-Non saprei...dalle tue parole capisco questo-. 
-Bene allora anch'io devo spiegarmi meglio affinché tu afferri i messaggi che voglio trasmetterti-.
-Mh, okay. Quando aggiorni il tuo cervello e il modo di esprimerti, chiamami!-. Dico in tono ironico. -Adesso puoi uscire?-. 
-Ne parliamo dopo?-. Chiede nuovamente, speranzoso. 
-Non ne ho voglia! E se tu mi costringerai a farlo, io scavalcherò la finestra!-. Incrocio le mani al petto con fare indispettito. 
Lo vedo mentre trattiene un sorriso.
Quant'è bello, santo cielo!
-Tu vorresti saltare da lì?-. Domanda divertito, indicando la finestra del bagno. 
-Esatto-. 
-Davvero?-. 
-Davvero-. 
-Vorrà dire che rimarrò qui mentre tu farai la doccia per accertarmi che tu non faccia una simile sciocchezza-. 
-Cosa? Non se ne parla!-. 
-Guarda il lato positivo della cosa: potremmo parlare mentre tu sei in doccia così risparmieremo tempo!-. Esclama scherzoso. 
-Sei un idiota, Justin-. 
-Non è la prima volta che mi dici una cosa del genere-. 
-Be', spero che un giorno lo capirai anche tu!-. 
-Cosa?-. 
-Che sei un idiota!-. 
È ritardato?
Ah, già....
-Justin adesso esci. Sono seria!-. Gli ordino. 
-Perché ti comporti così?-. 
-Non capisco di cosa tu stia parlando-.
-Sto parlando del fatto che mi eviti-. 
-Anche tu lo fai con me alcune volte. E comunque non ti sto evitando! Voglio solamente lavarmi! Tutti gli esseri umani con igiene lo fanno-. 
-Jenny, te lo dico per l'ultima volta: se mi dici cosa c'è che non va, io ti lascio sola. Sul serio!-. Prende una pausa, guardandomi intensamente negli occhi. -Ti lascio sola solo per la doccia, naturalmente-. Poggia le mani sui miei fianchi nudi, avvicinandomi al suo corpo con una delicata spinta.
Trattengo un sorriso. 
È sempre dolce e protettivo con me in queste situazioni, ed io lo tratto come fosse merda. 
Mi sento in colpa ed è strano!
Sospiro. -D'accordo-. 
-D'accordo...Allora? Cosa c'é che non va?-. 
-Niente...-. Scrollo le spalle. 
-Niente? Oh, andiamo Jenny...-. 
-Nel senso che...-. Lo interrompo. -...che non ha più importanza adesso-. 
-Potresti spiegarti?-. 
Sbuffo. -Mi ha dato più che fastidio quando Ebonee ti ha toccato e tu non hai reagito. È stato come se tu mi stessi prendendo in giro-. 
-Cosa?-. Domanda spaesato, sgranando gli occhi. -Come puoi pensare una cosa del genere?-. 
Scrollo le spalle senza dire nulla. 
-Jenny...-. Si avvicina, afferrando i lati del mio viso. Amo quando fa così. -...io e Ebonee abbiamo solamente scopato in passato, questo lo sai. Non c'è mai stato nulla tra di noi seppure io la conosca da tre anni. Ma in questi tre anni l'ho solamente reputata come una...una sgualdrina. Insomma la chiamavo quando mi veniva voglia di fare sesso e non c'era nessuno che potesse appagarmi. Io non vorrei fare un paragone tra te e lei perché sarebbe come paragonare un topo, che è l'animale più sudicio al mondo, con un leone, che é il re della foresta. Capisci cosa intendo? Ma se proprio insisti...-. 
-Insisto...-. Dico decisa. 
-Tu vuoi davvero che io vi paragoni?-. 
-Si. Justin quando succedono determinate cose, io vengo assalita dai dubbi-. 
-Tu dubiti dei miei sentimenti nei tuoi confronti?-. 
-Be', no. Forse dubito solo del fatto che magari con lei era più...più divertente-.
-Ti riferisci al sesso?-. 
Annuisco imbarazzata. 
-Problemi del genere non dovresti proprio crearteli!-. Esclama. -Con lei era solo sesso, con te è tutt'altro. Con te mi vien più voglia di starti accanto, di proteggerti, di accarezzarti, di baciarti il collo, di cullarti e coccolarti. Con te il sesso é dato dai sentimenti che provo e dalle emozioni che sento e non solo dal desiderio e dal piacere. Sono più felice e soddisfatto quando mi parli della tua vita o di un fatto quotidiano in modo spontaneo e ingenuo, che quando ti muovi su di me. È bello osservare i tuoi lineamenti distesi e rilassati, è bello vederti come una ragazzina spensierata e allegra ed è bello che tu sia mia, Jenny-.
Mia?
Sono sua?
Lui...cioè...Io...oh mio Dio! 
Mi serve dell'acqua!
-È bello davvero?-. Domando flebile.
-Si-. Sorride, accarezzandomi la guancia con le dita, abbassandole e alzandole. -Partendo dal fatto che sei bellissima, sei anche...vera. È questo ciò che ti rende unica per me. Sei sempre spontanea e sorridi sempre. Sei tenera e dolce...alcune volte! Ma sei così carina che ti bacerei per ore senza mai smettere-. 
Poggia anche l'altra mano sul mio viso e lo avanza verso il suo di qualche millimetro in modo tale da potermi baciare.
Appoggia le sue labbra sulle mie con delicatezza e sento il suo corpo farsi sempre più vicino. 
Io non mi lamento nè protesto fisicamente. 
Justin è fantastico. 
Non lo dico solo per le cose dolci che mi ha appena detto. 
Lo dico perché me le dice poco spesso e nelle poche volte in cui lo fa, è sempre sincero e onesto, mi guarda negli occhi e non ride. 
È sempre serio e tranquillo, come se fosse programmato per dirmi cose del genere. Come se le parole le sentisse dal cuore. 
Mentre le nostre labbra si toccano, delle lacrime scendono sulle mie guance, bagnando anche quelle di Justin. 
Justin si stacca improvvisamente, guardandomi negli occhi preoccupato. 
-Ehi, che succede?-. Chiede. 
-Niente-. 
-Perché piangi?-. 
-Io non lo so...non riesco a capirlo neanche io. Sento solo tante emozioni e sensazioni in un unico momento e tutto ciò che riesco a fare è piangere-. Sospiro. -Mi dispiace, ma...-. 
-Ti dispiace?-. Ripete confuso. 
-Si, mi dispiace. Mi dispiace se ogni volta scoppio in lacrime. Io non riesco a trattenerle e non sono in grado di non essere così emotiva-.
-Jen, non è un problema questo. Dimostra solamente quanto ho detto prima: tu sei pura e vera. Tu sei l'unica per me-. 
Trattengo il respiro mentre sento le lacrime scendere più velocemente. 
Le asciugo, abbassando lo sguardo. 
-Jen, io voglio che tu mi guarda negli occhi e mi dica che tu ti senti abbastanza per me, perché tu sei fin troppo per me-. Dice, alzando il mio viso verso di lui. 
Sono appagata che lui si sia ricordato della conversazione avuta in doccia due settimane fa. 
Credo che metterà sempre in mezzo quest'argomento nelle nostre conversazioni future del genere. 
-Justin tu sei fin troppo per me, non il contrario!-. Ribatto convinta. -Tu sei tutto ciò che io abbia mai desiderato. Sei perfetto, nessuno potrebbe affermare il contrario-. 
-Jen, devi dirmi ciò che ti ho detto di dirmi, non elogi alla mia perfezione. Io non sono perfetto, semplicemente tu mi ami in modo perfetto-.
Ami?
Io lo amo? 
Non mi soffermo su questa parola e fingo di non essermi accorta del suo significato e della sua importanza in una frase del genere. 
-Io...-. Trattengo il fiato, torturandomi il labbro inferiore. -...io penso che tu abbia ragione, ma tu sei sempre...-. 
-Io non sono niente, Jenny-. Sospira. -...Tu, invece, tu sei tutto ciò che c'è di più bello e buono al mondo-.
-No...-. 
-Adesso dimmi quelle parole-. Mi intima dolcemente, ignorando la mia ultima battuta. -Mi farebbero più felice di qualsiasi altra cosa-. 
-Io...io non ci riesco-. 
-Perché?-. 
-Perché non penso davvero che io sia troppo per te. Non è vero, lo sai anche tu-. 
-Jenny, dannazione! Io voglio che tu dica esattamente il contrario. E voglio anche che tu lo pensi per davvero perchè è la verità!-. 
-Non posso...-. 
-Jen...-. Mi stringe le mani, avvicinandosi ancora di più al mio corpo.
Abbasso lo sguardo, intimidita. 
Con un gesto secco e veloce fa in modo che nuovamente lo guarda negli occhi. 
-Justin...-. Sussurro. -Ci lavorerò su, okay? Ma adesso basta, potrei scoppiare da un momento all'altro-. 
Sta per dire qualcosa, poi decide di stare zitto e annuire. 
-Io...mi dispiace ma...-. 
-Basta dispiacerti! Tu non hai nulla di cui scusarti o dispiacerti. Io devo scusarmi se ti ho spinto oltre il tuo stato mentale e d'animo. Ma voglio solamente che tu ti senta a tuo agio con te stessa e con me, che tu sia sicura e fiera di ciò che sei e di ciò che sei in grado di fare. Voglio solamente che tu accetti te stessa e il fatto che io ti trovi assolutamente meravigliosa-. 
Bofonchio qualcosa, dopodiché lo abbraccio forte in modo improvviso. 
Ricambia la stretta e quando ci stacchiamo noto che ha gli occhi lucidi ma non dico nulla. 
-Che ne dici se...-. Sbotta improvvisamente sorridendo, guardando in alto come se non voglia farmi notare che ha gli occhi lucidi. -...se da questo momento in poi facciamo una cosa...una cosa a tre?!-. 
-A tre?-. Ripeto sbigottita.
Ride. -Intendo io, tu e la felicità-.








 Dopo due giorni a Bologna, ecco il nuovo capitolo!
Le idee mi sono venute mentre ero in macchina per ritornare a casa.
In questo capitolo Justin è molto sdolcinato.
So che sembra che con il passare del tempo il loro rapporto stia diventando noioso,
troppo dolce, tipo ossessione. Ma non è così…con il proseguo della storia, 
ci saranno tantissimi colpi di scena e soprattutto momenti
in cui il loro rapporto sarà incostante. Come in questo capitolo.
Passano da momenti dolcissimi a momenti in cui si offendono
e punzecchiano a vicenda. E’ questa la situazione che mi piacerebbe creare,
e spero che ci stia riuscendo. Cosa ne pensate?
Aggiornerò non appena questo capitolo riceverà recensioni!
Un bacio, notperfect! <33


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Capitolo 15
*** I think I love you ***


I think I love you

 -Sei la persona più maldestra che abbia mai conosciuto, Jenny!-. Esclama Justin venendomi incontro. 
Sono caduta mentre riponevo delle buste sul ripiano più alto dell'armadio. 
Ho perso l'equilibrio e mi sono improvvisamente ritrovata a terra con un miliardo di buste e magliette in faccia e sul resto del corpo. 
-Se magari mi aiutassi adesso invece di rimproverarmi, sarebbe la cosa migliore!-. Ribatto stizzita, massaggiandomi la caviglia. 
Sbuffa e si siede accanto a me sul pavimento, accovacciato verso di me. 
-Dove ti fa male?-. Domanda annoiato. 
Giuro che lo prendo a calci!
-Qui-. Indico un punto della caviglia. 
Alza il mio pantalone di tuta fino al ginocchio e con la mano segue la direzione da me indicata. Preme con delicatezza su di esso, facendomi gemere. 
-Ti fa davvero male-. Constata sorpreso.
-Pensavi stessi scherzando?-. 
-Si-. 
-Che motivo avevo di scherzare su una cosa del genere?-. Domando in tono meravigliato, facendo una strana smorfia. 
-Non lo so...forse perché volevi che ti toccassi le gambe!-. 
-Si, certo-. 
-Sai che avresti potuto chiederlo invece di mettere in scena tutto questo-. 
-Sei convinto che io stia scherzando?-. 
-No, era semplicemente un'ipotesi abbastanza credibile-. 
-Be', posso dirti che tu, le scommesse e le ipotesi non andate molto d'accordo-. 
Sorride, ponendo nuovamente lo sguardo e la mano sulla caviglia. -Penso sia slogata-. 
-Slogata? Scherzi?-. 
-No, sono serio. Sarà meglio andare in infermeria-. Suggerisce. 
-Maledizione-. Sibilo tra me e me. 
-Cosa? Hai detto una specie di parolaccia?-. Chiede divertito fintamente severo. 
Sorrido. -No-. Rispondo cantilenando. 
-Bene-. 
-Bene-. 
-Andiamo in infermeria!-. 
-Andiamo!-. 
-Alzati-. 
-Mi alzo-. 
-Smettila di dire quello che dico!-.
-Smettila di dire quello che dico!-. Scimmiotto il suo tono di voce con espressione divertita e compiaciuta in volto. 
-Jenny, smettila!-. Sbotta infastidito. 
-Jenny, smettila!-. 
-Jenny!-. 
-Jenny!-. 
Sbuffa. -Il New Jersey fa schifo-. 
-Il New...cosa? No! Andiamo in infermeria-. Mi alzo con fatica mentre lui ride rumorosamente. 
La sua risata è il suono più bello che abbia mai udito, è come 'Stay' di Rihanna che ascolterei infinite volte in continuazione.
-Ahia!-. Esclamo non appena appoggio il piede a terra. 
-Ti fa male tanto?-. 
-Ehm, si-. Sposto una ciocca di capelli dietro l'orecchio, abbassando lo sguardo sulla mia caviglia. 
Indugia qualche istante, dopodiché sospira pesantemente. 
Seguo con gli occhi tutti i suoi movimenti; lo vedo mentre si accovaccia verso di me e posa una mano sotto le mie gambe, prendendomi in braccio. 
-Sei sicuro che riuscirai a sorreggermi fino all'infermeria? È lontana dalla tua stanza-. Sussurro, guardando i suoi occhi che sono a pochi millimetri di distanza dai mie e di tanto in tanto sposto lo sguardo sulle sue labbra rosee e carnose che in questo momento sono semiaperte. 
-Jenny, sono io. Non Nick-. Risponde in tono distratto come se voglia esaltare se stesso. 
Trattengo una risata e innalzo un sopracciglio, fintamente infastidita e divertita per il suo paragone. 
-Sei sempre cosí modesto-. Esclamo. 
-Be', non posso farci niente se sono cosí tremendamente forte e possente-. 
-No, Justin. Tu sei idiota, non muscoloso-. 
-Stai mettendo in dubbio le mie capacità?-. Chiede, iniziando a camminare verso la porta. 
-Ehm, direi di si. In realtà vedo con i miei occhi che hai due spaghetti al posto delle braccia-. 
Si ferma di sbotto, abbassando lo sguardo su di me. 
Lo guardo disinvolta e faccio una strana smorfia, scrollando le spalle. 
Ride. -Sei seria? Hai davvero detto ciò che ho sentito?-. 
-No, Justin: hai avuto un'allucinazione-. Scherzo. 
Ritorna a camminare, guardando dritto davanti a se. 
Io lo ammiro dal basso. 
-Farai meglio a non parlare per il resto del tragitto prima che possa gettarti a terra da un momento all'altro-. Esclama divertito e infuriato al tempo stesso. 
-Come vuoi, sei sempre un idiota-. 
-Tu sempre una bimba!-. 
-Oh, grazie. Gentilissimo!-. 
-Non c'è di che-. 
Fatto qualche passo, mi volto nuovamente verso di lui, alzando di qualche millimetro la testa. 
-Justin...-. Esclamo pimpante. 
-Mh?-. 
-Sai che sei davvero carino?-. Scoppio a ridere come un ebete.
Cosa diavolo mi prende?
Assume un'espressione confusa in volto. -Mi prendi in giro?-. 
-No. Sto dicendo la verità-.
-So che sono carino, forse qualcosa in più, ma sei scoppiata a ridere e questo ha messo a rischio la tua credibilità-. 
Sorrido. -Ho riso perchè sei buffo-.
-Buffo?-. 
-Si, buffo. Guarda qui...-. Accarezzo con l'indice il suo naso, allegramente. -...hai un naso buffo, delle orecchie buffe...-. Sfioro le sue orecchie con un gesto secco. -...e degli occhi buffi!-. Rido di nuovo. 
-Si, certo. E una bocca buffa!-. Aggiunge, avvicinandosi verso di me, facendo combaciare le nostre labbra. 
-Ecco, era proprio ciò a cui volevo arrivare!-. Dico pimpante, stringendomi al suo petto. 
Mi lascia un bacio sui capelli, e lo sento sorridere. 
-Hai bevuto?-. Domanda schietto e stranito al tempo stesso. 
-No!-. 
-Allora la caduta ha danneggiato anche il tuo cervello, oltre la tua caviglia!-.
Rido. -Divertente, Justin. Volevo solo baciarti, per questo ho omesso la bocca nel mio discorso-. Spiego divertita. 
-Be', avresti potuto chiedermelo!-. 
-Non mi sembrava il caso-. 
-Allora avresti potuto farlo e basta-. 
-Non è così facile-. Sorrido, guardando davanti a me per controllare quanto ancora manca per arrivare in infermeria. 
-Cosa vuoi dire?-. Domanda e, a differenza mia, sembra aver preso la faccenda in maniera più seria. 
-Oh, niente. Lascia perdere-. 
-No, Jenny. Odio quando dici una cosa e poi non concludi il discorso-. 
Sbuffo. -Vuoi litigare anche adesso?-. 
-No! Voglio solo che mi spieghi ciò che avresti voluto dirmi con quella frase-. 
-Justin, prendi le mie parole troppo seriamente. Sai che alcune volte dico solo stupidaggini-. 
-Ecco: alcune volte. Questa non è una di quelle volte. So come sei fatta, ho imparato a conoscerti e so che con quelle parole avresti voluto dirmi qualcosa di più importante-. 
Wow. 
Non pensavo mi conoscesse così bene. 
Non pensavo avesse imparato a riconoscere i miei modi di fare ambigui. 
Si ferma e mi posa a terra, imitandomi. 
Ci ritroviamo così seduti sul pavimento del corridoio del dormitorio, l'uno difronte all'altra.
-Justin, per favore, non farne un dramma. Ho solo detto cose senza senso e dovresti dimenticarle. E anche se avessero un senso, non avrebbero importanza-. 
-Devi smetterla di pensare che ciò che dici o fai non ha importanza. Devi credere più in te stessa. Tutto ciò che dici o fai per me ha assunto un'importanza così vasta da tenermi sveglio la notte-.
Trattengo il respiro e sto per dire qualcosa quando decido di starmene in silenzio. 
-Io so cosa passa per la tua testa di cazzo, Jenny, e voglio che la smetta di pensare in questo modo. Non sei male quanto pensi-. Aguzza la vista verso di me mentre io abbasso lo sguardo sulle mia mani, iniziando a contorcerle freneticamente. 
Io non so cosa farei se adesso non avessi lui al mio fianco. 
Sono circa due mesi in cui ci conosciamo e circa quattro settimane da quando 'stiamo insieme' e non riuscirei ad immaginarmi con nessun altro se non con lui in questo periodo. 
-Adesso...-. Riprende. -Puoi dirmi il significato delle tue parole?-. Domanda in tono scocciato, enfatizzando la quinta parola da lui pronunciata. 
-Non ha importanza, Justin. Sul serio! Non devi sempre prendere in considerazione le mie parole perché non sempre dico cose vere e giuste. Adesso non ne parliamo più per favore-.
Sta per ribattere, quando poi rimane in silenzio. 
Oh, finalmente. 
Non mi va di dirgli cosa sento e provo in questo momento. Almeno non adesso. 
-D'accordo...andiamo-. Dice amareggiato e deluso. 
-Andiamo-. 
Questa volta peró non mi prende in braccio ma mi suggerisce di salire sulle sue spalle. 
Mi aggrappo alle sue spalle come fossi un koala e quando lui inizia a camminare, poggio delicatamente il mio mento sulla sua spalla destra. 
Sento il suo profumo inebriarmi e il suo respiro sulla mia guancia e subito mi vien voglia di chiudere gli occhi e godermi questo momento. 
-Eccoci-. Sbotta improvvisamente aprendo una porta sulla quale c'è scritto 'Infermeria'. 
L'infermiera, che dice di chiamarsi Clare, visita la mia caviglia concludendo che è solamente una slogatura e che basterà che non forzi la caviglia e non cammini molto per circa una settimana.
-Cosa ti avevo detto? Hai la caviglia slogata!-. Afferma Justin una volta usciti dall'infermeria. 
-Bene, questo vorrà dire che sarai il mio facchino per almeno una settimana!-. Sorrido forzatamente mentre lo guardo dal basso: sono tra le sue braccia. 
-Woah!-. Esclama divertito. -Facciamo un patto-. Propone. 
-Mh, okay-. 
-Io prometto di eseguire almeno una parte dei tuoi ordini se tu mi dirai ciò che voglio sapere-. 
Sbuffo. -Santo cielo, Justin! Perchè non dimentichi ciò che è successo prima e proseguiamo tranquillamente la nostra vita?-.
-Adesso la mia vita è con te. Ho il diritto di conoscere le tue paure e i tuoi pensieri affinchè possa migliorare la situazione, non credi?-. Chiede acidamente in modo stizzito e infastidito. 
Sussulto alle sue parole cosí profonde che lui ha pronunciato in tono menefreghista. 
Annuisco spaesata e lievemente sconvolta. 
-Bene...-. Sussurra mentre apre la porta della mia stanza per poi poggiarmi sul letto. -...cosa volevi dire con 'Non è cosí facile'?-. 
Sospiro. -Io...io non so cosa volevo dire e perché l'ho detto. So solo che non ho mai il coraggio di b-baciarti...io non prendo mai l'iniziativa perché...-. 
-Non dirmi ciò che penso mi dirai, ti prego-. Mi interrompe stupito. 
-Perchè non mi sento all'altezza di farlo-. 
Emette uno strano verso di sdegno, sedendosi accanto a me. 
Lo guardo con la punta degli occhi mentre si passa una mano tra i capelli. Sembra frustrato. 
-Jen io non so cosa fare per farti cambiare idea-. Confessa. 
-Non c'è niente che tu possa fare. È qualcosa che fa parte di me e non cambierà mai. Mi sentirò sempre troppo insicura, sempre troppo piccola rispetto agli altri-. 
-Lo so, e ci stiamo lavorando su questo. Ma pensavo che con me fossi a tuo agio...io non ti giudico mai, dovresti saperlo-. 
-Si, ma...-.
-Ma?-. 
-Ma non lo so. Ogni volta che ho il..il d-desiderio di b-baciarti...io non lo faccio mai perchè penso che magari ti...ti tirerai indietro o che non sarà il bacio che ti aspettavi, insomma...penso sempre che tu ne rimanga deluso-.
Sorride, avvicinandosi e accarezzandomi i capelli. -Jenny ogni tuo bacio è sempre il più bello di tutti. Ogni tuo bacio è come fosse il primo perché tu...tu sei speciale. Dovresti renderti conto e dovresti riconoscere le tue qualità e l'influenza che hai su di me-. Sospira. -Perché hai paura di baciarmi?-. Domanda, più a se stesso che a me.
-Perchè tu sei migliore di me in tutto e...-. 
-Basta Jenny. Ne ho abbastanza di tutto questo-. Prende una pausa afferrando il mio mento. -Voglio che tu apprezzi te stessa e che non pensi sempre che tu sia il lato negativo di una situazione. Non devi svegliarti la mattina e iniziare la giornata partendo col presupposto che non sarai in grado di affrontare varie situazioni e persone. Io voglio che tu abbia fiducia in te stessa come io faccio con te-.
-Io sono felice che tu mi dica tutto questo perché capisco che vuoi aiutarmi a cambiare...ma non voglio parlare più di questo-. 
-Capisco perfettamente che per te è un problema parlare di tutto ciò perché ti imbarazza, ma tutte le tue insicurezze saltano sempre fuori, soprattutto nella nostra relazione e inizio a pensare che magari sono io a non fare un buon lavoro con te, come se non fossi in grado di fare in modo che tu riponga fiducia in me-.
-Non devi pensare una cosa del genere!-. Avanzo con il corpo verso l'estremitá del letto dove Justin si è seduto. -Tu sei la persona migliore che abbia mai conosciuto e che abbia mai avuto al mio fianco...te l'avrò ripetuto almeno un miliardo di volte! Non è colpa tua, non devi fartene delle colpe. Io sono insicura per ció che mi è successo in passato, non perché tu mi fai sentire in questo modo. Anzi, tu fai tutto il possibile affinché non mi senta cosí...-. 
-Ma non sta funzionando-. Constata triste. 
-Questo lo dici tu-. Sospiro. -Io mi accorgo che giorno dopo giorno qualcosa in me stessa sta cambiando grazie ai momenti che passo con te e alle parole che mi dici e sussurri. Sento che sto diventando più sicura, più decisa in ciò che faccio. Per me dirti una cosa del genere è già un grande passo perché due mesi fa non ti avrei mai confessato una cosa del genere, non ti avrei mai detto i miei segreti e le mie paure. Io mi fido di te grazie al tempo trascorso insieme e ai momenti che mi dedichi. Quindi adesso non ne parliamo più e non farti una colpa di qualcosa che non ha valore-. 
-Perchè non vuoi parlarne?-. Domanda confuso. 
-Be', perché non mi va. Non voglio e basta-. 
-Quindi preferisci avere tutto dentro e scappare dalle situazioni che ti turbano? Non è cosí che dovresti fare-. 
-Lo so, ma è più forte di me-. 
-Cosa è più forte di te? Dimmelo, per favore!-. Prega speranzoso. 
-Non lo so. Sento solo una strana sensazione in me stessa che blocca ogni tentativo di esprimere i miei pensieri e di confessare le mie emozioni. Come se ci fosse una voce nella mia mente che mi dice che non serve a nulla parlare perché nessuno mi ascolterá e mi capirá, nessuno si interesserà alle mie parole o a come mi sento perchè tutti mi considerano una nullità-. Prendo un grande respiro. 
Justin non dice nulla, mi guarda solamente scrutando ogni centimetro del mio viso e soffermandosi sugli occhi e sulla bocca. 
-Jenny io...-.
-Non voglio parlarne. Per favore-. Lo interrompo. -Non voglio parlare di come mi sento quando la mattina mi sveglio e penso che non sono abbastanza bella, abbastanza brava, abbastanza magra, abbastanza intelligente, abbastanza dolce, simpatica o alla moda. Non voglio perché mi sentirei ancora più giù di morale. Sono sempre stata abituata ad avere tutto dentro e il fatto che ti abbia almeno confessato una parte dei miei sentimenti, è sin troppo per me. Continuerò a tenermi tutto dentro e ad andare avanti-. Scrollo le spalle con espressione amareggiata e dolce al tempo stesso. 
Justin mi osserva ancora per qualche secondo. -Credi davvero che in questo modo riuscirai ad andare avanti?-. 
-Fino ad ora ho resistito-. 
-Certo ma adesso ci sono io con te. Non pensi sia più giusto che tu mi dica cosa passa per la tua testa ogni tanto?-. 
-Si, ma non so se riuscirei a farlo. Insomma io vorrei...-. 
-Ma c'è qualcosa che ti blocca-. Conlclude lui al posto mio. 
Annuisco, abbassando le maniche della felpa fino alle mani, coprendo anche le dita. 
-Perché sei ostinato a volere che io ti confessi tutto ciò che provo?-. Domando improvvisamente, alzando lo sguardo su di lui. 
-Perché sei la mia ragazza, Jenny. Io devo sapere tutto ciò che passa per la tua testa di cazzo. La cosa che più mi confonde é perché ti sembra cosí strano che io mi preoccupi per te-. 
-Perché io sono complicata. Ho un carattere strano e ci vuole tempo per capirmi e sapermi apprezzare per quella che sono per davvero...e solitamente le persone non hanno tempo. Io non sono mai stata trattata come tu fai con me, Justin. Mi spaventa, tutto qui-. Abbasso nuovamente lo sguardo sulle mie mani ormai coperte dalle maniche della felpa.
Passano alcuni istanti di silenzio in cui riesco a sentire solamente il respiro regolare di Justin e sento anche che ha lo sguardo fisso su di me.
-Adesso possiamo dormire?-. Gli chiedo in tono dolce e delicato tenendo sempre gli occhi sulle mie mani.
Alza il mio viso con l'indice. -Hai sonno?-.
-Si. Tu no?-. 
-Un po'-. Si sdraia sotto le coperte  e mi indica di imitarlo. -Vieni qui-. 
Mi rannicchio sotto le coperte stringendomi al suo corpo. 
-È strano come riesca a sentirmi cosí bene tra le tue braccia, quando mi stringo a te-. Sussurro e mi rendo conto di aver appena confessato un mio sentimento a Justin.
È sicuramente un passo avanti. 
Se inizialmente, circa un mese fa, era lui a non riuscire ad esternare i propri sentimenti e le proprie emozioni, adesso la situazione si è capovolta e sono io a non farlo. 
-Davvero?-. Domanda. 
-Davvero-. Lo stringo ancora di più e sento che anche la sua presa diventa più salda e forte. -È bello che tu mi apprezzi nonostante le mie paranoie, le mie insicurezze e i miei mille difetti...aspetta!-. Mi fermo di sbotto voltandomi verso di lui con espressione preoccupata in volto. -Io ti piaccio ancora, vero?-. 
Sorride. -Si-. 
-Bene...perché io non sono quel tipo di ragazza che colpisce a prima vista, nè alla seconda...'nè alla duecentoquattresima in realtà-. 
-Jenny, mi è bastato vederti la prima volta quando hai aperto la porta della stanza. Ero già preso da te-. 
-Davvero?-. 
Annuisce, cingendo la mia spalla con il suo braccio per poi stamparmi un bacio sui capelli.
-Perché allora, secondo te, ti trattavo in quel modo?-. Domanda sorridendo. 
-Ti riferisci ai dispetti e alle offese?-.
-Si-.
-Pensavo non mi sopportassi-. 
Ride. -Sei cosí ingenua, Jenny! Seriamente pensavi che non ti sppportassi?-. 
-Si. Mi dicevi sempre cose poco pertinenti e carine, mi facevi arrabbiare in continuazione!-.
-Anche adesso però questo non é cambiato-. 
-Già...Ma non è un problema-. 
-Mhmh...sai, Jenny, penso che moltissime persone vorrebbero essere noi per un giorno solo per vivere ciò che proviamo l'uno per l'altra. Se qualcuno fosse me per un solo giorno, si innamorerebbe del mio corpo...non perchè sono tremendamente sexy e muscoloso...-. 
Sospiro, ridendo. 
-...ma perchè ho la possibilità di averti accanto ed è una delle cose più belle che mi siano mai potute capitare-. Conclude. 
Trattengo il respiro, stupita dalle sue parole e dalla scorrevolezza con cui le ha dette. 
Non so cosa dire. 
Lo stringo forte, sprofondando la testa sul suo petto. 
Sento la sua mano che inizia ad accarezzarmi i capelli e che poi scende sotto le coperte lungo i miei fianchi e le mie gambe nude.
Quando c'è Justin, dormo sempre in mutande e in canottiera ed é tremendamente eccitante!
 
 
Sono circa quattro giorni che giro per la scuola trasportata da Justin, alcune volte in braccio altre volte sulle spalle. 
È bello perché non mi stanco ed è divertente esaurirlo. 
Abbiamo accennato di quell'argomento parecchie volte in questi giorni e sono diventata più abile nell'esprimere i miei sentimenti per lui.
-Justin, smettila!-. Gli ordino divertita. -Non paragonarmi alle altre ragazze!-. 
Ha detto che quando mi guardo allo specchio mi faccio tanti complessi come la maggior parte delle ragazze. 
È vero, certo, ma ho sempre odiato che qualcuno mi paragoni ad altre persone. 
Già abbiamo parlato di questo, se non sbaglio.
-Ma è cosí!-. Ribatte convinto. 
-No! Per esempio...nella categoria delle ragazze, ci sono vari gruppi. Ci sono quelle che aprono le gambe, quelle che aprono la mente e quelle che aprono il cuore-. 
-E tu?-. 
-Io semplicemente apro il frigo, Justin. Sono diversa-.
Ride rumorosamente. -Sei cosí cretina!-. 
-Non chiamarmi cosí!-.
Entriamo in mensa e controlliamo se c'è un tavolo libero.
Dalle sue spalle ha tutto una prospettiva diversa. 
-Le donne appartengono alla cucina-. Afferma improvvisamente Justin mentre mi appoggia ad una sedia di un tavolo. 
-Che cosa c'entra adesso?-. 
-Non lo so-. Scrolla le spalle, sedendosi di fronte. -Stiamo parlando di ragazze e quando siamo entrati in mensa ti ho immaginata mentre inforni il tacchino durante il giorno del ringraziamento-. 
Sgrano gli occhi per poi alzare un sopracciglio. 
Justin ride, abbasaando lo sguardo sul suo piatto. 
-E tu sai perché le donne vivono più a lungo degli uomini?-. Domando. 
-No. Perché?-. 
-Perchè in cucina ci sono i coltelli-. 
Si lascia scappare un ghigno divertito. -È una minaccia?-. 
-Mh, non so. Tu come la vedi?-. 
-Come l'ennesima stupidaggine che esce dalla tua bocca-. 
-Allora ti sbagli-. 
Ride iniziando a mangiare il suo pasto ed io lo imito. 
-È strano che io e te stiamo seduti ad uno stesso tavolo mangiando pacificamente-. Dice. 
-Già, è la prima volta in cui abbiamo un dialogo normale-. 
-Facciamo progressi!-. 
Sorrido annuendo. 
-Non hai niente da fare questo pomeriggio?-. Chiedo distrattamente. 
-Che domanda è?-. Esclama divertito. -Certo che ho da fare!-. 
Alzo un sopracciglio, infastidita. -Cosa?-. 
-Seguirti e controllarti-. 
Sento il mio corpo liberarsi da un peso e trattengo un sorriso.
-Ti ho rassicurata?-. Domanda scherzando.
-Fai poco lo spiritoso, Justin-. 
-Sai che un bacio elimina circa sei calorie. Vogliamo provare proprio adesso?-. Chiede divertito, ignorando le mie parole.
Alzo un sopracciglio. -Mi stai dicendo che sono grassa?-. 
Ride.-Sono serio, Jennifer. Dammi un bacio-. 
-Tu non sei mai serio!-. 
-Cosa?!-. 
-Vuoi per caso negare l'evidenza?-.
-Ma io sono sempre serio!-. Ribatte convinto, ironicamente.
-Ma se anche adesso hai un sorriso in volto-. 
-Anche tu-. 
-Ma io ho un motivo-. 
-Non è vero-.
-Si-. 
-No!-.
Sbuffo. -Sei irritante-. 
-Ti amo-. 
-Ti...-. Cosa? 
Trattengo il respiro e sento il cuore battere veloce. 
Ha davvero detto 'Ti amo'?
-Cosa?-. Domando pietrificata. 
Scrolla le spalle. -Hai sentito bene, Jenny. Non farmelo ripetere. Sarebbe imbarazzante adesso-. 
Apro la bocca per dire qualcosa ma poi decido di richiuderla e di non dire nulla. 
Arrivano Chaz e Lil e si siedono al nostro tavolo. 
Li vedo e li sento mentre chiacchierano tra di loro ma io non riesco a parlare. 
È come se mi trovassi in una stanza ovattata e le loro parole risultano essere una specie di versi in lontananza. 
-Vieni con noi?-. Lil pone questa domanda a Justin mentre si alza, imitato da Chaz. 
Justin sembra pensarci su qualche secondo, per poi rifiutare l'invito. 
-Andiamo?-. Chiedo a Justin, alzandomi impacciatamente non appena Chaz e Lil escono dalla mensa.
Non mi risponde, si alza solamente e mi segue verso l'uscita della mensa mentre zoppico.
-Non vuoi che ti prenda in braccio?-. Chiede, stando al mio passo. 
-Uhm, no. Posso farcela-. 
Sbuffa, avvicinandomi e prendendomi improvvisamente in braccio. 
-Justin!-. Lo rimprovero. -Posso camminare da sola!-. 
-Ricordi cos'ha detto l'infermiera?-.
-Si, ma sono passati quattro giorni!-. 
-Infatti lei ha detto che avresti potuto camminare liberamente dopo una settimana-. 
Sospiro, non sapendo cosa rispondere.
Ci incamminiamo verso il dormitorio femminile per raggiungere la mia stanza. 
Chiudo la porta alle mie spalle, appoggiando la borsa sulla scrivania.
Justin mi posa sul letto ma io scendo per andare verso la scrivania con passo lento e impacciato.
-Jenny...-. Justin mi chiama, avvicinandosi. 
Inizio a riporre velocemente alcuni spartiti nei cassetti della scrivania, ignorando le sue parole. 
-Jennifer...-. Eccolo di nuovo.
-Mh?-. 
-Jennifer...-.
-Cosa c'è?-. 
-Jenny girati e guardami!-. Urla infuriato. 
Trattengo il respiro, chiudendo gli occhi per poi riaprirli qualche secondo dopo. 
Sento il suo respiro affannato e veloce e improvvisamente poggia le sue mani sui miei fianchi. 
Con un movimento delicato e secco al tempo stesso mi volta verso di lui. 
Abbasso lo sguardo, imbarazzata. 
-Jen...-. Sembra essersi calmato. -Jen, guardami!-. Alza il mio viso con l'indice. 
Incontro i suoi occhi color miele e inizio a sentire una strana fitta allo stomaco. 
-Dimmi-. Sussurro, respirando a stento. 
-No, Jenny. Sei tu che devi dirmi qualcosa-. 
-Non ti seguo-. 
Sospira. -Jenny...che c'è che non va? Perchè non vuoi parlarmi?-. 
-Non è che non voglio parlarti. Sono solo imbarazzata, okay?-.
Sospira.-Perchè ti sei comportata cosí?-.
-Cosí come?-. 
-Sei stata zitta tutto il tempo ed è strano perché solitamente tu parli in continuazione...e mi stai evitando-. 
-No, non ti sto ev...-. 
-È per via di ciò che ti ho detto prima in mensa?-. Mi interrompe, guardandomi speranzoso e preoccupato al tempo stesso. 
Bofonchio per qualche secondo, dopodiché mi schiarisco la voce. -Si-. Sussurro. 
-Cosa?-. 
-Si!-. Urlo, imbarazzata. 
Justin mi guarda ancora negli occhi e mi stampa un bacio sulla guancia. 
-Mi dispiace-. Dico intimidita. 
-Non devi dispiacerti-. 
-Si. Mi dispiace se ti ho evitato ma...-. Prendo una pausa, sospirando. -...ma tutto questo mi spaventa-. 
-Ti spaventa?-. 
-Si, mi spaventa. Mi spaventa il fatto che tu mi...insomma mi...-. 
-Che ti amo-. Seguita Justin un po' divertito. 
-Esatto. E mi spaventa anche che io ricambi e che mi sia talmente affezionata a te che non sarei in grado di starti lontana in futuro-. 
Sorride lievemente. -Non devi preoccuparti di questo-. 
-Si, invece. Quando tornerò in New Jersey e tu alla tua vita qui a Los Angeles, come faremo? Io cosa farò?-. 
-La distanza non divide due cuori che si vogliono, Jenny-. 
Sussulto alle sue parole cosí profonde. -Ma io mi sentirò persa-. 
-Non ti sentirai cosí perchè capirai che noi siamo più forti delle miglia che ci separano. E ci sentiremo ogni giorno-. 
Sospiro, guardando un punto indefinito nel vuoto. 
Apro la bocca per dire qualcosa per poi chiuderla e catapultarmi tra le sue braccia. 
Inizialmente sembra sorpreso dal mio gesto mentre qualche secondo dopo circonda il mio corpo con le sue braccia e mi stringe forte a sé. 
Sento il suo profumo inebriarmi e il suo respiro sulla mia testa.
-Jenny ti ho detto quelle...quelle due parole prima perché le sento davvero-. Dice, allontanandosi dal mio corpo per guardarmi negli occhi. -Ho sentito il bisogno di dovertele dire perché le provo per davvero e volevo urlartele ma mi sono limitato a sussurrarle-.
Respiro in maniera poco regolare e per poco non cado a terra senza sensi. 
-E devi sentirti importante!-. Esclama in tono scherzoso. -Perchè è la prima volta che dico una cosa del genere ad una ragazza. Prima mi limitavo a scoparle e basta-. 
Poteva evitare questo particolare. 
-...insomma, l'amore è quando sei con una persona e non vuoi stare con nessun altro. Quando senti il bisogno di averla accanto in qualsiasi momento e se non c'é, la cercheresti fino allo sfinimento-. Prende una pausa. -...quando la timidezza scompare e riesci ad essere te stesso, senza avere la paura di poter essere giudicato-.
-E tu provi questo per me?-. Domando flebilmente. 
Scrolla le spalle e accenna ad annuire. 
-Io non so cosa dire-. Confesso intimidita, abbassando lo sguardo al pavimento e mordendomi freneticamente il labbro inferiore.
-Non devi dire nulla, fa' parlare il tuo cuore adesso-. 
-Il mio cuore non ha nulla da dirti Justin, solo che batte per te-.
Sussulta alle mie parole e sembra quasi che sia rimasto allibito dalla mia affermazione e dal coraggio che ho avuto.
Afferra prepotentemente il mio viso e, trascinandomi verso il letto, mi bacia come mai ha fatto. 
Nonostante la caviglia mi faccia malissimo, cerco di non pensarci. 
In fondo ho di meglio da fare in questo momento.
Alza l'orlo della mia maglia per poi sfilarla completamente.
Io faccio altrettanto con la sua. 
È questo ciò che intendeva prima con le sue parole: in amore la timidezza viene sconfitta. 
Ed è vero. 
Non intendo che riusciamo a spogliarci a vicenda senza pudore. Chiunque sarebbe capace di fare sesso da un momento all'altro e non vergogarsi del suo corpo o delle proprie prestazioni. 
Intendo dire che la timidezza ci abbandona quando ci spogliamo a vicenda dei nostri sentimenti e alla fine rimane solamente una pellicola trasparente sul nostro cuore che lascia intravedere tutti i suoi movimenti, riuscendo cosí a dirci sempre la veritá su ciò che proviamo.
Semi nuda, lo fermo nei movimenti mettendo una mano sul suo petto. 
-Cosa c'è?-. Domanda confuso, ansimando. 
-Voglio solo che tu abbia la risposta che meriti a ciò che mi hai detto in mensa-. 
Sorride e penso che abbia capito a ciò che mi riferisco. -Cosa vuoi dire?-. 
Ricambio il sorriso, guardandolo intensamente negli occhi. -Voglio dire che ti amo anch'io, Justin-.
 
 
 
 
 
 
 
Ciao a tutte!
Spero che questo capitolo vi sia piaciuto e che troviate un motivo
per recensire perché questa volta aggiornerò dopo minimo quindici recensioni!
Il mio obbiettivo è quello di creare un rapporto strano, del tutto fuori dalle righe e dal normale
tra Jenny e Justin. Voglio che sia un rapporto mai visto prima.
Fatemi sapere cosa ne pensate!
Comunque già nel prossimo capitolo ci sarà un colpo di scena abbastanza moderato ma,
tra due capitoli, quindi nel diciassettesimo, succederà qualcosa che forse vi lascerà
di stucco…non lo immaginerete mai e poi mai, ma non voglio anticiparvi nulla!
Anche in questo capitolo ho 'messo' un po' di me. Non so se capirete dove, ma c'è.
Spero che continuerete a seguire e recensire la storia e che la troviate
abbastanza interessante!
Un bacio, notperfect! <33

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Capitolo 16
*** Lost ***


 Lost 
 
-Stasera c'è una festa a due isolati da qui organizzata dalla signora Anderson per tutti i ragazzi dell'accademia, tu vieni?-. Chiede Allison mentre insieme ci incamminiamo dall'aula di chitarra al dormitorio femminile. 
-Ehm, non lo so-. 
-Cosa c'è? Devi chiederlo a Justin?-. Domanda con un pizzico di acidità.
-No, Allison. Non so se mi va di venire, tutto qua-. 
-Oh, andiamo! Da quando frequenti il tuo ex coinquilino montato e odioso non fai altro che stare con lui. È dal tuo compleanno che non usciamo insieme! E sono passate più di quattro settimane dal tuo compleanno, Jenny-. 
-Lo so, ma...-. 
-Ma?!-.
-...ma non lo so! Non so cosa dirti-.
-Be' io invece so che Justin si prende tutto il tuo tempo. State sempre insieme. Sto iniziando ad odiare anche te!-. 
-Allison!-. La rimprovero. 
-Ma è la verità. Io odio lui e di conseguenza inizio a non sopportare anche chi gli sta a fianco-. 
Sbuffo, strattonandola. 
-E poi io non mi fiderei di lui. Sappiamo entrambe com'era prima e cosa faceva ogni notte. L'hai dimenticato?-.
-No, ma non ricordarmelo-. 
-Ora sei anche gelosa di lui? Santo cielo, questa è una cosa seria!-. Esclama con fare melodrammatico. 
-Allison!-. Trattengo una risata. -Smettila di dire cose senza senso per favore-. 
-Allora promettimi che stasera verrai alla festa con me, Emily, Ashley e Rosalie!-. 
-Allison io...-. 
-Bene, pronta per le otto! Buon proseguimento di giornata!-. Mi manda un bacio e scappa in camera sua. 
Rimango immobile per qualche secondo, rendendomi conto solo adesso che ha accettato da parte mia l'invito che lei stessa mi ha fatto! 
Sbuffo, avviandomi verso la mia camera, trovando Justin sul mio letto. 
-Cosa stai facendo?-. Domando confusa, appoggiando la borsa e gli spartiti sulla scrivania. 
-Sono sdraiato su un letto, Jenny-. 
-Non sono ritardata. Intendo cosa ci fai qui? Fino a prova contraria è la mia stanza e...aspetta, come hai fatto ad entrare?-.
-Ho chiesto la copia delle chiavi alla signora Anderson-. 
-E lei te le ha date?-. 
-Si. Cosa c'é di strano?-. 
-Che é la mia camera!-. 
-Non infuriarti, bimba-. 
-Non chiamarmi bimba-. Gli intimo, sibilando. 
-Sai che non cambierò mai idea su questo argomento, bimba-. 
Alzo un sopracciglio. -Sei odioso. Sul serio-. 
-Me l'hai giá detto-. 
-Mi fa piacere che tu lo ricorda-. Sospira, rizzandosi a mezzo busto. -Allora...so che non sarai mai una ragazza normale e sottolineo mai...ma almeno potresti salutarmi come si deve?-. 
Trattengo un sorriso. -Oh, si. Certo, Justin-. Rispondo in modo teatrale, avvicinandomi al letto. 
Mi accascio su di lui, stampandogli un bacio sulle labbra e poi un morso sulla guancia.
-Ahia!-. Esclama, afferrando i miei fianchi.
Anziché allontanarmi, mi avvicino ancora di più fino a sdraiarmi completamente su di lui.
Gli stampo svariati baci sul viso mentre lui pian piano appoggia le mani sulla mia schiena, strofinandole verso l'alto e il basso lentamente e delicatamente. 
È bello come in qualche giorno sia riuscita ad essere piú sicura di me stessa. 
Ora riesco ad abbracciarlo, a baciarlo e a morderlo senza alcun problema.
-Cosa ti dice il cervello, Jenny?-. Sussurra, ricambiando i miei baci. 
-Che sei un idiota e che dovevo darti un morso-. 
-Tu non vuoi solo darmi un morso, vuoi di più, non è cosí?-. 
-No, non è cosí. Voglio solo stare accanto a te, nient'altro-. 
Detto questo gli lascio un ultimo bacio per poi sdraiarmi accanto a lui. 
Sospira, chiudendo e aprendo gli occhi in uno scatto veloce. 
-Justin...-. Mi giro verso di lui con il corpo e con il viso, mettendo un braccio sul suo petto. 
-Mh?-. 
-Andiamo alla festa della scuola stasera?-. 
-Tu vuoi andarci?-. 
-Be', si-. 
-Con me?-. 
-Si, anche se Allison mi ha detto che...-. 
-Vuoi andare con le tue amiche?-. Domanda torvo. 
-No, cioè...Allison mi ha detto che alle otto sarebbe passata da me e saremmo andate insieme ma...-. 
-Quindi andrai con lei?!-. 
-In teoria si, ma...-. 
-Bene-. Mi interrompe, alzandosi e recuperando le sue cose. 
-Justin che ti prende?-. 
-Niente. Divertiti questa sera con le tue amiche oche. Sai, inizio a pensare che anche tu sia come loro-. 
-Cosa?-. 
-Esatto, hai sentito bene-. 
-Non ho detto né fatto nulla di male, perchè mi stai dicendo queste cose?-. 
-Non lo so. Adesso vado. Ci vediamo-. 
Va verso la porta ed esce, sbattendola prepotentemente. 
Cosa diamine succede?
Non è normale il suo comportamento.
Ho già visto un lato burbero, scontroso e irascibile del suo carattere e me ne sono meravigliata, per non parlare del suo lato protettivo e geloso. 
Ma questa è una reazione troppo esagerata dovuta ad una sciocchezza. 
Per di piú non mi ha fatto mai parlare, ha continuato ad interrompermi.
Mi chiudo in bagno per farmi una doccia e liberare la mente dai brutti pensieri. 
Non che Justin sia un brutto pensiero, ma voglio solo non averlo nella mia mente per un po'. Sembra quasi che abbia preso l'abbonamento per risiedervi dentro. 
-...but something in the way you move makes me feel like I can't like without you...-. 
Canticchio mentre strofino prepotentemente le mani sul cuoio capelluto ricoperto di shampoo al cocco. 
-...It takes me all the way, I want you to stay-. Prolungo l'ultima parola proprio come la cantante esegue l'acuto nella canzone.
Naturalmente la mia voce è imparagonabile alla cantante in questione. 
Mentre canto, sento le parole della canzone che rimbombano nella mia mente e, riflettendoci, le sento mie. 
Io non so come mi sento quando sto con Justin perchè alcune volte è come se ci odiassimo, ma c'é qualcosa che mi lascia pensare che voglia che lui resti con me, perché senza lui non riuscirei ad andare avanti col sorriso stampato in volto. 
Esco dalla doccia e, avvolta in un asciugamano rosa, vado in stanza. 
Sento i lunghi capelli pizzicarmi sulle spalle e sulla schiena, procurandomi fastidio. 
Mentre asciugo i capelli il cellulare vibra. 
Spengo l'asciugacapelli e visualizzo il messaggio che mi è appena stato inviato.

'Sono un idiota, scusami. Ci vediamo direttamente questa sera alla festa. Justin xx'.
 
Resto per un po' a fissaare lo schermo del cellulare. 
Cosa gli dice il cervello?
Come ha fatto a cambiare umore e idea nella fazione di qualche minuto?
Ripeto: è strano. 
Ultimamente non mi dice più cose dolci e non mi tratta più come era suo solito fare. 
È diventato ancora più scontroso e strano di quanto non lo fosse ancora prima che ci conoscessimo. 
Eppure c'è qualcosa in me che mi spinge ad essere totalmente dipendente da lui e soprattuto mi sprona ad amarlo.
Dopo essermi vestita e aver asciugato completamente i capelli, controllo sul cellulare se ho ricevuto dei messaggi o delle chiamate perse. 
C'è un messaggio da parte di Allison. 
 
'Non fare tardi. Conto che tu venga stasera. Non vestirti troppo sexy, mi raccomando! Xx'. 
 
Sorrido leggendo le sue parole ma il mio sorriso svanisce e i miei occhi si rabbuiano quando leggo il messaggio succesivo. 
È da parte di Justin. 
 
'Bimba arriverò circa un quarto d'ora più tardi alla festa. Fai la brava xx'.
 
Come verrá più tardi?
Non mi fa imbestialire il fatto che mi lascerá sola per circa quindici minuti o che mi abbia chiamata con quello stupido nomignolo, ma che non mi abbia dato una spiegazione. 
Perchè verrà più tardi?
Provo alcuni abiti posizionandomi davanti allo specchio a figura intera che si trova alla destra dell'armadio. 
I pensieri riguardanti Justin non mi abbandonano del tutto, ma per un po' la mia attenzione e il mio interesse cadono sugli abiti che sfilo e infilo uno dopo l'altro. 
Devo indossare quello giusto. 
Forse ha ragione Allison: Justin prende davvero tutto il mio tempo. 
Persino quando non sto con lui fisicamente, i miei pensieri contengono il suo nome e non so se far in modo che questo continui o se devo darmi una regolata.
Dopo circa mezz'ora sono pronta. 
Con 'pronta' intendo che ho scelto il vestito: un abito molto semplice nero che stringe sul mio corpo, facendo intravedere le mie curve. 
Fino a qualche mese fa non avrei mai scelto un abito del genere perché non ero soddisfatta del mio corpo. 
Ora invece ho una prospettiva del tutto diversa. 
Ora vedo tutto sotto una luce diversa e il merito è di Justin. 
Ha fatto in modo che accettassi me stessa e, nonostante debba lavorare ancora su un paio di cose, inizio finalmente ad apprezzare la mia figura riflessa nello specchio. 
Quando andrò per i negozi mi fermerò solamente per guardarmi riflessa nelle vetrine. Prima le ignoravo proprio perché intravedevo la mia immagine che io odiavo profondamente.
Per truccarmi, uso del mascara e un rossetto rosso mattone. 
Mia madre lo considererebbe volgare se fosse qui. 
Ma non c'é. 
Lascio i lunghi capelli biondi ondulati sciolti fino a metà schiena. 
Mi guardo nuovamente allo specchio quando sento qualcuno bussare alla porta. 
-Iniziavo a pensare che non ti saresti preparata per stasera!-. Esclama Rosalie entrando in camera, seguita da Allison, Emily e Ashley. 
-Oh, ma fate come se foste a casa vostra!-. Sbotto sorpresa e divertita. 
-Allora...fai un giro!-. Mi ordina Allison ignorando le mie parole. -Voglio vedere come stai-. 
Eseguo l'ordine, girando su me stessa con le braccia leggermente divaricate.
-Sei una bomba!-. Esclama Rosalie, facendo ridere tutte. 
-Già...mi piace il tuo rossetto-. Aggiunge Ashley. 
-Dove l'hai comprato?-. Chiede Emily. 
Sgrano gli occhi esasperata dalle loro affermazioni e domande a raffica. 
Dopo circa dieci minuti ci avviamo verso il locale che si trova a pochi chilometri dal campus. 
-E Justin?-. Chiede ad un certo punto Ashley. 
-Uhm, ha detto che mi avrebbe raggiunta qui più tardi-. 
Apro la porta del locale, facendo entrare le quattro ragazze. 
-Strano-. Commenta Emily. 
Sorrido solamente, seguendo la scia di persone verso la pista da ballo. 
Già, strano. 
Mi giro intorno e tutte le persone che stanno ballando o che stanno bevendo fanno parte della scuola.
Sono persone i cui visi mi sono giá familiari e tra loro scorgo anche quello di Ebonee. 
Faccio una smorfia disgustata quando la vedo strusciarsi su più ragazzi contemporaneamente. 
Come fa ad essere cosí...cosí...be', la parola non posso rivelarvela perchè la censurerebbero. 
Inizio a ballare seguendo il ritmo delle varie canzoni che il dj riproduce una dopo l'altra. 
Mi sto divertendo, eppure sento un senso d'angoscia strano che mi riempie lo stomaco. 
E so perfettamente a cosa è dovuto. 
Passa circa mezz'ora e di Justin non c'é nessuna traccia. 
Aveva detto un quarto d'ora!
-Jen...-. 
Una voce sussurra il mio nome al mio orecchio e una mano si posiziona sul mio fianco destro. 
Non riesco a captare l'intensita della sua voce perché la musica è troppo alta ma subito penso che sia Justin.
Sorrido al suo tocco e sospiro pesantemente, felice che finalmente sia arrivato.
Quando mi volto peró il mio viso assume un'espressione delusa, dovuta al ragazzo che ho di fronte e che sfortunatamente non ha due stelle che fluttuano al posto degli occhi. 
-Oh, ciao Nick-. Sorrido forzatamente. 
Fa una strana smorfia. -Pensavi fossi Justin, non è cosí?-. 
-Ehm...-. 
-Non fa niente-. Mi rassicura, forse perchè nota il mio disagio. -Capisco-. 
Sorrido annuendo. 
-Dato che Justin non è ancora arrivato, posso offrirti un drink?-. Chiede speranzoso. 
-Ehm, Nick, vedi...penso non sia il caso. Justin potr...-. 
-Come amici-. Mi interrompe, appoggiando la sua mano sul mio braccio. 
Seguo con gli occhi la lunghezza del suo braccio per poi alzare lo sguardo su di lui con espressione indecifrabile. 
Sussulta imbarazzato quando i nostri occhi si incontrano mentre io sembro indifferente a tutto ciò che sta accadendo. 
-Uhm, okay. Solo un drink-. Dico alla fine avviandomi verso il bancone. 
Lui mi segue e quando ci sediamo, Nick ordina due drink. 
-Allora...-. Sospira. -Come stai?-. 
-Mh, bene-. 
-Sembri un po' giù di morale-. 
-Sono solo frastornata dalla musica troppo alta-. Sforzo un sorriso, nascondendo un'espressione annoiata. 
-Come mai Justin non è qui?-. 
-Ehm, non penso siano affari tuoi-. 
-Avete litigato?-. Continua, ignorando le mie parole. 
-Ho detto che non voglio parlare di lui con te-. Sibilo, e sembro infuriata. 
Sussulta alle mie parole. -Oh, okay. Capisco-. 
Il barista ci porta i nostri drink, appoggiandoli sul piano bar. 
Li beviamo velocemente tutti d'un sorso. 
-Sai, Jennifer...-. Alza la voce avvicinandosi al mio orecchio affinchè riesca a sentirlo. -...fa schifo quando incontri una persona che ti scalda il cuore solo con un sorriso, ma lei è giá in una relazione-. Sospira. -Ed è talmente presa da un'altra persona, che non degna di uno sguardo chi le sta intorno e a chi magari potrebbe trattarla in modo migliore-. 
Mi allontano bruscamente da lui, confusa. 
Come si permette di dirmi una cosa del genere? 
-Chi ti ha detto che Justin mi tratta male?-. Domando indispettita, aggrottando le sopracciglia. 
-Non fraintendermi. Dico solo che c'è qualcuno che farebbe di meglio con te-. 
-Tu non sai niente, non dovresti parlare-. 
-Woah-. Esclama. -Non prenderla come un'offesa o una critica-. 
-E come dovrei prenderla?-. 
-Come un suggerimento-. 
-Mi stai invogliando ad allontanarmi da Justin?-. 
-Ehm...direi di si-. Sorride sghembo, bevendo un sorso dal suo bicchiere quasi vuoto. 
Non dico nulla, mi alzo solamente e ritorno in pista, lasciandolo come un idiota. 
Ha detto l'idiozia più grande che abbia mai sentito. 
Come si puó pretendere che mi allontani da Justin?
Solo a pensarlo, rabbrividisco. 
Mentre cammino per raggiungere la pista, qualcuno mi ferma, afferrando il mio braccio. 
-Ehi-. Protesto confusa. 
-Jenny, sono io-. Justin mi volta verso di lui. 
Sorrido quando incontro i suoi occhi ma c'è qualcosa in lui che non quadra. 
Sembra distratto e sballato ed ha gli occhi lucidi e rossastri. Cosí come le guance sono lievemente colorate di rosso. 
Aggrotto le sopracciglia. -Justin? Ti senti bene?-. 
-Certo, bimba-. Si passa una mano sul volto e sembra frustrato da qualcosa. 
Sto per dire qualcosa, poi decido di stare zitta e di trascinarlo con me verso dei divanetti che si trovano in un angolo appartato del locale. 
-Perchè siamo venuti qui?-. Domanda confuso e divertito al tempo stesso. Ride senza un motivo. -Voglio andare in pista a ballare con la mia ragazza-. Protesta, posando le mani sui lati del mio bacino, facendolo ondeggiare. 
-Justin che ti prende?-.
-Niente! Voglio solo ballare. Andiamo!-. 
Prima che possa dire qualcosa, mi trascina con lui verso la pista gremita di ragazzi e ragazze sudati e sbizzarriti. 
Sembrano dei cavalli. 
-Lasciati andare-. Sussurra al mio orecchio, quando inizia a muoversi su di me con movimenti abbastanza provocatori e sensuali. 
Lui è molto più alto di me ed è come se mi schiacciasse in questo momento. 
Faccio quasi fatica a respirare. 
-Justin-. Mi lamento sul suo petto, spingendolo. 
Quando si allontana da me di qualche centimetro, allarga le braccia come per protesta ed è proprio in questo momento che, guardandolo negli occhi, noto il suo sguardo stravolto con un pizzico di malizia e perversione negli occhi. 
Cosa diavolo gli succede?
-Balla per me-. Dice. 
Non riesco a sentire bene la sua voce ma riesco a capire le parole leggendo il suo labiale. 
Continua a sorridere frastornato ed io lo guardo sempre più confusa e spaventata. 
-Balla!-. Ripete e questa volta è un ordine che lui mi impreca con autorità e rabbia. -Voglio che mi ecciti. Voglio che mi tocchi. Voglio che tutti capiscano quanto sei bella e che appartieni a me-. Aggiunge. 
Trattengo il respiro alle sue parole, intimorita e disorientata dal suo strano comportamento. 
Non mi ha mai parlato in questo modo, non mi ha mai guardata in questo modo. 
-Cosa aspetti?-. Domanda ridendo, dandomi un leggero schiaffo proprio sul glueteo destro. 
A questo punto, decido di allontanarmi da lui di qualche passo per poi scappare verso l'uscita del locale.
Mi chiama tra la folla ma io non mi giro. 
Mi faccio strada con i gomiti tra la multitudine di corpi sudati e quando arrivo alla porta del locale, Justin mi afferra un braccio e fa in modo che lo guardi negli occhi. 
Ma guardandoli provo un senso di disagio misto alla preoccupazione. 
Questo non è Justin. 
O almeno non è quello che conosco io. 
-Volevo solo che ballassi per me-. Ride sfacciatamente. -Non volevo impaurirti-.
Lo guardo seria e mi avvicino al suo viso. 
Afferro il suo viso tra le mani e mi alzo sulle punte dei piedi affinchè la mia fronte sia all'altezza della sua. 
Ancora una volta ho la conferma che quegli occhi non sono mai stati cosí vulnerabili e inquietanti.
-Cos'hai fatto in quest'ora?-. Domando rilassata ma con una certa autorità: voglio che mi risponda. 
-Niente che possa interessarti-. 
-Invece penso che a me interessi-. 
-Da quando detti ordini?-. 
-Non è un ordine. Voglio solo sapere cos'hai fatto. Ho il diritto di saperlo-.
-Tu non hai alcun diritto su di me. Nessuno ha il controllo su di me-. 
Sussulto alle sue parole forti e dolorose quanto una coltellata. 
Ma fingo che sia tutto sotto controllo.
-Non sto dicendo questo. Voglio solo sapere perchè sei arrivato cosí in ritardo-. Ribatto insicura. 
-Ed io ti ho detto che non voglio dirtelo. Cosa vuoi fare adesso? Vuoi prendermi a calci fin quando non ti dico cosa vuoi sapere?-.
Lo guardo negli occhi ancora per qualche istante. 
Dopodiché, sbuffando, ritorno a poggiare i piedi a terra, delusa dal suo comportamento. 
Lo scanso colpendo la sua spalla e proseguo verso l'uscita. 
Mi afferra un braccio ma io lo strattono, svincolandomi dalla sua presa e continuo a camminare fin quando l'aria afosa di una notte calda mi invade. 
Qui fa sempre cosí caldo e non sono abituata a questa temperatura. 
-Jennifer!-. Urla il mio nome dalla cima dei gradini. 
Io sono all'ultimo di essi e mi volto verso di lui scocciata. 
-Dove stai andando?-. Domanda curioso sempre con una strana ed indecifrabile espressione in volto. 
Noto che i suoi occhi non sono più molto lucidi e questo mi porta a riflettere su qualcosa che mi spaventa molto. 
Scuoto la testa e ritorno alla realtà quando il corpo  di Justin, più grande e possente di me, mi fa ombra. 
-Voglio prendere un po' d'aria-. Rispondo, allontanandomi da lui. -Non voglio starti vicina-. Aggiungo.
Con un movimento secco e prepotente, afferra il mio braccio. 
-Cosa?-. Vedo la rabbia nei suoi occhi e il suo respiro affannato. 
Cerco di nascondere lo stupore procuratomi dal suo gesto meschino e violento. 
-Mi fai male-. Mi lamento. 
Stringe ancora di più la presa, arrecandomi più dolore. 
-Justin, mi stai facendo male!-. Urlo. -Lasciami!-. 
Dopo alcuni secondi di esitazione, lascia il mio braccio. 
Sospiro, massaggiando cautamente il punto dove Justin ha imposto resistenza. 
-Forse ha ragione Nick...-. Sputo tra i denti, trattenendo le lacrime e non badando a ciò che dico. -...Forse c'è davvero qualcuno capace di trattarmi meglio di come fai tu-. 
Vedo i suoi occhi sgranarsi mentre tenta di metabolizzare ed elaborare le mie parole. 
-Nick ti ha detto una cosa del genere?-. 
Non rispondo. 
Continuo a massaggiare il braccio e ad avere lo sguardo basso per non incontrare i suoi occhi che non riconosco. 
-Rispondi!-. Urla infuriato. -Ti ha messo una cosa del genere in testa?!-. 
Sbuffa prepotentemente, afferrando con forza il mio mento. 
-Ti avevo detto di non avvicinarti a quel figlio di puttana-. Sibila e dai suoi occhi sembra che escano fiamme. -E tu l'hai fatto-. Conclude, lasciando il mio viso e spingendolo con forza di lato. 
Sento lo stomaco ingarbugliarsi a questa sua strana reazione e subito accarezzo la mia mascella per alleviare il dolore che mi ha procurato.
Inizio a piangere, mentre lui sembra non fregarsene del mio stato d'animo attuale. 
Emette una specie di ringhio gutturale, battendo le mani in due pugni. 
-Io lo ammazzo-. Esclama improvvisamente, andando verso l'entrata del locale. 
Subito capisco a chi si riferisce. 
-Justin, non farlo. Vieni qui!-. 
Gli corro dietro nonostante sento dolore alla mascella e un po' al braccio.
Afferro l'orlo della sua maglietta ma lui mi strattona malamente facendomi cadere.
Apre la porta prepotentemente e lo vedo scomparire. 
Mi rialzo con fatica e raggiungo l'interno del locale. 
Asciugo le lacrime e mi alzo sulle punte per vedere dove sia Justin.
Vedo un po' di gente ammucchiata  in un cerchio. 
Sgrano gli occhi e sento una strana sensazione allo stomaco, come dei crampi,mentre mi avvicino a quell'ammasso di persone. 
-Justin!-. Urlo, agitandomi per vedere se lui è all'interno del cerchio. -Justin!-. 
Riesco a farmi strada e ad arrivare in prima fila e lo spettacolo a cui mi ritrovo ad assistere mi fa accapponare la pelle. 
Justin è a cavalcioni sul corpo immobile di Nick che non tenta neanche di difendersi. 
Gli sferra diversi pugni che in alcuni punti creano la fuoriuscita di sangue mentre in altri di ematomi. 
-Justin, fermati!-. Esclamo in preda all'esasperazione. -Ti prego-. 
Una nuova ondata di lacrime invade il mio viso mentre guardo la figura di Justin scaraventare pugni velocemente. 
I suoi occhi sono concentrati sulla sua vittima e sono accessi dalla rabbia ma spenti, senza passione, senza alcun accenno di brillantezza. 
Non sono gli occhi di cui mi sono innamorata e che guarderei per ore. 
Quello non è il mio ragazzo. 
Quando la scarica di pugni diventa più violenta, un gruppo di ragazzi, notando la situazione disagiata di Nick, afferra Justin alle spalle e lo strascina al di fuori della mischia.
Alcune ragazze si accasciano sul corpo di Nick per controllare il suo stato di salute mentre io, dopo aver dato uno sguardo a Nick, raggiungo quei ragazzi che trasportano Justin fuori il locale. 
-Lui ha toccato la mia ragazza!-. Spiega Justin furibondo, sbracciandosi animatamente. -Le ha fatto il lavaggio del cervello!-.
Mi avvicino impaurita al gruppo e quando arrivo vicino a Justin, quest'ultimo fa cenno agli altri di andarsene. 
Cosí io e Justin restiamo soli. 
Lui si siede sul marciapiede strofinandosi gli occhi e il viso svariate volte mentre io rimango in piedi alla sua destra. 
Incrocio le braccia al petto e quando una leggera brezza, contrastante col clima afoso della zona, soffia su di noi, strofino delicatamente le mani sulle mie braccia nude.
Asciugo una lacrima e tento in tutti i modi di nascondere i singhiozzi. 
-Justin...-.
-Sta' zitta-. Mi interrompe brusco.
Trattengo il respiro, impaurita e meravigliata dall'espressione che ha appena usato. 
Non mi ha mai detto una cosa del genere e mai avrei pensato lo facesse. 
Ma con lui ho imparato a ricredermi più volte.
-Perchè...perchè hai fatto tutto questo?-. Domando, ignorando il suo ordine. 
Non risponde, continua a guardare le sue scarpe e a giocare con i lacci. 
-Justin, per favore, dimmelo. Io non ti capisco. Era tutto normale stamattina, cosa ti è successo?-. 
-Non è successo un bel niente!-. Ribatte convinto e abbastanza infastidito. 
-È impossibile-. Constato sicura. -Non puoi diventare da un momento all'altro cosí...cosí...-.
-Cosí come? Come mi vedi in questo momento?-. 
-V-vuoi davvero s-saperlo?-. 
-Si e voglio che me lo dica. Cosa sono ai tuoi occhi, Jenny?-. 
-Un mostro-. Sussurro mentre le lacrime scendono lente e calde sulla mia pelle.
Sembra trattenere il fiato per un secondo, la sua espressione diventa cupa e i suoi lineamenti si induriscono. Chiude la bocca in una linea sottile e la mascella si contrae. 
Fa leva sulle sue gambe e si alza di slancio, voltandosi verso di me, aggrottando le sopracciglia in un'espressione arrabbiata. 
Mi rannicchio in me stessa, socchiudendo gli occhi. 
-Non farmi male-. Articolo in un sussurro.
Sgrana lievemente gli occhi. -Pensi che possa farti del male?-.
-Mi hai fatto male prima e dopo ciò che hai fatto a Nick, non so cosa aspettarmi-.
Non dice nulla. 
Mi scruta ancora per qualche secondo fin quando si siede nuovamente a terra, massaggiandosi velocemente le tempie. 
-Non ti senti bene?-. Domando preoccupata, accasciandomi verso di lui. 
Prima che possa dirmi qualcosa, un rumore di tacchi che incontrano l'asfalto interrompe questo momento. 
-Jenny!-. Ashley mi chiama preoccupata, correndo verso di me.
Dietro di lei seguono Allison, Emily e Rosalie. 
Le guardo mentre mi raggiungono e una volta arrivate, mi abbracciano calorosamente.
-Abbiamo visto cos'è successo dentro. Tu stai bene?-. Domanda Rosalie, non dando importanza a Justin che è ancora seduto sul marciapiede con lo sguardo basso. 
-Si, sto bene-.
-Non ti abbiamo più vista e abbiamo subito pensato al peggio!-. Esclama Allison. 
-Be', sto bene-. 
-Ritorniamo al campus. Okay?-. Propone Rosalie. 
Tutte acconsentono mentre io abbasso lo sguardo su Justin e poi nuovamente sulle quattro ragazze.  
-Io...-. 
-Jen, guarda come sei ridotta!-. Mi interrompe Emily indicando l'estremità del vestito che è completamente strappato. 
Noto con la coda dell'occhio che anche Justin segue la direzione del dito di Emily, e dopo aver dato un'occhiata, ritorna a chiudersi su se stesso. 
-Abbiamo già chiamato un taxi. Ci aspetta alla fine del vicolo-. Informa Rosalie. -Su, andiamo-. 
Poggia una mano sul mio fianco e mi trascina con loro verso il punto in cui il taxi passerà. 
Mi volto ancora una volta verso Justin ma lui non accenna a fare nulla. 
Cosí proseguo il cammino, seguendo le ragazze.
 
Il giorno seguente mi sveglio con un grande mal di testa. 
Vado in bagno e guardandomi allo specchio noto il trucco sbavato e i capelli arruffati in modo eccessivo. 
Subito i ricordi della sera scorsa mi tornano in mente e subito il mio primo pensiero ritorna ad essere Justin. 
Sono ancora confusa dal suo strano comportamento. 
Non ha mai messo una mano su di me e non mi ha mai urlato contro.
Mi sfilo il pigiama e lo sguardo cade immediatamente su un livido abbastanza evidente che ricopre un punto del mio braccio. 
Lo palpo delicatamente come ho fatto molto tempo fa con il labbro sanguinante di Justin quando lo colpii per sbaglio.
Mi fa male e sembra essersi gonfiato rispetto a qualche ora fa.
Mi lavo il viso e mentre sfioro con delicatezza la mascella, chiudo gli occhi, pensando alle mani di Justin che hanno stretto violentemente su questo punto.
Rabbrividisco ancora di più quando l'immagine dei suoi occhi furibondi e lucidi mi invade la mente. 
È come se abbia appena fatto un incubo e adesso lo stia ricordando, con l'unica differenza che tutto ciò è successo davvero. 
Vestita, mi dirigo nella hall prima che le lezioni inizino per fare la solita telefonata a mia madre.
Gioco con la punta dei miei capelli mentre cammino e arrivata vicino al telefono, digito il numero di cellulare di mia madre.
Mentre le sto raccontando degli avvenimenti che mi sono successi, naturalmente omettendo la sera precedente e il rapporto che ho con Justin, la porta dell'ufficio della signora Anderson si apre e Justin esce infuriato, sbattendo prepotentemente la porta alle sue spalle. 
Mi lancia uno sguardo indecifrabile ma sembra abbastanza arrabbiato.
Si avvicina ad una poltrona e vi si siede, passandosi poi una mano tra i capelli.
Sbuffa e inizia a guardare fuori la finestra con aria esausta e infastidita al tempo stesso. 
-D'accordo mamma. Ti chiamo io domani appena posso-. Sorrido come se lei fosse di fronte a me. -Certo, ti voglio bene anche io-. 
Metto giù il telefono e abbasso lo sguardo sulle mie scarpe quando impacciatamente mi giro verso Justin. 
Lui continua a guardare fuori la finestra mentre io mi avvicino a passo lento. 
-Justin...-. Lo chiamo. 
Si volta verso di me e mi osserva impassibile mentre lo raggiungo.
Il suo sguardo è fisso nei miei occhi ed io imbarazzata cerco di sorreggerlo e di non essere tentata di guardare altrove.
Mi siedo sulla poltrona di fronte e lui segue tutti i miei movimenti senza dire una parola. 
Inizio a giocare con l'orlo della mia maglietta e mantengo lo sguardo basso sulle mie mani.  
Dopo un po' mi faccio coraggio e lo guardo negli occhi, sorprendendomi del fatto che lui mi stia già fissando. 
-Ciao-. Sussurro debole ed evidentemente imbarazzata.
-Ciao-.
-Come...come stai?-.
-Dimmi tu come stai-. Contraddice deciso e sicuro.
-Io sto...bene-. 
-Non mentirmi, Jenny-. 
Finalmente mi parla come mi ha sempre parlata. 
-È la verità. Tu piuttosto...-. Sospiro. -...penso che debba darmi delle spiegazioni-.
-Io...be', io...mi dispiace per ciò che è successo ieri. Non ero in me-.
-L'ho notato...e sinceramente ho sperato che non fossi tu quello di ieri sera-. 
-No, Jenny. Non sei innamorata di un mostro-. 
Sussulto alle sue parole. 
Sorrido fiocamente abbassando lo sguardo e iniziando a versare delle lacrime. 
-Lo so-. 
Passano alcuni istanti di silenzio alla fine dei quali mi faccio coraggio e schiarisco la voce. 
-Perchè sei uscito dall'ufficio della signora Anderson cosí arrabbiato?-. 
Sbuffa, facendosi più vicino a me con il corpo e la poltrona. 
-Perchè è venuta a conoscenza di ciò che ho fatto ieri a Nick e ha ritenuto che un naso e uno zigomo rotti fossero già abbastanza per quell'idiota..-. Scuote la testa leggermente divertito. -...e adesso sono fuori-. 
-Fuori?-. 
-Mi ha espulso dall'accademia-. Spiega calmo. 
Ingoio la saliva e un senso di tristezza mi invade. 
-In fondo mancano solo due settimane alla fine dell'estate. Non rimaneva molto tempo-. Aggiunge menfreghista. 
Si alza e si dirige verso l'uscita trascinando dietro di se una valigia. 
-Dove vai adesso?-. Domando seguendolo.
-Un taxi mi accompagnerá a casa di un mio amico-. 
Fa altri passi, uscendo dall'edificio. 
-E noi?-. Chiedo flebile.
Si ferma improvvisamente, io lo imito. 
Si volta verso di me e avvicinandosi mi stampa un bacio sulla fronte. 
-Noi ci vedremo presto-. 
Scrolla le spalle e tranquillamente si dirige verso il taxi aprendo la portiera e posiziona il suo bagaglio al lato opposto al suo. 
Resto immobile fin quando un impulso mi dice di chiamarlo. 
Si gira nuovamente verso di me e mi guarda aspettando che dica qualcosa. 
-Promettimi che tornerai-. Sussurro sul punto di piangere. 
Sorride flebilmente. -Jenny, io ho confessato d'amarti e non mi era mai successo prima d'ora. Come potrei abbadonarti?-.
Sussulto alle sue parole andandogli incontro e lo abbraccio cosí forte da non sentire più la sensibilità degli arti.
Per un attimo dimentico tutto ciò che mi ha fatto ieri sera. 
Dimentico le sue mani ferme sul mio braccio. 
Dimentico quando mi ha quasi strangolata. 
Dimentico quando mi ha spinto facendomi cadere a terra senza aiutarmi ad alzarmi. 
-Dimmi perché hai agito in quel modo ieri sera-. Sussurro sul suo petto.
-Non é il momento-. Risponde duro.
Si stacca e si siede sul sedile posteriore dell'auto. 
Avete presente la frase 'Ho costruito speranze di ferro su persone di carta'?
Ecco, è cosí che reputo la mia situazione e il mio stato d'animo non è dei migliori attualmente.
Chiude la portiera e inizio a piangere quando il motore del taxi invade le mie orecchie sentendo un forte odore di benzina e un grande vuoto al centro del mio cuore.
 
 
 
 
 
Ciao a tutte e…Buona  Pasqua in anticipo!
Allora…vorrei che non mi uccideste! Insomma ho letto le vostre
recensioni e so che forse questo capitolo vi ha un po’…confuse?
Questo è il colpo di scena moderato di cui vi parlavo ma nel prossimo capitolo
ci sarà un altro colpo di scena molto più BOOM!
Vi prego, ditemi cosa ne pensate e se questo capitolo vi ha deluse…
Pero’ non volevo che la storia risultasse banale e monotona, sempre con le stesse
conversazioni…e poi alla fine vi renderete conto che ciò che succederà nei prossimi capitoli
renderà il rapporto di Jenny e Justin ancora più saldo e passionale…almeno spero riesca a trasmettervi
ciò che voglio comunicarvi!
Aggiorno non appena questo capitolo riceverà recensioni!
Un bacio, notperfect! <3

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Capitolo 17
*** I shouldn't fall in love ***


 I shouldn't fall in love

'Ho bisogno di vederti. Justin'. 
 
La vibrazione del cellulare sposta la mia attenzione sul suo schermo mentre il signor Raid scrive alla lavagna alcuni accordi da memorizzare. 
Sussulto leggendo quelle parole e sento una specie di aria calda soffiare nel mio stomaco.
Prendo in mano il cellulare e cautamente digito la mia risposta.
 
'Non posso adesso'. 
 
Quando premo il tasto d'invio sento una scarica elettrica invadermi e sospiro soddisfatta.
Qualche secondo dopo arriva un altro messaggio. 
 
'Vengo a prenderti alle due. Pranziamo insieme'.
 
Leggo queste parole velocemente e non riesco a decifrare le sensazioni che provo.
Mi sento stupida per aver risposto al suo messaggio ma al tempo stesso so che sarebbe stato infantile non farlo. 
In fondo io e Justin abbiamo condiviso parecchie cose in questi due mesi e non intendo solo la stanza, ma anche sentimenti. 
Per tutta la mattinata penso e ripenso a ció che è accaduto due sere fa al pub, al suo stato di shock, ai suoi occhi lucidi, al suo comportamento violento, alle sue parole meschine. 
Inizio a pensare che ci sia qualcosa sotto, qualcosa che abbia a che fare con il suo passato...ma non posso averne la certezza.
Sento un brivido quando nella mia mente ritornano le immagini e le parole di quando ci siamo salutati fuori l'ingresso del campus. 
Mi ha detto che non mi avrebbe abbandonata e che sarebbe ritornato da me. 
Ma l'ha fatto solo adesso. 
Lo sta facendo due giorni dopo. 
In questi due giorni la mia attenzione non vagava molto. 
Andavo a lezione e poi ritornavo in stanza e una delle due sere sono andata in camera di Rosalie in compagnia di Allison, Ashley ed Emily. 
Loro hanno capito che c'è qualcosa che mi lega molto a Justin e che non si tratta di una semplice cotta. 
L'hanno capito quando ieri sera mi hanno vista piangere in bagno rannicchiata in un angolo. 
Sembra ridicolo che pianga per una cosa del genere, ma Justin significa davvero molto per me. 
Anche questo può sembrare ridicolo perchè è da poco tempo che lo conosco e l'ho incontrato per sbaglio. 
Eppure non è stato un errore conoscerlo, anzi, tutt'altro. 
Conoscerlo è stata la cosa più bella che mi potesse capitare. 
Lui ha portato gioia nella mia vita. 
Fino a quel momento avevo sempre sognato a colori e vissuto in bianco e nero. 
Ma grazie a lui ho scoperto che l'arcobaleno esiste anche nella realtà dopo un momento di pioggia. 
E questa volta seguirò proprio questa filosofia di vita. 
Sarò positiva e guarderò con allegria al mio futuro, sperando per il meglio. 
 
Justin non mi ha dato alcuna indicazione sul luogo in cui mi avrebbe aspettata, ma il mio istinto mi dice di andare nella hall e cosí faccio. 
Mi guardo attorno e al di là del vetro della finestra scorgo un fuoristrada nero e Justin vi è appoggiato sopra con il bacino mentre stringe una sigaretta tra le labbra. 
È diverso da come avrei immaginato venisse. 
Ma non è un problema. 
Il problema sarà affrontarlo. 
Esco dall'enorme edificio e mi incammino verso Justin che segue con gli occhi tutti i miei movimenti e lo capiso nonostante abbia gli occhi coperti da due lenti scure. 
-Sali in macchina-. 
Getta la sigaretta e va verso la porta del guidatore mentre mi fa cenno con la mano di salire al suo fianco. 
Eseguo il suo ordine ma non faccio altro che notare la differenza del suo modo di parlare e di camminare rispetto a quando frequentava la scuola. 
Certo, anche all'accademia era un tipo menefreghista e burbero, ma adesso sembra totalmente un'altra persona; è più autoritario, più misterioso...e penso che forse sono innamorata di una persona che per circa tre mesi ha finto di esserne un'altra; di una persona che non esiste.
Rabbrividisco a questo pensiero e quando Justin mette in moto l'auto mi volto verso di lui osservando ogni angolo del suo viso. 
I suoi lineamenti sono sempre gli stessi, naso perfetto, bocca perfetta, capelli perfetti.
-È tua questa macchina?-. Domando in un sussurro. 
-Si. Ne sei sorpresa?-. 
-No-. 
-Bene-. 
Ritorno a guardare dritto davanti a me ma una parte della mia mente mi incita a parlargli, e cosí faccio. 
-Devi ancora rispondere alla mia domanda, non me ne sono dimenticata-. Lo informo, voltando lo sguardo verso il finestrino.
Guardare il paesaggio all'esterno mi calma e mi tranquillizza. 
Spero funzionerà per molto tempo. 
-Quale domanda?-. 
-La domanda di due giorni fa-. Sospiro. -Voglio sapere cosa ti è successo e perchè ti sei comportato in quel modo-.
La sua mascella si irrigisice e vedo le nocche delle mani diventare bianche quando stringe con tutte le sue forze il manubrio dell'auto.
-Oh...intendi quella domanda-. Annuisce. -Be', mangiamo prima e poi ne parleremo con calma, okay?-. 
Sembra essere ritornato il ragazzo di sempre eppure c'è qualcosa nel suo modo di agire e di guardarmi che mi lascia pensare che non è mai stato quel ragazzo che conosco.
-Okay-. 
L'auto parcheggia fuori ad un ristorante poco distante dal mare. 
Scendo dall'auto facendo un piccolo saltello e sento i raggi del sole solcare la mia pelle, procurandomi abbastanza calore. 
Sbatto la porta dell'auto prepotentemente mentre Justin si incammina verso di me e mi prende per mano, per poi trascinarmi all'interno del locale. 
-Abbiamo un tavolo prenotato a nome Bieber-. Comunica Justin al mensieur del ristorante.
Quest'ultimo scorre con gli occhi la lista che ha davanti e ci conduce al nostro tavolo dopo avere individuato il nome sul pezzo di carta che ha tra le mani. 
È stato strano sentire Justin dire quelle parole al cameriere. 
È come se fossimo una vera coppia, una di quelle coppie salde e innamorate che vanno a cena fuori ogni giorno per passare momenti indimenticabili. 
Io ho dei dubbi sulla nostra situazione.
Ci sediamo cautamente e il cameriere ci proprone due menù che appoggia sul tavolo prima di allontanarsi.
-Allora? Ti piace qui?-. Domanda improvvissamente.
-Mhmh-. Annuisco, aprendo il menù. 
-Sono felice che ti piaccia-. 
Trattengo un sorriso alle sue parole. 
Nonostante vorrei urlargli contro un miliardo di parolacce, continuo a trovarlo tremendamente adorabile e sexy.
-Pensavo non accettassi quando ti ho inviato il messaggio-. Confessa, passandosi una mano tra i capelli. 
Non dico nulla e continuo a scorrere con gli occhi sul menù in cerca di qualcosa che possa appagarmi. 
-Continuerai a non parlarmi per il resto del pranzo?-. Domanda aguzzando la vista verso di me e sembra infastidito e scocciato. 
Alzo lo sguardo incontrando i suoi meravigliosi occhi ma dopo un secondo ritorno nuovamente a guardare i numerosi nomi degli appetitosi piatti che sono citati sul menù. 
-Okay-. Sbuffa. -Parleró da solo. A me basta che tu ascolti-.
Passano alcuni istanti di silenzio fin quando Justin mi tira un calcio da sotto il tavolo. 
-Ahia!-. Mi lamento, accovacciandomi verso la caviglia.
-Oh, finalmente. Temevo non parlassi più per davvero-. Esclama appagato. 
-Sei un idiota-. 
-Bene, ora che hai ripreso l'uso della lingua posso chiederti come stai?-. 
-Mh, sto bene-. 
-Come va al campus?-. 
-Non male-. 
-E le tue amiche-oche? Come stanno?-. 
-Stanno bene anche loro-. Sospiro. -E tu? Come stai?-. 
Trattiene il respiro per poi parlare. -Me la cavo-. 
-Mi fa piacere-. 
-Anche a me-.
-Sei sempre la mia ragazza?-.
La sua domanda mi lascia di stucco, senza parole. 
Alzo lentamente lo sguardo su di lui e lo scruto attentamente per quelle che per me sembrano ore.
-Non lo so-. Confesso poi, sfogliando senza interesse le pagine del menù. -Tu sei ancora il mio ragazzo?-. 
Penso che la mia domanda l'abbia messo a disagio in quanto aspetta qualche secondo prima di rispondere. 
-Tu sarai la mia ragazza per sempre, che tu lo voglia o meno-.
Sussulto alle sue parole e d'un tratto sento la gola rinsecchirsi. 
Mi rivolgo ad un cameriere che sta appena passando. -Mi scusi!?-. 
Si avvicina precipitosamente. -Mi dica-. 
-Può portare dell'acqua?-. 
-Certo-. 
-Grazie-. 
Si allontana ed io lo seguo con lo sguardo accorgendomi che Justin ha seguito con gli occhi tutte le mie azioni. 
Ha tenuto lo sguardo su di me per tutto il tempo. 
Sorride abbassando lo sguardo mentre bagna le sue labbra con la lingua.
Pochi minuti dopo il cameriere porta una bottiglia d'acqua appoggiandola sul tavolo e chiede anche quali sono le nostre ordinazioni. 
Dopo aver segnato sul block notes i nomi dei piatti da noi scelti, si incammina verso la cucina del ristorante.
-Jenny...-. Mi chiama. 
Alzo lo sguardo su di lui. -Cosa c'è?-. 
-Voglio sentirti parlare-. 
-Be', cosa vuoi che ti dica?-. 
-Opterei per un bel 'mi sei mancato'-.
-Oh, vuoi anche mettermi di nuovo le mani al collo? In tal caso opterei per una fuga-.
I suoi lineamenti si rilassano ma la sua espressione si rabbuia e si rattristisce.
Immagino le sue mani chiuse in un pugno che scendono penzolanti lungo il suo busto.
-Ora sei tu che non hai nulla da dire-. Constato, scuotendo la testa delusa.
-Io voglio che tu sappia, Jenny-. 
-Cosa devo sapere? Ti prego, dimmelo perchè tutto questo mi ha stufato. Non faccio altro che piangere ripensando a quella sera, Justin. E tu in due giorni hai finto che io non esistessi-. 
-Non dire cose a vanvera, Jenny. Io avevo solamente bisogno di tempo per schiarirmi le idee e riflettere su ciò che è successo-.
-Tu non mi hai degnata neanche di uno sguardo quando sei salito su quel taxi!-. Protesto abbastanza ovvia. 
-Ero solo...-. Sbuffa guardando altrove. -...ero solo impaurito e spaventato da ció che stava succedendo e che era successo-.
-Cos'è successo quella sera, Justin? Io davvero non lo so per certo-.
Mi scruta attentamente, rimanendo in silenzio. 
-Justin io voglio che tu ricorda che ero sincera quando ti ho detto che non ti avrei mai giudicato. In amore si è se stessi ma in questo momento sembra che tu stia indossando una maschera-. Commento.
Prima che possa dire qualcosa, il cameriere poggia le nostre portate sul tavolo. 
-Avete bisogno d'altro?-. Domanda esigente. 
-No, grazie. Basta cosí-. Risponde Justin serio in volto e abbastanza teso. 
Il ragazzo si allontana, dando attenzione agli altri clienti.
-Non capisco come tu pretenda che io sia la tua ragazza per sempre, se non mi dici mai nulla-. Dico neutra, mandando giù un boccone. 
-Io...-. Sbuffa posando la forchetta e il coltello ai lati del piatto. -Io voglio dirti la verità ma non sono sicuro che resterai con me dopo avertela rivelata-. 
Apro la bocca per dire qualcosa ma decido di stare zitta e di continuare a mangiare, stupita dalle sue parole. 
Possibile che sia cosí tanto grave ciò che ha da dirmi?
Inizio seriamente a preoccuparmi.
In realtà ho già una minima idea di cosa si tratti. 
Ho riflettuto in questi giorni e l'unica risposta che ho saputo darmi è stata più che convincente anche se ho sperato che non fosse vera. 
-Tu non mangi?-. Domando interessata, indicando il suo piatto ancora intatto. 
-Non ho fame-. 
-E perchè mi hai portata qui?-. 
-Volevo vederti e parlarti-. 
-Avresti potuto evitare di ordinare se sapevi che non avresti mangiato-. Dico con ovvietà, prendendo un sorso d'acqua. 
Mi osserva confuso e pensieroso mentre mangio e bevo come se non sis successo nulla. 
Forse è l'effeto del cibo che mi rende cosí vulnerabile o il mio comportamento è dovuto al fatto che sono convinta di conoscere giá la verità. 
-So che hai fatto uso di droga, Justin-. Affermo disinvolta prima di mettere in bocca la forchetta e guardare il suo viso, aspettando una sua risposta.
È stato sin troppo ovvio da quando ha iniziato a massaggiare le sue tempie la sera della festa e anche i suoi occhi lucidi e rossastri mi hanno aiutata a capire.
Trattiene il respiro e sgrana di poco gli occhi. 
Sento che il suo respiro è diventato irregolare e sembra essere abbastanza sorpreso dalla mia affermazione.
-Cosa? Come...come fai a saperlo?-. Chiede confuso, balbettando. 
È la prima volta che lo vedo in difficoltà e abbastanza intimidito.
-Lo so e basta. Diciamo che l'ho intuito-.
Non mi ci è voluto molto. 
Mi ha già parlato dei suoi precedenti problemi con la droga e dopo aver fatto i conti ho tirato la somma, pervenendo ad una sola conclusione.
-Io...-.
-Non dirmi nulla, Justin. Voglio solo sapere perchè l'hai fatto-.
Mi guarda perplesso, boccheggiando. 
-Non voglio parlarne qui-. Si alza e mi indica di seguirlo.
Paga il conto alla cassa e poi usciamo fuori dal ristorante, avviandoci insieme verso la spiaggia che dista pochi metri da noi.
Ci sediamo sulla spiaggia calda, togliendoci le scarpe.
Sento un brivido attraversare il mio corpo quando i miei piedi toccano la sabbia. 
È da tanto che non vengo in spiaggia. 
Di solito da piccola andavo con la mia famiglia, ma dopo la morte di Max tutti i divertimenti e i passatempi sono scomparsi, cosí come le lunghe vacanze estive al mare durante il mese di agosto.
-Chi te l'ha detto?-. Domanda schietto, fissando le onde del mare.
-Nessuno-. 
-È stato Matt?-.
-No. Ti ho detto che non è stato nessuno, l'ho intuito. E chi è Matt?-.
Sembra ritrovarsi a disagio dopo la mia domanda. 
Si passa una mano tra i capelli e continua ad avere lo sguardo fisso di fronte a sé. 
-Justin, chi è Matt?-. Scandisco bene le parole, voltandomi verso di lui.
-Un ragazzo-. Risponde vago. 
-Oh, ma davvero?! Pensavo fosse un ippopotamo-.
-Non scherzare, Jen-. 
-Non sto scherzando. Tu mi fai imbestialire! Non mi dici mai come stanno per davvero le cose. Io devo sapere, Justin. Non posso aiutarti se non me ne dai la possibilità-.
-Io non voglio un tuo aiuto, so cavarmela da solo-. 
-Certo, ingozzandoti di pasticche-.
-Non puoi dire una cosa del genere!-. Protesta infuriato. 
-Noto le occhiaie sotto i tuoi occhi lucidi e rossi, noto i tuoi capelli trascurati e noto anche il tuo modo aggressivo con cui ti poni nei miei confronti. Non ti sei mai comportato cosí prima di quella sera al pub, Justin-. 
Non dice nulla, disegna dei piccoli cerchi sulla sabbia con l'indice. 
-Justin...-. Sussurro. -Io voglio aiutarti-. Ammetto. -È strano che io ti stia dicendo una cosa del genere perchè sei sempre stato tu quello a tirare fuori e ad eliminare le mie paranoie e le mie insicurezze. Ma adesso mi sento in dovere di invertire i ruoli e tu, per favore, lasciamelo fare. Lascia che ti aiuti, Justin-.
Non risponde, continua a respirare regolarmente e a tenere lo sguardo sul mare.
-Davvero vuoi che ti lasci qui da solo? Ritornerai a drogarti come in passato e ad avere una vita di merda. È questo che vuoi?-.
Sussulta spaesato e confuso. 
Non l'ho mai visto cosí debole e cosí perso. 
So che adesso non è sotto l'effetto di droga ma ne dimostra tutti i segni.
La sua bellezza sembra essersi affievolita in due giorni.
Sembra che le conseguenze della droga lo abbiano attaccato in pochissimo tempo.
Prendo il suo silenzio come un si, anche se non ne sono molta sicura. 
Cosí mi alzo in piedi e spazzolo il mio pantalone affinchè tutta la sabbia attaccata ad esso, cada.
Pulisco anche le mie mani e metto una ciocca di capelli ribelli dietro l'orecchio. 
-Sai dove trovarmi-. 
Mi volto dalla parte opposta e proseguo fino alla strada asfaltata.
Infilo nuovamente le scarpe e cammino verso la fermata dell'autobus a pochi chilometri da qui.
Non capisco perchè anche in una situazione del genere fa in modo che il suo orgoglio abbia il controllo su tutto. 
Perchè per una volta non deve uscire fuori il suo buon senso e la sua autorità?
Colpirei per numerossisime volte la sua fottuttissima testa a ritmo di 'I'm sexy and I know it' ma sarebbe troppo faticoso. 
Mi siedo su di una panchina dove solitamente le persone aspettano che il bus passi.
Accavallo le gambe e incrocio le braccia al petto. 
Chiunque vedendomi capirebbe che sono maledettamente infuriata. 
Insomma, nonstante non gli abbia urlato contro dopo ciò che ha fatto due sere fa e nonostante gli abbia offerto il mio aiuto, lui continua a seguire la sua cocciutissima testa che è dominata da pensieri insensati.
Eppure c'è qualcosa in me che mi da la carica e la forza di alzarmi e di ritornare da lui a passo svelto. Quasi corro. 
Non voglio che rimanga solo. 
Non voglio che cada nuovamente in quel circolo vizioso.
Non voglio che si faccia del male.
Non voglio che faccia del male.
Quando ritorno sulla spiaggia, lo vedo in lontananza. 
È ancora dove l'ho lasciato pochi minuti fa e sembra che stia riflettendo guardando il sole scomparire man mano sull'acqua. 
È uno spettacolo magnifico ciò che il paesaggio offre a quest'ora del giorno ma stranamente preferirei fissare per ore due occhi color miele del ragazzo che amo. 
Credo che quello sarebbe un vero spettacolo. 
Faccio qualche passo verso di lui. 
Si accorge della mia presenza e si gira verso di me per controllare chi sia. 
-Pensavo te ne andassi-. Affermo seria e triste.
-Be', sono qui-. Risponde neutro. -Mi son detto: conto fino a dieci, se non torna, vado allo spaccio dietro l'angolo-. 
-E a che numero eri arrivato?-. 
-A quarantadue-. 
Trattengo un sorriso, mostrandomi comunque seria e fredda. 
Non voglio che sappia che, nonostante ciò che è successo, lui sia sempre la mia ancora di salvezza. 
Mi siedo nuovamente accanto a lui e questa volta decide di girarsi verso di me.
Trattengo il respiro quando i nostri occhi si incontrano creando una specie di vortico nel mio stomaco. 
Sono prossima ad uno svenimento.
-Vuoi sapere chi è Matt?-. Mi domanda improvvisamente come se abbia avuto l'impulso di parlare.
Annuisco, lasciando che le sue parole invadano le mie orecchie.
-Matt è il mio spacciatore. Era lui a procurarmi la droga qualche anno fa ed è stato lui a procurarmene qualche giorno fa quando l'ho incontrato-. 
-Come l'hai rivisto?-. 
-Tu eri al centro commerciale con quelle idiote ed io, non sapendo cosa fare, sono andato in giro. Mi sono fermato in un negozio per comprare delle sigarette e proprio dietro di me alla fila alla cassa c'era lui. Mi ha subito riconosciuto e mi ha offerto da bere in un pub vicino. Abbiamo parlato un po' e alla fine mi ha posto una bustina ed io ho accettato-. 
-Senza esitazioni?-. 
-Certo, ho esitato inizialmente. Gli ho detto che avevo una nuova vita, una vita più sana ed equilibrata. Ma lui ha insistito e mi ha incoraggiato dicendo che quella roba mi avrebbe fatto sentire molto meglio-.
-E tu?-. 
-Ed io ho preso quella bustina e gli ho dato i soldi che dovevo dargli. Ne ho fatto uso la sera della festa quando ti avevo risposto in quel modo brusco. Mi sono sentito veramente frustrato perchè sapevo che la mia reazione era stata eccessiva. Cosí mi sono ritrovato in un vicolo appartato e ho ispirato la polverina bianca-. Spiega e lo vedo mentre lotta con i suoi ricordi. 
-Perché Matt avrebbe dovuto dirmelo? Come faceva a sapere della mia esistenza?-. 
-Perchè mentre eravamo in quel pub gli ho raccontato della mia evoluzione, della mia nuova vita e ho nominato anche te. Gli ho detto come ci siamo conosciuti e cosa siamo diventati. Gli ho detto che se avessi fatto uso eccessivo di droga, avrebbe dovuto dirtelo perchè sei l'unica persona di cui mi fido-.
Resto in silenzio contemplando le sue parole e metabolizzando ciò che vuole comunicarmi fin quando la sua interrompe nuovamente il flusso dei miei pensieri.
-Di solito sostanze come quelle fanno in modo che una persona perde il controllo del proprio corpo, indebolendolo. A me succede il contrario. Io divento violento e scontroso, picchio chiunque mi ritrovo davanti e scaravento ogni oggetto che intralcia il mio cammino-. Sospira, passandosi una mano sul viso. -Mi dispiace, Jenny. Non avrei dovuto farlo, non avrei dovuto toccarti in quel modo-.
Elaboro le sue parole che nella mia testa sembrano essere una specie di rifiuto. 
-È tutto passato adesso-. Sussurro. -Non è niente. Non mi hai fatto tanto male-. 
-No, è grave, Jenny! Non fingere che sia tutto apposto perchè non lo è. Non è okay il fatto che ti abbia fatto del male-. 
-Justin, sono seria: va tutto bene-.
-Il solo pensiero di averti urtata e fatta cadere, o aver stretto troppo forte la tua mascella, mi riempie di dolore. Non puoi capire come mi sento. Vorrei solamente rimuovere dalla mente quegli orribili ricordi riguardanti la serata della festa, ma non ci riesco. Non so come e cosa fare, Jenny, devi aiutarmi-. 
Alla sua richiesta d'aiuto cosí diretta non posso fare altro che scoppiare in lacrime. 
Lo abbraccio di colpo e lui ricambia la mia stretta con delicatezza e forza al tempo stesso.
-Non piangere. Sto bene adesso-. Mi rassicura, dando un bacio sui miei capelli. -Ci sei tu con me-.
-Mi dispiace non aver capito il tuo disagio. Mi dispiace non averti fermato e non aver sospettato niente. Ho lasciato che ti facessi del male e per di più ho preteso di avere ragione. Mi sento una stupida, Justin. Mi dispiace-. 
Singhiozzo sulla sua spalla fino a quando la sua mano mi allontana dal suo torace di qualche millimetro in modo tale che i suoi occhi mirino i miei. 
-Non voglio che tu pensi una cosa del genere. Tu non hai nessuna colpa e non devi dispiacerti per niente. Sono stato io a non aver saputo avere il controllo della situazione. Quando il giorno dopo la festa mi sono svegliato, ho pensato che non mi avresti neppure degnato di uno sguardo se mi fossi avvicinato a te. Invece sei stata tu a cercarmi e questo mi ha fatto capire quanto tu tenga a me e quanto io ricambi nei tuoi confronti perchè quando hai chiamato il mio nome e ti sei avvicinata, ho sentito un senso di piacere e di liberezza invadermi lo stomaco-.
Sorrido, abbassando lo sguardo. 
Stiamo in silenzio per alcuni minuti lasciando che il rumore delle onde ci culli e ci tenga in compagnia ogni volta che esse si infrangono su alcuni scogli laterari della spiaggia.
Mi guardo attorno e vedo moltissime persone fare surf, alcuni prendono il sole, altri giocano a beachvolley. 
Sembra una giornata piacevole e normale, una giornata tipica di agosto.
Eppure io non ho questa sensazione. 
Per me non é una situazione da tutti i giorni. 
-Cosa si fa in una situazione del genere?-. Domando schietta, voltandomi verso di lui.
Al suono della mia voce si gira verso di me regalandomi la visuale incantevole dei suoi bellissimi occhi. 
Farei follie per loro.
-Non lo so-. Passa la lingua sulle sue labbra. -Ma arrivati a questo punto penso che la nostra relazione sia sul precipizio-. 
Trattengo il respiro e sento il mondo crollarmi addosso. 
Il verso dei gabbiani e gli schiamazzi della folla vengono coperti dalle sue parole che rimbombano nella mia mente. 
-Hai detto che vuoi che ti aiuti-. Protesto confusa. 
-Ma so che per te non sarà facile. Non voglio farti soffrire, Jenny-. 
-Io non soffriró. Sono capace di affrontare questa situazione. Ho affrontato situazioni peggiori di queste ed ho sempre sopravvissuto-.
Scuote la testa, ghignando tristemente. -Non è un gioco, Jenny. Io cadró di nuovo in quel circolo e cominceró nuovamente a farmi-. 
Sento gli occhi pizzicarmi a queste sue profonde affermazioni. 
Perchè dice cose del genere?
Perchè un attimo prima mi chiede aiuto e quello dopo cerca di allontanarmi?
-Cominceró a drogarmi io, se mi abbandoni, Justin-. Sussurro guardandolo intensamente negli occhi.
Nel mio tono di voce c'è qualcosa che cade nell'ironia. 
Ma non è cosí. 
Io sarei veramente persa senza lui e non so cosa farei per stare bene. Sorride mesto. -Non lasceró che questo accada-. 
-Allora non andartene-. 
-Non posso fare altrimenti. Non voglio che tu paga le conseguenze di un mio errore-. 
-Ma non farai alcun errore se staró al tuo fianco-. 
-Jenny non vivo piú in quella cazzo di scuola! Ci vedremo solamente qualche volta alla settimana...-. 
-Quindi preferisci morire intossicato di chissà quale sostanza?!-. 
-Non moriró. Ma Jenny...cerca di capire. Tu hai molta influenza su di me ma la droga è qualcosa di cui non puoi fare a meno quando inizi a farne uso e le tue proteste e i tuoi lamenti non basteranno-.
-Se io non ne sono in grado, allora vai in un centro di riabilitazione, Justin!-. Urlo disperata.
Scuote la testa, abbassando lo sguardo amareggiato. 
-Perchè ti comporti così?-. Chiedo più a me stessa che a lui, mentre asciugo le lacrime sul mio volto. -Perchè fingi che per noi ci sia una speranza e poi la spezzi improvvisamente con tutte le tue forze?-. 
Sembra indugiare per un po' sulle mie parole prima di girarsi verso di me. 
-Guariró, Jenny. Te lo prometto. Ma devi darmi tempo-. Dice in un sussurro. 
-Il tempo passa anche stando insieme ed io mi sentirei in colpa se tu fossi costretto a guarire da solo. Voglio stare accanto a te-.
-Lo so, Jenny. Ma è difficile. Ci saranno sicuramente periodi in cui saró tentato di bucarmi e tu non avrai alcun potere su di me. Lo dico perchè so già come funziona questo genere di cose e conosco me stesso e i miei atteggiamenti. Ti prometto che mi cureró e quando saró guarito verró a prenderti-.
-Come faccio a crederti? Come faccio a sapere che tu non ti droghi dalla mattina alla sera invece di disintossicarti? E magari io aspetteró tutti i giorni una tua chiamata in un angolino come ho fatto in questi due fottutissimi giorni! Una chiamata che non ci sarà mai perchè tu non ti curerai! Se non vuoi il mio aiuto e se vuoi che tra me e te finisca tutto, non capisco perchè io sia ancora qui!-. 
Mi alzo in piedi di scatto facendo leva sulle gambe e sulle braccia.
Mi pulisco velocemente i pantaloni e le mani e vado verso la fermata dell'autobus. 
Questa volta non sentiró nessun senso di colpa e nessun impulso o istinto. 
Voglio solo andarmene e non vederlo mai più.
L'autobus arriva e quando sto per salire noto che Justin è appoggiato al cofano della sua macchina e guarda nella mia direzione. 
Capisco immediatamente che mi ha osservata per tutto il tempo e che ha controllato che non mi accadesse nulla.
Lo guardo un'ultima volta e poi salgo decisa sull'autobus. 
Mi siedo accanto ad una bambina di circa otto anni che scruta attentamente il mio volto imbevuto di lacrime e mascara colato. 
Ma non mi interessa dello stato del mio volto. 
Io voglio Justin, lo voglio qui accanto a me.
-Perchè piangi?-. Domanda ingenuamente. 
-Non importunare la ragazza, Kylie!-. La rimprovera la mamma dal sedile parallelo. 
Mi volto verso di lei e la guardo per un po' prima di rispondere.
-Non innamorarti mai, Kylie-.









 Okaaay.
Ciao a tutte!
Spero che questo capitolo vi sia piaciuto e che mi lasciate una
recensione, GRAZIE in anticipo!
Comunque riguardo al capitolo voglio dirvi che questo non
è il colpo BOOM di cui vi parlavo. Il colpo BOOM avverrà nel prossimo capitolo!
Avevo sbagliato a contare!
Inoltre voglio rassicurarvi dicendovi che la storia ha altri capitoli
e non amo le storie con i finali che fanno rimanere di merda, amo le storie a lieto
fine! Ditemi cosa ne pensate!
Aggiornerò non appena questo capitolo riceverà qualche recensione!
Un bacio, notperfect  <3

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Capitolo 18
*** Broken harted-girl ***


 Broken harted-girl
 

Sono passati cinque giorni dall'ultimo incontro con Justin. 
Non so se piangere o ridere.
Piangerei perchè mi manca da morire e non voglio neanche immaginare la sua condizione in questo momento. 
Riderei perchè la situazione è buffa. 
È diventata buffa quando ci siamo detti quelle cose in spiaggia. 
Non puó cambiare idea da un momento all'altro e forse non era nel massimo della sua forma quel giorno. 
Ma non mi ha ancora chiamata nè contattata. Non ha fatto un bel niente e non sono sicura che lo farà.
...non lo farà mai. 
È notte fonda e non so cosa fare. 
Non riesco a dormire e continuo a girarmi e rigirarmi nel letto. 
Sono circa tre notti che succede questo e non riesco a chiudere occhio. 
Durante le lezioni non sono abbastanza concentrata e non riesco ad avere lo sguardo incentrato sui professori o sugli spartiti da studiare a memoria. 
Stamattina per esempio, ho disegnato un cuore con l'inchiostro blu su di un foglio a quadretti e ho creato uno strappo proprio nel suo centro.
Il mio intento era quello di simulare un cuore spezzato perchè io ho il cuore spezzato.
Sono una ragazza con il cuore spezzato, nient'altro
Mi alzo e mi dirigo verso l'uscita della camera. 
So che è illegale a quest'ora e che forse saró espulsa per questo, ma non mi importa.
Scendo cautamente le scale ritrovandomi nella hall. 
Proseguo verso destra fino ad entrare in mensa. 
Ho una fame da lupi. 
A pranzo e a cena non ho mangiato e in tutta la giornata ho ingerito solamente un cornetto questa mattina a colazione.
Apro la credenza della cucina che solitamente è aperta a tutti gli studenti. 
Prendo un pacchetto di crecker e inizio a mangiarli sedendomi su di un tavolo, facendo penzolare le mie gambe.
Mentre la mia mente vaga tra i pensieri più remoti e dolorosi, l'aprirsi della porta crea un forte rumore che si conclude quando viene nuovamente sbattuta, chiudendosi.
Mi volto e il mio cuore perde un battito quando incontro gli occhi color miele di Justin. 
Lascio cadere i craker per terra e rimango immobile ad osservarlo mentre si muove verso di me.
-Justin?-. Domando flebile. -Sei tu? Che ci fai qui?-. 
-Sono andato in camera tua ma non c'eri, così ho pensato fossi qui-. Risponde con lo stesso tono di voce che aveva alla festa della scuola.
Subito dei crampi invadono il mio stomaco e il sangue inizia a circolare troppo velocemente in tutto il corpo. 
Non voglio neanche immaginare la quantità di droga che contiene adesso il suo sangue.
-Come sei entrato?-. Domando preoccupata, alzandomi e facendo un passo indietro, sbattendo contro il tavolo. 
-Chaz mi ha fatto entrare. È bastato inviargli un messaggio-. 
-Sai che se ti vedono qui, ti denunceranno?-.
-Non mi importa...e comunque nessuno mi vedrà, bimba-. 
La distanza tra noi si ridimensiona così tanto che riesco a sentire il suo respiro affannato e irregolare e riesco a distinguere nei suoi occhi quella strana luce opaca che aveva anche alla festa.
-Justin...-. Sussurro flebile ed evidentemente impaurita. -Hai ingerito qualcosa prima di venire qui?-.
Ride rumorosamente e la sua risata rimbomba per tutta la mensa. 
Nessuno riuscirà a sentirci perchè la mensa è un luogo chiuso e appartato rispetto ai dormitori dove a quest'ora sono tutti, compresa la signora Anderson.
Si avvivina pericolosamente e dopo aver lasciato una striscia bagnata con la lingua dietro l'orecchio, mi scaraventa a terra con uno schiaffo forte sul viso. 
Gemo dal dolore e massaggio la guancia colpita, accasciata a terra. 
Inizio a sentire le lacrime scendere calde e lente coprendo anche il punto colpito da Justin.
-Che stai facendo?-. Domando confusa e debole, alzando lo sguardo su di lui.
-Sto con la mia ragazza-. 
Tira un forte calcio sulla mia gamba e ne seguono circa altri cinque sullo stesso punto. 
-Smettila-. Impreco dolorante. 
-Cosa?Non ho sentito-. 
Tira un altro calcio proprio sotto lo stomaco, facendomi gemere spudoratamente. 
Mi incurvo, rannicchiandomi in me stessa. 
Il mostro che ho davanti non è Justin, non è il mio fidanzato. 
-Volevi aiutarmi, giusto?-. Sibila al mio orecchio, abbassandosi verso di me. -Allora sta' buona e in silenzio-.
Sento odore di alcol provenire dalle sue labbra e capisco che non solo ha fatto uso di sostanze illegali, ma ha anche bevuto. 
Piango a dirotto non sapendo cos'altro fare, non avendo forze per reagire.
-Sei una stronza, Jenny-. 
Ride, afferrando il collo del mio pigiama e facendomi alzare in piedi. 
Sono più bassa di lui e questo sicuramente va a suo vantaggio. 
-Lasciami stare, ti prego-. Sussurro chiudendo gli occhi. 
Per tutta risposta, mi arriva un altro schiaffo proprio sul labbro, talmente forte da far ruotare il mio viso alla mia destra. 
Rimango immobile in questa posizione e con gli occhi chiusi palpo il mio labbro dal quale sembra fuoriuscire del sangue. 
-Tu non puoi aiutarmi, Jenny. Tu sei come tutte le altre. Sei una troia ed io ti odio per questo-. Scandisce bene le parole afferrando i miei polsi e stringendoli forti. 
Mantengo gli occhi chiusi e la testa volta verso la mia sinistra. 
-Guardami, Jenny. Voglio che tu veda come sono ridotto-.
Afferra il mio viso prepotentemente e fa in modo che mi giri verso di lui. 
-Apri gli occhi, porca puttana!-. Urla imbestialito. 
Faccio come mi ha detto e sento una strana sensazione di dolore e angoscia farsi spazio nel mio corpo quando i suoi occhi bui e cupi incontrano i miei, impauriti e increduli dinnanzi a questo spettacolo. 
Stringe la presa sulla mia mascella e bofonchia qualcosa che io non riesco a comprendere, troppo stravolta e shoccata per ciò che sta accadendo. 
Lascia il mio volto con uno scatto improvviso e si allontana passandosi una mano tra i capelli.
Sbuffa prepotentemente prima di voltarsi e andarsene uscendo dalla porta dalla quale è entrato. 
Mi accascio al tavolo dietro di me e inizio a piangere. 
Sento tutta la mia dignità andare a pezzi e il mio stato d'animo decollare. 
Non mi sono mai sentita cosí, non ho mai provato cosí tanti sentimenti contrastanti.
Odio ció che mi ha fatto, odio il suo atteggiamento, odio la sua voce ma non riesco ad odiare lui per intero. 
 
Non riesco ancora a credere a quello che è appena successo, non ho ancora metabolizzato l'accaduto anche se ha avuto esiti molto sgradevoli su di me.
Non intendo solo fisicamente, ma anche moralmente. 
Chi ho avuto davanti pochi minuti fa, non era il ragazzo che ho conosciuto qui dentro, non era il ragazzo che mi ha aiutata a superare le mie paure e le mie insicurezze, non era il ragazzo che mi sussurrava cose dolci quando litigavamo o quando non credevo in me stessa. 
Chi avevo davanti era un mostro e non era Justin. 
Era solamente l'effetto collaterale di una pasticca.
A passo lento e debole mi dirigo in camera. 
Vado in bagno e quando mi guardo allo specchio quasi non mi riconosco.
Ho i capelli arruffati e scomposti, l'orlo della maglietta tirata più giù del normale. 
Dal labbro inferiore esce del sangue e sotto l'occhio sinistro c'è un piccolo taglio. 
Alzo la maglietta e noto un enorme ematoma proprio sotto il ventre e quando lo tocco delicatamente sussulto per il dolore. 
Sfilo il pantalone del pigiama e mi accascio sulle gambe per notare tre enormi lividi proprio sopra il tallone e sul muscolo destro. 
Mentre tiro su i pantaloni mi accorgo che anche sui polsi ci sono dei lividi e un graffio abbastanza lungo su quello destro. 
Rimango pietrificata per qualche minuto incapace di fare qualcosa. 
Continuo solamente a guardarmi allo specchio e a guardare nei miei stessi occhi dai quali scorrono un'infinità di gocce d'acqua salata. 
In che cosa mi ha ridotto?
In che cosa si è ridotto?
 
Il giorno dopo dico alla signora Anderson di non sentirmi bene e lei, credendoci, mi concede la mattinata libera con la possibilità di prendere un po' d'aria al di fuori del campus. 
Non ho detto nulla alle ragazze e sicuramente non lo faró mai, almeno fin quando i lividi non scompariranno e credo ci vorrà un bel po'. 
Uso del correttore per coprire le occhiaie e un po' di mascara per rendermi almeno presentabile.
Sulle labbra impiego lo stesso rossetto rosso che ho usato la sera della festa, con la speranza che quel rosso fuoco copri il taglio sul labbro inferiore. 
Verso le undici del mattino circa, scendo nella hall e salutando frettolosamente la signora Anderson senza lasciare che mi veda, esco dal campus. 
Non voglio pensare a ció che è successo ieri sera. 
So che è molto grave ció che mi ha fatto ma cercheró di dimenticarlo e di adare avanti, così come sopporteró la sua assenza.
Prima che raggiunga il marciapiede della strada, noto il fuori strada con cui Justin è venuto a prendermi qualche giorno fa.
Gli do' uno sguardo veloce per poi proseguire il mio cammino a passo lento. 
Prima che raggiunga la fine della strada, sento una voce chiamarmi. 
Mi volto e scorgo la figura alta e muscolosa di Justin il cui viso è ornato da un paio di occhiali, che toglie non appena fa un passo verso di me, e i suoi capelli sono coperti da un cappello con la visiera spostata dietro.
Indossa dei pantaloncini larghi neri, lo stesso modello che usano i giocatori di basket; una canottiera bianca fascia i suoi addominali e una collana d'oro cade su di essa, muovendosi quando il corpo di Justin fa qualche passo avanti.
-Che vuoi?-. Domando burbera e lui sembra sorpreso dalla mia reazione.
Inizio a pensare che lui non ricordi nulla di quanto è successo.
-Volevo solo vederti e sapere come stai-. 
-Sto bene-. Mantengo lo sguardo fisso nei suoi occhi che mi guardano confusi. -Mi hai vista e sai come stai. Adesso puoi andartene-.
-Che ti prende?-. 
Volgo lo sguardo altrove, trattenendo le lacrime. 
Possibile che lui non ricordi nulla?
-Perchè sei venuto?-. Chiedo schietta, ritornando a guardarlo e ignorando la sua domanda.
-Te l'ho detto: volevo vederti-. Sospira. -E stamattina mi sono svegliato con un brutto presentimento-. 
-Riguardante me?-. 
Annuisce. -Volevo accertarmi che fosse tutto okay-. 
-Be', sto bene-. 
Mi scruta qualche secondo per poi avvicinarsi e tendere la mano sul mio viso. 
Prima che possa toccarmi, faccio un passo indietro. 
Sono spaventata, non voglio che mi sfiori minimamente o farmi del male. 
-Jenny...-. Articola in tono interrogativo. -Che hai?-.
Non rispondo. 
-Sembra quasi che abbia paura di me-. Confessa.
Abbasso lo sguardo e so che questa mia reazione lo porta a riflettere parecchio.
Afferra il mio mento e fa in modo che lo guardi negli occhi. 
-Non toccarmi, per favore-. Prendo la sua mano e lascio che cada lungo il suo torace.
Delle lacrime iniziano a rigare il mio volto e il suo sguardo diventa confuso e interrogativo.
Ignora le mie parole e posa la sua mano sulle mie labbra, iniziando a strofinarle delicatamente.
-Che stai facendo?-. Domando in un sussurro, osservando i suoi lineamenti induriti e i suoi occhi fissi sulle mie labbra.
-Tu non usi mai del rossetto così forte...-.
Trattiene il respiro quando sul mio labbro inferiore compare una crosticina di sangue rinsecchito abbastanza grande che ricopre circa tutta la parte destra del labbro.
-Chi ti ha fatto questo?-. Chiede preoccupato e disorientato, alzando gli occhi su di me. 
-Nessuno-. 
-Sono stato io?-. Domanda rattristito come se d'un tratto abbia fatto i conti e sia arrivato alla conclusione.
-Sono caduta e ho sbattuto il labbro contro una mensola-. Mento.
-Non dirmi stronzate, Jenny. Sono stato io?-.
Esito qualche secondo prima di annuire.
Mi scruta attentamente prima di lasciare il mio mento e tirare un calcio alla vetrina di un negozio. 
Fortunatamente è in fase di ristrutturazione ed è chiuso.
-Merda-.
Sembra infuriato e arrabbiato con se stesso. 
Appoggia una mano al muro e mi da le spalle, mentre con la mano libera si passa una mano tra i capelli. 
Non c'è molta gente da queste parti a quest'ora in quanto non è una zona commerciale nè industriale, ma alcuni passanti ci rivolgono delle lievi occhiate curiose e preoccupate.
Abbasso lo sguardo e inizio a versare silenziosamente delle lacrime. 
Non mi importa di ciò che la gente può pensare di me in questo momento, per una volta voglio solo risolvere la situazione e non fuggire da essa come invece avrei fatto in passato.
Si volta verso di me e mi guarda con una strana e idecifrabile espressione. 
Non so cosa dire, cosa fare. 
Vorrei solo trovare conforto tra le sue braccia e stringere forte le sue mani ma mi rendo immediatamente conto che sono state proprio quelle braccia e quelle mani a farmi del male.
-Jenny, devi dirmi ciò che è successo questa notte-. Mi intima avvicinandosi. 
Faccio un passo indietro, impaurita. 
Sgrana gli occhi. -Tu hai paura di me...-. Constata deluso. -Cosa ti ho fatto? Dimmelo!-.
-Non voglio parlarne qui. C'è troppa gente-.
-Vieni con me-. Mi tende la mano, speranzoso. 
Sposto lo sguardo sulla sua mano e lentamente risalgo con gli occhi al suo viso.
-Puoi fidarti, non ti farò del male-. Aggiunge notando la mia reazione. 
-Mi hai già detto la stessa cosa in passato. Ma non è finita bene. Non hai mantenuto la promessa-.
-Ti prego, Jenny. Vieni con me. Questa volta sarà diverso-.
Ingoio la saliva e, facendomi forza e coraggio, afferro la sua mano. 
La stringe forte  e mi guarda con un flebile sorriso in volto.
Ci incamminiamo insieme verso la sua macchina che è ancora parcheggiata di fronte l'accedemia. 
Sento subito uno strano senso di colpa invadermi. 
Non so se aver accettato il suo invito sia stata la cosa giusta. 
Non so fino a che punto può arrivare tutto questo.
Accende il motore dell'auto e quando l'auto inizia a camminare, mi volto verso il finestrino osservando ciò che accade all'esterno. 
Durante il tragitto nessuno dei due parla ed io mi rintano nella mia mente e vago tra i ricordi e i pensieri. 
È strano come il nostro rapporto cosí bello, cosí invidiato...si sia trasformato in una specie di incubo. 
Mi diceva sempre cose dolci, cose carine...litigavamo sempre in tono umoristico e scherzavamo sempre tra di noi.
Non capisco perchè ha voluto rovinare tutto ciò che abbiamo avuto con un fantasma del suo passato che ha rovinato la sua vita precedentemente.
Il fuori strada parcheggia dinnanzi ad un palazzo abbastanza alto e ben costruito.
-Vivi qui?-. Domando a bassa voce, quando scendiamo dall'auto e ci incamminiamo verso l'entrata. 
-Si. Riesco a pagare l'affitto con i soldi che mi spediscono i miei genitori. Quest'inverno troverò un lavoro-. Spiega. 
Entriamo nel palazzo e proseguiamo a piedi fino al quinto piano dove Justin apre la porta con su scritto '9'. 
Fa entrare prima me e poi entra lui, chiudendo la porta. 
Mi guardo attorno. 
È un appartamento normale ed è molto ordinato per essere di un ragazzo. 
Eppure Justin si è sempre mostrato disordinato.
Questo mi fa pensare che magari non sta molto tempo qui.
-Vuoi qualcosa da bere?-. Chiede premuroso appoggiando le chiavi dell'auto suo tavolo al centro della stanza. 
-No-.
-Vuoi sederti?-.
Mi siedo sul divano senza dare una risposta alla sua domanda.
Anche lui si siede accanto a me e prende un grande respiro prima di voltarsi verso di me e stendere il braccio lungo il capezzale del divano.
La sua mano penzola proprio sulla mia spalla ed io non mi muovo nonostante ci sia questo contatto tra di noi. 
-Jenny...-. Inizia disagiato. -Voglio che mi dici cos'è successo stanotte. Io non lo so, davvero. Mi sono solo svegliato con un forte mal di testa e ricordo di aver bevuto ieri sera e...e aver preso delle pasticche-. Spiega, sussurrando l'ultima parte. 
Non ricevendo alcuna risposta da parte mia, decide di parlare al posto mio. 
-Ti...ti ho fatto del male?-. 
Annuisco, abbassando lo sguardo. 
-Sono venuto da te improvvisamente nel cuore della notte?-. 
Annuisco di nuovo. 
-Come sono entrato?-.
Non rispondo. 
-Mi ha fatto entrare qualcuno?-. 
Annuisco. 
-Lil?-.
Nego con il capo. 
-Ryan?-. 
Nego nuovamente. 
-Chaz?-. 
Annuisco, e sento le lacrime scendere sulle mie guance che lentamente bagnano anche la mia maglietta.
-Quanto male ti ho fatto, Jenny?-. Domanda esausto e angosciato e più che una domanda, sembra essere una sorta di richiesta esasperata.
-Vuoi davvero saperlo?-. 
Sembra essere meravigliato dalla forza e dal coraggio che ho avuto per dire queste parole. 
Annuisce.
Poso le mani sull'orlo della maglietta e la sfilo delicatamente, posandola poi sul tavolino di fronte al divano. 
Mi giro verso di lui e incontro i suoi occhi allibiti e dispiaciuti al tempo stesso. 
Sembra essere incredulo della sua potenza, incredulo del coraggio e la volontà che ha usato per causarmi tanto dolore.
Mi alzo in piedi e abbasso lentamente il jeans fino a toglierlo completamente. 
Mi volto e gli do una perfetta visuale degli enormi lividi che compaiono sulle mie gambe.
Mi giro nuovamente verso di lui e gli mostro i gomiti ricoperti di graffi e lividi.
Sento le lacrime solcare la mia pelle fino ad arrivare alle spalle e poi sul petto.
-Jenny...-. Trattiene il respiro scrutando con incredulità, shock e sofferenza negli occhi prima il mio corpo martoriato e poi il mio viso.
Si alza e mi viene incontro.
Accarezza la mia pelle ma questa volta non mi ritraggo. 
Accarezza i miei fianchi fino a salire alle mie guance. 
Un brivido percorre la mia schiena quando tocca lentamente e con delicatezza il graffio sotto l'occhio sinistro. 
Asciugo una lacrima e, impacciatamente, mi abbasso per recuperare i pantaloni e infilarmeli. 
Prendo la maglietta e la indosso nuovamente.
Mi siedo sul divano e allaccio le scarpe.
Sembra aver perso la capacità di parlare o addirittura di articolare dei suono fonetici. 
È talmente scosso da non riuscire a connettere la testa con il corpo.
-Non pensavo ti avessi causato cosí tanto dolore-. Confessa improvvisamente. 
-Non pensavo riuscissi a farmi una cosa del genere-. 
-Mi dispiace-. 
-Dispiace anche a me-. Sussurro, sforzando un triste sorriso.
-Non accadrà più-. 
-Non penso tu possa affermare una cosa del genere-.
-No, Jenny. Manterrò la mia promessa stavolta-.
-Come potrei crederti?-. Domando flebile, accennando un mesto sorriso mentre asciugo una lacrima.
-Fallo e basta. Ti prego-.
Scuoto la testa. -Non voglio farlo. Non voglio più crederti...non posso-.
-Perchè?-. 
-Perchè non sei più tu, Justin!-. Esclamo con ovvietà. -Non sei più come eri quando condividevamo la stessa stanza o quando ti introfulavi nella mia!-. 
-Sono sempre lo stesso, Jenny-. 
-Non dirmi una cosa del genere. Chi ho conosciuto tre mesi fa, non avrebbe mai messo una mano su di me-.
Sussulta alle mie parole forse troppo difficili da elaborare per lui.
-Io non voglio che tra noi finisca-. Confessa a mezza voce guardando intensamente nei miei occhi.
Sembra sincero. 
-Qualche giorno fa hai detto esattamente il contrario...-. Ribatto inacidita.
-Lo so e me ne pento. Ho riflettuto in questi giorni e l'unica cosa a cui pensavo eri tu. Sempre e solo tu. Non c'era un attimo in cui non pensavo a cosa era successo e...e mi dispiace-. Stringe una mia mano, portandola alla sua bocca.
Bacia delicatamente le nocche della mano una ad una, guardando dritto nei miei occhi.
-Non voglio che finisca, Jenny...-. Ripete, dando un ultimo bacio proprio al centro della mia mano.
-Neanch'io, ma...-. 
-Ma?-. 
-Ma ti ho proposto il mio aiuto affinchè smettessi di drogarti, e guarda adesso come sono conciata-. Ritraggo la mia mano con uno scatto improvviso e secco e asciugo una lacrima. -Mi sono fidata di te, ho riposto il mio futuro in te quando pensavo che non avrei mai trovato qualcuno da amare per davvero, e poi mi ritrovo ad essere ricoperta di lividi e graffi-.
-Io capisco ma...ma non puoi far finta che tra me e te non ci sia stato niente. Non puoi andartene e abbandonarmi come se niente fosse. Io ti amo, Jenny-. Afferra le mie mani e tiene lo sguardo fisso nei miei occhi. 
Sento le pareti dello stomaco contrarsi e la saliva seccarsi a queste parole. 
Stringo le sue mani per poi lasciarle. 
-Ma non posso dimenticare ciò che hai fatto. Se mi guardo allo specchio mi viene da vomitare, capisci? Non mi piace il pensiero che tu...che tu mi abbia toccata in quel modo-.
-Io non voglio lasciarti andare-. Scuote la testa. 
-Penso sia la cosa migliore da fare-.
-Non è la cosa migliore da fare. Possiamo superare questa situazione e andare avanti. Io cercherò di non farti mancare nulla e di proteggerti e...-. 
-Come puoi proteggermi da te stesso?-. 
Sussulta, restando in silenzio e passa il suo sguardo da un mio occhio all'altro mentre la luminosità, che solitamente li caratterizza, si affievolisce.
Poso una mano sul suo petto, facendo in modo che ci sia una minima distanza tra di noi.
-Voglio dimenticare tutto-. Confermo scuotendo la testa. 
Vedo una scintilla comparire nei suoi e la sua bocca quasi si apre in un sussurro. 
-Intendi ricominciare dalla notte della festa?-. Domanda speranzoso.
-No, Justin. Voglio dire che voglio fingere di non averti mai conosciuto-. 
Aggrotta le sopracciglia e sento il suo respiro diventare più veloce e rumoroso. 
Penso si sia arrabbiato.
-Io dimenticherò che sei stato tu a procurarmi quei graffi e lividi, ma non cercarmi più-. Aggiungo prima che possa dire o fare qualcosa. -Magari un giorno ci ricontreremo e avremo moltissime cose da dirci. Questi due mesi sono stati fantastici grazie a te e anche quest'ultima parte del nostro percorso posso considerarla come una lezione di vita. Io dimenticherò te e tu dimenticherai me. Non sarà difficile-. 
Quante stronzate ancora devo dire prima di andarmene?
Come mi viene in mente di dire che non sarà difficile dimenticarlo?
-Non puoi dirmi davvero una cosa del genere-. Protesta scuotendo la testa. 
-È la cosa migliore per entrambi-. 
-No! Non è vero. Tu non puoi lasciarmi cosí...non puoi lasciarmi solo. Sei l'unica cosa cara a cui posso aggrapparmi. Non ho una famiglia, non ho degli amici sinceri e senza te non sono felice-. 
-Tu non vuoi essere aiutato e non vuoi smettere di drogarti. Non posso vederti in questo stato, non posso permettere che tu mi faccia di nuovo del male e non voglio vederti soffrire-.
-Allora resta-. Urla deciso e fermamete convito. 
Scuoto la testa, asciugando una lacrima e guardando altrove. 
-Non posso. Devo andare adesso-. Sussurro, avviandomi verso la porta. 
-Non andare, Jenny-.
Mi fermo a quella sua richiesta che sembra essere la domanda d'aiuto che gli permetterà di continuare a vivere.
Ma io non posso rimanere a guardare mentre si fa del male e mentre fa del male a me. 
So che è da codardi andarsene in questo modo e lasciarlo solo, ma ho provato ad aiutarlo e lui ha rifiutato. 
Come posso essere sicura che riuscirà davvero a guarire?
-Mi dispiace-. Articolo a mezza voce. 
Apro la porta e corro giù per le scale.
Lo vedo mentre mi segue con gli occhi dalla finestra. 
Lo guardo anche io fin quando non volto l'angolo e raggiungo la fermata dell'autobus.
Sono un idiota senza un briciolo di responsabilità. 
Come ho potuto lasciarlo solo nel momento più difficile della sua vita?
 
 
 
Ciao a tutte!
Ecco, questo era il colpo BOOM di cui vi parlavo!
Spero di non avervi spiazzate troppo o che abbia cambiato il
vostro modo di vedere questa fan fiction!
Per favore, ditemi cosa ne pensate!
Non voglio anticiparvi nulla ma non perdete i prossimi capitoli
della storia perché naturalmente la situazione si evolverà!
Aggiorno non appena questo capitolo riceve recensioni!
Un bacio, notperfect! <33

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Capitolo 19
*** I just want you ***


 I just want you
Sono ormai ventiquattro ore che ho lasciato solo Justin nel suo appartamento. 
Mi sento uno schifo. 
Avete presente quella sensazione in cui le pareti dello stomaco si contraggono e senti in un secondo tutti i liquidi che si mescolano? 
Quella sensazione che si prova quando si ha paura di qualcosa?
È cosí che mi sento.
Mi sento come quando chiedi un giocattolo ai tuoi genitori e loro ti dicono in continuazione che non te lo compreranno mai e poi il giorno di Natale lo ritrovi sotto l'albero: spiazzata. 
Ma in senso negativo. 
-Jen!-. 
Sento chiamarmi in lontananza mentre mi avvio verso la mia stanza dopo due ore di lezione della storia della musica classica. 
Mi volto e quando intravedo Allison, abbasso lo sguardo salutandola debolmente.
Mi raggiunge stampandomi un forte bacio sulla guancia destra. 
Le sorrido non voltandomi verso di lei. 
-Come stai?-. Domanda pimpante.
Naturalmente lei non sa nulla di quanto accaduto. 
-Mh, bene. Tu?-. 
-Me la cavo. Cos’hai fatto al labbro?-.
Sorrido. -Buffa storia!-.
Si, certo.
-Sei inciampata come tuo solito, vero?-.
Annuisco sorridendo flebilmente.
Non si è preoccupata più di tanto del mio labbro inferiore perché sicuramente non penserà mai a cosa è arrivato a fare Justin.
Al suo posto questo pensiero non mi sfiorerebbe neanche.
-Non hai notizie di Justin?-. Chiede improvvisamente, in maniera schietta.
-No...-. 
-Sembri insicura...-.
-Sono sicurissima, Allison. Che motivo avrei di mentirti?-. 
-Mh, non saprei. Be', sappi che non appena quell'idiota si farà vivo, devi dirmelo. Cosí andrò ad ucciderlo con le mie stesse mani-.
Non dico nulla, non faccio nulla. 
Penso si sia accorta che c'è qualcosa che non va. 
-Jenny?-. Mi chiama in tono interrogativo. -Che succede?-. 
-Niente. Perchè me lo chiedi?-. 
-Perchè sei troppo silenziosa ed hai un tono di voce troppo...strano. Non sembri...te stessa-.
-Ti stai preoccupando inutilmente-. Scrollo le spalle, voltando lo sguardo altrove.
-Sicura che non devo preoccuparmi?-.
Mi giro verso di lei, annuendo. -Sicura-.
-Uhm, d’accordo. Ci vediamo dopo!-.
Stampa un bacio sulla mia guancia ed entra nella sua camera alla sua sinistra.
Tiro un sospiro di sollievo e proseguo fino alla mia camera che si trova molto più avanti.
La prima cosa che farò sarà fare una doccia.
La seconda sarà vestirmi.
La terza sarà andare da Justin.
 
Dopo aver indossato il mio jeans preferito, mi dirigo verso la hall dell’accademia.
Per tutto il giorno ho sentito il bisogno crescente e costante di andare da Justin.
Voglio sapere come sta, voglio sentire la sua voce e voglio guardarlo negli occhi.
Spero solo di non dover affrontare nuovamente una situazione simile a quella di qualche giorno fa.
 Vorrei averlo qui adesso accanto a me, mano nella mano, più di ogni altra cosa al mondo.
Ciò che provo è maledettamente strano.
Ci sono due scelte che sono sbagliate allo stesso modo.
Stare con lui è sbagliato se lui continua a drogarsi; stare senza lui e lasciarlo solo lo è altrettanto.
Ora capisco quando la gente dice ‘Sembro esser appena uscita da un manicomio’.
Esco dal campus e mentre raggiungo la strada asfaltata con passo deciso e trasandato al tempo stesso, Nick mi chiama e con lui c’è anche Luke.
La benda che ricopre il suo naso, il suo occhio nero e il grande livido che ricopre la sua guancia non passano di certo inosservati.
Mi raggiunge ed io, timidamente, ricambio il saluto.
-Come stai?-. Domando mettendo le mani nelle tasche della felpa e abbassando lo sguardo per circa un secondo.
-Mh, me la cavo-.
-Mi…mi dispiace per ciò che è successo. E’ stata colpa mia se Justin ti…-. Sussulto non sapendo cos’altro dire.
Abbasso nuovamente lo sguardo e inizio a contorcermi le mani.
-Non è stata colpa tua. Non ce l’ho con te, non preoccuparti-.
-Beh, mi dispiace comunque-.
-Ti va di venire con noi?-. Domanda Luke rivolgendosi a me.
-Dove?-.
-Dobbiamo recuperare alcune cose nella stanza di Luke e poi andiamo alla partita dei Lakers. Abbiamo un biglietto in più-.
-Oh…ehm…in realtà…-.
-Se hai da fare, sarà per la prossima volta-. Mi interrompe Nick notando il mio disagio.
-Beh, in realtà avrei da fare quindi…sarà per la prossima volta. Grazie lo stesso-. Sforzo un sorriso mettendo nuovamente le mani in tasca.
-Dove vai?-.
-In un negozio…già…devo comprare delle cose che mi ha chiesto Ashley. Ci vediamo in giro!-. Sorrido, voltando le spalle e andando verso l’appartamento di Justin.
Non ricordo con esattezza come ci si arriva, ma sono sicura che ci arriverò.
Almeno spero.
Cammino per circa un quarto d’ora senza una meta ben precisa.
Durante questi minuti penso e rifletto su ciò che sta per accadere.
Cosa farò o dirò quando aprirà la porta del suo appartamento e saremo l’una di fronte all’altro?
Non sono sicura di farcela.
Mi guardo attorno e una scintilla compare nei miei occhi quando riconosco il palazzo in cui risiede Justin.
Mi avvicino e noto che il suo fuoristrada è parcheggiato proprio accanto al condominio così sono sicura che lui sia in casa.
Respiro profondamente quando poso il piede sul primo scalino delle scale che conducono ai piani superiori.
Salgo lentamente e quando arrivo al quinto piano quasi mi manca l’aria.
Perché mi sento così?
In fondo devo solo vedere una persona che ho visto per tre mesi.
Non sarà così difficile, credo.
Chiudo gli occhi quando suono il campanello e li riapro solo quando sento che qualcuno ha appena aperto la porta.
Justin  indossa solamente un jeans, l’orlo dei boxer esce fuori ed ha la solita collana d’oro sul dorso nudo.
Spalanca leggermente gli occhi e sussulta quando scorge la mia figura più bassa di lui.
Non dice nulla.
Si scosta e mi lascia entrare.
Mi guardo attorno e noto che niente è cambiato dall’ultima volta in cui sono venuta qui.
C’è solo un po’ più di disordine e il mio sguardo cade soprattutto su tre lattine di birra vuote appoggiate sul tavolino accanto al divano.
Sento lo stomaco in subbuglio e una strana sensazione di disagio.
Mi giro nuovamente verso di lui e scopro che lui mi sta scrutando da capo a piede con espressione indecifrabile in volto, appoggiato allo stipite della porta.
Sembra confuso, arrabbiato e impassibile al tempo stesso.
-Volevo…volevo vederti-. Sussurro imbarazzata cercando in tutti i modi possibili di evitare i suoi occhi.
-Come mai?-.
-No, Justin. Come sempre-. Ribatto convinta, facendo centro nei suoi occhi. -Ho avuto il desiderio di vederti per circa ventiquattro ore e , credimi, non è stato facile da sopportare-.
Sembra quasi che trattenga un ghigno mentre mi si avvicina.
-Come stai?-. Domando, non sapendo cos’altro dire.
-Non saprei…tu, come stai?-.
-Non lo so-.
-Direi che abbiamo le idee poco chiare-. Constata compiaciuto.
Passano alcuni secondi di silenzio in cui i nostri sguardi si cercano e poi si lasciano.
Sembriamo degli idioti.
Forse lo siamo per davvero.
-Se non sbaglio, hai detto che dimenticherai ciò che abbiamo avuto insieme, giusto?-. Chiede schietto con un pizzico di acidità nel suo tono di voce.
In effetti è sempre irritante. Come al solito.
Roteo gli occhi. -Mentivo-.
-Non pensavo riuscissi a dire bugie, Jenny. Pensavo fossi una brava ragazza-.
Mi sta stuzzicando?
-L’apparenza inganna, Justin. E tu dovresti conoscermi bene, non credi?-.
-Io ti conosco e so che adesso fremi dalla voglia di farmi una specifica domanda-.
-Oh, davvero? Sei così geniale che sai addirittura cosa gira nella mia testa?-.
-Esattamente-.
-E quale domanda vorrei farti, Justin?-.
-Vuoi chiedermi se ho fatto uso di droga-.
Distendo i lineamenti del mio viso e, devo essere sincera, mi ha spiazzata.
Di nuovo.
Mi mordo l’interno della mia guancia sinistra e poi di quella destra, guardandolo dritto negli occhi con sguardo fermo e deciso.
-Ho detto la verità?-. Chiede come se stia parlando ad una bambina di otto anni.
Alzo un sopracciglio, infastidita.
-Lo prendo come un si-.Esclama sedendosi sul divano e stendendo poi i piedi sul tavolino.
Mi da le spalle.
-Non volevo farti questa domanda-. Contraddico guardando le sue spalle e la sua nuca. -Conosco già la risposta-.
-Sarebbe?-.
-Non ti sei drogato-.
-E cosa ti da la certezza di una tale affermazione?-.
-Mi hai promesso che non l’avresti più fatto-.
-E tu c’hai creduto?-.
-Io ci credo-.
Blocca tutti i suoi movimenti.
Si alza in piedi e mi raggiunge a passo lento.
Sento una lacrima solcare il mio viso e la sua mano stendersi delicatamente sulla mia guancia.
Con il pollice accarezza il labbro inferiore dove sorge ancora una crosta di sangue rinsecchito e lascia un bacio sul mio collo.
-Mi dispiace per ciò che ti ho fatto due notti fa-. Sussurra al mio orecchio in tono dispiaciuto.
-Me l’hai già detto-.
-Non finirò mai di dirtelo-. Un nuovo bacio mi viene stampato sul collo. -Mi dispiace-.
Poso le mie mani e le mie braccia sulla sua schiena e dietro il suo collo, stringendolo forte a me.
Ispiro il suo profumo e sfioro i suoi capelli.
Afferra le mie gambe e fa in modo che mi aggrappi a lui come una scimmia e insieme cadiamo sul divano.
Stampo svariati baci sulle sue guance, sul suo collo e tra i suoi capelli.
Lui continua ad accarezzare il mio viso e il mio corpo e di tanto in tanto lascia qualche bacio umido e caldo sul mio corpo.
-E’ scontato dire che mi sei mancata?-. Chiede flebilmente accarezzando i miei capelli e lasciando che io continui a baciarlo.
-No, non lo è-.
-Beh, allora mi sei mancata-.
-Anche tu-.
-Bene-.
-Bene-.
Stampo un ultimo bacio sulle sue labbra e sento una forte energia invadermi dentro.
I crampi allo stomaco sembrano esser diventati parte del mio metabolismo e la felicità e la soddisfazione che provo fuoriescono da tutti i pori del mio corpo.
-Voglio recuperare il tempo perduto-.
Afferma improvvisamente alzandosi dal divano e infilandosi una maglietta sul tavolino.
Probabilmente l’avrà sfilata prima del mio arrivo.
-Cosa vuoi dire?-.
-Andiamo a prendere un gelato-.
Lo guardo confusa. -Cosa? Un gelato?-.
-Si, tu ami il gelato-.
Trattengo un sorriso e, afferrando l’orlo della maglietta, lo attiro verso di me facendolo cadere su di me sul divano.
Lo bacio e lo abbraccio come mai ho fatto fino ad ora mentre lo sento ridere.
-So che vuoi arrivare a quel punto ma per questo dovrai aspettare, bimba-. Mi rimprovera in tono ironico alludendo a chissà cosa.
Rido allontanandolo con una spinta, per poi alzarmi in piedi e seguirlo fino alla porta.
Scendiamo le scale e usciamo dal palazzo.
-Vuoi andare in macchina o a piedi?-. domanda mettendo gli occhiali.
-Mh, decidi tu-.
-Se andiamo a piedi mano nella mano sembreremo due persone normali e idiote, quindi opto per l’auto-.
-Sono d’accordo-.
Ridiamo e saliamo sul fuoristrada nero di Justin che subito mette in moto.
E’ strano come sia stato facile.
Sono bastati pochi minuti e la situazione è ritornata come prima.
Certo non a tutti gli effetti, ma ci siamo quasi.
Non abbiamo parlato della droga e del rapporto che ha con essa, ma per questo ci sarà tempo e si vede chiaramente che non ne ha fatto uso: è lucido, sorride e mi guarda come ha sempre fatto.
Ciò che più mi ha spaventato in questi giorni è stato che magari Justin non mi avrebbe più guardata con dolcezza, desiderio e passione se avesse continuato a fare ciò che faceva. Ed io amo i suoi occhi. Amo il suo sguardo.
Justin parcheggia l’auto di fronte ad una gelateria che affaccia sulla spiaggia e sul mare.
-E’ bello qui-. Commento guardandomi attorno appena scesa dalla macchina.
-Già. Ci venivo spesso con i miei amici dopo scuola. Dicevamo alle mie compagne di classe di venire a prendere un gelato e poi rovesciavamo sempre i nostri gelati sulle loro magliette così erano costrette a toglierle e a rimanere in costume-.
-Justin!-. Lo rimprovero strattonandolo.
Ride mettendo un braccio sulle mie spalle e stringendomi a se.
Entriamo in gelateria e comperiamo due gelati.
Soliti gusti.
Io e Justin siamo felici insieme solo quando mangiamo gelato e non penso sia una cosa molto normale.
Con i nostri coni tra le mani, ci incamminiamo verso la spiaggia e ci sediamo a riva.
Le onde raggiungono addirittura i nostri piedi, imprimendoli d’acqua salata.
Il sole è forte così siamo costretti a consumare il gelato velocemente.
-Justin…-. Sussurro.
-Mh?-.
-Se ti faccio una domanda, mi rispondi sinceramente?-.
Indugia qualche secondo. -Uhm, okay-.
-Davvero non hai fatto uso di droga oggi?-.
Mi scruta qualche secondo con i lineamenti del volto tesi e induriti.
Si gira verso il mare e poi abbassa la testa, sorridendo.
-Cosa ti dicevo?-. chiede divertito. -Volevi farmi questa domanda!-.
-Oh, andiamo. Sii serio per una volta-.
-No, Jenny. Non ho ingoiato pasticche oggi-.
-Me ne dai la certezza?-.
-Se ti fidi di me, non devo dartene una prova-.  
Abbasso lo sguardo e gioco con la sabbia, facendola scivolare tra le dita.
Nota il mio silenzio e il mio disagio, così si volta verso di me e prende il mio viso tra l’indice e il pollice e fa in modo che lo guardi negli occhi.
-Jenny…so che è difficile guardarmi e ricordare che quella sera ti ho…ti ho…insomma sai a cosa mi riferisco. Però, ti prego, cerca di fidarti di me. Ti giuro che non farò più una cosa del genere e ti prometto che non toccherò mai più una pasticca. Ho riflettuto e ho capito che tu sei più importante di tutto il resto-.
Sento un nodo allo stomaco che pian piano si scioglie fino a diventare una specie di crampo che si ripete all’infinito.
-Io non reagisco in questo modo solo perché mi hai messo le mani addosso, Justin. Reagisco così anche perché non voglio che ti ritrovi col fegato a pezzi dopo aver ingerito una pasticca-. Spiego.
Scruta ancora per un po’ i miei occhi per poi lasciare un bacio dolce e delicato all’angolo della mia bocca.
Si accascia su di me e inizia a baciare il mio collo, le mie braccia, il mio viso.
Ogni bacio che lascia è un marchio.
Io sono sua, di nessun altro.
-Sei calda-. Constata, accarezzando la mia pelle non smettendo di baciarmi.
-Sei sexy-.
Ride stringendomi al suo corpo.
Restiamo straiati sulla sabbia per qualche minuto dopodiché improvvisamente mi ritrovo sospesa in aria sorretta dalle braccia di un idiota.
-Justin! Mettimi giù!-. Urlo.
-Fa caldo e tu sei calda. Meriti una rinfrescata-.
-No, non penso di meritare una cosa così fondamentale-. Scherzo.
E prima ancora che possa aggiungere qualcosa, mi sento sommersa dall’acqua salata dell’oceano.
Quando ritorno in superficie, prendo un grande respiro e vedo Justin sghignazzare come un ebete.
Cosa che è per davvero.
-Ti odio-. Affermo indicandolo.
Esco dall’acqua a passo veloce e inizio  inseguirlo per l’intera spiaggia cercando di raggiungerlo con l’intento di inzupparlo d’acqua.
-Vieni qui-. Lo chiamo.
-Per questa volta passo-. Ride.
-Oh, voglio solamente darti un abbraccio! E’ una manifestazione d’affetto-.
-So che mi vuoi bene, non c’è bisogno che me lo dimostri-.
-Ma io voglio farlo-.
Le persone in spiaggia ci guardano stranite e divertite al tempo stesso mentre ci cimentiamo nel nostro ‘caccia e fuggi’.
Quando riesco ad avvicinarmi, gli salto addosso dalle spalle e lo abbraccio fortissimo.
-Jennifer, Jenny, Jen!-. Urla non appena sente il contatto tra il mio e il suo corpo.
-Sei carinissimo così-. Commento continuando ad abbracciarlo.
-Ti odio-.
-Sei dolcissimo!-.
-Certo, lo so-.
Si volta verso di me e prendendomi in braccio mi insabbia dalla vita in giù.
-Oh.Mio.Dio-. Esclamo furibonda alzandomi dalla sabbia e andandogli incontro. -Sei un idiota!-.
-Gentilissima-.
-Irritantissimo-.
-Sexyssima-.
-Sta’ zitto!-.
Ride abbracciandomi, stando attento però a non toccare la mia parte del corpo immersa dalla sabbia.
 
Dopo circa un’ora, i miei abiti si asciugano e riesco a scrollarmi da dosso della sabbia.
Sono le sei del pomeriggio e il coprifuoco è alle dieci.
Ho ancora del tempo a disposizione.
Ci dirigiamo verso l’auto quando mi fermo di sbotto.
-Justin, andiamo a prenderci una granita?-. Domando esitante come una bambina al negozio di caramelle.
-Hai appena mangiato un gelato!-.
-Sono passate due ore da quando ho mangiato il gelato-.
-E adesso vuoi anche una granita?-.
Annuisco pimpante. -Oh, andiamo. Ti prego. Anche questa gelateria vende granite!-.
-Non è vero-.
-Si, lo è-.
Indico l’insegna della gelateria dove vi è scritto ‘Gelati, granite e frullati’.
Sbuffa e controvoglia si incammina verso l’interno della gelateria.
Di nuovo.
L’espressione felice e appagata con la quale esco dalla gelateria è da fotografare e inserire nell’album delle persone più cretine al mondo.
-Contenta adesso?-.
-Contentissima!-. Rispondo abbracciandolo.
-A che gusto l’hai presa?-.
-Fragola. Tu?-.
-Limone-.
Saliamo in auto con le nostre granite che, devo dire, sono enormi.
-Vieni a casa, giusto?-. Mi chiede sorridendo, come se sapesse già la risposta.
-In realtà…-.
-Devi darti una sciacquata prima di tornare al campus, non credi?-.
-Beh…si. Ma se tu non mi avessi sporcata di sabbia, ora potrei ritornare felicemente nella mia stanza-.
-Ma se fremi dalla voglia di venire nel mio appartamento. E poi mi stai sporcando l’auto quindi non penso tu abbia buone ragioni per contraddirmi-.
Roteo gli occhi pregando me stessa di non dire brutte parole.
Arriviamo a casa di Justin e quando apre la porta, si volta verso di me e mi chiede di chiuderla.
Sbuffo e prima che possa dire qualcosa, mi interrompe.
-Hai la lingua rossa!-. Ride venendomi incontro e facendo in modo che veda meglio la mia lingua.
Quanto può essere idiota?
Tanto.
-Tu ce l’hai gialla!-. Ribatto, sorridendo.
-Facciamo arancione?-.
Prima che capisca il senso delle sue parole sento la sua lingua farsi spazio nella mia bocca e le sue mani accarezzare il mio viso fino a scendere sui miei fianchi.
-Ti preparo la vasca, così ti lavi: puzzi-. Sussurra ridendo sulle mie labbra.
Lo spingo infastidita, sfoggiando comunque un forte sorriso.
Lo vedo mentre va verso il bagno e dopo qualche secondo sento il rumore dell’acqua che scorre.
Aspetto che mi chiami lui prima di andare in bagno.
-Bene…-. Dice, mettendo le mani nelle tasche posteriori dei suoi jeans.
-Bene-. Ripeto divertita.
C’è un qualcosa di imbarazzante nell’aria.
Justin non accenna a fare o dire nulla così mi avvicino a lui e, guardandolo costantemente negli occhi, gli sfilo lentamente la maglietta.
Mi guarda un po’ sorpreso e compiaciuto.
-Vuoi lavarti con me?-. Domando delicatamente iniziando a svestirmi.
Sorride malizioso mettendo le mani sui miei fianchi e mi attira verso se per poi baciarmi.
Mi stacco da lui, togliendo i jeans e la maglietta.
Anche lui fa la stessa cosa e quando rialza lo sguardo su di me, vedo il suo sguardo rattristirsi e sembra essere a disagio.
Penso abbia visto i lividi e i graffi.
Mi avvicino a lui e accarezzo il suo viso, stampando un bacio sulla sua guancia.
-Non è niente-. Lo rassicuro, accarezzandolo.
-Mi dispiace-.
Appoggia le sue mani sui miei fianchi e poi sotto i glutei.
-Sto bene-. Ritento.
-Mi dispiace-.
-Va tutto okay-.
-Mi dispiace-.
Improvvisamente fa in modo che la mia schiena combaci con il muro del bagno e mi lascia svariati baci sul collo e su tutto il corpo.
Sento un brivido profondo quando la sua bocca ricopre i lividi sul mio stomaco e sui miei polsi.
Bacia costantemente quei lividi e la trovo una cosa dolce.
-Dovremmo entrare in vasca, non credi?-. Domando in preda ad una crisi.
Senza dire una parola, mi trascina con lui in vasca.
La sua schiena è appoggiata alla vasca mentre la mia al suo petto.
Mi sembra di essere in una scena di un film, scontato ma romantico.
-Jenny…-. Mi chiama accarezzando in continuazione le mie braccia umide.
-Justin…-.
-Sei bellissima-.
-Non così-.
-Così come?-.
-Così piena di lividi-.
Sussulta alle mie parole e mi abbraccia forte a se.
-Tu sei bella sempre-. Ribatte, non mostrando l’agitazione che invece domina l’interno del suo corpo.
-Non è vero-.
-E perché te lo sto dicendo?-.
-Non lo so. Per farmi felice-.
-Ti sbagli-.
Non rispondo.
Sono solo appagata dal fatto che non ci stiamo guardando in faccia.
Se lo guardassi negli occhi scoppierei in lacrime.
-Tu sei bellissima e ti ho promesso che avrei aumentato la tua autostima-. Dice improvvisamente, riferendosi alla promessa fatta quand’eravamo in camera sua all’accademia, circa un mese fa.
-Allora abbracciami forte-.
Sento le sue braccia possenti circondarmi da dietro e le sue gambe che mi stringono quanto più gli è possibile.
-Sii mia stasera e per sempre-. Sussurra al mio orecchio.
Mi volto verso di lui e prima che faccia qualcosa mi attira a se e poi…e poi lascio che la vostra immaginazione vi tenga svegli stanotte.
 
 
 
 
 
Scusate per il tremendo ritardo ma in questi
giorni sono successe molte cose poco piacevoli e non ho
avuto né il tempo né la volontà di aggiornare.
Comunque spero che con questo capitolo mi sia fatta perdonare!
Fatemi sapere cosa ne pensate!
Continuerò non appena questo capitolo riceverà recensioni.
Un bacio, notperfect! <3

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Capitolo 20
*** I still love you ***


I still love you

-Justin...-. 
Sussurro il suo nome mentre lo vedo uscire dal bagno. 
Sono sdraiata sul suo letto e sono circa le Otto di sera. 
Dopo ciò che é successo in quel bagno, non so se voglio rientrarci. 
-Piccola...-. 
Noto che ha indosso un jeans ma ovviamente è a dorso nudo.
Arrossisco lievemente abbassando lo sguardo sul mio corpo ricoperto solo da un lenzuolo bianco ornato da fiorellini blu e verdi. 
Mi stupisce che Justin abbia comprato delle lenzuola del genere.
-Io...io dovrei ritornare al campus-. Schiarisco la voce imbarazzata. 
Penso che Justin noti il mio disagio in quanto si avvicina al letto, si sdraia accanto a me e, reggendosi su di un braccio, stampa svariati baci sul mio viso. 
Sorrido debolmente a quel contatto e sento che i miei muscoli si rilassano al punto da non sentirli nel mio corpo. 
-Lo so, piccola-. 
Mi stringe in un abbraccio, accarezzando la mia pelle nuda sotto le coperte. 
Sento un brivido invadermi la schiena quando le sue mani arrivano ai glutei e poi scendono verso l'inguine. 
Mi ritraggo, facendolo ridere. 
Scosta di qualche centimetro le coperte dalla mia pancia e lascia scoperto il tratto di pelle marchiato da alcuni lividi. 
Lividi che lui mi ha procurato. 
Accarezza quella zona per poi lasciarci sopra una scia di baci umidi e delicati. 
-Mi dispiace-. Dice a mezza voce. -...tanto-. 
Chiudo gli occhi e poso la mia mano sulla sua nuca d'impulso, iniziando poi ad accarezzare il suo cuoio capelluto. 
-Non è niente-. Ribatto facendomi forza. -È passato-. 
-A me dispiacerà per sempre-. Da un altro bacio sul livido. 
-Beh, non dovresti. Io sto bene e sto con te. Questo non cambierà mai-. 
Continua a lasciare svariati baci sul punto di pelle in cui ci sono alcuni lividi. 
Sento brividi precorrere la mia schiena, il mio addome e il resto del mio corpo.
Restiamo in una posizione abbastanza strana per circa qualche minuto dopodiché, dato che nessuno dei due si accinge a fare qualcosa, Justin si scosta dal mio corpo per guardarmi negli occhi. 
-Vuoi che ti prenda i vestiti in bagno, vero?-. Chiede divertito, con ironia nel suo tono di voce.
Trattengo un sorriso e, imbarazzata, annuisco. 
Sa quanto sono timida in circostanze del genere e mi fa piacere che si sia reso utile almeno per una volta.
Ride e alzandosi va in bagno per racimolare i mie abiti che qualche ora fa ho sfilato. 
-Jenny!-. Urla dalla stanza accanto alla camera da letto. -I tuoi vestiti sono pieni di sabbia. Dovrai indossare qualcosa che c'è nel mio guardaroba-. 
-Oh...okay-. 
Ritorna in camera da letto e si avvicina al suo armadio. 
Lo vedo mentre si accascia verso uno dei cassetti al suo interno e prende una maglietta e un pantaloncino da basket. 
Indosserò davvero una cosa del genere?
-Perchè mi guardi così?-. 
Domanda compiaciuto notando la mia espressione confusa mista ad un lieve disprezzo. 
-Non posso uscire con questi addosso-. Indìco i pantaloncini che ha tra le mani.
-Quindi preferisci uscire nuda? Io non accetterei una cosa del genere. Sappi che non uscirai nuda-.
Sbaglio o sembra esser geloso?
-Perchè?-. 
Voglio che arrivi al punto a cui voglio che arrivi. 
-Perchè, cazzo, tu sei mia!-. 
-Tua?-. 
-Mia-. 
Sento un vortice aprirsi nel mio stomaco e un senso di soddisfazione e felicità invadermi l'animo. 
L'ha detto. 
Ha detto che sono sua. 
Questo rende la mia vita completa e appagante. 
Con un po' di imbarazzo, Justin si avvicina al letto e mi porge gli indumenti. 
Lo fisso per qualche secondo con fare esitante. 
-Vuoi che me ne vada?-. Sbotta poi alla fine abbastanza meravigliato. 
-S-si-. 
-Davvero?-. 
-Davvero-. 
-Non posso restare?-. 
-No-. Nego col capo. 
-Neanche se mi giro?-. 
-No, Justin-. 
-Sei odiosa-. 
-Me l'hai già detto-. 
-Te lo ripeto: odiosa-. 
-Mi fa piacere. Adesso esci-. 
Sbuffando si volta ed esce dalla stanza, chiudendo la porta alle sue spalle. 
Sospiro pesantemente e sembra quasi che mi sia liberata da un peso. 
Indosso i vestiti e guardandomi allo specchio non faccio altro che notare la differenza di taglia che abbiamo io e Justin. 
Justin non è molto alto nè molto muscoloso. 
Certo, ha qualche bicipite pompato e una tartaruga sullo stomaco. Ma la mia figura minuta accentua ancora di più il suo aspetto...possente.
Dopo qualche minuto Justin bussa alla porta. 
-Hai finito?-. 
-Si...ma sembro un idiota con questi vestiti-. 
-Non sono così male!-. 
-Ma sono larghi!-. 
-Tu sei una bambina, è naturale che ti vadano larghi-. 
Stringo i denti e i pugni e prego mentalmente che qualcuno mi sia la forza di resistere e di non rispondere alle sue provocazioni. 
Apro la porta e mi ritrovo un Justin abbastanza divertito appoggiato allo stipite. 
Come la mia figura appare nella sua visuale, i suoi occhi risalgono tutta la mia figura dal basso verso l'alto. Dopodiché scoppia a ridere.
Alzo un sopracciglio, infastidita. 
-Smettila-. Gli intimo incrociando le braccia al petto. 
-Sei carinissima-. Dice in tono scherzoso continuando a ridere come un dannato. 
Adesso gli tiro un calcio...sul serio. 
-Smettila!-. Ripeto. 
-Stai bene. Sono serio-. 
-Certo. Serissimo, soprattutto mentre ridi-. 
Lo sorpasso andando verso la cucina dell'appartamento.
Sento i suoi passi e capisco che mi sta seguendo. 
-Oh, andiamo. Stavo scherzando. Non ti sarai mica arrabbiata?-. Domanda allargando le braccia. 
-Perchè dovrei? Sei così insignificante-. 
-Oh, adesso sono anche insignificante?-. 
-Esattamente-. 
Non dice nulla. 
Si volta dall'altro lato e va verso la sua stanza forse per prendere una t-shirt. 
Forse sono stata troppo esagerata. 
Lo raggiungo a passo svelto e da dalle spalle cingo il suo collo con le mie braccia. 
Si ferma e si lascia abbracciare da dietro. 
-Scusa-. Sussurro, appoggiando la testa sulla sua schiena nuda. 
Ispiro il profumo della sua pelle e lascio che lentamente mi volti verso di lui. 
Mi guarda con un'indecifrabile espressione in volto. 
Sembra confuso, divertito e meravigliato al tempo stesso. 
Odio quando fa il misterioso. 
-Mi hai chiesto scusa?-. Chiede. 
Annuisco. 
-Per cosa?-. 
-Per ciò che ti ho detto prima. Tu non sei insignificante, tutt'altro-.
Scruta per qualche secondo i miei occhi per poi accarezzare la mia guancia con l'indice.
Sorride. -Tu non hai nulla per cui scusarti-. 
-Beh, si. Ti ho attribuito un aggettivo che non meriti-.
-Non me la sono presa-. 
-Sul serio?-. 
-Sul serio-. Scrolla le spalle. 
Si avvicina al mio viso e stampa un dolce e delicato bacio sulle mie labbra. 
Le nostre lingue si accarezzando a vicenda fin quando decidiamo di annullare il legame. 
-Sei fantastica-. Sussurra sulle mie labbra. 
-Tu lo sei-. 
Sbaglio o stiamo diventando sempre più sdolcinati e di conseguenza idioti e patetici?
Lascia un ultimo bacio sulle mie labbra per poi trascinarmi alla sua macchina come se fossi una bambina di tre anni che non vuole andare al suo primo giorno di scuola. 
Saliamo sul suo fuoristrada nero parcheggiato al solito posto. 
-Prima stavo riflettendo...-. Confessa improvvisamente mentre accende il motore dell'auto. 
-Oh, non pensavo riflettessi-. 
-Sei sempre spiritosa e gentile. Sono fortunato che tu sia la mia ragazza-. 
-Anche io mi reputerei fortunata se fosse in te-. 
-Aggiungo che sei anche molto modesta-. 
-Bene-. Sorrido. -Su cosa stavi riflettendo?-. 
-Oh, quindi vuoi saperlo?-. 
Sbuffo. -Vuoi dirmelo oppure preferisci stare in silenzio per tutto il tragitto?-. 
-Come vuoi. Stavo riflettendo...-. Marca l'ultima parola, enfatizzandola. -...sul nostro rapporto. È strano, non pensi? Siamo strani. Una volta mi hai detto che io sono il migliore. Ricordi?-. 
Annuisco, confusa dalle sue parole. 
-Beh, tu sei fantastica quindi meriti il meglio. Ed io sono il migliore...e il meglio per te-.
Lo fisso alcuni istanti mentre guida l'auto concentrato sulla strada e al tempo stesso abbastanza preso dalla nostra conversazione. 
-Tu sei il migliore per me non perché io lo merito, ma perché...-. Stringo i pugni e mentalmente mi faccio forza e coraggio. -...perché ti amo-. 
Sussulta e sembra essere meravigliato dalle mie parole e dalla scorrevolezza con cui le ho pronunciate. 
-Tu mi ami sul serio?-. 
Domanda voltandosi verso di me con gli occhi più seri che abbia mai visto. 
Annuisco intimidita ma riesco a tenere alto lo sguardo su di lui. 
Mi guarda diritto negli occhi per poi girarsi verso la strada. 
Sospiro voltandomi verso il finestrino, delusa che non abbia detto nulla. 
Improvvisamente sento la sua mano stringere la mia e le sue dita farsi spazio tra le mie. 
Osservo prima le nostre mani, poi Justin. 
Continua a guardare la strada poi per un secondo si volta verso di me accennando una specie di sorriso. 
Stringe la mia mano ancora più forte; tanto forte che non riesco quasi a sentire le legature delle dita. 
-Perchè mi stai stringendo la mano?-. Domando in un sussurro. 
Scrolla le spalle. -Prendilo come un 'anche io'-.
Sento il cuore perdere un battito e lo stomaco sottosopra. 
Non mi sono mai sentita così. 
Nonostante me l'abbia già detto e nonostante me l'abbia detto in modo indiretto, sapere che anche lui ricambia i miei sentimenti è soddisfacente.
In realtà non c'è un termine adatto per descrivere come mi sento attualmente. 
Dico solamente che neanche un gelato riesce a farmi sentire così...ed è incredibilmente strano. 
Cade nuovamente il silenzio in auto ma, voltandomi verso il finestrino, decido di rompere quest'atmosfera di imbarazzo. 
-Anch'io ho riflettuto...-. Lo informo. 
-Mi fa piacere. Com'è stato usare il cervello per la prima volta?-. 
-Vuoi che colpisca il tuo occhio destro o quello sinistro?-. 
Ride. -Su cosa hai riflettuto?-. 
Ha paura? Sfigato. 
-Su di noi. Su cos'altro potrei riflettere?-. 
-Non lo so-. 
-Be', ho riflettuto e, conoscendomi, so che a me basta poco per essere felice, basta poco per cambiare il mio umore dal peggiore al migliore, basta poco per far nascere sorrisi. Basta poco...ma tu fai molto di più e...-. Sospiro. -...ed è una bella cosa, credo-.
Nonostante sono voltata verso il finestrino, sento che Justin si è girato verso di me e mi sta osservando con la coda dell'occhio. 
Lo sento respirare regolarmente e decido poi di girarmi verso di lui. 
Mi scruta qualche secondo negli occhi per poi ritornare a guardare la strada dritto davanti a se per non rischiare di fare qualche incidente. 
-Davvero pensi una cosa del genere?-. Chiede poi con interesse.
-Si-. 
Sospira e per qualche secondo sta in silenzio. 
-Non avrei mai pensato che la tua piccola testa di cazzo riuscisse a partorire un'idea del genere-. 
Alzo un sopracciglio e infastidita gli do' un colpetto sul petto. 
Ride. -Woah! Non vorrai fare un incidente stradale?-. 
-No, ma se continui così ti uccido!-. 
-Stavo scherzando. Sai che ho una grande stima nei tuoi confronti-. 
-Stima? Nei miei confronti? Mi prendi in giro?-. 
-Sono serio, Jenny. Mai stato così serio. Sono seriamente serio-. 
-Smettila di dire stronzate e guida-. 
-Per tua sfortuna siamo arrivati-. 
-Oh, finalmente!-. 
L'auto si ferma proprio di fronte l'entrata dell'Accademia e quando il motore si spegne scendo di corsa, sbattendo la portiera. 
-Lascia che ti accompagni-. Esclama seguendomi a passo svelto. 
Quando mi raggiunge, afferra la mia mano e fa in modo che mi fermi come se voglia che io vada alla sua stessa velocità. 
-Comunque...-. Posa un braccio sulle mie spalle, stringendomi a se. -...sei davvero la parte migliore di me-. 
Non dico nulla, stringo solamente la sua mano alla mia. 
-Ed io sono davvero il migliore per te-. Aggiunge. 
-Sei molto modesto-. Commento ironicamente. 
-Me l'hanno già detto-. 
Attraversiamo la strada e proprio dall'accademia esce a passo lento Nick seguito da Luke. 
Vedo Justin diventare serio in volto quando si accorge della presenza dei due ragazzi mentre Luke e Nick scrutano attentamente la figura alta di Justin e poi me. 
Mi salutano facendo un leggero cenno col capo per poi sorridermi. 
Sento la presa di Justin sul mio corpo farsi sempre più stretta e possente, come se abbia paura che scompaia da un momento all'altro. 
Gli stringo la mano per fargli capire che non lo lascio solo, non vado da nessuna parte...senza lui.
-Perchè mi stanno guardando?-. Sbotta Justin tra i denti.
Sembra infuriato. 
Parecchio infuriato. 
-Non ti stanno guardando-. Mento.
-Certo. Sono diventati strabici o io sto impazzendo?-. 
Prima che possa fare o dire altro, lo afferro per un braccio e lo trascino verso la macchina. 
Ma lui sembra opporre resistenza e prima che possa portarlo fino alla macchina, si volta verso i due ragazzi. 
-Che cazzo avete da guardare?-. Urla imbestialito. 
I due non rispondo e continuano a camminare. 
-Siete due poveri stronzi-. Aggiunge. 
Luke si volta e sembra che la sua pazienza abbia raggiunto il culmine. 
-Chiudi quella cazzo di bocca e non romperci le palle. Non ti stavamo guardando. Chi vorrebbe fissare una feccia umana?-. Esclama abbastanza infuriato. 
Vedo gli occhi di Justin infittirsi e le mani stringersi in un pugno teso.
-Cosa cazzo hai detto? Fino a prova contraria è il tuo carissimo amico che ha la faccia martoriata e se non vuoi che la tua faccia di culo faccia la sua stessa fine, gira alla larga da te e dalla mia ragazza-. 
-Da te sicuramente. Jennifer é una nostra amica-. Interviene Nick abbastanza disagiato. 
-Amica? Voi non sapete un cazzo di Jennifer e mai ne avrete l'occasione. Non avvicinatevi a lei perché, se ben ricordo, non è finita bene per te, Nick. Non è così?-. 
-Basta, Bieber. È un litigio inutile-. 
-Tu sei inutile. La vostra vita è inutile-. 
-Basta!-. Urlo improvvisamente in preda all'esasperazione. -Smettetela. Ne ho abbastanza di tutto questo-. 
Corro verso l'entrata dell'Accademia con l'intenzione di andare in camera e non vedere nessuno per un bel po', ma prima di mettere il piede dentro la hall, la mano grande di Justin afferra il mio braccio e mi costringe a fermarmi. 
Mi volto verso di lui e incontro i suoi occhi color miele confusi e straniti. 
-Che ti prende?-. Domanda mantenendo ancora la sua presa sul mio braccio. 
Sbuffo, svincolandomi dalla sua presa. 
-Dovresti fidarti di me-. 
-Cosa vuoi dire? Io mi fido di te-. 
-Be', sembra il contrario-. 
-Perchè?-. 
-Perchè litighi con Nick pensando che possa prendere il tuo posto nella mia vita-. 
-Jenny...io...io non mi fido di lui. Di te mi fido-. 
-Allora dovresti sapere che una cosa del genere non accadrebbe mai-.
-Certo ma...-. Sbuffa. -Jenny io non sopporto quel tipo. Sai quanto mi da fastidio la sua presenza soprattutto quando ti guarda, ti sfiora o ti parla-. 
-Ma non c'è bisogno di essere così aggressivo. Io so badare a me stessa e so cosa è giusto e cosa è sbagliato-. 
-Lo so e...mi dispiace, okay? Ma non voglio che vi parliate o abbiate un qualunque tipo di contatto!-. 
-Ho capito, Justin. Ciò che voglio dirti è che devi fidarti di me anche se non ti fidi di lui. Io non mi avvicinerei a lui neanche se mi pagassero. Nella mia mente ci sei solo tu così come nel mio cuore-. 
Mi scruta qualche secondo per poi afferrare entrambe le mie mani e stringerle nelle sue nettamente più grandi. 
Le avvicina alla sua bocca e le bacia. 
-Sei mia, Jenny. Di nessun altro-. 
-Lo so-. 
-Bene-. 
-Bene-. 
Appoggia le sua labbra sulle mie e stringe le mie mani alle sue. 
-Devo andare-. Dice staccandosi dal mio corpo. 
Ho un brutto presentimento. Dove deve andare così di fretta?
-Dove vai?-. 
-Non preoccuparti. Ho un appuntamento di lavoro. Una casa discografica vuole offrirmi un contratto-. 
-Cosa?-. Sgrano gli occhi, stupita.
-Già. Non volevo dirtelo perché non è ufficiale ma nel mio condominio abita il figlio del proprietario di una casa discografica newyorkes e un giorno mi ha sentito mentre strimpellavo la chitarra e intonavo qualcosa. Il giorno dopo si è presentato a casa mia chiedendomi se avessi accettato un contratto. Ed io ovviamente non C'ho pensato due volte-. 
Sussulto alle sue parole. 
Ripeto: cosa?!?!?
-Oh mio Dio! Dici sul serio? Quando avevi intenzione di dirmelo?-. Esclamo.
-Proprio adesso-. 
-È fantastico. Sono felicissima per te! È...incredibile, sul serio!-. 
Ride. -Certo..ma se non la smetti di parlare farò tardi alla cena con L.A.-. 
-L.A. Chi è?-. 
-Il discografico-. 
-Oh, okay. Buona fortuna allora!-. 
-Ti amo, piccola-. Mi stampa un bacio sulle labbra avviandosi verso la sua auto. 
Aspetto che il fuoristrada nero scompaia prima di entrare nell'accademia. 
Non faccio altro che pensare che neanche oggi abbiamo parlato della sua passata dipendenza dalla droga. 
Naturalmente è stato chiaro che non ne ha fatto uso ma una dipendenza non scompare da un momento all'altro. 
Raggiungo la mia camera e, con mia sorpresa, Allison e Rosalie sono sdraiate sul mio letto. 
Cosa ci fanno qui? 
Come sono entrate? 
-Dove sei stata tutto questo tempo?-. Chiede Allison impaziente. 
Oh, bene. 
Buona fortuna, Jenny.

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Capitolo 21
*** You'll be mine forever ***


 You’ll be mine forever

-Io, beh...ecco-. 
Bofonchio qualcosa mentre le due ragazze che ho di fronte mi guardano esitanti e impazienti. 
-Allora? Dove sei stata?-. Ripete Rosalie. 
-Perchè volete saperlo? Non siete mai state così curiose-. 
Allison sbuffa. -Oh...Rosalie, dille tutto!-. 
Aggrotto le sopracciglia e la fronte. -Cosa dovete dirmi?-. 
Allison e Rosalie si scambiano un'occhiata d'intesa prima di voltarsi verso di me e di iniziare a guardarmi come se io sappia già cosa vogliono dirmi. 
-Rosalie?-. Guardo la rossa esitante. -Allison?-. Mi giro verso l'altra ragazza. 
Mi stanno irritando. 
Cosa devono dirmi? E perché ci mettono così tanto ad aprire quella loro fottutissima bocca?
-Abbiamo visto Justin prima mentre ti accompagnava qui-. Confessa finalmente Allison. 
Sussulto alle sue parole e la mia bocca si schiude in un piccolo cerchio. 
-Beh...si. Ve l'avrei detto-. Mi difendo imbarazzata. 
-E abbiamo visto anche che ha avuto una discussione con Luke e Nick-. 
Sospiro cercando in tutti i modi di non incontrare i loro occhi. 
Sono mie amiche e sono diventate abbastanza importanti per me nel giro di tre mesi circa. 
Mi dispiace che abbiano saputo di ciò non grazie a me. È abbastanza intimidatorio per me e, se fossi nei loro panni, sarei una grande delusione per loro. 
A me darebbe fastidio se Allison, o Rosalie o Ashley o chiunque altra mia amica, non mi dicesse qualcosa di molto significativo della propria vita. 
-Devi per caso spiegarci qualcosa?-. Domanda spazientita Rosalie, accavallando le gambe e incrociando le braccia al petto. 
Trattengo il respiro per un po' prima di girarmi verso di loro e accennare un piccolo sorriso. 
-Queste tecniche non funzionano-. Ribatte Allison abbastanza seccata. -Sputa il rospo-. 
Sbuffo. -Okay-. 
Prendo una pausa prendendo un grosso respiro per farmi coraggio.
Be', sono mie amiche. Hanno il diritto di sapere, almeno credo. 
Anche se il problema riguarda Justin...ma è come se riguardasse me. 
Siamo la stessa cosa. 
-Ricordate la sera della festa, quando Justin picchiò Nick?-. Domando e le guardo per avere un loro consenso. 
Annuiscono così vado avanti. 
-Be', l'ha fatto perché era sotto l'effetto di...di...sostanze...stupefacenti-. 
Mi mordo l'interno della guancia destra e abbasso lo sguardo sulle mie mani che sfregio l'una sull'altra con sdegno e nervosismo. 
Allison sgrana gli occhi. -Stupefacenti?-. 
-Cosa?-. Esclama Rosalie. 
-Già...-. Sospiro. -Justin quando aveva sedici anni circa ha iniziato ad avere una dipendenza dalla droga e ultimamente era frustrato e...ed è caduto nuovamente in quel giro. Ma adesso...non più-. Sospiro nuovamente e questa volta più pesantemente. -E sono stata a casa sua per accertarmi che fosse tutto okay e che lui stesse bene-.
Alzo lo sguardo sulle due ragazze che continuano a guardarmi abbastanza sconcertate, meravigliate e confuse al tempo stesso. 
Sapevo che avrebbero reagito in questo modo se avessi detto loro la verità ed è proprio questo il motivo per cui ometterò che ha messo le mani sul mio corpo in modo sbagliato e violento.
-Quindi...Justin è un drogato?-. Domanda Rosalie dopo aver elaborato per bene le mie parole. 
-Cosa? No! Che diavolo stai dicendo? Justin non è un drogato. Ha solamente avuto un periodo di debolezza e...-. 
-E ha scelto di ingozzarsi di pasticche-. Conclude -in maniera sbagliata- Allison. 
-Un uomo non risolverebbe i suoi problemi in questo modo-. Commenta Rosalie. 
Stringo i pugni e prego mentalmente me stessa di non dire cose sbagliate e offensive con la mia bocca troppo larga. 
Ma, cavolo...come si permettono di dire certe cose? 
-Voi non sapete neanche chi è Justin-. Dico a mezza voce abbastanza infastidita. -Non sapete quali sono i suoi sentimenti, i suoi pensieri e il suo passato. Ha avuto le sue ragioni per aver fatto ciò che ha fatto e non giustificate tutto ciò dicendo che non è un uomo-. 
-Be', è la verità-. 
-No, Allison. La verità e che a voi Justin non è mai piaciuto e questo è solo un pretesto per sputtanarlo-. 
-Jenny, non credi di star esagerando?-. Chiede Rosalie abbastanza sgomenta. 
-Siete voi che state esagerando! Justin non è un drogato-.
-Ma ha fatto uso di droga! Come lo chiami in New Jersey?-. Sospira frustata. -Ti ha fatto il lavaggio del cervello-. 
-Cosa diavolo dici? Nessuno mi ha fatto niente. Siete stupide o cosa? C'è qualcosa che appanna la vostra vista e ottura le vostre orecchie? Cosa c'è di sbagliato in voi? Justin è una persona normale con un cuore grande e tanto affetto che mi dimostra continuamente. Lo state descrivendo come un mostro-. 
-Jenny...-. Inizia Rosalie come se voglia portare calma e tranquillità nell'atmosfera. -...ricordi che sono passati cinque giorni prima che ti contattasse dopo ciò che era accaduto alla festa? È stato parecchio tempo durante il quale sei stata malissimo. Lui dov'era quando ti rannicchiavi in un angolo e piangevi?-. 
-Certo non c'era, ma poi è venuto. È questo l'importante, no?-. Ribatto convinta. -Meglio tardi che mai-. 
-Appunto, troppo tardi-. 
-Ma quanta importanza ha tutto questo? Un bel niente!-. Rispondo alla mia stessa domanda con ovvietà. -Alla fine ciò che conta è che è ritornato da me e mi tratta ancora meglio di prima-. 
Passano alcuni minuti di silenzio. 
Forse sono stata troppo dura con loro. Ho esagerato con le parole e con il tono di voce e me ne pento. Ma questo è ciò che succede quando qualcuno mi fa imbestialire. 
Io conosco Justin e non è come lo stanno descrivendo. 
Tutt'altro. 
-Se ha alzato le mani con Nick sotto l'effetto della droga...non pensi che se si droghi nuovamente, possa metterti le mani addosso?-. Chiede improvvisamente Allison rompendo quel silenzio ghiacciante. 
Mi mordo l'interno della guancia e chiudo la bocca in una linea sottile. Serro la mascella e sento le mani sudare. 
-N-no...certo c-che no-. Sussurro guardando altrove. 
-Sei insicura...-. 
-Sono sicura-. Alzo lo sguardo fermo su di loro. 
Allison apre la bocca per dire qualcosa per poi chiuderla nuovamente, a corto di idee. 
Sbuffo pesantemente, appoggiandomi con la schiena alla scrivania. 
-Dovrei darmi una rinfrescata-. Annuncio intimidita. 
Be', voglio stare sola. 
Come altro dirglielo?
-Mh, okay. Ma...-. Rosalie si volta verso di me con sguardo deluso e speranzoso al tempo stesso. -Pensa su ciò che ti abbiamo detto, su ciò che è Justin e ciò che potrebbe fare se continuasse a drogarsi. Prendi anche in considerazione che tra pochi giorni partirai per il New Jersey e...e non lo rivedrai per molto-. 
-Perchè mi dici tutto questo?-. 
-Perchè ci tengo a te e non vorrei che soffrissi-. 
-Justin non mi farà soffrire-. 
Allison sussulta alle mie parole prima di annuire debolmente e seguire Rosalie fuori dalla mia stanza. 
Non appena la porta si chiude, lascio che una grande quantità d'aria esca dalle mie narici e dalla mia bocca. 
Cos'ho di sbagliato?
Cos'ha di sbagliato la mia vita?
Perché non c'è mai nulla che vada per il verso giusto? 
Mi spoglio e l'attenzione ricade come al solito sui miei lividi. 
Le mani di Justin sul mio corpo mi ritornano alla mente e subito penso nuovamente alle parole di Allison e a quelle di Rosalie.
Scuoto la testa: Justin non è un drogato. 
Justin non è un mostro.
Justin non mi farà del male. 
Almeno non più. 
Nonostante a casa di Justin mi sia lavata nella sua vasca, ho bisogno di fare una doccia. 
In effetti in quella vasca non ho proprio fatto ciò che di solito si fa in una vasca. 
Inoltre l'acqua che scivola lenta sulla mia pelle mi aiuta a riflettere ed è abbastanza appagante. 
Accendo l'acqua della doccia e mi ci infilo sotto. 
Addio brutti pensieri.
 
Sono circa le undici meno un quarto. Non ho sonno e tutto ciò che riesco a fare è girarmi e rigirarmi tra le coperte del letto.
Le parole di Rosalie ed Allison continuano a rimbombare nella mia mente così come quella sera in cui mi sono improvvisamente ritrovata con una decina di lividi sul mio corpo. 
Una cosa del genere è successa già qualche tempo fa quando Nick mi aveva detto che dovevo allontanarmi da Justin perché non mi meritava.
Non ci credetti, ovviamente. 
Non ci credo tuttora nonostante siano state le mie amiche a dirmelo. 
Justin è perfetto per me. È il migliore, appunto. 
Il cellulare vibra così mi volto verso il comodino e, alzandomi a mezzo busto, lo afferro.
È un messaggio da parte di Justin. 
 
'Non ci crederai ma ho ottenuto il contratto! Ti renderò la ragazza più felice del mondo. È pazzesco ciò che sta succedendo!'
 
Sorrido leggendo queste parole, immaginando anche il suo entusiasmo in questo momento. 
È così carino quando sembra un bambino. 
 
'Mi rendi già felice adesso. Sono così fiera di te!'.
 
Digito velocemente queste parole prima di accendere completamente la luce. 
Non riesco a dormire, tanto vale passare il tempo facendo qualcosa che mi appaga.
 
'Sei fantastica, sul serio...e sei mia. Questo è ciò che conta più di tutto. Come mai non stai dormendo?'. 
 
Esito qualche secondo prima di inviare un altro messaggio. 
 
'Non ho sonno e ho dei brutti pensieri. Niente di importante'. 
 
'Brutti pensieri? Piccola che succede?'
 
Un sorriso si increspa sulle mie labbra. 
Amo quando si mostra così protettivo nei miei confronti. 
È solamente un messaggio ma immagino già le sue sopracciglia aggrottarsi e il suo tono di voce preoccupato ed esitante. 
 
'Non preoccuparti! Non è nulla. Adesso cerco di dormire. Ti amo'. 


 
 
Justin's point of view


Rileggo svariate volte il Ti amo finale, non facendo altro che pensare a quanto anch'io ricambi questo sentimento nei suoi confronti.
So che mi ha appena scritto un messaggio in cui dice che non devo preoccuparmi e che ha tutto sotto controllo, ma non sarei me stesso se non facessi esattamente il contrario di ciò che mi ha detto.
Ciò che le ho fatto qualche sera fa è qualcosa di cui non sarò mai fiero e non mi scuserò mai abbastanza con lei. 
Ho promesso di non farle mai del male e di proteggerla e tutto ciò che sono stato capace di fare è stato esattamente mandare all'aria i miei progetti e infrangere le mie promesse. 
Sono stato un idiota, un mostro, uno stronzo. 
Sono stato un coglione. Ma sarei un coglione qualunque senza di lei.
Devo dimostrarle che farei qualunque cosa per lei e non mi azzarderò mai più a metterle una mano addosso. 
Devo fare tutto il possibile e sfruttare tutti i mezzi che ho a mia disposizione per far si che ritorni ad avere nuovamente fiducia in me. 
Certo, mi ha detto che si fida di me e che mi ama ancora ma io so leggere i suoi limpidi occhi azzurri. 
So cosa passa per la sua testa e so che non si fida ancora al cento per cento di me. 
Lo noto da come mi guarda alcune volte o da come contrae i muscoli quando l'accarezzo. 
Non mi piace tutto ciò. 
È la mia ragazza e dovremmo essere un'unica cosa. 
Devo fare qualcosa di grande affinché ritorni a guardarmi come ha sempre fatto. 
Mi alzo dal divano sul quale ho dormito per circa un'ora per poi infilarmi la maglietta e le scarpe. 
Prendo le chiavi dell'auto e scendo freneticamente le scale del palazzo prima di salire in auto. 
Sono ancora un po' sonnolento e ho i muscoli indolenziti ma questo non è niente in confronto a ciò che potrei provare se Jenny mi lasciasse andare.
A quest'ora la strada è praticamente deserta così in circa dieci minuti arrivo fuori l'accademia. 
Scendo dall'auto e raggiungo il retro del campus dove non c'è alcun controllo. 
La signora Anderson non ha soldi a disposizione per inserire telecamere o sistemi di sicurezza in quella zona e anche questa volta, proprio come quando Chaz mi fece entrare, sarà facile scavalcare il muro ed entrare dalla porta d'emergenza. 
Poggio un piede su una sporgenza del muro e lascio cadere il mio corpo dall'altro lato. Atterro al suolo con entrambe le gambe piegate e per poco non finisco col sedere a terra. 
Per mia fortuna sono abbastanza agile. 
Apro la porta d'emergenza e salgo al piano di sopra verso il dormitorio femminile. 
C'è sempre lo stesso profumo qui e devo dire che un po' mi manca soggiornare in questo campus. Soprattutto suonare i vari strumenti. 
Arrivo alla penultima stanza dell'ultimo corridoio, una delle stanze più isolate del college. 
Busso delicatamente affinché nessuno mi senta se non la persona che è all'interno della stanza.
Sento dei rumori provenire dalla stanza e dei passi avvicinarsi lenti alla porta. 
-Chi è?-. 
Sorrido quando sento una vocina delicata e impastata dal sonno porgere questa domanda. 
-Sono io, Justin!-. 
-Justin?-. Ripete Jenny incredula aprendo la porta. 
Subito mi intrufolo all'interno chiudendo velocemente la porta senza far rumore. 
Mi giro verso di lei per poi stampare un bacio sulle sue labbra. 
Mi guarda confusa e meravigliata. 
-Cosa ci fai qui?-. Chiede allibita. -Insomma...come hai fatto ad entrare? Sei impazzito? Se qualcuno ti vede sarai e sarò nei guai!-. 
-Woah, woah!-. La interrompo divertito. -Stai calma, piccola. Mi hai fatto venire l'emicrania-. 
Cerca di mantenere un'espressione seria e rigida, ma per sua sfortuna non ci riesce e scoppia a ridere a bassa voce. 
È un amore. 
Sembrerò un idiota a dirlo, ma lo è. 
È bella sotto ogni aspetto e ciò che mi viene voglia di fare ogni volta che la guardo sorridere, è riempirla di baci e stringerla forte a me. 
-Mi sono preoccupato. Non voglio che tu abbia brutti pensieri e rimanga sveglia la notte. Mi infastidisce sapere che c'è qualcosa che ti turba-. Ammetto con fermezza e decisione nel tono di voce e nello sguardo. 
Sgrana gli occhi. -Davvero? Sei venuto qui solo perché ti ho detto che non riesco a dormire?-. 
Annuisco, divertito dal suo adorabile stupore. 
-Io...be'..-. Bofonchia imbarazzata. -Non ce n'era bisogno. Sto bene, non è nulla di grave-. 
-Qualunque cosa sia, voglio che me ne parli. Voglio che riesca a dormire serenamente e voglio anche che mi dia un bacio proprio adesso-. 
Sorride spontaneamente a trentadue denti avvicinandosi al mio viso e lasciando un bacio sulle mie labbra. 
Lecco il suo labbro inferiore per intimargli di concedermi l'entrata nella sua bocca e così fa. 
Ci stacchiamo dopo qualche secondo e sembra quasi che mi manca il fiato. 
È surreale pensare a quanta energia e passione ci metta per baciarla. 
Afferro la sua mano e la trascino con me sul suo letto. 
Mi sembra di essere ritornato a qualche settimana fa. 
-Allora? Cos'è che ti turba?-. Le chiedo, cingendo il suo collo con il mio braccio. 
-Vuoi saperlo davvero, davvero?-. 
-Davvero, davvero-. 
-Mi prometti che non ti arrabbierai e che non farai cose poco sensate?-.
Un nodo si forma in gola. -Perchè dovrei arrabbiarmi?-. 
-Be'...-.
-Riguarda quel coglione di Nick? Ti ha di nuovo toccata o parlato?-. La interrompo innervosito. 
-No, cioè...una cosa del genere. Ma ti prego, Promettimi che non ti arrabbierai-. 
Scruto attentamente i suoi occhi azzurri e sembra essere davvero preoccupata. 
Annuisco, così le do la possibilità di parlare. 
L'ultima cosa che voglio è che si chiudi anche in se stessa e che non mi dica ciò che passa per la sua testa. 
-Quando sono ritornata in stanza, ad aspettarmi c'erano Rosalie ed Allison. Mi sono subito chiesta come fossero entrate ma per risposta ho avuto una loro domanda-. Spiega. -Mi hanno chiesto dove fossi stata e cosa avessi fatto. Prima che però rispondessi, mi hanno detto che sapevano già tutto perché ci hanno visti mentre scendevamo dall'auto. Mi hanno riempita di domande e alla fine...-.
Si blocca, non finendo la frase. 
Penso abbia paura di una mia reazione violenta ed esagerata. 
Ma l'unica cosa che non voglio che accada è spaventarla. 
Così le prendo una mano e l'accarezzo delicatamente.
-Cosa è successo? Jenny, ti ho promesso che non mi sarei arrabbiato. Puoi continuare tranquillamente-. La rassicuro.
Accenna un piccolo sorriso prima di schiarirsi la voce e continuare il suo discorso. 
-Be', ho detto loro della tua passata dipendenza dalla droga-. Trattiene il respiro guardandomi dispiaciuta. -Mi dispiace, non avrei dovuto dirlo, ma era l'unico modo che avevo per farle capire che non sei violento e che quella sera alla festa hai picchiato Nick anche se non volevi e non eri cosciente-. 
Serro la mascella e chiudo la bocca in una linea sottile. 
Smetto di massaggiare le sue mani e penso che questa mia reazione la preoccupi abbastanza. Tant'è vero che noto una lacrima scendere sul suo viso angelico. 
-Mi dispiace-. Ripete in tono sommesso. -Non avrei dovuto dirlo. Scusa, io...-. 
-Jenny, non è niente-. Inumidisco le mie labbra con la lingua, stringendo la sua mano e con quella libera asciugo le sue guance. -Non è nulla di grave-. 
-Non sei arrabbiato?-. 
-Sono solo infastidito ma hai avuto le tue ragioni per farlo. In fondo ciò che hai detto alle tue amiche è la verità. Non devi preoccuparti così tanto per questo-. 
-In realtà ciò che mi ha tenuta sveglia fino ad ora è un'altra cosa-. Puntualizza abbassando lo sguardo e diventando più timida. 
Posso giurare di sentirla addirittura tremare. 
-C'è dell'altro?-. Chiedo esigente. 
Annuisce, staccando la sua mano dalla mia e iniziando a contorcerla con l'altra sua mano libera. 
Sembra essere davvero nervosa. 
-Spiegati-. 
-Mi hanno detto che devo lasciarti perdere-. Sussurra. 
-Cosa?-. Spalanco gli occhi. 
Ho sentito bene? 
Sa anche lei quanto mi da fastidio quando qualcuno dice alla mia ragazza che deve stare alla larga da me. 
Ma ho promesso di non arrabbiarmi così stringo i pugni e serro la mascella a denti stretti per mantenere la rabbia all'interno del mio corpo. 
-Mi hanno detto che sei...sei un mostro e che non ti merito. Hanno anche detto che non vale la pena che sprechi il mio tempo con te e che forse avresti usato la violenza con me se tu non avessi del tutto abbandonato quella dipendenza. Io so che tutto questo non è vero ma...ma c'ho pensato a lungo e le loro parole continuavano a girarmi per la mente. Hanno usato espressioni abbastanza forti e mi hanno infastidita-. 
Smette di parlare e improvvisamente sento una scarica elettrica invadermi la schiena che mi suggerisce di alzarmi e scaraventare tutto per l'aria. 
Ma non lo faccio. 
Devo stare calmo e tranquillo. L'ho promesso a Jenny. 
Dalle sue parole capisco che non ha menzionato loro di quando, qualche sera fa, ho procurato quei lividi sul suo corpo. 
Questo mi porta a riflettere e ad arrivare ad una sola conclusione: ciò che le ho fatto lo porterà con se per sempre; non lo dimenticherà mai. 
Vorrei prendermi a calci da solo e nello stesso momento uccidere quelle due oche che ora dormono beatamente mentre la mia ragazza è sveglia a pensare alle miriadi di stronzate che le hanno messo in testa. 
-Ti hanno detto solo questo?-. Domando a mezza voce in modo neutrale. 
-Be', no. Ma il succo è questo-. 
-Cos'altro ti hanno detto esattamente?-. 
-Devo dirtelo per forza?-. 
Annuisco severamente inumidendomi le labbra con la lingua.
-Che...che mi hai fatto il lavaggio del cervello, che sei un drogato...-. Sospira. -...che non mi dedichi abbastanza tempo e non mi dai troppa importanza. E che un uomo non risolverebbe i suoi problemi con la droga-. Sembra che stia avendo una crisi di nervi. -Io le ho detto che stavano esagerando e tutto ciò che mi hanno risposto è stato che ero io quella che diceva stupidaggini perché non sei quello che credo tu sia-.  
Sento il sangue bollirmi in testa e nel resto del corpo. La rabbia si è impossessata di me ma devo fare in modo che non esca fuori. 
Almeno non adesso. 
Il tocco della mano di Jenny sulla mia guancia mi fa trasalire e quasi mi allieta. 
La guardo negli occhi e tutto ciò che riesco a leggere è paura e dispiacere. 
Mi irrita sapere che si sente in questo modo. 
Non voglio che abbia problemi o altro a cui pensare ma una domanda mi sorge spontanea. 
-Tu le credi?-. 
Mi guarda stupita. -Certo che no. Mi sembra di essere stata chiara riguardo alla disapprovazione nei loro confronti-.
-Ma se non le credi, perché sei turbata da questi pensieri?-. 
-Justin, io non prenderò in considerazione nessuno dei suggerimenti che mi hanno dato. Se credessi alle loro parole o le approvassi, non pensi te l'avrei già detto? Che motivo avrei per non dirtelo?-. 
Sembra esasperata. 
Sembra che voglia a tutti costi che io le creda e questo mi basta. 
-Io sto smettendo di...di drogarmi...per te-. La informo con fatica. -Ho te adesso e questo é tutto ciò che mi tiene ancorato al suolo. Non voglio procurarti ancora del male per una stupida dipendenza-. 
Le dico questo quasi per giustificarmi e per farle capire chiaramente che non deve dare retta alle parole di quelle oche. Loro non mi conoscono, non sanno la mia storia e non avevano il diritto di parlare di me in quel modo. È strano provare un sentimento di disprezzo nei confronti di due ragazze che non conosco e addirittura avere l'impulso di ucciderle?
-Tu sei la parte migliore di me, ricordi? Come potrebbe essere che mi faccia del male quando sto con te?-. Chiede esitante. -Insomma, tu...tu mi hai...picchiata ma...ma ciò non ha sfiorato minimamente il mio cuore. Quello è sempre tuo-. 
Sento lo stomaco ribaltarsi alle sue parole. Mi sembra surreale pensare che stia dicendo una cosa del genere. Sono davvero la persona più fortunata del mondo se la ragazza che mi ama continua ad avere stima di me dopo ciò che le ho fatto. 
È stato sbagliato, tremendamente sbagliato.
Ma lei continua a non vedermi come un errore e questo mi rassicura parecchio perché perderla sarebbe l'ultimo colpo alla mia coscienza già traballante. 
Non posso perdere la ragazza di cui so tutto, di cui ricordo anche il giorno in cui posai lo sguardo su di lei non pensando che un giorno sarebbe diventata la mia fonte di felicità e di guai al tempo stesso. 
Lei mi porta all'inferno e un attimo dopo siamo insieme in paradiso ed è una sensazione così strana ed appagante che mi chiedo spesso se merito di provarla.
Con le sue piccole e morbide dita inizia ad accarezzare le mie guance.
La rabbia si placa e anche il sangue smette di circolare velocemente. 
Sotto il suo persistente tocco sul mio viso mi rilasso completamente e quando mi avvicino per darle un tenero bacio sulla fronte, lei non protesta. 
Dalla fronte, scendo alle guance per poi finire al collo. 
La bacio, l'accarezzo e non faccio altro che pensare che non ci sarebbe nulla di meglio da fare o da provare in questo momento. Il contatto con la sua pelle, con il suo corpo e soprattutto con il suo cuore mi lascia pensare che forse non proverò più nulla del genere, come se lei sia l'unica in grado di farmi sentire in un certo modo. 
È per questo che non voglio perderla. 
-Justin...-. Si allontana dal mio viso e fa in modo che i nostri occhi siano fusi in uno stesso sguardo. 
-Mh?-. 
-Cosa ti renderebbe molto felice?-. 
La sua domanda mi lascia perplesso. 
Perché mi chiede una cosa del genere?
-Se ogni mattina mi svegliassi ricoperto dai tuoi baci, sarebbe già un passo verso la felicità-. Rispondo senza complicazioni. 
-E cos'altro?-. 
-Se mi dicessi che non mi lascerai mai e che...che mi amerai anche domani-. 
-Questo ti renderebbe davvero felice?-. 
Annuisco, confuso dal suo comportamento. 
-Perchè me lo chiedi?-. Domando poi, abbastanza stranito. 
-Perchè voglio che tu sia felice con me. Non voglio che ad un certo punto inizi ad annoiarti-. 
-Tu non mi annoierai mai. Sei una piccola testa di cazzo, lo sai!-. 
Alza un sopracciglio infastidita ma è così tenera che mi avvicino al suo viso e le bacio le guance.
La sento ridere sulla mia pelle e subito mostro un sorriso anch'io.
Improvvisamente blocca i miei movimenti e con un gesto gentile e deciso al tempo stesso, mi allontana dal suo corpo. 
-Justin!-. Esclama. 
-Cosa c'è?-. 
-Sono così stupida da aver dimenticato del tuo contratto discografico! Ero così concentrata sui brutti pensieri che non ho dato importanza a ciò che mi interessa davvero-. 
Una risata leggere scappa dalla mia bocca. 
Se esistesse un concorso che eleggesse la ragazza più dolce e tenera del mondo, Jenny riceverebbe il premio del primo posto. 
Certo, alcune volte si mostra irritante e scontrosa. La maggior parte del tempo litighiamo e ci punzecchiamo a vicenda; ma arriva un punto della giornata in cui tutta la sua dolcezza e tutta la sua tenerezza escono fuori e devo dire che è un momento davvero intenso e divertente per me. 
-Scusami-. Dice, avvicinandosi al mio viso e lasciando un delicato bacio sulle mie labbra. 
Posa le sue mani e le sue braccia lungo la mia vita e si fa spazio tra le mie braccia.
Accarezzo i suoi capelli e le stampo un bacio sulla fronte. 
-Be', non c'è nulla da dire. Ho ottenuto un contratto discografico-. Spiego con nonchalance. 
-E adesso cosa ti succede?-. 
-Dovrò incidere un demo. Se tutto andrà bene e avrò successo, il contratto sarà reso ufficiale e potrò avere una mia etichetta personale e un marchio che mi farà riconoscere in tutta l'America e, se la fortuna mi assiste, anche in tutto il mondo-. 
-Wow, hai dei progetti abbastanza giganteschi-. 
Sorrido. -Solo per te, piccola-.
Lascio che si sdrai completamente mentre lasciò umidi baci sul suo collo e sulle sue guance. 
-Sai...-. Dice improvvisamente. -Io so per certo che ti amerò per sempre-. 
Sussulto alle sue parole così profonde ma tento di non mostrare la mia meraviglia. 
-Sempre sempre?-. Scherzo.
-Sempre sempre-. 
-Qualunque cosa accada?-. 
-Qualunque cosa accada. Anche se tu dovessi farmi del male, se mi insultassi o mi riempissi di lividi-. 
Sento un vortice di panico crearsi nel mio stomaco. 
È il suo modo di dirmi che mi ha perdonato dopo ciò che è successo in mensa qualche notte fa? 
Mi riempie di rabbia sapere che abbia sofferto e continui a farlo per un mio errore. 
Non avrei dovuto farle del male, almeno non in quel modo. 
Mi sono sempre promesso di non azzardare mai e poi mai a picchiare una ragazza e ciò che ho ottenuto è stato picchiare la ragazza che amo. La ragazza più speciale sulla faccia della terra. La ragazza per la quale farei follie. 
Continuo a baciarla senza farle notare il mio disagio alle sue parole, per poi sfilare la maglietta e accarezzare e baciare i lividi
Sfioro i graffi sui suoi polsi facendola flebilmente gemere. 
Rotolo col mio corpo facendo in modo che lei sia sopra di me. 
Si rannicchia sul mio corpo, aggrappandosi al mio corpo. 
Stringe forte le sue braccia dietro al mio collo e la mia nuca e, avvicinandosi al mio orecchio, lascia svariati baci. 
-Resta con me stanotte-. Sussurra come fosse una richiesta d'aiuto. 
-Preferisco restare con te per sempre-.
 
 
 
 
 
Dato che non aggiornavo da parecchio, mi faccio perdonare (SPERO)
con questo capitolo, anche perché quello precedente fa
leggermente schifo. Spero che questo sia stato di vostro gradimento!
Come avrete notato il rapporto tra Justin e Jenny sta lentamente ritornando
ad essere come quello di una volta ma nonostante ciò sapete perfettamente che
tra qualche giorno Jenny dovrà ritornare in New Jersey. Non voglio anticiparvi nulla
e spero che continuiate a seguire questa storia!
Da questo capitolo in poi ci saranno anche dei Justin’s point of view perché
voglio mettere in luce anche il carattere, i sentimenti e le emozioni di Justin e che
vediate questa storia anche dal suo punto di vista.
Comunque…aggiornerò non appena questo capitolo riceverà recensioni!
Un bacio, notperfect.   

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Capitolo 22
*** You'll be my prince ***


You'll be my prince
 


Jenny's point of view
-Jenny, apri questa porta!-. 
Una voce stridula che emana abbastanza fastidio, accompagnata da diversi colpi alla porta, mi penetra le orecchie. 
-Jenny! Apri, maledizione! Ci stai facendo preoccupare!-. Aggiunge un'altra voce. 
Entrambe mi sono familiari eppure non riesco ad associarle a nessuno dato che il sonno domina il mio corpo e il mio cervello in questo momento. 
-Piccola...-. Justin poggia una mano sulla mia schiena, smuovendomi. 
Anche lui sembra assonnato e quando apro gli occhi lo vedo mentre ha ancora le palpebre chiuse e respira regolarmente. 
Perché dovrei alzarmi io?
Oh, è la mia camera...giusto. 
Sbadiglio per poi alzarmi e dirigermi alla porta. 
-Chi è?-. Domando in un sussurro con la voce impastata dal sonno. 
-Apri questa fottutissima porta! Siamo noi, Ashley e Emily!-. 
Spalanco gli occhi e mi allarmo sul posto. Non posso farle entrare, almeno fin quando Justin sarà nel mio letto a dormire beatamente. 
-Un secondo!-. Urlo sperando che la loro pazienza non raggiunga il proprio limite. 
Corro verso il letto e con una spinta faccio in modo che Justin cada dal letto. 
-Bimba che ti dice il cervello?-. Domanda stranito e confuso mentre tenta di rialzarsi dal pavimento. 
È chiaro che è abbastanza sonnolento in questo momento ma non proverò tenerezza. Deve alzarsi o sia io che lui faremo una brutta fine. 
Forse esagero, ma sicuramente ci saranno delle conseguenze poco positive per noi. 
-Devi nasconderti in bagno!-. Gli indico la porta alle mie spalle e quando si alza lo spingo verso l'interno. 
-Perchè?-. 
Prima che possa rispondere alla sua domanda, la voce delle due ragazze ritorna a farsi sentire. 
-Jenny, tutto okay lì dentro?-. 
È Emily, la riconosco dalla sua cadenza e dalla sua voce rauca. 
-Ecco perché!-. Sussurro a Justin guardandolo severamente. 
Quest'ultimo alza le mani in segno di scusa e va in bagno proprio come gli ho ordinato. 
Sospiro pesantemente per poi dirigermi alla porta e aprirla trovandomi di fronte le due ragazze abbastanza spazientite e preoccupate. 
-Perchè non aprivi questa cavolo di porta?-. Urla Ashley venendomi incontro e puntando un dito verso il mio viso. 
-Ehm, stavo dormendo ed ero nuda. Non volevo che mi vedeste in quelle condizioni!-. 
-Da quando dormi nuda?-. 
-Da sempre!-. 
-Mh, ma...perché non sei venuta a lezione stamattina?-. Domanda con sospetto nella sua voce. 
-Cosa? Ma che ore sono?-. 
Mi avvicino alla sveglia e segna l'una e un quarto. 
Sgrano gli occhi facendo un salto sul posto. Mi volto verso di loro e le guardo con una strana espressione indecifrabile. 
-Non avrò sentito la sveglia-. Mi giustifico. -Mi..mi dispiace avervi fatto preoccupare. Non avrei voluto-. 
-Pensavamo ti fossi sentita male o avessi avuto dei problemi. Ci siamo spaventate e alla fine delle lezioni siamo venute a controllare se fosse tutto okay-. Spiega Emily. 
-Be', come potete vedere sto bene-. Sospiro. -La signora Anderson ha detto qualcosa?-. 
-Non si è neanche accorta che tu mancassi alle lezioni. In realtà ci ha solo augurato il buongiorno e poi è andata a fare delle commissioni-.
Annuisco, felice della sua risposta. 
Se la signora Anderson avesse scoperto che Justin ha passato la notte qui nella mia camera e nel mio stesso letto, l'avrebbe detto alla mia famiglia e sarei morta. 
Seriamente. 
Passano alcuni secondi di silenzio durante i quali mi accorgo che Emily si guarda in giro sospetta e confusa, come se ci sia qualcosa che non quadra. 
-C'è qualcosa che non va?-. Le domando trattenendo un sorriso. 
-Uhm, sembra che si sia appena combattuta la terza guerra mondiale qui dentro-. Indica il letto disfatto e le coperte sparse per la stanza. 
Fortunatamente i vestiti di Justin sono sotto al letto e non so come siano finiti lì. 
-Beh, mi muovo molto la notte mentre dormo. Soprattutto quando dormo parecchio-. Sforzo un sorriso, avviandomi verso la porta d'uscita. 
Spero mi seguano così escono dalla mia stanza. 
-Cosa farai questo pomeriggio?-. Domanda Ashley, incrociando le braccia al petto. 
Inizio a pensare che sappiano anche loro della discussione avuta ieri sera con Rosalie ed Allison e che siano venute qui stamattina solo per avere altre informazioni. 
Non sono così stupida, non ci casco. 
-Non saprei. Penso di andare in giro...per la città-. Scrollo le spalle guardando altrove. 
-Da sola?-. 
-Be', no. Troverò qualcuno che mi faccia compagnia-. 
-Tipo?-. 
Sbuffo. -Cosa sono tutte queste domande?-. 
-Vogliamo solo sapere cosa farai questo pomeriggio. Non c'è bisogno che risponda in questo modo!-. 
-Ho risposto alla vostra domanda. Ora devo prepararmi per uscire-. 
-Uscire con Justin?-. Chiede Emily con un pizzico di acidità nel tono di voce. 
La scruto attentamente da capo a piede, alzando un sopracciglio. -Si, con Justin-.
Cala il silenzio per qualche istante fin quando Ashley decide di intervenire.
-Perchè perdi tempo con quel ragazzo, Jen?-. 
-Perchè è il mio ragazzo. E con lui non è una perdita di tempo-.
-Ne sei così sicura?-. 
Annuisco. 
Mi stanno innervosendo. 
Spero solo che Justin non perda la pazienza e controlli la rabbia. 
So quanto lo infastidisce sentire cose del genere soprattutto da persone che lui non sopporta, tant'è vero che le chiama 'oche'. 
Ed ora ne capisco il motivo. 
-Davvero, Jen?-. Chiede con dispiacere Emily, aguzzando la vista verso di me. -Davvero sei innamorata di un ragazzo che...che si droga?-. 
-Per l'amor del cielo!-. Esclamo esasperata. -Smettetela di offendere Justin. Abbiate un po' di rispetto almeno per me. È il mio ragazzo e ne sono innamorata. Le vostre accuse e le vostre offese nei suoi confronti non cambieranno nulla tra me e lui-. 
-Non stiamo offendendo Justin...-. Ribatte Emily. 
Mi prende in giro? 
Manca poco e le sbatto la testa contro il muro. Spero solo che Dio mi conceda la forza e la pazienza di resistere a non fare una cosa che mi arrecherebbe molto piacere. 
-Oh, davvero? E cosa stareste facendo esattamente?-. 
-Ti stiamo solo aprendo gli occhi ma tu non vuoi proprio vedere bene-. 
-Io ci vedo benissimo! Justin è la cosa più bella che mi sia mai potuta capitare e le vostre lamentele nei suoi riguardi non cambieranno il mio modo di vedere questa situazione-. Urlo infuriata. -Si drogava? Bene, adesso non più. È il suo passato ed io sono il suo presente e, chissà, forse anche il suo futuro! Ma voi non avete il diritto di dire determinate cose sul suo conto. Voi non sapete cos'è giusto o sbagliato per me-. 
-Certo, ma sappiamo che Justin è violento! Tutti abbiamo visto cos'ha fatto a Nick e alcuni l'hanno visto mentre ti spingeva e ti faceva cadere a terra-. 
Sussulto alle sue parole. 
-Era arrabbiato e non capiva cosa stava facendo-. Contraddico convinta. 
-Certo, era sotto l'effetto di cocaina!-. Esclama con nonchalance Emily, facendomi andare su tutte le furie. 
Questo è troppo. 
-O uscite da questa stanza per vostra spontanea volontà o vi faccio uscire a calci. Sono capace di farlo e sappiate che voi non siete nessuno per giudicarmi. Ci conosciamo solo da tre mesi e non mi sembra di avervi mai trattato come migliori amiche-. 
Sembrano spiazzate dalle mie parole. 
Sinceramente neanche io avrei immaginato che dicessi una cosa del genere. Ma la rabbia che mi arrecano le loro parole mi manda in tilt e non riesco a capire neanche cosa io stia realmente pensando. So solo che voglio abbracciare Justin giusto in questo momento e dirgli che per me è l'unico e il solo. 
Non darò retta a nessuno se non al mio cuore, e il mio cuore sussurra solo un nome. 
-Anche Justin ti conosce solo da tre mesi-. Continua Ashley. 
Vogliono che la mia stanza si trasformi in un ring. 
È l'unica spiegazione che posso darmi dato che non smettono più di parlare a vanvera. 
-Con lui è diverso. Il nostro rapporto è diverso-. 
-Cosa c'è di diverso, eh?-. 
-Questo non devo dirlo a voi due-. Sbotto infastidita. -Adesso devo lavarmi. Ci vediamo dopo...forse-. 
Apro la porta e aspetto che escano dalla stanza prima di sbatterla nuovamente alle mie spalle. 
La scusa della doccia risulta essere sempre molto efficace. A voi darò sicuramente l'impressione di una ragazza fissata con la pulizia e abbastanza ordinata. 
Vi sbagliate. 
Sbuffo pesantemente passando una mano sulla fronte e sui miei capelli fino ad arrivare alle punte. 
Justin esce dal bagno e si appoggia allo stipite della porta guardandomi impassibile. 
Mi volto verso di lui e ci guardiamo per un lasso di tempo che a me sembrano ore. 
È bello guardare nei suoi occhi ma sarebbe ancora più bello se fossi tra le sue braccia proprio adesso. 
 
Justin's point of view
Dopo aver assistito a quella discussione, apro la porta e mi appoggio allo stipite, guardando la figura minuta ma formosa di Jenny  che si agita sul posto. 
Devo dire che mentre ascoltavo le parole di quelle due oche e quelle disperate di Jenny, mi sono sentito il cuore in gola. 
Io non merito tutto questo da parte di Jenny. 
Intendo dire che non merito essere difeso da lei e che a causa mia venga giudicata e litighi con le amiche.
Io so di essere davvero come mi hanno descritto e mi sento così in colpa che manderei all'aria il nostro rapporto se non l'amassi per davvero. 
Mi ha difeso fino all'ultimo minuto e forse non mi spetta tutto ciò che fa per me.
Smette di muoversi freneticamente e, portando una mano vicino alla bocca, inizia a guardarmi con sguardo dispiaciuto. Sembra quasi sul punto di iniziare a piangere. 
Non mi piace vederla così, non voglio che si senta male a causa mia. 
Le vado incontro perché so che l'unica cosa che la conforterebbe di più in questo momento è un abbraccio. 
In queste circostante le parole non valgono molto e sinceramente non saprei neanche cosa dirle. 
Circondo il suo corpo con le mie braccia e accarezzo con le mie mani i suoi capelli e la sua schiena. 
Posa la sua testa nell'incavo del mio collo, alzandosi sulle punte per arrivare alla mia altezza. 
Dopo un po' di esitazione, stringe il mio collo tra le sue braccia e sento immediatamente il suo profumo penetrare la mia pelle. 
È così calda, così profumata, così piccola. 
Mi piace coccolarla e averla tra le mie braccia, mi dà un senso di beatitudine e di piacere. 
-Mi dispiace per ciò che hanno detto-. Sussurra sul mio petto, ritornando a toccare il pavimento con i piedi. 
-Hey, piccola...-. Mi stacco dal suo corpo alzando il suo mento verso di me. Con una mano continuo ad accarezzarle i capelli. -Tu non hai nessuna colpa. Non devi dispiacerti di nulla-. 
-Mi dispiace...-. Ripete ignorando le mie parole. -Tu non meriti tutte quelle accuse e tutte quelle offese-. 
-Ma tu non devi dispiacerti-. 
-Sei la persona migliore che conosca e...loro non hanno il diritto di parlare di te in quel modo. Non ti conoscono-. 
-Loro non mi conoscono, ma tu si. Quindi non dispiacerti. Mi si spezza il cuore pensare che stai male dentro-. 
Non dice nulla, scruta i miei occhi per un po' prima di avvicinarsi alle mie labbra e lasciare un tenero bacio. Accarezza il mio viso per poi staccarsi e ritornare a guardarmi negli occhi. 
Guardando i suoi occhi accesi e vivi di passione mi ritorna in mente quella sera in cui ero fuori di me e le ho fatto del male. 
Forse le sue amiche hanno ragione: io non merito una ragazza come lei. 
Lei è troppo per me, fin troppo ed io non ho fatto nulla per meritarla. Lei è fantastica ed io le ho messo le mani addosso. 
Lei si preoccupa per me ed io le ho procurato dei lividi sul corpo. 
-Cosa c'è che non va?-. 
La sua vocina interrompe il vortice dei miei pensieri, riportandomi alla realtà. 
-Cosa intendi?-. La guardo confuso. 
-Hai uno sguardo perso. C'è qualcosa che ti tormenta, non è così?-. 
Sussulto, meravigliato che si sia accorta di una cosa del genere. Come ha fatto a capirlo? 
-Io...no, non...-. 
-Non mentirmi-. Mi interrompe gentilmente. -So che c'è qualcosa che non va. Non sei l'unico a saper leggere nella mia mente-. Scherza. 
Sorrido, accarezzando e stringendo i suoi fianchi.
-Allora? Che succede?-. 
-Forse non ti merito, Jenny-. 
Il suo sguardo si rabbuia e i suoi lineamenti si irrigidiscono. Sento la sua confusione e la sua tristezza addirittura dalla mia posizione e il fatto che abbia smesso di dondolare sui suoi piedi, mi lascia pensare che forse la mia affermazione l'ha spiazzata più del previsto. 
-Non dire stronzate-. Dice in tono brusco e serio. 
-Non è una stronzata. Tu fai tante cose per me ed io riesco a ricambiare mettendoti le mani addosso-. 
Sbuffa, roteando gli occhi. -Justin, l'ho dimenticato. Dovresti farlo anche tu-. 
-Non si può dimenticare una cosa del genere e, andiamo, neanche tu l'hai fatto!-. 
-Forse non l'avrò dimenticato del tutto, ma ci convivo e questo non mi disturba minimamente. Ciò che invece mi dà fastidio è che tu pensi ad una cosa del genere. Tu hai fatto tante cose per me e continui a farle-. Sospira, afferrando il mio viso tra le sue mani. -Ti ricordi quando ero piena di paranoie e mi dicesti che avresti fatto in modo che avessi accettato me stessa?-. 
Annuisco, rimanendo con lo sguardo fisso nei suoi occhi.
-Be', ci sei riuscito-. Scrolla le spalle, sorridendo. -O quando siamo andati a prendere un gelato al porto solo perché ne avevo voglia!?-. 
Annuisco di nuovo e questa volta accenno un sorriso anch'io. 
Mi sento così stupido. 
-E stanotte sei venuto qui, intrufolandoti nel campus, solo perché ti ho detto che non riuscivo a dormire! Cos'altro vorresti fare per me, Justin? Non c'è più nulla che tu possa fare per me se non restare...con me...per sempre-. 
Sento dei brividi alla schiena e mi inumidisco le labbra con la lingua per non mostrare il mio stupore e la mia felicità. 
Potrei sembrare una femminuccia, ma è proprio ciò che provo e non me ne vergogno se tutto ciò è dovuto all'amore che provo per Jenny. 
-Riesci sempre a rassicurarmi-. Constato, accarezzando la sua guancia. 
-Sono qui per questo-. 
-Spero per sempre-. 
-È una promessa, caro-. Dice in tono ironico ma so che vige la verità dietro quel suo tono di voce divertito.
Mi mostra il mignolo e con lo sguardo mi indica di stringerlo al mio. Così faccio. 
Incrocio il mio dito con il suo e alzo lo sguardo sul suo viso. 
Mi sta già fissando così scappa ad entrambi una risata prima di andare in bagno con l'intenzione di vestirci per uscire dal campus.
 
Dopo essere uscito dal campus dalla porta di emergenza affinché nessuno mi vedesse, aspetto vicino al mio fuoristrada dall'altro lato della strada che Jenny mi raggiunga. 
Prendo una sigaretta dal pacchetto che ho solitamente nella tasca dei pantaloni e l'accendo, portandola alla bocca. 
Proprio quando sto inspirando il primo tiro, vedo tre ragazze uscire dall'entrata principale dell'Accademia. 
Subito le riconosco: sono tre delle quattro amiche-oche di Jenny. 
Alzo un sopracciglio e mi dirigo verso di loro a passo lento. 
Una delle tre -oche- mi vede arrivare e, facendo un colpetto di tosse e strattonando i loro bracci, avvisa loro che sto per raggiungerle. 
Trattengo una grossa risata causatami dalla loro stupidità e quando arrivo vicino a loro, caccio fuori una nuvola di fumo.
-Che ci fai qui?-. Domanda una di loro. -oca!-
Penso sia Emily...o Allison. 
Non ho mai capito come si chiamino in realtà. So solo che sono dotate di una stupidità unica nel loro genere. 
-Dovresti saperlo. Sono qui per Jenny-. Inspiro nicotina dalla sigaretta, sorridendo. -A proposito...la prossima volta che raccontate a Jenny le vostre favole del cazzo sul mio conto, non avrete molto di cui ridere-. 
Le vedo mentre si irrigidiscono sul posto. 
Non sono mai stato un tipo violento o meschino, omettendo quando sono sotto l'effetto di stupefacenti, ma ciò che hanno fatto è un limite che non andava superato. 
Eppure loro sono già oltre un mezzo miglio dopo il confine e ciò non mi piace.
-Ci stai minacciando?-. Chiede una di loro, quella più stronza.
Sorrido mesto. -Prendila come vuoi. Non mi interessa cosa pensate di me e del mio atteggiamento. Vi dico solo che Jenny è la mia ragazza e ciò non cambierà solo perché voi stronze mi giudicate in un certo modo-. 
-Quindi Jennifer ti ha parlato della nostra discussione?-. Chiede una rossa. 
Penso si chiami Rosalie. 
-Mi sembra ovvio che la mia ragazza mi parli di ciò che le succede durante la giornata. Soprattutto se viene turbata o ha a che fare con delle...be', non vorrei risultare volgare-. 
-Oh, credimi, lo sei già abbastanza quando apri la tua fottuta bocca-.
Getto immediatamente la sigaretta e serro la mascella. La mia espressione diventa severa e infastidita e sinceramente non mi interessa di ciò che potrebbero pensare in questo momento di me.
Che pensino che sia un mostro o un drogato, il sole continua ad illuminare le mie giornate e il mio sole personale pure, Jenny. 
-Statemi a sentire...-. Mi avvicino a loro in modo intimidatorio, ghignando. -...tra qualche giorno Jenny partirà per il New Jersey e non voglio che salga su quell'aereo con una miriade si scrupoli, di paranoie o di brutti pensieri solo perché le mettete in testa pensieri negativi riguardo al mio conto, anche se sono sicuro che Jenny non si lascerà mai influenzare così tanto da ciò che dite su di me essendo entrambi molto innamorati. Vi chiedo, anzi, esigo che la lasciate in pace e se proprio volete fare la cosa giusta, non rivolgetele la parola in questi giorni. Non siete così importanti da meritare il suo saluto-. 
Il loro sguardo imbarazzato e spaventato mi diverte molto ma per quel poco di rispetto che provo nei loro confronti decido di non ridere e di restare serio. 
Stanno per ribattere quando il mio sguardo ricade su Jenny che è appena uscita a passo lento dal campus. 
Si guarda intorno disorientata, forse perché è alla mia ricerca e non mi trova. 
Prima che mi veda vicino alle tre ragazze, mi allontano facendo un cenno con il capo e con due dita della mano destra alle tre stronze. 
-Jenny!-. La chiamo sbracciandomi e andandole incontro. 
Non appena mi vede, mostra un gran sorriso che spruzza felicità da tutti i pori. Mi raggiunge e sta per dirmi qualcosa quando la sua attenzione ricade sulle tre ragazze che ho alle mie spalle. 
Avrà sicuramente capito che ho appena parlato con loro dato che provengo dalla loro stessa direzione. 
Il suo sguardo diventa confuso e un po' malinconico e le sue mani si stringono in un pugno e le poggia poi sul mio petto. 
-Cosa stavi facendo?-. Domanda calma anche se i pugni serrati e le labbra irrigidite mi lasciano pensare che la tranquillità non è proprio ciò che vige all'interno del suo corpo.
Piuttosto vi è rabbia.
-Niente di importante-. 
-Non dirmi bugie-. 
Sbuffo, guardando altrove.  -Stavo solo salutando le tue amiche oche-. 
-Salutando? Tu non le saluti! Tu le eviti e basta. Cosa vi siede detti?-. 
-Cosa?-. 
-Non fare l'idiota. Cosa vi siete detti? So che avete parlato, non sono così stolta-. 
Boccheggio qualche secondo per poi chiudere nuovamente la bocca non sapendo cosa risponderle. 
So che non vuole che ci siano ulteriori problemi e quindi se le dicessi ciò che è appena successo, mi mangerebbe vivo o peggio ancora mi lascerebbe qui da solo come un ebete. 
Ma so anche che se non le dicessi la verità, mi sentirei in colpa e prima o poi verrà a sapere tutto. 
-Be'...-. Sospiro. -Ho detto loro che devono smetterla di parlarti in quel modo e che devono starne fuori. Non devono intromettersi nella nostra relazione-. 
Sembra che stia elaborando le mie parole fin quando alza lo sguardo su di me e mi guarda esitante. 
-Solo questo?-. Domanda spazientita. 
-Si, solo questo-. 
-In che modo hai detto loro queste cose?-. 
-Be', in modo...normale-. 
Alza un sopracciglio. -Justin?-. 
Roteo gli occhi allargando le braccia. -Okay, in modo un po' brusco ma...ma adesso hanno capito che devono chiudere la loro cazzo di bocca-. 
Tira le labbra verso l'interno della bocca con i denti per poi farle avere nuovamente la sua forma originaria. Lascia che le sue mani si distendano e scrolla improvvisamente le spalle. 
-Mh, va bene-. Sbuffa. 
-Non sei arrabbiata?-. 
-Certo che lo sono, ma non voglio che tra me e te le cose si complichino-. 
-Sul serio?-. 
Trattiene un sorriso. -Sul serio-. 
Sono felice che non mi abbia urlato contro o non mi abbia abbandonato qui da solo. 
Penso che con questo abbia voluto comunicarmi che per lei io sono più importante di tutto il resto, persino di quelle quattro amiche oche. E di questo sono più che felice.
Vorrei solo che capisse che provo esattamente le stesse cose per lei...le stesse cose raddoppiate. 
Vorrei che riuscisse a comprendere a pieno il significato dei miei gesti e delle mie parole, così da poter capire quanto io la ami anche se sembra che lei sia la roccia della nostra relazione. 
Forse è così. 
Come le ho già detto, forse non merito di stare con lei.
Eppure c'è qualcosa che spinge a pensare che io sia l'unico giusto per lei. 
Il migliore. 
-Suvvia, andiamo!-. Esclama improvvisamente prendendomi per mano e trascinandomi verso la mia macchina. 
Non da importanza allo sguardo accusatorio delle tre ragazze che ho alle mie spalle e questo mi rende più che felice. 
-Suvvia? Non hai mai usato questo termine-. Commento stranito e divertito al tempo stesso. 
-Non è vero! Lo uso sempre-. 
-Non è vero, stai mentendo-. 
-Be', comunque sia a me piace. È un termine così...così principesco-. 
-Principesco?-. 
-Si, principesco. È elegante. Così quando dico 'Suvvia Justin, vattene a fanculo!' mi sento una principessa-. 
Rido, aprendo la portiera dell'auto per poi salirvi dentro. 
Jenny fa lo stesso. 
-Una principessa che ama il cibo-. Si corregge poi, allacciando la cintura di sicurezza. 
Rido rumorosamente mettendo in moto il fuoristrada. 
-Tu sarai il mio principe, okay?-. Mi chiede, voltandosi verso di me. 
Mi giro e incontro immediatamente due occhi grandi che mi scrutano speranzosi, divertiti e contenti al tempo stesso. È di una dolcezza unica e, al diavolo quelle oche, lei sarà mia per sempre.
-Se proprio insisti-. 
-Oh, andiamo! Non essere così stronzo!-. 
Rido. -Okay, okay. Sarò il tuo principe-.
-Bene. Ora...cosa direbbe un principe alla sua principessa?-. 
-Mh...fammi pensare-. Sussulto improvvisamente. -Oh, c'è l'ho!-. Afferro una sua mano in modo teatrale e la stringo a me. -Dove la porto, signorina?-. 
Sbuffa, alzando un sopracciglio. -Justin, non sono Rose, tu non sei Jack e questo non è il Titanic-. Puntualizza seccata e divertita. -Sii più originale!-. 
-Be', non ho molta fantasia. A meno che non vuoi che ti racconta dei miei sogni erotici!-. 
-Oh mio Dio! Justin!-. Esclama trattenendo una risata. -Non dire stupidaggini-. 
-Ma è vero. Faccio sogni erotici-. Scherzo. -...su di te!-. 
-Smettila. Sei poco divertente-. 
-Va bene. D'accordo. Non arrabbiarti!-. 
-Io non mi arrabbio mai-. 
-Mi stai prendono in giro?-. 
Sorride. -Non saremo mai come un principe e una principessa-. Constata sospirando con gli occhi rivolti verso il finestrino. 
-Be', certo che no. Noi siamo molto meglio-. 
Si volta verso di me con un sorriso che prima d'ora non avevo mai visto. 
È enorme, tenero e sincero. È perfetto. 
-Uhm, sono d'accordo-. 
-Esatto. Migliori anche di Jack e Rose-. 
-Falla finita adesso-. Ride, cambiando posizione sul sedile dell'auto. 
Tutte le ragazze della terra hanno un bellissimo sorriso, ma penso che quello di Jenny sia qualcosa di incredibilmente esagerato. 
È bella quando ride. 
Bella nel senso che emana felicità dappertutto, che è radiosa, gioiosa e dolce.
Va oltre i limiti di ogni cosa, di ogni certezza, di ogni ragione, di ogni ideale. 
Lei è diversa e questo è ciò che la rende mia più che mai. 
-Justin...-. Mi chiama flebilmente e quando mi volto sembra essere un po' arrossita e imbarazzata. -...davvero fai sogni erotici su di me?-.





Spero di non starvi deludendo con questi capitoli e mi
farebbe piacere se me lo diceste, non vorrei annoiarvi!
Naturalmente la risposta di Justin alla domanda finale di Jenny
la lascio intuire a voi...
Comunque continuo dopo almeno 10 recensioni questa volta!
Sto scrivendo una nuova ff, questo è l'intro:

Queen ha 17 anni e convive da circa dodici anni con un problema e un'angoscia costante: suo padre. La maltratta e la rende insignificnte, inutile; la fa sentire poco dignitosa e sempre sporca. Come in ogni favola, c'è un principe azzurro. Ma Justin non è un principe azzurro tradizionale, lui è una persona scontrosa, violenta e menefreghista, ma sarà l'unico che riuscirà salvarla.
***
Gli raccontai tutto, di ciò che mio padre mi aveva fatto in quegli anni e ciò che continuava a fare. Per la prima volta notai che nei suoi occhi c'era un pizzico di tenerezza e compassione e, nonostante l'ultima cosa che volevo era fare pena, l'unica cosa che riuscii a sussurrare fu una disperata richiesta d'aiuto. -Salvami, Justin-.

se vi ha incuriosite, questo è il link: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1837653&i=1
Mi farebbe piacere se mi diceste cosa ne pensate!
Un bacio, notperfect. <3

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