Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.
Lista capitoli: Capitolo 1: *** 1. Run Away from Here. You're Useless *** Capitolo 2: *** 2. Show me what you can do! *** Capitolo 3: *** 3. I'll take care of your body *** Capitolo 4: *** 4. I want to become different *** Capitolo 5: *** 5. You aren't our friends *** Capitolo 6: *** 6. I told you to give up *** Capitolo 7: *** 7. I will fight with you *** Capitolo 8: *** 8. The last adventure. Tears before the death *** Capitolo 9: *** 9. Epilogo ***
Capitolo 1 *** 1. Run Away from Here. You're Useless ***
Nuova pagina 1
Attenzione! Prima
di leggere!
1)I personaggi da me descritti non mi appartengono! Tutti i loro
diritti sono del Grande-e-Onnipotente Kishimoto-sensei. Questa fanfiction non è
stata scritta a fini di lucro.
2)Questa è una fanfiction altamente OOC.
3)Molte parole non sono, come dire, molto Oxfordiane. Se siete
sensibili alle parolacce, chiudete questa pagina.
4)La mia prima long-fic seria
di cui ho già scritto praticamente tutti i capitoli.
5)No, qui non appare Sasuke. E no, non è una SasuSaku/ItaSaku/SasuIta
6)Se amate la coppia ShikaIno, rimarrete delusi (almeno per i primi
capitoli), stessa cosa per gli amanti della NejiTen.
7)La mia fantasia ha volta oltre i cieli della normalità… e ne sono
usciti questi crack pairings… che però amo! *_*
8)Le recensioni sono gradite. Apprezzerei però se evitaste il
tipico: “Bella, aggiorna!” Grazie! ^^
Dopo queste
premesse, vi lascio alla fic! Buona lettura!
Ino e Tenten correvano
nell’ancora rabbuiato cielo mattutino.
Avevano lasciato Konoha. Per sempre. Stavano voltando le
spalle al loro villaggio e attraversando quella foresta, per l’ultima volta.
Non sapendo dove andare. Non
sapendo cosa fare. L’unica cosa di cui fossero sicure, era il perché della loro
fuga.
Ino si era sempre
considerata inutile, nel profondo della sua anima. Lo aveva notato nelle ultime
missioni, di come Shikamaru e Choji diventassero sempre più forti e le rimanesse
allo stesso, infimo livello.
Tenten si era accorta di
come la sua presenza in una missione diventasse alla fine superflua, giacché
Rock Lee e Neji da soli potevano sconfiggere chiunque.
Unite dal desiderio di
cambiare, di lasciarsi il passato alle spalle avevano progettato di scappare.
Via dal luogo triste dove si consideravano futili oggetti.
[Ino, se tu pensassi meno
ai vestiti e un po’ più ad allenarti, magari diverresti più forte…]
[Perché
mi critichi sempre su come mangio? Guardati invece, sei debole! Non mangi
abbastanza e perciò perdi facilmente le forze!]
[So
quanto può essere seccante allenarsi, ma non puoi essere stanca dopo solo due
ore! Forse dovresti ascoltare le parole di Choji…]
Era stufa
di ciò che pensavano i suoi compagni e il suo sensei.
Poteva
scommettere che Asuma-sensei, quando era in vita, l’avrebbe sicuramente tenuta
fuori dalle missioni di livello A. Al contrario di ciò che avrebbe fatto con
Shikamaru e Choji.
E Choji?
Diventava ogni giorno più potente. Ogni giorno migliore. Ogni giorno
incredibilmente furbo e imbattibile.
Shikamaru
ormai era fuori dalla sua portata. Sempre in quel gruppetto formato da Chuunin e
Jounin della Sabbia.
Come se
non sapesse che fosse innamorato di Temari. Sempre insieme quei due, sempre!
Strinse
forte un pugno, ferendosi alla mano con le unghie.
Guardò
Tenten, vicino a lei. Lo stesso problema. La stessa soluzione.
[Tenten!
Se non usi lo spirito della giovinezza, non
diventerai forte come il mio adorato Lee e Neji!]
[Ten?
Perché ti vedo allenarti così di rado?]
[Tu
vorresti sfidarmi? Ma non farmi ridere! La tua forza non è nemmeno comparabile
alla mia!]
Ma certo
Neji.
Tenten si
morse il labbro inferiore, tagliandolo coi denti aguzzi e lasciando che una
goccia purpurea colasse lungo il mento.
Rock Lee
le diceva sempre di allenarsi. Di più, di più…
Gai-sensei la incitava anch’egli con l’allenamento. Ma lei non era come loro!
Lei era
una ragazza! E comparare la forza di una ragazza con quella di un ragazzo non è
possibile!
Eppure…
sempre ad essere considerata inferiore.
E poi…
c’era Neji…
Neji che
non l’aveva mai incitata. La usava solo per allenarsi.
Ebbene,
lei non sarebbe più stata una cosa!
Gliel’avrebbero fatta vedere a tutti! Sarebbero diventate le più forti! Le
migliori!
Erano
appena uscite dalla foresta di Konoha. Si fermarono per riprendere fiato,
fisicamente e mentalmente provate. Non era cosa da tutti i giorni abbandonare
amici e familiari per inseguire le proprie idee, che fossero utopiche o meno.
«Ma
guarda un po’ chi abbiamo qui… Tobi…»
Una voce
lugubre. Profonda, maschile. Fece accapponare la pelle alle ragazze, che
estrassero gli shuriken, mettendosi immediatamente in posizione di difesa.
«Già… hai
visto Deidara-senpai? Quella bionda non è male…» questa invece sembrava più
giovanile e allegra. Mai fidarsi delle apparenze, però.
Dai rami
più alti dell’albero sotto il quale si erano fermate apparvero due ninja. Il
primo era un uomo con una grande maschera arancione a spirale, il secondo era
biondo. La fotocopia maschile della Yamanaka.
«No Tobi…
a me piace di più la bruna. Sembra più grintosa…»
Stavano
giocando con loro a parole. Si stavano prendendo gioco di loro!
«Voi chi
siete?» urlò Ino, più per lo spavento che per decisione.
«Io… io
lo conosco!» sussurrò Tenten, indicando il biondo.
«Hai
sentito Tobi? Sono famoso!» esclamò Deidara con aria di superiorità, scuotendo i
lunghi capelli biondi raccolti nella coda.
«Ti… ti
eri fatto esplodere! E non avevi più le braccia!» continuò la ragazza, in preda
al terrore più vivido e vero che avesse mai provato.
«Già…
beh… Kakuzu è bravo a ricucire, non trovi?» la sbeffeggiò, avvicinandosi più a
lei e carezzandole la morbida guancia come per scherno.
Il
braccio si mosse senza nemmeno accorgersi, mentre l’uomo veniva colpito da uno
schiaffo in pieno viso.
«Mi sono
sempre piaciute le ragazze difficili… mia bella opera d’arte…» bisbigliò
all’orecchio di lei, con voce voluttuosa. Con un’odiosa espressione di vittoria
tatuata sul viso.
«Aspettate! Voi siete dell’Akatsuki, vero?» domandò Ino, un tono di serietà e
determinazione. Non le era mai uscito dalla bocca.
«Certo…»
«Voi…
potete renderci più forti?»
Una
domanda posta fermamente. Con sicurezza. Si sentiva già più forte solo al
poterli eguagliare a parole. Se si fosse allenata con loro sarebbe diventata
imbattibile.
«Senti
bella, non possiamo far entrare chiunque nella nostra…» fece Tobi, presto
interrotto dalla mano del compagno.
«Taci!
Potrebbero esserci utili… voi venite da Konoha, no?»
Tenten
annuì, avendo subito compreso l’ingegnoso piano della compagna.
«In
cambio vogliamo tutte le informazioni possibili sul Kyuubi e Naruto Uzumaki!»
Avevano
deciso di lasciarsi tutto alle spalle.
Una nuova
vita. Avrebbe rimpiazzato quella vecchia e inutile. Una nuova vita dove erano
loro a dettar legge. Dove loro erano quelle forti.
Accecate
dalla brama di acquisire maggior potere, le menti annebbiate dal desiderio.
«D’accordo!»
Un
sorriso si allargò sul volto di Deidara.
«Bene…
seguiteci…» disse, mostrando alle ragazze la via da prendere.
Le due si
guardarono per un fugace attimo, nei loro occhi lampeggiava una luce sinistra.
Non potevano e non volevano tornare indietro.
Sorrisero
sornione e li seguirono, attraverso l’ultimo tratto boschivo.
Arrivarono ai bordi di un lungo fiume e lo superarono grazie all’animale volante
creato dall’artista.
Oltrepassarono i confini della Terra del Fuoco, una cascata e si ritrovarono in
breve davanti ad una grande porta rocciosa. Un pietra gigantesca copriva
l’entrata, sulla roccia, un sigillo.
«Ah!»
Il
sigillo si disintegrò. Potevano entrare.
«Tsunade-sama! La prego, deve fare qualcosa!»
«Shikamaru, Neji, calmatevi! Ho già mandato la squadra ANBU a cercarle, se non
le troveremo, vorrà dire che se ne saranno veramente andate…»
Ino e
Tenten avevano lasciato Konoha prima che albeggiasse. Non un biglietto, non
un’informazione del perché.
I primi
ad accorgersene erano stati Neji e Shikamaru, poiché le compagne mancavano
all’allenamento. Erano andati alle loro case, interrogato familiari e altri
amici, ma l’esito delle loro ricerche li aveva portati ad un punto morto. Un
punto che dava loro sempre la stessa, inconcepibile risposta: fuggite.
Ed una
sola domanda invadeva la loro mente: perché?
«Quando
le avete viste l’ultima volta? Shikamaru?»
«Ieri
sera, ero andato a trovarla e…» fu interrotto.
«Perché
eri andato a trovarla?»
Il
ragazzo arrossì vistosamente.
«P…
perché volevo sapere… se… se le andava di… beh… ecco… di… uscire con me…»
Tsunade
annuì.
«E… ehm…
lei mi disse che non poteva, doveva allenarsi sempre di più…» concluse con
sguardo afflitto.
«Capisco…
e tu, Neji?»
Lo Hyuuga
avvampò.
«Ieri
notte… ero fuori dalla finestra della sua camera…»
La
Godaime lo guardò interrogativa.
«… perché
volevo avvertirla del nostro allenamento! Avrebbe dovuto incontrarmi alle sei di
questa mattina al campo. Ma non si è presentata…» terminò, abbassando il volto.
«E lei?»
«… ha
detto che preferiva allenarsi da sola…»
L’Hokage
lanciò un’occhiata a Shizune, come volesse chiederle aiuto per la risoluzione
del mistero, che sembrava non avere né capo, né coda.
«Bene… e
Choji e Rock Lee? Li avete interrogati?»
«Sì, non
sanno nulla…»
Neji e
Shikamaru si lanciarono un’occhiata carica di tristezza. Mancavano da poche ore,
ma già si sentiva. La loro presenza era scomparsa ed insieme, anche la voglia di
ridere e scherzare.
Era
sempre Ino quella che buttava tutto sul ridere.
Era
sempre Tenten a provocare sorrisi per la sua impacciataggine.
Senza di
loro Konoha sembrava vuota.
«Tsunade-sama… richiedo una missione per riportarle indietro!» fu lo Hyuuga a
parlare, adirato. Scomposto come nessuno l’aveva mai visto, sbattendo la mano
sulla scrivania e facendo sussultare la donna.
In
quell’istante, dal soffitto della stanza, un ragazzo cadde in terra con un tonfo
sordo.
La vena
sulla tempia di Tsunade prese a pulsare spasmodicamente.
«Naruto!»
esclamò, tentando invano di reprimere la rabbia.
«Ehi,
Tsunade no baa-chan, perché non vuoi accontentare la richiesta di Neji?» domandò
il biondino con l’ingenuità che lo contraddistingueva. Il volto infantile
rivolto sorridente verso la Godaime e i due amici.
«Perché
se non ce l’ha fatta la squadra ANBU, è inutile che mandi un jounin diplomato da
poco con manie di grandezza!» indicò Neji con severità.
«… e uno
sfaticato chuunin con un portentoso cervello che usa solo quando ne ha bisogno!»
indicò Shikamaru.
«Lo so
Tsunade no baa-chan, ma oltre a loro potrei andarci io… dopotutto tra tutti sono
il…» non terminò la frase.
«… genin
più idiota e impulsivo nella storia di Konoha?» l’Hokage finì al suo posto.
Naruto
mise un esilarante broncio e voltò le spalle ai tre.
«È la mia
ultima decisione ragazzi! Andate pure…» li congedò.
I due
amici si guardarono, abbozzando ad un quasi invisibile sorriso di soddisfazione.
Girarono sui tacchi, fecero per aprire la porta…
«E se
provate ad andarle a cercare… vi rispedisco tutti all’Accademia!»
Imprecarono sonoramente.
Usciti
dall’ufficio del capo del Villaggio s’intristirono maggiormente. Chinarono il
capo, mesti. Dovevano sopportare un gravoso senso di colpa.
Le loro
strade si divisero quando dovettero tornare a casa.
«Niente
allenamento stasera, eh?» domandò il padre di Shikamaru quella sera, al figlio
sdraiato davanti alla televisione.
«No…»
«Ho
saputo di Ino… mi dispiace…»
«Già…»
Era
diventato persino monosillabico senza lei che lo spronasse a parlare. Senza di
lei le giornate non erano le stesse. Era tutto così strano, buio. Come se fosse
caduto in un baratro oscuro dall’impossibile risalita.
Le
mancava terribilmente… la sentiva così lontana.
Così
intoccabile.
Così
inafferrabile.
Così
chimerica… come la luna.
Si alzò
in piedi, avvicinandosi alla finestra con passo strascicato. Anche la sua
camminata si era intristita.
«Ino…
dove sei…» sussurrò alle stelle, nel vano tentativo che gli astri celesti
recapitassero il messaggio. Nel vano tentativo che le sue urla sussurrate nella
notte fossero ascoltate dall’essere superiore di cui si parla tanto.
Se
esisteva davvero un Dio, lassù, avrebbe accolto la sua speranza? O l’avrebbe
lasciata sprofondare nell’intrinseca mente?
Restò per
qualche istante immobile davanti alla finestra.
Sospirò.
Voltò le
spalle e salì in camera sua.
Intanto,
una scia luminosa si mostrò in cielo, mentre una stella raggiungeva terra.
Neji
ascoltava, senza proferir parola, la discussione che stavano avendo Hiashi e la
figlia Hanabi, riguardante gli allenamenti.
Ogni
tanto rivolgeva un’occhiata eloquente al cielo stellato.
Il suo
silenzio non era sconosciuto in casa Hyuuga, ma quella volta, tutti compresero
che qualcosa nella sua mente non andava. Qualcosa di cui la mente si apre ma il
cuore rimane chiuso.
«N… Neji
nii-san?» lo chiamò dolcemente Hinata, sfiorandolo appena con la nivea mano
sulla candida guancia.
Quel
tocco così materno. Quel tocco che apparteneva solo a lei. Lo faceva stare così
bene… gli faceva annebbiare la mente, rilassare i sensi e dimenticare le
preoccupazioni. Come una droga.
Si sa… la
droga può darti piacere immediato. Ma appunto, solo immediato.
«Non è
niente…» bisbigliò, il volto contratto in quella che poteva essere una triste
smorfia di superiorità.
Non si
sarebbe mai abbassato ad ammettere quanto gli mancasse il contagioso sorriso di
Tenten. Le sue battute, la sua giovialità…
«Neji
nii-san… dopo devo parlarti…»
Ora il
Byakugan poteva leggere anche nella mente?
Si alzò
da tavola, evidentemente scocciato, dirigendosi verso la propria camera. Voleva
dormire, risvegliarsi e pensare di aver fatto solo un incubo.
Dopo
cinque minuti, lo raggiunse Hinata.
«Neji
nii-san… Tenten è la miglior kunoichi che io abbia mai visto… e Ino non è da
meno… vedrai, torneranno…».
Una voce
così dolce, pura, candida.
Gli
regalò un piccolo bacio sulla fronte e se ne andò.
Intanto,
Neji, aveva cominciato ad osservare le stelle, notandone in quel momento una
cadente.
«Tenten…»
sussurrò, prima che un bagliore argenteo gli carezzasse la guancia, lasciando un
alone umido.
La
lacrima si posò sul davanzale di quella finestra da cui le piaceva tanto fare
capolino per svegliarlo la mattina.
Si
guardarono intorno, intimidite dal luogo sporco e maleodorante.
Un puzzo
di muffa e chiuso si insinuò prepotentemente nelle loro narici. Acre, duro.
Sapeva di morte, di sangue.
Tenten
vacillò.
«Come
avete detto di chiamarvi?» proruppe la simpatica voce di Tobi.
«Tenten
ed Ino…» rispose la bionda, cercando invano di abbozzare ad un sorriso
tranquillizzante.
Non per
Tobi o Deidara, naturalmente. Quel sorriso era per convincere sé stessa di aver
preso la strada giusta.
Si era
accorte però di un significante dettaglio. I due dell’Akatsuki erano stati
stranamente gentili con le ragazze… e se fosse stata una trappola?
Scosse la
testa, non le avrebbero condotte fino al covo segreto.
L’entrata
era un lungo cunicolo pietroso. Il muschio cresceva libero, l’acqua ristagnante
era nauseabonda, si appiccicava ai piedi prepotentemente. L’umidità li faceva
sudare più velocemente del dovuto.
«Chi
schifo…» commentò Ino, toccandosi le ciocche color oro intaccate da quell’odore
pesto.
«Già…
dovrò richiedere al Leader di inventarsi una nuova entrata…» le rispose Deidara.
Lei
strabuzzò gli occhi. Stava sostenendo una conversazione con uno degli uomini più
malvagi del mondo. Nonché incredibilmente potente, avendo percepito il suo
chakra.
I due
dell’Akatsuki arrestarono il passo davanti ad una porta di legno muffito e
tarlato. La aprirono. Emise un cigolio stridente.
«Prima le
signore…» imitò l’uomo con la maschera arancione, a mo’ di maggiordomo.
Queste
entrarono senza farselo ripetere, frementi di eccitazione.
Un kunai
sfiorò la guancia di Tenten, lasciandole un leggero graffio.
«Ah…
mancato!» gridò una voce immersa nell’oscurità.
«Kisame…
fai schifo…»
«Anche io
ti voglio bene, Itachi…»
Deidara
passò davanti alle due.
«Ehi,
ragazzi, abbiamo visite…» intimò il biondo, sparendo anch’egli nell’ombra.
«Ma dove
l’hanno messo quel maledetto interruttore… chi mi ha fatto “pat pat”???» urlò
improvvisamente.
Ino e
Tenten sorrisero, divertite dalla scena.
«Scusa
Deidara-senpai… credevo fosse l’interruttore…»
Ma quando
si era mosso Tobi?
Le due
ragazze di Konoha si guardarono intorno… strabiliante velocità. Tesero
l’orecchio per ascoltare ancora.
«Ti pare
che il mio culo assomigli ad un interruttore, Tobi?»
«No,
scusami senpai…»
«Che
cos’è tutto questo baccano?»
Questa
volta, la voce le fece rabbrividire. Era profonda, adulta… raccapricciante.
«Zetsu,
già che ci sei, accendi l’interruttore…»
E subito,
comparve una luce accecante che illuminò tutti i presenti in quell’antro cupo.
Si
trovarono davanti ad una scena che poteva essere interpretata in due modi.
Esilarante e terrificante.
Esilarante era la posizione di Tobi e Deidara e la smorfia di quest’ultimo.
Terrificante il trovarsi davanti un uomo azzurro con le branchie e un
uomo-pianta.
«Ehi,
Deidara… posso mangiarle?» domandò l’uomo-pianta, leccandosi le labbra. Era
spaventoso, metà corpo bianco e metà nero.
Tenten ed
Ino si strinsero.
«No! Loro
serviranno al Leader per il Kyuubi… oltretutto hanno detto di essere scappate da
Konoha per diventare più forti… ai nostri livelli, no?» spiegò con pazienza il
biondo.
«Ma sono
giovanissime… non avranno più di quindici anni!» esclamò come offeso e umiliato
il ninja azzurro.
«Kisame…
sbaglio o io sono entrato nell’Akatsuki a quattordici anni?» proferì a voce
piuttosto bassa Itachi Uchiha.
Alla
bionda si strinse il cuore. Vedere così il fratello di Sasuke. Così simili
eppure così diversi. Stesso aspetto, ambizioni totalmente diverse. La rovina
degli Uchiha non era stata data dallo sterminio, ma dall’allontanamento di
quella che pareva essere la coppia di fratelli più unita del Villaggio.
«E
comunque, noi abbiamo sedici anni!» gridò vilipesa.
Vide lo
sguardo dell’Uchiha posarsi su di lei. Era pesante. Come un masso caricato sulla
schiena.
«Hai
carattere…» lo sentì sussurrare.
«È
normale che ce l’abbia! Solo i deboli non hanno carattere!» replicò a testa
alta, facendosi largo tra lui e il mukenin chiamato Kisame, avvicinandosi
all’uomo-pianta.
Gli punto
un dito contro.
«E tu non
osare mangiarmi! Ortica!»
Tutti
scoppiarono in volgari risate, persino lo stesso ninja verde.
«Ehi
Zetsu… ci sa fare a parole la ragazzina!» commentò divertito Itachi.
Tenten si
avvicinò all’amica, sorridendole complice.
«Potete
presentarci al vostro leader?» domandarono.
«Non ce
n’è bisogno…» mormorò una voce roca, bassa e graffiata. Così misteriosa e
terrorizzante.
«Vedo un
gran potenziale in voi… un chakra di incredibile potenza che deve solo essere
stimolato… in cambio voglio tutto ciò che sapete sulla Volpe a Nove Code…»
continuò.
«Le avrà»
rispose la bruna, risoluta come non lo era mai stata.
Per loro
cominciava una nuova vita.
Tutto ciò
che avevano imparato in sedici anni diventava inutile. Dovevano riprendere da
capo tutto. Ma lo avrebbero fatto. Lo avrebbero fatto per dimostrare la loro
forza.
All’Akatsuki era tutta una sfida. Bisognava sempre mettersi alla prova per
salvare la pelle.
Ma
soprattutto… non era conveniente insultare Zetsu, se ci tenevi alla testa.
Lo seguirono per un lungo corridoio, per nulla intimorite dal
ninja.
Intorno a loro aleggiava uno stranissimo silenzio, rotto solo dal
ticchettare dei passi sulla dura roccia.
L’uomo spalancò una porta alla loro
destra.
V’entrarono e subito si accorsero che Itachi e Deidara erano seduti
su delle sedie legnose, il primo batteva convulsamente il piede per terra.
Sembrava stesse tenendo il ritmo di un’immaginaria canzone nella sua
mente.
Il secondo, invece, era tutto preso dall’ultima opera artistica.
Intorno a lui volavano piccoli uccellini bianchi. Uno di questi esplose. Il
biondo sorrise.
L’Uchiha prese parola.
«Siete qui perché siamo stati incaricati di seguire i vostri
allenamenti e spiegarvi il comportamento da tenere nella nostra organizzazione.
Avremo anche l’obbligo di illustrarvi la filosofia dell’Akatsuki, alla quale
dovrete attenervi. Infine, dovrete passare un piccolo esame.» terminò, la voce
stranamente calma, chiara e limpida.
Le due ragazze annuirono, determinate al raggiungimento del loro
scopo. Risolute al punto di avvicinarsi e di domandare con voce sicura di
cominciare l’allenamento.
Videro i due uomini lanciarsi un’occhiata
divertita.
«D’accordo!» annuirono i due, prima di afferrarle per un braccio,
con un’insolita delicatezza, e di portarle in campi d’addestramento
diversi.
Quella grotta era enorme, interamente scavata nella viva roccia.
Erano presenti camere da letto, una sorta di cucina, la sala ritrovo e i nove
campi addestramento.
Ino si trovò a lavorare con Itachi, Tenten con
Deidara.
«D’accordo, ora fammi vedere di ciò che sei capace!» l’esortò
Itachi, facendole segno di attaccarlo.
La bionda afferrò un kunai e si scagliò su di
lui.
Bloccata con un semplice movimento della
mano.
Con uno scatto felino saltò all’indietro e si preparò per la sua
tecnica migliore.
«Ninpou,
Shintenshin no juts…»
venne interrotta da un pugno del ragazzo in piena
pancia.
Il suo corpo sussultò, arretrò di qualche metro, tenendosi il
ventre con le mani.
Sputò sangue a terra, ma non cadde.
Le sue gambe stavano per cedere, ma all’ultimo lanciò uno shuriken
all’Uchiha, ferendolo in profondità al braccio.
Lo vide sorridere soddisfatto.
«Brava… in pochi riescono a rimanere in piedi in seguito ad un mio
pugno. Ancor meno sono coloro che riescono a ferirmi.
Complimenti.»
Ino si illuminò dalla gioia. Era riuscita a scalfirlo. Arrossì,
imbarazzata dal complimento rivoltole.
«Ora,
se non mi sbaglio, gli Yamanaka sono delle spie perfette, la loro famosa
Shintenshin
può trasferire il loro spirito dal proprio corpo a quello del nemico…
giusto?»
«È esatto!»
«Bene…
è il momento di imparare una nuova jutsu ancora più potente che non ti penalizzi
come la Shintenshin!»
Strabuzzò gli occhi. Avrebbe imparato una nuova jutsu?
Gliel’avrebbe insegnata lui?
Il suo pensiero andò subito a Shikamaru e Choji. Loro avevano
sempre nuove tecniche di una potenza straordinaria.
Nara aveva delle tecniche con l’ombra eccezionali, avrebbero
lasciato a bocca aperta chiunque.
Akimichi invece poteva ingrandire a proprio piacimento ogni parte
del corpo. Ogni volta una nuova.
E
lei? Lei era sempre dietro. Sempre con la solita Shinten,
sempre l’ordinaria vecchia jutsu. Sempre più inutile, sempre più
sorpassata.
Stufa di essere inutile. Stufa di non servire a
nulla.
Stufa.
Nauseata.
Scocciata.
«La nuova tecnica è una superiore…» cominciò il ragazzo,
mostrandole un rotolo proibito.
Il rotolo proibito di Konoha.
«… vietata…» sorrise.
«… per la brutalità dell’esecuzione.» terminò, il volto sadicamente
sorridente.
Ino l’osservò. Era bello. Molto bello. Più di
Sasuke.
Più di Sai.
Era molto, molto bello.
«Cosa guardi?» una voce la fece sussultare, sbattendola in faccia
alla realtà.
«N… niente…» bisbigliò, afferrando l’oggetto portole da Itachi e
aprendolo.
“Ninpou,
Shimekorosu no jutsu
La Shimekorosu è una tecnica di strangolamento. Adatta soltanto ai
membri del clan Yamanaka…”
Tecnica di strangolamento?
Voleva dire uccidere. Uccidere una
persona.
Prese un lungo respiro e posò nuovamente gli occhi sulla
descrizione.
“…
viene classificata come Ninjutsu proibita.
Difficoltà di grado S…”
Difficoltà S. Valeva a dire essere Jounin davvero capaci per
poterla utilizzare.
Le sue dita si mossero da sole, andando ad intrecciarsi coi lunghi
capelli dorati. Com’era solita fare quando si sentiva nervosa. O
imbarazzata.
L’Uchiha la osservò. Graziosa.
Bella.
Splendida.
Gli Yamanaka erano famosi per i figli di gradevole aspetto. Ed Ino
non sembrava essere da meno.
Si avvicinò a lei, accovacciandosi accanto, facendo finta di
leggere anche lui, quando in realtà, si stava semplicemente inebriando del dolce
odore floreale che emanava la ragazza.
Questa tecnica non lascia scampo. Inevitabilmente porta alla
morte.
Colui che verrà colpito dalla jutsu, perderà il controllo,
strangolandosi.”
Richiuse il rotolo.
Permetteva di strangolare. Colui che veniva colpito si sarebbe
strangolato.
Morte per suicidio.
Terribile.
Alzò lo sguardo, incontrando gli occhi neri, bui di
Itachi.
«Quando inizio?» domandò la bionda
convinta.
«Anche subito… rilascia tutto il tuo Chakra!» le ordinò
lui.
Si alzò in piedi, sistemandosi la gonna, ed evocò tutto il Chakra
che possedeva.
Il campo ricevette una leggera scossa sismica, mentre buona parte
dei sassolini in terra si alzavano di qualche
centimetro.
«No, no, no!» fu interrotta.
«Troppo poco Chakra per la tecnica…» sussurrò il ragazzo,
sghignazzando.
«Non prendermi in giro!» replicò lei, infastidita.
Concentrò maggiormente il Chakra.
Urlò, mentre un’enorme aura azzurra la illuminava. Il membro
dell’Akatsuki venne spazzato via.
Cadde in ginocchio, fisicamente provata dall’incredibile sforzo
fisico.
Il ragazzo riemerse dalle rocce e le rivolse un largo
sorriso.
Non aveva mai visto Itachi sorridere in quel modo. Sembrava
splendente di un bagliore lontano.
Era meraviglioso.
«Complimenti Ino-chan! Sei stata bravissima!» le urlò correndole
incontro.
Ino-chan?
La bionda abbozzò ad una smorfia compiaciuta, mentre con difficoltà
disumana si ritirava in piedi, vacillante.
Arrancò per qualche metro prima che le sue gambe, già tremanti,
l’abbandonassero del tutto, facendole perdere
l’equilibrio.
Venne abilmente afferrata da due forti braccia
maschili.
«Ehi! Già stanca?»
«No! Io… devo imparare la nuova jutsu! Lasciami!» si dimenò con
violenza.
Lui la lasciò, quasi riluttante.
«D’accordo, provala su di me…» si
offrì.
La ragazza sorrise subdola.
«Ti credi tanto forte? Uchiha?»
«Ma io non mi credo forte…» replicò lui, avvicinandosi
sensualmente. Piegò leggermente la schiena. I loro nasi si
sfioravano.
Ino si sentì pervadere da un bollore imbarazzante. Era sicura di
stare arrossendo.
«… io sono forte…» le sussurrò in un
orecchio.
Fu spinto via con veemenza.
«Preparati!»
Tigre,
serpente, drago, serpente, cane, gallo.
«Ninpou,
Shimekorosu no jutsu!»
Nulla.
Evocò più Chakra.
«Ninpou,
Shimekorosu no jutsu!»
Niente, Itachi era ancora lì. Fermo sul posto. E la guardava con
aria di sfida.
Rifece i segni. Rievocò la sua
potenza.
«Ninpou,
Shimekorosu no jutsu!»
gridò.
Ancora nessun movimento anomalo da parte del
ragazzo.
Stava cominciando a perdere la
pazienza.
Strinse i denti e i pugni. Chiamò a sé tutta la forza che possedeva
in corpo. Ogni goccia di energia venne risucchiata in un turbine
vigoroso.
«NINPOU,
SHIMEKOROSU NO JUTSU!!!»
urlò, rilasciando un’incredibile quantità di
Chakra.
Dapprima non successe nulla.
Poi, vide che le mani di lui stavano cominciando a muoversi da
sole, avvinghiandosi al collo.
Vide i muscoli sulle sue braccia stirarsi, cercando di contrapporsi
a quella forza invisibile.
Cercò di mantenere gli occhi aperti, ma ciò le riusciva
spaventosamente difficile. Oscillò per qualche secondo, prima di cadere a terra,
svenuta.
Percepì qualcuno alzarla e prenderla in braccio, prima di cadere
nel limbo.
«Allora, bellezza, ci sei?» domandò Deidara,
seccato.
«Ehi carino! Guarda che mi sto concentrando! Non rompere!» ribadì
la ragazza bruna, tornando ad affilare il suo
kunai.
Il biondo sbuffò.
«Certo che sei una noi… Ah!» esclamò, troncando la frase. Un kunai
lo aveva trafitto sulla schiena.
«Ma guarda che simpatica ragazzina…» mormorò tra sé e sé,
strappandosi l’arma e cominciando a giocherellarci pensieroso, continuando a
dare le spalle a Tenten.
«Ehi biondo! Guardami!» lo incitò la
ragazza.
«Potrei non staccarmi più, eh?» rispose maliziosamente, voltando lo
sguardo e trovandosi la mora a pochi centimetri dal naso. E uno shuriken nello
stomaco.
«Ma devi proprio colpirmi così brutalmente, tesoro?» esclamò lui,
carezzandole il mento.
«Dai, bando alle ciance… tira fuori la grinta bellezza! Fammi
vedere cosa sai fare!»
Lei annuì, felice che finalmente avessero smesso con quei giochetti
stupidi. Un po’ le dispiaceva però.
Afferrò
due rotoli e li fece volteggiare sopra di lei. Erano i Soushouryu.
Saltò incredibilmente in alto e cominciò a girare su sé stessa,
afferrando le armi che comparivano dai rotoli. Mirava a
Deidara.
«Mamma… sto tremando di paura…» sbadigliò, respingendo ogni attacco
solo con un kunai. Lanciò uno shuriken, stracciando così uno dei rotoli della
ragazza. Tenten cadde a terra con un tonfo.
Si rialzò, dolorante.
«Ti sei fatta male?» domandò il biondo. Non appariva un tono di
scherno nella voce. Forse si era davvero
preoccupato.
«No! Ci vuole ben altro per mettermi al tappeto!» esclamò lei,
mostrandogli la lingua.
«Brava, così ti voglio!» la incitò l’uomo, estraendo un rotolo
dalla tasca del mantello dell’Akatsuki.
«E quello… cos’è?» chiese incuriosita.
«Oh… soltanto un regalino per te e il tuo
allenamento.»
Tenten afferrò il rotolo e lo aprì. Dentro vi era scritta una sola
parola.
«Shiraha»
Subito comparve in una nuvoletta di denso fumo bianco, un grande
bastone tagliente. Le lame erano posizionate su entrambi i lati
dell’arma.
«Possiamo tranquillamente chiamarla… Trottola Demoniaca, bellezza!»
la informò lui.
«Cioè?» balbettò la bruna, rigirandosi ammirata l’oggetto tra le
mani. Il volto illuminato di una strana luce di
meraviglia.
«Impugna il bastone davanti a te…»
Lo fece.
«Comincia a volteggiare intorno a te
stessa.»
La ragazza eseguì. Prese a girare intorno ad un perno
immaginario.
Gira.
Gira.
Gira.
«Più veloce! Più veloce!»
Gira. Più veloce.
Gira. Più veloce.
«Di più!»
Più veloce. Più veloce.
Più veloce. Più veloce.
Ormai roteava ad una velocità inconcepibile. Il chakra veniva
rilasciato da ogni parte del suo corpo. Era diventata una trottola
azzurra.
Deidara preparò tre piccoli uccelli grazie alle sue mani. Questi si
avvicinarono alla ragazza.
Tranciati in pieno. Di loro, solo pezzettini sparpagliati in
terra.
La mora prese a rallentare.
Era arrivata al limite. La tecnica l’aveva prosciugata
completamente dalle forze.
Cadde in ginocchio, stanca, provata, ma
felice.
Era molto tempo che non sorrideva così dopo un allenamento. Subito
pensò a Neji.
Lei e Neji si allenavano sempre insieme… amava recarsi tutti i
giorni a casa dello Hyuuga, apparire improvvisamente sul davanzale della sua
finestra e svegliarlo…
«Neji! Sveglia!»
«Tenten!»
«Muoviti! Ti aspetto fuori!»
Attendere il suo arrivo sul ciglio della porta. Salutare
Hiashi-sama. Sbeffeggiare Hanabi mentre lei non
sentiva.
E poi incamminarsi insieme, prendendolo in giro sul fatto che fosse
un dormiglione.
«Signor Hyuuga… sa di essere un
pigrone?»
«Taci Tenten!»
«Pigrone, pigrone, pigrone! Hai preso la
Shikamarite!»
«La… che cosa?»
«Ma sì… “Shikamarite”! Un po’ di elasticità mentale,
Neji!»
Ridacchiò.
“Shikamarite”.
«Che hai da ridere?»
Si accorse di essere ancora nel campo di allenamento e che quello
che aveva davanti era Deidara.
Cosa aveva fatto?
Rimembrato il passato.
E cosa si era promessa di non fare
più?
Quello.
Abbassò lo sguardo. Improvvisamente, il sorriso scomparve dalle sue
labbra, sostituito da un infinito senso di
tristezza.
Perché doveva proprio pensare a lui? Neji… quel nome non doveva
significare più nulla per lei.
Nulla.
Nulla!
Neji, Rock Lee, Shikamaru, Naruto… erano nomi che doveva
dimenticarsi. Doveva scacciarli dalla mente.
Non poteva permettersi di ricordarli. Non poteva permettersi di
guardare indietro.
Qualcuno le sollevò il meno con un
dito.
«Tutto bene?» le chiese l’uomo, con aria estremamente calma e,
forse, preoccupata.
«Sì…» biascicò Tenten, prima di crollare tra le braccia del biondo,
perdendo i sensi.
«Neji?»
«Sì?»
«Ne… Neji?»
«Sì?»
«Ne…»
…
«Chi sei tu?»
Sakura si era allenata duramente, raggiungendo il suo scopo:
diventare ninja medico.
Era come una piccola Tsunade, ovunque andasse, i ninja la
salutavano, congratulandosi con lei per l’ottimo lavoro che stava svolgendo
nella sezione ANBU.
Naturalmente, la ragazza era onorata di ricevere così tante
attenzioni, sorrideva spesso a coloro che la fermavano per strada,
ringraziandola.
Sì, sorrideva. Ma non erano veri sorrisi i
suoi.
Da quando aveva perso la propria migliore amica e il ragazzo che
amava, ogni accenno di felicità le sembrava un torto nei confronti di Ino, che
non poteva essere lì, a ridere con lei. E Sasuke-kun a sorridere beffardo, come
aveva sempre fatto.
Ormai consumava uno strano affetto con un’altra persona che era
molto vicina alla Yamanaka.
Si abbracciavano, si lanciavano fulgide occhiate, si consolavano.
Arrivavano persino a regalarsi casti e fugaci baci sulle labbra. Ma non era
amore. Tutti dicevano che non era amore.
Sakura sapeva bene che Shikamaru non l’avrebbe mai amata. Lui
cercava in lei la bionda compagna. Cercava i comportamenti, l’atteggiamento,
persino il modo di parlare. Ma trovava solo un’ombra lontana. Si chiudeva in un
sogno e passava giornate intere ad osservare il
cielo.
Lei invece, cercava in lui i silenzi e l’intelligenza di Sasuke. La
sua indifferenza davanti ad ogni singola cosa.
Cominciò a vestirsi più spesso di azzurro. L’azzurro le ricordava
Ino. Lei e i suoi occhi profondi, meravigliosi, estasianti. Brillanti della più
pura delle felicità.
Lei, Shikamaru e Neji si trovavano spesso a mangiare insieme, o ad
essere scelti come Team per delle missioni, dal momento che il Team Gai e l’ex
Team Asuma non esistevano più senza le ragazze.
Il trio sembrava unito e diviso. Unito da un sentimento di
amicizia, o di conforto, a seconda dei punti di
vista.
Ed era sempre difficile superare ogni giorno insieme, senza
piangere, senza pensare a loro.
Anche Neji era triste. Se prima sorrideva raramente, ora non
sorrideva più. L’ironia era scomparsa dai suoi occhi. Il sarcasmo pungente non
gli sfiorava più le labbra. L’aria di superiorità non solcava più l’espressione
impassibile.
Era diventato un enorme pezzo di ghiaccio. Incapace di essere
felice, incapace di essere triste.
Incapace di essere vivo.
Viveva le sue giornate così, lasciando che gli scorressero davanti
agli occhi, succube degli avvenimenti.
Gli mancava Tenten. Gli mancava molto.
Ed ogni giorno gli sembrava sempre più stupido affacciarsi alla
finestra e attendere che lei venisse a svegliarlo, come aveva sempre fatto,
irrompendo rumorosamente.
Adorava quando i suoi occhi si tingevano di nocciola, guardando
quelli dell’amica.
Risero in maniera davvero volgare, porgendo all’uomo biondo un
altro bicchiere di quello che, in apparenza, poteva sembrare del sakè
invecchiato.
«Allora… notizie?» domandò il più corpulento dei tre. Fu zittito
dall’amico bruno, il volto già leggermente arrossato. Più degli altri. Era
sempre stato il primo a sbronzarsi.
Il ninja dai capelli chiari fece girare, annoiato, il sakè. Ne
tracannò un lungo sorso, posando poi con esasperazione il bicchiere sul tavolo
legnoso.
«… no… ormai non la vedo da due mesi…»
borbottò.
«Già… Shikamaru tenta sempre di mettersi in contatto con jounin in
missione per avvertirli che nel caso la vedessero di chiamarlo… gli manca
proprio…» constatò il moro, scuotendo la lunga coda di capelli
alta.
«Anche Choji è più triste del solito…»
«Chissà se sta bene…» aggiunse il biondo, come non minimamente
toccato dalle parole dei suoi migliori amici. Aveva tutta l’aria di aver
iniziato una sorta di monologo interiore, non curandosi della presenza di altri.
Forse l’alcool stava avendo il suo effetto…
Si beve per dimenticare.
Si beve per lasciarsi alle spalle le difficoltà e vivere, anche se
per poco tempo, nel proprio mondo. Un mondo sempre
felice.
L’alcool è una droga. Una droga per lo
spirito.
«Dopotutto è sempre stata una ragazza forte e sicura di sé stessa…
la mia piccola Ino-chan…» continuò, bevendo nuovamente dal
bicchiere.
«Già… ha sempre avuto il carattere delle nostre mogli, eh,
Inoichi?»
Da sbronzo, Shikaku diventava doppiamente seccante. Però non aveva
torto questa volta.
«Yoshino sembra avere lo stesso carattere di Ino… è presuntuosa,
determinata, sicura, comandina, seccante e…» si bloccò, come cercando le parole
migliori per concludere il discorso.
«… e bellissima…» terminò, sognante.
«Ma guardatelo, Shikaku è innamorato come quando era ragazzino e
spiava la ormai “signora Nara” mentre lei si allenava, barra, usciva con le
amiche, barra, usciva di casa, barra…» lo sbeffeggiò il più robusto, lasciando
però la frase incompiuta.
«Choza… sono ubriaco, ma ci sento benissimo! E se non la smetti
potrei anche non rispondere delle mie azioni e uccidere l’esponente principale
del Clan Akimichi…» lo avvertì Shikaku, la voce perfettamente calma e
riflessiva.
Silenzio.
«Voi due… non dovevate tirarmi su il morale?» rammentò loro
Inoichi.
«Teoricamente sì…» cominciò Choza.
«… ma davanti ad un sakè invecchiato quattro anni fa, sai che mi
sciolgo…» concluse Nara, un sorrisetto provocatorio che gl’increspava le
labbra.
«Stronzi…» sibilò Yamanaka, un tono divertito nella
voce.
«Vedi… il Clan Nara tramanda questa bastardaggine da figlio a
figlio… e se mai Shikamaru si sposerà la tua Ino, cosa che spero per lui, si
comporterà esattamente così… non c’è niente da fare… siamo bastardi
dentro!»
«E direi che questo mi tira su il morale in una maniera
disumana…»
«Oh, vuoi cominciare col sarcasmo pungente? No, perché in quel caso
potrei tirare fuori il mio repertorio personale e surclassarti su tutta la
linea…» replicò il moro, perfettamente tranquillo.
I Nara erano famosi anche per essere dei tremendi avversari a
parole. Riuscivano a restare così maledettamente calmi in ogni situazione… era
ossessionante!
«Wow… tesoro se fossi una donna ti
bacerei…»
Peccato che quando erano ubriachi potevano uscirsene con certe
cazzate…
Inoichi sorrise, battendo una pacca sulla spalla
dell’amico.
Si beve per dimenticare.
Si beve per poter passare una notte diversa dalle
altre…
«Ciao Neji!»
Chi era quel dannatissimo rompiscatole? In quel momento non voleva
vedere nessuno.
Lo Hyuuga era sdraiato sul suo fuuton. Lo sguardo argenteo perso
nell’infinità del bianco soffitto.
«Se sei Rock Lee… non voglio sentirmi ripetere che la mia
giovinezza sta andando a puttane, perché non mi interessa,
capito?»
Silenzio dall’altra parte della porta.
«Neji nii-san?» una vocina timida si fece strada nelle sue
orecchie.
«Lo stesso vale per voi, Hinata-sama…»
Dei bisbigli.
«Konoha
sempuu!»
La porta venne abbattuta.
Neji rimase impassibile, non contraendo un
muscolo.
«Ok, la situazione è grave… gravissima, graverrima! Vado a chiamare
Gai-sensei!» esclamò Lee.
«Se solo osi dire a Gai-sensei che sono depresso, ti strappo quella
tua cazzo di calzamaglia e te la faccio ingoiare…»
Hinata rise.
L’altro ragazzo arrossì dall’imbarazzo e lasciò la camera, diretto
verso il campo di addestramento.
Erano soli.
«Neji nii-san… io non voglio mettere il dito nella piaga, ma non
puoi lasciarti andare così…» cominciò, prendendo un lungo
respiro.
«… conosco una persona, e sicuramente la conosci anche tu, che
direbbe “Non sono capace di arrendermi! La salverò a costo della mia stessa
vita!” e sai chi è, Neji?»
«Fatemi indovinare… Naruto Uzumaki…»
«Esatto. E conosco un altro ragazzo che invece direbbe: “Lasciare
una persona a sé stessa, è come lasciare un cane privo di guinzaglio… più tempo
passa senza che tu intervenga, più ti dimenticherai di farlo in
futuro”.»
Il ragazzo strabuzzò gli occhi.
«Chi… chi è che lo dice?» domandò,
esitante.
«Kiba!» rispose subito la ragazza, arrossendo. Gli occhi le si
erano illuminati al nome del compagno di squadra.
«Chi, quello spiantato dell’Inuzuka?» aggiunse
beffardo.
«No! Kiba… Kiba non devi insultarlo!»
Neji sorrise divertito, alzandosi dal proprio fuuton e afferrando
un paio di kunai.
«Vado ad allenarmi…» disse freddo.
Glaciale.
Sembrava essere tornato il solito, vecchio
Hyuuga.
Ma, sorpassandola, Hinata percepì qualcosa di caldo sfiorarle la
mano. Era stato lui.
Il suo modo per ringraziarla.
Sakura gli carezzò la mano.
Lui sorrise. Un sorriso terribilmente triste e
vuoto.
Si sedette sulla panchina, la sua panchina preferita. Lasciò che la
ragazza si accoccolasse sulle sue gambe, appoggiando la schiena contro il suo
corpo scolpito e facendo lentamente scivolare la testa sulla spalla del
ragazzo.
La abbracciò intorno alla vita. La strinse a sé, inebriandosi del
profumo che non le apparteneva.
Restarono così per qualche minuto. Guardavano il cielo. Lo facevano
tutti i giorni, ormai.
Shikamaru la baciò sulle labbra. Sakura
rispose.
Distolsero entrambi lo sguardo.
«Sakura… tu sai che…»
«Sì… non c’è bisogno che me lo dica… neanche io ti
amo…»
«È
solo che tu mi ricordi tanto… lei…»
«E i tuoi silenzi mi ricordano incredibilmente
Sasuke…»
Nara voltò il viso mesto, in modo da non incontrare quello
dell’amica.
«Ma cosa stiamo facendo…» sussurrò d’un tratto, slegandola dalla
presa alla vita e facendo per alzarsi.
«No! Ti prego…» lo implorò Haruno, trattenendolo con una
mano.
La guardò stranito.
«Baciami…»
«Cosa?»
«Baciami, ti prego…»
«Sakura… lo sai che…»
«Lo so benissimo! Ma la tua espressione annoiata…» gli sfiorò il
viso.
«… i tuoi scuri occhi tristi…» gli passò un dito intorno agli
occhi.
«… la tua apatia… tu…» una lacrima.
«… tu sei come Sasuke…» lo abbracciò.
Shikamaru la osservò, carezzandole i
capelli.
Quell’esile corpicino che teneva tra le braccia gli ricordava
troppo la sua Ino. Troppo.
Un vuoto insostenibile s’impadronì del suo
cuore.
La baciò con passione, immaginando di baciare una bionda ragazza.
Immaginando di poter vedere dopo un paio di occhioni azzurri brillanti.
Immaginando poi di sentire la sua voce squillante e
limpida.
Mentre
le lacrime di entrambi, si mischiavano, convergendo nelle labbra incollate da un
bacio privo d’amore.
«Ah!»
esclamò, cadendo in ginocchio e tenendosi il cuore.
«Cos’è
successo?» domandò preoccupato un ragazzo moro, correndo incontro alla
ragazza.
«Oh…
nulla… un specie di… fitta al cuore…» ansimò lei, afferrando la mano che lui le
aveva porto e tirandosi in piedi.
«Oh,
d’accordo… beh… riprendiamo gli allenamenti?»
«No,
ti prego Ita-kun… basta! Non ce la faccio più!» si lamentò, crollandogli addosso
e sorridendo sorniona.
«Hai
male da qualche parte?» chiese premuroso.
«Beh…
ho le braccia indolenzite…» rispose, massaggiandosi gli arti stancamente,
sporcandosi del sangue che solcava quella pelle candida, ora piena di tagli e
abrasioni.
«Mi
prenderò io cura del tuo corpo…» la tranquillizzò Itachi.
Mi
prendero cura del tuo corpo...
…cura
del tuo corpo…
…del
tuo corpo…
«E
tu amico, prenditi cura del mio corpo!»
«Certo!»
«Shikamaru!
Prenditi cura del mio corpo!»
«Al
solito, Ino!»
«Shika!
Sai cosa fare!»
«Mi
prenderò cura del tuo corpo!»
«Trio InoShikaCho pronto
all’azione!»
«Choji! Smettila di mangiare!»
«Ma tu ti devi sempre lamentare?»
«Ino… sei una ragazzaforte, determinata e affidabile… Choji e Shikamaru sono dei tipi
maldestri… conto su di te perché li tenga
d’occhio…»
«… sì…»
«… e non perdere contro Sakura… né in Ninjutsu, né in
amore…»
«… d’accordo…»
Choji e Shikamaru sono dei tipi
maldestri…
… e non perdere contro Sakura…
…conto su di te perché li tenga
d’occhio…
«Sensei…»
«Ino? Stai bene?»
«S… sensei…»
«Ino!»
«A… Asuma-sensei…»
«INO!!!»
«Ino? Stasera hai da fare?»
«Sì Shikamaru, devo allenarmi…»
«Ah…»
Riaprì gli occhi, stordita.
«D… dove sono?» biascicò.
«Sei in camera mia… hai perso i sensi ripetendo “Asuma-sensei…”,
“Shikamaru” e “Choji”… chi sono?»
«Nessuno. Non sono proprio nessuno,
Itachi-kun…»
«Non sono assolutamente nessuno.»
«Vengono da un luogo cui io non appartengo
più.»
Tenten si lasciò cadere a terra, stremata dalla
fatica.
«Già stanca, tesoro?» fece una voce schernitrice dietro di
lei.
«Sì, Deidara-kun! Sono due mesi che ci alleniamo senza sosta almeno
cinque ore al giorno… sono sfinita!» replicò, alzando la
voce.
«Scusami Ten-chan… ti chiedo umile perdono!» Deidara s’inchinò,
prendendola in giro.
«Deidara-kun?»
«Sì?»
«Vaffanculo!»
«Altrettanto a te, grazie!»
La bruna rise di gusto, aggrappandosi al braccio del biondo per
evitare di cadere.
«Cos’è… non puoi stare un secondo senza toccarmi?» domandò con
malizia.
«Deidara!»
«Presente all’appello!»
La ragazza gli tirò uno scappellotto, per quanto la sua altezza le
permettesse.
«Ehi nanerottola! Cosa credi di fare?» l’uomo la prese per la vita,
tirandola a sé e stampandole un bacio sulla
guancia.
Lei si staccò con forza, pulendosi dalla bava umidiccia che le era
rimasta sullo zigomo. Imprecò.
«Ehi, Deidara… perché ti comporti così con me? Insomma… sei più
espansivo, simpatico… sei… diverso…» proferì la bruna, abbassando lo sguardo e
arrossendo violentemente.
Il biondo si zittì improvvisamente. Anch’egli guardò
terra.
«Tenten… è giunto il momento che ti spieghi una cosa. Quella che
noi chiamiamo volgarmente “filosofia”, ma che in realtà è più di uno stile di
vita. È la nostra regola principale.»
«E sarebbe?»
«”I
nemici sono coloro che ti considerano tale. Loro vanno uccisi. Chiunque non ti
attacchi, non è nemico…»
La ragazza trasalì, colpita nel profondo da quelle
parole.
Mai parole furono più esatte.
Il nemico non è una persona considerata tale dagli altri. Il nemico
è colui che ti considera nemico.
Era vero. Assolutamente.
Indubbiamente.
«…
Comportati da nemico, solo col nemico.»
terminò Deidara, prendendo un lungo respiro.
Calò il silenzio.
«Quindi…»
«… Gaara era un nemico prefissatoci dal Leader, e in quanto suoi
subordinati, dovevamo obbedirgli ciecamente. Kankuro ha attaccato Sasori. Non il
contrario. Itachi e Kisame sono stati attaccati dapprima da quei due Jounin, poi
da Jiraya-sennin, infine da Kakashi e i suoi subordinati. Hidan e Kakuzu da quel
sensei di Konoha che è morto nello scontro.»
Lei annuì. Aveva ragione. Aveva dannatamente
ragione.
«Il Male non esiste. Così come non esiste il Bene. Sono dei
complessi mentali che ci fanno riflettere. Come il fatto che qualunque cosa
malvagia sia una distorsione del Bene. Pensaci, Tenten: tutto è Bene, finché non
è abusato, allora diventa Male.»
Entrambi annuirono gravemente, ma la ragazza sentì il bisogno di
rompere quel dannatissimo e odioso silenzio.
Le dava fastidio un Deidara zitto. Muto. Stanco.
Triste.
Non era il Deidara espansivo… esplosivo, che
conosceva!
«Deidara-kun?»
«Mh?»
«C’è una filosofia anche per spiegare perché porti lo
smalto?»
Due anni passarono. Veloci. Spazzati via dal vento freddo e
sferzante dell’inverno. Dalla brezza più tiepida della primavera. Sciolti dal
caldo sole estivo e dall’afa. Calpestati come le scricchiolanti foglie
autunnali.
Gai-sensei sorpassò arrancante l’entrata di Konoha. La ferita alla
gamba era notevolmente profonda e copiose macchie purpuree cadevano in terra,
intaccando la pulitissima strada pietrosa.
Con un cenno della mano, chiamò i controllori delle porte del
Villaggio: Izumo e Kotetsu, con loro c’era anche Genma, il jounin era appena
tornato da una missione.
«Gai-senpai! Cos’è successo?» domandarono con una nota di terrore
nella voce. Chiunque avesse ridotto in quello stato Maito Gai doveva essere
stato veramente, ma veramente, potente.
«Attacco… ho incontrato… l’Akatsuki nell’ultima missione… un tizio,
Tobi… mi ha risparmiato…» rispose faticosamente il moro, perdendo poi i sensi,
crollando in mezzo alla strada.
I due jounin lo presero in braccio, portandolo all’ospedale della
Foglia e dirigendosi poi al cospetto dell’Hokage, per fare rapporto
sull’accaduto.
«Hokage-sama?»
«Avanti!» un’imperiosa voce femminile li chiamò a
sé.
«Hana-san?!» salutò Genma, arrossendo, stupendosi di trovare lì la
sorella dell’Inuzuka, venuta per curare Tonton.
«Genma-senpai!» fece un cenno lei, altrettanto
rossa.
Qualcuno tossicchiò, rompendo l’atmosfera. Proveniva dalla Godaime,
la quale, era evidente volesse venire a conoscenza dei
fatti.
«Oh, sì! Godaime-sama, Maito Gai ci ha messi al corrente di essere
stato attaccato da un membro dell’Akatsuki e che vuole parlare con lei, dice che
è importante e che potrebbe interessare molto a due ninja del
villaggio.»
Tsunade strabuzzò gli occhi. Akatsuki. Interessare a due
ninja.
Neji e Shikamaru.
Tenten ed Ino.
Si alzò con veemenza dalla propria seggiola, catapultandosi fuori
dalla porta e correndo ad una velocità inimmaginabile verso
l’ospedale.
«Possibile che…»
«E tu ritieni essere uno tra i jounin più potenti di Konoha? Scarso
direi…»
«Taci!»
«Conosco due ragazze, anch’elle provenienti da Konoha, che ti
sconfiggerebbero con le mani legate dietro la
schiena…»
«Due… due kunoichi?»
«È quello che ho detto, sei pure sordo oltre che
scemo?»
«No, no, dimmi di quelle due!»
«Perché mai…»
«MI INTERESSA!»
«Ma lo sai che sei proprio maleducato? Bisogna sempre attendere che
quello che sta parlando finisca la frase, è questione di
educazione!»
«E va bene, ma ti prego,
dimmelo!»
«Potrei… ma non ho voglia… ti dico solo che sono due bellissime
ragazze… Deidara-senpai e Itachi-san sono pure diventati strani dopo averle
conosciute…»
«…»
«Ma ora… potrei anche ucciderti… ma dopotutto sei simpatico… mi
limiterò a conciarti per le feste…»
L’uomo aprì gli occhi, ancora scosso dal sogno. Scrollò
violentemente la testa intrinseca di pensieri
disordinati.
La porta si spalancò fragorosamente. Entrò una donna
bionda.
«Gai!»
«Tsunade-sama…
l’Akatsuki… Tenten
ed Ino…»
«Gai! Ti prego, non dirmi che Tenten ed Ino sono state catturate
dall’Akatsuki…»
«Io non ve lo dico… però è così…» il moro annuì gravemente, prima
di chiudere gli occhi e cadere nel limbo del sonno.
La donna lo osservò scioccata. Strinse i pugni, tremante di rabbia.
Colpì il muro della stanza, facendone cadere una buona
parte.
«Shizune!»
«Sì Tsunade-sama?»
«Chiamami immediatamente Shikamaru Nara e Neji
Hyuuga!»
A/N
Perché ho come la strana sensazione che verrò linciata?
O.o
Ok, ok... non mi piace la ShikaSaku... però mi attirava metterla in
questa fic, dopotutto è un po' incasinata, perciò mi piace pensare che Shikamaru
veda in Sakura Ino perché erano migliori amiche.
E mi piace pensare che Sakura veda in Shikamaru lo stesso
comportamento menefreghista di Sasuke, e lo stesso fatto di nascondere i propri
sentimenti senza mostrarli a nessuno...
Mah, sarò pazza.
Vorrei sottolineare una cosa, però:
Questa fic l'ho scritta... mesi fa? Sì! Anche prima dell'inizio
dell'estate... perciò troverete, nel corso dei capitoli, un lieve cambiamente di
stile, a cominciare dalle frasi che non saranno più...
"Ciao
Sono
AtegeV"
Cioè una sotto l'altra... ma saranno molto più scorrevoli! Quindi,
l'intera fic, penso, migliorerà! ^^
Detto questo, vi lascio! Ho talmente tanti compiti che non riesco
più nemmeno ad accendere msn... sigh, sob!
A chiunque abbia commentato: Grazie infinite! Mi rendete... una
ragazza strafelice!!! *_*
«Tu cosa?» domandò incredulo Deidara, prendendo l’uomo che aveva
davanti e scuotendogli le spalle avanti e indietro, imprecandogli
contro.
«Come hai potuto dire a quel cretino verde che Ino e Tenten-chan
sono qui da noi! Un’ottima maniera per farci venire contro tutta Konoha!
Idiota!» continuò, prendendo a tirargli pugni.
«Deidara-senpai! Non preoccuparti! L’ho ridotto talmente male che
morirà durante il tragitto! E se mai dovessero mandare qualcuno… Tenten, Ino, tu
e Itachi-san li sconfiggereste in un batter d’occhio, no?» rispose Tobi, come
fosse la cosa più ovvia del mondo.
Il biondo lo lasciò andare.
«Sai che non hai tutti i torti? E bravo Tobi!» gli batté una mano
sulla spalla.
«Deidara-chan?» una birichina voce femminile lo fece voltare,
piuttosto irritato dal nomignolo affibbiatogli.
Non si stupì affatto di incontrare
Tenten.
«Dimmi, piccola…»
«Piccola? Ma Deidara-senpai, ti sei innam… mfuhafuh!» il ragazzo
che portava la maschera arancione fu zittito con una mano
dall’altro.
«Veramente mi hai chiamata tu… hai detto che devi spiegare a me e
ad Ino la prova… finalmente, dopo due anni…»
«Oh, giusto! Aspettiamo anche In…»
«Ciao Deidara-chan!»
«…o…» concluse, ulteriormente seccato dal poco
rispetto.
«Presente all’appello…» soggiunse Itachi, esattamente dietro la
bionda.
«Benissimo… allora, la prova consiste nell’uccidere una persona,
utilizzando le nuove tecniche che avete imparato!»
Le due ragazze sbiancarono. Uccidere? Uccidere un
innocente?
«U… uccidere? Ma Deidara-kun…»
«Sì, uccidere. Togliere la vita, sgozzare, svenare, smembrare, far
esplodere… scegliete voi la morte più adatta! Ma forse è ancora troppo presto…»
aggiunse con aria di superiorità.
«No! Siamo pronte!» accertò Ino, la voce più stridula del solito,
ma chiara e limpida. Risoluta della sua decisione.
«Benissimo… allora… partiamo immediatamente per
Ame.»
«Godaime-sama? Ci ha chiamati?» domandò Shikamaru, piuttosto
incuriosito dalla foga che aveva avuto Shizune nel momento in cui aveva trovato
i due.
«Abbiamo indizi su Ino e Tenten!»
Neji, entrato in quell’istante, s’irrigidì. Shikamaru trasalì,
eccitato.
«Dove?» chiesero entrambi con un fil di
voce.
«Gai ha combattuto contro uno dell’Akatsuki, diciamo la nostra
“fonte”, esattamente al confine tra i due fiumi che dividono la Terra del Fuoco
da quella del Vento.»
Nara deglutì.
«Nara Shikamaru, Hyuuga Neji! La vostra nuova missione: riportare
indietro Tenten e Ino!»
Ma non fece in tempo a finire la frase, che i due erano già
schizzati fuori.
«Neji! Troviamoci alle porte di Konoha tra mezz’ora, vado a
preparare lo zaino.»
Il Chuunin chiuse la porta dell’edificio dietro le proprie spalle e
si allontanò dall’amico, diretto verso la sua casa.
Alzò gli occhi al cielo, ormai non faceva altro, cominciò a
scrutarlo in tutta la sua infinita bellezza, mentre ciò che da vicino poteva
sembrare una smorfia di soddisfazione, si allargava sul volto dai tratti più
adulti del normale, portandolo ad avere un’espressione stranamente felice. Era
da tempo che non lo si vedeva più così.
La smorfia si trasformò repentinamente in un sorriso. Un grande
sorriso. La bocca venne dischiusa e Shikamaru scoppiò in una grande e felice
risata.
Prese a correre, eccitato come non mai, trovandosi presto davanti
alla porta della propria casa, ma beccandosi le occhiate disaccordi di alcuni
abitanti del villaggio.
«Mamma! Papà! Ho una missione!» gridò ai propri genitori,
catapultandosi in camera e prendendo lo zaino, ormai già pronto da oltre tre
mesi. Gli adulti compresero di che si trattasse.
«Shikamaru?» un’insolita dolce voce femminile lo chiamò
soave.
«Mamma?»
«Tesoro… ti prego… non fare pazzie!» Yoshino Nara abbracciò il
figlio con tutta la tenerezza che solo una madre poteva
donare.
Lo baciò sulla fronte, carezzandogli i capelli con amabilità,
stringendolo a sé con tutte le proprie forze, quasi non volesse lasciarlo
andare.
«Ma… mamma?» sussurrò il ragazzo, guardando stupito il genitore.
Stava piangendo. Le sue lacrime si posarono lentamente sulla spalla di
lui.
«Mamma… perché piangi?»
«Io non sono mai stata una buona madre… ho sempre sbraitato. Mi
sono sempre arrabbiata… ho osato alzare le mani su te e papà…» cominciò la
donna, singhiozzando.
«Mamma…»
«Per te Ino è più di un’amica, vero? Tu hai bisogno di lei… quasi
quanto un bambino ha bisogno della sua mamma… vai, tesoro, vai e salvala!»
terminò, la voce rotta dal pianto che sembrava non
cessare.
«Mamma!» esclamò Shikamaru, buttando le braccia attorno al collo
della madre, riversando in quel gesto un amore di impossibile
descrizione.
Per certi sentimenti, a volte, le parole sono soltanto superflue…
l’amore di una madre per il proprio figlio è una cosa così tenera e delicata che
descriverla vorrebbe dire intaccarne la purezza e la meravigliosa
semplicità.
Rimasero così, uniti da un abbraccio
indissolubile.
Quando si allontanarono, il ragazzo sentì premere qualcosa sulla
spalla. Alzò gli occhi, incontrandone la fotocopia, ma più cerchiati e segnati
dall’età.
«Papà!»
«Va’ figliolo… sono fiero di te! Riporta a casa
Ino!»
Il Chuunin annuì e, con gli occhi lucidi, varcò l’uscita della
propria casa.
Non aveva fatto che qualche passo quando vide un’ombra
raggiungerlo. Un’ombra molto, molto grossa.
Senza staccare gli occhi da terra, attese che quell’ombra si
fermasse davanti a lui.
«Non dire nulla… ti prego…» s’interruppe, tirando su col
naso.
«… non dire nulla…» bisbigliò flebilmente, con voce
tremolante.
«Oy, Shikamaru! Che hai?»
«Nulla…»
«Non me la dai mica a bere! È un mese che ti comporti così… non
c’entrerà mica una biondina tutta pepe?
«Zitto Choji! Non capisci niente!»
«Ma guarda un po’… uno cerca di
aiutarti…»
«Non tornerà, vero?»
«Ecco una cosa di te che mi fa imbestialire… guardi sempre il
bicchiere mezzo vuoto…»
«Così non rimango deluso…»
«Per una volta, invece, dovresti essere ottimista! Vedrai, la
troveranno! E scommetto una grigliata che manderanno te a
riprenderla!»
«E Tenten?»
«A lei ci penserà Neji… senz’ombra di
dubbio!»
«Choji… se c’è una cosa che mi fa imbestialire di te… è che vedi
sempre il bicchiere mezzo pieno…»
«Così non rimango deluso…»
«… cosa…?»
«Buona fortuna, amico mio… riporta qui la nostra
Ino…»
La figura bonaria gli porse una
sigaretta.
L’aveva già vista quella sigaretta.
La prese e, dopo averla accesa, la mise a contatto con le labbra,
inspirandone il fumo inebriante.
Sbuffò fuori una nuvoletta grigia.
«Asuma-sensei… appena ha tempo, dia un occhio a me ed Ino…»
Entrambi i ragazzi sorrisero.
«Ci vediamo, Choji!»
«Ciao, Shika!»
Nara si allontanò, un passo più svelto del
solito.
Akimichi vide luccicare davanti ai suoi occhi delle
monete.
«Cretino!»
Neji non aveva mutato espressione da quando Tsunade-sama l’aveva
informato degli indizi riguardanti il rapimento di
Tenten.
Era rimasto fermo, scioccato. Un’espressione di perenne stupore
stampata in viso.
In poco tempo arrivò a casa, aprì i cancelli e corse attraverso il
campo allenamento, dove molti esponenti del suo Clan si stavano allenando
assiduamente.
Tra questi Hiashi Hyuuga.
Tra questi Hinata Hyuuga.
Abbassò lo sguardo in terra, stirò le labbra in un minuscolo e
quasi lieve sorriso.
«Arigatou,
Hinata-sama…»
sussurrò impercettibilmente, ritirandosi poi dentro casa e salendo nella propria
camera.
Ma questa volta, nemmeno il Byakugan a 360° gli servì molto. Era
seguito da una minuta figura femminile. Ad ogni passo, i suoi capelli si
scuotevano, riflettendo i pallidi raggi di un sole che andava
morendo.
Lo Hyuuga percepì lo scricchiolio dei piedi sul legno. Si voltò.
Hinata troneggiava, bella come non lo era mai stata, davanti a lui.
Sorridente.
«Hinata-sama?»
«Neji nii-san… ho saputo che hanno trovato
Tenten…»
Il ragazzo si lasciò andare un grande sorriso. Un sorriso che
nessuno aveva mai visto sul suo viso.
La Chuunin gli corse incontro, abbracciandolo e carezzandogli i
lunghi capelli castani.
Nuovamente, la sensazione di dolcezza materna lo avvolse
completamente, facendolo cadere in uno stato di ebbrezza. Si lasciò andare,
tentando, per amor dell’orgoglio, di non ricambiare
l’abbraccio.
«Neji nii-san?»
«Dimmi…»
«Ti voglio bene.»
Neji rimase basito, strabuzzando gli occhi
incredulo.
«Sai Neji… anche se a volte ti odio profondamente per il tuo
atteggiamento da superiore… in fondo… ma molto in fondo, ti voglio
bene…»
«Cosa?»
«Su Neji! Dopotutto anche tu mi vuoi bene,
vero?»
«Tenten! Ma come…»
«Dillo!»
«Ma…»
«Forza, dai! Dillo, dillo, dillo!»
«Io… io…»
«Anche io ti voglio bene…»
«Lo so Neji nii-san… lo so…»
«Non farmelo ripetere…»
«Non lo farò…»
Soltanto con Hinata, il jounin, riusciva a mettere da parte la
propria arroganza. Lei era il suo palo di appoggio, con le poteva sfogarsi,
ridere, persino piangere.
Non l’aveva scoperto nessuno, ancora.
«Itoko-san?
Buona fortuna…»
Lo baciò sulla fronte.
«Arigatou,
Hinata-sama…»
nuovamente, quelle parole sfiorarono le nivee labbra del ragazzo, mentre
afferrava senza riguardo il proprio zaino e usciva silenziosamente dalla
finestra.
«Quanto manca, Deidara-chan?»
«Non lo so…»
«E adesso?»
«Non lo so…»
«E adesso?»
«Dannazione Ten-chan! Non lo so!»
Tenten rise di gusto, aggrappandosi al braccio del
biondo.
«E ora non fare la dolce con me, signorina!» sbraitò l’uomo,
cercando invano di allontanarla.
Dietro loro, due ragazzi osservavano divertiti la
scena.
«Ino-chan? Stanotte… stanotte ti ho sentita bisbigliare un
nome…»
La bionda sbiancò, paralizzata. Non era possibile. Non poteva
ancora chiamarlo nel sonno! Non poteva continuare a rimuginare sul passato. Il
passato era passato, bisognava lasciarselo alle spalle. L’Akatsuki era il
futuro. Itachi era il futuro.
«D-davvero?»
«Sì… mi pare chiamassi un certo
“Sakamaru”…»
«Shikamaru!» lo corresse senza
pensarci.
«E chi sarebbe?» replicò con tono irritato il moro, lanciando
un’eloquente occhiata alla kunoichi.
Capì di essersi tradita.
«Una mia cotta… una mia vecchia cotta. Non è mai successo nulla tra
noi…»
«Capisco…»
«Sei triste?»
«No… deluso forse è il termine più
adatto…»
Deluso.
Ferito.
Era difficile ammetterlo, ma ormai era così palese. Era attratto
dalla Yamanaka. Chi non si sarebbe fatto affascinare da quegl’occhi
meravigliosi. Brillanti e profondi. Azzurri come il limpido cielo
estivo.
O da quei meravigliosi capelli dorati. Profumavano sempre di fiori…
di orchidee. Semplici ma meravigliose nella loro perfezione. E quelle labbra
rosee, morbidi petali da carezzare.
«A cosa pensi, Itachi-kun?»
Lui non rispose, coprendole la bocca con la mano e voltando lo
sguardo indietro, guardingo. Aveva sentito un rumore
sospetto.
Improvvisamente, dal terreno si erse una figura grande, il viso
diviso in due parti, una bianca e una nera.
«Zetsu-san!»
«Sssh!» intimò loro.
«Due ninja di Konoha hanno appena sorpassato il confine della Terra
del Fuoco e sembrano essere diretti verso il nostro covo, posso farli deviare,
ma ho bisogno che voi li finiate!»
«Ma perché non puoi farlo tu, scusa?»
«Non sono io quello che è sotto esame…» ammiccò alle ragazze, con
fare complice.
«Stronzo…»
«Muovetevi
a farli fuori, mi raccomando!»
aggiunse la parte nera di Zetsu, mentre l’uomo scompariva, sommerso dal
terriccio umido.
«Due ninja di Konoha… sarete in grado di
affrontarli?»
«Deidara-kun… ci hai prese per deboli?» domandò Ino, un largo
sorriso che si apriva sul viso.
Tenten annuì, ridacchiando.
«Ha ragione…» afferrò un kunai, prendendo ad affilarlo sulla
propria cintura.
La bionda fece altrettanto, portandosi l’arma dietro la nuca.
Afferrò la lunga coda dorata e la tagliò di netto.
L’Uchiha la guardò sbalordito.
«Perché?»
«L’ho fatto una volta, contro una persona a me molto cara. Se è chi
penso io…» lasciò la frase in sospesa e voltò gli occhi verso
Tenten.
Anche lei si era tagliata i due
chignon.
«… voglio che capisca che non sono più quella di prima.» terminò la
bruna, lanciando i capelli in terra, lontano da lei. Si posarono sopra quelli
biondi di Ino.
Il vento prese a soffiare, spazzandoli
via.
Attraversavano velocemente il fitto tratto boschivo, scomparendo
nel verde.
Il cielo era coperto di spesse nuvole grigie, la tensione viva e
reale. Poteva percepirsi in ogni dove. Poteva essere toccata con
mano.
Il silenzio che aleggiava era spaventoso. Teso. Spaventato.
Sembrava che persino il vento stesse assecondando il nervosismo che pareva
precedere quella che sarebbe stata la missione più difficile della loro
vita.
Il sole andava morendo, nascondendosi dietro il cupo nuvolo e
dietro le montagne che gli abitanti di Konoha ammiravano dal loro Villaggio,
quando l’astro celeste si spegneva tingendo il cielo di mille caldi colori che
si riflettevano anche sui monti. Neji osservava impassibile quello spettacolo
meraviglioso che si ripeteva ogni giorno dall’alba dei tempi. Si girava e
rigirava un kunai tra le mani, da tempo aveva preso quell’abitudine. Anche
Tenten lo faceva spesso. Molto spesso.
Il kunai lo ferì, lasciandogli un graffio superficiale sulla
candida mano.
«Non lasciare che coli sangue, mi raccomando!» lo ammonì il ragazzo
che gli stava accanto, porgendogli un fazzoletto.
«Sì… lo so…» fece lui di rimando, afferrando il fazzoletto senza
riguardo e asciugandosi le poche gocce di sangue della ferita. Se fossero cadute
in terra, il nemico avrebbe capito che strada prendere, se fossero stati
seguiti.
Scesero dai rami legnosi, atterrando lentamente sul suolo e
procedendo a piedi. Oltrepassarono un cespuglio.
«Ma guarda, guarda…» fece una voce calma e all’apparenza
riflessiva.
«Per
favore non cominciare a fare il prolisso o qui non ce la caviamo
più!»
esclamò invece la stessa voce, ma più dura, irritata e
minacciosa.
Neji e Shikamaru raggelarono, voltando cautamente lo sguardo verso
il luogo cui proveniva quella voce misteriosa. Intravidero due occhi gialli nel
cespuglio. Estrassero due shuriken dalle tasche e glieli lanciarono contro. Gli
rimbalzarono addosso.
«Mi avete fatto il solletico…
pivelli…»
«Smettila
con le ciance! Finiscili!»
«Taci testa di cazzo! Sai benissimo chi deve
finirli!»
«Quelle
due non ce la faranno mai! Li hai visti, sono loro ex compagni di
squadra!»
«Itachi-san e Deidara-san le hanno addestrate bene! Possono
farcela! Dopotutto… sono sotto esame…»
I due ragazzi restarono allibiti a seguire la conversazione di
quella stessa persona. Schizofrenica.
Rabbrividirono.
«Un… un momento! Hai detto “quelle due”? Sono per
caso…»
«Ten-chan e Ino-chan? Perché, ti mancano?» sibilò beffardo
l’uomo.
«T-Ten-chan…?»
balbettò
incerto Neji, incredulo.
«I-Ino-chan…?»
Zetsu scoppiò in una volgare risata sguaiata, guardando i due con
aria di superiorità.
«Giusto… voi non sapete tutta la storia… beh… scoprirete a breve di
cosa sto parlando… se andate ad Ame…»
Li salutò con un cenno di mano, giusto per scherno, mentre il suo
corpo veniva inghiottito dalla terra.
Shikamaru rimase inebetito a fissare un punto morto
nell’infinito.
Ino-chan.
Non gli piaceva.
Per niente.
Sentì una calda mano sfiorargli la spalla.
Neji.
Sorrise all’amico. Un sorriso di rassegnazione. Un tristissimo
sorriso.
Neji conosceva fin troppo bene quella smorfia inespressiva. Quel
sorriso falso che andavano ostentando a chiunque si rivolgesse loro con
cortesia.
«Neji… cosa voleva dire con “Ino-chan” e
“Ten-chan”?»
«Non lo so. Ma giuro che se le hanno sfiorate con un solo
dito…»
Si zittì. Quel silenzio valeva più delle parole. Ora la tensione
era al massimo e si poteva scorgere una nota di
ira.
Una figura si erse dal terreno e parlò ad una
ricetrasmittente.
«Stanno arrivando…»
«D’accordo.» rispose Deidara, dall’altra parte
dell’apparecchio.
«Deidara-kun? Tu hai detto che Bene e Male non esistono, no? Allora
perché dobbiamo uccidere chi non ci ha fatto niente?» proruppe Tenten,
curiosa.
«Perché verrà il momento in cui dovrai farlo per forza, e dovrai
avere la capacità di non esitare. O sarai tu quella a
morire.»
La bruna annuì, abbassando tristemente lo
sguardo.
«Ricordatevi, miei giovani allievi: per uno shinobi, uccidere
dev’essere l’ultima arma di difesa. Se potete evitarlo,
evitatelo!»
«Possiamo usarlo come legittima difesa,
Gai-sensei?»
«Solo se ne va della vostra vita, Tenten… solo se ne va della
vostra vita…»
Nota autore N°
1:
Voilà!
E anche questo è andato!
Dal
quinto in poi comincerete a notare il cambio di stile: periodi più lunghi,
parole più adatte, meno “a capo”, dialoghi strutturati meglio… insomma… un salto
di qualità! XD
Ora
rispondo alle recensioni, dato che, finalmente, ho un po’ di tempo a mia
disposizione! (un mega-grazie all’insegnante di greco che ci ha risparmiato la
versione per domani! *_* domo arigatou gozaimashita!) Anche se, ahimè,
continuano a diminuire (le recensioni)… comunque continuerò a pubblicare… anche
se vedo che ben 11 persone hanno messo come “preferiti” questa storia… sono
lusingatissima, però mi farebbe piacere che commentaste e mi diceste cosa ne
pensate… motivate il perché l’avete ficcata tra i preferiti! Sono curiosa!
*_*
Uno
speciale ringraziamento a chi ha commentato il capitolo
precedente!
Kaho_chan
Mi fai arrossire! ^\\\^ Le tue recensioni sono sempre graditissime, ma
che dico, stragradite!!! *_* E ti ringrazio infinitamente di seguire la mia fic!
*_* Sono commossa!!!
Per
quanto riguarda il momento intimo di Ino e Itachi… beh… eh eh… arriverà…
arriverà sì! *_*
Giuli@
Grazie mille per i complimenti! *_* Io ci rimango quando vedo una
recensione sincera che analizza la storia, quindi mi è ancora più gradita!
Grazie infinite! *_*
Come
puoi vedere, ho aggiornato! Spero ti piaccia anche questo
capitolo!
Mimi18
Grazie!!! *_* Sei troppo gentile! Sono… sono commossa!!! Domo
arigatou gozaimashita Mimi-san!!! Per quanto riguarda il contatto di MSN,
naturalmente non ti prendo per una maniaca! XD Stai tranquilla, comunque, se ti
interessa, mandami una mail tramite “Contatta autore”! ^^ (Non mi fido molto a
metterla sul web a disposizione di tutti! ^^)
Inoltre,
dovuti ringraziamenti a:
Eleanor89
Che mi sostiene sempre quando scrivo, che mi fa da betareader praticamente
SEMPRE, e… che mi manca da morire!!! Dove sei finita, zia Ele!!! ç__ç torna
presto su MSN, mi manchi!!!
Hinata_chan Semplicemente
perché la sento tutti i giorni e non so come farei senza di lei, i suoi scleri,
i nostri discorsi tra mariti e le nostre avventure da Sailor Senshi!
XD
Coco Lee
la mia gemellina/compare/socia nella scrittura di Dernier
Espoir (i cui aggiornamenti non tarderanno, dateci tempo di finire di
scrivere!) che mi ha seguita e mi ha fatto da betareader per tutta questa
storia! *_*
Nota
autore N° 2
Non ho
ancora avuto la possibilità di ringraziare tutti coloro che hanno letto e
commentato la fanfiction Spontaneity. Non vi ringrazierò mai abbastanza, perché
quella fic per me era molto, molto importante.
Ringrazio:
Coco Lee
perché l’ha letta per prima anche se quel giorno era già depressa di suo…
guarda… che farei senza di te… ç__ç grazie!
Mary cry
Sono felice tu l’abbia gradita, e mi dispiace di averti commossa! ^^ Però è
segno che l’hai letta col cuore e non solo con gli occhi.
Gloglo
Grazie per la recensione dettagliata e sono davvero felice tu l’abbia
apprezzata! ^^ Vedo che ci troviamo nella mia stessa situazione… nemmeno io
riesco a piangere ad un funerale, in compenso sono brava a far ridere coloro che
piangono. Nel coro del mio paese (del quale faccio parte), siamo tutti un po’
una famiglia, e quindi vederli piangere mi lascia l’amaro in bocca. Tutto ciò
che posso fare è sorridere e lasciar che gli altri sorridano con me!
^^
Celiane4ever
Grazie mille! ^^ Mi dispiace che ti sia scesa la lacrimuccia, grazie
comunque di aver letto! ^^
Queen_of_sharingan_91 Grazie!
Sono
davvero felice che una Big come te l’abbia apprezzata. La tua recensione mi ha
fatto davvero un piacere infinito! Grazie, grazie, grazie… non so che altro
dire! ^^
Finito.
Alleluia! XD
Sono
stata prolissa? Sì! XD Mah… sarà che sto ascoltando Dante theme di Fullmetal
Alchemist e con quello nelle orecchie mi vien voglia di scrivere!
XD
Oki, la
smetto. Bye! Al prossimo aggiornamento.
Ho
deciso di metterci una bella anticipazione:
[…] «Due ninja di Konoha… sarete in grado di
affrontarli?»
«Deidara-kun… ci hai prese per deboli?» domandò Ino, un largo
sorriso che si apriva sul diafano viso.
Tenten annuì, ridacchiando.
«Ha ragione…» afferrò un kunai, prendendo ad affilarlo sulla
propria cintura.
La
bionda fece altrettanto, portandosi l’arma dietro la nuca. Afferrò la lunga coda
dorata e la tagliò di netto. […]
Correvano ansiosi sull’acqua limpida del fiume, prendevano la
strada che li avrebbe condotti ad Ame. Da Ino e
Tenten.
I visi erano contratti in smorfie nervose. E correvano. E
correvano. Ame non era molto lontano.
«Neji, vedi qualcosa?»
«Nulla, Shikamaru…»
Era vero, non vedeva niente. Ma si sa che la tensione quando
raggiunge livelli disumani rende ciechi e sordi. L’unica cosa che si percepisce
è l’adrenalina salire, il groppo in gola, la paura. Il senso di infinito
sconforto che ti fa vacillare davanti a qualsiasi cosa, il peggiore di tutti i
mali.
Un kunai sfrecciò verso di loro, sibilando nell’aria, andando a
conficcarsi nella spalla di Nara. Uno schizzo di sangue si mescolò allo sporco
del viso del ragazzo, che venne catapultato all’indietro dalla potenza del
lancio, ricadendo sopra l’acqua.
Neji rimase smarrito. Non l’aveva visto
arrivare.
«Non… non l’ho visto…» sussurrò a sé stesso, sbigottito, fissando
un punto impreciso nell’orizzonte, completamente perso nei suoi
pensieri.
«Sono costernato…» esclamò una profonda voce maschile. Una figura
gli si avvicinò.
«T-tu sei… quello dell’Akatsuki! Ma eri esploso! Non avevi le
braccia!» Neji stava perdendo l’autocontrollo, era la prima volta che si trovava
in difficoltà in quel modo.
«Ma che dolce… si è spaventato…» fece un’altra voce,
schernendolo.
Improvvisamente, apparvero davanti ai due coloro che avevano
parlato: un uomo molto alto, biondo, con un occhio azzurro e l’altro coperto da
una lunga ciocca dorata. Il secondo, un ragazzo dagli occhi rossi dello
Sharingan e i capelli neri come l’ebano. A contatto col rossore della luce del
sole tramontato, rivelavano strani riflessi blu
scuro.
«Uchiha Itachi…» sibilò a denti stretti Shikamaru, rialzatosi e
liberatosi del kunai, che ora teneva stretto tra le mani
insanguinate.
La spalla della tuta era pregna del suo liquido scarlatto e
gocciolava ancora, mescolandosi con la purezza e la trasparenza dell’acqua del
fiume.
«Dove sono Ino e Tenten?» domandò, livido di
rabbia.
Il biondo stirò gli angoli della bocca in un ghigno malvagio, prima
di saltare in groppa al gigantesco uccello d’argilla da lui stesso creato, e
volar via, diventando un piccolo puntino
nell’orizzonte.
Improvvisamente, uno sbuffo di vento scompigliò i capelli del
ragazzo. Qualcosa di freddo gli premeva contro la
gola.
«Una mossa… e ti taglio la gola…»
Conosceva quella voce. Limpida, chiara, fresca… squillante e
fastidiosa. Da quanto non la sentiva più…
«Ino!» esclamò, facendo per girarsi.
«Non mi hai capita? Ho detto che se solo fai una mossa, ti taglio
la gola!»
Il ragazzo si pietrificò.
«M-ma che stai dicendo… Ino?»
Percepì l’alito caldo della ragazza sul suo collo. Gli venne la
pelle d’oca dall’emozione.
La bionda rise beffarda. Un tocco di ironia nel
tono.
«Hai
paura, Shika-kun?»
domandò pungente, sottolineando quel “-kun”
che le piaceva tanto usare quando era perdutamente
innamorata.
«Ino… ti prego, torna in te!» la pregò Shikamaru, intimidito. Tentò
di muovere le braccia per spostarsi il kunai dalla
gola.
«Rilascio!
Rilascio!»
tentò di liberarsi da una Genjutsu inesistente.
«Sai che non mi piace ripetermi. Se ti muovi, ti uccido.» ripeté
lei, premendogli l’arma con maggior forza.
Trovandosi alle strette, Nara abbozzò ad un risolino
sarcastico.
«Vuoi
uccidermi, Ino?»
sussurrò, la voce mozzata dalla paura.
«Vuoi
morire, Shika?»
sibilò di rimando.
Risero. Come ai vecchi tempi.
Appunto. Vecchi.
Shikamaru rifletté per qualche attimo. I pensieri vorticavano nella
sua mente, troppi pensieri. Troppo. Il troppo
stroppia.
«Tu non sei Ino.» proferì con voce flebile, ma ferma e
risoluta.
«No? E chi sono allora, la fata
turchina?»
«Tu non sei Ino.»
«Certo… scommetto che ora te ne uscirai col solito discorso: “La
Ino che conoscevo io non era così…” o altre baggianate del genere, vero? Beh,
cocco, puoi starne tranquillo, con me non attacca!»
Il ragazzo si morse il labbro inferiore, tremante di paura. Stava
pensando. Pensava ad un modo per uscire, ma tutto gli sembrava
impossibile.
Avrebbe potuto colpirla facilmente, ma il suo corpo non rispondeva
più agli stimoli del cervello, il quale sembrava andato in
panne.
Non rimaneva che una soluzione. Farla svenire. Velocemente, senza
che lei provasse alcun dolore.
Non se lo sarebbe mai perdonato.
«Scusami, Ino-chan.»
Le tirò una gomitata in pieno stomaco, liberandosi dalla sua presa
letale. La vide cadere sull’acqua. Scomparve.
«Un
Kage
bunshin?»
esclamò, sorpreso nel constatare che Ino aveva imparato la Kage
bunshin.
Si guardò intorno con circospezione. Non la vedeva
più.
«Cos’hai,
Shikamaru-kun?
Non mi vedi più?» quella voce, era ancora Ino.
Voltò lo sguardo, trovandosi la ragazza
davanti.
Strabuzzò gli occhi. Com’era cambiata.
«I… i tuoi capelli…»
«Carini, vero?»
«La tua tenuta da chuunin…»
«Questo vestito è più comodo.»
Lui scosse la testa.
«Chi sei?»
«Sono Ino… sei diventato cieco?»
«No, no, no! Non voglio crederci! Tu non puoi far parte
dell’Akatsuki! Non sta né in cielo, né in terra!»
«Devi svegliarti Shikamaru. Se sono qui è solo per colpa
tua…»
«Co-cosa?»
«Se sono qui, è perché non volevo più essere debole. Non volevo più
non essere considerata!» abbassò il volto.
Shikamaru poté giurare di aver visto gli occhi della bionda
luccicare dalla tristezza. Anche la voce aveva preso una strana incrinazione,
quella che di solito aveva quando stava per scoppiare in
lacrime.
Una risata.
Lei stava ridendo.
«Ma
ora… le cose stanno per cambiare…» rialzò la testa, sorrise sadicamente. Le sue
mani presero a muoversi velocemente, componendo dei sigilli per una jutsu.
«Tigre,
serpente, drago...»
«Cosa sono questi segni, Ino?»
«serpente,
cane, gallo.»
portò le mani in posizione.
«Ino?»
«Ninpou…»
esclamò.
Il ragazzo cercò di allontanarsi da lei, correndo a
perdifiato.
«…Shimekorosu
no jutsu!»
Arrestò di scatto, completamente paralizzato da una forza
invisibile che gli premeva contro i muscoli delle braccia che, muovendosi da
sole, s’indirizzarono verso il collo, cominciando a stringerlo con
forza.
Neji Hyuuga non sembrava essersi accorto di nulla, mentre fissava
pensieroso l’orizzonte, gli occhi spalancati in segno di
stupore.
«Assomigli
ad un pesce lesso…» fece una voce impertinente alla sua destra. Il tono era di
sfida. Lei
lo aveva sempre, quel tono.
«T-Tenten?» domandò, più a sé stesso che alla persona che non
voleva guardare in faccia.
«Perspicace come un asino…» continuò,
sbeffeggiandolo.
«… certo che sono io!» terminò.
Il ragazzo tirò un sospiro di sollievo, abbozzò ad un sorriso e
fece per girarsi verso la figura.
Si piegò in due dal dolore, colpito da un pugno potentissimo allo
stomaco. Sputò sangue in terra.
«Ma… Neji… cosa fai? Ti sei rammollito col passare degli anni?»
sibilò la bruna, piegando leggermente la schiena e sporgendosi in modo da essere
alla sua altezza.
Con due dita lo colpì alla fronte, spingendolo sulla superficie
dell’acqua. Rise.
«Tenten, che stai facendo?» domandò Neji, sperduto ed incredulo:
perché si comportava così stranamente? Perché lo fissava con quegli occhi
fiammeggianti di odio, privi di altri sentimenti se non
vendetta?
«Proprio non ci arrivi, eh?»
«C-cosa…? A cosa dovrei arrivare?»
«Lascia perdere… sei senza speranze…»
«Già… una volta mi dissi di avere più elasticità
mentale…»
«Neji…» cominciò la ragazza, voltandogli la schiena. «Non
confondere il passato col presente!»
La brunetta si voltò di scatto, brandendo un kunai affilato davanti
a sé, lo avvicinò alla propria bocca e ne leccò la lama,
bramosa.
Il ragazzo strabuzzò gli occhi, una sola domanda gli vorticava
nella mente, una domanda a cui non riusciva a darsi una risposta, una domanda
che gli pareva impossibile: perché?
Tenten lo raggiunse, saltandogli addosso e conficcandogli il kunai
sul braccio, del sangue schizzò dalla ferita e andò a mescolarsi con l’acqua del
fiume. Strinse i denti dal dolore, sfilandosi il kunai e lanciandolo nel corso
d’acqua, dove affondò.
La sua avversaria sorrise sorniona.
«E
i tuoi prontissimi riflessi dove sono finiti… Neji?»
Improvvisamente, qualcosa si mosse dietro un cespuglio sulla riva,
ne uscì un uomo biondo, alto, portava il cappotto
dell’Akatsuki.
«Deidara-kun! Ti avevo detto di lasciarmi fare! Non intervenire!»
urlò Tenten inviperita, tornando a fissare con odio lo Hyuuga e preparandosi per
un combattimento di Taijutsu.
Ma il ragazzo non sembrava intenzionato a combattere. Se ne stava
lì, fermo, a testa bassa, stringendo i pugni talmente forte da tremare, il viso
oscurato da un sentimento di mestizia abbattutosi su di
lui.
«È… È così che deve finire, Tenten?»
Gli occhi della ragazza strabuzzarono per un fugace attimo,
stupiti.
«Allora? È così che deve finire?»
Il viso della bruna si raddolcì
improvvisamente.
«È proprio questo… il nostro addio?»
«I-io…»
«È questa la fine di tutto ciò che abbiamo
costruito?»
«Ciò che abbiamo costruito? Neji! Tu parli come un sensibile
saputello, ma la realtà, è che noi insieme non abbiamo costruito un bel niente!»
urlò lei, adirata.
«Non è vero… e la nostra amicizia?»
«Le amicizie finiscono prima o poi…»
«I nostri allenamenti…»
«Come puoi vedere, ho trovato migliori
sensei…»
«Il nostro gruppo…»
«Di cui io non ho mai fatto veramente
parte…»
«Il nostro… affetto…»
Tenten rise beffarda.
«Il nostro affetto? Ora te ne esci così, Neji? Proprio tu, che
prima di chiunque altro tenevi a distanza le persone? Ah, complimenti,
bell’attenuante!»
«Tenten, ti prego…»
«Combatti!»
Si scagliò contro lo Hyuuga e lo colpì con un potente calcio,
sbalzandolo via. Cadde prepotentemente sull’acqua. Si
rialzò.
Nuovamente, la ragazza prese la rincorsa e gli trafisse una gamba
con il kunai.
Neji barcollò, ma quando riuscì a stabilizzarsi,
ridacchiò.
«Ti stai trattenendo, o sbaglio?»
Stava attraversando il corridoio troppo velocemente. Troppo
velocemente. L’aria le sferzava i corti capelli a caschetto color zucchero
filato, lasciando un profumo dolciastro di frutta ormai vecchia e inacidita.
Esattamente com’era lei.
«Sakura-chan!» la chiamò una gioviale voce infantile, seguita
nell’immediato da capelli biondo allucinante e due occhi profondi di un blu
penetrante.
«Ciao
Naruto…» salutò, tentando di apparire rincuorata dalla sua entrata gioviale, ma
sapeva bene che era inutile, il velo di tristezza che l’avvolgeva gli occhi,
rendendola
cieca a qualsiasi altra cosa succedesse intorno a lei,
non voleva distogliersi, continuando imperterrito a graffiarle le pupille,
facendola lacrimare.
«Sakura-chan… ultimamente troppe lacrime ti solcano il viso… vuoi
dirmi cosa c’è?»
«N-nulla Naruto… nulla di cui
preoccuparsi…»
«Quando c’entri tu, Sakura-chan, io mi
preoccupo…»
«Tranquillo…»
«È Shikamaru? O è ancora Sas’ke?»
L’ultimo nome la fece sussultare. Da quanto tempo non lo sentiva
pronunciato così, con rancore. Con un gentile odio. Come di qualcuno che è
costretto ad detestarlo anche quando prova il contrario per
lui.
«H-ho paura di cominciare ad odiarlo…» sussurrò la ragazza fuori
dai denti, senza poter arrestare lo scorrere delle lacrime che presero a
bagnarle il candido viso innocente, convergendo sul mento e cadendo cristalline
sul pavimento, lasciando un tenue segno umido.
«Odiarlo? No… impossibile… tu lo ami.»
«Ho paura che odiandolo… smetterò di amarlo…»
Sakura vide l’amico prendere un lungo respiro e ricercare le parole
più adatte.
«Non è l’odio il contrario dell’amore,
Sakura-chan…»
Sakura sussultò colpita, gli occhi strabuzzati lucidi dalle lacrime
che erano colate lungo le candide guance. L’offuscata luce dell’ospedale colpiva
i segni umidi sugli zigomi, facendoli splendere come luci di mezzogiorno,
l’espressione del volto sembrò rilassarsi sotto quelle parole, mentre una fronte
da tempo corrucciata, riprendeva la sua originale delicatezza,
distendendosi.
«Cos’è allora, Naruto?»
«L’indifferenza.»
La ragazza si portò una mano alla bocca, mentre le lacrime
riprendevano la loro discesa lenta e inesorabile, strizzò gli occhi e abbassò il
volto, singhiozzando sommessamente. Si rannicchiò contro il muro stringendosi
alle proprie ginocchia e oscurandosi in esse, continuando a gemere dalla
tristezza.
Inghiottì un boccone amaro, tentando di slegare il groppo in gola e
di attenuare il rimorso che provava proprio sopra il cuore, e che seguitava a
premere di voler uscire. Represse un conato di
vomito.
Naruto era rimasto immobile ad osservare la scena, incapace
anch’egli di lacrimare.
Sakura
l’aveva sempre ignorato, certo, erano amici, ma la ragazza era indifferente
alle attenzioni che il biondo le porgeva. L’Haruno l’aveva
capito.
Deglutì.
«I-io vado, Sakura-chan…»
Non attese una risposta, prese semplicemente il primo corridoio e
vi si rintanò, cercando un’uscita, mentre una stilla proveniente da uno dei suoi
specchi color del mare, gocciolava in terra, rimanendo lì, piatta, ad attendere
di essere asciugata.
L’uomo era fermo davanti ad una grande lapide dov’era stato
poggiato un pacchetto di sigarette ormai muffito, umido e logorato dal
tempo.
Si grattò dietro l’orecchio sinistro, cozzando contro l’orecchino
d’argento.
«Bene, eccoci qui, Asuma, noi ci conosciamo ben poco a dir la
verità, però vorrei comunque che tu mi ascoltassi… so che sai benissimo dove sia
Shikamaru in questo momento, vorrei chiederti di dargli un’occhiata, controllare
che stia bene… e anche Neji, Ino e Tenten, ovunque loro
siano.»
Si alzò una leggera brezza che gli scompigliò i lunghi capelli
tenuti insieme in una disordinata coda alta.
Percepì una risata femminile provenire da dietro un cespuglio.
Sorrise.
Voltò lo sguardo, vedendo arrivare verso di lui Kurenai-sensei,
seguita a ruota da Kiba e Hinata. Si tenevano la mano. Un altro
sorriso.
«Buongiorno, Kurenai!»
«Salve Shikaku, cosa ti porta alla tomba di
Asuma?»
«Il bisogno di un favore…» rispose lui, con tono
divertito.
«… tu invece?» replicò.
«Stiamo cercando Shino! È scomparso!» esclamò Kiba,
irritato.
«Già! L’abbiamo cercato dappertutto…» fece eco
Hinata.
«Si sarà imboscato con qualche bella ragazza…» ipotizzò l’uomo,
indicando il cespuglio da dove aveva sentito la
risata.
«Controllo…»
Nara si mosse lentamente verso la strada, strisciando un piede dopo
l’altro con tranquillità maniacale, osservando come disumanamente interessato i
propri piedi. Si arrestò di scatto quando vide che un altro paio di piedi,
femminili, si trovavano davanti ai suoi. Alzò lo sguardo. Intanto, sentì le urla
di Kiba provenire dal cimitero.
«Shino! Finalm… che ci fa lei
qui???»
«Ciao Shikaku…» salutò la donna.
«Ciao Yoshino…»
«Certo che sei veramente uno stronzo! Hai la ragazza e non ci hai
detto nulla! Maledetto!»
«Sei stato da Asuma?»
«Ma certo… ho fatto tutto quello che mi avevi
detto.»
«Ah però… ti porti la Sabaku a
letto?»
La donna gli regalò un sorriso felice, mentre gli occhi le si
illuminavano, gettò le braccia al collo del marito e lo baciò con passione,
ringraziandolo.
Lui le carezzò il viso, umido di lacrime, con una dolcezza che
riservava solamente a lei, sua moglie.
«E… dimmi… è brava a letto?»
Si divisero dal bacio pigramente, ma rimasero mano nella mano, come
due adolescenti al loro primo appuntamento, rossi di
vergogna.
«Ma guarda te… sembriamo dei
ragazzini…»
«Beh… io non mi sento ancora bacucco…»
«Ehi, nemmeno io! Stai insinuando che io lo sia, per
caso?»
«Ehi… Shino… che fai con quegli insetti??? Shino? Shino??? No,
fermo! Lasciami! Richiama quel calabrone gigante! Non mi piacciono i
calabroni!!!»
«Attento Kiba-kun!»
«Ehi, Shino-kun… sei proprio un
bastardo…»
«Lo so, Temari-chan… lo so…»
«Eh??? No, no! Tu sei ancora nel fiore dell’età! Sei ancora
splendida, tesoro…» esclamò Shikaku, sudando
freddo.
«Proprio quello che volevo sentirmi dire…» rispose lei,
aggrappandosi al muscoloso braccio del marito e lanciandogli delle eloquenti e
dolcissime occhiate.
Nara sbuffò, avendo compreso il perché di quelle occhiate, si voltò
verso di lei, guardandola intensamente. Con scatto fulmineo le rapì le labbra in
un altro dolce e appassionato bacio. Sentì le mani di lei che gli carezzavano il
corpo statuario, la schiena, le spalle, scese…
«Non credi che dovremmo continuare da un’altra parte, tesoro?»
propose lui, allontanando la moglie che si stava spingendo un po’ troppo
oltre.
«Forse hai ragione…» rispose lei.
Scomparvero in un turbine di foglie.
E non seppero mai se Temari fosse brava a letto, oppure
no.
A/N
Eeeh…
mica ve l’aspettavate la ShinoxTemari, ne? Muahahah!
Lo so,
è una coppia impossibile e, sì, lo so, Temari può trovarsi di meglio… però…
corbezzoli! (?) Mi attira un casino ‘sta coppia! *_*
Un
megagiga GRAZIE a tutti coloro che hanno commentato, non ho tempo di
ringraziarvi singolarmente perché devo scappare, ma state sicuri che ogni volta
che leggo una recensione vado al settimo cielo! *_*
Ja ne
‘ttebayo!!!
Akami/AtegeV
P.S.
Ecco a voi… l’anticipazione! (questa volta giusta, non come quella dello scorso
capitolo… _ _’)
La vita era davvero una cosa strana. Stranissima. Impensabilmente
strana.
Anche l’amore non era un sentimento semplice da capire, insomma,
quando una persona ama, la prima cosa che gli viene in mente è un cuore da
donare alla dolce metà. Ma perché a Shikamaru questo non veniva in mente,
osservando Ino col viso a pochi centimetri dal suo?
Non era per l’espressione di puro odio e vendetta stampata sul
volto. No, non era per quello.
Non era per il kunai che lei aveva conficcato sul suo fianco. No,
non era per quello.
Non era nemmeno per il fatto che lui, Shikamaru Nara, stesse per
strangolarsi di sua spontanea volontà.
Non era per quello.
Forse, ma soltanto forse, era per il fatto che quella che vedeva
davanti a sé non era Ino? Ipotesi più plausibile. Non era Ino la ragazza con un
vestito nero a nuvolette rosse sopra il ginocchio, con i capelli tagliati corti
alle spalle, con gli occhi spenti e non più rilucenti di felicità e con la
fronte corrucciata.
Quella non era Ino, era soltanto un riflesso di quello che poteva
essere lei: un riflesso in uno specchio. Già, ma chi era lo
specchio?
Shikamaru era lo specchio.
Era soltanto colpa sua se Yamanaka se n’era andata, rinnegando il
suo nome, il suo villaggio, i suoi amici. Rinnegando
lui.
Era soltanto colpa sua se quella che si trovava davanti non era la
ragazzina frivola, ma dotata di un’eccezionale profondità, che conosceva sin
dall’età di cinque anni.
Era soltanto colpa sua.
Gli occhi si riempirono di lacrime, mentre le mani andavano a
premere più forte contro la giugulare, togliendogli completamente il respiro e
annebbiandogli il cervello, che cominciava ad andare in tilt dalla paura,
dall’emozione e dal batticuore che aveva provato alla vista di
lei.
Ino, dal canto suo, osservava con sguardo neutro, il suicidio di
colui che, in passato, era stato il suo migliore
amico.
Lo vedeva in quello stato e non provava nulla. Menzogna. Si
illudeva di non provare nulla, in realtà il cuore le piangeva lacrime amare e il
groppo in gola era insostenibile; ma non lo dava a vedere. All’Akatsuki era
diventata una brava attrice.
«Perché non ti ribelli?» domandò con voce ferma e determinata,
rilasciando la tecnica e lasciando che il ragazzo ricadesse in ginocchio
sull’acqua, annaspando trasudante di terrore.
«Perché non ti ribelli?!» gridò, avvicinandosi e tirandogli un
calcio sul fianco martoriato, facendolo volare qualche metro più in
là.
«PERCHÈ NON TI RIBELLI?!» urlò, ormai sull’orlo della disperazione,
le gocce di pianto che colavano copiose dagli occhi turchesi, lo afferrò per il
colletto del giubbotto da Chuunin e lo scosse avanti e indietro, mescolando alle
gocciole di sudore, le lacrime salate.
«E-ecco Ino…» mormorò con voce rotta il ragazzo, abbozzando un
sorriso sulle labbra violacee, incrostate di sangue e seviziate in vari
punti.
«O-ora ti vedo… s-sei tornata…»
Ino lo lasciò andare, portandosi una mano alla
bocca.
«L-la Ino che amo… t-tu sei la I-Ino che
amo…»
La bionda distolse lo sguardo, mordendosi il labbro
inferiore.
«Zitto…» intimò risoluta, un tono che non tradiva uno sconfinato
odio per ciò che aveva appena sentito, un infinito senso di rammarico per un
sentimento che ormai non riusciva più a provare.
«I-Ino…»
«Stai zitto! Bastardo! Bastardo!» riprese urlando istericamente,
tirando un pugno sul viso di Shikamaru, seguì un calcio e per finire una
gomitata in pieno stomaco. Il ragazzo sputò sangue, prima di cadere sull’acqua,
sprofondando subito dopo fino a raggiungere il fondo del
rivo.
Insieme ad un soffio di brezza apparve Itachi, semisorridente, si
avvicinò alla bionda e le prese la mano con dolcezza, carezzandogliela col
pollice.
Lei lo abbracciò, affondando il viso umido di lacrime nel suo
cappotto e singhiozzando sommessamente.
La mano dell’Uchiha si mosse come automaticamente, andando ad
accarezzarle i corti capelli.
«Sssh… sssh… è tutto finito ora…
tranquilla…»
Eseguì velocemente due sigilli con le mani e scomparve, in un
turbinio di acqua e vento.
Intanto, due foglie provenienti dagli alberi che costeggiavano il
fiume, si posarono delicatamente sulla superficie cristallina, una di queste
sprofondò, l’altra, si voltò al contrario.
Le accarezzò il corpo nudo e apparentemente privo di alcun segno
dell’età, ancora sodo e muscoloso come un tempo. Le sfiorò con l’indice il seno
prosperoso, andando a lasciare un tenero succhiotto accanto al capezzolo
inturgidito.
Lei intrecciò le sue gambe a quelle di lui, come spire di serpenti,
si tirò seduta e lo baciò con ardore, bruciandogli le
labbra.
Una tremenda fitta al cuore colpì entrambi, strabuzzarono gli occhi
e scesero dal letto, nudi e sudati, andando a
rivestirsi.
«Shikaku! Credi che…»
«No! Non può essere!»
Aprirono la finestra e sbirciarono il
cielo.
Annuvolato, cupo, scuro, privo di sole, non s’intravedeva neanche
un lembo d’azzurro e, le nuvole nere che coprivano il cielo, non formavano
nessun’ombra.
Yoshino si strinse a Shikaku e cominciò a pregare, mentre l’uomo
rimaneva col naso all’insù, completamente disarmato, ascoltando passivamente il
bramito dei cervi che richiedevano il loro cibo.
Intanto, in una casa accanto, anche un ragazzo stava osservando in
alto, sgranocchiando nervosamente delle croccanti
patatine.
«Shika… non farmi brutti scherzi! La grigliata voglio mangiarla con
te ed Ino, ricordatelo.»
«Ti stai trattenendo, o sbaglio?» domandò Neji, un sorrisetto
compiaciuto che gl’increspava le labbra.
Si alzò un silenzio spaventoso, fece rabbrividire i
due.
Tenten si rabbuiò e cominciò a camminare avanti, verso il ragazzo,
estraendo dalla tasca sinistra del suo vestito un rotolo dalle minute
dimensione. Lo aprì urlando una parola.
«Shiraha!»
Immediatamente
apparve un lungo bastone che non prometteva nulla di buono. Lo Hyuuga si preparò
per la Juuken.
Erano
ad un metro di distanza quando la ragazza cominciò a girare velocemente, tenendo
l’arma davanti a sé; nello stesso istante, Neji eseguì la Juuken.
Stavano girando nel medesimo senso, mescolando l’acqua con il
chakra, creando così un vortice, mentre intorno a loro l’acqua li seguiva,
danzando.
Le due aure di chakra cozzarono l’una contro l’altra ed entrarono
in armonia, diventando una cosa sola. Tenten si fermò, il moro la
seguì.
«La nostra potenza ora si eguaglia…» osservò lui, con un misto tra
rabbia e tristezza.
«Lo farebbe, se io non mi stessi ancora
trattenendo…»
Il cuore dello Hyuuga si arrestò di botto, mentre l’adrenalina lo
rendeva succube della paura.
«Ten-chan… è il momento…» sussurrò Deidara, saltando in groppa
all’uccello di argilla e volando via.
«… mi fido di te!» gridò un’ultima
volta.
La brunetta brandì il bastone a mo’ di lancia e si preparò per
trapassare l’avversario, ma prima che potesse farlo, percepì un dolce formicolio
sulle labbra. Neji la stava baciando.
Rimase scioccata, gli occhi strabuzzati increduli, ma non riuscì ad
allontanarlo. Non poteva o non voleva? Chiuse gli occhi e
attese.
Finalmente il ragazzo si allontanò da
lei.
«Volevo farlo, prima di andarmene…»
La ragazza strinse i pugni e si morse il labbro inferiore, tremante
di rabbia. Gli occhi le si riempirono di lacrime.
Alzò il pugno destro, gli inoculò tutto il chakra che possedeva in
corpo e colpì colui che aveva davanti in viso.
L’impatto fu immediato, fu sbalzato via e ricadde pesantemente
sulla superficie dell’acqua.
Tenten afferrò il bastone e lo lanciò, trapassandogli la spalla
sinistra; il corpo sprofondò lasciando una scia
purpurea.
Era finita.
Fece due veloci sigilli con le mani e scomparve come Itachi in un
vortice di acqua.
«Masami-chan! Non correre!» urlò Aya alla figlia, rincorrendola e
facendo dondolare il cesto intrecciato contenente un’anfora in
terracotta.
«Dai mamma! Arriveremo in ritardo al fiume poi!» incitò la bambina,
tornando indietro e afferrando la mano della mare, tirandola verso il luogo di
arrivo.
«Ehi, piccina! Stai tranquilla, l’acqua non scappa mica!» rise la
donna, accelerando il passo.
Arrivarono in poco tempo in una piccola radura verdeggiante, le
radici degli alberi affondavano nel terreno per trarne le sostanze nutritive,
mentre alcuni rami di un vecchio salice piangente, sfioravano le acque
incontaminate di un rivo che scorreva tranquillo al centro della
landa.
Masami afferrò un ciottolo e lo lanciò nel fiumiciattolo, poi prese
l’anfora della madre e corse verso il boschetto.
«Qui l’acqua è più pulita!» avvisò, prima di scomparire inghiottita
dal bosco.
La donna si sedette su un masso, asciugandosi il sudore e chiudendo
gli occhi stanchi in modo da riposarli, ma non passò molto tempo che sentì un
urlo disumano provenire dal luogo dove era corsa
Masami.
«Tesoro! Tesoro, che succede???» si alzò in preda al panico,
raggiungendo la bambina.
La trovò in ginocchio sulle foglie secche, accanto vi erano
sistemati due corpi apparentemente privi di vita.
Si portò una mano alla bocca, terrorizzata, reprimendo un urlo che
sicuramente avrebbe lanciato se avesse visto anche la figlia nel suo stesso
stato. La piccola, invece, sembrava più tranquilla e stava, con parte della sua
maglietta, ripulendo di sangue il viso di quello che sembrava essere il più
grande.
Qualcuno mugugnò dal dolore, mentre gli occhi del ragazzo più
giovane si aprivano leggermente, rimanendo due piccole e stanche fessure
socchiuse.
«Ino…» sussurrò la figura, voltando con fatica la testa verso
l’alto e fissando le fronde degli alberi che si muovevano al
vento.
«Mamma! Presto! Chiama qualcuno! Sta delirando!» urlò Masami,
trafiggendo la madre con lo sguardo.
«No… aspetta…» la flebile voce del ragazzo la
fermò.
«L-lui… Neji… è… è ferito alla spalla sinistra… v-vi prego…
curatelo…»
Le due annuirono pesantemente.
«… e… anche… anche me…» sussurrò, prima di perdere i sensi,
chiudendo con dolcezza gli occhi.
Ormai conoscevano a memoria qual lugubre e umido
passaggio.
Itachi camminava tranquillo e leggermente preoccupato per le
condizioni della ragazza che teneva per mano: Ino zoppicava e non aveva ancora
aperto bocca dopo aver scaraventato quel ragazzo nelle profondità del
fiume.
Le stava ancora carezzando la mano sporca di sangue, temendo la sua
fuga. Uccidere non era semplice. Uccidere un amico era cosa ancora più
difficile.
«Come ti senti?» le domandò di botto, sussurrandoglielo dolcemente
e stringendole maggiormente la mano, scaldandogliela e fermandone il
tremolio.
«C-come vuoi che vada…» replicò lei, sull’orlo dell’ennesimo
pianto.
«So cosa puoi provare…»
«Oh no… tu non sai un bel niente…» alzò la voce, guardandolo con
rancore e odio, gli occhi lucidi che non volevano versare
lacrime.
«I-Ino?»
«Itachi… lui mi amava…» sibilò lei a denti
stretti.
Il viso del ragazzo si corrucciò in un’espressione ferita e
umiliata, si morse il labbro inferiore, tremante e le lasciò la mano correndo
avanti, il viso oscurato e la testa abbassata in segno di
sconfitta.
Solo in quel momento, la Yamanaka
capì.
«Oh… Itachi…» mormorò tristemente, lasciando le lacrime ormai
libere di scorrere sul suo viso.
Lo rincorse e quando lo raggiunse, lo afferrò per una manica,
imponendogli di girarsi di scatto, per guardarla negli
occhi.
«Tu? Anche tu?» gli domandò, avvicinandosi pericolosamente al
ragazzo, aggrappandosi al suo mantello.
«Sei bella…»
«Solo per questo? È solo per questo che tutti dicono di amarmi?
Solo perché sono ‘bella’? Sai Itachi… a me piacerebbe che qualcuno mi
apprezzasse non solo perché sono bella… ma apprezzasse anche la mia personalità!
Vorrei tanto trovare qualcuno a cui piaccia tutto di me… qualcuno che mi voglia
veramente bene…» si accoccolò accanto al petto dell’Uchiha, affondandone il
viso.
«Tu ne saresti disposto?» domandò a
bruciapelo.
«… sì, Ino-chan…» rispose lui, avvicinando la propria bocca a
quella della ragazza e regalandole un tenero bacio sulle labbra
rosee.
La ragazza rispose con estrema dolcezza, carezzandogli il viso e
approfondendo il bacio.
Arrivarono davanti alla porta del luogo dove dormiva il moro, si
allontanarono lentamente, quasi timorosi di staccarsi l’uno
dall’altra.
Itachi aprì la porta.
«Vieni?» domandò titubante.
La bionda abbozzò un sorriso e lo seguì all’interno della stanza,
cominciando a slacciarsi il vestito nero.
Qualcuno chiuse la porta della propria
stanza.
«Non va
bene…»
«Non va
assolutamente bene, faccia da pianta!»
«Il
capo non sarà contento di saperlo…»
«Assolutamente
no!»
«Smettila
di ripetere tutto quello che dico!»
«La
smetto, la smetto, stronzo!»
«Ehi,
Ten-chan… sei sicura di stare bene?» chiese Deidara per l’ennesima volta alla
ragazza che camminava di fianco a lui.
«L’ho
ucciso…» sussurrò Tenten, osservando con sguardo perso la roccia che chiudeva
l’entrata per ilcovo
dell’Akatsuki.
Il biondo abbassò il capo, triste, vedere la sua Tenten in quello
stato gli fece provare una nuova sensazione, qualcosa che non aveva mai provato
prima, un sentimento che non lo aveva mai minimamente
sfiorato.
Deidara percepì una morsa allo stomaco, mentre il suo primo senso
di colpa si allargava ovunque nel suo corpo, afferrandogli la mente e
annebbiandola dal dolore.
«T-Ten-chan… è colpa mia…» inghiottì un boccone amaro, mentre gli
occhi, ora lucidi, si spegnevano del loro solare azzurro, quello meccanico
compreso, e s’intristivano guardando verso il
basso.
La testa della ragazza si voltò lentamente, stava
piangendo.
Gli afferrò una mano, stringendogliela con dolcezza
innaturale.
«No, Deidara, non è colpa tua. La colpa è soltanto mia…» proferì la
bruna, abbassando lo sguardo.
L’uomo la guardò stranito. Si stava assumendo una colpa non sua…
perché? Voleva farlo sentire meno male, oppure voleva farlo sentire ancora
peggio, lasciandolo in balia dei sensi di colpa che avanzavano minacciosi nella
sua mente?
«La colpa è mia perché l’ho ucciso, perché vi ho seguiti, perché mi
sono unita all’Akatsuki e perché mi sono innamorata di qualcuno che non sarebbe
mai stato alla mia portata, né ora, né mai!» gridò Tenten, completamente fuori
di sé dalla rabbia repressa per troppo tempo.
«Chi, il ragazzo?»
«No Deidara, parlo di te.»
Deidara strabuzzò gli occhi, esterrefatto dalla
rivelazione.
«Deidara… forse non ti amerò… ma sono certa di provare qualcosa per
te. Non sono sicura sia amore ma…» non terminò la frase, zittita dalle labbra
carnose del biondo che, fiondatesi sulle proprie, l’avevano soffocata con un
movimentato bacio.
Le labbra si toccavano, per poi allontanarsi e tornare di nuovo al
loro posto, le mani di lui si muovevano sicure, sin sotto il vestito,
carezzandole la coscia soda e muscolosa.
Tenten lo spinse via, titubante.
«Ma… che fai?!»
«Ti bacio.» rispose il biondo,
semplicemente.
«Ma dai, non l’avevo notato!» osservò sarcastica lei, sfiorandosi
le labbra con un sorrisetto compiaciuto stampatovi
sopra.
«… almeno non qui, dove possono vederci tutti… andiamo… in camera
tua…» propose, aggrappandosi al mantello nero dell’uomo e cominciando a tirare,
sorridente.
La verità era che la tristezza si era rinchiusa nel suo cuore, dove
sarebbe rimasta assopita per molto tempo. Tutti l’avrebbero notato. Nessuno
escluso.
I corti capelli castani ondeggiarono al passaggio di Deidara che,
divertito, le faceva strada, pregustando già il momento in cui sarebbero saliti
sul letto.
«Mh…» mugugnò la voce cavernosa, accecata da un forte raggio di
luce che, evidentemente filtrava dalla finestra.
«Si è svegliato! Nita-chan, chiama Masami-chan! Presto!» sussurrò
una voce matura di donna.
Il ragazzo sentì uno scalpitare di passi rimbombanti sul legno e
una porta sbattersi, prima di aprire lentamente gli occhi e riprendere
conoscenza.
«Ben svegliato, caro.» lo accolse una voce
materna.
Mise a fuoco la vista: una donna sui cinquanta, dall’aria bonaria e
giudiziosa gli stava sorridendo, seduta su un piccolo sgabello legnoso in una
stanzetta luminosa.
«D-dove…?»
«Ti trovi a Namizawa, un piccolo paesino adiacente Ame. Temo che tu
ed il tuo amico siate state trasportati fin qui dalla corrente, mia figlia vi ha
trovati e io vi ho curato le ferite.»
«A-arigatou
baa-chan…»
rispose a fil di voce.
«Qual è il tuo nome, giovanotto?» domandò la donna, alzandosi e
avvicinandosi ad una piccola caffettiera per riempire una tazza di profumato e
ribollente tè.
«S-Shikamaru
Nara, baa-chan,
e il suo?»
«Oh, quanto sei caro! Dammi pure del tu, Shikamaru-kun! Mi chiamo
Aya.»
Shikamaru flesse gli arti superiori, in modo da mettersi seduto sul
letto, ma sentì una dolorosa fitta al braccio sinistro e si lasciò ricadere sul
cuscino.
«Non ti consiglio di sforzarti, le tue condizioni non sono delle
migliori: un braccio rotto, una spalla lussata, numerose escoriazioni e temo che
il muscolo della tua gamba destra sia strappato.» lo mise al corrente Aya,
porgendogli la tazza calda.
Nara bevve avidamente il liquido, che, scorrendogli nello stomaco,
gli provocò un grande senso di calma e pace, mentre il profumo soporifero
s’insinuava nelle sue narici, portandolo alla
nausea.
«Sei… sei un ninja medico, Aya-san?»
La donna rise di gusto.
«No, no! Sciocchino, ti sembro un ninja? Sono una
Guaritrice.»
«Ne avevo sentito parlare, ma non ne avevo mai incontrato
uno…»
«Noi Guaritori preferiamo utilizzare erbe medicinali e rimedi
naturali per curare le ferite, al posto del Chakra, per il quale non abbiamo
molta simpatia… Ad esempio, il tè che hai bevuto è un potente sonnifero, ti farà
dormire per ancora qualche ora, così potrai recuperare le forze ed io potrò
medicarti senza indugio.»
In quell’istante, la sonnolenza si appropriò della mente del
ragazzo, che, incapace di reagire, si abbandonò sul materasso, piombando nel
dolce limbo del sonno.
La signora si apprestò a sfasciare la medicazione al braccio rotto,
avvicinandosi con dolcezza materna all’arto e carezzando il viso del ragazzo
come fosse proprio figlio.
«Aya-san.» una voce forte e sicura l’interruppe, Aya voltò lo
sguardo, incontrando il viso tumefatto del secondo shinobi trovato nel
fiume.
«Tu devi essere Neji-kun, vero?»
«Sì, signora.»
«Le tue fasciature e le tue ferite sono già state sistemate, devi
soltanto riposare ora. Ma prima…» tolse la benda al braccio di Shikamaru,
rivelando un profondo taglio da cui s’intravedeva parte dell’osso, sicuramente
spostatosi dalla sua normale sede.
«… dimmi perché siete conciati in questo modo, e soprattutto…» non
terminò la frase.
«Chi vi ha conciati così!» una vocetta squillante femminile lo fece
trasalire, portandolo a voltare il viso in direzione della provenienza di quella
voce.
I suoi occhi incontrarono dei profondi specchi verdissimi e un
grande sorriso dai denti bianchissimi.
Una bambina di circa nove anni si stagliava divertita davanti al
proprio letto, tenendo un vassoio con una ciotola di zuppa fumante, i capelli,
neri, erano raccolti in due codini lunghi fino alle
spalle.
«Lei è Masami. La bambina che vi ha trovati.» proferì Aya,
sorridendo.
«Mamma, le presentazioni dopo!» Masami divenne improvvisamente
seria.
«Prima voglio sapere cosa vi è successo.»
E così, lo Hyuuga prese un lungo respiro, strinse forte le coperte
nel quale era avvolto e cominciò il doloroso racconto, stringendo di tanto in
tanto un lembo del lenzuolo, che subito s’impregnò di
sangue.
Il suo meraviglioso corpo nudo, a contatto con la luce filtrante
dalla bassa fessura della porta e dalla serratura era di una bellezza
indescrivibile, candido, liscio e muscoloso, un puro piacere al tatto. La sua
bocca, come bocciolo di rosa, era profumata e riusciva a regalargli emozioni
indescrivibili ad ogni contatto con le proprie, o con il proprio corpo, mentre
le mani, quelle ultime ore, erano sembrate esperte, nonostante lui fosse il
primo con cui manifestava la sua maturità sessuale.
Ora, il suo corpo si stava scaldando contro quello del ragazzo,
avvinghiati in un passionale abbraccio che nessuno dei due sembrava voler
mollare quasi temesse che tutto ciò fosse soltanto un sogno
meraviglioso.
«Hai freddo?» domandò Itachi, premuroso, stringendosi di più contro
il corpicino della ragazza e baciandole la nuca dove i capelli, ormai non più
lunghi e sinuosi, erano spettinati.
«No, no, Itachi-kun… sto bene…» mormorò quasi come un sbuffo la
giovane donna, stringendosi alle coperte e tastando qua e là sul materasso alla
ricerca dei suoi indumenti, buttati alla rinfusa quando, poche ore prima, erano
rimasti annebbiati dalla passione, perdendo completamente il contatto con la
realtà.
«Pensi che qualcuno ci abbia sentiti?» proferì nuovamente il moro,
cominciando a baciare il collo disarmato della
bionda.
«No, non credo… almeno, Deidara e Tenten non li ho ancora visti,
Tobi a quest’ora dorme…» l’Uchiha accennò ad una
risatina.
«… Zetsu non lo vedo da ieri, il Leader sembra sempre impegnato con
quel membro di cui non mi volete mai parlare… quindi… sembra che ci siamo solo
noi…»
Il ragazzo annuì, evidentemente malizioso, facendo scorrere le mani
sulle cosce nude della ragazza, le gambe di lei si mossero immediatamente,
tentando di levarsi quegli arti estranei.
«Non esagerare! Credo di essermi già data abbastanza per oggi!»
sbottò la bionda, irritata dal modo volgare che aveva avuto il
moro.
«Non essere così acida, piccola…» con il dito indice, l’Uchiha
risalì tutto il suo corpo, dalle cosce muscolose ai glutei sodi e ben formati,
alla schiena magra e liscia, fino alle spalle e al viso impeccabile come
scolpito nel marmo, dai lineamenti fermi ma gentili, di un’impagabile
perfezione.
Gli occhi della ragazza lo colpirono, freddi e glaciali, sembrava
gli ordinassero di smetterla, di finirla con quelle dolcezze sin troppo
maliziose che lui le regalava da un anno; e fu in quell’istante che Itachi si
accorse ben presto di un fattore che non aveva premeditato nemmeno nei suoi più
reconditi pensieri: l’azzurro degli occhi di Ino, ormai considerato
dall’Akatsuki una delle tante meraviglie del mondo, era opaco. Era velato. Era
sbiadito.
La ragazza non era felice.
E questo gli faceva terribilmente
male.
Uno spillo nel suo cuore, continuava a punzecchiarlo, a
tormentarlo, a seviziarlo con il suo dolore forte e interminabile, inguaribile
nella sua misteriosa e repentina fermezza.
Capì che Ino non era felice all’Akatsuki, non era felice
immedesimandosi nella parte della malvagia, non era felice con
lui.
Uno spillo.
Ino Yamanaka non lo amava e non lo avrebbe mai veramente
amato.
Due spilli.
Ino Yamanaka si reggeva in piedi in un corpo di menzogne, dette per
compiacerlo.
Tre spilli.
Ino Yamanaka era triste, sconfortata e disarmata davanti agli
avvenimenti.
Mille
Spilli
Conficcati
Nel
Cuore.
E Itachi comprese per la prima volta, cosa fosse il dolore. Dolore
per la perdita di un amore, che non era mai nato.
Sferrò un potente calcio contro la ragazza, tentando invano di non
crollare a causa dei pesi che stava tenendo in mano per
potenziarsi.
«Attento!» l’urlo di lei lo distrasse per un millesimo di secondo,
ma bastò per trovarsi in poco tempo col sedere in terra e il viso ricoperto
d’erba.
La risata cristallina della ragazza contro cui stava combattendo
scosse la sua mente, era così contagiosa, prese a ridere anche lui per la sua
goffaggine e per la sua determinazione.
Una candida mano si offrì per aiutarlo a
rialzarsi.
«Shika… la mamma ha detto che non devi sforzarti in questo modo! I
tuoi muscoli non sono ancora del tutto guariti!»
«Lo so, Nita-chan, però…»
«Lo so… vuoi continuare ad allenarti perché vuoi salvare la ragazza
che ami, ed è un anno che tenti di farlo, rischiando di riaprire ferite di cui è
stata proprio lei la causa… uhm… è un po’, come dire,
bizzarro!»
In un anno che si trovava lì, Shikamaru aveva saputo conoscere la
giocosità del carattere della giovane Nita, una sedicenne peperina e senza peli
sulla lingua, gli occhi brillanti come due smeraldi e i capelli neri dai
riflessi blu lunghi fino alle spalle, sempre raccolti in una lunga coda
bassa.
Afferrò la sua mano e si tirò in piedi, lasciando cadere sull’erba
con un tonfo, i due pesi con i quali si stava allenando
strenuamente.
Una fitta al braccio da poco guarito lo fece gemere di
dolore.
«Uhm… direi che basta così, Shikamaru-kun… sei già pallido… ah,
cosa devo fare con te!» sospirò la ragazza, conducendolo dentro casa e facendolo
sedere sul piccolo divanetto.
Rimasero in silenzio per qualche istante, ma poi la voce squillante
di Nita lo fece sobbalzare, con una domanda che mai si sarebbe aspettato da
quella ragazzina.
«Parlami… di lei.»
Nara sapeva a chi si stesse riferendo: Ino. La donna che
amava.
«Beh… Ino… Ino è, era, la mia compagna di Team. Era lei che teneva
su di morale me e Choji, il mio migliore amico. Lei era la… come dire… era
l’acqua frizzante in quella naturale, l’unica nuvola nell’uniformità del cielo
azzurro. È unica, bellissima, simpatica e ha una strana passione per i fiori: le
piacciono, li ama. Adora prendersi cura dei boccioli perché fioriscano in
splendidi esemplari, le sue preferite sono le
cosmee.»
Nita lo guardò adorante.
«Ti si illuminano gli occhi quando la citi.»
Il ragazzo sorrise tristemente, cercando di sentirsi sollevato, ma
non gli riusciva. Si sentiva troppo vuoto a parlare di
lei.
«Però qualcosa non mi torna… lei doveva essere un tipo amato da
ogni singola persona le fosse vicina, dai suoi genitori e dai suoi compagni di
squadra… perché mai cominciare a sentirsi inutile?»
«La colpa è solo mia. Mia, di Choji, di Asuma-sensei, di Sakura… la
colpa è della maggior parte di coloro che la circondavano e tutt’ora la
amano.»
«Non ti seguo…»
«La colpa è nostra perché, nonostante le volessimo tutto il bene
che una persona può desiderare, non ci siamo mai accorti di come lei si sentisse
in dovere di essere una kunoichi, di quanto lei amasse più i fiori della lotta e
del sangue. Di quanto lei amasse più la vita della
morte.»
Nita abbassò lo sguardo.
«La capisco. Tu sai che, essendo primogenita, sono destinata a
seguire le orme di mia madre: diventare Guaritrice. Ma… io non voglio! Io voglio
lottare, voglio vedere la gente felice per averla salvata, voglio provare
l’ebbrezza del trovarmi in una battaglia e dare il meglio di me… io voglio
essere un ninja!» rivelò la mora, mentre gli occhi le si riempivano di lacrime
amare, ferme però ai bordi degli occhi, bloccate lì dall’orgoglio della ragazza,
che le impediva di bagnarsi di un liquido che lei
odiava.
«Non ti piace piangere, vero?» le domandò Shikamaru, comprendendo
il suo stato d’animo combattuto.
«No. Preferisco urlare che piangere. Piangere significa palesare la
mia debolezza. Io non ho mai pianto in vita mia! Non ho intenzione di
farlo!»
«Sbagli a tenerti tutto dentro. Fa male. A volte il pianto non è
solo debolezza, ma anche liberazione.»
«Ma non è una regola dei ninja: non mostrare mai le proprie
emozioni?»
«Nita… è solo una stupidissima regola.» mormorò Nara, slegandosi il
coprifronte dal braccio dove solito lo teneva
legato.
Lo porse a Nita.
«Te lo regalo, con la promessa di potermi scontrare con te quando
sarai una kunoichi!» disse, prima di alzarsi e uscire dalla stanza, rintanandosi
in quella che per un anno era stata la sua camera, condivisa con Neji, che in
quel momento sembrava essere fuori, probabilmente con
Masami.
Mentre le dava le spalle, non poté notare che una piccola ed
innocente lacrima aveva solcato il viso della giovane, prontamente asciugata da
un gesto seccato della stessa.
Deidara spalancò gli occhi, percependo una dolce sensazione di
piacere alla mano destra, sembrava stesse toccando qualcosa di decisamente
morbido.
Sentì che la donna che aveva tra le braccia si stava rigirando,
probabilmente pronta a dargli il bacio di rito mattiniero come era solita fare
da ormai un anno che dormivano insieme, consumando la loro passione durante la
notte.
Sporse le labbra, aspettandosi un bacio profondo, ma ciò che
ricevette fu un forte schiaffo in pieno viso.
«Se entro tre secondi la tua mano è ancora sul mio seno, ti giuro
che non rivedrai più la luce del sole.» la profonda e fredda voce di Tenten lo
fece sobbalzare, si accorse che stava proprio stringendo un seno della ragazza e
levò la mano come fosse scottata, cominciando a ridere nervosamente e
grattandosi la nuca imbarazzato.
La brunetta scostò le coperte, seccata, raccogliendo i propri
indumenti, finiti per terra come ogni volta, e prendendo a rivestirsi a
cominciare dalle mutandine.
In men che non si dica, la sua figura sfoggiava il solito vestitino
corto nero a nuvolette rosse che metteva in risalto la generosa
scollatura.
«Ah, piccola, stanotte sei stata fantastica… veramente! Passionale
al punto giusto, e anche decisamente maliziosa devo dire… proprio come piace a
me!» cominciò il biondo che giaceva ora sul letto, parzialmente coperto dove
Tenten non osava guardare, mentre il resto del suo corpo, nudo, carezzava il
materasso, bramoso che fosse già notte per poter ripetere l’esperienza di poche
ore prima.
Si alzò, ora completamente scoperto, e andò ad abbracciare la
ragazza, ormai donna, da dietro, attirandola a sé con un movimento improvviso
delle braccia e prendendo a baciarle il collo, facendola
gemere.
Fu scostato senza molti complimenti.
«Deidara! Non ti basta quello che abbiamo fatto
stanotte?»
«No bellezza, dovresti saperlo che io voglio sempre di
più.»
«Beh, accontentati una buona volta!»
Il tono seccato della
bruna lo fece sobbalzare.
«Ehi, Ten-chan… qualcosa non va?» domandò preoccupato, mettendo da
parte la sua malizia.
Lei si sentì disarmata davanti ad un Deidara così in pensiero per
lei, e si lasciò andare.
«Il fatto è… che il nostro rapporto è solo un rapporto di sesso… io
voglio qualcuno con cui poter stare ogni ora del giorno! Non solo la
notte.»
«E che problema c’è? Lo sai che se Leader scoprisse che siamo
amanti… beh, ci ucciderebbe! Insomma… anche il rapporto tra Itachi ed Ino è
così, e allora?»
«Proprio non capisci!» esplose allora Tenten,
infervorata.
«Se è così… il nostro rapporto non può continuare! Io non voglio un
uomo con cui fare solo sesso… io voglio un uomo che mi ami veramente! Voglio
qualcuno su cui poter contare sempre! Voglio…
voglio…»
«… Neji Hyuuga…» mormorò il biondo, abbassando lo
sguardo.
Gli occhi della ragazza
s’illuminarono.
«Ch-che hai detto?» sussurrò adorante, come volesse assicurarsi che
l’avesse detto veramente.
«Tu non vuoi me… tu vuoi Neji Hyuuga, e hai scelto me semplicemente
per una banale cotta…».
Non aveva mai visto Deidara sconsolato in quel modo, inerme davanti
allo svolgersi degli avvenimenti.
«Neji-kun! Ehi, Neji-kun!» strillò Masami, correndo verso il suo
“nuovo amico”, tenendo stretto tra le dita paffute qualche fogliolina, raccolta
chissà dove negli angoli remoti del boschetto nel quale vivevano a
ridosso.
Il moro, vedendola arrivare così sorridente, non poté che sorridere
a sua volta, accovacciandosi in modo da poter parlare alla stessa altezza della
bambina.
«Dimmi, Masami-chan…»
«Ho trovato le foglie che mi aveva chiesto… adesso lo fai quel
giochetto divertente?» domandò la piccola, saltellando
impaziente.
Neji annuì con la testa, prima di prepararsi per il
“giochetto”.
«Hakke Rokujuyon Sho!»
urlò,
mentre Masami lanciava in aria le foglie, per poi scoppiare a ridere, vedendo
l’amico muoversi in modo buffo per distruggere tutte le foglioline che aveva
lanciato.
«Sei bravissimo Neji nii-san!» esclamò, continuando a ridere,
divertita.
«Non dovresti muoverti così bruscamente… ti ho visto… è già la
decima volta di seguito che lo fai… potresti perdere le forze…» lo avvertì una
voce proveniente dalla finestra della casa più vicina al
cortile.
«Nita-san!» sbottò lo Hyuuga, volgendo repentinamente lo sguardo
verso la ragazza, che stava fissandolo con
cipiglio.
«Vieni qui… mia madre ha detto che devo metterti questo unguento
sui muscoli, perché è ormai da una settimana che torni dai tuoi allenamenti coi
muscoli strappati…»
Il ragazzo si avvicinò e si tolse la maglia, mostrando così i
pettorali scolpiti da tutti quegli esercizi e i muscoli delle braccia,
decisamente formati e apprezzabili all’occhio.
La pomata scivolò gelida sulla pelle eburnea di Neji, portandolo a
rabbrividire impercettibilmente, ciò era dovuto anche dal tocco duro della
ragazza, si sentiva che quelle mani non erano portate per guarire le
persone.
«Il tuo tocco fa schifo…» commentò il ragazzo, rivolgendole uno di
quei suoi sorrisetti provocatori.
«Non sono una guaritrice!» rispose Nita, per nulla arrabbiata o
decisa a sottostare alle sue provocazioni.
«No… tu vorresti essere una kunoichi… una stroncatrice di
vite.»
«Non devo spiegare a nessuno ciò che voglio diventare, né sentire
gli altri che trovano una strada per me!»
«Nita-san… sii ragionevole… butteresti al vento – indicò la casa e
il giardino – tutto ciò… solo per diventare una
ninja?»
Una forte pacca sulla schiena lo
destò.
«Sì!» rispose Nita, prima di chiudere le persiane della finestra e
rintanarsi nella sua stanza, lontano da tutto e da
tutti.
Neji sorrise… quella ragazza era incredibile… e soprattutto
impossibile da interpretare… troppo solitaria, troppo strana… non era come la
sorellina.
«Neji nii-san?» si sentì strattonare i
pantaloni.
«Dimmi Masami!»
«Da
grande posso sposarti?»
Hyuuga sorrise divertito.
«Perché vuoi sposarmi?»
«Perché sei come un vero principe azzurro! Sei bello, forte e tanto
tanto coraggioso! Perché sei corso a salvare la tua bella
principessa!»
Il sorriso si trasformò in una
smorfia.
«E non pensi che da grande io potrei sposare la mia bella
principessa?»
«Ma la mamma mi ha detto che la tua bella principessa è diventata
una strega cattiva!»
Le scompigliò i capelli come un fratello maggiore farebbe ad una
sorellina.
«Sì… ma solo perché è circondata da tanti mostri cattivi e ha
dovuto adattarsi a loro! Ma sono sicuro che quando rivedrà il suo principe
azzurro tornerà ad essere la principessa più bella di
tutte!»
«Bella come la principessa di Shikamaru nii-san?» domandò
innocentemente la piccola.
«Sì! Ma anche di più!»
«Io vado a cercarlo!»
«No, non puoi fare pazzie del genere!»
«Ma… ma… Tsunade-sama! La prego!»
«Sakura… non possiamo fare nulla, non ce l’hanno fatta gli
ANBU…»
Sakura strattonò il braccio rinchiuso nella stretta morsa della
mano di Tsunade, che l’aveva bloccata prima che saltasse fuori dalla finestra,
pronta per andare a cercare Shikamaru, ovunque egli si
trovasse.
Nara e Hyuuga erano scomparsi da un anno. Dati per morti dalla
squadra ANBU, tornata dopo mesi di ricerche con nessun indizio né risposta e
tante domande.
«Ma…» cercò di replicare la rosa, ma era evidente di come l’Hokage
non volesse lasciarla andare, temendo di perdere anche la sua
pupilla.
«Se
è stata l’Akatsuki a ucciderli… come puoi pensare di fare qualcosa contro di
loro? Ci hai già provato contro Sasori, Sakura. Hai avuto bisogno di aiuto! E
Shikamaru e Neji sì, sono forti, ma
contro tutta l’Akatsuki… non avrebbero mai avuto vita facile!» concluse la
donna, freddamente.
«Anche lei li crede morti?»
«Io spero non lo siano… ma per ora, tutti gli indizi danno l’idea
di morte!»
La Godaime terminò la frase e sentì un forte bussare al suo
portone, non ci volle molto a capire chi fosse.
La porta venne malamente buttata giù e le apparvero davanti Choji,
Rock Lee e Naruto, tutti pronti per partire a cercare i loro amici e
compagni.
Naruto fece solennemente un passo avanti.
«Tsunade no baa-chan! Non posso permetterti di lasciare ben quattro
compagni di squadra a loro stessi! Io sento che né Shikamaru e Neji, né Ino e
Tenten sono morti! Ne sono sicuro!»
«Naruto! Io non posso permettere ad altri ninja di morire!!! Ti
vieto di partire per qualsiasi missione, o ne pagherai le amare conseguenze, e
ti verrà tolto il coprifronte. – guardò per qualche secondo lo sguardo
determinato di Choji, Rock Lee e Sakura – A te e a chiunque tenterà di
disobbedire ai miei ordini! Sono stata chiara?!» aggiunse, urlando, facendo
raggelare il sangue a tutti e quattro i ninja.
Choji e Rock Lee uscirono a testa bassa dalla stanza, mentre Naruto
e Sakura rimasero per qualche secondo fermi immobili, incapaci di dire o di fare
qualsiasi cosa.
Uzumaki circondò con le braccia le spalle di Haruno,
accompagnandola fuori.
Quando furono lontani da sguardi indiscreti, le lasciò un tenero
bacio sulla guancia, al quale la rosa sembrava paralizzata dalla
sorpresa.
«Fatti coraggio, Sakura-chan… vedrai, sono vivi, tutti e quattro!»
le sfiorò la guancia con la mano, asciugandole una lacrima che scorreva sul viso
della ragazza. Le diede un altro bacio.
«Non te l’ho dato lì perché era davanti a tutti e temevo ti
vergognassi…»
E a Sakura, in quel momento, crollò il mondo
addosso.
Naruto pensava che lei si vergognasse a girare con lui, era ovvio,
dopo tutto ciò che lei gli aveva fatto, si stupiva persino che il biondo le
rivolgesse ancora la parola…
«N-Naruto…» balbettò la ragazza, incapace di frenare le
lacrime.
«Cosa c’è, Sakura-chan! – accorse preoccupato – Vuoi stare da sola?
Se vuoi me ne vado!» si premurò il giovane, rendendo la rosa ancora più triste e
affranta.
Ora che lo vedeva lì, davanti a lei, i suoi occhioni blu scossi
dall’apprensione, la sua espressione amorevole, l’istinto era quello di
abbracciarlo, di sfogarsi con lui, di piangere tutte le lacrime che aveva
represso. E lo fece.
Gettò le braccia al collo di Naruto e
singhiozzò.
Il biondo la strinse a sé, la presa forte, lasciandole dolci baci
nell’incavo della spalla e sul collo, carezzandole la testa per
tranquillizzarla.
«Sakura-chan… tu non sei sola… perché devi combattere tutto il tuo
dolore da sola?»
«Perché nessuno… nessuno è disposto a combatterlo con
me!»
«Ci sono io! Io ti aiuterò! Io sono sempre pronto ad aiutarti,
Sakura-chan… ma probabilmente… io… io non… - s’interruppe, cercando di non
sembrare troppo triste – io non sono il tipo di persona
adatto…»
La rosa alzò il viso verso il biondo e lo carezzò con la dolcezza
di una madre.
Naruto era sempre stato lì.
Naruto era sempre pronto ad aiutarla.
Naruto.
Non Sasuke, non Neji, non Shikamaru.
Naruto.
Gli afferrò una mano e intrecciò le sue dita con le proprie,
stringendola con amore.
Gli regalò un fugace bacio sulle
labbra.
«Da oggi in poi, combatterò con te!»
A/N
Here I am!!!
Bene, prima di tutto vorrei chiedere umile perdono per il
comportamento di Itachi… terrificante! Ho appena riletto il suddetto obbrobrio e
ci sono rimasta. Non è a livello di gentleman, ma a quello di fidanzatino
premuroso… brrr… *rabbrividisce come Rock Lee davanti a qualcosa di
vecchio*
Bene, passiamo ad una cosa che mi piace moltissimo fare: risponderò
alle recensioni!!!
celiane4ever
Prima
di tutto, grazie per la recensione! *_* E poi… beh… lo so, Tenten che ama
Deidara può sembrare impossibile (e infatti lo è! XD) però mi piacciono troppo
insieme! *_*
Comunque, è naturale che Tenten stia con Deidara per dimenticare
Neji (che è, Beautiful? XD), ma la giovane pulzella (nd Rock Lee) lo capirà…
uhm… l’ha capito proprio in questo capitolo! Muahaha! Ma come sono perfida!
Comunque… questo è un capitolo di passaggio, il prossimo (che è l’ultimo) sarà
DECISAMENTE più avvincente! Non vedo l’ora di postarlo!
*_*
P.S. Per l’happy ending… diciamo che… per alcuni ci sarà, per altri
no (su, mandami a quel paese! XD).
Giuli@Grazie
mille per la recensione! *_* Come puoi vedere… poveri i nostri Shikamaru e Neji
(su piccini, venite dalla mammina che vi coccola… *ç*). Ma non preoccuparti, la
fortuna girerà anche per loro! È una promessa! Nel prossimo capitolo lo capirai!
E comunque non sono stati tanto
sfortunati, no? Hanno trovato vitto e alloggio gratis, una seconda mamma, una
sorellina più piccola, una sorella – quasi – coetanea che gli fa da personal
trainer… insomma… cosa potrebbero volere di più dalla
vita?
Secondo me, quelle messe peggio sono Ino e Tenten. Si sono donate a
degli uomini che non amano per dimenticare quelli che amano, mi sembra una
ingiustizia! E non hanno perso solo la verginità con ‘sti qui, ma anche il loro
orgoglio come donne.
Io mi sentirei usata se fossi al loro posto! (ma quanto sono
bastarda?! XD)
Vabbè… ti attendo al prossimo e avvincentissimo capitolo! Grazie
mille per seguire sempre la mia storia!
CelsteKiss
XD Anche a me capita di leggere le storie
oltre la mezzanotte e di non commentare (a parte che io non commento
praticamente mai… eh eh…), ma ti ringrazio che tu l’abbia fatto! Apprezzo molto
queste piccole cose che – ingigantiscono il mio ego – mi aiutano a migliorare la
scrittura! Le recensioni fatte con cognizione di causa! Quelle che parlano della
fic e la descrivono. *_*
Comunque, ti ringrazio per i meravigliosi complimenti! Sono
imbarazzata! ^\\\^ Comunque, per l’happy ending (come ho detto a celiane4ever)
ci sarà per qualcuno, mentre per altri non ci sarà (ma quanto sono
bastarda!).
Non svelo altro perché ti rovinerei la sorpresa del prossimo
capitolo, a mio umile parere, il migliore tra tutti!
^^
Per
il commento sulle coppie… beh… de gustibus
non disputandum est!
A me piacciono le HinaNeji, sono una delle mie coppie preferite, e anche in
questa fic ho voluto che quei due si volessero qualcosina
in più del bene che comunemente si vogliono cugino e cugina!
*_*
Per le ShikaTema… sono assolutissimamente d’accordo con te! Odio
allo stato puro! Sono insofferente! Non riesco a leggere di loro! E dire che
Temari non mi sta poi tanto sulle balle… ma è una coppia che non digerisco per
NIENTE! ^^ Comunque… grazie ancora moltissimo per seguirmi!
*_*
Semmy92Ossignur!
Ti ho fatta piangere? Mi dispiace! Comunque, sono contenta che apprezzi la mia
fanfiction e che sia talmente commuovente da farti piangere! Grazie infinite!
Dimmi se anche questo capitolo ti ha fatto piangere che rimedierò col prossimo
che va più sul comico! ^^
Maobh
Ti
cito un secondo: Le ragazze
sono in preda a un conflitto interiore. Hanno raggiunto ciò che volevano in
termini di potenza, ma si trovano a fare i conti coi loro sentimenti
repressi.
È la miglior interpretazione di questi capitoli! Non ho parole! Sei
stata così meravigliosamente dettagliata! Sono lusingata che una così attenta
analizzatrice legga la mia fic! *_* Grazie! (_ _)
*inchino*
Il dubbio è che si buttino tra le braccia di altri uomini pensando
però ancora ai loro vecchi amori.
Naturalmente,
questa è una fanfiction terribilmente OOC, per cui alcuni comportamenti possono
sembrare strani, però a me è capitato di trovarmi (non direttamente, era una mia
amica) in una situazione del genere, trovandosi con le spalle al muro, se
continuare una relazione così schifosamente perfetta
da
sembrare una fregatura, o se dimenticarla e buttarsi tra le braccia della –
passami il termine – seconda opzione. Comunque apprezzo che tu me l’abbia fatto
notare! In futuro devo stare più attenta a non vagare con la fantasia o a
lanciarmi in storie alla Beautiful senza pensare al comportamento
reale…
Ripeto: grazie infinite per la meravigliosa recensione! L’ho
apprezzata tantissimo!
Voilà! Missione compiuta! *_* Grazie mille a
tutte!
Detto questo, vi annuncio che il prossimo sarà l’ultimo capitolo!
Ma ci sarà anche un epilogo e, penso, una spin-off!
Zetsu si aggirava, guardingo e diffidente, per quel lugubre
corridoio scuro, incerto sul da farsi, erano ore che se ne stava lì, fuori da
quella porta di legno, temendo di essere scoperto da colui che si celava
dietro.
Doveva dirglielo? O doveva tacere come aveva fatto per tutti quegli
anni? Sentiva di stare tradendo i suoi compagni, ma se non l’avesse fatto,
sarebbe stato come tradire il Leader, perciò, doppiamente peggio. L’avrebbe
fatto fuori se avesse taciuto un fatto del genere. O Zetsu… no, lui non era quel
tipo di pianta! Lui non voleva morire per mano di colui che fino a quel momento
aveva considerato suo capo.
Si fece forza, prese un lungo respiro e bussò alla porta legnosa e
muffosa.
«Zetsu… qual buon vento…» gli rispose la voce bassa e lugubre
dell’uomo.
Quel tono lo fece rabbrividire. Odiava, odiava assolutamente quel
tono.
Aprì la porta ed entrò, poi la chiuse dietro di
sé.
«Deidara… Itachi… scusatemi…»
Si destò di soprassalto, trovandosi solo in quel letto troppo
grande per una persona.
Scostò le coperte, scoprendo la sua nudità, e si grattò assonnato
il capo, intuendo con totale dispiacere l’arruffamento assurdo dei suoi
capelli.
Si guardò allo specchio storto e inchiodato alla buona al muro
pietroso.
«Eh sì Deidara… le donne fanno proprio male alla salute…» sbuffò,
cercando di limitare i danni alla sua acconciatura, prendendo a pettinarli con
la spazzola che teneva in una fessura della roccia.
“Un
optional di
gusto” gli piaceva chiamarlo, dato che era l’unico dell’Organizzazione, a parte
le ragazze, ad avere una cosa del genere nella propria
stanza.
Con gesto sicuro, passò quel magico strumento di perfezione tra i
suoi fili d’oro, rendendoli lisci e morbidi come la seta più
pregiata.
Era proprio fiero dei suoi capelli, anche se ora la lunghezza
raggiungeva quasi il suo fondoschiena e raccoglierli diventava più problematico,
ma non aveva più intenzione di uscire dalla sua stanza senza i capelli
raccolti.
Almeno, non dopo essere stato scambiato per Ino da una assonnata
Tenten.
Notò mestamente che, quella mattina, i suoi vestiti non si
trovavano sparsi disordinatamente per il pavimento, bensì erano arrotolati su se
stessi ai piedi del letto.
Sbuffò, Tenten aveva dormito in camera sua quella notte… e quella
prima, e quella prima ancora.
Da quanto tempo non faceva più sesso con
lei?
Gli parse seriamente una vita, invece erano solo due
settimane.
Due settimane senza baci, senza sesso, senza alcun contatto
fisico.
Si diede mentalmente dell’idiota di prima categoria, aveva proprio
dovuto specificare che quella splendida brunetta amasse Neji? Non poteva stare
zitto una buona volta?
Sasori-danna glielo diceva sempre, che parlava troppo e che avrebbe
dovuto chiudersi la bocca una volta per tutte, lui e le sue esplosioni, lui e la
sua bramosia per le donne.
Perché si sapeva, all’Akatsuki lui era un rinomato donnaiolo,
qualunque ragazza incontrasse che gli andasse a genio, finiva indubbiamente a
letto con lui.
Ma da
quando aveva conosciuto Tenten, era riuscito a contenersi notevolmente, le
missioni in paesi stranieri terminavano con lui che piagnucolava di non aver
potuto saggiare la formosità delle donne di quel luogo e con la povera ragazzina
che lo prendeva per un orecchio, trascinandoselo via e facendogli saggiare la forza
dei suoi shuriken, per poi allietarlo la sera stessa, in
segreto.
Un segreto che per quei due anni erano riusciti a mantenere alla
perfezione.
Beh, più o meno… a Deidara era scappata qualche parolina con Tobi,
ma non doveva preoccuparsi: dopotutto Tobi non sapeva ancora come nascessero i
bambini, cosa poteva capirne di sesso e roba varia?
Uscì vestito di tutto punto e si diresse verso “il salone” dove si
ritrovavano tutti, sperando di poter vedere la sua
brunetta.
E sperando, naturalmente, in un suo bacio… speranza, inutile dirlo,
vana.
Appena entrato nella stanza, riconobbe la figura scura di Itachi,
seduto su una roccia.
«Cogito ergo
sum?» domandò
maliziosamente, schernendo il compagno che, purtroppo, si trovava nella sua
stessa situazione.
«Taci, inutile scarto del mondo maschile!» ribatté piccato
l’Uchiha.
«Aspetti Ino?»
Il moro sbuffò.
«Non credo in Dio, non aspetto un
miracolo…»
«Vedo che oggi ti sei svegliato bene!»
«Sì, in un letto vuoto…»
«Benvenuto nel club…»
I due uomini si guardarono intensamente. Già, erano proprio nella
stessa, schifosissima situazione.
«D’accordo… dove sono?»
«Si stanno allenando nel campo
cinque…»
«Entrambe?»
«Sì…»
«Perché al momento sto temendo per le mie
palle?»
«Se fossi in te mi preoccuperei di più della gola… credo che siano
adirate con noi…»
«Uchiha, ma tu essere un po’ ottimista una buona volta?» esclamò il
biondo, stringendosi i gioielli con apprensione.
«Tranquilli piccoli, nessuno oserà farvi del male…»
sussurrò.
Improvvisamente, i rumori dei passi in corsa di qualcuno li
distolsero dai loro vaneggiamenti.
Tobi entrò tutto trafelato nella
stanza.
«D-Deidara-sempai! Itachi-san!»
«Cosa c’è Tobi, sono finite le caramelle?» domandò Deidara con
indifferenza, controllando che lo smalto delle sue unghie non si fosse
scheggiato.
«No Deidara-sempai! Peggio!»
L’espressione dell’uomo si fece seria.
«Allora è grave, che succede, Tobi!»
«Leader… Leader…» biascicò.
«Cosa Tobi!»
«Lui… sa…»
«Tobi, ti prego non dirmi che il Leader sa della nostra relazione
con Ino e Tenten! Ti prego non dirmelo!»
«Io… non te lo dico, Deidara-sempai…
ma…»
«Ma è così?» completò per lui il
biondo.
Itachi, che aveva sentito ogni parola, inorridendo ad ogni sillaba,
sgranò gli occhi. Sapeva cosa li attendeva.
Nell’Organizzazione erano vietate le relazioni tra membri, il
Leader non le sopportava. Per lui, il lavoro era il lavoro. E l’amore era
l’amore. Li avrebbe uccisi.
Lanciò un veloce sguardo a Deidara.
Era finita.
«Te ne vai già?» piagnucolò la piccola Masami, aggrappandosi al
braccio di Neji e donandogli una delle sue occhiate più
commoventi.
«Mi dispiace, Masami-chan… devo andare dalla mia bella
principessa…»
«Ma… ma pensavo che dopo tutto questo tempo, fossi diventata io la
tua bella principessa…» mugolò la bambina, mentre gli occhioni verde smeraldo le
si riempivano di lacrime.
Hyuuga sospirò, pensando in che modo poter consolare la sua dolce
amichetta, si accovacciò e le prese le manine, stringendole forte tra le sue e
portandole ad asciugare quelle gemme verdi.
«Su, su… non piangere…» sussurrò con innaturale
dolcezza.
Quando si trattava di Masami, il suo essere freddo e pungente
lasciava spazio ad un Neji più dolce e sensibile che, evidentemente, ci sapeva
davvero fare coi bambini.
«Non pensavo che fossi un baby-sitter così dotato, amico mio…» lo
interruppe la solita voce annoiata di Shikamaru. Era lì, davanti a lui, con la
sigaretta in bocca.
Durante quell’annetto trascorso con Aya e le sue figlie, gli erano
cresciuti i capelli, che ora erano troppo lunghi perché la coda alta stesse in
piedi, perciò molte ciocche sfuggivano al fermaglio, ricadendo delicate sulle
spalle muscolose, temprate con il duro allenamento a cui entrambi si erano
sottoposti.
«Nara… se non ci fosse Masami-chan ti avrei già ammazzato…» sibilò
il più grande dei due, fulminando l’amico con gli occhi
incolori.
«Non fare tanto il duro, Neji, non saresti capace di farlo
veramente…» lo schernì una voce femminile proveniente da dietro un albero, dove,
nascosta dall’ombra, vi era Nita, con le braccia incrociate al petto e gli occhi
chiusi, come fosse in meditazione.
«Nita-san!» esclamò il ragazzo, piccato
nell’orgoglio.
La mora si scoprì delle tenebre, uscendo allo scoperto e venendo
colpita dai raggi del sole, accentuando le sue forme
mascoline.
«E così… ve ne andate… eh?»
«Già…» rispose Shikamaru, lasciando che il compagno tornasse a
consolare la bimba.
«Quindi questo ti servirà!» la ragazza gli porse il suo
coprifronte, lucidato come se fosse nuovo.
«No, è stato un regalo, te l’ho
detto!»
«Con una promessa…»
«Sì, la promessa di scontrarci quando tu sarai un
ninja!»
«Se…»
«Quando
sarai un ninja!» accentuò il ragazzo, guardandola con
determinazione.
Nita sentì gli occhi diventarle umidi, mentre il magone le
stringeva la gola, portandola a deglutire più del
solito.
«E… Nita-chan?»
«S-sì?» mormorò con voce rotta.
«Non devi trattenere le lacrime. Mai più.» detto questo, Nara le
voltò le spalle, raggiungendo Neji che era finalmente riuscito a consolare
Masami, dandole un bacino sulla guancia, per la felicità di lei e l’imbarazzo di
lui.
I due inforcarono gli zaini e si girarono, per salutare un’ultima
volta quella famiglia tanto gentile con cui avevano passato un anno intero.
Alzarono in contemporanea la mano destra e ricominciarono a camminare, con aria
solenne ed orgogliosa.
Niente li avrebbe fermati, ora. Avrebbero definitivamente riportato
a casa Ino e Tenten.
Intanto, davanti a quella casupola semplice e campagnola, Nita, con
in braccio Masami, singhiozzava sommessamente, mentre copiose lacrime le
rigavano le gote arrossate.
«Sayonara,
minna!»
Sfondarono la porta del campo
addestramento.
Una bestemmia.
Afferrarono le due ragazze per un braccio, tirandole fuori dal
campo e correndo via, lontano dal covo.
Un’altra bestemmia.
Presero a correre sotto il sole cocente di quel mattino estivo,
caldo e soporifero, mentre le due si dimenavano come pesci in una rete, non
capendo che cosa quei due idioti stessero facendo.
«Insomma, Itachi! Che ti prende?!» esclamò Ino, facendo mollare la
presa che l’uomo aveva sul suo braccio e cominciando a corrergli dietro,
fulminandolo però con occhi saettanti di rabbia.
«Esatto, Deidara! Esigo una spiegazione!» la brunetta imitò
l’amica.
«Vi stiamo salvando la vostra fottutissima vita, razza di ingrate!»
replicò Itachi, adirato.
«Ma quanto cazzo ci mette la mia cazzosissima argilla a creare quel
cazzosissimo uccellaccio!!!» imprecò Deidara, cominciando poi a tirare giù tutto
il repertorio di parolacce conosciuto, e inventandone di
nuove.
«Faresti arricciare i capelli a Tayuya! – proruppe Ino, sorridendo
divertita – A quanto mi ha raccontato Shikamaru non faceva che dire parolacce e
bestemmiare!»
«Sì, ecco, Ino-chan? – la chiamò Uchiha – Tu sai per caso dove si
trovano quei due vostri amici?»
«Perché?»
«Vi portiamo da loro!»
«C-cosa?! Itachi, stai bene?!» gridò Tenten, incredula, sgranando
gli occhi in preda alla felicità più grande che potesse
conoscere.
«Certo che sto bene! – ribatté nervosamente – Sto benissimo! Ho
solo scoperto che Leader ha capito che voi venivate a letto con noi e ora ce
l’abbiamo alle calcagna! Maledettissimo chi ha fatto la
spia!»
Le donne si portarono le mani alla bocca, continuando a sfrecciare
nella foresta ad una velocità superiore a quella che avevano di
solito.
«Gente, siamo nella merda! – scoppiò il biondo, infervorato e con
gli occhi fuori dalle orbite a causa della rabbia e la paura – Non ho abbastanza
argilla!»
«Mi faccia entrare!!!» gridò la donna in lacrime, picchiando con
forza i pugni contro la porta dell’ufficio della
Godaime.
«Shizune, apri…» sbuffò Tsunade, preparandosi al
peggio.
Non si è mai pronti ad affrontare una madre che reclama il figlio
disperso in missione.
La porta si spalancò, rivelando il volto completamente bagnato
dalle lacrime di Yoshino Nara, trattenuta a stento dal marito, dietro di
lei.
Lui non piangeva, ma nei suoi occhi si leggeva che sicuramente
l’aveva fatto. Lontano da tutti e da tutto.
A completare quel duetto che avrebbe stretto il cuore di chiunque,
Temari della Sabbia era in piedi, semicoperta dai due coniugi, lo sguardo basso.
Si mordeva il labbro inferiore.
«Hokage-sama, la prego di perdonarmi… ma…» singhiozzò la madre di
Shikamaru, calmandosi improvvisamente, permettendo al marito di mollare la
presa.
«No, Yoshino-san, non abbiamo nessuna notizia di suo figlio, mi
dispiace – guardò la donna, per poi spostare lo sguardo su Shikaku – e, no
Shikaku, nemmeno Ino sembra essere tornata – per ultima osservò la donna della
Sabbia – e, no Temari, non puoi andare a cercarli! È tutto, potete uscire!» li
congedò sveltamente, come faceva ormai da tre mesi. Scacciando quelle tre
persone con maleducazione.
Ma cosa avrebbe dovuto fare? Mentirgli? Dargli inutili false
speranze?
Le cose era meglio dirgliele come stavano, senza girarci troppo
intorno, vanamente.
D’altronde, prima o poi anche loro avrebbero perso la speranza
com’era successo ai signori Yamanaka, che ormai non si vedevano più a Konoha. A
Tsunade era stato riferito che i due coniugi fossero caduti in depressione e che
la signora Yamanaka fosse diventata anoressica a causa di quella grave
perdita.
Ormai, preferiva non investigare
oltre.
I genitori di Tenten, li vedeva, erano sempre davanti al portone
d’ingresso del palazzo dell’Hokage, incerti sull’entrare o meno: la madre della
ragazza stretta con dolcezza al marito, si facevano forza, cercando di pensare
positivo e di sperare nel ritorno della loro piccola
Ten.
Persino Hiashi Hyuuga si era mostrato qualche volta, visite
sporadiche accompagnato dall’onnipresente Hanabi che, anche se cercava di
nasconderlo, aveva sempre gonfi occhi rossi, che la rendevano una bambina ancora
indifesa, nonostante il coprifronte della Foglia e il giubbotto da Chuunin
dicessero il contrario.
E come se non bastasse, ogni giorno, gli ormai diciottenni ragazzi
di Konoha venivano a trovarla, chiedendole anch’essi
notizie.
Konoha era diventata deserta, vuota senza i suoi ragazzi, senza i
giovani che l’avevano da sempre animata con le loro risate, le loro litigate e i
loro imbarazzanti amori.
La donna girò su se stessa con la propria sedia e guardò fuori
dalla finestra.
E anche a Shizune venne nascosta la lacrima di tristezza della
Godaime, nel vedere Yoshino Nara accovacciarsi in mezzo alla strada e svenire,
per essere poi presa in braccio da Shikaku Nara e portata a
casa.
Come ogni giorno.
«Non è vero… e la nostra
amicizia?»
«Le amicizie finiscono prima o
poi…»
«I nostri allenamenti…»
«Come puoi vedere, ho trovato migliori
sensei…»
«Il nostro gruppo…»
«Di cui io non ho mai fatto veramente
parte…»
«Il nostro… affetto…»
Neji si destò di soprassalto, la fronte imperlata di sudore e i
vestiti completamente appiccicati al corpo madido.
Rabbrividì.
Si alzò dal suo cantuccio di terriccio sopra il quale stava
riposando e diede un’occhiata al fuoco: spento. Dannazione, adesso avrebbe
dovuto andare a cercare la legna.
Si addentrò nel bosco intorno alla radura nella quale si erano
fermati a riposare, alla ricerca di qualche rametto secco, operazione pressoché
impossibile, dato che aveva smesso di piovere da giusto poche ore e tutto ciò
che era all’aria aperta era stato bagnato.
I suoi sandali ninja scricchiolavano sul tappeto di foglie bagnate
e s’impregnavano di fanghiglia sporca e Hyuuga dovette ammettere che la natura a
volte gli faceva veramente schifo.
Le sue certezze si consolidarono quando vide in che stato erano i
suoi piedi dopo quella traversata all’insegna della
sporcizia.
Riuscì a trovare una grotta di fortuna dove vi erano rami coperti
di terra e foglie secche: la tana di un coniglio. Coniglio che in quel momento,
spaventato dal rumore dei passi, era in procinto di
scappare.
Neji non glielo permise, e lo catturò per le lunghe
orecchie.
«Bene. Cena.»
E, sempre tenendo l’animale per le orecchie, lo sbatté contro il
tronco di un albero, uccidendolo.
Certo, la carne di coniglio era molto esigua e nemmeno molto buona,
ma cos’altro avrebbero potuto mangiare? Mosche?
No, erano difficili da catturare, ci avevano già provato diverse
volte.
Era una settimana che vagabondavano per la foresta, in direzione
del presunto covo di quei bastardi dell’Akatsuki, cercando di far rinsavire le
loro compagne e riportarle a casa, anche il cibo che si erano portati dietro
dalla casa di Aya cominciava a scarseggiare, e l’acqua andava diminuendo. Se non
avessero trovato al più presto un fiume, avrebbero dovuto seriamente cominciare
a preoccuparsi.
Tornò alla radura con tutto l’occorrente per riaccendere il fuoco,
che finì per terra con un tonfo sordo.
Afferrò uno dei legnetti piccoli e lo tirò in testa a Shikamaru, in
modo che si svegliasse e venisse ad aiutarlo, ma più che altro, sorrise, voleva
che smettesse di russare come un orso.
Con un ultimo grugnito, Nara aprì gli occhi assonnati e sbadigliò
palesemente.
«’zo vuoi?» mugugnò, ancora intorpidito dal
sonno.
«Fuoco e cibo!» disse semplicemente Hyuuga, indicando lo
scoppiettante fuoco davanti a lui e alzando come fosse un trofeo, il coniglio
ormai morto.
«Hyuuga… sto cominciando a cambiare parere su di te!» esclamò
l’altro ragazzo, sgranando gli occhi dalla felicità del poter vedere,
finalmente, della carne con cui nutrirsi.
«Che gioia…» commentò il moro sarcasticamente, sorridendo però
anche lui.
Avevano passato più di un anno insieme… ormai si erano abituati
alla loro reciproca compagnia… erano arrivati a sostenersi a
vicenda.
Shikamaru aveva visto, per la prima volta, Neji
piangere.
Neji aveva visto, per la prima volta, Shikamaru singhiozzare
palesemente, senza nascondere il proprio dolore.
Certo, il contesto era tragico e terribile, ma il fatto che
l’avessero affrontato insieme era… rilassante sotto un certo punto di
vista.
Ormai… sarebbero andati anche incontro alla morte, pur di essere
insieme ad fronteggiarla.
Il ragazzo con la coda estrasse il kunai, in procinto di scuoiare
l’animale, mentre il portatore del Byakugan preparava una semplicissima
impalcatura di legnetti sopra la quale posare il coniglio perché si
cocesse.
Improvvisamente, un’ombra che oscurò la luna appena sorta attirò la
loro attenzione; alzarono appena lo sguardo, in modo da far luce su quel fatto
strano, in quanto non era prevista un’eclissi di luna per i prossimi tre anni,
almeno.
Ciò che videro fu un uccello bianco molto più grande del normale
che stava precipitando.
Neji aveva già visto quell’uccello.
«Shika?»
«Secondo
te cos’è quel… coso?»
«Ho come l’impressione che non dovremmo più cercare Ino e
Tenten…»
E come uniti da un desiderio comune, si alzarono in piedi ad una
velocità spaventosa, cominciando a correre vero il luogo in cui quell’uccello
andava schiantandosi.
Attraversarono fanghiglia e foglie secche, salirono poi sugli
alberi e saltarono di ramo in ramo, gli occhi quasi pieni di lacrime dalla
felicità.
Il
cuore che non smetteva di battere dalla paura.
Poi videro l’impatto.
E subito dopo un’esplosione.
Choji era seduto al ristorante con Temari, Shino, Naruto, Sakura,
Rock Lee, Hinata e Kiba. Aveva appena ordinato dodici porzioni di carne alla
griglia.
Quattro posti, due vicino a lui e due vicino a Rock Lee, erano
vuoti, ma apparecchiati, come se aspettassero ancora che qualcuno
arrivasse.
Come
se quelle persone fossero semplicemente in ritardo.
Vari camerieri erano passati più volte, cercando di ritirare i
quattro piatti, i quattro bicchieri, i quattro coltelli e le quattro forchette,
ma tutti avevano ricevuto la stessa e identica risposta alla domanda «Posso
tirare su?»
«No, stiamo aspettando dei nostri
amici.»
Ma quegli amici non arrivavano.
Era da quattro anni che non tornavano. Eppure loro li aspettavano
ancora, con ansia palpabile, gli occhi perennemente puntati alle porte del
Villaggio.
Si svegliavano la mattina e andavano direttamente, e a volte
persino in pigiama, da Kotetsu e Izumo per farsi dire chi fosse entrato quel
giorno.
E il responso era sempre e solo lo stesso: «Mi dispiace, ragazzi,
ancora niente.»
E il commento, era sempre lo stesso: «Grazie lo stesso, teneteci
informati.»
Il ragazzo più in carne osservò la scena che gli si presentava quel
giorno, 31 agosto: Sakura era appoggiata a Naruto, il biondino le carezzava i
capelli, lasciandole piccoli e dolci baci.
Hinata stringeva la mano di Kiba, che a sua volta gliela
accarezzava col pollice.
Temari e Shino erano piuttosto freddi tra loro, ma quello perché
era nella loro indole non mostrare le proprie effusioni ad
altri.
Per finire, Rock Lee teneva la testa bassa e si girava i pollici,
agitato come se il mondo stesse per crollare in quel
momento.
Il silenzio che aleggiava era
asfissiante.
No, Choji non poteva sopportare oltre.
Si alzò in piedi, sbattendo con forza il palmo della mano contro il
tavolo e rischiando di infilzarsi coi denti della
forchetta.
«Ma
che diavolo è preso a tutti?! Avete dimenticato come si parla?! – sbottò
adirato, catturando la loro attenzione – Se non sbaglio eravamo venuti qui per
festeggiare la fine di agosto e l’inizio di settembre! Eravamo qui per augurare
a Temari un buon trasloco a Konoha! Eravamo qui per complimentarci con Sakura
per essere diventata capo reparto dell’ospedale e con Rock Lee e Kiba per essere
diventati i nuovi sensei di un gruppo di genin! Eravamo qui per festeggiare il
fatto che Naruto fosse stato nominato successore della Godaime! Insomma, cazzo!
Abbiamo davanti il prossimo Rokudaime e voi cosa fate?! Fate i picci
picci
tra voi! Tubate come dei piccioni! Mi sono rotto di uscire con voi per stare in
silenzio e ricordare i bei tempi passati quando Ino, Shika, Neji e Tenten erano
ancora qui con noi! Ma sapete una cosa?! Quei quattro sono vivi! Sono da qualche
parte e torneranno! E sapete come lo so? Perché Shikamaru mi ha promesso di
offrirmi un pranzo a base di carne! E finché non manterrà la promessa io
continuerò ad essere sicuro che sia vivo!» terminò, alzando il tono di voce
un’ultima volta, prima di risedersi e di incrociare le braccia al petto,
sbuffando.
Per un minuto esatto di orologio, nessuno osò aprire bocca, poi
Naruto si mise nella stessa posizione di Choji,
imitandolo.
«Ecco! Cazzo!» esclamò, mimando anche la voce adirata del ragazzo e
facendo scoppiare tutti in una grassa risata.
La loro prima, vera risata dopo quattro
anni.
Dopo lo schianto di quell’uccello troppo piccolo per poter portare
quattro persone, Itachi e Deidara avevano trascinato le ragazze a ripararsi
dentro un tronco cavo di un albero fortuito che si trovava lì
vicino.
Il fumo dell’esplosione era visibile, fin troppo visibile, i
foglietti di carta da cui stavano scappando li avrebbero trovati subito. [*
foglietti carta: Konan, membro femmina dell’Akatsuki, ha la capacità di
trasformarsi in piccoli fogli di carta.]
«Itachi! Deidara! Cosa facciamo?» domandò terrorizzata Ino,
aggrappandosi all’amica e prendendo a tremare per il freddo e la
paura.
L’Uchiha non disse nulla, gli sarebbe piaciuto accogliere quel
pulcino tremante tra le sue forti braccia e baciarla con trasporto un’ultima
volta, ma le due figure scure appollaiate sui rami di un albero non molto
distante da loro gliel’avrebbero impedito
sicuramente.
«Potete uscire allo scoperto! Non vi faremo del male!» li chiamò a
gran voce.
Le due si guardarono intorno stranite, mentre l’espressione di
Deidara si tramutava in una smorfia triste e
rassegnata.
Poi, alla luce fioca del fuoco dell’esplosione, le due figure
misteriose si rivelarono essere Shikamaru e Neji.
«SHIKA!!!» strillò la bionda, correndo e gettandosi tra le braccia
del moro, che l’accolse con indescrivibile felicità e prese a piangere come un
bambino, mentre i loro singhiozzi si sovrapponevano, creando un unico pianto di
gioia.
«Non farlo più, Ino, non farlo più!» sussurrò, tra un singulto e
l’altro, stringendola ancora più a sé e prendendo ad accarezzarla, inebriandosi
del suo profumo che ancora persisteva sui capelli ormai sporchi, mordendosi il
labbro inferiore, deglutendo saliva e lacrime.
Ino, in risposta, si era aggrappata con quanta forza possedeva in
corpo alla maglia dell’amico e continuava con le mani ad accarezzarlo in viso e
sulla schiena, quasi non fosse sicura che il ragazzo che aveva davanti fosse
davvero il suo Shikamaru.
Tenten era rimasta in disparte, la testa bassa come in segno di
scuse e non osava andare da Neji, anche se avrebbe voluto abbracciarlo e
baciarlo con quanta passione aveva.
«Tenten – sentì ad un tratto una voce rotta chiamarla flebilmente,
alzò gli occhi e vide che Hyuuga stava piangendo, piangeva come non l’aveva mai
visto fare – Ti prego… abbracciami!» la pregò con tanta tristezza nella voce
quanta gioia negli occhi.
La brunetta non se lo fece ripetere due volte e si gettò tra le
forti braccia dell’amato.
Nessuno dei due spiccicò parola, l’abbraccio che si stavano dando
valeva più di qualsiasi cosa.
Itachi e Deidara, invece, osservavano la scena con immensa
felicità. Vedere quelle due ragazze così amate e così felici gli provocava una
rilassatezza nel cuore che, sapevano, nient’altro avrebbe potuto
regalargli.
Ad un tratto, il biondo alzò gli occhi e vide che erano in
avvicinamento una moltitudine di foglietti che volavano alla luce della
luna.
Konan era lì.
«Ragazzi! – chiamò, e Nara e Hyuuga lo ascoltarono – Vi prego…
abbiate cura delle nostre principesse.» detto ciò li scacciò via, ed estrasse il
kunai, mentre Itachi faceva lo stesso.
Era ora dell’addio.
«Itachi… Deidara…» mormorarono le due ragazze, incerte su cosa dire
a quegli uomini che, comunque, avevano amato.
«Sì, Ino, anche io ti voglio bene!» disse il moro, facendole
l’occhiolino.
«Tenten, non cambiare mai! Sei un mito, ti voglio bene!» fece eco
Deidara, lanciando un bacio alla brunetta.
«Questo è un addio…» sussurrarono poi all’unisono, mentre i quattro
ragazzi si allontanarono furtivamente dalla
foresta.
I due uomini si prepararono alla
battaglia.
Battaglia
dalla quale non ne sarebbero mai usciti, vivi.
Choji spalancò gli occhi, mentre il cuore gli si riempiva di una
felicità indescrivibile. Si alzò di scatto dal letto e guardò l’orologio:
mezzanotte in punto.
Il suo corpo fu pervaso da una strana eccitazione che lo portava a
sorridere, a continuare a sorridere, senza sapere
perché.
«Il principe sta portando a casa la sua principessa!» sussurrò,
prima di correre fuori di casa e raggiungere quella di Rock
Lee.
Tirò un paio di sassolini alla finestra del ragazzo e, una volta
che il moro gli ebbe aperto, con sguardo assonnato, gli sorrise rendendolo
partecipe di quella eccitazione e quella gioia che l’aveva
colto.
Lee dapprima lo prese per idiota, poi alzò lo sguardo verso le
porte di Konoha. Gridò con quanto fiato aveva in
gola.
«QUESTA È LA GIOVINEZZA!!!»
Si lanciò fuori dalla finestra, facendo un fortuito atterraggio con
i piedi e le ginocchia e, insieme ed in pigiama, presero a correre nella notte,
direzione: palazzo dell’Hokage.
Come sincronizzati, dai viottoli delle stradine più periferiche del
villaggio videro spuntare Sakura e Naruto che ridevano, ridevano come se fossero
rinati.
Davanti al palazzo vi erano già ad aspettarli Kiba, Hinata, Shino e
Temari. Tutti e quattro emanavano un’aura di pura
felicità.
Come sentitasi chiamata in causa, Tsunade aprì la finestra della
sua stanza e, vedendo gli otto ragazzi ai piedi dell’edificio, con un sorriso
che farebbe concorrenza a quello di Gai, uscì di scatto
fuori.
Una volta incontrati quegli occhi pregni di una contentezza
palpabile, non ci fu bisogno di alcuna parola, bastarono gli
sguardi.
Si precipitarono alle porte di Konoha, dove Kotetsu e Izumo
sembravano aspettarli.
Il grande portone si spalancò, rivelando quattro figure che
sembravano reggersi in piedi a vicenda.
«Siamo tornati!»
La vita è davvero imprevedibile, a volte. Ma allo stesso tempo
possiamo considerarla bellissima.
Ad un anno di distanza dal loro ritorno, i quattro ragazzi avevano
ripreso la loro routine quotidiana, come se quei tre anni non fossero trascorsi
per niente.
Potete immaginarvi la felicità dei genitori a vederli tornare a
casa sani e salvi, un po’ acciaccati ma vivi e maturati da
quell’esperienza.
Dopo soltanto trecentosessantacinque giorni, tutto era tornato
normale.
All’Hokage e agli altri non fu mai rivelata la verità, invece, gli
venne raccontato che le ragazze erano state catturate dall’Akatsuki e i ragazzi
sconfitti più volte.
Dopo pochi mesi fu annunciato il primo matrimonio: Temari e Shino
si sarebbero sposati a gennaio; la bambina, Ayumi, nacque a marzo e fu la
primogenita di tre figli.
Kiba e Hinata preferirono non sposarsi subito, ma andare a
convivere in attesa che la giovane Hyuuga partorisse la piccola Okami. Il signor
Hyuuga, però, dopo la nascita della sua nipotina, non volle attendere oltre, e
la giovane Hinata venne trascinata in chiesa vestita di un bianco alienante in
sole due settimane.
Shikamaru riuscì a confessare il suo amore per Ino nella notte che
separava i loro compleanni dello stesso anno del loro ritorno. La bionda si
scoprì incinta dopo poche settimane. I due convogliarono a nozze dopo un
anno.
Neji e Tenten ci misero una vita prima di decidersi a rendere
ufficiale il loro amore, ormai palese; avevano aspettato così tanto che Tenten
temeva di partorire prima delle nozze, ma quando si trattava di quelle cose,
Hyuuga diventava talmente timido da far concorrenza alla povera Hinata. Ma nulla
smosse Hiashi Hyuuga dal prendere il nipote per le orecchie e trascinarlo
davanti all’altare con la forza, mentre Hanabi e Hinata se la ridevano di gusto
nel vedere il giovane aggrapparsi a oggetti e persone, nella strada per la
chiesa.
Naruto e Sakura furono gli ultimi ad indossare i vestiti
matrimoniali e a pronunciare quel fatidico “sì”, la rosa voleva aspettare che il
suo Naruto fosse nominato Rokudaime, prima di presentarsi davanti all’altare con
un bambino in carrozzella e un pancione gonfio per la seconda
volta.
Oltre
ai nostri amati protagonisti, le altre coppie che convogliarono felicemente a
nozze furono: il giovane Konohamaru che lo chiese alla bella Hanabi dopo
solo
sette anni di fidanzamento.
Genma e Hana, già felicemente sposati da un anno prima del ritorno
a casa dei quattro.
Iruka e Shizune, che vennero trascinati con la forza a dire
“sì”.
Anko e Kakashi, che dovette fare di tutto e di più per convincere
la fidanzata che non poteva presentarsi in chiesa con la sua tuta da
Jounin.
Ma voi vi chiederete (o forse no) che fine hanno fatto Choji, Rock
Lee, Kankuro e Gaara. Ebbene, Gaara si trovò una compagna a Suna,
nientepopodimeno che la giovane Matsuri, sua allieva e tutt’ora
moglie.
Kankuro si trasferì a Konoha, dato che voleva stare vicino alla
sorella in quanto zio preferito dei suoi nipotini, e comprò un appartamento che
divise poi con Choji e Rock Lee. I tre divennero i famosi “Tre Scapoli Felici di
Konoha”, nonché migliori Jounin che il Villaggio non vedeva da
tempo.
Le giornate proseguivano felici per tutti, ma queste non bastarono
ad evitare a Shino l’ennesimo svenimento dopo la scoperta che la sua Temari era
incinta del quarto figlio a distanza di pochi anni.
A quel punto, capì perché suo padre per il suo compleanno gli aveva
regalato una scatola di anticoncezionali. Solo allora decise che sarebbe stato
saggio cominciare ad utilizzarli, se non voleva trovarsi la casa straripante di
marmocchi.
E vissero tutti felici e…
«Shino-kun?»
«Mh?»
«Sono due gemelli!»
STONK!
[To
be continued…]
A/N
Voilà!
Ecco a voi l’ultimo capitolo! Spero sia di vostro gradimento, personalmente, è
il mio preferito! *_*
Per
l’epilogo… sarà on-line prestissimo! Promesso!
Puff,
puff che faticaccia!
Bene,
risposte alle recensioni!!! *_*
Revan
Grazie,
sono felice ti piaccia! ^^ Per l’Itachi premuroso… lo so, è strano, però è un
tuo parere e, dopotutto, questa fanfiction è OOC, quindi non è quel gran dramma!
Comunque non mi sono offesa! ^^ È giusto che tu esprima il tuo parere e mi metta
al corrente di ciò! È sempre bello ricevere recensioni gratificanti, con anche
qualche parere leggermente negativo! *_* Spero ti sia piaciuto anche questo
capitolo! Ci “vediamo” all’epilogo!
celiane4ever
Voilà!
Ecco a te l’aggiornamento! Come puoi vedere, l’happy ending l’hai azzeccato, non
c’è per Deidara ed Itachi! Muahaha! Come sono perfida!!!
XD
Comunque,
alla fine c’è sia il NejiTen, che lo ShikaIno, contenta? Spero di sì! ^^ Dimmi
come hai trovato questo capitolo e continua a seguirmi… presto posterò anche
l’epilogo! E lì sì che ci sarà da ridere!
Maobh
Grazie
infinite! (_ _) *inchino* Yay! Sono strafelice che ti sia piaciuto questo
stacco! Effettivamente… ho sentito il bisogno di darlo, più che altro per far
capire che gli eventi non si susseguono tutti subito l’uno dopo l’altro. C’è
comunque un lasso di tempo che separa i due momenti
fondamentali.
Effettivamente,
Naruto e Sakura sono fin troppo impazienti, ma come hai potuto vedere, alla fine
non ci sarà bisogno di andarli a recuperare, visto che tornano a casa con le
loro – distrutte – gambine.
Inoltre,
vorrei chiederti se ti è piaciuta la scena dove intervengono i genitori dei
ragazzi, temo di aver esagerato con la depressione… sigh…
ç_ç
Per
la spin-off… ci sto lavorando, ci sto lavorando! XD Il problema è che non so
quale potrebbe essere l’argomento principale… pensavo ad un tema del tipo: “La
sera in cui Shika ed Ino hanno fatto scintille” o comunque qualcosa di inerente
alla coppia ShikaIno… però… non so, ci penserò!
Grazie
mille anche per il complimento a Stella di Natale!
*_*
Ci
si “vede” all’epilogo, allora! Bye!
Semmy92 Grazie
infinite ! Sono felice che tu l’abbia apprezzato, sia il capitolo, sia Neji
(che, ti devo dar ragione, è un figo! *_*)
Ci si
“vede” all’epilogo!
Giuli@
Voilà!
Ecco
a te anche l’ultimo capitolo! Spero sinceramente che ti sia piaciuto e gradirei
sapere se hai apprezzato il NejiTen, visto che ne sei fan accanita!
^^
Anche
a me piace il rapporto che si è instaurato tra Neji e Masami… dato che Neji non
ha né fratelli né sorelle… mi piaceva vederlo con una sorellina più piccola che
lo venera! *_*
Grazie
mille per il commento e… ci si “vede” all’epilogo!
Tattaratà!
Ecco fatto!!! Appena scuola e compiti non mi porteranno via il tempo, posterò
l’epilogo, per poi passare alla spin-off!
Grazie
infinite a tutti coloro che hanno letto e recensito, e anche a chi ha letto e
non recensito! *_* Èsempre una gioia immensa sapere che il proprio lavoro è stato
apprezzato!
«Dan!!! Maledetto siate
tu e il tuo clan! Ridammi subito il mio elastico!!!»
Era cominciata una
nuova giornata a Konoha, il sole brillava alto nel cielo limpido e le strade
erano ancora poco frequentate, dato l’orario mattiniero.
Certo, c’erano Sora Nara e Dan Hyuuga che si rincorrevano da
più di venti minuti, ma quella era normale routine quotidiana…
E… sì, c’era anche
Hideki Uzumaki che flirtava apertamente con la giovane Okami Hyuuga, che nel
frattempo accarezzava il suo cane Ryu, non preoccupandosi dei meravigliosi
complimenti che il tredicenne le stava facendo, mentre Aki Aburame li guardava,
geloso fino alla punta dei capelli biondo sporco.
Sì, c’erano persino le
gemelle Natsumi e Harumi Aburame, appena dodicenni, che si scioglievano sentendo
le dolci moine che Uzumaki dedicava alla sua bella, sognando di essere loro le
prossime interlocutrici del biondino.
Naturalmente non
dobbiamo dimenticare quei peperini di Ishimaru Nara e Hiroki Uzumaki, che al
momento stavano minacciando Ayumi Aburame di dare loro delle caramelle, con un
bastoncino che era stato precedentemente affogato dentro una pozzanghera
fangosa.
Per finire, Hoshi
Uzumaki, splendida undicenne, e Fuyuki Aburame erano imboscati chissà dove, ad
amoreggiare.
Ma noi abbiamo lasciato
la povera Sora a rincorrere Dan, dato che il ragazzo le aveva deliberatamente
fregato il prezioso elastico che teneva insieme i suoi capelli ribelli castani,
una volta raggiuntolo, gli si gettò sopra, facendolo cadere in terra e
strappandogli l’oggetto dalle mani.
«Mendokuse… – esclamò, scocciata – ci avevo messo almeno cinque minuti
per farmi la coda!» si lamentò, ricominciando a raccogliere i corti capelli che
stavano a malapena nel piccolo codino.
«Ma perché porti sempre
il codino, Sora-chan? Hai i capelli talmente corti…» domandò a bruciapelo Dan,
cominciando a pulirsi dalla polvere che gli era rimasta sui pantaloni.
«Uhm… sai che non lo
so? Sarà un vizio di famiglia…» rispose la bruna, alludendo al fatto che
entrambi i suoi genitori portassero i capelli costretti in una coda di
cavallo.
In quell’istante, le
sfrecciarono a pochi centimetri due bambini, uno dai capelli biondi e uno dai
capelli tendenti all’arancione.
«Hiroki! Ishimaru nii-chan! Dove correte così di fretta?» li fermò, scaltramente, come
avendo compreso che stessero scappando da qualcuno.
«Ehm… Sora-chan –
cominciò quello coi capelli color pel di carota – Io e Ishimaru-kun stavamo…
ehm… allenandoci per una maratona!» detto questo si mise a fare un po’ di
corsetta sul posto.
«Maratona? Mendokuse! Le maratone sono troppo faticose!» borbottò il ragazzino
biondo, scostandosi da davanti all’occhio sinistro una ciocca bionda più lunga
delle altre, mostrando così gli splendidi occhi azzurro cielo, gran vanto del
clan Yamanaka.
«Ishimaru Nara! –
sbottò Sora, infastidita – È mai possibile che tu debba sempre lamentarti di
tutto?!»
«Non è colpa mia se ho
preso dal ramo discendente di papà… e ora… ci lasci andare? Non so se l’hai
capito da te, ma abbiamo un’infuriatissima Ayumi che è in procinto di fare di
noi due scendiletto…»
«Sì, sì, vai…
sfaticato! Comunque, non pensare che non racconterò questo a Shino-san!»
canticchiò la sorella, da buona, appunto, sorella qual’era.
L’ultima cosa che sentì fu l’ennesimo «Mendokuse!» da parte del fratellino, prima di vederlo sfrecciare via,
trascinato da Hiroki chissà dove.
In quell’istante si
avvicinarono ai due le gemelle Aburame, con gli occhi che sembravano due
cuoricini.
«Oddio! – strillarono –
Avete visto che Hideki ci stava provando con Okami? Ma…» Harumi terminò la sua
frase, lasciando che fosse la gemella a continuarla, come facevano sempre da
quando avevano iniziato a parlare.
«… Okami non lo
calcolava! Hihi… povero Uzumaki! Per l’ennesima volta il suo tentativo amoroso
è…»
«… miseramente fallito!
Certo però che se ci provasse con una di noi…»
«… saremmo
assolutamente felici di poter saggiare personalmente le sue labbra rosee e
carnose!»
Dan dovette seriamente
trattenersi dall’uccidere quelle due. Non le erano mai andate a genio… pensavano
troppo ai ragazzi per essere soltanto delle dodicenni. Sua madre gli aveva
insegnato che non doveva fermarsi alle apparenze, e gli aveva anche confidato
che a dodici anni, anche la signora Nara e la signora Uzumaki pensavano molto
agli esponenti dell’altro sesso.
Lui non riusciva a
crederci. Perché a lui interessava soltanto una persona, e da ben cinque anni
ormai era sempre la stessa.
«Sul serio?! Cavolo…
povero Hideki… magari – cominciò Nara, con un sorriso malizioso che le sfiorava
il viso – Ha bisogno di essere consolato…» sussurrò complice alle due ragazze
che, dopo essersi abbracciate, corsero dal povero Uzumaki che, come se non fosse
abbastanza depresso, si vide arrivare quelle due a infastidirlo.
«Ma io mi chiedo dove
avranno preso questo lato del loro carattere… Shino e Temari sono sempre state
persone serie…» commentò una voce adulta maschile da dietro i due amici.
«Inuzuka-san!» Sora
fece un salto dallo spavento. Kiba Inuzuka era in groppa al suo cane Akamaru e
la guardava con evidente accortezza.
«E così, questa è la
famosa Sora-chan… eh, Dan?»
«Oji-san!!!» gridò il moro, avvampando di botto.
«Via, via… Dan… mi avevi detto che era carina, ma non pensavo
fosse così carina! Tutta sua madre…» continuò, imperterrito, Kiba
ammiccando.
Sora arrossì
leggermente, voltando il viso dall’altra parte, sottraendosi agli sguardi
persecutori dell’Inuzuka e a quelli increduli di Dan e riflettendo sul fatto che
Inuzuka-san doveva essere proprio cieco se sosteneva la sua somiglianza con la
madre, dato che, esteriormente, era tutta suo padre.
«Oh, scusami,
signorina, ti ho messa in imbarazzo! Sono costernato!» s’inchinò l’uomo, fin
troppo esageratamente per essere preso sul serio.
Hyuuga afferrò la mano
dell’amica e la trascinò via da quella situazione oltremodo imbarazzante.
«Ti prego, scusalo! Non
è tanto a posto!» esclamò, toccandosi più volte la tempia col dito indice,
sottolineando che suo zio non fosse normale.
«N-no… non importa…»
rispose ancora imbarazzata, cominciando a rigirarsi le mani ormai sudate.
Conosceva Dan da una vita e per lui provava da sempre
qualcosa che andava oltre l’amicizia… qualcosina, ma proprio poco poco.
E ora sentiva dire
dallo zio del suo migliore amico queste cose?! Non era concepibile!
Aaah… come le sarebbe piaciuto avere uno zio così! Le
rivelazioni amorose sarebbero state diecimila volte più facili… come se non
bastasse avere la dottoressa Stranamore come madre. Lei avrebbe combinato
appuntamenti su appuntamenti per vedere la sua bambina uscire con un ragazzo (mentre suo padre tentava in tutti i
modi di dissuaderla dal portargli via la sua hime-chan).
Stava già progettando
matrimoni futuri, come ad esempio era riuscita a combinare un’uscita
costringendo il povero Ishimaru con Aika Sarutobi! La figlia di Konohamaru e
Hanabi, che aveva soltanto otto anni!
Ma ormai la conosceva
sin troppo bene Ino Yamanaka, a lei piaceva impicciarsi degli affari amorosi di
tutti i suoi amici, ma dei suoi soprattutto, e a Sora veniva sempre da ridere
quando suo padre la difendeva, ma in realtà era quello che se le sentiva di
più.
«Ehi! Che ne dici se
andiamo a mangiare qualcosa?» le domandò Dan nervosamente, temendo che le parole
dello zio Kiba avessero scosso la ragazza.
«Uhm! Ma sì, dai! Ho
voglia di… carne alla griglia!» la quattordicenne alzò un pugno al cielo,
accelerando il passo in modo da raggiungere il prima possibile il
ristorante.
Correndo via, senza
preoccuparsi di niente e nessuno, finì per urtare qualcuno.
«Oh! Sora-chan! Quale
meraviglia incontrare una così giovine pulzella in giro per Konoha, non è vero,
miei giovani compagni?»
Il sensei Rock Lee
salutò con la sua solita giovialità la ragazza, rivolgendo poi uno dei suoi
sorrisi speciali ai tre compagni che aveva vicino: Choji Akimichi e Sabaku no
Kankuro.
«Buongiorno
Lee-sensei, ‘giorno Choji-sensei, ‘giorno Kankuro-sensei…» cantilenarono i
due.
«Dove andate così di
fretta, furbacchioni?» domandò Kankuro con una nota di malizia nella voce.
I ragazzi
avvamparono.
«Kankuro-sensei!
Avevamo semplicemente fame!»
«Ecco, ora che ci
penso…» cominciò Choji, prima di essere interrotto dal brontolio del suo
stomaco.
«Choji-kun! Stiamo
andando al mercato proprio per questo!» lo rimbeccò il più anziano e, mentre i
tre cominciarono a parlare tra loro di come l’uomo in carne avesse divorato
tutto il loro frigo la sera prima, Sora e Dan ne approfittarono per
scappare.
Convennero
unanimemente: la carne alla griglia alle dieci di mattina era veramente pesante
sullo stomaco.
«Guarda che roba! –
esclamò Sora indignata, tenendosi la pancia, inesistente – Guarda! Avrò preso
almeno un chilo con questa bravata! Dannazione!» e tirò un pugno sulla testa di
Dan.
«Uff… è stata una tua
idea, signorina decido-io-dove-andare-a-mangiare! – replicò Hyuuga, incrociando
le braccia e sbuffando – Io volevo mangiare cibo cinese!»
«Tu vuoi sempre mangiare cibo cinese, Dan-kun!»
«E tu vuoi sempre mangiare carne alla griglia!»
«È colpa dello zio
Choji!»
«Sì, ecco! Dai la
colpa agli altri! Dai sempre la colpa agli altri!»
«Ma… brutto pezzo
di…» le venne tappata la bocca dalla mano pallida dell’amico.
«Evitiamo di litigare
per la tua pancia inesistente, d’accordo, Sora-kun?» sussurrò il ragazzo con
voce stranamente sensuale, quasi stesse dicendole dolci parole d’amore.
Erano molto vicini,
il naso di Dan sfiorava la guancia di Sora e fece avvampare la ragazza
dall’imbarazzo. Aveva già avuto contatti simili con lo Hyuuga, ma non si era mai
ritrovata nella situazione di sentirsi così a disagio.
In risposta, lui
aveva caldo. Stava sudando. Gli sudavano parti che non aveva, deglutì, mai
percepito sudare.
Si allontanò
dall’amica quasi fosse scottata ed entrambi voltarono lo sguardo, rossi ed
impacciati come due adolescenti al loro primo appuntamento.
«Ehm… che ne dici se
andiamo a casa mia a bere qualcosa?» propose Sora, senza guardare Dan negli
occhi, sfregandosi nervosamente un braccio.
«Sì, ehm… è una buona
idea…» biascicò, rosso d’imbarazzo, il giovane, voltando repentinamente lo
sguardo dalla parte opposta, fissando i suoi occhi innaturalmente bianchi sul
cielo così innaturalmente azzurro, quasi come gli occhi della madre della
ragazza che amava.
S’incamminarono, e
per tutto il tragitto, nessuno dei due fu capace di aprire bocca nemmeno per
dire due o tre paroline, cosa che erano soliti fare sempre. Non c’era stata
passeggiata in cui in due erano stati zitti, ma era logico dopotutto: con una
chiacchierona come Sora…
Attraversarono la via
principale di Konoha, scavalcarono i corpi inermi di Ishimaru e Hiroki, che alla
fine erano stati raggiunti da Ayumi e violentemente picchiati, sorpassarono
senza farsi notare alcuni vicoli del Villaggio, incontrando più volte Hoshi e
Fuyuki intenti in effusioni varie, e per finire scoppiarono in una grassa
risata, vedendo che Hideki stava recitando ad Okami una poesia di sua
invenzione.
«Ode ad Okami, di Hideki Uzumaki.
Oh, dolce principessa degli animali abbaianti,
i tuoi occhi sono come il brasato,
tanto belli quanto cani ululanti,
nemmeno superano quelli di mio nonno
Minato.»
Capite anche voi,
cari lettori, che leggere di questi obbrobri… il nostro amico Pascoli, il nostro
compagno di giochi Mario Luzi e il nostro divino Petrarca (?) si rivolterebbero
più e più volte nella tomba, povere anime.
Dicevamo, Sora e Dan
arrivarono velocemente a casa Nara, che scoprirono sotto assedio: piatti e
posate volavano qua e là, alcuni portatovaglioli erano finiti in terra,
sporcandosi sull’erba bagnata di rugiada, mentre molte forchette erano rimaste
conficcate nel terreno.
Hyuuga osservò esterrefatto la scena, per poi rilassarsi:
quella era routine in casa Nara.
Oltretutto, dalle
finestre aperte, provenivano gli urli disumani della proprietaria di casa e
unica dittatrice: Ino Yamanaka.
«Razza di
scansafatiche! Mangiapane a tradimento! Nemmeno so perché ti ho sposato! Non hai
un minimo di senso del dovere!!!» strillava la bionda.
«Non solo mi hai
sposato, cara, ma ci hai pure fatto due figli con me!» replicava l’uomo,
peggiorando solo la situazione.
«Non hai rispetto per
tua moglie!!!» un bicchiere di plastica volò fuori dalla finestra, mancando di
pochi centimetri Sora.
«Io ho rispetto per
te, tesoro dolce, ma ne avrei di più se tu la smettessi di lanciarmi addosso
tutto il servizio buon… no! Tesoro no! Amore! Lascia andare la pentola! No! Cosa
vuoi fare?! Ino?! Cara?! INO! INO FERMATI!!!»
La porta si aprì
fragorosamente.
«Sono a casa!!!»
esclamò la primogenita della famiglia, entrando velocemente in salotto e
lanciandosi in cucina, per osservare i risvolti del suo intervento. Chissà se
era riuscita a salvare suo padre…
La scenetta che le si
presentò davanti ritraeva Shikamaru Nara nell’atto di proteggersi i gioielli di
famiglia, mentre la moglie, munita di pentola e cucchiaio di legno, era in
procinto di far di quei preziosi un minestrone.
L’occhiata che suo
padre le lanciò le fece intendere che la sua paghetta sarebbe raddoppiata per
quella settimana.
«Buongiorno mammina!
Come mai così infuriata con papà?» si avvicinò all’uomo e gli schioccò un bacio
sulla guancia.
«Tuo padre – cominciò
la bionda, scandendo bene le parole – non vuole portarmi alla festa di Konoha
domani!»
«Tesoro… sarà la
solita seccatura! L’esibizione di Okami-chan e Kiba-kun con i cani, la danza del
ventre di Sakura-chan, i tentativi comici malriusciti di Lee-kun, Choji-kun e
Kankuro-sempai, sì insomma… la solita noia…»
«Ma… Sora vuole
andarci, vero tesoro?» la madre scoccò un’occhiata assassina alla figlia, che
per tutta risposta si fece piccola piccola.
«Ehm… veramente… io…
io… ci vado già con Dan-kun…»
Quella frase fece
sbuffare la bionda e drizzare le orecchie dell’uomo.
«Eh-ehm… e quando ti
avrei dato il permesso?»
«Papino…»
«No.»
«Papinino?»
«No! E non guardarmi
con quegli occhi!»
«Papuccio?»
«Ho detto no…»
«Shiky-chan?» (*)
«Sora!!! E va bene…»
«Yay! Paparinuccio
puccio ti voglio tanto bene!» l’abbracciò.
«Ehm… salve…» la
vocetta imbarazzata di Dan interruppe quello strano, quanto quotidiano,
quadretto familiare.
I due coniugi si
voltarono di scatto.
«Ciao! Dan-kun!»
esclamò Ino, avvicinandosi al ragazzo e baciandogli la fronte affettuosamente.
«Allora, giovanotto, come stanno mamma e papà?»
«Benissimo, papà
saluta tanto Shikamaru-san e gli dice di non mancare domani alla festa di Konoha
perché mi ha detto di ricordarvi che avete un appuntamento con loro.»
Il viso di Nara passò
da un’espressione tra il rilassato e l’annoiato, ad un viso teso e sbiancato
dalla paura, voltando lo sguardo verso la direzione di sua moglie, che lo stava
fulminando con fare terribilmente omicida.
«Ehm? Ti ho mai detto
quanto ti amo, Ino-chan?»
Il volto della donna
si distese, rivelando i lineamenti ancora perfetti e non segnati in nessun modo
dallo scorrere del tempo, si mosse verso il marito, si sedette sulle sue gambe e
gli buttò le braccia intorno al collo.
«Sì… anche io ti amo,
tesoro…» sussurrò, baciandolo sul collo.
Dan e Sora si
guardarono disgustati e si diressero lentamente ed in punta di piedi, verso la
camera della ragazza, ridendo sottecchi.
«Qui mi scappa il
secondo fratello…» fu il commento della ragazza, che fece scoppiare a ridere
l’amico.
Passarono davanti al
salotto di soppiatto, quando entrambi si fermarono davanti alla porta di legno
scorrevole, gettando gli occhi su un numero indeterminato di fotografie sparse
alla rinfusa sul tavolino e un grande album aperto al centro.
«Mamma!!!» chiamò la
giovane. La donna accorse velocemente, tirandosi dietro per il colletto (tutto
sporco di rossetto) il marito.
«Dimmi!»
«Cosa sono quelle
fotografie?» domandò, indicando il macello in salotto.
«Quelle? Beh… le foto
di quando tuo padre ed io eravamo giovani!» esclamò la donna, sorridendo
gioviale, alzando in aria il pugno, felice come una quindicenne.
Gli occhi della
ragazzina s’illuminarono di gioia.
«Possiamo vederle?»
pregò con voce mielosa, facendo gli occhi dolci ai genitori. «Ti prego,
mammina…»
Shikamaru sbuffò,
grattandosi la nuca.
«Ma anche no!»
«E invece sì! Forza
sedetevi!» rispose invece la bionda, prendendo posto davanti al grande
album.
Lo aprì alla prima
pagina.
La foto era molto
colorata, ritraeva due bambine, una timida bimba dai capelli rosa e un’altra
dall’espressione vincente tatuata sul viso, che guardavano con occhi ammirati un
ragazzino alto e dagli occhi neri come la pece.
«Questa sono io, con
Sakura-chan e Sasuke Uchiha!»
I due ragazzini
osservarono increduli la foto.
«Wow!!! Era
bellissimo!!!» commentò Sora, ricevendo un’occhiataccia assatanata da Dan.
«Un buffone…»
sussurrò l’uomo.
«Tsk… tuo padre è
geloso ancora oggi!» rise la bionda.
«Non sono
geloso!»
«Dai papà! Continua
mamma!»
La donna girò
un’altra pagina, mostrando la foto della stessa bambina bionda di prima, che
sorrideva felicemente, tenendo a braccetto due bambini, uno grassottello, e
l’altro dall’espressione annoiata.
«Questi siamo tua
madre, Choji-kun ed io!» spiegò Shikamaru, indicando col dito la biondina.
«Sugoi!!! Ora capisco da chi ho preso!» gridò Sora. «Mamma!!! Eri
così kawaii!!!»
«Vero?» si
pavoneggiò.
I due uomini si
guardarono.
«Tale madre, tale
figlia!» sussurrarono, sbuffando.
Era il turno della
terza foto: una donna molto matura e affascinante, i capelli biondo sporco
raccolti in quattro codini disordinati, salutava l’obbiettivo tenendo una mano
sulla spalla del secondo protagonista della fotografia, un ragazzo davvero
attraente che teneva fra le labbra una sigaretta giunta ormai al suo limite.
Lo sfondo era
piuttosto triste: un’alta duna di sabbia spazzata via dal vento, e
nient’altro.
«Tuo padre con
Temari-san!»
I due ragazzi
strabuzzarono gli occhi.
«Papà!!! Te la facevi
con la moglie di Aburame-san?!»
«Certo che no!!!»
«Non è vero! Lei e
papà hanno avuto una tresca di un annetto buono!» dichiarò Ino, sorridendo
complice.
«Papà! Da te non me
lo sarei mai aspettato!»
«Shikamaru-san!»
«Ehi! Ehi!» cercò di
difendersi il genitore. «Beh… vostra madre ne ha avuto uno con Sai-san!»
«Questa è una bugia!»
ribatté la donna.
«Invece no!»
«Invece sì!»
«No!»
«Sì!»
«No!»
I ragazzi si
lanciarono un’occhiata divertita.
«Ecco… han
ricominciato!» mormorò Sora, alzandosi in piedi.
«Finiremo più tardi!»
aggiunse Dan, seguendo la ragazza che si stava dirigendo verso la sua camera,
salendo le scale interne della casa a due gradini per volta.
Si arrestò sul
pianerottolo del primo piano, indecisa sul da farsi, finché l’amico, che non
prestava abbastanza attenzione a dove mettere i piedi, non inciampò nell’ultimo
gradino, cadendole addosso.
«Ma sei pirla?!»
«Prenditela con
mamma…» borbottò lui serio, alludendo alla goffaggine di Tenten. «Piuttosto,
perché ti sei fermata qui?» le domandò, tirandosi in piedi e offrendole la mano
per alzare anche l’amica.
«Beh… è da un po’ che
non andiamo in soffitta, vero?» il suoi occhi si fecero furbetti.
«Sai una cosa… hai
ragione!» annuì l’altro, complice.
Salirono di corsa la
seconda rampa di scale, finché non si trovarono davanti una mansarda grande e
completamente ricoperta di polvere, dove l’unica luce proveniva da un fascio che
traspariva da una finestra sul tetto.
Mossero qualche passo
in quel pulviscolo e raggiunsero un vecchio baule, che probabilmente era molto
vecchio.
«Wow! Questo qui è
nuovissimo! Non l’avevamo mai visto!» esclamò Dan, rammentando le innumerevoli
volte che, da piccoli, lui e Sora avevano ficcanasato in mansarda.
«Già! Apriamolo!»
Infilarono la chiave
arrugginita nella serratura altrettanto rovinata e girarono, alzando il
coperchio che cigolò un poco.
Era un baule
piuttosto vuoto, ad esclusione di quello che sembrava un elegante vestito
nero.
I due giovani si
guardarono negli occhi, prima di tirare su l’abito e ammirarlo in tutto il suo
splendore.
Bellissimo. Un
meraviglioso abito nero, con disegnate delle nuvolette, delle nuvolette rosso
sangue.
Lessico:
Mendokuse: seccatura.
Sugoi: che meraviglia!
Kawaii: carino/a
Hime: principessa
Oji-san: zio, diverso da oji-isan che significa “vecchio”
(*) da Cosa provo per lui di Eleanor. Grazie Ele-sensei *inchino*
A/N
E così, è finita. La long-fic può dirsi conclusa. Voglio
sottolineare però un paio di cosucce che ho voluto nascondere in questo epilogo:
I figli:
Sora: la copia sputata di Ino come personalità, la copia sputata
di Shikamaru come aspetto.
Ishimaru: la copia sputata di Ino come aspetto, la copia sputata di
Shikamaru come personalità.
Questo deriva
principalmente dal fatto che, sia nella famiglia Nara che nella Yamanaka,
l’ereditarietà dei caratteri è incredibilmente precisa. Se ci fate caso,
Shikamaru è uguale spiccicato al padre, mentre Ino somiglia incredibilmente a
suo padre.
Inoltre i nomi sono
stati scelti con scopo ben preciso:
Sora significa “cielo” (indovinate cosa guarda Shikamaru dal
mattino alla sera?).
Ishimaru qui ho dovuto ingegnarmi: se Sora inizia per “S” (iniziale
di “Shikamaru”), mi serviva un nome che iniziasse per “I” (iniziale di “Ino”), e
poi ho aggiunto shimaru (allusione al nome “Shikamaru”).
Quindi: InoShikamaruà Ishimaru.
Dan: allegro come Tenten, seppellisce i sentimenti come Neji,
non gli servono molte parole per spiegare ciò che ha da dire, esattamente come
Neji. La passione dei cibi cinesi, deriva da Tenten che, il secondo databook di
Naruto rivela, ha un amore sviscerato per tarocchi e cibi cinesi.
I figli di Temari e Shino: hanno in comune con i genitori i capelli (Aki li ha biondo
sporco come Temari, ma corti come Shino). Il fatto che siano nate delle gemelle
(Harumi e Natsumi) deriva dai genitori di Temari. La madre di Temari aveva un
fratello gemello che si chiamava Yashamaru; quindi, a differenza di Shikamaru ed
Ino, che – sembra – non abbiano gemelli nella famiglia, grazie all’ereditarietà,
sarebbe stata logica la nascita di gemelli.
Inoltre, i loro nomi
(ad esclusione di “Ayumi”) sono quelli delle stagioni: Fuyuki (inverno), Aki
(autunno), Harumi (primavera), Natsumi (estate).
Il cognome Aburame:
“Abu” significa tafano o cimice, i tafani si trovano soprattutto nelle stagioni
calde (Natsu, Haru), mentre le cimici le vedi in inverno ed autunno (Fuyu,
Aki).
Harumi e Natsumi: la loro “ocaggine” deriva un po’ da Kankuro. Kankuro è
sempre descritto come un dongiovanni (o almeno, molti se lo immaginano tale) o
comunque una persona un po’ buffa. Da qualcuno avrà preso, no? Quindi, quei geni
potrebbero discendere da un parente, che a sua volta li ha trasmessi alle due.
(non so se avete ben capito…)
Okami e Hideki: qui ho voluto giocare tantissimo sul fatto che a Hinata
piaceva Naruto, ma Naruto non la notava. Hideki ama svisceratamente (quanto
Naruto amava Sakura) Okami, ma Okami non lo nota e non gliene importa nulla.
Okami (secondo il mio dizionarietto) significa “lupo”.
Hoshi: nell’epilogo non è molto presentata, ma il suo nome deriva
al verbo hoshi i che in giapponese significa “volere” (allusione alla
determinazione di Naruto e Sakura) o anche da hoshi, “stella”.
Hiroki: il migliore amico di Ishimaru, insieme ne combinano di tutti i colori… non vi ricordano
molto i “Quattro di Konoha” (Naruto, Shikamaru, Choji e Kiba)? Anche se sono
solo due…
Il vestito
dell’Akatsuki:
Semplicemente, volevo
far notare che non è stato buttato. Quel vestito fa parte dei ricordi più
importanti della vita di Ino e Tenten e sottolinea che, comunque, ci tengono
ancora ad esso e alla loro esperienza all’Akatsuki.
Ok! Passiamo ai
ringraziamenti!
Angebo: Grazie mille! ^^
Kaho_chan: Iii… me l’aspettavo, purtroppo. Mi dispiace! Ti giuro che
non ne avevo l’intenzione… ma sai quando si è in quei momenti in cui non sei tu
che scrivi, ma sono le tue dita che battono sulla tastiera senza che tu ti
accorga di quello che hai scritto? Ecco. Era uno di quei momenti! Quel capitolo l’ho scritto tutto in 2 ore circa!
Sigh… spero comunque di non averti delusa! E che questo capitolo ti piaccia più
del primo! ^^
Celiane4ever: Grazie mille! ^^ Sono felice ti sia piaciuta! Certo che ne
scriverò delle altre! Io sono perennemente attaccata al mio PC! Intaserò EFP di
ShikaIno! U_U
Giuli@: Grazie infinite! *_* Comunque… sono felice che ti sia
piaciuta! E anche questo epilogo spero ti faccia sorridere!
_Fallen_Star_: Mi dispiace contraddirti, ma Itachi e Deidara sono morti! ^^
E lo dico!
«Questo è un addio…» sussurrarono poi all’unisono, mentre i
quattro ragazzi si allontanarono furtivamente dalla foresta.
I due uomini si prepararono alla battaglia.
Battaglia dalla quale non ne sarebbero mai usciti, vivi.
Comunque grazie mille
per i complimenti! *O* Così ingigantisci il mio ego! XD No, scherzo! Grazie!
Maobh: Grazie mille! Come al solito apprezzo molto il commento! *O*
Però… non posso credere che tu sia una fan ShikaTema! Quando l’ho letto ci sono
rimasta secca! O_O Ti ringrazio infinitamente per avermi seguita lo stesso, ma
temo che non pubblicherò mai una ShikaTema… sigh! Però sta certa che continuerò
a pubblicare! Magari non solo ShikaIno! XD
Revan: Ehi, grazie mille!!! ^^ Sono contenta siano anche le tue
coppie preferite! E spero che anche questo epilogo ti piaccia! È un po’ la vita
dei figli dei ninja, quindi… ^^