Farewell Konoha

di Akami92
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1. Run Away from Here. You're Useless ***
Capitolo 2: *** 2. Show me what you can do! ***
Capitolo 3: *** 3. I'll take care of your body ***
Capitolo 4: *** 4. I want to become different ***
Capitolo 5: *** 5. You aren't our friends ***
Capitolo 6: *** 6. I told you to give up ***
Capitolo 7: *** 7. I will fight with you ***
Capitolo 8: *** 8. The last adventure. Tears before the death ***
Capitolo 9: *** 9. Epilogo ***



Capitolo 1
*** 1. Run Away from Here. You're Useless ***


Nuova pagina 1

Attenzione! Prima di leggere!

 

1)    I personaggi da me descritti non mi appartengono! Tutti i loro diritti sono del Grande-e-Onnipotente Kishimoto-sensei. Questa fanfiction non è stata scritta a fini di lucro.

2)    Questa è una fanfiction altamente OOC.

3)    Molte parole non sono, come dire, molto Oxfordiane. Se siete sensibili alle parolacce, chiudete questa pagina.

4)    La mia prima long-fic seria di cui ho già scritto praticamente tutti i capitoli.

5)    No, qui non appare Sasuke. E no, non è una SasuSaku/ItaSaku/SasuIta

6)    Se amate la coppia ShikaIno, rimarrete delusi (almeno per i primi capitoli), stessa cosa per gli amanti della NejiTen.

7)    La mia fantasia ha volta oltre i cieli della normalità… e ne sono usciti questi crack pairings… che però amo! *_*

8)    Le recensioni sono gradite. Apprezzerei però se evitaste il tipico: “Bella, aggiorna!” Grazie! ^^

 

Dopo queste premesse, vi lascio alla fic! Buona lettura!

Ja ne.

 

 

 

Farewell Konoha

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1.

 

 

Run away from here. You’re useless

 

Sayonara, Konoha.

Ino and Tenten are running away.

 

«Tsunade-sama!»

«Shikamaru! Che c’è?»

«Ino e Tenten!»

«Sì?!»

«Sono scomparse!»

 

Ino e Tenten correvano nell’ancora rabbuiato cielo mattutino.

Avevano lasciato Konoha. Per sempre. Stavano voltando le spalle al loro villaggio e attraversando quella foresta, per l’ultima volta.

Non sapendo dove andare. Non sapendo cosa fare. L’unica cosa di cui fossero sicure, era il perché della loro fuga.

Ino si era sempre considerata inutile, nel profondo della sua anima. Lo aveva notato nelle ultime missioni, di come Shikamaru e Choji diventassero sempre più forti e le rimanesse allo stesso, infimo livello.

Tenten si era accorta di come la sua presenza in una missione diventasse alla fine superflua, giacché Rock Lee e Neji da soli potevano sconfiggere chiunque.

Unite dal desiderio di cambiare, di lasciarsi il passato alle spalle avevano progettato di scappare. Via dal luogo triste dove si consideravano futili oggetti.

 

[Ino, se tu pensassi meno ai vestiti e un po’ più ad allenarti, magari diverresti più forte…]

 

 [Perché mi critichi sempre su come mangio? Guardati invece, sei debole! Non mangi abbastanza e perciò perdi facilmente le forze!]

 

 [So quanto può essere seccante allenarsi, ma non puoi essere stanca dopo solo due ore! Forse dovresti ascoltare le parole di Choji…]

 

Era stufa di ciò che pensavano i suoi compagni e il suo sensei.

Poteva scommettere che Asuma-sensei, quando era in vita, l’avrebbe sicuramente tenuta fuori dalle missioni di livello A. Al contrario di ciò che avrebbe fatto con Shikamaru e Choji.

E Choji? Diventava ogni giorno più potente. Ogni giorno migliore. Ogni giorno incredibilmente furbo e imbattibile.

Shikamaru ormai era fuori dalla sua portata. Sempre in quel gruppetto formato da Chuunin e Jounin della Sabbia.

Come se non sapesse che fosse innamorato di Temari. Sempre insieme quei due, sempre!

Strinse forte un pugno, ferendosi alla mano con le unghie.

Guardò Tenten, vicino a lei. Lo stesso problema. La stessa soluzione.

 

[Tenten! Se non usi lo spirito della giovinezza, non diventerai forte come il mio adorato Lee e Neji!]

 

 [Ten? Perché ti vedo allenarti così di rado?]

 

 [Tu vorresti sfidarmi? Ma non farmi ridere! La tua forza non è nemmeno comparabile alla mia!]

 

Ma certo Neji.

Tenten si morse il labbro inferiore, tagliandolo coi denti aguzzi e lasciando che una goccia purpurea colasse lungo il mento.

Rock Lee le diceva sempre di allenarsi. Di più, di più…

Gai-sensei la incitava anch’egli con l’allenamento. Ma lei non era come loro!

Lei era una ragazza! E comparare la forza di una ragazza con quella di un ragazzo non è possibile!

Eppure… sempre ad essere considerata inferiore.

E poi… c’era Neji…

Neji che non l’aveva mai incitata. La usava solo per allenarsi.

Ebbene, lei non sarebbe più stata una cosa!

Gliel’avrebbero fatta vedere a tutti! Sarebbero diventate le più forti! Le migliori!

Erano appena uscite dalla foresta di Konoha. Si fermarono per riprendere fiato, fisicamente e mentalmente provate. Non era cosa da tutti i giorni abbandonare amici e familiari per inseguire le proprie idee, che fossero utopiche o meno.

«Ma guarda un po’ chi abbiamo qui… Tobi…»

Una voce lugubre. Profonda, maschile. Fece accapponare la pelle alle ragazze, che estrassero gli shuriken, mettendosi immediatamente in posizione di difesa.

«Già… hai visto Deidara-senpai? Quella bionda non è male…» questa invece sembrava più giovanile e allegra. Mai fidarsi delle apparenze, però.

Dai rami più alti dell’albero sotto il quale si erano fermate apparvero due ninja. Il primo era un uomo con una grande maschera arancione a spirale, il secondo era biondo. La fotocopia maschile della Yamanaka.

«No Tobi… a me piace di più la bruna. Sembra più grintosa…»

Stavano giocando con loro a parole. Si stavano prendendo gioco di loro!

«Voi chi siete?» urlò Ino, più per lo spavento che per decisione.

«Io… io lo conosco!» sussurrò Tenten, indicando il biondo.

«Hai sentito Tobi? Sono famoso!» esclamò Deidara con aria di superiorità, scuotendo i lunghi capelli biondi raccolti nella coda.

«Ti… ti eri fatto esplodere! E non avevi più le braccia!» continuò la ragazza, in preda al terrore più vivido e vero che avesse mai provato.

«Già… beh… Kakuzu è bravo a ricucire, non trovi?» la sbeffeggiò, avvicinandosi più a lei e carezzandole la morbida guancia come per scherno.

Il braccio si mosse senza nemmeno accorgersi, mentre l’uomo veniva colpito da uno schiaffo in pieno viso.

«Mi sono sempre piaciute le ragazze difficili… mia bella opera d’arte…» bisbigliò all’orecchio di lei, con voce voluttuosa. Con un’odiosa espressione di vittoria tatuata sul viso.

«Aspettate! Voi siete dell’Akatsuki, vero?» domandò Ino, un tono di serietà e determinazione. Non le era mai uscito dalla bocca.

«Certo…»

«Voi… potete renderci più forti?»

Una domanda posta fermamente. Con sicurezza. Si sentiva già più forte solo al poterli eguagliare a parole. Se si fosse allenata con loro sarebbe diventata imbattibile.

«Senti bella, non possiamo far entrare chiunque nella nostra…» fece Tobi, presto interrotto dalla mano del compagno.

«Taci! Potrebbero esserci utili… voi venite da Konoha, no?»

Tenten annuì, avendo subito compreso l’ingegnoso piano della compagna.

«In cambio vogliamo tutte le informazioni possibili sul Kyuubi e Naruto Uzumaki!»

Avevano deciso di lasciarsi tutto alle spalle.

Una nuova vita. Avrebbe rimpiazzato quella vecchia e inutile. Una nuova vita dove erano loro a dettar legge. Dove loro erano quelle forti.

Accecate dalla brama di acquisire maggior potere, le menti annebbiate dal desiderio.

«D’accordo!»

Un sorriso si allargò sul volto di Deidara.

«Bene… seguiteci…» disse, mostrando alle ragazze la via da prendere.

Le due si guardarono per un fugace attimo, nei loro occhi lampeggiava una luce sinistra. Non potevano e non volevano tornare indietro.

Sorrisero sornione e li seguirono, attraverso l’ultimo tratto boschivo.

Arrivarono ai bordi di un lungo fiume e lo superarono grazie all’animale volante creato dall’artista.

Oltrepassarono i confini della Terra del Fuoco, una cascata e si ritrovarono in breve davanti ad una grande porta rocciosa. Un pietra gigantesca copriva l’entrata, sulla roccia, un sigillo.

«Ah!»

Il sigillo si disintegrò. Potevano entrare.

 

«Tsunade-sama! La prego, deve fare qualcosa!»

«Shikamaru, Neji, calmatevi! Ho già mandato la squadra ANBU a cercarle, se non le troveremo, vorrà dire che se ne saranno veramente andate…»

Ino e Tenten avevano lasciato Konoha prima che albeggiasse. Non un biglietto, non un’informazione del perché.

I primi ad accorgersene erano stati Neji e Shikamaru, poiché le compagne mancavano all’allenamento. Erano andati alle loro case, interrogato familiari e altri amici, ma l’esito delle loro ricerche li aveva portati ad un punto morto. Un punto che dava loro sempre la stessa, inconcepibile risposta: fuggite.

Ed una sola domanda invadeva la loro mente: perché?

«Quando le avete viste l’ultima volta? Shikamaru?»

«Ieri sera, ero andato a trovarla e…» fu interrotto.

«Perché eri andato a trovarla?»

Il ragazzo arrossì vistosamente.

«P… perché volevo sapere… se… se le andava di… beh… ecco… di… uscire con me…»

Tsunade annuì.

«E… ehm… lei mi disse che non poteva, doveva allenarsi sempre di più…» concluse con sguardo afflitto.

«Capisco… e tu, Neji?»

Lo Hyuuga avvampò.

«Ieri notte… ero fuori dalla finestra della sua camera…»

La Godaime lo guardò interrogativa.

«… perché volevo avvertirla del nostro allenamento! Avrebbe dovuto incontrarmi alle sei di questa mattina al campo. Ma non si è presentata…» terminò, abbassando il volto.

«E lei?»

«… ha detto che preferiva allenarsi da sola…»

L’Hokage lanciò un’occhiata a Shizune, come volesse chiederle aiuto per la risoluzione del mistero, che sembrava non avere né capo, né coda.

«Bene… e Choji e Rock Lee? Li avete interrogati?»

«Sì, non sanno nulla…»

Neji e Shikamaru si lanciarono un’occhiata carica di tristezza. Mancavano da poche ore, ma già si sentiva. La loro presenza era scomparsa ed insieme, anche la voglia di ridere e scherzare.

Era sempre Ino quella che buttava tutto sul ridere.

Era sempre Tenten a provocare sorrisi per la sua impacciataggine.

Senza di loro Konoha sembrava vuota.

«Tsunade-sama… richiedo una missione per riportarle indietro!» fu lo Hyuuga a parlare, adirato. Scomposto come nessuno l’aveva mai visto, sbattendo la mano sulla scrivania e facendo sussultare la donna.

In quell’istante, dal soffitto della stanza, un ragazzo cadde in terra con un tonfo sordo.

La vena sulla tempia di Tsunade prese a pulsare spasmodicamente.

«Naruto!» esclamò, tentando invano di reprimere la rabbia.

«Ehi, Tsunade no baa-chan, perché non vuoi accontentare la richiesta di Neji?» domandò il biondino con l’ingenuità che lo contraddistingueva. Il volto infantile rivolto sorridente verso la Godaime e i due amici.

«Perché se non ce l’ha fatta la squadra ANBU, è inutile che mandi un jounin diplomato da poco con manie di grandezza!» indicò Neji con severità.

«… e uno sfaticato chuunin con un portentoso cervello che usa solo quando ne ha bisogno!» indicò Shikamaru.

«Lo so Tsunade no baa-chan, ma oltre a loro potrei andarci io… dopotutto tra tutti sono il…» non terminò la frase.

«… genin più idiota e impulsivo nella storia di Konoha?» l’Hokage finì al suo posto.

Naruto mise un esilarante broncio e voltò le spalle ai tre.

«È la mia ultima decisione ragazzi! Andate pure…» li congedò.

I due amici si guardarono, abbozzando ad un quasi invisibile sorriso di soddisfazione. Girarono sui tacchi, fecero per aprire la porta…

«E se provate ad andarle a cercare… vi rispedisco tutti all’Accademia!»

Imprecarono sonoramente.

Usciti dall’ufficio del capo del Villaggio s’intristirono maggiormente. Chinarono il capo, mesti. Dovevano sopportare un gravoso senso di colpa.

Le loro strade si divisero quando dovettero tornare a casa.

 

«Niente allenamento stasera, eh?» domandò il padre di Shikamaru quella sera, al figlio sdraiato davanti alla televisione.

«No…»

«Ho saputo di Ino… mi dispiace…»

«Già…»

Era diventato persino monosillabico senza lei che lo spronasse a parlare. Senza di lei le giornate non erano le stesse. Era tutto così strano, buio. Come se fosse caduto in un baratro oscuro dall’impossibile risalita.

Le mancava terribilmente… la sentiva così lontana.

Così intoccabile.

Così inafferrabile.

Così chimerica… come la luna.

Si alzò in piedi, avvicinandosi alla finestra con passo strascicato. Anche la sua camminata si era intristita.

«Ino… dove sei…» sussurrò alle stelle, nel vano tentativo che gli astri celesti recapitassero il messaggio. Nel vano tentativo che le sue urla sussurrate nella notte fossero ascoltate dall’essere superiore di cui si parla tanto.

Se esisteva davvero un Dio, lassù, avrebbe accolto la sua speranza? O l’avrebbe lasciata sprofondare nell’intrinseca mente?

Restò per qualche istante immobile davanti alla finestra.

Sospirò.

Voltò le spalle e salì in camera sua.

Intanto, una scia luminosa si mostrò in cielo, mentre una stella raggiungeva terra.

 

Neji ascoltava, senza proferir parola, la discussione che stavano avendo Hiashi e la figlia Hanabi, riguardante gli allenamenti.

Ogni tanto rivolgeva un’occhiata eloquente al cielo stellato.

Il suo silenzio non era sconosciuto in casa Hyuuga, ma quella volta, tutti compresero che qualcosa nella sua mente non andava. Qualcosa di cui la mente si apre ma il cuore rimane chiuso.

«N… Neji nii-san?» lo chiamò dolcemente Hinata, sfiorandolo appena con la nivea mano sulla candida guancia.

Quel tocco così materno. Quel tocco che apparteneva solo a lei. Lo faceva stare così bene… gli faceva annebbiare la mente, rilassare i sensi e dimenticare le preoccupazioni. Come una droga.

Si sa… la droga può darti piacere immediato. Ma appunto, solo immediato.

«Non è niente…» bisbigliò, il volto contratto in quella che poteva essere una triste smorfia di superiorità.

Non si sarebbe mai abbassato ad ammettere quanto gli mancasse il contagioso sorriso di Tenten. Le sue battute, la sua giovialità…

«Neji nii-san… dopo devo parlarti…»

Ora il Byakugan poteva leggere anche nella mente?

Si alzò da tavola, evidentemente scocciato, dirigendosi verso la propria camera. Voleva dormire, risvegliarsi e pensare di aver fatto solo un incubo.

Dopo cinque minuti, lo raggiunse Hinata.

«Neji nii-san… Tenten è la miglior kunoichi che io abbia mai visto… e Ino non è da meno… vedrai, torneranno…».

Una voce così dolce, pura, candida.

Gli regalò un piccolo bacio sulla fronte e se ne andò.

Intanto, Neji, aveva cominciato ad osservare le stelle, notandone in quel momento una cadente.

«Tenten…» sussurrò, prima che un bagliore argenteo gli carezzasse la guancia, lasciando un alone umido.

La lacrima si posò sul davanzale di quella finestra da cui le piaceva tanto fare capolino per svegliarlo la mattina.

 

Si guardarono intorno, intimidite dal luogo sporco e maleodorante.

Un puzzo di muffa e chiuso si insinuò prepotentemente nelle loro narici. Acre, duro. Sapeva di morte, di sangue.

Tenten vacillò.

«Come avete detto di chiamarvi?» proruppe la simpatica voce di Tobi.

«Tenten ed Ino…» rispose la bionda, cercando invano di abbozzare ad un sorriso tranquillizzante.

Non per Tobi o Deidara, naturalmente. Quel sorriso era per convincere sé stessa di aver preso la strada giusta.

Si era accorte però di un significante dettaglio. I due dell’Akatsuki erano stati stranamente gentili con le ragazze… e se fosse stata una trappola?

Scosse la testa, non le avrebbero condotte fino al covo segreto.

L’entrata era un lungo cunicolo pietroso. Il muschio cresceva libero, l’acqua ristagnante era nauseabonda, si appiccicava ai piedi prepotentemente. L’umidità li faceva sudare più velocemente del dovuto.

«Chi schifo…» commentò Ino, toccandosi le ciocche color oro intaccate da quell’odore pesto.

«Già… dovrò richiedere al Leader di inventarsi una nuova entrata…» le rispose Deidara.

Lei strabuzzò gli occhi. Stava sostenendo una conversazione con uno degli uomini più malvagi del mondo. Nonché incredibilmente potente, avendo percepito il suo chakra.

I due dell’Akatsuki arrestarono il passo davanti ad una porta di legno muffito e tarlato. La aprirono. Emise un cigolio stridente.

«Prima le signore…» imitò l’uomo con la maschera arancione, a mo’ di maggiordomo.

Queste entrarono senza farselo ripetere, frementi di eccitazione.

Un kunai sfiorò la guancia di Tenten, lasciandole un leggero graffio.

«Ah… mancato!» gridò una voce immersa nell’oscurità.

«Kisame… fai schifo…»

«Anche io ti voglio bene, Itachi…»

Deidara passò davanti alle due.

«Ehi, ragazzi, abbiamo visite…» intimò il biondo, sparendo anch’egli nell’ombra.

«Ma dove l’hanno messo quel maledetto interruttore… chi mi ha fatto “pat pat”???» urlò improvvisamente.

Ino e Tenten sorrisero, divertite dalla scena.

«Scusa Deidara-senpai… credevo fosse l’interruttore…»

Ma quando si era mosso Tobi?

Le due ragazze di Konoha si guardarono intorno… strabiliante velocità. Tesero l’orecchio per ascoltare ancora.

«Ti pare che il mio culo assomigli ad un interruttore, Tobi?»

«No, scusami senpai…»

«Che cos’è tutto questo baccano?»

Questa volta, la voce le fece rabbrividire. Era profonda, adulta… raccapricciante.

«Zetsu, già che ci sei, accendi l’interruttore…»

E subito, comparve una luce accecante che illuminò tutti i presenti in quell’antro cupo.

Si trovarono davanti ad una scena che poteva essere interpretata in due modi. Esilarante e terrificante.

Esilarante era la posizione di Tobi e Deidara e la smorfia di quest’ultimo.

Terrificante il trovarsi davanti un uomo azzurro con le branchie e un uomo-pianta.

«Ehi, Deidara… posso mangiarle?» domandò l’uomo-pianta, leccandosi le labbra. Era spaventoso, metà corpo bianco e metà nero.

Tenten ed Ino si strinsero.

«No! Loro serviranno al Leader per il Kyuubi… oltretutto hanno detto di essere scappate da Konoha per diventare più forti… ai nostri livelli, no?» spiegò con pazienza il biondo.

«Ma sono giovanissime… non avranno più di quindici anni!» esclamò come offeso e umiliato il ninja azzurro.

«Kisame… sbaglio o io sono entrato nell’Akatsuki a quattordici anni?» proferì a voce piuttosto bassa Itachi Uchiha.

Alla bionda si strinse il cuore. Vedere così il fratello di Sasuke. Così simili eppure così diversi. Stesso aspetto, ambizioni totalmente diverse. La rovina degli Uchiha non era stata data dallo sterminio, ma dall’allontanamento di quella che pareva essere la coppia di fratelli più unita del Villaggio.

«E comunque, noi abbiamo sedici anni!» gridò vilipesa.

Vide lo sguardo dell’Uchiha posarsi su di lei. Era pesante. Come un masso caricato sulla schiena.

«Hai carattere…» lo sentì sussurrare.

«È normale che ce l’abbia! Solo i deboli non hanno carattere!» replicò a testa alta, facendosi largo tra lui e il mukenin chiamato Kisame, avvicinandosi all’uomo-pianta.

Gli punto un dito contro.

«E tu non osare mangiarmi! Ortica!»

Tutti scoppiarono in volgari risate, persino lo stesso ninja verde.

«Ehi Zetsu… ci sa fare a parole la ragazzina!» commentò divertito Itachi.

Tenten si avvicinò all’amica, sorridendole complice.

«Potete presentarci al vostro leader?» domandarono.

«Non ce n’è bisogno…» mormorò una voce roca, bassa e graffiata. Così misteriosa e terrorizzante.

«Vedo un gran potenziale in voi… un chakra di incredibile potenza che deve solo essere stimolato… in cambio voglio tutto ciò che sapete sulla Volpe a Nove Code…» continuò.

«Le avrà» rispose la bruna, risoluta come non lo era mai stata.

Per loro cominciava una nuova vita.

Tutto ciò che avevano imparato in sedici anni diventava inutile. Dovevano riprendere da capo tutto. Ma lo avrebbero fatto. Lo avrebbero fatto per dimostrare la loro forza.

All’Akatsuki era tutta una sfida. Bisognava sempre mettersi alla prova per salvare la pelle.

Ma soprattutto… non era conveniente insultare Zetsu, se ci tenevi alla testa.

 

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Capitolo 2
*** 2. Show me what you can do! ***


Wecome To PageBreeze

Farewell Konoha

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2.

Show me what you can do!

 

 

 

Zetsu le chiamò, un tono più dolce nella voce.

«Tenten, Ino? Venite!»

Lo seguirono per un lungo corridoio, per nulla intimorite dal ninja.

Intorno a loro aleggiava uno stranissimo silenzio, rotto solo dal ticchettare dei passi sulla dura roccia.

L’uomo spalancò una porta alla loro destra.

V’entrarono e subito si accorsero che Itachi e Deidara erano seduti su delle sedie legnose, il primo batteva convulsamente il piede per terra. Sembrava stesse tenendo il ritmo di un’immaginaria canzone nella sua mente.

Il secondo, invece, era tutto preso dall’ultima opera artistica. Intorno a lui volavano piccoli uccellini bianchi. Uno di questi esplose. Il biondo sorrise.

L’Uchiha prese parola.

«Siete qui perché siamo stati incaricati di seguire i vostri allenamenti e spiegarvi il comportamento da tenere nella nostra organizzazione. Avremo anche l’obbligo di illustrarvi la filosofia dell’Akatsuki, alla quale dovrete attenervi. Infine, dovrete passare un piccolo esame.» terminò, la voce stranamente calma, chiara e limpida.

Le due ragazze annuirono, determinate al raggiungimento del loro scopo. Risolute al punto di avvicinarsi e di domandare con voce sicura di cominciare l’allenamento.

Videro i due uomini lanciarsi un’occhiata divertita.

«D’accordo!» annuirono i due, prima di afferrarle per un braccio, con un’insolita delicatezza, e di portarle in campi d’addestramento diversi.

Quella grotta era enorme, interamente scavata nella viva roccia. Erano presenti camere da letto, una sorta di cucina, la sala ritrovo e i nove campi addestramento.

Ino si trovò a lavorare con Itachi, Tenten con Deidara.

«D’accordo, ora fammi vedere di ciò che sei capace!» l’esortò Itachi, facendole segno di attaccarlo.

La bionda afferrò un kunai e si scagliò su di lui.

Bloccata con un semplice movimento della mano.

Con uno scatto felino saltò all’indietro e si preparò per la sua tecnica migliore.

«Ninpou, Shintenshin no juts…» venne interrotta da un pugno del ragazzo in piena pancia.

Il suo corpo sussultò, arretrò di qualche metro, tenendosi il ventre con le mani.

Sputò sangue a terra, ma non cadde.

Le sue gambe stavano per cedere, ma all’ultimo lanciò uno shuriken all’Uchiha, ferendolo in profondità al braccio.

Lo vide sorridere soddisfatto.

«Brava… in pochi riescono a rimanere in piedi in seguito ad un mio pugno. Ancor meno sono coloro che riescono a ferirmi. Complimenti.»

Ino si illuminò dalla gioia. Era riuscita a scalfirlo. Arrossì, imbarazzata dal complimento rivoltole.

«Ora, se non mi sbaglio, gli Yamanaka sono delle spie perfette, la loro famosa Shintenshin può trasferire il loro spirito dal proprio corpo a quello del nemico… giusto?»

«È esatto!»

«Bene… è il momento di imparare una nuova jutsu ancora più potente che non ti penalizzi come la Shintenshin

Strabuzzò gli occhi. Avrebbe imparato una nuova jutsu? Gliel’avrebbe insegnata lui?

Il suo pensiero andò subito a Shikamaru e Choji. Loro avevano sempre nuove tecniche di una potenza straordinaria.

Nara aveva delle tecniche con l’ombra eccezionali, avrebbero lasciato a bocca aperta chiunque.

Akimichi invece poteva ingrandire a proprio piacimento ogni parte del corpo. Ogni volta una nuova.

E lei? Lei era sempre dietro. Sempre con la solita Shinten, sempre l’ordinaria vecchia jutsu. Sempre più inutile, sempre più sorpassata.

Stufa di essere inutile. Stufa di non servire a nulla.

Stufa.

Nauseata.

Scocciata.

«La nuova tecnica è una superiore…» cominciò il ragazzo, mostrandole un rotolo proibito.

Il rotolo proibito di Konoha.

«… vietata…» sorrise.

«… per la brutalità dell’esecuzione.» terminò, il volto sadicamente sorridente.

Ino l’osservò. Era bello. Molto bello. Più di Sasuke.

Più di Sai.

Era molto, molto bello.

«Cosa guardi?» una voce la fece sussultare, sbattendola in faccia alla realtà.

«N… niente…» bisbigliò, afferrando l’oggetto portole da Itachi e aprendolo.

 

Ninpou, Shimekorosu no jutsu

La Shimekorosu è una tecnica di strangolamento. Adatta soltanto ai membri del clan Yamanaka…”

Tecnica di strangolamento?

Voleva dire uccidere. Uccidere una persona.

Prese un lungo respiro e posò nuovamente gli occhi sulla descrizione.

 

… viene classificata come Ninjutsu proibita.

Difficoltà di grado S…”

 

Difficoltà S. Valeva a dire essere Jounin davvero capaci per poterla utilizzare.

Le sue dita si mossero da sole, andando ad intrecciarsi coi lunghi capelli dorati. Com’era solita fare quando si sentiva nervosa. O imbarazzata.

L’Uchiha la osservò. Graziosa.

Bella.

Splendida.

Gli Yamanaka erano famosi per i figli di gradevole aspetto. Ed Ino non sembrava essere da meno.

Si avvicinò a lei, accovacciandosi accanto, facendo finta di leggere anche lui, quando in realtà, si stava semplicemente inebriando del dolce odore floreale che emanava la ragazza.

 

I sigilli per poterla eseguire sono: tigre, serpente, drago, serpente, cane, gallo.

Questa tecnica non lascia scampo. Inevitabilmente porta alla morte.

Colui che verrà colpito dalla jutsu, perderà il controllo, strangolandosi.”

 

Richiuse il rotolo.

Permetteva di strangolare. Colui che veniva colpito si sarebbe strangolato.

Morte per suicidio.

Terribile.

Alzò lo sguardo, incontrando gli occhi neri, bui di Itachi.

«Quando inizio?» domandò la bionda convinta.

«Anche subito… rilascia tutto il tuo Chakra!» le ordinò lui.

Si alzò in piedi, sistemandosi la gonna, ed evocò tutto il Chakra che possedeva.

Il campo ricevette una leggera scossa sismica, mentre buona parte dei sassolini in terra si alzavano di qualche centimetro.

«No, no, no!» fu interrotta.

«Troppo poco Chakra per la tecnica…» sussurrò il ragazzo, sghignazzando.

«Non prendermi in giro!» replicò lei, infastidita.

Concentrò maggiormente il Chakra.

Urlò, mentre un’enorme aura azzurra la illuminava. Il membro dell’Akatsuki venne spazzato via.

Cadde in ginocchio, fisicamente provata dall’incredibile sforzo fisico.

Il ragazzo riemerse dalle rocce e le rivolse un largo sorriso.

Non aveva mai visto Itachi sorridere in quel modo. Sembrava splendente di un bagliore lontano.

Era meraviglioso.

«Complimenti Ino-chan! Sei stata bravissima!» le urlò correndole incontro.

Ino-chan?

La bionda abbozzò ad una smorfia compiaciuta, mentre con difficoltà disumana si ritirava in piedi, vacillante.

Arrancò per qualche metro prima che le sue gambe, già tremanti, l’abbandonassero del tutto, facendole perdere l’equilibrio.

Venne abilmente afferrata da due forti braccia maschili.

«Ehi! Già stanca?»

«No! Io… devo imparare la nuova jutsu! Lasciami!» si dimenò con violenza.

Lui la lasciò, quasi riluttante.

«D’accordo, provala su di me…» si offrì.

La ragazza sorrise subdola.

«Ti credi tanto forte? Uchiha?»

«Ma io non mi credo forte…» replicò lui, avvicinandosi sensualmente. Piegò leggermente la schiena. I loro nasi si sfioravano.

Ino si sentì pervadere da un bollore imbarazzante. Era sicura di stare arrossendo.

«… io sono forte…» le sussurrò in un orecchio.

Fu spinto via con veemenza.

«Preparati!»

Tigre, serpente, drago, serpente, cane, gallo.

«Ninpou, Shimekorosu no jutsu!»

Nulla.

Evocò più Chakra.

«Ninpou, Shimekorosu no jutsu!»

Niente, Itachi era ancora lì. Fermo sul posto. E la guardava con aria di sfida.

Rifece i segni. Rievocò la sua potenza.

«Ninpou, Shimekorosu no jutsu!» gridò.

Ancora nessun movimento anomalo da parte del ragazzo.

Stava cominciando a perdere la pazienza.

Strinse i denti e i pugni. Chiamò a sé tutta la forza che possedeva in corpo. Ogni goccia di energia venne risucchiata in un turbine vigoroso.

«NINPOU, SHIMEKOROSU NO JUTSU!!!» urlò, rilasciando un’incredibile quantità di Chakra.

Dapprima non successe nulla.

Poi, vide che le mani di lui stavano cominciando a muoversi da sole, avvinghiandosi al collo.

Vide i muscoli sulle sue braccia stirarsi, cercando di contrapporsi a quella forza invisibile.

Cercò di mantenere gli occhi aperti, ma ciò le riusciva spaventosamente difficile. Oscillò per qualche secondo, prima di cadere a terra, svenuta.

Percepì qualcuno alzarla e prenderla in braccio, prima di cadere nel limbo.

«Allora, bellezza, ci sei?» domandò Deidara, seccato.

«Ehi carino! Guarda che mi sto concentrando! Non rompere!» ribadì la ragazza bruna, tornando ad affilare il suo kunai.

Il biondo sbuffò.

«Certo che sei una noi… Ah!» esclamò, troncando la frase. Un kunai lo aveva trafitto sulla schiena.

«Ma guarda che simpatica ragazzina…» mormorò tra sé e sé, strappandosi l’arma e cominciando a giocherellarci pensieroso, continuando a dare le spalle a Tenten.

«Ehi biondo! Guardami!» lo incitò la ragazza.

«Potrei non staccarmi più, eh?» rispose maliziosamente, voltando lo sguardo e trovandosi la mora a pochi centimetri dal naso. E uno shuriken nello stomaco.

«Ma devi proprio colpirmi così brutalmente, tesoro?» esclamò lui, carezzandole il mento.

«Dai, bando alle ciance… tira fuori la grinta bellezza! Fammi vedere cosa sai fare!»

Lei annuì, felice che finalmente avessero smesso con quei giochetti stupidi. Un po’ le dispiaceva però.

Afferrò due rotoli e li fece volteggiare sopra di lei. Erano i Soushouryu.

Saltò incredibilmente in alto e cominciò a girare su sé stessa, afferrando le armi che comparivano dai rotoli. Mirava a Deidara.

«Mamma… sto tremando di paura…» sbadigliò, respingendo ogni attacco solo con un kunai. Lanciò uno shuriken, stracciando così uno dei rotoli della ragazza. Tenten cadde a terra con un tonfo.

Si rialzò, dolorante.

«Ti sei fatta male?» domandò il biondo. Non appariva un tono di scherno nella voce. Forse si era davvero preoccupato.

«No! Ci vuole ben altro per mettermi al tappeto!» esclamò lei, mostrandogli la lingua.

«Brava, così ti voglio!» la incitò l’uomo, estraendo un rotolo dalla tasca del mantello dell’Akatsuki.

«E quello… cos’è?» chiese incuriosita.

«Oh… soltanto un regalino per te e il tuo allenamento.»

Tenten afferrò il rotolo e lo aprì. Dentro vi era scritta una sola parola.

«Shiraha»

Subito comparve in una nuvoletta di denso fumo bianco, un grande bastone tagliente. Le lame erano posizionate su entrambi i lati dell’arma.

«Possiamo tranquillamente chiamarla… Trottola Demoniaca, bellezza!» la informò lui.

«Cioè?» balbettò la bruna, rigirandosi ammirata l’oggetto tra le mani. Il volto illuminato di una strana luce di meraviglia.

«Impugna il bastone davanti a te…»

Lo fece.

«Comincia a volteggiare intorno a te stessa.»

La ragazza eseguì. Prese a girare intorno ad un perno immaginario.

Gira.

Gira.

Gira.

«Più veloce! Più veloce!»

Gira. Più veloce.

Gira. Più veloce.

«Di più!»

Più veloce. Più veloce.

Più veloce. Più veloce.

Ormai roteava ad una velocità inconcepibile. Il chakra veniva rilasciato da ogni parte del suo corpo. Era diventata una trottola azzurra.

Deidara preparò tre piccoli uccelli grazie alle sue mani. Questi si avvicinarono alla ragazza.

Tranciati in pieno. Di loro, solo pezzettini sparpagliati in terra.

La mora prese a rallentare.

Era arrivata al limite. La tecnica l’aveva prosciugata completamente dalle forze.

Cadde in ginocchio, stanca, provata, ma felice.

Era molto tempo che non sorrideva così dopo un allenamento. Subito pensò a Neji.

Lei e Neji si allenavano sempre insieme… amava recarsi tutti i giorni a casa dello Hyuuga, apparire improvvisamente sul davanzale della sua finestra e svegliarlo…

 

«Neji! Sveglia!»

«Tenten!»

«Muoviti! Ti aspetto fuori!»

 

Attendere il suo arrivo sul ciglio della porta. Salutare Hiashi-sama. Sbeffeggiare Hanabi mentre lei non sentiva.

E poi incamminarsi insieme, prendendolo in giro sul fatto che fosse un dormiglione.

 

«Signor Hyuuga… sa di essere un pigrone?»

«Taci Tenten!»

«Pigrone, pigrone, pigrone! Hai preso la Shikamarite!»

«La… che cosa?»

«Ma sì… “Shikamarite”! Un po’ di elasticità mentale, Neji!»

 

Ridacchiò.

“Shikamarite”.

«Che hai da ridere?»

Si accorse di essere ancora nel campo di allenamento e che quello che aveva davanti era Deidara.

Cosa aveva fatto?

Rimembrato il passato.

E cosa si era promessa di non fare più?

Quello.

Abbassò lo sguardo. Improvvisamente, il sorriso scomparve dalle sue labbra, sostituito da un infinito senso di tristezza.

Perché doveva proprio pensare a lui? Neji… quel nome non doveva significare più nulla per lei.

Nulla.

Nulla!

Neji, Rock Lee, Shikamaru, Naruto… erano nomi che doveva dimenticarsi. Doveva scacciarli dalla mente.

Non poteva permettersi di ricordarli. Non poteva permettersi di guardare indietro.

Qualcuno le sollevò il meno con un dito.

«Tutto bene?» le chiese l’uomo, con aria estremamente calma e, forse, preoccupata.

«Sì…» biascicò Tenten, prima di crollare tra le braccia del biondo, perdendo i sensi.

 

«Neji?»

«Sì?»

«Ne… Neji?»

«Sì?»

«Ne…»

«Chi sei tu?»

 

Sakura si era allenata duramente, raggiungendo il suo scopo: diventare ninja medico.

Era come una piccola Tsunade, ovunque andasse, i ninja la salutavano, congratulandosi con lei per l’ottimo lavoro che stava svolgendo nella sezione ANBU.

Naturalmente, la ragazza era onorata di ricevere così tante attenzioni, sorrideva spesso a coloro che la fermavano per strada, ringraziandola.

Sì, sorrideva. Ma non erano veri sorrisi i suoi.

Da quando aveva perso la propria migliore amica e il ragazzo che amava, ogni accenno di felicità le sembrava un torto nei confronti di Ino, che non poteva essere lì, a ridere con lei. E Sasuke-kun a sorridere beffardo, come aveva sempre fatto.

Ormai consumava uno strano affetto con un’altra persona che era molto vicina alla Yamanaka.

Si abbracciavano, si lanciavano fulgide occhiate, si consolavano. Arrivavano persino a regalarsi casti e fugaci baci sulle labbra. Ma non era amore. Tutti dicevano che non era amore.

Sakura sapeva bene che Shikamaru non l’avrebbe mai amata. Lui cercava in lei la bionda compagna. Cercava i comportamenti, l’atteggiamento, persino il modo di parlare. Ma trovava solo un’ombra lontana. Si chiudeva in un sogno e passava giornate intere ad osservare il cielo.

Lei invece, cercava in lui i silenzi e l’intelligenza di Sasuke. La sua indifferenza davanti ad ogni singola cosa.

Cominciò a vestirsi più spesso di azzurro. L’azzurro le ricordava Ino. Lei e i suoi occhi profondi, meravigliosi, estasianti. Brillanti della più pura delle felicità.

Lei, Shikamaru e Neji si trovavano spesso a mangiare insieme, o ad essere scelti come Team per delle missioni, dal momento che il Team Gai e l’ex Team Asuma non esistevano più senza le ragazze.

Il trio sembrava unito e diviso. Unito da un sentimento di amicizia, o di conforto, a seconda dei punti di vista.

Ed era sempre difficile superare ogni giorno insieme, senza piangere, senza pensare a loro.

Anche Neji era triste. Se prima sorrideva raramente, ora non sorrideva più. L’ironia era scomparsa dai suoi occhi. Il sarcasmo pungente non gli sfiorava più le labbra. L’aria di superiorità non solcava più l’espressione impassibile.

Era diventato un enorme pezzo di ghiaccio. Incapace di essere felice, incapace di essere triste.

Incapace di essere vivo.

Viveva le sue giornate così, lasciando che gli scorressero davanti agli occhi, succube degli avvenimenti.

Gli mancava Tenten. Gli mancava molto.

Ed ogni giorno gli sembrava sempre più stupido affacciarsi alla finestra e attendere che lei venisse a svegliarlo, come aveva sempre fatto, irrompendo rumorosamente.

Adorava quando i suoi occhi si tingevano di nocciola, guardando quelli dell’amica.

Era fuggita una parte del suo cuore…

E lui si sentiva perso.

Perso.

Perso.

Perso per sempre.

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Capitolo 3
*** 3. I'll take care of your body ***


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Farewell Konoha

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3.

 

I’ll take care of your body…

 

“You mustn’t remember your past… Ino.”

 

Risero in maniera davvero volgare, porgendo all’uomo biondo un altro bicchiere di quello che, in apparenza, poteva sembrare del sakè invecchiato.

«Allora… notizie?» domandò il più corpulento dei tre. Fu zittito dall’amico bruno, il volto già leggermente arrossato. Più degli altri. Era sempre stato il primo a sbronzarsi.

Il ninja dai capelli chiari fece girare, annoiato, il sakè. Ne tracannò un lungo sorso, posando poi con esasperazione il bicchiere sul tavolo legnoso.

«… no… ormai non la vedo da due mesi…» borbottò.

«Già… Shikamaru tenta sempre di mettersi in contatto con jounin in missione per avvertirli che nel caso la vedessero di chiamarlo… gli manca proprio…» constatò il moro, scuotendo la lunga coda di capelli alta.

«Anche Choji è più triste del solito…»

«Chissà se sta bene…» aggiunse il biondo, come non minimamente toccato dalle parole dei suoi migliori amici. Aveva tutta l’aria di aver iniziato una sorta di monologo interiore, non curandosi della presenza di altri. Forse l’alcool stava avendo il suo effetto…

Si beve per dimenticare.

Si beve per lasciarsi alle spalle le difficoltà e vivere, anche se per poco tempo, nel proprio mondo. Un mondo sempre felice.

L’alcool è una droga. Una droga per lo spirito.

«Dopotutto è sempre stata una ragazza forte e sicura di sé stessa… la mia piccola Ino-chan…» continuò, bevendo nuovamente dal bicchiere.

«Già… ha sempre avuto il carattere delle nostre mogli, eh, Inoichi?»

Da sbronzo, Shikaku diventava doppiamente seccante. Però non aveva torto questa volta.

«Yoshino sembra avere lo stesso carattere di Ino… è presuntuosa, determinata, sicura, comandina, seccante e…» si bloccò, come cercando le parole migliori per concludere il discorso.

«… e bellissima…» terminò, sognante.

«Ma guardatelo, Shikaku è innamorato come quando era ragazzino e spiava la ormai “signora Nara” mentre lei si allenava, barra, usciva con le amiche, barra, usciva di casa, barra…» lo sbeffeggiò il più robusto, lasciando però la frase incompiuta.

«Choza… sono ubriaco, ma ci sento benissimo! E se non la smetti potrei anche non rispondere delle mie azioni e uccidere l’esponente principale del Clan Akimichi…» lo avvertì Shikaku, la voce perfettamente calma e riflessiva.

Silenzio.

«Voi due… non dovevate tirarmi su il morale?» rammentò loro Inoichi.

«Teoricamente sì…» cominciò Choza.

«… ma davanti ad un sakè invecchiato quattro anni fa, sai che mi sciolgo…» concluse Nara, un sorrisetto provocatorio che gl’increspava le labbra.

«Stronzi…» sibilò Yamanaka, un tono divertito nella voce.

«Vedi… il Clan Nara tramanda questa bastardaggine da figlio a figlio… e se mai Shikamaru si sposerà la tua Ino, cosa che spero per lui, si comporterà esattamente così… non c’è niente da fare… siamo bastardi dentro!»

«E direi che questo mi tira su il morale in una maniera disumana…»

«Oh, vuoi cominciare col sarcasmo pungente? No, perché in quel caso potrei tirare fuori il mio repertorio personale e surclassarti su tutta la linea…» replicò il moro, perfettamente tranquillo.

I Nara erano famosi anche per essere dei tremendi avversari a parole. Riuscivano a restare così maledettamente calmi in ogni situazione… era ossessionante!

«Wow… tesoro se fossi una donna ti bacerei…»

Peccato che quando erano ubriachi potevano uscirsene con certe cazzate…

Inoichi sorrise, battendo una pacca sulla spalla dell’amico.

Si beve per dimenticare.

Si beve per poter passare una notte diversa dalle altre…

 

«Ciao Neji!»

Chi era quel dannatissimo rompiscatole? In quel momento non voleva vedere nessuno.

Lo Hyuuga era sdraiato sul suo fuuton. Lo sguardo argenteo perso nell’infinità del bianco soffitto.

«Se sei Rock Lee… non voglio sentirmi ripetere che la mia giovinezza sta andando a puttane, perché non mi interessa, capito?»

Silenzio dall’altra parte della porta.

«Neji nii-san?» una vocina timida si fece strada nelle sue orecchie.

«Lo stesso vale per voi, Hinata-sama…»

Dei bisbigli.

«Konoha sempuu

La porta venne abbattuta.

Neji rimase impassibile, non contraendo un muscolo.

«Ok, la situazione è grave… gravissima, graverrima! Vado a chiamare Gai-sensei!» esclamò Lee.

«Se solo osi dire a Gai-sensei che sono depresso, ti strappo quella tua cazzo di calzamaglia e te la faccio ingoiare…»

Hinata rise.

L’altro ragazzo arrossì dall’imbarazzo e lasciò la camera, diretto verso il campo di addestramento.

Erano soli.

«Neji nii-san… io non voglio mettere il dito nella piaga, ma non puoi lasciarti andare così…» cominciò, prendendo un lungo respiro.

«… conosco una persona, e sicuramente la conosci anche tu, che direbbe “Non sono capace di arrendermi! La salverò a costo della mia stessa vita!” e sai chi è, Neji?»

«Fatemi indovinare… Naruto Uzumaki…»

«Esatto. E conosco un altro ragazzo che invece direbbe: “Lasciare una persona a sé stessa, è come lasciare un cane privo di guinzaglio… più tempo passa senza che tu intervenga, più ti dimenticherai di farlo in futuro”.»

Il ragazzo strabuzzò gli occhi.

«Chi… chi è che lo dice?» domandò, esitante.

«Kiba!» rispose subito la ragazza, arrossendo. Gli occhi le si erano illuminati al nome del compagno di squadra.

«Chi, quello spiantato dell’Inuzuka?» aggiunse beffardo.

«No! Kiba… Kiba non devi insultarlo!»

Neji sorrise divertito, alzandosi dal proprio fuuton e afferrando un paio di kunai.

«Vado ad allenarmi…» disse freddo. Glaciale.

Sembrava essere tornato il solito, vecchio Hyuuga.

Ma, sorpassandola, Hinata percepì qualcosa di caldo sfiorarle la mano. Era stato lui.

Il suo modo per ringraziarla.

 

Sakura gli carezzò la mano.

Lui sorrise. Un sorriso terribilmente triste e vuoto.

Si sedette sulla panchina, la sua panchina preferita. Lasciò che la ragazza si accoccolasse sulle sue gambe, appoggiando la schiena contro il suo corpo scolpito e facendo lentamente scivolare la testa sulla spalla del ragazzo.

La abbracciò intorno alla vita. La strinse a sé, inebriandosi del profumo che non le apparteneva.

Restarono così per qualche minuto. Guardavano il cielo. Lo facevano tutti i giorni, ormai.

Shikamaru la baciò sulle labbra. Sakura rispose.

Distolsero entrambi lo sguardo.

«Sakura… tu sai che…»

«Sì… non c’è bisogno che me lo dica… neanche io ti amo…»

«È solo che tu mi ricordi tanto… lei…»

«E i tuoi silenzi mi ricordano incredibilmente Sasuke…»

Nara voltò il viso mesto, in modo da non incontrare quello dell’amica.

«Ma cosa stiamo facendo…» sussurrò d’un tratto, slegandola dalla presa alla vita e facendo per alzarsi.

«No! Ti prego…» lo implorò Haruno, trattenendolo con una mano.

La guardò stranito.

«Baciami…»

«Cosa?»

«Baciami, ti prego…»

«Sakura… lo sai che…»

«Lo so benissimo! Ma la tua espressione annoiata…» gli sfiorò il viso.

«… i tuoi scuri occhi tristi…» gli passò un dito intorno agli occhi.

«… la tua apatia… tu…» una lacrima.

«… tu sei come Sasuke…» lo abbracciò.

Shikamaru la osservò, carezzandole i capelli.

Quell’esile corpicino che teneva tra le braccia gli ricordava troppo la sua Ino. Troppo.

Un vuoto insostenibile s’impadronì del suo cuore.

La baciò con passione, immaginando di baciare una bionda ragazza. Immaginando di poter vedere dopo un paio di occhioni azzurri brillanti. Immaginando poi di sentire la sua voce squillante e limpida.

Mentre le lacrime di entrambi, si mischiavano, convergendo nelle labbra incollate da un bacio privo d’amore.

 

«Ah!» esclamò, cadendo in ginocchio e tenendosi il cuore.

«Cos’è successo?» domandò preoccupato un ragazzo moro, correndo incontro alla ragazza.

«Oh… nulla… un specie di… fitta al cuore…» ansimò lei, afferrando la mano che lui le aveva porto e tirandosi in piedi.

«Oh, d’accordo… beh… riprendiamo gli allenamenti?»

«No, ti prego Ita-kun… basta! Non ce la faccio più!» si lamentò, crollandogli addosso e sorridendo sorniona.

«Hai male da qualche parte?» chiese premuroso.

«Beh… ho le braccia indolenzite…» rispose, massaggiandosi gli arti stancamente, sporcandosi del sangue che solcava quella pelle candida, ora piena di tagli e abrasioni.

«Mi prenderò io cura del tuo corpo…» la tranquillizzò Itachi.

 

Mi prendero cura del tuo corpo...

…cura del tuo corpo…

…del tuo corpo…

 

«E tu amico, prenditi cura del mio corpo!»

«Certo!»

 

«Shikamaru! Prenditi cura del mio corpo!»

«Al solito, Ino!»

«Shika! Sai cosa fare!»

«Mi prenderò cura del tuo corpo!»

 

«Trio InoShikaCho pronto all’azione!»

«Choji! Smettila di mangiare!»

«Ma tu ti devi sempre lamentare?»

 

«Ino… sei una ragazza  forte, determinata e affidabile… Choji e Shikamaru sono dei tipi maldestri… conto su di te perché li tenga d’occhio…»

«… sì…»

«… e non perdere contro Sakura… né in Ninjutsu, né in amore…»

«… d’accordo…»

 

 

Choji e Shikamaru sono dei tipi maldestri…

… e non perdere contro Sakura…

…conto su di te perché li tenga d’occhio…

«Sensei…»

«Ino? Stai bene?»

«S… sensei…»

«Ino!»

«A… Asuma-sensei…»

«INO!!!»

 

«Ino? Stasera hai da fare?»

«Sì Shikamaru, devo allenarmi…»

«Ah…»

 

Riaprì gli occhi, stordita.

«D… dove sono?» biascicò.

«Sei in camera mia… hai perso i sensi ripetendo “Asuma-sensei…”, “Shikamaru” e “Choji”… chi sono?»

«Nessuno. Non sono proprio nessuno, Itachi-kun…»

 

«Non sono assolutamente nessuno.»

«Vengono da un luogo cui io non appartengo più.»

 

 

Tenten si lasciò cadere a terra, stremata dalla fatica.

«Già stanca, tesoro?» fece una voce schernitrice dietro di lei.

«Sì, Deidara-kun! Sono due mesi che ci alleniamo senza sosta almeno cinque ore al giorno… sono sfinita!» replicò, alzando la voce.

«Scusami Ten-chan… ti chiedo umile perdono!» Deidara s’inchinò, prendendola in giro.

«Deidara-kun?»

«Sì?»

«Vaffanculo!»

«Altrettanto a te, grazie!»

La bruna rise di gusto, aggrappandosi al braccio del biondo per evitare di cadere.

«Cos’è… non puoi stare un secondo senza toccarmi?» domandò con malizia.

«Deidara!»

«Presente all’appello!»

La ragazza gli tirò uno scappellotto, per quanto la sua altezza le permettesse.

«Ehi nanerottola! Cosa credi di fare?» l’uomo la prese per la vita, tirandola a sé e stampandole un bacio sulla guancia.

Lei si staccò con forza, pulendosi dalla bava umidiccia che le era rimasta sullo zigomo. Imprecò.

«Ehi, Deidara… perché ti comporti così con me? Insomma… sei più espansivo, simpatico… sei… diverso…» proferì la bruna, abbassando lo sguardo e arrossendo violentemente.

Il biondo si zittì improvvisamente. Anch’egli guardò terra.

«Tenten… è giunto il momento che ti spieghi una cosa. Quella che noi chiamiamo volgarmente “filosofia”, ma che in realtà è più di uno stile di vita. È la nostra regola principale.»

«E sarebbe?»

«”I nemici sono coloro che ti considerano tale. Loro vanno uccisi. Chiunque non ti attacchi, non è nemico…»

La ragazza trasalì, colpita nel profondo da quelle parole.

Mai parole furono più esatte.

Il nemico non è una persona considerata tale dagli altri. Il nemico è colui che ti considera nemico.

Era vero. Assolutamente. Indubbiamente.

«… Comportati da nemico, solo col nemico.» terminò Deidara, prendendo un lungo respiro.

Calò il silenzio.

«Quindi…»

«… Gaara era un nemico prefissatoci dal Leader, e in quanto suoi subordinati, dovevamo obbedirgli ciecamente. Kankuro ha attaccato Sasori. Non il contrario. Itachi e Kisame sono stati attaccati dapprima da quei due Jounin, poi da Jiraya-sennin, infine da Kakashi e i suoi subordinati. Hidan e Kakuzu da quel sensei di Konoha che è morto nello scontro.»

Lei annuì. Aveva ragione. Aveva dannatamente ragione.

«Il Male non esiste. Così come non esiste il Bene. Sono dei complessi mentali che ci fanno riflettere. Come il fatto che qualunque cosa malvagia sia una distorsione del Bene. Pensaci, Tenten: tutto è Bene, finché non è abusato, allora diventa Male.»

Entrambi annuirono gravemente, ma la ragazza sentì il bisogno di rompere quel dannatissimo e odioso silenzio.

Le dava fastidio un Deidara zitto. Muto. Stanco. Triste.

Non era il Deidara espansivo… esplosivo, che conosceva!

«Deidara-kun?»

«Mh?»

«C’è una filosofia anche per spiegare perché porti lo smalto?»

 

Due anni passarono. Veloci. Spazzati via dal vento freddo e sferzante dell’inverno. Dalla brezza più tiepida della primavera. Sciolti dal caldo sole estivo e dall’afa. Calpestati come le scricchiolanti foglie autunnali.

 

Gai-sensei sorpassò arrancante l’entrata di Konoha. La ferita alla gamba era notevolmente profonda e copiose macchie purpuree cadevano in terra, intaccando la pulitissima strada pietrosa.

Con un cenno della mano, chiamò i controllori delle porte del Villaggio: Izumo e Kotetsu, con loro c’era anche Genma, il jounin era appena tornato da una missione.

«Gai-senpai! Cos’è successo?» domandarono con una nota di terrore nella voce. Chiunque avesse ridotto in quello stato Maito Gai doveva essere stato veramente, ma veramente, potente.

«Attacco… ho incontrato… l’Akatsuki nell’ultima missione… un tizio, Tobi… mi ha risparmiato…» rispose faticosamente il moro, perdendo poi i sensi, crollando in mezzo alla strada.

I due jounin lo presero in braccio, portandolo all’ospedale della Foglia e dirigendosi poi al cospetto dell’Hokage, per fare rapporto sull’accaduto.

«Hokage-sama?»

«Avanti!» un’imperiosa voce femminile li chiamò a sé.

«Hana-san?!» salutò Genma, arrossendo, stupendosi di trovare lì la sorella dell’Inuzuka, venuta per curare Tonton.

«Genma-senpai!» fece un cenno lei, altrettanto rossa.

Qualcuno tossicchiò, rompendo l’atmosfera. Proveniva dalla Godaime, la quale, era evidente volesse venire a conoscenza dei fatti.

«Oh, sì! Godaime-sama, Maito Gai ci ha messi al corrente di essere stato attaccato da un membro dell’Akatsuki e che vuole parlare con lei, dice che è importante e che potrebbe interessare molto a due ninja del villaggio.»

Tsunade strabuzzò gli occhi. Akatsuki. Interessare a due ninja.

Neji e Shikamaru.

Tenten ed Ino.

Si alzò con veemenza dalla propria seggiola, catapultandosi fuori dalla porta e correndo ad una velocità inimmaginabile verso l’ospedale.

«Possibile che…»

 

«E tu ritieni essere uno tra i jounin più potenti di Konoha? Scarso direi…»

«Taci!»

«Conosco due ragazze, anch’elle provenienti da Konoha, che ti sconfiggerebbero con le mani legate dietro la schiena…»

«Due… due kunoichi?»

«È quello che ho detto, sei pure sordo oltre che scemo?»

«No, no, dimmi di quelle due!»

«Perché mai…»

«MI INTERESSA!»

«Ma lo sai che sei proprio maleducato? Bisogna sempre attendere che quello che sta parlando finisca la frase, è questione di educazione!»

«E va bene, ma ti prego, dimmelo!»

«Potrei… ma non ho voglia… ti dico solo che sono due bellissime ragazze… Deidara-senpai e Itachi-san sono pure diventati strani dopo averle conosciute…»

«…»

«Ma ora… potrei anche ucciderti… ma dopotutto sei simpatico… mi limiterò a conciarti per le feste…»

 

L’uomo aprì gli occhi, ancora scosso dal sogno. Scrollò violentemente la testa intrinseca di pensieri disordinati.

La porta si spalancò fragorosamente. Entrò una donna bionda.

«Gai!»

«Tsunade-sama… l’Akatsuki… Tenten ed Ino…»

«Gai! Ti prego, non dirmi che Tenten ed Ino sono state catturate dall’Akatsuki…»

«Io non ve lo dico… però è così…» il moro annuì gravemente, prima di chiudere gli occhi e cadere nel limbo del sonno.

La donna lo osservò scioccata. Strinse i pugni, tremante di rabbia. Colpì il muro della stanza, facendone cadere una buona parte.

«Shizune!»

«Sì Tsunade-sama?»

«Chiamami immediatamente Shikamaru Nara e Neji Hyuuga!»

 

 

 

A/N

Perché ho come la strana sensazione che verrò linciata? O.o

Ok, ok... non mi piace la ShikaSaku... però mi attirava metterla in questa fic, dopotutto è un po' incasinata, perciò mi piace pensare che Shikamaru veda in Sakura Ino perché erano migliori amiche.

E mi piace pensare che Sakura veda in Shikamaru lo stesso comportamento menefreghista di Sasuke, e lo stesso fatto di nascondere i propri sentimenti senza mostrarli a nessuno...

Mah, sarò pazza.

 

Vorrei sottolineare una cosa, però:

Questa fic l'ho scritta... mesi fa? Sì! Anche prima dell'inizio dell'estate... perciò troverete, nel corso dei capitoli, un lieve cambiamente di stile, a cominciare dalle frasi che non saranno più...

"Ciao

Sono

AtegeV"

Cioè una sotto l'altra... ma saranno molto più scorrevoli! Quindi, l'intera fic, penso, migliorerà! ^^

Detto questo, vi lascio! Ho talmente tanti compiti che non riesco più nemmeno ad accendere msn... sigh, sob!

 

A chiunque abbia commentato: Grazie infinite! Mi rendete... una ragazza strafelice!!! *_*

Ja ne 'ttebayo!

 

Akami/AtegeV

 

 

 

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Capitolo 4
*** 4. I want to become different ***


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Farewell Konoha

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4.

 

I want to become different

 

“You’re already different…”

 

«Tu cosa?» domandò incredulo Deidara, prendendo l’uomo che aveva davanti e scuotendogli le spalle avanti e indietro, imprecandogli contro.

«Come hai potuto dire a quel cretino verde che Ino e Tenten-chan sono qui da noi! Un’ottima maniera per farci venire contro tutta Konoha! Idiota!» continuò, prendendo a tirargli pugni.

«Deidara-senpai! Non preoccuparti! L’ho ridotto talmente male che morirà durante il tragitto! E se mai dovessero mandare qualcuno… Tenten, Ino, tu e Itachi-san li sconfiggereste in un batter d’occhio, no?» rispose Tobi, come fosse la cosa più ovvia del mondo.

Il biondo lo lasciò andare.

«Sai che non hai tutti i torti? E bravo Tobi!» gli batté una mano sulla spalla.

«Deidara-chan?» una birichina voce femminile lo fece voltare, piuttosto irritato dal nomignolo affibbiatogli.

Non si stupì affatto di incontrare Tenten.

«Dimmi, piccola…»

«Piccola? Ma Deidara-senpai, ti sei innam… mfuhafuh!» il ragazzo che portava la maschera arancione fu zittito con una mano dall’altro.

«Veramente mi hai chiamata tu… hai detto che devi spiegare a me e ad Ino la prova… finalmente, dopo due anni…»

«Oh, giusto! Aspettiamo anche In…»

«Ciao Deidara-chan!»

«…o…» concluse, ulteriormente seccato dal poco rispetto.

«Presente all’appello…» soggiunse Itachi, esattamente dietro la bionda.

«Benissimo… allora, la prova consiste nell’uccidere una persona, utilizzando le nuove tecniche che avete imparato!»

Le due ragazze sbiancarono. Uccidere? Uccidere un innocente?

«U… uccidere? Ma Deidara-kun…»

«Sì, uccidere. Togliere la vita, sgozzare, svenare, smembrare, far esplodere… scegliete voi la morte più adatta! Ma forse è ancora troppo presto…» aggiunse con aria di superiorità.

«No! Siamo pronte!» accertò Ino, la voce più stridula del solito, ma chiara e limpida. Risoluta della sua decisione.

«Benissimo… allora… partiamo immediatamente per Ame.»

 

«Godaime-sama? Ci ha chiamati?» domandò Shikamaru, piuttosto incuriosito dalla foga che aveva avuto Shizune nel momento in cui aveva trovato i due.

«Abbiamo indizi su Ino e Tenten!»

Neji, entrato in quell’istante, s’irrigidì. Shikamaru trasalì, eccitato.

«Dove?» chiesero entrambi con un fil di voce.

«Gai ha combattuto contro uno dell’Akatsuki, diciamo la nostra “fonte”, esattamente al confine tra i due fiumi che dividono la Terra del Fuoco da quella del Vento.»

Nara deglutì.

«Nara Shikamaru, Hyuuga Neji! La vostra nuova missione: riportare indietro Tenten e Ino!»

Ma non fece in tempo a finire la frase, che i due erano già schizzati fuori.

«Neji! Troviamoci alle porte di Konoha tra mezz’ora, vado a preparare lo zaino.»

Il Chuunin chiuse la porta dell’edificio dietro le proprie spalle e si allontanò dall’amico, diretto verso la sua casa.

Alzò gli occhi al cielo, ormai non faceva altro, cominciò a scrutarlo in tutta la sua infinita bellezza, mentre ciò che da vicino poteva sembrare una smorfia di soddisfazione, si allargava sul volto dai tratti più adulti del normale, portandolo ad avere un’espressione stranamente felice. Era da tempo che non lo si vedeva più così.

La smorfia si trasformò repentinamente in un sorriso. Un grande sorriso. La bocca venne dischiusa e Shikamaru scoppiò in una grande e felice risata.

Prese a correre, eccitato come non mai, trovandosi presto davanti alla porta della propria casa, ma beccandosi le occhiate disaccordi di alcuni abitanti del villaggio.

«Mamma! Papà! Ho una missione!» gridò ai propri genitori, catapultandosi in camera e prendendo lo zaino, ormai già pronto da oltre tre mesi. Gli adulti compresero di che si trattasse.

«Shikamaru?» un’insolita dolce voce femminile lo chiamò soave.

«Mamma?»

«Tesoro… ti prego… non fare pazzie!» Yoshino Nara abbracciò il figlio con tutta la tenerezza che solo una madre poteva donare.

Lo baciò sulla fronte, carezzandogli i capelli con amabilità, stringendolo a sé con tutte le proprie forze, quasi non volesse lasciarlo andare.

«Ma… mamma?» sussurrò il ragazzo, guardando stupito il genitore. Stava piangendo. Le sue lacrime si posarono lentamente sulla spalla di lui.

«Mamma… perché piangi?»

«Io non sono mai stata una buona madre… ho sempre sbraitato. Mi sono sempre arrabbiata… ho osato alzare le mani su te e papà…» cominciò la donna, singhiozzando.

«Mamma…»

«Per te Ino è più di un’amica, vero? Tu hai bisogno di lei… quasi quanto un bambino ha bisogno della sua mamma… vai, tesoro, vai e salvala!» terminò, la voce rotta dal pianto che sembrava non cessare.

«Mamma!» esclamò Shikamaru, buttando le braccia attorno al collo della madre, riversando in quel gesto un amore di impossibile descrizione.

Per certi sentimenti, a volte, le parole sono soltanto superflue… l’amore di una madre per il proprio figlio è una cosa così tenera e delicata che descriverla vorrebbe dire intaccarne la purezza e la meravigliosa semplicità.

Rimasero così, uniti da un abbraccio indissolubile.

Quando si allontanarono, il ragazzo sentì premere qualcosa sulla spalla. Alzò gli occhi, incontrandone la fotocopia, ma più cerchiati e segnati dall’età.

«Papà!»

«Va’ figliolo… sono fiero di te! Riporta a casa Ino!»

Il Chuunin annuì e, con gli occhi lucidi, varcò l’uscita della propria casa.

Non aveva fatto che qualche passo quando vide un’ombra raggiungerlo. Un’ombra molto, molto grossa.

Senza staccare gli occhi da terra, attese che quell’ombra si fermasse davanti a lui.

«Non dire nulla… ti prego…» s’interruppe, tirando su col naso.

«… non dire nulla…» bisbigliò flebilmente, con voce tremolante.

 

«Oy, Shikamaru! Che hai?»

«Nulla…»

«Non me la dai mica a bere! È un mese che ti comporti così… non c’entrerà mica una biondina tutta pepe?

«Zitto Choji! Non capisci niente!»

«Ma guarda un po’… uno cerca di aiutarti…»

«Non tornerà, vero?»

«Ecco una cosa di te che mi fa imbestialire… guardi sempre il bicchiere mezzo vuoto…»

«Così non rimango deluso…»

«Per una volta, invece, dovresti essere ottimista! Vedrai, la troveranno! E scommetto una grigliata che manderanno te a riprenderla!»

«E Tenten?»

«A lei ci penserà Neji… senz’ombra di dubbio!»

«Choji… se c’è una cosa che mi fa imbestialire di te… è che vedi sempre il bicchiere mezzo pieno…»

«Così non rimango deluso…»

«… cosa…?»

 

«Buona fortuna, amico mio… riporta qui la nostra Ino…»

La figura bonaria gli porse una sigaretta.

L’aveva già vista quella sigaretta.

La prese e, dopo averla accesa, la mise a contatto con le labbra, inspirandone il fumo inebriante.

Sbuffò fuori una nuvoletta grigia.

«Asuma-sensei… appena ha tempo, dia un occhio a me ed Ino…»

Entrambi i ragazzi sorrisero.

«Ci vediamo, Choji!»

«Ciao, Shika!»

Nara si allontanò, un passo più svelto del solito.

Akimichi vide luccicare davanti ai suoi occhi delle monete.

«Cretino!»

 

Neji non aveva mutato espressione da quando Tsunade-sama l’aveva informato degli indizi riguardanti il rapimento di Tenten.

Era rimasto fermo, scioccato. Un’espressione di perenne stupore stampata in viso.

In poco tempo arrivò a casa, aprì i cancelli e corse attraverso il campo allenamento, dove molti esponenti del suo Clan si stavano allenando assiduamente.

Tra questi Hiashi Hyuuga.

Tra questi Hinata Hyuuga.

Abbassò lo sguardo in terra, stirò le labbra in un minuscolo e quasi lieve sorriso.

«Arigatou, Hinata-sama…» sussurrò impercettibilmente, ritirandosi poi dentro casa e salendo nella propria camera.

Ma questa volta, nemmeno il Byakugan a 360° gli servì molto. Era seguito da una minuta figura femminile. Ad ogni passo, i suoi capelli si scuotevano, riflettendo i pallidi raggi di un sole che andava morendo.

Lo Hyuuga percepì lo scricchiolio dei piedi sul legno. Si voltò. Hinata troneggiava, bella come non lo era mai stata, davanti a lui. Sorridente.

«Hinata-sama?»

«Neji nii-san… ho saputo che hanno trovato Tenten…»

Il ragazzo si lasciò andare un grande sorriso. Un sorriso che nessuno aveva mai visto sul suo viso.

La Chuunin gli corse incontro, abbracciandolo e carezzandogli i lunghi capelli castani.

Nuovamente, la sensazione di dolcezza materna lo avvolse completamente, facendolo cadere in uno stato di ebbrezza. Si lasciò andare, tentando, per amor dell’orgoglio, di non ricambiare l’abbraccio.

«Neji nii-san?»

«Dimmi…»

«Ti voglio bene.»

Neji rimase basito, strabuzzando gli occhi incredulo.

 

«Sai Neji… anche se a volte ti odio profondamente per il tuo atteggiamento da superiore… in fondo… ma molto in fondo, ti voglio bene…»

«Cosa?»

«Su Neji! Dopotutto anche tu mi vuoi bene, vero?»

«Tenten! Ma come…»

«Dillo!»

«Ma…»

«Forza, dai! Dillo, dillo, dillo!»

«Io… io…»

 

«Anche io ti voglio bene…»

«Lo so Neji nii-san… lo so…»

«Non farmelo ripetere…»

«Non lo farò…»

Soltanto con Hinata, il jounin, riusciva a mettere da parte la propria arroganza. Lei era il suo palo di appoggio, con le poteva sfogarsi, ridere, persino piangere.

Non l’aveva scoperto nessuno, ancora.

«Itoko-san? Buona fortuna…»

Lo baciò sulla fronte.

«Arigatou, Hinata-sama…» nuovamente, quelle parole sfiorarono le nivee labbra del ragazzo, mentre afferrava senza riguardo il proprio zaino e usciva silenziosamente dalla finestra.

 

 

«Quanto manca, Deidara-chan?»

«Non lo so…»

«E adesso?»

«Non lo so…»

«E adesso?»

«Dannazione Ten-chan! Non lo so!»

Tenten rise di gusto, aggrappandosi al braccio del biondo.

«E ora non fare la dolce con me, signorina!» sbraitò l’uomo, cercando invano di allontanarla.

Dietro loro, due ragazzi osservavano divertiti la scena.

«Ino-chan? Stanotte… stanotte ti ho sentita bisbigliare un nome…»

La bionda sbiancò, paralizzata. Non era possibile. Non poteva ancora chiamarlo nel sonno! Non poteva continuare a rimuginare sul passato. Il passato era passato, bisognava lasciarselo alle spalle. L’Akatsuki era il futuro. Itachi era il futuro.

«D-davvero?»

«Sì… mi pare chiamassi un certo “Sakamaru”…»

«Shikamaru!» lo corresse senza pensarci.

«E chi sarebbe?» replicò con tono irritato il moro, lanciando un’eloquente occhiata alla kunoichi.

Capì di essersi tradita.

«Una mia cotta… una mia vecchia cotta. Non è mai successo nulla tra noi…»

«Capisco…»

«Sei triste?»

«No… deluso forse è il termine più adatto…»

Deluso.

Ferito.

Era difficile ammetterlo, ma ormai era così palese. Era attratto dalla Yamanaka. Chi non si sarebbe fatto affascinare da quegl’occhi meravigliosi. Brillanti e profondi. Azzurri come il limpido cielo estivo.

O da quei meravigliosi capelli dorati. Profumavano sempre di fiori… di orchidee. Semplici ma meravigliose nella loro perfezione. E quelle labbra rosee, morbidi petali da carezzare.

«A cosa pensi, Itachi-kun?»

Lui non rispose, coprendole la bocca con la mano e voltando lo sguardo indietro, guardingo. Aveva sentito un rumore sospetto.

Improvvisamente, dal terreno si erse una figura grande, il viso diviso in due parti, una bianca e una nera.

«Zetsu-san!»

«Sssh!» intimò loro.

«Due ninja di Konoha hanno appena sorpassato il confine della Terra del Fuoco e sembrano essere diretti verso il nostro covo, posso farli deviare, ma ho bisogno che voi li finiate!»

«Ma perché non puoi farlo tu, scusa?»

«Non sono io quello che è sotto esame…» ammiccò alle ragazze, con fare complice.

«Stronzo…»

«Muovetevi a farli fuori, mi raccomando!» aggiunse la parte nera di Zetsu, mentre l’uomo scompariva, sommerso dal terriccio umido.

«Due ninja di Konoha… sarete in grado di affrontarli?»

«Deidara-kun… ci hai prese per deboli?» domandò Ino, un largo sorriso che si apriva sul viso.

Tenten annuì, ridacchiando.

«Ha ragione…» afferrò un kunai, prendendo ad affilarlo sulla propria cintura.

La bionda fece altrettanto, portandosi l’arma dietro la nuca. Afferrò la lunga coda dorata e la tagliò di netto.

L’Uchiha la guardò sbalordito.

«Perché?»

«L’ho fatto una volta, contro una persona a me molto cara. Se è chi penso io…» lasciò la frase in sospesa e voltò gli occhi verso Tenten.

Anche lei si era tagliata i due chignon.

«… voglio che capisca che non sono più quella di prima.» terminò la bruna, lanciando i capelli in terra, lontano da lei. Si posarono sopra quelli biondi di Ino.

Il vento prese a soffiare, spazzandoli via.

 

Attraversavano velocemente il fitto tratto boschivo, scomparendo nel verde.

Il cielo era coperto di spesse nuvole grigie, la tensione viva e reale. Poteva percepirsi in ogni dove. Poteva essere toccata con mano.

Il silenzio che aleggiava era spaventoso. Teso. Spaventato. Sembrava che persino il vento stesse assecondando il nervosismo che pareva precedere quella che sarebbe stata la missione più difficile della loro vita.

Il sole andava morendo, nascondendosi dietro il cupo nuvolo e dietro le montagne che gli abitanti di Konoha ammiravano dal loro Villaggio, quando l’astro celeste si spegneva tingendo il cielo di mille caldi colori che si riflettevano anche sui monti. Neji osservava impassibile quello spettacolo meraviglioso che si ripeteva ogni giorno dall’alba dei tempi. Si girava e rigirava un kunai tra le mani, da tempo aveva preso quell’abitudine. Anche Tenten lo faceva spesso. Molto spesso.

Il kunai lo ferì, lasciandogli un graffio superficiale sulla candida mano.

«Non lasciare che coli sangue, mi raccomando!» lo ammonì il ragazzo che gli stava accanto, porgendogli un fazzoletto.

«Sì… lo so…» fece lui di rimando, afferrando il fazzoletto senza riguardo e asciugandosi le poche gocce di sangue della ferita. Se fossero cadute in terra, il nemico avrebbe capito che strada prendere, se fossero stati seguiti.

Scesero dai rami legnosi, atterrando lentamente sul suolo e procedendo a piedi. Oltrepassarono un cespuglio.

«Ma guarda, guarda…» fece una voce calma e all’apparenza riflessiva.

«Per favore non cominciare a fare il prolisso o qui non ce la caviamo più!» esclamò invece la stessa voce, ma più dura, irritata e minacciosa.

Neji e Shikamaru raggelarono, voltando cautamente lo sguardo verso il luogo cui proveniva quella voce misteriosa. Intravidero due occhi gialli nel cespuglio. Estrassero due shuriken dalle tasche e glieli lanciarono contro. Gli rimbalzarono addosso.

«Mi avete fatto il solletico… pivelli…»

«Smettila con le ciance! Finiscili!»

«Taci testa di cazzo! Sai benissimo chi deve finirli!»

«Quelle due non ce la faranno mai! Li hai visti, sono loro ex compagni di squadra!»

«Itachi-san e Deidara-san le hanno addestrate bene! Possono farcela! Dopotutto… sono sotto esame…»

I due ragazzi restarono allibiti a seguire la conversazione di quella stessa persona. Schizofrenica. Rabbrividirono.

«Un… un momento! Hai detto “quelle due”? Sono per caso…»

«Ten-chan e Ino-chan? Perché, ti mancano?» sibilò beffardo l’uomo.

«T-Ten-chan…?» balbettò incerto Neji, incredulo.

«I-Ino-chan…?»

Zetsu scoppiò in una volgare risata sguaiata, guardando i due con aria di superiorità.

«Giusto… voi non sapete tutta la storia… beh… scoprirete a breve di cosa sto parlando… se andate ad Ame…»

Li salutò con un cenno di mano, giusto per scherno, mentre il suo corpo veniva inghiottito dalla terra.

Shikamaru rimase inebetito a fissare un punto morto nell’infinito.

Ino-chan.

Non gli piaceva.

Per niente.

Sentì una calda mano sfiorargli la spalla. Neji.

Sorrise all’amico. Un sorriso di rassegnazione. Un tristissimo sorriso.

Neji conosceva fin troppo bene quella smorfia inespressiva. Quel sorriso falso che andavano ostentando a chiunque si rivolgesse loro con cortesia.

«Neji… cosa voleva dire con “Ino-chan” e “Ten-chan”?»

«Non lo so. Ma giuro che se le hanno sfiorate con un solo dito…»

Si zittì. Quel silenzio valeva più delle parole. Ora la tensione era al massimo e si poteva scorgere una nota di ira.

 

Una figura si erse dal terreno e parlò ad una ricetrasmittente.

«Stanno arrivando…»

«D’accordo.» rispose Deidara, dall’altra parte dell’apparecchio.

«Deidara-kun? Tu hai detto che Bene e Male non esistono, no? Allora perché dobbiamo uccidere chi non ci ha fatto niente?» proruppe Tenten, curiosa.

«Perché verrà il momento in cui dovrai farlo per forza, e dovrai avere la capacità di non esitare. O sarai tu quella a morire.»

La bruna annuì, abbassando tristemente lo sguardo.

 

«Ricordatevi, miei giovani allievi: per uno shinobi, uccidere dev’essere l’ultima arma di difesa. Se potete evitarlo, evitatelo!»

«Possiamo usarlo come legittima difesa, Gai-sensei?»

«Solo se ne va della vostra vita, Tenten… solo se ne va della vostra vita…»

 

 

 

 

Nota autore N° 1:

 

Voilà! E anche questo è andato!

Dal quinto in poi comincerete a notare il cambio di stile: periodi più lunghi, parole più adatte, meno “a capo”, dialoghi strutturati meglio… insomma… un salto di qualità! XD

Ora rispondo alle recensioni, dato che, finalmente, ho un po’ di tempo a mia disposizione! (un mega-grazie all’insegnante di greco che ci ha risparmiato la versione per domani! *_* domo arigatou gozaimashita!) Anche se, ahimè, continuano a diminuire (le recensioni)… comunque continuerò a pubblicare… anche se vedo che ben 11 persone hanno messo come “preferiti” questa storia… sono lusingatissima, però mi farebbe piacere che commentaste e mi diceste cosa ne pensate… motivate il perché l’avete ficcata tra i preferiti! Sono curiosa! *_*

Quindi ringrazio: AsmaraTS, Chakra, Faith Trinci, fullmetalQUEEN, iobia, Jaly Chan, LalyBlackangel, Mimi18, tobichan, vully, _vanya_

Uno speciale ringraziamento a chi ha commentato il capitolo precedente!

 

Kaho_chan Mi fai arrossire! ^\\\^ Le tue recensioni sono sempre graditissime, ma che dico, stragradite!!! *_* E ti ringrazio infinitamente di seguire la mia fic! *_* Sono commossa!!!

Per quanto riguarda il momento intimo di Ino e Itachi… beh… eh eh… arriverà… arriverà sì! *_*

 

Giuli@ Grazie mille per i complimenti! *_* Io ci rimango quando vedo una recensione sincera che analizza la storia, quindi mi è ancora più gradita! Grazie infinite! *_*

Come puoi vedere, ho aggiornato! Spero ti piaccia anche questo capitolo!

 

Mimi18 Grazie!!! *_* Sei troppo gentile! Sono… sono commossa!!! Domo arigatou gozaimashita Mimi-san!!! Per quanto riguarda il contatto di MSN, naturalmente non ti prendo per una maniaca! XD Stai tranquilla, comunque, se ti interessa, mandami una mail tramite “Contatta autore”! ^^ (Non mi fido molto a metterla sul web a disposizione di tutti! ^^)

 

Inoltre, dovuti ringraziamenti a:

 

Eleanor89 Che mi sostiene sempre quando scrivo, che mi fa da betareader praticamente SEMPRE, e… che mi manca da morire!!! Dove sei finita, zia Ele!!! ç__ç torna presto su MSN, mi manchi!!!

 

Hinata_chan Semplicemente perché la sento tutti i giorni e non so come farei senza di lei, i suoi scleri, i nostri discorsi tra mariti e le nostre avventure da Sailor Senshi! XD

 

Coco Lee la mia gemellina/compare/socia nella scrittura di Dernier Espoir (i cui aggiornamenti non tarderanno, dateci tempo di finire di scrivere!) che mi ha seguita e mi ha fatto da betareader per tutta questa storia! *_*

 

 

 

 

Nota autore N° 2

 

Non ho ancora avuto la possibilità di ringraziare tutti coloro che hanno letto e commentato la fanfiction Spontaneity. Non vi ringrazierò mai abbastanza, perché quella fic per me era molto, molto importante.

 

Ringrazio:

 

Coco Lee perché l’ha letta per prima anche se quel giorno era già depressa di suo… guarda… che farei senza di te… ç__ç grazie!

 

Mary cry Sono felice tu l’abbia gradita, e mi dispiace di averti commossa! ^^ Però è segno che l’hai letta col cuore e non solo con gli occhi.

 

Gloglo Grazie per la recensione dettagliata e sono davvero felice tu l’abbia apprezzata! ^^ Vedo che ci troviamo nella mia stessa situazione… nemmeno io riesco a piangere ad un funerale, in compenso sono brava a far ridere coloro che piangono. Nel coro del mio paese (del quale faccio parte), siamo tutti un po’ una famiglia, e quindi vederli piangere mi lascia l’amaro in bocca. Tutto ciò che posso fare è sorridere e lasciar che gli altri sorridano con me! ^^

 

Celiane4ever Grazie mille! ^^ Mi dispiace che ti sia scesa la lacrimuccia, grazie comunque di aver letto! ^^

 

Queen_of_sharingan_91 Grazie! Sono davvero felice che una Big come te l’abbia apprezzata. La tua recensione mi ha fatto davvero un piacere infinito! Grazie, grazie, grazie… non so che altro dire! ^^

 

 

 

 

Finito. Alleluia! XD

 

Sono stata prolissa? Sì! XD Mah… sarà che sto ascoltando Dante theme di Fullmetal Alchemist e con quello nelle orecchie mi vien voglia di scrivere! XD

 

Oki, la smetto. Bye! Al prossimo aggiornamento.

 

Ho deciso di metterci una bella anticipazione:

 

 

[…] «Due ninja di Konoha… sarete in grado di affrontarli?»

«Deidara-kun… ci hai prese per deboli?» domandò Ino, un largo sorriso che si apriva sul diafano viso.

Tenten annuì, ridacchiando.

«Ha ragione…» afferrò un kunai, prendendo ad affilarlo sulla propria cintura.

La bionda fece altrettanto, portandosi l’arma dietro la nuca. Afferrò la lunga coda dorata e la tagliò di netto. […]

 

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Capitolo 5
*** 5. You aren't our friends ***


Wecome To PageBreeze

Farewell Konoha

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5.

 

You aren’t our friends…

 

 

Correvano ansiosi sull’acqua limpida del fiume, prendevano la strada che li avrebbe condotti ad Ame. Da Ino e Tenten.

I visi erano contratti in smorfie nervose. E correvano. E correvano. Ame non era molto lontano.

«Neji, vedi qualcosa?»

«Nulla, Shikamaru…»

Era vero, non vedeva niente. Ma si sa che la tensione quando raggiunge livelli disumani rende ciechi e sordi. L’unica cosa che si percepisce è l’adrenalina salire, il groppo in gola, la paura. Il senso di infinito sconforto che ti fa vacillare davanti a qualsiasi cosa, il peggiore di tutti i mali.

Un kunai sfrecciò verso di loro, sibilando nell’aria, andando a conficcarsi nella spalla di Nara. Uno schizzo di sangue si mescolò allo sporco del viso del ragazzo, che venne catapultato all’indietro dalla potenza del lancio, ricadendo sopra l’acqua.

Neji rimase smarrito. Non l’aveva visto arrivare.

«Non… non l’ho visto…» sussurrò a sé stesso, sbigottito, fissando un punto impreciso nell’orizzonte, completamente perso nei suoi pensieri.

«Sono costernato…» esclamò una profonda voce maschile. Una figura gli si avvicinò.

«T-tu sei… quello dell’Akatsuki! Ma eri esploso! Non avevi le braccia!» Neji stava perdendo l’autocontrollo, era la prima volta che si trovava in difficoltà in quel modo.

«Ma che dolce… si è spaventato…» fece un’altra voce, schernendolo.

Improvvisamente, apparvero davanti ai due coloro che avevano parlato: un uomo molto alto, biondo, con un occhio azzurro e l’altro coperto da una lunga ciocca dorata. Il secondo, un ragazzo dagli occhi rossi dello Sharingan e i capelli neri come l’ebano. A contatto col rossore della luce del sole tramontato, rivelavano strani riflessi blu scuro.

«Uchiha Itachi…» sibilò a denti stretti Shikamaru, rialzatosi e liberatosi del kunai, che ora teneva stretto tra le mani insanguinate.

La spalla della tuta era pregna del suo liquido scarlatto e gocciolava ancora, mescolandosi con la purezza e la trasparenza dell’acqua del fiume.

«Dove sono Ino e Tenten?» domandò, livido di rabbia.

Il biondo stirò gli angoli della bocca in un ghigno malvagio, prima di saltare in groppa al gigantesco uccello d’argilla da lui stesso creato, e volar via, diventando un piccolo puntino nell’orizzonte.

Improvvisamente, uno sbuffo di vento scompigliò i capelli del ragazzo. Qualcosa di freddo gli premeva contro la gola.

«Una mossa… e ti taglio la gola…»

Conosceva quella voce. Limpida, chiara, fresca… squillante e fastidiosa. Da quanto non la sentiva più…

«Ino!» esclamò, facendo per girarsi.

«Non mi hai capita? Ho detto che se solo fai una mossa, ti taglio la gola!»

Il ragazzo si pietrificò.

«M-ma che stai dicendo… Ino?»

Percepì l’alito caldo della ragazza sul suo collo. Gli venne la pelle d’oca dall’emozione.

La bionda rise beffarda. Un tocco di ironia nel tono.

«Hai paura, Shika-kun?» domandò pungente, sottolineando quel “-kun” che le piaceva tanto usare quando era perdutamente innamorata.

«Ino… ti prego, torna in te!» la pregò Shikamaru, intimidito. Tentò di muovere le braccia per spostarsi il kunai dalla gola.

«Rilascio! Rilascio!» tentò di liberarsi da una Genjutsu inesistente.

«Sai che non mi piace ripetermi. Se ti muovi, ti uccido.» ripeté lei, premendogli l’arma con maggior forza.

Trovandosi alle strette, Nara abbozzò ad un risolino sarcastico.

«Vuoi uccidermi, Ino?» sussurrò, la voce mozzata dalla paura.

«Vuoi morire, Shika?» sibilò di rimando.

Risero. Come ai vecchi tempi.

Appunto. Vecchi.

Shikamaru rifletté per qualche attimo. I pensieri vorticavano nella sua mente, troppi pensieri. Troppo. Il troppo stroppia.

«Tu non sei Ino.» proferì con voce flebile, ma ferma e risoluta.

«No? E chi sono allora, la fata turchina?»

«Tu non sei Ino.»

«Certo… scommetto che ora te ne uscirai col solito discorso: “La Ino che conoscevo io non era così…” o altre baggianate del genere, vero? Beh, cocco, puoi starne tranquillo, con me non attacca!»

Il ragazzo si morse il labbro inferiore, tremante di paura. Stava pensando. Pensava ad un modo per uscire, ma tutto gli sembrava impossibile.

Avrebbe potuto colpirla facilmente, ma il suo corpo non rispondeva più agli stimoli del cervello, il quale sembrava andato in panne.

Non rimaneva che una soluzione. Farla svenire. Velocemente, senza che lei provasse alcun dolore.

Non se lo sarebbe mai perdonato.

«Scusami, Ino-chan.»

Le tirò una gomitata in pieno stomaco, liberandosi dalla sua presa letale. La vide cadere sull’acqua. Scomparve.

«Un Kage bunshin?» esclamò, sorpreso nel constatare che Ino aveva imparato la Kage bunshin. Si guardò intorno con circospezione. Non la vedeva più.

«Cos’hai, Shikamaru-kun? Non mi vedi più?» quella voce, era ancora Ino.

Voltò lo sguardo, trovandosi la ragazza davanti.

Strabuzzò gli occhi. Com’era cambiata.

«I… i tuoi capelli…»

«Carini, vero?»

«La tua tenuta da chuunin…»

«Questo vestito è più comodo.»

Lui scosse la testa.

«Chi sei?»

«Sono Ino… sei diventato cieco?»

«No, no, no! Non voglio crederci! Tu non puoi far parte dell’Akatsuki! Non sta né in cielo, né in terra!»

«Devi svegliarti Shikamaru. Se sono qui è solo per colpa tua…»

«Co-cosa?»

«Se sono qui, è perché non volevo più essere debole. Non volevo più non essere considerata!» abbassò il volto.

Shikamaru poté giurare di aver visto gli occhi della bionda luccicare dalla tristezza. Anche la voce aveva preso una strana incrinazione, quella che di solito aveva quando stava per scoppiare in lacrime.

Una risata.

Lei stava ridendo.

«Ma ora… le cose stanno per cambiare…» rialzò la testa, sorrise sadicamente. Le sue mani presero a muoversi velocemente, componendo dei sigilli per una jutsu.

«Tigre, serpente, drago..

«Cosa sono questi segni, Ino?»

«serpente, cane, gallo.» portò le mani in posizione.

«Ino?»

«Ninpou…» esclamò.

Il ragazzo cercò di allontanarsi da lei, correndo a perdifiato.

«…Shimekorosu no jutsu

Arrestò di scatto, completamente paralizzato da una forza invisibile che gli premeva contro i muscoli delle braccia che, muovendosi da sole, s’indirizzarono verso il collo, cominciando a stringerlo con forza.

 

Neji Hyuuga non sembrava essersi accorto di nulla, mentre fissava pensieroso l’orizzonte, gli occhi spalancati in segno di stupore.

«Assomigli ad un pesce lesso…» fece una voce impertinente alla sua destra. Il tono era di sfida. Lei lo aveva sempre, quel tono.

«T-Tenten?» domandò, più a sé stesso che alla persona che non voleva guardare in faccia.

«Perspicace come un asino…» continuò, sbeffeggiandolo.

«… certo che sono io!» terminò.

Il ragazzo tirò un sospiro di sollievo, abbozzò ad un sorriso e fece per girarsi verso la figura.

Si piegò in due dal dolore, colpito da un pugno potentissimo allo stomaco. Sputò sangue in terra.

«Ma… Neji… cosa fai? Ti sei rammollito col passare degli anni?» sibilò la bruna, piegando leggermente la schiena e sporgendosi in modo da essere alla sua altezza.

Con due dita lo colpì alla fronte, spingendolo sulla superficie dell’acqua. Rise.

«Tenten, che stai facendo?» domandò Neji, sperduto ed incredulo: perché si comportava così stranamente? Perché lo fissava con quegli occhi fiammeggianti di odio, privi di altri sentimenti se non vendetta?

«Proprio non ci arrivi, eh?»

«C-cosa…? A cosa dovrei arrivare?»

«Lascia perdere… sei senza speranze…»

«Già… una volta mi dissi di avere più elasticità mentale…»

«Neji…» cominciò la ragazza, voltandogli la schiena. «Non confondere il passato col presente!»

La brunetta si voltò di scatto, brandendo un kunai affilato davanti a sé, lo avvicinò alla propria bocca e ne leccò la lama, bramosa.

Il ragazzo strabuzzò gli occhi, una sola domanda gli vorticava nella mente, una domanda a cui non riusciva a darsi una risposta, una domanda che gli pareva impossibile: perché?

Tenten lo raggiunse, saltandogli addosso e conficcandogli il kunai sul braccio, del sangue schizzò dalla ferita e andò a mescolarsi con l’acqua del fiume. Strinse i denti dal dolore, sfilandosi il kunai e lanciandolo nel corso d’acqua, dove affondò.

La sua avversaria sorrise sorniona.

«E i tuoi prontissimi riflessi dove sono finiti… Neji

Improvvisamente, qualcosa si mosse dietro un cespuglio sulla riva, ne uscì un uomo biondo, alto, portava il cappotto dell’Akatsuki.

«Deidara-kun! Ti avevo detto di lasciarmi fare! Non intervenire!» urlò Tenten inviperita, tornando a fissare con odio lo Hyuuga e preparandosi per un combattimento di Taijutsu.

Ma il ragazzo non sembrava intenzionato a combattere. Se ne stava lì, fermo, a testa bassa, stringendo i pugni talmente forte da tremare, il viso oscurato da un sentimento di mestizia abbattutosi su di lui.

«È… È così che deve finire, Tenten?»

Gli occhi della ragazza strabuzzarono per un fugace attimo, stupiti.

«Allora? È così che deve finire?»

Il viso della bruna si raddolcì improvvisamente.

«È proprio questo… il nostro addio?»

«I-io…»

«È questa la fine di tutto ciò che abbiamo costruito?»

«Ciò che abbiamo costruito? Neji! Tu parli come un sensibile saputello, ma la realtà, è che noi insieme non abbiamo costruito un bel niente!» urlò lei, adirata.

«Non è vero… e la nostra amicizia?»

«Le amicizie finiscono prima o poi…»

«I nostri allenamenti…»

«Come puoi vedere, ho trovato migliori sensei…»

«Il nostro gruppo…»

«Di cui io non ho mai fatto veramente parte…»

«Il nostro… affetto…»

Tenten rise beffarda.

«Il nostro affetto? Ora te ne esci così, Neji? Proprio tu, che prima di chiunque altro tenevi a distanza le persone? Ah, complimenti, bell’attenuante!»

«Tenten, ti prego…»

«Combatti!»

Si scagliò contro lo Hyuuga e lo colpì con un potente calcio, sbalzandolo via. Cadde prepotentemente sull’acqua. Si rialzò.

Nuovamente, la ragazza prese la rincorsa e gli trafisse una gamba con il kunai.

Neji barcollò, ma quando riuscì a stabilizzarsi, ridacchiò.

«Ti stai trattenendo, o sbaglio?»

 

Stava attraversando il corridoio troppo velocemente. Troppo velocemente. L’aria le sferzava i corti capelli a caschetto color zucchero filato, lasciando un profumo dolciastro di frutta ormai vecchia e inacidita. Esattamente com’era lei.

«Sakura-chan!» la chiamò una gioviale voce infantile, seguita nell’immediato da capelli biondo allucinante e due occhi profondi di un blu penetrante.

«Ciao Naruto…» salutò, tentando di apparire rincuorata dalla sua entrata gioviale, ma sapeva bene che era inutile, il velo di tristezza che l’avvolgeva gli occhi, rendendola cieca a qualsiasi altra cosa succedesse intorno a lei, non voleva distogliersi, continuando imperterrito a graffiarle le pupille, facendola lacrimare.

«Sakura-chan… ultimamente troppe lacrime ti solcano il viso… vuoi dirmi cosa c’è?»

«N-nulla Naruto… nulla di cui preoccuparsi…»

«Quando c’entri tu, Sakura-chan, io mi preoccupo…»

«Tranquillo…»

«È Shikamaru? O è ancora Sas’ke?»

L’ultimo nome la fece sussultare. Da quanto tempo non lo sentiva pronunciato così, con rancore. Con un gentile odio. Come di qualcuno che è costretto ad detestarlo anche quando prova il contrario per lui.

«H-ho paura di cominciare ad odiarlo…» sussurrò la ragazza fuori dai denti, senza poter arrestare lo scorrere delle lacrime che presero a bagnarle il candido viso innocente, convergendo sul mento e cadendo cristalline sul pavimento, lasciando un tenue segno umido.

«Odiarlo? No… impossibile… tu lo ami.»

«Ho paura che odiandolo… smetterò di amarlo…»

Sakura vide l’amico prendere un lungo respiro e ricercare le parole più adatte.

«Non è l’odio il contrario dell’amore, Sakura-chan…»

Sakura sussultò colpita, gli occhi strabuzzati lucidi dalle lacrime che erano colate lungo le candide guance. L’offuscata luce dell’ospedale colpiva i segni umidi sugli zigomi, facendoli splendere come luci di mezzogiorno, l’espressione del volto sembrò rilassarsi sotto quelle parole, mentre una fronte da tempo corrucciata, riprendeva la sua originale delicatezza, distendendosi.

«Cos’è allora, Naruto?»

«L’indifferenza.»

La ragazza si portò una mano alla bocca, mentre le lacrime riprendevano la loro discesa lenta e inesorabile, strizzò gli occhi e abbassò il volto, singhiozzando sommessamente. Si rannicchiò contro il muro stringendosi alle proprie ginocchia e oscurandosi in esse, continuando a gemere dalla tristezza.

Inghiottì un boccone amaro, tentando di slegare il groppo in gola e di attenuare il rimorso che provava proprio sopra il cuore, e che seguitava a premere di voler uscire. Represse un conato di vomito.

Naruto era rimasto immobile ad osservare la scena, incapace anch’egli di lacrimare.

Sakura l’aveva sempre ignorato, certo, erano amici, ma la ragazza era indifferente alle attenzioni che il biondo le porgeva. L’Haruno l’aveva capito.

Deglutì.

«I-io vado, Sakura-chan…»

Non attese una risposta, prese semplicemente il primo corridoio e vi si rintanò, cercando un’uscita, mentre una stilla proveniente da uno dei suoi specchi color del mare, gocciolava in terra, rimanendo lì, piatta, ad attendere di essere asciugata.

 

L’uomo era fermo davanti ad una grande lapide dov’era stato poggiato un pacchetto di sigarette ormai muffito, umido e logorato dal tempo.

Si grattò dietro l’orecchio sinistro, cozzando contro l’orecchino d’argento.

«Bene, eccoci qui, Asuma, noi ci conosciamo ben poco a dir la verità, però vorrei comunque che tu mi ascoltassi… so che sai benissimo dove sia Shikamaru in questo momento, vorrei chiederti di dargli un’occhiata, controllare che stia bene… e anche Neji, Ino e Tenten, ovunque loro siano.»

Si alzò una leggera brezza che gli scompigliò i lunghi capelli tenuti insieme in una disordinata coda alta.

Percepì una risata femminile provenire da dietro un cespuglio. Sorrise.

Voltò lo sguardo, vedendo arrivare verso di lui Kurenai-sensei, seguita a ruota da Kiba e Hinata. Si tenevano la mano. Un altro sorriso.

«Buongiorno, Kurenai!»

«Salve Shikaku, cosa ti porta alla tomba di Asuma?»

«Il bisogno di un favore…» rispose lui, con tono divertito.

«… tu invece?» replicò.

«Stiamo cercando Shino! È scomparso!» esclamò Kiba, irritato.

«Già! L’abbiamo cercato dappertutto…» fece eco Hinata.

«Si sarà imboscato con qualche bella ragazza…» ipotizzò l’uomo, indicando il cespuglio da dove aveva sentito la risata.

«Controllo…»

Nara si mosse lentamente verso la strada, strisciando un piede dopo l’altro con tranquillità maniacale, osservando come disumanamente interessato i propri piedi. Si arrestò di scatto quando vide che un altro paio di piedi, femminili, si trovavano davanti ai suoi. Alzò lo sguardo. Intanto, sentì le urla di Kiba provenire dal cimitero.

«Shino! Finalm… che ci fa lei qui???»

«Ciao Shikaku…» salutò la donna.

«Ciao Yoshino…»

«Certo che sei veramente uno stronzo! Hai la ragazza e non ci hai detto nulla! Maledetto!»

«Sei stato da Asuma?»

«Ma certo… ho fatto tutto quello che mi avevi detto.»

«Ah però… ti porti la Sabaku a letto?»

La donna gli regalò un sorriso felice, mentre gli occhi le si illuminavano, gettò le braccia al collo del marito e lo baciò con passione, ringraziandolo.

Lui le carezzò il viso, umido di lacrime, con una dolcezza che riservava solamente a lei, sua moglie.

«E… dimmi… è brava a letto?»

Si divisero dal bacio pigramente, ma rimasero mano nella mano, come due adolescenti al loro primo appuntamento, rossi di vergogna.

«Ma guarda te… sembriamo dei ragazzini…»

«Beh… io non mi sento ancora bacucco…»

«Ehi, nemmeno io! Stai insinuando che io lo sia, per caso?»

«Ehi… Shino… che fai con quegli insetti??? Shino? Shino??? No, fermo! Lasciami! Richiama quel calabrone gigante! Non mi piacciono i calabroni!!!»

«Attento Kiba-kun!»

«Ehi, Shino-kun… sei proprio un bastardo…»

«Lo so, Temari-chan… lo so…»

«Eh??? No, no! Tu sei ancora nel fiore dell’età! Sei ancora splendida, tesoro…» esclamò Shikaku, sudando freddo.

«Proprio quello che volevo sentirmi dire…» rispose lei, aggrappandosi al muscoloso braccio del marito e lanciandogli delle eloquenti e dolcissime occhiate.

Nara sbuffò, avendo compreso il perché di quelle occhiate, si voltò verso di lei, guardandola intensamente. Con scatto fulmineo le rapì le labbra in un altro dolce e appassionato bacio. Sentì le mani di lei che gli carezzavano il corpo statuario, la schiena, le spalle, scese…

«Non credi che dovremmo continuare da un’altra parte, tesoro?» propose lui, allontanando la moglie che si stava spingendo un po’ troppo oltre.

«Forse hai ragione…» rispose lei.

Scomparvero in un turbine di foglie.

E non seppero mai se Temari fosse brava a letto, oppure no.

 

 

 

A/N

 

Eeeh… mica ve l’aspettavate la ShinoxTemari, ne? Muahahah!

Lo so, è una coppia impossibile e, sì, lo so, Temari può trovarsi di meglio… però… corbezzoli! (?) Mi attira un casino ‘sta coppia! *_*

 

Un megagiga GRAZIE a tutti coloro che hanno commentato, non ho tempo di ringraziarvi singolarmente perché devo scappare, ma state sicuri che ogni volta che leggo una recensione vado al settimo cielo! *_*

 

Ja ne ‘ttebayo!!!

 

Akami/AtegeV

 

P.S. Ecco a voi… l’anticipazione! (questa volta giusta, non come quella dello scorso capitolo… _ _’)

 

Qualcuno chiuse la porta della propria stanza.

«Non va bene…»

«Non va assolutamente bene, faccia da pianta!»

«Il capo non sarà contento di saperlo…»

«Assolutamente no!»

«Smettila di ripetere tutto quello che dico!»

«La smetto, la smetto, stronzo!»

 

 

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Capitolo 6
*** 6. I told you to give up ***


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Farewell Konoha

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6.

 

I told you to give up

 

 

 

La vita era davvero una cosa strana. Stranissima. Impensabilmente strana.

Anche l’amore non era un sentimento semplice da capire, insomma, quando una persona ama, la prima cosa che gli viene in mente è un cuore da donare alla dolce metà. Ma perché a Shikamaru questo non veniva in mente, osservando Ino col viso a pochi centimetri dal suo?

Non era per l’espressione di puro odio e vendetta stampata sul volto. No, non era per quello.

Non era per il kunai che lei aveva conficcato sul suo fianco. No, non era per quello.

Non era nemmeno per il fatto che lui, Shikamaru Nara, stesse per strangolarsi di sua spontanea volontà.

Non era per quello.

Forse, ma soltanto forse, era per il fatto che quella che vedeva davanti a sé non era Ino? Ipotesi più plausibile. Non era Ino la ragazza con un vestito nero a nuvolette rosse sopra il ginocchio, con i capelli tagliati corti alle spalle, con gli occhi spenti e non più rilucenti di felicità e con la fronte corrucciata.

Quella non era Ino, era soltanto un riflesso di quello che poteva essere lei: un riflesso in uno specchio. Già, ma chi era lo specchio?

Shikamaru era lo specchio.

Era soltanto colpa sua se Yamanaka se n’era andata, rinnegando il suo nome, il suo villaggio, i suoi amici. Rinnegando lui.

Era soltanto colpa sua se quella che si trovava davanti non era la ragazzina frivola, ma dotata di un’eccezionale profondità, che conosceva sin dall’età di cinque anni.

Era soltanto colpa sua.

Gli occhi si riempirono di lacrime, mentre le mani andavano a premere più forte contro la giugulare, togliendogli completamente il respiro e annebbiandogli il cervello, che cominciava ad andare in tilt dalla paura, dall’emozione e dal batticuore che aveva provato alla vista di lei.

Ino, dal canto suo, osservava con sguardo neutro, il suicidio di colui che, in passato, era stato il suo migliore amico.

Lo vedeva in quello stato e non provava nulla. Menzogna. Si illudeva di non provare nulla, in realtà il cuore le piangeva lacrime amare e il groppo in gola era insostenibile; ma non lo dava a vedere. All’Akatsuki era diventata una brava attrice.

«Perché non ti ribelli?» domandò con voce ferma e determinata, rilasciando la tecnica e lasciando che il ragazzo ricadesse in ginocchio sull’acqua, annaspando trasudante di terrore.

«Perché non ti ribelli?!» gridò, avvicinandosi e tirandogli un calcio sul fianco martoriato, facendolo volare qualche metro più in là.

«PERCHÈ NON TI RIBELLI?!» urlò, ormai sull’orlo della disperazione, le gocce di pianto che colavano copiose dagli occhi turchesi, lo afferrò per il colletto del giubbotto da Chuunin e lo scosse avanti e indietro, mescolando alle gocciole di sudore, le lacrime salate.

«E-ecco Ino…» mormorò con voce rotta il ragazzo, abbozzando un sorriso sulle labbra violacee, incrostate di sangue e seviziate in vari punti.

«O-ora ti vedo… s-sei tornata…»

Ino lo lasciò andare, portandosi una mano alla bocca.

«L-la Ino che amo… t-tu sei la I-Ino che amo…»

La bionda distolse lo sguardo, mordendosi il labbro inferiore.

«Zitto…» intimò risoluta, un tono che non tradiva uno sconfinato odio per ciò che aveva appena sentito, un infinito senso di rammarico per un sentimento che ormai non riusciva più a provare.

«I-Ino…»

«Stai zitto! Bastardo! Bastardo!» riprese urlando istericamente, tirando un pugno sul viso di Shikamaru, seguì un calcio e per finire una gomitata in pieno stomaco. Il ragazzo sputò sangue, prima di cadere sull’acqua, sprofondando subito dopo fino a raggiungere il fondo del rivo.

Insieme ad un soffio di brezza apparve Itachi, semisorridente, si avvicinò alla bionda e le prese la mano con dolcezza, carezzandogliela col pollice.

Lei lo abbracciò, affondando il viso umido di lacrime nel suo cappotto e singhiozzando sommessamente.

La mano dell’Uchiha si mosse come automaticamente, andando ad accarezzarle i corti capelli.

«Sssh… sssh… è tutto finito ora… tranquilla…»

Eseguì velocemente due sigilli con le mani e scomparve, in un turbinio di acqua e vento.

Intanto, due foglie provenienti dagli alberi che costeggiavano il fiume, si posarono delicatamente sulla superficie cristallina, una di queste sprofondò, l’altra, si voltò al contrario.

 

Le accarezzò il corpo nudo e apparentemente privo di alcun segno dell’età, ancora sodo e muscoloso come un tempo. Le sfiorò con l’indice il seno prosperoso, andando a lasciare un tenero succhiotto accanto al capezzolo inturgidito.

Lei intrecciò le sue gambe a quelle di lui, come spire di serpenti, si tirò seduta e lo baciò con ardore, bruciandogli le labbra.

Una tremenda fitta al cuore colpì entrambi, strabuzzarono gli occhi e scesero dal letto, nudi e sudati, andando a rivestirsi.

«Shikaku! Credi che…»

«No! Non può essere!»

Aprirono la finestra e sbirciarono il cielo.

Annuvolato, cupo, scuro, privo di sole, non s’intravedeva neanche un lembo d’azzurro e, le nuvole nere che coprivano il cielo, non formavano nessun’ombra.

Yoshino si strinse a Shikaku e cominciò a pregare, mentre l’uomo rimaneva col naso all’insù, completamente disarmato, ascoltando passivamente il bramito dei cervi che richiedevano il loro cibo.

Intanto, in una casa accanto, anche un ragazzo stava osservando in alto, sgranocchiando nervosamente delle croccanti patatine.

«Shika… non farmi brutti scherzi! La grigliata voglio mangiarla con te ed Ino, ricordatelo.»

 

«Ti stai trattenendo, o sbaglio?» domandò Neji, un sorrisetto compiaciuto che gl’increspava le labbra.

Si alzò un silenzio spaventoso, fece rabbrividire i due.

Tenten si rabbuiò e cominciò a camminare avanti, verso il ragazzo, estraendo dalla tasca sinistra del suo vestito un rotolo dalle minute dimensione. Lo aprì urlando una parola.

«Shiraha!»

Immediatamente apparve un lungo bastone che non prometteva nulla di buono. Lo Hyuuga si preparò per la Juuken.

Erano ad un metro di distanza quando la ragazza cominciò a girare velocemente, tenendo l’arma davanti a sé; nello stesso istante, Neji eseguì la Juuken.

Stavano girando nel medesimo senso, mescolando l’acqua con il chakra, creando così un vortice, mentre intorno a loro l’acqua li seguiva, danzando.

Le due aure di chakra cozzarono l’una contro l’altra ed entrarono in armonia, diventando una cosa sola. Tenten si fermò, il moro la seguì.

«La nostra potenza ora si eguaglia…» osservò lui, con un misto tra rabbia e tristezza.

«Lo farebbe, se io non mi stessi ancora trattenendo…»

Il cuore dello Hyuuga si arrestò di botto, mentre l’adrenalina lo rendeva succube della paura.

«Ten-chan… è il momento…» sussurrò Deidara, saltando in groppa all’uccello di argilla e volando via.

«… mi fido di te!» gridò un’ultima volta.

La brunetta brandì il bastone a mo’ di lancia e si preparò per trapassare l’avversario, ma prima che potesse farlo, percepì un dolce formicolio sulle labbra. Neji la stava baciando.

Rimase scioccata, gli occhi strabuzzati increduli, ma non riuscì ad allontanarlo. Non poteva o non voleva? Chiuse gli occhi e attese.

Finalmente il ragazzo si allontanò da lei.

«Volevo farlo, prima di andarmene…»

La ragazza strinse i pugni e si morse il labbro inferiore, tremante di rabbia. Gli occhi le si riempirono di lacrime.

Alzò il pugno destro, gli inoculò tutto il chakra che possedeva in corpo e colpì colui che aveva davanti in viso.

L’impatto fu immediato, fu sbalzato via e ricadde pesantemente sulla superficie dell’acqua.

Tenten afferrò il bastone e lo lanciò, trapassandogli la spalla sinistra; il corpo sprofondò lasciando una scia purpurea.

Era finita.

Fece due veloci sigilli con le mani e scomparve come Itachi in un vortice di acqua.

 

«Masami-chan! Non correre!» urlò Aya alla figlia, rincorrendola e facendo dondolare il cesto intrecciato contenente un’anfora in terracotta.

«Dai mamma! Arriveremo in ritardo al fiume poi!» incitò la bambina, tornando indietro e afferrando la mano della mare, tirandola verso il luogo di arrivo.

«Ehi, piccina! Stai tranquilla, l’acqua non scappa mica!» rise la donna, accelerando il passo.

Arrivarono in poco tempo in una piccola radura verdeggiante, le radici degli alberi affondavano nel terreno per trarne le sostanze nutritive, mentre alcuni rami di un vecchio salice piangente, sfioravano le acque incontaminate di un rivo che scorreva tranquillo al centro della landa.

Masami afferrò un ciottolo e lo lanciò nel fiumiciattolo, poi prese l’anfora della madre e corse verso il boschetto.

«Qui l’acqua è più pulita!» avvisò, prima di scomparire inghiottita dal bosco.

La donna si sedette su un masso, asciugandosi il sudore e chiudendo gli occhi stanchi in modo da riposarli, ma non passò molto tempo che sentì un urlo disumano provenire dal luogo dove era corsa Masami.

«Tesoro! Tesoro, che succede???» si alzò in preda al panico, raggiungendo la bambina.

La trovò in ginocchio sulle foglie secche, accanto vi erano sistemati due corpi apparentemente privi di vita.

Si portò una mano alla bocca, terrorizzata, reprimendo un urlo che sicuramente avrebbe lanciato se avesse visto anche la figlia nel suo stesso stato. La piccola, invece, sembrava più tranquilla e stava, con parte della sua maglietta, ripulendo di sangue il viso di quello che sembrava essere il più grande.

Qualcuno mugugnò dal dolore, mentre gli occhi del ragazzo più giovane si aprivano leggermente, rimanendo due piccole e stanche fessure socchiuse.

«Ino…» sussurrò la figura, voltando con fatica la testa verso l’alto e fissando le fronde degli alberi che si muovevano al vento.

«Mamma! Presto! Chiama qualcuno! Sta delirando!» urlò Masami, trafiggendo la madre con lo sguardo.

«No… aspetta…» la flebile voce del ragazzo la fermò.

«L-lui… Neji… è… è ferito alla spalla sinistra… v-vi prego… curatelo…»

Le due annuirono pesantemente.

«… e… anche… anche me…» sussurrò, prima di perdere i sensi, chiudendo con dolcezza gli occhi.

 

Ormai conoscevano a memoria qual lugubre e umido passaggio.

Itachi camminava tranquillo e leggermente preoccupato per le condizioni della ragazza che teneva per mano: Ino zoppicava e non aveva ancora aperto bocca dopo aver scaraventato quel ragazzo nelle profondità del fiume.

Le stava ancora carezzando la mano sporca di sangue, temendo la sua fuga. Uccidere non era semplice. Uccidere un amico era cosa ancora più difficile.

«Come ti senti?» le domandò di botto, sussurrandoglielo dolcemente e stringendole maggiormente la mano, scaldandogliela e fermandone il tremolio.

«C-come vuoi che vada…» replicò lei, sull’orlo dell’ennesimo pianto.

«So cosa puoi provare…»

«Oh no… tu non sai un bel niente…» alzò la voce, guardandolo con rancore e odio, gli occhi lucidi che non volevano versare lacrime.

«I-Ino?»

«Itachi… lui mi amava…» sibilò lei a denti stretti.

Il viso del ragazzo si corrucciò in un’espressione ferita e umiliata, si morse il labbro inferiore, tremante e le lasciò la mano correndo avanti, il viso oscurato e la testa abbassata in segno di sconfitta.

Solo in quel momento, la Yamanaka capì.

«Oh… Itachi…» mormorò tristemente, lasciando le lacrime ormai libere di scorrere sul suo viso.

Lo rincorse e quando lo raggiunse, lo afferrò per una manica, imponendogli di girarsi di scatto, per guardarla negli occhi.

«Tu? Anche tu?» gli domandò, avvicinandosi pericolosamente al ragazzo, aggrappandosi al suo mantello.

«Sei bella…»

«Solo per questo? È solo per questo che tutti dicono di amarmi? Solo perché sono ‘bella’? Sai Itachi… a me piacerebbe che qualcuno mi apprezzasse non solo perché sono bella… ma apprezzasse anche la mia personalità! Vorrei tanto trovare qualcuno a cui piaccia tutto di me… qualcuno che mi voglia veramente bene…» si accoccolò accanto al petto dell’Uchiha, affondandone il viso.

«Tu ne saresti disposto?» domandò a bruciapelo.

«… sì, Ino-chan…» rispose lui, avvicinando la propria bocca a quella della ragazza e regalandole un tenero bacio sulle labbra rosee.

La ragazza rispose con estrema dolcezza, carezzandogli il viso e approfondendo il bacio.

Arrivarono davanti alla porta del luogo dove dormiva il moro, si allontanarono lentamente, quasi timorosi di staccarsi l’uno dall’altra.

Itachi aprì la porta.

«Vieni?» domandò titubante.

La bionda abbozzò un sorriso e lo seguì all’interno della stanza, cominciando a slacciarsi il vestito nero.

Qualcuno chiuse la porta della propria stanza.

«Non va bene…»

«Non va assolutamente bene, faccia da pianta!»

«Il capo non sarà contento di saperlo…»

«Assolutamente no!»

«Smettila di ripetere tutto quello che dico!»

«La smetto, la smetto, stronzo!»

 

«Ehi, Ten-chan… sei sicura di stare bene?» chiese Deidara per l’ennesima volta alla ragazza che camminava di fianco a lui.

«L’ho ucciso…» sussurrò Tenten, osservando con sguardo perso la roccia che chiudeva l’entrata per il covo dell’Akatsuki.

Il biondo abbassò il capo, triste, vedere la sua Tenten in quello stato gli fece provare una nuova sensazione, qualcosa che non aveva mai provato prima, un sentimento che non lo aveva mai minimamente sfiorato.

Deidara percepì una morsa allo stomaco, mentre il suo primo senso di colpa si allargava ovunque nel suo corpo, afferrandogli la mente e annebbiandola dal dolore.

«T-Ten-chan… è colpa mia…» inghiottì un boccone amaro, mentre gli occhi, ora lucidi, si spegnevano del loro solare azzurro, quello meccanico compreso, e s’intristivano guardando verso il basso.

La testa della ragazza si voltò lentamente, stava piangendo.

Gli afferrò una mano, stringendogliela con dolcezza innaturale.

«No, Deidara, non è colpa tua. La colpa è soltanto mia…» proferì la bruna, abbassando lo sguardo.

L’uomo la guardò stranito. Si stava assumendo una colpa non sua… perché? Voleva farlo sentire meno male, oppure voleva farlo sentire ancora peggio, lasciandolo in balia dei sensi di colpa che avanzavano minacciosi nella sua mente?

«La colpa è mia perché l’ho ucciso, perché vi ho seguiti, perché mi sono unita all’Akatsuki e perché mi sono innamorata di qualcuno che non sarebbe mai stato alla mia portata, né ora, né mai!» gridò Tenten, completamente fuori di sé dalla rabbia repressa per troppo tempo.

«Chi, il ragazzo?»

«No Deidara, parlo di te.»

Deidara strabuzzò gli occhi, esterrefatto dalla rivelazione.

«Deidara… forse non ti amerò… ma sono certa di provare qualcosa per te. Non sono sicura sia amore ma…» non terminò la frase, zittita dalle labbra carnose del biondo che, fiondatesi sulle proprie, l’avevano soffocata con un movimentato bacio.

Le labbra si toccavano, per poi allontanarsi e tornare di nuovo al loro posto, le mani di lui si muovevano sicure, sin sotto il vestito, carezzandole la coscia soda e muscolosa.

Tenten lo spinse via, titubante.

«Ma… che fai?!»

«Ti bacio.» rispose il biondo, semplicemente.

«Ma dai, non l’avevo notato!» osservò sarcastica lei, sfiorandosi le labbra con un sorrisetto compiaciuto stampatovi sopra.

«… almeno non qui, dove possono vederci tutti… andiamo… in camera tua…» propose, aggrappandosi al mantello nero dell’uomo e cominciando a tirare, sorridente.

La verità era che la tristezza si era rinchiusa nel suo cuore, dove sarebbe rimasta assopita per molto tempo. Tutti l’avrebbero notato. Nessuno escluso.

I corti capelli castani ondeggiarono al passaggio di Deidara che, divertito, le faceva strada, pregustando già il momento in cui sarebbero saliti sul letto.

 

«Mh…» mugugnò la voce cavernosa, accecata da un forte raggio di luce che, evidentemente filtrava dalla finestra.

«Si è svegliato! Nita-chan, chiama Masami-chan! Presto!» sussurrò una voce matura di donna.

Il ragazzo sentì uno scalpitare di passi rimbombanti sul legno e una porta sbattersi, prima di aprire lentamente gli occhi e riprendere conoscenza.

«Ben svegliato, caro.» lo accolse una voce materna.

Mise a fuoco la vista: una donna sui cinquanta, dall’aria bonaria e giudiziosa gli stava sorridendo, seduta su un piccolo sgabello legnoso in una stanzetta luminosa.

«D-dove…?»

«Ti trovi a Namizawa, un piccolo paesino adiacente Ame. Temo che tu ed il tuo amico siate state trasportati fin qui dalla corrente, mia figlia vi ha trovati e io vi ho curato le ferite.»

«A-arigatou baa-chan…» rispose a fil di voce.

«Qual è il tuo nome, giovanotto?» domandò la donna, alzandosi e avvicinandosi ad una piccola caffettiera per riempire una tazza di profumato e ribollente tè.

«S-Shikamaru Nara, baa-chan, e il suo?»

«Oh, quanto sei caro! Dammi pure del tu, Shikamaru-kun! Mi chiamo Aya.»

Shikamaru flesse gli arti superiori, in modo da mettersi seduto sul letto, ma sentì una dolorosa fitta al braccio sinistro e si lasciò ricadere sul cuscino.

«Non ti consiglio di sforzarti, le tue condizioni non sono delle migliori: un braccio rotto, una spalla lussata, numerose escoriazioni e temo che il muscolo della tua gamba destra sia strappato.» lo mise al corrente Aya, porgendogli la tazza calda.

Nara bevve avidamente il liquido, che, scorrendogli nello stomaco, gli provocò un grande senso di calma e pace, mentre il profumo soporifero s’insinuava nelle sue narici, portandolo alla nausea.

«Sei… sei un ninja medico, Aya-san?»

La donna rise di gusto.

«No, no! Sciocchino, ti sembro un ninja? Sono una Guaritrice.»

«Ne avevo sentito parlare, ma non ne avevo mai incontrato uno…»

«Noi Guaritori preferiamo utilizzare erbe medicinali e rimedi naturali per curare le ferite, al posto del Chakra, per il quale non abbiamo molta simpatia… Ad esempio, il tè che hai bevuto è un potente sonnifero, ti farà dormire per ancora qualche ora, così potrai recuperare le forze ed io potrò medicarti senza indugio.»

In quell’istante, la sonnolenza si appropriò della mente del ragazzo, che, incapace di reagire, si abbandonò sul materasso, piombando nel dolce limbo del sonno.

La signora si apprestò a sfasciare la medicazione al braccio rotto, avvicinandosi con dolcezza materna all’arto e carezzando il viso del ragazzo come fosse proprio figlio.

«Aya-san.» una voce forte e sicura l’interruppe, Aya voltò lo sguardo, incontrando il viso tumefatto del secondo shinobi trovato nel fiume.

«Tu devi essere Neji-kun, vero?»

«Sì, signora.»

«Le tue fasciature e le tue ferite sono già state sistemate, devi soltanto riposare ora. Ma prima…» tolse la benda al braccio di Shikamaru, rivelando un profondo taglio da cui s’intravedeva parte dell’osso, sicuramente spostatosi dalla sua normale sede.

«… dimmi perché siete conciati in questo modo, e soprattutto…» non terminò la frase.

«Chi vi ha conciati così!» una vocetta squillante femminile lo fece trasalire, portandolo a voltare il viso in direzione della provenienza di quella voce.

I suoi occhi incontrarono dei profondi specchi verdissimi e un grande sorriso dai denti bianchissimi.

Una bambina di circa nove anni si stagliava divertita davanti al proprio letto, tenendo un vassoio con una ciotola di zuppa fumante, i capelli, neri, erano raccolti in due codini lunghi fino alle spalle.

«Lei è Masami. La bambina che vi ha trovati.» proferì Aya, sorridendo.

«Mamma, le presentazioni dopo!» Masami divenne improvvisamente seria.

«Prima voglio sapere cosa vi è successo.»

E così, lo Hyuuga prese un lungo respiro, strinse forte le coperte nel quale era avvolto e cominciò il doloroso racconto, stringendo di tanto in tanto un lembo del lenzuolo, che subito s’impregnò di sangue.

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Capitolo 7
*** 7. I will fight with you ***


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AVVERTENZA:

In questo capitolo, Itachi è tremendamente – ma che dico, spaventosamente! – OOC.

Mi dispiace per gli amanti del personaggio, mi passino l’uscita deplorevole del povero Uchiha, da me maltrattato!

Detto questo… buona lettura, ci si vede a fine pagina!

 

 

 

Farewell Konoha

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7.

 

I will fight with you.

 

Il suo meraviglioso corpo nudo, a contatto con la luce filtrante dalla bassa fessura della porta e dalla serratura era di una bellezza indescrivibile, candido, liscio e muscoloso, un puro piacere al tatto. La sua bocca, come bocciolo di rosa, era profumata e riusciva a regalargli emozioni indescrivibili ad ogni contatto con le proprie, o con il proprio corpo, mentre le mani, quelle ultime ore, erano sembrate esperte, nonostante lui fosse il primo con cui manifestava la sua maturità sessuale.

Ora, il suo corpo si stava scaldando contro quello del ragazzo, avvinghiati in un passionale abbraccio che nessuno dei due sembrava voler mollare quasi temesse che tutto ciò fosse soltanto un sogno meraviglioso.

«Hai freddo?» domandò Itachi, premuroso, stringendosi di più contro il corpicino della ragazza e baciandole la nuca dove i capelli, ormai non più lunghi e sinuosi, erano spettinati.

«No, no, Itachi-kun… sto bene…» mormorò quasi come un sbuffo la giovane donna, stringendosi alle coperte e tastando qua e là sul materasso alla ricerca dei suoi indumenti, buttati alla rinfusa quando, poche ore prima, erano rimasti annebbiati dalla passione, perdendo completamente il contatto con la realtà.

«Pensi che qualcuno ci abbia sentiti?» proferì nuovamente il moro, cominciando a baciare il collo disarmato della bionda.

«No, non credo… almeno, Deidara e Tenten non li ho ancora visti, Tobi a quest’ora dorme…» l’Uchiha accennò ad una risatina.

«… Zetsu non lo vedo da ieri, il Leader sembra sempre impegnato con quel membro di cui non mi volete mai parlare… quindi… sembra che ci siamo solo noi…»

Il ragazzo annuì, evidentemente malizioso, facendo scorrere le mani sulle cosce nude della ragazza, le gambe di lei si mossero immediatamente, tentando di levarsi quegli arti estranei.

«Non esagerare! Credo di essermi già data abbastanza per oggi!» sbottò la bionda, irritata dal modo volgare che aveva avuto il moro.

«Non essere così acida, piccola…» con il dito indice, l’Uchiha risalì tutto il suo corpo, dalle cosce muscolose ai glutei sodi e ben formati, alla schiena magra e liscia, fino alle spalle e al viso impeccabile come scolpito nel marmo, dai lineamenti fermi ma gentili, di un’impagabile perfezione.

Gli occhi della ragazza lo colpirono, freddi e glaciali, sembrava gli ordinassero di smetterla, di finirla con quelle dolcezze sin troppo maliziose che lui le regalava da un anno; e fu in quell’istante che Itachi si accorse ben presto di un fattore che non aveva premeditato nemmeno nei suoi più reconditi pensieri: l’azzurro degli occhi di Ino, ormai considerato dall’Akatsuki una delle tante meraviglie del mondo, era opaco. Era velato. Era sbiadito.

La ragazza non era felice.

E questo gli faceva terribilmente male.

Uno spillo nel suo cuore, continuava a punzecchiarlo, a tormentarlo, a seviziarlo con il suo dolore forte e interminabile, inguaribile nella sua misteriosa e repentina fermezza.

Capì che Ino non era felice all’Akatsuki, non era felice immedesimandosi nella parte della malvagia, non era felice con lui.

Uno spillo.

Ino Yamanaka non lo amava e non lo avrebbe mai veramente amato.

Due spilli.

Ino Yamanaka si reggeva in piedi in un corpo di menzogne, dette per compiacerlo.

Tre spilli.

Ino Yamanaka era triste, sconfortata e disarmata davanti agli avvenimenti.

Mille

Spilli

Conficcati

Nel

Cuore.

E Itachi comprese per la prima volta, cosa fosse il dolore. Dolore per la perdita di un amore, che non era mai nato.

 

Sferrò un potente calcio contro la ragazza, tentando invano di non crollare a causa dei pesi che stava tenendo in mano per potenziarsi.

«Attento!» l’urlo di lei lo distrasse per un millesimo di secondo, ma bastò per trovarsi in poco tempo col sedere in terra e il viso ricoperto d’erba.

La risata cristallina della ragazza contro cui stava combattendo scosse la sua mente, era così contagiosa, prese a ridere anche lui per la sua goffaggine e per la sua determinazione.

Una candida mano si offrì per aiutarlo a rialzarsi.

«Shika… la mamma ha detto che non devi sforzarti in questo modo! I tuoi muscoli non sono ancora del tutto guariti!»

«Lo so, Nita-chan, però…»

«Lo so… vuoi continuare ad allenarti perché vuoi salvare la ragazza che ami, ed è un anno che tenti di farlo, rischiando di riaprire ferite di cui è stata proprio lei la causa… uhm… è un po’, come dire, bizzarro!»

In un anno che si trovava lì, Shikamaru aveva saputo conoscere la giocosità del carattere della giovane Nita, una sedicenne peperina e senza peli sulla lingua, gli occhi brillanti come due smeraldi e i capelli neri dai riflessi blu lunghi fino alle spalle, sempre raccolti in una lunga coda bassa.

Afferrò la sua mano e si tirò in piedi, lasciando cadere sull’erba con un tonfo, i due pesi con i quali si stava allenando strenuamente.

Una fitta al braccio da poco guarito lo fece gemere di dolore.

«Uhm… direi che basta così, Shikamaru-kun… sei già pallido… ah, cosa devo fare con te!» sospirò la ragazza, conducendolo dentro casa e facendolo sedere sul piccolo divanetto.

Rimasero in silenzio per qualche istante, ma poi la voce squillante di Nita lo fece sobbalzare, con una domanda che mai si sarebbe aspettato da quella ragazzina.

«Parlami… di lei.»

Nara sapeva a chi si stesse riferendo: Ino. La donna che amava.

«Beh… Ino… Ino è, era, la mia compagna di Team. Era lei che teneva su di morale me e Choji, il mio migliore amico. Lei era la… come dire… era l’acqua frizzante in quella naturale, l’unica nuvola nell’uniformità del cielo azzurro. È unica, bellissima, simpatica e ha una strana passione per i fiori: le piacciono, li ama. Adora prendersi cura dei boccioli perché fioriscano in splendidi esemplari, le sue preferite sono le cosmee.»

Nita lo guardò adorante.

«Ti si illuminano gli occhi quando la citi.»

Il ragazzo sorrise tristemente, cercando di sentirsi sollevato, ma non gli riusciva. Si sentiva troppo vuoto a parlare di lei.

«Però qualcosa non mi torna… lei doveva essere un tipo amato da ogni singola persona le fosse vicina, dai suoi genitori e dai suoi compagni di squadra… perché mai cominciare a sentirsi inutile?»

«La colpa è solo mia. Mia, di Choji, di Asuma-sensei, di Sakura… la colpa è della maggior parte di coloro che la circondavano e tutt’ora la amano.»

«Non ti seguo…»

«La colpa è nostra perché, nonostante le volessimo tutto il bene che una persona può desiderare, non ci siamo mai accorti di come lei si sentisse in dovere di essere una kunoichi, di quanto lei amasse più i fiori della lotta e del sangue. Di quanto lei amasse più la vita della morte.»

Nita abbassò lo sguardo.

«La capisco. Tu sai che, essendo primogenita, sono destinata a seguire le orme di mia madre: diventare Guaritrice. Ma… io non voglio! Io voglio lottare, voglio vedere la gente felice per averla salvata, voglio provare l’ebbrezza del trovarmi in una battaglia e dare il meglio di me… io voglio essere un ninja!» rivelò la mora, mentre gli occhi le si riempivano di lacrime amare, ferme però ai bordi degli occhi, bloccate lì dall’orgoglio della ragazza, che le impediva di bagnarsi di un liquido che lei odiava.

«Non ti piace piangere, vero?» le domandò Shikamaru, comprendendo il suo stato d’animo combattuto.

«No. Preferisco urlare che piangere. Piangere significa palesare la mia debolezza. Io non ho mai pianto in vita mia! Non ho intenzione di farlo!»

«Sbagli a tenerti tutto dentro. Fa male. A volte il pianto non è solo debolezza, ma anche liberazione.»

«Ma non è una regola dei ninja: non mostrare mai le proprie emozioni?»

«Nita… è solo una stupidissima regola.» mormorò Nara, slegandosi il coprifronte dal braccio dove solito lo teneva legato.

Lo porse a Nita.

«Te lo regalo, con la promessa di potermi scontrare con te quando sarai una kunoichi!» disse, prima di alzarsi e uscire dalla stanza, rintanandosi in quella che per un anno era stata la sua camera, condivisa con Neji, che in quel momento sembrava essere fuori, probabilmente con Masami.

Mentre le dava le spalle, non poté notare che una piccola ed innocente lacrima aveva solcato il viso della giovane, prontamente asciugata da un gesto seccato della stessa.

 

Deidara spalancò gli occhi, percependo una dolce sensazione di piacere alla mano destra, sembrava stesse toccando qualcosa di decisamente morbido.

Sentì che la donna che aveva tra le braccia si stava rigirando, probabilmente pronta a dargli il bacio di rito mattiniero come era solita fare da ormai un anno che dormivano insieme, consumando la loro passione durante la notte.

Sporse le labbra, aspettandosi un bacio profondo, ma ciò che ricevette fu un forte schiaffo in pieno viso.

«Se entro tre secondi la tua mano è ancora sul mio seno, ti giuro che non rivedrai più la luce del sole.» la profonda e fredda voce di Tenten lo fece sobbalzare, si accorse che stava proprio stringendo un seno della ragazza e levò la mano come fosse scottata, cominciando a ridere nervosamente e grattandosi la nuca imbarazzato.

La brunetta scostò le coperte, seccata, raccogliendo i propri indumenti, finiti per terra come ogni volta, e prendendo a rivestirsi a cominciare dalle mutandine.

In men che non si dica, la sua figura sfoggiava il solito vestitino corto nero a nuvolette rosse che metteva in risalto la generosa scollatura.

«Ah, piccola, stanotte sei stata fantastica… veramente! Passionale al punto giusto, e anche decisamente maliziosa devo dire… proprio come piace a me!» cominciò il biondo che giaceva ora sul letto, parzialmente coperto dove Tenten non osava guardare, mentre il resto del suo corpo, nudo, carezzava il materasso, bramoso che fosse già notte per poter ripetere l’esperienza di poche ore prima.

Si alzò, ora completamente scoperto, e andò ad abbracciare la ragazza, ormai donna, da dietro, attirandola a sé con un movimento improvviso delle braccia e prendendo a baciarle il collo, facendola gemere.

Fu scostato senza molti complimenti.

«Deidara! Non ti basta quello che abbiamo fatto stanotte?»

«No bellezza, dovresti saperlo che io voglio sempre di più.»

«Beh, accontentati una buona volta!»

 Il tono seccato della bruna lo fece sobbalzare.

«Ehi, Ten-chan… qualcosa non va?» domandò preoccupato, mettendo da parte la sua malizia.

Lei si sentì disarmata davanti ad un Deidara così in pensiero per lei, e si lasciò andare.

«Il fatto è… che il nostro rapporto è solo un rapporto di sesso… io voglio qualcuno con cui poter stare ogni ora del giorno! Non solo la notte.»

«E che problema c’è? Lo sai che se Leader scoprisse che siamo amanti… beh, ci ucciderebbe! Insomma… anche il rapporto tra Itachi ed Ino è così, e allora?»

«Proprio non capisci!» esplose allora Tenten, infervorata.

«Se è così… il nostro rapporto non può continuare! Io non voglio un uomo con cui fare solo sesso… io voglio un uomo che mi ami veramente! Voglio qualcuno su cui poter contare sempre! Voglio… voglio…»

«… Neji Hyuuga…» mormorò il biondo, abbassando lo sguardo.

Gli occhi della ragazza s’illuminarono.

«Ch-che hai detto?» sussurrò adorante, come volesse assicurarsi che l’avesse detto veramente.

«Tu non vuoi me… tu vuoi Neji Hyuuga, e hai scelto me semplicemente per una banale cotta…».

Non aveva mai visto Deidara sconsolato in quel modo, inerme davanti allo svolgersi degli avvenimenti.

 

«Neji-kun! Ehi, Neji-kun!» strillò Masami, correndo verso il suo “nuovo amico”, tenendo stretto tra le dita paffute qualche fogliolina, raccolta chissà dove negli angoli remoti del boschetto nel quale vivevano a ridosso.

Il moro, vedendola arrivare così sorridente, non poté che sorridere a sua volta, accovacciandosi in modo da poter parlare alla stessa altezza della bambina.

«Dimmi, Masami-chan…»

«Ho trovato le foglie che mi aveva chiesto… adesso lo fai quel giochetto divertente?» domandò la piccola, saltellando impaziente.

Neji annuì con la testa, prima di prepararsi per il “giochetto”.

«Hakke Rokujuyon Sho!» urlò, mentre Masami lanciava in aria le foglie, per poi scoppiare a ridere, vedendo l’amico muoversi in modo buffo per distruggere tutte le foglioline che aveva lanciato.

«Sei bravissimo Neji nii-san!» esclamò, continuando a ridere, divertita.

«Non dovresti muoverti così bruscamente… ti ho visto… è già la decima volta di seguito che lo fai… potresti perdere le forze…» lo avvertì una voce proveniente dalla finestra della casa più vicina al cortile.

«Nita-san!» sbottò lo Hyuuga, volgendo repentinamente lo sguardo verso la ragazza, che stava fissandolo con cipiglio.

«Vieni qui… mia madre ha detto che devo metterti questo unguento sui muscoli, perché è ormai da una settimana che torni dai tuoi allenamenti coi muscoli strappati…»

Il ragazzo si avvicinò e si tolse la maglia, mostrando così i pettorali scolpiti da tutti quegli esercizi e i muscoli delle braccia, decisamente formati e apprezzabili all’occhio.

La pomata scivolò gelida sulla pelle eburnea di Neji, portandolo a rabbrividire impercettibilmente, ciò era dovuto anche dal tocco duro della ragazza, si sentiva che quelle mani non erano portate per guarire le persone.

«Il tuo tocco fa schifo…» commentò il ragazzo, rivolgendole uno di quei suoi sorrisetti provocatori.

«Non sono una guaritrice!» rispose Nita, per nulla arrabbiata o decisa a sottostare alle sue provocazioni.

«No… tu vorresti essere una kunoichi… una stroncatrice di vite.»

«Non devo spiegare a nessuno ciò che voglio diventare, né sentire gli altri che trovano una strada per me!»

«Nita-san… sii ragionevole… butteresti al vento – indicò la casa e il giardino – tutto ciò… solo per diventare una ninja?»

Una forte pacca sulla schiena lo destò.

«Sì!» rispose Nita, prima di chiudere le persiane della finestra e rintanarsi nella sua stanza, lontano da tutto e da tutti.

Neji sorrise… quella ragazza era incredibile… e soprattutto impossibile da interpretare… troppo solitaria, troppo strana… non era come la sorellina.

«Neji nii-san?» si sentì strattonare i pantaloni.

«Dimmi Masami!»

«Da grande posso sposarti?»

Hyuuga sorrise divertito.

«Perché vuoi sposarmi?»

«Perché sei come un vero principe azzurro! Sei bello, forte e tanto tanto coraggioso! Perché sei corso a salvare la tua bella principessa!»

Il sorriso si trasformò in una smorfia.

«E non pensi che da grande io potrei sposare la mia bella principessa?»

«Ma la mamma mi ha detto che la tua bella principessa è diventata una strega cattiva!»

Le scompigliò i capelli come un fratello maggiore farebbe ad una sorellina.

«Sì… ma solo perché è circondata da tanti mostri cattivi e ha dovuto adattarsi a loro! Ma sono sicuro che quando rivedrà il suo principe azzurro tornerà ad essere la principessa più bella di tutte!»

«Bella come la principessa di Shikamaru nii-san?» domandò innocentemente la piccola.

«Sì! Ma anche di più!»

 

«Io vado a cercarlo!»

«No, non puoi fare pazzie del genere!»

«Ma… ma… Tsunade-sama! La prego!»

«Sakura… non possiamo fare nulla, non ce l’hanno fatta gli ANBU…»

Sakura strattonò il braccio rinchiuso nella stretta morsa della mano di Tsunade, che l’aveva bloccata prima che saltasse fuori dalla finestra, pronta per andare a cercare Shikamaru, ovunque egli si trovasse.

Nara e Hyuuga erano scomparsi da un anno. Dati per morti dalla squadra ANBU, tornata dopo mesi di ricerche con nessun indizio né risposta e tante domande.

«Ma…» cercò di replicare la rosa, ma era evidente di come l’Hokage non volesse lasciarla andare, temendo di perdere anche la sua pupilla.

«Se è stata l’Akatsuki a ucciderli… come puoi pensare di fare qualcosa contro di loro? Ci hai già provato contro Sasori, Sakura. Hai avuto bisogno di aiuto! E Shikamaru e Neji sì, sono forti, ma contro tutta l’Akatsuki… non avrebbero mai avuto vita facile!» concluse la donna, freddamente.

«Anche lei li crede morti?»

«Io spero non lo siano… ma per ora, tutti gli indizi danno l’idea di morte!»

La Godaime terminò la frase e sentì un forte bussare al suo portone, non ci volle molto a capire chi fosse.

La porta venne malamente buttata giù e le apparvero davanti Choji, Rock Lee e Naruto, tutti pronti per partire a cercare i loro amici e compagni.

Naruto fece solennemente un passo avanti.

«Tsunade no baa-chan! Non posso permetterti di lasciare ben quattro compagni di squadra a loro stessi! Io sento che né Shikamaru e Neji, né Ino e Tenten sono morti! Ne sono sicuro!»

«Naruto! Io non posso permettere ad altri ninja di morire!!! Ti vieto di partire per qualsiasi missione, o ne pagherai le amare conseguenze, e ti verrà tolto il coprifronte. – guardò per qualche secondo lo sguardo determinato di Choji, Rock Lee e Sakura – A te e a chiunque tenterà di disobbedire ai miei ordini! Sono stata chiara?!» aggiunse, urlando, facendo raggelare il sangue a tutti e quattro i ninja.

Choji e Rock Lee uscirono a testa bassa dalla stanza, mentre Naruto e Sakura rimasero per qualche secondo fermi immobili, incapaci di dire o di fare qualsiasi cosa.

Uzumaki circondò con le braccia le spalle di Haruno, accompagnandola fuori.

Quando furono lontani da sguardi indiscreti, le lasciò un tenero bacio sulla guancia, al quale la rosa sembrava paralizzata dalla sorpresa.

«Fatti coraggio, Sakura-chan… vedrai, sono vivi, tutti e quattro!» le sfiorò la guancia con la mano, asciugandole una lacrima che scorreva sul viso della ragazza. Le diede un altro bacio.

«Non te l’ho dato lì perché era davanti a tutti e temevo ti vergognassi…»

E a Sakura, in quel momento, crollò il mondo addosso.

Naruto pensava che lei si vergognasse a girare con lui, era ovvio, dopo tutto ciò che lei gli aveva fatto, si stupiva persino che il biondo le rivolgesse ancora la parola…

«N-Naruto…» balbettò la ragazza, incapace di frenare le lacrime.

«Cosa c’è, Sakura-chan! – accorse preoccupato – Vuoi stare da sola? Se vuoi me ne vado!» si premurò il giovane, rendendo la rosa ancora più triste e affranta.

Ora che lo vedeva lì, davanti a lei, i suoi occhioni blu scossi dall’apprensione, la sua espressione amorevole, l’istinto era quello di abbracciarlo, di sfogarsi con lui, di piangere tutte le lacrime che aveva represso. E lo fece.

Gettò le braccia al collo di Naruto e singhiozzò.

Il biondo la strinse a sé, la presa forte, lasciandole dolci baci nell’incavo della spalla e sul collo, carezzandole la testa per tranquillizzarla.

«Sakura-chan… tu non sei sola… perché devi combattere tutto il tuo dolore da sola?»

«Perché nessuno… nessuno è disposto a combatterlo con me!»

«Ci sono io! Io ti aiuterò! Io sono sempre pronto ad aiutarti, Sakura-chan… ma probabilmente… io… io non… - s’interruppe, cercando di non sembrare troppo triste – io non sono il tipo di persona adatto…»

La rosa alzò il viso verso il biondo e lo carezzò con la dolcezza di una madre.

Naruto era sempre stato lì.

Naruto era sempre pronto ad aiutarla.

Naruto.

Non Sasuke, non Neji, non Shikamaru.

Naruto.

Gli afferrò una mano e intrecciò le sue dita con le proprie, stringendola con amore.

Gli regalò un fugace bacio sulle labbra.

«Da oggi in poi, combatterò con te!»

 

 

 

A/N

 

Here I am!!!

Bene, prima di tutto vorrei chiedere umile perdono per il comportamento di Itachi… terrificante! Ho appena riletto il suddetto obbrobrio e ci sono rimasta. Non è a livello di gentleman, ma a quello di fidanzatino premuroso… brrr… *rabbrividisce come Rock Lee davanti a qualcosa di vecchio*

Bene, passiamo ad una cosa che mi piace moltissimo fare: risponderò alle recensioni!!!

 

celiane4ever Prima di tutto, grazie per la recensione! *_* E poi… beh… lo so, Tenten che ama Deidara può sembrare impossibile (e infatti lo è! XD) però mi piacciono troppo insieme! *_*

Comunque, è naturale che Tenten stia con Deidara per dimenticare Neji (che è, Beautiful? XD), ma la giovane pulzella (nd Rock Lee) lo capirà… uhm… l’ha capito proprio in questo capitolo! Muahaha! Ma come sono perfida! Comunque… questo è un capitolo di passaggio, il prossimo (che è l’ultimo) sarà DECISAMENTE più avvincente! Non vedo l’ora di postarlo! *_*

P.S. Per l’happy ending… diciamo che… per alcuni ci sarà, per altri no (su, mandami a quel paese! XD).

 

Giuli@ Grazie mille per la recensione! *_* Come puoi vedere… poveri i nostri Shikamaru e Neji (su piccini, venite dalla mammina che vi coccola… *ç*). Ma non preoccuparti, la fortuna girerà anche per loro! È una promessa! Nel prossimo capitolo lo capirai! E comunque non sono stati tanto sfortunati, no? Hanno trovato vitto e alloggio gratis, una seconda mamma, una sorellina più piccola, una sorella – quasi – coetanea che gli fa da personal trainer… insomma… cosa potrebbero volere di più dalla vita?

Secondo me, quelle messe peggio sono Ino e Tenten. Si sono donate a degli uomini che non amano per dimenticare quelli che amano, mi sembra una ingiustizia! E non hanno perso solo la verginità con ‘sti qui, ma anche il loro orgoglio come donne.

Io mi sentirei usata se fossi al loro posto! (ma quanto sono bastarda?! XD)

Vabbè… ti attendo al prossimo e avvincentissimo capitolo! Grazie mille per seguire sempre la mia storia!

 

CelsteKiss XD Anche a me capita di leggere le storie oltre la mezzanotte e di non commentare (a parte che io non commento praticamente mai… eh eh…), ma ti ringrazio che tu l’abbia fatto! Apprezzo molto queste piccole cose che – ingigantiscono il mio ego – mi aiutano a migliorare la scrittura! Le recensioni fatte con cognizione di causa! Quelle che parlano della fic e la descrivono. *_*

Comunque, ti ringrazio per i meravigliosi complimenti! Sono imbarazzata! ^\\\^ Comunque, per l’happy ending (come ho detto a celiane4ever) ci sarà per qualcuno, mentre per altri non ci sarà (ma quanto sono bastarda!).

Non svelo altro perché ti rovinerei la sorpresa del prossimo capitolo, a mio umile parere, il migliore tra tutti! ^^

Per il commento sulle coppie… beh… de gustibus non disputandum est! A me piacciono le HinaNeji, sono una delle mie coppie preferite, e anche in questa fic ho voluto che quei due si volessero qualcosina in più del bene che comunemente si vogliono cugino e cugina! *_*

Per le ShikaTema… sono assolutissimamente d’accordo con te! Odio allo stato puro! Sono insofferente! Non riesco a leggere di loro! E dire che Temari non mi sta poi tanto sulle balle… ma è una coppia che non digerisco per NIENTE! ^^ Comunque… grazie ancora moltissimo per seguirmi! *_*

 

Semmy92 Ossignur! Ti ho fatta piangere? Mi dispiace! Comunque, sono contenta che apprezzi la mia fanfiction e che sia talmente commuovente da farti piangere! Grazie infinite! Dimmi se anche questo capitolo ti ha fatto piangere che rimedierò col prossimo che va più sul comico! ^^

 

Maobh Ti cito un secondo: Le ragazze sono in preda a un conflitto interiore. Hanno raggiunto ciò che volevano in termini di potenza, ma si trovano a fare i conti coi loro sentimenti repressi.

È la miglior interpretazione di questi capitoli! Non ho parole! Sei stata così meravigliosamente dettagliata! Sono lusingata che una così attenta analizzatrice legga la mia fic! *_* Grazie! (_ _) *inchino*

Il dubbio è che si buttino tra le braccia di altri uomini pensando però ancora ai loro vecchi amori.

Naturalmente, questa è una fanfiction terribilmente OOC, per cui alcuni comportamenti possono sembrare strani, però a me è capitato di trovarmi (non direttamente, era una mia amica) in una situazione del genere, trovandosi con le spalle al muro, se continuare una relazione così schifosamente perfetta da sembrare una fregatura, o se dimenticarla e buttarsi tra le braccia della – passami il termine – seconda opzione. Comunque apprezzo che tu me l’abbia fatto notare! In futuro devo stare più attenta a non vagare con la fantasia o a lanciarmi in storie alla Beautiful senza pensare al comportamento reale…

Ripeto: grazie infinite per la meravigliosa recensione! L’ho apprezzata tantissimo!

 

Voilà! Missione compiuta! *_* Grazie mille a tutte!

 

Detto questo, vi annuncio che il prossimo sarà l’ultimo capitolo! Ma ci sarà anche un epilogo e, penso, una spin-off!

 

Bene, vado a mangiare! Gnam gnam! *_*

 

AtegeV/Akami

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Capitolo 8
*** 8. The last adventure. Tears before the death ***


Wecome To PageBreeze

Appello: Zia Ele!!! Se ci sei, batti un colpo!!! Mi manchi! ç__ç

 

Farewell Konoha

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8.

 

The last adventure. Tears before the death

 

 

Zetsu si aggirava, guardingo e diffidente, per quel lugubre corridoio scuro, incerto sul da farsi, erano ore che se ne stava lì, fuori da quella porta di legno, temendo di essere scoperto da colui che si celava dietro.

Doveva dirglielo? O doveva tacere come aveva fatto per tutti quegli anni? Sentiva di stare tradendo i suoi compagni, ma se non l’avesse fatto, sarebbe stato come tradire il Leader, perciò, doppiamente peggio. L’avrebbe fatto fuori se avesse taciuto un fatto del genere. O Zetsu… no, lui non era quel tipo di pianta! Lui non voleva morire per mano di colui che fino a quel momento aveva considerato suo capo.

Si fece forza, prese un lungo respiro e bussò alla porta legnosa e muffosa.

«Zetsu… qual buon vento…» gli rispose la voce bassa e lugubre dell’uomo.

Quel tono lo fece rabbrividire. Odiava, odiava assolutamente quel tono.

Aprì la porta ed entrò, poi la chiuse dietro di sé.

«Deidara… Itachi… scusatemi…»

 

Si destò di soprassalto, trovandosi solo in quel letto troppo grande per una persona.

Scostò le coperte, scoprendo la sua nudità, e si grattò assonnato il capo, intuendo con totale dispiacere l’arruffamento assurdo dei suoi capelli.

Si guardò allo specchio storto e inchiodato alla buona al muro pietroso.

«Eh sì Deidara… le donne fanno proprio male alla salute…» sbuffò, cercando di limitare i danni alla sua acconciatura, prendendo a pettinarli con la spazzola che teneva in una fessura della roccia.

“Un optional di gusto” gli piaceva chiamarlo, dato che era l’unico dell’Organizzazione, a parte le ragazze, ad avere una cosa del genere nella propria stanza.

Con gesto sicuro, passò quel magico strumento di perfezione tra i suoi fili d’oro, rendendoli lisci e morbidi come la seta più pregiata.

Era proprio fiero dei suoi capelli, anche se ora la lunghezza raggiungeva quasi il suo fondoschiena e raccoglierli diventava più problematico, ma non aveva più intenzione di uscire dalla sua stanza senza i capelli raccolti.

Almeno, non dopo essere stato scambiato per Ino da una assonnata Tenten.

Notò mestamente che, quella mattina, i suoi vestiti non si trovavano sparsi disordinatamente per il pavimento, bensì erano arrotolati su se stessi ai piedi del letto.

Sbuffò, Tenten aveva dormito in camera sua quella notte… e quella prima, e quella prima ancora.

Da quanto tempo non faceva più sesso con lei?

Gli parse seriamente una vita, invece erano solo due settimane.

Due settimane senza baci, senza sesso, senza alcun contatto fisico.

Si diede mentalmente dell’idiota di prima categoria, aveva proprio dovuto specificare che quella splendida brunetta amasse Neji? Non poteva stare zitto una buona volta?

Sasori-danna glielo diceva sempre, che parlava troppo e che avrebbe dovuto chiudersi la bocca una volta per tutte, lui e le sue esplosioni, lui e la sua bramosia per le donne.

Perché si sapeva, all’Akatsuki lui era un rinomato donnaiolo, qualunque ragazza incontrasse che gli andasse a genio, finiva indubbiamente a letto con lui.

Ma da quando aveva conosciuto Tenten, era riuscito a contenersi notevolmente, le missioni in paesi stranieri terminavano con lui che piagnucolava di non aver potuto saggiare la formosità delle donne di quel luogo e con la povera ragazzina che lo prendeva per un orecchio, trascinandoselo via e facendogli saggiare la forza dei suoi shuriken, per poi allietarlo la sera stessa, in segreto.

Un segreto che per quei due anni erano riusciti a mantenere alla perfezione.

Beh, più o meno… a Deidara era scappata qualche parolina con Tobi, ma non doveva preoccuparsi: dopotutto Tobi non sapeva ancora come nascessero i bambini, cosa poteva capirne di sesso e roba varia?

Uscì vestito di tutto punto e si diresse verso “il salone” dove si ritrovavano tutti, sperando di poter vedere la sua brunetta.

E sperando, naturalmente, in un suo bacio… speranza, inutile dirlo, vana.

Appena entrato nella stanza, riconobbe la figura scura di Itachi, seduto su una roccia.

«Cogito ergo sum?» domandò maliziosamente, schernendo il compagno che, purtroppo, si trovava nella sua stessa situazione.

«Taci, inutile scarto del mondo maschile!» ribatté piccato l’Uchiha.

«Aspetti Ino?»

Il moro sbuffò.

«Non credo in Dio, non aspetto un miracolo…»

«Vedo che oggi ti sei svegliato bene!»

«Sì, in un letto vuoto…»

«Benvenuto nel club…»

I due uomini si guardarono intensamente. Già, erano proprio nella stessa, schifosissima situazione.

«D’accordo… dove sono?»

«Si stanno allenando nel campo cinque…»

«Entrambe?»

«Sì…»

«Perché al momento sto temendo per le mie palle?»

«Se fossi in te mi preoccuperei di più della gola… credo che siano adirate con noi…»

«Uchiha, ma tu essere un po’ ottimista una buona volta?» esclamò il biondo, stringendosi i gioielli con apprensione.

«Tranquilli piccoli, nessuno oserà farvi del male…» sussurrò.

Improvvisamente, i rumori dei passi in corsa di qualcuno li distolsero dai loro vaneggiamenti.

Tobi entrò tutto trafelato nella stanza.

«D-Deidara-sempai! Itachi-san!»

«Cosa c’è Tobi, sono finite le caramelle?» domandò Deidara con indifferenza, controllando che lo smalto delle sue unghie non si fosse scheggiato.

«No Deidara-sempai! Peggio!»

L’espressione dell’uomo si fece seria.

«Allora è grave, che succede, Tobi!»

«Leader… Leader…» biascicò.

«Cosa Tobi!»

«Lui… sa…»

«Tobi, ti prego non dirmi che il Leader sa della nostra relazione con Ino e Tenten! Ti prego non dirmelo!»

«Io… non te lo dico, Deidara-sempai… ma…»

«Ma è così?» completò per lui il biondo.

Itachi, che aveva sentito ogni parola, inorridendo ad ogni sillaba, sgranò gli occhi. Sapeva cosa li attendeva.

Nell’Organizzazione erano vietate le relazioni tra membri, il Leader non le sopportava. Per lui, il lavoro era il lavoro. E l’amore era l’amore. Li avrebbe uccisi.

Lanciò un veloce sguardo a Deidara.

Era finita.

 

«Te ne vai già?» piagnucolò la piccola Masami, aggrappandosi al braccio di Neji e donandogli una delle sue occhiate più commoventi.

«Mi dispiace, Masami-chan… devo andare dalla mia bella principessa…»

«Ma… ma pensavo che dopo tutto questo tempo, fossi diventata io la tua bella principessa…» mugolò la bambina, mentre gli occhioni verde smeraldo le si riempivano di lacrime.

Hyuuga sospirò, pensando in che modo poter consolare la sua dolce amichetta, si accovacciò e le prese le manine, stringendole forte tra le sue e portandole ad asciugare quelle gemme verdi.

«Su, su… non piangere…» sussurrò con innaturale dolcezza.

Quando si trattava di Masami, il suo essere freddo e pungente lasciava spazio ad un Neji più dolce e sensibile che, evidentemente, ci sapeva davvero fare coi bambini.

«Non pensavo che fossi un baby-sitter così dotato, amico mio…» lo interruppe la solita voce annoiata di Shikamaru. Era lì, davanti a lui, con la sigaretta in bocca.

Durante quell’annetto trascorso con Aya e le sue figlie, gli erano cresciuti i capelli, che ora erano troppo lunghi perché la coda alta stesse in piedi, perciò molte ciocche sfuggivano al fermaglio, ricadendo delicate sulle spalle muscolose, temprate con il duro allenamento a cui entrambi si erano sottoposti.

«Nara… se non ci fosse Masami-chan ti avrei già ammazzato…» sibilò il più grande dei due, fulminando l’amico con gli occhi incolori.

«Non fare tanto il duro, Neji, non saresti capace di farlo veramente…» lo schernì una voce femminile proveniente da dietro un albero, dove, nascosta dall’ombra, vi era Nita, con le braccia incrociate al petto e gli occhi chiusi, come fosse in meditazione.

«Nita-san!» esclamò il ragazzo, piccato nell’orgoglio.

La mora si scoprì delle tenebre, uscendo allo scoperto e venendo colpita dai raggi del sole, accentuando le sue forme mascoline.

«E così… ve ne andate… eh?»

«Già…» rispose Shikamaru, lasciando che il compagno tornasse a consolare la bimba.

«Quindi questo ti servirà!» la ragazza gli porse il suo coprifronte, lucidato come se fosse nuovo.

«No, è stato un regalo, te l’ho detto!»

«Con una promessa…»

«Sì, la promessa di scontrarci quando tu sarai un ninja!»

«Se…»

«Quando sarai un ninja!» accentuò il ragazzo, guardandola con determinazione.

Nita sentì gli occhi diventarle umidi, mentre il magone le stringeva la gola, portandola a deglutire più del solito.

«E… Nita-chan?»

«S-sì?» mormorò con voce rotta.

«Non devi trattenere le lacrime. Mai più.» detto questo, Nara le voltò le spalle, raggiungendo Neji che era finalmente riuscito a consolare Masami, dandole un bacino sulla guancia, per la felicità di lei e l’imbarazzo di lui.

I due inforcarono gli zaini e si girarono, per salutare un’ultima volta quella famiglia tanto gentile con cui avevano passato un anno intero. Alzarono in contemporanea la mano destra e ricominciarono a camminare, con aria solenne ed orgogliosa.

Niente li avrebbe fermati, ora. Avrebbero definitivamente riportato a casa Ino e Tenten.

Intanto, davanti a quella casupola semplice e campagnola, Nita, con in braccio Masami, singhiozzava sommessamente, mentre copiose lacrime le rigavano le gote arrossate.

«Sayonara, minna!»

 

Sfondarono la porta del campo addestramento.

Una bestemmia.

Afferrarono le due ragazze per un braccio, tirandole fuori dal campo e correndo via, lontano dal covo.

Un’altra bestemmia.

Presero a correre sotto il sole cocente di quel mattino estivo, caldo e soporifero, mentre le due si dimenavano come pesci in una rete, non capendo che cosa quei due idioti stessero facendo.

«Insomma, Itachi! Che ti prende?!» esclamò Ino, facendo mollare la presa che l’uomo aveva sul suo braccio e cominciando a corrergli dietro, fulminandolo però con occhi saettanti di rabbia.

«Esatto, Deidara! Esigo una spiegazione!» la brunetta imitò l’amica.

«Vi stiamo salvando la vostra fottutissima vita, razza di ingrate!» replicò Itachi, adirato.

«Ma quanto cazzo ci mette la mia cazzosissima argilla a creare quel cazzosissimo uccellaccio!!!» imprecò Deidara, cominciando poi a tirare giù tutto il repertorio di parolacce conosciuto, e inventandone di nuove.

«Faresti arricciare i capelli a Tayuya! – proruppe Ino, sorridendo divertita – A quanto mi ha raccontato Shikamaru non faceva che dire parolacce e bestemmiare!»

«Sì, ecco, Ino-chan? – la chiamò Uchiha – Tu sai per caso dove si trovano quei due vostri amici?»

«Perché?»

«Vi portiamo da loro!»

«C-cosa?! Itachi, stai bene?!» gridò Tenten, incredula, sgranando gli occhi in preda alla felicità più grande che potesse conoscere.

«Certo che sto bene! – ribatté nervosamente – Sto benissimo! Ho solo scoperto che Leader ha capito che voi venivate a letto con noi e ora ce l’abbiamo alle calcagna! Maledettissimo chi ha fatto la spia!»

Le donne si portarono le mani alla bocca, continuando a sfrecciare nella foresta ad una velocità superiore a quella che avevano di solito.

«Gente, siamo nella merda! – scoppiò il biondo, infervorato e con gli occhi fuori dalle orbite a causa della rabbia e la paura – Non ho abbastanza argilla!»

 

«Mi faccia entrare!!!» gridò la donna in lacrime, picchiando con forza i pugni contro la porta dell’ufficio della Godaime.

«Shizune, apri…» sbuffò Tsunade, preparandosi al peggio.

Non si è mai pronti ad affrontare una madre che reclama il figlio disperso in missione.

La porta si spalancò, rivelando il volto completamente bagnato dalle lacrime di Yoshino Nara, trattenuta a stento dal marito, dietro di lei.

Lui non piangeva, ma nei suoi occhi si leggeva che sicuramente l’aveva fatto. Lontano da tutti e da tutto.

A completare quel duetto che avrebbe stretto il cuore di chiunque, Temari della Sabbia era in piedi, semicoperta dai due coniugi, lo sguardo basso. Si mordeva il labbro inferiore.

«Hokage-sama, la prego di perdonarmi… ma…» singhiozzò la madre di Shikamaru, calmandosi improvvisamente, permettendo al marito di mollare la presa.

«No, Yoshino-san, non abbiamo nessuna notizia di suo figlio, mi dispiace – guardò la donna, per poi spostare lo sguardo su Shikaku – e, no Shikaku, nemmeno Ino sembra essere tornata – per ultima osservò la donna della Sabbia – e, no Temari, non puoi andare a cercarli! È tutto, potete uscire!» li congedò sveltamente, come faceva ormai da tre mesi. Scacciando quelle tre persone con maleducazione.

Ma cosa avrebbe dovuto fare? Mentirgli? Dargli inutili false speranze?

Le cose era meglio dirgliele come stavano, senza girarci troppo intorno, vanamente.

D’altronde, prima o poi anche loro avrebbero perso la speranza com’era successo ai signori Yamanaka, che ormai non si vedevano più a Konoha. A Tsunade era stato riferito che i due coniugi fossero caduti in depressione e che la signora Yamanaka fosse diventata anoressica a causa di quella grave perdita.

Ormai, preferiva non investigare oltre.

I genitori di Tenten, li vedeva, erano sempre davanti al portone d’ingresso del palazzo dell’Hokage, incerti sull’entrare o meno: la madre della ragazza stretta con dolcezza al marito, si facevano forza, cercando di pensare positivo e di sperare nel ritorno della loro piccola Ten.

Persino Hiashi Hyuuga si era mostrato qualche volta, visite sporadiche accompagnato dall’onnipresente Hanabi che, anche se cercava di nasconderlo, aveva sempre gonfi occhi rossi, che la rendevano una bambina ancora indifesa, nonostante il coprifronte della Foglia e il giubbotto da Chuunin dicessero il contrario.

E come se non bastasse, ogni giorno, gli ormai diciottenni ragazzi di Konoha venivano a trovarla, chiedendole anch’essi notizie.

Konoha era diventata deserta, vuota senza i suoi ragazzi, senza i giovani che l’avevano da sempre animata con le loro risate, le loro litigate e i loro imbarazzanti amori.

La donna girò su se stessa con la propria sedia e guardò fuori dalla finestra.

E anche a Shizune venne nascosta la lacrima di tristezza della Godaime, nel vedere Yoshino Nara accovacciarsi in mezzo alla strada e svenire, per essere poi presa in braccio da Shikaku Nara e portata a casa.

Come ogni giorno.

 

«Non è vero… e la nostra amicizia?»

«Le amicizie finiscono prima o poi…»

«I nostri allenamenti…»

«Come puoi vedere, ho trovato migliori sensei…»

«Il nostro gruppo…»

«Di cui io non ho mai fatto veramente parte…»

«Il nostro… affetto…»

 

Neji si destò di soprassalto, la fronte imperlata di sudore e i vestiti completamente appiccicati al corpo madido. Rabbrividì.

Si alzò dal suo cantuccio di terriccio sopra il quale stava riposando e diede un’occhiata al fuoco: spento. Dannazione, adesso avrebbe dovuto andare a cercare la legna.

Si addentrò nel bosco intorno alla radura nella quale si erano fermati a riposare, alla ricerca di qualche rametto secco, operazione pressoché impossibile, dato che aveva smesso di piovere da giusto poche ore e tutto ciò che era all’aria aperta era stato bagnato.

I suoi sandali ninja scricchiolavano sul tappeto di foglie bagnate e s’impregnavano di fanghiglia sporca e Hyuuga dovette ammettere che la natura a volte gli faceva veramente schifo.

Le sue certezze si consolidarono quando vide in che stato erano i suoi piedi dopo quella traversata all’insegna della sporcizia.

Riuscì a trovare una grotta di fortuna dove vi erano rami coperti di terra e foglie secche: la tana di un coniglio. Coniglio che in quel momento, spaventato dal rumore dei passi, era in procinto di scappare.

Neji non glielo permise, e lo catturò per le lunghe orecchie.

«Bene. Cena.»

E, sempre tenendo l’animale per le orecchie, lo sbatté contro il tronco di un albero, uccidendolo.

Certo, la carne di coniglio era molto esigua e nemmeno molto buona, ma cos’altro avrebbero potuto mangiare? Mosche?

No, erano difficili da catturare, ci avevano già provato diverse volte.

Era una settimana che vagabondavano per la foresta, in direzione del presunto covo di quei bastardi dell’Akatsuki, cercando di far rinsavire le loro compagne e riportarle a casa, anche il cibo che si erano portati dietro dalla casa di Aya cominciava a scarseggiare, e l’acqua andava diminuendo. Se non avessero trovato al più presto un fiume, avrebbero dovuto seriamente cominciare a preoccuparsi.

Tornò alla radura con tutto l’occorrente per riaccendere il fuoco, che finì per terra con un tonfo sordo.

Afferrò uno dei legnetti piccoli e lo tirò in testa a Shikamaru, in modo che si svegliasse e venisse ad aiutarlo, ma più che altro, sorrise, voleva che smettesse di russare come un orso.

Con un ultimo grugnito, Nara aprì gli occhi assonnati e sbadigliò palesemente.

«’zo vuoi?» mugugnò, ancora intorpidito dal sonno.

«Fuoco e cibo!» disse semplicemente Hyuuga, indicando lo scoppiettante fuoco davanti a lui e alzando come fosse un trofeo, il coniglio ormai morto.

«Hyuuga… sto cominciando a cambiare parere su di te!» esclamò l’altro ragazzo, sgranando gli occhi dalla felicità del poter vedere, finalmente, della carne con cui nutrirsi.

«Che gioia…» commentò il moro sarcasticamente, sorridendo però anche lui.

Avevano passato più di un anno insieme… ormai si erano abituati alla loro reciproca compagnia… erano arrivati a sostenersi a vicenda.

Shikamaru aveva visto, per la prima volta, Neji piangere.

Neji aveva visto, per la prima volta, Shikamaru singhiozzare palesemente, senza nascondere il proprio dolore.

Certo, il contesto era tragico e terribile, ma il fatto che l’avessero affrontato insieme era… rilassante sotto un certo punto di vista.

Ormai… sarebbero andati anche incontro alla morte, pur di essere insieme ad fronteggiarla.

Il ragazzo con la coda estrasse il kunai, in procinto di scuoiare l’animale, mentre il portatore del Byakugan preparava una semplicissima impalcatura di legnetti sopra la quale posare il coniglio perché si cocesse.

Improvvisamente, un’ombra che oscurò la luna appena sorta attirò la loro attenzione; alzarono appena lo sguardo, in modo da far luce su quel fatto strano, in quanto non era prevista un’eclissi di luna per i prossimi tre anni, almeno.

Ciò che videro fu un uccello bianco molto più grande del normale che stava precipitando.

Neji aveva già visto quell’uccello.

«Shika?»

«Secondo te cos’è quel… coso

«Ho come l’impressione che non dovremmo più cercare Ino e Tenten…»

E come uniti da un desiderio comune, si alzarono in piedi ad una velocità spaventosa, cominciando a correre vero il luogo in cui quell’uccello andava schiantandosi.

Attraversarono fanghiglia e foglie secche, salirono poi sugli alberi e saltarono di ramo in ramo, gli occhi quasi pieni di lacrime dalla felicità.

Il cuore che non smetteva di battere dalla paura.

Poi videro l’impatto.

E subito dopo un’esplosione.

 

Choji era seduto al ristorante con Temari, Shino, Naruto, Sakura, Rock Lee, Hinata e Kiba. Aveva appena ordinato dodici porzioni di carne alla griglia.

Quattro posti, due vicino a lui e due vicino a Rock Lee, erano vuoti, ma apparecchiati, come se aspettassero ancora che qualcuno arrivasse.

Come se quelle persone fossero semplicemente in ritardo.

Vari camerieri erano passati più volte, cercando di ritirare i quattro piatti, i quattro bicchieri, i quattro coltelli e le quattro forchette, ma tutti avevano ricevuto la stessa e identica risposta alla domanda «Posso tirare su?»

«No, stiamo aspettando dei nostri amici.»

Ma quegli amici non arrivavano.

Era da quattro anni che non tornavano. Eppure loro li aspettavano ancora, con ansia palpabile, gli occhi perennemente puntati alle porte del Villaggio.

Si svegliavano la mattina e andavano direttamente, e a volte persino in pigiama, da Kotetsu e Izumo per farsi dire chi fosse entrato quel giorno.

E il responso era sempre e solo lo stesso: «Mi dispiace, ragazzi, ancora niente.»

E il commento, era sempre lo stesso: «Grazie lo stesso, teneteci informati.»

Il ragazzo più in carne osservò la scena che gli si presentava quel giorno, 31 agosto: Sakura era appoggiata a Naruto, il biondino le carezzava i capelli, lasciandole piccoli e dolci baci.

Hinata stringeva la mano di Kiba, che a sua volta gliela accarezzava col pollice.

Temari e Shino erano piuttosto freddi tra loro, ma quello perché era nella loro indole non mostrare le proprie effusioni ad altri.

Per finire, Rock Lee teneva la testa bassa e si girava i pollici, agitato come se il mondo stesse per crollare in quel momento.

Il silenzio che aleggiava era asfissiante.

No, Choji non poteva sopportare oltre.

Si alzò in piedi, sbattendo con forza il palmo della mano contro il tavolo e rischiando di infilzarsi coi denti della forchetta.

«Ma che diavolo è preso a tutti?! Avete dimenticato come si parla?! – sbottò adirato, catturando la loro attenzione – Se non sbaglio eravamo venuti qui per festeggiare la fine di agosto e l’inizio di settembre! Eravamo qui per augurare a Temari un buon trasloco a Konoha! Eravamo qui per complimentarci con Sakura per essere diventata capo reparto dell’ospedale e con Rock Lee e Kiba per essere diventati i nuovi sensei di un gruppo di genin! Eravamo qui per festeggiare il fatto che Naruto fosse stato nominato successore della Godaime! Insomma, cazzo! Abbiamo davanti il prossimo Rokudaime e voi cosa fate?! Fate i picci picci tra voi! Tubate come dei piccioni! Mi sono rotto di uscire con voi per stare in silenzio e ricordare i bei tempi passati quando Ino, Shika, Neji e Tenten erano ancora qui con noi! Ma sapete una cosa?! Quei quattro sono vivi! Sono da qualche parte e torneranno! E sapete come lo so? Perché Shikamaru mi ha promesso di offrirmi un pranzo a base di carne! E finché non manterrà la promessa io continuerò ad essere sicuro che sia vivo!» terminò, alzando il tono di voce un’ultima volta, prima di risedersi e di incrociare le braccia al petto, sbuffando.

Per un minuto esatto di orologio, nessuno osò aprire bocca, poi Naruto si mise nella stessa posizione di Choji, imitandolo.

«Ecco! Cazzo!» esclamò, mimando anche la voce adirata del ragazzo e facendo scoppiare tutti in una grassa risata.

La loro prima, vera risata dopo quattro anni.

 

Dopo lo schianto di quell’uccello troppo piccolo per poter portare quattro persone, Itachi e Deidara avevano trascinato le ragazze a ripararsi dentro un tronco cavo di un albero fortuito che si trovava lì vicino.

Il fumo dell’esplosione era visibile, fin troppo visibile, i foglietti di carta da cui stavano scappando li avrebbero trovati subito. [* foglietti carta: Konan, membro femmina dell’Akatsuki, ha la capacità di trasformarsi in piccoli fogli di carta.]

«Itachi! Deidara! Cosa facciamo?» domandò terrorizzata Ino, aggrappandosi all’amica e prendendo a tremare per il freddo e la paura.

L’Uchiha non disse nulla, gli sarebbe piaciuto accogliere quel pulcino tremante tra le sue forti braccia e baciarla con trasporto un’ultima volta, ma le due figure scure appollaiate sui rami di un albero non molto distante da loro gliel’avrebbero impedito sicuramente.

«Potete uscire allo scoperto! Non vi faremo del male!» li chiamò a gran voce.

Le due si guardarono intorno stranite, mentre l’espressione di Deidara si tramutava in una smorfia triste e rassegnata.

Poi, alla luce fioca del fuoco dell’esplosione, le due figure misteriose si rivelarono essere Shikamaru e Neji.

«SHIKA!!!» strillò la bionda, correndo e gettandosi tra le braccia del moro, che l’accolse con indescrivibile felicità e prese a piangere come un bambino, mentre i loro singhiozzi si sovrapponevano, creando un unico pianto di gioia.

«Non farlo più, Ino, non farlo più!» sussurrò, tra un singulto e l’altro, stringendola ancora più a sé e prendendo ad accarezzarla, inebriandosi del suo profumo che ancora persisteva sui capelli ormai sporchi, mordendosi il labbro inferiore, deglutendo saliva e lacrime.

Ino, in risposta, si era aggrappata con quanta forza possedeva in corpo alla maglia dell’amico e continuava con le mani ad accarezzarlo in viso e sulla schiena, quasi non fosse sicura che il ragazzo che aveva davanti fosse davvero il suo Shikamaru.

Tenten era rimasta in disparte, la testa bassa come in segno di scuse e non osava andare da Neji, anche se avrebbe voluto abbracciarlo e baciarlo con quanta passione aveva.

«Tenten – sentì ad un tratto una voce rotta chiamarla flebilmente, alzò gli occhi e vide che Hyuuga stava piangendo, piangeva come non l’aveva mai visto fare – Ti prego… abbracciami!» la pregò con tanta tristezza nella voce quanta gioia negli occhi.

La brunetta non se lo fece ripetere due volte e si gettò tra le forti braccia dell’amato.

Nessuno dei due spiccicò parola, l’abbraccio che si stavano dando valeva più di qualsiasi cosa.

Itachi e Deidara, invece, osservavano la scena con immensa felicità. Vedere quelle due ragazze così amate e così felici gli provocava una rilassatezza nel cuore che, sapevano, nient’altro avrebbe potuto regalargli.

Ad un tratto, il biondo alzò gli occhi e vide che erano in avvicinamento una moltitudine di foglietti che volavano alla luce della luna.

Konan era lì.

«Ragazzi! – chiamò, e Nara e Hyuuga lo ascoltarono – Vi prego… abbiate cura delle nostre principesse.» detto ciò li scacciò via, ed estrasse il kunai, mentre Itachi faceva lo stesso.

Era ora dell’addio.

«Itachi… Deidara…» mormorarono le due ragazze, incerte su cosa dire a quegli uomini che, comunque, avevano amato.

«Sì, Ino, anche io ti voglio bene!» disse il moro, facendole l’occhiolino.

«Tenten, non cambiare mai! Sei un mito, ti voglio bene!» fece eco Deidara, lanciando un bacio alla brunetta.

«Questo è un addio…» sussurrarono poi all’unisono, mentre i quattro ragazzi si allontanarono furtivamente dalla foresta.

I due uomini si prepararono alla battaglia.

Battaglia dalla quale non ne sarebbero mai usciti, vivi.

 

Choji spalancò gli occhi, mentre il cuore gli si riempiva di una felicità indescrivibile. Si alzò di scatto dal letto e guardò l’orologio: mezzanotte in punto.

Il suo corpo fu pervaso da una strana eccitazione che lo portava a sorridere, a continuare a sorridere, senza sapere perché.

«Il principe sta portando a casa la sua principessa!» sussurrò, prima di correre fuori di casa e raggiungere quella di Rock Lee.

Tirò un paio di sassolini alla finestra del ragazzo e, una volta che il moro gli ebbe aperto, con sguardo assonnato, gli sorrise rendendolo partecipe di quella eccitazione e quella gioia che l’aveva colto.

Lee dapprima lo prese per idiota, poi alzò lo sguardo verso le porte di Konoha. Gridò con quanto fiato aveva in gola.

«QUESTA È LA GIOVINEZZA!!!»

Si lanciò fuori dalla finestra, facendo un fortuito atterraggio con i piedi e le ginocchia e, insieme ed in pigiama, presero a correre nella notte, direzione: palazzo dell’Hokage.

Come sincronizzati, dai viottoli delle stradine più periferiche del villaggio videro spuntare Sakura e Naruto che ridevano, ridevano come se fossero rinati.

Davanti al palazzo vi erano già ad aspettarli Kiba, Hinata, Shino e Temari. Tutti e quattro emanavano un’aura di pura felicità.

Come sentitasi chiamata in causa, Tsunade aprì la finestra della sua stanza e, vedendo gli otto ragazzi ai piedi dell’edificio, con un sorriso che farebbe concorrenza a quello di Gai, uscì di scatto fuori.

Una volta incontrati quegli occhi pregni di una contentezza palpabile, non ci fu bisogno di alcuna parola, bastarono gli sguardi.

Si precipitarono alle porte di Konoha, dove Kotetsu e Izumo sembravano aspettarli.

Il grande portone si spalancò, rivelando quattro figure che sembravano reggersi in piedi a vicenda.

«Siamo tornati!»

 

La vita è davvero imprevedibile, a volte. Ma allo stesso tempo possiamo considerarla bellissima.

Ad un anno di distanza dal loro ritorno, i quattro ragazzi avevano ripreso la loro routine quotidiana, come se quei tre anni non fossero trascorsi per niente.

Potete immaginarvi la felicità dei genitori a vederli tornare a casa sani e salvi, un po’ acciaccati ma vivi e maturati da quell’esperienza.

Dopo soltanto trecentosessantacinque giorni, tutto era tornato normale.

All’Hokage e agli altri non fu mai rivelata la verità, invece, gli venne raccontato che le ragazze erano state catturate dall’Akatsuki e i ragazzi sconfitti più volte.

Dopo pochi mesi fu annunciato il primo matrimonio: Temari e Shino si sarebbero sposati a gennaio; la bambina, Ayumi, nacque a marzo e fu la primogenita di tre figli.

Kiba e Hinata preferirono non sposarsi subito, ma andare a convivere in attesa che la giovane Hyuuga partorisse la piccola Okami. Il signor Hyuuga, però, dopo la nascita della sua nipotina, non volle attendere oltre, e la giovane Hinata venne trascinata in chiesa vestita di un bianco alienante in sole due settimane.

Shikamaru riuscì a confessare il suo amore per Ino nella notte che separava i loro compleanni dello stesso anno del loro ritorno. La bionda si scoprì incinta dopo poche settimane. I due convogliarono a nozze dopo un anno.

Neji e Tenten ci misero una vita prima di decidersi a rendere ufficiale il loro amore, ormai palese; avevano aspettato così tanto che Tenten temeva di partorire prima delle nozze, ma quando si trattava di quelle cose, Hyuuga diventava talmente timido da far concorrenza alla povera Hinata. Ma nulla smosse Hiashi Hyuuga dal prendere il nipote per le orecchie e trascinarlo davanti all’altare con la forza, mentre Hanabi e Hinata se la ridevano di gusto nel vedere il giovane aggrapparsi a oggetti e persone, nella strada per la chiesa.

Naruto e Sakura furono gli ultimi ad indossare i vestiti matrimoniali e a pronunciare quel fatidico “sì”, la rosa voleva aspettare che il suo Naruto fosse nominato Rokudaime, prima di presentarsi davanti all’altare con un bambino in carrozzella e un pancione gonfio per la seconda volta.

Oltre ai nostri amati protagonisti, le altre coppie che convogliarono felicemente a nozze furono: il giovane Konohamaru che lo chiese alla bella Hanabi dopo solo sette anni di fidanzamento.

Genma e Hana, già felicemente sposati da un anno prima del ritorno a casa dei quattro.

Iruka e Shizune, che vennero trascinati con la forza a dire “sì”.

Anko e Kakashi, che dovette fare di tutto e di più per convincere la fidanzata che non poteva presentarsi in chiesa con la sua tuta da Jounin.

Ma voi vi chiederete (o forse no) che fine hanno fatto Choji, Rock Lee, Kankuro e Gaara. Ebbene, Gaara si trovò una compagna a Suna, nientepopodimeno che la giovane Matsuri, sua allieva e tutt’ora moglie.

Kankuro si trasferì a Konoha, dato che voleva stare vicino alla sorella in quanto zio preferito dei suoi nipotini, e comprò un appartamento che divise poi con Choji e Rock Lee. I tre divennero i famosi “Tre Scapoli Felici di Konoha”, nonché migliori Jounin che il Villaggio non vedeva da tempo.

Le giornate proseguivano felici per tutti, ma queste non bastarono ad evitare a Shino l’ennesimo svenimento dopo la scoperta che la sua Temari era incinta del quarto figlio a distanza di pochi anni.

A quel punto, capì perché suo padre per il suo compleanno gli aveva regalato una scatola di anticoncezionali. Solo allora decise che sarebbe stato saggio cominciare ad utilizzarli, se non voleva trovarsi la casa straripante di marmocchi.

 

E vissero tutti felici e…

 

«Shino-kun?»

«Mh?»

«Sono due gemelli!»

STONK!

 

[To be continued…]

 

 

 

A/N

 

Voilà! Ecco a voi l’ultimo capitolo! Spero sia di vostro gradimento, personalmente, è il mio preferito! *_*

Per l’epilogo… sarà on-line prestissimo! Promesso!

Puff, puff che faticaccia!

Bene, risposte alle recensioni!!! *_*

 

Revan Grazie, sono felice ti piaccia! ^^ Per l’Itachi premuroso… lo so, è strano, però è un tuo parere e, dopotutto, questa fanfiction è OOC, quindi non è quel gran dramma! Comunque non mi sono offesa! ^^ È giusto che tu esprima il tuo parere e mi metta al corrente di ciò! È sempre bello ricevere recensioni gratificanti, con anche qualche parere leggermente negativo! *_* Spero ti sia piaciuto anche questo capitolo! Ci “vediamo” all’epilogo!

 

celiane4ever Voilà! Ecco a te l’aggiornamento! Come puoi vedere, l’happy ending l’hai azzeccato, non c’è per Deidara ed Itachi! Muahaha! Come sono perfida!!! XD

Comunque, alla fine c’è sia il NejiTen, che lo ShikaIno, contenta? Spero di sì! ^^ Dimmi come hai trovato questo capitolo e continua a seguirmi… presto posterò anche l’epilogo! E lì sì che ci sarà da ridere!

 

Maobh Grazie infinite! (_ _) *inchino* Yay! Sono strafelice che ti sia piaciuto questo stacco! Effettivamente… ho sentito il bisogno di darlo, più che altro per far capire che gli eventi non si susseguono tutti subito l’uno dopo l’altro. C’è comunque un lasso di tempo che separa i due momenti fondamentali.

Effettivamente, Naruto e Sakura sono fin troppo impazienti, ma come hai potuto vedere, alla fine non ci sarà bisogno di andarli a recuperare, visto che tornano a casa con le loro – distrutte – gambine.

Inoltre, vorrei chiederti se ti è piaciuta la scena dove intervengono i genitori dei ragazzi, temo di aver esagerato con la depressione… sigh… ç_ç

Per la spin-off… ci sto lavorando, ci sto lavorando! XD Il problema è che non so quale potrebbe essere l’argomento principale… pensavo ad un tema del tipo: “La sera in cui Shika ed Ino hanno fatto scintille” o comunque qualcosa di inerente alla coppia ShikaIno… però… non so, ci penserò!

Grazie mille anche per il complimento a Stella di Natale! *_*

Ci si “vede” all’epilogo, allora! Bye!

 

Semmy92 Grazie infinite ! Sono felice che tu l’abbia apprezzato, sia il capitolo, sia Neji (che, ti devo dar ragione, è un figo! *_*)

Ci si “vede” all’epilogo!

 

Giuli@ Voilà! Ecco a te anche l’ultimo capitolo! Spero sinceramente che ti sia piaciuto e gradirei sapere se hai apprezzato il NejiTen, visto che ne sei fan accanita! ^^

Anche a me piace il rapporto che si è instaurato tra Neji e Masami… dato che Neji non ha né fratelli né sorelle… mi piaceva vederlo con una sorellina più piccola che lo venera! *_*

Grazie mille per il commento e… ci si “vede” all’epilogo!

 

Tattaratà! Ecco fatto!!! Appena scuola e compiti non mi porteranno via il tempo, posterò l’epilogo, per poi passare alla spin-off!

Grazie infinite a tutti coloro che hanno letto e recensito, e anche a chi ha letto e non recensito! *_* È sempre una gioia immensa sapere che il proprio lavoro è stato apprezzato!

Domo arigatou gozaimasu!!!

 

All’epilogo!

Ja ne.

 

Akami/AtegeV

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Capitolo 9
*** 9. Epilogo ***


Wecome To PageBreeze

Farewell Konoha

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- EPILOGO -

 

 

«Dan!!! Maledetto siate tu e il tuo clan! Ridammi subito il mio elastico!!!»

Era cominciata una nuova giornata a Konoha, il sole brillava alto nel cielo limpido e le strade erano ancora poco frequentate, dato l’orario mattiniero.

Certo, c’erano Sora Nara e Dan Hyuuga che si rincorrevano da più di venti minuti, ma quella era normale routine quotidiana…

E… sì, c’era anche Hideki Uzumaki che flirtava apertamente con la giovane Okami Hyuuga, che nel frattempo accarezzava il suo cane Ryu, non preoccupandosi dei meravigliosi complimenti che il tredicenne le stava facendo, mentre Aki Aburame li guardava, geloso fino alla punta dei capelli biondo sporco.

Sì, c’erano persino le gemelle Natsumi e Harumi Aburame, appena dodicenni, che si scioglievano sentendo le dolci moine che Uzumaki dedicava alla sua bella, sognando di essere loro le prossime interlocutrici del biondino.

Naturalmente non dobbiamo dimenticare quei peperini di Ishimaru Nara e Hiroki Uzumaki, che al momento stavano minacciando Ayumi Aburame di dare loro delle caramelle, con un bastoncino che era stato precedentemente affogato dentro una pozzanghera fangosa.

Per finire, Hoshi Uzumaki, splendida undicenne, e Fuyuki Aburame erano imboscati chissà dove, ad amoreggiare.

Ma noi abbiamo lasciato la povera Sora a rincorrere Dan, dato che il ragazzo le aveva deliberatamente fregato il prezioso elastico che teneva insieme i suoi capelli ribelli castani, una volta raggiuntolo, gli si gettò sopra, facendolo cadere in terra e strappandogli l’oggetto dalle mani.

«Mendokuse… – esclamò, scocciata – ci avevo messo almeno cinque minuti per farmi la coda!» si lamentò, ricominciando a raccogliere i corti capelli che stavano a malapena nel piccolo codino.

«Ma perché porti sempre il codino, Sora-chan? Hai i capelli talmente corti…» domandò a bruciapelo Dan, cominciando a pulirsi dalla polvere che gli era rimasta sui pantaloni.

«Uhm… sai che non lo so? Sarà un vizio di famiglia…» rispose la bruna, alludendo al fatto che entrambi i suoi genitori portassero i capelli costretti in una coda di cavallo.

In quell’istante, le sfrecciarono a pochi centimetri due bambini, uno dai capelli biondi e uno dai capelli tendenti all’arancione.

«Hiroki! Ishimaru nii-chan! Dove correte così di fretta?» li fermò, scaltramente, come avendo compreso che stessero scappando da qualcuno.

«Ehm… Sora-chan – cominciò quello coi capelli color pel di carota – Io e Ishimaru-kun stavamo… ehm… allenandoci per una maratona!» detto questo si mise a fare un po’ di corsetta sul posto.

«Maratona? Mendokuse! Le maratone sono troppo faticose!» borbottò il ragazzino biondo, scostandosi da davanti all’occhio sinistro una ciocca bionda più lunga delle altre, mostrando così gli splendidi occhi azzurro cielo, gran vanto del clan Yamanaka.

«Ishimaru Nara! – sbottò Sora, infastidita – È mai possibile che tu debba sempre lamentarti di tutto?!»

«Non è colpa mia se ho preso dal ramo discendente di papà… e ora… ci lasci andare? Non so se l’hai capito da te, ma abbiamo un’infuriatissima Ayumi che è in procinto di fare di noi due scendiletto…»

«Sì, sì, vai… sfaticato! Comunque, non pensare che non racconterò questo a Shino-san!» canticchiò la sorella, da buona, appunto, sorella qual’era.

L’ultima cosa che sentì fu l’ennesimo «Mendokuse!» da parte del fratellino, prima di vederlo sfrecciare via, trascinato da Hiroki chissà dove.

In quell’istante si avvicinarono ai due le gemelle Aburame, con gli occhi che sembravano due cuoricini.

«Oddio! – strillarono – Avete visto che Hideki ci stava provando con Okami? Ma…» Harumi terminò la sua frase, lasciando che fosse la gemella a continuarla, come facevano sempre da quando avevano iniziato a parlare.

«… Okami non lo calcolava! Hihi… povero Uzumaki! Per l’ennesima volta il suo tentativo amoroso è…»

«… miseramente fallito! Certo però che se ci provasse con una di noi…»

«… saremmo assolutamente felici di poter saggiare personalmente le sue labbra rosee e carnose!»

Dan dovette seriamente trattenersi dall’uccidere quelle due. Non le erano mai andate a genio… pensavano troppo ai ragazzi per essere soltanto delle dodicenni. Sua madre gli aveva insegnato che non doveva fermarsi alle apparenze, e gli aveva anche confidato che a dodici anni, anche la signora Nara e la signora Uzumaki pensavano molto agli esponenti dell’altro sesso.

Lui non riusciva a crederci. Perché a lui interessava soltanto una persona, e da ben cinque anni ormai era sempre la stessa.

«Sul serio?! Cavolo… povero Hideki… magari – cominciò Nara, con un sorriso malizioso che le sfiorava il viso – Ha bisogno di essere consolato…» sussurrò complice alle due ragazze che, dopo essersi abbracciate, corsero dal povero Uzumaki che, come se non fosse abbastanza depresso, si vide arrivare quelle due a infastidirlo.

«Ma io mi chiedo dove avranno preso questo lato del loro carattere… Shino e Temari sono sempre state persone serie…» commentò una voce adulta maschile da dietro i due amici.

«Inuzuka-san!» Sora fece un salto dallo spavento. Kiba Inuzuka era in groppa al suo cane Akamaru e la guardava con evidente accortezza.

«E così, questa è la famosa Sora-chan… eh, Dan?»

«Oji-san!!!» gridò il moro, avvampando di botto.

«Via, via… Dan… mi avevi detto che era carina, ma non pensavo fosse così carina! Tutta sua madre…» continuò, imperterrito, Kiba ammiccando.

Sora arrossì leggermente, voltando il viso dall’altra parte, sottraendosi agli sguardi persecutori dell’Inuzuka e a quelli increduli di Dan e riflettendo sul fatto che Inuzuka-san doveva essere proprio cieco se sosteneva la sua somiglianza con la madre, dato che, esteriormente, era tutta suo padre.

«Oh, scusami, signorina, ti ho messa in imbarazzo! Sono costernato!» s’inchinò l’uomo, fin troppo esageratamente per essere preso sul serio.

Hyuuga afferrò la mano dell’amica e la trascinò via da quella situazione oltremodo imbarazzante.

«Ti prego, scusalo! Non è tanto a posto!» esclamò, toccandosi più volte la tempia col dito indice, sottolineando che suo zio non fosse normale.

«N-no… non importa…» rispose ancora imbarazzata, cominciando a rigirarsi le mani ormai sudate.

Conosceva Dan da una vita e per lui provava da sempre qualcosa che andava oltre l’amicizia… qualcosina, ma proprio poco poco.

E ora sentiva dire dallo zio del suo migliore amico queste cose?! Non era concepibile!

Aaah… come le sarebbe piaciuto avere uno zio così! Le rivelazioni amorose sarebbero state diecimila volte più facili… come se non bastasse avere la dottoressa Stranamore come madre. Lei avrebbe combinato appuntamenti su appuntamenti per vedere la sua bambina uscire con un ragazzo (mentre suo padre tentava in tutti i modi di dissuaderla dal portargli via la sua hime-chan).

Stava già progettando matrimoni futuri, come ad esempio era riuscita a combinare un’uscita costringendo il povero Ishimaru con Aika Sarutobi! La figlia di Konohamaru e Hanabi, che aveva soltanto otto anni!

Ma ormai la conosceva sin troppo bene Ino Yamanaka, a lei piaceva impicciarsi degli affari amorosi di tutti i suoi amici, ma dei suoi soprattutto, e a Sora veniva sempre da ridere quando suo padre la difendeva, ma in realtà era quello che se le sentiva di più.

«Ehi! Che ne dici se andiamo a mangiare qualcosa?» le domandò Dan nervosamente, temendo che le parole dello zio Kiba avessero scosso la ragazza.

«Uhm! Ma sì, dai! Ho voglia di… carne alla griglia!» la quattordicenne alzò un pugno al cielo, accelerando il passo in modo da raggiungere il prima possibile il ristorante.

Correndo via, senza preoccuparsi di niente e nessuno, finì per urtare qualcuno.

«Oh! Sora-chan! Quale meraviglia incontrare una così giovine pulzella in giro per Konoha, non è vero, miei giovani compagni?»

Il sensei Rock Lee salutò con la sua solita giovialità la ragazza, rivolgendo poi uno dei suoi sorrisi speciali ai tre compagni che aveva vicino: Choji Akimichi e Sabaku no Kankuro.

«Buongiorno Lee-sensei, ‘giorno Choji-sensei, ‘giorno Kankuro-sensei…» cantilenarono i due.

«Dove andate così di fretta, furbacchioni?» domandò Kankuro con una nota di malizia nella voce.

I ragazzi avvamparono.

«Kankuro-sensei! Avevamo semplicemente fame!»

«Ecco, ora che ci penso…» cominciò Choji, prima di essere interrotto dal brontolio del suo stomaco.

«Choji-kun! Stiamo andando al mercato proprio per questo!» lo rimbeccò il più anziano e, mentre i tre cominciarono a parlare tra loro di come l’uomo in carne avesse divorato tutto il loro frigo la sera prima, Sora e Dan ne approfittarono per scappare.

 

Convennero unanimemente: la carne alla griglia alle dieci di mattina era veramente pesante sullo stomaco.

«Guarda che roba! – esclamò Sora indignata, tenendosi la pancia, inesistente – Guarda! Avrò preso almeno un chilo con questa bravata! Dannazione!» e tirò un pugno sulla testa di Dan.

«Uff… è stata una tua idea, signorina decido-io-dove-andare-a-mangiare! – replicò Hyuuga, incrociando le braccia e sbuffando – Io volevo mangiare cibo cinese!»

«Tu vuoi sempre mangiare cibo cinese, Dan-kun!»

«E tu vuoi sempre mangiare carne alla griglia!»

«È colpa dello zio Choji!»

«Sì, ecco! Dai la colpa agli altri! Dai sempre la colpa agli altri!»

«Ma… brutto pezzo di…» le venne tappata la bocca dalla mano pallida dell’amico.

«Evitiamo di litigare per la tua pancia inesistente, d’accordo, Sora-kun?» sussurrò il ragazzo con voce stranamente sensuale, quasi stesse dicendole dolci parole d’amore.

Erano molto vicini, il naso di Dan sfiorava la guancia di Sora e fece avvampare la ragazza dall’imbarazzo. Aveva già avuto contatti simili con lo Hyuuga, ma non si era mai ritrovata nella situazione di sentirsi così a disagio.

In risposta, lui aveva caldo. Stava sudando. Gli sudavano parti che non aveva, deglutì, mai percepito sudare.

Si allontanò dall’amica quasi fosse scottata ed entrambi voltarono lo sguardo, rossi ed impacciati come due adolescenti al loro primo appuntamento.

«Ehm… che ne dici se andiamo a casa mia a bere qualcosa?» propose Sora, senza guardare Dan negli occhi, sfregandosi nervosamente un braccio.

«Sì, ehm… è una buona idea…» biascicò, rosso d’imbarazzo, il giovane, voltando repentinamente lo sguardo dalla parte opposta, fissando i suoi occhi innaturalmente bianchi sul cielo così innaturalmente azzurro, quasi come gli occhi della madre della ragazza che amava.

S’incamminarono, e per tutto il tragitto, nessuno dei due fu capace di aprire bocca nemmeno per dire due o tre paroline, cosa che erano soliti fare sempre. Non c’era stata passeggiata in cui in due erano stati zitti, ma era logico dopotutto: con una chiacchierona come Sora…

Attraversarono la via principale di Konoha, scavalcarono i corpi inermi di Ishimaru e Hiroki, che alla fine erano stati raggiunti da Ayumi e violentemente picchiati, sorpassarono senza farsi notare alcuni vicoli del Villaggio, incontrando più volte Hoshi e Fuyuki intenti in effusioni varie, e per finire scoppiarono in una grassa risata, vedendo che Hideki stava recitando ad Okami una poesia di sua invenzione.

«Ode ad Okami, di Hideki Uzumaki.

Oh, dolce principessa degli animali abbaianti,

i tuoi occhi sono come il brasato,

tanto belli quanto cani ululanti,

nemmeno superano quelli di mio nonno Minato.»

Capite anche voi, cari lettori, che leggere di questi obbrobri… il nostro amico Pascoli, il nostro compagno di giochi Mario Luzi e il nostro divino Petrarca (?) si rivolterebbero più e più volte nella tomba, povere anime.

Dicevamo, Sora e Dan arrivarono velocemente a casa Nara, che scoprirono sotto assedio: piatti e posate volavano qua e là, alcuni portatovaglioli erano finiti in terra, sporcandosi sull’erba bagnata di rugiada, mentre molte forchette erano rimaste conficcate nel terreno.

Hyuuga osservò esterrefatto la scena, per poi rilassarsi: quella era routine in casa Nara.

Oltretutto, dalle finestre aperte, provenivano gli urli disumani della proprietaria di casa e unica dittatrice: Ino Yamanaka.

«Razza di scansafatiche! Mangiapane a tradimento! Nemmeno so perché ti ho sposato! Non hai un minimo di senso del dovere!!!» strillava la bionda.

«Non solo mi hai sposato, cara, ma ci hai pure fatto due figli con me!» replicava l’uomo, peggiorando solo la situazione.

«Non hai rispetto per tua moglie!!!» un bicchiere di plastica volò fuori dalla finestra, mancando di pochi centimetri Sora.

«Io ho rispetto per te, tesoro dolce, ma ne avrei di più se tu la smettessi di lanciarmi addosso tutto il servizio buon… no! Tesoro no! Amore! Lascia andare la pentola! No! Cosa vuoi fare?! Ino?! Cara?! INO! INO FERMATI!!!»

La porta si aprì fragorosamente.

«Sono a casa!!!» esclamò la primogenita della famiglia, entrando velocemente in salotto e lanciandosi in cucina, per osservare i risvolti del suo intervento. Chissà se era riuscita a salvare suo padre…

La scenetta che le si presentò davanti ritraeva Shikamaru Nara nell’atto di proteggersi i gioielli di famiglia, mentre la moglie, munita di pentola e cucchiaio di legno, era in procinto di far di quei preziosi un minestrone.

L’occhiata che suo padre le lanciò le fece intendere che la sua paghetta sarebbe raddoppiata per quella settimana.

«Buongiorno mammina! Come mai così infuriata con papà?» si avvicinò all’uomo e gli schioccò un bacio sulla guancia.

«Tuo padre – cominciò la bionda, scandendo bene le parole – non vuole portarmi alla festa di Konoha domani!»

«Tesoro… sarà la solita seccatura! L’esibizione di Okami-chan e Kiba-kun con i cani, la danza del ventre di Sakura-chan, i tentativi comici malriusciti di Lee-kun, Choji-kun e Kankuro-sempai, sì insomma… la solita noia…»

«Ma… Sora vuole andarci, vero tesoro?» la madre scoccò un’occhiata assassina alla figlia, che per tutta risposta si fece piccola piccola.

«Ehm… veramente… io… io… ci vado già con Dan-kun…»

Quella frase fece sbuffare la bionda e drizzare le orecchie dell’uomo.

«Eh-ehm… e quando ti avrei dato il permesso?»

«Papino…»

«No.»

«Papinino?»

«No! E non guardarmi con quegli occhi!»

«Papuccio?»

«Ho detto no…»

«Shiky-chan?» (*)

«Sora!!! E va bene…»

«Yay! Paparinuccio puccio ti voglio tanto bene!» l’abbracciò.

«Ehm… salve…» la vocetta imbarazzata di Dan interruppe quello strano, quanto quotidiano, quadretto familiare.

I due coniugi si voltarono di scatto.

«Ciao! Dan-kun!» esclamò Ino, avvicinandosi al ragazzo e baciandogli la fronte affettuosamente. «Allora, giovanotto, come stanno mamma e papà?»

«Benissimo, papà saluta tanto Shikamaru-san e gli dice di non mancare domani alla festa di Konoha perché mi ha detto di ricordarvi che avete un appuntamento con loro.»

Il viso di Nara passò da un’espressione tra il rilassato e l’annoiato, ad un viso teso e sbiancato dalla paura, voltando lo sguardo verso la direzione di sua moglie, che lo stava fulminando con fare terribilmente omicida.

«Ehm? Ti ho mai detto quanto ti amo, Ino-chan?»

Il volto della donna si distese, rivelando i lineamenti ancora perfetti e non segnati in nessun modo dallo scorrere del tempo, si mosse verso il marito, si sedette sulle sue gambe e gli buttò le braccia intorno al collo.

«Sì… anche io ti amo, tesoro…» sussurrò, baciandolo sul collo.

Dan e Sora si guardarono disgustati e si diressero lentamente ed in punta di piedi, verso la camera della ragazza, ridendo sottecchi.

«Qui mi scappa il secondo fratello…» fu il commento della ragazza, che fece scoppiare a ridere l’amico.

Passarono davanti al salotto di soppiatto, quando entrambi si fermarono davanti alla porta di legno scorrevole, gettando gli occhi su un numero indeterminato di fotografie sparse alla rinfusa sul tavolino e un grande album aperto al centro.

«Mamma!!!» chiamò la giovane. La donna accorse velocemente, tirandosi dietro per il colletto (tutto sporco di rossetto) il marito.

«Dimmi!»

«Cosa sono quelle fotografie?» domandò, indicando il macello in salotto.

«Quelle? Beh… le foto di quando tuo padre ed io eravamo giovani!» esclamò la donna, sorridendo gioviale, alzando in aria il pugno, felice come una quindicenne.

Gli occhi della ragazzina s’illuminarono di gioia.

«Possiamo vederle?» pregò con voce mielosa, facendo gli occhi dolci ai genitori. «Ti prego, mammina…»

Shikamaru sbuffò, grattandosi la nuca.

«Ma anche no!»

«E invece sì! Forza sedetevi!» rispose invece la bionda, prendendo posto davanti al grande album.

Lo aprì alla prima pagina.

La foto era molto colorata, ritraeva due bambine, una timida bimba dai capelli rosa e un’altra dall’espressione vincente tatuata sul viso, che guardavano con occhi ammirati un ragazzino alto e dagli occhi neri come la pece.

«Questa sono io, con Sakura-chan e Sasuke Uchiha!»

I due ragazzini osservarono increduli la foto.

«Wow!!! Era bellissimo!!!» commentò Sora, ricevendo un’occhiataccia assatanata da Dan.

«Un buffone…» sussurrò l’uomo.

«Tsk… tuo padre è geloso ancora oggi!» rise la bionda.

«Non sono geloso!»

«Dai papà! Continua mamma!»

La donna girò un’altra pagina, mostrando la foto della stessa bambina bionda di prima, che sorrideva felicemente, tenendo a braccetto due bambini, uno grassottello, e l’altro dall’espressione annoiata.

«Questi siamo tua madre, Choji-kun ed io!» spiegò Shikamaru, indicando col dito la biondina.

«Sugoi!!! Ora capisco da chi ho preso!» gridò Sora. «Mamma!!! Eri così kawaii!!!»

«Vero?» si pavoneggiò.

I due uomini si guardarono.

«Tale madre, tale figlia!» sussurrarono, sbuffando.

Era il turno della terza foto: una donna molto matura e affascinante, i capelli biondo sporco raccolti in quattro codini disordinati, salutava l’obbiettivo tenendo una mano sulla spalla del secondo protagonista della fotografia, un ragazzo davvero attraente che teneva fra le labbra una sigaretta giunta ormai al suo limite.

Lo sfondo era piuttosto triste: un’alta duna di sabbia spazzata via dal vento, e nient’altro.

«Tuo padre con Temari-san!»

I due ragazzi strabuzzarono gli occhi.

«Papà!!! Te la facevi con la moglie di Aburame-san?!»

«Certo che no!!!»

«Non è vero! Lei e papà hanno avuto una tresca di un annetto buono!» dichiarò Ino, sorridendo complice.

«Papà! Da te non me lo sarei mai aspettato!»

«Shikamaru-san!»

«Ehi! Ehi!» cercò di difendersi il genitore. «Beh… vostra madre ne ha avuto uno con Sai-san!»

«Questa è una bugia!» ribatté la donna.

«Invece no!»

«Invece sì!»

«No!»

«Sì!»

«No!»

I ragazzi si lanciarono un’occhiata divertita.

«Ecco… han ricominciato!» mormorò Sora, alzandosi in piedi.

«Finiremo più tardi!» aggiunse Dan, seguendo la ragazza che si stava dirigendo verso la sua camera, salendo le scale interne della casa a due gradini per volta.

Si arrestò sul pianerottolo del primo piano, indecisa sul da farsi, finché l’amico, che non prestava abbastanza attenzione a dove mettere i piedi, non inciampò nell’ultimo gradino, cadendole addosso.

«Ma sei pirla?!»

«Prenditela con mamma…» borbottò lui serio, alludendo alla goffaggine di Tenten. «Piuttosto, perché ti sei fermata qui?» le domandò, tirandosi in piedi e offrendole la mano per alzare anche l’amica.

«Beh… è da un po’ che non andiamo in soffitta, vero?» il suoi occhi si fecero furbetti.

«Sai una cosa… hai ragione!» annuì l’altro, complice.

Salirono di corsa la seconda rampa di scale, finché non si trovarono davanti una mansarda grande e completamente ricoperta di polvere, dove l’unica luce proveniva da un fascio che traspariva da una finestra sul tetto.

Mossero qualche passo in quel pulviscolo e raggiunsero un vecchio baule, che probabilmente era molto vecchio.

«Wow! Questo qui è nuovissimo! Non l’avevamo mai visto!» esclamò Dan, rammentando le innumerevoli volte che, da piccoli, lui e Sora avevano ficcanasato in mansarda.

«Già! Apriamolo!»

Infilarono la chiave arrugginita nella serratura altrettanto rovinata e girarono, alzando il coperchio che cigolò un poco.

Era un baule piuttosto vuoto, ad esclusione di quello che sembrava un elegante vestito nero.

I due giovani si guardarono negli occhi, prima di tirare su l’abito e ammirarlo in tutto il suo splendore.

Bellissimo. Un meraviglioso abito nero, con disegnate delle nuvolette, delle nuvolette rosso sangue.

 

 

 

 

Lessico:

 

Mendokuse: seccatura.

Sugoi: che meraviglia!

Kawaii: carino/a

Hime: principessa

Oji-san: zio, diverso da oji-isan che significa “vecchio”

 

 

(*) da Cosa provo per lui di Eleanor. Grazie Ele-sensei *inchino*

 

 

A/N

 

E così, è finita. La long-fic può dirsi conclusa. Voglio sottolineare però un paio di cosucce che ho voluto nascondere in questo epilogo:

 

I figli:

 

Sora: la copia sputata di Ino come personalità, la copia sputata di Shikamaru come aspetto.

Ishimaru: la copia sputata di Ino come aspetto, la copia sputata di Shikamaru come personalità.

 

Questo deriva principalmente dal fatto che, sia nella famiglia Nara che nella Yamanaka, l’ereditarietà dei caratteri è incredibilmente precisa. Se ci fate caso, Shikamaru è uguale spiccicato al padre, mentre Ino somiglia incredibilmente a suo padre.

Inoltre i nomi sono stati scelti con scopo ben preciso:

 

Sora significa “cielo” (indovinate cosa guarda Shikamaru dal mattino alla sera?).

Ishimaru qui ho dovuto ingegnarmi: se Sora inizia per “S” (iniziale di “Shikamaru”), mi serviva un nome che iniziasse per “I” (iniziale di “Ino”), e poi ho aggiunto shimaru (allusione al nome “Shikamaru”).

Quindi: InoShikamaru à Ishimaru.

 

Dan: allegro come Tenten, seppellisce i sentimenti come Neji, non gli servono molte parole per spiegare ciò che ha da dire, esattamente come Neji. La passione dei cibi cinesi, deriva da Tenten che, il secondo databook di Naruto rivela, ha un amore sviscerato per tarocchi e cibi cinesi.

 

I figli di Temari e Shino: hanno in comune con i genitori i capelli (Aki li ha biondo sporco come Temari, ma corti come Shino). Il fatto che siano nate delle gemelle (Harumi e Natsumi) deriva dai genitori di Temari. La madre di Temari aveva un fratello gemello che si chiamava Yashamaru; quindi, a differenza di Shikamaru ed Ino, che – sembra – non abbiano gemelli nella famiglia, grazie all’ereditarietà, sarebbe stata logica la nascita di gemelli.

Inoltre, i loro nomi (ad esclusione di “Ayumi”) sono quelli delle stagioni: Fuyuki (inverno), Aki (autunno), Harumi (primavera), Natsumi (estate).

Il cognome Aburame: “Abu” significa tafano o cimice, i tafani si trovano soprattutto nelle stagioni calde (Natsu, Haru), mentre le cimici le vedi in inverno ed autunno (Fuyu, Aki).

 

Harumi e Natsumi: la loro “ocaggine” deriva un po’ da Kankuro. Kankuro è sempre descritto come un dongiovanni (o almeno, molti se lo immaginano tale) o comunque una persona un po’ buffa. Da qualcuno avrà preso, no? Quindi, quei geni potrebbero discendere da un parente, che a sua volta li ha trasmessi alle due. (non so se avete ben capito…)

 

Okami e Hideki: qui ho voluto giocare tantissimo sul fatto che a Hinata piaceva Naruto, ma Naruto non la notava. Hideki ama svisceratamente (quanto Naruto amava Sakura) Okami, ma Okami non lo nota e non gliene importa nulla.

Okami (secondo il mio dizionarietto) significa “lupo”.

 

Hoshi: nell’epilogo non è molto presentata, ma il suo nome deriva al verbo hoshi i che in giapponese significa “volere” (allusione alla determinazione di Naruto e Sakura) o anche da hoshi, “stella”.

 

Hiroki: il migliore amico di Ishimaru, insieme ne combinano di tutti i colori… non vi ricordano molto i “Quattro di Konoha” (Naruto, Shikamaru, Choji e Kiba)? Anche se sono solo due…

 

 

Il vestito dell’Akatsuki:

 

Semplicemente, volevo far notare che non è stato buttato. Quel vestito fa parte dei ricordi più importanti della vita di Ino e Tenten e sottolinea che, comunque, ci tengono ancora ad esso e alla loro esperienza all’Akatsuki.

 

 

Ok! Passiamo ai ringraziamenti!

 

Angebo: Grazie mille! ^^

 

Kaho_chan: Iii… me l’aspettavo, purtroppo. Mi dispiace! Ti giuro che non ne avevo l’intenzione… ma sai quando si è in quei momenti in cui non sei tu che scrivi, ma sono le tue dita che battono sulla tastiera senza che tu ti accorga di quello che hai scritto? Ecco. Era uno di quei momenti! Quel capitolo l’ho scritto tutto in 2 ore circa! Sigh… spero comunque di non averti delusa! E che questo capitolo ti piaccia più del primo! ^^

 

Celiane4ever: Grazie mille! ^^ Sono felice ti sia piaciuta! Certo che ne scriverò delle altre! Io sono perennemente attaccata al mio PC! Intaserò EFP di ShikaIno! U_U

 

Giuli@: Grazie infinite! *_* Comunque… sono felice che ti sia piaciuta! E anche questo epilogo spero ti faccia sorridere!

 

_Fallen_Star_: Mi dispiace contraddirti, ma Itachi e Deidara sono morti! ^^ E lo dico!

«Questo è un addio…» sussurrarono poi all’unisono, mentre i quattro ragazzi si allontanarono furtivamente dalla foresta.

I due uomini si prepararono alla battaglia.

Battaglia dalla quale non ne sarebbero mai usciti, vivi.

Comunque grazie mille per i complimenti! *O* Così ingigantisci il mio ego! XD No, scherzo! Grazie!

 

Maobh: Grazie mille! Come al solito apprezzo molto il commento! *O* Però… non posso credere che tu sia una fan ShikaTema! Quando l’ho letto ci sono rimasta secca! O_O Ti ringrazio infinitamente per avermi seguita lo stesso, ma temo che non pubblicherò mai una ShikaTema… sigh! Però sta certa che continuerò a pubblicare! Magari non solo ShikaIno! XD

 

Revan: Ehi, grazie mille!!! ^^ Sono contenta siano anche le tue coppie preferite! E spero che anche questo epilogo ti piaccia! È un po’ la vita dei figli dei ninja, quindi… ^^

Grazie per avermi seguita!

Arigatou a tutti!

Ja ne.

Akami

 

 

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