Stuck in a world of isolation

di Elena Waters
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Stuck in a world of isolation - parte prima ***
Capitolo 2: *** Stuck in a world of isolation - parte seconda ***



Capitolo 1
*** Stuck in a world of isolation - parte prima ***


Stuck in a world of isolation

NdA: il titolo è un verso di Lost For Words dei Pink Floyd, quindi ho preferito mantenerlo in lingua originale. Mi rendo conto che questa storia, agli occhi di una persona che non mi conosce, potrebbe sembrare "strana" o confusionaria: ho cercato di spiegarmi nel modo migliore possibile, ma è probabile che ci sia qualcosa di poco chiaro. Anche se nel testo ho deciso di non citarlo, il libro che leggono i due protagonisti è L'idiota di Dostoevskij, nell'edizione che ha come copertina Uomo ferito: autoritratto di Gustave Courbet. Alcuni dei fatti riportati in questa storia sono reali, altri no: i fatti reali, comunque, sono molto rielaborati e i nomi che ho usato ovviamente fittizi. Questa storia era stata inizialmente pensata come una one-shot, ma ho preferito dividerla in due capitoli per comodità.
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Una volta aver provato l'ebbrezza del volo, quando sarai di nuovo coi piedi per terra, continuerai a guardare il cielo.
(Leonardo Da Vinci)
 

                                                                      
Non dovevano essere passate le tre di pomeriggio da molto tempo, quando mi decisi finalmente ad uscire; la luce si era leggermente spostata, aveva iniziato ad illuminare una zona diversa della piazza gremita di gente in abiti estivi, che osservava distrattamente i petali dei fiori di ciliegio che si lasciavano trasportare nell’aria tiepida vorticando senza posa, come a delineare i contorni di un sogno sfocato, svanito in quel cielo senza confini.
Attraversai velocemente la piazza, senza guardare troppo attentamente la gente che mi camminava vicino; ero talmente assorta nei miei pensieri che per errore urtai una donna con in mano un sacchetto di carta, dai cui bordi spuntavano dove il ciuffo di una carota, dove la superficie grinzosa di una foglia di insalata. Lanciandole una veloce occhiata di scuse, mi sorpresi a pensare che a me l’insalata non piaceva affatto. Immaginai, comunque, che a quella signora non interessasse, e mi costrinsi a prestare più attenzione a dove mettevo i piedi invece di ragionare su certe futilità, futilità a cui invece avrei dovuto essere grata, perché mi aiutavano a non impazzire del tutto, schiacciata da un unico, insopportabile pensiero.
Entrai nell’atrio umido del palazzo che ospitava la biblioteca provinciale e mi diressi verso le scale; l’edificio era talmente silenzioso che potevo udire il suono dei miei passi sulla scala di marmo e il mio respiro leggermente affannato, come se le spesse mura dell’edificio avessero deciso di rimandarmeli indietro ogni volta; quando arrivai in cima, per un attimo mi sembrò di sentir riecheggiare perfino i battiti martellanti del mio cuore, con la consapevolezza che quelli non erano del tutto dovuti alla salita. Mi fermai qualche istante a riprendere fiato, poi presi il libro che avevo preso in prestito due settimane prima e me lo rigirai nervosamente tra le dita, controllando per un’ultima volta che fosse in buone condizioni.
Fu davvero una brutta sensazione restituirlo: ero rimasta così estasiata dalla capacità dell’autore di descrivere i sentimenti dei protagonisti, da quei dialoghi così colti e interessanti … perfino la copertina di quel libro - il dettaglio di un dipinto di cui non ricordavo il nome - era riuscita a incantarmi, e io spesso non prestavo neanche attenzione alle copertine dei libri; in genere, quando mi chiedevano in quale edizione avessi letto un certo classico e non lo ricordavo, mi era difficile perfino descriverne la copertina, perché a volte capitava che, ansiosa come ero di leggere, non la guardassi neanche. Inoltre, prendendo in prestito dalla biblioteca almeno tre quarti dei libri che leggevo - forse erano anni che non compravo niente in libreria, non avrei mai potuto nemmeno controllare.
Tuttavia, sapevo che avrei ricordato ogni dettaglio della copertina di quel libro per il resto della mia vita, o almeno fino a quando mi sarei ostinata ad associarla al volto del ragazzo che mi aveva consigliato di leggerlo. Non era la prima volta che lo incontravo, di questo mi ero sentita certa fin dal primo istante; venne fuori che frequentavamo la stessa scuola: lui era due anni avanti a me e in un’altra sezione, per questo forse non ricordavo con esattezza dove l’avessi già visto. Aveva preso la parola in qualche assemblea d’istituto a cui avevo presenziato? Non lo ricordavo.
Studiavo spesso in biblioteca e anche quel pomeriggio - un lunedì che ci avevano dato per il ponte del 1° maggio, mi trovavo lì per ripassare dei capitoli di filosofia su cui sarei stata interrogata a breve. Accanto a me tenevo un paio di libri che pensavo di prendere in prestito: sembravano leggeri ed ero sicura che sarei riuscita a finirli in tempo, nonostante non mi convincessero granché.
Se non ricordo male, i fiori di ciliegio erano sbocciati quello stesso giorno; i ragazzini giocavano all’aria aperta e tutti condividevano con loro la bellezza di un pomeriggio assolato di fine aprile, mentre io mi ritrovavo in una biblioteca polverosa a ripassare una materia che detestavo, perché mi mancava il coraggio di alzarmi e andarmene. Quel pomeriggio Marta era restata a casa e Lisa mi aveva chiesto se volevo accompagnarla a una conferenza noiosissima, ma io avevo rifiutato perché, dall’altra parte della città, c’era un concerto di giovani cover-band a cui ero davvero curiosa di assistere, nonostante la scena musicale della nostra zona non fosse eccelsa; volevo andarci per l’attesa snervante dei sound-check, per le voci imperfette dei giovani vocalist, per le stecche clamorose che a volte prendevano certi chitarristi; volevo andarci per qualsiasi cosa di umano e vivo avrei potuto vedere, ascoltare, per qualsiasi cosa fosse stata in grado di darmi i brividi.
Non avevo la forza di alzarmi, di abbandonare quella stanza fredda e tetra e di farlo, però. Per me quella biblioteca era un posto dove nascondermi dal resto del mondo, dalle persone che mi avrebbero desiderata diversa da ciò che ero. All’esterno potevo anche fingere, ma lì, circondata dalla luce che filtrava e si rifletteva sul pulviscolo, dai libri vecchi e ingialliti, passati per centinaia di mani, sembrava che ogni cosa mi dicesse che non c’era alcun bisogno di mentire.
Dopo un’oretta passata a ripassare senza capire assolutamente nulla, tanto ero distratta, decisi di lasciar perdere e di concentrarmi su quello che davvero mi assillava: il recente litigio tra Marta e Lisa.
Lisa lo sospettava da settimane, ma due giorni prima, durante la gita scolastica, aveva avuto la conferma che Marta si frequentava da un po’ con il suo ragazzo: così le avevano detto alcuni nostri compagni che sostenevano di averli visti insieme e lei, a quel punto, non aveva avuto altra scelta che crederci. Se devo essere sincera, io non mi ero mai interessata granché alla questione: avevo sempre considerato Luigi, il ragazzo di Lisa, una persona scorretta e irritante; mi ero opposta alla loro relazione fin dall’inizio, senza tuttavia insistere, perché tanto non sarei stata ascoltata, e ora avevo soltanto avuto la conferma di tutto quello che pensavo di lui. Al contrario, non avrei mai creduto Marta capace di una cosa simile. In ogni caso, la loro amicizia, già tesa per altri motivi, si era completamente rovinata, e adesso Lisa si aspettava che io, io che per entrambe ero sempre stata una seconda scelta, che avevo sempre meritato ben poca attenzione da parte loro, prendessi esplicitamente posizione. Non so perché, quando mi resi conto di questo, capii che ne avevo abbastanza: di loro, di questa assurda idea che meritassi di essere considerata soltanto quando avevano bisogno del mio aiuto, perfino di quel perfetto imbecille di Luigi, e voltai le spalle a entrambe; non chiusi i rapporti, questo no, ma spiegai chiaramente ad Lisa che poteva scordarsi che smettessi di rivolgere la parola a Marta per quello che era successo: da quel momento sarei stata perfettamente neutrale, che si contendessero qualcos’altro!
Qualcosa mi aveva spinta avanti, in quei mesi che le avevo seguite quasi ciecamente in ogni loro decisione, da quando la nostra compagnia originaria si era per vari motivi disgregata, ma adesso sentivo che quel qualcosa stava andando in pezzi, un po’ a causa della loro indifferenza nei miei confronti, un po’ per tutte le esigenze che in quei mesi avevo ignorato, rimandando il momento in cui finalmente avrei avuto il coraggio di pensare soltanto a me stessa. Mi sentivo come se le assi di un pavimento marcio minacciassero di spezzarsi sotto il mio peso, come se all’improvviso il vento avesse iniziato a soffiare più intensamente, come se il suo rumore si fosse fatto più profondo, minaccioso, a un passo dall’inghiottire qualsiasi altra cosa. Mi sentivo come se quella piccola luce, alimentata a fatica in quei mesi, minacciasse di spegnersi sotto la pioggia incessante.
Fu lo scricchiolio di una suola di gomma sul pavimento consumato a riportarmi alla realtà.
Incuriosita, osservai un ragazzo che rovistava nello scaffale dedicato ai classici: non avrei saputo dire esattamente quando fosse entrato, ma continuavo a fissarlo perché non mi sembrava di averlo mai visto lì, nonostante la sua figura mi apparisse familiare per qualche motivo che in quel momento mi sfuggiva.
Lo notai per il modo in cui si muoveva; a volte a scatti, altre con una lentezza indescrivibile: quasi come se, nel mezzo dell’azione, avesse voluto fermarsi un secondo a riflettere, non senza una certa goffaggine. Afferrò un volume da uno scaffale poco più in alto della sua testa, sollevandosi per un istante sulle punte dei piedi, dopodiché si voltò quasi di scatto nella mia direzione. Abbassai velocemente lo sguardo sui miei appunti disordinati, cercando di capire dove l’avessi già visto. Non era un frequentatore abituale della biblioteca; se così fosse stato, l’avrei ricordato certamente: conoscevo per nome quasi tutti quelli che venivano lì a studiare, e non mi sembrava che lui appartenesse alla categoria. Guardai lo schermo del mio cellulare, che segnava le cinque passate. La stanza si era ormai svuotata: non rimanevano che un anziano professore della facoltà di giurisprudenza che consultava un gigantesco tomo, due tavoli avanti a me, e il ragazzo, che nonostante questo prese posto nel mio stesso tavolo, scusandosi con una breve occhiata.
«C’è più luce qui, non ci vedo molto bene», mi spiegò.
Alzai le spalle e gli feci un po’ di spazio, approfittandone per osservarlo meglio. In effetti, portava degli occhiali spessissimi: forse fu per questo che mi risparmiai una battutina acida sul fatto che anche quel professore seduto qualche metro avanti a noi non dovesse avere chissà che buona vista.
Per un po’ restammo in silenzio, entrambi intenti nei nostri compiti: io ripassai invano un altro capitolo di filosofia particolarmente ostico, lui sfogliò con interesse il libro che si era preso, fino a quando, all’ennesimo attributo della materia di cui non riuscii ad afferrare l’utilità, chiusi il libro sbuffando e feci per dedicarmi ad altro. Il ragazzo rise, distogliendo l’attenzione da ciò che stava facendo; lo fissai per un istante, irritata, poi qualcosa nella sua espressione divertita strappò una risata anche a me.
«Cosa stai studiando di così destabilizzante, se posso chiederlo?»
Riaprii il libro, come se in quei pochi secondi di interruzione l’avessi dimenticato.
«Aristotele, attributi della materia, motori immobili … stupidaggini simili», risposi distrattamente.
«Non ti piace la filosofia?», chiese, incuriosito.
«La odio come poche cose, ma non penso che sia il caso di discuterne».
Sorrisi, leggermente imbarazzata, per cercare di addolcire un po’ quella risposta così secca. Ero di pessimo umore, certo, ma questo non significava che un povero sconosciuto dovesse pagarne le conseguenze.
Credo che lui non ci fece neanche caso, comunque: era una di quelle persone che, nonostante l’apparenza fragile, non sarei riuscita a scalfire in nessun modo, o almeno fu questa l’impressione che ebbi di lui. In quel preciso istante, non mi chiesi nemmeno come mi fosse venuta in mente una cosa simile.
«Perché hai scelto il liceo classico, allora!», rise.
«Come fai a sapere che scuola faccio?»
Alzò le spalle. «Credo di averti vista nel cortile, qualche volta, mentre parlavi con due ragazze che conosco, Marta Bellini e Lisa …»
«… Vico», conclusi.
«Sì, esatto». Sembrò riflettere per un secondo. «Brutta situazione, eh?»
Scossi la testa e dissi che non mi andava di parlarne: perché avrei dovuto, poi!
«Non era mia intenzione offenderti, scusami. Non mi sono neanche presentato, pensa un po’!»
Mi tese lentamente la mano. «Valerio».
«Marianna». La sua stretta energica mi mise un po’ in imbarazzo. «Non mi sono offesa, non fa niente».
Sembrò rilassarsi. «Beh, tanto meglio così, mi stavo preoccupando!»
Sorrise: un sorriso educato, in qualche modo perfino rassicurante. Comunque, preferii cambiare discorso.
«Che classe fai?»
«La 3°D. Tu, invece? Sei in classe con Marta e Lisa?»
Annuii.
«Che cosa stai leggendo?», chiesi, all’improvviso, lasciandolo un po’ spiazzato.
Sorrise di nuovo, questa volta con un leggero imbarazzo. Sollevò il volume dal tavolo in modo che potessi leggerne il titolo: un titolo secco, ermetico, che lasciava decisamente troppo spazio all’immaginazione. In compenso, non riuscii a staccare gli occhi dalla copertina: il romanzo era in edizione economica, quindi soltanto la metà inferiore del frontespizio era occupata dall’immagine di un uomo con gli occhi chiusi, la testa reclinata all’indietro; un’espressione che tradiva un sentimento a metà tra la beatitudine e il più atroce dei tormenti. Ne restai turbata, in qualche modo - un’inquietudine senza radici si fece strada dentro di me, ma feci di tutto per non darlo a vedere. Non ci riuscii, comunque: Valerio mi chiese se mi sentissi bene. Dopo un istante di esitazione annuii e lui sembrò tranquillizzarsi.
«È molto interessante, ti consiglio di leggerlo. Devo solo controllare qualche citazione, una decina di minuti e te lo lascio».
«Non vuoi prenderlo in prestito?» Ero confusa.
«L’ho già letto almeno quattro volte e a casa ne ho una copia, solo che adesso l’ho prestata a un amico».
Quando ebbe finito, lasciò il libro a me. Riportai i due libri su cui ero indecisa nei loro scaffali e lo seguii verso l’uscita; il cielo si era lievemente incupito, rispetto a un paio di ore prima, ma la luce continuava a riflettersi sulle foglie chiare dei platani e i lastroni di pietra che ricoprivano la piazza davano l’idea di essere ancora tiepidi. L’orologio della torre segnava le 18 e qualcosa, ma tutti in città sapevamo che andava indietro di almeno una ventina di minuti.
«Dove vai, adesso? Vuoi che ti accompagni?», mi chiese, anche se non capii se dietro al suo tono gentile si nascondesse soltanto la volontà di compiere un gesto di cortesia o anche l’interesse di continuare la conversazione che avevamo iniziato.
«Vorrei passare in piazza a sentire il concerto, ma non è necessario che mi accompagni. Anche perché non credo di restare molto».
Valerio, in realtà, aveva intenzione di passare a casa, prima di uscire di nuovo per vedersi con degli amici, tuttavia mi seguì fino alla piazza principale e restò con me fino alla fine del concerto. Quando arrivammo, almeno tre o quattro gruppi dovevano aver già suonato; in quel momento, sul palco, c’erano dei ragazzi che ricordavo di aver già ascoltato durante la Giornata dell’Arte dell’anno precedente ed erano piuttosto bravi. Come quasi tutti i gruppi quella sera, suonarono cover di brani famosi degli anni ’80 e degli anni ’90, anche se alcuni in seguito si cimentarono in pezzi anche meno recenti: l’ultimo gruppo prima della chiusura fece una discreta cover di Another Brick in the Wall dei Pink Floyd, lasciando gli astanti entusiasti e con quell’esaltazione e quel senso di vuoto che solo la fine di un concerto dal vivo, per quanto arrangiato, può lasciare.
Mi sentivo ancora stordita per il volume eccessivo, con le note dell’ultimo pezzo che mi rimbombavano nelle ossa, felice come quel giorno non avrei creduto di poter essere.
Qualche nuvola si era addensata, verso nord, ma il cielo era ancora limpido, l’aria tiepida e asciutta; la notte scendeva lentamente, invadendo le strade già illuminate dalla luce elettrica dei lampioni.
Io e Valerio non avevamo smesso un minuto di parlare, dalla fine del concerto: dal mio odio per la filosofia e dalla trama del libro che mi aveva convinta a prendere in prestito, l’argomento della conversazione si era spostato in un primo istante alle conoscenze che avevamo in comune a scuola, poi ai nostri gusti per quanto riguardava la musica e il cinema - gli confessai perfino che non riuscivo ad ascoltare Coming Back to Life* dei Pink Floyd senza mettermi a piangere! - e poi a qualsiasi cosa ci passasse per la testa: la nostra pizzeria preferita, il nostro numero di scarpe, le mode atroci che si erano diffuse in quel periodo, come quella degli emo; l’appassionata discussione per decidere se la cioccolata calda fosse più buona con le scaglie di cocco o con la vaniglia, il miele e le mandorle tritate, se la professoressa un po’ in carne del corso C della nostra scuola stesse peggio con i pantaloni aderenti o con le gonne a fantasie floreali lunghe fino alle caviglie … qualsiasi idiozia, qualsiasi!
Incontrammo gli amici di Valerio - quasi tutti ragazzi del corso D che non conoscevo - e decidemmo di cenare in una piccola paninoteca che si affacciava su un vicolo del corso principale. Nonostante ci fosse molta gente in giro, il locale non era affollato: due dei cinque tavolini erano liberi e riuscimmo a sederci tutti senza alcun problema. Si trattava di una compagnia vivace, stimolante, in grado di trovare in continuazione nuovi modi per divertirsi: dai giochi un po’ stupidi da fare in gruppo a conversazioni su temi leggeri ma allo stesso momento intriganti; nulla a che vedere con i finti intellettuali che mi ero costretta a frequentare nei mesi precedenti soltanto per non perdere Marta e Lisa: in quelle lunghe e deprimenti serate si arrivava spesso a discutere per ore di argomenti assurdi, senza arrivare a conclusioni soddisfacenti e senza che nulla di piacevole intramezzasse quelle terribili dissertazioni.
Io e Valerio ci fermammo con loro per un’oretta: quando lui mi disse che aveva bisogno di prendere un po’ d’aria, sebbene ne fossi dispiaciuta, non esitai ad alzarmi dalla sedia e a seguirlo - i suoi amici erano delle persone molto simpatiche, ma non me la sentivo di restare sola con loro.
Dopo un po’, nella nostra conversazione iniziarono a crearsi momenti di silenzio sempre più lunghi, ma né io né lui sembravamo preoccuparcene, perché in quei piccoli spazi vuoti non sembrava esserci posto per l’imbarazzo. Al contrario, quando uno dei due riprendeva a parlare, avevo come l’impressione che quella piccola oasi muta si fosse estinta troppo presto.
Per un po’ dimenticai Lisa, Marta, tutte quelle menate con Luigi e la sua evidente avversione per le relazioni monogame; forse addirittura la mia vecchia compagnia e il ragazzo che per tanto tempo avevo continuato ad amare segretamente: ormai era arrivato il momento.
Perché in quell’istante ne fossi così certa, adesso non saprei più spiegarlo. Era qualcosa di talmente irrazionale, di splendido e allo stesso tempo agghiacciante: la sensazione di staccarmi dal suolo, dalle assi che finalmente cedevano, di librarmi nel vento minaccioso, guardandomi dietro nella pioggia fitta e scura e capire, finalmente, che non mi importava più nulla - quella piccola luce che avevo alimentato con tanta fatica poteva anche spegnersi, perché adesso intravedevo i primi raggi del sole. Un cambiamento così repentino, se fossi stata soltanto abbastanza lucida da scorgere le insidie che si nascondevano dietro la sua bellezza sconcertante, mi avrebbe semplicemente terrorizzata. In momenti simili, però, è difficile provare qualcosa di davvero negativo: di fronte a una luce così abbagliante, il dolore svanisce come nebbia del mattino, l’angoscia si dissolve in una nuvola di vapore; provare del risentimento verso qualsiasi cosa passata sembra inconcepibile.
Dopo un po’, ci fermammo su una panchina vicino all’ingresso del parco. Valerio mi offrì una sigaretta, ma rifiutai; lo guardai mentre faceva correre il dito sulla rotellina di metallo dell’accendino, riuscendo a produrre non più di qualche scintilla; imprecò sottovoce, ma alla fine riuscì nel suo intento.
«Questo accendino è un po’ andato», mi disse, sorridendo in una nuvola di fumo, «Devo procurarmene un altro, prima di trovarmi a secco in un momento di felicità».
Probabilmente notò la mia occhiata interrogativa, perché aggiunse: «sai, cerco di non fumare mai quando mi sento triste o annoiato. Sarebbe come sminuire il gesto, non credi?»
Alzai le spalle. «Non ne ho idea, non ho mai fumato».
«Non c’entra tanto il fumare, può trattarsi di qualsiasi cosa: un gesto che ti renda felice, ma che allo stesso tempo … senti come se meritasse rispetto, capisci? Come se in alcuni momenti non dovessi servirtene». Scosse la testa. «Beh, come posso dirtelo? Il fatto è che lascia inappagati. Come quasi ogni altra cosa piacevole: quando vedi un tuo desiderio realizzarsi e capisci che per te non è abbastanza, quando trovi una canzone che ti piace tantissimo e l’ascolti fino a odiarla … queste cose non sono in grado di appagare perché incomplete, imperfette. Sono così perché anche noi non siamo completi, e più ci sentiamo infelici o annoiati, più sentiamo il bisogno di averle, anche se incapaci di aiutarci. È soltanto quando non siamo nel bisogno che possiamo godere appieno della bellezza di un gesto, o almeno io la penso così. Anche un gesto stupido come fumare una sigaretta».
«Non ci avevo mai pensato. Tu … ecco, potrebbe sembrarti fuori luogo come domanda: credi che questo potrebbe essere valido anche per cose più importanti?»
«Non ti capisco». Mi schiarii la voce.
«Ecco, intendevo … credi che anche l’amore funzioni così?»
Non appena finii di pronunciare quelle parole certamente arrossii: non ero riuscita nemmeno a vagliare quanto in quel frangente potesse sembrare sensata una domanda simile che già l’avevo posta. Valerio mi sorrise tristemente.
«L’amore funziona diversamente da qualsiasi altra cosa, ma credo che, in linea di massima, questo principio potrebbe anche essere applicabile. In fondo, quando amiamo per noia o per solitudine non amiamo davvero, cerchiamo nell’altro qualcosa che ci manca e che pensiamo di non poter trovare in noi stessi - ma non si tratta di amore, in quel caso, solo di una ricerca egoistica e vana».
«Forse era quello che volevo sentirmi dire», sussurrai, sperando in qualche modo che non mi sentisse.
Valerio mi appoggiò un braccio sulle spalle, usando una cautela che non avevo mai visto in nessuno: un gesto amichevole, rassicurante.
«Qualche delusione recente?», mi chiese, in tono discreto.
«No», risposi, «non recente, ma non fa tanta differenza».
«Capisco. Mi dispiace aver toccato un tasto dolente».
«Ho cominciato io, figurati. E poi, almeno secondo il tuo modo di pensare, non mi trovo dalla parte del torto, è già qualcosa».
Mi guardò con un’espressione interrogativa. «Quindi lo amavi davvero? Significa che hai sofferto per tanto tempo per una persona di cui in realtà non avevi bisogno?»
Sembrava non capire, né io credevo che davvero potesse, ma mi sforzai di spiegarmi, dato che non pensavo che mi avrebbe giudicata.
«Forse hai ragione a dire che l’amore funziona diversamente, sai? Forse davvero segue regole proprie, perché se veramente non avevo bisogno di lui - e non ho dubbi su questo, allora perché, in tutto questo tempo, mi sono sentita come se continuare ad amarlo fosse per me l’unica strada?»
Arrossii violentemente e questo, sebbene la luce dei lampioni fosse debole, a Valerio non sfuggì.
«Non saprei proprio dirti, in realtà; non mi è mai capitato nulla di simile. Comunque, mi sembri imbarazzata: forse stiamo affrontando un argomento troppo personale. Possiamo cambiare discorso, se vuoi, non mi faccio di questi problemi».
Scossi la testa. «In un momento simile, invece, mi sembra di capire che non sia proprio più il caso di parlare».
Non riuscii a capire se fosse contrariato o felice di assecondarmi. Mi strinse più forte a sé e mi accorsi che stava sorridendo, quando gli appoggiai la testa su una spalla.
«Mi spiace di non essere riuscito a darti una risposta».

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* Canzone tratta da The Division Bell, Pink Floyd, 1994

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Capitolo 2
*** Stuck in a world of isolation - parte seconda ***


Alla fine della serata,‭ ‬io e Valerio ci eravamo scambiati i numeri‭; ‬non che ci fossero serviti a molto,‭ ‬visto che ci eravamo sentiti soltanto il giorno dopo il nostro incontro e in nessun‭’‬altra occasione.‭ ‬Inizialmente,‭ ‬ero stata felice di constatare che‭ ‬l‭’‬amicizia‭ ‬che stava nascendo tra noi fosse una di quelle che funzionano solo di persona,‭ ‬ma nei‭ ‬giorni seguenti mi ero resa conto che avevamo problemi anche a parlarci a scuola:‭ ‬quando ci incontravamo per i corridoi capitava che ci scambiassimo qualche battuta,‭ ‬ma niente di più,‭ ‬dato che quando era con i suoi amici non avevo il coraggio di avvicinarmi,‭ ‬né lui sembrava avere interesse nell‭’‬avvicinarsi a me,‭ ‬quando mi vedeva parlare con Lisa.‭ ‬Era riuscita a tirarmi dalla sua parte,‭ ‬infine:‭ ‬Marta si‭ ‬mostrava un po‭’‬ scostante anche con me,‭ ‬per non contare il fatto che ora riuscivo a vedere in lei un‭ ‬accenno dell‭’‬arroganza che avevo tanto odiato in Luigi.‭ ‬Valerio aveva ragione,‭ ‬con tutti i suoi discorsi sulla noia e l‭’‬appagamento,‭ ‬ma io non riuscivo a stare sola,‭ ‬non ora che avevo anche il suo pensiero ad assillarmi.‭ ‬In fondo,‭ ‬Lisa mi voleva bene:‭ ‬in un modo strano,‭ ‬forse,‭ ‬ma era mia amica e si trovava in difficoltà,‭ ‬con che coraggio mi sarei tirata indietro‭? ‬E se davvero una parte di me credeva che avrei dovuto farle capire quanto fosse stato scorretto nei miei confronti trattarmi come una stupida quando non riuscivo a smettere di pensare a Daniele,‭ ‬al punto da costringermi‭ ‬a soffrire in silenzio,‭ ‬un‭’‬altra parte cercava di farmi capire quanto tutto questo‭ ‬fosse‭ ‬ormai irrilevante.‭ ‬Lisa non aveva mai amato,‭ ‬dopotutto,‭ ‬non poteva capire che cosa significasse.‭ ‬Adesso che la sua prima vera relazione si era conclusa in modo così spiacevole‭ ‬-‭ ‬dato che io invece‭ ‬sapevo‭ ‬-‭ ‬non potevo rifiutarle il mio aiuto.‭ ‬Come ero riuscita ad essere così‭ ‬dura,‭ ‬in quei primi giorni‭?

Tuttavia,‭ ‬non potevo risultarle molto‭ ‬utile nelle condizioni in cui mi trovavo‭ ‬-‭ ‬nella preoccupante situazione in cui,‭ ‬a volte,‭ ‬mi capitava più spesso di pensare a Valerio che a Daniele.‭ ‬Nella mia testa continuavo a ripetermi quanto fosse normale:‭ ‬con lui mi ero sentita veramente bene,‭ ‬avevo provato una felicità che avrei potuto rintracciare soltanto nei momenti più belli passati con Daniele e con il mio vecchio gruppo di amici,‭ ‬prima che questo si disgregasse.‭ ‬Tuttavia,‭ ‬credevo che fosse davvero troppo quando mi ritrovavo a fantasticare su di lui,‭ ‬a pensare a quanto sarebbe stato piacevole uscire con la sua compagnia‭ ‬-‭ ‬e portare anche Lisa,‭ ‬magari,‭ ‬forse si sarebbe divertita anche lei.‭ ‬Si trattava di fantasie che non ero in grado di realizzare,‭ ‬però,‭ ‬e il fatto che mi ritrovassi a pensarci sempre più spesso mi preoccupava.‭
Parlarne con Lisa‭ ‬si rivelò una pessima decisione:‭ ‬lei era troppo di cattivo umore e angosciata dai suoi problemi per dare peso a queste mie ansie da ragazzina.‭ ‬Di Valerio mi disse semplicemente che era un ragazzo inaffidabile e che‭ ‬-‭ ‬come era possibile che non lo sapessi‭! ‬-‭ ‬era uno dei migliori amici di Luigi,‭ ‬quindi mi sarei dovuta aspettare da lui un trattamento pessimo,‭ ‬proprio come quello che era stato riservato a lei.‭

Non feci in tempo a spiegarle che Valerio mi aveva detto di essersi un po‭’‬ allontanato da Luigi quando si era scoperto della relazione con Marta,‭ ‬che Lisa mi disse di averlo visto con un'altra.‭

Mi costrinsi a fingermi indifferente:‭ ‬non potevo rischiare che pensasse che mi fossi innamorata di nuovo,‭ ‬non potevo‭; ‬sarebbe significato ammettere che non avevo imparato nulla.‭ ‬Tuttavia,‭ ‬quella notizia mi scosse più di quando avrei mai potuto pensare.‭ ‬Ripercorsi mentalmente‭ ‬il nostro primo incontro,‭ ‬la serata che avevamo passato insieme,‭ ‬tutte le cose che ci eravamo detti:‭ ‬nulla avrebbe lasciato presagire un suo interesse nei miei confronti,‭ ‬ma io,‭ ‬nella mia ingenuità,‭ ‬nel mio spasmodico bisogno di credere di nuovo in qualcosa,‭ ‬di essere me stessa,‭ ‬anche di amare di nuovo,‭ ‬forse,‭ ‬avevo sviluppato per lui un sentimento a cui non riuscivo a dare un nome,‭ ‬ma che avrebbe potuto rivelarsi pericolosissimo,‭ ‬perché non c‭’‬era niente di concreto su cui potesse basarsi.‭ ‬Nemmeno io mi sentivo pronta per qualcosa di simile,‭ ‬e ora ero‭ ‬terrorizzata,‭ ‬perché avevo perso un‭’‬altra volta qualcosa che credevo di aver riconquistato,‭ ‬perché quel breve sogno si era infranto in mille pezzi e perché la luce che avevo intravisto quella notte era svanita‭ ‬prima che potessi raggiungerla.‭ ‬Avevo spiccato il volo,‭ ‬ma era stato un viaggio vano‭;‬ lentamente sentivo di perdere quota,‭ ‬di riavvicinarmi alla terra,‭ ‬alla gelida terra che tanto avevo desiderato abbandonare per qualcosa di più grande e bello,‭ ‬ma certamente anche più instabile.‭

Ero sempre stata orgogliosa di me stessa per il fatto di essere riuscita ad evitare la maggior parte delle cose negative‭ ‬che caratterizzano l‭’‬adolescenza:‭ ‬l‭’‬essere presa in giro da un ragazzo,‭ ‬iniziare a fumare‭ ‬-‭ ‬perfino i quasi inevitabili periodi in cui si hanno delle passioni di cui dopo alcuni anni ci si vergogna,‭ ‬ma soltanto adesso riuscivo a capire che non si era trattato di intelligenza,‭ ‬né di furbizia,‭ ‬forse nemmeno di fortuna.‭ ‬Erano state le mura che mi ero costruita intorno a proteggermi,‭ ‬nient‭’‬altro,‭ ‬e ora di quelle mura non restavano che rovine:‭ ‬ero esposta‭ ‬-‭ ‬esposta e terribilmente vulnerabile.‭
È così difficile spiegare la paura che provai in quel momento‭! ‬Mi ero innamorata anche di Daniele,‭ ‬mi ero esposta anche con lui,‭ ‬forse allo stesso modo,‭ ‬ma la situazione mi sembrava diversa:‭ ‬allora non sapevo incontro a che rischi stessi andando,‭ ‬né quanto avrei sofferto‭; ‬inoltre,‭ ‬Daniele era una persona correttissima,‭ ‬mentre Valerio mi incuteva timore anche soltanto per ciò che‭ ‬mi aveva detto Lisa,‭ ‬oltre che per l‭’‬imperturbabilità di fondo che avevo notato di sfuggita il giorno in cui ci eravamo conosciuti e a cui adesso non riuscivo‭ ‬a non credere.‭

Quando finii il libro che mi aveva consigliato,‭ ‬non so perché,‭ ‬iniziai a sentirmi‭ ‬ancora più angosciata:‭ ‬era come se l‭’‬ultimo legame con quel pomeriggio di neanche due settimane prima si fosse spezzato,‭ ‬e adesso si avvicinava anche il giorno in cui‭ ‬sarei dovuta tornare alla biblioteca per restituire quel libro.‭ ‬Anche la felicità che avevo provato era stata solo in prestito‭?

 
***
 

Dopo essere uscita dalla biblioteca,‭ ‬l‭’‬unica cosa che mi trattenne dal tornare a casa fu il fatto che‭ ‬dovevo‭ ‬vedermi con Claudia,‭ ‬che era tornata da Roma per il weekend.‭ ‬Claudia era stata una mia compagna di danza per molti anni ed eravamo molto amiche,‭ ‬allora,‭ ‬ma da quando aveva deciso di frequentare l‭’‬università fuori la vedevo raramente e il nostro rapporto ne aveva risentito un po‭’‬.‭ ‬Quando raggiunsi il luogo in cui ci eravamo date appuntamento‭ ‬-‭ ‬una piccola caffetteria nel centro della città‭ ‬-‭ ‬lei era già lì ad aspettarmi e,‭ ‬conoscendola,‭ ‬doveva essersi scolata almeno un paio di caffè.‭ ‬Ero piuttosto in ritardo,‭ ‬in effetti,‭ ‬ma quando mi vide si limitò a salutarmi‭ ‬con‭ ‬il sorriso allegro di sempre.‭ ‬Indossava un vestitino coloratissimo e degli orecchini etnici che le avevo regalato l‭’‬anno precedente per‭ ‬Natale,‭ ‬ma la cosa che mi colpì di più fu la rosa fresca che teneva tra i capelli‭ ‬-‭ ‬dopo un‭’‬ora e mezza di autobus con quel caldo,‭ ‬mi chiedevo come si fosse mantenuta così bene.

Claudia passò almeno un‭’‬oretta a raccontarmi tutte le novità dall‭’‬ultima volta che ci eravamo viste:‭ ‬aveva‭ ‬superato l‭’‬esame di anatomia artistica con ventinove,‭ ‬aveva trovato un nuovo lavoro part-time,‭ ‬dato che il locale in cui lavorava aveva chiuso,‭ ‬e si era trovata una compagnia molto interessante con cui uscire‭ ‬-‭ ‬alcuni suoi compagni di corso,‭ ‬da quanto riuscii a capire.‭ ‬Non era affatto raro che,‭ ‬per via‭ ‬del‭ ‬suo parlare incessantemente e a una velocità a tratti quasi disumana,‭ ‬perdessi intere parti dei suoi discorsi,‭ ‬specialmente in occasioni in cui mi era così difficile riuscire a concentrarmi.‭ ‬Comunque,‭ ‬lei non ci aveva mai badato più di tanto,‭ ‬e anche quella volta capì immediatamente che qualcosa non andava.‭ ‬Quando succedeva,‭ ‬sapevo di non avere altre alternative che dirle tutto,‭ ‬così le parlai di quello che era successo tra Lisa e Marta,‭ ‬che anche lei conosceva,‭ ‬e‭ ‬-‭ ‬dopo aver esitato un po‭’‬,‭ ‬anche di Valerio:‭ ‬le spiegai cosa mi aveva detto Lisa e come quelle parole,‭ ‬nonostante fosse assurdo,‭ ‬mi avessero ferita.‭ ‬All‭’‬inizio mi ascoltò senza dire niente,‭ ‬ma quando mi lasciai sfuggire il cognome di Valerio aggrottò le sopracciglia,‭ ‬incuriosita.
‭«Lo conosci?», le chiesi, provando un misto di angoscia e di speranza.
‭«Eravamo vicini di casa», disse semplicemente, «da piccola giocavo più con suo fratello, in realtà, ma conosco abbastanza bene anche lui». Mi sembrò un po’ amareggiata.
‭«Lisa non ha tutti i torti», continuò, «forse dovresti ascoltarla. Valerio … ecco, non è mai stato un granché, per quando riguarda le ragazze».
Per un istante mi sentii irritata:‭ ‬quando mai avevo pensato a lui come a un possibile‭ ‬amante‭? ‬Mai,‭ ‬credevo,‭ ‬tuttavia mi resi conto che quello che provavo per lui,‭ ‬nonostante nemmeno io fossi in grado di comprenderlo appieno,‭ ‬era più identificabile con l‭’‬amore che con altro.
All‭’‬improvviso,‭ ‬mi sorpresi a desiderare che Claudia continuasse a parlare di lui,‭ ‬che mi dicesse tutto ciò che sapeva.
‭«Vedi, Marianna, quel ragazzo non ha avuto una vita facile, almeno da quel punto di vista. Mi ricordo quando frequentava i primi anni del liceo e usciva con questa ragazza, Elena, forse, e lei … beh, forse non è il caso che ti racconti tutte queste cose: in fondo le ho sapute confidenzialmente da suo fratello e, beh, ti basti sapere che ha sofferto molto. Qualcosa che tu o io saremmo state in grado di sopportare tranquillamente, ma Valerio è una persona fragile e ha lasciato che tutto questo gli facesse del male».
Mi scrutò per un‭ ‬istante.‭ «‬No,‭ ‬Marianna,‭ ‬non pensarci neanche:‭ ‬non credere che abbia dimenticato il pasticcio che hai fatto con Daniele‭! ‬Tu lo vedevi soffrire,‭ ‬poverino,‭ ‬ed ecco che‭ ‬-badabum‭! ‬-‭ ‬ti salta in testa questa idea di aiutarlo.‭ ‬Già con lui è andata male,‭ ‬e non ti biasimo certo per questo,‭ ‬ma devi sapere che la situazione di Valerio è incredibilmente più difficile e che non accetterebbe di essere aiutato,‭ ‬non da te,‭ ‬non nel modo in cui tu credi di aiutarlo.‭ ‬Credimi,‭ ‬ti faresti davvero del male,‭ ‬e ciò che è peggio è che non servirebbe comunque a niente,‭ ‬né a lui né tantomeno a te‭»‬.
Mi sentii sopraffare dall‭’‬irritazione.‭ «‬Se tu non mi dici cosa gli sia successo esattamente,‭ ‬come pretendi che io capisca se posso aiutarlo o no‭?»‬,‭ ‬sbottai.
‭«Vuoi saperlo davvero?», mi chiese, abbassando la voce. «Va bene. Elena lo ha tradito - no, non come si tradisce un ragazzo: lo ha tradito come si tradisce una persona, in modo crudele e, secondo me, anche innaturale. Che senso aveva distruggere dalle fondamenta ogni sua convinzione, che senso aveva?»
Inspirò nervosamente.‭ «‬Valerio era già fragile,‭ ‬per alcuni versi,‭ ‬ma io,‭ ‬dopo tutti questi anni,‭ ‬continuo ad essere convinta che sia stata lei a rovinarlo.‭ ‬Si tratta soltanto di una mia idea,‭ ‬ovviamente,‭ ‬e so già che tu‭ ‬spiegheresti la cosa dicendo che certamente è stata ferita anche lei,‭ ‬ma‭ ‬io‭ ‬non tollero questo genere di cose.‭ ‬Credo che la cosa migliore per te sia stare alla larga da lui e dalla sua situazione‭ ‬-‭ ‬non è roba che riusciresti a risolvere,‭ ‬davvero,‭ ‬non dopo‭ ‬che le sue insicurezze hanno avuto tanti anni per consolidarsi.‭ ‬Neanche a dire che tu sia determinata‭ ‬-‭ ‬non sai quanto mi dispiaccia‭ ‬fartelo notare,‭ ‬ma è così:‭ ‬al suo primo rifiuto,‭ ‬o anche al suo primo segnale di irritazione,‭ ‬tu ti tireresti indietro.‭ ‬Non dirmi di no,‭ ‬sai che è la verità.‭ ‬Inoltre,‭ ‬credo che certe fragilità siano come spine conficcate nella carne,‭ ‬in grado di ferire noi e gli altri.‭ ‬Lascia stare,‭ ‬per favore,‭ ‬non voglio che tu ti faccia del male un‭’‬altra volta:‭ ‬non ora che Lisa ha bisogno di te‭»‬.
Sospirai.‭ ‬Quelle parole erano così vere‭! ‬Anch'io avevo delle debolezze che ci avrebbero feriti entrambi,‭ ‬come potevo negarlo‭? ‬E soprattutto,‭ ‬come potevo desiderare di‭ ‬arrecare altro dolore a qualcuno che aveva già sofferto così tanto‭? ‬Capii‭ ‬-‭ ‬cercai‭ ‬di costringermi a‭ ‬capire,‭ ‬almeno‭ ‬-‭ ‬che dovevo rinunciare a lui.‭
Ripensai tristemente al nostro primo incontro e a tutto quello che ci eravamo detti;‭ ‬a come eravamo entrati in confidenza in modo così naturale,‭ ‬al modo in cui aveva cercato di consigliarmi,‭ ‬anche senza riuscirci,‭ ‬e a come ero riuscita a pensare,‭ ‬per un istante,‭ ‬che con lui avrei potuto essere felice.‭
«Forse sarebbe stato meglio che continuassi a sentirti legata a Daniele,‭ ‬se l‭’‬alternativa era cacciarsi in una situazione del genere‭»‬,‭ ‬azzardò.
Non raccolsi la provocazione:‭ ‬del resto,‭ ‬pensai,‭ ‬davvero la piccola fiamma dell'amore che avevo provato per Daniele mi avrebbe dato più conforto di Valerio,‭ ‬adesso che ogni speranza che avevo riposto in lui era svanita oltre l'orizzonte‭;‬ ma quella luce si era estinta nel momento in cui l'avevo abbandonata al suo destino per spiegare le ali e librarmi nella notte oscura,‭ ‬alla ricerca di un nuovo giorno.‭ ‬Ero stata così felice,‭ ‬così incredibilmente felice che se anche adesso mi trovavo di nuovo con i piedi per terra,‭ ‬con le speranze distrutte,‭ ‬non riuscivo a smettere di guardarmi indietro,‭ ‬di guardare quel cielo così limpido e distante,‭ ‬le nuvole sottili che si sfaldavano,‭ ‬la luce del giorno che iniziava a declinare oltre i fiori sospesi nel vento,‭ ‬che solo poco tempo prima sbocciavano sui loro rami e che,‭ ‬adesso,‭ ‬seguivano la brezza nei luoghi di oblio in cui essa cercava di condurli.‭
Avrei voluto fermare il tempo e impedire‭ ‬che quell‭’‬istante fosse distrutto,‭ ‬avrei voluto alzarmi e trovare il coraggio di prendere una decisione,‭ ‬ma mi sentivo paralizzata:‭ ‬ero davvero vile come diceva Claudia‭? ‬Lo ero davvero‭?
«E dov‭’‬era Lisa,‭ ‬quando‭ ‬io avevo bisogno di lei‭?»‬,‭ ‬sibilai.‭ «‬Dov‭’‬era‭? ‬A ridacchiare di me con la ragazza di Daniele,‭ ‬a ripetere in continuazione quanto fossi stupida a continuare ad amarlo‭? ‬Non sapeva nulla,‭ ‬certo,‭ ‬non aveva idea del dolore che si prova,‭ ‬ma adesso perché dovrei rinunciare a una possibilità che vedo per me stessa,‭ ‬dopo tanto tempo‭?»
Mi sentii mancare il fiato:‭ ‬non avevo mai trattato Claudia così,‭ ‬ma per la prima volta dopo tantissimo tempo avevo detto ciò che pensavo davvero,‭ ‬e non mi curai di quanto potesse sembrare egoista o infantile,‭ ‬perché era la verità‭!
Lei mi ignorò semplicemente:‭ ‬restò in silenzio per un po‭’‬,‭ ‬si ordinò il terzo caffè e non mi rivolse la parola fino a quando non fu il momento di pagare:‭ ‬sapevo che era contrariata,‭ ‬ma non mi interessava,‭ ‬tanto ero convinta di aver ragione io.‭ ‬Poteva restarsene in silenzio per il resto della serata,‭ ‬per quel che mi riguardava.‭
Ricominciò a parlarmi poco prima che Lisa si unisse a noi,‭ ‬ma non osò certo affrontare l'argomento‭ ‬precedente‭; ‬si tenne molto sul vago,‭ ‬in realtà,‭ ‬e nulla di quello che ci dicemmo aveva alcuno scopo,‭ ‬se non cancellare un silenzio diventato troppo opprimente:‭ ‬quando arrivò Lisa,‭ ‬in realtà,‭ ‬mi sentii molto sollevata.‭ ‬Claudia le chiese di rispiegarle tutto quello che le avevo già detto io,‭ ‬e le sentii affrontare‭ ‬di nuovo un discorso che,‭ ‬solo‭ ‬nell‭’‬ultima settimana,‭ ‬credevo di aver ascoltato almeno cinque o sei volte.‭ ‬Almeno,‭ ‬questo mi diede l‭’‬opportunità di calmarmi.‭ ‬Ora che avevo preso finalmente una decisione,‭ ‬però,‭ ‬mi sentivo come se non ne avessi‭ ‬più‭ ‬bisogno:‭ ‬era come se insieme a me anche il resto del mondo si fosse acquietato e avesse ripreso a scorrere nella sua solita placidità‭ ‬-‭ ‬mi sembrò come se la gente che mi circondava avesse rallentato il passo‭; ‬la leggera brezza che era spirata fino a quel momento sembrava essersi placata;‭ ‬perfino il sole sembrava indugiare,‭ ‬nella sua discesa verso l'orizzonte.‭ ‬Restai qualche passo dietro Lisa e Claudia,‭ ‬ma non credo che se ne accorsero‭ ‬-‭ ‬non subito,‭ ‬almeno:‭ ‬le raggiunsi soltanto quando si fermarono davanti a un bar del corso principale,‭ ‬e neppure allora mi dissero nulla.‭ ‬Sembravano troppo impegnate nella loro conversazione per accorgersi di me.‭ ‬Avevamo camminato per molto tempo:‭ ‬ormai era quasi buio.‭ ‬Ci sedemmo in uno dei tavolini all‭’‬esterno e ordinammo qualcosa,‭ ‬osservando nel frattempo un complesso che si accingeva a suonare quella sera,‭ ‬intento a sistemare gli strumenti e gli amplificatori.‭ ‬È quasi buffo pensare che prestai più attenzione alle idiozie che dissero per provare il microfono che al discorso di Lisa,‭ ‬che ancora non aveva finito di raccontare tutte le prodezze di Luigi.‭
Le luci si accesero,‭ ‬la gente iniziò‭ ‬a riversarsi nelle strade‭;‬ il gruppo‭ ‬-‭ ‬una cover-band dei Pink Floyd‭ ‬-‭ ‬iniziò a suonare un brano di‭ ‬The Dark Side of the Moon:‭ ‬tutto sembrava volermi ricordare il mio primo incontro con Valerio,‭ ‬ma a me non dispiacque affatto‭; ‬mi sentii di nuovo felice come quel giorno,‭ ‬in qualche modo:‭ ‬fu una sensazione meravigliosa e allo stesso tempo straziante.‭ ‬Per un attimo,‭ ‬desiderai avere ancora con me il libro che avevo appena restituito:‭ ‬leggere qualcuno dei passaggi che mi erano restati impressi mi avrebbe certo aiutata a sedare l‭’‬inquietudine e la malinconia così dolce e insidiosa che provavo.‭ ‬Pensai che il gruppo che stava suonando fosse a un livello semiprofessionale,‭ ‬data l‭’‬incredibile bravura nell‭’‬interpretare i pezzi,‭ ‬e questo mi fece un po‭’‬ calmare.‭ ‬Mi sorpresi a sperare che Valerio venisse lì:‭ ‬desideravo vederlo e parlarci,‭ ‬finalmente,‭ ‬adesso anche a costo di affrontare il timore che i suoi amici mi incutevano.‭
Lo vidi davvero,‭ ‬pochi minuti dopo:‭ ‬era soltanto con tre dei suoi amici più stretti e all‭’‬inizio sembrò non accorgersi di me.‭ ‬Tuttavia,‭ ‬quando i nostri sguardi si incrociarono,‭ ‬mi fece un cenno di saluto e poi,‭ ‬dopo un attimo di esitazione,‭ ‬venne verso di noi.
Claudia lo salutò calorosamente e gli chiese di suo fratello,‭ ‬mentre Lisa si limitò a fargli un cenno con la mano e a guardarlo in modo ostile.‭ ‬Mi sorpresi a chiedermi che genere di parte avesse avuto nella questione di Luigi e Marta per‭ ‬guadagnarsi un‭’‬antipatia del genere.
Quando ebbe finito invitò i suoi amici,‭ ‬che erano restati in disparte,‭ ‬a sedersi con noi.‭ ‬Prese posto accanto a me e,‭ ‬dato che eravamo di spalle alla band,‭ ‬decidemmo di ruotare le sedie nella direzione opposta.‭ ‬Ci scrutammo per un po‭’‬,‭ ‬senza dire niente,‭ ‬poi lui prese la parola.
‭«Non credevo che conoscessi Claudia. Era la mia vicina di casa, prima di andare a studiare fuori».
‭«Andavamo a danza insieme», gli spiegai. Mi sentii quasi in colpa a pensare che soltanto tre ore prima stavamo parlando di lui, quasi come se fosse ingiusto nasconderglielo.
Nell‭’‬istante di silenzio che si creò tra noi due,‭ ‬ebbi modo di notare la conversazione che era nata al tavolo dietro di noi:‭ ‬sembrava che i nostri amici fossero molto meno in imbarazzo di noi.
Valerio aveva preso a‭ ‬fissare rapito il gruppo,‭ ‬che era alle prime note di‭ ‬Time‭ **‬.‭
Forse fu la prima volta che lo guardai davvero attentamente,‭ ‬cercando di cogliere nella sua espressione indecifrabile una traccia delle parole di Lisa o della fragilità che Claudia aveva esaltato così veementemente,‭ ‬ma non riuscii ad andare oltre la maschera di imperturbabilità che avevo notato la prima volta che l‭’‬avevo visto‭; ‬non sarei riuscita a capire niente in quel modo,‭ ‬me ne resi conto immediatamente.‭ ‬Il cantante solista del gruppo fece un acuto che mi diede i brividi,‭ ‬riportandomi alla realtà.‭ ‬Dovevo aver compiuto qualche gesto inconsueto,‭ ‬perché Valerio spostò l‭’‬attenzione su di me.‭
«Niente a che vedere con il concerto dell‭’‬altra volta,‭ ‬eh‭?»‬,‭ ‬esordì.‭
Annuii senza troppo interesse.‭ ‬Il più giovane dei componenti di quel gruppo‭ ‬-‭ ‬forse proprio il cantante solista‭ ‬-‭ ‬doveva essere almeno sulla trentina‭; ‬inoltre,‭ ‬nonostante non ne capissi granché,‭ ‬anche il sistema di amplificazione mi sembrava migliore.‭ ‬Mancava,‭ ‬però,‭ ‬la vitalità di dieci giorni prima:‭ ‬i suoni gracchianti degli amplificatori di bassa qualità,‭ ‬l‭’‬infinità di problemi che c‭’‬erano stati con i microfoni e i ragazzi che suonavano in mezzo alle urla dei loro coetanei,‭ ‬che ballavano in modo disordinato ai piedi del palco.‭ ‬Adesso i suoni erano raffinati,‭ ‬perfetti‭; ‬i musicisti di buon livello,‭ ‬eppure dentro mi sentivo vuota,‭ ‬inutile,‭ ‬quasi infelice.‭ ‬Valerio era lì,‭ ‬accanto a me,‭ ‬ma non sapevo cosa dirgli,‭ ‬come comportarmi con lui.‭ ‬Mi sentivo intimidita dal silenzio che adesso ci circondava,‭ ‬permeando quell‭’‬immobilità così opprimente,‭ ‬quasi intollerabile.‭ ‬Desideravo dirgli qualcosa:‭ ‬desideravo alzarmi,‭ ‬prenderlo da parte e chiedergli perché mi avesse ignorata‭; ‬desideravo sapere se le parole di Claudia erano vere,‭ ‬se davvero non si sarebbe mai fidato di me.‭
Quanto a me,‭ ‬io non avevo altra scelta se non fidarmi di lui:‭ ‬era stato l‭’‬unico,‭ ‬in quei mesi,‭ ‬in grado di aprire una breccia nel muro che‭ ‬circondava‭ ‬il mondo isolato che mi ero costruita per proteggermi,‭ ‬ma che con il tempo sarebbe crollato su se stesso,‭ ‬se non mi fossi decisa a‭ ‬uscire.‭
Mi voltai verso‭ ‬di lui,‭ ‬indecisa.‭ ‬Era molto concentrato sulla canzone,‭ ‬credevo che l‭’‬avrei quasi infastidito,‭ ‬se‭ ‬avessi iniziato a parlargli proprio in quel momento.‭
« È‭ ‬Us and Them **,‭ ‬giusto‭?»‬,‭ ‬gli chiesi,‭ ‬senza troppa convinzione.
Lui sembrò rifletterci per un istante,‭ ‬poi annuì,‭ ‬senza spostare lo sguardo.‭ ‬Sprofondai ancora di più sulla sedia,‭ ‬demoralizzata.‭
«Scusami,‭ ‬è una delle mie preferite.‭ ‬Quando finisce andiamo a fare un giro‭?»
Accettai;‭ ‬alle prime note di‭ ‬Any Colour You Like‭ **‬,‭ ‬Valerio si alzò e mi tese una mano,‭ ‬che strinsi senza neanche pensarci.‭ ‬Ci allontanammo di poco:‭ ‬dal muretto su cui ci sedemmo si riusciva ancora a sentire distintamente la musica,‭ ‬ma il fatto che lì ci fossero persone che parlavano ad alta voce e si muovevano freneticamente in qualche modo mi rassicurò.‭
Se devo essere sincera,‭ ‬non ci dicemmo nulla di particolare,‭ ‬né di importante.‭
Valerio mi sorrise e io pensai che forse mi ero sbagliata a non volermi fidare di lui:‭ ‬sentivo‭ ‬il suono delle nostre risate,‭ ‬delle persone che ci circondavano,‭ ‬della musica che riecheggiava in lontananza‭; ‬il suono‭ ‬della vita che riprendeva a scorrere,‭ ‬il suo respiro lento e regolare,‭ ‬il calore che il suo corpo emanava e quella felicità irrazionale che si impadroniva di nuovo di me,‭ ‬come se quei giorni in cui avevo perso tanto tempo a rimuginare non fossero stati che un'ombra nella notte.

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‭** Canzoni tratte da The Dark Side Of The Moon, 1973

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