Hard Times

di Daughter of the Lake
(/viewuser.php?uid=65162)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Punto di Rottura ***
Capitolo 3: *** I Dissennatori Inspiegabili ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Prologo

La città era silenziosa, buia, quasi tetra. Il cielo aveva raggiunto il massimo della sua oscurità, con nuvole nere a nascondere tutte le stelle. Si prevedeva pioggia.

La campana di una chiesa distante cominciò a rintoccare, e i due uomini, seduti nel salotto della loro casa, seppero immediatamente che si era fatta mezzanotte. Non se ne curarono.

Loro stavano bevendo, parlando di ogni tipo di sciocchezza che passava loro in mente, e ridendo, alla luce e al tepore del fuoco del camino. Che cosa importava se era tardi?

All'inizio, tuttavia, quando si erano seduti – erano passate molte ore, da allora, ormai – avevano iniziato a discutere di tutt'altro genere di cose, di cose che li preoccupavano, li spaventavano, e solo dopo, quando tutto erano diventato troppo da sopportare, avevano tirato fuori l'ultima bottiglia di firewisky dalla credenza e avevano cominciato a bere. Le cose erano sfuggite di mano, da allora in poi. Ma non se ne erano pentiti, affatto, perchè era molto più facile in questo modo.

Era da tanto, troppo tempo che non si divertivano così.

Un'altro scoppio di risate, tuttavia, fu stroncato da un colpo alla loro porta, che li fece sobbalzare e voltare in quella direzione.

Immediatamente, ritornarono lucidi.

Estraendo le loro bacchette magiche – perchè, sì, quei due uomini erano maghi, e tempi oscuri stavano arrivando – e alzandosi in modo piuttosto malfermo, si avvicinarono cautamente all'ingresso.

"Chi è là?" chiese bruscamente uno dei due – quello più alto, dai capelli neri.

La voce proveniente dall'altro lato della porta arrivò debole e secca: "James," fu la semplice risposta.

La porta fu aperta di scatto.

"Prongs, che è successo?" chiese ancora il primo uomo.

James, detto Prongs, era appoggiato con una mano allo stipite, con i capelli neri scarmigliati ancora più disordinati del solito e un espressione impassibile in volto. I suoi occhi, tuttavia, apparivano singolarmente rossi.

La domanda era sorta spontanea.

"Posso entrare?" fu tutto quello che disse James, ignorando le parole dell'amico.

"Certo," replicò l'altro.

Il terzo uomo – dai capelli castani e gli occhi grigi, e con molte cicatrici che gli attraversavano il volto – era rimasto fino a quel momento in silenzio.

"Prongs, che è successo?" ripetè quindi lui la domanda, nel mentre che chiudevano la porta e ritornavano nella sala da dove i primi due erano appena usciti.

Il nuovo arrivato non rispose neanche stavolta; si limitò a sedersi su una poltrona e a fissare intensamente il fuoco. I suoi due amici si scambiarono un'occhiata tra il perplesso e il preoccupato. Iniziarono poi a fargli altre domande, chiedendogli se c'era qualcosa che non andava con i suoi figli, con sua moglie e così via, ma James rimaneva in silenzio, così loro si decisero ad aspettare, alla fine.

"Posso rimanere qui?" domandò James dopo un pò, sempre non incontrando i loro sguardi.

Gli altri due si lanciarono ancora un'occhiata.

"Cosa, il tuo divano non andava bene?" cercò di fare dello spirito il primo uomo, il cui nome era Sirius, "Se tu e Lily avete litigato..."

"Sirius..." lo avvertì Remus, il terzo.

James fece finta di non aver sentito, o almeno questo è quello che rilevarono i suoi amici.

Ricadde il silenzio ancora una volta, un silenzio teso e scomodo, durante il quale Sirius e Remus fissarono James, sempre più impazienti, e James continuò a fissare il fuoco.

Ma poi, alla fine, dopo quella che sembrò un'eternità, il loro amico si spiegò, con voce atona, morta:

"Li – Lily mi ha cacciato di casa. Tra noi è finita."

Nè Sirius, nè Remus si era aspetto una cosa del genere.
















Note dell'autrice

Mi imbarco ora in questa storia, la mia prima su HP, e sono piuttosto entusiasta! Nasce dal fatto che mi sono sempre domandata cosa sarebbe successo se James e Lily fossero sopravvissuti, e la mia mente ha partorito tante idee nel corso degli anni(se buone o no, ouch, non saprei, dovrete dirlo voi – e poi, ora che ci penso, magari molte persone avranno già scritto qualcosa del genere, ma ehi, che posso farci, uno ci prova a esprimere il proprio punto di vista), che alla fine dovevano emergere in qualche modo, isomma.

Beh, che posso dire ancora; con questa mazzata iniziale spero che non vi scoraggerete, perchè è, appunto, solo l'inizio.

Fatemi sapere che cosa ne pensate di questo prologo non proprio allegro, e se volete che continui,

Baci, :)

Daughter of the Lake

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Punto di Rottura ***


Capitolo 1

Punto di Rottura


 

<< No! Non farlo! Cedric...no! >>

Era sempre lo stesso.

<< No, non lo uccidere! Lui non c'entra niente! E' me che vuoi! >>

Ogni notte.

<< Cedric, mi dispiace...io non...>>

Tutto è silenzioso, di notte.

<< Noo.... >>

Ma non nella casa dei Potter, non quell'estate.

Le grida risuonavano per tutta la casa, e James e Lily Potter si svegliarono. Aprendo gli occhi di scatto, rendendosi velocemente conto di ciò che stava accadendo, con i loro cuori che iniziavano a battere furiosamente e la preoccupazione che andava ad annidiarsi ancora di più nei loro stomaci, saltarono fuori dal letto e, senza guardarsi, senza parlarsi, prendendosi solamente per mano una volta raggiunta la porta – stringendosi così forte da farsi male – uscirono fuori dalla stanza e si incamminarono lungo il corridoio su cui immetteva.

Arrivati di fronte alla porta oltre la quale si potevano sentire i gemiti e le urla, non esitarono; la spalancarono e furono dentro in un istante. Non accessero la luce, perchè non ne avevano bisogno per individuare il letto e il suo abitante.

<< Harry, tesoro, svegliati, svegliati, va tutto bene...>> disse Lily a suo figlio una volta al suo fianco, scuotendolo leggermente, dolcemente.

E il ragazzo che stava dormendo nel suo letto, avendo un incubo identico a tutti quelli che aveva avuto ogni notte da che erano iniziate le vacanze estive, si svegliò. I suoi grandi occhi verdi si spalancarono nel buio, sconvolti; con il sudore che colava dalle sue tempie e che avvolgeva tutto il suo corpo, inzuppando le lenzuola, Harry respirava affannosamente, come se fosse stato ancora nel suo sogno – come se fosse stato ancora in quel cimitero, insieme a Codaliscia, Lord Voldemort, i Mangiamorte, e al corpo di Cedric Diggory.

Solo quando si fu calmato, si rese conto della presenza dei suoi genitori chinati su di lui, e della mano di sua madre che accarezzava dolcemente i suoi capelli, scostandoglieli dal viso.

<< Tesoro, tesoro mio, va tutto bene, è tutto finito ormai, sei al sicuro >> disse ancora Lily, seduta sul bordo del letto, guardando Harry ansiosamente e prendendogli una mano. Lui si mise faticosamente a sedere, il suo respiro ancora irregolare. James aveva intanto acceso la lampada che si trovava sul comodino, e un lieve bagliore si era diffuso per la stanza, illuminando i loro volti.

I tre Potter si guardarono, in silenzio.

Era sempre lo stesso, ogni notte.

-

Il sole si stava alzando lentamente da dietro le colline che sormontavano la città, i suoi raggi che avevano cominciato ad entrare nella camera al primo piano della casa attraverso la finestra che si affacciava sul giardino sul retro, quando il gomito di James, appoggiato sulla scrivania sotto di essa, decise di scivolare, mandando il suo proprietario a sbattere dolorosamente il volto sul duro legno.

<< Ai, porca... >> gemette lui, aprendo di colpo gli occhi – ferendoseli con la luce del sole – e massaggiandosi il naso – che per fortuna non stava sanguinando – nel mentre che si raddrizzava sulla sedia su cui aveva dormito.

Si guardò intorno; Harry e Lily stavano dormendo nel letto di Harry – che si trovava contro la parete opposta – e non si erano svegliati.

James sospirò. Alzandosi, la schiena gli scrocchiò e fu tentato di imprecare di nuovo, ma si trattenne.

La giornata già non si prospettava delle migliori.

Prima di uscire dalla camera di suo figlio, – che era spaziosa e ariosa, con mobili in legno di mogano e decorata con i colori dei Grifondoro, piena delle cose di scuola-e-non di Harry e delle foto dei suoi amici e della sua famiglia – andò a rimboccare le coperte ai due belli addormentati, con un leggero, nonostante tutto, sorriso in volto.

Si attardò inoltre a guardare Harry, finalmente sereno nel suo sonno, con la cicatrice sulla sua fronte che spiccava al di sotto dei suoi capelli neri scompigliati – in parte per il sonno, in parte per eredità – riflettendo tristemente. Avrebbe dovuto parlarne con Lily, più tardi.

Uscì.

Era già vestito e seduto al tavolo della cucina, con una tazza di caffè in mano e la Gazzetta del Profeta di fronte, quando anche Lily scese.

Sentendo dei passi, James aveva alzato lo sguardo dal giornale, e Lily aveva capito immediatamente dalla sua espressione che non avrebbe affatto voluto sapere quello che c'era scritto.

<< Ehi, buongiorno,>> la salutò lui, con un sorriso accennato.

<< 'Giorno. >> replicò Lily; si avvicinò poi a James per dargli un bacio a fior di labbra, prima di voltarsi e iniziare a prepararsi un tè. Cadde allora il silenzio per qualche tempo.

Alla fine, però, Lily non potè più sopportare di non sapere, per quanto masochista ciò potesse essere, e chiese, con lo sguardo fisso di fronte a sè: << Che cosa dice? >>

James capì subito a che cosa si riferisse. << Le – ehm – le solite cose. >> E non c'era bisogno di aggiungere altro.

O almeno, non servì altro per far ribollire in Lily la rabbia, che lei non potè trattenere dentro di sè tanto quanto non lo può una pentola piena d'acqua arrivata ad ebollizione.

<< Perchè? >> sbottò lei, appoggiando le mani sul ripiano della cucina in cerca di supporto, continuando poi a parlare freneticamente, con la voce a tratti spezzata << Per-perchè fanno questo? Non capiscono che...e sono così...quanto vorrei... >> Ma a quel punto il bollitore cominciò a fischiare e lei, volendolo toglierlo dal fuoco, lo prese, inconsciamente, a mani nude, e si bruciò. Gemette ad alta voce.

James a quel punto si alzò e venne ad abbracciarla da dietro. << Ehi, shh...calmati, >> le disse in un orecchio, prendendole le mani che lei aveva già immerso sotto l'acqua fredda; la sentiva, fra le sue braccia, tremare per la collera. << Non dobbiamo permetter loro di influenzarci in questo modo, altrimenti avranno raggiunto il loro scopo...>> continuò in un tono che voleva essere rassicurante, << ...di demoralizzarci, demotivarci...ma noi siamo più forti di così; nè Voldemort, nè i Mangiamorte potranno schiacciarci, e Caramell e il Ministero ancora meno. >> Oh, come si sbagliava.

Lily annuì, chiudendo gli occhi per cercare di calmarsi e appoggiandosi con la schiena al petto di James. Respirò profondamente, una, due volte.

<< Un giorno la pagheranno, tutti quanti >> disse alla fine, con un tono fermo, definitivo.

<< Sì. >>

Lily a quel punto si voltò, e marito e moglie si abbracciarono; James avvolse saldamente la vita di lei, affondando il volto nei suoi capelli rossi, e Lily circondò il collo di lui, appoggiando la testa sulla sua spalla.

Rimasero fermi in quella posizione per lunghi istanti – stanchi e provati da una lunga fila di notti insonni, preoccupati come non mai per il loro primogenito e per il suo destino, e per le vite di tutti loro – aggrappandosi l'uno all'altra come all'unico salvagente esistente in mezzo ad un mare in tempesta.

E questo, non si allontava molto dalla situazione che stavano vivendo.

Dopo un pò, James cominciò a dire: << Lily, ecco, stavo pensando che, magari... >> ma fu interrotto, tuttavia, da una voce proveniente da dietro le sue spalle.

<< Ugh, smettetela, o mi farete venire il voltastomaco di prima mattina, dai!>>

I due coniugi si separarono come scottati, e si voltarono verso l'ingresso della cucina, dove, sorprendentemente, si trovava la loro secondogenita.

<< Emma, >> disse, stupita, Lily, << come mai sei già sveglia a quest'ora? E vestita? Sono appena le sette...dove hai intenzione di andare? >> concluse con un tono sospettoso.

<< A quale domanda devo rispondere per prima? >> fu tutto quello che disse lei, ammiccando ed entrando nella stanza. Sua madre stava per ribattere, ma si bloccò, nel vedere che dietro di lei c'erano anche tutti gli altri loro figli, – eccetto Harry – che con dei "Buongiorno" e dei sorrisi cospiratori in volto, si sedettero intorno al tavolo. James e Lily si scambiarono uno sguardo perplesso.

<< Uoh, uoh, e che cos'è questa storia? Merlino risorgerà dalla tomba, per questo miracolo >> disse allora James ai ragazzi, riferendosi al loro essere svegli così di buon'ora. Loro si limitarono ad allargare ancora di più i loro sorrisi.

<< Che c'è per colazione, mamma? >> chiese poi Will, il minore (quasi otto anni, con i capelli scuri e scarmigliati e gli occhi nocciola del padre, con le lentiggini e il sorriso della madre, era chiamato "Snitch" da tutti, in famiglia, perchè quando combinava qualcosa, ci perdevi delle ore a riacchiapparlo).

<< Ah, no, prima ci dovete dire che cosa avete tutti in mente di fare, giovanotto, perchè non mi piacciono le vostre espressioni malandrine (ne sapeva, lei, di espressioni malandrine); affatto. >> rispose sua madre.

Lily incrociò le braccia al petto, in attesa.

I ragazzi si sporsero l'uno verso l'altro lungo il tavolo e cominciarono a sussurrare freneticamente, come se valutando se riferire o no ai genitori il motivo per cui si trovavano lì (e in effetti, era proprio così).

Lily li guardava sospettosamente, ma un'occhiata con la coda dell'occhio a James le disse che lui stava trovando la situazione oltremodo divertente, a giudicare dal suo sorriso, e lei non poté fare a meno di accennare un sorriso di rimando.

Alla fine, i ragazzi finirono il loro consiglio, e Claire, gemella di Emma, – le due, a breve tredicenni, erano identiche (con occhi nocciola e lentiggini, alte e slanciate), tranne per i capelli; la prima li aveva neri, la seconda rosso scuro – si alzò in piedi, dicendo:

<< Mamma, papà, cosa ci facciamo qui, è un segreto. >> I suoi genitori fecero per protestare, ma lei aggiunse: << Ma lo scoprirete presto, e vi piacerà anche, ve lo assicuro >> con un grande sorriso.

Claire era relativamente la più affidabile dei loro cinque figli, e James e Lily le credettero.

<< Quindi vi consigliamo di aspettare qui >> aggiunse Emma, mimando l'espressione della sorella.

I loro genitori si scambiarono un'ultima fuggevole occhiata, poi accondiscesero.

Trattenendosi dall'interrogarli oltre, Lily iniziò a preparare la colazione – era da tanto, rifletté lei, che non la facevano tutti insieme – mentre James si sedeva a tavola e iniziava a conversare con i suoi figli. La piccola Beth, al suo fianco, – novenne e dai capelli rossi, penultima della famiglia e l'unica, oltre Harry, ad aver ereditato gli occhi di Lily – gli prese la mano da sotto il tavolo e James automaticamente gliela strinse.

Quando le uova e la pancetta, i toast e le salsicce furono a tavola, l'atmosfera poteva considerarsi quasi allegra.

Se un esterno li avesse visti, magari non avrebbe creduto che quella fosse una famiglia che stava attraversando il periodo (che era solo all'inizio) più difficile della loro vita. Tutti, infatti, si sforzavano di essere allegri, in quei giorni, concordando tacitamente di far finta che le notti non erano che silenziose, e che nulla era cambiato rispetto agli anni precedenti.

James e Lily non avevano la più pallida idea di che cosa i loro figli, che a intervalli smettevano di mangiare e si mettevano come a sentire un qualche rumore proveniente dall'alto, stessero aspettando che succedesse, ma lo scoprirono, eventualmente.

Harry arrivò in cucina una decina di minuti dopo, irritabile e cupo; di nuovo, i suoi genitori si stupirono che fosse già sveglio.

Dopo un coro di buongiorno, il quindicenne si sedette al suo solito posto fra Claire e Beth.

<< Harry, tesoro, perchè sei già in piedi? Potevi dormire un altro pò, visto che... >> iniziò a dire Lily, ma si interruppe a metà. (Non parlavano mai degli incubi di Harry durante il giorno: ci avevano provato, all'inizio, ma Harry aveva avuto allora una violenta reazione, e ora più nessuno voleva farlo irritare in quel modo.)

<< C'era un qualche ticchettio, di sopra; non so da dove provenisse, ma mi ha svelgiato e poi non sono più riuscito ad addormentarmi, >> spiegò Harry, secco: James notò le gemelle scambiarsi uno sguardo, prima di tornare frettolosamente al proprio cibo; lui alzò un sopracciglio.

Lily riempì il piatto di Harry con ogni tipo di prelibatezza, ma lui a mala pena toccò qualcosa; si tentò di iniziare a fare della semplice conversazione, ma lui rispondeva a monosillabi. Il ragazzo teneva gli occhi bassi, senza incontrare lo sguardo di nessuno.

Si mangiò in silenzio, quindi, da quel momento in poi – un silenzio impacciato e teso. Lily non riusciva a ricordare dell'ultima volta in cui Harry aveva riso.

Il primogenito dei Potter, ultimo ad arrivare, fu il primo a finire la colazione; si alzò, quindi, chiedendo il permesso di andarsene – cosa la quale fu concessa con riluttanza – per poi avviarsi verso la porta.

Fu in quel momento, con un reciproco sguardo di intesa, che scattarono.

Quattro sedie vennero spostate all'indietro, grattando rumorosamente sul pavimento, e i quattro ragazzi Potter si slanciarono verso il loro fratello maggiore prima che lui potesse anche solo rendersi conto di ciò che stava accadendo.

Will gli saltò sulle spalle, circondandogli il collo con le braccia ossute, e Beth gli arrivò invece di lato e lo afferrò alla vita, bloccando il suo cammino. << Ehi! Ma che cosa...lasciatemi!>> furono le proteste – inascoltate – di Harry, che iniziò a dibattersi per scrollarsi di dosso il fratello e la sorella. (James e Lily si erano intanto alzati in piedi anche loro, e guardavano la scena allibiti). Emma e Claire sorpassarono il fratello e si misero di fronte alla porta per impedirgli l'uscita.

<< Ma insomma! Che cosa vi è preso?! Lasciatemi! E spostatevi, voi due! >> gridava Harry, nel mentre che con una mano cercava di spostare il braccio di Beth che lo circondava e con l'altra di separare le mani di Will da intorno al suo collo; quest'ultimo, tuttavia, gli aveva circondato la vita con le gambe, saldandosi sulla sua schiena, e Beth gli aveva serrato una gamba con le proprie, e fu impossibile per Harry, quindi, di liberarsi.

<< Harry, ascoltaci...>> fece per dirgli, a quel punto, Beth, a mala pena contenendo il suo sorriso; ma fu interrotta da una delle sorelle maggiori: (Lily e James avevano per allora fatto il giro del tavolo, arrivando nelle vicinanze, chiedendo loro ad alta voce che cosa stessero combinando, senza che nessuno prestasse loro alcuna attenzione.) << Tu, Mr. Harry Potter, di Winterbourne Stoke, Wiltshire >> iniziò Claire, solennemente, facendo un passo in avanti e puntando un dito dritto in faccia al fratello, cosa la quale Harry guardò torvo, << sei appena stato sfidato >> proclamò.

<< E se non accetti la sfida, >> venne la voce acuta di Will al suo orecchio (<< Idiota, parla piano o mi stordirai! >>), << verrai proclamato la più viscida serpe della storia! >>

<< Ma di che cosa state parlando, tutti quanti?! >> chiese, accalorato, Harry, guardando irritato le sorelle di fronte a lui; non era proprio in vena di fare qualunque cosa loro avessero in mente, ed era quindi molto meglio se avessero cominciato immediatamente a lasciarlo in pace.

<< Stiamo parlando di te, noi e del Quidditch! Emma, qui, >> continuò ancora Claire, indicando la sorella dietro di lei, << ritiene che tu ti sia rammollito e che non sapresti batterci neanche se fossimo tutti bendati e senza un braccio, quindi...>>

<< Non ho tempo per queste cavolate, finitela! >>

<< QUINDI, tocca a te, adesso, smentire Emma e provarle che sei degno di essere il Cercatore più giovane del secolo >> finì lei, nello stesso tono solenne in cui aveva iniziato, facendo echeggiare le ultime parole in modo significativo.

Cadde a quel punto il silenzio, con Harry che, ora incerto, preso alla sprovvista, guardava Claire; Lily che, capendo finalmente quel che era l'intento dei suoi figli, commossa, aveva cominciato a sorridere, un inspiegabile luccichio nei suoi occhi; e James che, sorridendo anche lui, aveva circondato la vita di sua moglie con un braccio, lasciandole un bacio sulla sommità della testa.

Harry Potter aveva appena passato il mese più orribile di tutta la sua vita: molto peggiore di quelli in cui tutti gli studenti della scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts l'avevano considerato l'Erede di Serpeverde, o di quelli in cui si era tenuto il Torneo Tremaghi, di cui lui era un partecipante, in cui era stato costantemente in attesa di un prova che avrebbe facilmente potuto ucciderlo, ed era stato sempre accompagnato dall'ansia e dalla paura; e quel mese era stato orribile, perchè Lord Voldemort – il mago oscuro più temuto del secolo, che da bambino Harry aveva inspiegabilmente sconfitto - era tornato. E lui – Harry – aveva assistito al suo ritorno.

Era successo il giorno dell'ultima prova del Torneo, in giugno. Harry e gli altri tre partecipanti erano entrati in un labirinto fatto crescere da Hagrid, il guardiacaccia di Hogwarts, sul campo di Quidditch, all'interno del quale avrebbero dovuto trovare la Coppa che avrebbe determinato, per il primo che la toccava, la vittoria. Harry e Cedric Diggory – diciassettenne, studente di Hogwarts, Tassorosso e rivale di Harry, oltre che nel torneo, per il cuore di una ragazza Corvonero, Cho Chang – erano arrivati per primi di fronte alla famigerata Coppa, ed avevano deciso di prenderla insieme.

Ma la Coppa, come si scoprì, era un Passaporta, e li aveva condotti in un cimitero. Peter Minus, detto Codaliscia, fedele servitore di Voldemort, scappato da Azkaban – la prigione dei maghi – due anni prima, ed antico amico del padre di Harry, James, prima che lui – Codaliscia – lo tradisse, era stato lì, con ciò che restava di Voldemort stesso, e aveva ucciso, improvvisamente, prima che i due ragazzi potessero perfino rendersi conto di dove fossero finiti, Cedric Diggory, diciassette anni, Tassorosso, studente abile e leale e coraggioso, con tutta una vita davanti.

Era stato Harry a chiedergli di prendere la Coppa insieme.

E Codaliscia, una volta commesso il delitto, aveva legato Harry ad una tomba; ma da qui in poi, voi sapete già come è andata.

Harry si era salvato soltanto grazie agli spiriti delle persone uccise da Voldemort – Cedric compreso – che erano uscite dalla sua bacchetta e che l'avevano trattenuto per il tempo necessario a Harry di scappare e tornare ad Hogwarts insieme al corpo...

Ed ora, Cedric Diggory era morto, ed era tutta colpa di Harry.

Lord Voldemort era tornato, e sempre tutto per colpa di Harry.

Questa, almeno, era l'opinione di Harry, e tutto quello a cui aveva pensato da che era tornato a casa per le vacanze estive.

Non si era ancora fatto vivo, Voldemort, fino a quel momento; lavorava nell'ombra dell'anonimato, creando confusione nel Mondo Magico, facendo in modo che nessuno credesse alle parole di quel ragazzo dalla cicatrice a forma di saetta che dichiarava di averlo visto tornare.

Il Ragazzo che Mente: così ora citavano Harry nella Gazzetta del Profeta, per denigrarlo, screditarlo; Cornelius Caramel non voleva credere al ritorno di Voldemort, quindi nessuno doveva crederci, ed Harry doveva essere rivelato per quello che era, un bugiardo. I suoi familiari gli lanciavano delle occhiate quando credevano che lui non guardasse, ma lui sapeva, lo percepiva, che loro provavano pietà per lui, per il Ragazzo che Mente.

Si era chiuso in se stesso, Harry, rinchiudendosi nella sua camera anche per ore intere, per protesta contro i suoi genitori che si ostinano a non farlo uscire mai di casa, tranne che per andare dai Weasley o dai Paciock, perchè era troppo "pericoloso"; a nascondergli ogni nuovo articolo in cui veniva citato; a non riferirgli i movimenti di Voldemort che loro, in qualità di membri dell'Ordine della Fenice, conoscevano, dovevano conoscere. Si ostinavano a non ammetterlo nell'Ordine stesso, quando, insomma, chi più di lui aveva il diritto di farne parte?

Aveva anche paura, Harry, anche se non l'avrebbe mai ammesso: l'immagine di Voldemort che spuntava a casa loro, uccidendo tutta la sua famiglia e le persone a lui care, lo ossessionava.

Ma non quanto lo facesse la morte di Cedric Diggory; ogni notte, ogni maledetta singola notte, la riviveva, e il fatto che in vita lui avesse, più o meno, odiato il ragazzo, non faceva che aumentare il suo divorante senso di colpa.

E ora, eccoli qui, i suoi stupidi fratelli che volevano a tutti i costi che giocasse a Quidditch con loro (ah, gli mancava, il Quidditch; volare, volare alto, con il vento tra i capelli e il mondo al di sotto, con l'adrenalina che ti scorre nelle vene quando stai per afferrare il Boccino d'Oro a mezz'aria...), e in fondo lui lo voleva, lo voleva con tutto se stesso, lasciarsi andare, permettersi di essere, magari solo un po', felice, spensierato, un ragazzo della sua età...ma come poteva, se Cedric Diggory era morto? Se Voldemort era tornato?

<< Sentite, ragazzi >> iniziò, quindi, Harry, a spiegare ai suoi fratelli. << Davvero, siete molto carini a volermi far giocare, ma, sul serio, io non...>>

<< No, no, no, Harry, forse non hai capito, >> lo interruppe Emma, come se parlando a un bambino capriccioso, << qui tu non hai voce in capitolo; o giochi o dovrai sorbirti Beth e Will per tutto il giorno attaccati alle tue gambe che ti cantano a ripetizione The Continuing Story of Bungalow Bill, e solo il ritornello. >>

Harry spalancò gli occhi, poi li abbassò su Beth, che aveva ancora le braccia intorno alla sua vita, e vide che lo guardava con un sorriso malandrino in volto. Guardò poi di fronte a sé, e quello stesso, identico, sorriso era stampato in volto alle gemelle; se avesse potuto vedere Will, sarebbe stata la stessa cosa.

Era in trappola.

Merda.

<< Beh, a quanto sembra, >> intervenne a quel punto James, anche lui un sorriso da un orecchio all'altro, << dovrò perdermi una grande partita; ma, purtroppo, il dovere chiama e devo andare a lavoro. >>

Diede un bacio sulla guancia a Lily, che per metà rideva, metà piangeva, e poi passò tra i suoi figli; scompigliò i capelli di Will, facendogli l'occhiolino, diede un bacio sui capelli rossi di Beth, abbracciò con un solo braccio Claire e infine diede il cinque a Emma. Poi, prima di uscire dalla porta che quest'ultima aveva lasciato libera per il passaggio, si voltò verso Harry e, posandogli una mano sulla spalla, gli disse, con uno sguardo e un sorriso che volevano comunicare molte cose – era come, percepì Harry, se suo padre, oltre a quello che effettivamente disse, gli avesse detto che era fiero di lui; che lui, Harry, avrebbe dovuto giocare e divertirsi perchè se lo meritava, perchè lui non aveva nessuna colpa di quello che era successo; che doveva essere forte, perchè tempi ancora più duri lo aspettavano; e che non doveva mai dubitare che la sua famiglia sarebbe sempre stata al suo fianco per sostenerlo, perchè lo sarebbe stata, oltre che avrebbe sempre creduto in lui: << Falli tutti secchi, Harry. >> E anche questa frase, aveva molti più significati di quello che poteva sembrare.

Harry, in quel momento, quasi sentì un moto d'affetto verso suo padre, ma poi, ripensandoci, il suo risentimento tornò, più prorompente di prima.

-

James arrivò al Ministero leggermente in ritardo, cosa che, nella sua posizione, non faceva che peggiorarla.

<< Ehi, Potter! Tuo figlio chi ha visto tornare, oggi, eh? Merlino? >> domandò, mentre attraversava l'atrio, un uomo vestito di nero, che, vicino alla Fontana dei Magici Fratelli, rideva, indicandolo, insieme ad un gruppo di altri maghi.

James li ignorò, digrignando i denti e affrettandosi verso gli ascensori; non doveva curarsene, altrimenti avrebbe fatto il loro gioco.

Salendo di livello, un altro numero ennesimo di persone, che salivano o scendevano dall'ascensore, lo indicarono, gli sussurrarono alle spalle, gli risero dietro, ma James Potter era migliore di loro, e Harry più di tutti.

O almeno, questo era quello che continuava a ripetersi.

Arrivato al secondo piano, si affrettò lungo i corridoi fino al Quartier Generale degli Auror.

Il Quartiere era ampio ed adibito ad open-space, con una fitta rete di cubicoli dalle pareti grigie ricoperte sia dalle foto segnaletiche dei ricercati, che da quelle di famiglia, che da alcuni poster delle squadre del cuore di Quidditch. Per tutto il giorno non si poteva mai sperare di trovarvi il silenzio; vuoi per il rumore di carte scartabellate, che per le incessanti chiacchiere o discussioni tra vicini di ufficio.

Quando James arrivò al suo cubicolo, tuttavia, si poteva considerare l'atmosfera silenziosa: il motivo James lo capì non appena ebbe lanciato uno sguardo verso il basso, sulla sua scrivania, ed ebbe visto una copia della Gazzetta del Profeta del giorno aperta sulla pagina cui aveva guardato non molto tempo prima nella sua cucina; una foto di Harry seduto sotto il portico della loro casa, scattata furtivamente dal cancello esterno, vi spiccava: un ragazzo che se ne sta sempre da solo, è sicuramente fuori di testa, era praticamente il messaggio dell'articolo.

James si guardò intorno, incontrando soltanto il retro delle teste chinate dei suoi colleghi, alcuni dei quali avevano distolto lo sguardo proprio come lui aveva alzato il suo.

Fottuti bastardi.

-

Lily guardava i suoi figli giocare furiosamente a Quidditch dalla finestra al livello del suolo del suo laboratorio nel seminterrato.

<< Ragazzi, io sono di sotto a lavorare, se avete bisogno di me per qualsiasi cosa, chiamatemi. >> aveva detto loro più di un'ora prima.

La Pozione Polisucco era quasi del tutto fermentata; due giorni, e sarebbe stata pronta. Il Veritaserum era invece ancora in alto mare.

<< Abbiamo bisogno di più scorte di pozioni utili possibili. >>

Le parole di Alastor Moody, pronunciate durante una delle prime riunioni dell'Ordine della Fenice, l'organizzazione segreta creata da Albus Silente con lo scopo di sconfiggere Voldemort e i suoi Mangiamorte, risuonarono nella mente di Lily. E' quasi come ai vecchi tempi, riflettè lei, e non in senso buono; le uniche differenze erano quattro figli in più e l'assenza, momentanea, di misteriosi assassinii, tranne per quel primo di oltre un mese fa.

Sciocchi erano stati, a credere che fosse finita, a sperare che non sarebbe mai tornato, quando Silente era sempre stato ferventemente convinto che sarebbe successo, e, di solito, le convinzioni di Silente era giuste...

Ridevano, i suoi bambini, lì fuori, con Harry e Beth in un testa a testa per raggiungere il Boccino, e come desiderò Lily che quel momento avesse potuto non svanire mai, e che i suoi figli avessero potuto sempre rimanere sotto il suo vigile occhio, protetti da tutto quello che avrebbe potuto far loro del male...

Si voltò per un attimo, mescolando per due volte la pozione di Ossofast in senso orario, poi ritornò alla finestra, e Beth aveva afferrato il boccino, volando vittoriosamente in circolo per tutto il campo da Quidditch magicamente celato ai Babbani, allestito da James, non appena si erano trasferiti in quella casa, quattordici anni prima. Harry stava facendo la parte dello sconfitto devastato e indignato dalla vittoria dell'avversaria, e Lily sorrise.

Che figli meravigliosi aveva; ancora si commuoveva se ripensava a quella mattina, a quando i più piccoli avevano convinto (minacciato è meglio, ma era per una buona causa, ridacchiò Lily) il fratello maggiore a giocare con loro per tirarlo su di morale.

<< Il ticchettio che ha svegliato Harry è dell'orologio che abbiamo in camera noi, amplificato con un bel Sonorus >> le aveva rivelato Emma, con un ghigno in volto, quando l'aveva presa da parte e le aveva chiesto maggiori spiegazioni.

<< Signorina >> aveva tentato di rimproverarla Lily << non ti è permesso usare la magia fuori dalla scuola >>

<< Ma mamma, >> aveva replicato lei, per nulla preoccupata e sicura del fatto che sua madre non fosse veramente arrabbiata << chi vuoi che se ne accorga, in una casa in cui abitano maghi adulti?! >>

E Lily aveva lasciato correre.

Harry sarebbe stato meglio, doveva stare meglio.

-

Harry aprì il frigorifero della cucina e afferrò la caraffa del succo di zucca. Sudato, esausto da una lunga giornata di partite a Quidditch, trangugiò il liquido ghiacciato, e immediatamente trovò sollievo.

Era tardo pomeriggio, ormai; sua madre era ancora nel seminterrato affaccendata con le sue pozioni, e i suoi fratelli erano saliti di sopra per riprendersi da vari stati di sfiancamento.

Doveva agire ora.

Rimettendo a posto la caraffa, lanciando uno sguardo di sfuggita all'orologio sul camino per assicurarsi che l'ora in cui suo padre sarebbe tornato a casa era ancora, relativamente, lontana, si precipitò fuori dalla stanza e, attraversando il vasto ingresso con la grande scalinata centrale in legno, salendo su per le scale fino al primo piano, raggiunse, cercando di fare meno rumore possibile, la camera dei suoi genitori.

Rovistò nei cassetti, nell'armadio, sotto il letto, nelle tasche degli abiti, ma niente: nessuna copia, non necessariamente del giorno, della Gazzetta del Profeta, era in vista. Come sempre. (Le uniche volte in cui era riuscito a metterci mano era stato quando si era trovato a casa di Ron.)

Harry credeva che i suoi genitori addirittura si divertissero a trattarlo come un bambino, a tenerlo all'oscuro di tutto, a proteggerlo ossessivamente da tutto: e il fatto che ogni notte lo venissero a svegliare e a consolare per i suoi incubi non faceva che umiliarlo ancora di più, e la sua rabbia cresceva.

Ma non l'avrebbero tenuto prigioniero ancora per molto.

Rinunciando alla sua ricerca, si diresse in camera sua, sentendo le voci delle gemelle provenire dalla loro stanza adiacente alla sua; ma aveva detto loro di non voler essere più disturbato, quindi non sarebbero venuti a richiamarlo che per l'ora di cena, e lui contava di rientrare prima di allora.

Chiuse rumorosamente la porta dietro di sé, per far capire a chi avrebbe sentito che era iniziata l'ora in cui avrebbero fatto meglio a stargli alla larga, poi si voltò e la chiuse a chiave. Si diresse alla svelta verso la finestra, non prima di aver afferrato un fagotto e esserselo nascosto sotto la maglietta; si arrampicò a quel punto sulla scrivania per raggiungerla, la spalancò e, estraendo la sua bacchetta e mormorando un "Accio", la scopa che aveva prima previdentemente posizionato proprio lì sotto salì fino ad arrivare di fronte a lui. Vi montò sopra e discese. Fu poi attento a farla levitare fin dentro lo stanzino in cui tenevano tutte le scope di famiglia, per cancellare ogni prova, e, infine, togliendosi il Mantello dell'Invisibilità da sotto la maglietta ed indossandolo, attraversò tutto il cortile sul retro e scavalcò la siepe che immetteva sulla strada retrostante.

I suoi non avevano pensato di toglierli il Mantello; magari dovevano aver creduto che fosse abbastanza responsabile da non usarlo impropriamente: ma, rifletté Harry, non è che stesse poi facendo chissà che in quel momento.

Andava solo a fare una passeggiata, si disse come ridiventava visibile.

-

Un'altra tediosa giornata di lavoro, piena di documenti da leggere e firmare, redarre e correggere, piena di occhi che lo seguivano ad ogni suo movimento, dovunque egli andasse, se a pranzo o a sgranchirsi le gambe non faceva differenza, era quasi giunta al termine. Lo aspettavano un bel pasto caldo, il tepore del camino, e, si sperava, nessun dramma, a casa.

Ma il giorno dopo sarebbe stato uguale a quello, e il successivo sempre lo stesso; almeno una nuova riunione dell'Ordine era fissata per la sera di due giorni dopo: era qualcosa a cui aggrapparsi.

Fu nel momento in cui Sirius tornò, insieme ad alcuni altri auror, da una missione nel Gloucestershire, entrando rumorosamente nel Quartier Generale dalla direzione degli ascensori, che qualcosa d'altro fuori dalla norma e dalla monotonia di quegli ultimi giorni, accadde. Una notifica volante era arrivata insieme al gruppo di maghi, e, per la non-sorpresa di James e di nessuno dei presenti, si era posata sulla scrivania del signor Potter. Era da parte del segretario del Ministro della Magia.

Egregio Signor Potter,

Le qui comunico che il Ministro della Magia lo ha convocato nel suo ufficio nella giornata di oggi, 2 agosto 1995, ore 5:27 p.m., con effetto immediato, per discutere con Lei di questioni della massima importanza.

Cordiali Saluti,

il segretario personale del Ministro della Magia,

Percy Weasley

E così il ragazzino era diventato segretario di Caramel, pensò James; si domandò poi se la famiglia ne fosse al corrente. Lasciò, tuttavia, quel pensiero da parte, per il momento: questioni più importanti lo aspettavano.

Era arrivato il momento, finalmente.

-

Harry vagava per le strade del paese (così minuscolo e noioso, che cosa mai avevano in mente quando hanno deciso di trasferirsi qui?), senza una meta e con l'unico desiderio di trovare qualcosa che potesse distrarlo dal cumulo di pensieri poco piacevoli che aveva in testa; ma era inutile sperare.

Le strade erano quasi del tutto deserte, dalla parte per dove stava passando, tranne per il passaggio sporadico di qualche macchina, e, probabilmente, riflettè Harry, ciò era dovuto al caldo torrido che in quel momento poteva sentire fin troppo bene: le persone, intelligentemente, rimanevano nelle proprie case, con i condizionatori accesi.

Arrivò nelle vicinanze di un parco giochi abbandonato, con le giostre rovesciate o ammaccate, senza dubbio per il passaggio di qualche banda di vandali, e si sedette sull'unica altalena rimasta intatta.

Era molto più buio, quando se ne distaccò.

Doveva tornare in fretta a casa se non voleva essere scoperto. Si incamminò.

Dall'ombra del primo vicolo davanti al quale passò, tuttavia, qualcosa, o piuttosto qualcuno, attrasse la sua attenzione. Era un ragazzo, Babbano, sicuramente, con tratti comuni, acne, vestiti accuratamente stracciati e un piercing ad un orecchio, appoggiato mollemente contro il muro interno di una casa: stava fumando.

<< Che hai da guardare? >> gli chiese lui bruscamente, come si accorse dello sguardo di Harry.

Harry rimase a fissarlo in silenzio, intentamente.

Quello, stranamente, ghignò. << Vuoi provare anche tu, eh, figlio di papà? >> - ammiccando ai suoi abiti all'apparenza costosi - << Il paparino non ha voluto comprarti il terzo televisore nuovo e quindi ora vuoi fare un po' il ribelle? >> aveva alzato il tono di voce, alla fine, mimando quello di un bambino piagnucoloso.

Harry ci pensò su: lui era sempre stato un figlio perfetto, responsabile, e tutte quelle stronzate...era ora che facesse anche qualcosa per se stesso.

Magari il fumo avrebbe allontanato quei pensieri.

<< Già, è così >> disse quindi allo sconosciuto, calmo.

Lui sembrò per un attimo sorpreso, stralunato dalla non-reazione alla sua provocazione, ma si riprese alla svelta, e a quel punto il suo ghigno si allargò ancora di più: << Come vuoi, mezza sega, ecco qui, prova questa >> E gli tese la sigaretta accesa.

Harry la prese.

-

<< Voi Potter mi avete stancato! Voi e le vostre baggianate s-su Tu-Sai-Chi! Non tollererò più la vostra presenza nel mio Ministero, quando dietro alle mie spalle state tutti cospirando, sì, ha capito, signor Potter, lei e sua moglie, cospirate dietro alle mie spalle con quel vacchio pazzo di Silente! E avete traviato vostro figlio allo stesso modo, l'avete messo contro di me! Voi – voi... >>

James non aveva sentito oltre, perché in quel momento si era alzato, rovesciando la sedia, ed era uscito dall'ufficio del Ministro della Magia, prima che potesse assassinarlo, lì, in quell'istante, e al diavolo tutto...

Attraversò i corridoi del primo livello del Ministero, chiudendo e riaprendo i pugni quasi come se li stesse serrando intorno al collo di Caramel, poi scese utilizzando le scale, perché non avrebbe sopportato la lentezza degli ascensori, non in quel momento.

Era fatta, era licenziato; ma l'aveva previsto, quindi non era un grosso problema: il vero problema, sarebbe stato dirlo a Harry.

Fottuto bastardo pezzo di merda di un Caramell.

Irruppe nel Quartier Generale degli Auror senza curarsi delle teste che si voltarono nella direzione del rumore e quindi della sua; sapere che loro sapevano esattamente, o quasi, quello che doveva essere successo non fece che renderlo ancora più furioso.

<< Potter! >> lo richiamò bruscamente una voce. James si voltò e vide Sirius Black alzarsi dalla sua sedia e venirgli incontro.

<< Caramell ti ha dato il benservito, allora, eh? >> chiese Sirius con un ghigno, scostandosi casualmente dal viso una ciocca ribelle.

James non disse nulla, limitandosi a raggiungere la sua scrivania. Evocò uno scatolone e cominciò a riempirlo con le sue cose.

<< Era ora, a mio avviso, tu non credi, Milkins? >> continuò Sirius, rivolgendosi alla fine ad un vicino auror; quest'ultimo lo guardò stralunato, e non rispose.

<< Che cosa vuoi, Black? Se devi rompermi il cazzo in questo modo, fallo velocemente >> disse James, staccando la foto segnaletica di Peter Minus dalla parete del suo cubicolo, riducendola in cenere con un movimento della bacchetta.

<< Oh, quello che volevo si è già realizzato, quindi credo di stare a cavallo >> disse Sirius, sempre ghignando.

Tutti, nessuno escluso, anche chi faceva finta del contrario, stavano ascoltando la scena, scioccati. Non erano amici, Black e Potter?

<< Allora levati dalle palle >> replicò James, senza nessuna particolare inflessione della voce.

<< Non ci penso proprio; mi diverto a dare fastidio a una donnicciola come te >>

James finalmente alzò lo sguardo, incontrando quello canzonatorio di Sirius.

Quest'ultimo non si fermò: << Dimmi un pò, Potter, come ci si sente ad essere il padre dello zimbello della Comunità Magica, del ragazzo così avido di fama da andare in giro a raccontare che Tu-Sai-Chi è tornato? >>

<< Tu non osi...>>

Sirius lo ignorò, e afferrò l'edizione di quel mattino della Gazzetta del Profeta, rimasta aperta sulla scrivania di James.

<< Ed ecco il Bambino Sopravvissuto, seduto sotto il portico della sua maestosa casa di provincia, intento a fissare il vuoto...>> lesse Sirius, in un tono che voleva essere solenne << ...come un perfetto lunatico; mi chiedo io, che cosa stiamo aspettando a rinchiuderlo in un manicomio, per il bene di tutti noi? Le sue 'storie' non sono già un indizio sufficien... >>

James si gettò con impeto su Sirius, strappandogli di mano il giornale – il quale cadde con un tonfo a terra – e puntandogli la bacchetta contro il mento, espressione tra il duro e l'irato in volto.

<< Tu non osi parlare in questo modo di mio figlio, Black, oppure io ti ammazzo, hai capito? >> gli disse gelidamente. Black, per nulla spaventato, allargò il suo ghigno.

<< Tu provaci, Potter >>

Rimasero a fissarsi per qualche istante, l'intera stanza congelata in quell'attimo, in attesa; alla fine, James lasciò andare Sirius, il quale si ritrasse, e, velocemente finendo di raccogliere le sue cose, lasciò in fretta il Quartier Generale, forse per l'ultima volta.

-

Lily, con qualche ultima mescolata, imbottigliò il contenuto di alcuni calderoni, lanciando un'occhiata ad altri per controllare il loro stato di fermentazione, quindi risalì al piano terra. La luce nell'ingresso non era così forte da ferirle gli occhi, anzi, la riconfortò e la spinse a fermarsi per qualche minuto sulla soglia del suo laboratorio, per ammirare i giochi di luce e di ombra nell'ampio atrio della sua casa; i riflessi sul cristallo del candelabro, la lucentezza che sembrava aver acquisito il corrimano in legno della scala centrale alla sua sinistra...per quei pochi secondi si sentì quasi in pace. Fece un respiro profondo.

James sarebbe tornato a breve, ma aveva ancora il tempo di farsi una doccia prima di dover iniziare a preparare la cena; per cui s'incamminò verso il piano superiore.

Musica, ritmata e rumorosa, proveniva dalla camera delle gemelle; Lily incontrò poi Will che lasciava rotolare giù dalle scale, a partire dal secondo piano, alcune vecchie Pluffe, ma decise di lasciarlo fare (non prima di avergli raccomandato di stare attento a non far inciampare nessuno con quelle palle, e avergli dato un bacio, che lui accettò riluttante); Beth non era in vista.

Lily entrò in camera sua; si tolse le scarpe e le gettò nel bagno, si sedette sul letto e si massaggiò la schiena: un bella doccia rilassante ci voleva proprio.

<< Harry! Harry, sei sveglio? Mi fai entrare? >> sentì la voce di Beth chiamare dal di fuori, e i lontani colpi alla porta del diretto interessato che seguivano ogni richiamo. Lily rimase in ascolto.

Quando gli sforzi di sua figlia di richiamare il fratello maggiore continuavano invano, Lily andò a raggiungerla.

<< Tesoro, magari Harry non vuole essere disturbato...>> disse alla piccola Beth. Lei si voltò verso la madre, un pugno ancora alzato pronto a bussare di nuovo, e a Lily si strinse il cuore nel guardare gli occhi, così simili a suoi, di sua figlia: erano spalancati e lucidi, delusi e anche un po' spaventati. Lily si allarmò.

<< Che cosa c'è, amore mio? Qualcosa non va? >> chiese dolcemente, abbassandosi all'altezza della bambina. Lei scosse la testa.

<< Volevo – volevo solo dare questo a Harry >> disse Beth, mostrando a sua madre un disegno che teneva nell'altra mano. Rappresentava una casa - la loro – e tutti i membri della loro famiglia posti in fila e per mano nel giardino laterale: era un disegno infantile, ovviamente, ma si poteva vedere tutta la cura e l'attenzione che le aveva dedicato la piccola di casa Potter. << Magari lo può tenere sotto il cuscino la notte, così non avrà più incubi >> aggiunse lei.

Lily sorrise. << Sai, è proprio una splendida idea...dai, cerchiamo di fargli aprire la porta >> Anche Beth accennò un sorriso, prima che sua madre iniziasse a chiamare Harry e a bussare alla sua porta.

Nessuna risposta.

Lily aggrottò la fronte. << Starà dormendo, magari...ma in genere si sveglia subito anche al più lieve rumore...>> disse, dubbiosa.

<< Magari è sceso di sotto >> propose Beth.

<< Mmm...>> Lily provò ad aprire la porta, ma era chiusa a chiave << Quante volte gli avrò detto di non chiudersi a chiave in camera...>>

Le gemelle in quel momento uscirono dalla loro stanza che era immediatamente sulla sinistra, e si avvicinarono per vedere quello che stava succedendo.

Lily si risolse ad usare la magia. Aveva una strana sensazione.

<< Alohomora >> pronunciò chiaramente, puntando la bacchetta sulla serratura e compiendo un deciso movimento col braccio. La serratura scattò.

L'interno era vuoto.

-

Harry iniziò a tossire, e ci volle un bel po' prima che riuscisse a smettere; si piegò addirittura in due, gli occhi inumiditi e il respiro strozzato.

Il ragazzo a fianco a lui rideva sguaiatamente, anche lui piegato in due. << M'ero scordato di dirti, pivello, che la prima volta avresti potuto...>> un nuovo scoppio di tosse più forte degli altri lo interruppe << ....sì, già, proprio così. >>

Harry eventualmente si calmò. A quel punto anche a lui venne da ridere, e diede un mezzo spintone all'altro ragazzo.

<< Fa nulla, comunque, è passato >> disse poi << fammi riprovare >>.

<< Come vuoi >>.

Dopo qualche altra boccata, con lo sconosciuto che gli indicava la tecnica giusta, Harry ci prese quasi gusto; il fumo era pungente, forte, ma una volta superato il primo impatto, era anche gradevole. Si sentì quasi più leggero.

<< Bene, allora, un vero piacere averti conosciuto, mezza sega, >> disse il ragazzo, ironicamente, dopo un po' << ma ora devo proprio andare...donne mi aspettano, sai >> ma, lanciandogli un'occhiata da capo a piedi, aggiunse << o forse non lo sai >> e ghignò ancora.

Harry cominciava a irritarsi. La sigaretta che aveva in mano, tra l'indice e il medio, come gli aveva insegnato lo sconosciuto, era finita e Harry non sapeva che farci: ci girò intorno in cerca di un cestino della spazzatura. Il ragazzo (dovrei forse chiedergli il nome?, si domandò) alzò gli occhi al cielo, esasperato, e gli tolse di mano la sigaretta.

<< Guarda e impara, pivello >> disse; la gettò a terra e la schiacciò con un piede. Harry annuì.

L'altro lo guardò ancora, alzando un sopracciglio << Sei proprio strano tu, eh, ma dove vivi? >>

Ma prima che Harry potesse rispondere, un improvviso, sconcertante, crac fendette l'aria intorno a loro, e Harry si voltò di scattò, girando lo guardo da una parte all'altra della strada in cerca della fonte. Era sembrato un rumore familiare...spaventosamente familiare...

<< Che cosa è stato? >> chiese il ragazzo babbano, irritato.

<< Oh, magari nulla, qualche ramo che cadeva...>> rispose tentativamente Harry.

Ma a quel punto, accadde qualcos'altro.

L'aria sembrò d'improvviso raffreddarsi, con un vento gelido che cominciava a tirare e a investire i loro volti, mentre la luce pre-crepuscolare calava sensibilmente, di colpo, lasciando il vicolo in cui Harry e il Babbano si trovavano in maggiore penombra rispetto ad un attimo prima.

Continuando a girarsi intorno, allarmato, il respiro che accelerava, Harry cominciò a sentire l'oh-così-familiare sensazione di occlusione della gola, di gelo nelle ossa, e di lenta disperazione che andava ad avvolgere tutto il suo essere...delle ombre scure si stavano avvicinando all'entrata del loro vicolo, ed Harry seppe immediatamente cosa fossero.





















Note dell'autrice

Ed ecco il primo capitolo! Scusate se ci ho messo così tanto a postarlo ma ancora non era finito, in più ho avuto tanto da fare questa settimana, quindi mi ci è voluto un pò a terminarlo...Non sono proprio sicura del risultato, ma avevo proprio voglia di postarlo così com'è, quindi spero che vi piaccia!

E passiamo ai ringraziamentri....grazie tantissimissime alle sei persone che hanno messo la storia tra le seguite/ricordate/preferite, lo apprezzo tantissimissimo!! :))

Fatemi sapere cosa ne pensate, mi raccomando!

Alla prossima,

Daughter of the Lake

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** I Dissennatori Inspiegabili ***


Capitolo 2

I Dissennatori Inspiegabili


 

Harvey Damforth era un giornalista.

Aveva saputo che lo sarebbe diventato la prima volta che aveva posato gli occhi su una copia della Gazzetta del Profeta, la prima mattina del suo primo giorno a Hogwarts, quando aveva capito, guardando le immagini che si muovevano, leggendo articoli su folletti e Ministri della Magia, pozioni soporifere e tazze da tè che mordono i nasi dei babbani, che avrebbe voluto scriverle lui, in prima persona, quelle storie. Un giorno.

Aveva aspirazioni più alte che scrivere storielle del genere, tuttavia.

<< Harvey Damforth, oh che genio, ormai compro la Gazzetta del Profeta solo per le sue storie, così vere, così vive, così toccanti e ispiranti! >>

Ecco: i suoi sogni ad occhi aperti così leggevano; lui voleva essere di ispirazione, entrare nei cuori delle persone e sensibilizzarle alla causa comune, presentarsi come un modello di intelligenza e virtù, bontà e fierezza...

E giornalista, lo divenne.

Ma fu in quel momento che la realtà venne a bussare alla sua porta.

Si era aspettato, sì, qualche difficoltà, all'inizio, prima di raggiungere l'auspicato successo e la notorietà: erano inevitabili; ma quando, più di dieci anni dopo, si ritrovò ad essere ancora relegato, sebbene ora a capo, della sezione Scandali Fantasiosi, senza neanche il più lieve indizio di una futura promozione, con una casa che era più un tugurio, due ragazze che l'avevano mollato spezzandogli il cuore, una pancia che andava sempre più lievitando e i capelli che si andavano facendo sempre più radi, tutti i suoi sogni giovanili erano quasi del tutto svaniti.

A quel punto era arrivata la Signora.

<< Lo sai chi ha scritto questo, chi l'ha scoperto? Harvey Damforth! >>

E adesso sarebbe diventato famoso.

La Gazzetta della Sera di quel giorno era già stata pubblicata, quindi sarebbe stato destinato alle stampe solo la mattina dopo, eppure i suoi colleghi già parlavano del suo nuovo articolo:

Harry Potter: Ribelle di Strada; Perché Ancora Dargli Peso?

Era molto fiero del titolo.

Harvey, seduto alla sua scrivania, alzò gli occhi dalla bozza e si guardò intorno; l'ala si era come rivitalizzata, alla bella notizia dello scoop del giorno, che avrebbe costituito una nuova pietra nel muro contro la sfacciataggine di quel ridicolo ragazzo. C'era chi passava da una scrivania all'altra per discutere dell'avvenimento, chi faceva finta di star andando in bagno solo per passare vicino a Harvey e salutarlo, battergli il cinque o anche solo sorridergli.

E Harvey sorrideva loro.

Non aveva potuto crederci, quando, appostato ormai da giorni nei dintorni della casa dei Potter, eccolo lì!, Harry Potter in persona, sgattaiolare via come un vero e proprio fuggiasco. Aveva immediatamente mandato un Patronus alla Signora; non vedeva l'ora di essere ricompensato da lei.

E poi l'aveva seguito.

Ah, ah, Harry Potter, che cosa vai combinando...aveva pensato vedendolo avvicinarsi ad un ragazzo Babbano di dubbia moralità.

Una foto dei due che fumavano insieme all'ombra di un vicolo avrebbe fatto bella mostra di sé in prima pagina la mattina dopo.

Una volta scattata, si era poi Materializzato a Diagon Alley, pronto a tornare alla sede della Gazzetta e iniziare a scrivere il suo articolo, ma non aveva potuto andarci. Si era immobilizzato in mezzo alla strada e aveva cominciato a sudare freddo.

Quando la Signora l'aveva accostato in un vicolo di Diagon Alley, circa un mese prima, lui che stava ritornando a casa a fine giornata di lavoro, e gli aveva sussurrato il suo piano, promettendogli una fumante ricompensa, in quel momento non aveva riflettuto sui reali rischi cui sarebbe potuto andare incontro il ragazzo; aveva solo pensato che finalmente ciò che aveva sempre sognato si sarebbe realizzato. Più o meno. Una volta a casa, ci aveva pensato, ma, insomma, lui era risaputo per essere riuscito a padroneggiare l'Incanto Patronus all'età di tredici anni...e in effetti, aveva riflettuto, la Signora probabilmente contava proprio su questo fatto.

Ma davvero, aveva continuato, che cosa poteva mai succedere al ragazzo? A faccenda finita, sebbene la Signora ci contasse, non sarebbe mai stato espulso, con Silente dalla sua parte...si stava parlando di Silente!, e nonostante quello che dicesse il Ministro della Magia, era ancora lui il più grande mago del secolo...non c'era, quindi, da preoccuparsi per lui, e allora, perché rinunciare a tutti quei soldi? Si era guardato intorno per il suo squallido salotto, e si era deciso.

Eppure non era potuto restare indifferente, non l'avrebbe potuto per tutto l'oro del mondo, e con un altro rumoroso crac si era Smaterializzato un'altra volta e, andatosi a nascondere dietro una siepe dal lato della strada opposto al giovane Potter e al suo compagno, aveva aspettato finché tutta la faccenda non fu finita.

<< Damforth, bravo! >> disse il signor Malvis in quel momento – lui che l'aveva sempre deriso per i suoi articoli “così futili e banali!” -, passandogli accanto e distogliendo così Harvey dai suoi pensieri.

Harvey gli accennò un sorriso di rimando, un angolo della bocca più incerto dell'altro. Fece poi ricadere gli occhi sul titolo di fronte a lui.

Harry Potter: Ribelle di Strada; Perché Ancora Dargli Peso?

Andiamo, Harvey, questo è solo l'inizio, ora che diventerai famoso potrai scrivere come hai sempre voluto, ti promuoveranno e tante nuove porte si spalancheranno di fronte a te...non succederà niente a questo Potter, si sarà ormai abituato a cose del genere...

Anche l'altro angolo della sua bocca si incurvò, amaramente.

Ripensò ai suoi sogni di ragazzo, e capì che questo non l'avrebbe affatto aiutato a realizzarli; avrebbe solo contribuito a denigrare un povero ragazzo, e a far cadere lui ancora più giù in quel baratro che era la sua vita.

Circa due ore prima

Il vento cominciò a fischiare, ululante, vorticando intorno ad Harry e al ragazzo Babbano quasi fungendo da colonna sonora spettrale alle ombre deformi e rantolanti che si andavano facendo sempre più vicine, sempre più vicine, il buio da loro creato sempre più fitto; il giovane mago estrasse la bacchetta dalla tasca posteriore dei suoi jeans, e si preparò all'attacco, suo malgrado tremando.

<< Che cosa diavolo sta succedendo? >> venne la voce inquieta e lievemente stridula del Babbano dietro di lui. Harry lo sentì indietreggiare e imprecare allo stesso tempo. << Se è uno scherzo, non è affatto divertente! >>

Harry non rispose; non riusciva più a vedere neanche ad un metro da lui.

Poteva sentire i respiri tremuli dei Dissennatori a pochi passi di distanza, che a ogni esalazione sembravano risucchiare l'aria...Harry cominciò a sudare freddo, ma alzò più in alto la bacchetta.

Pensa, pensa, un ricordo felice, un ricord...

<< Uccidi l'altro! >> tuonò una voce nella sua testa.

Oh no, ti prego, no non adesso...

Sì, invece: immagini totalmente diverse dal buio e dal gelo intorno a lui gli sfrecciarono davanti agli occhi, e ne fu immerso.

Un sibilo, e una seconda voce urlò le parole nella notte: «Avada Kedavra!»

Un lampo di luce verde saettò attraverso le palpebre di Harry, e sentì qualcosa di pesante cadere a terra accanto a lui...

<< NO!! >>

Era caduto in ginocchio, afferrandosi la testa tra le mani, la bacchetta rotolata via, chissà dove.

Un Dissennatore era arrivato su di lui.

Afferrò Harry per i capelli e costrinse il suo volto ad alzarsi verso di lui, il quindicenne che spalancò gli occhi, fissandoli sul vortice che era la bocca della creatura, tentando di divincolarsi, ma, la sua mente e tutto il suo essere sommersi dal suo ultimo incontro con Lord Voldemort, invano. Si sentiva soffocare, e aveva freddo, tanto freddo...

Il risucchio della sua anima faceva un strano rumore, pensò in un momento di lucidità Harry, – le sue braccia erano ormai cadute immobili lungo i suoi fianchi e i suoi occhi si andavano lentamente chiudendo; il Dissennatore era a pochi centimetri da lui, ripugnante come sempre – chissà, chissà come sarebbe stato esserne privo...

Niente più incubi, niente più rimorsi; niente più preoccupazioni, dolore o rabbia...niente più Voldemort, né Mangiamorte, né morte, non sarebbero stati più un suo problema...magari poteva permettere che succedesse, che il Dissennatore lo baciasse; l'oblio sembrava un posto più accettabile di questo...ma, ma...aspetta aspetta, si disse; c'era qualcosa che gli sfuggiva...non ci sarebbero neanche più la mia famiglia e i miei amici; neanche loro sarebbero più un mio problema...niente più felicità, risate, divertimento, amore che, - un brivido lo percorse, stava soffocando, e la scena nella sua testa si andava facendo più sfocata... – magari, erano nel suo futuro...- mani scheletriche e putride gli artigliavano il volto, e sulla zona sinistra del torace sentiva come un peso, gelido...ma...

E un'altra scena esplose nella sua testa; no, non una scena: erano immagini, volti. Mamma, papà, Emma, Claire, Beth, Will, Sirius, Remus, Ron, Hermione,...gli stavano sorridendo. Oh.

Harry spalancò gli occhi. No.

Questa non sarebbe stata la sua fine.

Tremava, tremava, e non era del tutto certo di star facendo la scelta giusta, insomma, felicità?, sembrava impossibile...ma doveva trovarla, doveva trovare la sua bacchetta: mandò una mano a terra, tastò, sentiva di star svanendo, che tutta la sua vitalità stava venendo risucchiata dalla bocca del Dissennatore...che cos'era quello?; la sua mano aveva toccato qualcosa di sottile e duro, la sua bacchetta! Le sue dita la circondarono.

Non poteva parlare.

Ma poteva pensare: Expe...Expect...forza Harry puoi farcela...Expecto, ora i volti erano più chiari, EXPECTO PATRONUM!!

E con sua grande sorpresa, una luce al suo fianco lo investì; dalla punta della sua bacchetta scaturì un maestoso cervo argentato, prima le corna, poi il muso e tutto il resto del corpo, ed esso andò a colpire con le corna il fianco del mostruoso Essere, che fu scaraventato via, lontano da Harry.

Lui, ora senza più nessuno a sostenerlo, cadde all'indietro, ritrovandosi a fissare il cielo grigio sopra di lui, respirando a pieni polmoni.

Ed era vivo.

Un rantolo alle sue spalle gli fece voltare la testa.

<< Di qua! Manda via l'altro! >> istruì il suo Patronus, direzionandolo con la bacchetta, ed esso galoppò fino al secondo Dissennatore, che era chino sull'altro ragazzo riverso a terra a meno di due metri da lui, la sua bocca a pochi centimetri da quella del Babbano – una sorta di nebbia luminosa sembrava uscirne – e il cervo lo colpì con gli zoccoli, inseguendolo fino a quando non fu scomparso insieme al suo compagno.

Harry, sollevato, rimase immobile, ansante, cercando di rielaborare ciò che era appena successo: ora che era più lucido, lo colpì la paradossalità della cosa: Dissennatori, qui? Com'è possibile? Pensò che avrebbero potuto tornare.

Si rialzò, correndo verso il ragazzo.

<< Ehi, tu, forza, alzati...dobbiamo andare via di qui >> gli intimò frettolosamente Harry, scuotendolo. Lui non si mosse.

<< Dai, forza...>> Harry cercò di tirarlo su, e con molti sforzi, con il Babbano che si lamentava e che pesava come un corpo morto, riuscì a rimetterlo in piedi, appoggiandoselo contro una spalla e cominciando a trascinarselo dietro.

Insieme, con Harry che sosteneva gran parte del peso dell'altro, si incamminarono fuori dal vicolo e si immisero sulla strada.

Dove doveva portare il Babbano?, si chiese Harry, Che cosa doveva farci? Non sapeva il suo nome, figuriamoci dove abitasse...Ma soprattutto, stava bene? Si sarebbe ricordato qualcosa?

Idiota, idiota che era stato, si rese ora conto, come gli era venuto in mente di uscire? Che cosa avrebbe fatto? Maledizione, maledizione!

Doveva per forza portarlo a casa sua; sua madre avrebbe saputo cosa fare con lui...Sua madre. Merda.

Era così nei guai.

-

<< James, andiamo rispondi, forza, che cosa ti ho a regalato a fare questo telefono se non lo usi mai, insomma, andiamo, rispondi...>>

Lily Potter, attaccata alla cornetta del telefono nel salone principale della sua casa, stava interiormente maledicendo il giorno in cui aveva sposato un mago purosangue con l'assoluta ignoranza per tutto quello che era babbanamente pratico, contemporaneamente battendo il piede a terra, quando sua figlia Claire comparve nella stanza con il cellulare squillante del padre in mano. Lily mise giù il ricevitore.

E Patronus sia.

Parlandogli al telefono, avrebbe potuto spiegare a James più dettagliatamente la situazione, ma poiché suo marito rifiutava di ricordarsi dell'esistenza del suo nuovo cellulare, doveva arrangiarsi.

Mormorò l'incantesimo, pensando alla sua famiglia e a come avrebbero trovato Harry sano e salvo, inviando così la sua cerva a diffondere il suo messaggio ai membri dell'Ordine della Fenice, oltre che a suo marito.

<< Ascolta, Claire >> disse poi, voltandosi << ora io uscirò; Harry non può essersi allontanato molto: la sua scopa avete detto che è nello stanzino; non può aver usato il camino perché la linea della Metropolvere ce l'hanno bloccata; non sa Smaterializzarsi...può essere solo andato a piedi...sperando che non abbia preso il Nottetempo...ma comunque, io vado a cercarlo in città >> fece una pausa, guardando sua figlia, che, con un'espressione forzatamente neutra, stava annuendo. Lily le si avvicinò e, prendendole il volto fra le mani, le disse in un tono rassicurante: << Vedrai che andrà tutto bene, tesoro, lo troveremo >>.

Claire annuì ancora, passandosi una mano sopra gli occhi per asciugare delle eventuali lacrime, fissando poi lo sguardo su sua madre. << Sarà meglio; perché ho proprio voglia di ucciderlo, quell'idiota >> disse, accennando un sorriso, ma del tutto seria. Sua madre fece un verso che poteva assomigliare ad una risata, o forse no.

A quel punto, con un ultimo cenno a Claire, Lily si diresse a passo svelto verso la porta. L'avrebbe trovato, doveva trovarlo, non poteva davvero essere scappato, non il suo bambino...

Una volta all'ingresso, quasi alla porta, dei passi giù dalle scale le fecero alzare lo sguardo, e vide Beth scenderle. Scuotendo la testa nella sua direzione, la ragazzina le disse: << Non è in soffitta >> continuando a venire giù con lo sguardo basso.

Con uno sguardo comprensivo e un << Lo so, amore, lo riporterò qui, te lo prometto >> Lily si voltò e afferrò il pomello della porta. Ma esitò.

Rivoltandosi, vide ora Beth urlare ad un Will stropicciato di non scivolare giù per il corrimano e lei stessa gli urlò << Will, quante volte ti ho detto di non...>>

Emma irruppe nell'ingresso dalla cucina, scaraventando la sua scopa e terra e informandoli che Harry non era da nessuna parte in cortile. Anche Claire arrivò dalla sala, come Will atterrava sul pianerottolo.

Ci fu un momento di silenzio in cui i figli guardarono la madre, e lei loro. Non posso lasciarli da soli, pensò improvvisamente Lily, con un morso allo stomaco, sono un caos vivente e se mentre sono via succede loro qualcosa, se le barriere protettive cedessero e venisse qualcuno...

Fortuna volle che proprio in quel momento il campanello suonasse, e agendo così velocemente che si sorprese lei stessa, Lily diede le spalle ai suoi figli, gridò “Chi è?” al suonatore, e la risposta “Remus” e l'aprire la porta furono un tutt'uno.

<< Lily, cos'è successo?? Ho ricevuto il tuo Patronus...>>

Lily lo afferrò per un braccio e lo trascinò dentro, contemporaneamente dicendo: << Non ho tempo ora, Remus, devo andare, i ragazzi ti spiegheranno tutto >>.

E con questo uscì dando le spalle all'esterno e lanciando uno sguardo significativo a Remus che di rimando la guardò tra il confuso e l'allarmato, poi gli sbatte la porta in faccia.

Lily cominciò a correre lungo il vialetto, gridando un Alohomora nella sua testa, con la bacchetta in mano, una volta arrivata al cancello, che si aprì, quindi uscì sul marciapiede. Esitando non più di due secondi per decidere in quale direzione andare, svoltò a sinistra e corse ancora più veloce.

-

James si Smaterializzò nel solito vicolo a due isolati da casa sua, non perdendo poi tempo ed imboccando immediatamente la strada principale, muovendosi a passo svelto.

Harry non si trova, è uscito di casa. Non sappiamo dove sia andato né se stia bene.

Il Patronus di Lily, portatore di quella sconcertante notizia, l'aveva raggiunto in un piccolo bar nel centro di Londra, dove si era diretto, uscito dal Ministero, per bere qualche drink prima di ritornare a casa, per calmare i nervi, e aveva causato, oltre che il suo, lo shock del resto dei presenti. Aveva dovuto obliviare il barista, due camerieri e tre consumatori, prima di potersi immettere in un vicolo affianco e Smaterializzarsi.

Harry, scappato? Non poteva crederci.

Velocizzò il passo.

Chi era quella persona laggiù?, si chiese dopo aver percorso pochi metri. Aveva decisamente i capelli rossi, lo poteva dire, e guardava ripetutamente da una parte all'altra come se in cerca di qualcosa o qualcuno...

<< Lily! >> la chiamò, e la testa di lei scattò nella direzione della sua voce. Riconoscendolo, sua moglie gli venne incontro, e lui si affrettò verso di lei.

<< James! Finalmente! >> disse Lily, senza fiato, una volta incontratisi a metà.

Un breve abbraccio più forte del previsto per lo slancio della velocità, poi James la trattenne per le braccia e le chiese: << Cos'è successo? Come è successo? >>

Lily parlò molto velocemente.

<< Non lo so, non lo capisco! Stava bene oggi, meglio di come è stato per tutto il mese! Hanno tutti giocato a Quidditch per la maggior parte del giorno, e si sono divertiti molto, li ho visti dal seminterrato...lui era allegro. Ma poi, quando sono risalita dal laboratorio, volevo farmi una doccia e sono salita, sono passata a dare un saluto ai ragazzi ed Harry non rispondeva dalla sua camera. Alla fine l'ho aperta io con la magia, e non c'era. La finestra spalancata! Ho mandato i ragazzi a cercarlo in giro per la casa, nella speranza che...ma è stato inutile; intanto ho cercato di chiamarti – a proposito, perché non ti porti mai il cellulare, se no che te l'ho comprato a fare! (<< Sì, Sì, scusa, tesoro >> ) - comunque, dicevo, sì, ho cercato di chiamarti ma non rispondevi, quindi ho mandato un Patronus a tutto l'Ordine. >> Qui fece una pausa, riprendendo fiato e passandosi le mani sugli occhi per calmarsi un attimo. Si era liberata dalla stretta di James e aveva gesticolato per tutta la sua spiegazione, suo marito che la guardava ad occhi spalancati e che faceva cenni o esclamazioni ogni qual volta lo riteneva necessario.

<< A quel punto, >> riprese lei, più lentamente << ho deciso di andarlo a cercare io stessa per il paese, e per fortuna è arrivato Remus, così gli ho potuto lasciare i ragazzi e sono uscita. >>

Rimasero quindi in silenzio e immobili per qualche istante, vagliando tutte le catastrofiche opzioni in cui il loro figlio avrebbe potuto trovarsi. Alla fine, con un cenno del capo, James disse: << Allora sbrighiamoci. >>

E stringendosi forte la mano, mantenendo il contatto visivo finché poterono, Lily proseguì per la direzione in cui si stava dirigendo quando si erano incontrati, e James per quella opposta.

-

Harry si trascinava per le strade del paese, che ora non sembrava più così piccolo, con un peso non indifferente sulla spalla. Il crepuscolo aveva ormai disteso la propria ombra grigio-blu sull'intera città di campagna, e le dava così un'aria troppo piatta e immobile, calma e silenziosa, tanto che Harry le avrebbe piuttosto preferito la freneticità delle ore soleggiate, durante le quali le ombre non erano così fitte da poter nascondere altri eventuali Dissennatori. Il giovane mago procedeva faticosamente, lanciando di continuo delle occhiate da un lato o l'altro lungo il suo cammino, il Babbano che gli respirava – o piuttosto alitava – in un orecchio, e la sua casa che non sarebbe mai arrivata troppo presto.

La prospettiva di quello che lo aspettava , tuttavia, non era molto allettante, e quasi gli faceva desiderare di riandare incontro a quei Dissennatori...quasi.

<< Uhh, ahh, uhh >> gemette il Babbano, quasi in protesta ai pensieri ipotetici di Harry.

I piedi gli facevano male, ed era stanco e spossato, sudato e agitato, intanto che cercava di non dare troppo nell'occhio nel caso in cui incontrava dei passanti. Tentava di mantenersi all'ombra, per quanto ciò non gli andasse proprio a genio, e di far sembrare che il suo compagno stesse camminando da solo, a braccetto con lui.

Due isolati, mancano solo due isolati...

<< Harry! >> gridò una voce dalla fine della strada, e Harry alzò immediatamente lo sguardo, individuando una figura corrergli incontro che assomigliava pericolosamente a quella di suo padre.

Si immobilizzò lì sul marciapiede, quasi facendo perdere l'equilibrio a lui e al Babbano, riuscendo a raddrizzare quest'ultimo, con molto sforzo, giusto in tempo. Poteva dirsi in parte sollevato, quando fece un gran respiro, perché qualcuno l'aveva trovato e avrebbe potuto aiutarlo, ma quante sono le probabilità che mio padre mi uccida?

Era meglio non pensarci troppo.

Raddrizzò la testa, cercando di assumere un'espressione calma e fiera, e di cancellare ogni traccia di senso di colpa, ansia o timore dal volto. Sei lo stramaledetto Harry Potter, per Merlino, e non hai fatto niente di male. Più o meno...

Suo padre lo raggiunse, trafelato e sollevato e palesemente in collera. << Harry, per la miseria! >> sbottò, ma poi, rendendosi conto del ragazzo semi-svenuto accasciato sulla spalla del figlio, << Cosa diavolo è successo? Chi è questo? >> e guardando Harry negli occhi, vedendo che era pallido, leggermente sudato e piuttosto stropicciato << Dio mio, stai bene? Che è successo? >>

<< Dissennatori >> fu tutto quello che uscì a Harry di dire, teso, non riuscendo a mantenere lo sguardo del padre.

James lo fissò, contemporaneamente spalancando gli occhi e aggrottando la fronte. << Cosa? >>

<< Dissennatori! Mi – ci hanno attaccato. Lo so che non ha senso, non lo capisco neanch'io, ma io e questo Babbano eravamo in un vicolo e – e ci sono piombati addosso. Papà... >>

James era positivamente sconvolto; si passò entrambe le mani nei capelli, a bocca spalancata, e si guardò intorno come se in cerca di qualcosa a cui appellarsi.

Voltandosi alla fine di nuovo verso suo figlio, gli posò prima le mani sulle spalle, poi gli sentì la fronte, il petto, per assicurarsi che fosse tutto intero, e gli chiese serio: << Ma tu stai bene? >> e come Harry annuì, si decise alla svelta << Allora – allora dobbiamo andare, forza; sbrighiamoci ad andare a casa così potremo occuparci di questo ragazzo e...di tutto il resto. Aspetta un momento, però... >> James si passò velocemente una mano sugli occhi, sotto gli occhiali leggermente inclinati, poi estrasse cautamente la bacchetta dalla tasca e, adocchiando i dintorni per assicurarsi che nessuno fosse in vista, mandò un Patronus a Lily; quindi si rivolse ad Harry << Muoviamoci >>.

Harry annuì, rimanendo in silenzio, un nodo alla bocca dello stomaco, mentre suo padre faceva passare la sua spalla sotto l'altro braccio del Babbano, che di rimando emise un ennesimo lamento.

E i tre quietamente s'incamminarono.

<< Papà, io... >> cominciò dopo un certo tempo Harry. La voce di suo padre era stata vibrante e frenetica, di rabbia derivante dall'agitazione e dalla preoccupazione, ed era apparso così sconvolto, che Harry ne voleva morire.

<< Non adesso, Harry >>.

<< Ma io...papà,>> proseguì imperterrito il mago più giovane, che doveva spiegare le sue ragioni, per quanto misere << mi – mi dispiace, davvero...io, io ero soltanto andato a fare una passeggiata, e nessuno doveva accorgersene, tanto meno volevo far preoccupare... >>

<< E invece è successo! >> ora il tono di James era solo furente << Ci hai fatto preoccupare, Harry, spaventare a morte, e non posso credere che tu... >> Padre e figlio si fissarono negli occhi da sopra la testa del ragazzo sconosciuto, e Harry deglutì. << C'era un motivo per cui dovevi restare in casa, >> continuò il più anziano << sei in pericolo, in grave pericolo, e lo sai! C'è chi ti vuole morto da una parte, chi ti vuole male dall'altra, e guarda! Dissennatori a Winterbourne Stoke! Roba da pazzi! E tu, avresti potuto finire peggio che ucciso... >>

<< Mi dispiace, papà >> ora anche Harry alzò la voce << ma non ce la facevo più a rimanere in quella casa! E' tutta l'estate che...e io volevo solo...>>

Il quindicenne tenne lo sguardo fisso di fronte a sé, e un silenzio interrotto a intervalli irregolari dai gemiti penosi provenienti dal giovane Babbano che trasportavano, cadde su di loro.

<< Harry >> riprese alla fine James, a voce più calma e paterna << lo so che è dura, per te... >> - qui sospirò – << lo è per tutti quanti, e ti capiamo e ti sosteniamo, ma questo non ti da il diritto di fare quello che vuoi per poi aspettarti che chiudiamo sempre un occhio...>> Suo figlio scuoteva la testa, con lo sguardo basso e fisso.

James sospirò di nuovo. << Senti, ehi, ne riparliamo dopo, ora guarda, siamo arrivati >>

E il cancello della casa dei Potter era davvero finalmente in vista.

Un'altra cinquantina di metri e il signor Potter poté suonare al citofono, al quale, alcuni minuti di silenzio imbarazzante dopo, venne a rispondere quella che chiaramente era la voce di Remus. << Chi è? >>

<< Remus, sono io, James, ed Harry è con me >> fu la risposta.

Il cancello si aprì.

Quando non ebbero percorso che metà del vialetto, si vide il portone d'ingresso aprirsi e Remus Lupin tirarne fuori la testa, esortandoli a sbrigarsi, sollievo nel suo volto alla vista di Harry, nonostante aggrottò la fronte alla vista del ragazzo apparentemente Babbano.

<< Che è successo, per Merlino? >> chiese il vecchio insegnante quando il gruppo ebbe velocemente raggiunto il portico.

<< Non ora, Remus, dobbiamo prima occuparci di questo ragazzo >> rispose James, e Remus guardò Harry, il quale abbassò lo sguardo.

Entrati in casa e chiusa la porta alle loro spalle, un'effettiva folla venne loro incontro, e Harry vide con orrore che non solo il migliore amico di suo padre e i suoi fratelli erano lì, ma anche una buona fetta dell'Ordine della Fenice. Il signor Weasley, il signore e la signora Paciock, Alastor Moody, Ninfadora Tonks, Mundungus Fletcher...Harry voleva sprofondare. Tutti li accerchiarono mentre si facevano strada fino al salone, esclamando il loro sollievo per il ritrovo di Harry, facendo domande su che cosa era successo, se stava bene, chi era quel ragazzo...

<< Tutti quanti, ehi! Un po' di silenzio, e spazio, per favore, le domande a dopo, qui la situazione è più grave di quello che sembra >> li zittì James irritato.

<< E la situazione già sembra grave >> fu il commento criptico di Moody, quando il Babbano vomitò sul tappeto del salotto (“Uuughh!” esclamò più di qualcuno, ed Harry riconobbe sopratutto i suoi fratelli); Malocchio studiò poi il giovane con il suo occhio normale, quando fu adagiato sul divano (il vomito fu fatto svanire da qualcuno con uno svelto “Gratta e Netta”), facendo una smorfia alla vista dei piercing e jeans stracciati che indossava, mentre l'altro occhio, quello magico, fissava Harry alle sue spalle. << Questo qui è stato attaccato da un Dissennatore >>.

Ci fu uno shock generale, e tutti gli occhi vennero puntati prima sul ragazzo disteso – l'attimo di silenzio che cadde permise di cogliere alcuni farfugliamenti che sgorgavano dalle sue labbra << No, lasciatemi stare, io n-non ho fatto niente, n-non era stata colpa mia...>> - poi su Harry e James, come per ricevere conferma.

Harry si asciugò le mani sudate sui jeans.

<< Esatto, Dissennatori, >> parlò suo padre << Harry è stato attaccato da dei Dissennatori, in un vicolo qui in città, e sfortuna volle che ci fosse questo ragazzo vicino a lui. Non è vero, Harry? >> Quest'ultimo annuì e poi continuò a voce mesta: << Ci hanno attaccato all'improvviso, erano due, sono riuscito a scacciarli giusto in tempo... >>

<< Santo cielo, caro, ma è...è impossibile, non ha alcun senso...>> Alice Paciock, una strega di all'incirca l'età dei genitori di Harry, con il volto rotondo e gentile e i capelli scuri, madre del suo amico e compagno di casa Neville, arrivò vicino ad Harry e gli posò le mani sulle spalle, guardando il resto degli astanti con sguardo allarmato. Suo marito Frank annuì, insieme al signor Weasley che diede una pacca sulla spalla di Harry, rassicurante. Harry si sentì ancora peggio, e un calcio negli stinchi da parte di sua sorella Emma dietro di lui non aiutò.

<< Ma purtroppo vero >> aggiunse James.

Nel mentre che si continuava a discutere accalorati sull'assurdità e su come era stato possibile un attacco di Dissennatori in un quieto paesino di Babbani, Remus arrivò nella stanza, che aveva lasciato momentaneamente, con una barretta di cioccolata, di cui porse un pezzo ad Harry, il quale lo masticò con la bocca impastata; dopodiché il mago più anziano si adoperò, insieme a Tonks – una giovane auror metamorfomagus unitasi da poco all'Ordine – a far ingoiare l'altro pezzo al Babbano.

<< Che cosa ne facciamo? >> chiese quindi Tonks, accennando al ragazzo.

Harry era stato intanto fatto sedere su una poltrona, e Beth si era seduta sul bracciolo al suo fianco.

Fissavano tutti James, che aveva cominciato a misurare a passi la stanza, sia per scaricare la tensione, che per pensare.

<< L'unico modo è... >>

Swissh.

Un gufo entrato dalla porta-finestra in fondo alla sala planò passando sopra le teste dei presenti, fino ad andare a poggiarsi sullo schienale del divano. Aspetto fiero e professionale, l'animale stese la zampa a cui era legata una lettera dall'aria ufficiale, che James prese, quindi spiccò di nuovo il volo e sfrusciò via dalla stanza in modo aggraziato così come era venuto.

Harry vide suo padre leggere l'intestazione della lettera, immobilizzarsi, e infine alzare lo sguardo e posarlo su di lui, serio come non mai. Gli si avvicinò e gli tese la lettera sigillata.

Il cuore di Harry batté più forte, la comprensione che cominciava ad albeggiare dentro di lui, e prese la lettera con mani tremanti.

Caro signor Potter,

Siamo stati informati che lei ha praticato l'Incanto Patronus alle sei e tre minuti di questa sera in una zona abitata da Babbani e in presenza di un Babbano.

La gravità di questa infrazione al Decreto per la Ragionevole Restrizione delle Arti Magiche tra i Minorenni si è tradotta nella sua espulsione dalla Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts. Rappresentanti del Ministero saranno tra breve al suo domicilio per distruggere la sua bacchetta.

Poiché lei aveva già ricevuto un'ammonizione ufficiale per un precedente reato in base all'articolo 13 dello Statuto di Segretezza della Confederazione Internazionale dei Maghi, siamo spiacenti di informarla che la sua presenza è richiesta per un'udienza disciplinare al Ministero della Magia alle ore 9 del 12 agosto.

Sperando che stia bene,

cordiali saluti,

Mafalda Hopkirk

Ufficio per l'Uso Improprio delle Arti Magiche

Ministero della Magia

 

















Note dell'autrice

Secondo capitolo on board!

Dunque, dunque, intanto il pezzo sul ricordo del cimitero (<< Uccidi l'altro! >>) è preso direttamente dal Calice di Fuoco, così come la lettera di Mafalda Hopkirk dall'Ordine della Fenice, con alcune piccole variazioni per esigenza di trama, per esempio l'orario. Per il resto spero che sia abbastanza intrigante, e che l'aggiunta di James, Lily & Family basti a non far stufare di queste parti che sono anche nei libri...

Ringrazio poi sempre tanto le persone che seguono/preferiscono/ricordano *-* , e fatemi sapere che cosa ne pensate :)

Alla prossima,

Daughter of the Lake



 

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=1446826