Lots Of Feelings

di LouVelessy
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 14 ***
Capitolo 15: *** Capitolo 15 ***
Capitolo 16: *** Capitolo 16 ***
Capitolo 17: *** Capitolo 17 ***
Capitolo 18: *** Capitolo 18 ***
Capitolo 19: *** Capitolo 19 ***
Capitolo 20: *** Capitolo 20 ***
Capitolo 21: *** Capitolo 21 ***
Capitolo 22: *** Capitolo 22 ***
Capitolo 23: *** Capitolo 23 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***




Nota introduttiva necessaria prima di cominciare.
Poichè questa storia ha già un bel numero di capitoli, ma solo il primo è quello che viene visualizzato, vi scrivo una piccola nota che spero apprezzerete.
La storia parla di una ragazza come noi, che va a vedere i ragazzi ad un concerto e poi ha il modo di conoscerli da vicino (leggete il capitolo 2 per scoprire qual'è questo modo). 
Purtroppo mi rendo conto che il primo capitolo è scarno, contiene pochi dettagli ed è tutto descritto. Ma d'altro canto la storia lo richiedeva.
Quindi, per favore, se il primo capitolo vi annoia o non vi colpisce abbastanza, saltatelo. Leggete il secondo o dal terzo in poi, che è quello dove comincia "l'azione".
Insomma, non vi fermate alle apparenze. 
Ho dovuto scrivere questa nota, sebbene non ne sia contentissima e probabilmente tra qualche giorno la cancellerò, ma mi sembra impossibile che il primo capitolo - quello più scarno e venuto peggio perchè tutto descrittivo - abbia 300 visualizzazioni, e dal secondo in poi a stento 30. 
Grazie per l'attenzione.


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Ocean ha diciotto anni, capelli lunghi e castani, così come gli occhi. Il fisico slanciato, fin troppo, tanto da sembrare a tratti un alberello di quelli secchi. Non che sia scheletrica, ma la pelle si separerà dalle ossa per qualche centimetro di “cosenonmegliodefinite”. E’ una  ragazza con la testa sulle spalle alla quale non si può criticare proprio nulla. Un gruppo di amici tranquilli, non frequenta gente particolarmente contro corrente, non viene classificata come una nerd sfigata né tantomeno come la figa della situazione. E’ semplicemente una ragazza normale, che passa quasi inosservata. Semplice, fin troppo per il giudizio dei suoi coetanei.

L’unico motivo per la quale viene presa in giro quasi costantemente dai suoi compagni di classe sono i suoi gusti musicali. Ocean è una Directioner, una directioner praticamente maggiorenne, ma pur sempre una directioner. Adora quel gruppo di ragazzi, la boyband che rappresenta la sua adorata Londra oramai in tutto il mondo.
Li ha conosciuti guardando xFactor, il programma televisivo dove sono stati messi insieme come gruppo, e da lì si è innamorata di loro, le loro voci, la loro storia. E le sue amiche reputano questi suoi gusti musicali alquanto discutibili, essendo una boyband più per “ragazzine”, almeno così dicono.

Eppure Ocean non si è mai vergognata dei propri gusti musicali, delle sue passioni, ed a testa alta ascolta quello che le piace e che le fa tappezzare la camera da letto di fotografie, poster. Una Directioner è tale anche superati i diciotto anni. Una Directioner è Directioner per sempre.

Ha un profilo su twitter (*), attraverso il quale riesce a seguire i suoi idoli, a leggere di loro, a sentirsi un po’ tutti parte di questa grande famiglia. Al contrario non ha facebook, anche questo un piccolo particolare che la distacca un po’ dalla massa di suoi coetanei.
Su twitter condivide la sua passione con tantissime altre ragazze che come lei adorano i cinque ragazzi, e insieme a loro commenta immagini, canzoni, i video e tutto quello che c’è in giro su di loro.

E Ocean sta per vivere un sogno, alla quale ancora non crede, pur avendo tra le mani il biglietto che la condurrà a vederli. I suoi idoli. Il suo Zayn.
Si perché Ocean adora tutti e cinque i ragazzi, ma stravede per Zayn. E’ lui il suo preferito, non ci sono dubbi. Riesce a vedere nel pakistano qualche cosa che molte non vedono, con gli occhi troppo offuscati dal ciuffo vaporosi di Harry o chissà quale altro particolare degli altri ragazzi.

Tiene il posto della fila con fierezza, sola. Non ha amiche intorno a sé, nessuno si è proposto per accompagnarla e lei ha tenuto il punto com’è sempre solita fare. Non si è fermata, non ha lasciato perdere il suo sogno e sta lì, tra la folla di Directioner urlanti, con il pass per il suo sogno tra le mani, sogno che non le sembra poi più così impossibile adesso che c’è.
Fuori ai cancelli per l’arena dove da lì a poche ore i suoi idoli si esibirranno, non sta più nella pelle.

Indossa un paio di pantaloncini corti, per stare il più fresca possibile e non morire nella calca che si è formata in men che non si dica per accaparrarsi i posti migliori. Una maglietta bianca, semplicissima, con sopra un piccolo cuore ad un lato. Ha deciso di non scriversi nulla addosso, di lasciar perdere sciarpe, bandane firmate o con i volti dei ragazzi. Ha deciso di essere semplicemente lei, per vederli e cogliere tutto nel miglior modo possibile. Conservare le immagini, i suoni, le sensazioni. Conservare tutto e prendere tutto quello che tra qualche ora ci sarà da prendere. Perché un’occasione come questa non capita tutti i giorni. E non se lo dimentica di certo quanto è fortunata ad essere lì, ad un passo dal proprio sogno, ad un passo dai suoi idoli.

è un ragazzo della security a parlare, dall’interno delle sbarre. Eccolo lì il momento, è arrivato.
I cancelli si aprono, la folla comincia a spingere, ed essere lì totalmente da sola, senza nessuno intorno, diventa una chance in più. Non ha paura di lasciare nessuno dietro. E’ solo lei, e deve accaparrarsi il posto migliore, più centrale ed avanti possibile. Il punto ottimale per godere al meglio di ciò che accadrà.

Corri Ocean, corri. Non sente nulla. Le urla delle altre che corrono dietro di lei, ed intorno a lei, le arrivano come suoni ovattati. Sente solo il battito del suo cuore accelerare sempre più, arrivarle fino in gola e farsi sentire bello chiaro. Si sente forte, tanto da ricordarle che è viva. Che è davvero lì. Che sta vivendo quel momento e che quello che ha davanti è davvero il palco che nei giorni precedenti ha spiato su YouTube, da video registrati più o meno bene dalle ragazze che prima di lei hanno impegnato quegli spazi, quell’arena. Da quelle che prima di lei si sono godute il concerto, hanno assistito a tutta quella bellezza.
Ed ora, c’è lei. Lei è lì. E corre, e non può permettere a nessuna di superarla perché ha bisogno di un buon posto. Tira fuori tutta la grinta che ha, e seppur le gambe fanno male non ci pensa. Deve correre: è una lotta, vince chi resiste di più, chi spinge meglio e così arriva prima.
Il palco è sempre più vicino. Mancano pochi metri. C’è.

E’ davanti, davanti a tutte, quasi al centro del palco, spostata più verso la destra ma comunque gode di un’ottima visuale. Intorno a lei subito la calca, e di nuovo ad urlare, tutte incredule.
Ocean invece è molto composta. Riesce ad esserlo per un unico motivo; è troppo incredula. Troppo per potersi permettere una manifestazione di emozioni così vivace come potrebbe essere il mettersi ad urlare. Così semplicemente sorride, socchiude gli occhi e respira a piani polmoni.
Ha bisogno d’aria.

Ce l’ha fatta, è in prima fila, tra poco il concerto avrà inizio. E lei li vedrà, per la prima volta dal vivo. Li vedrà e assisterà ad un concerto dei suoi idoli, e canterà a squarciagola, e si divertirà, si commuoverà. E piangerà quando sarà finito.
Forse si, piangerà quando sarà finito. Ma la fine di questo concerto la segnerà per sempre. E si commuoverà tornando a casa, incredula.

Le luci si spengono, la musica parte, e con lei anche il cuore di Ocean.







 

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Mi presento, com'è giusto che sia. Sono Giulia (mi trovate su twitter come @LouVelessy) e sono una directioner "attempata", nel senso che ho una certa età. 
Mi sento un pò come Ocean, ecco. C'è molto di me in lei, ad eccezione di piccolo particolare, proprio piccolo. Io non andrò al concerto e non vedrò i ragazzi.
Con questa fanfiction voglio riuscire a darmi un piccolo contentino. 
Viverli, nell'unico modo che mi resta per farlo.
Se anche voi siete nelle mie condizioni, sogniamo insieme ragazze. Non smettiamo mai di farlo.
Non l'hanno fatto loro, e guardateli dove sono arrivati.
Quindi, non abbandoniamo mai. MAI.
Cosa accadrà nel prossimo capitolo? 
Chi vuole suggerimenti, mi scriva pure in privato. Il prossimo capitolo arriverà molto presto, ve lo prometto.
Sogniamo tutte insieme grazie ad Ocean. 
Vi voglio bene.
Giù.


P.S: è il primo capitolo e come tale può essere considerato un pò moscio. Arrivate al terzo prima di pensare che è moscia. Ve lo consiglio vivamente!


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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***





Il concerto l’aveva visto su qualche video di YouTube, postato da qualche altra ragazza che prima di lei si era ritrovata nella stessa arena, qualche giorno prima. Loro erano in assoluto le prime al mondo, fortunate nel condividere la stessa città dei ragazzi. Vivere a Londra, per una Directioner, è sicuramente una gran comodità nonché un punto di vantaggio non indifferente.
Se il resto del mondo doveva aspettare mesi e mesi, loro erano le prime a poter assistere agli spettacoli, poter godere i ragazzi più riposati, carichi a molla. Ed essere lì, non alla prima ma solo alla terza giornata di show, era una gran fortuna. Ed Ocean, così come tutte quelle ragazze che intorno a lei saltavano, urlavano e cantavano a squarciagola, lo sapeva bene.

Quando il gruppo che apriva il concerto sparì, per lasciare il posto ai ragazzi, al primo spezzone di video presentazione e poi alla loro comparsa, una strana sensazione riscaldò lo stomaco della diciottenne. Li sentiva dentro. Loro cantavano, le loro voci si fondevano, e lei li aveva lì, a pochissima distanza, e poteva vederli, sentirli. Era tutto così magico. Incredibilmente magico. Se da un lato faceva quasi fatica a sopportare quello che stava vivendo, incredula a dir poco, dall’altro lato aveva in sé un gran senso di tranquillità, come se percepiva che il proprio posto era quello, era giusto star lì a guardarli, a sentirli cantare.

A differenza di tutte quelle che le erano intorno, urlanti e infoiate quasi, lei era serena. Li guardava, li seguiva con lo sguardo, cantava in cuor proprio ed ascoltava a pieno ogni emozione che le affiorava in seno. Non aveva bisogno di altro. Tutto quello che sentiva necessario, c’era. C’erano loro, c’erano i ragazzi e la musica, e le luci, e le loro voci. Tutto andava come doveva andare.

Le canzoni procedevano, una dopo l’altra, scorrendo via fin troppo velocemente. Quando ti diverti, quando raggiungi un obiettivo, quando un momento tanto agognato arriva, se c’ha messo troppo tempo per arrivare, ci metterà troppo poco per finire. Ed ogni canzone che si avvicinava alla fine, era un passo in più verso la consapevolezza che stava per terminare tutto. Che la fine dello spettacolo si avvicinava e che da un momento all’altro avrebbe visto i ragazzi saltare giù dalle botole poste sul palco, e non li avrebbe più visti. Era un’amara consolazione quella di averli ancora avanti agli occhi, essendo consapevole del fatto che di lì a poco sarebbe tutto finito.

Uno dei tanti momenti di gioia assoluta lo raggiunse proprio grazie a Zayn. Zayn, che cantando uno degli assolo a lui dedicati, uno di quelli cucitigli proprio addosso, addosso alla sua voce e la sua tonalità, che nessun altro poteva cantare meglio di lui, nessuno al mondo, si avvicinò al bordo del palco, e la indicò. La indicò, la salutò e fu in quel preciso istante che Ocean si rese conto che le gambe a stento la tenevano. Fu un’emozione strana, una sorta di agitazione che dalle ginocchia le percorse tutta la spina dorsale facendola sentire parte del mondo. Zayn l’aveva vista, l’aveva scorta tra il pubblico e l’aveva salutata.
Era così presa dall’agitazione, che non si rese minimamente conto del gesto che subito dopo lo stesso Malik fece ad uno dei bodyguard. Gesto della quale quasi nessuno si rese conto. Una sorta di segnale, che all’insaputa delle ragazze poteva essere un saluto o chissà cos’altro. Niente di particolarmente degno di nota. Ed Ocean era più attenta a tenersi in piedi, non lasciare che la propria mascella si staccasse per rotolare più in giù e che il cuore continuasse a battere a velocità più o meno normale nella propria cassa toracica.

Il resto dello spettacolo continuò tranquillamente, anche Liam la salutò, ma in maniera più generica. Insomma, non era chiaro se quel saluto con la mano era per lei o per la vicina che aveva scritte improbabili stampate sul viso. Solo il saluto di Zayn era rivolto proprio a lei. A lei e nessun altro. E sebbene Ocean non sia mai stata carica di sicurezza, di quello era più che sicura. Il pakistano aveva salutato proprio lei, non c’erano dubbi.
L’aveva guardata, le aveva sorriso e l’aveva salutata.

Quando le note di WMYB cominciarono, una sensazione di tristezza la invase. Era l’ultima canzone, lo sapeva. Conosceva la scaletta del concerto praticamente a memoria, e quella era la canzone finale, il brano di chiusura. Al momento delle presentazioni dei componenti della band, guardava con aria assente i ragazzi, come a voler cogliere gli ultimi istanti di loro, delle loro presenze lì a pochissimi passi da lei, una delle fan più composte ed incredule nell’intera platea.
Forse a guardarla poteva sembrare quasi strana, come se di directioner in lei ci fosse davvero poco. Insomma, se vai al concerto dei tuoi idoli che hai sperato per anni di vedere, non ti limiti a canticchiare sottovoce le loro canzoni, agitando appena le mani quando richiesto, applaudendo e comportandoti in maniera composta. No? Lei invece aveva fatto tutto in maniera tranquilla. Calma e pacata.
Ed adesso, quando Niall saltò nella botola e sparì, solo in quel momento si rese conto che era davvero tutto finito. La musica sfumò via, le luci del palco si spensero e quelle dell’arena si accesero. Era tutto finito.

Le rimase in seno una sensazione di gioia, completezza, e di leggera amarezza al tempo stesso. Era finito. Aveva avuto la sua opportunità, il concerto era stato una favola, una bellissima magia, ma come tutte le belle cose, era finito fin troppo presto.
Restò immobile al proprio posto, con i gomiti poggiati sull’inferriata che le stava davanti, per evitare alla folla di avvicinarsi troppo al palco, e a quella si resse, per tentare di rimanere in piedi e non farsi sopraffare dall’innumerevole quantitativo di emozioni che le circolavano nell’anima.
Era così presa da sé stessa e dall’urgenza di restare con i piedi per terra, che non si rese conto di uno dei ragazzi della security che le si avvicinò per chiederle qualche cosa. Aveva le gambe molli e le orecchie ovattate a causa dei suoni forti. Una delle sensazioni più tangibili che ti restano addosso alla fine di un concerto.

“Ehi…” si rese conto della presenza del ragazzo solo quando questo le appoggiò una mano tra le scapole, dietro la schiena. “Stai bene?”

Ocean annuì, tentando di ricomporsi e sfoggiare un sorriso di serenità.

“Tutto bene si… sto tentando di riprendermi dalle emozioni…” gli sorrise, ancora sopraffatta, tanto che le parole le scivolavano via prima di passare dal cervello. Era una reazione a ruota libera. Non pensava, parlava direttamente senza nemmeno capire cosa stesse dicendo.

“sei sola? Hai qualcuno che ti aspetta fuori?” sembrava preoccupato per la sua salute. Ma a questo servono i ragazzi della sicurezza agli spettacoli no? Salvaguardare il pubblico oltre che gli artisti.

“No, sono sola… ho la macchina fuori” ancora una volta quella sensazione, parole a ruota libera.

“Vieni allora… ti faccio passare dal retro…” e senza aspettarsi una risposta, il ragazzone muscoloso, senza il minimo sforzo apparente, le infilò due mani sotto le braccia e la prese saldamente, tirandola in su ed aiutandola ad oltrepassare la transenna che le era di fronte. “ce la fai?”

“sisi, grazie… “ si reggeva in piedi pur non avendo l’appoggio della struttura di ferro alla quale fino a poco prima si teneva per avere un contatto con il mondo. Eppure le gambe, sebbene leggere, la sostenevano. Così come le parole, anche il fisico riusciva a tenersi senza che il suo cervello dava segni chiari. Era tutto così confuso. Le emozioni ti fregano a volte. Ti fanno sentire viva, ma il momento dopo ti sfiniscono come null’altro al mondo. E’ uno spreco d’energia non indifferente.

Seguiva il ragazzo della sicurezza che con passo deciso le faceva strada tra le quinte. C’erano persone, valigioni di ferro, casse. C’era di tutto lì dietro. Bottigliette d’acqua finite a metà, asciugamani gettati qui e lì. E tra le varie, anche dei vestiti, che avrebbe giurato essere l’ultimo cambio d’abito dei ragazzi.
Seguiva il ragazzo tentando di stare al passo, per non perdersi in quel labirinto pieno zeppo di gente che lavorava per sistemare, dare ordine, rimettere tutto a posto per il prossimo concerto. C’è vita dietro le quinte. E’ tutto un insieme di ingranaggi, e solo vedendolo in prima persona ti rendi conto di quello che dicono sempre i ragazzi, così come ogni altro artista. Loro sono l’ultimo tassello di una grande catena di montaggio. Per mettere su lo spettacolo che vedi durante un concerto, c’è un gruppo infinito di persone che lavora con dedizione e scrupolo. E tutto quello di cui loro hanno sempre parlato, adesso era lì, di fronte ai suoi occhi confusi.

Il security-boy spinse un maniglione antipanico di una porta di sicurezza, dietro la quale mi si rivelò una sala spoglia, con dei divanetti in un lato ed un tavolo sulla quale c’era un’innumerevole presenza di cartoline, magliette e gadget di vario tipo e natura che ritraevano gli OneDirection ovviamente. Pennarelli, bottiglie d’acqua. Una pacca sulla spalla di Ocean la fece sentire sveglia e non sognante.

“aspetta qui…” le disse il ragazzo che l’aveva accompagnata, prima di uscire dalla stanza.

Rimase sola, in quei pochi metri quadrati, incredula. Cosa ci faceva lì? Cosa stava per succedere? Cos’era quella stanza? Dov’era? Tantissime domande, dubbi, perplessità. Non aveva la minima idea di quello che sarebbe successo.
Pochi minuti e la porta da cui era entrata si aprì, e fecero il loro ingresso nella stanza sette ragazze, con al collo un laccetto ed un cartellino con su la scritta GOLDEN TICKET. Guardarono Ocean incuriosite dalla sua presenza lì.

“Sei dello staff?” qualcuna le chiese.

Ma Ocean si limitò a scrollare le spalle, ancora incredula e sempre più piena di domande. Tutte la guardavano con aria incuriosita ma anche alquanto infastidita. Cosa ci faceva lei la, senza il golden ticket? E la stessa Ocean non si spiegava la sua presenza in quella stanza.

Qualche altro secondo di silenzio interminabile e profondo, imbarazzato, e la porta si riaprì per una seconda volta. Ne spuntò Paul. Si, proprio Paul Higgins, il body guard per eccellenza. E la diciottenne era sempre più confusa.

“Ragazze, mi raccomando. Tenete la calma, o sarò costretto a portarvi fuori di qui, e non mi andrebbe, davvero”.

Fu tutto quello che aveva da dire, prima che la porta si riaprì ancora, e per grande sorpresa delle otto ragazze presenti nella saletta, fecero il loro ingresso Niall, Liam, Louis, Harry e per ultimo Zayn.

Era davvero impossibile. Stava sognando. Era svenuta, forse morta dall’emozione, e quello doveva essere il paradiso. Non c’erano altre spiegazioni plausibili per Ocean, che restò totalmente paralizzata.
I ragazzi scivolavano via, abbracciando una per una le ragazze, compresa Ocean che si muoveva per inerzia, tremando e sempre più sorpresa e sopraffatta dalle emozioni.

“Ehi ragazza!” Zayn, l’ultimo abbraccio che le spettava, si soffermò appena nello stringerla a sé “ti ho notata tra la folla e ti ho voluta qui…”






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Hola pìpol! Come ve la va? 
Chi vorrebbe essere al posto di Ocean, eh? Ammettetelo.
Io vorrei, e come se vorrei. Motivo per il quale sto scrivendo questa FF ovviamente! 
Ditemi, vi sta piacendo? 
Se volete delle anticipazioni per il prossimo capitolo, seguitemi su @LouVelessy. Troverete tutto lì! 
Se siete interessate, avrei un'idea, ovvero creare un profilo twitter per Ocean. Vi piacerebbe l'idea? Fatemi sapere, commentate, criticate, insomma.
Aspetto vostre.
Grazie, vivogliobene.
Giù.



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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***





“Ehi ragazza!” Zayn, l’ultimo abbraccio che le spettava, si soffermò appena nello stringerla a sé “ti ho notata tra la folla e ti ho voluta qui…”

Zayn Malik l’aveva voluta lì. Era stato lui, quel gesto, quell’accenno al bodyguard voleva significare più di qualche cosa a cui non dare senso. Era più che sensato. Era incredibilmente magico. Era un gesto con un significato chiaro. La voglio nel backstage. E così alla fine dello spettacolo, in maniera credibile e poco visibile, le era stato chiesto di unirsi alle ragazze del golden ticket senza dare nell’occhio, per evitare ripercussioni del pubblico che intorno a lei di sicuro sarebbero state altrettanto contente di prendere il posto della diciottenne.
Le braccia di Ocean si strinsero intorno a Zayn, aggrappandosi quasi a lui mentre socchiudeva gli occhi per tentare di riacquistare una certa calma e darsi un tono.

“Grazie..” gli sussurrò, sincera.

“Non c’è di che. Come ti chiami?”

Gli altri ragazzi si erano spostati verso i divanetti, seduti comodi e scomposti, come solo loro riescono a fare sempre, anche durante le interviste. Sembrano a loro agio in ogni dimensione, in ogni contesto. Sono sempre loro, e la prova l’aveva avanti agli occhi, chiarissima.

“Ocean…” era sempre più titubante, e la voce le tremava ancora “…mi chiamo Ocean”

“Beh, piacere Ocean, io sono Zayn!” con una naturalezza disarmante si presentò, e la cosa fece sorridere non solo la diciottenne ma anche le altre ragazze presenti in sala, che non davano segni di isterismo probabilmente per le parole di preavviso di Paul, che era in un angolo, pronto ad intervenire in caso di bisogno.

“Pauly, le pizze?” Niall reclamava la sua razione di cibo, e la cosa spaventò parecchio le ragazze. Avrebbero mangiato con loro?! Era incredibile. Paul fece un accenno con il capo, senza rispondere. Ma aveva di sicuro un senso quel cenno, perché l’irlandese si acquietò subito.

“Chi vuole autografi su… un po’ di vita donne!” Louis era un casinista, proprio come appariva. “vi siete divertite almeno?”

Le altre ragazze erano tutte in estasi, festose e gioiose. Ocean invece aveva un che di paralizzante al vederla. Stava ferma, immobile, con le braccia rilassate lungo il corpo, concentrata a fare respiri profondi.

“Ti senti bene?” non era Zayn a parlarle, bensì Liam, che dal divanetto sulla quale stava svaccato la osservava. “Sei pallida… vuoi un po’ d’acqua?”

Ocean annuì, e si avvicinò al divanetto prendendo dalle mani di Liam una bottiglietta d’acqua che egli stesso le aprì, facendole spazio. La diciottenne impegnò qualche centimetro del divanetto, bevendo dalla bottiglia e sorridendo subito dopo a Liam.

“Grazie… è che sono così sconcertata… non credevo…”

“Tranquilla, va tutto bene… non idolatrateci! Siamo umani, giuro!” Le fece l’occhiolino, ma con fare dolce. Niente di sornione o con secondo fine. Era stato gentile, tenero anche.

“Avrei qualche dubbio al riguardo!” sempre Louis, trovava il modo di lanciare qualche frecciatina a Liam e non solo, mentre firmava magliette, fotografie e quant’altro per il capanno di ragazze che avevano intorno lui ed Harry.

Zayn si sedette di fianco Ocean, dal lato opposto di Liam, facendola ritrovare tra due dei cinque OneDirection. Deglutì profondamente, e sorrideva come un’ebete. Un sorriso forzato, perché era così tanto agitata da non riuscire a dire nulla.

“L’hai vista giù dal palco Liam? Era tutta concentrata… ti ho notato per questo! Tutte agitatissime, e tu calma. Sembravi quasi finta… Hai accompagnato qualcuno e di noi non t’importa nulla, ammettilo!”

Sgranò gli occhi, guardando il pakistano con una certa fretta. “Nono, sono una directioner! Giuro! Vi seguo, vi adoro, siete bravissimi e bellissimi! Ma mi sembrava impossibile avervi vicini… prima… insomma… e ora…”

Liam sghignazzò, poggiandole una mano su di una spalla. “E ora sei nel backstage per il golden tiket e quello che hai provato poco fa ti sembra un nulla al confronto…”
La ragazza annuì, pensando di essere incapace di tradurre con parole migliori di quelle utilizzate da Liam i propri sentimenti al momento.

Louis passò il pennarello a Zayn, lanciandoglielo letteralmente in testa. “Tocca a te!” tuffandosi sul divanetto, rischiando di dare una testata alle gambe di Ocean, che gli sorrise.

“Sei la prescelta della serata?” le domandò, guardandola dal basso all’alto vista la posizione assunta sul divanetto.

“mmh?” la smorfia di Ocean diceva tutto. Le parole di Louis non erano per nulla chiare.

“La prescelta.. Zayn ogni tanto sceglie qualcuno tra il pubblico e se le porta qua… e non solo!” lo canzonò, ricevendo una bella dose di magliette contro, lanciate ovviamente dal soggetto della frase.

“Smettila di fare il cretino!”

“Zayn.” Harry era quello più serio. Parlava poco, firmava autografi, fotografie con le ragazze che tentavano di toccargli i capelli, tortura alla quale tentava di divincolarsi il più possibile. Evidentemente non gli piaceva quando tentavano di toccargli i ricci.

“Oh, scusa Harold! Ma se la smette magari…” litigavano come bambini. Non di più, non di meno. Fratelli che si rubavano le merendine a vicenda, ecco cosa sembravano.

Harry continuò a firmare i suoi autografi e sfoggiare sorrisi di circostanza per le foto, passando poi ad impegnare un angolo  di uno dei divanetti anche lui, con Louis che gli puntò subito i piedi addosso, poggiandoli sulle sue gambe.

“E tu niente foto?” Niall si avvicinò ai divanetti mentre le ragazze facevano manbassa di autografi dal tavolino.

“Foto, si… foto… Ho il cellulare proprio qui…” tirò fuori dalla tasca l’Iphone 3g, modello vecchissimo ma comunque funzionante. Non è nemmeno una di quelle che segue parecchio la tecnologia a quanto pare.

Scattarono delle foto, prima tutti insieme e poi separatamente. E qualche cosa la rilassò, sembrava sciogliersi. In più arrivarono le pizze, ed anche quello aiutò la diciottenne a vedere i cinque come esseri umani più che cinque alieni pieni di ragazzine urlanti per la quale muori e sai di morire. Erano semplici ragazzi. Si nutrivano come chiunque, scherzavano tra di loro. Ed anche questa volta, divertendosi, era impossibile che il tempo si fermasse. Passò fin troppo velocemente. Così com’era successo per il concerto. Fu Paul ad avvisarle.

“Ragazze è ora di andare…” e solo lì si mostrarono qualche segno di isterismo, del tipo che Harry fu allontanato perché tutte gli stavano addosso tentando di abbracciarlo e di toccargli i capelli. Motivo per cui i saluti furono velocissimi. Ed Ocean, tra loro, si avvicinò a Zayn con estrema calma.

“Grazie per l’opportunità Malik… l’ho apprezzato tanto, anche se non l’ho dato a vedere…”

“Ma tu non vai via con loro se non vuoi… puoi restare… ti va di vedere il camper?”

Il cuore di Ocean le fece un balzo, mentre una delle ragazze cominciò ad indicarla senza troppi mezzi termini e sparlottare con le altre. Il camper? Il loro camper? Quello con cui andavano in giro nei tour? Chissà che cosa si dicevano le altre, le vincitrici del golden tiket, cattiverie probabilmente. Alla diciottenne non rimase che annuire a Zayn, stupefatta per quella richiesta. La prese per mano, mano di lei che tra l’altro cominciò a sudare in men che non si dica, e salutando le ragazze uscì dalla stanza del meet&greet, trascinandosi dietro la ragazza “prescelta”, come l’aveva chiamata Louis.

“Paul lei viene con noi” si giustificò con il bodyguard/babysitter che sbuffò alle parole di Zayn e scrollò le spalle.

“Come ti pare…” non sembrava essere molto contento.

Attraversarono insieme, Ocean e i cinque ragazzi, stringendo ancora la mano di Zayn, altri corridoi e cunicoli più o meno bui, fino a giungere ad un’altra porta antipanico, uscita d’emergenza, che affacciava direttamente sul retro. Non c’era nessuno, nessuno poteva vederli. Il pullman era parcheggiato vicinissimo alla porta, quindi tempo due passi ed erano dentro.

“Devi essere veloce…” le suggerì Niall, il penultimo ad uscire e salire sul mezzo di trasporto.

Zayn le lasciò la mano e la spinse fuori, senza avvisarla. Ebbe il tempo di fare due passi ed aggrapparsi al maniglione del bus per non cadere, salendo i quattro gradini che la portarono su. Due attimi, nemmeno il tempo di capire che cosa stesse succedendo, che si ritrovò Zayn dietro, con le braccia allacciate intorno alla sua vita.

“Benvenuta a casa nostra Ocean…”  






____________________________________________note_autrice_______________________________________________________

Altro capitolo, dopo pochissime ore. 
Non ho ancora riscontri da parte vostra, quindi non so se continuare a postare capitolo oppure no... 
non so, ci penserò.
Fatemi sapere se vi piace, ve ne prego.
Un tweet (@LouVelessy), un messaggio privato, una recensione con un'unica parola. Segnali di fumo!
Fate quello che volete insomma xD
Vostra, Giù.


 

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***






“Benvenuta a casa nostra Ocean…”  il volto di Zayn appariva tranquillo, ed anche quello degli altri ragazzi. Come se in fin dei conti fossero abituati ad avere ospiti lì nel bus.
Davanti agli occhi di Ocean si presentò una delle scene che una vera Directioner vorrebbe vedere almeno una volta in tutta la propria vita. Il bus dei ragazzi, il loro regno, la loro casa in tour, il luogo di ritrovo, di riposo e di svago dei cinque scapestrati. Incredibile. Impensabile. Un sogno.

L’aveva visto in qualche foto, qualche stralcio in un’intervista forse. Ma niente di più, niente di meno. E’ sempre stata una roba segreta per tutti, un luogo off-limits, solo per loro e per nessun altro. Eppure, lei era lì. La diciottenne si guardava intorno con un’aria imbambolata, mentre i ragazzi raggiunsero le loro postazioni abituali.
Le mura erano di un color beige scuro, sulla destra c’erano dei divanetti con tavolini larghi abbastanza da accogliere una decina di persone comodamente, sulla sinistra una mini-cucina intonza, probabilmente mai utilizzata, poi un corridoio con dei letti a cuccetta, una porta che probabilmente dava su di un bagno, ed in fondo a tutto dei divani dalla forma rotonda, che riempivano l’ultimo ambiente del bus, con tanto di televisore al plasma, nonché videogame e consolle di ogni tipo.


“Vieni! Non stare lì impalata!” il tono che Zayn utilizzava con lei era quasi canzonatorio, come se la stesse prendendo in giro per quella faccia imbambolata che teneva sul volto da almeno un paio di minuti, totalmente congelata davanti a quella vista.


“Lasciala respirare! Magari è convinta di sognare… non la vedi com’è incredula?” se la sghignazzarono un po’ tutti alle parole di Louis, che subito dopo aggiunse, nella direzione della ragazza “Ehi, vuoi un pizzico?”


“Magari…” parlava sempre a voce bassa, ed ogni parola le bastava ad arrossare ulteriormente le guance che già avevano un colorito purpureo marcato.


Niall le si avvicinò, le poggiò una mano su di una spalla e la spinse leggermente per farla muovere dal corridoio, dove aveva puntato i piedi e non sembrava avere la forza di compiere alcun movimento. “Vuoi un po’ di pizza?” il cibo guarisce sempre tutti i mali.
Sui tavolini c’erano dei cartoni di pizza, pronti per essere mangiati. “E’ la nostra cena…”

Liam aprì il proprio cartone e cominciò a mangiare, seguito dai ragazzi che a turno afferravano spicchi di pizza, accompagnandola con un paio di birre, già appositamente preparate da chissà chi, che non ci stanno mai male.


“Bevete birra?” chiese incredula Ocean, e soprattutto Louis a quella domanda scoppiò a ridere.


“Quando non c’è di meglio si!” le rispose, concedendosi un altro sorso direttamente dalla bottiglia di vetro.


“Vieni a sederti vicino a me, su…” Zayn aveva attenzioni particolari per Ocean, fin troppo. “Vuoi dare un morso?” tanto da offrirle un assaggio di pizza, direttamente dalla propria fetta mordicchiata già.


La diciottenne si avvicinò al tavolino, si sedette e scrollò la testa per rispondere alla domanda di Zayn. “Credo che il mio stomaco non reggerebbe… sono un subbuglio d’emozioni cavolo!”


“Evita di mangiare allora, non voglio ripetere l’esperienza dell’altra sera!” Liam, finito di parlare, alzò gli occhi su Zayn e lo guardò in maniera glaciale.


“Che esperienza?”


“Niente, lascia perdere. E’ di cattivo umore… è sempre così dopo un concerto!” Malik, velocemente, chiuse il discorso senza guardare ulteriormente Liam.


Allungò il braccio libero dalla pizza e lo passò dietro le spalle di Ocean, che aveva un sorrisino da ebete sul volto. Era in imbarazzo, era chiarissimo a guardarla farsi sempre più piccolo sotto al braccio di Zayn, ma sembrava voler acquistare un certo senso di fierezza, e sentirsi di conseguenza più tranquilla.


“Perché proprio io?” gli domandò, senza però guardarlo direttamente in faccia.


“Te l’ho spiegato…non mi sembravi affatto come tutte le altre. Solitamente le nostre fan sono tutte in agitazione… tu eri serena, quasi seria!”


Mentre Zayn parlava, c’erano Louis e Niall che facevano il verso ad un paio di directioner sfegatate, del tipo ZAYN TI AMO SPOSAMI, fingendo di tirarsi i capelli e ridendosela tra di loro.


“Non è bello che ci prendiate in giro…” la ragazza si rivolse direttamente ai due che se la ridevano.


“Ci capiresti se vivessi una sola giornata con noi… dopo un po’ tutta questa follia ti stufa.” Il tono di Louis era serio. A quanto sembrava era davvero una tortura sopportare certe esperienze così a lungo tempo.


“Non deve essere facile… “ “non lo è per nulla” “Non che non ci piaccia eh… è solo che ogni tanto vorremo un po’ di tranquillità. Tutto qua!”


Ocean annuì e sorrise a tutti, a turno. Harry era l’unico che stava in disparte, senza parlare, mangiando la sua pizza con una bottiglina d’acqua, quasi in solitudine. La ragazza lo osservò per un po’, forse troppo, tanto che Liam interruppe i suoi pensieri.


“E’ in vocal rest… Quando siamo in giro per il tuor diventa muto, per conservare la voce solo per i concerti..”


Harry alzò la testa, sentendosi tirato in causa, e le sorrise. “Parlo piano senza sforzarmi, non sono muto Real_Liam_Payne!” lo incalzò, scrollando le spalle e ritornando alla sua pizza. Aveva un che di strano. Era diverso dall’Harry che si era sempre immaginata.

Finirono di mangiare la pizza, Ocean non toccò nemmeno un po’ d’acqua, ed alla fine Zayn si alzò, sciogliendola da quel mezzo abbraccio e le prese la mano. “Vieni con me…” le suggerì, e quasi automaticamente Ocean si alzò, per seguirlo. Louis e Niall la salutarono con la mano, sghignazzandosela sempre tra di loro, complici, mentre Zayn la guidava verso l’interno del bus, dove c’erano i divanetti circolari, l’ultima parte del mezzo. Lì erano soli. Una volta entrati, chiuse la porta scorrevole premendo il tasto sulla parete alle sue spalle e la fece sedere, sedendolesi affianco. Le sorrideva e la guardava con un sorrisino tranquillo sul volto.


“Hai dei bei capelli…” si complimentò, passando una mano a carezzarglieli.


“G.grazie…” Ocean era sorpresa, ed aveva la testa così annebbiata tanto da non accorgersi della vicinanza di Zayn, e di quanto continuava ad aumentare.


“Ed anche un bel profumo…” continuava con i complimenti. E la ragazza era sempre più sotto shock.


Le carezze sui suoi capelli scesero a sfiorarle le tempie, poi una guancia, passò il mignolo e l’anulare sulle sue labbra mentre continuava a scendere, accarezzandole il collo ed osservandola dritto negli occhi. Quindi si avvicinò ulteriormente, quel po’ che restava, e con un certo impeto arrivò dritto a baciarle le labbra, con un gesto quasi irruento. Tanto che Ocean restò con gli occhi spalancati, agghiacciata. La bocca di Zayn continuava a spingere sulla sua, in cerca di una fessura dove infilarsi e rendere così il contatto più umido ed intimo.

La bocca di Ocean si aprì, lasciò un leggero spiraglio nella quale la lingua di Zayn riuscì ad entrare, piano, cercando quella della ragazza. Aveva un che di automatico, poiché il cervello della diciottenne non riusciva a mettere a fuoco totalmente quello che stava succedendo. Era semplicemente il suo corpo che rispondeva a degli stimoli.
E mentre la lingua di Zayn accarezzava quella di Ocean, la sua mano continuava a muoversi, accarezzandole una spalla, poi di nuovo il collo, la nuca, e di nuovo la spalla. Stava lentamente tentando di sedurla. Aveva gli occhi socchiusi, e finalmente anche la ragazza li socchiuse, rilassandosi a quel contatto caldo.

Dall’altro vano del bus provenivano voci, ma Ocean non riusciva ad incamerarle. Si trovava in una stanza completamente insonorizzata, dove l’unica cosa che riusciva a sentire era il contatto di Zayn ed il suo profumo.

Anche l’altra mano del ragazzo si apprestò ad accarezzarla, finendo per sfiorarle entrambe le spalle adesso, abbassandole una spallina, e con una certa consapevolezza scese più in giù, verso i suoi seni. Al primo tocco, la prima carezza, Ocean ebbe un sussulto inspiegabile. E quando Zayn si fece più audace, spinto probabilmente dalla reazione della ragazza, questa spalancò di nuovo gli occhi, indietreggiando subito con il capo prima e il corpo poi, lasciando Zayn sospeso, con le mani a mezz’aria ed una smorfia incredula.


“Cosa c’è!?” indispettito quasi, la guardò con una certa furia negli occhi.


“Non capisco cosa stai facendo…” Ocean aveva il volto sempre più rosso, il fiato corto ed il profumo di Zayn, nonché il suo sapore, addosso.


“Stiamo limonando?” domandò ironicamente, come se la cosa fosse ovvia. “Cosa c’è che non va? Credevo fosse chiaro…”


La diciottenne restò in silenzio per qualche secondo, osservando Zayn con un ciglio alzato, incredula. “Mi hai portata qui per limonare?”


“E non solo, se ci stai…” si mordicchiò il labbro inferiore, facendo scattare le sopracciglia in alto un paio di volte. Gesto che fece infuriare ulteriormente Ocean.


“Cioè tu inviti le fan qui dentro per scopartele?!” il tono della ragazza divenne un po’ più coraggioso a questo punto, arrivando ad alzare anche un po’ la voce, cosa che fece piombare il silenzio nell’altro vano, dove c’erano gli altri ragazzi.


Zayn si limitò ad aprire le braccia, con un certo senso di ovvietà, come se quella domanda avesse un’ovvia risposta. Era chiaramente un si quello. “Perché non dovrei?”


Lo sguardo di Ocean divenne ancora più adirato. “Perché no?” imitò una risata isterica, parecchio marcata, cosa che infastidì Zayn.


“Senti, non ho tempo da perdere. Se devi fare la santarellina quella è la porta!”


“Eh certo! E’ inutile perdere tempo con chi non ci sta, non è così Malik?” quindi fece per alzarsi “Ti credevo un altro tipo di ragazzo!”


La cosa scatenò in Zayn una risatina. “Che tipo di ragazzo? Non ti sto mica violentando o forzando a fare qualche cosa contro il tuo volere! Non ci stai? Bene, puoi andare! E’ stato un dispiacere conoscerti!” e la salutò con la mano, voltandosi verso una delle consolle, una a caso, e premendo il pulsante di accensione.


Infuriata Ocean, senza darsi nessuna sistemata, restando quindi con una spallina totalmente abbassata, uscì dalla porta, battendo il pugno un paio di volte sul tasto che la faceva aprire automaticamente, con fare parecchio nervoso. Gli altri ragazzi, ancora zitti, la fissarono increduli.


“Mi sa che Zayn stasera è andato in bianco…” commentò Louis, sempre con un certo sarcasmo, pregustandosi già il quantitativo di sfottò che gli avrebbe lanciato addosso tra poco.


Ocean guardò i quattro e raccolta la sacca che portava come borsa lì dove l’aveva lasciata entrando, scappò letteralmente via dal bus, con il cuore in gola e gli occhi che si riempivano di lacrime. La delusione era forte, cocente. Toccare con mano la realtà di un ragazzo per cui ti senti morire, verificare in prima persona che non è poi così perfetto e dolce come credevi, anzi. Faceva male davvero. Zayn Malik non era quello che tutti si aspettavano. Tempo dieci passi, di corsa, che fu afferrata per il braccio da una mano forte. Si voltò spaventata e con gli occhi pieni di lacrime riuscì a stento a mettere a fuoco la figura di Paul.


“Dove vai? Devi seguirmi prima… non puoi scappare via così!”


“Dove devo seguirti? Cosa sta succedendo? Voglio solo tornare a casa!”


Con forza la trascinò quasi verso un altro bus, quello dello staff probabilmente, e la fece salire prendendola da sotto le braccia, in modo da non permetterle di scappare ulteriormente. Aveva i pensieri così annebbiati che non si rese conto del fatto che Paul le sfilò la borsa per cercarne i documenti.

Si ritrovò di fronte un arredamento molto simile all’altro, anche se più minimalista. “Non so cos’è successo nel bus. Non entriamo lì dentro, è l’unico posto dove i ragazzi sono da soli… Ma devi firmare questo” un uomo sulla cinquantina, seduto ad uno dei tavolini, le allungò un foglio.
Lesse velocemente, sempre con gli occhi annebbiati.


“E’ un atto di segretezza. Verrà compilato con i tuoi dati. Se dirai quello che è successo questa sera, sarai perseguibile in tribunale” le spiegò il cinquantenne, mai visto prima d’ora, per renderle le cose più semplici.


“Voglio solo andare a casa…” si lamentò Ocean, che si sentiva sempre più affossata da quella situazione. Il minuto prima era in paradiso, adesso doveva essere l’inferno.


“Allora firma…” e le allungò la penna. Senza pensarci la afferrò e sottoscrisse l’atto.


“Non dovrai farne parola con nessuno. Non sei mai stata qui, nessuno ti ha mai visto, tu non hai mai visto nessuno. Chiaro?”


“Ora fatemi andare a casa…” le lacrime le stavano bagnando il viso. Quando aveva cominciato a piangere? Stava cominciando a cedere.


Paul le passò di nuovo la borsa, con i documenti al proprio posto, e le indicò l’uscita. 
Scese dal bus con le sue gambe, anche se non le sentiva minimamente. Non sentiva nulla, solo un gran dolore alla testa ed un senso di incompletezza. Cosa era successo? Aveva tutte le idee annebbiate. Era successo tutto così in fretta, tanto da non permetterle di affrontare le cose con lucidità.

Si fermò un attimo appoggiandosi ad un muretto, per prendere aria, lasciando che le lacrime le scendessero giù, libera di sfogarsi in maniera silenziosa.


Poi una voce, alle sue spalle. Un tono basso, profondo, parlava piano senza sforzi. “Se avessi realizzato che i suoi veri intenti non ti erano chiari, ti avrei fermata prima…” 







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Chi indovina chi è a parlare per ultimo? Ci potete arrivare, su.
Sssalve, come va? Io sto impazzendo dietro questa fanfiction che mi sta togliendo salute, tempo ed anima.
Spero vi piaccia almeno la metà di quanto piace a me. 
Un abbraccio a tutte, e grazie a chi la segue e l'ha messa tra i preferiti.
Le cose stanno cominciando a movimentarsi ;)
Un bacione, @LouVelessy.


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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***






“Se avessi realizzato che i suoi veri intenti non ti erano chiari, ti avrei fermata prima…”
Ocean si voltò di scatto, con gli occhi rossi e gonfi a causa delle lacrime e del malumore che aveva addosso. E si ritrovò di fronte Harry, con in mano una tazza che portava il marchio Starbucks fumante. La ragazza lo guardò per mezzo secondo, e poi si passò il dorso della mano destra in viso, per tentare di asciugare le lacrime che le rigavano ancora il viso, e avrebbero continuato a farlo se non le avesse cacciate via in qualche modo.
 
“Tranquillo… la sprovveduta sono io. Ho diciotto anni e penso ancora al mondo delle favole…” scrollò le spalle con aria triste e sospirò, trasformando la propria smorfia di dolore in un sorriso forzato e malinconico.
 
“Vorrei riuscire a fare lo stesso anche io. Ti invidio. Vedere il bene nelle persone non è un difetto, anzi. Al contrario trovo che sia un grande pregio.” Si avvicinò al muretto e poi si lasciò andare, sedendosi su di questo con un piccolo balzo e portandosi la tazza fumante alle labbra, bevendo.
 
Ocean alzò gli occhi verso il cielo coperto da qualche nuvola, tanto da non permetterle di vedere le stelle, e sospirò ancora, in cerca della calma che il concerto prima, l’incontro con i ragazzi e quello ravvicinato con Zayn poi, le avevano portato via. Tremava, e non era per la temperatura umida. Era un tremore che le partiva dallo stomaco, dall’anima. Abbassò lo sguardo su Harry dopo poco, e gli domandò.
 
“Succede spesso? Che porta ragazze nel bus con quell’intento?” aveva la voce sottile, imbarazzata. Si sentiva decisamente a disagio, nell’aver creduto che tutto quello potesse essere un sogno, il frutto della propria immaginazione, piuttosto che un modo come un altro per scopare. Zayn le aveva giocato proprio un bello scherzo con i controfiocchi.
 
Harry fece spallucce, alzando lo sguardo verso il cielo a guardare quello in cui Ocean poco prima si stava perdendo. “Non parliamo di certe cose…” concluse, con una certa vaghezza. Ma si sentiva il disagio che c’era in lui, in quelle parole.
 
“Per via del patto di segretezza? Anche voi ne avete uno?” voleva capirci qualche cosa di più, in fin dei conti aveva firmato un patto ma con Harry poteva parlarne. A terzi estranei no, Styles c’era dentro come tutti gli altri.
 
Abbassò lo sguardo su di lei, con un’aria imbronciata stampata in viso. “Certo che no! Non rientriamo in quelle stupide cose burocratiche per assicurarci il bel visino pulito!” c’era del fastidio in quella frase, ed era chiarissimo. “Siamo un gruppo, e siamo amici…” era tutto molto più semplice. Erano leali, l’uno con l’altro. “Quei fogli che hai firmato sono per voi, per il pubblico. Altrimenti si parlerebbe. E non vogliono si parli. E’ più facile farci sembrare i perfetti ragazzi della porta affianco… fa molto più pubblico” finì di spiegare, nascondendosi nuovamente dietro un’altra sorsata del liquido caldo che teneva nella tazza.
 
“Vuoi dirmi che è tutta una forzatura? Non siete quello che apparite?” continuava ad incalzare Ocean, consapevole del fatto che quell’incontro almeno una cosa di buono poteva portare. Capire qualche cosa di più dei suoi idoli, o di quello che restava nella sua testa di loro, a seguito della grande delusione datale da Zayn.
 
Harry sospirò e la guardò con estrema serietà in viso. “Dimmi il nome di una persona che è quello che appare. Una sola. Conosci qualcuno che è realmente quello che dice di essere?” quindi scrollò le spalle ed alzò nuovamente lo sguardo verso il cielo torvo.
 
Aveva dannatamente ragione. Ci mise due secondi esatti per mettere a fuoco le parole di Harry e considerare che il discorso filava alla grande. Nessuno è quello che mostra di essere, nessuno è quello che gli altri ti vogliono far credere che sia. Nessuno. A stento sappiamo la verità su noi stessi, come potremmo mai conoscere la verità su di un’altra persona?
 
“Zayn non è cattivo.” Irruppe i pensieri di Ocean ancora una volta, questa volta con un tono più morbido, tenero quasi. “Non aveva nessuna intenzione di farti del male. E se ha esagerato con le parole, è solo perché si è sentito rifiutato. Non è facile per uno come lui sentirsi rifiutato…” quindi la guardò, sorridendole anche questa volta. “Si sente un po’ la prima donna del gruppo, questa è una verità assoluta… Anche se se la batte con Louis il più delle volte!”
 
A quel commento Ocean non riuscì a trattenere una risata, cristallina, sentita. Vera. Se li immaginava, Zayn e Louis, in lotta tra loro per il posto da prima donna. Erano entrambi perfettamente candidabili. Restarono in silenzio per un tempo interminabile, lui seduto sul muretto e lei semplicemente poggiata lì, alternando momenti in cui riusciva a realizzare di essere di fianco ad uno dei suoi idoli, a momenti in cui pensava ai gesti di Zayn e al patto firmato con quello strano uomo, probabilmente loro legale.
 
“Per avere qualcuno con pronti i documenti da firmare in caso di necessità, vuol dire che siete abituati a certe cose…” concluse Ocean, tentando di mettere in fila tutto quello che le era successo nel giro di poco più di un’ora.
“Non ti arrendi facilmente, vero?”
“Dovrei?”
“Hai tirato una conclusione da quello che hai visto questa sera… Puoi convincerti di questa conclusione oppure pensare che è una caricatura. Sta a te, io non parlo.”
“Sei troppo abbottonato Harry! Ti immaginavo una persona più aperta…”
“Rispondere alle domande che ti fanno i giornalisti non vuol dire essere una persona aperta, vuol dire ricordarsi quello che devi dire.” Quindi le sorrise di nuovo. Senza farlo apposta, o forse si, le diede un altro piccolo indizio sulle loro verità.
 
“Harry, dobbiamo andare!” Paul, affacciato dal loro bus, l’unico forse che aveva il libero accesso lì stando a quello che il signore con i documenti le aveva detto, richiamava l’attenzione del riccio.
 
“Arrivo…” fece per scendere dal muretto, voltandosi ancora una volta verso Ocean. Tirò fuori dalla tasca dei jeans un pennarello nero, di quelli indelebili che utilizzavano per firmare gli autografi. Quindi le prese un braccio e su di questo scrisse @HaroldEd, quindi le sorrise ancora mentre tappava il pennarello e si allontanò da lei, aggiungendo solo. “Ti ricordo che hai firmato un patto di segretezza…”
 
Quindi salì sul bus, e dopo pochi secondi la porta dello stesso si chiuse, lasciando Ocean ancora poggiata sul muretto, con una scritta su di un braccio ed uno strano stato d’animo. Un misto di felicità, tristezza, paura e curiosità. Ci mise qualche altro minuto per trovare la forza di allontanarsi da quel preciso punto ed avviarsi verso il parcheggio, ritrovare la propria macchina ed incamminarsi verso casa. Con le mani sudaticce e la testa piena zeppa di pensieri, positivi e negativi, e di strane sensazioni e nuove consapevolezze.

La prima cosa che fece una volta in macchina, oltre ad accendere il motore ed abbassare il finestrino, fu tirare fuori dalla sacca che utilizzava come borsa il cellulare, uno smartphone non proprio di ultima generazione che faceva comunque il suo dovere, ovvero permetterle di connettersi ad internet e controllare i pochi social network a cui era iscritta. Twitter per primo.
Aveva la TimeLine piena zeppa di commenti e foto del concerto alla quale anche lei era stata. Concerto che le sembrava così lontano, a causa di tutto il carico emozionale che aveva vissuto appena dopo la fine dello spettacolo. Non perse troppo tempo, e andò dritta alla ricerca di quell’utente. HaroldEd.

Una volta trovato, si perse a leggerne qualche tweet e le spuntò sul volto un sorriso pieno d’emozione. Dalle cose che scriveva era chiaro. Era Harry. Harry Styles aveva un contatto twitter anonimo. Un profilo dove nessuno lo conosceva come l’Harry dei 1D ma solo come un ragazzo.

Premere il tasto SEGUI fu la cosa più sensata da fare. E subito dopo lo menzionò in un tweet.

< Mi piacerebbe conoscere qualcuno che non finge d’essere quello che non è. Magari sarebbe anche meglio. >  








_______________________________note_autrice_________________________________________________

Ho gli orari più improbabili per postare questa storia, e probabilmente per questo motivo vengo "punita", in quanto
questa riesce ad avere pochissime visualizzazioni rispetto alla storia Larry che ho in attivo. 
Se non piacesse, me ne farei una ragione. Il problema è che non riesco a farla conoscere. 
Quindi sarei grata a chiunque di voi mi aiuti a farla conoscere. 
Non sono mai stata tronfia e troppo fiera e sicura di me, ma di una cosa sono certissima; questa storia merita di essere
letta. Perdonatemi se pecco di arroganza.
Ringrazio quelle che la leggono, la suggeriscono e tentano di aiutarmi. Siamo in tante a scrivere cose bellissime, ed EFP
è sempre più affollato. Farsi notare diventa dura. Quindi, per questo, vi ringrazio infinitamente.
Lasciatemi pure commenti in cui mi suggerite altre FF. Mi piacciono da morire le OneShot soprattutto. Dietro quelle ci per-
derei le ore. Vi voglio bene, 
Giù.

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***






Dopo l’incontro ravvicinato con i OneDirection, la vita di Ocean ricominciò con il solito tram tram giornaliero, diviso tra casa, scuola e amici. E tanta musica. Come promesso, come da accordi presi, non fece parola a nessuno di quello che le era successo. Per motivi che riteneva quasi più seri dall’incorrere in pericoli con i legali dei ragazzi. Le amiche l’avrebbero presa in giro, come minimo. Non serve essere una Directioner per commentare il bell’aspetto di Zayn. E se avesse raccontato che uno come Zayn c’aveva provato più che spudoratamente con lei, e lei s’era tirata indietro raggelando peggio di un ghiacciolo in pieno inverno, avrebbe meritato tutte le prese in giro che le amiche le avrebbero riservato per l’accaduto.
 
Solo Faith, la sua migliore amica, con cui era in classe insieme sin dalle elementari, le chiese com’era andato. E la risposta che aveva ricevuto, parecchio vaga, la lasciò perplessa. Ma conoscendo la diciottenne, non indagò ulteriormente, lasciando semplicemente cadere il discorso concerto.
 
Di tanto in tanto prendeva il cellulare, aggiornava twitter e cercava nella TimeLine notizie di quell’@HaroldEd, che non scriveva con tanta frequenza, per ovvie ragioni considerando che conosceva la vera identità di quell’account twitter. Tra le tante cose da fare durante un tour impegnativo come quello dei ragazzi, di sicuro il tempo per scrivere 140 caratteri su di un social network era davvero poco, soprattutto se ci si ricordava del fatto che Harry un profilo ufficiale l’aveva, e quello veniva aggiornato costantemente.
 
Passarono dieci giorni prima che il cellulare non le notificò una nuova menzione da HaroldEd.


< Non sempre si realizza quello che ci si aspetta. Spesso è meglio restare nella finzione. >


Riusciva ad essere così dannatamente enigmatico. Anche in questo riconosceva l’Harry_Styles probabilmente. Enigmatico nel suo profilo ufficiale, ed enigmatico in quello sotto copertura. Evidentemente era una delle poche realtà certe del ragazzo dai capelli ricci.


< Se non provi non sai come potrebbe andare. Magari vieni deluso, ma magari ti sorprendi. >


< Non ti piace mollare, oramai l’ho capito. >


Strappò un sorriso ad Ocean con quelle parole. Che era una tipa dura, glielo dicevano in tante. Anche in amicizia, come in tutte le cose che faceva, se aveva un obiettivo, come quello di conoscere una persona e farla propria amica, doveva provarci e provarci fino a quando solo avanti a fatti certi che la spingevano al contrario avrebbe mollato. Non prima. A rischio di delusione.
Rischiare è sempre meglio di non provare. Almeno se rischi non resterai con il dubbio di una riuscita o una sconfitta. Ti sconfiggi da solo, togliendoti l’opportunità di provare.
Dopo un paio di minuti lo smartphone vecchia scuola della diciottenne vibrò ancora. Questa volta le veniva notificato un DM.
 

< Martedì saremo ad un’inaugurazione a Londra, finirà per le 22.00 p.m. >
 

Una notizia? Un invito? Che cos’era? Come avrebbe dovuto interpretare quel messaggio? Il motivo per il quale l’aveva mandato solo a lei e non tramite una menzione, era chiaro. Ma come avrebbe dovuto comportarsi? Non le dava un luogo preciso, ma sarebbe stato facile trovarlo. In quanti posti possono andare i ragazzi in veste ufficiale senza che si sappia almeno un mese prima? Nessuno.
Non rispose al messaggio privato. Era domenica, e avrebbe avuto il tempo necessario per pensare al da farsi. Presentarsi o no. Da sola. In compagnia. Aveva modo e tempo di venirne a capo, e rispondere ad Harry era solo una futilità. Era giusto lasciarlo senza risposte, come spesso era il signorino stesso a lasciare senza risposte lei, ma in generale tutte le fan. Avrebbe scoperto quale sensazione si prova nel restare in bilico. E la cosa, di nuovo, la faceva sorridere.
 

“Mi spieghi cos’hai tanto da sorridere oggi?” Faith la squadrava già da un po’, mentre smanettava con i tasti dello smartphone.
“Niente, niente” tagliò a corto, fin troppo velocemente, rimettendosi in tasca il cellulare di fretta.
“Cosa mi nascondi!” lo sguardo di Faith era indagatorio. La conosceva fin troppo bene per evitare di notare tutta quell’euforia nei suoi gesti e nelle sue smorfie.
“Non ti nascondo nulla Faith. Smettila.” Ed era così tesa che l’amica scoppiò a ridere, scrollando le spalle subito dopo.
“non mi freghi Ocean. Ti conosco fin troppo bene, mi spiace. Quindi tira fuori il rospo.”
“Non posso…”
Faith la guardò con aria perplessa, alzando un sopracciglio. “Non puoi? Da quando non puoi parlarmi di ogni cosa?”
“Da quando ho firmato un patto di segretezza”
L’amica era sempre più perplessa, ed ora quasi spaventata dalle parole della mora.
“Un patto di segretezza? Di cosa diamine stai parlando Ocean! In che casini ti sei messa?!” era preoccupata.
“Ehi, stai calma! Nessun casino! Non è nulla di grave… non ho fatto nulla” tentava di tranquillizzare l’amica a parole, nonostante l’argomento avrebbe potuto spaventare chiunque, senza conoscerne i dettagli.
Ma l’amica non sembrava tranquillizzarsi per nulla. Anzi. Continuava a guardarla con aria perplessa e spaventata, aspettando ulteriori informazioni.
“E va bene, ma promettimi su quello che hai di più caro che non ne farai parola con nessuno. Nessuno Faith. Nemmeno tua madre. Devi giurarmelo. Rischio guai seri!”
“Allora vedi che è una roba grave!?” subito, allarmata.
“Ma no, tu promettimelo e poi ti spiegherò.”

Il tempo di un paio di promesse ed Ocean si lasciò convincere, cominciando a raccontare all’amica tutto quello che era successo dopo il concerto. L’incontro con i ragazzi, il bus, Zayn che ci provava, e poi il patto di segretezza e l’incontro con Harry. Le raccontò tutto, scendendo anche nei dettagli riguardo all’incontro ravvicinato con Malik ovviamente, unico particolare che destò uno sbuffetto dietro alla testa della mora, come per punizione per non esserci stata. Ma ancor prima di cominciare il racconto, aveva messo in preventivo una reazione come quella. Le raccontò anche di twitter, del profilo falso di Harry e dei pochi messaggi che si erano scambiati. Nonché del messaggio privato riguardo l’inaugurazione di due giorni dopo.

“Quindi fammi capire. Sei stata al concerto di quei cinque, ti hanno tirata su dal pubblico, li hai conosciuti, uno dei cinque voleva scopare, sei scappata, ti hanno fatto firmare una roba per non dirlo a nessuno, e ora ti scambi messaggini amorosi con un altro di loro?”
“In poche parole si…”
“Tu sei pazza.” Concluse, scrollando la testa in chiaro segno di diniego. “Non ci andrai! Non esiste Ocean. Perché dovresti presentarti lì? Sono fuori di testa! Sono cinque montati che credono di poter avere tutto dalla vita! Ti manda un messaggino e tu ti presenti lì? Sei fuori se lo fai!”
“Non so ancora cosa fare! Non passare subito a giudicarmi per favore!” la reazione di Ocean fu alquanto turbolenta. Le dava parecchia noia sentir parlare così la propria amica. “tu al posto mio che faresti?! Se per te non fossero solo cinque montati, cosa faresti? Non trarre le conclusioni in base a quello che pensi di loro, mettiti nei miei panni cavolo!”
Faith la guardò con l’aria di chi riflette, e subito dopo annuì sommessamente. “E va bene, hai ragione…” quindi sbuffò appena e scrollò di nuovo leggermente le spalle “ma questo non vuol dire che tu non sia matta lo stesso.”
“Non ci andresti?”
“Certo che ci andrei!” e scoppiò a ridere, addossandosi ad Ocean e stringendosela addosso. “Ti piace questo Harry? Che poi chi è di quelli lì?” indicando un poster che aveva appeso alla parete. Ocean glielo mostrò e Faith si lasciò scappare un’altra risata. “Cos’ha al posto dei capelli?”
“Dai Faith! E’ carino! E poi è molto serio… per quel po’ che ho visto, è diversissimo da quello che appare. Tutti loro sono molto diversi da quello che appaiono…”
“Anche tu sei diversa da quello che appari, sai?”
“E’ la stessa cosa che m’ha detto Harry…”
Faith tirò un sospiro infastidito. “Nemmeno sa come ti chiami e già l’ha capito? Deve essere un genio…” l’ironia si tagliava con il coltello.
“Ma no! Parlava in generale, non di me… Comunque, devo capire dove sono di preciso se voglio andarci.”
“Google a cosa serve se non per stalkerare i tuoi idoli?”
“Ben detto sistah!” si batterono il cinque e cominciarono la ricerca.
 

 
***
 
 

Il martedì annunciato da Harry nel DM arrivò molto lentamente, così come era successo per il giorno del concerto. Quando non vedi l’ora che arrivi, non arriva mai. Ed invece, una volta che ci sei, finisce tutto troppo velocemente. E’ proprio strano il tempo.

All’esterno del negozio di musica stavano stipate centinaia di ragazze, urlanti, con i loro cartelloni, le facce disegnate, magliette appartenenti al merchandise dei ragazzi acquistate nei vari store. Era un gran casino. C’era davvero tantissima gente, lì chissà da quanto tempo, considerando la coda infinita di persone all’ingresso del negozio. Sarebbe stata davvero dura trovare il modo di entrare.
Con pazienza, Ocean si mise in coda, sperando forse in un miracolo o qualche cosa di simile. Essendo arrivata intorno alle 21.00, sarebbe stato parecchio difficile riuscire ad entrare in meno di un’ora.
Tutte intorno a lei continuavano a cantare, urlare nomi, spingere. Spingevano davvero tanto, cosa che infastidiva parecchio Ocean. Non per il fatto in sé, ma perché lo facevano come se fosse la soluzione. Cosa c’era da spingere? Spingendo sarebbero arrivate prima secondo il loro strano modo di vedere le cose? In che realtà vivevano?

Dopo circa mezz’ora di coda, nel bel mezzo della folla visto che le Directioner continuavano ad affluire nonostante di lì a poco sarebbe tutto finito, quasi per miracolo sentì il cellulare vibrarle in tasca.
A fatica, sgomitando con quelle intorno a lei che continuavano a spingere ed urlare per farsi posto e passare prima delle altre, fece in modo di tirarlo fuori per leggere una nuova notifica. Un DM. Si sentì in agitazione, improvvisamente.


< Non so se ci sei oppure no. In ogni caso, Paul ci fa uscire dal retro.







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Non demordo. Perchè questa storia mi prende, parecchio. Quindi ho deciso di scriverla per me e per le quattro persone che la seguono. 
Perchè i sogni non si abbandonano. E considerando che il mio è quello di scrivere qualche cosa che faccia emozionare, continuerò a farlo.
Anche e soprattutto quando quello che scrivo non viene apprezzato come vorrei.
Grazie per chi segue, legge, anche se non commenta. 
Grazie davvero, è importante. 
Vostra, 
Giù.




 

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***





< Non so se ci sei oppure no. In ogni caso, Paul ci fa uscire dal retro. >


Appena lesse il DM, rialzando lo sguardo verso la realtà oltre lo schermo luminoso dello smartphone, si rese conto del punto in cui era. Troppo in mezzo alla mischia per poterne sfilare via velocemente e con facilità. Chiedere semplicemente permesso non sarebbe servito ad abbandonare quell’affollamento, quel groviglio di corpi urlanti, che a stento riuscivano a vedere al dilà del proprio naso.

Doveva ingegnarsi, trovare una soluzione, e doveva farlo al più presto. Riinfilò il cellulare in tasca, diede un’altra occhiata veloce intorno, per studiare al meglio la situazione e poi cominciò anche lei a sgomitare. Non era solita combattere con le unghie e con i denti, anzi. Ma adesso c’era da tirarne fuori, e non c’erano dubbi a riguardo.
A chi la guardava male, aggiungeva come piccola spiegazione, quasi per scusarsi, un flebile “mi sento male”, e continuava ad allontanarsi dal centro del gruppo, tentando di riconquistare l’aria dei bordi. Ed una volta riuscita ad uscire dalla mischia, cominciò ad incamminarsi velocemente verso il retro del negozio.

Non che lì la situazione sia stata semplice. Qualcuna aveva forse intuito che non sarebbero usciti dall’ingresso principale, lì da dove erano entrati. Motivo per il quale un capannello di ragazze si erano raccolte proprio lungo il vialetto che portava al parcheggio sul retro. Lo spazio era davvero poco, c’erano una cinquantina di ragazze, non di più. Continuava a camminare con un passo deciso, di chi ha una meta, tanto che le bastò un altro minuto per intravedere, tra le teste delle poche file di Directioner, la monovolume nera che era solita accompagnare i ragazzi in giro per Londra e non solo. Un gruppo di ragazzi della sicurezza evitavano che le fan, spingendo, invadessero il piccolo parcheggio.

Ocean cercò di farsi spazio, riuscendoci difficilmente. Erano poche ma ben accanite. Tanto che ricevette anche un paio di spinte da chi era evidentemente lì da tempo, infastidita per la pressione che la diciottenne stava facendo per farsi largo. Quando sentì il gruppo di ragazze urlare ancora di più i nomi dei componenti del gruppo, insieme a ti amo ed altre frasi random, capì che stavano uscendo. Le bastò alzarsi un po’ sulle punte per intravedere le loro teste. Sbuffò sonoramente, anche se con tutto quel casino non è che uno sbuffo poteva essere sentito. Per quanto rumoroso potesse essere.

I ragazzi salirono in macchina, e lo capì perché il gruppo di directioner si spostò quasi in massa, tutte verso il centro della strada, mentre i ragazzi della security le spingevano indietro per far passare la monovolume. Quella fu l’unica occasione che le si parava avanti chiaramente. Avrebbe dovuto farsi vedere.
Di fianco alla macchina, in piedi, per coordinare i bodyguard, c’era Paul. Cominciò quindi a chiamarlo a gran voce, nonostante le poche possibilità di sovrastare il centinaio e più oramai di voci che aveva intorno, ed urlavano più di lei a quanto pare.
Così tirò fuori il cellulare, in un attimo di lucidità, e rispose al DM di Harry.
 

< Sono qui, ma c’è troppa gente. Non riesco a farmi spazio. Mi dispiace >
 

Con il cellulare in mano continuava a chiamare Paul, ad agitare le mani verso la monovolume che a passo d’uomo continuava ad avanzare verso la strada. Quando lo intravide incalzare di velocità, capì che non c’era più niente da fare. Così smise di urlare, smise di dimenarsi, e restò in balia della folla. Prima o poi si sarebbero placate anche le altre e sarebbe defilata via, insieme alla delusione per la giornata.
Più che calmarsi il gruppo di Directioner in cui era finita continuò ad inseguire la monovolume, così in men che non si dica, giusto il tempo per recuperare l’equilibrio e non finire rovinosamente a terra, si ritrovò sola, di nuovo libera di respirare senza troppo gente intorno che smanettava ed urlava.
Il cellulare rimastole in mano vibrò di nuovo. Un altro DM.
 

< Raggiungi Paul >
 

Raggiungi Paul. Certo. Il bodyguard aveva un’altra monovolume sulla quale viaggiava con gli altri ragazzi della sicurezza! Come non pensarci prima? Si avvicinò così al bodyguard, fermata però da un altro ragazzo della sicurezza.
 

“Signorina dove vai? Sono andati via… segui la massa su!” la canzonò, come se fosse una delle tante pecore del gregge.
“Devo parlare con Paul” tralasciò semplicemente le parole del ragazzo, avendo un unico scopo.
“Non firma mica autografi Paul!”
 

Ocean alzò gli occhi al cielo e si lasciò scappare un altro sbuffo. Passò al piano di sicurezza quindi, ovvero ignorare il ragazzo che aveva di fronte e che non aveva nessuna intenzione di farla avvicinare alla macchina delle guardie del corpo che sembrava in partenza. Ricominciò a chiamare Paul a gran voce.
Bastarono pochi attimi, e si affacciò, premendosi due dita sull’auricolare, parlando con chissà chi dall’altro lato. “Si la vedo, arriviamo” Quindi fece cenno al ragazzo della security di lasciarla passare. “Sali in macchina John, viene anche lei”
In automatico le comparve un sorrisone sul volto, ed il giovane John guardò in maniera perplessa sia la ragazza e subito dopo Paul stesso. Capiva poco. Probabilmente non era mai successa prima una cosa simile. Ed anche le poche ragazze rimaste lì intorno non apprezzarono il fatto che Ocean si avvicinò alla macchina e potè salirci su, considerando il fatto che il tutto fu accompagnato da qualche frasina simpatica da parte delle altre.
 

“Sono infuriate…” commentò un altro ragazzo della sicurezza.
“Ci credo! Hai avuto accesso alla macchina della sicurezza! Fischiano più quando entri qui, che quando entri nella loro… “
“Quando entri nella loro urlano e ti buttano l’impossibile addosso!”
“Paul ha una collezione di tanga oramai a casa!”
 

Ma Paul non sembrava partecipare alla discussione dei ragazzi, che prendevano in giro le directioner. Una volta fatto spazio alla ragazza sulla fila centrale di sediolini, il portellone si chiuse e la macchina partì. Non sapeva nemmeno dove stavano andando, ma si ritrovava nella macchina dei bodyguard dei ragazzi, e questo le bastava.
 

“Per chi è?” domandarono a Paul, accennando con il capo ad Ocean, che però continuava a non rispondere. Così la ragazza si apprestò a farlo al posto del capo della security.
“Non sono per nessuno.” Reazione che zittì il gruppo di sogghignatori.
“E allora che ci fai qua?” ma questa volta non solo Paul rimase in silenzio, ma anche Ocean. E non perché non aveva altro da aggiungere, ma semplicemente perché non conosceva nemmeno lei il motivo per cui era lì.

 
 

***

 

 
Il viaggio durò un pò, quasi venti minuti, durante il quale i ragazzi della sicurezza parlottavano tra di loro, ignorando quasi del tutto Ocean dopo essere stati zittiti. Cosa che le diede modo di ragionare su quello che stava facendo.
Quando la monovolume rallentò, guardò fuori al finestrino per tentare di riconoscere il luogo in cui erano. Un palazzo, quasi anonimo, se non fosse stato per l’insegna che portava sul cancello in apertura. Modest Management. Erano nel regno della Modest. La monovolume attraversò il vialetto, girando sul retro, dove stavano stipate almeno altre sei automobili nere come quella in cui si trovavano, oltre ad un innumerevole presenza di altri mezzi.
La porta si aprì e tutti i ragazzi scesero, restando comunque lì intorno. Paul invece si avviò verso le scale che portavano all’interno del palazzo. “Vieni con me…” pur non avendo modi dolci, almeno non l’afferrava sotto le braccia e la forzava a seguirlo. In qualche cosa era migliorato.
Seguendolo si ritrovò in quello che sembrava a tutti gli effetti la Hall di un albergo extralusso. Alle pareti c’erano dischi e poster raffiguranti i vari artisti seguiti dall’agenzia. Paul camminava con aria sicura, senza parlare con nessuno nonostante qualcuno lo salutasse. Un cenno di risposta e continuava a camminare.
Attraversò un paio di corridoi ben illuminati e sempre pieni di poster e premi, poi aprì una porta, lasciandosela aperta alle spalle in modo che anche Ocean potesse entrarvi, e cominciò a parlare a raffica.
 

“Voglio essere chiaro. Io sono la vostra babysitter, non la babysitter delle ragazze che avete intenzione di portarvi dietro! Allora, o ve lo mettete in testa, oppure non andiamo d’accordo! Non faccio il tassista né tantomeno l’accompagnatore. Afferrato il concetto Styles?”
 

Nella sala, dove c’erano divanetti e vari strumenti musicali, erano in totale relax i ragazzi, chi con il computer chi con il cellulare. Avevano un’aria tranquilla, e guardavano Paul che evidentemente aveva appena dato di matto con perplessità.
 
“Dolcetto?” Louis gli allungò un cartoncino dalla quale spuntavano un paio di ciambelle avanzate. Paul sbuffò “Tra cinque minuti tocca a mister appuntamento romantico. Poi Zayn, Louis e alla fine Niall. Sei ultimo oggi biondo.” Quindi voltò i tacchi, lasciando la stanza e chiudendosi la porta alle spalle.

Ocean rimase immobile di fronte ai ragazzi che la studiavano. Tutti tranne Zayn, ancora visibilmente pieno di collera. “Dolcetto?” sempre Louis offrì le ciambelle alla ragazza.
“No grazie…” “Te l’avevo detto, non è umana. Non si nutre!” commentò verso Liam, che se la rise. “Sarà ancora nervosa. O forse ha le sue cose!” “Ma cosa c’entra!? Guarda che mangiano anche il doppio in quei giorni! E non ingrassano! Come vorrei avere anche io quelle robe!” aggiunse Louis con aria sognante, commento che strappò una leggera risata alla ragazza.

Zayn continuava a non guardarla, ignorarla come se lì non ci fosse nessun altro che loro cinque, con gli occhi puntati sullo schermo del pc.

“Ehi…” Harry, in un angolo, e tra le mani non aveva né cellulare né computer. Solo una bella tazza di thè, fumante. E la osservava già da un po’, in realtà. “Sembri sbattuta… vuoi del thè?”
“No grazie…” e fece per avvicinarsi a lui
“Louis mi sa che avevi ragione!” commentò Niall all’ennesimo rifiuto della ragazza.
“Lasciatela perdere un po’!” aggiunse Harry, senza cattiveria comunque.
“Cos’era quell’ordine che ha dato Paul?”
“L’ordine d’uscita! Non possiamo andar via tutti insieme, quindi ognuno con una macchina diversa ci allontaniamo dal quartiere generale… E’ per non dare nell’occhio, altrimenti i fotografi ci seguirebbero fino a casa.” Era tutto organizzato fino ai minimi dettagli. “Tu eri in macchina?”
“Come al solito, si.”
“Allora puoi venire con me, se vuoi… Ti accompagnerò tra qualche ora, quando tutto sarà più tranquillo.”

Non ebbe modo di pensarci, che la sua testa già annuiva. Oramai il suo corpo aveva vita propria quasi. Prima che il cervello potesse comandare, si muoveva di sua spontanea volontà.

Harry si alzò e si diede una rimandata ai capelli come suo solito. “Ci vediamo domani alle prove…” e fece un giro tra tutti gli altri quattro, schiacciando il cinque ai suoi amici prima di arrivare alla porta, aprendola ed aspettando che Ocean uscisse, chiudendosela alle spalle sorridendo alla ragazza.

“Andiamo… da questa parte” Percorsero la strada al contrario, fino ad arrivare alla Hall, dove fu assegnata ad Harry una delle macchine a disposizione per gli artisti, con i vetri oscurati. Una macchina sportiva, a soli due posti. Una roba di lusso. Quando il ragazzo salì, anche Ocean fece lo stesso dal lato del passeggero. Era parecchio tesa.

“Tranquilla, non guido poi così male…” commento che le strappò un altro sorriso.
“E’ solo che è tutto così strano!”
“Cosa c’è di strano? Ho staccato, il mio turno di lavoro è appena finito” quindi si piegò appena con il busto di lato, in modo da rivolgersi verso di lei e non verso il manubrio, allungò una mano nella sua direzione e con un sorriso gentile le disse.

“Piacere, mi chiamo Harry. E tu?”





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Sono sempre più soddisfatta di quello che sto scrivendo, anche se comunque resta l'incertezza che piaccia. 
Io continuo a sognare di emozionarvi, voi ditemi: ci sto riuscendo almeno minimanete?
Con affetto, 
Giù.


 

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Capitolo 8
*** Capitolo 8 ***





“Piacere, mi chiamo Harry. E tu?”

Ocean lo fissò per diversi secondi, sorridendo subito dopo, rintronata. Quelle si che erano emozioni che non avrebbe potuto reggere. Harry fece vibrare la mano in aria, come a ricordarle che la teneva lì per lei, per farsela stringere. Quando ci si presenta, solitamente, si fa così.
Rossa in viso, imbarazzatissima, allungò la mano verso quella di Styles, stringendogliela.
 
 "Piacere, Ocean... e di solito non vado in macchina con gli sconosciuti..."
 
Il ragazzo rispose al gesto con una stretta non troppo vigorosa, e dopo pochi istanti le mani di entrambi scivolarono via, lasciando sulla pelle dell’altro una leggera carezza. Quindi aggiunse una smorfia di simpatia, e spostò lo sguardo verso il finestrino. I vetri erano tutti oscurati, tanto che in macchina sembrava avere un paio di occhiali da sole in qualsiasi direzione guardava. Non era mai stata in una macchina sportiva come quella, né tantomeno in una con i vetri oscurati. Era tutto così nuovo.
Le mani di Harry infilarono la chiave elettronica nel quadro d’accensione, e pochi attimi dopo la macchina emise un suono strano, un rompo. Una roba forte, che quasi la spaventò.
 
“Quindi questa non è la tua macchina?” gli domandò, osservandolo mentre s’apprestava a far manovra ed uscire dal cancello della Modest, imboccando poi la strada principale.
“Non proprio, no… Ora che abbiamo tutti la patente, i ragazzi della sicurezza non ci accompagnano fino a casa, ma andiamo in giro con delle macchine che l’agenzia ci mette a disposizione, e periodicamente le cambia per non dare nell’occhio… Quindi nessuno si muove sempre con la stessa macchina. L’unica cosa ad essere sempre uguale è il colore dei vetri… quello non c’abbandona mai! E’ un marchio di fabbrica!”
“Così non vedono chi c’è dentro…” concluse Ocean ad alta voce, annuendo tra sé.
“Esattamente. Ed evito di essere seguito fino sotto casa dai paparazzi… dovrei cambiare di nuovo posto, e dove sto mi trovo bene.”
“Di nuovo?”
“Da quando è cominciata l’avventura con i ragazzi, ho cambiato circa sei case differenti…”
“sei un ragazzo esigente!” lo prese in giro. Il tono era di chiara ironia, in quanto capì subito il motivo reale dei suoi cambiamenti.
“Diciamo che mi annoio spesso degli stessi luoghi!” Harry di tutta risposta le mostrò una smorfia, tenendo comunque gli occhi sulla strada. Aveva una guida tranquilla. Ocean si sentiva al sicuro in quella macchina, sebbene non sia mai stata abituata alla vita sportiva. Era pochi gli amici ad avere già la patente. Piuttosto faceva lei da autista a tutto il gruppo, avendo già una macchina propria.
“Io non ho mai cambiato casa invece… vivo nello stesso identico posto dove ho compiuto il mio primo compleanno, detto le mie prime parole, camminato per la prima volta…”
 
La guida di Harry non sembrava avere una meta. Semplicemente vagava. Rispettava i segni, i sensi, i semafori. E si perdeva tra le strade, senza pensare a dove sarebbero arrivato o quanto si sarebbero allontanati. Il motore andava, faceva girare le ruote, e lui si limitava a manovrare il volante.
 
“Mi spiace non poterti portare da nessuna parte… “
“Come un appuntamento!” la voce di Ocean le uscì in maniera stridula, cosa che non avrebbe voluto. Ma come le succedeva oramai spesso, non controllava facilmente le reazioni del suo corpo, che a stento passavano per il cervello.
“Senza il permesso di Paul possiamo andare solo a casa… Seguendo dei percorsi sempre diversi… Ci sono giorni che prima di arrivare dove abito, faccio un paio di chilometri girovagando per la città. E’ l’unico momento in cui mi sento un tantino libero…”
Il volto di Ocean si rattristì. “Non fate una bella vita…. Non deve essere bellissimo.”
“Ti sbagli.” Anche Harry si irrigidì. “Facciamo quello che ci piace. Cantiamo, siamo conosciuti, abbiamo successo. Avere poca libertà è solo il prezzo da pagare. Anche se dopo un po’ pesa, non dimentichiamo che è il nostro contributo per avere tutto quello che ci danno le fan… che ci date.” Aggiunse, guardando Ocean con uno sguardo quasi di sfida.
“Ehi!” involontariamente le partì una spinta, dando una leggera spallata sul braccio di Harry che se la rise di gusto. “Non sono tra quelle del modello stalker!”
“Ah no? Avrei pensato il contrario… è la seconda volta che ti vedo nel giro di una settimana! Sei addirittura peggio del modello stalker!”
“Dimentichi che sei stato tu a volermi qui?” e assunse una smorfia altezzosa, chiaramente ironica.
“Touchè.” Si limito a rispondere Harry, lasciando che Ocean arrossisca ancora un po’ sulle guance, nuovamente.
 
Passò qualche minuto di silenzio, attimi in cui la ragazza si deliziò, per la prima volta, del profumo di Harry di cui la macchina pian piano si stava riempiendo. Era un profumo maschile, forte. Di quelli che non gli avrebbe mai immaginato addosso. Le sembrava più un tipo da profumi dolci, non così carichi e presenti.
 
“Se trovi il tempo per avere un profilo twitter personale, hai anche il tempo di stare un po’ per fatti tuoi…”
“Molto poco, soprattutto quando siamo in tour. Però cerco di ritagliarmi i miei spazi, si. Tutti lo facciamo… E’ bello condividere ogni cosa, ma di tanto in tanto si ha il bisogno di staccare. Altrimenti impazziremo.”
“Vivi con tua madre e tua sorella quindi…”
“Questa è un’informazione privata!” la voce di Harry era scherzosa, fintamente inorridita dalla domanda.
“Oh, scusi signor Styles! Non volevo minacciare la sua sicurezza… ma le ricordo che ho firmato un patto di segretezza!”
“Allora devo dire che non sei per niente una fan attenta!” la bacchettò, e la reazione di Ocean fu di grande sorpresa. “Vivo con Louis… lo sanno anche i muri!”
“Ma se ultimamente avete detto di vivere separati!”
“Non credere mai a quello che diciamo nelle interviste, Ocean!”
“Era una farsa?” la sua reazione fu ancora una volta di stupore.
“Ti sei persa tutto il capitolo Larry Stylinson? Dov’eri quando le tue colleghe di fandom lo tiravano fuori?”
“Ahn… giusto…” anche se non sembrava affatto convinta di quella spiegazione.
“E’ stato un passo per tentare di mettere a tacere certe voci…” e poi, sussurrando appena come per paura di essere sentito “… ma i manager non sono poi così svegli a quanto pare.”
Ocean scoppiò a ridere, risata che doveva essere contagiosa in quanto anche Harry, dopo poco, cominciò a ridere di gusto. Fino a quando non rallentò, tastandosi con la mano libera dalla presa del volante l’interno della giacca. Tirò fuori il cellulare che vibrava. “Scusami un secondo…”
Ocean, presa dalla curiosità, allungò lo sguardo sullo schermo, riuscendo ad intravedere solo una M. Quando Harry si portò il cellulare all’orecchio, si distrasse guardando fuori dal finestrino, forse per lasciargli un po’ di privacy.
 
“Che succede? ….. non sono ancora a casa, perché? ….. ma perché, che succede?” riusciva a sentire una voce dall’altro capo del telefono. Era alta, nervosa. “Dammi il tempo di riaccompagnare Ocean alla macchina e arrivo …. Si, aspettami lì.” Anche Harry, mettendo giù il telefono, aveva un’aria non più tanto rilassata.
“Tutto bene?” domandò la ragazza, preoccupata forse.
“Si tranquilla, devo riaccompagnarti alla macchina però… mi aspettano a casa.”
Ocean annuì, mentre Harry rimetteva in moto l’auto sportiva e ripartiva alla volta del negozio di dischi dov’erano stati un paio d’ore prima, anche se questa volta in incognito.
Non ebbe il coraggio e la presunzione di domandargli chi era al telefono. Poteva essere chiunque. Con la lettera M. iniziano tanti nomi.
Il viaggio verso l’auto fu accompagnato da un silenzio profondo, tangibile.
Arrivarono al parcheggio del negozio con una velocità ed una fretta che non aveva avuto prima nel girare per la città. Era teso, chiaramente.
 
“Grazie per il pomeriggio Harry…”
“Grazie a te per la compagnia…” le sorrise appena, con un’aria tesa. Non era più rilassato. Quella telefonata aveva spezzato qualche cosa dentro di lui.
 
Ocean gli sorrise malinconica, quindi aprì la portiera dell’auto e la richiuse alle proprie spalle. Tempo due secondi, che Harry si stava già allontanando dal parcheggio.
Arrivata alla macchina, non difficile da trovare visto il parcheggio praticamente vuoto, a differenza di quando era arrivata, si stupì mentre infilava la chiave nella portiera, per aprirla. Sul vetro che le si trovava davanti, a lettere cubitali, c’era scritto con un pennarello nero.
 

< Stronza figlia di papà. I raccomandati vanno all’inferno. >







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Nuevo capitulo! 
Ieri non ho potuto aggiornare, ma avevo tutto scritto nella mia testolina!
Mi fa immensamente piacere il fatto che stia piacendo a qualcuna di voi, davvero.
E vi ringrazio anche qui, pubblicamente, per tutti gli apprezzamenti che mi fate.
Un ringraziamento speciale va a GiudittaMalik1D per la sua costanza nel seguire quello che scrivo e commentarlo :)
Ed anche a tutte voi, ovviamente.
Un bacio, Giù.

P.S: secondo voi chi ha scritto la frase sul vetro di Ocean? E chi è l'artefice della telefonata ad Harry? u.u Fatemi sapere cosa pensate, vediamo chi ci prende!


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Capitolo 9
*** Capitolo 9 ***




< Stronza figlia di papà. I raccomandati vanno all’inferno. >
 

Se i raccomandati andavano all’inferno, Ocean stava con il pensiero ben sereno, in quanto di raccomandato aveva davvero poco. Forse era stata fortunata, fortunatissima. E riguardo ciò nessuno avrebbe potuto dire l’inverso. Ma raccomandata da nessuno. Aveva cancellato a fatica le scritte sul vetro della macchina, con olio di gomito ed acetone, che torna sempre utile in situazioni come questa, quando hai da cancellare qualche cosa che proprio non viene via.
Erano trascorsi poi qualche altro giorno, in completo silenzio. I ragazzi erano in giro con il tour, in chissà quale città, ed Ocean non stava certo a preoccuparsi o controllare il cellulare ogni due per tre. O forse si, ma inconsciamente. Compiva i soliti gesti istintivi, non guidati dal cervello.
 
Era a scuola, durante una lezione, quando il cellulare le vibrò in tasca. Aveva una nuova menzione. Sbloccò lo smartphone con entusiasmo, ed un senso di solletico alle dita a causa della felicità. Era convinta fosse Harry. Nessuno la menzionava su twitter, soprattutto nell’ultimo periodo in cui era diventata più assente che presente sul social network.
 

< @Ocean1D forse ti devo delle scuse >
 

Non era Harry. Il nome da cui era stata menzionata non le era conosciuto, non lo ricordava. Guardò il suo profilo. Aggiornava molto poco, non c’era nessuna foto, e le impostazioni erano quelle di default. Nessuna personalizzazione, nemmeno la biografia o un link. L’unica cosa era il nome. @JavyBradford. Premere il tasto “segui” fu la cosa più sensata. Pur non conoscendo a chi appartenesse quel profilo, aveva come una sensazione. La scritta sulla macchina. Era l’unica cosa per la quale si aspettava delle scuse forse. O forse l’unica che al momento riusciva a realizzare.
 

< @JavyBradford scuse per? >
 

Ripose il cellulare in tasca, e ritornò attenta, o almeno l’intento era quello perché per tutto il tempo ebbe la testa intasata di pensieri, pensieri rivolti a tutto ad eccezione della materia e dei libri che aveva di fronte. Distrazione che aumentò dopo pochi minuti, quando il telefono vibrò di nuovo.
 

< @Ocean1D per come ti ho trattata. Non avrei dovuto. >
 

In un attimo le fu tutto più chiaro. Zayn Javaad Malik, il badboy di Bradford. Tutto tornava. Doveva essere il profilo privato di Zayn. Anche lui ne aveva uno, proprio come Harry.
 
< @JavyBredford evidentemente sei abituato così. Stupide quelle che te lo permettono >
< @Ocean1D suvvia non essere rancorosa! Domani torniamo a Londra, ti vengo a prendere >
 
Lo sguardo di Ocean passò da una smorfia di smarrimento, ad una di sorpresa, e subito ad un’altra di fastidio.
 

< @JavyBredford non penso sia una buona idea >
 

Rispose di getto, pentendosene forse due attimi dopo. In fin dei conti Zayn era il suo preferito. Era sempre stato il suo preferito, e le era scaduto per quello che aveva fatto. Per come si era comportato. Ma adesso le chiedeva scusa. Insomma, avrebbe potuto accettare, no? In fin dei conti era pur sempre Zayn!
Non era solita mangiarsi le unghie. Era una ragazza parecchio composta, che lasciava scivolare via il nervosismo tramite altri modi. Eppure, cominciò a rosicchiarsi le pellicine intorno alle unghie, in un gesto di compulsivo nervosismo. E più controllava il cellulare, più si rosicchiava le pellicine nel non trovare alcuna menzione. Aggiornava ogni cinque secondi twitter. Voleva una risposta, una rivalsa.
La campanella suonò, risvegliandola dalla foga del continuo aggiornare di twitter e riportandola alla vita reale. Ripose il cellulare in tasca, e raccolse i libri, pronta a cambiare classe. Era tutto un gran casino. Prima Zayn che la chiama dietro le quinte, poi i ragazzi, e poi Zayn che ci prova, e lei che si tira indietro, e poi Harry. E ancora Harry. Ed il profumo di Harry ed il suo sorriso. Ed ora Zayn. Di nuovo, a crearle scompiglio nel cervello. Ulteriore scompiglio.
Raggiunta la classe per la lezione successiva si sistemò per prendere gli appunti, ma continuava a pensare alla confusione che aveva in testa. Alla miriade di idee che le si affollavano davanti agli occhi, distraendola ancora dalla lezione.
All’ennesima volta che aggiornò twitter, sulla Timeline le comparve un tweet alla quale fece caso subito. Era di Zayn.
 

< Incredibile come anche gli amici possano fotterti. Non puoi distrarti un attimo, ed è fatta. >
 

Ocean sgranò gli occhi, incredula. Si riferiva ad Harry? Fu quello il primo pensiero. Ad Harry e lei. Insomma, era chiaro. Zayn se l’era presa per come Harry si era avvicinato ad Ocean? Ecco perché Zayn aveva smesso di risponderle? Per come Ocean gli aveva detto che non era il caso che l’andasse a prendere? Subito gli rispose.
 

< @JavyBradford nessuno t’ha fottuto niente. Ti sei fregato da solo. >
< @Ocean1D ti senti un po’ troppo al centro dell’attenzione mi sa. Non esisti solo tu >
< @JavyBradford ma smettila, non sono nata ieri. A meno che tu non ti riferisca a quella di ieri. >
< @Ocean1D ci vediamo domani. >
 

Leggendo quest’ultimo tweet le venne da sorridere. Era deciso, a quanto pare, ad andare a prenderla. Non avrebbe accettato un no forse. E la diciottenne evitò di rispondere ulteriormente. Anche perché qualsiasi cosa gli avrebbe risposto, lui sarebbe passato comunque a prenderla. Ne aveva la netta sensazione. E le andava bene così, a dirla tutta.
 
Tornando a casa da scuola diede un passaggio a Faith, la sua migliore amica, per parlarle degli ultimi avvenimenti. Le raccontò di Harry, dell’incontro e di come era stato in macchina. Della telefonata e di come era scappato via. E poi di Zayn. E quando le accennò di come aveva insistito sull’andarla a prendere a casa, scrollò le spalle, con una chiara idea in mente.
“E’ geloso. Ti voleva per sé e quando ha visto che il suo amico ti faceva il filo è passato all’attacco”
“Il suo amico non mi fa il filo!”
Faith sbuffò sonoramente. “Ah no? Strano, pensavo che i ragazzi facessero i carini solo quando ti fanno il filo. Evidentemente è stato gentile con te, portandoti in macchina con lui e raccontandoti cose della sua sfera personale, solo perché gli andava… capitavi lì per caso!” l’ironia delle sue parole era tangibile.
“Pensi davvero che…”
“Si Ocean. E penso che ti debba svegliare un attimo. Non hai bisogno della tua migliore amica che ti dice certe cose. Sei sveglia per arrivarci da sola senza il mio aiuto!”
“Quindi secondo te Zayn adesso ci vorrà riprovare?”
“L’uomo è come il peggiore dei cacciatori! Quando non è riuscito a catturarti, avrebbe voluto dire ai suoi amici di quanto eri frigida e di quanto baciavi da schifo. Ma invece è stato rifiutato e tu sei passato a farti un giro per la rete di un altro cacciatore che conosce bene. Quindi è venuta meno la storia dell’uva acerba, perché qualcuno quell’uva sta per assaggiarla, e lui lo sa!”
Tutto filava. L’esperienza di Faith l’aiutava sempre quando l’argomento principale erano i ragazzi. Ci sapeva fare e li capiva come nessun altro di sua conoscenza. Aveva una marcia in più.
 


 

***

 


Non aveva realizzato il fatto che Zayn non conosceva dove abitava. Cominciò a dubitare di quello che le aveva detto, quasi intimato, solo quando arrivò il martedì pomeriggio, che a quanto pare era il giorno in cui erano più liberi, essendo lo stesso in cui aveva incontrato Harry, proprio la settimana prima.
E da quel giorno, tra l’altro, non aveva avuto alcuna sua notizia.
 
< Scendi alle cinque, mi troverai lì >
 
Intorno alle cinque meno dieci ricevette questo DM, che la  lasciò alquanto stupita. Come faceva a sapere dove abitava? Sta di fatto che alle cinque in punto, fuori al vialetto di casa sua, c’era parcheggiata una macchina, sportiva, del modello molto simile a quella che avevano assegnato ad Harry, con i vetri oscurati, unico dettaglio che sapeva già di doversi aspettare.
Si avvicinò circospetta all’auto, in modo da non fare figure pessime nel caso in cui dentro non ci fosse stato il ragazzo che si aspettava di trovare. Il finestrino si aprì appena, e riuscì ad intravedere prima il ciuffo alla Malik e subito dopo gli occhi di Zayn, che le accennava lo sportello del passeggero. Un chiaro invito a salire in macchina.
 
“ Ehi… sono stato abbastanza puntuale?” nel sentirlo parlare in quel modo a stento riconosceva lo Zayn di fronte la quale si era trovata qualche tempo prima.
“Al secondo direi. Mi spieghi perché sei passato a prendermi?” il tono di Ocean era sulla difensiva, da subito. Nonostante avesse ripromesso a sé stessa di non comportarsi in quel modo, era più forte di lei. Ancora una volta il cervello ed i pensieri andavano in due direzioni opposte.
“Perché mi andava… e a te andava che io passassi, altrimenti non saresti scesa e ora non saresti in macchina” Quella risposta la spiazzò. Il discorso filava liscio, non c’era nulla da aggiungere.
“Comunque non ti ho perdonato…” ci tenne a precisare, nonostante tutto il resto non lo negò. Stava inconsciamente acconsentendo al fatto che non le dispiaceva affatto essere lì in quella macchina.
“Lo farai prima o poi, io di certo non ti metto fretta. E’ giusto che paghi i miei errori…”
“Harry come sta?” gli chiese con nessuna malizia. Era sinceramente preoccupata per il ragazzo, considerando il modo in cui aveva tagliato a corto la settimana prima ed il silenzio che ne era seguito. Non che avessero parlato molto nei giorni precedenti il loro incontro, ma comunque uno scambio di battuta c’era stato.
D’altro canto Zayn sembrava irritato da quella domanda. “Sta benissimo. Ha avuto parecchio da fare, per questo non si è fatto sentire” giustificò quell’assenza di notizie, anche se Ocean non ne aveva fatto parola. E la cosa la stranì alquanto.
“Chi ti dice che non si sia fatto sentire?” gli domandò, accigliandosi.
“Ah si è fatto sentire?!” l’ulteriore reazione di Zayn la portò a trarre una conclusione, forse azzardata.
“Può darsi… o può darsi di no. Ma di sicuro non ti devo spiegazioni! Non capisco cosa voglia tu da me!”
Zayn si irrigidì ulteriormente, tenendo le mani sul voltante e gli occhi fissi sulla strada, pur non essendo la macchina in moto. Erano ancora fermi, sul vialetto. Ed il ragazzo sembrava sempre più nervoso.
“Tu non mi devi nessuna spiegazione, infatti non te le sto chiedendo. Styles è un mio amico.” Ocean era sempre più perplessa.
“Questo lo so… ma non capisco comunque!”
“Non c’è nulla che tu debba capire, Ocean. Proprio nulla. Anzi, ho fatto una cazzata. Puoi scendere.” Aveva un tono nervoso, irritato. E le mani continuavano a stringere il volante, tanto da far diventare le nocche bianche. Stava sfogando un certo nervosismo in quel gesto.
“Mi stai scaricando di nuovo?”
“Veramente la prima volta hai scaricato tu me, io non ne avevo nessuna intenzione! Quindi adesso scendi e vai a piangere sulla spalla di Harry un’altra volta su… ti ho semplificato il gioco, di nuovo!”
Ocean si accigliò visibilmente, guardandolo di sbieco, torva in viso.
“Io non ho pianificato nulla, Zayn… Cioè tu hai pensato che io ti abbia usato per arrivare ad Harry?!”
“E’ chiaramente così. E Styles mi ha giurato che non ti avrebbe più sentita e invece a quanto pare mi ha fottuto due volte. Quindi scendi dalla macchina e facciamola finita!” continuava ad innervosirsi, evitava di guardarla ed alzava sempre più la voce.
“Hai detto ad Harry di non farsi più sentire?!” poi le si illuminò una lampadina nel cervello. Gli ingranaggi ripartivano e tutto tornava chiaro. “Eri tu!” Ma Zayn non rispose, continuando a tenere lo sguardo sulla strada, evitando di incontrare quello della diciottenne. “Eri tu al telefono, la settimana scorsa! Malik! L’hai chiamato tu Harry!”

La telefonata che il ragazzo aveva ricevuto e l’aveva fatto tornare di fretta a casa, doveva essere stata di Zayn. La M che era riuscita a leggere magari stava per Malik.

“Non avrebbe dovuto farlo! Ha sbagliato tutto dall’inizio! Tu certe cose non le capisci, sei una donna! Voi donne siete tutte arriviste! Non capite il concetto di rispetto, non lo concepite proprio!”
“Ma cosa stai blaterando?”
“Tra amici certe cose non si fanno. Io ti ho scelta tra il pubblico, è una nostra regola!”
“una vostra regola…” stentava a star dietro alle parole di Zayn.
“Io ti ho scelta, Harry doveva rispettare le nostre regole e lasciarti andare. Doveva finire tutto lì. Invece no, deve fare sempre lo stronzo! Quindi per favore, scendi dalla macchina e facciamola finita! Mi sto rompendo i coglioni, ti avviso!”
Ocean continuava a fissarlo, inebetita. Nervosamente arrivò con la mano alla maniglia, pronta per aprire la portiera e scendere. Prima però, con tono pieno di fastidio ma comunque con una certa calma, gli disse. “Io non capisco le vostre regole, non le conosco e non mi interessano. Ma se tu avessi fatto meno il coglione morto di figa, Harry non l’avrei manco visto. Cresci un po’, invece di fare il viziato. Non ti ha rubato una caramella. Io sono una persona.”

Quindi aprì la portiera e scese, sbattendola dietro alle proprie spalle e riconquistando la strada verso casa, senza voltarsi indietro.
Sentì la macchina sgommare ed allontanarsi nel momento in cui infilò le chiavi nella toppa.
 
Appena entrata tirò fuori il cellulare, andò su twitter e scrisse un DM ad Harry.
 





________________________________________________note_autorice_____________________________________

Salve! Ciao a tutte u.u 
In questo capitolo si è chiarito un punto riguardo la telefonata del capitolo precedente. Chi l'aveva capito che si trattava di Zayn?
Voglio ringraziare, come sempre, tutte voi che seguite questa storia e la commentate. Sebbene in poche, vi adoro una per una.
Anche una sola recensione mi fa capire che quello che scrivo vi piace, e mi riempie d'orgoglio. Quindi grazie, di cuore!
Spero che anche questo capitolo vi piaccia.
Cosa farà Harry secondo voi? Risponderà? Non risponderà? Zayn si farà risentire? 
Ditemi cosa ne pensate! 
Grazie ancora a tutte, Giù.

P.S: se hai twitter, recensisci questo capitolo citando il tuo nome di twitter. Ti seguirò e ti inserisco nella mia lista riguardo le fanfiction, così da poterci scambiare opinioni più facilmente :)


 

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Capitolo 10
*** Capitolo 10 ***









Una volta inviato il DM si lasciò scivolare dietro la porta, rilassando le gambe e lasciando che la schiena scorresse lungo il muro. Si raccolse le ginocchia tra le braccia, e poggiata una tempia su di uno dei due, si rilassò, lasciando fuori dai pensieri certe preoccupazioni, certi nomi, e tutto quello che le stava accadendo. Fortuna che c’era Faith, alla quale aveva detto tutto. Altrimenti non avrebbe mai retto tutto quello stress psicofisico. Scaricò quello che aveva da lasciar andare, e poi si ritirò su, come faceva sempre. Non era una ragazza negativa, anzi. Cercava di trovare del positivo in tutto quello che le succedeva, anche se momenti di debolezza come quello le capitavano di tanto in tanto.
 
Le giornate continuavano a passare tranquillamente, tra la scuola e le amiche, e Faith manteneva il segreto come promesso, tanto da non lasciarsi scappare nemmeno battute equivoche alla presenza delle altre del gruppo. Ma se c’era una persona al mondo della quale si sarebbe fidata ciecamente, quella era proprio Faith, con la quale aveva condiviso parecchi anni di vita, scolastica e non. Solo tornando a casa, quand’erano sole, chiedeva.
 
“Come procede il triangolo amoroso?”
“Faith, ti prego.” Quando faceva domande colme di ironia, Ocean non era contenta nemmeno un po’.
“Non bene?”
“Non precede nulla! Harry non mi risponde, Zayn manco voglio sentirlo… E’ tutto così strano! Prima si comporta in un modo, poi in un altro totalmente opposto… io non capisco! Non capisco nessuno dei due!”
“Sono maschi, Ocean! Non devi capirli! Nessuno può capirli!”
La diciottenne aveva lo sguardo sempre più triste e rassegnato.
“Senti” continuò Faith “Lo sai che ti voglio bene, vero? Lo dico solo per il tuo bene, per nient’altro… Credo tu debba considerare l’idea di non sentirli più.” E allungò una mano, poggiandola sul braccio di Ocean, per farle presente la sua vicinanza in quel momento “Insomma, è stato un sogno, ti è piaciuto conoscerli… ma non dimenticarti cosa sono! Insomma, per quanto tu sia unica e bellissima e fantastica… Restano sempre cinque personaggi famosi che girano il mondo e non perdono tempo dietro una ragazza! Saresti solo un peso per le loro carriere credo…”
Ocean si irrigidì parecchio a quelle parole, segno che si stava affezionando, quantomeno ad Harry, o forse a tutta la situazione, a ricevere delle attenzioni, sia pure con finalità d’amicizia. Era una cosa alla quale si faceva l’abitudine presto, in quanto piacevole.
“Si, hai ragione… Sono stata già fin troppo fortunata… dovrò tagliarla a corto così, senza pensarci. Meglio prima che poi.”
“Brava amica! Così ti voglio!” e le diede una forte pacca sulla spalla alla quale era arrivata carezzandole il braccio fino a poco prima.
 
Eppure, nonostante il discorso che le aveva rischiarato le idee, o almeno aveva provato a farlo, non riusciva comunque a rilassarsi. I pensieri, seppur sempre più confusi, continuavano a rivolgersi verso i due ragazzi, ed il fatto che nessuno dei due le parlava. E di tanto in tanto aggiornava i loro profili di twitter, per scoprire qualche cosa di più. Eppure, era quasi una settimana che nessuno dei due scriveva.
Nelle interviste recenti, quelle dopo l’incontro con Zayn, li vedeva sereni. Sempre uguali. Proprio come attori che stanno alla perfezione nelle loro parti. Non era cambiato nulla nelle loro vite, Faith aveva ragione pienamente. Ed avrebbe dovuto farsene una ragione. Prima l’avrebbe fatto, meglio sarebbe stata.
 

 


***

 
 

Passò un’altra settimana, tempo in cui i OneDirection erano a far concerti all’estero, lontani dall’Inghilterra, e tempo speso da Ocean per tornare a sentirsi una ragazza normale, senza corsie preferenziali per incontri più o meno clandestini con uno dei ragazzi della band. Doveva semplicemente tornare a fare la directioner e a seguirli per le canzoni, per le apparizioni e tutto quello che girava intorno alla loro figura di boyband. Tutto avrebbe dovuto fermarsi lì, ed era sempre più decisa ad essere fedele a sé stessa ed alla sua decisione.
Fino a quando il telefono non le vibrò sulla scrivania, mentre studiava.
Lo fissò, come si fisserebbe un fantasma. Con una smorfia mista di sorpresa e paura. Perché vibrava? Il tempo di sbloccarlo, che l’icona blu con l’uccellino bianco di twitter con la scritta nuovo DM la fece ripiombare in uno strano stato d’ansia.

Era Harry. C’era un indirizzo e poi un semplice < Ti aspetto, devo parlarti >

Rimase qualche secondo a fissare quel messaggio diretto, contrita. Poi decise per la strada da stronza. Perché di solito è così che funziona il mondo, quelle che fanno le stronze sono quelle che vincono.
 

< Non posso raggiungerti adesso, mi spiace. Non mi muovo a comando. >
 

< Posso venire io da te se non è un problema >
 

Era fregata. Depennò dall’elenco delle voci che aveva nella propria lista immaginaria di cose da fare prima di morire il fare la stronza. L’aveva appena fatto, eppure non le era andata bene manco un po’. Anzi. Adesso era più fregata di prima.
 

< Immagino tu sappia dove abito >
 

Harry non rispose più. Quello della ragazza era un chiaro si ed evidentemente non aveva null’altro d’aggiungere. Difatti, dopo qualche minuto, forse dieci o pochi più, bussarono alla porta. Avere i genitori divorziati ed una madre fuori per lavoro dalla mattina alla sera tardi era una comodità in momenti come questi.
Si avviò tranquilla verso la porta, perché già sapeva chi era. Doveva essere Harry. E non aveva nessuna intenzione di scendere le scale urlando e dimenandosi, mostrandogli tutta la felicità del caso. Doveva fare la sostituta, e quindi farlo aspettare alla porta. Fortuna che non era una di quelle ragazze che in casa si cambiano, indossando tute improbabili. Aveva addosso i jeans con cui era andata a scuola ed una maglietta di forever24. Insomma, roba casual con la quale si può rischiare di aprire la porta a…
 

“ Zayn?!?” sul volto di Ocean si presentò una smorfia di sorpresa. Aveva gli occhi sgranati, ed anche un velo di paura e tensione che si potevano chiaramente leggere in essi.
“Posso entrare?” Si spostò semplicemente di lato, lasciandogli lo spazio necessario per entrare.
C’era un ingresso abbastanza ampio che lasciava il passaggio in un salone alquanto moderno, dove c’era l’essenziale in maniera molto sobria.
“Cosa è successo questa volta!” il tono della ragazza era alquanto infastidito. Zayn continuava ad affacciarsi in maniera prepotente nella sua vita, anche quando si impegnava a cancellarlo. “Non eravate in tour?”
“Siamo tornati per due giorni. Ogni settimana stiamo due giorni a Londra… è la prassi del contratto… “ e subito dopo aggiunse “ma non sono qui per questo. Piuttosto voglio chiederti una cosa.”
“Non avevi detto chiaramente di non volere spiegazioni da me?”
“Perché sei scappata da me e ti sei tuffata tra le braccia di Harry?” non le rispose, ma per la prima volta tra tutte le poche occasioni che ebbe per parlare con Zayn in maniera diretta, lui la guardava in faccia. Dritta negli occhi. La studiava, senza abbassare lo sguardo nemmeno un attimo o perdersi in qualche dettaglio della casa. Aspettava, guardandola negli occhi, sostenendo il suo sguardo.
“Non sono scappata da te!” rispose veloce Ocean, sulla difensiva. E non ebbe modo di continuare.
“Ma ti sei tuffata tra le braccia di Harry però!”
“Non mi sono tuffata da nessuna parte! Ero scossa! Tu mi hai infilato la lingua in gola e volevi scopare Zayn! E poi… poi sei stato tu a cacciare me! Mi hai detto che potevo andarmene! Ma da me, adesso, cosa vuoi?!” era sfinita.
“Tu non mi volevi!”
“Io non… Zayn!” urlò, in un impeto di rabbia, stringendo i pugni e diventando rossa in viso. Il ragazzo di tutta risposta continuava ad osservarla, senza battere ciglio. “Non ho intenzione di spiegarti perché non volevo scopare nell’ultimo vano del vostro bus! Certe cose dovrebbero essere ovvie, non si dovrebbero spiegare!”
“Invece dovresti. Non era mai successo.” Ed anche qui Ocean rimase parecchio sorpresa da un piccolo dettaglio. Aveva gli occhi vuoti. Era come ferito. Non li aveva mai visti così, nemmeno durante le interviste. Nemmeno quando recitavano. Venne fuori, in un attimo, l’infinita insicurezza di un ragazzo, abituato ad avere apprezzamenti e non ricevere mai un no. Ocean era il suo primo no, e l’aveva fatto crollare. Era visibile.
“Dovresti essere contento per quello che ho fatto…” il tono della ragazza cambiò radicalmente. Non era più pieno di nervosismo. Era comprensiva, quasi dolce.
“Non importa cosa dovrei essere. Voglio solo che sia chiaro, voglio capire il perché tu l’abbia fatto!”
“Io non sono così! Sarà una frase fatta, detta e ridetta, ma io non sono come le altre! Non scopo con chiunque e a comando! Non mi sciolgo su un divanetto di un bus con un ragazzo che mi fa chiaramente capire che sarei una delle tante! Zayn, dai!” e allargò le braccia in senso di resa, come se la cosa fosse più che ovvia. “non puoi non arrivarci! Non puoi prendertela perché ho deciso di andare via! Non puoi rinfacciarmi nulla! Abbiamo due punti di vista completamente differenti! Cozziamo! Non è colpa tua, non è colpa mia! Siamo incompatibili! Non ti giudico e non l’ho fatto prima! Avevi delle esigenze che non potevo soddisfare? Bene! Sono andata via!”
“E ti sei consolata con Harry.” Ocean sbuffò ed alzò gli occhi al soffitto, nuovamente innervosita.
“Non mi sono consolata con Harry! Ero sconvolta! Hai idea di cosa si prova a vederti di fronte il ragazzo per cui hai perso la testa, ma non riconoscerlo? Hai idea? E poi Paul, il tipo con il patto di segretezza! Ma cercate di mettervi nei panni delle persone che catapultate nella vostra realtà solo per poche ore! Io non giudico te, ma tu mi sembra che tiri conclusioni parecchio affrettate senza renderti conto di fatti fin troppo evidenti!”
Zayn continuava a guardarla, sempre con quell’aria di sfida che però nascondeva infinita insicurezza. E più andava avanti il discorso, più Ocean riusciva a vederla chiaramente.
“Harry si è semplicemente avvicinato! Mi ha visto che piangevo e si è avvicinato a parlarmi… tutto qua! Abbiamo parlato, ci siamo scambiati i contatti su twitter! Non è successo nulla!” e un attimo dopo aggiunse “Ed anche se fosse non capisco quale sia il punto! Mi hai tirato su da una folla Zayn! Poteva essere quella affianco a me e non io! Non sai nulla di me e io non so nulla di te! Perché quest’attaccamento?”
“Perché Harry sa qualche cosa di te?” era chiara anche la competizione che sentiva con Styles adesso.
“Harry… oddio, ma cosa c’entra adesso! Non siete mica in sfida!”
“E invece si”
“Siete in sfida? E qual è il tema della sfida? Chi si porta più ragazze a letto?” chiese Ocean con un tono fintamente ironico. Tanto che Zayn sbuffò.
“Te l’ho già detto, non potresti capire!”
“E invece tu capisci tutto, non è vero? Capisci che sono scappata via perché mi fai schifo, che mi sono consolata con Harry, che era tutto calcolato, che non vedevo l’ora mi scrivesse per scopare, che muoio per lui!”
“smettila Ocean, per favore” la voce di Zayn sembrò tremare. “Non capiresti perché non c’entra con Harry. Non c’entra con Paul e con mister Enfay. C’entra con me.”
“Allora spiegami…provaci almeno!” anche Ocean tornò calma, prendendo in seria considerazione la poca sicurezza di Zayn.
Il ragazzo sospirò, incastrò nuovamente gli occhi in quelli di Ocean e la fissò per qualche attimo, sorridendole appena, forse perso in qualche pensiero. E quel sorriso fece sorridere anche lei, di rimando. Poi cominciò di nuovo a parlare.
“Non sono come mi dipingono. Nessuno di noi lo è, ma c’è chi è più vicino a sé stesso e chi è proprio l’opposto. Ecco, io sono l’opposto.” Sospirò, facendo spallucce. “C’era bisogno del badboy, tutte le boyband hanno un badboy! E ci metti Niall a fare la parte del badboy?” allargò le braccia, imitando Ocean con il suo senso d’ovvietà. Niall come badboy non avrebbe avuto nemmeno un po’ di credibilità. “Volevo solo cantare! E invece mi ritrovo ad essere in costante competizione con me stesso. Mi sento troppo stupido a parlarne, ti giuro!” e fece di no con la testa, portandosi entrambe le mani nei capelli, facendo poi un piccolo giro su sé stesso, per distrarsi forse dal discorso.
Ocean gli sorrise. “non devi sentirti stupido… mi ci sento io piuttosto, che sono di fronte al ragazzo che è nei miei poster al piano di sopra!” Buttò lì una frase stupida, per smorzare la tensione. E dal sorriso che si presentò sul volto di Zayn, capì di esserci riuscita.
“Lo Zayn Malik dei OneDirection sta diventando più presente del vero me. Sono sempre più quello che in realtà non sono. Per la maggior parte del tempo sono quello che mi fanno essere. E questo è da fuori di testa! Sto diventando altro! Sto permettendo al meccanismo che c’è dietro di noi di cambiarmi! E mi accorgo che sta funzionando, perché non riconosco più me stesso! Faccio cose che di solito non farei, dico cose che non penso, ho delle reazioni che non ho mai avuto in vita mia! E mi spaventa! Non mi riconosco, e questa cosa mi fa paura!” quando era nervoso, gesticolava. Ma quello lo faceva anche durante le interviste, quindi la cosa la fece sorridere.
“E cosa c’entra Harry allora?”
“Harry riesce sempre in tutto! Lui non deve fare sforzi! E’ sempre il più bravo, il più bello, quello con più successo, la voce più bella e persino i capelli più di scena! Una ragazza mi colpisce, faccio un errore e ad Harry basta un sorriso ed è fatta! E’ così frustrante!”
“Abbiamo solo parlato Zayn… è solo stato lui stesso in maniera spontanea. E’ quello che piace alle ragazze. Almeno, a quelle come me.”
A quelle parole il ragazzo di Bradford si irrigidì nuovamente.
“Anche Harry sbaglia. Nessuno è perfetto!”
“Lo so, e ti assicuro che so benissimo che Harry non è perfetto! Dovresti sforzarti di forzarti di esserlo tu, piuttosto. O tentare di giustificarti quando sai di non esserlo, proprio perché nessuno lo è. E’ quello che ci rende unici.”
Zayn le sorrise, allungando una mano a carezzarle una guancia. Un gesto semplice, che la fece arrossire.
“Sapevo che avresti capito… te lo si legge negli occhi che sei una ragazza comprensiva.”

Ocean si perse un momento, in quel gesto. Tanto che quando suonarono alla porta ebbe uno scatto, realizzando che non era tutto un sogno. Si allontanò da Zayn e dal contatto con la sua pelle, andando ad aprire la porta. Eccolo lì, Harry. Era arrivato.

“Devo parlarti! Non volevo! Non volevo evitare di farmi sentire ma ho dovuto! Il signore del patto di segretezza, mister Enfay, mi ha obbligato perché Zayn ha dato di matto! E’ tutto un gran casino Ocean! E non voglio che tu pen…”

Si bloccò, di colpo. Le parole gli morirono in gola quando allungò lo sguardo dietro le spalle di Ocean, e la ragazza sapeva, aveva la certezza del fatto che solo in quel preciso istante aveva visto Zayn dietro di lei. 





_____________________________________________________________note_autrice________________________

Decimo capitolo. Non avrei mai pensato di arrivare al decimo, ma mi sta prendendo infinitamente, come noto che prende 
anche qualcuno di voi e la cosa mi fa contenta! Leggete, suggerite, recensite. Aiutatemi a far conoscere questa storia
e realizzare un piccolo passino verso il mio sogno. Ovvero scrivere ed emozionare chi legge quello che scrivo.
Fatemi sapere quello che pensate, soprattutto se sono critiche. 
Ringrazio come sempre quelli che seguono già, chi seguirà da questo capitolo, tutti. Davvero, di cuore.
Giù.

P.S: come sempre, quando recensite se mi lasciate il vostro twitter vi seguo e vi aggiungo alla lista per le fanfiction :)


 

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Capitolo 11
*** Capitolo 11 ***





La situazione nella quale Ocean si trovò aveva un che di ironico. Fortemente ironico. Di fronte a lei, fermo sulla porta, c’era Harry Styles. Alle sue spalle, dentro casa, Zayn Malik. E lei al centro, in bilico tra l’uno e l’altro. Harry aveva gli occhi fissi su Zayn, e la ragazza era convinta del fatto che anche Zayn guardasse Harry con lo stesso identico sguardo. A sbloccare quella coincidenza maledetta, fu proprio Ocean, facendosi di lato in modo che Harry potesse entrare in casa. Cosa che però non fece, ma le permise di guardare anche Zayn e le sue espressioni, che non promettevano nulla di buono.
 
“Ma no Harry! Continua… continua pure, fa’ come se non ci fossi!” il suo tono aveva un che di sfida.
“Che ci fai qui? Avevi detto…” gli domandò Harry, con lo stesso tono di sfida.
“Devo chiedere il permesso anche a te oltre che a Paul adesso? Già lui mi sta stretto… in due non vi sopporterei!” Zayn lo interruppe, senza lasciargli modo di finire la frase.
“Poi sono io quello che non mantiene le promesse, vero Zayn?” non l’aveva mai visto così. Harry aveva il viso teso, le braccia lungo il corpo quasi immobili. Era una corda di violino che da un momento all’altro avrebbe potuto spezzarsi.
 
Prima che Zayn avesse il tempo di rispondere, Ocean li interruppe, restando in mezzo ai due anche fisicamente.
 
“Smettetela! Non litigate come ragazzini! Non ho nessuna intenzione di stare a sentirvi battibeccare un secondo di più!” dal tono era chiaramente infastidita per quel teatrino scatenato nell’anticamera del proprio soggiorno.
“Non stiamo bat…” allungò una mano in direzione del volto di Zayn, che ricominciava a parlare, per zittirlo con un gesto.
“E comunque non abbia…” la stessa cosa fece quando anche Harry provò a parlare.
“Silenzio.” Aveva gli occhi chiusi, apparendo di sicuro ai due ragazzi come una ragazza un po’ instabile al momento. Ma cercava solo di trovare un po’ di pace tra i due, perché aveva il cervello che fumava, e poco le sarebbero servite le chiacchiere dei due che si parlavano addosso. Non avrebbe trovato un punto di incontro, non avrebbe raggiunto un certo equilibrio mentale, quasi agognato oramai.
“Non voglio che litighiate per me. Non voglio litighiate per una ragazza! Insomma, fate parte di una band! E anche se la cosa mi faccia piacere, non posso negarlo, non dovreste comunque farlo! Quindi, un po’ di sale in zucca e pensate a cosa fa meglio ai OneDirection, non a voi stessi!” le parole di Faith le risuonavano nel cervello proprio mentre parlava in quel modo ai due componenti della band, rilassando le braccia lungo i fianchi.
L’amica aveva ragione, e quello era l’unico modo per comunicare ai due qual’era la sua decisione. O forse era l’unico modo che aveva per comunicarlo a sé stessa, concretamente. Doveva venir fuori da quel casino, il prima possibile.
I ragazzi, dal canto loro, la guardavano con un’espressione vaga. Di sicuro sorpresissimi per quella reazione e quelle parole. Una posizione insolita per entrambi. Erano ammutoliti. Ed Ocean continuava ad alternare lo sguardo sull’uno e poi sull’altro, alla ricerca di segni di vita forse, di una parola, un gesto. Qualche cosa che glieli facesse riconoscere come vivi ed esseri pensanti, e non solo come statuine di carne ed ossa, pietrificati nel suo salotto.
Zayn si passò una mano tra i capelli, guardando Harry con una maggior calma rispetto a quella mostrata in precedenza.
 
“Direi che è il caso che tu vada…” suggerì ad Harry, che di tutta risposta aggiunse “Anche tu dovresti.”
 
Così Ocean sbuffò sonoramente e fece di no con la testa, scrollando le spalle e mostrandosi per la prima volta veramente impaziente. “Se qualcuno, il mese scorso, m’avesse detto che avrei fatto quello che sto per fare, gli avrei riso in faccia!” quindi si avvicinò alla porta, superando Harry che oramai si era fatto largo nel salone, ed affiancandola sorrise ad entrambi. Un sorriso per nulla gioioso, solo una smorfia forzata. “E’ stato un piacere avervi qui, entrambi… Fate buon rientro nelle vostre case.”
 
Li stava cacciando di casa. Con i suoi gesti e quelle parole, Ocean stava invitando sia Harry che Zayn a lasciare casa propria. Ed i due non sembravano avere intenzione di farselo ripetere di nuovo. Un tantino umiliati, a testa bassa entrambi, recuperarono quei pochi passi che li allontanava dalla porta, uscendone.
 
“E’ stato bello conoscervi, davvero. Ma non penso che questa cosa porti qualche cosa di buono a voi due. Sembrate essere amici, e le ragazze devono venire sempre dopo un’amicizia.” Quindi sorrise ad entrambi, fece un passo verso di loro, verso il patio quindi, e lasciò un leggero bacio sulla guancia di Zayn prima e di Harry poi, in ordine di vicinanza e non di preferenza alcuna, quindi sorrise di nuovo in maniera più naturale, e piano chiuse la porta, lasciando i due sempre più attoniti dall’altro lato.
 
Restò immobile, senza far rumore, attendendo forse che i ragazzi si parlassero. Era curiosa, voleva sentirli commentare. Ma l’unica cosa che sentì furono dei passi, e poco dopo il rumore del motore prima di un’auto e poi di un’altra. Apparentemente senza aggiungere altre parole, erano andati via entrambi. E per quello che erano le sue impressioni nonché il suo volere oggettivo, sarebbe stato per sempre.
 


 

***

 


 
Passarono i giorni, passarono le settimane, ed arrivarono persino a passare due mesi dalla data del concerto alla quale aveva assistito e dove tutto era cominciato. Eppure, dal giorno in cui aveva allontanato Zayn ed Harry da casa propria, non ricevette alcun genere di notizia da nessuno dei due ragazzi. Continuavano ad aggiornare di tanto in tanto i profili su twitter, quelli personali e non pubblici, ma senza lasciar trasparire nulla riguardo Ocean o qualche dettaglio che le avrebbe potuto far capire che si riferissero a lei. Nulla di nulla.
Nonostante tutto, il lato da Directioner della ragazza continuò a crescere, spinta soprattutto dalla voglia di capire se i due avevano accettato o meno il suo voler allontanarsi da entrambi. Gesto alquanto coraggioso da parte della diciottenne, che mise da parte il suo interesse per l’uno o l’altro componente della band, pur di preservare il gruppo, ben consapevole del fatto che prima o poi, con l’andare avanti di quella situazione, di sicuro le cose non sarebbero andate nel modo giusto.
Continuò quindi a seguirli, ad ascoltare le loro interviste radiofoniche, le apparizioni in tv, acquistava i giornali dove c’erano scoop su di loro. Insomma, ritornò alla solita vita da directioner di sempre, pur avendo in cuor proprio un segreto parecchio pesante sul cuore.
Era con Faith, sdraiate entrambe sul letto di camera propria, quando da uno dei programmi che le ragazze seguivano nei fine settimana su MTV si collegarono con la Germania, dove quella sera stessa i OneDirection avrebbero tenuto il loro primo concerto al di fuori dall’Inghilterra.
L’amica, appena sentì il nome del gruppo, sbuffò e si allungò verso il telecomando, con l’intenzione di voltare canale al più presto. Ma Ocean la bloccò. Voleva vederli.
Sembravano tutti e cinque i soliti membri del gruppo. Non c’era nulla di diverso in loro, compresi Harry e Zayn. Sorridevano, annuivano, prendevano in giro l’intervistatrice. E la cosa diede un certo sollievo alla diciottenne, che solo quando li vedeva in quel modo, pur consapevole del fatto che il più delle volte recitassero, riusciva a pensare di meno agli ipotetici problemi che aveva causato a tutti loro, involontariamente.
L’intervistatrice, una ragazza bionda sui trent’anni, teneva testa ai ragazzi e i loro scherzi, cosa tipica nelle interviste che proponevano, non riuscendo a star fermi e seri per poco più che trenta secondi a testa. Una vera e propria bomba ad orologeria. Chiedeva notizie del tour, in generale degli spettacoli e delle loro apparizioni, del loro livello di emozione nell’aprire il tour di Take Me Home all’estero, di quello che si provava ad essere famosi anche al di fuori del proprio paese.
Ed a turno, come al solito, i ragazzi rispondevano in maniera più o meno personale.
 
“Ed il rapporto con le fan? Sono migliori le fan inglesi?”
 
Ocean ebbe un tuffo alla bocca dello stomaco. Sentì una leggera nausea salirle su, ed uno strano senso di inquietudine, come se le prossime parole le avrebbero rovinato o meno per sempre l’esistenza. Non era una semplice fan, non doveva avere una reazione del genere, eppure l’ebbe.
“Oh le fan sono favolose ovunque… “ era il turno di Liam “…ovunque andiamo ci accolgono nel miglior modo possibile e noi tentiamo sempre di essere presenti su twitter, per sentirci più vicini a tutte loro… Se siamo quello che siamo lo dobbiamo alle nostre fan, e non riusciremo mai a ringraziarle abbastanza per tutto questo” Era chiaramente grato alle directioner e la cosa fece sorridere Ocean.
 
“Una curiosità un po’ indiscreta forse…” l’intervistatrice prendeva nuovamente la parola “…avete mai avuto contatti diretti con una fan? Capite che intendo….”
Lo stomaco di Ocean fece un sobbalzo. O almeno, quella fu la sensazione. Era come se il presentimento che le si era cucito addosso si stesse realizzando, ed era tesissima. Gli occhi di Faith si soffermarono un attimo su di lei e poi ritornò a guardare l’intervista, adesso con una ragione in più.
La telecamera indugiò sui volti sereni dei cinque, sereni perché dovevano esserlo. Ora che conosceva la verità, si riguardava due volte prima di considerare per vero quello che vedeva riflesso nello schermo luminoso.
Louis cominciò a parlare, cominciando come al solito con qualche battuta improponibile che Ocean nemmeno considerò, anche perché ebbe solo il tempo di dire poche parole, che Zayn gli rubò letteralmente il microfono di mano. E quel gesto regalò un’ulteriore stretta allo stomaco di Ocean, che osservava con occhi attoniti tutta la scena.
 

“Ce n’è stata una.”
 

Gli altri ragazzi si irrigidirono, visibilmente scossi dalle parole di Zayn che stava facendo di testa sua, senza seguire uno schema precedentemente prefissato. E l’intervistatrice fu invece piacevolmente colpita dalla portata del gossip.
“Allora avete contatti diretti con le fan?”
Harry guardava torvo Zayn, con uno sguardo che poteva sembrare indagatorio, ma per Ocean che conosceva tutta la situazione era invece un vero e proprio avvertimento.  
“Ehi, no! Non sto dicendo questo… ho solo detto che ce n’è stata una… una ragazza che ho avuto il piacere di conoscere…  è stata un’esperienza singolare e davvero speciale” e sorrise, mentre Harry continuava a non farlo. E la telecamera doveva essersene accorta, perché ritornava sul primo piano di Styles di continuo. Ed aveva uno smorfia torva.
 
“Vi siete conosciuti per caso?” L’intervistatrice sentiva puzza di gossip, quindi aveva tutte le intenzioni di approfondire.
“Beh, per caso proprio no… era ad un nostro concerto e…”
 
Louis rubò di nuovo il microfono a Zayn. “E cerchiamo sempre di avere più contatti possibili con il nostro pubblico… così durante le performance scappiamo! Scendiamo giù dal palco tutti insieme così che i bodyguard facciano difficoltà ad acchiapparci, e le abbracciamo si… è sempre un’esperienza singolare!”
Ocean sorrise per come Louis mise una pezza a colori alla storia che Zayn stava per tirare fuori, salvandolo in calcio d’angolo. Doveva essere un buon amico, o solo quello più ragionevole dei cinque. Forse per l’età, agli occhi della ragazza, per la prima volta, sembrò uno con la testa sulle spalle. Il che cambiò radicalmente il suo modo di vedere Louis.
L’intervista di lì a poco finì, giusto il tempo di qualche altra domanda di circostanza riguardo il Tour, un altro paio di battutine a condire il tutto e alleggerire un po’ la situazione e poi i classici saluti di rito e i ringraziamenti dei ragazzi per l’attenzione.
 

Le mani di Ocean tremavano. Non riusciva a stare ferma, né tantomeno a staccare gli occhi dalla televisione, sebbene non riflettesse più le immagini dei ragazzi ma quelle di qualche pubblicità alla quale di sicuro non stava pensando. Era attenta su altro. Sulle parole di Zayn, sull’espressione di Harry e quella degli altri subito dopo. Erano evidentemente sconvolti per quello che Malik aveva detto, aveva tirato fuori dal cappello, e non erano gli unici. Anche la ragazza sembrava aver ricevuto un bel colpo. E la cosa non scappò all’attenzione di Faith.
“Nonono, cosa stai facendo?” le appoggiò le mani sulle spalle, e la scosse leggermente, per riportarla con i piedi per terra “Non cominciare a farti strani film Ocean… torna da me e ragiona!”
“Parlava di me.” Aveva un tono deciso, sicura di quello che stava dicendo.
“Non dire sciocchezze! Come fai ad avere gli occhi foderati di prosciutto?”
“Parlava di me Faith! E’ chiarissimo!”
“Perché ha detto il tuo nome? Ha parlato del concerto in cui t’ha infilato in questo casino? Ha semplicemente parlato di una fan… me l’hai detto tu stessa che è una loro abitudine scegliere qualcuno con cui divertirsi di tanto in tanto! Non sei stata l’unica!” cercava di far ragionare l’amica, svolgendo la tipica funzione del grillo parlante.
Ocean la guardava, ma in realtà non la vedeva. Era persa nei pensieri, ricordando le parole di Zayn di poco fa ed imprimendole nella propria mente.
Erano trascorsi due mesi, eppure non l’aveva dimenticata. Parlava di lei, ne era sempre più convinta. Le spuntò un sorriso sincero sul viso, cosa che scatenò un’altra scossa da parte di Faith.
“Ocean! Non devi montarti la testa! Sarai stata la centesima, se non di più. Magari parlava di te, ma non solo di te… parlava di tutte voi, stufo del sistema e di dover nascondere tutto!”
“E allora Louis? Perché correre ai ripari?”
“Se ti hanno fatto firmare un patto di segretezza, credi siano felici che certe cose si sappiano? C’avranno le loro robe legali, cosa vuoi che ne sappia!”
“Ecco, appunto. Non sai nulla. Certe cose si sentono Faith. E Zayn parlava di me, lo so.”
L’amica sbuffò e lasciò perdere il contatto con le sue spalle, sprofondando all’indietro verso il letto, rilassandosi e socchiudendo gli occhi. “Fai come vuoi, non ho intenzione di salvare chi non vuole essere salvata!” era visibilmente infastidita per tutto quello che stava succedendo. Faith sapeva che si sarebbe scottata, di nuovo. Ed ogni volta sarebbe stato più difficile recuperarla.
 



***

 


A casa di Faith e durante il tragitto per tornare a casa propria, non fece altro che pensare. Pensare e ripetersi in mente tutte le parole di Zayn. Le smorfie degli altri. La forza con cui aveva tolto il microfono a Louis e l’altrettanta forza con cui Louis l’aveva zittito e tentato di riparare la situazione. Ed ogni volta che si ripeteva le parole di Zayn in testa, sul volto le spuntava un sorriso. Era automatico, non controllato.
Arrivata a casa, mentre saliva le scale per raggiungere il piano di sopra, tirò fuori dalla tasca il cellulare, andando ad aggiornare twitter. Si aspettava qualche cosa, ma qualsiasi cosa s’aspettasse non c’era nulla a riguardo. Nessuna notifica.
Li aveva pur sempre cacciati di casa, cosa s’aspettava?

Così, sempre senza pensarci, cercò l’utente @JavyBradford e cominciò a scrivere poche parole per DM.

 
< Sei stato coraggioso oggi. In bocca al lupo per il concerto e per il dopo. Magari ti va meglio che con le inglesi >




______________________________________________________note_autrice_____________________________________________

Mi ritaglio un piccolo spazietto per me, alla fine di ogni capitolo. 
E questa volta voglio dedicarlo a chi si sta affezionando alla mia storia, a chi mi sta aiutando a farla conoscere, a chi mi sta aiutando a considerare
se il mio sogno, ovvero quello di scrivere, sia valido o meno. 
Se potessi vi abbraccerei tutte, nessuna esclusa.
La storia sta procedendo con una certa lena, com'è giusto che sia una volta che prende sia me che voi.
Che ne pensate di questa svolta? Zayn il coraggioso badboy, come lo vedete?
Secondo voi, che cosa causerà questa sua "uscita di senno" improvvisa?
Lasciatemi i vostri pensieri, sono sempre ben accetti.
Vi adoro, tutte.

P.S: un ringraziamento speciale - che non me ne vogliano le altre - va a GiudittaMalik1D, perchè è stata la prima ad affezionarsi a quello che scrivo, 
 perchè mi ha sprontata su twitter,  perchè mi fa morire dal ridere e mi mette sempre una grande gioia quando devo postare un nuovo capitolo, ed ultima, ma non per importanza, a Bell_Black, perchè mi capisce. Grazie per quello che avete fatto e fate.

Giù.



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Capitolo 12
*** Capitolo 12 ***





< Sei stato coraggioso oggi. In bocca al lupo per il concerto e per il dopo. Magari ti va meglio che con le inglesi >


Il DM a Zayn risultava inviato già da qualche ora. Ma sul cellulare di Ocean, da allora, non era comparsa alcuna notifica. Il che la rendeva particolarmente nervosa, tanto da aggiornare e sincronizzare twitter circa ogni dieci secondi. Il tempo necessario alla pagina di ricaricarsi, che già le comandava di aggiornarsi nuovamente. Da impazzire quasi, nonché consumare la batteria dello smartphone nel giro di poche ore.
Senza calcolare il fuso orario, passò la serata stesa a letto, con il cellulare tra le mani, pronta ad aggiornarlo il più possibile. Scese da basso solo per cenare, o meglio ingerire qualche cosa, giusto per non sopportare la madre e le sue paranoie su quanto ultimamente stesse mangiando poco. Una madre ansiosa è quello che bisogna evitare a tutti i costi, soprattutto in situazioni già ansiogene come quella che stava vivendo la diciottenne.
Un paio di battute di circostanza, domande come cosa hai fatto oggi a scuola, ti hanno interrogata, hai i compiti da fare, e giù di lì. Poi ritornò in camera sua, nel proprio mondo, a letto, circondata dai poster dei OneDirection, anche se a guardarli adesso le veniva parecchio da sorridere. Avevano delle pose plastiche, finte. Era come avere una gigantografia di un cartone animato, qualche cosa che sai non esistere in realtà.
Non riusciva a perdersi troppo nei pensieri, perché i gesti la distraevano, e si concentrava nell’aggiornare twitter, come se un maggior livello di concentrazione potesse darle migliori risultati.
L’unica cosa che ottenne, invece, fu addormentarsi. Vestita, con il jeans e la maglia casual che indossava la mattina a scuola, sopra le coperte ed i calzini ancora ai piedi. E cosa non meno importante, il cellulare quasi schiacciato in faccia.
 
 


***

 
 

Era tutto buio, ma riusciva chiaramente a vedere una figura. Doveva essere Zayn.

“Te l’avevo detto io, ero la scelta migliore… Sapevo che con lui non saresti durata… una come te non può stare con uno come lui. Anche tua mamma è contenta adesso! Non c’è bisogno più di tuo padre… ci sono io. Devi solo fidarti di me…”

Poi sentì una strana sensazione di calore, arrivarle dallo stomaco, e le labbra leggermente pesanti. Era come un bacio, un bacio senza contatto alcuno. Era una sensazione, una sensazione di labbra che si poggiano leggere contro le proprie, ma non c’era null’altro che buio. Buio e quelle parole, e quella sensazione. Poi arrivò chiaro un suono. E le sensazioni, il calore, tutto quello che c’era di bello, piombò in un baratro profondo. Nel buio.
 


 

***

 

Aprì gli occhi di soprassalto. Il cellulare, tra le sue mani, vibrava e suonava. Aveva i pensieri ovattati, la bocca impastata, e capiva poco. Quando arriva il sonno pesante, quello frutto di stanchezza e noia, e riesci a dormire solo poche ore, è anche normale che un risveglio del genere non ti faccia sentire per nulla ristorata. Anzi, più che altro confusa. E con la testa pesante.

Era proprio come si sentiva, mentre portava il cellulare all’orecchio.
“Pronto…” la bocca asciutta e la voce assonnata parlarono per lei.
“Ocean? Dormiva?” sentiva poco. Le arrivava una voce lontana, eppure il cellulare era attaccato all’orecchio. Si voltò verso il comodino, dove una radiosveglia di Hallo Kitty (che avrebbe nascosto in caso di visite importanti) la informava che era appena mezzanotte e tredici. Il che la faceva sentire ancora più stupida.
“mmmh… no…” invece dormiva, e stava anche sognando. Faceva un sogno stupendo. Ed era così frastornata che non riusciva a capire chi parlava. O almeno, non voleva farlo in realtà. Perché forse un presentimento…
“Sono Philip Enfay, signorina. Si ricorda di me? L’uomo che le ha fatto firmare il patto di segretezza… lavoro per la Modest Managment.” Peggio di una doccia fredda, Ocean si svegliò di colpo, mettendosi seduta sul letto e passandosi una mano in faccia.
“Si, mi ricordo di lei… Come ha trovato il mio numero?”
“Signorina, lavoro per una grande compagnia…” come se il modo per il quale era riuscito ad avere il numero della diciottenne fosse ovvio per quel motivo!
Ocean aspettò in silenzio che l’uomo continuasse a parlare, con una strana sensazione alla bocca dello stomaco.
“Preferirei essere conciso e non dilungarmi molto.”
“Preferirei anche io” riusciva ad essere schietta solo per quello strano senso di nausea che le stava cavalcando addosso, a fior di pelle.
“Dovremmo vederci, a nome della compagnia avrei qualche cosa da chiederle…”
“Può farlo anche telefonicamente, mister Enfay, non c’è bisogno di alcun incontro credo.”
“Che intenzioni ha con i ragazzi?” Ocean sgranò gli occhi, incredula. Rimase in silenzio per qualche attimo, poi prese di nuovo la parola.
“Intenzioni con i ragazzi? Non la seguo mister Enfay.”
Dall’altro capo del telefono ci fu una risatina bassa. “Sappiamo che è in contatto con Styles e Malik signorina. Vorremmo quindi capire quali sono le sue intenzioni. Fin dov’è disposta a spingersi. Quali sono i suoi interessi? Pubblicità? Ha un manager o un legale che la segue, con la quale potrei parlare per degli accordi? Se mi da un numero di telefono… “ Enfay continuava a parlare, ma la diciottenne faceva fatica a seguirlo. Accordi, pubblicità, un agente. Aveva la testa pesante, all’improvviso.

L’unica cosa che le venne da fare, l’unica reazione che le partì spontanea, come sempre senza passare dal cervello, fu mettere giù. Attaccò il telefono, senza salutare, senza aggiungere altro. E restò immobile, a fissare il vuoto. Era in uno strano stato confusionale, incredula a causa di tutto quello che aveva appena sentito.
Tempo un minuto, ed il cellulare squillò di nuovo. Lo osservò vibrarle in mano per qualche secondo, con la dicitura “utente privato” che si illuminava di continuo. Portò nuovamente lo smartphone all’orecchio.

“Deve essere caduta la linea… dicevamo…”
Ma Ocean lo interruppe. “Non è caduta la linea signore, non c’è stato nessun errore da parte mia. Ho messo giù. Non c’entro con queste cose mister Enfay, non so davvero che cosa si aspetta che le dica. Quindi mi lasci fuori da questa storia.”
“Ancora meglio allora!” sembrava compiaciuto dalle sue parole “Potrebbe entrare a far parte della nostra agenzia! Abbiamo una sezione apposta che segue voi contorni…” la parola contorni aveva qualche cosa di ironico. “sarebbe una gran trovata pubblicitaria per i ragazzi, signorina! E non solo per loro, ovviamente… potremmo incontrarci per parlarne. Vedrà, la stupirò con una proposta…”
Non gli permise di finire la frase. Non voleva ascoltare altro.
“Le ho detto che non sono interessata mister Enfay.”
E rimise giù di nuovo. Questa volta però definitivamente. Non avrebbe più risposto se avesse richiamato.
Sentiva la testa sempre più pesante, ed era tutto ancora più confuso e sempre più difficile da capire. Il meccanismo che c’era dietro, dietro tutti loro, era una di quelle cose di cui hai sempre avuto il presentimento, ma solo quando ti ci trovi dentro capisci quanto davvero incasinato poteva essere.
Si ristese a letto, questa volta sotto le coperte, sebbene restasse vestita, e si raggomitolò su un fianco. Restò sveglia, al pensiero dei cinque e di tutto quello che dovevano subire a causa dell’enorme macchina per far soldi chiamata Management.
 
 

 

***

 
 

 
Era ancora notte quando il cellulare le vibrò di nuovo tra le mani. Aveva la nausea ed una certa paura nel guardare lo schermo. Paura di ricevere nuove proposte, cose nella quale non voleva entrare in nessun modo. Invece, era un semplice DM. Da parte di Zayn.
 

< Ho smesso di ricorrere a quel tipo di divertimento quando ho capito che non è poi così divertente >
 

Sul volto le comparve un sorriso appena accennato. Forse perché in cuor proprio leggeva di lei in quel DM. O forse perché voleva leggerci di lei, a tutti i costi. Certe volte il cervello arriva a conclusioni troppo strane. Rimase con il cellulare in mano, fissando il DM, questione di un paio di attimi e rispose, raccogliendo un paio di briciole di coraggio, prendendo forse ispirazione dal gesto di Zayn di poche ore prima.
 

< Mi ha chiamata mister Enfay >
 

Chiara, concisa, senza troppi giri di parole. Non aveva bisogno di aggiungere altro forse, consapevole del fatto che Zayn avrebbe capito. E infatti, un paio di minuti dopo, puntuale, un altro DM.
 

< Dammi il tuo numero >
 

Non ci pensò due volte, e gli scrisse sempre in DM il proprio numero di telefono, aspettando poi una telefonata o un messaggio. Qualche cosa che andasse oltre twitter, altrimenti era inutile scambiarsi i numeri. Che senso avrebbe avuto?
 

Quando lo smartphone le vibrò tra le mani, e sullo schermo comparve un numero e non il solito utente privato, rispose con la voce bassa. Era pur sempre notte, e la madre dormiva nella stanza accanto.
“Chi è?” la prudenza non è mai troppa, e in una frazione di secondo promise a sé stessa che se avesse sentito nuovamente la voce di Enfay l’avrebbe denunciato per stalking.
“Che voleva?” era Zayn. Deciso, diretto, con una sorta di fretta nel tono. Quasi paura. Non si perse in troppi giri di parole.
Gli raccontò della telefonata. Del suo tono da uomo d’affari, delle domande riguardo ad un agente, della voglia di un incontro con lei, l’ipotesi di un contratto come “contorno”. Zayn l’ascoltò, e quando parlò nuovamente aveva il tono ancora più teso.
“Ocean stanne fuori! Promettimelo. E’ un casino. Non hai il tempo di entrarci, che ti rovinano la vita. Non sei più libera di fare nulla… Può sembrare qualche cosa di buono, ma ti posso assicurare che non lo è. Non c’è nulla di buono nell’essere controllati ogni momento e nel dover rispondere ad altre persone per tutto quello che fai.” Era come se avesse fretta di farle cambiare idea. E la cosa fece sorridere la ragazza, che già di per suo non aveva alcuna intenzione a riguardo.
“Non devi convincermi Zayn… ho già deciso prima che Enfay finisse di parlarmi… non voglio entrare in questo meccanismo malato, io non c’entro nulla con loro e con voi… voglio starne fuori. Volevo solo che sapessi che ti controllano… Sanno quello che fai, quello che dici, sanno che mi scrivi su twitter e ora sapranno anche che mi hai chiamata dalla Germania!” e sbuffò, stufa di tutto quel controllo maniacale.
“Di twitter no… e nemmeno della telefonata. Ognuno di noi ha un telefono personale, per le cose familiari diciamo… quello non lo controllano. E’ nel contratto.” La notizia fece sorridere Ocean, che rimase quasi inebetita per qualche attimo.
“Quindi mi scrivi con il tuo telefono personale?”
“Certamente… ti avrebbero contattata anche prima altrimenti. Sono i resoconti di Paul di fine mese che li hanno spinti a chiamarti.”
“I resoconti di Paul?” c’era sempre dell’altro da scoprire. Non aveva un attimo per rilassarsi.
“A fine mese Paul incontra l’agenzia, e fanno un resoconto sui nostri spostamenti, un calcolo sui punti che visitiamo di più per considerare l’opportunità di un paio di bodyguard di tanto in tanto…” sbuffò sonoramente, evidentemente stanco “…ci controllano, appunto. Gli avrà detto che sono passato da te qualche volta”
“Due volte. Deve essere un punto controllato allora!” il tono che utilizzò era pieno di ironia.
“Qualche volta in più…” confessò Zayn, a bassa voce. “ma solo per curiosità, giuro!”
“Zayn! Sei passato a controllarmi?!” se da un lato era preoccupata per quella confessione, dall’altro, quello predominante, era entusiasta. Era passato più volte, e questo le faceva tornare quella sensazione di vuoto nello stomaco.
“A vederti… qualche volta, non sempre! Comunque, sono contento tu non ci voglia entrare.” La diciottenne aveva la sensazione che cercava di cambiare discorso, quindi lasciò perdere.
“Non capisco questa storia della pubblicità però… che pubblicità dovrei farvi!”
“Avere una ragazza directioner farebbe notizia! Ragionano sempre in tema di scoop loro. Hai presente quanti giornali si venderebbero? Zayn Malik e la sua nuova fiamma, una fan del gruppo! Farebbe notizia, e quindi soldi. E poi interviste, e magari anche reggiseni da lanciarci durante i concerti con la tua faccia stampata sopra!” Risero entrambi, divertiti dall’immagine.
“Che roba macabra sarebbe.”
“Effettivamente si… ma oramai non mi sorprende più nulla. Non pensarci nemmeno Ocean, credimi. Mettere su un teatrino su queste cose sarebbe un vero casino… non ho nessuna intenzione di provarci.”
“Sia mai che il badboy di Bradford venga visto in atteggiamenti intimi con una directioner!” fece la voce grossa, per prenderlo in giro. Ma evidentemente, involontariamente, lo colpì, perché restò tramortito per qualche attimo, per poi ricominciare a parlare con un tono nuovamente serio.
“Non riuscirei a fingere su queste cose. Faccio il cantante, non l’attore.”
Colpita ed affondata. Ocean restò tramortita, in silenzio, utilizzando dopo poco la tecnica che lo stesso Zayn aveva utilizzato poco prima. Cambiò discorso.
“Com’è andato il concerto?”
“Bene… ci siamo divertiti. Louis ha dimenticato il suo pezzo in teenage dirtbag, ma alla fine s’è salvato come sempre…”
“Tu non dovresti parlare troppo! Sei in tour!” aggiunse di fretta, preoccupata all’improvviso.
“Ma va! E’ Harry quello che va in vocal rest… ho le corde vocali belle solide io! Non ho bisogno di riposo!”
Rise di nuovo, scrollando appena le spalle. Era unico quando prendeva in giro anche con leggerezza gli altri ragazzi, sentendosi il più figo di tutti. Era chiaro nel tono che utilizzava, anche se alla fin fine sapeva bene che era solo una maschera. Il vero Zayn era un altro, e lei aveva cominciato a conoscerlo.
“Domani chiamerò Enfay e gli dirò che non ci sentiamo più, tranquilla… non ti scoccerà ulteriormente”
“Ah. Ok.” Era chiaramente delusa da quelle parole, il suo tono parlava chiaro. Talmente chiaro che Zayn sghignazzò appena, prendendola in giro.
“Cos’è questa voce? Ci sei rimasta male?”
“No vabè… è giusto… vi ho cacciati da casa mia, ci mancherebbe altro…”
“Ehi. Non ho detto che debbano sapere la verità. Voglio solo che ti lascino in pace. Poi quello che facciamo non deve interessarli.”
La diciottenne socchiuse gli occhi e prese un respiro di sollievo, sorridendo di nuovo e sentendo ancora una volta quella sensazione di vuoto alla bocca dello stomaco. Come un vuoto d’aria. Qualcuno l’avrebbe definita come la sensazione di farfalle nello stomaco.
“Ora però devo andare. Domani partiamo all’alba verso una nuova meta del tour… mi toccano quattro ore di sonno.”
“Si, hai ragione… Buona notte Zayn”
“Dormi bene Ocean”
 

Restò con il cellulare attaccato all’orecchio per qualche altro secondo, forse per sentire ancora quel calore, quella sensazione di contatto seppur di contatto ci fosse poco. Era solo la sua voce che le carezzava l’orecchio, eppure questo le bastava per farla sorridere. E farla sentire leggera.
Faith non sarebbe stata contenta di quello che era successo. Si sistemò sotto le coperte e sprofondò in un sonno profondo, senza sogni. Non ne aveva bisogno, non più.
 


 

***

 

La sveglia di Hello Kitty cominciò a suonare. Era l’ora di alzarsi e cominciare una nuova giornata. Aveva gli occhi pesanti ed una sensazione di infinita stanchezza. Si mise a sedere sul letto, con gli occhi ancora chiusi, come se cercasse di rubare qualche altro attimo di riposo alla giornata.
Spostando le coperte il cellulare cadde a terra. Ed ogni volta che succedeva, pensava sempre a benedire la moquette che evitavano allo smartphone di farsi in mille pezzi. Lo recuperò, controllando la home.

C’era una nuova menzione. Automaticamente sorrise, sorriso che sfumò quando lesse chi fosse il mittente. Un altro utente sconosciuto. @theRLP.


< @Ocean1D non mi fido mai delle donne, ma di te voglio farlo. non fargli del male. >
 





__________________________________________note_autrice___________________________________________________________

Sono commossa per tutto quello che sto ricevendo da parte vostra. Davvero.
Sia su twitter, sia qui, con le recensioni, i messaggi privati. Davvero, mi rendete fiera di quello che sto facendo, e la cosa mi commuove in quanto
non sono mai stata fiera di me, mai. E grazie a voi ci sto riuscendo.
Mi sto impegnando a tenere il ritmo dei capitoli alto. Uno al giorno, più o meno alla stessa ora, in modo da rendervi partecipi il più possibile.
Questa volta voglio ringraziare 
 perchè se lo merita davvero. E' una ragazza d'oro, seguitela su twitter e leggete la sua storia (la trovate come Minni 1D qui su EFP).
Ed un ringraziamento speciale anche a 
itsloueh e PinkSpark_ per la loro presenza costante.
Grazie a tutte, davvero. Non vi ringrazierò mai abbastanza.
P.S: secondo voi chi è questo nuovo @theRLP? u.u 



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Capitolo 13
*** Capitolo 13 ***





< @Ocean1D non mi fido mai delle donne, ma di te voglio farlo. non fargli del male. >


Il tweet in cui era stata citata non le dava alcun senso di confusione. Forse solo riguardo al mittente, per qualche attimo. Ma per quanto riguarda il soggetto della frase, non aveva alcun dubbio. Si parlava di Zayn. E se da un lato la cosa la faceva sorridere, dall’altro era in un certo stato di agitazione. E questo perché sentiva quasi il peso dell’essere osservata. Non avrebbe potuto fare alcun errore, che sarebbe stata tacciata di aver voluto far del male ad uno dei ragazzi.
Rispose al tweet, dopo aver premuto come al solito sul tasto “segui” ovviamente.
 

< @theRLP se dovesse succedere non sarà intenzionalmente, puoi stare tranquillo. Sono totalmente disinteressata ai vostri giri >
 

E con vostri giri intendeva la Modest, i manager, il giro di soldi che c’era dietro ad ogni loro apparizione e chi più ne ha più ne metta. Liam avrebbe capito di sicuro. Ed infatti.
 

< @Ocean1D te lo si leggeva in faccia che sei una ragazza pulita. >
 

Sorrise nuovamente, rincuorata forse per il fatto che la prima impressione che aveva lasciato ai ragazzi, a Liam soprattutto, in quanto sembrava essere il miglior amico di Zayn. Sembrava, poiché non c’era più da fidarsi di quello che si vedeva riguardo il profilo pubblico dei ragazzi. Aveva toccato la cosa con mano.
 

< @theRLP ti ringrazio >
 

Seniva l’esigenza di ringraziarlo per quelle parole, sentendosi apprezzata forse per la prima volta da qualcuno di totalmente sconosciuto per lei, che si era lasciato prendere solo da una prima impressione. Prima impressione che era quanto più veritiera alla propria persona possibile. Era proprio così Ocean. Una ragazza pulita. Non c’era altro modo per descriverla meglio.
La giornata sarebbe stata fantastica, considerandone l’inizio.
 



 

***

 



Faith non sembrava per nulla contenta di quello che era accaduto, come Ocean aveva pensato. La guardava con aria preoccupata, mentre continuava a raccontarle della telefonata del rappresentante legale della Modest e poi delle parole di Zayn.

“Te lo avevo detto che dovevi lasciar perdere Ocean! Non hai nulla a che vedere con il loro mondo, ti metti solo nei casini!”
“Infatti non voglio avere nulla a che vedere con il loro mondo!” si mise subito sulla difensiva la diciottenne, allargando le braccia con fare innocente.
“E allora perché complicarti la vita! Perché continuare a sentirli? Ti vuoi del male.”
“Ufficialmente non sto sentendo nessuno. Te l’ho detto, utilizzano dei cellulari non controllati…”
“Cazzate.” Sbottò, lasciandosi scappare una parolina colorata. “Non puoi saperlo con certezza! E comunque, vi sentite con i loro cellulari personali, e poi? Ci hai pensato?”
“E poi quello che verrà, verrà! Faith non sto firmando un contratto prematrimoniale! Diamine, rilassati!”
“Ci tengo a te.”
“Lo so, ma questo non vuol dire che devi rendermi tutto quello che faccio ansiogeno! Non sto facendo nulla di male, semplicemente sto conoscendo un ragazzo.”
“Un ragazzo che fa parte di una boyband e gira il mondo, circondato di gente che lo controlla, che vuole mettere sotto contratto chiunque parli con lui per questioni pubblicitarie, pieno di ragazze fino all’ultimo capello. Direi che è davvero non stai facendo nulla di male, per lui. Per te si.”

Ocean sbuffò, stufa di dover sentire l’amica sempre così restia nei confronti di Zayn.

“Dici così solo perché non lo conosci”
“Se lo conoscessi sarebbe anche peggio!” ne era fermamente convinta a quanto pare.

La conversazione si chiuse in quel modo, con grande amarezza da parte della diciottenne, che non aveva nessuna intenzione di convincere l’amica del fatto che il Malik fosse uno apposto. Forse perché in fondo sapeva bene che anche lei ne era convinta. Aveva solo paura per tutto quello che c’era intorno. Per i contorni.
 



 

***

 



Nel tardo pomeriggio, mentre era concentrata con la testa sui libri, lo smartphone di fianco a lei cominciò a vibrare. Un vibrare continuato. Tanto da distrarla e raccogliere la sua attenzione. Era una chiamata in arrivo, e quello che la fece sorridere era il nome che compariva sullo schermo. Era Zayn.
Rispose, senza pensarci due volte.

“Ehi!” un saluto più dolce e pieno di entusiasmo non avrebbe potuto tirarlo fuori. Se ne sorprese lei stessa. Ed anche Zayn sembrò sorpreso, piacevolmente.
“Quanta gioia! Non t’aspettavi ti telefonassi?”
“Eh no… non capita tutti i giorni sai?”
“Cosa? Che un ragazzo ti chiami? Meglio così…” Nello stomaco di Ocean, a quelle ultime due parole, si librò un volo di farfalle. Colorate, innumerevoli, rumorose e bellissime. “Cosa facevi?”
“Studio quanto basta. Tu?”
“Mi preparavo per il concerto… l’ultimo in Germania. Domani mattina ripartiamo…”
“Certo che siete sempre in viaggio!”
“Forse è uno delle poche cose belle che ci sono rimaste qui…”
“Ma come sei catastrofico! Sono convinta che ci siano almeno venti motivi per adorare il fatto di essere in una band. Il pubblico ad esempio!”
“Il pubblico è sempre fantastico, hai ragione… Però ogni cosa ha i suoi pro e i suoi contro. Il pubblico è fantastico, ma quando ti vedono per strada vorrebbero strapparti qualsiasi cosa tu abbia addosso. E non è sempre bello, soprattutto quando vuoi stare per i fatti tuoi”

La ragazza fece di no con la testa, con aria sommessa.

“E va bene, hai ragione. Però dovresti soffermarti più sulle cose positive che su quelle negative…”
“Sto imparando a farlo… mi sto soffermando parecchio su una certa Directioner…”

Sentì un certo calore invaderle il volto. Stava di sicuro arrossendo, fortuna fossero solamente a telefono.

“Ah si? Fortunata!” tagliò corto “Tra quanto hai il concerto?” l’imbarazzo era uno di quei sentimenti che non era pronta ad affrontare. Almeno, non ancora.
“Ci sono già i 5 Second of Sounds sul palco. Quindi davvero tra poco… ma ti ho chiamato per una cosa in realtà.”
“Certo, dimmi…” era alquanto incredula. Era stata telefonata per un motivo? Proprio lei? Ed in cosa avrebbe potuto essergli utile?
“Mi dai un in bocca al lupo? Ho sempre un po’ di ansia da prestazione prima del palco…”

Ocean sorrise, inebetita. Era tutto così unico, era magico. Quelle parole, quella voce, riusciva a sentire quasi il profumo di Zayn in quel momento, e la sua vicinanza sebbene fosse a parecchi chilometri di distanza da lei.

“In bocca al lupo Zayn… pensa a divertirti ed andrà tutto bene.”
“Adesso si… ti chiamo più tardi…” e rimise giù, senza permettere alla ragazza di aggiungere altro.

Fortunatamente, per come la vedeva la ragazza, che sarebbe stata troppo imbarazzata per salutarlo ulteriormente. Meglio così, molto meglio non essere l’ultima, meglio non essere quella che avrebbe dovuto mettere giù. Era tutto più semplice.
Appoggiò nuovamente il cellulare sulla scrivania e rimase con lo sguardo sul poster che aveva di fronte. C’era uno Zayn che la fissava e le sorrideva. E lei, di rimando, si sentiva una povera stupida. Una stupida con le farfalle nello stomaco.



 

***

 



Mai aspettarsi di ricevere una telefonata, soprattutto se ti viene promessa da un ragazzo. Zayn le aveva detto, prima di attaccare, che l’avrebbe richiamata “più tardi”, ma evidentemente quel preciso più tardi non era ancora arrivato. Nonostante avesse dormito e fosse andata a scuola.
Faith non aveva più aperto l’argomento Zayn, ed Ocean, dal canto suo, non le aveva detto della telefonata del giorno prima. Sarebbe stato inutile. Prima o poi la situazione si sarebbe sbloccata, e allora le avrebbe parlato. Prima no, per evitare di litigare inutilmente con l’amica.
Le lezioni passarono come la cosa più lenta che avesse vissuto. Considerando soprattutto il fatto che di tanto in tanto controllava il cellulare, per raccogliere notizie. Ma niente. Nessuno dei ragazzi, almeno nessuno di quelli che seguiva, avevano utilizzato il loro profilo privato, né tantomeno quello pubblico. Il che, da un lato rientrava nella normalità delle cose, ma dall’altro, quello di lei più apprensivo, la facevano perdere in pensieri  di pessimo genere. Tutte cose per nulla carine, ovviamente. Poteva essere successo qualsiasi cosa, e lei ne era totalmente all’oscuro. E questo bastava per metterla in uno stato di agitazione particolare, tanto da rallentare il tempo ancora di più.
Il suono dell’ultima campanella, quella che liberava gli studenti dal peso della scuola, fu una ventata d’aria fresca. Una liberazione. Si ripromise che se, una volta arrivata a casa, non avesse ricevuto ancora nessuna notizia, avrebbe scritto un DM a Zayn. Un DM poco impegnato, e che si mostrava poco preoccupato, per non rischiare di fare la figura della scema.
Pochi attimi dopo la campanella, mentre tutti si affrettavano a lasciare la classe, pieni di libri, le casse fischiarono, e subito dopo si sentì la voce della segretaria parlare chiaramente.
 
“La signorina Ocean McLeod è attesa in segreteria. Ripeto, la signorina Ocean McLeod in segreteria, grazie.”
 
Ebbe un tuffo al cuore. L’ennesimo. Non aveva bisogno di quella ciliegina sulla torta, considerando lo stato d’ansia in cui già era. In pochi istanti le si pararono davanti le peggiori prospettive alla quale poteva pensare. Compreso un incidente dove tutti i ragazzi erano rimasti feriti. Perché avrebbero dovuto avvisare proprio lei, a scuola, non lo sapeva. Ma era chiaramente in uno stato confusionale. E Faith, che l’affiancava mentre lasciavano la classe, se ne accorse.
 
“Sei pallida.. ti senti bene?”
“Sisi… devo passare in segreteria…”
“Ci saranno dei ritardi nei pagamenti… anche a me è successo il mese scorso, ricordi? Stai tranquilla!” aveva capito che c’era qualche cosa che non andava. Ma Ocean aveva uno strano presentimento.

Salì al piano superiore, con Faith che l’accompagnò trovando l’amica particolarmente scossa, e si bloccò di fronte le porte a vetri della segreteria. Di fianco al bancone della donna sulla sessantina, c’era un ragazzo. Giacca di pelle, jeans, capelli neri, occhiali da sole e, sebbene non lo vedesse, era sicura della presenza di un auricolare in un orecchio.

“E’ uno della sicurezza” era certa. Aveva anche un che di familiare. Forse era uno di quelli con la quale condivise il viaggio verso la Modest, la prima volta che incontrò Harry. Era tesissima. Faith osservò il ragazzo e subito dopo Ocean.
“Ah bene, ora ti passano anche a prendere a scuola! Andiamo a vedere cosa vuole, su.”

Ma la diciottenne era come immobilizzata, sul posto, con i libri tra le mani e gli occhi fissi sul ragazzo, che vedendola la indicò alla segretaria, la quale, messa a fuoco Ocean, annuì. Quindi fu lui a muoversi, uscendo dalla segreteria, andando incontro alle due amiche.
Fu tutto un attimo. I piedi cominciarono a muoversi nuovamente. Afferrò Faith per un braccio e si avviò a passo svelto verso le scale. Non aveva nessuna intenzione di parlare con quel tipo. La Modest avrebbe dovuto lasciarla perdere.

“Ma cosa ti prende?!” Faith riusciva a stento a starle dietro, tra gli studenti che affollavano i corridoi.
“Non voglio andare con lui Faith. Ho già detto a mister contratto_facile che non ho intenzione di parlare più con nessun rappresentante legale! Dovrebbero imparare a lasciare in pace la gente!”

Continuava a camminare, anche se non era facilissimo considerando la folla che c’era tra i corridoi, ed il fatto che erano in due.
Tant’è che, quasi arrivati alla porta, furono raggiunti dal ragazzo con gli occhiali da sole.

“Ocean! Sei tu Ocean McLeod?” le chiese, dopo averle poggiato una mano su di una spalla.
“Non so cosa volete da me, ma ho già parlato con Mister Enfay, e non ho nulla da dire ulteriormente.”

Ci fu un attimo di silenzio, mentre continuavano a camminare verso l’uscita con una certa fretta, seguite dal ragazzo.

“Ehi, aspetta un attimo! Non so chi sia questo mister Enfay…” il tono del ragazzo sembrava tranquillo “…Credevo Zayn ti avesse avvisato. Sono Greg, un suo amico di Bradford… mi ha chiesto di venire a prenderti…”

Ocean si fermò di scatto, rischiando di far sobbalzare l’amica che oramai aveva preso il passo e di farsi sbattere contro la schiena Greg. Si voltò a guardarlo, confusa.

“Ti ha chiesto di venire a prendermi?”
“Si… tra un quarto d’ora atterrano, dovremmo sbrigarci.”

La ragazza era sempre più confusa.

“Mi ha chiesto di passare a prenderlo, ma prima di passare a prendere te… Su, vieni o no? Faremo tardi!”

Faith era in silenzio, ed osservava con circospezione il ragazzo. “C’è da fidarsi di te?” gli chiese.
“Sentite, tra un quarto d’ora atterrano e se non mi faccio trovare lì se lo caricano sul pulmino e dovrò attraversare mezza Londra per andare a prenderlo alla Modest, quindi se non avete intenzione di seguirmi, gli dirò che non hai voluto. Non mi entra nulla in tasca!”
“Veniamo.” Non aveva nessuna intenzione di lasciarsi scappare l’opportunità. E se era davvero come diceva? Se Zayn aveva chiesto ad un suo amico di passare a prendere Ocean per poi poterla vedere?
“Veniamo? Io non vado da nessuna parte!” protestò Faith. “Ci vai tu, io no. Non ci penso minimamente. Sai che non approvo..”
“Faith.” Ocean guardò l’amica con un’aria quasi incattivita. Tanto che un attimo dopo, l’amica sbuffò.
“E va bene, andiamo!”
 



 

***

 



Il viaggio in macchina fu tranquillo. Quel Greg aveva un’utilitaria, una macchinina tranquilla, di quelle piccole, senza infamia e senza lode. Altro dato che fece credere ad Ocean che tutto quello che le aveva detto fosse la verità. Se era un tipo della Modest si sarebbe mosso con una delle macchinone iperlusso dai vetri oscurati, non con quel macinino.
Aveva una certa fretta, era chiaro, in quanto non si lasciò scappare la possibilità di fare sorpassi azzardati, con Faith seduta davanti che si teneva allo sportello con aria spaventata.

“Capisco che sei di fretta, ma non vogliamo arrivare morti credo!”

Era più acida del solito, segno di uno stato d’ansia della ragazza. Cosa che fece sorridere Ocean, divertita per la situazione.
L’aveva fatta sedere dietro, per evitare di essere vista chiaramente. Erano tutte direzioni date da Zayn, e lui le aveva rispettate il più alla lettera possibile.
Arrivati nei pressi dell’aeroporto, si avvicinò il più possibile allo sportello degli arrivi, scendendo dall’auto per farsi vedere. Controllava l’orologio di continuo, nonché il cellulare, che continuava a tirare fuori dalla tasca.

C’era un piccolo capannello di ragazzine urlanti, ma niente in confronto a quello che aveva visto altre volte. Evidentemente in pochi sapevano del loro arrivo a quell’ora. Persino Ocean ne era all’oscuro. Quando il gruppo di ragazze si agitò ancor di più, comprese che stavano per arrivare. E difatti, pochi attimi dopo, vide spuntare il monovolume nero, il solito loro mezzo di trasporto, che si parcheggiò praticamente dietro la macchina di Greg. Evidentemente non era la prima volta che passava a prendere il ragazzo, considerando la sua conoscenza dei punti giusti per farlo salire.

Vide spuntare, in fila indiana, i cinque ragazzi, contornati dai soliti ragazzi della sicurezza che evitavano alle Directioner di saltargli addosso. I primi quattro entrarono nella monovolume, e solo alla fine vide Zayn, l’ultimo della fila, staccarsi dal gruppo con Paul e dirigersi verso l’auto dell’amico, che nel frattempo era salito ed aveva avviato il motore.
Zayn salutò Paul con una stretta di mano ed una mezza spallata, quindi aprì la portiera di dietro e salì in macchina, sorridendo ad Ocean nel vederla solo adesso.

“Ehi!” si allungò a darle un bacio sulla guancia a lui più vicina, prima di arrivare con la mano a stringere la spalla dell’amico alla guida. “Ti devo un favore Greg.”
“I biglietti per le prossime date all’O2, altrimenti dovrò ammazzare mia sorella”

La macchina partì a tutta velocità, e Faith si tenne ancora più alla portiera, sempre più spaventata.

“Ti sei portato compagnia?” domandò Zayn, riferendosi alla ragazza che l’amico aveva di fianco.
“No è la mia migliore amica…” aggiunse Ocean “Lei è Faith. Faith, Zayn”
Si allungò anche verso di lei, con l’intento di stringerle la mano. Ma il gesto non gli fu ricambiato, così ritirò il braccio, guardando Ocean. “Non gli sono particolarmente simpatico…”
“E’ solo terrorizzata dalla guida di Greg!” la giustificò, ridendo nel prendere in giro l’amica. “Perché non mi hai avvisata?”
“Non volevo perdere l’effetto sorpresa!”
“Stava rischiando un infarto quando m’ha visto!” aggiunse Greg, cosa che fece arrossire Ocean, che spiegò subito dopo a Zayn, vedendo la sua espressione interrogativa.
“Credevo fosse uno della Modest… cosa ne so io! Mi ha fatta chiamare in segreteria!”
“Sai com’è, non t’ho mai vista! Come ti avrei beccato con tutta quella gente altrimenti? Alta, castana e bellissima non sono dei dati essenziali per trovare una ragazza tra una folla!”

A questo punto era Ocean ad avere una smorfia interrogativa.

“Alta, castana e bellissima?” domandò verso Zayn, che sbuffò ed arrossì. “Non stare a sentirlo! Il volo è andato benissimo, il concerto anche… Ho due giorni di pace prima di ripartire!”

Ed anche tanta, tantissima voglia di cambiare discorso a quanto pare. La cosa fece sorridere Ocean, che si agitò appena quando Zayn le passò un braccio dietro la schiena. Ma tentò di essere il più tranquilla possibile, sempre per evitare di fare la parte della stupida, per niente preparata a questi gesti.

“Dove andiamo?” domandò Greg.
“Al comprensorio…”

La diciottenne non sapeva cosa fosse il comprensorio, l’amica nemmeno, ma Greg evidentemente si, perché annuì e continuò a guidare. E proprio mentre Ocean stava per chiedergli informazioni a riguardo, il cellulare nella tasca le vibrò.
Lo recuperò di fretta, perché era tesa e le tremavano le mani. Muoversi velocemente era l’unico modo per non rendere palese quel suo stato d’ansia.
Twitter, un DM.


< Pensavo l’invito a lasciarti in pace fosse rivolto ad entrambi. Evidentemente mi sbagliavo >









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Hola populas! 
Anche oggi un capitolo per voi, quasi sempre al solito orario. Sono una persona puntuale, no? E' da apprezzare! 
Capitolo forse un pò mogio, lo so. Ma ce n'era bisogno. Non posso tagliare parti necessarie, per rendere il filo del 
discorso più interessante ed appetibile. Spero comprenderete.
Comunque non è senza alcun colpo di scena pensa, che dite?
A tutte le affezionate, come sempre grazie. Grazie per chi sta suggerendo la mia storia, per chi la segue e l'ha messa
nei preferiti, per chi twitta a riguardo. Davvero, grazie a tutte.
Siamo quasi in 3000 a visualizzarla ogni giorno, il che è una enorme soddisfazione! 
C'è anche chi comincia a parlarne male, e quello che mi dico è; bene o male, l'importante che se ne parli.
Quindi, se avete critiche vi prego solo di non farle alle mie spalle, facendo in modo che venga a conoscerle da altri. Scrivete una
recensione critica o negativa. Sarò felicissima di rispondervi. Davvero.
Si cresce più con le critiche che non con i complimenti per come la vedo io. (non che quelli non siano ben accetti eh! :P)
Quindi ancora grazie a tutte, vi adoro.
Vostra, 
Giù. ( @LouVelessy )

P.S: c'è bisogno che vi chieda chi ha mandato il DM di fine capitolo? u.ù I più attenti di sicuro capiranno, no?





 

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Capitolo 14
*** Capitolo 14 ***





< Pensavo l’invito a lasciarti in pace fosse rivolto ad entrambi. Evidentemente mi sbagliavo >

 
Era Harry. Ocean si irrigidì ancora di più, sotto il braccio di Zayn che si perdeva in chiacchiere con l’amico mentre guidava verso la meta prestabilita, sconosciuta alle due amiche. Ma il ragazzo non sembrò notare quella maggior tensione, non chiedendole nulla riguardo al cellulare e a cosa controllasse. Rimaneva sulle sue, per nulla invadente.
Evitò di rispondere al messaggio diretto, e infilò nuovamente il cellulare in tasca, con tutte le intenzioni di far finta di nulla. Almeno per quel momento, che sembrava davvero troppo perfetto ed in un certo equilibrio precario per essere disturbato. Da Styles poi, quale persona meno indicata!
 
Si allontanarono dal centro della città, mentre Zayn raccontava aneddoti dei concerti avuti in Germania e di cose folli che le fan avevano fatto, come quella che aveva dormito tra i bidoni dell’immondizia fuori dal loro hotel, solo con la speranza di incontrarli il giorno dopo. O di quella che si era alzata la maglia, in prima fila, mettendo in mostra le tette, solo per essere notata.
“Non capiscono che cose come questa al massimo ci fanno ridere! Magari ti noto pure di più con le tette di fuori, ma di sicuro non mi fai un’impressione positiva!”
“Chi ha il pane non ha i denti!” si lamentò Greg, verso il quale Faith lanciò un’occhiataccia.
“Sempre a lamentarvi state voi uomini! Lui ce ne ha troppe, tu troppo poche… potreste fare una società, ve le dividete!”
Ocean sorrise e scrollò le spalle alla volta di Zayn, come per giustificarla. Era acida più del solito. Ma non voleva nemmeno accompagnarla, quindi avrebbe dovuto sopportarla così, con il suo carico d’acidità.
“Io non ne ho troppe!” Zayn si difese, sempre verso l’amica della ragazza che teneva ancora sotto al braccio “Mi lamento solo perché fanno delle robe assurde che nemmeno immaginerei! Invece loro non solo le immaginano, ma hanno anche il coraggio di mettere in atto le loro idee malefiche!”
 Ocean gli poggiò una mano sul ginocchio, facendo di no con la testa. “Lasciala perdere…” gli sussurrò, avvicinandosi anche per fare in modo che l’altra non potesse sentire. “Non voleva venire, ha i nervi a fior di pelle… e credo le piaccia Greg.” Aggiunse, condividendo con Zayn questo presentimento.
Zayn le sorrise, allungando uno sguardo agli amici di entrambi, seduti ai posti davanti, fantasticando forse sulle loro probabilità di poter stare insieme, cosa che lo faceva divertire a guardare la smorfia che gli comparse sul volto. C’era un che di improbabile in quei due insieme.
 
L’automobile, di lì a poco, rallentò. Si ritrovarono di fronte un cancello, con una grande scritta. Comprensorio Harlem. All’ingresso e all’uscita c’erano due mini stazioni, di quelle che trovi al casello autostradale prima di imboccare la strada a pagamento, con tanto di sbarra abbassata.
Greg si accostò e Zayn aprì il finestrino, mostrandosi all’uomo che azionava la sbarra d’ingresso.
“Salve Yoth…”
L’uomo gli sorrise. Evidentemente lo conosceva.
“Siete tornati?”
“I ragazzi avevano da fare altro… io ho portato degli amici… Ci sono problemi?”
"Nessun problema... sai come funziona però!" Le ragazze ignoravano qualsiasi cosa.
“Greg è già registrato. Poi ci sono Ocean McLeod…. E…” si voltò verso Faith, che senza capire cosa stesse succedendo, suggerì “Faith Kingston”.
L’uomo entrò nella propria cabina dalle pareti trasparenti, e Malik ebbe modo di spiegare.
“E’ un comprensorio privato… quelli che non ci abitano hanno bisogno di una sorta di pass… è la prassi.”
Tutto aveva una prassi con Zayn. Chiamarli, vederli, incontrarli. Anche entrare in quel comprensorio, che per adesso sembrava una sorta di parco privato, essendo pieno di vialetti alberati e statue. Una roba di lusso insomma.
Il controllore uscì dallo stanzino con delle schede, come delle carte di credito, che consegnò a Zayn. Le avrebbe passate successivamente alle ragazze. Erano come documenti di riconoscimento, anche se non ne conoscevano le potenzialità. Non ci avrebbero fatto molto, al massimo Faith avrebbe provato a comprarci qualche cosa.
“Tutto apposto…potete entrare" e fece segno ad un altro ragazzo nel gabiotto, che alzò la sbarra.
“Grazie Yoth… gentilissimo come sempre!”il badboy di Bradford riusciva ad essere parecchio gentile con le persone. E la cosa faceva sorridere Ocean, che sentiva sempre più quella sensazione di vuoto pesante alla bocca dello stomaco.

 
Appena la sbarra si alzò, permettendo alla macchina di procedere a passo d’uomo, si ritrovarono immersi nel verde. Aveva sempre più l’aspetto di un parco, con tutto quel verde curatissimo.
“Che posto è questo?” domandò Faith, stanca forse di dover aspettare per chiarire la propria curiosità.
“E’ dove vivo…” le rispose Zayn, tranquillo “E’ un quartiere privato. Per accedere bisogna avere un pass… e con tutto questo verde, oltre ad avere un po’ di spazio tutto per me, siamo sicuri che nemmeno mezzo paparazzo ci stressa. E’ un posto magico per noi!”
Quel per noi fece incuriosire Ocean. “Vivete tutti e cinque qui?” domandò senza pensarci più di tanto.
“Perché? Speri di incontrare qualcuno?” a quanto pare l’insicurezza di Zayn trovava sempre il modo di salire a galla in modo prepotente.
Ocean, colta in fallo, arrossì appena.

La cosa stranì ulteriormente Malik, che appena la macchina si fermò di fianco ad un’enorme distesa di verde, aprì lo sportello e scese. Senza dare il tempo né alla ragazza né agli altri di dire qualche cosa.
Pochi secondi dopo erano tutti giù dall’auto, ma Ocean sapeva che Zayn era scappato, più che arrivato a destinazione. Gli si avvicinò cauta, percependo la sua freddezza al momento.
“Zayn… non è come pensi, dai.” Tentò di farlo ragionare. “E’ solo che…”
Lui si voltò a guardarlo, e nel suo sguardo potè cogliere estrema freddezza e razionalità in quello che le avrebbe detto.
“Cosa ti fa pensare che mi interessi? Non mi importa. Non voglio spiegazioni.”
Gli altri due si avvicinarono, commentando il verde e l’aria pulita che c’era lì. Faith si impossessò di un angolo di prato, per stendercisi sopra, e Greg non aspettò un momento in più per sederglisi affianco e continuare a punzecchiarla, con le parole e non solo, battibeccando animatamente. E nel frattempo, Ocean continuava a fissare Zayn, che aveva lo sguardo perduto in chissà quale pensiero. Percepiva la sua sofferenza, più che il suo poco interesse. Il che la turbava parecchio.
“Mi spiace se ci resta male…” gli spiegò, nonostante le parole chiare di Malik, che di tutta risposta, a quella giustificazione, si allontanò a passi decisi dai tre, senza guardare la diciottenne, che non aspettò un attimo prima di cominciare a seguirlo, mentre i due amici continuavano imperterriti a parlottare tra loro e punzecchiarsi a vicenda. Erano anche teneri, a vederli da lontano.

“Zayn…” lo chiamò, sperando di fermarlo in quel modo. Ma senza successo. Così affrettò il passo. Aveva le gambe lunghe ed il passo svelto, tanto da permettere ad Ocean di stargli dietro a fatica. Dovette seguirlo per un po’ e alla fine correre per un po’ di passi, in modo da riuscire a raggiungerlo ed afferrargli un braccio in modo da fermare la fretta di Malik.
“Zayn! Non devi prendertela!” il tono della ragazza aveva un che di infastidito. Era così stupida tutta quella situazione. Si sentiva stupida lei per prima.
“Ti ho detto che non mi importa!” lo Zayn di pochi minuti fa era sparito, c’era solo quello grande e grosso, con la pellaccia, che si difendeva da qualche cosa di evidentemente doloroso per lui. Era un meccanismo di auto protezione che Ocean aveva già visto in azione. Ed adesso non la spaventava.
“Non direi.” Tantè che lo sfidò.
E la reazione che si dipinse sul volto di Zayn la fece sentire vincente per qualche attimo. Aveva uno sguardo teso, impaurito, ma nascosto dietro ad indifferenza chiaramente falsa. La cosa intenerì parecchio la ragazza, che ricambiò il suo sguardo con uno pieno di tenerezza invece. Uno sguardo per nulla disinteressato, piuttosto intenerito da lui e dai suoi modi di fare. Senza nessuna avvisaglia, Malik allungò una mano, lentamente, poggiandola su una guancia di Ocean, carezzandola appena, e la ragazza piegò la testa, per ricambiare quel gesto come poteva, apprezzando quel contatto caldo, vicino ed intenso.
“Mi da fastidio il fatto che stai con me e ti preoccupi per lui.” Grazie a quel piccolo gesto, sembrava essersi sciolto, e le parole venivano fuori dalle sue labbra con facilità e calma. “Se non fosse stato per me non lo conosceresti nemmeno! Eppure, ti preoccupi per lui, per come prenderebbe il fatto che tu stia qui con me ora… non lo capisco! Non capisco cos’è tutta quest’apprensione!” poi lo sentì irrigidirsi. “Mi stai usando per arrivare a lui Ocean?”
La ragazza sgranò gli occhi e incredula aggiunse. “No!! Ma cosa vai a pensare? No! E’ assurda questa cosa!”
“E allora perché ti preoccupi di lui?”
Era il momento della verità. “Prima mi ha scritto…” L’altro continua ad osservarla, stranito. “mi ha scritto un DM. Evidentemente mi ha vista in macchina e ci sarà rimasto male perché vi ho cacciati entrambi ma con te ho continuato a sentirmi evidentemente…”
“E allora? Anche se fosse… cosa ti importa Ocean!” sbottò, infastidito dal fatto che l’amico avesse scritto alla ragazza e che lei non gliel’avesse detto prima forse.
“Sono una persona corretta!” gli rispose, con franchezza.
“Ma non stai facendo nulla di male! E se ci resta male, che se ne faccia una ragione! Ti ho voluta io. Mi sei piaciuta da subito, sono stato io a volerti conoscere e lui s’è messo in mezzo! Diamine!” il tono di Zayn lasciava trasparire un incredibile nervosismo misto a fastidio. Era infastidito davvero, e la cosa dava ad Ocean una sensazione sempre più positiva.
“In realtà tu volevi scopare…” aggiunge, con scherzo però. Tant’è che gli sorride e senza rendersene nemmeno conto allunga una mano a pizzicargli un fianco, molesta.
Ed il ragazzo, di tutta risposta, si piega di lato sghignazzando a quel contatto. “Avrei voluto si. E non pensare che certe cose passino eh! Semplicemente ti ho vista con altri occhi nell’attimo in cui m’hai rifiutato… ed è stato l’attimo in cui ho capito che non mi sarebbe bastato quello… Poi t’ho visto con Styles, ed è stato anche peggio.” All’inizio della frase rideva, a frase conclusa teneva i pugni stretti, infastidito sempre più a quel ricordo.
Così Ocean gli prese i pugni tra le mani, portandoseli alle labbra e baciandoglieli, in un attimo colmo di tenerezza. “Tranquillo… mi spiace se ci rimane male solo perché è stato carino con me… non sono una persona cattiva e menefreghista, forse sbaglio in questo… ma non posso farci nulla…” e gli diede un altro paio di baci sulle mani, mentre Zayn sembrava a quei tocchi distendere i nervi.
“Non ti importa di lui quindi?” chiese a bruciapelo.
“Mi importa si, ma non come pensi tu. Non di un modo di cui poterne essere geloso Zayn…” e lo guardò, dritto negli occhi, in modo da non poterlo far scappare. Aveva bisogno di una certezza, certezza che solo lo sguardo di Zayn poteva darle. E tale certezza arrivò nel momento in cui i suoi occhi si distesero. Si, Zayn era geloso, poiché sorrise, tranquillizzandosi a quelle parole.

Era tutto perfetto. Immersi nel verde, senza nessuno intorno. C’erano solo loro, e la natura, e quella giornata fantastica, con l’aria appena frizzante che accarezzava la loro pelle. C’erano i profumi, i suoni giusti. Ed anche le sensazioni giuste. Era tutto perfetto, lo sentiva. Ocean aveva una certa empatia per certe cose. Quando i luoghi, i fatti, la spingevano a sentire una determinata cosa, quella cosa era giusta, ed andava fatta. Era quello il momento.
La ragazza alzò gli occhi. Ora o mai più. Si fece impavida, per la prima volta, forse per dimostrargli che tutto quello che pensava su Harry e lei fossero tutte fandonie, immaginazione, frutti della sua immaginazione di ragazzo insicuro. E aveva il dovere, in quel momento come mai prima, di rassicurarlo. Stava a lei.
Si allungò in avanti, avvicinandosi ancora più a lui e salendo appena sulle punte dei piedi a causa della differenza di altezza tra i due, portando contemporaneamente la mano dietro alla sua nuca e le labbra poggiate contro quelle di Zayn. In un gesto veloce, che colse di sorpresa anche il ragazzo. Fu tutto veloce, questione di un attimo. Ma era la cosa giusta da fare. Lei lo sentiva, e considerando come Malik si sciolse a quel contatto, anche per lui era il momento giusto.

Si erano già baciati prima, ma questa volta era diverso. Le braccia di Zayn le si strinsero dietro la schiena, attirandola ancora più a sé, vicino al suo corpo. Riuscivano a stare come incastrati, due pezzi di puzzle unici che si ritrovavano in quel contatto.

Labbra che si cercavano, occhi chiusi, pelle contro pelle, empatia. Era come una magia che faceva scintille. Senza nemmeno rendersene conto, le loro lingue si cercavano, e quel contatto caldo ed umido diede un senso di pace e sicurezza ad entrambi, ancora stretti in quell’abbraccio e quel contatto che durò diversi minuti, senza pesare. Esistevano solo loro, in un mondo parallelo dove non c’erano più gli OneDirection, Harry, Greg e Faith. Erano solo loro. Loro e le loro labbra, le loro lingue, la loro pelle e quel calore in fondo allo stomaco che divampava come un fuoco in piena estate.
 


 

***

 

 
Il pomeriggio, all’oscuro dei due amici, passò tranquillo. Risero tanto, su quella distesa d’erba. Si divertirono, e Faith sembrava parecchio più rilassata, tanto da presentarsi ufficialmente a Zayn, con tanto di stretta di mano prima negata. Avevano tutti l’aria allegra, come brilli ma da sobri.
Avevano l’aria di quattro amici datati, abituati a trascorrere del tempo insieme e divertirsi nella semplicità di poche cose. Ed erano così presi e divertiti che non consideravano il tempo che passava. Tanto da rendersene conto solo quando la madre di Ocean, preoccupata, la chiamò per chiederle dove fosse.
Dovevano tornare a casa, e la cosa rattristì un po’ tutti.

Lasciarono il comprensorio, accompagnarono prima Faith, dove Greg decise di scendere, lasciando la propria macchina all’amico, e prendere un taxie per tornare a casa. Ocean guardò Faith con uno sguardo inquisitorio.
“Cosa c’è?! E’ carino!” le sussurrò l’amica in sua discolpa.
Greg sarebbe tornato a casa con un taxie si, ma tra qualche ora. La conosceva fin troppo bene per ignorare certe sue mosse da accalappia-uomini.

Zayn prese il comando del mezzo, ed accompagnò Ocean a casa.
Durante tutto il tragitto rimasero in completo silenzio, un po’ imbarazzati entrambi per quel bacio così pieno di sensazioni, che una volta concluso li aveva lasciati senza fiato e senza nulla da dire.
La mano di Zayn cercò semplicemente quella di Ocean, carezzandogliela mentre percorrevano la strada verso casa di lei.
 “E’ stata una bella giornata oggi… a saperlo, non avrei aspettato una tua telefonata da ieri!” lo punzecchiò, una volta arrivati a destinazione.
Zayn rise, realmente divertito. “Aspettavi una mia telefonata?”
“Cosa c’è di male? Mi avevi detto ci sentiamo più tardi!” 
“Il concerto è finito tardissimo, e poi i golden ticket fuori dall’inghilterra sono sempre durano sempre più tempo di quello previsto perché devi cercare di capirti con le fan… non sempre trovi quella che parla la nostra lingua, ed è un casino. Non pensavo ti aspettassi davvero che ti chiamassi... era così per dire!"
La diciottenne si imbronciò leggermente, stringendo le dita a quelle di Zayn, senza farci caso.
“Che c’è?”
“niente!” gli rispose, sulla difensiva.
“Ti conosco bene per sapere che quello sguardo non è un niente, ma è un qualche cosa…” e anche lui, molesto per la prima volta, le pizzicò il fianco, facendola sussultare. Soffriva il solletico.
“Ma no, davvero… mi fa piacere tu ti sia divertito… però potevi avvisarmi di oggi, tutto qua”
“Ehi ehi ehi, fermi tutti!” si piegò verso di lei, avvicinandosi incredibilmente alle sue labbra, sussurrandogli lì. “Sei gelosa!” concluse, senza domandare nulla. Ne era convinto.
Ed il colorito viola che prese il volto di Ocean rispose per lei, che invece negò. “Ma non è vero!”
“Ah no? Non è vero manco un po’?”
“Un po’ forse si…” sussurrò, aggiungendo veloce “ma lo ero anche prima come directioner! Non è nulla di importante…”

“Ora però non sei più una directioner”
“Directioner si muore Malik!” concluse con tono saccente. “dovresti sap…”

Non ebbe né il tempo né tantomeno il modo di concludere la frase, che le morì in gola, mentre Zayn le si avvicinò tempestivo, baciandola di nuovo. Ed era di nuovo un incontro caldo ed intimo che le riscaldò l’anima, spingendola a socchiudere gli occhi ed accarezzargli la mano che ancora aveva sulla sua, perdendosi per qualche istante in quel contatto infinitamente piacevole e ristoratore.

“…ora non sei solo quello.”

Le spiegò, una volta allontanato appena da lei, poggiando la fronte alla sua.
La ragazza rimase senza parole, appena tremante d’emozione, e felice. Estremamente felice. Di una felicità che sentiva nel corpo oltre che nell’amina. Continuava a giocherellare con le dita di Zayn, come se quella cosa le desse conforto. Quei gesti la tenevano attaccata alla realtà, e non le permettevano di perdersi. Un piccolo contatto che le faceva da zavorra.
Non aggiunse altro alle parole di Zayn, lasciando che la magia facesse tutto il resto.

E come tutte le belle cose, come oramai aveva imparato, il telefono le squillò ancora in tasca.

“Mia madre.” Si lamentò, senza controllare. Le metteva sempre fretta, in tutto. E lo faceva sempre quando non avrebbe dovuto.
“Ha ragione, ti ho rapita da scuola… è bello che sia in pensiero.” Quindi le sorrise, lasciandole un altro bacio sulle labbra. “vai dai…” ed un altro ancora.
Lei gli sorrise, con le guance arrossate e la testa leggera. Quindi con un’ultima carezza alla mano di Malik, aprì lo sportello e scese, avviandosi verso la porta d’ingresso con il cellulare che ancora squillava in tasca. Si affrettò verso la porta, tirandolo fuori. Era il numero di casa a chiamarla, come prevedeva.

“Mamma sono fuori, sto entrando!” e mise giù, senza dar modo alla donna di metterle ulteriore fretta.

Arrivata alla porta si voltò, salutando Zayn con la mano. Ed il ragazzo le sorrise, aspettando di vederla entrare in casa prima di partire.
Chiusa la porta di ingresso alle sue spalle, un sorriso a trentotto denti le comparse sul volto. Era entusiasta della giornata ed aveva una sensazione di felicità a pelle. Era stato tutto perfetto e… Zayn era perfetto. Cominciò a saltellare come una scema, in silenzio, sfogando in quel modo tutta l’agitazione accumulata durante la giornata. Emanava felicità da ogni poro. Nessuno l’aveva vista mai così allegra e felice, spensierata. Continuava a saltellare come una di quelle palline di gomma, piena di energia.


“Deve essere stata proprio una bella giornata…”


Un tono freddo, distaccato, le rovinò l’attimo di felicità, facendola arrestare di colpo. Alzò gli occhi in direzione della voce che aveva sentito, anche se non c’era bisogno di guardare. Sapeva già chi le aveva rovinato quell’attimo di gioia acuta.








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Salve! Capitolo 14, online di lunedì.
So di avervi lasciato due giorni senza capitoli, e me ne scuso, ma i fine settimana sto da mio padre e non ho il mio
pc lì. Quindi davvero, perdonatemi. Vi ho promesso di postare il più assiduamente possibile, e lo faccio quando posso.
Quattordici capitoli in pochi più di una settimana sono un bel risultato, no?
Ringrazio, come sempre, tutte quelle che hanno letto, commentato positivamente, trovato quel qualche cosa in più
nella mia storia, tanto da inserirla tra le preferite/seguite/ricordate.
Ringrazio tutti quelli che mi stanno aiutando a condividerla su twitter e negli altri social network.
Apprezzo davvero il lavoro che fate per me, che alla fine, a conti fatti, resto una sognatrice come voi, che riesce a mettere
in parole ciò che prova.
Davvero, grazie di tutto cuore.
Per quanto riguarda questo capitolo; come sempre, sondaggio! Chi interrompe Ocean nel suo momento di gioia?

P.S: per tutte quelle che mi hanno chiesto di recensire le loro storie, lo farò. Ho promesso, ed ogni promessa è mantenuta. 
E' solo che scrivendo ogni giorno, non vorrei esagerare con la lettura, perchè ho paura di influenzarmi le idee con quello che 
vado a leggere per poi recensirle. E non vorrei mai commettere una cosa simile. Sarebbe un insulto alle idee geniali che molte
di voi hanno nelle loro storie :) Spero apprezziate. Pian piano leggo e recensisco ogni cosa, come alcune di voi potranno già
testimoniare.

P.P.S: come sempre manderò un messaggio a tutte quelle che hanno le mie storie tra preferite/seguite/ricordate per avvisarle
dell'uscita del nuovo capitolo. Se tra voi c'è qualcun altro che vuole questo "servizio gratuito" aggiunga pure la storia in uno 
dei suddetti elenchi, e sarà avvisato come tutti!

P.P.P.S: su twitter mi trovate sempre come @LouVelessy, seguo chi mi segue, basta mi diciate che è per la storia :)

Direi che posso anche smetterla con i post scriptum. Grazie ancora a tutte, ed ancora scusate per il weekend senza capitoli freschi.
Vostra, Giù.




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Capitolo 15
*** Capitolo 15 ***






Essere Directioner vuol dire, come minimo, riconoscere a memoria le voci dei ragazzi, i toni che utilizzano, le varie flessioni nel parlare, differenti da quelle che usano parlando. Ma guardare i video delle interviste, oltre quelli musicali, aiuta in questo. Ed era sicura della natura di quella voce, ancor prima di mettere a fuoco l’immagine che le si presentò davanti gli occhi.

“Louis… che ci fai qua?” era sorpresa. Non aveva scambiato che poche parole con il ragazzo, il minimo indispensabile insomma, e ritrovarselo così, di fronte, a casa propria, con le mani infilate nelle tasche e lo sguardo fisso su di lei, quasi inquisitorio. C’era un che di strano in lui, nella smorfia sofferente che aveva stampata in faccia.
“Mi ha fatto entrare tua madre… mi ha detto che stavi per tornare, e di aspettarti dentro.” Sorrise appena, ma era uno di quei sorrisi di circostanza, per nulla sentito.
“Che ci fai qui?” gli chiese nuovamente, nervosa. Aveva una strana sensazione addosso, e tutta la felicità che in una giornata come quella appena passata si era accumulata in lei, stava schizzando via, scivolandole dalle mani senza che potesse fare molto.
“Mi spiace, non sono abituato a fare la parte del cattivo. Non rientra proprio nelle mie corde… però questa volta mi ci sento obbligato quasi.” E continuava a fissarla, senza continuare a parlare, lasciando che la gran tensione che si stesse creando in Ocean non facesse altro che crescere. “Dovresti lasciarci perdere…”
La tensione lasciò spazio ad una sensazione di frustrazione. “Sei venuto qui per dirmi di lasciarvi perdere?” sbuffò, alzando lo sguardo al soffitto “Non ho nulla a che vedere con voi Louis… stai perdendo tempo!”
Lui fece scattare l’angolo del sopracciglio sinistro in alto, in una smorfia incredula. “Mi credi stupido?”
“No, siete voi che credete stupida me! Non capisco davvero cosa ci faccia tu a casa mia! Per dirmi cosa poi? Che devo lasciarvi perdere? Quando non mi sto immischiando in nulla che vi interessi?!”
“Ti stai immischiando fin troppo invece. Stai creando scompiglio, rompi i nostri equilibri”
“Rompo i vostri equilibri?” era sempre più incredula.
“Non ho mai visto Harry così. E Zayn? Sta impazzendo letteralmente… non lo tiene più nessuno. Fa cose che non dovrebbe fare, ed Harry non è da meno… Quindi dovresti tener fede a quello che hai detto ad entrambi giorni fa.”
Era chiaro che Louis era lì per conto di Harry più che per Zayn. Anche perché dalle cose che diceva conosceva il punto di vista di Styles che del secondo.
“Non puoi controllare la vita dei tuoi amici… spero tu lo sappia”
“Io non posso. Hai ragione..” aveva un tono comprensivo “Ma c’è chi può. E credimi, se continua in questo modo faranno tutto quello che è in loro potere per rovinare questa faccenda mettendoci lo zampino. Fidati di me!” cercava di convincerla, ma Ocean era sempre più stranita.
“Perché deve essere tutto così complicato con voi? Perché non si può semplicemente lasciare che le cose facciano il loro corso! Perché sei venuto a dirmi queste cose Louis!” si stava innervosendo, e il viso le diventava sempre più rosso dalla foga che metteva nel parlare.
“Perché tengo a loro, e tengo alla band. E magari tengo anche a te Ocean. Ci sono passato anche io. All’inizio tutto ti sembra bello, un sogno… poi però non è così.”
Ci era passato… Le parole di Tommo la facevano riflettere. Lo guardava incuriosita, con gli occhi fissi in quelli chiari di lui, per spingerlo a dire di più. Ma dalla smorfia di dolore sul volto dell’altro, capì che non sarebbero andati lontani con le spiegazioni. Difatti, non si sbottonò a riguardo.
“Non ho idea di quali siano le tue intenzioni, non so se stai facendo sul serio, se vuoi creare un rapporto vero con Zayn o meno, se ti interessa più Harry. Non lo so, e ti dirò che non m’importa. Qualsiasi cosa sia, creerà scompiglio. Sia a te che a noi.”
“Posso garantirti che nemmeno adesso è così un sogno. Non sono mai stata una persona ansiosa, ma mi state facendo vivere certe cose con un’ansia infinita. E non capisco perché Harry stia male… non c’è nulla per cui possa stare male!”
“Si è affezionato a te…” disse, come se la cosa fosse ovvia.
“Anche io a lui!” rispose Ocean, sulla difensiva.
“E allora perché ti fa stare bene questa cosa? Dovresti vederlo, cambieresti idea…”
“Non mi fa stare bene questa cosa!” sbottò lei “non sono felice del fatto che Harry stia male! E’ solo che non lo capisco! Perché… perché… non credo di doverne parlare con te. Davvero.”  Non si sbilanciò ulteriormente, parlandogli di Zayn. Non sapeva se poter dire o meno di loro due, di quello che c’era stato e che forse ci sarebbe stato. Del fatto che forse si stava innamorando sempre che non era già tardi.
“Ti stai infilando in un vicolo cieco Ocean, alla quale mureranno l’uscita appena sarai infondo… io sto solo di tirarti fuori ora che sei in tempo.”
“Allora credo tu sia arrivato tardi. Apprezzo il tuo interessamento, ma non so cosa fare adesso. Parlerò con Harry se la cosa può tranquillizzarti…”
Louis la fissava incredulo. Era poi così tardi? Cos’era successo già con Zayn? “E’ sempre stato il più tranquillo dei cinque, quello che creava meno problemi…” e lasciò la frase in sospeso. Evidentemente adesso ne stava creando. Tirò fuori dalla tasca un bigliettino e glielo passò. C’era scritto un numero, a mano. “ti lascio il suo numero… so che hai firmato il patto di segretezza.” Lo tiravano sempre fuori quando conveniva loro ricordare che era meglio non divulgasse certe cose “dubito voglia sentirti, almeno così siamo sicuri che ci parlerai…”
“E’ bello che tu tenga così tanto a lui” concluse Ocean, senza ironia. Era davvero bello l’interessamento che aveva per l’amico.
“Siamo soli, Ocean. Se non ci aiutiamo tra noi, è la fine.”

Fece un sorriso forzato a lui, che sembrava così sofferente per tutta quella storia, e mentre l’accompagnava alla porta cominciò a pensare a quanto scompiglio realmente stava portando in quella realtà già così sul filo del rasoio. E più passava il tempo a pensarci, maggiore era il peso che sentiva sulla coscienza. Stava sbagliando? Era tutto un errore?
Appena Louis andò via, salì al piano di sopra, si svestì e si infilò sotto la doccia. L’acqua bollente l’avrebbe aiutata a chiarire i pensieri.



 

***

 


Solitamente una doccia calda aiuta i pensieri. Mai le era capitato il contrario. E invece, mai dire mai. Più che chiarezza, in testa non aveva altro che scompiglio. Un groviglio di idee non meglio definite, paure, ansie. Era una situazione stramba, in quanto non era mai stata una persona ansiosa, proprio come aveva detto a Louis senza ragionarci su. E invece, non faceva altro che pensare a cosa sarebbe successo, a quanta confusione stava creando. E tutto le metteva uno stato di negatività addosso non indifferente.
Dopo aver infilato il pigiama, stesa a letto, prese il cellulare dal comodino e con lui il bigliettino che le aveva lasciato il Tommo, con il numero di Harry. Lo fissò per diverso tempo, rigirandoselo tra le mani.
Compose il numero di Zayn, con la consapevolezza del fato che avrebbe potuto aiutarla. Consigliarla al meglio. Almeno questo era l’intento della telefonata.
Al quinto squillo, mise giù. Ed altra ansia le si aggiunse sul groppone. Cosa stava facendo? L’avrebbe disturbato? Perché non rispondeva? E se era con delle fan? Era davvero tutto troppo grande per lei, e continuava a sentirsi sempre più piccola. Ogni cosa succedeva. Piccola ed impreparata a tutto quello.
Con le parole di Louis che le risuonavano nelle orecchie, compose il numero di Harry, senza pensarci. Non aveva la minima idea di che cosa gli avrebbe detto, ma qualche cosa si sarebbe inventata. Quando non ti prepari un discorso, è quello che ti nasce dallo stomaco il migliore possibile.

Al terzo squillo la voce di Styles risuonò nella cornetta. “Si?”
“Harry…” preoccupata, aveva il tono teso.
“Chi è?” rispose lui, altrettanto agitato. Forse l’aveva riconosciuta, o forse aveva paura di qualche fan molesta che chissà per quale motivo era riuscita a trovare il suo numero. Doveva essere sempre poco tranquillo quando riceveva telefonate da numeri sconosciuti.
“Sono Ocean, Harry… possiamo par…”
Non ebbe il tempo di finire la frase, che il riccio la interruppe. “Come hai avuto il mio numero?” freddo. 
“Un tuo amico è passato da me e me l’ha lasciato…” si sentì costretta a spiegargli qual’era la verità.
Dal suo silenzio si capiva che aveva intuito tutto, e probabilmente avrebbe litigato con Louis per questo. “Cosa vuoi? Perché mi chiami?” non era l’Harry che aveva conosciuto. Non aveva nulla a che fare con l’Harry  dolce ed attento con la quale aveva passato qualche ora.
“Ti disturbo?” lo stomaco non le diceva molto. Aveva bisogno di tempo.
“Vieni al punto Ocean…” ma Harry le metteva fretta.
“Mi spiace che tu stia prendendo tutta questa storia nel modo sbagliato”
Seguì un profondo attimo di silenzio. “Nel modo sbagliato?” quando ricominciò a parlare aveva la voce distorta. Era arrabbiato. “Prima mi fai credere che stai bene con me, e poi io prendo le cose nel modo sbagliato? Mi stai prendendo in giro…”
“non ti ho fatto credere nulla di sbagliato… io sto bene con te! E non ti sto prendendo in giro! Non l’ho mai fatto!” si difese la diciottenne.
“Ma il cattivo ragazzo fa più bella figura, non è così?”
Ocean faceva fatica a stargli dietro. “Harry mi preoccupi… perché parli così? Siamo amici… non devi…”
La interrompe, di nuovo. “Io e te non siamo amici Ocean. L’amicizia è altro. Non è pugnalare alle spalle qualcuno!”
“Ma io non ti ho pugnalato alle spalle!” si difese nuovamente la ragazza, incredula per quello che l’amico le stava dicendo.
“Ah no? Non mi hai cacciato di casa tua perché era giusto così! Perché era per noi! Per i OneDirection!” fa la caricatura della sua voce “Quando servivo per far ingelosire Zayn, perché a questo ti sono servito, andava bene scrivermi, andava bene farti sentire… poi è tornato il badboy di Bradford, e vaffanculo Harry! Tanto, chi se ne frega! Devo vederlo con gli occhi miei che ti ci senti ancora e ti ci vedi! Mica è importante che io lo sappia! Non servo più, quindi!” era dolore quello che sentiva la ragazza. Dolore e forse delusione.
“Non è andata così…” commentò dispiaciuta, a mezza voce.
“Com’è andata, è andata. I fatti parlano chiaro e a me non importa la tua versione paraculo sinceramente. Non importa nulla! Non mi è mai importato di te, lo sapevo! Sotto quella faccina pulita da brava ragazza… lo sapevo io cosa si nascondeva!”
“Cosa si nascondeva Harry?” domandò Ocean, severa nel tono. Quelli erano insulti velati?
“Hai capito bene. Tutt’altro. Una doppiogiochista, cattiva. Sei piena di cattiveria, e spero che Zayn se ne accorga tardi, così si farà del male anche lui! Io già ci sto rimettendo!”

Aveva gli occhi doloranti, inconsciamente stava trattenendo le lacrime. Harry non era poi così gentile e tenero come voleva apparire. Erano entrambi differenti da loro stessi, e questo uccideva la ragazza, che non riusciva a star dietro ai loro cambi d’umore.
Senza difese, l’unica cosa che le rimase fu mettere giù la telefonata. Non aveva più nulla da dire. E una volta sola, senza Harry ad ascoltarla, si accasciò e si lasciò andare alle lacrime. Distrutta per tutto quel malinteso che non avrebbe mai e poi mai voluto creare.
 


 

***

 

Il miglior modo per sentirsi meglio, quando hai qualche cosa che ti pesa sulla testa, come una spada di Democle, è tentare di non pensare. E per Ocean, l’unico modo per non pensare, considerando che la doccia non aveva portato alcun effetto, fu addormentarsi. Con gli occhi stanchi, la testa pesante a causa del pianto, il volto accaldato, tutto quello che aveva fatto era respirare, ad occhi chiusi, con il viso schiacciato nel cuscino, e tentare di rilassarsi. Le era bastato quel poco per crollare addormentata, e finire così in un baratro nero, senza pensieri né sogni. Era solo rilassata. Il corpo sul letto, l’anima leggera. Niente più preoccupazioni, solo una gran sensazione di ristoro.
Non c’era nulla più, tranne una leggera sensazione alla bocca dello stomaco. E non erano farfalle. Aprì gli occhi, veloce, e recuperò il cellulare che le vibrava all’altezza dello stomaco. Il nome che lesse sullo schermo illuminato la fece sorridere. Zayn.

“Ehi…” rispose, con la voce impastata dal sonno.
“Dormivi?”
“Si…” si giustificò, era inutile negare un fatto così evidente. Allungò lo sguardo verso la sveglia sul comodino che segnava le due e mezza. Aveva ogni ragione per dormire.
“Effettivamente è un po’ tardi, scusa. Ma visto che ci sei rimasta male ieri, oggi ho evitato di fare lo stesso errore e ti ho chiamata…” Era attento, aveva ascoltato le sue paranoie e la cosa la faceva sorridere. “Mi hai chiamato prima?”
“Si, ci ho provato… non so se posso chiamarti liberamente oppure devo aspettare te. Scusami nel caso…” era strana, lo sentiva con le sue stesse orecchie. Ma non riusciva ad essere rilassata al momento.
“Puoi chiamarmi quando vuoi… basta che non scleri se non rispondo. Purtroppo non posso utilizzare sempre il cellulare..” Zayn invece sembrava normale. Né entusiasta né triste. Il solito Zayn.
Ocean non aggiunse altro alle sue parole, con gli occhi chiusi, appesantiti dal sonno e dai pensieri che tornavano, prepotenti.
“E’ stata una bella giornata oggi..” commentò Zayn, con l’esigenza di parlarle.
“Si” rispose la ragazza, poco convinta, lasciando seguire altro silenzio.
“Ocean, cosa c’è.” Ecco, se n’era accorto.
“niente… dormivo…” la diciottenne restò vaga.
“Dai, dimmi. Ti sei pentita per oggi…”
“noo!!” aggiunse preoccupata. Ma stava impazzendo o cosa?
“E allora cosa c’è… parlami…”
“Ho paura per tutto questo” si lasciò scappare, senza pensarci due volte. Sarebbe stato tutto più semplice.
“Di cosa hai paura?”
“Che questa storia porti scompiglio… non voglio. Credimi. Quando vi ho allontanati da casa mia era proprio per questo. Perché non vorrei che tra voi le cose non andassero a dovere.”
“Le cose tra noi? Ocean siamo cinque ragazzi che sono stati messi insieme forzatamente… credi che la storia dell’amicizia sia reale? Si, d’accordo, ci vogliamo bene. Ma perché siamo costretti a vivere insieme certe esperienze. Se avessi incontrato Louis o Harry per caso, non sarebbero mai stati miei amici! Fino ad un certo punto può importarmene… non mi posso preoccupare per Harry, se voglio te. Se ne farà una ragione!”
La ragazza dall’altro capo del telefono restò senza parole. Zayn aveva un modo di vederla tutto suo. E, dal suo punto di vista, seguendo il suo discorso, le cose filavano.
“Perché c’entra Harry, non è vero?” le chiese, nel momento in cui lei non aggiunse null’altro.

Era il momento della verità.

“Mi sono ritrovata Louis a casa al mio rientro, e mi ha detto che non sta bene… ho provato a chiamarlo e mi ha detto…”
“Hai chiamato harry?” fu interrotta, di nuovo. Avevano questo modo prepotente di fare, che la mandava in bestia. Il tono di Zayn era chiaramente geloso.
“Zayn, ti prego. Vorrei solo che non si rovinasse nulla.”
“Smettila di sentirti onnipotente! Smettila di preoccuparti per tutti! E smettila di avere un piede in due scarpe! Non puoi farlo!” anche Malik alzò la voce con lei, al telefono, proprio come aveva fatto Harry qualche ora prima. “Siamo adulti, tutti. Styles dovrebbe crescere e smetterla di fare storie incredibili per un nulla! E tu dovresti decidere cosa vuoi. Vuoi me? Vuoi Harry? Prendi una dannata decisione e portala a termine. Sì un po’ egoista nella vita. Per te stessa. Buona notte.” E mise giù.

Zayn le attaccò il telefono in faccia, dopo averle scaricato addosso altre parole, altri pensieri, altre sensazioni non propriamente positive. Ed Ocean aveva sempre più voglia di sparire e lasciar perdere tutto. Era così difficile. Loro lo erano. La situazione in cui si era infilata, e in cui stava continuando ad infilarsi, battendoci la testa. Era così frustrante.
Non avrebbe riposato bene quella notte, con le parole di Harry che inseguivano quelle di Zayn nella sua testa.
 


 

***

 

 
Notte lenta, giornata ancora peggiore.
Quando di notte non si riposa come si deve, è normalissimo svegliarsi con un umore pessimo e trasmettere tutto nella giornata che ti ritrovi a vivere. Le ore scolastiche poi, di sicuro non alleggeriscono sensazioni negative come quella.
Passò tutto il giorno ad aggiornare twitter, sperando di trovare segni di Zayn o di Harry. Ma niente. Nessuno dei suoi sembrava voler scrivere qualche cosa, aggiornare i loro profili, comunicare con Ocean. Il che peggiorava il suo stato d’animo, nonché le occhiaie marcate che si ritrovava sotto gli occhi. Era distrutta.
Fortuna che il mercoledì aveva l’appuntamento fisso con Faith. Tutti i mercoledì passava il pomeriggio a casa dell’amica. Era un’abitudine che tramandavano da anni oramai, quando la madre lavorava la mattina, e il mercoledì non riusciva a passare a prenderla, e quindi rimaneva da Faith. Non avevano mai perso quell’abitudine. Era un giorno tutto per loro.
Di tanto in tanto aggiornava twitter, ma l’attenzione era quasi tutta per l’amica, che le raccontò di Greg. Di quanto si era divertita a punzecchiarlo e di come avevano limonato per tutta la sera, seduti sui gradini fuori al patio di casa sua. Era entusiasta, e sentire Faith felice e rilassata in un certo qual senso la rilassò.

“Tu che hai?” le domandò, consapevole del fatto che c’era qualche cosa nell’amica che non andava.
“E’ tutto un casino…” si lamentò lei, restando sul vago per adesso.
“T’oh. Chi te l’aveva detto?” commento Faith, con aria saccente.
“Si lo so, avevi ragione. Però sta di fatto che adesso ci sono dentro, e i tuoi commenti non mi aiutano.” Aveva un’aria davvero tanto triste, tanto che l’amica le si avvicinò e le passò un braccio intorno alle spalle.
“Harry crede che l’abbia sfruttato, Zayn è convinto che io voglia stare con Harry, sono gelosi entrambi e io non ci sto capendo niente! Sono solo una semplice ragazza… perché tutta questa ossessione?” era solo uno dei tanti momenti di sfogo di cui avrebbe avuto bisogno.

Nervosamente continuava ad aggiornare la timeline di twitter, giusto per tenere le mani impegnate e non guardare l’amica in faccia, cosa che le avrebbe fatto cadere ogni sicurezza, lasciandola sola in un mare di lacrime.
Ma l’innumerevole presenza di tweet con lo stesso hashtag la insospettì.
Cliccò sul tag, e le si aprì quello più ritweettato di tutti, quello che era comparso almeno trenta volte nella propria timeline e aveva colto la sua attenzione.


< Avvistati dai paparazzi pochi minuti fa all’aeroporto. E’ uno scherzo, vero? Volete farci venire un infarto! > sotto, il link ad un’immagine.


Sgranò gli occhi una volta allargata, portandosi la mano libera davanti alla bocca. 
C’era Zayn, di spalle, che stava per colpire Harry in faccia, con un pugno. E dietro di lui, Louis che tentava di mantenerlo.

No, non era uno scherzo. Le paure di Ocean erano chiare sotto ai suoi occhi.





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Hola polulas! Come tutte le migliori soap-opera, anche la mia sta diventando un appuntamento fisso alle 13.30!
Spero apprezziate questa mia puntualità u.ù
Come sempre ringrazio tutte per le condivisioni, le recensioni, i commenti che mi fate per messaggio personale,
l'inserire la mia storia tra le vostre preferite/seguite. 
Davvero tutte, dalla prima all'ultima
Per quanto riguarda il capitolo; quante di voi erano convinte di vedere Harry all'inizio del capitolo? Quante si sono sorprese? 
Quante sono state felici di vedere invece Louis? Prestate attenzione al discorso che hanno Ocean e Louis, perchè è stato 
accennato da lui qualche cosa cosa che troveremo nel prossimo capitolo. Chi ha capito a cosa mi riferisco? 
Come avete preso la conclusione di questo capitolo? 
Fatemi sapere! Sapete che i vostri commenti inerenti alla mi divertono parecchio u.ù

Vorrei ringraziare nuovamente la mia Ocean personale, 
, perchè mi diverte da morire e perchè mi aiuta davvero con i suoi consigli e i suoi pareri.
Un bacio a tutte voi.
Giù.


P.S: se c'è qualcuno che vuole rientrare nel mio gruppo di ascolto per la fanfiction, me lo faccia sapere u.u



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Capitolo 16
*** Capitolo 16 ***






Avrebbe voluto sacrificare qualsiasi cosa, persino il fatto di dover smettere di cercarli, di sentirli, di far parte delle loro vite e della loro contorta realtà, pur di evitare questo. Non che la fotografia di Zayn che stava per dare un pugno a Harry, che girava sul web da solo qualche minuto, aveva un sottotitolo che riportava ad Ocean, ma certe cose si sentono. Ed aveva quell’assurda sensazione di essere proprio lei la causa di quel litigio, di quella rissa. O almeno, di quella che sperava fosse stata sedata dagli altri tre.
Lo sperava davvero con tutto il cuore, mentre teneva il cellulare tra le mani tremanti, con gli occhi fissi sullo schermo luminoso. Prima d’allora aveva solo immaginato com’era sentirsi cadere il mondo addosso. Ed era una sensazione estenuante.

Si alzò di scatto, lasciando Faith e la televisione accesa, senza rispondere alle sue domande su dove andasse e che cosa le prendesse. Mentre scendeva le scale compose il numero di Zayn, ma non ricevette alcuna risposta.
Infervorata, richiamò. Non l’avrebbe evitata. Un cellulare che suona o che vibra non può essere ignorato a lungo. E fino a quando non avesse ricevuto risposta, avrebbe continuato a chiamarlo. Prima o poi, qualcuno, avrebbe risposto.

“Devo andare Faith… poi ti spiego” tagliò a corto, uscendo da casa sua. Non aveva tempo di spiegarle nulla, e soprattutto non aveva tempo di stare a sentire le sue ramanzine. Era adorabile come amica, la migliore che aveva mai avuto, però certe volte doveva imparare a farsi da parte. E se fino ad a quel momento era sempre stata disponibile nei suoi confronti, disposta a darle spiegazioni e giustificarsi anche quando non c’era il minimo bisogno di farlo, in quel preciso istante qualche cosa cambiò in lei.
Aveva tempo solo per salire in auto e partire. E sapeva già dove si sarebbe diretta.

Mentre la macchina viaggiava a velocità abbastanza sostenuta, continuava a rimandare la chiamata a Zayn. Ed ogni qual volta attaccava la segreteria telefonica, ricominciava tutto da capo. Aveva come meta l’aeroporto. Li avrebbe trovati lì? Non ne era sicura. Ma doveva provarci.
L’autostrada scorreva veloce sotto le ruote della macchina di Ocean, e i minuti passavano. Oramai le chiamate erano quasi arrivate ad una trentina, se non di più. Ma della voce di Zayn nemmeno l’ombra. Era sempre più tesa, in ansia per lui, in ansia per i ragazzi. Era come se tutto le si fosse piazzato sullo stomaco, e non avesse nessuna intenzione di scendere giù, di essere digerito.
 

“Ho da fare.” La voce di Zayn le risuonò nell’orecchio attaccato allo smartphone, e la colse di sorpresa. S’aspettava la segreteria telefonica oramai, considerando le volte che la telefonata si era conclusa così nel giro degli ultimi minuti, altro che Zayn!
“Dove siete?” domandò veloce, riversando tutta l’ansia che stava accumulando in quelle poche parole.
“Alla Modest. Ci sentiamo più tardi” e mise giù. Forse non sapeva della foto, o forse sperava solo che Ocean non sapesse. Almeno non ancora.
 

Senza nemmeno pensarci, mise la freccia e alla prima uscita dell’autostrada scese, imboccando poi la strada giusta per raggiungere la sede della Modest Management.
 




 

***





Il cancello della Modest le appariva come una prigione. Non di più, non di meno. Aveva parcheggiato di poco lì fuori, ed a piedi aveva raggiunto l’ingresso, imbattendosi ben presto in una delle guardie all’ingresso, che subito la bloccò, senza troppi giri di parole.
 
“Dove credi d’andare signorina?”
“Devo entrare.” Rispose lei, decisa. Come se le fosse dovuto l’ingresso. Era già stata lì, conosceva già parecchie verità che altri potevano solo immaginare. Una guardia ignara di tutto ciò che stava vivendo, del casino in cui si era cacciata, non l’avrebbe di certo fermata.
“E io devo andare in vacanza, ma non posso. Oppure potrei farti entrare, così sono sicuro che andrò in vacanza a vita perché mi licenziano!” e se la rise, da solo. Non era divertita nemmeno un po’, e non a causa dello stato d’ansia che provava. Era proprio poco divertente, in generale.
Ocean lo fissò, gelida ed anche un po’ perplessa. “Chiama il signor Enfay… Vedrai che mi farà passare.” Non aveva un piano, ma quell’uomo di sicuro sarebbe stato il suo lasciapassare.
Tant’è che il ragazzo della sicurezza la guardò con una certa aria preoccupata, forse intimorito dalle conoscenze della ragazza. “Come ti chiami?”
“Ocean McLeod… su, non perdere tempo!” mettere fretta era il miglior modo per farlo sbrigare forse, ma avrebbe davvero dovuto dimezzare i tempi. Perdersi in chiacchiere non avrebbe portato a nulla di buono, soprattutto in una giornata come questa.
Il ragazzo entrò nel suo gabbiotto, e dopo alcuni minuti ne uscì, con un’aria smorta, e senza aggiungere nulla aprì il cancelletto pedonale, lasciandola entrare.
Ocean non aggiunse altro, avviandosi verso la Hall in cui era già stata. Non aveva bisogno di ribadire nulla al ragazzo della sicurezza. Infondo faceva solo il suo lavoro, oltre che tentare di essere simpatico in maniera rovinosa.
Appena entrata, con aria sbattutissima e tanto di capelli arruffati – in fin dei conti era stesa a letto all’arrivo della fotografia della rissa, e non aveva perso tempo a darsi una sistemata prima di scendere – si avvicinò al bancone di quella che sembrava una reception a tutti gli effetti. Ed una delle segretarie lì presenti le sorrise.
“Ocean McLeod?” si aspettavano di vederla comparire da un momento all’altro? Non c’era altra spiegazione. “Prego, mi segua…”
Fece il giro del banco, senza lasciare alla ragazza il tempo di sorprendersi o di fare domande, ma solo il modo di seguirla per i corridoi che aveva già visto. Non aveva la minima idea di dove la stesse portando, ma si guardava intorno, alla ricerca di un volto conosciuto.
 
La segretaria si fermò ad una porta, busso e senza attendere aprì, lasciando poi ad Ocean lo spazio di entrare. Appena infilata dentro la stanza, si ritrovò di fronte l’ufficio del signor Enfay, con lo stesso seduto al proprio posto, dietro la scrivania.

“Se Maometto non va alla montagna…” commentò, commento che stizzì ulteriormente i nervi della diciottenne, che erano già abbastanza tesi. Non c’era bisogno di fare dell’ironia sul fatto che si trovava lì. Soprattutto considerando il reale motivo per il quale era lì. Motivo che non c’entrava nulla con mister Enfay. E lui lo sapeva.
“Non sono qui per parlare con lei.”
“Ah no?” domandò l’uomo, fintamente sorpreso “Avrei giurato di si, visto che ha dato il suo nome al portiere, chiedendogli di annunciarla a me…” ironico ancora una volta. Di quell’ironia quasi subdola.
“Mister Enfay, con tutto il rispetto. Non ho chiesto di annunciarmi a lei, ma solo di farmi passare… Dove sono i ragazzi?” gli domandò, con una certa fretta nel tono.
“Va di fretta signorina McLeod?” era diventata una sorta di sfida tra i due “Si accomodi… vuole bere qualche cosa?”

La ragazza sbuffò e si avvicinò alla scrivania dell’uomo, che le sembrava sempre più una persona viscida, sedendoglisi di fronte. “Le ripeto che non sono venuta a parlare con lei. Non rimangio nulla di quello che ci siamo detti a telefono Mister Enfay…”
“Invece dovrebbe.” Concluse lui, senza batter ciglio, lasciando la diciottenne spiazzata. “Dobbiamo trovare un accordo, signorina. Che le piaccia o meno, dobbiamo farlo. Per il bene del gruppo e dei ragazzi. A meno che lei non voglia un’istanza al tribunale di zona per vietarle di avvicinarsi a loro. E se lo farà cara mia, incorrerà in problemi legali ben più seri di un paio di scartoffie sulla segretezza…”

Ocean, diciottenne per nulla navigata, reagiva con un gran vuoto di conoscenza alle parole dell’uomo che aveva di fronte. Non era mai stata minacciata con paroloni legali. Non conosceva le leggi, non era mai stata in un tribunale, mai nessuna denuncia. Nemmeno una multa per eccesso di velocità. Chiaramente si spaventò alle parole dell’uomo, anche se tentava di non darlo a vedere.

Proprio mentre tentava di trovare le parole giuste per rispondere all’uomo, ammutolita, sentì una voce, alta, nel corridoio. La porta era chiusa, eppure poteva percepirlo chiaramente. Era Paul.
 
“Ti ho detto di stare qua. Lo capisci o no? Adesso devi calmarti! Non ti porto da nessuna parte! Non ci puoi andare da lei!”
 
Senza pensarci due volte, si alzò, lasciando strisciare la sedia a terra, creando un rumore fastidiosissimo che si confuse con le domande di Mister Enfay riguardo a cosa facesse. Non si era fermata per le domande di Faith, sua amica da sempre, figurarsi se l’avesse fatto per quell’uomo che non le trasmetteva null’altro che viscidume. Paul aveva parlato a qualcuno, aveva alzato la voce con qualcuno, e aveva aggiunto un non puoi andare da lei. Doveva essere Malik. E la ragazza doveva vederlo, o sarebbe impazzita.
 
Una volta raggiunto il corridoio, voltò la testa da un lato e poi dall’altro, alla ricerca di Paul, e quando lo vide chiudere una delle tante porte, gli corse incontro.

“Dove sono? Stanno bene?”

Paul la guardò incredulo ma al tempo stesso anche annoiato. “Ma sei sempre in mezzo? Non riesci proprio a stare lontana dai casini?!” evidentemente non la voleva lì. “Già è complicato, e stai trasformando la mia vita già di per suo poco semplice in un inferno! Non servi qui a creare ulteriore scompiglio. Quindi per favore, vai via. Non so chi ti abbia fatto entrare ma…”
“E’ stato Mister Enfay.” Non ci pensò due volte. Una bugia a fin di bene non è poi così grave, no?

A questo punto Paul non esitò, alzò le mani in segno di resa, considerando l’eventualità di un accordo tra i due forse, e le lasciò spazio e la ragazza non lasciò passare ulteriore tempo. Aprì la porta e si infilò nella stanza.

“Harry?”

Quando si ritrovò di fronte il riccio, cominciò ad esitare. I dubbi la invasero, ed in pochi secondi era come se tutto quello alla quale aveva pensato, aveva creduto fino a quel momento, tutto quello che l’aveva condotta lì alla Modest, facesse fumo, all’improvviso. Un gran falò. Si aspettava davvero di trovare Zayn, soprattutto dopo aver sentito le parole di Paul che si riferivano ad una lei e al non poterla raggiungere. Avevano litigato per qualcun'altra? Era Harry quello che voleva andare da qualcuna, e Paul glielo negò a gran voce. Doveva trattarsi di un’altra ragazza. I pensieri le scivolarono via solo quando mise bene a fuoco la figura di Styles.

Era ridotto malino. Aveva il labbro gonfio e spaccato, un occhio livido e si teneva una lattina di cocacola su di uno zigomo, probabilmente ridotto altrettanto male. Quando si ritrovò di fronte Ocean, fece per alzarsi, lasciandosi scappare una smorfia di dolore.

“Che ci fai qua? Chi ti ha fatto entrare?” subito, allarmato.
“Come vi siete ridotti…” dava per scontato che anche Zayn non l’avesse avuta per nulla facile, motivo per il quale parlava al plurale. Se Styles era ridotto così, come avrebbe trovato Zayn? Harry sbuffò e si rimise seduto. Le parole di Ocean gli avevano dato un altro colpo, era chiaro. Il colpo di grazia, che gli faceva ancor più male del dolore fisico che provava.
La ragazza, piano, quasi con paura, gli si avvicinò, per verificare meglio lo stato dei suoi lividi, ma il riccio si tirò indietro, evitandola. Evitando il suo sguardo. Non aveva nessuna intenzione di mettersi in mostra.
“Non vai a controllare Zayn? Magari ha un braccio rotto, o un paio di denti in meno…” non riusciva a riconoscere ironia nel suo tono. Solo un po’ di cattiveria. Quella si, ed anche chiaramente.
“Fammi vedere.” Gli poggiò una mano su di una spalla, tentando di farlo girare, per dare uno sguardo più accurato a quei segni. C’era andato giù pesante Zayn, e la cosa l’agitava. Per reagire così, sotto doveva esserci qualche cosa di davvero pesante. “Perché?”

In quei pochi istanti di silenzio, in cui Harry cercava delle parole adatte per rispondere alla semplice domanda della diciottenne, si immaginò qualsiasi cosa. Qualche parolaccia, qualche insulto, persino quest’ipotetica lei per la quale avevano litigato. Chi c’era di mezzo? Harry aveva una ragazza e Zayn si era affezionato anche a lei? Si affezionava a tutte quelle alla quale il riccio si avvicinava, per pura gelosia? C’era qualche cosa che non sapeva? Solo le parole di Harry la riportarono con i piedi per terra, salvandola dal mare di scene che le apparivano in mente.

“Ci andava… ogni tanto mi prende a pugni per divertimento!” Mi prende a pugni.
Ocean alzò gli occhi al soffitto e sbuffò. “Non fare il cretino!” lo bacchettò subito dopo, lasciando la presa sulla sua spalla. “Cos’è successo. Lo vedi perché non mi va di stare in mezzo a questa situazione? Voi ragazzi siete sempre così… così poco razionali! Subito arrivate alle mani! Che motivo c’era, Harry? Perché hai istigato Zayn! Che motivo c’era, diamine!”

Lo sguardo del riccio si faceva sempre più insistente su Ocean. Non lo abbassò, mentre le diceva, con chiara aria di disagio e delusione. “Puoi andare via? Te lo chiedo per favore! Non ho voglia di vederti, né tantomeno di parlarti o di sentirti dire certe cose. Per me non è concepibile, davvero. Non mi conosci, non hai idea di chi sono, e sputi sentenze su di me? Dai, aria. Chiedi a Paul dov’è Zayn. Vai da lui. Qui non sei desiderata.” Era freddo. Ancora una volta. Ma questa volta, la ragazza se l’era meritato. Pur non conoscendone le ragioni.
E così, senza dargli ulteriori attenzioni, gli voltò le spalle e raggiunse di nuovo la porta. Bene. Harry non voleva parlarle? Non avrebbero parlato. Uscì, con l’intenzione di trovare Zayn.
 



 

***




 
Ci mise un po’ per trovare Zayn. Paul era perso chissà dove, e dovette spendere il nome di Mister Enfay, nonché del suo falso volerla lì, almeno un paio di volte, prima di arrivare alla saletta dove lo tenevano. Era una situazione di crisi quella che la Modest stava vivendo. Ed era chiaro per il viavai di gente che c’era, nonché per la distanza tra la stanza occupata da Harry e quella dove l’accompagnarono, dentro la quale c’era Malik.

Prima di entrare, con la mano sulla maniglia già premuta, prese un respiro. Aveva un’immagine nella mente: uno Zayn conciato più o meno male come Harry. Il che, non rendeva rosea la scena che stava per compiersi.
La porta scattò, e si ritrovò di fronte il ragazzo di Bredford, totalmente integro. Non aveva un graffio. A vedere Ocean le sorrise. Felice forse? O solo sorpreso? “Che ci fai qui?”
La ragazza un po’ meno nel vederlo senza un graffio, se non quelli sulle nocche delle mani, alla quale fece caso subito, nella ricerca delle imperfezioni sul suo corpo. E non perché lo volesse livido. Solo che nel vedere Harry conciato malissimo, si sarebbe aspettato almeno qualche graffio. E invece, nulla. Almeno da quello che aveva davanti agli occhi, l’unico ad alzare le mani era stato proprio il badboy di Bredford.

“Cosa hai fatto.” Era chiaramente stata una rissa a senso unico. Zayn aveva colpito Harry, e i segni sulle sue mani le davano ragione. Ma Harry non aveva risposto, o quantomeno non era riuscito ad andare a segno, considerando l’assenza di lividure sul volto – e probabilmente anche sul corpo, considerando i suoi movimenti fluidi - di Malik.
Zayn si accigliò. “Hai visto le foto?” le domandò, rabbuiato. “Quei dannati paparazzi.” Sibilò tra i denti.
“Hai preso a pugni Harry?” incalzava la ragazza.
“Ti preoccupi per lui? E’ vivo, tranquilla!” aggiunse, con un leggero ghigno incattivito, come se la cosa lo divertisse.
“Zayn!” sbottò. “Hai preso a pugni Harry?! Perché l’hai fatto?”
Il ragazzi si sedette sul divanetto che aveva alle spalle, accavallando le gambe e lasciando vibrare quella di sotto, nervosamente. Evitava lo sguardo della ragazza, che d’improvviso si sentì tremendamente in colpa nei confronti di Harry. Era come se avesse una sensazione. Aveva sbagliato a giudicarlo.
“Allora?” domandò ancora la ragazza.
“E va bene! Ho preso a pugni Harry, si. E quindi? Ti dispiace?! Non dovrebbe importartene invece. Sono faccende tra di noi!” le parole di Zayn risuonarono anche sulle pareti, ed oltre la porta, per come gliele aveva urlate contro.
“Perché l’hai fatto ti ho chiesto. Stai solo sputando parole senza senso. Rispondimi piuttosto, senza darmi scusante che non reggono..”
“Perché ha architettato tutto! Ne sono sicuro! Ti ha fatto trovare a casa Louis, ha fatto la parte del poverello disperato, perché solo quello sa fare! Piange un po’, si lamenta, fa la parte di quello che soffre… E poi mi dice pure che non è vero. Che non vuole sentirti perché pensa che tu sia una cattiva persona. Che ti ha chiesto di lasciarlo perdere e che sei stata tu a chiamarlo! Capisci? Vuole dare la colpa a te, di tutto questo piano studiato a tavolino! L’avrai pur chiamato tu, ma perché Louis ti ha dato il suo numero… e Louis e stato mandato da lui, che architetta tutto! E all’ennesima stronzata, non ce l’ho fatta più.”
“Hai colpito Harry perché t’ha detto queste cose?” era confusa. E le parole di Zayn le facevano paura.
“Ho preso a pugni Harry perché continua a prendermi per il culo! E un amico non si prende per il culo Ocean. Deve imparare. Io sono cresciuto bene a suon di pugni, può farlo anche lui! Non è riempendosi la bocca di belle parole che viene su forte! Belle parole alla quale nessuno crederebbe, tra l’altro.”
“Sei cresciuto violento a suon di pugni Zayn.” Sputò una bella sentenza, ma non riuscì a controllarsi. “E sinceramente non penso che Harry abbia costruito tutto a tavolino, anche perché non voleva sentirmi quando l’ho chiamato. Non si aspettava una mia telefonata ed ha tagliato corto, mettendo giù ben presto. Dovresti imparare a fidarti dei tuoi amici, e di me. Non prenderli a pugni perché quello che dicono non ti torna.” Quindi fece un paio di passi indietro, incredula e con uno strana sensazione di nausea. Era tutto il discorso di Zayn a causarle quel voltastomaco?
Era da lei che Harry voleva andare?

“Lo difendi?” aveva gli occhi sgranati, come se si sentisse tradito dalle sue parole.
“Hai preso a pugni un tuo amico! Hai preso a pugni un tuo amico che non ha fatto nulla per meritarlo!” urlò lei.
“Gli ho chiesto la verità e mi ha detto per l’ennesima volta che non c’entrava nulla con Louis e il fatto che tu adesso abbia il suo numero! Mente Ocean! Mente continuamente!”

La ragazza alzò entrambe le mani, in stato di resa, e fece altri due passi indietro. Aveva bisogno di aria.

“Anche se mentisse, non dovevi farlo. Con la violenza non si risolve nulla, e a me la violenza non piace.”
“Dai, non dirmi che credi alla storia dell’amicone Louis che si preoccupa per lui!” aggiunse con scherno nel tono, avvicinandosi a lei, con l’intento di abbracciarla.
Ma Ocean si fece da parte, scansandolo. “Non…” evitò di farsi abbracciare “Non credo sia il caso, Zayn. Davvero.”
Era pesantemente disgustata da lui, dalle sue parole, da quello che diceva su Harry. Era sempre più un casino. Ed il viso di Zayn era chiaramente sofferente. Non capiva perché lo evitava. Era quasi cieco. Non vedeva la paura negli occhi di lei. E ce n’era tanta.

Rimasero diverso tempo a guardarsi, increduli entrambi, ognuno con le proprie ragioni, fino a quando la porta non si aprì, rivelandone un Mister Enfay parecchio rabbioso.
“Signorina McLeod, la devo legare alla sedia per finire un discorso con lei?” aveva sempre quel tono fastidioso. Tentava di apparire simpatico, ma non ci riusciva. Ocean non si voltò a guardarlo. Era troppo presa a tentare di restare a galla nel mare di delusione in cui era a causa di Zayn.






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Hola polulas!
Oggi un pò in anticipo, lo so. Ma ho da fare, e poichè mi sono ripromessa di postare un capitolo al giorno mi sono anticipata un pò!
Come sempre, prima le note di fine capitolo; il primo che dice essere un capitolo "moscio", me lo mangio a colazione.
Ed essendo a dieta, capirete che ho abbastanza fame da non lasciare di voi nulla u.u 
Se lo leggete attentamente, come sempre fate mi auguri u.u, capirete che c'è molto più in questo capitolo che negli altri.
Basta solo scovarle le cose. Ho tentato di darvi degli indizi, e non di mettervi sul piatto una pappetta già pronta da mangiare.
Spero apprezzerete.
Che tipo di accordo vorrà fare mister Enfay con Ocean secondo voi? Ed è Zayn o Harry ad avere ragione? Cosa ne pensate, fatemi sapere!

Come sempre poi, ringrazio tutte. Dalla prima all'ultima.
E nell'angolino speciale dei ringraziamenti, oggi di diritto ci va Alessandra ( 
 ), essendo persino più nonna di me u.u Grazie per le parole, 
e soprattutto grazie d'avermi accolta nel mondo delle directioner attempate! *-* E' bellissimo non sentirsi sole! 


Ancora grazie a tutte, come sempre spero vi piaccia anche questo capitolo.
Un bacio,
Giù.

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Capitolo 17
*** Capitolo 17 ***






Ocean si sentì costretta a seguire Mister Enfay nel suo ufficio, un po’ perché l’aveva usato per tutto il pomeriggio come scusante, ed un po’ perché era meglio star lontana da Zayn adesso. Lo stesso Malik le aveva voltato le spalle, forse considerando nel modo giusto lo sguardo freddo e deluso che per tutto il tempo gli aveva riservato, anche all’arrivo dell’uomo alle spalle di lei.

Lo seguì a testa bassa, con un grande carico d’angoscia addosso. Angoscia che aveva superato di gran lunga l’ansia che fino a poco prima le pesava sullo stomaco. Adesso aveva chiarito le cose per il proprio cervello. Aveva visto con i propri occhi entrambi i ragazzi e, anche se Harry restava quello peggio messo, stava il fatto che stessero bene. Lividi ed ammaccature passano. Era più tesa per la situazione davvero stramba nella quale era sempre più infilata, e per il fatto che continuava a seguire l’uomo che le aveva fatto firmare quel dannato patto di segretezza.

Imboccò l’ennesimo corridoio, inoltrandosi sempre più in quel labirinto di porte, passaggi, scale. Nemmeno ricordava di aver percorso tutta quella strada, tanta era la voglia di vedere Zayn con i propri occhi una volta uscita dalla sala dove stava Harry.
E proprio mentre camminava, con i pensieri altrove, mentre i piedi continuavano ad essere impegnati a seguire i passi dell’uomo che la precedeva, le passarono accanto Louis, con dietro una ragazza dai capelli scuri e mossi, parecchio alta, che lo tallonava con una lattina di cocacola gelata tra le mani e verso la quale la diciottenne non prestò molta attenzione.

“Ti si gonfia altrimenti!” aveva la voce stufa.

Senza interessarsi molto di Mister Enfay, fermò Louis, che nemmeno l’aveva notata, forse perché non si aspettava di vedersela lì.
“Ehi… come stai?”
“Ocean!” si fermò, sorpreso. “Che cosa ci fai qui?”
“Non potevo lasciarvi soli…” si giustificò, arrossendo appena, in maniera inaspettata per sé stessa. Cosa c’era da arrossire, lasciarsi andare in quel modo così strano per lei, in generale.

Louis sorrise. Mentre Mister Enfay si voltò a guardarla con una certa fretta nello sguardo. “L’aspetto nel mio ufficio. Non mi faccia aspettare ancora troppo…” e si infilò in una porta poco più avanti. Oramai erano arrivati.

“Hai un incontro con il topo?” il ragazzo accennò con il capo verso la porta dell’ufficio del legale.
“Il topo? Lo chiamate così?”
“Sembra un topo… e detto tra noi, nessuno lo tollera.”
“Oh, manco io…” quindi sbuffò, facendo spallucce subito dopo “Vedrò cos’avrà da dirmi…” anche se non era per nulla positiva a riguardo.
“Di sicuro ti vorrà trascinare nel quadretto della felicità.” Solo ora che le parlava direttamente, mise a fuoco l’immagine della ragazza. Non era una della troupe, non era una segretaria. Eleanor Calder. Ecco chi era. E si dannò per non averla riconosciuta prima, dando la colpa al turbinio di emozioni, non proprio positive, che si ritrovava a provare.
“Quadretto della felicità?” le domandò, perplessa.
“Beh si… è una di noi?” domandò verso Louis, titubante. E solo nel momento in cui lui le fece un segno di assenso, continuò a parlarle, abbassando la voce di un paio di toni, in modo che solo lei potesse sentire. “C’è tutto un insieme di intrecci nella loro sfera privata, che non esistono in realtà. E’ una macchina per far soldi purtroppo.” E prese il Tommo alla sprovvista, rifilandogli la lattina gelata su di un polso. Lui fece una smorfia, guardandola malissimo, ma tenne lì la lattina. Era più capriccioso che altro.
“Io sono Ocean…” allungò una mano verso Eleanor, per presentarsi. E lei ricambiò il gesto, presentandosi a sua volta.
Louis le passò un braccio intorno alle spalle e se la strinse un po’ addosso. “Non spaventarla adesso… Già il topo fa un bel po’ paura. Non le servono anche le tue parole…”
Erano parecchio carini insieme.
“Voi due…” e lasciò la frase in sospeso, forse per paura di apparire alla coppia che aveva di fronte un po’ troppo fuori luogo.
“Noi due?” domandò Louis, sciogliendo l’abbraccio con lei, che si ritirò su con aria vaga.
“Stiamo insieme da due anni quasi. Ufficialmente.” Aggiunse lei. Tra ragazze ci si capisce sempre più facilmente.
“Siete parecchio carini insieme…” anche prima, prima del concerto, prima di conoscere Zayn, Harry e tutti gli altri, prima di tutto quel casino, le piacevano come coppia.
“Anche Mister Enfay la pensa come te…” aggiunse Louis, prendendosi uno scappellotto da Eleanor.
“Io non devo spaventarla, quindi tu stai zitto!” lo rimbeccò, indicando poi il corridoio alla diciottenne. “Forse è meglio che tu vada… non gli piace molto aspettare, e già era abbastanza teso.”
“Già ha aspettato parecchio…” spiegò Ocean, salutando quindi entrambi con la mano, avviandosi verso la porta dell’ufficio di Mister Topo.



 
***



 
Una volta entrata, senza aggiungere altro prese di nuovo posto di fronte Mister Enfay, che preparava dei fascicoli di fogli, pronto a posizionarglieli di fronte una volta seduta.

“Lei sa, signorina, che la Modest è una compagna di Management parecchio importante nel settore dove operano gli OneDirection…”

L’attenzione di Ocean fu subito riportata al titolo della cartelletta che aveva di fronte. Prototipo di contratto.

“Prototipo di contratto?” gli domandò, interrompendo il discorso di presentazione alla quale non era minimamente interessata.
“Prototipo di contratto di collaborazione, si… E’ quello che tentavo di accennarle a telefono quando ci siamo sentiti. Potrebbe rientrare a far parte delle ragazze della nostra agenzia…”
“Ma io non so cantare!” non riusciva a seguire i discorso di Mister Topo, che la derise appena a quella conclusione.
“E nessuno le chiederà di farlo, glielo assicuro. Ci servirebbe piuttosto come ragazza immagine.”

Dallo sguardo di Ocean era chiaro comprendere che ancora faceva fatica a seguire le parole dell’uomo un po’ stempiato.

“Sarebbe una delle ragazze che lavora per l’agenzia, della quale ci serviamo per comparsate nel primo periodo, ed una volta che l’attenzione si rivolge a loro, e mi creda che ci riusciamo in pochissimo tempo, la useremo per pubblicità, apparizioni, interviste… tutto concordato ovviamente. Saprebbe quando presentarsi, come presentarsi, cosa indossare. Le arriverebbe tutto a casa! Un lavoro semplicissimo ed anche molto fruttifero…”
La diciottenne era sempre più confusa. “Mi sta proponendo di entrare a far parte dell’agenzia come merce da utilizzare per i vostri scopi pubblicitari? Per far più soldi insomma…”
“Soldi che farebbe anche lei! Ed inoltre avrebbe modo di stare con i ragazzi senza alcuna copertura. Rientrerebbe tutto nel pacchetto, massima convenienza!” le parlava come se fosse un venditore di qualche pillola miracolosa per dimagrire.
“Io la ringrazio davvero per l’offerta, ancora una volta… ma non credo che mi interessi far soldi in questo modo.”
“Prenda il fascicolo, lo legga con calma! Certe decisioni non vanno prese alla leggera, signorina McLeod. Oramai c’è dentro. Conosce certi meccanismi, certe realtà… non sarebbe più facile entrarne a far parte e ricevere anche una parte di compensi? Insomma, ci pensi bene!”
Non aveva bisogno di pensarci poi così tanto. Aveva ripromesso a sé stessa di non rientrare in quella sottospecie di contratto di sentimenti. Avrebbe solo complicato una situazione già abbastanza complicata.
“Ovviamente, se non firmerà nulla, non avrà più modo di vedere i ragazzi. Non possiamo permetterci una fuga di notizie con la portata che prenderebbe. E’ business. Non credo lei possa capirlo, ma ci può provare.”
“Mi sta dicendo che se non firmo questo contratto mi eviterete di vederli?”
Parlava al plurale, sebbene come stavano in fatti in quel momento non avrebbe voluto incontrare proprio tutti e cinque. Ma era una scelta inconsapevole nell’uso delle parole, quasi meccanica.
“Signorina, lei sta rovinando un equilibrio che seppur precario c’era. Eravamo riusciti a controllare ogni cosa, ma le sono bastati un paio d’incontri per mandare il lavoro di anni all’aria. Quindi per me, per la Modest, sarebbe meglio tenerla sotto controllo, piuttosto che lasciarla a briglie scolte a metterci i bastoni tra le ruote. Non so se intende…”

Seguì qualche istante di silenzio. “No, non intendo. E non voglio farlo, Mister Enfay. Può controllare la vita dei ragazzi, lavorativamente parlando. Non quella privata.”
L’uomo alzò gli occhi al soffitto e sbuffò. “Fate tutte così, all’inizio… Un po’ come una crocerossina che vuole salvare un ferito di guerra… siete così tenere!” era una chiara presa in giro la sua, ma la diciottenne non si sentì offesa. Semplicemente lo ignorò.
L’unica cosa che colse, forse la più importante, era il plurale che aveva utilizzato. Quindi non era stata la prima? Non era l’unica… Doveva capirci qualche cosa di più. Diventava sempre tutto meno chiaro.

“Facciamo tutte così? Quante hanno firmato questo contratto?”
“Sono notizie private queste.” Concluse lui, senza nessuna intenzione di sbottonarsi a riguardo. “Sta di fatto che alla fine tutte si sono convinte, perché è una cosa che conviene non solo a noi signorina McLeod. Quindi ci pensi… ha tutto il tempo che vuole. Noi, da qui, non scappiamo”
Restò a fissarlo per qualche altro istante, prima di prendere il fascicolo tra le mani e fare per alzarsi.
“I ragazzi sono nella sala delle riunioni B. Se vuole passare…”
La invitò quasi ad unirsi a loro. Ai ragazzi. Senza aggiungere altro la diciottenne si avviò alla porta.
“Mi faccia sapere allora…”

Lo guardò un’ultima volta prima di uscire dall’ufficio del Topo, senza salutarlo. Era così presa dai pensieri, così confusa, che un saluto non avrebbe portato proprio a nulla di buono. Soprattutto considerando la poca simpatia che aveva nei confronti dell’uomo stempiato e viscido.
 



***
 



Attraversò il corridoio quasi di fretta, con le mani impegnate dal fascicolo composto da Mister Enfay. Tremava appena, ma non ci fece poi molto caso. Era solo un modo naturale del suo fisico, come difesa da tutte quelle emozioni che le si erano accumulate in corpo.
Era tesissima, aveva la testa piena di parole, e non riusciva a concentrarsi nemmeno sulla strada da trovare per l’uscita. Doveva prendere aria, tornare a casa e fare una doccia. E poi forse avrebbe letto quel prototipo di contratto, anche se aveva decisamente dei grossi dubbi al riguardo.

“Signorina, da questa parte…”

Le indicò la stessa segretaria che l’aveva accompagnata verso l’ufficio di Mister Enfay. Ocean le sorrise ed annuì. Evidentemente aveva il volto di chi non sa dove andare, di una persona persa. Ed era proprio così che si sentiva. Persa. Cominciò a seguirla, riconoscendo in lei l’unica persona che avrebbe potuto salvarla da tutta quella confusione, fosse solo per il fatto che la stava accompagnando fuori.
Si fermò di fronte una porta, la aprì ed Ocean si ritrovò di fronte ad un tavolo circolare, intorno alla quale stavano diverse persone, tra le più da lei conosciute.

C’erano Liam, Niall, Louis, Harry e Zayn, divisi di tanto in tanto dai ragazzi della band, da Paul, c’era Eleanor, Danielle, Lou Teasdale ed alcuni ragazzi della sicurezza. Doveva essere la sala riunione B. Era un ammasso di gente che si voltò a guardarla una volta che la porta si aprì. E Ocean sentì le proprie gambe tremare, mentre Zayn puntò uno sguardo su Harry, quasi d’avviso. Nessuno si mosse o disse nulla, ma tutti la guardarono.

“Hai parlato con Mister Enfay?” le domandò Louis.
“Cosa??” Zayn non prese molto bene la notizia “Sei andata a parlargli?? Ti avevo detto di starne fuori!”
“Non volevo farlo infatti.” Rispose acida verso di lui. Non voleva ricevere accuse, non voleva essere lì. Dannata segretaria.
“Beh, lo spero.” Aggiunse Malik, sbuffando e distogliendo lo sguardo da lei.
“Vieni… stiamo decidendo l’ordine della settimana…” Niall si alzò dalla propria seduta comoda per trascinare un’altra sedia di fianco a lui ed invitare Ocean a sedersi lì, battendosi sopra la mano un paio di volte.
“Non ho firmato nulla… non faccio parte di questa cosa… non credo di dover…”
“Ocean, siediti.” Paul la interruppe, con un tono stufo. “Veniamo al punto, altrimenti perderemo anche il prossimo aereo…” evidentemente erano di fretta. “Dicevamo. Eleanor resta a casa a questo giro, questa settimana avete già fatto un’apparizione, quindi va bene così per adesso. Piuttosto, Danielle. Che impegni hai? Ci segui?”

La diciottenne, in silenzio, occupò il posto di fianco a Niall, che continuava a sorriderle, come per darle coraggio.

“Preferirei la settimana prossima… e io e Liam siamo ancora in rottura in realtà.”
Ocean osservava Liam, silenzioso, rinchiuso in sé stesso, con gli occhi fissi sul cellulare che aveva tra le mani.
“Allora settimana prossima verrai in Italia… Per quanto riguarda Taylor…”
“Lasciala ancora fuori Paul. Non ho voglia di certe cose.” Harry aveva la voce ferma, professionale. Taylor?
“Harry, abbiamo già concluso il contratto… non possiamo tirarla molto per le lunghe…”
“Posso non averne voglia? La settimana prossima ti ho detto.”
Paul scosse la testa e passò avanti con il discorso, elencando altri nomi ai ragazzi. Chi poteva unirsi al viaggio e chi no. Probabilmente, a causa della perdita dell’aereo, i posti erano stati dimezzati. Dovevano essere parecchio disponibili, perché nessuno della crew battè ciglio. Solo Harry ebbe da ridire.
“Bene, possiamo andare.”

La seduta era sciolta. Si alzarono tutti, e chi prima chi poi si avviò alla porta.
Zayn fu il primo ad uscire, evitando accuratamente lo sguardo di Ocean e degli altri, seguito da Liam, visibilmente preoccupato per lui, seguito a sua volta da Danielle. Niall la salutò con un sorrisone incoraggiante, e poi intraprese la strada dell’uscita. Louis ed Eleanor, in un angolo, parlottavano fisso, e dopo poco il ragazzo la salutò con un bacio sulla guancia ed un abbraccio. Harry restò con il resto del gruppo e Lou con la testa infilata in una valigetta di acciaio, con dentro alcuni trucchi del mestiere. Ocean, sempre più confusa, fece per alzarsi e recuperare la via dell’uscita, con la cartelletta ancora abbracciata al petto.

“Non farlo Ocen…” si voltò, una volta raggiunto quasi il corridoio.

Harry, ancora incassato nella sedia, con Lou che tentava di colorirgli il viso per evitare di rendere molto visibili i lividi che già gli erano comparsi - aveva il compito di nascondere il nascondibile agli occhi dei fotografi – la guardò fissa, serio in volto. Ce l’aveva ancora con lei, era chiaro. Eppure si premunì di avvisarla. Non doveva farlo.
Lei annuì ed uscì da lì, con la testa pesante, una sensazione che oramai l’accompagnava da troppi giorni.

“Ehi Ocean…” le si affiancò Eleanor, mentre cercava l’uscita.
“Ti accompagno io fuori… all’inizio ci si perde facilmente…” e le sorrise. Era parecchio gentile, carina e pulita, così come era sempre apparsa nelle fotografie o le apparizioni pubbliche.
“Grazie… “ le rispose la diciottenne, con fare un po’ sommesso. Era ancora in sobbuglio.

Mentre camminavano verso la hall, la ragazza di Louis le sussurrò.
“Se vuoi parlare, vuoi qualche consiglio, io ci sono… avrei avuto anche io bisogno di qualcuno quando successe a me, due anni fa…”






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Hola polulas! 
Mezz'ora in ritardo sul programma di viaggio, lo so. Ma ieri ho anticipato, quindi ho recuperato con il ritardo di oggi! Ora siamo pari! 
Capitolo che definirei di transito. Alcune notizie importanti, alcune rivelazioni. (chi coglie le rivelazioni?) 
Lo so, può essere considerato un capitolo un pò mogio, ma di tanto in tanto ci vuole. Devo soffermarmi su degli elementi importanti
oppure la storia non riuscirebbe a procedere chiaramente.
Quindi, come sempre, vi ringrazio se continuate a seguirla nonostante questi capitoli un pò moscetti, anche se posso assicurarvi che
anche qui ci sono un paio di note particolarmente interessanti che riprendono gli indizi lasciati nei capitoli precedenti. Chi riesce a coglie-
rli è brava ed attenta!

Vi ringrazio come sempre delle recensioni, dei commenti, dei messaggi. Di tutto. Siete adorabili. E io tento di essere sempre all'altezza
delle vostre aspettative, sperando di non toppare :)

P.S: se avete twitter, poichè sono una rincoglionita (è l'età che incalza) citatemi [ @LouVelessy ] con l'hashtag #leggoLoFperchè così vi
inserisco nella lista che ho creto di lettrici di LoF e vi seguo tutte, senza perdermene qualcuna, che mi dispiacerebbe davvero.
Potremmo lanciare una nuova moda u.u #leggoLoFperchè potrebbe essere l'hashtag del mese! (sehseh u.u esagero sempre)

Grazie ancora di cuore a tutte, vi adoro.
Vostra, Giù.

 

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Capitolo 18
*** Capitolo 18 ***






Nella Hall della Modest Management erano tutti indaffarati, ognuno a curare i propri appuntamenti ed impegni. Nessuno dava peso agli altri. Era come se ognuno fosse lì da solo. E tra quell’insieme di gente, scoordinata ma con un certo ordine, camminavano Ocean ed Eleanor Calder. L’una di fianco l’altra, senza parlare.

“Lo facciamo fuori…” le aveva detto Eleanor, alla richiesta di ulteriori spiegazioni da parte della diciottenne.

Due anni prima si era ritrovata nelle stesse condizioni in cui era adesso? E cosa aveva fatto? Che fosse in accordi con la Modest era chiaro, vista la sua presenza lì, ed alla riunione nella sala B, ma parlare con lei le avrebbe giovato di sicuro alle idee. Ne era certa. Avrebbe potuto aspettare qualche altro metro, prima di arrivare fuori.

“Hai la macchina?” le chiese, domanda alla quale Ocean annuì. “mi dai un passaggio a casa allora… così parliamo, ed evito di arrivarci con il solito ragazzo della sicurezza a caso…”

Così uscirono dal cancello, verso la macchina della diciottenne, che portava con sé ancora il fascicolo con la scritta Prototipo di Contratto sul davanti. Salite entrambe in macchina, non esitò ad infilarsi la cintura, aspettare che anche la passeggera compiesse la stessa azione e poi mettere in moto e partire. La strada gliel’avrebbe suggerita la ragazza di Louis.

“Quindi due anni fa ti sei ritrovata nella mia stessa situazione…” Ocean cominciò il discorso, curiosa in fin dei conti.
“Non proprio la stessa, diciamo che i presupposti erano parecchio diversi… però si, capisco lo stato di confusione che hai in testa…” aveva lo sguardo fisso di fronte a sé, sulla strada, attenta ad indicare all’autista quella giusta per arrivare a casa.
Ocean non aggiunse altro, e dopo qualche secondo di silenzio Eleanor cominciò a raccontarsi.
“Io ed Harry abbiamo un amico in comune… Era un suo amico di infanzia, che poi s’è trasferito nel mio quartiere. Sono cresciuta con lui, e ad una sua festa di compleanno ho conosciuto Harry.”
“Quindi hai cominciato avvicinandoti ad Harry?” era incredula.
“Non ho cominciato… non ho mai cominciato, o meglio non so dirti da cosa è cominciato tutto! So solo che ho conosciuto Harry, riconoscendolo come quello di xFactor, ma senza darci peso più di tanto… non sono mai stata una directioner io!” gran differenza rispetto ad Ocean. “Non mi ci sono mai trovata molto per la quale in realtà, per la differenza d’età credo… o forse perché su certe cose la pensiamo in maniera del tutto diversa. Sta di fatto che m’ha presentato Louis… o meglio, ad una successiva festa venne con Louis, e lì me lo presentò.”
“E da lì…” concluse Ocean, tenendo gli occhi anche lei sulla strada, seguendo sempre le indicazioni che di tanto in tanto la ragazza le dava, interrompendo il racconto.
“Da lì nulla. Abbiamo parlato, ci siamo conosciuti un po’, quanto puoi conoscere un ragazzo scambiandoci un paio di battute insomma… E poi ci siamo scambiati il numero di telefono. Ma non avevo nessuna intenzione ad accasarmi! Anzi… ero innamorata di un altro tipo che non mi si filava di pezza!”
“Quindi è stato un ripiego!” l’accusò quasi Ocean, ma in tono allegro e scherzoso. Era chiaro. Tanto che anche Eleanor sorrise.
“Siamo usciti un paio di volte, e prima che potesse succedere qualsiasi cosa tra di noi, hanno firmato il contratto con la Modest.” Ed alzò gli occhi al cielo, sospirando. “Da lì sono cominciati i problemi… Non abbiamo avuto più la libertà di incontrarci. Considera anche che due anni fa erano molto più piccoli ed inesperti… ora si sentono un po’ più liberi perché conoscono meglio quello che possono e non possono fare. Appena firmato il contratto non era così semplice…”

Il ragionamento filava, così Ocean annuì.

“Siamo stati insieme qualche mese, ma le cose tra noi non funzionavano a dovere…”
La cosa lasciò a bocca aperta la diciottenne, che non s’aspettava una conclusione di questo tipo.
“Così ci siamo lasciati, restando comunque amici… ma alla Modest non conveniva lasciarmi andare, diciamo così… per via delle Larry Shipper…”
Conosceva le Larry Shipper. Per un periodo, seppure breve, la stessa Ocean si era convinta di un probabile amore tra Louis ed Harry. Il fandom diviso in due, ed Eleanor la sola a mantenere in piedi l’ipotesi di un Louis etero. Vederli insieme, mano nella mano, scambiarsi qualche bacio. Il modo in cui riuscivano ad essere complici. Complicità dovuta all’affetto che provavano per entrambi, e solo a quello, considerando la verità che adesso Ocean conosceva.
“Quindi non state insieme…” concluse la diciottenne.
“No, non stiamo insieme. Lo adoro. Gli voglio un bene infinito, ed è una persona molto importante per me. Ma non lo amo, non è il mio fidanzato… Anche se ufficialmente si, lo è.”
“E questo perché hai firmato un contratto con la Modest…” ogni tanto si lasciava andare a conclusioni.
“Esatto. Quando incontrai Mister Enfay pensai che fosse la cosa giusta… Insomma, poter vedere Louis quando mi andava, passare con lui diverso tempo, viaggiare con lui per gli impegni con i ragazzi. Sembrava tutto così facile… e poi, la fregatura. Niente di quello che mi aveva detto si era realizzato.”
“E sei diventata una copertura.”
“Diciamo che sono diventata un'ancora di salvezza per la Modest. Far durare una relazione, per quanto ne ho capito, a loro conviene. Soprattutto quando c’è di mezzo una persona come me, che non vuole essere intervistata. Non riuscirei a fingere a dovere, non sono portata per queste cose… Così mi tengono buona, in silenzio. Faccio un paio di apparizioni, mano nella mano, e finisce lì. Anche se ogni tanto devo farmi vedere, soprattutto quando Harry e Louis si scambiano qualche effusione di troppo…”

E succedeva, fin troppo spesso. Era chiaro, anche per le fan. Motivo per il quale la copertura di Eleanor era indispensabile a quanto pare. Due ragazzi che si scambiano effusioni vendono meno rispetto a quanto lo fanno se uno dei due è fidanzato? Per la Modest era così.

“Si vogliono molto bene… Louis è passato da me per dirmi che Harry stava parecchio male, avrebbe voluto lo lasciassi perdere quasi...”
“A Louis sta molto a cuore Harry. Hanno stretto subito amicizia loro due… hanno un feeling indescrivibile. Se non li hai mai visti insieme, lontano dagli occhi indiscreti, non puoi capire. Sono unici. Non ho mai visto due persone legate come lo sono loro. E’ ammirevole quasi… e ti dirò, qualche volta li invidio.”
“Possono sempre contare l’uno sull’altro…”
“E nel contesto in cui vivono è una grande garanzia! Non devono guardarsi le spalle ad ogni momento, possono lasciarsi andare di tanto in tanto, perché è l’altro a guardare le spalle ad entrambi… In due anni ne ho viste di cose, e credimi. Fanno bene a far squadra.”
“Possibile che sia così terribile?” non aveva la minima idea, ma tutti se ne lamentavano. Un motivo ci doveva pur essere.

Eleanor si limitò a farle spallucce, come a concludere la chiarezza della faccenda. Era terribile. Almeno sotto alcuni punti di vista.

“Se tornassi indietro non lo faresti?” le domandò la diciottenne. Aveva intenzione di trovare qualche risposta che le convenisse, per prendere una decisione oculata.
“Se tornassi indietro vivrei la mia vita, vivrei Louis quanto e quando potrei, e lascerei fuori terze persone dai miei rapporti personali. Avere una relazione con persone che ti controllano e ti scrivono quasi un copione per quello che devi e non devi fare, non è il massimo. Già è difficile quando si è in due, figurati quando hai chi organizza incontri, strette di mano, abbracci e baci al posto tuo.”

Non doveva essere facile, e neppure bello. Tutt’un tratto Eleanor, la simpatica moretta che aveva di fianco, le apparve triste. O forse era l’immagine che si stava facendo di lei. Ma non voleva finire così, non voleva essere una persona triste. Non avrebbe voluto che qualcun altro le organizzasse gli incontri, a tavolino. Era una realtà che le faceva salire la nausea. Ed avrebbe dovuto allontanarsene fino a quando era in tempo per farlo.

“Anche se t’avessero detto che al contrario non avresti potuto incontrarli?”
“Sono liberi, Ocean.”  Le suggerì Eleanor, come se fosse una cosa ovvia quella che diceva. “Quand’è capitato a me, non avevo così chiara la situazione. Ma sono liberi di fare quello che vogliono. Hanno degli obblighi e devono rispettarli, ma è come un lavoro. Durante l’orario di lavoro se non puoi utilizzare il cellulare, non vuol dire che non lo compri. Capisci che intendo? Lo userai quando non sei al lavoro!”
Eleanor cercava di essere chiara, con esempi facili, e ad Ocean sembrò di cogliere il suo esempio, ma ancora faticava a star dietro a quel ragionamento. Forse a causa dei pensieri ancora troppo annebbiati per via di tutte le informazioni che in una sola giornata si era ritrovata ad immagazzinare.
“Non potresti vedere Harry molto spesso, questo no… Però un giorno a settimana, quando sono in tour almeno, è libero. Hanno delle ore da poter spendere come vogliono. Louis dorme il più delle volte…” l’informò, come se la cosa le potesse interessare.
“Quindi la minaccia di Mister Enfay era una balla.”
“No, era vera. Se ti avvicinassi a loro, o scoprisse che vi sentite mentre sono in giro a fare qualche cosa per la band, probabilmente avresti problemi… Ma penso anche che il gioco valga la candela. Poi, quando sono liberi, sono liberi. E lui non può farci molto. Vorrebbe controllarli sempre, ma il contratto parla chiaro.”
Si prese qualche attimo, e poi aggiunse.
“Dovresti stare attenta a dove lo incontri, a non farvi vedere troppo in giro insieme, a non dare nell’occhio insomma. Ma quello con il tempo si impara…”

Ocean sospirò, cercando di trovare un filo logico a tutto. Alla Modest, ai suoi sentimenti, al prototipo di contratto, a quello che avrebbe fatto. Voleva solo mettere ordine. Buttare tutto a terra, e ricostruire una nuova casa, così come avrebbe voluto, trovando una stanza ed una sistemazione adeguata per tutto. Non voleva sentirsi stretta, ma nemmeno avere troppo spazio. Voleva solo stare bene.

“E Danielle e Liam?” le chiese, come folgorata.
“Oh, loro stanno insieme sul serio!” e la notizia fece sorridere Ocean. Allora era possibile! “Anche se è successo dopo il contratto… Nel senso che Danielle già aveva un contratto con la Modest, e cominciò a vedere Liam per accordi. Poi è nato qualche cosa di reale…” si sorrisero.

C’era in fin dei conti qualche cosa di buono, per cui poter sperare. Non andavano poi così male le cose, se Danielle e Liam avevano avuto il modo di innamorarsi sul serio, no?


 

 

***





 
Una volta lasciata Eleanor a casa, ripartì per casa propria. E durante tutto il tragitto non fece altro che pensare. Pensare a quello che avrebbe dovuto fare. Pensare alla situazione in generale, non soltanto il contratto. A Zayn che aveva picchiato Harry. Ad Harry che non si era difeso. A Louis che probabilmente si era messo in mezzo per difendere l’amico, considerando il suo polso gonfio. A Mister Enfay e agli altri ragazzi.
Una cosa era sicura; avrebbe dovuto trovare una soluzione. La migliore possibile.

Ci pensò anche sotto la doccia, mentre l’acqua le scorreva addosso. A nulla servirono gli sforzi per evitare di pensare. Più provava a distrarsi, più i suoi pensieri tornavano lì.
E soprattutto c’era Zayn. Zayn senza un graffio. Ed Harry messo male. E i sensi di colpa.
Era per colpa sua che si erano conciati così. Aveva rovinato l’equilibrio dei ragazzi, Mister Enfay aveva ragione. Era proprio così. Prima di Ocean le cose andavano bene. Arrivata la diciottenne, arrivarono i problemi. Se non l’avessero chiamata dietro le quinte, a quel golden tiket, non sarebbe successo nulla. E la cosa non poteva passarle inosservata.

Uscita dalla doccia si passò tra le mani ancora umide la cartelletta con il prototipo di contratto per la Modest. Nemmeno lo lesse. Aprì il quarto cassetto della scrivania, quello più recondito nella quale teneva solo scartoffie senza importanza, e ce lo ficcò dentro. Non conosceva ancora bene la strada da intraprendere, ma di sicuro quella della firma del contratto non era una conclusione che avrebbe tratto. Le parole di Eleanor non avevano fatto altro che renderla ancora più sicura di quell’unica certezza.
 
 


 

***

 


“Zayn ha preso a pugni Harry… non potevo stare con le mani in mano…”
“Cos’ha fatto??” la voce di Faith risuonò nel telefono, chiara, forte.
“Si, l’ha preso a pugni. Ha avuto un eccesso di violenza, lo ammetto…” la voce di Ocean era chiaramente dispiaciuta, sempre a causa dei sensi di colpa.
“Un eccesso di violenza?! Adoro quel ragazzo!”
“Ma Faith…” era incredula.
“E’ bellissimo! Ha preso a pugni un suo amico per te… chissà cosa gli avrà detto! E’ geloso, Ocean… è tremendamente geloso, e ha reagito come un uomo primitivo! Gli uomini primitivi ispirano sesso!”
“A me ispira solo poco interesse...” evidentemente non era il tipo di ragazzo che si aspettava d’avere al suo fianco. Almeno, non quello che prende a pugni un amico senza motivo.
“Tu sei fuori di testa!”
“No, tu hai qualche problema… cosa ci trovi in un ragazzo violento?!”
“Ma è stato violento per te!” la voce di Faith le dava sempre più fastidio mentre le risuonava nell’orecchio di fianco all’altoparlante dello smartphone. Forse avrebbe trovato più utile quella telefonata se avesse terminato di elogiare gli atti di Zayn, che riteneva davvero poco ortodossi.
“Come ti pare, sta di fatto che Harry è un suo amico prima che mio. Quindi non avrebbe dovuto. Fine della storia. E’ inutile che provi a farmela pensare diversamente… ho una mia idea fin troppo chiara, quindi smettila.” La zittì, come non aveva mai fatto in tanti anni di amicizia.

Quella storia, tutta quella storia, stava cambiando Ocean. Stava tirando fuori coraggio e testa alta, entrambe novità per lei ed il suo carattere, quasi sempre chiuso e succube di altre persone. E Faith si rese conto del cambiamento che stava avvenendo nell’amica, tanto che si zittì e lasciò perdere il discorso, rimanendo entrambe in silenzio per diverso tempo.

“Non voglio firmare il contratto… penso sia l’unica cosa di cui sono sicura”
“Se non vuoi avere un rendiconto personale, è giusta come decisione…”
“No che non voglio! Non voglio utilizzarli come pozzo di soldi! Mi sono avvicinata a loro solo perché sto cominciando a conoscerli come persone. Poco m’importa del lavoro che fanno…”
“E allora fai bene! Non devi mica convincere me…”
Parlare con l’amica stava diventando sempre più frustrante. “E va bene, come vuoi. Allora ci vediamo domani a scuola.” E mise giù.

Anche le cose con Faith cominciavano a girare nel modo sbagliato. Ma la cosa non sembrava causarle problemi. Almeno, non per adesso. Sentirsi un tantino più libera di poter decidere da sé per la propria vita le dava una sensazione di freschezza sulla pelle. Era qualche cosa di tangibile, che poteva sentire chiaramente. Non sentiva più il peso di dover rendere conto a qualcuno, e la cosa le piaceva. Eccome se le piaceva.


 

***

 


Controllare twitter era diventata un’abitudine lontana. Dopo tutto quello che le era successo, e le stava ancora accadendo, il cellulare lo utilizzava solo per qualche telefonata fugace. Twitter era finito quasi nel dimenticatoio. Ma nei momenti di noia, quando non hai molto da fare se non continuare a sentire quella sensazione di ansia alla bocca dello stomaco, che oramai non la lasciava più, controllare twitter diventava uno svago.
Leggere di come per tantissime altre persone era ancora tutto uguale a prima. Solite abitudini, soliti tweet, solite frasi.
Per tutto il resto del mondo andava bene, ogni cosa procedeva nella normalità, e non c’era niente di insolito a preoccuparle.
La cosa le infuse una certa calma, che la fece sorridere, mentre scorreva con il dito sul touch screen dello smartphone.
Sorriso che si incupì alla vista del solito tweet. JavyBredford scriveva:


 < A questo punto meglio lasciar perdere, sono stufo di correre dietro a sogni impossibili. >


La cosa la lasciò senza parole. Sentiva come una fitta, nella schiena. Una sensazione dolorosa, ma di un dolore più che fisico, morale. Era quasi inaccettabile ed intollerabile. Quelle parole, dette per chissà quale motivo, magari nemmeno legate a lei e a tutta la vicenda, le bruciavano come un attizzatoio sulla pelle viva.
Poco più sotto, un secondo tweet. Questa volta di HaroldEd:


 < E’ sempre più difficile… eppure rifarei tutto. >


 
I due amici erano l’opposto. L’uno che non avrebbe cambiato nulla. L’altro che si arrendeva. Pur non avendo la certezza che parlassero di lei, se lo sentiva. Eppure non era solita trasferirsi al centro dell'attenzione. Era una sensazione latente, ma chiara. Ed Ocean si sentì sempre più affogare, lasciandosi andare alle poche certezze che credeva di aver trovato, e che oramai, dopo aver letto quei tweet, aveva perso totalmente. Era tutto troppo incasinato per lei, il suo livello di sopportazione. Le prospettive che le si aprivano davanti non le lasciavano il modo di respirare, già solo immaginandole.

Senza indirizzarlo a nessuno in particolare, compose ed inviò un tweet.


< Desideri ciò che non puoi avere, avresti ciò che non vuoi. E’ tutto tempo perso. Bentornata vita mia, mi mancavi. >


Decidendo nell’istante stesso in cui la scritta “tweet inviato” le apparì davanti, che si sarebbe lasciata tutto alle spalle. Bentornata vecchia vita, le mancavi davvero tanto.






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Hola populas! 
Oggi si può dire che sia puntuale, no? La puntata della vostra soap-opera preferita va in onda all'orario giusto! Yeh!
Capitolo particolare. Come sempre vi ho lasciato qualche indizio qui e lì, ma posso dirvi che nessuno è ancora riuscito a cogliere quello
che avrei voluto u.ù Almeno, nessuno di quelli che hanno commentato e mi hanno scritto (o forse una u.u ma non vi dico chi!).
Eleanor viene allo scoperto, finalmente, rivelando la sua verità. Chi credeva fosse questa la realtà dei fatti?
Le Larry Shipper colpiscono anche qui u.u ovviamente.
E dei tweet finali? Chi me li commenta? Secondo voi sono legati tutti e due alla situazione, o c'è dell'altro? 
Mi sento parecchio infame in questo momento, perdonatemi *-* E' che la verità la conosco solo io u.u ohohoh *-*
Questo capitolo mi ha particolarmente soddisfatta, spero di avervelo trasferito nel modo giusto :)

Come sempre grazie per le recensioni, grazie per i commenti, per i tweet, per tutto.
Sto cercando di far partire questo Hashtag su twitter, #leggoLoFperchè inserendo anche il link del primo capitolo, in modo da far leggere
quello che scrivo a più persone. Se qualcuna di voi mi vuole aiutare, sarebbe un gesto carinissimo! 
Ah! Se mi seguite su twitter (@LouVelessy) ma non vi ho ricambiate, ditemelo! Non sono molto pratica purtroppo, ma tenterò di rimediare!

P.S: per le recensioni che mi chiedete, lo so. Sono in ritardissimo! Ma postare un capitolo al giorno mi impegna parecchio, insieme allo studio 
e tutto il resto! 
Vi prometto che nel weekand, dal cellulare, proverò a fare il possibile!
Per quanto riguarda il prossimo capitolo, sapete come funziona. Probabile che domani non ci si becca, ma torni lunedì a postare.
A meno che non riesca a convincere mio padre ad imprestarmi il pc... 
Quindi, se domani non trovate nulla, non mi odiate! Tornerò lunedì!

Grazie ancora di tutto, un bacione.
Giù.



 

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Capitolo 19
*** Capitolo 19 ***





 

***Tre mesi dopo***



 
Il tempo passa, anche se sembra metterci un’eternità, o essere più lento del solito. Passa in qualsiasi caso. Se vuoi che trascorra velocemente, se non vuoi che scorra via. Le lancette dell’orologio continueranno a ticchettare, e prima i minuti, poi le ore, i giorni ed i mesi scivoleranno via. Che tu te ne renda conto o meno.
 Tutto continuava a trascorrere regolarmente. La vita procedeva. Gli amici, i conoscenti, i parenti. Ogni cosa, pian piano, ritornava alla normalità. Se l’era imposto, Ocean. Si era imposta di lasciar perdere. Di ritornare alla vita di ogni giorno. E così aveva fatto.
Si era imposta di lasciare Zayn ed Harry in un cassettino dei ricordi, recondito, da non aprire fino a quando non avesse avuto la consapevolezza di poterci trovare sopra quattro dita di polvere, se non di più. Si era imposta di ritornare ad ascoltare i OneDirection, a farsi piacere i ragazzi, la musica, loro e basta. Non le persone che aveva conosciuto. Aveva deciso di lasciare i poster, le foto, le cartoline, tutte al loro posto, perché non doveva cambiare nulla. Doveva tornare ad essere Ocean “la Directioner”. Tornare alla vita di prima, prima del concerto, significava anche quello.
E si era impegnata davvero tanto, tanto da pensare a loro solo nei momenti di solitudine, in cui non c’era null’altro alla quale poter pensare e potersi aggrappare. Persino ascoltando le loro canzoni, era riuscita a non pensarci.

Certo, ne aveva piante di lacrime, lacrime amare, ma alla fine una piccola soddisfazione per sé stessa l’aveva trovata. Aveva raggiunto il suo obiettivo, pur non rendendosene conto. Era successo e basta. Un po’ di impegno, ed ecco fatto.
Ad aiutarla erano servite cose come cancellare il numero di Zayn e di Harry, smettere di seguire i loro profili privati ed obbligarsi ad uscire definitivamente dalle loro vite private. Se i due non riuscivano a trovare un compromesso, ed il gesto di Zayn era stato chiaro a riguardo, allora la soluzione l’aveva trovata lei, togliendosi di mezzo. Ed anche i ragazzi sembravano aver superato la cosa con facilità.

Harry era stato paparazzato prima, e presentato ufficialmente poi, come compagno di Taylor Swift. Insieme si faceva ritrarre in varie interviste, parlando l’uno dell’altro come una coppia di vecchi sposini. Sorrisi, sguardi, discorsi con doppi se non tripli sensi. Erano quasi adorabili insieme, anche se allo stomaco di Ocean non andavano tanto a genio, nonostante si fosse impegnata.

E per quanto riguarda Zayn, non perse tempo. Solo una decina di giorni dopo, comparve un’altra ragazza, Perrie, bassina e mingherlina, che al fianco del badboy di Bradford quasi spariva per le sue misure minute, ignota ai più se non al pubblico della serie di xFactor in corso. Nulla di pubblicitario insomma, solo una ragazza semplice, normale, della quale si era invaghito durante le riprese di una puntata dello show in cui erano ospiti.

E ad Ocean, a guardarli in quelle immagini, in quei video, apparentemente felici, faceva piacere. La rendeva più che altro tranquilla, consapevole di aver preso la decisione giusta nel farsi da parte. Per lei, ma ancor di più per i ragazzi, tutti e cinque, e la band, e le fan. Insomma, si sentiva realizzata, nonostante la sensazione di ansia dei primi giorni. Quando non sai bene se la decisione che hai preso sia quella giusta o meno. Quando tutta la tristezza ed il dolore che senti vorresti che sparissero nel nulla, e ti lasciassero in pace.
Finalmente, dopo tre mesi, vedeva il traguardo.
 

Primavera, per quelli in età scolastica, vuol dire festa. Tutto l’istituto frequentato da Ocean era in festa da una settimana, per l’arrivo della primavera. E arrivo della primavera significava acquistare un bel vestitino, di un color pastello che non stonasse troppo con il colorito della pelle, acconciarsi i capelli, truccarsi per bene e presentarsi, preferibilmente con un accompagnatore, per la tradizionale festa organizzata dal comitato scolastico.

Ad aspettarla, nel vialetto di casa, in una macchina non proprio simile ad una limousine ma più ad un carretto pronto per essere portato allo sfascio, c’era Matthew.
Matt, un amico di vecchia data di Ocean, con la quale aveva frequentato anche le scuole elementari. L’amico d’infanzia che non consideri essere del sesso opposto, tenendo conto di tutte le cose che c’hai fatto insieme da quando lo conosci.

Ocean vedeva a stento Matt come un ragazzo. Molto simile a lei in quanto stile, non era un nerd né tantomeno il figo della situazione. Un anonimo ragazzino del liceo, ecco cosa. Uno con cui ridere e scherzare, parlare del più e del meno, e confidarsi riguardo argomenti non strettamente femminili. Nonché l’unico che in tutta la scuola aveva proposto ad Ocean di accompagnarla al ballo.
Lui, nel vederla percorrere il vialetto, con indosso quel vestitino che le arrivava raso alle ginocchia, di un colore pescato, con un paio di scarpe sull’azzurro dal tacco alto otto, forse nove centimetri, ed una borsa da braccio dello stesso colore delle scarpe, le sorrise.

“Sei bellissima…”
“Grazie Matt.”

Gli rispose, senza far caso a quello che lui indossava, un completo giacca e pantalone, con all’occhiello un fiore di color pescato, frutto delle chiacchiere dei giorni precedenti riguardanti proprio il colore del vestito di lei. Altra nota alla quale la ragazza non fece caso. Salì in macchina senza nemmeno aspettare che lui le aprisse la portiera, nonostante stesse per farlo.
Il tempo di fare il giro, salire dal lato di guida, e partirono alla volta di scuola. C’era un certo nervosismo nell’aria, dovuto soprattutto ad Ocean, chiaramente tesa. E non per Matt, anche se lui non avrebbe mai potuto immaginarlo.
Arrivati a scuola, scese dal mezzo senza quasi attendere il suo accompagnatore.
Nell’atrio c’era Faith ad aspettarla, nel suo vestito color cipria che stava da dio con i suoi colori.

“Ce ne avete messo di tempo!” si lamentò, come suo solito.
“Colpa mia” aggiunse Ocean, senza ulteriori giustificazioni. Matt, dietro di lei, era quasi un’ombra alla quale si faceva poco caso.

La tensione di Ocean trovò il suo massimo picco quando comparve dalla sala, con indosso uno smoking di tutto rispetto, Greg. Lo stesso fiore all’occhiello che Faith portava al braccio.
La ragazza sapeva che l’amica sarebbe stata accompagnata da Greg, con la quale faceva oramai coppia fissa, ma che si era tanto impegnata ad evitare di incontrare per quei mesi. Aveva rinunciato alle uscite in cui sarebbe stata il terzo incomodo, aveva rifiutato le uscite di gruppo in cui si sarebbe unito anche Greg, aveva rifiutato di presentarsi persino alla festa di compleanno dell’amica, adducendo scuse come un malanno improvviso. Cosa che l’aveva fatta sentire in colpa davvero, ma non avrebbe potuto incontrarlo.

Era il momento di mettersi alla prova, e dimostrare a sé stessa che non c’entrava più nulla con i ragazzi. Pur incontrando e parlando con un amico di Zayn. Era il banco di prova giusto.

“Ehilà, chi si vede!” commentò, nel trovare Ocean di fianco all’amica “Ti avevo dato per morta…”
“Ciao Greg…” salutò lei, in imbarazzo già per i primi commenti del ragazzo, che le fecero salire su allo stomaco i sensi di colpa per tutto quello alla quale aveva rinunciato proprio per non doverlo incontrare. “…come stai?”
“Io bene, tu?” poi allungò la mano verso Matt, senza nemmeno aspettarsi una risposta da Ocean. “Ciao amico..”

Si conoscevano. Matt, al contrario di Ocean, non aveva mai rinunciato alle uscite di gruppo ed aveva avuto già modo di conoscerlo. Tanto che i due cominciarono a parlottare tra di loro, dando modo a Faith di afferrare l’amica per le spalle e guardarla dritta negli occhi.

“No eh. Non cominciare così la serata. Non puoi rovinarti anche il ballo di primavera. E’ solo Greg, stai tranquilla.”

Le sorrise e dopo averle mollato una pacca di conforto dietro la schiena, andando a recuperare subito dopo il suo accompagnatore per trascinarlo in palestra, tra la mischia. Erano lì per ballare, festeggiare l’arrivo della primavera, e non per chiacchierare.
E soprattutto, erano lì per divertirsi. Cosa che Matt aveva ben presente. Motivo per il quale trascinò Ocean tra la folla, senza badare al fatto che la ragazza oppose una certa resistenza all’inizio, lasciandosi andare subito dopo ai balli, senza considerare altro. Aveva bisogno di svuotare il cervello dalla presenza di Greg lì. Aveva bisogno di rilassarsi, e Matt sembrava riuscirci. Bastava vederlo ballare, in un modo così goffo da far sorridere chiunque.
 

Ballarono tutta la sera, nonostante i piedi di Ocean cominciarono a farle male dopo circa mezz’ora. Non essere abituata ad i tacchi, sebbene non altissimi, porta a situazioni del genere. Ma quantomeno non se ne lamentò, e continuò a divertirsi, nonostante tutto. Nonostante Greg e Faith che le ballavano vicino, e vedere quel ragazzo creasse in lei un certo stato d’ansia, dovuto soprattutto alla consapevolezza di non essere poi così estranea a tutta la storia che si era lasciata alle spalle, nonostante il tempo passato.
 
“Andiamo…” le disse Matt, senza lasciarle scelta alcuna, prendendola per mano e portandola fuori dalla sala. Senza preavviso, si ritrovarono così fuori da scuola, lasciando la festa senza nemmeno salutare Faith. Aveva deciso così il suo accompagnatore, e lei si ritrovò a seguirlo senza aggiungere nulla.
Forse era quello di cui aveva realmente bisogno: qualcuno che prendesse le decisioni per proprio conto.
“Non ti stavi divertendo poi così tanto.” Commentò, una volta fuori.
“Ma no! E’ che mi fanno male i piedi…” si giustificò lei, appoggiandosi al cofano della macchina-rottame di Matt, una volta raggiunta.
“Dimmi la verità, su! Sei gelosa di Faith?” le domandò, senza troppi giri di parole. La confidenza che li legava glielo permetteva in fin dei conti.
“Io? Gelosa di Faith? Per che cosa?” c’era un qualche cosa che non le tornava.
“Ti ho vista, sai… come guardavi Greg. Sei stata tutta la sera impegnata ad evitare il suo sguardo, quando gli hai parlato eri imbarazzata. Insomma, cosa c’è che non so?” sembrava seriamente curioso a riguardo.
“Ma non c’è nulla da sapere!”
“Ci sei uscita per prima e Faith non lo sa? Avete avuto una storia?”
“Matt!” lo guardò incredula, con gli occhi sgranati. Si era fatto un film senza né capo, né coda.
“Allora è così! Lo sapevo!” E si passò le mani in faccia, sbuffando.
“No che non è così! Non sono attratta da Greg! Non c’è stato nulla tra noi, assolutamente!”
“E allora cosa c’è Ocean? Io non ti sto più dietro… in quattro mesi sei diventata un’altra persona! Non stai più con noi, non parli più con me… Stiamo crescendo tutti, eppure tu te ne stai tirando fuori prima degli altri! Cos’è? Non ti andiamo più a genio?” aveva un tono preoccupato ed al tempo stesso distrutto.
Ocean scrollò le spalle, sentendosi improvvisamente in colpa. In colpa per come stava andando la sua vita, per come aveva lasciato ai ragazzi la possibilità di mandare a rotoli tutti i piani degli ultimi mesi di scuola, gli ultimi mesi prima del college. Sentire il suo migliore amico dirle quelle cose, la segnò dentro. E si rese conto, d’improvviso, che avrebbe dovuto fare qualche cosa per le persone che tenevano seriamente a lei, da sempre.
“E’ l’amico di un ragazzo con cui mi vedevo.” Restò vaga, ma una spiegazione era il minimo che poteva dargli.
“Quando?”
“Qualche mese fa… quattro mesi fa…” quindi sbuffò, scrollando le spalle di nuovo. “Hai ragione Matt. Vi ho trascurati, e siamo qui per divertirci. Ma trovandomelo lì, non lo so. Mi è ritornato tutto addosso. Ma adesso sto meglio… possiamo rientrare e…” cercò di afferrargli il braccio per trascinarlo di nuovo dentro. Ma il ragazzo oppose una certa resistenza.
“Perché hai smesso di parlarmi? Oramai esiste solo Faith per te.” Non era di certo quello il momento adatto per litigare.
“Non è così Matt. Dai, ti spiegherò tutto… adesso entriamo e torniamo in pista…”
“Ma cosa vuoi che mi importi del ballo di primavera?” era calmo, non alzava la voce. Eppure, c’era un che di addolorato nella sua voce. “Voglio capire. Non vado da nessuna parte fino a quando non mi spieghi cos’ho fatto.”
“Non hai fatto nulla Matt! E’ che… loro… i ragazzi, intendo… non posso parlarne. Ho firmato un patto…”
“I ragazzi? Un patto?” quindi sbuffò. “Va bene dai, non m’importa.”
“Ascoltami!” fu lei ad alzare la voce, quando il ragazzo le voltò le spalle, pronto a raggiungere la portiera dell’auto dal lato di guida. “Non è stata una mia scelta. Non parlarti di nulla, intendo. Mi hanno fatto firmare un accordo, non potevo fare diversamente.” Quindi prese il tempo necessario per spiegargli tutto. Per raccontargli dei ragazzi, di tutta la storia della Modest.
“Cioè mi stai dicendo che ti sei tenuta dentro tutto questo casino?”

Arrossendo appena, Ocean annuì. Si era tenuto dentro tutto, tranne che con Faith, ma questo piccolo particolare non lo tirò fuori. L’amico le sorrise e d’improvviso le circondò le spalle con le braccia, tenendosela stretta al petto, sussurrandole dopo poco all’orecchio. “Mi spiace. Avrei voluto esserti d’aiuto… ora però non ci devi pensare più… è tutto passato. Certa gente non merita una ragazza come te.”
La diciottenne rimase un po’ inebedita, sotto l’abbraccio di Matt, totalmente assorbita da quell’affetto. Era bello sentirsi considerati da qualcuno, sentirsi voluta bene. Le faceva bene all’anima. E ne aveva davvero bisogno.
Rientrarono in palestra, adibita a sala da ballo per l’occasione, e si lasciarono andare a danze scatenate, senza pensare. Senza badare a nessuno, Faith e Greg compresi, persi in chissà quale angolo a pomiciare.
Ocean aveva quasi dimenticato com’era divertirsi di cuore.
 


 

***

 

 
Il tragitto verso casa passò tra risa, ricordi di qualche mese prima, in cui non facevano null’altro che stare insieme, e prese in giro nei confronti di Faith, che era sempre la più colpita quando i due amici si ritrovavano. Un tuffo al passato, letteralmente persa in quello che era prima che incontrasse i ragazzi. Quello che era davvero importante, a parte Harry e Zayn. Perché prima di loro aveva altro a cui pensare. Esisteva ugualmente. E con la loro assenza, aveva finalmente capito che avrebbe ripreso tra le dita quella vita che si era vista scivolare via. Quella che aveva costruito in diciotto anni.
 
L’automobile, o quello che rimaneva del catorcio di Matt, rallentò nel vialetto di casa della diciottenne, fermandosi poi del tutto proprio di fronte le scale che conducevano al patio.

“E’ stata una bella serata dopotutto…” commentò il ragazzo, sorridendole.
“Non posso lamentarmi. Ho avuto un accompagnatore con la A maiuscola!” anche Ocean era stata bene, quantomeno nell’ultima parte della serata, probabilmente grazie al fatto che Faith ed il suo compagno erano spariti dalla circolazione, trovandosi così disobbligata dal doverlo salutare.
Seguì un lungo momento di silenzio, in cui i due si guardavano e sorridevano.
“Promettimi che non firmerai più nulla che ti costringa ad allontanarmi da me…”
Ocean gli sorrise e si allungò ad abbracciarlo stretto.
“Te lo prometto Matthew…” e rimase lì, a stringerselo al petto, serena.

Era bastato poco davvero per ritrovare quella calma che in tutti quei mesi aveva tanto ricercato. Un amico di vecchia data, qualche ricordo e quattro risate. Ed eccola lì, di nuovo felice, con il sorriso sulle labbra che la contraddistingueva. Quel tocco di genuinità che la rendeva unica.
Si salutarono, e la ragazza salì di fretta i pochi gradini che portavano all’ingresso, a piedi nudi considerando il dolore oramai insopportabile che le scarpe le procuravano, con una mano impegnata a tenere i tacchi e l’altra a scavare nella borsa, alla ricerca delle chiavi per rientrare.

Sullo zerbino, in bella vista, c’era uno scatolo in plastica trasparente, dentro la quale era conservato un’orchidea, con annesso un nastrino da utilizzare per legarla al polso. Di fianco, un’altra orchidea, dello stesso colore, con applicata una spilla. Un fiore da occhiello.
Poi un biglietto con una stampa.



< I will give you all my heart, So we can start it all over again. >



E poco più sotto una scritta aggiunta a penna, con una calligrafia disordinata e scomposta.



< Sarei dovuto arrivare prima, il mio tempo è evidentemente finito. Ti auguro il meglio. Lo meriti. >









________________________________________________________________________note_autrice________

Hola Populas! 
Non vi sono mancata manco un pò. Non posto un capitolo da una settimana e più, e nessuno se n'è accorto u.u
Il che non mi fa piacerissimo, ma mi toccherà farci l'abitudine considerando che la storia è una cosa che sta davvero
a cuore prima a me e poi a voi che la leggete, com'è normale che sia.
Ho avuto un pò di casini, motivo per il quale sono stata poco costante. Ma al tempo stesso, anche nella narrazione
è trascorso diverso tempo, quindi era anche il caso lasciarvi un pò con il fiato sospeso credo. 
Cosa mi dite di quello che avete letto? Per la prima volta è comparsa una strofa di una canzone (chi la conosce? u.u)
perchè penso che mai come in quella circostanza ci starebbe stata da dio.
Come sempre sono aperte le scommesse. Chi sarà stato a lasciare quel biglietto? E come mai? Che intenzioni aveva?
A voi le risposte.
Al prossimo capitolo per saperne di più, 
vostra Giulia.


 

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Capitolo 20
*** Capitolo 20 ***




< I will give you all my heart, So we can start it all over again. […] Sarei dovuto arrivare prima, il mio tempo è evidentemente finito. Ti auguro il meglio. Lo meriti. >


 
Ocean rimase diversi minuti sulla porta, immobilizzata da una strana forza che le pesava direttamente sulle spalle, costringendola a rimanere lì, come se i piedi le fossero incollati a terra e gli occhi attratti per chissà quale strano motivo sulle poche lettere impresse sul bigliettino che tremava appena, per via della presa troppo salda. Le erano cadute le scarpe di mano e poco dopo, a farle compagnia, si era aggiunta anche la borsetta sul pavimento, lì accanto a loro, in maniera del tutto casuale e disordinata.
Aprì la porta di casa noncurante dell’ora tarda e dell’alta possibilità che c’era nel trovare la madre già dormiente sul divano.
“Mamma! Mamma!” la chiamò ad alta voce, visibilmente scossa. Ed anche dal tono che aveva, era chiaramente turbata.
La madre saltò in piedi dal divano, preoccupata. “Sono qui! Che succede?! Stai bene?!?” dando una rapita occhiata alla figlia, facendo un rapido appello delle parti vitali che componevano il corpo della ragazza.
“E’ passato qualcuno, mamma? Dopo che sono uscita… è passato qualcuno a prendermi?!”
La donna si passò una mano in faccia, riprendendosi dal sonno probabilmente. “Si, un ragazzo… dieci minuti dopo che sei uscita, non di più… Ma gli ho spiegato che erano già passati a prenderti e che ti avrebbe trovato lì…”
“Chi era?” la donna non finì di parlare, che Ocean le chiese maggiori spiegazioni.
“Ah non lo so… un ragazzo pulito, carino… non sembrava niente male! Molto gentile, davvero. E quando gli ho detto che eri appena uscita, mi ha anche ringraziato, scusandosi per il disturbo… Non che Matt sia stato scortese, però…”
“Un ragazzo cortese?! Non ti sembra un po’ vago?!?” la diciottenne cominciò ad alzare la voce, a causa dell’agitazione che le saliva su, direttamente dallo stomaco. O forse era una sensazione di malessere generale a spingerla a quelle reazioni.
“Aspettavi qualcun altro, Ocean? Non dovevi andarci con Matt al ballo?” anche la madre avrebbe voluto la sua dose di spiegazioni.
“Dovevo andarci con Matt, perché non credevo che qualcun altro mi venisse a prendere… Ti ha detto come si chiama?” rispose vaga.
“Perché? Ce n’è più di uno?!” la signora sgranò gli occhi, sorpresa “Da quando esci con più di un ragazzo alla volta Ocean?” la diciottenne sbuffò, e la mamma aggiunse “Non mi ha detto come si chiama, né tantomeno io ho chiesto… Era molto elegante, smoking e papillon… fiore all’occhiello ed uno per te… non mi è venuto in mente di ch...”
La donna fu costretta a fermarsi, perché Ocean già era sulle scale. C’era stato qualche cosa, che l’aveva smossa. Un particolare nelle parole della madre, che le aveva dato la spinta, come se avesse rilasciato nuovamente una molla che le percorreva la schiena, fino alle gambe, spingendola a salirle di fretta, due per volta.
Arrivata al piano superiore tirò fuori il cellulare dalla borsetta, e si perse nella consultazione della propria rubrica telefonica. Ma di numeri, contatti di alcun genere, nessuna traccia. Aveva cancellato ogni cosa, ed era inutile rigirare la rubrica per la quarta volta. Non sarebbero ricomparsi dal nulla.
Si fermò un attimo a raccogliere i pensieri e le idee. Aveva bisogno di fare il punto della situazione. Riflettere su quanto accaduto e prendere una decisione. In quel momento, ancor più di quelli precedenti, avrebbe dovuto scegliere il da farsi. Lasciar perdere definitivamente, oppure. C’era sempre “l’altra strada”, aperta, per quanto si fosse impegnata nei mesi a cancellarla. Era lì, chiara. La vedeva. Sarebbe stato semplice imboccarla, procedere nella direzione che aveva cercato di eliminare in quei tre mesi.
E più ci pensava, più in lei si allargava un’unica intenzione. C’era poco da fare.
Scattò in piedi, di nuovo grazie alla molla che poco prima le aveva fatto salire le scale, la stessa che le permise di scenderle velocemente, saltandole quasi. Avrebbe volato, se avesse potuto. Prese al volo, dal tavolino di fianco alla porta d’ingresso, le chiavi della macchina, ed uscì sbattendo la porta, senza farlo volutamente in realtà.
E quando la madre si affacciò preoccupata, urlandole domande a caso come dove era diretta a quell’ora di notte, si limitò a rispondere.
“Non preoccuparti! Vai a dormire!” prima di accendere il motore e partire, quasi sgommando.
 




 

***





 
Non era mai stata brava a ricordare una strada. Soprattutto quando non era lei alla guida. Mettere a fuoco i gli incroci giusti dove svoltare, i punti salienti per ritrovare un preciso posto, le veniva sempre difficile. Ma è anche vero che, oltre ad una buona dose di fortuna, quando vuoi davvero una cosa, riesci a raggiungere il tuo obiettivo.
Motivo per il quale, probabilmente nel doppio del tempo che c’avrebbe messo se avesse ricordato il modo giusto per arrivarci, riuscì comunque a raggiungere il comprensorio dove era stata con Zayn, Greg e Faith. Luogo che le era stato presentato dal ragazzo della band come il loro paradiso, lontano dai paparazzi, anche se non aveva mai confermato che vivevano lì anche gli altri quattro del gruppo.
Ma valeva la pena tentare. Era l’unico modo che aveva per rimettersi in contatto con i ragazzi. O meglio, con uno di loro. Perché in realtà, era lì per uno solo di loro.
L’automobile rallentò all’arrivo della cabina della sicurezza, lì dove mesi prima le avevano chiesto nome e cognome, per il pass. Pass della quale era sprovvista, considerando la fretta con la quale era uscita di casa.
“Buona sera…” salutò il ragazzo della sicurezza, di turno.
“Salve… mi chiamo Ocean McLeod… ho un pass, giuro! Ma non ce l’ho con me… come posso fare per accedere?”
“Mi spiace signorina… non si può accedere.”
“Non avete un registro interno, qualche cosa dove poter controllare che sono già entrata? Ero ospite di Zayn Malik..”
“A maggior ragione, agli ospiti facciamo dei pass provvisori… anche se l’avesse, non le permetterei comunque d’entrare. Sono le regole…”
“Ma io ho bisogno di vedere..”
“Se lo conosce, lo chiami. Mi faccia chiamare alla reception e le farò un pass provvisorio. Più di questo, non posso fare…”
“Non ho più il suo numero.”
Il ragazzo fece spallucce, con una smorfia affranta sul viso. “Non saprei come aiutarla allora, mi spiace.” Si guardò intorno, sospettoso. “Il signor Malik non è ancora tornato a casa… quindi comunque non potrei far nulla.”
“Non cerco lui…” si schiarì la voce, utilizzando un tono basso, come se avesse paura anche lei d’essere sentita. “Harry Styles, c’è?” era l’unico modo, al momento, di scoprire se quantomeno anche lui viveva lì, nel comprensorio.
“E’ tornato un paio di ore fa, si...” Bingo! Gli occhi di Ocean si illuminarono. “Ma comunque non posso chiamarlo, signorina. Mi spiace… Faccio il portiere di notte, non lo scocciatore…” Un’automobile accostò alle sue spalle, lampeggiando. “Dovrebbe lasciare libero il passaggio. Non posso esserle d’aiuto, davvero… Buona serata.”
“Non c’è proprio alcun modo?”
“Signorina, non mi metta in difficoltà, la prego. Lavoro qui da poco…”
Annuì verso il guardiano di notte, salutandolo con il cenno del capo, prima di ripartire con l’auto, lasciando il vialetto d’ingresso, accostandosi sulla sinistra. Non sembrava per nulla intenzionata d’abbandonare l’idea di rincontrare i ragazzi. Il ragazzo. Lui. Ma era chiaro che restando in macchina non avrebbe risolto molto, a meno che non avesse voluto buttare giù la sbarra che veniva azionata dal guardiano, l’unico evidente ostacolo della serata.
E proprio a lui si avvicinò, al gabbiotto, con ancora indosso l’abito del ballo, scarpe e borsetta annesse, e portava con sé anche il pacchetto in plastica trasparente con l’orchidea, scelta per lei da colui che avrebbe voluto accompagnarla. Il ragazzo alzò lo sguardo su Ocean, scrollando subito dopo il capo.
“Non posso fare nulla, come posso essere più chiaro di così?”
“Ma non ti chiedo nulla di complicato!” la ragazza si mise subito sulla difensiva, avvicinandosi ancora più al gabbiotto.
“Signorina, devo chiamare la polizia?”
Pochi attimi, per pensare velocemente al da farsi. “Ti lascio i miei documenti…” quelli li aveva, patente compresa, che non tardò a tirare fuori dalla borsetta e parargliela davanti “…il mio cellulare, le chiavi della mia macchina. Ti lascio tutto! Ho davvero bisogno di entrare.”
“Ha la minima idea di quante come lei vediamo ogni giorno? Perché lei dovrebbe essere diversa, signorina?”
“Perché io li conosco, davvero. E devo vedere Harry.”
“Ma non ha il suo numero di telefono per chiedergli di chiamarmi qui e darmi il permesso di farla entrare…”
“Esattamente.”
“Però vuole farmi credere che lo conosce davvero…”
“Lei lo conosce Harry? Sa che tipo di persona è? Mi permetta di chiamarlo. Lo chiami lei, e me lo passi… Le assicuro che mi farà entrare. Siamo amici!” concluse Ocean, con un tono quasi esausto, come se fosse ovvio oramai a questo punto.
Il ragazzo sbuffò e dopo qualche ultimo istante d’esitazione, compose un numero sul telefono che aveva di fianco. Ocean quasi si sentì il cuore schizzare fuori dal petto. Ci fu un lungo silenzio, poi qualche parola del guardiano.
“Mi scusi se la disturbo Mr Styles… ma c’è qui una ragazza che dice di conoscerla… Le ho spiegato tutto si… lo so, signore ma ha insistito…” allungò gli occhi sui documenti della diciottenne “Ocean McLeod…”
Non era facile percepire la voce di Harry. Non l’avrebbe sentito nemmeno se ci fosse stato più silenzio di quello che effettivamente c’era. Era davvero troppo complessa come faccenda. Ma il silenzio che seguì il proprio nome fu estenuante. “Capisco, mi perdoni allora.” E mise giù, guardando la ragazza con un ciglio alzato.
“Se perderò il lavoro, giuro che verrò a cercarti Ocean McLeod.”
Lei rimase a bocca aperta. “Cosa vuol dire? Che ha detto?”
“Che ha detto? Che non ha idea di chi tu sia. Ma mi prendi in giro?! Sparisci, o davvero chiamo la polizia.”
 




 


***



 

 
Il rientro a casa fu a dir poco turbolento. Gli occhi le si appannavano ogni cinquanta metri, costringendola a rallentare o fermarsi del tutto, per riprendere lucidità non solo nello sguardo, ma soprattutto nei pensieri. In fin dei conti, anzi senza dubbio, aveva preso una gran bella botta.
Chi l’avrebbe detto? Si era ripromessa d’essere forte, e poi? Aveva mollato tutto, lasciandosi andare dopo tre mesi, tre lunghi mesi in cui era riuscita ad auto convincersi di avercela fatta, ad un bigliettino ed un fiore. A delle ipotesi, perché non c’era nulla che parlava di Harry. Nulla a parte il papillon che la madre le aveva raccontato come elemento indossato dal ragazzo.
Ed un papillon, per chi conosce i ragazzi, dovrebbe essere un chiaro segno. Solo uno dei cinque ha indossato, negli anni, papillon nelle grandi occasioni.
Tornata a casa, tentando questa volta di fare meno rumore possibile, si infilà sotto la doccia, restando lì per diverso tempo, con l’acqua calda che le carezzava la testa e poi il corpo. Non aveva bisogno d’altro. Almeno, tra le cose alle quali poteva accedere, la doccia era l’unica cosa che avrebbe voluto avere in quel preciso istante. Un palliativo a tutti i suoi dolori, i mali che sentiva non solo nel fisico, come il bruciore che sentiva alle piante dei piedi a causa dell’altezza troppo elevata delle scarpe, alle quali non era per nulla abituata, ma soprattutto dentro. Sentiva lo stomaco bruciare, ma era una sensazione di fastidio più che un reale dolore fisico, in quel senso. Era una pesantezza, di quelle che ti bruciano dentro, perché sai di aver rovinato tutto. Di aver distrutto il processo di diversi mesi, raggiunto con fatica, in un’unica mossa.
E le parole del ragazzo della sicurezza le risuonavano nelle orecchie come macigni. “Non ha idea di chi tu sia.” Ti ha già dimenticata. Come aveva anche solo potuto immaginare che si trattasse di Harry? Considerando quanto la prendevano in giro, magari era semplicemente un ragazzo di scuola. Uno che aveva sentito che le piacessero i One Direction, e scorrendo la loro discografia aveva scelto una canzone lenta, una ballata, credendola giusta per l’occasione. Insomma, non c’era nulla di chiaro e definito che la riportava ad Harry. Un papillon. Che sciocca era stata.
Uscita dalla doccia indossò l’accappatoio caldo, e con lo stesso, ancora umida, si lasciò andare sul letto, rilassandosi del tutto, lasciando andare le sensazioni negative che aveva accumulato nelle ore precedenti a quel momento, nella camera buia, circondata dal profumo delle proprie lenzuola.
Prima di lasciarsi andare del tutto, si allungò verso il comodino, afferrando il telefono.
Doveva avvisare Faith, doveva scusarsi con lei per essere quasi sparita ed aver passato tutto il tempo a disposizione con Matt, anche se l’amica probabilmente aveva avuto talmente da fare, tanto da non accorgersi dell’assenza di Ocean.
< Perdonami, spero tu ti sia divertita. E’ stata una serataccia, non per colpa di Matt. Poi ti spiego. >
< Figurati! Io sono con Greg ad una festa, il ballo mi annoiava… domani mi racconti, ti voglio bene >
Lesse il messaggio e sorrise, immaginando Faith totalmente annoiata dal ballo. Non c’era nulla di nuovo in quello che le aveva appena detto. Non erano cose per Faith, conoscendola. Non c’era davvero da sorprendersi.
Pochi secondi dopo il cellulare vibrò ancora. Un altro sms.
< P.S: hai fatto benissimo a mollare quei due sfigati di Zayn e Harry. Vedessi come si divertono qua con le loro belle. Ti troverò un ragazzo, promesso. Lo meriti. >
Sentì un rumore di vetri infranti. Era il suo cuore. In mille pezzi.








_______________________________________________________________________________________________


Si, sono sempre io. E no, non sono morta (per fortuna!).
La scuola, le interrogazioni, le amiche, ed una novità nel mio cuoricino <3, mi hanno portato a tardare parecchio.
Lo so, e me ne scuso. Spero soltanto che non vi abbia fatto perdere il filo del discorso. Davvero.
E che, come sempre, vi piaccia quello che scrivo.
Un bacio enorme a tutte, come sempre.
Giulia aka @LouVelessy.
P.S: per quanto riguarda il capitolo, non lasciatevi ingannare. C'è una Faith che vede qualche cosa. Ma chissà. Stay tuned.

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Capitolo 21
*** Capitolo 21 ***






Le parole lette nell’ultimo messaggio di Faith non facevano altro che illuminarlesi dinanzi agli occhi, come segni indelebili di quella che rimaneva una grandissima delusione. Avrebbe dovuto fermarsi molto prima, quando già era quasi convinta di avercela fatta. Era riuscita a non pensare ai ragazzi per tutto quel tempo e poi? Aveva rovinato tutto solo per una effimera speranza, per quella lettera e quelle poche parole, che a pensarci bene ora facevano ancora più male. E se fossero state semplicemente parole di uno scherzo di pessimo gusto da parte di qualcuno? Avrebbe avuto tutto più senso, da quel punto di vista.


Aveva lasciato stare tutto. Il cellulare era in camera, abbandonato sul cuscino, mentre lasciava che l’acqua bollente di una doccia ristoratrice le portasse via quella malsana sensazione di viscidume e schifo. Si sentiva alla pari di uno straccio consunto, talmente sporco che l’unica cosa sensata da fare sarebbe stato buttarlo. Ecco, si sentiva proprio così: da buttare.
Teneva gli occhi chiusi, mentre l’acqua calda le scivolava sulla testa, bagnandole i capelli che solo un paio d’ore prima era stato acconciate per il ballo. Nulla aveva più senso. Era come se fosse passato tanto di quel tempo, che rimaneva solo un leggero ricordo delle parole di Matt, dei sorrisi e della spensieratezza che aveva provato. Si sentiva stupida, sia per quello che era successo al ballo e sia per il dopo. In maniera opposta, ma pur sempre una stupida. Troppo poco propensa al divertimento, tanto da lasciarsi accompagnare a casa prima del previsto, e non continuare così la serata con Faith e Greg, ed allo stesso tempo stupida per essere corsa tra le braccia di un Harry che non la voleva. Essenzialmente cosa aveva di sicuro nell’aver riconosciuto nel riccio colui che era passato di casa? Qualche parola della madre, le strofe di una canzone... in realtà era così tanto speranzosa, da non riconoscerlo nemmeno a sé stessa. Le era bastato così poco per correre indietro da lui, nonostante tutto. Nonostante lo schifo che aveva visto, che aveva riconosciuto e capito, su come funzionavano le cose nel loro mondo. Il mondo patinato della boyband più famosa al mondo.


Se solo avesse seguito l’amica nel post serata, si sarebbe ritrovata a quella festa, con tanta gente. E che ci fossero stati anche loro, Zayn ad Harry, a divertirsi con qualche nuova ragazzina di turno, non avrebbe fatto altro che aprire ulteriormente gli occhi, e lasciarla così definitivamente allontanarsi da quel mondo alla quale rifiutava categoricamente di appartenere. Quantomeno con la voglia. Che poi il cuore dovesse farci un po’ il callo, era del tutto normale ed umano. Restavano pur sempre loro, i ragazzi che per anni aveva sognato. E a certe cose non ci fai mai l’abitudine, nemmeno dopo anni e dopo parecchie cose brutte viste e riviste.


Chiuse il rubinetto dell’acqua, uscendo dalla doccia ed infilandosi addosso l’accappatoio. Non si sentiva meglio nemmeno un po’, ma quantomeno più leggera. Avrebbe affrontato la notte, ed il giorno dopo sarebbe stato tutto diverso. Finalmente.


Rientrando in camera, non fece caso allo schermo del cellulare abbandonato sul letto. Ventisette chiamate senza risposta ed altrettanti sms erano qualche cosa di preoccupante, considerando la durata della doccia. Vero che ne aveva approfittato per rilassarsi, ma al massimo c’aveva passato una ventina di minuti al bagno. Non di più.
Persino il numero dalla quale quelle telefonate provenivano, numero che non compariva sulla sua rubrica, avrebbe potuto insospettirla ancor di più. Fortuna volle che andò dritta al cassettone con i pigiami, per sceglierne uno da indossare durante la notte e cominciare poi ad asciugarsi. Tutto prima di sentire un rumore sordo. Come una beccata contro il vetro. Veloce, breve, seguito da un altro dopo un lasso di tempo di circa otto secondi. E ripetuto per una terza volta.


Stranita, ma al tempo stesso curiosa, si avvicinò alla finestra, guardando verso il giardino presente sul retro della casa, lì dove affacciava la propria camera da letto.


Dabasso, nel buio, riuscì a scorgere la folta chioma riccioluta di Harry Styles. Rimase per qualche istante inebetita, per nulla decisa sul da farsi. Aprire? Scendere? Chiudere le tende e far finta di nulla fino a quando non si sarebbe stufato? Prima o poi l’avrebbe fatto, e sarebbe andato via!


Le mani lasciarono scattare la finestra e la aprirono prima ancora di dar tempo al cervello di mettere a fuoco quello che stava succedendo realmente. Si affacciò e restò imperturbabile. Immobile e silenziosa.


“Sei passata da casa?” le domandò, aspettandosi una risposta.

Ocean rimase ancora silenziosa, a bocca aperta, credendo forse in un miraggio. Magari era entrata così tanto in fissa da riuscire a lasciarsi manifestare davanti quello che avrebbe voluto in realtà che succedesse.

“Mi hai fatta cacciare via, in malo modo tra l’altro. Quindi non capisco proprio cosa tu voglia da me, Harry. Lasciami in pace per una buona volta, ti prego…” e stava già per chiudere di nuovo la finestra, quando lui la implorò.

“Non farlo! Lasciami spiegare!”

“Spiegare cosa? Hai una vita troppo difficile per essere spiegata! Non ci sto più dietro, a te e a tutti quelli che ti ruotano intorno…”

“Lo capisco. Lo capisco, davvero… ma a tutto c’è una spiegazione Ocean.”

“E non sono sicura di volerla conoscere.” Rimbeccò lei, con quel po’ di forza di spirito che le rimaneva in corpo.

Lui chinò il capo e lo scosse appena. “E’ giusto che tu sappia tutta la verità… di te ci possiamo fidare. Ora lo so. Ma dobbiamo parlare qui, adesso. Appena scopriranno che non sono più alla festa, avrò il doppio della gente alle calcagna… non pensare che questa situazione mi piaccia, Ocean. E’ difficile per te, quanto per me.”

“Per me lo è di più, posso assicurartelo!” aggiunse inacidita, strappando un sorriso sconfortato ad Harry.

“Puoi scendere, per favore?”

Non rispose. Riinfilò semplicemente la testa dentro, e chiuse la finestra.
 
 


 

***

 
 



Passarono pochi minuti prima che la porta sul retro si aprì. Si era infilata una tuta, aveva fasciato i capelli con un’asciugamani, per non ammalarsi, ed eccola lì. Senza trucco, in tutta la sua naturalezza. Si accomodò sul dondolo che aveva nel patio, ed attese che Harry da solo comprendesse di avvicinarsi, senza invitarlo in alcun modo. Teneva gli occhi bassi, sul pavimento, come spenti.


“Posso fidarmi di te, Ocean…”

“L’hai già detto.” Lo interruppe lei. Era nervosa, glielo si leggeva in faccia ma anche negli atteggiamenti del corpo. Teneva le braccia raccolte al petto, come un’ulteriore difesa nei confronti del mondo.
Il riccio sospirò, pronto ad affrontare probabilmente un discorso lungo e difficile per lui.

“Rappresentiamo una fascia di mercato parecchio importante. Che ci piaccia o no, tutto quello che facciamo ha un riscontro economico, non solo su noi stessi, ma anche su tutti quelli che lavorano con e per noi. Ed è una realtà difficile da comprendere, ancora più difficile da accettare. Rientra tutto in un meccanismo strampalato alla quale ci si abitua con poca facilità, credimi. Ma oramai ci siamo dentro, e quindi tutto quello che facciamo, lo facciamo con estrema naturalezza. Non perché vogliamo mentire o perché siamo bravi a farlo. Semplicemente è la nostra maschera.”

“Già mi è stato fatto un discorso del genere Harry. Non c’è bisogno che ti giustifichi ancora una volta…”

“Non mi sto giustificando! Era solo una premessa la mia…”

“Premessa a cosa, eh?” cercava di controllarsi, ma il tono inevitabilmente le veniva fuori arrabbiato. Come quello di chi è stato ferito dal profondo, e fa fatica a star dietro a troppe parole. “Se devi dirmi che ti sei innamorato di me ma non puoi farlo avanti al mondo, risparmia il fiato! Sono cose che non mi interessano!”

Il volto di Harry rimase allibito. Aveva gli occhi sgranati, la bocca appena aperta e continuava a guardare Ocean con uno sguardo perso ed al tempo stesso dubbioso sul da farsi.

“Ti sei innamorata di me?” le chiese, preoccupato.

La diciottenne alzò lo sguardo truce su di lui. Se avesse potuto, l’avrebbe incenerito in pochi istanti.

“Io non… non credevo… non avevo capito che…” Harry cominciò a balbettare, cosa che innervosì ulteriormente Ocean.

“Non avevi capito cosa, stupido Styles?! Cosa credi!? Hai capito malissimo! Io non sono innamorata di te! Mai stata! Nemmeno per l’anticamera del cervello mi passerebbe mai di lasciarmi andare così con uno come te! Quindi scendi da quel piedistallo e basta con quella faccia pietosa!”

“Non ho nessuna faccia pietosa! Credevo che ti fossi semplicemente invaghita di me.. è per questo che sono venuto… per spiegarmi. Perché beh… credevo che avremmo potuto raggiungere un accordo…”

Ocean lo interruppe subito, vomitando parole. “Avremmo potuto raggiungere un accordo? Un accordo Harry? Riguardo cosa? Le ore in cui potevamo vederci? Le scopate programmate? I sotterfugi per limonare qualche mezz’ora a settimana? Ma come solo osi pensare ad una cosa del genere! Per chi mi hai preso?!”

Lui le poggiò una mano sulla spalla, come a voler fermare quel fiume in piena che veniva fuori dalla sua bocca. “No, no… Ocean, no! Non cominciare anche tu con questa storia del puttaniere!” ora anche il tono del riccio era alquanto risentito. “Non sono come mi descrivono tutti, porca miseria! Non sono così io!”

“Ma è quello che chiedi alle ragazze, cosa pretendi!”

“Io non ti ho chiesto nulla!” sbottò lui, mentre fece per alzarsi. “Non ti ho chiesto nulla, ne avevo intenzione di chiederti nulla! Volevo solo spiegarti! Farti capire il perché di tante cose. Di me, di noi. Del perché di alcune mie scelte. Ma oramai è inutile…” quindi si avvicinò ai due gradini che ridavano sul giardino. “Non ho nessuna intenzione di spiegare motivazioni che non sembri aspettarti!Sei già arrivata a delle conclusioni tutte tue, no?” allargò le braccia, come a metterle davanti un fatto bello e compiuto.

“Certo che si! Ti sei comportato da stronzo ed ho pensato tu sia uno stronzo. Scusa tanto se ho sbagliato!”

“No, non ti scuso. E sai perché? Perché ero venuto a spiegarti tutto, convinto del fatto che tu non avessi mai aperto bocca. Anzi. Ero convinto persino che poiché hai dimostrato un po’ d’affetto nei miei confronti, saresti stata dalla mia parte. Così non ci sto, mi spiace. Credi che io sia uno stronzo? Bene, lo sono se può semplificarti le cose. Scusami se sono stato invadente. Lo stronzo se ne va.” E le voltò le spalle, attraversando il vialetto che dava nuovamente sulla strada secondaria, lì dove probabilmente aveva parcheggiato.



 

***

 
 

Ocean lasciò sparire la figura di Harry dal cancelletto, prima di scattare. Gli aveva dato addosso, piena di risentimento, e ne aveva ricevuto dell’altro. E poi? Cosa aveva concluso? Dove erano arrivati, entrambi? Né la ragazza, né tantomeno il riccio sembravano essere sereni, nelle loro posizioni. Ognuno si teneva a quell’idea, ma era difficile così tanto venirsi incontro? Harry c’aveva provato, ed Ocean gli aveva dato il ben servito. Uno ad uno, palla al centro. Era il caso che la ragazza compiesse un passo, per quanto poco sicuro potesse essere. Fu così che fece per alzarsi dal dondolo, e raggiungere a piedi scalzi il ragazzo. Aprì il cancelletto, pronta a fermarlo.



Ma quando voltò l’angolo, si aspettava di trovare di tutto, tranne quello che effettivamente vide.


Harry, salito in una macchina nera e sportiva, non era da solo. I vetri fumè le permettevano comunque di vedere all’interno, essendo il vialetto quasi del tutto buio e le luci dell’abitacolo accese.

Non era solo, ma era in compagnia di qualcuno che proprio non avrebbe mai pensato di vedere lì, quella sera, in quell’auto. E non per quella presenza in sé, ma per come il riccio lasciò andare il proprio viso in quelle mani, che lo carezzarono come se fosse la cosa più preziosa del mondo, lasciandogli poi un leggero bacio sulle labbra, a consolarlo.

Ocean rimase lì, quasi a spiare quella scena, così strana ma al tempo stesso quasi perfetta da scaldarle il cuore, sensazione che la inquietava parecchio. Non avrebbe dovuto reagire così, per nulla al mondo. Anzi.

Il motore della macchina ruggì, segno che Harry girò le chiavi nel quadro. Ma la macchina non partì.


Il riccio incontrò gli occhi di Ocean appena la intravide lì sul cancelletto di casa propria. E in un secondo sentì cadere qualsiasi muro. Avanti agli occhi della ragazza c’era la verità. Tutto quello per cui lottavano, ogni giorno. Tutto quello per cui aveva avuto alcuni atteggiamenti. Tutto quello che andava nascosto.








________________________________________________________________________note_autrice______

Semplicemente spero che ognuno di voi mi perdonerà, per il tempo che è passato e per il tempo che probabilmente passerà.
Spero che il capitolo vi piacerà, che la suspances non vi uccida, e che qualcuno di voi arrivi già prima del prossimo capitolo
ad immaginare di chi si tratta in quell'auto, al fianco del nostro riccio.
Un bacio a tutte quelle che ancora aspettano di leggere delle mie storie, con pazienza.
Vi voglio bene,
Giulia.


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Capitolo 22
*** Capitolo 22 ***






Ci sono dei momenti nella vita in cui ti senti parte di uno strano scherzo del destino. Nel posto sbagliato, al momento sbagliato. Momento che ti permette di vedere cose che mai avresti immaginato di vedere. E che nel momento in cui realizzi e metti a fuoco quelle immagini, è proprio l’istante in cui vorresti sapere che è tutto uno scherzo. Che non può essere vero quello che vedi, e che aspetti l’istante puntuale in cui qualcuno salta fuori dall’aiuola e ti urla che è uno scherzo o che hai visto male. Semplicemente.


Ocean era sola, nel vialetto buio, di fronte alla macchina di Styles, ancora con le luci interne accese, e gli occhi del ragazzo non si staccavano dalla diciottenne. Era come immobilizzato, impaurito di quello che le era appena saltato davanti agli occhi, di quello che oramai non avrebbe più potuto nascondere e negare, almeno a lei. Ed anche se si era convinto d’essere pronto a dirle tutto, ora che non aveva vie di fughe, l’unico sentimento che gli scavava nello stomaco era la paura.


La ragazza voltò i tacchi, pronta a ritornare dentro e far finta di nulla, presa da un attimo di terrore. Magari aveva solo immaginato di essere stata vista, quindi ignorare la situazione sarebbe stata la decisione giusta. In fin dei conti, cosa c’era di male? E se non c’era nulla di male, perché gli occhi le si riempivano di lacrime ad ogni passo che riacquistava verso la porta sul retro di casa? Sentì chiaramente una portiera scattare, e pochi attimi dopo una mano afferrarla per una spalla e strattonarla. Fermardola.


“Ocean, non devi farne parola a nessuno! Non era nulla… Harry è molto sconvolto in questo periodo e io tengo molto a lui…”


Louis Tomlinson ed Harry Styles, due membri della band più in voga al momento, due membri del gruppo musicale che Ocean amava da sempre, nonché amici per antonomasia, si erano baciati. Avanti agli occhi della ragazza. Louis teneva il volto di un Harry sconfortato tra le mani prima di posare le labbra sulle sue. E quello decisamente non era definibile come un nulla, nè tantomeno come una cosa tra amici. Gli amici non si baciano, non si guardano in quel modo, non si toccano con così tanta tenerezza.


“Louis. Basta stronzate. Deve sapere la verità! Qualcuno deve. E lei è di sicuro la persona più indicata al momento!”


La ragazza restava di spalle, con gli occhi persi in un punto vuoto, mentre i due ragazzi parlavano tra loro.


“Non credo sia il caso di riaprire il discorso adesso… Ocean sarà stanca!” la voce di Louis era tesa. Tangibilmente preoccupata.
“Fidati di me.” Gli sussurrò Harry. E pur non vedendoli, Ocean era sicura del fatto che si stavano scambiando uno sguardo dolce. Che da quel momento in poi avrebbe riconosciuto come innamorato.
“State insieme?” domandò la ragazza, sempre mostrando le spalle ai due, che presero un po’ di tempo prima di rispondere, mentre Louis, che ancora le teneva una mano sulla spalla, prese a massaggiargliela quasi come a voler sfogare quella tensione più propria che della diciottenne.
“Si.” Fu Harry a rispondere, sospirando subito dopo e aggirando la ragazza, per trovarsela di faccia. “Ti avrei voluto spiegare tutto prima… ma non potevo! Non ti conoscevo, non credevo che avrei potuto fidarmi di te. L'avrei voluto fare, ho cercato di farmi conoscere e di mostrarmi a te. Poi però ho visto qualche cosa di diverso… e sono venuto qui per dirti tutto ma mi hai detto che… mi hai fatto capire il vero motivo per cui ti interessa di me… e forse è colpa mia! E credimi Ocean! Io non voglio far soffrire nessuno!”
“Da quanto va avanti questa storia?” le parole del riccio quasi le scivolavano addosso.
“Due anni quasi…” questa volta Louis prese la parola, lasciando Harry ancora più sconfortato dall’atteggiamento della ragazza, che sembrava voler ignorare le sue parole.
“Due anni?! Cos’è questa pagliacciata?! Prendete tutti in giro! Diamine, non vi avrei immaginato capaci di questo!” era inorridita quasi, tanto da sgusciare via con uno strattone dalla presa del maggiore.
“Non è una nostra scelta Ocean. Credici, non è poi così bello tutto questo…Certe scelte siamo costretti a farle.”
“Oh certo, avere storni di ragazze che vi seguono ovunque ed urlano il vostro nome strappandosi i capelli, comprando i vostri cd, venendo ai vostri concerti… deve essere proprio terrificante! E voi come le ripagate?! Bugie! Ma siete costretti a farlo, essì!” Era dura, ma ferita.
“E’ terrificante. E’ terrificante il fatto che tutto questo si basi su di una bugia. Credi che se sapessero di noi, sarebbero così tante? Credi che venderemo così o che continueremo ad avere questo successo? E soprattutto, credi sia davvero una nostra scelta? Il mondo non è mai come lo immaginiamo.”
Ocean ostentava a tenere lo sguardo basso, come se tutte quelle parole fossero per lei un peso troppo pesante da sostenere. Non riusciva a guardarli, non riusciva ad incrociare gli occhi con quelli che aveva creduto essere ragazzi onesti, prima che suoi idoli, prima che amici o conoscenti che dir si voglia. Ed invece si ritrovava a dover affrontare una realtà diametralmente opposta a quella che mai e poi mai avrebbe immaginato. Eppure, Harry non dava quell’impressione. E Louis?! Insomma, era tutto così incredibilmente irreale.

“Tu sei fidanzato!” sbottò verso il Tommo. Doveva essere uno scherzo, insomma.

Lui di tutta risposta alzò gli occhi al cielo e sbuffò. “Eleanor è la mia migliore amica. Non hai idea di quanto mi aiuti in certe occasioni…”
Harry lo interruppe. “Lo so che può sembrare folle, difficile a credersi ma… ero venuto per dirti la verità, ti avrei spiegato tutto con calma Ocean! Credimi… mi sento così in colpa per…”

La ragazza alzò una mano verso Harry, all’altezza della bocca del ragazzo, per fermarlo. Non voleva sentire altro al momento.

“Ti senti in colpa per cosa di preciso, Styles?” aveva il tono freddo, tipico di una persona ferita. “Per avermi tenuto nascosta una verità? O perché la nascondi a tutti, e la notte non riesci a dormirci su? Perché mi dispiace, ma fatico a crederti. Mi hai scritto! Mi hai detto delle cose… e io le ho letto credendo possibile che tu…” si fermò, sbuffando. “Lascia perdere. Lasciate perdere tutto ragazzi. Davvero. Non dirò nulla se è quello di cui avete paura. Non c’è bisogno che mi mandiate altre carte da firmare, patti di riservatezza e quant’altro! Non ho bisogno di nulla, davvero. Non voglio rientrare in queste vostre faccende segrete, migliori amiche che fanno da fidanzate, fidanzati che fanno da amici e ragazze stupide che ci cascano!”

“Non sei cascata in nulla di strano!”

“Non!” alzò nuovamente la mano, questa volta verso la bocca di Louis. Aveva voglia di tappare quella di entrambi, contemporaneamente. “Non aggiungete niente! Se non fosse stato per Zayn, tutto questo non sarebbe mai successo! Vi avrei continuato a seguire come la mia boyband preferita, e tutto sarebbe finito lì! Niente casini, niente notizie sbalorditive, niente strani sotterfugi o menzogne! Vorrei tornare indietro a quel concerto, e se potessi lo farei. Credetemi.”

Sul volto di entrambi, ma di Harry soprattutto, era chiara la smorfia di sorpresa mista ad un pizzico di delusione. Forse, nessuno dei due avrebbe mai scommesso riguardo ad una reazione del genere. Seguì un lungo silenzio, profondo e quasi tangibile, interrotto dal riccio. Aveva la voce profonda, segnata probabilmente da tutto quello che era appena stato detto.

“Quella sera, la sera del concerto in cui ti ho conosciuto, l’ho letto nei tuoi occhi che avevi qualche cosa di speciale. Alla tua età, tenere alti certi principi e dire di no a quello che potrebbe essere il ragazzo dei tuoi sogni, non è una cosa facile da trovare. Mi hai colpito. Ti ho sentita sincera, e forse in quel momento ho sbagliato a considerare possibile la nascita di un’amicizia con te. Ed ho anche sbagliato forse a fare tutto quello che ho fatto dopo. Ogni mio gesto, Ocean, è stato per amicizia. E credimi se ti dico che non avrei mai e poi mai voluto che finisse così.” Prese una pausa, probabilmente per raccogliere le idee o forse le emozioni. Parlava con il cuore, e quello era chiaro. “Ho sentito da subito il bisogno di proteggerti. E l’ho fatto. Su twitter, quando ti sono venuto a prendere, quando ho mandato Paul, quando ti scrivevo per chiederti come stavi. Per me era quello che avrebbe fatto un amico, perché sono così. Perché quando sono semplicemente Harry, mi dimentico che in realtà sono sempre l’Harry Styles dei One Direction. Soprattutto per te, che mi vedrai sempre come parte della band e non come il ragazzo che sono. E mi spiace davvero se hai valutato male i miei gesti nei tuoi confronti, il fatto che ti ero vicino… ma ho cercato di lanciarti dei segnali, parlandoti! Soprattutto quando eravamo in macchina, da soli… avevo sondato il terreno sull’affare Larry, ricordi?” si fermò di nuovo, ed Ocean lo stava guardando questa volta. Lo guardava con occhi diversi. Come chi, per la prima volta, vede una verità assoluta. Una persona nella sua interezza, senza maschere o ombre dietro il quale nascondersi. Era Harry, semplicemente Harry. In quello che diceva c’era poco di patinato. “Mi spiace. Sono stato egoista ed ho anche sbagliato a credere che saresti potuta diventare la mia Eleanor. Ma di fondo ci tenevo e ci tengo a te, è solo per questo.” Alchè il riccio si zittì, abbassando lo sguardo, senza avere più il coraggio di affrontare quello di Ocean, che dal canto suo rimase agghiacciata.

Louis gli sorrise ed allungò una mano a scompigliargli i ricci, cosa che procurò un automatico sorriso, seppur breve, anche all’altro. E di conseguenza, seppure in maniera totalmente inattesa, un senso di tenerezza pervase anche la ragazza.

“Zayn non ha preso benissimo la storia per questo.” Louis si intromise, lasciando ad Harry un po’ di tempo. “Perché sa… i ragazzi sanno, i manager anche ma con loro fingiamo che non sia tutto rose e fiori e che ci siamo allontanati un po’… Così ci stanno meno con il fiato sul collo, e almeno i nostri momenti riusciamo a ritagliarceli con più facilità.”
“Siete un’associazione a delinquere!” li sbeffeggiò Ocean, ma non con aria cattiva. “E perché Zayn non ha preso benissimo la cosa?”
“Perché a Zayn non piacciono le bugie. E’ quello che finge di meno, perché è quello che fatica di più a farlo. Se ci fai caso, è l’unico che durante le interviste parla il meno possibile. Non gli piace mentire, non gli piace seguire un copione, e non gli piace chi mente. Praticamente, non gli piacciamo noi!” il Tommo fece spallucce, sospirando subito dopo. “Ma diciamo che ci capisce, fino a quando non intacchiamo la vita di qualcun altro, soprattutto quand'è qualcuno a cui tiene… come Harry, nel tuo caso. Non che l’abbia fatto con cattive intenzioni!” aggiunse subito. “Ma Zayn voleva che ti dicessimo tutto sin dall’inizio… hanno litigato parecchio per questo.”
“Ed io che lo credevo geloso.” Sospirò la ragazza, facendo di no con la testa, ancora più sconfortata.
“Beh, magari un po’ si. Non so… so solo che non gli andava giù che ti usassimo, anche se Harry non voleva usarti. E' difficle da capire, lo so. Ma comunque a te ci tiene, credo. Perdonaci Ocean. Perdonalo.”
“Quindi Zayn….” La testa le pesava, per le tante notizie. Ma decise di tralasciare ulteriori discorsi, domande. Non era il momento. Doveva metabolizzare. “Non deve essere facile.” Concluse così, semplicemente.
“Non lo è. Ma oramai c’abbiamo fatto il callo.”
“E non volevo infilarti in questa situazione. Davvero ho imparato a tenerci a te, da amica. E magari mi crederai un mostro. Rovino sempre tutto, io. E’ quello il vero Harry.” Si prese uno spintone da parte di Louis, ed un’alzatina di spalle da parte della ragazza.
“Ora non fare il patetico.” Sempre severa, verso il riccio. La ferita bruciava. “Non ti prometto nulla Harry. Dovete lasciarmi tempo. E’ una situazione complicata… non avrei mai immaginato!”

Il riccio alzò le braccia con fare innocente. “Capisco, capisco. Prenditi tutto il tempo che vuoi. Quando vorrai, se vorrai riparlarmi, il modo per contattarmi lo conosci. E qualsiasi domanda tu abbia, non so… scrivimi. Quando vuoi.” Le sorrise, in modo dolce. Era quasi sereno, sollevato da un grande peso che portava chissà da quanto tempo.


Senza ulteriori parole, con un sorriso anche da parte di Louis, i due si voltarono, ritrovando la strada per il cancelletto del retro e la macchina. Dovevano, tutti, dormirci su. Harry e Louis. E poi Zayn, ed il suo – forse, quasi – interesse.


A volte, avere un macigno sul cuore non rendeva le notti leggere, ma anche dormirci sopra non era poi così comodo.





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Lo so, vi avevo promesso più capitoli.
Ma lo studio, la scuola. Insomma, perdonatemi.
Però non si può dire vi abbia dimenticati. O che abbia dimenticato loro.
Il capitolo è bello ricco, pieno di collegamenti. Chi trova dei bei punti chiave, tipo dei perchè di Zayn di tanti
suoi atteggiamenti, me lo faccia sapere.
Grazie per chi, nonostante il tempo, è sempre qui a leggere e commentare.

Giulia.


P.S: considerando che ho superato le 3000 visualizzazioni a questa storia, che mi sta particolarmente a cuore,
volevo regalarvi qualche cosina (proprio un pensierinoino). Se vi potrebbe piacere l'idea (non so se avete presente,
tipo i giveaway di yt) fatemelo sapere su twitter (@LouVelessy) e vi spiego a cosa ho pensato! :)

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Capitolo 23
*** Capitolo 23 ***






{ SETTE MESI DOPO }


La vita va vissuta, è questo quello che si insegna a scuola, è questo quello di cui scrivono i migliori poeti del mondo, ed è questo quello che qualsiasi film, serie televisiva o canzone che non abbia come tema principale l'amore vuole insegnare.
La vita va vissuta, qualsiasi sia la strada che prende, qualsiasi siano le difficoltà e gli ostacoli che ci si trova di fronte. E perdipiù va vissuta nel miglior modo possibile, perchè una ne abbiamo, e dobbiamo prendercene cura al meglio possibile.

Ed è questa la conclusione a cui Ocean arrivò quella notte. La notte in cui scoprì la verità su Harry e Louis. La notte in cui capì che effettivamente essere famosi non era poi così una grande cosa positiva come a molti può sembrare, soprattutto quando per esserlo devi negare tutto te stesso, rinnegare i tuoi principi e persino i tuoi sentimenti.

Era quello che facevano Harry e Louis da anni, ed era quello alla quale lei non era disposta a rinunciare. I sentimenti, per una persona che vive la vita nel miglior modo possibile, sono l'unica cosa che ti rimane per dimostrare al mondo quanto effettivamente sei viva. Il rapporto con le altre persone, quello è l'unico punto d'incontro che si ha con il di fuori.

Ed una persona, a cui effettivamente doveva tutta quella confusione, era Zayn.
Il suo Zayn, il badboy che aveva paura di diventare ciò che gli avevano costruito intorno, tralasciando sè stesso. Lo stesso che, probabilmente anche e soprattutto grazie l'aiuto di Ocean, era riuscito a rientrare in contatto con il vero Zayn Malik che in pochi conoscevano, e che la diciottenne in pochi mesi era riuscita a ritirare di nuovo fuori. Lo Zayn di cui qualsiasi ragazza potrebbe innamorarsi, e non perchè è uno dei ragazzi dei One Direction, non per la sua fama e la sua bellezza; per le sue qualità, i sentimenti e la verità d'animo.

Ma stare con Zayn era impossibile. Ocean non era Danielle. Ocean non voleva un contratto con la Modest, e soprattutto non voleva rientrare in quel meccanismo così svenevole, che rendeva tutto ad una mera questione di soldi.

Eppure nella vita bisogna scendere a compromessi, anche questo è meglio impararlo presto.

E fu per questo motivo, per l'affetto nei confronti di Zayn - quel ragazzo che aveva cercato di proteggerlo dalla menzogna di un Harry che in fin dei conti le voleva bene, ma non quel bene che la riccia credeva - che con il tempo cresceva sempre di più, che un giorno si ritrovò a voler incontrare proprio lui, Mister Enfay.


"Signorina McLeod! A cosa devo il piacere..." la faccia di bronzo dell'uomo seduto dietro la scrivania che l'accoglieva, la fece rabbrividire.
"Ha vinto lei." borbottò Ocean, con uno sguardo severo, quasi incattivito. "Firmerò tutto quello che mi chiederete. Farò parte della Modest, ma ai miei patti." parlava piano, per essere sicura di spiegarsi nel modo migliore. "Starò con Harry Styles, mister Enfay. Sarò la sua compagna, in qualsiasi modo lei crederà migliore per i ragazzi per quanto riguarda tutto ciò che c'entra con la pubblicità. Ma!" e si fermò di nuovo, guardandolo dritto negli occhi.
"Accetterà il fatto che io e Zayn stiamo insieme." gliela buttò lì, quasi come se non fosse nulla d'importante, quando in realtà gliel'avevano fatta sotto al naso per ben sette mesi. Sette mesi d'incontri, di telefonate intercontinentali, di nottate passate a dormire abbracciati, a coccolarsi sotto le stelle e dichiararsi amore nonostante le difficoltà.
"Io e Zayn Malik stiamo insieme, Mister Enfay. E lei, nè tantomeno nessun altro, Paul compreso, non ve ne siete accorti perchè in realtà credete di controllare i ragazzi, ma non lo fate. Loro sono liberi di amare chi pare a loro, nonostante tutto. E se avere una copertura, se avere della pubblicità per far soldi vi farà dormire tranquilli, benissimo. Prepari pure un nuovo contratto a nome Ocean McLeod. Firmerò senza batter ciglio." quindi, senza aggiungere altro voltò le spalle all'uomo inebetito.




L'amore è una cosa meravigliosa; un sentimento potete che riesce persino a trasformare una diciottenne anonima in una leonessa.










______________________________________________________note_autore___

Non potevo concludere in altro modo questa storia.
Harry e Louis insieme, con le loro coperture. Coperture che in realtà non faranno altro che
coprire Zayn ed Ocean, liberi finalmente di potersi conoscere, e con il tempo amarsi.
Ed io vi ringrazio, per le lunghe attese, per i commenti, e per l'appoggio.
Vi bacio tutte,
Giulia.




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