Then She appeared

di Aura
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** È il tuo giorno fortunato, straniera ***
Capitolo 2: *** A girl from Mars ***
Capitolo 3: *** Colour my life with the chaos of trouble ***
Capitolo 4: *** Some things never change ***
Capitolo 5: *** Un tuono. Jess. ***
Capitolo 6: *** Perché non sei qui? ***
Capitolo 7: *** You were always on my mind ***
Capitolo 8: *** L'ultima richiesta ***



Capitolo 1
*** È il tuo giorno fortunato, straniera ***


gg1

Piccola nota per chi legge:
Non cercate Jess nelle prime righe, ma vi prometto che arriverà. All'inizio in sordina, ma questa è pur sempre una storia Literati, quindi se lo cercate abbiate pazienza.



Then she appeared,
apple Venus on a half open shell.
Then she appeared,
the first photograph on Fox Talbots gel.
I was a little frightened
Flying with my senses heightened
Cherubim cheered
Then she appeared
(Then she appeared, XTC)








- Sarò lì in venti minuti.
Dall'altro capo della cornetta arrivò uno sbuffo divertito.
- Rory, stai versando l'acqua nella macchina del caffè, lo sento. Ti sei appena svegliata...
Si incastrò il telefono tra la spalla e l'orecchio, per poter avere entrambe le mani libere.
- Mezz'ora, - disse, riempiendo il filtro, - te lo assicuro.
Chiuse la conversazione, prima che Melinda potesse dirle di non preoccuparsi e stare a casa.
Lanciò il telefono sul divano, mentre il caffè scendeva, e corse a prepararsi, cercando di fare il più in fretta possibile. Si lavò i denti mentre cercava di chiudere i capelli in una coda, poi, una volta vestita, tornò nella zona giorno del suo piccolo appartamento, si versò il caffè ormai pronto in un thermos di Starbucks, infilò la tracolla, prese la giacca e fece per uscire di casa; poi tornò verso il divano e frugò tra le pieghe, tirandone fuori vittoriosa il cellulare.  
Era matematico, ogni volta che si era in ritardo ecco che il destino si divertiva ad accavallare gli eventi in modo che, per quanto ci si sforzasse, non si poteva arrivare in tempo.
O forse nella frenesia si notavano di più i particolari che in altre situazioni, di calma totale, si ignoravano.

Una volta in strada controllò l'orologio, contemporaneamente sollevò la mano avvicinandosi al bordo del marciapiede: solo un taxi poteva salvarla dal suo ritardo colossale. Si sentiva in colpa, Melinda non chiedeva facilmente favori, e per una volta che si era sbilanciata chiedendole se quel sabato mattina poteva stare con i bambini, in modo che lei potesse accompagnare suo marito a un matrimonio, Rory non sentiva la sveglia.
Affrettò il passo verso un taxi che stava accostando, ben determinata a vincere la sfida contro un altro ragazzo che sembrava averlo adocchiato.
Fece un ultimo scatto, quasi correndo, ma arrivarono alla portiera nello stesso momento.
- L'ho visto prima io! - lo rivendicò, allora.
- Questo è tutto da dimostrare. - disse il ragazzo, per nulla intenzionato a cederglielo.
Ed ecco, la sua finta maschera di sicurezza che si staccava, e l'espressione ferma e sicura di sé fu sostituita da una genuinamente implorante.
- Ti prego, ti prego, ti prego: sono in ritardo stratosferico!
- Come chiunque. - ribatté lui per nulla scalfito dalla sua preghiera, già sapendo di aver vinto.
Rory provò di nuovo, fermandolo mentre stava per aprire la portiera.
- Devo fare un favore a un amica, se perdo questo taxi le rovinerò la giornata: sai cosa vuol dire essere donna e gestire famiglia e lavoro? Qui a New York? Un favore, mi ha chiesto un misero favore, è tutto nelle tue mani. - disse, a raffica.
Lui sembrava divertito dal suo sproloquio.
- Dove sei diretta? - disse, soppesando l'idea di condividere la corsa.
- A Brooklyn, sulla ventinovesima. - gli rispose, osando respirare nel intravvedere un bagliore di speranza, pregando mentalmente che anche la sua meta non fosse troppo distante.
Il ragazzo sollevò le spalle,
- È il tuo giorno fortunato, straniera.
Salirono sul taxi, comunicarono gli indirizzi all'autista e poi entrambi presero il cellulare.
- Sto arrivando, - disse Rory a Melinda, - finisciti la piega ragazza, perché oggi tu e Spencer andate al matrimonio!
Sorrise, ascoltando i ringraziamenti della collega, poi una volta salutatala si dedicò all'osservazione della strada, mentre il suo compagno di viaggio era ancora impegnato in una conversazione.
- Stai arrivando? Io devo fare una piccola deviazione, una turista si stava quasi mettendo a piangere perché le lasciassi il taxi e così dividiamo la corsa. - rise, non facendosi nessun problema a parlare di lei con il suo interlocutore, nonostante fosse palese che Rory stava ascoltando. - Sai come sono, un galantuomo. - aggiunse poi, ironico.
- Scusa, straniera, turista: - non si trattenne poi da dirgli, una volta che lui ripose il telefono, - ma a te chi te lo dice che non sono di qui?
Il ragazzo ridacchiò,
- Perché non sei in grado di prenderti un taxi, e questo è più che sufficiente. Se fossi stata una vera newyorchese mi avresti tirato la borsetta in testa e saresti salita, punto e basta, lasciandomi sul marciapiede con un bernoccolo.
Rory sbuffò,
- E allora spero che tu ne abbia incontrate molte, di newyorchesi che ti hanno riservato questo trattamento.

Stavano per entrare nel quartiere di Melinda, Rory tirò un sospiro di sollievo mentre controllava velocemente la borsa per assicurarsi di avere tutto. Il taxi accostò, porse altezzosa un paio di banconote al suo vicino.
- La mia parte. - gli disse, preparandosi a scendere, ricevendo in risposta un ghigno strafottente. Le stava decisamente antipatico, come tutti gli altri che si credevano un gradino sopra agli altri solo perché si autodefinivano tali, cittadini di classe A per diritto di nascita.
- Ehi! - le disse, quando stava per chiudere lo sportello dietro di sé. - Aspetta straniera, tieni, - le porse un volantino. - oggi pomeriggio inauguriamo una caffetteria in zona, se vuoi passare ti offro un caffè.
Rory diede un'occhiata veloce al volantino: grand opening, caffè gratis.
- Gentile da parte tua. - disse, ironica.

Ore dieci e quarantacinque, Melinda e Spencer erano usciti, Agatha era sul divano, a guardare un film, e George era in camera sua, a giocare a qualche videogame.
Melinda non era una di quelle madri che lasciano i figli ventiquattr'ore davanti alla tv, d'altro canto aveva avuto abbastanza buon senso da non porre particolari limiti per quel giorno, non avendo Rory una grande confidenza con loro.
Aveva con sé il portatile, e si era messa in cucina a correggere la bozza di un articolo che avrebbe dovuto consegnare lunedì.
Nonostante la sua scarsa dimestichezza con i bambini si ritrovò ben presto a pensare che non doveva essere tanto male una vita così: il volume basso della tv e il suono ovattato della lavatrice al piano di sotto non creavano esattamente confusione, era quasi una compagnia al silenzio. I due ragazzini sembravano tranquilli, lei aveva la sua tazza di caffè calda accanto e tutto stava andando bene: la giornata sarebbe passata in un lampo.
Un urlo stridulo arrivò dal salotto, Rory rischiò di inciampare con l'alimentatore del pc nel correre a vedere che cos'era successo.
Agatha era in piedi sul divano, in lacrime, e lanciava degli urli assordanti.
- Cos'è successo? - provò a chiederle, avvicinandosi e mettendo in pausa, ricevendo di tutta risposta degli altri urli.
Dei passi pesanti sulle scale,
- Non puoi farla stare zitta? Mi sta assordando. - Si lamentò George.
Rory lo guardò, allarmata,
- Non so cosa sia successo!
Lui sbuffò, osservando con occhio critico la situazione, mentre Rory continuava a chiedere ad Agatha che cosa avesse.
- Trovato. - disse lui, brandendo la custodia del film che stava guardando la sorella. - È questo, non doveva guardarlo: fa la pazza quando il cacciatore spara alla mamma di Bambi.
Rory prese goffamente in braccio la bambina,
- Io da piccola lo guardavo senza problemi... - osservò, mentre Agatha singhiozzava frasi sconnesse in cui dichiarava che i suoi genitori sarebbero morti e lei sarebbe stata costretta a vivere con Rory.

George scomparve ben presto al piano di sopra, e ci volle mezz'ora, forse di più, per arginare la crisi e tranquillizzare Agatha sul futuro dei suoi genitori, che erano semplicemente andati a un matrimonio.
Trovava sempre paradossale come lo stesso intervallo di tempo scorresse diversamente in base alle situazioni in cui si trovava: mezz'ora prima di consegnare un articolo, mezz'ora prima di prepararsi per andare al lavoro, scorrevano in un battibaleno; invece mezz'ora di una bambina di sei anni che si esibiva in pianti ininterrotti era quasi atroce.
Riuscì a scaldare senza particolari complicazioni il pranzo che Melinda aveva lasciato nel frigo, avvisò George che presto avrebbero mangiato e controllò lo stato emotivo di Agatha, che si era messa a colorare.
Il timer del microonde suonò, Rory si avvicinò piano alla bambina,
- Ehi, che ne dici di andare a chiamare tuo fratello? Qui metto in ordine io.
Lei osservò il disegno colorato per metà.
- Non possiamo mangiare in cucina? Così quando finiamo di mangiare lo continuo.
- Ottima idea, preparo di là, vai a chiamare George.
Alzò il fuoco sotto la padella di sugo che Melinda le aveva consigliato di non scaldare in microonde, e apparecchiò la tavola.
- Ehi, Rory. - osservò George, appoggiato allo stipite. - Mi sa che lì c'è qualcosa che non va.
Si girò verso i fornelli, il sugo scoppiettava con troppa violenza, allungò una mano per abbassare la fiamma ma fu inutile, così fu costretta ad avvicinarsi per togliere la padella, riempiendosi la sua bella camicia bianca di schizzi rossastri.
- Dannazione! - si lamentò, strofinandosi con un tovagliolo cercando di ignorare le risa dei bambini.
Eh sì, era stata una genialata mettersi una delle sue camicie più belle per andare a fare la baby sitter, ma sul momento non ci aveva pensato. Era irrimediabilmente sporca, così dopo aver riempito i piatti di George e Agatha frugò nella sua borsa in cerca di un cardigan che era sicura di aver messo lì, nella confusione del mattino.
George adocchiò il volantino,
- Ehi, ci andiamo? - disse, sfilandolo dalla borsa.
Rory glielo prese, indispettita.
- Dovresti essere grande abbastanza per capire che non è educato mettere le mani nelle borse della gente.
- Dai, ne ho sentito parlare a scuola: è una caffetteria enorme, il retro è pieno di videogiochi, tutti i miei compagni ci andranno!
Rory osservò con scarso interesse il volantino: il locale era descritto come l'unione tra una caffetteria vecchio stile e una biblioteca, con annessa sala giochi. Avevano davanti a loro tutto il pomeriggio, tutto sommato andare lì avrebbe fatto passare più velocemente il tempo; inoltre per l'inaugurazione era prevista una lettura di fiabe per i bambini più piccoli: anche Agatha sarebbe stata sistemata.
- Ok, andiamo. - accordò, chiedendosi come mai fossero rimasti impassibili alla notizia, silenziosi ad osservare i loro piatti. Prese una forchettata di pasta, - Porca miseria, è disgustosa: come può essere?
Rassicurata dalle sue parole Agatha spinse via il piatto.
- Io non la mangio. - decretò.
Rory nascose un sorriso,
- Forza, vestitevi: se ci sbrighiamo possiamo mangiare lì.

Si fidò di George, che aveva detto che sarebbero arrivati a piedi in cinque minuti, e così non perse tempo a chiamare un taxi.
La strada fu più lunga del previsto, tanto che Agatha a un certo punto si impuntò, dichiarando che non avrebbe più camminato.
- Che stupida, si è messa le scarpe nuove e le fanno male i piedi. - indovinò il fratello maggiore.
Lei, sull'orlo di un nuovo pianto, mise il broncio.
- Volevo essere carina! - gli rispose. Rory osservò gli angoli della bocca in discesa libera, e gli occhi che stavano iniziando a farsi lucidi.
- Vieni qui, manca poco: ti porto in braccio io. - le propose, mentre Agatha si risollevava e le tendeva le braccia.
Il locale era ad angolo su due grosse strade, dalle ampie vetrine si intravvedevano gli arredamenti in legno chiaro, in stile coloniale, affiancati da delle grosse poltrone in velluto damascato.
C'era gente, ma non era strapieno, e di sicuro avrebbero trovato un tavolo libero. Si fermò davanti ai gradini.
- Ora vai da sola? - chiese alla bambina, pronta a metterla a terra, ottenendo un mogio “no” come risposta. - Non ti preoccupare, stai con me. - le accordò, cercando di non guardare il suo riflesso sgualcito e spettinato sulla porta a vetri: la giacca era storta, la borsa stava scivolando lungo la spalla, e per finire dei limbi della camicia macchiata di rosso stavano sfuggendo dalla copertura del cardigan.
George, una volta dentro, adocchiò subito la porta che conduceva alla sala giochi.
- Posso andare? Adesso forse c'è meno gente, e posso giocare tranquillo.
Rory, per nulla intenzionata a discutere, gli fece un cenno del capo con la testa: per lei era lo stesso.
- Hai i soldi per i gettoni? - gli chiese, mentre si avviava a un tavolino accanto alla finestra.
- Per chi mi hai preso? Ho dodici anni, prendo la paghetta. - ribatté lui, prima di scomparire.
Sorrise debolmente ad Agatha, che si era infilata accanto a lei nella poltrona e stava scuotendo le spalle all'affermazione del fratello.
- Straniera, sei venuta allora!
Il ragazzo del taxi era accanto a lei, con in mano un blocchetto.
Rory gli riservò un sorriso tirato, aveva sperato vivamente di non incontrarlo.
- Non avevo capito che facevi il cameriere qui. - gli disse.
Lui rise,
- Veramente il locale è mio, bel tentativo di mettermi al mio posto, non abbastanza newyorchese però.
- Da quello che so io è un po' anomalo definirsi newyorchesi e poi aprire un locale fuori da Manhattan.
- Questa mi è piaciuta, solo per te oggi caffè gratis. - disse, facendole l'occhiolino.
- Non era sul volantino?
Il ragazzo finse di ignorarla, aprendo il block notes.
- Allora, Straniera, cosa porto a te e alla bambina?
- Due cheesburger, e due porzioni di patatine.
Lui scarabocchiò veloce.
- Arrivano in un lampo. - Si girò verso il bancone, - Jess, porti del caffè al tavolo cinque? A lei non lo mettiamo sul conto, mi raccomando. - Sghignazzò.
Rory sbuffò, alzando un sopracciglio verso Agatha che la guardava dubbiosa.
- Lo conosci? - le stava chiedendo.
- No, per mia fortuna; ci siamo solo incontrati stamattina sul taxi, mentre venivo da voi.












Nda: devo essere un bel po' insicura su questa storia, se invece dell'immagine che avevo preparato per il capitolo ci piazzo Rory e Jess.
Il fatto è che io stessa, probabilmente, nel mettermi a leggere una storia su di loro due finirei per torcere il naso se di Jess neanche l'ombra; d'altro canto ho una precisa idea su come e perché andranno le cose e quindi questa introduzione era necessaria.
Si è capito che sono insicura su questa storia?

Innanzitutto se avete letto fino a qui vi ringrazio, e vi prometto che domani posterò un altro capitolo con Jess più presente (avete notato chi chiama nell'ultima battuta il ragazzo del taxi?).
Non è mia intenzione allungare il brodo, ma voglio scrivere tutto bene, e quindi il loro primo incontro non sarà esattamente simile alla foto sopra al capitolo, rimarranno su toni più tranquilli, anche perché, poi nella storia verrà specificato, sono passati cinque anni dal loro ultimo incontro, a Philadelphia.
Però, come ho scritto sopra, io sono Literati sin dalla 2x05, quindi fate voi due più due, il loro momento arriverà.

Un paio di cose (lo so, questa nda è eterna u_u) so di avere un'altra storia in stand by, ma volevo cambiare fandom e prendere una boccata d'aria fresca, prima di continuarla; infine so che ho promesso una revisione di Bloccati dalla Neve, l'altra mia storia su Rory e Jess, (se non l'avete letta non fatelo, per il momento: è del 2005 e NECESSITA di una revisione) ho iniziato a riguardarla, ho guardato qualche video su loro due e bam, niente più voglia di revisionare volevo solo scrivere.
E quando ci si sente così bisogna proprio farlo, no?
Vi lascio con l'immagine del capitolo, perché se siete arrivati fino a qui avrete capito che la storia è su Rory e Jess, indipendentemente da chi ho messo.
Ps so che queste immagini non sono tecnicamente belle, e so che non ce le si aspetterebbe da una ventottenne, d'altro canto sto iniziando solo ora  a imparare come si fanno,
e mi diverto un mondo, ergo per un po' allieterò le mie fic con queste aberrazioni :-P tiè
Pps il titolo della fic l'avete riconosciuto? 3x08, vi dico solo questo.









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Capitolo 2
*** A girl from Mars ***


gg2






Do you remember the time i knew a Girl From Mars?
I don't know if you knew that.
Oh we'd stay up late playing cards,
Henri Winterman Cigars.
Though she never told me her name

(A girl from Mars, Ash)










- Non pensavo fosse passato così tanto tempo dall'ultima volta in cui ci siamo visti. - osservò una voce, beffarda, accanto a lei.
Rory spalancò gli occhi, riconoscendola.
- Jess, - disse, sorpresa, passando veloce i capelli dietro alle orecchie, per sistemarli un po'. - che ci fai qui? Oh, no, - continuò poi, capendo l'equivoco, - lei non è mia, è la figlia di una collega, mi ha chiesto di tenerla, oggi. - spiegò, sperando di non sembrare a disagio.
Davanti a lei c'era proprio Jess, con la caraffa del caffè in una mano, esattamente come se lo ricordava. Ovvio, più grande. Si costrinse a respirare, stava inspiegabilmente farneticando anche con il pensiero. E Jess sogghignava.
Nascose la macchia del sugo sulla camicia allungando il cardigan, mentre lui le versava il caffè.
Prese coraggio e cercò di dominare l'imbarazzo,
- Lavori qui? Non eri a Philadelphia? - gli chiese.
- Aiuto un vecchio amico: lui aveva bisogno di un socio e io di cambiare aria, per continuare a scrivere.
- Oh, certo. - Avrebbe voluto continuare, ma lui le fece un cenno con la testa e si avvicinò ad un altro tavolo.
- E lui, lo conosci? - le chiese allora Agatha.
Rory osservò Jess Mariano.
- Lo conoscevo. - rispose.

George era passato di lì tra una partita e l'altra, a mangiare, vantandosi dei suoi punteggi mirabolanti, e intorno alle tre Agatha sgattaiolò nell'angolo dove si teneva la lettura delle fiabe, lasciandola sola con una tazza piena di caffè sul tavolo e in mano un libro recuperato su uno scaffale.
Lo aprì, chiedendosi distrattamente quanto avesse influito la presenza di Jess in quell'aspetto della caffetteria.

Rick tornò dalla pausa,
- Tocca a te, Mariano. - disse, prendendo il suo posto dietro al bancone.
Jess scaldò un panino, facendo scorrere lo sguardo sulla sala.
Dire che l'aveva vista non appena era entrata era riduttivo, si era accorto di lei fin da quando stava salendo i gradini del locale.
Non sapeva cosa pensare, ma era stato strano, vederla così, pensarla mamma di una bambina. Eppure, pur con i capelli in disordine e l'aspetto scarmigliato, quella versione di Rory gli era in qualche modo più famigliare di quella patinata che aveva conosciuto ad Hartford, o quella che aveva incontrato a Philadelphia.
In fondo le donne erano tutte uguali: coglile impreparate e troverai delle ragazzine, e così era successo, Rory aveva iniziato a blaterare velocemente, imbarazzata, proprio come quella ragazzina che si ricordava.
- Che fai, non vai a mangiare?
Si versò un bicchiere di birra, prese il piatto e scese dal bancone.
- Sto andando, faccio compagnia a una vecchia conoscente.

Appoggiò il piatto al tavolo di Rory, immersa nella lettura.
- In effetti, penso che se tu avessi avuto una bambina lo sarei venuto a sapere, in un modo o nell'altro. - disse, indifferentemente.
Rory sollevò lo sguardo dal libro,
- Suppongo di sì. - si limitò a dire, stupita nel trovarselo di fianco.
Dal loro primo incontro era andata in bagno, sistemandosi la coda e aggiustandosi la camicia sotto al maglione, detestava averlo fatto ma si sentiva meglio, non più trasandata.
Sperò comunque che l'occhio di un uomo, meno attento ai dettagli, non ci avesse fatto caso.
- Allora, ne è passato di tempo dall'ultima volta. - disse lui, prima di dare un morso al suo panino. Rory appoggiò il libro sul tavolo.
- Luke sa che sei il socio di una tavola calda?
- Questa è una caffetteria, - la corresse, con la bocca piena, - ed è una cosa temporanea, mi devo pur mantenere.
- Pensavo che avessi trovato un buon ambiente a Philadelphia.
- Alla fine mi sono stufato di tutti quegli intellettualoidi. - sbuffò, mandando giù il boccone con un sorso di birra. Rory ne approfittò per studiarlo: si muoveva come se non ci fosse imbarazzo tra di loro, come se il loro ultimo incontro non si fosse risolto in maniera disastrosa. A tal proposito una frase le premeva la gola, da quando l'aveva visto.
- Alla fine io e Logan ci siamo lasciati.
- Quel tipo? - chiese Jess, continuando a mangiare, come se in fondo la cosa non gli interessasse più di una dissertazione sul tempo o sulla politica locale di Stars Hollow.
- Esatto, quel tipo. Ci è voluto un po', ma alla fine ci sono arrivata.
Non sapeva che cosa si era aspettata, probabilmente non di vederlo continuare a mangiare.
- Quindi, a parte la baby sitter, cosa fai?
- È una cosa estemporanea, solo un favore a un'amica. Lavoro all'Observer
- L'Observer? Una nuova Candance Bushell?
Le sfuggì un sorriso,
- Sezione politica. Non è e non sarà mai il Times, ma viene letto da migliaia di persone. - si difese.
Il ragazzo del taxi si avvicinò al loro tavolo,
- Ehi, Straniera, se sapevo che conoscevi Jess ti avrei offerto un altro caffè gratis.
- Veramente sul volantino non c'erano limiti di quantità. - obiettò lei.
- Sono scritte molto in piccolo. Ma faremo un'eccezione, per te.
Jess si intromise,
- Quindi sarebbe lei, la tua straniera? - sogghignò, osservandola.
Rick rise,
- Esatto, non è tenerissima? Così provinciale! - commentò, sapendo di innervosirla. Rory sbuffò, quando anche Jess la prese in giro.
- Gira voce che abbia uno sguardo glaciale, non ti conviene stuzzicarla. - disse, strizzandole l'occhio.
- Se trattate così i vostri clienti vi ritroverete in un attimo sull'orlo del fallimento. - sentenziò, cercando di mantenere un cipiglio distaccato che provocò solo delle altre risate trattenute non troppo abilmente.
- Comunque lei è Rory, e lui è Rick. Rick, il tavolo tre continua a guardare in questa direzione, vorranno ordinare.
Il ragazzo guardò oltre la sua spalla, con scarso interesse,
- Ci penserà Darla, deve guadagnarsi lo stipendio. - ribatté, noncurante.
- Darla è al banco. - disse Jess.
Rick scrollò le spalle,
- Mariano, se mi ricordo bene le bionde e le rosse sono le tue, a me le castane e le brune; quelle con i capelli dal colore improbabile ce le giochiamo a carta-sasso-forbice. E guarda caso: quelle sono bionde e io sono al tavolo con una castana.
- Ma, guarda caso, io sono in pausa, quindi tocca a te. E poi potrebbero essere le nostre madri, non fanno testo.
Rick si allontanò,
- Non fare lo schizzinoso, quante storie...
Rory aveva assistito allo scambio di battute leggermente imbarazzata, trovandolo in qualche modo fuori luogo.
- Non siete un po' cresciuti per queste storie? - si limitò a dire, ottenendo un ghigno divertito in risposta. Jess fece un altro sorso di birra, e fece scivolare il libro sul tavolo verso di lui.
- Vediamo cos'hai pescato, signorina Gilmore.


Non si sarebbe mai aspettata, a dieci anni dal loro primo incontro, di ritrovarsi ancora una volta a discutere su Hemingway con Jess.
- Com'è possibile che, dopo tutto questo tempo, tu non ammetta che lo metti su un piedistallo?
Lui scosse la testa,
- Com'è possibile che tu, dopo tutto questo tempo, non lo abbia mai affrontato seriamente.
- L'ho affrontato, più volte, e secondo me non è uno scrittore visionario, alla fine della fiera non vedo perché dovrebbe essere al di sopra di molti altri!
Jess si passò una mano sul mento, e si appoggiò allo schienale.
- Torno al lavoro, Rory, è stato un piacere. - disse, alzandosi.
Si ricordò che la loro conversazione non era nulla di più che una pausa pranzo, si spostò leggermente per permettergli di uscire agilmente. Deglutì, cercando qualcosa da dire.
- Batti in ritirata, eh? - lo provocò poi, non sapendo bene come salutarlo. Jess si fermò, nascondendo un sorriso, allungò la mano verso uno scaffale e prese un libro.
- Leggi questo, occupa bene il tuo tempo. - le disse poi, semplicemente.


La lettura delle fiabe era finita, Agatha tornò al tavolo decretando che voleva tornare a casa, a guardare un film. Rory guardò l'orologio, erano le cinque, erano quasi quattro ore che erano lì.
- Vieni, andiamo a chiamare George. - disse, porgendole la mano.
Era stato uno strano pomeriggio, e doveva ammettere che la parte più strana stava nel trovarsi costantemente a meno di dieci metri di distanza da Jess. Una parte di lei era curiosa di studiarlo, di capire come era diventato, era interessata a guardarlo muoversi, vederlo parlare con la gente; ma l'altra parte le ricordava bruscamente che quello era Jess, non un vecchio amico, sentiva che avevano qualcosa in sospeso e allo stesso tempo si rifiutava di ammetterlo, considerando la cosa incredibilmente patetica da parte sua.
Erano passati cinque anni, da Philadelphia; pensare a qualcosa in sospeso tra di loro era stupido.
Raggiunse la zona videogiochi, notando subito il ragazzo del taxi, Rick, impegnato in una sfida su un simulatore di guida con un ragazzino, circondati da un gruppetto nel quale riconobbe George.
Quindi, se Jess aveva pensato alla libreria lui aveva pensato a quello.
A notare dai ragazzini che affollavano quella zona, e dall'andirivieni della gente nel bar che aveva constatato mentre era seduta, probabilmente la loro alla fine era una buona idea.
- George! - disse, cercando di sovrastare il rumore delle musichette con la sua voce, - andiamo: sono le cinque passate.
Rick si intromise,
- Straniera, prima regola: mai disturbare un uomo che sta giocando la partita della vita. - disse, non distogliendo lo sguardo dallo schermo.
- Veramente io parlavo con George. - ribatté Rory, infastidita.
- Non ti innervosire, arrivo subito! - continuò Rick.
Rory fece un cenno a George, che rapito osservava la sfida, e le si avvicinò senza mai staccare gli occhi dallo schermo.
- Per te oggi basta videogiochi. - borbottò lei, con un cipiglio che non sapeva di avere.
Rick colse l'osservazione,
- Ehi, mammina, - disse, ironico, - e così sei capace di sfoderare gli artigli, eh?
Satura della sua vicinanza Rory strinse la mano di Agatha e spinse George fuori dalla sala.
- Non ti è venuto mal di testa a stare chiuso lì dentro per tutto questo tempo? - gli chiese, mentre camminavano verso la cassa.
- Per niente, - commentò George, restio ad andarsene, - quel posto è un paradiso e Rick è un figo.
La ragazza alla cassa, con un piccolo anello sulla narice e un'improbabile coda striata di viola, si appoggiò al bancone,
- Prendi nota, ragazzino: inizi ad essere un po' grande per uscirtene fuori con questi commenti senza essere frainteso. E poi Rick è un coglione.
- Ma è bravissimo a GTA, il migliore che io abbia mai visto! - protestò lui.
- Appunto, è più vicino ai trenta che ai venti: è un coglione. - disse, iniziando a battere il conto, mentre Jess se la ghignava.
- Ha provato a portarsela a letto. - spiegò a Rory, con il labiale.
- Questo prima di carta sasso e forbice. - si intromise Rick, spuntando dietro di loro. - Capelli viola, ricordi? Carta-sasso-forbice. - disse poi a Rory. - Beh, cos'è questa fretta, già a casa, Straniera? Non ti posso nemmeno offrire un ultimo giro di caffè?
- Nonostante il caffè di Luke mi sia mancato terribilmente, e sì, Jess, me ne sono accorta che è come il suo, devo andare: loro sono stanchi e io ho una bozza da correggere. - si avvicinò all'uscita, poi si girò verso di Jess, non sapendo bene come salutarlo. - Quindi... ci si vede, prima o poi, no?
Fu quello, il primo momento, una frazione di secondo in cui gli occhi spaesati di Rory si trovarono in quelli di Jess, che trasmettevano quella stessa strana malinconia nel salutarsi. Rory la vide, anche se fu un lampo, e una piccola parte di lei si sentì capita.
- Certo, mi trovi qui: non ci mettere degli anni, prima di tornare.
Gli sorrise, come rinfrancata.
Guardò Agatha, le le porgeva le braccia.
- Ti prego, mi fanno male i piedi! - piagnucolò, mentre il fratello commentava:
- Stupida poppante.
Rory fece cenno a George di non insistere, ancora scottata dall'infinita crisi di pianto della mattina, si fece forza e si abbassò per prenderla in braccio, sospirando dallo sforzo mentre si rialzava.
- Ok, andiamo. - disse, rivolta ai due bambini.
Sentì i passi rimbombare sulla pedana in legno dietro al bancone,
- Aspetta, Rory. - la fermò Jess, - vi accompagno io. 
Si voltò verso di lui, il secondo momento, un'espressione momentanea, quasi volesse veramente accompagnarla; stare ancora un attimo insieme.
Rick le prese Agatha,
- Stai qui, Jess, ci penso io: ho visto dove abitano i bambini, non ti preoccupare. - disse, uscendo con la bambina in braccio.
Rory si voltò verso Jess, ancora spaesata, ma lui le disse, semplicemente:
- Vai, no? - come se una soluzione o l'altra non gli cambiasse.
Forse si era sbagliata, forse aveva desiderato interpretare il suo viso in modo da trovarvi qualcosa di simile a quello che provava lei, una nostalgia di tutto quello che, durante la pausa insieme, avevano solo spolverato.
Chiuse la porta della caffetteria dietro di sé, nelle sue orecchie solo il campanello che suonava.







Nda: Ecco il secondo capitolo: non mi sembrava carino tenere Jess lontano da questa storia troppo tempo, e il capitolo era pronto, così come promesso l'ho pubblicato oggi.

Ringrazio le persone che hanno letto il primo, sperando che mi abbiano dato fiducia e leggano anche questo ;-)

Sono curiosa di sapere le vostre opinioni,  questa storia mi sta divertendo, era da un po' che non mi immergevo nell'universo Gilmore e ci sto prendendo gusto, spero che vi piaccia e che la seguirete!
Piccola nota: non sapevo che gioco di guida far nominare a George e così gli ho fatto dire GTA, non so se ci sia anche la versione per la sala giochi...
Vi lascio,  i prossimi capitoli sono pronti ma me ne tengo sempre qualcuno di margine, onde evitare di non riuscire a rispettare gli aggiornamenti settimanali che mi prefisso, a causa lavoro.

Ps anche la canzone che dà il titolo a questo capitolo viene da una scena topica per i Literati, la riconoscete?

- Buonanotte Dodger!
- Dodger?
- Vediamo se lo sai...
- Oliver Twist.
(Una mamma per amica, s02e05)

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Capitolo 3
*** Colour my life with the chaos of trouble ***


gg3






I'm lucky, i can open the door
and I can walk down the street,
Unlucky, I've got nowhere to go and so i follow my feet.
A choice is facing you, a healthy dose of pain
A choice is facing you as you stare through the rain
A choice is facing you but i choose to refrain for today.
(Dirty dream number two, Belle & Sebastian)





- Allora, Straniera, conosci Mariano da molto tempo? - le chiese, mentre camminavano.
Rory, un po' delusa dall'avere lui al suo fianco anziché Jess, annuì.
- L'ho conosciuto ai tempi delle superiori, è venuto ad abitare per un po' da suo zio. - gli spiegò.
- Hai conosciuto il Terribile Jess, dice che era una testa calda in quegli anni.
- Non posso che confermare, ma in fondo era simpatico. Tu, invece? Vi conoscete da parecchio?
- Ci siamo conosciuti a LA, io ero lì in vacanza e lui ai tempi viveva lì. È uno dei ragazzi che ha cambiato più posti che io conosca, - commentò, - comunque bene o male da allora ci siamo sempre tenuti in contatto, alla fine siamo cresciuti nella stessa zona.
- Qualcosa tipo un patto sacro dei newyorchesi? - commentò sarcastica, mentre lui rideva.
- Oh, Straniera, non devi prenderla male, siamo semplicemente fatti così.
- Cosa volevi dire prima, con carta-sasso-forbice? - trovò il coraggio di chiedergli, quando erano nei pressi della casa di Melinda.
Rick nascose un ghigno,
- Andiamo, - le disse, con gli occhi che brillavano, divertiti, - il nostro patto non riguarda mica solo le clienti, lo avrai capito, no?
Rory si zittì, piccata con sé stessa per averlo voluto sapere.
- E poi penso che alla fine Darla sia la ragazza perfetta per Jess, li vedo bene insieme. - continuò lui, mentre fece per salire i gradini della casa.
- Può bastare, grazie, - lo fermò Rory, - puoi lasciarla qui.
- Ehi, Straniera, non ti mangio mica. - ghignò irriverente, mal interpretando la sua freddezza come un voler tenersi a distanza da lui. - La tua amichetta nana qui sta dormendo, non te ne sei accorta? Fammi vedere dove appoggiarla.
Rory aprì il portone, e gli fece strada, indicandogli il divano dove appoggiarla.
- Ehi, Rick, vieni a vedere quel gioco che ti dicevo? Magari riesci a sbloccarmi il livello! - chiese George, con immenso disappunto di Rory. Lui guardò l'orologio, facendole l'occhiolino,
- Ma sì, lasciamo un altro po' il buon Jess solo con Darla. - disse, prima di seguirlo al piano di sopra.
Una volta sola Rory gonfiò le guance, quasi a farle scoppiare, e sbuffò sonoramente.
Poi andò in cucina, accese il computer e si concentrò sul suo articolo.
Sussultò quando vide Rick appoggiato allo stipite che la stava osservando.
- Vado, Straniera. È stato un piacere averti conosciuto, anche se ti ho preso in giro: conto di vederti nuovamente giù in caffetteria.
Rory gli fece strada verso la porta.
- Non saprei, Brooklyn è un po' troppo provinciale per i miei gusti altolocati. - disse, strappandogli un sorriso mentre usciva.


Poi, quando fu a casa, nel buio del suo appartamento, non ci fu più niente che le impedisse di pensarci.
Jess.
Aveva dell'incredibile, il ricordo del pomeriggio era astratto e lontano come un sogno, e allo stesso modo improbabile.
Si erano rivisti dopo cinque anni, dopo cinque anni in cui, bene o male, in tutta onestà si erano evitati: non era un mistero che avessero dei parenti a Stars Hollow, e anche piuttosto importanti dal momento che si trattava della madre di lei e dell'uomo che era la figura paterna principale per lui; ma non si erano mai incontrati.
Mai niente di diretto, quasi un patto implicito e inconscio, ma di fatto non si erano più visti.
Forse era quello che dava tanta importanza alla casualità di essersi trovati a New York.

Aveva difficoltà a ignorare quella strana sensazione, un misto di stupore e impazienza, che l'aveva colta da quando lo aveva riconosciuto.
Voleva tornare alla caffetteria, così tanto da sentirsi patetica, anche perché non c'era un motivo reale per tornarci: voleva semplicemente essere di nuovo lì.
La domenica passò lenta, tra il finire l'articolo e lo zapping annoiato alla tv, senza trovare niente di interessante; chiamò Lane ma si trattenne dal dirle che aveva rivisto Jess, per impedirsi di dare troppa rilevanza alla cosa.
Continuò tutto il pomeriggio a controllare l'orologio, solo il lunedì e la frenesia lavorativa l'avrebbero salvata da quell'inedia forzata, e avrebbero ovattato quella punta che continuava a stuzzicarla, per farla uscire di casa e prendere un taxi diretto a Brooklyn.
Giovedì decise che una settimana era un tempo più che sufficiente per non correre il rischio di sembrare patetica, venerdì pensò però che in tutta probabilità il sabato il locale sarebbe stato pieno, e che non era in fondo poi tanto grave anticipare di un giorno.
Provò a proporre a Melinda di andare lì, dopo il lavoro, dato che entrambe avrebbero finito nel primo pomeriggio, ma la collega declinò l'invito a causa della giornata intensa che l'aspettava tra il passare all'asilo a prendere Agatha e la riunione genitori insegnanti a scuola di George, così rimandò la decisione all'uscita del lavoro.
Stava varcando le porte dell'Observer, quando un promemoria sul suo blackberry l'avvisò che aveva finito il caffè; rimise il telefono in borsa, segretamente soddisfatta nell'aver trovato una buona scusa per recarsi al Book&Cafè.

- Buongiorno, Straniera! - disse squillante Rick, non appena la vide varcare la porta. - Ma che bel completino, giochi a fare la donna in carriera? - le chiese, osservando la sua tenuta da lavoro.
- Sono appena uscita dall'ufficio. - disse, avvicinandosi al bancone, - Comunque è Rory, non straniera. Se preferisci Gilmore, Lorelai, Lorelai Leigh... - iniziò ad elencare.
Rick rise, tirando fuori le tazze pulite dalla lavastoviglie,
- Ti secca così tanto il soprannome che ti ho dato?
- È discriminatorio. Non che mi interessa in qualche modo come mi chiami tu, non prevedo una lunga e fiorente amicizia tra noi due, ma...
- A me sembra un nome simpatico. - la interruppe nuovamente, - E ti dona un che di esotico, misterioso: andiamo, Rory? Cosa sei, una bambina?
Appoggiò stizzita la borsa a uno sgabello.
- È il mio nome. - dichiarò.
- È il tuo diminutivo. - la corresse.
- Non ho intenzione di raccontarti la storia della mia vita per giustificartelo, sai che ti dico? Chiamami come ti pare.
Rick si sporse verso di lei, strizzandole l'occhio.
- Sapevo che stava iniziando a piacerti. - concluse, soddisfatto.
- Non c'è Jess? -cambiò argomento, - Sono venuta a implorarlo di vendermi un po' della vostra miscela, ho finito il caffè a casa.
- No, Jess è via al momento, ma non occorre lui per questo. E sei venuta fino a qui solo per un po' di caffè? - disse, mettendogliene davanti una tazza.
Si allontanò, senza darle l'opportunità di risponderle, andando verso un gruppetto di ragazzini che volevano dei gettoni, poi scese dal banco e si avvicinò a un tavolo, per prendere le ordinazioni.
- Darla? - disse poi, aprendo la porta del retro. - Vieni a guadagnarti lo stipendio, c'è gente che vuole essere servita, qui.
La ragazza dai capelli con le ciocche viola uscì, e si mise di fronte a lui con entrambe le mani sui fianchi.
- Si dà il caso, - disse, visibilmente innervosita, - che mi hai mandato tu, nel magazzino, a mettere a posto.
Rick esibì un sorriso tranquillo, porgendole il vassoio che aveva preparato.
- E hai fatto un ottimo lavoro, dolcezza. - le disse, con un tono vagamente sarcastico che Rory immaginò fosse solo per farla innervosire, - Ora porta questi al sei.
Darla gli prese il vassoio di mano con stizza, e lui tornò davanti a Rory, strizzandole l'occhio.
- Se non ti odiano non sei contento? - osservò, lei.
- Io e Darla ci divertiamo così, sotto sotto mi adora. Quasi mi pento di essermela giocata con Jess, e non aver insistito sul fatto che oltre che viola in fondo lei ha i capelli neri. - disse, pensoso.
- Allora, - lo incalzò Rory, non molto interessata all'argomento, - mi vendi la miscela o no?
- Quanta fretta, Straniera. - le tolse la tazza di caffè, consumata per metà, buttandolo nel lavello.
- Ehi, - si ribellò Rory, - non lo avevo finito!
- Quando ci siamo conosciuti avevi in mano il thermos di Starbucks, vero? Lascia che ti faccia assaggiare un cappuccino degno di questo nome.
- Io volevo finire il mio caffè.
Lui la ignorò, iniziando a prepararle il cappuccino.
- Non mi hai detto che cosa ci trovi di tanto speciale.
Rory avvampò istantaneamente,
- In chi? - chiese, imbarazzata.
- Nel caffè. - rise Rick.
- È il caffè di casa, ecco tutto. - borbottò.
Si trovò a riflettere su come, Jess e Rick, a discapito delle apparenze fossero profondamente diversi: entrambi sembravano non prendere mai niente sul serio, ma l'ironia perennemente divertita di Rick era ben distante dal sarcasmo pungente e dissacrante di Jess, tantoché si chiese come riuscissero ad essere amici.
Oppure Jess era cambiato, in fondo quella di conoscerlo era solo una presunzione da parte sua, pensò distrattamente, avvicinando la tazza che Rick le aveva messo davanti.
Sbuffò una risata rassegnata, nel notare che sulla crema aveva disegnato lo skyline di Manhattan, una vera decorazione da turisti.
Era lì, e Jess non c'era: probabilmente una punizione del destino per essere stata precipitosa.

- Vuoi diventare una cliente abituale? -
Un sorriso istintivo appianò le labbra di Rory, sì, quello era il sarcasmo di Jess: non c'era niente di affascinante nel suo tono, ma riconobbe una certa confidenza.
- Sono passata a prendere un po' di miscela, mi hanno detto che non c'eri.
Jess appoggiò una scatola con dei libri a terra, e si sedette sullo sgabello accanto al suo, scomposto, come se stesse per cadere da un momento all'altro.
- Sono andato a recuperare questi: - disse, indicando i libri, - la nostra clientela pare essere molto selettiva.
Rory si sporse per guardare dentro alla scatola,
- Jess, spero che questi non siano libri tuoi: come fai a liberartene? Cioè, capisco che questa sia l'era dell'e-book, ma...
Sembrava veramente costernata, come se dentro alla scatola ci fossero stati i reni, i polmoni di Jess, e un paio di costole.
- Solo quelli che non reputo particolarmente rilevanti: le mie note a margine non sono per chiunque, ricordalo. Ho visto che tu e Rick state facendo amicizia. - osservò, poi.
- È una parola grossa, lui mi infastidisce e io cerco di rispondergli a tono. - gli spiegò.
Jess la scrutò, come cercando qualcosa, costringendola a nascondersi nel suo cappuccino.
Scivolò giù dallo sgabello e riprese la scatola.
- È meglio che vada a sistemare questi, prima che Rick mi metta al lavoro: è il mio giorno libero, non conviene farsi vedere in zona.
Rory appoggiò la tazza e si voltò velocemente verso di lui, che si stava allontanando.
- Aspetta, magari potremmo... - iniziò, prima che il coraggio le morì in gola. Strinse le labbra, nervosa, - non so se è una buona idea, ma magari potremmo bere un caffè insieme. Da un'altra parte, si intende.
Qualcosa le impediva di farlo andare via, e allo stesso tempo la tratteneva dal dimostrarlo.
Jess soppesò la cosa, pensieroso.
- Sai, ora ho da fare. - disse poi, come se non fosse realmente convinto di quello che diceva. - Magari in serata puoi raggiungere me e Rick.
- Ottima idea. - esordì Rick, spuntato dietro di lei. - Ehi, Darla, sei dei nostri?
- Può essere. - disse lei, passandogli di fianco con un vassoio carico di tazze sporche.
Rory si voltò nuovamente verso Jess, ma si era allontanato verso la grossa parete occupata interamente da una libreria vecchio stile, con tanto di scaletta.
- Gliel'ho suggerito io. - le rivelò Rick, sottovoce, - Così hanno un opportunità di stare insieme. Geniale, no?
L'unica cosa che sentiva Rory era un'amara delusione, non molto gradita, e incassò in silenzio l'osservazione di Rick.
- Bene, vado. - disse Jess, passando il cartone vuoto a Darla perché lo buttasse nel retro. - A stasera. Rory dammi il tuo telefono: ti faccio sapere dopo per che ora ci vediamo.
Istintivamente gli porse uno dei suoi bigliettini, ancora un po' stordita dalla delusione.
- Molto carino. - commentò lui, camminando all'indietro mentre si segnava il numero al cellulare. - Rick, non fare impazzire Darla: se ti scuoia con un coltello testimonierò a suo favore, dicendo che è stata legittima difesa. - lo ammonì, prima di uscire.
Rory frugò rapida nel portafogli, lasciò una banconota sul banco sufficiente per il caffè e il cappuccino e scese dal suo sgabello.
- Dove corri, e la miscela? - le chiese Rick.
- Un'altra volta! - disse trafelata, uscendo.
Guardò a destra e a sinistra, finché non vide Jess camminare a passo spedito verso la subway.
- Jess, aspetta! - lo chiamò, rincorrendolo.
Si fermò, aspettandola, ma quando fu lì Rory si accorse che non sapeva bene nemmeno lei che cosa dire. Prese fiato, cercando di raccogliere le idee, mentre lui la guardava attento.
- Ecco... - iniziò allora, titubante.
Jess fece qualcosa di molto simile a un sospiro.
- Ehi, che ne dici se prima ci vediamo io e te per una chiacchierata tranquilla? Di venerdì la caffetteria chiude alle otto, Rick e Darla non saranno pronti prima delle dieci; magari possiamo mangiare qualcosa mentre gli aspettiamo.
Sul volto di Rory comparvero due fossette.
- Sarebbe una buona idea. - acconsentì.
- Ti mando un messaggio per l'ora, scrivimi l'indirizzo. - disse, avviandosi.

Sì, era serena, e lo era perché avrebbe avuto modo di parlare un po' con Jess, sciogliere il ghiaccio, prima di una serata con altre persone, che includevano una ragazza che non conosceva per niente e un ragazzo che la punzecchiava come sport personale.
Tornò verso casa, senza la sua miscela, si fermò in un market a prenderne una confezione, da rimpiazzare con quella “di Luke” alla prima occasione.


Il citofono suonò, andò ad aprire saltellando con una scarpa sola.
- Vuoi salire un attimo? - chiese, andando poi a recuperare l'altra scarpa mentre Jess saliva.
- Così questa è casa Gilmore Junior-Junior. - esordì, entrando nell'appartamento.
Rory chiuse la porta dietro di lui,
- Considerando che casa Gilmore Junior è diventata casa Danes, questa ha preso il suo posto. Sono quasi pronta, vuoi qualcosa da bere? Non ti aspettavo così presto, sei in anticipo: sono stupita. - osservò.
Jess scrollò le spalle,
- È capitato. I miei impegni sono finiti presto, non avevo motivo di ritardare. - disse, iniziando a curiosare nella libreria in soggiorno esattamente come aveva fatto dieci anni prima, quando era entrato per la prima volta nella sua stanza.
Rory lo lasciò fare, ricordando l'episodio con una serena nostalgia.
- È strano, - commentò, indicandolo, - questo tuo osservare le cose degli altri.
- Capisco come sono fatti. Nel tuo caso, come sei cresciuta.
- Niente che una bella chiacchierata non possa svelarti, no?
Mani in tasca continuò a guardare gli scaffali, attento, fece solo una smorfia distratta di disaccordo all'affermazione. Rory sorrise, e andò a prendere la sua giacca.
- Colora la mia vita con il caos dell'inquietudine.
- Cosa? - gli chiese, tornando in soggiorno.
Jess le indicò un cd.
- Colora la mia vita con il caos dell'inquietudine, The boy with the arab strap. Questo è un bel cd.
Rory si impose di non sorridere.
- Ti prego, - finse un tono annoiato, - perché non mi spieghi come sono diventati commerciali ultimamente? - scoppiò a ridere, osservando la sua espressione.
Jess nascose il disco nella sua tasca,
- Anche questo ha bisogno di qualche nota che ti illumini. - disse, avviandosi verso la porta.
- Almeno questa volta mi hai avvisato.







Nda: La citazione di The boy with the arab strap viene dritta dritta da (500) Giorni insieme, un bellissimo film con una bellissima colonna sonora; la traduzione della frase Colour My Life With The Chaos of Trouble è decontestualizzata, ma se l'hanno fatto i traduttori del film non vedo perché non possa accodarmi anche io :-P

Ringrazio chi ha recensito,  le vostre parole sono state una sorpresa!
A presto!

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Capitolo 4
*** Some things never change ***


gg4

So are you turning around your mind

Do you think the sun won't shine this time
Are you breathing only half of the air
Are you giving only half a chance.
(Heaven Out of Hell, Elisa Toffoli)







Camminarono in direzione di Central Park, in cerca di un posto dove mangiare, Rory si ritrovò a suo malgrado ad osservare con la coda dell'occhio il riflesso di loro due sulle vetrine, quasi ipnotizzata dall'immagine.
Scacciò a forza il pensiero dalla sua mente che forse, se le cose in passato fossero andate diversamente, in quel momento lei e Jess sarebbero stati una coppia, esattamente come apparivano agli occhi della gente.
- Sei contenta?
La sua domanda la distolse dai suoi pensieri, ma la mise in difficoltà.
- Beh, è stata una bella sorpresa ritrovarti... - si bloccò, osservando la sua espressione divertita, capendo di avere frainteso.
- Intendevo qui, a New York, all'Observer.
Strinse le spalle, cercando di dimenticare la figuraccia.
- Direi di sì. Lavorare in un quotidiano mi manca, ma l'Observer è un bel traguardo, per Rory di Stars Hollow.
- Rory di Stars Hollow era di ampie vedute, ricordo.
- Arrivati alla nostra età bisogna avere sempre voglia di evolvere, ma anche essere riconoscenti di dove ci hanno portato le nostre gambe, non credi?
Jess annuì,
- Ottima risposta, Rory di New York.
Lei rise,
- Non farti sentire da Rick, lui dice che non sono una vera newyorchese.
Jess sembrò rabbuiarsi per un istante, a quel commento, ma fu così veloce che Rory non seppe dire se aveva avuto un abbaglio.
- Ti va bene mangiare lì? - chiese, indicando un locale in una traversa fuori dalle strade principali.
Rory non sapeva cosa aveva sbagliato, annuì perplessa.
- Va benissimo. - disse, seguendolo.

- E tu, invece? - gli chiese, quando ebbero davanti i piatti. - Sei felice?
- Abbastanza. - disse lui, vago.
- E il nuovo libro che stai scrivendo? Hai detto che sei venuto qui per scrivere.
Una luce gli illuminò gli occhi.
- Sto scrivendo. È una prospettiva diversa, da quella che avevo in passato, ma sembra funzioni. - le spiegò. - Ma è ancora all'inizio, non voglio sbilanciarmi. Spero prima o poi di poterti regalare un grazioso fermaporte nuovo.
- Mi sembra che tu abbia guardato la mia libreria oggi, no? Non hai visto niente di famigliare? - disse Rory, alludendo al suo libro.
Jess nascose un sorriso, e continuò a mangiare.
Parlare del libro rischiava di trascinare degli altri argomenti, rifletté Rory: Philadelpia, quel bacio interrotto che però per un attimo lei era stata ben lontana da fermare e non solo per Logan, Hartford. Non lo aveva mai ammesso del tutto, ma a seguito dello scontro tra Jess e Logan aveva realizzato per la prima volta chiaramente quanto Logan fosse un cretino, in fondo. Lo amava, forse troppo, ma in quell'istante si era vergognata al pensiero che Jess vedesse con chi stava.
Li aveva amati tutti e due, Jess e Logan, ma la differenza probabilmente stava nel fatto che lei e Logan avevano avuto il loro tempo, ma non erano fatti l'uno per l'altra, mentre lei e Jess erano fatti l'uno per l'altra, ma non avevano mai azzeccato i tempi: anche in quel momento, erano passati dieci anni, e per quanto piacevole fosse stare in sua compagnia non era più ora di rivangare le vecchie cose, era passato troppo.
Jess tirò fuori il telefono dalla tasca, osservandolo.
- Sono arrivati. - disse, - Rick e Darla, sono qui fuori.

L'aveva offesa, pensò Rory, non appena li vide: Rick l'aveva offesa.
Darla stava scostata rispetto a lui, braccia conserte e sguardo tempestoso, mentre Rick, sereno come al solito, sembrava così diverso da lei che avrebbe potuto giurare che fossero due estranei.
- Jess, sono venuto a prenderti, volevi anche dei fiori? - disse lui, irriverente.
- Anche se sei biondo no, tienili pure. O magari girali a Darla: sembra che tu debba scusarti per qualcosa. - rispose Jess, notando l'espressione seccata della ragazza.
- Come al solito. - sottolineò lei.
Rick si incamminò,
- Ma allora tu che ci stai a fare? Vieni qui, Straniera, - disse, trascinando Rory verso di sé, - lasciamo Jess a consolare Darla, visto che sembra che almeno lui riesce a sopportarlo.
- Ma cosa avete tutti, stasera? - commentò Rory, affrettando il passo per non cadere.

- È venerdì sera e non vediamo l'ora di divertirci. Jess, - disse, iniziando a camminare all'indietro, - sei sicuro che il locale di stasera non sia troppo, per la Straniera perfettina? - disse, indicandola con la testa.
- Tranquillo Rick, perfino lei potrebbe farti una buona lezione di musica, l'apparenza inganna.
Lui si girò su sé stesso per guardarla, ammiccando,
- Interessante.
- Com'è che mi sono guadagnata il secondo soprannome? - gli chiese, rinunciando a una discussione a oltranza su “Straniera”, capendo che era perfettamente inutile.
- Perfettina? Ma ti sei vista com'eri vestita oggi?
- Uscivo dal lavoro. - Le dava molto fastidio, che gli altri la giudicassero così. Lei non era perfetta, e in passato aveva rischiato di deludere molte persone dimostrando i suoi difetti. Aveva capito che era meglio accettarli, e dare il meglio di sé per come era. - Evita, per favore. - disse, rabbuiandosi.
Rick scoppiò a ridere.
- Umh, cattiva, eh? - commentò. - Sei simpatica, Straniera, anche quando cerchi di fare la dura.
Rory strinse le labbra, non sapendo se arrendersi e ridere o arrabbiarsi.
- Dimmi, quante persone ti hanno già detto che sei insopportabile?
- Jess! - gridò Rick. - Tra un po' dobbiamo fare cambio, anche la Straniera si sta innervosendo. - disse, scherzoso. La guardò, con la coda dell'occhio, e la tirò verso sé, amichevole. - Ma no, tu non ti innervosisci: alla fine ti piaccio, eh?
Rory si tirò indietro.
- Mi esasperi così tanto che alla fine mi riduci al tuo livello, e non mi arrabbio nemmeno più.
- Lo considero un sì.


Si svegliò, con una strana sensazione allo stomaco, ancora era simile alla delusione.
Contro ogni aspettativa poteva ammettere che la serata era andata piuttosto bene, in fondo si era divertita, ma praticamente non aveva scambiato nemmeno una parola con Jess: inizialmente era stato un susseguirsi di battute con Rick, mentre Darla e Jess parlottavano tra di loro. A un certo punto la ragazza si era alzata, per uscire a fumare una sigaretta, e per quanto non la conoscesse Rory aveva deciso di seguirla, pensando che magari volesse parlare con una ragazza.
- Jess mi sta semplicemente trattenendo prima che decida di staccare a Rick la testa. - le aveva detto Darla, non appena le si era avvicinata, - Nel caso volessi saperlo.
Rory scacciò l'imbarazzo,
- Non c'è nessun problema, non c'è niente tra di noi, ci conosciamo semplicemente da anni. - disse.
- Ah. - commentò Darla, spiazzata. Rory le sorrise timidamente. - Porca puttana, - continuò, ricambiando il sorriso, - non ti fa incazzare quel ragazzo?
- Rick? Oh, assolutamente sì. - disse, alzando gli occhi al cielo.
In quel modo strano avevano fatto amicizia, ed erano rientrate; la serata era continuata tranquilla, ma Jess dava sempre l'impressione di starsene in disparte, distratto.
E la mattina dopo Rory si svegliò con la sensazione che la serata fosse stata inconcludente, nonostante tutto.
Bevve il caffè, appoggiata al davanzale della finestra, rimpiangendo il sapore di quello della caffetteria.

- Ciao Rory! - la salutò amichevole Darla, non appena entrò, passandole davanti con un vassoio, diretta all'unico tavolo occupato quella domenica mattina.
- Buongiorno Rory. - Jess era da solo, al banco, e stava appoggiato alla cassa leggendo un libro.
- Che gran lavoratore. - commentò lei, avvicinandosi e sedendosi sullo sgabello di fronte a lui. - Il vostro caffè è una droga: ti prego, dammene un po'.
Jess appoggiò il libro,
- Lo spirito di Lorelai si è impossessato di te?
- No: se fosse così ti odierei, sai che lei ti odia. - ribatté Rory, annusando ad occhi chiusi il vapore che saliva dalla tazza che Jess le aveva messo davanti.
- Non ha ancora imparato a nasconderlo. - commentò lui.
Darla appoggiò il vassoio vuoto sul banco, e si arrampicò sullo sgabello accanto al suo.
- Non senti che pace qui, senza Rick? - domandò, allegra.
Jess la guardò, sollevando le sopracciglia, divertito.
- È questo il tuo modo di lavorare? - la prese in giro.
- Oh, piantala tu: non c'è niente da fare. Già è un'impresa essere qui la domenica mattina: a quest'ora probabilmente mi sarei appena addormentata. - esagerò.
- Lavorate tutte le domeniche? - si informò Rory.
- Stiamo a casa una domenica a turno. - rispose Darla per tutti e due. - Domenica prossima tocca a me: dici che sarà aperto quel vecchio negozio di dischi che mi dicevi l'altra sera? - le domandò.
Rory incrociò lo sguardo di Jess, complice, prima che lui si allontanasse per rispondere al cellulare.
- Penso di sì: ti ci posso portare, se vuoi.
Darla scivolò giù dallo sgabello, andando a prendere l'ordinazione a due ragazzi che erano appena entrati.
- Sai, Jess, - gli disse, quando mettendo il telefono in tasca, tornò verso di lei. - una volta ci ho portato Lane: rischiava un infarto dalla gioia.
- Ti prendi i meriti per il
mio negozio, eh?
- Non ho mai detto a nessuno che l'ho scoperto da sola. Lo sapevi che è ancora aperto?
- Sono secoli che non ci vado, ma a quanto pare tu sei diventata un'abitué.

Stava bene lì, era un dato di fatto.
Se fosse stato più vicino a casa avrebbe fatto meno fatica a giustificarlo, ma non le interessava molto darsi una spiegazione.
Prese un libro, lo stesso che Jess le aveva dato la prima volta che era stata lì, e si spostò su una poltrona, con il suo caffè in mano.
Quando alzò gli occhi scoprì che il locale si stava riempiendo, ma non era un movimento frenetico: Jess e Darla lavoravano in maniera fluida, quasi tranquilla, riuscendo a servire tutti.
Era fiera di lui: probabilmente a diciassette anni avrebbe sputato in un occhio a chi gli avrebbe predetto un destino simile, eppure, come aveva detto proprio Rory, arrivati nel mondo adulto avevano imparato ad apprezzare dove le loro gambe li avevano portati..
E Jess non solo gestiva una caffetteria, ma era uno scrittore: alla fine nei suoi panni avrebbe considerato concretizzati i sogni di gioventù.
Non si era ancora abituata alla sua presenza, trovava ancora strano, guardarlo, specialmente dal momento che l'imbarazzo iniziale stava passando e si stava ricreando una sorta di confidenza, tra di loro.
Ripeté il suo nome nella mente, Jess, quasi per autoconvincersi che fosse veramente lui, senza fare caso al fatto che lo stava a tutti gli effetti osservando da un po'.
Lo ritrovava in ogni gesto, in ogni smorfia storta che faceva, e ogni volta pensava fosse assurdo e allo stesso tempo quasi confortante.
Poi una consapevolezza sottile, che autocriticò sentendola fastidiosa, iniziava a tampinarle la mente, mentre si accorgeva della risata complice che Jess stava facendo con Darla.


Don't you wanna shake because you love
Cry because you care
Feel 'cause you're alive
Sleet because you're tired.

(Heaven Out of Hell, Elisa Toffoli)



34 days after

- Non capisco se questo posto sia la rovina o la salvezza di George: passa più tempo di prima ai videogiochi, però d'altra parte qui socializza con i suoi coetanei, e non mi sembra un ambiente brutto. - osservò Melinda, pensosa.
- Tutt'altro, è un posto tranquillo, E Rick va spesso di là: per quanto lo faccia per divertirsi alla fine tiene d'occhio la situazione. Anche se trattandosi di lui non so fino a che punto sia in grado di farlo. - si corresse poi, scherzando.
- Di sicuro è la tua, di rovina: sei sempre qua o sbaglio?
Rory stava per rispondere, ma fu interrotta da Rick, che stava passando di fianco in quel momento.
- Un applauso a Rory, - gridò, sentendo la conversazione, - che questo mese ci ha pagato l'affitto del locale a suon di caffè!
Gli lanciò un'occhiataccia e si mise la mano di fronte al viso, scuotendo il capo.
- Idiota. - commentò.
Melinda prese un sorso di cappuccino, nascondendo una risata per non offenderla.
- L'altro giorno ho sentito la tua amica Lane, invece. - le disse, poi.
- Sì? Come mai?
- Ha iscritto i gemelli al campeggio estivo, dove andava George, e mi ha chiesto un consiglio.
Rory già sapeva perché: erano anni che Lane le ripeteva che non vedeva l'ora che i gemelli fossero abbastanza grandi da andarci, per poter fare una turnée estiva “degna di tal nome”.
- Mi ha detto di tenerti d'occhio. - continuò Melinda, interrompendo i suoi pensieri.
- Cosa?
Le si avvicinò, abbassando il tono della voce.
- Com'è che ti sei scordata di dirmi che tu e Jess siete stati insieme?
Rory rischiò di farsi andare di traverso il caffè, ma fece finta di niente.
- Non mi sono scordata di dirtelo, non lo considero così rilevante. E io e te in genere non parliamo delle nostre storie passate. - si giustificò.
Melinda sbuffò,
- Mi sono laureata e Spencer mi ha messo incinta, tocca a te.
- Io e Jess siamo stati insieme a diciassette anni, fine. - la ragione le diceva che era così, non importava se qualcosa dentro di lei le suggeriva che stava decisamente sminuendo la cosa. Melinda fece una smorfia annoiata.
-
Fine, eh? Peccato che tu non mi abbia detto che è stato il ragazzo ti ha lasciato e che hai fatto così fatica a dimenticare che persino dopo parecchi anni stavi per tradire il tuo fidanzato con lui. Così, per dirne una. O no?
Rory avvampò, imbarazzata: sapeva decisamente troppo.
- Da quando tu e Lane fate questo alle mie spalle?
Melinda la buttò sul ridere,
- Facciamo pratica con la tua vita privata per quando le nostre figlie saranno grandi. E Lane non si sbaglia, a dirmi di tenerti d'occhio: se solo me lo chiedesse lascerei Spencer, i ragazzi, baracca e burattini e me ne andrei con Jess inseguendo il tramonto. - disse, strappandole un sorriso.
- No, non lo faresti mai.
- Oh sì, invece sì: ma lo hai visto? Mi correggo, certo che lo hai fatto.
Istintivamente Rory guardò con la coda dell'occhio Jess, al banco, ignorando la sensazione che la perseguitava costantemente.
- Non c'è pericolo, - mentì, nonostante il suo volto esprimesse il contrario, - ora siamo solo amici.
Ed era praticamente sicura che tra Jess e Darla potesse nascere qualcosa da un momento all'altro, se non addirittura fosse già iniziato.
- Usciamo, scrocco una sigaretta a Darla.
Rory sbuffò,
- Devi proprio?
Melinda la gelò con lo sguardo.
- Lavoro cinquanta ore la settimana, ho due figli di cui una che si crede la piccola principessa e uno è un ragazzino che sta per compiere tredici anni, mando avanti una casa, ho un marito tanto adorabile quanto sulle nuvole e sono astemia. Sì,
devo fumarmi la mia sigaretta settimanale.
Detestava quando la metteva su quel piano.
- Lo dicevo per il tuo bene... - disse, seguendola fuori.
Melinda si godette in silenzio la sua sigaretta, osservando Rick che, da oltre la vetrina della caffetteria, faceva le boccacce a Rory, cercando di farla ridere.
- E sai, - le disse pensierosa, guardandoli, - che ogni tanto mi chiedo se devo tenerti d'occhio con Jess, o con lui.
Rory scosse la testa,
- Rick? Zero pericoli, te lo assicuro. Portami una Bibbia e ti faccio un giuramento solenne, qui e ora.
- Attenta, - la ammonì, - non esagerare. Di fatto per l'uno o per l'altro sei sempre qui, no?
Rory la spinse nuovamente dentro.
- Dimentichi Darla, dimentichi che è vicino a te, la mia collega preferita, e dimentichi l'ottimo caffè e i libri. E poi, com'è che fino a ieri tutti non facevano che ripetermi che dovevo uscire, stare in mezzo alla gente, e ora vi preoccupate?
- Sei maledettamente convincente Rory Gilmore, riferirò a Lane che l'interrogatorio è andato bene, sotto quasi tutti i punti di vista.
La guardò, perplessa,
- Cos'è che ho sbagliato?
- Non te lo dico, se non te ne sei accorta da sola è meglio che tu non lo sappia.







Nda Quanto sono contenta che questa storia vi piaccia ^___^
Che vi devo dire,  come ho specificato quando l'ho pubblicata ero terribilmente insicura che potesse annoiare, che il personaggio di Rick potesse essere frainteso (questo mi preoccuperà ancora per un paio di capitoli u_u), e sapere che la leggete e vi piace mi rende contentissima, per cui grazie mille per le vostre recensioni!
In questo capitolo ho citato per ben due volte Heaven out of Hell di Elisa, fondamentalmente mi piace questa contrapposizione con la citazione di Jess nello scorso capitolo "Colora la mia vita con il caos dell'inquietudine" e le parole della canzone che ho scelto:
"Quindi stai ancora cambiando idea
pensi che il sole questa volta non splederà?
Sai respirando a metà?
Stai dando solo mezza possibilità?

Non vuoi tremare perché ami?
Piangere perché ti importa?
Provare qualcosa perché sei viva?
Dormire perché sei stanca?"
Alla prossima!

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Capitolo 5
*** Un tuono. Jess. ***


gg5

No one understands me quite like you do,
Through all of the shadowy corners of me.
I never knew what it was about
this old coffee I love so much,
All of the while I never knew.
I think that possibly
Maybe I'm falling for you.
Yes,
There's a chance that I've fallen quite hard over you.
(Falling in love at a Coffee Shop, Landon Pigg)







Melinda era andata a casa, stavano iniziando a chiudere e avevano abbassato le luci; Rory rimase ad aspettare Darla, visto che poi sarebbero uscite insieme. Rick stava sistemando la sala videogiochi e Darla era nel magazzino, così Rory si avvicinò al bancone, verso Jess.
- Il mio cd? Che fine ha fatto? - chiese, alzandosi in punta di piedi per appoggiare gli avambracci al legno del banco.
Forse, probabilmente, Lane non ci era andata troppo lontano, le suggerì la sua coscienza, quando il suo sorriso si fece più ampio, in risposta al ghigno di Jess.
- Hai ragione, non ho mai tenuto così tanto un oggetto in ostaggio. - Si era appoggiato al bordo del lavello, sporgendosi verso di lei. - Ma tu mi hai rubato il primo capitolo del libro. Questa è la violazione della privacy di uno scrittore, è sacra. - ribatté.
- Te l'ho preso solo perché tu ti convincessi che non devi più correggerlo, perché è perfetto così: di che ti lamenti, tu me lo hai fatto leggere!
Jess strinse gli occhi,
- Dopo che
tu mi hai fatto bere così tanto per convincermi a farlo.
In quella sfida si erano fatti così vicini che Rory provò come un pugno allo stomaco, quando sentì il soffio dell'alito di Jess sfiorarle la pelle. Si lasciò scivolare all'indietro, a disagio.
- Non riuscivo a resistere. - disse, in lotta con la sua voce perché non rivelasse la sua inquietudine, - Ed è solo in ostaggio, fino a quando non mi dimostrerai che sei andato avanti a scrivere: le revisioni tienile per dopo. Vi aiuto? - gli chiese poi, pur di spostarsi di lì con una scusa valida.
- No, - disse Jess girandosi verso la lavastoviglie, dandole le spalle, - Darla ha già fatto la sala, e io qui ho quasi finito. Comunque niente capitolo, niente cd.

- Merda! - sentirono gridare Darla stizzita.
- La nostra boccuccia di rose. - commentò Rick, tornando nella sala principale.
- Tutto bene? - la chiamò Rory. Darla uscì dal retro, stizzita.
- Per niente, - grugnì, sbattendo il telefono sul piano da lavoro, - quello stronzo del mio ex ha deciso di riprendersi l'appartamento, nonostante avessimo concordato che lo dovevo tenere io fino alla fine del mese, ha buttato tutte le mie cose nel pianerottolo e ha fatto cambiare la serratura al padrone di casa, inventandosi chissà che balla.
Strinse i pugni, cercando qualcosa contro farli sbattere.
- Calma, calma Rocky Balboa, - le disse Jess, - ora andiamo lì a prendere le tue cose e ti aiutiamo a traslocare, stasera.
- E dove? L'altro appartamento non sarà libero prima di agosto! - si lamentò.
- Questo è un po' più della fine del mese. - rise Rick.
Darla gli si avvicinò, minacciosa,
- Tu non hai mai proprio niente di buono, da dirmi? Devi sempre prendermi in giro?
- Vieni da me. - la bloccò Rory, - Vieni a stare da me.
Tutta la rabbia di Darla svanì, come una fiamma sotto l'acqua.
- Non posso, non posso chiederti questo, Rory: io sono un casino, mi vedi? Sono disordinata, confusionaria, soffro d'insonnia e la notte potrei ammazzarmi se non guardo la tv, io...
Rory scosse la testa,
- Niente di terribile, hai elencato tutte cose che fa mia madre, e ho vissuto con lei per vent'anni senza traumi. Dai, ci divertiremo!
Darla si massaggiò le tempie, cedendo,
- Ti pagherò metà dell'affitto, anzi, tre quarti. E dormirò sul divano.
- La metà basta. Il mio appartamento non sarà una reggia, ma ho un'altra camera che fino ad adesso ho usato come studio, c'è un letto.
Lei oltrepassò il bancone, abbracciandola.
- Fa niente, dormirò lo stesso sul divano, in penitenza. Anzi, nella vasca. Rory, tu mi salvi!
Rick iniziò a sogghignare,
- Problema risolto. Ora andiamo, o vuoi spezzare il cuore a Jess, svelando a tutti che sei lesbica?
Rory la sentì ringhiare.
- Sei un coglione!


Si chiese come avrebbero fatto a fare stare tutta quella roba nel suo appartamento. Poi si chiese come avrebbero fatto a portarla tutta in strada, con sei rampe di scale a piedi, e infine si chiese quanti viaggi in taxi avrebbero dovuto fare.
- Ho la mia vecchia macchina, forse è il caso che vada a prenderla. - commentò Jess, dando voce al pensiero di tutti. - Tanto ormai la roba è qui, e casa di Rory non scappa. Iniziate a portare giù qualcosa, ci vediamo dopo.

- Jess, portatene una dietro: me ne serve una sola, che mi aiuti a portare giù le le scatole, sono troppo ingombranti, bisogna farlo in due.
- Vai tu, Rory. - le disse Darla, - Sono cose mie, è giusto che faccia io il lavoro sporco.
- Ed è giusto che vi lasci qua ad ammazzarvi a vicenda? - le rispose, ironica. Darla strinse le spalle,
- Cercherò di trattenermi, te lo giuro. Tu ti comporterai bene? - chiese a Rick, in una maldestra offerta di pace.
- Giuro.
Rory li guardò, poi guardò Jess, a metà scalinata.
- Arrivo.
Scesero in strada e aspettarono il taxi che Jess aveva chiamato, dal momento che non era un quartiere molto trafficato e si stava facendo tardi.
Rory frugò nella sua borsa, e ne estrasse il suo fedele thermos di Starbucks, ancora pieno dal pomeriggio: la sua scorta in caso di fine del mondo.
- Tu ieri notte non hai dormito, dì la verità. - disse, porgendoglielo.
Jess guardò il thermos.
- Rory Gilmore mi cede il suo caffè? Sta bene, signorina?
Lei rise,
- Piantala, e bevilo: è ancora caldo. Quando vi espanderete dovrete pensare assolutamente a dei gadget altrettanto funzionali. Allora, mi sbaglio o sei stato sveglio a scrivere?
- Non avevo sonno. - disse Jess, scrollando le spalle e bevendo un sorso di caffè, prima di porgerlo nuovamente a lei.
- Ma sì, - acconsentì Rory, - smezziamoci il caffè della mezzanotte.
- Dici che domani mattina se ne accorge qualcuno se apriamo più tardi? - le chiese ironico, finendolo, prima di salire sul taxi.
- Ormai la domenica mattina è un rito fare colazione da Book&Cafè, quindi mi duole dirtelo, ma sì, se ne accorgerebbero. Sono pochi i mattinieri, ma li sconvolgeresti.
Jess sbuffò,
- Maledetti pensionati nullafacenti. - borbottò.
- Non cercare di cambiare discorso, - disse, dandogli una gomitata, - hai scritto o no?
- Cosa sei, la mia editor? - si lamentò, esibendo la sua migliore faccia da schiaffi.
Rory cambiò tattica,
- Se tu confessi che hai scritto tutta notte io ti dirò una cosa. - disse, meravigliandosi del suo ghigno divertito.
- Cosa siamo, Rory, a scuola?
- È una cosa seria, stupido.
- Ok, se ci tieni proprio tanto a saperlo, sì, ho scritto. - si arrese, evitando di guardare lo sguardo soddisfatto di Rory. - Ma non ti farò più leggere niente, non finché non sarà rilegato. E ridammi il mio capitolo.
- Te lo ridarò. - si chiese quanto ci volesse ancora alla macchina di Jess: aveva assolutamente bisogno di mettere almeno mezzo metro di distanza, tra le loro spalle ora unite.
- Non fare finta di niente. - la fece sussultare, - Tocca a te, cosa dovevi dirmi?
Rory si arrischiò a guardarlo: più il tempo passava, più gli stava vicina, e più faceva fatica a ricordarsi che non provava più niente per lui.
- Non l'ho detto nemmeno a mia madre. - Jess l'aveva sempre ascoltata, doveva dargliene atto: e quando l'ascoltava lo faceva davvero, la guardava, in silenzio. Tranne quando discutevano su qualcosa, ovvio. Desiderava davvero dirglielo, dirlo a lui, per primo. Inspirò. - Lunedì mattina ho un colloquio, all'Usa Today. - disse, tutto d'un fiato.
Jess sorrise, uno di quei sorrisi che valevano più di mille congratulazioni, che gli aveva visto fare poche volte nella vita.
- Stai saltando. - le disse, con una nota di fierezza nella voce.
Non in bocca al lupo, la fortuna non c'entrava, le sue gambe l'avevano portata fin lì; non brava, già la sua posizione lavorativa era del tutto rispettabile: provava a fare qualcosa che le piaceva di più, era coraggiosa. Sapeva che Jess l'avrebbe capita come nessun altro sarebbe riuscito a fare.

Da soli era tutto più complicato ma più semplice allo stesso momento; quando invece si rapportavano con il mondo intorno a loro ecco che cominciava a tormentarla il tarlo del dubbio che tra Jess e Darla ci fosse qualcosa.
- Andiamo a traslocare. - disse lui, mettendo in modo la sua macchina e controllando il livello della benzina.
Ma a lei non doveva importare.



Quando arrivarono li trovarono in strada, a discutere.
- Sai, ne ho conosciuti pochi, di idioti come te. - stava dicendo Darla, quando Rory scese dalla macchina.
Rick li guardò, con aria innocente.
- Giuro che non ho fatto niente.
- Come no. - borbottò Darla, - Tu non fai
mai niente.
- Forse è meglio separarvi. - osservò Rory, portandosi Rick dentro al condominio. Lanciò le sue chiavi di casa a Darla. - Jess sa dove abito: iniziate a prendere questi, noi intanto portiamo giù il resto.
Mentre salirono le scale Rick si giustificò ancora una volta, proclamando che non aveva fatto niente, e poi iniziò a comportasi da Rick.
Era quasi l'alba quando fecero l'ultimo giro, Rory e Rick stavano aspettando sotto la vecchia casa di Darla, che Jess passasse a prenderli per portare le ultime cose.
Quella notte New York sembrava aver tirato fuori tutta l'afa che non aveva fatto i giorni prima, o forse era solo loro, che stanchi, la soffrivano di più.

- Stamattina non aspettatevi che venga a fare colazione. - sospirò Rory, alzandosi dallo scatolone su cui si era seduta per stiracchiarsi un po'.
- Non me ne parlare, Straniera, se penso che tra poche ore dobbiamo aprire... minimo Darla come riconoscenza dovrebbe prendere il posto di uno di noi, visto che l'abbiamo aiutata.
Rory sorrise, stava imparando a conoscerlo.
- Non glielo permetteresti mai.
- No. - ammise lui, ricambiando il sorriso.
- Dimmi Rick, perché non ti sei ancora abituato al mio nome?
Finse di pensarci su.
- Dai, Rory è da bambina, Straniera ti si addice molto di più: è da dura, e tu sei una dura sotto sotto.
- Non mi sembra che sia nato così. - gli ricordò.
- Ma lo è diventato.
Registrò che si era avvicinato, inizialmente non ci aveva fatto caso, fino a quando non dovette alzare la testa per guardarlo negli occhi.
- Rick... - lo ammonì preoccupata, mentre lui la stava studiando, serio, facendola sentire in soggezione.
Poi le labbra gli si piegarono nel suo solito sorriso.
- E poi mi piace che sia un soprannome che ti do solo io.
Il caldo, la stanchezza, la sua vicinanza, la combinazione delle tre, e lui che si avvicinò ulteriormente. Rory chiuse gli occhi, sentì le sue mani sulla schiena che la tiravano contro di lui, e per un momento, un secondo, pensò che potesse essere una buona idea, pensò di volerlo. Sentì le sue labbra contro le proprie, in un bacio che le avrebbe fatto mozzare il fiato, se solo come un tuono il nome di Jess non le avesse fatto irruzione nella mente, rompendo l'alchimia.
- No, Rick. - disse, tra le sue labbra, spingendolo via.
Non poteva,
non voleva, per quanto sul momento le era sembrata una buona idea sulla carta.
Lui si ritrasse immediatamente, fece per dirle qualcosa ma sentirono la macchina di Jess in avvicinamento.








Nda: :-O
Mi odiate? Anzi odiate Rick.
Però una presa di coscienza può dare una spinta a Rory, e secondo me le serviva; e il motivo per cui Rick lo ha fatto?
Terribilmente puerile, anche se verrà spiegato solo nel prossimo capitolo. Che dire, più in basso così non ci poteva andare...
Grazie mille a tutte le ragazze che mi hanno letto e recensito!

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Capitolo 6
*** Perché non sei qui? ***


gg6





O we will know, won't we?
The stars will explode in the sky
O but they don't, do they?
Stars have their moment and then they die

There's a man who spoke wonders though I've never met him
He said, "He who seeks finds and who knocks will be let in"
I think of you in motion and just how close you are getting
And how every little thing anticipates you
All down my veins my heart-strings call
Are you the one that I've been waiting for?
(Nick Cave, Are you the one that I've been waiting for)





Rory si rigirò tra le lenzuola: si sarebbe arrabbiata, se non fosse stato che qualcosa non quadrava. All'inizio, quando si erano conosciuti, superate le prese in giro a volte Rick aveva iniziato ad avere un atteggiamento malizioso nei suoi confronti; ma con il passare del tempo era impercettibilmente mutato, a poco a poco, fino a trasformarsi in semplicemente amichevole. Anche quando era ammiccante sotto non vi leggeva secondi fini; non si spiegava cosa lo avesse portato a comportarsi così.
Poi si addormentò, cullata dal rumore in sottofondo della tv accesa in soggiorno.

Quando Darla si svegliò era mezzogiorno passato, e Rory era in piedi già da un pezzo.
- Ti odio, - sbadigliò la sua nuova coinquilina, - come fai a essere così splendente appena sveglia?
- Ritiro, ho vissuto con una persona che era ben più stressante di mia madre: Paris Geller, e tu non sei nemmeno lontanamente come lei, quindi queste settimane saranno una passeggiata, per me. - le disse, ricordando quando Paris anni prima le aveva fatto un'osservazione simile. - E neanche vivere con me è rose e fiori: ti ho mai detto che sono cresciuta a caffè e take away? Non so cosa tu possa trovare di commestibile nella mia dispensa.
Darla aprì il frigorifero, controllò il latte, reputandolo ancora buono, e lo versò in una tazza con una generosa porzione di cereali.
- Come pranzo va più che bene, e volendo anche come cena. - disse, sedendosi a gambe incrociate sul divano e iniziando a mangiare.
Rory era pensierosa, continuava a pensare a quello che era successo con Rick, ed era come se le sfuggisse qualcosa: mancava un tassello al puzzle, che le impediva di capire.
- Darla, mi spieghi come fate tu e Rick ad arrivare sempre sull'orlo dell'omicidio? Voglio dire, anche a me dà sui nervi l'ottantanove per cento del tempo, ma ormai penso di averci fatto il callo, e tu lo conosci da più tempo di me. Mi sembra che tra voi stia peggiorando sempre di più. - notò.
- Non ci sei ancora arrivata, Rory? Non ha
provato a portarmi a letto, come dice Jess; siamo andati a letto insieme. - Rory evitò di spalancare la bocca a quell'affermazione, e si morse la lingua mentre l'ascoltava. - Mesi fa, prima della storia del bar, io mi ero lasciata da poco con quello stronzo del mio ex, ed è successo. È finita lì, per carità, e non ci siamo più visti fino a quando non mi hanno assunto, non è niente di che, ma ora odio, odio che cerchi in tutti i modi di passarmi a Jess, manco fossi una coppa dell'amicizia, e che diamine. - brontolò.
Rory si concesse di respirare,
- Tu e Rick? - era vicina alla soluzione, lo sentiva.
- È già, ci sono cascata, ma non pensavo di doverlo sopportare ancora. - ammise lei.
- E quindi tra te e Jess... non c'è davvero niente?
Darla strabuzzò gli occhi,
- Non ti ci mettere anche tu!

Passò il pomeriggio a mettere a posto il suo raccoglitore, dove aveva archiviato tutti gli articoli, preparandosi per il colloquio.
Quando era entrata all'Observer era fiera del suo traguardo, ma al tempo stesso si era ripromessa di non concludere le ricerche, e puntare sempre più su, non “o il Times o niente”, il sogno di tanti ragazzi come lei che si affacciavano al mondo del giornalismo; poi gli anni erano passati, e la paura di perdere la sicurezza economica e di uscire dal giro l'avevano arenata.
Aveva iniziato a pensare che il mondo del lavoro si stava facendo più difficile, che chi aveva un posto fisso era stupido ad abbandonarlo; e dopo che tutti avevano festeggiato ampiamente la sua entrata nel mondo ufficiale degli adulti non voleva tornarsene a Stars Hollow con le ali spezzate e un mucchio di rimpianti per aver voluto troppo.
Poi, nell'ultimo mese, aveva radicalmente cambiato opinione, ritenendo la sua paura come l'unica cosa che la teneva legata: all'Observer era serena, amava il suo lavoro ma avrebbe voluto provare a vedere se esistevano altre realtà dove avrebbe potuto sentirsi ancora più completa; poco importava se il primo tentativo falliva, o se all'inizio i suoi trafiletti sarebbero ritornati a restringersi a poche righe. Avrebbe sudato per riconquistarsi il suo posto, era proprio lì che stava la sfida e aveva tutte le capacità per vincerla.
Colora la mia vita con il caos dell'inquietudine.

Doveva ammettere che una grossa spinta gliel'aveva data l'incontro con Jess, in quanto tale: aveva scombussolato la sua routine, mischiato le carte delle sue giornate e le aveva fatto vedere i suoi ventisette anni con una prospettiva diversa: lui si reinventava in continuazione, rimanendo fedele più che mai a sé stesso, la sua sola presenza l'aveva spronata a desiderare di cambiare.
- Rory, - la chiamò Darla, mettendo la testa nella sua stanza. - che ne dici se ordino una pizza e stasera ci guardiamo un film?
Rory chiuse il raccoglitore, pronto.
- Dico che è perfetto.


Chiuse la porta del bagno, per evitare che il rumore del phon svegliasse Darla.
Sentiva l'adrenalina a mille, era agitata come una bambina al primo giorno di scuola, con la differenza che lei non sapeva se in realtà avrebbe avuto o meno il posto; ma il solo fatto di provarci, di poter avere un colloquio in cui giocarsi le sue carte con il solo fine di migliorare, era una grossa novità.
Quando, una volta pronta, uscì dal bagno, sussultò intravvedendo Darla in pigiama sul divano, che guardava i cartoni animati del mattino.
-Mh.-commentò con la bocca piena di cereali,- È vero che ti metti in tiro quando vai al lavoro.
Rory alzò le spalle,
- È un giorno particolare, ho un colloquio, all'Usa Today. - disse, cercando di trattenere l'ansia.
Prese una tazza di caffè, che aveva preparato appena sveglia, e controllò un ultima volta il suo raccoglitore.
- Non lo sapevo, si dice in bocca al lupo in questi casi?
- Grazie, va più che bene. - le disse, tesa come una corda di violino. - L'ho detto solo a Jess. - aggiunse poi, distrattamente, dedicandosi alla sua tazza di caffè.
Rischiò l'infarto quando sentì la suoneria del cellulare provenire da dentro la sua borsa, dove l'aveva già messo, appoggiò il caffè lontano dal raccoglitore prima che un evento cosmico glielo facesse cadere addosso, compromettendo tutta la sua preparazione
Spalancò gli occhi, leggendo il nome del mittente.
- Jess! - disse felice, rispondendo.

- Ah davvero? - le disse poi Darla, sarcastica, - Lo hai detto solo a Jess?
Rory guardò stupita la sua faccia dubbiosa.
- Che c'è che non va?
- Non posso credere di non essermi mai accorta di niente, ti piace Jess! - scoppiò a ridere, incredula, mentre Rory avvampò,
- Cosa dici, no...
Darla si sistemò meglio sul divano, incrociando le gambe, sembrava una ragazzina.
- La tua faccia è tutta un programma, guardati: sorridi ancora! Ti piace Jess!
Rory controllò l'orologio.
- Devo scappare, dopo il colloquio vado in ufficio e uscirò per le sei. - disse, mettendo il suo sacro raccoglitore nella ventiquattrore, e incamminandosi verso la porta. - Darla... - disse poi, titubante, non sapendo neanche lei come continuare.
- Non una parola. - promise, alzando il cucchiaio come segno di giuramento.

Era in agitazione da tutto il giorno, il colloquio sembrava fosse andato bene, ma l'avevano avvisata che l'ultima parola spettava a quello che avrebbe dovuto essere il suo caporedattore, e che quindi l'avrebbero chiamata per un ulteriore colloquio quando sarebbe tornato dalle ferie.
Di quello non l'avevano avvisata, e il pensiero di aspettare ancora dieci giorni prima di sapere del suo futuro la mandava in crisi.
Quando la sera Darla era tornata a casa l'aveva trovata già in pigiama, con una fascia tra i capelli, raggomitolata sul divano intenta a mangiare thailandese con delle bacchette troppo corte.
- È andata così male? - le chiese, ferma sulla porta.
- No, è andata benino, ma ho ancora più di una settimana prima di sapere il responso. Tu?
Darla scrollò le spalle,
- Oggi al lavoro era un inferno, non so cosa avessero quei due.


Declinò la proposta di Darla, di andare con lei all'inaugurazione di una mostra, provò a chiamare Jess per raccontargli del colloquio ma lui non rispose al telefono; probabilmente, considerò Rory, era già a letto, stanco dalle notti precedenti passate tra lo scrivere e il trasloco di Darla.
Riempì la vasca da bagno, per sciogliere la tensione e l'agitazione dovute al colloquio, accese qualche candela profumata, si riempì un calice di rosso, e sprofondò nel relax.
Andò a letto presto, con la mente sgombra, e si svegliò qualche attimo prima del suono della sveglia, riposata. Quando aprì gli occhi improvvisamente i pezzi del puzzle andarono a posto, e capì tutto.
Più ci pensava e più si chiedeva come avesse fatto a non accorgersene prima, o almeno a non capirlo immediatamente non appena Darla le aveva raccontato i suoi trascorsi con Rick; le ci volle tutta la forza di volontà di cui disponeva per non catapultarsi al Book&Cafè direttamente in pausa pranzo, e appena uscì dall'ufficio si fiondò sul primo taxi che trovò con tanta foga che Rick sarebbe stato fiero di lei.
Aprì la porta della caffetteria e rimase sull'uscio, inquadrandolo in un attimo.
- Vieni fuori, - disse a Rick, - subito.
Ignorò il suo sorriso spaccone, e lo aspettò in strada.
- Piccola Straniera, ti sono mancato? - commentò lui, con un ghigno.
- Perché mi hai baciato? - gli chiese, diretta, pronta a smontare il sorriso malizioso che gli vide spuntare. - Ti piace Darla, Rick, l'ho capito. - confessò poi.
Lo vide rabbuiarsi, per la prima volta da quando lo conosceva.
- Aspettami qui. - le disse.
Entrò, lo vide avvicinarsi al banco per dire qualcosa a Jess, e in un attimo se lo ritrovò nuovamente accanto.
- Da dove ti vengono certe idee? - le chiese, iniziando a camminare.
- Non l'ho capito immediatamente, lo ammetto, ma ne sono sicurissima: continui a volerla spingere tra le braccia di Jess, ma ti mangeresti le mani ogni volta che lo fai, così ti comporti male e la fai arrabbiare. Non so neanche perché ci hai provato con me, forse per uno sciocco tentativo di dimenticarla. So che la conoscevi da prima che lavorasse qua, - gli svelò, poi, arrancando per stargli dietro, - e so che c'è stato qualcosa tra voi.
Rick si fermò di colpo.
- Te lo ha detto lei? - disse, stupito.
- Sì. Devi smetterla di comportarti come se non fosse mai successo, è una cosa da stupidi: se la rivuoi cerca di conquistarla!
Rick si sedette su una panchina, sbuffando una risata disillusa,
- Rory, - le disse, chiamandola finalmente per nome, - lei mi odia.
Cercò di essere onesta, nonostante sarebbe stato più facile negare.
- Perché tu continui a comportarti come un cretino: la fai esasperare.
Aveva inoltre la sensazione che Rick fosse in qualche modo, strano e assurdo, ricambiato; ma non poteva illuderlo.
- Cosa dovrei fare, il damerino?
- Sii te stesso: sei migliore di come sei con lei, lo so.
Rick si appoggiò alla panchina, sbuffando.
- E pensare che quando ti ho visto pensavo volessi limonare ancora...



La sua vita era quanto mai strana, come il cubo di Kubrick: sistemava una faccia e le altre andavano in frantumi.
Non poteva giurarlo, ma il presentimento era forte.
Aveva stabilito un rapporto civile con Rick, o meglio, un'amicizia, dal momento che dal giorno in cui avevano parlato la confidenza che avevano creato aveva cementato la simpatia reciproca che lentamente avevano provato; con Darla stava così bene che stava pensando di proporle di non trasferirsi più, il giorno del responso del colloquio si avvicinava e Rory era sempre più speranzosa a riguardo; e Jess improvvisamente aveva creato un muro tra di loro.
La evitava, non le parlava più dello stretto necessario e sempre con una nota di freddezza nella voce.
Inizialmente Rory dava la colpa alla stanchezza, o ai suoi cambi d'umore, ma il presentimento che ci fosse dell'altro sotto era sempre più plausibile.
C'era anche un'altra cosa, che occupava la sua mente, ed erano Rick e Darla. Più li osservava e più pensava che non solo erano fatti per stare insieme, ma era sempre più sicura che non solo Rick provasse qualcosa a riguardo; ma sull'argomento Darla era ancor meno raggirabile di lui.
- Sbaglio o è da qualche giorno che non strepiti più addosso a Rick? - le chiese sabato sera, - È quasi un record, vero?
Lei scrollò le spalle, passando per i tavoli vuoti e raccogliendo le tazze sporche.
- Non ci hai visto stamattina, mancava poco che gli ficcassi la testa nella lavastoviglie. - disse, serena a discapito delle sue parole.
Come se non volesse ammettere di aver capito quello che intendeva Rory, effettivamente in quella settimana Rick aveva cambiato comportamento nei suoi confronti, smettendo le continue allusioni su lei e Jess, e Rory aveva intravvisto addirittura un'impercettibile confidenza, tra i due.
- Ficcargli la testa nella lavastoviglie non è staccargliela a morsi. - continuò, testarda.
Darla sospirò, si guardò intorno per accertarsi che né Jess né Rick fossero in ascolto e le si avvicinò.
- Lo so, gliel'hai detto tu di dirmelo: grazie. - ammise.
- A cosa ti riferisci? Abbiamo parlato, ma non gli ho detto di dirti niente.
Darla la guardò, stupita.
- Ah, ok. - borbottò, allontanandosi per nascondere che la notizia un po' le aveva fatto piacere. Rory scese dal suo sgabello e la seguì.
- Perché? Cosa ti ha detto? - sussurrò.
- Niente di che. Vieni, andiamo nel retro: devo buttare i vetri.
La seguì fuori, aspettò che si accendesse una sigaretta e si decidesse a parlare.
- Allora? - la spronò.
- Non pensare chissà che, - disse, nel tentativo di smorzare la cosa, - è venuto semplicemente da me e mi ha detto che non si era mai accorto che mi seccassero tutte le battute che faceva su di me e Jess, e mi ha chiesto scusa.
Rory si costrinse a non sorridere: l'allievo superava ogni sua aspettativa.
- È una buona cosa, no?
- Mi sta sulle palle lo stesso. - commentò Darla, rovesciando i vetri nella campana, ma dal suo tono Rory ebbe la conferma che i suoi sospetti erano fondati.
- Siete pronte, ragazze? Andiamo a bere qualcosa? - chiese Rick, non appena tornarono nel bar.
- Passo. - disse Darla, specchiandosi nell'acciaio del lavello per mettersi il rossetto, - Le mie amiche mi aspettano per una serata, anzi, se posso andare subito sarei già in ritardo per la cena.
Rory sicura che non vuoi venire? - le chiese, prendendo la sua borsa.
- Tranquilla, vai e divertiti: ho ancora i postumi da ieri sera, preferisco qualcosa di più tranquillo.
- Va bene, vado.
- Fai la brava. - le disse Rick, strizzandole l'occhio mentre usciva. - Bene, - disse poi, rivolto agli altri due, - Rory vota per una serata tranquilla, tu Jess che dici?
Lui fece scattare con un colpo secco la penna, chiuse il registro degli incassi e lo mise dentro al cassetto.
- Io vi dico buona serata, ho da fare. - disse, aspro, uscendo.
- È un po' così ultimamente, - commentò Rick, notando l'espressione smarrita di Rory, - lascialo stare. Quindi, appurato che non limoneremo perché secondo te non sarebbe giusto dal momento che “mi piace Darla”, che si fa?
Rory si lasciò andare ad un sorriso,
- Continui a raggiungere livelli di stupidità che non pensavo fossero possibili. Comunque, ho saputo che le hai parlato, sai che mi hai stupito?
- Hai visto? - disse lui, fiero, spegnendo le luci e facendola uscire, per chiudere. - Sto seguendo la retta via.
Decisero di guardare un film, Rory dovette lottare con le unghie e con i denti per evitare qualsiasi cosa che avesse “Alien”, “Rambo” o “Rocky” nel titolo, e alla fine si accordarono per le Iene.
- Cavolo, quasi peggio di quando Jess mi costringeva a guardare ininterrottamente Quasi famosi. - borbottò rassegnata finito il film, quando Rick mise a tradimento Rocky IV. - E io e te non stiamo nemmeno insieme.
Rick mise in pausa.
- Scusa, puoi ripetere? Mi stai dicendo che tu e Jess stavate insieme?
Rory si raggomitolò sul divano.
- Fai partire il film, prima che cambi idea e ti cacci fuori di casa.
- Oddio, questa sì che è una notizia.
Rory gli strappò di mano il telecomando, premendo su play. Era vero, non glielo aveva mai detto, ma evidentemente non lo aveva mai fatto nemmeno Jess.

- Darla tu sapevi che Rory e Jess stavano insieme? - le chiese Rick, quando rientrò.
- Certo. - rispose, sedendosi in mezzo a loro con una tazza di cereali in mano, - E tu sapevi che Rory è ancora innamorata di lui?
- No! - disse Rick sorridendo, stupito, mentre Rory alzò il volume del film.
- Non è vero. - rispose, sicura, - Piantatela.
Se fino a una settimana prima non aveva senso, con il loro ritrovato rapporto, in quel momento ne aveva ancor meno. Si mordicchiò le labbra e cercò di concentrarsi sul finale del film, evitando di chiedersi a oltranza che cosa fosse cambiato da allora.







Nda Lo so, Jess è stato inesistente in questo capitolo, ma seguendo il pov di Rory non c'erano molte alternative...
Quest'ultima
sta iniziando a rosicare, e che cos'abbia Jess penso che sia facilmente intuibile, no?

Infine, Rick e Darla, ebbene sì, qualcuno lo aveva indovinato :-P ecco perché nello scorso capitolo dicevo che Rick era stato infantile.
Non so, ditemi se i risvolti di questo capitolo vi sono piaciuti, o se è stato subito troppo tutto insieme, grazie mille per le recensioni che mi avete lasciato e alla prossima!

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Capitolo 7
*** You were always on my mind ***


gg7



Maybe I didn't treat you 
Quite as good as I should have 
Maybe I didn't love you 
Quite as often as I could have 
Little things I should have said and done 
I just never took the time 
You were always on my mind

(Always on My Mind, Elvis Presley)




Entrò nel pub dove si erano dati appuntamento, cercandoli nella confusione; poi vide Darla agitare la mano e li raggiunse, impaziente di dare la grande notizia.
- Jess? - chiese, ancora sorridendo, una volta arrivata al tavolo.
Darla fece una smorfia.
- Aveva da fare, stasera.
Una frase che aveva sentito già troppe volte, pensò, mentre parte dell'entusiasmo scemava, lasciando il posto alla delusione.
- Quindi, come è andata? - la incalzò Darla, cercando di distrarla.
Rory cercò di recuperare il suo sorriso,
- Il posto è mio. - annunciò, sedendosi.
Si congratularono con lei, forse con troppo entusiasmo fino a stordirla, e ordinarono da bere.
- Straniera, stasera voglio vederti ubriaca. - dichiarò Rick, spingendole davanti il bicchiere.
- Ehi, non vorrai approfittarti di lei, spero! - lo riprese Darla, dandogli una gomitata.
- Di lei? Non c'è pericolo, vero? - rise lui. - Forza, brindiamo.
Rory sollevò il suo bicchiere e lo fece tintinnare contro i loro, poi bevendo il suo occhio cadde sulla sedia vuota accanto a lei.
Più cercava di non pensarci più sentiva dentro di sé un urlo: perché tra lei e Jess doveva sempre andare a finire male? Per cosa lo aveva ritrovato a fare, per essere di nuovo ferita da lui? La sua vita aveva funzionato benissimo fino a quel momento, e avrebbe continuato serena anche senza di lui.
Era vero, lui l'aveva svegliata dal torpore in cui era scivolata, l'aveva inconsapevolmente fatta rimettere in discussione.
Sospirò, estraniata da Rick e Darla che discutevano tra di loro:
Colora la mia vita con il caos dell'inquietudine.
Ma il prezzo era davvero alto.

- Ora basta. - dichiarò Darla, sbattendo il bicchiere sul tavolo e alzandosi in piedi. - Andiamo, Rick: accompagniamo Rory da Jess.
- La sta evitando, è chiaro: che ci possiamo fare noi? - disse lui, guadagnandosi uno scappellotto da Darla.
- Ma sei cretino? Che abbia il coraggio di affrontarla! Andiamo, Rory.
Lei si strinse nella sedia,
- No, non ti preoccupare... - balbettò.
- Muoviti, lo so che morivi dalla voglia di dirgli che ti hanno preso: vai a dirglielo, e digliene quattro già che ci sei, dato che si sta comportando come uno stupido, chiedigli il perché invece di stare qui a continuare a sospirare.
Rick si convinse,
- Ha ragione, non potete continuare così all'infinito. - disse, alzandosi.
Rory li seguì di controvoglia, pensando che la predica veniva proprio dai due peggiori testoni della storia, che se non li avesse obbligati a chiarirsi a quell'ora si sarebbero decapitati a vicenda. Anzi, Darla avrebbe decapitato Rick.

Il taxi si fermò sotto casa di Jess, lo videro uscire in quel momento.
- Corri, - la incitò Darla, - vuoi che aspettiamo qui?
Rory aprì la portiera, scuotendo la testa.
- No, andate: non preoccupatevi. - disse, scendendo dal taxi, registrando velocemente che Jess si era accorto di lei.
- Chiamaci se hai bisogno. - disse Rick, prima che il taxi ripartì.

- Cosa ci fai qui? - le chiese Jess, freddamente.
- Non rispondi alle mie telefonate, quando sono alla caffetteria non mi rivolgi la parola: non mi hai lasciato scelta.
Jess incrociò le braccia.
- Bene, dimmi.
Rory si morse la labbra: da quando aveva fatto il colloquio non desiderava altro che quel momento, dirgli che l'avevano presa, dirgli che ancora una volta era lui che l'aveva spinta; ma non avrebbe mai voluto che fosse così.
- Mi hanno presa al Usa Today. - disse, in un soffio.
Rovinato, ora la cosa non aveva più alcun senso.
- Buon per te.
Lo sentì dire, mentre le lacrime le pungevano gli occhi.
- Sì, buon per me. - commentò mesta, mentre la speranza che fosse tutto un grosso malinteso si sgretolava.
Lo sentì allontanarsi e aprì gli occhi, capendo solo in quel momento di averli chiusi.
- Aspetta, Jess: si può sapere che cos'hai? - lo chiamò, tirando fuori l'urlo che le risuonava nel petto da un po'.
Jess si fermò un istante, prima di girarsi e camminare veloce verso di lei.
- Che cos'ho? Buon per te, Rory, cosa vuoi che ti dica d'altro? Non ci arrivi mai? - si fermò a un passo da lei, la sua voce arrabbiata e delusa era ovunque. - Dean era il ragazzo perfetto, che si comportava in maniera perfetta e ti amava in maniera perfetta, anche quando con te faceva le corna a sua moglie era sempre il tuo primo amore; e quel coglione? Macchinona, lavoro importante, famiglia di prestigio. E poi ci sei tu, indecisa tra Harvard e Yale, che passi dall'Observer al Usa Today. Sarei fiero di te, perché ti sei guadagnato tutto, lo hai sempre sudato, ma sai che c'è? Ho sempre pensato di non essere alla tua altezza, se vuoi sentirtelo dire, dannazione. Capisci che odio vederti con Rick? Lui è come me! - gridò, arrabbiato.
Rory deglutì, sbattendo le palpebre per ricacciare le lacrime.
- Io non sto con lui. - Jess si irrigidì. - Io non sto con lui, sono ben lontana dallo stare con lui: lo considero un amico, come considero Darla un'amica. - blaterò alla rinfusa. - Ma questo non vuol dire che io e te dobbiamo continuare a vederci, non vedi? Non possiamo fare a meno di ferirci in qualche modo a vicenda, è sempre stato e così sarà sempre. Darla vive con me, ora, e sono sicura che continuerò a vedere Rick, quindi non sarà un trauma non venire più alla caffetteria. Faremo finta che non esistiamo, Jess, è l'unica soluzione. - disse, continuando a parlare a discapito delle lacrime.
Il cuore le si era spezzato sul serio: aveva appena ammesso a sé stessa che Jess era la sua anima gemella, e contemporaneamente lo aveva tagliato fuori per sempre dalla propria vita.
- Può anche non finire sempre così. - disse Jess, capendo il suo errore di valutazione.
- E com'è finita stavolta? Ci ammazziamo più noi di quanto non lo facciano Darla e Rick, è così da sempre, questa volta abbiamo solo tenuto duro più del previsto. - Si asciugò le lacrime. - Ti faccio avere il tuo capitolo.

Fece un passo indietro, cercando di combattere contro il magnetismo che la spingeva a lui.
Avrebbe rinunciato al preavviso, e avrebbe passato le settimane che l'aspettavano prima di iniziare il nuovo lavoro a Stars Hollow, a casa, a leccarsi le ferite.



Aveva sempre cercato di guardare oltre, fin da quando aveva diciotto anni: era palese a tutti che aveva il cuore spezzato, ma cercava di fare finta che non fosse così, cercava di ignorare che Jess le stava lasciando un vuoto così grande dentro, ed essere di nuovo lì era quasi catartico, aveva come la possibilità di consolare la sé stessa ragazzina e lasciarsi consolare da lei.

Gli dava dello stupido, lo odiava per la maggior parte del tempo per essersene andato senza dirle niente, senza nemmeno lasciarla, ma ogni tanto, quando l'odio si esauriva, le capitava di lasciarsi andare a una lacrima solitaria, chiedendosi se lui la pensasse mai: la sua assenza era rimbombante, perfino allo specchio, sola, la notava. Jess l'aveva riempita, e ora non c'era più.

Sola, sul pontile dove avevano fatto il pic nic tanti anni prima, dove lui le aveva chiesto se tra lei e Dean fosse davvero finito tutto, pensò a quella ragazzina che si sentiva abbandonata.
Sì, ora non aveva dubbi, lui l'aveva pensata, disse a quella ragazzina, ma non erano fatti per stare assieme.
La piccola Rory, nonostante tutto, grazie alla sua innocenza era in qualche modo più forte di lei.

Passerà, finirà. Prima o poi guarderò indietro, e capirò che l'amore vero è un altra cosa, non succede sempre così?

A quel pensiero la grande Rory sentì una morsa allo stomaco.

Sì, amerai ancora, ma per quanto forte nessuno sarà come lui. E quando capirai che stare con un altro sarà “accontentarsi”... forse hai ragione tu, forse passerà, ma è arrivato il momento di prendere in considerazione l'idea che invece sarà sempre così, che Jess non sarà l'unico che ameremo, ma sarà l'unico che colorerà la nostra esistenza.

Darla l'aveva detto a Melinda, Melinda a Lane e Lane a Lorelai, così Rory, che aveva sperato di leccarsi le ferite nell'anonimato, si ritrovò ancora una volta davanti allo sguardo arrabbiato della madre.
- Ammazzerò Jess, puoi starne certa: a quanto sembra è l'unico modo per non vederti più così. - le disse, entrando trafelata in camera sua.
- Mamma... - si lamentò Rory, nascondendosi con il cuscino, capendo al volo il giro che aveva fatto la notizia.
- Ha ferito la mia bambina, non merita nemmeno l'ergastolo. - disse Lorelai, perentoria.
Rory si mise a sedere.
- Senti, anche io ho ferito lui: non lo hai mai digerito, ma se c'è una cosa che dovresti capire, come ho fatto io, è che io sono stata male come lo è stato lui. Mi ha amato davvero, o non ci saremmo ritrovati dopo dieci anni in questa situazione, e non puoi fargli una colpa di questo. - disse, tutto d'un fiato.
Lorelai si lasciò cadere accanto a lei,
- Perché detta da te sembra diverso? - sbuffò. La abbracciò, - Tesoro, davvero lo ami ancora?
Rory appoggiò la testa alla spalla della madre, in silenzio.



Jess si alzò per l'ennesima volta dalla sua scrivania, ora per chiudere le persiane, sperando che aiutassero a filtrare il rumore incessante della notte newyorkese che non lo faceva concentrare.
Ancora una volta sentiva la rabbia premergli lo stomaco, il petto, così forte che era impossibile ignorarla, e ancora una volta non sapeva che nome dare a quella rabbia, chi incolpare se non sé stesso o la sorte: di ragazze come Rory Gilmore non ce ne erano molte sulla terra, non per lui, questo l'aveva capito anni fa; e lui non solo aveva distrutto una volta tutto quello che Rory poteva provare per lui, ma l'aveva lasciata andare via una seconda volta.
Quando l'aveva rivista, il pomeriggio dell'inaugurazione, era sinceramente convinto di essersi liberato di lei, nei suoi pensieri: il fatto era che Rory era sempre stata qualcosa di più, era ad un altro livello rispetto al resto del mondo, e gli ci era voluto tanto tempo per sradicarsi la convinzione che era l'unica.
Poi Rory era tornata, così
lei con le sue smorfie imbarazzate, il suo sguardo trasparente; aveva lottato per un po' contro di lei, perché sapeva che era patetico ricaderci, perché erano passati anni e perché sembrava che Rick le avesse messo gli occhi addosso, ma il tempo era passato, la sua guardia si era abbassata e Jess si era ritrovato di nuovo dentro.
Sembrava che stesse andando tutto così bene, certo, ufficialmente erano amici, ma sentiva che si stava ricreando qualcosa tra di loro: conosceva Rory, sapeva cosa significavano i suoi sguardi, li aveva già visti una volta.
Poi quella maledetta mattina: stava passando a prenderli, lei e Rick, e gli sembrò di vedere qualcosa, ma diede la colpa alla stanchezza e non ci diede peso; poi quell'immagine acquisì un altro significato, un paio di giorni dopo, ascoltando il racconto che Rick stava facendo ad alcune clienti, in particolare la parte in cui gli raccontava di come c'era una ragazza nuova nella sua vita.
Il giorno dopo Rory arrivò alla caffetteria e andò via con Rick, e per Jess non ci fu più alcun dubbio: era arrabbiato con lei, non solo per quel barlume di illusione che gli aveva dato, ma perché aveva scelto proprio Rick.
Come le aveva detto l'ultima sera in cui si erano visti, Rick era come lui: si era sempre detto di non essere abbastanza per Rory, che era quello il motivo per cui non avevano funzionato, e saperla con lui era come un pugno in pieno stomaco, non c'erano scuse.
Ma come al solito aveva frainteso tutto, e il suo comportamento ancora una volta l'aveva fatta allontanare, dimostrandole quanto fossero incompatibili. Aveva rovinato tutto un'altra volta con Rory Gilmore, non riusciva a credere di essere stato tanto stupido: voleva dire qualcosa se dopo dieci anni lei era ancora tanto importante.

Non aveva più diciassette anni, doveva fare qualcosa per rimediare.







Nda Eccomi qui, un capitolo un po' triste ma spero che serva a chiarire un po' meglio le situazioni di Rory e Jess.
Sono un po' perplessa sul pezzo di Rory a Stars Hollow, dove lei in qualche modo parla con sè stessa ragazzina, spero che non risulti troppo complicato.
Ora mi rimane che decidere come utilizzare il prossimo capitolo, se sarà una tappa o una meta, la fine insomma...
Beh, ho una settimana per decidere ;-)
Vi ringrazio per le recensioni, alla prossima!

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Capitolo 8
*** L'ultima richiesta ***


gg8



Oh, baby,
Tell me how can, how can this be wrong?
Grant my last request,
and just let me hold you.
Sure I can accept that we're going nowhere,
but one last time just go there,
Lay down beside me
(Last Request, Paolo Nutini)






Aveva deciso di rimanere fino all'ultimo a Stars Hollow, ma quando mancavano solo pochi giorni decise di anticipare il rientro, in modo da avere tutto il week end per prepararsi a quello che avrebbe potuto essere il lavoro della sua vita.
Il taxi si fermò finalmente davanti al suo palazzo, illuminato dal sole mattutino, e Rory si armò di coraggio, definendosi pronta a cominciare una nuova pagina della sua vita.
Quando girò le chiavi nella toppa quasi si era dimenticata di avere una coinquilina nuova, ma fu impossibile non ricordarsene quando aprì la porta e vide il groviglio di braccia e gambe sul suo divano.
- Ma che...
Si mise una mano davanti agli occhi, per evitare di intravvedere parti anatomiche non necessarie.
- Siamo vestiti! - dichiarò Darla, schizzando istantaneamente in piedi; poi afferrò la maglietta, infilandosela, - Quasi. - si corresse, - Puoi guardare. Ma non dovevi tornare domenica?
- Mi sono dimenticata di avvisarvi. Ma se siete entrambi qui chi c'è al Book&Cafè?
- È il quattro luglio, abbiamo diritto alla chiusura! - dichiarò fervente Darla, come una perfetta patriota.
- Tanto tu lo stipendio lo prendi lo stesso... - si stiracchiò Rick. - Buongiorno Straniera, scusa l'accoglienza.
Darla poi lo guardò, allarmata, ricordandosi di lui.
- Sì, noi stavamo... ci siamo addormentati semplicemente e...
A Rory scappò un sorriso, mentre Rick si alzò.
- Provavamo delle prese di wrestling, come no. - commentò sarcastico, finendo di sbugiardarla con un bacio, prima di andare in bagno.
Darla lo guardò storto.
- Scusa se non te lo abbiamo detto... - iniziò poi, quando furono sole.
- Non ti preoccupare: non mi hai scioccato, l'avevo già capito e avevo capito perché volevi tenere il silenzio. Hai dato la disdetta per l'altro appartamento?
- Sì, siamo a tutti gli effetti coinquiline, dobbiamo festeggiare! A proposito, stasera si esce, giusto?
Rory fece una smorfia,
- Ti dovrei aggiornare...
- So tutto della tua decisione, ma almeno nelle feste anche i parenti che si odiano si incontrano! - cercò di convincerla.
- Io e Jess non ci odiamo, - sospirò Rory, - ma è meglio che stiamo lontani. Andrò da Melinda: lei e Spencer fanno un barbecue, mi avevano invitato.
Rick tornò in soggiorno,
- Ma poi ci raggiungi? Andiamo a vedere i fuochi, non puoi mancare: cacceremo Jess, promesso.
- No, Rick, non cacciate nessuno: vedremo, non vi assicuro niente.



Era da Melinda, esattamente come l'anno prima.
Con il suo bicchiere in mano si sedette su una sdraio, in terrazza, lontana dalla confusione del giardino: Jess arrivava, le sconvolgeva la vita e poi se ne andava; e ogni volta Rory sentiva che si
portava via qualcosa di lei, lasciandola come un puzzle senza un tassello. Che quel pezzo mancante fosse lui, fosse come diventava accanto a lui, oppure la certezza che quella che era veramente, la vera Rory, fosse solo quella che rivedeva riflessa nei suoi occhi poco importava; lo accettava, ma il suo rimpianto più grande era quello di aver detto addio all'amore della sua vita in un vicolo buio, non appena lo aveva accettato: aveva preso solo l'amaro, di quell'amore, non era stata capace di rendersene conto prima e poterne gioire per almeno un istante.

Tornò in casa, chiedendosi quando avrebbero iniziato a mangiare.
- Rory promettimi che ci raggiungi: rischio di buttare Rick in acqua, stasera è insopportabile. - le disse Darla al telefono, borbottando qualcosa al ragazzo.
- Non so, vediamo che ora faccio qui... - tergiversò Rory, dubbiosa.
- Devi venire, e poi Jess non c'è: è appena andato a fare non ho capito che cosa al Washington Square Park, chi lo capisce è bravo.
- Non lo so, Darla, non abbiamo ancora mangiato: magari più tardi. - Poi si bloccò, - Washington Square Park? Quello sulla quinta? - forse era solo una coincidenza. - Ascolta, facciamo così, ci sentiamo dopo, quando torno se vengo da voi ti chiamo io, ok?
Chiuse la conversazione e andò a cercare Melinda.
Si ricordava bene quel pomeriggio a Manhattan, la bolla temporale in cui si erano ritrovati, come se fosse un giorno come tanti, quando invece non lo era. Forse si sbagliava, ma le sembrò una richiesta, ed era tentata di accettare, in nome di un ultimo saluto, un ultimo istante che non si erano mai più dati.
Mentre il taxi correva verso Manhattan, con il sottofondo sonoro di una vecchia canzone anni sessanta, continuò a chiedersi quanto labile fosse la sua volontà se bastava un accenno a un parco, neanche un invito diretto, per farla capitolare. Però aveva bisogno di scoprire se la stava davvero aspettando, aveva bisogno di stare un altro po' con lui prima di dirgli addio, senza che le sue lacrime distorcessero il suo ricordo.


Cercò con lo sguardo, ed esattamente sulla stessa panchina lo vide, con un libro in mano. Prese coraggio, accettando a tutti gli effetti la proposta e le sue eventuali conseguenze, limitandosi a sperare che non fossero distruttive.
- Ciao. - gli disse, dietro di lui.
Come la prima volta.
- Come stai? - disse Jess girandosi, come se non si vedessero da un paio di giorni. Come la prima volta.
- Bene, tu come stai?
- Bene. Hai fame?
- Da morire.
- Conosco un posto.
Sorrise, mentre lui si alzava e le faceva strada, e lo seguì.
- Quindi lunedì è il grande giorno, sei contenta? - le chiese, mentre camminavano.
- Non vedo l'ora, ho un po' di paura a dire la verità. - gli confessò, come se l'ultima volta che si erano visti lei non gli avesse detto addio.
Camminarono, chiacchierando del più e del meno, come una normale coppia di amici, ma specialmente come erano sempre stati, Jess e Rory.
Ogni tanto il cuore le batteva, quando incrociava il suo sorriso, ma lo accettava, cercando di non fuggire con lo sguardo ma affrontare anche quelle emozioni. Per quella sera non voleva rimpianti.


- Tu hai mai paura? Quando cambi vita? - gli chiese, quando, finito il loro hot dog, ritornarono nel parco.
Jess fece una smorfia,
- Evolvere è la mia vita, forse la mia paura è quella di non riuscire a fermarmi.
- Tu spingi le persone, Jess; fai sembrare tutto possibile, non so se te ne rendi conto. Per noi, comuni umani, il cambiamento è qualcosa di folle, impossibile; poi arrivi tu e ci fai sembrare sciocchi.
- Parli del tuo lavoro?
- Non solo, ti ricordi quando sei venuto da me e mi hai chiesto che cosa stessi facendo della mia vita? Forse, se sono qui, è solo grazie a te.
Jess appoggiò la schiena alla panchina, guardando il cielo stellato.
- Non darmi meriti che non ho, Rory.

Guardò anche lei verso l'alto, senza vederlo davvero, perché l'unica cosa che percepiva erano loro due sulla stessa panchina, una forza forte quanto distruttiva, perché così come sentiva la sua presenza riusciva troppo bene a indovinare il sapore che avrebbe avuto la sua mancanza.
- Perché siamo qui, stasera? - gli chiese, poi. Le stelle rimbombavano davanti ai suoi occhi, il suono della sua stessa voce le sembrava strano.
- Ci siamo incontrati.
Si girò verso di lui, incontrando i suoi occhi e rendendosi conto che era l'unica ancora con la testa verso l'alto.
- Non è così, lo sai.
Continuò a guardarla, sollevando amaramente l'angolo della sua bocca.
- Perché non mi avevi salutato.
Allungò una mano, trovandolo, e intrecciò le dita con le sue.
Il cuore davvero ora le martellava nel petto, quasi come in un assolo di batteria: mano nella mano, gli occhi nei suoi, era felice e straziante allo stesso tempo.
Sospirò, sapendo che avevano raggiunto il punto di non ritorno.
- Addio, Jess. - disse, alzandosi in piedi. Si allontanò, tenendo la sua mano fino a quando fu possibile.
- Rory? - la chiamò, prima che uscisse dal parco. Si voltò e lo vide, ancora in piedi accanto alla panchina. - Questo ti sembrava un addio?
I suoi piedi si mossero verso di lui, come se fosse stato Jess a comandarli, più veloce, come se la forza di gravità non la tenesse più a terra: il nuovo centro era lui, e più Jess si muoveva verso di lei, più quella forza era potente, tanto da annebbiarle la mente e farle perdere ogni logica.
Quando gli fu di fronte poté solo aggrapparsi a lui, con la disperazione di un vero addio, mentre le loro labbra si incontravano e con la sua stessa necessità lui la sollevava da terra.
Mezzanotte, lo scoppio dei fuochi artificiali si confuse con il battito del suo cuore.
- Non deve per forza finire così. - le disse poi.
Rory si allontanò un poco, per permettere a quella minima distanza di ossigenarle nuovamente il cervello.
- Parli così perché è adesso, è questo momento. - cercò di convincersi, - Quante altre volte ci dobbiamo andare a sbattere contro? - sarebbe stato facile dirgli di sì, acconsentire a quella pazzia, ma c'era un motivo per cui erano lì quella sera, e doveva tenerlo bene a mente.
- No, Rory: il nostro problema è che non abbiamo mai parlato chiaramente, fin da subito. Ci siamo sempre limitati a scontrarci a vicenda, omettendo di dirci come stavano veramente le cose finché diventavano semplicemente troppo evidenti.
- Può essere, - acconsentì allora, - ma a questo punto che differenza può fare? Jess, se stiamo insieme, ora, e finirà, non ci sarà più niente da salvare.
Di lei.
- Ricominciamo tutto da capo, dammi un altra possibilità.
Come poteva esserci un nuovo inizio se quando lo guardava voleva vedere solo sé stessa accanto a lui? Non aveva semplicemente senso.
Colora la mia vita con il caos dell'inquietudine.
Aprì la bocca, lentamente, dentro di sé la paura folle per quello che stava per dire, per quella parola che avrebbe spazzato via tutto.
Era come essere su una macchina che correva, al limite dei suoi cavalli: il volante era fuso con le sue mani, ogni brivido l'avrebbe fatta schiantare; i suoi occhi erano sulla strada, un imprevisto e non c'era modo per frenare.
Cercò la sua mano, un contatto con lui, con la realtà.
- Ok.

Non era un albero di guacamole in giardino, ma era altrettanto spaventoso, eppure in quel caso l'unica paura ad attanagliarla era il pensiero di come sarebbe stata la sua vita se avesse rifiutato.





Nda Che giornata oggi, non vi dico le peripezie per riuscire a caricare il capitolo!
Innanzittutto grazie per le recensioni, mi ha fatto piacere sapere che vorreste che la storia continuasse e tra voi, tra il fatto che mi dispiacerebbe dire subito addio a Rory e Jess continuerò ancora, dopo questo capitolo...
Però tra impegno e ispirazione non vi assicuro chissà quanto, insomma, vedremo ;-)
Spero comunque che questo capitolo vi sia piaciuto, a presto!





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