Then She appeared di Aura (/viewuser.php?uid=1032)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** È il tuo giorno fortunato, straniera ***
Capitolo 2: *** A girl from Mars ***
Capitolo 3: *** Colour my life with the chaos of trouble ***
Capitolo 4: *** Some things never change ***
Capitolo 5: *** Un tuono. Jess. ***
Capitolo 6: *** Perché non sei qui? ***
Capitolo 7: *** You were always on my mind ***
Capitolo 8: *** L'ultima richiesta ***
Capitolo 1 *** È il tuo giorno fortunato, straniera ***
gg1
Piccola nota per chi
legge:
Non cercate Jess nelle prime righe, ma vi prometto che
arriverà. All'inizio in sordina, ma questa è pur sempre una storia
Literati, quindi se lo cercate abbiate pazienza.
Then
she appeared,
apple
Venus on a half open shell.
Then she appeared,
the first
photograph on Fox Talbots gel.
I was a little frightened
Flying
with my senses heightened
Cherubim cheered
Then she
appeared
(Then
she appeared, XTC)
- Sarò lì in venti minuti.
Dall'altro
capo della cornetta arrivò uno sbuffo divertito.
- Rory, stai
versando l'acqua nella macchina del caffè, lo sento. Ti sei appena
svegliata...
Si incastrò il telefono tra la spalla e l'orecchio,
per poter avere entrambe le mani libere.
- Mezz'ora, - disse,
riempiendo il filtro, - te lo assicuro.
Chiuse la conversazione,
prima che Melinda potesse dirle di non preoccuparsi e stare a
casa.
Lanciò il telefono sul divano, mentre il caffè scendeva,
e
corse a prepararsi, cercando di fare il più in fretta possibile.
Si
lavò i denti mentre cercava di chiudere i capelli in una coda,
poi,
una volta vestita, tornò nella zona giorno del suo piccolo
appartamento, si versò il caffè ormai pronto in un
thermos di
Starbucks, infilò la tracolla, prese la giacca e fece per uscire
di casa; poi tornò verso il divano e frugò tra le pieghe,
tirandone fuori vittoriosa il cellulare.
Era matematico, ogni volta che si era
in ritardo ecco che il destino si divertiva ad accavallare gli eventi
in modo che, per quanto ci si sforzasse, non si poteva arrivare in
tempo.
O forse nella frenesia si notavano di più i particolari
che in altre situazioni, di calma totale, si ignoravano.
Una volta in strada controllò l'orologio,
contemporaneamente sollevò la mano avvicinandosi al bordo del
marciapiede: solo un taxi poteva salvarla dal suo ritardo colossale.
Si sentiva in colpa, Melinda non chiedeva facilmente favori, e per una volta che si era sbilanciata
chiedendole se quel sabato mattina poteva stare con i bambini, in
modo che lei potesse accompagnare suo marito a un matrimonio, Rory
non sentiva la sveglia.
Affrettò il passo verso un taxi che stava
accostando, ben determinata a vincere la sfida contro un altro
ragazzo che sembrava averlo adocchiato.
Fece un ultimo scatto,
quasi correndo, ma arrivarono alla portiera nello stesso momento.
-
L'ho visto prima io! - lo rivendicò, allora.
- Questo è tutto da
dimostrare. - disse il ragazzo, per nulla intenzionato a
cederglielo.
Ed ecco, la sua finta maschera di sicurezza che si
staccava, e l'espressione ferma e sicura di sé fu sostituita da una
genuinamente implorante.
- Ti prego, ti prego, ti prego: sono in ritardo
stratosferico!
- Come chiunque. - ribatté lui per nulla
scalfito dalla sua preghiera, già sapendo di aver
vinto.
Rory provò di nuovo, fermandolo mentre stava per aprire la portiera.
- Devo fare un favore a un amica,
se perdo questo taxi le rovinerò la giornata: sai cosa vuol dire
essere donna e gestire famiglia e lavoro? Qui a New York? Un favore,
mi ha chiesto un misero favore, è tutto nelle tue mani. - disse, a
raffica.
Lui sembrava divertito dal suo sproloquio.
- Dove sei
diretta? - disse, soppesando l'idea di condividere la corsa.
- A
Brooklyn, sulla ventinovesima. - gli rispose, osando respirare nel
intravvedere un bagliore di speranza, pregando mentalmente che anche la
sua meta non
fosse troppo distante.
Il ragazzo sollevò le spalle,
- È il
tuo giorno fortunato, straniera.
Salirono sul taxi, comunicarono
gli indirizzi all'autista e poi entrambi presero il cellulare.
-
Sto arrivando, - disse Rory a Melinda, - finisciti la piega ragazza,
perché oggi tu e Spencer andate al matrimonio!
Sorrise,
ascoltando i ringraziamenti della collega, poi una volta salutatala
si dedicò all'osservazione della strada, mentre il suo compagno di
viaggio era ancora impegnato in una conversazione.
- Stai
arrivando? Io devo fare una piccola deviazione, una turista si stava
quasi mettendo a piangere perché le lasciassi il taxi e così
dividiamo la corsa. - rise, non facendosi nessun problema a parlare
di lei con il suo interlocutore, nonostante fosse palese che Rory
stava ascoltando. - Sai come sono, un galantuomo. - aggiunse poi,
ironico.
- Scusa, straniera, turista: - non si
trattenne poi da dirgli, una volta che lui ripose il telefono, - ma a
te chi te lo dice che non sono di qui?
Il ragazzo ridacchiò,
-
Perché non sei in grado di prenderti un taxi, e questo è più che
sufficiente. Se fossi stata una vera newyorchese mi avresti tirato la
borsetta in testa e saresti salita, punto e basta, lasciandomi sul
marciapiede con un bernoccolo.
Rory sbuffò,
- E allora spero
che tu ne abbia incontrate molte, di newyorchesi che ti hanno
riservato questo trattamento.
Stavano per entrare nel
quartiere di Melinda, Rory tirò un sospiro di sollievo mentre
controllava velocemente la borsa per assicurarsi di avere tutto. Il
taxi accostò, porse altezzosa un paio di banconote al suo vicino.
-
La mia parte. - gli disse, preparandosi a scendere, ricevendo in
risposta un ghigno strafottente. Le stava decisamente antipatico,
come tutti gli altri che si credevano un gradino sopra
agli altri solo perché si autodefinivano tali, cittadini di classe A
per diritto di nascita.
- Ehi! - le disse, quando stava per
chiudere lo sportello dietro di sé. - Aspetta straniera, tieni, - le
porse un volantino. - oggi pomeriggio inauguriamo una caffetteria in
zona, se vuoi passare ti offro un caffè.
Rory diede un'occhiata
veloce al volantino: grand opening, caffè gratis.
-
Gentile da parte tua. - disse, ironica.
Ore dieci e
quarantacinque, Melinda e Spencer erano usciti, Agatha era sul
divano, a guardare un film, e George era in camera sua, a giocare a
qualche videogame.
Melinda non era una di quelle madri che
lasciano i figli ventiquattr'ore davanti alla tv, d'altro canto aveva
avuto abbastanza buon senso da non porre particolari limiti per quel
giorno, non avendo Rory una grande confidenza con loro.
Aveva con
sé il portatile, e si era messa in cucina a correggere la bozza di
un articolo che avrebbe dovuto consegnare lunedì.
Nonostante la
sua scarsa dimestichezza con i bambini si ritrovò ben presto a
pensare che non doveva essere tanto male una vita così: il volume
basso della tv e il suono ovattato della lavatrice al piano di sotto
non creavano esattamente confusione, era quasi una compagnia al
silenzio. I due ragazzini sembravano tranquilli, lei aveva la sua
tazza di caffè calda accanto e tutto stava andando bene: la giornata
sarebbe passata in un lampo.
Un urlo stridulo arrivò dal salotto,
Rory rischiò di inciampare con l'alimentatore del pc nel correre a vedere che
cos'era successo.
Agatha era in piedi sul divano, in lacrime, e
lanciava degli urli assordanti.
- Cos'è successo? - provò a
chiederle, avvicinandosi e mettendo in pausa, ricevendo di tutta
risposta degli altri urli.
Dei passi pesanti sulle scale,
- Non
puoi farla stare zitta? Mi sta assordando. - Si lamentò George.
Rory
lo guardò, allarmata,
- Non so cosa sia successo!
Lui sbuffò,
osservando con occhio critico la situazione, mentre Rory continuava a
chiedere ad Agatha che cosa avesse.
- Trovato. - disse lui, brandendo la custodia del film che stava
guardando la sorella. - È questo, non doveva guardarlo: fa la pazza
quando il cacciatore spara alla mamma di Bambi.
Rory prese
goffamente in braccio la bambina,
- Io da piccola lo guardavo
senza problemi... - osservò, mentre Agatha singhiozzava frasi
sconnesse in cui dichiarava che i suoi genitori sarebbero morti e lei
sarebbe stata costretta a vivere con Rory.
George
scomparve ben presto al piano di sopra, e ci volle mezz'ora, forse di
più, per arginare la crisi e tranquillizzare Agatha sul futuro dei
suoi genitori, che erano semplicemente andati a un matrimonio.
Trovava sempre paradossale come lo stesso intervallo di tempo
scorresse diversamente in base alle situazioni in cui si trovava:
mezz'ora prima di consegnare un articolo, mezz'ora prima di
prepararsi per andare al lavoro, scorrevano in un battibaleno; invece
mezz'ora di una bambina di sei anni che si esibiva in pianti
ininterrotti era quasi atroce.
Riuscì a scaldare senza
particolari complicazioni il pranzo che Melinda aveva lasciato nel
frigo, avvisò George che presto avrebbero mangiato e controllò lo
stato emotivo di Agatha, che si era messa a colorare.
Il timer del
microonde suonò, Rory si avvicinò piano alla bambina,
- Ehi,
che ne dici di andare a chiamare tuo fratello? Qui metto in ordine
io.
Lei osservò il disegno colorato per metà.
- Non possiamo
mangiare in cucina? Così quando finiamo di mangiare lo continuo.
-
Ottima idea, preparo di là, vai a chiamare George.
Alzò il fuoco
sotto la padella di sugo che Melinda le aveva consigliato di non
scaldare in microonde, e apparecchiò la tavola.
- Ehi, Rory. -
osservò George, appoggiato allo stipite. - Mi sa che lì c'è
qualcosa che non va.
Si girò verso i fornelli, il sugo
scoppiettava con troppa violenza, allungò una mano per abbassare la
fiamma ma fu inutile, così fu costretta ad avvicinarsi per togliere
la padella, riempiendosi la sua bella camicia bianca di schizzi
rossastri.
- Dannazione! - si lamentò, strofinandosi con un
tovagliolo cercando di ignorare le risa dei bambini.
Eh sì, era
stata una genialata mettersi una delle sue camicie più belle per
andare a fare la baby sitter, ma sul momento non ci aveva pensato.
Era irrimediabilmente sporca, così dopo aver riempito i piatti di
George e Agatha frugò nella sua borsa in cerca di un cardigan che
era sicura di aver messo lì, nella confusione del mattino.
George
adocchiò il volantino,
- Ehi, ci andiamo? - disse, sfilandolo
dalla borsa.
Rory glielo prese, indispettita.
- Dovresti essere
grande abbastanza per capire che non è educato mettere le mani nelle
borse della gente.
- Dai, ne ho sentito parlare a scuola: è una
caffetteria enorme, il retro è pieno di videogiochi, tutti i miei
compagni ci andranno!
Rory osservò con scarso interesse il
volantino: il locale era descritto come l'unione tra una caffetteria
vecchio stile e una biblioteca, con annessa sala giochi. Avevano
davanti a loro tutto il pomeriggio, tutto sommato andare lì avrebbe
fatto passare più velocemente il tempo; inoltre per l'inaugurazione
era prevista una lettura di fiabe per i bambini più piccoli: anche
Agatha sarebbe stata sistemata.
- Ok, andiamo. - accordò,
chiedendosi come mai fossero rimasti impassibili alla notizia,
silenziosi ad osservare i loro piatti. Prese una forchettata di
pasta, - Porca miseria, è disgustosa: come può essere?
Rassicurata
dalle sue parole Agatha spinse via il piatto.
- Io non la mangio.
- decretò.
Rory nascose un sorriso,
- Forza, vestitevi: se ci
sbrighiamo possiamo mangiare lì.
Si fidò di George, che
aveva detto che sarebbero arrivati a piedi in cinque minuti, e così
non perse tempo a chiamare un taxi.
La strada fu più lunga del
previsto, tanto che Agatha a un certo punto si impuntò, dichiarando
che non avrebbe più camminato.
- Che stupida, si è messa le
scarpe nuove e le fanno male i piedi. - indovinò il fratello
maggiore.
Lei, sull'orlo di un nuovo pianto, mise il broncio.
-
Volevo essere carina! - gli rispose. Rory osservò gli angoli della
bocca in discesa libera, e gli occhi che stavano iniziando a farsi
lucidi.
- Vieni qui, manca poco: ti porto in braccio io. - le
propose, mentre Agatha si risollevava e le tendeva le braccia.
Il
locale era ad angolo su due grosse strade, dalle ampie vetrine si
intravvedevano gli arredamenti in legno chiaro, in stile coloniale,
affiancati da delle grosse poltrone in velluto damascato.
C'era
gente, ma non era strapieno, e di sicuro avrebbero trovato un tavolo
libero. Si fermò davanti ai gradini.
- Ora vai da sola? - chiese
alla bambina, pronta a metterla a terra, ottenendo un mogio “no” come risposta. - Non ti
preoccupare, stai con me. - le accordò, cercando di non guardare il
suo riflesso sgualcito e spettinato sulla porta a vetri: la giacca
era storta, la borsa stava scivolando lungo la spalla, e per finire
dei limbi della camicia macchiata di rosso stavano sfuggendo dalla
copertura del cardigan.
George, una volta dentro, adocchiò subito
la porta che conduceva alla sala giochi.
- Posso andare? Adesso
forse c'è meno gente, e posso giocare tranquillo.
Rory, per nulla
intenzionata a discutere, gli fece un cenno del capo con la testa:
per lei era lo stesso.
- Hai i soldi per i gettoni? - gli chiese,
mentre si avviava a un tavolino accanto alla finestra.
- Per chi
mi hai preso? Ho dodici anni, prendo la paghetta. - ribatté lui,
prima di scomparire.
Sorrise debolmente ad Agatha, che si era
infilata accanto a lei nella poltrona e stava scuotendo le spalle
all'affermazione del fratello.
- Straniera, sei venuta allora!
Il
ragazzo del taxi era accanto a lei, con in mano un blocchetto.
Rory
gli riservò un sorriso tirato, aveva sperato vivamente di non
incontrarlo.
- Non avevo capito che facevi il cameriere qui. - gli
disse.
Lui rise,
- Veramente il locale è mio, bel tentativo di
mettermi al mio posto, non abbastanza newyorchese però.
- Da
quello che so io è un po' anomalo definirsi newyorchesi e poi aprire
un locale fuori da Manhattan.
- Questa mi è piaciuta, solo per
te oggi caffè gratis. - disse, facendole l'occhiolino.
- Non era
sul volantino?
Il ragazzo finse di ignorarla, aprendo il block
notes.
- Allora, Straniera, cosa porto a te e alla bambina?
-
Due cheesburger, e due porzioni di patatine.
Lui scarabocchiò
veloce.
- Arrivano in un lampo. - Si girò verso il bancone, -
Jess, porti del caffè al tavolo cinque? A lei non lo mettiamo sul
conto, mi raccomando. - Sghignazzò.
Rory sbuffò, alzando un
sopracciglio verso Agatha che la guardava dubbiosa.
- Lo conosci?
- le stava chiedendo.
- No, per mia fortuna; ci siamo solo
incontrati stamattina sul taxi, mentre venivo da voi.
Nda: devo essere un bel po' insicura
su questa storia, se invece dell'immagine che avevo preparato per il
capitolo ci piazzo Rory e Jess.
Il fatto è che io stessa,
probabilmente, nel mettermi a leggere una storia su di loro due finirei
per torcere il naso se di Jess neanche l'ombra; d'altro canto ho una
precisa idea su come e perché andranno le cose e quindi questa
introduzione era necessaria.
Si è capito che sono insicura su questa storia?
Innanzitutto se avete letto fino a qui
vi ringrazio, e vi prometto che domani posterò un altro capitolo
con Jess più presente (avete notato chi chiama nell'ultima
battuta il ragazzo del taxi?).
Non è mia intenzione allungare
il brodo, ma voglio scrivere tutto bene, e quindi il loro primo
incontro non sarà esattamente simile alla foto sopra al
capitolo, rimarranno su toni più tranquilli, anche
perché, poi nella storia verrà specificato, sono passati
cinque anni dal loro ultimo incontro, a Philadelphia.
Però, come ho scritto sopra, io sono Literati sin dalla 2x05, quindi fate voi due più due, il loro momento arriverà.
Un paio di cose (lo so, questa nda
è eterna u_u) so di avere un'altra storia in stand by, ma volevo
cambiare fandom e prendere una boccata d'aria fresca, prima di
continuarla; infine so che ho promesso una revisione di Bloccati dalla
Neve, l'altra mia storia su Rory e Jess, (se non l'avete letta non
fatelo, per il momento: è del 2005 e NECESSITA di una revisione)
ho iniziato a riguardarla, ho guardato qualche video su loro due e bam,
niente più voglia di revisionare volevo solo scrivere.
E quando ci si sente così bisogna proprio farlo, no?
Vi lascio con l'immagine del capitolo,
perché se siete arrivati fino a qui avrete capito che la storia
è su Rory e Jess, indipendentemente da chi ho messo.
Ps so che queste immagini non sono
tecnicamente belle, e so che non ce le si aspetterebbe da una
ventottenne, d'altro canto sto iniziando solo ora a imparare come
si fanno,
e mi diverto un mondo, ergo per un po' allieterò le mie fic con queste aberrazioni :-P tiè
Pps il titolo della fic l'avete riconosciuto? 3x08, vi dico solo questo.
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Capitolo 2 *** A girl from Mars ***
gg2
Do you
remember the time i knew a Girl From Mars?
I don't know if you
knew that.
Oh we'd stay up late playing cards,
Henri Winterman
Cigars.
Though she never told me her name
(A
girl from Mars, Ash)
- Non pensavo fosse passato così
tanto tempo dall'ultima volta in cui ci siamo visti. - osservò una
voce, beffarda, accanto a lei.
Rory spalancò gli occhi,
riconoscendola.
- Jess, - disse, sorpresa, passando veloce i
capelli dietro alle orecchie, per sistemarli un po'. - che ci fai
qui? Oh, no, - continuò poi, capendo l'equivoco, - lei non è mia, è
la figlia di una collega, mi ha chiesto di tenerla, oggi. - spiegò,
sperando di non sembrare a disagio.
Davanti a lei c'era proprio
Jess, con la caraffa del caffè in una mano, esattamente come se lo
ricordava. Ovvio, più grande. Si costrinse a respirare, stava
inspiegabilmente farneticando anche con il pensiero. E Jess
sogghignava.
Nascose la macchia del sugo sulla camicia allungando
il cardigan, mentre lui le versava il caffè.
Prese coraggio e cercò di dominare l'imbarazzo,
- Lavori qui? Non
eri a Philadelphia? - gli chiese.
- Aiuto un vecchio amico: lui aveva
bisogno di un socio e io di cambiare aria, per continuare a
scrivere.
- Oh, certo. - Avrebbe voluto
continuare, ma lui le fece un cenno con la testa e si avvicinò ad un
altro tavolo.
- E lui, lo conosci? - le chiese allora Agatha.
Rory
osservò Jess Mariano.
- Lo conoscevo. - rispose.
George era passato di lì tra una
partita e l'altra, a mangiare, vantandosi dei suoi punteggi
mirabolanti, e intorno alle tre Agatha sgattaiolò nell'angolo dove
si teneva la lettura delle fiabe, lasciandola sola con una tazza
piena di caffè sul tavolo e in mano un libro recuperato su uno
scaffale.
Lo aprì, chiedendosi distrattamente quanto avesse
influito la presenza di Jess in quell'aspetto della caffetteria.
Rick tornò dalla pausa,
- Tocca a te, Mariano. - disse,
prendendo il suo posto dietro al bancone.
Jess scaldò un panino,
facendo scorrere lo sguardo sulla sala.
Dire che l'aveva vista
non appena era entrata era riduttivo, si era accorto di lei fin da
quando stava salendo i gradini del locale.
Non sapeva cosa
pensare, ma era stato strano, vederla così, pensarla mamma di una
bambina. Eppure, pur con i capelli in disordine e l'aspetto
scarmigliato, quella versione di Rory gli era in qualche modo più
famigliare di quella patinata che aveva conosciuto ad Hartford, o
quella che aveva incontrato a Philadelphia.
In fondo le donne
erano tutte uguali: coglile impreparate e troverai delle ragazzine, e
così era successo, Rory aveva iniziato a blaterare velocemente,
imbarazzata, proprio come quella ragazzina che si ricordava.
- Che
fai, non vai a mangiare?
Si versò un bicchiere di birra, prese il
piatto e scese dal bancone.
- Sto andando, faccio compagnia a una
vecchia conoscente.
Appoggiò il piatto al tavolo di Rory,
immersa nella lettura.
- In effetti, penso che se tu avessi avuto
una bambina lo sarei venuto a sapere, in un modo o nell'altro. -
disse, indifferentemente.
Rory sollevò lo sguardo dal libro,
-
Suppongo di sì. - si limitò a dire, stupita nel trovarselo di
fianco.
Dal loro primo incontro era andata in bagno, sistemandosi
la coda e aggiustandosi la camicia sotto al maglione, detestava
averlo fatto ma si sentiva meglio, non più trasandata.
Sperò
comunque che l'occhio di un uomo, meno attento ai dettagli, non ci
avesse fatto caso.
- Allora, ne è passato di tempo dall'ultima
volta. - disse lui, prima di dare un morso al suo panino. Rory
appoggiò il libro sul tavolo.
- Luke sa che sei il socio di una
tavola calda?
- Questa è una caffetteria, - la corresse, con la
bocca piena, - ed è una cosa temporanea, mi devo pur mantenere.
-
Pensavo che avessi trovato un buon ambiente a Philadelphia.
- Alla
fine mi sono stufato di tutti quegli intellettualoidi. - sbuffò,
mandando giù il boccone con un sorso di birra. Rory ne approfittò
per studiarlo: si muoveva come se non ci fosse imbarazzo tra di loro,
come se il loro ultimo incontro non si fosse risolto in maniera
disastrosa. A tal proposito una frase le premeva la gola, da quando
l'aveva visto.
- Alla fine io e Logan ci siamo lasciati.
- Quel
tipo? - chiese Jess, continuando a mangiare, come se in fondo la cosa
non gli interessasse più di una dissertazione sul tempo o sulla
politica locale di Stars Hollow.
- Esatto, quel tipo. Ci è
voluto un po', ma alla fine ci sono arrivata.
Non sapeva che cosa
si era aspettata, probabilmente non di vederlo continuare a
mangiare.
- Quindi, a parte la baby sitter, cosa fai?
- È una
cosa estemporanea, solo un favore a un'amica. Lavoro all'Observer
-
L'Observer? Una nuova Candance Bushell?
Le sfuggì un sorriso,
-
Sezione politica. Non è e non sarà mai il Times, ma viene letto da
migliaia di persone. - si difese.
Il ragazzo del taxi si avvicinò
al loro tavolo,
- Ehi, Straniera, se sapevo che conoscevi Jess ti
avrei offerto un altro caffè gratis.
- Veramente sul volantino
non c'erano limiti di quantità. - obiettò lei.
- Sono scritte
molto in piccolo. Ma faremo un'eccezione, per te.
Jess si
intromise,
- Quindi sarebbe lei, la tua straniera? - sogghignò,
osservandola.
Rick rise,
- Esatto, non è tenerissima? Così
provinciale! - commentò, sapendo di innervosirla. Rory sbuffò,
quando anche Jess la prese in giro.
- Gira voce che abbia uno
sguardo glaciale, non ti conviene stuzzicarla. - disse, strizzandole
l'occhio.
- Se trattate così i vostri clienti vi ritroverete in
un attimo sull'orlo del fallimento. - sentenziò, cercando di
mantenere un cipiglio distaccato che provocò solo delle altre risate
trattenute non troppo abilmente.
- Comunque lei è Rory, e lui è
Rick. Rick, il tavolo tre continua a guardare in questa direzione,
vorranno ordinare.
Il ragazzo guardò oltre la sua spalla, con
scarso interesse,
- Ci penserà Darla, deve guadagnarsi lo
stipendio. - ribatté, noncurante.
- Darla è al banco. - disse
Jess.
Rick scrollò le spalle,
- Mariano, se mi ricordo bene le
bionde e le rosse sono le tue, a me le castane e le brune; quelle con
i capelli dal colore improbabile ce le giochiamo a
carta-sasso-forbice. E guarda caso: quelle sono bionde e io sono al
tavolo con una castana.
- Ma, guarda caso, io sono in
pausa, quindi tocca a te. E poi potrebbero essere le nostre madri,
non fanno testo.
Rick si allontanò,
- Non fare lo schizzinoso,
quante storie...
Rory aveva assistito allo scambio di battute
leggermente imbarazzata, trovandolo in qualche modo fuori luogo.
-
Non siete un po' cresciuti per queste storie? - si limitò a dire,
ottenendo un ghigno divertito in risposta. Jess fece un altro sorso
di birra, e fece scivolare il libro sul tavolo verso di lui.
-
Vediamo cos'hai pescato, signorina Gilmore.
Non si sarebbe mai
aspettata, a dieci anni dal loro primo incontro, di ritrovarsi ancora
una volta a discutere su Hemingway con Jess.
- Com'è possibile
che, dopo tutto questo tempo, tu non ammetta che lo metti su un
piedistallo?
Lui scosse la testa,
- Com'è possibile che tu,
dopo tutto questo tempo, non lo abbia mai affrontato seriamente.
-
L'ho affrontato, più volte, e secondo me non è uno scrittore
visionario, alla fine della fiera non vedo perché dovrebbe essere al
di sopra di molti altri!
Jess si passò una mano sul mento, e si
appoggiò allo schienale.
- Torno al lavoro, Rory, è stato un
piacere. - disse, alzandosi.
Si ricordò che la loro conversazione
non era nulla di più che una pausa pranzo, si spostò leggermente
per permettergli di uscire agilmente. Deglutì, cercando qualcosa da
dire.
- Batti in ritirata, eh? - lo provocò poi, non sapendo bene
come salutarlo. Jess si fermò, nascondendo un sorriso, allungò la
mano verso uno scaffale e prese un libro.
- Leggi questo, occupa
bene il tuo tempo. - le disse poi, semplicemente.
La lettura
delle fiabe era finita, Agatha tornò al tavolo decretando che voleva
tornare a casa, a guardare un film. Rory guardò l'orologio, erano le
cinque, erano quasi quattro ore che erano lì.
- Vieni, andiamo a
chiamare George. - disse, porgendole la mano.
Era stato uno
strano pomeriggio, e doveva ammettere che la parte più strana stava
nel trovarsi costantemente a meno di dieci metri di distanza da Jess.
Una parte di lei era curiosa di studiarlo, di capire come era
diventato, era interessata a guardarlo muoversi, vederlo parlare con
la gente; ma l'altra parte le ricordava bruscamente che quello era
Jess, non un vecchio amico, sentiva che avevano qualcosa in sospeso e
allo stesso tempo si rifiutava di ammetterlo, considerando la cosa
incredibilmente patetica da parte sua.
Erano passati cinque
anni, da Philadelphia; pensare a qualcosa in sospeso tra di loro
era stupido.
Raggiunse la zona videogiochi, notando subito il
ragazzo del taxi, Rick, impegnato in una sfida su un simulatore di
guida con un ragazzino, circondati da un gruppetto nel quale
riconobbe George.
Quindi, se Jess aveva pensato alla libreria lui
aveva pensato a quello.
A notare dai ragazzini che affollavano
quella zona, e dall'andirivieni della gente nel bar che aveva constatato
mentre era seduta, probabilmente la loro alla fine era una buona
idea.
- George! - disse, cercando di sovrastare il rumore delle
musichette con la sua voce, - andiamo: sono le cinque passate.
Rick
si intromise,
- Straniera, prima regola: mai disturbare un uomo
che sta giocando la partita della vita. - disse, non distogliendo lo
sguardo dallo schermo.
- Veramente io parlavo con George. -
ribatté Rory, infastidita.
- Non ti innervosire, arrivo subito! -
continuò Rick.
Rory fece un cenno a George, che rapito osservava
la sfida, e le si avvicinò senza mai staccare gli occhi dallo
schermo.
- Per te oggi basta videogiochi. - borbottò lei, con un
cipiglio che non sapeva di avere.
Rick colse l'osservazione,
-
Ehi, mammina, - disse, ironico, - e così sei capace di sfoderare gli
artigli, eh?
Satura della sua vicinanza Rory strinse la mano di
Agatha e spinse George fuori dalla sala.
- Non ti è venuto mal di
testa a stare chiuso lì dentro per tutto questo tempo? - gli
chiese, mentre camminavano verso la cassa.
- Per niente, -
commentò George, restio ad andarsene, - quel posto è un paradiso e
Rick è un figo.
La ragazza alla cassa, con un piccolo anello
sulla narice e un'improbabile coda striata di viola, si appoggiò al
bancone,
- Prendi nota, ragazzino: inizi ad essere un po' grande
per uscirtene fuori con questi commenti senza essere frainteso. E poi
Rick è un coglione.
- Ma è bravissimo a GTA, il migliore che io
abbia mai visto! - protestò lui.
- Appunto, è più vicino ai
trenta che ai venti: è un coglione. - disse, iniziando a battere il
conto, mentre Jess se la ghignava.
- Ha provato a portarsela a
letto. - spiegò a Rory, con il labiale.
- Questo prima di carta
sasso e forbice. - si intromise Rick, spuntando dietro di loro. -
Capelli viola, ricordi? Carta-sasso-forbice. - disse poi a Rory. -
Beh, cos'è questa fretta, già a casa, Straniera? Non ti posso
nemmeno offrire un ultimo giro di caffè?
- Nonostante il caffè
di Luke mi sia mancato terribilmente, e sì, Jess, me ne sono accorta
che è come il suo, devo andare: loro sono stanchi e io ho una bozza
da correggere. - si avvicinò all'uscita, poi si girò verso di Jess,
non sapendo bene come salutarlo. - Quindi... ci si vede, prima o poi,
no?
Fu quello, il primo momento, una frazione di secondo in cui
gli occhi spaesati di Rory si trovarono in quelli di Jess, che
trasmettevano quella stessa strana malinconia nel salutarsi. Rory la
vide, anche se fu un lampo, e una piccola parte di lei si sentì
capita.
- Certo, mi trovi qui: non ci mettere degli anni, prima di
tornare.
Gli sorrise, come rinfrancata.
Guardò Agatha, le le
porgeva le braccia.
- Ti prego, mi fanno male i piedi! -
piagnucolò, mentre il fratello commentava:
- Stupida
poppante.
Rory fece cenno a George di non insistere, ancora
scottata dall'infinita crisi di pianto della mattina, si fece forza e
si abbassò per prenderla in braccio, sospirando dallo sforzo mentre
si rialzava.
- Ok, andiamo. - disse, rivolta ai due bambini.
Sentì
i passi rimbombare sulla pedana in legno dietro al bancone,
-
Aspetta, Rory. - la fermò Jess, - vi accompagno io.
Si voltò verso di
lui, il secondo momento, un'espressione momentanea, quasi volesse
veramente accompagnarla; stare ancora un attimo insieme.
Rick le
prese Agatha,
- Stai qui, Jess, ci penso io: ho visto dove abitano
i bambini, non ti preoccupare. - disse, uscendo con la bambina in
braccio.
Rory si voltò verso Jess, ancora spaesata, ma lui le
disse, semplicemente:
- Vai, no? - come se una soluzione o l'altra
non gli cambiasse.
Forse si era sbagliata, forse aveva desiderato
interpretare il suo viso in modo da trovarvi qualcosa di simile a
quello che provava lei, una nostalgia di tutto quello che, durante la
pausa insieme, avevano solo spolverato.
Chiuse la porta della
caffetteria dietro di sé, nelle sue orecchie solo il campanello che
suonava.
Nda: Ecco il secondo capitolo: non mi
sembrava carino tenere Jess lontano da questa storia troppo tempo, e il
capitolo era pronto, così come promesso l'ho pubblicato oggi.
Ringrazio le persone che hanno letto il primo, sperando che mi abbiano dato fiducia e leggano anche questo ;-)
Sono curiosa di sapere le vostre opinioni, questa storia mi sta
divertendo, era da un po' che non mi immergevo nell'universo Gilmore e
ci sto prendendo gusto, spero che vi piaccia e che la seguirete!
Piccola nota: non sapevo che gioco di guida far nominare a George e
così gli ho fatto dire GTA, non so se ci sia anche la versione
per la sala giochi...
Vi lascio, i prossimi capitoli sono pronti ma me ne tengo sempre
qualcuno di margine, onde evitare di non riuscire a rispettare gli
aggiornamenti settimanali che mi prefisso, a causa lavoro.
Ps anche la canzone che dà il titolo a questo capitolo viene da una scena topica per i Literati, la riconoscete?
- Buonanotte Dodger!
- Dodger?
- Vediamo se lo sai...
- Oliver Twist.
(Una mamma per amica, s02e05)
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Capitolo 3 *** Colour my life with the chaos of trouble ***
gg3
I'm
lucky, i can open the door
and I can walk down the
street,
Unlucky, I've got nowhere to go and so i follow my feet.
A
choice is facing you, a healthy dose of pain
A choice is facing
you as you stare through the rain
A choice is facing you but i
choose to refrain for today.
(Dirty
dream number two, Belle & Sebastian)
- Allora, Straniera, conosci Mariano da
molto tempo? - le chiese, mentre camminavano.
Rory, un po' delusa
dall'avere lui al suo fianco anziché Jess, annuì.
- L'ho
conosciuto ai tempi delle superiori, è venuto ad abitare per un po'
da suo zio. - gli spiegò.
- Hai conosciuto il Terribile
Jess, dice che era una testa calda in quegli anni.
- Non posso che
confermare, ma in fondo era simpatico. Tu, invece? Vi conoscete da
parecchio?
- Ci siamo conosciuti a LA, io ero lì in vacanza e lui
ai tempi viveva lì. È uno dei ragazzi che ha cambiato più posti
che io conosca, - commentò, - comunque bene o male da allora ci
siamo sempre tenuti in contatto, alla fine siamo cresciuti nella
stessa zona.
- Qualcosa tipo un patto sacro dei newyorchesi? -
commentò sarcastica, mentre lui rideva.
- Oh, Straniera, non devi
prenderla male, siamo semplicemente fatti così.
- Cosa volevi
dire prima, con carta-sasso-forbice? - trovò il coraggio di
chiedergli, quando erano nei pressi della casa di Melinda.
Rick
nascose un ghigno,
- Andiamo, - le disse, con gli occhi che
brillavano, divertiti, - il nostro patto non riguarda mica solo le
clienti, lo avrai capito, no?
Rory si zittì, piccata con sé
stessa per averlo voluto sapere.
- E poi penso che alla fine
Darla sia la ragazza perfetta per Jess, li vedo bene insieme. -
continuò lui, mentre fece per salire i gradini della casa.
- Può
bastare, grazie, - lo fermò Rory, - puoi lasciarla qui.
- Ehi,
Straniera, non ti mangio mica. - ghignò irriverente, mal
interpretando la sua freddezza come un voler tenersi a distanza da
lui. - La tua amichetta nana qui sta dormendo, non te ne sei accorta?
Fammi vedere dove appoggiarla.
Rory aprì il portone, e gli fece
strada, indicandogli il divano dove appoggiarla.
- Ehi, Rick,
vieni a vedere quel gioco che ti dicevo? Magari riesci a sbloccarmi
il livello! - chiese George, con immenso disappunto di Rory. Lui
guardò l'orologio, facendole l'occhiolino,
- Ma sì, lasciamo un
altro po' il buon Jess solo con Darla. - disse, prima di seguirlo al
piano di sopra.
Una volta sola Rory gonfiò le guance, quasi a
farle scoppiare, e sbuffò sonoramente.
Poi andò in cucina,
accese il computer e si concentrò sul suo articolo.
Sussultò
quando vide Rick appoggiato allo stipite che la stava osservando.
-
Vado, Straniera. È stato un piacere averti conosciuto, anche se ti
ho preso in giro: conto di vederti nuovamente giù in
caffetteria.
Rory gli fece strada verso la porta.
- Non saprei,
Brooklyn è un po' troppo provinciale per i miei gusti altolocati. -
disse, strappandogli un sorriso mentre usciva.
Poi, quando fu
a casa, nel buio del suo appartamento, non ci fu più niente che le
impedisse di pensarci.
Jess.
Aveva dell'incredibile, il ricordo
del pomeriggio era astratto e lontano come un sogno, e allo stesso
modo improbabile.
Si erano rivisti dopo cinque anni, dopo cinque
anni in cui, bene o male, in tutta onestà si erano evitati: non era
un mistero che avessero dei parenti a Stars Hollow, e anche piuttosto
importanti dal momento che si trattava della madre di lei e dell'uomo
che era la figura paterna principale per lui; ma non si erano mai
incontrati.
Mai niente di diretto, quasi un patto
implicito e inconscio, ma di fatto non si erano più visti.
Forse
era quello che dava tanta importanza alla casualità di essersi
trovati a New York.
Aveva difficoltà a ignorare quella
strana sensazione, un misto di stupore e impazienza, che l'aveva
colta da quando lo aveva riconosciuto.
Voleva tornare alla
caffetteria, così tanto da sentirsi patetica, anche perché non
c'era un motivo reale per tornarci: voleva semplicemente essere di
nuovo lì.
La domenica passò lenta, tra il finire l'articolo e lo
zapping annoiato alla tv, senza trovare niente di interessante;
chiamò Lane ma si trattenne dal dirle che aveva rivisto Jess, per
impedirsi di dare troppa rilevanza alla cosa.
Continuò tutto il
pomeriggio a controllare l'orologio, solo il lunedì e la frenesia
lavorativa l'avrebbero salvata da quell'inedia forzata, e avrebbero
ovattato quella punta che continuava a stuzzicarla, per farla uscire
di casa e prendere un taxi diretto a Brooklyn.
Giovedì decise che
una settimana era un tempo più che sufficiente per non correre il
rischio di sembrare patetica, venerdì pensò però che in tutta
probabilità il sabato il locale sarebbe stato pieno, e che non era
in fondo poi tanto grave anticipare di un giorno.
Provò a
proporre a Melinda di andare lì, dopo il lavoro, dato che entrambe
avrebbero finito nel primo pomeriggio, ma la collega declinò
l'invito a causa della giornata intensa che l'aspettava tra il
passare all'asilo a prendere Agatha e la riunione genitori insegnanti
a scuola di George, così rimandò la decisione all'uscita del
lavoro.
Stava varcando le porte dell'Observer, quando un
promemoria sul suo blackberry l'avvisò che aveva finito il caffè;
rimise il telefono in borsa, segretamente soddisfatta nell'aver
trovato una buona scusa per recarsi al Book&Cafè.
-
Buongiorno, Straniera! - disse squillante Rick, non appena la vide
varcare la porta. - Ma che bel completino, giochi a fare la donna in
carriera? - le chiese, osservando la sua tenuta da lavoro.
- Sono
appena uscita dall'ufficio. - disse, avvicinandosi al bancone, -
Comunque è Rory, non straniera. Se preferisci Gilmore, Lorelai,
Lorelai Leigh... - iniziò ad elencare.
Rick rise, tirando fuori
le tazze pulite dalla lavastoviglie,
- Ti secca così tanto il
soprannome che ti ho dato?
- È discriminatorio. Non che mi
interessa in qualche modo come mi chiami tu, non prevedo una lunga e
fiorente amicizia tra noi due, ma...
- A me sembra un nome
simpatico. - la interruppe nuovamente, - E ti dona un che di esotico,
misterioso: andiamo, Rory? Cosa sei, una bambina?
Appoggiò
stizzita la borsa a uno sgabello.
- È il mio nome. - dichiarò.
-
È il tuo diminutivo. - la corresse.
- Non ho intenzione di
raccontarti la storia della mia vita per giustificartelo, sai che ti
dico? Chiamami come ti pare.
Rick si sporse verso di lei,
strizzandole l'occhio.
- Sapevo che stava iniziando a piacerti. -
concluse, soddisfatto.
- Non c'è Jess? -cambiò argomento, - Sono
venuta a implorarlo di vendermi un po' della vostra miscela, ho
finito il caffè a casa.
- No, Jess è via al momento, ma non
occorre lui per questo. E sei venuta fino a qui solo per un po' di
caffè? - disse, mettendogliene davanti una tazza.
Si allontanò,
senza darle l'opportunità di risponderle, andando verso un gruppetto
di ragazzini che volevano dei gettoni, poi scese dal banco e si
avvicinò a un tavolo, per prendere le ordinazioni.
- Darla? -
disse poi, aprendo la porta del retro. - Vieni a guadagnarti lo
stipendio, c'è gente che vuole essere servita, qui.
La ragazza
dai capelli con le ciocche viola uscì, e si mise di fronte a lui con
entrambe le mani sui fianchi.
- Si dà il caso, - disse,
visibilmente innervosita, - che mi hai mandato tu, nel magazzino, a
mettere a posto.
Rick esibì un sorriso tranquillo, porgendole il
vassoio che aveva preparato.
- E hai fatto un ottimo lavoro,
dolcezza. - le disse, con un tono vagamente sarcastico che Rory
immaginò fosse solo per farla innervosire, - Ora porta questi al
sei.
Darla gli prese il vassoio di mano con stizza, e lui tornò
davanti a Rory, strizzandole l'occhio.
- Se non ti odiano non sei
contento? - osservò, lei.
- Io e Darla ci divertiamo così, sotto
sotto mi adora. Quasi mi pento di essermela giocata con Jess, e non
aver insistito sul fatto che oltre che viola in fondo lei ha i
capelli neri. - disse, pensoso.
- Allora, - lo incalzò Rory, non
molto interessata all'argomento, - mi vendi la miscela o no?
-
Quanta fretta, Straniera. - le tolse la tazza di caffè, consumata
per metà, buttandolo nel lavello.
- Ehi, - si ribellò Rory, -
non lo avevo finito!
- Quando ci siamo conosciuti avevi in mano il
thermos di Starbucks, vero? Lascia che ti faccia assaggiare un
cappuccino degno di questo nome.
- Io volevo finire il mio caffè.
Lui la ignorò, iniziando a prepararle il cappuccino.
- Non mi
hai detto che cosa ci trovi di tanto speciale.
Rory avvampò
istantaneamente,
- In chi? - chiese, imbarazzata.
- Nel caffè.
- rise Rick.
- È il caffè di casa, ecco tutto. - borbottò.
Si
trovò a riflettere su come, Jess e Rick, a discapito delle apparenze
fossero profondamente diversi: entrambi sembravano non prendere mai
niente sul serio, ma l'ironia perennemente divertita di Rick era ben
distante dal sarcasmo pungente e dissacrante di Jess, tantoché si
chiese come riuscissero ad essere amici.
Oppure Jess era cambiato,
in fondo quella di conoscerlo era solo una presunzione da parte sua,
pensò distrattamente, avvicinando la tazza che Rick le aveva messo
davanti.
Sbuffò una risata rassegnata, nel notare che sulla crema
aveva disegnato lo skyline di Manhattan, una vera decorazione da
turisti.
Era lì, e Jess non c'era: probabilmente una punizione
del destino per essere stata precipitosa.
- Vuoi diventare una
cliente abituale? -
Un sorriso istintivo appianò le labbra di
Rory, sì, quello era il sarcasmo di Jess: non c'era niente di
affascinante nel suo tono, ma riconobbe una certa confidenza.
-
Sono passata a prendere un po' di miscela, mi hanno detto che non
c'eri.
Jess appoggiò una scatola con dei libri a terra, e si
sedette sullo sgabello accanto al suo, scomposto, come se stesse per
cadere da un momento all'altro.
- Sono andato a recuperare questi:
- disse, indicando i libri, - la nostra clientela pare essere molto
selettiva.
Rory si sporse per guardare dentro alla scatola,
-
Jess, spero che questi non siano libri tuoi: come fai a liberartene?
Cioè, capisco che questa sia l'era dell'e-book, ma...
Sembrava
veramente costernata, come se dentro alla scatola ci fossero stati i
reni, i polmoni di Jess, e un paio di costole.
- Solo quelli che
non reputo particolarmente rilevanti: le mie note a margine non sono
per chiunque, ricordalo. Ho visto che tu e Rick state facendo
amicizia. - osservò, poi.
- È una parola grossa, lui mi
infastidisce e io cerco di rispondergli a tono. - gli spiegò.
Jess
la scrutò, come cercando qualcosa, costringendola a nascondersi nel
suo cappuccino.
Scivolò giù dallo sgabello e riprese la
scatola.
- È meglio che vada a sistemare questi, prima che Rick
mi metta al lavoro: è il mio giorno libero, non conviene farsi
vedere in zona.
Rory appoggiò la tazza e si voltò velocemente
verso di lui, che si stava allontanando.
- Aspetta, magari
potremmo... - iniziò, prima che il coraggio le morì in gola.
Strinse le labbra, nervosa, - non so se è una buona idea, ma magari
potremmo bere un caffè insieme. Da un'altra parte, si intende.
Qualcosa le impediva di farlo andare via, e allo stesso tempo la
tratteneva dal dimostrarlo.
Jess soppesò la cosa, pensieroso.
-
Sai, ora ho da fare. - disse poi, come se non fosse realmente
convinto di quello che diceva. - Magari in serata puoi raggiungere me
e Rick.
- Ottima idea. - esordì Rick, spuntato dietro di lei. -
Ehi, Darla, sei dei nostri?
- Può essere. - disse lei,
passandogli di fianco con un vassoio carico di tazze sporche.
Rory
si voltò nuovamente verso Jess, ma si era allontanato verso la
grossa parete occupata interamente da una libreria vecchio stile, con
tanto di scaletta.
- Gliel'ho suggerito io. - le rivelò Rick,
sottovoce, - Così hanno un opportunità di stare insieme. Geniale,
no?
L'unica cosa che sentiva Rory era un'amara delusione, non
molto gradita, e incassò in silenzio l'osservazione di Rick.
-
Bene, vado. - disse Jess, passando il cartone vuoto a Darla perché
lo buttasse nel retro. - A stasera. Rory dammi il tuo telefono: ti
faccio sapere dopo per che ora ci vediamo.
Istintivamente gli
porse uno dei suoi bigliettini, ancora un po' stordita dalla
delusione.
- Molto carino. - commentò lui, camminando all'indietro
mentre si segnava il numero al cellulare. - Rick, non fare impazzire
Darla: se ti scuoia con un coltello testimonierò a suo favore,
dicendo che è stata legittima difesa. - lo ammonì, prima di
uscire.
Rory frugò rapida nel portafogli, lasciò una banconota
sul banco sufficiente per il caffè e il cappuccino e scese dal suo
sgabello.
- Dove corri, e la miscela? - le chiese Rick.
-
Un'altra volta! - disse trafelata, uscendo.
Guardò a destra e a
sinistra, finché non vide Jess camminare a passo spedito verso la
subway.
- Jess, aspetta! - lo chiamò, rincorrendolo.
Si fermò,
aspettandola, ma quando fu lì Rory si accorse che non sapeva bene
nemmeno lei che cosa dire. Prese fiato, cercando di raccogliere le
idee, mentre lui la guardava attento.
- Ecco... - iniziò allora,
titubante.
Jess fece qualcosa di molto simile a un sospiro.
-
Ehi, che ne dici se prima ci vediamo io e te per una chiacchierata
tranquilla? Di venerdì la caffetteria chiude alle otto, Rick e Darla
non saranno pronti prima delle dieci; magari possiamo mangiare
qualcosa mentre gli aspettiamo.
Sul volto di Rory comparvero due
fossette.
- Sarebbe una buona idea. - acconsentì.
- Ti mando
un messaggio per l'ora, scrivimi l'indirizzo. - disse,
avviandosi.
Sì, era serena, e lo era perché avrebbe avuto
modo di parlare un po' con Jess, sciogliere il ghiaccio, prima di una
serata con altre persone, che includevano una ragazza che non
conosceva per niente e un ragazzo che la punzecchiava come sport
personale.
Tornò verso casa, senza la sua miscela, si fermò in
un market a prenderne una confezione, da rimpiazzare con quella “di
Luke” alla prima occasione.
Il citofono suonò, andò ad
aprire saltellando con una scarpa sola.
- Vuoi salire un attimo? -
chiese, andando poi a recuperare l'altra scarpa mentre Jess saliva.
-
Così questa è casa Gilmore Junior-Junior. - esordì, entrando
nell'appartamento.
Rory chiuse la porta dietro di lui,
-
Considerando che casa Gilmore Junior è diventata casa Danes, questa
ha preso il suo posto. Sono quasi pronta, vuoi qualcosa da bere? Non
ti aspettavo così presto, sei in anticipo: sono stupita. -
osservò.
Jess scrollò le spalle,
- È capitato. I miei
impegni sono finiti presto, non avevo motivo di ritardare. - disse,
iniziando a curiosare nella libreria in soggiorno esattamente come
aveva fatto dieci anni prima, quando era entrato per la prima volta
nella sua stanza.
Rory lo lasciò fare, ricordando l'episodio con
una serena nostalgia.
- È strano, - commentò, indicandolo, -
questo tuo osservare le cose degli altri.
- Capisco come sono
fatti. Nel tuo caso, come sei cresciuta.
- Niente che una bella
chiacchierata non possa svelarti, no?
Mani in tasca continuò a
guardare gli scaffali, attento, fece solo una smorfia distratta di
disaccordo all'affermazione. Rory sorrise, e andò a prendere la sua
giacca.
- Colora la mia vita con il caos dell'inquietudine.
-
Cosa? - gli chiese, tornando in soggiorno.
Jess le indicò un
cd.
- Colora la mia vita con il caos dell'inquietudine, The
boy with the arab strap. Questo è un bel cd.
Rory si impose di
non sorridere.
- Ti prego, - finse un tono annoiato, - perché non
mi spieghi come sono diventati commerciali ultimamente? - scoppiò a
ridere, osservando la sua espressione.
Jess nascose il disco nella
sua tasca,
- Anche questo ha bisogno di qualche nota che ti
illumini. - disse, avviandosi verso la porta.
- Almeno questa
volta mi hai avvisato.
Nda: La citazione di The boy with the arab strap viene dritta dritta da (500) Giorni insieme, un bellissimo film con una bellissima colonna sonora; la traduzione della frase Colour My Life With The Chaos of Trouble è decontestualizzata, ma se l'hanno fatto i traduttori del film non vedo perché non possa accodarmi anche io :-P
Ringrazio chi ha recensito, le vostre parole sono state una sorpresa!
A presto!
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Capitolo 4 *** Some things never change ***
gg4
So
are you turning around your mind
Do you think the sun won't shine
this time
Are you breathing only half of the air
Are you giving
only half a chance.
(Heaven
Out of Hell, Elisa Toffoli)
Camminarono
in direzione di Central Park, in cerca di un posto dove mangiare,
Rory si ritrovò a suo malgrado ad osservare con la coda dell'occhio
il riflesso di loro due sulle vetrine, quasi ipnotizzata
dall'immagine.
Scacciò a forza il pensiero dalla sua mente che
forse, se le cose in passato fossero andate diversamente, in quel
momento lei e Jess sarebbero stati una coppia, esattamente come
apparivano agli occhi della gente.
- Sei contenta?
La sua
domanda la distolse dai suoi pensieri, ma la mise in difficoltà.
-
Beh, è stata una bella sorpresa ritrovarti... - si bloccò,
osservando la sua espressione divertita, capendo di avere frainteso.
-
Intendevo qui, a New York, all'Observer.
Strinse le spalle,
cercando di dimenticare la figuraccia.
- Direi di sì. Lavorare in
un quotidiano mi manca, ma l'Observer è un bel traguardo, per Rory
di Stars Hollow.
- Rory di Stars Hollow era di ampie vedute,
ricordo.
- Arrivati alla nostra età bisogna avere sempre voglia
di evolvere, ma anche essere riconoscenti di dove ci hanno portato le
nostre gambe, non credi?
Jess annuì,
- Ottima risposta, Rory
di New York.
Lei rise,
- Non farti sentire da Rick, lui dice
che non sono una vera newyorchese.
Jess sembrò rabbuiarsi per un
istante, a quel commento, ma fu così veloce che Rory non seppe dire
se aveva avuto un abbaglio.
- Ti va bene mangiare lì? - chiese,
indicando un locale in una traversa fuori dalle strade
principali.
Rory non sapeva cosa aveva sbagliato, annuì
perplessa.
- Va benissimo. - disse, seguendolo.
- E tu,
invece? - gli chiese, quando ebbero davanti i piatti. - Sei felice?
-
Abbastanza. - disse lui, vago.
- E il nuovo libro che stai
scrivendo? Hai detto che sei venuto qui per scrivere.
Una luce gli
illuminò gli occhi.
- Sto scrivendo. È una prospettiva diversa,
da quella che avevo in passato, ma sembra funzioni. - le spiegò. -
Ma è ancora all'inizio, non voglio sbilanciarmi. Spero prima o poi
di poterti regalare un grazioso fermaporte nuovo.
- Mi sembra che
tu abbia guardato la mia libreria oggi, no? Non hai visto niente di
famigliare? - disse Rory, alludendo al suo libro.
Jess nascose un
sorriso, e continuò a mangiare.
Parlare del libro rischiava di
trascinare degli altri argomenti, rifletté Rory: Philadelpia, quel
bacio interrotto che però per un attimo lei era stata ben lontana da
fermare e non solo per Logan, Hartford. Non lo aveva mai ammesso del
tutto, ma a seguito dello scontro tra Jess e Logan aveva realizzato
per la prima volta chiaramente quanto Logan fosse un cretino, in
fondo. Lo amava, forse troppo, ma in quell'istante si era vergognata
al pensiero che Jess vedesse con chi stava.
Li aveva amati tutti e
due, Jess e Logan, ma la differenza probabilmente stava nel fatto che
lei e Logan avevano avuto il loro tempo, ma non erano fatti l'uno per
l'altra, mentre lei e Jess erano fatti l'uno per l'altra, ma non
avevano mai azzeccato i tempi: anche in quel momento, erano passati
dieci anni, e per quanto piacevole fosse stare in sua compagnia non
era più ora di rivangare le vecchie cose, era passato troppo.
Jess
tirò fuori il telefono dalla tasca, osservandolo.
- Sono
arrivati. - disse, - Rick e Darla, sono qui fuori.
L'aveva
offesa, pensò Rory, non appena li vide: Rick l'aveva offesa.
Darla
stava scostata rispetto a lui, braccia conserte e sguardo tempestoso,
mentre Rick, sereno come al solito, sembrava così diverso da lei che
avrebbe potuto giurare che fossero due estranei.
- Jess, sono
venuto a prenderti, volevi anche dei fiori? - disse lui,
irriverente.
- Anche se sei biondo no, tienili pure. O magari
girali a Darla: sembra che tu debba scusarti per qualcosa. - rispose
Jess, notando l'espressione seccata della ragazza.
- Come al
solito. - sottolineò lei.
Rick si incamminò,
- Ma allora tu
che ci stai a fare? Vieni qui, Straniera, - disse, trascinando Rory
verso di sé, - lasciamo Jess a consolare Darla, visto che sembra che
almeno lui riesce a sopportarlo.
- Ma cosa avete tutti, stasera? -
commentò Rory, affrettando il passo per non cadere.
- È venerdì sera
e non vediamo l'ora di divertirci. Jess, - disse, iniziando a
camminare all'indietro, - sei sicuro che il locale di stasera non sia
troppo, per la Straniera perfettina? - disse, indicandola con la
testa.
- Tranquillo Rick, perfino lei potrebbe farti una buona
lezione di musica, l'apparenza inganna.
Lui si girò su sé
stesso per guardarla, ammiccando,
- Interessante.
- Com'è che
mi sono guadagnata il secondo soprannome? - gli chiese, rinunciando a
una discussione a oltranza su “Straniera”, capendo che era
perfettamente inutile.
- Perfettina? Ma ti sei vista com'eri
vestita oggi?
- Uscivo dal lavoro. - Le dava molto fastidio, che
gli altri la giudicassero così. Lei non era perfetta, e in passato
aveva rischiato di deludere molte persone dimostrando i suoi difetti.
Aveva capito che era meglio accettarli, e dare il meglio di sé per
come era. - Evita, per favore. - disse, rabbuiandosi.
Rick scoppiò
a ridere.
- Umh, cattiva, eh? - commentò. - Sei simpatica,
Straniera, anche quando cerchi di fare la dura.
Rory strinse le
labbra, non sapendo se arrendersi e ridere o arrabbiarsi.
- Dimmi,
quante persone ti hanno già detto che sei insopportabile?
- Jess!
- gridò Rick. - Tra un po' dobbiamo fare cambio, anche la Straniera
si sta innervosendo. - disse, scherzoso. La guardò, con la coda
dell'occhio, e la tirò verso sé, amichevole. - Ma no, tu non ti
innervosisci: alla fine ti piaccio, eh?
Rory si tirò indietro.
-
Mi esasperi così tanto che alla fine mi riduci al tuo livello, e non
mi arrabbio nemmeno più.
- Lo considero un sì.
Si
svegliò, con una strana sensazione allo stomaco, ancora era simile
alla delusione.
Contro ogni aspettativa poteva ammettere che la
serata era andata piuttosto bene, in fondo si era divertita, ma
praticamente non aveva scambiato nemmeno una parola con Jess:
inizialmente era stato un susseguirsi di battute con Rick, mentre
Darla e Jess parlottavano tra di loro. A un certo punto la ragazza si
era alzata, per uscire a fumare una sigaretta, e per quanto non la
conoscesse Rory aveva deciso di seguirla, pensando che magari volesse
parlare con una ragazza.
- Jess mi sta semplicemente trattenendo
prima che decida di staccare a Rick la testa. - le aveva detto Darla,
non appena le si era avvicinata, - Nel caso volessi saperlo.
Rory
scacciò l'imbarazzo,
- Non c'è nessun problema, non c'è niente
tra di noi, ci conosciamo semplicemente da anni. - disse.
- Ah. -
commentò Darla, spiazzata. Rory le sorrise timidamente. - Porca
puttana, - continuò, ricambiando il sorriso, - non ti fa incazzare
quel ragazzo?
- Rick? Oh, assolutamente sì. - disse, alzando gli
occhi al cielo.
In quel modo strano avevano fatto amicizia, ed
erano rientrate; la serata era continuata tranquilla, ma Jess dava
sempre l'impressione di starsene in disparte, distratto.
E la
mattina dopo Rory si svegliò con la sensazione che la serata fosse
stata inconcludente, nonostante tutto.
Bevve il caffè, appoggiata
al davanzale della finestra, rimpiangendo il sapore di quello della
caffetteria.
- Ciao Rory! - la salutò amichevole Darla, non
appena entrò, passandole davanti con un vassoio, diretta all'unico
tavolo occupato quella domenica mattina.
- Buongiorno Rory. - Jess
era da solo, al banco, e stava appoggiato alla cassa leggendo un
libro.
- Che gran lavoratore. - commentò lei, avvicinandosi e
sedendosi sullo sgabello di fronte a lui. - Il vostro caffè è una
droga: ti prego, dammene un po'.
Jess appoggiò il libro,
- Lo
spirito di Lorelai si è impossessato di te?
- No: se fosse così
ti odierei, sai che lei ti odia. - ribatté Rory, annusando ad occhi
chiusi il vapore che saliva dalla tazza che Jess le aveva messo
davanti.
- Non ha ancora imparato a nasconderlo. - commentò
lui.
Darla appoggiò il vassoio vuoto sul banco, e si arrampicò
sullo sgabello accanto al suo.
- Non senti che pace qui, senza
Rick? - domandò, allegra.
Jess la guardò, sollevando le
sopracciglia, divertito.
- È questo il tuo modo di lavorare? - la
prese in giro.
- Oh, piantala tu: non c'è niente da fare. Già è
un'impresa essere qui la domenica mattina: a quest'ora probabilmente
mi sarei appena addormentata. - esagerò.
- Lavorate tutte le
domeniche? - si informò Rory.
- Stiamo a casa una domenica a
turno. - rispose Darla per tutti e due. - Domenica prossima tocca a
me: dici che sarà aperto quel vecchio negozio di dischi che mi
dicevi l'altra sera? - le domandò.
Rory incrociò lo sguardo di
Jess, complice, prima che lui si allontanasse per rispondere al
cellulare.
- Penso di sì: ti ci posso portare, se vuoi.
Darla
scivolò giù dallo sgabello, andando a prendere l'ordinazione a due
ragazzi che erano appena entrati.
- Sai, Jess, - gli disse, quando
mettendo il telefono in tasca, tornò verso di lei. - una volta ci ho
portato Lane: rischiava un infarto dalla gioia.
- Ti prendi i
meriti per il mio
negozio, eh?
- Non ho mai detto a nessuno che l'ho scoperto da
sola. Lo sapevi che è ancora aperto?
- Sono secoli che non ci
vado, ma a quanto pare tu sei diventata un'abitué.
Stava
bene lì, era un dato di fatto.
Se fosse stato più vicino a casa
avrebbe fatto meno fatica a giustificarlo, ma non le interessava
molto darsi una spiegazione.
Prese un libro, lo stesso che Jess le
aveva dato la prima volta che era stata lì, e si spostò su una
poltrona, con il suo caffè in mano.
Quando alzò gli occhi scoprì
che il locale si stava riempiendo, ma non era un movimento frenetico:
Jess e Darla lavoravano in maniera fluida, quasi tranquilla,
riuscendo a servire tutti.
Era fiera di lui: probabilmente a
diciassette anni avrebbe sputato in un occhio a chi gli avrebbe
predetto un destino simile, eppure, come aveva detto proprio Rory,
arrivati nel mondo adulto avevano imparato ad apprezzare dove le loro
gambe li avevano portati..
E Jess non solo gestiva una
caffetteria, ma era uno scrittore: alla fine nei suoi panni avrebbe
considerato concretizzati i sogni di gioventù.
Non si era ancora
abituata alla sua presenza, trovava ancora strano, guardarlo,
specialmente dal momento che l'imbarazzo iniziale stava passando e si
stava ricreando una sorta di confidenza, tra di loro.
Ripeté il
suo nome nella mente, Jess, quasi per autoconvincersi che fosse
veramente lui, senza fare caso al fatto che lo stava a tutti gli
effetti osservando da un po'.
Lo ritrovava in ogni gesto, in ogni
smorfia storta che faceva, e ogni volta pensava fosse assurdo e allo
stesso tempo quasi confortante.
Poi una consapevolezza sottile,
che autocriticò sentendola fastidiosa, iniziava a tampinarle la
mente, mentre si accorgeva della risata complice che Jess stava
facendo con Darla.
Don't
you wanna shake because you love
Cry because you care
Feel
'cause you're alive
Sleet because you're tired.
(Heaven
Out of Hell, Elisa Toffoli)
34 days after
- Non capisco se questo posto
sia la rovina o la salvezza di George: passa più tempo di prima ai
videogiochi, però d'altra parte qui socializza con i suoi coetanei,
e non mi sembra un ambiente brutto. - osservò Melinda, pensosa.
-
Tutt'altro, è un posto tranquillo, E Rick va spesso di là: per
quanto lo faccia per divertirsi alla fine tiene d'occhio la
situazione. Anche se trattandosi di lui non so fino a che punto sia
in grado di farlo. - si corresse poi, scherzando.
- Di sicuro è
la tua, di rovina: sei sempre qua o sbaglio?
Rory stava per
rispondere, ma fu interrotta da Rick, che stava passando di fianco in
quel momento.
- Un applauso a Rory, - gridò, sentendo la
conversazione, - che questo mese ci ha pagato l'affitto del locale a
suon di caffè!
Gli lanciò un'occhiataccia e si mise la mano di
fronte al viso, scuotendo il capo.
- Idiota. - commentò.
Melinda
prese un sorso di cappuccino, nascondendo una risata per non
offenderla.
- L'altro giorno ho sentito la tua amica Lane, invece.
- le disse, poi.
- Sì? Come mai?
- Ha iscritto i gemelli al
campeggio estivo, dove andava George, e mi ha chiesto un
consiglio.
Rory già sapeva perché: erano anni che Lane le
ripeteva che non vedeva l'ora che i gemelli fossero abbastanza grandi
da andarci, per poter fare una turnée estiva “degna di tal nome”.
- Mi ha detto di tenerti d'occhio. - continuò Melinda,
interrompendo i suoi pensieri.
- Cosa?
Le si avvicinò,
abbassando il tono della voce.
- Com'è che ti sei scordata di
dirmi che tu e Jess siete stati insieme?
Rory rischiò di farsi
andare di traverso il caffè, ma fece finta di niente.
- Non mi
sono scordata di dirtelo, non lo considero così rilevante. E io e te
in genere non parliamo delle nostre storie passate. - si
giustificò.
Melinda sbuffò,
- Mi sono laureata e Spencer mi
ha messo incinta, tocca a te.
- Io e Jess siamo stati insieme a
diciassette anni, fine. - la ragione le diceva che era così, non
importava se qualcosa dentro di lei le suggeriva che stava
decisamente sminuendo la cosa. Melinda fece una smorfia annoiata.
-
Fine, eh? Peccato che
tu non mi abbia detto che è stato il ragazzo ti ha lasciato e che
hai fatto così fatica a dimenticare che persino dopo parecchi anni
stavi per tradire il tuo fidanzato con lui. Così, per dirne una. O
no?
Rory avvampò, imbarazzata: sapeva decisamente troppo.
- Da
quando tu e Lane fate questo alle mie spalle?
Melinda la buttò
sul ridere,
- Facciamo pratica con la tua vita privata per quando
le nostre figlie saranno grandi. E Lane non si sbaglia, a dirmi di
tenerti d'occhio: se solo me lo chiedesse lascerei Spencer, i
ragazzi, baracca e burattini e me ne andrei con Jess inseguendo il
tramonto. - disse, strappandole un sorriso.
- No, non lo faresti
mai.
- Oh sì, invece sì: ma lo hai visto? Mi correggo, certo che
lo hai fatto.
Istintivamente Rory guardò con la coda dell'occhio
Jess, al banco, ignorando la sensazione che la perseguitava
costantemente.
- Non c'è pericolo, - mentì, nonostante il suo
volto esprimesse il contrario, - ora siamo solo amici.
Ed era
praticamente sicura che tra Jess e Darla potesse nascere qualcosa da
un momento all'altro, se non addirittura fosse già iniziato.
-
Usciamo, scrocco una sigaretta a Darla.
Rory sbuffò,
- Devi
proprio?
Melinda la gelò con lo sguardo.
- Lavoro cinquanta
ore la settimana, ho due figli di cui una che si crede la piccola
principessa e uno è un ragazzino che sta per compiere tredici anni,
mando avanti una casa, ho un marito tanto adorabile quanto sulle
nuvole e sono astemia. Sì, devo
fumarmi la mia sigaretta settimanale.
Detestava quando la metteva
su quel piano.
- Lo dicevo per il tuo bene... - disse, seguendola
fuori.
Melinda si godette in silenzio la sua sigaretta, osservando
Rick che, da oltre la vetrina della caffetteria, faceva le boccacce a
Rory, cercando di farla ridere.
- E sai, - le disse pensierosa,
guardandoli, - che ogni tanto mi chiedo se devo tenerti d'occhio con
Jess, o con lui.
Rory scosse la testa,
- Rick? Zero pericoli,
te lo assicuro. Portami una Bibbia e ti faccio un giuramento solenne,
qui e ora.
- Attenta, - la ammonì, - non esagerare. Di fatto per
l'uno o per l'altro sei sempre qui, no?
Rory la spinse nuovamente
dentro.
- Dimentichi Darla, dimentichi che è vicino a te, la mia
collega preferita, e dimentichi l'ottimo caffè e i libri. E poi,
com'è che fino a ieri tutti non facevano che ripetermi che dovevo
uscire, stare in mezzo alla gente, e ora vi preoccupate?
- Sei
maledettamente convincente Rory Gilmore, riferirò a Lane che
l'interrogatorio è andato bene, sotto quasi tutti i punti di
vista.
La guardò, perplessa,
- Cos'è che ho sbagliato?
-
Non te lo dico, se non te ne sei accorta da sola è meglio che tu non
lo sappia.
Nda Quanto sono contenta che questa storia vi piaccia ^___^
Che vi devo dire, come ho specificato quando l'ho pubblicata ero
terribilmente insicura che potesse annoiare, che il personaggio di Rick
potesse essere frainteso (questo mi preoccuperà ancora per un
paio di capitoli u_u), e sapere che la leggete e vi piace mi rende
contentissima, per cui grazie mille per le vostre recensioni!
In questo capitolo ho citato per ben due volte Heaven out of Hell di
Elisa, fondamentalmente mi piace questa contrapposizione con la
citazione di Jess nello scorso capitolo "Colora la mia vita con il caos dell'inquietudine" e le parole della canzone che ho scelto:
"Quindi stai ancora cambiando idea
pensi che il sole questa volta non splederà?
Sai respirando a metà?
Stai dando solo mezza possibilità?
Non vuoi tremare perché ami?
Piangere perché ti importa?
Provare qualcosa perché sei viva?
Dormire perché sei stanca?"
Alla prossima!
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Capitolo 5 *** Un tuono. Jess. ***
gg5
No one
understands me quite like you do,
Through all of the shadowy
corners of me.
I never knew what it was about
this old coffee I
love so much,
All of the while I never knew.
I think that
possibly
Maybe I'm falling for you.
Yes,
There's a chance that
I've fallen quite hard over you.
(Falling
in love at a Coffee Shop, Landon Pigg)
Melinda
era andata a casa, stavano iniziando a chiudere e avevano abbassato
le luci; Rory rimase ad aspettare Darla, visto che poi sarebbero
uscite insieme. Rick stava sistemando la sala videogiochi e Darla era
nel magazzino, così Rory si avvicinò al bancone, verso Jess.
-
Il mio cd? Che fine ha fatto? - chiese, alzandosi in punta di piedi
per appoggiare gli avambracci al legno del banco.
Forse,
probabilmente, Lane non ci era andata troppo lontano, le suggerì la
sua coscienza, quando il suo sorriso si fece più ampio, in risposta
al ghigno di Jess.
- Hai ragione, non ho mai tenuto così tanto un
oggetto in ostaggio. - Si era appoggiato al bordo del lavello,
sporgendosi verso di lei. - Ma tu mi hai rubato il primo capitolo del
libro. Questa è la violazione della privacy di uno scrittore, è
sacra. - ribatté.
- Te l'ho preso solo perché tu ti convincessi
che non devi più correggerlo, perché è perfetto così: di che ti
lamenti, tu me lo hai fatto leggere!
Jess strinse gli occhi,
-
Dopo che tu mi hai
fatto bere così tanto per convincermi a farlo.
In quella sfida si
erano fatti così vicini che Rory provò come un pugno allo stomaco,
quando sentì il soffio dell'alito di Jess sfiorarle la pelle. Si
lasciò scivolare all'indietro, a disagio.
- Non riuscivo a
resistere. - disse, in lotta con la sua voce perché non rivelasse la
sua inquietudine, - Ed è solo in ostaggio, fino a quando non mi
dimostrerai che sei andato avanti a scrivere: le revisioni tienile
per dopo. Vi aiuto? - gli chiese poi, pur di spostarsi di lì con una
scusa valida.
- No, - disse Jess girandosi verso la lavastoviglie,
dandole le spalle, - Darla ha già fatto la sala, e io qui ho quasi
finito. Comunque niente capitolo, niente cd.
- Merda! -
sentirono gridare Darla stizzita.
- La nostra boccuccia di rose. -
commentò Rick, tornando nella sala principale.
- Tutto bene? - la
chiamò Rory. Darla uscì dal retro, stizzita.
- Per niente, -
grugnì, sbattendo il telefono sul piano da lavoro, - quello stronzo
del mio ex ha deciso di riprendersi l'appartamento, nonostante
avessimo concordato che lo dovevo tenere io fino alla fine del mese,
ha buttato tutte le mie cose nel pianerottolo e ha fatto cambiare la
serratura al padrone di casa, inventandosi chissà che balla.
Strinse
i pugni, cercando qualcosa contro farli sbattere.
- Calma, calma
Rocky Balboa, - le disse Jess, - ora andiamo lì a prendere le tue
cose e ti aiutiamo a traslocare, stasera.
- E dove? L'altro
appartamento non sarà libero prima di agosto! - si lamentò.
-
Questo è un po' più della fine del mese. - rise Rick.
Darla gli
si avvicinò, minacciosa,
- Tu non hai mai proprio niente di
buono, da dirmi? Devi sempre prendermi in giro?
- Vieni da me. -
la bloccò Rory, - Vieni a stare da me.
Tutta la rabbia di Darla
svanì, come una fiamma sotto l'acqua.
- Non posso, non posso
chiederti questo, Rory: io sono un casino, mi vedi? Sono disordinata,
confusionaria, soffro d'insonnia e la notte potrei ammazzarmi se non
guardo la tv, io...
Rory scosse la testa,
- Niente di
terribile, hai elencato tutte cose che fa mia madre, e ho vissuto con
lei per vent'anni senza traumi. Dai, ci divertiremo!
Darla si
massaggiò le tempie, cedendo,
- Ti pagherò metà dell'affitto,
anzi, tre quarti. E dormirò sul divano.
- La metà basta. Il mio
appartamento non sarà una reggia, ma ho un'altra camera che fino ad
adesso ho usato come studio, c'è un letto.
Lei oltrepassò il
bancone, abbracciandola.
- Fa niente, dormirò lo stesso sul
divano, in penitenza. Anzi, nella vasca. Rory, tu mi salvi!
Rick
iniziò a sogghignare,
- Problema risolto. Ora andiamo, o vuoi
spezzare il cuore a Jess, svelando a tutti che sei lesbica?
Rory
la sentì ringhiare.
- Sei un coglione!
Si chiese come
avrebbero fatto a fare stare tutta quella roba nel suo appartamento.
Poi si chiese come avrebbero fatto a portarla tutta in strada, con
sei rampe di scale a piedi, e infine si chiese quanti viaggi in taxi
avrebbero dovuto fare.
- Ho la mia vecchia macchina, forse è il
caso che vada a prenderla. - commentò Jess, dando voce al pensiero
di tutti. - Tanto ormai la roba è qui, e casa di Rory non scappa.
Iniziate a portare giù qualcosa, ci vediamo dopo.
-
Jess, portatene una dietro: me ne serve una sola, che mi aiuti a
portare giù le le scatole, sono troppo ingombranti, bisogna farlo in
due.
- Vai tu, Rory. - le disse Darla, - Sono cose mie, è giusto
che faccia io il lavoro sporco.
- Ed è giusto che vi lasci qua ad
ammazzarvi a vicenda? - le rispose, ironica. Darla strinse le
spalle,
- Cercherò di trattenermi, te lo giuro. Tu ti comporterai
bene? - chiese a Rick, in una maldestra offerta di pace.
-
Giuro.
Rory li guardò, poi guardò Jess, a metà scalinata.
-
Arrivo.
Scesero in strada e aspettarono il taxi che Jess aveva
chiamato, dal momento che non era un quartiere molto trafficato e si
stava facendo tardi.
Rory frugò nella sua borsa, e ne estrasse il
suo fedele thermos di Starbucks, ancora pieno dal pomeriggio: la sua
scorta in caso di fine del mondo.
- Tu ieri notte non hai dormito,
dì la verità. - disse, porgendoglielo.
Jess guardò il
thermos.
- Rory Gilmore mi cede il suo caffè? Sta bene,
signorina?
Lei rise,
- Piantala, e bevilo: è ancora caldo.
Quando vi espanderete dovrete pensare assolutamente a dei gadget
altrettanto funzionali. Allora, mi sbaglio o sei stato sveglio a
scrivere?
- Non avevo sonno. - disse Jess, scrollando le spalle e
bevendo un sorso di caffè, prima di porgerlo nuovamente a lei.
-
Ma sì, - acconsentì Rory, - smezziamoci il caffè della mezzanotte.
- Dici che domani mattina se ne accorge qualcuno se apriamo più
tardi? - le chiese ironico, finendolo, prima di salire sul taxi.
-
Ormai la domenica mattina è un rito fare colazione da Book&Cafè,
quindi mi duole dirtelo, ma sì, se ne accorgerebbero. Sono pochi i
mattinieri, ma li sconvolgeresti.
Jess sbuffò,
- Maledetti
pensionati nullafacenti. - borbottò.
- Non cercare di cambiare
discorso, - disse, dandogli una gomitata, - hai scritto o no?
-
Cosa sei, la mia editor? - si lamentò, esibendo la sua migliore
faccia da schiaffi.
Rory cambiò tattica,
- Se tu confessi che
hai scritto tutta notte io ti dirò una cosa. - disse,
meravigliandosi del suo ghigno divertito.
- Cosa siamo, Rory, a
scuola?
- È una cosa seria, stupido.
- Ok, se ci tieni
proprio tanto a saperlo, sì, ho scritto. - si arrese, evitando di
guardare lo sguardo soddisfatto di Rory. - Ma non ti farò più
leggere niente, non finché non sarà rilegato. E ridammi il mio
capitolo.
- Te lo ridarò. - si chiese quanto ci volesse ancora
alla macchina di Jess: aveva assolutamente bisogno di mettere almeno
mezzo metro di distanza, tra le loro spalle ora unite.
- Non fare
finta di niente. - la fece sussultare, - Tocca a te, cosa dovevi
dirmi?
Rory si arrischiò a guardarlo: più il tempo passava, più
gli stava vicina, e più faceva fatica a ricordarsi che non provava
più niente per lui.
- Non l'ho detto nemmeno a mia madre. - Jess
l'aveva sempre ascoltata, doveva dargliene atto: e quando l'ascoltava
lo faceva davvero, la guardava, in silenzio. Tranne quando
discutevano su qualcosa, ovvio. Desiderava davvero dirglielo, dirlo a
lui, per primo. Inspirò. - Lunedì mattina ho un colloquio, all'Usa
Today. - disse, tutto d'un fiato.
Jess sorrise, uno di quei
sorrisi che valevano più di mille congratulazioni, che gli aveva
visto fare poche volte nella vita.
- Stai saltando. - le disse,
con una nota di fierezza nella voce.
Non in bocca al lupo, la
fortuna non c'entrava, le sue gambe l'avevano portata fin lì; non
brava, già la sua posizione lavorativa era del tutto rispettabile:
provava a fare qualcosa che le piaceva di più, era coraggiosa.
Sapeva che Jess l'avrebbe capita come nessun altro sarebbe riuscito a
fare.
Da soli era tutto più complicato ma più semplice allo
stesso momento; quando invece si rapportavano con il mondo intorno a
loro ecco che cominciava a tormentarla il tarlo del dubbio che tra
Jess e Darla ci fosse qualcosa.
- Andiamo a traslocare. - disse
lui, mettendo in modo la sua macchina e controllando il livello della
benzina.
Ma a lei non doveva importare.
Quando arrivarono
li trovarono in strada, a discutere.
- Sai, ne ho conosciuti
pochi, di idioti come te. - stava dicendo Darla, quando Rory scese
dalla macchina.
Rick li guardò, con aria innocente.
- Giuro
che non ho fatto niente.
- Come no. - borbottò Darla, - Tu non
fai mai niente.
-
Forse è meglio separarvi. - osservò Rory, portandosi Rick dentro al
condominio. Lanciò le sue chiavi di casa a Darla. - Jess sa dove
abito: iniziate a prendere questi, noi intanto portiamo giù il
resto.
Mentre salirono le scale Rick si giustificò ancora una
volta, proclamando che non aveva fatto niente, e poi iniziò a
comportasi da Rick.
Era quasi l'alba quando fecero l'ultimo giro,
Rory e Rick stavano aspettando sotto la vecchia casa di Darla, che
Jess passasse a prenderli per portare le ultime cose.
Quella notte
New York sembrava aver tirato fuori tutta l'afa che non aveva fatto i
giorni prima, o forse era solo loro, che stanchi, la soffrivano di
più.
-
Stamattina non aspettatevi che venga a fare colazione. - sospirò
Rory, alzandosi dallo scatolone su cui si era seduta per
stiracchiarsi un po'.
- Non me ne parlare, Straniera, se penso che
tra poche ore dobbiamo aprire... minimo Darla come riconoscenza
dovrebbe prendere il posto di uno di noi, visto che l'abbiamo
aiutata.
Rory sorrise, stava imparando a conoscerlo.
- Non
glielo permetteresti mai.
- No. - ammise lui, ricambiando il
sorriso.
- Dimmi Rick, perché non ti sei ancora abituato al mio
nome?
Finse di pensarci su.
- Dai, Rory è da bambina,
Straniera ti si addice molto di più: è da dura, e tu sei una dura
sotto sotto.
- Non mi sembra che sia nato così. - gli ricordò.
-
Ma lo è diventato.
Registrò che si era avvicinato, inizialmente
non ci aveva fatto caso, fino a quando non dovette alzare la testa
per guardarlo negli occhi.
- Rick... - lo ammonì preoccupata,
mentre lui la stava studiando, serio, facendola sentire in
soggezione.
Poi le labbra gli si piegarono nel suo solito
sorriso.
- E poi mi piace che sia un soprannome che ti do solo
io.
Il caldo, la stanchezza, la sua vicinanza, la combinazione
delle tre, e lui che si avvicinò ulteriormente. Rory chiuse gli
occhi, sentì le sue mani sulla schiena che la tiravano contro di
lui, e per un momento, un secondo, pensò che potesse essere una
buona idea, pensò di volerlo. Sentì le sue labbra contro le
proprie, in un bacio che le avrebbe fatto mozzare il fiato, se solo
come un tuono il nome di Jess non le avesse fatto irruzione nella
mente, rompendo l'alchimia.
- No, Rick. - disse, tra le sue
labbra, spingendolo via.
Non poteva, non voleva,
per quanto sul momento le era sembrata una buona idea sulla carta.
Lui si ritrasse immediatamente, fece per dirle qualcosa ma
sentirono la macchina di Jess in avvicinamento.
Nda: :-O
Mi odiate? Anzi odiate Rick.
Però una presa di coscienza può dare una spinta a Rory, e
secondo me le serviva; e il motivo per cui Rick lo ha fatto?
Terribilmente puerile, anche se verrà spiegato solo nel prossimo
capitolo. Che dire, più in basso così non ci poteva
andare...
Grazie mille a tutte le ragazze che mi hanno letto e recensito!
|
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Capitolo 6 *** Perché non sei qui? ***
gg6
O
we will know, won't we?
The stars will explode in the sky
O but
they don't, do they?
Stars have their moment and then they
die
There's a man who spoke wonders though I've never met
him
He said, "He who seeks finds and who knocks will be let
in"
I think of you in motion and just how close you are
getting
And how every little thing anticipates you
All down my
veins my heart-strings call
Are you the one that I've been waiting
for?
(Nick
Cave, Are you the one that I've been waiting for)
Rory
si rigirò tra le lenzuola: si sarebbe arrabbiata, se non fosse stato
che qualcosa non quadrava. All'inizio, quando si erano conosciuti,
superate le prese in giro a volte Rick aveva iniziato ad avere un
atteggiamento malizioso nei suoi confronti; ma con il passare del
tempo era impercettibilmente mutato, a poco a poco, fino a
trasformarsi in semplicemente amichevole. Anche quando era ammiccante
sotto non vi leggeva secondi fini; non si spiegava cosa lo avesse
portato a comportarsi così.
Poi si addormentò, cullata dal
rumore in sottofondo della tv accesa in soggiorno.
Quando
Darla si svegliò era mezzogiorno passato, e Rory era in piedi già
da un pezzo.
- Ti odio, - sbadigliò la sua nuova coinquilina, -
come fai a essere così splendente appena sveglia?
- Ritiro, ho
vissuto con una persona che era ben più stressante di mia madre:
Paris Geller, e tu non sei nemmeno lontanamente come lei, quindi
queste settimane saranno una passeggiata, per me. - le disse,
ricordando quando Paris anni prima le aveva fatto un'osservazione
simile. - E neanche vivere con me è rose e fiori: ti ho mai detto
che sono cresciuta a caffè e take away? Non so cosa tu possa trovare
di commestibile nella mia dispensa.
Darla aprì il frigorifero,
controllò il latte, reputandolo ancora buono, e lo versò in una
tazza con una generosa porzione di cereali.
- Come pranzo va più
che bene, e volendo anche come cena. - disse, sedendosi a gambe
incrociate sul divano e iniziando a mangiare.
Rory era pensierosa,
continuava a pensare a quello che era successo con Rick, ed era come
se le sfuggisse qualcosa: mancava un tassello al puzzle, che le
impediva di capire.
- Darla, mi spieghi come fate tu e Rick ad
arrivare sempre sull'orlo dell'omicidio? Voglio dire, anche a me dà
sui nervi l'ottantanove per cento del tempo, ma ormai penso di averci
fatto il callo, e tu lo conosci da più tempo di me. Mi sembra che
tra voi stia peggiorando sempre di più. - notò.
- Non ci sei
ancora arrivata, Rory? Non ha provato a portarmi a letto,
come dice Jess; siamo andati a letto insieme. - Rory evitò di
spalancare la bocca a quell'affermazione, e si morse la lingua mentre
l'ascoltava. - Mesi fa, prima della storia del bar, io mi ero
lasciata da poco con quello stronzo del mio ex, ed è successo. È
finita lì, per carità, e non ci siamo più visti fino a quando non
mi hanno assunto, non è niente di che, ma ora odio, odio che cerchi
in tutti i modi di passarmi a Jess, manco fossi una coppa
dell'amicizia, e che diamine. - brontolò.
Rory si concesse di
respirare,
- Tu e Rick? - era vicina alla soluzione, lo sentiva.
-
È già, ci sono cascata, ma non pensavo di doverlo sopportare
ancora. - ammise lei.
- E quindi tra te e Jess... non c'è davvero
niente?
Darla strabuzzò gli occhi,
- Non ti ci mettere anche
tu!
Passò il pomeriggio a mettere a posto il suo
raccoglitore, dove aveva archiviato tutti gli articoli, preparandosi
per il colloquio.
Quando era entrata all'Observer era fiera del
suo traguardo, ma al tempo stesso si era ripromessa di non concludere
le ricerche, e puntare sempre più su, non “o il Times o niente”,
il sogno di tanti ragazzi come lei che si affacciavano al mondo del
giornalismo; poi gli anni erano passati, e la paura di perdere la
sicurezza economica e di uscire dal giro l'avevano arenata.
Aveva
iniziato a pensare che il mondo del lavoro si stava facendo più
difficile, che chi aveva un posto fisso era stupido ad abbandonarlo;
e dopo che tutti avevano festeggiato ampiamente la sua entrata nel
mondo ufficiale degli adulti non voleva tornarsene a Stars Hollow con
le ali spezzate e un mucchio di rimpianti per aver voluto
troppo.
Poi, nell'ultimo mese, aveva radicalmente cambiato
opinione, ritenendo la sua paura come l'unica cosa che la teneva
legata: all'Observer era serena, amava il suo lavoro ma avrebbe
voluto provare a vedere se esistevano altre realtà dove avrebbe
potuto sentirsi ancora più completa; poco importava se il primo
tentativo falliva, o se all'inizio i suoi trafiletti sarebbero
ritornati a restringersi a poche righe. Avrebbe sudato per
riconquistarsi il suo posto, era proprio lì che stava la sfida e
aveva tutte le capacità per vincerla.
Colora la mia
vita con il caos dell'inquietudine.
Doveva
ammettere che una grossa spinta gliel'aveva data l'incontro con Jess,
in quanto tale: aveva scombussolato la sua routine, mischiato le
carte delle sue giornate e le aveva fatto vedere i suoi ventisette
anni con una prospettiva diversa: lui si reinventava in
continuazione, rimanendo fedele più che mai a sé stesso, la sua
sola presenza l'aveva spronata a desiderare di cambiare.
- Rory,
- la chiamò Darla, mettendo la testa nella sua stanza. - che ne dici
se ordino una pizza e stasera ci guardiamo un film?
Rory chiuse il
raccoglitore, pronto.
- Dico che è perfetto.
Chiuse
la porta del bagno, per evitare che il rumore del phon svegliasse
Darla.
Sentiva l'adrenalina a mille, era agitata come una bambina
al primo giorno di scuola, con la differenza che lei non sapeva se in
realtà avrebbe avuto o meno il posto; ma il solo fatto di provarci,
di poter avere un colloquio in cui giocarsi le sue carte con il solo
fine di migliorare, era una grossa novità.
Quando, una volta
pronta, uscì dal bagno, sussultò intravvedendo Darla in pigiama sul
divano, che guardava i cartoni animati del mattino.
-Mh.-commentò
con la bocca piena di cereali,- È vero che ti metti in tiro quando
vai al lavoro.
Rory alzò le spalle,
- È un giorno
particolare, ho un colloquio, all'Usa Today. - disse, cercando di
trattenere l'ansia.
Prese una tazza di caffè, che aveva preparato
appena sveglia, e controllò un ultima volta il suo raccoglitore.
-
Non lo sapevo, si dice in bocca al lupo in questi casi?
-
Grazie, va più che bene. - le disse, tesa come una corda di violino.
- L'ho detto solo a Jess. - aggiunse poi, distrattamente, dedicandosi
alla sua tazza di caffè.
Rischiò l'infarto quando sentì la
suoneria del cellulare provenire da dentro la sua borsa, dove l'aveva
già messo, appoggiò il caffè lontano dal raccoglitore prima che un
evento cosmico glielo facesse cadere addosso, compromettendo tutta la
sua preparazione
Spalancò gli occhi, leggendo il nome del
mittente.
- Jess! - disse felice, rispondendo.
- Ah
davvero? - le disse poi Darla, sarcastica, - Lo hai detto solo
a Jess?
Rory guardò stupita la sua faccia dubbiosa.
- Che c'è
che non va?
- Non posso credere di non essermi mai accorta di
niente, ti piace Jess! - scoppiò a ridere, incredula, mentre Rory
avvampò,
- Cosa dici, no...
Darla si sistemò meglio sul
divano, incrociando le gambe, sembrava una ragazzina.
- La tua
faccia è tutta un programma, guardati: sorridi ancora! Ti piace
Jess!
Rory controllò l'orologio.
- Devo scappare, dopo il
colloquio vado in ufficio e uscirò per le sei. - disse, mettendo il
suo sacro raccoglitore nella ventiquattrore, e incamminandosi verso
la porta. - Darla... - disse poi, titubante, non sapendo neanche lei
come continuare.
- Non una parola. - promise, alzando il cucchiaio
come segno di giuramento.
Era in agitazione da tutto il
giorno, il colloquio sembrava fosse andato bene, ma l'avevano
avvisata che l'ultima parola spettava a quello che avrebbe dovuto
essere il suo caporedattore, e che quindi l'avrebbero chiamata per un
ulteriore colloquio quando sarebbe tornato dalle ferie.
Di quello
non l'avevano avvisata, e il pensiero di aspettare ancora dieci
giorni prima di sapere del suo futuro la mandava in crisi.
Quando
la sera Darla era tornata a casa l'aveva trovata già in pigiama, con
una fascia tra i capelli, raggomitolata sul divano intenta a mangiare
thailandese con delle bacchette troppo corte.
- È andata così
male? - le chiese, ferma sulla porta.
- No, è andata benino, ma
ho ancora più di una settimana prima di sapere il responso.
Tu?
Darla scrollò le spalle,
- Oggi al lavoro era un inferno,
non so cosa avessero quei due.
Declinò la proposta di Darla,
di andare con lei all'inaugurazione di una mostra, provò a chiamare
Jess per raccontargli del colloquio ma lui non rispose al telefono;
probabilmente, considerò Rory, era già a letto, stanco dalle notti
precedenti passate tra lo scrivere e il trasloco di Darla.
Riempì
la vasca da bagno, per sciogliere la tensione e l'agitazione dovute
al colloquio, accese qualche candela profumata, si riempì un calice
di rosso, e sprofondò nel relax.
Andò a letto presto, con la
mente sgombra, e si svegliò qualche attimo prima del suono della
sveglia, riposata. Quando aprì gli occhi improvvisamente i pezzi del
puzzle andarono a posto, e capì tutto.
Più ci pensava e più si
chiedeva come avesse fatto a non accorgersene prima, o almeno a non
capirlo immediatamente non appena Darla le aveva raccontato i suoi
trascorsi con Rick; le ci volle tutta la forza di volontà di cui
disponeva per non catapultarsi al Book&Cafè direttamente in
pausa pranzo, e appena uscì dall'ufficio si fiondò sul primo taxi
che trovò con tanta foga che Rick sarebbe stato fiero di lei.
Aprì
la porta della caffetteria e rimase sull'uscio, inquadrandolo in un
attimo.
- Vieni fuori, - disse a Rick, - subito.
Ignorò il suo
sorriso spaccone, e lo aspettò in strada.
- Piccola Straniera, ti
sono mancato? - commentò lui, con un ghigno.
- Perché mi hai
baciato? - gli chiese, diretta, pronta a smontare il sorriso
malizioso che gli vide spuntare. - Ti piace Darla, Rick, l'ho capito.
- confessò poi.
Lo vide rabbuiarsi, per la prima volta da quando
lo conosceva.
- Aspettami qui. - le disse.
Entrò, lo vide
avvicinarsi al banco per dire qualcosa a Jess, e in un attimo se lo
ritrovò nuovamente accanto.
- Da dove ti vengono certe idee? - le
chiese, iniziando a camminare.
- Non l'ho capito immediatamente,
lo ammetto, ma ne sono sicurissima: continui a volerla spingere tra
le braccia di Jess, ma ti mangeresti le mani ogni volta che lo fai,
così ti comporti male e la fai arrabbiare. Non so neanche perché ci
hai provato con me, forse per uno sciocco tentativo di dimenticarla.
So che la conoscevi da prima che lavorasse qua, - gli svelò, poi,
arrancando per stargli dietro, - e so che c'è stato qualcosa tra
voi.
Rick si fermò di colpo.
- Te lo ha detto lei? - disse,
stupito.
- Sì. Devi smetterla di comportarti come se non fosse
mai successo, è una cosa da stupidi: se la rivuoi cerca di
conquistarla!
Rick si sedette su una panchina, sbuffando una
risata disillusa,
- Rory, - le disse, chiamandola finalmente per
nome, - lei mi odia.
Cercò di essere onesta, nonostante sarebbe
stato più facile negare.
- Perché tu continui a comportarti come
un cretino: la fai esasperare.
Aveva inoltre la sensazione che
Rick fosse in qualche modo, strano e assurdo, ricambiato; ma non
poteva illuderlo.
- Cosa dovrei fare, il damerino?
- Sii te
stesso: sei migliore di come sei con lei, lo so.
Rick si appoggiò
alla panchina, sbuffando.
- E pensare che quando ti ho visto
pensavo volessi limonare ancora...
La sua vita era quanto mai
strana, come il cubo di Kubrick: sistemava una faccia e le altre
andavano in frantumi.
Non poteva giurarlo, ma il presentimento era
forte.
Aveva stabilito un rapporto civile con Rick, o meglio,
un'amicizia, dal momento che dal giorno in cui avevano parlato la
confidenza che avevano creato aveva cementato la simpatia reciproca
che lentamente avevano provato; con Darla stava così bene che stava
pensando di proporle di non trasferirsi più, il giorno del responso
del colloquio si avvicinava e Rory era sempre più speranzosa a
riguardo; e Jess improvvisamente aveva creato un muro tra di loro.
La
evitava, non le parlava più dello stretto necessario e sempre con
una nota di freddezza nella voce.
Inizialmente Rory dava la colpa
alla stanchezza, o ai suoi cambi d'umore, ma il presentimento che ci
fosse dell'altro sotto era sempre più plausibile.
C'era anche
un'altra cosa, che occupava la sua mente, ed erano Rick e Darla. Più
li osservava e più pensava che non solo erano fatti per stare
insieme, ma era sempre più sicura che non solo Rick provasse
qualcosa a riguardo; ma sull'argomento Darla era ancor meno
raggirabile di lui.
- Sbaglio o è da qualche giorno che non
strepiti più addosso a Rick? - le chiese sabato sera, - È quasi un
record, vero?
Lei scrollò le spalle, passando per i tavoli vuoti
e raccogliendo le tazze sporche.
- Non ci hai visto stamattina,
mancava poco che gli ficcassi la testa nella lavastoviglie. - disse,
serena a discapito delle sue parole.
Come se non volesse ammettere
di aver capito quello che intendeva Rory, effettivamente in quella
settimana Rick aveva cambiato comportamento nei suoi confronti,
smettendo le continue allusioni su lei e Jess, e Rory aveva
intravvisto addirittura un'impercettibile confidenza, tra i due.
-
Ficcargli la testa nella lavastoviglie non è staccargliela a morsi.
- continuò, testarda.
Darla sospirò, si guardò intorno per
accertarsi che né Jess né Rick fossero in ascolto e le si
avvicinò.
- Lo so, gliel'hai detto tu di dirmelo: grazie. -
ammise.
- A cosa ti riferisci? Abbiamo parlato, ma non gli ho
detto di dirti niente.
Darla la guardò, stupita.
- Ah, ok. -
borbottò, allontanandosi per nascondere che la notizia un po' le
aveva fatto piacere. Rory scese dal suo sgabello e la seguì.
-
Perché? Cosa ti ha detto? - sussurrò.
- Niente di che. Vieni,
andiamo nel retro: devo buttare i vetri.
La seguì fuori, aspettò
che si accendesse una sigaretta e si decidesse a parlare.
-
Allora? - la spronò.
- Non pensare chissà che, - disse, nel
tentativo di smorzare la cosa, - è venuto semplicemente da me e mi
ha detto che non si era mai accorto che mi seccassero tutte le
battute che faceva su di me e Jess, e mi ha chiesto scusa.
Rory si
costrinse a non sorridere: l'allievo superava ogni sua aspettativa.
-
È una buona cosa, no?
- Mi sta sulle palle lo stesso. - commentò
Darla, rovesciando i vetri nella campana, ma dal suo tono Rory ebbe
la conferma che i suoi sospetti erano fondati.
- Siete pronte,
ragazze? Andiamo a bere qualcosa? - chiese Rick, non appena tornarono
nel bar.
- Passo. - disse Darla, specchiandosi nell'acciaio del
lavello per mettersi il rossetto, - Le mie amiche mi aspettano per
una serata, anzi, se posso andare subito sarei già in ritardo per la
cena.
Rory sicura che non vuoi venire? - le chiese, prendendo la
sua borsa.
- Tranquilla, vai e divertiti: ho ancora i postumi da
ieri sera, preferisco qualcosa di più tranquillo.
- Va bene,
vado.
- Fai la brava. - le disse Rick, strizzandole l'occhio
mentre usciva. - Bene, - disse poi, rivolto agli altri due, - Rory
vota per una serata tranquilla, tu Jess che dici?
Lui fece
scattare con un colpo secco la penna, chiuse il registro degli
incassi e lo mise dentro al cassetto.
- Io vi dico buona serata,
ho da fare. - disse, aspro, uscendo.
- È un po' così
ultimamente, - commentò Rick, notando l'espressione smarrita di
Rory, - lascialo stare. Quindi, appurato che non limoneremo perché
secondo te non sarebbe giusto dal momento che “mi piace Darla”,
che si fa?
Rory si lasciò andare ad un sorriso,
- Continui a
raggiungere livelli di stupidità che non pensavo fossero possibili.
Comunque, ho saputo che le hai parlato, sai che mi hai stupito?
-
Hai visto? - disse lui, fiero, spegnendo le luci e facendola uscire,
per chiudere. - Sto seguendo la retta via.
Decisero di guardare un
film, Rory dovette lottare con le unghie e con i denti per evitare
qualsiasi cosa che avesse “Alien”, “Rambo” o “Rocky” nel
titolo, e alla fine si accordarono per le Iene.
- Cavolo, quasi
peggio di quando Jess mi costringeva a guardare ininterrottamente
Quasi famosi. - borbottò rassegnata finito il film, quando Rick mise
a tradimento Rocky IV. - E io e te non stiamo nemmeno insieme.
Rick
mise in pausa.
- Scusa, puoi ripetere? Mi stai dicendo che tu e
Jess stavate insieme?
Rory
si raggomitolò sul divano.
- Fai partire il film, prima che cambi
idea e ti cacci fuori di casa.
- Oddio, questa sì che è una
notizia.
Rory gli strappò di mano il telecomando, premendo su
play. Era vero, non glielo aveva mai detto, ma evidentemente non lo
aveva mai fatto nemmeno Jess.
- Darla tu sapevi che Rory e
Jess stavano insieme? - le chiese Rick, quando rientrò.
- Certo.
- rispose, sedendosi in mezzo a loro con una tazza di cereali in
mano, - E tu sapevi che Rory è ancora innamorata di lui?
- No! -
disse Rick sorridendo, stupito, mentre Rory alzò il volume del
film.
- Non è vero. - rispose, sicura, - Piantatela.
Se fino a
una settimana prima non aveva senso, con il loro ritrovato rapporto,
in quel momento ne aveva ancor meno. Si mordicchiò le labbra e cercò
di concentrarsi sul finale del film, evitando di chiedersi a oltranza
che cosa fosse cambiato da allora.
Nda Lo so, Jess è stato inesistente in questo capitolo, ma seguendo il pov di Rory non c'erano molte alternative...
Quest'ultima sta iniziando a rosicare, e che cos'abbia Jess penso che sia facilmente intuibile, no?
Infine, Rick e Darla, ebbene sì, qualcuno lo aveva indovinato
:-P ecco perché nello scorso capitolo dicevo che Rick era stato
infantile.
Non so, ditemi se i risvolti di questo capitolo vi sono piaciuti, o se
è stato subito troppo tutto insieme, grazie mille per le
recensioni che mi avete lasciato e alla prossima!
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Capitolo 7 *** You were always on my mind ***
gg7
Maybe
I didn't treat you
Quite
as good as I should have
Maybe
I didn't love you
Quite
as often as I could have
Little
things I should have said and done
I
just never took the time
You were always on my mind
(Always
on My Mind, Elvis Presley)
Entrò
nel pub dove si erano dati appuntamento, cercandoli nella confusione;
poi vide Darla agitare la mano e li raggiunse, impaziente di dare la
grande notizia.
- Jess? - chiese, ancora sorridendo, una volta
arrivata al tavolo.
Darla fece una smorfia.
- Aveva da fare,
stasera.
Una frase che aveva sentito già troppe volte, pensò,
mentre parte dell'entusiasmo scemava, lasciando il posto alla
delusione.
- Quindi, come è andata? - la incalzò Darla, cercando
di distrarla.
Rory cercò di recuperare il suo sorriso,
- Il
posto è mio. - annunciò, sedendosi.
Si congratularono con lei,
forse con troppo entusiasmo fino a stordirla, e ordinarono da bere.
-
Straniera, stasera voglio vederti ubriaca. - dichiarò Rick,
spingendole davanti il bicchiere.
- Ehi, non vorrai approfittarti
di lei, spero! - lo riprese Darla, dandogli una gomitata.
- Di
lei? Non c'è pericolo, vero? - rise lui. - Forza, brindiamo.
Rory
sollevò il suo bicchiere e lo fece tintinnare contro i loro, poi
bevendo il suo occhio cadde sulla sedia vuota accanto a lei.
Più
cercava di non pensarci più sentiva dentro di sé un urlo: perché
tra lei e Jess doveva sempre andare a finire male? Per cosa lo aveva
ritrovato a fare, per essere di nuovo ferita da lui? La sua vita
aveva funzionato benissimo fino a quel momento, e avrebbe continuato
serena anche senza di lui.
Era vero, lui l'aveva svegliata dal
torpore in cui era scivolata, l'aveva inconsapevolmente fatta
rimettere in discussione.
Sospirò, estraniata da Rick e Darla che
discutevano tra di loro:
Colora la mia vita con il caos
dell'inquietudine.
Ma il
prezzo era davvero alto.
- Ora basta. - dichiarò Darla,
sbattendo il bicchiere sul tavolo e alzandosi in piedi. - Andiamo,
Rick: accompagniamo Rory da Jess.
- La sta evitando, è chiaro:
che ci possiamo fare noi? - disse lui, guadagnandosi uno scappellotto
da Darla.
- Ma sei cretino? Che abbia il coraggio di affrontarla!
Andiamo, Rory.
Lei si strinse nella sedia,
- No, non ti
preoccupare... - balbettò.
- Muoviti, lo so che morivi dalla
voglia di dirgli che ti hanno preso: vai a dirglielo, e digliene
quattro già che ci sei, dato che si sta comportando come uno
stupido, chiedigli il perché invece di stare qui a continuare a
sospirare.
Rick si convinse,
- Ha ragione, non potete
continuare così all'infinito. - disse, alzandosi.
Rory li seguì
di controvoglia, pensando che la predica veniva proprio dai due
peggiori testoni della storia, che se non li avesse obbligati a
chiarirsi a quell'ora si sarebbero decapitati a vicenda. Anzi, Darla
avrebbe decapitato Rick.
Il taxi si fermò sotto casa di Jess,
lo videro uscire in quel momento.
- Corri, - la incitò Darla, -
vuoi che aspettiamo qui?
Rory aprì la portiera, scuotendo la
testa.
- No, andate: non preoccupatevi. - disse, scendendo dal
taxi, registrando velocemente che Jess si era accorto di lei.
-
Chiamaci se hai bisogno. - disse Rick, prima che il taxi ripartì.
-
Cosa ci fai qui? - le chiese Jess, freddamente.
- Non rispondi
alle mie telefonate, quando sono alla caffetteria non mi rivolgi la
parola: non mi hai lasciato scelta.
Jess incrociò le braccia.
-
Bene, dimmi.
Rory si morse la labbra: da quando aveva fatto il
colloquio non desiderava altro che quel momento, dirgli che l'avevano
presa, dirgli che ancora una volta era lui che l'aveva spinta; ma non
avrebbe mai voluto che fosse così.
- Mi hanno presa al Usa Today.
- disse, in un soffio.
Rovinato, ora la cosa non aveva più alcun
senso.
- Buon per te.
Lo sentì dire, mentre le lacrime le
pungevano gli occhi.
- Sì, buon per me. - commentò mesta, mentre
la speranza che fosse tutto un grosso malinteso si sgretolava.
Lo
sentì allontanarsi e aprì gli occhi, capendo solo in quel momento
di averli chiusi.
- Aspetta, Jess: si può sapere che cos'hai? -
lo chiamò, tirando fuori l'urlo che le risuonava nel petto da un
po'.
Jess si fermò un istante, prima di girarsi e camminare
veloce verso di lei.
- Che cos'ho? Buon per te, Rory, cosa vuoi
che ti dica d'altro? Non ci arrivi mai? - si fermò a un passo da
lei, la sua voce arrabbiata e delusa era ovunque. - Dean era il
ragazzo perfetto, che si comportava in maniera perfetta e ti amava in
maniera perfetta, anche quando con te faceva le corna a sua moglie
era sempre il tuo primo amore; e quel coglione? Macchinona, lavoro
importante, famiglia di prestigio. E poi ci sei tu, indecisa tra
Harvard e Yale, che passi dall'Observer al Usa Today. Sarei fiero di
te, perché ti sei guadagnato tutto, lo hai sempre sudato, ma sai che
c'è? Ho sempre pensato di non essere alla tua altezza, se vuoi
sentirtelo dire, dannazione. Capisci che odio vederti con Rick? Lui è
come me! - gridò, arrabbiato.
Rory deglutì, sbattendo le
palpebre per ricacciare le lacrime.
- Io non sto con lui. - Jess
si irrigidì. - Io non sto con lui, sono ben lontana dallo stare con
lui: lo considero un amico, come considero Darla un'amica. - blaterò
alla rinfusa. - Ma questo non vuol dire che io e te dobbiamo
continuare a vederci, non vedi? Non possiamo fare a meno di ferirci
in qualche modo a vicenda, è sempre stato e così sarà sempre.
Darla vive con me, ora, e sono sicura che continuerò a vedere Rick,
quindi non sarà un trauma non venire più alla caffetteria. Faremo
finta che non esistiamo, Jess, è l'unica soluzione. - disse,
continuando a parlare a discapito delle lacrime.
Il cuore le si
era spezzato sul serio: aveva appena ammesso a sé stessa che Jess
era la sua anima gemella, e contemporaneamente lo aveva tagliato
fuori per sempre dalla propria vita.
- Può anche non finire
sempre così. - disse Jess, capendo il suo errore di valutazione.
-
E com'è finita stavolta? Ci ammazziamo più noi di quanto non lo
facciano Darla e Rick, è così da sempre, questa volta abbiamo solo
tenuto duro più del previsto. - Si asciugò le lacrime. - Ti faccio
avere il tuo capitolo.
Fece un passo indietro, cercando di
combattere contro il magnetismo che la spingeva a lui.
Avrebbe
rinunciato al preavviso, e avrebbe passato le settimane che
l'aspettavano prima di iniziare il nuovo lavoro a Stars Hollow, a
casa, a leccarsi le ferite.
Aveva sempre cercato di guardare
oltre, fin da quando aveva diciotto anni: era palese a tutti che
aveva il cuore spezzato, ma cercava di fare finta che non fosse così,
cercava di ignorare che Jess le stava lasciando un vuoto così grande
dentro, ed essere di nuovo lì era quasi catartico, aveva come la
possibilità di consolare la sé stessa ragazzina e lasciarsi
consolare da lei.
Gli dava dello stupido, lo odiava
per la maggior parte del tempo per essersene andato senza dirle
niente, senza nemmeno lasciarla, ma ogni tanto, quando l'odio si
esauriva, le capitava di lasciarsi andare a una lacrima solitaria,
chiedendosi se lui la pensasse mai: la sua assenza era rimbombante,
perfino allo specchio, sola, la notava. Jess l'aveva riempita, e ora
non c'era più.
Sola, sul
pontile dove avevano fatto il pic nic tanti anni prima, dove lui le
aveva chiesto se tra lei e Dean fosse davvero finito tutto, pensò a
quella ragazzina che si sentiva abbandonata.
Sì, ora non aveva
dubbi, lui l'aveva pensata, disse a quella ragazzina, ma non erano
fatti per stare assieme.
La piccola Rory, nonostante tutto, grazie
alla sua innocenza era in qualche modo più forte di lei.
Passerà,
finirà. Prima o poi guarderò indietro, e capirò che l'amore vero è
un altra cosa, non succede sempre così?
A
quel pensiero la grande Rory sentì una morsa allo stomaco.
Sì,
amerai ancora, ma per quanto forte nessuno sarà come lui. E quando
capirai che stare con un altro sarà “accontentarsi”... forse hai
ragione tu, forse passerà, ma è arrivato il momento di prendere in
considerazione l'idea che invece sarà sempre così, che Jess non
sarà l'unico che ameremo, ma sarà l'unico che colorerà la nostra
esistenza.
Darla l'aveva
detto a Melinda, Melinda a Lane e Lane a Lorelai, così Rory, che
aveva sperato di leccarsi le ferite nell'anonimato, si ritrovò
ancora una volta davanti allo sguardo arrabbiato della madre.
-
Ammazzerò Jess, puoi starne certa: a quanto sembra è l'unico modo
per non vederti più così. - le disse, entrando trafelata in camera
sua.
- Mamma... - si lamentò Rory, nascondendosi con il cuscino,
capendo al volo il giro che aveva fatto la notizia.
- Ha ferito la
mia bambina, non merita nemmeno l'ergastolo. - disse Lorelai,
perentoria.
Rory si mise a sedere.
- Senti, anche io ho ferito
lui: non lo hai mai digerito, ma se c'è una cosa che dovresti
capire, come ho fatto io, è che io sono stata male come lo è stato
lui. Mi ha amato davvero, o non ci saremmo ritrovati dopo dieci anni
in questa situazione, e non puoi fargli una colpa di questo. - disse,
tutto d'un fiato.
Lorelai si lasciò cadere accanto a lei,
-
Perché detta da te sembra diverso? - sbuffò. La abbracciò, -
Tesoro, davvero lo ami ancora?
Rory appoggiò la testa alla spalla
della madre, in silenzio.
Jess
si alzò per l'ennesima volta dalla sua scrivania, ora per chiudere
le persiane, sperando che aiutassero a filtrare il rumore incessante
della notte newyorkese che non lo faceva concentrare.
Ancora una
volta sentiva la rabbia premergli lo stomaco, il petto, così forte
che era impossibile ignorarla, e ancora una volta non sapeva che nome
dare a quella rabbia, chi incolpare se non sé stesso o la sorte: di
ragazze come Rory Gilmore non ce ne erano molte sulla terra, non per
lui, questo l'aveva capito anni fa; e lui non solo aveva distrutto
una volta tutto quello che Rory poteva provare per lui, ma l'aveva
lasciata andare via una seconda volta.
Quando l'aveva rivista, il
pomeriggio dell'inaugurazione, era sinceramente convinto di essersi
liberato di lei, nei suoi pensieri: il fatto era che Rory era sempre
stata qualcosa di più, era ad un altro livello rispetto al resto del
mondo, e gli ci era voluto tanto tempo per sradicarsi la convinzione
che era l'unica.
Poi Rory era tornata, così lei
con le sue smorfie imbarazzate, il suo sguardo trasparente; aveva
lottato per un po' contro di lei, perché sapeva che era patetico
ricaderci, perché erano passati anni e perché sembrava che Rick le
avesse messo gli occhi addosso, ma il tempo era passato, la sua
guardia si era abbassata e Jess si era ritrovato di nuovo
dentro.
Sembrava che stesse andando tutto così bene, certo,
ufficialmente erano amici, ma sentiva che si stava ricreando qualcosa
tra di loro: conosceva Rory, sapeva cosa significavano i suoi
sguardi, li aveva già visti una volta.
Poi quella maledetta
mattina: stava passando a prenderli, lei e Rick, e gli sembrò di
vedere qualcosa, ma diede la colpa alla stanchezza e non ci diede
peso; poi quell'immagine acquisì un altro significato, un paio di
giorni dopo, ascoltando il racconto che Rick stava facendo ad alcune
clienti, in particolare la parte in cui gli raccontava di come c'era
una ragazza nuova nella sua vita.
Il giorno dopo Rory arrivò alla
caffetteria e andò via con Rick, e per Jess non ci fu più alcun
dubbio: era arrabbiato con lei, non solo per quel barlume di
illusione che gli aveva dato, ma perché aveva scelto proprio
Rick.
Come le aveva detto l'ultima sera in cui si erano visti,
Rick era come lui: si era sempre detto di non essere abbastanza per
Rory, che era quello il motivo per cui non avevano funzionato, e
saperla con lui era come un pugno in pieno stomaco, non c'erano
scuse.
Ma come al solito aveva frainteso tutto, e il suo
comportamento ancora una volta l'aveva fatta allontanare,
dimostrandole quanto fossero incompatibili. Aveva rovinato tutto
un'altra volta con Rory Gilmore, non riusciva a credere di essere
stato tanto stupido: voleva dire qualcosa se dopo dieci anni lei era
ancora tanto importante.
Non aveva più diciassette anni,
doveva fare qualcosa per rimediare.
Nda Eccomi qui, un capitolo un po' triste ma spero che serva a chiarire un po' meglio le situazioni di Rory e Jess.
Sono un po' perplessa sul pezzo di Rory a Stars Hollow, dove lei in
qualche modo parla con sè stessa ragazzina, spero che non
risulti troppo complicato.
Ora mi rimane che decidere come utilizzare il prossimo capitolo, se sarà una tappa o una meta, la fine insomma...
Beh, ho una settimana per decidere ;-)
Vi ringrazio per le recensioni, alla prossima!
|
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Capitolo 8 *** L'ultima richiesta ***
gg8
Oh,
baby,
Tell me how can, how can this be wrong?
Grant my last
request,
and just let me hold you.
Sure I can accept that we're
going nowhere,
but one last time just go there,
Lay down beside
me
(Last
Request, Paolo Nutini)
Aveva
deciso di rimanere fino all'ultimo a Stars Hollow, ma quando
mancavano solo pochi giorni decise di anticipare il rientro, in modo
da avere tutto il week end per prepararsi a quello che avrebbe potuto
essere il lavoro della sua vita.
Il taxi si fermò finalmente
davanti al suo palazzo, illuminato dal sole mattutino, e Rory si armò
di coraggio, definendosi pronta a cominciare una nuova pagina della
sua vita.
Quando girò le chiavi nella toppa quasi si era
dimenticata di avere una coinquilina nuova, ma fu impossibile non
ricordarsene quando aprì la porta e vide il groviglio di braccia e
gambe sul suo divano.
- Ma che...
Si mise una mano davanti agli
occhi, per evitare di intravvedere parti anatomiche non necessarie.
-
Siamo vestiti! - dichiarò Darla, schizzando istantaneamente in
piedi; poi afferrò la maglietta, infilandosela, - Quasi. - si
corresse, - Puoi guardare. Ma non dovevi tornare domenica?
- Mi
sono dimenticata di avvisarvi. Ma se siete entrambi qui chi c'è al
Book&Cafè?
- È il quattro luglio, abbiamo diritto alla
chiusura! - dichiarò fervente Darla, come una perfetta patriota.
-
Tanto tu lo stipendio lo prendi lo stesso... - si stiracchiò Rick. -
Buongiorno Straniera, scusa l'accoglienza.
Darla poi lo guardò,
allarmata, ricordandosi di lui.
- Sì, noi stavamo... ci siamo
addormentati semplicemente e...
A Rory scappò un sorriso, mentre
Rick si alzò.
- Provavamo delle prese di wrestling, come no. -
commentò sarcastico, finendo di sbugiardarla con un bacio, prima di
andare in bagno.
Darla lo guardò storto.
- Scusa se non te lo
abbiamo detto... - iniziò poi, quando furono sole.
- Non ti
preoccupare: non mi hai scioccato, l'avevo già capito e avevo capito
perché volevi tenere il silenzio. Hai dato la disdetta per l'altro
appartamento?
- Sì, siamo a tutti gli effetti coinquiline,
dobbiamo festeggiare! A proposito, stasera si esce, giusto?
Rory
fece una smorfia,
- Ti dovrei aggiornare...
- So tutto della
tua decisione, ma almeno nelle feste anche i parenti che si odiano si
incontrano! - cercò di convincerla.
- Io e Jess non ci odiamo, -
sospirò Rory, - ma è meglio che stiamo lontani. Andrò da Melinda:
lei e Spencer fanno un barbecue, mi avevano invitato.
Rick tornò
in soggiorno,
- Ma poi ci raggiungi? Andiamo a vedere i fuochi,
non puoi mancare: cacceremo Jess, promesso.
- No, Rick, non
cacciate nessuno: vedremo, non vi assicuro niente.
Era da
Melinda, esattamente come l'anno prima.
Con il suo bicchiere in
mano si sedette su una sdraio, in terrazza, lontana dalla confusione
del giardino: Jess arrivava, le sconvolgeva la vita e poi se ne
andava; e ogni volta Rory sentiva che si portava
via qualcosa di lei, lasciandola come un puzzle senza un tassello.
Che quel pezzo mancante fosse lui, fosse come diventava accanto a
lui, oppure la certezza che quella che era veramente, la vera Rory,
fosse solo quella che rivedeva riflessa nei suoi occhi poco
importava; lo accettava, ma il suo rimpianto più grande era quello
di aver detto addio all'amore della sua vita in un vicolo buio, non
appena lo aveva accettato: aveva preso solo l'amaro, di quell'amore,
non era stata capace di rendersene conto prima e poterne gioire per
almeno un istante.
Tornò in casa, chiedendosi quando avrebbero
iniziato a mangiare.
- Rory promettimi che ci raggiungi: rischio
di buttare Rick in acqua, stasera è insopportabile. - le disse Darla
al telefono, borbottando qualcosa al ragazzo.
- Non so, vediamo
che ora faccio qui... - tergiversò Rory, dubbiosa.
- Devi venire,
e poi Jess non c'è: è appena andato a fare non ho capito che cosa
al Washington Square Park, chi lo capisce è bravo.
- Non lo so,
Darla, non abbiamo ancora mangiato: magari più tardi. - Poi si
bloccò, - Washington Square Park? Quello sulla quinta? - forse era
solo una coincidenza. - Ascolta, facciamo così, ci sentiamo dopo,
quando torno se vengo da voi ti chiamo io, ok?
Chiuse la
conversazione e andò a cercare Melinda.
Si ricordava bene quel
pomeriggio a Manhattan, la bolla temporale in cui si erano ritrovati,
come se fosse un giorno come tanti, quando invece non lo era. Forse
si sbagliava, ma le sembrò una richiesta, ed era tentata di
accettare, in nome di un ultimo saluto, un ultimo istante che non si
erano mai più dati.
Mentre il taxi correva verso Manhattan, con
il sottofondo sonoro di una vecchia canzone anni sessanta, continuò
a chiedersi quanto labile fosse la sua volontà se bastava un accenno
a un parco, neanche un invito diretto, per farla capitolare. Però
aveva bisogno di scoprire se la stava davvero aspettando, aveva
bisogno di stare un altro po' con lui prima di dirgli addio, senza
che le sue lacrime distorcessero il suo ricordo.
Cercò
con lo sguardo, ed esattamente sulla stessa panchina lo vide, con un
libro in mano. Prese coraggio, accettando a tutti gli effetti la
proposta e le sue eventuali conseguenze, limitandosi a sperare che
non fossero distruttive.
- Ciao. - gli disse, dietro di lui.
Come
la prima volta.
- Come stai? - disse Jess girandosi, come se non
si vedessero da un paio di giorni. Come la prima volta.
- Bene, tu
come stai?
- Bene. Hai fame?
- Da morire.
- Conosco un
posto.
Sorrise, mentre lui si alzava e le faceva strada, e lo
seguì.
- Quindi lunedì è il grande giorno, sei contenta? - le
chiese, mentre camminavano.
- Non vedo l'ora, ho un po' di paura
a dire la verità. - gli confessò, come se l'ultima volta che si
erano visti lei non gli avesse detto addio.
Camminarono,
chiacchierando del più e del meno, come una normale coppia di amici,
ma specialmente come erano sempre stati, Jess e Rory.
Ogni tanto
il cuore le batteva, quando incrociava il suo sorriso, ma lo
accettava, cercando di non fuggire con lo sguardo ma affrontare
anche quelle emozioni. Per quella sera non voleva rimpianti.
-
Tu hai mai paura? Quando cambi vita? - gli chiese, quando, finito il
loro hot dog, ritornarono nel parco.
Jess fece una smorfia,
-
Evolvere è la mia vita, forse la mia paura è quella di non riuscire
a fermarmi.
- Tu spingi le persone, Jess; fai sembrare tutto
possibile, non so se te ne rendi conto. Per noi, comuni umani, il
cambiamento è qualcosa di folle, impossibile; poi arrivi tu e ci fai
sembrare sciocchi.
- Parli del tuo lavoro?
- Non solo, ti
ricordi quando sei venuto da me e mi hai chiesto che cosa stessi
facendo della mia vita? Forse, se sono qui, è solo grazie a te.
Jess
appoggiò la schiena alla panchina, guardando il cielo stellato.
-
Non darmi meriti che non ho, Rory.
Guardò
anche lei verso l'alto, senza vederlo davvero, perché l'unica cosa
che percepiva erano loro due sulla stessa panchina, una forza forte
quanto distruttiva, perché così come sentiva la sua presenza
riusciva troppo bene a indovinare il sapore che avrebbe avuto la sua
mancanza.
- Perché siamo qui, stasera? - gli chiese, poi. Le
stelle rimbombavano davanti ai suoi occhi, il suono della sua stessa
voce le sembrava strano.
- Ci siamo incontrati.
Si girò verso
di lui, incontrando i suoi occhi e rendendosi conto che era l'unica
ancora con la testa verso l'alto.
- Non è così, lo sai.
Continuò
a guardarla, sollevando amaramente l'angolo della sua bocca.
-
Perché non mi avevi salutato.
Allungò una mano, trovandolo, e
intrecciò le dita con le sue.
Il cuore davvero ora le martellava
nel petto, quasi come in un assolo di batteria: mano nella mano, gli
occhi nei suoi, era felice e straziante allo stesso tempo.
Sospirò,
sapendo che avevano raggiunto il punto di non ritorno.
- Addio,
Jess. - disse, alzandosi in piedi. Si allontanò, tenendo la sua mano
fino a quando fu possibile.
- Rory? - la chiamò, prima che
uscisse dal parco. Si voltò e lo vide, ancora in piedi accanto alla
panchina. - Questo ti sembrava un addio?
I suoi piedi si mossero
verso di lui, come se fosse stato Jess a comandarli, più veloce,
come se la forza di gravità non la tenesse più a terra: il nuovo
centro era lui, e più Jess si muoveva verso di lei, più quella
forza era potente, tanto da annebbiarle la mente e farle perdere ogni
logica.
Quando gli fu di fronte poté solo aggrapparsi a lui, con
la disperazione di un vero addio, mentre le loro labbra si
incontravano e con la sua stessa necessità lui la sollevava da
terra.
Mezzanotte, lo scoppio dei fuochi artificiali si confuse
con il battito del suo cuore.
- Non deve per forza finire così. -
le disse poi.
Rory si allontanò un poco, per permettere a quella
minima distanza di ossigenarle nuovamente il cervello.
- Parli
così perché è adesso, è questo momento. - cercò di convincersi,
- Quante altre volte ci dobbiamo andare a sbattere contro? - sarebbe
stato facile dirgli di sì, acconsentire a quella pazzia, ma c'era un
motivo per cui erano lì quella sera, e doveva tenerlo bene a
mente.
- No, Rory: il nostro problema è che non abbiamo mai
parlato chiaramente, fin da subito. Ci siamo sempre limitati a
scontrarci a vicenda, omettendo di dirci come stavano veramente le
cose finché diventavano semplicemente troppo evidenti.
- Può
essere, - acconsentì allora, - ma a questo punto che differenza può
fare? Jess, se stiamo insieme, ora, e finirà, non ci sarà più
niente da salvare.
Di lei.
- Ricominciamo tutto da capo, dammi
un altra possibilità.
Come poteva esserci un nuovo inizio se
quando lo guardava voleva vedere solo sé stessa accanto a lui? Non
aveva semplicemente senso.
Colora la mia vita con il
caos dell'inquietudine.
Aprì
la bocca, lentamente, dentro di sé la paura folle per quello che
stava per dire, per quella parola che avrebbe spazzato via tutto.
Era
come essere su una macchina che correva, al limite dei suoi cavalli:
il volante era fuso con le sue mani, ogni brivido l'avrebbe fatta
schiantare; i suoi occhi erano sulla strada, un imprevisto e non
c'era modo per frenare.
Cercò la sua mano, un contatto con lui,
con la realtà.
- Ok.
Non era un albero di guacamole in
giardino, ma era altrettanto spaventoso, eppure in quel caso l'unica
paura ad attanagliarla era il pensiero di come sarebbe stata la sua
vita se avesse rifiutato.
Nda Che giornata oggi, non vi dico le peripezie per riuscire a caricare il capitolo!
Innanzittutto grazie per le recensioni, mi ha fatto piacere sapere che
vorreste che la storia continuasse e tra voi, tra il fatto che mi
dispiacerebbe dire subito addio a Rory e Jess continuerò ancora,
dopo questo capitolo...
Però tra impegno e ispirazione non vi assicuro chissà quanto, insomma, vedremo ;-)
Spero comunque che questo capitolo vi sia piaciuto, a presto!
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