Hey, Man!

di wallflouis
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Stairway To Heaven. ***
Capitolo 2: *** Good Times, Bad Times. ***
Capitolo 3: *** No Quarter. ***



Capitolo 1
*** Stairway To Heaven. ***


Londra, 1972



-Bresente quando di sfuma l’occasione della bita?-  
In piedi, nel soggiorno deserto di casa mia, accostai il ricevitore all'orecchio con espressione accigliata.
-Chi parla?-
-Dicebo, hai bresente quando di sfuma l’occasione della bita?- continuò l’ignoto interlocutore telefonico- Berchè gasualmende, il dando addeso giorno del giudizio di ridrobi balato, gon un raffrebbore sbaventoso ed una serie di grambi nei bosti biù recondidi e segredi?-
Sussultai, mentre finalmente cominciavo a capire. Con un tonfo sordo,  il mio bicchiere di latte precipitò sul pavimento, rovesciando l’intero suo contenuto.
-Andrew?- domandai, incredula.- sei proprio tu? Mio Dio, è un disastro. Sicuro di non poterti presentare comunque? Magari, con un analgesico…-
Dall’altro capo del filo, con un profondo, sconsolato e soprattutto costipato sospiro, Andrew Wolwitz oppose un deciso rifiuto. -Negatibo. Tutto a barsi bottere… Bagari, bordami biù tardi un brodino di bollo… Ze non di zpiace…-
Nonostante la mia delusione per quanto fosse appena accaduto al povero Andrew, una malaugurata, ma potenzialmente geniale idea si stava facendo largo, non senza decise resistenze di coscienza, nella mia mente.
Tanto che non ascoltavo più le comprensibili lamentele del mio amico: ma lasciavo saettare in continuazione lo sguardo dalla mia immagine riflessa all’interno dello specchio a parete, alle forbici da carta abbandonate sulla scrivania.
Non so come trovai il coraggio necessario; eppure, lo feci. Tagliai i miei capelli di netto,  li raccolsi velocemente onde evitare invettive paterne e, senza tuttavia premurarmi di fare lo stesso con la macchia di latte ormai in rapido allargamento sul lindo parquet di casa, inforcata una giacca leggera, uscii sotto la scrosciante pioggia londinese.
Non c’era veramente un minuto da perdere.

***

Andrew Wolwitz, per me, era come un fratello.
Diplomatosi alla Royal Academy of Music presso il mio medesimo istituto scolastico, era tuttavia di tre anni più vecchio.
Alto, allampanato, con un gran cespo di capelli ricci biondo platino e qualche lentiggine spiaccicata sulla faccia, di lui si sarebbe potuto pensare veramente di tutto; dall’ipotizzare che avesse suonato il violino solista in un’orchestra di contrabbassi fin da quando era alle elementari, sino al convincersi che dovesse aver primeggiato per anni in qualche istituto privato del paese, tra i secchioni più irriducibili di un corso avanzato di algebra.
Tutto, in sostanza, vi sareste probabilmente sentiti di preventivare; all’infuori di ciò che Andrew faceva realmente.
Il tecnico del soundcheck.
Amplificatori, sofisticati strumenti di missaggio, casse, microfoni e settaggio non avevano, in altre parole, alcun segreto per lui; tant’è vero che aveva già lavorato, nel corso dei precedenti quattro anni, con una serie di gruppi emergenti, portandomi spesso con sé ed insegnandomi, a tempo perso, tutto ( o quasi…) ciò che sapeva. E neanche una settimana prima, in ragione del suo talento, gli si era addirittura presentata l’occasione della vita….
Camelia Wittacker, ex frequentatrice della nostra medesima scuola diplomatasi per il rotto della cuffia, aveva infatti deciso di risarcire inaspettatamente Andrew dei molteplici compiti solertemente passatile durante gli anni del liceo.
Vivace e “disponibile” sin dalla gioventù, dopo essersi data alla discutibile “professione” di groupie, era sempre stata solita vantarsi di aver stretto “intimi” rapporti con alcuni tra gli esponenti dei gruppi musicali più noti del paese: Stones, The Who e addirittura…..Led Zeppelin.
Di fronte alle sue chiacchere ero sempre rimasta piuttosto scettica: ma soltanto la settimana precedente, durante la cena annuale indetta per celebrare la consueta rimpatriata della Royal Academy, avevo avuto modo di ricredermi.
Camelia aveva infatti rivelato ad Andrew una sugosa indiscrezione: il lunedì successivo, in gran segreto, presso l’Olympic Studios si sarebbe tenuto un colloquio attitudinale per individuare un nuovo tecnico di supporto da affiancare ad una popolare band durante i suoi concerti in terra Britannica. I Led Zeppelin.
-E se ancora non ti basta, appuntati questo numero telefonico, Andrew..- Aveva insistitito Camelia, con uno sgradevole sorrisetto -..ti sarà sufficiente chiamare per far sì che il tuo nome venga aggiunto in lista; ed avrai la definitiva certezza che non ti racconto balle. Io ho fatto la mia parte. Ora tocca a te; buona fortuna..!-
Avevo trascritto io stessa il numero per Andrew: ed il medesimo bigliettino originale, spiegazzato e scarabocchiato dalla mia matita per occhi, si trovava ancora nella tasca del parka color cachi, come un malizioso monito del destino…

Presentarmi al posto di Andrew era, sono d’accordo con voi, un’idea decisamente folle: ma ai miei occhi, gli occhi di un’intrapredente ragazzina di diciannove anni che stentava a darsi per vinta, appariva viceversa decisamente logica per almeno due motivi. ..

Numero uno: qualora si trattasse, come io sospettavo, d’un malefico intrigo di Camelia, avrei potuto infatti scoprirlo preventivamente ed evitare ad Andrew, a differenza mia ottimista di natura, di lasciarsi ingenuamente gabbare.
Andiamo: quante probabilità potevano esistere che quella valchiria di facili costumi avesse ottenuto DAVVERO (e così facilmente..) un’affermazione riservata, e per giunta dai Led Zeppelin in persona?
Doveva esserci sotto qualcosa. (E qualunque cosa ci fosse stata sotto, si poteva starne certi. Io l’avrei scoperta.)

Numero due: nella remotissima ipotesi che la strega dicesse il vero, e davanti a me avessi trovato quindi un’esigente giuria formata dalla corte del dirigibile in persona , i miei intenti sarebbero stati chiari. Grazie alla mia incredibile faccia tosta avrei prima cercato di ingraziarmeli con qualche trucchetto di missaggio insegnatomi di Andrew, per poi vuotare il sacco: non ero il candidato Wolwitz ma bensì una sua amica, venuta ad intercedere per lui.
Ero sicura che i Led Zeppelin, una volta che mi avessero avuta davanti, avrebbero capito. Avrei parlato loro di quanto talento avesse Andrew, dell’estrema importanza di un’occasione simile per un ragazzo semplice come lui e, di conseguenza, del loro imprescindibile dovere morale di dargli un’ultima possibilità prima di decidere chi assumere, una volta che fosse guarito.

Ovviamente, essenziale era riuscire a far sì che la sicurezza mi scambiasse, almeno inizialmente, per Andrew. L’ultima cosa che volevo era essere sbattuta senza troppe cerimonie fuori dallo Studio o addirittura, peggio, non riuscire ad infilarci neppure la punta del naso.
Per questo motivo, non solo avevo tagliato di netto i miei capelli (ma non impressionatevi troppo : ero già intenzionata a cambiare, da svariate settimane, la mia acconciatura) : ma da dieci minuti, mentre raggiungevo lo studio in bici, stavo dando sfoggio di discutibili tentativi di camuffamento vocale, che attiravano lo sguardo perplesso dei passanti, nella speranza di riuscire a sembrare minimamente credibile.

Ma il momento della verità era già giunto. Con una brusca frenata sterzai proprio di fronte alla per me imponente e quasi minacciosa facciata degli Olympia Studios, ancora inconsapevole di ciò a cui sarei andata incontro...
 
***
 
-Fuori di qui!- gridò adirato il celeberrimo chitarrista dei Led Zeppelin, Jimmy Page, rivolgendosi furente ad uno dei tanti candidati  presentatosi quel giorno. – E ritieniti fortunato se riesci ad uscire illeso da questi maledetti studi!- disse prima di accasciarsi sulla morbida poltrona di velluto verde presente nella stanza.
-E’ possibile che si siano presentati tutti i ragazzi più incompetenti di Londra per questo lavoro! Cristo è troppo esigere di lavorare con persone serie?! Smettiamola con queste dannate selezioni, ci arrangeremo da soli..- concluse affranto.
-Su Jimmy, non prendertela, forse hanno solo pensato che lavorare con i Led Zeppelin non sia un impiego così serio..- scherzò il biondo compare di Jimmy, il cantante del gruppo, Robert Plant, aggiudicandosi un’occhiata di fuoco da parte dell’amico..
-Jimmy, forse Robert voleva solo dire che non tutto è perduto, guarda, c’è ancora un candidato sulla lista, magari è quello buono! Non lasciamocelo scappare… Dai, concedigli solo cinque minuti, scommetto che questo sarà una persona seria…- insistette il bassista, John Baldwin, in arte John Paul Jones, con fare supplichevole.
Il chitarrista sospirò accondiscendente.- Okay, lasciate entrare questo…come diamine si chiama?-
-Mmm, Andrew Wolwitz..-



Angolo Autrice.
Saaalve, so che probabilmente sarete scioccati e starete pensando che Leslie per parere un maschio dopo un solo taglio di capelli deve essere un cesso abnorme, ma in realtà io la immaginavo come una sorta di Demi Moore in Ghost. Per la storia mi sono leggermente ispirata all'idea di Mulan, anche perché se quella ragazza può fingersi uomo e poi sposare Shang, la cara Leslie può riuscirci...o forse no? 
Anyway, vi saluto, ringrazio chiunque la leggerà, la recensirà o anche chi l'aprirà per sbaglio (?)
Ciao, meglio che me ne vada.
*Fugge sull'intro di Immigrant Song* 
AAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAA AAAAAAH.

 

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Capitolo 2
*** Good Times, Bad Times. ***


-E così tu saresti Andrew Wolwitz?-
Il gorilla della sicurezza , un uomo imponente elegantemente fasciato in un gessato grigio, decisamente troppo stretto per le sue spalle ampie quanto una cassettiera rococò, mi fissava oramai da una manciata di secondi con sguardo decisamente critico. Mentre iniziavo ad accusare i primi segni evidenti di panico, passai mentalmente al vaglio quel ventaglio di possibilità in grado di giustificare la sua ritrosia nel levarsi, finalmente, di torno: poteva trattarsi del mio piedino numero 37, di discutibile mascolinità?
Delle mie ciglia senza trucco ma, pur sempre, un po’ troppo lunghe per appartenere ad un maschio testosteronicamente connotato?
O forse, semplicemente, del mio patetico accenno di seno, che speravo che una t-shirt sfondata tie dye ed un parka in stile militar riuscissero totalmente ad occultare?
-Umhh, certo che lo sono. Che faccia t’immagini che dovrebbe avere un Andrew Wolwitz, se non....questa?- Risposi, accendendomi velocemente una sigaretta nella speranza che il fumo arrochisse la mia voce tutt’altro che cavernosa.
Il colosso, però, continuava a non sembrava particolarmente convinto. Urgeva una contromisura d’emergenza. Motivo per il quale, sulla scorta di uno sforzo disperato, mi strinsi nelle spalle, tirai dal filtro con tutta la forza che avevo e, reprimendo a stento il mio innato senso del pudore, esattamente come avrebbe fatto il peggiore degli scaricatori di porto presi la mira e......sputai per terra.
Sbagliandola clamorosamente, però.

Perché mi centrai la scarpa.
 

Di fronte a quella manifestazione ad elevato quoziente di disgustosità, miracolosamente, il cannibale sembrò illuminarsi.
-No, cioè...la tua faccia va benissimo, ragazzo. Intendevo dire che sembri....parecchio giovane. Quanti anni hai?
-Diciannove...-tossicchiai, con il vago sospetto di somigliare ad una cinciallegra imbottita di ormoni.
-Non troppi, né troppo pochi per imbarcarsi in un’avventura come questa. Hai del fegato da vendere, ragazzo..- continuò il gorilla, conducendomi finalmente, passando attraverso una control room con alcuni monitor, in una stanza più grande.
Tutta quella premura stava iniziando ad irritarmi. Ma chi era; una spia di Scotland Yard che lavorava per conto di mio padre o semplicemente la caricatura di Mrs Doubtfire con uno stentato accento di Manchester?
-Capolinea, ragazzo...-Annunciò finalmente l’uomo, principiando a varcare una minuscola porticina palesemente inadeguata alla sua mole -....signori....anche Andrew Wolwitz è arrivato...-
Deglutii, mentre venivo spinta in avanti dalle sue pelose mani inanellate. Il dado era ormai tratto e stavo finalmente per ritrovarmi faccia a faccia o con una colossale fregatura......o con gli Dei assoluti nell’Olimpo del Rock.
 
-E’ uno scherzo vero? Vi prego ditemi che lo è.. Robert sei stato tu a orchestrare tutto vero?- disse il musicista in preda ad un attacco di disperazione. Si trattava del chitarrista più talentuoso di tutta l’Inghilterra, Jimmy Page, un ragazzo la cui sola immagine era avvolta da un’aura di mistero. Capelli lunghi e neri occultavano il viso dai tratti orientali. Ogni sua occhiata pareva carica di pregiudizi nei miei confronti e fu proprio in quel momento che iniziai a pensare di non risultare tanto credibile agli occhi di quattro musicisti esperti come loro.
Non era l’unico ad osservarmi scrupolosamente: anche il cantante del gruppo, il celeberrimo Robert “Percy” Plant  mi fissava con un sorrisetto divertito dipinto sul viso continuando a regalare gomitate gratuite nello sterno del suo vicino, quello che riconobbi come il bassista della band, John Paul Jones, uno dei musicisti che ammiravo di più al mondo per la sua cura e attenzione riguardo ad ogni dettaglio.

-Sta a vedere che questo, Jimmy, se lo mangia in trenta secondi..- sussurrò Robert al batterista, un baffuto John Bonham, che a stento riuscì a trattenere una risata.
-Secondo me sta meditando di tirargli la chitarra in testa! Scommettiamo?!- rispose sogghignando.
Mi sentivo a tal punto osservata che sapevo di dover trovare ad ogni costo qualcosa di sufficientemente sensato da dire, ed al più presto: ma che cosa?
Proprio mentre meditavo di scadere in un ridicolo apprezzamento sulla selvaggia capigliatura di Plant, il mio sguardo, si posò quasi di sfuggita sul grembo di Jimmy Page.
Forse, avevo fatto BINGO.
-Quella è.....una Kluson DeLuxe?- Indagai, osservando le meccaniche della celebre chitarra di Jimmy, una Gibson lucida color ocra, che il musicista teneva stretta al petto come un bambino geloso del proprio giocattolo.
Le facce di Plant, Jonesy e Bonham, alle mie parole, tradirono una decisa sorpresa; e perfino Jimmy, checché fosse palese il suo rifiuto di concedermi una qualsivoglia soddisfazione, cambiò significativamente espressione.
-Sì. E tu come avresti fatto a saperlo? E’ diventato dominio dei miei svariati fans club, oltre alla lista di groupie con cui mi sono......coricato?- Domandò, seccamente.
Presi un profondo respiro, pregando di ricordarmi tutto ciò che Andrew mi aveva insegnato. O la andava, o la spaccava....
-Semplicemente, il diametro dei fori sulla paletta è diverso. E’ questo ciò che distingue un modello dall’altro. Le Gibson più “anziane” montano ancora quel tipo di meccaniche. Permetti?
Decisi di sottolineare la mia decisa faccia tosta rivolgendomi a Page in modo del tutto informale: decisamente stupito dalla mia risposta , inaspettatamente, il chitarrista mi passò di malav0glia il proprio strumento perchè gli dessi un’occhiata, forse sperando ancora di potermi cogliere in fallo.
Gli altri tre Zeppelin, dal canto proprio, sembravano a tal punto sulle spine da rifiutarsi di tirare il fiato...
Strimpellai un “Sol” scordato, mentre un sorrisino soddisfatto si disegnava sulle mie labbra.

-Come pensavo...- Sentenziai, vittoriosa - i nottolini anteriori e una vite di fissaggio si erano leggermente allentati. Un inconveniente abbastanza comune per chi emette furiose vibrazioni rock con una Gibson; esattamente come il capotasto grezzo. Un controllo scrupoloso ogni volta ed un saldaggio delle corde dovrebbero eliminare qualsiasi tipo di problema alla radice.....- dissi risoluta non accorgendomi delle espressioni sconvolte che gli Zeppelin avevano assunto; erano una più comica dell’altra, specie quella di Page, che era rimasto letteralmente a bocca aperta.
-Andrew, mi pare che tu sia l’uomo perfetto per noi! Che ne dici Jimmy?- sentii Robert esclamare a braccia aperte. Jimmy non sembrava felice di questa decisione affrettata e non ci mise poco ad esprimere il proprio disappunto. -Mm, devo pensarci su…-
-James andiamo, con tutti gli idioti che abbiamo osservato distruggere le nostre attrezzature, questo ragazzo è un angelo sceso dal cielo!-  Jonesy tentò di convincerlo in ogni modo,
-Chiamami ancora James e ti ritrovi incollato a terra… -
-Sempre a farsi mille problemi! Jimmy, è perfetto!-
-Potete venire qui un momento voi tre, anziché continuare a darmi contro?-
Pensai che Page stesse convincendo i suoi colleghi e che stessero ormai  meditando  uno dei più subdoli modi per buttarmi fuori di li, anche se  non mi sembrava di aver  proferito chissà quali eresie su quella chitarra. Dovevo fare in modo di riuscire a raccontare tutta la verità prima che mi sbattessero fuori, raccontare che il vero WOLWITZ era irrimediabilmente malato e convincerli a fissare un ulteriore colloquio per il mio amico: NON era decisamente previsto che decidessero di assumere ME al posto SUO, dannazione!
-Scusate, avrei una cosa molto importante da dir…-
-Andrew…- esordì Jimmy, poggiandomi una mano sulla spalla, senza lasciarmi il tempo di completare la frase.- sinceramente, tu sei la nostra salvezza, l’unico tecnico valido che si è presentato in tutta la giornata. Fino ad ora s’erano proposti solo incompetenti, anche sotto falso nome; gente che voleva salire a bordo per poi sabotare i Led Zeppelin dall’interno. Non la passeranno liscia; tant’è vero che ben  presto troveranno una denuncia a loro nome..- concluse, severo e scuro in volto. –Ma piuttosto, stavi dicendo?-

Deglutii, sorprendendomi a provare, dopo anni ed anni, la medesima sensazione di quando all’asilo fui beccata con le mani nel sacco mentre cercavo di ingurgitare a tradimento, dopo aver fatto fuori il mio, il pancake biologico del mio vicino di banco. La faccenda aveva preso una piega non solo decisamente insperata, ma addirittura spaventosa: evidentemente, il mio pallido tentativo di non venire immediatamente smascherata per la supporter impostrice che ero, era risultato anche TROPPO convincente, finendo per suscitare un clamoroso effetto boomerang dai risultati potenzialmente disastrosi.

Non solo infatti, se avessi confessato, avrei corso il rischio di venire messa alla gogna da un potentissimo gruppo rock: ma se, viceversa, avessi taciuto, Andrew, una volta scoperta l’entità del mio nuovo, umilissimo “lavoretto” part-time, si sarebbe sentito giustamente mortificato, offeso, nonchè preso per i fondelli, ed avrebbe presumibilmente deciso di non rivolgermi mai più la parola per il resto della propria esistenza.
Ulteriori pericoli da considerare? Mio padre, le (naturalmente IRRISORIE) conseguenze  legali d’un contratto sotto falso nome, (MIO PADRE), la mia preparazione totalmente inadeguata per gli standard di un famosissimo gruppo rock, (MIO PADRE), il perenne senso di colpa per aver, senza volerlo, fottuto alla grande il mio migliore amico, (MIO PADRE) e, ah sì; il non del tutto trascurabilissimo fatto in relazione al quale, sebbene avessi mentito a riguardo, la mancanza di una propaggine al di sotto del sud ombelico mi rendesse inequivocabilmente, incancellabilmente una donna, che difficilmente all’anagrafe (come in qualsiasi altro luogo) avrebbe risposto al celestiale nome di ANDREW WOLWTIZ…
(Ho già detto “Mio padre”?)

-Affare fatto!- Si limitò tuttavia, oramai convinto, a stabilire Jimmy  - fatti trovare qui domattina, alle undici.  
Quella fu la prima volta nella mia vita, suppongo.

La prima volta in cui mi sorpresi a pregare di non arrivarci viva.



*angolo, cerchio, quadrato della scrittrice*
Non sapete che delusione, l'avevo pubblicato tutta felice e contenta ieri s'era, oggi lo guardo e non si leggeva nulla dal mio account. NULLA! M'è presa la disperazione è lo tolto per poi rimetterlo.
Comunque, ormai Leslie è totalmente nei casini e da qui in poi ne inizieranno ancora di più per lei, inoltre il prossimo capitolo sarà super, mega, iper, stra importante.
Anyway, ringrazio di cuore quelle dolci persone che hanno recensito il capitolo prima :')
E ringrazio anche chi perderà tempo per leggere questo nuovo capitolo, chi lo recensirà e anche chi lo aprirà per sbaglio, <3
Grazie e a Sabato!
Baci, e ora me ne vado a cercare gli angeli di Avalon in solitudine!

 

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Capitolo 3
*** No Quarter. ***


Casa dolce casa.
Appena chiusi la porta, mi accasciai letteralmente contro di essa. Iniziai a pensare a tutto quello che mi era successo. Non c’era nessuna via d’uscita dal guaio in cui mi ero cacciata. Cosa avrei potuto raccontare ad Andrew? ‘Scusa se ho distrutto il sogno della tua vita di lavorare con i Led Zeppelin, tanto sei solo il mio migliore amico..’ certamente non poteva funzionare. E cosa avrei fatto con quei quattro? Dire tutto e farmi sbattere in prigione dal mio stesso padre, o continuare la farsa, iniziando a raccontare così tante bugie da non saper più riconoscere la verità?
Dovevo trovare un modo per schiarirmi le idee. Di una passeggiata per Londra non se ne parlava minimamente; tutte quelle anziane che mi fissano sconcertato per il mio taglio troppo azzardato. Forse una semplice doccia era la soluzione migliore. Mi alzai da terra, trascinandomi desolata verso il bagno, in cerca del colpo di genio per tirarmi fuori dai guai.

***

-E’ permesso?- Trovando la porta aperta, John Paul Jones, lo prese come un palese invito ad entrare. Il nuovo tecnico del soundcheck, Andrew, aveva dimenticato in studio il portafoglio di pelle nera,  e il bassista si era recato al domicilio indicato sul contratto del ragazzo per poterglielo restituire. Questi lavori toccavano sempre a lui, come se il suo mestiere fosse quello di facchino dei Led Zeppelin e non di bassista.  Anche se, oramai, ci aveva fatto l’abitudine.
Appena entrato iniziò a guardarsi attorno. Pareva tutto così ordinato per essere la casa di un ragazzo di soli diciannove anni. Ricordava ancora il disordine “creativo” che dominava la sua camera da ragazzino.

-Andrew, sei in casa?- urlò senza ottenere risposta. Dal piano superiore, John percepì il rumore dell’acqua della doccia che scorre; capì che era per quello che Andrew non rispondeva, il ragazzo non aveva nemmeno sentito entrare in casa il bassista.
John decise di aspettare, passando il tempo ad osservare le migliaia di foto poste sul piccolo ripiano del salotto. Una ragazza abbracciata ad un uomo era immortalata nella maggior parte di esse. Si trattava di una ragazza molto simile ad Andrew, forse sua sorella, abbracciata in quasi ogni scatto ad un uomo, probabilmente loro padre. Era strano notare quanto quella ragazza fosse identica al loro nuovo collaboratore, e che al contrario non c’era nemmeno una foto che ritraesse Andrew… Troppo strano.

***

In pace con me stessa. Questa era la sensazione che si era accumulata in quei quarantacinque minuti sotto il getto d’acqua bollente. Certamente non ero riuscita a risolvere nulla, ma avevo comunque recuperato un minimo di calma. Avvolta da un asciugamano bianco, iniziai a percorrere a larghi passi camera mia cercando di auto convincermi che, tutto quello che era successo fino ad ora, non era per nulla reale.
Il rumore di uno schianto, proveniente dal piano terra mi fece pensare al ritorno a casa di mio padre. Con in mano il pettine iniziai a sistemarmi i corti capelli e, nel contempo, mi diressi verso l’ingresso per parlargli.

-Papà sei a casa? Ho bisogno di parlarti, credo di aver trovato una lav…  MA TU NON SEI MIO PADRE!- gridai lasciando cadere il pettine a terra e iniziando a tremare non solo dal freddo, ma dal terrore.  Quando riconobbi l’ ‘ospite’ che tentava invano di raccogliere i cocci di una cornice da terra sentii il cuore fermarsi per qualche secondo. –JOHN!-

-Cristo, ma tu sei una donna!- non avevo mai visto un’espressione così sconvolta in tutta la mia vita; la reazione di Jonesy iniziò a terrorizzarmi seriamente, non solo perché in un solo momento tutte le bugie che avevo raccontato erano andate in fumo ed ormai il mio licenziamento era imminente, ma anche perché Page, come già aveva minacciato, mi avrebbe potuto denunciare.
-Hai bisogno di urlarlo?!  Vuoi per caso appendere il manifesti in piazza?!- decisi di comportarmi come se fosse lui ad avere commesso l’errore più grande della sua vita, cercando di difendermi e continuando a stringere il più possibile attorno a me, l’asciugamano fradicio.
-Tu ci hai ingannato! Cosa diamine volevi fare?! Allora tutte le paranoie di Jimmy su quell'ipotetico "sabotaggio dall'interno" erano vere, mio dio....- Il bassista iniziò a percorrere a larghi passi la stanza camminando velocemente avanti e indietro pervaso dall’agitazione.
-Jonesy, te ne prego, tu non capisci…Sono stata obbligata a…- non sapevo in effetti come scusarmi, avevo errato io, non mi sarei nemmeno dovuta presentare quel giorno.
-obbligata a fingerti uomo? Obbligata a prenderci tutti per il culo?! Illuminami perché proprio non trovo il punto in cui TU venivi obbligata a fingerti qualcuno che non sei e la cui identità magari non esiste nemmeno!-
-John ascoltami, posso spiegarti tutto, ma tu mi devi promettere che manterrai la calma e mi ascolterai fino alla fine… Poi potrai riempirmi di insulti e fuggire da.. ecciù..- iniziai a starnutire come un’ossessa. Ero totalmente bagnata e di li a poco, di certo, mi sarei presa l’influenza se non mi fossi repentinamente asciugata.
-Prima è meglio se ti copri, non voglio mica che ti ammali…- disse passandosi rassegnato una mano sul collo.

Corsi in camera a cercare qualcosa per coprirmi. Era tutto finito, John aveva scoperto tutto e non era nemmeno passata una settimana. Per colpa di una stupida porta lasciata aperta ora sarei stata licenziata, denunciata ed ero anche stata capace di distruggere il sogno di Andrew.
Bel lavoro Sheridan, geni come te nascono una volta ogni cento anni.
Coperta da un totale di due maglie ed un maglione, ed un paio di pantaloni mi recai al piano inferiore con il cuore in gola. Ero pronta a ricevere tutti gli insulti del mondo, ormai era tutto andato perso.

-Allora?- seduto sul bracciolo del divano, con sguardo accusatore, John Paul Jones mi fissava irritato ed estremamente arrabbiato. Presi un respiro profondo, e appoggiandomi con la schiena alla libreria di fronte a lui, iniziai a raccontare la verità.
-Il mio nome è Leslie, Leslie Sheridan, sono una studentessa della Royal Music Academy e ho diciannove anni.. Andrew Wolwitz è il mio migliore amico. Gli era capitata l’occasione della vita, lavorare con i Led Zeppelin, ma il giorno del provino ricevetti una sua telefonata dove mi spiegava che si era irrimediabilmente ammalato e che non si sarebbe potuto presentare… Non volevo che tutto andasse in fumo, così mi è balenata l’idea di fingermi lui. Avevo programmato tutto, si trattava solo di venire da voi e spiegarvi l’accaduto, implorandovi di riservare una seconda occasione per Andrew, ma poi Jimmy ha parlato di “denunciare tutti quelli che si erano presentati sotto falsa identità” e…-

-Fammi indovinare, sei andata nel panico e hai preferito fingere di essere dell’altra sponda piuttosto che dire la verità.-

-Lo so, sono una persona orribile, non c’è bisogno che venga rincarata la dose…- dissi nascondendo il viso fra le mani per l’estrema vergogna. Non ero mai stata tanto mortificata in tutta la mia vita, era una sensazione a dir poco orribile. Sentii le mani calde di John afferrare le mie. Iniziò a guardarmi negli occhi con un sorriso divertito dipinto sul viso.

-Non so quale strano marchingegno sia scattato nella tua testa, non so come tu abbia pensato di poter fingerti uomo per lavorare con noi… Ma una cosa la so di per certo, sei una ragazza che ha coraggio, e sei pure dannatamente brava con gli strumenti e tutto, e posso dire di per certo che non esiste uomo, ma nemmeno donna, che sia in grado di rispondere a tono a Jimmy Page. Per questo io non parlerò.-

-Stai dicendo che mi coprirai?- esclamai incredula fissandolo con la bocca aperta.

-Sto dicendo che questa storia inizia a divertirmi davvero, e che sono pronto ad aiutarti in questa faccenda, Leslie.- lo abbracciai forte, a stento mi ressi sulle ginocchia; tutta l’agitazione che avevo accumulato in quei minuti, era come scomparsa.

-Jonesy…Grazie.-




*Quadrato dell'Autrice*
Yee, finalmente aggiorno! Si sono viva se ve lo state domandando, solo che sabato stavo morendo dal sonno, domenica dovevo prepararmi per un terribile test di matematica sulla SCOMPOSIZIONE DI POLINOMI o.O Ditemi voi, cosa mi serve la matematica, se da grande farò la groupie delle rockstar anziane? LOL 
Anyway, Jonesy ha scoperto tutto, non ha fatto passare nemmeno una giornata che già ha scoperto l'intrigo, però la coprirà quindi, lo show andrà avanti e se ne vedranno delle belle da qui in poi!
Vado a vedere Once Upon a Time :')
E ricordate che,  IT'S TIME TO RAMBLE ON! (?)

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