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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1 Capitolo ***
Capitolo 2: *** 2 Capitolo ***
Capitolo 3: *** 3 Capitolo ***
Capitolo 4: *** 4 Capitolo ***
Capitolo 5: *** 5 Capitolo ***
Capitolo 6: *** 6 Capitolo ***
Capitolo 7: *** 7 Capitolo ***
Capitolo 8: *** 8 Capitolo ***
Capitolo 9: *** 9 Capitolo ***
Capitolo 10: *** 10 Capitolo ***
Capitolo 11: *** 11 Capitolo ***
Capitolo 12: *** 12 Capitolo ***
Capitolo 13: *** 13 Capitolo ***
Capitolo 14: *** 14 Capitolo ***
Capitolo 15: *** 15 Capitolo ***
Capitolo 16: *** 16 Capitolo ***
Capitolo 17: *** 17 Capitolo ***
Capitolo 18: *** 18 Capitolo ***
Capitolo 19: *** 19 Capitolo ***
Capitolo 20: *** 20 Capitolo ***
Capitolo 1 *** 1 Capitolo ***
Un pesante strato di nuvoloni grigi e carichi di temporali aleggiavano sul cielo di Londra. Niente di nuovo. Era novembre, l'aria iniziava a diventare sempre più fredda, il mercurio nei termometri appesi alle pareti degli appartamenti londinesi scendeva vertiginosamente. Quello era il periodo dell'anno dove la natura moriva e un po' io con lei. Le foglie ormai secche e scure cadevano sull'asfalto bagnato per poi essere spazzate via dal vento. Mi strinsi forte nella mia sciarpa di lana mentre mi avviavo a passo svelto per rintanarmi dal freddo nella casa di. Odiavo quel ragazzo, era così pieno di se, era uno di quelli convinti che il mondo girasse intorno a se stesso,solo perché era -obbiettivamente- bello, circondato da ragazze e amici e suo padre era circondato da palate di soldi. Suo padre era il famoso cantante che faceva parte dei One Direction. Raggiunti i trenta i suoi fan, e quelli del resto del suo gruppo, non avevano affatto iniziato a sparire come ci si poteva aspettare. Io comunque non ne facevo parte e l'unico motivo per cui stavo andando a casa sua era che la professoressa di storia ci aveva assegnato una relazione da fare a coppie e la mia sfortuna mi aveva accoppiata a lui, al contrario delle altre che gli sbavavano dietro avrei preferito fare la relazione con una scimmia piuttosto che con quell'idiota, provai a convincere la signora Knight ma niente, ero condannata. Non era esattamente una cima così mentre continuavo a camminare mi chiesi perché non avevo fatto tutto da sola in modo da dovergliela fare solo firmare, sarebbe stato molto più semplice che cercare di fargli capire qualcosa, ma ormai ero quasi arrivata. All'ingresso del viale che portava alla loro villa in uno dei quartieri più lussuosi nella parte nord della città c'era un grosso cancello di ferro nero. Vidi le telecamere poste ai due lati e poi mi accorsi di un bottone, probabilmente quello del campanello così lo spinsi. Dopo qualche secondo, accompagnato da un suono metallico il cancello iniziò ad aprirsi lentamente e appena ci fu abbastanza spazio lo oltrepassai. Al portone d'ingresso c'era quella che doveva essere la domestica ad aspettarmi, mi sorrise gentile.
-Aaron non è ancora a casa, non so quando torni ma se non le dispiace può aspettare di là.- così dicendo aprì una bella porta di scuro legno costoso che si apriva su una bella e grande stanza indicandomi un divano di pelle. - Okay, grazie.- risposi leggermente imbarazzata e andai a sedermi. Lei si richiuse la porta alle spalle lasciandomi sola. C'erano alte finestre che arrivavano fino al soffitte e coperte da lunghe tende, tutti i mobili erano perfettamente lucidati, ogni cosa era al suo posto in una precisione millimetrica. Tutto quell'ordine mi dava alla nausea, non avrei mai potuto vivere in un posto simile, il disordine era fondamentale per me. Presa dalla curiosità iniziai a girovagare per la stanza in cerca di qualcosa di interessante e quello che attirò la mia attenzione fu una foto dei genitori di Aaron insieme. Sapevo che sua madre era morta anni prima, quando lui era solo un bambino, un omicidio, ma l'assassino non era mai stato trovato. La mia di madre aveva seguito tutta la storia in TV, sapevo che la conosceva, o che almeno ci aveva scambiato qualche parola in più di uno degli eventi mondani che organizzava. Anch'io vivevo in una grande casa e i miei genitori non erano sicuramente poveri, ma non andavo a vantarmene in giro, in realtà odiavo quel mondo pieno di soldi in cui mi facevano vivere. Non sapevo il motivo per cui quella foto aveva attirato la mia attenzione e tanto meno sapevo quello per cui non riuscivo a smettere di fissarla ma c'era qualcosa, che non riuscivo a cogliere che la rendeva speciale. - Stavamo bene insieme.- una voce maschile alle mie spalle mi fece sobbalzare all'improvviso. Era lui, l'uomo tanto desiderato da molte ragazze, Liam Payne. - Mi scusi- balbettai. - non volevo...- - Non ti preoccupare.- mi interruppe sorridendo. - Immagino che tu stia aspettando mio figlio. Mi dispiace che sia così maleducato.- Suo padre era così dolce e gentile che non riuscivo a spiegarmi come quel ragazzo avesse potuto avere tanta arroganza. Senza contare che fosse bello come il sole, molto più di Aaron, almeno a mio parere. Continuavo a rimanere in silenzio perché non avevo la più pallida idea di cosa dire, semplicemente lo fissavo senza neanche accorgermi della figura che stavo facendo. Dovevo avere un aria davvero stupida perché stava ridendo sotto i baffi e poi si schiarì fortemente la gola. - Ti va un po' di the o della cioccolata calda? Per fare qualcosa mentre aspetti Aaron.- Feci un attimo ordine nella mia mente, Liam James Payne, l'idolo di quasi due generazioni di ragazze mi stava offrendo della cioccolata a casa come la cosa più naturale del mondo. - Non vorrei disturbare.- gli dissi timida. - Nessun disturbo, vieni in cucina.- Quello che mi stava succedendo era irreale, forse stavo sognando. Tutta quella semplicità e quella bellezza mi lasciava senza fiato. In 18 anni di vita non avevo mai visto un uomo simile,e di uomini ne avevo incontrati tanti. - Siediti pure.- mi disse mentre apriva uno scaffale. Io obbedii subito appoggiandomi su una sedia dalla gambe lunghe poggiata dietro il bancone di marmo, continuavo a scrutarlo, osservarlo muoversi. Era incredibilmente sexy e subito mi rimproverai per averci anche solo pensato, mi faceva vergognare anche solo immaginarlo. - Thè o cioccolata?- teneva in mano due bustine differenti e scelsi per il primo, la mia dieta era molto ferrata. Solo in quel momento pensai a come potevo apparirgli, una delle tante ragazzine, anche brutta forse e abbassai la testa, ero stata una vera idiota ad aver creduto per un secondo che potesse aver trovato qualcosa di bello in me. Mentre io avrei voluto picchiarmi davvero forte lui aveva messo due tazze nel microonde e stava venendo a sedersi accanto a me. Involontariamente mi sfiorò la spalla facendomi arrossire violentemente, speravo che si potesse confondere con il calore della stanza.
- So quello che stai pensando, ma cerca di vedermi come un padre come tutti gli altri, okay? Senti dato che eri venuta qui per fare una relazione ti potrei dare una mano dato che Aaron sembra non farsi vivo. Dopo se la vedrà come me.- Avrei voluto gentilmente rispondere di no, che sarei tornata a casa e l'avrei potuta fare da sola senza problemi, o almeno era quello che voleva rispondere il mio cervello, il mio istinto invece e il mio cuore forse, furono più forti e mi fecero uscire due semplici parole di bocca senza che potessi controllarle e senza pensare alla conseguenza. - Si grazie.- ormai era troppo tardi per tornare indietro, anzi la verità era che potevo se davvero lo avessi voluto ma non ne avevo nessuna intenzione. Mi sorrise di nuovo e quella volta da così vicino il mio cuore perse un battito. Le sue labbra rosee che mi ritrovai a desiderare di baciare, scoprirono dei denti perfetti, era bellissimo. Il suo sorriso si estendeva fino agli occhi, occhi castani, occhi da cui non riuscivo a liberarmi. Per fortuna arrivò il suono del microonde a salvarmi da quella situazione imbarazzante. Lui subito scattò per andare a prendere le tazze porgermene una, e solo allora mi accorsi di avere smesso di respirare per qualche secondo, mi girava la testa per colpa del suo profumo e cercai di riprendere velocemente fiato. - Allora su cos'è la relazione?- mi chiese mentre si risiedeva accanto a me, stavo andando in tilt per colpa sua e ci impiegai più tempo del normale per rispondere ma almeno la mia voce era ferma. - Sul consumismo.- mentre parlavo osservavo attentamente ogni suo piccolo dettaglio, non volevo perdermi niente. - Mettiamoci al lavoro allora!- esclamò afferrando il portatile e costringendomi ad abbassare lo sguardo per prendere i libri e il quaderno dalla mia borsa. Non capivo assolutamente niente di quello che diceva, mi sentivo attratta da lui come non lo ero mai stata da nessun altro, ogni tanto si portava la tazza alla bocca e dopo aver sorseggiato un po' si passava le lingua tra le labbra per poi riposarla sulla superficie liscia del bancone. Ogni volta che lo faceva mi ricoprivo di brividi. Trovavo estremamente sensuale il modo in cui le sue labbra si univano per pronunciare le parole, la sua voce poi, bassa, calda mi faceva letteralmente impazzire. Stavo facendo uno sforzo enorme per non saltargli addosso e mi chiedevo per quanto avrei potuto resistere. La camicia bianca appena sbottonata e con le maniche tirate sull'avambraccio gli stava da Dio, per me era impossibile resistere dallo sbirciare la pelle del suo petto appena visibile. Più guardavo le sue mani più mi chiedevo come sarebbero state sul mio corpo e quando si passava le dita tra i capelli rischiavo di andare in iperventilazione. La barba appena accennata gli dava un'aria ancora più...sexy. Non riuscivo a pensare ad un altro termine, ero brava con le parole ma guardandolo avevo dimenticato tutto, se mi avessero chiesto in quel momento come mi chiamavo non avrei saputo rispondere. Il muoversi su e giù del suo pomo d'Adamo quando deglutiva era ipnotizzante. I suoi occhi ogni tanto guizzavano verso di me e ogni volta credevo di stare sul punto di un infarto. A dir la verità non mi ero mai sentita viva come in quel momento, era la prima volta che provavo tutte quelle emozioni tutte insieme, mi sentivo bene, piena. Distraendomi dai miei pensieri mi chiese come mai non avevo bevuto neanche un sorso .Ad interrompermi fu la ragazza di prima che aveva spalancato la porta con la giacca in mano e la borsa in spalla. - Signor Payne io vado, suo figlio ha chiamato per dire che non tornerà a dormire.- - Certo, vai pure, ci vediamo domani.- quando si fu allontanata si rivolse a me. - Non mi piace avere gente per casa, mi piace stare da solo la sera, per questo a una certa ora vanno tutti a casa.- con quel tutti immaginai si rivolgesse alle persone che lavoravano in casa sua, poi mi venne il sospetto che fossi inclusa anche io. - Oh... io vado allora, mi scusi ancora per il disturbo, è stato molto gentile.- in fretta e furia rinfilai tutte le mie cose in borsa. - Ma no- rise. - non parlavo di te, mi fa piacere darti una mano, potresti essere mia figlia.- Ecco le parole che non volevo sentire, io non ero sua figlia, ero una ragazza, una donna quasi, ma poi che mi aspettavo in fondo? Un uomo di 37 anni desiderava altro. Le lacrime iniziarono a pungermi gli occhi e mi voltai troppo velocemente. Mi ritrovai a pochi millimetri dal suo volto, potevo contargli le ciglia, potevo baciarlo, ma nonostante tutto nessuno dei due si azzardava a toccare l'altro. - Ma non lo sei.- disse concludendo la frase in un sospiro. Mi alitò sul viso, profumava di fresco, sapevo che il mio autocontrollo era arrivato al limite e ora era anche andato oltre. - In realtà a me piace il cioccolato.- risposi alla domanda che mi aveva posto prima e lo vidi per un attimo confuso. Mi avvicinai al suo collo sempre di più e con lentezza sfiancante in modo che se avesse voluto si sarebbe potuto allontanare, ma non si mosse. Con non so quale coraggio poggiai le mie labbra sulla sua voglia, per lasciargli un bacio. Aspettavo una qualsiasi sua reazione al mio gesto ma nuovamente rimase immbile, alzai lo sguardo e vidi che aveva gli occhi chiusi. C'era il silenzio più totale, solo il suo respiro sulla mia fronte e il mio sul suo petto. Dopo qualche secondo sentii la sua mano afferrare la mia, la sollevò fino all'altezza del suo cuore e la posò lì, premette leggermente e sotto il mio palmo mi accorsi del battito del suo cuore, era accelerato, il ritmo spezzato e irregolare. Sentirlo così vicino era meraviglioso, ma non mi bastava, mi sollevai sulle punte e lo baciai, fu come respirare dopo anni in apnea, come vedere di nuovo la luce del sole dopo aver vissuto in una cantina. Con la mia mano ancora tenuta sul suo petto dalla sua sentii il suo cuore iniziare a pulsare come un pazzo appena gli morsi delicatamente il labbro inferiore, finalmente rispose al mio bacio e le sua bocca morbida e bollente intrappolò la mia. Il suo sapore era ancora meglio di quanto mi aspettassi. quel bacio crebbe fino a diventare intriso di passione, amore, mi stava facendo sentire una vera donna, nel modo in cui mi toccava, mi desiderava. Io mi tenevo stretta al suo collo mentre camminando e sollevendomi a pochi centimetri da terra mi spinse verso il muro. Immaginavo come si sentisse, forse stava pensando a suo figlio, a sua moglie che non c'era più, al fatto che avessi diciannove anni in meno di lui, al fatto che avrebbe voluto fermarsi ma non ci riusciva. Pensavo anch'io a quelle cose e anch'io non riuscivo a fermarmi. Non resistetti all'impulso di sbottonargli la camicia, al terzo bottone però la sua mano bloccò la mia. Mi allontanai da lui e abbassai lo sguardo. - Scusami.- mormorai senza ancora riuscire a guardarlo, avevo paura di quello che avrei trovato nel suo sguardo. - Dovresti smetterla di scusarti,è anche colpa mia, quando ti ho vista prima ho capito che eri diversa, sapevo che se ti fossi stato troppo tempo vicino non avrei più saputo resisterti ma ho continuato comunque a fare quello che ho fatto. Ho sbagliato.- - Adesso è meglio che me ne vada.- con quelle parole presi coraggio e lo guardai. Nei suoi occhi non c'era rabbia, accuse, pentimento ma solo tristezza. Non aspettai una sua risposta, non gliene diedi il tempo e scappai via. Mentre percorrevo correndo il viale sentivo qualcosa dentro di me che avrebbe voluto spingermi dalla parte opposta, mi stavo allontanando dal mio centro di gravità, ed era sbagliato. Come avrei potuto continuare a rimanere in piedi?
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L'impaginazione è un disastro ma non so per quale motivo non riesco a metterla a posto:( Mi farebbe piacere un qualsiasi tipo di recensione, non stacco le teste a morsi;) Grazie mille anche se non lo fate!
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Capitolo 2 *** 2 Capitolo ***
2 capitolo
"Kate
mi ascolti?" mia madre cercò di attirare la mia attenzione
schioccandomi più volte le dita davanti agli occhi. Ero troppo
immersa nei miei pensieri per prestarle ascolto, non riuscivo a
smettere di pensare alla sera precedente. Non riuscivo a togliermi
dalla testa il modo con cui mi aveva stretta, con cui mi aveva baciata.
Adesso seduta al tavolo della sala da pranzo a mangiare bacon e uova
con i miei mi sembrava tutto ancora più irreale di quanto mi
fosse sembrato al momento.
"Che c'è?" le chiesi scocciata.
"Io e tuo padre
andremo a Dublino oggi pomeriggio per un convegno, torneremo
venerdì e tu andrai a dormire da Jess."
"Va bene." risposi annoiata. Ero abituata ai loro improvvisi viaggi di
lavoro, probabilmente durante quell'anno avevo dormito più volte
dalla mia amica che a casa mia. Proprio in quel momento il suono di un
clacson mi fece sobbalzare.
"Sono loro, la tua
borsa è in cima alle scale." mi informò mio padre e prima
di andarmene baciai entrambi velocemente sulla guancia.
"Hai delle occhiaie tremende"- una voce ancora assonata mi disse
mentre salivo sul sedile posteriore di quella lussuosa macchina dai
vetri scuri.
"Buongiorno anche a te Jess."
"Seriamente, hai
un aspetto tremendo. Vieni qui." così dicendo cacciò
fuori un correttore dalla sua borsa super attrezzata per poi applicarlo
con precisione sotto i miei occhi.
"Non ho dormito per
niente stanotte." le spiegai con uno sbadiglio.
"Per la relazione?" deglutii rumorosamente ai ricordi che la
parola “relazione” portava con se.
"No, quella l'ho finita presto."
"Allora perché non hai dormito?"
conoscevo Jess da quando andavamo all'asilo, ci eravamo sempre dette
tutto, tra noi non c'erano segreti ma per qualche motivo non me la
sentivo di raccontargli quello che era successo e le mentii con scarsi
risultati.
"Mal di pancia." ovviamente non mi credette
ma non fece altre domande.
"Io devo raccontarti una
cosa." mi disse radiosa mentre ci lasciavano davanti all'entrata
della scuola.
"Spara!" ero sinceramente incuriosita. Si
attorcigliò più volte i capelli tinti di biondo attorno al dito
prima di rispondere.
"Io e Luke siamo usciti insieme e mi ha baciata."
avrebbe voluto urlarlo.
"Wow." Fu l'unica cosa che uscì dalla mia bocca.
"E' stata la sera più bella della mia vita." non riusciva a
smettere di sorridere e io l'abbracciai, felice per lei.
"Dopo mi racconti tutto, adesso è meglio se ci sbrighiamo per
trigonometria." Odiavo quella
materia con tutta me stessa, la matematica non era nel mio DNA, mi
faceva venire il voltastomaco e le lezione della signora Henderson
erano interminabili, erano un ottimo sonnifero però, anche se
poteva essere un problema se ti veniva fatta una domanda proprio sul
più bello di un sogno particolarmente interessante.
Finalmente
la campanella suonò liberandoci da quella tortura e io e Jess
andammo ai nostri armadietti per prendere i libri di arte.
"Che ne dici se oggi pomeriggio andiamo al centro commerciale?"
"Si,
credo che ho bisogno di qualcosa di nuovo." veramente non avevo
molta voglia di uscire ma se fossimo rimaste a casa sua mi avrebbe
fatto ascoltare le canzoni del suo gruppo preferito (anche solo
pensare al nome mi faceva star male) invece in questo modo forse mi
sarei distratta da quello che mi passava per la mente. Non passava
un solo minuto senza non che pensassi a lui e senza che mi
rimproverassi di farlo, era la cosa più stupida che avessi mai
fatto in vita. Non volevo credere che fosse propriamente amore ma
era una cosa così forte che non riuscivo a immaginare cos'altro
potesse essere, cercavo delle scusa dentro di me ma niente, non
c'erano altre spiegazione e questa cosa mi spaventava tremendamente.
Forse l'avevo solo incontrato in un momento difficile, la rottura
con Chris, la perdita della mia migliore amica insieme a Jessica e
in lui avevo visto un porto sicuro, un ancora di salvataggio, forse.
Fatto stava che ogni singola e anche più insignificante cosa di lui
era speciale, diversa, unica, irripetibile e già iniziavo a
sentirne la mancanza, non potevo essermi innamorata in così poco
tempo di uno sconosciuto, o si? Le due ore che seguirono passarono
abbastanza velocemente e in mensa mangiai più che potei, riempirmi
la pancia mi distraeva, la mia dieta poteva anche andare a quel
paese.
"Non entrerai più nei tuo vestiti se continui così." mi
fece notare Jess con una punta di acidità nella voce.
"Tu pensa di
entrare nei tuoi."
"Mangia che è meglio." era davvero ridicola,
era una delle ragazze con il fisico migliore nella nostra scuola ma
continuava a farsi problemi con il suo peso, avrei fatto carte false
per essere come lei.
"Comunque hai visto Abbie Winston? Secondo me
si è rifatta le tette durante le vacanze di Natale." rivolsi lo
sguardo nella sua stessa direzione e osservai la ragazza.
"Potrebbe
essere, probabilmente doveva completare con il lavoretto che ha
fatto alle labbra." le risposi.
"Che fate vi avvelenate con il cibo
della scuola?" una voce alle nostre spalle ci fece voltare di
soprassalto. Era Adam, il nostro amico di sempre, il mio migliore
amico.
"Mi sei mancato!" gli saltai addosso per abbracciarlo e
rischiando di soffocarlo.
"Non dovevi tornare tra quattro giorni da
New York?" chiese Jess stringendolo a sua volta.
"No, volevo
farvi una sorpresa, comunque ho dei regali per voi."
"Davvero?"
"No, me li hanno sequestrati
all'aeroporto."
"Ahahahahahahahaha, sei un disastro."
"Tanto è il pensiero che conta, no?"
"Certo." lo guardai mentre rideva e mi venne in mente quando
un paio d'anni prima avevo avuto una cotta per lui, era bello,
simpatico, comprensivo, il ragazzo che ognuna avrebbe voluto al
proprio fianco ma mi era passata subito e dopodiché avevo fatto
solo scelte sbagliate. Con lui forse sarebbe stato semplice ma io e
il sesso opposto non avevamo mai avuto un rapporto semplice e
sarebbe stato sempre così. "Kate tutto bene?" mi chiese lui riportandomi
alla realtà.
"Dopo posso parlarti un secondo?"
Ovviamente quando una persona ti chiede se può parlarti un secondo
immediatamente ripensi a tutto quello che avresti potuto fare e in
quel periodo, soprattutto in quel momento, la mia coscienza non era
proprio pulita ed ero un po' preoccupata di quello che volesse
dirmi.
La campanella suonò di nuovo per avvisarci che la pausa era
finita così andammo in classe di malavoglia, era l'ora di storia e
stavo aspettando Aaron per la sua firma, appena arrivò in classe
però fu lui a cercarmi.
"Kate
scusami, ieri me ne sono completamente dimenticato." si scusò
mentre si avvicinava al mio banco.
"Figurati, potrei avere almeno l'onore
di un tuo autografo qui?" gli dissi con falsa voce adulatoria
porgendogli una penna nera. Mi stava guardando male e io ricambiai
l'occhiata. Mossa sbagliata. I suoi occhi erano l'esatta fotocopia
di quelli di suo padre anche se non esattamente belli come i suoi,
passai qualche secondo di troppo a fissarli e lui scuotendo la testa
per il mio comportamento mi lasciò lì in piedi, con lo sguardo
perso nel vuoto come una cretina.
"Seduti ragazzi, veloci." l'ordine della
signora Knight mi costrinse a muovermi, stavo perdendo un po' troppo
il senso della realtà quel giorno ma avevo altro di cui occuparmi.
"Oggi sei strana." mi disse Jess mentre si sedeva al mio
fianco.
"Lo so."
"Vuoi
dirmi cos'hai?"
Scossi
la testa, non avevo realizzato bene neanch'io, figuriamoci se avessi
potuto spiegare a lei cosa mi stava accadendo, fece per dirmi
qualcosa ma fu zittita dalla professoressa che la richiamò al
silenzio. I compiti furono tutti ritirati e seguì una strage di
interrogazioni tra cui la mia, ma della quale non avevo voluto
sapere il voto. Solo sopo averci assegnato un intero capitolo io,
Adam e Jessica raggiungemmo l'aula dell'ultima lezione di quel
giorno.
"Sembri a pezzi."
"Lo sono Adam, è diverso." anche se adesso
che lui era tornato mi sentivo leggermente meglio di quando mi ero
svegliata.
"E' possibile che mi allontano
tre settimane e ti riduci così?"
"Così come?" era vero che ero stanca ma non
credevo di essere a un livello tanto critico.
"Bho, non lo
capisco." lo guardai inarcando un sopracciglio e lui mi rispose con
una semplice alzata di spalle.
Durante l'ora il mio sguardo si alternava ripetitivamente tra il
mio orologio e il cielo al di là della finestra, quella era
istigazione al suicidio, altro che! Finalmente dopo cinquanta minuti
di agonia potevo andarmene e dormire. Mentre percorrevamo il
corridoi principale non potei fare a meno di notare Aaron che
discuteva con un altro ragazzo, mio cugino e non sembrava molto
amichevole, mi avvicinai appena in tempo per vedere un pugno volare
nella direzione di Finn, iniziarono a fare sul serio e non ci pensai
due volte a intromettermi per separarli.
"Sparisci Allen,
nessuno ti ha chiamata."
"Oh chiudi il becco, Payne."
un nanosecondo e anch'io mi ritrovai il segno della sua mano sul
viso, la rabbia si impossesò di me e gli ricambiai il favore,
sfortunatamente il preside vide tutto.
"Allen, Payne, in presidenza!
Immediatamente, nel frattempo provvederò ad avvisare i vostri
genitori." una piccola folla si era riunita per assistere allo
spettacolo ma si dileguò alla velocità della luce.
Perfetto, di male in peggio, dovevo
cercarmi di tenermi lontana da lui il che includeva anche lo stare
lontana dal figlio. Adesso lo avrei ritrovato nell'ufficio del
preside a meno mezzo metro di distanza in una situazione abbastanza
imbarazzante, volevo seppellirmi in quel momento. In assoluto
silenzio arrivammo all'ufficio e ci sedemmo sulle due poltroncine
poste dalla parte opposta della scrivania. Avevo una paura tremenda
ma non per la punizione che mi avrebbe aspettato ma per il fatto che
tra pochi minuti lo avrei visto di nuovo, ero agitatissima.
"Chi di voi due
vuole spiegarmi il motivo di quella baraonda?" ci chiese il preside
entrando e sbattendo violentemente la porta.
"Cercavo di separare Aaron da un altro ragazzo e mi ha colpita." "Stavi facendo a botte
già con un altro ragazzo? Tuo padre sta arrivando, dobbiamo
chiarire alcune cose con te."lui sembrava completamente indifferente
a quella notizia, forse lo era davvero.
"Per quanto ti riguarda" si rivolse a me "ho chiamato i tuoi
genitori ma non rispondono."
"Sono a Dublino per un convegno,
tornano venerdì."
"Bene, allora aspetteremo il signor Payne." mi
vennero i brividi alle ultime due parole, e come detto dopo qualche
minuto di completo silenzio bussò alla porta. "Avanti...
Buongiorno." "Buongiorno." oddio la sua voce, rischiavo di sentirmi
male per la tensione che sentivo nei muscoli.
"Allora, come sa suo
figlio stava facendo una rissa con la signorina qui presente."
sentendomi chiamata in causa fissai con ostinazione un punto del
muro di fronte a me diventato particolarmente interessante. "Non è
nuovo a queste cose quindi purtroppo credo che dovremmo sospenderlo
per un paio di giorni."
"Lo trovo giusto, ci penserò io a casa a
dargli una bella lezione." non mi piaceva sentirlo parlare in questo
modo, mi sentivo così in colpa, la voglia di voltarmi e chiedergli
scusa era enorme ma chissà se avrei resistito a quella di toccarlo,
feci finta di ignorarlo del tutto.
"Allen lei può tornare a casa,
da quello che ho capito si stava solo difendendo, ma non voglio che
capitino altri episodi del genere o non sarò così indulgente." Ma
no, volevo che punisse me, non potevo permettermi di passarla liscia
dopo aver preso a pugni suo figlio.
Non
riuscii a protestare però e mi limitai a voltarmi verso di lui per
guardarlo, ne avevo bisogno e incrociai il suo sguardo, mi sentii
male. Era come se avessi ricevuto un colpo allo stomaco, fece un
balzo all'indietro e il mio cuore salì in gola, non riuscivo a
decifrare quello che volesse dirmi ma avevo la sensazione che non
fosse nulla di buono. Non riuscivo a muovermi, improvvisamente le
mie gambe erano diventate pesanti e la testa aveva iniziato a
girarmi, feci uno sforzo incredibile per controllarmi e sostenermi.
Il
preside ci accompagnò fuori dove c'era Jessica che mi stava
aspettando con aria furiosa ma ero troppo felice per preoccuparmene,
da lontano lo osservai salire in macchina, fare manovra per
ripartire e avrei giurato che prima di andarsene si era voltato a
guardarmi.
______
Lo
so che questo capitolo fa penna ma serviva per introdurre i nuovi
personaggi, se volete insultarmi con le recensioni giuro che non
me la prendo :3
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Capitolo 3 *** 3 Capitolo ***
Liam 3
La
luce rossa al led sul display della sveglia segnava le due e venti di
notte e non non ero riuscita ancora a prendere sonno nonostante fossi
stanchissima a causa di quello che mi passava per la testa. Non
riuscivo a essere obbiettiva, forse a causa del fatto che ogni volta
che pensavo a lui mi sentivo spaventata e fuori posto, ma comunque
non riuscivo a prendere una decisione. La parte razionale di me mi
diceva di dimenticarlo, di scappare da quella situazione e quella
irrazionale di fregarmene di tutto e fare semplicemente quello che
volevo. Avrei voluto maledire quella sera del giorno prima ma non
potevo fare a meno di pensare che era stata una delle più belle
della mia vita, se non la prima, era stato tutto così perfetto fino
a quando non avevo esagerato.
Jessica
aveva iniziato a russare, ovviamente ogni volta che provavo a
dirglielo si rifiutava di credermi, così mi alzai irritata e mi
chiusi in bagno, quella per me era come una seconda casa. Era la
seconda notte che passavo in bianco così decisi che forse uscire per
prendere un po' d'aria non mi avrebbe fatto male. Mi lavai
velocemente la faccia e i denti, non uscivo mai senza averlo fatto,
indossai un paio di jeans strettissimi con una felpa pesante e un
paio di scarpe da ginnastica. Cercando di fare il meno rumore
possibile attraversai la stanza afferrando il cellulare e scesi le
scale fino alla porta sul retro, quella che era sempre aperta. Era
davvero freddo e infilando le mani in tasca mi pentii di non essermi
coperta di più, non sapevo dove stavo andando, stavo solo seguendo
le mie gambe, avevo bisogno di scaricare la tensione e sicuramente
quello era un modo migliore che continuare a rigirarsi nel letto.
Quelle strade di notte poi mi erano sempre piaciute, in quel
quartiere lontano dal centro c'era calma e si potevano anche vedere
le stelle. Se non fossi stata così assonnata mi sarei goduta di più
la mia passeggiata, di solito non mi piaceva dormire ma in quello
stato avrei voluto solo seppellirmi nel letto.Di notte puoi vivere davvero, passarla dormendo lo consideravo uno
spreco di tempo, ci si perdono un sacco di cose mentre si sogna nel
proprio letto. Potranno anche essere sogni particolarmente belli, o
anche solo incubi che ci fanno riflettere ma niente è bello o ti fa
riflettere come quello che è fuori. La maggior parte della gente non
capisce cosa ci sia di così spettacolare nel buio o nelle strade
semi deserte, forse i loro occhi sono offuscati dal sonno o dalla
voglia di rintanarsi nelle loro comode stanze.
Mi ero
allontanata già di due isolati e per paura che qualcuno si potesse
accorgere che non ci fossi decisi di attraversare la strada per
tornare indietro ma a metà delle strisce pedonali vidi una macchina
venire verso di me senza avere la minima intenzione di fermarsi. Se
fossi stata intelligente sarei corsa via invece rimasi come un'
idiota immobile a fissare la luce abbagliante dei fanali venire verso
di me e essere colpita dal muso dell'auto. L'impatto fu meno doloroso
di come me lo aspettavo, evidentemente l'autista si era accorto
all'ultimo secondo della mia presenza e aveva cercato di rimediare,
forse non mi ero fatta niente. Sdraiata sulla strada sentii qualcuno
sbattere la portiera e correre preoccupato verso di me, alzai il viso
e smisi di respirare. Non volevo credere che fosse lui ma era lì, di
nuovo a pochi centimetri da me.
“Kate scusami non ti avevo vista,
appoggiati a me, ti aiuto a alzarti.” Per lui sembrava normale che
ci fossimo incontrati alle tre di notte, in una strada deserta e mi
avesse quasi messo sotto ma forse il suo istinti paterno sopra valse
su tutto quello.
Feci
come mi disse lui e gli misi un braccio attorno al collo, mi sollevò
e quando provai a lasciarlo la mia caviglia destra cedette così
subito mi sorresse per un fianco. Lo guardai, volevo dirgli qualcosa,
qualsiasi cosa ma nel mio cervello non c'era assolutamente niente,
ogni volta che lo fissavo negli occhi perdevo ogni capacità fisica e
mentale.
“Cosa ci fai in giro a quest'ora?” mi chiese mentre mi
accompagnava al sedile del passeggero.
“Potrei farti la
stessa domanda.” Non volevo essere così dura ma era l'unico modo
per mantenere un tono di voce dignitoso.
“Avevo solo voglia di fare un giro.”
forse era l'ora ma non riuscivo a capire cosa voleva fare con me,
prima mi trattava come una sconosciuta e poi come se fossi stata una
sua amica, non che mi dispiacesse.
“Non riuscivo a dormire.” mi
sembrava giusto che gli rispondessi anch'io e non volevo passare per
una acida.
“Ed ecco quello che può succederti,fammi vedere la
caviglia.” lentamente mossi la gamba, lui l'afferrò per il
polpaccio con delicatezza e sollevò di poco i jeans. In quel modo mi
uccideva però, quando la sua mano sfiorò la mia pelle avvampai
ricoprendomi di brividi, era incredibile quello che riusciva a far
scaturire in me con un gesto semplice come quello.
“Non mi fa male, davvero.” protestai con voce
flebile, rossa in viso per la vergogna.
“Se
ne sei sicura allora ti riporto a casa.” mi sorrise riempendomi il
cuore, ma non volevo che mi riportasse a casa.
“No!” mi ritrovai quasi a
urlare, spaventata dal pensiero di dovermi allontanare di nuovo da
lui.
“Dove vuoi che ti porti allora?” aveva lo stesso
sorrisino di quando a casa sua ero rimasta a fissarlo trasognante.
“Con te.” ma che diavolo stavo dicendo? Avevo rovinato tutto,
bene, benissimo, adesso mi avrebbe lasciata lì, me lo sentivo.
“Va bene.” non era
reale che avesse accettato di portarmi con lui, probabilmente mi
sarei svegliata da un momento all'altro.
“Sai io ci ho provato sul
serio a stare lontano da te” continuò mentre metteva a moto “ma
sembra che non debba così perciò ci rinuncio. So perfettamente che
non dovrei fare quello che sto facendo ora ma non ne ho le forze,
sono un uomo, sono debole.” Ero incredula,
mi aveva appena dato la certezza che anche lui desiderava avermi
vicino, forse non quanto me, ma era già un inizio. Riuscivo a
osservarlo attraverso la luce dei lampioni, era teso, la sua perfetta
mascella era tirata e stringeva forte il volante. In quell'abitacolo
c'era come una forza elettrica tra noi, come due forze opposte che si
attraggono e per quanto possano resistere alla fine cedono. In cuor
mio sognavo che accadesse proprio quello ma non volevo affrettare
niente, sapere di averlo almeno quel poco mi bastava, per ora.
“Liam.” Lo chiamai, era la prima volta che pronunciavo il
suo nome, che lo pensavo, avevo come paura che si consumasse e mi
guardo con aria interrogativa. In realtà non volevo dirgli niente
volevo solo sapere come suonava il suo nome pronunciato da me, chissà
se gli piaceva. In fretta mi inventai qualcosa.
“Andiamo al centro
commerciale?” azzardai un mezzo sorriso e lui ricambiò.
“Certo. Come mai?”
“Perché mi
piacciono e poi ho fame, a dir la verità ho sempre fame, mi dicono
sempre che dovrei mangiare di meno.”
"Non
sembra.” osservò guardandomi. Di nuovo le mie guance si colorarono
per l'imbarazzo.
“Lo so, me lo dicono in molti.” lo
dissi apposta e notai un leggero disappunto nella sua espressione
alle mie parole, ne fui felice, mi trattenni dal ridacchiare.
“E quanti ti dicono che hai un sorriso da far
svenire?” doveva essere una domanda retorica, ma pensandoci,
nessuno me lo aveva mai detto di tutti quelli con cui ero uscita.
“In effetti nessuno.”
“Allora te
lo dico io.” forse era per questo che ancora non mi ero innamorata
davvero, i ragazzi della mia età non erano così o almeno quelli che
avevo conosciuto io.
Arrivati
al parcheggio subito scese dalla macchina per venirmi ad aprire,
aveva paura che mi potesse ancora far male il piede, la verità era
che non me ne sarei accorta perché la felicità che provavo in quel
momento accanto a lui superava qualsiasi altra cosa. Rimasi
piacevolmente colpita da quel gesto e afferrai la sua mano sentendomi
il braccio percorso da una scossa.
"Che
ti andrebbe da mangiare?” mi chiese quando la porta elettrica ci
fece passare.
“Pizza.” amavo la
pizza, l'avrei mangiata per sempre a ogni ora.
"Va
bene, ma forse a quest'ora sarebbe meglio qualcosa di più leggero.”
quanta apprensione.
“Tu vorresti proibirmi tutto
questo?” gli dissi con una finta espressione offesa e indicando una
teglia avvicinandomi al bancone.
"Ahahaha
no, basta che poi non ti senti male.” Ma io stavo già male, averlo
così vicino mi faceva venire il fiato corto e le farfalle nello
stomaco.
Mentre
uscivamo dal negozio diedi un morso al trancio che tra l'altro aveva
pagato lui insistendo, era squisita.
"Vuoi
assaggiarla? È buonissima.” lo vidi un attimo titubante ma poi mi
sorrise prendendomi la mano per avvicinarla alla bocca, dovevo
smetterla di rischiare di farmi venire un infarto ogni volta che mi
toccava. Gli era rimasto un po' di pomodoro sulla bocca e non so con
quale oscuro coraggio avvicinai un dito alle sue labbra per prenderlo
e poi lo passai tra le mie per assaggiarlo. Ecco in quell'istante
avrei voluto scomparire, dentro di me mi stavo lanciando tutti gli
insulti possibili immaginabili. Non si muoveva, sembrava addirittura
che non respirasse, poi lo vidi prendere un bel respiro e farmi cenno
di camminare senza dire niente, avrei voluto saper leggere nel
pensiero, volevo sapere cosa pensava di me. Era estremamente
frustante sentirmi come sul filo di un rasoio, continuavo a sbagliare
e il peggio era che non sapevo cosa fare.
"Mi
piace venire qui, è un po' il mio posto, di solito non ci vengo con
qualcuno.” Ci stavamo avvicinando ad un negozio di musica, forse se
mi stava portando proprio lì non avevo combinato qualcosa di grave o
irrimediabile. Non potei fare a meno di notare la sua faccia sulla
copertina di un ultimo album rimasto su uno scaffale.
"Non
ti sembra strano venire qui e vederti?” gli chiesi indicandolo.
"All'inizio
si, ora mi ci sono abituato.” mi accorsi che voleva cambiare
discorso e l'accontentai.
“Possiamo ascoltare la musica
qui?”
"Si,
vieni.” e lo seguii fino ad un angolo del negozio dove scelse la
canzone.
Mi
guardava serio, con il dorso delle dita mi accarezzò dolcemente la
guancia e continuando a sfiorarmi la pelle in quel modo mi scansò un
ciuffo di capelli dietro l'orecchio. Allontanò la mano ma non volevo
assolutamente che lo facesse, era come se mi mancasse una parte di me
ma poi subito la riportò indietro per infilarmi una cuffietta,
l'altra la indossò lui. La canzone partì e io chiusi gli occhi, non
sapevo di quale si trattasse ma era bellissima, inconsciamente mi
stavo avvicinando a lui, non lo vedevo ma lo sentivo. Sentivo il suo
profumo inebriarmi, il suo calore, il suo respiro, mi facevano
perdere il senso dell'equilibrio e per non rischiare mi aggrappai
senza peso alle tasche del suo giubbotto di pelle nera. Kiss me
slowly disse la canzone. Sollevai le palpebre per guardarlo negli
occhi ma anche lui li teneva chiudi, sorrisi alla sua bellezza
perfetta, unica, non aveva eguali. La canzone lo disse nuovamente,
non credevo fosse stato un caso che avesse deciso di farmi ascoltare
proprio quella così gli afferrai il viso e lo baciai come dicevano
quelle parole, ancora una volta ero stata io ma non mi importava. Non
tardò a schiudere le labbra e stringermi per i fianchi, le mie dita
erano intrecciate ai suoi capelli morbidi dietro la nuca. Le nostre
lingue intrecciate si desideravano, si cercavano, le nostra ciglia si
sfioravano solleticandomi la pelle, eravamo lontani dal mondo che ci
circondava, nella nostra bolla di felicità, avrei continuato a
baciarlo per l'eternità ma si sa, tutte le bolle scoppiano prima o
poi.
__________________________________________________________________________________________________________________________________________________
Volevo
postare prima questo capitolo ma prima mi si è cancellato e poi
quello che avevo scritto non mi piaceve quindi l'ho cambiato, neanche
questo mi convince molto però....
Comunque
vorrei ringraziare le quattro persone che suguono questa storia e tutti
quelli che l'hanno recensita. asdfghjkl grazie!:)
Dimenticavo!
Se lasciate una piccola recensione non credo che vi cadranno le dita;)
accetto volentieri insulti, so di meritarli.
Baci Aurora
|
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Capitolo 4 *** 4 Capitolo ***
Liam 4
“Andiamo, ti riporto a casa.”
Non era stato brusco
nell'allontanarsi da me, mi aveva lasciato il tempo di assaporare le
sue labbra ancora qualche secondo prima di concludere quel bacio. Mi
passò un braccio dietro le spalle e mi strinse a sé, tornammo al
parcheggio senza dire una parola. Avevo lo sguardo fisso sui nostri
piedi che si muovevano all'unisono, di nuovo mi sentivo triste anche
se il mio cuore scoppiava dalla felicità, anche se ero al sicuro
accanto a lui, non volevo tornare a casa, avevo paura che per un
motivo o per un altro non ci saremmo visti più e non lo avrei
sopportato. Ero sciocca, lo sapevo, sapevo che non mi avrebbe mai
ferita, che comunque non mi avrebbe lasciata sparendo però qualcosa
al di sopra del suo controllo avrebbe potuto farmi male, qualsiasi
cosa, ero fragile e odiavo sentirmi così vulnerabile. Stavo mettendo
troppo in quella storia, tutta me stessa, ogni singola parte di me
senza pensare che avrei potuto perdere tutto da un momento all'altro,
ma se con tre giorni era diventato talmente importante da sentire la
sua mancanza in ogni mio respiro non accompagnato dal suo, quanto
avevo ancora? Quante possibilità avevo di salvarmi? Nessuna, anche
perché io ero salva con lui, tornando indietro sarei solo stata
intera, ma non c'era gusto, non riuscivo a pentirmi della scelta di
aver riposto il mio cuore nel suo, anche se un giorno se lo fosse
portato via, lontano da me, finalmente avevo capito il senso di
averlo un cuore, di avere una vita, sarebbe stato giusto.
In quel momento avrei dovuto
essere la ragazza più felice dell'universo, e lo ero ma
inevitabilmente quei pensieri dovevano insinuarsi malvagi nella mia
testa. Ero felice di aver finalmente trovato qualcuno che desse senso
a tutto quanto, ma avevo il terrore di come sarebbe potuta finire, e
più mi spaventavo più mi legavo a lui, qualcosa al di sopra di
tutto e di tutti mi teneva legata a lui e non aveva senso
combatterla. Sarebbe stato come se un animale avesse cercato di
opporsi al proprio istinto, impossibile, innaturale, era naturale che
io lo amassi, semplice, probabilmente era tutto quello che dovevo
fare nella mia vita e non chiedevo niente di meglio.
“A che pensi?” mi chiese
mentre mi sistemavo sul sedile di pelle nera. Sentivo che con lui
potevo essere sincera, mi avrebbe capita.
“Forse mi sto legando a te più
di quanto tu a me, forse sbaglio...”
“Credimi sono anni che non provo
quello che mi stai facendo provare tu ora, non immagini cosa scateni
in me quando ti guardo.” rise, la sua risata mi fece quasi venire
voglia di piangere per quanto era bella “Mi sembra di essere
tornato un adolescente, mi fai sentire giovane”
“Ma tu sei giovane.” non mi andava di toccare
quell'argomento. “Devi accompagnarmi a casa di una mia amica, sto
da lei.”
Aveva gli occhi fissi sulla strada
ma ogni tanto li distoglieva per guardare me, arrivammo troppo in
fretta per i miei gusti, sapevo che ci saremmo potuti vedere solo
poche volte, mi sarebbe mancato ogni istante. Tirò il freno e mi
afferrò le mani prima che potessi scendere dalla macchina con le
lacrime che mi pungevano gli occhi.
“Kate, ti prometto che
continueremo a vederci, anch'io ho bisogno di te, troveremo il modo.”
annuii e mi trattenni, non doveva vedermi piena di insicurezze. Mi
lasciò un bacio sulla fronte e con un rapido movimento scesi dalla
macchina per tornare dentro casa. In punta di piedi salii le scale
per poter tornare nel letto anche se l'adrenalina che mi scorreva
dentro per tutte le emozioni di quella serata mi avrebbero impedito
di dormire. Ero appena arrivata in cima al pianerottolo quando
improvvisamente la luce si accese e vidi Jessica appoggiata alla
porta della sua camera da letto.
“Cazzo Jess mi hai messo paura!”
esclamai sedendomi per terra, sentivo di aver sfiorato un infarto.
“Forse perché tu vai in giro nel cuore della notte come una
ladra.”
“Ero solo andata a bere un
bicchiere d'acqua.” cercai di svicolare.
“E così hai pensato anche di
vestirti. Per favore vuoi dirmi che stai combinando?” la guardai e
dopo un paio di secondi sospirai rassegnata.
“Te lo dico ma devi promettermi
che non lo dirai a nessuno.”
“Promesso.” sapevo che potevo
fidarmi ciecamente di lei.
“Sto uscendo con uno, ma deve
rimanere un segreto, se si venisse a sapere sarebbe un bel casino.”
“Chi è?”
“Il padre di Aaron.”
“Dici sul serio? Stai parlando
di Liam Payne? Tu sei pazza.” stava scuotendo la testa incredula e
contemporaneamente boccheggiava senza parole.
“Lo so, ma non posso farci
niente, non voglio.”
“Se qualcuno vi vedesse sarete
tutti e due nei guai, deve tenerci molto a te.” affermò infine.
“Lo spero.”
Sentivo il bisogno di stendermi,
non riuscivo a muovermi così mi buttai su quel fantastico materasso
in acqua senza neanche spogliarmi. Davanti ai miei occhi si
rincorrevano immagini una dopo l'altra, il suo volto, il suo bacio,
le nostre mani intrecciate, i suoi occhi luminosi, la sua bocca da
baciare. Mi lasciai andare alla perfezione di quella notte e trovai
un po' di pace nell'amore che provavo per lui, c'era anche confusione
ma la lasciai da parte.
“Svegliati sono le otto e
quaranta!” mi gridò Jess nell'orecchio, mi sembrava che fossero
passati solo pochi istanti da quando avevo chiuso gli occhi.
Non avevo tempo di cambiarmi così
mi lasciai quello che avevo e chiudendomi in bagno raccolsi i capelli
in uno chignon, mi lavai, due gocce di profumo e aspettai che Jessica
finisse di preparasi. Ci truccammo in macchina tra un dosso e l'altro
e arrivammo a scuola straordinariamente in tempo, fuori al cancello
c'era Adam che ci stava aspettando battendo nervosamente il piede per
terra. “Scusa per il ritardo.” lo baciai sulla
guancia.
“Dovevamo vederci per fare
colazione insieme, grazie della considerazione che avete di me.”
Cavolo me ne ero completamente dimenticata, mi stavo sentendo in
colpa, non era mai successo prima.
“Mi farò perdonare, giuro.”
era soprattutto con me che ce l'aveva, conosceva Jessica grazie a me
dall'inizio del liceo ma noi eravamo inseparabili fin da quando
eravamo nati.
“Sarà meglio per te” cercò
di fare il duro ma si lasciò scappare una smorfia nel tentativo di
trattenere un sorriso.
In prima ora avevamo geografia,
una delle materie più inutili a mio parere, almeno come la spiegava
la nostra professoressa. Non riuscivo a togliermi dalla testa che
avrei potuto passare quell'ora in modo diverso, migliore ma
ovviamente non potevamo vederci di giorno e quando mi venne in mente
di mandargli un messaggio mi accorsi che non avevo il suo numero. Mi
stavo mutilando le unghie con i denti, ero impaziente che il tempo
passasse, ma il tempo è fatto per infastidirti, in qualunque caso.
Se stai facendo qualcosa che odi non passa mai ma se stai facendo
qualcosa che ti piace in batter d'occhio è già ora di dover lasciar
stare, è ingiusto.
Dopo il suono della campanella mi
diressi da sola verso l'aula di biologia, Adam e Jessica non
seguivano quel corso, c'era Aaron purtroppo ma quel giorni fui
stranamente felice di vederlo. “Aaron mi presteresti il
tuo cellulare devo mandare un messaggio ma non ho soldi, ti prego.”
ormai avevo imparato come muovermi per ottenere da lui quello che
volevo, bastava guardare un attimo quelle che gli ronzavano sempre
attorno nei corridoi. Mi guardò un po' stupito ma non era solito
farsi domande perciò mi disse di si.
“Sbrigati però.”
Velocemente feci scorrere il dito
sul touch screen per selezionare il numero di suo padre, lo inviai a
me e poi eliminai il messaggio. Non sapevo se era il caso di usarlo
però almeno ora lo avevo e avrei potuto usarlo se proprio ne sentivo
la necessità. Scrissi e cancellai diversi messaggi, più volte feci
per inviarli e solo prima di entrare in mensa mi convinsi ad
inviargli appena due semplici righe. Quel giorno io e Adam eravamo al
tavolo da soli perché Jessica pranzava con Lucas o meglio, si
mangiavano a vicenda. Provai un moto di gelosia nel guardarli
abbarbicati l'uno a l'altra, senza preoccuparsi di niente e di
nessuno, cercavo di non farci caso ma era difficile.
“Ti piace Lucas?” Adam mi
guardava curioso.
“No! A me non piace affatto.”
risposi, indignata quasi.
“Allora perché continui a
fissarli con quello sguardo?”
“Vedi cose che non esistono.”
ribattei decisa mentre mi strafogavo di patatine fritte, mangiare non
era la soluzione ma diminuiva le mie capacità di pensiero.
“Perché non ti fidi di me Kate?
Noi non ci siamo mai nascosti niente, sai che io ti voglio bene.-
“Ti va di andare a fare una passeggiata?”
“Certo.”
Prendemmo i nostri caffè bollenti
e indossando i caldi cappotti di lana uscimmo fuori. Ci si fecero
subito le guance e il naso rossi per il freddo pungente, tremavo
appena e ad ogni respiro era abbinata una nuvoletta di vapore.
“Hai presente quando ami tanto
una persona da volerlo urlare al mondo qualcuno ma non puoi? Quando
vorresti passare ogni singolo istante con questa persona ma non puoi?
Quando vorresti solo essere felice ma non puoi? Quando stai così
male dentro da non capirci più niente? Bhè, io mi sento così.”
l'avevo detto tutto d'un fiato e poi avevo sorseggiato appena dal mio
bicchiere.
“Chi ti fa stare così Kate?”
“Payne... Liam.” Jessica lo
sapeva, era giusto dirlo anche a lui e poi avevo bisogno di
sfogarmi.”Magari sto esagerando ma pensa a due persone che
vorrebbero stare insieme ma devono fingere, devono vedersi di
nascosto, io non ce la faccio.”
“Ci sono io qui.” mi abbracciò
e mi lasciai sprofondare nel suo petto.
“Tra due settimane partiranno
per un tour mondiale, un tour di due anni, come farò tutto questo
tempo lontana da lui.”
“In qualche modo se è davvero
così importante ce la farai.”
Questa volta non trattenni qualche
lacrima che lui asciugò con le punta delle dita.
“Non ne sono sicura.”
“Ti conosco, non puoi lasciarti
andare così, so cosa vuol dire amare così tanto, è raro e
prezioso.”
“Ed è per questo, so che non ci
sarà nessun altro come lui nella mia vita, è impossibile ma non
sembra che non possiamo avere un futuro insieme.”
“Facciamo così, oggi pomeriggio
esci con me e non accetto scuse, ci divertiamo.” mi fece
l'occhiolino.
“Non so se ne ho voglia.”
“Allora vieni a casa mia, non
dirmi che non ti va nemmeno di stare con me.”
“Certo che mi va.”
“Okay, rientriamo però perché
ho paura che mi cadano le dita per quanto sono congelate.”
Mi sentivo un po' rincuorata, su
lui potevo contare per qualsiasi cosa, ci sarebbe sempre stato, se
avessi sofferto tanto Adam mi sarebbe stato vicino per farmi star
meglio. Sapeva quand'era il momento in cui volevo stare da sola,
quello in cui avrei solo voluto stare insieme, quello in cui avrei
pianto, avrei riso, scherzato, mi conosceva meglio di quanto mi
conoscessi da sola, io non sapevo più chi fossi. In quell'istante mi
arrivò un messaggio, era la risposta di Liam al mio messaggio,
diceva: Ci vediamo stanotte. Nient'altro ma quelle tre parole mi
fecero spuntare un piccolo sorriso.
________________________________________________________________________________________________________________________________________________________
Questo
capitolo mi ha messo a dura prova, ho avuto proprio la crisi da pagina
bianca, infatti ecco il risultato, spero di recuperare nel prossimo!
Devo assolutamente ringraziare le 7 persone che hanno inserito questa
storia tra le seguite e le due che invece l'hanno messa tra le
preferite e ricordate, senza contare tutte le recensioni <3 andateci
piano con gli insulti;)
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Capitolo 5 *** 5 Capitolo ***
Liam 5
Ero a casa di Adam, seduta con le
gambe incrociate sul comodo divano di pelle chiara e lui su una
poltrona di fronte a me.
“Devi spiegarmi come fai.”
tenevo in mano una scatola di piccoli cioccolatini ripieni alla
crema, io glieli lanciavo e al volo riusciva a ingoiarli.
“Anni e anni di allenamento.”si
passò una mano sulla pancia, era la seconda confezione che ripuliva.
“Potresti studiare qualcosa
invece di applicarti su come mangiare più velocemente no?” Adam
non era stupido, anzi il contrario, il problema era che non gli
andava e quell'anno lo avrebbero sicuramente bocciato, avevamo
programmato di andare al college insieme ma molto probabilmente
saremmo partite solo io e Jessica.
“Non è ugualmente interessante,
e poi anche tu devi spiegarmi come fai.”
“A fare cosa?” gli chiesi
inarcando un sopracciglio.
“A cacciarti sempre in
situazioni strane che ti fanno star male.” quello a cui si riferiva
era fin troppo chiaro.
“Talento innaturale.” sospirai
stringendomi le ginocchia al petto, ogni volta che ci pensavo
qualcosa mi bruciava dentro, mi faceva male.
“Okay, scusami, non avrei dovuto
dirtelo.” appena mi vide così venne a sedersi accanto a me.
“Non è colpa tua, hai ragione,
sono una stupida.”
“Tu non sei stupida, stai solo
facendo quello che ogni ragazza sana di mente e innamorata farebbe.”
“Cioè?” innamorata si, ma sana di mente non era una definizione
adatta a me.
“Voler stare con la persona che
ama, nonostante tutto. Io ho permesso a Claire di andarsene, non fare
il mio stesso errore”
“Ci pensi ancora?” ero
sorpresa, non sembrava che dopo un anno ci stesse ancora male, ma il
suo sguardo era inequivocabile.
“Qualche volta... siamo una
bella coppia di depressi vero?”
“Già.”
“Lo sai cosa ci vuole in questi
casi?”
“Alcol?”
“No scema, gelato!”
Lo seguii in cucina ridendo e
camminando sulle punte a causa dei piedi nudi sul pavimento freddo,
per il gelato però non è mai troppo freddo. Mi munii di cucchiaio e
iniziai ad affondarlo nella vaschetta da tre chili al gusto di
vaniglia e caramello.
“Ma Jess è uscita con Luke?”
mi chiese all'improvviso.
“Si, perché?” lo guardai
curiosa.
“Niente, per sapere.” non mi
convinse, non era molto più bravo di me a mentire.
“Aspetta! Non dirmi che ti piace
Jessica.” urlai quasi e divenne tutto rosso.
“Forse un po'.” ammise
imbarazzato.
“Perché non me lo hai detto
prima?”
“Avevo paura che andassi a
dirglielo, e per ora non voglio che lo sappia.”
“Ma così mi deludi se dici che
non ti fidi di me.” feci la finta offesa. Capivo il motivo per cui
non voleva affatto farlo sapere a Jessica. Lei non aveva mai mostrato
interesse per lui in quel senso, era sempre stata troppo presa da
Luke, riuscivo a immaginare come ci stesse Adam nel vederla tutta
felice con un altro.
“Non mi piace quel tipo.”
“Veramente non piace neanche a
me, ma non possiamo farci niente.” ero sicura che l'avrebbe
tradita, non era stato con una sola ragazza senza andare a letto con
un altra, più volte avevo provato di farglielo capire ma era
completamente inutile, gli ormoni le davano alla testa.
“Ti va di rimanere a cena qui?”
“Non posso, stasera Liam viene a
prendermi.” ero dispiaciuta di dovergli dire di no ma il mio tempo
con lui era così limitato che non dovevo lasciarmi sfuggire nemmeno
un secondo.
“Va bene, sai una cosa?” nel
frattempo mi ero rivestita e ci eravamo avvicinati alla porta.
“Cosa?”
“Quando parli di lui i tuoi
occhi brillano.” gli sorrisi e poi corsi giù per le scale.
Lo sapevo, lo sentivo da dentro,
come una luce che irradiava il mio cuore, la mia anima e come si
dice, gli occhi sono lo specchio dell'anima.
Presi la metro e poi feci un pezzo
a piedi per arrivare fino a casa di Jessica e la trovai accanto al
cancello mentre sistemava il rossetto sbavato, riconoscevo quel suo
sguardo.
“Ti prego Jess non dirmi che
ave...”
“Si!” mi interruppe in
fibrillazione.
“Ti rendi conto che state
insieme da qualche giorno vero?” non potevo credere che fossero già
andati a letto insieme, lei non era mai stata una ragazza facile, ma
era ingenua e innamorata di quello sbagliato.
“Lo so ma nessuno dei due ha
resistito.” alzai gli occhi al cielo esasperata, mi veniva voglia
di prenderla per le spalle e scuoterla.
“Non è possibile che tu dica
sul serio.” il mio dovere di migliore amica mi costringeva a
cercare di farle aprire gli occhi.
“Senti io non ho bisogno di una
che mi rimproveri, per quello ho già mia madre.” mi disse
rabbuiandosi mentre si buttava sul letto. In fondo aveva ragione e io
poi non ero la persona adatta per quel discorso, anche io conoscevo
Liam da qualche giorno e non mi sarei certo tirata indietro se fosse
capitata l'occasione. Mi sdraiai accanto a lei.
“Scusa, sono nervosa.”
“Non fa niente, lo so che in
questi giorni sei un po' tesa.”
“Si, mi prenderei a schiaffi da
sola.”
“Anch'io ti prenderei a schiaffi
quando fai così”
“Fallo la prossima volta, credo
mi possa fare bene.”
Ci guardammo negli occhi e dopo
due secondi scoppiammo a ridere, per un solo istante mi sentii
leggera, libera, una ragazza che rideva con la sua migliore amica,
non quella che si contorceva dai pensieri di ciò che mi stava
capitando, non era giusto che una cosa che mi rendeva felice come non
lo ero mai stata al tempo stesso mi distruggesse.
“Hai pensato a come vestirti per
questa sera?” mi chiese mentre scendevamo per cena.
“Avrei dovuto? Non devo andare a
una sfilata sai.”
“Dopo vediamo che cosa c'è nel
mio armadio, e non replicare.” mi disse quando vide che stavo per
dire qualcosa.
Mangiai pochissimo, continuavo a
spostare da una parte all'altra del piatto il mio pezzo di roast beef
con la forchetta, a rigirare la zuppa, sentivo un peso sullo stomaco,
l'ansia mi stava divorando, non sapevo come avrei fatto ad aspettare
altre quattro ore ad aspettare senza avere una crisi di nervi. Volevo
vederlo, avevo bisogno di poterlo toccare, guardare, baciare,
finalmente avevo trovato la persona che mi completava, sapevo che era
lui quello che avrei voluto per sempre nella mia vita, l'unico, e
sapevo anche che era impossibile, non sarei mai stata felice senza di
lui.
“Kate ti senti bene? Di solito
finisci tutto per prima.” adoravo Mary, la madre di Jess, si
preoccupa per me molto più di quanto facessero i miei genitori.
“Veramente ho sonno, è meglio
se vado di sopra a dormire.”
“Va bene, per qualsiasi cosa
chiedi pure.” le sorrisi e mi alzai da tavola sentendo i loro
sguardi sulla mia schiena fino a quando non scomparii dietro la
porta.
Odiavo quei miei sbalzi d'umore,
odiavo me stessa per il casino in cui mi stavo cacciando, non trovavo
pace, ero sempre così confusa, pensierosa, neanche il sonno mi
lasciava un po' di pace, i sogni mi perseguitavano, così non feci
altro che indossare le mie cuffiette, alzare il volume al massimo e
ficcare la testa sotto al cuscino, al buio.
“Fare la depressa non ti servirà
a niente, alzati dai!” Jessica fece irruzione in camera buttandomi
giù dal letto.
“Ma sei scema?” quasi urlai
mentre mi massaggiavo la nuca.
“Mi sono stancata di vederti
così, ma non capisci? Stai vivendo il tuo sogno, il tuo vero amore e
ti comporti in questo modo, non puoi disperarti, vivi il tempo che
hai con lui, tu non sai cosa darei per stare al tuo posto.”
“Lo so, hai ragione, ma non ci
riesco.” io ci provavo sul serio.
“Io ti aiuto, sono la tua
migliore amica ma cerca di goderti di più quello che hai, ci sto
male anch'io, ti voglio bene.”
“E' questo il punto, io non ho
niente, lui non è mio.” Jessica roteò gli occhi per poi guardarmi
male.
“Sei un caso perso, adesso fammi
il favore di aiutarmi a scegliere qualcosa per te.” L'abbracciai,
non sapevo come avrei fatto senza di lei, e la sentii sorridere sulla
mia spalla.
Mi truccai impercettibilmente e
lasciai i capelli castani cadermi lungo i fianchi, nonostante le
proteste della mia amica avevo messo jeans e stivali, mi avvolsi in
una sciarpa e cappello e aspettai che la sua macchina si fermasse lì
di fronte. Le lancette dell'orologio a muro sembravano ferme e quando
vidi dei fari avvicinarsi saltai su dalla panca messa sotto la
finestra, Jess si era addormentata e di nuovo scesi di soppiatto.
Mentre mi avvicinavo il mio cuore batteva sempre più forte, che ci
saremmo detti, che avremmo fatto, dove saremmo andati? Aprii lo
sportello e molto rapidamente mi nascosi nell'abitacolo, avevo il
terrore che qualcuno ci vedesse, gli avrei rovinato la vita.
“Ciao.” non mi rispose ma si
sporse su di me per poggiare appena la sua bocca sulla mia. Mi
ritrovai senza fiato e potei solo sorridergli.
“Lo vuoi questo? È tè.” così
dicendo prese bicchieri che aveva comprato ad un bar poco più dietro
“Volevo comprarti della cioccolata calda ma non c'era più.”
“Non fa niente, questo mi piace,
e poi è lo stesso di quando l'abbiamo bevuto a casa tua.” gli
dissi assaggiandolo.
“Avevo pensato che potessimo
andare a Parliament Hill, di solito non c'è nessuno, soprattutto a
quest'ora. Potremmo stare tranquilli.”
“Amo quel posto.”
Per me era molto di più di una
semplice collina in un parco, lì passavo ogni pomeriggio con i miei
genitori quando ancora avevamo un rapporto, era lì che giocavo con
Adam da bambini e avevamo fatto il nostro patto di sangue, era lì
che mio nonno ormai scomparso mi portava a vedere le stelle d'estate
per insegnarmi le costellazioni e a credere nei miei sogni, c'era
tutta la mia infanzia, la parte più bella della mia vita. Almeno
fino a quando non avevo incontrato Liam.
Prima di scendere dalla Jeep si
tirò il cappuccio sopra la testa e io lo imitai, subito mi venne
vicino per intrecciare le nostre dita, con quel contatto mi sentii
come se finalmente potessi tirare un sospiro di sollievo dopo che mi
ero sentita in pericolo, sola.
“Credimi non vorrei lasciare mai
la tua mano, nemmeno per un secondo.”
“Che fai leggi nel pensiero?”
non sapevo se ridere o piangere.
“No ma mi accorgo di come
sospiri e di come la stringi, sento che hai bisogno di me ma io non
posso esserci sempre, mi sento in colpa.” era così semplice il
motivo per cui lo amavo, era solo le sue parole mi facevano sentire
speciale, me ne sarei innamorata anche senza baciarlo, senza sapere
il suo profumo, senza toccarlo, mi sarebbe bastato sentirlo parlare.
“Non devi, ora sei qui con me.”
Eravamo arrivati in cima e sempre
senza lasciarmi si sdraiò sull'erba, mi misi accanto a lui e mi
strinsi al suo braccio, guardava il cielo scuro.
“Tutte queste stelle, tutto
l'Universo con le sue galassie, i buchi neri, le comete non sono
niente in confronto a quanto ti amo io. Ti amo.” non me lo aveva
mai detto prima “Tu non immagini quanto, sei la cosa più bella
della mia vita, hai ridato senso a tutto.” sollevò le nostre mani,
l'una nell'altra e baciò il dorso della mia. Stavo piangendo di
nuovo per lui ma questa volta perché ero felice, raccolse la mia
lacrima con le labbra.
“Ti amo.” non avevo altro da
dire, due parole che insieme racchiudevano tutto quello che avevo
dentro.
“Guarda un stella cadente!”
mormorò Liam indicando un punto nel cielo, non mi voltai.
“Non ne ho bisogno, ho tutto
quello che ho sempre sognato, ho te.” In quel momento mi venne in
mente che da piccola avevo detto a mio nonno, mentre eravamo lì
sopra ad osservare le stelle, che il giorno in cui avessi visto una
stella cadente e non avessi avuto nessun desiderio da esprimere
sarebbe stato il giorno in cui sarei stata finalmente davvero felice
e quel giorno, dopo anni, era arrivato.
____________________________________________________________________________________________________________________________
E'
assolutamente indecente che io abbia messo un capitolo del genere dopo
più di una settimana, che vergogna, se volete vi do il mio
indirizzo così potete menarmi, me lo merito. comunque come
sempre ringrazio chiunque recensisca, aggiunga la mia storia alle
preferite o ricordate e anche chi mi ha messo tra i suoi autori
preferiti asdfghjkl vi voglio bene:D recensite se vi va;)
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Capitolo 6 *** 6 Capitolo ***
Liam 6
Quando mi trovavo tra le braccia
di Liam, lo baciavo, i miei sensi erano totalmente azzerati,
offuscati, non percepivo nient'altro che lui, anche i miei pensieri
gli ruotavano intorno, era tutto quello che mi serviva per vivere.
Le sue dita gelide sulla pelle
bollente della mia schiena mi riscossero un attimo da quella
sensazione, rabbrividii e mollò immediatamente la bretellina del mio
reggiseno.
“Non ti ho detto di farlo.”
mormorai a un millimetro dal suo viso.
“Lo so scusami, è stato più
forte di me.” stava fissando le mie labbra.
“No, non ti ho detto di
smettere.” sollevò sorpreso lo sguardo verso i miei occhi.
“Dici sul serio?”
“Si.” mi passai nervosamente
le dita tra i capelli “Ma ripensandoci forse qui è un po' freddo.”
“Non devi preoccuparti, voglio
fare davvero fare le cose con calma.” i suoi occhi caldi
infondevano in me una sorta di tranquillità.
“Liam.” mi avvicinai ancora a
lui, il più possibile. “Io ti voglio.”
“Sono già completamente tuo.”
“Sai che non intendo in quel
senso.”
“Anch'io ti voglio Kate, nello
stesso senso che intendi tu, ma non stanotte.” c'era più serietà
nella sua voce.
“E quando?” ero un adolescente
innamorata, era normale che desiderassi così tanto fare l'amore con
lui, senza contare il fatto che fosse esageratamente attraente.
“Prima hai detto che ami no?”
“Certo, infinitamente.” nei
miei diciotto anni non mi era mai successo qualcosa anche solo
lontanamente simile.
Non mi rispose ma non avevo
bisogno di altro, capivo quello che voleva dirmi ed aveva ragione,
allora lo baciai.
Stavamo tornando alla macchina
quando improvvisamente si piegò per prendere qualcosa dal suolo.
“Azzurro, come i tuoi occhi.”
era un piccolo fiorellino, ma in quel preciso istante per me era
diventato qualcosa di più.
“Posso farti vedere una cosa
prima che mi riporti a casa?”
“Tutto quello che vuoi.” lo
presi per mano e iniziai a camminare.
Mi fermai davanti ad un albero,
non un semplice albero, in qualche modo era come se fosse mio. Da
piccola era il quartiere generale mio e di Adam passavamo giornate
intere, quando i miei avevano iniziato a litigare e mio padre a
picchiarmi andavo lì a piangere perché mi ricordava che c'era
qualcuno che mi voleva bene, se non rispondevo al telefono Adam mi
raggiungeva subito per abbracciarmi. Era un albero cavo e dieci anni
prima ci avevo nascosto una scatola, lo chiamavo il mio scrigno ed
era lì che avevo messo le cose più importanti, le cose più belle
della mia vita erano racchiuse in pochi centimetri quadrati. Non
passavo lì da molto tempo e perciò non contavo di ritrovarla ancora
ma con mia grande sorpresa era lì, ricoperta di terra. Liam
continuava a guardarmi confuso mentre posavo con cura quel semplice
fiore così gli spiegai.
“Quello che c'è qui dentro mi
riporta ai momenti felici che valgono la pena di essere ricordati,
non la apro da anni ma credo che ora sia arrivato il momento di farlo
di nuovo.” mi strinse i fianchi da dietro e sentii la sua guancia
morbida appoggiarsi alla mia tempia.
“E' un onore essere tra ciò che
per te vale la pena di essere ricordato.”
Non ci avevo messo molti oggetti:
un sigaro mezzo consumato, un anellino di plastica, un peluche con un
orecchio scucito, un diario, delle foto, una conchiglia, la pagina
strappa da un vecchio libro e anche la coppetta di un gelato. Se per
me significavano molto per potevano tranquillamente finire in un
secchio della spazzatura. Rimisi tutto a posto e mi voltai verso di
lui.
“Io non voglio doverti
ricordare, io voglio che tu sia sempre con me a ricordarmi che ci
sei.”
“E' difficile anche per me, ma
non pensiamoci ancora.” mi affidai alle sue parole e ci
incamminammo verso la Jeep per andarcene.
“Mi chiamerai domani?” gli
chiesi quando si fermò.
“Si, mi mancherà il suono della
tua voce.”
“Mai quanto a me.”
“Potremmo rimanere qui fino
all'alba a discutere su chi ama di più chi.”
“Per me va bene.” mi guardò
un attimo e poi si mise a ridere.
“Faresti meglio a rientrare, è
tardissimo.”
“Perché è così difficile!”
protestai mentre scendevo ma prima di chiudere lo sportello tornai
dentro. “Mi chiedo come sia possibile che mia sia dimenticata di
una cosa così importante.” e lo baciai con quanta più passione
potessero permettere meno di cinque secondi e prima che potesse dire
qualsiasi cosa me ne ero già andata.
Sentivo l'impellente bisogno di
una doccia fredda, era come se stessi bruciando, in tutti i sensi, mi
stava consumando, era come se fossi una candela che fino a quel
momento si stava sciogliendo lentamente ma ora era arrivato lui ad
alimentare la mia fiamma ed ora stavo bruciando molto più in fretta,
qui giorni erano stati intensi così intensi che potevano bastare
quasi per una vita intera.
Silenziosamente andai in camera da
Jessica, mi spogliai completamente e lasciai i vestiti ai piedi del
letto e mi infilai sotto la doccia con l'acqua fredda, lasciai che mi
scorresse ovunque, volevo fissare quella notte bene nella mia testa,
ogni volta che non ero con Liam avevo paura quasi che fosse un sogno
o che mi ero solo immaginata tutto, per me era difficile credere che
avessi davvero avuto la fortuna di incontrarlo, amarlo ed essere
ricambiata, era stato tutto fin troppo semplice. Quando mi sentii più
tranquilla mi avvolsi nell'asciugamano e mi affacciai alla finestra
per fumare una sigaretta, non lo facevo quasi mai ma mi aiutava a
pensare e ora ne avevo bisogno, Jess ne teneva nascosto un pacchetto
insieme all'accendino in un cassetto sotto al lavandino. Avevo freddo
alle spalle bagnate ma rimasi fuori ancora mezz'ora, poi mi infilai
sotto le coperte calde solo in biancheria e senza accorgermene mi
addormentai.
“C'è Liam al telefono.” la
voce roca di Jess mi svegliò, immediatamente scattai in piedi.
“Dammi il telefono,veloce!”
stavo saltellando con il cuore alle stelle.
“Scema vestiti, non è vero.”
quando vi vide la mia faccia scoppio a ridere e poi corse via temendo
che la picchiassi. Guardai comunque lo schermo del cellulare e
sospirando mi vestii e truccai, poi scesi giù per fare colazione.
“Hai dormito bene Kate?”
“Si, grazie Bill.” il padre di
Jess era il classico uomo in giacca e cravatta che faceva colazione
con una tazza di caffè in una mano e il quotidiano nell'altro. Avevo
dormito poche ore ma mi sentivo benissimo.
“Dormito, certo.” disse in
tono ironico Jessica sghignazzando e io non mi trattenei dal tirargli
un calcio sotto il tavolo, per fortuna nessuno se ne accorse così mi
affrettai a finire quello che avevo nel piatto.
“Andiamo?” chiesi a Jess con
uno sguardo che non ammetteva repliche.
“Dai raccontami di ieri notte.”
“Scordatelo, sei cattiva.”
“Ma dai, lo so che non vedi
l'ora di raccontarmi tutto.”
“Ahahahahahahaha no.”
“Idiota.”
“Non insultarmi Kate.” era
arrivato Adam baciandomi la guancia.
“Ma non vuole dirmi come è
andata ieri con Liam.”
“Tanto a me lo dice dopo vero?”
“Certo.” e guardai Jess con la
coda dell'occhio mentre metteva il muso.
“Va bene, lo dico anche a te,
ahahahahaha poi sarei io la scema.” le dissi tirandole appena i
capelli.
“Vi odio.”
“Hai le tue cose?”
“Adam!”
“Okay basta, entriamo o stavolta
ci fanno rimanere anche di pomeriggio.”
“Non ci sfuggirai a lungo.”
Mi limitai ad una linguaccia e
andai subito all'aula di inglese, in realtà non avrei voluto
raccontarlo a nessuno dei due, era mio, volevo che quei momenti
fossero nostri e di nessun altro, ma erano pur sempre i miei migliori
amici.
___________________________________________________________________________________________________________________________________
Ahahahahahahahahahahahah
ma perchè questi capitoli sono sempre uno più pietoso
dell'altro? Come sempre ringrazio chi ha recensito, aggiunto la storia
tra le preferite, ricordate e seguite e anche chi mi ha aggiunto tra
gli autori preferiti :') davvero grazie mille. Se lasciate una
recensione vi sarò grate a vita :D
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Capitolo 7 *** 7 Capitolo ***
Liam 7
Le seguenti ore di scuola
passarono monotone e noiose come sempre, finalmente era arrivata
l'ora di pranzo così avrei potuto prepararmi fisicamente e
psicologicamente all'interrogazione di francese. Camminavo da sola
per i corridoi deserti della scuola, Adam e Jess erano seduti in
mensa mentre io avevo un urgente bisogno del bagno, salii le scale
per il secondo piano dato che quello al primo era rotto. Dopo essermi
anche lavata velocemente il viso aprii la porta per uscire e mi
ritrovai di fronte Lucas, facendomi sobbalzare.
“Lucas!” esclamai mettendomi
una mano sul petto “Avverti la prossima volta, comunque Jessica non
è con me.”
“Non cerco lei, ma te.” il
tono della sua voce mi dava particolarmente fastidio.
“Cosa vuoi?” assunsi un
espressione dura, non mi stava affatto simpatico.
“Ti andrebbe di uscire con me?”
“Stai scherzando spero.
Scordatelo, io non tradirei mai la mia migliore amica.” cercai di
scansarlo ma mi bloccava il passaggio ed era troppo forte per me.
“Allora non mi sono spiegato, tu
esci con me.” non sembrava arrabbiato, ma infastidito.
“Sono io che non mi sono
spiegata, non mi piaci e non uscirò mai con te.” non mi metteva
paura, era solo un arrogante.
“Non devi fingere di fare la
santarellina con me, quella puttana della tua amica ha ceduto
subito.”
“Fammi passare.” avevo chiuso
gli occhi e stretto i pugni lungo i fianchi mentre respiravo
profondamente, stavo cercando con tutta me stessa di rimanere calma.
Odiavo il fatto che avesse preso in giro Jess, lei non se lo
meritava.
“Passerai quando lo dico.” non
si era mai mosso di un solo millimetro.
“Bene.” provai di nuovo a
spingerlo via ma con scarsi risultati.
“No no no Allen.” mi aveva
afferrata per un braccio. “Non fare la bambina capricciosa, se mi
arrabbio posso diventare molto cattivo.” stava aumentando la
pressione della stretta, cominciava a farmi male sul serio.
“Lasciami andare.” le lacrime
iniziarono a salirmi agli occhi per il dolore ma cercai di mantenere
la voce piatta.
“Certo, ma tra un po'.” mi
prese anche l'altro braccio e costringendomi a indietreggiare
rientrammo nel bagno, poi sentii le mie spalle sbattere al muro.
Cercavo con tutta me stessa di staccarmelo di dosso, la sua presenza
così vicina mi faceva venire da vomitare, l'odore della sua acqua di
colonia mi bruciava le narici.
“Mi fai schifo.” calcai ogni
parola con tutta la ripugnanza che provavo nei suoi confronti.
“Sinceramente Allen? Tu no.”
cercai di colpirlo con un calcio ma le mie gambe vennero bloccate
dalle sue ginocchia, era il doppio di me, non vedo come avrei potuto
liberarmi di lui. Si stava avvicinando al mio collo quando
improvvisamente la porta si spalancò con un colpo secco e in un
secondo liberò la presa su di me, ne approfittai per scappare via ma
la persona che era appena entrata mi bloccò.
“Non così in fretta Kate.” mi
veniva da piangere, volevo che mi lasciassero in pace.
“Aaron ti prego.” cercai di
supplicarlo, non sapevo che altro fare.
“Non fai più la dura?” Lucas
mi costringeva a guardarlo tenendomi dal collo.
“Che volete da me?” mi stavo
rifiutando di cedere di fronte a loro.
“Ehi Aaron hai sentito? Ci
chiede che vogliamo da lei.”
“Ahahahahahahahaha, non mi
sembravi così stupida, abbiamo avuto tutte le ragazze qui dentro, ma
tu ci manchi, saresti la ciliegina sulla torta.” erano malvagi, non
avevo mai odiato nessuno come loro due. La rabbia cresceva in me
sempre di più, sentivo l'adrenalina scorrermi nelle vene e forse
proprio per quello trovai il coraggio e diedi una testata ad Aaron
pestandogli un piede così da lasciarmi andare e riuscii finalmente a
colpire Lucas nel basso ventre. Dopodiché non ci pensai un
nanosecondo e corsi velocemente fino alle scale, gli studenti
iniziavano a uscire dalla mensa ed ero sicura che ora non mi
avrebbero seguita, cercai di darmi una sistemata e raggiunsi Adam e
Jessica in modo disinvolto. Non dovevano preoccuparsi per me,
dopotutto stavo bene,
“Dove sei stata?” mi chiese
Adam venendomi incontro quando mi vide.
“Al bagno ve l'ho detto.”
distolsi lo sguardo, non ero brava a dire bugie.
“Non c'è bisogno che ti
nascondi, se non vuoi dirci di ieri sera non fa niente.” disse Jess
ridendo, finsi un sorriso forzato e mi aggrappai a quella scusa, non
dovetti nemmeno rispondere perché la campanella suonò così dissi a
Jessica di iniziare ad andare. Ora c'era storia e a quel corso c'era
anche Aaron ma non volevo vederlo, non volevo sentire la sua voce,
non sapevo cosa fare e una volta arrivata all'aula mi voltai per
andare dalla direzione opposta. Sarei rimasta nel parcheggio fino e
avrei aspettato di potermene andare con Jessica e Adam, mi nascosi
dietro ad una macchina blu scuro e tirai fuori dallo zaino il
cellulare. Volevo aspettare che fosse Liam a chiamarmi ma sapeva che
ero a scuola e lo avrebbe fatto non prima di un ora, avevo
assolutamente bisogno di sentirlo così non resistetti e fui io a
comporre il suo numero. Cinque squilli andarono a vuoto, stavo
battendo nervosamente il piede a terra e quando rispose mi scivolò
il telefono dalle mani per la sorpresa.
“Ciao!” tirai un sospiro di
sollievo.
“Ehi Kate, non so se avrei
resistito altri cinque minuti per chiamarti... non sei a scuola?”
“Sono uscita un attimo.” in
parte era vero.
“Ascoltami, tra due minuti devo
tornare dentro, va bene se stasera passo a prenderti sempre alla
stessa ora?”
“Certo, sei in riunione?”
“Si, dobbiamo decidere alcune
date del tour.” pugno allo stomaco, per me “date del tour” era
uguale alla fine del mondo, del mio mondo, non riuscivo a parlare.
“Kate?”
“Si.” riuscii a malapena a
pronunciare quel monosillabo.
“Ti amo... ora scappo ci vediamo
stasera amore.” e quelle parole furono seguite da il segnale che la
chiamata era stata chiusa. Rimasi con il cellulare attaccato
all'orecchio per non so quanto tempo, lo avevo chiamato per sentirmi
meglio ma il mio gesto aveva avuto esattamente l'effetto opposto, ora
avevo quell'ansia che ti divora da dentro, che ti fa salire le
lacrime agli occhi, che ti fa raggomitolare e venire voglia di urlare
con tutta l'aria che hai nei polmoni. La verità era che sapere che
non saremo stati più insieme mi spaventava più qualsiasi altra
cosa, era anche vero che ero riuscita a stare fino a quel momento
senza di lui ma ora era diverso, adesso che conoscevo la differenza
tra vivere e sopravvivere non sarebbe stato mai più lo stesso. Ero
consapevole che crogiolarmi in ciò che mi faceva star male era una
cosa stupida e inutile ma non riuscivo a non pensarci, lo amavo così
tanto che la paura di perderlo stava superando l'amore stesso, la
gioia di averlo anche solo per quel poco tempo. Non potevo
permetterlo, non potevo farmi divorare in quel modo dal mostro nel
mio stomaco e ancora peggio non sapevo in che modo avrei potuto
liberarmene. Indossai le cuffiette del mio Ipod e alzai il volume
fino al livello in cui non avrei potuto più ascoltare nemmeno i miei
pensieri, lasciai che qualche lacrima portasse via con se un po' quel
senso di angoscia. Dopo cinque o sei canzoni guardai l'ora e mi alzai
per avvicinarmi all'atrio dove io, Jess e Adam ci incontravamo sempre
dopo le lezioni, prima però mi guardai in uno specchietto
retrovisore per asciugarmi bene la faccia.
“Si può sapere dove ti sei
cacciata?” mi chiese Jessica “leggermente alterata.”
“Stai calmina, mi veniva da
vomitare.” le dissi la prima cosa che mi venne in mente.
“Kate quello ti sta facendo
diventare strana.” fulminai Adam con lo sguardo.
“Tu non devi intrometterti,
okay?!” mi sentivo stanca e avevo i nervi a fior di pelle, mi
pentii immediatamente di avergli urlato contro e lo abbracciai.
“Vi lascio, Kate ti aspetto in
macchina.”
“Va bene Jess... scusami Adam,
non so come mi sopporti ancora.” mi stavo particolarmente odiando.
“Credo che sia perché ti voglio
bene.” anch'io gliene volevo tanto.
“Allora grazie.”
“Figurati e quando vorrai
smettere di rifilarci bugie una dietro l'altro sarò qui ad
ascoltarti okay?” gli sorrisi sentendomi un po' in colpa e dopo
averlo salutato andai in macchina.
“Kate credo che dovresti dormire
un po', forse ti passa un po' di stanchezza.”
“Si nota così tanto?” mi
specchiai di nuovo.
“Si e poi la cosa più strana è
che quando siamo uscite di casa stamattina eri allegra.”
“Lo so, devo fare pace con me
stessa.” rimanemmo in silenzio fino a quando arrivammo a casa e poi
mi accasciai sul divano addormentandomi senza neanche accorgermene.
________________________________________________________________________________________________________________________________
Non
riesco a fare un capitolo di cui sia soddisfatta... comunque devo
ringraziare le ragazze che ogni volta mi lasciano una recensione che mi
da un pò di conforto lol siete tutte fantastiche!! Continuo a
non credere a chi ha aggiunto questa storia tra le preferite, seguite e
ricordate e pizza girl che mi ha aggiunto tra gli autori preferiti,
cioè io sclero di brutto così! Mi farebbe un immenso
piacere se lasciaste una opiccola recensione qui sotto, anche se piena
di insulti;)
Aurora
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Capitolo 8 *** 8 Capitolo ***
Liam 7
Fui svegliata dalla luce calda del
tramonto che mi stava illuminando il viso, strizzai un attimo gli
occhi e poi mi strinsi ancora di più nella coperta di lana con cui
qualcuno mi aveva coperta. Rimasi sdraiata per qualche minuto prima
di mettermi seduta per poi alzarmi, era quasi ora di cena. Afferrando
le mie scarpe e lo zaino mi trascinai fino al piano di sopra,
fisicamente mi sentivo bene ma era mentalmente che ero a pezzi, ed
era anche troppo presto per stare in quel modo, non volevo immaginare
cosa avrei fatto quando il momento sarebbe arrivato davvero. Non feci
in tempo ad arrivare alla stanza che fui chiamata per andare a
tavola, Jess era seduta di fronte a me, mangiavamo e ogni tanto ci
lanciavamo delle occhiate. Per fortuna quella sera i suoi sarebbero
tornati tardi, mangiammo in assoluto silenzio, interrotto solo dal
tintinnare delle posate sui piatti, non avevo voglia di parlare, lei
mi capiva. Appena ebbe finito si alzò dalla sedia e se ne andò
lasciandomi sola, io rimasi per finire il mio pollo e decisi di
seguirla, era in salotto a guardare la tv, la guardai seguire una
partita di calcio appoggiata allo stipite della porta per almeno un
quarto d'ora, poi mi feci avanti.
“Jess?” le chiesi timidamente,
si voltò curiosa. “Posso sedermi vicino a te?” mi guardava
stupita e confusa, il fatto era che mi sentivo così tremendamente
sola.
“Certo, magari ora ti va di
parlare un po? Potrebbe farti bene tirare tutto fuori.” mi aveva
fatto spazio sulla poltrona porgendomi delle pop corn al caramello.
“Non c'è molto da dire, mi
sento divisa a metà, a volte mi dico che sono solo stupida a pensare
che è tutta la mia vita ed altre sono esattamente convinta che sia
così, non avevo mai capito il significato di amore fino ad ora.
Penso anche che sbaglio a farmi tutti questi problemi e ogni volta
che inizio ad accettarlo c'è qualcosa che mi fa tornare al punto di
partenza, è frustrante.” poi mandai giù una manciata di pop corn.
“Io credo che il vostro sia
stato un amore impossibile fin dall'inizio, avete vent'anni di
differenza, lui una star mondiale, tu una normale adolescente, per
stare insieme siete costretti a vedervi di notte fonda, se usciste
allo scoperto succederebbe il putiferio. Entrambi lo sapevate ma
avete ignorato ogni cosa.”
Stava per dire qualcos'altro ma
glielo impedii. “Ma io lo amo.”
“Se mi avessi fatto finire avrei
detto che in tutto questo c'è qualcosa di più importante, voi due.
Quindi per quanto sbagliato e difficile ne vale la pena.”
Come al solito aveva ragione su
ogni cosa, io consideravo quei giorni come gli ultimi della mia
“vita”, e sicuramente deprimermi non era il modo migliore per
affrontarli. Un tempo se mi avessero chiesto cosa avrei voluto fare
avrei risposto tra le varie cose drogarmi. Ora la risposta sarebbe
stata la stessa solo era l'unica cosa che avrei fatto e con la
differenza che ora la mia droga si chiamava Liam. Il mio forse era
un'amore nocivo alla mia salute e se la mia definizione era
masochista allora amavo essere masochista.
Mi poggiai alla spalla di Jess
continuando a mangiare mentre guardavamo un film che riuscì a
strapparmi un paio di risate, quando finì iniziai a preparami. Ormai
avevo una doppia vita, quella normale il giorno e di notte il sogno,
era come se durante la giornata dormissi; di nuovo Jess mi ripropose
il problema dei vestiti, la osservavo tuffarsi nella cabina armadio e
non riuscivo a decidermi se dirle o no di Lucas, l'avrei ferita per
il suo bene, ma l'avrei ferita comunque ed era l'ultima cosa che
volevo farle. Alla fine mi costrinse a indossare un paio di calze
nere e un vestito grigio che mi arrivava fin sopra alle ginocchia,
l'unica sulla quale mi imposi furono le scarpe, all star alle
caviglie con la pelliccia dentro. Liam doveva passare a prendermi
all'una ma aveva già fatto un quarto d'ora di ritardo, non era molto
e iniziai a percorrere su e giù la stanza anche per non rischiare di
addormentarmi, all'una e mezza però ero attaccata alla finestra
battendo nervosamente l'unghia sul vetro, per fortuna Jess aveva il
sonno pesante. Avevo quasi deciso di spogliarmi e mettermi a dormire
quando vidi una sagoma nera comparire sulla strada, era Liam. Subito
mi asciugai le lacrime che erano uscite al pensiero che non lo avrei
visto e le sostituii con un enorme sorriso precipitandomi da lui.
Cercai di darmi una calmata prima che mi vedesse anche se era quasi
impossibile.
“Scusami se sono arrivato in
ritardo, mi si è rotta la macchina.”
“E se qualcuno ci vede?” non
sarebbe mai dovuto accadere.
“Non ti preoccupare, ho già
sistemato tutto io.”
Ci baciammo e nelle sue labbra
sentii lo stesso sollievo che provavo io nel ritrovarci, poi ci
prendemmo per mano e iniziammo a camminare.
Avevamo fatto molta strada tra una
risata e l'altra, tra un bacio e l'altro fino a quando il cielo non
iniziò a ricoprirsi di nuvole e gocce di pioggia avevano iniziato a
bagnarci.
“Cavolo siamo lontanissimi sia
da casa mia che da quella della tua amica!” esclamò Liam
coprendosi con il cappuccio, la quantità dell'acqua aumentava
progressivamente.
“A me piace la pioggia però se
vuoi casa mia è in fondo alla strada.” volevo stare ancora con
lui.
“D'accordo.” mi guardò per
qualche secondo prima di annuire, poi iniziammo a correre sotto
quello che ormai era diventato un temporale con i fiocchi, una volta
arrivati presi le chiavi da un sottovaso e entrammo.
Accesi l'interruttore delle luci e
feci per appendere il capotto quando si spensero, mi voltai pensando
che fosse scattata la corrente ma era stato Liam.
Si mosse con passi lenti,
misurati, verso di me, i nostri occhi rimasero intrecciati. Mi
afferrò le mani, le accarezzò, poi le sue dita iniziarono a
scivolare sulle mie braccia e mi scansò i capelli dietro le schiena.
Iniziò a sfiorare la pelle del mio collo per poi afferrarlo
delicatamente, azzerò quella poco distanza tra di noi e posò le sue
labbra morbide e bollenti sulla mia fronte, lasciò piccoli ma
intensi baci sulla mia tempia, sulla punta del naso, sul mento, al
lato della bocca. La temperatura del mio corpo aumentava nel sentire
il suo respiro su di me, fremevo dalla voglia di incatenare la sua
bocca, lambirla, amavo quel suo sapore, sentii la sua lingua sul
bordo delle mie labbra, poi contro il mio palato. Circondandogli i
fianchi con le braccia lo guidai fino alla camera da letto dei miei
genitori senza mai separarci un istante, eravamo una cosa sola, prima
di aprire la porta gli morsi il lobo dell'orecchio e ci soffiai
dentro due parole.
“Fammi tua.”
Con piacere mi accorsi del brivido
che lo percorse, lo spinsi fino al letto e poi mi sedetti a
cavalcioni su di lui, infilai le mani sotto il suo maglione e con un
semplice gesto lo sfilai lasciandolo cadere ai nostri piedi. Rimasi a
fissarlo senza rendermene conto, sarei rimasta a contemplare per ore
il suo fisico statuario ora appena visibile illuminato dalla luce
chiara della luna. Lo feci sdraiare e iniziai a lasciare scie umide
sul suo petto, sugli addominali perfettamente scolpiti, toccarli mi
fece prendere fuoco, continuavo a percorrere leggera con i
polpastrelli quelle linee che formavano una V sul suo addome. Mi
accorsi che stava tirando giù la zip laterale del mio vestito, fece
scorrere il palmo più volte sulla mia colonna vertebrale prima di
sganciarmi il reggiseno, in quel momento mi resi realmente conto di
quello che stavamo facendo e mi allontanai, lo guardai, mi tolsi il
vestito e di nuovo mi piegai su di lui. Mi afferrò la coscia
stringendola a lui per poter mettersi su di me, mi sfilò una calza e
poi l'altra e non resistetti all'impulso di liberarlo dei pantaloni
per far aderire le mie gambe alle sue. Le sue labbra correvano sulla
mia mascella, lungo il profilo del mento, fino all'incavo del collo,
scesero seguendo la linea della mia pancia e lasciarono tracce calde
anche all'interno delle mie cosce. Il suo corpo combaciava con il mio
come se fossimo stati i pezzi di un puzzle, mentre sentivo il suo
cuore battere a un ritmo veloce e disordinato sul mio petto
intrecciai le dita della mano destra ai suoi capelli e con la
sinistra mi godevo il flettere dei muscoli della sua schiena, i suoi
occhi erano in fiamme. Mai più nella mia vita con qualcun'altro
provai quelle sensazioni facendo l'amore, non trovai più un corpo da
toccare in quel modo, a cui donargli l'anima.
Stava dormendo ma io non riuscivo
a riposare, avevo paura che se avessi chiuso gli occhi sarebbe
scomparso, volevo scoprire ogni dettaglio del suo corpo, ogni
fossetta, ogni curva, mentre osservavo le sue spalle alzarsi e
abbassarsi regolarmente mentre respirava mi venne in mente un idea.
Mi avvolsi in un lenzuolo azzurro e corsi di sopra in camera mia per
prendere la mia macchina fotografica e tornai subito da Liam, volevo
fermare quella notte, volevo ricordarlo così come solo io potevo
vederlo, quando era solo mio e non di tutto il mondo, lo amavo come
nessuno avrebbe mai fatto e per me era come non lo sarebbe mai stato
per nessuno.
__________________________________________________________________________________________________________________________________________
Sinceramente
spero con questo capitolo di aver rimediato a quello precedente, mi
piacerebbe tantissimo sapere cosa ne pensate e di nuovo ringrazio chi
sta seguendo al mia storia, vi amo <3
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Capitolo 9 *** 9 Capitolo ***
Liam 9
Ero finalmente riuscita ad
addormentarmi, completamente nuda e sdraiata a pancia a sotto sulla
flanella piacevolmente calda, la testa girata verso Liam. Fu lui a
svegliarmi, il suo indice stava tracciando dei disegni immaginari
sulla mia schiena, ero ricoperta di brividi. Non alzai subito le
palpebre, c'era assoluto silenzio, poi piano piano lo misi a fuoco.
Allungato su un fianco e con la testa appoggiata alla sua mano,
sembrava un Dio greco. Spontaneamente sul mio viso comparve un
sorriso che lui ricambiò con un bacio, non ne avrei avuto mai
abbastanza, se fosse dipeso da me avrei passato l'eternità a
baciarlo.
“Sei bellissima, stanotte è
stato come rinascere.” iniziò ad accarezzarmi i capelli con gesti
dolci e guardandomi con gli occhi intrisi di amore, nessuno mi aveva
mai guardato in quel modo. Mi strinsi contro il suo petto allungando
le braccia fino alla schiena, non mi ero mai sentita così vicina a
qualcuno come con lui, e non solo fisicamente.
“Ti prego, abbracciami forte.”
inspirai il suo profumo, ero felice, nel vero senso della
parola.“Vorrei poter rimanere qui con te per sempre.”
“Non non posso prometterlo,
perché non faccio promesse che non posso mantenere, ma posso
prometterti che ti amerò per sempre, questo si.” avere il suo
cuore per me era più di quanto avessi mai desiderato, anche se
sapevo che forse un giorno avrebbe potuto dimenticarmi.
“Questo rende tutto più
difficile, ti amo.” lasciai che mi baciasse.
Ci stavamo rivestendo, non mi
vergognavo di lui, anzi, volevo appartenergli in tutti i modi
possibili, ma erano le sei e dovevo tornare a casa di Jess. Rifeci il
letto con cura, i miei sarebbero tornati durante la mattina e non
dovevano avere alcun tipo di sospetto.
Data l'ora Liam dovette uscire dal
retro così me la feci a piedi, odiavo non poter camminare mano nella
mano con lui alla luce del sole. Ad un certo puntò il mio telefono
squillò, doveva essere Jess che si doveva essere svegliata e non mi
aveva vista nel letto.
“Pronto?”
“Non ce l'ho fatta, dovevo
chiamarti.”
“Liam?! Anch'io ho bisogno di
sentirti, sempre.” era incredibile come il mio cuore accelerasse
solo per la sua voce attraverso un telefono.
“Volevo solo dirti che anch'io
ti amo, prima non l'ho fatto.” rallentai il passo, era la terza
volta che gli sentivo pronunciare quelle parole e lasciai che la mia
mente le assimilasse per bene.
“Sai nessuno me lo aveva mai
detto.” avevo avuto tanti ragazzi ma con nessuno era mai successo
qualcosa di simile.
“Io te lo ripeterò ogni giorno,
ogni secondo fino a quando alla fine non ti stancherai di me.”
spontaneamente mi venne da ridere, non esisteva un'affermazione più
assurda.
“Non mi stancherei mai, ti ho
cercato per tutta la vita e credi che ora ,che finalmente sei con me,
io mi potrei stancare della tua presenza?” dirglielo mi fece
sentire bene.
“Stai sorridendo vero?”
“Si perché?” chiesi curiosa.
“Continua a farlo, sei
bellissima quando lo fai, vorrei poterti vedere ora.” mi faceva
rimanere letteralmente senza parole, lui era diverso, non esisteva
qualcun' altro al mondo così, e poi mi faceva capire che il suo
amore era puro, nel senso più profondo di quelle lettere.
“Se dici così mi uccidi però.”
mormorai appena, mi faceva perdere colpi.
“Ahahahahahaha, Kate adesso sono
a casa, devo riattaccare ma ci sentiamo dopo, ciao.” cercai di
nascondere quella punta di delusione che avevo nella voce.
“Ciao Liam.”
Mi infilai il cellulare nella
tasca posteriore dei jeans e accelerai il passo, l'aria mattutina mi
costringeva a ridurre gli occhi a due fessure e le dita delle mani
iniziavano a congelarsi nel maglione che portavo. Non so cosa avrei
dato per avere ogni giorno in un risveglio come quello di quella
mattina, per avere ogni notte come quella precedente.
Finalmente arrivata aprii la porta
cercando di non farla cigolare e camminando a piedi scalzi, ero
stanchissima, mi tolsi i vestiti lasciandoli a terra ed ebbi giusto
il tempo di indossare una lunga maglia pesante prima di cadere nel
sonno. Per la prima volta non sognavo per vivere e vivevo per
sognare, per la prima volta sogno e vita erano una sola cosa.
La sveglia sul comodino mi
costrinse ad alzarmi come ogni mattina alle otto, ero talmente stanca
dopo appena due ore di sonno che avevo appena la forza di colpirla
con la mano facendola cadere sul pavimento. Mi rigirai dall'altra
parte e mi tirai le coperte fin sopra la testa, poi però sentii la
voce di Jess.
“Dove sei stata stanotte? Alle
cinque e mezza mi sono svegliata per andare al bagno e non c'eri.”
mi scoprii solo gli occhi per guardarla.
“Siamo stati a casa mia.”
temevo la sua reazione e infatti scatto dal suo letto per venire a
saltare sul mio.
“E che avete fatto?”
“Se la smetti di calpestarmi te
lo dico.” subito si mise in ginocchio guardandomi su di giri
neanche fosse successo a lei.
“L'abbiamo fatto.” dovetti
tappargli la bocca con la mano per affievolire i suoi urli isterici.
“Cosa?” mi chiese quando la
lasciai respirare.
“Abbiamo fatto l'amore ed è
stata in assoluto la notte più bella della mia vita.” la stavo
fissando trasognante.
“Ehi!” mi sventolò un braccio
davanti al viso. “Io voglio sapere di più, non puoi dirmi solo
questo.”
“Per ora fattelo bastare.”
così dicendo mi andai a chiudere in bagno lanciandole il cuscino
addosso.
Mi lavai mentre Jess continuava a
bussare sulla porta per poter entrare e dopo esserci vestite
scendemmo insieme per fare colazione.
“Stamattina sei particolarmente
luminosa.” mi disse Alissa, la cuoca, mentre mi sedevo a tavola.
“Si ha ragione, che è
successo?” concordò Mary osservandomi meglio.
“Niente.” risposi
concentrandomi sui cereali, come era possibile che si accorgessero
inconsapevolmente di quando facevo sesso?
“Hai preparato la tua borsa?
Almeno dopo la possiamo portare a casa tua.” mi chiese il padre di
Jess.
“Si certo.” non volevo tornare
a casa, stavo bene lì con la mia migliore amica e poi sarebbe
significato dover tornare a convivere con i miei.
Dato che stavamo ritardando ci
sbrigammo a trangugiare il nostro cibo e poi ci accompagnarono a
scuola in macchina, in quel momento avrei voluto tanto poter prendere
il volante e guidare nella direzione opposta, verso casa di Liam. non
riuscivo a smettere di pensare alle sue carezze, ai suoi baci, alle
parole sussurrate nel buio, era stato tutto perfetto, come sarebbe
dovuto sempre essere. Quando arrivammo c'era Adam ad aspettarci agli
armadietti.
“Ragazze siete pronte per il
compito di trigonometria?”
“No.” rispondemmo all'unisono
noi. “Però tu ti sei attrezzato.” continuai tirandogli fuori dei
bigliettini dal risvolto delle maniche.
“Io sono solo previdente, non vi
preoccupate vi suggerirò io.” che non mi rassicurasse molto ma
forse in quel modo non avrei preso un insufficienza.
Quando suonò la campanella i
corridoi iniziarono a svuotarsi e noi raggiungemmo la classe e ci
sedemmo aspettando che arrivasse la professoressa per distribuirci i
compiti. Eravamo a metà del tempo e io Adam e Jess ci eravamo già
scambiati tutti i piccoli pezzetti di carta quando un altro volò fin
sopra il mio banco. Velocemente lo aprii ma non c'era scritto quello
che mi aspettavo. “Sei solo una puttana, te ne pentirai.”
Mi voltai e Lucas mi fissava dall'altra parte dell'aula, senza
distogliere lo sguardo da lui lanciai quel foglietto nel cestino e
dal suo volto sparì l'aria strafottente. Tornai a scrivere
leggermente turbata, non sapevo cosa avesse intenzione di fare ma non
era niente di buono. L'ora scadette ma prima che potessimo consegnare
la signora Hendersen ci ordinò di rimanere fermi.
“Allora ragazzi la prossima
settimana voi studenti dell'ultimo anno passerete tre giorni a
Cambridge.” ci disse mentre distribuiva dei depliant e le
autorizzazioni. “Potrete vedere come funziona un'università,
partiremo giovedì ma troverete tutto scritto sui moduli, ora
consegnate e sbrigatevi a raggiungere la prossima lezione.” Infilai
tutto in borsa e istintivamente guardai Lucas deglutendo, anche lui
mi stava scrutando e aveva di nuovo quel suo ghigno.
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Vorrei
tanto sapere cosa passa per la mia mente bacata quando scrivo queste
cose e ringrazio infinitamente chi recensisce e aggiunge la storie tra
preferite, ricordate, seguite nonostante tutto <3. che ne dite di
lasciare una recensione anche a questo capitolo? :3 Vi voglio bene,
grazie!
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Capitolo 10 *** 10 Capitolo ***
10 Liam
Uscii dalla classe con Jess che mi
saltellava intorno eccitata all'idea della gita.
“Ho sentito che a Cambridge ci
sono un sacco di ragazzi e soprattutto che alcuni sono davvero dei
fighi pazzeschi! Dovremmo darci da fare, avremo solo tre giorni.”
stava sbavando solo all'idea.
“Sai che non mi interessa
minimamente di nessuno al mondo per quanto bello possa essere a parte
uno.” Liam, ecco cosa c'era nella mia testa, nient'altro.
“Giusto, tu hai il tuo amore
impossibile.” nei suoi occhi c'era un velo di invidia.
“Non vorrei disturbarvi ma
biologia ci aspetta.” per fortuna Adam mi salvò dal dover
ribattere, sentivo che se l'avessi fatto le avrei detto ogni cosa di
Lucas e non sapevo come l'avrebbe presa.
“Guarda quanto è carina mentre
morde il tappo della pena.” segui lo sguardo di Adam e capii che
stava fissando Jess seduta qualche qualche banco davanti a noi.
“Dovreste uscire insieme e
vedere come va.” dovevo ammettere che all'inizio l'idea dei miei
due migliori amici insieme non mi piaceva, ma adesso ne sarei stata
davvero felice.
“Lei ce l'ha un fidanzato, le
darei solo fastidio.” mentalmente lo ringraziai per non aver
pronunciato il nome di quel viscido.
“Ma tu sei molto meglio di lei e
sono sicura che se solo passaste qualche ora insieme solo voi due, se
ne accorgerà anche lei.”
“Non accetterà mai di uscire
con me.” abbassò lo sguardo, triste.
“Che ne dici se oggi pomeriggio
non verrò con voi in centro?” gli sorrisi incoraggiante.
“Sai che se non vieni tu non
verrà neanche lei.” odiavo quando faceva il difficile.
“Si ma non lo saprà fino a
quando non sarà già arrivata.” vidi il suo viso rilassarsi e
concedersi un sorriso.
“Grazie, grazie, grazie!” mi
disse abbracciandomi.
“Voi due smettetela
immediatamente o vi mando dal preside, non si fanno queste cose in
classe.” il professore ci sgridò e non potemmo fare altro che
ridacchiare un po' imbarazzati sotto gli sguardi di tutti.
Mentre fingevo di seguire la
lezione non riuscivo a smettere di chiedermi perché ero così brava
a dare consigli agli altri ma mai a me stessa, era sempre stato così.
Finalmente era arrivata l'ora di
mangiare e ovviamente subito tirai fuori il cellulare dalla borsa
aspettando che Liam mi chiamasse, quella volta non l'avrei fatto io,
avrei aspettato. Mi piaceva l'idea che fosse lui a desiderarmi, a
cercarmi e come a leggermi nel pensiero il telefono squillò.
“E' tremendo dover aspettare
tutte queste ore per chiamarti.”
“Dillo a me! Odio questa scuola
più di quanto non facessi già prima.” quei giorni mi sentivo in
trappola più che mai, il tempo che avevamo era sempre troppo poco.
“Ci rifaremo stasera, passo
prima. Preparati per mezzanotte.” avrei voluto dirgli che odiavo
fare le cose di nascosto, odiavo di non poter stare con lui in un
modo semplice, come tutti gli altri, ma lo tenni per me, non volevo
farglielo pesare, non era colpa sua e l'amavo.
“Va bene Liam.”
Ci salutammo e tornai dai miei
amici, Jess era lì avvinghiata al suo ragazzo e mi ritrovai a
sperare davvero che Adam riuscisse a concludere qualcosa. Mi sedetti
dando le spalle a quei due e cercando di ignorali passivamente, Adam
invece continuava a fissarli con un'espressione indefinibile sul
volto, rabbia, disgusto, tristezza e la cosa che mi faceva più male
era sapere che io potevo fare qualcosa ma avevo paura delle
conseguenze. Stava sbriciolando una manciata di patatine con la mano
destra probabilmente senza neanche rendersene conto, sembrava essere
su un altro pianeta. Quando finalmente rimanemmo solo noi tre mi
rivolsi a lei.
“Potreste evitare di venire qua
per i vostri passionali scambi di saliva?”
“Qual'è il tuo problema?” non
volevo iniziare a discutere con Jess.
“Nessuno, solo mi dà un po'
fastidio quando mangiamo.” che razza di ipocrita ero, iniziavo a
volermi dare delle forti botte in testa, la verità era che odiavo
quel ragazzo e non volevo essere a meno di dieci metri di distanza da
lui e poi faceva star male Adam.
“Forse hai ragione, la prossima
volta ce ne andremo da un altra parte.” bevvi qualche sorso di
Pepsi per fingere di acconsentire. Come ogni solito noioso giorno di
scuola mi nascosi in un angolo delle aule per poter tranquillamente
ascoltare la mia musica, di solito ne avevo sempre bisogno ma in quei
giorni no, sicuramente era perché c'era Liam nella mia vita e aveva
preso il posto di ogni cosa per me importante diventando l'unica.
Senza mai togliermi le cuffiette tornai a casa a piedi, faceva
davvero freddo e appena arrivata mi avvolsi nelle coperte del mio
letto e mi addormentai sulle note di Don't cry.
Stavo facendo un sogno bellissimo
che però fu interrotto sul più bello dalla suoneria del mio
cellulare e risposi leggermente scocciata.
“Che c'è?” non riuscivo a
tenere gli occhi aperti.
“Kate potresti venire da me?”
“Adam ma non sei con Jess” mi
sembrava più affranto del solito.
“No se ne è andata.”
“Come se ne è andata?!”
“Kate ti prego vieni.”
Non capivo perché Jess se ne
fosse andata lasciandolo in quel modo ma un motivo doveva pur
esserci, in fretta mi rinfilai le scarpe e il cappotto e uscii da
casa. Non avevo ancora visto i miei e in realtà mi andava benissimo
così, non mi aveva detto dove trovarlo ma sapevo benissimo dov'era.
Mi ci volle mezz'ora a piedi ma alla fine lo raggiunsi, lo trovai lì,
seduto sotto il nostro albero, era diventato troppo grande per
poterci entrare. Senza dire niente mi sedetti accanto a lui
porgendogli il caffè ancora caldo che avevo comprato strada facendo
per entrambi.
“Quando a visto che c'ero solo
io ha detto che si era dimenticata di un appuntamento ed ha chiamato
Lucas per farsi venire a riprendere.” non potevo credere che fosse
davvero così meschina ma mi avrebbe sentita lui era un ragazzo d'oro
non meritava di essere trattato come uno stupido.
“Grazie di averci provato ma io
non gli interesso e sarà sempre così.”
“E' davvero importante per te?”
gli chiesi mentre si appoggiava alla mia spalla.
“Molto probabilmente la amo e
quindi sì”
“C'est l'amour!”
“L'amore fa schifo.”
“No.” mi opposi, sull'amore si
potevano dire tante cose ma non che faccia schifo e lo stavo provando
sulla mia pelle. “Può far soffrire, può essere travagliato ma è
l'unica cosa che fa andare avanti il mondo, al giorno d'oggi può
sembrare di no ma io ne sono convinta nonostante tutto.”
“E tutta questa saggezza ora da
dove la tiri fuori?”
“O forse no, forse non sono
saggia ma solo stupida, forse sono i miei occhi a vedere tutto
circondato d'amore solo perché lo sono io.”
“Fatto sta che non voglio avere
a che fare con nessuna ragazza per molto tempo, sono stanco.”
“Mai mettere un punto, meglio
lasciarsi aperti ad ogni casualità.” io della casualità avevo
fatto uno stile di vita.
“Brindiamo a tutto ciò che non
capiremo mai!” sorseggiammo dai nostri bicchieri e poi mi feci
riaccompagnare a casa da lui.
“Dove sei stata fino ad ora?”
mio padre mi accolse appena aprii la porta.
“Ciao papà” la mia risposta
lo fece arrabbiare ancora di più.
“Ma come ti permetti? Siamo
lontani da casa da quasi una settimana ed entri e esci da qui senza
neanche salutarci?” non riuscivo a credere che parlasse a me in
questo modo quando siano loro ad ignorarmi altamente. Senza parlare
salii le scale per andare in camera mia ma lui mi prese prima che
potessi sbattermi la porta alle spalle.
“Non essere ansiosa di chiuderti
qui dentro tanto ci passerai molto tempo, non uscirai per un mese.”
lo odiavo e lui odiava me, ma non capivo da dove venisse tutto
quest'odio, in fondo saremmo avremmo dovuto essere legati, come un
padre e una figlia. Il nostro rapporto era peggiorato e il motivo
rimaneva a me oscuro.
“Come pretendi di avere dei
diritti su di me quando non hai mai esercitato nemmeno i tuoi doveri,
mi sarebbe bastato che tu mi avessi voluto bene e adesso non puoi
dirmi cosa posso o non posso fare.” ero calma, avevo voglia di
piangergli addosso, avere spiegazioni, essere tranquillizzata, potevo
sembrare forte ma quella cosa mi faceva male.
“Stai zitta.” e così dicendo
mi chiuse dentro a chiave.
_______________________________________________________________________________________________________________________________________________
Questo
capitolo è il frutto della crisi da pagina bianca più
grande che abbia mai avuto e perciò sono consapevole che sia un
emerita merda. comunque ho già l'idea per il prossimo e spero di
rifarmi con quello. vi prego non lanciatemi subito al rogo io vi
voglio tanto tanto bene lol... no seriamente però!
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Capitolo 11 *** 11 Capitolo ***
11e
La voce di Ed Sheeran riempiva la
mia stanza, avevo inserito il suo cd nello stereo e alzato il volume
tanto che se fuori fosse scoppiata una guerra non me ne sarei
accorta. Sdraiata a pancia in su sul letto fissavo le venature del
soffitto di legno formare disegni immaginari mentre pensavo a come
poter uscire da casa quella sera. Mia madre mi aveva portato la cena
aprendo appena la porta per poi lasciare il piatto sul pavimento
insieme ad un bicchiere di succo di frutta. Finii tutto e poi iniziai
a prepararmi, doccia, trucco e poi avevo indossato gonna, stivali e
un maglione.
Continuavo a guardare a intervalli
più o meno regolari l'ora e alle undici e mezza infilai il cappotto
e aprii la finestra. Era l'unico modo ma ero troppo in alto e non
c'era nessun albero a cui avrei potuto arrampicarmi. L'unica cosa che
potevo fare era aggrapparmi al condotto dell'acqua anche se non
sembrava affatto solido, stavo uscendo da casa mia come una ladra,
odiavo i miei genitori ancora più del solito in quel momento. Con
molta cautela mi sedetti sul davanzale senza guardare giù, soffrivo
di vertigini e dopo aver fatto un bel respiro allungai le mani e i
piedi per raggiungere il condotto, rimasi qualche istante ferma
temendo che succedesse qualcosa poi iniziai a scendere. Di quel passo
ci avrei messo anni, non ero neanche a metà strada che le dita mi
scivolarono mollando la presa e cadetti. Ero pronta a rompermi la
testa ma non accadde, caddi tra le braccia di qualcuno, quelle
braccia che avrei riconosciuto sempre, Liam mi aveva salvato la vita
e per miracolo non si era fatto niente.
“Sei matta? Cosa avevi
intenzione di fare?” quasi urlava.
“Fai piano che i miei si
svegliano, volevo solo venire da te.”
“E non potevo usare la porta
come tutti, mi hai quasi fatto morire di infarto, che ti sarebbe
successo se fossi rimasto in macchina?” ansioso continuava a
passarmi le mani tra i capelli come una bambina.
“L'avrei fatto se non fossi
stata chiusa a chiave nella mia stanza.”
“E perché?”
“Ho litigato con mio padre e mi
ha messo in punizione.” risposi stizzita all'idea, chissà come
avrebbe reagito se avesse scoperto che uscivo con un uomo come Liam.
“Non farlo mai più mi hai
spaventato, preferisco che rimani dentro piuttosto che rischi di
ammazzarti.”
“Io no però ti prometto che non
lo faccio più.”
lo abbracciai per poi camminare
stretti l'un l'altra fino alla macchina, l'aria piacevolmente calda
mi accolse nell'abitacolo e mi rilassai sul sedile con ancora il
cuore che batteva poco più velocemente per la paura.
“Dove andiamo?” chiesi quando
entrò.
“Un posto vale l'altro per me se
ci sei tu, potremmo anche rimanere qui ma per stasera avevo
disturbato un mio amico, mi sembra giusto che almeno andiamo.”
disse infilando le chiavi nel quadrante.
Lo ammiravo mentre guidava e
quando lui mi rivolgeva uno sguardo continuavo a guardarlo,
sicuramente se fossi stata con un altro ragazzo avrei sicuramente
girato la testa dall'altra parte.
“Mi spieghi come fai a non
crollare? Lavori tutto il giorno e poi la notte vieni da me...”
“Tu mi dai forza, ti guardo ed è
come se trovassi la risposta a tutte le mie domande.” i suoi occhi
non avevano lasciato i miei neanche per un secondo.
Mi allungai sul cruscotto
appoggiando il mento sulle braccia incrociate.
“Quali sono le tue domande?”
speravo di non essere andata oltre, magari era qualcosa che voleva
tenere solo per sé.
“Un altra volta Kate, adesso
siamo quasi arrivati.” mi sorrise. Non me la presi, ne aveva tutto
il diritto.
“Spero solo che ci sia qualcosa
da mangiare dove stiamo andando, sto morendo di fame.” Liam mi
guardò incredulo e divertito.
“Ti ricordo solo che è quasi
l'una di notte... comunque ci siamo.” frenò e mi sporsi per vedere
attraverso i vetri scuri, c'era un grande edificio ma non sapevo cosa
ci fosse dentro, non ero mai stata da quella parte di Londra. Appena
fuori mi avvicinai a Liam per coprirmi dal vento freddo che mi stava
facendo tremare, stavamo andando verso un'entrata secondaria.
“Cosa c'è qui Liam?” mi
rispose procedendomi e aprendo la porta scura. Era una pista di
pattinaggio.
“Non ti va di stare qui?” mi
chiese quando vide che ero rimasta immobile.
“Si ma non capisco perché,
voglio dire perché hai preso un intera pista solo per noi due?”
“Perché è una cosa che mi
piacerebbe fare con te.” quando mi guardava in quel modo mi sentivo
come ipnotizzata.
“Allora va bene.” gli afferrai
la mano e scendemmo le gradinate fino a raggiungere il bordo pista
dove c'erano scaffali occupati da pattini bianchi e presi il mio
misero 37. Stavo usando una forza sproporzionata per bloccare la
chiusura così ridendo si mise le mie gambe sulle sue ginocchia.
“Ti aiuto io... anche se credo
che adesso tu dovrai aiutare me.” disse quando ci alzammo in piedi.
“Perché?”
“Non so pattinare.” non
credevo facesse sul serio.
“E per quale motivo allora sei
voluto venire proprio qui?”
“Così avrò più scuse per
abbracciarti e non lasciarti mai.”
“Tu non hai bisogno di scuse per
abbracciarmi, anzi.” gli circondai il collo con le braccia per
poterlo baciare.
“Adesso fai attenzione.” gli
dissi mentre poggiava le lame sul ghiaccio “Tienimi e segui i miei
passi.” l'equilibrio lì sopra non era proprio il suo punto forte.
“Odio pattinare.” sentenziò.
“Ahahahahahaha ma almeno
provaci.” era bellissimo mentre si muoveva impacciato accanto a me.
“Però per una cosa vale la
pena, per te. Per vedere le tue guance arrossire, per vedere le
nuvolette di vapore quando sbuffi per il freddo unendo le labbra a
forma di cuore.” così dicendo ne disegno il contorno con un gesto.
“Per poteri riscaldare le mani tra le mie, per sentire la tua
risata mentre rischio di cadere e i tuoi occhi brillare.”
Non riuscì a trattenere una
lacrima nessuno mi avrebbe mai amata in quel modo fino a quel momento
e nessuno lo avrebbe mai fatto in futuro, non potei fare a meno di
stringermi a lui, mi faceva male il petto, per l'amore che conteneva
avrebbe potuto scoppiare da un momento all'altro.
“Adesso vediamo se riesci a
raggiungermi.” gli dissi mentre mi allontanavo da lui per arrivare
alla parte opposta. Sentii che mi lasciò andare a malavoglia e dopo
aver fatto un respiro decise di muoversi per venire da me. Era a
pochi passi di distanza quando mise male una gamba e per cercare di
non cadere trascinandomi a terra sopra di lui.
“Spero che tu non l'abbia fatto
apposta.” gli dissi tra una risata e l'altra.
“No, credo di no.” mi disse
scansandomi i capelli dal viso per poggiare le sue labbra sulle mie.
“Sei ghiacciata.”
“Allora potresti fare qualcosa
per scaldarmi.” gli baciai quel lembo di pelle del collo non
coperta dalla sciarpa di lana.
“Non credo che questo sia
esattamente il posto adatto, è un po' scomodo.” ridacchiò
accarezzandomi il mento.
“E va bene.” con un po' di
difficoltà uscimmo dalla pista e con gioia di Liam ci potemmo
rimettere le scarpe.
Mentre salivamo le scale come ogni
volta che dovevo tornare a casa mi aggrappai al suo braccio.
“Voglio passare più tempo con
Kate.”
“Mi stai leggendo nel pensiero.”
mi fece salire in macchina.
“Troverò un modo, io non ce la
faccio più, andiamo in giro come ladri come se stessimo compiendo un
reato e invece semplicemente ti amo e vorrei che ognuno lo sapesse,
che sapesse quanto sei perfetta.”
“L'importante è che io lo
sappia.” mormorai.
“Hai ragione ma è così
innaturale nascondere ogni giorno il motivo per cui vivo.” non
sapevo cosa rispondere così quando fermò davanti al mio vialetto
dissi solo.
“Ricorda solo che io ti amo.”
Rimasi ferma a guardare la vettura
fino a quando non scomparve dalla mia vista e poi mi avvicinai alla
porta sul retro ponendomi il problema di come rientrare.
___________________________________________________________________________________________________________________________________________
Avevo
detto che con questo capitolo avrei rimediato a quello precedente?
Ovviamente mi sbagliavo perché è questo quello che
è venuto fuori, scusate. Comunque vogliamo parlare del fatto che
ho raggiunto le 110 recensioni, io vi amo dico sul serio, una ad una.
Allora vorrei ringraziare le tre ragazze che hanno aggiunto tra gli
autori preferiti: pizza girl, Noemi2203 e nilersforever. Poi le ragazze
che hanno aggiunto la storia tra le preferite, ricordate e seguite.
1D_forever, Deby_malik, Giuuliaa1D, LiamsHighs,
MadameX_7, onpayneslips, JustADirectioner, Keekka 1D, wengouwe,
cucciola 1d, Dreamy99, giuliette_payne, Jade_Tomlinson, Kioto,
Klaine J Alien, Neverlookback, percysword, Rain_Styles, sam_twins, The
Directioner, xxRebby, _strangertome, pizza girl, Noemi2203. E infine
oltre ai 575 lettori fantasmi la mia amica Giorgia che mi ha aiutata
moltissimo con questa storia. bhè a questo punto mi sto
commuvendo quindi grazie mille ancora una volta <3
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Capitolo 12 *** 12 Capitolo ***
Liam 12
Stavo camminando di soppiatto per
tornare in camera mia senza farmi sentire, ero stata un quarto d'ora
al freddo prima di ricordarmi di quando una volta io e Adam eravamo
rimasti chiusi fuori e di come era riuscito a farci entrare. Passai
davanti al soggiorno e sentii qualcuno piangere. Mi fermai di colpo
per poi tornare indietro ed avvicinarmi per poter spiare attraverso
la porta socchiusa. Mio padre. Quell'uomo che io avevo sempre visto
indistruttibile era a pezzi, quell'uomo che non permetteva errori
aveva perso il controllo, quell'uomo che pensavo non avesse un cuore
ce l'aveva e forse anche fragile. Non l'avevo mai visto in quel modo
ma avevo sempre sospettato che la sua rabbia fosse sempre stata solo
una maschera. Seduto sul divano, i gomiti appoggiati alle ginocchia e
la testa fra le mani, era piegato in due e nonostante tutto sentivo
il bisogno di aiutarlo, era pur sempre mio padre e credo che nessuna
figlia vorrebbe questo. Lentamente aprii la porta senza che se ne
accorgesse, non pensai minimamente al fatto che si sarebbe potuto
arrabbiare, volevo solo abbracciarlo. Camminando sulla moquette
chiara sapevo che aveva capito che fossi lì, non disse niente e così
mi andai a sedere vicino a lui sul divano, non avevo la più pallida
idea di cosa fare.
“Non è colpa tua.” lo sentii
a malapena. “Mi dispiace degli errori che ho fatto con te ogni
giorno.”
“Io ti voglio bene e ...” non
mi lasciò finire la frase.
“Il fatto che tu sia qui
dimostra quanto tu sia speciale, buona, dovresti odiarmi per tutto
quello che ti ho fatto passare ed è così stupido che me ne sia
accorto solo questa sera.”
“Non ho mai capito perché ce
l'avessi tanto con me.” conclusi, era come se per la prima volta
guardassi i suoi occhi, ora arrossati dal pianto.
“La verità è che non ce l'ho
mai avuta veramente con te, ma con me stesso e ho fatto
l'imperdonabile errore di riversare tutto su di te.” lo guardavo
confusa, un po' della rabbia era tornata a galla.
“Riversare cosa?”
“I miei errori e quelli di tua
madre, credo che tu sia abbastanza grande da saperlo. Da quando sei
nata non è più stata mia, mi tradisce ormai da 18 anni perché qui
con noi si sente in trappola. Ho sempre fatto finto di non saperlo
perché la amo troppo e lei non ci ha mai lasciati perché tiene ai
miei soldi.” altre lacrime gli rigavano il viso, ed io ero
sconcertata, non volevo credere alle sue parole, qualsiasi cosa
credessi sulla mia famiglia era completamente sbagliato e la realtà
era mille volte peggio.
“Quindi pensavi che fosse solo
colpa mia?” la mia voce era fredda, senza emozioni e se la sua
maschera si era sciolta io ne avevo appena indossata una.
“Non l'ho mai pensato ma mi
costringevo a crederlo, era più facile anche se ora mi porterò
dietro i sensi di colpa per tutta la vita.” tra me e me pensai che
se lo meritava, veramente non sapevo minimamente come comportarmi.
“Kate.” mi prese le mani e i
suoi occhi erano fissi nei miei. “Io voglio che tu sappia che ti
amo come qualsiasi altro padre di questo mondo ama sua figlia, sei
davvero la cosa più importante delle mia vita, il tempo perduto è
tanto e so che sarà difficile perdonarmi. Quando questa notte ti ho
sentita scappare mi sono domandato che razza di mostro sono, a che
punto sono arrivato, a chiuderti nella tua stanza per un mio
capriccio, si perché era un capriccio, mi faccio schifo da solo.”
mi sentivo svuotata ma dall'altra parte sapevo che avevo riacquistato
qualcosa che mi apparteneva di diritto ma non era mai stato mio, un
padre e il suo amore.
“Perché non me lo hai detto
prima? Lo avrei capito, aspetto da anni questo momento, il momento di
poterti abbracciare.”
“Avevo paura di perderti e che
mi odiassi più già di quanto non fai, in quel modo mi sentivo
sicuro che non te ne andassi.
Mi fiondai tra la sue braccia
mentre entrambi piangevamo e e lui mi stringeva forte, fu la cosa
migliore per entrambi, ci stavo liberando del dolore, della rabbia,
finalmente mi sentivo davvero a casa, ero felice, non riuscivo più a
sopportare quello sguardo che rivolgeva solo a me. In quel momento
non mi importava odiare mia madre, sognavo sempre quell'istante e non
ne avevo ancora abbastanza, ci addormentammo insieme su quel divano,
per la prima volta nella mia vita non sentivo il bisogno impellente
di andarmene da quella casa, per la prima volta da quando lo
conoscevo non pensavo a Liam, tutto sommato si, era stata una bella
giornata.
Magicamente mi risvegliai nel mio
letto, non era mai successo prima e non potei fare a meno di
sorridere. Rimasi un po' rannicchiata tra le coperte prima di
alzarmi, guardai l'ora sul telefono, erano le due del pomeriggio,
avevo recuperato tutte le ore di sonno perso e poi io dormivo sempre
molto il sabato. Avevo anche due chiamate perse di Liam, morivo dalla
voglia di sentirlo ma la necessità di un bagno prevalse. Riempii la
vasca di acqua bollente e mezzo flacone di bagnoschiuma e dopo
essermi immersa lo chiamai.
“Cosa hai fatto fino a
quest'ora?” la preoccupazione trapelava dalla sua voce.
“Ho dormito, ne avevo davvero
bisogno.” ammettevo che quella apprensione mi lusingava.
“Pensavo ti fosse successo
qualcosa, e poi è colpa mia se non dormi abbastanza.”
“In realtà è colpa del sonno
se non passo abbastanza tempo con te.”
“Stasera ci vediamo?”
“Certo! Che razze di domande
sono...”
“Solo non ti costringe ad uscire
dalla finestra però.”
“Non ti preoccupare, ieri io e
mio padre abbiamo parlato, credo che d'ora in poi le cose andranno
meglio tra noi.”
“Non sai quanto sia felice per
questo, insomma parlo da padre e il rapporto con i figli è
inscindibile.” fu strano per me sentirgli dire quelle cose, la
maggior parte del tempo eclissavo il fatto che fosse il padre di un
mio compagno, per me era semplicemente Liam. “Adesso devo andare,
ci vediamo stasera, ti amo.”
Chiusi la telefonata e rimasi
ancora un po' nell'acqua fino a quando non divenne troppo tiepida,
poi mi asciugai e indossai un caldo e morbido maglione di lana. Il
mio stomaco stava brontolando in preda alla fame così scesi giù per
prendermi un pezzo di torta e una tazza di caffè, ero sola in casa.
Suonarono al campanello, guardai
attraverso lo spioncino e per fortuna era Jess, le aprii senza
pantaloni e con i capelli bagnati.
“Entra pure.” le dissi mentre
era già intenta a togliersi sciarpa e cappotto.
“Adam!”
“Hai dei problemi? Io sono
Kate.” iniziavo a temere per lei.
“Idiota intendevo che non so
cosa fare con lui.” improvvisamente mi ricordai del pomeriggio
precedente.
“Esatto, neanche io so cosa hai
intenzione di fare con lui, perché lo hai trattato in quel modo?”
“Perché credo di essermi resa
conto che mi piace ma è troppo surreale.” ero straniata dal suo
comportamento.
“Non ti capisco qual'è il
problema?”
“Non lo so.” roteai gli occhi
al cielo, feci per prendere il mio piatto di torta ma me lo tolse
dalle mani e iniziò a mangiarlo nervosamente, rassegnata iniziai a
bere il mio caffè.
“Ascoltami bene, tutto quello
che devi fare è andare da lui, scusarti dicendogli perché ti sei
comportata in quel modo e baciarlo.”
“La fai troppo semplice.”
“E' semplice.” andai a
prendere le sue cose e gliele infilai mentre continuava a ingozzarsi
e la spinsi verso la porta. “Adesso muoviti.” la chiusi fuori e
neanche il tempo di sedermi che suonò di nuovo.
“Che c'è ho detto di
sbrigarti!” urlai mentre riaprivo e mi porse il piatto guardandomi
male.
Controllai dalla finestra che
stesse andando da Adam e la vidi correre a perdifiato. Vedendola ero
contenta di come le cose si sarebbero presto sistemate tra loro anche
se sembrava fin troppo facile, in fondo l'amore vero, l'amore in sé,
nonostante tutti i problemi è semplice. Due cuori che battono ognuno
per l'altro e la voglia che non finisca mai.
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Ho
deciso che la smetterò di lamentarmi alla fine di ogni capitolo
perché tanto il risultato non cambia e credo di essere pallosa,
quindi questo è quello che è venuto fuori e contando che
ci ho messo tutto questo tempo per pubblicare dovrei vergognarmi di me
stessa. Comunque se siete arrivate fin qui vi dovrei fare una statua,
davvero vi amo!
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Capitolo 13 *** 13 Capitolo ***
13
Mi ero arrampicata fin sopra il
tetto, un caffè e un pacchetto di sigarette. Sorseggiai lentamente
permettendo a quel liquido dolce e bollente di scaldarmi evitando di
scottarmi la gola, era il quarto che bevevo in due ore. Presi una
sigaretta per poi tenerla tra le labbra, mentre con la mano destra
facevo scattare la fiamma dell'accendino tenevo la mano sinistra a
coppa vicino la bocca per evitare che il vento la spegnesse. Inspirai
profondamente in modo che il sapore e l'odore del fumo mi
avvolgessero, osservai quella nuvoletta grigia uscire dalla mia bocca
e poi perdersi nell'aria. Avevo bisogno di pensare e riflettere,
riordinare la mia vita.
La sera precedente mio padre mi
aveva dato la prova che mi voleva bene, ma non riuscivo ancora a
perdonarlo davvero, non potevo dimenticare gli ultimi diciotto e anni
e non potevo non dargli la colpa di avermi addossato i suo problemi,
non avevo nessuna colpa ed ero stata trattata nel peggiore dei modi
per troppo tempo. Poi ora che sapevo di mia madre semplicemente la
odiavo, non avevo mai creduto che fosse così meschina ed ipocrita e
di tradire mio padre rimanendo con lui solo per i soldi, chissà
quante bugie mi avrà raccontato. Non capivo come poteva sgridare me
e litigare con suo marito quando non aveva più nessun diritto, mi
avevano privato di una famiglia normale, ogni volta che uno dei due
mi colpiva lasciando un segno rosso sulla mia pelle mi sentivo
stupida e inutile. Prima non avevo mai fatto nulla perché mi
illudevo di poter recuperare il rapporto con loro ma date le nuove
circostanze non sarei rimasta con le mani in mano, comunque non era
ancora il momento di preoccuparsene. Prima di tutto c'era Liam, come
sempre dopo tutto.
Era perennemente nella mia testa e
questo mi portava a momenti in cui ero la donna più felice del
pianeta a momenti in cui sprofondavo nella tristezza, come ora al
pensiero della misera settimana che ci rimaneva da poter trascorrere
insieme. Ne era già passata una, il tempo volava ed ero spaventata,
mi sentivo come con l'acqua alla gola. Schiacciai con il piede la
sigaretta ormai consumata e quando misi la mano in tasca per
prenderne un'altra afferrai il mio Ipod per sbaglio, così mi infilai
le cuffiette e mi allungai sulla schiena. Quello era il mio mondo
dove potevo fingere che le cose andassero bene, in realtà mi
dimenticavo dei problemi, a volte scappare è necessario, almeno per
me. Scrutavo il cielo, mi piaceva guardarlo, all'orizzonte il Sole
stava concludendo il suo viaggio tuffandosi in un esplosione di
colori per poi lasciare il posto alla Luna. Avevo sempre amato la
notte ed ora ancora di più da quando la associavo a Liam.
Gradualmente la volta celeste imbruniva e ogni tanto il mio sguardo
incrociava un paio di uccelli. Ero così invidiosa della loro
libertà, della loro vita, sicuramente in una seconda vita avrei
voluto essere un uccello, volare e sentire il vento sulla faccia,
viaggiare e poter vedere il tramonto ogni giorno in un luogo diverso.
A malincuore dovetti tornare in
casa, trovai un messaggio di Jess e uno di Adam sul cellulare. Il
primo diceva “Cosa farei senza di te? Grazie!” e il
secondo “Sei la migliore amica che potessi avere.”.
Mi attribuivano il fatto che ora
stessero insieme ma la verità è che quello che otteniamo dipende
solo ed esclusivamente da noi e dalle nostre scelte, nel momento in
cui per esempio per strada scegliamo di girare a destra invece che a
sinistra la nostra vita prende quella direzione, chissà cosa sarebbe
successo se si fosse svoltato dall'altra parte. Le persone che
incontriamo, le esperienze che viviamo, nulla è lasciato al caso,
dietro ogni cosa ci siamo soltanto noi, credo sia proprio questo il
bello. Non potevo essere più grata a me stessa che quella sera
avessi scelto di andare a casa di Liam e di non essermene andata
prima che le nostre labbra si fossero incontrate. Era la prima che
pensavo cosa avrei fatto proprio ora se fossi scappata, non avrei
mai conosciuto il suo sapore, non mi sarei mai sentita dire quelle
parole meravigliose, non lo avrei mai stretto tra le mie braccia. Ora
la frase “meglio un rimpianto che un rimorso” mi sembrava più
vera che mai, mi sarei privata del suo amore, del sapere cosa vuol
dire amare tanto una persona per la quale daresti tutto. Sicuramente
avere un suo solo respiro con il mio, un suo solo battito sul mio
petto, un suo solo ti amo o un suo solo bacio erano infinitamente
meglio che vivere un'intera vita senza.
I miei pensieri furono bruscamente
interrotti da qualcuno che bussò alla mia porta, era mia madre ed
aprì senza aspettare una mia risposta.
“Scendi, la cena è pronta.”
rimasi in silenzio per qualche secondo squadrandola da capo a piedi.
“Io non mangio con te.” in
quel momento provavo solo schifo verso quella donna che non
riconoscevo più, che non sapevo più che fosse, che non poteva
essere mia madre.
“Cosa stai dicendo? Muoviti!”
non capivo come poteva tornare a casa ogni giorno e fare finta di
niente, mentire senza sentirsi mai in colpa.
“Magari sei appena stata con lui
e adesso vieni qui da me a dirmi quello che devo senza che tu abbia
mai fatto il tuo dovere, senza che tu sia mai stata una vera
madre.”ero calma, non urlavo, non ne valeva la pena.
“Sei solo una piccola ingrata.”
la rabbia le deformava il volto.
“Come ti senti? Non ti vergogni
mai di quello che fai?” avevo un sorriso beffardo stampato sulla
faccia.
“Come ti permetti di parlarmi
così?!” non la stavo ascoltando più, mi infilai il cappotto e
scesi giù per le scale. Mio padre mi bloccò per un braccio quando
mi vide.
“Che fai?” lo guardai.
“Mi dispiace papà ma io non ce
la faccio più a stare qui.”non mi piaceva affatto quel suo sguardo
triste.
“Ti prego non andartene proprio
ora.”
“Forse solo per questa notte.”
in realtà mi dispiaceva per lui, proprio ora che ci eravamo parlati,
volevo davvero che le cose fra noi si sistemassero.
Erano le sette e faceva freddo,
Liam non sarebbe arrivato prima di cinque ore e non avevo voglia di
disturbare né Jess né Adam, per fortuna avevo ancora il mio Ipod.
Indossai le cuffiette e mi diressi verso la metro, scesi in pieno
centro. Mi piaceva camminare tra la gente senza sapere dove stessi
andando, tastai le tasche e trovai un altro pacchetto di sigarette,
lo svuotai per metà. Camminavo a vuoto godendomi il fumo con la
musica che mi riempiva la testa, era sicuramente il miglior modo per
non pensare. Dopo un ora circa entrai nella prima biblioteca che
trovai, amavo i libri, pagine, sentire la consistenza della carta tra
le dita e perdermi in quei mondi, mi stavo accorgendo che usavo
troppi modi per sfuggire a ciò che non mi piaceva. Entrai facendo il
più piano possibile, mi guardai un attimo intorno e subito un libro
su uno scaffale lì vicino mi attrasse, era consumato, il che voleva
dire che era passato per molte mani e quindi doveva avere qualcosa di
interessante e avvincente. Feci appena in tempo a prenderlo che mi
sbatterono fuori a causa dell'orario di chiusura. Tornai in dietro
fremendo di curiosità per tutto il tempo ma volevo sedermi e
iniziare a leggere quel libro in pace, mi sedetti su un muretto di
casa mia nascosta da una siepe aspettando che Liam arrivasse. Avevo
letto 103 pagine quando sentii il rumore di un motore di una macchina
avvicinarsi, velocemente mi alzai dandomi delle pacche sui jeans e
sistemandomi i capelli e ovviamente sul mio viso comparve il sorriso
che avevo sempre quando vedevo Liam. Si fermò davanti a me
abbassando il finestrino scuro di una macchina che non conoscevo.
“Le serve un passaggio
signorina?” mi sentivo completamente spaesata e a casa
contemporaneamente quando lo guardavo.
“Si grazie.” in fretta salii e
mi richiusi lo sportello alle spalle, morivo dalla voglia di
baciarlo.
“Dove la porto? Spero che non mi
risponda su una stella, lì potrebbe far sfigurare le altre.”
“Qui vicino a te va benissimo.”
gli afferrai il volto tra le mani esplorando per un attimo il suo
viso, era infinitamente meglio di qualsiasi panorama mozzafiato. Ogni
cosa di lui era perfetta, chiusi gli occhi per dedicarmi alle sue
labbra, non esisteva niente di meglio al mondo.
“Stasera andiamo a Camden Town,
è pieno di gente a quest'ora e quindi è il posto migliore per
nascondersi!”
“Ne sei sicuro? Non voglio
cacciarti nei guai.” di tutta risposta mi lasciò un bacio sulla
punta del naso.
“Mi hai già cacciato nei guai,
mi hai fatto innamorare di te e sinceramente vorrei non uscirne più.”
Sentirgli dire che mi amava non
aveva prezzo, aspettai che mettesse in moto e partisse.
“Me lo dici ancora?”
“Cosa, che ti amo più della mia
stessa vita?”
“Si.” lo sussurrai appena,
volevo che quelle parole mi riempissero la testa, che mi
attraversassero da capo a piedi, erano mie, mi appartenevano, come io
appartenevo a chi le aveva pronunciate. Forse era più corretto dire
che eravamo l'uno dell'altra, non in senso materiale, più profondo,
quello dell'anima.
“Comunque dove hai preso questa
auto?”
“E' di un mio amico, così
passiamo più inosservati.” mi strizzò l'occhio.
“Ahahahahahah con questa è
molto difficile.” scosse la testa e continuò a guardare avanti,
era bellissimo quando si concentrava sulla strada, anche se preferivo
quando si concentrava su di me.
Ci fermammo nel parcheggio più
vicino e prima di scendere mi tirai su il cappuccio. Non mi
preoccupava il fatto che lo vedessero con una ragazza, ma con una
ragazza vent'anni più giovane, la gente può essere molto cattiva.
Una volta arrivati dedussi che aveva ragione, c'era talmente tanta
gente che bisognava stare attenti a non perdersi e sicuramente
nessuno avrebbe fatto caso a noi.
Era incredibile il fatto che
abitassi a Londra e che non fossi mai stata in luogo del genere, era
bellissimo, la luce, la gente, la musica. C'erano negozi di oggetti
affascinanti, vestiti strani e di cibo proveniente da tutto il mondo
i quali costrinsi Liam a farmeli provare tutti. Eravamo in un negozio
di cappelli quando iniziò a guardarmi in modo strano.
“Che c'è non ti piaccio?” ne
avevo appena indossato uno da tesa larga e ricoperto da quello che
sembrava ovatta rosa e ciliege giganti.
“No sei bellissima ma... dove
hai preso quel lecca lecca?” mi rigirai tra le dita quello che
pochi secondi prima tenevo tra i denti e che avevo quasi finito.
“L'ho comprato qui vicino, sai
credo di essere grande per la regola Non accettare caramelle dagli
sconosciuti, e poi ha un buon sapore.” mi venne da ridere.
“In questo caso si, è alla
cannabis, qui ci sono dei negozi che li vendono abitualmente, avrei
dovuto stare più attento, adesso ce ne andiamo.” mi prese per mano
e ripercorremmo la strada al contrario. Iniziavo davvero a sentirmi
strana e Liam mi sorresse fino alla macchina, era la prima volta per
me a dire la verità. Non volevo andarmene, erano passate solo due
ore.
“Non voglio andarmene, siamo
stati troppo poco tempo insieme.” lo guardai supplichevole.
“Ma Kate tu non stai bene.”
“Ti prego.” alla fine
acconsentì, si guardò un attimo, scese lasciandomi sola ma tornò
quasi immediatamente con una rosa tra le mani.
“Tu sei come questa, fragile,
delicata, bellissima, ma non hai le spine per proteggerti, chiunque
potrebbe farti del male da un momento all'altro e io ne sono
terrorizzato.”
“Le rose appassiscono comunque.”
“E' un altra cosa Kate, tieni.”
mi porse la rosa accarezzandomi, l'annusai.
“Preferisco il tuo di
profumo.”gli salii in braccio baciandolo con foga, non sentivo il
suo calore come se arrivasse dal suo corpo, ma dal mio e quando il
bacio prese dolcezza e delicatezza mi addormentai se di lui.
Preferivo Liam in ogni caso.
___________________________________________________________________________________________________________________________
Ho
pubblicato in mega ritardo e così l'ho fatto un pò
più lungo per avere la vostra indulgenza. Come ogni volta vi
ringrazio tutte dalla prima all'ultima compresa Giorgia che dice che
per leggere i miei capitoli aspetterebbe tutto il tempo che voglio.
Comunque quella cosa del lecca lecca drogato è assolutamente
vero, non mi invento mai niente io lol. Vi chiedo di essere buone e
lasciarmi come ultimo regalo dell'anno nuovo una piccola recensione, ve
ne sono sempre grata e se proprio non volete recensire rispondete a
questa domanda. Come pensate che la storia finirà? Adesso me ne
vado e Felice Anno Nuovo a tutte voi! <3
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Capitolo 14 *** 14 Capitolo ***
Liam 14
Mi svegliai improvvisamente, non
riuscivo a respirare, il cuore mi batteva forte nel petto, mi
sembrava quasi di aver ingerito una bomba pronta a esplodere da un
momento all'altro. Qualche goccia di sudore freddo mi imperlava la
fronte, istintivamente senza neanche pensarci mi liberai delle
braccia di Liam che mi stringevano a lui e cercai di uscire dalla
vettura il più velocemente possibile. Mi piegai in due tenendo le
mani sulle ginocchia, fui scossa da conati di vomito, Liam teneva i
miei capelli lontani dal viso mentre con una mano mi reggeva la
fronte. Sentivo di aver vomitato anche l'anima e senza avere la forza
di parlare presi il fazzoletto che mi aveva dato Liam per poi
passarmelo sulla bocca. Mi prese in braccio per farmi allungare sui
sedili posteriori usando il suo giubbotto a mo di cuscino.
“Mi dispiace, sono solo un
peso.” gli dissi, mi sentivo davvero stanca.
“Così mi fai sentire ancora più
in colpa, comunque sta tranquilla, l'effetto di quella schifezza se
ne andrà presto.” stava abbassando tutti i finestrini per far
passare l'aria fresca che trovai estremamente piacevole sulla mia
pelle.
“Adesso aspettami un attimo qui,
torno subito.” annuii rassicurandolo. In realtà sentivo ancora
dolore al cuore e quando provai ad alzarmi ebbi la netta sensazione
che le mie gambe non avrebbero retto il mio peso, in quel momento
erano più simili a della gelatina.
“Dove sei stato?” chiesi a
Liam quando lo vidi tornare. Si mise vicino a me e passandomi una
mano dietro la nuca mi aiutò a mettermi seduta, mi avvicinò un
bicchiere alle labbra.
“Devi sorseggiare questo, hai
bisogno di qualcosa di caldo e pieno di zuccheri.” obbedii
immediatamente. Era tè, sorrisi. Dopo un po' gli feci cenno con la
mano che non ne volevo più, così lo posò nel poggia bicchieri e mi
abbracciò accarezzandomi le braccia.
“Sto meglio Liam, grazie.”
giocavo con i suoi capelli.
“Dovrei stare più attento a
te.” nella sua voce sentivo che si stava colpevolizzando.
“No, voglio dire sono
maggiorenne, non sei il mio baby sitter.” lo guardavo negli occhi,
forse quella era l'unica cosa che “odiavo” di Liam, il fatto che
si desse la colpa di tutto, anche quando non doveva. In fondo voleva
solo proteggermi e lo amavo troppo per fargliene un vero e proprio
difetto.
“Te la senti di tornare a casa?”
guardai l'orologio, erano le tre, avevo dormito solo mezz'ora. Scossi
violentemente la testa, non ero mai pronta per lasciarlo e mai lo
sarei stata, sapevo che non intendeva in quel senso ma io davvero non
volevo che mi riportasse indietro. Insistette fino a quando non
acconsentii e così passai sul sedile davanti, cercando di mettermi
comoda e chiudendo gli occhi. Quando poteva mi sfiorava la mano e
purtroppo la macchina si fermò molto prima del previsto.
“Siamo già arrivati?”
sollevai solo un palpebra.
“Si amore, vieni che ti
accompagno.” volevo protestare ma in realtà non avevo molta forza.
“Buonanotte.” mi disse davanti la porta dopo che ebbi infilato le
chiavi e si chinò per baciarmi ma io mi voltai in modo che le sue
labbra si posassero sulla mia guancia.
“Che c'è?” chiese confuso.
“Bhe, sai prima ho... ho
vomitato no.” ero rossa dall'imbarazzo.
“Come vuoi tu ma sappi che
dovremo recuperare.” quel sorriso sghembo si che mi faceva sentire
male.
“Con piacere.” feci scattare
la serratura ed ero sicura che non se ne fosse andato prima di
essersi assicurato che fossi rientrata sana e salva.
Con passo felpato raggiunsi la mia
stanza, avevo bisogno di una doccia ma non ero in grado. Prima presi
una barretta di cioccolato dal comodino e iniziai a mangiarla con
morsi piccolissimi. Il mio organismo la richiedeva a gran voce ma
avevo paura di non trattenerla. Mi sdraiai sul letto e dopo aver
fatto centro nel cestino con la carta iniziai a spogliarmi,
sollevando la schiena e tenendomi sui piedi mi sfilai i jeans per poi
indossare i pantaloni del pigiama. Feci lo stesso con la maglia e poi
mi trascinai fino in bagno. Mi guardai allo specchio, ero pallida più
di quanto non fossi normalmente, ero ridotta a uno straccio. Immersi
la faccia nell'acqua fredda e poi mi lavai scrupolosamente i denti,
finalmente mi tolsi quel sapore dalla bocca sostituito dal
dentifricio alla menta. Tornai a letto, tra le mie coperte calde e il
tempo di chiudere gli occhi già stavo dormendo.
Fui svegliata dalla suoneria del
mio cellulare, con la faccia soffocata nel cuscino allungai la mano e
me lo portai all'orecchio per rispondere.
“Pronto?” mi sentivo la gola
secca come il deserto.
“Come stai Kate?” alla voce di
Liam scattai seduta schiarendomi la voce.
“Bene, davvero, devo solo farmi
un bagno.”
“Ho pensato che forse stanotte
dovresti rimanere a casa.” poteva anche scordarselo che non lo
avrei visto per girarmi i pollici.
“No, dai ti prego, voglio stare
con te.” al mio tono cedette.
“Va bene, però ce ne staremo in
un posto tranquillo.” era esattamente quello che volevo, io e lui,
da soli.
“Mi hai letto nel pensiero.”
ci salutammo velocemente perché doveva tornare in studio e chiusi la
telefonata.
Raccolsi tutti i vestiti che avevo
lasciato a terra la notte precedente e li buttai nella cesta dei
panni sporchi insieme al pigiama. Riempii la vasca, accesi la musica
e mandai giù un bicchiere d'acqua insieme ad un'aspirina. Bagnai
appena la punta del piede per sentire se l'acqua era gradevole,
entrai e mi immersi ad avere la schiuma rosa fino al mento. I
pensieri galleggiavano nella mia testa, non potevo far altro che
pensare che le cose stessero andando meglio, Adam e Jess, mio padre,
Liam e anche se ormai covavo solo odio per mia madre almeno sapevo la
verità. Feci un respiro profondo e misi la testa sott'acqua e tornai
a respirare solo quando i miei polmoni minacciavano di scoppiare.
Mi asciugai, indossai i jeans e
una camicia e mi pettinai i capelli lasciandoli bagnati, odiavo usare
il phon. Erano le nove e scesi giù per fare colazione, i miei erano
lì, mi sedetti e si respirava un aria pesante, tombale. Ognuno di
noi mangiava in silenzio, fissando il proprio piatto e cercando di
fare il meno rumore possibile con le posate. Io e mio padre ci
scambiavamo degli sguardi e per la prima volta i suoi occhi mi
sembrarono rassicuranti, mia madre non ne aveva il coraggio,
sicuramente ci sarebbe stata solo vergogna. Cercai di finire il più
in fretta possibile e tornai di sopra, mentre tiravo fuori i libri
dallo zaino per iniziare inglese sentii i passi di mio padre
raggiungermi. Bussò ed entrò solo quando gli dissi che poteva
entrare.
“Mi dispiace Kate, per tutto ma
sono sicuro che le cose si sistemeranno. Prima o poi.” continuai a
fare gli esercizi.
“Non è questo il problema, il
problema è che mi avete sempre mentito, mi sembra di vivere con
degli estranei.”
“Allora siamo degli estranei che
ti amano e questa non è una bugia.” lo guardai per esaminare la
sua espressione.
“Però è difficile fidarsi di
chi non si conosce.”
“Hai ragione.” si avvicinò
per passarmi una mano sulla spalla e poi se ne andò, rimasi a
fissare la porta per un po' prima di riprendere a scrivere.
Avevo appena finito i compiti
quando ricevetti un messaggio di Jess che mi chiedeva di andare a
pranzare insieme ad Adam al centro commerciale, accettai e decidemmo
che sarebbe passata tra un ora. Erano tre giorni che non stavo con
loro e volevo vederli, soprattutto ora che stavano insieme, speravo
solo che non sarebbero diventati una di quelle coppie che passa tutto
il tempo a baciarsi davanti a te facendoti passare l'appetito. Mi
truccai, per quanto mi sforzassi non riuscivo ad uscire di casa senza
fondotinta e rossetto, poi mi coprii con qualcosa di più pesante e
raccolsi i capelli in una treccia. Prima di uscire sul viale lasciai
un biglietto per i miei, fortunatamente Jess arrivò subito sulla
macchina che si era fatta prestare dai genitori, le mie gambe stavano
gelando.
“Ciao... mettiti la cintura per
favore.”
“Stai zitta e raccontami che è
successo con Adam.” la guardavo curiosa in attesa di sapere.
“Devo stare zitta o devo
raccontarti come è andata?” mi chiese inarcando un sopracciglio.
“Dai come sei pignola, dimmi
tutto.”la vidi sorridere, ero così felice per lei.
“Non c'è molto da dire. Sono
andata a casa sua e all'inizio non voleva neanche ascoltarmi. Allora
ho iniziato a dirgli le cose che mi hai detto tu da dietro la porta e
quando mi ha aperto gli sono saltata addosso. Poi sia-”
“Si, immagino.” la interruppi,
conoscevo quella smorfia, l'idea di loro due insieme in quel senso
però era un po' strana per me, avrei dovuto abituarmici.
“Siamo stati tutta la giornata
insieme ed è stato tutto perfetto.” i suoi occhi erano
trasognanti.
“Era ora, speravo davvero che ce
la facesse voi due, in fondo siete fatti come l'uno per l'altra.”
“A proposito di gente fatta
l'uno per l'altra, come va con Liam? Mi sembri strana.”
“Con lui va benissimo, credo che
sia perché ieri sera mi sono fatta di cannabis.” Jess sbarrò gli
occhi.
“Che cosa hai fatto!?” esclamò e cercai
di calmarla.
“E' stato un errore, come vedi
sto benissimo però.”
“Si allora c'è qualcos'altro
che non va.” in quel momento odiavo la sua capacità di leggerti
dentro, anzi, la odiavo spesso.
“I miei, non so più come
comportarmi, non siamo propriamente una famiglia e poi ho scoperto
una cosa su mia madre.” esitai un attimo ma dovevo dirlo a qualcuno
e lei era la persona adatta. “Tradisce mio padre da quando sono
nata.” Jess frenò di botto e continuando a fissarmi ringranò la
marcia per poi ripartire.
“Kate questa è pesante, mi
dispiace, io ci sono sempre e anche casa mia se vuoi.” apprezzavo
davvero, mi voleva bene.
“Grazie ma vorrei evitare di
parlarne.” lei acconsentì con un cenno della testa. Eravamo
arrivate al centro commerciale, spense il motore e scendemmo
dall'auto.
“Allora.” mi disse riprendendo
il sorriso. “adesso voglio farti conoscere il mio fidanzato.”
“Ne sono davvero onorata.” e
ridendo insieme ci dirigemmo verso il ristorante.
________________________________________________________________________________________________________________________________
Ecco
qua rendiamoci un attimo conto di quello che è venuto fuori...
una merda e nonostante tutto voi ancora leggete, recensite e mi
riempite di complimenti non meritati. quindi che dire se non VI AMO.
Sparsco immediatamente, solo se vi va lasciate una recensione, anche
piccola, Baci!
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Capitolo 15 *** 15 Capitolo ***
Liam 15
“Vi prego dateci un taglio voi
due.” Jess era allungata sul tavolo tenendo il mento sulle braccia
incrociate, visibilmente infastidita. Da quasi venti minuti stava
osservando me e Adam intenti in una gara a chi mangiava di più, in
realtà sentivo che stavo per scoppiare ma non potevo dargliela
vinta.
“Okay basta hai vinto tu.”
Adam lasciò cadere rumorosamente la forchetta e si accasciò sulla
sedia massaggiandosi lo stomaco.
“Credo che vomiterò.” sapevo
di non avere un bel colorito.
“Se vomiti non vale.” fulminai
Adam con lo sguardo. “Scherzavo.” si affrettò ad aggiungere.
“Che ne dite se andiamo al
cinema?” propose Jess.
“Si, c'è quel nuovo film con
Josh Hutcherson, andiamo.” prendemmo le nostre cose per poi
andarcene lasciando il tavolo in condizioni pietose.
“Kate lo sappiamo che a te
piacciono i quarantenni.” disse Adam osservando la locandina fuori
la sala.
“Credo da ora non più.” dalla
mia bocca era uscito un flebile suono e miei occhi fissavano un punto
dietro le spalle di Jess. C'era Liam, la mano intrecciata ad una
donna dai lunghi capelli rossi, ridevano. Non potevo crederci, non
volevo, sentivo di aver perso tutto e qualcosa dentro di me si ruppe.
Un colpo secco e doloroso, dritto al cuore, volevo perdere i sensi,
lasciarmi cadere sulle ginocchia e addormentarmi fino a dimenticare
tutto. Sentivo il respiro affannato e spezzato di qualcuno vicino a
me, poi capii che ero io, non mi ero accorta delle lacrime che mi
rigavano il viso senza che io potessi impedirlo. Per la prima volta
volta volevo correre dalla parte opposta alla sua, volevo correre
lontana da Liam per impedire che mi facesse altro male ma l'unica
cosa che riuscivo a fare era rimanere immobile con i pugni serrati
lungo i fianchi, senza forze. Avrei voluto urlare e dentro di me era
come se lo stessi già facendo. Improvvisamente sentii Jess
abbracciarmi e stringermi forte per impedire che iniziassi a
singhiozzare “Non qui” mi sussurrò all'orecchio. La verità era
che volevo che tutti sapessero quanto male quell'uomo mi avesse
fatto, a lui che avevo dato tutto. A lui che ora stava lasciando dei
baci sulla guancia della donna, avrei voluto picchiarlo, vederlo
soffrire come me, non era mai stato così brutto perché non avevo
mai amato in quel modo in vita mia.
“Adesso vado là e lo riempo di
pugni fino a vomitare sangue.” volevo che lo facesse ma qualcosa
dentro di me voleva impedirglielo.
“No ti prego, andiamo via.”
Ero stata così stupida,
dall'inizio dovevo capire che ero solo un gioco per lui, una
ragazzina da portarsi a letto, ma più pensavo ai momenti insieme, a
tutte le volte che aveva detto che mi amava più non riuscivo a
capacitarmi di come e perché l'avesse fatto. Sembrava tutto così
vero, così bello, i suoi occhi quando mi guardava, i baci che mi
dava, il modo in cui mi teneva tra le sue braccia, ero fermamente
convinta che nessun'altro al mondo sarebbe potuto essere come lui.
Non capivo come il battito del suo cuore, i brividi sulla sua pelle
allo sfiorarmi non significassero niente per lui. Aveva buttato tutto
all'aria, quei giorni che erano stati i più belli della mia vita era
diventati quelli che avrei voluto dimenticare per sempre. Mi odiavo
per averlo amato così tanto e odiavo lui, odiavo tutto quello che mi
aveva dato e quello che io avevo dato a lui, che era parte
involontariamente di me ora, volevo liberarmene, strapparlo via.
Nonostante tutto però c'era un pensiero che non riuscivo a
scacciare, anche se per poco, anche se ora stavo morendo dentro non
mi ero sentita mai come mi sentivo con lui.
Jess e Adam mi riportarono in
macchina, riuscivo a malapena a camminare, non mi accorgevo di quello
che mi succedeva attorno, quando fermarono davanti a casa mia chiesi
loro di lasciarmi da sola, non sembrava neanche più la mia voce. Me
ne andai in camera mia il più velocemente possibile, osservai per un
attimo la mia immagine allo specchio, distorta, il viso spento, non
c'era nessuna luce nei miei occhi e poi mi seppellii sotto le
coperte. Cercavo di soffocare i miei singhiozzi nel cuscino, tutte le
immagini e i ricordi che mi apparivano davanti non mi lasciarono in
pace neanche nel sonno trasformandosi in incubi. Tutto quello che
volevo era dimenticare e fare come se non fosse mai successo niente,
non chiedevo di essere felice, era sicuramente chiedere troppo,
volevo solo non avere così tanto dolore dentro.
Un messaggio sul mio cellulare mi
strappò agli incubi per riportarmi alla realtà, non c'era alcuna
differenza. Era di Liam, diceva Scendi? Sentii la rabbia
crescermi dentro, afferrai il cellulare e lo scagliai attraverso la
stanza, colpii il vaso in cui avevo messo la rosa che lui mi aveva
regalato. Cadde al suolo rompendosi in mille pezzi, come me, ed era
impossibile che tutto sarebbe tornato come prima. Lui mi aveva detto
che ero fragile, mi aveva promesso che mi avrebbe protetta, ma invece
di essere le spine che dovevano difendermi era stato le spine che mi
avevano graffiato, quelle ferite bruciavano. Scesi dal letto per
affacciarmi alla finestra, vedevo la sua macchina nera, presi il
primo cappotto che trovai e scesi da lui di corsa. Mi sbattei la
porta alle spalle e camminai a passo veloce lungo il vialetto, lo
vidi da lontano appoggiato al cofano, sorridente come sempre. Era
incredibile come prima vedessi in quel volto tutto quello che avevo
che avevo sempre cercato e come ora invece volessi distruggerlo.
“Amore che succede?” mi chiese
quando vide la mia espressione infuriata. Di tutta risposta strinsi
le dita della mano destra in un pugno e colpii la sua mascella con
tutta la forza che avevo.
“Non chiamarmi amore, stronzo.”
sentii di nuovo salirmi le lacrime agli occhi, girai sui tacchi e
feci per andarmene ma mi afferrò il polso costringendomi a voltarmi
verso di lui.
“Che è successo Kate?”
sembrava ci fosse paura nei suoi occhi, ma non sapevo più che
credere, non erano familiari come prima, non mi fidavo di lui.
“Non toccarmi.” con uno
strattone mi liberai dalla sua presa.
“Perché?”
“Ti odio!” urlai, urlai con
tutta l'aria che avevo nei polmoni, volevo che le mie parole lo
raggiungessero come le sue avevano fatto con me, tanto ormai avevano
lo stesso significato, tutto quello era come tante fitte, coltellate.
Una pioggia leggera aveva iniziato
a bagnarci, sembrava la stessa pioggia di quella sera di qualche
giorno prima, la sera che avevamo fatto l'amore per la prima e unica
volta. Non ne era rimasto niente, forse solo un ricordo amaro ma di
quell'amore non ne vedevo più l'ombra, non c'era più nessun
battito, nessun sospiro per lui, solo angoscia.
“Ti prego calmati, perché mi
odi?” piangeva, erano lacrime quelle che stavano bagnando il suo
viso proprio come le miei con il mio, ma non potevo cascarci, non di
nuovo.
“Ti ho visto con quella oggi
pomeriggio al cinema... e smettila di piangere.” lo colpii di
nuovo, era come se ogni volta che lasciavo un segno su di lui,
lasciassi anche un po' del mio disgusto, della mia disperazione, mi
sentivo meglio.
“No Kate, ti giuro, è solo una
mia amica, ci conosciamo da trent'anni, io amo te.”
“Non dirmi che mi ami!”
un'altro urlo, un altro colpo.
“Ti prego.” mi pregò
sottovoce, nonostante tutto vederlo lì mentre piangeva lo faceva
sembrare così vulnerabile, volevo che reagisse, invece tutto quello
che faceva era guardarmi. Sotto la pioggia che mi aveva inzuppato
dalla testa ai piedi non reggevo più il suo sguardo, vedevo tutto
quello di cui mi ero innamorata.
“Addio.” me ne andai senza
voltarmi, sapevo che mi stava guardando, che non aveva fatto un
singolo passo, era come se sentissi il suo sguardo sulla schiena
perforarmi e incolparmi. Di cosa poi? Era solo colpa sua. Stavo
desiderando che quella pioggia mi affogasse, mi liberasse da
quell'inferno.
Tornai dentro, mi spogliai
rimanendo in intimo, mi guardai un attimo intorno prima di decidere
che volevo distruggere tutto, buttai con violenza al suolo qualsiasi
cosa mi capitasse tra le mani, dicendo parole intrise di collera che
nessuno avrebbe sentito. Guardai fuori dalla finestra e lui era
ancora là, mi lasciai scivolare con la schiena nuda contro la
parete, guardai la stanza devastata, proprio come ero io dentro,
straziata e sconfitta. Istintivamente presi la macchina fotografica
nel cassetto accanto a me, solo una cosa era rimasta intatta
esattamente come lo era rimasto lì, la reminiscenza di quello che
era stato. Non avrei mai pensato che qualcuno avesse potuto avere il
potere di devastarmi in quel modo.
_______________________________________________________________________________________________________________________________
Ecco
ciò che è venuto fuori dopo 15 giorni, è corto e
la qualità è proprio....bho penosa. Come ogni volta
ringrazio tutte dalla prima all'ultima e Giorgia che se non mi avesse
aiutata non avrei scritto neanche una frase. Alla prossima! (speriamo,
e magari lasciate una recensione) <3
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Capitolo 16 *** 16 Capitolo ***
16 Liam
Non avevo chiuso occhio, passai
tutta la notte a guardare e a riguardare quelle foto che io stessa
avevo scattato, che dovevano essere la prova di quello che c'era
stato tra noi. Se non ci fossero state non avrei mai creduto o
ricordato che fosse successo davvero, tutto quello sembrava lontano
anni luce. Mi ero impregnata così tanto di amore e passione per lui
che ora che non c'erano più ero completamente svuotata, mi sentivo
leggera, ma non nel senso che non avevo nessun problema, nel senso
che non avevo niente.
Mi passai una sigaretta tra le
labbra, avevo usato tre pacchetti e ora i mozziconi erano seppelliti
nel posacenere sul davanzale della finestra. Era come se stessi
provando a colmare il vuoto, a riempirmi con il fumo per poter ridare
un senso a tutto. Il mio corpo esile e sottile sembrava che chiedesse
di dare un taglio a quel dolore, mi rigirai la sigaretta tra le mani
e poi senza pensarci la affondai ardente sulla pelle della mia
coscia, premetti a fondo, bruciava, strinsi i denti e mi concentrai
su quello. Riuscii a non pensare a Liam, riuscii a stare meglio,
guardai la piccola scottatura che io avevo impresso su me stessa.
Mollai l'ennesimo mozzicone, lo feci cadere dalla finestra mentre lo
guardavo assente, anche io ero stata una sigaretta consumata, goduta
e poi lasciata andare, dopo di me ce ne sarebbe stata un'altra.
La città si era risvegliata,
riniziava il corso della sua vita, per me invece si era fermata, non
sentivo la voglia di vivere un nuovo giorno, ne avevo abbastanza di
quello che portava con se. Qualcuno bussò alla porta della mia
stanza, tre piccoli colpi prima che venne aperta.
“Kate possiamo entrare? Buon
comple...” le parole si ghiacciarono nella gola di mio padre.
Guardò come avevo ridotto la camera, poi guardò me, quasi
completamente nuda, bagnata, mentre piano piano morivo. Sembrava non
volerci credere, si lasciò cadere un pacchetto incartato dalle mani
mentre mi fissava allibito.
“Che succede qui? Kate
rispondimi!” mia madre urlò invece, non di rabbia, era spaventata,
lo si poteva leggere nei suoi occhi. Mi scosse afferrandomi per il
braccio, non risposi, non ne avevo la forza, la sentivo ovattata.
“Prendila, la portiamo all'ospedale.” si rivolse a mio padre, la
voce strozzata. Mi resi conto di quello che stava succedendo solo
quando mi prese in braccio.
“No!” mi opposi, non volevo,
volevo solo che mi lasciassero in pace.
“Va bene, portala in camera
nostra allora.”
“No, lì no!” urlai, non avrei
voluto entrarci mai più. Volevo dimenticare.
“Okay, andiamo nella camera
degli ospiti.” sentii appena la voce di mio padre. Mi mise sotto le
coperte e poi si sedette affianco a me, non parlava, continuava ad
accarezzarmi i capelli in silenzio.
“Mangia qualcosa di caldo, ti
farà bene.” arrivò mia madre con un vassoio pieno di cibo. “Vuoi
dirci che è successo?” si ricordavano di me solo il giorno del mio
compleanno o quando mi succedeva qualcosa, supposi che però per i
loro standard dovessi accontentarmi.
“Non è successo niente, voglio
solo che ve ne andiate, e non ti azzardare a chiamare un dottore.”
aggiunsi vedendo mia madre che tirava fuori il telefono preoccupata.
“Va bene, chiamerò solo
qualcuno per mettere apposto la tua stanza, ce ne andiamo adesso.”
“Kate, non vogliamo più
sbagliare con te, se hai bisogno di qualunque cosa chiamaci.” disse
mio padre prima di chiudere la porta.
Lasciai il cibo intatto, non avevo
fame, non avevo bisogno di niente. Senza realmente accorgermi dei
miei movimenti, mi vestii, mi lavai e mi truccai, il mio corpo e la
mia mente erano completamente disconnessi. Recuperai la borsa con i
libri e decisi di uscire anche se era tardi, volevo andare a scuola
per provare a pensare a qualcos'altro, non avrei risolto niente
passando il mio tempo a rimuginare.
“Dove credi di andare? Non stai
bene, devi risposarti.” mia madre mi chiese quando passai davanti
la sala da pranzo.
“So io che cosa fa per me.” me ne
andai senza permettere repliche. Percorsi la distanza da casa mia
scuola a piedi, non avevo fretta, arrivai appena in tempo per
l'intervallo e quando Adam e Jess mi videro arrivare mi corsero in
contro per abbracciarmi.
“Come va Kate?” Jess mi guardò con
occhi apprensivi, ci misi un po' prima di rispondere.
“Non voglio parlarne, scusate.”
tenevo lo sguardo fisso sulle mie dita che armeggiavano con la
chiusura dell'armadietto, non riuscivo ad aprirlo, ero nervosa e non
sapevo per quanto ancora avrei potuto resistere. Persi la pazienza e
sbattei con forza il lucchetto.
“Ci penso io, calmati.” con un
facile gesto lo fece scattare e poi mi fece appoggiare al suo petto.
“Mi dispiace.” sospirai e chiusi
gli occhi, desideravo riaprirli e aver dimenticato tutto.
“Non pensarlo neanche, comunque buon
compleanno.” si sfilò un braccialetto dalla tasca e me lo legò al
polso. C'era un ciondolo con una frase incisa sopra I'll never
leave you.
“Me lo prometti?”
non mi rispose ma mi lasciò un bacio sulla fronte.
“Anch'io a
qualcosa per te.” Jess mi porse una busta sorridendo, la scartai e
guardai il contenuto
“New York?”
chiesi sollevando le sopracciglia sorpresa.
“A Capodanno, io,
te e Adam.” non ero dell'umore giusto ma non volevo che Jess ci
rimanesse male così cercai di sembrare il più felice possibile.
“Grazie mille, ti
voglio bene.” la abbracciai di nuovo e poi decidemmo di andare in
classe.
Ora di
trigonometria, una volta che tutti fummo ai nostri posti la
professoressa dovette richiamarci più volte per attirare la sua
attenzione battendo la mano sulla cattedra.
“Allora ragazzi
entro dopodomani devo avere le vostre autorizzazioni per Cambridge,
partiremo alle nove davanti alla scuola, mi raccomando fate in modo
che nessuno rimanga a piedi come l'anno scorso.”
Io continuavo a
guardare un punto indefinito davanti a me, era tutto quello che
volevo, partire e quando sarei ritornata lui non ci sarebbe stato
più, il tempo giusto per dimenticare.
“Adesso
interroghiamo.” la professoressa si sedette tirando fuori un libro
e aprendo una pagina a casa. “Vediamo, duecento... Allen vieni alla
lavagna.” mi alzai seguendo l'ordine ma non avevo capito perché,
pensavo a tutt'altro, sentivo una voce confusa farmi delle domande ma
non avevo la più pallida idea di cosa stesse dicendo. Non facevo
altro che pormi ricordi, mi concentravo sul vuoto del mio petto
sperando scomparisse da un momento all'altro o che succedesse
qualsiasi cosa che mi avrebbe dato un motivo per reagire. Ma
nonostante sapessi che non dovevo permettere che qualcuno mi
riducesse in quel modo, che dovevo farlo per me stessa non li trovavo
motivo ragionevoli. Forse perché in quei giorni avevo imparato a
vivere per qualcun'altro e non per me, ci avevo messo tutta me
stessa,perdendomi e adesso non ricordavo più chi fossi davvero.
“Bene se non vuoi
parlare puoi anche tornartene a posto.” mi misi seduta sapendo che
tutti mi stessero osservando, avrei voluto andarmene, correre e
piangere fino a quando non ce l'avrei più fatta.
“Kate ti prego fa
qualcosa, sembri morta.” non mi voltai neanche verso Jess, sapevo
che se avessi continuato così avrebbero finito per odiarmi, ma era
più forte di me, più il tempo passava più era peggio, per quanto
volessi negarlo a me stessa sentivo la sua mancanza. Non sempre le
ferite più dolorose sono quelle che riusciamo a vedere, anzi, quelle
che distruggono dentro, che lasciano cicatrici sul cuore sono le
peggiori.
“Lui non è
tutto, prima eri felice anche senza.” colsi l'amarezza nella voce
di Adam “Non puoi lasciarti andare, ci stiamo male anche noi. Non è
la tua vita.” immediatamente pensai a quando affermavo ogni giorno,
ogni istante, l'esatto contrario.
“Non lo sai.”
mormorai in un sospiro. Continuò a guardarmi quasi compassionevole
per la mia ingenuità, o forse stupidità è un termine migliore.
Non riuscivo a
distinguere il tempo che passava, mi ritrovai in mezzo alla folla
degli studenti che non vedevano l'ora di lasciare quel posto, arrivai
al parcheggio e sentii qualcuno fischiare.
“Ehi Kate!” mi
voltai, c'era Aaron poggiato alla sua macchina nuovissima, lo
squadrai dalla testa ai piedi. “Oggi mi sembri un po' giù di
morale, magari potrei fare qualcosa per tirarti su.” sentii Adam e
Jess dirmi di ignorarlo ma non ci riuscii.
Mi avvicinai a lui
con passo veloce, odiavo quel suo viso così familiare, volevo
prendere a pugni anche lui. All'ultimo secondo cambiai idea, gli
afferrai il volto tra le mani e lo baciai. C'era solo rabbia in quel
bacio che lui scambiò per passione, speravo che avessi potuto
ignorare i miei pensieri in quel modo.
“Che ne dici di
approfondire la questione in macchina?” se fossi stata sana di
mente non avrei mai accettato ma di tutta risposta annui. Guardavo
Jess e Adam da oltre il finestrino, odiavo il modo in cui i loro
occhi mi scrutavano, increduli, spaventati, arrabbiati anche, ma
tanto ormai anche io odiavo me stessa.
_______________________________________________________________________________________________________________________________________________________
Io vi giuro che ci
metto davvero tutta per scrivere questi capitoli ma non sembra mai
abbastanza, vi ringrazio per le recensioni o il solo fatto che leggete,
mi date un motivo per continuare a scrivere questa storia e ammetto che
un pò e come se ne avessi bisogno. Vi conosiglio di passare
nella ff della mia amica sempre su questo account, ho postato ieri il
capitolo finale, ne vale davvero la pena e poi se vi è
piaciuta (scommetto di si) potreste passare in quella che
pubblicherò domani ovviamente sempre scritta da Giorgia e tra
parentesi ti voglio bene <3. voglio bene anche a voi tutte *-*
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Capitolo 17 *** 17 Capitolo ***
Liam 17
Non
avevo la più pallida idea di dove Aaron mi stesse portando, di
quello che stavo realmente facendo, avevo chiuso gli occhi
imponendomi di non guardare, come per far finta che non stesse
realmente accadendo.
“A
cosa devo questo improvviso cambio di decisione?” non risposi,
sentii le sue dita scansarmi i capelli dal collo “Allora?”
insistette.
“Stai
zitto e guida.” lo guardai, odiavo quel suo sorrisetto trionfante
sulle labbra.
“Qualcuno
qui non vede l'ora di avermi, non preoccuparti siamo arrivati.” mi
disgustava.
Eravamo
poco distanti dalla scuola ma non sapevo dove. Subito si avventò
sulla mia bocca, cercai di rispondere al bacio con quanta forza
avessi, farlo con suo figlio era come si mi desse una rivincita. Ero
infantile forse, ma la rabbia e la delusione mi accecavano, faticavo
a distinguere cosa fosse razionale e cosa no.
Le
sue mani toccavano avidamente le mie cosce, poi le sentii sotto la
maglietta, sotto il reggiseno. Improvvisamente un brivido mi
percorse, non era piacere, era paura. Mi sentivo troppo indifesa e
vulnerabile sotto di lui, avrebbe potuto farmi qualsiasi cosa,
ricordai quel giorno in bagno, non ero abbastanza forte per lui. Mi
immobilizzai mentre la sua lingua si insinuava nella mia scollatura.
“Rilassati.”
mormorò. A sentire quella parola, al contrario, iniziai a
spaventarmi ancora di più. Quando la sua mano aveva sbottonato i
miei jeans lo bloccai, mi facevo schifo, volevo andarmene.
“Lasciami,
voglio tornare a casa.” anziché darmi ascolto continuò da dove lo
avevo fermato. Ero una completa idiota, me lo meritavo, ero andata
nella tana del lupo, non era quello il modo per dimenticare, sarebbe
stato solo peggio. Provai in tutti i modi ad allontanarlo ed iniziai
ad urlare quando, dopo aver perso la pazienza, mi tirò uno schiaffo
in pieno volto. Non volevo lasciarmi sfuggire neanche una lacrima.
“Sei
solo una puttana.” non fece in tempo a colpirmi di nuovo perché
qualcuno lo tirò di forza fuori dalla macchina e iniziò a
ricoprirlo di pugni, senza esitare un secondo ripresi le mie cose e
me ne andai. Mi rivestii mentre camminavo e poi caddi a terra
piangendo, in fondo era solo colpa mia, qualcuno mi circondò le
spalle abbracciandomi forte
“Ci
sono io, va tutto bene.” la voce di Adam, il mio porte sicuro. In
quel momento però capii che non era la voce che volevo sentire, per
un attimo avevo davvero sperato che fosse Liam, avrei voluto
stringermi a lui adesso, perché per quanto potessi mentire a me
stessa, io lo amavo ancora.
Mi
lasciò sfogare, che bagnassi la sua giacca, che la stropicciassi,
eravamo rimasti seduti mentre mi accarezzava e sussurrava che non
dovevo più preoccuparmi. Il pianto di paura si era trasformato in
uno di angoscia senza neanche che me ne accorgessi, volevo
disperatamente tornare dall'uomo che amavo.
“Come
mi hai trovata?” gli chiesi quando esaurii le lacrime.
“Vi
ho seguiti, pensavi davvero che ti avrei lasciato andare? Ti voglio
troppo bene.”
“Anche
io e mi dispiace.” gli baciai la guancia.
“Mi
importa solo che tu stia bene, adesso ti riporto a casa.” mi aiutò
ad alzarmi e poi mi fece salire in macchina. Nonostante dovesse
guidare mi fece appoggiare la testa alla sua spalla, volevo tornare a
quando eravamo piccoli e il nostro più grande problema era come
sconfiggere i mostri che volevano distruggere il nostro posto
segreto, adesso era più meno la stessa cosa, solo che i mostri erano
reali e il posto segreto era il nostro cuore.
“Grazie
Adam.” gli dissi quando si fermò davanti casa mia “Ci vediamo
domani.”
“Scordatelo,
io adesso entro con te e Jess sta per arrivare.”
“Non
dovreste.” protestai mentre scendevo dalla macchina “Sono solo un
problema per voi.”
“Ti
prego non pensarlo neanche, non immagini quanto bene ti voglio.” mi
fermai a guardarlo mentre aprivo la porta.
“Si
invece, non saresti qui adesso. Sei l'unico che c'è sempre stato.”
avrei voluto aggiungere qualcos'altro ma la voce di mia madre non me
lo permise.
“Kate
come stai? Ci stavamo preoccupando, non rispondevi al telefono.”
ero visibilmente sorpresa e Adam con me. Da quando si preoccupavano
per me o mi chiamavano per sapere cosa facevo?
“Voi
non dovevate essere al lavoro?” chiesi quando vidi anche mio padre.
“Siamo tornati prima
visto come ti avevamo ritrovata stamattina.” non riuscivo a capire
se si stavano preoccupando per me solo per quello che era successo o
se era quello che era successo che aveva iniziato a farli preoccupare
per me. In entrambi i casi erano arrivati troppo tardi, è vero che
tutti meritano una seconda possibilità ma non sapevo se ero pronta a
concedergliela, dovevo pensarci.
“Sto bene, adesso vado di sopra con
Adam.” feci un sorriso, non so esattamente quanto fosse forzato.
“Mi hanno sorpreso i
tuoi.” mi disse appena ci chiudemmo in camera. Era già sistemata,
sembrava che non fosse successo niente lì dentro.
“Anche a me, mi confondono.” ci sdraiammo sul letto.
“Ho paura Adam.” confessai. “Di
cosa?” in realtà non lo sapevo neanche io esattamente, sentivo
solo che non ero più al sicuro da nessuna parte, non c'era un posto
che potevo chiamare casa. Probabilmente avevo paura di me stessa, mi
sentivo intrappolata in me stessa. Non era una bella sensazione, era
come se fossi diventata la mia nemica più grande, sapevo solo farmi
del male.
In quel momento arrivò Jess e così mi risparmiò di dover
rispondere, non avevo problemi a confidarmi con lui, ma dire quelle
cose a voce alta le avrebbe rese più reali di quanto non fossero
nella mia testa.
“Come stai Kate?” si sedette accanto a noi,
mi guardava preoccupata e forse anche un po' arrabbiata.
“Bene, scusa per prima.”
“Non preoccuparti, siamo amici no? Dobbiamo
starci vicini, sempre.” sorrisi di nuovo, questa volta
spontaneamente.
Adam e Jess se ne erano andati da poco, io
ero seduta in cucina con mio padre e mia madre, mi guardavano come se
si aspettassero che avrei iniziato ad urlare o a dare di matto da un
momento all'altro.
“Vado a
dormire.” annunciai alzandomi da tavola.
“Buonanotte
Kate.” non riuscii a rispondere, mi limitai ad un semplice cenno
della testa, era davvero più forte di me. Ero cosciente del fatto
che le cose stessero cambiando ma odiavo l'idea che era servito che
quasi mi uccidessi per renderlo possibile.
Non fu una bella notte,
non avevo trovato rifugio nel mio sonno, gli incubi continuarono a
tormentarmi incessantemente, non avevo mai desiderato tanto
svegliarmi. Improvvisamente ogni singola cosa che mi opprimeva era
uscita allo scoperto e tutte insieme sembravano ancora più
terrificanti. Lui non mi lasciava in pace neanche un attimo, Liam era
costantemente nei miei sogni, più di quanto fosse lecito, perché il
mio cuore sapeva che quell'amore non era uno sbaglio. Fui svegliata
dallo squillo del mio telefono, era ancora notte fonda, mi affrettai
a rispondere ma non ricevetti nessuna risposta dall'altra parte.
C'era solo un respiro, accelerato, un respiro che avrei potuto
riconoscere sempre, ne ricordavo il calore sulla pelle, il sapore
sulla lingua. Misi giù in silenzio, se avessi aperto bocca non sarei
riuscita a controllarmi, non sopportavo più il modo in cui l'amavo e
l'odiavo contemporaneamente, avrei rischiato di impazzire. Scoppiai a
piangere, un pianto convulso, che faceva male, che cercavo di
soffocare in gola, tenevo le mani sul petto, come per cercare di
attenuare il dolore. Ma quello non era contenibile, lentamente si
espandeva nel mio corpo come veleno, scorreva nelle mie vene,
arrivava fino alle ossa, fino a quando non percepii nient'altro, di
nuovo. Non facevo altro che cadere e andare sempre più giù, sarebbe
stato sempre più difficile risalire, ma al momento non mi importava,
forse stavo sperando di trovare un appiglio nella mia caduta,
qualcosa a cui aggrapparmi, ma c'era solo vuoto, un vuoto di cui
ormai facevo parte. Mi rannicchiai stringendomi le ginocchia al
petto, le lacrime continuavano a sgorgare dai miei occhi senza pausa
e il battito del mio cuore si affievoliva sempre di più. Il suo
pulsare era diventato quasi uno scherzo, un capriccio, perché a quel
punto non aveva più motivo di esistere. Sembrava stupido e sciocco
stare così tanto male ad occhi esterni, perché gli occhi non
sentono, vedono, e niente al mondo è tanto sbagliato tanto quello
che vediamo. In quel momento però, desideravo con tutta me stessa
essermi fermata a guardare e poi andarmene senza toccare nulla, senza
aver provato nulla.
_________________________________________________________________________________________________________________________________________________-
Scusate
infinitamente per il ritardo ma ho avuto un sacco di problemi oltre la
scuola, non trovavo niente da scrivere, l'ultima settima ho seriamente
pensato di lasciar perdere ma poi nonostante questo capitolo lo odi ho
deciso di continuare. magari fatevmi sapere se ne vale la pena, vi amo
<3
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Capitolo 18 *** 18 Capitolo ***
18 Liam
Mi
ero addormentata da appena dieci minuti quando la sveglia suonò
avvisandomi che era ora di alzarmi. Ero stanchissima, con un immensa
fatica mi costrinsi ad alzarmi ed andare in bagno. Mi sedetti sul
bordo della vasca con la schiena dolorante, odiavo l'immagine che lo
specchio sul lavandino rifletteva. Decisi di farmi una doccia veloce
per svegliarmi un po', amavo sentire l'acqua bollente scorrermi sul
corpo, rimasi il tempo necessario per sciogliere i muscoli
indolenziti e poi mi vestii. Impiegai un po' più del tempo
necessario per coprire le mie profonde occhiaie e per raccogliere i
capelli in una treccia che scendeva morbida sulla spalla destra. Per
non fare tardi uscii senza fare colazione, i miei non erano mai a
casa di martedì mattina. Una volta uscita mi pentii di non aver
indossato un paio di guanti, cosi cacciai le mani nelle tasche del
cappotto per evitare che congelassero. Ovviamente quella mattina Adam
e Jess erano ad aspettarmi poco lontano.
“Buongiorno ragazzi.” li salutai entrambi con un bacio sulla
guancia.
“Hai dormito poco Kate?”
“No perché?” risposi nascondendo
uno sbadiglio. Non sapevo se raccontar loro della telefonata di Liam
alle tre del mattino.
“Niente.” nessuno credeva davvero alle mie bugie, ero una frana
a mentire. In quel momento senza nessun motivo pensai al fatto che
loro due non si erano mai baciati o fatto cose simili davanti a me,
eppure si divoravano con gli occhi. Chissà se anche io e Liam ci
guardavamo così. Mi mancava, ogni suo gesto, ogni risata, la sua
voce, mi rendevo conto che non potevo stare senza di lui.
“Kate ho preso appuntamento da Jodi per noi due, domani
pomeriggio.” mi disse quando Adam si allontanò.
“E perché
mai?”odiavo andarci, era la nostra estetista.
“Perché dopodomani
partiamo e Cambridge è pieno di ragazzi, tu potrai darti da fare e
io invece potrei avere la mia prima volta con Adam.” non capivo la
logica di quella ragazza, sapeva che non mi interessava andare in
cerca di qualcuno, naturalmente ero felice per lei.
“Va bene, ma sappi
che io rimarrò chiusa in camera tutto il tempo.”
“Kate ti prego, reagisci. Non
fai più una risata, non sei più tu. Io vorrei riavere la mia amica
ma se tu continui a rimanere attaccata all'idea che lui era l'unico
che poteva amarti davvero come puoi andare avanti? In fondo lo sai
anche tu che non ti avrebbe mai tradita, troverai quello giusto.”
la guardavo senza proferire parola, quello che mi aveva detto era
come un schiaffo in pieno volto. Sapevo che non era il suo intento,
il problema era che aveva completamente ragione e io lo sapevo, me lo
ripetevo sempre. Però lo amavo ancora e non riuscivo a scacciare
quella sensazione di perdita. Tutto quello che desideravo era tornare
indietro nel tempo, tornare ai momenti in cui c'eravamo solo io e lui
e nessun problema tra di noi, quando era tutto incondizionatamente
facile.
“Non so più niente, so solo che ogni secondo che
passo così è un secondo in meno che potrei passare con lui.” Jess
alzò gli occhi al cielo, sapevo di apparire come una sciocca ragazza
innamorata e lo odiavo perché era così che mi sentivo. Presi atto
della mia frase, da quando avevamo litigato me ne resi veramente
conto, per la prima volta non avevo più alcun dubbio.
“Andiamo in classe?” chiese Adam prendendomi la mano e guardando
Jess con aria interrogativa riguardo ai miei occhi lucidi. Lei scosse
il capo e si mise al suo fianco. Un pensiero mi attraversò la mente
e mollai la sua presa tra le mie dita, la vista offuscata.
“E' lei la tua ragazza, è lei che devi prendere per
mano.” stavo impazzendo, sentivo di dire cose senza senso e sapevo
anche che il motivo per cui qualcosa nella mia testa non funzionava
più come prima era perché il palmo che volevo sentire a contatto
con il mio era quello di Liam e non potevo averlo.
Nonostante il suono della campanella avesse avvisato che le lezioni
erano iniziate mi diressi dalla parte opposta a quella della mia
aula, il passo accelerato, Jess e Adam sapevano che non volevo che
cercassero di portarmi indietro. Ancora non capivo potevo correre
quanto volevo ma non sarei mai riuscita a fuggire dalla mia mente, da
lì non potevo andarmene. Lasciando da parte le soluzioni drastiche
avevo solo una possibilità, risolvere i miei problemi, affrontare
Liam, trovare un modo per far tornare le cose come prima. Non sentivo
bisogno di lui fisicamente, sentivo il bisogno che mi stringesse le
mani dicendomi che lui c'era, volevo solo che mantenesse le sue
promesse. Andai a sbattere contro qualcuno, Aaron.
No,
non era lui, solo un paio di occhi incredibilmente simili di cui ne
avevo disperatamente bisogno. Nessuno dei due seppe dire qualcosa,
quell'interminabile silenzio mi stava uccidendo, morivo dalla voglia
di sentirlo parlare, da come guardava iniziai a pensare che forse
voleva assicurarsi che non scappassi da lui. Sapevamo entrambi che
non era quello che volevo.
“Kate non ho mai
vissuto dei giorni così brutti, ho cercato in continuazione di
chiamarti o venire a casa tua per parlarti, per rimettere le cose a
posto. La verità è che non ne avevo il coraggio, ti amo e non serve
che aggiunga frasi fatte per fartelo capire. Non nego quello che ho
fatto e mi odio, forse più di quanto tu odi me. Se solo potessi
stare nella mia testa capiresti che tu mi hai completamente
sconvolto, sapresti che tutto quello che desidero è che tu ti
lasciassi amare da me. So di apparire egoista ai tuoi occhi
chiedendoti questo dopo quello che ti ho fatto passare ma ormai non
c'è più niente che mi faccia distinguere il giusto dallo sbagliato.
Ti sto chiedendo in ginocchio di amarmi.” si piegò davvero su
entrambe le ginocchia, gli credevo. Adesso era tornato, potevamo
stare di nuovo insieme, mi abbassai per stringergli le mani, per
avere la certezza che fosse reale. Ed era davvero lì pronto ad
amarmi più di prima, sapevo leggere il suo sguardo, era sincero,
come lo era sempre stato ma c'era qualcosa che impediva ancora che
tutto tornasse come prima, perché non sentivo il sollievo di averlo
ritrovato? Tutto quello che volevo era stringerlo tanto forte tra le
mie braccia da dimenticare ogni cosa ma invece le parole mi uscirono
da sole dalla bocca. Quelle parole che mi stavano opprimendo, che non
mi permettevano di averlo come prima, di essere completamente felice.
“Sono stata con tuo figlio.” colsi nella sua
espressione la durezza di quello che avevo detto, quanto brutale
suonasse davvero. Non avevo mai pensato di dirglielo e ora eccolo ad
attutire il colpo.
“Cosa? Sono arrivato troppo tardi? Ami
lui?” sembrava tutto così irreale.
“No.” risposi semplicemente mentre guardavo le sue
lacrime rigargli il viso.
“Ti
è bastato poco per riprenderti.” quella freddezza mi congelò il
sangue nelle vene.
“No.” dissi nuovamente
“Volevo solo farti male quanto lo avevi fatto a me, mi sono resa
conto troppo tardi che non è mai stato quello che volevo realmente.”
speravo mi capisse.
“Io ti amo.” lo
disse come se per me fosse qualcosa di incomprensibile.
“Perché non capisci che anche io
ti amo così tanto che credetti d morire? Perché non capisci che
cercavo solo un'illusione per poter star meglio? Tu avevi già
distrutto quello che c'era tra noi, che avevamo costruito insieme
e volevo che lo avessimo ridotto a pezzi insieme allo stesso modo. E'
stupido ma ne sentivo il diritto.” piangevo anche io ormai,
ansimavo nello sforzo di non urlare. Stava accarezzando il
mio polso quando si fece passare tra le dita in ciondolo di Adam e lo
rigirò sotto la luce per leggere la scritta, sospirò.
“Forse hai ragione, non ho mantenuto le mie
promesse, ho perso la tua fiducia, forse è troppo tardi.” non
riuscivo a credere che lo stesse dicendo sul serio.
“Vuoi
davvero che tutto finisca così?” tutto questo era molto peggio di
qualsiasi cosa mi aspettassi, tra tutti i nostri addii che avevo
immaginato non c'era uno neanche lontanamente doloroso come questo.
Non avevo previsto che tutto sarebbe finito perché avessimo pensato
che era troppo tardi, il fatto che avessimo combattuto fino
all'ultimo per rimanere insieme era sempre stata una certezza per me.
“No Kate, non lo vorrei per quanto impossibile possa
sembrare, fuggirei con te. Patirei la fame, la sete, il freddo, mi
basti tu per essere la persona più ricca del mondo ma solo se anche
tu lo vuoi. Ho paura che ti sto perdendo e allora è meglio che me ne
vada subito. Perché è vero, non sono abbastanza coraggioso da
lasciarti andare di tua volontà, è meglio fingere che sia io che me
ne sia andato. Sarà sicuramente meno doloroso che ricordare che il
tuo amore non c'è più.” nacque un sorriso dalle mie labbra,
sembrava insensibile ma la verità era che ero sollevata. Lui avrebbe
fatto qualsiasi cosa pur di avermi e mi amava tanto da patire la mia
mancanza pur di avere come ricordo il mio vero amore.
“Non mi perderai mai,
io non sopravviverei mai. Sarei pronta a morire domani se avessi
passato il giorno con te.”
Eravamo di nuovo insieme, come doveva
essere, non sarebbe stato per sempre ma mi bastava, ora che sapevo
come erano pochi giorni senza di lui non mi importava di quanto
difficile potesse essere stare insieme e poi dirsi addio, ero pronta
a dar di nuovo vita al mio cuore e posai le mie labbra sulle sue.
______________________________________________________________________________________________________________________________
Non
so veramente più cosa pensare, vi ringrazio tutte per aver letto
e recensito, il fatto che continuate a leggere mi fa sclerare.
Ovviamente lo devo anche a Giorgia. vi ringrazio infinitamente di
nuovo, se vi va lasciate una recensione, anche piccola :3
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Capitolo 19 *** 19 Capitolo ***
19 Liam
Feci appena in tempo a stampare un bacio sulla sua bocca calda e
morbida quando sentimmo dei passi avvicinarsi, sentii Liam
sussurrarmi che mi avrebbe chiamata prima che ce ne andassimo dal
corridoio in due direzioni diverse. Me ne andai in biblioteca, non
avevo proprio voglia di irrompere in classe a metà lezione, presi un
libro a caso, mi infilai le cuffiette e il resto dell'ora passò
velocemente. Quando mi avvicinai agli armadietti Jess e Adam erano
già lì a parlare fittamente.
“Kate perché sorridi? Prima
ti sei comportata in un modo stranissimo.” mi fece notare Jess
guardandomi un po' preoccupata forse.
“Ho
incontrato Liam.” dissi.
“Non dirmi che siete tornati insieme... cazzo!” disse Adam
tirando un pugno sul muro quando la mia espressione confermò ciò
che non voleva sentire.
“Ti farà di nuovo del male, non tornare da
lui.”
“No non lo farà, non di nuovo. Noi ci
amiamo. Ti prego fidati di me, non essere arrabbiato.” ero sicura
di quello a cui andavo in contro.
“Vorrei ricordarti che fino a un'ora fa sembravi una morta che
camminava per colpa sua. Volevo vederti nuovamente felice ma non in
questo modo.” ammise mestamente.
“Io mi fido di lui, non posso farne a meno.” non
sopportavo che fosse arrabbiato con me per Liam.
“Evidentemente
per lui non è lo stesso.” ressi il suo sguardo per qualche secondo
ma poi presi i miei libri e girai i tacchi.
“Ti sbagli.” me ne andai verso la mia
lezione, per fortuna non lo avrei visto fino all'ora di pranzo.
Sapevo che non voleva essere cattivo, che volesse solo che io stessi
bene e che dopo avermi vista a pezzi odiasse l'idea che tornassi da
Liam, ma in fondo se ora i pezzi erano a posto era solo merito suo.
Riuscivo a seguire le spiegazioni solo per qualche minuto, poi mi
perdevo completamente nei miei pensieri. Non riuscivo a togliermi
dalla testa l'immagine del volto arrabbiato di Adam e più il tempo
passava più i dubbi si insinuavano nella mia mente, e se avesse
avuto ragione? Non riuscivo a trovare una risposta. Avevo perdonato
Liam così facilmente, forse la ragione era stata offuscata dal mio
cuore, come era sempre stato con lui, forse il desiderio disperato di
rivederlo che ormai mi perseguitava mi avevano fatto dimenticare
quanto realmente avessi sofferto. Avevo dimenticato che lui mi aveva
tradita facilmente, magari era quella donna che tradiva con me,
magari neanche lei sapeva di me. Era stato così difficile dirgli
addio che non mi era sembrato vero ritrovarlo, la gioia nel vederlo
mi aveva invaso non lasciando spazio a nient'altro ma adesso che ero
lontana da lui la parte razionale del mio cervello mi ripeteva che
sarei stata solo una stupida a permettergli così facilmente di
riavermi, trattarmi come un giocattolo ancora una volta. Non potevo.
Mi odiai per quello che avevo appena fatto, dovevo chiedere scusa ad
Adam e parlare chiaramente una volta per tutte con Liam, pensarlo mi
faceva venire un groppo in gola. Era incredibile come nel giro di una
mattinata avessi cambiato idea così tante volte ma il mio cuore e la
mia mente che si contendevano la mia decisione erano estremamente
difficili da controllare. Quando la campanella mi liberò dall'ultima
lezione della mattinata mi diressi velocemente verso la classe dove
stava Adam decisa a chiedergli subito di perdonarmi, ero egoista, lui
mi aveva sempre aiutata ed io lo ripagavo ogni volta in quel modo
quando si trattava di Liam, aveva preso più spazio nella mia vita di
quanto me ne fossi mai accorta.
“Ciao.” era appoggiata con le spalle al muro
appena fuori la porta dell'aula, lo guardai per un secondo poi
iniziai a fissarmi le dita delle mani intrecciate tra di loro.
“Sai hai ragione tu,
scusa.” sentii subito le sue braccia avvolgermi e le sue labbra
lasciare un bacio sulla mia fronte.
“Non preoccuparti, tra un po' non ci
penserai più a lui. Credo che tu stia solo cercando qualcuno che ti
ami ma ci siamo io e Jess a volerti bene.” ero sollevata e gli
regalai un sorriso. Odiavo l'idea che lui fosse arrabbiato con me e
trovarlo così disposto a starmi vicino mi faceva rendere conto di
quanto fossi realmente fortunata ad avere un amico come lui.
“Andiamo,
Jess ci sta aspettando.” gli dissi sciogliendo l'abbraccio.
Stava facendo la fila per
riempire il suo vassoio di cibo e non provai nessun moto d'invidia
nel vedere Adam cingerle i fianchi da dietro e lasciargli un bacio
veloce sul collo, le loro mani si intrecciarono poi e per la prima
volta non pensai neanche lontanamente che avrei voluto che anche
qualcun'altro lo facesse a me.
Ero in camera mia stesa sul letto, la tv accesa su un canale di
musica, circondata da libri mentre tentavo di finire il mio saggio da
consegnare per il giorno dopo. Avevo appena raccolto i miei capelli
bagnati quando il mio cellulare squillò. Sapevo chi era e il mio
cuore perse un battito all'idea , il mio dito si mosse esitante sullo
schermo. Non avrei potuto evitarlo per sempre, scappare, dovevo
fermarmi e affrontarlo.
“Ehi
Kate, temevo no rispondessi.” deglutii.
“Era
quella l'idea ma devo parlarti una volta per tutte. Non posso
dimenticare quello che hai fatto lo capisci? Lasciami stare, torna da
lei. Non avrai nessun problema, non dovrai essere costretto a vederla
di notte, a nascondervi. Non sarà un peso come me.” una lacrima mi
sfuggì alle mie stesse parole, mi morsi il labbro inferiore mentre
aspettavo una sua risposta.
“Non sei mai stata un peso per me, sei sempre stata ciò che
alleggeriva i miei giorni. Non ho bisogno di lei, ho bisogno di te,
rimarrei sveglio settimane per averti, non ho bisogno di dormire se
non ci sei tu. Con te ho comunque i miei sogni. Ti prego non
andartene.” presi un respiro profondo prima di rispondere.
“Sei tu ad
essertene andato Liam.” sussurrai. Misi giù, incapace di muovermi,
ripetendo infinitamente le nostre parole nella mia testa,
rimbombavano come un'eco. Come un silenzio assordante. Continuai a
scrivere come per fingere che non fosse successo niente, non sapevo
che cosa stavo facendo esattamente ma era certamente meglio che
rimuginare su me stessa e su quello che avevo fatto. Sembrò
funzionare, fino a quando stanca e assonnata non conclusi il mio
compito e tutto quello che era successo tra noi non mi inondò i
pensieri. Non potevo fare a meno di rimpiangere quei giorni, era
inevitabile. Mi lavai i denti e poi indossai il pigiama per poi
mettermi a letto cercando di rimandare il più possibile il momento
in cui mi sarei addormentata, sapevo che i miei sogni non mi
avrebbero lasciata in pace. Lasciarlo era sembrato fin troppo facile,
sembrava impossibile che tutto quello che era successo mi scivolasse
via di dosso leggero come l'acqua. Tutto quell'amore che mi aveva
riempita doveva pur rimanere intrappolato da qualche parte, sapevo
che prima o poi avrei scovato quei posti del mio corpo dove si era
nascosto. Dopo troppo poco tempo però il sonno mi inghiottì nella
sua morsa e come avevo previsto lo sognai. Sembrava così reale, ma
non era l'incubo che mi aspettavo, mi baciava, mi accarezzava fino a
quando non scomparve e mia madre mi svegliò scuotendomi.
“Kate calmati, va tutto bene, era
solo un brutto sogno.” la sua voce mi raggiunse in un sussurro
mentre le sue mani cercavano di calmarmi. Non pensavo di essermi
agitata al punto di averla condotta in camera mia.
“Non lo so più.” era così, ero
sfiancata e disorientata dalla mia indecisione.
“Non so cosa sia successo, urlavi a qualcuno di
non andarsene, non devi preoccuparti, c'è una soluzione a tutto.”
per la prima volta nella mia vita mi sembrò davvero mia madre, le
buttai le braccia al collo, felice perché sentii che voleva davvero
aiutarmi. Non l'avevo completamente perdonata così come avevo fatto
con mio padre però era un passo avanti.
“Rimarresti a dormire con me?” mi pentii
subito di averglielo chiesto, temevo la risposta. Quando ero piccola
diceva sempre che non aveva tempo per queste cose.
“Certo.” mi diede un
bacio sulla guancia e poi le feci spazio sul materasso, mi
addormentai di nuovo mentre mi accarezzava i capelli. Non potei
comunque non pensare a quello che era successo, come era possibile
che l'idea di essermi allontanata da Liam mi disperasse tanto
inconsciamente mentre da sveglia mi sembrava l'unica soluzione
possibile? Non capivo se c'era ancora amore per lui, forse si, perché
è l'unica cosa oltre la morte che non ha soluzioni o risposte.
Qualcosa eternamente incomprensibile a noi comuni mortali. Io però
una soluzione dovevo trovarla, e anche alla svelta, prima di
rischiare di impazzire completamente. Forse lo ero già e per quanto
stupido, insensato, per quanto cercassi di negarlo e di farmi
convincere ero incondizionatamente innamorata di Liam e sapevo che in
realtà non mi importava quanto avesse potuto farmi del male, era
l'unica medicina. Quella conclusione a cui ero arrivata migliaia di
volte e che migliaia di volte avevo messo in discussione era l'unica
che mi avrebbe fatto star bene.
_____________________________________________________________________________________________________________________________________________--
Questa volte non ho scusanti anche perché il capitolo era
pronto quindi ammetto che il motivo per cui ho pubblicato è che
non mi andava di metterlo, non mi convince affatto. Perdonatemi,
soprattutto perchè tutte voi che leggete e che recensite siete
fantastiche. TUTTE
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Capitolo 20 *** 20 Capitolo ***
20 Liam
Quando mi svegliai era ancora buio. Lanciai una rapida occhiata
alla sveglia infastidita dalla luce al led, non erano ancora le sei.
Mi rigirai su un fianco tirandomi le coperte fin sopra la testa
portandomi le gambe al petto. Avevo ancora tempo prima di dovermi
iniziare a preparare per partire per Cambridge. Durante l'ultimo
giorno non avevo fatto altro che pensare che quando sarei tornata
Liam sarebbe già stato dall'altra parte del mondo. Avevo rifiutato
ogni sua chiamata fino al punto di staccare il telefono. La
consapevolezza che dovevo stargli lontana era tanta quanta la voglia
di vederlo. Non riuscii a riprendere sonno così mi alzai e andai in
bagno per farmi una doccia, lasciai i vestiti sul pavimento prima di
infilarmi sotto il getto di acqua bollente, mi insaponai dalla testa
ai piedi con un bagnoschiuma alle fragole, non volevo partire, non
volevo allontanarmi più di quanto avessi già fatto. Mi stavo
imponendo da sola di stare male, non ci avrei messo niente a correre
fino a casa sua, ero così stupida a negarmi la felicità dopo tutto
il tempo che l'avevo cercata. Quale idiota si negava l'amore?
Dopo essermi stretta nell'asciugamano per impedire al calore sul
mio corpo di andarsene mi passai una crema fresca sulla pelle liscia,
completamente depilata e trattata il giorno prima. Anche le unghie
delle mani e dei piedi erano state perfettamente messe a nuovo. Se
fosse dipeso da me ne avrei volentieri fatto a meno ma Jess aveva
insistito tanto e farle compagnia non mi costava niente. Indossai
l'intimo e poi con cura asciugai e stirai con la piastra i capelli,
spazzolai i denti con scrupolo e poi mi vestii. Feci scivolare sulle
gambe il tessuto freddo dei jeans, una volta abbottonati mi resi
conto che stavo perdendo peso. Passai sul viso e sul collo uno strato
di fondotinta e lasciai gli occhi struccati mentre passai sulle
labbra un rossetto dalla tinta tendente al fucsia. Dalla finestra
vidi che il terreno e le macchine erano ricoperte di ghiaccio così
scelsi una sciarpa e un cappello di lana. Infilai nel trolley le
ultime cose e poi lo portai fino all'ingresso, i miei genitori
stavano facendo colazione in cucina e decisi di fare colazione con
loro.
“Buongiorno tesoro, ho fatto le frittelle con lo sciroppo
d'acero, tieni.” mi disse mia madre porgendomi un piatto. La
guardai piuttosto sorpresa, credevo non avesse mai toccato una
padella in vita sua. Le sorrisi e iniziai a mangiare, erano
straordinariamente buone.
“Ti accompagno io con la macchina fino a scuola.” mio padre
stava sorseggiando un caffè caldo mentre guardava distrattamente il
notiziario.
“No grazie, voglio camminare.” risposi cercando di sembrare
affabile.
“Sei sicura? Fa freddo fuori e non è tanto vicino.” mia madre
cercò di dissuadermi.
“Si sono sicura.” dissi alzandomi da tavola. “Ci vediamo
domenica.” lasciai a entrambi un bacio sulla guancia e dopo aver
preso il mio trolley me ne andai. Per una volta ero io a lasciarli
soli. Mi tirai la sciarpa sopra la bocca e cercai di accelerare il
passo per scaldarmi. I miei piedi stavano congelando nonostante gli
stivali. Una macchina improvvisamente mi sbarrò la strada, non mi
mise sotto per un secondo. Nell'istante in cui la riconobbi iniziai a
correre nel verso opposto.
“Kate aspetta, non scappare.” Liam mi afferrò per i fianchi e
poi mi fece voltare verso di lui, i nostri visi erano a pochi
centimetri di distanza.
“Liam come devo farti capire che devi starmi lontano?” spinsi
i palmi delle mani contro il suo petto cercando di allontanarlo ma
con scarsi risultati.
“Lo so che non è quello che vuoi, te lo leggo negli occhi.”
smisi per un secondo di combattere contro di lui.
“Invece si, anche se ti amo devi andartene.” mi lasciò andare
ma io rimasi immobile.
“Se mi ami vieni con me, non partire per quello stupido College,
vieni con me.” il suo sguardo disperato mi spezzava il cuore.
“Venire dove Liam? Per cosa poi, per andartene di nuovo?” ci
fu un silenzio che sembrò interminabile prima che mi rispose.
“Posso rimanere se vuoi, posso rinunciare a qualsiasi cosa se
torni.” gli afferrai entrambe le mani per poi portarmele al petto,
erano fredde.
“Non voglio che tu rinunci a tutto, voglio che non rinunci a me,
è diverso.” soffiai un respiro caldo tra le sue dita. Si avvicinò
tanto che la mia fronte sfiorò il so petto e poi sussurrò nel mio
orecchio.
“Allora vieni, passa tre giorni con me prima che me ne vada.
Nessuno saprà dove saremo, solo io e te Kate. Ti amo.” mi
pietrificai. Nascondermi con lui, passare tutto quel tempo insieme
senza preoccuparci di nessuno.
“Non lo so Liam...” le parole mi morirono in gola, non ero in
grado di dirgli di no.
“Ti prego, ti chiedo solo di amarmi. Sai già come si fa, non è
mai stato difficile per te.” chiusi gli occhi concentrandomi su
quello che dovevo fare, senza proferire parola lo oltrepassai
camminando come niente fosse successo, poi aprii lo sportello del
lato del passeggero e mi accomodai sul sedile di pelle, gli sorrisi
da oltre al vetro. Il suo viso si rilasso e scoprendo i denti in un
sorriso contagioso prese il mio trolley per poi sistemarlo nel
portabagagli e raggiungermi nell'abitacolo.
“Non ho mai voluto andarmene davvero.” mormorai prima che
mettesse in moto. Liam stava per rispondere qualcosa ma fu interrotto
dal mio telefono che squillava, era Adam. Guardai titubante lo
schermo, appena avrebbe saputo dove e con chi ero sarebbe andato su
tutte le furie.
“Adam?” mi morsi l'interno della guancia.
“Dove sei? Il pullman sta partendo.” non sapevo che dirgli,
guardai verso Liam e lui mi fece gesto di rispondere.
“Mi passeresti Jessica?” lo sentii sbottare dall'altra parte.
“Che succede Kate?”
“Sto con Liam, sto andando con lui.” gli sorrisi mentre
parlavo.
“Che cazzo significa che stai andando con lui?” mi chiese
ancora Jess, visibilmente infastidita.
“Significa, che non parto per Cambridge con voi, inventati una
scusa. Passerò questi tre giorni con lui.” mi sentii invadere da
una strana
sensazione. “Dillo con calma ad Adam.” aggiunsi poi.
“Quando
torniamo me la paghi. Potevi avvertirmi prima di una fuga d'amore,
comunque... divertitevi.” sentivo che anche se cercava di tenere la
sua facciata dura era davvero felice per me, come io lo ero per lei.
“Ti
voglio bene.” aspettai una sua risposta e poi riattaccai spegnendo
il telefono. “Dove stiamo andando?” chiesi a Liam guardando fuori
dal finestrino, ci stavamo allontanando sempre di più dal centro e
ormai il solo si stava levando nel cielo pallido.
“Nella
mia casa al mare.” lo guardai inarcando un sopracciglio.
“Dici
sul serio? Non ti sembra una cosa un po' troppo da film?”
“Kate
tutto quello che c'è stato fin'ora tra noi è stato un po' troppo da
film, e poi cosa c'è, non ti va di venirci?” sbuffai alzando gli
occhi al cielo, poi gli accarezzai il braccio.
“Sai
perfettamente che verrei ovunque con te.” baciai il punto che stavo
sfiorando con le dita e poi accesi la radio.
“Alza,
mi piace questa canzone.” il suo indice picchiettava sul volante a
tempo di musica.
“Non
ti ho mai sentito cantare, è strano.” mi ero tolta le scarpe per
poter mettere i piedi sul cruscotto pulitissimo, scivolando con la
schiena lungo il sedile.
“Non
ti preoccupare, ti farò sentire.” la sua mano destra abbandonò la
presa per permettermi di stringerla. Rimanemmo in silenzio mentre lui
continuava a guidare e io cercavo di catturare ogni singolo
dettaglio. Baciai ogni singolo millimetro di pelle, la sfiorai,
morbida al tocco, poggiai il suo palmo sulla mia guancia stringendolo
tra la mia spalla, mentre sentivo il suo pollice accarezzarmi la
tempia mi addormentai, sicura ora che era con me.
Mi svegliai mentre Liam
mi portava in braccio fuori dalla macchina, ero buio e da poco
lontano si potevano sentire le onde infrangersi contro la costa.
Richiusi subito gli occhi facendo finta di dormire. Lo sentii
camminare, poi aprire un cancelletto e richiuderselo alle spalle, poi
si fermò sussurrandomi di svegliarmi.
“Amore
svegliati, siamo arrivati.” lentamente sollevai le palpebre e poi
gli sorrisi mentre mi baciava la fronte, mi resi conto che ancora non
ci eravamo mai baciati da quella mattina. “Devo metterti giù per
aprire la porta.” mi disse mentre mi faceva appoggiare i piedi a
terra, continuai ad appoggiarmi a lui mentre infilava la chiave nella
serratura e apriva la porta.
Quando accese la luce vidi una grande sala
dalle pareti bianche, lunghe tende azzurre permettevo debolmente alla
luce della luna di penetrare all'interno. In fondo c'era una scala
che portava al piano di sopra, accanto a me un divano chiaro posto di
fronte a una televisione, una libreria riempiva il muro rivolto verso
ovest e proprio al centro troneggiava un pianoforte a coda. Liam si
diresse subito verso quest'ultimo e si sedette sul piccolo sgabello
nero, poi si voltò verso di e sorridendo mi fece segno con la testa
di raggiungerlo. Obbedii mettendomi in piedi accanto a lui, i gomiti
poggiati sulla superficie liscia del piano e la testa tra le mani
aspettando che iniziasse a suonare. Lui prima sfiorò delicatamente i
tasti poi iniziò a suonare una melodia ricca di note. Amavo il modo
in cui muoveva velocemente le dita sui tasti, in cui la sua mascella
si contraeva per la concentrazione. Poi iniziò a cantare, la sua
voce era la più bella che avessi mai sentito, sprigionava sentimenti
a ogni singola parola, quella canzone che non avevo mai sentito prima
era perfetta. La vena sul suo collo sporse dalla pelle chiara per lo
sforzo di un acuto, i suoi occhi si chiusero mentre piegava appena la
testa all'indietro. Era bellissimo, non riuscivo a capacitarmi di
come fosse possibile, eppure era lì, per me. Non avevo mai pianto
ascoltando una canzone eppure le lacrime mi pungevano gli occhi,
stava cantando con il cuore, lo sentivo perché era arrivato dritto
al mio, era come se volesse condividere con me ogni cosa che aveva
dentro, rabbia, paura, amore. Aveva smesso di suonare, il capo chino,
le mani ancora sulla tastiera, andai dietro di lui, gli lasciai un
bacio tra i capelli toccandoli, poi scesi lungo il collo, sentivo la
sua schiena alzarsi e abbassarsi contro il mio petto a ritmo del suo
respiro, feci scivolare le mie mani sulle sua braccia fino ad
arrivare le sue e a intrecciare le nostra dita.
“L'ho
scritta per te.” mormorò “Perché non ho mai smesso di amarti,
forse se fossi venuto a suonarla sotto casa tua mi avresti perdonato
prima.” lo strinsi più forte lasciandomi sfuggire un sorriso.
“Anch'io
non ho mai smesso di amarti.” spostai le mani sul suo petto per
sentire il battito del suo cuore. Velocemente con un gesto afferrò
le mie cosce facendomi stringere le gambe attorno ai suoi fianchi
sollevandomi da terra. Per la sorpresa strinsi la presa attorno al
suo collo, poi poggiai la testa sulla sua spalla mentre mi portava al
piano di sopra. Aprì la seconda porta alla nostra destra mostrando
un enorme letto matrimoniale dal legno scuro, fasciato da lenzuola
azzurre, dello stesso colore delle pareti, c'era solo un armadio
dalle ante scorrevoli. Mi fece scendere dalle sue spalle facendomi
sedere sul letto, si tolse le scarpe, i miei stivali erano ancora in
macchina. Si sfilò la felpa e io feci lo stesso, mi misi a
cavalcioni su di lui, intrecciai le dita con i capelli dietro la sua
nuca, poggiai la mia fronte sulla sua. Il suo respiro bollente
soffiava sulle mie labbra, i nostri nasi si sfioravano, le sue mani
si spostavano dalle mie cosce alla mia schiena e ai miei fianchi,
sentii i brividi ricoprirmi, le sue dita solleticavano attentamente
la mia pelle. Mi baciò la guancia, poi il mento, non volevo si
allontanasse dalla mia bocca. Si stava dedicando al mio collo prima
di risalire, feci aderire la mia pancia alla sua sollevandomi sulle
ginocchia, poi lo baciai. Le nostre lingue si accarezzarono, senza
accorgermene gli morsi con forza il labbro inferiore, sentii in bocca
il sapore del suo sangue. Mi fermai allontanandomi di scatto, aspirai
stringendo i denti.
“Scusa.”
lo guardai mentre si passava la lingua dove lo avevo morso.
“Non
fa niente lo capisco, hai ragione.” sapevo che si riferiva al fatto
che pensasse fossi arrabbiata con lui, forse il mio inconscio ancora
lo era un po'. Come per farmi perdonare lo feci sdraiare sul letto,
baciai e accarezzai il suo petto, con tanta delicatezza come se la
sua pelle fosse stata ferita e le mie labbra avessero potuto curarla.
Gli tolsi i jeans e lui mi fece rotolare sotto di lui per fare lo
stesso.
“Cos'è
questa? Prima non ce l'avevi.” mormorò contro la mia coscia, stava
toccando la mia piccola ferita circolare, quasi cicatrizzata.
“Me
la sono fatta con una sigaretta.” gli risposi.
“Dopo
che abbiamo litigato?” non dissi niente e capì che era così. Come
io poco prima avevo fatto con lui iniziò a baciare la mia pelle,
solo che la mia era davvero ferita. La stanza era piena dei nostri
gemiti e respiri, echeggiavano al buio tra lo schioccare delle nostre
labbra, al buio, con solo la pallida luce della luna a permettermi di
ammirare in ogni suo dettaglio la sua bellezza.
Furono
i tre giorni più belli della mia vita, giorni che non tornarono mai
più e che portai dentro di me fino alla fine.
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Eccoci
alla fine, non so se vi aspettavate che questo fosse stato l'ultimo
capitolo non escludo che più in là potrei continuare ma
per ora è finita. Siete state fondamentali per me, senza voi e
Giorgia questa storia non sarebbe andata avanti. Non tornerò
presto con un altra storia, almeno fino a questa estate, mi mancherete
tutte. Vi amo <3
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